Quando una strega è in libertà vigilata... di Luine (/viewuser.php?uid=53775)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Capitolo
1
Era
un pomeriggio soleggiato ad Alfea. Benché fosse febbraio, era
piacevole fermarsi un attimo, affacciarsi al balcone e assaporare il
dolce odore trasporato dal vento pungente. Ma per Stella non aveva
importanza se ci fosse il sole o se fosse coperto da nere nuvolacce
che minacciavano pioggia, se ci fosse stato profumo o puzza. Per lei
era esattamente lo stesso, in quel momento così critico.
“Non
so cosa portare!” piagnuccolava, isterica, fermandosi al centro
della sua grande camera, mentre vestiti lunghi e semi-trasparenti,
eleganti e scintillanti le passavano sopra la testa, mentre due
grosse valigie si riempivano e si svuotavano aiutate dalla magia
della loro proprietaria. “E' impossibile! Brandon non doveva darmi
così poco preavviso. Avrei avuto molto più tempo, se
avessi saputo prima che intendeva portarmi su Espero per San
Valentino!”
Flora,
seduta sul suo letto, accanto a Musa che sfogliava una rivista
musicale, la guardava con uno dei suoi dolci sorrisi. “Beh, una
settimana è più che sufficiente! E poi devi ammettere
che è stato romantico!” disse, ma di colpo si fece triste.
“Purtroppo io dovrò rimanere qui... Helia ha da fare a
Fonterossa. Saladin gli ha dato un compito molto importante e non
potrà portarmi da nessuna parte... tu, Bloom, Tecna e Aisha
siete così fortunate...”
“Pensa,
Stella...” continuò Musa, alzando lo sguardo su alcuni
vestiti vaganti. “Anche Riven ha deciso di non fare niente...” si
mise seduta e, chiudendo gli occhi, puntò un dito verso
l'alto. “San Valentino è una festa inutile! Esiste solo
per far spendere soldi agli sciocchi!”
esclamò, in una pessima imitazione di Riven. “Persino Timmy
ha portato fuori Tecna... Tu hai Brandon che ti porta, addirittura,
su Espero per un fine settimana da sogno... ha ragione Flora: sei
fortunatissima!”
“Fortunata!”
sbottò Stella, indignata, facendo un gesto secco con le mani
e, per sbaglio, interrompendo la folle corsa di un bikini dal
cassetto fino alla valigia. Si voltò verso le altre due Winx,
con gli occhi fuori dalle orbite. “Fortunata! Fortunata è
Bloom che ha quattro vestiti di numero! Ma io... ho appena comprato
un abito elegantissimo al centro commerciale e non potrò
portarlo perché è da sera e non è nemmeno adatto
alla montagna!” si gettò sul letto, tra Flora e Musa,
nascondendo il viso nel piumone. “Sono disperata!”
Musa
alzò gli occhi al cielo, mentre Flora ridacchiò.
“Dai,
Stella!” le posò una mano su un braccio, per cercare di
confortarla. “Ti aiutiamo a scegliere qualcosa!”
La
Winx voltò la testa verso di lei e, con fare piagnuccoloso,
più adatto a una bambina che a una ragazza della sua età,
disse: “Davvero?”
La
fata dei fiori sorrise. “Certo!” annuì. Stella saltò
su e, gridando, la abbracciò stretta.
“Allora
per prima cosa, dobbiamo andare al centro commerciale!” esclamò,
scattando in piedi e stringendo i pugni, mentre i suoi occhi venivano
attraversati da un luccichio sinistro. Musa alzò gli occhi al
cielo, esasperata, provò a sfogliare una pagina della sua
rivista, ma poi scoppiò a ridere, seguita a ruota dalle altre
due, travolte dalla sua ilarità. Ancora una volta, la fata
della musica non aveva potuto fare a meno di ridere per la
prevedibilità di Stella e dalla sua mania per tutto ciò
che poteva essere comprato. “Andiamo?”
Le
due Winx si squadrarono, non appena si furono riprese. “Ma parlavi
sul serio?” chiese Musa. Stella mosse lievemente la mano e i
vestiti che aveva addosso cambiarono.
“Certo!
Non vorrete che mi metta una camicia da notte che lui ha già
visto, vero?” chiese, come se avessero già dovuto pensarci
da sole.
Musa
si batté una mano sulla fronte e parlò con forte
sarcasmo: “Non sia mai! Stupida io che non l'ho capito subito!”
Flora
rise di nuovo. “Dai, andiamo... magari troviamo qualcosa di molto
osè da far indossare alla nostra Stella!” disse, infilandosi
le scarpe e strizzando l'occhio, complice, alla principessa di
Solaria, che arrossì.
“Non
voglio niente di volgare... qualcosa che lo stuzzichi... muoviamoci!
Mi verrà a prendere tra due ore e abbiamo pochissimo tempo!”
Si tolse l'anello di Solaria dal dito e aspettò che le due
amiche fossero abbastanza vicine a lei. Materializzò il suo
scettro e una luce avvolse le tre fate che si ritrovarono
teletrasportate nel reame dello shopping: Magix.
“Abbiamo
due ore per trovare quello che cerchiamo!” esclamò Stella,
decisa come se avesse dovuto confrontarsi con chissà quale
nemico, ritrasformando lo scettro in un anello. “Quindi, mettiamoci
al lavoro! Però, prima... prendiamoci qualcosa da bere...”
indicò un piccolo localino poco distante dal punto in cui si
trovavano.
“Ma,
scusa, Stella...” Musa era un po' titubante e guardò
dubbiosa verso Flora che aveva la sua stessa espressione. “Non
avevi detto che avevamo poco tempo?”
Ma
Stella schioccò la lingua e fece un gesto con una mano, come
per scacciare una mosca fastidiosa. “Per un caffè c'è
sempre tempo!” esclamò, con aria di superiorità,
cominciando a camminare verso il locale e voltandosi di un quarto,
vedendo che nessuno la seguiva. “Muovetevi!”
***
“Che
umiliazione!” esclamò Icy, disgustata, posandosi una mano
nei capelli e artigliando una ciocca che sfuggiva dalla sua
pettinatura altrimenti perfetta. Era umiliante fino
all'esasperazione: lei e le sue sorelle, per colpa di quelle dannate
Winx erano finite, non una, ma ben due volte a Roccaluce, il luogo
dove venivano mandati i cattivi che, lì, imparavano ad essere
“dei disgustosi buoni”.
L'idea
faceva così ribrezzo ad Icy che rabbrividì. Adesso si
ritrovavano a Magix, senza poteri, sotto la supervisione dei
Cavalieri Templari che custodivano Roccaluce. Lei e le sue sorelle
negli ultimi tempi si erano comportate particolarmente bene e,
credendo nella loro redenzioni, gli stupidi Templari avevano deciso
di mandarle di nuovo nella Dimensione Magica per far provare loro a
reinserirsi nella società. Se avessero superato il loro mese
di prova, allora le Trix sarebbero state libere. E il loro scopo era
di comportarsi bene per un mese, al termine del quale, sarebbero
tornate il terrore di tutte le fate, prima tra tutte di loro, le
Winx.
Il
loro unico, vero problema era il modo in cui avrebbero
dovuto passare quel mese: servendo ai tavoli di un locale appena
aperto a Magix. In quel momento, peraltro, era deserto, come per la
maggior parte della giornata, anche se era aperto dalla mattina alla
sera. Forse era la poca cordialità sua e delle sorelle che
impediva alla gente di entrare, ma non era questo ciò che
interessava ad Icy.
Seduta
a un tavolo, guardava con orrore il proprio grembiulino azzurro, con
la gonna a palloncino e le maniche a sbuffo, rifinite di pizzo
bianco. Per non parlare del grembiulino da scolaretta!
“Che
umiliazione!” ripeté, disperata.
“Dai,
Icy, non fare così...” disse Darcy, avvicinandosi con un
vestito viola scuro del tutto identico a quello della sorella e un
vassoio vuoto tra le mani. “Ricorda quello che abbiamo programmato
e andrà tutto bene... pensa positivo!”
Icy
fulminò la sorella con lo sguardo. “Piantala, Darcy! Sono
stanca di pensare positivo!”
Darcy
si sedette accanto a lei e guardò la porta chiusa. Sospirò.
“Quando il capo ha detto di avere delle divise ho pensato a
tutto...”
“Tranne
che a questo!” sbottò l'altra, rabbiosa, stringendo il pugno
così forte che arrivò a ferirsi. “Vorrei tanto avere
i miei poteri...”
“Calmati,
sorella!” Darcy si sistemò una ciocca di capelli dietro
l'orecchio, solo parzialmente consapevole che Stormy era apparsa dal
retrobottega. “Altrimenti i Templari non ci libereranno mai!”
La
Trix delle tempeste, sentendosi ignorata, intanto, si piantò
proprio di fronte a loro e, contenta di avere la loro piena
attenzione, fece un giro su se stessa.
“Allora,
come sto?” chiese, tutta un trillo. Darcy si esibì nel più
falso dei suoi sorrisi.
“Ma
stai benissimo!” esclamò, con un tono perfettamente in
sintonia con la sua espressione. Peccato che non sembrasse neanche un
po' sincera. “Vero, Icy?”
Ma
Icy guardava il vestito violaceo di Stormy con la stessa smorfia di
disgusto che aveva riservato al proprio e non
accennava a parlare. Darcy la richiamò, per farle dire
qualcosa di carino, ma, vedendo che la sorella non reagiva, le diede
una lieve gomitata.
“Eh?”
fece a quel punto Icy, voltandosi a guardare la sorella che aveva
inarcato le sopracciglia, per farle capire che toccava a lei fare un
complimento a Stormy.
“Ah...”
Icy fece una smorfia annoiata e prese a parlare, per niente convinta:
“D'accordo... stai bene, sorellina! Sembri una vera...”
l'immagine di una ragazza dai lunghi capelli biondi catturò il
suo sguardo dal vetro del locale, un'immagine che non avrebbe mai
voluto dover vedere, prima di un mese.
“Muovetevi!”
stava dicendo la ragazza dai capelli biondi, scuotendo una mano.
“Stella!”
completò la strega, senza alcuna enfasi. Darcy e Stormy sussultarono.
“Oh...
nessuno mi aveva mai insultata così!” esclamò Stormy,
sull'orlo delle lacrime, scappando dietro il bancone. Darcy, invece,
aveva una mano sul petto, come se avesse avuto uno spavento.
“Sei
stata crudele!” esclamò, inorridita. Icy le lanciò
un'occhiataccia e, con una mano, ferocemente, le afferrò la
nuca e la costrinse a guardare fuori. La strega dell'oscurità
spalancò gli occhi.
“Oh,
no... loro no!” gemette, alzandosi.
“E
invece sì...”
“Preghiamo
perché sia solo un caso... perché se ne vadano!”
Icy,
però, sentiva qualcosa dentro che le diceva che Stella sarebbe
entrata nel locale e che le avrebbe viste conciate a quel modo.
“No!
Non posso permetterlo!” esclamò, con foga, sbattendo le mani
sul tavolo e alzandosi contemporaneamente, ma, proprio mentre lo
diceva, capì di essere in trappola: Stella aprì la
porta e, guardando fuori, Icy vide Musa e Flora che la seguivano.
“Ve
lo dico chiaramente: ho intenzione di comprare un completino intimo
che ho visto da Tezenix!” stava dicendo la fata del Sole e della
Luna, allegramente. Icy e Stormy si lanciavano degli sguardi ben poco
tranquilli, ma la strega dell'oscurità aveva ripreso la sua
maschera di falsità e, lentamente, aveva aggirato il tavolo
dietro a cui era paralizzata Icy. Gli angoli della sua bocca si
curvarono all'insù, i suoi occhi si illuminarono di una luce
tutt'altro che amichevole, ma chi mai avrebbe potuto accorgersene
dietro tutta quella falsa cortesia?
“Benvenute!”
esclamò, con enfasi. Al sentire un suono diverso da quello
della propria voce, Stella si zittì e guardò verso la
cameriera che le porgeva il benvenuto. E i suoi grandi occhi marroni
divennero ancora più grandi. Ma non fu l'unica ad avere questa
reazione: Musa e Flora rimasero paralizzate dalla sorpresa. “Prego,
volete accomodarvi?”
La
Trix fece un ampio gesto col braccio per indicare loro il tavolo
appena lasciato da Icy.
“Darcy?”
domandò Stella, incerta. La strega aprì gli occhi che
si riempirono di stupore.
“Stella!”
esclamò, come se non l'avesse riconosciuta che in quel
momento. “Musa, Flora! Anche voi qui! Come state?”
Icy
si sentiva intorpidita: non riusciva a capire gli intenti di sua
sorella, soprattutto se faceva la smorfiosa con le Winx.
“Darcy...
dimmi, sei sicura di stare bene?” chiese Musa, ancora più
incerta di Stella. Per una volta, Icy dovette confessare persino a se
stessa che la fatina aveva ragione.
“Ma
certo che sto bene!” replicò la strega dell'oscurità,
giuliva. Sul volto di Flora si formò un'espressione
consapevole.
“Ah...”
sorrise, felice. “Allora il tuo soggiorno a Roccaluce è
finito! Com'è bello!”
Icy
sentì il proprio stomaco far risalire tutto ciò che
aveva mangiato. Voleva vomitare e nemmeno le sue sorelle erano da
meno: Darcy quasi riuscì a rompere la propria maschera e
Stormy, la più imbranata, si fece scivolare un bicchiere dalla
mano e lo sguardo delle tre Winx si portò verso il bancone.
“Oh...”
fece Stella, incrociando le braccia al petto. “Ci sono anche le tue
sorelle... se siete venute via da Roccaluce, vuol dire che c'è
qualcuno che vi controlla, giusto? L'ultima volta con Lord Darkar...”
“Eh...
eh...” annuì Darcy, sorridendo in modo più tirato.
Non ce la faceva... odiav... no... i Templari avrebbero potuto
sentire qualcosa e decidere che, per lei, il periodo di detenzione
non era finito. Chiuse gli occhi e inspirò ed espirò
più volte, decisa a calmarsi, poi scattò un po' in
avanti e tornò a sorridere come prima. “No... stavolta siamo
qui per buona condotta... libertà vigilata!”
“Ah,
quindi... ora dovreste essere buone...” Musa guardò Icy,
stringendo gli occhi, sospettosa.
“Degli
zuccherini!” esclamò questa, freddamente. Stella le rivolse
un'occhiata scrutatrice: non sembrava proprio convinta che, davvero,
le Trix si fossero redente.
“A
me non sembrano molto cambiate, voi che dite?” disse, tenendo
ancora le braccia al petto.
“Ma
sì che siamo buone!” esclamò Stormy, balzando in
piedi coi cocci del bicchiere tra le mani, mentre Icy alzava gli
occhi al cielo, incapace di trattenersi. “Roccaluce ci ha... ehm...
come si dice... ah, sì... ci ha aperto gli occhi! E ora siamo
dalla parte del... ehm... posso dirlo, posso dirlo...”
“Del
bene, Stormy?” concluse Icy, sarcastica.
“Sì,
volevo proprio dire quello!” annuì la Trix, ben poco
convinta.
La
smorfia sul viso di Stella si accentuò, ma anche su quello di
Icy.
“Neanche
io ci credo!” esclamò Musa che aveva visto la reazione della
Trix.
“Ma...
sarebbe così bello, se fosse vero...” fu il commento di
Flora.
“Ma
è vero!” annuì ancora Darcy, cercando
l'appoggio delle altre con uno sguardo ben poco amichevole. “Adesso
lavoriamo qui come cameriere...” si bloccò, sentendo un
brivido percorrerle la schiena: l'onta, lo sguardo sorpreso delle
fate bruciava il suo orgoglio. “Serviamo ai tavoli! Non vi
piacciono i nostri completini?”
Stella
diede una breve occhiata al vestito della strega, un'occhiata
tutt'altro che lusinghiera. “Dozzinali!” disse, alla fine,
altezzosa.
“Sì,
sembrate delle uova pasquali!” scherzò Musa. Gli occhi di
Darcy si ridussero a due pericolose fessure, mentre le sue guance si
imporporavano per la crescente vergogna. Icy avrebbe dato qualunque
cosa per riavere i poteri e per far tacere per sempre quelle piccole
smorfiose.
E
Stormy, schiumante di rabbia, si ferì le mani coi cocci del
bicchiere che non aveva ancora buttato.
“Sono
rimaste un po' permalosette, direi!” Stella si sistemò i
capelli. “Andiamo, ragazze!”
“Poverine,
come sono cadute in basso!” commentò Musa, mentre riaprivano
la porta.
“Come
mi dispiace!” rincarò la dose Flora.
Darcy
le guardò andare via, ferita nell'orgoglio, mentre ridevano di
lei.
“IO
LE ODIO! LE ODIO!” gridò Darcy, non appena furono fuori
portata. “COSA DAREI PER...”
Icy,
però, sembrava avercela con lei, più che con Stella.
“Ben ti sta, sorellina! Così la prossima volta, vai a
chiedere consigli di moda a quella fanatica principessina fatata!
Ti giuro che quando avrò i miei poteri, la prima cosa che farò
sarà...”
“Io
le disintegro... le dispiace? Io... io...” ringhiava
Stormy.
Una
voce disincarnata parlò, come se attraversasse l'aria, diretto
a loro tre. Icy, Darcy, Stormy... questi sono pensieri negativi.
Ricordate: cordialità e calore umano.
La
rabbia di Icy, a quelle parole, non poté che crescere, mentre
Darcy si calmò davvero, ma non per le parole del Templare,
solo perché capiva che le avrebbero rimandate a Roccaluce,
senza possibilità di scampo. Stormy gridò,
istericamente.
“E
STAI ZITTO!”
Icy,
calmati, Icy. Non è successo niente. Impara a rispettare il
pensiero altrui. Guarda Darcy come è tranquilla. Prendi
esempio da lei e cura le ferite di Stormy.
“Curare
le ferite di Stormy?” sbottò lei. “Si può benissimo
curare da sola, la mia cara sorellina! Dannazione, quanto ti odio,
Stella!”
Icy,
rispetta il pensiero altrui. Stormy, tranquillizzati. Va tutto bene.
“Non
va tutto bene, dannato Templare, non va affatto bene!” gridò
la strega delle tempeste, ancora più forte.
“Rispettare
il pensiero altrui?” sibilò la strega del ghiaccio. “Mi
vendicherò, Stella. Mi vendicherò per la tua
strafottenza!”
“Ehm...”
Darcy guardò inorridita verso i due clienti che, mentre la
sorella parlava, erano entrati, aprendo la porta. “Icy?”
“Cosa
diavolo vuoi, Darcy?”
La
sorella chiuse gli occhi e fece un sorriso incerto. “So... sono
arrivati dei clienti!” disse, velocemente e ridacchiando. Ma Icy,
ormai, era arrivata alla stessa conclusione della sorella.
“Non
me ne frega niente!” disse, aprendo lentamente gli occhi e con una
calma che non era da lei. Prese una bottiglia da sotto il bancone e
la lanciò contro la coppietta che, urlando, si abbassò
e portò le mani sulle testa, per proteggersi. La strega ignorò
la voce del Templare che le diceva di calmarsi. “Ecco... questo è
solo un assaggio!” gridò ancora, lanciando un'altra
bottiglia e facendo scappare i due.
“Questi
sono pazzi!” gridavano.
“Ora
sì che posso placare la mia ira...” sbottò, invece,
Icy, sentendosi un po' meno intorpidita.
“Non
so perché...” disse Stormy, in tono preoccupato. “Ma credo
che sarà un'altra ira quella che dovremo placare...”
“Ah,
sì? E di chi?” Icy guardò verso il punto indicato
dalla sorella e fece una smorfia carica di disgusto, nel notare che
si trattava del grasso e basso padrone del locale. Darcy aveva aperto
la bocca e guardava la scena come se ancora non credesse a ciò
che stava accadendo. Sarebbero tornate a Roccaluce, poteva metterci
la mano sul fuoco. Per questo aveva bisogno di un piano malvagio.
Tanto, comunque fosse andata lei e le sue sorelle erano spacciate.
Cosa avevano da perdere?
“Cosa
avete fatto, dannate streghe?” gridò il proprietario del
locale, alla vista della bottiglia a terra e dei vetri in mano a
Stormy. “Mi avete mandato in malora gli affari! Non farò più
accordi con i Templari di Roccaluce! Mai più! E ripulite
tutto.”
“Certo,
come no!” replicò Icy, sarcastica. Si strappò il
grembiulino di dosso e glielo gettò ai piedi, prima di
percorrere a grandi passi il locale e afferrare Darcy per i capelli,
che le colpì la mano, gridandole di lasciarla. Il proprietario
del locale non riusciva a dire niente. Le guardava, apriva e chiudeva
la bocca come un pesce fuor d'acqua.
Icy,
stai facendo pensieri molto negativi...
“Sbagliato,
cocco! Sto facendo azioni molto negative! Che fai, Stormy, ti
trattieni?” sbottò Icy, non appena Darcy si fu rimessa in
piedi e stracciata di dosso il grembiulino.
“Ecco.
Ora sono un mucchio di stracci!” disse, soddisfatta.
Darcy,
non stai formulando pensieri positivi. E tu sei sempre stata quella
più brava.
“Sì,
lo so...” rispose Darcy alla voce disincarnata. “Ma adesso non ho
più voglia di fare la brava bambina!”
La
strega delle tempeste sembrava voler fare altrettanto.
“Un
momento!” esclamò, agguantando quanti più bicchieri
possibile, là dove Icy aveva trovato la bottiglia. A quel
punto, sotto lo sguardo atterrito del proprietario, li fece cadere
tutti a terra e rise sguaiatamente. “Ecco, stupido vecchio! Così
impari a proporre certi grembiuli a delle streghe come noi!”
Stormy,
lo vedi che, con la violenza non si ottiene nulla?
“Tu
dici? Ho ottenuto più di quanto non abbia ottenuto tu in tre
mesi!” ridacchiò la strega.
“Ma...
ma... che cosa...” balbettava, intanto, il proprietario del locale,
disperato e gli occhi fuori dalle orbite. “Che state facendo?”
“Mi
sembrava fosse chiaro, vecchio!” sbottò Icy, sorridendo
malignamente. “Ci stiamo licenziando! Andiamo, sorelle! Ci
aspettano compere interessanti, oggi!”
***
“Avete
visto le Trix?” ridacchiò ancora Musa, mentre, insieme a
Flora, aspettava che Stella avesse finito di provarsi l'ennesimo
completino intimo. “Ho tentato in tutti i modi di trattenermi dal
ridere loro in faccia!”
“Poverine!”
le compatì Flora che stava sfogliando un catalogo magico.
“Scommetto che erano molto a disagio... e voi non siete state molto
carine!”
“Ma
le hai viste?” sbottò Stella, da dentro il camerino. “No,
dico... avete visto quei vestiti? Comincio a preferire quelle stupide
tute con le iniziali del loro nome, davvero! Non ho mai visto un
affronto alla moda come in quel momento!”
Musa
alzò gli occhi al cielo, prima di riabbassarlo su un completo
nel catalogo. “Ehi, questo è carino! Costa anche poco. Quasi
quasi lo prendo!” disse, puntando il dito e toccando la pagina. Dal
dito si propagò una leggera luce dorata e, un attimo dopo, lo
stesso completino della fotografia si materializzò tra le sue
mani. Stella uscì dal camerino.
“Che
ne dite?” domandò, facendo un giro completo su se stessa e
rimanendo in attesa di complimenti. Flora fu attirata dall'ombra di
qualcuno che si era fermato a pochi metri da loro. Questo qualcuno
era un ragazzo e guardava Stella con gli occhi fuori dalle orbite e
la bocca semiaperta. La fata dei fiori arrossì, mettendosi nei
panni dell'amica mezza nuda che si mostrava come se, nel negozio, non
ci fossero state che loro.
“Dico
che a lui è piaciuto!” esclamò Musa, indicando il
ragazzo che arrossì di botto, quando Stella gli fece
l'occhiolino, per niente imbarazzata.
“Stella!”
la rimproverò Flora. “E Brandon?”
“Oh,
calmati, Flora! Brandon è il mio ciccino, che domande!” poi
abbassò lo sguardo, ancora sorridendo, lusingata da tutte le
attenzioni che i ragazzi le rivolgevano e così, i suoi occhi
si illuminarono. “Ma è meraviglioso!”
“Cosa?”
Musa guardò a terra, dove la fata del Sole puntava lo sguardo,
cercando la cosa meravigliosa e ignorando il ragazzo che, non
sentendosi più considerato, si allontanò, sconsolato.
“Poverino!”
fu il commento, dispiaciuto e inascoltato, di Flora.
“Quello
che hai in mano!” Stella indicò il completino che la fata
della musica voleva comprare per sé. “E' bellissimo!”
“Sì,
ma...”
Stella
non le permise di continuare che glielo strappò di mano e si
fiondò di nuovo verso il camerino. Flora rise, nel guardare
l'espressione sconcertata sul volto di Musa.
“Questo
è troppo!” sbottò quest'ultima. “Stella! L'avevo
visto prima io!”
“Suvvia,
puoi prenderne un altro... e questo è anche della mia taglia!
Ho deciso! Li prendo tutti e due!”
Musa
scosse la testa, infastidita dal comportamento dell'amica, ma andò
di nuovo al catalogo e toccò ancora la pagina con l'immagine.
Peccato che apparve sotto una scritta rossa che recitava un messaggio
inequivocabile: Esaurito.
“E
quale indosserai stasera... per Ciccino?” chiese, acida e
delusa. Adesso era più che infastidita: era arrabbiata.
“Beh,
potrei indossarli tutti e due...” rispose Stella che non si accorse
del tono dell'altra. “Dopotutto, la notte è lunga!”
“Potresti
indossarli uno sopra l'altro, magari!” ringhiò Musa; non
attese una risposta. Piantò capra e cavoli e uscì dal
negozio, per sbollire la rabbia, perché Stella doveva prendere
tutto, senza mai chiedersi se il suo comportamento potesse ferire o
meno.
“No,
Musa... aspetta!” gridò Flora, facendo qualche passo verso
l'uscita, ma senza allontanarsi dal camerino. “Se n'è
andata!” comunicò. Stella uscì dal camerino,
completamente rivestita e con i due completini intimi tra le mani.
“Finalmente!”
esclamò. “Credevo volesse mettere radici! E' stata
fantastica la mia idea di confondere il catalogo!”
Flora
aggrottò la fronte. “Spero che il tuo piano funzioni!”
replicò. Stella fece un gesto con la mano, come per scacciare
una mosca.
“Seguila!”
disse, autoritaria. “E non farla avvicinare a queste parti o
scoprirà tutto!”
L'altra
annuì e, complice, le fece l'occhiolino, prima di correre
dietro a Musa. Stella, intanto, prendeva il telefono e, mentre
correva alla cassa per pagare, compose un numero.
***
“Allora,
crema per la notte, pigiama, pantofole, lacca per capelli...”
elencava Brandon, indicando ciò che aveva infilato dentro la
valigia.
“Vestiti,
scarpe, deodorante...” completò Riven, disteso sul letto, a
contemplare il soffitto. Mentre parlava, però, si voltò
a guardare il suo compagno di camera. “Scusami, amico, ma tu e
Stella andate sul pianeta della tranquillità e delle vacanze
e... rimarrete davvero in camera tutto il giorno?”
Brandon
ghignò, malizioso. “ San Valentino va festeggiato alla
grande! La compagnia non sarà noiosa!”
“No,
di certo...” replicò l'altro, annoiato, portandosi le mani
dietro la nuca. “Basta che lei non si metta a raccontare
barzellette!”
“Non
sono male le barzellette di Stella!” esclamò Brandon,
piccato, mentre apriva un cassetto e ne tirava fuori un flacone di
gel, più un paio di magliette.
“No...
fanno solo cadere le braccia!” rispose ancora Riven,
sarcastico. Il suo compagno di stanza non riuscì più a
trattenersi: conosceva l'antipatia che Riven provava nei confronti di
Stella e lo accettava, ma non accettava il fatto che parlasse male di
lei in sua presenza! Era una cosa che detestava, così come
detestava lui. Perché Codatorta li aveva messi nella stessa
stanza? E perché Sky era dovuto partire con due giorni di
anticipo? Persino Timmy e Helia se ne erano andati prima di lui... e
non aveva nessuna camera in cui rifugiarsi, se non quella in cui
c'era quel palestrato ignorante.
“Invece
di insultare Stella...” sbottò.
“Non
stavo insultando Stella!” Riven si mise seduto sul letto,
interrompendo l'invettiva del compagno di stanza. “Stavo solo
dicendo che le sue battute fanno schifo!”
Brandon
gli lanciò un'occhiataccia, ma decise di ignorarlo, per non
doversi far venire il sangue amaro proprio a poco più di
un'ora dal suo viaggio con Stella. Si voltò e riprese a
sistemare la valigia. “Mancano i vestiti di stasera...” disse,
scrutando la valigia e correndo verso l'armadio.
“Non
vedo l'ora che quest'aria di smancerie sia finita!” sbottò
Riven, nel sentire quelle parole. Brandon fermò la mano ad un
passo dalla maniglia dell'armadio.
“Perché
mai? San Valentino è una scusa ottima per passare più
tempo con Musa...”
“San
Valentino è una festa da idioti!”
Brandon
ghignò: “Lo sai che ti stai dando dell'idiota?”
“Non
mi sembra proprio!”
“E'
la festa degli innamorati, Riven! Dovresti essere innamorato anche
tu, a quanto ne so!” replicò l'altro, acido, aprendo l'anta
dell'armadio e tirando fuori gli abiti che si era prefissato di
indossare quella sera.
Ma
Riven si ributtò sul letto e sospirò. “Mah, non lo
so...”
“Che
dici?” gli chiese il compagno di stanza, facendo capolino da dietro
l'anta.
“E'
che... è un po' che ci penso...” Riven aveva perso tutta la
sua solita aria strafottente e ora sembrava preoccupato.
“A
cosa?”
Quella
di Brandon era una domanda fatta più per curiosità che
per solidarietà.
“Non
so se sono davvero innamorato!” esclamò l'altro, scattando a
sedere. Lo scudiero di Eraklyon si sentì come se Riven, invece
di parlare, gli avesse dato un pugno nello stomaco.
“Cosa?”
fece, inorridito. L'altro si alzò, sospirando.
“Hai
capito benissimo!” esclamò, mogio. “E non mi va di
illudere Musa!”
Brandon
non sapeva cosa dire. Si guardava intorno, come in cerca di
ispirazione, poi tornò a guardare il compagno di stanza; un
sorriso si delineò sul suo volto, un sorriso che si fece
sempre più largo, fino a che non si trasformò in una
sonora risata.
“Cos'hai
da ridere?” sbottò Riven. “Non mi sembra sia divertente!”
“Ma
sì, è evidente! Sei così innamorato che hai
paura dei tuoi stessi sentimenti e vorresti allontanarti da lei!
E'... è chiaro!” replicò Brandon, senza riuscire a
smettere di ridere. “Dai, non fare così! Domani sera, invita
Musa a cena, così la smetterai di farti tante paranoie!”
Ma
Riven non ci trovava proprio niente da ridere, anzi. “Tu fai
discorsi da checca, Brandon, fattelo dire!” esclamò,
rabbioso, ributtandosi sul letto. In quel momento, il suo telefono
squillò, ma la sua voglia di rispondere era pari a zero: dover
scoprire che, probabilmente, era Musa, non lo confortava di certo.
Brandon
aveva ripreso a sistemare la valigia e aspettava solo di sapere chi
fosse.
“Beh,
non rispondi?” chiese, dopo che il telefono aveva già
squillato sei volte.
“No!”
“Ma
quella suoneria mi dà fastidio!”
“Allora
spegnilo!”
“E
se fosse Musa? Le sbatto il telefono in faccia?”
“Sì!”
“Sei
un gran maleducato, Riven, fattelo dire!” sbottò
Brandon, chinandosi a prendere il telefono di Riven. Guardò il
display... quel numero... era sicuro di conoscerlo. Premette il
pulsante di risposta. “Pronto?”
“Che
stai facendo, idiota?” gridò Riven, balzando in piedi e
scattando verso il compagno di stanza che, però, aveva fatto
un balzo indietro. Continuarono a lottare per un po', ma Brandon
riuscì a tenere il telefono attaccato all'orecchio.
“Ma
chi è?” chiedeva la voce femminile al telefono. Brandon,
sentendola, si bloccò.
“Stella?”
sbottò. Riven, che stava per balzargli addosso, nel sentire il
nome della fidanzata di Brandon, ci ripensò: perché mai
telefonava a lui e non al suo adorato Ciccino? “Ho il telefono
scarico?”
“Ma
io che ne so?” sbuffò Stella, all'altro capo. Sembrava
stupita della domanda.
“Co...
come che ne sai?”
Brandon
sentì un'altro sbuffo da parte della sua ragazza, incapace di
credere a ciò che stava succedendo.
“Senti,
Ciccino, mi passi Riven, per piacere?” Stella sembrava così
fredda... che era successo?
“Ciccina,
non dovevamo... partire più tardi?”
“Sì,
ma che c'entra? Passami Riven!”
Sconvolto
e pieno di dubbi, come in trance, Brandon passò il telefono al
suo legittimo proprietario.
“E'...
è per te!” fu l'unica cosa che riuscì a dire. Riven
glielo prese dalle mani in malo modo.
“Ma
non mi dire!” replicò, portandosi il telefono all'orecchio.
“Pronto?” Brandon lo scrutava torvo, come se lo avesse insultato.
“Che... mmm... mmm...” lo scudiero era sicuro che Riven lo
facesse apposta: faceva il vago solo per non fargli scoprire ciò
che Stella gli stava dicendo. E lui era geloso: perché la sua
ragazza sentiva il bisogno di parlare con Riven, a un'ora dalla loro
partenza per Espero? E Riven, adesso, gli stava pure lanciando
un'occhiata. “Mmm... Uff, sì va bene. Arrivo!” disse,
prima di chiudere la chiamata, più scocciato di quanto non
fosse stato fino ad allora.
“Che
ti ha detto Stella?” lo aggredì Brandon.
“Vuole
vedermi!” rispose, sempre annoiato, il suo compagno di stanza,
gettando il telefono sul letto. Quello era il secondo pugno nello
stomaco che lo scudiero riceveva quel giorno, senza che fosse stato
toccato da nessuno.
“Co...
come vuole vederti?”
Riven
lo guardò. “Con gli occhi!” specificò, facendo
crescere la rabbia di Brandon.
“Lo
so benissimo!” sbottò, acido.
“E
allora che domande fai?”
“Ti
ha proprio detto: -Riven, vediamoci-?”
Riven
sbuffò di nuovo, alzando gli occhi al cielo, esasperato. “Mi
ha detto di vederci a Magix perché mi deve parlare!”
replicò, ma non tranquillizzò di certo l'altro, la cui
mente lavorava veloce: non era che il motivo della titubanza di Riven
nei confronti di Musa fosse proprio... Stella? Non era che,
per caso, Riven si era innamorato di Stella? E che Stella... Brandon
scosse la testa.
“Vengo
anche io!” esclamò, con veemenza, guardando il compagno di
stanza con astio.
Riven
si strinse nelle spalle. “Fai come ti pare!” rispose, incurante,
spiazzandolo.
Brandon
non era sicuro di aver capito bene: “D-davvero?”
“Vuoi
venire o no?” sbottò l'altro, aprendo le braccia,
esasperato.
“Sì...”
“E
allora infilati le scarpe!”
Brandon
guardò i propri piedi... effettivamente era ancora scalzo...
Salve!
Questa è la mia prima fanfiction sulle Winx che scrivo. A dire
il vero, all'inizio, avevo programmato di scrivere una one-shot, ma,
durante la stesura, ho capito che era troppo lunga per poterla
inserire in un unico capitolo e che avrebbe potuto risultare pesante.
L'idea
mi è venuta in mente perché amo particolarmente una
coppia “presente” nella prima serie e la mia testolina bacata e
maliziosa ha cominciato a elaborare questa cosa. A voi scoprire di
che coppia si tratta, ma quando succederà, non mi uccidete.
La
storia è ambietata tra la terza serie e “Il Segreto del
Regno Perduto”, ma non tiene conto degli eventi presenti in
quest'ultimo.
Tra gli avvertimenti ho inserito OOC, anche se ho cercato di mantenere i personaggi il più possibile in linea con l'originale. Purtroppo, per alcuni aspetti, ho dovuto cambiare qualcosa per esigenze di trama.
Allora,
cosa ne pensate di questo primo capitolo?
Lasciatemi
i vostri pareri, ditemi se vi è piaciuto oppure no, magari
aggiungendo il perché, così che possa migliorarmi e
capire meglio i vostri gusti. ^^
Le
critiche sono bene accette, sono alle prime armi e desidero
migliorarmi.
Ci
vediamo per il prossimo capitolo,
Luine
|
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Capitolo
2
“Grazie
infinite!” esclamò, malignamente, Icy, alzando le mani
davanti al gioielliere che le aveva tolto dal polso quell'orribile
bracciale che i Templari le avevano messo per controllarla e tenere
sopita la sua magia. “Adesso ho di nuovo tutti i miei poteri,
dunque...”
Le
sue mani furono avvolte da un alone bluastro da cui fuoriuscirono
centinaia di cristalli di ghiaccio che, posandovisi sopra,
congelarono gli spessi vetri dei
banconi che proteggevano i gioielli.
L'uomo
che l'aveva liberata gridò, nascondendosi dietro a un bancone,
trovando il coraggio per minacciarle di chiamare la polizia e
ordinare loro, con la poca spavalderia che gli era rimasta, di
arrendersi.
“Oh,
che paura...” sbottò Stormy, sarcastica, muovendo le mani
per far apparire un vortice.
“Aspetta!”
la fermò Darcy. “Non devi!”
“E
perché?” domandò delusa la strega delle tempeste.
“Bisogna fermarlo!”
“Sì,
ma non dobbiamo facilitare i Templari nella ricerca!”
“E
cosa pensi di fare?” replicò Icy, scettica.
“Dobbiamo
evitare di essere troppo vistose e di... colpire qualcun altro!”
rispose Darcy, guardando la sorella con aria di rimprovero,
ripensando a poco prima, quando, perse le staffe, Icy aveva spaccato
un vassoio in testa
al proprietario di quel disgustoso locale dove erano state costrette
a far da cameriere, facendolo svenire.
“Almeno
non parlerà con nessuno!” replicò questa, ma poi si
corresse, ripensandoci: “Per un po'.”
“Sì,
ma hai anche aggredito due possibili clienti, ricordi? E parlassero
con qualcuno?”
Icy
sbuffò, annoiata. “Nessuno ci riconoscerà.”
“Se
lo dici tu!” Darcy guardò a terra, verso il gioielliere e
vide che stava allungando una mano verso il telefono. “Non
così in fretta, vecchio!” sogghignò.
Sussurrò
un incantesimo e la mano dell'uomo cadde dal bancone congelato,
insieme a tutto il resto del suo corpo, con un tonfo. Stormy si
sporse, per notare che, con occhi vacui, il proprietario della
gioielleria la guardava, senza, in realtà, vederla.
“Ma...
che gli hai fatto?” domandò Icy, dubbiosa, sporgendosi anche
lei, mentre un sorriso ebete appariva sulla bocca dell'uomo.
“L'ho
mandato a farsi un giro per verdi prati e rigogliose colline!”
esclamò Darcy, contenta. Icy, però, non lo sembrava
altrettanto: la guardò con disgusto.
“Sapevo
che Roccaluce ti avrebbe rammollita!” esclamò.
Darcy,
però, continuò a sogghignare, stringendosi nelle
spalle.
“Ho
detto che l'ho mandato tra verdi colline rigogliose, non che cosa
nascondano! Farà un bell'incubo dal quale, se non è un
mago molto abile, non riuscirà mai ad uscire!”
A
quel punto, anche la strega del ghiaccio non poté fare a meno
di mostrare una certa soddisfazione.
“Sapevo
che avresti fatto una cosa simile!” disse, sfoggiando un sorriso
maligno. “Altrimenti non saresti stata la più subdola delle
streghe!”
Darcy
le rivolse un sorriso molto simile, in risposta. “Non farmi
arrossire, Icy!”
“Un
momento!” esclamò Stormy, interrompendo lo scambio di
battute. Icy alzò gli occhi al cielo: probabilmente si sentiva
solo esclusa.
“Che
c'è?” chiese, annoiata. La strega delle tempeste aveva
schioccato le dita, la sua divisa pomposa da cameriera
scomparve e, al suo posto, apparve la sua solita tuta violacea.
“Ottima
idea, Stormy!” esclamò Darcy, imitandola.
“E
così...” disse Icy, non appena si fu anche lei trasformata.
“Le Trix sono tornate!”
***
Stella,
seduta sul bordo della fontana della piazza principale di Magix,
attendeva l'arrivo di Riven.
Le
cose dovevano sempre andare storte: era in un ritardo mostruoso e lei
doveva partire di lì a pochissimo!
Gli
avrebbe dato una bella strigliata, non appena fosse arrivato. Guardò
l'orologio che aveva al polso... aspettava da più di un quarto
d'ora.
“E
dire che Fonterossa non è poi così lontana...” sbuffò
la fata, ad alta voce.
“Stella?”
La
ragazza, nel sentire il proprio nome, si voltò, ma avrebbe
anche potuto non farlo, dato che avrebbe riconosciuto tra mille il
proprietario della voce.
“Brandon!”
esclamò, stupita, alzandosi. “Che ci fai qui?”
“Che
ci faccio qui?” sbottò lui, rabbioso. “Chiedi un
appuntamento a Riven e mi chiedi che ci faccio qui?”
Stella
non rispose a quella domanda, ma cambiò discorso: “A
proposito di Riven... dov'è?”
“Ma...
ancora?” sbraitò Brandon. “Che vuoi da Riven?”
“Devo
parlargli di una cosa!” rispose vaga Stella, senza capire lo strano
comportamento del suo ragazzo. “Ma... perché sei arrabbiato,
Ciccino?”
“Hai
anche il coraggio di chiedermelo!” replicò lui, indignato.
“Beh,
sì...” disse Stella che
non ci vedeva davvero niente di male.
Brandon
non ci vedeva più dalla rabbia: sembrava che Stella non
provasse nemmeno a nascondere il fatto che lei e Riven avessero una
relazione.
“Dovevamo
andare su Espero!” disse, a voce più alta del normale.
Qualche passante si voltò a fissarlo.
Stella,
incurante di ciò, continuava a fissare il suo ragazzo, senza
capire: “Sì, Ciccino, ci andremo... non appena quel cafone
si degnerà di presentarsi!” lo rassicurò, tornando a
guardare l'orologio. “Manca ancora... oh cielo, mancano solo tre
quarti d'ora e devo ancora finire di fare la valigia!”
“Che...
che cosa? Ma... Stella...”
“Dov'è
Riven?” riprovò lei. Adesso era ancora più urgente
avere sue notizie: che non avesse seguito Brandon?
“A
che gioco stai giocando, Stella? Vuoi vedere Riven adesso, ma vuoi
anche partire con me!” i suoi occhi si abbassarono e videro le due
buste che la sua ragazza teneva in mano. Come non
capire? E perché lei continuava a fare come se, in realtà,
non lo stesse tradendo sotto i suoi stessi occhi? “Vuoi... vuoi
fargli un regalo?”
“Certo
che voglio farglielo, Brandon!” esclamò lei, seria. Lui
abbassò lo sguardo, mentre Stella si guardava intorno,
incurante della sua presenza. Cercava solo Riven... per dargli il suo
regalo di San Valentino.
“Potevi
dirmelo, invece di illudermi così!” scattò Brandon,
guardandola con rabbia. Lei sbatté più volte le
palpebre.
“Ma...
che stai dicendo, Ciccino?”
“E
smettila di chiamarmi Ciccino!” sbottò lui, facendo un gesto
secco col braccio. “Se vuoi stare con Riven potevi dirmelo subito,
invece di farmi perdere la mia vacanza su Espero, sai? Grazie,
Stella, del bel San Valentino che mi farai passare! Davvero molte
grazie!”
La
cosa più brutta per Brandon era che Stella lo guardava come se
fosse impazzito, sembrava quasi avesse paura di lui.
“Brandon,
sei sicuro che vada tutto bene?” gli chiese, preoccupata. “Hai la
febbre? Stai davvero delirando! Perché dovremmo perdere la
vacanza su Espero? Io...”
“Tu
vuoi dare un regalo a Riven!” disse lui, come se questo dovesse
sistemare la questione.
“E
allora?”
Ancora
una volta, Brandon ebbe la sensazione di venire colpito allo stomaco.
“Co... come allora?” ripeté. Si sentiva un idiota per aver
creduto in Stella, per aver pensato che, davvero, avrebbero passato
una giornata intera insieme, a divertirsi, ad amarsi.
“Riven
dovrà pur fare a Musa un regalo di San Valentino, no?” fu
ciò che rispose lei e Brandon si sentì come se Stella,
invece di parlare, gli avesse tirato una secchiata d'acqua
ghiacciata.
“Cosa?”
“Musa
è disperata perché non avrà la sua festa di San
Valentino, Ciccino... ops... Brandon!” spiegò Stella,
paziente. “E mi dispiace che sia la mia unica amica a non avere il
suo giorno di festa, dato che tutte noi saremo molto... felici
domani, certo io lo sarò più di tutte quante, ma...”
sbuffò. “Riven deve capire che Musa ci tiene! E così
ho pensato di prenderle un regalo che lui le regalerà, così
domani quel cafone non farà una figuraccia!”
Il
ragazzo sbatté le palpebre. Si sentiva uno schifoso verme, si
vergognava di se stesso per non essersi fidato di lei.
“Tutto
qui?” domandò, con un filo di voce.
“Sì,
cosa ti aspettavi?” replicò lei, sbattendo le palpebre,
confusa.
“Ecco...
io... oh, Stella, sono un vero idiota!” la attirò a sé
e la abbracciò.
“Brandon,
ma cosa...” Stella non riusciva davvero a capire cosa fosse preso
al suo fidanzato: perché prima le urlava contro e poi la
abbracciava, ricordandosi, tra le altre cose, di darsi dello stupido?
Probabilmente proprio perché aveva urlato contro la sua
bellissima fata.
“Perdonami,
Ciccina!” esclamò lui, sciogliendo l'abbraccio per guardarla
negli occhi. Stella lo scrutò per qualche minuto, sospettosa,
poi dichiarò:
“Tu
sei strano... Ciccino!”
Si
alzò in punta di piedi e gli diede un leggero bacio sulle
labbra. Era un tipo strano, ma era anche troppo carino.
Brandon
la strinse di più a sé, voleva farle capire quanto
davvero era dispiaciuto per ciò che aveva pensato, per averla
accusata di tradimento.
“Mi
hai chiamato per farmi vedere come baci Brandon, Stella?” quella
voce furente non poteva appartenere che a una persona... l'unica a
cui Stella aveva dato un appuntamento e che si era degnato di
arrivare così mostruosamente in ritardo. La ragazza si staccò
da Brandon e girò la testa verso Riven.
“Ma
bene! Finalmente hai avuto la decenza di presentarti!” disse, in
tono di rimprovero, mostrandogli eloquentemente l'orologio. “Guarda
che io e Ciccino, tra poco, dobbiamo partire! Manca solo mezz'ora
alla partenza della navetta!”
Riven
rispose con una smorfia. “Ehi, calmati!” sbottò. “Non ho
trovato un buco per parcheggiare!”
“Sì,
va beh...” tagliò corto Stella, consegnandogli uno dei due
pacchettini che si era fatta fare da una commessa. Cominciò a
parlare molto velocemente, tanto che Riven non ebbe che il tempo di
ascoltare: “Qui c'è un completino intimo per Musa. Glielo
devi dare per San Valentino, è da parte tua, ricordati! Musa
ci tiene tanto a questa festa e dovresti farlo anche tu, Riven. E non
preoccuparti dei soldi, puoi ridarmeli quando vuoi. Un'altra cosa:
domani sera, presentati ben vestito ad Alfea. Ho prenotato una camera
e un tavolo al Magix Hotel, per voi due. Mi raccomando: devi essere
elegante. Non vestirti come al solito: da cafone!”
Riven
diventò paonazzo per la rabbia e l'imbarazzo. “Ma come
ti...”
Ma
Stella non gli permise di finire, non lo ascoltava nemmeno. “E non
preoccuparti del conto: è già tutto pagato. Musa è
una mia amica e voglio che il suo San Valentino sia bello quanto il
mio e quello delle altre, anche se quello di nessuna di loro sarà
mai all'altezza del mio!” guardò Brandon, sbattendo gli
occhi e facendo arrossire lui, che, in risposta, abbassò lo
sguardo. “Bloom e Sky, Tecna e Timmy, Aisha e Nabu sono tutti fuori
Magix e so per certo che Helia sta preparando una sorpresa a Flora!
Tu sei l'unico anti-romantico che fa soffrire la mia amica Musa!”
prese di nuovo fiato. “Il ristorante è prenotato per le
otto.” tornò a guardare l'orologio e poi si rivolse a
Brandon. “Su, sbrighiamoci o perderemo la navetta!”
“Ma...”
Brandon e Riven si scambiarono un'occhiata, il primo confuso e
l'altro furibondo, ma ammutolito. “Dobbiamo prendere le valigie!”
“Sciocchezze!
Espero ci aspetta e non intendo in alcun modo perdermi la mia
meritata vacanza!” Stella lo prese per mano e cominciò
a tirarlo verso la fermata degli autobus transdimensionali.
“Fregatene delle valigie: compriamo tutto lì. Mio padre mi
ha regalato dei soldi in più apposta per il fine settimana!
Fate i bravi tu e Musa, Riven! Ciao e buon San Valentino!”
Riven
non rispose, ma rimase con gli occhi bassi, a contemplare il
pacchetto che aveva tra le mani. Non li vide scomparire in una delle
vie laterali, non vide nemmeno le Trix, alle sue spalle, quando si
buttò a sedere sul bordo della fontana.
“Ma...
sei sicura, Stella, di voler comprare tutto appena arriviamo?”
Brandon continuava a sentirsi in colpa per i suoi pensieri e per la
sua sciocca gelosia e non voleva che lei gli comprasse qualcosa,
facendolo stare ancora più male di quanto non stesse.
“Sicurissima!”
Stella si sedette sotto la pensilina e gli rivolse un sorriso
malizioso. “E poi ho quello che ci serve per stasera!”
Gli
fece dondolare sotto il naso il pacchettino con il completino intimo
che aveva comprato per sé. Brandon avvampò, già
immaginando come si sarebbe evoluta quella serata.
***
“Avete
capito, sorelle?” fece Icy, con una smorfia maligna stampata sul
volto, nascosta dietro la fontana, alle spalle della fata e dei due
Specialisti. “La cara Stella va su Espero con quel suo stupido
ragazzo!”
“Oh,
mi piacerebbe rovinarle la festa!” esclamò Stormy, eccitata.
“Lo
faremo!” assicurò loro Darcy. Il suo sguardo, però, a
differenza delle altre due che guardavano Stella sparire in una via
laterale, era posato su Riven, che, due anni prima, aveva sfruttato
per spiare i patetici Specialisti di Fonterossa e le care Winx.
“Ascoltate la mia idea, sorelle...” disse, in un sussuro appena
udibile. “Secondo me, ognuna deve affrontare una Winx per conto
suo!”
“Che
dici, Darcy?” sbottò Icy. “E' una pessima idea!”
“Invece
no! Se ci disperdiamo, sarà anche più difficile per i
Templari ritrovarci e riportarci a Roccaluce, non vi pare?” Darcy
squadrò entrambe le sorelle, rivolgendo loro un sorriso
maligno. “Io mi occuperò di Musa!”
Icy
ci pensò su un attimo, poi approvò. “E io di Stella!
Sai, sorellina, che sei proprio un'astuta, intrigante bugiarda?”
Darcy
rispose con un semplice ghigno.
“Purtroppo,
finché non sappiamo dove sono le altre, dobbiamo accontentarci
di queste tre!” commentò Stormy, delusa.
“Non
importa! Rovinerò la festa a Stella, fosse l'ultima cosa che
faccio!” replicò Icy, stringendo le unghie nei palmi delle
mani, ferendosi leggermente, furibonda. “Gliela farò pagare
cara per l'umiliazione di oggi!”
Solo
la strega delle tempeste sembrava avere qualcosa in contrario per
quanto riguardava il piano: “Ma così a me toccherà
quella noiosona di Flora!”
“Beh,
non si può avere sempre tutto quello che si vuole!” esclamò
Icy, stufa. “Ci vediamo, sorelle!”
Si
teletrasportò su Espero, mentre Darcy guardò la strega
delle tempeste, esibendo un sorriso ipocrita.
“Ho
bisogno del tuo aiuto, sorellina.” disse. “Mettiamoci in
società... dobbiamo colpire insieme le fatine rimaste a
Magix!”
La
strega dell'oscurità guardò di nuovo là, dove vi
era stato seduto Riven... lo Specialista continuava a fissare quel
pacchetto orrendo regalatogli da Stella. Perché non sembrava
contento di aver avuto una così valida occasione per vedere e
far felice la sua adorata fatina? Perché era stato arrabbiato,
quando Stella gli aveva detto di aver prenotato all'hotel più
costoso di Magix?
Che
le cose tra i due piccioncini non stessero andando più tanto
bene? L'unico modo per saperlo era chiederglielo...
“Che
avresti in mente?” domandò Stormy, sospettosa. Darcy
sorrise.
“Ora
ti spiego...”
***
Dannata
Stella! Ma di che andava ad impicciarsi? Musa voleva un bel San
Valentino... già, anche lui voleva trovare una soluzione ai
suoi problemi, ma non per questo andava a mettere in subbuglio la
vita degli altri!
Non
gli andava di prendere in giro Musa in giro più di quanto non
fosse necessario. Già rimanere con lei, continuando a
chiedersi se l'amava davvero, era tremendo, non solo per lei, ma
anche per lui.
Era
innegabile che si trovasse bene in sua compagnia, ma aveva cominciato
a sentire che tra loro mancava qualcosa. Ci aveva messo un po' per
capirlo e solo quel pomeriggio, guardando la reazione esagerata di
Brandon per quella telefonata, aveva capito cosa era quel qualcosa:
la passione. La passione che univa il suo compagno di stanza a Stella
o Sky a Bloom... lui non la sentiva.
E
la gelosia. Sì, lo era stato in passato, ma, in quel momento,
era sicuro che, se Musa avesse passato il giorno successivo con
qualcun altro, dopotutto, non gliene sarebbe importato poi molto.
Si
girò e rigirò il pacchetto con il completino intimo tra
le mani, chiedendosi cosa farne: andare da Musa, regalarglielo e
farle passare un buon San Valentino o lasciare che quel giorno
passasse, senza neanche farsi sentire? Lei si sarebbe sentita ferita,
lo sapeva. E non voleva ferirla ancora. Ma non voleva neanche
illuderla più di quanto stesse facendo.
Stella
gli aveva prenotato una camera d'albergo... il messaggio che aveva
voluto mandargli era chiarissimo. Ma Riven non sapeva nemmeno se
voleva cogliere la palla al balzo. Il pensiero non gli faceva né
caldo né freddo.
Il
giorno stava scemando, lasciando spazio a una notte senza nuvole;
intorno a lui, i lampioni cominciavano ad accendersi.
Lo
Specialista si passò una mano sulla fronte. Forse doveva
tornare a Fonterossa e dimenticare San Valentino, Musa, il regalo e
la camera d'albergo. Si alzò, cercando un cestino: avrebbe
gettato il completino. Stella non si sarebbe intromessa un'altra
volta nella sua vita.
Ed
eccolo lì, il cestino. Illuminato da un lampione, come se lo
stesse invitando a farlo, per non fargli avere altri ripensamenti.
Camminò
verso di esso, lentamente, ripensando al passato, a Musa, a come si
erano conosciuti... era stato innamorato, sì, ma in quel
momento, cominciava a pensare di no.
Si
fermò di fronte al cestino e le parole di Stella gli tornarono
in mente, insistenti, con la voce odiosa della fata del Sole e della
Luna: Presentati ben vestito ad
Alfea: ho prenotato una camera e un tavolo al Magix Hotel, per voi
due.
Serrò
le mascelle, furibondo.
Che
diritto aveva Stella di interferire con la vita tra lui e Musa? Che
diritto aveva di prendere certe iniziative senza consultare nessuno
dei due interessati?
Ma...
era davvero sicuro che non fosse stata Musa ad avere l'idea e che
Stella fosse solo l'esecutrice materiale?
Ma
no... Stella era un'impicciona e lei, sicuramente, aveva preso
l'iniziativa... però, Musa avrebbe dovuto anche essersi
confidita con lei perché Stella prendesse la decisione.
Allungò
il braccio, pronto a lasciar cadere quel pacchetto senza valore.
“Riven?”
Quella
voce interruppe il filo dei suoi pensieri. Si voltò di scatto,
chiedendosi chi mai fosse, cosa mai volesse. Quasi sussultò,
vedendo proprio lei.
“Darcy!”
esclamò, sorpreso.
“E'
un pezzo che non ci si vede!” replicò lei, con un mezzo
sorriso. Aveva qualcosa di strano, pensò Riven. Uno sguardo
diverso dal solito, un sorriso che si discostava da quelli che gli
aveva dispensato tempo prima, quando lui era stato usato come un
foglio di carta. O forse era solo il gioco di luci, cosa molto più
probabile.
“Tu
non dovresti essere a Roccaluce?” domandò, bruscamente.
“Sì...”
sospirò lei. Riven si mise sottobraccio il pacchetto, mentre
il suo sguardo, puntato sulla strega, rimaneva minaccioso e ostile.
“Non
ho voglia di combattere, Darcy! Dimmi cosa vuoi e sparisci!”
Sul
volto della strega apparve un'espressione turbata. Eppure lui non
aveva detto niente di strano...
“Perché
mi tratti così?” chiese lei.
Riven
rimase spiazzato da quella domanda, poi scosse la testa, ragionando
su quel comportamento. Stava recitando: lei era molto brava. Era
riuscita a ingannarlo per così tanto tempo che, ormai, Riven
riconosceva le sue tattiche.
“E
come dovrei trattarti?” sbottò.
“Beh...”
Darcy sospirò, abbassando lo sguardo. Così facendo,
spiazzò Riven ancora più di prima: lei e le sue sorelle
non l'avrebbero mai fatto... erano troppo orgogliose per cedere in
quel modo. Cosa c'era dietro tutto quello? “Sai, il periodo passato
a Roccaluce mi ha aperto gli occhi. Ora sono in libertà
vigilata. E voglio mettere a posto le cose.”
Riven
inarcò un sopracciglio, ma non disse niente. Continuava a non
crederle.
Darcy
tornò a guardarlo negli occhi.
“So
che ti sembrerà assurdo, dopo tutto quello che ti ho fatto!”
esclamò, con fervore. “Dopo tutto quello che ho fatto alle
Winx, a te e agli altri Specialisti e a tutta Magix. Sono successe
tante cose, prima l'esercito dell'oscurità, poi Lord Darkar e,
infine, Valtor! Ma ho capito i miei errori e sto tentando di porvi
rimedio! Sai, capisco la tua titubanza... anche io non mi crederei,
nella tua situazione!”
Riven
si guardò intorno, come se si aspettasse una trappola. Tutti i
suoi sensi erano tesi, in attesa di un qualcosa che gli rivelasse la
presenza di un pericolo.
“Dove
sono Icy e Stormy?” domandò, ignorando i suoi discorsi.
“Non
qui!” replicò la strega. Riven tornò a guardare sui
tetti, nell'aria. “Ed è inutile che le cerchi. Nessuno ti
sta tendendo un'imboscata!”
“E
come sai che pensavo proprio a quello, strega? Hai la coda di
paglia?” la aggredì Riven, fissandola con occhi ardenti.
Darcy
sorrise. “E' per come ti guardavi intorno, Riven... solo per come
ti guardavi intorno!” si giustificò, con calma, scuotendo
lievemente la testa. “Non sei cambiato per niente, sei sempre
troppo sospettoso!”
Il
ragazzo inarcò un sopracciglio. “Non puoi biasimarmi...”
“Sì,
probabilmente hai ragione!”
Di
certo, benché lo fosse il suo sguardo, i modi di Darcy non
erano mutati. Affabile, gentile, intuitiva. Come poteva Riven a
fidarsi di lei?
Strinse
più forte il pacchetto che aveva sotto il braccio e guardò
Darcy toccarsi lievemente i lunghi capelli scuri e sorridere ancora,
stavolta amaramente.
“Allora...”
disse, per prendere tempo. “Cosa vuoi?”
“Non
molto, in realtà. Ti ho visto dall'altra parte della strada
e...” guardò il punto che stava indicando e così fece
Riven, credendo che ci fosse qualcuno, come, per esempio, le altre
Trix. “Ho pensato di farti un salutino... da amica...”
“Amica...”
sbuffò Riven, sarcastico. “Senti, noi due non siamo mai
stati amici e non vedo perché dovremmo cominciare adesso!”
“Tutti
hanno bisogno di una seconda possibilità.” Darcy lo guardò
con convinzione.
Riven
non capiva: “Ma perché venire proprio da me? E' alle Winx
che devi chiedere la tua seconda possibilità!”
La
strega emise una risatina gutturale, molto amara, prima di stringersi
nelle spalle. “E' quello che ho fatto. Ma loro hanno pensato solo a
prendermi in giro! Immagino di meritarlo...” si zittì e
abbassò lo sguardo, rabbuiandosi. Tra loro calò un
silenzio imbarazzato che Darcy spezzò alzando la testa di scatto, guardandolo con convinzione. “E, comunque, ho fatto del male anche a
te. Anche a te voglio chiederla...”
Riven
distolse lo sguardo. “Sprechi il tuo tempo!”
La
strega sospirò, amareggiata. Si strinse nelle spalle e Riven,
guardandola per un secondo, notò i suoi occhi lucidi. Si sentì
leggermente a disagio.
“Beh,
è... è chiaro che non ti convincerò in nessun
modo del mio cambiamento, ma...” Darcy chiuse gli occhi e sorrise
debolmente. “Ma spero che, un giorno, tu possa ricrederti, Riven.
Ciao!”
Si
voltò e, senza dire altro, senza attendere una risposta, se ne
andò, non senza tirare su col naso.
Riven
la lasciò fare, non gli andava proprio di parlare, soprattutto
con lei. Tornò a guardarsi intorno, ancora cercando le Trix,
magari nascoste da qualche parte.
Rimase
solo un altro minuto sotto quel lampione, in attesa di qualcosa che
non si manifestò, poi, ancora con il pacchetto sottobraccio e
mille domande in testa, tornò alla sua moto.
Il
parcheggio che prima era stato pieno, adesso era quasi deserto. Si
sedette sulla sella e posò i piedi sul manubrio, ricominciando
a guardare nella penombra dei lampioni il pacchetto che, alla fine,
non aveva gettato. Se non fosse stato per Darcy l'avrebbe fatto, se
non fosse stato per lei, allora sarebbe tornato a Fonterossa per
tormentarsi ancora su Musa e su di sé.
Si
chiedeva se, davvero, Darcy si fosse redenta come gli aveva detto.
Era stata piuttosto strana, aveva parlato come, da strega quale era,
non avrebbe mai fatto. E si era anche messa a piangere...
Ma
avrebbe anche potuto essere una trappola, un altro dei suoi sordidi
inganni. E si chiedeva la ragione per cui voleva nuovamente
avvicinarlo.
Nascose
il pacchetto dentro il baule della moto, prendendo una decisione:
avrebbe seguito Darcy anche in capo al mondo e avrebbe scoperto quali
erano le sue reali intenzioni.
Eccoci
alla fine del secondo capitolo. E anche questa è fatta.
Cosa
succederà, cosa non succederà? Mumble mumble.
Ma
rispondiamo alla recensione
di...
Daidouji:
beh... hai azzeccato la coppia, potrai ritirare alla cassa la tua
Winx preferita (o anche una Pixie o una Trix, a tua scelta). ^^
Sai, la mia idea era rendere i personaggi per come sono nel cartone, ma ho inserito OOC tra gli avvertimenti perché penso che Riven non
potrebbe mai tradire Musa, neanche se ne andasse della sua vita. Non mi sembra da lui.
Che altro dire? Spero che questo capitolo sia stato di tuo gradimento e
che ti abbia spinto a continuare a seguire questa storia.
A (spero) presto.
Infine,
ringrazio coloro che hanno letto il primo capitolo. Ci vediamo tra un
mesetto (spero di poter continuare la sequenza dei dieci) con il
capitolo tre.
Nel
frattempo, consigli
e critiche sono sempre bene accetti. ^^
Saluti,
Luine.
|
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Con
lieve ritardo rispetto alla solita tabella di marcia (ebbene aggiorno
con un giorno di ritardo), posto il terzo capitolo.
Buona
lettura.
Capitolo
3
Era
una sera molto fredda, sulle montagne di Espero, ma Stella e Brandon
erano al calduccio, davanti a un fuoco scoppiettante, su un grande
letto a due piazze, stretti l'uno all'altra, decisamente impegnati.
Dopo aver comprato lo stretto necessario per passare due giorni, i
due innamorati si erano decisamente stancati e, dopo aver lasciato
detto che avrebbero cenato in camera, vi si erano rinchiusi.
“No,
Brandon, non ti muovere! Sto così comoda!” esclamò
Stella, accucciata a lui, sotto le coperte, quando lui provò a
cambiare posizione.
“Ma,
Ciccina, io sto scomodo! Ho un braccio intorpidito!” replicò
lui, cercando di spostarlo da sotto la schiena di lei.
“No,
tesoruccio, niente da fare!”
“Mmm...
dai... così chiamamo Sky e Bloom, per sapere che stanno
facendo!” provò ancora il povero Brandon, il cui braccio
era, ormai, totalmente privo di sensibilità.
“No!”
esclamò Stella, con veemenza. “Mi devi ancora fare le
coccole! E poi, anche loro hanno bisogno di privacy!”
Brandon
ridacchiò, ma, stavolta si spostò, ignorando le
lamentele della fidanzata, per poi salire di nuovo su di lei e
baciarle una spalla.
“No!”
disse, ancora una volta Stella, cercando di spingerlo via. “Ti sei
spostato, quindi niente da fare!”
Brandon
cominciò a ridere, nascondendo il viso nell'incavo del collo
di Stella.
“Cosa
fai, mi prendi in giro?” gridò quest'ultima, dandogli dei
pugni sulla schiena. Lui fece finta di non sentire niente, cominciò
a baciarle il collo, con prepotenza sempre maggiore, lasciandole
scivolare una mano sul corpo. “Non attacca, Ciccino! Sono
arrabbiata con te!” ma, a dispetto delle sue parole, il tono di
Stella era tutt'altro che arrabbiato. Chiuse gli occhi, distendendo
le mani. Sospirò. “Sei molto cattivo, Ciccino!”
Brandon
mugolò, in risposta. Stava facendo scivolare lentamente la
bocca sul collo, quando alzò lo sguardo su di lei che, per
tutta risposta, si accigliò.
“Che
ti prende, adesso?”
“Niente...”
disse. Si alzò dal letto, velocemente.
La
fata inarcò un sopracciglio. “Perché? Brandon, esigo
subito una...”
Bussarono
alla porta, impedendole di terminare la frase.
“E
ora chi diavolo è?” sbottò lei, a voce fin troppo
alta.
“Servizio
in camera!” replicò la voce attutita da dietro la porta
chiusa. I due innamorati si lanciarono un'occhiata esasperata.
“Non
ci torniamo più qui!” borbottò Brandon, camminando
verso la sedia su cui erano accuratamente ripiegati due accappatoi
col logo dell'albergo.
“Su
questo ci puoi giurare, Ciccino!” replicò Stella,
intrecciando le braccia al petto.
“Arrivo!”
disse Brandon, mentre si sistemava i capelli spettinati. Dopo essersi
infilato l'accappatoio lanciò il secondo alla fidanzata che lo
prese al volo.
“Ciccino,
non sei gentile!” lo rimproverò le. Lui le allungò un
bacio e poi andò ad aprire. Stella, intanto, si alzò e
si spostò verso la vetrata che portava al grande balcone.
Aveva cominciato a nevicare.
Era
tutto perfetto, come in un sogno.
“Ehm...
Stella?” la voce di Brandon era un po' incrinata, preoccupata. La
ragazza alzò gli occhi al cielo.
“Ciccino,
non scherzare, dai!”
Ma
il riflesso sul vetro le disse che Brandon non stava affatto
scherzando. Sgranò gli occhi: non poteva essere vero... si
voltò e vide Icy, in piedi, che occupava la porta.
“Che
ci fai qui, strega?” sbottò Brandon che rimaneva di fronte a
lei, impedendole di entrare.
“Ma
che accoglienza fredda! E' così che si salutano le vecchie
amiche?” mentre parlava, Icy allungò una mano e congelò
Brandon, veloce, implacabile, tenendo posato lo sguardo cattivo e
carico di odio su Stella che aveva la bocca aperta per lo stupore.
“Ciccino!”
gridò.
“Credo
che non ti senta...” replicò Icy, soddisfatta di se stessa,
aggirandolo, continuando a scrutare Stella come un cacciatore che
abbia, finalmente, intrappolato la sua preda. Stella fece un passo
indietro, trovando, ad ostacolarle la fuga, la vetrata fredda.
Ora
il sogno si era trasformato in un incubo.
“Cosa
c'è, fatina?”
“Avevi
detto che eri diventata buona!” replicò Stella, come se
questo potesse fermare la strega.
“Non
c'è niente di peggio che incontrare una come te per farmi
passare la voglia di fare finta di esserlo!” Icy allungò di
nuovo la mano, lanciando una potente sfera di ghiaccio. Stella gridò:
“Enchantix!”
Si
trasformò, ma questo non bastò a fermare l'attacco di
Icy che la colpì in pieno, cogliendo il momento di minor
attenzione della fata, frantumando il vetro e facendola cadere tra la
neve che si era depositata sulla terrazza. La Trix cominciò a
ridere, camminando lentamente verso l'esterno. Voleva godere ogni
istante di quella sua insperata vittoria.
“Allora,
fatina, hai freddo?” esclamò, sardonica, attaccando ancora.
Quello era il suo elemento: la neve, il ghiaccio. Per lei, quel
terreno era fin troppo congeniale.
Sollevò
una coltre di neve che andò a coprire le ali luccicanti di
Stella, le sue braccia e le sue gambe, imprigionandola a terra.
Stella
non riusciva a muoversi, sembrava che Icy fosse diventata più
forte dell'ultima volta che l'aveva affrontata. La verità era
che la rabbia le dava l'incentivo giusto per rendere più
efficaci i suoi attacchi e quel clima invernale non la infastidiva di
certo, essendo lei una principessa del ghiaccio.
“Tu...”
ringhiò Stella, lottando contro di esso, tentando rialzarsi,
ma senza ottenere nessun risultato. Icy, adesso, era proprio accanto
a lei, al suo viso così dannatamente perfetto.
“Non
hai ancora risposto alla mia domanda!” disse, malignamente. “Ti
si è congelata anche la lingua?”
Rise
della propria battuta e posò un piede sul viso della nemica,
cominciando a fare pressione sul suo naso. Oh, gliel'avrebbe
spaccato! Deturparla era un sogno che aveva sempre avuto...
“Quanto
ci vorrà al tuo bel nasino per fare crack?” domandò,
con una punta di sadismo, sogghignando e guardando Stella negli
occhi. Voleva vedere il suo terrore, voleva proprio sentirla gridare
per aver perso la sua bellezza, cosa di cui quella stupida fata
andava così fiera. Rise ancora, trionfante.
***
Riven
si guardò attorno, rallentando leggermente, ma mantenendo
un'andatura spedita per non far avere sospetti alla Trix che,
incurante di lui, continuava a spostarsi per le vie di Magix.
Sembrava che avesse una meta. E lui si chiedeva dove stesse andando.
Aveva
lasciato la moto al parcheggio e dentro il baule aveva chiuso il
pacchetto da regalare a Musa. Da allora non vi aveva più
pensato.
I
suoi nervi tesi erano tutti rivolti al mondo che lo circondava.
Doveva tenersi pronto per un eventuale attacco. E il bello era che
sarebbe stato da solo perché tutti i suoi amici Specialisti
erano a divertirsi. Di tutti, solo Helia era rimasto a Magix, ma era
irreperibile dal giorno prima, intento a preparare qualche strana
sorpresa per Flora.
Aveva
ritrovato Darcy poco lontana dalla piazza principale, di fronte a una
vetrina e così aveva cominciato a pedinarla.
Continuò
a seguirla a debita distanza, le mani in tasca, la testa china, ma
gli occhi fissi sui capelli lunghi e fluttuanti della Trix. Si
chiedeva se si fosse accorta della sua presenza. Se così fosse
stato, lo avrebbe condotto in una trappola?
Questo
era il suo quesito perenne, quello di cui non riusciva a liberarsi.
Avrebbe potuto andarsene e lasciarla perdere, questo lo sapeva, ma la
strega non era una stupida, lo conosceva abbastanza bene da sapere
che, se insospettito, poi sarebbe andato fino in fondo.
Darcy
svoltò alla fine della strada e lui la perse di vista.
Accelerò il passo: doveva ritrovarla il più presto
possibile e sapere dove stava andando. Con un po' di fortuna, avrebbe
trovato anche le sue sorelle, oltre a scoprire i suoi piani. Svoltò
l'angolo, velocemente; fece solo pochi passi, fino a quando una mano
non gli si posò sul petto, facendolo fermare di scatto e
girare la testa verso l'interno della strada, sulla ragazza
appoggiata al muro che teneva il braccio teso e che, sul viso,
esibiva un'espressione maliziosa.
“Potrei
pensare che tu mi stia seguendo!” esclamò.
“Coda
di paglia, Darcy?” rispose lui, bruscamente, distogliendo lo
sguardo da lei. Era una fortuna che non fossero proprio sotto la luce
di un lampione o la strega avrebbe visto le sue guance colorarsi di
rosso per l'imbarazzo. “Stiamo solo facendo la stessa strada!”
“Ah,
capisco...” fu tutto ciò che disse lei, senza perdere il suo
strano sorrisetto, ma abbassando il braccio. Si allontanò dal
muro e gli volse le spalle, ma ruotò la testa di un quarto,
per osservare la figura di Riven che rimaneva immobile. Mentalmente,
si stava dando dello stupido per essersi fatto accorgere così
in fretta. “Vieni, ti mostro dove stavo andando!”
“Io
non ti stavo seguendo!” ripeté lui, con veemenza.
Darcy
si voltò ancora, stavolta verso di lui, alzando le mani.
“D'accordo!” esclamò, ma non aveva perso il suo
sorrisetto, segno che non gli credeva. Continuò, portandosi le
mani dietro la schiena: “Però puoi sempre fare la tua strada
e... magari fermarti dove mi fermo io, sempre se... è la tua
strada!”
Riven
sentiva ancora rabbia e frustrazione: la strega aveva capito tutto.
“Potrei svoltare prima...” esclamò, piccato.
Il
sorriso sul volto di Darcy si allargò. “Allora potremmo fare
quel tratto di strada insieme!” esclamò, gentilmente,
inclinando la testa da un lato.
Riven
si guardò attorno, stavolta più per imbarazzo che per
vera percezione del pericolo. “E va bene!” disse, controvoglia.
Non
era la soluzione migliore, ma era comunque un modo per scoprire cosa
le Trix avessero in mente. Sapeva di dover andarci cauto: Darcy era
molto furba e come si era accorta di essere seguita, poteva anche
capire le sue intenzioni.
Lei
tornò a dargli le spalle e, una volta che lui le si fu
affiancato, riprese a camminare.
“Sai,
Riven...” disse, con leggerezza. “Mi aspettavo che tu facessi una
cosa del genere!”
“Ma
davvero!” replicò lui, ironico.
“Mi
ferisce questa tua mancanza di fiducia!” lei sembrò molto
seria, ma anche lui lo fu. La guardò con la coda dell'occhio,
senza riuscire a far tacere i propri sospetti.
“Non
mi si può biasimare!”
“No,
hai ragione!” Darcy abbassò lo sguardo verso terra,
sorridendo amaramente. Poi, però, come ripensandoci, lo alzò,
rivolgendolo ai cartelli pubblicitari, carichi di cuori giganteschi
che invitavano gli innamorati a comprare i regali per i partner nei
negozi pubblicizzati, ai poster attaccati al muro che invitavano alle
feste di San Valentino più trendy di Magix. Lui non notò
il sorriso maligno che le aveva deformato la bocca per un secondo.
“Trovo che questa festa sia decisamente insulsa... piena di cuori,
tanto amore e... baci! Tutta roba disgustosa!”
“Mi
era parso di capire che fossi diventata buona!” replicò
Riven, sarcastico.
“Essere
buona non significa essere romantica!”
Su
questo, lo Specialista non poté replicare, perché,
dopotutto, sapeva che aveva ragione: lui la pensava esattamente allo
stesso modo. Sogghignò, scuotendo la testa.
“E
adesso che hai?” gli chiese lei, incuriosita dalla sua reazione.
“Niente!”
rispose lui, freddamente.
La strega ridacchiò. “Cosa
c'è? Credevi che fossi diventata una ragazza tutta amore, baci
e tenerezza? Sono pur sempre una strega!”
“Sì,
hai ragione!” replicò Riven, senza riuscire a trattenersi
dal fare un mezzo sorriso.
Quella sera era tutto molto strano:
prima incontrava Stella che gli programmava il giorno di San
Valentino, poi Darcy che gli diceva di essere diventata buona. E lui
decideva di seguirla per scoprire i suoi piani; quindi si faceva
scoprire come un idiota e si metteva a conversare amabilmente con
lei, come se fossero stati vecchi amici. Si accigliò: stava
abbassando la guardia. E Darcy, in questo genere di cose, era
decisamente brava.
“Cosa
c'è, Riven?” domandò quest'ultima, interrompendo il
filo dei suoi pensieri, alzando lo sguardo su di lui, osservandolo
con un'espressione curiosa. “Mi sembri pensieroso...”
Lui
non rispose, continuò a camminare e a guardare di fronte a sé.
Darcy sorrise.
“A
Fonterossa continuate ad allenarvi duramente?”
“Mm-mm...”
“Fai
sempre a gara con Sky per vedere chi è il più bravo?”
“Non
c'è bisogno di fare gare...”
Darcy
ridacchiò di nuovo. “E' inutile: non sei davvero cambiato,
Riven! Sempre ambizioso e, se mi permetti, anche un po' presuntuoso!
Forse è per questo che mi piacevi!”
Riven
fece una smorfia: la strega credeva davvero di riuscire a incantarlo
un'altra volta con le sue stupide moine? “Cosa vuoi, Darcy?”
chiese, scontroso.
“Sfruttarmi ancora? L'hai già fatto una volta, mi sembra più
che sufficiente! Quindi, smettila di dire che ti piaccio, perché
sai benissimo che non è vero!” replicò, con astio,
ricordando amaramente i modi subdoli coi quali la ragazza che gli
camminava a fianco lo aveva messo nel sacco, inducendolo a tradire i
suoi amici.
“Se
tu non mi fossi piaciuto, Riven, non avrei scelto te!” confessò
Darcy, con un tono che doveva lasciargli intendere che avrebbe dovuto
essere ovvio. “Se avessi voluto solo sfruttare uno Specialista di
Fonterossa, avrei potuto scegliere chiunque altro. Avrei potuto
prendere... quello con gli occhiali... come si chiama?” mosse su e
giù la mano di fronte a lui, per sollecitarlo a darle una mano
nel ricordare il nome.
“Timmy?”
“Sì!
Lui è il più debole! Ingannarlo non sarebbe stato
difficile! Ma ho preferito te!”
Lo
Specialista si fermò, irato. “Intendi dire che sono ancora
più debole di Timmy?”
Quando
la strega si accorse che non erano più fianco a fianco, si
girò di nuovo verso di lui e guardò nei suoi occhi
furenti. Sorrise. “No, Riven. Mi fraintendi: intendevo dire che,
semplicemente, tu hai certe qualità che Timmy non ha!”
Riven
rispose con un gesto stizzito. “Piantala, Darcy! Non mi incanti!”
La
strega annuì. “D'accordo. Allora, forse è meglio che
ci salutiamo qui, Riven!” lo disse, ma non sembrava arrabbiata. Gli
diede le spalle, ancora una volta, non lo attese e riprese la sua
camminata solitaria; si allontanò da lui che, ancora con il
cuore palpitante per la rabbia, senza quasi accorgersene, l'aveva
seguita e l'aveva bloccata, afferrandole il polso.
Darcy
voltò la testa di scatto, i suoi capelli lunghissimi
mulinarono e scivolarono sul braccio di Riven, rimanendovi attaccati.
La strega gli rivolse un'occhiata carica di stupore; lui non si
spiegava perché l'avesse fermata, perché non avesse
ripreso a seguirla da lontano, come poco prima. La verità era
che non voleva farsi scoprire di nuovo e ferire, ancora una volta, il
proprio orgoglio.
E
se la strega avesse detto la verità? Anche questa era una
possibilità, sebbene non ne fosse molto convinto. Ma se era
fuori da Roccaluce, erano stati sicuramente i Templari a portarla lì.
Ma se fosse fuggita, come la prima volta?
Darcy
abbassò lo sguardo sul proprio polso. “Lasciami!” disse.
“Dimmi
la verità, Darcy!” ordinò Riven, aspro.
“Su
cosa?”
“Su
di te e le tue sorelle!”
Darcy
provò a liberarsi della stretta dello Specialista, senza
successo. “Te l'ho detto: siamo in libertà vigilata! I
Templari ci tengono d'occhio!” replicò, desistendo.
Riven
non sapeva più cosa pensare: le Trix erano già scappate
da Roccaluce prima di allora, dopotutto. La prima volta, però,
erano state aiutate da Lord Darkar, che aveva dato a tutte e tre
grandi poteri. Poteri che avevano perso alla sua sconfitta.
Non
avevano modo di scappare al controllo dei Templari, senza l'aiuto di
un potere superiore. Fece una smorfia: forse, Darcy stava davvero
dicendo la verità.
“Senti,
forse ho un po' esagerato...” ammise.
“Sì,
hai esagerato, Riven!” la strega riuscì a liberarsi della
sua stretta e si sistemò i capelli dietro le spalle, gli occhi
bassi e un'espressione delusa. “I tuoi amici sono stati disposti a
perdonarti, anche se li avevi traditi. Tu dovresti capire la mia
situazione meglio di chiunque altro e, invece...”
Scosse
la testa. Riven, benché a malincuore, sentiva che Darcy aveva
ragione: lui aveva spiato i suoi compagni di squadra per quasi un
anno, andando a riferire ogni minimo dettaglio alla strega che,
adesso, lo stava di nuovo congedando, con l'aria di essersi
particolarmente offesa. La sua convinzione che stesse dicendo la
verità si fortificava ad ogni minuto, anche se ricordava che
Darcy sapeva essere un'ottima attrice. Ma tutte le prove sembravano
darle ragione...
Arrivato
a quel punto, avrebbe voluto andarsene, lasciarla perdere, ma il
dubbio continuava ad esserci e non poteva ignorarlo. Riprese, quindi,
a seguirla.
“Riven,
perché mi stai seguendo?” gli chiese, senza smettere di
camminare.
“Voglio
avere la dimostrazione che quello che dici è vero!”
“Legittimo!”
Darcy si fermò. “Ecco: è lì che siamo
diretti!”
Indicò
un locale con un'insegna luminosa intermittente. Riven inarcò
un sopracciglio.
“Ci
lavoro!” spiegò la strega, con tranquillità.
“Vogliamo andare?”
Riven,
adesso, non sapeva cosa fare: e se nel locale, invece di esserci
persone intente a bere e a passare del tempo con gli amici, vi
fossero le altre due Trix e lui si fosse ritrovato in una trappola?
Avrebbe
dovuto combattere, non c'era altra soluzione.
Si
mise le mani in tasca, stringendo il cellulare, ma fingendo
noncuranza. Così, seguendo Darcy, si inoltrò nel
locale.
Era
uno dei più alla moda di Magix, uno di quelli frequentati
soprattutto da adolescenti sballati, di quelli che si sentivano
popolari solo perché frequentavano quel posto o avevano un
amico a Fonterossa.
“Siediti
a un tavolo. Io torno subito!” esclamò Darcy, a voce molto
alta, per sovrastare il rumore assordante della musica a tutto
volume. C'era una ressa che sarebbe risultata strana al concerto di
una pop-star, ma non lì.
Lo
Specialista perse di vista Darcy quasi subito, mentre cercava di
farsi strada verso un tavolo, o, comunque, un posto a sedere, ovunque
fosse. Avrebbe preso qualcosa da bere e si sarebbe guardato attorno,
aspettando il momento per chiamare i suoi amici e stanare le Trix.
Almeno,
la cosa positiva era che, di loro tre, non vi era alcuna traccia.
Avrebbero potuto nascondersi in un tale caos, distruggere tutto,
mettendo a rischio l'incolumità di così tanti ragazzi.
Conoscendole, non poteva sottovalutarle.
Attorno
a lui c'erano coppiette, ragazzini che si comportavano come adulti,
bevevano alcolici, baciavano i partner come se li vedessero per
l'ultima volta, ballavano sui cubi, si divertivano coi giochi di
società magici, senza dare peso a niente che non fossero loro
stessi. In un attacco, pensò Riven, nessuno di loro sarebbe
sopravvissuto.
I
sedili davanti al bancone stracolmo di bicchieri e bottiglie erano
tutti occupati. Quando un ragazzo si alzò in piedi e se ne
andò, lo Specialista riuscì, velocemente, a
intrufolarsi tra altri tre o quattro mocciosi che gli si erano parati
davanti e a conquistarsi il posto appena liberatosi.
Si
guardò intorno, circospetto, ancora cercando Darcy, ma era
difficile per via della luce soffusa, intermittente, che gli impediva
di vedere bene in faccia nessuno che non fosse al suo fianco.
I
baristi continuavano ad esaudire le richieste dei ragazzi che si
ammassavano alle casse; erano tutti uomini, da quanto aveva potuto
vedere e di Darcy non vi era traccia. Ormai era chiaro: gli aveva
mentito un'altra volta ed era fuggita. Aveva trovato quella scusa e
si era liberata di lui.
L'espressione
sul suo viso si indurì: si sentiva un vero idiota, forse
avrebbe fatto davvero bene a tornare sui suoi passi e riprendersi la
moto, per cercare velocemente il nascondiglio di quelle streghe. Se
le avesse riportate a Roccaluce da solo, sarebbe stato considerato un
eroe da tutta Fonterossa.
Si
alzò, deciso ad andarsene, a mettere in pratica il suo piano.
“Allora,
che ti porto?”
Quella
voce lo costrinse ad abbassare lo sguardo al di là del
bancone. Incrociò lo sguardo della Trix che lo guardava con
curiosità e che gli aveva posto quella domanda.
“Cosa?”
domandò lui, sbattendo gli occhi, sicuro di non aver capito.
Darcy si piegò un po' sul bancone.
“Che
ti porto?” scandì, parlando a voce più alta.
Riven
ci pensò su un minuto, poi, scuotendo la testa, si sedette di
nuovo e optò per una birra. La strega rispose con un sorriso,
poi si allontanò dal banco e lui si ritrovò a seguirla
con lo sguardo. Non sapeva più cosa pensare e, forse, doveva
accettare il fatto che Darcy fosse davvero cambiata.
Quando
la strega tornò con una bottiglia, Riven le rivolse un sorriso
di ringraziamento a cui lei rispose, forse contenta di vedere che,
finalmente, le ostilità tra loro erano cessate.
“Quanto
è?” domandò Riven.
Darcy
alzò le spalle. “Offre la casa!”
“Sei...
sicura?” chiese lui, esitante.
Lei
gli rivolse una strizzatina d'occhio. “Adesso devo andare!”
Riven
annuì, mentre prendeva tra le mani la bottiglia di birra e la
portava alla bocca, cercando Darcy con lo sguardo. Purtroppo, grazie
alle luci intermittenti, la perse di vista e, pensieroso, continuò
a bere. Ormai i suoi sospetti si facevano sempre meno forti: niente
indicava che lo stesse prendendo realmente in giro.
“Scusa...”
esclamò, non appena vide un barista passargli davanti. Quello
non lo sentì. Avrebbe continuato a camminare e ad ignorarlo,
se Riven non si fosse sporto e non l'avesse afferrato per un braccio.
“Ehi,
calmati! Rispetta la fila come tutti gli altri!” gridò
quello, infastidito. Tentò di liberarsi della presa di Riven
che, però, non aveva intenzione di lasciarlo andare.
“Non
voglio bere. Ho bisogno di un'informazione!”
Quello
smise di tentare di riprendersi il braccio. “Che vuoi sapere?”
domandò, incuriosito, quasi nessuno gli avesse mai chiesto
un'informazione e per lui quello fosse stato un vero traguardo.
“Quella
ragazza... Darcy... da quanto lavora qui?”
Il
barista sbatté un attimo le palpebre, perplesso. “Chi?”
“Darcy,
la ragazza coi capelli lunghi. Quella lì!” Riven la vide
intenta a servire dei ragazzi poco lontani da dove si trovavano lui e
il barista e gliela indicò.
Sul
volto di quest'ultimo apparve un'espressione consapevole. “Ah,
quella... da un po', un mese, più o meno. Carina, vero? Ma...
perché?”
Riven
non rispose, ma posò lo sguardo su di lei. Carina... non aveva
pensato a questo. Beh, di lei aveva sempre pensato che fosse
interessante. E intelligente. Forse troppo.
Il
suo telefono cominciò a vibrare nella sua tasca e gli fece
perdere interesse per Darcy e per il barista che aveva tenuto per un
braccio fino a un secondo prima. Lo lasciò andare e prese,
invece, il cellulare, per vedere chi era che lo stava cercando, ma,
quando vide da chi partiva la chiamata, la sua voglia di rispondere
passò. Si era quasi dimenticato di lei... si era dimenticato
di quel pacchetto nel baule della sua moto.
Cosa
doveva fare? Rispondere oppure no?
“Qualcosa
non va?” la voce di Darcy gli arrivò come un getto di acqua
fredda. Alzò lo sguardo di scatto su di lei.
“No...
tutto bene...” mentì. Ma lei sembrava aver già
intuito tutto, o forse era stato l'accendersi e lo spegnersi della
luce sul display del telefono a metterla sulla buona strada.
“Rispondi!”
gli disse, esortandolo con un cenno in avanti della testa. Ma Riven
scosse la sua, facendo una smorfia e interrompendo la chiamata.
Ripose il telefono nella tasca dei pantaloni.
“Qualcuno
di fastidioso?”
Riven
non sapeva dirlo. Musa non poteva certo dirsi una ragazza
appiccicosa.
La
verità era che non voleva parlarle, si sentiva a disagio a
doverle mentire. Si risedette e sospirò.
“Qualcosa
non va?” ripeté Darcy, piegandosi di nuovo come poco prima.
Lui scosse la testa, pensieroso. La strega gli posò una mano
sul braccio. Quel contatto fu strano... Riven sentì come una
scossa che gli attraversava la spina dorsale. Alzò la testa
verso la strega che aveva un'espressione preoccupata. “Se hai
bisogno di parlare con qualcuno, ecco...” si fermò: sembrava
che quello che doveva dire le costasse molta fatica. “So di non
essere una buona confidente, ma... ecco...” fece un'altra paura.
“Se hai bisogno... io...” inspirò ed espirò, come
per cercare il coraggio di parlare. “Io
ci sono.”
Riven
abbassò lo sguardo sulla sua mano, sulle sue unghie affilate e
curate.
Scosse
la testa, sorridendo di sé, amaramente: si sentiva un vero
verme a stare in compagnia di una ragazza che avrebbe dovuto odiare
per tutto ciò che gli aveva fatto in passato. Quando si
riprese da questi pensieri, si accorse che la mano di Darcy non era
più posata sul suo braccio e che lei era sparita.
Fece
scorrere la mano sul cellulare dentro la tasca, chiedendosi cosa
fare: Musa si sarebbe insospettita, dopo che lui le aveva pure chiuso
la chiamata in faccia? Cosa avrebbe pensato per quella sua trovata
geniale?
Il
suo sguardo si posò sulla strega, che stava in piedi davanti
alla cassa illuminata e oscurata dalle luci intermittenti.
Carina,
vero?
Fece
un mezzo sorriso stanco, prima di tornare a bere la sua birra.
Guardò
il display del telefonino per vedere che ore erano. Musa non aveva
riprovato a chiamare ed erano quasi le dieci e mezza... era ora di
rientrare a Fonterossa. Non poteva rimanere ancora.
Si
alzò, lasciando la bottiglia sul bancone e poi si avvicinò
alla cassa: non poteva andarsene senza sparire nel nulla. L'avrebbe
salutata. Non c'era niente di male nell'essere educati...
“Darcy...”
la chiamò, non appena affiancò un ragazzo che le stava
porgendo una banconota. L'espressione sul volto della strega non
sembrava affatto contenta, ma, non appena si sentì chiamare,
sussultò.
“Oh,
Riven...”
“Ehi,
amico, c'ero prima io!” sbottò quello con i soldi in mano.
“Tranquillo!”
replicò Riven, senza degnarlo di uno sguardo. “Senti, Darcy,
io me ne devo andare...”
“E
perché?”
“Coprifuoco...”
spiegò lui, telegrafico. Darcy annuì.
“Aspetta!”
disse e si allontanò dalla cassa. Il ragazzo con la banconota
in mano cominciò ad imprecare contro Riven, ma lo Specialista
lo ignorò e si avvicinò all'uscita.
Era
così strano non avere più il rumore assordante della
musica nelle orecchie... il silenzio che regnava all'esterno sembrava
totale, neanche le auto che passavano facevano che un rumore del
tutto esiguo.
Darcy
lo raggiunse pochi minuti dopo.
“Volevo...
ringraziarti...” disse, ancora in difficoltà. Riven la
capiva: era orgogliosa anche lei, dopotutto.
“E
per cosa?”
“Per
avermi dato una... ehm... possibilità!”
Riven
non rispose, limitandosi ad alzare lo sguardo al cielo stellato.
Cominciò ad alzarsi il vento, ma lui non sentiva freddo. Stava
bene, soprattutto dopo il caldo torrido del locale.
“Lascia
perdere...” borbottò, chiudendo gli occhi per godere di quel
vento che gli toglieva la calura di dosso.
Inaspettatamente,
Darcy si sollevò in punta di piedi e gli diede un bacio sulla
guancia. Ancora quella sensazione di brivido gli percorse la
schiena... aprì gli occhi, posandosi una mano sul punto
toccato da Darcy, interdetto.
“Forse
non avrei dovuto...” esclamò lei, mordicchiandosi il labbro
inferiore.
“No...
cioè... sì... non c'è niente di male a...”
Non
sapeva neanche lui cosa pensare, cosa dire. Era certo di aver provato
qualcosa. Il volto di Musa
fece capolino nella sua mente e quella visione, se così poteva
chiamarla, gli fece male come un pugno allo stomaco, come una
bruciante sconfitta.
Sospirò, appoggiandosi al
muro e portandosi una mano sulla fronte, quasi avesse combattuto
davvero e, quindi, fosse esausto.
“Riven?”
lo chiamò Darcy. Sul suo volto comparve un'espressione
sinceramente preoccupata. “Ti senti bene?”
Lui
scosse la testa, dispiaciuto, confuso. Si sentiva in colpa e non
capiva la ragione. O meglio, la ragione c'era: per un secondo, per un
solo istante, l'idea di tradire Musa non gli era sembrava poi così
orribile. Non gli sarebbe importato di rimpiazzarla, anche se solo
per pochi attimi, con qualcun
altro.
“Mi
dispiace!” esclamò, rivolgendo a Darcy solo una occhiata
fugace, senza capire perché lo stava facendo. “Musa...”
La
strega rimase in attesa, guardava Riven prendere dalla tasca il
telefonino, non parlava. Sembrava più sconvolta di lui.
“Prima
era lei...” spiegò lui, senza guardarla.
“Ah...”
replicò lei, freddamente. “E allora perché non hai
risposto?”
Riven
continuò a tenere posato lo sguardo sul cellulare, quasi si
aspettasse che cominciasse a squillare da un momento all'altro.
“Perché... tra me e lei le cose non vanno benissimo...”
Continuò
a tenere lo sguardo basso, incapace di guardarla negli occhi. Giocò,
rigidandoselo tra le mani, con il telefonino.
“Vi
state... lasciando?”
domandò lei, con un filo di voce.
Riven
scosse la testa. “No. Il problema sono io... credo che lei sia
ancora innamorata di me. Ma io... non credo di esserlo più!”
“Oh...”
fu tutto ciò che riuscì a dire Darcy. “Sei confuso,
ho capito bene?”
Lui
annuì. “Un po'...”
Darcy
gli posò una mano sulla spalla e Riven non poté non
guardare lei, la sua espressione comprensiva. Come aveva potuto
dubitare che fosse cambiata? O forse voleva solo convincersene per
mettere a tacere la sua coscienza?
“Mi
dispiace, Darcy!” disse ancora, scuotendo la testa.
La
strega scosse la testa e fece un passo verso di lui.
“Di
cosa?” gli chiese lei, incuriosita.
“Io...
io devo andare.” si raddrizzò e fece un passo per
allontanarsi da lei, ma Darcy gli aveva stretto la mano intorno alla
spalla e sembrava non volergli dare la possibilità di fuggire.
Perché, per quanto capisse di apparire vigliacco e di esserlo,
non vedeva altro modo di uscire da quella situazione. “Ho il
coprifuoco!” ripeté, per dare maggiore credito alle proprie
parole.
“E
tu vuoi andare via?” gli domandò Darcy. Si spostò
davanti a lui, senza mai staccare la mano dalla spalla dello
Specialista cui si mise di fronte.
“Ecco...”
Riven non sapeva cosa dire.
Darcy
sorrise e, posandogli una mano sulle labbra, gli chiese di fare
silenzio.
Dubbi
e incertezze si erano insinuati in lui, maligni, mentre la strega
faceva un altro passo, annullando la distanza che c'era tra loro.
“Io... io sono fidanzato, Darcy!” esclamò lui.
“Non
è importante.” replicò lei, in un sussurro seducente,
abbassando lievemente le palpebre. Avvicinò le sue labbra a
quelle dello Specialista, accarezzandogliele dolcemente con le
proprie. Si era aspettata della resistenza, ma non ne incontrò,
se non una decisamente debole e poco convinta. Lui la strinse a sé,
rispondendo a quel bacio, come se non ne potesse fare a meno, anche
se si sentiva un verme traditore.
Probabilmente
ho esagerato e fatto tutto troppo in fretta, anche se ci sono ancora
cinque capitoli tra qui e la fine.
Inoltre,
da questo capitolo si è aperta la parte “azione” della
storia. E' un genere in cui non mi sono mai cimentata, per cui non
sono sicura del risultato.
Al
solito, vi invito ad inviarmi consigli e critiche. ^^
Ringrazio
molto bellezza88 e
BAbyDany94 per aver
commentato il precedente capitolo.
Un
secondo ringraziamento va a BAbyDany94
che ha, inoltre, aggiunto la storia nei preferiti.
E
a me non resta che salutarvi, lettori, sperando che aspettiate con
impazienza il capitolo numero quattro,
Luine
|
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Capitolo
4
“Mi
ha chiuso la chiamata!” sbottò Musa, indignata, lanciando il
telefono sul letto vuoto di Tecna. Tutte le Pixie sussultarono,
mentre il telefono colpiva la piccola Piff, altrimenti teneramente
accucciata al cuscino sul letto della sua fata. Cominciò a
piangere disperatamente.
“Musa!”
esclamò Lockette, in tono di rimprovero. “Potevi farle male
davvero!”
“Non
l'avevo vista!” si giustificò la fata, furibonda.
Chatta
e Lockette volarono dalla Pixie del Dolce Sonno per tentare di
tranquillizzarla. Tune, seduta sul bordo del letto, con la sua solita
aria signorile, commentò così: “E' un maleducato!”,
riferendosi a Riven.
Un
attimo dopo, la stanza era ripiombata nel silenzio: la neonata Piff
si era di nuovo addormentata, con grande sollievo delle altre Pixie
che si adagiarono sul letto di Aisha, esauste, come se avessero
compiuto una grande impresa.
Flora,
seduta a gambe incrociate sul letto di Tecna, stringeva il cuscino di
quest'ultima e guardava l'amica con aria preoccupata.
“Dai,
starà cercando di dormire...” esclamò. “Oggi sarà
stata una giornataccia a Fonterossa! Chissà quanti Specialisti
sono via per San Valentino e lui è rimasto uno dei pochi a
scuola! Anche Helia non si è fatto sentire per niente. Risulta
irraggiungibile.”
“Ma
lui è in missione!” le ricordò la sua Pixie, Chatta,
con aria saputella. “Riven, invece, è a Fonterossa a non
fare niente e nemmeno risponde! Mi dispiace dirlo, ma ha ragione
Tune!”
Musa
sospirò. “Ho la sensazione che mi stia evitando...” disse,
abbracciando il proprio cuscino, pensierosa.
“No,
dai... magari fa così solo perché è San
Valentino!” replicò Flora, rimettendo a posto il cuscino di
Tecna. Si avvicinò all'amica e la abbracciò. “Vedrai
che, passato domani, Riven tornerà come prima. Sappiamo tutte
che non è esattamente un tipo romantico!”
“Che
essere terribile!” esclamò Amore, la Pixie di Stella,
indignata. “Non riesco a credere che ti faccia soffrire così,
Musa!”
“Sì,
è un maleducato e si veste come un cafone!” rincarò
la dose Digit.
“Questa
è mancanza di classe!” replicò Tune, altezzosa.
“Io
l'ho sempre trovato un tipo ambizioso e testardo, caparbio, ma è
anche leale, generoso e coraggioso. Però ha ragione Digit: si
veste da cafone!” fu il commento di Chatta.
“Sì,
ma che c'entra?” domandò Lockette, sbuffando. “Non si
giudica la gente dal modo di vestire!”
“No,
ma anche quello è importante!” replicò Amore,
sbattendo le ciglia.
Flora
scosse la testa, con aria benevola. “Sei proprio la Pixie di
Stella!”
Musa
si liberò della stretta della fata dei fiori e non rise con
loro, di malumore com'era.
“Oggi
è stata una pessima giornata.” sospirò, piegandosi in
avanti. “Prima Stella mi ruba il completino che mi era piaciuto
tanto e adesso questo! In più, sarò sola, rinchiusa in
questa scuola pure nella giornata più romantica dell'anno! Non
posso che essere più contenta di così!”
“Non
è possibile che ti abbia rubato un completino: Stella dice
sempre che i tuoi gusti in fatto di moda lasciano molto a
desiderare!” esclamò Amore, che, accorgendosi di cosa aveva
detto, si portò una mano sulla bocca.
“Amore,
sei poco cortese!” la rimproverò Tune.
“Beh”
Flora sorrise tristemente, guardando fuori, verso il cielo stellato
sopra Alfea, ignorando le parole delle Pixie. “Non è
esattamente vero che sarai la sola: ci sarò io con te!”
“E
anche noi!” dichiarò Digit, volando davanti alle due Winx.
“Già...
l'unico fortunato, per questo, è stato Kiko!” esclamò
Chatta, offesa. “Bloom se l'è portato dietro, quello stupido
coniglio!”
“Sei
veramente scortese!” ripeté Tune, stavolta con maggiore
veemenza. “La verità è che Kiko si è nascosto
in una valigia. E' stato più furbo che fortunato!”
Musa
sorrise, tristemente e guardò Flora. “Ho paura che Riven
voglia lasciarmi!” disse.
“Ma
va', che ti salta in mente!” replicò la fata dei fiori,
accarezzandole la nuca, con fare materno. Sospirò. Si chiedeva
se dovesse rivelare il piano di Stella e tutto ciò che avevano
architettato quel pomeriggio, compreso il fatto che il completino
fosse nelle mani di Riven.
“Mi
evita e, quando parliamo al telefono, è sempre scontroso. Da
molto tempo non ci diamo più appuntamento e, quando siamo in
gruppo, è sempre sfuggente!” continuò la fata della
musica, elencando tutte le mancanze del suo ragazzo. Flora la
ascoltò, continuando ad accarezzarle i capelli.
Era
vero che lo Specialista, da un po', si comportava in modo strano,
tutte lo avevano notato. Ma pensavano che fosse solo un momento di
crisi, una reazione a uno dei soliti litigi dei due innamorati,
niente di preoccupante.
Eppure,
Flora cominciava ad avere dei dubbi e si sentiva combattuta: dirle o
non dirle del piano di Stella? L'avrebbe fatta felice, ma se poi
l'avesse illusa inutilmente?
“Sono
sicura che c'è una buona ragione!” esclamò, decidendo
di tacere. Era la cosa più saggia da fare, se il comportamento
di Riven non era dato da un litigio. Guardò Amore che le
restituì uno sguardo eloquente, facendole capire che pensavano
la stessa cosa. “Dai, Musa... ora non fare così! Non bisogna
fasciarsi la testa prima di essersela rotta!”
“Che
cos'è questo rumore?” fece Chatta, tendendo un orecchio e,
così, interrompendo la discussione delle due fate. Anche Flora
tese un orecchio: sembrava che qualcuno picchiettasse sulla vetrata
del salotto.
“E
ora chi sarà mai?” chiese, mettendosi in piedi, senza
riuscire a reprimere un sorrisetto. Avrebbe potuto benissimo essere
Riven, dato che tutti gli altri Specialisti erano fuori, per motivi
differenti e lui era l'unico rimasto a Magix.
“Vado
a dare un'occhiata!” comunicò. “Forse sarà qualche
Specialista a cui piace far sorprese!”
Strizzò
l'occhio in direzione di Musa che, però, sbuffò,
scettica.
“Non
ho sentito nessun rumore che potesse essere associato ad un
motore...” disse Digit, pensierosa.
“Non
può essere lui!” replicò Musa, in tono piatto.
Flora,
però, non le ascoltò e andò nell'altra stanza.
Il
picchiettare si fece più insistente, mentre la fata cercava, a
tentoni, l'interruttore della luce sulla parete alla sua destra.
Guardò verso la finestra e vide la figura in ombra, sospesa a
mezz'aria, di cui riusciva a distinguere solo i contorni: aveva
cespugliosi capelli ricci, una corporatura sottile... di sicuro non
era Riven.
“Stormy?”
gridò, senza capire. “Ma... non aveva detto di essere senza
poteri?”
Sentì
un balzo, provenire dalla stanza in cui si trovava Musa e la vide
riaprire la porta con uno scatto improvviso che la fece sussultare e
cadere all'indietro.
La
fata della musica si guardò intorno, trovò
l'interruttore e lo premette, inonando di luce la stanza. Con un
occhio chiuso, per il troppo fastidio che le dava quel cambiamento, e
l'altro aperto, gettò un'occhiata più attenta alla
stanza e alla finestra. Trovò la figura che bussava alla
finestra, rivelandole l'identità della nuova arrivata.
“Ma
che succ... ah!” gridò Chatta, seguita dalle altre Pixie.
“Flora, ma che cosa...”
Ma
Flora non rispose: guardava la strega che, solo allora, smise di
picchiare la porta, mentre sul suo viso si delineava un sorriso
cattivo. Fu come se il tempo rallentasse.
Flora,
si rialzò da terra, fissando incredula e confusa Stormy che
stava tendendo le braccia di fronte a sé. Vi era qualcosa di
folle nei suoi occhi, qualcosa che serrò lo stomaco della fata
dei fiori in una morsa irrestistibile, terribilmente dolorosa, mentre
il suo cuore perdeva un battito. Un lampo di luce, forte, accecò
i suoi occhi. Capì.
“Giù!”
gridò, buttandosi lei stessa a terra, sopra a quante più
Pixie possibile, per proteggerle. Un boato seguì le sue urla,
un'esplosione di vetri che, come saette, si riversarono nella stanza.
Flora si strinse più forte le braccia sulla testa, strizzò
gli occhi, attendendo l'urto, il dolore lancinante dei vetri che si
sarebbero conficcati nella sua carne. Sarebbe bastato un secondo per
morire, eppure, più il tempo passava, più si chiedeva
cosa fosse successo e perché il suo corpo non provasse dolore.
Solo il chiacchiericcio agitato e soffocato delle Pixie sotto di lei,
e una musica bassa, quasi impercettibile, la convinsero a mettersi
seduta.
Alzando
lo sguardo vide quel che le fece spalancare la bocca per lo stupore e
il terrore: la fata della musica, trasformata in fata Enchantix
teneva le braccia aperte, come a voler invitare la strega, ancora
sospesa a mezz'aria, a buttarvisi. Ma non era questo che Musa
aspettava: stava proteggendo la sua amica, con una magia musicale che
era riuscita a bloccare i grossi ed aguzzi frammenti di vetro a
mezz'aria, ma questi sembravano dotati di vita propria e vibravano,
come se desiderassero potersi liberare della magia per poi, il più
velocemente possibile, implacabili, riuscire a ferire, uccidere.
“Flora,
vai via di lì!” esclamò Musa, in tono allarmato, di
un'ottava più alto del normale. “Presto! Devo interrompere
la magia e rischieremo di rimanere uccise tutte e due, se non te ne
vai di lì!”
“Musa...”
mormorò debolmente la fata dei fiori, angosciata, rimettendosi
in piedi su gambe malferme. Si guardò intorno: in quella
stanza era passato un vero ciclone. Al posto della vetrata vi era un
grosso buco, dall'alto cadevano ancora frammenti di mattoni. Le sue
piante erano state ferite, tagliate. Alcune foglie erano cadute a
terra e Musa non era riuscita, con la sua magia, a proteggere anche
loro.
“Presto,
Flora! Fai presto!” la incitò. La fata dei fiori strinse più
forte le Pixie che teneva tra le braccia. Una sensazione di forte
malessere si impadronì di lei.
Stormy
rise. “Come siete melodrammatiche!” esclamò, in tono
canzonatorio. Entrò nella stanza e posò i piedi a
terra, tra i resti di muro che lei stessa aveva distrutto assieme al
vetro. “Non potrete sconfiggermi questa volta!”
Colpì
forte l'aria con una mano, come a volerla schiaffeggiare e un vento
impetuoso si abbatté sulle due Winx.
“Oh,
no!” gridò Musa. “In questo modo il mio controllo sulla
musica si fa più debole... il vento la porta via e le schegge
saranno libere di andare dove vogliono!”
Flora
non riusciva a contrastare il vento, la spingeva lontano; per lei era
come essere sospinta indietro da un centinaio di corpi che si
premevano sul suo. Per certi versi, le ricordava quasi le correnti di
Linfea.
Due
Pixie le scivolarono via dalle braccia. Non sentì nemmeno le
loro urla, Chatta fu travolta dal vortice. Flora la chiamò, ma
dalla sua bocca non uscì alcun suono, o così le parve.
Solo la risata malvagia di Stormy riecheggiava in ogni angolo,
attorno a lei, in una morsa mortale.
Puntò
i piedi a terra, ma il vento era talmente potente che neanche quello
servì: il potere della strega delle tempeste riuscì
anche a farla indietreggiare, benché lei non lo volesse.
L'istinto le diceva di aggrapparsi a qualcosa, ma non poteva lasciar
andare le Pixie!
Il
vento divenne ancora più potente. Presto l'avrebbe sollevata e
fatta volare chissà dove.
Era
in balia di quella magia e doveva anche aiutare Musa che era allo
stremo delle forze, le sue braccia tremavano, il suo potere perdeva
di efficacia a ogni secondo che passava e le schegge di vetro che
sfuggivano al suo potere, trasportate dal vento, acquistavano
velocità e si disperdevano per la stanza. Avrebbero potuto
colpire le Pixie, ucciderle! Alcune schegge si conficcarono nella
carne della fata della musica, altre la ferirono soltanto, lasciando
tagli superficiali sul volto e sulle braccia. Flora non poteva
lasciarla lì a morire.
Doveva
fare qualcosa. Anche se non voleva.
“Perdonatemi!”
cercò di dire alle Pixie che teneva ancora tra le braccia. Le
lasciò andare e vide i loro volti deformarsi dalla paura, le
loro bocche spalancate, mentre l'ululato del vento si faceva ancora
più forte, per coprire le loro urla.
Flora
usò il potere dell'Enchantix per trasformarsi, con un'idea ben
precisa in mente. Se tutto fosse andato bene, allora anche Musa
sarebbe stata salva.
Grazie
alle sue grandi ali, riuscì a contrastare il potere del vento
e a rimanere a mezz'aria come se, invece di quel vento inesorabile,
soffiasse una leggera brezza.
“Non
ce la faccio più!” Flora lo lesse sulle labbra di Musa. La
fata chiuse lentamente gli occhi. Con le braccia incrociate sul
petto, le mani a sfiorarle il collo, senza pensare a niente, se non
alla salvezza dell'amica, concentrò la propria energia.
“Verde
edera rigogliosa!” gridò, spalancando le braccia. Il
pavimento, l'unica cosa che, forse, era rimasta intatta, cominciò
a spaccarsi e da esso grosse radici cominciarono a spuntare e a
germogliare, proprio sotto alle schegge che, ormai, Musa non riusciva
più a tenere a bada. Aveva abbassato le braccia, esausta, ma
così facendo, la musica cessò totalmente e il vetro
riprese la sua folle corsa, verso qualsiasi cosa che potesse
fermarlo.
L'edera
si avviluppò intorno a Musa, la strinse forte e, grazie a
un'ordine di Flora, la portò verso terra, mentre il vetro si
conficcava nella pianta, proteggendo la fata.
Flora,
intanto, si frappose tra loro e la strega, stringendo tra le mani
l'amuleto che conteneva la sua polvere di fata. Ignorando il dolore
alle braccia, al viso alle parti del suo corpo che venivano feriti
dalle schegge che ancora vagavano veloci e irrefrenabili in giro per
la stanza, cominciò a cospargere di polvere di fata l'intero
appartamento. Non si fermò, continuò, fino a che il
vento non cessò e il vetro reso inoffensivo.
Adesso
erano solo lei e una Stormy alquanto furibonda, faccia a faccia.
“Dannate
fatine!” gridò la Trix, stringendo i pugni, schiumante di
rabbia. Flora era esausta, ma non poteva ancora fermarsi. Il suo
corpo gridava di dolore, nemmeno le sue ali erano rimaste indenni.
Sentiva
la propria energia scemare, si sentiva debole. Ma non poteva
arrendersi: doveva imprigionare Stormy e, solo dopo, avrebbe potuto
riposare e curare le ferite sue e di Musa. Allungò un braccio
dietro di sé, richiamò, facendo un enorme sforzo di
volontà, l'edera che ancora stava proteggendo la fata della
musica.
“Verde
edera rigogliosa!” ripeté, spingendo la pianta con un gesto
verso la strega. Ma il colpo era stato troppo lento e debole. Per
questo Stormy riuscì a schivare il ramo facendo un agile
salto.
“Ah!
Sei sempre stata la più stupida Flora!” esclamò,
ghignando.
“E
tu la più disattenta! Guarda cosa posso fare adesso!” ad un
cenno della fata, la pianta si fece strada attraverso il pavimento,
distruggendone una buona parte, scattò verso l'alto, proprio
alle spalle di Stormy che se ne accorse troppo tardi. Rimase
schiacciata tra l'edera e il pavimento, come una minuscola formica
sotto uno scarpone.
Flora
cadde su un ramo della pianta, respirando affannosamente, esausta;
guardò, preoccupata in direzione di Musa, riversa a terra, che
aveva gli occhi chiusi e un'espressione sofferente.
Allora,
la fata dei fiori si alzò in piedi, facendo forza su se
stessa. Barcollò leggermente, ferendosi anche i piedi, ma non
si tirò indietro, non per l'amica che l'aveva protetta col suo
corpo. Arrivò da Musa e si inginocchiò, prendendola tra
le braccia.
La
fata era esausta, ferita, alcune schegge di vetro erano conficcate
nel suo viso e stava sanguinando. Teneva gli occhi chiusi, ma
respirava ancora, fortunatamente.
“Flora...”
disse, con un filo di voce, sentendo il contatto con le braccia
dell'amica.
“Va
tutto bene, Musa!” rispose la fata dei fiori, gentilmente. “Mi
hai salvata, ma adesso tocca a me!” riprese il suo amuleto tra le
mani e versò su Musa e su di sé quanta più
polvere di fata poté, e questo curò le loro ferite.
Il
loro appartamento era completamente distrutto, i tavoli, le poltrone,
il divano erano stati spezzati e strappati, tanto che anche la lana
all'interno spuntava fuori dagli strappi. Il pavimento e i muri erano
attraversati da crepe così profonde che sembrava esserci stato
un terremoto e, dappertutto, a terra, c'erano acuminate schegge di
vetro, che giacevano come morte ed inoffensive.
“Mamma
mia!” esclamò, impressionata, Musa, che si stava guardando
attorno. “C'è un po' di disordine, non è vero?”
Le
due fate scoppiarono a ridere.
Scusate
per l'immenso ritardo, ma questo capitolo mi ha dato parecchio da
fare e purtroppo, anche dopo le migliaia di modifiche che ho
apportato, non sono completamente soddisfatta. E' la prima volta che
mi cimento sul genere azione e non sono sicura di aver reso al meglio
la battaglia contro Stormy. Forse, il capitolo è addirittura
troppo corto rispetto agli altri, un po' troppo stringato.
Spero
di non aver deluso le aspettative.
BABydany94:
spero che questo capitolo ti sia piaciuto, anche se di Riven e Darcy
non c'è stata traccia. Spero che tu non abbia perso le
speranze e che continui a seguirmi;
Un
ulteriore ringraziamento, va, inoltre, bellezza88,
che ha messo la storia tra i suoi preferiti.
Ci
vediamo al prossimo capitolo, non so quando sarà online, ma
credo che sia bene augurarvi innanzitutto un Buon Natale e un Felice
Anno Nuovo, perché non credo di poter aggiornare prima del
prossimo anno. ^^
Alla
prossima,
Luine.
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
Capitolo
5
La
porta di ingresso si spalancò, facendo sussultare le due Winx
che saltarono in piedi, pronte ad affrontare anche le altre Trix. Ma
non furono le Trix a varcare la soglia: Faragonda, seguita
dall'ispettrice Grizelda e da tutti i professori avevano gli occhi
sgranati e si guardavano attorno increduli, alcuni con la bocca
semiaperta.
Questo
strano spettacolo sciolse la tensione delle due fate che tornarono a
buttarsi a terra, con un sospiro di sollievo.
Il
professor Avalon aveva tra le braccia diverse Pixie, tutte quante
stordite, ma integre. Sorrise gentilmente in loro direzione.
«Credevamo
che aveste bisogno di una mano!»
esclamò.
«A
quanto pare siamo arrivati tardi!» commentò Faragonda,
con tranquillità.
Grizelda
si sistemò gli occhiali sul naso e, riprendendo la sua
proverbiale freddezza, guardò il pandemonio che le si parava
davanti.
«Credo
di aver fatto bene a far evacuare quest'ala della scuola, preside
Faragonda!» disse, sconcertata.
«Sono
d'accordo con lei, ispettrice!» esclamò l'interpellata,
sempre senza scomporsi, dirigendosi verso le sue allieve, cercando di
evitare i vetri sparsi per terra.
«Quando
abbiamo sentito un'esplosione, ci siamo messi subito al lavoro!»
spiegò Palladium, per rispondere allo sguardo vacuo delle due
alunne.
«Adesso,
signorine» continuò Grizelda, in tono di rimprovero.
«Volete dirci che è successo?»
«Ecco...»
cominciò Flora, già sentendosi in colpa, dato che il
pavimento era distrutto a causa sua.
«Si
tratta di Stormy!» replicò subito Musa, indicando la
strega svenuta sotto l'edera di Flora. «Ci ha attaccate,
distruggendo la finestra. Flora mi ha salvata e... e...»
La
preside si avvicinò e inginocchiò di fronte a lei,
posandole le mani sulle spalle, con fare materno. «Ora va tutto
bene!» disse e la sua non era una domanda. Le due Winx
annuirono, riprendendo a sorridere: Faragonda riusciva sempre ad
infondere calma e tranquillità in chiunque la ascoltasse.
La
donna alzò lo sguardo verso il punto in cui si trovava la
strega, svenuta e prigioniera dell'edera di Flora, uno sguardo duro,
le labbra arricciate. Quindi si alzò e cominciò a
vagare per l'appartamento, come in cerca di qualcosa.
Le
Winx non si curarono più di lei, più prese da altri
problemi, come le Pixie.
«Chatta,
Lockette!» Flora si alzò in piedi e corse verso di loro,
che si stavano beando delle coccole di Avalon. «Digit, Amore,
Tune! Oh, come mi dispiace! Mi dispiace di avervi lasciato andare...
se ci fosse stata un'altra soluzione io...»
Chatta
la guardò, sorridendo, ma ancora molto scossa.
«Tranquilla!
Siamo tipe toste, noi!» esclamò, con un sorriso. «Ci
siamo ritrovate nel vortice. Abbiamo cominciato a girare,
volteggiare, vorticare, roteare. Fortuna che Digit aveva uno strano
programma che ci ha trasportate fuori. Peccato, invece, che siamo
state centrifugate. E Avalon, quando ci ha viste che roteavamo in
aria, ci ha prese e riportato qui!»
«Vedo
che la tua parlantina non ne ha risentito!» ridacchiò il
professore.
«Io
sono la Pixie della Parola, Avalon, mi sembra che questo basti a
farle capire il perché!»
Flora
e il professore risero.
«Ho
avuto tanta paura!» piagnuccolò Lockette, portando
l'attenzione su di sé e accucciandosi di più al
professore.
«E'
stato molto maleducato da parte tua lasciarci a quel modo, Flora, ma
ne andava della vita di Musa!» fu il commento altezzoso di
Tune, che, al contrario delle altre, stava seduta in una rigida posa
sulla sua spalla. «E, come ha detto Chatta, ci siamo salvate!»
Digit
sembrava l'unica elettrizzata: «E poi ci siamo fatte un bel
volo senza controllo!» disse. «E il mio programma ha
funzionato a meraviglia!»
«A
parte quando ci ha centrifugate!» replicò Tune,
sistemando un lembo del suo vestito.
«Non
è colpa mia, se quella parte di codice era sbagliata!»
«E
di chi sarebbe, sentiamo?»
Digit
aprì la bocca per parlare, ma, ripensandoci, la richiuse e si
strinse nelle spalle. «Okay, è stata colpa mia!»
borbottò.
«E'
stata un'esperienza terribile!» rincarò Amore,
stringendosi le mani sulle guance.
«Bene!
Le Pixie sono a posto, mi sembra!» disse Palladium, ridendo.
«Ma Piff... la Pixie di Aisha, dov'è?»
«Piff!»
gridarono le due Winx e tutte le Pixie, che si liberarono della
stretta di Avalon. Si dispersero, per cercare in ogni anfratto la
Pixie del Dolce Sonno. Flora si portò una mano sulla bocca,
già disperata e terrorizzata.
«Tranquille,
ragazze!» era la voce di Faragonda che proveniva dalla stanza
di Musa, Tecna e Aisha. «E' qui... credo abbia dormito per
tutto il tempo!» La portò da loro, tenendo tra le
braccia la Pixie che, mugolando parole senza senso, si guardava
intorno con occhi assonnati. «Bene, professor Avalon.»
Faragonda, facendosi più seria, si voltò a guardare il
giovane professore dai capelli neri. «Si metta in contatto coi
Templari. Devono essere messi al corrente del fatto che una loro
ospite, o forse tutte e tre, è sfuggita al loro controllo!»
«Subito!»
esclamò il professore, sparendo nel corridoio, assieme alle
piccole fate.
«Grizelda,
Palladium!» la preside guardò entrambi. «Voi
controllate che Stormy non faccia
scherzi, mentre io e le Winx andiamo nel mio ufficio. Dovranno
raccontarmi qualcos'altro su questa storia.»
Le
due fate annuirono, risolute.
Si
sentivano stanche, spossate e non parlarono durante il tragitto,
entrambe prese di nuovo da problemi meno gravi di un attacco alla
scuola, ma molto personale: la festa di San Valentino che le avrebbe
aspettate. Adesso non avrebbero neanche avuto una stanza in cui
passarla o, almeno, non sarebbe stata la loro.
Musa
sospirò e Flora, capendo subito il motivo del suo rinnovato
sconforto, le strinse un braccio intorno alle spalle, dicendole con
lo sguardo di essere forte, che tutto si sarebbe risolto. La fata
della musica, riconoscente, le rivolse un leggero sorriso.
«Le
altre due» stava dicendo Faragonda. «Dove sono?»
«Le
altre due Trix?» domandò stupidamente Flora.
«Sì.»
però rispose Faragonda, con calma.
«Non
lo sappiamo.» fu Musa a rispondere. «Però le
abbiamo viste oggi pomeriggio. Servivano ai tavoli di un bar...
dicevano di essere in libertà vigilata!»
Faragonda
sospirò: «Oh, il buon cuore dei Templari!»
Ma
un urlo e una nuova esplosione fece spaventare tutte e tre le fate
che si guardarono intorno, alla ricerca della sua fonte. Faragonda
era l'unica che guardava verso l'alto, verso la stanza dalla quale
arrivavano.
«E'
Stormy!» esclamò Musa, sollevandosi in aria, non appena
vide la strega volare via, sul parco della scuola, probabilmente
cercandole. «Presto, Flora, andiamo! Non lasciamola scappare!»
Ma
Stormy non aveva alcuna intenzione di scappare. Stava urlando
qualcosa a qualcuno nel parco, ma loro, dall'interno, non riuscivano
a sentirla. Guardarono ciò che faceva e, dalla posizione che
le sue mani avevano assunto, capirono troppo tardi che stava
attaccando le fate che, solo ora Flora se ne accorgeva, erano state
radunate nel giardino da Grizelda, quando aveva fatto evacuare l'ala
del castello dove si trovava la loro stanza.
Le
urla delle studentesse di Alfea arrivarono fino alle orecchie delle
due Winx che, alzatesi in volo, si prepararono per correre a
difendere le loro compagne.
«E
Palladium e Grizelda...» Flora guardò la preside,
preoccupata. «E le Pixie...»
«Vado
io, ragazze! Inseguite Stormy e fate in modo che non scappi!»
esclamò Faragonda, con aria risoluta. Poteva essere una donna
pacata, dolce, ma, in mezzo a una battaglia diventata dura come
roccia, una combattente coraggiosa e di grande carisma.
Musa
e Flora annuirono, poi si separarono dalla preside e volarono verso
l'esterno. Stormy andava fermata a qualsiasi costo.
***
Il
dolore che Stella provava era terribile, non solo fisico. Sentiva,
piano piano, l'osso del suo naso cedere al peso della scarpa di Icy
che, maligna, continuava a sorridere, soddisfatta del proprio
operato.
Era
terribile che quella stregaccia volesse deturparla in quel modo! Non
poteva! Non poteva distruggere la sua bellezza!
Usò
il suo potere per sciogliere il ghiaccio che la imprigionava ma il
sole, in mezzo a tanta neve e al gelo dell'ambiente circostante, era
comunque debole. Icy lo percepì e questo la rese ancora più
cattiva; la sua risata maligna riecheggiò nella vallata,
facendo piangere Stella di rabbia e frustrazione.
Lentamente,
le sue dita e le sue gambe bloccate nel ghiaccio ricominciarono ad
acquistare mobilità; la fata rabbrividì per il freddo,
ma tentò di ignorare la sensazione: doveva trovare la
concentrazione giusta per scappare dalla prigionia. Strinse gli
occhi.
Icy
stava aumentando la pressione del suo piede sul naso.
Divertimento.
La stava torturando a quel modo per puro divertimento. E per
vendetta. Vendetta che stava per compiersi.
Ma
Stella ormai era arrivata allo stato di concentrazione che voleva,
non sentiva più niente, né il freddo, né il
dolore. Gridò e questo la aiutò a sprigionare tutto il
suo grande potere. Il suo corpo si illuminò come se fosse
stato colpito da un raggio di sole.
Persino
dal cielo aveva smesso di cadere la neve.
Icy
rimase sorpresa.
«Ma
che cosa...»
Si
piegò indietro per non venir colpita dal raggio, ma questo le
costò caro: il gesto la fece sbilanciare e, per rimanere in
equilibrio, la strega dovette spostare il piede dal naso di Stella,
per posarlo a terra, lontano dalla fata.
Stella,
aiutandosi con le ali, si allontanò da Icy e si librò a
mezz'aria, godendosi lo spettacolo della strega ancora accecata dalla
sua luminosità.
«Sono
una fata solare!» esclamò, sistemandosi i capelli ancora
bagnati. «L'ho sempre detto!»
«Dannata!»
ringhiò Icy. «Dannata!»
Anche
se ancora riusciva solo a vedere contorni sfocati e qualche pallino
di luce, come se avesse guardato direttamente il sole, la strega
attaccò con una raffica di ghiaccio a cui Stella rispose con
uno scudo luminoso. Con uno scatto, la strega si levò in aria,
il pugno levato in direzione della fata.
Stella
sgranò gli occhi per la sorpresa.
Si
spostò velocemente da un lato; Icy che le passò a pochi
centrimetri di distanza, tanto che la fata sentì lo
spostamento d'aria. Stella scattò da un lato, andando verso
terra, non accorgendosi che stava solo facendo il gioco della nemica.
Ghignando, Icy si voltò e allungò una mano.
«Tempesta
di ghiaccio!» gridò. A terra, sul pavimento della
terrazza, si formò un grosso vortice di neve il cui centro era
la fata del Sole. Questa incrociò le braccia davanti al viso,
pronta a reggere l'urto. Ma il vortice non la colpì. Come un
braccio muscoloso, la prese per la vita e la attirò verso di
sé, avvolgendola completamente.
Cominciò
a rotearle attorno con velocità sempre crescente, creando lame
di ghiaccio affilate che si muovevano assieme ad esso. La fata si
guardò intorno.
«E
adesso? Adesso cosa faccio?» gridò, disperata.
Neanche
i suoi poteri funzionavano, ma, anzi, sembravano alimentare la
velocità di rotazione del vortice. Le punte delle lame;
dopo il suo ennesimo tentativo di distruggerli con una scarica di
raggi solari, avevano cominciato a brillare di una luce sinistra,
invece di sciogliersi. La fata sentì qualcosa che la afferrava
da dietro, che le recideva la stoffa della gonna. Gridò,
volando un po' più in alto.
«Ah,
mi ero dimenticata di dirti, fatina, che, ogni volta che tenterai di
colpire le lame di ghiaccio, queste, si avvicineranno di più a
te!» era la voce di Icy, al di fuori del vortice che la teneva
prigioniera. Una voce divertita, sadica, seguita da una risata
sguaiata.
Stella
cominciava a sentirsi comprimere, stretta in un tubo di ghiaccio che,
se colpito con la magia, l'avrebbe fatta diventare uno spiedino. Alzò
lo sguardo al cielo. Riusciva a vederlo. Era nero, nuvoloso. Una
speranza di vittoria, di libertà.
Si
diede una spinta con le ali verso l'alto, sperando che fosse così
facile: Icy non era mai stata molto furba.
Il
cielo si faceva più vicino a ogni battito d'ali; la fata
poteva cominciare a sentire l'aria fredda dell'esterno sfiorarle il
viso. Sorrise, elettrizzata. Ormai mancava poco... pochissimo.
Ma
Icy distrusse il suo sogno ad occhi aperti così come era
arrivato: al di sopra del cilindro di ghiaccio, la strega guardava
verso di lei.
«Non
sono stupida, fatina!» esclamò, sogghignando in modo
sinistro, come in risposta ai suoi pensieri. «Sapevo che
avresti trovato questa via d'uscita! E io sono qui per chiuderla!»
Aprì
le mani con un gesto secco e da esse uscirono un'infinità di
cristalli di ghiaccio che colpirono la fata, con tale veemenza, che
cadde all'indietro, di nuovo verso il basso, dove le lame affilate
erano più pericolose. Stella guardò giù.
Quelle
lame ora non giravano in cerchio, non seguivano il movimento del
vortice: si erano sistemate sotto di lei e avevano tutte la punta
rivolta verso l'alto, verso di lei che, se non avesse fatto qualcosa,
sarebbe rimasta infilzata.
Chiuse
gli occhi e mille immagini percorsero la sua mente: lei e Brandon
alla festa di inizio anno ad Alfea, Brandon che le regalava un uovo
pieno di farfalle luccicanti, lei e Brandon in un bell'albergo di
Espero... aprì gli occhi, di scatto, guardando con odio Icy,
in alto, che rideva sguaiatamente, convinta della propria vittoria.
«Hai
rovinato la mia bellissima vacanza! Non te lo perdonerò mai!»
gridò. Chiuse di nuovo gli occhi.
«Oh,
vorrei dirti che mi dispiace, ma non è vero!» replicò
Icy, sghignazzando. Stella mosse le ali ricoperte di ghiaccio. La
polvere di fata cominciò a scorrere su di esso, cominciando a
farlo sciogliere.
«Ci
sta mettendo troppo!» esclamò Stella, preoccupata. La
sua corsa stava per terminare, il tempo a sua disposizione era
finito, le lame erano a pochi centrimetri da lei. Non poteva morire,
non poteva!
Una
luce abbagliante la avvolse di nuovo, ma stavolta Stella riuscì
a percepire tutto il suo calore, come la prima volta che aveva
raggiunto il potere Enchantix.
Sentì
di poter fare ciò che voleva.
Sapeva
di poter bloccare la sua caduta, ci credeva fermamente.
Lo
fece.
Le
lame sotto di lei non le facevano nemmeno più tanta paura,
paura che, adesso, riusciva a vedere sul volto di Icy.
«Non...
non è possibile!» gridò.
«Non
te l'aspettavi, vero, stregaccia?» gridò Stella, volando
veloce verso di lei.
L'interpellata
incitò il vortice di sua creazione a colpire Stella, le lame
di ghiaccio tornarono a vorticare con esso, sempre più veloci,
sempre più vicini alla fata, adesso senza bisogno che lei li
colpisse. Questo bloccò l'avanzata di Stella che si dovette di
nuovo proteggere con l'aiuto di uno scudo che, a ogni nuovo attacco,
diveniva più debole.
Presto
si sarebbe frantumato.
Adesso
Icy non stava più giocando: adesso faceva sul serio, voleva la
morte di Stella.
«Pensa,
Stella, pensa...» si diceva la fata, sempre più oppressa
da quel tubo vorticante. «Cosa diceva Grizelda, a lezione di
autodifesa? Quando l'incantesimo vi imprigiona... trovate la sua
origine e distruggetelo!» Lo gridò quasi, alzando le
braccia verso l'alto, con la sicurezza che, stavolta, sarebbe
riuscita a scamparla. «Scarica di raggi solari!»
Dalle
sue mani tese fuoriuscì un raggio di sole potente, talmente
veloce che, oltre a distruggere tutti i cristalli di ghiaccio sulla
sua scia, colpì Icy in pieno.
La
strega gridò di dolore e rabbia, mentre cadeva, sbalzata via
dalla potenza dei raggi di Stella; lasciò, così, libera
l'unica via di fuga. Ma non era andata come la fata voleva:
l'incantesimo non era scomparso, era ancora lì, attorno a lei.
Neanche
se fosse uscita da lì, se ne sarebbe andato. Doveva fare
qualcosa per evitare che distruggesse non solo lei, ma anche
l'albergo e tutte le persone che vi alloggiavano!
«La
polvere di fata!» esclamò, battendosi un pugno sulla
mano tesa. «Oh, come ho fatto a non pensarci prima?»
Afferrò
il suo amuleto e, senza esitazione, cominciò a disegnare
nell'aria una stella di polvere luccicante, spargendone più
possibile attorno a sé.
Presto,
le lame di ghiaccio affilate si smussarono, fino a sciogliersi,
grazie alla magia del Sole. Il vortice perse velocità,
divenendo una massa di neve che andò a cadere ai lati di
Stella, mentre il resto le arrivò addosso come pioggia
ghiacciata.
La
fata urlò, ritrovandosi completamente fradicia. Strinse forte
i pugni, furibonda.
«Ecco,
dopo tutta la fatica che ho fatto...»
«Ottimo
lavoro, principessa!» la voce di Brandon la fece sussultare e
voltare. Dietro di lei, c'era il suo ragazzo in accappatoio, anche
lui bagnato dalla testa ai piedi, con la sua alabarda verde in una
mano e Icy, svenuta e legata ai suoi piedi.
«Ciccino!»
gridò la fata, dimenticandosi di essere fradicia e gettandosi
tra le sue braccia. «Ma... io avevo visto Icy congelarti.»
esclamò, guardandolo. «Ma come hai fatto a liberarti?
E... la corda?»
Brandon
sogghignò. «Sono uno Specialista, sì o no? Porto
sempre con me un equipaggiamento base: corda, arma...» La fata
sgranò gli occhi e aprì la bocca, incredula. Brandon
sorrise. «A sciogliere il ghiaccio sei stata tu... non so come
ci sia riuscita... quando eri dentro quel vortice hai brillato di una
luce talmente intensa che... guardati intorno!»
Stella
si staccò da lui e guardò la terrazza: effettivamente,
attorno a loro, era ridotto tutto a un enorme pantano.
«Lo
so, brillo più del Sole!» sospirò la fata, ancora
lanciando occhiate critiche tutto intorno a sé. «Ora ci
penso io a sistemare le cose!» si librò in volo,
sprigionando luce per asciugare lui, se stessa e il pavimento,
quindi, ritornò a terra e si strinse di nuovo a lui. «Questa
stregaccia» disse, toccandole una spalla col piede, mostrando
disgusto. «ci ha fatto perdere un sacco di tempo!»
«Ci
rifaremo!» replicò lui, tenendola stretta, chinandosi
per baciarle il collo. Stella gli diede un colpo sulla spalla.
«Brandon!
Sono ancora trasformata!» esclamò lei, indignata, come
se baciare una fata Enchantix fosse una cosa sconveniente. Lui rialzò
la testa e sorrise. I contorni della sua bocca era tutta luccicante,
coperta di polvere di fata.
«E
allora?» chiese, mentre Stella si posò le mani sulla
bocca e cominciò a ridere.
«Ciccino,
sei troppo divertente! Hai...» si fermò, riprendendo a
ridere, allontanandosi un poco da lui e piegandosi su se stessa. «Hai
la polvere di fata sulla bocca!»
«Che
cosa?» sbottò Brandon, tentando di pulirsi col dorso
delle mani, in modo frenetico. Sputacchiò. «No! Mi è
entrata in bocca! Dai, Stella, non ridere! Non posso farmi vedere
così dai Templari! Stella!»
La
fata, rialzandosi e cercando di rimanere seria, tornò da lui,
anche se sul viso aveva ancora un mezzo sorriso birichino che,
Brandon lo sapeva, sarebbe ben presto stato sostituito da un'altra
sonora risata. Lui aveva tentato di pulirsi dalla polvere, ma fece
solo peggio: quella gli finì un po' dappertutto, sui capelli,
sull'accappatoio.
«Dai,
toglimela!» le chiese, supplichevole. La fata scosse la testa.
«Mi
dispiace, tesoruccio! Ma, se vuoi che te la tolga, devi farti un
bagno!»
Brandon
mostrò tutto il proprio stupore. «Un... bagno?
Adesso?»
Stella
annuì. «Sì, ma non preoccuparti, Ciccino!»
sorrise. «Ti aiuto io!»
Lo
Specialista aprì la bocca e la richiuse, come se non avesse
capito le intenzioni della fidanzata. Non gli ci volle molto per
trasformare la sua espressione sconvolta in un ghigno. «Ah, è
così?» esclamò, riprendendola tra le braccia. Ma
questo piacevole momento durò poco: una navetta da Fonterossa
si stava velocemente avvicinando, benché nessuno dei due se ne
fosse accorto, troppo presi l'uno dall'altra, stretti in un abbraccio
saldo.
Un
vento forte li costrinse a staccarsi ed entrambi guardarono verso
l'alto, vedendo la navetta, ma, più importante e più
imbarazzante le tre persone che si stavano calando da essa.
«Codatorta?»
balbettò Brandon, con gli occhi fuori dalle orbite e la faccia
tutta rossa.
«Stupito
di vedermi?» borbottò il burbero domatore di draghi,
professore di Fonterossa. Lo guardò come se il suo allievo
avesse, fino ad allora, combinato qualcosa di male, facendo sentire
Brandon anche più che in imbarazzo. «Eppure sei stato tu
a chiamarmi!»
Stella,
intanto, guardava i due Cavalieri Templari che seguivano il
professore e che stavano prendendo Icy come se fosse stata un pacco
particolarmente importante e che avevano, erroneamente, perso. Non
avevano detto una sola parola, solo chinato il capo in segno di
saluto rivolti alla fata e allo Specialista, prima di tornare sulla
navetta.
«Ah...
beh... sì...» rispondeva, intanto, Brandon, portandosi
una mano dietro la nuca, mostrando così tutto il suo disagio.
«Mi ero... ehm... dimenticato...»
«Con
tutto quello che avevi da fare...» sbuffò Codatorta.
«E
quando li avresti chiamati?» chiese Stella.
«Prima...
quando eri nel vortice. Ho colpito Icy e l'ho legata, così ho
chiamato Fonterossa per dire che avevamo catturato una delle Trix!»
«Già...»
confermò Codatorta, guardandolo ancora più storto.
Brandon deglutì.
«Senta...
non è come pensa...» balbettò, abbassando lo
sguardo.
«Hai
mentito, Brandon. Hai chiesto un permesso speciale per andare ad
addestrarti fuori dalla scuola, ma, a quanto vedo...» il
professore lanciò una rapida occhiata a Stella che ricambiava
alquanto stupita. «fai tutt'altro tipo di addestramento!»
«Ehm...
è che...»
«Perché
hai mentito, Ciccino?» chiese Stella che non capiva quanto
stava accadendo.
«Non
mi avrebbero lasciato uscire, altrimenti...» spiegò
Brandon, guardando lei e quasi ignorando il professore, il viso
rosso. «Troppi Specialisti erano già andati via apposta
per San Valentino e, poche ore prima che chiedessi il permesso,
Codatorta aveva detto che, chiunque altro ne avesse chiesto uno per
lo stesso motivo, non l'avrebbe avuto. Ho dovuto inventare una
scusa!»
Codatorta
scosse la testa, mentre Stella si rabbuiò: il suo fine
settimana romantico non poteva finire in quel modo. Non lo avrebbe
sopportato.
Si
avvicinò al professore di Fonterossa e lo affrontò
senza paura. Gli puntò un dito addosso e gli picchiò il
petto più volte, con forza.
«Mi
ascolti bene: ci ha già pensato Icy a interrompere la serata.
Non ci si metta pure lei! E' San Valentino, per la miseria! E mi
sembra che non sia il caso che vi mettiate tutti in mezzo!»
«Stella,
dai, lascia perdere...» borbottò Brandon, posandole una
mano sulla spalla, mortificato. «Se Codatorta vuole che torni a
Fonterossa...»
«Cosa?»
gridò Stella, furibonda. «Tu non vai da nessuna parte!
Dopo che abbiamo fatto tanto tu non te ne vai!»
Ma
il ragazzo sospirò. «Io non posso farci niente, se mi
ordinano di tornare indietro, Stella!» rivolse un'occhiata al
professore che rispose con una smorfia indecifrabile.
«Non
ho mai detto di volerti riportare a scuola, Brandon!» esclamò,
burbero, questi, scrutando il suo alunno dalla punta dei capelli a
quella dei piedi.
Il
ragazzo strabuzzò gli occhi. «Di-dice davvero?» il
suo volto si illuminò.
«Ma
non credere che lunedì scamperai alla giusta punizione per
aver mentito!» rispose Codatorta, puntandogli contro un dito,
senza perdere l'aria truce e osservando l'espressione battagliera sul
volto della fata. Sentendo le sue parole, però, sia Stella che
Brandon gridarono all'unisono, abbracciandosi, euforici: la loro
festa era salva.
«E...»
Codatorta si schiarì la voce, mentre un leggero colorito rosso
andava a colorargli la punta del naso. «Fatti un bagno,
Brandon! Sembri una fatina con tutta quella polvere di fata addosso!»
«Grazie,
professore!» esclamò lo Specialista, riconoscente. Ma
Codatorta era già tornato sulla navetta per riaccompagnare i
Templari fino a Roccaluce, perdendosi così i ringraziamenti di
Brandon. Ancora stretti, lui e Stella li guardarono andare via, fino
a che non sparirono nella notte.
Il
vento, intanto, stava cominciando a rialzarsi e stava portando una
nuova nevicata.
«E'
meglio rientrare, Ciccino!» esclamò Stella, guardando in
alto. Un fiocco di neve si posò delicatamente sul suo naso.
Lui, però, guardò verso l'interno, con una smorfia
dispiaciuta.
«Abbiamo
la finestra rotta!» le ricordò.
«Niente
paura!» grazie a un cenno della mano, la fata sistemò il
vetro che tornò al suo posto, come se non fosse mai stato
distrutto. Baciò il suo ragazzo, ma, invece di riprendere le
sue sembianze e di rientrare, gli si strinse un altro po' addosso,
continuando a spargere su di lui altra polvere di fata. «Sai, i
professori hanno sempre ragione...»
Brandon
inarcò un sopracciglio, cominciando a grattarsi, quando
cominciò a sentire un leggero fastidio su tutto il corpo.
«Devo essere allergico alla polvere di fata!» esclamò,
ma, guardando l'espressione truce sul volto della fidanzata, fece un
mezzo sorriso incerto. «Ehm... non erano i genitori?»
chiese, per cambiare discorso. «Quelli che hanno sempre
ragione...»
«E'
uguale...» tagliò corto lei. «Comunque, dicevo, i
professori hanno sempre ragione e, per questo, dovresti seguire il
consiglio di Codatorta! Devi farti un bagno! E io ti aiuterò.
Non ti lascerei mai da solo ad affrontare pericoli del genere,
Ciccino!»
Brandon
tornò a sorridere malizioso, capendo la provocazione, ma,
quando lei scattò in avanti, con la mano stretta nella sua, la
fermò e la attirò indietro: doveva dirglielo per
mettere a tacere i sensi di colpa.
«Senti,
Stella, prima stavo per dirti una cosa!»
«Me
la dici dopo!»
«No,
ascolta... mi sento terribilmente in colpa per quel che è
successo oggi, quando ti ho fatto quella scenata, a Magix!»
Stella
sbatté le palpebre, senza capire, quasi non fosse stata con
lui o non si ricordasse più di niente.
«Vedi,»
Brandon prese fiato. «credevo che tra te e Riven ci fosse
qualcosa. Tu che non avevi voluto parlare con me, avevi chiamato lui
per dargli un appuntamento e...»
Stella,
dopo un attimo di stupore, scoppiò a ridere. «Oh, che
sciocchino!» esclamò, poi lo guardò con sospetto.
«E secondo te potrei davvero tradirti con uno che si
veste da cafone?»
Brandon
inarcò le sopracciglia e le rivolse un mezzo sorriso incerto,
grattandosi dal collo altra polvere di fata.
«Mi
stai dicendo che, se mi vestissi da cafone, non mi vorresti?»
«Sciocchezze,
Ciccino!» Stella mise su un'aria da saputella. «Tu mi
piaci e basta! E se ti vestissi da cafone, ci penserei io a farti
cambiare! Sono o non sono la Stella della moda?» gli fece
l'occhiolino, con fare complice. Lui era ancora un po' incerto,
mentre si grattava le braccia.
«Ma...
non sei arrabbiata con me?» chiese.
«Beh,
un po', ma...» Stella sospirò. «Comunque ti do
l'opportunità di farti perdonare!»
Brandon
la guardò rivolgergli quel sorrisetto malizioso di poco prima
e non poté fare a meno di rispondere allo stesso modo.
«D'accordo, mia bellissima principessa!» la sollevò
tra le braccia, ignorando le sue proteste e portandola verso
l'interno. «Allora, credo che ti porterò a fare un bel
bagno ristoratore! E ti costringerò a perdonarmi!»
E
Icy almeno è sistemata. Adesso mancano solo Darcy e Stormy...
cosa accadrà?
Spero
che il capitolo sia stato di vostro gradimento.
Ma
adesso passiamo a rispondere alle recensioni. Partiamo dalle new
entry:
wbloom:
sono felice che la mia fic ti stia piacendo, ma... devo trovare un
posto dove nascondermi? XD Purtroppo vado un po' a rilento, perché
non è facile descrivere le battaglie e sono indecisa sul
finale (anche se ancora ci vorrà un po' per quello). E' la
prima volta che cerco di scrivere qualcosa in proposito, quindi mi
prendo tutto il tempo necessario. Per quanto riguarda la presenza
delle altre Winx... non faccio spoiler!
BabyDany94:
Musa è la tua Winx preferita, ho capito bene? XD In questo
capitolo c'è stata poco, però, spero che ti sia
piaciuto lo stesso. Purtroppo, per Darcy e Riven... anche a te niente
spoiler (oggi voglio fare la dispettosa).
bellezza88:
spero di non averti deluso nemmeno questa volta, allora! Tra le mie
(tre, ma fedelissime) commentatrici, solo di te non so la Winx
preferita. Ormai che siamo in tema, ti va di dirmelo (ecco che viene
fuori la mia vena curiosa...)? Naturalmente non sei costretta. XD
Doppio
ringraziamento a wbloom,
che ha messo la storia nei suoi preferiti. E così vi lascio
con la domanda: cosa accadrà nel capitolo sei?
Spero
che continuerete a seguirmi (anche solo chi legge), rinnovando l'esortazione a consigliare e
criticare.
Un
bacio,
Luine.
|
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Capitolo
6
Le
urla delle fate radunate nel cortile durarono poco: fino a che
alcune, prendendo in mano la situazione, non si trasformarono e si
librarono in aria, circondando Stormy e attaccando una per una. Ma la
strega rispondeva a tutte loro, parando e restituendo i vari colpi
con furia cieca. Riuscì a far precipitare tutte le avversarie
fino al suolo.
Le
studentesse rimaste a terra riprendevano le compagne al volo,
salvandole dall'impatto col terreno, anche a scapito della propria
incolumità.
Stormy,
però, si accaniva anche contro le fate che non la
infastidivano, quelle troppo impaurite per attaccare e che non
volevano intromettersi nello scontro.
Niente
sembrava in grado di fermarla.
Forse,
era ancora un po' stordita per il colpo infertole da Flora, ma
talmente tanta era la sua rabbia che i suoi incantesimi sembravano
dieci volte più potenti del normale.
Voleva
vendetta contro quelle due fate che l'avevano umiliata.
Flora
e Musa arrivarono volando.
Vedendole,
le altre giovani fate gridarono di gioia: due delle sei fate
Enchantix che, alla fine dell'anno avrebbero lasciato la scuola,
erano arrivate a salvarle. Ora non avevano niente da temere.
Avrebbero vinto.
Le
due, però, quasi non sentirono le loro grida: non staccavano
gli occhi dalla battaglia che venti fate stavano combattendo contro
una sola, potente e disperata strega.
«Cosa
facciamo?» domandò Flora. «L'energia di Stormy
sembra essersi fatta più forte! Com'è possibile?»
«Non
lo so...» fu ciò che disse Musa, accigliata. «Ma
non è il momento per scoprirlo!»
La
strega, mentre loro si avvicinavano, continuò a combattere
strenuamente contro altre sei fate: le atterrò con una frusta
di fulmini e lanciò una sfera ad alto voltaggio contro una
ragazza che l'aveva colpita alle spalle; la fata gridò di
dolore. Le sue ali si irrigidirono e, non potendo più reggere
il peso della loro padrona, la lasciarono cadere come un sacco vuoto
verso il terreno.
«No!»
gridarono le due Enchantix all'unisono, spaventate. La prima a
riprendersi fu Musa che, senza perdere tempo, facendo aderire le ali
al corpo, scese in una veloce picchiata e allungò le braccia.
Afferrò la studentessa a un pelo da terra.
«Ehi!»
le disse la fata della musica, adagiandola al suolo, mentre Flora si
parava loro davanti per far loro da scudo. «Parla! Dimmi
qualcosa!»
La
ragazza mugolò, sofferente.
«Tranquilla!»
le disse Musa, con dolcezza. «Ora va tutto bene!»
Ma
Flora non era dello stesso avviso: non appena quelle che circondavano
Stormy abbassarono la guardia per festeggiare le alleate, la strega
le colpì con forza, con lo stesso incantesimo usato sulla
ragazza salvata da Musa. Tutte, nessuna esclusa, cominciarono a
urlare di dolore e paura, imprigionate in una catena di corrente
elettrica.
Flora
non perse tempo: richiamò l'edera che, già prima aveva
salvato Musa, e la pianta divenne una forte rete su cui le fate
caddero, salvandosi dall'impatto col terreno.
«Fermati
subito, Stormy!» ordinò la fata dei fiori, parandosi
davanti a lei e impedendole di completare un nuovo attacco.
«Oh,
adesso lo farò solo perché me lo hai tu, vero?»
sbottò la strega, ridendo sguaiata.
Musa,
lasciate le altre fate con l'ordine di mettersi in salvo, raggiunse
l'amica e la affiancò.
«Non
ti è bastata la batosta di prima?» domandò,
sarcastica.
«Non
mi avete sconfitta!» replicò Stormy, con un sorriso
cattivo delineato sul volto.
Un
gesto violento del braccio e, di nuovo, le due fate si ritrovarono
catapultate in una tempesta. Stavolta, però, non ne furono
travolte, né si trovarono in pericolo, perché le loro
ali le tenevano salde in aria, come se fossero state montagne. «E
adesso vi distruggerò, per tutto quello che mi avete fatto!
Gabbia di fulmini!»
Il
cielo scuro, ma terso, si riempì di nuvole in brevissimi
istanti. Le stelle si oscurarono, la luna non rischiarò più
il parco di Alfea, la cui unica fonte di illuminazione erano le due
fate Enchantix che alzarono la testa verso l'alto, non appena il
rimbombo dei tuoni si levò alto intorno a loro.
Il
chiacchiericcio concitato al di sotto delle due, appartenente alle
studentesse della scuola, si spense, non appena un fulmine scuro si
abbatté su di loro. Musa eresse una difesa magica e il colpo
di Stormy rimbalzò su di essa. Purtroppo, la barriera non
sortì l'effetto desiderato: aveva sì riparato le due
fate, ma il fulmine si spezzò e, curvandosi ad arco, cominciò
a formare attorno a loro una gabbia compatta e nera.
Per
quanto le due tentassero di penetrarla con i loro incantesimi
migliori, niente pareva scalfire quello spesso muro nero. La luce era
scarsa ed entrambe sentivano sempre più freddo, Flora
soprattutto, perché il suo potere traeva fonte dalla vita e
dalla luce.
«Ma...
ma che succede?» balbettò, stringendosi nelle spalle.
Aveva brividi che le scuotevano tutto il corpo e la pelle d'oca.
Musa, anche se il suo corpo reagiva allo stesso modo, riusciva a
rimanere più lucida.
«Come
fa ad essere così forte? L'ultima volta che abbiamo affrontato
le Trix, non erano così potenti!»
Flora
si guardò intorno e cominciò a perdere quota, senza che
lo volesse. Quando posò un piede sul muro, prese una violenta
scossa che le attraversò il corpo e la fece urlare di dolore.
«Flora!»
Musa scattò verso di lei e la aiutò a staccarsi dal
punto in cui era atterrata. Per un attimo, il corpo della fata delle
piante fu di nuovo pieno di energia, ma mentre la fata della musica
la riportava verso il centro della sfera, tornò a sentirsi
infinitamente debole.
«Ricordi
quando abbiamo seguito i corsi di Torrenuvola?» mormorò,
affaticata.
«No,
rinfrescami la memoria!» Musa allungò la mano libera dai
fianchi di Flora di fronte a sé. «Colpo di basso
magico!»
Un'onda
sonora scaturì dalla sua mano tesa, ma si infranse sulla
barriera scura. La risata di Stormy riecheggiò nell'aria,
minacciosa.
«Vi
piace la mia gabbia?» la voce della strega risultava
amplificata attraverso quelle pareti. «Morirete tutte e due,
stasera! Non siete contente?»
«Vedremo
chi vincerà!» gridò in risposta Musa,
battagliera. «Noi siamo le Winx, non scordarlo!»
Flora,
intanto, aveva annuito, anche se non era sicura che Stormy potesse
vederla.
«Allora,
che mi volevi dire?» continuò Musa.
«I
poteri di Stormy...» disse Flora, in un filo di voce. «Le
streghe traggono il loro potere dall'odio, dalla rabbia e dalla
frustrazione. Più sono arrabbiate, più provano odio...»
tossì e spinse, inconsapevole, se stessa e l'amica in basso.
Musa dovette fare un grande sforzo per riuscire a rimanere lontani
dal muro elettrico. «Quando le streghe arrivano ad un punto di
rottura, all'esasperazione, i loro poteri aumentano a dismisura, per
potersi accanire contro il motivo della loro rabbia e non si
fermeranno, a meno che...» tossì di nuovo. «A meno
che... l'oggetto della loro furia non venga distrutto!»
Sentiva
la sesta girare vorticosamente, tanto che, non appena Stormy apparve
all'interno della sfera nera, le sembrava di vederne sei o sette,
tutte molto vicine tra loro e tutte di colori sfocati e chiari. Anche
Musa stava cominciando a sentire gli effetti dei sentimenti negativi
della strega e perdeva lentamente energia.
«Beh...»
la rincuorò Musa, stringendola più forte per far forza
anche a se stessa. «C'è anche un'altra possibilità:
distruggere prima noi la strega!»
Flora
alzò gli occhi su Stormy, ma non riuscì a tenerli
aperti. «Non... non sarà facile!»
«Non
arrendiamoci!» ringhiò l'altra, stringendo il pugno
libero e tentando di scansare, scuotendo la testa, il senso di
malessere che le stava entrando in corpo. «Dobbiamo reagire!
Siamo state educate per tre anni a contrastare gli effetti negativi
dei poteri delle streghe e per di più siamo Enchantix! Siamo
più forti delle streghe... se non riusciamo a proteggere
Alfea, come possiamo proteggere i nostri mondi?»
Flora
sapeva che la sua amica aveva ragione. Eppure non riusciva a reagire:
vi erano troppa oscurità, troppo freddo.
Stormy
le attaccò di nuovo con una tempesta di fulmini che le colpì
in pieno, ma le loro ali, cariche della loro polvere di fata, le
protessero e respinsero l'attacco, dissolvendolo a mezz'aria.
«Non
arriverete al diploma!» gridò Stormy, serrando i suoi
attacchi, continuando a provare, a colpirle con violenza, a cercare
di far loro tutto il male possibile. Ma la polvere di fata non
sentiva la stanchezza come le loro padrone. Rispediva indietro gli
incantesimi e li faceva sparire prima che tornassero alla
proprietaria. «Non ci arriverete mai!» fremeva e, più
lei si caricava di sentimenti negativi, più le fate si
indebolivano.
Anche
Musa cominciò a vacillare e, spinta da Flora, cominciò
a perdere quota. Era la fine.
«Flora!
Musa» una voce le chiamava da lontano. «Reagite, ragazze!
Non fatevi sconfiggere da Stormy!»
Flora
era sicura di conoscere quella voce, di averla sentita tante e tante
volte: una voce dolce, che riusciva sempre a infonderle sicurezza, in
qualsiasi pericolo si fosse trovata.
Riuscì
a balbettare il suo nome, ma i suoi occhi si stavano lentamente
chiudendo e la sua voce spegnendo. Era un peccato non poter riuscire
a rispondere, a riprendere forza, a fare ciò che le veniva
chiesto. Il battito delle sue ali cominciava ad essere più
debole che mai; la fata si stava lasciando cadere. Non sentiva più
il braccio di Musa, forse non l'aveva mai davvero sentito.
Era
in un limbo fatto di oblio. Voleva solo dormire. Tutto il resto non
contava.
Le
sue braccia ricaddero all'indietro, Flora ne era solo parzialmente
consapevole. I muscoli del suo viso e del suo corpo si rilassarono.
Era pronta a perdersi in un lungo sonno; voleva dormire, riprendere
le forze.
«Combatterò
dopo...» sussurrò in risposta alla voce che la incitava
da un luogo troppo lontano.
***
«E
adesso che ti prende?» chiese Darcy, confusa, mentre camminava
dietro ad un Riven sempre più cupo. Accelerò il passo e
gli prese la mano. «Ti sei pentito?»
Lui
continuò a camminare, non strinse la mano della strega, non la
guardò negli occhi, trovando molto interessante il terreno che
gli scorreva sotto i piedi. Storse solo la bocca.
«Non
è giusto.» disse, dopo diversi secondi di attesa,
rompendo il silenzio che si era creato.
Darcy
inarcò un sopracciglio; continuò a fissarlo, cercando
di sondare i suoi pensieri attraverso i suoi occhi. «Che cosa?»
«Che
io baci un'altra, quando... quando sto con Musa! Darcy, è
stato un errore!»
«Beh,
sei stato tu a dire che le cose tra voi non vanno bene!» gli
ricordò, cercando di sembrare il più comprensiva
possibile. Quanto si era odiata per tutto ciò che aveva detto,
per tutte le smancerie che era stata costretta a vomitare per farsi
credere!
Una
cosa era certa: Riven era davvero uno stupido. Si faceva tanti
problemi anche se aveva una bella ragazza disponibile che non gli
avrebbe detto di no! Sospirò.
«Non
è giusto comunque.» ribatté Riven, liberandosi
della mano di Darcy.
«Non
è giusto per chi?»
Riven
si fermò. «Per Musa.» mormorò, tenendo gli
occhi bassi. «Dopotutto, stiamo ancora insieme!»
Darcy
inclinò la testa. «Ma se tu non la ami, qual è il
problema?» chiese, con falsa ingenuità.
Lo
Specialista alzò finalmente lo sguardo su di lei, mostrando la
propria titubanza con una smorfia. «Il problema è che...
stiamo insieme.»
Darcy
fece forza su se stessa per non alzare gli occhi al cielo. Fece un
debole sorriso. «Spiegami, per favore.» chiese.
Lui
inarcò un sopracciglio. «Cosa, per la precisione?»
«Spiegami
perché baciare un'altra, quando si sta con una donna che non
si ama, è così orribile!»
«E'
una questione di correttezza!» fu la risposta che ricevette,
come se avesse dovuto essere ovvio che il motivo fosse quello.
Darcy
stava per vomitare. Correttezza: la parola magica dei puri di cuore,
dei buoni, di quelle odiose fatine insolenti. Nascose in un sospiro
la propria esasperazione.
Si
fece avanti, camminando verso lo Specialista. «Dimmi una
cosa...» gli disse, allungando una mano e posandogliela sulla
spalla. Si strinse a lui e avvicinò le sue labbra alle sue.
Riven
cercò di sottrarsi a quel contatto, tirò indietro la
testa.
«Darcy...»
le diede un avvertimento, che somigliava di più ad un lamento.
Probabilmente, pensò la strega, si sentiva messo alle strette.
Sogghignò, ma solo nel suo intimo.
«Dimmi
cosa hai provato...» gli chiese, seducente, fissandogli le
labbra dischiuse. «Dimmi cosa hai provato quando mi hai
baciato!»
Riven
rimase immobile, come se stesse cercando di dare un senso a quella
domanda, ma Darcy sapeva di averlo confuso, di avergli di nuovo
insinuato il tarlo del dubbio, di avergli annebbiato i buoni
sentimenti che giravano intorno alla sua insulsa correttezza.
«Dimmi
cosa hai provato, Riven. Voglio saperlo!» insistette, la voce
ridotta ad un tiepido sussurro.
«Io...
ecco...» cominciò a balbettare lo Specialista.
«Darcy...»
«Tu?»
la strega sorrise delicatamente. Lo baciò di nuovo e, quando
si staccò, lo guardò con i suoi occhi ardenti,
stringendogli il viso tra le mani. «Dimmelo adesso!»
***
Al
di fuori della gabbia, le fate rimaste fuori dal combattimento, si
sostenevano l'un l'altra, dopo il temibile scontro con la strega, e
guardavano in alto, le bocche e gli occhi spalancati per lo stupore e
la paura. Quello che erano riuscite a vedere era stato, dopo che il
fulmine si era spezzato e aveva inghiottito le Enchantix, una grande
sfera nera e minacciosa che nascondeva tutto alla vista.
Dopo
un silenzio quasi tombale durato diversi secondi, avevano ripreso a
parlare, a chiedersi cosa fare. Alcune esortavano le altre ad
attaccare da fuori e liberare le fate Enchantix.
«Non
possiamo abbandonarle!» esclamò con veemenza, la ragazza
che Musa aveva salvato e che si era ripresa grazie alle cure
sbrigative della preside Faragonda. «Dobbiamo aiutarle! Loro
hanno fatto tanto per noi! Andiamo!»
Le
sue amiche erano titubanti e guardavano con apprensione la sfera nera
e fredda che si levava minacciosa e terribile sulle loro teste.
«Ascolta,
Aria,» esclamò Mirta, la strega che studiava per
diventare una fata. «Non è il caso... non siamo
abbastanza potenti! Hai visto cosa è successo prima! E Stormy
non è un'avversaria alla nostra altezza!»
«Ma...»
Aria non voleva rassegnarsi all'idea che la sua salvatrice finisse in
pasto a quell'orrida strega. Provò a muovere le sue ali e
scoprì che era un'impresa pressocché disperata: avrebbe
dovuto dire loro addio? Il suo sguardo, da battagliero, divenne di
colpo triste. Sospirò, quando una mano delicata, eppure forte,
le si posò su una spalla, per darle conforto e coraggio.
«Non
disperare!» esclamò la voce gentile della preside
Faragonda. Un mormorio si levò tra tutte le fate, fece il giro
del parco intorno alla sfera nera, tutte che dicevano la stessa cosa
alla vicina: «La preside Faragonda!»
La
voce della direttrice di Alfea si levò alta, per coprire
quelle delle sue allieve.
«State
calme!» diceva, per quella che doveva essere la centesima
volta. «Non dovete assolutamente avvicinarvi alla sfera: è,
come hanno studiato le allieve del primo anno da poco, un concentrato
di sentimenti negativi che è esploso in tutta la sua potenza:
quello è l'odio che Stormy prova nei confronti delle Winx!
Chiunque si avvicini ad essa, potrebbe morire!»
Sussulti
e nuovi mormorii si levarono ancora una volta, mentre dalla sfera si
levava un grido stridulo di vittoria, un grido che fece rizzare i
capelli in testa a ognuna delle fate che stavano nel parco. Tutte le
altre, quelle che non erano state evacuate, rimanevano affacciate,
inorridite. Solo alcune avevano avuto il coraggio di unirsi a quelle
che già si trovavano nel cortile.
«E
come faranno Musa e Flora?» chiese Aria, con veemenza, rivolta
alla preside che, ancora teneva una mano sulla sua spalla. «Dobbiamo
salvarle!»
La
donna sospirò. Sul volto aveva un'espressione grave e, dalle
sue parole, traspariva tutta la sua apprensione. «Dobbiamo
anche essere tutti pronti al peggio!»
Aria,
alzando la testa, vide che la donna aveva gli occhi lucidi. Capì
che non avevano più speranze. Poi, mentre anche lei stava per
dare libero sfogo alle lacrime, una luce abbagliante avvolse la
terra, raggi di sole che, illuminando la notte, uscivano da quel sole
nero e che rendevano quasi raccapricciante il panorama là
attorno.
«Che
succede?» domandò Mirta, allarmata.
«Le
Winx!» gridò qualcun altro. Aria alzò gli occhi
al cielo e strillò di gioia, indicando il cielo e le quattro
luminosissime fate che si avvicinavano.
«Bloom!»
gridò la preside, guardando i lunghi capelli rosso fuoco della
fata del Fuoco del Drago volteggiare in alto, molto vicino alla
sfera, come un vessillo di speranza. Ma non era sola: altre tre
Enchantix erano accanto a lei. «Aisha, Tecna, Stella! Cosa...
cosa ci fate qui?»
«Ehi!
Ci stavate aspettando?» gridò Bloom, allegramente,
alzando un braccio in segno di saluto.
«E
non sono sole!» esclamò la voce maschile che proveniva
da dietro di lei. Faragonda si voltò e vide: «Sky!»
«E
anche gli Specialisti!» le fece notare Brandon, piuttosto
deluso, con la sua alabarda in spalla. Timmy sorrise e così
Nabu, che stavano al suo fianco.
«Non
potevamo di certo lasciarvi ad affrontare le Trix da sole, con tutto
quello che è successo su Espero!» continuò il
principe di Eraklyon, in tono grave, affiancando la preside. «Appena
abbiamo saputo, Bloom e io abbiamo lasciato Eraklyon e ci siamo
diretti a Magix! Lo stesso hanno fatto Brandon e Stella e così
gli altri. Non vi lasceremo affrontare la crisi da sole!»
«Già...»
borbottò Brandon, sempre dietro di lui.
«Cos'è
successo su Espero?» chiese Faragonda, improvvisamente
apprensiva, fissando lo scudiero. «Tu e Stella eravate lì,
vero? Non siete feriti, vero?»
«No,
stiamo bene!» tagliò corto Brandon.
«Tra
poco arriveranno anche i Templari.» concluse Sky.
Faragonda
annuì. «Bene. Ragazze, state...» ma non finì
la frase perché Stella la interruppe, gridando:
«Lasciate
fare a noi!» Al contrario del suo ragazzo, sembrava allegra.
«Siamo o non siamo le Winx?»
«Fate
molta attenzione, ragazze!» gridò loro Faragonda,
preoccupata, in risposta. «E' una sfera di energia magica
maligna!»
Stella
inarcò un sopracciglio, perplessa. «Eh?»
«Lascia
perdere...» disse Tecna, spiccia, ditigando frettolosamente i
tasti del mini-computer che aveva tra le mani. «Non è il
momento per una lezione teorica! Le nostre Musa e Flora sono
all'interno della sfera e con loro c'è anche Stormy. E' molto
potente e rischiamo di uccidere anche le nostre compagne se usiamo la
convergenza!»
«Cosa?»
gridò Stella, sconvolta. «E come facciamo? Le nostre
amiche non...»
«Stella!»
la richiamò Bloom, posandole una mano sulla spalla per
tranquillizzare la fata del Sole e della Luna. «Non disperiamo!
Sono sicura che ci verrà in mente qualcosa!»
«Bloom
ha ragione! Piangere non ci servirà!» rincarò
Aisha, guardando le lacrime che avevano cominciato a sgorgare dagli
occhi di Stella. Si voltò verso la sfera. «Tecna,
possiamo comunicare con loro, vero?»
La
risposta dalla fata della tecnologia non fu immediata. Tutte la
guardavano apprensive e col fiato sospeso.
«Perché
quel marchingegno ci mette così tanto?» sbottò
Stella, inviperita. Tecna alzò gli occhi al cielo.
«Devi
darmi il tempo di inserire tutti i dati!» spiegò con
calma.
«E
non puoi farlo un po' più velocemente?» esclamò
la fata del Sole, isterica. Indicò la sfera. «Le nostre
amiche hanno le ore contate e voi siete così calme! Io non
posso crederci! Ci penso io!» Allungò le mani verso la
massa nera e concentrò la propria energia al loro interno.
«Scarica di...»
«No!»
fu il grido disperato di Bloom, che pose davanti alla sfera. «Stella,
non farlo!»
«Bloom,
spostati o colpisco anche te! Non posso credere che non ti importi
niente delle nostre amiche!»
«Ma
è proprio perché mi importa!» esclamò la
fata del Fuoco, nella voce un senso di urgenza.
«Stella,
ti prego, abbi fiducia in noi!» continò Aisha. Stavolta
fu lei a posarle una mano sulla spalla. Per quanto avesse detto lei
stessa che piangere non serviva a niente, anche i suoi occhi erano
umidi. «E insieme dobbiamo avere fiducia in Tecna!»
«Ma...
ma...» balbettò Stella, che non capiva più
niente, tanto l'avevano mandata in confusione.
«Possiamo
contattarle, volendo!» disse Tecna, trionfante, ma subito si
rabbuiò ed indicò la sfera. «Il centro del potere
della sfera è Stormy, ma finché non viene abbattuto
l'involucro, non possiamo arrivare a lei. E' come un gatto che si
morde la coda!»
«E
quindi?» gridò Stella, isterica, stringendo i pugni.
«Vuoi parlare in un linguaggio comprensibile anche alle normali
fate della dimensione magica?»
«Vai
al punto!» chiese Bloom, risoluta, ignorando le parole di
Stella.
«Quindi,
per poter distruggere la sfera, serve colpire Stormy, ma non possiamo
colpire Stormy perché è protetta dalla sfera. La cosa
più logica da fare... sarebbe farci aiutare da Flora e Musa
che sono all'interno... però...» la fata della
tecnologia abbassò di nuovo lo sguardo sul computer. «Le
nostre amiche perdono velocemente un grande quantitativo di energia!
Rischiano di lasciarci per sempre da un momento all'altro.»
La
notizia lasciò sgomente tutte le Winx. Bloom fu la prima a
riprendersi: non avevano tempo per disperarsi, se volevano una
speranza per salvarle. «E come possiamo restituirglielo?»
domandò. «C'è il modo, vero?»
«Certo
che c'è!» esclamò Stella, con voce acuta, come se
fosse stata lei l'interpellata. «E' vero? E' vero, cervellona?»
Tecna
annuì, ignorando l'appellativo che le era stato appena dato.
«Allora
sbrighiamoci!» gridò Stella, facendo scattare la mano in
quella di Aisha. «Converg...»
«No!»
gridò Bloom, allungando una mano per fermarla. «Tecna ci
ha detto di no: possiamo uccidere Flora e Musa!»
La
fata della tecnologia annuì. «Infatti. Usa il tuo
buonsenso, Stella, se ne hai uno!»
«Vi
sembra il momento di...»
Ma
le urla di Stella furono interrotti dalla preside Faragonda che si
era librata tra di loro. «Un modo c'è!» disse.
«Oh,
preside!» esclamò Bloom, stringendosi le mani al petto.
Un nuovo barlume di speranza si accese, non solo nei suoi occhi, ma
anche in quello delle altre.
«Ma
sarà molto difficile. E... Stella,» la donna guardò
la fata del Sole e della Luna con severità. «Ci servirà
tutto il tuo sangue freddo!»
Stella
deglutì e si morse il labbro inferiore. Annuì, senza
dire una parola.
«Molto
bene!» approvò Faragonda. «Per prima cosa,
ragazze, circondate la sfera e usate la convergenza!»
«Ma
preside!» protestò Bloom. «Tecna ha detto che...»
«Lo
so cosa ha detto Tecna ed ha perfettamente ragione!»
«Ma
allora perché...»
Aisha
fu zittita da un gesto della mano di Faragonda. Mai come in quel
momento da lei scaturiva un'intensa aura di potere. «Perché
non dovrete usarla per attaccare la sfera, ma solo per far passare
attraverso di essa la vostra coscienza.»
«Ma
certo!» esclamò Tecna, infervorata. «E'
perfettamente logico! Dobbiamo fondere noi stesse con la sfera,
perché non ci consideri una minaccia!»
«Oh,
sì, proprio logico!» sbuffò Stella. «Come
se fonderci con una sfera di cattiveria fosse la mia massima
aspirazione!»
«Puoi
mollare tutto, Stella.» fu la pacata risposta di Faragonda.
«Però, non piangere, quando ucciderai le tue amiche!»
Gli
occhi grandi della fata del Sole e della Luna si fecero ancora più
grandi. «Oh, no! Questo mai!” gridò. Sospirò,
ma poi un barlume di risolutezza le attraversò lo sguardo. «E
va bene! Se così deve essere, così sarà! Per le
mie amiche questo ed altro!»
«Oh,
Stella!» esclamò Bloom, commossa.
Faragonda
sorrise per un secondo, ma poi tornò seria. «Rischierete
di finire inghiottite in un vortice di paura e furore.» le
ammonì.
«Beh,
non ci spaventa di certo! Abbiamo affrontato le Trix, Valtor e la
Fenice!» ricordò Aisha.
«E
non ci fermeremo neanche stavolta!» annuì Bloom.
«Stella,»
chiamò ancora una volta la preside. La ragazza la guardò,
con un misto di stupore e spavento. «ricorda, fata del Sole e
della Luna: il tuo potere può squarciare le tenebre! Per
quanto il mio consiglio sembri banale, è fondamentale!
Coraggio, circondate la sfera!»
Stella
non capì, ma fu la prima ad eseguire l'ordine: si piazzò
al di sopra della sfera, mentre Bloom e Tecna si misero da due parti
opposte e Aisha, al di sotto. Aprirono le braccia e chiusero gli
occhi, ricercando in qualche modo la coscienza delle altre per
fondere quella di ognuna alla propria. Doveva funzionare. Dovevano
ritrovare quelle di Musa e Flora che si indebolivano ad ogni secondo.
Bloom
espanse il suo potere. Persino le fate più giovani riuscivano
ad avvertire un frammento del suo enorme potere dentro di loro. Si
sentirono tutte improvvisamente più forti.
«Coraggio!»
gridò la Winx. E sentì il suo potere legarsi a quello
di Stella e a quello di Aisha. Solo alla fine a quello di Tecna,
forse perché era la più lontana. «Flora, Musa!»
gridò. Sentì la rabbia e la furia della sfera come se
fosse stata la sua. E capì quanto era grande il potere di
Stormy. Tuttavia, non poteva farsi intimidire: salvare le sue amiche
era la sua priorità e non avrebbe mai permesso a Stormy di
dominare il suo essere. «Reagite, ragazze! Non fatevi
sconfiggere da Stormy!»
***
Riven
fissò gli occhi voraci di Darcy, non senza sentire un morso
allo stomaco. «E' che...» distolse lo sguardo: non
riusciva a reggere quello della strega. «non posso farle
questo! Non adesso, non ancora!» aveva lanciato un lungo
sospiro sconsolato. Darcy era in libertà vigilata, era
cambiata, ma ancora non riusciva a capire il suo punto di vista...
Il
dolore che provava, insieme alle sensazioni che sentiva per Darcy,
era davvero insopportabile. Non era amore quel che sentiva per la
strega, solo un insano desiderio che non era riuscito a consumare in
passato e che, per qualche strana ragione, stava tornando. Anzi, era
tornato.
«Se
non la ami, dovresti lasciarla!» gli stava dicendo Darcy, nel
mentre di quei pensieri. «E' inutile stare con qualcuno che non
ami!»
Era
più difficile di questo. «Ma lei...» non sapeva
nemmeno Riven cosa voleva dire.
Darcy
fece un gesto spazientito con la mano. «Lei, lei e lei!»
sbottò, veemente. «Sei tu che devi decidere della tua
vita! E non puoi dannarti per lei!» aveva inclinato la
testa da un lato, guardandolo con severità. «Devi
chiederti se la ami e, una volta che ti sei dato la risposta, agisci
di conseguenza!»
Riven
aveva scosso la testa. «Non capisci... non posso tradirla!»
«Ma
se non la ami, non le fai un torto, rimanendo con lei?»
insistette Darcy, in modo serrato. «La fai soffrire! Vuoi
davvero la sua sofferenza, Riven? Pensaci bene...»
«Io...
forse hai ragione, ma...» alzò gli occhi al cielo
stellato e sospirò. «Ho violato il coprifuoco!»
disse, ficcandosi una mano in tasca e guardando il cellulare. Nessuna
chiamata... eppure aveva una strana sensazione. «Ma lei è
felice... con me...» continuò a discuterne, ignorando la
sensazione. Probabilmente aveva solo la coda di paglia...
Darcy
sgranò gli occhi, ma fu solo un attimo. «E vuoi rimanere
con lei perché lei è felice?» chiese,
incredula.
Riven
abbassò lo sguardo. «Più o meno.» ammise,
abbacchiato. La verità era che gli piacevano quegli occhi così
pieni d'amore e di gioia, ogni volta che li guardava, eppure era
convinto di non sentire quello che avrebbe dovuto sentire. Si passò
una mano tra i capelli, sempre più confuso.
«Darcy...»
mormorò. «Mi dispiace di quanto è accaduto
finora, tra noi!»
La
strega sembrava sconvolta. «In che senso?» fu lei a
chiedere, stavolta.
«Nel
senso del bacio.» lo Specialista scosse la testa e poi sorrise
colpevole. Darcy era sconvolta.
«Vuoi
dire che...»
Riven
sospirò. «Mi è piaciuto, Darcy, il tuo bacio...
Ma non abbastanza.»
Sul
volto di lei apparve una smorfia di disgusto. «Non abbastanza.»
ripeté, inviperita. Lui scosse la testa.
«Mi
dispiace.» ripeté. Era
tornato il desiderio per lei, ma non voleva approfittarne, darle
un'idea sbagliata del loro rapporto. Non voleva farle perdere quel
poco di fiducia nel mondo, una volta che avesse compreso che tra loro
sarebbe stata solo l'avventura di una notte. «E' meglio se...
se le nostre strade si dividono di nuovo. E stavolta per sempre.»
Le
diede le spalle, pronto ad andarsene. Ormai tutto ciò che
aveva avuto da dire l'aveva detto. I suoi dubbi su Musa si erano
acuiti, invece di dissiparsi. L'unica soluzione era tornare a
Fonterossa ed accettare qualsiasi punizione Codatorta avesse
intenzione di dargli.
Avrebbe
continuato a pensare. Questo si diceva, mentre si allontanava da
Darcy.
«Riven?»
si sentì chiamare. Si fermò: la strega doveva accettare
la realtà. Finché non si fosse liberato dai dubbi, era
meglio rimanere da soli.
«Darcy,
ascolta...» ma quando si voltò, non riuscì ad
andare avanti. Lo sguardo della strega era tornato quello di sempre,
quello freddo e cattivo che ricordava. Quello sguardo con cui gli
aveva detto che lo aveva soltando usato.
E
poi notò la mano tesa. Non ebbe il tempo di reagire: il raggio
nero lo colpì in pieno al petto, mozzandogli il fiato e
oscurandogli la vista.
Il
colpo lo scaraventò a terra, facendolo strisciare per diversi
metri, prima di fermarsi.
Prima
di svenire, guardò il cielo e capì.
Di
nuovo. Darcy l'aveva di nuovo raggirato.
Ed
eccoci alla fine del sesto capitolo. E sono tornati Darcy e Riven. Vi
ho stupito? Spero di sì. ^^
E
adesso, passiamo a rispondere alle recensioni:
bellezza88:
la mia Winx preferita? In assoluto è Stella, anche se da
questo capitolo potrebbe non sembrare. Benché sia così
frivola, la trovo troppo simpatica. Seguono, nella scala delle
preferenze, a parimerito Flora, Musa e Tecna. Aisha è una
piagnona e Bloom è troppo un capetto! ^^ Dovremo fare pure un
sondaggio di gradimento per gli Specialisti (per me, sul podio vanno
Brandon e Helia). :P
mileybest:
hai visto che Bloom è arrivata? ^^ Spero di averti fatto una
piacevole sorpresa.
BabyDany94:
ed ecco tornare Riven e Darcy... è andata come ti aspettavi
oppure ho tradito le tue aspettative?
Ringrazio
tanto anche le due lettrici che hanno inserito la loro storia nei
preferiti, ovvero: Christy
94 e
Safira
la maga.
Ragazze
(siete tutte ragazze, vero?), che altro dire? I vostri pareri sono
sempre graditissimi.
Spero
comunque di non avervi deluso, se speravate in qualcosa di più
hot. Non ce l'ho fatta a rendere Riven un fedifrago fino in fondo...
dopotutto ha un cuore nobile
anche lui. :P
Ma...
Musa
e Flora si salveranno?
E
cosa è successo a Riven?
Tutte
le risposte solo se continuerete a seguirmi!
*Angolo della
pubblicità*
Se vi
interessa, ho anche pubblicato una storia tra i Crossover (Forse
poteva andare peggio: il diario di Kenny). In alcuni punti è
un po' volgarotta, ma spero sia comunque divertente
(indipendentemente dalle parolacce). Con le Winx non c'entra, ma
spero che vorrete dare un'occhiata.
*Fine angolo
della pubblicità*
Un
bacio,
Luine. |
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Capitolo 7 *** Capitolo 7 ***
Capitolo
7
«Stella!»
il grido di Bloom fece sussultare la fata del Sole e della Luna e
fece vibrare la coscienza di tutte le fate che circondavano la grossa
sfera nera. «Stella, ricorda il consiglio di Faragonda! Presto,
espandi il tuo potere e concentralo sulla sfera! Solo tu puoi raggiungere le
nostre amiche! Riesci a sentirle, vero?»
«Sì,
le sento! Ma sono troppo deboli!» gridò in risposta la
fata del Sole e della Luna: riusciva a sentire le loro flebili
coscienze attraverso l'involucro di furore e paura di cui Faragonda
aveva loro parlato.
Quelle
entità maligne erano reali e sembravano avere una coscienza
loro che le sfioravano e volevano divorare i loro cuori.
Esse
chiamavano Stella e le sussurravano parole con le loro voci suadenti
e sibilanti.
Stella,
splendida fata del Sole, perché ti lasci offuscare da queste
sciocche che ti porti dietro?
Sì,
erano voci decisamente seducenti...
Lasciale,
abbraccia l'oscurità e diverrai più bella e più
ammirata che mai.
Bella
e ammirata... beh, Stella lo era già. Ma diventarlo ancora più di
quel che era?
Tutti
gli uomini ti cadranno ai piedi. Questo continuavano a sussurrare
le voci. E lei sentiva che, forse, non sarebbe stato male voltarsi al
male... furore e paura non sembravano poi così cattivi, no?
«Stella!»
il grido di Bloom le arrivava da lontano e le impediva di comprendere
tutte le parole che le due coscienze volevano dirle.
Non
farti comandare a bacchetta da Bloom! Lei vuole quello che tu hai, un
grande potere e un grande fascino. Lei è invidiosa.
Stella
ci pensò un attimo: Bloom era la sua migliore amica, non le
aveva mai dato l'idea di essere invidiosa. Beh, magari un pochino,
nell'intimo lo sarà anche stata: Stella era la fata più
bella dell'intera dimensione magica, dopotutto.
E
vuoi diventare la fata più bella dell'intera dimensione
magica!
Lei
lo era già, non aveva bisogno di diventarlo!
E
la più potente, anche!
Potente...
lo era già. Come poteva diventare più forte? Se fosse bastato per aiutare le sue
amiche... Era davvero possibile?
Certo
che è possibile! Basta che volti le spalle alle tue amiche! Basterà tagliare ogni
legame con loro e allora sì che potrai dire di essere davvero potente! Solo così,
bellissima fata del Sole e della Luna. E poi, dopo questo, sarai ancora
più ammirata... sempre più amata. Intere schiere di
sudditi si inchineranno ai tuoi piedi quando passerai, estasiati
dalla tua immensa bellezza. Tutte le donne, quando ti vedranno, si
strapperanno i capelli dalla rabbia e dall'invidia.
Un
certo piacere comincio a formarsi alla bocca dello stomaco di Stella.
Beh, dopotutto, pareva molto divertente. Tutti i suoi pensieri sulle sue amiche
sparirono nei recessi della sua mente. Ora l'avidità entrava in lei e scorreva a
fiumi.
«Stella!»
di nuovo, il grido fastidioso di Bloom la distolse dalle sue
fantasie.
Basta
che lasci le tue amiche e ti unisci a noi. Dimentica Bloom.
Dimentica le morenti Flora e Musa... ormai non sono che un ricordo.
Non hai bisogno di loro, zavorre che ti impediscono di librarti più
in alto che mai!
Flora e Musa... quell'eco la spaventò. Il ricordo di ciò
che stava succedendo tornò, stupendola come una secchiata d'acqua gelida.
Loro erano le sue amiche! Musa e Flora stavano morendo... e lei...
lei pensava alla sua bellezza e all'invidia inesistente delle sue compagne! Sentì la
rabbia
montarle dentro, il disgusto per se stessa. Come poteva dirsi ancora una Winx?
Ma poi sentì la
tranquillità di Tecna, la pacatezza di Aisha e la solidarietà
di Bloom entrare in lei e placarla.
«Le
mie amiche... loro non sono arrabbiate con me!» mormorò.
Stella,
tu sei più forte di loro. Puoi distruggerle!
Questo
le stava dicendo la sua migliore amica, o almeno quella parte della
sua coscienza che poteva toccare.
Non
mollare! Queste le parole Tecna.
Noi
siamo con te. E queste di Aisha.
Come
poteva abbandonarle?
Le
tue amiche ti considerano frivola, ti detestano. Tecna, Aisha, Bloom
ti considerano un'oca senza cervello. E Flora e Musa...
«Non è vero...»
Stella scosse la testa, disperata. «Loro mi vogliono bene!»
Le voci risero maligne. Povera
illusa! Lascia morire Flora e Musa, tanto ti disprezzano e ti
odiano!
«No,
non è vero! Mi dispiace!» sbottò Stella. «Non
mi lascerò abbindolare da voi! Tra me e le mie amiche c'è
un rapporto di amicizia e complicità che dura da troppo tempo!
Le vostre insulse parole non mi sfiorano! Salverò le mie
amiche!»
E
l'ammirazione che vai cercando? Nessuno ti ammirerà mai
abbastanza con loro tra i piedi!
Ma
Stella sbuffò. «Come si può ammirare una persona
che lascia morire le sue amiche?»
La
fata del Sole e della Luna chiuse gli occhi e concentrò se
stessa sulla sfera sotto i suoi piedi e fu proprio da essi che fece
fluire il proprio potere che somigliava molto ad oro liquido.
No.
NO!
Annientò furore e paura col
potere del sole che stava ricoprendo la sfera nera in tutta la sua
interezza, le isolò e le rese inermi. Non avrebbero più
detto menzogne, non avrebbero più tentato di farle abbracciare
il male.
Ben
fatto, Stella!
L'esaltazione di Bloom percorse la
fata con una scossa particolarmente piacevole.
***
Faragonda,
dal basso, sorrise compiaciuta.
«Sapevo
che Stella avrebbe capito!» esclamò.
«Capito
cosa, preside?» domandò Sky. «Può spiegare
anche a noi?»
La
donna si voltò verso di lui. «Vedi, la sfera di
sentimenti negativi sta assorbendo i poteri di Flora e Musa... e
immagino che, in un modo che non conosco neanche io, riesca a
colpirle nei loro punti deboli. C'è Flora che rischia di
venire uccisa dall'assenza di luce e sole, perché la sfera è
oscurità pura e le piante non possono crescere senza la luce
del sole. Grazie al potere di Stella, Flora sarà salva!»
«Ma,
preside... e Musa?» fu la domanda preoccupata di Timmy. «Qual
è il punto debole di Musa?»
La
preside guardò verso l'alto. «Il silenzio...»
mormorò. «Il silenzio che non può essere
penetrato da alcun suono...»
«E
come può salvarsi, allora?» domandò Sky,
stringendo la mano intorno all'elsa della spada che teneva attaccata
alla cintura.
«Ce
la farà. Stella ha avvolto la sfera in un guscio di sole
liquido!» spiegò la preside, ma poi guardò di
nuovo gli Specialisti e Nabu e sul suo viso si sarebbe potuta vedere
la preoccupazione, se tutti non fossero stati troppo presi dal
problema delle Winx.
«Ho
capito!» annuì il principe di Eraklyon. «Ha creato
una specie di contatto tra loro e la sfera, è esatto?»
«Sì,
è così!»
«Ma
avrebbe potuto farlo anche Bloom, no?» chiese Timmy, passandosi
timidamente una mano sulla nuca. «Sì, insomma... Bloom
ha il potere del fuoco del drago, che è vita!»
Faragonda
sospirò. «Non hai tutti i torti, Timmy. Ma vedi, il
fuoco del drago è infinitamente più potente del sole di
Stella. Purtroppo, l'Enchantix di Bloom non è ancora completo
e questo le impedisce di gestire al meglio i suoi enormi poteri...
avrebbe potuto distruggere la sfera e tutta Alfea, se non l'intera
Magix!»
«Il
potere di Bloom è veramente grandioso!» esclamò
Nabu, ammirato.
Faragonda
annuì. «E non va sottovalutato. Ma...» li passò
in rassegna con lo sguardo. «Ditemi un po': dove sono Helia e
Riven?»
Fu
Brandon ad inarcare un sopracciglio e così perse per un
momento l'aria accigliata. «Riven?» chiese, come se si
ricordasse di aver dimenticato di portare qualcosa.
Sky
si rabbuiò. «Helia è con i Templari... stanno
usando una delle nostre navette trans-dimensionali per arrivare qui.
Ma la quantità di magia che i Templari devono usare per tenere
calma Icy, finché non le avranno fatto riavere il
braccialetto, rende più lento il trasporto. Arriverà a
momenti, immagino. In quanto a Riven... l'ho chiamato più
volte, ma non ha mai risposto.»
La
preside di Alfea si fece più preoccupata. «Hai detto
Icy?»
«Sì.»
confermò Sky.
«E
Darcy?»
«Credevamo
fosse qui ad Alfea insieme alla sorella...» spiegò il
principe di Eraklyon. «Icy non sapeva che fine avessero fatto,
almeno da quel che ci ha raccontato!»
«Bah!»
fu il commento di Brandon. «Non ci si può fidare di
quelle streghe!»
Faragonda
scosse la testa. «No, hai ragione, ma Darcy e Stormy non sono
insieme, purtroppo.»
«Pensa
che Riven potrebbe essere nei guai?» continuò Timmy.
«Non
credo!» rispose Brandon, prima che Faragonda potesse aprir
bocca. «Riven sarà a Fonterossa a poltrire!»
«E
allora perché non risponde?» replicò l'altro. Il
ragazzo di Stella alzò le spalle.
«Cosa
vuoi che ne sappia?»
«Beh,
invece di stare lì a far niente...» lo rimproverò
Sky. «perché non provi a rintracciarlo? Abbiamo bisogno
di tutto l'aiuto possibile!»
«E
perché? Tanto stanno facendo tutto le Winx!» fu la
risposta dello scudiero.
Lo
sguardo di Sky si fece minaccioso e fece capire a Brandon che, forse,
era davvero il caso di riprovare a chiamare lo Specialista disperso.
***
La
fata dei fiori continuò a scivolare verso il basso. Le ali
erano troppo pesanti e non sarebbe riuscita a sbatterle nemmeno con
un enorme sforzo di volontà.
I
suoi piedi toccarono una superficie fredda. Stavolta non sentì
nessuna scossa.
Si
adagiò a terra, con gli occhi chiusi. Finalmente avrebbe
potuto riposare... Stormy avrebbe aspettato. Ma forse Stormy se ne
era anche andata, perché non sentiva più la sua
presenza. Non sentiva più niente.
«Combatterò
dopo...» sussurrò, ancora.
Qualcosa,
mentre pronunciava queste parole, sfiorò il suo cuore,
qualcosa che, per quanto leggero, le attraversò il corpo come
una scarica elettrica. Solo che stavolta non le fece male: un calore
simile a quello del sole si avvicinava a lei in modo dolce, ma
deciso. Il senso di stanchezza e di spossatezza lentamente
passavano.
Il
calore la avvolse dalla punta dei capelli a quella dei piedi...
riconosceva qualcosa in quella sensazione.
«Stella?»
ebbe la forza di chiedere. Era possibile che fosse davvero lei?
«Stella!»
«NO!»
il grido di Stormy le perforò le orecchie e la costrinse ad
aprire gli occhi. Alzò lo sguardo e vide la strega delle
tempeste ancora a mezz'aria. La sua rabbia e il suo stupore erano ben
visibili sul suo volto, mentre piccole scariche elettriche le
uscivano dalle orecchie.
«Musa!»
sussultò Flora. Si guardò intorno, alla ricerca della
fata della musica. «Musa, dove sei? Stai bene?»
«Sono
qui!» fu la debole risposta che ricevette.
Flora
riuscì a vedere un braccio, in lontananza, che si alzava. E
riconobbe il guanto bianco di Musa. Scattò nella sua
direzione, con un'energia che non credeva di possedere, dopo
quell'attacco di sonno che aveva avuto.
«Dannate
fatine!» gridò Stormy. Lanciò un nuovo colpo, ma
Musa fu più veloce: si mise seduta e riuscì a creare
una barriera tra lei, Flora e la strega.
«Ho
avuto la sensazione di cadere...» mormorò, non appena
Flora fu abbastanza vicina da abbracciarla.
«Anch'io...»
annuì l'altra. «E ho sentito la voce di Bloom! E
l'energia solare di Stella!»
Musa
annuì. «Sì, anch'io.»
«Cos'è
successo?»
«Credo...»
Musa alzò lo sguardo su Stormy che si stava dannando nel
cercare di penetrare le difese delle due fate. «Credo che sia
riuscita a donarci la loro energia, in qualche modo...»
«Ma
come?»
Musa
le fece l'occhiolino. «Ehi, la secchiona sei tu!»
Flora
non ci mise molto ad arrivare alla conclusione. «Ma certo! La
convergenza!»
La
fata della musica annuì. «Perfetto! Direi che ci sei
arrivata!»
Risero
tutte e due, sciogliendo la tensione.
Stormy, però, stupefatta, continuò a
lanciare nuovi attacchi, ma nessuno di essi riuscì a
scalfire la barriera... le sorti si stavano rovesciando. Ancora una volta.
«No!»
gridò. Nella sua voce vi era panico. «Non è
possibile! Vi ho sconfitte! La mia sfera avrebbe dovuto risucchiare
tutta la vostra linfa vitale! Io non capisco... perché i miei
poteri non funzionano più?»
«Perché
sei un'inguaribile sciocchina!»
Non
solo Stormy si voltò di scatto, pure le due fate sussultarono
nel sentire quella voce acuta.
«Stella!»
gridarono, all'unisono.
La
fata del Sole e della Luna rivolse loro una strizzatina d'occhio
complice.
«E
non solo!» Aisha apparve all'interno della sfera, poco distante
da dove si trovavano Flora e Musa. Subito dopo arrivò Tecna,
seguita da Bloom.
Flora
si alzò in piedi, aiutando anche Musa. «Ma cosa ci fate
qui?» chiese, piena di gioia. «Voi eravate in vacanza!»
Stella
sospirò. «Non me lo ricordare! Pensa che ho dovuto anche
affrontare Icy! E ho anche dovuto interrompere il mio piacevole
soggiorno su Espero perché sono arrivati Bloom e Sky!»
Bloom
annuì. «Sì, Helia ci ha avvertiti che le Trix
erano scappate!» ma guardò Stormy che, furiosa e
confusa, era rimasta impietrita a guardarle. Un'espressione risoluta
apparve sul volto della custode del fuoco del drago. «Ma
lasciamo a dopo le spiegazioni! Stormy, sei pronta a perdere?»
«Io
non perderò, stanne certa, piccola sciocca!»
Schizzò
in direzione di Bloom, un pugno alzato che aprì velocemente,
rilasciando una scarica elettrica. La fata si protesse con una debole
barriera di fuoco.
«Coraggio,
ragazze!» gridò. «Adesso ci serve la convergenza!»
«Non
vi permetterò di farlo!»
Stormy
aveva capito che il suo sogno di gloria stava per finire. Era
arrivata a un passo dai suoi obiettivi, ma stava capitolando. La
furia le fece perdere il controllo dei propri poteri che si
manifestarono sotto la forma di scariche elettriche che le uscivano
dalle orecchie e le annebbiavano la vista. Si gettò in
picchiata su di loro, decisa a separarle, in qualunque modo: aveva
capito cosa avevano intenzione di fare e non poteva permetterglielo.
Musa
creò un'altra barriera.
«Dovrebbe
bastare!» esclamò. «Abbiamo tutto il tempo per
creare una convergenza!»
«Ottimo
lavoro, Musa!» la elogiò Bloom e le porse la mano.
«Coraggio, adesso! Convergenza!»
«Convergenza!»
risposero le altre all'unisono, prendendosi per mano.
La
loro energia magica crebbe a dismisura, cominciarono a vorticare in
un girotondo sempre più veloce e luminoso, mentre i loro
poteri si fondevano in una scia compatta di polvere fatata.
Improvvisamente,
un calore insopportabile si impadronì dei loro corpi, le loro
mani sembravano sul punto di esplodere e l'ambiente che le circondava
cominciò a pulsare ferocemente. Tutte e sei riuscivano a
sentire ciò che stava succedendo, mentre Stormy, cercando di
spezzare la barriera creata da Musa, urlava, resa folle da una rabbia
incontenibile. Solo allora si staccarono le une dalle altre, mentre
ogni fibra del loro corpo sembrava andare a fuoco.
Guardarono
il centro dell'involucro che le teneva prigioniere: lì vi si
stava formando una massa scura che si gonfiava sempre di più,
mentre il calore aumentava ancora. Le fate sudavano e, timorose, si
scambiavano occhiate, cercando nelle altre la risposta alla loro
domanda: come fuggire a quell'inferno?
«Il
potere di convergenza!» esclamò Tecna, avvicinandosi
alla massa scura. «Dobbiamo aver creato noi questa strana materia!»
Musa
sussultò, seguendola. «Cosa?»
Flora
annuì. «Ricordate l'ultima lezione di Faragonda per le
fate Enchantix? Ha detto che la polvere di fata spezza gli
incantesimi oscuri, ma che, in un caso su un milione, se le fate ne
vengono inghiottite, può succedere che la polvere e il potere
oscuro si fondano, creando una bomba a orologeria!»
«Cosa?»
gridò Stella. «Non è possibile! Il potere di
convergenza non può fallire! Lo ha detto Faragonda!»
«Ma
non hai sentito cosa ha detto Flora, poco fa?» sospirò
Tecna. «La verità è che abbiamo sbagliato
tattica! Ci siamo fatte giocare!»
«In
che senso?» volle sapere Bloom, adocchiando preoccupata la
massa scura che si stava ingrandendo.
«Nel
senso che ci siamo fatte prendere dall'urgenza di essere tutte
insieme! Ma dovevamo colpire sia da dentro che da fuori!» la
fata della tecnologia scosse la testa. «L'avevo detto, ma
furore e paura alla fine ce l'hanno fatta: ci hanno fatto avere paura
di non rivedere più le nostre amiche! Hanno giocato su ognuna
di noi e sulle nostre debolezze!»
L'ambiente
attorno a loro cominciò a bruciare e ogni fibra del loro corpo
cominciava a risentire del troppo calore. Le pareti si fecero di un
colore simile all'oro mischiato al sangue. Guardandosi intorno, con
voce tremante, Bloom disse: «Ti ricordi cosa bisogna fare se
succede! Vero, Tecna?»
«A
dire il vero, no!» rispose Tecna, sofferente. «Non riesco
nemmeno a trovare una soluzione... il caldo non aiuta i miei chip a
funzionare a dovere...»
«Flora!»
gridò ancora Bloom.
«Era...
era suonata la campanella di fine lezione... e doveva continuare
lunedì!» rispose Flora, tremante, col corpo sudato per
via del troppo caldo.
«Ah,
allora siamo proprio a posto!» sbottò Stella.
«E
cosa possiamo fare?» chiese Aisha, cercando di mantenere ancora
un po' di sangue freddo.
«Abbiamo
la nostra convergenza. Dobbiamo provarci!» esclamò
Tecna.
«Ma...
se è questa che l'ha creata...»
«Non
abbiamo molta scelta!»
«Ragazze!»
Bloom prese tra le mani quella di Musa e di Flora. «Dobbiamo
provarci! Ha ragione Tecna: non possiamo stare qui a
rimuginare!»
«Cosa
c'è, stupide fatine? Avete combinato i guai e non riuscite a
tirarvene fuori? Ah! Moriremo tutte insieme!» gridò
Stormy, impossibilitata a compiere qualsiasi movimento al di là
della barriera che, ancora, resisteva.
«Beh,
tu vorrai anche morire, Stormy, ma noi no!» sbottò Musa,
stringendo a sua volta le mani dell'amica.
«Vedremo
chi morirà!» continuò la strega, mostrando il suo
sguardo più cattivo. «Comunque vada, spero proprio che
siate voi!»
Stavolta
le fate la ignorarono e tornarono a guardarsi negli occhi.
L'indecisione era sparita. «Per Magix, per Alfea, per le Winx!»
gridarono all'unisono. Si posizionarono sopra la massa pulsante e
cominciarono a girare sopra di essa.
Una
luce bianca le inghiottì. Da dove venisse era un vero mistero,
ma sentivano tutti i sentimenti positivi che vi erano all'interno,
sentivano calore e gioia. Le sei Winx potevano la forza di quei
poteri entrare in ogni fibra del loro essere. Sì, stavolta
potevano farcela.
Erano
consapevoli della presenza delle altre solo per via delle loro mani,
perché la luce era talmente intensa che le aveva accecate.
E,
improvvisamente, dal fondo del loro cuore, capirono che l'unico modo
per distruggere i sentimenti negativi che componevano la sfera, uniti
alla polvere di fata, era ancora polvere di fata. Polvere di fata
incontaminata, quella che usciva dalle loro ali.
«Potere
di convergenza!»
Allora? Com'è andata stavolta?
Siamo
in dirittura d'arrivo, ormai. Tra due capitoli (forse tre, ma non
prometto niente) questa avventura delle Winx si concluderà. Ho dato
molto spazio alle nostre fatine preferite in questo capitolo e in
particolare alla mia. Che volete farci, sono un po' di
parte. XD
Ma
passiamo a rispondere alle recensioni. Lo scorso capitolo ho
stabilito il mio record personale (il messaggio subliminale è:
congratulatevi! Scherzo XD):
MUSICAL:
sono felice che la mia storia ti stia piacendo, non ero molto sicura
del risultato essendo il mio primo esperimento sul campo. Nuovi
pareri per me sono sempre bene accetti per capire come devo muovermi.
Spero che vorrai darmi il tuo anche su questo capitolo.
XD
gaiaRB:
beh, i giochi non sono ancora finiti. Come pensi che sia andata? La
tua curiosità è stata appagata? Almeno in parte spero
di no, così posso costringerti a seguirmi (scherzo,
naturalmente)! XD
bellezza88:
ti giuro che sono talmente stordita negli ultimi tempi (sarà
la primavera?) che mi sono dimenticata Riven (sebbene ne avessi
scritto fino a poche righe prima). XD Effettivamente, tra gli
Specialisti, è quello più «maschio»,
insieme a Brandon e Helia. XD Spero di sentirti presto!
mileybest:
già ti vedevo davanti al monitor con i fazzoletti! Dai, almeno
non hai dovuto usarli! XD A
presto!
Ringraziamento
speciale per MUSICAL
e LaBabi che hanno
deciso di inserire la storia tra le loro “Seguite”.
Quindi,
come al solito chiudo il sipario e vi do appuntamento con il prossimo
capitolo.
Un
bacio,
Luine.
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Capitolo 8 *** Capitolo 8 ***
Capitolo
8
Seduto al posto di comando della
navetta di Fonterossa, Brandon cercava di rintracciare Riven.
«Andiamo!» borbottava,
guardando con sguardo disattento il parabrezza. «Ma dove
diavolo sei, Specialista cocciuto?»
Timmy,
accanto a lui, digitava velocemente su una tastiera, guardando il
piccolo schermo di fronte a sé. «Il segnale proveniente
dal suo cellulare è debole.» comunicò. «Sto
cercando di allargare lo spettro. Dammi un secondo!»
Brandon
sbuffò. «Secondo me, ha abbassato il segnale
volutamente!»
Timmy
si sistemò gli occhiali sul naso, prima di riprendere il suo
febbrile lavoro. «No, c'è qualcosa che non va: i
cellulari dell'intera dimensione magica sono stati fatti apposta per
evitare che le frequenze dei segnali fossero portate a livelli di
campionamento così bassi dall'utente finale.»
«Magari
non è a Magix!» suppose Brandon.
«No,
è qui.» confermò Timmy. Un lieve bip lo fece
sussultare di eccitazione. «E' qui, da qualche parte, a Magix.
Sono riuscito ad agganciarmi al cellulare!»
«Provo
a chiamare?»
Timmy
ci mise un po' a rispondere: guardava il monitor, accigliato. «Ancora
no.» disse, lentamente. Poi guardò verso l'altro
Specialista con aria preoccupata. «Non prenderà mai.»
«E
perché?»
«E'
da qualche parte sottoterra.»
***
Il
rumore di gocce che cadevano dentro una pozzanghera risvegliò
Riven dal suo sonno agitato insieme al dolore alla sua schiena
ferita. Lentamente, i suoi ricordi riaffioravano, uno ad ogni goccia
che cadeva.
Rivedeva
i momenti che, inesorabilmente, lo avevano condotto in trappola. Se
Stella non si fosse intromessa, se non l'avesse chiamato per un
inutile completino intimo, lui sarebbe stato a Fonterossa a poltrire,
avrebbe dormito e dimenticato quella giornata degli innamorati. Ma
adesso...
Strizzò
le palpebre diverse volte per cercare di mettere a fuoco il luogo in
cui si trovava, ma non vide niente. Tutto era buio.
L'unica
cosa di cui era sicuro era che si trovava in un posto molto umido e
freddo. Cercò di stropicciarsi gli occhi, ma quando provò
a spostare le braccia da dietro la schiena, sentì una forza
che opponeva fiera resistenza e che gli impediva di muoversi a suo
piacimento.
«Ma
che...» si dimenò per un po', finché una risata
cattiva non lo bloccò. Voltò la testa di qua e di là,
come un animale in trappola. «Dove sei?» ringhiò,
frustrato e, anche se odiava ammetterlo, spaventato. «Che cosa
mi hai fatto?»
Di
nuovo, udì solo una risata.
«Darcy?»
provò ancora.
«Sì,
che cosa c'è?» chiese la voce della strega, in tono
giocoso. Nel sentirla, Riven provò di nuovo a liberarsi,
sbatté le palpebre con forza, ma non riusciva in alcun modo a
riprendere la vista, né a muovere le braccia, mentre una fitta
dolorosa e penetrante come una lama lo trafiggeva a ogni più
piccolo movimento.
«Dove
sono? Che cosa mi hai fatto?» gridò.
«Niente
di speciale.» rispose lei, incurante. «Ti ho solo
impedito di nuocermi!»
«Mi
hai ingannato! Mi hai raggirato ancora una volta! Sei... sei una
strega, Darcy!»
«Però...»
replicò lei, sarcastica. «Sei davvero sveglio per essere
uno Specialista tutto muscoli e niente cervello!»
Rise
della propria battuta. Riven fece scattare la testa da un lato, come
per scacciare una mosca che gli era finita troppo vicina al naso.
«Avanti, dimmi dove sono!»
«In
un dei vecchi nascondigli di Valtor... uno dei più squallidi,
ma almeno uno dei pochi rimasti intatti!» rispose Darcy,
pigramente.
«Vuoi
dire che siamo su Andros?»
Sentì
Darcy sospirare esasperata. Non rispose, però. Lo lasciò
col dubbio, mentre la sua frustrazione cresceva.
«Che
cosa vuoi da me?» insistette, rabbioso.
Percepì
un movimento che lo fece scattare sul posto: non riusciva a capire
dove fosse la strega, sebbene la sentisse parlare. Avrebbe potuto
essere davanti a lui, come a chilometri e chilometri. Questa
incertezza lo rendeva decisamente inquieto. Avesse potuto contattare
gli altri Specialisti!
Il
suo pensiero corse a Musa e si chiese cosa sarebbe successo se,
invece di seguire la strega, avesse davvero chiamato lei come gli
aveva suggerito Stella.
Che
importanza aveva, ora, saperlo? Tanto non aveva modo di tornare
indietro per scoprirlo. Forse non l'avrebbe nemmeno chiamata, nel
caso.
«Dai,
che cosa vuoi da me?» chiese, di nuovo, stavolta meno
aggressivo. Forse, per una volta, doveva studiare la situazione.
«Vendetta.»
fu la semplice risposta che ricevette.
«Vendetta.»
ripeté allora Riven, amaro. «E' per vendetta che sono
qui?»
«Se
tu non fossi stato così sciocco, ora saresti in ben altra
posizione.» rispose Darcy.
«Che
intendi dire?»
La
strega non parlò più, ma Riven riusciva quasi a
percepire il sorriso maligno che era apparso sulla sua bocca. Che
avesse in mente qualcosa era chiaro, ma il problema era scoprirlo,
neutralizzarla prima che avesse il tempo di fare la prima mossa.
«Avanti,
dimmi perché mi hai ingannato in questo modo! In cosa consiste
la tua vendetta? Perché ce l'hai tanto con me?»
«Quante
domande, Riven!» sospirò Darcy, sarcastica. «Davvero
è stata la tua testolina vuota a formularle? Ma bene, a quanto
sembra le cose a Fonterossa sono cambiate negli ultimi mesi! Adesso
vi insegnano anche ad usare il cervello non solo per fare peso!»
«Smettila!»
ringhiò lui: detestava che gli si desse dello stupido. Lui non
era stupido, anche se a volte faceva di tutto per sembrarlo.
«Di
fare cosa?»
Riven
digrignò i denti. «Darcy, ora mi stai facendo
arrabbiare! Liberami subito o...»
«Ti
senti davvero nella posizione di minacciarmi?» Riven era sicuro
che Darcy stesse scuotendo la testa con la sua solita aria beffarda,
proprio come il giorno in cui aveva scoperto di essere stato
raggirato, quando lei e le sue sorelle avevano cominciato a girargli
intorno ridendo malignamente di lui. «Avanti, Riven... sei
legato e cieco, come pretendi di darmi degli ordini?»
«S-sono...»
balbettò lo Specialista, incredulo. La gola gli si seccò
e il suo cuore cominciò a scalpitare. Aprì e chiuse la
bocca più volte per far uscire parole che non era in grado di
esprimere.
«Credevi
essere bendato, eh? Sì, ho usato i miei poteri su di te.»
continuò Darcy, con naturalezza, intuendo quali fossero le
paure dello Specialista. «Oh, stai pure tranquillo: non è
un incantesimo permanente. Durerà abbastanza, però.»
«Abbastanza
per cosa?» Riven notò panico nella propria voce e non
riuscì a non detestarsi per questo: si stava dimostrando
debole di fronte ad una strega. Di fronte ad una donna.
Il
rumore di tacchi delle scarpe di Darcy gli dissero che lei si stava
muovendo e, dal suono sempre più amplificato, capì che
si stava avvicinando a lui. Fece per scattare in piedi, ma scoprì
che anche i suoi piedi erano stati legati: non aveva via d'uscita.
Sentì una delle mani di Darcy chiudersi intorno ai suoi
capelli e tirarli, costringendolo a piegare il collo verso l'alto.
«Per
questo!» mormorò Darcy.
E,
prima che Riven avesse il tempo di replicare, un nuovo oblio lo
avvolse.
***
Tutte
le fate di Alfea guardavano sconvolte e preoccupate la sfera nera
sollevata al centro della scuola: aveva cominciato a tremare,
minacciosa e un vento innaturale si alzò intorno ad essa,
mentre la luce con cui Stella l'aveva avvolta cambiava, diventava
rossa, poi di nuovo d'oro, poi cambiò ancora, e ancora una
volta, diventando delle sfumature dell'arcobaleno. Fu allora che solo
i contorni divennero di un rosso intenso come il cielo al tramonto.
Il
tremore della palla si fece ancora più intenso.
«Che
sta succedendo?» domandò Sky, facendo un passo indietro,
sconvolto.
«Ci
sarà un'esplosione!» spiegò Faragonda, capendo
improvvisamente. «Ascolta, Sky, puoi cercare di creare uno
scudo con le vostre tecnologie che isoli Alfea dal resto della
foresta?»
Sky
ci pensò un minuto. «Ci penso io, Preside. Sono sicuro
che Timmy ha qualcosa per l'occasione!»
«Molto
bene!» annuì la Preside di Alfea. «Allontanate la
navetta di Fonterossa da qui! Non vorrei che venisse coinvolta in
un'esplosione. Prendete con voi le fate ferite o deboli! In fretta!»
«Certo!
Vieni, Nabu, avremo bisogno anche di te!»
«Sì,
certo!» esclamò il ragazzo.
Corsero
via, mentre Palladium e Grizelda arrivarono dall'interno della
scuola, leggermente feriti per via dell'attacco a sorpresa sferrato
da Stormy all'interno della camera delle Winx. Si dissero pronti:
avrebbero combattuto fino allo stremo, pur di lavare via l'onta della
loro sconfitta.
«Dobbiamo
metterci in formazione e limitare i danni!» continuò la
preside, senza perdere la calma, una volta che Sky e Nabu ebbero
fatto ritorno, insieme alle fate ferite, alla navetta di Fonterossa.
«Quando
vuole!» esclamò l'elfo, annuendo. «Noi siamo con
lei, professoressa!»
«Cosa
succederà?» domandò Mirta, avvicinandosi alla
preside. «Flora e le altre staranno bene, vero?»
Faragonda
abbassò lo sguardo su di lei e sospirò. «Dobbiamo
fare tutto il possibile, Mirta. Ed intendo tutti noi!» poi,
dopo un attimo di pausa, mentre i professori si sistemavano, richiese
l'attenzione delle sue studentesse. «Fate di Alfea, la scuola e
tutti noi corriamo un grande pericolo: la sfera di sentimenti
negativi creata da Stormy sta per esplodere e rischiamo che tutti noi
rimaniamo travolti e uccisi! Fate ciò che vi dico: convogliate
la vostra energia sulla sfera e ricopritela con un velo di magia che
eviterà l'impatto! La prima cosa da fare è sistemarsi
intorno alla sfera.»
Tutte
le fate eseguirono l'ordine impartito, pure coloro che, fino ad
allora, non avevano avuto il coraggio di farsi avanti. Persino quelle
che erano rimaste nella scuola accorsero.
La
sfera continuava a vibrare minacciosa, mentre il rossore ai bordi si
estendeva verso l'interno e si faceva ancora più intenso.
Aria, la fata salvata da Musa, e Mirta, l'una accanto all'altra,
vicino a Faragonda, alzarono le mani, rivolgendo i palmi alla sfera.
«Ce
la faremo!» le rassicurò la preside, imitandole.
«Adesso» continuò, a voce molto alta. «chiudete
gli occhi e pensate di voler avvolgere tutte le altre in un grande
abbraccio di speranza! Potete farcela! Siete fate, il vostro compito
è quello di portare quanti più sentimenti positivi
potete nel cuore di tutti! Voi siete nate per questo. Abbiate fiducia
in voi!»
Tutte
quante chiusero gli occhi, proprio come aveva detto la preside. Mirta
si ritrovò ad avere un po' di paura: lei era una strega, non
una fata. Avrebbe potuto mandare a monte tutti i piani di Faragonda,
se non avesse mantenuto la concentrazione.
La
sua sicurezza vacillò, mentre i suoi occhi si riempivano di
lacrime di frustrazione per la sua incapacità.
«Non
mollare, Mirta!» esclamò dolcemente la preside,
facendola sussultare. La ragazza aprì gli occhi arrossati e
vide un sorriso rassicurante sul volto dell'anziana fata che le stava
porgendo la mano. «Io ho fiducia in te e anche tutte le altre
fate!»
«Sì.»
fu il commento di Aria che le afferrò l'altra mano. «Sei
una delle migliori fate che io abbia nel mio corso! Dico davvero!»
Mirta
si sentì confusa. «D-davvero?»
Aria
annuì, convinta. «Non sono molte le streghe che decidono
di voltare le spalle all'oscurità! Tu lo hai fatto!»
disse, ammirata. «E' per questo che sei una fata migliore di
molte altre.»
«I-io...» «Ti
prego! Salva Musa e le altre! Dimostra di essere una vera fata!»
Mirta
si sentì riempire di orgoglio per quelle parole. «I-io...»
chiuse gli occhi, mentre una nuova fiducia entrava in lei grazie a
quelle belle parole. «Grazie, Aria!»
Le
strinse la mano e chiuse gli occhi, concentrandosi sui buoni
sentimenti. Ce l'avrebbe fatta. Per quanto strano potesse sembrare,
credeva davvero di potercela fare.
Un
alone di un acceso verde brillante la avvolse, sentì il calore
penetrarle nelle ossa e così aprì gli occhi,
stupefatta, solo per accorgersi che non solo lei, ma tutte le altre
fate erano ricoperte dallo stesso alone. Le loro mani brillavano.
Guardò
la preside, negli occhi un'immensa felicità.
«Ottimo
lavoro, Mirta!» esclamò la preside, mostrando la propria
approvazione con un sorriso.
Quel
grande potere fece reazione con la sfera.
Grazie
ai professori, ricoperti, invece, da una luce azzurra, le ragazze si
facevano forza e traevano potere da loro e dai loro sguardi risoluti.
La speranza e la fiducia in loro le alimentava.
«Lasciate
che la vostra mente concentri sentimenti positivi!» le esortò
Palladium. «Dovete contrastare la potenza della negatività
di questa sfera: le Winx hanno fatto quello che hanno potuto
dall'interno, ma, purtroppo, non sono riuscite a respingerla. Se non
ci riusciamo noi, saranno le prime a morire!»
«No,
Musa!» gridò Aria, disperata. «Non moriranno, non
devono morire!»
Eppure
Faragonda e Palladium avevano detto che sarebbe potuto succedere. Con
l'esplosione, le sei fate sarebbero state coinvolte, sarebbero state
le prime a pagare per la malvagità delle streghe. Scosse la
testa: sia lei che Mirta combattevano per loro, perché erano
state salvate, sebbene in momenti e circostanze diversi, dalle Winx e
avevano un debito di gratitudine nei loro confronti.
Lasciare
che la mente facesse pensieri positivi era difficile, soprattutto se
Mirta ricordava il suo odio per le Trix le quali l'avevano
trasformata in una zucca, avevano rapito la sua amica di infanzia e
quasi distrutto Magix.
«Convogliate
pensieri positivi, ragazze! Siete fate e, per combattere le streghe,
dovete dimenticare l'odio o il risentimento!» continuava
Palladium.
«Chiudete
gli occhi, mie giovani fate!» lo aiutò Faragonda, forse
intuendo il disagio e i pensieri di Mirta e Aria che, dopotutto,
erano molto simili. «Ricordate i sentimenti che vi legano alle
ragazze là dentro, a quello che hanno fatto per voi, la loro
amicizia, il loro spirito di sacrificio! Hanno fatto questo per voi e
voi dovete essere disposte a fare lo stesso per loro. Gratitudine,
affetto, qualsiasi cosa vi leghi a loro può funzionare!
Pensate alle Winx che tante volte hanno salvato la scuola e il mondo
magico, pensate a delle amiche sincere, a delle grandi fate! Pensate
all'amore che vi lega le une alle altre, al mondo di Magix e a tutta
la dimensione magica! Chiudete gli occhi e pensate a ciò che
di bello il mondo ha da offrirvi!»
A
quelle parole, le fate ubbidirono: chiusero gli occhi, tutte insieme
come se fossero state una sola. I loro pensieri disparati, tutti
rivolti alle amiche, agli affetti più cari. Dovevano tutte
riempire i loro cuori di questi sentimenti. E Mirta pensò a
Flora, ai tanti suoi sforzi per ritrasformarla, a Bloom che l'aveva
salvata dalle Trix e portata ad Alfea, la grande forza di Faragonda,
la generosità, i principi delle fate e ad Aria che aveva così
tanta fiducia in lei. Poteva farcela, lo sentiva, sentiva forza, una
grande sensazione di pace.
Aprì
gli occhi: dalle sue mani, il luccichio che le aveva avvolte si era
fatto più forte, mentre la luce attorno al suo corpo era
diventata di un bell'azzurro cielo, proprio come quello dei
professori. Un sorriso radioso si dipinse sul suo viso: adesso sì
che si sentiva una vera fata.
«Ottimo
davvero, Mirta!» fu il complimento che le rivolse Faragonda.
Presto, molte altre fate raggiunsero il suo risultato e i raggi
luminosi che intaccarono la sfera cominciarono a spandersi tutto
intorno al suo perimetro vibrante, come un velo leggero e setoso.
«Con
tutta la potenza che avete, ragazze!» gridò Faragonda,
tenendo le braccia tese sopra la testa. «Usate i vostri poteri
come se doveste spingere una montagna!»
Dalle
mani delle fate, a quelle parole, si sprigionarono delle piccole
sfere azzurre simili all'alone che le circondava e tutte si spinsero
lungo la linea continua che teneva ancorate alla sfera di sentimenti
negativi le loro proprietarie.
Guardarono
tutto con stupore sempre crescente: la sfera aveva un colore
rossastro, ma era attenuato dal velo azzurro e, adesso, pulsava come
un cuore, pieno di vita.
«Non
ce la faremo!» gridò Aria, mentre una lacrima le
scivolava giù dalla guancia.
«Invece
sì!» replicò Mirta, risoluta, decisa, convinta
delle proprie parole. Si stupì lei stessa delle parole che le
stavano uscendo dalla bocca. «Noi dobbiamo farcela! Per
Flora, per Musa! E per le altre Winx!»
La
sfera continuava a pulsare sempre più forte.
«Adesso
tocca a noi!» gridò Faragonda, sollevandosi in aria.
Grizelda, Wizgit, Avalon e Palladium la imitarono. Una luce così
bianca da essere accecante li avvolse completamente, come se fossero
state delle stelle in procinto di cadere. Un lungo filo dello stesso
colore si propagò da ognuno di loro verso due dei compagni e,
in alto, sopra le allieve di Alfea e disegnarono una stella a cinque
punte.
Tutto
quello che successe dopo fu un attimo: la luce bianca divenne ancora
più accecante, tanto che tutte dovettero coprirsi gli occhi.
La luce azzurra svanì, inghiottita da quella emanata dai maghi
a mezz'aria, i quali, con gli occhi chiusi, usarono tutta la loro
energia.
Un
secondo dopo che era apparsa, la luce svanì; la stella a
cinque punte si dissolse e tutti i professori cominciarono a cadere,
stremati.
Mirta
spiccò un salto e si librò in volo per riprendere la
preside. Pure Aria, le cui ali erano tornate a muoversi grazie ai
sentimenti positivi che era riuscita a far venir fuori, afferrò
il povero e minuto professor Wizgit che era svenuto.
La
sfera non era, però, scomparsa: adesso sembrava una enorme
bolla di sapone trasparente. Al suo interno, vi erano le sei Winx,
riverse a mezz'aria, svenute, insieme a Stormy, anche lei priva di
sensi, con la testa piegata da un lato, legata in una salda catena
costruita con un pentagramma di un pallido rosa.
«Sono
vive!» gridò Mirta, gioiosa, guardando la bolla.
«E
come lo sai?» replicò Aria, mentre la aiutava a posare a
terra Faragonda.
«Perché
la loro magia è ancora intatta! Non la senti? Stanno bene!»
rispose la ex-strega. Lasciò la preside e si librò in
aria, per trovare un modo per distruggere la bolla. Stormy era fuori
combattimento e, un po', era anche merito suo. Per una volta, poteva
dire di aver sconfitto una delle Trix.
Toccò
la bolla: sembrava fatta di vetro sottile e, per questo, non le
sembrò difficile da distruggere. Con una magia, senza pensare
alle possibili conseguenze, lo colpì. Tutto ciò che
contava era salvare le due Winx.
Una
crepa si formò nella bolla, poi un'altra, e la sua superficie
liscia cominciò a scalfirsi velocemente, come un terreno che
si spacchi e apra durante un violento terremoto.
«Mirta!
Vieni via! Quando la sfera si spaccherà, tu rimarrai ferita!»
gridò Aria, con le mani a coppa davanti alla bocca,
guardandola piena di preoccupazione. «Dobbiamo proteggerci!»
«E
le Winx?» sbottò Mirta, guardando l'amica, con un astio
tale che Aria si chiese cosa avesse detto di male. «Non
possiamo lasciarle lì!»
«Andrà
tutto bene!» la voce maschile che la rassicurò le fece
distogliere lo sguardo da Aria. Cercò il suo proprietario e lo
trovò, davanti a una navetta di Fonterossa, seguito da due
grossi soldati che aveva già visto due anni prima: i Templari
di Roccaluce.
Mentre
il ragazzo che aveva parlato era uno degli Specialisti, cavalieri
maghi di Fonterossa, un ragazzo dal sorriso misterioso e gentile, i
capelli scuri che gli ricadevano sugli occhi, legati in una coda
lenta.
«Helia!»
esclamò Mirta, riconoscendolo. Il ragazzo, sentendole dire il
proprio nome, annuì.
«Quando
siete arrivati?» chiese, debolmente la preside, mettendosi a
sedere. Guardò le altre ragazze, alcune delle quali sedute a
terra, esauste, ma tutte esprimevano lo stesso stupore.
«Ogni
cosa a suo tempo.» tagliò corto Helia. «Ora
dobbiamo pensare alle Winx!»
A
quelle parole, Mirta sussultò, quasi si fosse ricordata solo
in quel momento che le sei fate erano ancora imprigionate nella bolla
incrinata. Uno scricchiolio sinistro prodotto dal vetro che
continuava a spaccarsi senza sosta la fece quasi rabbrividire e, al
tempo stesso, preoccupare molto più di quanto non fosse già.
Guardò
di nuovo verso Helia, per pregarlo di sbrigarsi e, quando vide che si
frugava in una tasca, estraendone un piccolo marchingegno elettronico
rettangolare che emetteva ad intermittenza tante luci di colori
diversi, si chiese se non fosse impazzito. Al suo sguardo perplesso,
lo Specialista rispose:
«Un
demolecolarizzatore! Timmy ha perfezionato quello costruito da
Codatorta un po' di tempo fa e, da allora, tutti gli Specialisti di
Fonterossa non vanno mai in giro senza! Fanno parte dei nostri
equipaggiamenti di base. Comunque, funziona solo su barriere magiche
solide...» fece un mezzo sorriso e le lanciò l'oggetto.
Mirta lo prese al volo con entrambe le mani e poi guardò
meglio l'oggetto, tra le mani a coppa, come se quello avesse dovuto
esplodere da un momento all'altro.
«Posalo
sulla barriera di vetro e questa dovrebbe sparire!» le suggerì
Helia. Mirta decide di fidarsi: non aveva tempo per i ripensamenti,
non aveva tempo per i dubbi. Alfea e tutte le sue fate erano in grave
pericolo e lo sarebbero state ancora di più, una volta che il
vetro fosse esploso. Posò delicatamente il demolecolarizzatore
sul vetro. Questo vi si attaccò sopra come una ventosa, poi le
luci su un lato del marchingegno smisero di lampeggiare, un suono
acuto prolungato e insistente si levò da esso, mentre un alone
dorato ricopriva l'intera bolla. Mirta si allontanò di poco,
timorosa, mentre Aria le chiedeva ancora una volta di tornare giù.
Faragonda
si stava lentamente riprendendo e, aiutata dalle allieve, si mise in
piedi, rivolgendo un'occhiata alla bolla.
«Bene!»
sospirò, chiudendo gli occhi, per via della testa che ancora
le girava. «Ora che ci sono anche i Templari sono molto più
tranquilla!»
La
bolla, una volta ricoperta interamente dall'alone dorato, a momenti
alterni, scompariva e riappariva. Ci vollero diversi secondi, durante
i quali questo processo si ripeté senza mai fermarsi.
Tutto
quell'attendere aveva tenuto le fate col fiato sospeso, ma, dopo
quello che sembrò un tempo interminabile, la luce scomparve,
le crepe si dissolsero e il vetro divenne sabbia scura che,
trasportata dal vento, fu spazzata via insieme a tutti i sentimenti
negativi richiamati da Stormy.
Le
Winx cominciarono a cadere a peso morto, ma Helia allungò il
braccio e, con i fili dorati che uscivano dalla sua tuta, riuscì
ad afferrarle tutte e riportarle a terra senza che si schiantassero.
Un
grido di vittoria, a quel punto, si levò da tutte le fate che
saltavano e volavano nei cieli di Alfea, mentre il sole cominciò
a sorgere, rosato, dietro alla scuola, portando un nuovo giorno.
***
«Flora...
Flora apri gli occhi!» la preghiera che le arrivò alle
orecchie era una strana e dolce poesia. Come poteva essere lui?
La
fata sentiva il tocco leggero del vento che le sfiorava le guance.
Non ricordava molto di ciò che era successo, dopo che lei e le
sue amiche avevano tentato di fermare la massa scura che si era
creata all'interno della gabbia di Stormy, ma la cosa certa era che
non era più al suo interno. Gli odori della natura e le piante
le parlavano, le dicevano che tutto era finito, che era al sicuro.
Continuò a tenere gli occhi chiusi, ascoltando il mondo
circostante, ancora lasciandosi cullare da quelle braccia che la
sorreggevano. Si chiedeva di chi fossero, ma non era poi così
curiosa: era molto stanca e sentiva un grande bisogno di riposare.
«Flora!»
la chiamò ancora quella voce, adesso preoccupata.
«He-Helia?»
domandò, incerta, in un lieve sussurro. Persino la propria
voce le pareva strana, come se appartenesse ad un'altra, o forse era
lei che era ancora in dormiveglia?
«Sì,
sì, Flora!» replicò la voce, da cui traspariva
una profonda emozione. «Si è ripresa!»
E
mentre, lui gridava quelle ultime parole, lei rimuginò: se
Helia era in missione per Fonterossa, cosa ci faceva con lei? Questa
domanda la costrinse ad aprire gli occhi, rimanendo abbagliata dalla
luce del sole, convinta che quella fosse una nuova macchinazione
delle Trix.
Non
doveva dimenticare che le altre due non si erano viste... si alzò
di scatto, sbattendo le palpebre, notando solo in quel momento di non
essere più trasformata, ma di indossare i vestiti di tutti i
giorni. Ebbe solo il tempo di fare questa osservazione che tutto il
mondo attorno a lei cominciò a vorticare troppo velocemente.
Cadde all'indietro, ma due braccia forti la sorressero per le spalle,
prima che battesse la testa.
«No,
Flora, stai giù, sei ancora molto debole!» nel suo campo
visivo si materializzò proprio lui, i suoi occhi, la sua
espressione preoccupata e così infinitamente dolce.
«Helia!»
esclamò, stupita, ma allo stesso tempo, felice. Lui sorrise ed
annuì.
«Ora
è tutto a posto!» esclamò.
«Ma...»
Flora non ne sembrava convinta. «...le Trix?»
Helia
continuò a sorridere, rassicurante. «I Templari le hanno
catturate!» rispose, alzando la testa verso il folto del bosco.
Anche Flora guardò nella stessa direzione e vide due uomini
nerboruti, vestiti delle loro armature, che si avvicinavano, seguiti
dalla preside Faragonda, il professor Codatorta, Bloom, Stella e
Tecna, anche loro nei soliti abiti e un'espressione sorridente.
Seguivano, infine, le Pixie. Chatta le andò subito incontro e
la abbracciò.
«Mi
hai fatto prendere un colpo!» esclamò, commossa. «Un
colpo è come dire spavento, terrore e...»
«Oh,
Chatta! Sto bene!» rispose la fata, per interrompere la fiumana
di parole che stava uscendo dalla bocca della Pixie. «Ma, cosa
è successo e perché sono in mezzo al bosco?»
domandò, tornando a guardare il proprio ragazzo e coprendo la
Pixie con una mano, per accarezzarle la testa.
«Tu
e le altre avete combattuto una lunga e durissima battaglia!»
rispose Faragonda. Il suo aspetto, notò Flora, era trasandato:
non sembrava neanche più la stessa della sera prima. Le pareva
più vecchia, stanca e malata. Occhiaie profonde solcavano i
suoi occhi spenti e stanchi. «Hai rischiato molto, fata della
natura, eri molto debole dopo lo scontro!»
«Già...»
ammise Bloom, inginocchiandosi di fronte a lei. «Siamo state
tutte molto male, ma tu più di tutti...»
«E
come mai?» volle sapere Flora, guardando tutti i presenti.
«Eri
già molto debole.» continuò Faragonda.
«E...
e Musa?»
«E'
in infermeria.» rispose Bloom, ma non sembrava preoccupata.
«Stiamo aspettando che si riprenda, ma sta bene.»
«Sono
orgogliosa di voi!» esclamò ancora Faragonda. «Perché
avete capito da sole che l'unico modo per distruggere la polvere di
fata contaminata dai sentimenti negativi di una strega, è la
vostra polvere di fata! Credo che la lezione di domani, sia
assolutamente superflua per voi!»
«Siamo
esentate?» domandò Flora. Faragonda se ne accorse e
rise, dolcemente. Annuì.
Bloom
rise nel vedere l'espressione dispiaciuta sul volto dell'amica,
mentre Stella saltava sul posto e gridava di gioia: «Oh, questa
sì che è una meravigliosa notizia! Non vedo l'ora di
dirlo al mio Ciccino!»
«Non
avevi detto che Brandon era in punizione?» le ricordò
Tecna, adocchiando Codatorta che stava scoccando occhiate di
disapprovazione verso la fata del Sole e della Luna.
«E...
e le Trix sono state tutte catturate, vero?» chiese di nuovo
Flora, distogliendo l'attenzione del mago e delle altre fate da
Stella.
«Hanno
preso solo Stormy e Icy!» rispose Digit, delusa, comparendo da
dietro la schiena di Tecna. «Stella ha combattuto contro di
lei. E Brandon ha chiamato Fonterossa...»
«Poverini,
il loro week end d'amore è stato rovinato da quella
stregaccia!» sospirò Amore, dispiaciuta.
«Già!»
confermò Stella, inviperita, poi sospirò, ma scoccò
un'occhiataccia a Codatorta. «Beh, ci rifaremo prima o poi.»
«Mah!»
fu il commento di Helia che, dopo, si morse la lingua.
«Che
c'è, Helia?» domandò Flora, preoccupata.
«Niente,
è che...» abbassò la voce in modo che solo lei
potesse sentirlo: «beh, ho guidato io la navetta fino ad Espero
e quei due non mi sembravano esattamente tipi a cui è stata
rovinata la vacanza!» esibì un sorriso eloquente, mentre
Codatorta sbuffava. «Ah, a proposito, Flora: buon San
Valentino!»
Flora
sussultò, ebbe un tuffo al cuore, ma, al tempo stesso, lo
guardò come se non avesse capito bene le sue parole. Lasciò
andare Chatta che cadde a terra, di schiena. «Co-come?»
«Ehi,
attenzione!» la rimproverò la Pixie, ma nessuno le diede
retta, così, offesa, se ne tornò dalle altre piccole
fate.
Ma
Bloom si alzò, prese Chatta tra le mani e tornò dalle
altre. «Su, coraggio ragazze, andiamo!» disse, spingendo
Stella verso il bosco dal quale arrivavano.
«Sì,
ma aspetta.» esclamò quest'ultima. «Professor
Codatorta, preside Faragonda... non dovevate far qualcosa?»
Codatorta
inarcò un sopracciglio. «Che cosa...»
Stella
continuò a guardarlo minacciosa e il mago corpulento cominciò
a sentirsi a disagio. Faragonda gli prese il braccio con delicatezza.
«Coraggio, professore, abbiamo ancora un paio di questioni da
risolvere, se ben si ricorda!»
«Ah,
sì... Riven!» esclamò, improvvisamente, l'uomo.
«Oh,
finalmente l'ha capita!» sospirò Stella, mentre, a
braccetto con Bloom, seguivano lui e la preside, insieme alle Pixie e
alle loro amiche.
Solo
Amore era rimasta in piedi, a galleggiare a mezz'aria con le manine
strette l'una all'altra e gli occhi luccicanti di emozione.
Durante
il piccolo esodo, né Helia, né Flora avevano protestato
e non si erano accorti della Pixie dell'Amore. Lo Specialista
continuò, finalmente, il suo racconto, con un'espressione
dispiaciuta stampata in volto. «Vedi, volevo farti una
sorpresa. Non volevo fartelo sapere prima di stasera, ma... Stormy ha
rovinato tutto!»
«E
la tua missione?» mormorò Flora, arrossendo.
«La
mia missione eri tu, Flora!»
«Oh,
com'è romantico!» sospirò Amore.
«Amore,
perché non vieni via pure tu?» sbuffò Chatta,
afferrandola per una ciocca di capelli.
«Sì,
non è educato ascoltare le conversazioni altrui!» fu il
commento altezzoso di Tune, che aveva seguito la Pixie della Parola.
«E
poi non è nemmeno il momento!» continuò
quest'ultima. «Riven è disperso da ore e ancora non
siamo riusciti a trovarlo!»
Digit
sospirò: sembrava che le Pixie, alla fine, avessero deciso di
rimanere dov'erano. «Il problema è che manca ancora
Darcy!» esclamò, guardandosi attorno, come aspettandosi
di vedersela comparire davanti da un momento all'altro. L'imbarazzo
di Flora, a quelle parole, cominciò a lasciarla, dato che le
veniva dato un pretesto per sottrarsi a quella conversazione che
avrebbe preferito affrontare da sola con il suo ragazzo.
«Abbiamo
provato a chiedere alle altre due, ma non parlano!» a parlare
fu di nuovo una inviperita Chatta che aveva stretto i pugni.
«Ma
non potete lasciare a dopo questi commenti?» domandò
Amore. «Non vedete che vogliono essere lasciati in pace?»
Ma
Flora non ascoltava più le discussioni delle Pixie, troppo
presa ad elaborare le informazioni che aveva appena appreso. «Riven
è scomparso? E Darcy non è ancora stata catturata?
Dobbiamo cercarli subito, prima che accada qualcos'altro!»
tentò di nuovo di alzarsi, ma Helia la bloccò con
delicatezza, posandole una mano con la spalla.
«Sei
ancora troppo debole, Flora!» disse. «Devi riposare! Poco
fa non riuscivi nemmeno ad alzarti!»
Ma
Flora si mise a sedere e lo guardò negli occhi con espressione
risoluta, cosa che lo colse quasi impreparato: di solito, la sua
ragazza non era così poco accomodante.
«Helia,
si tratta di Darcy! Se Stormy è riuscita a fare quel che ha
fatto, allora anche le sue sorelle ne sono in grado! Potrebbero
essere andate da Bloom, Aisha o Tecna...» esclamò,
veemente. «Dobbiamo interrogare di nuovo le Trix e dobbiamo
farlo subito! Le altre... dobbiamo andare con le altre!»
Lo
Specialista sospirò. «Tu sei sicura?» le chiese,
premuroso. Lei annuì. «D'accordo, ma non ti strapazzare
troppo, siamo intesi? Dai, reggiti a me!»
***
«Perché
non andiamo dagli Specialisti?» domandò Stella,
stiracchiandosi.
«Io
vorrei andare da Musa! L'abbiamo lasciata sola!» proferì
Bloom con aria di rimprovero, forse per far capire alla sua migliore
amica che non era il momento per pensare ai ragazzi.
«Ma
c'è Aisha con lei!» le ricordò la fata del Sole e
della Luna, capricciosa. «E poi dobbiamo sapere che fine ha
fatto Darcy! Non posso credere che ancora non sia finita! Sono stanca
di combattere contro le streghe!»
«Ok,
allora andremo io e te dagli Specialisti.» commentò
Tecna, in tono pratico. «Devo aiutare Timmy in una ricerca.»
fece una pausa e posò una mano sulla spalla di Bloom. «Tu
vai da Musa e tienici informate sul minimo sviluppo!»
Bloom
annuì. «D'accordo. E mi raccomando, Stella» le
sorrise. «fai la brava.»
La
sua migliore amica sbuffò, altezzosa. «Io sono una fata!
Non posso essere altrimenti!»
«Dillo
a furore e paura!» replicò Tecna, sarcastica, mentre,
una volta tornate entro i cancelli di Alfea, si separavano da Bloom
che corse verso l'infermeria.
La
scuola non era mai sembrata così bella e luminosa, come a
voler trasmettere nuova fiducia alle studentesse che chiacchieravano
allegramente tra loro, orgogliose di essere riuscite a salvare le
mitiche Winx.
Tecna
camminava tra loro accanto a Stella la quale, però, non era
attenta a tutto ciò e continuava a parlare di come era
riuscita a battere Icy, su Espero.
«Insomma,
ho lanciato un'enorme scarica di raggi solari e...»
«Sì,
Stella, ok.» sospirò la fata della Tecnologia, per far
finire quel fiume incontrollato di parole e non farsi venire un mal
di testa coi fiocchi.
Arrivarono
alla navicella e, subito, le colpì il fatto che tutti gli
Specialisti erano chini sul computer di bordo, tranne Brandon che,
seduto al posto del copilota, si puntellava sul gomito su un gruppo
di tasti disattivi e si sorreggeva la testa con la mano, mentre
guardava lavorare Timmy con aria annoiata.
«Hai
provato con una ricerca ad ampio spettro?» stava chiedendo il
principe di Eraklyon.
«Ehilà!»
gridò Stella, allegramente. «Brandon!»
Senza
dargli il tempo di capire chi l'avesse chiamato, la fata gli si buttò
addosso ed entrambi caddero a terra, provocando un tonfo sordo che
fece scattare gli Specialisti e Nabu verso di loro.
«Ehi,
Stella!» esclamò quest'ultimo, sorridendo divertito.
«Quanto entusiasmo!»
Ma
la fata lo ignorò: «Ciccino, mi sei mancato tantissimo!»
si avventò sulle labbra di Brandon che ancora non si era del
tutto ripreso dall'aggressione della fidanzata, ma non disse di no al
bacio che lei gli stava elargendo con tanta generosità.
Tecna
lanciò uno sguardo di disapprovazione verso di loro; lo stesso
che Sky, prima di tornare a guardare il monitor su cui il debole
segnale del cellulare di Riven si muoveva lungo una linea. Nabu
ridacchiava.
«Quello
funziona solo su frequenze alte... come gli ultrasuoni dei draghi.»
spiegò Timmy che non si era accorto dell'arrivo, sebbene
piuttosto rumoroso, delle due Winx.
«Potrebbe
esserci un guasto.» ipotizzò Tecna, quando si fermò
al suo fianco e si sedette al posto del terzo pilota. Il volto di
Timmy si illuminò, ma non guardò la sua ragazza, preso
com'era dall'idea appena datagli.
«E'
vero! Potrebbe essere, allora ho bisogno di un altro tipo di
localizzatore. Sky, scusa, puoi accendere il localizzatore Alfa, per
piacere?»
«Sì,
subito!» esclamò il principe di Eraklyon, tornando a
lanciare uno sguardo a Brandon e Stella che si stavano completamente
disinteressando della cosa, troppo impegnati a finire il loro San
Valentino.
Sospirò,
pensando che anche lui avrebbe voluto completare il suo con Bloom.
Beh, di certo, lui non era così spensierato ed irresponsabile
dall'andare a cercare la sua ragazza per fare ciò che il suo
scudiero stava facendo con Stella. Un po' arrabbiato, premette il
bottone che corrispondeva al localizzatore Alfa. «Fatto.»
annunciò. Il suo sguardo, però, non poté che
vagare verso i giardini di Alfea e il suo pensiero tornò agli
splendidi occhi azzurri e al dolce sorriso della fata che l'aveva
fatto innamorare.
***
Bloom
entrò in infermeria e si chiuse con delicatezza la porta alle
spalle per non fare rumore e disturbare Musa. «Allora, come
va?» mormorò, camminando in punta di piedi verso la
stanza in cui riposava la fata. «Ais... ma cosa...» fece
un passo indietro, mentre guardava la stanza: era deserta. Il letto,
prima occupato da Musa, adesso era vuoto e solo le coperte
disordinate tradivano il fatto che qualcuno le avesse usate.
Un
senso di panico si impadronì di lei: dov'erano le sue amiche?
Non era che, per caso, Darcy...
«Infermiera?»
chiamò, con voce tremante. Si voltò e una massa scura
entrò nel suo campo visivo.
«No!»
Scattò all'indietro e stava per invocare il suo potere
Enchantix, quando qualcosa la travolse, facendola cadere
all'indietro.
«Sono
una Trix!» disse una voce contraffatta, mentre lei urtava a
terra. «Bu!»
Bloom
urlò aiuto, ma le successive risate, il profumo dei capelli di
Musa e due risate spensierate le fecero aprire gli occhi.
«Ma...
ma cosa...» chiese, confusa, guardando la testa di Musa sulla
sua pancia e i suoi lunghi codini che ricadevano a terra, mentre la
loro proprietaria rideva nella sua maglietta.
«Oh,
è stato troppo divertente!» esclamò Aisha, che si
stava asciugando una lacrima.
«Bloom,
sei un vero spasso!» rincarò Musa, senza accennare a
smettere di ridere.
«Mi...
mi stavate prendendo in giro!» capì la Fata del Fuoco
del Drago, facendosi contagiare dall'ilarità delle altre due.
Le
loro fragorose risate riempirono l'infermeria per diversi minuti, fin
quando l'ispettrice Grizelda, colpita da tutto quel trambusto, non
decise di irrompere nel locale con un'espressione omicida stampata in
faccia. Non sembrava nemmeno una fata, ma una strega furiosa.
«Signorine!»
esclamò, indignata, con un tono di voce tale da riuscire a
sovrastare le loro risate. Immediatamente, Musa, Aisha e Bloom si
zittirono. Sui loro volti, oltre alle guance imporporate di vergogna,
comparve un sorriso colpevole, come se avessero distrutto loro la
scuola e solo per divertimento.
«Ci
scusi, ispettrice.» esclamò Bloom, non appena Musa si fu
rialzata, lasciandola libera di rimettersi in piedi. «Ma
Musa...» fece un cenno verso la ragazza che, ripresasi dal
momento di imbarazzo riprese a sorridere.
«Ora
sto bene!» esclamò, allargando le braccia. «Ha
visto? Mi sono risvegliata piena di energie!»
L'ispettrice
Grizelda guardò la fata dall'alto in basso. «E ti sembra
questo il modo di sprecarle?»
«Non
la sgridi, professoressa!» le chiese Bloom, facendo un passo
avanti e allungando un braccio come per diminuire la distanza tra sé
e la donna. «Stiamo tutte bene, è questo l'importante,
no?»
Ma
l'ispettrice fece una strana smorfia. «Non è ancora
detta l'ultima parola: una strega è ancora in libertà e
va fermata, prima che combini qualche danno! Non è esattamente
il momento per divertirsi!» disse, freddamente. «Beh, se
non avete altro da fare qui, vi pregherei di raggiungere gli
Specialisti e i Templari: dovrete interrogare nuovamente Icy e
Stormy, o mi sbaglio?»
«Sì,
ci scusi, ispettrice!» fu la risposta docile di Aisha.
«Andiamo
subito.» rincarò Bloom.
Grizelda
guardò Musa.
«Beh,
ehm...» la fata cercò qualcosa da dire per far felice
l'insegnante, ma non trovò niente che non avessero già
detto le sue compagne. «Beh, andiamo!»
La
superò e, per prima, si ritrovò fuori dall'infermeria.
Quando le altre due la raggiunsero, sospirò: «Ce la
siamo vista proprio brutta, eh?» scherzò, mentre si
incamminavano verso l'ingresso della scuola.
«Peggio
che contro le streghe?» volle sapere Bloom, allegramente.
«Grizelda
è sempre stata peggio delle Trix!» replicò Musa.
Tutte e tre risero, ma la fata della Musica tornò
improvvisamente a mettere il broncio, come se le loro battute
avessero solo contribuito a far peggiorare il suo umore.
«E
ora che c'è?» domandò Aisha, notando
quell'improvviso cambio di umore.
«E'
che...» Musa sospirò, chiedendosi se avesse dovuto
continuare oppure no. «Credevo che avrei trovato Riven al mio
risveglio! Non che la tua presenza, Aisha, non mi abbia fatto
piacere, ma... ecco... lo so che è stupido...»
Aisha
scosse la testa e le mise una mano sulla spalla. «No, hai
perfettamente ragione: è giusto volere accanto la persona che
si ama, quando si ha appena rischiato la vita! Ma...»
Musa
si fermò e guardò Aisha, stringendo i pugni,
improvvisamente tesa e preoccupata. «Ma?» la spronò
a continuare. «E' successo qualcosa? Non ha voluto vedermi,
vero?»
«Ecco...
non lo sappiamo.» rispose Bloom a bassa voce, quasi potesse
essere meno doloroso per Musa ricevere una tale notizia con quel
tono.
«Non...
non...» Musa non continuò la frase, solo che i suoi
occhi si riempirono improvvisamente di lacrime. «Ragazze, se è
così dovete dirmelo! Non dovete tenermi sulle spine! Se mi
vuole lasciare, ho il diritto di saperlo, no? Voi siete le mie amiche
e se sapete qualcosa...»
«No,
no, che hai capito?» esclamò Aisha, posandole le mani
sulle spalle per tentare di calmare la sua amica. «Quello che
vuole dire Bloom è che non sappiamo dove sia! Timmy e gli
Specialisti stanno cercando di contattarlo in tutti i modi, ma ancora
non sono riusciti a trovarlo!»
Musa
sì smise di piangere, ma adesso era ancora più
preoccupata. «Che cosa?» chiese, sconvolta. «Riven
è... scomparso?»
Bloom
si morse il labbro inferiore e abbassò lo sguardo. «Non
dobbiamo darci per vinte!» disse, però, improvvisamente,
come se avesse trovato cosa dire. «Sono sicura che sta bene!»
«Grizelda
ha detto che manca una strega! E... e... e se l'avesse catturato per
tenderci una trappola? No, io... io... oh, Riven!» Musa spiccò
una corsa, liberandosi così in fretta della stretta di Aisha
che sembrò quasi si fosse trasformata in sapone.
«No,
Musa!» gridarono in coro la fata dei Fluidi e Bloom.
Cominciarono a correre anche loro per raggiungerla, ma Musa era già
sulle scale, pronta a combattere pur di arrivare alla sua
destinazione.
La
fata si sentiva una sciocca: aveva dubitato di lui, del suo amore per
tutta la sera e anche in quel momento. Aveva egoisticamente creduto
che non fosse stato con lei, al suo capezzale, per capriccio, perché
tra loro le cose non andavano bene come alle altre! E ora scopriva
che poteva essere in pericolo.
«Oh,
Riven!» ripeté, a
voce alta, mentre una nuova lacrima scendeva lungo la sua guancia.
Allora?
Che ve ne è parso di questo capitolo?
Spero
vi sia piaciuto più del precedente che credo sia risultato
noioso e «allunga-brodo». Se così è stato,
mi scuso davvero.
Passiamo
a rispondere alle recensioni:
BabyDAny94:
tranquilla. ^^ Sono solo contenta che, alla fine, tu abbia trovato un
minuto per questa storiella senza pretese. Siamo agli sgoccioli e il
prossimo capitolo sarà determinante per il rapporto tra i
nostri due piccioncini. Non dimentichiamo che Darcy ha in mente
qualcosa...
mileybest:
non potrei mai far passare Stella al lato oscuro, però mi sono
divertita un mondo anche perché è il soggetto ideale
per cose di questo tipo, non sei d'accordo? Tra Riven e Musa sono
nati molti equivoci, ma non saranno gli ultimi. Ma chissà...
forse riusciranno a riconciliarsi, forse no... tutto è ancora
possibile! XD
Ultima
cosa: avete mica visto la quarta serie? Devo ammettere che ci sono
rimasta un po' male: dopo il film che è stato spettacolare,
arriva questa serie dove le Winx sono tutto meno che reattive, anzi
mi sono parse piuttosto lente ed imbranate. Voi cosa ne pensate?
In
attesa di vostri pareri (su questo e sulla storia), vi saluto.
Un
bacio,
Luine. |
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Capitolo 9 *** Capitolo 9 ***
Capitolo
9
«Niente
da fare!» questo il
pronostico di uno sconsolato Timmy, che si accasciò sulla
sedia, pronto a mollare.
«Non
facciamoci prendere dal panico!» esclamò Tecna, però,
continuando a digitare velocemente sulla tastiera di un computer
secondario. «Mi è venuta un'idea per amplificare il
segnale del localizzatore Alfa. Sono sicura che il cellulare di Riven
risponderà se le onde Gamma saranno più alte!»
Timmy
ci pensò su un attimo. «Sì...» ammise,
infine, rimettendosi seduto composto ad una velocità
supersonica, improvvisamente elettrizzato. «Potrebbe
funzionare! Tecna, ti amo!»
Sul
volto della fata della Tecnologia apparve un mezzo sorriso
imbarazzato, ma ciò non la distolse dal suo lavoro. Continuò
a lavorare, disturbata soltanto dall'incessante chiacchiericcio di
Stella che, seduta sulle ginocchia del suo fidanzato, continuava a
raccontargli chissà cosa ad un volume di voce basso ed
inspiegabilmente eccitato.
Il
povero Sky, invece, rimaneva seduto, in fondo alla navetta, a gambe e
braccia incrociate ad aspettare che accadesse qualcosa.
«Sono
stanco di aspettare!» confidò a Nabu, che era seduto al
suo fianco. «Vorrei poter far qualcosa per ritrovare Riven, ma
siamo impotenti e l'unica traccia che abbiamo non porta da nessuna
parte!»
«Non
disperare!» esclamò il mago di Andros, con un sorriso
rassicurante. «Dobbiamo avere fiducia in Timmy e Tecna!»
Sky
rispose con un mezzo sorriso, ma non era incoraggiato. «Già,
non c'è altro da fare!» sospirò. Poi il suo
sguardo cadde di nuovo su Brandon e Stella. «Vorrei essere
spensierato come loro!»
«E
io vorrei che tutto fosse finito per poter stare un po' solo con
Aisha!»
I
due sospirarono all'unisono. E proprio mentre lo facevano, le porte
della navicella spaziale si aprirono e dentro piombò una
affaticata Musa, gridando: «Riven? Cosa sapete di lui? Dov'è?
Come sta?»
Sky
e Nabu si alzarono in piedi, Tecna e Timmy, che stavano confabulando
tra loro, voltarono le loro teste verso di lei, curiosi. Brandon e
Stella distolsero la propria attenzione l'uno dall'altra per guardare
con un certo disappunto colei che aveva interrotto il loro tubare.
«Ma
che c'è?» volle sapere lei.
«Dov'è
Riven?» ripeté Musa, senza guardare nessuno in
particolare. Un secondo dopo, apparvero anche le altre due Winx che
le erano corse dietro, ma nessuna delle due fece segno di aver
riconosciuto il proprio ragazzo.
«Ecco...»
Timmy guardò a terra, a disagio. «Lo stiamo cercando.»
«Perché?
Cos'è successo?»
Stella
parlò, confusa: «E' scomparso!» esclamò.
«Però è strano...» continuò,
portandosi una mano sotto al mento, seguendo un filo logico tutto
suo.
«Cosa?»
chiese Musa, tesa.
«Riven
avrebbe dovuto chiamarti ieri sera... credevo che l'avremmo trovato
qui con te, ma poi ho scoperto che nessuno l'ha visto!»
«Avrebbe
dovuto essere con me?» ripeté la fata della musica, che
ormai non ci capiva più niente.
«Beh,
sì dato che...» Stella era sempre più confusa.
Tutti guardavano lei e nessuno capiva.
«Dato
che...?» la spronò Aisha, che poteva benissimo capire la
tensione di Musa.
Stella
sbuffò. «Doveva essere una sorpresa!» esclamò,
in tono lamentoso.
«Stella,
non è il momento per le sorprese!» la rimproverò
Bloom. «Dai parla!»
La
fata del Sole e della Luna sospirò e guardò Musa.
«Ieri, quando ti ho visto quel completino in mano, te l'ho
preso. Non è che mi piacesse, che sia ben chiaro, ma l'ho
comprato lo stesso! Non abbiamo di certo gli stessi gusti. Dopotutto,
tra noi sei, solo io ho la giusta classe!»
Musa
sentì la rabbia crescere. «E cosa me ne importerebbe?»
sbottò, stringendo i pugni e trattenendosi per non dargliene
uno in testa. «Cosa c'entra con Riven?»
«Ehi,
è importante!» replicò Stella, offesa. «L'ho
comprato, dicevo. Ero d'accordo con Flora per farti allontanare dal
negozio, una volta che avessi trovato qualcosa di tuo gradimento. E,
quando te ne sei andata, mi hai fatto un enorme favore, così
mi sono diretta alla cassa, mi sono fatta fare un pacchettino, poi ho
chiamato Riven perché venisse a prenderlo. Poi ci siamo
lasciati, quindi... immagino che, se Darcy ha fatto qualcosa, l'ha
fatta prima che lui potesse chiamarti!»
A
Musa si seccò la gola: Riven le stava facendo una sorpresa,
una meravigliosa sorpresa di San Valentino! I rimorsi continuavano a
salire: ecco perché non le aveva risposto, ecco spiegato il
perché di molti suoi comportamenti. Ma Aisha le aveva detto
che Helia aveva lasciato perdere la sorpresa per Flora per andare a
salvarla, mentre Riven... sì, a questo punto non c'erano più
dubbi: gli era sicuramente successo qualcosa.
«Io...
io devo andare!» mormorò.
Sicuramente
Darcy l'aveva catturato per mettere in trappola lei. Musa ne aveva la
certezza perché, altrimenti, Riven sarebbe corso insieme a
Helia ad Alfea.
Non
disse altro, scattò fuori dalla navetta in direzione della
scuola, veloce come il vento. Doveva parlare con Icy e Stormy. Doveva
far confessare loro dove si trovasse Darcy. Solo così avrebbe
trovato Riven.
Quella
strega aveva sempre avuto una particolare predilezione per lui:
l'aveva ingannato due anni prima e attirato dalla sua parte; adesso
poteva voler colpire lui per far del male a lei, alle Winx e
all'intera Fonterossa. Non le interessava se era una trappola.
Sentiva solo che doveva salvare il suo ragazzo.
Gli
alberi e le piante che la intralciavano non erano un problema:
schivava gli alberi, saltava le piante e le radici e, qualche volta,
cadde, strappandosi i pantaloni in più punti. Ma erano
problemi senza alcuna importanza.
Sembrava
che la distanza dai cancelli di Alfea si fosse allungata e che non
riuscisse a coprirla nemmeno correndo più forte.
La
milza le faceva male, il respiro le si era quasi mozzato. Quando
cominciò a distinguere i cancelli della scuola, si chiese
perché mai gli Specialisti avessero dovuto parcheggiare nella
foresta invece che nell'enorme parco, dove stava la seconda navetta.
Fece uno scatto, anche se cominciava a mancarle aria nei polmoni. Non
vide niente: aveva un solo obiettivo ed era entrare nel cortile.
Arrivò.
Anche l'aprirsi del cancello le sembrò più lento del
solito: le stava facendo perdere del tempo prezioso. Cercò la
navetta di Fonterossa con lo sguardo.
Quando
la vide, corse verso di essa, si diresse all'entrata, ignorando gli
sguardi interdetti dei Templari che ne erano a guardia, ma non poté
fare lo stesso con le loro grandi mani che, improvvisamente, le si
strinsero attorno alle braccia.
«Lasciatemi!»
gridava, divincolandosi furiosamente. «Devo parlare con le
streghe! Lasciatemi!»
«Non
puoi entrare!» disse uno dei due. «Solo la Preside e gli
Specialisti possono...»
«Ma
io devo entrare! Devo parlare con le streghe!» gridò
ancora Musa. «Lasciatemi subito oppure...»
«Basta!»
gridò una voce autoritaria all'interno. La preside Faragonda
fece la sua lenta comparsa e, Musa e i Templari, nel sentirla,
smisero di lottare. La ragazza smise di scalciare, ma guardò
la preside con uno sguardo battagliero; nei suoi occhi brillavano
fiamme cariche di rabbia nei confronti delle streghe, le sue guance
erano rosse e la sua fronte imperlata di sudore. «Che è
successo?» domandò la preside, preoccupata. «Perché
urli così, Musa?»
«Riven!
Darcy è con Riven! Devo sapere dove si trovano!» lo
disse a voce molto alta, velocemente, anche se aveva ancora il fiato
corto. Anche le Trix avevano sentito e la fata le sentì ridere
in modo sgradevole, tanto che il suo stomaco si contrasse per il
terrore.
A
un cenno di Faragonda, i Templari lasciarono andare la fata della
musica che entrò nella navetta e si fiondò dalle due
streghe legate e imprigionate dietro delle sbarre magiche. Al polso
avevano un braccialetto verde smeraldo che bloccava i loro poteri.
Ma, per quanto fossero impotenti, sui loro volti, in quanto a
tracotanza, sembrava che fossero quelle con il coltello dalla parte
del manico.
«Che
c'è, fatina? Hai perso il tuo ragazzo?» ridacchiò,
maligna, Icy.
«Dov'è
Darcy?»
«Non
lo so!» sbuffò Stormy, i cui capelli erano più
ricci del solito e gli occhi esprimevano una rabbia incontenibile.
«Darcy mi aveva detto di dirti che erano insieme nel caso fossi
riuscita a sconfiggermi, ma, dato che lo sai già... come
informazione è un po' inutile!»
«Dove?»
replicò Musa, con maggiore veemenza, ignorandola, mentre il
suo cuore scalpitava talmente furioso che sembrava volersi staccare
dal suo petto.
«Non
lo sappiamo! E, anche se lo sapessimo, non verremmo certo a dirlo a
te, no?» replicò Icy, stringendosi nelle spalle.
Musa
si avvicinò alle sbarre, con fare minaccioso. «Che cosa
ha fatto a Riven? Voi lo sapete: vi dite sempre tutto! E, dato che ti
ha detto di dirmi che sono insieme, ti ha anche detto dove si
trovano!»
«Non
l'ha fatto!» replicò Stormy, stringendosi nelle spalle,
girando la testa da un lato.
«Stavolta
ognuna ha fatto di testa sua!» continuò la strega del
ghiaccio, seduta scompostamente a terra e fissando la fata con un
ghigno cattivo. «Non che mi dispiaccia che il tuo ragazzo abbia
tirato le cuoia. Era solo un povero stupido che si lasciava
manipolare dalla prima donna che vedeva! Basta che abbia un bel paio
di gambe e degli occhioni da...»
«Fata?»
azzardò Stormy.
«Intendevo
un'altra cosa, sorellina, ma lasciamo perdere!» Icy si voltò
un secondo verso la sorella, poi tornò a guardare Musa.
«Dicevo, il tuo ragazzo era uno stupido, che si vestiva da
cafone e che...»
«Ora
basta con questa storia!» gridò la fata, indispettita e
indicibilmente fuori di sé. «Va bene! Ho capito: troverò
un modo per trovarli da sola!»
Si
voltò e se ne andò come era arrivata, scornata e
frustrata. Cercò di ignorare più che poteva la risata
malvagia della strega del ghiaccio. Ma era ancora al punto di
partenza. Non sapeva dove era Riven e, se non avesse fatto qualcosa e
subito, non l'avrebbe mai trovato.
Un
brivido di terrore le corse lungo la schiena, mentre una vocina
maligna nella sua mente le diceva: “E se Icy avesse davvero
ragione e Riven fosse morto?”. Si dette uno schiaffo: Riven era
vivo; da qualche parte, ma vivo. Lei lo sentiva.
Il
suo cuore lo sapeva.
Camminò
per il giardino di Alfea, vide Flora ed Helia entrare dal cancello,
lui che sorreggeva lei. Musa distolse lo sguardo: quella vista
rischiava di farle ancora più male.
«Ehi,
Musa!» a chiamarla era stata una ragazzina coi capelli color
ghiaccio e la stava salutando con foga, gli occhi che brillavano di
gioia. Musa avrebbe tanto voluto essere al suo posto, felice, così
dannatamente senza problemi.
«Ciao...»
disse, titubante: non ricordava il suo nome e, davvero, non aveva
voglia di intavolare una conversazione. Ma quella non l'aveva capito:
si era fiondata su di lei e l'aveva abbracciata, come se fossero
state amiche da sempre. «Grazie, Musa! Mi hai salvata!»
si staccò e le sorrise, ammirata. «Mi chiamo Aria!
Quando sarò al terzo anno, vorrò essere una perfetta
fata dei Venti, ma... ancora sono alle prime armi...»
«Capisco...»
mormorò Musa, tenendo gli occhi bassi.
«Qualcosa
non va?» domandò Aria, preoccupata. Giunse le mani e
continuò: «Se posso fare qualcosa... non esitare a
dirmelo! Sono in debito con te e farò qualsiasi cosa!»
Musa
sorrise di fronte all'entusiasmo di quella ragazzina del primo anno.
Le posò una mano sulla spalla e la guardò negli occhi.
«Sei
molto gentile, piccola Aria, ma...» sospirò. «Non
c'è niente che tu possa fare. A meno che...» ma non
continuò: non vedeva perché oberare anche una ragazzina
del peso nel suo cuore. Non ne aveva parlato con le sue amiche;
perché aprirsi con una fata sconosciuta?
«A
meno che?» la incalzò, però, quella fata.
Musa
cedette, soprattutto per via dello sguardo speranzoso che le stava
rivolgendo. «A meno che tu non possa dirmi un modo per arrivare
al mio ragazzo, Riven.» fece scivolare la mano dalla sua
spalla. «Sai, è...» deglutì, ma non bastò
a sciogliere il nodo che si era formato alla bocca del suo stomaco.
«E'... è scomparso.»
Gli
occhi di Aria si sgranarono dallo stupore e lei si posò le
mani sulle guance. «E' sparito? E com'è successo? Chi è
stato?»
«Le
Trix.» era l'unica domanda a cui era in grado di rispondere.
Aveva voglia di piangere, ma si trattenne.
«Io...»
la giovane fata abbassò lo sguardo. «vorrei aiutarti...
mi viene solo un suggerimento, ma...» l'attenzione di Musa si
concentrò davvero su Aria: poteva avere una soluzione. Per
quanto stupida avesse potuto essere, sarebbe stato qualcosa a cui lei
non aveva minimamente pensato. «Ecco...» Aria arrossì.
«Puoi chiedere alla Pixie delle Chiavi... oppure... è...»
La
Pixie delle Chiavi? Musa si batté una mano sulla fronte,
dandosi mentalmente della stupida: Lockette! Ma certo! Chi meglio di
lei per ritrovare Riven? La piccola Pixie di Bloom, sicuramente,
avrebbe potuto aiutarla!
C'era
solo un problema. Musa si guardò attorno, cercandola e
sperando di trovarla in mezzo alle studentesse che stavano
festeggiando l'ennesima liberazione di Alfea dall'assedio delle Trix.
«Musa!»
la voce di Flora la fece sussultare e voltare verso il punto da cui
essa proveniva. La fata dei fiori era in piedi e si stava reggendo da
sola, davanti ad un apprensivo Helia. «Che succede?»
«Sto
cercando Lockette!» tagliò corto.
«Lockette?»
domandò Flora, perplessa.
«Ti
sono stata d'aiuto davvero?» mormorò con voce piccola
Aria, incredula.
Musa
la guardò, come se non si fosse ricordata solo in quel momento
della sua esistenza. «Io... sì, credo di sì.
Grazie, piccola Aria!»
«Ma
che cosa...»
La
fata della musica corse via e non stette ad ascoltare quello che
Flora aveva avuto da dire: spiegare sarebbe stato troppo lungo e
avrebbe perso solo un sacco di tempo, sottraendolo a Riven e
facendone guadagnare a Darcy.
Quella
strega avrebbe potuto essere dovunque, nell'universo di Magix.
***
Riven
si risvegliò con un terribile mal di testa. Fece per portarsi
una mano sulla fronte, per massaggiarla, e, straordinariamente, ce la
fece. Stupito da questo, aprì gli occhi e guardò il
proprio polso su cui stavano ancora i segni dei lacci che l'avevano
tenuto legato.
Perché
Darcy l'aveva liberato? Cosa era successo?
Decise
che non aveva importanza: se era libero, qualcosa doveva essere
accaduta. Forse gli Specialisti e le Winx erano riusciti a trovare
Darcy e a catturarla, ma, in quel caso...
Riven
si alzò in piedi, pensieroso: in quel caso, non avrebbero
dovuto trovare anche lui? No, non l'avrebbero mai abbandonato,
neanche quello sprovveduto di Brandon.
Si
guardò intorno, cercando uno spiraglio in quelle pareti
rocciose che lo circondavano: era in uno degli ultimi nascondigli di
Valtor, così come gli aveva raccontato Darcy, oppure non più?
Si
diresse verso quella che, ad istinto, scelse come via d'uscita.
Doveva
tornare a Fonterossa, come prima cosa e poi dare l'allarme, come,
stupidamente, non aveva fatto la sera prima.
Si
era lasciato giocare da Darcy una seconda volta. Era caduta nella sua
trappola facilmente, aiutato dalla propria maledetta indecisione.
Musa...
Chissà
cos'avrebbe detto lei.
Riven
si chiese se avesse dovuto raccontarle dei baci che aveva dato alla
strega. L'avrebbe ferita soltanto.
«Dannazione!»
gridò, digrignando i denti. Calciò via un ciottolo e
continuò la sua solitaria camminata.
Era
anche disarmato e questo lo portava ad essere più teso e
vulnerabile.
Riven.
Quel
sussurro lo fece sussultare e ruotare su se stesso, cercando chi
avesse potuto chiamarlo. Ma non c'era nessuno sul livello della
strada, né più in alto o più in basso.
Si
disse di esserselo immaginato, ma tenne tese le orecchie comunque.
Riven.
Era
sicuro. Aveva sentito qualcosa.
Riven,
da questa parte!
«Chi
sei?» chiese, a voce alta.
Riven,
da questa parte!
«Dimmi
chi sei!» insistette lui.
Riven.
Il
sussurro si fece un po' più alto, ma rimase comunque tale.
«D'accordo.»
tagliò corto lui. «Se proprio non vuoi dirmi chi sei,
dovrò scoprirlo da solo!»
E,
così dicendo, cominciò a correre nella direzione dalla
quale credette che provenisse la voce. Avrebbe trovato colui –
o colei – che tentava di giocargli un brutto tiro.
Ma
tutto ciò che trovò fu un vicolo cieco, una specie di
stanza circolare di pietra, al centro della quale galleggiava a
mezz'aria una strana sfera di energia violacea.
«Ma
che diavolo...»
La
sfera di energia, come se l'avesse sentito, si avvicinò
lentamente a lui.
L'ora
è vicina. La vendetta sta per compiersi, sussurrò
la voce.
Riven
non capì il senso di quelle parole, preso com'era
dall'osservare la sfera che, lentamente, cambiava forma, formando
scintille dorate.
La
sua mente cominciò ad annebbiarsi, era come se si fosse
improvvisamente calato in un sogno. Allungò la mano
sull'oggetto di energia che aveva preso il posto della sfera e la sua
voce si unì a quella della sfera, per formare un sinistro e
sibilante coro:
«L'ora
è vicina. La vendetta sta per compiersi!»
***
Musa
trovò Lockette in mezzo ad alcune studentesse del secondo anno
che festeggiavano con un rumoroso girotondo. Stava partecipando anche
Chatta, quando la fata della musica irruppe nell'allegro gruppetto e
quasi rapì Lockette.
Dovette
spiegarle più volte perché voleva il suo aiuto solo
perché parlava troppo velocemente ed ansimando. Quando,
finalmente, ci era riuscita, la Pixie delle Chiavi mostrò la
propria preoccupazione:
«E
se non dovessi riuscirci?»
«Andiamo,
Lockette!» sbuffò Chatta. «Sei l'unica che può
riuscirci!»
«E
se dovessi sbagliare? Riven potrebbe...»
Chatta
le lanciò un'occhiata di rimprovero. «Hai mai
sbagliato?»
«Ma...»
«Vuoi
dire che non mi vuoi aiutare a trovare Riven?» sbottò
Musa. Ma cambiò atteggiamento, vedendo che la piccola fata si
stava spaventando: «Ti prego, Lockette! Ti prego, sei davvero
l'unica a cui posso rivolgermi: se Timmy ancora non c'è
riuscito, dubito che potrà fare molto altro, ti prego! Si
tratta di Riven.» Grosse lacrime cominciarono a rigarle il
volto inevitabilmente. Non poté fare niente per fermarle,
anche se così rischiava di mostrarsi ridicola e debole di
fronte a tutte le fate di Alfea.
Lockette,
a quella preghiera accorata, non poté non rispondere. Posò
una mano sulla mano tesa di Musa e la guardò con dolcezza.
«Non è che non voglio aiutarti, ma tu sei debole!»
«Io
sono a posto!» tagliò corto Musa. «Io devo salvare
Riven!»
Lockette
si ritrovò con le spalle al muro. «D'accordo allora.
Farò tutto il possibile!» promise.
Fu
così che Lockette si mise davvero all'opera e lei e la Winx si
librarono in volo.
«E
le altre?» volle sapere Lockette, prima di partire verso la
foresta di Selvafosca.
«Avverti
le altre!» chiese Musa a Chatta, per evitare altri
ripensamenti.
«Ma...
è più sicuro se...»
«Non
c'è tempo, adesso!»
Non
si curò delle sue proteste delle due Pixie; costrinse Lockette
a guidarla e nessuna delle due poté contraddirla.
Era
vero: non si sentiva al massimo delle forze, soprattutto dopo aver
richiamato il potere dell'Enchantix, ma non si sarebbe tirata
indietro neanche se fosse stata in punto di morte. Per le persone che
amava, avrebbe corso il rischio.
Volò
a lungo rasente agli alberi. Più volte le si appannò la
vista e fu costretta a rallentare, se non a fermarsi.
«Te
l'avevo detto di...» provò Lockette.
«Andiamo!»
tagliò corto Musa, scacciando la Pixie che provava ad
avvicinarsi a lei. «Io sto benissimo!»
Lockette
smise di provare a convincerla a tornare indietro, ma ogni tanto
lanciava occhiate preoccupate in sua direzione, pronta a soccorrerla
come poteva.
Musa,
dal canto suo, tenne duro per non dare a vedere la propria debolezza:
aveva quasi paura che la Pixie di Bloom potesse farle un brutto
scherzo e portarla dalla parte opposta a quella in cui si trovava
Riven, pur di salvarla.
Ma
a Lockette non venne quest'idea, perché proprio Musa,
guardando in basso, notò i capelli rossi del ragazzo spuntare
da sotto una coltre di alberi, in una radura. La cosa che non andava,
però, era la strana energia negativa che gli aleggiava
intorno.
«Cosa
può essere?» si chiese, planando cautamente: avrebbe
rischiato di vomitare, se fosse scesa in picchiata. Lockette provò
a richiamarla, ma Musa ignorò le sue premure e le chiese di
rimanere nascosta e di vedetta, per quando sarebbero arrivate le
altre. Perché Musa sapeva che sarebbero arrivate: il loro
legame magico gliel'avrebbe detto.
Arrivò
alle spalle di Riven, che si era voltato e si guardava intorno, quasi
fosse stato spaesato.
Decise
di palesarsi. Se avesse avuto qualche problema, avrebbe usato la
polvere di fata per liberarlo, ma prima doveva scoprire quale fosse
il problema per poter spezzare in tutta sicurezza l'incantesimo.
«Riven?» lo chiamò. Il ragazzo si voltò di
scatto.
Solo
allora Musa si rese conto che, in mano, aveva una spada fatta di
energia oscura.
Fece
un passo indietro, preoccupata: quello sguardo carico di stupore non
aveva senso. E neanche quello di cattiveria che sostituì il
primo. Sentì un brivido correrle lungo la schiena ed era una
sensazione per niente piacevole.
«R-riven,
va tutto bene?» chiese, cauta. Nella sua voce ci fu
una nota di spavento.
«Andrà
meglio quando ti avrò infilzata!» ribatté lui,
con veemenza.
Quelle
parole colpirono Musa più di un colpo di spada. «Cosa?
Riven, ma cosa dici? Sono io... Musa!»
Provò
a tendergli una mano per fargli vedere che non aveva intenzioni
cattive, per ricordargli chi era veramente. Era chiaro che era stato
suggestionato.
Avrebbe
dovuto usare la polvere di fata, ma non ebbe il tempo di mettere in
pratica le proprie intenzioni: Riven aveva fatto uno scatto felino
verso di lei con la spada tratta, con tutta l'intenzione di ferirla.
Musa
riuscì a scansarsi, ma a scapito della propria salute: la sua
testa cominciò a vorticare, tanto che i suoi occhi videro il
mondo vibrare e i contorni di Riven si fecero sfocati. Scosse la
testa giusto quell'attimo che le servì per vedere che il suo
ragazzo la stava di nuovo attaccando.
«Muori!»
gridò, alzando la spada sopra la testa e poi abbatterla su di
lei. Musa scattò in alto.
«Riven,
ma cosa fai? Ti prego, svegliati, sono io!» gridò. Si
portò più in alto, per stare fuori dalla portata della
sua spada.
«Vieni
giù, vigliacca!» le disse, però, indicandola con
la punta dell'arma. «Combatti ad armi pari!»
«Riven...»
mormorò Musa, stringendo tra le mani l'amuleto con la polvere
di fata. L'avrebbe usato e allora...
Un
violento giramento di testa le impedì di mettere in pratica
l'idea: l'amuleto le cadde dalle mani, le sue ali si fecero ancora
più pesanti. Le sembrò di essere tornata dentro la
sfera di Stormy. Sentì il terreno soffice sfiorarle le gambe,
dalle ginocchia ai piedi.
«Saggia
decisione la tua. Ora preparati a morire!» disse Riven,
freddamente. Musa sgranò gli occhi: lo vide caricare verso di
lei, gridando con tutto il fiato che aveva in gola. Non poteva finire
così: sarebbe morta per mano di Riven.
Trovò
la forza di scansarsi solo per spirito di conservazione, ma sentì
lo spostamento d'aria prodotto dall'arma: aveva rischiato grosso,
stavolta.
«Vuoi
continuare a scappare così, dannata?»
«Non
sto scappando! Voglio solo sapere chi è che ti controlla!»
Riven
si girò verso di lei, tenendo la spada dietro la testa, pronto
a colpirla con un fendente.
«E'
Darcy, vero?»
Musa
cercò con gli occhi la polvere di fata. La trovò grazie
al riverbero del sole che si abbatté sulla superficie liscia
del gioiello: era poco lontano da lui. Avrebbe dovuto raggiungerlo e
l'unico modo che aveva era prendere tempo, distrarlo dal prezioso che
avrebbe potuto salvarlo.
«Cosa
c'è?» la provocò. «Hai paura di morire,
dannata?»
Musa
si tenne la testa. Aveva bisogno di vomitare. «Io... ho paura
di farti del male, Riven!»
Riven
scoppiò in una fragorosa risata maligna, fece un balzo verso
di lei, sollevando la spada oltre la testa. «Ma vallo a
raccontare a qualcun altro!» gridò e spiccò un
salto, per impedirle la via di fuga dall'alto, ma Musa si parò,
girando su se stessa verso la propria sinistra e le mani incrociate
sul petto. Cercò di ignorare il giramento di testa; barcollò
in direzione dell'amuleto.
Era
più vicina: nel tempo che lui avrebbe usato per preparare un
nuovo attacco, lei ne sarebbe stata nuovamente in possesso e allora
avrebbe potuto salvarlo.
Ma
non aveva contato la grande preparazione fisica degli Specialisti:
Riven si era ripreso in fretta e, mentre lei si lanciava verso
l'amuleto, aveva lanciato la spada. L'aveva ferita e la spada colpì
proprio l'amuleto, facendolo schizzare via dalla portata della fata,
che cadde a terra, in ginocchio.
Musa
sentì il dolore nel proprio cuore, più che sulla mano
sanguinante: Riven l'aveva ferita senza alcuna pietà. Cominciò
a tremare e a piangere. Non c'era niente che potesse fare, ormai. Era
chiaro che lui si era dimenticato di lei, che la suggestione era
troppo forte e che Darcy lo stava controllando, nascosta chissà
dove.
«Dove
sei, Riven?» chiese, ormai allo stremo delle forze. Oltre alla
debolezza per via dello scontro con Stormy, anche il sangue che
scorreva annebbiava la sua vista e la privava delle forze. «Ti
prego, svegliati, amore mio!»
«Stai
zitta, stupida!» sibilò Riven.
Musa
alzò lo sguardo su di lui, che si era fermato davanti a lei;
nei suoi occhi c'era una muta supplica. «Riven...»
«Stai
zitta!» con un calcio, la fece finire lontano, facendola urlare
di dolore.
Le
lacrime di Musa non lo smossero, il suo dolore non lo toccò:
che razza di incantesimo aveva compiuto Darcy per renderlo così
violento? La fata si rimise in piedi, a fatica. Tutto il corpo le
doleva, ma non si sarebbe mai data per vinta.
«Riven...
ascoltami...»
«Taci!»
con un balzo, Riven aveva raggiunto la spada e l'aveva ripresa.
Gliela puntò di nuovo addosso. «Sei pronta a morire?»
Musa
tirò su col naso. «Io...» chiuse gli occhi e si
strinse le mani sul cuore. Tremava molto, aveva paura. Era inutile
negarlo. «Io ti amo, Riven!» gridò, tra le
lacrime.
Nel
momento in cui abbassò la guardia, forse colto di sorpresa
proprio da quelle parole, fu lei a trovare la forza di fare uno
scatto. Si gettò su di lui e lo abbracciò stretto,
mentre posava le labbra, velocemente, prepotenti sulle sue. Non
avrebbe mai permesso a Darcy di portarglielo via, mai.
Chiuse
le ali su di lui, sperando che quello bastasse. Sentì la
resistenza di lui farsi più debole.
Per
favore, Riven,
pregò. Svegliati!
***
Riven
cominciò a sentirsi intorpidito. Stava succedendo qualcosa
dentro di lui, qualcosa di meraviglioso; cominciò a vedere il
proprio buio mondo rischiararsi, mentre un calore dolcissimo lo
riempiva dalla testa ai piedi.
Riprese
i sensi molto lentamente. Sentì un dolce profumo e due labbra
strette alle sue, due braccia che gli avvolgevano il corpo con
tenerezza. Le dita che stringevano una strana spada violacea si
aprirono, lasciandola cadere e i suoi occhi si posarono sui capelli
scuri della ragazza, sulle palpebre abbassate. Sentì le sue
guance umide di pianto contro le proprie.
Musa.
Che
cavolo aveva fatto?
La
strinse a sé, rispondendo con trasporto a quel bacio,
sentendosi stranamente bene. Era tutto perfetto, in quel momento.
«Riven...»
sospirò Musa, non appena si separarono. La strinse di più,
per farle capire che la sentiva, che la ascoltava. «Riven, lo
sapevo che saresti tornato da me!»
Reclinò
il capo sul suo petto.
Ma
Riven non si sentì meglio, anzi: il suo senso di colpa rischiò
di sopraffarlo.
«Mi
dispiace.» fu tutto ciò che riuscì a dire.
Musa
alzò lo sguardo su di lui e sorrise, stancamente. «E'
finita.» mormorò.
«Sì.»
confermò Riven, accarezzandole la nuca. «E' finita.»
Ma
non era finita davvero: la spada cominciò a trasformarsi
nuovamente e stavolta le crebbero due braccia e due gambe; il filo si
trasformò in un profilo di donna, sulla punta crebbero
lunghissimi fili di capelli violacei. Ben presto, la spada rivelò
essere proprio la strega Darcy.
«Ora
è finita!» dichiarò, allungando una mano e
materializzando una sfera nera su di essa.
Riven
fece scattare la testa e Musa si voltò, sgranando gli occhi,
terrorizzata.
«Ma
cosa...»
«Addio,
piccioncini!» disse Darcy, il volto sfigurato dalla cattiveria.
Scagliò la grossa sfera, ridendo sguaiatamente, su Musa: li
avrebbe colpiti entrambi. Era tutto perfetto. Aveva avuto la sua
vendetta, un po' diversa da come l'aveva immaginata, ma comunque
l'avrebbe avuta. Sperava solo che le sue sorelle fossero state
fortunate come lei.
«Attenta,
Musa!» gridò Riven, spingendo via la fata della musica.
La sfera nera colpì in pieno il ragazzo che urlò di
dolore e fu sbalzato lontano, contro un albero.
«Riven!»
gridò Musa, sconvolta, mentre lo guardava cadere. «Alzati
Riven! Ti prego!»
Ma
lui non la sentì, rimase paralizzato a terra. Il grido
terrorizzato di Musa provocò solo uno sbuffo pieno di
disprezzo da parte di Darcy.
«Ha
avuto quello che si meritava! Adesso preparati anche tu, Musa.»
La
fata la guardò piena di odio. Cercò di rimettersi in
piedi, doveva andare da Riven, sapere cosa gli era successo.
«Maledetta strega!»
«Non
urlare, tanto lo raggiungerai presto!» rispose l'altra,
indifferente. Musa cercò di spostarsi, ma il suo corpo
sembrava non riuscire ad ubbidirle. Si gettò a terra,
piangendo disperatamente, quando sentì l'energia positiva
delle sue amiche avvicinarsi. Sì, ne era sicura, erano lì!
Alzò lo sguardo e le vide.
«Bloom!»
gridò, sorridendo.
«Hai
finito di farci soffrire, strega!» gridò la custode del
fuoco del drago. Scese in picchiata, seguita da Stella, Flora, Aisha
e Tecna e, tutte insieme, circondarono Darcy che cominciò a
guardarsi intorno, spaesata e spaventata.
«Oh,
no! No! No!» gridò, capendo cosa sarebbe successo. Le
fate cominciarono a girarle intorno e l'ultima cosa che Musa sentì,
prima di svenire, fu il loro grido: «Convergenza della polvere
di fata!»
Adesso,
era davvero finita.
***
Riven
si svegliò baciato dalla luce mattutina del sole
nell'infermeria di Fonterossa. Accanto a lui, piegato sul letto,
usando le braccia come cuscino, c'era Brandon che dormiva. Lanciava
qualche grugnito ogni tanto e, una volta, Riven lo sentì
mormorare il nome di Stella.
Sbuffò,
spazientito: quel ragazzo era proprio fissato.
Si
posò una mano sulla fronte fasciata e guardò il proprio
corpo mezzo nudo, anch'esso pieno di lividi e ferite coperti da
garze.
«Ehi,
svegliati!» scosse Brandon senza grazia, non appena nominò
di nuovo la fata del Sole e della Luna. Brandon scattò a
sedere.
«Non
mi sono addormentato! Ho solo appoggiato la testa!» disse, a
scanso di equivoci.
«Sì,
certo...» rispose Riven, come se non avesse visto fino ad
allora il contrario.
Brandon
si stropicciò gli occhi. «Allora, come stai?»
«Sono
stato peggio...» in realtà, anche fare il più
piccolo movimento lo faceva male stare male.
«Ah,
bene. Credevamo che Darcy ti avesse fatto una qualche maledizione, ma
Saladin ci ha assicurato che stai alla grande!»
Brandon
sorrise e gli diede una pacca sulla spalla che riscosse le proteste
di Riven.
«E
stai più attento!»
«Oh,
scusa. Vado a chiamare gli altri.»
«Bah.»
Riven
girò la testa verso la finestra dalla quale poteva vedere
benissimo le chiome degli alberi della foresta di Selvafosca. Non
aveva voglia di vedere nessuno, anche se era molto curioso di sapere
cosa fosse successo.
L'ultima
cosa che ricordava era che stava parlando con Musa. Guardò il
palmo della propria mano, quella con cui le aveva accarezzato i
capelli. Si chiese se non fosse stata tutta un'illusione creata dalle
troppe magie che Darcy gli aveva scagliato contro.
Non
ebbe il tempo di pensarci di più, che l'intera squadra di
Specialisti, capitanati da Sky, più tutte le Winx e Nabu, si
erano riversati nell'infermeria.
«Ehi!
Fate piano!» li ammonì l'infermiera, che era seduta su
un letto e stava mangiando biscotti.
«Sì,
non si preoccupi.» rispose Sky.
«Riven!»
gridò, invece, Stella, avvicinandosi a grandi passi verso di
lui. «Ci hai fatto prendere un colpo! La prossima volta che ti
fai rapire, ti prego, diccelo prima!»
Lo
Specialista rispose con una smorfia disgustata. «Perdonami, se
ti ho scomodato dal tuo bellissimo week end, Stella... ma sai com'è.
Quando le streghe attaccano...»
«Oh,
finitela!» chiese loro Sky, posando una mano sulla spalla di
Stella che stava per ribattere. «Siamo felici di vedere che
stai meglio, Riven.»
Il
ragazzo si strinse nelle spalle. «Credevi che non mi sarei
ripreso?» chiese, arrogante.
«Beh,
direi che stai bene, se ce la fai a fare lo sbruffone anche ora!»
scherzò Musa, ai piedi del letto.
Riven
la guardò per un secondo, guardò il suo sorriso sereno,
anche se molto debole e stanco. Avrebbe voluto farlo anche lui, ma
c'erano troppe persone e non avrebbe mai perso la faccia per un
semplice sorriso.
Tutti
i suoi dubbi erano spariti insieme a quell'incantesimo. Si sentiva un
vero idiota, adesso, e in colpa per quel che aveva fatto.
Guardò
verso Sky, per evitare di far vedere alla fata quanto c'era nel suo
animo. «Che diavolo è successo? Come ci avete trovati?»
Fu
Timmy a rispondere. «Tutto merito di Tecna: se non avesse avuto
quella meravigliosa idea di infittire la frequenza delle onde Gamma,
a quest'ora ti staremmo ancora cercando!» disse, esaltato.
«Ah,
ottimo...» rispose sarcastico Riven. «E dove eravate,
quando Musa e io venivamo attaccati dalla strega?»
«A
dire il vero...» Aisha lanciò un'occhiata carica di
rimprovero a Musa. «la tua ragazza, qui, ha preso Lockette e
l'ha costretta a farsi dire dov'eri, senza avvertirci! Siamo rimasti
indietro!»
«Vi
ho mandato Chatta!» cercò di giustificarsi Musa.
«Sì,
ma ormai tu eri scomparsa!» la rimproverò Flora. Anche
lei era molto stanca e Helia stava dietro di lei con aria
eccessivamente preoccupata. «Ci hai fatto stare tanto in
pensiero!»
«Avessimo
pensato prima a Lockette...» sospirò Bloom, scuotendo la
testa. «Mi sento una sciocca!»
Sky
le posò una mano sulla spalla. «Eravate reduci di una
battaglia molto lunga. Anche noi Specialisti abbiamo le nostre
colpe.»
«Che
è successo?» volle sapere Riven.
«Beh,
c'è stata una battaglia ad Alfea...» cominciò a
raccontare Tecna, ma Stella la interruppe. Si mise tra Riven, Sky e
Bloom, che erano i più vicini al letto.
«Ehi,
perché non lasciamo che Musa racconti tutto a Riven, mentre
noi ci facciamo un giro per Fonterossa?» balzò su
Brandon e lo prese per un braccio. «Che ne dici, Ciccino?»
«Ehm...
adesso?»
«Sì,
adesso!»
Brandon
fece un sorriso tirato, guardando tutti gli altri. «Ehm...
o-ok.»
«Su,
coraggio, ragazzi!» li spronò Stella. «Tutti
fuori!»
«Ma...
veramente...» provò a protestare Nabu. La fata del Sole
e della Luna gli scoccò un'occhiataccia che avrebbe gelato il
sangue nelle vene di chiunque.
«Ho
detto: andiamo!»
disse, categorica.
Bloom
ridacchiò. «Andiamo, altrimenti Stella si arrabbia!»
«Ma...
ecco...»
«Veramente...»
Inutili
e deboli furono le proteste di Riven e Musa che, in pochi minuti,
furono completamente soli in quell'infermeria. Persino l'infermiera
era scomparsa.
La
fata si schiarì la voce e, con gli occhi bassi pieni di
vergogna, andò a sedersi nella sedia che, prima, aveva
occupato Brandon.
«Non
mi interessa la battaglia.» esclamò Riven.
«O-ok...»
«Darcy
mi ha suggestionato.»
«Sì.»
ammise Musa. «Faragonda ti ha esaminato, insieme a Saladin. Ha
detto che ti ha fatto diversi incantesimi per annullare la tua
volontà e che poi... ha usato l'Incantesimo Finale delle
streghe. Loro possono usarlo una sola volta ogni dieci anni... anche
Darcy e Stormy hanno usato il loro. Grazie alla loro rabbia.»
Riven
rispose con un «mh» distratto: non gli interessava molto
come aveva fatto. Era più che l'aveva fatto, che ci era
riuscita, di nuovo, a ferirlo profondamente.
Vide
Musa stringere i pugni sulle ginocchia. «Ora sono di nuovo a
Roccaluce.»
«Bene.»
disse Riven: non gli importava.
«Se
non le avessi provocate, ieri pomeriggio...»
Il
ragazzo non capì, ma non aveva molta importanza: «Avrebbero
trovato un altro pretesto.» cercò di consolarla.
Musa
alzò gli occhi su di lui. «Riven, ascolta...»
«Sì,
cosa c'è?»
«Ecco...»
la ragazza non riuscì più a guardarlo. «Volevo
dirti che... è stato molto carino da parte tua, organizzarmi
la festa di San Valentino...»
«Musa...»
Riven chiuse gli occhi: doveva farlo. Doveva parlarle.
«No,
aspetta, fammi finire!» continuò lei. Le sue nocche
divennero bianche, da quanto stringeva forte i pugni. «Tu l'hai
fatto per me, perché sapevi che lo desideravo, ma... non tutti
gli innamorati sono uguali! E... e poi... non è il San
Valentino che dice quanto si ama una coppia!»
Riven
si vergognò mortalmente di se stesso. «Mi dispiace.»
mormorò, facendo seguire a queste parole un lungo sospiro.
Musa
alzò gli occhi e lo guardò, sorpresa. «E di
cosa?» volle sapere.
Lo
Specialista posò lo sguardo sulla fata seduta, sul cui volto
era possibile scorgere una profonda preoccupazione. Si era comportato
da verme, se ne rendeva conto solo in quel momento, vedendola al suo
capezzale. Musa era una ragazza speciale. A volte si chiedeva cosa ci
faceva con un cretino come lui.
«Io...
ehm... ecco, sì: la festa di San Valentino non te l'ho
organizzata.» riuscì a confessare, ma non ad andare
avanti.
«Co-cosa?»
«E'
una storia molto lunga...» disse, piano.
«Io
voglio ascoltarla!»
Riven
non poté impedirsi di sorridere: Musa era proprio come lui,
una testarda. Decise di riaprire gli occhi e si mise seduto, anche
dopo le accese proteste della fata. Sorrise, disse che stava bene,
poi la guardò dritto negli occhi.
«Sei
sicura di avere un paio d'ore da spendere così?» chiese,
con un ghigno sarcastico. Lei si limitò a rispondergli con
un'occhiataccia. Riven cedette: era chiaro che ce le aveva. «Ok...
ok... però preparati, sarà una storia lunga!»
«Non
ho fretta: Faragonda mi ha dato un permesso speciale!»
Riven
annuì e raccolse tutto il coraggio. Avrebbe dovuto raccontarle
tutto, dal suo dialogo con Brandon, il pomeriggio precedente, fino a
quando si era lasciato suggestionare da quella sfera di energia
violacea. Non avrebbe tralasciato il più piccolo particolare,
neanche della propria vergognosa indecisione. Se dovevano stare
insieme o meno, era una cosa che dovevano decidere insieme e, se lei
avesse voluto continuare la loro relazione, lui sarebbe stato più
che disposto.
A
volte si sentiva da meno, sentiva di non meritarla, ma, appunto, era
una cosa da decidere insieme.
Abbassò
lo sguardo e cominciò a parlare. Era il momento della verità.
FINE
Dopo
un anno, sono riuscita a concludere questa storia. Devo ammettere che
è stato un po' triste metterle la parola fine: mi sono
divertita un mondo a scriverla e a condividerla con voi che siete
state puntualissime nel leggere e nel commentare. Mi avete dato una
carica in più nel vedere che, tra alti e bassi, tutto il mio
lavoro non è stato da buttare (almeno fino allo scorso
capitolo).
Non
mi ero mai cimentata nel genere e mi chiedevo cosa sarebbe venuto
fuori.
Spero
che, alla fine, sia qualcosa di decente. XD
Ho voluto lasciare un finale aperto per dare la possibilità ad ognuna di pensare ad un suo “finale”. Cosa avrà risposto Musa? Come si sarà sentita? Beh, a vostro gusto!
In realtà, quello che volevo fare era molto più complesso: volevo fare in modo che il capitolo finale fosse un collegamento a quello iniziale, così che la storia risultasse “ciclica”. Anche questo era un esperimento. A voi dire se ci sono riuscita o meno! ^^
Come
al solito, commenti positivi e negativi sono bene accetti
(soprattutto i negativi).
Un
ultimo, sentito GRAZIE a tutte voi: Daidouji,
mileybest (com'è
andato l'ultimo capitolo? Spero di non aver smorzato il tuo
entusiasmo! XD), BabyDany94,
bellezza88, gaiaRB,
MUSICAL (l'idea era
sempre stata quella di scrivere una Riven/Darcy, ma alla fine non ce
l'ho proprio fatta e sono tornata al canon XD), LaBabi,
Safira la maga per
aver inserito la loro storia nei preferiti, nelle seguite o per aver
(sempre o meno) commentato. Ognuna sa a quale categoria appartiene.
:)
Arrivederci,
ragazze. E ancora grazie.
Luine.
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