La vita riserva sempre delle sorprese

di _sesshomary
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Salvataggio ***
Capitolo 2: *** Il risveglio ***
Capitolo 3: *** Un addio e un ritorno ***
Capitolo 4: *** Sorprese inaspettate ***
Capitolo 5: *** Avvicinamento ***
Capitolo 6: *** L'amore ripaga ***
Capitolo 7: *** Cambiamento improvviso ***
Capitolo 8: *** Suppliche ***



Capitolo 1
*** Salvataggio ***


ATTENZIONE: C'E' UNA SCENA UN PO' VIOLENTA, SE NON VOLETE LEGGERE ALLA FINE DEL CAPITOLO HO MESSO UN BREVE RIASSUNTO.







I miei genitori erano sempre stati umili lavoratori e avevano fatto molti sacrifici per darmi la possibilità di vivere dignitosamente. Desideravano per me una qualità di vita migliore rispetto a quella a cui loro erano stati costretti. Così, quando ero poco più di una bambina, a mia insaputa, avevano stretto un accordo con il ricco capo villaggio: loro lo avrebbero servito per il resto della loro vita, in cambio lui doveva farmi sposare con suo figlio appena avessi compiuto venti anni. Venni a conoscenza del patto solo pochi giorni prima della cerimonia. Tutto era stato stabilito, un rifiuto sarebbe stato impensabile ed io mi sentivo in trappola. Così, il giorno precedente lo sposalizio, senza dire nulla a nessuno, decisi di abbandonare il villaggio che mi aveva visto nascere e crescere e con esso i miei genitori.
Dopo lungo vagare in cerca di un rifugio, giunsi alle porte di un piccolo centro abitato in cui non ero mai stata, ma in cui trovai un’inaspettata quanto calorosa accoglienza. La gentilezza e la comprensione degli abitanti nei miei riguardi, una forestiera quasi apparsa dal nulla fra loro, riempì il mio cuore spezzato di speranza e mi spinse a scegliere questo luogo sconosciuto quale nuova casa.
Come ricompensa per i miei servigi di levatrice, mestiere insegnatomi da mia madre, mi venne concesso di vivere in una piccola capanna. Quello che avevo mi bastava e i miei giorni passavano felici e sereni senza che sentissi la necessità d’aver un uomo al mio fianco.
Dopo un mese di permanenza al villaggio, un giorno, mentre ero alla ricerca di cibo, mi ritrovai in una radura isolata. Mi resi conto, quasi me ne fossi ricordata solo in quell’istante, d’essere sola, ma la solitudine era un sentimento che non mi aveva mai fatto molta paura.
Assorta nei miei pensieri, non mi accorsi però che alcuni uomini mi avevano seguita.
Al calar della sera, con il cestino ormai pieno di verdure selvatiche che mi piacevano molto e che crescevano solo in pochi luoghi, ma ignara dei pericoli che mi aspettavano, decisi di tornare al villaggio e quindi alla mia capanna. 
Non appena abbandonai la radura, sentii dei passi avvicinarsi.
“Chi è la?” dissi con voce tremante.
Nessuno mi rispose e quindi credetti che fosse stato solo qualche animale o il fruscio del vento fra le fronde. Continuai nel mio percorso con passo più svelto, ma mi ritrovai davanti tre uomini.
Non riuscivo a distinguerli per via dell’oscurità notturna, ma vedevo che tutti e tre avevano delle grosse spalle e una corporatura possente.
Cosa volevano da me? Forse erano solo venuti in mio soccorso sapendomi da sola?
La mia eccessiva buona fede nel prossimo tuttavia non venne ripagata a dovere. Uno di loro mi si avvicinò, tendendo una mano per accarezzarmi il fianco. Sorpresa, mi scostai bruscamente, come se quel tocco non richiesto mi avesse scottata. La mia reazione non fu però sufficiente a farli desistere dai loro intenti ed in pochi istanti anche gli altri due uomini mi si accostarono senza che potessi evitarlo, chiudendomi come in una morsa dalla quale mi sarebbe stato impossibile fuggire.
 “Cosa volete?” urlai ormai in preda al panico.
“Tu credevi di restare al nostro villaggio senza un uomo e non destare la nostra attenzione?” disse uno dei tre, provocatorio.
“Dovresti sapere benissimo che una giovane donna senza marito viene presa di mira” aggiunse uno degli altri.
“Insomma cosa volete?” dissi io in un sussurro terrorizzato. Ero sicura di quello che volevano, ma non riuscivo a credere che stesse per capitare a me.
L’uomo che mi si era avvicinato per primo non aveva ancora parlato e per la seconda volta tornò a sfiorarmi il fianco, questa volta con più insistenza.
Non avevo via d’uscita. Non sarei riuscita a sfuggire dalle loro grinfie.
“Vogliamo solo te, il tuo bellissimo corpo” disse il primo uomo, mentre la sua presa sempre più salda sul mio corpo scese fino a raggiungere il fondo schiena.
“Lasciami” strillai cercando di allontanarmi da quel tocco, ma nel tentativo di voltarmi mi scontrai contro il petto dell’uomo che era fermo alla mia destra.
“Non potrai mai sfuggirci” disse egli con tono malizioso e divertito e rapidamente mi bloccò i polsi.
Ormai ero in trappola. Maledetta me che vado in giro da sola
Con tocco veloce il primo uomo che mi si era avvicinato mi slegò l’obi e il mio kimono si aprì subito lasciando intravedere parte del mio corpo nudo.
Un attimo dopo l’uomo che mi aveva bloccato i polsi spostò le sue mani sulle mie spalle, facendo così scivolare il kimono a terra e lasciandomi nuda ed inerme davanti a loro.
La paura mi aveva bloccata, non riuscivo a muovermi né ad urlare. Nessuno mi avrebbe salvato da quello che stava per accadere.
L’uomo che era dietro di me afferrò subito i miei fianchi e fece combaciare i nostri corpi; potevo benissimo avvertire la sua eccitazione attraverso la sua veste, mentre gli altri due presero a toccare il mio seno e la mia intimità.
Poco dopo alle loro mani si sostituirono le loro luride lingue. Mi sentii subito contaminata per quel contatto e con le mani e le gambe cercai di allontanare almeno i due uomini davanti a me.
“Sei proprio combattiva” disse uno dei due, mentre quello che mi teneva da dietro iniziò a saggiare con la lingua la pelle delicata e vulnerabile del mio collo.
Subito dopo i due che avevo cercato di allontanare erano ritornati ai loro posti e nel contatto con il mio corpo gemevano come maiali. Non riuscivo a fare altro che disgustarmi per quei suoni e per quelle sensazioni.
“Per quanto tempo ancora saresti voluta restare vergine?” mormorò uno dei tre e poi inserì la sua lingua ancora più in profondità nella mia intimità.
“Hai un buon sapore sai? Non vedo l’ora di farti mia” continuò maliziosamente ed abbassandosi con una mano la parte inferiore delle veste si accostò ancor di più a me, lasciando in piena vista la propria nudità.
Il terrore si impadronì di me così tanto che, non volendo vedere e sentire oltre quelle torture, svenni.
L’ultima cosa che sentii prima di cadere nel buio più profondo dell’incoscienza, fu il suono di una voce maschile. Una voce diversa, estranea rispetto a quelle degli uomini che mi avevano aggredita.
“Cosa state facendo, maledetti? Lasciatela andare, luridi porci!”








Riassunto:
Una giovane donna, fuggita dai suoi genitori perché volevano darla in sposa ad un uomo che lei non amava(il figlio del ricco capovillaggio), si era rifugiata in un villaggio nel quale faceva la levatrice in cambio di un alloggio.
Un giorno era andata nel bosco alla ricerca di erbe. Si era trattenuta un po' troppo e aveva deciso di tornare a casa non appena si era resa conto che il sole era tramontato da un bel pezzo. 
Però era stata seguita da tre uomini che l'hanno aggredita e hanno cercato di violentarla. 

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Capitolo 2
*** Il risveglio ***


Quando rinvenni mi trovai in una capanna. Era giorno, quindi sicuramente avevo passato la notte lì. Qualcuno mi aveva rivestito e adagiato su un futon per lasciarmi risposare. Quello che mi era accaduto era stato orribile, eppure qualcuno mi aveva salvata, forse in tempo.
Poco dopo nella stanza in cui mi trovavo entrò una donna che mi si avvicinò in maniera pacata e gentile.
“Come stai? Finalmente ti sei svegliata” mi chiese con tono dolce.
“Cosa mi è successo?” domandai io di rimando, mentre nella mia mente si disegnava l’orrendo ricordo di come quegli uomini terribili avevano violato il mio corpo.
“Per fortuna Inuyasha ti ha salvata prima che quegli uomini riuscissero a compiere il loro lurido piano. Tu eri già svenuta” mi disse lei e io mi rilassai, sollevata al pensiero che quell’aggressione non si fosse spinta fino all’irreparabile.
“Chi è Inuyasha? Vorrei ringraziarlo”.
“Inuyasha è mio marito. Tra poco tornerà a casa e potrai ringraziarlo per bene. Io invece sono Kagome”.
“Oh scusami, non mi sono nemmeno presentata. Piacere, io sono Hideko e ringrazio anche te per avermi ospitata in casa tua e avermi accudita”.
“Non devi ringraziarmi, mio marito non ti avrebbe mai abbandonata in quelle circostanze e io non ti avrei mai lasciata sola. Avevi bisogno di protezione. Hai passato dei momenti spaventosi, immagino”.
“Già, per fortuna è andato tutto bene, grazie a tuo marito” risposi io ancora più rilassata, sapendomi finalmente al sicuro.
Non trascorse molto tempo prima che sentissimo dei passi al di là della porta ed in una manciata di attimi mi ritrovai davanti un ragazzo con i capelli argentei e gli occhi color ambra. Notai delle curiose orecchie canine sulla sommità del suo capo e dedussi che non poteva essere un umano comune, ma piuttosto un demone o un mezzo demone. Non provai timore alla sua vista né ribrezzo. Dopotutto, se aveva deciso di accorrere in soccorso di una sconosciuta, doveva possedere un animo buono e altruista, qualunque fosse la sua natura.
Mosse le sue orecchie di scatto e posò il suo sguardo su di me.
“Guarda Inuyasha, si è ripresa” esclamò Kagome, rivolgendo lo sguardo verso il marito che subito la ricambiò con espressione amorevole. Era visibile alla prima occhiata quanto fossero innamorati.
“Sono molto contento” rispose lui senza distogliere gli occhi dallo sguardo della moglie.
“Ti ringrazio immensamente per avermi salvata” dissi e subito gli occhi di lui si posarono nuovamente su di me.
“Non avrei mai lasciato una donna indifesa nelle grinfie di tre luridi uomini con cattive intenzioni" esclamò lui, assumendo un’espressione disgustata.
“Grazie ancora” rincarai, chinando il capo.
“Ci hai già ringraziati abbastanza, stai tranquilla. Ora troveremo per te un posto dove stare, così che tu non debba allontanarti troppo da noi. Ti vogliamo sapere al sicuro” asserì Kagome, guardandomi negli occhi.
"Siete fin troppo gentili con me che sono solo una sconosciuta” aggiunsi non senza un lieve imbarazzo misto a gratitudine.
“Senti Kagome, prima di tornare qui ho parlato con la vecchia Kaede che mi ha detto che avrebbe potuto ospitarla lei. Nella sua capanna sarà sicuramente al sicuro. Inoltre, in sua assenza, Hideko potrebbe badare a Rin dato che è ancora una bambina e non è un bene lasciarla spesso da sola” riferì Inuyasha, guardando nuovamente negli occhi la moglie.
“Ci dispiace non poterti far restare qui con noi” disse Kagome come a volersi giustificare “ma non abbiamo molto spazio e tra qualche mese saremo in tre” aggiunse, abbassando istintivamente lo sguardo verso il proprio ventre, mentre un lieve e luminoso sorriso le increspava le labbra rosee.
Ancora scossa dagli eventi, solo in quel momento mi resi conto del gonfiore appena visibile fra le pieghe delle vesti all’altezza del suo ventre.
“Congratulazioni, sono molto felice per voi” dissi loro, sinceramente felice. “Se mai aveste bisogno di qualcosa, io sono una levatrice e cercherò di sdebitarmi per il vostro aiuto”.
Entrambi annuirono concordi. Si vedeva benissimo che erano entusiasti del bambino in arrivo e io li avrei aiutati con tutte le mie forze per renderli il più felici possibile.
“Bene, ti lasciamo riposare ancora un po’. Se hai bisogno di qualsiasi cosa, chiamaci senza esitare” mi disse Kagome. Io annuii e lei si avvicinò ad Inuyasha che, affettuoso, la avvolse tra le sue braccia e le diede un tenero bacio sulle labbra prima di scomparire nell’altra stanza.
Rimasi sdraiata sul quel futon ancora per qualche istante. Ero stata fortunata a incontrare Inuyasha quella sera, mi aveva salvata da una terribile sciagura.
Dopo circa un’ora Kagome rientrò nella mia stanza e mi si avvicinò.
“Che ne dici di farti un bel bagno? Così potrai eliminare i residui di quella brutta esperienza”.
“Oh sì, sarebbe una bellissima idea” risposi grata.
“Riesci ad alzarti, vero?” chiese premurosa.
Annuii delicatamente e mi alzai.
“Bene allora, andiamo”.
Dopo aver preso due kimono puliti, uscimmo dalla capanna e ci incamminammo verso il bosco. Nonostante fosse pieno giorno, la vista della vegetazione rigogliosa mi scosse leggermente ed il mio passo si arrestò di scatto, ancora troppo vivido nella mente il timore di imbattermi nuovamente in quegli uomini crudeli.
“Tutto bene?” mi chiese Kagome avvicinandosi a me, mentre io non riuscivo a proferire parola.
“Hai paura che qualcuno possa attaccarti ancora?” continuò dolcemente e io annuii.
“Guarda lassù” mi incitò sorridendo, mentre puntava il dito verso un alto albero a pochi passi da noi. “Vedi? C’è Inuyasha che ci tiene sempre a portata di orecchie. Se succede qualcosa ci basterà urlare e lui verrà subito a salvarci” aggiunse, salutando con la mano suo marito che ricambiò con un leggero sorriso.
Sapendo della sua presenza mi tranquillizzai, mi aveva già salvata una volta, non avrebbe esitato a rifarlo. Per di più, anche sua moglie avrebbe potuto essere in pericolo e lui non l’avrebbe di certo abbandonata.
“Grazie” sussurrai a Kagome.
Lei mi prese per mano e ci dirigemmo verso la sorgente di acqua. Appena arrivate Kagome iniziò a spogliarsi e io feci lo stesso.
Mentre si sfilava il kimono mi caddero gli occhi sul suo ventre. Ora, privo del riparo fornito dalle vesti, la rotondità si notava di più. Avevo visto molte donne incinte, ma lei era sempre delicata e tranquilla nei movimenti e si accarezzava spesso la pancia come per infondere tranquillità a suo figlio.
Kagome si accorse dei miei sguardi e mi sorrise dolce, poi si avvicinò al mio orecchio e mi sussurrò: "Sai, Inuyasha è un mezzo demone e una notte mi ha detto che era riuscito a sentire il cuore del bambino battere grazie al suo udito sviluppato e da quel momento ho iniziato ad accarezzarlo spesso, perché sono sicura che lui mi sente”. Le sue parole trasmettevano un’immensa amorevolezza.
“Sono sicura che ti sente e ti ama già” le dissi io accarezzandole la pancia.
Una volta in acqua, presi a lavarmi con estrema accuratezza, strofinando energicamente ogni parte del mio corpo per eliminare ogni minima traccia degli ultimi eventi e continuai fino a che non mi sentii completamente pulita.
Kagome si lavò con fare più rilassato e ogni tanto mi regalava qualche sorriso affettuoso.
Quando uscimmo dall’acqua, Kagome mi porse uno dei due kimono che aveva portato con se e io lo indossai tranquilla.
“Questo lo prendo io, lo brucio appena arrivo a casa” mi disse dopo essersi rivestita, afferrando il mio vecchio kimono.
“Kagome, non importa, basterà lavarlo e potrò utilizzarlo ancora e poi qui io non ho nulla da mettere, quindi potrebbe essermi utile”.
“Non ti preoccupare” aggiunse lei tranquilla “tra i miei e quelli di Sango troveremo qualche kimono da regalarti e poi potremmo sempre prenderne dei nuovi. Non saranno molto preziosi, ma almeno avrai modo di vestirti”.
“Ma io non voglio arrecarvi altro disturbo, avete già fatto così tanto per me”.
“Stai tranquilla e lascia fare a noi. Avrai tutto quello di cui sentirai bisogno” aggiunse dirigendosi verso la sua capanna. La seguii a passo svelto. Alzai lo sguardo verso l’albero su cui prima avevo visto Inuyasha ed egli era ancora lì, attento. Appena ci vide con un balzo si ritrovò accanto a noi e abbracciò sua moglie.
Entrammo nella capanna e Kagome si mise immediatamente a preparare il pranzo, mi avvicinai a lei con l’intenzione di aiutarla.
“Sei un’ospite, devi stare tranquilla” asserì categorica.
“Potrei esserti d’aiuto, non sono stanca, mi sento bene” risposi io.
Ma lei fece un deciso cenno di diniego con la testa, quindi decisi di non insistere oltre.  Mi sedetti e insieme ad Inuyasha aspettai che il pranzo fosse pronto.
Mangiammo tranquilli. Il pranzo era delizioso e non appena finito Kagome prese le ciotole e andò a lavarle.
“Non posso aiutarti nemmeno adesso?” le chiesi prima che uscisse dalla capanna.
“No” mi rispose lei con un sorriso.
Inuyasha mi si avvicinò tranquillo. "E’ testarda, quando dice una cosa non cambia mai idea” disse accennando un mezzo sorriso.
“Capisco” gli risposi, ricambiando il sorriso.
In poco tempo Kagome fu di ritorno e si sedette accanto a noi.
“Prima di portarti da Kaede, voglio presentarti i nostri amici” mi disse allegra e io annuii.
Ci dirigemmo verso una capanna non molto distante dalla loro.
Giunti in prossimità dell’ingresso, notai un uomo, dai cappelli scuri raccolti in un codino e gli occhi azzurri, seduto per terra, alle prese con due bellissime gemelline.
Quando fummo abbastanza vicini, vidi Kagome abbassarsi all’altezza delle bambine per dar loro un bacio sulla fronte.
“Zia, zia quando nasce il cuginetto?” disse una delle due gemelline toccando con la mano la pancia di Kagome.
“Piccola Hana, ancora ci vuole un po’ di tempo” rispose lei sorridendo e accarezzandole la testa.
Poi prese le due piccole per mano e ci avvicinò a me.
“Hana, Yuki, lei è una mia nuova amica, si chiama Hideko”.
“Ciao signora” mi dissero le due bimbe all’unisono.
“Ciao piccole” risposi io abbassandomi al loro livello e scompigliando loro la chioma. Erano così belle.
Poco dopo una donna uscì fuori dalla capanna con in braccio un neonato e l’uomo all’ingresso si alzò dalla sua postazione e le cinse la vita.
“Sango, Miroku lei è appena arrivata nel nostro villaggio e penso ci resterà per un po’. Si chiama Hideko” esordì Kagome presentandomi ai suoi due amici.
“Piacere di conoscervi” dissi.
“Il piacere è nostro” risposero, poi il loro sguardo andò verso il piccolo “Lui è Tadashi” aggiunse Miroku sorridendo in direzione del neonato che dormiva placidamente nell’abbraccio protettivo della donna.
“Dai entrate, così parliamo un po’” propose Sango.
“Bambine non allontanatevi troppo” raccomandò Miroku, affettuoso, alle due bambine. Dal suo sguardo si vedeva che le amava profondamente.
“Che bella la vostra famiglia” esclamai non appena fummo dentro.
“Grazie” mi risposero Sango e Miroku.
Sango si diresse verso un’altra stanza per lasciar dormire più tranquillamente il piccolo e tornò subito da noi.
“Qual buon vento ti porta al nostro villaggio?” mi chiese Miroku con voce rilassata, ma a quella domanda io mi irrigidii immediatamente. Kagome, capendo il motivo della mia reazione, prese la parola tenendomi la mano per tranquillizzarmi.
“Ieri stava per essere aggredita da tre uomini in una radura non molto distante da qui. Per fortuna Inuyasha è riuscita a salvarla”.
“Oh ci dispiace tanto” disse Sango con uno sguardo triste. “C’è qualcosa che possiamo fare per te?”
Io non feci in tempo a rispondere che non avevo bisogno di nulla, perché Kagome prese nuovamente la parola.
“Avresti dei kimono che non usi spesso da regalarle?”
“Ma non voglio che vi disturbiate così tanto per me” cercai di intromettermi, invano.
“Stai tranquilla, ti aiutiamo volentieri. Comunque sì, ho un paio di kimono che non indosso da moltissimo tempo” disse scomparendo dalla stanza e tornando subito dopo con i due indumenti. Me li porse gentilmente e io li presi.
“Grazie” dissi abbassando lo sguardo, commossa da tanta generosità.
“Non devi ringraziarci, lo facciamo con piacere” mi disse Miroku, rivolgendomi il suo sguardo.
“Vedi Hideko, noi siamo una grande famiglia e ora ne fai parte anche tu” mi disse dolce Kagome. “Ora ti porto da Kaede, così potrai sistemarti per bene, visto che la sua casa sarà anche la tua. E poi potresti aiutala, sono sicura che sei un’ottima levatrice”.
Guardai Kagome e poi rivolsi lo sguardo a Sango e Miroku. Ognuno di loro mi stava sorridendo. Forse davvero potevo entrare a far parte della loro grande famiglia.
“Grazie ancora” dissi loro prima di uscire dall’abitazione e seguire Kagome.
Davanti alla capanna vidi le piccole gemelline giocare con le orecchie di Inuyasha e scoppiai in una fragorosa risata quando incontrai lo sguardo afflitto del mezzo demone.
“Zio cane, zio cane” ripetevano all’unisono le due bambine.
Kagome si avvicinò e sussurrò loro: “Lasciate stare lo zio, altrimenti non vi farà mai conoscere il vostro cuginetto”. In un istante le due bambine si staccarono da Inuyasha e andarono ad accarezzare la pancia di Kagome.
“Ma noi vogliamo già bene al nostro cuginetto” dissero in coro, sorridendo.
Poi si allontanarono da Kagome e rientrarono nella capanna dai loro genitori.
Inuyasha si alzò e ci affiancò mentre ci dirigevamo verso la capanna dell’anziana sacerdotessa.
Appena entrammo mi trovai davanti una bambina di circa otto anni dagli occhi nocciola e i capelli neri.
“Ciao, benvenuta” mi disse sorridendo cordiale. Sicuramente era a conoscenza del mio arrivo.
“Ciao piccola, grazie per l’ospitalità. Tu devi essere Rin, io sono Hideko” mi abbassai al suo livello per guardarla meglio negli occhi.
La bimba annui con prontezza e corse ad abbracciarmi, dimostrando un’inaspettata dolcezza, nonostante ci conoscessimo solo da pochi secondi.
“Rin, dov’é la vecchia Kaede?” disse Inuyasha.
“E’ andata a cercare delle erbe medicinali per gli abitanti del villaggio, sarà presto di ritorno” rispose la bambina con voce argentina.
Poi mi rivolse nuovamente il suo sguardo e mi prese dalle mani i kimono che poco prima mi aveva dato Sango.
“Vieni con me, ti faccio vedere la tua stanza” mi disse in tono vivace e io la seguii.
Mi fece entrare in una stanza molto spaziosa e luminosa, adagiò i kimono sul futon e si girò verso di me.
“Ti piace la stanza?” mi disse allargando le braccia ed eseguendo una mezza giravolta.
“E’ bellissima” risposi io senza alcuna esitazione.
“Sono contenta, perché qui ci dormiremo insieme” mi disse sorridente. -Questa bimba non ha paura di dormire con un’estranea?-
Mi abbassai al suo livello e le sussurrai “Sono molto felice che tu voglia dividere la tua stanza con me. Sei molto gentile”.
Lei non mi rispose, ma mi abbracciò affettuosa. Non riuscivo a credere di avere incontrato delle persone tanto generose e disponibili.


Perdonate il ritardo dell'aggiornamento, ma sono stata impegnata!

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Capitolo 3
*** Un addio e un ritorno ***


Il tempo scorreva velocemente e adoravo trascorrerlo con Rin, una così dolce bambina, sempre sorridente e pronta ad aiutare tutti al bisogno. Un giorno mi raccontò che non ricordava più sua madre e che le mancava molto una figura materna ma che, nonostante questo, non smetteva mai di sorridere e di donare affetto agli altri. Ero sempre più affascinata della facilità con cui Rin riusciva a farsi spazio nel cuore di chi le stava accanto. Anche a me è successo lo stesso, mi è entrata nel cuore dal primo istante in cui l'ho vista, rendendomi le giornate più luminose con i suoi sorrisi. Con il suo calore ero riuscita a non pensare ai miei genitori e all'episodio della mia aggressione.
Ormai erano passati due mesi dal mio arrivo in quel villaggio e io e Rin eravamo rimaste da sole, la vecchia Kaede ci aveva lasciato da qualche settimana. La sua perdita aveva scosso tutto il villaggio e avevamo celebrato un funerale degno di lei. A sostituire Kaede ci avrebbe pensato Kagome.
Ci trovavamo nella capanna quando ad un tratto sentimmo bussare alla porta. Subito andai a vedere chi era che ci cercava e mi trovai davanti un piccolo demone che mi squadrava perplesso. Subito dietro di me comparve Rin che tranquilla si avvicinò alla creatura.
“Ciao Jaken, è venuto a trovarmi il signor Sesshomaru?” disse lei raggiante, lasciandomi perplessa. -Chi era questo piccolo demone? E soprattutto chi era quello che Rin chiamava signor Sesshomaru?-
“E lei chi è?” chiese il piccolo demone a Rin.
“Oh lei è venuta a vivere qui da circa due mesi e ora che non c’è più Kaede, mi accudisce e cerca di darmi tutto ciò di cui ho bisogno” rispose Rin sorridente.
“Piacere, io sono Hideko” dissi al demone.
“Io mi chiamo Jaken” rispose lui.
“Hideko, vado con Jaken per incontrare il signor Sesshomaru vuoi venire con noi? Sai, lui prima che io venissi a vivere qui al villaggio mi ha salvato la vita e mi ha sempre protetta. Vorrei che lo conoscessi” mi disse lei con uno sguardo dolce per cercare di convincermi e io annuii sorridendo.
Ci incamminammo quindi nel bosco e poco dopo mi trovai davanti la figura di un demone meraviglioso, dai lunghi capelli argentei e gli occhi dorati come quelli di Inuyasha. Anche se a differenza sua aveva due segni su ciascuna guancia e uno spicchio di luna sulla fronte. -Che siano fratelli?-
La piccola Rin gli si avvicinò calorosa e lui con un gesto piuttosto freddo le accarezzò il capo.
“Ciao Rin, come stai?”
“Adesso bene, signor Sesshomaru. Ma qualche settimana fa Kaede ci ha lasciati. Ero molto triste, per fortuna con me c’è lei ora” riferì la piccola, mi indicò sorridendomi e io le ricambiai il sorriso. Subito dopo il mio sguardo incrociò quello di Sesshomaru e rimasi abbagliata. Il suo sguardo freddo e penetrante era riuscito a catturarmi.
“Io sono Hideko, piacere di conoscerla” dissi senza distogliere lo sguardo, perché pur volendo non ci sarei riuscita. Mi sentivo incatenata.
“Piacere mio” rispose lui con la sua voce fredda e calma.
Sesshomaru si avvicinò con eleganza a Jaken e gli diede un colpo con il piede, il piccolo demone barcollò per un istante e poi si mise nuovamente in posizione eretta. Si diresse di fretta verso Rin e le consegnò un pacchetto.
“Rin questo è tuo” disse Jaken, porgendo alla piccola il pacchetto, incartato per bene con una bellissima carta dorata.
Stavo osservando curiosa la scena, ma mi ero sentita per tutto il tempo osservata. Alzai lo sguardo tranquilla e notai che Sesshomaru mi fissava. Per quanto quello sguardo fosse tutt’altro che rassicurante la sensazione che provavo, sentendo quegli occhi puntati su di me, era proprio di sicurezza.
Rin scartò in fretta il pacco e tirò fuori un bellissimo kimono. Era di colore rosa tenue con dei disegni astratti sul blu.
“Grazie signor Sesshomaru! É bellissimo” esclamò lei raggiante, stringendo fra le sue mani il nuovo kimono.
Poi, quell’insolito demone dall’aspetto glaciale di nome Sesshomaru senza proferire parola si voltò e si allontanò insieme a Jaken.
“Ciao signor Sesshomaru” disse Rin, ma non ricevette nessuna risposta.
Rin non rimase affatto delusa e si avvicinò a me mostrandomi il suo nuovo kimono.
“Non è bellissimo?” mi chiese, contenta. 
“Sì, è stupendo” le dissi abbracciandola, poiché sentivo che aveva bisogno di affetto.
“Ora però torniamo a casa, è ora di mangiare" continuai prendendola per mano e dirigendomi verso il villaggio.
La visita di Sesshomaru mi era sembrata fosse durata al massimo un paio di minuti, invece era passata all’incirca mezz’ora da quando era venuto Jaken a chiamare Rin. Il deciso bagliore del sole e il leggero calore del giorno erano completamente scomparsi lasciando spazio al tenue riflesso della luna e al freddo della notte. Forse però il brivido che continuavo a sentire lungo la schiena non era dovuto al freddo.
Dopo cena ci preparammo per andare a dormire. Dormivamo insieme sin dal primo giorno, nonostante la stanza di Kaede fosse ormai vuota.
Rin si sdraiò sul futon e io feci lo stesso accanto a lei, prendendola tra le mie braccia. Quella notte volevo dormire abbracciata a lei, perché quel contatto rilassava entrambe e poi il brivido che sentivo non era ancora scomparso e speravo con tutta me stessa di poter trovare quella sensazione di calore che da quel tardo pomeriggio era svanita.
La mattina seguente mi sentivo un po' meglio. Il freddo era svanito e mi sentivo più tranquilla della sera precedente. Quella mattina io e Rin avevamo deciso di preparare dei pacchettini di erbe medicinali da consegnare agli abitanti del villaggio, quando venne a trovarci Kagome. Ormai la sua pancia cresceva rapidamente e mancava poco al termine della gravidanza. Rin senza proferire una parola corse ad abbracciarla.
“Dovresti stare a riposo, manca poco meno di un mese al termine della gravidanza” la rimproverai, ma con dolcezza.
“Avevo voglia di camminare. Quando lo faccio lei qui dentro si rilassa e smette di prendermi a calci” mi disse lei toccandosi la pancia.
“In effetti hai ragione, è come se i bambini si sentissero cullati quando la donna che li porta in grembo cammina. Ma sei così sicura che sia una femminuccia?” aggiunsi io sorridendo, riferendomi al pronome che aveva appena pronunciato.
“Io sono sicura che sia una femminuccia, ogni volta che mi avvicino è come se me lo dicesse” si intromise Rin guardandomi negli occhi. Io la guardai di rimando, sembrava così sicura.
“Come avete intenzione di chiamarla?” chiesi poi io a Kagome.
“Se è femmina Moroha e se è maschio Inumaru”
“Sarà femmina, ne sono certa” ribattè subito Rin sorridente.
Sia sul mio volto che su quello di Kagome si formò un sorriso rassicurante.
Poco dopo arrivarono anche Inuyasha, Sango e Miroku con i tre pargoli.
“Noi tre abbiamo un lavoro da fare. Hideko tu saresti disposta a guardare i nostri piccoli, senza far stancare Kagome?” mi chiese cortesemente Sango.
“Ma certo che posso, devo ancora sdebitarmi con voi, siete stati così gentili con me” risposi andando verso la donna per prendere in braccio il piccolo Tadashi che era sveglio e vispo, ma tranquillo.
“Zia, possiamo giocare con Rin?” mi chiesero Hana e Yuki all’unisono.
“Ma certo. Dai Rin, portale a giocare fuori. Mi raccomando, per qualsiasi cosa chiamami subito e fate attenzione” dissi e subito le vidi uscire tutte e tre allegre.
“Sango, Tadashi ha bisogno di qualcosa?”
“Ha mangiato poco fa, quindi potrebbe voler essere cambiato. Grazie”.
“E’ ora di andare. Mi hanno detto che i demoni che dobbiamo eliminare sono abbastanza forti, per questo c’è bisogno dell’aiuto sia di Sango che di Inuyasha” mi spiegò Miroku uscendo dalla capanna, seguito subito da Sango e Inuyasha.
Intanto Kagome continuava a fare avanti e dietro nella capanna.
“Posso provare a farti una tisana per calmarla?” le chiesi.
“Può essermi utile, oggi è proprio agitata” mi rispose lei sorridendo. Preparai la tisane e lei bevve rapidamente, era stanca di camminare. Ogni sorso che beveva sembra darle un po’ di sollievo e sinceramente lo speravo. Il viso di Kagome mostrava tutta la stanchezza e lo stress di quei giorni. Più si avvicinava il parto e più sarebbe stato difficile tenerli a bada.
Finalmente dopo qualche minuto del termine della tisana la piccola, ormai anche io davo per scontato fosse una femmina, sembrò calmarsi così Kagome si sedette accanto a me.
“Ieri ho conosciuto il signor Sesshomaru. Rin mi ha detto che è una figura molto importante per lei e che le ha salvato la vita” dissi io rompendo il silenzio. Avevo intenzione di fare conversazione e c’era un argomento di cui mi premeva parlare con qualcuno, per quanto Rin fosse matura non era la persona a cui chiedere informazioni.
“Sai, Sesshomaru è il fratellastro di Inuyasha, però, a differenza sua è un demone completo”.
“Avevo notato una certa somiglianza” aggiunsi ripensando a quegli occhi luminosi ma allo stesso tempo cupi che mi avevano rapito sin dal primo sguardo. Ed ecco spiegato perché aveva quei segni sul volto che Inuyasha non aveva; per non parlare delle orecchie che invece possedeva solo Inuyasha.
“Non sono andati mai molto d’accordo, però ultimamente sembra che i dissapori tra loro si siano calmati. In effetti non si vedono molto spesso, ma si rispettano”.
“Capisco” le risposi.
“Sesshomaru in genere non apprezza molto gli esseri umani, ma è molto affezionato a Rin anche se non sembra”.
“No, non sembra affatto. A parte il kimono che le ha regalato e una piccola carezza, non le ha dato nessun segno d’affetto”.
“Rin però ormai lo conosce bene e il solo fatto che venga a trovarla per lei vale più di ogni altra cosa. Probabilmente quando sarà grande tornerà a stare con lui”.
“Ah si?” dissi io preoccupata da quelle parole del tutto inaspettate. Se Rin se ne fossa andata con Sesshomaru, mi sarebbe dispiaciuto tantissimo, averla accanto era talmente tanto bello che associavo a lei quella sensazione di tranquillità che avevo appena ritrovato.
“E’ stato il patto che hanno stipulato prima che lui la lasciasse qui al villaggio. Lei non voleva allontanarsi da Sesshomaru, ma lui si era lasciato convincere dall’anziana Kaede a lasciarla vivere nuovamente tra gli umani affinché riprendesse fiducia in loro. Sesshomaru sarebbe tornato a farle visita qualche volta e fino a che lei non gli avesse chiesto di tornare con lui. Probabilmente Sesshomaru aveva paura che non sarebbe riuscita ad ambientarsi qui, ma Rin ha un animo estremamente buono ed ha subito ritrovato la fiducia nel genere umano”.
Rimasi in silenzio, non sapendo cosa rispondere. Le parole di Kagome mi avevano rattristata.  
Il piccolo tra le mie braccia, quasi avvertisse la mia inquietudine, iniziò a dimenarsi e scoppiò a piangere. Così, presi a cullarlo mentre Kagome mi si avvicinò.
“Posso provare a calmarlo io? Dovrò abituarmi presto”.
“Certo, tieni” risposi allungando le braccia per porgerglielo.
Al contatto con Kagome, il piccolo si tranquillizzò subito e si addormentò pochi minuti dopo.
“Sai, pensavo sarebbe tornata da lui dopo la morte di Kaede, ma non l’ha fatto e credo sia principalmente a causa tua. È probabile quindi che Rin decida di restare qui, visto che ormai è parte del villaggio e tutti le vogliono un gran bene, soprattutto” come se avesse percepito la mia inquietudine, Kagome continuò cercando di rassicurarmi, sempre cullando il piccolo tra le braccia. Il tentativo però non andò a buon fine, perché le uniche cose a cui riuscivo a pensare era ad un futuro da sola.
Passarono delle ore, le gemelle e Rin erano rientrate e giocavano con il piccolo Tadashi che Kagome con molta abilità aveva cambiato da poco. Poco dopo rincasarono anche Inuyasha, Sango e Miroku.
“Tesori di papà siamo tornati, vi siete divertiti oggi?” disse gioviale Miroku rientrando in casa e rivolgendosi ai suoi figli.
“Sì, tanto papà” risposero le gemelle all’unisono correndo ad abbracciare il padre.
Kagome si alzò e si diresse verso Inuyasha.
“E’ ora di andare, ci vediamo domani” mi disse Kagome mentre Sango e Miroku prendevano con loro le gemelle e il piccolo Tadashi.
Mi salutarono ed uscirono dalla capanna lasciandomi da sola con Rin. La mia mente non riusciva a non pensare a quello che mi aveva detto Kagome.
“Hideko, sei pensierosa, c’è qualcosa che non va?” mi disse Rin avvicinandosi a me.
Le accarezzai una guancia e la guardai negli occhi.
“No” le dissi in un sussurro. “Sono un po’ stanca” aggiunsi cercando di non farle notare la tristezza che sentivo dentro.




Ecco il nuovo aggiornamento, mi farebbe un sacco piacere sapere cosa ne pensate!
A presto :)

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Capitolo 4
*** Sorprese inaspettate ***


Passò una settimana da quel giorno e Jaken tornò nuovamente a farci visita.
“Ma come mai il signor Sesshomaru è tornato così presto?” domandò Rin, rivolgendosi al piccolo demone che scosse le spalle. Evidentemente non conosceva le intenzioni del suo padrone.
“So solo che vuole rivedervi entrambe. Me lo ha ordinato espressamente”.
“Come mai vuole vedere anche me?” risposi io turbata. Non aveva nessun senso che volesse vedermi ancora e poi il solo pensiero che potesse portare via con sé Rin mi faceva rabbrividire.
“Non so, me lo ha semplicemente ordinato. Il padron Sesshomaru non è di molte parole” mi rispose lui con uno sguardo vuoto. Nonostante il fiume di pensieri che mi affollava la testa, dal mio cuore proveniva un’unica sensazione: quella di voler rivedere quegli occhi magici e penetranti.
Ci avviammo verso il solito posto insieme a Jaken e trovammo Sesshomaru in piedi, con il suo solito sguardo glaciale che fece aumentare a dismisura i battiti del mio cuore. Sembrava volesse esplodermi nel petto. Mi ricordai delle parole di Kogome sul fatto che Inuyasha avesse un udito più sviluppato rispetto a noi esseri umani, e sperai con tutta me stessa che Sesshomaru non riuscisse a sentire il battito accelerato del mio cuore.
“Signor Sesshomaru” esclamò Rin correndo verso di lui che, come gli avevo già visto fare, le accarezzò delicatamente il capo.
“Salve signor Sesshomaru” dissi io con una voce ferma. Non doveva trasparire nulla di quello che mi passava per la testa e di quello che provava il mio cuore.
“Puoi chiamarmi Sesshomaru” mi rispose lui guardandomi negli occhi e ne rimasi nuovamente rapita. Quello sguardo era in grado di eliminare qualsiasi mio pensiero, cosa che mi rendeva vulnerabile nei suoi confronti.
“Signor Sesshomaru”. esclamò Rin. “Come mai siete tornato così presto?”.
“Passavo di qui e ho voluto portarvi questi” disse lui tirando fuori due pacchettini identici.
“Uno è per te, e l’altro è per Hideko” aggiunse, prima volgendo lo sguardo verso la piccola e poi, porgendomi uno dei pacchetti, ritornando a fissare me. Mi avvicinai lentamente e nel prendere il pacchetto gli sfiorai velocemente la mano, a quel contatto ritrassi subito la mia e abbassai lo sguardo.
“Hideko, cosa mai ci sarà?” mi chiese Rin avvicinandosi a me e aprendo il suo pacchetto. Dal suo tirò fuori una piccola collana fatta di pietre blu luminose e sferiche. Era bellissima. Aprii anche il mio e ci trovai la stessa identica collana. Senza esitare rivolsi lo sguardo verso Sesshomaru che mi ancora fissava senza pronunciare parola.
“Ma sono uguali, che bello Hideko” esclamò Rin saltellando.
“Ho notato il vostro legame, anche se vi conoscete da poco” disse lui, senza distogliere lo sguardo dal mio.
“Oh sì, signor Sesshomaru, siamo molto legate” esclamò la piccola con entusiasmo e trasporto.
Indossammo entrambe le collane e mi girai a guardare la piccola Rin. Era così entusiasta per quel regalo e la collana le stava davvero bene, risaltava sulla sua pelle candida.
“La ringrazio, è davvero un bel pensiero” dissi cortesemente, rivolgendomi verso Sesshomaru. Lui non rispose e senza dire altro si voltò e se ne andò via.
“Aspettatemi padron Sesshomaru” gracchiò Jaken correndo dietro al suo padrone. I due si allontanarono in fretta ed io e Rin ritornammo alla capanna.
“Hideko, sono felice che il signor Sesshomaru ci abbia fatto un regalo uguale” si rivolse verso di me con un sorriso incoraggiante.
“Già, è stato un bel gesto” le risposi io sorridendole.
“Io non ricordo più i miei genitori, sono morti non molto tempo fa, quando il signor Sesshomaru mi ha salvato la vita, ma è da quando sei arrivata qui che sento di avere due figure che mi ricordano i miei genitori” esclamò Rin raggiante.
“Rin credi davvero che io e Sesshomaru siamo adatti a rappresentare, in qualche modo, i tuoi genitori?” risposi io, rossa in volto per l’imbarazzo. Io e Sesshomaru?
“E’ la verità” disse guardandomi con i suoi occhioni dolci.
Ripensai alle parole di Rin e in un certo senso sentivo una sensazione di pace nel sapere che lei vedeva me e quel bellissimo demone come suoi genitori. Ma non credevo minimamente che un demone, che aveva sempre apprezzato poco gli umani, si sarebbe mai interessato a me.
Ci dirigemmo entrambe verso la nostra stanza e ci mettemmo a letto. In pochi minuti entrambe ci abbandonammo ad un sonno profondo.
Il giorno dopo mi svegliai molto tranquilla e rilassata, decisi di lasciar dormire la piccola ancora un po’ e mi alzai lentamente per evitare di svegliarla. La serenità e la spensieratezza mi fecero compagnia nell’inizio di giornata così andai fuori dalla capanna per godermi un po’ il sole mattutino. Appena mi sedetti davanti la porta della capanna, la mia testa si riempì di pensieri ritornando alla sera precedente e alle parole che mi aveva detto Rin. La sua sicurezza mi rendeva felice, la vita non era mai stata troppo buona con me, ma fortunatamente ora mi aveva fatto un enorme dono: uno splendido tesoro di nome Rin.
“Hideko, Hideko”.
Mi girai verso la voce e vidi avvicinarsi un uomo dai capelli corti e neri. Le spalle larghe e possenti attirarono subito la mia attenzione. Quando fu abbastanza vicino mi resi conto che lo conoscevo, era un uomo che proveniva dal mio vecchio villaggio, quello nel quale non ero più tornata dopo l’aggressione.
“Ciao Honzo, cosa ci fai qui?” gli chiesi mentre la sua figura si faceva sempre più nitida davanti ai miei occhi.
“Ti stavo cercando, è da tanto che non possiamo più godere della tua presenza al villaggio e in molti ci siamo prodigati nel cercarti. Ormai ero arrivato a credere che qualche demone ti avesse uccisa” mi disse lui guardandomi negli occhi.
“Mi dispiace molto avervi fatto preoccupare, ma in seguito ad un’aggressione, ho deciso di restare a vivere qui” risposi io, lui rimase per qualche secondo in silenzio e in questo tempo mi squadrò dalla testa ai piedi e io mi immobilizzai sotto il suo sguardo che mi rese altamente irritabile. I miei pensieri tornarono indietro a quella notte, lasciando che la paura e il terrore tornassero ad avvolgermi. Tutto quello che avevo intorno era scomparso, era come se fossi tornata indietro nel tempo, ma questa volta c’era una sola figura davanti a me, che si avvicinava velocemente, una leggera luce che arrivava dalla luna, che la notte dell’aggressione non c’era, gli illuminò il volto, non ebbi però il tempo di distinguere chi fosse. Immediatamente mi risvegliai da quello strano sogno, tornando alla realtà e iniziai ad arretrare spaventata da lui.
“Se sei qui per portarmi via stai solo perdendo tempo, io non tornerò mai in quel villaggio” aggiunsi cercando di interrompere quel momento imbarazzante e lui incrociò i suoi occhi nuovamente con i miei.
“Hideko, perché non vuoi tornare da noi?” mi disse gentile, cercando di convincermi.
“Perché qui ho trovato delle persona veramente gentili, mi hanno aiutato molto. Mi trovo veramente bene qui”.
“E al nostro villaggio non era così? Non ti trattavamo bene anche noi? Nonostante i tuoi continui rifiuti a tutti coloro che volevano chiederti in sposa? Abbiamo sempre fatto di tutto per te e credi di trovarti meglio in questo villaggio?” sbottò lui avvicinandosi sempre di più a me. Io non volevo sposarmi perché non avevo ancora trovato la persona giusta, era così difficile da capire? Perché questo mio comportamento li turbava tanto?
“Sì, mi avete trattato sempre molto bene e me lo stai dimostrando anche ora, ma alcuni uomini del villaggio mi hanno aggredito; quindi, non vorrei dover subire le stesse torture un’altra volta, perciò preferisco rimanere qui”. Il volto dell’uomo alle mie parole mutò espressione, non sembrava più arrabbiato, ma sembrava aver assunto un’espressione indecifrabile.
“Mi dispiace per quello che ti è successo. Però credo che tu possa fidarti ancora di noi. Io ti… ti proteggerei sicuramente” disse abbassando lo sguardo verso i suoi piedi e muovendo le mani in modo frenetico e sconnesso. Sembrava intimorito, ma non avevo nessuna idea del motivoForse aveva paura per quello che mi sarebbe potuto succedere?
Io comunque non avevo nessuna intenzione di ritornare indietro, mi trovavo bene qui con Kagome, Inuyasha, Sango, Miroku, i loro bambini e soprattutto con la piccola Rin.
“Mi dispiace, ma ormai voglio stare qui. Salutami tutti quanti al villaggio, rimangono comunque delle persone a cui voglio bene e dì loro di non preoccuparsi per me”.
Appena terminai la frase calò il silenzio. Poco dopo lui fece qualche altro passo verso di me per prendermi le mani e stringerle delicatamente tra le sue. Alzò nuovamente lo sguardo e questa volta la sua espressione era estremamente determinata.
La vicinanza dei nostri visi mi fece riflettere sul fatto che non avevo mai visto i suoi occhi così da vicino, quel verde che li caratterizzava mi infondeva sicurezza.
“Tu sei fermamente decisa a restare qui, ma io non voglio rinunciare a te. Credo che verrò a trovarti spesso, almeno per sapere che sei al sicuro. Tanto i due villaggi non sono molto distanti l’uno dall’altro” mi disse lui senza staccare lo sguardo dal mio.
“Va bene, grazie” gli risposi io. Non potevo assecondarlo sul fatto che sarei tornata con lui, ma non potevo impedirgli di venire a controllare se stavo bene.
“Buongiorno”.
Mi girai verso la capanna e vidi Rin sulla porta.
“Buongiorno piccola, dormito bene?”
“Sì, sì ho dormito benissimo” mi rispose, poi rivolse lo sguardo verso l’uomo che era con me.
“Lui è Honzo, viene dal villaggio in cui vivevo prima” le dissi prima di darle il tempo di pormi la domanda. Intanto lui aveva spostato il suo sguardo sulla piccola.
“Piacere signore, io sono Rin” aggiunse lei sorridente.
“Piacere mio” rispose gentile, poi rivolgendosi nuovamente a me “Io ora devo andare, tornerò a trovarti tra qualche giorno, va bene?” mi disse con voce tranquilla. Io annuii dirigendomi verso Rin e lui si allontanò da noi.
“Come faceva a sapere che eri qui?” mi disse Rin un po’ preoccupata. Le avevo detto cosa mi era successo, ovviamente senza entrare troppo nel dettaglio, e probabilmente si era preoccupata per me vedendo quell’uomo.
“Mi stava cercando da quando sono scomparsa dal villaggio e stamattina mi ha trovata. È un uomo buono e con me è sempre stato molto gentile, possiamo fidarci di lui” cercai di tranquillizzarla e il suo viso si rilassò immediatamente. Mi prese la mano e mi portò dentro la capanna.
Presi a riassettare la stanza da letto e dopo qualche minuto lei mi si avvicinò.
“Posso andare a giocare con gli altri bambini qui fuori?” mi sussurrò. Mi guardava con quegli occhi dolci a cui io non riuscii a resistere.
“Sì, va pure. Non fare tardi per il pranzo, però” lei mi sorrise e corse fuori dalla capanna.


Perdonate il ritardo nella pubblicazione, ho avuto molto da fare.
Fatemi sapere se questo nuovo capito vi piace, a presto!

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Capitolo 5
*** Avvicinamento ***


Erano passati alcuni giorni dalla visita di Honzo e non era ancora tornato a trovarmi. Una parte di me era felice della sua presenza; era un brav’uomo e mi faceva piacere passare del tempo con lui, ma non mi andava molto di mantenere i contatti con quel villaggio. Ero rimasta abbastanza traumatizzata da quella esperienza e vedere Honzo, o soltanto pensare a lui, non faceva altro che ricordarmi l’aggressione e di conseguenza la paura e il terrore che provai quel giorno.
Proprio dopo la sua visita iniziai ad aver paura di stare da sola soprattutto dopo il calare del sole.
“Buongiorno” la voce di Rin mi distolse dai miei pensieri. Non mi ero accorta che era sveglia.
“Buongiorno” le dissi, mentre la vedevo sbadigliare “credo tu abbia ancora sonno, perché non dormi ancora un po’?” aggiunsi.
“Ci sono molte cose da fare, hai bisogno d’aiuto.”
“Non devi preoccuparti, ci riesco da sola. Oggi riposati ancora un po’” dissi cercando di convincerla. Rin era una bambina testarda e determinata, non aveva nessuna intenzione di arrendersi.
Io mi alzai dal futon e lei si inginocchiò su esso guardando verso di me.
“Non voglio riposare ancora, io voglio stare con te, aiutarti e farti compagnia” mi disse con una tale tenerezza che non riuscii proprio a dirle di no. Mi inginocchiai anche io sul futon e la guardai negli occhi.
“E va bene, io andrò al villaggio, mentre tu resterai qui per svolgere le faccende a casa” proposi, così da coinvolgerla un po’.
“Va bene, grazie!” e si buttò su di me per abbracciarmi. Poi si alzò di scatto e andò verso l’altra stanza.
“Ehi stai bene?” le chiesi, visto il suo cambiamento istantaneo, da dolce e affettuosa era diventata in un attimo fredda e distante, c’era sicuramente qualcosa che le frullava in testa.
“C’è molto da fare, mi devo mettere al lavoro” affermò lei, e sul viso le si disegnò un sorriso enorme. Le sorrisi di ricambio, anche se rimasi poco convinta della sua risposta.
Lasciai la capanna e andai verso la sorgente per potermi fare un bagno rilassante prima di iniziare a lavorare, portai con me anche dei panni che lavai nell’acqua del fiume poco distante dalla sorgente calda e che lasciai li ad asciugare.
Arrivata alla sorgente mi guardai intorno e dopo essermi resa conto che nessuno mi avrebbe vista mi spogliai e mi immersi in acqua. Mi rilassai ulteriormente al contatto con l’acqua tiepida e anche la mia mente sembrava aver abbandonato tutte le perplessità e le preoccupazioni per bearsi della sensazione di calma che c’era in quel luogo circondato da alberi dai quali proveniva il tenue cinguettio di alcuni uccellini. Rimasi a farmi il bagno per alcuni minuti, quando sentii un rumore di passi che mi fece preoccupare. Subito la mia mente si allertò, ma la prima sensazione che sentii affiorare fu la paura. Ero preoccupata che qualcuno mi avesse seguita per aggredirmi, o peggio. Per non farmi prendere alla sprovvista, scattai fuori dalla sorgente per potermi rivestire prima dell’arrivo dell’intruso, ma non feci però in tempo poiché appena sgusciata fuori dall’acqua mi trovai davanti Honzo.
Nonostante l’imbarazzo mi rilassai vedendo un volto familiare mentre cercavo in tutti i modi di coprirmi con le mani. Lui rosso in volto non riusciva a distogliere gli occhi da me, sembrava paralizzato.
“Voltati, ti prego” lo supplicai, e lui si girò dall’altro lato senza fare storie. Con un gesto rapido presi i miei abiti e li indossai frettolosamente, rischiando anche di perdere l’equilibrio e ricadere nuovamente nell’acqua.
“Ora puoi girarti, sono vestita” dissi io appena avuta la sicurezza di aver coperto ogni centimetro della mia pelle. Lui si girò lentamente verso di me con lo sguardo leggermente deluso.
“Cosa ci fai qui?” chiesi per evitare un silenzio imbarazzante.
“Stamattina ero venuto a trovarti, ma arrivato al tuo villaggio mi hanno detto che ti avevano visto venire in questa direzione, quindi sono venuto a cercarti” rispose lui tutto d’un fiato.
“Perdonami per le condizioni in cui mi hai trovato, non pensavo saresti venuto fin qui”
“Non preoccuparti” disse lui avvicinandosi e guardandomi negli occhi.
“E’ ora che io vada al villaggio, ho molte cose da fare. Che ne dici di venire e farmi compagnia? Sempre che per te non sia un disturbo.”
“Ma quale disturbo, sono venuto qui per te e quindi voglio godermi al meglio il tempo che ho a disposizione” aggiunse, mostrando un enorme sorriso che io molto spontaneamente ricambiai.
Ritornammo al villaggio e io iniziai a fare le faccende che mi spettavano, dovevo controllare la gravidanza di alcune donne del villaggio e aiutarne altre con varie erbe medicinali. Lui rimase in silenzio a guardarmi e a godere della mia compagnia il più possibile.
Nonostante i dubbi che erano nati con il suo arrivo al villaggio, quando ero in sua compagnia riuscivo ad essere molto rilassata, perché la sua presenza mi faceva sentire protetta.
“Sai, al villaggio ho detto che stai bene e che ti trovi qui. Molti mi chiedevano di farti tornare, ma ho detto loro che per il momento preferisci stare qui” disse mentre passeggiavamo per andare in una delle capanne più lontane dal centro del villaggio.
“E hai spiegato anche il motivo?” chiesi fermandomi un attimo per poterlo guardare negli occhi.
“No, non mi sembrava il caso. Insomma, tra di loro ci sono anche i tuoi aggressori” disse lui.
“Probabilmente avresti dovuto dirlo, loro sanno bene che non sono più tornata al villaggio per colpa loro, quindi perché non dovrebbero saperlo anche gli altri?” esclamai irritata, non era facile per me parlare di queste cose.
“Sì, probabilmente hai ragione. Molti di loro mi hanno chiesto di dirti che gli manchi molto e che vorrebbero che tornassi da noi.”
“Sono lusingata da queste parole, ma non ho nessuna intenzione di tornare e mi dispiace molto per coloro che davvero mi vogliono bene, ma non sono pronta e probabilmente non lo sarò mai. Non riuscirei ad affrontare il terrore e la paura che tutto quello che mi è successo in quella notte potesse succedere ancora” dissi d’un fiato e abbassando lo sguardo verso i miei piedi, non riuscivo a tenere la testa alta ripensando a quello che mi era accaduto L’avvenimento di quella notte era un peso troppo grande.
“Anche quando ti ho visto quella mattina il terrore si è impadronito di me, avevo la sensazione che quella persona che si stava avvicinando a me fosse stato tra gli aggressori di quella notte”
“Cosa? Io? Io non potrei mai farti una cosa di quel genere, come hai potuto pensarlo?” esclamò sgomento.
“Sì, infatti appena ho visto il tuo volto mi sono rilassata. Comunque non posso sapere chi è stato, visto che il buio non mi ha dato modo di vedere i loro visi”
“Io non ti farei mai nulla di male, dovresti saperlo. Ad ogni modo, cercherò in tutti i modi di farti fidare di me.”
“Sono certa che non sei stato tu ad aggredirmi.”
“Sì, è così e puoi anche stare tranquilla quando sono qui con te, non permetterò a nessuno di farti del male.” Lo guardai negli occhi, e mi accorsi che era sincero.
“Grazie” gli risposi e riprendemmo a camminare per terminare le faccende della giornata.
Tornai verso la capanna e lui con me.
“Che brava, sento un buon profumo” dissi entrando.
Rin si avvicinò a me con il viso sorridente, ma appena vide entrare Honzo il suo volto mutò facendo apparire una nota di rabbia e di tristezza.
“Qualcosa non va?” dissi abbassandomi al suo livello. Lei alzò lo sguardo verso di me e mi sorrise, anche se non aveva il suo solito sorriso, c’era sicuramente qualcosa che non andava.
“No nulla, è che ho preparato solo per due” mi rispose abbassando nuovamente il capo.
“Non preoccuparti, la mia porzione la dividerò a metà con lui” dissi per tranquillizzarla un po', ma non mi sembrava solo questo il motivo del suo strano atteggiamento. La presenza di Honzo probabilmente la irritava forse perché non lo conosceva bene.
“Va bene” disse andando verso il fuoco. Mi decisi a non chiedere altro, avremmo parlato poi, quando saremmo rimaste da sole.
Pranzammo tranquillamente e poco dopo aver finito sentimmo bussare alla porta della capanna. Rin corse subito a vedere chi era e poco dopo entrò con accanto Jaken. Il signor Sesshomaru quindi era tornato, ed erano passati poco più di sette giorni dall’ultima volta in cui lo avevamo visto. Perché mai si faceva vedere così spesso? La prima volta lo vidi dopo due mesi dal giorno in cui ero arrivata al villaggio.
“Salve, il mio padrone vuole vedervi” disse il piccolo demone con un leggero affanno, come sempre aveva corso per arrivare fin qui.
“Hideko, andiamo dal signor Sesshomaru” mi disse Rin, tirandomi per un braccio con forza.
“Voi avete contatti con dei demoni?” sibilò Honzo, guardandomi sconcertato. Aveva gli occhi arrabbiati e velati da cattiveria. La gioia della piccola venne spazzata via da quelle parole.
“E’ un mio caro amico e da un po’ di tempo anche un amico di Hideko. Viene a trovarci spesso” rispose la bambina.
“Non bisogna essere amici di demoni, sono creature meschine, potrebbero uccidervi da un momento all’altro.” Appena finì di pronunciare quelle parole gli occhi di Rin si riempirono di rabbia.
“Il signor Sesshomaru e Jaken non ci farebbero mai del male” aggiunse lei sempre più arrabbiata.
“Rin, vai tu, io resto qui con Honzo" mi intromisi cercando di calmare un po’ gli animi. Ero sicura che Sesshomaru non le avrebbe mai fatto del male, ma di certo Honzo questo non poteva saperlo.
“La mandi da sola?” mi disse Honzo, rivolgendomi il suo sguardo. Sembrava molto preoccupato.
“Sì, è al sicuro. Non preoccuparti, non le faranno del male” aggiunsi per tranquillizzarlo. Non mi rispose e girò la testa dall’altro lato. Rin mi si avvicinò e mi abbracciò.
“Ti saluto il signor Sesshomaru” mi sussurrò e poi si diresse insieme a Jaken verso il luogo d’incontro.
Quando i due erano ormai lontani, Honzo si voltò verso di me.
“Ma davvero ti fidi a lasciare la bimba da sola con due demoni? Non hai paura che questi possano farle del male, o possano farlo a te? Hai così tanta paura di tornare nel nostro villaggio, ma qui hai persino dei demoni che ti girano intorno!”
“Li conosce da molto tempo prima del mio arrivo, non sarò di certo io ad impedirle di vederli. E poi li conosco anche io un po’ e sono sicura che non le farebbero mai del male e, per il suo bene, non ne farebbero nemmeno a me. Al tuo villaggio tre uomini mi hanno aggredita, ecco perché ho paura. Sesshomaru e Jaken non mi hanno fatto del male e se Rin si fida di loro, lo faccio anche io” sbottai io per cercare di far finire quel discorso, ma lo sguardo di Honzo era infuocato e lasciava intendere che non aveva nessuna intenzione di lasciar cadere l’argomento, ma per il momento non aggiunse altro e rimase in silenzio per tutto il tempo, mentre io continuavo le faccende che erano rimaste in sospeso in casa. Mi sarebbe piaciuto rivedere Sesshomaru, ma era meglio restare qui con Honzo per farlo stare tranquillo. Se fossi andata anche io, Honzo sarebbe venuto con noi e credo che non avrebbe regnato la tranquillità in quell’incontro.
Poco tempo dopo Rin fece ritorno. Teneva in mano due pacchetti, ma senza dire nulla li portò in camera e ritornò da noi con il suo solito sorriso.
“Tutto bene, piccola?” le chiesi io, ero curiosa di sapere cosa era successo con Sesshomaru, ma era meglio evitare il discorso davanti a Honzo.
“Sì, tutto bene” mi rispose lei intendendo le mie intenzioni.
“Si è fatto tardi, devo ritornare al mio villaggio” disse poco dopo l’uomo, che era rimasto in silenzio per tutto il tempo.
“Ah, va bene. Ti accompagno fino al fiume, devo andare a riprendere le cose che ho lasciato stamattina.”
Uscimmo dalla capanna in silenzio e ci dirigemmo verso il fiume. Nessuno dei due proferì parola durante il tragitto.
Arrivata al fiume iniziai a raccogliere le cose che erano movimentate da un leggero vento, mentre Honzo rimase vicino a me per tutto il tempo in silenzio.
Una strana sensazione però mi aveva tenuta in allerta per tutto il tempo, mi sentivo osservata, ma non in modo cattivo, era come se qualcuno volesse tenermi d’occhio per proteggermi.
“Devo tornare al villaggio” gli dissi guardandolo negli occhi.
Lui rimase immobile qualche secondo, poi si posizionò di fronte a me, portando il suo viso a poca distanza dal mio.
“Tornerò da te tra qualche giorno. E’ stato molto bello passare del tempo con te. A parte quando è arrivato quel demone” aveva tirato fuori ancora il discorso di Sesshomaru. Ero certa che avrebbe avuto altro da dire.
“E’ un caro amico, soprattutto per Rin, puoi davvero stare tranquillo, non ci farà del male.”
“Capisco. In ogni caso, cercherò di starti il più vicino possibile per proteggerti.”
“Non ho bisogno di essere protetta da lui, te l’ho già detto non ha cattive intenzioni.”
“Va bene, Hideko, però sarei molto felice se potessi passare altro tempo con te” aggiunse mutando il tono della sua voce da duro a dolce, incatenando i suoi bellissimi occhi ai miei e avvicinandosi ancora di più al mio viso.
“Puoi tornare quando vuoi” gli risposi leggermente imbarazzata, riuscivo persino a sentire il suo respiro sulle mie labbra.
Lui dopo le mie parole sembrava non volersi allontanare da me, anzi, avvicinava sempre più il suo viso al mio. Venni attraversata da un brivido quando le sue labbra sfiorarono dolcemente le mie con un timido bacio.
Lui cercò di approfondire quel bacio, ma io mi tirai subito indietro rossa in volta.
“Scusami, non vorrei essere troppo affrettata nelle cose. Arriverà il momento giusto” ero imbarazzatissima e impaurita, non riuscivo a lasciarmi andare senza che la mente tornasse indietro a quella maledetta notte.
“Tranquilla, capisco. Sappi però che io non mi arrendo” aggiunse deciso.
“E’ ora che ritorni al villaggio, il sole sta’ per calare e non mi sento al sicuro nel dover tornare indietro da sola con il buio, ci vediamo presto” gli dissi sorridendo.
“Certamente” rispose lui avviandosi verso il suo villaggio e salutandomi con la mano.
Ricambiai quel saluto e quando lo vidi scomparire, tornai nella capanna, la sensazione di essere osservata era svanita.
Al mio ingresso trovai Rin che mi aspettava seduta. Aveva sulle gambe i due pacchetti che le avevo visto prima in mano.
“Piccola, cosa sono questi?”
“Sai, il signor Sesshomaru ha portato un altro regalo ad entrambe. Voleva vedere anche te” mi disse rattristata.
“La prossima volta verrò con te, te lo prometto.”
“Assolutamente. Io però non ho voluto aprire il regalo senza di te, quindi li ho portati chiusi qui” aggiunse porgendomi uno dei due pacchetti. Avevano l’involucro di colore diverso, il suo era verde, mentre il mio era rosso. Senza aspettare ulteriormente entrambe aprimmo i pacchetti e tutte e due tirammo fuori un kimono. Erano di stoffe molto pregiate, e riprendevano il colore dell’involucro esterno. Il suo era di un verde bosco molto bello, con una fantasia floreale sul giallo. Allegro e vivace come lei. Il mio invece era di colore rosso e aveva anch’esso una fantasia floreale, ma di colore arancio. Erano molto simili, ma allo stesso tempo diversi.
“Ma sono bellissimi!” esclamò entusiasta Rin, correndo ad abbracciarmi affettuosa
“Non vedo l’ora di indossarlo” continuò felice.
“Già sono veramente belli. Dobbiamo ringraziare il signor Sesshomaru quando torna” risposi io, stringendo ancora più forte nell’abbraccio.
Poi si allontanò rapidamente da me e mi guardò nuovamente con lo stesso sguardo di prima. Era arrabbiata con me?
“Non mi piace quell’Honzo” disse con un tono più alto del solito.
“Piccola, puoi stare tranquilla, è un brav’uomo” esclamai io, cercando di riavvicinarmi per prenderle le mani, lei però si scostò.
“Non mi piace lo stesso. Poi non gli piacciono Jaken e il signor Sesshomaru” mi rispose sempre con lo stesso tono. Era la prima volta che la vedevo così.
“Rin, gli ho parlato, gli ho detto come stanno le cose.”
“Sì, ma non mi piace comunque e non mi piace come ti guarda, sembra che ti guardi come se tu gli appartenessi” Queste parole mi lasciarono spiazzata. Che Honzo avesse un certo interesse verso di me lo avevo intuito, anche quando vivevo nel suo villaggio, ma non mi aveva mai trattata come sei io gli appartenessi, si era dimostrato sempre gentile.
“Non mi guarda in quel modo e stai tranquilla, riesco a capire bene le persone con cui mi rapporto” dissi leggermente arrabbiata, mi sarebbe piaciuto parlarle del bacio che c’era stato tra me e Honzo, come con un’amica, ma queste sue parole mi avevano convinta a non dirle nulla.
Lei non mi rispose e si diresse verso l’altra camera. Era arrabbiata con me e questo mi spezzò il cuore, ma poteva fidarsi delle mie scelte, non mi sembrava che Honzo mi avesse mai fatto del male. 




Per farmi perdonare nel ritardo di pubblicazione dello scorso capito, oggi ve ne pubblico un altro. Scrivetemi se la storia vi sta piacendo, che sono curiosa. Come pensate andrà avanti la situazione?

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Capitolo 6
*** L'amore ripaga ***


Quella notte decisi per la prima volta da quando ero arrivata lì di non dormire insieme a lei, preferii restare da sola e probabilmente stava bene anche a lei. Provai a dormire nella stanza di Kaede, ma senza successo, i miei pensieri me lo impedivano. Non avevo mai litigato con Rin, quindi quello che era successo quella sera mi aveva sconvolto e turbata molto. Dovevo parlarle, cercare di convincerla e tranquillizzarla su Honzo.
La mattina, dopo la notte insonne, andai nella camera in cui dormiva lei. Lei era ancora nel pieno del sonno e mi avvicinai inginocchiandomi davanti a lei. Non aveva il volto rilassato e probabilmente aveva pianto molto. Il mio cuore era a pezzi, per nessun motivo al mondo avrei voluto vederla in quello stato. Mi piegai verso di lei per darle un bacio sulla guancia. Lei si mosse e aprì lentamente gli occhi.
“Hideko …” pronunciò con la voce sottile.
“Mi dispiace, io non volevo trattarti male, però a me Honzo piace e sarei felicissima se piacesse anche a te. Sai, ieri mi ha anche baciato” le dissi il più dolcemente possibile. Intanto lei si alzò stropicciandosi gli occhi e mettendosi in ginocchio davanti a me.
“Se a te piace, allora piace anche a me” aggiunse rilassata. Il suo volto non aveva più quell’espressione arrabbiata del giorno prima “e poi non è così male” concluse, abbracciandomi forte.
“Quindi ti ha baciato? E cosa hai provato?” mi chiese dopo essersi allontanata un po’ da me. Aveva cambiato completamente espressione, il consueto sorriso ingenuo era tornato ad illuminare il suo visetto e ciò non faceva altro che rendermi felice.
“Davvero ti va bene?” chiesi ancora incredula e la vidi annuire sorridente.
“Allora, raccontami del bacio, su” insistette.
“Beh è stato veloce, sai, per paura mi sono tirata subito indietro, però è stato bello” confessai mentre lei mi osservava curiosa.
“Oh, sono felice per te, lui ti piace davvero.” 
“Sì” affermai arrossendo. Nonostante fosse ancora una bambina, sapeva benissimo come leggere il cuore delle persone.
I giorni seguenti passarono tranquilli e le visite di Honzo divennero sempre più frequenti. Ormai passava a trovarmi praticamente ogni giorno ed avevo persino il sospetto che dormisse nel bosco. Arrivava sempre molto presto la mattina e cercava di restare più tempo possibile accanto a me durante la giornata, fino ad andare via abbastanza tardi la sera. Non riuscivamo però a passare del tempo da soli e probabilmente questo lo rendeva molto irascibile e scontroso verso chiunque si trovava con noi.
Rin invece sembrava essere tornata la bambina di prima, sempre allegra, dolce e gentile. Sembrava che tutta la faccenda successa quella sera non fosse mai accaduta.
“Buongiorno Honzo, sono molto contenta di vederti anche oggi” dissi, vedendolo arrivare con un sorriso stampato in volto. Sembrava molto sereno.
“Buongiorno a te, che ne dici se oggi passiamo la giornata da soli?” mi chiese raggiante, in effetti quel giorno non avevo molto da fare e Rin doveva stare insieme a Sango per aiutarla a badare ai suoi bambini.
“Sì, oggi credo sia la giornata giusta per passare del tempo da soli, non ho nulla da fare.”
“Oh, finalmente, che ne dici di andare al fiume?” chiese cauto, ma sicuro della mia risposta. Attese infatti un mio cenno e subito mi prese per mano, così ci dirigemmo verso il bosco. Gli alberi fitti non mi mettevano più molta paura ormai, di tempo dal giorno dell’aggressione ne era passato molto e poi la presenza di lui al mio fianco mi faceva sentire protetta. Arrivati al fiume, lasciai la mano di Honzo, che non aveva mai lasciato la mia fino a quel momento e mi sedetti sulla riva lasciando che i piedi toccassero a filo l’acqua del fiume, bagnandosi leggermente. Lo scroscio dell’acqua rendeva tutto molto rilassante tanto che mi sdraiai sull’erba guardando il cielo limpido e azzurro. Honzo invece rimase in piedi, sembrava teso e pensieroso, aveva l’espressione di uno che doveva dire qualcosa di importante, ma che non sapeva da dove iniziare. Aspettai in silenzio qualche minuto, poi mi rimisi seduta e mi girai verso di lui per guardarlo negli stupendi occhi verdi.
“Che ne dici di restare in questo villaggio? Fai avanti e dietro ogni giorno, non ti stanchi?” gli chiesi senza smettere di guardarlo, lui subito spostò il suo sguardo guardando verso un punto indefinito all’orizzonte.
“Beh in effetti hai ragione, ma c’è posto per me? Non vorrei recare disturbo!” chiese con un tono di leggero imbarazzo. Perché tutto ad un tratto era diventato rosso?
Lentamente si era avvicinato a me e mi si era seduto accanto, immergendo anche lui i suoi piedi in acqua. Il suo sguardo però continuava a fissare un punto indefinito davanti a se.
“Ma certo che c’è” risposi io, sperando che si girasse verso di me per poterlo guardare negli occhi.
“Nella capanna dove stiamo io e Rin c’è una stanza vuota, potresti stare lì se non ti crea problemi”
“Sei sicura che non sono d’intralcio?” chiese voltandosi finalmente verso di me, ma abbassando lo sguardo. Sembrava dispiaciuto, però non riusciva a nascondere la felicità che provava, non aveva più le guance rosse e le sue labbra si erano leggermente piegate a formare un sorriso.
“Assolutamente no e poi sei sempre qui, quindi ormai siamo abituati alla tua presenza” dissi sorridente e finalmente il suo sguardo incrociò il mio. Saperlo vicino mi faceva molto piacere e soprattutto mi faceva sentire molto sicura e sicuramente Rin non si sarebbe opposta sapendo che questa scelta mi avrebbe reso più tranquilla.
“Va bene, resterò da voi. Torno ora al villaggio a prendere alcune delle mie cose, ci vediamo tra qualche ora davanti la tua capanna, va bene?” disse fissandomi.
Rimase qualche secondo con il viso a pochi centimetri dal mio e poi mi diede un leggero bacio sulle labbra. Si allontanò immediatamente e si alzo di scatto.
“Ci vediamo presto” disse sorridente e corse via in direzione del suo villaggio.
Rimasi ancora qualche minuto con i piedi in acqua e sdraiata sull’erba a bearmi di quel leggero tocco e di quella stupenda visione del cielo per rilassarmi ulteriormente, per poi decidere di tornare a casa ad aspettare il ritorno di Honzo.
Il tragitto di ritorno fu moto tranquillo, i miei pensieri si susseguivano ad una velocità assurda ed ero molto felice che Honzo aveva deciso di trasferirsi da me.
Entrai in casa e trovai Rin ad aspettarmi.
“Come mai sei già qui? Non dovevi aiutare Sango?” domandai non appena oltrepassai la porta, vedendo Rin seduta davanti al focolare.
“E’ tornato Miroku e ho preferito lasciarli da soli, nella loro intimità familiare. E tu dov’eri?”
“Ero al fiume con Honzo, gli ho chiesto di restare da noi, visto che è sempre qui. Poi mi dispiace molto che debba viaggiare ogni giorno dal suo villaggio solo per venire da me e farmi compagnia.”
Terminata la frase il mio sguardo si soffermò sugli occhi di Rin, la sua espressione cercava di nascondere la delusione attraverso un finto sorriso, ma dal suo sguardo si leggeva benissimo che era delusa ed ero sicurissima che lo fosse nei miei confronti, probabilmente per come mi comportavo con Honzo.
“Piccola, non vuoi che stia con noi?” chiesi abbassandomi al suo livello per guardarla meglio negli occhi e cercare di rassicurarla.
“Scusami Hideko, no va bene può restare qui” rispose lei forzando ancora di più il sorriso, ma i suoi occhi non cambiavano espressione, quindi capii che non era del tutto sincera con me. Evitai però di insistere sulla questione e la abbracciai.
Un attimo dopo sentimmo qualcuno alla porta, non poteva essere Honzo, era troppo presto. Così andai ad aprire curiosa e mi trovai davanti Jaken. Anche questa volta respirava affannosamente. Quel piccolo demone correva troppo, doveva calmarsi un po’.
“Ciao Jaken” dissi io sorridendogli, la sua presenza implicava di conseguenza la presenza di Sesshomaru, cosa che mi rendeva inspiegabilmente allegra.
Rin corse verso di me, mentre Jaken non pronunciò nessuna parola, tanto era affannato.
“Jaken, che bello rivederti. C’è anche il signor Sesshomaru?”
Lui annuì senza rispondere.
“Lo possiamo incontrare al solito posto?” aggiunse la piccola e il demone annuì nuovamente.
Ci avviammo senza fiatare verso il solito posto insieme a Jaken che cercava di riprendere pian piano fiato e trovammo Sesshomaru nella solita posizione, con il suo solito sguardo impassibile e indecifrabile. Sguardo che non lasciava trapelare nessuna emozione, ma che riusciva sempre a catturare la mia attenzione, facendo in modo che ogni mio pensiero e ogni mia sensazione fosse rivolta a lui e ai suoi occhi magnetici.
“Signor Sesshomaru, grazie per i kimono, sono bellissimi” Rin ruppe il silenzio.
“Grazie Sesshomaru, sono bellissimi” le feci eco io per non sembrare completamente sotto la sua influenza, ma furono le uniche parole che uscirono dalla mia bocca.
Honzo non mi faceva lo stesso effetto, ma almeno da lui mi sentivo ricambiata.
Sesshomaru non rispose, Rin gli si avvicinò e lui come al solito le toccò la testa senza staccare i suoi occhi dai miei.
“Signor Sesshomaru, come mai è qui?” Rin ruppe nuovamente il silenzio e lui smise di fissarmi per guardare verso di lei. La mancanza di quel contatto visivo mi lasciò spaesata, era piacevole avere i suoi occhi tutti per me. Mi resi conto però di aver pensato una cosa stupida, i suoi occhi non sarebbero mai stati miei. Così timidamente e leggermente imbarazzata abbassai lo sguardo.
“Sono passato a salutarti” disse lui riferendosi a Rin. Quindi io non ero desiderata?
“Rin, presto il signor Sesshomaru non potrà più venire a trovarti?” si intromise Jaken e alzai gli occhi verso Rin, vedendo comparire sul suo volto un’espressione arrabbiata.
“Cosa?” urlò lei avvicinandosi verso il piccolo demone.
“Jaken, sta zitto” disse Sesshomaru, spegnendo immediatamente la rabbia che si era accesa negli occhi della piccola.
“Rin, gli impegni a palazzo aumenteranno. Sono il legittimo erede, quindi è arrivato il momento che il regno passi sotto il mio controllo. Mia madre resterà al mio fianco, ma non sarà più lei ad avere tutto sotto il suo controllo dunque per me sarà difficile venire a trovarti così spesso” aggiunse lui con il suo solito tono, aveva detto anche fin troppe parole per il suo carattere chiuso e gelido.
“Ma cercherai di venire comunque?” chiese la piccola con gli occhi lucidi. Sembrava volesse piangere, ma cercava di mantenere le lacrime a tutti i costi.
“Ci proverò” rispose lui. Io mantenni lo sguardo fisso su Rin, ma sentivo che Sesshomaru mi stava fissando.
“Capisco” aggiunse lei mentre una lacrima era sfuggita al suo controllo. Sesshomaru se ne accorse, ovviamente; i sensi di un demone sono molto più sviluppati dei nostri.
“Lo farò” pronunciò infine, con un tono solenne, ma diverso dal solito, sembrava più affettuoso, più morbido.
Nel mio cuore però sentivo che c’era qualcosa che mi sfuggiva da questa confessione, probabilmente Sesshomaru nascondeva qualcosa. Forse mi sbagliavo, ma quel demone era così difficile da capire, il suo sguardo era sempre lo stesso, sembrava non trasparire mai nessuna emozione. 
Rin si era ripresa dal suo stato di tristezza, aveva tirato su con il naso e scacciato via le altre lacrime che stavano per uscire. Credeva alle parole del demone e finalmente era un po’ più serena, Sesshomaru la rendeva sempre felice, ero io a non esserne in grado.
Iniziai a sentirmi d’intralcio, ormai la conversazione era solo tra Rin e Sesshomaru così decisi di andare via.
“Ritorno al villaggio, probabilmente Honzo sarà presto di ritorno ed è meglio se mi trova a casa” dissi cercando lo sguardo di Rin, che però era rivolto solo ed esclusivamente a Sesshomaru.
­“Arrivederci Sesshomaru, ciao Jaken” aggiunsi cercando di far sentire la mia presenza e facendo l’errore di cercare lo sguardo di Sesshomaru, che non trovai, perché nascosto dietro la frangetta argentea.
Mi voltai immediatamente e mi incamminai per il villaggio.
“Rin, non fare tardi” urlai quando ancora la distanza tra me e loro era tale da riuscire a sentirmi. Non ho idea del motivo per cui dissi quella frase, Rin non era una bambina sprovveduta e Sesshomaru sicuramente l’avrebbe protetta a costo della vita, ma sentirmi esclusa, quasi estranea alla loro conversazione mi aveva ferita. Ferita a tal punto che volevo intromettermi tra di loro.
Arrivai di corsa al villaggio, quasi come per fuggire da quella situazione e dai pensieri che mi tormentavano e notai subito che non c’era nessuno in giro per le strade. La situazione era alquanto strana e mi avvicinai verso casa di Kagome e Inuyasha per chiedere a loro cosa fosse successo, ma delle voci maschili mi fecero bloccare di colpo. La paura si appropriò della mia mente e stavo quasi per fuggire via, ma il pensiero di Kagome incinta e in pericolo mi fece prendere coraggio ed entrai nella capanna. La scena che vidi era alquanto spiacevole, Kagome era tenuta ferma da due uomini, uno le teneva le mani da dietro e l’altro davanti a lei le bloccava le spalle. Il pancione, ormai di nove mesi, intralciava i suoi movimenti e non riusciva a liberarsi. Inuyasha dov’era? Che fine aveva fatto?
“Sgualdrina, sei proprio una sgualdrina” urlò uno dei due uomini a Kagome.
“Io sono sposata e questo bimbo è di mio marito” rispose lei, cercando di liberarsi invano.
“Chi va con i demoni, non può che essere una sgualdrina” aggiunse l’altro uomo.
Non resistendo oltre decisi di intervenire, entrai nella stanza spingendo via l’uomo che teneva Kagome per le spalle. Lei forse per paura e per la troppa debolezza svenne tra le mie braccia. Quando però l’uomo a terra si rialzò avvicinandosi, un lampo rosso ci passò davanti spingendo via i due uomini e posizionandosi davanti a noi per proteggerci.
Inuyasha era arrivato giusto in tempo, non avrei avuto idea di cosa fare se fossi rimasta da sola con lei, la mia mente non faceva altro che proiettarmi immagini della sera dell’aggressione e il panico si stava facendo strada dentro di me rapidamente.
“Luridi porci, ora vi uccido! Come avete osato toccare mia moglie!” disse Inuyasha, distogliendomi dai miei pensieri, Osservò Kagome, che era ancora svenuta tra le mie braccia, e i suoi occhi risultarono allo stesso istante preoccupati e arrabbiati.
“Come sta?” mi chiese, guardandomi per un attimo e poi tornando a posare gli occhi su di lei, il movimento regolare del suo petto lo aveva tranquillizzato, ma non abbastanza.
“Bene, è solo svenuta, tra poco si sveglierà” risposi io e lui di scatto si girò nuovamente verso i due uomini. Nonostante mi desse le spalle riuscivo a percepire nell’aria la rabbia che provava verso gli aggressori della moglie.
“Inuyasha, non credo sia il caso di ucciderli, Kagome sta bene” mi intromisi per cercare di calmarlo.
“Potevano farle del male però, non posso perdonarglielo e poi hanno una puzza che ho già sentito” aggiunge lui, la rabbia gli stava crescendo dentro velocemente.
“Che vuoi dire?” chiesi con un brutto presentimento .
“Hanno la puzza degli uomini che ti hanno aggredito quella sera” rimasi sconvolta dalle sue parole. Quegli uomini cercando me avevano aggredito Kagome?
“Voi cercavate me?” urlai verso di loro. La presenza di Inuyasha aveva eliminato la paura, mentre la rabbia aveva preso il sopravvento e l’unica cosa che volevo vedere nei loro occhi era il terrore. Il terrore che io provai quel giorno.
“Sì, cercavamo te, non siamo riusciti a divertirci quella sera, volevamo riportarti con noi” rispose uno dei due con un sorrisetto inquietante stampato in faccia. Il sangue ormai mi ribolliva nelle vene. Forse si meritavano davvero la morte.
“Inuyasha, fai quello che devi, voglio vederli morti” sbottai accecata dalla rabbia. La loro morte non sarebbe stata la soluzione, ma in quel momento non volevo dare loro via di fuga, dovevano sentirsi in trappola, dovevano sentire la paura scorrere nelle loro vene, dovevano sentire la mente annebbiata dal terrore e dal panico.
Le mie parole fecero scattare qualcosa in Inuyasha e fortunatamente mi stava dando le spalle, perché si vedeva attraverso il tremore del suo corpo che si stava trasformando in qualcosa di realmente pauroso e potente. L’unica cosa che notai dalla mia posizione erano gli artigli che si erano allungati istantaneamente, diventando delle affilate armi letali. Gli uomini avevano iniziato a tremare e avevano chiuso gli occhi in attesa del loro destino.
“Inuyasha, amore, ti prego non far loro del male. Diventeresti un mostro peggiore di loro. Lasciali andare, uccidendoli non concluderesti nulla” la flebile voce della donna, che qualche minuto prima era svenuta tra le mie braccia, fece bloccare di colpo Inuyasha che istantaneamente riprese il suo aspetto normale.
“Andate via e non fatevi più vedere qui se non volete morire. Non vi risparmierò una terza volta” urlò lui in direzione di quei due uomini, che non se lo fecero ripetere due volte e scapparono via. Intanto Inuyasha si era avvicinato a Kagome e le stava accarezzando il pancione.
“Ci hanno attirato nel bosco con del fumo, pensavamo fosse un incendio e invece era un diversivo per avvicinarsi a te Hideko, ma non ti hanno trovata. Che luridi!” disse poi rivolgendosi a me. La loro assenza mi aveva fatto risvegliare, distruggendo in un attimo la rabbia che provavo, ma il pensiero che fossero tornati a cercarmi, che non si erano arresi la prima volta, mi stava portando nel panico. Avevo messo in pericolo le persone che mi avevano salvato? Sì, era solo colpa mia.
“Mi dispiace molto, è colpa mia. Se fossi tornata al mio villaggio tutto questo non sarebbe mai successo” pronunciai quelle parole scoppiando in lacrime, sia per i sensi di colpa che per il nervosismo. Non sono al sicuro qui e non lo sono mai stata.
“Sto bene, e tu non hai nessuna colpa, sono loro ad essere i colpevoli” mi sussurrò Kagome cercando di consolarmi, ma invano. Tutta quella storia era un mio problema e per colpa mia e della mia ingenuità stavo mettendo in pericolo molte persone che non c’entravano nulla.
Poi mi assalì un dubbio: gli uomini che mi avevano aggredita erano tre, mentre quelli erano solo due. Che fine aveva fatto l’altro?
“E il terzo uomo che mi aveva aggredito?” chiesi ad Inuyasha d’istinto, ma sapevo bene che lui non poteva darmi informazioni su di lui.
“Non credo sia venuto” mi rispose dispiaciuto.
“Non preoccuparti ero solo curiosa” dissi cercando di consolarlo, ma sapevo bene che quella domanda irrisolta sarebbe rimasta a tormentarmi per molto tempo.
Qualche istante dopo vedemmo Rin correre nella nostra direzione preoccupata.
“Che cosa è successo? Kagome stai bene?” domandò in fretta avvicinandosi a noi.
“Sto benone. Non è successo nulla di che, sono solo svenuta” rispose lei tranquillissima mentre sorrideva a Rin, che ricambiò istintivamente il sorriso.
“Ahi” urlò poi portandosi le mani sul pancione.
“Che succede? È accaduto qualcosa al bambino?” si preoccupò di chiedere Inuyasha.
“Credo mi si siano rotte le acque” aggiunse Kagome ancora più tranquilla di prima, mentre guardava suo marito con gli occhi dolci. Ed effettivamente aveva ragione, le si erano rotte le acque, quindi era arrivato il momento per il bambino di nascere.
“Non capisco” aggiunse Inuyasha spaesato e terrorizzato, tenendo per mano la sua adorata Kagome.
“Il bambino vuole nascere. Su vai a prendere dell’acqua che bisogna riscaldarla” ordinai e lui senza perdere tempo corse via. In quel momento, qualsiasi altro problema abbandonò la mia mente. Era arrivato il momento di aiutare Kagome e nulla doveva distrarmi.
“Te la senti di aiutarmi Rin?” le chiesi, arrotolando un pezzo di stoffa per metterlo sotto la testa di Kagome, poi mi posizionai davanti a lei per aiutarla nel parto.
“Certo, cosa devo fare?” risponse Rin alzandosi in piedi e guardandomi con decisione.
“Prendi delle stoffe pulite” e un secondo dopo si diresse verso camera di Kagome, tornando qualche istante dopo con molta roba in mano.
Posizionai per bene le stoffe che Rin mi aveva dato per evitare di sporcare tutto intorno e tenendone altre vicino che potrebbero tornare utili.
“Bene, senti qualcosa?” le chiesi e lei fece segno di no con la testa.
Le contrazioni arrivarono poco dopo, quando Inuyasha fu di ritorno.
“Rin fai riscaldare l’acqua.” Rin annuì obbediente e si mise al lavoro. Intanto le contrazioni iniziavano a diventare più frequenti e allora capiì che era arrivato il momento di farla spingere.
“Spingi” le dissi e lei iniziò a spingere. Inuyasha non sembrava tanto rilassato, quindi gli chiesi di uscire fuori ad aspettare la fine del parto.
“Dai, spingi ancora” Kagome continuò a spingere fin quando io riuscii a vedere la testa del piccolo.
“La testa c’è, ora manca il resto. Continua a spingere come hai fatto finora” dissi, prendendo delicatamente la testa del piccolo con le mani avvolte in delle stoffe pulite.
Lei continuò a spingere e dopo un po’ di tempo presi la piccola tra le mie mani. Due dolci occhi ambrati mi guardavano incuriositi e io gli sorrisi con dolcezza. Era una bambina bellissima con due orecchie da cane come quelle del padre ma di colore nero come i capelli della madre.
“È bellissima e sta benissimo” dissi sorridendo, Kagome e Rin mi sorrisero di risposta. Nel vederla il mio primo pensiero andò alle parole che aveva detto Rin qualche tempo fa, era sicura che sarebbe stato una femminuccia e aveva ragione.
Tagliai il cordone ombelicale e mi rivolsi a Rin.
“Lo laveresti? Io mi occupo di Kagome.” 
Passai il piccolo a Rin che subito lo immerse nell’acqua e iniziò a lavarlo delicatamente.
Io mi avvicinai ad un altro recipiente d’acqua per bagnarci le stoffe che avrei dovuto utilizzare per lavare Kagome.
Finiti i lavaggi avvolgemmo la piccola in una copertina e la porgemmo alla mamma, che se la portò al petto, guardandolo con profondo amore.
“Benvenuta Moroha” gli sussurrò dolcemente. Rin intanto andò a chiamare Inuyasha che appena entrato nella capanna rimase immobile per l’emozione.
“Vieni amore, Moroha vuole conoscerti” borbottò Kagome e lui senza esitare si avvicinò a sua moglie e a sua figlia e baciò entrambi sulla fronte. La piccola appena vide il padre allungò le braccia verso di lui per attirare la sua attenzione nonostante non ce ne fosse bisogno, perché l’attenzione di Inuyasha in quel momento era completamente rivolta a lei.
“Guarda vuole venire in braccio a te, prendila” Kagome allungò le braccia verso Inuyasha e lui inizialmente titubante, ma poi più sicuro prese quella piccola creatura in braccio che subito gli sorrise.
“Kagome, resta per qualche ora sdraiata, poi potrai sederti. Comunque credo che tu debba allattarla, ho come l’impressione che stia per piangere dalla fame.” 
“Oh, certo” mi rispose riprendendola dalle braccia di Inuyasha che non voleva più lasciarla andare.
“Io e Rin abbiamo finito qui, vi lasciamo soli” dissi allontanandomi insieme a Rin.
Li guardai un’ultima volta prima di uscire. Kagome allattava Moroha cullandola lentamente tra le braccia, ma quello che più mi colpì era lo sguardo di Inuyasha rivolto a sua moglie e a sua figlia, era lo sguardo più innamorato che potesse esistere.



Ecco qui il nuovo capitolo, spero vi piaccia!

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Capitolo 7
*** Cambiamento improvviso ***


Tornammo alla nostra capanna e trovammo Honzo fermo sulla porta.
“Che fine avevi fatto?” chiese con un tono di voce alquanto irritato.
L’irritazione che avevo sentito nelle sue parole per diretta conseguenza aveva irritato anche me.
“Mi dispiace averti fatto aspettare, ma molto spesso ho delle faccende da sbrigare, non dovresti arrabbiarti se non mi trovi dove mi hai lasciata. Comunque, ho fatto nascere il bambino di Inuyasha e Kagome” replicai secca.
“Scusami, pensavo ti fosse successo qualcosa” si giustificò lui, abbassando il capo in segno di scusa. Ma non bastarono a tranquillizzarmi poiché quello che era successo qualche ora prima mi aveva segnato abbastanza.
“Due uomini del tuo villaggio hanno aggredito Kagome perché cercavano me, fortuna che non le è successo nulla. Perché sono venuti fin qui a cercarmi?” chiesi mentre il mio nervosismo raggiungeva le stelle.
“Io…io…non ne so nulla, te lo giuro. Se avessi saputo chi erano i tuoi aggressori, avrei fatto giustizia io stesso” disse con sincerità, mantenendo gli occhi bassi. Le sue parole fecero svanire la mia stizza di colpo, la tenerezza con cui le aveva pronunciate mi era arrivata dritta al cuore, facendomi sentire protetta.
“Spero che non tornino più” aggiunsi più rilassata.
Entrammo in casa e lo accompagnai nella sua stanza per fargli sistemare le sue cose. Subito dopo raggiunsi Rin in cucina per preparare la cena.
Non feci molta attenzione alla bambina, ma da quando eravamo tornate a casa sembrava alquanto distante e silenziosa.
Durante la cena la discussione era stata praticamente assente e notavo la tensione che era presente tra Rin e Honzo. Ogni tanto si lanciavano delle strane occhiate indecifrabili e spesso si scrutavano con diffidenza.
“Hideko, io ho finito qui, vado a dormire. Buonanotte” disse Rin rivolgendosi a me e Honzo, dopo aver finito di mangiare. Si alzò, posò il suo piatto vuoto e si diresse verso la nostra stanza.
“Buonanotte, piccola” risposi.
“Buonanotte” aggiunse Honzo.
La bambina si allontanò sbadigliando, doveva sicuramente essere molto stanca, eppure sembrava anche molto pensierosa.
“Hideko, tu in quale stanza dormi?” mi chiese lui, interrompendo il flusso dei miei pensieri, non appena si rese conto che Rin non poteva sentirlo.
“Insieme a Rin, ovviamente” risposi senza lasciare spazio a dubbi.
“Non ti piacerebbe dormire insieme a me?” chiese Honzo, solo sentirgli pronunciare quelle parole, mi fece arrossire.
“Ma cosa dici? Non mi sembra il caso di dormire insieme. Poi…insomma…noi non siamo sposati” dopo aver pronunciato quelle parole abbassai lo sguardo per cercare di nascondere l’imbarazzo. Sapevo benissimo che molte donne alla mia età erano già sposate con figli, quindi non era poi una cosa così assurda. Avrei potuto sposare Honzo e creare la mia famiglia con lui, ma il matrimonio non era una mia priorità in quel momento. E poi sicuramente prima di concedermi ad un uomo avrei voluto sposarlo.
“Ma dai, non dobbiamo fare…beh, insomma quella cosa…hai capito…voglio solo dormire con te, non penso sia una cosa così brutta” cercò di scagionarsi lui.  
“Scusa, ma ti ho già detto che non mi sembra il caso, mi dispiace.”
“Va bene, non volevo turbarti. Buonanotte” disse alzandosi per andare verso la sua stanza.
“Buonanotte” fu l’unica cosa che riuscii a rispondere mentre lo vedevo andar via. Mi alzai subito dopo di lui, sparecchiai la tavola e misi tutte le stoviglie sporche nel contenitore che aveva utilizzato prima Rin, lo presi in mano e uscii dalla capanna per dirigermi al fiume. Di solito andavo a lavare tutto la mattina seguente dopo la colazione, ma quella sera avevo bisogno di stare da sola per un po’ a pensare e incurante di quello che stavo realmente facendo mi addentrai nel bosco per raggiungere il fiume.
Non ci misi molto ad arrivare e senza indugiare iniziai a lavare tutto ciò che avevo portato con me, con il solo rumore dell’acqua che scorreva a rilassarmi. La mente tornò immediatamente indietro nel tempo, alle parole che Honzo mi aveva detto prima di andare a dormire. Che davvero avesse detto tutto solo per sentirmi vicina, senza voler intendere altro? Oppure no?
A volte gli uomini erano così difficili da capire. Che fosse interessato a me non era difficile da capire, ma non era il caso di mettersi fretta. Perché aveva insistito tanto? Non riuscivo a non rimuginarci su. Nel frattempo, avevo terminato di lavare tutto e mi ero sdraiata sull’erba fresca per osservare il cielo. Le stelle splendevano con la lucentezza di tanti minuscoli cristalli nel buio della volta celeste, soprattutto una che sembrava essere più grande delle altre a rifulgere più intensamente.
Un rumore mi distolse d’improvviso da quel flusso di pensieri. Scattai immediatamente in piedi; la paura di vedere uscire fuori degli uomini pronti ad aggredirmi aveva preso a strisciare nelle mie vene così profondamente da indurmi a raccogliere tutto quello che avevo con me e tornare di corsa a casa.
Mi soffermai sulla porta di casa appena dopo averla chiusa per riprendere fiato, restando a pensare con maggiore lucidità a quel rumore, ma senza buoni risultati. Scivolai a terra e mi rannicchiai pensando al giorno dell’aggressione, le ombre scure di quegli uomini erano tornate a circondarmi e il panico non riusciva a farmi muovere. Chiusi gli occhi abbandonandomi a quella sensazione di terrore, ma una vocina sottile mi risveglio dal quel gelo.
“Hideko…” una manina mi stava scuotendo delicatamente un braccio. Aprii gli occhi e Rin mi osservava preoccupata.
“Stai bene?” chiese prendendomi una mano mentre io cercavo di mettermi seduta di fronte a lei.
“Sì, ora sì, grazie a te” le risposi, cercando di omettere cosa si agitava nel mio cuore. Stringere le sue mani nelle mie mi trasmetteva molta tranquillità.
“Mi sono svegliata e non eri nel letto con me quindi sono venuta a cercarti. Mi sono spaventata molto quando ti ho vista qui a terra” mi disse.
“Non era mia intenzione spaventarti, andiamo a dormire ora” le dissi stringendole la mano e avviandoci insieme verso la camera da letto.
Ci sdraiammo l’una di fronte all’altra senza separare le nostre mani, io avevo bisogno della tranquillità che mi trasmetteva e lei aveva bisogno di sentirmi vicina. Rin si addormentò subito e io non tardai molto, nonostante quello che qualche minuto prima avevo passato.
Le giornate successive passarono in tranquillità, ma c'era una cosa che mi preoccupava: Rin era sempre più distante da me, ogni volta che provavo a parlarle Honzo mi interrompeva e quando lui non c’era lei riusciva in tutti i modi ad evitarmi. Nonostante quella notte in cui l’una avevamo avuto un forte bisogno l’una dell’altra, il suo modo di comportarsi si faceva sempre più distaccato e gelido. Honzo intanto, approfittando di quello che stava succedendo con Rin, si avvicinava sempre più a me comportandosi molto spesso in modo dolce e gentile, cercando sempre di accontentarmi.
“Rin, c’è qualcuno alla porta, andresti a vedere?” chiesi mentre ero intenta a rassettare la stanza.
Le voci allegre di Kagome ed Inuyasha mi arrivarono presto alle orecchie ed ero sicura ci fosse anche la piccola Moroha insieme a loro. Ormai era passata quasi una settimana dal parto di Kagome, e tutte le volte che ero passata a visitarla la trovavo sempre in ottime condizioni. Si era ripresa velocemente e l’allattamento la rendeva molto radiosa. Inuyasha non la lasciava mai da sola e le dava tutto quello di cui aveva bisogno. Molte notti le passavano insonni, ma non smettevano mai di sorridere, erano una famiglia da invidiare.
“Ciao, su entrate, come mai da queste parti?” chiese Rin nello stesso istante in cui io feci il mio ingresso all’interno della stanza. Quando avevo chiesto a Rin di aprire la porta, avevo dimenticato la presenza di Honzo nella stanza e la prima cosa che notai era come osservava con sospetto i nuovi arrivati. Mi avvicinai loro per salutarli e poi mi diressi verso Honzo.
“Lui è Honzo, viene dal mio villaggio ed è…” venni subito interrotta proprio dalla voce del diretto interessato.
“Piacere sono il suo fidanzato” disse sorridendo. Sul mio viso si formò un’espressione sorpresa e irritata. Cosa gli era venuto in mente di dire?
Lo guardai male, cercando di non farmi notare da Kagome e Inuyasha, ma lui continuò a sorridere trionfante.
“Piacere nostro, Honzo, siamo molto felici per voi” disse Kagome inchinandosi. Il suo viso però era perplesso, probabilmente si stava chiedendo perché non le avessi mai parlato di un fidanzato.
Anche Inuyasha fece unnchino, ma senza dire parola, il suo sguardo era perso nel vuoto come se stesse cercando di ricordare qualcosa.
“Ma tu sei un demone? Come quell’altro?” esclamò Honzo, che non aspettava altro che dire queste parole riferendosi a Sesshomaru. Una nota di rabbia aveva preso possesso della sua voce e l’aria nella casa iniziò a diventare sempre piú opprimente. Il viso di Honzo si era completamente irrigidito e il suo sguardo passò in fretta dalle orecchie di Inuyasha a quelle della piccola Moroha.
Inuyasha in risposta aveva stretto le mani intorno all’elsa della spada e aveva drizzato le orecchie e teso i muscoli, sembrava pronto a scagliarsi contro Honzo da un momento all’altro. La situazione sembrava così assurda che non riuscivo a trovare nessuna parola per placare gli animi.
“In realtà, è il suo fratellastro, hanno madri diverse, lui è un mezzo demone, puoi notarlo dalle orecchie” la voce di Kagome ruppe il silenzio, ma nonostante le sue buone intenzioni non riuscì a calmare nessuno dei due.
“Ma in questo villaggio siete tutti così strani, perché avete rapporti con demoni e mezzi demoni?” urlò Honzo, pronto a scontrarsi con Inuyasha anche a mani nude, pur sapendo benissimo che sarebbe uscito sconfitto dalla battaglia. Così mi avvicinai a lui per prendergli le mani e cercare di calmarlo. La cosa sembrò funzionare.
“Per noi, demoni e mezzi demoni, sono esseri in grado di amare e di voler bene come noi umani, quindi se non hanno cattive intenzioni per noi sono ben accetti” rispose Kagome sempre più tranquilla mentre con la mano libera prese una delle mani di Inuyasha riuscendo a calmarlo istantaneamente.
I gemiti di Moroha ci distolsero dalla nostra conversazione. Tutti quanti fummo attratti dai suoi movimenti delicati dettati dal risveglio. I suoi teneri occhioni ambrati iniziarono a guardarsi intorno e dopo aver incrociato lo sguardo di Honzo iniziarono a riempirsi di lacrime. Un attimo dopo le urla avevano invaso la stanza e Kagome iniziò a cullarla tra le braccia.
“Credo sia il momento di mangiare, eh piccola mia?” disse Kagome senza smettere di muovere sua figlia tra le braccia con movimenti ritmici.
“Credo sia meglio tornare nella nostra capanna, torneremo a parlarti un’altra volta Hideko, in fondo non dovevamo dirti nulla di importante” aggiunse poi rivolgendosi a me.
Inuyasha abbracciò la moglie e la accompagnò fuori.
Honzo, nonostante Inuyasha fosse andato via, non si era calmato del tutto.
“Veramente voi riuscite ad avere contatti con dei demoni?” disse ancora arrabbiato, senza rendersi conto di quanto fosse ripetitivo.
“Sì, non vedo perché non dovremmo, insomma non ci fanno del male, anzi ci sono d’aiuto. Inuyasha mi ha pure salvato dall’aggressione” ribattei, stufa di tutte quelle polemiche. Vidi lo sguardo di Honzo cambiare, da arrabbiato divenne preoccupato. Lasciandomi immaginare che fosse preoccupato per me e per quello che mi era successo.
“Scusami, non lo sapevo, sono contento che ti abbia salvato” disse abbassando lo sguardo, cercando quasi di nascondersi. Sembrava quasi volesse sparire.
La giornata terminò il suo corso in modo più sereno, ma quando arrivò la sera la stanchezza e la frustrazione iniziarono a farsi sentire molto pesantemente. Così, dopo aver dato la buonanotte a Honzo, seduto davanti la porta ad osservare le stelle e a rilassarsi, mi incamminai verso la mia stanza.
Da dietro la porta un suono flebile, ma allo stesso tempo deciso e ritmico, raggiunse le mie orecchie, sembrano singhiozzi. Le mie previsioni si trasformano in realtà quando entrando trovai Rin in lacrime avvolta nel lenzuolo. Il pensiero che le parole di Honzo l’avessero turbata mi assalì di colpo, così mi avvicinai a lei per eliminare ogni mio dubbio.
“Cosa c’è che non va? Ti prego non farmi stare in pensiero” lei si mise in ginocchio di fronte a me e io subito la strinsi forte in un abbraccio per cercare di tranquillizzarla.
“Hideko, quando tornerà il signor Sesshomaru io andrò via con lui” proferì tutto d’un fiato, lasciandomi senza parole, mentre sentivo il mondo crollarmi addosso. Chiusi gli occhi e mi avvolse immediatamente l’oscurità, l’unica immagine presente nel buio era quella di Sesshomaru e Rin insieme felici, ma sembrava che quasi che si prendessero gioco di me e invece di farmi trovare la luce tornavo a cadere nell’oscurità più profonda.
Avrei dovuto immaginare che prima o poi l’avrebbe portata via con sé.
“Perché?” è l'unica cosa che riuscii a dire, in un sussurro quasi impercettibile, ma che Rin aveva sentito senza alcuna difficoltà.
“Hideko ti ricordi quando mi hai lasciata con Sesshomaru e Jaken e sei andata via?” chiese lei singhiozzando e io annuii per farle capire che la stavo ascoltando.
“Il signor Sesshomaru mi ha detto che, nonostante in futuro avrebbe potuto provarci, non era sicuro di poter tornare qui ancora per molto a causa dei suoi impegni. Mi ha spiegato che il suo regno è minacciato da una possibile guerra, il regno di demoni confinanti vuole conquistarlo quindi deve essere sempre presente e tenere sotto controllo gli attacchi. Infine mi ha chiesto cosa avrei preferito fare” fece una breve pausa per riprendere fiato e poi continuò dicendo “se restare qui o andare con lui e io ho deciso di andare con lui.”
“Perché?” chiesi ancora, per fare in modo che continuasse a raccontare, anche se sembrava che fosse l’unica parola che sapessi pronunciare in quella circostanza.
“Il signor Sesshomaru è molto importante per me e rinunciare a lui mi è impensabile. Conosci la nostra storia. Mi aveva anche proposto di portarti con me, ma tu hai Honzo che adesso si è trasferito qui, quindi non sei sola, perciò ho deciso di andare da sola” disse per poi riprendere il pianto che aveva interrotto pochi minuti prima.
“Io avrei preferito averti qui con me! Ti prego non lasciami!” la supplicai trattenendo le lacrime, non volevo mostrarmi debole, ma lei per me era diventata un ancora di salvezza che portava tranquillità quando c’erano solo l'oscuritá e il dolore ad avvolgermi.
“C’è lui con te, non sei sola. Sono sicura che sarai felice. Verrò a trovarti appena potrò insieme ad Ah-Un, te lo prometto” pronunciò ancora in lacrime e vedendola così fragile anche la mia forza iniziò a venire meno. Honzo non aveva lo stesso effetto di Rin sul mio stato d’animo. Non mi sarebbe bastato nel caso di attacchi di panico come quello che avevo avuto qualche giorno prima. Io avevo bisogno di lei, ma era inutile insistere e cercare di convincerla; aveva deciso e niente le avrebbe fatto cambiare idea.
“Mi distrugge saperti troppo lontana” con il cuore in mano proferii quelle parole sperando che potesse cambiare idea.
“Mi dispiace, ho già deciso. Honzo ti farà felice, ne sono sicura” mi disse per poi tornare a raggomitolarsi sul futon. La tensione nella stanza era arrivata ad un livello insostenibile e così decisi di lasciarla da sola e uscii dalla stanza per raggiungere Honzo.
“Credo che stanotte dovrò dormire con te” gli spiegai e lui subito mi rivolse un sorriso.
“Speravo che succedesse” mi rispose e lentamente si avvicinò al mio viso per congiungere le mie labbra alle sue in dolcissimo bacio. Più lungo e profondo delle volte precedenti.
“Grazie” dissi con la speranza che non pretendesse altro oltre al bacio e cercando di sorridere per nascondere l’angoscia e il dolore da cui ero circondata. Insieme ci spostammo nella camera che avremmo condiviso. Mi sdraiai accanto a lui che si addormentò dopo pochi minuti, facendomi tirare un piccolo sospiro di sollievo. Io invece per tutta la notte non riuscii a chiudere occhio.




Spero vi piaccia, a presto!

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Capitolo 8
*** Suppliche ***


Dormire era diventata un’utopia per me. Erano passati due giorni da quando Rin mi aveva dato la notizia della sua partenza e da allora la mia mente non aveva smesso di cercare un modo per farla restare, impedendomi di chiudere occhio e causandomi un fastidioso e persistente mal di testa. Avrei preferito non essermi affezionata così tanto a lei in così poco tempo, avrei preferito non conoscerla affatto. La persona per me più importante sta fuggendo via senza che io possa fare nulla per farla restare.
Mi girai lentamente su un fianco e osservai Honzo dormire rilassato e sorridente. Da quando aveva saputo la notizia della partenza di Rin sembrava aver trovato la tranquillità che io stavo perdendo.
Il sole era ormai alto e decisi di alzarmi, pur non avendone troppa voglia. Passai dalla camera di Rin trovandola ancora addormentata; la lasciai dormire e attraversai il corridoio per uscire fuori. Il bisogno di stare all’aperto era diventato urgente e il contatto con la fresca aria mattutina mi avrebbe aiutata a stare un po’ meglio. Mi guardai intorno con cautela e poi mi sedetti sull’erba. Intorno a me regnava il silenzio più assoluto e la cosa non mi dispiacque affatto.
Mi sdraiai, accettando con piacere il contatto con il terreno umido, per osservare il cielo che era di un colore azzurro pieno e intenso. C’era solo qualche nuvola sparsa sulle quali si concentrò la mia attenzione. Le loro forme erano particolari e subito iniziai a distinguere una figura alta e slanciata con una lunga coda e dei lunghi capelli. Come un flash mi venne in mente Sesshomaru. L’angoscia e la tristezza si impadronirono del mio animo e non riuscii più a trattenere le lacrime. D’istinto decisi di chiudere gli occhi per non vederlo e cercare di fermare l’enorme tortura che la sua visione infliggeva al mio cuore, ma la sua immagine non aveva nessuna intenzione di scomparire dalla mia mente. L’ossessione per quel demone, soprattutto perché stava per portarsi via Rin per sempre, era aumentata a dismisura. Avrei voluto tanto poter parlare con lui, ma non avevo nessuna idea di come rintracciarlo. Aprii gli occhi alzandomi a sedere sull’erba, mentre l’immagine di Sesshomaru nella mia mente iniziò a diventare più sfocata e, quando ormai si distinguevano solo il colore degli occhi e i lunghi capelli, un’altra persona mi venne in mente: Inuyasha. L’unico modo per poter parlare con Sesshomaru era attraverso Inuyasha. Dovevo chiedergli aiuto, era lui la mia ultima possibilità.
Mi alzai di scatto per dirigermi di corsa verso il villaggio, quindi verso casa di Inuyasha e Kagome. Non ci misi molto ad arrivare e quando mi fermai davanti la loro porta iniziai a chiamarli con un tono di voce più alto del normale.
“Inuyasha, Kagome, ci siete?”
Qualche secondo dopo Kagome uscì con in braccio Moroha.
“Buongiorno, Hideko, hai bisogno di qualcosa?” mi chiese, osservandomi stupita. Non mi ero mai presentata a casa sua in quel modo e sicuramente non si aspettava di vedermi arrivare a quell’ora del mattino.
“Ho bisogno di Inuyasha, è dentro?” chiesi frettolosa, lasciando Kagome ancora più perplessa e preoccupata, ma la mia priorità ora era parlare a Sesshomaru con la speranza che sotto quella spessa armatura ci fosse ancora un cuore.
“Mi dispiace, ieri è partito con Miroku per fare un esorcismo, però dovrebbero tornare stamani.”
“Sai dove sono andati? Ti prego è una cosa urgente.” chiesi ancora, cercando di mantenere la calma.
“No, mi dispiace, ma puoi aspettarlo qui con me, non dovrebbero impiegarci molto.” disse, invitandomi con la mano ad entrare.
“Grazie” risposi, entrando sotto il suo sguardo indagatore e preoccupato. Sicuramente avrebbe voluto sapere per quale motivo stessi cercando Inuyasha così insistentemente.
“Vuoi che ti prepari qualcosa? Sembri molto stanca.” Si rivolse a me quasi come se stesse parlando con sua figlia. Da quando era diventata mamma sembrava volerlo essere con tutti e quando lo era con me mi sentivo sempre protetta, riusciva a infondere sicurezza e sapevo di poter sempre contare su di lei.
“No, grazie, sto bene così, non preoccuparti.”
“Non credo tu stia bene. C’è qualcosa che non va?” mi chiese ancora. Non sarei riuscita a sfuggire alle sue domande ancora per molto, era arrivato il momento di confidarmi.
“Rin ha deciso di andare a stare con Sesshomaru.” risposi, andando diretta al punto, evitando di girarci troppo intorno. Allungare il discorso avrebbe solo peggiorato la mia situazione e non sarei riuscita a trattenere le lacrime ancora a lungo.
“Capisco. È per questo che cerchi Inuyasha?” 
Cercai di rispondere, ma dalla bocca non uscì nessun suono, così decisi semplicemente di annuire per poi abbassare il capo e fissare un punto indefinito del pavimento. Una lacrima solitaria era sfuggita al mio controllo e stava già scendendo lungo la mia guancia.
“Hideko, tutto bene?” chiese Kagome, avvicinandosi a me e prendendomi una mano. La strinse con delicatezza per cercare di confortarmi.
“Io non voglio che Sesshomaru la allontani da me.” singhiozzai ormai preda di un pianto irrefrenabile.
“Vedrai che Inuyasha ti aiuterà.”
Le parole non fecero molto effetto su di me, non ero sicura che si sarebbe risolto tutto se avessi parlato con Sesshomaru.
“Cosa dovrei fare io?” 
La voce di Inuyasha ci raggiunse da dietro la porta. Il tono con cui aveva pronunciato quelle parole era sorpreso e sentirlo ancora prima di vederlo sorprese anche me. Kagome invece era tranquilla, doveva essere abituata al suo potente udito. Qualche secondo dopo la sua figura fece la sua comparsa sulla porta.
“Devo parlare con tuo fratello.” dissi non appena me lo trovai davanti.
“Ma…insomma, sai io non ho un ottimo rapporto con lui.”
“Sei la mia unica speranza. Io non ho idea di dove cercarlo.”
“Comunque, prima dovrei parlarti di una cosa.” aggiunse Inuyasha con un tono di voce abbastanza preoccupato, al quale però non diedi molto peso.
“Non è il momento, devo parlare con Sesshomaru. Ti prego, portami da lui” lo supplicai ancora in lacrime.
“Va bene. Sali, andiamo a trovare il mio fratellastro.” mi disse, voltandosi di schiena.
“Salire? Perc…perché?” aggiunsi, leggermente imbarazzata.
“Dai su, vuoi incontrare Sesshomaru? Il viaggio è lungo quindi per sbrigarci devi salire sulla mia schiena.” rispose lui con tranquillità. Io mi voltai istintivamente verso Kagome e lei mi sorrise.
“Tranquilla, Hideko, sali.” mi rassicurò Kagome, ridacchiando allegra.
“Va…va bene.” acconsentii, apprestandomi a salire sulla sua schiena ancora in imbarazzo.
“Torno presto.” disse Inuyasha, sorridendo a Kagome e subito dopo iniziò a correre velocemente nel bosco. La velocità e il freddo sulla pelle, provocato dal vento, mi infastidirono un po’, ma l’attenzione di Inuyasha verso il mio stato lo fecero rallentare. Iniziai a sentirmi più a mio agio, tanto che farsi trasportare sulle sue spalle era diventato piacevole.
Ad un tratto si fermò senza darmi spiegazioni e rimasi sulla sua schiena in attesa di capire cosa stesse succedendo, ma lui non disse nulla. Dopo aver mosso velocemente le orecchie in varie direzioni e dopo aver annusato un po’ l’aria, mi aiutò lentamente a scendere facendo in modo di tenermi dietro di lui per proteggermi.
“Qualche problema?” gli chiesi preoccupata.
“Un demone si sta avvicinando a noi, avrà fiutato il tuo odore.” mi rispose, continuando a muovere le orecchie e ad arricciare il naso per captare gli odori intorno a noi.
“E ora che facciamo?” aggiunsi, cercando di non farmi prendere dal panico. Inuyasha era forte, ma contro un demone sarebbe riuscito a cavarsela?
“Tranquilla, resta sempre dietro di me e non ti succederà nulla.” mi disse, sguainando la spada che immediatamente da piccola, sottile e malconcia si trasformò in una enorme spada potente.
Qualche secondo dopo un orribile mostro fece la sua comparsa. Aveva forma umana, ma era alto il doppio di un uomo adulto e il suo viso non era di certo bello. Aveva occhi rosso fuoco e denti ben visibili e affilati.
Cercò di avvicinarsi a me, ma la sua stazza gli impediva di fare dei movimenti scattanti e subito Inuyasha si interpose tra di noi, continuando a tenermi dietro di sé.
“Lasciala stare. Da quanto ci stai seguendo?” urlò Inuyasha nella sua direzione.
“Un mezzo demone vuole combattere contro di me? Non riuscirai a vincere. Consegnami la donna e ti lascerò vivere.” fu la risposta del demone che ridacchiava guardandoci. La sua voce grave mi fece indietreggiare di qualche passo, faceva veramente paura. Ogni movimento del demone lo rendeva ancora più terrificante e la mia mente si riempì di scene indescrivibili. Le mie mani iniziarono a tremare e il mio corpo non rispondeva più ai miei comandi, restando immobile.
“Ti ho detto di lasciarla stare. Non ti avvicinerai a lei, ti dovrai battere con me.”
Inuyasha era fermo e deciso e non si sentiva nemmeno un briciolo di paura nella sua voce.
“Va bene, ti ucciderò per poi prendere lei.”
“Cosa stai aspettando?” le parole di sfida di Inuyasha suonarono esagerate alle mie orecchie, soprattutto perché quel demone incuteva molta paura e sicuramente era molto potente.
“Inuyasha, non c’era bisogno di provocarlo.” gli sussurrai per cercare di calmare la sua spavalderia, mentre il demone si stava avvicinando.
“Cicatrice del vento!”
Quando pronunciò quelle parole mi resi conto che non mi aveva ascoltata. Un potentissimo vento si era sprigionato dalla spada e aveva colpito il demone che ora giaceva a terra senza vita.
“Non immaginavo fossi così forte. Già mi vedevo spacciata.” ridacchiai per sdrammatizzare.
“Ingrata, devi fidarti di me. Comunque, credo sia il caso di riposare un po’ prima di ripartire.”
“Io non sono stanca, ma se tu lo sei...”
Non avevo nessuna voglia di riposarmi e perdere tempo.
“Io sono un mezzo demone, sono più forte di voi esseri umani. Quindi se dici che non sei stanca riprendiamo subito il viaggio.” mi disse, voltandosi e chinandosi per farmi salire. Senza fiatare salii sulla sua schiena e un attimo dopo stavamo già sfrecciando nel bosco. La mia tecnica di punzecchiarlo per ottenere quello che volevo aveva funzionato.
Inuyasha si fermò davanti a un enorme castello dalla pianta rettangolare, con quattro enormi torri agli angoli e adornato da uno stupendo giardino con diverse varietà di fiori e piante tutte ben curate. Le torri laterali erano altissime e su ognuna sventolava una bellissima bandiera che raffigurava un enorme cane bianco su uno sfondo rosso.
“Wow.” fu l’unica cosa che riuscii a dire. Non feci in tempo a fare nemmeno un passo in avanti che subito apparve la figura di Sesshomaru venirci incontro. Il suo modo di camminare fiero lo faceva sembrare quasi una divinità. Le sue movenze delicate e il suo sguardo immutabile non lasciavano dubbi: lo era.
“Inuyasha, cosa ci fai qui?” chiese il grande demone non appena arrestò il suo passo davanti la figura del fratello.
“Sesshomaru, lei vuole parlarti. Mi ha supplicato di portarla da te e io le ho fatto il favore.” proferì Inuyasha, mantenendosi sulla difensiva. Si vedeva benissimo che non voleva in alcun modo infastidire il fratello; poi, il mezzo demone si allontanò per lasciarci da soli.
“Di cosa hai bisogno? Rin sta bene?” furono le parole che mi rivolse, ma il tono di voce era di poco diverso rispetto a prima. Quando aveva parlato con Inuyasha si percepiva una nota di fastidio e quando si era rivolto a me quella nota non c’era più.
“Non voglio che porti qui con te Rin.” riuscii a rispondere, nonostante la sua presenza mi avesse seccato la gola a tal punto da rendere difficile l’uscita delle parole dalla mia bocca.
Immediatamente, il suo sguardo mutò espressione e, benché non fossero cambiati di molto, i suoi occhi erano diventati più gelidi e cupi. La distanza tra di noi sembrava essersi moltiplicata all’infinito e io venni attraversata da un brivido di paura. Il timore che si era materializzato in me era ormai definitivo: nessuno avrebbe mai cambiato idea, nulla sarebbe potuto cambiare. Stavo perdendo e non avevo nessuna possibilità di recuperare.
“Non è stata una mia scelta, ma di Rin e non ho nessuna voglia di contraddirla.” 
Le sue parole mi spezzarono il cuore, le mie gambe non riuscivano più a reggermi e mi inginocchiai davanti a lui.
“Ti supplico.” dissi anche se ormai non c’era più nulla da fare.
“Ripeto, non è stata una mia scelta.” confermò e, senza aggiungere altro, si allontanò elegantemente da me nello stesso istante in cui le lacrime iniziarono a scivolare sul mio viso senza controllo. Era veramente tutto perso.
“Sesshomaru, ti prego.”
Nonostante il mio tentativo, lui, impassibile, spiccò il volo per poi scomparire proprio come era apparso.
“Ti prego, Inuyasha, portami ancora da lui.” urlai piena di rabbia.
“Credo che tu abbia bisogno di ritornare a casa.” mi disse, cercando di tranquillizzarmi, ma non avevo nessuna intenzione di arrendermi.
“Non ancora, devo fargli cambiare idea.” Insistetti, sperando nel buon cuore di Inuyasha.
“Hideko, credo sia meglio lasciarlo stare, non cambierà idea.” proferì, prendendomi la mano e facendomi segno di salire sulle sue spalle.
Sconfitta, seguii il suo consiglio senza rispondere e rimanemmo in silenzio per l'intero tragitto.
Appena arrivati al villaggio misi i piedi a terra e sempre in silenzio tornai verso la capanna. Trovai Honzo seduto in attesa, appena mi vide entrare mi fisso e mi sorride.
“Buongiorno, che ne dici di preparare la colazione?” non lo risposi e mi misi subito a cucinare, non ero dell’umore giusto per parlare, ma lui sembrava eccessivamente felice, tanto da non accorgersi di come mi sentivo io in quell’istante.





Vi chiedo immensamente scusa per il ritardo, sono stata molto impegnata e non ho trovato il tempo per scrivere.
Fatemi sapere se vi piae questo capitolo, inoltre sono curiosa di sapere cosa vi aspettate dai prossimi, a presto!

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