Girl of Darkness

di Nephertiti
(/viewuser.php?uid=829904)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Party Preparations - ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Celebrations - ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Odaiba - ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Sudden Surprises - ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Accidents - ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Night Talks and Nightmares - ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Dangerous golden eyes - ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - Unexpected events - ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Investigations - ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Tension - ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - Never too easy - ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - Semblance of a truce - ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 - Fear - ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 - The Predators - ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 - Running Away - ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 - Roots - ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 - The Lady - ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 - First Blood Race - ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 - Weak Spot (part one) - ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 - Weak Spot (part two) - ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 - Too many Lies - ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 - Weird Feelings - ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 - Complicated - ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 - Affairs of the Heart - ***
Capitolo 25: *** Capitolo 25 - Training - ***
Capitolo 26: *** Capitolo 26 - Painfull Melody - ***
Capitolo 27: *** Capitolo 27 - Getting ready for the Battle - ***
Capitolo 28: *** Capitolo 28 - The Ancient Book - ***
Capitolo 29: *** Capitolo 29 - The Final Battle - ***
Capitolo 30: *** Capitolo 30 - Girl of Darkness - ***
Capitolo 31: *** Capitolo 31 - In the End - ***
Capitolo 32: *** Capitolo 32 - The Real King - ***
Capitolo 33: *** Capitolo 33 - Fixing everything... - ***
Capitolo 34: *** Capitolo 34 - ... Or mostly everything - ***
Capitolo 35: *** Capitolo 35 - Truth Time - ***
Capitolo 36: *** Capitolo 36 - Deep Blue Eyes - ***
Capitolo 37: *** Capitolo 37 - I will always love you - ***
Capitolo 38: *** Capitolo 38 - The one who has always stayed - ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Party Preparations - ***


GIRL OF DARKNESS

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 


Capitolo 1 -Party preparations -

 

 

 

 

 

 

 

 

I preparativi erano durati più del previsto e c’era la remota possibilità che Mitsuko rientrasse da un momento all’altro.
La ragazza dai capelli biondi si affrettò ad appendere l’ultimo palloncino e asciugò il sudore dalla fronte.

“Non ne sarà contenta.”
Yuki sbuffò, sentendo Subaru Sakamaki ripetere quella frase per la sesta volta.
Era una persona molto paziente, lei, ma quel vampiro dagli occhi rossi metteva a dura prova la sua calma.
Neppure Ayato e i suoi sprazzi di egocentrismo la esasperavano tanto.
“Si che lo sarà!”, ribatté convinta.

Il vampiro, d’altro canto, rimase fermo nella sua convinzione.
Era sicuro al cento per cento che Mitsuko non avrebbe apprezzato quella festa a sorpresa.
Aveva detto esplicitamente che non voleva celebrare il suo compleanno.

Dopo la morte di Raito si era chiusa in sé stessa e, cosa ancor peggiore, trascorreva la maggior parte del tempo dai Mukami, motivo per il quale lui era costantemente di pessimo umore.
Più del solito, almeno.
Di certo Shu non era d’aiuto.
L’accompagnava sempre ben volentieri nella “casa del nemico”, anzi, a volte era proprio lui a suggerirlo.
Inizialmente Subaru aveva pensato che volesse proteggerla e tenere d’occhio lui stesso il comportamento dei Mukami.
Ma non si sarebbe disturbato ad accompagnarla tante volte, senza un valido motivo.
Per essere uno che spendeva la sua esistenza a dormire, o poltrire più in generale, sicuramente aveva una buona ragione per scollare il suo posteriore dal divano.

Una voce lo riportò alla realtà, Yuki tossicchiò un paio di volte per richiamare l’attenzione del “vampiro bisbetico”.
“Hai parlato con gli altri?”
Subaru roteò gli occhi al cielo ed annuì: non era incline a quel genere di cose, ne’ lo erano i suoi fratelli.
Ma stranamente avevano accettato.

Sembrava che ogni Sakamaki volesse dare il proprio contributo, pur di risollevare il morale di Mitsuko.
Del tutto surreale, considerato che si erano preoccupati sempre e solo dei loro interessi personali.
Tutti avevano sofferto per la morte di Raito, certo, ma Mitsuko era quella che ne aveva risentito maggiormente e, forse, il suo dolore era diventato contagioso.
Come ci fosse stata un’infezione a circolare nel suo sangue e, morso dopo morso, ogni Sakamaki ne aveva assorbito un po’.

Per quel motivo, dieci minuti più tardi, tutti i vampiri si raccolsero nell’atrio principale, Yuki compresa, ed attesero l’arrivo di Mitsuko.
Shu era stato precedente informato, così l’aveva scortata dai Mukami per un po’, giusto il tempo di allestire il salone per la festa.
In fondo, la ragazza compiva 18 anni e, con tutto quello che aveva passato, Yuki aveva deciso di regalarle un po’ di sano divertimento.
“Uffa ma quanto ci vuole?”, esclamò un impaziente Ayato.
“Sarà qui a momenti, vedrai.”, lo rassicurò la biondina, carezzandogli una spalla.
Il gesto servì ad acquietare il suo animo.
“Chiaramente Shu non conosce il termine puntualità.”
Commentò Reiji, dopo una veloce occhiata all’orologio.

Kanato sgattaiolò vicino al buffet, cosciente che avrebbe trovato dei gustosi dolci.
E Yuki lo notò con la coda dell’occhio, tuttavia l’espressione inquietante del vampiro la fece desistere dal rimproverarlo, mentre addentava un muffin al cioccolato.
“Lascia quel dolcetto, Kanato.”, a riprenderlo fu il maggiore dei fratelli.
Subaru si limitò a schioccare la lingua.

“Ohy! – esordì Ayato, intuendo cosa fosse accaduto – perché lui può assaggiarli ed io no?”
“Infatti non può.”
Lo rassicurò Yuki, ma il rosso stava già avanzando verso l’altro.
Kanato posò il muffin morso con sguardo colpevole.
“Teddy mi ha chiesto se erano buoni.”, tentò di giustificarsi, ma stava palesemente improvvisando.
“Non tirare in mezzo il peluche!” sbraitò Ayato, mentre Yuki provava a tenerlo fermo per un braccio.
Subaru sbatté un pugno sul muro.
“Fate silenzio! Mitsuko sta per arrivare!”

Ayato lanciò un’ultima occhiataccia a Kanato e fece dietro-front, mentre l’altro prese a parlottare con il suo orsacchiotto sottovoce.
Reiji scosse il capo: i suoi fratellastri erano proprio un caso perso.

***

Io, Kou e Yuma ci guardavamo in silenzio.
I nostri sguardi si intrecciavano e si scioglievano, ci chiedevamo chi avrebbe fatto la prima mossa.
Avevo le mani sudate e di certo le avrebbero avute anche loro, se fossero stati umani, tuttavia le avevano ferme e asciutte, pronte a scattare.
“Non ti sforzare troppo m-neko-chan, non puoi competere con noi.”
Annunciò Kou con la sua voce cristallina, che strideva con quel sorriso malefico che si ritrovava.
“Noi otteniamo sempre quello che vogliamo.”, aggiunse Yuma, terribilmente serio.
Guardai prima un Mukami e poi l’altro.
“È vero, non posso competere con voi, ma chi dei due sarà più veloce?”
Osservai i loro volti compiaciuta, intuendo che la mia tattica aveva funzionato: avevo instillato il seme del dubbio nei due vampiri, che adesso si scrutavano attentamente, soppesando chi fra i due sarebbe stato più veloce.

Si mossero entrambi, contemporaneamente, e si afferrarono le mani, per tenersi fermi a vicenda, così ne approfittai per fare la mia mossa.
Agguantai l’ultimo gamberetto fritto e lo sventolai trionfante.

“Ha! L’ho preso!”
I due Mukami, intuito l’inganno, reagirono in modi differenti: Kou mi fissò colpito: neppure il suo occhio magico aveva scoperto le mie vere intenzioni, mentre Yuma sbatté un pugno sul tavolo, facendo vibrare il vassoio, in precedenza ricco di tempura ed ora lindo e pinto.
“Ci hai fregati!” si lamentò il gigante.
Gongolai per un po’, mentre Azusa, al mio fianco, se la rideva di gusto.
Con il suo dosato entusiasmo, certo.
Donai l’ultimo gamberetto proprio a lui.
“Tutta questa fatica per darlo ad Azusa?” esclamò Kou, ancora non abituato alla gentilezza fine a sé stessa.
“Ma è chiaro, noi ne abbiamo mangiati più di lui.”, risposi tranquillamente.
Azusa mi ringraziò con occhi luccicanti e mangiò il gamberetto in un sol boccone.

“È ora di tornare.”, mormorò una voce impastata dal sonno alle mie spalle.
“La bella addormentata si è svegliata.”, commentò Yuma seccato.
Shu aprì un occhio e lo fissò incuriosito.
“La bella cosa?”, domandò svogliato.
Evidentemente nessuno aveva letto le fiabe della buonanotte ai Sakamaki.
“Tsk lascia stare.”

Scossi il capo e sorrisi.
Il biondo non aveva ancora trovato il coraggio di parlare con Yuma, e così si limitava ad accompagnarmi da loro, sperando che la sua presenza riportasse alla memoria qualche ricordo.
Tuttavia non era servito a molto.
Quanto meno Ruki aveva aiutato il fratello a ricordare parte del suo passato, quando viveva in un villaggio e si chiamava Edgar.

Shu si alzò controvoglia dal divano ed io lo imitai.
“Andiamo via prima?” chiesi insospettita.
Solitamente ci trattenevamo fino a sera.

Era molto più piacevole pranzare dai Mukami e trascorrere con loro i pomeriggi afosi di agosto.
Ben presto sarebbe iniziata nuovamente la scuola e avrei avuto ben poco tempo per stare in loro compagnia.
E poi la magione dei Sakamaki era fin troppo… silenziosa.

“Già Shu-san, perché non vi intrattenete un altro po’?”, volle sapere Kou e giurai di aver visto il suo occhio nascosto brillare innaturalmente.
“Non ti sforzare troppo ad usare quel coso su di me.”, affermò l’altro, con uno sbadiglio.
Di certo era piuttosto difficile capire cosa si celasse dietro quell’espressione perennemente assonnata.

Azusa salutò il Sakamaki con un cenno della mano, senza esser ricambiato, così io mi apprestai ad abbracciarlo.
Lo sentii irrigidirsi, come al solito, il che mi lasciava sempre perplessa.

Quando credeva che non ci saremmo più rivisti, mi aveva abbracciata di sua spontanea volontà.
Probabilmente aveva bisogno dei suoi spazi, avendo avuto sempre un’idea distorta di affetto.
Così mi staccai quasi subito.

“E Ruki?”
Realizzai improvvisamente che il maggiore dei Mukami era scomparso da un po’ di tempo.
“Sta lavando i piatti.”, dichiarò Kou ed io mi infuriai.
Aveva detto che non li avrebbe lavati solo per tenermi buona, mentre io lo facevo ben volentieri, per ripagarlo dei pranzi che preparava tutti i giorni.  
 “Ora mi sente.”
“Mitsuko dobbiamo andare.”, mi fece presente Shu, ma io lo bloccai con un dito.

M’incamminai in cucina e Ruki sussultò: lo avevo beccato in flagrante, con un piatto in una mano e uno straccio nell’altra.
Lo fissai a braccia incrociate e perfino il suo sguardo impassibile sembrò vacillare.
“Ti avevo detto che li avrei lavati io!”, gli rimproverai.
Il vampiro riprese ad asciugare il piatto con noncuranza.
“Non era necessario.”
“Si invece! – replicai – mi permetti di pranzare qui tutti i giorni e questo è il minimo che possa fare per sdebitarmi.”

Ruki posò il piatto sul tavolo e si asciugò le mani.
“Se non ti avessi voluta qui, ti avrei già mandato via.”
Sebbene la frase non era stata così gentile, capii che la mia presenza non era un disturbo. Un po’ mi rasserenò.
“Per questa volta passo, ma domani li lavo io. – annunciai decisa – e non accetto un no, a costo di legarti su una sedia.”
Doveva sembrare una minaccia, ma suonò più come una frase ironica, considerata la sua forza sovrannaturale.
Tant’è che Ruki mi osservò con un sopracciglio inarcato.
“Ora vado.”, annunciai, cercando di mantenere la mia aria da dura.
Il vampiro annuì incerto e sentii il suo sguardo addosso finché non tornai nel salone.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Ebbene gente, credevate di esservi liberati di me, e invece eccomi di nuovo qui!
Questa fan fiction è diventata molto più di ciò che avevo pianificato inizialmente, quindi siamo giunti a quella che sarà la “serie” finale!
Vorrei iniziare con un bentrovati a tutti coloro che hanno seguito la mia fan fiction dall’inizio e un benvenuti a coloro che si trovano qui per la prima volta!
Come ho anticipato nell'introduzione, dovrete recuperare “Girl of Light” e “Girl of Life” per poter comprendere la trama!

Come avrete notato, la storia non sarà più raccontata unicamente in prima persona dal punto di vista di Mitsuko, fungerò da narratore onnisciente e quindi ci saranno scene scritte con la terza persona.
Questo è funzionale alla trama che ho in mente, ed essendo l’ultima serie, voglio che vi godiate ogni piccola sfaccettatura.
Spero sarete numerosi come sempre, sono emotivamente legata alle avventure di Mitsuko e dei nostri vampirelli.
Questa resta una delle mie fan fiction migliori (sia tra quelle pubblicate qui, sia tra le bozze che conservo in diversi quaderni) credo di essere migliorata nel tempo, ed è un vero piacere poter scrivere ora, con quale competenza in più. Spero di poter migliorare ancora, anche grazie ai vostri consigli, e quindi mi auguro di ricevere presto vostri giudizi riguardo la trama, la storia ed eventuali errori grammaticali.

Cercherò di aggiornare una volta a settimana.
Detto questo, vi saluto, lasciandovi delle immagini della nostra Mitsuko, ormai cresciuta!
Nephy_

 

 

 

 


                                                       

 

 

 

 

 

   

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Celebrations - ***


Capitolo 2 - Celebrations -

 

 

 

 

 

 

 

Una volta giunta a villa Sakamaki, ruotai il capo verso Shu, per svegliarlo, ma questo era già scomparso: decisamente strano per lui, che solitamente restava qualche minuto a sonnecchiare nella limousine.
Scesi dalla vettura ed entrai in casa: era tutto fin troppo silenzioso.
Non che ultimamente ci fosse stata una gran baldoria, ma notavo sempre qualche Sakamaki in giro per la magione.
E poi, nonostante il sole pomeridiano, la villa era particolarmente buia.
“Ma dove viviamo, in una grotta?”
Commentai fra me e me, ma in fondo cosa c’era da aspettarsi da una dimora abitata da vampiri?
Chiusi il portone alle mie spalle e accesi la luce dell’atrio.

Di colpo vidi qualcosa arrivarmi addosso: impulsivamente mi parai con un braccio e cacciai un urletto: quando socchiusi gli occhi, osservai il pavimento e mi resi conto che si trattava di coriandoli.

“AUGURI!”
Alzai lo sguardo e Yuki mi si fiondò al collo.
Presa alla sprovvista, persi l’equilibrio e quasi caddi all’indietro, inciampando su un piccolo ramoscello comparso dal nulla.
Non avevo dimenticato il mio compleanno, tuttavia avevo già ricevuto i suoi auguri per messaggio e mi ero anche scusata per non aver organizzato nulla, non essendo dell’umore adatto per festeggiare.
Dovevo ancora elaborare un lutto.

Invece mi ritrovavo con la mia amica appesa al collo e, incredibilmente, i Sakamaki al completo alle sue spalle, con tanto di palloncini e vassoi ricolmi di dolci.
“Yuki?”  mormorai con un’espressione smarrita.
Non mi aspettavo una festa a sorpresa, ma questo spiegava tutto quel mistero da parte dei vampiri negli ultimi giorni.
“Il diciottesimo compleanno non si festeggia tutti i giorni e così ho organizzato qualcosa per te!” annunciò la bionda, con quel suo sorriso gentile.
Ricambiai l’abbraccio.
“Non ti saresti dovuta disturbare… ma grazie davvero.”

Quando ci staccammo, lanciai un’occhiata agli altri e mi sfuggii un piccolo sorriso: erano tutti a disagio, non sapevano bene come comportarsi.
Tutti tranne Shu, che già dormiva sul sofà.
“Come li hai convinti?” volli sapere.
Coinvolgerli in questa cosa non doveva essere stato facile.
“Ho chiesto una mano a Subaru.”
L’informazione mi lasciò di stucco: recentemente l’umore del vampiro era notevolmente precipitato, avevo associato questa sua aurea oscura alla perdita del fratellastro.
Eppure si era messo a disposizione per aiutare Yuki.

Mi avvicinai ai Sakamaki e, a turno, mi diedero gli auguri.
Il primo ad avvicinarsi fu Ayato, che gridò un “auguri Tavoletta”, accompagnato da delle imbarazzanti pacche sulla spalla, poi fu il turno di Reiji, che si limitò a stringermi la mano.
Seguì Kanato, che si giustificò immediatamente per aver morso un muffin, dicendo che era stato Teddy a spingerlo a farlo.
Lo rassicurai che adesso poteva mangiarne a volontà e il vampiro spiritato si avventò subito sul piccolo buffet.
Infine fu la volta di Subaru.

Mi venne incontro con un’espressione infastidita.
Probabilmente aveva organizzato quest’evento controvoglia.
“Auguri.”
Si avvicinò, come a volermi baciare sulla guancia, ma poi rimase dov’era.

Mi sentii un po’ a disagio, ma lo ringraziai come nulla fosse.
Avevamo già chiarito la questione “sentimenti” e non avevo intenzione di ritornare sull’argomento, non nel prossimo futuro.

Dopo aver ricevuto gli auguri di tutti i Sakamaki, Yuki mi trascinò al tavolo imbandito e mi costrinse ad assaggiare un po’ di tutto.

Solitamente, dopo un triste evento, le persone tendono a dimagrire.
Io, invece, avevo guadagnato qualche chilo e adesso potevo vantare un peso adatto ad una diciottenne.
Non ero più piatta come diceva Ayato.
Sicuramente avevano contribuito alla causa gli abbondanti pranzi, preparati in casa Mukami.
E in generale avevo capito che, se volevo continuare a donare il mio sangue, dovevo impegnarmi di più per restare in forze.

“Era tutto buonissimo!” mi complimentai con Yuki.
“E non finisce qui – commentò la bionda – sarà meglio che trovi qualcosa da indossare, perché stasera usciamo!”
La guardai decisamente sorpresa: non ero dell’umore adatto per uscire, ma lei aveva messo tanta dedizione ad organizzare questa giornata.
“Non so… dovrei chiedere a Reiji.”

Annunciai, lanciando un’occhiata al vampiro, che ovviamente sorseggiava una tazza di tè.
Ma questo guardò altrove, con nonchalance.
“È d’accordo, a patto che rientriamo per le undici, Nicole ci raggiungerà!”
“Non so che dire… - dichiarai con un sorriso stampato in faccia – … grazie Yuki.”
La mia amica mi abbracciò di nuovo.
“Te lo meriti.”
Sciolse l’abbraccio.
“Ma adesso bando alle ciance, andiamo in camera tua!”
Annuii e ci avviammo su per le scale.

Mi resi conto solo successivamente che Ayato ci stava seguendo, mentre trangugiava quantità inverosimili di Takoyaki.
Entrammo tutti e tre nella mia stanza e sia il vampiro che Yuki si accomodarono sul letto.
“Adesso prova qualche vestito e facci vedere!”, mi incoraggiò la bionda.

Iniziai a frugare nell’armadio, non facevo shopping da tempo immemore e, l’ultima volta che avevo messo piede in un centro commerciale, ero stata sequestrata da quattro vampiri.
Tuttavia ero felice che fosse accaduto.
Forse avrei dovuto comunicare anche a loro che oggi era il mio compleanno, ma non avevo intenzione di festeggiare e tanto meno immaginavo che avrei ricevuto questa sorpresa da Yuki.

Pensando ai Mukami, mi tornò in mente che conservavo un abito nell’armadio.

Estrassi il vestito a fiori che riservavo per questo giorno, quello che mi aveva regalato Kou, convinta che non avrei avuto l’occasione di indossarlo.
Andai in bagno per cambiarmi: non che mi vergognassi di Yuki, piuttosto del rosso seduto al suo fianco.

Adesso, con qualche chilo in più, il vestito mi calzava perfettamente.
Quando uscii dal bagno, la mia amica proruppe con uno “wow”.
Ayato continuò a mangiare le polpette di polpo, indisturbato.

“Come sto?”
“Ti sta a pennello!”,  annunciò Yuki.
E così il suo sguardo ricadde per un brevissimo istante sul suo outfit: indossava un semplice paio di jeans e una t-shirt.
“Sai, credo di avere qualcosa anche per te!”, dichiarai, frugando nel cassetto.
“Oh ma non devi preoccuparti!”, mi rassicurò lei con tono gentile.
Tuttavia la misi a tacere con un gesto della mano: lei mi aveva aiutata tanto, era il minimo che potessi fare per ricambiare.

Finalmente, tirai fuori un abito che ricordavo di aver portato da casa: era un vestito abbastanza semplice, a quadri bianchi e celesti, che di certo avrebbe messo in risalto il colore degli occhi di Yuki.
“Provalo!” le dissi.
Giurai di aver notato uno sguardo incuriosito da parte del vampiro.

La mia amica impiegò pochi minuti a cambiarsi e, come avevo immaginato, l’abito aderiva perfettamente alle sue forme.
Tamburellai le dita sulla guancia e capii cosa mancava: avvolsi una fascia bianca intorno alla sua vita.
“Ecco fatto, stai benissimo!”
Yuki mormorò un timido grazie e i suoi occhi corsero ad Ayato che, effettivamente, la stava osservando.

“E tu che ne pensi?” gli domandai, cogliendolo di sorpresa.
“Si non è male.”, confessò.
Era sempre divertente vedere il grande Ayato Sakamaki in imbarazzo come una scolaretta.
“Sistemiamo i capelli e potremo uscire!”
Yuki annuì e mi aiutò a legare la mia chioma indomabile in uno chignon.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

UNA YUKI CRESCIUTA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'ABITO DI MITSUKO

 

 

 

 


 

 

 

 

L'ABITO DI YUKI

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Odaiba - ***


 

Capitolo 3 - Odaiba -

 

 

 

 

Io e Yuki ci avviammo giù per le scale, nei nostri abiti eleganti, lasciandoci dietro una scia di profumo e sempre seguite dal vampiro dai capelli rossi.
“Se pensi che verrai con noi, ti sbagli.”
Annunciai, proseguendo attraverso il salone d’ingresso.
“Eh?” esclamò Ayato.
“Hai sentito benissimo.”
Raccolsi la mia borsetta gettata sul divano e Yuki prese la sua, mentre il vampiro ci si parava davanti.
“Perché non posso venire?”, si lagnò.
“È una serata fra donne.”
“Non vorrete privarvi della mia presenza?”
Lo disse come se avessimo dovuto considerarlo un onore.
Scossi il capo, era pur sempre il solito Ayato.
Sorprendentemente, fu Yuki ad intervenire.
“Magari possiamo fare un’altra sera.”
“Magari voi due da soli.”, commentai a voce bassa, ben conscia che il vampiro potesse sentirmi.
Come previsto, mi lanciò un’occhiata incerta.

La strada per insegnargli a corteggiare una ragazza, come una persona normale, era piuttosto lunga.
Tuttavia avevamo raggiunto un punto di svolta.
Lui non lo avrebbe mai ammesso, ma aveva elaborato i suoi sentimenti : era attratto da Yuki e non solo per il profumo che emanava il suo sangue.
In fondo non l’aveva mai morsa, eppure gli piaceva trascorrere del tempo in sua compagnia.

“Allora vi concederò il favore di trascorrere un’altra serata in mia presenza.”, annunciò arrendevole.
Io e la mia amica lo salutammo.

Reiji si raccomandò di fare attenzione e di non tardare, altrimenti sarebbe stata l’ultima uscita che avrei fatto.
Avrei voluto ricordargli che avevo compiuto diciotto anni e che oramai avevo tutto il diritto di rientrare all’orario che preferivo, ma avrei sfruttato questo “jolly” in un’altra occasione.

Il maggiordomo ci accompagnò alla limousine e Yuki rimase qualche istante a contemplare la vettura, con la bocca spalancata.
Sorrisi, immaginando che anche io dovevo aver reagito allo stesso modo, la prima volta che l’avevo vista.
Prima che potessi salire a bordo, la mia amica diede disposizioni all’autista per raggiungere il posto misterioso.
“Non sarà una discoteca?”, la schernii, accomodandomi sul sedile in pelle, ma sapevo bene che non era il tipo di ragazza che frequentava questi luoghi.
“Certo che no, vedrai!”                                         
I finestrini della limousine erano oscurati, quindi avrei scoperto dov’eravamo dirette soltanto una volta giunte sul luogo.

Osservai Yuki per un istante, mentre poggiava il capo sul sedile, immersa nei suoi pensieri, e realizzai quanto fosse cambiata nel giro di pochi mesi.
Per l’occasione aveva piastrato i suoi boccoli biondi, che erano visibilmente cresciuti, due trecce le incorniciavano il viso e cadevano morbide fino al seno. il suo volto fanciullesco aveva tratti più maturi.
Ripensai a quanto avesse fatto per me, non sapevo se sarei mai riuscita a sdebitarmi completamente.
Mi beccò a guardarla di sottecchi e mi sorrise, con quella sua espressione dolce.

Pensai che, per quanto il mondo avesse infierito con spiacevoli avvenimenti, per quanto la vita fosse stata ingiusta, valeva ancora la pena lottare.
Per tutte quelle persone che lo avevano fatto prima di me. E per quelle che avevano creduto in me.

Con quella consapevolezza scesi dalla vettura, ormai giunte a destinazione.
Yuki mi aveva legato un foulard dietro la nuca, per coprirmi gli occhi.
Mi lasciai guidare per qualche metro.
“Attenta ai gradini!”
Esclamò ed io quasi inciampai su quei scalini sbucati dal nulla.
Poi sentii i piedi sprofondare in qualcosa di morbido e granuloso, intuii immediatamente dove ci trovassimo.
“Eccoci qua!” mi sfilò la benda e sorrisi.
“Mi hai sempre detto che ami trascorrere del tempo in spiaggia… e così ho pensato non c’era posto migliore per festeggiare!” mi disse Yuki.

Si trattava della spiaggia di Odaiba1, un’isola artificiale che ospitava diversi intrattenimenti, era una baia formata da un lungo appezzamento di sabbia, ben diversa da quelle che visitavo con i Sakamaki, decisamente più isolate.
Il quartiere di Odaiba era sempre popolato: anche se il sole era prossimo a tramontare, molte persone stavano ancora sguazzando nell’acqua.
Altre, invece, si accingevano a visitare i centri commerciali nelle vicinanze, oppure decidevano di salire sulla ruota panoramica Daikanransha.
“Mi hai resa davvero felice!” annunciai.
L’abbracciai, venendo immediatamente ricambiata, e m’imposi che avrei fatto di tutto per renderla felice, anche se questo avesse comportato cercare di cambiare un egocentrico come Ayato.

Una volta sciolto l’abbraccio, entrambe ci togliemmo le scarpe, per stare più comode sulla sabbia.
“Natalie è in ritardo come al solito!”, commentò Yuki.
Le dissi che non era un problema, era già tutto perfetto.
Camminammo un po’ sul bagno asciuga, catturando l’attenzione di diversi ragazzi, uno in particolare osservava con interesse la mia amica.
“Sembra che tu abbia fatto colpo!” annunciai, indicando un giovane dai capelli castani a qualche metro di distanza.
La mia amica guardò l’interessato, che, colto di sorpresa, distolse lo sguardo.
Lei arrossì visibilmente, chinando il capo.
“Magari ho qualcosa sulla faccia.”
Le rifilai una piccola gomitata.
“Dovresti stimarti di più.”

Il mio telefono squillò all’improvviso, lo tirai fuori dalla borsetta.
“Mitsuko dove siete?”
Sentii la voce di una Natalie ansante dall’altra parte della linea.
“Siamo sulla spiaggia, sulla parte destra del bagno asciuga.”
“Vi vedo! Scusate il ritardo sono stata trattenuta…”, dichiarò, sebbene io non l’avessi ancora adocchiata.
“Ti aspettiamo!” risposi, mentre chiudevo la chiamata .
Io e Yuki aspettammo che la nostra amica arrivasse, mi domandai come mai avesse specificato di essere stata trattenuta.

E lo capii quando la vidi comparire con affianco un biondo a me familiare.
“Kou?” esclamai sbalordita.
Natalie mi venne incontro, indossava un abito nero con la gonna svolazzante, aveva legato i capelli in una coda e, nel complesso, appariva casual ma elegante.
“Ho tentato di dissuaderlo, ma voleva venire a tutti i costi.”
“Non potevo perdermi il tuo compleanno m-neko-chan.”, affermò Kou con un sorriso.
“Come facevi a...”
“Per quanto il tuo amico sia privo di emozioni, non è facile nascondermi le cose.”
Mi interruppe il vampiro e capii che si riferiva a Shu.
Evidentemente il suo “occhio magico” aveva funzionato anche sul Sakamaki, così aveva indagato, scoperto che avevo compiuto diciotto anni e le mie amiche avevano organizzato questa festa.

A sorprendermi era il fatto che si fosse rivolto a Natalie per avere maggiori informazioni.
Quando erano diventati così… intimi?
Una piccola parte di me li vedeva già fidanzati, chissà se il mio sesto senso c’aveva visto giusto.
Natalie si intromise nella conversazione.

“Ad ogni modo auguri!”, mi abbracciò con vigore ed io ricambiai.
“Grazie mille ragazze… sono davvero contenta di avervi qui.”
Ci separammo e, dopo aver indossato nuovamente le scarpe, ci avviammo nel centro commerciale per mangiare un boccone.
“Bel vestito.”, mi disse Kou.
“Qualcuno ha detto che mi donava!”, replicai.
“Quel qualcuno dev’essere proprio un ragazzo intelligente e che ha buon gusto.”
Mi fece un occhiolino ed io risi sommessamente.

Poi lo sguardo del vampiro si posò su Natalie.
“Tranquilla brunetta, anche tu stai bene.”
La mia amica, sentendosi chiamata in causa, sfoderò un’espressione altezzosa.
“Non te l’ho chiesto e onestamente non m’interessa il tuo parere.”
Mi scambiai uno sguardo complice con Yuki, tutto quell’attrito, tra i due, rivelava della passione repressa.
“Non hai bisogno di chiederlo, è evidente che ti interessa.”, rimbeccò il biondo.
E prima che Natalie potesse controbattere, entrammo nel primo ristorante disponibile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Odaiba1: Odaiba  (a volte conosciuta come Daiba e a volte come città teleporto di Tokyo) è una grande isola artificiale nella baia di Tokyo, in Giappone.

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

ABITO DI NATALIE

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Sudden Surprises - ***


Capitolo 4 - Sudden surprises -

 

 

 

 

All’interno il locale era piuttosto affollato, ma trovammo comunque un tavolo per quattro.
Alcune ragazze si avvicinarono a Kou, per chiedergli un autografo o una foto, che lui dispensò ben volentieri, suscitando l’irritazione di Natalie.

Probabilmente nutriva un sadico piacere nel fare arrabbiare la mia amica.
Il cameriere venne a prendere ben presto le ordinazioni.
E, mentre chiedevo una bistecca ben cotta, ricordai di non aver più visitato quel pub vicino al parco, dove un gruppo di jazzisti si era esibito dal vivo.
Di certo avrei recuperato.
Quel giorno avevo raggiunto una serenità che non provavo da tempo.

“Sai avresti dovuto avvisarci.”, esordì all’improvviso Kou.
“A mia discolpa, posso dire che non avevo intenzione di festeggiare.”, rimbeccai, mentre mandavo giù un sorso d’acqua.
“Ruki non ne sarà felice.”
Mi sorpresi: come mai, fra tutti i Mukami, aveva citato proprio lui?
“Dubito che Ruki si interessi a certe… frivolezze.
Kou rubò un pezzo di pane dal cesto al centro tavola e lo addentò, sorridendo enigmatico.
“Non se sono frivolezze che ti riguardano, m-neko-chan.”
Rischiai di strozzarmi con l’acqua che stavo bevendo e aspettai che aggiungesse altro, ma Kou ruotò il busto verso Natalie, lasciando me in sospeso.

Il mio sguardo corse a Yuki, tuttavia anche lei sembrava assente.
E potei immaginare cosa le stesse passando per la testa.
O meglio, chi.
Ad ogni modo, Ruki aveva sempre avuto un atteggiamento ambiguo nei miei confronti, ma da qui a dire che aveva un debole per me, non lo avrei mai sospettato.
Tuttavia, ero certa che non avrei ottenuto altre informazioni dal fratello, dunque non avrei potuto sciogliere quei dubbi.

Il cameriere ci servì la cena e iniziammo a mangiare, con il vampiro che si divertiva a tormentare Natalie per non aver toccato pane.
“Se non sei allergica, perché non lo mangi? È buono, sai.”
“Non mi piace.”
L’occhio dell’altro scintillò sotto il ciuffo biondo.
“Evitare pane non ti aiuterà a dimagrire. Dovrai fare di più per smaltire qualche chilo.”
Mi sbattei una mano sulla fronte, avvertendo il forte impulso di schiaffeggiarlo, e vidi la faccia della mia amica incupirsi.
Yuki osservava la scena a disagio.
“Kou-”, iniziai a dire, per rimproverargli la mancanza di tatto.
Tralasciando il fatto che la mia amica fosse solo poco più robusta di me e Yuki, Natalie aveva tutto il diritto di scegliere cosa mangiare e cosa no. 

“Decido io per me stessa, grazie.”, mi interruppe Natalie, piccata.
Ma era evidente che le parole di lui l’avessero ferita.
Gli rifilai un calcio sotto il tavolo e il vampiro intuì l’errore.
“Con questo non voglio dire che sei grassa, ti stavo solo dando dei consigli.”
La castana parve rasserenarsi, pur restando sulla difensiva.
“Non te lo ha chiesto nessuno.”, dichiarò, incrociando le braccia al petto.
Kou ignorò la sua frase.
“Anzi, trovo che sia molto più allettante una ragazza in carne.”
Natalie quasi cadde dalla sedia per il modo in cui Kou aveva pronunciato allettante, mentre io rischiai di soffocare nuovamente con l’acqua, sicura che quell’aggettivo sostituisse “gustosa da mordere.”

“Qui è tutto così buono, non credete?”
Yuki tentò di sviare il discorso ed io le diedi man forte.
“Decisamente, ma devo portarvi in un pub nei pressi del parco Ueno. –, annunciai, cogliendo l’occasione per parlare di quel bel posto – fanno un’ottima carne alla brace e i giovedì sera si esibisce un gruppo jazz.”
“Sembra interessante!”, commentò Natalie.
Vidi Kou trafficare con il suo telefono, ma non ci prestai troppa attenzione.

Una volta finito di mangiare, tra una chiacchiera e l’altra, pagai io la cena.
Erano soldi dei Sakamaki, ma Reiji non avrebbe fatto storie.
Li consumavo solo quando si trattava di cibo, avevo comprato raramente qualche indumento.
E le mie amiche avevano fatto tanto per me, era il minimo per sdebitarmi.

Tornammo sulla spiaggia, il sole era ormai scomparso ed erano state accese le luci del Rainbow Bridge che, come indica anche il nome, adesso brillava dei colori dell’arcobaleno.
“Che ne dite di salire sulla ruota panoramica?”, propose Yuki con occhi sognanti.
Accettai immediatamente, ma Natalie esitò.
“Non amo le altezze, io vi aspetterò giù.”
Tuttavia Kou emise un verso scocciato.
“Eh? Non fare la guasta feste.”
Le afferrò un polso e la trascinò verso la giostra, ignorando le sue lamentele.
“Non la forzare.”, mi raccomandai.
Il vampiro mi rassicurò che era tutto sotto controllo.  

Io e Yuki salimmo sulla ruota con un certo entusiasmo, quando la cabina salì in alto, ci appiccammo ai finestrini per ammirare il paesaggio sottostante.
Il quartiere di Odaiba si snodava sotto di noi, ricco di luci e colori, mentre le persone rimpicciolivano a vista d’occhio.
Eravamo a 115 metri e, nonostante quel vuoto sottostante, mi sentii rilassata e leggera.
Lontana dalla tristezza che mi portavo dietro, come una pesante catena legata al piede da trascinare con me, ovunque andassi. 

Ma una volta tornate giù, quella sensazione di quiete scomparve.
Ero molto riconoscente nei confronti delle mie due amiche, sarei dovuta essere grata per aver ricevuto delle così belle persone nella mia vita.

Così come ero stata fortunata a ricevere Takeshi come padre adottivo.
Nonostante tutta la storia con la Chiesa, mi era sempre stato vicino, mi aveva difesa e amata come fossi davvero sua figlia.
Avevo ricevuto la sua chiamata, quella mattina, mi aveva augurato buon compleanno.
In più, aveva fatto recapitare un mazzo di fiori alla villa con un biglietto, dove si scusava di non esser venuto di persona, ma sfortunatamente c’erano ancora faccende da sbrigare, riguardanti la Chiesa e i cacciatori.

Sarei dovuta essere grata per tutto quello che avevo, avrei dovuto ignorare le sofferenze passate: tutto si era sistemato per il meglio… Quasi tutto.
E quel quasi mi uccideva.

“È stato terrificante!”
A riportarmi alla realtà fu la voce di Natalie.
Kou, al suo fianco, ridacchiava sotto i baffi.
“Quante storie per qualche metro d’altezza!”
“Centoquindici!”, puntualizzò la mia amica.
Tutti e quattro ci riunimmo sulla spiaggia, decisamente più sgombra rispetto a qualche ora prima.
Togliemmo le scarpe e Natalie estrasse dalla borsa un enorme telo mare su cui sederci.
Il vampiro dai capelli biondi, invece, preferì accomodarsi sulla sabbia.

Un gruppo di ragazze, che passavano di lì, riconobbero l’idol e lui si offrì per scattare qualche foto con loro, tenendo sempre d’occhio la reazione di Natalie.
Ma questa sembrò ignorarlo e si rivolse a me.

“Sakura avrebbe voluto esserci.”
“Lo so! – risposi – abbiamo parlato al cellulare questa mattina, sembra che se la stia spassando a Kyoto dai suoi zii e mi fa molto piacere.”
Certamente ero dispiaciuta di non poter trascorrere il giorno del mio diciottesimo con tutte e tre le mie amiche, ma erano state sempre presenti, sebbene mi conoscessero da così poco tempo.
Quando il gruppo di fanciulle urlanti si allontanò da Kou, restammo in silenzio per qualche minuto ad osservare il mare.

***

La spiaggia si era quasi del tutto svuotata, i visitatori si erano ormai riversati all’interno del centro commerciale, altri erano in coda per salire sulla ruota panoramica.

All’improvviso mi sentii sollevare di peso e cacciai un urletto, ma fu tutto così rapido che, senza sapere come, mi ritrovai in acqua.
Alzai lo sguardo per vedere dardeggiare su di me uno Yuma a braccia incrociate.
Fortuna che l’acqua, baciata dal sole tutto il giorno, era calda.

“Ehi baka, quando avevi intenzione di dirci che è il tuo compleanno, oggi?”, domandò il vampiro stizzito.
Mi misi in piedi, lanciando un’occhiataccia a Kou, ancora seduto sulla sabbia, che sorrideva colpevole.
Le mie due amiche si avvicinarono, osservando le gocce d’acqua che ancora scorrevano sul mio vestito.
“Ma dico, sei impazzito?”, sbraitai.
Ero molto affezionata a quell’abito ed era stato proprio Kou a comprarmelo, avrebbe dovuto impedire al fratello di gettarmi in mare.

“È stata una mia idea.”
Con stupore, dietro il corpo imponente di Yuma, scorsi Ruki, con il suo solito sguardo impassibile.
“Che vi è saltato in mente?”, chiesi, avviandomi fuori dall’acqua.
“Una piccola punizione.”

Yuki mi corse incontro con il telo mare che aveva portato Natalie e me lo avvolse intorno alle spalle.
La ringraziai e mi rivolsi a Ruki.

“È così importante il mio compleanno?”, domandai, cogliendolo di sorpresa.
Se provava qualcosa nei miei confronti, certamente la risposta lo avrebbe tradito.
Il vampiro sembrava decisamente in difficoltà.
Sentivo Natalie discutere con Kou per aver fatto la spia.
Ma Ruki non osava rispondere e fu Yuma a prendere la parola, dandomi un buffetto sulla testa.
“Ma certo, baka!”
Da una parte mi sentii sollevata…

Se Ruki avesse risposto che si, era importante per lui, avrei avuto la conferma dei miei sospetti: sarei stata certa che aveva un debole per me e, onestamente, non avrei saputo come reagire, dopo quello che era successo.

In fondo, anche Subaru aveva un’evidente cotta nei miei confronti, ma lo avevo sempre respinto.
Perché prima avevo occhi solo per il fratellastro e adesso, che non c’era più, non riuscivo a immaginarmi con nessun’altro.

Tornai alla realtà, ricordando che, invece, Yuma aveva esplicitamente detto che il mio compleanno era rilevante.
Tuttavia, ero certa che il suo fosse più un affetto fraterno, come quello che si prova verso una sorella più piccola.
Lo abbracciai di slancio, sentendolo irrigidirsi sotto il mio tocco.
“O-ohi, baka, che fai?”
“Ti ringrazio… e ti bagno!”
Yuma realizzò in quel momento che io ero ancora grondante e mi sollevò di nuovo, caricandomi in spalla.
“Vuoi la guerra?”
Yuki rise davanti quella scena, mentre io lo supplicavo di mettermi giù.
Alla fine acconsentì alle mie preghiere e tutti quanti tornammo a sedere sulla sabbia, io presentai le mie amiche ai Mukami.

“Se mi dovesse venire una bronchite sarà colpa vostra!”
Kou scosse le spalle.
“Il diciottesimo si festeggia solo una volta, nella vita.”
“O almeno per alcuni.”, aggiunse Yuma col suo sorriso arrogante.
Gli rifilai una gomitata: Natalie non conosceva la loro vera natura.
Ma probabilmente non stava prestando troppa attenzione al gigante, era più concentrata su un certo idol.

“E Azusa?”, m’informai.
“Non ama uscire in mezzo alla gente.”, mi spiegò Ruki.
Assentii col capo: era un vampiro, certo, ma estremamente sensibile e problematico.
“Ti fa gli auguri.”, aggiunse.
“Domani potrà farlo di persona.”
Ormai era routine quotidiana pranzare a villa Mukami, lo davo per scontato, e nessuno di loro sembrava infastidito.
Neanche se con me c’era Shu.
D’altronde, spendeva tutto il tempo a poltrire sul sofà, pensai con un sorriso.

“Kou canta per noi!” esclamò Yuki.
In fondo, restava pur sempre una sua fan.
Il biondo le regalò un sorriso.
Non seppi definire se fosse un sorriso costruito o sincero, era molto bravo a fingere.
Tuttavia, non esitò un istante, si mise in piedi e indicò Natalie.
“Questa canzone la dedico ad una mia fan speciale.”
La castana gli riservò un’espressione disgustata , mentre io e Yuki scoppiavamo a ridere.
Il suo debole per Kou era talmente ovvio.
“Ecco, ci risiamo.”, borbottò Yuma, ricevendo un’occhiata complice da Ruki.

Quasi certamente Kou trascorreva molte ore a cantare, dentro casa, e i due fratelli non ne dovevano essere molto entusiasti. 
Ma quando iniziò a farlo, tutti rimasero in silenzio ad ascoltare, perfino Natalie mutò espressione, e da irritazione passò a meraviglia.
Non si aspettava che fosse così bravo.
Quando finì, sia noi che una coppia alle nostre spalle, applaudimmo all’unisono. 

“Perché non canti tu, Mitsu-chan?”, mi esortò Yuki.
Spalancai gli occhi e scossi il capo, ma Natalie l’appoggiò.
“Si, non essere timida! Sei certamente più brava di lui!”
Indicò distrattamente Kou che, anziché adirarsi, le sorrise.
“Oh no no!” cercai di tirarmi indietro, ma il vampiro dai capelli biondi e perfino Yuma mi spronarono a farlo.
Ruki rimase ad osservare, visibilmente incuriosito.
“Alzati su!”
Kou mi spinse in piedi, con la sua forza innaturale e lo fulminai con lo sguardo.
Ringraziai il cielo che fossero le dieci passate e la spiaggia fosse quasi deserta.
Inspirai a fondo, per scaricare la tensione, cantai la prima canzone che mi venne in mente.
Sperai di essere intonata, poiché non vedevo reazioni da parte degli altri, ma quando terminai, tutti si complimentarono con me.
“Ignoravo questo tuo talento – esclamò Kou, forse sinceramente stupito – potrei valutare una collaborazione con te!”
Tornai a sedere e gli rivolsi un sorriso.
“Troppo buono, non sono così brava!”, replicai un po’ in imbarazzo.
Ruki mi osservava in silenzio, non seppi dire cosa gli passava per la testa.
Yuma mi diede un piccolo pugno sulla spalla che, sebbene volesse essere amichevole, mi fece storcere il naso e borbottare un “ahi”.
“Non essere modesta, baka!”
Il telefono squillò di colpo, facendomi sussultare.

“Dove sei? –, la voce di Reiji mi fece sbuffare. – Ho già mandato il maggiordomo a recuperarti, sono quasi le undici.”
Sembrava uno di quei padri apprensivi, che controllano che la propria figlia rientri all’orario concordato.
“Sto per tornare, tranquillo.”
Così riattaccai la telefonata.
“Devo andare.”, annunciai a malincuore.

Stavo così bene in compagnia delle mie amiche e dei Mukami.
Non che non fossi felice a villa Sakamaki, ero affezionata ai cinque vampiri che l’abitavano, ma non potevo fare a meno di sentire una morsa invisibile nel petto, quando percorrevo i corridoi della magione.

“Allora ci vediamo domani, m-neko-chan.”,
Kou richiamò la mia attenzione.
Yuma ci salutò con un cenno del capo e si allontanò, tenendo le mani incrociate dietro la nuca.
“A domani.”, mi disse Ruki e salutò le mie amiche, prima di seguire il fratello.
Kou eseguì un baciamano con Yuki e, successivamente, con Natalie, tenendo le labbra posate sulla mano della castana per qualche secondo in più.
Notai il rossore sulle guance di lei ed io e Yuki ci scambiammo un’occhiata complice.
Natalie fu costretta a schiarirsi la voce e sottrarre la mano, Kou la fissò divertito.

Quando fu il mio turno, il vampiro dai capelli biondi mi abbracciò.
“Buonanotte Mitsuko.“, sussurrò, e, dopo un’ultima occhiata a Natalie, seguì i due fratelli.

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Accidents - ***


Capitolo 5 - Accidents -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Posso riaccompagnarvi a casa, se volete!”, proposi alle mie due amiche, mentre ci avviavamo fuori dalla spiaggia di Odaiba.
“Mio padre è venuto a prenderci, stavo per proporti lo stesso!”, annunciò Yuki.
Riuscii a intravedere una limousine, a qualche metro di distanza.
“Ti ringrazio, ma a quanto pare Reiji ha già mandato qualcuno a prelevarmi!”
Natalie rimase ad osservare la vettura con la bocca spalancata.
“Prima o poi devo farci un giro.”
Sorrisi.
“Quando vuoi!”

Io e le due ragazze ci congedammo, con la promessa di rivederci presto, e le ringraziai ancora una volta per la magnifica giornata che avevano organizzato.
Controllai che fossero al sicuro, nell’automobile del padre di Yuki, poi mi avvicinai alla limousine nera, riconoscendo l’anziano maggiordomo di casa Sakamaki.

“Buonasera George.”
Lui non mi degnò d’attenzione, mentre chiudevo lo sportello del veicolo.
Quand’ero da sola, preferivo sedermi accanto al conducente, restare nella cabina posteriore della limousine, con nessuno a farmi compagnia, mi metteva i brividi.
Non che il maggiordomo fosse meno inquietante: parlava poco e sembrava gli avessero dipinto un’unica espressione facciale ma, vivendo coi Sakamaki, ero abituata a qualsiasi tipo di stranezza.

La limousine sfrecciò nel silenzio della notte, lungo le strade di Tokyo, non più così affollate.
All’improvviso, a qualche chilometro di distanza, notai una figura in mezzo alla strada e, man mano che ci avvicinavamo, realizzai si trattasse di un uomo.
Mi resi conto che non accennava a muoversi, mentre il maggiordomo, al mio fianco, pareva ignorare la sua presenza.

Urlai a George di frenare e questo, colto di sorpresa, affondò il piede nel freno: la limousine ruotò su sé stessa, facendomi sbattere contro il finestrino.
Un’auto dietro di noi ci tamponò.

Quando sollevai lo sguardo, ancora dolorante per il colpo, dell’uomo non v’era traccia.
Tuttavia, ciò che mi era rimasto impresso, prima che quella sagoma svanisse nel nulla, erano stati i suoi lunghi capelli bianchi.
Ricordavano vagamente quelli di Karl Heinz e mi convinsi che era stato lui a giocare con la mia mente.

Il maggiordomo mi rivolse un’occhiataccia, sebbene non proferì parola.
“Mi dispiace… -, tentai di giustificarmi, mentre l’auto alle nostre spalle suonava insistentemente il clacson – ero sicura ci fosse qualcuno in mezzo alla strada.”
“Deve farsi curare le ferite.”, annunciò George.
Quindi ero ferita?
Sussultai quando un uomo bussò al mio finestrino, sembrava piuttosto furioso.
Abbassai il vetro.
“Che vi salta in mente? Frenare in quel modo! Io vi denuncio!”
Il maggiordomo rispose al mio posto.
“Ho memorizzato la sua targa, verrà presto risarcito, ora la signorina qui accanto ha bisogno di cure.”

Era la prima volta che sentivo parlare George per più di un secondo.
“Cosa credi che mi importi? Voi non andate da nessuna parte, non prima che arrivi la polizia!”

“Signorina Mitsuko, sollevi il finestrino.”, ordinò George, mentre lo fissavo confusa.
“Adesso.”, aggiunse con tono perentorio e così obbedii.

La limousine partì nuovamente, lasciandosi alle spalle l’uomo che voleva denunciarci.
“Ma George – mormorai, mentre sfrecciavamo via – non credo sia legale.”
“Ho il compito di occuparmi di lei per prima e poi tutto il resto.”
Effettivamente, sentivo il lato destro del viso pizzicare, lì dove avevo sbattuto contro il vetro del finestrino.
I miei occhi ricaddero sulle gambe e mi sorpresi nel notare un ramoscello.
Non ricordavo di averlo visto prima e tanto meno sapevo come fosse finito lì.
Lo raccolsi e lo rigirai tra le mani.
Non ebbi il tempo di pormi altre domande, poiché eravamo giunti a villa Sakamaki.

***

George mi costrinse a restare seduta, nonostante le mie lamentele, e venne ad aprirmi personalmente lo sportello, cosa che accadeva molto raramente: disponevo di entrambe le mani, non avevo bisogno di qualcuno che aprisse la portiera per me.
Scesi dalla vettura e, scortata dal maggiordomo, entrai nella villa.
George si avviò immediatamente nello studio di Reiji, conscio che fosse lui il “capo-famiglia” a cui avrebbe dovuto raccontare dell’incidente.
Attesi in salotto, cercando lo specchio più vicino.
Mi sorpresi nel notare un livido all’altezza dello zigomo: dovevo aver sbattuto con violenza.

“Cosa è successo?”
Sobbalzai, al suono della voce di Reiji, speravo non fosse troppo arrabbiato, non volevo rovinare quella bella giornata.
“George non te lo ha raccontato?”
“Voglio sentirlo da te.”, annunciò il vampiro, sistemandosi gli occhiali sul naso e osservando il mio zigomo destro.
“Credevo di aver visto un uomo in mezzo alla strada, gli ho chiesto di frenare.”
“Un uomo?”
Valutai se fosse una buona idea confessare la somiglianza con Karl Heinz.
In fondo, non avevo più motivo di mentire ai Sakamaki, Reiji stesso aveva deciso di rinnegare suo padre, dopo la morte di…

“Somigliava a Karl Heinz.”, dichiarai.
Lo sguardo del vampiro si fece più duro.
“È la prima volta che succede?”
Ripensai alla notte in cui avevamo celebrato il funerale, ma quella poteva essere semplicemente un’allucinazione dovuta al forte stress.
“Si è la prima volta.”

“Siedi in salotto.”

Annuii e camminai fino al salone, uno dei divani era occupato da uno Shu addormentato, così mi accomodai su quello di fronte.
Massaggiai la parte lesa, ma non appena feci un po’ di pressione, strinsi i denti per il dolore.
“Che diavolo ti è successo, Tavoletta?”, domandò un Ayato comparso dal nulla, sedendosi al mio fianco.

Di colpo il suo sguardo si adombrò, mentre mi annusava i vestiti.
“Sei stata con i Mukami!”, sbraitò, sollevandomi il mento e controllando che non avessi morsi freschi.
“Te l’hanno fatto loro?”
“No, Ayato!” provai a dire.

“Che le hanno fatto i Mukami?”
Subaru, comparso alle mie spalle, mi osservò il volto e notai il suo trasformarsi in una maschera d’ira.
“Io li ammazzo.”, sentenziò l’albino.
Balzai in piedi, esasperata.
“Non sono stati i Mukami!-, esclamai, - è stato un maledetto finestrino!”
I due vampiri mi fissarono interrogativi.

“Stavo tornando a casa, quando ho pensato di vedere un uomo in mezzo alla strada. Ho chiesto a George di frenare e quella frenata improvvisa gli ha fatto perdere il controllo della limousine.”
Pronunciai quella frase tutta d’un fiato, non volevo creare scompiglio tra le due famiglie di vampiri, non adesso che avevano imparato a tollerarsi a vicenda.

“Ma hai l’odore dei Mukami addosso.”, insisté Ayato.
Roteai gli occhi al cielo, pronta a subire la furia di Oree-sama.
“Mi hanno fatto… una sorpresa, poco prima che andassi via.”

Tralasciai il dettaglio di essere stata gettata in acqua da Yuma e di aver cenato assieme a Kou.
Subaru schioccò la lingua, in dissenso.
“Ah? Perché io non sono potuto venire e loro si?”, si lamentò Ayato.
Me lo aspettavo.
“Non è colpa mia, non li avevo invitati.”
“Quindi quel Kou ha veramente qualche dono speciale.”, biascicò Shu alle nostre spalle.
“Così pare.”, commentai.

Reiji entrò nel salotto, con del ghiaccio avvolto intorno ad uno strofinaccio.
Me lo posizionò sulla guancia e soffocai un gemito.
Sentii lo zigomo bruciare, ma pian piano mi abituai alla sensazione del ghiaccio sul viso.

“Mitsuko ha detto che l’uomo assomigliava a Karl Heinz.”, annunciò Reiji.
L’espressione irata di Subaru tramutò in preoccupazione.
“Sei sicura?”
“Non è che a Tokyo ci siano molti uomini che se ne vanno in giro con i capelli bianchi, lunghi fino alla schiena.”
Un mezzo sorriso curvò le labbra di Shu.

“Cosa vuole ancora?”, borbottò Ayato, dimenticando la storia dei Mukami.
Ero lieta di notare l’irritazione che i Sakamaki riservavano al proprio padre.
“Dobbiamo parlare.”, annunciò Reiji, e mi resi conto che era rivolto a Shu.

Mi ritrovai con il ghiaccio in mano, i due fratelli erano scomparsi.

Oh fantastico, riflettei hanno ricominciato a nascondermi le cose.
Tuttavia, anche Ayato e Subaru erano stati tagliati fuori dalla conversazione.

Stizzita, mollai il ghiaccio sul tavolino di legno e mi incamminai verso la mia stanza.
Mi ero fidata di Reiji e com’ero stata ripagata?
Mi tenevano fuori dai loro discorsi.
Sapevo di contare qualcosa per i vampiri, ma non capivo perché non volessero condividere con me le informazioni importanti.
D’altronde, ero io nel mirino di Karl Heinz.
Avevo il diritto di sapere.

Non era un mistero il suo desiderio di “creare una nuova razza”, probabilmente ancora si aspettava che scegliessi un Adamo.
E dire che avevo anche accettato quella proposta, ma non era stato abbastanza: lui aveva aizzato la Chiesa contro di me e dunque, a causa sua, avevo perso l’unico Adamo che avrei scelto.
Per cui non sarei più scesa a patti con lui.

Dopo aver indossato il pigiama, ovvero una t-shirt ed un paio di pantaloncini, mi abbandonai mollemente sul letto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Salve gente! Scusate per l’immenso ritardo nell’aggiornare, non dipende assolutamente dalla storia, ma ci sono molti cambiamenti in corso nella mia vita, in questo periodo, comunque sappiate che ho intenzione di concludere questa storia, è la mia prima storia e ci sono molto affezionata, quindi non temete.

Grazie mille a coloro che hanno inserito la ff nelle preferite/seguite/ricordate e anche i lettori silenzioso, invito tutti a lasciare un commento, ci tengo a sapere cosa ne pensate, o se ci sono eventuali errori.

A presto, promesso, Nephy_

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Night Talks and Nightmares - ***


 

Capitolo 6 - Night Talks and Nightmares -

 

 

 

 

 

Il letto si abbassò sotto il peso di un corpo.
Faticavo a prendere sonno, quindi me ne accorsi immediatamente.
Sapevo di chi si trattava: non era la prima volta che io e Shu dormivamo assieme.

Probabilmente la questione “Yuma” ci aveva unito, perché trascorrevamo molto più tempo insieme.
Ma non era un mistero che avessi un legame particolare con lui, avevamo una sorta di tacito accordo, secondo il quale l’uno non avrebbe mentito all’altro, e se in passato era accaduto, ero certa che adesso potevo fidarmi.

Quindi gli chiesi cosa si erano detti, lui e Reiji, per assicurarmi che fosse ancora degno di fiducia.
“Niente di importante.”, eclissò.
Ruotai il busto, trovandomi il vampiro di fronte, con gli occhi chiusi ed un’espressione serena sul viso.
“Non credi mi riguardi?”, domandai.
“No.”
La sua risposta secca m’irritò e feci una cosa decisamente pericolosa: gli sfilai una cuffietta.
Il vampiro dai capelli biondi mi bloccò il polso e mi fissò severo.
“Ho la tua attenzione adesso?”, chiesi, ma Shu mi strappò dalle mani l’auricolare.
“Non farlo mai più.”
Era decisamente una minaccia.
Infilò la cuffietta e chiuse gli occhi.

Tornai a dargli le spalle, certa che non avrei chiuso occhio: ero stufa di sentirmi costantemente in balìa degli eventi, senza sapere come potermi comportare, accompagnata da uno stato d’angoscia perenne.

Ne avevo passate fin troppe, non avrei retto l’ennesimo colpo.

Ero stata portata con l’inganno dai Sakamaki, ero stata morsa, maltrattata, avevo rischiato di morire a causa di una vampira psicopatica.
Ero stata nuovamente rapita, poi minacciata e quasi uccisa dai Cacciatori.
In più avevo perso…
Non riuscivo a pronunciare il suo nome neppure nei miei pensieri, faceva ancora troppo male.

Provai a ricacciare indietro le lacrime, Shu era ancora accanto a me e, nonostante sembrasse già nel mondo dei sogni, ero sicura che mi avrebbe sentita piangere: non volevo che mi credesse debole, non volevo che nessuno di loro vedesse la mia parte fragile.

Lo avevo permesso solo a Subaru e a Ruki, ma con loro era diverso.

“Pensiamo che Karl Heinz non rinuncerà al suo progetto di creare una nuova razza. -, annunciò Shu all’improvviso – probabilmente voleva spaventarti, oggi.”
Tornai a guardare il vampiro al mio fianco.
“Beh, non c’è riuscito.”

Mi ero spaventata solo perché temevo avremmo investito un uomo innocente, sbucato dal nulla, se fossi stata certa che si era trattato di Karl Heinz, avrei chiesto a George di accelerare.

“Ma ci proverà di nuovo, - continuò Shu, socchiudendo gli occhi – non rinuncerà mai al progetto che porta avanti da secoli.”
“Tu sì che sai come rassicurare le persone.”, dichiarai.
Un mezzo sorriso increspò le labbra del biondo.
“Mitsuko, ricordi la nostra conversazione, sulle scale?”

Riportai alla memoria il dialogo che avevamo avuto tempo addietro, immaginai si riferisse al fatto che, per loro, ero molto più di una semplice sacca di sangue ambulante.
“Lo ricordo.”
“Penso che sia sufficiente allora.”

Shu chiuse gli occhi, sebbene avrei voluto replicare che no, non era abbastanza.

Sapevo bene che i Sakamaki mi avrebbero difesa, se il loro padre avesse provato ad uccidermi.
D’altro canto, se avesse voluto, Karl Heinz avrebbe potuto togliermi la vita quella sera stessa, mentre rientravo dalla spiaggia: nessuno dei suoi figli a difendermi, solo un maggiordomo anziano a scortarmi.

Anziano, ma con i riflessi rapidi e scattanti di un giovane sedicenne, pensai fra me e me.
Probabilmente Karl Heinz aveva altri piani in mente.

Mi imposi di non pensarci per le restanti sette ore, avevo bisogno di riposare.
“Shu?”, chiamai invece.
Il vampiro brontolò qualcosa, certamente esasperato dal mio continuo blaterare.
“Ogni tanto potresti parlare con Yuma, sai?”
L’altro rimase in silenzio.
“Non penserai che possa ricordarsi di te, guardandoti dormire per ore sul suo divano.”
“Cosa dovrei dirgli?”, borbottò.

Ci pensai su qualche istante, non poteva di certo esordire con “ehy Yuma, ti ricordi di me? Eravamo migliori amici finché mio fratello ha appiccato un incendio nel tuo villaggio!”.

“Immagino qualcosa di semplice, potreste parlare del tempo, forse?”
Shu aprì solo un occhio, per osservarmi, e inarcò un sopracciglio, come a voler dire “fai sul serio?”.
Capii che forse non era un granché come argomento, decisi che avrei improvvisato io stessa al momento.
“Dormi Mitsuko.”, ordinò con tono perentorio.
Chiusi gli occhi e un piccolo sorriso affiorò sul mio volto: mi sentivo già più serena.

***

“Bitch-chan.”
Quella voce… la conosco.
“Bitch-chaan!”
Mi guardo intorno, il buio sommerge ogni cosa, non ho la più pallida idea da dove provenga la voce, ma devo trovarla a tutti i costi.
Corro alla cieca, tutto ciò che riesco a distinguere è il mio corpo, come una torcia nell’oscurità.

E poi lo vedo.
Sosta in piedi a qualche metro di distanza.
È la luce in quel tunnel buio e spaventoso.
Lo raggiungo a passo svelto, indossa il solito cappello alla Michael Jackson e l’uniforme della scuola.
Gli sfioro il braccio, si volta.

“Finalmente Bitch-chan.”
Le sue iridi smeraldine si posano su di me, mi rivolge la solita occhiata maliziosa, mentre mi afferra per i fianchi e mi tira a sé.
Lo abbraccio, non posso credere di poterlo stringere nuovamente.

Ma lui mi solleva il mento e mi bacia.
Le mie mani salgono sulle spalle e gli avvolgono il collo, eppure c’è qualcosa di strano in quel bacio.
 Non è come il primo bacio che ci siamo scambiati, è come se fosse un’altra persona a baciarmi.
Apro gli occhi, per controllare che sia lui, e mi allontano bruscamente: i suoi occhi sono completamente neri e del sangue gli macchia le labbra.
Mi porto le dita sulla bocca e un liquido le bagna: osservo con orrore indice e medio, sporchi del mio sangue.
“Bitch-chan…”, sussurra lui, con una voce che non gli appartiene, poi si avventa su di me e il buio avvolge ogni cosa.

***

Balzai sul letto, urlando con quanto fiato avevo in gola.
La paura mi scuoteva il corpo, avevo la bocca asciutta: d’istinto mi portai una mano sulle labbra, per controllare che non stessi sanguinando realmente.

 Quando realizzai che era stato solo un sogno, tirai un sospiro di sollievo.
Sembrava così reale…
Impiegai qualche minuto per calmarmi, il cuore batteva all’impazzata.
Notai che Shu non era più nel letto.

Mentre facevo vagare lo sguardo nella camera semi-buia, una figura nell’ombra mi causò un secondo infarto.

Gridai, lanciando la prima cosa che mi trovai tra le mani: l’abat-jour si infranse contro il muro e Subaru la evitò per un soffio.
“Sei impazzita?”, commentò, guardando i pezzi di porcellana ai suoi piedi.
“E tu vuoi farmi venire un colpo?”
Ero sicura che la convivenza con quei vampiri mi avrebbe portato ad avere un infarto precoce.
L’albino grugnì qualcosa, iniziando a raccogliere i cocci della lampada, sparpagliati sul pavimento.
Mi avvicinai, per aiutarlo, e nel farlo inciampai su un piccolo rametto ai miei piedi.

“Si può sapere che ti è preso?”
Ignorai quel dettaglio, avvicinandomi al vampiro.
“Mi hai spaventata, non ti avevo visto! Dovreste imparare a bussare. - , colpii il pavimento con un pugno, simulando il bussare sulle porte – hai presente?”
“Non mi riferivo a quando hai tentato di ammazzarmi. Perché urlavi nel sonno?”
Rimasi con un pezzo di porcellana sospeso fra le dita.
“Oh… mi hai sentita.”
“Tutti ti hanno sentita.”
Arrossii per l’imbarazzo.
“Ho avuto un incubo.”
Depositammo i frammenti dell’abat-jour sul mio comodino, e pensai che Reiji non ne sarebbe stato contento.

“Vuoi… parlarne?”

Riportare il sogno alla memoria non mi sembrava una buona idea, scossi il capo.
“È a causa di mio padre? Se è per lui-”
“Non è per lui – lo interruppi – non ho sognato lui.”

Subaru mi osservò, probabilmente aspettando che aggiungessi altre informazioni, ma non volevo nominare il defunto fratellastro, non volevo dirgli come, nel sogno, aveva tentato di azzannarmi.

Per fortuna, o sfortuna, mi resi conto che lo sguardo color rubino del vampiro era fisso sulla mia mano e realizzai di essermi tagliata, poiché del sangue fuoriusciva dal palmo.
I miei occhi corsero a Subaru, che, lo capii immediatamente, faticava a mantenere il controllo.
Non mi mordeva da parecchi giorni, come se volesse punirsi per qualcosa.
O forse perché avevo perso il ragazzo che amavo.

Mi strappò un lembo della maglietta che indossavo e sussultai, ma usò la stoffa per avvolgere la ferita.
“Devi disinfettarla.”, annunciò con tono incolore.
Assentii, mentre lui si avviava fuori dalla stanza.

Abitare in quella villa doveva avermi bruciato tutti i neuroni, perché lo fermai.
“Subaru! –, srotolai il bendaggio improvvisato e allungai la mano verso di lui – puoi farlo.”
Ero certa che l’altro avesse capito a cosa mi riferissi.
Lo vidi esitare un istante e stringere le mani in un pugno, come se stesse combattendo contro sé stesso.

Poi mi fu addosso.
Mi sentii circondare la vita con un braccio, mentre con l’altra mano mi afferrava il polso.
Lo addentò con forza e soffocai un gemito.

Brava, te le vai pure a cercare!
Rimproverò la voce della mia coscienza.
D’altronde, non trovavo giusto che rinnegasse la sua natura perché ero in lutto.
I suoi fratelli continuavano ad attingere dal mio sangue indisturbati, un morso in più o in meno non avrebbe fatto la differenza.
E a Subaru cedevo ben volentieri il mio sangue.

Tuttavia non accennava a fermarsi, le zanne bruciavano sulla pelle, e se avesse continuato così, avrei perso tutte le energie.
“S- subaru…”, mormorai, mi iniziava a girare la testa.

Il vampiro sollevò i suoi occhi rosso cremisi ed incrociò i miei.
Si decise ad estrarre i canini e leccò i buchi che mi aveva procurato, poi passò al taglio che avevo sul palmo della mano.

Nonostante ciò, non ritrasse il braccio intorno alla mia vita, ma continuò ad osservarmi in silenzio, e immaginai cosa gli passasse per la testa.
Non lo respinsi, probabilmente perché volevo dimenticare quell’orribile sensazione che mi aveva lasciato l’incubo avuto e, tra le sue braccia, mi sentivo al sicuro.
Non dissi nulla, semplicemente lo fissai di rimando.

Ma lui si allontanò repentinamente.
Borbottò delle scuse e scomparve nel nulla.
Meglio così, forse…

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Dangerous golden eyes - ***


Capitolo 7 - Dangerous golden eyes -

 

 

 

Scesi nella cucina, piuttosto silenziosa, ma in fondo erano appena le dieci e i Sakamaki restavano chiusi nelle proprie stanze per la maggior parte della mattinata.

Decisi di mangiare latte e biscotti, mentre pensavo a cosa indossare per andare dai Mukami.

Mi tornò in mente il pub nei pressi del parco Ueno, forse avremmo potuto pranzare lì. Ricordavo che il venerdì, a pranzo, quel gruppo di jazzisti replicava lo spettacolo della sera precedente.
Così scrissi a Kou per proporgli l’idea.
Ero certa che lui avrebbe accettato di buon grado, senza aver bisogno di un preavviso, ma bisognava convincere il “capo-famiglia” ed io non ero brava nel dissuadere Ruki.

Terminai la colazione e, come previsto, ricevetti per risposta un “sembra divertente, andiamoci!”.
Gli feci notare che c’era la possibilità di ricevere un no da parte di Ruki, ma Kou mi rassicurò che lo avrebbe convinto.
Piena di entusiasmo, invitai anche le mie amiche a pranzare con noi.

Salii in camera e frugai nell’armadio, in cerca di qualche outfit interessante.
Tirai fuori un vestito nero a quadri, con un piccolo spacco sul lato sinistro.
Feci una doccia veloce, poi controllai il cellulare: sfortunatamente Yuki era già impegnata, ma Natalie aveva accettato, pur sapendo che i Mukami sarebbero stati presenti.

Un sorriso diabolico mi arricciò le labbra: prima di rientrare a scuola, lei e Kou sarebbero diventati amici. E magari qualcosa in più…

In realtà, non sapevo se fosse una buona idea assecondare la loro attrazione.
Non ero sicura che Kou fosse il ragazzo adatto a Natalie, se lei avesse mai deciso di frequentarlo.

E anche se Kou sarebbe potuto diventare un “bravo ragazzo”, cosa di cui dubitavo, sarebbe comunque rimasto un piccolo problema di fondo: lui è un vampiro.

Scacciai tutti quei pensieri, ripromettendomi che non avrei fatto nulla per avvicinarli, ma neppure per separarli.
Se Kou avesse ferito la mia amica, ci avrei pensato io a sistemarlo.
Così come mi stavo occupando della questione “Yuki/Ayato”.
Ci accordammo di trovarci al parco alle undici.

Uscii dalla camera e mi precipitai in quella di Shu: in quell’istante ricordai che sarebbe stato lui ad accompagnarmi dai Mukami e che, forse, l’idea di mangiare fuori, in un locale gremito di persone, non lo avrebbe fatto felice.

Bussai alla sua porta, in qualche modo l’avrei convinto.
Nessuna risposta.
Bussai nuovamente, in modo impaziente, non mi avrebbe sorpreso scoprire che Shu dormiva ancora.

Ma una risata femminile mi spinse ad entrare: con orrore notai Shu accovacciato contro il muro, con un braccio e la camicia sporchi di sangue, e di nuovo sentii una risata elegante: i miei occhi corsero all’angolo opposto della stanza, dove sostava una donna dai lunghi capelli biondi, raccolti in due codini.
Indossava un abito raffinato, quasi ottocentesco, di colore nero, lungo fino alle ginocchia.

Il suo sguardo incrociò il mio, le sue iridi dorate brillarono, mentre sorrideva malvagiamente.
“Mitsuko, va’ via.”, mi intimò Shu, mentre si lanciava sulla donna.
Lei scartò a sinistra, evitando il colpo, e sferrò un calcio nell’addome di Shu, spedendolo a terra.
“Mi aspettavo di più da un Sakamaki.”, commentò, mentre si preparava ad affondare le unghie affilate nel suo petto.

Razionalmente, la prima cosa da fare sarebbe stato chiamare gli altri, ma in quel momento, l’unico pensiero che riuscii a formulare fu quello di impedirle di ferire il vampiro: con un balzo mi lanciai su di lei ed entrambe finimmo sul pavimento.

Ma l’altra si riprese velocemente, mi afferrò per il collo, sollevandomi da terra come fossi una piuma.
Quando sorrise, compresi da dove proveniva la sua forza sovrannaturale: era una vampira.
Mi lanciò a qualche metro di distanza, l’impatto col pavimento fu doloroso, la schiena faceva male a tal punto che stentavo a muovermi.

Vidi la bionda avanzare verso Shu, che aveva gli occhi chiusi e non accennava a muoversi.
Qualcosa scattò dentro di me: non avrei perso un altro Sakamaki.

Sollevai una mano, desiderando con tutta me stessa di poter fare qualcosa per fermarla: fu in quel momento che un piccolo ramoscello iniziò a strisciare sul pavimento e si attorcigliò intorno alla caviglia della sconosciuta, che, colta di sorpresa, la ritrasse.

Ma la radice continuò a salire, si arrampicò su per il suo corpo, intrappolandole i polsi e poi avvolgendola interamente.
Lei emise un verso di stizza e usò la sua forza per liberarsi da quella “gabbia di legno”, riuscendo a spezzare i rami.

Osservai la scena incredula, alternando lo sguardo dalla vampira alla mia mano, quasi del tutto sicura che fossi io l’artefice di quello strano evento.

Tuttavia la sconosciuta era ormai libera, ma non rivolse la sua attenzione a Shu, bensì guardò me dritto negli occhi, e sorrise per l’ennesima volta, compiaciuta.
“Sei pronta.”, annunciò enigmatica.

Mosse alcuni passi nella mia direzione, e provai a rimettermi in piedi per fuggire, ma il dolore alla schiena mi costrinse a restare sdraiata.
Si chinò verso di me, come a volermi afferrare, ma sollevò il capo all’improvviso, gettando un’occhiata fuori dalla stanza.

“Dannazione.”, fu l’ultima cosa che disse, prima di sparire nel nulla.

***

Stare tra le braccia di Subaru mi causava sentimenti contrastanti: la sua pelle era piuttosto fredda, eppure, accoccolata al suo petto, sentivo un calore espandersi in tutto il corpo.
“Davvero Subaru, posso camminare.”
Il vampiro mi lanciò un’occhiata severa, probabilmente perché il mio precedente tentativo di rimettermi in piedi era fallito miseramente.

Venni adagiata sul divano del salotto e una smorfia mi increspò le labbra: ero ancora indolenzita per l’impatto col pavimento.

Reiji si accomodò di fronte a me.
“Ripetimi cos’è accaduto.”
“Come sta Shu?”, domandai.
L’avevo visto rimettersi in piedi, ma era ancora pieno di cicatrici e barcollante, quella psicopatica lo aveva conciato proprio male.
“Si riprenderà. –, tagliò corto il vampiro occhialuto – dunque?”

Subaru si posizionò alle mie spalle, scrutando il mio corpo, probabilmente in cerca di qualche ferita. O morso.
Ma non ne avevo alcuna. A parte la schiena a pezzi.

“Sono entrata nella stanza di Shu e l’ho trovato sanguinante, mentre quella rideva.”
Reiji si portò due dita sulla tempia e la massaggiò: “Come diavolo si è lasciato picchiare così.”
“Era molto forte. -, mi sentii in dovere di specificare – sembrava allenata per combattere.”
“E tu non hai idea di chi possa essere?”
Scossi il capo.
“Pensavo che Shu la conoscesse, magari qualche ex molto arrabbiata.”

“Nessuna ex arrabbiata.”, dichiarò uno Shu comparso dal nulla.
“Shu!”

Balzai a sedere, tuttavia la mano decisa di Subaru mi costrinse a restare stesa.

Il primogenito era ancora un po’ “ammaccato”, con qualche taglio qua e là, ma la maggior parte delle ferite era guarita e aveva cambiato la camicia sporca di sangue con una nuova.
“Come sta?”, domandò.
“Ha sbattuto sul pavimento, ma non riporta alcun livido.”, rispose Subaru.
Shu parve sorpreso.

Effettivamente, l’ultima volta che ero stata scaraventata così da Isabelle, ero coperta di lividi e mi ci era voluta una settimana per rimettermi completamente.
Mentre adesso non riportavo neanche un graffio e sentivo di poter camminare normalmente.
“Come ti ha ridotto così?”, domandò Reiji.
“Mi ha colto di sorpresa.”
Probabilmente Shu poltriva come al solito, e questo doveva essere stato uno svantaggio, fosse stato sveglio e attento, si sarebbe accorto dell’intrusione.
Reiji sospirò.

“Comunque sia, dobbiamo scoprire la sua identità e cosa voleva.”
“Potrebbe avere a che fare con nostro… con Karl Heinz.”, commentò Subaru.
Shu concordò con lui, tuttavia, sentii che mancava qualcosa.

“Sembrava più intenzionata a uccidere Shu – replicai, - non ha prestato molta attenzione a me, se non quando-”
Ripensai a quello che era accaduto: quei ramoscelli spuntati dal nulla, che l’avevano intrappolata per un breve istante.
“Quando?”, mi esortò Reiji.

Mi fidavo dei Sakamaki, ma era ancora troppo presto per annunciare qualcosa di così eclatante.
Prima avrei dovuto fare luce sulla questione per conto mio.

“Quando le ho impedito di ucciderlo.”
Ero sicura che lui fosse privo di coscienza e non avesse notato quella sorta di… magia.

Reiji annuì.
“Dobbiamo fare attenzione – annunciò infine – non mi sorprenderebbe scoprire che Karl Heinz voglia toglierci di mezzo.”

L’idea mi fece rabbrividire: era capace di tanto?
Non si era fatto scrupoli ad aizzare i Cacciatori, certo, ma mandare una specie di vampira mercenaria per far fuori i propri figli…
Mi convinsi che era opera di qualcun altro, anch’egli intenzionato a sbarazzarsi dei Sakamaki, ma conscio delle mie capacità.
D’altronde la vampira dagli occhi dorati aveva esordito con un “sei pronta”, dopo la vicenda con i rami.

Cosa mi stava succedendo?

 

 

 

 

 

 

 VAMPIRA MISTERIOSA DAI CAPELLI BIONDI

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 8 - Unexpected events - ***


Capitolo 8 - Unexpected events -

 

 

 

 

 

 

 

Il parco Ueno era chiassoso, pullulava di gente e tutti erano intenti a svolgere un’attività ben precisa: chi correva, desideroso di perdere qualche chilo di troppo; chi sedeva sotto un albero, per cercare un riparo dal caldo estivo; chi si limitava a passeggiare con il proprio compagno, e qualche bambino rincorreva l’amico del cuore.

Kou rimase ad osservare proprio un gruppo di tre fanciulli, intenti a far volare un aquilone.
L’oggetto continuava a incartarsi nel suo stesso filo, e faticava a prendere il volo.
Si avvicinò a uno dei bambini, e questo lo fissò timoroso.
Kou gli sorrise e si propose di aiutarli.
Così, il bambino che possedeva l’aquilone, più impavido, si presentò a Kou, dicendo di chiamarsi Toma, e gli porse il giocattolo rivestito di carta.
Il vampiro sistemò il filo attorcigliato e aspettò la giusta folata di vento, ringraziando i suoi sensi super sviluppati: l’aquilone si librò nell’aria, spiccando il volo.
I tre bambini esultarono gioiosi, Kou restituì il filo a Toma, che lo ringraziò, pieno di entusiasmo, poi corse via insieme ai suoi amici. 

“Quindi sai anche essere gentile.”, disse una voce femminile all’improvviso.
Si voltò, trovandosi davanti una Natalie sorridente.
Era la prima volta che la vedeva sorridere così, lo sorprese una strana fitta nel petto, ma non ci badò troppo.
“Un Idol deve godere di una buona reputazione.”
Il sorriso di Natalie si affievolì, mentre roteava gli occhi al cielo.

“Credevo di essere in ritardo, ma pare ci siamo solo noi.”, commentò la ragazza, guardandosi intorno.   
“I miei fratelli devono essere qui nei dintorni. Azusa voleva un gelato.”
“Non credo di averlo mai incontrato.”
Kou ritenne più saggio mettere Natalie in guardia su quanto Azusa riuscisse ad essere… particolare.

“Da bambino è stato vittima di bullismo, possiamo dire. – spiegò – questo l’ha un po’ traumatizzato.”
Natalie parve sinceramente dispiaciuta.
“Farò del mio meglio per metterlo a suo agio.”

Kou le rivolse un piccolo sorriso, poi qualcos’altro richiamò la sua attenzione, un istinto che credeva di poter tenere sotto controllo.
I suoi occhi percorsero la figura di Natalie, ed eccolo lì, il motivo del richiamo: sulla gamba sinistra, la ragazza aveva un piccolo taglio, una ferita minuscola ed insignificante.
Eppure non aveva mai bramato così tanto il sangue di qualcuno.
Sentì i canini allungarsi e impiegò tutto il suo autocontrollo per non saltarle addosso.

“Sei ferita-”, riuscì a mormorare.
Natalie seguì lo sguardo del biondo, notando il taglietto sulla sua coscia.
“Oh tutta colpa del rasoio di mia sorella. -, commentò lei – ma non è nulla, sto bene.”, lo rassicurò.
Nuovamente gli sorrise, il pensiero che lui si fosse preoccupato le donava una piacevole sensazione nel petto.

Fortunatamente, il sorriso di Natalie servì ad acquietare l’animo di Kou.

“Oh ecco i tuoi fratelli!”, esclamò lei, salutando il trio che si avvicinava.
Azusa gustava il suo cono con entusiasmo, come fosse il dono più bello che la vita avrebbe potuto fargli.

“Natalie, ti presento Azusa.”
Il vampiro smise di leccare il proprio gelato e puntò i suoi occhi spenti sulla ragazza, che senza esitazione gli porse la mano.
Tuttavia Azusa non fece altrettanto e Natalie dovette ritrarla, pensando a un altro modo per approcciare il ragazzo.
“Qual è il tuo gusto preferito?”, domandò, indicando il gelato.
“Vaniglia.”, annunciò Azusa in un mormorio.
“Il mio è-”
“Il gusto alla pera.”, l’anticipò Kou, lasciandola di stucco.
Come faceva a ricordarlo?

Ruki si rivolse al fratello.
“E Mitsuko?”
“La tua ragazza non è ancora arrivata.”
Yuma trattenne un ghigno, mentre Natalie sollevò lo sguardo su Ruki, incuriosita dalla frase di Kou, nello specifico quel “la tua ragazza”.
Che Ruki avesse un debole per la sua amica?

Il fratello maggiore lanciò un’occhiataccia al biondo.
“Probabilmente quell’idiota si è addormentato –, annunciò Yuma – e le sta facendo fare tardi.”
Proprio in quel momento, il cellulare di Natalie iniziò a suonare.
“Oh è lei!”, esclamò, richiamando l’attenzione di tutti i Mukami.
“Ciao! Noi siamo qui... – la ragazza assunse un’espressione preoccupata – …vuoi che venga?”
Ruki cercò di origliare la conversazione.

“Capisco, non preoccuparti! Se hai bisogno chiama.”
Una volta chiusa la telefonata, la ragazza spiegò che Mitsuko non sarebbe potuta venire per via dell’influenza.
Diceva di sentirsi poco bene, e tutto ciò di cui aveva bisogno era un po’ di riposo.
“Si scusava con tutti.”, concluse Natalie.

Ruki, Kou e Yuma si scambiarono un’occhiata complice, ben consci che ci fosse qualcosa sotto, qualcosa che Mitsuko voleva tener nascosto, altrimenti non avrebbe mai rinunciato all’uscita, sarebbe venuta anche con l’influenza, pur di trascorrere del tempo con loro e soprattutto con la sua amica.

“Allora torniamo a casa.”, decretò quindi Ruki.
Natalie sembrò dispiaciuta.
“Voi andate, vi raggiungo dopo. -, commentò Kou. – accompagno la brunetta a casa.”

Sentendosi chiamare in causa, la ragazza lo rassicurò che se la sarebbe cavata benissimo da sola, tuttavia il vampiro la ignorò bellamente, salutando i suoi fratelli.
Natalie fece lo stesso e insieme a Kou si avviarono verso la metro.

Camminarono per qualche istante in silenzio, lei scrutava il ragazzo di sottecchi: il sole metteva in risalto la sua pelle chiara, quasi bianca; indossava un paio di pantaloni neri e una semplice camicia, con le maniche arrotolate fino ai gomiti.
Dovette ammettere a sé stessa che era attraente, capiva come mai tante ragazze cadevano ai suoi piedi.
E oltretutto, aveva davvero una bella voce, come aveva avuto modo di constatare sulla spiaggia di Odaiba.

Kou si voltò a guardarla e le rivolse un piccolo sorriso.
Stranamente non avevano ancora avuto un battibecco e questo quasi la metteva a disagio.
Forse disprezzarlo era un buon modo per tenere a bada quell’attrazione per lui, che cercava di reprimere.

Una coppia di ragazze si parò davanti al biondo e, dal modo in cui trattenevano l’entusiasmo, dovevano aver riconosciuto l’Idol, infatti gli chiesero un autografo, che Kou dispensò volentieri, ma si stupì nel notare che Natalie non aveva fatto una piega.
Quando invece, solitamente, assumeva un’espressione seccata.

Le due ragazze la fissarono incuriosite.
“È la tua ragazza?”, volle sapere quella dai capelli rossi.
Natalie sgranò gli occhi, sicura di essere arrossita, e Kou ridacchiò.
“Non vuole essere nemmeno mia amica. – rispose ironico, – buona giornata ragazze.”

Le superò, afferrando la mano di Natalie e trascinandola con sé.
Questa non ebbe neppure la forza di ribattere, ne’ di liberarsi della presa di Kou, ancora troppo in imbarazzo.
Perché quella domanda l’aveva mandata in crisi?

La risposta arrivò quando Kou lasciò la sua mano, ormai giunti alla fermata della metro: per un istante aveva immaginato come sarebbe stato essere la sua fidanzata.
E ciò che la sconvolgeva, era l’aver realizzato che l’idea non le dispiaceva affatto.

Per quel motivo, Natalie decise che avrebbe proseguito per conto suo.
“Da qui posso continuare da sola.- , affermò – sono un paio di fermate e, una volta uscita dalla metro, casa mia si trova a pochi passi.”
“D’accordo brunetta, se preferisci, ci salutiamo qui.”
“Grazie per avermi accompagnato.”

Kou accennò un mezzo sorriso e le si avvicinò pericolosamente.
“In questo mondo, imparerai che non si fa nulla, senza ottenere qualcosa in cambio.”
Le sussurrò vicino all’orecchio.
“Quindi non era per la mia compagnia, ma perché vuoi qualcosa in cambio!”
Natalie impiegò tutte le sue energie per non balbettare, era abbastanza furiosa da riuscire ad ignorare i pochi centimetri che li dividevano.
“La tua compagnia è proprio ciò che ho avuto in cambio. –, spiegò invece Kou – sempre che tu non voglia darmi qualcos’altro.”
Non attese una risposta, le fece l’occhiolino e andò via, sapendo che lei non gli avrebbe dato nient’altro.

Ma, col tempo, lui se lo sarebbe preso.

***

Ruki, Yuma ed Azusa erano ormai giunti al punto in cui era parcheggiata la loro limousine.
Tuttavia Ruki non seguì i due fratelli all’interno della vettura.
“Sappiamo entrambi che è successo qualcosa a villa Sakamaki.”
Yuma annuì.
“Sarà meglio che vada a dare un’occhiata.”
Azusa, che aveva terminato il suo gelato, rivolse la sua attenzione al fratello.
“Posso venire a trovare Mitsuko?”
Il maggiore dei Mukami scosse il capo.
“Non siamo ben accetti in quella magione, è bene che vada solo uno di noi.”
“E perché proprio tu?”, si intromise Yuma, con un sorriso strafottente, già conoscendo il motivo.
“Perché sono il capo famiglia.”, si assicurò di specificare Ruki.

“Potresti salutare Mitsuko per me?”
Ruki annuì, un piccolo sorriso a curvargli le labbra: “Certo Azusa, lo farò.”

Così i due fratelli si avviarono verso casa, mentre Ruki cercò un posto isolato per potersi teletrasportare.
Avrebbe scoperto cos’era successo a Mitsuko con o senza il consenso dei Sakamaki.

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Investigations - ***


Capitolo 9 - Investigations -

 

 

 

 

 

 

Disdire l’uscita non era stato facile.
Ero così entusiasta di poter mangiare fuori, in compagnia della mia amica e dei Mukami, una parvenza di normalità, nella mia vita caotica.
E invece avevo dovuto rinunciarci.
Non perché non mi fossi rimessa, dopo l’incidente con la vampira dagli occhi dorati.
Sentivo, anzi, di essere in pieno possesso delle mie forze.
Ma dovevamo far chiarezza sull’intera vicenda.

Reiji e Shu si erano messi a indagare sui vampiri presenti nella zona, ma dubitavano che a Tokyo ce ne fossero altri, Mukami a parte.
Probabilmente le loro ricerche si sarebbero estese oltre Tokyo.
Subaru aveva informato Ayato e Kanato di quello che era successo, considerato che il primo era in cucina a mangiare Takoyaki, mentre il secondo era stato impegnato con le sue bambole di cera.
Ancora non mi ero abituata a quell’idea, ogni volta mi faceva rabbrividire.

E poi… io dovevo risolvere un’altra questione.
Motivo per il quale era quasi un’ora che tenevo il braccio sollevato: tentavo disperatamente di far comparire nuovamente qualcosa, ma sembrava uno sforzo inutile.
Che mi fossi immaginata tutto?

Mi accomodai sul letto, abbassando il braccio, che formicolava per essere rimasto tanto tempo sospeso a mezz’aria.
Non potevo essermi immaginata tutto, la vampira ne era stata testimone.

Chiusi gli occhi e inspirai a fondo.
Quando li aprii nuovamente, focalizzai la mia attenzione sul palmo della mano.
Avanti, fa’ che succeda qualcosa.”, pensai fra me e me.

Una piantina crebbe all’improvviso, dal centro della mia mano, crebbe fino a sbocciare in una bellissima rosa.
La presi con l’altra mano, e me la rigirai tra le dita, sbigottita.
Dunque non era solo il legno, il mio forte.

Cos’altro ero in grado di fare?
Com’era possibile che fossi in possesso di tali poteri?
Per un istante il panico prese il sopravvento, faticavo a respirare, ogni certezza stava svanendo nuovamente.
Forse era legato alla mia discendenza, eppure non avevo sentito alcuna storia a riguardo.
Non ero certa di poter affrontare anche questo, la mia vita era già abbastanza movimentata.

Del baccano dal piano di sotto richiamò la mia attenzione: mollai la rosa sul letto e provai a ricompormi, poi scesi per controllare cosa stava succedendo.

Riconobbi la voce di Ayato e…
“Ruki?”
Il Mukami sobbalzò appena, sentendo chiamare il suo nome.

Mi ritrovai Ayato accanto, mi afferrò per le spalle e mi fece ruotare su me stessa, ignorando le mie lamentele.
“Come vedi la mia Tavoletta sta bene.”
Pose enfasi sul “mia” e giurai di aver visto Ruki storcere il naso.
“Allora perché non è potuta venire?”
Non avrei voluto allarmare Ruki, ma sarebbe stato inutile nascondergli quello che era successo, magari i Mukami avrebbero potuto dare una mano.

Mi liberai della presa di Ayato e mi avvicinai all’altro.
“Una vampira ha aggredito Shu.”
Ruki sembrò sinceramente stupito: “Una vampira?”
“Alta, bionda, occhi color oro, unghie affilate.”, descrissi brevemente.
“Che voleva da vostro fratello?”
Ayato scrollò le spalle.
“Non ne abbiamo idea, - risposi, - non sappiamo chi sia.”

Ruki parve rifletterci su un momento.
“Potrebbe essere legata a quell’uomo.
Tutti erano giunti a questa conclusione, eppure continuavo ad avere questa sorta di presentimento: qualcosa mi diceva che Karl Heinz non era coinvolto in questa storia.
Mi domandai se lui fosse a conoscenza delle mie capacità.

“Lo pensiamo anche noi.”
Reiji comparve all’improvviso nel salotto, seguito da Shu.
Ruki osservò il maggiore dei Sakamaki, notando ciò che restava delle sue ferite.
“Qui a Tokyo, siamo gli unici vampiri presenti. Quindi, per condurre altre ricerche, ci sposteremo.”
Lanciai un’occhiata a Shu: temevo per la loro incolumità, non volevo che si cacciassero nei guai a causa mia.
Lui ricambiò con uno sguardo imperturbabile, dimenticavo che nulla riuscisse a scalfire il vampiro, come se qualsiasi cosa, oltre al suo poltrire con le cuffie nelle orecchie, fosse irrilevante.

“Ayato – chiamò Reiji – tu e Subaru sorveglierete a turno la casa, mentre saremo via.”

Ayato acconsentì immediatamente.
Ruki soppesò la situazione, prima di parlare.

“Potremmo… dare una mano.”
A rispondergli a tono, con un secco no, fu il vampiro dai capelli rossi, ma Shu decise di intervenire.
“Credo che sia una buona idea. – annunciò, ignorando il dissenso del fratellastro – Quella vampira potrebbe tornare e, mentre noi combattiamo seguendo l’istinto, lei è addestrata. Potrebbe anche portare con sé qualcun altro, addestrato in egual modo, e voi sareste in svantaggio.”
Reiji convenne che era necessario unire le forze delle due famiglie, per quanto restìo.

“Tu e i tuoi fratelli… - il vampiro occhialuto si prese del tempo per continuare, quello che stava per dire doveva costargli fatica. – Voi potrete venire a stare qui, durante la nostra assenza.”

Ayato spalancò la bocca, incredulo, e poi, dopo aver borbottato qualcosa, svanì nel nulla.
Ruki stesso rimase sbalordito da tale proposta ma, dopo una rapida occhiata nella mia direzione, accettò.
“Comunicherò la situazione ai miei fratelli, stasera ci trasferiremo.”, annunciò.

Shu gli fece un cenno col capo.
“Ti saluta Azusa.”, mi comunicò il Mukami, prima di scomparire.
Sorrisi, anche se non avevo avuto modo di ricambiare, ma sarebbero venuti presto nella villa, avrei potuto parlarci di persona.

Mi avvicinai quindi ai due Sakamaki.
“Quanto starete via?”
“Massimo un paio d’ore.”, rispose Reiji, sistemando gli occhiali sul naso.
“Fate attenzione.”, mi raccomandai, decisamente preoccupata.
Shu mi diede due colpetti sulla testa, compresi che era il suo modo per rassicurarmi.

“Mitsuko, affido a te questa villa, sei certamente più adatta dei miei fratellastri per prendertene cura.”

La frase pronunciata da Reiji quasi mi commosse, non credevo che avrebbe mai messo da parte il suo orgoglio e confessato che una semplice umana avrebbe potuto sostituirlo, nel ruolo di capo-famiglia.

Ripensai a com’ero trattata inizialmente, quand’ero una mera Sposa Sacrificale e il mio unico scopo era offrire il mio sangue.
Mentre ora mi veniva affidato il compito di occuparmi della casa.
Un nodo in gola mi impedì di rispondere, così mi limitai a sorridere.
Reiji interpretò quel sorriso come un “mi prenderò cura della magione e degli altri”, e si avviò nel suo studio, probabilmente per preparare ciò che occorreva durante il viaggio.

“Potresti comprare un cellulare, così ci terremmo in contatto.”
Shu inarcò un sopracciglio, suo tipico quando valutava le mie frasi bizzarre o ridicole.
“Saremo presto di ritorno.”
Nonostante quella promessa implicita, non mi piaceva l’idea che dessero la caccia ad una vampira sanguinaria, ma almeno sarebbero stati insieme.
Era anche un ottimo modo per mettere da parte le loro divergenze passate, o almeno lo speravo.

“Vado ad informare Subaru, non credo la prenderà bene.”, annunciai.
Shu mi lanciò un’occhiata: “Credo di no.”

Ed entrambi sapevamo bene che non era per una questione d’orgoglio, come lo era per Ayato, piuttosto perché tra l’albino e uno in particolare dei Mukami si era creata una sorta di rivalità.

Mi avviai nel roseto e Shu si abbandonò su un divano: quanto invidiavo la sua spensieratezza.

***

Nella serra ricolma di rose, non c’era traccia di Subaru.
Mi domandai dove altro potesse essere, avevo controllato nella sua stanza e nuovamente nel salotto, per assicurarmi che non fosse andato lì mentre ero nel roseto.

Mi arresi e decisi di tornare nella mia camera, e fu proprio lì che trovai Subaru: sostava in piedi, con in mano la rosa che io stessa avevo creato.
Si voltò quando avvertì i miei passi, seppur silenziosi.

“È una delle mie?”, domandò dubbioso.
Assomigliava in tutto e per tutto alle sue rose rosse ma, in qualche modo, si era reso conto che non proveniva dal suo roseto, quindi mentire sarebbe stato controproducente.
“No.”
Parve sorpreso, probabilmente avrebbe voluto chiedere dove l’avevo colta.

O chi me l’aveva regalata.
Ma non disse nulla e la posò sul letto, lì dove giaceva in precedenza.

“Devo dirti una cosa.”, annunciai, cercando le parole giuste per evitare che lasciasse l’ennesima crepa nel muro.
“Lo so, i Mukami verranno a stare qui.”
“Ayato te l’ha detto.”, dedussi.

L’albino si accomodò sul mio letto, rigirandosi tra le dita la chiave che portava appesa al collo.
Mi ero sempre chiesta quale lucchetto o serratura aprisse, Subaru non me ne aveva mai parlato.

“Pensava l’avrei supportato nell’opporci.”
Presi posto accanto a lui.
“E lo supporti?”
Mi guardò negli occhi per un istante.
“No. No, credo sia la scelta giusta.”
Da quando Subaru era diventato più ragionevole di Ayato?
“Ma non ti aspettare che andremo troppo d’accordo.”, aggiunse.
Sorrisi: “Ne sono consapevole.”

Il vampiro tenne gli occhi fissi sul pavimento.
Era un mistero cosa gli passasse per la testa, al momento: non ero cieca alle sue attenzioni, notavo i suoi sguardi; sapevo bene che gli piacevo con la stessa intensità del giorno in cui, nel roseto, aveva confessato di tenere a me, e voleva che scappassi dalla villa solo per smettere di bere il mio sangue.

Tuttavia c’era qualcosa che lo frenava, e non si trattava più di semplice imbarazzo, era qualcosa di più grande.
Potevo intuire di cosa si trattasse, sebbene l’argomento fosse una sorta di tabù, tanto che non riuscivo neppure a pronunciare il suo nome.
Forse sarebbe stato più facile lasciarlo andare, se non avesse capito di amarmi in punto di morte.
Quel pensiero egoistico mi fece trasalire, ma cosa andavo a pensare?

Subaru parve notare il mio animo inquieto, o probabilmente gli occhi umidi, che lottavano per ricacciare indietro le lacrime, così allungò la sua mano verso la mia, incerto.
Quando le sue dita gelide mi sfiorarono, mi decisi a sollevare lo sguardo.
Le sue iridi cremisi mi scrutavano attentamente, probabilmente aspettava solo un piccolo gesto, un consenso, che io non riuscivo a dargli.

La sua espressione indecifrabile mutò in una più severa.
“I Mukami sono qui.”

 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 10 - Tension - ***


 

 

Capitolo 10 - Tension -

 

 

 

 

Mentire a Mitsuko non era stato affatto semplice, per quanto Shu si sforzasse di pensare che era la cosa giusta da fare, per il suo bene, odiava non poter essere sincero con lei e non l’aveva neppure salutata un’ultima volta, prima di andar via.
Ma se avesse rivelato le sue vere intenzioni, lei non lo avrebbe mai lasciato partire.

Reiji sedeva di fronte a lui, nella limousine, teneva le braccia incrociate e gli occhi puntati sul finestrino; Shu non seppe definire se guardasse il paesaggio esterno o semplicemente il vetro opaco.
Perfino la musica classica nelle sue orecchie non riusciva a donargli la solita quiete interiore: aveva gli occhi chiusi, ma riposare era impensabile, al momento.

“Credi sia una buona idea?”, domandò al fratello minore.
Reiji non spostò lo sguardo dal finestrino, ma sistemò meglio gli occhiali che indossava.
“Dobbiamo cominciare da qualche parte.”
Shu aprì solo un occhio, per osservare il fratello.
La sua iride blu come l’oceano riluceva, quando i pali della luce esterni illuminavano l’interno della vettura.
Un mezzo sorriso gli arricciò le labbra, prima che riuscisse a impedirlo.
“Cosa?”, domandò Reiji, cogliendo quel piccolo dettaglio.

 “Non so se ho più timore dell’incontro che avremo a breve, o di Mitsuko se dovesse venirlo a sapere.”,
Confessò Shu, provocando il divertimento anche del fratello.

Era la prima volta, dopo quelli che sembravano secoli, che i due Sakamaki si sorridevano l’un l’altro, genuinamente.

“Se posso permettermi, sembra che la signorina Yoshida abbia un temperamento… irruente.”, commentò George dal posto di guida.
“Ed è così.”, ammise Reiji.

La vettura parcheggiò davanti un imponente edificio, ricco di finestre e statue di pietra, dallo stile ottocentesco.
Reiji e Shu raggiunsero il portone d’ingresso e, dopo un paio di colpi sul legno bianco, una donna, vestita con un completo da cameriera, li invitò ad entrare.
I due proseguirono nell’ampia sala, dove numerosi divani rosso scuro si accostavano ad un ampio camino, al momento spento.

La domestica offrì loro del tè, per ingannare l’attesa, ma entrambi rifiutarono.
“Il signor Tougo vi riceverà a breve.”, così dicendo, la donna sparì in qualche stanza nelle vicinanze.
I due Sakamaki attesero in silenzio, lanciando occhiate circospette in giro.
Poi una voce maschile.

“Figli miei.”

Karl Heinz fece il suo ingresso nel salone, con le braccia aperte e uno dei suoi falsi sorrisi stampato in faccia.

 

***

 

“Siete in anticipo.”, borbottò Subaru.
Ritrovarmi tre Mukami dentro la villa dei Sakamaki mi provocava una strana sensazione, ma non del tutto negativa.
Per qualche motivo Kou mancava all’appello, probabilmente ci avrebbe raggiunti in seguito.
Temevo comunque che, prima o poi, i membri delle due famiglie si sarebbero azzuffati, ma in cuor mio speravo che questa fosse l’occasione giusta per farli riconciliare definitivamente.

Si dice che non tutto il male viene per nuocere e, se è un modo dire, significa che qualcuno lo ha constato in prima persona.
Sperai di essere fortunata come quel qualcuno, almeno per una volta.

Il primo a rompere il ghiaccio fu Azusa che, incurante della presenza di Subaru, mi venne incontro con un pacchetto.
Ruki e Yuma restarono in disparte, ma il maggiore dei Mukami continuava a gettare occhiate nella direzione di Subaru, sicuramente ricordava bene il loro precedente scontro.
“Scusa se non sono venuto al tuo compleanno.”, annunciò in un mormorio.
Gli sorrisi: “Non preoccuparti Azusa.”

“Però ti ho portato un regalo.”
Mi porse il pacco, avvolto da una carta regalo blu scuro e con un piccolo fiocco lilla al centro.
“Grazie, non dovevi!”
“Ti ho… offeso?”, domandò lui insicuro.
Scossi il capo con vigore e avrei voluto abbracciarlo, se non avesse avuto una sorta di fobia per le dimostrazioni d’affetto.
“Al contrario, sono contentissima!”

Sollevai il coperchio della scatola e strabuzzai gli occhi, riconoscendo uno dei pugnali che Azusa conservava nella sua stanza.
Aveva il manico rosso, con dei ghirigori intagliati nel legno e la lama argentea riluceva pericolosamente.
Sembrava molto affilato.
Tuttavia non avevo intenzione di ferire i sentimenti del vampiro, apprezzavo il pensiero, e non mi sarei di certo aspettata un cucciolo di cane, o un profumo, come regalo da parte sua.
“È davvero molto bello!”

Incrociai lo sguardo di Yuma, mi fissava con un cipiglio, ovviamente sapeva che non mi aspettavo quel genere di regalo, ma avrebbe dovuto conoscermi abbastanza bene da sapere che qualsiasi cosa sarebbe stata gradita: non era l’oggetto in sé, di cui mi importava, ma il gesto.

Tant’è che Azusa mi donò il miglior sorriso che poteva sfoderare: quindi curvò appena le labbra e arrossì lievemente.

Subaru probabilmente condivideva lo stesso pensiero di Yuma, ma dimenticava, forse, che lui stesso mi aveva donato un coltello, in passato, sebbene fosse per un motivo preciso: vale a dire disfarmi di lui e dei suoi fratelli.
Scossi il capo a quell’idea, parevano trascorsi anni da quel giorno, invece si trattava solo di poco tempo fa, ed erano cambiate così tante cose in un paio di mesi.

Io ero cambiata.

Un brivido mi percorse la schiena, mentre ripensavo a ciò che ero in grado di fare, quella strana magia che scorreva dentro le mie vene.
Come avrei dovuto comportarmi?
Desideravo chiedere consiglio a qualcuno, e mi fidavo dei Sakamaki tanto quanto dei Mukami, ma come avrebbero potuto aiutarmi loro?

Abbassai lo sguardo sulle mie mani, che ancora stringevano il regalo: stavano tremando. Tornai a guardare i presenti e notai che Ruki mi fissava: doveva aver notato qualcosa.
Mi schiarii la voce.
“Questa sera potremmo cenare insieme.”
Quella parola mi ricordò che avevo saltato il pranzo e il mio stomaco iniziò a brontolare.
Sperai che nessuno lo avesse sentito.
Subaru mi osservò contrariato, non doveva essere entusiasta di quella proposta.
“Ah? Noi e loro?”, chiese Yuma, come se avessi pronunciato la peggiore delle eresie.

“Oree-sama non mangerà mai allo stesso tavolo in cui siedono anche loro.”, annunciò un Ayato sbucato dal nulla.
Al suo fianco sostava Kanato, i suoi occhi non sembravano vitrei, come al solito, ma erano adombrati dalla rabbia: non era propriamente contento di avere quei tre in casa.
Ma, in particolare, continuava a gettare occhiatacce in direzione di Azusa, tuttavia quest’ultimo pareva non curarsene affatto.

“Io credevo… credevo che avremmo potuto…”

“Scordatelo tavoletta.”, proferì Ayato a denti stretti.
Poi si rivolse ai Mukami.

“E voi resterete qui.”
Lo guardai stizzita, non poteva mica costringerli a restare seduti nel salotto fino al ritorno di Reiji e di Shu.

“E perché dovremmo prendere ordini da te?”, si lamentò Yuma, avanzando verso il rosso.
“Perché sono io a dare ordini in questa casa!”
Ayato andò incontro a Yuma, entrambi furiosi.
Kanato sorrideva senza allegria, pregustando la lotta che sarebbe avvenuta a breve,
Ruotai il busto, verso Subaru, ma sembrava essere scomparso nel nulla.
Quella costatazione mi rattristò, speravo di poter contare su di lui per tenere a bada i fratelli.

Così cercai lo sguardo di Ruki, che ricambiò immediatamente.
“Per favore fermali!”
Seppur apparentemente riluttante, il maggiore posò una mano sul braccio del fratello, provando a trattenerlo, così io feci lo stesso con Ayato.

“Stanne fuori.”, strattonò il braccio, liberandosi facilmente della mia presa.

Yuma si ribellò al fratello, insistendo sul “dare una lezione al viziatello”.
Ma Ruki riuscì a convincerlo a desistere, così provai un approccio diverso con Ayato.
“Stasera preparerò dei Takoyaki.”
Il rosso girò di poco il capo, per guardarmi.
Bene, avevo la sua attenzione.
“E anche dei biscotti.”, aggiunsi, lanciando un’occhiata a Kanato.
Ottimo, avevo anche la sua attenzione.

“Chiunque vorrà, potrà venire a mangiarli, ma non voglio litigi. – dichiarai con un tono severo – altrimenti nessuno avrà nulla.”

Trascorse qualche secondo prima che Ayato sbuffasse, conscio che avevo il coltello dalla parte del manico.
Roteò gli occhi, prima di parlare.

“Mi aspetto dozzine di Takoyaki stasera, tavoletta, vedi di fare un buon lavoro.”, e così dicendo girò sui tacchi.

Kanato strinse a sé Teddy, non aveva più alcun sorriso stampato in faccia, e si smaterializzò senza spiccar parola.

Tornai a guardare i Mukami, Yuma schioccò la lingua.
“Avrei potuto sistemare quell’idiota.”, annunciò, rivolgendosi al fratello.
“Non ne dubito.”, rispose Ruki e vidi i due scambiarsi un mezzo sorriso.

“Ragazzi non siete costretti a restare qui, potete girare nella villa, o all’esterno.”
Reiji aveva lasciato a me il comando, non era Ayato a impartire ordini, e avrei trattato i Mukami con rispetto, poiché erano stati sempre gentili quando avevo pranzato nella loro villa.

“Cercate solo di non bisticciare con i Sakamaki, per favore.”
Yuma non sembrava disposto a lasciar correre, ma alla fine annuì seccato.
Azusa mi guardò con i suoi occhi grandi e spenti, ma sapevo che lui sarebbe stato l’ultimo ad attaccar briga.
Ruki mi assicurò che, per non mancarmi di rispetto, avrebbe evitato ogni battibecco.
Quell’affermazione, per qualche motivo, mi fece arrossire.

“Dov’è Kou?”, domandai.
Yuma sfoderò un sorrisetto malizioso, al che sollevai un sopracciglio, incuriosita.
“Ci raggiungerà a breve.”, tagliò corto Ruki.
Ma mi stavano – evidentemente – nascondendo qualcosa.
Non indagai oltre per il momento.

“Potete accomodarvi qui, sistemo questo in camera – sollevai il pacco di Azusa – e torno immediatamente.”
I tre assecondarono il mio volere, prendendo posto sui divani, così mi incamminai nella mia stanza, sperando che nessuno di loro si cacciasse nei guai nel frattempo.

 

 

 

 

KARL HEINZ/TOUGO SAKAMAKI

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 11 - Never too easy - ***


Capitolo 11 - Never too easy -

 

 

 

 

 

Aprii il cassetto e sistemai con cura il coltello che mi aveva regalato Azusa, posizionandolo accanto a quello di Subaru.

Mi tornò in mente quando me lo aveva donato.
Desiderava che lo uccidessi.
Ma già allora non sarei stata in grado di compiere un atto così terribile, sebbene lo avessi usato per minacciare quel Cacciatore, Lee.
Quel giorno, per un brevissimo istante, l’idea di togliergli la vita mi aveva solcato la mente.
Ero così arrabbiata, così piena di odio: volevo fargliela pagare, perché mi aveva portato via il ragazzo di cui ero innamorata.
Non che lo avesse ucciso lui ma, indirettamente, era come se lo avesse fatto, perché aveva istigato i suoi compagni ad attaccare, e quindi lo ritenevo responsabile della sua morte.
Insieme al caro Karl Heinz.

Richiusi con un colpo secco il comodino e notai che sulla superficie, dove ancora giaceva l’abat-jour ridotta in pezzi, c’erano delle gocce d’acqua: mi toccai il viso, non mi ero neppure accorta di stare piangendo.
Tirai su con il naso e provai ad asciugare le lacrime.
Una mano sul fianco mi fece sobbalzare: credevo si trattasse di Subaru, ma quando mi voltai, incontrai un paio di iridi grigie e, apparentemente, prive di emozioni.

Ruki piegò il capo da un lato, osservando meglio il mio viso.
Provai a fuggire dal suo sguardo, chinando la testa, ma lui mi costrinse a sollevarla, poggiando due dita sotto il mento.
“Che succede?”

Che succede… bella domanda.

Non vedevo Takeshi da giorni, una psicopatica aveva tentato di uccidere Shu, avevo quei poteri, di cui non conoscevo la provenienza, ne’ se fossero un pericolo per me e per gli altri.

E mi mancava… mi mancava…

“Quando diventerà più facile?”, domandai sommessamente.
“Cosa?”
“Tutto. La vita.”
Ruki fece scorrere le dita dal mento alla guancia, provocandomi un brivido lungo la schiena.
“Temo mai.”
Sospirai, ma ne ero consapevole, in fondo.

“Ma non è per questo che vale la pena viverla? – continuò il vampiro – se fosse semplice, sarebbe una vita vuota e priva di significato.”
Scossi il capo, mentre lui teneva la mano fissa sulla mia guancia.
“Le difficoltà che dobbiamo affrontare ci mettono a dura prova, è vero, ma ci fanno sentire vivi.”
Detto da un vampiro, un non-morto, sembrava quasi paradossale, ma dovetti concordare con lui.

Non potremmo mai godere delle cose belle che ci capitano nella vita, se non conoscessimo il dolore e la sofferenza, se non conoscessimo quanto questa vita può essere tanto misera, delle volte.
E diventare così meravigliosa, nello sguardo gioioso di un bambino; nella leggera brezza fresca, durante una giornata troppo calda; o nel calore di un abbraccio.

Mi decisi a guardare Ruki negli occhi, le lacrime avevano smesso di scendere.
Lui si chinò sul mio collo e, inconsciamente, indietreggiai, scontrandomi con il comodino alle mie spalle.
Lo vidi esitare e ritirare la mano dal mio viso.
Tuttavia mi sporsi verso di lui: restava pur sempre un vampiro e, proprio come Subaru, era uno dei pochi che meritava veramente di bere il mio sangue.

“P- puoi farlo.”, sussurrai, mentre mi dava le spalle.
La scena era così familiare.

Ruki ruotò il busto, un sorriso amaro sul viso.
Si avvicinò nuovamente, afferrandomi per i fianchi e stringendomi a sé.
Sussultai, mentre il cuore pompava veloce nel petto: lui era pur sempre un ragazzo –un bel ragazzo – ed eravamo troppo vicini per impedirmi di arrossire.
“Sai che non è il tuo sangue ciò che voglio.”

Deglutii a fatica.
“Allora cosa?”, domandai con voce tremante.
“Sai bene cosa.”
Certo che lo sapevo.
Non ero ingenua e tanto meno stupida, e lui aveva reso tutto fin troppo chiaro, oramai.

Si abbassò nuovamente sul mio volto, eravamo decisamente troppo vicini, e avrei voluto allontanarlo, poiché sapevo di aver donato il mio cuore già a qualcun altro.
Ma quel qualcun altro era così lontano e irraggiungibile.
Mi sentivo tanto sola senza di lui, nonostante fossi circondata da persone che tenevano a me.
Ma nessuno di loro riusciva a colmare quel tipo di solitudine.
Se non… eccetto forse per…

Ruki mi baciò senza chiedere alcun consenso.
Subaru è stato più rispettoso.
Suggerì una vocina.

Ma Ruki sa quel che vuole e non ha esitato a prenderselo.
Replicò un’altra.

Le labbra del vampiro, premute contro le mie, scacciarono entrambe le voci.
La sua mano tornò a posarsi sulla mia guancia: il suo corpo non era così freddo come quello di Subaru, probabilmente perché era un vampiro solo per metà.
Ma sentivo che era sbagliato.
Lui si staccò di colpo, lasciandomi confusa e barcollante.

“Disturbo?”, la voce di Kou trasudava derisione.
Derisione certamente rivolta a Ruki, che aveva cercato di sviare i sospetti del fratello, ma adesso ci aveva colti sul fatto.
“Finalmente ti sei degnato a venire.”, rispose Ruki, provando ad usare un tono di rimprovero, per distrarlo da ciò che aveva visto, probabilmente.

Kou osservò il fratello con un sorriso di scherno, poi riprese la conversazione.
“Sono venuto qui con qualcuno che è solito fare tardi.”
Spalancai gli occhi: “Hai portato qui Natalie?”
“Hai detto che stavi male ed era preoccupata.”
Avrei voluto schiaffeggiarmi: odiavo dire bugie, e soprattutto odiavo dire bugie alle mie amiche, suscitando anche la loro preoccupazione.
Almeno con Yuki non avevo bisogno di mentire.

Non su tutto.

“E l’hai lasciata di sotto da sola?”
“Certo che no, sta con Yuma ed Azusa.”
Azusa?!”, ripetei con voce stridula, precipitandomi al piano di sotto.

Fu un sollievo vedere che la mia amica sorrideva cordialmente al vampiro ricoperto di bende, e scoprire che lui non aveva ancora iniziato a infilzarsi con qualche oggetto contundente.
Forse Yuma lo aveva tenuto d’occhio.

Natalie mi intravide dietro le spalle di Azusa e scattò in piedi, venendomi incontro.
“Mitsuko come stai?”, volle sapere, carezzandomi una spalla.
“Molto meglio – le sorrisi, - mi dispiace se ti ho fatta preoccupare.”
“Oh l’importante è che tu stia bene!”
Quanto avrei voluto dirle tutta la verità.
Indicai il Mukami.
“Hai già conosciuto il fratello di Kou?”

Natalie lanciò un’occhiata nella loro direzione e annuì.
“A dir la verità l’ho incontrato oggi al parco, mentre ti aspettavamo.”
“Oh capisco.”
Risposi, prima di accorgermi, con la coda dell’occhio, che Azusa aveva iniziato a srotolare una delle sue bende.
La mia bocca minacciò di spalancarsi, mentre il vampiro sembrava parlare con una delle sue cicatrici.
Cercai di mandare un segnale a Yuma, indicando suo fratello con piccoli cenni della testa, temendo di essere vista da Natalie, ma era già troppo tardi.
La mia amica si voltò e notò quello che stava facendo Azusa.

“Ecco lui-”, iniziai a dire, ma la mia amica mi interruppe con un’occhiata apprensiva.
“Kou mi ha detto delle sue… problematiche.”

Non sapevo cosa le avesse raccontato Kou esattamente, ma non sembrava troppo scioccata, per cui doveva conoscere solo una parte del racconto.
Meglio così.

Poi un sorriso affiorò sulle mie labbra e non riuscii a trattenermi.
“Hai legato molto con Kou, vedo.”
Per la prima volta da quando la conoscevo, vidi Natalie arrossire.
Sentii un braccio avvolgermi le spalle e sussultai, mi ci volle poco per riconoscere il biondo al mio fianco.

“Si io e la brunetta abbiamo legato molto.”
Natalie forzò un’espressione seccata.
“Non direi che abbiamo legato così tanto. – rimbeccò – ma direi che, magari, col tempo, potremmo diventare amici.”
A Kou sfuggì una risatina.
“Ma certo, amici come lo sono Ruki e Mitsuko.”
Rischiai di strozzarmi con la mia stessa saliva, mentre deglutivo a vuoto: ciò che era successo qualche minuto prima mi tornò –prepotentemente- alla memoria.

Yuma lanciò un’occhiata al fratello, incuriosito, chissà che i due non sparlassero di noi alle nostre spalle.

“Sai Natalie, io dovrei preparare la cena, ma puoi farmi compagnia, se ne hai voglia.”, dichiarai, mentre mi liberavo del braccio di Kou.
“Assolutamente, ti do una mano!”
Le sorrisi riconoscente e mi rivolsi ai Mukami.
“Ragazzi fate i bravi, vi chiamerò quando è pronto.”
“E da quando non ci comportiamo bene?”, replicò Yuma.

Lo fissai con un cipiglio: avevo un elenco infinito delle volte in cui “non avevano fatto i bravi”, a partire dal loro tentativo -riuscito- nel rapirmi.

Azusa era ancora intento a contemplare le sue cicatrici, mentre Kou sorrideva divertito.
I miei occhi incontrarono per un breve istante quelli di Ruki e un lieve rossore tinse le mie guance, così afferrai la mano della mia amica, per trascinarla in cucina.

Nel farlo ci scontrammo con Ayato, che notò Natalie.
“E lei che ci fa qui? –, domandò piccato – non hai nemmeno chiesto il consenso di Oree-sama!”, mi rimbrottò.

Da quando Shu e Reiji erano partiti, Ayato continuava ad essere più irritante del solito, ma era dovuto sicuramente alla presenza dei Mukami.

“Oh, Ayato, cercavo proprio te. –, risposi invece – che ne dici di chiamare Yuki e invitarla a stare da noi?”
Il suo sguardo accigliato vacillò, lasciando il posto ad un’espressione meno infastidita.
“Yuki?”
Sollevai le sopracciglia: “Si, la ricordi ancora, vero?”
“Ma certo.”, sbottò, punto sul vivo.
Nascosi un sorrisetto trionfante.
“Bene, allora fammi sapere se verrà, noi dobbiamo preparare la cena.”
Natalie fece un mezzo sorriso ad Ayato e proseguimmo per la cucina.

***

Shu osservava suo padre con quella che potrebbe definirsi un’aria di sufficienza, tuttavia ricordava bene il giorno in cui aveva seppellito Raito a causa sua.
Erano figli di madri diverse, ma Raito restava pur sempre suo fratello, e vedere Mitsuko soffrire atrocemente per quella perdita, aveva incrementato il suo astio.

Reiji mantenne la sua compostezza, spalle dritte, capelli perfettamente in ordine e occhiali posti precisamente a metà del cavallo del naso.
Ma Shu lo conosceva bene e poteva percepire la tensione che aleggiava nell’aria.

Karl Heinz poteva vantare l’eleganza e la bellezza tipiche dei vampiri antichi e la mente subdola di un politico.
D’altronde era quello il ruolo che ricopriva in società.

Prese posto su uno dei divani intorno al camino e invitò i propri figli a fare lo stesso.
Reiji sedette composto, posando i palmi delle mani sulle cosce, mentre Shu si stravaccò su un altro sofà, incurante delle buone maniere.

La domestica che li aveva fatti entrare apparve all’improvviso, portando con sé un vassoio, contenente una bottiglia di quello che aveva l’aria di essere vino e un paio di calici.

“Volete favorire?”, domandò Karl Heinz, facendosi versare del liquido rosso nel bicchiere.
I due Sakamaki arricciarono il naso, mentre l’odore della bevanda raggiungeva le loro narici: non si trattava affatto di vino.

“No.”, fu la risposta secca di Shu e Reiji imitò il fratello, accompagnando il rifiuto con un educato “grazie”.

Il padre scrollò le spalle, facendo portare via la bottiglia e iniziando a sorseggiare il sangue di chissà quale povero sventurato.
Il suo viso affilato si distese in un’espressione compiaciuta.
Non sporcò nemmeno un millimetro della sua bocca col liquido scarlatto, quando terminò, si rivolse ai propri figli.

“Cosa vi porta qui? Non ero onorato della vostra presenza da tanti anni.”
“Come se ti importi.”, commentò Shu, ignorando l’occhiataccia del fratello.

Se Reiji voleva portar rispetto a quel mostro, che aveva ricordato, improvvisamente, di essere loro padre, lui non avrebbe fatto lo stesso.

“Ma certo che mi importa – replicò Karl Heinz – mi importa di tutti i miei figli.”
Shu balzò in piedi, furioso come accadeva raramente, conscio che Raito si stesse rigirando nella tomba.

Karl Heinz sorrise maligno, osservando il suo primogenito dardeggiare su di lui.
“Shu, torna a sedere, cortesemente.”, proferì Reiji.
Sapeva che suo padre aspettava solo una scusa per potersi liberare di un altro dei suoi figli, considerati tutti esperimenti mal riusciti.

E anche Shu ne era consapevole, perché torno al suo posto, alzando il volume della musica nelle orecchie.

“Due settimane fa, i Cacciatori sono venuti a farci visita.”
“Oh, ma davvero?”, domandò Karl Heinz, fingendosi sorpreso.

“Vuoi che Mitsuko scelga un Adamo, giusto?”

L’uomo dai lunghi capelli bianchi osservò il figlio, senza confermare o smentire quell’ipotesi.
“Se è così, lo farà presto.”
Shu guardò il fratello: stava palesemente mentendo, entrambi sapevano bene che Mitsuko avrebbe scelto Raito, se fosse stato ancora in vita.
Mentre ora era troppo distrutta dal dolore per poter anche solo pensare a qualcun altro.

Ma probabilmente era una menzogna necessaria.
Karl Heinz parve infatti interessato alla questione, i suoi occhi dorati brillarono innaturalmente.
“Cosa ti fa pensare che voglia ancora trovare un Adamo per Mitsuko?”
Reiji mantenne un atteggiamento impassibile.
“Non avresti mandato una vampira in casa nostra, altrimenti.”
“Una vampira? –, Karl Heinz posò il calice di vetro sul tavolino davanti a sé, e iniziò a far scorrere un dito sul bordo – perché mai dovrei mandare una vampira?”

Un sorriso privo di allegria comparve sulle labbra di Shu: “Per farci fuori e avere Mitsuko.”
Karl Heinz interruppe il movimento della mano e rise senza scomporsi troppo.
“Ho perso interesse nella ragazza, quando ho realizzato che non avrei ottenuto ciò che desideravo da lei.”

I due Sakamaki lo osservarono scettici.
“Avrete notato che, nonostante abbia tentato con voi e con i Mukami, nessuno ha avvertito un cambiamento. Nessun Adamo.”

Karl Heinz si mise in piedi, raccogliendo il bicchiere dal tavolo.
“Dopotutto, era sua madre ad essere una discendente di Eva, non lei. Potete fare ciò che vi aggrada con Mitsuko, non mi interessa.”

La domestica comparve nuovamente, per riempire il calice del suo padrone, ma questo le afferrò il polso, impedendole di adempiere al suo compito.
“Se questo è tutto, vi farò accompagnare all’uscita. – annunciò Karl Heinz, prima di esporre il braccio della cameriera – sempre che non vi vogliate fermare per uno… spuntino.”

La domestica tremava dalla paura, gli occhi pieni di lacrime, ma aveva un’espressione imperturbabile e distaccata. Non doveva essere la prima volta, per lei.

Shu impiegò tutta la sua forza di volontà per trattenersi.
Era pur sempre un vampiro purosangue, e la sete non cessava mai, poteva avvertire il sangue caldo che scorreva nelle vene di quella giovane donna, ma non avrebbe accettato mai più nulla da quell’uomo subdolo e calcolatore.
E poi, sapeva che Mitsuko non avrebbe approvato, e la sua opinione aveva molta influenza su di lui, ormai.
Rifiutò con fermezza e così Reiji.
Forse l’opinione di Mitsuko contava anche per lui, dopotutto.

Un uomo anziano si materializzò al loro fianco e invitò i due a seguirlo fuori.
Karl Heinz fece un ultimo cenno col capo, ricambiato unicamente da Reiji, prima di addentare con foga la propria domestica.
Con le urla di quella giovane donna nelle orecchie, i Sakamaki lasciarono la villa del padre.

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 12 - Semblance of a truce - ***


Capitolo 12 – Semblance of a truce -

 

 

 

 

 

 

 

“D’accordo, ci siamo!”
Io e Natalie uscimmo dalla cucina per portare a tavola gli ultimi due vassoi, uno contenente Takoyaki e l’altro della tempura.
I Mukami si erano già raccolti intorno al tavolo, ma non vi era traccia dei Sakamaki.
A capotavola sedeva Ruki, così mi accomodai dalla parte opposta, cercando di evitare il suo sguardo, ancora troppo in imbarazzo per rivolgergli la parola.
Natalie si accomodò al mio fianco e, involontariamente, si trovò Kou alla sua sinistra.
Le sorrideva malizioso.

Azusa, seduto di fronte a me, rimase fermo a contemplare il vassoio ricolmo di gamberetti fritti, con un’espressione trasognata, ma Yuma e Kou ci si avventarono prima che riuscisse anche solo ad annusarli.
Schiaffeggiai la mano di Yuma e feci un cenno a Natalie, così che schiaffeggiasse a sua volta quella di Kou.
I due ci fissarono contrariati.

“Non siate maleducati, stiamo aspettando una mia amica.”
Yuma imprecò sottovoce, mentre Kou alzava le mani in segno di resa e tornava al suo posto.
Mi domandai se Ayato avesse avuto il coraggio di invitare Yuki, tuttavia avrei atteso ancora qualche minuto.

Una figura si materializzò nella sala da pranzo, mi sorpresi nello scorgere Subaru camminare a passo deciso verso di noi e prendere posto al mio fianco.
Si limitò a salutare Natalie con un cenno del capo, ignorando bellamente i Mukami, ma seppi che stava facendo del suo meglio per mantenere la calma e assecondare il mio desiderio di cenare tutti assieme.

Notai lo sguardo pieno d’astio che rivolse a Ruki, mentre lui rimaneva indifferente alla sua occhiataccia, e continuava a fissare me, probabilmente in cerca di qualche reazione.
Fortunatamente, ad interrompere quell’imbarazzante silenzio, fu la voce di Ayato.

“Non avrete iniziato senza di me?”, proruppe.
Riuscii a scorgere Yuki alle sue spalle e le andai incontro per salutarla.
“Grazie per l’invito.”, mi disse lei, dopo esserci scambiate un abbraccio.
Natalie la salutò con la mano.

“Natalie e Kou vicini?”, domandò sommessamente.
Le rivolsi un sorriso furbesco.
“Giuro che non c’entro nulla.”
Tornai a sedere e anche Yuki si accomodò accanto ad Ayato.

Per fortuna, accanto al rosso, sedeva Azusa, che era il più mansueto fra i Mukami e non c’era pericolo che i due potessero bisticciare.

“Possiamo cominciare!”, annunciai e me ne pentii amaramente.

Fu il caos: Ayato si gettò sul vassoio dei Takoyaki, mentre Kou e Yuma svuotavano quello contenente la tempura.
Ruki rimbrottò il Sakamaki per non aver lasciato neppure una polpetta di polipo a noi altri, mentre Azusa tentava di rubare almeno un gamberetto dai fratelli.

Io, Natalie e Yuki ci guardammo esasperate.
Natalie mormorò “uomini”, prima di scuotere il capo e servirsi l’unico pasto intatto, ovvero quello delle verdure fritte.
Yuki la imitò, mentre io mi rivolgevo ai due Mukami, che si litigavano i gamberetti.

“Avete intenzione di lasciare qualcosa a vostro fratello o no?”, domandai con tono infervorato.
I due parvero ricordare solo in quel momento la presenza di Azusa e, con aria colpevole, gli donarono gli ultimi gamberetti rimasti.
Sistemata una questione, passai alla successiva.
“Ayato non essere ingordo.”

Il rosso aveva la bocca piena di Takoyaki e borbottò un “che c’è?” a malapena comprensibile.
“Su, lascia il vassoio di Takoyaki, ne hai mangiati abbastanza.”
“Questa è casa mia, perché dovrei condividere-”
I suoi occhi verdi ricaddero sulla figura di Yuki, che mangiava in silenzio le sue verdure.
Non terminò la frase e, sbuffando, mollò il vassoio al centro del tavolo.
Ruki assaggiò quindi le polpette fritte e della verdura.

Dei gamberetti scivolarono nel mio piatto.
“Non hai toccato cibo, baka.”
Sorrisi riconoscente a Yuma, mentre addentavo il pesce.

Poi mi tornò in mente il vampiro che sedeva al mio fianco: anche Subaru non aveva mangiato nulla.
Allungai una mano verso il suo piatto, per riempirlo con qualcosa, ma lui mi bloccò il polso.
“Non ho appetito.”, sentenziò in modo burbero.
“Allora perché sei qui?”
L’albino mi fissò di rimando, sforzandosi di tirar fuori le parole.
“Perché sapevo ti avrebbe fatto piacere.”

Rimasi con un gamberetto sospeso a mezz’aria.
Se Ruki rendeva piuttosto chiaro l’interesse che aveva nei miei confronti, Subaru faticava a parlarne apertamente, ma cercava di dimostrarlo con i gesti, ed era sempre una sorpresa scoprire quanto si impegnasse a rendermi felice, nel suo piccolo.

Involontariamente, il mio sguardo corse al maggiore dei Mukami, che ovviamente ci stava osservando.
Ignoravo se, ad una tale distanza, riuscisse ad origliare la conversazione, ma non era un mistero che Subaru avesse un debole per me, ed io fossi particolarmente legata a lui.

Quando l’albino comprese cosa, o meglio chi, stavo guardando, i suoi occhi si adombrarono.
Schioccò la lingua e si alzò da tavola.
“Subaru-”, sussurrai, ma lui era già svanito nel nulla.

Quella situazione mi metteva a disagio: non volevo ferire i sentimenti di nessuno, eppure non ero riuscita ad evitare che i due vampiri si affezionassero a me più di quanto avrei voluto.
Non potevo ignorare il fatto che entrambi suscitassero in me un qualche effetto: non mi erano indifferenti, ma al momento non potevo giudicare razionalmente chi, fra i due, sentissi più vicino.

Oltretutto, sentivo ancora la sua mancanza, e quel vuoto mi tormentava notte e giorno.
Forse avrei potuto pensare con più lucidità, se lui non fosse morto.
Ma se lui non fosse morto, non mi sarei trovata in questa situazione.
Tra tutti, avrei scelto sempre e solo lui.
Un nodo in gola mi impedì di mandar giù un altro boccone.

Cercai di distrarmi, controllando quello che accadeva intorno a me.
Azusa e Yuma sembravano mangiare indisturbati, completamente assorti dal cibo, mentre Yuki ed Ayato chiacchieravano tranquillamente.
Rimasi a bocca aperta quando lui le offrì un Takoyaki, un sorriso genuino affiorò sulle mie labbra.
Tuttavia, anche se la mia amica conosceva la vera identità del rosso, come avrebbero potuto stare insieme?
Lei era una semplice adolescente, che prima o poi sarebbe cresciuta, ed invecchiata, proprio come me e Natalie.

A proposito di Natalie, la sentii ridacchiare di gusto, e così mi voltai per guardarla.
Mi sorpresi nello scoprire che era merito di Kou, se lei stava ridendo, doveva averle detto qualcosa di divertente, e nuovamente la mia bocca minacciò di spalancarsi: quando avevano smesso di battibeccare ed erano entrati così tanto in sintonia?

Forse non avrei dovuto lasciare le mie due amiche affezionarsi tanto ai vampiri, non avrebbe potuto funzionare tra loro.
Ma non mi ero preoccupata di questo dettaglio quando lui era ancora in vita. 


Forse sei invidiosa perché loro sono felici e tu no?

Suggerì una vocina maligna nella mia testa.
La scacciai immediatamente, non poteva essere così.  

Ricordai che mancava un vampiro all’appello: Kanato non aveva messo piede nella sala da pranzo, probabilmente era il più restio a mangiare assieme ai Mukami.
Mi alzai da tavola, nessuno parve notarlo, eccetto Ruki forse, ed andai in cucina per prendere il vassoio con i biscotti, che pianificavo di portare come dessert.
Ne tolsi alcuni per metterli da parte e portai a tavola il vassoio.

“Oggi hai superato te stessa M-neko-chan.”, sussultai, era tempo che Kou non mi chiamava così.
E, seppur voleva essere un appellativo amichevole, mi rammentò di quando ero stata rapita, del piano di Karl Heinz, dello scontro coi Cacciatori…
Mi costrinsi a sorridere lievemente, poi recuperai i biscotti messi da parte e mi avviai nella stanza di Kanato, sperando di passare inosservata.

***

La limousine nera sfrecciava nelle strade ormai buie, fuori Tokyo, dove i grattacieli erano sempre più sporadici, e lasciavano il posto a distese verdi.

“D’accordo ci incontreremo lì.”
Reiji chiuse la chiamata e ripose il telefono nella tasca.
Shu gli lanciò un’occhiata di sbieco.
“Pensi di poterti fidare di lei?”
Il fratello incrociò le braccia al petto.
“Quale altra scelta abbiamo?”
Effettivamente, non avevano nessun’altra pista da seguire, dopo l’incontro con Karl Heinz.
“Credi a ciò che ha detto nostro padre?”, domandò quindi il vampiro dagli occhi azzurri.
“Di lui non mi fido affatto, ma sembrava sinceramente stupito quando ho nominato la vampira che ti ha aggredito.”
Shu annuì e tornò ad osservare fuori dal finestrino.

“Dovrei… - Reiji si schiarì la voce, per richiamare l’attenzione del fratello, – dovrei parlarti di una cosa.”
Shu sollevò lo sguardo, interessato.
In realtà, poteva immaginare il discorso in cui suo fratello voleva addentrarsi, ma quella questione andava risolta una volta per tutte, non era giusto che Mitsuko si occupasse di quella faccenda al posto di Reiji.

“Quando eravamo bambini, nostra madre si aspettava un certo comportamento, da parte nostra, e che avessimo una certa istruzione. Dovevamo essere i migliori, tra i figli di Karl Heinz. Per questo cercavo sempre di fare del mio meglio per compiacerla. –, iniziò col dire Reiji. – Ma in qualche modo, nonostante mi impegnassi ad essere il figlio perfetto che desiderava, tu restavi il suo preferito. E senza neppure impegnarti più di tanto… Su questo concorderai con me.”

Shu annuì: non poteva negare l’evidenza, suo madre aveva sempre avuto un debole per lui.
Per quanto fosse severa ed avesse alte aspettative nei loro confronti, per lui chiudeva sempre un occhio, soprattutto quando sgattaiolava via da villa Sakamaki per andare a giocare nel villaggio di Yuma.

“Ti odiavo per questo.”
Reiji ruppe quel silenzio che si era creato: probabilmente ammetterlo gli costava fatica.
“Tu potevi frequentare degli insulsi umani, mentre io non facevo altro che studiare tutto il giorno.”

“Forse avresti dovuto prendere esempio da me.”, lo canzonò il fratello.
Reiji gli rivolse un sorriso amaro.
“Immagino di si, ma non è questo il punto. Un giorno…”
Il vampiro con gli occhiali sospirò e tentò una seconda volta.
“Così un giorno…”
Niente.
Le parole continuavano a morirgli in gola: fino a quel momento non si era fatto scrupoli a convivere con quel segreto,  ma dopo aver ottenuto un briciolo di complicità –e fiducia– dal fratello, non poteva confessare di avergli strappato via l’unico migliore amico che avesse mai avuto.

“Un giorno hai distrutto il villaggio di Edgar.”, completò la frase Shu, lasciando l’altro sbalordito.
Per un breve istante le sue iridi magenta si spalancarono, ma poi capì.
“Mitsuko te ne ha parlato.”
“Dovresti ringraziarla, è il motivo per cui non ti ho staccato la testa. Non ancora.”

Reiji sollevò un sopracciglio.
“Vuoi forse sfidarmi a duello?”, lo prese in giro.

La vettura rallentò nei pressi di un bosco, che pullulava di alberi alti più di dieci metri.

“Impugnare una spada non è nel mio stile.”, commentò Shu con un mezzo sorriso.
“Preferisci venire direttamente alle mani? Credevo che nostra madre ci avesse educato meglio.”
“Con te ci è riuscita –, puntualizzò Shu – e sono certo ne sarebbe orgogliosa.”

Non c’era sarcasmo nelle sue parole, e pensare che sua madre sarebbe stata fiera di lui, donò a Reiji quella gratificante sensazione che non aveva mai provato da bambino.
“Grazie.”, mormorò serio.
Poi i due scesero dalla limousine.

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 13 - Fear - ***


Capitolo 13 - Fear -

 

 

 

 

 

Malauguratamente, Kanato non era nella sua camera da letto, e potevo immaginare dove altro potesse trovarsi.
Tuttavia, l’idea di scendere in quella stanza terrificante, dove conservava le sue bambole di cera, non mi elettrizzava.

Ripensandoci, avrei fatto meglio a tornare nella sala da pranzo, dove avevo abbandonato le mie due amiche, in balìa di cinque vampiri, potenzialmente pericolosi.
A dir la verità, l’unico che stentava a mantenere il proprio autocontrollo era Ayato, ma sapevo bene che non avrebbe torto un capello a Yuki.
Questo non escludeva che avrebbe potuto optare per Natalie, ma con Kou nei dintorni, dubitavo fortemente che avrebbe potuto anche solo annusare il sangue della brunetta.

In fondo la situazione era sotto controllo, e non avevo la minima intenzione di ritrovarmi faccia a faccia con Ruki, o con Subaru, o, peggio ancora, con entrambi.
Mi armai di coraggio e scesi le scale, facendomi strada nel corridoio semi-buio e finalmente giunsi a destinazione.
Valutai l’opzione di bussare, ma sentii una risata isterica provenire da dietro la porta socchiusa, così sbirciai all’interno e, deglutendo a vuoto, notai Kanato in fondo alla stanza, mentre faceva a pezzi – letteralmente –, una delle sue bambole.

Dimenticavo che, per quanto mi fossi integrata nella famiglia e conoscessi bene le stranezze dei Sakamaki, i loro gesti restavano sempre terribilmente inquietanti.
Soprattutto quando riguardavano Kanato.
Mi tremarono le mani e rischiai di far cadere i biscotti.
Li recuperai per un soffio e decisi che il vampiro li avrebbe potuti mangiare in un altro momento, per conto suo, non avevo intenzione di disturbare il suo attimo di pura follia.

Feci dietro front, pronta a schizzare su per le scale, quando una voce chiamò il mio nome.
Ruotai il busto e il piatto quasi mi scivolò nuovamente dalle mani: Kanato si era materializzato di fronte a me, così vicino, così pericoloso…
Stringeva Teddy al petto, ma il suo sguardo era particolarmente febbricitante.

“Ero venuta a portarti questi.”, mi affrettai a dire.
Kanato posò gli occhi sui biscotti e poi mi guardò nuovamente.
“Seguimi.”
Avrei voluto lasciargli i biscotti e scappare a gambe levate, ma rischiavo solo di peggiorare la situazione, così lo seguii all’interno della stanza.
Il tipico odore di cera e di qualcos’altro mi fece storcere il naso.
Passammo accanto la bambola di cera, a cui aveva strappato gli arti e sfigurato il viso.
Rabbrividii.

Lo osservai, mentre adagiava l’orsacchiotto sul pavimento, poi mi venne incontro, ed ebbi l’impulso di indietreggiare, ma si limitò a strapparmi il piatto dalle mani e si mise a trangugiare i biscotti.

“Io e Teddy non vogliamo quelli dentro casa. Quando andranno via?”
“Non appena Shu e Reiji torneranno.”, lo rassicurai.
Per un istante mi tornò in mente che i due erano lontani da alcune ore, ormai, e non avere la minima idea di dove fossero mi agitava.
D’altronde erano in grado di cavarsela da soli, si trattava pur sempre di vampiri, creature sovrannaturali e potenti.

Almeno finché quella bionda non ha pestato Shu.
Ricordò la vocina della mia coscienza.

Ero così assorta dai miei pensieri, che notai troppo tardi lo sguardo di Kanato, fisso su di me.
Aveva finito tutti i biscotti e abbandonato il piatto sul pavimento.
Quelli non devono morderti! –, esclamò all’improvviso, facendomi sussultare appena. – Non possono rovinare la mia bambola più bella.”

Ecco, ci risiamo con la storia delle bambole, pensai fra me e me, mentre studiavo una via di fuga.
“Oh guarda, Teddy è caduto, poverino.”
Decisi di distrarlo, alludendo al peluche per terra, l’ultima volta aveva funzionato.
Ma stavolta il vampiro sembrò ignorare le mie parole, avanzando verso di me, con quello sguardo spaventoso.

“Prima o poi… -, sussurrò, mentre un sorriso poco rassicurante si faceva strada sul suo volto, – prima o poi anche tu farai parte della mia collezione.”

Molto poi, riflettei, suggerirei mai.

Kanato si avventò di colpo su di me: affondò i canini nel mio collo ed io trattenni un urlo di dolore.
Avevo constatato che i vampiri potevano rendere un morso più o meno doloroso.
Non sapevo se dipendesse dall’intensità con cui mordevano, o da qualche loro abilità specifica.
Tuttavia i morsi di Kanato facevano male: diamine i suoi canini bruciavano sulla pelle!

Ovviamente iniziavo a sentire le gambe farsi deboli, stava succhiando troppo sangue, troppo velocemente.
E con una violenza inaudita: stava squarciando la carne.

 “Ugh… Kanato...”, provai a spostarlo con una mano, ma ero troppo debole anche solo per accarezzarlo.
“Basta. -, mormorai. – mi gira… la testa…”
Il vampiro non si curò delle mie lamentele.

“BASTA!”, sbottai, in preda ad una forza sconosciuta, che sentivo scorrere nelle vene: delle liane sbucarono dal pavimento, afferrando i polsi del vampiro, una si attorcigliò intorno alla sua gola, e Kanato venne trascinato indietro.

Sgranai gli occhi, mentre le liane avvolgevano il suo corpo e gli impedivano qualsiasi movimento.
Nonostante lui urlasse in preda alla rabbia e cercasse di divincolarsi, scalciando e rotolando, le liane non smettevano di stringersi sempre più attorno al suo corpo.
Seppi che dovevo fare qualcosa.

Comandai alle piante di svanire, ma queste sembravano sorde ai miei comandi.
Kanato scalpitava, con gli occhi che parevano uscirgli dalle orbite: era furioso, sì, ma anche spaventato.
Così come lo ero io.
Inspirai a fondo e mi concentrai il più possibile.

Basta così, basta così...
Pregai nella mia mente, focalizzandomi sulle liane.
Finalmente si districarono, ritirandosi man mano, fino a svanire nel nulla.

Mi lasciai cadere in ginocchio: Kanato aveva gli occhi chiusi e non muoveva un muscolo.
Mi avvicinai a lui, tremante, come potevo assicurarmi se fosse ancora vivo?
I vampiri non hanno bisogno di respirare.
Ma forse hanno un cuore che palpita nel petto.
Senza pensarci due volte, mi accovacciai sul suo petto, ma nulla, non c’era alcun suono all’interno della cassa toracica.

Mi portai una mano alla bocca.
Non potevo averlo… ucciso.

“Mitsuko.”
Sobbalzai.
Kou era in piedi alle mie spalle.
“Io… io non volevo ucciderlo.”, sussurrai, la voce incrinata dal pianto imminente.

Kou si avvicinò, accovacciandosi al mio fianco cautamente.
“No! –, quasi urlai, balzando in piedi e indietreggiando, per mantenere una distanza di sicurezza. – Non voglio farti del male…”

“Sei stata tu a creare quelle cose?”
Le lacrime mi offuscavano la vista, mentre continuavo a lanciare occhiate al corpo esanime di Kanato.
“Mitsuko, va tutto bene, devi solo aiutarmi a capire.” 

“Sì –, confessai, - sono stata io.”
Il vampiro era visibilmente confuso, ma doveva sapere, grazie al suo occhio magico, che non stavo mentendo.
Il che tramutò la sua confusione in… Preoccupazione? Paura?
Comprensibile, anche io ero terrorizzata.

Si mise in piedi, provando nuovamente ad approcciarmi, mentre teneva una mano davanti a sé.
Come a proteggersi, disse una vocina nella mia testa: gli facevo davvero paura?

“È la prima volta che succede?”
Scossi il capo, le lacrime mi bagnavano il viso.
“Da quanto tempo?”
“Un paio di giorni.”, dichiarai.
“Com’è possibile?”

“Non lo so! -, gridai esasperata. – Credi che avrei fatto del male a Kanato, altrimenti?”
Il pensiero di averlo ucciso mi causava una serie infinita di pugnalate nel petto.
Kou era a pochi passi da me, aveva abbassato la mano e alternava lo sguardo tra me e il vampiro steso sul pavimento.

All’ennesimo passo del biondo, indietreggiai bruscamente.
“Non ti avvicinare!”, tuonai.
“Non mi farai del male. Sei l’ultima persona al mondo che sarebbe capace di ferire qualcuno.”

“Ma io l’ho ucciso.”, sbraitai, più verso me stessa che verso Kou: sentivo che l’ossigeno non giungeva correttamente ai polmoni.
Più osservavo Kanato, più mi mancava l’aria.
Poi un movimento impercettibile delle dita.

Mi inginocchiai al suo fianco, un barlume di speranza.
“Kanato, puoi sentirmi?
Kou mi imitò.

Il vampiro dai capelli viola socchiuse gli occhi e mi sfuggii un singhiozzo di sollievo.
“Grazie a Dio…”, mormorai.

Kanato mi fissò interrogativo, quando provò a mettersi in piedi, una smorfia di dolore gli percorse il viso.
“Non… non riesco ad alzarmi.”, esalò, tentando nuovamente e fallendo.
Kou diede una rapida occhiata al Sakamaki.
“Non posso alzarmi, mi fa male tutto!”, gridò Kanato isterico.

“Credo abbia le ossa spezzate.”, comunicò il Mukami.
Rimasi a bocca aperta, fin troppo sbigottita per parlare.

Gli ho spezzato le ossa?

“Ma è un vampiro purosangue, guarirà a breve. –, mi rassicurò Kou. – Forse è il caso che lo porti in camera sua.”
“Non toccarmi! –, sibilò Kanato. – E dov’è il mio Teddy?”
Raccolsi quel benedetto peluche da terra e glielo consegnai.
Il vampiro strinse l’orsacchiotto a sé.

“Tu! –, strillò poi, puntando un dito contro di me, – volevi uccidermi! Anche Teddy lo ha visto!”

Scossi il capo, non era mia intenzione, credevo di poter controllare i miei poteri, invece avevano agito da soli, credendomi in pericolo.
Mi sentii comunque colpevole.
“No, io non volevo!”, provai a dire, ma Kanato continuava ad urlarmi contro di andare via e io continuavo a piangere disperata.

“Andate via entrambi!”
Kou mi prese per un braccio.
“È meglio andare.”
“No, non posso lasciarlo così.”, protestai, mentre il biondo mi trascinava fuori.
“Manderò qui suo fratello, tu sei troppo scossa. E non mi sembra che con lui si possa ragionare.”

Provai a liberarmi dalla presa, ma non c’era verso che potessi sgusciare via dalla sua mano, chiusa attorno al mio polso come una tenaglia di ferro.
“Non posso affrontare le mie amiche, ora!”
“Natalie è dovuta correre a casa, suo padre non si è sentito bene. Yuki l’ha accompagnata, ti fanno le loro scuse.” 
Assimilai l’informazione.
Loro erano sempre al mio fianco, mentre la mia vita era sempre fin troppo incasinata affinché io potessi fare lo stesso.
Le lacrime non smettevano di scendere.

Lanciai un’ultima occhiata a Kanato, non lo avevo mai visto così delirante.
Ma, dopotutto, anch’io lo ero.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

Salve gente, ho deciso di aggiornare in “anticipo”, poiché domani sarà il mio compleanno e sono sicura che non avrò tempo di farlo, meglio approfittarne ora che ho tempo a disposizione, prima di procrastinare ulteriormente XD
Ne approfitto per ringraziare tutti coloro che stanno seguendo la mia storia, chi l’ha inserita nelle preferite/ricordate/seguite e in particolare SeiraBrizzi.
Vi invito a lasciare un commento, un giudizio o anche una critica, tutto è ben accetto.
Un saluto, Nephy_

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 14 - The Predators - ***


Capitolo 14 - The Predators -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nikko1 era particolarmente silenziosa.

Reiji e Shu giunsero dinanzi un ponte rosso vermiglio, ignorando l’insegna che recitava chiaramente “chiuso”, e scavalcarono il piccolo cancello all’entrata con un balzo.
Proseguirono sul ponte Shinkyo, guardandosi attorno con sospetto.
Lì sarebbe dovuto avvenire l’incontro, ma di lei non c’era traccia.

Camminarono ancora per qualche metro, poi una figura comparve dalla parte opposta del ponte, divenendo man mano sempre più visibile: si trattava di una ragazza dai lunghi capelli lisci.

Reiji ricordava fossero neri, ma ora, sotto il chiarore della luna, sembravano assumere sfumature di blu.
I suoi occhi, rossi come il sangue, scrutarono i due Sakamaki.

Indossava una camicia nera ma trasparente, sotto la quale era ben evidente il reggiseno; la gonna, rossa come i suoi occhi, era corta e si apriva ogni qual volta che la vampira muoveva un passo, considerati i due spacchi laterali.

Senza esitazione, dimezzò la distanza che li divideva e avvolse le sue braccia snelle intorno al collo di Reiji, depositandogli un bacio passionale sulle labbra.
Shu osservò la scena con un cipiglio: immaginava che il fratello l’avrebbe respinta con decisione, invece rimase inerme, rendendo il tutto ancora più inaspettato.

Quando la ragazza si staccò, Reiji lanciò una rapida occhiata in direzione del biondo, curioso di conoscere la sua espressione.
Riuscì a trattenere a stenti un sorriso, quando notò l’aria attonita dell’altro.

“Quanto tempo Rei. –, esordì la vampira – immagino non sia una visita di piacere.”

“Rei?”
Ripeté Shu, quasi offeso, poiché Reiji non permetteva neppure a lui, suo fratello, di attribuirgli strani nomignoli.
Ma Reiji trascurò quel dettaglio, concentrando la sua attenzione sulla ragazza.
“Sono spiacente, Edith, non lo è.”

La vampira gli sorrise: “Speravo che avremmo potuto commemorare i vecchi tempi.”

Reiji parve in difficoltà, forse per la prima volta nella sua vita, imbarazzato.

Shu si schiarii la voce, Edith notò solo in quel momento la presenza dell’altro.

“E lui sarebbe?”
“Shu Sakamaki.”, si presentò.
“Oh uno dei tuoi tanti fratellastri.”
“No, noi siamo fratelli di sangue.”, rivelò Reiji, beccandosi un’occhiataccia da entrambi.
“Non mi avevi detto di avere un fratello.”
“Ora lo sai –, tagliò corto il vampiro – abbiamo bisogno di informazioni riguardo una vampira.”

“Immagino sia una Predatrice2.”
“Sospettiamo di sì -, intervenne Shu – la sua abilità nella lotta superava di gran lunga la mia.”
“Aveva i capelli biondi e gli occhi dorati.”, aggiunse Reiji.

Edith poggiò le braccia sulla ringhiera del ponte, ridacchiando.
“È abbastanza vaga come descrizione.”

Effettivamente erano poche informazioni, ma nessuno dei due Sakamaki aveva la più pallida idea del perché una Predatrice avesse fatto irruzione nella loro casa.
Ciò che sapevano per certo, era che qualcuno l’aveva assoldata per ucciderli, o quantomeno per fare fuori Shu.
Era con lui che se l’era presa, dopotutto.
Se l’avessero trovata, forse avrebbero potuto scoprire chi l’aveva ingaggiata.

“Indossava un abito in stile ottocentesco. –, ricordò Shu – interamente nero, la gonna ricca di balze.”

Edith rimase qualche istante con lo sguardo fisso davanti a sé, assorta, poi si voltò a guardarli.
“Credo di sapere di chi si tratti.”
I due Sakamaki attesero impazienti.
“Si fa chiamare “La Dama”, è famosa tra i Predatori, porta sempre a termine l’incarico che le viene assegnato.”

Shu corrugò le sopracciglia: se il suo incarico fosse stato quello di toglierlo di mezzo, con lui non c’era riuscita, ma probabilmente era merito di Mitsuko: se lei non fosse entrata a farle perdere tempo, lui probabilmente sarebbe morto.

Questo significava che avrebbe continuato a dargli la caccia?

“Dove possiamo trovarla?”, domandò Reiji.
“Oh sarà lei a trovarvi di nuovo.”, annunciò Edith, confermando i sospetti di Shu: quella bionda non si sarebbe arresa facilmente.
“Solitamente chi è che vi assume?”
Edith parve rifletterci.
“Di solito si tratta di persone che non vogliono sporcare le proprie mani, e ricorrono ai Predatori.” 
A quella notizia, Reiji scartò definitivamente suo padre dalla lista degli indiziati: Karl Heinz era il re dei vampiri, non aveva bisogno di ricorrere a vampiri mercenari per faccende simili, aveva già i suoi “seguaci”, pronti a servirlo.
Ma di chi altro avrebbe potuto trattarsi?

“Oppure di qualcuno che vuole restare nell’ombra e non rivelare la sua identità.”, osservò Shu.
Edith raccolse la sua lunga chioma di capelli da un lato e guardò di sbieco il biondo.
“Si, è un’opzione.”
I due fratelli si scambiarono un’occhiata, decidendo il da farsi.

“Per il momento, credo sia opportuno tornare a casa -, affermò Reiji – in modo tale che, se questa “dama” si farà viva, saremo in grado di catturarla tutti insieme.”
Shu concordò.
Così si congedarono con la Predatrice.

Ma Edith si avvicinò a Reiji, con fare cospiratore, parlando a bassa voce, ben conscia che Shu potesse sentirla ugualmente.
“Spero che il prossimo incontro sarà una visita puramente di piacere.”
E senza attendere una risposta, depositò un lungo bacio sulla guancia del vampiro, prima di girare sui tacchi e mescolarsi col buio della notte.

***

“E così hai questi… poteri  da alcuni giorni e non riesci a controllarli.”
Feci di sì col capo, mentre Ruki ricapitolava la faccenda.
“E non hai la più pallida idea del perché tu ce li abbia.”
Assentii nuovamente.

I Mukami erano raccolti intorno a me, insieme a Subaru.
Ayato non aveva avuto il tempo di ascoltare tutta la vicenda, perché Kou l’aveva mandato ad assistere il fratello.

Io sedevo sul divano, completamente immobile, incapace di parlare, con gli occhi rossi e gonfi per il pianto, che era cessato per lasciare il posto al nulla più totale.

“Cosa puoi fare esattamente?”, continuò il maggiore dei Mukami.
Aprii la bocca, ma le parole mi morirono sulle labbra: ciò che più mi terrorizzava, era non sapere affatto cosa fossi in grado di fare.
Credevo che il tutto si limitasse a piccoli fiori e gabbie di rami poco efficaci.
Ma avevo spezzato le ossa di Kanato con quelle liane.

“Credi che sia dovuto alla tua discendenza con Eva?”
Lo fissai senza parlare, Ruki mi interrogava come se conoscessi tutte le risposte.
Lo vidi avvicinarsi e scuotermi per le spalle.
“Se non dici nulla non posso aiutarti! –, mi rimproverò. – Da cosa credi dipendano questi poteri?”
“Non lo so! –, esclamai spazientita – Non ne ho idea, lo capisci?”

Subaru intervenne, poggiando una mano sul braccio del Mukami.
“L’hai sentita? Lasciala in pace ora.”

Notai il volto di Yuma incupirsi e Kou poggiargli una mano sulla spalla.
Ruki si scrollò di dosso la mano dell’albino, lanciandogli un’occhiata poco rassicurante.
“Sto provando ad aiutarla, a differenza tua.”
“Anche io voglio aiutarla, ma non in questo modo.”
I due si fissarono rabbiosi, come due gatti pronti ad azzuffarsi.

Prima che scoppiassi nuovamente in lacrime, una mano si strinse timidamente attorno la mia: voltai il capo per incontrare gli occhi spenti, ma al contempo gentili, di Azusa.
Intrecciai le sue dita con le mie e poggiai il capo sulla sua spalla.
Azusa non era di certo il vampiro più affettuoso, tra i presenti, ma non mi sarei potuta comportare allo stesso modo con nessun’altro: non potevo scegliere ne’ Ruki, ne’ Subaru.
Mentre con Kou e Yuma non avrei provato la stessa tenerezza che riusciva a trasmettermi il minore dei Mukami.

“Voglio andare nella mia stanza.”, annunciai, scattando in piedi.
“Ma dobbiamo capire- ”
“Lo faremo. – interruppi Ruki – Ma domani. Ho bisogno di riposare.”

Senza aspettare il suo consenso, mi avviai su per le scale, ignorando lo sguardo inquisitore di Kou e quello di Yuma.

Con la coda dell’occhio, potei scorgere Subaru venirmi dietro, così mi bloccai sul penultimo gradino.
“Devo stare da sola, Subaru.”
I suoi occhi rossi mi scrutarono per qualche istante, poi, con un piccolo cenno del capo, scese nuovamente la rampa di scale.

Mi chiusi dentro la camera da letto, desiderando di avvolgermi tra le lenzuola e svanire per sempre.
Ero stanca.
Tuttavia, prima di rifugiarmi nel letto, presi il cellulare e contattai Natalie, per avere notizie da suo padre.

Fortunatamente stava bene, si era trattato di una forma lieve di coliche renali, niente che tanti litri d’acqua non avrebbero potuto risolvere.

Mi scusai per essere scomparsa, ma lei mi rassicurò: disse di non preoccuparmi, che si era divertita e, se ce ne fosse stata l’occasione, avrebbe ripetuto volentieri la serata, in futuro.
Scrissi anche a Yuki, per scusarmi, e anche lei mi ripeté di non preoccuparmi.
Quasi mi sentivo in colpa per avere quelle due splendide amiche, nella mia vita.
Ma, oltre a Takeshi, la vita non mi aveva mai donato molto, anzi, mi aveva tolto.
La mia vera madre mi era stata portata via.
La normalità, la serenità mi erano state strappate via.

Raito mi era stato portato via…

Calde lacrime mi bagnarono le guance per l’ennesima volta.
Piansi disperata, ma non mi rifugiai nel letto, come avevo progettato, corsi invece fuori dalla stanza, sperando di non incontrare nessuno lungo il tragitto. 
Mi precipitai fuori dalla villa, andando a nascondermi nel roseto: non c’era ombra di Subaru e ne fui sollevata.
Avevo bisogno di stare da sola con me stessa.
Mi rannicchiai sul pavimento freddo, portando le ginocchia al petto e abbracciandole.
Piansi a lungo.

“Ti ho trovata Bitch-chan,”

Poi quella voce.
La sua voce.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nikko1: Villagio giapponese vicino Tokyo, dove è presente un lungo ponte rosso (ponte Shinkyo)

 

Predatrice2: Ho deciso di creare una sorta di gilda, dove vampiri addestrati a combattere mettono a disposizione le loro capacità in cambio di denaro, possiamo definirli mercenari, ma il loro nome specifico è “Predatori”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

EDITH

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 15 - Running Away - ***


Capitolo 15 - Running Away -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spalancai gli occhi, ma rimasi rannicchiata su me stessa, incapace di muovere un muscolo.
Non poteva essere lì.
Non poteva essere lui.
Doveva trattarsi di un sogno.

Le sue dita mi sfiorarono un braccio: i suoi polpastrelli sulla pelle erano fin troppo reali.
Forse avevo completamente perso la testa, ma non m’importava.
Anche se si fosse trattato di un’allucinazione, avevo bisogno di lui in quel momento.

Mi alzai lentamente e mi voltai con estrema calma.
Quasi stramazzai al suolo, nel trovarmi davanti il vampiro dai capelli rossi.
Stranamente non indossava il suo tipicp cappello, ma non ci badai troppo: sentivo le gambe molli e le mani tremare, tanta era l’emozione nel vederlo in piedi, di fronte a me.

“Sei… sei vivo.”, sussurrai, allungando una mano sul suo viso per testare che fosse reale.
Il contatto con la pelle fredda mi diede i brividi: non era affatto un sogno, ne’ il frutto della mia immaginazione.
Ma nonostante questo, c’era qualcosa, in lui, una strana luce nei suoi occhi.
Non erano il solito verde smeraldo, vi erano diverse sfumature dorate a riempire l’iride.

Quando mi artigliò i fianchi, sussultai.
Mi strinse a sé e calò le sue labbra in un battito di ciglia.
Non opposi troppa resistenza, mi abbandonai presto al suo bacio.
Sentivo che c’era qualcosa di sbagliato, sentivo che non avrei dovuto farlo.
Non c’era passione, in quel bacio, era come baciare un robot che sapeva muovere le labbra, ma che non trasmetteva alcun tipo di emozione.

Eppure avevo bisogno di stare tra le sue braccia.
A richiamare la mia attenzione, furono le zanne del vampiro, che addentarono le labbra, facendomi sanguinare.
Lui continuò a leccare e a baciare la mia bocca, mentre assaggiavo il mio stesso sangue.
Poi proseguì sul collo, mordendo e leccando anche lì.
E mentre la testa continuava ad urlare di fermarmi, il corpo non le dava ascolto, io restavo inerme, mentre venivo privata del mio sangue… e dei miei vestiti.

Avevo notato come il vampiro mi avesse sollevato la gonna, insinuando una mano sul mio fondoschiena, stringendo talmente forte da graffiarmi.

Di colpo una sensazione.
Non era più la mia voce a gridare “fermati”, nella mia testa, bensì una voce maschile e ignota.
“Osserva bene.”, ripeteva.

Puntai lo sguardo sul vampiro dai capelli rossi e notai che il suo viso era cambiato: i suoi lineamenti erano più maturi, gli occhi non erano affatto verdi ma dorati.
Ed io ero ricoperta di sangue e per metà svestita: c’era qualcosa di profondamente sbagliato.

Mi allontanai bruscamente.
“Tu non sei Raito.”
“Bitch-chan…”, provò di nuovo ad avvicinarsi, ma indietreggiai, sistemando il vestito che indossavo.

“Raito è morto. –, affermai e la voce si incrinò appena. – E il Raito che amavo, non mi avrebbe più chiamata sgualdrina, se fosse stato ancora in vita.”

L’altro abbozzò un sorriso, un sorriso agghiacciante, degno di Kanato.

Poi la sua figura mutò completamente: i capelli si allungarono, tingendosi di un candido bianco, sfumato di rosa alle punte; le iridi divennero simili a due biglie d’oro, e la divisa scolastica lasciò il posto ad un completo elegante, adornato da un bavero bianco.

Deglutii a fatica, poi la collera prese il sopravvento.
“Tu! Sei un assassino e un pervertito!”
“Suvvia, Mitsuko, dove sono le tue buone maniere?”, esordì Karl Heinz.
Per un secondo valutai l’opzione di soffocarlo a mani nude, ma era una lotta persa in partenza.

“Non hai rispetto neppure per tuo figlio, lo hai usato per arrivare a me! Quel sogno… Era tutta una strategia!”, continuai.
Come avevo potuto credere che Raito fosse vivo?
Come avevo potuto lasciare che quel maniaco mi toccasse in quel modo?

I suoi morsi ancora bruciavano sulla cute: ero piuttosto debole, ma avrei comunque tentato la fuga, sperando di incappare in qualche Sakamaki o in qualche Mukami.
Dov’erano i miei poteri quando ne avevo bisogno?

“Ho dovuto adottare una strategia per approcciarti più da vicino.”
“Che diavolo vuoi da me?”
Karl Heinz mosse qualche passo nella mia direzione: lanciai un’occhiata alle mie spalle, pronta a scappare fuori dal roseto.
“Come sai, ho un progetto. –, annunciò, girandomi intorno come un predatore. – E fin’ora tutti i miei figli, compresi quelli adottati, si sono rivelati inutili.”

Quindi perseguiva ancora il suo progetto per creare una nuova razza.
“E probabilmente non sono l’unico che ha degli interessi nei tuoi confronti. –, dichiarò enigmatico, fermandosi davanti a me. – Considerata la vampira che ha fatto irruzione nella villa.”
Aggrottai le sopracciglia: come poteva sapere?

“Oh Shu e Reiji non te lo hanno detto? Sono venuti a farmi visita.”
Il mio cuore perse un battito.
Perché mai Shu non avrebbe dovuto dirmelo? Avrei potuto capire il fratello minore, ma lui?
Pensavo non ci fossero più segreti tra di noi.
Io avevo omesso la questione “poteri”, ma avevo un motivo ben preciso.
Perché Shu non avrebbe dovuto rivelarmi le loro vere intenzioni?

“Mia cara Mitsuko, continui ad illuderti di essere parte della famiglia. Ma sei e resterai sempre una Sposa Sacrificale, per loro.”
Quelle parole mi colpirono come uno schiaffo, ma scossi il capo con vigore: Karl Heinz era astuto e subdolo, sapeva esattamente dove colpire.
Tuttavia, sapevo bene di essere molto più di una mera Sposa Sacrificale, sia per i Sakamaki che per i Mukami.

“Tu non conosci l’affetto, ne’ l’amore –, risposi con decisione. - E i tuoi figli mi vogliono bene, più di quanto ne abbiano mai voluto a te.”
Notai un brevissimo tentennamento da parte del vampiro, la sua maschera affabile e imperturbabile aveva vacillato per un secondo.
Ma si ricompose in fretta, facendosi più serio.
“Inganna pure te stessa, con queste parole. Adesso, per quanto piacevole possa essere, non sono qui per conversare.”
Sentendo quella frase, mi preparai a scappare.
“Allora cosa vuoi?”
Di nuovo quel sorriso folle sul suo volto.

“Voglio che tu dia alla luce la mia nuova razza di vampiri.”

Non elaborai immediatamente il significato della frase, poi sgranai gli occhi: aveva tentato con i suoi figli, ma adesso non avrebbe atteso oltre, si sarebbe occupato personalmente della nuova progenie, e intuii subito in che modo.

Scattai fuori dal roseto, certa che mi avrebbe riacciuffato in un baleno, tuttavia sentii la sua risata alle mie spalle.
“Corri pure Mitsuko. Non hai più scampo.”

Mi affrettai a raggiungere la villa, ma lungo il viale per rientrare, mi scontrai con due corvi, che mi vennero incontro, brandendo i loro artigli: mi piegai per evitarli, e questi planarono di fronte a me.

Esitai prima di continuare, i corvi stavano mutando forma: i loro artigli si allungarono, mentre le piume svanivano, lasciando il posto a due ragazzi con gli occhi
interamente neri e la carnagione olivastra.1

I loro canini erano affilati come quelli dei vampiri, ma lunghi fino al mento.
Tremai: che razza di creature erano quelle?

Si avvicinarono con un sorriso orribile stampato in faccia.
Indietreggiai, sperando che i miei poteri si manifestassero, considerato il pericolo imminente.
Ma per quanto tentassi di fare qualcosa, qualsiasi cosa, niente mi riusciva: nessun ramoscello, nessuna liana, neppure una misera rosa.

Ruotai il busto, intenzionata a correre nella direzione opposta alla loro, ma mi paralizzai, trovandomi di fronte la bionda che aveva aggredito Shu: mi sentii in trappola.
Non c’era traccia ne’ dei Sakamaki ne’ dei Mukami.

“Sta’ giù!”, ordinò inaspettatamente la vampira.
L’istinto mi suggerì di seguire il comando, così mi accovacciai sul terreno.
La bionda lanciò due coltelli, che si conficcarono precisamente nel petto delle creature.
“Vieni!”, gridò poi, allungando una mano.

Osservai le creature sfilarsi gradualmente i pugnali dal petto, apparentemente tranquilli, nonostante del sangue scuro sgorgasse dalle ferite in mezzo al torace.
Cercai con lo sguardo qualche vampiro familiare, ma non c’era nessuno nei dintorni.

“Non vuoi scoprire da dove provengono i tuoi poteri?”
Sobbalzai.
Lei sapeva.
“Come-“
“Non c’è tempo. -, rimbeccò. – Forza andiamo!”
Me ne sarei pentita, non avevo alcun dubbio, tenendo conto delle precedenti esperienze.
Ma io dovevo sapere.
E se avesse voluto uccidermi, di certo non mi avrebbe difesa da quei due.

Le corsi incontro e le afferrai la mano, in quel modo ci teletrasportammo.

***

“Di sicuro non è stato nostro padre a mandare quella predatrice.”, commentò Reiji, per spezzare quel silenzio imbarazzante che si era creato nella limousine.
“No, lui avrebbe mandato i suoi uccellacci.”

Trascorse qualche istante, poi Shu riprese la parola.
“E quindi tu ed Edith-“
“Preferirei non parlarne.”, tagliò corto il fratello.
Il biondo sorrise impercettibilmente, volgendo lo sguardo all’esterno.
Il cielo iniziava a tingersi di un lieve arancione, il che stava a simboleggiare l’arrivo dell’alba.

Erano stati via parecchio tempo, ed erano anni che Shu non restava sveglio tanto a lungo.

Si disse che, una volta giunti a casa, sarebbe sgattaiolato nella stanza di Mitsuko, avrebbe ignorato il suo blaterale e avrebbero dormito assieme, proprio come facevano
da bambini.
Anche se lei sembrava non ricordarlo.

Ma quando raggiunsero la villa, i due Sakamaki intuirono immediatamente che qualcosa non andava.
Non appena scesi dalla limousine, le urla di Subaru e Ruki giunsero al loro udito super-sviluppato: provenivano dal giardino posteriore.
Shu si materializzò nella serra con le rose, ma oltre al fratello e al Mukami, vi erano due Ghoul1 con mani e piedi legati, la faccia sanguinante.

“Che significa?”, domandò Reiji, anch’egli comparso nel roseto.
“Significa che il vostro lurido padre ha rapito Mitsuko. –, commentò Yuma a qualche metro di distanza. – E ha mandato loro per prenderla, anche se non vogliono parlare.”
Shu sgranò gli occhi e serrò le mani a pugno.
Solitamente era Subaru a perdere le staffe, ma ne aveva abbastanza di Karl Heinz e dei suoi trucchetti, stavolta avrebbe messo fine alla sua vita personalmente.
“Andiamo a riprenderla allora.”

“Credevo fossi più intelligente di questo qui.”, lo interruppe Ruki, alludendo a Subaru.
L’albino emise un grugnito, contemplando vari modi per disfarsi del Mukami.

“Non possiamo fare irruzione nella villa di tuo padre, sai che è potente.”
Shu lo ignorò, scambiandosi un’occhiata col fratellastro: sapeva che, se avesse deciso di far visita a Karl Heinz, lui gli avrebbe dato man forte.
Ma una mano si posò sulla sua spalla.
Reiji lo guardava con un cipiglio severo.
“Sai che ha ragione.”

Certo che aveva ragione.
Karl Heinz aveva vissuto per secoli, i suoi poteri erano cresciuti, così anche le sue conoscenze, il che lo rendeva ancor più pericoloso.
Non era un caso che fosse diventato il “Re dei Vampiri”.

“E poi c’è qualcosa che dovreste sapere su Mitsuko.”, aggiunse Ruki, suscitando la curiosità dei Sakamaki appena arrivati.
“Entriamo.”

“E questi due?”, volle sapere Yuma.
“Se non vogliono parlare, te ne puoi disfare.”

Solitamente Ruki non condivideva la crudeltà dei Sakamaki, ma in quel momento, sapendo Mitsuko nelle mani di Karl Heinz, avrebbe risposto proprio come Reiji.
Yuma afferrò i due Ghoul per il colletto, trascinandoli fuori dalla serra.
“Sarò di ritorno tra qualche minuto.”
Ruki annuì, mentre seguiva i Sakamaki dentro la villa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ghoul1: Nell’universo dei Diabolik Lovers, le razze dei demoni si dividono in due categorie: Demoni Superiori(che comprendono i vampiri) e Demoni Inferiori (di cui fanno parte i Ghoul).
Anche i Ghoul si nutrono di sangue e sono più forti e veloci rispetto agli esseri umani, non conosco il loro reale aspetto e ho deciso di inventarlo.
La questione Demoni Superiori/inferiori verrà approfondita più in là.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 16 - Roots - ***


Capitolo 16 - Roots -

 

 

 

 

 

Quando riaprii gli occhi, non c’era traccia della bionda che mi aveva portato via da villa Sakamaki.
Mi guardai intorno: mi trovavo in una campagna, circondata dal nulla, solo immensi prati verdi e qualche albero qua e là.
Il sole stava sorgendo all’orizzonte, scacciava le tenebre della notte e donava nuove sfumature al firmamento.
Non ero certa di trovarmi ancora a Tokyo.

Sentii uno scrosciare distante e così seguii quel rumore, scorgendo un piccolo ruscello, nascosto da alcuni arbusti.
Proseguii con lo sguardo e notai che, al di là di quel rivolo d’acqua, si ergeva una modesta casetta, ma aveva l’aria di essere un’abitazione abbandonata, poiché delle erbacce crescevano intorno ad essa, e la porta di legno era di un marrone ormai sbiadito dal tempo; mentre le finestre, completamente serrate, erano macchiate da muschio verdastro.

Nonostante questo, quella dimora mi parve familiare ed ebbi l’impulso di avvicinarmi.
Ma attesi: perché la vampira aveva deciso di portarmi lì, in quel posto sconosciuto e, per qualche motivo, anche familiare?
Sfortunatamente per poter rispondere a quei dubbi avevo un’unica scelta.

Scavalcai qualche cespuglio e, per attraversare il ruscello, approfittai dei massi che sbucavano dal rigagnolo d’acqua, prestando attenzione a non scivolare.
Non che quel fiumiciattolo fosse profondo, ma non avevo intenzione di bagnarmi il vestito che avevo scelto con tanta cura.
Sebbene, al momento, fosse già macchiato dal sangue che mi era colato, mentre Karl Heinz mi mordeva ovunque.

Quel bastardo

Finalmente mi avvicinai alla casa e, di colpo, giurai di aver visto me da bambina correre intorno alla dimora.

Strizzai gli occhi, doveva essersi trattato di un’allucinazione, o forse aveva ancora a che fare con il padre dei Sakamaki?
Possibile fosse tutto un suo piano?

Qualcosa mi diceva che lui non aveva nulla a che vedere con la situazione in cui mi ritrovavo.
E quella constatazione mi diede i brividi: questo stava a significare che, con tutto probabilità, c’era qualcun altro che aveva degli interessi nei miei confronti.
Girai il pomello della porta di ingresso e questa si spalancò.

Grandioso, ma non devo entrarci per forza.

Presi un respiro profondo e scossi il capo: non era più il momento per scappare.
Avevo guardato in faccia la morte così tante volte che, se si fosse presentata, l’avrei accolta dignitosamente.
Mi addentrai nella casa e storsi il naso: doveva essere rimasta chiusa molto a lungo, se puzzava in quel modo.

Il pavimento di legno scricchiolava sotto i miei passi, il salone d’ingresso era avvolto dal buio, così scansai una tendina impolverata ed aprii la finestra.
Osservai il salotto ristretto, ora che la luce del sole inondava la camera, e passai un dito sul divano collocato di fronte ad un camino: era ricoperto da strati e strati di polvere, così come i mobili.
Continuai nella stanza accanto, che si rivelò essere una cucina, anche questa dalle dimensioni ridotte, composta semplicemente da un tavolo quadrato, due sedie, e l’angolo cottura.
Accanto ai fornelli un piccolo spazio vuoto: seppi con certezza che lì si trovava un frigo, e la cosa mi turbò, poiché non lo avevo intuito, io lo ricordavo.
Alla sinistra della cucina, una scala a chiocciola portava ad un piano superiore.

Un brivido mi percorse la schiena, come fosse una mano fredda ad accarezzarla.
Iniziai a salire i gradini, facendo attenzione a non cadere.
Sbucai in una camera da letto, qui la finestra era già aperta, e potei osservare la stanza: le lenzuola bordeaux erano sfatte e polverose; l’armadio aveva le ante aperte e numerose ragnatele al suo interno.
Avvicinandomi, notai che dietro esso si nascondeva una culla, avvolta in un telo bianco: il cuore iniziò a battere innaturalmente, le orecchie mi fischiavano.

Mossi alcuni passi incerti e sollevai il telo: il pulviscolo galleggiò nell’aria per qualche istante, colpito da un raggio di sole.
Una copertina giaceva arrotolata all’interno della culla: la presi, intimorita da quello che avrei potuto scoprire.
In fondo, il mio incoscio già lo intuiva.
La rigirai tra le dita e deglutii a vuoto, leggendo il nome cucito sulla piccola coperta.

Ellen.

Era casa mia, quella.
Mi strinsi la copertina al petto.
Io ero nata lì.
Valanghe di ricordi mi riempirono la testa: io e la mamma che ci rincorrevamo nel giardino; lei che mi preparava torte al cioccolato ed io che provavo ad imitarla, combinando solo dei pasticci.
Ma d’altronde ero una bambina.
Ricordai le storie che mi leggeva, prima che andassimo a dormire, storie di cavalieri e principesse.

E poi un uomo.
Ma per quanto mi sforzassi di ricordare il suo volto, questo sfuggiva dalla memoria.

“Ellen.”

Sussultai e la copertina mi scivolò dalle dita.
Rimasi pietrificata, al suono di una voce maschile.

Quella voce che mi aveva parlato, quando Karl Heinz si era finto Raito.

Mi voltai lentamente, titubante.

Un giovane adulto sostava in piedi dinanzi a me, aveva lunghi capelli bianchi e lisci, sfumati di un color magenta.
I suoi occhi erano dorati, simili a quelli di Karl Heinz, e tuttavia diversi.
Anche perché le sue pupille erano più sottili del normale, quasi feline.
Indossava un completo scuro e una sciarpa nera, con alcune linee bianche e simmetriche.

“Chi sei?”, fu tutto ciò che riuscii a domandare.
“Carla Tsukinami.”
Il nome non mi dava alcuna indicazione utile ma, nel profondo, sapevo benissimo chi fosse.
E quando parlò, confermò i miei sospetti.
“Sono tuo padre.”

***

Sakamaki e Mukami al completo erano seduti nel salone principale.
Il silenzio regnava da qualche minuto ormai.

Shu e Reiji avevano saputo delle capacità sovrannaturali di Mitsuko, ma ancora non riuscivano a credere che lei fosse in grado di fare certe cose.
Tuttavia, un Kanato ancora un po’ indolenzito e furente, seduto sul divano, ne era la prova.
E in più, Kou aveva assistito alla scena coi suoi occhi, non aveva motivo di mentire al riguardo.
La maggior parte di loro pensava che Karl Heinz l’avesse rapita proprio per questo.
Ma ad una cerchia ristretta, che comprendeva Ruki, Reiji e Shu, i conti non tornavano.
Perché assoldare i Mukami, se il suo scopo era sempre stato averla tutta per sé?
Perché mandare i Cacciatori ad ucciderla?
Perché assoldare una Predatrice e non usare immediatamente il suo esercito di Ghoul?

Troppe domande senza risposta.

“Propongo di andare a prendere a calci in culo nostro padre.”, esclamò Ayato, rompendo il silenzio.
Reiji inarcò un sopracciglio, indignato più per il linguaggio colorito che per la proposta in sé.
Subaru l’appoggiò e, sorprendentemente, anche Yuma.

“Perché andare a salvarla? Io e Teddy non la vogliamo qui!”, protestò Kanato.
“Perché siamo suoi amici.”, inaspettatamente fu Azusa a rispondere.

“Lei mi ha fatto del male!”, strillò Kanato, prossimo ad una crisi isterica.
“Questo significa che ti vuole bene.”
Il vampiro col peluche rimase interdetto.

Ruki scosse il capo.
“No Azusa, ne abbiamo già parlato, non è con la violenza che si dimostra affetto.”
“Oh…”, si limitò a mormorare il fratello.
“Ma questo non significa che Mitsuko sia cattiva.”

“Mi ha quasi ucciso!”, controbatté Kanato, nuovamente furioso.
Ayato gli tirò un colpetto sulla spalla e ignorò il suo sguardo omicida.
“Non ti sei fatto niente, siamo vampiri.”

“Quindi andiamo a dare una lezione a quello stronzo.”, intervenne Yuma.

Shu guardò Reiji, inizialmente avrebbe accettato senza esitare, ma era annebbiato dalla rabbia: non poteva sopportare l’idea di Mitsuko nelle mani di quell’essere spietato.
Ricordava come l’avevano trattata loro inizialmente, ma il loro sadismo era niente, se paragonato a quello di Karl Heinz.

Tuttavia, adesso che era più lucido, sapeva perfettamente che sarebbe stato un suicidio tentare di salvare Mitsuko senza un piano.
“Nostro padre ha un esercito a disposizione. –, iniziò a spiegare, – siamo forti ma decisamente pochi rispetto ai suoi.”
“Ha ragione.”, dichiarò Ruki.
I volti altrui parvero rabbuiarsi.

“E allora? Lasceremo Mitsuko sua prigioniera?”, volle sapere Subaru, decisamente alterato.

“Certo che no. –, rispose il maggiore dei Sakamaki, – ma non dobbiamo andare lì impreparati.”
Reiji parve riflettere qualche istante, aveva avuto un’idea, ma ancora non aveva deciso se fosse saggia o meno.

“Forse potremmo chiedere aiuto ai Cacciatori.”
Ayato e Yuma protestarono in coro, nessuno dei due si sarebbe rivolto a quegli esseri senza scrupoli.
“Hanno tentato di uccidere Mitsuko e ci sono riusciti con Raito.”, gli ricordò Subaru.

“Però potremmo sempre chiedere aiuto a Takeshi Yoshida.”, s’intromise Ruki.

Reiji annuì.
“Potrebbe tornare utile, farebbe di tutto pur di salvare la figlia.”

E così Ruki si offrì per parlare con il padre adottivo di Mitsuko.
Proprio mentre si preparava ad uscire, dei rumori esterni catturarono la sua attenzione.
Qualcuno bussò alla porta e fu il maggiore dei Sakamaki ad aprire.

“Edith?”, domandò Shu perplesso, trovandosi davanti la vampira con cui avevano parlato qualche ora prima.
Aveva il labbro spaccato e dei lividi sul corpo.
Reiji affiancò il fratello.
“Che ti è successo?”
“Oh, sto bene Rei, dovresti vedere com’è conciata l’altra.”

Così dicendo, afferrò qualcosa al suo fianco.
Puro stupore si dipinse nel volto dei presenti, quando trascinò ai suoi piedi la vampira bionda che aveva attaccato Shu.
Anche lei era coperta di lividi ed aveva il vestito lacerato, sembrava priva di sensi.

“Quando l’ho vista, ho pensato che avreste voluto parlare con lei.”

 

 

 

 

 

PADRE DI MITSUKO

 

 

 

 

                                                             

      

      



 

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 17 - The Lady - ***


 

 

Capitolo 17 - The Lady -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con un sonoro schiaffo, Edith svegliò la vampira dai lunghi capelli biondi.

Yuma si era occupato di legarla su una sedia, mentre Reiji le aveva fatto ingoiare un veleno che attenuasse le sue abilità, così da impedirle di smaterializzarsi.

La Dama aprì gli occhi e, quando realizzò di essere in trappola, cominciò a dimenarsi, ma le catene dovevano essere state progettate per intrappolare i vampiri, poiché non riuscì a spezzarle e tanto meno a divincolarsi da esse.

Tentò di teletrasportarsi, ma invano, e quindi si lasciò sfuggire un verso frustrato.

Si guardò intorno, era accerchiata da ben dieci vampiri, ma quattro di loro non erano purosangue, a giudicare dall’odore che emanavano.
In mezzo ad essi riconobbe il Sakamaki che aveva provato a fare fuori.
E, al suo fianco, la Predatrice che l’aveva aggredita senza un’apparente motivazione.
Adesso comprendeva perché lo avesse fatto.

“Ti ricordi di me, vero?”, domandò Shu, avvicinandosi.
La vampira bionda sorrise sprezzante, ma non parlò.

Edith artigliò la sua spalla con le unghia, spingendole dentro la carne e strappandole un gemito.
Il maggiore dei Sakamaki intuì perché lei e Reiji fossero così intimi.

A parte Kanato, che sembrava assorto dalla conversazione con il suo peluche; ed Azusa, impegnato a srotolare e fasciare nuovamente le sue cicatrici, tutti gli altri attendevano impazienti che la bionda rivelasse delle informazioni utili.

“Allora?”, la esortò Shu.
“Certo che mi ricordo, combatti come una femminuccia.”
Yuma soffocò una risata, guadagnandosi un’occhiataccia dal Sakamaki.

“Chi sei?”
“Credevo che la vostra amichetta, qui, mi conoscesse.”
“Qual è il tuo vero nome? E chi ti ha assoldata?”

La bionda rimase in silenzio, così Edith roteò gli occhi e mosse le dita dentro la sua spalla, facendola gridare dal dolore.
“Conosco mille altri modi per torturarti –, minacciò la mora. – Ti lascerò guarire e ricomincerò da capo.”
Ruki e Kou si scambiarono uno sguardo complice, sorpresi che quell’inaspettata alleata fosse sadica tanto quanto i Sakamaki, se non di più.
Sebbene loro non potessero definirsi propriamente dei santi.

“Ho tutto il giorno.”, asserì l’altra con un tono beffardo.
Edith sogghignò.
“Anche io.”, estrasse le unghia insanguinate, lacerando un lembo di pelle, poi le ficcò dall’altro lato.
La Dama trattenne un lamento, il sorriso di scherno sul suo volto era scomparso.

“E lei dovrebbe essere?”, domandò Ayato, mentre osservava Edith torturare l’altra vampira.
Reiji si schiarì la voce.
“Una Predatrice che conoscevo.”
“Una sua ex.”, precisò Shu.

Improvvisamente tutti avevano gli occhi puntati su Reiji, che avrebbe preferito sprofondare, piuttosto che subire quelle occhiate curiose.
Dannazione a te, Shu, pensò.
Un grido li distrasse, Edith stava facendo a brandelli la schiena della vampira.
Ruki sospirò: non condivideva la tortura per puro piacere, non da quando l’aveva subita sulla sua stessa pelle, quand’era un bambino, e le sue cicatrici ancora bruciavano al solo pensiero.
E poi non avevano tempo da perdere

Si avvicinò alle due Predatrici, chiedendo ad Edith di fermarsi per un istante.

“Ascolta –, cominciò a dire Ruki. – La ragazza che hai rapito è una persona importante per noi.”
Kou lo fissò con un sopracciglio inarcato, stupito dal fatto che suo fratello lo avesse detto ad alta voce.
“E faremo di tutto per ritrovarla. Ti tortureremo per ore e, se non parlerai, ti uccideremo.”
A Kanato sfuggì una risata.

“Perché la troveremo con o senza il tuo aiuto.”
La Dama curvò gli angoli delle labbra, di nuovo quel sorriso derisorio.

Lui è troppo forte per voi.”
“Non temiamo Karl Heinz.”, la interruppe Yuma.
La Dama incontrò gli occhi dorati del Mukami.
“Non ho dubbi, bel fusto, ma non si tratta di Karl Heinz.”

Ruki, Reiji e Shu lo sospettavano, in fondo, tuttavia gli altri rimasero a bocca aperta: quindi qualcun altro era interessato a Mitsuko.

Shu poggiò le mani sui braccioli della sedia, inchiodando la vampira sul posto.
“Allora chi?”
“Non parlo dei miei clienti, specialmente di uno come lui. Potrete anche uccidermi, ma ho un’etica.”
Il sangue colava copiosamente dalle sue spalle, macchiando il suo corpetto nero, ma manteneva uno sguardo fiero, pieno di orgoglio.

“Ehi, tu –, Shu indicò Kou. – Vieni a fare quella cosa con l’occhio magico.”
Il Mukami si avvicinò, tenendo le braccia incrociate dietro la testa ed esaminando la vampira sulla sedia.

“Non funziona così.”
“Con me lo hai fatto.”

A Kou scappò un mezzo sorriso.
“Era fin troppo evidente che nascondessi qualcosa. Posso dire che lei, fin’ora, ha sempre detto la verità.”

“Ascoltate, lui non ha intenzione di ucciderla.” , s’intromise la bionda.
Shu guardò il Mukami.
“Sta dicendo la verità.”

Il maggiore dei Sakamaki tornò dai suoi fratelli e i Mukami si unirono a loro.
“Quindi che si fa?”, volle sapere Yuma.
“Credo che dovremmo avvisare il padre di Mitsuko. –, dichiarò Ruki. – Potrebbe darci una mano per capire chi l’ha rapita.”

Reiji concordò con lui: Takeshi Yoshida avrebbe fatto di tutto pur di salvare la figlia, era certo che non avrebbe coinvolto la Chiesa nella faccenda, per evitare di creare altro scompiglio. Ci si poteva fidare.

“Dovreste andare tu e Subaru.”, affermò il vampiro con gli occhiali.
Subaru, sentendosi chiamare in causa, lanciò un’occhiata tagliente al fratello: se avesse potuto ferirlo con un semplice sguardo l’avrebbe fatto.

“Posso andare da solo.”
Reiji osservò il fratellastro con un sopracciglio inarcato.
“Preferisco che qualcuno tenga a bada il tuo carattere irascibile.”
“Io non sono irascibile!”, sbottò l’albino, mordendosi la lingua subito dopo.

“Io sono d’accordo. –, esclamò Ruki, stranamente. – Il mio unico obiettivo è ritrovare Mitsuko.”

Subaru avrebbe voluto tirargli un pugno ben assestato sul viso: il Mukami faceva di tutto per screditarlo, come se solo a lui importasse l’incolumità di Mitsuko.
“E sia, andiamo.”, esalò a denti stretti.
I due lasciarono la villa.

Kanato doveva essersi smaterializzato, probabilmente non nutriva alcun interesse nel ritrovare la ragazza.
“Che facciamo con questa qui?”, chiese quindi Yuma.
“Credo che per il momento sia meglio trattenerla da noi, potrebbe scappare e mettere in guardia chi l’ha assoldata.”, spiegò Reiji.
Il vampiro dagli occhi ambrati si offrì per tenerla d’occhio.

Shu incaricò Ayato di avvisare Yuki: la scomparsa dell’amica l’avrebbe allarmata, avrebbe potuto sospettare che le fosse capitato qualcosa, anche a causa loro.
In fondo conosceva la loro vera identità.
E avrebbe potuto fare qualcosa di stupido, come contattare la polizia.

“Io mi occuperò della brunetta. –, si propose Kou, – e troverò una scusa credibile, non temete.”

Yuma osservò il fratello, scuotendo il capo, sia lui che Ruki condividevano lo stesso problema: avevano perso la testa per un’umana, e questo non avrebbe portato a nulla di buono.
Ma erano suoi fratelli, e tutto ciò che desiderava era la loro felicità, anche se non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce.

Anche Ayato e Kou lasciarono la villa.

Restavano Reiji, Shu ed Edith.
Il primo decise che avrebbe preparato un altro veleno, per tenere la Dama sedata ed impedirle di scappare.

“Io andrò a cercare Mitsuko, da qualche parte dovremo iniziare.”, annunciò Shu.

Suo fratello fece un cenno col capo verso Yuma, e Shu intuì il messaggio implicito: avrebbe potuto approfittare della calma generale per parlare con il Mukami, ma non era il momento adatto, la sua priorità era trovare Mitsuko.

“D’accordo.”, si limitò a rispondere Reiji, avviandosi nel suo studio.
Notò con la coda dell’occhio che Edith lo stava seguendo, ma non disse nulla, ne’ tentò di fermarla.

“Posso venire anch’io a cercare Mitsuko?”
Quasi si erano dimenticati di Azusa, seduto su un divano, che doveva aver ascoltato in silenzio la conversazione.
“È meglio se resti qui.”, ribatté Yuma.
“Ma voglio aiutare…”, protestò con voce flebile il fratello.
“Può venire.”, intervenne Shu.

Yuma dimezzò la distanza che li separava e parlò a bassa voce, sperando che Azusa non li sentisse.
“Non sa mica combattere, idiota!”
Shu trattenne un sorriso, era proprio così che ricordava Edgar: sgarbato, rude, ma dall’animo gentile.
“Lo so bene, lo proteggerò, se necessario. Ma se resta qui, senza far nulla, si sentirà inutile.”

Yuma si stupì, ascoltando quella frase, non credeva che un Sakamaki si sarebbe offerto per difendere un Mukami.

“Dovrei fidarmi? La tipa lì, dice che combatti come una femminuccia.”
La Dama ridacchiò.

Shu lo fissò truce: “Mi ha colto alla sprovvista.”
“Lo credo bene.”, commentò, ripensando a come dormiva profondamente nel loro salotto.

Il maggiore dei Sakamaki piegò il capo, come a guardarlo da un’altra angolazione, come se cercasse dei dettagli sul suo viso.
Cosa che, effettivamente, Shu stava facendo, tentava di vedere, in quei lineamenti maturi, dei tratti che ricordassero il suo amico d’infanzia.

“E tu, te la caverai da solo?”
Yuma rise sprezzante.
“Certo che sì, non mi farò cogliere alla sprovvista.”
“Ottimo –, concluse Shu, lievemente piccato per la frecciatina. – Andiamo ragazzino.”
Azusa balzò in piedi, colto da un rinnovato entusiasmo, e i due uscirono dalla villa.

***

“Sembra che siamo rimasti io e te, bel fusto.”
Yuma sollevò lo sguardo, posandolo sulla figura a qualche metro di distanza.
La vampira dai capelli biondi lo osservava con un mezzo sorriso.
“Esatto, quindi vedi di comportarti bene.”

Gli tornò in mente il dialogo che aveva avuto con Shu: c’era qualcosa che lo tormentava, una strana sensazione nel petto, quando ripensava al Sakamaki biondo, e non solo perché aveva permesso ad Azusa di andare con lui.
Era come se gli sfuggisse un particolare, tanto piccolo quanto importante.

“E così tu e i tuoi fratelli siete gli ibridi assoldati da Karl Heinz.”
La Dama richiamò l’attenzione dell’altro.
“Ibridi?”
“Non siete dei veri vampiri, sento la puzza delle tue origini umane.”
Yuma strinse la mano in un pugno, scattando in piedi.
“Vedi di non farmi incazzare –, la minacciò. – Almeno io non mi faccio dare ordini da altri.”
La Dama aggrottò le sopracciglia.
“Oh no, sei solo un burattino di Karl Heinz.”

Yuma si avvicinò a lei con fare intimidatorio, le afferrò la gola con una mano.
“Quale parte di non farmi incazzare, non ti è chiara?”

“Che c’è, la verità è difficile da accettare?”
Il vampiro le rivolse un’occhiataccia, ma la lasciò andare.

“Non hai idea di cosa noi… di quello che ci è capitato. – , sussurrò per un istante. – Karl Heinz ci ha salvati. Avevamo un debito con lui.”

La vampira ascoltò con attenzione: aveva in mente un piano per guadagnare tempo e liberarsi delle catene che le bloccavano mani e piedi, ma lo spilungone l’aveva incuriosita.

“E l’avete saldato?”

Yuma scosse il capo, afflitto, ripensando che no, non avevano potuto ripagare quel debito.
Ma Karl Heinz aveva tentato di uccidere Mitsuko, non gli dovevano più nulla, lui stesso li aveva congedati.

“Eppure collaborate con i suoi figli per ritrovare quell’umana, senza sapere perché sia tanto speciale.”

Yuma capì che quella bionda sapeva molto più di ciò che aveva rivelato: che fosse a conoscenza dei poteri di Mitsuko?
Ma sapeva anche che non avrebbe parlato, sarebbe stato inutile torturarla nuovamente per altre informazioni.
Di certo era professionale nel suo lavoro.

“Non so perché hai rapito Mitsuko, ma sapevo già quanto fosse speciale.”, ammise Yuma.
Fortunatamente nessun’altro era presente, altrimenti non lo avrebbe mai confessato.

“Perché dispensa sangue gratuitamente?”
La Dama si sorprese del suo stesso tono di voce, così irritato.
Si trovò a pensare che nessuno aveva mai parlato di lei in quel modo.

“Perché riesce sempre a vedere il buono, nelle persone.”

La frase di Yuma aleggiò nella stanza, dov’era calato un silenzio quasi religioso.

“Evidentemente non sa quanto può essere crudele questo mondo.”
Il vampiro dagli occhi ambrati dissentì con un cenno del capo.
“Lo sa fin troppo bene.”

Ripensò alle bugie con cui era stata cresciuta, a quello che doveva aver passato dopo essere diventata una Sposa Sacrificale, a quando lui e suoi fratelli l’avevano rapita e morsa ancora e ancora.
Per la prima volta realizzò quanto fosse dura la vita di Mitsuko.

La Dama, d’altro canto, si sorprese nel constatare quanto quel vampiro fosse veramente affezionato a quell’insulsa umana. 
Come tutti gli altri, in fondo.

Lei era a conoscenza dei suoi poteri e quello era l’unico dettaglio che la rendeva “speciale” ai suoi occhi, per il resto la considerava una creatura debole come i suoi simili.
Non era particolarmente attraente, ne’ troppo sveglia: aveva tentato di battersi con lei senza usare le sue capacità sovrannaturali.
L’aveva vista piangere nella serra ed insultare il Re dei vampiri, quindi non riusciva neppure a controllare le sue emozioni.

Tuttavia era stata torturata a causa sua, e tutti si erano mobilitati per trovarla.
Si sentì una stupida, perché invidiava quell’umana.
Lei, una delle Predatrici più forti, che invidiava una ragazzina così fragile.

Aveva temporeggiato abbastanza: era riuscita a liberare le caviglie e il mezzo-vampiro sembrava assorto nei suoi pensieri.
Approfittò della situazione per scattare in piedi, così colpì Yuma con la sedia su cui era legata e lui, colto di sorpresa, finì sul pavimento.

Con la sedia ridotta in pezzi, la Dama riuscì a liberare anche i polsi e si chinò sul vampiro dolorante, che tentava di rimettersi in piedi: si posizionò a cavalcioni su di lui, impedendogli qualsiasi movimento.

“Grazie per la chiacchierata, bel fusto.”, fece scorrere una mano sui suoi jeans e Yuma provò a divincolarsi, ma invano.
Raggiunse l’interno coscia con le dita e lui si chiese che intenzioni avesse, finché la bionda infilò una mano nella sua tasca.
“Interessante.”, gli sorrise e, dopo un fugace bacio sulle labbra, corse fuori dalla villa.

Yuma impiegò qualche secondo per riprendersi, provando vergogna per la sua reazione da “adolescente in preda agli ormoni”, quando lei lo aveva toccato e baciato.

Poi realizzò cos’era realmente accaduto e grugnì furioso: quella stronza gli aveva rubato le zollette di zucchero.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

THE LADY

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 18 - First Blood Race - ***


Capitolo 18 - First Blood race -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Tu non sei mio padre.”
Avrei voluto usare un tono più sicuro, meno esitante, tuttavia quella frase uscì in un sussurro.

“È così, invece. –, obiettò Carla. – Non mi sorprende che tu non ne abbia memoria. Sono stato io a cancellare i tuoi ricordi, e così ho fatto con tua madre.”

Mi sforzai di cercare tra i ricordi, ma il suo viso continuava a restare un’incognita.
E tanto meno notavo qualche somiglianza nei tratti del suo volto.

Lo vidi avvicinarsi e sollevare una mano: d’istinto indietreggiai.
“Non è mia intenzione farti del male.”, mi rassicurò.
Ma non mi fidavo affatto di quell’uomo.

Mi posò due dita sulla fronte ed ebbi l’impulso di scansare il capo, tuttavia un calore si irradiò da esse e rimasi inerme, mentre delle immagini scorrevano veloci davanti ai miei occhi.

Il mio respiro si fece affannoso: mi trovavo ancora nella camera da letto, ma la stanza era libera dalle ragnatele e le pareti sembravano appena verniciate di un tenue arancio.
In un angolo, in piedi vicino al letto, sostava l’uomo che diceva di essere il mio vero padre.
E poi c’era la mamma, con un neonato fra le braccia.
Continuava a fare dei versi buffi e il bebè rideva.

Sentii un nodo alla gola.

La scena cambiò: non ero più fra le braccia della mamma, ma scorrazzavo per la camera. 
Mi domandai quanti anni avessi, probabilmente uno o due, considerati i movimenti scoordinati e le mie parole senza un filo logico.
La mamma era entrata nella stanza come una furia.

“Perché ti importa tanto di lui? –, aveva domandato. – Quell’uomo è pericoloso!”
Carla era dietro di lei, lo sguardo perso nel vuoto, come se fosse sordo alle sue parole.

“Non permetterò che prenda il mio posto. Sono io il vero re.”

Aggrottai le sopracciglia, a cosa si riferiva?

Carla era tornato a guardare fuori dalla finestra e la mamma lo aveva abbracciato da dietro.
Lui si era voltato, apparentemente impassibile, e lei gli aveva depositato un bacio sulle labbra.  
“Sono solo preoccupata per te e per Ellen. Potrebbe venire a cercarla.”
“Non lo farà, mi libererò di lui una volta per tutte.”

Mi sentii strattonare, come se qualcuno mi avesse legato con una corda e tirato per qualche metro.
La camera da letto era tornata ad essere tetra e decadente.

“Ricordi ora?”

“Lei sapeva.”, constatai.
“Sì, tua madre sapeva di Karl Heinz, sono stato io a dirglielo –, rispose Carla, ristabilendo una certa distanza tra noi. – Il suo piano era quello di concepire con lei un figlio. Mettere al mondo una nuova razza di vampiri.”

“Ma lei aveva già avuto me.”
Quindi Carla conosceva la leggenda di Adamo ed Eva, ed aveva perfino messo in guardia mia madre.
Ma cosa aveva a che fare lui con tutto questo?

“Esatto. Ma Karl Heinz ignorava che tu fossi mia figlia. Per questo ho dovuto cancellare i vostri ricordi, sarebbe stato un rischio.”
Mi chiesi chi fosse veramente quell’uomo e perché essere sua figlia avrebbe comportato delle conseguenze.
“Io sono uno dei Primi Fondatori della razza demoniaca.1
Improvvisamente respirare era diventato impossibile.

“Noi Fondatori racchiudiamo tutte le caratteristiche delle razze dei Demoni Superiori. –, spiegò Carla – Vampiri, Vibora, Lupi e Adler.”

Cercai di assimilare ogni informazione, ma erano troppe e tutte insieme, mi dovetti sedere sul letto per evitare di stramazzare al suolo.
Ma Carla non se ne curò, continuando a parlare.

“Tra noi Fondatori c’è sempre stato dell’attrito, ci siamo uccisi a vicenda e Karl Heinz ne ha approfittato, conquistando il mondo dei Demoni e divenendo il re dei vampiri. Ma quel posto spetta a noi Fondatori di diritto, e al momento, io sono l’unico in vita.”

“Ma cosa c’entra tutto questo con me?”
Carla attese qualche istante prima di continuare, lanciò un’occhiata alla culla e notai i suoi occhi dorati scintillare innaturalmente.

“Tua madre era una discendente di Eva e ha scelto me come suo Adamo.”

Dopo quell’affermazione, anche io osservai la culla con occhi sbarrati, intuendo come avrebbe proseguito il discorso.

“Tu non sei solo una discendente di Eva. Tu sei la primogenita di una nuova razza di vampiri.”

Non dissi nulla.
Mi limitai a balzare in piedi, sconcertata, e corsi via da quella casa.
Scesi rapidamente la scala a chiocciola, rischiando di inciampare e rompermi l’osso del collo, ma quello sarebbe stato l’ultimo dei miei problemi.

Aprii la porta con una forza tale che andò a sbattere contro la parete e i muri vibrarono.
Uscii nel giardino e caddi in ginocchio, come se mi avessero prosciugato di tutte le mie forze.

Carla Tsukinami si materializzò dinanzi a me, da bravo vampiro.
“Immaginavo che la cosa non ti avrebbe reso entusiasta.”
“Entusiasta? – ripetei, la voce stridula – Io sono terrorizzata! Ho scoperto di essere la figlia di un demone antico e far parte della nuova razza che Karl Heinz tenta di creare disperatamente da anni!”

Iniziai a scuotere il capo, doveva esserci un errore.
“Io non sono una vampira.”
“E non lo diventerai.”
La notizia non mi bastò a consolarmi.
“Ma, col tempo, avrai la forza e la resistenza dei vampiri. –, annunciò Carla, – e in più avrai dei poteri speciali.”

Osservai le mie mani: quindi c’era un motivo se potevo fare quelle cose.
C’era un motivo se avevo quasi ammazzato Kanato.

“E da quanto mi ha riferito La Dama, puoi controllare un elemento naturale, la Terra.”

Mi chiesi chi fosse quella “dama” di cui aveva parlato, non mi ero resa conto di essere seguita.
Una lampadina si accese all’improvviso e tornai in piedi, puntando un dito contro il demone.
“Quella vampira dai capelli biondi! L’hai mandata tu!”

Carla annuì, senza nemmeno provare a giustificarsi.
“Le ho chiesto di stimolare i tuoi poteri.”

In quell’istante capii perché aveva provato ad uccidere Shu: voleva testare le mie capacità, spingermi ad usare i poteri per proteggere qualcuno a me caro.
Tant’è che aveva esordito con un “sei pronta”, dopo aver scoperto cos’ero in grado di fare.
“Quella psicopatica ha quasi ucciso un mio amico!”

“I figli di Karl Heinz sono tuoi amici?”, s’informò Carla, evidentemente scettico.

In effetti, ero affezionata a dei vampiri che si nutrivano regolarmente del mio sangue, ma il nostro rapporto era ben più complesso ormai: né lui, né Karl Heinz avrebbero potuto dissuadermi, sapevo di far parte della famiglia, di avere uno stretto legame con ognuno di loro.
Tralasciando Kanato.
Lui probabilmente mi odiava, ma mi sarei fatta perdonare in qualche modo.

“Non mi aspetto che tu capisca. –, annunciai, prima che mi sorgesse spontanea una domanda. – Effettivamente, dov’eri quando Karl Heinz ha rapito me e la mamma?”
“Durante l’ultimo scontro, Karl Heinz mi ha intrappolato nel Mondo dei Demoni, poiché lui ne è diventato il re.”

“Però la mamma ti aveva messo in guardia. –, protestai. – E hai scelto di non darle ascolto.”

“La mia priorità era Karl Heinz. Ho scelto tua madre per sottrarla a lui, – dichiarò Carla, – lei si è innamorata di me.”
“Ma tu no.”, appurai.
Dovevo aver preso dalla mamma il difetto di amare persone che sono incapaci di amare.

“Portarla via a Karl Heinz era tutto ciò che mi interessava. E la sua discendenza sarebbe stato un punto a mio vantaggio. Nient’altro.”

Provai profonda costernazione dinanzi quelle parole, così gelide e prive di emozioni: era evidente che la mamma fosse innamorata di Carla, adesso che i ricordi iniziavano a riaffiorare nella mente, potevo riconoscere quegli occhi pieni d’amore con cui lo osservava: era lo stesso modo in cui io guardavo Raito.
Ma Carla l’aveva solo manipolata per raggiungere il suo scopo.

“Ci hai abbandonate!”, sbottai.
“Non avrei potuto fare altrimenti, ero in trappola nel Mondo dei Demoni. Ma appena ne ho avuto l’occasione sono fuggito.”

Indietreggiai: quello poteva essere il mio padre biologico, ma non l’avrei mai considerato il mio vero padre.
“Sei qui per i miei poteri, non per me!”
Feci dietro-front, avviandomi verso la casa, ma Carla si materializzò davanti a me, quasi seccato.

“Tu non riesci a comprendere. Grazie ai tuoi poteri potremo sconfiggere Karl Heinz.”

“Non sono la sua pedina e non sarò la tua.”

In quell’istante vidi lo sguardo di Carla adombrarsi, e seppi che nessuno dei Sakamaki mi aveva mai fatto tanta paura.
Mi afferrò il collo, e mi si mozzò il respiro in gola.
Chinò il capo per guardarmi dritto negli occhi, alcune delle sue ciocche mi sfiorarono il viso.

“Io sono l’unico che può aiutarti a controllare i tuoi poteri.”

Provai a spiccar parola, ma la mancanza di ossigeno non mi aiutava, vedevo l’ambiente intorno a me vorticare troppo velocemente.
Annaspai in cerca d’aria.

“Tu sei un mostro, proprio come lui…” – Riuscii a mormorare, con un tono appena udibile, – hai lasciato… che la uccidesse.”

Carla mollò la presa, ed io finii sul terreno.
Rimasi a tossire per qualche minuto, gli occhi bruciavano perché mi aveva strangolato, certo, ma anche per le lacrime di rabbia che cercavo di trattenere.

“Io… -, attese un istante prima di continuare, come se stesse cercando le parole giuste. – Io rispettavo Natsumi. Se fossi stato presente, l’avrei difesa.”

“Ma tu non c’eri!”, avrei voluto urlarglielo contro, ma la voce era fin troppo roca per farlo, anche solo parlare mi procurava un fastidioso bruciore.

Tutta quell’ira scatenò qualcosa dentro di me, fissai il terreno e delle liane sbucarono da esso, crebbero numerose intorno a me, divenendo man mano più affilate.
Mi sollevai in ginocchio e, con una sola occhiata, le indirizzai verso Carla.

Quest’ultimo scattò a destra, per evitare di finire infilzato, ma le liane seguirono i suoi movimenti.
Altre si avvinghiarono intorno le sue caviglie, per ostacolarlo, ma lui si liberò di esse e schivò quelle acuminate.

Emisi un verso di stizza: una serie di sassi, grossi come palle da bowling, si sollevarono dal suolo, puntando il vampiro.
Glieli scagliai contro e pensai che fossero fin troppi affinché riuscisse ad evitarli tutti, ma Carla levò una mano ed un’ombra scura strisciò sul terreno, prima di innalzarsi come un muro: i sassi l’attraversarono e si ridussero in cenere nel farlo.

“Si, ho delle abilità anche io.”

Ancor più furente, se possibile, strinsi le mani in un pugno e toccai il pavimento: una moltitudine di rami appuntiti spuntò sotto i piedi del vampiro: divennero sempre più numerosi ed alti.
Carla li evitò, teletrasportandosi in diversi punti del giardino, ma non lo persi d’occhio nemmeno per un istante e continuai a sollevare tralci di legno appuntiti, finché uno gli ferì di striscio il braccio.
Esultai internamente.

Il vampiro mi fissò minaccioso e mutò forma: divenne un’aquila dagli occhi dorati, planò su di me e quando atterrò era di nuovo nella sua forma originale.

Cercai di creare qualcosa per allontanarlo, ma lui fu più veloce: ficcò i suoi canini nel mio collo e morse con foga.
Strillai per il dolore, cadendo all’indietro.
Carla si staccò quasi immediatamente.

“Guarda cosa sei in grado di fare.”, disse, indicando la ramificazione che avevo creato.

Provai a scollarmelo di dosso, ma invano.
Una liana si mosse sul terreno alle sue spalle, prima di sollevarsi, pronta a perforargli il petto, ma con un solo gesto della mano, Carla creò nuovamente l’ombra scura di prima, che spazzò via la liana e tutti i rami acuminati che avevo modellato.

Per un brevissimo istante strizzò gli occhi e serrò la mascella, come se quel gesto lo avesse indebolito.
Ma si riprese rapidamente.

“Non vuoi vendicare la morte di Natsumi?”
“Non osare. Non pronunciare il suo nome.”
“Sai bene che Karl Heinz merita di morire.”

Sì, ne ero consapevole: Karl Heinz meritava di morire, ma non per mano mia.
“Non diventerò un’assassina.”
Carla roteò gli occhi, probabilmente esasperato.

“Sarò io stesso ad ucciderlo, ma ho bisogno del tuo aiuto.”

Lo fissai dritto nei suoi occhi dorati.
Non dovevo nulla a quell’uomo, lui mi aveva abbandonata e aveva permesso che la mamma venisse uccisa, per inseguire le sue manie di potere.

Tuttavia, Karl Heinz era il vero colpevole della morte di mia madre, in fondo.
Aveva manipolato me e i suoi figli.
Aveva provocato la morte di Raito…
E anche se avessi rifiutato la proposta di Carla, non mi sarei liberata del padre dei Sakamaki.

Quindi stavo veramente considerando di scendere a patti con lui?

Avevo bisogno di tempo per pensare: da quel momento in poi, seppi che avrei dovuto mentire a lui e anche ai Sakamaki.
Ma se Carla poteva davvero insegnarmi a controllare i miei poteri, valeva la pena tentare.
Il ricordo di come avevo quasi ucciso Kanato era ancora fresco nella mia mente.

“D’accordo, mi aiuterai a gestire questa cosa che mi scorre nelle vene. Ed io ti aiuterò a spodestare Karl Heinz. A patto che possa tornare a casa e avvisare gli altri.”

Carla si mise in piedi, il labbro ancora sporco del mio sangue.
Mi porse una mano, per rimettermi in piedi, o forse per suggellare il nostro “patto”, ma non l’afferrai.
Mi tirai in piedi per conto mio, seppur dolorante.

“Non puoi tornare, i tuoi amici non appoggeranno la tua decisione.”
Mi pulii il vestito, sporco di terriccio.
“Credo che vogliano Karl Heinz morto tanto quanto lo vuoi tu. -, annunciai. – Ma non gli parlerò del nostro accordo.”
Carla inarcò un sopracciglio, incuriosito.

“Dirò loro solo che sei il mio vero padre, che vorrei passare del tempo con te e che mi aiuterai con i poteri.”
Il vampiro accennò un piccolo sorriso, il primo da quando l’avevo incontrato.

“Se non ci saranno interferenze col mio piano, posso accettarlo.”
Mi porse la mano, probabilmente per smaterializzarci.
“Ma se proverai a tradirmi...”
“Anche io voglio liberarmi di lui. Una volta per tutte.”
Carla fece un cenno col capo, compiaciuto, ed io afferrai la sua mano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Primi Fondatori della razza demoniaca (o più semplicemente Fondatori/Antenati): Questa informazione è tratta dal videogioco, spero quindi di aver tradotto correttamente “First Blood Race”.
I Fondatori sono coloro che hanno creato la linea di sangue dei demoni, Carla Tsukinami è uno di loro.
La Razza Demoniaca si divide in Demoni Superiori: quindi Vampiri(pipistrelli), Vibora(serpenti), Licantropi(Lupi) e Adler(aquile).
I Demoni inferiori sono i Ghoul e altre razze di cui non conosciamo il nome.

 

 

 

 

 

Piccole note autrice:

In quanto Demone Fondatore, Carla Tsukinami racchiude tutte le caratteristiche base dei Demoni Superiori.
Il potere di controllare “l’ombra”, l’ho inventato, anche perché nel videogioco Carla non utilizza quasi mai i suoi poteri, ma di certo ha altre capacità, oltre a quella di trasformarsi in un pipistrello, un’aquila, un serpente e così via.
Nel videogioco è stato realmente intrappolato nel mondo dei Demoni, ma il modo in cui Karl Heinz è diventato il re dei vampiri l’ho immaginato per conto mio.
Spero di non essere stata troppo prolissa, ma ci tengo a darvi informazioni riguardo la trama reale e alcune curiosità che magari non conoscevate (e che ho scoperto anche io con delle ricerche)

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 19 - Weak Spot (part one) - ***


 

 

Capitolo 19 - Weak spot (part one) -

 

 

 

 

 

 

Ayato avrebbe voluto prendersi a schiaffi: sostava davanti quel cancello da più di mezz’ora, ma ancora non aveva avuto il coraggio di suonare.
Si era detto che aveva visitato quella casa troppe volte negli ultimi giorni, che aveva dedicato troppo tempo ad una semplice umana.
Umana che non aveva morso, neppure una volta.

Decise di tornare alla villa, avrebbe mentito, dicendo ai suoi fratelli di aver parlato con Yuki.
Poco prima che riuscisse ad andar via, qualcosa gli toccò una gamba.
Si chiese quale astuto nemico fosse riuscito ad avvicinarlo di soppiatto, ma quando abbassò lo sguardo, si rese conto che si trattava di un gatto dal pelo grigio.

“Ah? Che vuoi bestiaccia?”, domandò, mentre il micio continuava a strusciarsi sul suo piede.
Il vampiro lo ritrasse, indietreggiando di qualche passo, ma il gatto gli si avvicinò miagolando.
“Come osi rivolgerti così ad Oree-sama!”, inveì contro l’animale.

 “Mimì? Mimì dove sei?”
Ayato riconobbe il suono di quella voce e valutò per un istante l’idea di teletrasportarsi via, ma rimase fermo dov’era, con il micio che faceva le fusa ai suoi piedi.

Yuki comparve dietro il cancello e il suo viso si illuminò, quando vide il gatto in compagnia del ragazzo dai capelli rossi.
“Oh, Ayato hai trovato Mimì.”

È più lui che ha trovato me, avrebbe voluto replicare il vampiro, ma si limitò a scrollare le spalle.
La biondina superò il cancello e si chinò per afferrare il suo animale domestico.
“Sembra che tu gli piaccia.”
Ayato non rispose immediatamente, troppo preso dal sorriso dell’altra, poi si riscosse dai suoi pensieri.
“È ovvio, io piaccio a tutti.”

Yuki ridacchiò lievemente, mentre il gatto strofinava il muso sulla sua spalla.
“Vuoi entrare?”
“No, sono qui per parlarti.”

Il cuore della ragazza si fermò per un istante: era forse giunto il momento in cui lui si sarebbe dichiarato?
Scioccamente diede una rapida occhiata ai suoi indumenti, ricordò di essere ancora in pigiama ed arrossì bruscamente, dandosi della stupida per essere uscita a cercare il suo gatto in pantaloncini e canotta.
Avrebbe preferito indossare qualcosa di più indicato per l’occasione, ma non c’era tempo, tutto ciò che le importava era ascoltare quello che Ayato aveva da dirle.
“C- certo, dimmi pure.”, balbettò.
“Si tratta di Mitsuko.”
L’espressione gioiosa di Yuki si spense.
Ed Ayato lo notò, chiedendosi come mai il suo umore fosse cambiato così repentinamente.
Ma la ragazza scosse il capo: se si trattava di Mitsuko, allora doveva essere qualcosa di serio, non c’era tempo per i suoi drammi amorosi.
“Le è successo qualcosa?”
“Qualcuno l’ha rapita.”

Yuki sgranò i suoi occhi blu.
“Chi potrebbe mai…?”
“Non lo sappiamo, –, l’anticipò il vampiro. – Ma stiamo facendo il possibile per ritrovarla.”
L’altra rimase a fissare un punto indefinito, lo sguardo preoccupato: la sua amica non aveva mai un attimo di serenità.
Sembrava che il mondo si fosse accanito contro di lei, nonostante Mitsuko fosse una delle persone più gentili che avesse mai conosciuto.
Mimì, che era ancora fra le braccia della biondina, iniziò a muoversi irritato, probabilmente stufo di essere ignorato o di non poter camminare liberamente e, nonostante gli sforzi di Yuki per calmarlo, decise di graffiarle il braccio, così da sfuggire alla presa.
Yuki fu costretta a lasciarlo andare e realizzò che le unghie del gatto le avevano procurato diversi tagli, uno dei quali iniziava a sanguinare.
“Mimì sei davvero dispettoso!”, urlò al gatto, che si inoltrava nel giardino della casa.

Ma quando tornò a guardare Ayato, si rese conto che i suoi occhi verdi le fissavano con intensità il braccio ed i canini iniziavano a spuntar fuori dalle labbra.

Yuki deglutì, non lo aveva mai visto per ciò che era veramente e adesso ne era spaventata.
Non sapeva se Ayato le avrebbe fatto del male, il suo cuore le diceva di no, ma la sua parte razionale le fece presente che si trattava pur sempre di un vampiro, un vampiro in carne ed ossa.

Ayato, d’altro canto, continuava ad osservare quei graffi: poteva sentire l’odore del sangue, che scorreva nelle vene della giovane ragazza, ed era un richiamo così forte, che stentava a controllarsi.
Una parte di lui insisteva affinché la mordesse, in fondo era nella sua natura e aveva resistito anche fin troppo.
Ma c’era una piccolissima parte che sapeva bene a cosa avrebbe portato bere il suo sangue: Yuki non avrebbe mai più voluto vederlo e Mitsuko lo avrebbe ucciso, cosa che adesso poteva fare letteralmente, grazie ai suoi nuovi poteri.

Tuttavia non riusciva a contrastare la sua natura e più cercava di trattenersi più il suo corpo si muoveva in automatico, avvicinandosi sempre più alla ragazza.
In più, una vocina nella testa gli ripeteva che non c’era nulla di male nel morderla e anzi, lei avrebbe dovuto sentirsi onorata.
“Ayato…”, mormorò Yuki, ritrovandosi il vampiro a pochi centimetri dal suo volto.
Ma lui sembrò non sentirla, la vista annebbiata dal desiderio di sangue.
“Ti prego Ayato, non farlo.”
Il vampiro le afferrò il braccio e lei sussultò per il gesto inconsulto.
Tutto il suo corpo tremava, non c’era modo di fermare la paura crescente.
Nonostante questo, Yuki non si mosse: si dichiarava infatuata del ragazzo, tuttavia non avrebbe mai potuto proclamare il suo amore, se non avesse conosciuto tutte le sue sfaccettature.
Sapeva bene che sarebbe stata una relazione impossibile, la loro, e forse vedere il “lato oscuro” di Ayato sarebbe servito a farle passare quella che credeva una semplice cotta adolescenziale.
Il vampiro le sfiorò il braccio con le labbra, procurandole dei brividi, e Yuki non seppe definire se fosse paura o altro.
Lui di certo poteva vedere il terrore negli occhi di lei, e questo gli donava una sensazione piacevole: sapere di incutere tanto timore lo aveva sempre compiaciuto, ed era assurdo che fino a quel momento si fosse imposto di non morderla.
L’istinto prevalse sulla ragione, i suoi canini bucarono la carne della bionda, che strabuzzò gli occhi per il dolore.
Ayato socchiuse i suoi, beandosi di quel liquido caldo che gli era esploso in bocca, era zuccherato proprio come aveva immaginato, non si sarebbe aspettato altrimenti da una ragazza dolce come Yuki.
Quest’ultima aveva la bocca spalancata, fin troppo sbigottita e dolorante per parlare.
Questo era ciò che Mitsuko viveva tutti i giorni, come poteva sopportarlo?
“Basta ti prego...”, sussurrò, venendo bellamente ignorata.
I canini le bruciavano sulla pelle e avvertiva il sangue fluire velocemente nel punto in cui Ayato la stava mordendo, si sentiva debole e delusa.

Credeva forse che lui avrebbe potuto negare la sua vera natura? Che, per amor suo, non le avrebbe succhiato nemmeno una goccia di sangue?
Doveva immaginare che prima o poi sarebbe accaduto.

E Ayato non era famoso di certo per il suo autocontrollo, tant’è che sentiva il corpo della biondina infiacchirsi gradualmente, così gli venne spontaneo avvolgerle i fianchi con un braccio, per impedirle di cadere.
Seppe che lei era allo stremo delle sue forze, quando pronunciò delle parole sconnesse e le sue guance persero colore.
Ritrasse i canini e leccò i buchi che le aveva procurato: lei aggrottò le sopracciglia, probabilmente domandosi cosa significasse quel gesto.
Magari glielo avrebbe spiegato in un altro momento.
Leccò anche i tagli che le aveva procurato quella bestiaccia.
Poi sistemò un braccio intorno al suo collo ed uno intorno alla sua vita, per sollevarla.
In quel modo si teletrasportò nella stanza di lei, adagiandola sul letto.
Notò che tremava come una foglia, nonostante la temperatura esterna fosse piuttosto calda, per cui la coprì col lenzuolo.

Yuki lo guardava, ma era come se non lo vedesse realmente, troppo affaticata e scossa per pensare lucidamente.
Ayato avrebbe voluto dire qualcosa, ma non sapeva esattamente cosa.
Non aveva mai provato rimorso nel succhiare il sangue di qualche umano, Mitsuko stessa non era un’eccezione, seppur avesse condiviso l’infanzia con lei e trascorso insieme gli ultimi due mesi.
Allora perché si sentiva così colpevole per aver morso Yuki?

“La nostra saliva può curare le ferite –, esordì infine. – Non resterà traccia del morso o dei graffi sul tuo braccio.”

Yuki assorbì l’informazione con un’espressione indecifrabile, poi si girò nel letto, dando le spalle al vampiro, e si coprì meglio col lenzuolo.
Ayato la fissò qualche istante e poi si smaterializzò.

***

Reiji aveva notato Edith seguirlo nella stanza, tuttavia non aveva posto domande quando lei si era chiusa la porta alle spalle.

Lui aveva iniziato a lavorare sul nuovo veleno da somministrare alla Predatrice dai capelli biondi ed Edith aveva preso posto sulla sua scrivania, incurante dell’occhiataccia che il vampiro le aveva rivolto.

“Sai, un grazie non guasterebbe.”, esclamò lei, richiamando su di sé l’attenzione del vampiro.
Reiji continuò a pestare delle erbe, mentre la osservava con un cipiglio.
“Ho portato qui la Dama, ti pare poco?”
“Non ci ha dato alcuna informazione utile.”
La Predatrice dai capelli neri sbuffò.
“Pretendi sempre troppo dagli altri.”, annunciò, scendendo dalla scrivania con un balzo aggraziato.
Il vampiro versò le erbe in una ciotola con del liquido scuro.
“Mia madre pretendeva tanto da me.”
Quasi si morse la lingua per quella confessione, ma Edith gli aveva sempre fatto quest’effetto.
“E ti ha trasformato nel figlio perfetto che desiderava, ma non puoi aspettarti che gli altri siano perfetti quanto te.”
La vampira fu improvvisamente alle sue spalle, Reiji smise di mescolare il contenuto della ciotola e ruotò il busto, trovandosi faccia a faccia con lei.
“Hai affinato le tue tecniche di tortura?”
Edith sorrise, conscia che Reiji odiasse parlare apertamente dei suoi sentimenti, e doveva solo essere grata se, ogni tanto, si faceva sfuggire qualcosa con lei.
“Oh beh, un vampiro quattr’occhi mi ha insegnato qualche trucchetto.”

Reiji si sistemò gli occhiali sul naso.
“Dev’essere un vampiro interessante.”
“Eh già, finge di essere un bravo ragazzo, tutto regole ed etichetta, ma sotto sotto è piuttosto… libertino. -, replicò Edith. – Che poi è la parte di lui che preferisco.”
Così dicendo, circondò con le braccia il collo del vampiro.
Senza Shu nei dintorni, anche Reiji si decise a stringere la vampira a sua volta.
Lei gli sfilò gli occhiali.
“Molto meglio.”, affermò.
In fondo li indossava per pura estetica, perché gli donavano un tocco in più da intellettuale, e non perché ne avesse realmente bisogno.
Lo baciò con passione e Reiji ricambiò, incapace di resisterle.

E mentre le loro lingue si scontravano, ricordò perché aveva deciso di allontanarla, anni prima: lei lo rendeva vulnerabile.
E lui, che aveva vissuto sempre con un atteggiamento rigido, con la responsabilità di essere il “capo-famiglia” e anche il migliore fra i Sakamaki, non poteva abbandonarsi a certe frivolezze.
Tuttavia, non avrebbe rinunciato a quel momento.
Dubitava che ce ne sarebbero stati altri e in quell’istante voleva solo goderne appieno.

La sua mano scivolò sulla coscia della vampira, mentre lei gli sbottonava la camicia.
Finché un tonfo catturò la loro attenzione.
Seppur riluttanti, si separarono, Reiji inforcò gli occhiali e chiuse velocemente i bottoni aperti.
Poi si affacciò nel salotto, trovando Yuma sul pavimento e la sedia dov’era legata la Dama ridotta in pezzi.
I due vampiri si fissarono: era evidente lo sguardo di rimprovero di Reiji e quello stizzito del Mukami.
Il primo sapeva che la Dama era allenata a combattere, ma non credeva che quel gigante buono a nulla l’avrebbe lasciata scappare così facilmente.
“Non dirmelo.”
Edith fece capolino dietro la porta dello studio e si spiaccicò una mano sul viso.
“È scappata.”
“Avevo chiesto di non dirmelo.”
Yuma si rimise in piedi, cocente per la rabbia, ma anche l’imbarazzo.

“Sarà il caso che vada a cercarla.”, esclamò Edith.
Reiji annuì.
“Io mi occuperò del veleno, nel frattempo.”
I due si congedarono e il vampiro dai capelli viola avrebbe voluto dirle di fare attenzione, ma sapeva bene che lei se la sarebbe cavata egregiamente da sola.

Quando il Mukami es il Sakamaki rimasero da soli, nessuno dei due spiccò parola: Yuma prese posto su uno dei divani e Reiji fece per tornare nel suo studio.
Ma qualcuno bussò alla porta: i due si scambiarono un’occhiata, consapevoli che nessuno dei loro fratelli avrebbe bussato prima di entrare, il portone di legno si spalancò cigolando e i vampiri si prepararono ad attaccare, invece rimasero stupiti nel vedere Mitsuko entrare nella villa.
Yuma fu accanto a lei in un baleno.
“Ma dove ti eri cacciata?”
Mitsuko chiuse il portone alle sue spalle: sembrava sconvolta.
“Io… –, si schiarì la voce. – Io ho incontrato mio padre. Il mio vero padre.”
Reiji inarcò un sopracciglio.

“Ma vorrei parlarne con tutti.”
Il Sakamaki fece un cenno col capo.
“Yuma, va’ a chiamare Subaru e Ruki, saranno già alla Cattedrale, dai Cacciatori.”
Mitsuko sussultò.
“Hanno solo informato tuo padre, non temere, la Chiesa non sa nulla.”
Yuma assentì e scomparve.
“Io andrò a cercare Shu e Azusa. –, aggiunse Reiji. – Erano usciti a cercarti.”
Mitsuko fu lieta di sapere che i due vampiri fossero insieme, sebbene fosse una coppia bizzarra ed improbabile.
Ripensandoci, la vera coppia improbabile era quella formata da Ruki e Subaru.
Quand’erano diventati amici per la pelle?
Comunque, l’idea che tutti si fossero mobilitati per lei, le scaldò il cuore.

Prese posto su un divano e Reiji lasciò la villa.
Ora era completamente da sola e avrebbe dovuto pensare a come camuffare la verità.
Voleva imparare a controllare i suoi poteri, quegli incontri con Carla le sarebbero tornati utili, ma non aveva intenzione di assecondarlo nella sua battaglia contro Karl Heinz.
Avrebbe dovuto fingere con Mukami e Sakamaki.
Le tornò in mente, però, che con un Mukami non avrebbe potuto fingere: Kou avrebbe usato il suo occhio magico per scoprire la verità.
Probabilmente un complice le poteva far comodo.
Avrebbe preferito confidarsi con Shu, ma lui non era stato sincero con lei, per l’ennesima volta, e comunque non aveva altra scelta.

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 20 - Weak Spot (part two) - ***


Capitolo 20 - Weak spot (part two) -

 

 

 

 

 

 

Natalie uscì dal bagno, avvolta in un accappatoio e con i capelli ancora umidi sulle spalle.
Entrò nella sua stanza, spalancando l’armadio e iniziando a frugare tra i suoi indumenti: afferrava un vestito, lo fissava per qualche istante, e poi lo lanciava sul letto alle sue spalle.
Continuò così per più di dieci minuti, finché le sfuggì un verso stizzito e si abbandonò sul materasso.

Quando si era svegliata, aveva trovato un messaggio da parte di Kou, che la invitava a fare una passeggiata nel parco.
Ignorava come avesse avuto il suo numero, sospettava ci fosse lo zampino di Mitsuko o, forse, perfino di Yuki.
Ma non sapeva se definirlo propriamente un appuntamento.

“Lui non ti piace nemmeno.”, mormorò fra sé e sé.
Ma si trattava di una bugia: sapeva, in cuor suo, che era attratta dal ragazzo più di quanto le piacesse ammettere, semplicemente non poteva confessarlo ad alta voce.
Lui era arrogante e pieno di sé.
Eppure…
Scosse il capo ed afferrò il primo abito che le capitò sotto mano, un semplice vestito lungo, senza bretelle e dalla gonna svolazzante, di colore nero.
Sfilò l’accappatoio e lo lanciò sul pavimento, appuntando mentalmente di metterlo in lavatrice prima di uscire.
Indossò la biancheria e poi l’abito, prima di tornare al bagno per asciugare i capelli.

All’esterno, un ramo dell’albero che si ergeva vicino alla finestra della stanza, si piegò sotto il peso di un corpo.

Kou era abituato a vedere ragazze svestite, aveva avuto tante donne, nude nel suo letto, anche grazie alla sua fama.
Eppure quando Natalie si era liberata dell’asciugamano, non aveva potuto fare a meno di voltare il capo, di guardare altrove, ovunque, ma non all’interno di quella camera.
Si sentiva già colpevole perché la stava osservando a sua insaputa.
Sarebbe stato così semplice, per lui, fare irruzione nella stanza e prendere ciò che bramava.
Ma non poteva.
Natalie era la migliore amica di Mitsuko e, se l’avesse morsa, Mitsuko non l’avrebbe mai perdonato.

Sospirò pesantemente.
Non era solo quello il motivo per il quale non avrebbe mai fatto del male a Natalie.
Saltò giù dall’albero, atterrando perfettamente sui piedi: presto avrebbe dovuto incontrare la brunetta alla metro, la decisione più saggia era di aspettarla lì.

Finché il suo cellulare cominciò a squillare.
“Pronto?”
“Kou…”
Il vampiro dai capelli biondi aggrottò le sopracciglia.
“Mitsuko?”
“Ho bisogno di parlarti.”
“Dove sei? Stai bene?
Dall’altro lato della cornetta, Mitsuko rispose che sì, stava bene ed era tornata a casa.
Kou ne fu sollevato.

“Devi venire immediatamente, prima che arrivino gli altri.”
Il vampiro avrebbe voluto chiederle altre informazioni, ma la ragazza chiuse la telefonata.
Seppe di non avere altra scelta.
Lanciò un’ultima occhiata alla finestra di Natalie e poi si smaterializzò.

***

Ruki e Subaru non si erano rivolti la parola per tutto il tragitto, avevano preferito prendere la limousine dei Mukami per non allarmare la Chiesa con la loro presenza.
Infatti, non avevano destato sospetti, quando la vettura aveva parcheggiato nel vialetto dove si ergeva una cattedrale, che in realtà fungeva da copertura per la base dei Cacciatori.
La cattedrale era stata costruita probabilmente nel tredicesimo secolo, e richiamava molto lo stile gotico, poiché aveva una facciata slanciata, ricca di vetrate e sculture ad alto rilievo.
I due vampiri si avvicinarono all’edificio, venendo subito accolti da un prete, basso e grassottello, che gli impedì di entrare nel luogo.

“Cosa siete venuti a fare nella casa del Signore, voi creature immonde?”, domandò con tono inquisitorio.
Subaru digrignò i denti, già irritato da quell’atteggiamento, ma Ruki lo precedette.
“Siamo qui per Takeshi Yoshida.”
“E cosa volete da lui?”
“Niente che ti riguardi.”, intervenne l’albino, infastidito.

“Se non me lo direte, non potrò lasciarvi passare.”
Subaru scattò in avanti, pronto a scaraventarlo a qualche metro di distanza, ma Ruki lo trattenne per un polso.
L’albino si liberò rapidamente dalla presa, fulminando l’altro con lo sguardo, un messaggio implicito per non farlo mai più.
Un uomo comparve alle spalle del prete, all’interno della chiesa, un uomo che indossava gli indumenti dei Cacciatori e con un naso aquilino.

Ci mancava solo lui, pensò Subaru al limite della pazienza.

“Cosa vogliono?”, domandò il signor Lee, scrutandoli attentamente: aveva ancora una cicatrice sul collo, lì dove Mitsuko aveva usato il suo pugnale per minacciarlo.
“Vorrebbero parlare con Yoshida.”
“Falli entrare.”
Tutti e tre guardarono Lee con stupore.
Il prete scosse il capo, restio: “Ma non è saggio-“
“Ho detto, falli entrare.”
Così i vampiri poterono procedere all’interno della cattedrale e venne chiesto loro di attendere l’arrivo di Takeshi.
Il prete si avviò nella canonica, non senza aver rifilato un’ultima occhiataccia ai due.

Takeshi sbucò dal nulla, dopo aver attraversato chissà quale passaggio segreto, e si guardò intorno con fare circospetto.
“Non qui.”, si limitò a dire, facendo un segno col capo verso l’uscita.
I vampiri lo seguirono all’esterno in silenzio.

Quando furono fuori dalla cattedrale, il Cacciatore lanciò occhiate furtive nell’ambiente circostante.
“Qualcosa non va?”, domandò Ruki, notando il suo comportamento.
“Dopo gli ultimi avvenimenti, la Chiesa ha deciso di tenermi d’occhio. –, spiegò Takeshi – ovunque vada, un altro Cacciatore ha il compito di scortarmi. Nonostante Lee abbia detto che non siete una minaccia, il Cardinale1 non è troppo convinto.”

Subaru schioccò la lingua: quindi lo scontro di qualche settimana prima e la perdita di Raito erano stati vani.
“Dunque quello che ci diremo non va condiviso con la Chiesa.”, chiarì Ruki.

“Ovviamente. Cos’è successo a mia figlia? Non risponde ai miei messaggi da ore.”
“È stata rapita.”, annunciò il Mukami a bruciapelo.
Subaru scosse il capo: e lui sarebbe dovuto essere quello bravo con le parole?
Takeshi spalancò gli occhi.
“Quando? E chi è stato?”, era evidente la preoccupazione nella voce dell’uomo.

“Sappiamo con certezza che non si tratta di Karl Heinz, sebbene sospetto abbia altri piani.”
“Ma allora chi?”
“Non lo sappiamo ancora.”
Takeshi camminò avanti e indietro, inquieto.

“È stata mandata una Predatrice per rapirla. –, aggiunse Ruki. – L’abbiamo catturata e interrogata, ma non ci ha rivelato alcuna informazione. Comunque dice che, chi l’ha rapita, non vuole farle del male.”

Il Cacciatore parve scettico.

“Stento a crederci. E poi chi si rivolgerebbe ad una Predatrice per un compito simile? I Predatori sono assoldati unicamente per uccidere il loro obiettivo.”
Ruki espose la sua tesi: solo qualcuno che desiderava restare nell’ombra avrebbe agito in quel modo.

Takeshi si trovò d’accordo.
“Qual era il nome della Predatrice?”
“Si fa chiamare la Dama.”
“Farò delle ricerche.”, annunciò l’uomo, incamminandosi verso la cattedrale.
Subaru lo chiamò.
“C’è dell’altro.”, disse.
Ruki scosse il capo: forse non era il caso di dare altri pensieri al Cacciatore.
“Ma lui deve sapere.”, grugnì l’albino: era stufo di quel mezzo-vampiro che pensava di poter dare ordini.

“Cosa dovrei sapere?”
“Mitsuko ha sviluppato dei… poteri.”
Takeshi lo fissò sbigottito.
“Poteri…?”
“Non sappiamo cosa sia in grado di fare, ma ieri sera ha quasi ucciso Kanato, creando delle specie di liane.”

L’uomo indietreggiò, come a voler scappare da quella notizia.
“Non è possibile, Mitsuko è una ragazza come tutte le altre e non farebbe del male a una mosca.”

“È vero –, commentò Ruki. – Lo ha fatto per difendersi, non sa controllarli.”
“Voi ne siete sicuri?”
“Sicurissimi.”, annunciarono i due vampiri all’unisono, vergognandosi subito dopo.
“Forse chi l’ha rapita sa che… Che ha queste capacità e ne vuole approfittare.”
“È una possibilità.”, ammise Ruki.
Un silenzio teso calò fra i tre, finché uno Yuma comparso alle loro spalle li fece sobbalzare.

“Mitsuko è tornata a casa.”
Takeshi scansò gli altri due vampiri per raggiungere il terzo.
“E come sta? È ferita?”
Yuma scosse il capo.
“Sta bene, sembra solo sconvolta. Ha… ritrovato il suo vero padre, pare ci fosse lui dietro il rapimento.”
Puro stupore si dipinse sul volto degli altri.
“E chi sarebbe?”, volle sapere Ruki.

“Non lo ha detto, vorrebbe che fossimo tutti presenti. – Yuma guardò il Cacciatore. – Dovresti venire anche tu.”

Takeshi serrò la mascella, in difficoltà, gettando un’occhiata alle sue spalle, verso la cattedrale.
“Non posso… se dovessero scoprire che Mitsuko ha dei poteri, sarebbe in grave pericolo, ma confido che torniate ad aggiornarmi, possibilmente con lei.”
Ruki annuì.
“Le diremo come stanno le cose e capirà.”

 
Ma il volto di Takeshi era una maschera di dolore: non poter essere al fianco di sua figlia lo distruggeva, lei aveva bisogno di lui, ma lui non era lì: si sentì frustato come quando l’aveva dovuta mandare nella villa dei Sakamaki come Sposa Sacrificale.
Doveva sentirsi sola e spaventata.
Ma fortunatamente le cose erano cambiate da quel giorno, uno dei Sakamaki aveva persino sacrificato la sua vita per salvarla: lanciò un’occhiata ai vampiri dinanzi a sé e pensò, con un pizzico di sollievo, che Mitsuko non era poi così sola.
“Potete dirle che le voglio bene e che mi manca?”
I vampiri annuirono.
Lui rientrò nella cattedrale e loro tornarono nella limousine.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CARDINALE1: figura che sta al di sopra di tutti i Cacciatori e si occupa delle faccende riguardanti le creature sovrannaturali. È presente un Cardinale diverso per ogni nazione.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 21 - Too many Lies - ***


Capitolo 21 - Too many lies -

 

 

 

 

 

 

Sedevo ancora sul divano, rigirandomi il cellulare tra le mani, piuttosto agitata, mentre aspettavo l’arrivo di Kou.
Temevo che qualche altro Mukami o Sakamaki sarebbe sbucato nel salotto ed io avrei dovuto confessare la verità a tutti quanti.

Poi uno spostamento d’aria alle mie spalle: balzai in piedi e mi rasserenai nell’incrociare lo sguardo perplesso di Kou.
“Adesso ti spiegherò tutto –, annunciai, andandogli incontro. – Ma non interrompermi, non abbiamo molto tempo.”
Il vampiro assentì.
Così iniziai a raccontare.
“Sono stata rapita da quella bionda per volere di mio padre. Il mio vero padre.”
Kou non nascose la sua meraviglia.
 

“Il suo nome è Carla Tsukinami ed è-”
“Uno dei primi Fondatori della razza demoniaca.”, mi anticipò l’altro, visibilmente sconcertato.
Doveva aver visto che non si trattava di una bugia.
Dunque Carla non mi aveva mentito su questo.
 

“Mia madre lo scelse come Adamo.”
Almeno su questo avevo ragione, sarei dovuta essere io a scegliere un Adamo.
“Ed io faccio parte della nuova razza che Karl Heinz vorrebbe creare.”

Kou mi osservò per qualche secondo.
“I tuoi poteri derivano da questo.”
“Esattamente –, risposi. – E Carla mi insegnerà a controllarli. A patto che io lo aiuti ad uccidere Karl Heinz.”
Mi presi del tempo per continuare, potevo notare l’espressione sbalordita dell’altro.

“Non ho alcuna intenzione di uccidere Karl Heinz, sebbene lo meriterebbe. Ma ho detto a Carla che lo farò, purché mi aiuti con questi… poteri.”
Kou elaborò le informazioni.
“Non puoi fidarti di un demone, è pericoloso.”
“Se avesse voluto uccidermi l’avrebbe già fatto. –, rimbeccai – mentirò agli altri, dicendo che voglio trascorrere del tempo con lui.”
“E io dovrei coprirti?”
“Se ti avessi mentito, tu lo avresti scoperto.”
“E ti avrei impedito di vederlo. Cosa che farò.”
Mi torturai le mani, sperando che non arrivasse nessuno in quel momento.

“Ma io devo imparare a controllarmi.”
“Troveremo un’altra soluzione.”, annunciò Kou, non l’avevo mai visto così deciso.
“E quale? Non esiste nessuno che sia come me. Solo Carla può aiutarmi!”
Il vampiro mi diede le spalle.
“Dei Sakamaki non mi importa, ma non chiedermi di fingere con i miei fratelli.”
“Se non confermi la mia versione, gli altri non si fideranno a lasciarmi andare con lui.”
“Ti impediranno di vederlo in ogni caso.”

Emisi un verso di stizza e girai intorno al vampiro, per fronteggiarlo.
“Hai visto cosa può succedere se perdo il controllo! –, quasi urlai. – Stavo per uccidere Kanato, io devo, devo, imparare a gestirli!”
Kou abbassò lo sguardo su di me.

“Ti prego…”, mormorai con un filo di voce.
“Dì la verità Mitsuko, loro capiranno.”

Non ebbi il tempo di ribattere, Ayato era comparso nella stanza.

“O-ohy!”, esclamò, comparendo al mio fianco.
Mi scrutò da capo a piedi.
“Tavoletta, dove diavolo eri finita?”
“Te lo dirò quando tutti gli altri saranno qui.”, mi limitai a dire.
Ayato sembrava confortato nel rivedermi, tuttavia c’era qualcosa, nel suo sguardo, come se si portasse dietro un peso.
“Dove sei stato?”
Alla mia domanda parve trasalire.
“Ho informato Yuki della tua scomparsa.”
Ottimo, quindi avrei dovuto mentire anche alla mia amica adesso.
“Lei stava bene?”
Ayato tentennò.
Lo fissai interrogativa, ma stavolta a distrarmi fu l’arrivo di Yuma, seguito da Ruki e Subaru.
I due mi guardavano come se avessero visto un fantasma, per cui mi incamminai nella loro direzione.
Era una gioia rivederli, ma esitai a pochi metri di distanza: come avrei dovuto salutarli? Con un abbraccio? E chi avrei scelto per primo?
Quando si trattava di quei due, tutto diventava più complicato.

Poi una voce alle mie spalle.
“Mitsuko.”
Mi voltai e sollevai lo sguardo, prima di incrociare il volto preoccupato di Shu.
D’impulso lo abbracciai, venendo ricambiata dopo qualche secondo.

Ero delusa per come si era comportato, certo, ma al momento mi aveva tirato fuori da una situazione imbarazzante e avevo proprio bisogno di abbracciare qualcuno: avevo bisogno di calore umano.
Sebbene Shu non emanasse propriamente calore, per ovvie ragioni.

Lo sguardo pungente dei presenti, davanti quel gesto inaspettato, mi costrinse a sciogliere l’abbraccio.
Mi sentii sfiorare la spalla con una mano e sorrisi ad Azusa.
Reiji incrociò le braccia al petto e chiamò il mio nome: esigeva delle spiegazioni.
Mi schiarii la voce, cercando le parole giuste.
“Il mio rapimento è stato architettato dal mio vero padre, Carla Tsukinami.”
Tutti, tranne Kou che ne era già a conoscenza, rimasero sbigottiti.
“Non aveva alcuna intenzione di farmi del male, voleva solo conoscermi.”
“E i Ghoul?”, domandò Yuma.
“Se ti riferisci a quei cosi che si sono trasformati, loro li ha mandati Karl Heinz. Vuole ancora creare una nuova razza, quel che non sa è che…”
“Che?”, mi incitò Ruki.

“Io faccio parte di quella razza. Mia madre era una discendente di Eva e ha scelto Carla Tsukinami come Adamo.”

Se pensavo di averli impressionati, rivelando l’identità del mio vero padre, ora i loro volti sembravano ancora più increduli.
“Questo è il motivo per cui ho questi… poteri.”
“Quindi Karl Heinz non lo sa?”, domandò Reiji.

“No. Sempre che tu e Shu non andiate a raccontarglielo.”
I due fratelli trasalirono appena, confermando i miei sospetti: erano veramente stati da quell’uomo e lo avevano tenuto nascosto.
Shu abbassò lo sguardo e poi lo sollevò nuovamente, come in cerca di una giustificazione, ma non avevo tempo per chiarire.

“Siamo dalla stessa parte -, ribatté Reiji. – Dovresti saperlo.”
In realtà, non riuscivo mai a fidarmi di loro, non completamente, seppure lo desiderassi con tutta me stessa.

“Dovresti informare tuo padre.” -, si intromise Ruki. – Sarebbe voluto venire, ma ha dei problemi con la Chiesa.”
Quella notizia si aggiungeva alla lista infinta di pensieri che mi tormentavano e che, ne ero sicura, mi avrebbero privato del sonno quella notte e tutte le notti a venire.
“Gli manchi.”, aggiunse Subaru.
La mia corazza di pietra, indossata per il momento, vacillò: anche lui mi mancava tantissimo.
“Potremmo andare da lui più tardi.”
Guardai l’orologio: erano le undici del mattino, ma avevo già concordato con Carla che sarei stata con lui, durante il pomeriggio, mentre al momento ero troppo stanca per affrontare anche Takeshi, avevo bisogno di un briciolo di serenità e solitudine per schiarirmi i pensieri ed elaborare ciò che mi era successo.

“No, non oggi. Ho intenzione di passare del tempo con Carla, lui mi insegnerà a controllare i miei poteri.”
“Vuoi trascorrere del tempo con uno che ha mandato una Predatrice a picchiare la bella addormentata qui affianco?”, domandò Yuma.
Intuii si riferisse alla vampira dai capelli biondi.

“È stata quella vampira a decidere di attaccare, l’unico compito che Carla le aveva affidato era quello di prendere me.”, mentii spudoratamente e i miei occhi corsero a Kou, che ovviamente mi stava fissando.

Reiji scosse il capo.
“Se vuole conoscerti meglio può farlo qui.”
Ovviamente non era affatto uno stupido, sospettava ci fosse dell’altro sotto e probabilmente non avevo convinto neppure gli altri.
“Se avessi dei sospetti non andrei da lui, ma sono sicura di potermi fidare. -, tornai a guardare Kou e lo indicai – lui può confermare.”

Attesi in silenzio, il vampiro non sembrava affatto incline a confermare, d’altronde il suo motto era sempre stato “non si fa nulla, senza ottenere qualcosa in cambio”, era sciocco illudermi che mi avrebbe coperto, andando perfino contro i suoi fratelli.
“Si, Mitsuko sta dicendo la verità:”
Osservai Kou sbalordita: ero convinta che alla fine avrebbe smentito la mia versione dei fatti e mi avrebbe obbligata a dire la verità.
Ma mi aveva dato fiducia e più ci pensavo, più l’idea di mentire agli altri mi corrodeva l’animo.
Ero stanca delle menzogne.
Mi ero ripromessa di essere sincera con loro, anche se loro non lo erano con me, non del tutto.

“No, non è vero.”
Ignorai l’occhiata interrogativa che mi rivolse Kou.
“Sa che è una bugia, gli ho chiesto io di mentire.”
Ignorai anche le occhiate diffidenti e confuse che mi stavano rivolgendo i vampiri presenti.

“Carla vuole il mio aiuto per uccidere Karl Heinz. Io ho finto di accettare, perché, in cambio, lui mi aiuterà ad usare i miei poteri.”

Subaru aprì bocca per parlare, visibilmente in disaccordo con la mia decisione, ma Ruki fu più veloce.
“Si tratta di un demone sanguinario e subdolo, come puoi credergli? Vuole solo il tuo aiuto per uccidere Karl Heinz e prendere il suo posto come Re dei Vampiri.”
Ovviamente avevo valutato anche quell’opzione.
Carla non si era presentato a Villa Sakamaki con un mazzo di fiori, per annunciare la nostra parentela, ne’ mi aveva portato al parco per prendere un gelato.
D’altronde non potevo aspettarmi un padre ordinario, rimaneva pur sempre un demone; ma assoldare una predatrice, così l’aveva chiamata Yuma, per stimolare i miei poteri, dimostrava quanto fosse legato alla causa e poco ai miei sentimenti.

Che altro aspettarsi da un essere che aveva finto di amare mia madre, solo per raggiungere i suoi scopi?
Lei era stata una sciocca ad innamorarsi di lui.

Eppure c’era qualcosa, qualcosa che non avrei saputo spiegare a parole, che mi permetteva di dargli fiducia.
Una strana sensazione, per nulla spiacevole, che scaturiva quando qualche ricordo della mia primissima infanzia tornava alla memoria, ed era tutto ciò a cui potevo aggrapparmi.
“So quello che faccio.”
Ricevetti diversi sguardi che parevano urlare “non lo sai affatto”.
“Non posso rischiare di far del male a qualcuno di voi, se ripenso quello che ho fatto a Kanato…”
Scossi il capo e continuai.
“Devo vederlo da sola, non mi accadrà nulla. – passai in rassegna i volti dei presenti – dovete fidarvi di me.”

Dubitavo fortemente che lo avrebbero fatto, considerati i precedenti, ma fu proprio Shu a sorprendermi.
“Mi fido.”
Gli fui riconoscente, tuttavia non riuscivo a mandar giù il fatto che mi avesse mentito, per cui quella era solo una piccola vittoria.

Ma Reiji lo seguì a ruota.
Forse il tempo che avevano trascorso insieme era servito a qualcosa.
Così Subaru si unì ai fratelli e di conseguenza Ruki, e seppi che anche il resto dei Mukami mi avrebbe supportato in quella folle scelta.

Ayato pareva assorto da altri pensieri, ma si riscosse quando vide tutti gli altri osservarlo interrogativi.
“Certo, vale anche per me.”
In un altro contesto, probabilmente mi sarei commossa nel vederli tutti schierati dalla mia parte.

Avrei voluto esprimere la mia riconoscenza per essersi mobilitati subito, pur di ritrovarmi, a differenza dell’ultima volta, quando tutti seguivano rigidamente gli ordini di Karl Heinz.
Avrei voluto chiarire immediatamente con Shu, perché era l’unico con cui riuscivo a condividere ogni pensiero mi passasse per la testa, l’unico con cui condividevo un legame speciale, avrei voluto chiedere ad Ayato cosa lo preoccupasse tanto da non cercare perennemente di essere al centro dell’attenzione.
Avrei voluto parlare con Kanato, sperando di farmi perdonare per il male che –involontariamente- gli avevo causato.
E soprattutto, avrei voluto sistemare le cose con Ruki e Subaru, senza dovermi sentire a disagio ogni qualvolta loro erano nei dintorni.
 

Ma tutto ciò che riuscii a fare, fu sorridere debolmente ed avviarmi nella mia stanza.
Credevo che qualcuno mi avrebbe seguito per avere altre spiegazioni, farmi domande, o semplicemente per mordermi, restavo pur sempre la loro Sposa Sacrificale.
Nessuno mi venne dietro.
E fui grata anche per questo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Volevo iniziare ringraziando tutti coloro che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate, a volte mi limito ad aggiornare per questioni di tempo, ma mi accorgo di voi e vi ringrazio con tutto il cuore per esservi appassionati alla storia tanto da segnarla, mi farebbe piacere avere un vostro parere comunque!

Un immenso, enorme ringraziamento a SeiraBrizzi che spende sempre delle belle parole per questa storiella.

Detto questo vi spoilero che stiamo giungendo nella parte clou della fanfiction e restano all’incirca dieci episodi, quindi fate questo ultimo sforzo e restate con me fino alla fine!

A presto, Nephy_

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Capitolo 22 - Weird Feelings - ***


Capitolo 22 - Weird feelings -

 

 

 

 

 

 

 

Quando mi svegliai, a giudicare dalle sfumature che aveva assunto la mia stanza, doveva essere all'incirca mezzogiorno.
Il mio sguardo vagò un po' per la stanza, finché mi accorsi di non essere da sola in quel letto.
E capii immediatamente che si trattava di Shu.
Chi altri sarebbe sgattaiolato nel mio letto senza strapparmi un morso, ma solo per il piacere di dormire in mia compagnia?

Nonostante mi fosse mancata questa specie di rituale, non lo avevo ancora perdonato per avermi mentito.
Balzai giù dal letto, senza degnarlo d’attenzione, e presi dei vestiti puliti: dovevo liberarmi dell’abito che indossavo, sporco e malconcio a causa delle mille avventure che avevo dovuto affrontare in un solo giorno.

“Quindi non mi rivolgi nemmeno la parola?”
“Non voglio parlare con te, al momento.”, annunciai con una scrollata di spalle, entrando nel bagno.

Chiusi la porta, senza neanche disturbarmi a bloccare la serratura: sapevo bene, ormai, che nessuno chiedeva il permesso per entrare.
Chiudere la porta, almeno, mi dava una parvenza di privacy.
 

Mi liberai dell’abito malandato, mentre l’acqua riempiva la vasca, e, con solo l’intimo addosso, osservai la mia immagine riflessa nello specchio.
Fortunatamente avevo ricominciato a mangiare regolarmente, altrimenti tutto quello stress, per non parlare di tutto il sangue perso, mi avrebbero ridotta ad uno stuzzicadenti ambulante.
I morsi di Karl Heinz erano ancora ben evidenti sul collo e sul petto, mentre quello di Carla pareva scomparso.
Possibile che si fosse scomodato a curarlo con la sua saliva “magica”?

La mia pausa di riflessione venne interrotta da una presenza alle mie spalle.

Posai gli occhi sulla figura che era comparsa accanto a me nello specchio.
Trovai del tutto normale provare imbarazzo quando Shu mi squadrò da capo a piedi.
Sapevo di provare del semplice affetto nei suoi confronti, ma ero semi-nuda, e mi sentivo completamente esposta.

“Quale parte di non voglio parlare con te non è chiara?”
“Sono qui per fare un bagno.”
Shu chiuse il rubinetto, l’acqua aveva raggiunto il bordo della vasca.
“L’ho preparato per me, sai?”

L’altro non rispose, ma iniziò a sbottonare la camicia che indossava.

Al terzo bottone, mi convinsi che il gene della perversione faceva decisamente parte del loro DNA, e mi voltai a raccogliere i vestiti puliti, pronta ad uscire dal bagno, tuttavia Shu me lo impedì, trattenendomi per un braccio. Senza sapere come, mi ritrovai nella vasca, a cavalcioni su di lui.
L’acqua bagnava i nostri abiti, o meglio, quelli del vampiro, considerato che io indossavo solo il reggiseno ed un paio di mutandine.

“Dico, sei impazzito?”
Il rossore sulle mie guance tradì il mio tono di voce, che avrebbe voluto essere più severo.
Feci leva sul bordo della vasca con le mani, per diminuire il contatto fisico col vampiro.
“Cos’è, hai nostalgia dei vecchi tempi?”

In passato era capitato che Shu si infilasse nella vasca mentre facevo il bagno, per mordermi, ma in quell’istante la sua aria taciturna mi metteva a disagio.

“Se ti avessi detto dove stavamo andando me lo avresti impedito, o ti saresti infuriata.”, si decise a confessare.
Aprii la bocca per ribattere, ma prima ci riflettei un momento.
“Beh, forse mi sarei opposta, ma alla fine vi avrei lasciato andare. Perché io mi fido.”
Posi enfasi sull’ultima frase, per sottolineare il fatto che io supportavo le loro scelte, per quanto insensate potessero sembrare.

“E io mi sono fidato di te.”
Alludeva di certo alla questione “Carla Tsukinami”.
La verità era che non aveva avuto scelta: nessuno dei Sakamaki o dei Mukami l’aveva.
Io ero maggiorenne, si trattava della mia vita privata e in più possedevo dei poteri, innumerevoli fattori per cui nessuno avrebbe potuto impedirmi di vedere Carla.

“Stasera non conta, valuterò in futuro.”
Shu abbassò per un momento le palpebre.
“Come sei fastidiosa.”
“Oh ecco, mi mancavano i tuoi complimenti.”
Il vampiro aprì gli occhi e li fece scorrere lungo il collo, fino alla clavicola.
Seppi che mi avrebbe morso da un momento all’altro.

Sollevò una mano, l’acqua si increspò per il gesto, e le sue dita umide finirono sulle cicatrici che non si erano rimarginate del tutto.
Le massaggiò piano e mi venne spontaneo deglutire a vuoto.

“È stato tuo padre.”, ci tenni a specificare.
“Lo immaginavo.”
Continuò ad accarezzare quei buchi, mentre il cuore pompava veloce nel petto, così decisi di mettere fine a quella strana situazione.
“Non guariranno con un po’ d’acqua.”
“Hai ragione.”
Notai che il vampiro aveva cominciato ad avvicinarsi e le mie gambe sfioravano le sue.
Cercai un modo per sdrammatizzare.
“La fine del mondo è vicina, un Sakamaki che mi dà ragione!”

Ma quello mi ignorò bellamente, posando le sue labbra sulla pelle e iniziando a leccare le mie ferite.
Sapevo perfettamente che era un metodo per accelerare il processo di guarigione ed evitare che mi rimanessero brutte cicatrici: la maggior parte dei vampiri, Shu compreso, utilizzava spesso quel metodo per non lasciare traccia dei propri morsi, in modo tale da non destare sospetti.
Ma perché occuparsi di morsi che non era stato lui a procurarmi?
E perché, all’improvviso, la cosa mi faceva arrossire e battere il cuore nel petto più velocemente del normale?
Lui, d’altronde, non accennava a fermarsi, ma ero certa che non fosse necessario tutto quel tempo per “curarmi”.

Mi sentii profondamente in colpa, permettevo a Subaru di avvicinarsi sempre di più a me e avevo perfino lasciato che Ruki mi baciasse, mentre adesso la bocca di Shu mi percorreva il collo.
Non che fossi fidanzata con nessuno dei due, ma sicuramente dovevo far chiarezza nella mia testa e capire che diavolo stava succedendo lì dentro.

Per quel motivo decisi di porre fine a quella situazione ambigua e mi ritrassi, fissando il vampiro con un’espressione smarrita, che lui stranamente ricambiava.
Non avevo mai visto i suoi occhi azzurri tanto vivi, tenendo conto che passava ore ed ore a dormire e aveva perennemente quell’aria assonnata, anche quando era sveglio.
Era come se mi vedesse per la prima volta.

Sentii la sua mano posizionarsi sulla mia schiena e sussultai, avvertii le sue dita risalire lungo la spina dorsale, muoversi lente ed incerte, fino a giungere sulla nuca.
La mano fece una lieve pressione su essa, ma avrei potuto oppormi.
Il paragone venne spontaneo: a differenza di Subaru, il suo messaggio era piuttosto chiaro: voleva che mi avvicinassi al suo viso, ma, al contempo, non aveva intenzione di forzarmi, cosa che invece aveva fatto Ruki.

Lottai con tutta me stessa per recuperare lucidità e scappare a gambe levate; ma più tentavo di impedirlo, più il mio corpo si muoveva come un automa, sporgendosi verso il vampiro.
E lui, a sua volta, dimezzava quella distanza.

Un rumore ci colse alla sprovvista, qualcuno aveva bussato alla porta.
Mi immobilizzai e così anche Shu, che comunque mantenne i suoi occhi agganciati ai miei.

“Ohy Tavoletta, devo parlarti.”
Sorprendentemente, per la prima volta da quando vivevo in quella villa, Ayato si era degnato a bussare prima di irrompere nel bagno e ne fui immensamente grata.
Se fosse entrato di colpo, e ci avesse trovato in quella posizione equivoca, non avrei saputo cosa dire e tanto meno come comportarmi.
D’altro canto, qualcosa doveva turbarlo nel profondo se aveva rispettato la mia privacy e chiedeva il mio aiuto.

“Arrivo, dammi un minuto.”, gridai, senza staccare gli occhi da Shu.
Potevo percepire la stoffa dei suoi pantaloni sulle cosce, il suo petto saldo contro il mio, che invece si alzava e abbassava con rapidità.
“Devo andare.”, riuscii a dire.
Shu fece un cenno col capo, che non seppi interpretare, ma lo presi come un consenso, quindi mi sollevai e uscii dalla vasca, mentre l’acqua scorreva sul mio corpo inquieto.
Sentivo le gambe deboli e non solo per la posizione in cui ero stata per tempo prolungato, piuttosto a causa di quello che era appena accaduto.

E per quello che stava per accadere.

Scacciai quel pensiero.
Il tempo di afferrare l’accappatoio e del vampiro dai capelli biondi non c’era più traccia.
Chiusi gli occhi e feci alcuni respiri profondi prima di asciugarmi e rivestirmi.

***

Quando uscii dal bagno, Ayato sedeva sul bordo del mio materasso e teneva il capo chino, a guardarlo così, poteva sembrare perfino un agnellino indifeso.
Mi domandai come mai si fosse ridotto così, il grande oree-sama.

“Che succede?
Mi appoggiai al muro, scrutando attentamente la sua espressione, non l’avevo mai visto così.
“Sono stato da Yuki.”, si decise infine a parlare.

“Questo lo so già, adesso anche lei è a conoscenza del mio rapimento…”
Il vampiro dai capelli rossi annuì ed io appuntai mentalmente di doverla chiamare al più presto.
Ero così dispiaciuta di averla coinvolta in tutta questa storia.
Io non avevo avuto scelta, ma lei avrebbe potuto tirarsene fuori, scappare a gambe levate, e invece era rimasta.

“E vederla ti ha scombussolato?”, lo stuzzicai.
Sapevo che non avrebbe negato, ne’ si sarebbe infuriato, come aveva fatto le volte precedenti, non poteva più negare i suoi sentimenti per la biondina.
“Sì.”
Aggrottai le sopracciglia, non pensavo l’avrebbe ammesso ad alta voce.
“Ma non ho saputo resistere.”
Ancor più confusa, lo fissai con aria interrogativa, chiedendomi cosa intendesse con quell’affermazione.
Poi una lampadina, un pensiero iniziò a strisciare nella mia mente e un’aurea oscura mi avvolse.
“Non dirmi che…”
Sperai che rispondesse un no secco, invece rimase in silenzio.
Così parlai ancora.

“Non dirmi che l’hai morsa!”
Il silenzio.

Poi una liana sbucata dal nulla si avvolse intorno al suo collo: Ayato si decise a sollevare lo sguardo e provò a liberarsene.

“Ohy-”, si lamentò.

Ma ero troppo furiosa per sentirlo: come aveva potuto morderla?
Yuki ne aveva già passate tante a causa mia e adesso lui le aveva fatto del male.
Rischiavo di perdere la mia migliore amica, forse per sempre!

“Mitsuko!”, gridò Ayato.

Se avessi stretto ancora un po’, probabilmente gli avrei spezzato l’osso del collo.
Spaventata dall’idea, ritrassi immediatamente la liana con un gesto della mano, ma continuai ad osservarlo imbestialita.
Ayato aveva una striscia rossa che gli percorreva la gola, lì dove avevo usato i miei poteri: se avesse avuto bisogno di respirare, di certo sarebbe morto soffocato.
Avevo paura di ciò che ero in grado di fare, certo, ma quello che mi spaventava maggiormente era la sensazione di onnipotenza che provavo nel sapere di poter spezzare una vita tanto facilmente, soprattutto se si trattava di quella dei vampiri, che finora avevo sempre considerato esseri intoccabili.

“Dopo che l’hai morsa che è successo? Come ha reagito?”
Guardai l’orario, dovevo correre da lei, ma presto Carla sarebbe venuto a “sequestrarmi” per il mio addestramento.
“L’ho portata nella sua camera, non parlava.”
Mi massaggiai le tempie: una ragazza così dolce ed innocente come Yuki… Doveva essere stato uno shock per lei.
“Devi sistemare le cose!”
“Ah?”
Ayato non sembrava entusiasta dell’idea, ma volente o nolente avrebbe dovuto rimediare.
“Mi hai sentito bene, devi farti perdonare! E sperare che Yuki voglia ancora parlare con me. O per te saranno guai!”

Ayato mi inchiodò al muro.
“Stai minacciando il grande oree-sama?”
In un impeto di rabbia, lo spinsi via, facendo leva sul suo petto, e – inaspettatamente – Ayato fu costretto a indietreggiare.
Osservai le mie mani: dunque ero anche più forte, ora?
Sollevai lo sguardo, incrociando quello sbigottito del vampiro, e mi mostrai decisa.
“Sì, è proprio quello che sto facendo.”
Ayato schioccò la lingua in dissenso e si smaterializzò.

Una scarica di adrenalina mi costrinse a sorridere: non avrei subito più alcun sopruso, adesso potevo difendermi da sola.

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** Capitolo 23 - Complicated - ***


Capitolo 23 - Complicated -

 

 

 

 

 

 

 

 

Kou osservava lo schermo del cellulare illuminarsi e poi spegnersi ormai da qualche minuto.
Aveva ricevuto svariate telefonate da parte di Natalie, e la cosa non avrebbe dovuto sorprenderlo, considerato che le aveva dato buca senza neppure avvisarla.
Solitamente non gli pesava affatto ignorare i messaggi delle sue fan, quindi perché sentiva quel peso nel petto all’idea di trascurare la brunetta?

Rivolse la sua attenzione ai fratelli: Yuma camminava inquieto, avanti e indietro, in attesa che il demone facesse la sua comparsa per prelevare Mitsuko, e quasi sicuramente Ruki era inquieto tanto quanto lui, ma si limitava a fissare un punto nel vuoto.

I Sakamaki avevano lasciato il salone da un pezzo, tutti presi dalle loro faccende, come nulla fosse, perfino quell’albino che si dichiarava preoccupato per Mitsuko era scomparso.
A riscuoterlo dai suoi pensieri fu l’ennesima chiamata che ricevette da Natalie.
Azusa, al suo fianco, lo guardò incuriosito.
“Perché non rispondi, Kou-kun?”, domandò col suo tono di voce flebile.
Il vampiro dai capelli biondi avrebbe voluto dare una motivazione valida, ma non riuscì a trovarne una.
Così decise di accettare la chiamata.

“Dove diavolo sei finito?”, tuonò Natalie dall’altra parte della cornetta.
“Ho avuto un imprevisto.”, si giustificò Kou, senza scomporsi troppo.
“E non avresti potuto avvisarmi?”
Il tono della giovane era piuttosto irritato.
“Lo sto facendo ora.”

Seguì qualche istante di silenzio, il vampiro si sarebbe aspettato una serie di insulti da parte della ragazza, cosa che l’avrebbe divertito, in altre circostanze, ma lei non aggiunse altro e si limitò a chiudere la chiamata, lasciandolo di stucco.
Perché aveva reagito in quel modo?
Kou notò che Azusa ancora lo fissava interessato.

Forse avrebbe potuto avvisarla, pensò il vampiro tra sé e sé.
Decise che sarebbe andato da lei, per parlarle, senza indagare troppo sul perché sentisse quel bisogno.

“Devo andare.”, annunciò, richiamando l’attenzione degli altri due.
Ruki assentì con un cenno del capo, troppo preso dai suoi pensieri, mentre Yuma arrestò il suo camminare irrequieto.
“E dove vai?”, borbottò, senza ricevere alcuna risposta.
Kou diede un affettuoso colpetto sulla testa di Azusa e scomparve nel nulla.

Ruki si mise in piedi e si avviò su per le scale.
Yuma intuì facilmente dove si stesse dirigendo il fratellastro e, in quel modo, capì anche dov’era diretto Kou: entrambi avevano perso la ragione e avevano preso una sbandata per due umane.
O meglio, Mitsuko non era poi del tutto umana, ma la brunetta che interessava a Kou sì.
Scosse il capo e prese posto accanto ad Azusa, che aveva lo sguardo smarrito, certamente scombussolato da tutta quella serie di avvenimenti. Per lo meno era l’unico che non aveva perso il senno.
Dopo una rapida occhiata alle sue bende, Yuma sospirò, rimangiandosi l’ultima constatazione fatta.
Se avesse avuto una zolletta di zucchero l’avrebbe mangiata volentieri: si disse che se avesse incontrato nuovamente quella predatrice, gliel’avrebbe fatta pagare cara per avergli rubato i suoi cubetti zuccherati.

***

Sedevo sul letto, agitata per via dell’incontro che ci sarebbe stato a breve.
Mi domandai come avrebbero reagito gli altri al cospetto di uno dei Primi Fondatori della razza demoniaca, o come lui si sarebbe posto nei loro confronti.
Ne approfittai per scrivere un messaggio a mio padre per informarlo che stavo bene, mi chiesi se fosse a conoscenza dei miei poteri.
Aggiunsi che gli avrei spiegato personalmente cosa stava accadendo e gli avrei fornito delucidazioni sul mio vero padre il prima possibile, ma anche che non doveva preoccuparsi: lui restava sempre il padre che mi aveva cresciuto, e presto ci saremmo incontrati dal vivo, per riabbracciarci.

Mandai il messaggio e tornai a stendermi sul letto, con la testa che ronzava per via dei numerosi timori che l’affollavano.
Poi un ricordo spiccò tra gli altri: io nella vasca, seduta a cavalcioni sopra Shu, stavamo per baciarci… Il mio stomaco si contorse all’idea.

“Mitsuko.”
Sussultai, sentendo la voce di Ruki fare irruzione nei miei pensieri, mi tirai in piedi di scatto, trovandomi il vampiro di fronte.
E quasi impallidii, ripensando alle immagini che stavo ripercorrendo mentalmente qualche secondo prima.

“C’è altro che dobbiamo sapere?”
Feci un cenno di dissenso col capo.
Il vampiro, invece, fece un passo in avanti.
“Sei sicura di voler incontrare Carla Tsukinami?”
“Sì.”
“Non sei costretta, se non vuoi. Troveremo comunque una soluzione per i tuoi poteri.”
Mi tornò in mente quello che avevo fatto a Kanato e a come avevo reagito quando Ayato aveva confessato di aver morso Yuki.
Non potevo permettere che fossero i poteri a controllarmi.
“Sono sicura, quando sarà tutto finito, non vedrò mai più Carla Tsukinami.”
Ruki parve rasserenato dalle mie parole.

Poi inclinò di poco il capo, come a studiarmi meglio e capii che lui sapeva.
Sapeva che c’era dell’altro, probabilmente non poteva immaginare che fosse legato alle mie questioni sentimentali.
“C’è altro che devo sapere?”
Provai a mostrarmi sicura, mentre scuotevo nuovamente il capo, ma stavolta tentennai appena.
Ruki si avvicinò ulteriormente ed io deglutii a vuoto: non volevo ferire i suoi sentimenti, anche perché io stessa dovevo fare chiarezza dentro di me, ma non potevo lasciare che le cose si spingessero oltre, senza aver messo in ordine la confusione nella mia testa.

Il vampiro si chinò sul mio viso e fece per baciarmi, ma io voltai il capo per sfuggirgli.
Quando tornai a guardarlo, lui aveva fatto qualche passo indietro.
“Capisco.”, commentò.
Non seppi dire cosa gli stava passando per la testa, aveva un’espressione imperturbabile come al solito, ma sentii che quel rifiuto l’aveva profondamente ferito.
“Ruki… io…”
“Non devi giustificarti. –, tagliò corto – starò al mio posto.”

Il suo tono seccato mi fece alterare: lui non aveva mai parlato apertamente dei sentimenti che nutriva nei miei confronti, anche se li aveva resi noti attraverso alcuni gesti, ma come poteva aspettarsi che ricambiassi in questa situazione ambigua che si era creata fra di noi, senza averne mai parlato?
Lui e Subaru erano molto simili in questo.

“Non ti sei mai chiesto cosa ne pensassi io! –, replicai stizzita. – Mi hai baciata senza un preavviso, senza neppure sapere se fossi d’accordo!”
“Evidentemente non sei d’accordo  –, rimbeccò lui. – Avrei forse dovuto chiedere il permesso?”
In effetti, Shu aveva chiesto il permesso in un certo senso, ma cos’avrei fatto se mi avesse baciata all’improvviso? L’avrei respinto?
L’avrei rimproverato per questo, forse?
E se l’avesse fatto Subaru, come avrei reagito?
Sentivo la testa esplodermi, ma non avrei ceduto.
“Magari avresti potuto chiedere il mio parere! E quando è arrivato Kou ti sei allontanato, come a volerti nascondere!”
Ruki strinse le mani in un pugno, era raro vederlo così alterato.
“Come devo rendere più esplicito il fatto che mi piaci, Mitsuko?”

Rimasi a fissarlo inerme, come se mi avessero gettato una secchiata d’acqua fredda addosso.
Adesso avevo ottenuto la sua confessione e questo complicava ancor di più le cose: mi sarei voluta prendere a schiaffi.
“Ora sto chiedendo il tuo parere.”
Deglutii a vuoto, le parole che avevo usato mi si stavano ritorcendo contro.
Il vampiro si avvicinò nuovamente.
“Qual è il tuo parere, sto aspettando.”

Ma non riuscivo a rispondergli, perché fondamentalmente non sapevo neanch’io cosa stava succedendo nella mia testa, ultimamente.
“Non è me che vuoi, vero?”
Avrei voluto smentire la sua tesi, perché mi piaceva stare in sua compagnia, e lo trovavo molto attraente, ma non potevo neppure dichiararmi perdutamente innamorata di lui.
Ruki si abbandonò a un momento di sconforto, vidi un velo di tristezza adombrargli lo sguardo e mi odiai per averlo ferito.
Mi diede le spalle.
“Ruki…”, mormorai, allungando una mano verso di lui, ma non mi diede il tempo di aggiungere altro e svanì nel nulla.
Cercai di ricacciare indietro le lacrime.
Ne sfuggì una.

***

La Dama sistemò il vestito che indossava, prima di fare il suo ingresso nel salone di villa Sakamaki: notò con piacere che il bel fusto era lì, accanto ad un altro vampiro.
Yuma avvertì immediatamente la sua presenza e si fiondò su di lei che, colta alla sprovvista, si ritrovò inchiodata al muro da quel gigante: la superava di un paio di centimetri, ed aveva una forza sopra la media per essere un vampiro solo a metà.

“Credo tu abbia qualcosa di mio.”
La vampira dai boccoli biondi sorrise, scoprendo i canini affilati.
“Oh già, quelle zollette di zucchero erano deliziose.”
Yuma perse le staffe e puntò alla testa: stavolta le avrebbe staccato quel visetto attraente dal collo.
Ma lei fu più rapida nel divincolarsi dalla presa e gli tirò un pugno in pieno viso, prima di calciare il suo addome e spedirlo a qualche metro di distanza.

“Tutto bene Yuma-kun?”, domandò Azusa, incerto sull’intervenire o meno.
Il fratellastro si pulì un rivolo di sangue, che gli colava dal labbro inferiore.
“Si, Azusa, resta seduto, è tutto sotto controllo.”

La Dama trovò quasi tenero l’istinto di protezione del bel fusto nei confronti dell’altro vampiro.
Inarcò un sopracciglio, aspettando una mossa dell’avversario e, come previsto, Yuma si lanciò su di lei.
Con un balzo lo evitò e gli saltò addosso, aggrappandosi alle spalle.
Con un braccio provò a soffocarlo, ma Yuma l’afferrò per il polso e la strattonò talmente forte da staccarsela di dosso e mandarla a sbattere contro il muro.
Approfittando del colpo, le artigliò il collo e la sollevò di qualche centimetro.
Lei posò entrambe le mani su quella di Yuma, provando a liberarsi.

“E io che ti avevo portato delle caramelle per farmi perdonare.”, esclamò inaspettatamente la Dama.
Yuma la fissò interrogativo, ma senza mollare la presa.
“Puoi controllare tu sesso, le ho sotto il vestito.”
Il vampiro provò a tenere a bada le fantasie che l’affermazione della vampira aveva scatenato, non si sarebbe lasciato abbindolare come l’ultima volta.
“Prendile tu stessa.”, la incitò, stringendo ancora un po’ sul collo.

La Dama roteò gli occhi al cielo.
“Siamo sempre noi donne a dover prendere l’iniziativa, non ci sono più gli uomini di una volta.”, lo schernì, prima di sollevare lentamente il vestito.
Yuma provò a tenere gli occhi ambrati fissi in quelli di lei, ma la “curiosità” ebbe il sopravvento e finì ad ammirare le gambe lunghe e toniche della vampira.
Intorno alla coscia aveva una piccola cintura, sul lato sinistro vi era un pugnale dall’aspetto affilato, nella destra una piccola tasca, dalla quale estrasse delle caramelle incartate.
Gliele porse, mentre la gonna tornava a coprire le gambe.

Yuma le prese cautamente e lei approfittò di quella piccola distrazione per ficcargli lo stivale che indossava nel basso ventre.
Il vampiro grugnì ed allentò la presa, così la Dama riuscì a liberarsi dalla stretta e a storcergli un braccio, quello che teneva le caramelle nella mano, infatti quelle ricaddero sul pavimento.

Lui fece per contrattaccare, ma delle liane si avvolsero intorno ai suoi polsi e anche intorno a quelli della Predatrice, entrambi vennero trascinati contro il muro e “ammanettati” contro esso.
“Avete finito?”; domandò una Mitsuko spuntata dal nulla, Azusa era al suo fianco, doveva esserci il suo zampino.
Entrambi si liberarono delle catene erbacee.

“Sono venuta a prenderti.”, annunciò la Dama.
Mitsuko fece un cenno col capo.
“Avvisa gli altri per favore.”, disse, rivolta a Yuma.
Salutò Azusa e gli chiese di tenere d’occhio il fratellastro.
Yuma ignorò la frecciatina, troppo preso a lanciare occhiate furtive alla vampira al suo fianco.
Quella tipa lo faceva proprio incazzare, eppure…
Mitsuko si avvicinò alla Dama, pronta a smaterializzarsi.

“Allora ci si vede bel fusto.”
“Il mio nome è Yuma.”, rimbeccò il vampiro.
“Oh ma a me non interessa.”, gli fece un occhiolino e scomparve nel nulla, portando Mitsuko con sé.
Yuma imprecò più volte, poi notò le caramelle che erano ancora sul pavimento.
Le raccolse e prese posto accanto ad Azusa: il fratellastro le osservava con occhi luccicanti, così gliele donò e lui fu ben lieto di mangiarle.

Per qualche motivo, un mezzo sorriso increspò le labbra del vampiro dagli occhi ambrati.

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** Capitolo 24 - Affairs of the Heart - ***


Capitolo 24 - Affairs of the Heart -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ayato proprio non riusciva ad entrare nella stanza di Yuki, si limitava ad osservarla dall’esterno, spiando attraverso la finestra: non era più sul letto, dove l’aveva lasciata, ma sedeva alla scrivania e continuava a sfogliare le pagine di un libro, probabilmente si trattava di qualche compito scolastico.

Ma Mitsuko era stata chiara: doveva chiarire con la biondina e, nel profondo, anche lui voleva rimediare.
Prese coraggio e si teletrasportò nella stanza: comparve di fronte a Yuki all’improvviso, facendola quasi cadere dalla sedia per lo spavento.

La ragazza balzò in piedi e, d’istinto, indietreggiò di qualche passo.

Ayato rimase immobile sul posto e i suoi occhi percorsero rapidamente il corpo di lei, per assicurarsi che non vi fosse traccia dei suoi canini sulla pelle chiara della ragazza.

Anche se avrebbe voluto marchiarla definitivamente, per rendere chiaro a tutti che lei gli apparteneva.

Le persone non ti appartengono, Ayato.”
Le parole di Mitsuko gli tornarono prepotentemente alla memoria.

“Volevo… parlarti.”, riuscì infine ad esclamare.
Yuki rimase ad osservarlo in silenzio, non sembrava arrabbiata, ma neppure incline a rivolgergli la parola.
Probabilmente era solo intimorita, Ayato sapeva bene che mordere un umano portava a questo e lo aveva sempre trovato appagante: l’idea di essere temuto, il terrore negli occhi della sua vittima, erano una droga a cui non sapeva resistere.
Ma vedere quel terrore negli occhi azzurri della fanciulla gli causava una sensazione spiacevole.

“Come stai?”
Yuki si schiarii la voce, prima di rispondere: “Bene.”
“Io non… Io volevo dirti-”
Ayato imprecò mentalmente, perché gli risultava così difficile scusarsi?
Yuki inspirò a fondo e si avvicinò al vampiro.

“Non devi scusarti Ayato-kun.”
L’altro rimase sbalordito da quell’affermazione.
“Sono sicura che hai fatto del tuo meglio per impedirlo, ma è la tua natura. –, gli sorrise. – Mi hai perfino aiutato a guarire.”

Il vampiro era più che sorpreso nel sentire Yuki così calma e decisa.
Pensava che lei non avrebbe più voluto vederlo, invece lo aveva perdonato e perfino giustificato.
Per qualche strano motivo, quel comportamento lo spinse ad avvicinarsi a sua volta alla ragazza.
“Quindi non hai paura?”
Yuki deglutì a fatica, ma cercò di non scomporsi, sebbene nella sua testa una vocina le gridasse di scappar via.
Nonostante ciò aveva avuto tempo per rifletterci e, per quanto il morso fosse stato doloroso e terrificante, Ayato continuava a piacerle nello stesso modo.
“Sì, ho paura, ma so che non mi faresti mai del male.”
Ayato pensò che, se Mitsuko fosse stata presente, di certo avrebbe smentito quella tesi: lui sapeva far male davvero.

“Ma io mi nutro di sangue, potrei farti del male in qualsiasi momento.”, rimbeccò infatti.
La sua intenzione era di farsi perdonare e non voleva mordere nuovamente la ragazza, tuttavia era curioso di sapere quanto poteva sopportare Yuki, pur di stare in sua compagnia.

Così le afferrò i fianchi e l’avvicinò a sé, alternando lo sguardo dal viso di lei al collo.
Poteva sentire il suo cuore palpitare forte nel petto e il sangue scorrere più velocemente nelle vene, era un richiamo molto invitante.
Più invitante perfino del sangue di Mitsuko.
Quella constatazione lo lasciò di sasso, ma finse indifferenza, mentre valutava la reazione della ragazza.

“Lo so. – mormorò Yuki con voce tremante. – Ma mi sta bene, se sei tu a farlo.”
Dopo quella frase, Ayato non seppe trattenersi, e la morse sul collo con foga.
La ragazza cacciò un lamento e dovette aggrapparsi alle spalle del vampiro per non cadere.
Quest’ultimo allentò il morso, cercando di essere più delicato, ma un’altra sensazione si fece strada nel suo stomaco… e nel basso ventre.
Succhiare il sangue gli aveva sempre provocato una sensazione inebriante, ma realizzò che, in quel momento, non era solo il sangue ad eccitarlo, bensì il corpo stesso di Yuki, così fragile tra le sue braccia.
Se l’avesse stretta ancora un po’, avrebbe potuto romperla, come fosse una bambola di porcellana.

Lei indossava un paio di pantaloncini e una canotta, e lui aveva avuto a che fare con donne molto più sexy e sfacciate, senza provare alcuna attrazione nei loro confronti.
Ma in quel momento bramava Yuki con tutto sé stesso.

Si staccò dal suo collo, rimediando ai buchi che le aveva procurato e, contemporaneamente, insinuò una mano sotto la sua canotta.
Yuki rabbrividì, sentendo le dita gelide del vampiro sul suo addome, e arrossì quando raggiunse il reggiseno.
“A-aspetta!”, squittì, poggiando una mano sul braccio del vampiro.
Ayato sollevò il capo, domandandosi perché lo avesse fermato.

“T-tu mi piaci Ayato. –, balbettò lei. – Ma vorrei… fare le cose con calma.”
Il vampiro sfilò la mano da sotto la maglietta, capendo che lei non era d’accordo, tuttavia non capì cosa intendesse con “fare le cose con calma”.
“Se ti piaccio, perché dovremmo aspettare?”
Yuki assunse numerose sfumature di rosso, possibile che non ci arrivasse da solo?
“Sono sicura avrai avuto tante donne, ma tu per me sei il primo.”
Ayato aggrottò le sopracciglia, dunque Yuki non aveva avuto altri ragazzi?
Eppure era una ragazza molto bella, con quei lunghi capelli biondi e gli occhi color oceano.

“Mi piacerebbe frequentarti, prima.”
“Frequentarmi?”
“Sai, andare a prendere un caffè insieme, vedere un film al cinema!”
Yuki si domandò come funzionasse nel mondo dei vampiri.
Ayato parve rifletterci su qualche istante, poi annuì.
“Voi umani avete uno strano modo per corteggiare.”
D’altronde, il vampiro aveva un unico esempio di corteggiamento, vale a dire quello di suo padre, Karl Heinz, che aveva sposato delle donne solo per ricevere dei figli da loro.
“Ti andrebbe di prendere un caffè?”, domandò quindi Yuki.
“Non mi piace il caffè.”
Di certo Ayato aveva dei tratti in comune con i suoi fratelli, tipo disprezzare il caffè come faceva Kanato.
“Che ne pensi dei dorayaki1?”
“Mi piacciono.”
Yuki sorrise dolcemente e gli chiese di aspettare un momento, per permetterle di cambiarsi.
Ayato la osservò correre in bagno e un piccolo sorriso gli curvò le labbra.
 

***

 
Natalie calpestò i gradini di casa sua con rabbia: aveva aspettato che Kou si presentasse al parco per più di un’ora, l’aveva anche chiamato più volte e, quando si era degnato a risponderle, l’unica motivazione che le aveva dato era stata quella di avere un impegno, ma non si era scomodato ad avvisarla per tempo.
L’aveva lasciata da sola, ad aspettarlo per ore, e aveva usato anche un tono di sufficienza.

Una volta dentro la sua abitazione, la madre di Natalie le domandò cosa fosse accaduto, ma lei la liquidò con un “niente” e preferì correre in camera sua, per chiudersi lì dentro.
Come aveva potuto dare fiducia a quell’idiota pieno di sé?
Era un cantante famoso, desiderato, ovviamente non aveva tempo da perdere con una ragazza comune, che probabilmente non considerava all’altezza dei suoi standard.
Ricacciò indietro le lacrime: quand’era più piccola aveva già pianto abbastanza a causa di quei bulli che la prendevano in giro per il suo peso, così aveva trovato un suo equilibrio, sia fisico che mentale, e si era ripromessa che nessuno l’avrebbe fatta sentire inferiore.
Mai più.
Scosse il capo e singhiozzò.
Si illudeva che il comportamento del ragazzo non la scalfisse minimamente, invece si era presa una sbandata per uno stronzo.

A riscuoterla da quei pensieri fu un rumore sulla finestra.

Un ticchettio.
Voltò il capo e quasi le sfuggì un urlo nel trovarsi Kou sul balcone, che bussava alla sua finestra.
Provò a darsi un tono, mentre si avvicinava al balcone e scostava le tende, per nascondere la presenza del biondo: ignorava come fosse arrivato fin lì, ma non aveva intenzione di aprirgli.

Tornò a sedere sul letto, mentre il ragazzo all’esterno ricominciava a bussare sul vetro.
Infilò le cuffie per non sentirlo.
Prima di far partire una canzone, sentì la voce di Kou gridarle che avrebbe rotto la finestra.
Per un momento ne fu turbata, ma era certa che non dicesse sul serio.
Nonostante la musica, Natalie sentì un colpo alle sue spalle: stava seriamente considerando di fare irruzione in casa sua?

Scattò in piedi: sua madre sarebbe andata su tutte le furie se avesse danneggiato, anche solo in parte, la finestra.
Scostò le tende e vide che il ragazzo era pronto a sferrare un altro pungo.
Sollevò il vetro.
“Lo sai che è violazione di domicilio? Potrei denunciarti!”
Kou ignorò bellamente le sue parole e, con un balzo, entrò nella stanza.

“Non male la cameretta, ma tutti quei peluche… –, indicò il piccolo sofà di fronte al letto. – Anche no.”
Natalie si trattenne dallo schiaffeggiarlo seduta stante.
“Sono ricordi d’infanzia!”, sentì in dovere di giustificarsi, dandosi della stupida per averlo fatto.

Kou continuò a girovagare un po’ per la stanza, sinceramente curioso di vedere come fosse sistemata, poi si accomodò sul letto, incurante dello sguardo omicida di Natalie.
Lei si posizionò davanti a lui con le braccia incrociate.
“Cosa vuoi?”
“Forse oggi non sono stato molto gentile.”, ammise Kou.
Sapeva che, se voleva chiarire con Natalie, avrebbe dovuto prenderla con le buone.
“Già, forse.”, replicò lei, visibilmente irritata.
Il vampiro la guardò meglio in viso: aveva gli occhi gonfi.
“Hai pianto?”
“Certo che no!”, rimbeccò Natalie, punta sul vivo.
Ma Kou non ebbe bisogno di usare il suo occhio magico per capire che stava mentendo.
“Te l’ho detto avevo un impegno.”
“Avresti potuto avvisarmi!”
Kou seppe che non aveva alcuna scusa per quello, non poteva certo ammettere che averle dato buca gli pesava sulla coscienza, in più, per non confessarlo neppure a se stesso, aveva preferito ignorare le sue chiamate, come se Natalie contasse meno di zero, per lui.
Ma era una menzogna bella e buona.

“Eppure eccomi qua.”, le fece notare.
Natalie aprì bocca per controbattere, ma non disse nulla. Inizialmente.
In fondo, constatare che lui si fosse scomodato per venire fino a casa sua le donava una certa soddisfazione.
Ma non poteva fargliela passare liscia: se le sue fan gli permettevano di comportarsi in quel modo strafottente, lei non lo avrebbe permesso: non era una sua fan e non aveva intenzione di sottostare ai suoi “capricci”.
“Avresti potuto pensarci prima.”
Kou roteò gli occhi al cielo.
“Capisco, non mi perdonerai senza che io faccia qualcosa in cambio, quindi cosa vuoi che faccia?”

Natalie ci rifletté su un istante, ma in realtà non c’era qualcosa di concreto che lui potesse fare per riconquistare la sua fiducia, al momento.
“Potresti avvisarmi quando hai un impegno.”
Kou si mise in piedi.
“Tutto qui?”, domandò con un sorriso sbieco.
“Vuoi corrompermi con dei soldi o cosa?”
Kou rise: “Sì, se lo desideri, di certo non mi mancano.”

Natalie scosse il capo, quel ragazzo sapeva essere davvero cinico.
“O magari delle rose, dei cioccolatini, non sono il genere di cose che piacciono a voi ragazze?”
La giovane dai capelli castani era distratta dalla poca distanza che li divideva, ma provò comunque a rispondergli a tono.
“Non mi piacciono queste cose, puoi dimostrare in altro modo che hai un interesse nei miei confronti.”
Kou rimase sorpreso, solitamente le ragazze umane, e anche quelle non-umane, si lasciavano comprare con oggetti futili, come fiori o gioielli.
E questo lato di Natalie lo colpì.

“E chi ha detto che sono interessato a te?”, la stuzzicò.
Natalie non colse il sarcasmo e si sentì ferita nel profondo nello scoprire che lui non era attratto da lei.
Ma cercò di non rivelare la sua delusione.
“Allora perché sei ancora qui?”, domandò infervorata, dandogli le spalle e indicando la finestra: un invito ad andarsene.

Tuttavia Kou la ruotò per i fianchi, tirandola a sé con una forza inaudita.
Natalie si scontrò contro il suo petto muscoloso e sollevò lo sguardo: non si aspettava quel gesto.
Ma lui non le diede modo di parlare e la baciò di slancio.
Desiderava farlo da tempo immemore, quella fantasia aleggiava da settimane nella sua mente.
Per quanto la considerasse una semplice ed insignificante umana, si sentiva attratto da lei più del dovuto e non aveva intenzione di perdere altro tempo.

Natalie, d’altro canto, avrebbe voluto fingere indignazione e respingere il biondo con un sonoro schiaffo, ma si limitò a restare di sasso, mentre l’altro univa le loro labbra e insinuava, senza troppe cerimonie, la lingua nella sua bocca.
La ragazza gli morse il labbro, piccata: lui le stava letteralmente rubando un bacio, ma quel gesto servì solo ad accenderlo maggiormente, ricambiò il morso e Natalie strabuzzò gli occhi quando sentì il labbro inferiore sanguinare.
Poi Kou leccò il taglio che le aveva procurato e lei indietreggiò inorridita, si decise quindi a tirargli uno schiaffo poco convinto.
Il ragazzo non fece una piega, come se lei gli avesse fatto una carezza.

“Esci fuori da casa mia!”, gli sbraitò contro.
Kou la guardò per qualche istante, poi si decise a scavalcare la finestra e, dopo averle fatto un occhiolino, scomparve fra gli alberi.
Natalie osservò il punto in cui Kou era -misteriosamente- svanito nel nulla e strinse le mani in un pugno: come aveva potuto lasciare che la baciasse in quel modo?
Il solo pensiero di come l’aveva stretta e di come le sue labbra avevano assaggiato le sue, le provocava scosse elettriche per tutto il corpo.

Perché non gliel’aveva impedito?
Ma la vera domanda che assillava Natalie, e che lei avrebbe voluto ignorare, era perché quel bacio le fosse piaciuto tanto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DORAYAKI1: Il dorayaki è un tipo di dolce giapponese composto da due pancake, formati a partire dalla kasutera, e riempito al centro con l'anko, una salsa dolce rossastra ricavata dai fagioli azuki.

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE
 

Salve gente!
Inizio ringraziando tutti coloro che stanno seguendo la storia, silenziosamente e non, chi l’ha inserita nelle preferite/ricordate/seguite.
In questo capitolo vediamo come il rapporto tra Ayato/Yuki e Natalie/Kou sta evolvendo, mi farebbe piacere sapere che ne pensate, se le ship sono di vostro gradimento o meno, comunque lo ritenevo un passaggio necessario, ora che conosciamo sempre meglio le amiche della nostra protagonista.
Detto questo vi saluto, a presto,
Nephy_

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Capitolo 25 - Training - ***


 

Capitolo 25 – Training -

 

 

 

 

 

 

 

 

La Dama mi aveva mollato in un campo aperto, apparentemente lontano chilometri da qualsiasi forma di vita, solo distese infinite di verde, con qualche collinetta all’orizzonte, non avevo la più pallida idea di dove mi trovassi.

Attesi l’arrivo di Carla, ma non venne nessuno per diversi minuti.
Poi un ringhio alle mie spalle.
Mi voltai appena in tempo per vedere una coppia di lupi dal manto bianco saltarmi addosso, mi buttai sulla destra per schivarli, ma uno riuscì ad azzannarmi una gamba.
Cacciai un urlo, mentre provavo a liberarmi.

Il secondo lupo, quello più grosso, si avvicinò minaccioso e si avventò sul collo: mi parai con un braccio e sentii le zanne dell’animale conficcarsi nella carne, simili ai canini affilati dei vampiri, ma molto più spesse.

Provai ad usare i miei poteri, ma non accadde nulla, nonostante ordinassi alle piante nei dintorni di venire in mio soccorso.
Il lupo più grande lasciò il braccio e mi fissò: il suo sguardo sembrava quasi umano.
Di colpo mutò forma: le zampe si allungarono e assunse una posizione eretta, dei capelli crebbero lungo la schiena e il pelo lasciò il posto alla pelle.
Degli abiti scuri lo avvolsero: Carla poteva anche trasformarsi in un lupo.
Quello che mi addentava la gamba svanì nel nulla.

Sanguinante, tentai invano di rimettermi in piedi.
Il vampiro dai capelli bianchi si chinò appena su di me, facendo scorrere due dita sulla gamba martoriata, una sorta di ombra nera l’avvolse e un pizzicore fastidioso mi fece digrignare i denti, quando l’ombra svanì, tutto ciò che rimaneva della ferita era una lunga cicatrice scura.
Ripeté la stessa operazione sul braccio senza spiccar parola, così anche io rimasi in silenzio.

“La paura inibisce i tuoi poteri.”, annunciò Carla.
Eppure mi trovai in disaccordo.
“Mentre uno dei Sakamaki mi mordeva, delle liane lo hanno stritolato.”

L’altro rimase in silenzio, probabilmente per valutare la situazione.
“Se non erro li hai usati anche quando temevi che la Dama avrebbe ucciso uno dei Sakamaki.”
Ricordai la paura che avevo provato, temendo di perdere Shu.
“Quindi devi avere una motivazione affinché funzioni.” Concluse Carla.

Effettivamente, quando Kanato mi aveva quasi uccisa, succhiando il mio sangue, tutto lo stress accumulato quel giorno si era riversato su di lui.
Mentre quando avevo temuto che la Dama potesse uccidere Shu, avevo agito d’istinto per proteggerlo.
Così come avevo tentato di uccidere Carla, sapendo che aveva abbandonato me e la mamma.

La vampira con l’abito ottocentesco comparve alle mie spalle.
“Voglio che tu pensi a lei come a Karl Heinz.”, mi disse Carla, afferrandomi per i fianchi e facendomi voltare nella direzione della Dama.
“Lei è Karl Heinz.”
Provai a concentrarmi su di lei, come fosse quell’uomo, e provai a fare qualcosa, tipo lanciarle contro un sasso o infilzarla con qualche legnetto, ma sospirai: la mia fantasia non era di grande aiuto.

“Karl Heinz è proprio lì –, insisté Carla, – l’uomo che ti ha manipolato, torturato, strappandoti da tua madre.”
Ascoltando quelle parole, le dita iniziarono a formicolare: l’odio e il rancore accumulati vennero fuori come un fiume in piena.
“Te l’ha portata via, l’ha fatta a pezzi e non c’è nulla che tu possa fare per riportarla indietro.”
Per un istante guardai Carla di sottecchi, c’era qualcosa di strano nella sua voce, mentre pronunciava quelle parole.
“Per colpa sua, non potrai mai più rivedere gli occhi dolci di Natsumi, o il suo sorriso gentile.”

Un fremito mi percorse, puntai una mano contro la Dama e aprii il palmo: una serie di liane strisciò ai lati del mio corpo: la vampira dovette smaterializzarsi per evitarle e me la ritrovai di fronte, ma quando sollevò la mano per ferirmi, riuscii a evitare le sue unghie affilate con una velocità inaudita, una velocità che non mi apparteneva.

Mossi la mia mano e le liane cambiarono direzione, la Dama provò ad evitarle nuovamente, ma mentre mi correva incontro, altre liane sbucarono dal terreno, bloccandola per le caviglie e facendole perdere l’equilibrio.
Stesa al suolo e con un’espressione rabbiosa in volto, la vampira spezzò le corde che la trattenevano, tuttavia le impedii di rimettersi in piedi, avvolgendo il suo intero
corpo con robuste radici: a villa Sakamaki era riuscita a fuggire, ma stavolta quella gabbia di legno era troppo spessa perfino per lei.

Le liane si unirono alle radici e iniziarono a stritolarla.
Ma non ero in grado di fermarmi, pur sapendo che rischiavo di ucciderla come avevo fatto con Kanato.
Tuttavia le parole di Carla avevano sortito l’effetto desiderato.
Tutto ciò che riuscivo a immaginare, era di poter strangolare Karl Heinz in quel modo.

Notai la Dama annaspare, graffiare il legno in cui era intrappolata, e mi domandai perché non tentasse almeno di smaterializzarsi.
Un’ombra scura si abbatté su quella sorta di gabbia, spazzando via ciò che avevo creato.
Abbassai il braccio e capii che era stato Carla.

“Spero riserverai lo stesso trattamento a Karl Heinz, quando lo incontreremo.”
Mi resi conto che la vampira dai capelli biondi sembrava priva di sensi: mi portai una mano sulle labbra.
Quando lasciavo che i miei poteri prendessero il controllo, guidati da rabbia, o paura, non c’era verso che riuscissi a controllarli.

Mi chinai al suo fianco, scuotendola per le spalle.
Aveva cercato di uccidere Shu, ma stava solo eseguendo degli ordini, e io non avevo il diritto di decidere della sua vita.
Sperai con tutta me stessa che non fosse morta.
Alzai lo sguardo, incrociando quello impassibile di Carla.

“È… è morta?”, mi tremò la voce.
“È irrilevante. –, rispose con una scrollata di spalle il vampiro dai capelli bianchi. – Ho visto di cosa sei capace, era il mio unico scopo.”
Sussultai, come poteva essere così insensibile?
Era forse una prerogativa di tutti i vampiri non provare sentimenti?
Ripensai alle ultime vicissitudini, e pensai che non poteva essere una loro caratteristica, molti di loro provavano delle emozioni che, semplicemente, non sapevano come gestire.

 

Tornai a concentrare la mia attenzione sulla vampira stesa sul terreno, tirandole un paio di schiaffetti sul viso.
Avrei potuto provare con un massaggio cardiaco, ma dubitavo che servisse a qualcosa: il suo cuore aveva smesso di battere da tempo.
“Avanti.”, mormorai tirandole l’ennesimo schiaffetto.
Carla osservava la scena con un’espressione indecifrabile, non seppi dire se fosse più incuriosito o annoiato.
“Non puoi essere morta.”
Proprio mentre mi accingevo a tirarle un altro schiaffo, la sua mano scattò sul mio polso.
“Se mi tiri ancora uno schiaffo ti stacco la mano.”
“Oh.”
Tirai un sospiro di sollievo, era ancora viva. E anche un tantino arrabbiata, ma non ci diedi peso.

Mi sollevai dal terreno: “Voglio tornare a casa.”

“Ma non abbiamo finito.”
“Ti sto aiutando, come hai chiesto, ma ho i miei tempi.”

In realtà, ne avevo abbastanza di quei poteri, se avessi potuto ignorarli lo avrei fatto volentieri.
Ne avevo abbastanza di Karl Heinz, di vampiri e manie di potere.

Non ricevendo alcuna risposta, mi incamminai verso la Dama, che si rimetteva in piedi goffamente.
Dovevo averla ridotta male se aveva perso tutta la sua grazia.
E soprattutto le avevo strappato parte del suo vestito, apparentemente molto costoso.

Carla mi afferrò un braccio e trattenni un lamento, la sua presa era ferrea e quasi dolorosa.
“Non abbiamo tempo Mitsuko, dobbiamo approfittarne ora che Karl Heinz non conosce il nostro piano, o il nostro grado di parentela, e quindi ignora le tue capacità.”

Mi divincolai dalla stretta; in condizioni normali probabilmente non ci sarei riuscita, ma più passavano i giorni, più sentivo di star cambiando: ero sempre più forte e
sempre più veloce.
“Sconfiggeremo Karl Heinz, hai la mia parola. Devi fidarti, come io ho fatto con te.”
Carla mi fissò a lungo, notai qualcosa sul suo viso, un piccolo tentennamento in quello sguardo impassibile.
“E sia. Ci vedremo domani.”
Quello strano cipiglio era già scomparso mentre pronunciava quelle parole.
Raggiunsi la Dama.
“Riportami a casa.”
Questa lanciò un’occhiata verso il vampiro e, solo dopo un suo consenso, mi afferrò il polso, così ci teletrasportammo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

Mi scuso per la lunghissima assenza ma in questi giorni di caldo opprimente sono stata piuttosto impegnata, oltretutto questo capitolo è indegnamente corto, quindi chiedo perdono ma è il massimo che sono riuscita a fare, tant’è che lo considero un capitolo un po’… “meh”.
Ma prometto di recuperare con il prossimo, cercherò di aggiornare il prima possibile, massimo una settimana.
Intanto un caloroso grazie ai nuovi arrivati che hanno inserito la mia storia tra le preferite e le ricordate, e a tutti coloro che seguono la fanfiction. Chiunque volesse lasciare un piccolo parere, sarà molto apprezzato!
In più, spero che, ovunque vi troviate, non stiate sudando pietosamente come io in questo momento.
Un saluto, Nephy_

Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** Capitolo 26 - Painfull Melody - ***


 

Capitolo 26 - Painfull melody -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Quando io e la Dama ci materializzammo nel salone, Yuma scattò subito sull’attenti, ma lo persuasi a non attaccar briga, lei mi aveva solo riaccompagnata.

“A tal proposito -, esclamai, rivolgendomi alla vampira. – Come mai non sei riuscita a teletrasportarti mentre eri… intrappolate nelle mie piante diciamo.”
“Non ne ho idea, solitamente l’unica cosa che trattiene i vampiri dallo smaterializzarsi è il metallo, o qualche veleno specifico, che il tuo amico occhialuto sembra conoscere.*”
Intuii si riferisse a Reiji.
“Quindi è possibile che quelle liane magiche impediscano a noi vampiri di fuggire, a meno che non riusciamo a spezzarle.”

Tenni a mente quell’informazione, sarebbe stato di grande aiuto nel momento in cui avrei dovuto catturare Karl Heinz.
O almeno lo speravo.

“Allora ci rivediamo domani, nessun rancore per oggi, giusto?”, dissi, porgendo la mano alla vampira.
La Dama roteò gli occhi al cielo.
“Nessun rancore.”, rispose, senza tuttavia ricambiare.
Lanciò un’ultima occhiata in direzione di Yuma, poi svanì nel nulla.

Mi avvicinai al Mukami.
“Dove sono gli altri?”
“Azusa è in giardino, l’albino lo sta tenendo d’occhio.”
Sorrisi, pensando a Subaru che si era offerto di fare da balìa al minore dei Mukami.

“Non vedo Ruki da ore.”
Iniziai ad avvertire un senso di colpa crescente: dovevo averlo ferito sul serio.
“Mentre Kou, sospetto sia dalla brunetta.”, concluse Yuma.

Quindi anche Kou si era preso una sbandata per Natalie, io e Yuki ci avevamo visto giusto.
Yuki…
Sperai che Ayato fosse riuscito a farsi perdonare e che lei volesse ancora essere mia amica.

Mi ero ripromessa di parlare con diverse persone, dopo l’allenamento con Carla, ma non riuscire a controllare i miei poteri mi tormentava.
Mi avviai su per le scale.

Mentre percorrevo i corridoi senza una meta, una camera in particolare richiamò la mia attenzione.
Non mettevo piede nella stanza col piano da settimane, più precisamente da quando Raito era morto.
Decisa a proseguire per la mia strada, superai quella stanza, ma seppi che prima o poi avrei dovuto affrontare la questione.

Così tornai indietro.
Il sole stava tramontando, e la camera aveva assunto diverse sfumature di arancione.
Mi tornò in mente la prima volta che avevo visto Raito suonare lo strumento, era così aggraziato nei movimenti, così assorto dalla musica.
L’avevo trovato bellissimo.

Accarezzai i tasti del pianoforte, sui quali si era accumulato un sottile strato di polvere.
Nessuno lo aveva più utilizzato.
Inspirai a fondo e mi accomodai sullo sgabello.
Provai a suonare qualche nota, ma queste risultavano fuori tempo, non riuscivo a muovere le dita sui tasti.
Mi convinsi di non saperlo più suonare.

Ma si trattava di una bugia: semplicemente le mie mani rifiutavano di muoversi, perché suonare avrebbe riportato alla memoria ricordi di cui avevo nostalgia, ricordi che avrei voluto dimenticare, perché riviverli, con la consapevolezza che non sarebbero tornati, mi faceva troppo male.
Scossi il capo: erano cari ricordi che avrei dovuto custodire, non scordare, e mi imposi di muovere le dita, le feci scorrere rapidamente, nonostante le lacrime pungessero negli occhi.

Alla fine la malinconia ebbe la meglio e, dopo un attimo di esitazione, ritrassi le mani, incapace di continuare, sommersa da quella valanga di emozioni che la melodia mi aveva provocato.
Poi una presenza improvvisa al mio fianco.
La melodia riprese a suonare, riecheggiò nella stanza: quando ruotai il capo, Shu non mi degnò di uno sguardo ma continuò a suonare.
E così ricominciai anche io, seguendo i suoi movimenti.
Non credevo sapesse suonare il piano, ma avrei dovuto immaginarlo considerato il suo amore smisurato per la musica.

Quando la melodia finì, non osai sollevare lo sguardo, avevo certamente gli occhi gonfi ed arrossati per il pianto, ma non fu quello ad impedirmi di guardare Shu, piuttosto il ricordo di ciò che era accaduto fra noi qualche ora prima, e la consapevolezza che Raito era ancora troppo presente nei miei pensieri.
Non avrei potuto ricominciare con nessun’altro.
E non avrei mai smesso di domandarmi come sarebbe potuta andare, quando lui aveva finalmente capito di amarmi.
Scoppiai a piangere, incurante che Shu fosse ancora al mio fianco.

Inaspettatamente, un suo braccio avvolse le mie spalle e mi tirò a sé.
Chiusi gli occhi e mi accoccolai al suo petto.
Aveva un buon profumo.
Mi circondò anche con l’altro braccio, tenendomi ancor più stretta.
Piansi a lungo, tanto che la camicia del vampiro, su cui ero poggiata, si fece umida a causa delle lacrime che scendevano senza tregua.

“Ho paura…”, mormorai con voce roca.
“Ho paura di questi poteri che non posso controllare.”
Sentii la mano del vampiro accarezzarmi i capelli.
“Ho paura di non superare mai la morte di Raito.”

Il silenzio aleggiò per qualche secondo, interrotto solo dai miei singhiozzi.
“Lo so. –, proferì Shu. – Ma non sei da sola.”
Finalmente alzai gli occhi umidi verso il vampiro.
“Sei stata coraggiosa finora. Sin da quando hai messo piede in questa villa.”
Avrei voluto replicare che non ero affatto coraggiosa, ma Shu non me ne diede il tempo e continuò a parlare.
“Hai tenuto testa a noi, ai Mukami, ai Cacciatori e a Karl Heinz stesso.”
Non aveva tutti i torti.
“Va bene avere paura.”
Shu smise di accarezzarmi i capelli e mi fissò dritto negli occhi.
“Anche esseri immortali come noi vampiri hanno paura. Io ho paura.”

Aggrottai le sopracciglia: credevo che Shu non avesse alcun tipo di emozione.
Trascorreva la maggior parte del tempo a sonnecchiare, sembrava che nulla potesse scalfirlo, mentre ora veniva a confessarmi di aver paura.
Stentavo a crederci, eppure era fin troppo serio per mentire su una cosa del genere; oltretutto, sapevo che non mi avrebbe più raccontato bugie.
Era il nostro tacito accordo.
“Di cosa hai paura?”, domandai.

Dovevo sapere, scoprire una sua debolezza mi avrebbe aiutata a riacquistare coraggio.
Shu continuò a guardarmi, in un modo che mi fece arrossire inspiegabilmente.
“Io…”
“Si?”, lo incitai.
“Io ho paura di…”
“Di cosa?”, lo spronai, ma con un tono flebile, il viso del vampiro era sempre più vicino.

“Mitsuko!”

Qualcuno chiamò il mio nome dal piano di sotto.
Avrei voluto ignorare quella voce perché la mia testa impiegò qualche secondo per associarla alla voce di Takeshi.

“Devi andare.”, fu Shu a scuotermi da quella sorta di trance in cui ero caduta.
Annuii e sciolsi il nostro abbraccio.
Mi pulii le guance umide con il dorso della mano e gettai un’ultima occhiata a Shu, prima di avviarmi giù per le scale.

Non potei sentire la sua voce che mormorava: “Ho paura di perderti.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

* PICCOLA NOTA: Non so in quali condizioni i vampiri riescano effettivamente a teletrasportarsi da un posto all’altro, ma nella mia storia ho deciso che gli è impossibile se legati da catene di metallo e veleni specifici che indeboliscono i loro poteri.
(Come quello che Reiji ha rifilato alla Dama quand’era stata catturata).
Aggiungo che non possono smaterializzarsi in punti troppo lontani o luoghi che non conoscono, ecco perché Reiji e Shu son dovuti ricorrere alla limousine per raggiungere la casa di Karl Heinz.

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

So di aver promesso un aggiornamento immediato ma sono stata davvero super impegnata, mi scuso lo stesso perché voglio continuare (e concludere) al più presto questa fanfiction, non perché mi sia stancata delle loro vicende, anzi, al pensiero che presto concluderemo questa storia mi viene un’immensa malinconia, tuttavia è giusto che le loro avventure giungano a un termine.

Prometto di aggiornare presto, a presto,

Nephy_

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Capitolo 27 - Getting ready for the Battle - ***


Capitolo 27 - Getting ready for the Battle -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con orrore riuscii a intravedere Takeshi sul divano: aveva diversi lividi in viso e la tuta da Cacciatore semi-strappata.
“Papà!”, urlai, andandogli incontro.
Lui fece per mettersi in piedi, ma digrignò i denti nel farlo.
Reiji sbucò dal suo studio con un bicchiere, conteneva un liquido scuro.
“Che gli è successo?”, domandai in preda al panico.
Mi accovacciai al suo fianco e gli presi la mano.

“I Cacciatori. Sanno dei tuoi poteri, Lee ha origliato la conversazione che ho avuto con i tuoi amici.”
Reiji porse la bevanda a Takeshi.
“Ti aiuterà con le ferite.”, spiegò.

L’uomo sorseggiò quel miscuglio, non senza aver fatto qualche smorfia.
Vedere Takeshi ridotto in quello stato mi fece infuriare, quel Lee non aveva ancora imparato la lezione, dopo l’ultima volta.
In quel momento fui grata di avere dei poteri, li avrei usati per fare a pezzi quel bastardo.

“Mi hanno torturato per ottenere altre informazioni, ma sono riuscito a fuggire.”, aggiunse Takeshi, tossendo violentemente.
Strinsi la sua mano, preoccupata.
“Verranno di nuovo, più numerosi, non riuscirete a contrastarli stavolta.”
Il mio sguardo si fece più duro.
“E invece ci riusciremo.”, annunciai con decisione.
Takeshi non aveva idea di cosa fossi in grado di fare, né conosceva la vera identità del mio padre biologico: anche Carla aveva delle capacità sovrannaturali che avrebbero contribuito a sconfiggere i Cacciatori.
Una volta per tutte.
“Non so quali siano i tuoi poteri, ma non permetterò che mia figlia rischi la propria vita.”, sussurrò Takeshi, ormai allo stremo delle forze.
“E che dovrei fare? – sbottai irata, lasciando la sua mano, - dovrei lasciare che vengano ad ucciderci e guardare inerme? No, non di nuovo.”
Sentii lo sguardo di Reiji addosso, doveva essere sorpreso da tanta audacia.
“Potresti scappare-”
“Non lascerò i Mukami e i Sakamaki.”, lo interruppi.
“E allora dovreste scappare tutti!”
“Non fuggirò.”
“Dannata cocciutaggine.”, sbraitò Takeshi.
Mi chinai su di lui e presi nuovamente la sua mano.
“Non ci lasceranno mai in pace, è l’unico modo.”

“Potremmo provare a parlare con il Cardinale.”, propose Reiji.
Lo osservai incuriosita.
“Il Cardinale Williams non ci darà ascolto.”, controbatté Takeshi.
“Scusate, chi sarebbe?”
“Colui che è a capo dei Cacciatori presenti qui in Giappone. –, dichiarò mio padre, – ma Lee lo avrà già informato riguardo Mitsuko, lo avrà convinto che è un pericolo.”

“E se riuscissimo a dimostrare che non è una minaccia?”, domandò qualcuno alle nostre spalle, riconobbi immediatamente la voce di Ruki.
“E come pensi di fare?”, volle sapere Reiji, evidentemente scettico.
“Quando Karl Heinz ci parlava della leggenda di Adamo ed Eva, faceva riferimento ad un libro antichissimo –, iniziò a raccontare il Mukami, – sono sicuro che lì ci sia scritto tutto ciò che dobbiamo sapere sulla leggenda e sui poteri di Mitsuko.”

Mentre parlava, mi resi conto che non guardava nella mia direzione.
“E perché non l’hai detto subito?”, domandò il maggiore dei Sakamaki.
“Perché quel libro si trova nel suo ufficio nel Palazzo Nazionale della Dieta.*”
“Quindi dovremmo infilarci nel parlamento?”, domandai.
Ruki si decise a guardarmi ed annuì.
“È fuori discussione. –, sentenziò Reiji, controllando le ferite di Takeshi. – È sorvegliato dalle sue guardie.”

Ci riflettei su per qualche istante.
“Forse vale la pena tentare.”
Non desideravo ci fossero altri spargimenti di sangue, non avrei potuto sopportare di perdere qualcun altro.
In più, avevo i miei poteri per affrontare le guardie di Karl Heinz.

“Ma dobbiamo essere pronti, se non dovessimo convincere il Cardinale.”, annunciai, rivolgendomi a Reiji.
“Stavolta non ci troveranno impreparati.”, mi rassicurò.
“Mitsuko è troppo pericoloso, quando inizierai a pensare alla tua incolumità?”, mi rimproverò Takeshi.

Gli depositai un bacio sulla fronte.
“Non temere, posso badare a me stessa.”
“L’accompagnerò io.”, si intromise Ruki.
Gli rivolsi un sorriso riconoscente, ma il vampiro rimase impassibile.
Come biasimarlo.
“Fallo riposare. –, ordinai a Reiji – e avvisa gli altri.”
La situazione doveva essere proprio grave, perché il maggiore dei Sakamaki acconsentì senza troppe storie.

***

Reiji aveva portato Takeshi nella stanza di Mitsuko, per guarire aveva bisogno di riposo e, nonostante qualche lamentela, alla fine il Cacciatore aveva dovuto obbedire.
Una volta da solo nel salotto, Reiji aveva chiesto a George, il maggiordomo, di chiamare a raccolta Sakamaki e Mukami presenti nella villa.
Successivamente aveva preso il suo cellulare e, dopo aver fissato per qualche istante lo schermo, si era deciso a comporre un numero.

“Edith, ho bisogno del tuo aiuto.”

***

Ayato aveva mangiato una quantità indefinita di pancakes, ma aveva avuto il buon senso di pagare per sé e per Yuki.
Dopodiché i due avevano deciso di fare una passeggiata nel parco.

George comparve all’improvviso, causando un piccolo infarto a Yuki.
“Signorino, Reiji richiede la sua presenza.”                      
Il rosso sbuffò scocciato.

“Che vuole adesso?”
“Riguarda la signorina Mitsuko.”
Sentendo citare la sua amica, Yuki sgranò gli occhi.

“Ci sono novità? L’avete trovata?”
Il vampiro dai capelli rossi si grattò la nuca goffamente.
“Veramente Mitsuko era già tornata a casa da un po’.”
“E perché non l’hai detto subito?”
“Uhm… mi è sfuggito.”

Il maggiordomo osservò la scena con un’espressione impassibile ma, sotto sotto, era quasi divertito: vedere una semplice umana rimbrottare Ayato Sakamaki lo stupiva.
“Ti spiegherò dopo.”, tagliò corto Ayato.
“Vengo con te, voglio vederla! Devo parlare con lei.”
Il vampiro scosse il capo, con l’intenzione di rifiutare la richiesta, ma guardando gli occhi dolci, e al contempo decisi, di Yuki, non seppe rifiutare.
E così tutti e tre si avviarono alla limousine.

***

“Grazie Edith, conto su di te.”, concluse Reiji, chiudendo la chiamata.
Non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che suo fratello era steso sul divano alle sue spalle.

“Dov’è Mitsuko?”, domandò Shu.

L’altro si schiarì la voce, conscio che il fratello non avrebbe gradito la risposta.

“Dov’è?”, ripeté il biondo.
Un fruscio indicò a Reiji che il biondo era in piedi e più vicino.
Si decise a voltarsi.
“Lei e Ruki hanno deciso di fare un salto nell’ufficio di Tougo Sakamaki.”
Shu strinse le mani in un pugno, ma prima che potesse parlare, qualcuno lo precedette.
“Che diavolo è andata a fare lì? –, ruggì Subaru, seguito da Azusa. – Come hai potuto lasciarla andare?”
Un pugno contro il muro.
Reiji si massaggiò le tempie.
“Come sai, nessuno può fermare Mitsuko quando si mette un’idea in testa.”
“È vero. –, si sentì in dovere di aggiungere Kou, appena giunto nel salone assieme a Yuma. – Sappiamo bene quanto la nostra m-neko-chan sia testarda.”

“Perché è andata lì?”, volle sapere Shu.
Ma Reiji aspettò l’arrivo di Ayato prima di spiegare ogni cosa.
Si sorprese nel vedere l’umana dai capelli biondi al suo fianco.

 

“Che c’è?”, domandò Ayato, notando i volti incuriositi che si alternavano tra lui e Yuki.

“Ho chiesto io di venire. –, dichiarò Yuki, un po’ intimorita da quegli sguardi curiosi. – Voglio sapere che sta succedendo alla mia migliore amica.”

Reiji sospirò, quella casa, ormai, era un via vai di gente.
“E sia. – cominciò a dire, – Ruki sostiene che esista un libro antico, dove è spiegata ogni cosa: la leggenda di Adamo ed Eva, la creazione della nuova razza, l’origine dei poteri di Mitsuko e tutto il resto. Se riuscissero a portarlo al cardinale Williams, i Cacciatori capirebbero che lei non è una minaccia, e non manderebbero un esercito a ucciderci.”

“Fammi indovinare –, lo interruppe Kou, – un esercito di Cacciatori sta venendo qui perché sanno dei poteri di Mitsuko.”
Reiji annuì.
“Lee ha origliato la vostra conversazione –, annunciò, rivolgendosi a Subaru. – Takeshi è di sopra, l’hanno torturato per estorcere informazioni.”

Yuki si portò una mano sulla bocca, sconcertata da quelle notizie.

Aveva appreso che Mitsuko aveva dei poteri, che la Chiesa stava cercando di ucciderla per questo e il suo padre adottivo era stato torturato.
Sentiva il cuore pompare velocemente nel petto, troppe cose da reggere in un giorno solo, si domandò come Mitsuko riuscisse a gestire tutto senza impazzire.
Ayato notò il pallore sul viso della biondina e le fu accanto.
“Sarà meglio portarti a casa.”
Ma Yuki scosse il capo.
“Non abbandonerò la mia amica, io resto qui.”
La bocca del vampiro dai capelli rossi minacciò di spalancarsi, Yuki non era così fragile come pensava.

Ai due si avvicinò il maggiore dei Sakamaki.
“Mitsuko non vorrebbe che rischiassi la tua vita, non ha bisogno di perdere qualcun altro.”
“Le starò accanto, ma non mi perderà.”
“Ci penserò io a tenerla al sicuro.”, affermò Ayato, lasciando sia Yuki che Shu di stucco.

“E ora preparatevi, se Mitsuko e Ruki dovessero fallire, ci attende una battaglia.”, esclamò Reiji, richiamando a sé l’attenzione di tutti.

“Spero tu abbia un piano B. –, commentò Yuma. – Ho la sensazione che saranno guai seri stavolta.”

Le labbra di Reiji si arricciarono in un piccolo sorriso.
“Ovviamente ho già messo a punto un piano B.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*Palazzo Nazionale della Dieta: sede del paramento Giapponese, si trova a Tokyo, precisamente nel quartiere di Nagatacho.

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** Capitolo 28 - The Ancient Book - ***


 

 

 

Capitolo 28 - The Ancient Book -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Io e Ruki non ci eravamo scambiati una parola, mentre raggiungevamo Nagatacho.
Solo quando ci trovammo di fronte l’imponente palazzo, il vampiro si decise a parlare.

“Non dovrebbe esserci nessuno, è già sera e i parlamentari dovrebbero essere andati via. Ma potremmo imbatterci in qualche guardia o, peggio, qualche Ghoul.”
Ricordai con una smorfia quegli esseri che mi avevano attaccata, dopo l’incontro con Karl Heinz, doveva trattarsi di loro.
“Seguimi senza fare rumore e tieni gli occhi aperti.”

Annuii, deglutendo a fatica.
Sapevo di avere dei poteri straordinari, ma sapevo anche che, delle volte, non funzionavano come avrei voluto.
Cercai di calmarmi, mentre percorrevamo il viale che conduceva all’ingresso del palazzo, costeggiato da arbusti curati e alberi dalle folte chiome.
Quella sera la temperatura sembrava essere precipitata.
Nonostante settembre fosse appena giunto, il clima freddo annunciava l’arrivo precoce dell’autunno.
O forse era solo la paura a giocarmi brutti scherzi.

Superammo le alte colonne e, inaspettatamente, Ruki mi avvolse con le sue braccia.
“Adesso ci materializzeremo all’interno.”
“D’accordo.”
“Poi cercheremo la sua stanza.”

E così ci ritrovammo all’interno del palazzo, dove regnava il buio.
“Non vedo niente.”, sussurrai.
Sentii un respiro caldo vicino l’orecchio.
“Tienimi la mano, ti condurrò io.”, mormorò Ruki.
Sentii le sue dita intrecciarsi alle mie e sobbalzai appena, prima di seguirlo nell’oscurità.
Evidentemente i vampiri dovevano essere dotati anche di una vista ad infrarossi o qualcosa di simile.

Di colpo venni strattonata verso sinistra.
“Ruki ma che-”
La sua mano mi tappò la bocca e riuscii a scorgere una luce in fondo al salone, doveva trattarsi di un guardiano notturno: attraversò un corridoio, controllando le stanze con la sua torcia, e man mano si fece sempre più lontano, fino a sparire.

Io e Ruki riprendemmo a muoverci silenziosamente.
Avvertii il cigolio di una porta, poi il vampiro scoccò la lingua.
“Non è questo.”
Ci spostammo alla stanza successiva, ma capii che non era neanche quella, poiché Ruki mi trascinò nuovamente fuori.
“Eppure sono questi gli uffici dei Consiglieri.”

Alla sesta porta, quando avevo quasi perso le speranze, Ruki mi strattonò all’interno e chiuse a chiave la porta dietro di noi.

Poi accese la luce.
“È questo.”, mi comunicò.
Gettai un’occhiata all’ufficio, non era grande e pomposo come me lo sarei aspettato, ma piuttosto piccolo.
Tuttavia, una libreria considerevole si ergeva lungo tutta la stanza.
Delle ante di vetro sigillavano gli scaffali.

“Dovremmo cercare la chiave per aprirla.”, annunciai, mentre mi mettevo a frugare nell’unica scrivania presente nella stanza.
Il suono del vetro in frantumi mi fece sussultare.
La mano di Ruki sanguinava, ma lui sembrò non farci caso, mentre frugava tra i libri.

Mi avvicinai a lui, osservando la mano ricolma di tagli e schegge.
“Sei impazzito?”
“Non abbiamo tempo per cercare la chiave.”, disse semplicemente.
“Com’è fatto questo libro?”
“Ha una rilegatura verde smeraldo in pelle, è pesante.”

Lo aiutai nella ricerca, ma non riuscimmo a trovare il libro che ci serviva.
Così Ruki dovette rompere il vetro successivo.
Notai una smorfia di dolore sul suo viso, seppur fugace, e pensai che stava facendo tutto questo per aiutarmi.
Mi sentii terribilmente in colpa, io non meritavo il suo aiuto, credevo di avergli spezzato il cuore e che non mi avrebbe più rivolto la parola.
Invece stava facendo di tutto pur di proteggermi.

Rimasi a contemplare un punto impreciso della libreria, consumata dal senso di colpa, ma in quel modo notai che uno scaffale aveva una forma differente rispetto agli altri.
“Apri questa vetrina.”
Ruki mi osservò dubbioso.
“Fallo per favore.”
L’ennesimo vetro finì in frantumi.
“Appena torneremo a casa devi farti medicare.”, annunciai, prima di gettare a terra tutti i libri presenti nello scaffale e tastare il fondo.

Trascorsero svariati secondi e mi dissi di aver visto troppi film di spionaggio, ma poi toccai una piccola incavatura nel legno.
Ci infilai il dito e riuscii a sollevare lo scaffale.
“Un doppio fondo.”, constatò Ruki, colpito.
Nascosi il mio volto soddisfatto.
E così estrassi un libro dalla rilegatura verde, proprio come lo aveva descritto Ruki.
Aprii la prima pagina, vi era disegnato un albero, con delle mele appese ai suoi rami.
Sotto vi era scritto “Adamo ed Eva.”

Non ebbi il tempo di proseguire la lettura, poiché la porta si spalancò di colpo.
Il guardiano notturno ci puntò la torcia contro.
Provai a pensare ad una scusa plausibile, per giustificare la nostra presenza, ma Ruki si parò davanti a me, mentre il guardiano mutava aspetto e diveniva un Ghoul.
Si scagliò su di noi e Ruki mi spinse indietro, facendomi sbattere contro la libreria.

Cercò di tenere a bada il Ghoul con un calcio ben assestato che lo spedì a qualche metro di distanza, ma altre due creature giunsero nella stanza e si avventarono sul Mukami.
Lui riuscì ad afferrarne uno per la gola, ma l’altro affondò i canini lunghi e affilati nel suo addome, strappandogli un gemito di dolore.
Seppi che dovevo far qualcosa.
Ma ovviamente i miei poteri avevano deciso di fare cilecca proprio in quel momento.

Inspirai a fondo, non potevo lasciare che facessero del male a Ruki, non lo avrei permesso.
Sollevai le mani e le mie fidate liane si mossero sul pavimento, strisciarono verso i Ghoul, afferrando le loro caviglie.
Portai le braccia in alto e le liane trascinarono le due creature in direzioni opposte, facendole cozzare contro il muro.
Intrappolai lì i due Ghoul, altre liane si strinsero intorno ad essi, che tentavano invano di liberarsi.

Mi rivolsi a Ruki, mezzo rannicchiato sul pavimento e ricoperto di sangue.
“Forza, dobbiamo andare.”
Mi portai il suo braccio intorno alle spalle, e lo aiutai a rimettersi in piedi, cosa che gli costò fatica.
Recuperai il libro e ci avviammo fuori dalla stanza, mentre i due Ghoul appesi al muro sembravano morti, tuttavia non indagai oltre.

Il terzo giaceva ancora sul pavimento, nel punto in cui lo aveva spedito Ruki con un calcio.
Gli girammo attorno, ma all’improvviso si riscosse, afferrandomi per una caviglia.
Strattonai il piede con una forza tale da liberarmi dalla presa.
Ma il Ghoul era di nuovo in piedi.

“Tieniti forte.”, ordinò Ruki.
Il pavimento si sciolse sotto i nostri piedi, seppi che ci eravamo teletrasportati.

 

***

 

Quando aprii gli occhi, avvertii qualcosa di morbido solleticarmi la guancia.
Distesi le dita e capii si trattava di fili d’erba.
Un brusio di voci mi riscosse, mi sentii sollevare di peso e riconobbi le braccia che mi avevano soccorso.
“Subaru?”
Ricevetti un grugnito in risposta, il che confermò i miei sospetti.
Poi spalancai gli occhi, muovendomi irrequieta fra le braccia del vampiro.
“Dov’è Ruki?”
L’ultima volta che l’avevo visto era sporco di sangue e indebolito.
E teletrasportarci doveva averlo sfiancato.

“Se ne sta occupando Yuma.”, mi spiegò Subaru, senza riuscire a controllare il suo tono inasprito.
Avrebbe dovuto immaginare la mia preoccupazione, mi sarei comportata allo stesso modo con qualsiasi altro vampiro a me caro.

Una mano sfiorò delicatamente la mia.

Ruotai il capo a destra, meravigliandomi nell’incontrare il viso di Yuki.
“Come stai?”, domandò con un tono apprensivo.
“Che ci fai qui?”
Lei mi accarezzò il dorso della mano.

“Sono qui per starti accanto.”

Gli occhi mi si riempirono di lacrime, mentre entravamo nella villa.
Subaru mi adagiò sul divano e Yuki prese posto al mio fianco.
“Sto bene, grazie.”, mormorai.

Notai Ayato in un angolo della stanza, osservava Yuki con uno sguardo diverso, questo stava a significare che qualcosa era cambiato tra loro.

“Il libro! Lo tenevo stretto fra le mani, dov’è?”, esclamai.
Neanche conclusi la frase che qualcuno me lo porse.
Kou era poggiato sullo schienale del divano.
“Dovresti leggerlo per bene.”

Mi misi a sedere e rigirai il libro fra le mani, non ero sicura di voler conoscere il suo contenuto, ma dovevo.
“Dove sono gli altri?”, domandai.
Kou mi spiegò che Yuma si stava prendendo cura di Ruki, e certamente Azusa era con loro, mentre Reiji e Shu stavano mettendo a punto un piano per fronteggiare i Cacciatori.
Reiji sembrava essersi rivolto ad una certa Edith, una Predatrice come la Dama, ma dalla nostra parte.

Dunque mi restava solo una cosa da fare: conoscere la verità.
Così iniziai a leggere.

Le prime pagine trattavano della leggenda di Adamo ed Eva, anche il libro confermava che i due fossero vampiri originariamente, ma Eva, dopo aver mangiato la mela, venne punita e trasformata in un’umana.

Parlava anche del Mondo dei Demoni, creato dai Primi Fondatori della razza demoniaca, dove convivevano tutte le creature sovrannaturali: lupi mannari, vampiri, vibora e ghoul.
Un mondo parallelo, al quale solo il Re dei Demoni può accedervi e solo lui decide chi può entrarvi o uscirne.

Quindi Carla Tsukinami non aveva mentito sull’essere stato imprigionato lì da Karl Heinz.
Nonostante questo, aveva trovato un modo per fuggire.
Continuai a sfogliare le pagine avidamente, sotto l’occhio attento dei presenti.
E finalmente lessi: “La nuova Razza.”

Il libro spiegava che, se mai una discendente di Eva avesse trovato il suo Adamo, la maledizione iniziale sarebbe stata annullata: lei avrebbe acquisito alcune caratteristiche del suo Adamo, come forza, resistenza, o una veloce guarigione, mentre lui sarebbe divenuto un essere umano, come la sua Eva.

Questo passaggio mi lasciò di stucco: Carla Tsukinami non mi sembrava affatto un essere umano.

Tuttavia avrei risolto in seguito la questione, al momento dovevo concentrarmi su ciò che stavo apprendendo dal libro, il quale faceva riferimento anche alla mia condizione.

Spiegava che l’unione di Adamo ed Eva avrebbe dato alla luce una nuova razza, una razza superiore perfino a quella dei Primi Fondatori, poiché la progenie avrebbe posseduto la loro forza e invulnerabilità, ma anche dei poteri aggiuntivi, legati ai quattro elementi.
Terra, acqua, aria e fuoco.

Probabilmente il mio potere era legato alla terra.

Una piccola nota, però, specificava che Adamo ed Eva avrebbero dovuto amarsi in egual modo.
Altrimenti l’Adamo in questione non sarebbe divenuto un umano ed Eva non avrebbe dato vita ad una nuova razza.

Chiusi per un momento il libro, in balia delle informazioni acquisite, avevo un groviglio di pensieri nella testa, un groviglio che più tentavo di sbrogliare, più questo diveniva caotico.

“Che succede Mitsuko, cos’hai letto?”, domandò Yuki, doveva aver notato la mia espressione crucciata.

Poi un’esplosione.

Kou ed Ayato si materializzarono accanto alle finestre: non ebbi il tempo di chiedere cosa fosse stato, che il vampiro dai capelli rossi aveva già afferrato Yuki per le spalle.
“La porterò nella tua stanza, da Yoshida.”
Non attese una risposta, li vidi scomparire in un secondo.

“Che sta succedendo?”

Kou manteneva un’espressione rilassata, ma seppi che qualcosa lo turbava.
“I Cacciatori sono qui fuori, hanno buttato giù il cancello e stanno entrando.”

In un lampo nel salone comparvero Shu e Reiji.
“Vai in un posto sicuro.”, mi ordinò il vampiro con gli occhiali.
“Non ci penso nemmeno.”, rimbeccai.
“Sai che rischi la vita rimanendo qui.”, mi rimbrottò Subaru, comparso assieme ad Ayato.
“Qui sei d’intralcio, tavoletta.”

Dal palmo della mia mano si modellò un filo d’erba che divenne sempre più lungo e dall’aspetto affilato, come fosse un pugnale, questa era una novità anche per me.

“Non vado da nessuna parte.”
Qualcuno mi diede un paio di buffetti sulla testa.
“Sei proprio testarda.”, esclamò Yuma.
Durante l’ultima battaglia mi ero tirata indietro, poiché troppo vulnerabile, ma stavolta non sarei rimasta a guardare.

“Dov’è Azusa?”
“Starà con Ruki, non si è ancora rimesso completamente.”
“E Kanato?”, in effetti non vedevo da tempo il vampiro con l’orsacchiotto.
“Io e Teddy siamo qui.”
Come se mi avesse sentito pronunciare il suo nome, Kanato era comparso alle mie spalle.
“E faremo a pezzi chi proverà a farti del male.”
Un largo sorriso mi comparve sul volto, dunque avevamo ristabilito una tregua.

Mi scambiai un’occhiata con i presenti, stringendo con forza il pugnale che avevo creato.
“Allora andiamo a fargli il culo.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PICCOLE NOTE: Nelle ricerche sono riuscita a trovare solo un’immagine dell’esterno del palazzo nazionale, quindi la descrizione dell’interno dell’edificio è un po’ improvvisato (motivo per il quale Ruki e Mitsuko si muovono al buio).

 

 

ANGOLO AUTRICE:

 

So di aver pubblicato solo ieri, ma anziché fare promesse e non riuscire a mantenerle, ho pensato di provare a pubblicare direttamente e per fortuna sono riuscita a sfornare questo capitolo, spero quindi di farmi perdonare, almeno un pochino.
Fatemi sapere cosa ne pensate, un grazie a tutti coloro che stanno seguendo la storia.
Un abbraccio, Nephy_

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Capitolo 29 - The Final Battle - ***


Capitolo 29 - The Final Battle -

 

 

 

 

 

 

 

 

Una volta usciti all’esterno, mi resi conto che eravamo decisamente in svantaggio numerico.
Stavolta vi erano dozzine e dozzine di Cacciatori, non seppi definire il numero preciso, le loro tute nere si confondevano bene nell’oscurità.
Erano armati fino ai denti e a guidarli ovviamente c’era Lee.
Ciò che mi sorprese, fu intravedere al suo fianco un uomo anziano, vestito con un abbigliamento molto caratteristico: intuii si trattasse del Cardinale Williams, ma seppi che Lee non ci avrebbe lasciato avvicinare a lui.

Non ci fu alcun discorso: qualcuno urlò “attaccate” e la prima dozzina di Cacciatori iniziò a correre nella nostra direzione, alcuni scoccarono frecce e altri colpi di pistola.
Avendo anche io dei riflessi più scattanti, riuscii ad evitare frecce e pallottole, mentre sul terreno crescevano liane pronte ad afferrare i Cacciatori, ma altri guerrieri si aggiunsero: erano troppi per poterli catturare in un solo colpo.
Sakamaki e Mukami erano già in posizione d’attacco.

“Ehi!”, una voce femminile distrasse tutti.
Una giovane donna, dalla chioma corvina, si era materializzata a qualche metro di distanza dalla villa, indossava un paio di pantaloni attillati, rosso fuoco come i suoi occhi.
“Possiamo unirci alla festa?”, domandò e, al suo fianco, comparve un gruppo di quelli che sembravano essere vampiri.

“Sono dalla nostra parte, vero?”, chiesi.
Shu mi lanciò un’occhiata.
“È la fidanzata di Reiji.”
Il fratello si massaggiò il dorso del naso: “Non è la mia fidanzata.”
Probabilmente si trattava di quella Predatrice di cui avevano parlato, Edith, e fortunatamente aveva portato i rinforzi.

Lei e i suoi compagni si avventarono su alcuni Cacciatori e, spronati da quel piccolo vantaggio guadagnato, Sakamaki e Mukami fecero lo stesso.
Ma sapevo che non avremmo potuto vincere la battaglia senza qualche perdita, i Cacciatori erano troppo numerosi.

Mentre mi occupavo di metterne qualcuno al tappeto, inchiodandoli con i mei rami, uno spintone mi fece perdere l’equilibrio e cadere: non ebbi il tempo di alzare lo sguardo che la punta di uno stivale si ficcò nel mio stomaco.
Una violenta tosse mi fece vibrare il petto.

“È la tua fine lurida ragazzina.”
Riconobbi la voce del signor Lee e tentai di infilzarlo con il pugnale che avevo in mano, ma lui mi schiacciò il polso con un piede, facendomi gemere di dolore.

Mi puntò una pistola contro.

Poi una mano gli trapassò l’addome.
Lee abbassò lo sguardo, rendendosi conto dello squarcio che aveva nello stomaco, dal quale colava molto sangue.
Il mio “salvatore” si rivelò essere Carla Tsukinami, che estrasse la mano dal corpo esanime del Cacciatore e me la porse.

“Sembra che il nostro allenamento sia stato vano.”
Rifiutai la sua mano insanguinata con una smorfia di disgusto e mi tirai su a fatica.
Fortunatamente impiegavo meno tempo a risanare ferite e lividi.
“Sto facendo del mio meglio –, replicai piccata, – e poi, con il tuo aiuto li sconfiggeremo.”

Carla mi osservò impassibile.
“Non vi aiuterò. Mi interessa solo che tu rimanga in vita.”
Le sue parole mi ferirono.
Quindi era proprio come Karl Heinz: non gli importava di me, ero solo una pedina per sconfiggere il suo rivale.
Mi avrebbe usata, proprio come aveva usato la mamma.

“Allora puoi andartene, perché io resterò qui e combatterò al fianco della mia famiglia.”
“Loro non sono la tua famiglia, l’unica vera famiglia che ti rimane sono io.”
Strinsi le mani in un pugno.
“Infatti è colpa tua se la mamma non c’è più. Hai preferito perseguire il tuo scopo, non l’hai protetta!”
Trattenni le lacrime mentre parlavo.
“L’hai abbandonata e io non farò lo stesso. Tu non amavi Natsumi, ma io amo tutti loro, seppur in modo diverso. –, indicai i vampiri che lottavano sparsi nel giardino. – E non li abbandonerò.”

Carla scoccò la lingua, prima di afferrarmi per un braccio.
Seppi che ci saremmo smaterializzati e, con uno strattone, mi liberai della presa, lasciando il demone di stucco.
Mosse dei passi verso di me, sicuramente deciso a trascinarmi via con la forza, ma gli puntai contro il coltello che avevo creato.
“Vattene.”
Notai i suoi occhi adombrarsi, poi svanì nel nulla.

Cercai di reprimere la delusione crescente, cosa potevo aspettarmi da un demone privo di sentimenti?

Controllai la situazione circostante.
Yuma stava aiutando Kou con tre Cacciatori, che lo avevano accerchiato; Reiji e Shu sembravano cavarsela egregiamente nel mettere al tappeto un cacciatore dopo l’altro.
Scorsi anche quella Predatrice dai capelli blu scuro, si muoveva veloce e in modo aggraziato: un Cacciatore le si parò davanti e, con un balzo, gli staccò la testa.
 Il mio sguardo ricadde su Kanato, notai che aveva appena pugnalato il petto di un Cacciatore, ma un altro lo aveva puntato con un fucile.
“Kanato!”, urlai, correndo nella sua direzione.

Un Subaru sbucato dal nulla deviò il colpo del Cacciatore, strappandogli il fucile di mano.
Poi lo usò per colpirlo in testa, spedendolo a terra.
Kanato mi rivolse uno strano sorriso, Subaru mi fece un cenno con la testa, ed entrambi tornammo nella mischia.

Ma non avremmo resistito a lungo, qualche compagno di Edith era già stato ammazzato, non potevo rischiare di perdere uno dei miei.
Il Cardiale era protetto da una ventina di Cacciatori, ma era l’unico che avrebbe potuto mettere fine a questa lotta insensata.

Gli corsi incontro, qualche guerriero tentò di braccarmi, ma li schivai abilmente, iniziavo a prendere dimestichezza con le mie nuove capacità.

Il Cardinale Williams diede l’ordine e i Cacciatori che gli facevano da guardia si scagliarono su di me: mossi le mani a destra e sinistra, da esse si sprigionarono numerosi aghi di legno appuntiti e si ficcarono sulle gambe dei Cacciatori.
Non era mia intenzione ucciderli, ma dovevo pur rallentarli.  
Li intrappolai con gabbie resistenti.

E mi trovai davanti il Cardinale Williams.
Estrasse una spada dalla sua tunica, ma non gli diedi modo di muoversi, una liana gliela strappò di mano e gli bloccò i polsi.

“Mi ascolti, non voglio che sia versato altro sangue.”
L’uomo corrugò la fronte, evidentemente sorpreso.
“Non ho alcuna intenzione di fare del male a lei o ai suoi uomini.”
“Eppure avete ucciso i miei guerrieri, e tu possiedi doti che una ragazza umana non dovrebbe avere, discendente di Eva.”, la sua voce era calma e profonda.

“Il mio nome è Mitsuko e la mia unica colpa è stata affezionarmi ai quei vampiri, che stanno lottando per difendermi.”
Il Cardinale Williams guardò oltre le mie spalle.
“Ho dei poteri, è vero, ma non ho intenzione di assecondare il volere di Karl Heinz. Non voglio sottomettere il genere umano o nulla di simile. Voglio solo pace per noi e per i Sakamaki.”
L’uomo mi scrutò attentamente e osservò i Cacciatori che si dimenavano ai suoi piedi, intrappolati nelle mie piante.

“Esiste un libro che parla di Adamo ed Eva e di ciò che sono.”
“Il Libro Antico.”, esclamò il Cardinale.
Dunque lo conosceva.

“Potrà averlo e constatare lei stesso che non sono una minaccia, ho solo dei poteri che non ho intenzione di usare contro di voi.”
“E contro chi allora?”
“Contro coloro che mettono a rischio la mia famiglia.”

Per cui Karl Heinz era incluso, ma non ritenni necessario specificarlo.
A dimostrazione di ciò che avevo appena affermato, liberai il Cardinale.
Si massaggiò i polsi e continuò ad osservarmi.

“Sei una ragazza singolare, Mitsuko Yoshida. Definisci i tuoi carnefici come famiglia.”
I suoi occhi si assottigliarono.
“Eppure, loro ti rispettano, ti seguono e combattono per te.”
Quasi mi commossi, quando constatai che le parole del Cardinale erano un’assoluta verità.
“Questo è il patto. – Iniziò a dire l’anziano, – ti occuperai di tenere a bada i Sakamaki e i Mukami. Se li reputerò una minaccia per la comunità, sarai tu a risponderne.”
Allungai una mano verso il Cardinale per sigillare il patto.
“E mi darai il Libro Antico, così che venga custodito nella Cattedrale, a cui appartiene.”
Tenni la mano sospesa a mezz’aria.
Avevo già letto gran parte del suo contenuto, conoscevo ciò che mi serviva sapere.
Williams strinse la mia mano, poi si rivolse ai Cacciatori.
“Basta così. Gettate le armi.”

Reiji cercò il mio sguardo e, dopo un cenno da parte mia, lui e gli altri smisero di combattere, mentre i Cacciatori riposero le armi.

Tirai un sospiro di sollievo, era finita.

Poi una voce.
Una voce maschile, divenuta per me ormai insopportabile.
“Ma che scena commovente.”, esclamò Karl Heinz.

***

  Il padre dei Sakamaki sostava in piedi dinanzi a me, una decina di metri a dividerci.
Il Cardinale Williams lo scrutò con diffidenza.
“Signor Sakamaki, le informazioni che ci ha dato si sono rivelate solo parzialmente veritiere.”

Il vampiro dai capelli bianchi sorrise, scoprendo i suoi canini affilati.
“Dunque la nostra Mitsuko ha davvero dei poteri.”
“Ma non è pericolosa come affermava. Abbiamo stretto un accordo, la sua presenza non è necessaria qui.”, dichiarò il Cardinale, venendo bellamente ignorato.

Gli occhi ambrati del vampiro erano inchiodati sulla mia figura, mi osservavano con uno strano luccichio.
D’altronde, io ero la personificazione dello scopo della sua esistenza.
Rappresentavo la nuova razza.
“Si sbaglia, Cardinale Williams, è la sua presenza a non essere necessaria, qui. Io sono venuto a prendere ciò che mi appartiene.”

Improvvisamente Sakamaki e Mukami si materializzarono al mio fianco, lasciando Karl Heinz lievemente stupito.
Probabilmente solo in quel momento comprendeva quanto i suoi figli, biologici o adottati, tenessero a me.

“Sciocchi. Non avete alcuna possibilità contro di me.”
E così dicendo, alle spalle di Karl Heinz comparvero centinaia di Ghoul, con le zanne in bella mostra e terribili ghigni stampati in faccia.
Erano perfino più numerosi dei Cacciatori.

“Cosa potete voi, contro il mio esercito? –, ci sbeffeggiò Karl Heinz, – siete soli.”
“Non sono da soli.”, rimbeccò il Cardinale Williams.
Fece un cenno con la mano e i Cacciatori si schierarono al nostro fianco.
Edith e i suoi ci raggiunsero, Reiji le rivolse un’occhiata riconoscente e lei ricambiò con un sorriso.
Che Shu avesse ragione sul definirla la fidanzata del fratello?
Avrei indagato più tardi, ero certa che, unendo le forze, saremmo riusciti a sconfiggere Karl Heinz, anche se i suoi Ghoul erano sempre in maggioranza, rispetto a noi.

Un ululato squarciò il silenzio.
Un branco di lupi sbucò dal bosco, alla nostra sinistra, capeggiato dalla Dama.
Riconobbi uno dei lupi, quegli occhi dorati appartenevano ad un’unica persona.
Carla Tsukinami non mi aveva abbandonato.
Quella consapevolezza mi diede la carica giusta per lottare ancora, con tutte le mie forze.

Karl Heinz sembrava sinceramente sbalordito, non si aspettava di vedere Carla Tsukinami, lo credeva intrappolato nel mondo dei Demoni.
Poi mi guardò di colpo, con gli occhi spalancati, capendo come stessero effettivamente le cose.
Doveva aver intuito il nostro legame di parentela.
Puro odio sfigurò il suo volto e perse tutta la compostezza che lo caratterizzava.
Il suo “rivale” era riuscito nell’intento di creare una nuova razza, mentre lui non ne era stato in grado.

“È ora di mettere fine alla sua tirannia!”, urlai, rivolgendomi ai presenti.
“Karl Heinz non manipolerà mai più nessuno di noi.”
Pronunciai questa frase per spronare i suoi figli.
“E non sarà più un pericolo per la nostra comunità.”
Il Cardinale Williams assentì.
Guardai il mio vero padre dritto negli occhi: “Gli sarà strappato il titolo di Re, poiché non gli appartiene.”
Carla ululò in risposta.
E così iniziò la battaglia decisiva.

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** Capitolo 30 - Girl of Darkness - ***


 

Capitolo 30 - Girl of Darkness -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Yuki aveva avuto modo di chiacchierare con il padre adottivo di Mitsuko.

Purtroppo le sue ferite non erano completamente rimarginate e quindi aveva dovuto insistere per farlo rimanere al letto, altrimenti si sarebbe lanciato nella battaglia, pur di aiutare sua figlia.

Era evidente che ci tenesse a lei, ma in quelle condizioni avrebbe solo rischiato di perdere la vita e Mitsuko non glielo avrebbe mai perdonato.
Solo così Takeshi Yoshida si era convinto a restare a letto, nonostante le esplosioni all’esterno.

Sfortunatamente, la finestra della camera di Mitsuko affacciava sul retro della villa, dove vi era la serra con le rose, quindi Yuki non aveva la più pallida idea di cosa stesse accadendo lì fuori, ma sperò con tutta sé stessa che nessuno dei suoi amici finisse ferito, o peggio…
Il solo pensiero le procurava un nodo in gola, che le impediva di respirare.

Un tonfo improvviso vicino la stanza la riscosse dai suoi pensieri: Takeshi aveva già impugnato la sua pistola.
“Nasconditi.”, le ordinò l’uomo, mettendosi in piedi con un certo sforzo.
Yuki provò a contestare, ma lui non glielo permise e la rassicurò che sarebbe andato tutto bene.
Così la ragazza scelse il bagno come nascondiglio più adeguato.
Takeshi chiuse la porta e Yuki lo sentì allontanarsi.
Rimase con l’orecchio poggiato sulla porta in legno, attenta a captare qualsiasi rumore.

Poi un botto improvviso: distinse un lamento di Yoshida e degli spari.
Sussultò, tenendosi una mano stretta sul petto, il terrore aveva preso il controllo del suo corpo e non riusciva a muovere un muscolo.

La porta si spalancò e lei cacciò un urlo, ma provò sollievo quando vide Takeshi. Tuttavia, un nuovo taglio spiccava sul suo braccio.
“Sei ferito.”
“Non è niente. –, tagliò corto, – ma qui non siamo più al sicuro.”
Così Yuki seguì l’uomo fuori dalla stanza e si imbatterono in qualcuno.

Takeshi avrebbe nuovamente fatto fuoco, se Yuki non avesse riconosciuto il volto di uno dei Mukami.
“Ruki?”
L’uomo abbassò l’arma, mentre il vampiro annuiva.
“È troppo pericoloso qui.”, annunciò.
Anche lui sembrava non avere una bella cera.
“Io e Azusa vi accompagneremo nella nostra limousine, è parcheggiata nel retro della villa, vi porterà al sicuro.”
Un altro ragazzo fece capolino dietro Ruki.
Yuki non aveva mai incontrato l’ultimo membro dei Mukami, la prima impressione che ebbe di lui fu come trovarsi davanti ad un bambino indifeso e malinconico, i suoi occhi color lavanda sembravano così tristi.

“Io resterò qui con Mitsuko.”, sentenziò Takeshi.
Il vampiro lo squadrò da capo a piedi.
“Non sei nelle condizioni adatte per combattere.”
L’uomo avrebbe voluto replicare, ma il succhiasangue non aveva tutti i torti.
Così tutti e quattro percorsero le scale, avviandosi nella serra con le rose, per raggiungere la limousine.

Ma un gruppo di Ghoul ostacolò il loro cammino.

Ruki si occupò di uno di loro, avventandosi sul suo collo per staccarglielo, mentre Takeshi sparò agli altri tre, e riuscì anche a farne fuori uno.

Azusa tentò di imitare il fratellastro, ma venne sbalzato a qualche metro di distanza.
Ruki gli fu affianco in un lampo, prima che il Ghoul potesse portare a termine ciò che aveva iniziato, e lo bloccò per le braccia.
Takeshi gli sparò un colpo dritto in testa.

Tuttavia, entrambi avevano dimenticato la presenza del quarto Ghoul: Yuki era stesa sul pavimento e sanguinante, un liquido scarlatto le macchiava la maglietta, l’essere infernale aveva affondato i suoi artigli nel petto della ragazza, ma qualcuno allontanò il Ghoul da lei e gli mozzò la testa.

Yuki stramazzò al suolo e Ayato l’afferrò prima che toccasse il terreno, tenendola stretta al suo petto.
“A- Ayato…”, sussurrò lei.
Il suo corpo tremava convulsamente.
Ruki non aveva mai visto Ayato così spaventato.

Si assicurò che Azusa stesse bene e fortunatamente era così.
Quindi gli ordinò di portare nella limousine Yoshida, conscio che l’amica di Mitsuko non aveva alcuna speranza di sopravvivere.
Takeshi, che aveva precedentemente accettato di andar via senza troppe storie, intuendo che non erano solo i Cacciatori ad aver attaccato sua figlia, ma anche quelle creature infernali, si oppose alla stretta di Ruki e si lanciò verso la battaglia, ma il vampiro lo tramortì con un colpo sulla nuca, spedendolo a terra, privo di sensi.
Forse Mitsuko non avrebbe approvato quel metodo per tenerlo buono, ma era l’unico modo per impedire che finisse ammazzato.
Azusa sfruttò la sua forza sovrannaturale per caricarlo nella limousine.

Ayato, intanto, teneva Yuki fra le sue braccia, e poteva notare i suoi occhi dolci perdere lentamente vitalità.
“Biondina. – Si sorprese del suo tono di voce, così flebile, – ohi, non andartene. Non hai il mio permesso.”
“Ho paura Ayato… –. Yuki tossicchiò appena, – non lasciarmi.”
“Non ti lascio, ti proibisco di morire.”
Nonostante fosse terrorizzata, Yuki sorrise dinanzi quell’imperioso comando.
“Allora non lo farò.”, rispose, ma chiuse comunque gli occhi.
Ayato la scosse per le spalle.
“Ohi.”

Ruki si chinò al suo fianco.
 “Non credo che tu possa fare qualcosa per-”
Il Mukami non poté concludere la frase, perché l’altro lo spinse via.
“Fa’ silenzio! Sono io a decidere per lei.”

Le persone non ti appartengono.”, la frase di Mitsuko gli tornò in mente ed Ayato digrignò i denti, furibondo, perché lei aveva sempre avuto ragione.
Yuki non gli apparteneva, non poteva decidere della sua vita, e adesso era costretto a guardare inerme mentre si spegneva lentamente.

Ruki scosse il capo, non aveva tempo da perdere con uno sciocco testardo, doveva raggiungere Mitsuko, e in fretta, poco importava se non aveva recuperato del tutto le forze.
Lui avrebbe combattuto al suo fianco.
Si teletrasportò via.

“Ho freddo…”
Ayato rimase a cullare Yuki tra le sue braccia e, in un ultimo disperato tentativo di salvarla, si morse il braccio: il sangue iniziò a traboccare dal suo polso.
Lo spinse vicino le labbra schiuse della ragazza e lo fece colare nella sua bocca.
Yuki tossì nuovamente, stavolta per il sangue che stava ingerendo, ma non ebbe neppure la forza di chiedere spiegazioni, si limitò a deglutire.
Poi il suo capo ricadde mollemente sulla spalla di Ayato.

Il vampiro dai capelli rossi la osservò speranzoso, ma non ricevette alcun cenno da parte sua.
Se n’era andata.

***

Infilzavo un Ghoul con una delle mie liane quando avvertii una strana sensazione.
Un tremito del suolo, una folata di vento, come se il mio elemento stesse cercando di comunicarmi qualcosa.
Controllai che non ci fosse alcun Ghoul nelle vicinanze, prima di inginocchiarmi e posare le mani sul terreno. Fu un gesto spontaneo.

Inspirai a fondo e sentii la natura scorrere sulla punta delle dita, potevo percepire i passi delle persone a me care: anche senza guardare, io riuscivo a vederli.
Fui grata perché tutti stavano bene.
Ma avvertivo anche delle vibrazioni negative, arrivavano a ondate, da lontano.

Come se mi stessi muovendo nei dintorni, cercai quella fonte di negatività, e mi ritrovai nel roseto di Subaru.
Fu come se i fiori mi parlassero.

Morte.
Questo era tutto ciò che riuscivo a percepire.
La linfa vitale di qualcuno che aveva abbandonato il suo corpo e che scorreva ora nel terreno, come fosse ormai parte della natura.
Poiché nulla si crea e nulla si distrugge, ma tutto si trasforma.

Mi mancò il fiato e una brutta sensazione si impossessò di me.
Sentii una mano posarsi sulla mia spalla e il contatto si ruppe.
Sollevai lo sguardo, incrociando gli occhi grigi di Ruki.
“Che è successo?”
Lui strinse le labbra, come a decidere se confessare tutto o meno.
Il mio brutto presentimento si intensificò.
“Ruki.”, lo esortai.
“La tua amica…”

Bastò che pronunciasse quelle tre parole e sentii il mondo crollarmi addosso.
Iniziai a scuotere il capo con vigore: no, non poteva essere successo.
Non di nuovo.
“Lei è…”
“No.”
Ruki rimase in silenzio, ma continuare a interromperlo non avrebbe cambiato ciò che era successo.
“No, no, no!”

Il terreno iniziò a vibrare innaturalmente.

“NO!”
La rabbia esplose come un fiume in piena.

Battei i pugni sul terreno più e più volte: una scossa, simile a quella di un terremoto si diramò dalla mia figura, propagandosi per tutto il giardino, divenuto un campo di battaglia.

Potei notare alcune occhiate sconcertate e altre incuriosite, ma ero troppo sconvolta per darci peso.
Serrai la mascella, fissando Karl Heinz con uno sguardo pieno d’odio.

Il temibile Re dei vampiri si era tenuto a debita distanza.
Mi rivolse un sorriso di scherno, quella fu la scintilla che mi fece perdere ogni briciolo di razionalità e umanità.
Volevo lui e tutti i suoi tirapiedi morti all’istante. Nel modo più cruento che potesse esistere.
Urlai, accovacciandomi sul terreno.

Non Yuki, non lei…

Qualcosa si spezzò dentro di me.
Avevo provato ad essere buona, avevo impiegato tutte le mie energie affinché “il bene” potesse prevalere.
Avevo combattuto per dimostrare ai vampiri che essere buoni ripagava sempre.
Ovunque ci fosse stato buio, io avevo portato la luce.
Dov’era morte, io avevo portato vita.
Avevo insegnato a Sakamaki e a Mukami il rispetto, la gentilezza, l’affetto…

E cos’avevo ricavato da tutto questo?
Loro non erano poi così diversi.
Non avevo riportato in vita la mia vera madre.
Non avevo riportato in vita Raito.
E non avrei riportato in vita Yuki.

Il sole sbucava timidamente dietro i monti, l’alba segnava l’inizio di un nuovo giorno e l’inizio di una nuova me.
Nessun raggio di sole venne a illuminarmi, com’era stato quand’ero bambina.
Rimasi avvolta nell’oscurità, anche quando mi sollevai e camminai verso Karl Heinz.

Un paio di Ghoul mi vennero incontro, Ruki si mosse alle mie spalle, con l’intenzione di proteggermi, ma mi bastò un cenno della mano: numerose piante crebbero e ridussero in brandelli i Ghoul che avevano tentato di avvicinarsi e tutti quelli che mi approcciarono lungo il cammino.
Mantenni il mio sguardo agganciato a quello di Karl Heinz e anche lui non fu da meno, mentre sfilava il pesante mantello nero, poggiato sulle sue spalle.

Ricadde ai suoi piedi e piegò il capo, come a studiarmi da un’altra angolazione.
Fiero e irritato al contempo.

La leggenda di Adamo ed Eva era reale, aveva avuto ragione fin dall’inizio, ora poteva ammirare la creatura che avrebbe voluto dare egli stesso alla luce, tuttavia Carla Tsukinami lo aveva anticipato.
Doveva essere quella consapevolezza a deturpare il suo volto, rendendolo quasi grottesco.
Non riusciva più a indossare quella maschera da uomo altero e distaccato che aveva solitamente.

Quando ci trovammo faccia a faccia, non proferii parola ma passai subito all’azione, modellando centinaia di liane ai lati di Karl Heinz, per intrappolarlo.

Ma lui le schivò con facilità, prima di spazzarle vie con un gesto della mano.

Aggrottai le sopracciglia, ma capii che doveva avere dei poteri simili a quelli di Carla.

Così cambiai strategia, scagliando una raffica di pietre affilate contro il vampiro, ma lui si era già materializzato alle mie spalle.
I mie sensi erano stati veloci a captarlo, ma non abbastanza per evitare il calcio che mi sferrò sulla schiena.
Sentii uno scricchiolio inquietante quando provai a muovermi.

“Patetica.”, commentò Karl Heinz con un perfido sorriso.

Con una fatica immensa tornai in piedi, ancor più furiosa se possibile.
Spunzoni di legno sbucarono dal suolo, cogliendo l’altro di sorpresa, ma tutto ciò che riuscii a fare fu strappargli un pezzo di camicia.
Karl Heinz scoccò la lingua, in segno di dissenso, e si avventò su di me.
Riuscii ad evitarlo per un soffio, ma quel brusco spostamento mi causò dolori allucinanti alla spina dorsale.
Temevo mi avesse rotto qualche osso.

“Dunque ho sprecato solo tempo –, esclamò Karl Heinz, scansando un ciuffo dal viso. – Sei così debole.”
Grugnii in risposta e mi scagliai contro di lui, ignorando il dolore lancinante alla schiena.
Lui mi catturò fra le sue braccia, impedendomi qualsiasi movimento.
Mi abbandonai a un grugnito frustrato.

Lui sembrava un bambino al parco giochi, nei suoi occhi cattivi riuscivo a leggervi una punta di divertimento.
Mi strinse maggiormente, mozzandomi il respiro.
Se avesse stretto ancora un po’, non avrei resistito a lungo.
“Che delusione sei stata, mia cara Mitsuko.”

All’improvviso mollò la presa, ruggendo di dolore.
Notai un lupo attaccato alla sua gamba, mentre mi accasciavo al suolo.
Il vampiro se ne liberò con un calcio e il lupo bianco si dissolse.
Il morso dell’animale sulla gamba di Karl Heinz si rimarginò molto rapidamente, ma i pantaloni rimasero laceri.

Un tocco caldo sulla spalla e ogni dolore nel mio corpo svanì.
Sollevai lo sguardo e Carla mi aiutò ad alzarmi.

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** Capitolo 31 - In the End - ***


Capitolo 31 - In the End -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Guarda, guarda.”, commentò Karl Heinz, con un tono ilare forzato.
“Papà e figlia finalmente riuniti.”
“Non grazie a te.”, rispose Carla con tono glaciale.

“Come potevo sapere che la cara Mitsuko fosse tua figlia? -, domandò Karl con innocenza – Natsumi lo ha sempre tenuto ben nascosto. Nonostante io sia stato molto… persuasivo.”

La rabbia prese nuovamente il sopravvento: delle liane si lanciarono sulla figura del vampiro dai capelli lunghi, ma Karl Heinz le distrusse, quasi con fare annoiato.

“E poi, non ti sei goduto il soggiorno nel mondo dei demoni?”
“Sei il Re solo perché hai cancellato la memoria degli abitanti, laggiù, e non ricordano più chi siano i veri fondatori di tutte le razze esistenti. –, annunciò Carla, - ma la tua morte porrà rimedio a questo.”

I due si corsero incontro e avviarono uno scontro corpo a corpo in vari punti del giardino, spingendosi verso il bosco.
Non riuscivo neppure a seguirli con lo sguardo, tanto erano rapidi.

Volevo aiutare Carla, non sarei venuta meno a quella promessa.
E ora che non c’era più Yuki, il desiderio di uccidere Karl Heinz con le mie stesse mani era cresciuto inestimabilmente.
Il problema era trovare il modo per farlo.

Poi un’idea: io potevo creare un contatto con la natura, con il mio elemento, solo così avrei potuto intrappolare Karl Heinz.
Toccai il suolo e impiegai ogni singola cellula del mio corpo per concentrarmi.
Avevo bisogno di isolarmi da tutto il resto, come avevo fatto poco prima, ma la rabbia mi offuscava la mente.
Trassi un lungo sospiro, poi affondai le unghia nella terra.

La sentii come scuotersi, come se avesse riconosciuto il mio tocco.

Prestai attenzione solo ai due vampiri che lottavano a qualche metro di distanza, rincorsi i loro corpi che si inoltravano nel bosco, le fronde degli alberi oscillarono: erano dalla mia parte.
Le radici vennero fuori dal pavimento e si attorcigliarono intorno a Karl Heinz, incarcerandolo nella loro gabbia nodosa.
Il suo primo tentativo fu sicuramente teletrasportarsi, ma riuscii a scorgere il suo disappunto nel non riuscirci. 

Colpì il legno, ma questo non si scheggiò neppure.
Non seppi spiegarlo, pensavo si trattasse di semplici radici, appartenenti agli aceri intorno alla villa, tuttavia sembravano resistenti perfino alla sua magia.
Carla curvò le labbra in un piccolo sorriso compiaciuto nella mia direzione.
Mi sentii quasi orgogliosa quando lo raggiunsi.

Irritato, Karl Heinz posò entrambe le mani sulle sbarre e il fuoco divampò di colpo, iniziando a incenerire le radici.

Carla provò a spegnere il fuoco con le sue ombre scure e io feci crescere altre liane per imprigionare i polsi di Karl Heinz.
Ma un’esplosione mi costrinse a chiudere gli occhi e a ripararmi con un braccio il viso, vedendo schegge di legno infuocate schizzare in ogni dove.

Quando li riaprii, mi scontrai con qualcosa di duro.
Il corpo di Carla mi sovrastava, mi sorpresi nel ritrovarmi tra le sue braccia, ma quando si staccò, notai un enorme pezzo di legno ficcato nel suo petto.
Rimasi ad osservare quella scena per qualche istante, prima di elaborare ciò che era accaduto: mi aveva fatto da scudo col suo corpo.

Ma perché?
Ero solo una sua pedina, non mi aveva mai considerato veramente sua figlia, né mi aveva mai fatta sentire tale.
Crollò ai miei piedi, mentre Karl Heinz, alle sue spalle, si puliva di dosso qualche strato di cenere.


Mi chinai su Carla.
“Era questo il tuo brillante piano per sconfiggerlo?”, domandai infastidita.
Ma quel fastidio nascondeva dispiacere.
Avevo visto troppe persone a me care morire.
Ne avevo abbastanza.

L’idea di aver perso Yuki mi faceva contorcere le viscere, ma tutto ciò che mi impediva di crollare, era il desiderio di fare a pezzi Karl Heinz.

Posai una mano sul terreno e un muro di pietra si innalzò intorno a noi, era alto svariati metri, questo ci avrebbe fatto guadagnare tempo.

“Io… amavo Natsumi.”, esclamò Carla Tsukinami.
Sussultai e inaspettatamente mi vennero le lacrime agli occhi.
“Ma amare Natsumi mi stava facendo diventare umano e sono fuggito. –, mi confessò. – Karl Heinz non mi avrebbe imprigionato nel mondo dei demoni se fossi stato in pieno possesso dei miei poteri.”

Un colpo contro il muro, le pareti di pietra vibrarono, ma non cedette.

“Se fossi tornato, sarei stato vulnerabile, non avrei potuto difendervi, Quindi tutto ciò che potei fare fu cancellare la vostra memoria e tenermi a distanza.”

Mi sfuggii un singhiozzo inaspettato.
Stentavo a credere alle sue parole, ma da quel poco che avevo visto, un demone di razza superiore come lui non si sarebbe mai abbassato a confessare una cosa simile.
Il suo scopo non era aizzarmi contro Karl Heinz, in quell’istante, ma farmi capire perché ci aveva lasciate.

“Credevo che noi creature sovrannaturali non fossimo in grado di amare, questo finché non ho conosciuto tua madre.”
Un piccolo spasmo lo attraversò.
Poggiai una mano sulla scheggia che teneva conficcata in mezzo al petto, ma lui mi bloccò il polso.
“Toglierla accelererà solo la mia morte, sono ancora troppo vulnerabile per guarire ferite di questa portata.”
Non seppi dire perché adesso fossi tanto rattristata dalla sua perdita.
Forse perché mi aveva mostrato un lato di sé che non conoscevo, il suo lato umano, quello che era affezionato a me e alla mamma.

“Karl Heinz ha fallito nel suo intento, poiché non amava Natsumi, altrimenti qualsiasi vampiro o demone potrebbe dare alla luce una nuova razza.”

Quell’informazione mi lasciò di sasso.
Ma non ebbi il tempo di assimilare tutto ciò che mi aveva rivelato: il muro che avevo eretto crollò.

“Perdonami Mitsuko, non sono riuscito a salvare tua madre. E neanche a proteggerti.”, oramai Carla faticava a parlare.

Karl Heinz si stava avvicinando.
“Vendicherò Natsumi, te lo prometto. Resta in vita.”, gli ordinai, mentre mi rimettevo in piedi.
“Punta al cuore, non solo alla testa.”, mi suggerì Carla, prima di chiudere gli occhi.

Ora restavamo solo io e Karl Heinz, era la resa dei conti finale.

***

Karl Heinz si lanciò su di me, ma stavolta riuscii ad anticipare la sua mossa e a schivarlo.
Con un’espressione meravigliata, sicuramente dovuta al fatto che mi aveva mancato, il vampiro tentò una seconda volta ad afferrarmi per la gola, ma artigliai il suo polso e lo scaraventai a qualche metro di distanza, stupendomi io stessa di quella forza straordinaria.

Karl Heinz atterrò in piedi, in modo elegante, rivolgendomi tuttavia uno sguardo esterrefatto.
Probabilmente si domandava come avessi potuto competere coi suoi riflessi scattanti, e con la sua forza, ma era ciò che mi domandavo anch’io.

Quel tenergli testa, però, mi donò una scarica di adrenalina, così mi gettai su di lui, impavida: miravo alla testa, poiché avevo constatato che, per uccidere definitivamente una creatura sovrannaturale, la si doveva privare di quella parte del corpo, non avendo più un cuore palpitante in mezzo al petto.
Eppure Carla aveva detto “punta al cuore”.

Karl catturò la mia mano e la portò dietro la schiena, spezzandomi il braccio.
Mugolai di dolore, ma non mi deconcentrai.
Il vampiro era troppo preso dallo storcermi il braccio, e imprigionarmi col suo corpo, per rendersi conto delle liane che strisciavano ai suoi piedi.
Si avvolsero intorno alle sue gambe e si arrampicarono su per la schiena.
Fu costretto a mollare la presa per potersi liberare, ma la sua magia non funzionò e io ne approfittai per calciare con rabbia il suo stomaco.

Karl Heinz barcollò indietro, venendo avvolto dalle mie liane.

Poi le fiamme divamparono sulle sue mani, una lingua di fuoco mi ustionò la gamba sinistra, risalendo lungo tutto il braccio.
Con un arto superiore ustionato ed uno rotto, continuai ad avvolgere Karl Heinz con le liane, dalle quali fuoriuscirono aghi acuminati che gli trapassarono la pelle.

Il vampiro ruggì furibondo e si sbarazzò delle mie piante.

Mi sentii sollevare di peso: una forza invisibile mi fece sbattere contro il terreno, la vista si offuscò per il colpo, mentre il corpo non accennava a muoversi, troppo indolenzito.

Quella forza invisibile continuò a gravare sulle mie spalle ed io annaspai in cerca d’aria, era come se mi schiacciasse i polmoni.
Mossi le dita e un masso di pietra enorme volò verso Karl Heinz, ma lo distrusse prontamente con i suoi poteri.
Approfittai di quella distrazione e, con le ultime forze che mi restavano, sfiorai il suolo.

Lasciai che il legame che avevo con la Terra fluisse liberamente, stavo accogliendo quelli che erano i miei poteri, conscia di poterli dominare, non mi sarei più trattenuta col timore di ferire qualcuno di innocente.
Karl Heinz non era innocente e meritava di morire.

Il suolo tremò ancora una volta.
Il “re dei vampiri” camminò nella mia direzione, tutto ciò che riuscivo a vedere erano le sue scarpe nere ed i suoi pantaloni laceri.
“Tutto qui quello che sai fare, Mitsuko?”

Le scosse si intensificarono, mentre Karl mi afferrava per la gola e mi trascinava in piedi.
Non mi ribellai, sebbene stentassi a respirare.
“Sei solo un altro inutile esperimento e morirai da sola.”
Sorrisi sprezzante, mentre il mio viso perdeva gradualmente colore.
L’ossigeno aveva smesso di circolare, ma ebbi comunque la forza di rispondergli.
“Ma tu verrai con me.”

Una liana appuntita si sollevò alla sua sinistra, Karl Heinz utilizzò la mano libera per bloccarla, prima che riuscisse ad infilzarlo, il che lo fece sorridere compiaciuto.

Non aveva notato, però, la seconda liana alla sua destra, che scattò rapida, approfittando della sua distrazione, e gli perforò il petto.
Gli sfuggì un gemito, mentre mi liberavo della sua presa.

Strappò la liana conficcata nel torace con un lamento.

Sarebbe dovuto morire, com’era possibile fosse ancora in vita?
Eppure avevo puntato al cuore.

Poi capii.

Numerosi spunzoni di legno lo allontanarono da me, mentre altre liane comparivano dietro di lui.
Evitò le radici appuntite e distrusse, con la sua magia, la moltitudine di sassi che gli stavo scagliando addosso.

Nonostante questo cadde nella mia trappola, finendo nel groviglio di liane alle sue spalle, che si strinsero attorno a lui.
Fece per liberarsene, ma gli venne impedito di compiere anche il più piccolo movimento, era completamente imprigionato e l’unica cosa che rimase scoperta furono i suoi occhi, ricolmi d’ira.
Le liane iniziarono a cedere, seppi che si sarebbe liberato da un momento all’altro, così sollevai un braccio e attesi qualche istante, finché un oggetto volò nella mia mano.
Karl era di nuovo libero, schiumante di rabbia.
Si lanciò su di me e mi ritrovai stesa al suolo, il suo corpo premuto contro il mio.

Aveva gli occhi di fuori e la bocca contratta, la mano pronta a strapparmi il cuore dal petto.
Ma capì che qualcosa non andava.
Il suo sorriso trionfante si affievolì, e corrugò la fronte, mentre lo sguardo scendeva ad osservare il petto.

Ed io rigirai il pugnale di Subaru nel suo torace, assicurandomi di avergli trapassato per bene il cuore.
Karl Heinz boccheggiò e ricadde al mio fianco, con il pugnale ancora incastrato nella carne.
Mi tirai in piedi ed estrassi la lama insanguinata.
Dopotutto, quell’arma poteva veramente uccidere i vampiri.

Vidi la mano pallida di Karl Heinz sporgersi verso di me.
“Questo è per Natsumi. E per Raito. E per Yuki.”, gli sputai con rabbia, scansando la sua mano.
“Ellen non farlo, in fondo ti ho cresciuta…”, mormorò.
 

“Va’ all’inferno.”

 
Una pianta affilata gli tranciò la testa.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 32
*** Capitolo 32 - The Real King - ***


Capitolo 32 - The Real King -

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ayato stringeva ancora tra le braccia Yuki, incapace di lasciarla andare, come a voler assecondare il suo ultimo desiderio, prima di morire.

“Non lasciarmi.”

Per quel motivo la teneva con sé, cercava di donarle calore, sebbene la sua pelle fosse fredda come il ghiaccio e quella di lei stesse progressivamente diventando gelida.

Sentì il terreno tremare.
E non gli servì essere presente per capire che Mitsuko sapeva.

Solo adesso comprendeva come doveva essersi sentita lei, dopo aver perso Raito.
Era suo fratello e, per quanto ci fosse affezionato, sarebbe stata un’ipocrisia affermare che il loro legame poteva paragonarsi a quello che aveva con Mitsuko.
In quell’istante capì perché si era sacrificato per lei.

Quand’era successo, l’aveva considerato patetico, si era chiesto come diavolo si fosse fatto uccidere in quel modo penoso.
Se avesse riflettuto con più attenzione, di certo sarebbe riuscito a salvare Mitsuko senza farsi ammazzare.
In quel momento, Ayato comprese che anche lui avrebbe agito in modo avventato e sciocco, anche lui avrebbe dato la sua vita, pur di salvare quella di Yuki.

“Mi dispiace.”, le sussurrò.
Per la prima volta in tutta la sua vita, Ayato Sakamaki sentì il bisogno di scusarsi.
“Avrei dovuto proteggerti…”
Il suolo tremò ancora.

Un movimento impercettibile delle dita, Ayato pensò di averlo immaginato, ma le sue doti da vampiro non mentivano: Yuki cominciò a respirare nuovamente.
I buchi sul petto stavano guarendo rapidamente.
Pian piano cicatrizzarono, solo in quel momento lei socchiuse gli occhi.

Quando la vista si fece più limpida, e riuscì a distinguere la figura di Ayato, un piccolo sorriso le increspò le labbra.
“Visto? Ti ho ascoltato.”
Il vampiro rimase a fissarla inebetito, incapace di credere ai suoi occhi.

Ma anziché iniziare qualche discorso sul suo ruolo da “oree-sama”, si limitò ad abbracciare con ancor più foga quel corpicino tanto fragile, inspirò il profumo dei suoi capelli e una gioia sconosciuta gli riempì il petto.

“Non farlo mai più.”, le intimò, guardandola dritto negli occhi.
Gli era mancato quell’azzurro brillante, un oceano di dolcezza.
Senza attendere una risposta le depositò un bacio sulle labbra.
Non un bacio mosso dal desiderio, ma dalla felicità di poter nuovamente avvertire il calore umano di lei sulla pelle.
“Devo portarti al sicuro.”, sentenziò poi.
“E Mitsuko?”, volle sapere Yuki, scossa per quel bacio improvviso, più che per la situazione in generale.

Tuttavia Ayato scosse il capo, non avrebbe messo a rischio la sua vita una seconda volta.
“Se la caverà.”

E lei avrebbe voluto controbattere, ma si sentiva sinceramente affaticata, e sapeva che sarebbe stata solo d’intralcio nella battaglia.
Ayato ordinò a George, comparso come al solito dal nulla, di portarla al sicuro.

***

Shu aveva appena fatto fuori un Ghoul, quando adocchiò Yuma venire attaccato da due creature infernali.
Senza esitazione si lanciò su uno dei due, staccandogli la testa.
Rotolò per un paio di centimetri con il corpo del ghoul, poi se lo scrollò di dosso e una mano si palesò davanti la sua visuale.

Yuma aiutò il maggiore dei Sakamaki a rialzarsi.
E quella scena gli sembrò improvvisamente familiare.

Osservò meglio Shu e fu certo di averlo già conosciuto, in passato.
Aveva avuto quell’impressione durante il loro primo incontro e l’aveva attribuita al fatto che fosse il figlio di Karl Heinz, che in qualche modo glielo ricordasse.
Ma no, non era solo la somiglianza con quell’uomo ad aver instillato quel dubbio.

Un ricordo sbiadito riaffiorò nella memoria di Yuma, l’immagine di un ragazzino, con indosso vestiti pregiati, che sedeva accovacciato vicino ad un fiume.

“Shu…”, mormorò fra sé e sé.

Un altro ricordo: lui che regalava un cucciolo di cane a quel ragazzino, per tirargli su il morale.
L’altro lo fissò di rimando, sperando che finalmente Yuma lo avesse riconosciuto.
Non ebbe il tempo di verificarlo perché un gruppo di Ghoul si gettò su di loro.

***

Sospirai, guardando il cadavere smembrato di Karl Heinz, nelle mani ancora brillava la lama insanguinata del pugnale di Subaru, fortuntamente il manico era in legno e questo mi aveva permesso di farlo volare fra le mie dita.
Avrei mentito, se avessi affermato di sentirmi in colpa per quello che avevo fatto.
Il che un po’ mi spaventava: non avevo alcun rimorso per averlo ucciso.
Meritava di morire, ne ero più che convinta, ma non riuscivo a immaginare come l’avrebbero presa gli altri.
Nessuno di loro provava più alcuna stima nei suoi confronti, ma i Sakamaki erano pur sempre suoi figli, come avrebbero reagito?
Un colpo di tosse catturò la mia attenzione.
Carla era ancora vivo!
Corsi da lui, inginocchiandomi al suo fianco.
Era evidente che faticasse a respirare e la morte fosse pronta ad accoglierlo, ma no, non l’avrei permesso.
Avevo assistito a troppe perdite.
Mi rivolsi alla Natura, al mio elemento, speravo che ascoltasse le mie preghiere e mi aiutasse a salvarlo.
Il pezzo di legno che era ficcato nel suo petto scivolò fuori, e delle liane si attorcigliarono intorno alla ferita. Non erano verdi come al solito, avevano un colore bluastro e quasi fluorescente.
Carla digrignò i denti e valutai l’opzione di richiamarle a me, ma notai che lo squarcio nel suo petto si stava chiudendo.
Non avevo la più pallida idea di cosa stessero combinando i miei poteri, ma una cosa era certa: stavano curando il demone.
Quando si dissolsero, rimase solo una cicatrice sul suo torace.
Carla sfiorò la pelle con le dita, anch’egli più che sorpreso.
“Come… cos’hai fatto?”
“Non saprei, desideravo che guarissi e poi…” 

Osservai la punta delle mie dita, quindi i miei poteri potevano anche fare del bene.
Evidentemente c’era ancora un po’ di luce in tutta quella oscurità.
Carla posò una mano sulle mie.
“Grazie.”
Sgranai gli occhi, sorpresa da quel gesto, ma gli sorrisi di riamando.
Esplosioni e urla alle nostre spalle ci riportarono alla realtà.

“Andiamo a porre fine a questa battaglia.”, annunciò il demone, rimettendosi in piedi.
Annuii con vigore e lo imitai.
 

***

 
Ruki aveva perso di vista Mitsuko dopo che dozzine di Ghoul si erano avventate su di loro.
Aveva visto come li aveva ridotti in brandelli con un solo gesto della mano, quindi non temeva per la sua incolumità, piuttosto per la sua sanità mentale.
La perdita della sua amica l’aveva trasformata, come fosse un’altra persona.
Aveva visto i suoi occhi color cioccolato divenire di colpo inespressivi, avevano perso la luce che li rendeva così unici.
Quella luce rappresentava la speranza che non l’aveva mai abbandonata, la speranza che dava un senso a tutto il male che aveva dovuto sopportare.

Ruki dovette interrompere i suoi pensieri e concentrarsi sul Ghoul che lo aveva attaccato alle spalle.
Era troppo assorto dalle sue preoccupazioni per notare la creatura che si era avventata sulla sua schiena e gli stava dilaniando la carne.
Provò a staccarselo di dosso, ma in quella posizione non gli era facile.
Qualcuno arrivò in suo soccorso e si disfò del Ghoul al suo posto.
Ruki notò la testa del demone rotolare a qualche metro di distanza.
Quando si voltò, si sorprese nel trovarsi davanti l’albino lamentoso, così gli piaceva definirlo. 
Tuttavia, la loro rivalità sarebbe stata controproducente in quel momento, dovevano collaborare per sperare di uscirne vivi.

“Sono troppi.”, commentò Subaru.
Ruki fece un cenno d’assenso col capo.
Ma non si sarebbe tirato indietro: aveva vissuto la sua intera esistenza pensando unicamente a sé stesso.
Se non fosse stato per i fratelli acquisiti, in quel momento si sarebbe trovato da solo, ancora chiuso nella sua altezzosa apatia, e forse non gli sarebbe neppure interessato.
Ma Mitsuko gli aveva insegnato che la vita valeva molto più di un’esistenza trascorsa in una quieta solitudine.

Subaru, dal canto suo, aveva trascorso anni desiderando la morte, considerando la sua intera esistenza un fallimento.
Ma ora aveva finalmente trovato un motivo per cui valeva la pena vivere, che Mitsuko ricambiasse o no, lo aveva fatto sentire meritevole di essere al mondo.
Mentre sua madre aveva sempre tentato di convincerlo del contrario.

Non avrebbe rinunciato alla sua vita così facilmente e tanto meno avrebbe permesso a Mitsuko di rinunciare alla sua, sfidando Karl Heinz.
Ma raggiungerla sembrava impossibile.

Un gruppo di Ghoul si schierò davanti a lui e scambiò un’occhiata complice con Ruki.
“Pronto?”, domandò il maggiore dei Mukami.
Subaru curvò le labbra in un mezzo sorriso, non credeva che avrebbe mai stabilito una tregua con quel damerino fastidioso.
Scattarono quasi in contemporanea, Ghoul e vampiri, ma i primi si immobilizzarono di colpo.

Guardandosi meglio intorno, Subaru notò che tutti i Ghoul avevano smesso di lottare.
Il gruppo che stava per attaccare lui e Ruki si fece da parte, aprendo un varco, come se stesse lasciando lo spazio sufficiente per far passare qualcuno.

Mitsuko camminò a testa alta tra i Ghoul, nessuno di loro provò ad attaccarla.
Nelle mano destra teneva qualcosa e Subaru non impiegò troppo tempo per riconoscere la testa mozzata di Karl Heinz.
La lanciò con sdegno sul terreno.
E i Ghoul fecero qualcosa di inaspettato: uno ad uno si inginocchiarono a capo chino.
Carla Tsukinami l’affiancò.

“Non sono io il vostro Re.”, annunciò la ragazza, intuendo le loro intenzioni.
Uno dei Ghoul sollevò il capo.
“Tu l’hai ucciso ed ora la nostra lealtà ti appartiene.”
Sentendo pronunciare quelle parole, Mitsuko evitò lo sguardo degli altri vampiri, temeva il loro giudizio dopo aver ucciso brutalmente il loro padre.
Ed era sicura che Takeshi non sarebbe stato fiero di lei.

“Il legittimo erede è Carla Tsukinami, il Primo Fondatore della razza demoniaca.”

I Ghoul gettarono occhiate fugaci al demone dai capelli bianchi e fu come se, nella loro mente, si diramasse quella nebbia confusa che aveva creato Karl Heinz riguardo l’origine di tutte le specie sulla Terra.

Dei brusii di sottofondo e poi il Ghoul parlò ancora.

“I ricordi ci sono stati restituiti, sei tu il nostro vero signore e padrone.”

“In quanto vostro Re, ordino di ritirarvi. Diffondete la verità nel Mondo dei Demoni.”, annunciò Carla.

Senza farselo ripetere due volte, l’intero esercitò di Ghoul si dissolse nel nulla.
Mitsuko credeva che sarebbe stato più difficile, che avrebbero dovuto lottare ancora, perché ormai era abituata al caos che regnava nella sua vita, aveva dimenticato come fosse vivere serenamente.
Aveva scordato il significato di “normalità” e temeva che i Ghoul si sarebbero ribellati, o i Cacciatori sarebbero tornati per attaccarli.

Ma quella sensazione di pace che aveva provato settimane prima tornò a farsi sentire, la sensazione che Raito fosse ancora al suo fianco, che l’osservasse dall’alto, o da qualsiasi altro posto in cui era finito, e che nulla di male le sarebbe potuto accadere.
Né a lei, né alla sua famiglia.
Crollò sulle ginocchia e iniziò a piangere come una bambina.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 33
*** Capitolo 33 - Fixing everything... - ***


Capitolo 33 - Fixing everything… -

 

 

 

 

 

 

 

 

Carla Tsukinami mi porse la mano quando smisi di piangere, o per lo meno quando la voce mi abbandonò e i brividi che mi percuotevano il corpo cessarono.
Mi rimisi in piedi e gli altri vampiri ci osservarono scettici mentre ci stringevamo la mano, in segno di resa.
Gliela strinsi con decisione.
“Se dovessi aver bisogno, sai dove trovarmi.”
“Anche tu.”, risposi.
Carla guardò Reiji e questo, contro ogni previsione, fece un mezzo inchino.
Il demone ricambiò con un cenno del capo e poi si allontanò.
Seppi di non avere più scelta, avrei dovuto affrontare i vampiri, spiegare che ero stata io ad uccidere il loro padre.

Avrei dovuto parlare anche col cardinale Williams, avevo notato il suo sguardo adombrato mentre Carla Tsukinami riprendeva il posto come legittimo Re del mondo dei demoni.

Ma quello che mi interessava realmente era vedere Yuki, o quello che restava di lei.
Il pensiero mi causò un nodo in gola e se non avessi consumato tutte le lacrime, di certo sarei scoppiata di nuovo a piangere.
Tuttavia il cardinale Williams mki bloccò la strada.
“Posso fidarmi, signorina Mitsuko?”
“Terrò fede al nostro patto.”
L’uomo annuì e mi diede le spalle, richiamando a sé i Cacciatori.
“Ricordi anche la sua promessa, non ammetterò altre minacce da parte vostra.”
Williams arrestò il passo e mi lanciò un’occhiata di sbieco, poco importava se la considerasse una minaccia a sua volta, era bene mettere le cose in chiaro una volta per tutte.
Riprese a camminare senza rispondermi, nel giro di pochi istanti gli uomini con le tute nere svanirono nel bosco.
Mi voltai a guardare i presenti, rendendomi conto che Edith si stava congedando con Reiji, mentre la Dama era svanita nel nulla, portandosi dietro il branco di lupi che aveva mandato Carla Tsukinami.
Kanato sussurrava qualcosa all’orecchio di Teddy, mentre Yuma e Shu si lanciavano occhiate a distanza, c’era tensione tra i due, speravo non fosse dovuto a un qualche litigio.

Mi stupì vedere Ruki parlare con Subaru e avrei voluto origliare la conversazione, ma il mio udito non era così “speciale” come il loro.
E mi stupì anche che tutti sembrassero perfettamente a loro agio, incuranti della testa mozzata del proprio padre che giaceva sul terreno.
Ne dedussi che la scoperta non li aveva affatto scossi, anzi, osavo pensare che fossero perfino più sereni.
Ayato mi venne incontro.
Mi aspettavo un’espressione contrita sul suo volto, d’altronde teneva davvero molto a Yuki, anche se tendeva a nasconderlo, ed ero certa che aveva sofferto per la sua perdita.

“Avete concluso la festa senza Oree-sama?”

La sua boriosità mi fece infuriare.
“Avresti dovuto proteggerla!”, iniziai ad urlare, mentre Ayato mi fissava accigliato.

“Perché l’hai portata qui? Perché l’hai lasciata sola!”
Il vampiro dai capelli rossi schivò un pugno.
Tavoletta, sei impazzita?”
“Dov’è?”
Provai a colpirlo nuovamente, se fossi stata più lucida lo avrei spedito a terra con un solo colpo, ma iniziavo a metabolizzare la perdita di Yuki e questo mi destabilizzava.
“Aspetta Mitsuko-”, provò a dire Ayato ma centrai il suo naso con un pugno.
Lui barcollò indietro, emettendo un piccolo lamento.
Prima che riuscissi a colpirlo nuovamente, una voce mi fermò.

 “Mitsuko!”

 Non poteva essere lei…
Mi guardai alle spalle, una limousine nera era parcheggiata vicino al cancello che i Cacciatori avevano abbattuto e in piedi, accanto ad esso, George aveva appena aperto lo sportello dal quale proveniva la voce.

Rimasi pietrificata sul posto, credendo di sognare o avere le allucinazioni, non mi avrebbe sorpreso dato le mie condizioni mentali.
Ma quando Yuki mi abbracciò non ebbi alcun dubbio: la mia migliore amica era viva.
Viva!
Ricambiai l’abbraccio, temendo che si sarebbe potuta dissolvere da un momento all’altro.

 “Credevo, no, ero sicura che tu…”
Yuki mi strinse più forte.
“Anche io, eppure…”
Sciogliemmo l’abbraccio, mi chiedevo come fosse possibile.
Ero certa che lei fosse morta.
Avevo sentito la sua linfa vitale abbandonarla.
Ma poco importava, tutto ciò che mi interessava era averla di nuovo con me.

“Stai bene?”
Mi rassicurò di stare bene, poi mi raccontò di quello che era accaduto, di come mio padre e lei fossero dovuti scappare, scortati da Ruki, e come un gruppo di “strane creature” (capii si riferisse ai Ghoul) li avessero attaccati.
Descrisse la parte in cui Ayato l’aveva salvata e tenuta stretta fra le sue braccia.
Lanciai un’occhiata al rosso, che fingeva indifferenza, ma ero sicura stesse ascoltando la conversazione.
Quindi aveva un cuore, dopotutto.
Ruki mi informò di aver messo mio padre fuori uso, non mi soffermai troppo per indagare come ci fosse riuscito, almeno era sano e salvo, in compagnia di Azusa.

Decisi di andare nella villa dei Mukami per incontrarlo, ma prima di farlo, ringraziai i vampiri presenti per aver combattuto al mio fianco e li congedai, affinché potessero recuperare le forze.
Con sorpresa, anche Reiji ringraziò i Mukami per aver preso parte alla battaglia e sugellò quella sorta di tregua, stringendo la mano a Ruki, nonostante l’occhiata di disapprovazione di Subaru.

Sospettavo una reazione simile da parte di Yuma, ma, a sua volta, strinse la mano a Shu, lasciandomi a bocca aperta e probabilmente sorprendendo il maggiore dei Sakamaki stesso.

Ayato si offrì per accompagnare Yuki a casa ed io e lei ci salutammo con la promessa di vederci il prima possibile.
In realtà, avevo bisogno di stare da sola con me stessa per un po’ di tempo e volevo tenere Yuki lontana dai guai.
Anche lei aveva bisogno di elaborare gli avvenimenti e riprendersi dopo tutti quei traumi.
Aveva rischiato la vita, finendo immischiata nelle mie vicende e il senso di colpa mi tormentava.
Da quel momento in poi l’avrei tenuta lontana dalla villa il più possibile, ero sicura che tutto si fosse sistemato, ma non potevo sfidare la sorte una seconda volta e mettere a repentaglio la sua vita.
Il vampiro dai capelli rossi e la mia amica si avviarono nella limousine nera, giurai di aver visto un mezzo sorriso sul volto di George, cosa alquanto rara da vedere.
Forse lo divertiva osservare Ayato così “obbediente”.
Mi assicurai che i Sakamaki stessero bene prima di seguire i Mukami fuori dalla villa.

 

***

 

Mitsuko si era allontanata con quel gruppo di mezzi-vampiri e Subaru non poté fare a meno di digrignare i denti, scocciato dalla piega che avevano preso gli eventi.
Non si pentiva di aver combattuto con i Mukami, loro si erano rivelati preziosi alleati durante la battaglia, lui stesso aveva dato una mano al suo “rivale in amore” e
l’aveva difeso da un gruppo di Ghoul, ma temeva che, se i Mukami avessero iniziato a frequentare spesso la villa, quel damerino gli avrebbe soffiato Mitsuko.
Si disse che avrebbe risolto la questione il prima possibile, aveva temporeggiato abbastanza e doveva parlare con lei.
Mentre traeva le sue conclusioni, notò, quasi per caso, lo sguardo di Shu.
Inizialmente credeva che i suoi occhi fossero puntati sui Mukami, probabilmente anche lui non si fidava di loro.
C’era anche la possibilità che uno in particolare dei Mukami destasse il suo interesse, il che aveva spiazzato Subaru, ma poco gli importava.
Tuttavia capì che in quel momento Shu non fissava nessuno dei Mukami, bensì Mitsuko e in altre circostanze lo avrebbe anche considerato normale, perché ormai tutti si preoccupavano per lei e le erano affezionati.
Ma quello sguardo Subaru lo conosceva fin troppo bene, era lo stesso modo in cui lui per primo la guardava.
Era uno sguardo devoto.
E quando Mitsuko si voltò per ricambiare quell’occhiata, nonostante si fosse trattato di un momento fugace e quasi di poco conto, il cuore di Subaru rallentò.
Che cosa si era perso?
Perché, fra tutti i vampiri, lei aveva cercato lo sguardo di Shu?
Mitsuko continuò per la sua strada e il maggiore dei Sakamaki si dissolse nel nulla.
Subaru, invece, sentì una fitta lancinante nel petto.

 

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 34
*** Capitolo 34 - ... Or mostly everything - ***


 

 

 

Capitolo 34 - … Or mostly everything -

 

 

 

 

 

 

Reiji si assicurò che i propri fratellastri stessero bene e che Mitsuko fosse al sicuro coi Mukami.
Sebbene avesse constato lui stesso che la ragazza aveva dei poteri straordinari e seppe che, da quel momento in poi, non avrebbe corso più alcun pericolo.
Per cui, se già prima aveva l’audacia di badare a sé stessa, sfidando creature ben più potenti di lei, adesso non correva alcun rischio.
Tornò quindi a dedicarsi ad Edith.
L’aveva ringraziata, così come aveva ringraziato gli altri Predatori corsi in loro soccorso, tant’è che questi erano già spariti nel nulla, ma lei era ancora lì, come se attendesse qualcosa.
E Reiji sapeva benissimo cosa stesse aspettando, ma lui non poteva permettersi quel lusso, l’aveva vista troppo spesso ultimamente e rimanere da solo con lei gli avrebbe fatto perdere il controllo, ne era sicuro.
Gli si avvicinò con passo felpato, era sempre stata aggraziata nei movimenti, probabilmente tempo prima era stata una ballerina.
“Non mi divertivo tanto da anni.”, annunciò lei, mentre spostava il peso del corpo da un piede all’altro.
Aveva un lungo taglio che le correva su per il braccio destro e qualche livido sparpagliato sul corpo.
“Dovresti medicare quelle ferite.”
Reiji parlava seriamente, ma Edith scoppiò a ridere.
“Sul serio? Speravo in qualcosa di più dopo aver combattuto al tuo fianco.”
La vampira dai capelli scuri scosse il capo e ruotò il busto, pronta ad andarsene, ma prima di farlo parlò ancora.
“Non devi dimostrare più niente a nessuno –, dichiarò, lanciando un’occhiata alla testa mozzata di Karl Heinz che giaceva a qualche metro di distanza. – Puoi essere te stesso senza aver paura di deludere le aspettative.”
Quella frase lasciò Reiji spiazzato, sgranò gli occhi come se gli fosse stata rivelata chissà quale recondita verità.
Non doveva più essere all’altezza di alcuna aspettativa.
L’unica persona per cui si era impegnato tanto negli anni era stata sua madre, voleva compiacerla in ogni modo, ma Shu gli aveva assicurato che lei sarebbe stata fiera di lui.
Mentre Karl Heinz era morto e sapeva già da un pezzo di non dovergli nulla.
“Dovresti proprio farti medicare le ferite.”, esclamò quindi il vampiro occhialuto.
Edith roteò gli occhi al cielo, pronta a smaterializzarsi, ma quello che aggiunse Reiji la bloccò sul posto.
“Potrei farlo io. Nel mio studio.”
Un sorriso malizioso le curvò le labbra.
“Se proprio insisti…”, sussurrò improvvisamente al suo orecchio.
I due si smaterializzarono contemporaneamente.

 

***

 

Quando entrai nel salone di villa Mukami, non seppi se scoppiare a ridere o mostrarmi indignata nel trovare mio padre buttato su un divano, in una posizione scomoda ed evidentemente non scelta da lui.

Azusa sedeva sul sofà di fronte, parlava con una delle sue ferite sul braccio e quando ci vide entrare ci accolse con un piccolo sorriso.
“Ben tornati!”, esclamò con voce flebile, ma era sinceramente entusiasta di rivederci, solo che non riusciva ad esternarlo più di così.
Mi accertai che stesse bene, prima di rivolgere le mie attenzioni ad uno svenuto Takeshi.
Realizzai che Ruki guardava altrove con fare evasivo, ero sicura che ci fosse il suo zampino se mio padre era ridotto così, ma poco importava, l’importante era saperlo al sicuro.
Lo scossi per le spalle un paio di volte prima che iniziasse a riprendere conoscenza.
Mi fissò stralunato per un momento, poi spalancò gli occhi e balzò a sedere, lo sforzo improvviso gli provocò una smorfia.
Gli domandai come stesse ma non mi diede retta, si mise invece a controllarmi da capo a piedi, per assicurarsi che non avessi alcuna ferita.
“Sto bene.”, affermai, facendo una piroetta su me stessa per convincerlo.
In realtà, avevo le gambe indolenzite e qualche osso rotto che (in qualche modo) stava guarendo più velocemente del normale.“E i Cacciatori?”
“Non ci causeranno più alcun problema.”
Takeshi mi fissò scettico, così gli parlai del patto tra me e il cardinale Williams.
“Non avresti dovuto dargli quel libro.”
Non mi aspettavo quella risposta, non credevo fosse tanto importante, ma non avevo avuto scelta e se avesse significato tenere buono il cardinale, l’avrei rifatto di certo.
“Era così importante?”
“Non è del Cardinale che mi preoccupo, ma di altri Cacciatori che potrebbero impossessarsene, lo terrò d’occhio.”
Takeshi mi abbracciò all’improvviso, cogliendomi alla sprovvista, ma mi affrettai a ricambiare.
“Temevo di averti persa…”, annunciò, stringendomi ancora più forte.
“Sono qui, invece, e non mi perderai, te lo prometto.”
Lo sentii tremare mentre pronunciavo quelle parole, sapevo bene che quello fosse il suo timore più grande, ma Carla non avrebbe mai potuto sostituirlo.
Takeshi mi aveva cresciuta, dandomi amore e affetto, insegnandomi i valori della vita.
Quel pensiero mi rattristò, sciolsi l’abbraccio, cercando di non incrociare lo sguardo di mio padre.
“Ho… Ho ucciso Karl Heinz.”
Sentivo il suo sguardo addosso, ma non osavo ricambiare.
Takeshi mi prese una mano.
“Ha fatto del male alla nostra famiglia…”
“Gli ho staccato la testa.”
La presa di Takeshi si rafforzò.
“So che sei stata costretta.”
Karl Heinz mi aveva manipolata fin da quando ero bambina, quindi sì, non avevo mai avuto scelta.
“Non era una persona, era un mostro.”
“Non avrei voluto farlo.”
“Lo so.”
Sollevai lo sguardo, col timore che mio padre potesse rivolgermi un’occhiata delusa, o spaventata perfino, sapendo che avevo sviluppato dei poteri capaci di togliere la vita a qualcuno.
Invece Takeshi aveva un’espressione apprensiva in volto, non voleva giudicarmi, né rimproverarmi.
Mi sentii più tranquilla.
“Vorreste… restare a pranzo?”
Ruki era comparso dal nulla, quella proposta non avrebbe dovuto sorprendermi, io ero solita trascorrere le mie giornate a mangiare a casa loro, ma credevo che Ruki mi odiasse, Oltretutto, aveva esteso l’invito a mio padre.
Guardai l’esterno, il sole splendeva alto nel cielo, avevo perso la cognizione del tempo dopo la battaglia, e dimenticato di essere affamata.
Ma ricordando quel dettaglio, il mio stomaco brontolò rumorosamente.
Tuttavia non avevo intenzione di trattenermi oltre dai Mukami.
“Se mio padre se la sente, preferirei pranzare in un posto nel parco Ueno(?)”
Volevo allontanarmi per un po’ dai vampiri e trascorrere del tempo con Takeshi.
Lui accettò con piacere.
Saremmo passati dalla nostra vecchia casa, dove Takeshi ancora abitava, lui avrebbe cambiato la tuta da Cacciatore con un abbigliamento più sobrio e io ne avrei approfittato per prendere in prestito alcuni dei miei vecchi indumenti, quelli che indossavano erano sporchi di fango e sangue.
Mi congedai con i Mukami, ringraziandoli ancora una volta per essermi stati accanto.
Poi la limousine bianca accompagnò me e Takeshi a casa.

 

***

 

Yuma osservò Mitsuko lasciare la villa assieme al suo padre adottivo, quando la limousine sfrecciò via, scostò la tendina e quasi si sentii sollevato.
Era tutto finito, non c’era più nessun uomo con cui sdebitarsi, lui e i suoi fratelli erano finalmente liberi.

Frugò nelle tasche, estraendo una zolletta di zucchero. Dopo che la Dama gliele aveva rubate, si era affrettato a riempirsi di nuovo le tasche con delle sostitute, e si era detto che la prossima volta le avrebbe fatto pagare un tale affronto.
La tregua durante la battaglia era dovuta solo alle circostanze, ma quel dispetto lo aveva ferito nell’orgoglio, e durante il loro prossimo incontro l’avrebbe punita come si deve.

Mentre la zolletta si scioglieva sulla sua lingua, ripensò al maggiore dei Sakamaki.
Durante la lotta aveva avuto un piccolo flash, un’immagine sfocata nella sua testa, aveva visto una versione bambina di Shu e di se stesso, mentre gli regalava un cucciolo di cane.

Ma non riusciva a capire se si trattasse di un ricordo o solo la sua memoria che gli giocava brutti scherzi , mescolando la realtà con la fantasia.
Ma perché avrebbe dovuto immaginare di aver regalato un cucciolo a Shu?
Sapeva bene che alcune parti della sua infanzia, quelle risalenti al periodo prima dell’orfanotrofio, erano inspiegabilmente scomparse.
Aveva attribuito la colpa ai traumi che aveva collezionato in quell’edificio.
Tuttavia Ruki aveva confessato di aver fatto delle ricerche sul suo conto e aveva detto che il suo villaggio natio era stato distrutto da un incendio.

Yuma schioccò la lingua in dissenso, quella storia gli puzzava e non solo per il ricordo delle fiamme che avevano incenerito la sua vecchia casa.

 Poi uno spostamento impercettibile alle sue spalle, se non fosse stato impegnato a masticare la zolletta e a ripensare con tanta intensità al suo passato, la Dama non lo avrebbe colto di sorpresa.
Quando infine captò la presenza alle sue spalle, la Dama lo aveva già inchiodato al muro col suo corpo.

Il petto di Yuma era premuto contro la parete, mentre lei gli puntava un coltello affilato alla gola.
“E adesso che diavolo vuoi?”, ruggì Yuma, valutando le possibili vie di fuga.
“Stavo pensando… abbiamo combattuto bene durante la battaglia, bel fusto.”
Yuma digrignò i denti al suono di quell’appellativo.
“Potremmo essere una buona squadra.”
Il vampiro grugnì, frustrato per non essersi ancora riuscito a liberare.

Non riusciva a capire perché quella bionda si divertisse tanto a provocarlo, poi nella sua testa si accese una lampadina, d’altronde, se si era spinta nella loro villa per offrirgli un posto come Predatore, doveva pur esserci un motivo.
E lo capiva solo in quel momento.
Quella consapevolezza gli fece ritrovare sicurezza, con un piccolo ghigno afferrò la mano di lei che impugnava il coltello, la Dama provò a divincolarsi, ma Yuma possedeva una forza notevole, nonostante fosse un vampiro solo per metà.
La Predatrice non avrebbe dovuto sottovalutare quel dettaglio.
Le storse il polso, facendola imprecare sottovoce e ribaltò la situazione, spedendo lei spalle al muro e la bloccò lì col suo corpo.
“La proposta non m’interessa. Ma puoi venire a trovarmi quando vuoi, bambola.”
La Dama si trattenne dall’insultarlo, sentendo quell’appellativo, e gli riservò un’occhiata glaciale.
“Cosa ti fa pensare che voglia rivederti?”
“Questo.”
Yuma sorrise sprezzante, prima di rubarle un bacio.
Nonostante la Dama avesse provato a sottrarsi e, capendo di essere in trappola, perfino a staccargli il labbro inferiore coi canini, alla fine si abbandonò a quel bacio.
Quando Yuma si staccò, lasciandola confusa e, sotto sotto, eccitata, lei avrebbe voluto proseguire il discorso.
Ma il vampiro non gliene diede modo, la liberò dalla sua stretta e fece qualche passo indietro.
“Cerca di non distruggere nulla, o Ruki se la prenderà con me.”
E così dicendo la lasciò da sola nella stanza.
La Dama fissò irata il punto in cui Yuma era svanito nel nulla, ma poi la sua rabbia si dissolse con un piccolo sorriso che curvò le sue labbra.
“A presto, bel fusto.”

 

Ritorna all'indice


Capitolo 35
*** Capitolo 35 - Truth Time - ***


 

 

 

 

Capitolo 35 - Truth Time -

 

 

 

 

 

 

 

 

Natalie aveva appena finito di pranzare quando decise di tornare nella sua stanza per riposare un po’ prima di dedicarsi allo studio.
Chiuse la porta alle sue spalle e sospirò pesantemente, il ricordo del bacio con Kou l’aveva tormentata per tutta la notte.
Dopo ore ed ore di riflessione, aveva ammesso a se stessa che non le era dispiaciuto.
In fondo Kou le piaceva, non poteva più negarlo, ma non amava particolarmente i suoi modi arroganti.
Si stese sul letto e iniziò a contemplare il soffitto, ripercorrendo con la memoria il giorno precedente: lui l’aveva davvero fatta infuriare, le aveva dato buca all’appuntamento senza degnarla di una valida motivazione.
Eppure si era presentato qualche ora dopo, arrampicandosi perfino su un albero per fare irruzione nella sua camera.
Il gesto di un folle, si era detta, e già questo sarebbe dovuto servire a toglierselo dalla testa, ma al contempo lo aveva trovato… romantico.
Un rumore esterno richiamò la sua attenzione e sussultò quando vide il soggetto dei suoi pensieri fuori dalla finestra, mentre sventolava allegramente la mano.
Balzò in piedi e andò ad aprire, temendo che Kou sarebbe potuto cadere da un momento all’altro.
“Non potresti usare la porta?”, domandò, facendosi da parte per lasciarlo entrare.
“Ma così incontrerei i tuoi genitori e dovremmo rendere la cosa ufficiale.”
Per qualche motivo Natalie sentì le guance avvampare all’idea di presentare Kou come suo fidanzato, sempre che si riferisse a quello.
“Quale cosa?”, domandò infatti con tono casuale, voleva accertarsi di non aver frainteso le parole del ragazzo.
Kou la scrutò attentamente con un mezzo sorriso, soffermandosi qualche secondo di troppo sulle sue labbra.
“Ah giusto, tu sei contraria.”
Natalie si morse il labbro, in effetti dopo il bacio lei lo aveva schiaffeggiato brutalmente.
“Mi hai colta di sorpresa.”
Kou sollevò un sopracciglio, come se fosse stupito, poi allargò il sorriso malizioso sul suo volto.
“Quindi non sei contraria.”, constatò, avvicinandosi pericolosamente.
Natalie aprì la bocca per controbattere ma non ne uscì alcun verso, come poteva spiegargli che le era piaciuto, ma era contraria al contempo?
“Non puoi baciarmi quando ti pare!”
“Quindi vuoi qualcosa in cambio?”, domandò Kou, una punta di delusione nel tono della voce.
Credeva che lei fosse diversa dalle altre, invece aveva già delle pretese.
Natalie, d’altro canto, si stupì della sua reazione, era lecito voler approfondire la conoscenza prima di concedergli dei baci.
“Non so che genere di ragazze frequenti, ma io non sono quel tipo! Non sapevo neppure di piacerti e tu mi hai rubato un bacio!”
Kou rifletté attentamente sulle sue parole, anche se trovò inadatto il termine “rubato”, lei non sembrava troppo contraria.
Ma ciò che lo sorprese maggiormente fu l’affermazione della brunetta.
“Non lo sapevi?”
Forse non lo aveva reso troppo esplicito, ma se avesse saputo come si era sforzato di non saltarle addosso dal primo momento che aveva annusato il suo profumo, di certo avrebbe capito.
Tuttavia non poteva confessarle quel lato di sé, avrebbe comportato ulteriori spiegazioni, come ad esempio che era nella sua natura da vampiro succhiare il sangue alla gente.
E in altre circostanze non gli sarebbe importato, ma non poteva rischiare di spaventarla, era inutile negare che temeva di perderla dicendole la verità.
Natalie sembrò sinceramente spiazzata dalla domanda.
“… Ti piaccio?”
Kou annuì e rise della sua espressione sbalordita ed innocente, poi l’attirò al suo petto.
Natalie non provò ad allontanarlo ma continuò a fissarlo incredula.
“Quindi posso baciarti ora.”
Aveva capito che Natalie non avrebbe chiesto altro in cambio, solo la verità.
Lei esitò, le sue guance si tinsero di rosso, mentre sembrava riflettere sulla risposta.
E se Kou non avesse avuto un udito super sviluppato, non avrebbe potuto captare il suo “sì” mormorato.
La baciò di slancio, si aspettava una lieve resistenza da parte sua, invece Natalie ricambiò immediatamente, era evidente che anche lei desiderasse baciarlo.
Kou dovette impiegare tutta la sua forza di volontà per non morderla e rendere quel momento perfetto, coronando quella piacevole sensazione con il sangue di lei.
Inaspettatamente Natalie gli afferrò il colletto della camicia e lo spinse maggiormente verso di sé.
Il vampiro spalancò gli occhi, spiazzato da quell’atteggiamento impavido, e questo lo eccitò ancor di più.
Spinse la brunetta contro il muro e lei emise un piccolo verso: Kou non seppe giudicare se fosse dovuto al dolore dell’impatto contro la parete o dal piacere, era troppo preso dal baciarla con passione per capirlo.
Una voce femminile chiamò Natalie dal piano di sotto, la madre doveva aver sentito quel tonfo.
Fu Natalie ad interrompere il bacio, per rassicurare sua madre che era tutto okay.
Se l’avesse trovata in quella situazione compromettente, probabilmente sarebbe svenuta per lo shock.
“Tranquilla mamma!”, urlò attraverso la porta, mentre Kou continuava a baciarle il collo.
Natalie tornò a guardarlo e il ragazzo si immobilizzò.
“Adesso è chiaro, brunetta?”
Natalie intuì si riferisse alla domanda che gli aveva fatto prima e annuì: lei gli piaceva sul serio.
Kou indietreggiò e la fissò intensamente, la trovava particolarmente bella coi capelli arruffati, le guance arrossate e le labbra impercettibilmente più gonfie del normale, a causa dei loro baci passionali.
“Ci si vede.”, annunciò lui, doveva lasciare al più presto quella stanza, altrimenti l’avrebbe privata dei vestiti nel giro di pochi secondi.
Natalie rimase a fissarlo mentre scompariva fuori dalla finestra.
Un sorriso increspò le sue labbra.

 

***

 

Ayato si bloccò fuori dal cancello d’ingresso della casa di Yuki, questa si voltò a guardarlo.
“Non vuoi entrare?”
Ayato avrebbe voluto accompagnarla fino alla sua camera da letto ma l’idea di incontrare i suoi genitori lo spaventava.
In quel momento provava un sentimento a lui sconosciuto, non avrebbe potuto incontrarli sapendo di aver quasi lasciato che la loro unica figlia morisse.
Scosse il capo con decisione.
Yuki annuì apprensiva, quindi tornò indietro per depositargli un bacio sulla guancia, che lasciò Ayato di stucco.
“Grazie per avermi salvata.”, annunciò, conscia che fosse merito suo se aveva ricominciato a respirare.
Non sapeva cos’avesse fatto di preciso, ricordava solo oscurità e freddo, mentre il sangue fuoriusciva dalla sua ferita, poi di colpo una sensazione di calore in tutto il corpo e il volto di Ayato che la supplicava di non morire.
“Dopotutto nessuno può disubbidirmi.”
Ayato cercò di dissimulare quanto in realtà avesse avuto paura di perderla, ma ormai i suoi discorsi da “oree-sama” non la incantavano.
Yuki sapeva bene quanto lui le fosse affezionato, nonostante non osasse dirlo ad alta voce.
Gli sorrise e si avviò dentro la sua dimora. Aveva mentito ai suoi genitori, dicendo che avrebbe trascorso la notte a casa di Mitsuko, ed era il momento di rientrare altrimenti si sarebbero preoccupati.
In fondo non era totalmente una bugia, aveva veramente passato la notte a villa Sakamaki, ma di certo non per un pigiama party con la sua amica.
Non sapeva come si fosse conclusa la battaglia ma era sicura che il peggio fosse passato, Mitsuko poteva finalmente avere un po’ di pace.


Una mano la trattenne mentre raggiungeva la porta di ingresso, veloce e silenzioso Ayato l’aveva seguita e trattenuta per un polso.
Posò il palmo della mano sul suo viso, Yuki ci si appoggiò e socchiuse gli occhi. Il vampiro ne approfittò per baciarla dolcemente e quella dolcezza destabilizzò la ragazza, non era abituata a quel lato “tenero” di Ayato. Le sue gambe tremarono, mentre la baciava lentamente.
Quando si staccò, i suoi occhi corsero al collo di Yuki, e lei se ne accorse.
Inizialmente sussultò, l’ultima volta lui le aveva succhiato tanto sangue da sfinirla, ma conosceva la natura di Ayato e non gli avrebbe negato un morso se l’avesse chiesto.
Notò che il vampiro stava facendo del suo meglio per trattenersi ma Yuki gli sorrise, un implicito consenso per morderla.
Ayato portò la mano di lei vicino le labbra e valutò per un istante l’opzione di morderla.
Quando sfiorò le dita con le labbra, lei immaginò che l’avrebbe morsa a momenti, invece lui si limitò a baciarle il dorso della mano e poi sparì nel nulla.
Yuki rimase immobile, portò al petto la mano che Ayato aveva baciato e fu grata perché era riuscito a vincere la sua sete di sangue, pur di non farle del male.
Non aveva bisogno di altre prove o parole per capire che lui era sinceramente innamorato di lei.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE:

 

 

 

 

 

Cari miei lettori che siete giunti fin qui, inizio col ringraziarvi perché quest’avventura è stata molto più lunga di quel che avrei immaginato, ma spero vi abbia donato le emozioni che io stessa ho provato nello scriverla e spero di avervi trasmesso.

Il prossimo capitolo sarà il conclusivo, è il momento per Mitsuko di trovare il suo fatidico Adamo. Tuttavia ho ritenuto giusto dare spazio a tre vampiri in particolare, che secondo me avrebbero meritato in egual modo il suo amore, quindi anziché ricevere un unico finale, ne avrete ben tre, con tre vampirelli diversi, spero di aver fatto felici tutti in questo modo.

Riuscite a immaginare chi sono?
Fatemi sapere cosa ne pensate, a presto, vostra Nephy_

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 36
*** Capitolo 36 - Deep Blue Eyes - ***


Capitolo 36 - Deep Blue Eyes -

 

 

 

 

 

 

 

Tre mesi erano passati.
Tre mesi da quando avevamo combattuto contro Cacciatori e Ghoul ed io avevo ucciso Karl Heinz.
Eppure mi sembrava trascorsa una vita, complice il fatto che avevo ricominciato la scuola e mi ero gettata completamente sullo studio.
Non spendevo più troppo tempo a casa dei Mukami, la causa principale era la quantità esorbitante di studio, anche se loro venivano a trovarmi, di tanto in tanto.
In generale preferivo trascorrere il pomeriggio con le mie migliori amiche, ogni tanto ci organizzavamo per studiare insieme, dovevamo recuperare il tempo perso.
Ma immaginavo che Yuki non frequentasse villa Sakamaki solo per studiare, avevo notato le occhiate che si scambiavano lei e Ayato.
Molto spesso lui la “rapiva” per farsi preparare dei Takoyaki, ma era una scusa banale, e lo sapevamo tutti e tre.
La vicenda mi divertiva e compiaceva al contempo, Ayato aveva riconosciuto ciò che provava per Yuki ed ero lieta che lei fosse felice, lo meritava più di chiunque altro. Insieme a Natalie.
Era stato uno shock scoprire che lei e Kou avevano iniziato a frequentarsi.
Non che io e Yuki non ce lo aspettassimo, ma non pensavo che Kou fosse il tipo di ragazzo che si impegna seriamente in una relazione.
Oltretutto non le aveva rivelato la sua vera natura, diceva che era un modo per non divulgare ulteriormente il segreto, ma ero certa che avesse paura di spaventare Natalie e a me andava bene così, almeno per il momento.
Non mi piaceva mentirle, ma non ero sicura che lei avrebbe reagito allo stesso modo di Yuki.

Avevo incontrato mio padre un paio di volte, il Cardinale Williams lo aveva scelto come sostituto del signor Lee, quindi lui era divenuto il capo dei Cacciatori qui in Giappone e ne ero molto fiera.
Oltre a sentirmi più tranquilla che fosse lui a gestire le cose all’interno della Chiesa.
Aveva deciso, con l’approvazione del Cardinale, che nessuna Sposa Sacrificale sarebbe stata più offerta alle famiglie di vampiri presenti in Giappone e ci saremmo occupati personalmente dei vampiri scontenti della decisione presa.
Ma nonostante tutto sembrasse sistemato, avevo trascorso quei mesi prettamente in solitudine, cercando di elaborare gli eventi, gestire i miei nuovi poteri ed evitare discorsi scomodi con Subaru, Ruki, e soprattutto con Shu.
Ma a lui permettevo ancora di dormire nel mio letto.

Al momento, la villa era completamente immersa nel silenzio e io iniziavo a ritrovare un briciolo di sanità mentale perché, dopo tanto tempo, non c’era alcun tipo di minaccia.
Carla Tsukinami era scomparso nel nulla, ma ero certa che avesse un bel da fare nel Mondo dei Demoni come nuovo re.
E qualcosa mi diceva che le sue decisioni non avrebbero messo a repentaglio me, i Sakamaki, o l’umanità intera.
In ogni caso, ero grata di aver recuperato le mie vecchie abitudini, preferivo di gran lunga dormire la notte piuttosto che il giorno.
Poter vagare nell’abitazione durante la giornata non aveva prezzo, il silenzio che prima mi spaventava tanto, adesso era divenuto un compagno piacevole.
Potevo dedicarmi allo studio o a sperimentare nuove ricette in cucina, senza che nessun vampiro venisse a reclamare il mio sangue.
Finalmente avevo trovato il mio equilibrio tra luce e ombra, finalmente non c’era più alcun incubo ricorrente a tormentarmi.
Finalmente ho accettato la perdita di Raito.”, riflettei con un pizzico di malinconia.

Ma era una malinconia positiva, se comparata a quella che avevo provato nei mesi precedenti.
Avevo accettato la sua assenza, conscia che lui, in qualche modo, sarebbe rimasto sempre al mio fianco, almeno nei ricordi.
Nessuno avrebbe potuto portarmelo via.
Passai accanto al camino acceso e mi accomodai su una delle poltrone, ammirando l’imponente albero che avevo decorato.
Il Natale era alle porte e, nonostante qualche protesta da parte dei Sakamaki, alla fine avevo potuto arredare la villa con decorazioni natalizie.
Kanato si era perfino offerto per addobbare l’albero assieme.
Sorrisi tra me e me, pensando che il giorno di Natale avremmo festeggiato tutti insieme, Mukami compresi, ci saremmo raccolti a tavola come una vera famiglia.

 Poggiai il capo sullo schienale del sofà e decisi di godere appieno di quella serenità che avevo conquistato con tanta fatica.
Il tepore del fuoco scoppiettante del camino diede il suo contributo, quindi chiusi gli occhi per qualche istante.
Ed ecco un ricordo riaffiorare nella memoria.

Ripensai a quand’ero una bambina e vivevo nella villa.
Era una notte particolarmente fredda e il temporale all’esterno non mi permetteva di chiudere occhio.
Ogni tuono mi provocava un sussulto, sapevo che non avrei potuto prendere sonno, lontana da mia madre e completamente sola nella mia stanzetta.
Karl Heinz teneva mia madre segregata chissà dove, quindi gli unici con cui potevo parlare erano i suoi figli e, per qualche motivo, il primo che mi era venuto in mente era stato Shu.
Già da piccolo sembrava avere un ottimo rapporto col sonno, forse speravo mi avrebbe svelato il segreto per addormentarsi subito, nonostante quegli inquietanti lampi che illuminavano il cielo terso.
Ma quando ero sgattaiolata nel suo letto e gli avevo raccontato di quanto fossi spaventata, lui non mi era sembrato troppo interessato.
Avevo dedotto di aver scelto il Sakamaki sbagliato a cui chiedere conforto, ma prima che me ne andassi, lui mi aveva trattenuta nel letto.
Si era limitato ad intrecciare la sua mano con la mia, e quello era bastato per calmarmi.
A pensarci meglio, quella non era stata l’unica volta in cui avevamo dormito insieme.

Quella consapevolezza mi fece sgranare gli occhi, mi domandai se Shu ricordasse quel particolare o se, inconsciamente, fosse quello il motivo che lo spingeva nel mio letto ogni notte.
Avevo sempre condiviso quel legame profondo con lui, non c’era da meravigliarsi se, anche a distanza di anni, la nostra sintonia fosse rimasta.
A modo suo, lui mi era sempre stato accanto.
E lo notavo solo in quel momento.
Era stato lui ad aprirmi gli occhi sul fatto che non fossi una mera Sposa Sacrificale per i Sakamaki.
E poi, io e lui condividevamo il tacito accordo di non mentirci mai, sebbene le circostanze, delle volte, ci avessero costretto a infrangere quel patto. 

Ero stata così cieca da non accorgermi che quel giorno, nella vasca da bagno, desideravo ardentemente baciarlo.
Ma ero ancora troppo scossa, il dolore per Raito era ancora troppo “fresco” per poter capire quali fossero i miei veri sentimenti, senza contare che Subaru e Ruki avevano incrementato quella confusione.
Non attribuivo loro alcuna colpa, anzi, l’attribuivo solo a me stessa per averli illusi, anche se involontariamente.

Ma non siamo noi a decidere chi amare.

 Avrei trovato un modo per sistemare le cose con quei due.
Tutto ciò che desideravo fare, in quel momento, era correre da Shu.
E lo feci: balzai in piedi e mi avviai nella sua stanza.

 Come previsto, il vampiro dai capelli biondi era steso sul letto, aveva gli occhi chiusi e le cuffie nelle orecchie.
Cullato dalla musica, doveva essersi appisolato.
L’adrenalina del momento aveva lasciato il posto ad un fastidioso imbarazzo.

Non mi sentivo a disagio quand’ero con lui e speravo che i sentimenti che nutrivo nei suoi confronti non avrebbero influito sul nostro rapporto.
Incerta su cosa fare, infine mi stesi al suo fianco, ne avremmo parlato in un altro momento.
Non volevo svegliarlo quindi lo contemplai per qualche istante, non avevo mai notato quanto fosse bello.
Aveva dei lineamenti eleganti, le sue labbra sporgevano leggermente, come fossero imbronciate.
Guardarle mi fece ripensare a quella volta in cui mi aveva baciato il collo.
Pensavo che avesse intenzione di curare i morsi che mi aveva procurato Karl Heinz, ma evidentemente il suo scopo non era solo quello.
Arrossii.

 “Adesso ti intrufoli anche nel mio letto?”
La sua voce lievemente impastata dal sonno mi fece sussultare.
Non mi ero accorta che fosse sveglio, in effetti i suoi occhi erano ancora ben chiusi, mentre io avrei voluto ammirare le sue iridi azzurre. 

“Solo tu puoi irrompere nella mia camera e dormire nel mio letto?”
Shu aprì un occhio.
“Non mi sembra ti sia mai lamentata.”, mi stuzzicò.
Non potevo dargli torto, ma forse era il caso di parlargli di ciò che avevo ricordato.
“Mi domandavo come mai, infatti. Ma ho ricordato che dormire assieme non è una novità per noi, vero?”
Di certo spiazzato dalla domanda, il vampiro mi rivolse la sua completa attenzione.
Mi fissò per qualche istante, poi un mezzo sorriso sul suo volto.
“Pensavo che anche tu, come Yuma, soffrissi di una qualche amnesia. Eppure sembrava ricordassi tutto della tua infanzia tranne questo.”
Quindi lui sapeva.

“Avresti potuto raccontarmelo.”
Shu chiuse nuovamente gli occhi e sospirò.
Lo faceva spesso quando voleva chiudere una conversazione o evitare un argomento scomodo.
Ma stavolta non avrei mollato così facilmente, non se la sarebbe cavata con un “dormi Mitsuko”.
Stavo per spezzare il cuore a due persone che mi erano molto care, volevo almeno scoprire se Shu ricambiasse i miei sentimenti, o se quello che avevo provato nella vasca da bagno, e nella stanza col pianoforte, fosse solo frutto della mia immaginazione.
 

“Perché non l’hai fatto?”
Ancora nessuna risposta.
“Sei davvero fastidiosa.”, commentò, avvertendo su di sé il mio sguardo.
Un fruscio sulle lenzuola, Shu si stese sul fianco e ci ritrovammo faccia a faccia, pochi centimetri a dividerci.
“Speravo ci arrivassi da sola. E poi… –, prese una pausa. – E poi volevo scoprire come mai mi lasciassi dormire con te pur senza conoscere questo particolare.”
Quindi era quello il motivo.
“Oh, capisco.”
Mi guardò, come se si aspettasse che aggiungessi qualcos’altro.
“Cosa?”
“Perché mi hai lasciato dormire con te?”
“Non è che avessi molta scelta, lo avresti fatto comunque, no?”
Shu abbozzò un sorriso.
“Vero.”

Gli sorrisi di rimando e trascorse qualche secondo in cui nessuno dei due parlò.
“Ma oggi sei venuta di tua spontanea volontà.”, mi fece notare.

 Speravo che non ci avesse fatto caso, era stato un gesto istintivo ma Shu era, con tutta probabilità, il miglior osservatore tra i Sakamaki, perfino più acuto di Reiji.
Quando Yuma mi aveva approcciata per la prima volta nel giardino sul retro, Shu lo aveva capito immediatamente.

“Perché sei qui, Mitsuko?”
Non riuscii a sostenere il suo sguardo indecifrabile, quella vicinanza mi impediva di riflettere lucidamente.
L’ultima volta che avevo provato a parlare apertamente dei miei sentimenti, Raito mi aveva fraintesa, non aveva compreso cosa significasse amare qualcuno se non in punto di morte.
Mi si strinse il cuore.
Non sapevo che concezione avesse Shu dell’amore, ma innamorarmi di qualcuno che non sarebbe mai riuscito a ricambiare come avrei voluto mi terrorizzava.

“Come mai sei tutta rossa?”, domandò all’improvviso.
Mi toccai la faccia, rendendomi conto di essere bollente.
“Dev’essermi venuta la febbre.”
Lui sollevò un sopracciglio, si trattava chiaramente di una bugia e nessuno dei due ci credeva davvero.
Si protese verso di me e unì le nostre labbra in modo del tutto inaspettato.
Se prima ero arrossita, in quell’istante mi sentii andare a fuoco.
Le sue labbra erano soffici.
Si staccò di colpo e mi rivolse un sorriso malizioso.
“Non credo sia la febbre.”
Solitamente avrei risposto a tono, ma tutto ciò che riuscii a fare fu lanciargli un’occhiataccia.
Adorava trattarmi come una bambina ingenua, tuttavia si era anche deciso a fare la prima mossa e questo mi dava speranza nel pensare che ricambiasse i miei sentimenti.
Quasi con fare di sfida, mi avvicinai maggiormente a lui, posando una mano sulla sua nuca.
Esercitai una lieve pressione, proprio come aveva fatto lui in passato, un chiaro invito ad avvicinarsi.
Non oppose resistenza ma fui io a baciarlo per prima.
Mi avvolse con un braccio e, nonostante la sua pelle fosse fredda, io continuai ad avvampare mentre il bacio diveniva sempre più appassionato.
La sua lingua si mosse sulle mie labbra avidamente, come a volerle assaggiare meglio, e pensai mi avrebbe morsa.

Tuttavia non ci fu alcun morso.

Così lo feci io al suo posto, mi venne spontaneo affondare i denti sul suo labbro inferiore: Shu spalancò gli occhi, allontanandosi un poco.
Mi fissò incuriosito.
“Che c’è? –, chiesi con noncuranza. – Per una volta volevo essere io a farlo.”
Non appena quelle parole mi scapparono di bocca, abbassai lo sguardo e desiderai di essere risucchiata dentro il materasso.

 Il vampiro accennò un mezzo sorriso, giurai di aver visto i suoi occhi brillare innaturalmente.
Curvò la testa, esponendo meglio l’incavo del suo collo.
“Allora che aspetti?”
Si aspettava davvero che gli mordessi il collo?
Osservando il suo sguardo di sfida, capii che era proprio quello che desiderava facessi e non mi sarei tirata indietro, non stavolta.
Affondai i denti nella sua pelle, ma non abbastanza da fargli male, anche se lo avrebbe meritato considerate tutte le volte in cui lui (o i suoi fratelli) mi avevano bucato la pelle.
Non potevo credere di avere quel comportamento sfacciato.
Gli sfuggì un piccolo gemito, quasi inaudibile.
Ma fortunatamente i nuovi poteri avevano acuito i miei sensi e sapere di avergli provocato una sensazione tanto piacevole mi rese quasi orgogliosa.
Lui catturò il mio viso tra le mani e il bacio che mi diede mi mozzò il respiro.

 “Non dovresti provocarmi in questo modo Mitsuko, non siamo più dei bambini in un letto.”
Rimasi in silenzio, ero perfettamente cosciente che le cose fossero ben diverse e che agire in quel modo avrebbe avuto delle conseguenze.
Infatti temevo si trattasse solo di attrazione fisica, ancora una volta.
Ma a causa di quelle paure avevo sprecato tanto tempo con Raito, non avrei commesso lo stesso errore con Shu.

 “Lo so. Ma volevo farlo da un po’ credo...”
Shu mi osservò sorpreso, poi fece scorrere il pollice sulle mie labbra, schiudendole appena.
“Anche io. –, ammise. – All’inizio ti consideravo solo una Sposa Sacrificale, ma mi è bastato dormire con te la prima volta per capire che eri diversa. Quando mi hai svelato la tua identità, pensavo di essere affezionato a te in quanto Ellen.”
La sua mano scivolò sulla mia guancia.
“Ma non era solo il ricordo di Ellen a legarmi a te. Mi avevi già colpito con la tua indole battagliera. Non siamo riusciti a sottometterti, hai lottato per guadagnarti il nostro rispetto e sei riuscita ad ottenerlo.”
Mi appuntò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre i miei occhi iniziavano a pizzicare.
“L’ho capito quando non volevi più rivolgermi la parola.”

 Stentavo a credere che Shu mi stesse confessando quelle cose.
Non aveva mai parlato così a lungo, ne’ così apertamente.
Tutti i miei timori erano infondati dunque.
“Mi spiace se sono rimasta chiusa nel mio dolore per così tanto tempo, non capivo che-”
Il vampiro mi zittì con due dita.
“Voglio solo continuare a baciarti.”, mormorò.

E, senza farmelo ripetere due volte, lo baciai di slancio.
Con la consapevolezza di aver sistemato ogni cosa e aver fatto breccia nel suo cuore, seppi che nulla di brutto sarebbe potuto più accadere, ne’ a me, ne’ alla mia famiglia.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 37
*** Capitolo 37 - I will always love you - ***


Capitolo 37 - I will always love you -

 

 

 

 

 

 

 

Tre mesi erano passati.
Tre mesi da quando avevamo combattuto contro Cacciatori e Ghoul ed io avevo ucciso Karl Heinz.
Eppure mi sembrava trascorsa una vita, complice il fatto che avevo ricominciato la scuola e mi ero gettata completamente sullo studio.
Non spendevo più troppo tempo a casa dei Mukami, la causa principale era la quantità esorbitante di studio, anche se loro venivano a trovarmi di tanto in tanto.
In generale preferivo trascorrere il pomeriggio con le mie migliori amiche, ogni tanto ci organizzavamo per studiare insieme, dovevamo recuperare il tempo perso.
Ma immaginavo che Yuki non frequentasse villa Sakamaki solo per studiare, avevo notato le occhiate che si scambiavano lei e Ayato.
Molto spesso lui la “rapiva” per farsi preparare dei Takoyaki, ma era una scusa banale, e lo sapevamo tutti e tre.
La vicenda mi divertiva e compiaceva al contempo, Ayato aveva riconosciuto ciò che provava per Yuki ed ero lieta che lei fosse felice, lo meritava più di chiunque altro. Insieme a Natalie.
Era stato uno shock scoprire che lei e Kou avevano iniziato a frequentarsi.
Non che io e Yuki non ce lo aspettassimo, ma non pensavo che Kou fosse il tipo di ragazzo che si impegna seriamente in una relazione.
Oltretutto non le aveva rivelato la sua vera natura, diceva che era un modo per non divulgare ulteriormente il segreto, ma ero certa che avesse paura di spaventare Natalie e a me andava bene così, almeno per il momento.
Non mi piaceva mentirle, ma non ero sicura che lei avrebbe reagito allo stesso modo di Yuki.

Avevo incontrato mio padre un paio di volte, il Cardinale Williams lo aveva scelto come sostituto del signor Lee, quindi lui era divenuto il capo dei Cacciatori qui in Giappone e ne ero molto fiera.
Oltre a sentirmi più tranquilla che fosse lui a gestire le cose all’interno della Chiesa.
Aveva deciso, con l’approvazione del Cardinale, che nessuna Sposa Sacrificale sarebbe stata più offerta alle famiglie di vampiri presenti in Giappone e ci saremmo occupati personalmente dei vampiri scontenti della decisione presa.

Ma nonostante tutto sembrasse sistemato, avevo trascorso quei mesi in solitudine, cercando di elaborare gli eventi, gestire i miei nuovi poteri ed evitare discorsi scomodi con Shu, con Subaru e soprattutto con Ruki.

Al momento, la villa era completamente immersa nel silenzio, e io iniziavo a ritrovare un briciolo di sanità mentale, perché, dopo tanto tempo, non c’era alcun tipo di minaccia.

Carla Tsukinami era scomparso nel nulla, ma ero certa che avesse un bel da fare nel regno dei Demoni come nuovo re.
E qualcosa mi diceva che le sue decisioni non avrebbero messo a repentaglio me, i Sakamaki, o l’umanità stessa.
In ogni caso, ero grata di aver recuperato le mie vecchie abitudini, preferivo di gran lunga dormire la notte, piuttosto che il giorno.
Poter vagare nell’abitazione durante la giornata non aveva prezzo, il silenzio che prima mi spaventava tanto, adesso era divenuto un compagno piacevole.
Potevo dedicarmi allo studio, o a sperimentare nuove ricette in cucina, senza che nessun vampiro venisse a reclamare il mio sangue.
Finalmente avevo trovato il mio equilibrio tra luce e ombra, finalmente non c’era più alcun incubo ricorrente a tormentarmi.
Finalmente ho accettato la perdita di Raito.”, riflettei con un pizzico di malinconia.
Ma era una malinconia positiva, se comparata a quella che avevo provato nei mesi precedenti.
Avevo accettato la sua assenza, conscia che lui, in qualche modo, sarebbe rimasto sempre al mio fianco, almeno nei ricordi.

Nessuno avrebbe potuto portarmelo via.
Passai accanto al camino acceso e mi accomodai su una delle poltrone, ammirando l’imponente albero che avevo decorato.
Natale era alle porte e, nonostante qualche protesta da parte dei Sakamaki, alla fine avevo potuto arredare la villa con decorazioni natalizie.
Kanato si era perfino offerto per addobbare l’albero assieme.
Sorrisi tra me e me, pensando che il giorno di Natale avremmo festeggiato tutti insieme, Mukami compresi, ci saremmo raccolti a tavola come una vera famiglia.

Poggiai il capo sullo schienale del sofà e decisi di godere appieno di quella serenità che avevo conquistato con tanta fatica.
Il tepore del fuoco scoppiettante del camino diede il suo contributo, quindi chiusi gli occhi per qualche istante.
Poi un istinto improvviso: avevo bisogno di uscire fuori per prendere una boccata d’aria.
Così dopo aver indossato un cappotto, mi avventurai all’esterno.
Ormai la temperatura era drasticamente mutata e non potevo girovagare con indosso solo un maglioncino e dei jeans.
Camminai nel giardino esterno, senza rendermene conto mi ritrovai nella serra con le rose.
Mi inginocchiai per ammirare meglio quelle dai petali bianchi e tastai il terriccio, rendendomi conto che era troppo asciutto.
Subaru mi aveva insegnato che avevano bisogno di essere innaffiate ogni qualvolta la terra nel vaso risultava arida al tatto, mi sorprese che non ci fosse lui ad occuparsene.

Così afferrai l’annaffiatoio verde e bagnai i vasi con un po’ d’acqua.
“Ne stai versando troppa.”
La voce profonda di Subaru mi fece sobbalzare e posai l’annaffiatoio a terra.
“Scusa, il terreno mi sembrava un po’ secco.”
Subaru mi fu accanto in un lampo e lanciò un’occhiata ai vasi contenenti le rose.
“In effetti lo era, volevo innaffiarle questo pomeriggio. Non bisogna mai potarle quando c’è il sole.”
“Ah.”, fu il mio unico commento.
Speravo di rendermi utile, invece avevo solo causato altri danni.
“Mi dispiace, non lo sapevo.”
Subaru si chinò a controllare i petali e a tastare il terriccio con le dita, ignorando completamente le mie scuse. O meglio, ignorando me del tutto.
Capii che non gradiva la mia presenza e non potevo certo biasimarlo per questo, lo avevo ferito tante volte e gli avevo perfino ammazzato le rose...
Infilai le mani nel cappotto e valutai l’opzione di chiedergli come stesse, lo evitavo da parecchie settimane e sapevo che non meritava questo trattamento.
Mi mancava trascorrere del tempo con lui, anche solo osservarlo silenziosamente mentre si occupava dei suoi fiori.
Fino a quel momento ero stata io a mantenere le distanze, ma adesso che anche lui non mi gironzolava più attorno mi sentivo vuota, come se mancasse qualcosa.

Mentre riflettevo su ciò, mi resi conto che Subaru era sparito nel nulla e trovarmi nuovamente da sola in quella serra mi rattristò.
Non avevo mai provato quella sensazione tanto sgradevole, semplicemente perché pensavo che Subaru mi sarebbe sempre stato accanto.
Lo davo per scontato, ma era ovvio che prima o poi si sarebbe stancato di quella situazione e della mia indecisione.
E il pensiero di averlo perso definitivamente mi feriva nel profondo.

Realizzai che non potevo immaginare il mio futuro senza Subaru al mio fianco.

E non solo perché mi ero abituata alla sua vicinanza, lui era stato l’unico che mi avesse trattato come una persona con dei sentimenti fin da subito.
Era stato lui a donarmi quel pugnale nella speranza che riuscissi a scappare dalla villa, per non essere trattata come una mera Sposa sacrificale.
Aveva persino accettato il mio rifiuto, conscio che non avrebbe potuto prendere il posto di Raito e nonostante la mia scelta mi era comunque stato accanto.
Gli piacevo sul serio, e anche se non riusciva a confessarlo ad alta voce, mi sarebbero dovute bastare tutte le volte in cui mi aveva protetta o confortata.
Tutte le volte in cui si era trattenuto dal mordermi, o aveva assecondato le mie richieste.
Mesi prima avevo perso Raito e sapevo che Ruki nutriva gli stessi sentimenti nei miei confronti, quindi, per non ferirlo, avevo deciso di ignorare quelli di Subaru.
E mi ero gettata tra le braccia di Shu, perché volevo scappare dall’idea di dover scegliere tra il Mukami e il Sakamaki, io che non avevo nemmeno superato la morte di Raito.
Ma ero stata una sciocca, non ero sicura che anche Shu provasse qualcosa nei miei confronti, ma così facendo avevo solo alimentato la confusione nella mia testa, quando sarebbe stato sufficiente stare lontano da tutti per un po’ di tempo e capire chi volevo ancora al mio fianco.
Chi non potevo assolutamente perdere.
E quel qualcuno, in quel momento, era Subaru.
Avrei chiarito le cose con Shu e con Ruki, adesso dovevo assolutamente parlare con l’albino, sempre che non avesse deciso di non rivolgermi più la parola e sarebbe stata una decisione lecita, seppur dolorosa.

Corsi fuori dal roseto, non c’era traccia del vampiro nei dintorni, così mi diressi nella sua camera da letto, all’interno della magione, ma sembrava svanito nel nulla.
Cercai in altre stanze e nel farlo mi imbattei anche in Reiji, ma quest’ultimo ignorava dove si fosse cacciato il fratellastro.
Il panico prese il sopravvento.
Forse era andato via, forse era già troppo tardi. Probabilmente si era stancato dei miei silenzi, o di soffrire a causa mia.
Tornai all’esterno e iniziai a chiamarlo per nome, ma non ricevetti alcuna risposta e uno stato di angoscia mi pervase.
Non potevo averlo perso, non ora che avevo capito di essere sempre stata legata a lui, anche quando Raito era in vita.
Mi accovacciai sul terreno freddo e mi presi la testa fra le mani, mi sfuggi un verso frustrato.
Non riuscivo a credere che Subaru se ne fosse andato per davvero, come avevo potuto permetterlo?
Affondai le unghie nel mio braccio e il suolo vibrò lievemente, ancora non riuscivo a gestire del tutto i miei poteri e le mie emozioni influenzavano il mio autocontrollo.

“Mitsuko…?”
Spalancai gli occhi, riconoscendo la voce maschile alle mie spalle.
Balzai in piedi e mi voltai, Subaru era immobile di fronte a me, aveva un’espressione preoccupata, ma anche confusa.
“Dov’eri finito?”
“Stavo passeggiando nel bosco qui vicino.”
Gli andai incontro con fare minaccioso.
“Ti ho chiamato, perché non hai risposto?”
“Sono venuto appena ti ho sentito.”
Contro ogni aspettativa, gli afferrai il colletto del maglioncino che indossava.
“Non farlo mai più, capito? –, sbottai irata, in realtà stavo solo sfogando la paura di averlo perso definitivamente. – Non osare sparire di nuovo.”
L’albino mi fissava stralunato, probabilmente chiedendosi se fossi uscita -completamente- di senno.
Fossi stata più lucida avrei concordato con lui, ma in quell’istante mi limitai ad abbracciarlo di slancio.
“Non lasciarmi mai più.”, mormorai sul suo maglione, gli occhi mi pizzicavano in modo fastidioso.
Subaru si decise a ricambiare l’abbraccio, intuendo di aver smosso qualcosa dentro di me. Dopo un momento di completo silenzio, si decise a parlare.
“Credevi davvero che avrei potuto lasciarti?”
Mi scansai appena per fissarlo dritto negli occhi e cercai di ricacciare indietro le lacrime.
“Me lo sarei meritato.”
Il vampiro esitò un istante prima di rispondere.
“Ho pensato di andarmene un paio di volte, in passato.”
La sua confessione mi lasciò di stucco, ma continuai ad ascoltare in silenzio.
“Avrei voluto farlo quando hai preferito Raito a me, pensando di non poter reggere il rifiuto. E, come un codardo, avrei voluto farlo quando è morto, perché immaginavo che non ti saresti mai ripresa, ne’ lo avresti tradito mettendoti con uno dei suoi fratellastri.”
Subaru guardava in basso, mentre ammetteva a voce alta i dubbi che non mi aveva mai rivelato e che dovevano tormentarlo da molto tempo.
“Avrei voluto farlo quando temevo che alla fine avresti scelto Ruki. O Shu.”
L’ultima nome mi fece sussultare, come aveva scoperto di Shu?
Sembrò che avesse letto nei miei pensieri quando riprese il discorso.
“Ho visto come lo guardavi. E soprattutto come lui guardava te, conosco quello sguardo. E ho pensato che odiarti era l’unica soluzione per dimenticarti e andar via.”
Mi strinse maggiormente a sé quando una lacrima solcò il mio viso.
Piangevo per rabbia, ce l’avevo con me stessa perché avevo provocato dolore a così tante persone, anche se involontariamente.
“Ma non posso odiarti Mitsuko. Non importa se… – Subaru tentennò, strinse la mascella e riprese a parlare. – Non importa se non ricambi quello che provo. Io continuerò ad amarti e a starti accanto.”
Le sue parole mi colpirono profondamente, restai a bocca aperta perché non credevo che Subaru fosse capace di esprimere così schiettamente i suoi sentimenti.
Immaginavo che possedesse un lato tenero, ma non credevo che lo avrebbe mai mostrato a nessuno.
Avrei voluto scusarmi per come mi ero comportata, ma quello che riuscii a dire fu solo:
“Allora stammi vicino.”
E lui mi baciò di slancio, prendendo l’iniziativa, ora che aveva finalmente il mio consenso.
Lo baciai di rimando, non c’era tempo da perdere, aveva aspettato anche fin troppo.
Era incredibilmente dolce, mentre mi sorreggeva il viso con entrambe le mani e assaggiava la mia bocca.
Sbirciai il suo volto, aveva gli occhi chiusi e un’espressione serena, così li chiusi anche io e decisi di godere appieno di quel momento tanto atteso.
Quando mi scostai appena per riprendere fiato, Subaru mantenne le mani sulle mie guance e il suo sguardo rubino mi fissò intensamente, mettendomi quasi a disagio.
“Sei sicura che è questo ciò che vuoi…”, domandò incerto, senza smettere di fissarmi.
Potevo comprendere i suoi timori, lo avevo illuso per molto tempo, finendo sempre per scegliere qualcun altro, ma mai come in quel momento ero stata sicura della scelta presa.
Per tutta risposta lo strinsi forte a me.
“Sì.”
Subaru si allontanò inaspettatamente, sfilò la collana che portava al collo e me la porse.
“Questa chiave appartiene alla prigione dove Karl Heinz teneva rinchiusa mia madre.”
Quella confessione mi sorprese, finalmente scoprivo la storia dietro quel pezzo di metallo.
“La rubai a Karl Heinz per aiutarla a fuggire dalla sua cella. –, mi spiegò, ed era evidente che per lui fosse difficile rivivere quel momento. – Ma quando mia madre scoprì che non era stato Karl Heinz a darmela, mi chiese di ucciderla con il pugnale che ti ho donato.”
Tenne lo sguardo fisso sulla chiave e un velo di amarezza riempì le sue iridi scarlatte.
“Le dissi che non potevo ucciderla. E lei si suicidò. Conservo questa chiave da allora, è preziosa per me. E voglio che tu la prenda.”
Subaru fece per infilare la collana intorno al mio collo, ma io mi ritrassi, era un oggetto troppo importante per poterlo accettare.
“Non posso indossarla…”
Il vampiro scosse il capo e, con un rapido movimento, sistemò la collana intorno al mio collo, accarezzando il pendente di metallo.
“Qui ho i miei fratellastri, ma mi sono sentito sempre un po’ solo. Tutto è cambiato con il tuo arrivo, Mitsuko, ora sei tu la cosa più preziosa che ho.”
Le lacrime lottavano per non venir fuori, ma mi era quasi impossibile trattenerle dopo quello che Subaru aveva detto.
Stretta fra le sue braccia, seppi di essere esattamente dovrei avrei voluto trovarmi.
Avrei costudito quella collana e il mio amore per Subaru.

Ritorna all'indice


Capitolo 38
*** Capitolo 38 - The one who has always stayed - ***


Capitolo 38 - The one who has always stayed -

 

 

 

 

 

 

 

Tre mesi erano passati.
Tre mesi da quando avevamo combattuto contro Cacciatori e Ghoul ed io avevo ucciso Karl Heinz.
Eppure mi sembrava trascorsa una vita, complice il fatto che avevo ricominciato la scuola e mi ero gettata completamente sullo studio.
Non spendevo più troppo tempo a casa dei Mukami, la causa principale era la quantità esorbitante di studio, anche se loro venivano a trovarmi di tanto in tanto.
In generale preferivo trascorrere il pomeriggio con le mie migliori amiche, ogni tanto ci organizzavamo per studiare insieme, dovevamo recuperare il tempo perso.
Ma immaginavo che Yuki non frequentasse villa Sakamaki solo per studiare, avevo notato le occhiate che si scambiavano lei e Ayato.
Molto spesso lui la “rapiva” per farsi preparare dei Takoyaki, ma era una scusa banale, e lo sapevamo tutti e tre.
La vicenda mi divertiva e compiaceva al contempo, Ayato aveva riconosciuto ciò che provava per Yuki ed ero lieta che lei fosse felice, lo meritava più di chiunque altro. Insieme a Natalie.
Era stato uno shock scoprire che lei e Kou avevano iniziato a frequentarsi.
Non che io e Yuki non ce lo aspettassimo, ma non pensavo che Kou fosse il tipo di ragazzo che si impegna seriamente in una relazione.
Oltretutto non le aveva rivelato la sua vera natura, diceva che era un modo per non divulgare ulteriormente il segreto, ma ero certa che avesse paura di spaventare Natalie e a me andava bene così, almeno per il momento.
Non mi piaceva mentirle, ma non ero sicura che lei avrebbe reagito allo stesso modo di Yuki.

Avevo incontrato mio padre un paio di volte, il Cardinale Williams lo aveva scelto come sostituto del signor Lee, quindi lui era divenuto il capo dei Cacciatori qui in Giappone e ne ero molto fiera.
Oltre a sentirmi più tranquilla che fosse lui a gestire le cose all’interno della Chiesa.
Aveva deciso, con l’approvazione del Cardinale, che nessuna Sposa Sacrificale sarebbe stata più offerta alle famiglie di vampiri presenti in Giappone e ci saremmo occupati personalmente dei vampiri scontenti della decisione presa.

Ma nonostante tutto sembrasse sistemato, avevo trascorso quei mesi in solitudine, cercando di elaborare gli eventi, gestire i miei nuovi poteri ed evitare discorsi scomodi con Subaru e soprattutto con Ruki.

Al momento, la villa era completamente immersa nel silenzio ed io iniziavo a ritrovare un briciolo di sanità mentale, perché, dopo tanto tempo, non c’era alcun tipo di minaccia.
Carla Tsukinami era scomparso nel nulla, ma ero certa che avesse un bel da fare nel regno dei Demoni come nuovo re.
E qualcosa mi diceva che le sue decisioni non avrebbero messo a repentaglio me, i Sakamaki, o l’umanità stessa.

In ogni caso, ero grata di aver recuperato le mie vecchie abitudini, preferivo di gran lunga dormire la notte, piuttosto che il giorno.
Poter vagare nell’abitazione durante la giornata non aveva prezzo, il silenzio che prima mi spaventava tanto, adesso era divenuto un compagno piacevole.
Potevo dedicarmi allo studio, o a sperimentare nuove ricette in cucina, senza che nessun vampiro venisse a reclamare il mio sangue.
Finalmente avevo trovato il mio equilibrio tra luce e ombra, finalmente non c’era più alcun incubo ricorrente a tormentarmi.
Finalmente ho accettato la perdita di Raito.”, riflettei con un pizzico di malinconia.
Ma era una malinconia positiva, se comparata a quella che avevo provato nei mesi precedenti.
Avevo accettato la sua assenza, conscia che lui, in qualche modo, sarebbe rimasto sempre al mio fianco, almeno nei ricordi.
Nessuno avrebbe potuto portarmelo via.
Passai accanto al camino acceso e mi accomodai su una delle poltrone, ammirando l’imponente albero che avevo decorato.
Natale era alle porte e, nonostante qualche protesta da parte dei Sakamaki, alla fine avevo potuto arredare la villa con decorazioni natalizie.
Kanato si era perfino offerto per addobbare l’albero assieme.
Sorrisi tra me e me, pensando che il giorno di Natale avremmo festeggiato tutti insieme, Mukami compresi, ci saremmo raccolti a tavola come una vera famiglia.

Poggiai il capo sullo schienale del sofà e decisi di godere appieno di quella serenità che avevo conquistato con tanta fatica.
Il tepore del fuoco scoppiettante del camino diede il suo contributo, quindi chiusi gli occhi per qualche istante.

Poi decisi di fare una passeggiata all’esterno, avevo bisogno di prendere una boccata d’aria.
Mi infilai il cappotto e varcai la soglia d’ingresso, il freddo mi sferzava il viso e fui tentata dal rientrare di corsa all’interno della villa, accovacciarmi accanto al fuoco e spendere lì il resto dei miei giorni.

Tuttavia era da troppo tempo che non mettevo piede fuori casa, fossi rimasta qualche giorno di più nella magione mi sarei trasformata in un ornamento della villa.

Vagai nel giardino senza una meta ben precisa, nel roseto non c’era traccia di Subaru, ultimamente mi aveva scansava come la peste e non potevo biasimarlo se aveva deciso di tagliare ogni rapporto con me.
Lo avevo illuso innumerevoli volte, seppur involontariamente, ma quel periodo in solitudine mi era servito a capire che per lui avrei provato sempre e solo del semplice affetto.

E non avevo ancora trovato il coraggio di confessarglielo.
Avrei voluto giustificarmi dicendo che lui non me ne aveva dato modo, ma sarebbe stata una bugia.
In realtà temevo la sua reazione, aveva iniziato ad evitarmi ancor prima di conoscere i miei reali sentimenti nei suoi confronti, figurarsi cosa sarebbe accaduto una volta rivelato ciò che provavo.
Almeno avevo fatto chiarezza sul mio rapporto con Shu, avevo capito di essere legata a lui molto più di quel che immaginavo, era un legame che condividevamo fin dall’infanzia, ma non c’era alcuna sfumatura romantica in esso, entrambi ci eravamo resi conto di provare una sorta di mancanza di affetto che avevamo tentato di riempire avvicinandoci, tuttavia, una volta conclusa la battaglia contro Karl Heinz le cose erano tornate alla normalità e così pure il nostro rapporto.

Nonostante questo Shu continuava a sgattaiolare nel mio letto di tanto in tanto e la cosa non mi infastidiva.

Mentre percorrevo il viale ricco di arbusti, una voce maschile mi sorprese nel giardino.
“Ehi.”
Ruki era l’ultima persona che mi aspettavo di vedere all’interno della magione.
Certamente avevamo ufficializzato l’unione delle due famiglie con l’invito a pranzo il giorno di Natale, ma il maggiore dei Mukami non si sarebbe presentato a casa Sakamaki senza un valido motivo.
Per un breve istante immaginai fosse successo qualcosa di grave, non sarebbe stata una novità scoprire che qualche terribile evento stava per distruggere nuovamente quella serenità che avevo ricostruito con fatica.

Ricambiai quindi il saluto e aspettai che aggiungesse altro, ma lui si ostinava a fissarmi senza dire niente e quel tenermi sulle spine mi preoccupava.
Infine si decise a parlare.
“Mi piaci Mitsuko.”
La sua dichiarazione improvvisa mi lasciò di sasso.
Avevo immaginato mille motivi diversi per cui si trovasse nel giardino della villa, in un orario così insolito e senza alcun invito esplicito.
Era venuto fin qui solo per questo?

“Ruki-”
“No aspetta, lasciami continuare.”, mi interruppe prontamente, l’idea che avesse perfino preparato un discorso a riguardo mi stupiva ancor di più.
Così lo lasciai proseguire.
“So bene di non aver mai parlato apertamente di quello che provo, ma non ci sono abituato.”
Potevo solo immaginare che sforzo enorme stesse compiendo in quel momento.
Lo conoscevo abbastanza bene da sapere che il suo orgoglio non gli permetteva di essere così sincero verso i suoi sentimenti.
“Però è giusto che tu lo sappia.” 
Indicò una panchina a pochi passi da noi e mi invitò ad accomodarmi.
Avrei voluto dirgli che non era necessario essere così formali ed era strano vederlo così educato, considerato che inizialmente mi considerava come una bestia al macello, ma quella confessione serviva ad entrambi, finalmente si era deciso ad “aprire il suo cuore” e questo mi avrebbe aiutato a far chiarezza anche nel mio.
Prese posto accanto a me sulla panchina in marmo.

“Mi piaci da quella notte in cui ti ho sentita urlare nel sonno e ti ho lasciata piangere fra le mie braccia.”
Ricordavo bene quella notte, avevo avuto un incubo che in quei giorni era piuttosto ricorrente, quello dove mia madre mi chiedeva di scappare e poi veniva brutalmente uccisa da Karl Heinz, ed io mi ero svegliata tremante e sconvolta.
Mi ero domandata spesso perché Ruki mi avesse lasciato piangere accoccolata al suo petto.
“Avevo sempre considerato chiunque inferiore a me e ho pagato quest’arroganza sulla mia pelle. Nonostante ciò, quando sono diventato un vampiro il mio disprezzo per gli esseri umani è incrementato. Ma quando ti ho vista così fragile, non ho pensato che fossi patetica. Ho pensato che avrei voluto proteggerti.”
Sorrise amaramente mentre osservava le sue mani.
“Ma non hai mai avuto bisogno di alcuna protezione.”
Tornò a guardarmi ed io faticai a mantenere il suo sguardo, le sue parole mi avevano scosso nel profondo.
Tempo addietro, pensavo che quello di Ruki fosse più un capriccio e non un reale interesse, il suo comportamento era stato spesso discordante, delle volte mi aveva trattata con sufficienza, altre si era preoccupato della mia incolumità.
Infine, che ci fosse un interesse da parte sua era divenuto piuttosto chiaro, ma non credevo che fosse talmente intenso da fargli mettere da parte l’orgoglio e parlare così apertamente di ciò che provava nei miei confronti.
“Avrei dovuto dirtelo molto prima, me ne rendo conto.”, concluse mettendosi in piedi.
“E non posso biasimarti se quel giorno mi hai rifiutato.”
Avrei voluto rispondergli che non lo avevo rifiutato, semplicemente mi aveva preso in contropiede ed ero troppo confusa per dargli una risposta certa in quel momento.
Tuttavia rimasi in silenzio ancora una volta, fin troppo spiazzata.
“Non mi aspetto che tu abbia cambiato opinione sul mio conto, ma sentivo l’esigenza di dirtelo.”
Ruki mi osservò per qualche istante, poi annuì, come se avesse confermato a sé stesso di aver fatto la cosa giusta.

Proprio mentre si avviava fuori dal giardino, balzai in piedi e chiamai il suo nome.
Il vampiro arrestò il passo, senza tuttavia voltarsi ed io mi aggrappai alla sua maglietta, temendo che si teletrasportasse via da un momento all’altro.
“Sono io a dovermi scusare. –, mormorai. – Hai reso piuttosto chiare le tue attenzioni e io ho scelto di ignorarle.”
Ruki ruotò di poco il capo probabilmente incuriosito dal mio discorso.
“Inizialmente per me c’era solo Raito… Ed è rimasto anche quando se n’è andato, non riuscivo a non pensare a lui.”
Ero sicura che questo Ruki lo avesse capito, d’altronde lui era lì mentre piangevo sul corpo esanime del vampiro dagli occhi verdi.
“Oltretutto non eri l’unico a cui ero affezionata.”
Mi riferivo a Subaru e doveva aver intuito anche questo, poiché notai il suo volto adombrarsi.
“Mi era difficile concentrarmi sulle questioni di cuore quando avevo scoperto di avere dei poteri e ritrovato il mio vero padre, nonché uno dei Primi Fondatori della razza demoniaca, che reclamava il posto di Karl Heinz.”
Strinsi la sua maglietta con maggiore foga prima di continuare, stavo per dire qualcosa di molto coraggioso e che comprendevo solo in quell’istante.
“Ma tu ci sei sempre stato. Sei venuto in nostro soccorso quando i Cacciatori ci hanno attaccato per la prima volta. E poi mi hai accolto in casa tua nonostante non mi dovessi nulla, senza neppure reclamare il mio sangue in cambio. Hai deciso di aiutarmi ogni qualvolta ne ho avuto bisogno e hai combattuto al mio fianco nonostante ti avessi rifiutato poche ore prima...”
Il vampiro si scansò, liberandosi della mia presa, e pensai che quel ricordo ancora lo feriva, ma quando si voltò per guardarmi, non aveva più un’espressione cupa in volto.
Così ne approfittai per concludere il mio discorso.
“Ma io non ti avevo rifiutato Ruki. Il giorno in cui mi hai baciata credevo fosse sbagliato perché ero ancora innamorata di un altro. E probabilmente sarò sempre
innamorata di Raito, ma ho capito che non potrei vivere anche senza di te. Non mi aspetto che tu mi perdoni per averlo capito solo ora.”
Aspettai una sua reazione, ma proprio non riuscivo a decifrare il suo sguardo impassibile.

Ruki si avvicinò a me improvvisamente, mi scansò un ciuffo dal viso, proprio come era accaduto tempo prima nella cucina di villa Mukami, e mi rivolse un piccolo sorriso, un sorriso mai visto prima che illuminava i suoi bei occhi grigi.
“Dovrei punirti per averci impiegato tanto.”
Sperai che quella fosse solo una battuta, ma non sapevo cosa aspettarmi da uno come Ruki, che fino a poco tempo prima mi paragonava al bestiame.
Ma era molto diverso da quel Ruki, adesso aveva imparato a rispettarmi, mi trattava come una persona con dei sentimenti, lui stesso aveva ricordato di averne.
Le sue mani scivolarono lungo i miei fianchi e mi strinse a sé.
“Posso baciarti?”
Domandò con tono casuale, in modo del tutto inaspettato.
“Ruki Mukami che chiede il permesso?”, lo stuzzicai.
“Sai che mi piacciono le buone maniere.”
Lo fissai con un sopracciglio inarcato, mi aveva morsa più volte e perfino rubato un bacio, non aveva mai avuto bisogno del mio permesso.
“Potrei rifiutare, dunque?”
Il vampiro si fece più serio e calò il suo viso sul mio, i nostri nasi quasi si sfioravano e il mio cuore batteva forte nel petto.
“Non oseresti.”
Sorrisi maliziosamente, sorpresa dalla mia stessa audacia, ma anche io ero stanca di aspettare.
Lo baciai per prima e Ruki rimase di stucco per il gesto improvviso, non si aspettava probabilmente che avrei fatto il primo passo, ma nel giro di pochi secondi ricambiò il bacio.
Inizialmente prese il suo tempo per esplorare le mie labbra, ma quel bacio delicato divenne man mano più passionale, tanto che dovetti allontanarmi per riprendere fiato.
Avevo le guance arrossate e il respiro affannato.
Lui mi scrutò con attenzione.
“Cosa?”
“Sei bella.”
Avessi potuto, avrei nascosto il mio viso con le mani, dovevo essere arrossita in modo imbarazzante, ma avevo le dita ancorate alla sua nuca e non avevo intenzione di allontanarle di un millimetro.
“Mi chiedi il permesso, mi fai dei complimenti, non starai esagerando?”
“Decisamente.”, rimbeccò Ruki, poi riprese a baciarmi.

E in quel momento così perfetto, mi sentii protetta e amata.
Nulla avrebbe potuto distruggere quella serenità, perché qualsiasi cosa sarebbe accaduto, io l’avrei affrontato, insieme alla mia famiglia. Insieme a Ruki.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ANGOLO AUTRICE

 

 

Quindi eccoci qui al capitolo finale.
Ben trovati, miei cari lettori.
Con questo mettiamo fine alle avventure di Mitsuko e dei nostri vampirelli, siamo giunti al termine di questa trilogia che prosegue ormai da anni e mettere la parola fine mi fa un certo effetto.
Sono affezionata a questa storia e ad ogni personaggio, che sia mio o ispirato all’anime/videogioco, li porterò sempre nel cuore, come conserverò sempre il ricordo di tutti coloro che hanno seguito e supportato questa mia storia, grazie davvero.
Adesso starà a voi immaginare come potrebbero proseguire le loro vite.
Chiaramente avrei già un’idea su cosa potrebbe accadere dopo, ma credo che il mio tempo su questo fandom sia concluso, anche perché, a malincuore, devo dire che non è più attivo come una volta, ma auguro un in bocca al lupo a tutti coloro che continueranno a pubblicare qui e a divulgare la storia dei nostri sadici ma adorabili Diabolik Lovers negli anni a venire.
Con le lacrime agli occhi vi abbraccio, vostra Nephy_

 

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3926610