Quando una strega è in libertà vigilata...

di Luine
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1


Era un pomeriggio soleggiato ad Alfea. Benché fosse febbraio, era piacevole fermarsi un attimo, affacciarsi al balcone e assaporare il dolce odore trasporato dal vento pungente. Ma per Stella non aveva importanza se ci fosse il sole o se fosse coperto da nere nuvolacce che minacciavano pioggia, se ci fosse stato profumo o puzza. Per lei era esattamente lo stesso, in quel momento così critico.

“Non so cosa portare!” piagnuccolava, isterica, fermandosi al centro della sua grande camera, mentre vestiti lunghi e semi-trasparenti, eleganti e scintillanti le passavano sopra la testa, mentre due grosse valigie si riempivano e si svuotavano aiutate dalla magia della loro proprietaria. “E' impossibile! Brandon non doveva darmi così poco preavviso. Avrei avuto molto più tempo, se avessi saputo prima che intendeva portarmi su Espero per San Valentino!”

Flora, seduta sul suo letto, accanto a Musa che sfogliava una rivista musicale, la guardava con uno dei suoi dolci sorrisi. “Beh, una settimana è più che sufficiente! E poi devi ammettere che è stato romantico!” disse, ma di colpo si fece triste. “Purtroppo io dovrò rimanere qui... Helia ha da fare a Fonterossa. Saladin gli ha dato un compito molto importante e non potrà portarmi da nessuna parte... tu, Bloom, Tecna e Aisha siete così fortunate...”

“Pensa, Stella...” continuò Musa, alzando lo sguardo su alcuni vestiti vaganti. “Anche Riven ha deciso di non fare niente...” si mise seduta e, chiudendo gli occhi, puntò un dito verso l'alto. “San Valentino è una festa inutile! Esiste solo per far spendere soldi agli sciocchi!” esclamò, in una pessima imitazione di Riven. “Persino Timmy ha portato fuori Tecna... Tu hai Brandon che ti porta, addirittura, su Espero per un fine settimana da sogno... ha ragione Flora: sei fortunatissima!”

“Fortunata!” sbottò Stella, indignata, facendo un gesto secco con le mani e, per sbaglio, interrompendo la folle corsa di un bikini dal cassetto fino alla valigia. Si voltò verso le altre due Winx, con gli occhi fuori dalle orbite. “Fortunata! Fortunata è Bloom che ha quattro vestiti di numero! Ma io... ho appena comprato un abito elegantissimo al centro commerciale e non potrò portarlo perché è da sera e non è nemmeno adatto alla montagna!” si gettò sul letto, tra Flora e Musa, nascondendo il viso nel piumone. “Sono disperata!”

Musa alzò gli occhi al cielo, mentre Flora ridacchiò.

“Dai, Stella!” le posò una mano su un braccio, per cercare di confortarla. “Ti aiutiamo a scegliere qualcosa!”

La Winx voltò la testa verso di lei e, con fare piagnuccoloso, più adatto a una bambina che a una ragazza della sua età, disse: “Davvero?”

La fata dei fiori sorrise. “Certo!” annuì. Stella saltò su e, gridando, la abbracciò stretta.

“Allora per prima cosa, dobbiamo andare al centro commerciale!” esclamò, scattando in piedi e stringendo i pugni, mentre i suoi occhi venivano attraversati da un luccichio sinistro. Musa alzò gli occhi al cielo, esasperata, provò a sfogliare una pagina della sua rivista, ma poi scoppiò a ridere, seguita a ruota dalle altre due, travolte dalla sua ilarità. Ancora una volta, la fata della musica non aveva potuto fare a meno di ridere per la prevedibilità di Stella e dalla sua mania per tutto ciò che poteva essere comprato. “Andiamo?”

Le due Winx si squadrarono, non appena si furono riprese. “Ma parlavi sul serio?” chiese Musa. Stella mosse lievemente la mano e i vestiti che aveva addosso cambiarono.

“Certo! Non vorrete che mi metta una camicia da notte che lui ha già visto, vero?” chiese, come se avessero già dovuto pensarci da sole.

Musa si batté una mano sulla fronte e parlò con forte sarcasmo: “Non sia mai! Stupida io che non l'ho capito subito!”

Flora rise di nuovo. “Dai, andiamo... magari troviamo qualcosa di molto osè da far indossare alla nostra Stella!” disse, infilandosi le scarpe e strizzando l'occhio, complice, alla principessa di Solaria, che arrossì.

“Non voglio niente di volgare... qualcosa che lo stuzzichi... muoviamoci! Mi verrà a prendere tra due ore e abbiamo pochissimo tempo!” Si tolse l'anello di Solaria dal dito e aspettò che le due amiche fossero abbastanza vicine a lei. Materializzò il suo scettro e una luce avvolse le tre fate che si ritrovarono teletrasportate nel reame dello shopping: Magix.

“Abbiamo due ore per trovare quello che cerchiamo!” esclamò Stella, decisa come se avesse dovuto confrontarsi con chissà quale nemico, ritrasformando lo scettro in un anello. “Quindi, mettiamoci al lavoro! Però, prima... prendiamoci qualcosa da bere...” indicò un piccolo localino poco distante dal punto in cui si trovavano.

“Ma, scusa, Stella...” Musa era un po' titubante e guardò dubbiosa verso Flora che aveva la sua stessa espressione. “Non avevi detto che avevamo poco tempo?”

Ma Stella schioccò la lingua e fece un gesto con una mano, come per scacciare una mosca fastidiosa. “Per un caffè c'è sempre tempo!” esclamò, con aria di superiorità, cominciando a camminare verso il locale e voltandosi di un quarto, vedendo che nessuno la seguiva. “Muovetevi!”


***


“Che umiliazione!” esclamò Icy, disgustata, posandosi una mano nei capelli e artigliando una ciocca che sfuggiva dalla sua pettinatura altrimenti perfetta. Era umiliante fino all'esasperazione: lei e le sue sorelle, per colpa di quelle dannate Winx erano finite, non una, ma ben due volte a Roccaluce, il luogo dove venivano mandati i cattivi che, lì, imparavano ad essere “dei disgustosi buoni”.

L'idea faceva così ribrezzo ad Icy che rabbrividì. Adesso si ritrovavano a Magix, senza poteri, sotto la supervisione dei Cavalieri Templari che custodivano Roccaluce. Lei e le sue sorelle negli ultimi tempi si erano comportate particolarmente bene e, credendo nella loro redenzioni, gli stupidi Templari avevano deciso di mandarle di nuovo nella Dimensione Magica per far provare loro a reinserirsi nella società. Se avessero superato il loro mese di prova, allora le Trix sarebbero state libere. E il loro scopo era di comportarsi bene per un mese, al termine del quale, sarebbero tornate il terrore di tutte le fate, prima tra tutte di loro, le Winx.

Il loro unico, vero problema era il modo in cui avrebbero dovuto passare quel mese: servendo ai tavoli di un locale appena aperto a Magix. In quel momento, peraltro, era deserto, come per la maggior parte della giornata, anche se era aperto dalla mattina alla sera. Forse era la poca cordialità sua e delle sorelle che impediva alla gente di entrare, ma non era questo ciò che interessava ad Icy.

Seduta a un tavolo, guardava con orrore il proprio grembiulino azzurro, con la gonna a palloncino e le maniche a sbuffo, rifinite di pizzo bianco. Per non parlare del grembiulino da scolaretta!

“Che umiliazione!” ripeté, disperata.

“Dai, Icy, non fare così...” disse Darcy, avvicinandosi con un vestito viola scuro del tutto identico a quello della sorella e un vassoio vuoto tra le mani. “Ricorda quello che abbiamo programmato e andrà tutto bene... pensa positivo!”

Icy fulminò la sorella con lo sguardo. “Piantala, Darcy! Sono stanca di pensare positivo!”

Darcy si sedette accanto a lei e guardò la porta chiusa. Sospirò. “Quando il capo ha detto di avere delle divise ho pensato a tutto...”

“Tranne che a questo!” sbottò l'altra, rabbiosa, stringendo il pugno così forte che arrivò a ferirsi. “Vorrei tanto avere i miei poteri...”

“Calmati, sorella!” Darcy si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, solo parzialmente consapevole che Stormy era apparsa dal retrobottega. “Altrimenti i Templari non ci libereranno mai!”

La Trix delle tempeste, sentendosi ignorata, intanto, si piantò proprio di fronte a loro e, contenta di avere la loro piena attenzione, fece un giro su se stessa.

“Allora, come sto?” chiese, tutta un trillo. Darcy si esibì nel più falso dei suoi sorrisi.

“Ma stai benissimo!” esclamò, con un tono perfettamente in sintonia con la sua espressione. Peccato che non sembrasse neanche un po' sincera. “Vero, Icy?”

Ma Icy guardava il vestito violaceo di Stormy con la stessa smorfia di disgusto che aveva riservato al proprio e non accennava a parlare. Darcy la richiamò, per farle dire qualcosa di carino, ma, vedendo che la sorella non reagiva, le diede una lieve gomitata.

“Eh?” fece a quel punto Icy, voltandosi a guardare la sorella che aveva inarcato le sopracciglia, per farle capire che toccava a lei fare un complimento a Stormy.

“Ah...” Icy fece una smorfia annoiata e prese a parlare, per niente convinta: “D'accordo... stai bene, sorellina! Sembri una vera...” l'immagine di una ragazza dai lunghi capelli biondi catturò il suo sguardo dal vetro del locale, un'immagine che non avrebbe mai voluto dover vedere, prima di un mese.

“Muovetevi!” stava dicendo la ragazza dai capelli biondi, scuotendo una mano.

“Stella!” completò la strega, senza alcuna enfasi. Darcy e Stormy sussultarono.

“Oh... nessuno mi aveva mai insultata così!” esclamò Stormy, sull'orlo delle lacrime, scappando dietro il bancone. Darcy, invece, aveva una mano sul petto, come se avesse avuto uno spavento.

“Sei stata crudele!” esclamò, inorridita. Icy le lanciò un'occhiataccia e, con una mano, ferocemente, le afferrò la nuca e la costrinse a guardare fuori. La strega dell'oscurità spalancò gli occhi.

“Oh, no... loro no!” gemette, alzandosi.

“E invece sì...”

“Preghiamo perché sia solo un caso... perché se ne vadano!”

Icy, però, sentiva qualcosa dentro che le diceva che Stella sarebbe entrata nel locale e che le avrebbe viste conciate a quel modo.

“No! Non posso permetterlo!” esclamò, con foga, sbattendo le mani sul tavolo e alzandosi contemporaneamente, ma, proprio mentre lo diceva, capì di essere in trappola: Stella aprì la porta e, guardando fuori, Icy vide Musa e Flora che la seguivano.

“Ve lo dico chiaramente: ho intenzione di comprare un completino intimo che ho visto da Tezenix!” stava dicendo la fata del Sole e della Luna, allegramente. Icy e Stormy si lanciavano degli sguardi ben poco tranquilli, ma la strega dell'oscurità aveva ripreso la sua maschera di falsità e, lentamente, aveva aggirato il tavolo dietro a cui era paralizzata Icy. Gli angoli della sua bocca si curvarono all'insù, i suoi occhi si illuminarono di una luce tutt'altro che amichevole, ma chi mai avrebbe potuto accorgersene dietro tutta quella falsa cortesia?

“Benvenute!” esclamò, con enfasi. Al sentire un suono diverso da quello della propria voce, Stella si zittì e guardò verso la cameriera che le porgeva il benvenuto. E i suoi grandi occhi marroni divennero ancora più grandi. Ma non fu l'unica ad avere questa reazione: Musa e Flora rimasero paralizzate dalla sorpresa. “Prego, volete accomodarvi?”

La Trix fece un ampio gesto col braccio per indicare loro il tavolo appena lasciato da Icy.

“Darcy?” domandò Stella, incerta. La strega aprì gli occhi che si riempirono di stupore.

“Stella!” esclamò, come se non l'avesse riconosciuta che in quel momento. “Musa, Flora! Anche voi qui! Come state?”

Icy si sentiva intorpidita: non riusciva a capire gli intenti di sua sorella, soprattutto se faceva la smorfiosa con le Winx.

“Darcy... dimmi, sei sicura di stare bene?” chiese Musa, ancora più incerta di Stella. Per una volta, Icy dovette confessare persino a se stessa che la fatina aveva ragione.

“Ma certo che sto bene!” replicò la strega dell'oscurità, giuliva. Sul volto di Flora si formò un'espressione consapevole.

“Ah...” sorrise, felice. “Allora il tuo soggiorno a Roccaluce è finito! Com'è bello!”

Icy sentì il proprio stomaco far risalire tutto ciò che aveva mangiato. Voleva vomitare e nemmeno le sue sorelle erano da meno: Darcy quasi riuscì a rompere la propria maschera e Stormy, la più imbranata, si fece scivolare un bicchiere dalla mano e lo sguardo delle tre Winx si portò verso il bancone.

“Oh...” fece Stella, incrociando le braccia al petto. “Ci sono anche le tue sorelle... se siete venute via da Roccaluce, vuol dire che c'è qualcuno che vi controlla, giusto? L'ultima volta con Lord Darkar...”

“Eh... eh...” annuì Darcy, sorridendo in modo più tirato. Non ce la faceva... odiav... no... i Templari avrebbero potuto sentire qualcosa e decidere che, per lei, il periodo di detenzione non era finito. Chiuse gli occhi e inspirò ed espirò più volte, decisa a calmarsi, poi scattò un po' in avanti e tornò a sorridere come prima. “No... stavolta siamo qui per buona condotta... libertà vigilata!”

“Ah, quindi... ora dovreste essere buone...” Musa guardò Icy, stringendo gli occhi, sospettosa.

“Degli zuccherini!” esclamò questa, freddamente. Stella le rivolse un'occhiata scrutatrice: non sembrava proprio convinta che, davvero, le Trix si fossero redente.

“A me non sembrano molto cambiate, voi che dite?” disse, tenendo ancora le braccia al petto.

“Ma sì che siamo buone!” esclamò Stormy, balzando in piedi coi cocci del bicchiere tra le mani, mentre Icy alzava gli occhi al cielo, incapace di trattenersi. “Roccaluce ci ha... ehm... come si dice... ah, sì... ci ha aperto gli occhi! E ora siamo dalla parte del... ehm... posso dirlo, posso dirlo...”

“Del bene, Stormy?” concluse Icy, sarcastica.

“Sì, volevo proprio dire quello!” annuì la Trix, ben poco convinta.

La smorfia sul viso di Stella si accentuò, ma anche su quello di Icy.

“Neanche io ci credo!” esclamò Musa che aveva visto la reazione della Trix.

“Ma... sarebbe così bello, se fosse vero...” fu il commento di Flora.

“Ma è vero!” annuì ancora Darcy, cercando l'appoggio delle altre con uno sguardo ben poco amichevole. “Adesso lavoriamo qui come cameriere...” si bloccò, sentendo un brivido percorrerle la schiena: l'onta, lo sguardo sorpreso delle fate bruciava il suo orgoglio. “Serviamo ai tavoli! Non vi piacciono i nostri completini?”

Stella diede una breve occhiata al vestito della strega, un'occhiata tutt'altro che lusinghiera. “Dozzinali!” disse, alla fine, altezzosa.

“Sì, sembrate delle uova pasquali!” scherzò Musa. Gli occhi di Darcy si ridussero a due pericolose fessure, mentre le sue guance si imporporavano per la crescente vergogna. Icy avrebbe dato qualunque cosa per riavere i poteri e per far tacere per sempre quelle piccole smorfiose.

E Stormy, schiumante di rabbia, si ferì le mani coi cocci del bicchiere che non aveva ancora buttato.

“Sono rimaste un po' permalosette, direi!” Stella si sistemò i capelli. “Andiamo, ragazze!”

“Poverine, come sono cadute in basso!” commentò Musa, mentre riaprivano la porta.

“Come mi dispiace!” rincarò la dose Flora.

Darcy le guardò andare via, ferita nell'orgoglio, mentre ridevano di lei.

“IO LE ODIO! LE ODIO!” gridò Darcy, non appena furono fuori portata. “COSA DAREI PER...”

Icy, però, sembrava avercela con lei, più che con Stella. “Ben ti sta, sorellina! Così la prossima volta, vai a chiedere consigli di moda a quella fanatica principessina fatata! Ti giuro che quando avrò i miei poteri, la prima cosa che farò sarà...”

“Io le disintegro... le dispiace? Io... io...” ringhiava Stormy.

Una voce disincarnata parlò, come se attraversasse l'aria, diretto a loro tre. Icy, Darcy, Stormy... questi sono pensieri negativi. Ricordate: cordialità e calore umano.

La rabbia di Icy, a quelle parole, non poté che crescere, mentre Darcy si calmò davvero, ma non per le parole del Templare, solo perché capiva che le avrebbero rimandate a Roccaluce, senza possibilità di scampo. Stormy gridò, istericamente.

“E STAI ZITTO!”

Icy, calmati, Icy. Non è successo niente. Impara a rispettare il pensiero altrui. Guarda Darcy come è tranquilla. Prendi esempio da lei e cura le ferite di Stormy.

“Curare le ferite di Stormy?” sbottò lei. “Si può benissimo curare da sola, la mia cara sorellina! Dannazione, quanto ti odio, Stella!”

Icy, rispetta il pensiero altrui. Stormy, tranquillizzati. Va tutto bene.

“Non va tutto bene, dannato Templare, non va affatto bene!” gridò la strega delle tempeste, ancora più forte.

“Rispettare il pensiero altrui?” sibilò la strega del ghiaccio. “Mi vendicherò, Stella. Mi vendicherò per la tua strafottenza!”

“Ehm...” Darcy guardò inorridita verso i due clienti che, mentre la sorella parlava, erano entrati, aprendo la porta. “Icy?”

“Cosa diavolo vuoi, Darcy?”

La sorella chiuse gli occhi e fece un sorriso incerto. “So... sono arrivati dei clienti!” disse, velocemente e ridacchiando. Ma Icy, ormai, era arrivata alla stessa conclusione della sorella.

“Non me ne frega niente!” disse, aprendo lentamente gli occhi e con una calma che non era da lei. Prese una bottiglia da sotto il bancone e la lanciò contro la coppietta che, urlando, si abbassò e portò le mani sulle testa, per proteggersi. La strega ignorò la voce del Templare che le diceva di calmarsi. “Ecco... questo è solo un assaggio!” gridò ancora, lanciando un'altra bottiglia e facendo scappare i due.

“Questi sono pazzi!” gridavano.

“Ora sì che posso placare la mia ira...” sbottò, invece, Icy, sentendosi un po' meno intorpidita.

“Non so perché...” disse Stormy, in tono preoccupato. “Ma credo che sarà un'altra ira quella che dovremo placare...”

“Ah, sì? E di chi?” Icy guardò verso il punto indicato dalla sorella e fece una smorfia carica di disgusto, nel notare che si trattava del grasso e basso padrone del locale. Darcy aveva aperto la bocca e guardava la scena come se ancora non credesse a ciò che stava accadendo. Sarebbero tornate a Roccaluce, poteva metterci la mano sul fuoco. Per questo aveva bisogno di un piano malvagio. Tanto, comunque fosse andata lei e le sue sorelle erano spacciate. Cosa avevano da perdere?

“Cosa avete fatto, dannate streghe?” gridò il proprietario del locale, alla vista della bottiglia a terra e dei vetri in mano a Stormy. “Mi avete mandato in malora gli affari! Non farò più accordi con i Templari di Roccaluce! Mai più! E ripulite tutto.”

“Certo, come no!” replicò Icy, sarcastica. Si strappò il grembiulino di dosso e glielo gettò ai piedi, prima di percorrere a grandi passi il locale e afferrare Darcy per i capelli, che le colpì la mano, gridandole di lasciarla. Il proprietario del locale non riusciva a dire niente. Le guardava, apriva e chiudeva la bocca come un pesce fuor d'acqua.

Icy, stai facendo pensieri molto negativi...

“Sbagliato, cocco! Sto facendo azioni molto negative! Che fai, Stormy, ti trattieni?” sbottò Icy, non appena Darcy si fu rimessa in piedi e stracciata di dosso il grembiulino.

“Ecco. Ora sono un mucchio di stracci!” disse, soddisfatta.

Darcy, non stai formulando pensieri positivi. E tu sei sempre stata quella più brava.

“Sì, lo so...” rispose Darcy alla voce disincarnata. “Ma adesso non ho più voglia di fare la brava bambina!”

La strega delle tempeste sembrava voler fare altrettanto.

“Un momento!” esclamò, agguantando quanti più bicchieri possibile, là dove Icy aveva trovato la bottiglia. A quel punto, sotto lo sguardo atterrito del proprietario, li fece cadere tutti a terra e rise sguaiatamente. “Ecco, stupido vecchio! Così impari a proporre certi grembiuli a delle streghe come noi!”

Stormy, lo vedi che, con la violenza non si ottiene nulla?

“Tu dici? Ho ottenuto più di quanto non abbia ottenuto tu in tre mesi!” ridacchiò la strega.

“Ma... ma... che cosa...” balbettava, intanto, il proprietario del locale, disperato e gli occhi fuori dalle orbite. “Che state facendo?”

“Mi sembrava fosse chiaro, vecchio!” sbottò Icy, sorridendo malignamente. “Ci stiamo licenziando! Andiamo, sorelle! Ci aspettano compere interessanti, oggi!”


***


“Avete visto le Trix?” ridacchiò ancora Musa, mentre, insieme a Flora, aspettava che Stella avesse finito di provarsi l'ennesimo completino intimo. “Ho tentato in tutti i modi di trattenermi dal ridere loro in faccia!”

“Poverine!” le compatì Flora che stava sfogliando un catalogo magico. “Scommetto che erano molto a disagio... e voi non siete state molto carine!”

“Ma le hai viste?” sbottò Stella, da dentro il camerino. “No, dico... avete visto quei vestiti? Comincio a preferire quelle stupide tute con le iniziali del loro nome, davvero! Non ho mai visto un affronto alla moda come in quel momento!”

Musa alzò gli occhi al cielo, prima di riabbassarlo su un completo nel catalogo. “Ehi, questo è carino! Costa anche poco. Quasi quasi lo prendo!” disse, puntando il dito e toccando la pagina. Dal dito si propagò una leggera luce dorata e, un attimo dopo, lo stesso completino della fotografia si materializzò tra le sue mani. Stella uscì dal camerino.

“Che ne dite?” domandò, facendo un giro completo su se stessa e rimanendo in attesa di complimenti. Flora fu attirata dall'ombra di qualcuno che si era fermato a pochi metri da loro. Questo qualcuno era un ragazzo e guardava Stella con gli occhi fuori dalle orbite e la bocca semiaperta. La fata dei fiori arrossì, mettendosi nei panni dell'amica mezza nuda che si mostrava come se, nel negozio, non ci fossero state che loro.

“Dico che a lui è piaciuto!” esclamò Musa, indicando il ragazzo che arrossì di botto, quando Stella gli fece l'occhiolino, per niente imbarazzata.

“Stella!” la rimproverò Flora. “E Brandon?”

“Oh, calmati, Flora! Brandon è il mio ciccino, che domande!” poi abbassò lo sguardo, ancora sorridendo, lusingata da tutte le attenzioni che i ragazzi le rivolgevano e così, i suoi occhi si illuminarono. “Ma è meraviglioso!”

“Cosa?” Musa guardò a terra, dove la fata del Sole puntava lo sguardo, cercando la cosa meravigliosa e ignorando il ragazzo che, non sentendosi più considerato, si allontanò, sconsolato.

“Poverino!” fu il commento, dispiaciuto e inascoltato, di Flora.

“Quello che hai in mano!” Stella indicò il completino che la fata della musica voleva comprare per sé. “E' bellissimo!”

“Sì, ma...”

Stella non le permise di continuare che glielo strappò di mano e si fiondò di nuovo verso il camerino. Flora rise, nel guardare l'espressione sconcertata sul volto di Musa.

“Questo è troppo!” sbottò quest'ultima. “Stella! L'avevo visto prima io!”

“Suvvia, puoi prenderne un altro... e questo è anche della mia taglia! Ho deciso! Li prendo tutti e due!”

Musa scosse la testa, infastidita dal comportamento dell'amica, ma andò di nuovo al catalogo e toccò ancora la pagina con l'immagine. Peccato che apparve sotto una scritta rossa che recitava un messaggio inequivocabile: Esaurito.

“E quale indosserai stasera... per Ciccino?” chiese, acida e delusa. Adesso era più che infastidita: era arrabbiata.

“Beh, potrei indossarli tutti e due...” rispose Stella che non si accorse del tono dell'altra. “Dopotutto, la notte è lunga!”

“Potresti indossarli uno sopra l'altro, magari!” ringhiò Musa; non attese una risposta. Piantò capra e cavoli e uscì dal negozio, per sbollire la rabbia, perché Stella doveva prendere tutto, senza mai chiedersi se il suo comportamento potesse ferire o meno.

“No, Musa... aspetta!” gridò Flora, facendo qualche passo verso l'uscita, ma senza allontanarsi dal camerino. “Se n'è andata!” comunicò. Stella uscì dal camerino, completamente rivestita e con i due completini intimi tra le mani.

“Finalmente!” esclamò. “Credevo volesse mettere radici! E' stata fantastica la mia idea di confondere il catalogo!”

Flora aggrottò la fronte. “Spero che il tuo piano funzioni!” replicò. Stella fece un gesto con la mano, come per scacciare una mosca.

“Seguila!” disse, autoritaria. “E non farla avvicinare a queste parti o scoprirà tutto!”

L'altra annuì e, complice, le fece l'occhiolino, prima di correre dietro a Musa. Stella, intanto, prendeva il telefono e, mentre correva alla cassa per pagare, compose un numero.


***


“Allora, crema per la notte, pigiama, pantofole, lacca per capelli...” elencava Brandon, indicando ciò che aveva infilato dentro la valigia.

“Vestiti, scarpe, deodorante...” completò Riven, disteso sul letto, a contemplare il soffitto. Mentre parlava, però, si voltò a guardare il suo compagno di camera. “Scusami, amico, ma tu e Stella andate sul pianeta della tranquillità e delle vacanze e... rimarrete davvero in camera tutto il giorno?”

Brandon ghignò, malizioso. “ San Valentino va festeggiato alla grande! La compagnia non sarà noiosa!”

“No, di certo...” replicò l'altro, annoiato, portandosi le mani dietro la nuca. “Basta che lei non si metta a raccontare barzellette!”

“Non sono male le barzellette di Stella!” esclamò Brandon, piccato, mentre apriva un cassetto e ne tirava fuori un flacone di gel, più un paio di magliette.

“No... fanno solo cadere le braccia!” rispose ancora Riven, sarcastico. Il suo compagno di stanza non riuscì più a trattenersi: conosceva l'antipatia che Riven provava nei confronti di Stella e lo accettava, ma non accettava il fatto che parlasse male di lei in sua presenza! Era una cosa che detestava, così come detestava lui. Perché Codatorta li aveva messi nella stessa stanza? E perché Sky era dovuto partire con due giorni di anticipo? Persino Timmy e Helia se ne erano andati prima di lui... e non aveva nessuna camera in cui rifugiarsi, se non quella in cui c'era quel palestrato ignorante.

“Invece di insultare Stella...” sbottò.

“Non stavo insultando Stella!” Riven si mise seduto sul letto, interrompendo l'invettiva del compagno di stanza. “Stavo solo dicendo che le sue battute fanno schifo!”

Brandon gli lanciò un'occhiataccia, ma decise di ignorarlo, per non doversi far venire il sangue amaro proprio a poco più di un'ora dal suo viaggio con Stella. Si voltò e riprese a sistemare la valigia. “Mancano i vestiti di stasera...” disse, scrutando la valigia e correndo verso l'armadio.

“Non vedo l'ora che quest'aria di smancerie sia finita!” sbottò Riven, nel sentire quelle parole. Brandon fermò la mano ad un passo dalla maniglia dell'armadio.

“Perché mai? San Valentino è una scusa ottima per passare più tempo con Musa...”

“San Valentino è una festa da idioti!”

Brandon ghignò: “Lo sai che ti stai dando dell'idiota?”

“Non mi sembra proprio!”

“E' la festa degli innamorati, Riven! Dovresti essere innamorato anche tu, a quanto ne so!” replicò l'altro, acido, aprendo l'anta dell'armadio e tirando fuori gli abiti che si era prefissato di indossare quella sera.

Ma Riven si ributtò sul letto e sospirò. “Mah, non lo so...”

“Che dici?” gli chiese il compagno di stanza, facendo capolino da dietro l'anta.

“E' che... è un po' che ci penso...” Riven aveva perso tutta la sua solita aria strafottente e ora sembrava preoccupato.

“A cosa?”

Quella di Brandon era una domanda fatta più per curiosità che per solidarietà.

“Non so se sono davvero innamorato!” esclamò l'altro, scattando a sedere. Lo scudiero di Eraklyon si sentì come se Riven, invece di parlare, gli avesse dato un pugno nello stomaco.

“Cosa?” fece, inorridito. L'altro si alzò, sospirando.

“Hai capito benissimo!” esclamò, mogio. “E non mi va di illudere Musa!”

Brandon non sapeva cosa dire. Si guardava intorno, come in cerca di ispirazione, poi tornò a guardare il compagno di stanza; un sorriso si delineò sul suo volto, un sorriso che si fece sempre più largo, fino a che non si trasformò in una sonora risata.

“Cos'hai da ridere?” sbottò Riven. “Non mi sembra sia divertente!”

“Ma sì, è evidente! Sei così innamorato che hai paura dei tuoi stessi sentimenti e vorresti allontanarti da lei! E'... è chiaro!” replicò Brandon, senza riuscire a smettere di ridere. “Dai, non fare così! Domani sera, invita Musa a cena, così la smetterai di farti tante paranoie!”

Ma Riven non ci trovava proprio niente da ridere, anzi. “Tu fai discorsi da checca, Brandon, fattelo dire!” esclamò, rabbioso, ributtandosi sul letto. In quel momento, il suo telefono squillò, ma la sua voglia di rispondere era pari a zero: dover scoprire che, probabilmente, era Musa, non lo confortava di certo.

Brandon aveva ripreso a sistemare la valigia e aspettava solo di sapere chi fosse.

“Beh, non rispondi?” chiese, dopo che il telefono aveva già squillato sei volte.

“No!”

“Ma quella suoneria mi dà fastidio!”

“Allora spegnilo!”

“E se fosse Musa? Le sbatto il telefono in faccia?”

“Sì!”

“Sei un gran maleducato, Riven, fattelo dire!” sbottò Brandon, chinandosi a prendere il telefono di Riven. Guardò il display... quel numero... era sicuro di conoscerlo. Premette il pulsante di risposta. “Pronto?”

“Che stai facendo, idiota?” gridò Riven, balzando in piedi e scattando verso il compagno di stanza che, però, aveva fatto un balzo indietro. Continuarono a lottare per un po', ma Brandon riuscì a tenere il telefono attaccato all'orecchio.

“Ma chi è?” chiedeva la voce femminile al telefono. Brandon, sentendola, si bloccò.

“Stella?” sbottò. Riven, che stava per balzargli addosso, nel sentire il nome della fidanzata di Brandon, ci ripensò: perché mai telefonava a lui e non al suo adorato Ciccino? “Ho il telefono scarico?”

“Ma io che ne so?” sbuffò Stella, all'altro capo. Sembrava stupita della domanda.

“Co... come che ne sai?”

Brandon sentì un'altro sbuffo da parte della sua ragazza, incapace di credere a ciò che stava succedendo.

“Senti, Ciccino, mi passi Riven, per piacere?” Stella sembrava così fredda... che era successo?

“Ciccina, non dovevamo... partire più tardi?”

“Sì, ma che c'entra? Passami Riven!”

Sconvolto e pieno di dubbi, come in trance, Brandon passò il telefono al suo legittimo proprietario.

“E'... è per te!” fu l'unica cosa che riuscì a dire. Riven glielo prese dalle mani in malo modo.

“Ma non mi dire!” replicò, portandosi il telefono all'orecchio. “Pronto?” Brandon lo scrutava torvo, come se lo avesse insultato. “Che... mmm... mmm...” lo scudiero era sicuro che Riven lo facesse apposta: faceva il vago solo per non fargli scoprire ciò che Stella gli stava dicendo. E lui era geloso: perché la sua ragazza sentiva il bisogno di parlare con Riven, a un'ora dalla loro partenza per Espero? E Riven, adesso, gli stava pure lanciando un'occhiata. “Mmm... Uff, sì va bene. Arrivo!” disse, prima di chiudere la chiamata, più scocciato di quanto non fosse stato fino ad allora.

“Che ti ha detto Stella?” lo aggredì Brandon.

“Vuole vedermi!” rispose, sempre annoiato, il suo compagno di stanza, gettando il telefono sul letto. Quello era il secondo pugno nello stomaco che lo scudiero riceveva quel giorno, senza che fosse stato toccato da nessuno.

“Co... come vuole vederti?”

Riven lo guardò. “Con gli occhi!” specificò, facendo crescere la rabbia di Brandon.

“Lo so benissimo!” sbottò, acido.

“E allora che domande fai?”

“Ti ha proprio detto: -Riven, vediamoci-?”

Riven sbuffò di nuovo, alzando gli occhi al cielo, esasperato. “Mi ha detto di vederci a Magix perché mi deve parlare!” replicò, ma non tranquillizzò di certo l'altro, la cui mente lavorava veloce: non era che il motivo della titubanza di Riven nei confronti di Musa fosse proprio... Stella? Non era che, per caso, Riven si era innamorato di Stella? E che Stella... Brandon scosse la testa.

“Vengo anche io!” esclamò, con veemenza, guardando il compagno di stanza con astio.

Riven si strinse nelle spalle. “Fai come ti pare!” rispose, incurante, spiazzandolo.

Brandon non era sicuro di aver capito bene: “D-davvero?”

“Vuoi venire o no?” sbottò l'altro, aprendo le braccia, esasperato.

“Sì...”

“E allora infilati le scarpe!”

Brandon guardò i propri piedi... effettivamente era ancora scalzo...



Salve! Questa è la mia prima fanfiction sulle Winx che scrivo. A dire il vero, all'inizio, avevo programmato di scrivere una one-shot, ma, durante la stesura, ho capito che era troppo lunga per poterla inserire in un unico capitolo e che avrebbe potuto risultare pesante.

L'idea mi è venuta in mente perché amo particolarmente una coppia “presente” nella prima serie e la mia testolina bacata e maliziosa ha cominciato a elaborare questa cosa. A voi scoprire di che coppia si tratta, ma quando succederà, non mi uccidete.

La storia è ambietata tra la terza serie e “Il Segreto del Regno Perduto”, ma non tiene conto degli eventi presenti in quest'ultimo.

Tra gli avvertimenti ho inserito OOC, anche se ho cercato di mantenere i personaggi il più possibile in linea con l'originale. Purtroppo, per alcuni aspetti, ho dovuto cambiare qualcosa per esigenze di trama.

Allora, cosa ne pensate di questo primo capitolo?

Lasciatemi i vostri pareri, ditemi se vi è piaciuto oppure no, magari aggiungendo il perché, così che possa migliorarmi e capire meglio i vostri gusti. ^^

Le critiche sono bene accette, sono alle prime armi e desidero migliorarmi.


Ci vediamo per il prossimo capitolo,

Luine

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2


“Grazie infinite!” esclamò, malignamente, Icy, alzando le mani davanti al gioielliere che le aveva tolto dal polso quell'orribile bracciale che i Templari le avevano messo per controllarla e tenere sopita la sua magia. “Adesso ho di nuovo tutti i miei poteri, dunque...”

Le sue mani furono avvolte da un alone bluastro da cui fuoriuscirono centinaia di cristalli di ghiaccio che, posandovisi sopra, congelarono gli spessi vetri dei banconi che proteggevano i gioielli.

L'uomo che l'aveva liberata gridò, nascondendosi dietro a un bancone, trovando il coraggio per minacciarle di chiamare la polizia e ordinare loro, con la poca spavalderia che gli era rimasta, di arrendersi.

“Oh, che paura...” sbottò Stormy, sarcastica, muovendo le mani per far apparire un vortice.

“Aspetta!” la fermò Darcy. “Non devi!”

“E perché?” domandò delusa la strega delle tempeste. “Bisogna fermarlo!”

“Sì, ma non dobbiamo facilitare i Templari nella ricerca!”

“E cosa pensi di fare?” replicò Icy, scettica.

“Dobbiamo evitare di essere troppo vistose e di... colpire qualcun altro!” rispose Darcy, guardando la sorella con aria di rimprovero, ripensando a poco prima, quando, perse le staffe, Icy aveva spaccato un vassoio in testa al proprietario di quel disgustoso locale dove erano state costrette a far da cameriere, facendolo svenire.

“Almeno non parlerà con nessuno!” replicò questa, ma poi si corresse, ripensandoci: “Per un po'.”

“Sì, ma hai anche aggredito due possibili clienti, ricordi? E parlassero con qualcuno?”

Icy sbuffò, annoiata. “Nessuno ci riconoscerà.”

“Se lo dici tu!” Darcy guardò a terra, verso il gioielliere e vide che stava allungando una mano verso il telefono. “Non così in fretta, vecchio!” sogghignò.

Sussurrò un incantesimo e la mano dell'uomo cadde dal bancone congelato, insieme a tutto il resto del suo corpo, con un tonfo. Stormy si sporse, per notare che, con occhi vacui, il proprietario della gioielleria la guardava, senza, in realtà, vederla.

“Ma... che gli hai fatto?” domandò Icy, dubbiosa, sporgendosi anche lei, mentre un sorriso ebete appariva sulla bocca dell'uomo.

“L'ho mandato a farsi un giro per verdi prati e rigogliose colline!” esclamò Darcy, contenta. Icy, però, non lo sembrava altrettanto: la guardò con disgusto.

“Sapevo che Roccaluce ti avrebbe rammollita!” esclamò.

Darcy, però, continuò a sogghignare, stringendosi nelle spalle.

“Ho detto che l'ho mandato tra verdi colline rigogliose, non che cosa nascondano! Farà un bell'incubo dal quale, se non è un mago molto abile, non riuscirà mai ad uscire!”

A quel punto, anche la strega del ghiaccio non poté fare a meno di mostrare una certa soddisfazione.

“Sapevo che avresti fatto una cosa simile!” disse, sfoggiando un sorriso maligno. “Altrimenti non saresti stata la più subdola delle streghe!”

Darcy le rivolse un sorriso molto simile, in risposta. “Non farmi arrossire, Icy!”

“Un momento!” esclamò Stormy, interrompendo lo scambio di battute. Icy alzò gli occhi al cielo: probabilmente si sentiva solo esclusa.

“Che c'è?” chiese, annoiata. La strega delle tempeste aveva schioccato le dita, la sua divisa pomposa da cameriera scomparve e, al suo posto, apparve la sua solita tuta violacea.

“Ottima idea, Stormy!” esclamò Darcy, imitandola.

“E così...” disse Icy, non appena si fu anche lei trasformata. “Le Trix sono tornate!”


***


Stella, seduta sul bordo della fontana della piazza principale di Magix, attendeva l'arrivo di Riven.

Le cose dovevano sempre andare storte: era in un ritardo mostruoso e lei doveva partire di lì a pochissimo!

Gli avrebbe dato una bella strigliata, non appena fosse arrivato. Guardò l'orologio che aveva al polso... aspettava da più di un quarto d'ora.

“E dire che Fonterossa non è poi così lontana...” sbuffò la fata, ad alta voce.

“Stella?”

La ragazza, nel sentire il proprio nome, si voltò, ma avrebbe anche potuto non farlo, dato che avrebbe riconosciuto tra mille il proprietario della voce.

“Brandon!” esclamò, stupita, alzandosi. “Che ci fai qui?”

“Che ci faccio qui?” sbottò lui, rabbioso. “Chiedi un appuntamento a Riven e mi chiedi che ci faccio qui?”

Stella non rispose a quella domanda, ma cambiò discorso: “A proposito di Riven... dov'è?”

“Ma... ancora?” sbraitò Brandon. “Che vuoi da Riven?”

“Devo parlargli di una cosa!” rispose vaga Stella, senza capire lo strano comportamento del suo ragazzo. “Ma... perché sei arrabbiato, Ciccino?”

“Hai anche il coraggio di chiedermelo!” replicò lui, indignato.

“Beh, sì...” disse Stella che non ci vedeva davvero niente di male.

Brandon non ci vedeva più dalla rabbia: sembrava che Stella non provasse nemmeno a nascondere il fatto che lei e Riven avessero una relazione.

“Dovevamo andare su Espero!” disse, a voce più alta del normale. Qualche passante si voltò a fissarlo.

Stella, incurante di ciò, continuava a fissare il suo ragazzo, senza capire: “Sì, Ciccino, ci andremo... non appena quel cafone si degnerà di presentarsi!” lo rassicurò, tornando a guardare l'orologio. “Manca ancora... oh cielo, mancano solo tre quarti d'ora e devo ancora finire di fare la valigia!”

“Che... che cosa? Ma... Stella...”

“Dov'è Riven?” riprovò lei. Adesso era ancora più urgente avere sue notizie: che non avesse seguito Brandon?

“A che gioco stai giocando, Stella? Vuoi vedere Riven adesso, ma vuoi anche partire con me!” i suoi occhi si abbassarono e videro le due buste che la sua ragazza teneva in mano. Come non capire? E perché lei continuava a fare come se, in realtà, non lo stesse tradendo sotto i suoi stessi occhi? “Vuoi... vuoi fargli un regalo?”

“Certo che voglio farglielo, Brandon!” esclamò lei, seria. Lui abbassò lo sguardo, mentre Stella si guardava intorno, incurante della sua presenza. Cercava solo Riven... per dargli il suo regalo di San Valentino.

“Potevi dirmelo, invece di illudermi così!” scattò Brandon, guardandola con rabbia. Lei sbatté più volte le palpebre.

“Ma... che stai dicendo, Ciccino?”

“E smettila di chiamarmi Ciccino!” sbottò lui, facendo un gesto secco col braccio. “Se vuoi stare con Riven potevi dirmelo subito, invece di farmi perdere la mia vacanza su Espero, sai? Grazie, Stella, del bel San Valentino che mi farai passare! Davvero molte grazie!”

La cosa più brutta per Brandon era che Stella lo guardava come se fosse impazzito, sembrava quasi avesse paura di lui.

“Brandon, sei sicuro che vada tutto bene?” gli chiese, preoccupata. “Hai la febbre? Stai davvero delirando! Perché dovremmo perdere la vacanza su Espero? Io...”

“Tu vuoi dare un regalo a Riven!” disse lui, come se questo dovesse sistemare la questione.

“E allora?”

Ancora una volta, Brandon ebbe la sensazione di venire colpito allo stomaco. “Co... come allora?” ripeté. Si sentiva un idiota per aver creduto in Stella, per aver pensato che, davvero, avrebbero passato una giornata intera insieme, a divertirsi, ad amarsi.

“Riven dovrà pur fare a Musa un regalo di San Valentino, no?” fu ciò che rispose lei e Brandon si sentì come se Stella, invece di parlare, gli avesse tirato una secchiata d'acqua ghiacciata.

“Cosa?”

“Musa è disperata perché non avrà la sua festa di San Valentino, Ciccino... ops... Brandon!” spiegò Stella, paziente. “E mi dispiace che sia la mia unica amica a non avere il suo giorno di festa, dato che tutte noi saremo molto... felici domani, certo io lo sarò più di tutte quante, ma...” sbuffò. “Riven deve capire che Musa ci tiene! E così ho pensato di prenderle un regalo che lui le regalerà, così domani quel cafone non farà una figuraccia!”

Il ragazzo sbatté le palpebre. Si sentiva uno schifoso verme, si vergognava di se stesso per non essersi fidato di lei.

“Tutto qui?” domandò, con un filo di voce.

“Sì, cosa ti aspettavi?” replicò lei, sbattendo le palpebre, confusa.

“Ecco... io... oh, Stella, sono un vero idiota!” la attirò a sé e la abbracciò.

“Brandon, ma cosa...” Stella non riusciva davvero a capire cosa fosse preso al suo fidanzato: perché prima le urlava contro e poi la abbracciava, ricordandosi, tra le altre cose, di darsi dello stupido? Probabilmente proprio perché aveva urlato contro la sua bellissima fata.

“Perdonami, Ciccina!” esclamò lui, sciogliendo l'abbraccio per guardarla negli occhi. Stella lo scrutò per qualche minuto, sospettosa, poi dichiarò:

“Tu sei strano... Ciccino!”

Si alzò in punta di piedi e gli diede un leggero bacio sulle labbra. Era un tipo strano, ma era anche troppo carino.

Brandon la strinse di più a sé, voleva farle capire quanto davvero era dispiaciuto per ciò che aveva pensato, per averla accusata di tradimento.

“Mi hai chiamato per farmi vedere come baci Brandon, Stella?” quella voce furente non poteva appartenere che a una persona... l'unica a cui Stella aveva dato un appuntamento e che si era degnato di arrivare così mostruosamente in ritardo. La ragazza si staccò da Brandon e girò la testa verso Riven.

“Ma bene! Finalmente hai avuto la decenza di presentarti!” disse, in tono di rimprovero, mostrandogli eloquentemente l'orologio. “Guarda che io e Ciccino, tra poco, dobbiamo partire! Manca solo mezz'ora alla partenza della navetta!”

Riven rispose con una smorfia. “Ehi, calmati!” sbottò. “Non ho trovato un buco per parcheggiare!”

“Sì, va beh...” tagliò corto Stella, consegnandogli uno dei due pacchettini che si era fatta fare da una commessa. Cominciò a parlare molto velocemente, tanto che Riven non ebbe che il tempo di ascoltare: “Qui c'è un completino intimo per Musa. Glielo devi dare per San Valentino, è da parte tua, ricordati! Musa ci tiene tanto a questa festa e dovresti farlo anche tu, Riven. E non preoccuparti dei soldi, puoi ridarmeli quando vuoi. Un'altra cosa: domani sera, presentati ben vestito ad Alfea. Ho prenotato una camera e un tavolo al Magix Hotel, per voi due. Mi raccomando: devi essere elegante. Non vestirti come al solito: da cafone!”

Riven diventò paonazzo per la rabbia e l'imbarazzo. “Ma come ti...”

Ma Stella non gli permise di finire, non lo ascoltava nemmeno. “E non preoccuparti del conto: è già tutto pagato. Musa è una mia amica e voglio che il suo San Valentino sia bello quanto il mio e quello delle altre, anche se quello di nessuna di loro sarà mai all'altezza del mio!” guardò Brandon, sbattendo gli occhi e facendo arrossire lui, che, in risposta, abbassò lo sguardo. “Bloom e Sky, Tecna e Timmy, Aisha e Nabu sono tutti fuori Magix e so per certo che Helia sta preparando una sorpresa a Flora! Tu sei l'unico anti-romantico che fa soffrire la mia amica Musa!” prese di nuovo fiato. “Il ristorante è prenotato per le otto.” tornò a guardare l'orologio e poi si rivolse a Brandon. “Su, sbrighiamoci o perderemo la navetta!”

“Ma...” Brandon e Riven si scambiarono un'occhiata, il primo confuso e l'altro furibondo, ma ammutolito. “Dobbiamo prendere le valigie!”

“Sciocchezze! Espero ci aspetta e non intendo in alcun modo perdermi la mia meritata vacanza!” Stella lo prese per mano e cominciò a tirarlo verso la fermata degli autobus transdimensionali. “Fregatene delle valigie: compriamo tutto lì. Mio padre mi ha regalato dei soldi in più apposta per il fine settimana! Fate i bravi tu e Musa, Riven! Ciao e buon San Valentino!”

Riven non rispose, ma rimase con gli occhi bassi, a contemplare il pacchetto che aveva tra le mani. Non li vide scomparire in una delle vie laterali, non vide nemmeno le Trix, alle sue spalle, quando si buttò a sedere sul bordo della fontana.

“Ma... sei sicura, Stella, di voler comprare tutto appena arriviamo?” Brandon continuava a sentirsi in colpa per i suoi pensieri e per la sua sciocca gelosia e non voleva che lei gli comprasse qualcosa, facendolo stare ancora più male di quanto non stesse.

“Sicurissima!” Stella si sedette sotto la pensilina e gli rivolse un sorriso malizioso. “E poi ho quello che ci serve per stasera!”

Gli fece dondolare sotto il naso il pacchettino con il completino intimo che aveva comprato per sé. Brandon avvampò, già immaginando come si sarebbe evoluta quella serata.


***


“Avete capito, sorelle?” fece Icy, con una smorfia maligna stampata sul volto, nascosta dietro la fontana, alle spalle della fata e dei due Specialisti. “La cara Stella va su Espero con quel suo stupido ragazzo!”

“Oh, mi piacerebbe rovinarle la festa!” esclamò Stormy, eccitata.

“Lo faremo!” assicurò loro Darcy. Il suo sguardo, però, a differenza delle altre due che guardavano Stella sparire in una via laterale, era posato su Riven, che, due anni prima, aveva sfruttato per spiare i patetici Specialisti di Fonterossa e le care Winx. “Ascoltate la mia idea, sorelle...” disse, in un sussuro appena udibile. “Secondo me, ognuna deve affrontare una Winx per conto suo!”

“Che dici, Darcy?” sbottò Icy. “E' una pessima idea!”

“Invece no! Se ci disperdiamo, sarà anche più difficile per i Templari ritrovarci e riportarci a Roccaluce, non vi pare?” Darcy squadrò entrambe le sorelle, rivolgendo loro un sorriso maligno. “Io mi occuperò di Musa!”

Icy ci pensò su un attimo, poi approvò. “E io di Stella! Sai, sorellina, che sei proprio un'astuta, intrigante bugiarda?”

Darcy rispose con un semplice ghigno.

“Purtroppo, finché non sappiamo dove sono le altre, dobbiamo accontentarci di queste tre!” commentò Stormy, delusa.

“Non importa! Rovinerò la festa a Stella, fosse l'ultima cosa che faccio!” replicò Icy, stringendo le unghie nei palmi delle mani, ferendosi leggermente, furibonda. “Gliela farò pagare cara per l'umiliazione di oggi!”

Solo la strega delle tempeste sembrava avere qualcosa in contrario per quanto riguardava il piano: “Ma così a me toccherà quella noiosona di Flora!”

“Beh, non si può avere sempre tutto quello che si vuole!” esclamò Icy, stufa. “Ci vediamo, sorelle!”

Si teletrasportò su Espero, mentre Darcy guardò la strega delle tempeste, esibendo un sorriso ipocrita.

“Ho bisogno del tuo aiuto, sorellina.” disse. “Mettiamoci in società... dobbiamo colpire insieme le fatine rimaste a Magix!”

La strega dell'oscurità guardò di nuovo là, dove vi era stato seduto Riven... lo Specialista continuava a fissare quel pacchetto orrendo regalatogli da Stella. Perché non sembrava contento di aver avuto una così valida occasione per vedere e far felice la sua adorata fatina? Perché era stato arrabbiato, quando Stella gli aveva detto di aver prenotato all'hotel più costoso di Magix?

Che le cose tra i due piccioncini non stessero andando più tanto bene? L'unico modo per saperlo era chiederglielo...

“Che avresti in mente?” domandò Stormy, sospettosa. Darcy sorrise.

“Ora ti spiego...”


***


Dannata Stella! Ma di che andava ad impicciarsi? Musa voleva un bel San Valentino... già, anche lui voleva trovare una soluzione ai suoi problemi, ma non per questo andava a mettere in subbuglio la vita degli altri!

Non gli andava di prendere in giro Musa in giro più di quanto non fosse necessario. Già rimanere con lei, continuando a chiedersi se l'amava davvero, era tremendo, non solo per lei, ma anche per lui.

Era innegabile che si trovasse bene in sua compagnia, ma aveva cominciato a sentire che tra loro mancava qualcosa. Ci aveva messo un po' per capirlo e solo quel pomeriggio, guardando la reazione esagerata di Brandon per quella telefonata, aveva capito cosa era quel qualcosa: la passione. La passione che univa il suo compagno di stanza a Stella o Sky a Bloom... lui non la sentiva.

E la gelosia. Sì, lo era stato in passato, ma, in quel momento, era sicuro che, se Musa avesse passato il giorno successivo con qualcun altro, dopotutto, non gliene sarebbe importato poi molto.

Si girò e rigirò il pacchetto con il completino intimo tra le mani, chiedendosi cosa farne: andare da Musa, regalarglielo e farle passare un buon San Valentino o lasciare che quel giorno passasse, senza neanche farsi sentire? Lei si sarebbe sentita ferita, lo sapeva. E non voleva ferirla ancora. Ma non voleva neanche illuderla più di quanto stesse facendo.

Stella gli aveva prenotato una camera d'albergo... il messaggio che aveva voluto mandargli era chiarissimo. Ma Riven non sapeva nemmeno se voleva cogliere la palla al balzo. Il pensiero non gli faceva né caldo né freddo.

Il giorno stava scemando, lasciando spazio a una notte senza nuvole; intorno a lui, i lampioni cominciavano ad accendersi.

Lo Specialista si passò una mano sulla fronte. Forse doveva tornare a Fonterossa e dimenticare San Valentino, Musa, il regalo e la camera d'albergo. Si alzò, cercando un cestino: avrebbe gettato il completino. Stella non si sarebbe intromessa un'altra volta nella sua vita.

Ed eccolo lì, il cestino. Illuminato da un lampione, come se lo stesse invitando a farlo, per non fargli avere altri ripensamenti.

Camminò verso di esso, lentamente, ripensando al passato, a Musa, a come si erano conosciuti... era stato innamorato, sì, ma in quel momento, cominciava a pensare di no.

Si fermò di fronte al cestino e le parole di Stella gli tornarono in mente, insistenti, con la voce odiosa della fata del Sole e della Luna: Presentati ben vestito ad Alfea: ho prenotato una camera e un tavolo al Magix Hotel, per voi due.

Serrò le mascelle, furibondo.

Che diritto aveva Stella di interferire con la vita tra lui e Musa? Che diritto aveva di prendere certe iniziative senza consultare nessuno dei due interessati?

Ma... era davvero sicuro che non fosse stata Musa ad avere l'idea e che Stella fosse solo l'esecutrice materiale?

Ma no... Stella era un'impicciona e lei, sicuramente, aveva preso l'iniziativa... però, Musa avrebbe dovuto anche essersi confidita con lei perché Stella prendesse la decisione.

Allungò il braccio, pronto a lasciar cadere quel pacchetto senza valore.

“Riven?”

Quella voce interruppe il filo dei suoi pensieri. Si voltò di scatto, chiedendosi chi mai fosse, cosa mai volesse. Quasi sussultò, vedendo proprio lei.

“Darcy!” esclamò, sorpreso.

“E' un pezzo che non ci si vede!” replicò lei, con un mezzo sorriso. Aveva qualcosa di strano, pensò Riven. Uno sguardo diverso dal solito, un sorriso che si discostava da quelli che gli aveva dispensato tempo prima, quando lui era stato usato come un foglio di carta. O forse era solo il gioco di luci, cosa molto più probabile.

“Tu non dovresti essere a Roccaluce?” domandò, bruscamente.

“Sì...” sospirò lei. Riven si mise sottobraccio il pacchetto, mentre il suo sguardo, puntato sulla strega, rimaneva minaccioso e ostile.

“Non ho voglia di combattere, Darcy! Dimmi cosa vuoi e sparisci!”

Sul volto della strega apparve un'espressione turbata. Eppure lui non aveva detto niente di strano...

“Perché mi tratti così?” chiese lei.

Riven rimase spiazzato da quella domanda, poi scosse la testa, ragionando su quel comportamento. Stava recitando: lei era molto brava. Era riuscita a ingannarlo per così tanto tempo che, ormai, Riven riconosceva le sue tattiche.

“E come dovrei trattarti?” sbottò.

“Beh...” Darcy sospirò, abbassando lo sguardo. Così facendo, spiazzò Riven ancora più di prima: lei e le sue sorelle non l'avrebbero mai fatto... erano troppo orgogliose per cedere in quel modo. Cosa c'era dietro tutto quello? “Sai, il periodo passato a Roccaluce mi ha aperto gli occhi. Ora sono in libertà vigilata. E voglio mettere a posto le cose.”

Riven inarcò un sopracciglio, ma non disse niente. Continuava a non crederle.

Darcy tornò a guardarlo negli occhi.

“So che ti sembrerà assurdo, dopo tutto quello che ti ho fatto!” esclamò, con fervore. “Dopo tutto quello che ho fatto alle Winx, a te e agli altri Specialisti e a tutta Magix. Sono successe tante cose, prima l'esercito dell'oscurità, poi Lord Darkar e, infine, Valtor! Ma ho capito i miei errori e sto tentando di porvi rimedio! Sai, capisco la tua titubanza... anche io non mi crederei, nella tua situazione!”

Riven si guardò intorno, come se si aspettasse una trappola. Tutti i suoi sensi erano tesi, in attesa di un qualcosa che gli rivelasse la presenza di un pericolo.

“Dove sono Icy e Stormy?” domandò, ignorando i suoi discorsi.

“Non qui!” replicò la strega. Riven tornò a guardare sui tetti, nell'aria. “Ed è inutile che le cerchi. Nessuno ti sta tendendo un'imboscata!”

“E come sai che pensavo proprio a quello, strega? Hai la coda di paglia?” la aggredì Riven, fissandola con occhi ardenti.

Darcy sorrise. “E' per come ti guardavi intorno, Riven... solo per come ti guardavi intorno!” si giustificò, con calma, scuotendo lievemente la testa. “Non sei cambiato per niente, sei sempre troppo sospettoso!”

Il ragazzo inarcò un sopracciglio. “Non puoi biasimarmi...”

“Sì, probabilmente hai ragione!”

Di certo, benché lo fosse il suo sguardo, i modi di Darcy non erano mutati. Affabile, gentile, intuitiva. Come poteva Riven a fidarsi di lei?

Strinse più forte il pacchetto che aveva sotto il braccio e guardò Darcy toccarsi lievemente i lunghi capelli scuri e sorridere ancora, stavolta amaramente.

“Allora...” disse, per prendere tempo. “Cosa vuoi?”

“Non molto, in realtà. Ti ho visto dall'altra parte della strada e...” guardò il punto che stava indicando e così fece Riven, credendo che ci fosse qualcuno, come, per esempio, le altre Trix. “Ho pensato di farti un salutino... da amica...”

“Amica...” sbuffò Riven, sarcastico. “Senti, noi due non siamo mai stati amici e non vedo perché dovremmo cominciare adesso!”

“Tutti hanno bisogno di una seconda possibilità.” Darcy lo guardò con convinzione.

Riven non capiva: “Ma perché venire proprio da me? E' alle Winx che devi chiedere la tua seconda possibilità!”

La strega emise una risatina gutturale, molto amara, prima di stringersi nelle spalle. “E' quello che ho fatto. Ma loro hanno pensato solo a prendermi in giro! Immagino di meritarlo...” si zittì e abbassò lo sguardo, rabbuiandosi. Tra loro calò un silenzio imbarazzato che Darcy spezzò alzando la testa di scatto, guardandolo con convinzione. “E, comunque, ho fatto del male anche a te. Anche a te voglio chiederla...”

Riven distolse lo sguardo. “Sprechi il tuo tempo!”

La strega sospirò, amareggiata. Si strinse nelle spalle e Riven, guardandola per un secondo, notò i suoi occhi lucidi. Si sentì leggermente a disagio.

“Beh, è... è chiaro che non ti convincerò in nessun modo del mio cambiamento, ma...” Darcy chiuse gli occhi e sorrise debolmente. “Ma spero che, un giorno, tu possa ricrederti, Riven. Ciao!”

Si voltò e, senza dire altro, senza attendere una risposta, se ne andò, non senza tirare su col naso.

Riven la lasciò fare, non gli andava proprio di parlare, soprattutto con lei. Tornò a guardarsi intorno, ancora cercando le Trix, magari nascoste da qualche parte.

Rimase solo un altro minuto sotto quel lampione, in attesa di qualcosa che non si manifestò, poi, ancora con il pacchetto sottobraccio e mille domande in testa, tornò alla sua moto.

Il parcheggio che prima era stato pieno, adesso era quasi deserto. Si sedette sulla sella e posò i piedi sul manubrio, ricominciando a guardare nella penombra dei lampioni il pacchetto che, alla fine, non aveva gettato. Se non fosse stato per Darcy l'avrebbe fatto, se non fosse stato per lei, allora sarebbe tornato a Fonterossa per tormentarsi ancora su Musa e su di sé.

Si chiedeva se, davvero, Darcy si fosse redenta come gli aveva detto. Era stata piuttosto strana, aveva parlato come, da strega quale era, non avrebbe mai fatto. E si era anche messa a piangere...

Ma avrebbe anche potuto essere una trappola, un altro dei suoi sordidi inganni. E si chiedeva la ragione per cui voleva nuovamente avvicinarlo.

Nascose il pacchetto dentro il baule della moto, prendendo una decisione: avrebbe seguito Darcy anche in capo al mondo e avrebbe scoperto quali erano le sue reali intenzioni.



Eccoci alla fine del secondo capitolo. E anche questa è fatta.

Cosa succederà, cosa non succederà? Mumble mumble.


Ma rispondiamo alla recensione di...

Daidouji: beh... hai azzeccato la coppia, potrai ritirare alla cassa la tua Winx preferita (o anche una Pixie o una Trix, a tua scelta). ^^
Sai, la mia idea era rendere i personaggi per come sono nel cartone, ma ho inserito OOC tra gli avvertimenti perché penso che Riven non potrebbe mai tradire Musa, neanche se ne andasse della sua vita. Non mi sembra da lui.
Che altro dire? Spero che questo capitolo sia stato di tuo gradimento e che ti abbia spinto a continuare a seguire questa storia.
A (spero) presto.


Infine, ringrazio coloro che hanno letto il primo capitolo. Ci vediamo tra un mesetto (spero di poter continuare la sequenza dei dieci) con il capitolo tre.

Nel frattempo, consigli e critiche sono sempre bene accetti. ^^


Saluti,

Luine.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Con lieve ritardo rispetto alla solita tabella di marcia (ebbene aggiorno con un giorno di ritardo), posto il terzo capitolo.

Buona lettura.


Capitolo 3


Era una sera molto fredda, sulle montagne di Espero, ma Stella e Brandon erano al calduccio, davanti a un fuoco scoppiettante, su un grande letto a due piazze, stretti l'uno all'altra, decisamente impegnati. Dopo aver comprato lo stretto necessario per passare due giorni, i due innamorati si erano decisamente stancati e, dopo aver lasciato detto che avrebbero cenato in camera, vi si erano rinchiusi.

“No, Brandon, non ti muovere! Sto così comoda!” esclamò Stella, accucciata a lui, sotto le coperte, quando lui provò a cambiare posizione.

“Ma, Ciccina, io sto scomodo! Ho un braccio intorpidito!” replicò lui, cercando di spostarlo da sotto la schiena di lei.

“No, tesoruccio, niente da fare!”

“Mmm... dai... così chiamamo Sky e Bloom, per sapere che stanno facendo!” provò ancora il povero Brandon, il cui braccio era, ormai, totalmente privo di sensibilità.

“No!” esclamò Stella, con veemenza. “Mi devi ancora fare le coccole! E poi, anche loro hanno bisogno di privacy!”

Brandon ridacchiò, ma, stavolta si spostò, ignorando le lamentele della fidanzata, per poi salire di nuovo su di lei e baciarle una spalla.

“No!” disse, ancora una volta Stella, cercando di spingerlo via. “Ti sei spostato, quindi niente da fare!”

Brandon cominciò a ridere, nascondendo il viso nell'incavo del collo di Stella.

“Cosa fai, mi prendi in giro?” gridò quest'ultima, dandogli dei pugni sulla schiena. Lui fece finta di non sentire niente, cominciò a baciarle il collo, con prepotenza sempre maggiore, lasciandole scivolare una mano sul corpo. “Non attacca, Ciccino! Sono arrabbiata con te!” ma, a dispetto delle sue parole, il tono di Stella era tutt'altro che arrabbiato. Chiuse gli occhi, distendendo le mani. Sospirò. “Sei molto cattivo, Ciccino!”

Brandon mugolò, in risposta. Stava facendo scivolare lentamente la bocca sul collo, quando alzò lo sguardo su di lei che, per tutta risposta, si accigliò.

“Che ti prende, adesso?”

“Niente...” disse. Si alzò dal letto, velocemente.

La fata inarcò un sopracciglio. “Perché? Brandon, esigo subito una...”

Bussarono alla porta, impedendole di terminare la frase.

“E ora chi diavolo è?” sbottò lei, a voce fin troppo alta.

“Servizio in camera!” replicò la voce attutita da dietro la porta chiusa. I due innamorati si lanciarono un'occhiata esasperata.

“Non ci torniamo più qui!” borbottò Brandon, camminando verso la sedia su cui erano accuratamente ripiegati due accappatoi col logo dell'albergo.

“Su questo ci puoi giurare, Ciccino!” replicò Stella, intrecciando le braccia al petto.

“Arrivo!” disse Brandon, mentre si sistemava i capelli spettinati. Dopo essersi infilato l'accappatoio lanciò il secondo alla fidanzata che lo prese al volo.

“Ciccino, non sei gentile!” lo rimproverò le. Lui le allungò un bacio e poi andò ad aprire. Stella, intanto, si alzò e si spostò verso la vetrata che portava al grande balcone. Aveva cominciato a nevicare.

Era tutto perfetto, come in un sogno.

“Ehm... Stella?” la voce di Brandon era un po' incrinata, preoccupata. La ragazza alzò gli occhi al cielo.

“Ciccino, non scherzare, dai!”

Ma il riflesso sul vetro le disse che Brandon non stava affatto scherzando. Sgranò gli occhi: non poteva essere vero... si voltò e vide Icy, in piedi, che occupava la porta.

“Che ci fai qui, strega?” sbottò Brandon che rimaneva di fronte a lei, impedendole di entrare.

“Ma che accoglienza fredda! E' così che si salutano le vecchie amiche?” mentre parlava, Icy allungò una mano e congelò Brandon, veloce, implacabile, tenendo posato lo sguardo cattivo e carico di odio su Stella che aveva la bocca aperta per lo stupore.

“Ciccino!” gridò.

“Credo che non ti senta...” replicò Icy, soddisfatta di se stessa, aggirandolo, continuando a scrutare Stella come un cacciatore che abbia, finalmente, intrappolato la sua preda. Stella fece un passo indietro, trovando, ad ostacolarle la fuga, la vetrata fredda.

Ora il sogno si era trasformato in un incubo.

“Cosa c'è, fatina?”

“Avevi detto che eri diventata buona!” replicò Stella, come se questo potesse fermare la strega.

“Non c'è niente di peggio che incontrare una come te per farmi passare la voglia di fare finta di esserlo!” Icy allungò di nuovo la mano, lanciando una potente sfera di ghiaccio. Stella gridò:

“Enchantix!”

Si trasformò, ma questo non bastò a fermare l'attacco di Icy che la colpì in pieno, cogliendo il momento di minor attenzione della fata, frantumando il vetro e facendola cadere tra la neve che si era depositata sulla terrazza. La Trix cominciò a ridere, camminando lentamente verso l'esterno. Voleva godere ogni istante di quella sua insperata vittoria.

Allora, fatina, hai freddo?” esclamò, sardonica, attaccando ancora. Quello era il suo elemento: la neve, il ghiaccio. Per lei, quel terreno era fin troppo congeniale.

Sollevò una coltre di neve che andò a coprire le ali luccicanti di Stella, le sue braccia e le sue gambe, imprigionandola a terra.

Stella non riusciva a muoversi, sembrava che Icy fosse diventata più forte dell'ultima volta che l'aveva affrontata. La verità era che la rabbia le dava l'incentivo giusto per rendere più efficaci i suoi attacchi e quel clima invernale non la infastidiva di certo, essendo lei una principessa del ghiaccio.

“Tu...” ringhiò Stella, lottando contro di esso, tentando rialzarsi, ma senza ottenere nessun risultato. Icy, adesso, era proprio accanto a lei, al suo viso così dannatamente perfetto.

“Non hai ancora risposto alla mia domanda!” disse, malignamente. “Ti si è congelata anche la lingua?”

Rise della propria battuta e posò un piede sul viso della nemica, cominciando a fare pressione sul suo naso. Oh, gliel'avrebbe spaccato! Deturparla era un sogno che aveva sempre avuto...

“Quanto ci vorrà al tuo bel nasino per fare crack?” domandò, con una punta di sadismo, sogghignando e guardando Stella negli occhi. Voleva vedere il suo terrore, voleva proprio sentirla gridare per aver perso la sua bellezza, cosa di cui quella stupida fata andava così fiera. Rise ancora, trionfante.


***


Riven si guardò attorno, rallentando leggermente, ma mantenendo un'andatura spedita per non far avere sospetti alla Trix che, incurante di lui, continuava a spostarsi per le vie di Magix. Sembrava che avesse una meta. E lui si chiedeva dove stesse andando.

Aveva lasciato la moto al parcheggio e dentro il baule aveva chiuso il pacchetto da regalare a Musa. Da allora non vi aveva più pensato.

I suoi nervi tesi erano tutti rivolti al mondo che lo circondava. Doveva tenersi pronto per un eventuale attacco. E il bello era che sarebbe stato da solo perché tutti i suoi amici Specialisti erano a divertirsi. Di tutti, solo Helia era rimasto a Magix, ma era irreperibile dal giorno prima, intento a preparare qualche strana sorpresa per Flora.

Aveva ritrovato Darcy poco lontana dalla piazza principale, di fronte a una vetrina e così aveva cominciato a pedinarla.

Continuò a seguirla a debita distanza, le mani in tasca, la testa china, ma gli occhi fissi sui capelli lunghi e fluttuanti della Trix. Si chiedeva se si fosse accorta della sua presenza. Se così fosse stato, lo avrebbe condotto in una trappola?

Questo era il suo quesito perenne, quello di cui non riusciva a liberarsi. Avrebbe potuto andarsene e lasciarla perdere, questo lo sapeva, ma la strega non era una stupida, lo conosceva abbastanza bene da sapere che, se insospettito, poi sarebbe andato fino in fondo.

Darcy svoltò alla fine della strada e lui la perse di vista. Accelerò il passo: doveva ritrovarla il più presto possibile e sapere dove stava andando. Con un po' di fortuna, avrebbe trovato anche le sue sorelle, oltre a scoprire i suoi piani. Svoltò l'angolo, velocemente; fece solo pochi passi, fino a quando una mano non gli si posò sul petto, facendolo fermare di scatto e girare la testa verso l'interno della strada, sulla ragazza appoggiata al muro che teneva il braccio teso e che, sul viso, esibiva un'espressione maliziosa.

“Potrei pensare che tu mi stia seguendo!” esclamò.

“Coda di paglia, Darcy?” rispose lui, bruscamente, distogliendo lo sguardo da lei. Era una fortuna che non fossero proprio sotto la luce di un lampione o la strega avrebbe visto le sue guance colorarsi di rosso per l'imbarazzo. “Stiamo solo facendo la stessa strada!”

“Ah, capisco...” fu tutto ciò che disse lei, senza perdere il suo strano sorrisetto, ma abbassando il braccio. Si allontanò dal muro e gli volse le spalle, ma ruotò la testa di un quarto, per osservare la figura di Riven che rimaneva immobile. Mentalmente, si stava dando dello stupido per essersi fatto accorgere così in fretta. “Vieni, ti mostro dove stavo andando!”

“Io non ti stavo seguendo!” ripeté lui, con veemenza.

Darcy si voltò ancora, stavolta verso di lui, alzando le mani. “D'accordo!” esclamò, ma non aveva perso il suo sorrisetto, segno che non gli credeva. Continuò, portandosi le mani dietro la schiena: “Però puoi sempre fare la tua strada e... magari fermarti dove mi fermo io, sempre se... è la tua strada!”

Riven sentiva ancora rabbia e frustrazione: la strega aveva capito tutto. “Potrei svoltare prima...” esclamò, piccato.

Il sorriso sul volto di Darcy si allargò. “Allora potremmo fare quel tratto di strada insieme!” esclamò, gentilmente, inclinando la testa da un lato.

Riven si guardò attorno, stavolta più per imbarazzo che per vera percezione del pericolo. “E va bene!” disse, controvoglia.

Non era la soluzione migliore, ma era comunque un modo per scoprire cosa le Trix avessero in mente. Sapeva di dover andarci cauto: Darcy era molto furba e come si era accorta di essere seguita, poteva anche capire le sue intenzioni.

Lei tornò a dargli le spalle e, una volta che lui le si fu affiancato, riprese a camminare.

“Sai, Riven...” disse, con leggerezza. “Mi aspettavo che tu facessi una cosa del genere!”

“Ma davvero!” replicò lui, ironico.

“Mi ferisce questa tua mancanza di fiducia!” lei sembrò molto seria, ma anche lui lo fu. La guardò con la coda dell'occhio, senza riuscire a far tacere i propri sospetti.

“Non mi si può biasimare!”

“No, hai ragione!” Darcy abbassò lo sguardo verso terra, sorridendo amaramente. Poi, però, come ripensandoci, lo alzò, rivolgendolo ai cartelli pubblicitari, carichi di cuori giganteschi che invitavano gli innamorati a comprare i regali per i partner nei negozi pubblicizzati, ai poster attaccati al muro che invitavano alle feste di San Valentino più trendy di Magix. Lui non notò il sorriso maligno che le aveva deformato la bocca per un secondo. “Trovo che questa festa sia decisamente insulsa... piena di cuori, tanto amore e... baci! Tutta roba disgustosa!”

“Mi era parso di capire che fossi diventata buona!” replicò Riven, sarcastico.

“Essere buona non significa essere romantica!”

Su questo, lo Specialista non poté replicare, perché, dopotutto, sapeva che aveva ragione: lui la pensava esattamente allo stesso modo. Sogghignò, scuotendo la testa.

“E adesso che hai?” gli chiese lei, incuriosita dalla sua reazione.

“Niente!” rispose lui, freddamente.

La strega ridacchiò. “Cosa c'è? Credevi che fossi diventata una ragazza tutta amore, baci e tenerezza? Sono pur sempre una strega!”

“Sì, hai ragione!” replicò Riven, senza riuscire a trattenersi dal fare un mezzo sorriso.

Quella sera era tutto molto strano: prima incontrava Stella che gli programmava il giorno di San Valentino, poi Darcy che gli diceva di essere diventata buona. E lui decideva di seguirla per scoprire i suoi piani; quindi si faceva scoprire come un idiota e si metteva a conversare amabilmente con lei, come se fossero stati vecchi amici. Si accigliò: stava abbassando la guardia. E Darcy, in questo genere di cose, era decisamente brava.

“Cosa c'è, Riven?” domandò quest'ultima, interrompendo il filo dei suoi pensieri, alzando lo sguardo su di lui, osservandolo con un'espressione curiosa. “Mi sembri pensieroso...”

Lui non rispose, continuò a camminare e a guardare di fronte a sé. Darcy sorrise.

“A Fonterossa continuate ad allenarvi duramente?”

“Mm-mm...”

“Fai sempre a gara con Sky per vedere chi è il più bravo?”

“Non c'è bisogno di fare gare...”

Darcy ridacchiò di nuovo. “E' inutile: non sei davvero cambiato, Riven! Sempre ambizioso e, se mi permetti, anche un po' presuntuoso! Forse è per questo che mi piacevi!”

Riven fece una smorfia: la strega credeva davvero di riuscire a incantarlo un'altra volta con le sue stupide moine? “Cosa vuoi, Darcy?” chiese, scontroso. “Sfruttarmi ancora? L'hai già fatto una volta, mi sembra più che sufficiente! Quindi, smettila di dire che ti piaccio, perché sai benissimo che non è vero!” replicò, con astio, ricordando amaramente i modi subdoli coi quali la ragazza che gli camminava a fianco lo aveva messo nel sacco, inducendolo a tradire i suoi amici.

“Se tu non mi fossi piaciuto, Riven, non avrei scelto te!” confessò Darcy, con un tono che doveva lasciargli intendere che avrebbe dovuto essere ovvio. “Se avessi voluto solo sfruttare uno Specialista di Fonterossa, avrei potuto scegliere chiunque altro. Avrei potuto prendere... quello con gli occhiali... come si chiama?” mosse su e giù la mano di fronte a lui, per sollecitarlo a darle una mano nel ricordare il nome.

“Timmy?”

“Sì! Lui è il più debole! Ingannarlo non sarebbe stato difficile! Ma ho preferito te!”

Lo Specialista si fermò, irato. “Intendi dire che sono ancora più debole di Timmy?”

Quando la strega si accorse che non erano più fianco a fianco, si girò di nuovo verso di lui e guardò nei suoi occhi furenti. Sorrise. “No, Riven. Mi fraintendi: intendevo dire che, semplicemente, tu hai certe qualità che Timmy non ha!”

Riven rispose con un gesto stizzito. “Piantala, Darcy! Non mi incanti!”

La strega annuì. “D'accordo. Allora, forse è meglio che ci salutiamo qui, Riven!” lo disse, ma non sembrava arrabbiata. Gli diede le spalle, ancora una volta, non lo attese e riprese la sua camminata solitaria; si allontanò da lui che, ancora con il cuore palpitante per la rabbia, senza quasi accorgersene, l'aveva seguita e l'aveva bloccata, afferrandole il polso.

Darcy voltò la testa di scatto, i suoi capelli lunghissimi mulinarono e scivolarono sul braccio di Riven, rimanendovi attaccati. La strega gli rivolse un'occhiata carica di stupore; lui non si spiegava perché l'avesse fermata, perché non avesse ripreso a seguirla da lontano, come poco prima. La verità era che non voleva farsi scoprire di nuovo e ferire, ancora una volta, il proprio orgoglio.

E se la strega avesse detto la verità? Anche questa era una possibilità, sebbene non ne fosse molto convinto. Ma se era fuori da Roccaluce, erano stati sicuramente i Templari a portarla lì. Ma se fosse fuggita, come la prima volta?

Darcy abbassò lo sguardo sul proprio polso. “Lasciami!” disse.

“Dimmi la verità, Darcy!” ordinò Riven, aspro.

“Su cosa?”

“Su di te e le tue sorelle!”

Darcy provò a liberarsi della stretta dello Specialista, senza successo. “Te l'ho detto: siamo in libertà vigilata! I Templari ci tengono d'occhio!” replicò, desistendo.

Riven non sapeva più cosa pensare: le Trix erano già scappate da Roccaluce prima di allora, dopotutto. La prima volta, però, erano state aiutate da Lord Darkar, che aveva dato a tutte e tre grandi poteri. Poteri che avevano perso alla sua sconfitta.

Non avevano modo di scappare al controllo dei Templari, senza l'aiuto di un potere superiore. Fece una smorfia: forse, Darcy stava davvero dicendo la verità.

“Senti, forse ho un po' esagerato...” ammise.

“Sì, hai esagerato, Riven!” la strega riuscì a liberarsi della sua stretta e si sistemò i capelli dietro le spalle, gli occhi bassi e un'espressione delusa. “I tuoi amici sono stati disposti a perdonarti, anche se li avevi traditi. Tu dovresti capire la mia situazione meglio di chiunque altro e, invece...”

Scosse la testa. Riven, benché a malincuore, sentiva che Darcy aveva ragione: lui aveva spiato i suoi compagni di squadra per quasi un anno, andando a riferire ogni minimo dettaglio alla strega che, adesso, lo stava di nuovo congedando, con l'aria di essersi particolarmente offesa. La sua convinzione che stesse dicendo la verità si fortificava ad ogni minuto, anche se ricordava che Darcy sapeva essere un'ottima attrice. Ma tutte le prove sembravano darle ragione...

Arrivato a quel punto, avrebbe voluto andarsene, lasciarla perdere, ma il dubbio continuava ad esserci e non poteva ignorarlo. Riprese, quindi, a seguirla.

“Riven, perché mi stai seguendo?” gli chiese, senza smettere di camminare.

“Voglio avere la dimostrazione che quello che dici è vero!”

“Legittimo!” Darcy si fermò. “Ecco: è lì che siamo diretti!”

Indicò un locale con un'insegna luminosa intermittente. Riven inarcò un sopracciglio.

“Ci lavoro!” spiegò la strega, con tranquillità. “Vogliamo andare?”

Riven, adesso, non sapeva cosa fare: e se nel locale, invece di esserci persone intente a bere e a passare del tempo con gli amici, vi fossero le altre due Trix e lui si fosse ritrovato in una trappola?

Avrebbe dovuto combattere, non c'era altra soluzione.

Si mise le mani in tasca, stringendo il cellulare, ma fingendo noncuranza. Così, seguendo Darcy, si inoltrò nel locale.

Era uno dei più alla moda di Magix, uno di quelli frequentati soprattutto da adolescenti sballati, di quelli che si sentivano popolari solo perché frequentavano quel posto o avevano un amico a Fonterossa.

Siediti a un tavolo. Io torno subito!” esclamò Darcy, a voce molto alta, per sovrastare il rumore assordante della musica a tutto volume. C'era una ressa che sarebbe risultata strana al concerto di una pop-star, ma non lì.

Lo Specialista perse di vista Darcy quasi subito, mentre cercava di farsi strada verso un tavolo, o, comunque, un posto a sedere, ovunque fosse. Avrebbe preso qualcosa da bere e si sarebbe guardato attorno, aspettando il momento per chiamare i suoi amici e stanare le Trix.

Almeno, la cosa positiva era che, di loro tre, non vi era alcuna traccia. Avrebbero potuto nascondersi in un tale caos, distruggere tutto, mettendo a rischio l'incolumità di così tanti ragazzi. Conoscendole, non poteva sottovalutarle.

Attorno a lui c'erano coppiette, ragazzini che si comportavano come adulti, bevevano alcolici, baciavano i partner come se li vedessero per l'ultima volta, ballavano sui cubi, si divertivano coi giochi di società magici, senza dare peso a niente che non fossero loro stessi. In un attacco, pensò Riven, nessuno di loro sarebbe sopravvissuto.

I sedili davanti al bancone stracolmo di bicchieri e bottiglie erano tutti occupati. Quando un ragazzo si alzò in piedi e se ne andò, lo Specialista riuscì, velocemente, a intrufolarsi tra altri tre o quattro mocciosi che gli si erano parati davanti e a conquistarsi il posto appena liberatosi.

Si guardò intorno, circospetto, ancora cercando Darcy, ma era difficile per via della luce soffusa, intermittente, che gli impediva di vedere bene in faccia nessuno che non fosse al suo fianco.

I baristi continuavano ad esaudire le richieste dei ragazzi che si ammassavano alle casse; erano tutti uomini, da quanto aveva potuto vedere e di Darcy non vi era traccia. Ormai era chiaro: gli aveva mentito un'altra volta ed era fuggita. Aveva trovato quella scusa e si era liberata di lui.

L'espressione sul suo viso si indurì: si sentiva un vero idiota, forse avrebbe fatto davvero bene a tornare sui suoi passi e riprendersi la moto, per cercare velocemente il nascondiglio di quelle streghe. Se le avesse riportate a Roccaluce da solo, sarebbe stato considerato un eroe da tutta Fonterossa.

Si alzò, deciso ad andarsene, a mettere in pratica il suo piano.

“Allora, che ti porto?”

Quella voce lo costrinse ad abbassare lo sguardo al di là del bancone. Incrociò lo sguardo della Trix che lo guardava con curiosità e che gli aveva posto quella domanda.

“Cosa?” domandò lui, sbattendo gli occhi, sicuro di non aver capito. Darcy si piegò un po' sul bancone.

“Che ti porto?” scandì, parlando a voce più alta.

Riven ci pensò su un minuto, poi, scuotendo la testa, si sedette di nuovo e optò per una birra. La strega rispose con un sorriso, poi si allontanò dal banco e lui si ritrovò a seguirla con lo sguardo. Non sapeva più cosa pensare e, forse, doveva accettare il fatto che Darcy fosse davvero cambiata.

Quando la strega tornò con una bottiglia, Riven le rivolse un sorriso di ringraziamento a cui lei rispose, forse contenta di vedere che, finalmente, le ostilità tra loro erano cessate.

“Quanto è?” domandò Riven.

Darcy alzò le spalle. “Offre la casa!”

“Sei... sicura?” chiese lui, esitante.

Lei gli rivolse una strizzatina d'occhio. “Adesso devo andare!”

Riven annuì, mentre prendeva tra le mani la bottiglia di birra e la portava alla bocca, cercando Darcy con lo sguardo. Purtroppo, grazie alle luci intermittenti, la perse di vista e, pensieroso, continuò a bere. Ormai i suoi sospetti si facevano sempre meno forti: niente indicava che lo stesse prendendo realmente in giro.

“Scusa...” esclamò, non appena vide un barista passargli davanti. Quello non lo sentì. Avrebbe continuato a camminare e ad ignorarlo, se Riven non si fosse sporto e non l'avesse afferrato per un braccio.

“Ehi, calmati! Rispetta la fila come tutti gli altri!” gridò quello, infastidito. Tentò di liberarsi della presa di Riven che, però, non aveva intenzione di lasciarlo andare.

“Non voglio bere. Ho bisogno di un'informazione!”

Quello smise di tentare di riprendersi il braccio. “Che vuoi sapere?” domandò, incuriosito, quasi nessuno gli avesse mai chiesto un'informazione e per lui quello fosse stato un vero traguardo.

“Quella ragazza... Darcy... da quanto lavora qui?”

Il barista sbatté un attimo le palpebre, perplesso. “Chi?”

Darcy, la ragazza coi capelli lunghi. Quella lì!” Riven la vide intenta a servire dei ragazzi poco lontani da dove si trovavano lui e il barista e gliela indicò.

Sul volto di quest'ultimo apparve un'espressione consapevole. “Ah, quella... da un po', un mese, più o meno. Carina, vero? Ma... perché?”

Riven non rispose, ma posò lo sguardo su di lei. Carina... non aveva pensato a questo. Beh, di lei aveva sempre pensato che fosse interessante. E intelligente. Forse troppo.

Il suo telefono cominciò a vibrare nella sua tasca e gli fece perdere interesse per Darcy e per il barista che aveva tenuto per un braccio fino a un secondo prima. Lo lasciò andare e prese, invece, il cellulare, per vedere chi era che lo stava cercando, ma, quando vide da chi partiva la chiamata, la sua voglia di rispondere passò. Si era quasi dimenticato di lei... si era dimenticato di quel pacchetto nel baule della sua moto.

Cosa doveva fare? Rispondere oppure no?

“Qualcosa non va?” la voce di Darcy gli arrivò come un getto di acqua fredda. Alzò lo sguardo di scatto su di lei.

“No... tutto bene...” mentì. Ma lei sembrava aver già intuito tutto, o forse era stato l'accendersi e lo spegnersi della luce sul display del telefono a metterla sulla buona strada.

“Rispondi!” gli disse, esortandolo con un cenno in avanti della testa. Ma Riven scosse la sua, facendo una smorfia e interrompendo la chiamata. Ripose il telefono nella tasca dei pantaloni.

“Qualcuno di fastidioso?”

Riven non sapeva dirlo. Musa non poteva certo dirsi una ragazza appiccicosa.

La verità era che non voleva parlarle, si sentiva a disagio a doverle mentire. Si risedette e sospirò.

Qualcosa non va?” ripeté Darcy, piegandosi di nuovo come poco prima. Lui scosse la testa, pensieroso. La strega gli posò una mano sul braccio. Quel contatto fu strano... Riven sentì come una scossa che gli attraversava la spina dorsale. Alzò la testa verso la strega che aveva un'espressione preoccupata. “Se hai bisogno di parlare con qualcuno, ecco...” si fermò: sembrava che quello che doveva dire le costasse molta fatica. “So di non essere una buona confidente, ma... ecco...” fece un'altra paura. “Se hai bisogno... io...” inspirò ed espirò, come per cercare il coraggio di parlare. “Io ci sono.”

Riven abbassò lo sguardo sulla sua mano, sulle sue unghie affilate e curate.

Scosse la testa, sorridendo di sé, amaramente: si sentiva un vero verme a stare in compagnia di una ragazza che avrebbe dovuto odiare per tutto ciò che gli aveva fatto in passato. Quando si riprese da questi pensieri, si accorse che la mano di Darcy non era più posata sul suo braccio e che lei era sparita.

Fece scorrere la mano sul cellulare dentro la tasca, chiedendosi cosa fare: Musa si sarebbe insospettita, dopo che lui le aveva pure chiuso la chiamata in faccia? Cosa avrebbe pensato per quella sua trovata geniale?

Il suo sguardo si posò sulla strega, che stava in piedi davanti alla cassa illuminata e oscurata dalle luci intermittenti.

Carina, vero?

Fece un mezzo sorriso stanco, prima di tornare a bere la sua birra.

Guardò il display del telefonino per vedere che ore erano. Musa non aveva riprovato a chiamare ed erano quasi le dieci e mezza... era ora di rientrare a Fonterossa. Non poteva rimanere ancora.

Si alzò, lasciando la bottiglia sul bancone e poi si avvicinò alla cassa: non poteva andarsene senza sparire nel nulla. L'avrebbe salutata. Non c'era niente di male nell'essere educati...

“Darcy...” la chiamò, non appena affiancò un ragazzo che le stava porgendo una banconota. L'espressione sul volto della strega non sembrava affatto contenta, ma, non appena si sentì chiamare, sussultò.

“Oh, Riven...”

“Ehi, amico, c'ero prima io!” sbottò quello con i soldi in mano.

“Tranquillo!” replicò Riven, senza degnarlo di uno sguardo. “Senti, Darcy, io me ne devo andare...”

“E perché?”

“Coprifuoco...” spiegò lui, telegrafico. Darcy annuì.

“Aspetta!” disse e si allontanò dalla cassa. Il ragazzo con la banconota in mano cominciò ad imprecare contro Riven, ma lo Specialista lo ignorò e si avvicinò all'uscita.

Era così strano non avere più il rumore assordante della musica nelle orecchie... il silenzio che regnava all'esterno sembrava totale, neanche le auto che passavano facevano che un rumore del tutto esiguo.

Darcy lo raggiunse pochi minuti dopo.

“Volevo... ringraziarti...” disse, ancora in difficoltà. Riven la capiva: era orgogliosa anche lei, dopotutto.

“E per cosa?”

“Per avermi dato una... ehm... possibilità!”

Riven non rispose, limitandosi ad alzare lo sguardo al cielo stellato. Cominciò ad alzarsi il vento, ma lui non sentiva freddo. Stava bene, soprattutto dopo il caldo torrido del locale.

“Lascia perdere...” borbottò, chiudendo gli occhi per godere di quel vento che gli toglieva la calura di dosso.

Inaspettatamente, Darcy si sollevò in punta di piedi e gli diede un bacio sulla guancia. Ancora quella sensazione di brivido gli percorse la schiena... aprì gli occhi, posandosi una mano sul punto toccato da Darcy, interdetto.

“Forse non avrei dovuto...” esclamò lei, mordicchiandosi il labbro inferiore.

“No... cioè... sì... non c'è niente di male a...”

Non sapeva neanche lui cosa pensare, cosa dire. Era certo di aver provato qualcosa. Il volto di Musa fece capolino nella sua mente e quella visione, se così poteva chiamarla, gli fece male come un pugno allo stomaco, come una bruciante sconfitta.

Sospirò, appoggiandosi al muro e portandosi una mano sulla fronte, quasi avesse combattuto davvero e, quindi, fosse esausto.

“Riven?” lo chiamò Darcy. Sul suo volto comparve un'espressione sinceramente preoccupata. “Ti senti bene?”

Lui scosse la testa, dispiaciuto, confuso. Si sentiva in colpa e non capiva la ragione. O meglio, la ragione c'era: per un secondo, per un solo istante, l'idea di tradire Musa non gli era sembrava poi così orribile. Non gli sarebbe importato di rimpiazzarla, anche se solo per pochi attimi, con qualcun altro.

“Mi dispiace!” esclamò, rivolgendo a Darcy solo una occhiata fugace, senza capire perché lo stava facendo. “Musa...”

La strega rimase in attesa, guardava Riven prendere dalla tasca il telefonino, non parlava. Sembrava più sconvolta di lui.

“Prima era lei...” spiegò lui, senza guardarla.

“Ah...” replicò lei, freddamente. “E allora perché non hai risposto?”

Riven continuò a tenere posato lo sguardo sul cellulare, quasi si aspettasse che cominciasse a squillare da un momento all'altro. “Perché... tra me e lei le cose non vanno benissimo...”

Continuò a tenere lo sguardo basso, incapace di guardarla negli occhi. Giocò, rigidandoselo tra le mani, con il telefonino.

“Vi state... lasciando?” domandò lei, con un filo di voce.

Riven scosse la testa. “No. Il problema sono io... credo che lei sia ancora innamorata di me. Ma io... non credo di esserlo più!”

“Oh...” fu tutto ciò che riuscì a dire Darcy. “Sei confuso, ho capito bene?”

Lui annuì. “Un po'...”

Darcy gli posò una mano sulla spalla e Riven non poté non guardare lei, la sua espressione comprensiva. Come aveva potuto dubitare che fosse cambiata? O forse voleva solo convincersene per mettere a tacere la sua coscienza?

“Mi dispiace, Darcy!” disse ancora, scuotendo la testa.

La strega scosse la testa e fece un passo verso di lui.

“Di cosa?” gli chiese lei, incuriosita.

“Io... io devo andare.” si raddrizzò e fece un passo per allontanarsi da lei, ma Darcy gli aveva stretto la mano intorno alla spalla e sembrava non volergli dare la possibilità di fuggire. Perché, per quanto capisse di apparire vigliacco e di esserlo, non vedeva altro modo di uscire da quella situazione. “Ho il coprifuoco!” ripeté, per dare maggiore credito alle proprie parole.

“E tu vuoi andare via?” gli domandò Darcy. Si spostò davanti a lui, senza mai staccare la mano dalla spalla dello Specialista cui si mise di fronte.

“Ecco...” Riven non sapeva cosa dire.

Darcy sorrise e, posandogli una mano sulle labbra, gli chiese di fare silenzio.

Dubbi e incertezze si erano insinuati in lui, maligni, mentre la strega faceva un altro passo, annullando la distanza che c'era tra loro. “Io... io sono fidanzato, Darcy!” esclamò lui.

“Non è importante.” replicò lei, in un sussurro seducente, abbassando lievemente le palpebre. Avvicinò le sue labbra a quelle dello Specialista, accarezzandogliele dolcemente con le proprie. Si era aspettata della resistenza, ma non ne incontrò, se non una decisamente debole e poco convinta. Lui la strinse a sé, rispondendo a quel bacio, come se non ne potesse fare a meno, anche se si sentiva un verme traditore.


Probabilmente ho esagerato e fatto tutto troppo in fretta, anche se ci sono ancora cinque capitoli tra qui e la fine.

Inoltre, da questo capitolo si è aperta la parte “azione” della storia. E' un genere in cui non mi sono mai cimentata, per cui non sono sicura del risultato.

Al solito, vi invito ad inviarmi consigli e critiche. ^^


Ringrazio molto bellezza88 e BAbyDany94 per aver commentato il precedente capitolo.


Un secondo ringraziamento va a BAbyDany94 che ha, inoltre, aggiunto la storia nei preferiti.


E a me non resta che salutarvi, lettori, sperando che aspettiate con impazienza il capitolo numero quattro,

Luine

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4


“Mi ha chiuso la chiamata!” sbottò Musa, indignata, lanciando il telefono sul letto vuoto di Tecna. Tutte le Pixie sussultarono, mentre il telefono colpiva la piccola Piff, altrimenti teneramente accucciata al cuscino sul letto della sua fata. Cominciò a piangere disperatamente.

“Musa!” esclamò Lockette, in tono di rimprovero. “Potevi farle male davvero!”

“Non l'avevo vista!” si giustificò la fata, furibonda.

Chatta e Lockette volarono dalla Pixie del Dolce Sonno per tentare di tranquillizzarla. Tune, seduta sul bordo del letto, con la sua solita aria signorile, commentò così: “E' un maleducato!”, riferendosi a Riven.

Un attimo dopo, la stanza era ripiombata nel silenzio: la neonata Piff si era di nuovo addormentata, con grande sollievo delle altre Pixie che si adagiarono sul letto di Aisha, esauste, come se avessero compiuto una grande impresa.

Flora, seduta a gambe incrociate sul letto di Tecna, stringeva il cuscino di quest'ultima e guardava l'amica con aria preoccupata.

“Dai, starà cercando di dormire...” esclamò. “Oggi sarà stata una giornataccia a Fonterossa! Chissà quanti Specialisti sono via per San Valentino e lui è rimasto uno dei pochi a scuola! Anche Helia non si è fatto sentire per niente. Risulta irraggiungibile.”

“Ma lui è in missione!” le ricordò la sua Pixie, Chatta, con aria saputella. “Riven, invece, è a Fonterossa a non fare niente e nemmeno risponde! Mi dispiace dirlo, ma ha ragione Tune!”

Musa sospirò. “Ho la sensazione che mi stia evitando...” disse, abbracciando il proprio cuscino, pensierosa.

“No, dai... magari fa così solo perché è San Valentino!” replicò Flora, rimettendo a posto il cuscino di Tecna. Si avvicinò all'amica e la abbracciò. “Vedrai che, passato domani, Riven tornerà come prima. Sappiamo tutte che non è esattamente un tipo romantico!”

“Che essere terribile!” esclamò Amore, la Pixie di Stella, indignata. “Non riesco a credere che ti faccia soffrire così, Musa!”

“Sì, è un maleducato e si veste come un cafone!” rincarò la dose Digit.

“Questa è mancanza di classe!” replicò Tune, altezzosa.

“Io l'ho sempre trovato un tipo ambizioso e testardo, caparbio, ma è anche leale, generoso e coraggioso. Però ha ragione Digit: si veste da cafone!” fu il commento di Chatta.

“Sì, ma che c'entra?” domandò Lockette, sbuffando. “Non si giudica la gente dal modo di vestire!”

“No, ma anche quello è importante!” replicò Amore, sbattendo le ciglia.

Flora scosse la testa, con aria benevola. “Sei proprio la Pixie di Stella!”

Musa si liberò della stretta della fata dei fiori e non rise con loro, di malumore com'era.

“Oggi è stata una pessima giornata.” sospirò, piegandosi in avanti. “Prima Stella mi ruba il completino che mi era piaciuto tanto e adesso questo! In più, sarò sola, rinchiusa in questa scuola pure nella giornata più romantica dell'anno! Non posso che essere più contenta di così!”

“Non è possibile che ti abbia rubato un completino: Stella dice sempre che i tuoi gusti in fatto di moda lasciano molto a desiderare!” esclamò Amore, che, accorgendosi di cosa aveva detto, si portò una mano sulla bocca.

“Amore, sei poco cortese!” la rimproverò Tune.

“Beh” Flora sorrise tristemente, guardando fuori, verso il cielo stellato sopra Alfea, ignorando le parole delle Pixie. “Non è esattamente vero che sarai la sola: ci sarò io con te!”

“E anche noi!” dichiarò Digit, volando davanti alle due Winx.

“Già... l'unico fortunato, per questo, è stato Kiko!” esclamò Chatta, offesa. “Bloom se l'è portato dietro, quello stupido coniglio!”

“Sei veramente scortese!” ripeté Tune, stavolta con maggiore veemenza. “La verità è che Kiko si è nascosto in una valigia. E' stato più furbo che fortunato!”

Musa sorrise, tristemente e guardò Flora. “Ho paura che Riven voglia lasciarmi!” disse.

“Ma va', che ti salta in mente!” replicò la fata dei fiori, accarezzandole la nuca, con fare materno. Sospirò. Si chiedeva se dovesse rivelare il piano di Stella e tutto ciò che avevano architettato quel pomeriggio, compreso il fatto che il completino fosse nelle mani di Riven.

“Mi evita e, quando parliamo al telefono, è sempre scontroso. Da molto tempo non ci diamo più appuntamento e, quando siamo in gruppo, è sempre sfuggente!” continuò la fata della musica, elencando tutte le mancanze del suo ragazzo. Flora la ascoltò, continuando ad accarezzarle i capelli.

Era vero che lo Specialista, da un po', si comportava in modo strano, tutte lo avevano notato. Ma pensavano che fosse solo un momento di crisi, una reazione a uno dei soliti litigi dei due innamorati, niente di preoccupante.

Eppure, Flora cominciava ad avere dei dubbi e si sentiva combattuta: dirle o non dirle del piano di Stella? L'avrebbe fatta felice, ma se poi l'avesse illusa inutilmente?

“Sono sicura che c'è una buona ragione!” esclamò, decidendo di tacere. Era la cosa più saggia da fare, se il comportamento di Riven non era dato da un litigio. Guardò Amore che le restituì uno sguardo eloquente, facendole capire che pensavano la stessa cosa. “Dai, Musa... ora non fare così! Non bisogna fasciarsi la testa prima di essersela rotta!”

“Che cos'è questo rumore?” fece Chatta, tendendo un orecchio e, così, interrompendo la discussione delle due fate. Anche Flora tese un orecchio: sembrava che qualcuno picchiettasse sulla vetrata del salotto.

“E ora chi sarà mai?” chiese, mettendosi in piedi, senza riuscire a reprimere un sorrisetto. Avrebbe potuto benissimo essere Riven, dato che tutti gli altri Specialisti erano fuori, per motivi differenti e lui era l'unico rimasto a Magix.

“Vado a dare un'occhiata!” comunicò. “Forse sarà qualche Specialista a cui piace far sorprese!”

Strizzò l'occhio in direzione di Musa che, però, sbuffò, scettica.

“Non ho sentito nessun rumore che potesse essere associato ad un motore...” disse Digit, pensierosa.

“Non può essere lui!” replicò Musa, in tono piatto.

Flora, però, non le ascoltò e andò nell'altra stanza.

Il picchiettare si fece più insistente, mentre la fata cercava, a tentoni, l'interruttore della luce sulla parete alla sua destra. Guardò verso la finestra e vide la figura in ombra, sospesa a mezz'aria, di cui riusciva a distinguere solo i contorni: aveva cespugliosi capelli ricci, una corporatura sottile... di sicuro non era Riven.

“Stormy?” gridò, senza capire. “Ma... non aveva detto di essere senza poteri?”

Sentì un balzo, provenire dalla stanza in cui si trovava Musa e la vide riaprire la porta con uno scatto improvviso che la fece sussultare e cadere all'indietro.

La fata della musica si guardò intorno, trovò l'interruttore e lo premette, inonando di luce la stanza. Con un occhio chiuso, per il troppo fastidio che le dava quel cambiamento, e l'altro aperto, gettò un'occhiata più attenta alla stanza e alla finestra. Trovò la figura che bussava alla finestra, rivelandole l'identità della nuova arrivata.

“Ma che succ... ah!” gridò Chatta, seguita dalle altre Pixie. “Flora, ma che cosa...”

Ma Flora non rispose: guardava la strega che, solo allora, smise di picchiare la porta, mentre sul suo viso si delineava un sorriso cattivo. Fu come se il tempo rallentasse.

Flora, si rialzò da terra, fissando incredula e confusa Stormy che stava tendendo le braccia di fronte a sé. Vi era qualcosa di folle nei suoi occhi, qualcosa che serrò lo stomaco della fata dei fiori in una morsa irrestistibile, terribilmente dolorosa, mentre il suo cuore perdeva un battito. Un lampo di luce, forte, accecò i suoi occhi. Capì.

“Giù!” gridò, buttandosi lei stessa a terra, sopra a quante più Pixie possibile, per proteggerle. Un boato seguì le sue urla, un'esplosione di vetri che, come saette, si riversarono nella stanza. Flora si strinse più forte le braccia sulla testa, strizzò gli occhi, attendendo l'urto, il dolore lancinante dei vetri che si sarebbero conficcati nella sua carne. Sarebbe bastato un secondo per morire, eppure, più il tempo passava, più si chiedeva cosa fosse successo e perché il suo corpo non provasse dolore. Solo il chiacchiericcio agitato e soffocato delle Pixie sotto di lei, e una musica bassa, quasi impercettibile, la convinsero a mettersi seduta.

Alzando lo sguardo vide quel che le fece spalancare la bocca per lo stupore e il terrore: la fata della musica, trasformata in fata Enchantix teneva le braccia aperte, come a voler invitare la strega, ancora sospesa a mezz'aria, a buttarvisi. Ma non era questo che Musa aspettava: stava proteggendo la sua amica, con una magia musicale che era riuscita a bloccare i grossi ed aguzzi frammenti di vetro a mezz'aria, ma questi sembravano dotati di vita propria e vibravano, come se desiderassero potersi liberare della magia per poi, il più velocemente possibile, implacabili, riuscire a ferire, uccidere.

“Flora, vai via di lì!” esclamò Musa, in tono allarmato, di un'ottava più alto del normale. “Presto! Devo interrompere la magia e rischieremo di rimanere uccise tutte e due, se non te ne vai di lì!”

“Musa...” mormorò debolmente la fata dei fiori, angosciata, rimettendosi in piedi su gambe malferme. Si guardò intorno: in quella stanza era passato un vero ciclone. Al posto della vetrata vi era un grosso buco, dall'alto cadevano ancora frammenti di mattoni. Le sue piante erano state ferite, tagliate. Alcune foglie erano cadute a terra e Musa non era riuscita, con la sua magia, a proteggere anche loro.

“Presto, Flora! Fai presto!” la incitò. La fata dei fiori strinse più forte le Pixie che teneva tra le braccia. Una sensazione di forte malessere si impadronì di lei.

Stormy rise. “Come siete melodrammatiche!” esclamò, in tono canzonatorio. Entrò nella stanza e posò i piedi a terra, tra i resti di muro che lei stessa aveva distrutto assieme al vetro. “Non potrete sconfiggermi questa volta!”

Colpì forte l'aria con una mano, come a volerla schiaffeggiare e un vento impetuoso si abbatté sulle due Winx.

“Oh, no!” gridò Musa. “In questo modo il mio controllo sulla musica si fa più debole... il vento la porta via e le schegge saranno libere di andare dove vogliono!”

Flora non riusciva a contrastare il vento, la spingeva lontano; per lei era come essere sospinta indietro da un centinaio di corpi che si premevano sul suo. Per certi versi, le ricordava quasi le correnti di Linfea.

Due Pixie le scivolarono via dalle braccia. Non sentì nemmeno le loro urla, Chatta fu travolta dal vortice. Flora la chiamò, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono, o così le parve. Solo la risata malvagia di Stormy riecheggiava in ogni angolo, attorno a lei, in una morsa mortale.

Puntò i piedi a terra, ma il vento era talmente potente che neanche quello servì: il potere della strega delle tempeste riuscì anche a farla indietreggiare, benché lei non lo volesse. L'istinto le diceva di aggrapparsi a qualcosa, ma non poteva lasciar andare le Pixie!

Il vento divenne ancora più potente. Presto l'avrebbe sollevata e fatta volare chissà dove.

Era in balia di quella magia e doveva anche aiutare Musa che era allo stremo delle forze, le sue braccia tremavano, il suo potere perdeva di efficacia a ogni secondo che passava e le schegge di vetro che sfuggivano al suo potere, trasportate dal vento, acquistavano velocità e si disperdevano per la stanza. Avrebbero potuto colpire le Pixie, ucciderle! Alcune schegge si conficcarono nella carne della fata della musica, altre la ferirono soltanto, lasciando tagli superficiali sul volto e sulle braccia. Flora non poteva lasciarla lì a morire.

Doveva fare qualcosa. Anche se non voleva.

“Perdonatemi!” cercò di dire alle Pixie che teneva ancora tra le braccia. Le lasciò andare e vide i loro volti deformarsi dalla paura, le loro bocche spalancate, mentre l'ululato del vento si faceva ancora più forte, per coprire le loro urla.

Flora usò il potere dell'Enchantix per trasformarsi, con un'idea ben precisa in mente. Se tutto fosse andato bene, allora anche Musa sarebbe stata salva.

Grazie alle sue grandi ali, riuscì a contrastare il potere del vento e a rimanere a mezz'aria come se, invece di quel vento inesorabile, soffiasse una leggera brezza.

“Non ce la faccio più!” Flora lo lesse sulle labbra di Musa. La fata chiuse lentamente gli occhi. Con le braccia incrociate sul petto, le mani a sfiorarle il collo, senza pensare a niente, se non alla salvezza dell'amica, concentrò la propria energia.

“Verde edera rigogliosa!” gridò, spalancando le braccia. Il pavimento, l'unica cosa che, forse, era rimasta intatta, cominciò a spaccarsi e da esso grosse radici cominciarono a spuntare e a germogliare, proprio sotto alle schegge che, ormai, Musa non riusciva più a tenere a bada. Aveva abbassato le braccia, esausta, ma così facendo, la musica cessò totalmente e il vetro riprese la sua folle corsa, verso qualsiasi cosa che potesse fermarlo.

L'edera si avviluppò intorno a Musa, la strinse forte e, grazie a un'ordine di Flora, la portò verso terra, mentre il vetro si conficcava nella pianta, proteggendo la fata.

Flora, intanto, si frappose tra loro e la strega, stringendo tra le mani l'amuleto che conteneva la sua polvere di fata. Ignorando il dolore alle braccia, al viso alle parti del suo corpo che venivano feriti dalle schegge che ancora vagavano veloci e irrefrenabili in giro per la stanza, cominciò a cospargere di polvere di fata l'intero appartamento. Non si fermò, continuò, fino a che il vento non cessò e il vetro reso inoffensivo.

Adesso erano solo lei e una Stormy alquanto furibonda, faccia a faccia.

“Dannate fatine!” gridò la Trix, stringendo i pugni, schiumante di rabbia. Flora era esausta, ma non poteva ancora fermarsi. Il suo corpo gridava di dolore, nemmeno le sue ali erano rimaste indenni.

Sentiva la propria energia scemare, si sentiva debole. Ma non poteva arrendersi: doveva imprigionare Stormy e, solo dopo, avrebbe potuto riposare e curare le ferite sue e di Musa. Allungò un braccio dietro di sé, richiamò, facendo un enorme sforzo di volontà, l'edera che ancora stava proteggendo la fata della musica.

“Verde edera rigogliosa!” ripeté, spingendo la pianta con un gesto verso la strega. Ma il colpo era stato troppo lento e debole. Per questo Stormy riuscì a schivare il ramo facendo un agile salto.

“Ah! Sei sempre stata la più stupida Flora!” esclamò, ghignando.

“E tu la più disattenta! Guarda cosa posso fare adesso!” ad un cenno della fata, la pianta si fece strada attraverso il pavimento, distruggendone una buona parte, scattò verso l'alto, proprio alle spalle di Stormy che se ne accorse troppo tardi. Rimase schiacciata tra l'edera e il pavimento, come una minuscola formica sotto uno scarpone.

Flora cadde su un ramo della pianta, respirando affannosamente, esausta; guardò, preoccupata in direzione di Musa, riversa a terra, che aveva gli occhi chiusi e un'espressione sofferente.

Allora, la fata dei fiori si alzò in piedi, facendo forza su se stessa. Barcollò leggermente, ferendosi anche i piedi, ma non si tirò indietro, non per l'amica che l'aveva protetta col suo corpo. Arrivò da Musa e si inginocchiò, prendendola tra le braccia.

La fata era esausta, ferita, alcune schegge di vetro erano conficcate nel suo viso e stava sanguinando. Teneva gli occhi chiusi, ma respirava ancora, fortunatamente.

“Flora...” disse, con un filo di voce, sentendo il contatto con le braccia dell'amica.

“Va tutto bene, Musa!” rispose la fata dei fiori, gentilmente. “Mi hai salvata, ma adesso tocca a me!” riprese il suo amuleto tra le mani e versò su Musa e su di sé quanta più polvere di fata poté, e questo curò le loro ferite.

Il loro appartamento era completamente distrutto, i tavoli, le poltrone, il divano erano stati spezzati e strappati, tanto che anche la lana all'interno spuntava fuori dagli strappi. Il pavimento e i muri erano attraversati da crepe così profonde che sembrava esserci stato un terremoto e, dappertutto, a terra, c'erano acuminate schegge di vetro, che giacevano come morte ed inoffensive.

“Mamma mia!” esclamò, impressionata, Musa, che si stava guardando attorno. “C'è un po' di disordine, non è vero?”

Le due fate scoppiarono a ridere.




Scusate per l'immenso ritardo, ma questo capitolo mi ha dato parecchio da fare e purtroppo, anche dopo le migliaia di modifiche che ho apportato, non sono completamente soddisfatta. E' la prima volta che mi cimento sul genere azione e non sono sicura di aver reso al meglio la battaglia contro Stormy. Forse, il capitolo è addirittura troppo corto rispetto agli altri, un po' troppo stringato.

Spero di non aver deluso le aspettative.


BABydany94: spero che questo capitolo ti sia piaciuto, anche se di Riven e Darcy non c'è stata traccia. Spero che tu non abbia perso le speranze e che continui a seguirmi;


Un ulteriore ringraziamento, va, inoltre, bellezza88, che ha messo la storia tra i suoi preferiti.


Ci vediamo al prossimo capitolo, non so quando sarà online, ma credo che sia bene augurarvi innanzitutto un Buon Natale e un Felice Anno Nuovo, perché non credo di poter aggiornare prima del prossimo anno. ^^


Alla prossima,

Luine.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Capitolo 5


La porta di ingresso si spalancò, facendo sussultare le due Winx che saltarono in piedi, pronte ad affrontare anche le altre Trix. Ma non furono le Trix a varcare la soglia: Faragonda, seguita dall'ispettrice Grizelda e da tutti i professori avevano gli occhi sgranati e si guardavano attorno increduli, alcuni con la bocca semiaperta.

Questo strano spettacolo sciolse la tensione delle due fate che tornarono a buttarsi a terra, con un sospiro di sollievo.

Il professor Avalon aveva tra le braccia diverse Pixie, tutte quante stordite, ma integre. Sorrise gentilmente in loro direzione.

«Credevamo che aveste bisogno di una mano!» esclamò.

«A quanto pare siamo arrivati tardi!» commentò Faragonda, con tranquillità.

Grizelda si sistemò gli occhiali sul naso e, riprendendo la sua proverbiale freddezza, guardò il pandemonio che le si parava davanti.

«Credo di aver fatto bene a far evacuare quest'ala della scuola, preside Faragonda!» disse, sconcertata.

«Sono d'accordo con lei, ispettrice!» esclamò l'interpellata, sempre senza scomporsi, dirigendosi verso le sue allieve, cercando di evitare i vetri sparsi per terra.

«Quando abbiamo sentito un'esplosione, ci siamo messi subito al lavoro!» spiegò Palladium, per rispondere allo sguardo vacuo delle due alunne.

«Adesso, signorine» continuò Grizelda, in tono di rimprovero. «Volete dirci che è successo?»

«Ecco...» cominciò Flora, già sentendosi in colpa, dato che il pavimento era distrutto a causa sua.

«Si tratta di Stormy!» replicò subito Musa, indicando la strega svenuta sotto l'edera di Flora. «Ci ha attaccate, distruggendo la finestra. Flora mi ha salvata e... e...»

La preside si avvicinò e inginocchiò di fronte a lei, posandole le mani sulle spalle, con fare materno. «Ora va tutto bene!» disse e la sua non era una domanda. Le due Winx annuirono, riprendendo a sorridere: Faragonda riusciva sempre ad infondere calma e tranquillità in chiunque la ascoltasse.

La donna alzò lo sguardo verso il punto in cui si trovava la strega, svenuta e prigioniera dell'edera di Flora, uno sguardo duro, le labbra arricciate. Quindi si alzò e cominciò a vagare per l'appartamento, come in cerca di qualcosa.

Le Winx non si curarono più di lei, più prese da altri problemi, come le Pixie.

«Chatta, Lockette!» Flora si alzò in piedi e corse verso di loro, che si stavano beando delle coccole di Avalon. «Digit, Amore, Tune! Oh, come mi dispiace! Mi dispiace di avervi lasciato andare... se ci fosse stata un'altra soluzione io...»

Chatta la guardò, sorridendo, ma ancora molto scossa.

«Tranquilla! Siamo tipe toste, noi!» esclamò, con un sorriso. «Ci siamo ritrovate nel vortice. Abbiamo cominciato a girare, volteggiare, vorticare, roteare. Fortuna che Digit aveva uno strano programma che ci ha trasportate fuori. Peccato, invece, che siamo state centrifugate. E Avalon, quando ci ha viste che roteavamo in aria, ci ha prese e riportato qui!»

«Vedo che la tua parlantina non ne ha risentito!» ridacchiò il professore.

«Io sono la Pixie della Parola, Avalon, mi sembra che questo basti a farle capire il perché!»

Flora e il professore risero.

«Ho avuto tanta paura!» piagnuccolò Lockette, portando l'attenzione su di sé e accucciandosi di più al professore.

«E' stato molto maleducato da parte tua lasciarci a quel modo, Flora, ma ne andava della vita di Musa!» fu il commento altezzoso di Tune, che, al contrario delle altre, stava seduta in una rigida posa sulla sua spalla. «E, come ha detto Chatta, ci siamo salvate!»

Digit sembrava l'unica elettrizzata: «E poi ci siamo fatte un bel volo senza controllo!» disse. «E il mio programma ha funzionato a meraviglia!»

«A parte quando ci ha centrifugate!» replicò Tune, sistemando un lembo del suo vestito.

«Non è colpa mia, se quella parte di codice era sbagliata!»

«E di chi sarebbe, sentiamo?»

Digit aprì la bocca per parlare, ma, ripensandoci, la richiuse e si strinse nelle spalle. «Okay, è stata colpa mia!» borbottò.

«E' stata un'esperienza terribile!» rincarò Amore, stringendosi le mani sulle guance.

«Bene! Le Pixie sono a posto, mi sembra!» disse Palladium, ridendo. «Ma Piff... la Pixie di Aisha, dov'è?»

«Piff!» gridarono le due Winx e tutte le Pixie, che si liberarono della stretta di Avalon. Si dispersero, per cercare in ogni anfratto la Pixie del Dolce Sonno. Flora si portò una mano sulla bocca, già disperata e terrorizzata.

«Tranquille, ragazze!» era la voce di Faragonda che proveniva dalla stanza di Musa, Tecna e Aisha. «E' qui... credo abbia dormito per tutto il tempo!» La portò da loro, tenendo tra le braccia la Pixie che, mugolando parole senza senso, si guardava intorno con occhi assonnati. «Bene, professor Avalon.» Faragonda, facendosi più seria, si voltò a guardare il giovane professore dai capelli neri. «Si metta in contatto coi Templari. Devono essere messi al corrente del fatto che una loro ospite, o forse tutte e tre, è sfuggita al loro controllo!»

«Subito!» esclamò il professore, sparendo nel corridoio, assieme alle piccole fate.

«Grizelda, Palladium!» la preside guardò entrambi. «Voi controllate che Stormy non faccia scherzi, mentre io e le Winx andiamo nel mio ufficio. Dovranno raccontarmi qualcos'altro su questa storia.»

Le due fate annuirono, risolute.

Si sentivano stanche, spossate e non parlarono durante il tragitto, entrambe prese di nuovo da problemi meno gravi di un attacco alla scuola, ma molto personale: la festa di San Valentino che le avrebbe aspettate. Adesso non avrebbero neanche avuto una stanza in cui passarla o, almeno, non sarebbe stata la loro.

Musa sospirò e Flora, capendo subito il motivo del suo rinnovato sconforto, le strinse un braccio intorno alle spalle, dicendole con lo sguardo di essere forte, che tutto si sarebbe risolto. La fata della musica, riconoscente, le rivolse un leggero sorriso.

«Le altre due» stava dicendo Faragonda. «Dove sono?»

«Le altre due Trix?» domandò stupidamente Flora.

«Sì.» però rispose Faragonda, con calma.

«Non lo sappiamo.» fu Musa a rispondere. «Però le abbiamo viste oggi pomeriggio. Servivano ai tavoli di un bar... dicevano di essere in libertà vigilata!»

Faragonda sospirò: «Oh, il buon cuore dei Templari!»

Ma un urlo e una nuova esplosione fece spaventare tutte e tre le fate che si guardarono intorno, alla ricerca della sua fonte. Faragonda era l'unica che guardava verso l'alto, verso la stanza dalla quale arrivavano.

«E' Stormy!» esclamò Musa, sollevandosi in aria, non appena vide la strega volare via, sul parco della scuola, probabilmente cercandole. «Presto, Flora, andiamo! Non lasciamola scappare!»

Ma Stormy non aveva alcuna intenzione di scappare. Stava urlando qualcosa a qualcuno nel parco, ma loro, dall'interno, non riuscivano a sentirla. Guardarono ciò che faceva e, dalla posizione che le sue mani avevano assunto, capirono troppo tardi che stava attaccando le fate che, solo ora Flora se ne accorgeva, erano state radunate nel giardino da Grizelda, quando aveva fatto evacuare l'ala del castello dove si trovava la loro stanza.

Le urla delle studentesse di Alfea arrivarono fino alle orecchie delle due Winx che, alzatesi in volo, si prepararono per correre a difendere le loro compagne.

«E Palladium e Grizelda...» Flora guardò la preside, preoccupata. «E le Pixie...»

«Vado io, ragazze! Inseguite Stormy e fate in modo che non scappi!» esclamò Faragonda, con aria risoluta. Poteva essere una donna pacata, dolce, ma, in mezzo a una battaglia diventata dura come roccia, una combattente coraggiosa e di grande carisma.

Musa e Flora annuirono, poi si separarono dalla preside e volarono verso l'esterno. Stormy andava fermata a qualsiasi costo.


***


Il dolore che Stella provava era terribile, non solo fisico. Sentiva, piano piano, l'osso del suo naso cedere al peso della scarpa di Icy che, maligna, continuava a sorridere, soddisfatta del proprio operato.

Era terribile che quella stregaccia volesse deturparla in quel modo! Non poteva! Non poteva distruggere la sua bellezza!

Usò il suo potere per sciogliere il ghiaccio che la imprigionava ma il sole, in mezzo a tanta neve e al gelo dell'ambiente circostante, era comunque debole. Icy lo percepì e questo la rese ancora più cattiva; la sua risata maligna riecheggiò nella vallata, facendo piangere Stella di rabbia e frustrazione.

Lentamente, le sue dita e le sue gambe bloccate nel ghiaccio ricominciarono ad acquistare mobilità; la fata rabbrividì per il freddo, ma tentò di ignorare la sensazione: doveva trovare la concentrazione giusta per scappare dalla prigionia. Strinse gli occhi.

Icy stava aumentando la pressione del suo piede sul naso.

Divertimento. La stava torturando a quel modo per puro divertimento. E per vendetta. Vendetta che stava per compiersi.

Ma Stella ormai era arrivata allo stato di concentrazione che voleva, non sentiva più niente, né il freddo, né il dolore. Gridò e questo la aiutò a sprigionare tutto il suo grande potere. Il suo corpo si illuminò come se fosse stato colpito da un raggio di sole.

Persino dal cielo aveva smesso di cadere la neve.

Icy rimase sorpresa.

«Ma che cosa...»

Si piegò indietro per non venir colpita dal raggio, ma questo le costò caro: il gesto la fece sbilanciare e, per rimanere in equilibrio, la strega dovette spostare il piede dal naso di Stella, per posarlo a terra, lontano dalla fata.

Stella, aiutandosi con le ali, si allontanò da Icy e si librò a mezz'aria, godendosi lo spettacolo della strega ancora accecata dalla sua luminosità.

«Sono una fata solare!» esclamò, sistemandosi i capelli ancora bagnati. «L'ho sempre detto!»

«Dannata!» ringhiò Icy. «Dannata!»

Anche se ancora riusciva solo a vedere contorni sfocati e qualche pallino di luce, come se avesse guardato direttamente il sole, la strega attaccò con una raffica di ghiaccio a cui Stella rispose con uno scudo luminoso. Con uno scatto, la strega si levò in aria, il pugno levato in direzione della fata.

Stella sgranò gli occhi per la sorpresa.

Si spostò velocemente da un lato; Icy che le passò a pochi centrimetri di distanza, tanto che la fata sentì lo spostamento d'aria. Stella scattò da un lato, andando verso terra, non accorgendosi che stava solo facendo il gioco della nemica. Ghignando, Icy si voltò e allungò una mano.

«Tempesta di ghiaccio!» gridò. A terra, sul pavimento della terrazza, si formò un grosso vortice di neve il cui centro era la fata del Sole. Questa incrociò le braccia davanti al viso, pronta a reggere l'urto. Ma il vortice non la colpì. Come un braccio muscoloso, la prese per la vita e la attirò verso di sé, avvolgendola completamente.

Cominciò a rotearle attorno con velocità sempre crescente, creando lame di ghiaccio affilate che si muovevano assieme ad esso. La fata si guardò intorno.

«E adesso? Adesso cosa faccio?» gridò, disperata.

Neanche i suoi poteri funzionavano, ma, anzi, sembravano alimentare la velocità di rotazione del vortice. Le punte delle lame; dopo il suo ennesimo tentativo di distruggerli con una scarica di raggi solari, avevano cominciato a brillare di una luce sinistra, invece di sciogliersi. La fata sentì qualcosa che la afferrava da dietro, che le recideva la stoffa della gonna. Gridò, volando un po' più in alto.

«Ah, mi ero dimenticata di dirti, fatina, che, ogni volta che tenterai di colpire le lame di ghiaccio, queste, si avvicineranno di più a te!» era la voce di Icy, al di fuori del vortice che la teneva prigioniera. Una voce divertita, sadica, seguita da una risata sguaiata.

Stella cominciava a sentirsi comprimere, stretta in un tubo di ghiaccio che, se colpito con la magia, l'avrebbe fatta diventare uno spiedino. Alzò lo sguardo al cielo. Riusciva a vederlo. Era nero, nuvoloso. Una speranza di vittoria, di libertà.

Si diede una spinta con le ali verso l'alto, sperando che fosse così facile: Icy non era mai stata molto furba.

Il cielo si faceva più vicino a ogni battito d'ali; la fata poteva cominciare a sentire l'aria fredda dell'esterno sfiorarle il viso. Sorrise, elettrizzata. Ormai mancava poco... pochissimo.

Ma Icy distrusse il suo sogno ad occhi aperti così come era arrivato: al di sopra del cilindro di ghiaccio, la strega guardava verso di lei.

«Non sono stupida, fatina!» esclamò, sogghignando in modo sinistro, come in risposta ai suoi pensieri. «Sapevo che avresti trovato questa via d'uscita! E io sono qui per chiuderla!»

Aprì le mani con un gesto secco e da esse uscirono un'infinità di cristalli di ghiaccio che colpirono la fata, con tale veemenza, che cadde all'indietro, di nuovo verso il basso, dove le lame affilate erano più pericolose. Stella guardò giù.

Quelle lame ora non giravano in cerchio, non seguivano il movimento del vortice: si erano sistemate sotto di lei e avevano tutte la punta rivolta verso l'alto, verso di lei che, se non avesse fatto qualcosa, sarebbe rimasta infilzata.

Chiuse gli occhi e mille immagini percorsero la sua mente: lei e Brandon alla festa di inizio anno ad Alfea, Brandon che le regalava un uovo pieno di farfalle luccicanti, lei e Brandon in un bell'albergo di Espero... aprì gli occhi, di scatto, guardando con odio Icy, in alto, che rideva sguaiatamente, convinta della propria vittoria.

«Hai rovinato la mia bellissima vacanza! Non te lo perdonerò mai!» gridò. Chiuse di nuovo gli occhi.

«Oh, vorrei dirti che mi dispiace, ma non è vero!» replicò Icy, sghignazzando. Stella mosse le ali ricoperte di ghiaccio. La polvere di fata cominciò a scorrere su di esso, cominciando a farlo sciogliere.

«Ci sta mettendo troppo!» esclamò Stella, preoccupata. La sua corsa stava per terminare, il tempo a sua disposizione era finito, le lame erano a pochi centrimetri da lei. Non poteva morire, non poteva!

Una luce abbagliante la avvolse di nuovo, ma stavolta Stella riuscì a percepire tutto il suo calore, come la prima volta che aveva raggiunto il potere Enchantix.

Sentì di poter fare ciò che voleva.

Sapeva di poter bloccare la sua caduta, ci credeva fermamente.

Lo fece.

Le lame sotto di lei non le facevano nemmeno più tanta paura, paura che, adesso, riusciva a vedere sul volto di Icy.

«Non... non è possibile!» gridò.

«Non te l'aspettavi, vero, stregaccia?» gridò Stella, volando veloce verso di lei.

L'interpellata incitò il vortice di sua creazione a colpire Stella, le lame di ghiaccio tornarono a vorticare con esso, sempre più veloci, sempre più vicini alla fata, adesso senza bisogno che lei li colpisse. Questo bloccò l'avanzata di Stella che si dovette di nuovo proteggere con l'aiuto di uno scudo che, a ogni nuovo attacco, diveniva più debole.

Presto si sarebbe frantumato.

Adesso Icy non stava più giocando: adesso faceva sul serio, voleva la morte di Stella.

«Pensa, Stella, pensa...» si diceva la fata, sempre più oppressa da quel tubo vorticante. «Cosa diceva Grizelda, a lezione di autodifesa? Quando l'incantesimo vi imprigiona... trovate la sua origine e distruggetelo!» Lo gridò quasi, alzando le braccia verso l'alto, con la sicurezza che, stavolta, sarebbe riuscita a scamparla. «Scarica di raggi solari!»

Dalle sue mani tese fuoriuscì un raggio di sole potente, talmente veloce che, oltre a distruggere tutti i cristalli di ghiaccio sulla sua scia, colpì Icy in pieno.

La strega gridò di dolore e rabbia, mentre cadeva, sbalzata via dalla potenza dei raggi di Stella; lasciò, così, libera l'unica via di fuga. Ma non era andata come la fata voleva: l'incantesimo non era scomparso, era ancora lì, attorno a lei.

Neanche se fosse uscita da lì, se ne sarebbe andato. Doveva fare qualcosa per evitare che distruggesse non solo lei, ma anche l'albergo e tutte le persone che vi alloggiavano!

«La polvere di fata!» esclamò, battendosi un pugno sulla mano tesa. «Oh, come ho fatto a non pensarci prima?»

Afferrò il suo amuleto e, senza esitazione, cominciò a disegnare nell'aria una stella di polvere luccicante, spargendone più possibile attorno a sé.

Presto, le lame di ghiaccio affilate si smussarono, fino a sciogliersi, grazie alla magia del Sole. Il vortice perse velocità, divenendo una massa di neve che andò a cadere ai lati di Stella, mentre il resto le arrivò addosso come pioggia ghiacciata.

La fata urlò, ritrovandosi completamente fradicia. Strinse forte i pugni, furibonda.

«Ecco, dopo tutta la fatica che ho fatto...»

«Ottimo lavoro, principessa!» la voce di Brandon la fece sussultare e voltare. Dietro di lei, c'era il suo ragazzo in accappatoio, anche lui bagnato dalla testa ai piedi, con la sua alabarda verde in una mano e Icy, svenuta e legata ai suoi piedi.

«Ciccino!» gridò la fata, dimenticandosi di essere fradicia e gettandosi tra le sue braccia. «Ma... io avevo visto Icy congelarti.» esclamò, guardandolo. «Ma come hai fatto a liberarti? E... la corda?»

Brandon sogghignò. «Sono uno Specialista, sì o no? Porto sempre con me un equipaggiamento base: corda, arma...» La fata sgranò gli occhi e aprì la bocca, incredula. Brandon sorrise. «A sciogliere il ghiaccio sei stata tu... non so come ci sia riuscita... quando eri dentro quel vortice hai brillato di una luce talmente intensa che... guardati intorno!»

Stella si staccò da lui e guardò la terrazza: effettivamente, attorno a loro, era ridotto tutto a un enorme pantano.

«Lo so, brillo più del Sole!» sospirò la fata, ancora lanciando occhiate critiche tutto intorno a sé. «Ora ci penso io a sistemare le cose!» si librò in volo, sprigionando luce per asciugare lui, se stessa e il pavimento, quindi, ritornò a terra e si strinse di nuovo a lui. «Questa stregaccia» disse, toccandole una spalla col piede, mostrando disgusto. «ci ha fatto perdere un sacco di tempo!»

«Ci rifaremo!» replicò lui, tenendola stretta, chinandosi per baciarle il collo. Stella gli diede un colpo sulla spalla.

«Brandon! Sono ancora trasformata!» esclamò lei, indignata, come se baciare una fata Enchantix fosse una cosa sconveniente. Lui rialzò la testa e sorrise. I contorni della sua bocca era tutta luccicante, coperta di polvere di fata.

«E allora?» chiese, mentre Stella si posò le mani sulla bocca e cominciò a ridere.

«Ciccino, sei troppo divertente! Hai...» si fermò, riprendendo a ridere, allontanandosi un poco da lui e piegandosi su se stessa. «Hai la polvere di fata sulla bocca!»

«Che cosa?» sbottò Brandon, tentando di pulirsi col dorso delle mani, in modo frenetico. Sputacchiò. «No! Mi è entrata in bocca! Dai, Stella, non ridere! Non posso farmi vedere così dai Templari! Stella!»

La fata, rialzandosi e cercando di rimanere seria, tornò da lui, anche se sul viso aveva ancora un mezzo sorriso birichino che, Brandon lo sapeva, sarebbe ben presto stato sostituito da un'altra sonora risata. Lui aveva tentato di pulirsi dalla polvere, ma fece solo peggio: quella gli finì un po' dappertutto, sui capelli, sull'accappatoio.

«Dai, toglimela!» le chiese, supplichevole. La fata scosse la testa.

«Mi dispiace, tesoruccio! Ma, se vuoi che te la tolga, devi farti un bagno!»

Brandon mostrò tutto il proprio stupore. «Un... bagno? Adesso?»

Stella annuì. «Sì, ma non preoccuparti, Ciccino!» sorrise. «Ti aiuto io!»

Lo Specialista aprì la bocca e la richiuse, come se non avesse capito le intenzioni della fidanzata. Non gli ci volle molto per trasformare la sua espressione sconvolta in un ghigno. «Ah, è così?» esclamò, riprendendola tra le braccia. Ma questo piacevole momento durò poco: una navetta da Fonterossa si stava velocemente avvicinando, benché nessuno dei due se ne fosse accorto, troppo presi l'uno dall'altra, stretti in un abbraccio saldo.

Un vento forte li costrinse a staccarsi ed entrambi guardarono verso l'alto, vedendo la navetta, ma, più importante e più imbarazzante le tre persone che si stavano calando da essa.

«Codatorta?» balbettò Brandon, con gli occhi fuori dalle orbite e la faccia tutta rossa.

«Stupito di vedermi?» borbottò il burbero domatore di draghi, professore di Fonterossa. Lo guardò come se il suo allievo avesse, fino ad allora, combinato qualcosa di male, facendo sentire Brandon anche più che in imbarazzo. «Eppure sei stato tu a chiamarmi!»

Stella, intanto, guardava i due Cavalieri Templari che seguivano il professore e che stavano prendendo Icy come se fosse stata un pacco particolarmente importante e che avevano, erroneamente, perso. Non avevano detto una sola parola, solo chinato il capo in segno di saluto rivolti alla fata e allo Specialista, prima di tornare sulla navetta.

«Ah... beh... sì...» rispondeva, intanto, Brandon, portandosi una mano dietro la nuca, mostrando così tutto il suo disagio. «Mi ero... ehm... dimenticato...»

«Con tutto quello che avevi da fare...» sbuffò Codatorta.

«E quando li avresti chiamati?» chiese Stella.

«Prima... quando eri nel vortice. Ho colpito Icy e l'ho legata, così ho chiamato Fonterossa per dire che avevamo catturato una delle Trix!»

«Già...» confermò Codatorta, guardandolo ancora più storto. Brandon deglutì.

«Senta... non è come pensa...» balbettò, abbassando lo sguardo.

«Hai mentito, Brandon. Hai chiesto un permesso speciale per andare ad addestrarti fuori dalla scuola, ma, a quanto vedo...» il professore lanciò una rapida occhiata a Stella che ricambiava alquanto stupita. «fai tutt'altro tipo di addestramento!»

«Ehm... è che...»

«Perché hai mentito, Ciccino?» chiese Stella che non capiva quanto stava accadendo.

«Non mi avrebbero lasciato uscire, altrimenti...» spiegò Brandon, guardando lei e quasi ignorando il professore, il viso rosso. «Troppi Specialisti erano già andati via apposta per San Valentino e, poche ore prima che chiedessi il permesso, Codatorta aveva detto che, chiunque altro ne avesse chiesto uno per lo stesso motivo, non l'avrebbe avuto. Ho dovuto inventare una scusa!»

Codatorta scosse la testa, mentre Stella si rabbuiò: il suo fine settimana romantico non poteva finire in quel modo. Non lo avrebbe sopportato.

Si avvicinò al professore di Fonterossa e lo affrontò senza paura. Gli puntò un dito addosso e gli picchiò il petto più volte, con forza.

«Mi ascolti bene: ci ha già pensato Icy a interrompere la serata. Non ci si metta pure lei! E' San Valentino, per la miseria! E mi sembra che non sia il caso che vi mettiate tutti in mezzo!»

«Stella, dai, lascia perdere...» borbottò Brandon, posandole una mano sulla spalla, mortificato. «Se Codatorta vuole che torni a Fonterossa...»

«Cosa?» gridò Stella, furibonda. «Tu non vai da nessuna parte! Dopo che abbiamo fatto tanto tu non te ne vai!»

Ma il ragazzo sospirò. «Io non posso farci niente, se mi ordinano di tornare indietro, Stella!» rivolse un'occhiata al professore che rispose con una smorfia indecifrabile.

«Non ho mai detto di volerti riportare a scuola, Brandon!» esclamò, burbero, questi, scrutando il suo alunno dalla punta dei capelli a quella dei piedi.

Il ragazzo strabuzzò gli occhi. «Di-dice davvero?» il suo volto si illuminò.

«Ma non credere che lunedì scamperai alla giusta punizione per aver mentito!» rispose Codatorta, puntandogli contro un dito, senza perdere l'aria truce e osservando l'espressione battagliera sul volto della fata. Sentendo le sue parole, però, sia Stella che Brandon gridarono all'unisono, abbracciandosi, euforici: la loro festa era salva.

«E...» Codatorta si schiarì la voce, mentre un leggero colorito rosso andava a colorargli la punta del naso. «Fatti un bagno, Brandon! Sembri una fatina con tutta quella polvere di fata addosso!»


«Grazie, professore!» esclamò lo Specialista, riconoscente. Ma Codatorta era già tornato sulla navetta per riaccompagnare i Templari fino a Roccaluce, perdendosi così i ringraziamenti di Brandon. Ancora stretti, lui e Stella li guardarono andare via, fino a che non sparirono nella notte.

Il vento, intanto, stava cominciando a rialzarsi e stava portando una nuova nevicata.

«E' meglio rientrare, Ciccino!» esclamò Stella, guardando in alto. Un fiocco di neve si posò delicatamente sul suo naso. Lui, però, guardò verso l'interno, con una smorfia dispiaciuta.

«Abbiamo la finestra rotta!» le ricordò.

«Niente paura!» grazie a un cenno della mano, la fata sistemò il vetro che tornò al suo posto, come se non fosse mai stato distrutto. Baciò il suo ragazzo, ma, invece di riprendere le sue sembianze e di rientrare, gli si strinse un altro po' addosso, continuando a spargere su di lui altra polvere di fata. «Sai, i professori hanno sempre ragione...»

Brandon inarcò un sopracciglio, cominciando a grattarsi, quando cominciò a sentire un leggero fastidio su tutto il corpo. «Devo essere allergico alla polvere di fata!» esclamò, ma, guardando l'espressione truce sul volto della fidanzata, fece un mezzo sorriso incerto. «Ehm... non erano i genitori?» chiese, per cambiare discorso. «Quelli che hanno sempre ragione...»

«E' uguale...» tagliò corto lei. «Comunque, dicevo, i professori hanno sempre ragione e, per questo, dovresti seguire il consiglio di Codatorta! Devi farti un bagno! E io ti aiuterò. Non ti lascerei mai da solo ad affrontare pericoli del genere, Ciccino!»

Brandon tornò a sorridere malizioso, capendo la provocazione, ma, quando lei scattò in avanti, con la mano stretta nella sua, la fermò e la attirò indietro: doveva dirglielo per mettere a tacere i sensi di colpa.

«Senti, Stella, prima stavo per dirti una cosa!»

«Me la dici dopo!»

«No, ascolta... mi sento terribilmente in colpa per quel che è successo oggi, quando ti ho fatto quella scenata, a Magix!»

Stella sbatté le palpebre, senza capire, quasi non fosse stata con lui o non si ricordasse più di niente.

«Vedi,» Brandon prese fiato. «credevo che tra te e Riven ci fosse qualcosa. Tu che non avevi voluto parlare con me, avevi chiamato lui per dargli un appuntamento e...»

Stella, dopo un attimo di stupore, scoppiò a ridere. «Oh, che sciocchino!» esclamò, poi lo guardò con sospetto. «E secondo te potrei davvero tradirti con uno che si veste da cafone?»

Brandon inarcò le sopracciglia e le rivolse un mezzo sorriso incerto, grattandosi dal collo altra polvere di fata.

«Mi stai dicendo che, se mi vestissi da cafone, non mi vorresti?»

«Sciocchezze, Ciccino!» Stella mise su un'aria da saputella. «Tu mi piaci e basta! E se ti vestissi da cafone, ci penserei io a farti cambiare! Sono o non sono la Stella della moda?» gli fece l'occhiolino, con fare complice. Lui era ancora un po' incerto, mentre si grattava le braccia.

«Ma... non sei arrabbiata con me?» chiese.

«Beh, un po', ma...» Stella sospirò. «Comunque ti do l'opportunità di farti perdonare!»

Brandon la guardò rivolgergli quel sorrisetto malizioso di poco prima e non poté fare a meno di rispondere allo stesso modo. «D'accordo, mia bellissima principessa!» la sollevò tra le braccia, ignorando le sue proteste e portandola verso l'interno. «Allora, credo che ti porterò a fare un bel bagno ristoratore! E ti costringerò a perdonarmi!»



E Icy almeno è sistemata. Adesso mancano solo Darcy e Stormy... cosa accadrà?

Spero che il capitolo sia stato di vostro gradimento.

Ma adesso passiamo a rispondere alle recensioni. Partiamo dalle new entry:


wbloom: sono felice che la mia fic ti stia piacendo, ma... devo trovare un posto dove nascondermi? XD Purtroppo vado un po' a rilento, perché non è facile descrivere le battaglie e sono indecisa sul finale (anche se ancora ci vorrà un po' per quello). E' la prima volta che cerco di scrivere qualcosa in proposito, quindi mi prendo tutto il tempo necessario. Per quanto riguarda la presenza delle altre Winx... non faccio spoiler!


BabyDany94: Musa è la tua Winx preferita, ho capito bene? XD In questo capitolo c'è stata poco, però, spero che ti sia piaciuto lo stesso. Purtroppo, per Darcy e Riven... anche a te niente spoiler (oggi voglio fare la dispettosa).


bellezza88: spero di non averti deluso nemmeno questa volta, allora! Tra le mie (tre, ma fedelissime) commentatrici, solo di te non so la Winx preferita. Ormai che siamo in tema, ti va di dirmelo (ecco che viene fuori la mia vena curiosa...)? Naturalmente non sei costretta. XD


Doppio ringraziamento a wbloom, che ha messo la storia nei suoi preferiti. E così vi lascio con la domanda: cosa accadrà nel capitolo sei?

Spero che continuerete a seguirmi (anche solo chi legge), rinnovando l'esortazione a consigliare e criticare.


Un bacio,

Luine.


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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Capitolo 6


Le urla delle fate radunate nel cortile durarono poco: fino a che alcune, prendendo in mano la situazione, non si trasformarono e si librarono in aria, circondando Stormy e attaccando una per una. Ma la strega rispondeva a tutte loro, parando e restituendo i vari colpi con furia cieca. Riuscì a far precipitare tutte le avversarie fino al suolo.

Le studentesse rimaste a terra riprendevano le compagne al volo, salvandole dall'impatto col terreno, anche a scapito della propria incolumità.

Stormy, però, si accaniva anche contro le fate che non la infastidivano, quelle troppo impaurite per attaccare e che non volevano intromettersi nello scontro.

Niente sembrava in grado di fermarla.

Forse, era ancora un po' stordita per il colpo infertole da Flora, ma talmente tanta era la sua rabbia che i suoi incantesimi sembravano dieci volte più potenti del normale.

Voleva vendetta contro quelle due fate che l'avevano umiliata.

Flora e Musa arrivarono volando.

Vedendole, le altre giovani fate gridarono di gioia: due delle sei fate Enchantix che, alla fine dell'anno avrebbero lasciato la scuola, erano arrivate a salvarle. Ora non avevano niente da temere. Avrebbero vinto.

Le due, però, quasi non sentirono le loro grida: non staccavano gli occhi dalla battaglia che venti fate stavano combattendo contro una sola, potente e disperata strega.

«Cosa facciamo?» domandò Flora. «L'energia di Stormy sembra essersi fatta più forte! Com'è possibile?»

«Non lo so...» fu ciò che disse Musa, accigliata. «Ma non è il momento per scoprirlo!»

La strega, mentre loro si avvicinavano, continuò a combattere strenuamente contro altre sei fate: le atterrò con una frusta di fulmini e lanciò una sfera ad alto voltaggio contro una ragazza che l'aveva colpita alle spalle; la fata gridò di dolore. Le sue ali si irrigidirono e, non potendo più reggere il peso della loro padrona, la lasciarono cadere come un sacco vuoto verso il terreno.

«No!» gridarono le due Enchantix all'unisono, spaventate. La prima a riprendersi fu Musa che, senza perdere tempo, facendo aderire le ali al corpo, scese in una veloce picchiata e allungò le braccia. Afferrò la studentessa a un pelo da terra.

«Ehi!» le disse la fata della musica, adagiandola al suolo, mentre Flora si parava loro davanti per far loro da scudo. «Parla! Dimmi qualcosa!»

La ragazza mugolò, sofferente.

«Tranquilla!» le disse Musa, con dolcezza. «Ora va tutto bene!»

Ma Flora non era dello stesso avviso: non appena quelle che circondavano Stormy abbassarono la guardia per festeggiare le alleate, la strega le colpì con forza, con lo stesso incantesimo usato sulla ragazza salvata da Musa. Tutte, nessuna esclusa, cominciarono a urlare di dolore e paura, imprigionate in una catena di corrente elettrica.

Flora non perse tempo: richiamò l'edera che, già prima aveva salvato Musa, e la pianta divenne una forte rete su cui le fate caddero, salvandosi dall'impatto col terreno.

«Fermati subito, Stormy!» ordinò la fata dei fiori, parandosi davanti a lei e impedendole di completare un nuovo attacco.

«Oh, adesso lo farò solo perché me lo hai tu, vero?» sbottò la strega, ridendo sguaiata.

Musa, lasciate le altre fate con l'ordine di mettersi in salvo, raggiunse l'amica e la affiancò.

«Non ti è bastata la batosta di prima?» domandò, sarcastica.

«Non mi avete sconfitta!» replicò Stormy, con un sorriso cattivo delineato sul volto.

Un gesto violento del braccio e, di nuovo, le due fate si ritrovarono catapultate in una tempesta. Stavolta, però, non ne furono travolte, né si trovarono in pericolo, perché le loro ali le tenevano salde in aria, come se fossero state montagne. «E adesso vi distruggerò, per tutto quello che mi avete fatto! Gabbia di fulmini!»

Il cielo scuro, ma terso, si riempì di nuvole in brevissimi istanti. Le stelle si oscurarono, la luna non rischiarò più il parco di Alfea, la cui unica fonte di illuminazione erano le due fate Enchantix che alzarono la testa verso l'alto, non appena il rimbombo dei tuoni si levò alto intorno a loro.

Il chiacchiericcio concitato al di sotto delle due, appartenente alle studentesse della scuola, si spense, non appena un fulmine scuro si abbatté su di loro. Musa eresse una difesa magica e il colpo di Stormy rimbalzò su di essa. Purtroppo, la barriera non sortì l'effetto desiderato: aveva sì riparato le due fate, ma il fulmine si spezzò e, curvandosi ad arco, cominciò a formare attorno a loro una gabbia compatta e nera.

Per quanto le due tentassero di penetrarla con i loro incantesimi migliori, niente pareva scalfire quello spesso muro nero. La luce era scarsa ed entrambe sentivano sempre più freddo, Flora soprattutto, perché il suo potere traeva fonte dalla vita e dalla luce.

«Ma... ma che succede?» balbettò, stringendosi nelle spalle. Aveva brividi che le scuotevano tutto il corpo e la pelle d'oca. Musa, anche se il suo corpo reagiva allo stesso modo, riusciva a rimanere più lucida.

«Come fa ad essere così forte? L'ultima volta che abbiamo affrontato le Trix, non erano così potenti!»

Flora si guardò intorno e cominciò a perdere quota, senza che lo volesse. Quando posò un piede sul muro, prese una violenta scossa che le attraversò il corpo e la fece urlare di dolore.

«Flora!» Musa scattò verso di lei e la aiutò a staccarsi dal punto in cui era atterrata. Per un attimo, il corpo della fata delle piante fu di nuovo pieno di energia, ma mentre la fata della musica la riportava verso il centro della sfera, tornò a sentirsi infinitamente debole.

«Ricordi quando abbiamo seguito i corsi di Torrenuvola?» mormorò, affaticata.

«No, rinfrescami la memoria!» Musa allungò la mano libera dai fianchi di Flora di fronte a sé. «Colpo di basso magico!»

Un'onda sonora scaturì dalla sua mano tesa, ma si infranse sulla barriera scura. La risata di Stormy riecheggiò nell'aria, minacciosa.

«Vi piace la mia gabbia?» la voce della strega risultava amplificata attraverso quelle pareti. «Morirete tutte e due, stasera! Non siete contente?»

«Vedremo chi vincerà!» gridò in risposta Musa, battagliera. «Noi siamo le Winx, non scordarlo!»

Flora, intanto, aveva annuito, anche se non era sicura che Stormy potesse vederla.

«Allora, che mi volevi dire?» continuò Musa.

«I poteri di Stormy...» disse Flora, in un filo di voce. «Le streghe traggono il loro potere dall'odio, dalla rabbia e dalla frustrazione. Più sono arrabbiate, più provano odio...» tossì e spinse, inconsapevole, se stessa e l'amica in basso. Musa dovette fare un grande sforzo per riuscire a rimanere lontani dal muro elettrico. «Quando le streghe arrivano ad un punto di rottura, all'esasperazione, i loro poteri aumentano a dismisura, per potersi accanire contro il motivo della loro rabbia e non si fermeranno, a meno che...» tossì di nuovo. «A meno che... l'oggetto della loro furia non venga distrutto!»

Sentiva la sesta girare vorticosamente, tanto che, non appena Stormy apparve all'interno della sfera nera, le sembrava di vederne sei o sette, tutte molto vicine tra loro e tutte di colori sfocati e chiari. Anche Musa stava cominciando a sentire gli effetti dei sentimenti negativi della strega e perdeva lentamente energia.

«Beh...» la rincuorò Musa, stringendola più forte per far forza anche a se stessa. «C'è anche un'altra possibilità: distruggere prima noi la strega!»

Flora alzò gli occhi su Stormy, ma non riuscì a tenerli aperti. «Non... non sarà facile!»

«Non arrendiamoci!» ringhiò l'altra, stringendo il pugno libero e tentando di scansare, scuotendo la testa, il senso di malessere che le stava entrando in corpo. «Dobbiamo reagire! Siamo state educate per tre anni a contrastare gli effetti negativi dei poteri delle streghe e per di più siamo Enchantix! Siamo più forti delle streghe... se non riusciamo a proteggere Alfea, come possiamo proteggere i nostri mondi?»

Flora sapeva che la sua amica aveva ragione. Eppure non riusciva a reagire: vi erano troppa oscurità, troppo freddo.

Stormy le attaccò di nuovo con una tempesta di fulmini che le colpì in pieno, ma le loro ali, cariche della loro polvere di fata, le protessero e respinsero l'attacco, dissolvendolo a mezz'aria.

«Non arriverete al diploma!» gridò Stormy, serrando i suoi attacchi, continuando a provare, a colpirle con violenza, a cercare di far loro tutto il male possibile. Ma la polvere di fata non sentiva la stanchezza come le loro padrone. Rispediva indietro gli incantesimi e li faceva sparire prima che tornassero alla proprietaria. «Non ci arriverete mai!» fremeva e, più lei si caricava di sentimenti negativi, più le fate si indebolivano.

Anche Musa cominciò a vacillare e, spinta da Flora, cominciò a perdere quota. Era la fine.

«Flora! Musa» una voce le chiamava da lontano. «Reagite, ragazze! Non fatevi sconfiggere da Stormy!»

Flora era sicura di conoscere quella voce, di averla sentita tante e tante volte: una voce dolce, che riusciva sempre a infonderle sicurezza, in qualsiasi pericolo si fosse trovata.

Riuscì a balbettare il suo nome, ma i suoi occhi si stavano lentamente chiudendo e la sua voce spegnendo. Era un peccato non poter riuscire a rispondere, a riprendere forza, a fare ciò che le veniva chiesto. Il battito delle sue ali cominciava ad essere più debole che mai; la fata si stava lasciando cadere. Non sentiva più il braccio di Musa, forse non l'aveva mai davvero sentito.

Era in un limbo fatto di oblio. Voleva solo dormire. Tutto il resto non contava.

Le sue braccia ricaddero all'indietro, Flora ne era solo parzialmente consapevole. I muscoli del suo viso e del suo corpo si rilassarono. Era pronta a perdersi in un lungo sonno; voleva dormire, riprendere le forze.

«Combatterò dopo...» sussurrò in risposta alla voce che la incitava da un luogo troppo lontano.


***


«E adesso che ti prende?» chiese Darcy, confusa, mentre camminava dietro ad un Riven sempre più cupo. Accelerò il passo e gli prese la mano. «Ti sei pentito?»

Lui continuò a camminare, non strinse la mano della strega, non la guardò negli occhi, trovando molto interessante il terreno che gli scorreva sotto i piedi. Storse solo la bocca.

«Non è giusto.» disse, dopo diversi secondi di attesa, rompendo il silenzio che si era creato.

Darcy inarcò un sopracciglio; continuò a fissarlo, cercando di sondare i suoi pensieri attraverso i suoi occhi. «Che cosa?»

«Che io baci un'altra, quando... quando sto con Musa! Darcy, è stato un errore!»

«Beh, sei stato tu a dire che le cose tra voi non vanno bene!» gli ricordò, cercando di sembrare il più comprensiva possibile. Quanto si era odiata per tutto ciò che aveva detto, per tutte le smancerie che era stata costretta a vomitare per farsi credere!

Una cosa era certa: Riven era davvero uno stupido. Si faceva tanti problemi anche se aveva una bella ragazza disponibile che non gli avrebbe detto di no! Sospirò.

«Non è giusto comunque.» ribatté Riven, liberandosi della mano di Darcy.

«Non è giusto per chi?»

Riven si fermò. «Per Musa.» mormorò, tenendo gli occhi bassi. «Dopotutto, stiamo ancora insieme!»

Darcy inclinò la testa. «Ma se tu non la ami, qual è il problema?» chiese, con falsa ingenuità.

Lo Specialista alzò finalmente lo sguardo su di lei, mostrando la propria titubanza con una smorfia. «Il problema è che... stiamo insieme.»

Darcy fece forza su se stessa per non alzare gli occhi al cielo. Fece un debole sorriso. «Spiegami, per favore.» chiese.

Lui inarcò un sopracciglio. «Cosa, per la precisione?»

«Spiegami perché baciare un'altra, quando si sta con una donna che non si ama, è così orribile!»

«E' una questione di correttezza!» fu la risposta che ricevette, come se avesse dovuto essere ovvio che il motivo fosse quello.

Darcy stava per vomitare. Correttezza: la parola magica dei puri di cuore, dei buoni, di quelle odiose fatine insolenti. Nascose in un sospiro la propria esasperazione.

Si fece avanti, camminando verso lo Specialista. «Dimmi una cosa...» gli disse, allungando una mano e posandogliela sulla spalla. Si strinse a lui e avvicinò le sue labbra alle sue.

Riven cercò di sottrarsi a quel contatto, tirò indietro la testa.

«Darcy...» le diede un avvertimento, che somigliava di più ad un lamento. Probabilmente, pensò la strega, si sentiva messo alle strette. Sogghignò, ma solo nel suo intimo.

«Dimmi cosa hai provato...» gli chiese, seducente, fissandogli le labbra dischiuse. «Dimmi cosa hai provato quando mi hai baciato!»

Riven rimase immobile, come se stesse cercando di dare un senso a quella domanda, ma Darcy sapeva di averlo confuso, di avergli di nuovo insinuato il tarlo del dubbio, di avergli annebbiato i buoni sentimenti che giravano intorno alla sua insulsa correttezza.

«Dimmi cosa hai provato, Riven. Voglio saperlo!» insistette, la voce ridotta ad un tiepido sussurro.

«Io... ecco...» cominciò a balbettare lo Specialista. «Darcy...»

«Tu?» la strega sorrise delicatamente. Lo baciò di nuovo e, quando si staccò, lo guardò con i suoi occhi ardenti, stringendogli il viso tra le mani. «Dimmelo adesso!»


***


Al di fuori della gabbia, le fate rimaste fuori dal combattimento, si sostenevano l'un l'altra, dopo il temibile scontro con la strega, e guardavano in alto, le bocche e gli occhi spalancati per lo stupore e la paura. Quello che erano riuscite a vedere era stato, dopo che il fulmine si era spezzato e aveva inghiottito le Enchantix, una grande sfera nera e minacciosa che nascondeva tutto alla vista.

Dopo un silenzio quasi tombale durato diversi secondi, avevano ripreso a parlare, a chiedersi cosa fare. Alcune esortavano le altre ad attaccare da fuori e liberare le fate Enchantix.

«Non possiamo abbandonarle!» esclamò con veemenza, la ragazza che Musa aveva salvato e che si era ripresa grazie alle cure sbrigative della preside Faragonda. «Dobbiamo aiutarle! Loro hanno fatto tanto per noi! Andiamo!»

Le sue amiche erano titubanti e guardavano con apprensione la sfera nera e fredda che si levava minacciosa e terribile sulle loro teste.

«Ascolta, Aria,» esclamò Mirta, la strega che studiava per diventare una fata. «Non è il caso... non siamo abbastanza potenti! Hai visto cosa è successo prima! E Stormy non è un'avversaria alla nostra altezza!»

«Ma...» Aria non voleva rassegnarsi all'idea che la sua salvatrice finisse in pasto a quell'orrida strega. Provò a muovere le sue ali e scoprì che era un'impresa pressocché disperata: avrebbe dovuto dire loro addio? Il suo sguardo, da battagliero, divenne di colpo triste. Sospirò, quando una mano delicata, eppure forte, le si posò su una spalla, per darle conforto e coraggio.

«Non disperare!» esclamò la voce gentile della preside Faragonda. Un mormorio si levò tra tutte le fate, fece il giro del parco intorno alla sfera nera, tutte che dicevano la stessa cosa alla vicina: «La preside Faragonda!»

La voce della direttrice di Alfea si levò alta, per coprire quelle delle sue allieve.

«State calme!» diceva, per quella che doveva essere la centesima volta. «Non dovete assolutamente avvicinarvi alla sfera: è, come hanno studiato le allieve del primo anno da poco, un concentrato di sentimenti negativi che è esploso in tutta la sua potenza: quello è l'odio che Stormy prova nei confronti delle Winx! Chiunque si avvicini ad essa, potrebbe morire!»

Sussulti e nuovi mormorii si levarono ancora una volta, mentre dalla sfera si levava un grido stridulo di vittoria, un grido che fece rizzare i capelli in testa a ognuna delle fate che stavano nel parco. Tutte le altre, quelle che non erano state evacuate, rimanevano affacciate, inorridite. Solo alcune avevano avuto il coraggio di unirsi a quelle che già si trovavano nel cortile.

«E come faranno Musa e Flora?» chiese Aria, con veemenza, rivolta alla preside che, ancora teneva una mano sulla sua spalla. «Dobbiamo salvarle!»

La donna sospirò. Sul volto aveva un'espressione grave e, dalle sue parole, traspariva tutta la sua apprensione. «Dobbiamo anche essere tutti pronti al peggio!»

Aria, alzando la testa, vide che la donna aveva gli occhi lucidi. Capì che non avevano più speranze. Poi, mentre anche lei stava per dare libero sfogo alle lacrime, una luce abbagliante avvolse la terra, raggi di sole che, illuminando la notte, uscivano da quel sole nero e che rendevano quasi raccapricciante il panorama là attorno.

«Che succede?» domandò Mirta, allarmata.

«Le Winx!» gridò qualcun altro. Aria alzò gli occhi al cielo e strillò di gioia, indicando il cielo e le quattro luminosissime fate che si avvicinavano.

«Bloom!» gridò la preside, guardando i lunghi capelli rosso fuoco della fata del Fuoco del Drago volteggiare in alto, molto vicino alla sfera, come un vessillo di speranza. Ma non era sola: altre tre Enchantix erano accanto a lei. «Aisha, Tecna, Stella! Cosa... cosa ci fate qui?»

«Ehi! Ci stavate aspettando?» gridò Bloom, allegramente, alzando un braccio in segno di saluto.

«E non sono sole!» esclamò la voce maschile che proveniva da dietro di lei. Faragonda si voltò e vide: «Sky!»

«E anche gli Specialisti!» le fece notare Brandon, piuttosto deluso, con la sua alabarda in spalla. Timmy sorrise e così Nabu, che stavano al suo fianco.

«Non potevamo di certo lasciarvi ad affrontare le Trix da sole, con tutto quello che è successo su Espero!» continuò il principe di Eraklyon, in tono grave, affiancando la preside. «Appena abbiamo saputo, Bloom e io abbiamo lasciato Eraklyon e ci siamo diretti a Magix! Lo stesso hanno fatto Brandon e Stella e così gli altri. Non vi lasceremo affrontare la crisi da sole!»

«Già...» borbottò Brandon, sempre dietro di lui.

«Cos'è successo su Espero?» chiese Faragonda, improvvisamente apprensiva, fissando lo scudiero. «Tu e Stella eravate lì, vero? Non siete feriti, vero?»

«No, stiamo bene!» tagliò corto Brandon.

«Tra poco arriveranno anche i Templari.» concluse Sky.

Faragonda annuì. «Bene. Ragazze, state...» ma non finì la frase perché Stella la interruppe, gridando:

«Lasciate fare a noi!» Al contrario del suo ragazzo, sembrava allegra. «Siamo o non siamo le Winx?»

«Fate molta attenzione, ragazze!» gridò loro Faragonda, preoccupata, in risposta. «E' una sfera di energia magica maligna!»

Stella inarcò un sopracciglio, perplessa. «Eh?»

«Lascia perdere...» disse Tecna, spiccia, ditigando frettolosamente i tasti del mini-computer che aveva tra le mani. «Non è il momento per una lezione teorica! Le nostre Musa e Flora sono all'interno della sfera e con loro c'è anche Stormy. E' molto potente e rischiamo di uccidere anche le nostre compagne se usiamo la convergenza!»

«Cosa?» gridò Stella, sconvolta. «E come facciamo? Le nostre amiche non...»

«Stella!» la richiamò Bloom, posandole una mano sulla spalla per tranquillizzare la fata del Sole e della Luna. «Non disperiamo! Sono sicura che ci verrà in mente qualcosa!»

«Bloom ha ragione! Piangere non ci servirà!» rincarò Aisha, guardando le lacrime che avevano cominciato a sgorgare dagli occhi di Stella. Si voltò verso la sfera. «Tecna, possiamo comunicare con loro, vero?»

La risposta dalla fata della tecnologia non fu immediata. Tutte la guardavano apprensive e col fiato sospeso.

«Perché quel marchingegno ci mette così tanto?» sbottò Stella, inviperita. Tecna alzò gli occhi al cielo.

«Devi darmi il tempo di inserire tutti i dati!» spiegò con calma.

«E non puoi farlo un po' più velocemente?» esclamò la fata del Sole, isterica. Indicò la sfera. «Le nostre amiche hanno le ore contate e voi siete così calme! Io non posso crederci! Ci penso io!» Allungò le mani verso la massa nera e concentrò la propria energia al loro interno. «Scarica di...»

«No!» fu il grido disperato di Bloom, che pose davanti alla sfera. «Stella, non farlo!»

«Bloom, spostati o colpisco anche te! Non posso credere che non ti importi niente delle nostre amiche!»

«Ma è proprio perché mi importa!» esclamò la fata del Fuoco, nella voce un senso di urgenza.

«Stella, ti prego, abbi fiducia in noi!» continò Aisha. Stavolta fu lei a posarle una mano sulla spalla. Per quanto avesse detto lei stessa che piangere non serviva a niente, anche i suoi occhi erano umidi. «E insieme dobbiamo avere fiducia in Tecna!»

«Ma... ma...» balbettò Stella, che non capiva più niente, tanto l'avevano mandata in confusione.

«Possiamo contattarle, volendo!» disse Tecna, trionfante, ma subito si rabbuiò ed indicò la sfera. «Il centro del potere della sfera è Stormy, ma finché non viene abbattuto l'involucro, non possiamo arrivare a lei. E' come un gatto che si morde la coda!»

«E quindi?» gridò Stella, isterica, stringendo i pugni. «Vuoi parlare in un linguaggio comprensibile anche alle normali fate della dimensione magica?»

«Vai al punto!» chiese Bloom, risoluta, ignorando le parole di Stella.

«Quindi, per poter distruggere la sfera, serve colpire Stormy, ma non possiamo colpire Stormy perché è protetta dalla sfera. La cosa più logica da fare... sarebbe farci aiutare da Flora e Musa che sono all'interno... però...» la fata della tecnologia abbassò di nuovo lo sguardo sul computer. «Le nostre amiche perdono velocemente un grande quantitativo di energia! Rischiano di lasciarci per sempre da un momento all'altro.»

La notizia lasciò sgomente tutte le Winx. Bloom fu la prima a riprendersi: non avevano tempo per disperarsi, se volevano una speranza per salvarle. «E come possiamo restituirglielo?» domandò. «C'è il modo, vero?»

«Certo che c'è!» esclamò Stella, con voce acuta, come se fosse stata lei l'interpellata. «E' vero? E' vero, cervellona?»

Tecna annuì, ignorando l'appellativo che le era stato appena dato.

«Allora sbrighiamoci!» gridò Stella, facendo scattare la mano in quella di Aisha. «Converg...»

«No!» gridò Bloom, allungando una mano per fermarla. «Tecna ci ha detto di no: possiamo uccidere Flora e Musa!»

La fata della tecnologia annuì. «Infatti. Usa il tuo buonsenso, Stella, se ne hai uno!»

«Vi sembra il momento di...»

Ma le urla di Stella furono interrotti dalla preside Faragonda che si era librata tra di loro. «Un modo c'è!» disse.

«Oh, preside!» esclamò Bloom, stringendosi le mani al petto. Un nuovo barlume di speranza si accese, non solo nei suoi occhi, ma anche in quello delle altre.

«Ma sarà molto difficile. E... Stella,» la donna guardò la fata del Sole e della Luna con severità. «Ci servirà tutto il tuo sangue freddo!»

Stella deglutì e si morse il labbro inferiore. Annuì, senza dire una parola.

«Molto bene!» approvò Faragonda. «Per prima cosa, ragazze, circondate la sfera e usate la convergenza!»

«Ma preside!» protestò Bloom. «Tecna ha detto che...»

«Lo so cosa ha detto Tecna ed ha perfettamente ragione!»

«Ma allora perché...»

Aisha fu zittita da un gesto della mano di Faragonda. Mai come in quel momento da lei scaturiva un'intensa aura di potere. «Perché non dovrete usarla per attaccare la sfera, ma solo per far passare attraverso di essa la vostra coscienza.»

«Ma certo!» esclamò Tecna, infervorata. «E' perfettamente logico! Dobbiamo fondere noi stesse con la sfera, perché non ci consideri una minaccia!»

«Oh, sì, proprio logico!» sbuffò Stella. «Come se fonderci con una sfera di cattiveria fosse la mia massima aspirazione!»

«Puoi mollare tutto, Stella.» fu la pacata risposta di Faragonda. «Però, non piangere, quando ucciderai le tue amiche!»

Gli occhi grandi della fata del Sole e della Luna si fecero ancora più grandi. «Oh, no! Questo mai!” gridò. Sospirò, ma poi un barlume di risolutezza le attraversò lo sguardo. «E va bene! Se così deve essere, così sarà! Per le mie amiche questo ed altro!»

«Oh, Stella!» esclamò Bloom, commossa.

Faragonda sorrise per un secondo, ma poi tornò seria. «Rischierete di finire inghiottite in un vortice di paura e furore.» le ammonì.

«Beh, non ci spaventa di certo! Abbiamo affrontato le Trix, Valtor e la Fenice!» ricordò Aisha.

«E non ci fermeremo neanche stavolta!» annuì Bloom.

«Stella,» chiamò ancora una volta la preside. La ragazza la guardò, con un misto di stupore e spavento. «ricorda, fata del Sole e della Luna: il tuo potere può squarciare le tenebre! Per quanto il mio consiglio sembri banale, è fondamentale! Coraggio, circondate la sfera!»

Stella non capì, ma fu la prima ad eseguire l'ordine: si piazzò al di sopra della sfera, mentre Bloom e Tecna si misero da due parti opposte e Aisha, al di sotto. Aprirono le braccia e chiusero gli occhi, ricercando in qualche modo la coscienza delle altre per fondere quella di ognuna alla propria. Doveva funzionare. Dovevano ritrovare quelle di Musa e Flora che si indebolivano ad ogni secondo.

Bloom espanse il suo potere. Persino le fate più giovani riuscivano ad avvertire un frammento del suo enorme potere dentro di loro. Si sentirono tutte improvvisamente più forti.

«Coraggio!» gridò la Winx. E sentì il suo potere legarsi a quello di Stella e a quello di Aisha. Solo alla fine a quello di Tecna, forse perché era la più lontana. «Flora, Musa!» gridò. Sentì la rabbia e la furia della sfera come se fosse stata la sua. E capì quanto era grande il potere di Stormy. Tuttavia, non poteva farsi intimidire: salvare le sue amiche era la sua priorità e non avrebbe mai permesso a Stormy di dominare il suo essere. «Reagite, ragazze! Non fatevi sconfiggere da Stormy!»


***


Riven fissò gli occhi voraci di Darcy, non senza sentire un morso allo stomaco. «E' che...» distolse lo sguardo: non riusciva a reggere quello della strega. «non posso farle questo! Non adesso, non ancora!» aveva lanciato un lungo sospiro sconsolato. Darcy era in libertà vigilata, era cambiata, ma ancora non riusciva a capire il suo punto di vista...

Il dolore che provava, insieme alle sensazioni che sentiva per Darcy, era davvero insopportabile. Non era amore quel che sentiva per la strega, solo un insano desiderio che non era riuscito a consumare in passato e che, per qualche strana ragione, stava tornando. Anzi, era tornato.

«Se non la ami, dovresti lasciarla!» gli stava dicendo Darcy, nel mentre di quei pensieri. «E' inutile stare con qualcuno che non ami!»

Era più difficile di questo. «Ma lei...» non sapeva nemmeno Riven cosa voleva dire.

Darcy fece un gesto spazientito con la mano. «Lei, lei e lei!» sbottò, veemente. «Sei tu che devi decidere della tua vita! E non puoi dannarti per lei!» aveva inclinato la testa da un lato, guardandolo con severità. «Devi chiederti se la ami e, una volta che ti sei dato la risposta, agisci di conseguenza!»

Riven aveva scosso la testa. «Non capisci... non posso tradirla!»

«Ma se non la ami, non le fai un torto, rimanendo con lei?» insistette Darcy, in modo serrato. «La fai soffrire! Vuoi davvero la sua sofferenza, Riven? Pensaci bene...»

«Io... forse hai ragione, ma...» alzò gli occhi al cielo stellato e sospirò. «Ho violato il coprifuoco!» disse, ficcandosi una mano in tasca e guardando il cellulare. Nessuna chiamata... eppure aveva una strana sensazione. «Ma lei è felice... con me...» continuò a discuterne, ignorando la sensazione. Probabilmente aveva solo la coda di paglia...

Darcy sgranò gli occhi, ma fu solo un attimo. «E vuoi rimanere con lei perché lei è felice?» chiese, incredula.

Riven abbassò lo sguardo. «Più o meno.» ammise, abbacchiato. La verità era che gli piacevano quegli occhi così pieni d'amore e di gioia, ogni volta che li guardava, eppure era convinto di non sentire quello che avrebbe dovuto sentire. Si passò una mano tra i capelli, sempre più confuso.

«Darcy...» mormorò. «Mi dispiace di quanto è accaduto finora, tra noi!»

La strega sembrava sconvolta. «In che senso?» fu lei a chiedere, stavolta.

«Nel senso del bacio.» lo Specialista scosse la testa e poi sorrise colpevole. Darcy era sconvolta.

«Vuoi dire che...»

Riven sospirò. «Mi è piaciuto, Darcy, il tuo bacio... Ma non abbastanza.»

Sul volto di lei apparve una smorfia di disgusto. «Non abbastanza.» ripeté, inviperita. Lui scosse la testa.

«Mi dispiace.» ripeté. Era tornato il desiderio per lei, ma non voleva approfittarne, darle un'idea sbagliata del loro rapporto. Non voleva farle perdere quel poco di fiducia nel mondo, una volta che avesse compreso che tra loro sarebbe stata solo l'avventura di una notte. «E' meglio se... se le nostre strade si dividono di nuovo. E stavolta per sempre.»

Le diede le spalle, pronto ad andarsene. Ormai tutto ciò che aveva avuto da dire l'aveva detto. I suoi dubbi su Musa si erano acuiti, invece di dissiparsi. L'unica soluzione era tornare a Fonterossa ed accettare qualsiasi punizione Codatorta avesse intenzione di dargli.

Avrebbe continuato a pensare. Questo si diceva, mentre si allontanava da Darcy.

«Riven?» si sentì chiamare. Si fermò: la strega doveva accettare la realtà. Finché non si fosse liberato dai dubbi, era meglio rimanere da soli.

«Darcy, ascolta...» ma quando si voltò, non riuscì ad andare avanti. Lo sguardo della strega era tornato quello di sempre, quello freddo e cattivo che ricordava. Quello sguardo con cui gli aveva detto che lo aveva soltando usato.

E poi notò la mano tesa. Non ebbe il tempo di reagire: il raggio nero lo colpì in pieno al petto, mozzandogli il fiato e oscurandogli la vista.

Il colpo lo scaraventò a terra, facendolo strisciare per diversi metri, prima di fermarsi.

Prima di svenire, guardò il cielo e capì.

Di nuovo. Darcy l'aveva di nuovo raggirato.



Ed eccoci alla fine del sesto capitolo. E sono tornati Darcy e Riven. Vi ho stupito? Spero di sì. ^^

E adesso, passiamo a rispondere alle recensioni:


bellezza88: la mia Winx preferita? In assoluto è Stella, anche se da questo capitolo potrebbe non sembrare. Benché sia così frivola, la trovo troppo simpatica. Seguono, nella scala delle preferenze, a parimerito Flora, Musa e Tecna. Aisha è una piagnona e Bloom è troppo un capetto! ^^ Dovremo fare pure un sondaggio di gradimento per gli Specialisti (per me, sul podio vanno Brandon e Helia). :P


mileybest: hai visto che Bloom è arrivata? ^^ Spero di averti fatto una piacevole sorpresa.


BabyDany94: ed ecco tornare Riven e Darcy... è andata come ti aspettavi oppure ho tradito le tue aspettative?


Ringrazio tanto anche le due lettrici che hanno inserito la loro storia nei preferiti, ovvero: Christy 94 e Safira la maga.


Ragazze (siete tutte ragazze, vero?), che altro dire? I vostri pareri sono sempre graditissimi.

Spero comunque di non avervi deluso, se speravate in qualcosa di più hot. Non ce l'ho fatta a rendere Riven un fedifrago fino in fondo... dopotutto ha un cuore nobile anche lui. :P

Ma...

Musa e Flora si salveranno?

E cosa è successo a Riven?


Tutte le risposte solo se continuerete a seguirmi!


*Angolo della pubblicità*

Se vi interessa, ho anche pubblicato una storia tra i Crossover (Forse poteva andare peggio: il diario di Kenny). In alcuni punti è un po' volgarotta, ma spero sia comunque divertente (indipendentemente dalle parolacce). Con le Winx non c'entra, ma spero che vorrete dare un'occhiata.

*Fine angolo della pubblicità*



Un bacio,

Luine.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7


«Stella!» il grido di Bloom fece sussultare la fata del Sole e della Luna e fece vibrare la coscienza di tutte le fate che circondavano la grossa sfera nera. «Stella, ricorda il consiglio di Faragonda! Presto, espandi il tuo potere e concentralo sulla sfera! Solo tu puoi raggiungere le nostre amiche! Riesci a sentirle, vero?»

«Sì, le sento! Ma sono troppo deboli!» gridò in risposta la fata del Sole e della Luna: riusciva a sentire le loro flebili coscienze attraverso l'involucro di furore e paura di cui Faragonda aveva loro parlato.

Quelle entità maligne erano reali e sembravano avere una coscienza loro che le sfioravano e volevano divorare i loro cuori.

Esse chiamavano Stella e le sussurravano parole con le loro voci suadenti e sibilanti.

Stella, splendida fata del Sole, perché ti lasci offuscare da queste sciocche che ti porti dietro?

Sì, erano voci decisamente seducenti...

Lasciale, abbraccia l'oscurità e diverrai più bella e più ammirata che mai.

Bella e ammirata... beh, Stella lo era già. Ma diventarlo ancora più di quel che era?

Tutti gli uomini ti cadranno ai piedi. Questo continuavano a sussurrare le voci. E lei sentiva che, forse, non sarebbe stato male voltarsi al male... furore e paura non sembravano poi così cattivi, no?

«Stella!» il grido di Bloom le arrivava da lontano e le impediva di comprendere tutte le parole che le due coscienze volevano dirle.

Non farti comandare a bacchetta da Bloom! Lei vuole quello che tu hai, un grande potere e un grande fascino. Lei è invidiosa.

Stella ci pensò un attimo: Bloom era la sua migliore amica, non le aveva mai dato l'idea di essere invidiosa. Beh, magari un pochino, nell'intimo lo sarà anche stata: Stella era la fata più bella dell'intera dimensione magica, dopotutto.

E vuoi diventare la fata più bella dell'intera dimensione magica!

Lei lo era già, non aveva bisogno di diventarlo!

E la più potente, anche!

Potente... lo era già. Come poteva diventare più forte? Se fosse bastato per aiutare le sue amiche... Era davvero possibile?

Certo che è possibile! Basta che volti le spalle alle tue amiche! Basterà tagliare ogni legame con loro e allora sì che potrai dire di essere davvero potente! Solo così, bellissima fata del Sole e della Luna. E poi, dopo questo, sarai ancora più ammirata... sempre più amata. Intere schiere di sudditi si inchineranno ai tuoi piedi quando passerai, estasiati dalla tua immensa bellezza. Tutte le donne, quando ti vedranno, si strapperanno i capelli dalla rabbia e dall'invidia.

Un certo piacere comincio a formarsi alla bocca dello stomaco di Stella. Beh, dopotutto, pareva molto divertente. Tutti i suoi pensieri sulle sue amiche sparirono nei recessi della sua mente. Ora l'avidità entrava in lei e scorreva a fiumi.

«Stella!» di nuovo, il grido fastidioso di Bloom la distolse dalle sue fantasie.

Basta che lasci le tue amiche e ti unisci a noi. Dimentica Bloom. Dimentica le morenti Flora e Musa... ormai non sono che un ricordo. Non hai bisogno di loro, zavorre che ti impediscono di librarti più in alto che mai!

Flora e Musa... quell'eco la spaventò. Il ricordo di ciò che stava succedendo tornò, stupendola come una secchiata d'acqua gelida. Loro erano le sue amiche! Musa e Flora stavano morendo... e lei... lei pensava alla sua bellezza e all'invidia inesistente delle sue compagne! Sentì la rabbia montarle dentro, il disgusto per se stessa. Come poteva dirsi ancora una Winx? Ma poi sentì la tranquillità di Tecna, la pacatezza di Aisha e la solidarietà di Bloom entrare in lei e placarla.

«Le mie amiche... loro non sono arrabbiate con me!» mormorò.

Stella, tu sei più forte di loro. Puoi distruggerle!

Questo le stava dicendo la sua migliore amica, o almeno quella parte della sua coscienza che poteva toccare.

Non mollare! Queste le parole Tecna.

Noi siamo con te. E queste di Aisha.

Come poteva abbandonarle?

Le tue amiche ti considerano frivola, ti detestano. Tecna, Aisha, Bloom ti considerano un'oca senza cervello. E Flora e Musa...

«Non è vero...» Stella scosse la testa, disperata. «Loro mi vogliono bene!»

Le voci risero maligne. Povera illusa! Lascia morire Flora e Musa, tanto ti disprezzano e ti odiano!

«No, non è vero! Mi dispiace!» sbottò Stella. «Non mi lascerò abbindolare da voi! Tra me e le mie amiche c'è un rapporto di amicizia e complicità che dura da troppo tempo! Le vostre insulse parole non mi sfiorano! Salverò le mie amiche!»

E l'ammirazione che vai cercando? Nessuno ti ammirerà mai abbastanza con loro tra i piedi!

Ma Stella sbuffò. «Come si può ammirare una persona che lascia morire le sue amiche?»

La fata del Sole e della Luna chiuse gli occhi e concentrò se stessa sulla sfera sotto i suoi piedi e fu proprio da essi che fece fluire il proprio potere che somigliava molto ad oro liquido.

No. NO!

Annientò furore e paura col potere del sole che stava ricoprendo la sfera nera in tutta la sua interezza, le isolò e le rese inermi. Non avrebbero più detto menzogne, non avrebbero più tentato di farle abbracciare il male.

Ben fatto, Stella!

L'esaltazione di Bloom percorse la fata con una scossa particolarmente piacevole.


***


Faragonda, dal basso, sorrise compiaciuta.

«Sapevo che Stella avrebbe capito!» esclamò.

«Capito cosa, preside?» domandò Sky. «Può spiegare anche a noi?»

La donna si voltò verso di lui. «Vedi, la sfera di sentimenti negativi sta assorbendo i poteri di Flora e Musa... e immagino che, in un modo che non conosco neanche io, riesca a colpirle nei loro punti deboli. C'è Flora che rischia di venire uccisa dall'assenza di luce e sole, perché la sfera è oscurità pura e le piante non possono crescere senza la luce del sole. Grazie al potere di Stella, Flora sarà salva!»

«Ma, preside... e Musa?» fu la domanda preoccupata di Timmy. «Qual è il punto debole di Musa?»

La preside guardò verso l'alto. «Il silenzio...» mormorò. «Il silenzio che non può essere penetrato da alcun suono...»

«E come può salvarsi, allora?» domandò Sky, stringendo la mano intorno all'elsa della spada che teneva attaccata alla cintura.

«Ce la farà. Stella ha avvolto la sfera in un guscio di sole liquido!» spiegò la preside, ma poi guardò di nuovo gli Specialisti e Nabu e sul suo viso si sarebbe potuta vedere la preoccupazione, se tutti non fossero stati troppo presi dal problema delle Winx.

«Ho capito!» annuì il principe di Eraklyon. «Ha creato una specie di contatto tra loro e la sfera, è esatto?»

«Sì, è così!»

«Ma avrebbe potuto farlo anche Bloom, no?» chiese Timmy, passandosi timidamente una mano sulla nuca. «Sì, insomma... Bloom ha il potere del fuoco del drago, che è vita!»

Faragonda sospirò. «Non hai tutti i torti, Timmy. Ma vedi, il fuoco del drago è infinitamente più potente del sole di Stella. Purtroppo, l'Enchantix di Bloom non è ancora completo e questo le impedisce di gestire al meglio i suoi enormi poteri... avrebbe potuto distruggere la sfera e tutta Alfea, se non l'intera Magix!»

«Il potere di Bloom è veramente grandioso!» esclamò Nabu, ammirato.

Faragonda annuì. «E non va sottovalutato. Ma...» li passò in rassegna con lo sguardo. «Ditemi un po': dove sono Helia e Riven?»

Fu Brandon ad inarcare un sopracciglio e così perse per un momento l'aria accigliata. «Riven?» chiese, come se si ricordasse di aver dimenticato di portare qualcosa.

Sky si rabbuiò. «Helia è con i Templari... stanno usando una delle nostre navette trans-dimensionali per arrivare qui. Ma la quantità di magia che i Templari devono usare per tenere calma Icy, finché non le avranno fatto riavere il braccialetto, rende più lento il trasporto. Arriverà a momenti, immagino. In quanto a Riven... l'ho chiamato più volte, ma non ha mai risposto.»

La preside di Alfea si fece più preoccupata. «Hai detto Icy?»

«Sì.» confermò Sky.

«E Darcy?»

«Credevamo fosse qui ad Alfea insieme alla sorella...» spiegò il principe di Eraklyon. «Icy non sapeva che fine avessero fatto, almeno da quel che ci ha raccontato!»

«Bah!» fu il commento di Brandon. «Non ci si può fidare di quelle streghe!»

Faragonda scosse la testa. «No, hai ragione, ma Darcy e Stormy non sono insieme, purtroppo.»

«Pensa che Riven potrebbe essere nei guai?» continuò Timmy.

«Non credo!» rispose Brandon, prima che Faragonda potesse aprir bocca. «Riven sarà a Fonterossa a poltrire!»

«E allora perché non risponde?» replicò l'altro. Il ragazzo di Stella alzò le spalle.

«Cosa vuoi che ne sappia?»

«Beh, invece di stare lì a far niente...» lo rimproverò Sky. «perché non provi a rintracciarlo? Abbiamo bisogno di tutto l'aiuto possibile!»

«E perché? Tanto stanno facendo tutto le Winx!» fu la risposta dello scudiero.

Lo sguardo di Sky si fece minaccioso e fece capire a Brandon che, forse, era davvero il caso di riprovare a chiamare lo Specialista disperso.


***


La fata dei fiori continuò a scivolare verso il basso. Le ali erano troppo pesanti e non sarebbe riuscita a sbatterle nemmeno con un enorme sforzo di volontà.

I suoi piedi toccarono una superficie fredda. Stavolta non sentì nessuna scossa.

Si adagiò a terra, con gli occhi chiusi. Finalmente avrebbe potuto riposare... Stormy avrebbe aspettato. Ma forse Stormy se ne era anche andata, perché non sentiva più la sua presenza. Non sentiva più niente.

«Combatterò dopo...» sussurrò, ancora.

Qualcosa, mentre pronunciava queste parole, sfiorò il suo cuore, qualcosa che, per quanto leggero, le attraversò il corpo come una scarica elettrica. Solo che stavolta non le fece male: un calore simile a quello del sole si avvicinava a lei in modo dolce, ma deciso. Il senso di stanchezza e di spossatezza lentamente passavano.

Il calore la avvolse dalla punta dei capelli a quella dei piedi... riconosceva qualcosa in quella sensazione.

«Stella?» ebbe la forza di chiedere. Era possibile che fosse davvero lei? «Stella!»

«NO!» il grido di Stormy le perforò le orecchie e la costrinse ad aprire gli occhi. Alzò lo sguardo e vide la strega delle tempeste ancora a mezz'aria. La sua rabbia e il suo stupore erano ben visibili sul suo volto, mentre piccole scariche elettriche le uscivano dalle orecchie.

«Musa!» sussultò Flora. Si guardò intorno, alla ricerca della fata della musica. «Musa, dove sei? Stai bene?»

«Sono qui!» fu la debole risposta che ricevette.

Flora riuscì a vedere un braccio, in lontananza, che si alzava. E riconobbe il guanto bianco di Musa. Scattò nella sua direzione, con un'energia che non credeva di possedere, dopo quell'attacco di sonno che aveva avuto.

«Dannate fatine!» gridò Stormy. Lanciò un nuovo colpo, ma Musa fu più veloce: si mise seduta e riuscì a creare una barriera tra lei, Flora e la strega.

«Ho avuto la sensazione di cadere...» mormorò, non appena Flora fu abbastanza vicina da abbracciarla.

«Anch'io...» annuì l'altra. «E ho sentito la voce di Bloom! E l'energia solare di Stella!»

Musa annuì. «Sì, anch'io.»

«Cos'è successo?»

«Credo...» Musa alzò lo sguardo su Stormy che si stava dannando nel cercare di penetrare le difese delle due fate. «Credo che sia riuscita a donarci la loro energia, in qualche modo...»

«Ma come?»

Musa le fece l'occhiolino. «Ehi, la secchiona sei tu!»

Flora non ci mise molto ad arrivare alla conclusione. «Ma certo! La convergenza!»

La fata della musica annuì. «Perfetto! Direi che ci sei arrivata!»

Risero tutte e due, sciogliendo la tensione.

Stormy, però, stupefatta, continuò a lanciare nuovi attacchi, ma nessuno di essi riuscì a scalfire la barriera... le sorti si stavano rovesciando. Ancora una volta.

«No!» gridò. Nella sua voce vi era panico. «Non è possibile! Vi ho sconfitte! La mia sfera avrebbe dovuto risucchiare tutta la vostra linfa vitale! Io non capisco... perché i miei poteri non funzionano più?»

«Perché sei un'inguaribile sciocchina!»

Non solo Stormy si voltò di scatto, pure le due fate sussultarono nel sentire quella voce acuta.

«Stella!» gridarono, all'unisono.

La fata del Sole e della Luna rivolse loro una strizzatina d'occhio complice.

«E non solo!» Aisha apparve all'interno della sfera, poco distante da dove si trovavano Flora e Musa. Subito dopo arrivò Tecna, seguita da Bloom.

Flora si alzò in piedi, aiutando anche Musa. «Ma cosa ci fate qui?» chiese, piena di gioia. «Voi eravate in vacanza!»

Stella sospirò. «Non me lo ricordare! Pensa che ho dovuto anche affrontare Icy! E ho anche dovuto interrompere il mio piacevole soggiorno su Espero perché sono arrivati Bloom e Sky!»

Bloom annuì. «Sì, Helia ci ha avvertiti che le Trix erano scappate!» ma guardò Stormy che, furiosa e confusa, era rimasta impietrita a guardarle. Un'espressione risoluta apparve sul volto della custode del fuoco del drago. «Ma lasciamo a dopo le spiegazioni! Stormy, sei pronta a perdere?»

«Io non perderò, stanne certa, piccola sciocca!»

Schizzò in direzione di Bloom, un pugno alzato che aprì velocemente, rilasciando una scarica elettrica. La fata si protesse con una debole barriera di fuoco.

«Coraggio, ragazze!» gridò. «Adesso ci serve la convergenza!»

«Non vi permetterò di farlo!»

Stormy aveva capito che il suo sogno di gloria stava per finire. Era arrivata a un passo dai suoi obiettivi, ma stava capitolando. La furia le fece perdere il controllo dei propri poteri che si manifestarono sotto la forma di scariche elettriche che le uscivano dalle orecchie e le annebbiavano la vista. Si gettò in picchiata su di loro, decisa a separarle, in qualunque modo: aveva capito cosa avevano intenzione di fare e non poteva permetterglielo.

Musa creò un'altra barriera.

«Dovrebbe bastare!» esclamò. «Abbiamo tutto il tempo per creare una convergenza!»

«Ottimo lavoro, Musa!» la elogiò Bloom e le porse la mano. «Coraggio, adesso! Convergenza!»

«Convergenza!» risposero le altre all'unisono, prendendosi per mano.

La loro energia magica crebbe a dismisura, cominciarono a vorticare in un girotondo sempre più veloce e luminoso, mentre i loro poteri si fondevano in una scia compatta di polvere fatata.

Improvvisamente, un calore insopportabile si impadronì dei loro corpi, le loro mani sembravano sul punto di esplodere e l'ambiente che le circondava cominciò a pulsare ferocemente. Tutte e sei riuscivano a sentire ciò che stava succedendo, mentre Stormy, cercando di spezzare la barriera creata da Musa, urlava, resa folle da una rabbia incontenibile. Solo allora si staccarono le une dalle altre, mentre ogni fibra del loro corpo sembrava andare a fuoco.

Guardarono il centro dell'involucro che le teneva prigioniere: lì vi si stava formando una massa scura che si gonfiava sempre di più, mentre il calore aumentava ancora. Le fate sudavano e, timorose, si scambiavano occhiate, cercando nelle altre la risposta alla loro domanda: come fuggire a quell'inferno?

«Il potere di convergenza!» esclamò Tecna, avvicinandosi alla massa scura. «Dobbiamo aver creato noi questa strana materia!»

Musa sussultò, seguendola. «Cosa?»

Flora annuì. «Ricordate l'ultima lezione di Faragonda per le fate Enchantix? Ha detto che la polvere di fata spezza gli incantesimi oscuri, ma che, in un caso su un milione, se le fate ne vengono inghiottite, può succedere che la polvere e il potere oscuro si fondano, creando una bomba a orologeria!»

«Cosa?» gridò Stella. «Non è possibile! Il potere di convergenza non può fallire! Lo ha detto Faragonda!»

«Ma non hai sentito cosa ha detto Flora, poco fa?» sospirò Tecna. «La verità è che abbiamo sbagliato tattica! Ci siamo fatte giocare!»

«In che senso?» volle sapere Bloom, adocchiando preoccupata la massa scura che si stava ingrandendo.

«Nel senso che ci siamo fatte prendere dall'urgenza di essere tutte insieme! Ma dovevamo colpire sia da dentro che da fuori!» la fata della tecnologia scosse la testa. «L'avevo detto, ma furore e paura alla fine ce l'hanno fatta: ci hanno fatto avere paura di non rivedere più le nostre amiche! Hanno giocato su ognuna di noi e sulle nostre debolezze!»

L'ambiente attorno a loro cominciò a bruciare e ogni fibra del loro corpo cominciava a risentire del troppo calore. Le pareti si fecero di un colore simile all'oro mischiato al sangue. Guardandosi intorno, con voce tremante, Bloom disse: «Ti ricordi cosa bisogna fare se succede! Vero, Tecna?»

«A dire il vero, no!» rispose Tecna, sofferente. «Non riesco nemmeno a trovare una soluzione... il caldo non aiuta i miei chip a funzionare a dovere...»

«Flora!» gridò ancora Bloom.

«Era... era suonata la campanella di fine lezione... e doveva continuare lunedì!» rispose Flora, tremante, col corpo sudato per via del troppo caldo.

«Ah, allora siamo proprio a posto!» sbottò Stella.

«E cosa possiamo fare?» chiese Aisha, cercando di mantenere ancora un po' di sangue freddo.

«Abbiamo la nostra convergenza. Dobbiamo provarci!» esclamò Tecna.

«Ma... se è questa che l'ha creata...»

«Non abbiamo molta scelta!»

«Ragazze!» Bloom prese tra le mani quella di Musa e di Flora. «Dobbiamo provarci! Ha ragione Tecna: non possiamo stare qui a rimuginare!»

«Cosa c'è, stupide fatine? Avete combinato i guai e non riuscite a tirarvene fuori? Ah! Moriremo tutte insieme!» gridò Stormy, impossibilitata a compiere qualsiasi movimento al di là della barriera che, ancora, resisteva.

«Beh, tu vorrai anche morire, Stormy, ma noi no!» sbottò Musa, stringendo a sua volta le mani dell'amica.

«Vedremo chi morirà!» continuò la strega, mostrando il suo sguardo più cattivo. «Comunque vada, spero proprio che siate voi!»

Stavolta le fate la ignorarono e tornarono a guardarsi negli occhi. L'indecisione era sparita. «Per Magix, per Alfea, per le Winx!» gridarono all'unisono. Si posizionarono sopra la massa pulsante e cominciarono a girare sopra di essa.

Una luce bianca le inghiottì. Da dove venisse era un vero mistero, ma sentivano tutti i sentimenti positivi che vi erano all'interno, sentivano calore e gioia. Le sei Winx potevano la forza di quei poteri entrare in ogni fibra del loro essere. Sì, stavolta potevano farcela.

Erano consapevoli della presenza delle altre solo per via delle loro mani, perché la luce era talmente intensa che le aveva accecate.

E, improvvisamente, dal fondo del loro cuore, capirono che l'unico modo per distruggere i sentimenti negativi che componevano la sfera, uniti alla polvere di fata, era ancora polvere di fata. Polvere di fata incontaminata, quella che usciva dalle loro ali.

«Potere di convergenza!»


Allora? Com'è andata stavolta? Siamo in dirittura d'arrivo, ormai. Tra due capitoli (forse tre, ma non prometto niente) questa avventura delle Winx si concluderà. Ho dato molto spazio alle nostre fatine preferite in questo capitolo e in particolare alla mia. Che volete farci, sono un po' di parte. XD


Ma passiamo a rispondere alle recensioni. Lo scorso capitolo ho stabilito il mio record personale (il messaggio subliminale è: congratulatevi! Scherzo XD):


MUSICAL: sono felice che la mia storia ti stia piacendo, non ero molto sicura del risultato essendo il mio primo esperimento sul campo. Nuovi pareri per me sono sempre bene accetti per capire come devo muovermi. Spero che vorrai darmi il tuo anche su questo capitolo. XD


gaiaRB: beh, i giochi non sono ancora finiti. Come pensi che sia andata? La tua curiosità è stata appagata? Almeno in parte spero di no, così posso costringerti a seguirmi (scherzo, naturalmente)! XD


bellezza88: ti giuro che sono talmente stordita negli ultimi tempi (sarà la primavera?) che mi sono dimenticata Riven (sebbene ne avessi scritto fino a poche righe prima). XD Effettivamente, tra gli Specialisti, è quello più «maschio», insieme a Brandon e Helia. XD Spero di sentirti presto!


mileybest: già ti vedevo davanti al monitor con i fazzoletti! Dai, almeno non hai dovuto usarli! XD A presto!



Ringraziamento speciale per MUSICAL e LaBabi che hanno deciso di inserire la storia tra le loro “Seguite”.


Quindi, come al solito chiudo il sipario e vi do appuntamento con il prossimo capitolo.

Un bacio,

Luine.


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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8


Seduto al posto di comando della navetta di Fonterossa, Brandon cercava di rintracciare Riven.

«Andiamo!» borbottava, guardando con sguardo disattento il parabrezza. «Ma dove diavolo sei, Specialista cocciuto?»

Timmy, accanto a lui, digitava velocemente su una tastiera, guardando il piccolo schermo di fronte a sé. «Il segnale proveniente dal suo cellulare è debole.» comunicò. «Sto cercando di allargare lo spettro. Dammi un secondo!»

Brandon sbuffò. «Secondo me, ha abbassato il segnale volutamente!»

Timmy si sistemò gli occhiali sul naso, prima di riprendere il suo febbrile lavoro. «No, c'è qualcosa che non va: i cellulari dell'intera dimensione magica sono stati fatti apposta per evitare che le frequenze dei segnali fossero portate a livelli di campionamento così bassi dall'utente finale.»

«Magari non è a Magix!» suppose Brandon.

«No, è qui.» confermò Timmy. Un lieve bip lo fece sussultare di eccitazione. «E' qui, da qualche parte, a Magix. Sono riuscito ad agganciarmi al cellulare!»

«Provo a chiamare?»

Timmy ci mise un po' a rispondere: guardava il monitor, accigliato. «Ancora no.» disse, lentamente. Poi guardò verso l'altro Specialista con aria preoccupata. «Non prenderà mai.»

«E perché?»

«E' da qualche parte sottoterra.»


***


Il rumore di gocce che cadevano dentro una pozzanghera risvegliò Riven dal suo sonno agitato insieme al dolore alla sua schiena ferita. Lentamente, i suoi ricordi riaffioravano, uno ad ogni goccia che cadeva.

Rivedeva i momenti che, inesorabilmente, lo avevano condotto in trappola. Se Stella non si fosse intromessa, se non l'avesse chiamato per un inutile completino intimo, lui sarebbe stato a Fonterossa a poltrire, avrebbe dormito e dimenticato quella giornata degli innamorati. Ma adesso...

Strizzò le palpebre diverse volte per cercare di mettere a fuoco il luogo in cui si trovava, ma non vide niente. Tutto era buio.

L'unica cosa di cui era sicuro era che si trovava in un posto molto umido e freddo. Cercò di stropicciarsi gli occhi, ma quando provò a spostare le braccia da dietro la schiena, sentì una forza che opponeva fiera resistenza e che gli impediva di muoversi a suo piacimento.

«Ma che...» si dimenò per un po', finché una risata cattiva non lo bloccò. Voltò la testa di qua e di là, come un animale in trappola. «Dove sei?» ringhiò, frustrato e, anche se odiava ammetterlo, spaventato. «Che cosa mi hai fatto?»

Di nuovo, udì solo una risata.

«Darcy?» provò ancora.

«Sì, che cosa c'è?» chiese la voce della strega, in tono giocoso. Nel sentirla, Riven provò di nuovo a liberarsi, sbatté le palpebre con forza, ma non riusciva in alcun modo a riprendere la vista, né a muovere le braccia, mentre una fitta dolorosa e penetrante come una lama lo trafiggeva a ogni più piccolo movimento.

«Dove sono? Che cosa mi hai fatto?» gridò.

«Niente di speciale.» rispose lei, incurante. «Ti ho solo impedito di nuocermi!»

«Mi hai ingannato! Mi hai raggirato ancora una volta! Sei... sei una strega, Darcy!»

«Però...» replicò lei, sarcastica. «Sei davvero sveglio per essere uno Specialista tutto muscoli e niente cervello!»

Rise della propria battuta. Riven fece scattare la testa da un lato, come per scacciare una mosca che gli era finita troppo vicina al naso. «Avanti, dimmi dove sono!»

«In un dei vecchi nascondigli di Valtor... uno dei più squallidi, ma almeno uno dei pochi rimasti intatti!» rispose Darcy, pigramente.

«Vuoi dire che siamo su Andros?»

Sentì Darcy sospirare esasperata. Non rispose, però. Lo lasciò col dubbio, mentre la sua frustrazione cresceva.

«Che cosa vuoi da me?» insistette, rabbioso.

Percepì un movimento che lo fece scattare sul posto: non riusciva a capire dove fosse la strega, sebbene la sentisse parlare. Avrebbe potuto essere davanti a lui, come a chilometri e chilometri. Questa incertezza lo rendeva decisamente inquieto. Avesse potuto contattare gli altri Specialisti!

Il suo pensiero corse a Musa e si chiese cosa sarebbe successo se, invece di seguire la strega, avesse davvero chiamato lei come gli aveva suggerito Stella.

Che importanza aveva, ora, saperlo? Tanto non aveva modo di tornare indietro per scoprirlo. Forse non l'avrebbe nemmeno chiamata, nel caso.

«Dai, che cosa vuoi da me?» chiese, di nuovo, stavolta meno aggressivo. Forse, per una volta, doveva studiare la situazione.

«Vendetta.» fu la semplice risposta che ricevette.

«Vendetta.» ripeté allora Riven, amaro. «E' per vendetta che sono qui?»

«Se tu non fossi stato così sciocco, ora saresti in ben altra posizione.» rispose Darcy.

«Che intendi dire?»

La strega non parlò più, ma Riven riusciva quasi a percepire il sorriso maligno che era apparso sulla sua bocca. Che avesse in mente qualcosa era chiaro, ma il problema era scoprirlo, neutralizzarla prima che avesse il tempo di fare la prima mossa.

«Avanti, dimmi perché mi hai ingannato in questo modo! In cosa consiste la tua vendetta? Perché ce l'hai tanto con me?»

«Quante domande, Riven!» sospirò Darcy, sarcastica. «Davvero è stata la tua testolina vuota a formularle? Ma bene, a quanto sembra le cose a Fonterossa sono cambiate negli ultimi mesi! Adesso vi insegnano anche ad usare il cervello non solo per fare peso!»

«Smettila!» ringhiò lui: detestava che gli si desse dello stupido. Lui non era stupido, anche se a volte faceva di tutto per sembrarlo.

«Di fare cosa?»

Riven digrignò i denti. «Darcy, ora mi stai facendo arrabbiare! Liberami subito o...»

«Ti senti davvero nella posizione di minacciarmi?» Riven era sicuro che Darcy stesse scuotendo la testa con la sua solita aria beffarda, proprio come il giorno in cui aveva scoperto di essere stato raggirato, quando lei e le sue sorelle avevano cominciato a girargli intorno ridendo malignamente di lui. «Avanti, Riven... sei legato e cieco, come pretendi di darmi degli ordini?»

«S-sono...» balbettò lo Specialista, incredulo. La gola gli si seccò e il suo cuore cominciò a scalpitare. Aprì e chiuse la bocca più volte per far uscire parole che non era in grado di esprimere.

«Credevi essere bendato, eh? Sì, ho usato i miei poteri su di te.» continuò Darcy, con naturalezza, intuendo quali fossero le paure dello Specialista. «Oh, stai pure tranquillo: non è un incantesimo permanente. Durerà abbastanza, però.»

«Abbastanza per cosa?» Riven notò panico nella propria voce e non riuscì a non detestarsi per questo: si stava dimostrando debole di fronte ad una strega. Di fronte ad una donna.

Il rumore di tacchi delle scarpe di Darcy gli dissero che lei si stava muovendo e, dal suono sempre più amplificato, capì che si stava avvicinando a lui. Fece per scattare in piedi, ma scoprì che anche i suoi piedi erano stati legati: non aveva via d'uscita. Sentì una delle mani di Darcy chiudersi intorno ai suoi capelli e tirarli, costringendolo a piegare il collo verso l'alto.

«Per questo!» mormorò Darcy.

E, prima che Riven avesse il tempo di replicare, un nuovo oblio lo avvolse.


***


Tutte le fate di Alfea guardavano sconvolte e preoccupate la sfera nera sollevata al centro della scuola: aveva cominciato a tremare, minacciosa e un vento innaturale si alzò intorno ad essa, mentre la luce con cui Stella l'aveva avvolta cambiava, diventava rossa, poi di nuovo d'oro, poi cambiò ancora, e ancora una volta, diventando delle sfumature dell'arcobaleno. Fu allora che solo i contorni divennero di un rosso intenso come il cielo al tramonto.

Il tremore della palla si fece ancora più intenso.

«Che sta succedendo?» domandò Sky, facendo un passo indietro, sconvolto.

«Ci sarà un'esplosione!» spiegò Faragonda, capendo improvvisamente. «Ascolta, Sky, puoi cercare di creare uno scudo con le vostre tecnologie che isoli Alfea dal resto della foresta?»

Sky ci pensò un minuto. «Ci penso io, Preside. Sono sicuro che Timmy ha qualcosa per l'occasione!»

«Molto bene!» annuì la Preside di Alfea. «Allontanate la navetta di Fonterossa da qui! Non vorrei che venisse coinvolta in un'esplosione. Prendete con voi le fate ferite o deboli! In fretta!»

«Certo! Vieni, Nabu, avremo bisogno anche di te!»

«Sì, certo!» esclamò il ragazzo.

Corsero via, mentre Palladium e Grizelda arrivarono dall'interno della scuola, leggermente feriti per via dell'attacco a sorpresa sferrato da Stormy all'interno della camera delle Winx. Si dissero pronti: avrebbero combattuto fino allo stremo, pur di lavare via l'onta della loro sconfitta.

«Dobbiamo metterci in formazione e limitare i danni!» continuò la preside, senza perdere la calma, una volta che Sky e Nabu ebbero fatto ritorno, insieme alle fate ferite, alla navetta di Fonterossa.

«Quando vuole!» esclamò l'elfo, annuendo. «Noi siamo con lei, professoressa!»

«Cosa succederà?» domandò Mirta, avvicinandosi alla preside. «Flora e le altre staranno bene, vero?»

Faragonda abbassò lo sguardo su di lei e sospirò. «Dobbiamo fare tutto il possibile, Mirta. Ed intendo tutti noi!» poi, dopo un attimo di pausa, mentre i professori si sistemavano, richiese l'attenzione delle sue studentesse. «Fate di Alfea, la scuola e tutti noi corriamo un grande pericolo: la sfera di sentimenti negativi creata da Stormy sta per esplodere e rischiamo che tutti noi rimaniamo travolti e uccisi! Fate ciò che vi dico: convogliate la vostra energia sulla sfera e ricopritela con un velo di magia che eviterà l'impatto! La prima cosa da fare è sistemarsi intorno alla sfera.»

Tutte le fate eseguirono l'ordine impartito, pure coloro che, fino ad allora, non avevano avuto il coraggio di farsi avanti. Persino quelle che erano rimaste nella scuola accorsero.

La sfera continuava a vibrare minacciosa, mentre il rossore ai bordi si estendeva verso l'interno e si faceva ancora più intenso. Aria, la fata salvata da Musa, e Mirta, l'una accanto all'altra, vicino a Faragonda, alzarono le mani, rivolgendo i palmi alla sfera.

«Ce la faremo!» le rassicurò la preside, imitandole. «Adesso» continuò, a voce molto alta. «chiudete gli occhi e pensate di voler avvolgere tutte le altre in un grande abbraccio di speranza! Potete farcela! Siete fate, il vostro compito è quello di portare quanti più sentimenti positivi potete nel cuore di tutti! Voi siete nate per questo. Abbiate fiducia in voi!»

Tutte quante chiusero gli occhi, proprio come aveva detto la preside. Mirta si ritrovò ad avere un po' di paura: lei era una strega, non una fata. Avrebbe potuto mandare a monte tutti i piani di Faragonda, se non avesse mantenuto la concentrazione.

La sua sicurezza vacillò, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime di frustrazione per la sua incapacità.

«Non mollare, Mirta!» esclamò dolcemente la preside, facendola sussultare. La ragazza aprì gli occhi arrossati e vide un sorriso rassicurante sul volto dell'anziana fata che le stava porgendo la mano. «Io ho fiducia in te e anche tutte le altre fate!»

«Sì.» fu il commento di Aria che le afferrò l'altra mano. «Sei una delle migliori fate che io abbia nel mio corso! Dico davvero!»

Mirta si sentì confusa. «D-davvero?»

Aria annuì, convinta. «Non sono molte le streghe che decidono di voltare le spalle all'oscurità! Tu lo hai fatto!» disse, ammirata. «E' per questo che sei una fata migliore di molte altre.»

«I-io...»
«Ti prego! Salva Musa e le altre! Dimostra di essere una vera fata!»

Mirta si sentì riempire di orgoglio per quelle parole. «I-io...» chiuse gli occhi, mentre una nuova fiducia entrava in lei grazie a quelle belle parole. «Grazie, Aria!»

Le strinse la mano e chiuse gli occhi, concentrandosi sui buoni sentimenti. Ce l'avrebbe fatta. Per quanto strano potesse sembrare, credeva davvero di potercela fare.

Un alone di un acceso verde brillante la avvolse, sentì il calore penetrarle nelle ossa e così aprì gli occhi, stupefatta, solo per accorgersi che non solo lei, ma tutte le altre fate erano ricoperte dallo stesso alone. Le loro mani brillavano.

Guardò la preside, negli occhi un'immensa felicità.

«Ottimo lavoro, Mirta!» esclamò la preside, mostrando la propria approvazione con un sorriso.

Quel grande potere fece reazione con la sfera.

Grazie ai professori, ricoperti, invece, da una luce azzurra, le ragazze si facevano forza e traevano potere da loro e dai loro sguardi risoluti. La speranza e la fiducia in loro le alimentava.

«Lasciate che la vostra mente concentri sentimenti positivi!» le esortò Palladium. «Dovete contrastare la potenza della negatività di questa sfera: le Winx hanno fatto quello che hanno potuto dall'interno, ma, purtroppo, non sono riuscite a respingerla. Se non ci riusciamo noi, saranno le prime a morire!»

«No, Musa!» gridò Aria, disperata. «Non moriranno, non devono morire!»

Eppure Faragonda e Palladium avevano detto che sarebbe potuto succedere. Con l'esplosione, le sei fate sarebbero state coinvolte, sarebbero state le prime a pagare per la malvagità delle streghe. Scosse la testa: sia lei che Mirta combattevano per loro, perché erano state salvate, sebbene in momenti e circostanze diversi, dalle Winx e avevano un debito di gratitudine nei loro confronti.

Lasciare che la mente facesse pensieri positivi era difficile, soprattutto se Mirta ricordava il suo odio per le Trix le quali l'avevano trasformata in una zucca, avevano rapito la sua amica di infanzia e quasi distrutto Magix.

«Convogliate pensieri positivi, ragazze! Siete fate e, per combattere le streghe, dovete dimenticare l'odio o il risentimento!» continuava Palladium.

«Chiudete gli occhi, mie giovani fate!» lo aiutò Faragonda, forse intuendo il disagio e i pensieri di Mirta e Aria che, dopotutto, erano molto simili. «Ricordate i sentimenti che vi legano alle ragazze là dentro, a quello che hanno fatto per voi, la loro amicizia, il loro spirito di sacrificio! Hanno fatto questo per voi e voi dovete essere disposte a fare lo stesso per loro. Gratitudine, affetto, qualsiasi cosa vi leghi a loro può funzionare! Pensate alle Winx che tante volte hanno salvato la scuola e il mondo magico, pensate a delle amiche sincere, a delle grandi fate! Pensate all'amore che vi lega le une alle altre, al mondo di Magix e a tutta la dimensione magica! Chiudete gli occhi e pensate a ciò che di bello il mondo ha da offrirvi!»

A quelle parole, le fate ubbidirono: chiusero gli occhi, tutte insieme come se fossero state una sola. I loro pensieri disparati, tutti rivolti alle amiche, agli affetti più cari. Dovevano tutte riempire i loro cuori di questi sentimenti. E Mirta pensò a Flora, ai tanti suoi sforzi per ritrasformarla, a Bloom che l'aveva salvata dalle Trix e portata ad Alfea, la grande forza di Faragonda, la generosità, i principi delle fate e ad Aria che aveva così tanta fiducia in lei. Poteva farcela, lo sentiva, sentiva forza, una grande sensazione di pace.

Aprì gli occhi: dalle sue mani, il luccichio che le aveva avvolte si era fatto più forte, mentre la luce attorno al suo corpo era diventata di un bell'azzurro cielo, proprio come quello dei professori. Un sorriso radioso si dipinse sul suo viso: adesso sì che si sentiva una vera fata.

«Ottimo davvero, Mirta!» fu il complimento che le rivolse Faragonda. Presto, molte altre fate raggiunsero il suo risultato e i raggi luminosi che intaccarono la sfera cominciarono a spandersi tutto intorno al suo perimetro vibrante, come un velo leggero e setoso.

«Con tutta la potenza che avete, ragazze!» gridò Faragonda, tenendo le braccia tese sopra la testa. «Usate i vostri poteri come se doveste spingere una montagna!»

Dalle mani delle fate, a quelle parole, si sprigionarono delle piccole sfere azzurre simili all'alone che le circondava e tutte si spinsero lungo la linea continua che teneva ancorate alla sfera di sentimenti negativi le loro proprietarie.

Guardarono tutto con stupore sempre crescente: la sfera aveva un colore rossastro, ma era attenuato dal velo azzurro e, adesso, pulsava come un cuore, pieno di vita.

«Non ce la faremo!» gridò Aria, mentre una lacrima le scivolava giù dalla guancia.

«Invece sì!» replicò Mirta, risoluta, decisa, convinta delle proprie parole. Si stupì lei stessa delle parole che le stavano uscendo dalla bocca. «Noi dobbiamo farcela! Per Flora, per Musa! E per le altre Winx!»

La sfera continuava a pulsare sempre più forte.

«Adesso tocca a noi!» gridò Faragonda, sollevandosi in aria. Grizelda, Wizgit, Avalon e Palladium la imitarono. Una luce così bianca da essere accecante li avvolse completamente, come se fossero state delle stelle in procinto di cadere. Un lungo filo dello stesso colore si propagò da ognuno di loro verso due dei compagni e, in alto, sopra le allieve di Alfea e disegnarono una stella a cinque punte.

Tutto quello che successe dopo fu un attimo: la luce bianca divenne ancora più accecante, tanto che tutte dovettero coprirsi gli occhi. La luce azzurra svanì, inghiottita da quella emanata dai maghi a mezz'aria, i quali, con gli occhi chiusi, usarono tutta la loro energia.

Un secondo dopo che era apparsa, la luce svanì; la stella a cinque punte si dissolse e tutti i professori cominciarono a cadere, stremati.

Mirta spiccò un salto e si librò in volo per riprendere la preside. Pure Aria, le cui ali erano tornate a muoversi grazie ai sentimenti positivi che era riuscita a far venir fuori, afferrò il povero e minuto professor Wizgit che era svenuto.

La sfera non era, però, scomparsa: adesso sembrava una enorme bolla di sapone trasparente. Al suo interno, vi erano le sei Winx, riverse a mezz'aria, svenute, insieme a Stormy, anche lei priva di sensi, con la testa piegata da un lato, legata in una salda catena costruita con un pentagramma di un pallido rosa.

«Sono vive!» gridò Mirta, gioiosa, guardando la bolla.

«E come lo sai?» replicò Aria, mentre la aiutava a posare a terra Faragonda.

«Perché la loro magia è ancora intatta! Non la senti? Stanno bene!» rispose la ex-strega. Lasciò la preside e si librò in aria, per trovare un modo per distruggere la bolla. Stormy era fuori combattimento e, un po', era anche merito suo. Per una volta, poteva dire di aver sconfitto una delle Trix.

Toccò la bolla: sembrava fatta di vetro sottile e, per questo, non le sembrò difficile da distruggere. Con una magia, senza pensare alle possibili conseguenze, lo colpì. Tutto ciò che contava era salvare le due Winx.

Una crepa si formò nella bolla, poi un'altra, e la sua superficie liscia cominciò a scalfirsi velocemente, come un terreno che si spacchi e apra durante un violento terremoto.

«Mirta! Vieni via! Quando la sfera si spaccherà, tu rimarrai ferita!» gridò Aria, con le mani a coppa davanti alla bocca, guardandola piena di preoccupazione. «Dobbiamo proteggerci!»

«E le Winx?» sbottò Mirta, guardando l'amica, con un astio tale che Aria si chiese cosa avesse detto di male. «Non possiamo lasciarle lì!»

«Andrà tutto bene!» la voce maschile che la rassicurò le fece distogliere lo sguardo da Aria. Cercò il suo proprietario e lo trovò, davanti a una navetta di Fonterossa, seguito da due grossi soldati che aveva già visto due anni prima: i Templari di Roccaluce.

Mentre il ragazzo che aveva parlato era uno degli Specialisti, cavalieri maghi di Fonterossa, un ragazzo dal sorriso misterioso e gentile, i capelli scuri che gli ricadevano sugli occhi, legati in una coda lenta.

«Helia!» esclamò Mirta, riconoscendolo. Il ragazzo, sentendole dire il proprio nome, annuì.

«Quando siete arrivati?» chiese, debolmente la preside, mettendosi a sedere. Guardò le altre ragazze, alcune delle quali sedute a terra, esauste, ma tutte esprimevano lo stesso stupore.

«Ogni cosa a suo tempo.» tagliò corto Helia. «Ora dobbiamo pensare alle Winx!»

A quelle parole, Mirta sussultò, quasi si fosse ricordata solo in quel momento che le sei fate erano ancora imprigionate nella bolla incrinata. Uno scricchiolio sinistro prodotto dal vetro che continuava a spaccarsi senza sosta la fece quasi rabbrividire e, al tempo stesso, preoccupare molto più di quanto non fosse già.

Guardò di nuovo verso Helia, per pregarlo di sbrigarsi e, quando vide che si frugava in una tasca, estraendone un piccolo marchingegno elettronico rettangolare che emetteva ad intermittenza tante luci di colori diversi, si chiese se non fosse impazzito. Al suo sguardo perplesso, lo Specialista rispose:

«Un demolecolarizzatore! Timmy ha perfezionato quello costruito da Codatorta un po' di tempo fa e, da allora, tutti gli Specialisti di Fonterossa non vanno mai in giro senza! Fanno parte dei nostri equipaggiamenti di base. Comunque, funziona solo su barriere magiche solide...» fece un mezzo sorriso e le lanciò l'oggetto. Mirta lo prese al volo con entrambe le mani e poi guardò meglio l'oggetto, tra le mani a coppa, come se quello avesse dovuto esplodere da un momento all'altro.

«Posalo sulla barriera di vetro e questa dovrebbe sparire!» le suggerì Helia. Mirta decide di fidarsi: non aveva tempo per i ripensamenti, non aveva tempo per i dubbi. Alfea e tutte le sue fate erano in grave pericolo e lo sarebbero state ancora di più, una volta che il vetro fosse esploso. Posò delicatamente il demolecolarizzatore sul vetro. Questo vi si attaccò sopra come una ventosa, poi le luci su un lato del marchingegno smisero di lampeggiare, un suono acuto prolungato e insistente si levò da esso, mentre un alone dorato ricopriva l'intera bolla. Mirta si allontanò di poco, timorosa, mentre Aria le chiedeva ancora una volta di tornare giù.

Faragonda si stava lentamente riprendendo e, aiutata dalle allieve, si mise in piedi, rivolgendo un'occhiata alla bolla.

«Bene!» sospirò, chiudendo gli occhi, per via della testa che ancora le girava. «Ora che ci sono anche i Templari sono molto più tranquilla!»

La bolla, una volta ricoperta interamente dall'alone dorato, a momenti alterni, scompariva e riappariva. Ci vollero diversi secondi, durante i quali questo processo si ripeté senza mai fermarsi.

Tutto quell'attendere aveva tenuto le fate col fiato sospeso, ma, dopo quello che sembrò un tempo interminabile, la luce scomparve, le crepe si dissolsero e il vetro divenne sabbia scura che, trasportata dal vento, fu spazzata via insieme a tutti i sentimenti negativi richiamati da Stormy.

Le Winx cominciarono a cadere a peso morto, ma Helia allungò il braccio e, con i fili dorati che uscivano dalla sua tuta, riuscì ad afferrarle tutte e riportarle a terra senza che si schiantassero.

Un grido di vittoria, a quel punto, si levò da tutte le fate che saltavano e volavano nei cieli di Alfea, mentre il sole cominciò a sorgere, rosato, dietro alla scuola, portando un nuovo giorno.


***


«Flora... Flora apri gli occhi!» la preghiera che le arrivò alle orecchie era una strana e dolce poesia. Come poteva essere lui?

La fata sentiva il tocco leggero del vento che le sfiorava le guance. Non ricordava molto di ciò che era successo, dopo che lei e le sue amiche avevano tentato di fermare la massa scura che si era creata all'interno della gabbia di Stormy, ma la cosa certa era che non era più al suo interno. Gli odori della natura e le piante le parlavano, le dicevano che tutto era finito, che era al sicuro. Continuò a tenere gli occhi chiusi, ascoltando il mondo circostante, ancora lasciandosi cullare da quelle braccia che la sorreggevano. Si chiedeva di chi fossero, ma non era poi così curiosa: era molto stanca e sentiva un grande bisogno di riposare.

«Flora!» la chiamò ancora quella voce, adesso preoccupata.

«He-Helia?» domandò, incerta, in un lieve sussurro. Persino la propria voce le pareva strana, come se appartenesse ad un'altra, o forse era lei che era ancora in dormiveglia?

«Sì, sì, Flora!» replicò la voce, da cui traspariva una profonda emozione. «Si è ripresa!»

E mentre, lui gridava quelle ultime parole, lei rimuginò: se Helia era in missione per Fonterossa, cosa ci faceva con lei? Questa domanda la costrinse ad aprire gli occhi, rimanendo abbagliata dalla luce del sole, convinta che quella fosse una nuova macchinazione delle Trix.

Non doveva dimenticare che le altre due non si erano viste... si alzò di scatto, sbattendo le palpebre, notando solo in quel momento di non essere più trasformata, ma di indossare i vestiti di tutti i giorni. Ebbe solo il tempo di fare questa osservazione che tutto il mondo attorno a lei cominciò a vorticare troppo velocemente. Cadde all'indietro, ma due braccia forti la sorressero per le spalle, prima che battesse la testa.

«No, Flora, stai giù, sei ancora molto debole!» nel suo campo visivo si materializzò proprio lui, i suoi occhi, la sua espressione preoccupata e così infinitamente dolce.

«Helia!» esclamò, stupita, ma allo stesso tempo, felice. Lui sorrise ed annuì.

«Ora è tutto a posto!» esclamò.

«Ma...» Flora non ne sembrava convinta. «...le Trix?»

Helia continuò a sorridere, rassicurante. «I Templari le hanno catturate!» rispose, alzando la testa verso il folto del bosco. Anche Flora guardò nella stessa direzione e vide due uomini nerboruti, vestiti delle loro armature, che si avvicinavano, seguiti dalla preside Faragonda, il professor Codatorta, Bloom, Stella e Tecna, anche loro nei soliti abiti e un'espressione sorridente. Seguivano, infine, le Pixie. Chatta le andò subito incontro e la abbracciò.

«Mi hai fatto prendere un colpo!» esclamò, commossa. «Un colpo è come dire spavento, terrore e...»

«Oh, Chatta! Sto bene!» rispose la fata, per interrompere la fiumana di parole che stava uscendo dalla bocca della Pixie. «Ma, cosa è successo e perché sono in mezzo al bosco?» domandò, tornando a guardare il proprio ragazzo e coprendo la Pixie con una mano, per accarezzarle la testa.

«Tu e le altre avete combattuto una lunga e durissima battaglia!» rispose Faragonda. Il suo aspetto, notò Flora, era trasandato: non sembrava neanche più la stessa della sera prima. Le pareva più vecchia, stanca e malata. Occhiaie profonde solcavano i suoi occhi spenti e stanchi. «Hai rischiato molto, fata della natura, eri molto debole dopo lo scontro!»

«Già...» ammise Bloom, inginocchiandosi di fronte a lei. «Siamo state tutte molto male, ma tu più di tutti...»

«E come mai?» volle sapere Flora, guardando tutti i presenti.

«Eri già molto debole.» continuò Faragonda.

«E... e Musa?»

«E' in infermeria.» rispose Bloom, ma non sembrava preoccupata. «Stiamo aspettando che si riprenda, ma sta bene.»

«Sono orgogliosa di voi!» esclamò ancora Faragonda. «Perché avete capito da sole che l'unico modo per distruggere la polvere di fata contaminata dai sentimenti negativi di una strega, è la vostra polvere di fata! Credo che la lezione di domani, sia assolutamente superflua per voi!»

«Siamo esentate?» domandò Flora. Faragonda se ne accorse e rise, dolcemente. Annuì.

Bloom rise nel vedere l'espressione dispiaciuta sul volto dell'amica, mentre Stella saltava sul posto e gridava di gioia: «Oh, questa sì che è una meravigliosa notizia! Non vedo l'ora di dirlo al mio Ciccino!»

«Non avevi detto che Brandon era in punizione?» le ricordò Tecna, adocchiando Codatorta che stava scoccando occhiate di disapprovazione verso la fata del Sole e della Luna.

«E... e le Trix sono state tutte catturate, vero?» chiese di nuovo Flora, distogliendo l'attenzione del mago e delle altre fate da Stella.

«Hanno preso solo Stormy e Icy!» rispose Digit, delusa, comparendo da dietro la schiena di Tecna. «Stella ha combattuto contro di lei. E Brandon ha chiamato Fonterossa...»

«Poverini, il loro week end d'amore è stato rovinato da quella stregaccia!» sospirò Amore, dispiaciuta.

«Già!» confermò Stella, inviperita, poi sospirò, ma scoccò un'occhiataccia a Codatorta. «Beh, ci rifaremo prima o poi.»

«Mah!» fu il commento di Helia che, dopo, si morse la lingua.

«Che c'è, Helia?» domandò Flora, preoccupata.

«Niente, è che...» abbassò la voce in modo che solo lei potesse sentirlo: «beh, ho guidato io la navetta fino ad Espero e quei due non mi sembravano esattamente tipi a cui è stata rovinata la vacanza!» esibì un sorriso eloquente, mentre Codatorta sbuffava. «Ah, a proposito, Flora: buon San Valentino!»

Flora sussultò, ebbe un tuffo al cuore, ma, al tempo stesso, lo guardò come se non avesse capito bene le sue parole. Lasciò andare Chatta che cadde a terra, di schiena. «Co-come?»

«Ehi, attenzione!» la rimproverò la Pixie, ma nessuno le diede retta, così, offesa, se ne tornò dalle altre piccole fate.

Ma Bloom si alzò, prese Chatta tra le mani e tornò dalle altre. «Su, coraggio ragazze, andiamo!» disse, spingendo Stella verso il bosco dal quale arrivavano.

«Sì, ma aspetta.» esclamò quest'ultima. «Professor Codatorta, preside Faragonda... non dovevate far qualcosa?»

Codatorta inarcò un sopracciglio. «Che cosa...»

Stella continuò a guardarlo minacciosa e il mago corpulento cominciò a sentirsi a disagio. Faragonda gli prese il braccio con delicatezza. «Coraggio, professore, abbiamo ancora un paio di questioni da risolvere, se ben si ricorda!»

«Ah, sì... Riven!» esclamò, improvvisamente, l'uomo.

«Oh, finalmente l'ha capita!» sospirò Stella, mentre, a braccetto con Bloom, seguivano lui e la preside, insieme alle Pixie e alle loro amiche.

Solo Amore era rimasta in piedi, a galleggiare a mezz'aria con le manine strette l'una all'altra e gli occhi luccicanti di emozione.

Durante il piccolo esodo, né Helia, né Flora avevano protestato e non si erano accorti della Pixie dell'Amore. Lo Specialista continuò, finalmente, il suo racconto, con un'espressione dispiaciuta stampata in volto. «Vedi, volevo farti una sorpresa. Non volevo fartelo sapere prima di stasera, ma... Stormy ha rovinato tutto!»

«E la tua missione?» mormorò Flora, arrossendo.

«La mia missione eri tu, Flora!»

«Oh, com'è romantico!» sospirò Amore.

«Amore, perché non vieni via pure tu?» sbuffò Chatta, afferrandola per una ciocca di capelli.

«Sì, non è educato ascoltare le conversazioni altrui!» fu il commento altezzoso di Tune, che aveva seguito la Pixie della Parola.

«E poi non è nemmeno il momento!» continuò quest'ultima. «Riven è disperso da ore e ancora non siamo riusciti a trovarlo!»

Digit sospirò: sembrava che le Pixie, alla fine, avessero deciso di rimanere dov'erano. «Il problema è che manca ancora Darcy!» esclamò, guardandosi attorno, come aspettandosi di vedersela comparire davanti da un momento all'altro. L'imbarazzo di Flora, a quelle parole, cominciò a lasciarla, dato che le veniva dato un pretesto per sottrarsi a quella conversazione che avrebbe preferito affrontare da sola con il suo ragazzo.

«Abbiamo provato a chiedere alle altre due, ma non parlano!» a parlare fu di nuovo una inviperita Chatta che aveva stretto i pugni.

«Ma non potete lasciare a dopo questi commenti?» domandò Amore. «Non vedete che vogliono essere lasciati in pace?»

Ma Flora non ascoltava più le discussioni delle Pixie, troppo presa ad elaborare le informazioni che aveva appena appreso. «Riven è scomparso? E Darcy non è ancora stata catturata? Dobbiamo cercarli subito, prima che accada qualcos'altro!» tentò di nuovo di alzarsi, ma Helia la bloccò con delicatezza, posandole una mano con la spalla.

«Sei ancora troppo debole, Flora!» disse. «Devi riposare! Poco fa non riuscivi nemmeno ad alzarti!»

Ma Flora si mise a sedere e lo guardò negli occhi con espressione risoluta, cosa che lo colse quasi impreparato: di solito, la sua ragazza non era così poco accomodante.

«Helia, si tratta di Darcy! Se Stormy è riuscita a fare quel che ha fatto, allora anche le sue sorelle ne sono in grado! Potrebbero essere andate da Bloom, Aisha o Tecna...» esclamò, veemente. «Dobbiamo interrogare di nuovo le Trix e dobbiamo farlo subito! Le altre... dobbiamo andare con le altre!»

Lo Specialista sospirò. «Tu sei sicura?» le chiese, premuroso. Lei annuì. «D'accordo, ma non ti strapazzare troppo, siamo intesi? Dai, reggiti a me!»


***


«Perché non andiamo dagli Specialisti?» domandò Stella, stiracchiandosi.

«Io vorrei andare da Musa! L'abbiamo lasciata sola!» proferì Bloom con aria di rimprovero, forse per far capire alla sua migliore amica che non era il momento per pensare ai ragazzi.

«Ma c'è Aisha con lei!» le ricordò la fata del Sole e della Luna, capricciosa. «E poi dobbiamo sapere che fine ha fatto Darcy! Non posso credere che ancora non sia finita! Sono stanca di combattere contro le streghe!»

«Ok, allora andremo io e te dagli Specialisti.» commentò Tecna, in tono pratico. «Devo aiutare Timmy in una ricerca.» fece una pausa e posò una mano sulla spalla di Bloom. «Tu vai da Musa e tienici informate sul minimo sviluppo!»

Bloom annuì. «D'accordo. E mi raccomando, Stella» le sorrise. «fai la brava.»

La sua migliore amica sbuffò, altezzosa. «Io sono una fata! Non posso essere altrimenti!»

«Dillo a furore e paura!» replicò Tecna, sarcastica, mentre, una volta tornate entro i cancelli di Alfea, si separavano da Bloom che corse verso l'infermeria.

La scuola non era mai sembrata così bella e luminosa, come a voler trasmettere nuova fiducia alle studentesse che chiacchieravano allegramente tra loro, orgogliose di essere riuscite a salvare le mitiche Winx.

Tecna camminava tra loro accanto a Stella la quale, però, non era attenta a tutto ciò e continuava a parlare di come era riuscita a battere Icy, su Espero.

«Insomma, ho lanciato un'enorme scarica di raggi solari e...»

«Sì, Stella, ok.» sospirò la fata della Tecnologia, per far finire quel fiume incontrollato di parole e non farsi venire un mal di testa coi fiocchi.

Arrivarono alla navicella e, subito, le colpì il fatto che tutti gli Specialisti erano chini sul computer di bordo, tranne Brandon che, seduto al posto del copilota, si puntellava sul gomito su un gruppo di tasti disattivi e si sorreggeva la testa con la mano, mentre guardava lavorare Timmy con aria annoiata.

«Hai provato con una ricerca ad ampio spettro?» stava chiedendo il principe di Eraklyon.

«Ehilà!» gridò Stella, allegramente. «Brandon!»

Senza dargli il tempo di capire chi l'avesse chiamato, la fata gli si buttò addosso ed entrambi caddero a terra, provocando un tonfo sordo che fece scattare gli Specialisti e Nabu verso di loro.

«Ehi, Stella!» esclamò quest'ultimo, sorridendo divertito. «Quanto entusiasmo!»

Ma la fata lo ignorò: «Ciccino, mi sei mancato tantissimo!» si avventò sulle labbra di Brandon che ancora non si era del tutto ripreso dall'aggressione della fidanzata, ma non disse di no al bacio che lei gli stava elargendo con tanta generosità.

Tecna lanciò uno sguardo di disapprovazione verso di loro; lo stesso che Sky, prima di tornare a guardare il monitor su cui il debole segnale del cellulare di Riven si muoveva lungo una linea. Nabu ridacchiava.

«Quello funziona solo su frequenze alte... come gli ultrasuoni dei draghi.» spiegò Timmy che non si era accorto dell'arrivo, sebbene piuttosto rumoroso, delle due Winx.

«Potrebbe esserci un guasto.» ipotizzò Tecna, quando si fermò al suo fianco e si sedette al posto del terzo pilota. Il volto di Timmy si illuminò, ma non guardò la sua ragazza, preso com'era dall'idea appena datagli.

«E' vero! Potrebbe essere, allora ho bisogno di un altro tipo di localizzatore. Sky, scusa, puoi accendere il localizzatore Alfa, per piacere?»

«Sì, subito!» esclamò il principe di Eraklyon, tornando a lanciare uno sguardo a Brandon e Stella che si stavano completamente disinteressando della cosa, troppo impegnati a finire il loro San Valentino.

Sospirò, pensando che anche lui avrebbe voluto completare il suo con Bloom. Beh, di certo, lui non era così spensierato ed irresponsabile dall'andare a cercare la sua ragazza per fare ciò che il suo scudiero stava facendo con Stella. Un po' arrabbiato, premette il bottone che corrispondeva al localizzatore Alfa. «Fatto.» annunciò. Il suo sguardo, però, non poté che vagare verso i giardini di Alfea e il suo pensiero tornò agli splendidi occhi azzurri e al dolce sorriso della fata che l'aveva fatto innamorare.


***


Bloom entrò in infermeria e si chiuse con delicatezza la porta alle spalle per non fare rumore e disturbare Musa. «Allora, come va?» mormorò, camminando in punta di piedi verso la stanza in cui riposava la fata. «Ais... ma cosa...» fece un passo indietro, mentre guardava la stanza: era deserta. Il letto, prima occupato da Musa, adesso era vuoto e solo le coperte disordinate tradivano il fatto che qualcuno le avesse usate.

Un senso di panico si impadronì di lei: dov'erano le sue amiche? Non era che, per caso, Darcy...

«Infermiera?» chiamò, con voce tremante. Si voltò e una massa scura entrò nel suo campo visivo.

«No!» Scattò all'indietro e stava per invocare il suo potere Enchantix, quando qualcosa la travolse, facendola cadere all'indietro.

«Sono una Trix!» disse una voce contraffatta, mentre lei urtava a terra. «Bu!»

Bloom urlò aiuto, ma le successive risate, il profumo dei capelli di Musa e due risate spensierate le fecero aprire gli occhi.

«Ma... ma cosa...» chiese, confusa, guardando la testa di Musa sulla sua pancia e i suoi lunghi codini che ricadevano a terra, mentre la loro proprietaria rideva nella sua maglietta.

«Oh, è stato troppo divertente!» esclamò Aisha, che si stava asciugando una lacrima.

«Bloom, sei un vero spasso!» rincarò Musa, senza accennare a smettere di ridere.

«Mi... mi stavate prendendo in giro!» capì la Fata del Fuoco del Drago, facendosi contagiare dall'ilarità delle altre due.

Le loro fragorose risate riempirono l'infermeria per diversi minuti, fin quando l'ispettrice Grizelda, colpita da tutto quel trambusto, non decise di irrompere nel locale con un'espressione omicida stampata in faccia. Non sembrava nemmeno una fata, ma una strega furiosa.

«Signorine!» esclamò, indignata, con un tono di voce tale da riuscire a sovrastare le loro risate. Immediatamente, Musa, Aisha e Bloom si zittirono. Sui loro volti, oltre alle guance imporporate di vergogna, comparve un sorriso colpevole, come se avessero distrutto loro la scuola e solo per divertimento.

«Ci scusi, ispettrice.» esclamò Bloom, non appena Musa si fu rialzata, lasciandola libera di rimettersi in piedi. «Ma Musa...» fece un cenno verso la ragazza che, ripresasi dal momento di imbarazzo riprese a sorridere.

«Ora sto bene!» esclamò, allargando le braccia. «Ha visto? Mi sono risvegliata piena di energie!»

L'ispettrice Grizelda guardò la fata dall'alto in basso. «E ti sembra questo il modo di sprecarle?»

«Non la sgridi, professoressa!» le chiese Bloom, facendo un passo avanti e allungando un braccio come per diminuire la distanza tra sé e la donna. «Stiamo tutte bene, è questo l'importante, no?»

Ma l'ispettrice fece una strana smorfia. «Non è ancora detta l'ultima parola: una strega è ancora in libertà e va fermata, prima che combini qualche danno! Non è esattamente il momento per divertirsi!» disse, freddamente. «Beh, se non avete altro da fare qui, vi pregherei di raggiungere gli Specialisti e i Templari: dovrete interrogare nuovamente Icy e Stormy, o mi sbaglio?»

«Sì, ci scusi, ispettrice!» fu la risposta docile di Aisha.

«Andiamo subito.» rincarò Bloom.

Grizelda guardò Musa.

«Beh, ehm...» la fata cercò qualcosa da dire per far felice l'insegnante, ma non trovò niente che non avessero già detto le sue compagne. «Beh, andiamo!»

La superò e, per prima, si ritrovò fuori dall'infermeria. Quando le altre due la raggiunsero, sospirò: «Ce la siamo vista proprio brutta, eh?» scherzò, mentre si incamminavano verso l'ingresso della scuola.

«Peggio che contro le streghe?» volle sapere Bloom, allegramente.

«Grizelda è sempre stata peggio delle Trix!» replicò Musa. Tutte e tre risero, ma la fata della Musica tornò improvvisamente a mettere il broncio, come se le loro battute avessero solo contribuito a far peggiorare il suo umore.

«E ora che c'è?» domandò Aisha, notando quell'improvviso cambio di umore.

«E' che...» Musa sospirò, chiedendosi se avesse dovuto continuare oppure no. «Credevo che avrei trovato Riven al mio risveglio! Non che la tua presenza, Aisha, non mi abbia fatto piacere, ma... ecco... lo so che è stupido...»

Aisha scosse la testa e le mise una mano sulla spalla. «No, hai perfettamente ragione: è giusto volere accanto la persona che si ama, quando si ha appena rischiato la vita! Ma...»

Musa si fermò e guardò Aisha, stringendo i pugni, improvvisamente tesa e preoccupata. «Ma?» la spronò a continuare. «E' successo qualcosa? Non ha voluto vedermi, vero?»

«Ecco... non lo sappiamo.» rispose Bloom a bassa voce, quasi potesse essere meno doloroso per Musa ricevere una tale notizia con quel tono.

«Non... non...» Musa non continuò la frase, solo che i suoi occhi si riempirono improvvisamente di lacrime. «Ragazze, se è così dovete dirmelo! Non dovete tenermi sulle spine! Se mi vuole lasciare, ho il diritto di saperlo, no? Voi siete le mie amiche e se sapete qualcosa...»

«No, no, che hai capito?» esclamò Aisha, posandole le mani sulle spalle per tentare di calmare la sua amica. «Quello che vuole dire Bloom è che non sappiamo dove sia! Timmy e gli Specialisti stanno cercando di contattarlo in tutti i modi, ma ancora non sono riusciti a trovarlo!»

Musa sì smise di piangere, ma adesso era ancora più preoccupata. «Che cosa?» chiese, sconvolta. «Riven è... scomparso?»

Bloom si morse il labbro inferiore e abbassò lo sguardo. «Non dobbiamo darci per vinte!» disse, però, improvvisamente, come se avesse trovato cosa dire. «Sono sicura che sta bene!»

«Grizelda ha detto che manca una strega! E... e... e se l'avesse catturato per tenderci una trappola? No, io... io... oh, Riven!» Musa spiccò una corsa, liberandosi così in fretta della stretta di Aisha che sembrò quasi si fosse trasformata in sapone.

«No, Musa!» gridarono in coro la fata dei Fluidi e Bloom. Cominciarono a correre anche loro per raggiungerla, ma Musa era già sulle scale, pronta a combattere pur di arrivare alla sua destinazione.

La fata si sentiva una sciocca: aveva dubitato di lui, del suo amore per tutta la sera e anche in quel momento. Aveva egoisticamente creduto che non fosse stato con lei, al suo capezzale, per capriccio, perché tra loro le cose non andavano bene come alle altre! E ora scopriva che poteva essere in pericolo.

«Oh, Riven!» ripeté, a voce alta, mentre una nuova lacrima scendeva lungo la sua guancia.


Allora? Che ve ne è parso di questo capitolo?

Spero vi sia piaciuto più del precedente che credo sia risultato noioso e «allunga-brodo». Se così è stato, mi scuso davvero.


Passiamo a rispondere alle recensioni:


BabyDAny94: tranquilla. ^^ Sono solo contenta che, alla fine, tu abbia trovato un minuto per questa storiella senza pretese. Siamo agli sgoccioli e il prossimo capitolo sarà determinante per il rapporto tra i nostri due piccioncini. Non dimentichiamo che Darcy ha in mente qualcosa...


mileybest: non potrei mai far passare Stella al lato oscuro, però mi sono divertita un mondo anche perché è il soggetto ideale per cose di questo tipo, non sei d'accordo? Tra Riven e Musa sono nati molti equivoci, ma non saranno gli ultimi. Ma chissà... forse riusciranno a riconciliarsi, forse no... tutto è ancora possibile! XD


Ultima cosa: avete mica visto la quarta serie? Devo ammettere che ci sono rimasta un po' male: dopo il film che è stato spettacolare, arriva questa serie dove le Winx sono tutto meno che reattive, anzi mi sono parse piuttosto lente ed imbranate. Voi cosa ne pensate?

In attesa di vostri pareri (su questo e sulla storia), vi saluto.


Un bacio,

Luine.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9


«Niente da fare!» questo il pronostico di uno sconsolato Timmy, che si accasciò sulla sedia, pronto a mollare.

«Non facciamoci prendere dal panico!» esclamò Tecna, però, continuando a digitare velocemente sulla tastiera di un computer secondario. «Mi è venuta un'idea per amplificare il segnale del localizzatore Alfa. Sono sicura che il cellulare di Riven risponderà se le onde Gamma saranno più alte!»

Timmy ci pensò su un attimo. «Sì...» ammise, infine, rimettendosi seduto composto ad una velocità supersonica, improvvisamente elettrizzato. «Potrebbe funzionare! Tecna, ti amo!»

Sul volto della fata della Tecnologia apparve un mezzo sorriso imbarazzato, ma ciò non la distolse dal suo lavoro. Continuò a lavorare, disturbata soltanto dall'incessante chiacchiericcio di Stella che, seduta sulle ginocchia del suo fidanzato, continuava a raccontargli chissà cosa ad un volume di voce basso ed inspiegabilmente eccitato.

Il povero Sky, invece, rimaneva seduto, in fondo alla navetta, a gambe e braccia incrociate ad aspettare che accadesse qualcosa.

«Sono stanco di aspettare!» confidò a Nabu, che era seduto al suo fianco. «Vorrei poter far qualcosa per ritrovare Riven, ma siamo impotenti e l'unica traccia che abbiamo non porta da nessuna parte!»

«Non disperare!» esclamò il mago di Andros, con un sorriso rassicurante. «Dobbiamo avere fiducia in Timmy e Tecna!»

Sky rispose con un mezzo sorriso, ma non era incoraggiato. «Già, non c'è altro da fare!» sospirò. Poi il suo sguardo cadde di nuovo su Brandon e Stella. «Vorrei essere spensierato come loro!»

«E io vorrei che tutto fosse finito per poter stare un po' solo con Aisha!»

I due sospirarono all'unisono. E proprio mentre lo facevano, le porte della navicella spaziale si aprirono e dentro piombò una affaticata Musa, gridando: «Riven? Cosa sapete di lui? Dov'è? Come sta?»

Sky e Nabu si alzarono in piedi, Tecna e Timmy, che stavano confabulando tra loro, voltarono le loro teste verso di lei, curiosi. Brandon e Stella distolsero la propria attenzione l'uno dall'altra per guardare con un certo disappunto colei che aveva interrotto il loro tubare.

«Ma che c'è?» volle sapere lei.

«Dov'è Riven?» ripeté Musa, senza guardare nessuno in particolare. Un secondo dopo, apparvero anche le altre due Winx che le erano corse dietro, ma nessuna delle due fece segno di aver riconosciuto il proprio ragazzo.

«Ecco...» Timmy guardò a terra, a disagio. «Lo stiamo cercando.»

«Perché? Cos'è successo?»

Stella parlò, confusa: «E' scomparso!» esclamò. «Però è strano...» continuò, portandosi una mano sotto al mento, seguendo un filo logico tutto suo.

«Cosa?» chiese Musa, tesa.

«Riven avrebbe dovuto chiamarti ieri sera... credevo che l'avremmo trovato qui con te, ma poi ho scoperto che nessuno l'ha visto!»

«Avrebbe dovuto essere con me?» ripeté la fata della musica, che ormai non ci capiva più niente.

«Beh, sì dato che...» Stella era sempre più confusa. Tutti guardavano lei e nessuno capiva.

«Dato che...?» la spronò Aisha, che poteva benissimo capire la tensione di Musa.

Stella sbuffò. «Doveva essere una sorpresa!» esclamò, in tono lamentoso.

«Stella, non è il momento per le sorprese!» la rimproverò Bloom. «Dai parla!»

La fata del Sole e della Luna sospirò e guardò Musa. «Ieri, quando ti ho visto quel completino in mano, te l'ho preso. Non è che mi piacesse, che sia ben chiaro, ma l'ho comprato lo stesso! Non abbiamo di certo gli stessi gusti. Dopotutto, tra noi sei, solo io ho la giusta classe!»

Musa sentì la rabbia crescere. «E cosa me ne importerebbe?» sbottò, stringendo i pugni e trattenendosi per non dargliene uno in testa. «Cosa c'entra con Riven?»

«Ehi, è importante!» replicò Stella, offesa. «L'ho comprato, dicevo. Ero d'accordo con Flora per farti allontanare dal negozio, una volta che avessi trovato qualcosa di tuo gradimento. E, quando te ne sei andata, mi hai fatto un enorme favore, così mi sono diretta alla cassa, mi sono fatta fare un pacchettino, poi ho chiamato Riven perché venisse a prenderlo. Poi ci siamo lasciati, quindi... immagino che, se Darcy ha fatto qualcosa, l'ha fatta prima che lui potesse chiamarti!»

A Musa si seccò la gola: Riven le stava facendo una sorpresa, una meravigliosa sorpresa di San Valentino! I rimorsi continuavano a salire: ecco perché non le aveva risposto, ecco spiegato il perché di molti suoi comportamenti. Ma Aisha le aveva detto che Helia aveva lasciato perdere la sorpresa per Flora per andare a salvarla, mentre Riven... sì, a questo punto non c'erano più dubbi: gli era sicuramente successo qualcosa.

«Io... io devo andare!» mormorò.

Sicuramente Darcy l'aveva catturato per mettere in trappola lei. Musa ne aveva la certezza perché, altrimenti, Riven sarebbe corso insieme a Helia ad Alfea.

Non disse altro, scattò fuori dalla navetta in direzione della scuola, veloce come il vento. Doveva parlare con Icy e Stormy. Doveva far confessare loro dove si trovasse Darcy. Solo così avrebbe trovato Riven.

Quella strega aveva sempre avuto una particolare predilezione per lui: l'aveva ingannato due anni prima e attirato dalla sua parte; adesso poteva voler colpire lui per far del male a lei, alle Winx e all'intera Fonterossa. Non le interessava se era una trappola. Sentiva solo che doveva salvare il suo ragazzo.

Gli alberi e le piante che la intralciavano non erano un problema: schivava gli alberi, saltava le piante e le radici e, qualche volta, cadde, strappandosi i pantaloni in più punti. Ma erano problemi senza alcuna importanza.

Sembrava che la distanza dai cancelli di Alfea si fosse allungata e che non riuscisse a coprirla nemmeno correndo più forte.

La milza le faceva male, il respiro le si era quasi mozzato. Quando cominciò a distinguere i cancelli della scuola, si chiese perché mai gli Specialisti avessero dovuto parcheggiare nella foresta invece che nell'enorme parco, dove stava la seconda navetta. Fece uno scatto, anche se cominciava a mancarle aria nei polmoni. Non vide niente: aveva un solo obiettivo ed era entrare nel cortile.

Arrivò. Anche l'aprirsi del cancello le sembrò più lento del solito: le stava facendo perdere del tempo prezioso. Cercò la navetta di Fonterossa con lo sguardo.

Quando la vide, corse verso di essa, si diresse all'entrata, ignorando gli sguardi interdetti dei Templari che ne erano a guardia, ma non poté fare lo stesso con le loro grandi mani che, improvvisamente, le si strinsero attorno alle braccia.

«Lasciatemi!» gridava, divincolandosi furiosamente. «Devo parlare con le streghe! Lasciatemi!»

«Non puoi entrare!» disse uno dei due. «Solo la Preside e gli Specialisti possono...»

«Ma io devo entrare! Devo parlare con le streghe!» gridò ancora Musa. «Lasciatemi subito oppure...»

«Basta!» gridò una voce autoritaria all'interno. La preside Faragonda fece la sua lenta comparsa e, Musa e i Templari, nel sentirla, smisero di lottare. La ragazza smise di scalciare, ma guardò la preside con uno sguardo battagliero; nei suoi occhi brillavano fiamme cariche di rabbia nei confronti delle streghe, le sue guance erano rosse e la sua fronte imperlata di sudore. «Che è successo?» domandò la preside, preoccupata. «Perché urli così, Musa?»

«Riven! Darcy è con Riven! Devo sapere dove si trovano!» lo disse a voce molto alta, velocemente, anche se aveva ancora il fiato corto. Anche le Trix avevano sentito e la fata le sentì ridere in modo sgradevole, tanto che il suo stomaco si contrasse per il terrore.

A un cenno di Faragonda, i Templari lasciarono andare la fata della musica che entrò nella navetta e si fiondò dalle due streghe legate e imprigionate dietro delle sbarre magiche. Al polso avevano un braccialetto verde smeraldo che bloccava i loro poteri. Ma, per quanto fossero impotenti, sui loro volti, in quanto a tracotanza, sembrava che fossero quelle con il coltello dalla parte del manico.

«Che c'è, fatina? Hai perso il tuo ragazzo?» ridacchiò, maligna, Icy.

«Dov'è Darcy?»

«Non lo so!» sbuffò Stormy, i cui capelli erano più ricci del solito e gli occhi esprimevano una rabbia incontenibile. «Darcy mi aveva detto di dirti che erano insieme nel caso fossi riuscita a sconfiggermi, ma, dato che lo sai già... come informazione è un po' inutile!»

«Dove?» replicò Musa, con maggiore veemenza, ignorandola, mentre il suo cuore scalpitava talmente furioso che sembrava volersi staccare dal suo petto.

«Non lo sappiamo! E, anche se lo sapessimo, non verremmo certo a dirlo a te, no?» replicò Icy, stringendosi nelle spalle.

Musa si avvicinò alle sbarre, con fare minaccioso. «Che cosa ha fatto a Riven? Voi lo sapete: vi dite sempre tutto! E, dato che ti ha detto di dirmi che sono insieme, ti ha anche detto dove si trovano!»

«Non l'ha fatto!» replicò Stormy, stringendosi nelle spalle, girando la testa da un lato.

«Stavolta ognuna ha fatto di testa sua!» continuò la strega del ghiaccio, seduta scompostamente a terra e fissando la fata con un ghigno cattivo. «Non che mi dispiaccia che il tuo ragazzo abbia tirato le cuoia. Era solo un povero stupido che si lasciava manipolare dalla prima donna che vedeva! Basta che abbia un bel paio di gambe e degli occhioni da...»

«Fata?» azzardò Stormy.

«Intendevo un'altra cosa, sorellina, ma lasciamo perdere!» Icy si voltò un secondo verso la sorella, poi tornò a guardare Musa. «Dicevo, il tuo ragazzo era uno stupido, che si vestiva da cafone e che...»

«Ora basta con questa storia!» gridò la fata, indispettita e indicibilmente fuori di sé. «Va bene! Ho capito: troverò un modo per trovarli da sola!»

Si voltò e se ne andò come era arrivata, scornata e frustrata. Cercò di ignorare più che poteva la risata malvagia della strega del ghiaccio. Ma era ancora al punto di partenza. Non sapeva dove era Riven e, se non avesse fatto qualcosa e subito, non l'avrebbe mai trovato.

Un brivido di terrore le corse lungo la schiena, mentre una vocina maligna nella sua mente le diceva: “E se Icy avesse davvero ragione e Riven fosse morto?”. Si dette uno schiaffo: Riven era vivo; da qualche parte, ma vivo. Lei lo sentiva.

Il suo cuore lo sapeva.

Camminò per il giardino di Alfea, vide Flora ed Helia entrare dal cancello, lui che sorreggeva lei. Musa distolse lo sguardo: quella vista rischiava di farle ancora più male.

«Ehi, Musa!» a chiamarla era stata una ragazzina coi capelli color ghiaccio e la stava salutando con foga, gli occhi che brillavano di gioia. Musa avrebbe tanto voluto essere al suo posto, felice, così dannatamente senza problemi.

«Ciao...» disse, titubante: non ricordava il suo nome e, davvero, non aveva voglia di intavolare una conversazione. Ma quella non l'aveva capito: si era fiondata su di lei e l'aveva abbracciata, come se fossero state amiche da sempre. «Grazie, Musa! Mi hai salvata!» si staccò e le sorrise, ammirata. «Mi chiamo Aria! Quando sarò al terzo anno, vorrò essere una perfetta fata dei Venti, ma... ancora sono alle prime armi...»

«Capisco...» mormorò Musa, tenendo gli occhi bassi.

«Qualcosa non va?» domandò Aria, preoccupata. Giunse le mani e continuò: «Se posso fare qualcosa... non esitare a dirmelo! Sono in debito con te e farò qualsiasi cosa!»

Musa sorrise di fronte all'entusiasmo di quella ragazzina del primo anno. Le posò una mano sulla spalla e la guardò negli occhi.

«Sei molto gentile, piccola Aria, ma...» sospirò. «Non c'è niente che tu possa fare. A meno che...» ma non continuò: non vedeva perché oberare anche una ragazzina del peso nel suo cuore. Non ne aveva parlato con le sue amiche; perché aprirsi con una fata sconosciuta?

«A meno che?» la incalzò, però, quella fata.

Musa cedette, soprattutto per via dello sguardo speranzoso che le stava rivolgendo. «A meno che tu non possa dirmi un modo per arrivare al mio ragazzo, Riven.» fece scivolare la mano dalla sua spalla. «Sai, è...» deglutì, ma non bastò a sciogliere il nodo che si era formato alla bocca del suo stomaco. «E'... è scomparso.»

Gli occhi di Aria si sgranarono dallo stupore e lei si posò le mani sulle guance. «E' sparito? E com'è successo? Chi è stato?»

«Le Trix.» era l'unica domanda a cui era in grado di rispondere. Aveva voglia di piangere, ma si trattenne.

«Io...» la giovane fata abbassò lo sguardo. «vorrei aiutarti... mi viene solo un suggerimento, ma...» l'attenzione di Musa si concentrò davvero su Aria: poteva avere una soluzione. Per quanto stupida avesse potuto essere, sarebbe stato qualcosa a cui lei non aveva minimamente pensato. «Ecco...» Aria arrossì. «Puoi chiedere alla Pixie delle Chiavi... oppure... è...»

La Pixie delle Chiavi? Musa si batté una mano sulla fronte, dandosi mentalmente della stupida: Lockette! Ma certo! Chi meglio di lei per ritrovare Riven? La piccola Pixie di Bloom, sicuramente, avrebbe potuto aiutarla!

C'era solo un problema. Musa si guardò attorno, cercandola e sperando di trovarla in mezzo alle studentesse che stavano festeggiando l'ennesima liberazione di Alfea dall'assedio delle Trix.

«Musa!» la voce di Flora la fece sussultare e voltare verso il punto da cui essa proveniva. La fata dei fiori era in piedi e si stava reggendo da sola, davanti ad un apprensivo Helia. «Che succede?»

«Sto cercando Lockette!» tagliò corto.

«Lockette?» domandò Flora, perplessa.

«Ti sono stata d'aiuto davvero?» mormorò con voce piccola Aria, incredula.

Musa la guardò, come se non si fosse ricordata solo in quel momento della sua esistenza. «Io... sì, credo di sì. Grazie, piccola Aria!»

«Ma che cosa...»

La fata della musica corse via e non stette ad ascoltare quello che Flora aveva avuto da dire: spiegare sarebbe stato troppo lungo e avrebbe perso solo un sacco di tempo, sottraendolo a Riven e facendone guadagnare a Darcy.

Quella strega avrebbe potuto essere dovunque, nell'universo di Magix.


***


Riven si risvegliò con un terribile mal di testa. Fece per portarsi una mano sulla fronte, per massaggiarla, e, straordinariamente, ce la fece. Stupito da questo, aprì gli occhi e guardò il proprio polso su cui stavano ancora i segni dei lacci che l'avevano tenuto legato.

Perché Darcy l'aveva liberato? Cosa era successo?

Decise che non aveva importanza: se era libero, qualcosa doveva essere accaduta. Forse gli Specialisti e le Winx erano riusciti a trovare Darcy e a catturarla, ma, in quel caso...

Riven si alzò in piedi, pensieroso: in quel caso, non avrebbero dovuto trovare anche lui? No, non l'avrebbero mai abbandonato, neanche quello sprovveduto di Brandon.

Si guardò intorno, cercando uno spiraglio in quelle pareti rocciose che lo circondavano: era in uno degli ultimi nascondigli di Valtor, così come gli aveva raccontato Darcy, oppure non più?

Si diresse verso quella che, ad istinto, scelse come via d'uscita.

Doveva tornare a Fonterossa, come prima cosa e poi dare l'allarme, come, stupidamente, non aveva fatto la sera prima.

Si era lasciato giocare da Darcy una seconda volta. Era caduta nella sua trappola facilmente, aiutato dalla propria maledetta indecisione.

Musa...

Chissà cos'avrebbe detto lei.

Riven si chiese se avesse dovuto raccontarle dei baci che aveva dato alla strega. L'avrebbe ferita soltanto.

«Dannazione!» gridò, digrignando i denti. Calciò via un ciottolo e continuò la sua solitaria camminata.

Era anche disarmato e questo lo portava ad essere più teso e vulnerabile.

Riven.

Quel sussurro lo fece sussultare e ruotare su se stesso, cercando chi avesse potuto chiamarlo. Ma non c'era nessuno sul livello della strada, né più in alto o più in basso.

Si disse di esserselo immaginato, ma tenne tese le orecchie comunque.

Riven.

Era sicuro. Aveva sentito qualcosa.

Riven, da questa parte!

«Chi sei?» chiese, a voce alta.

Riven, da questa parte!

«Dimmi chi sei!» insistette lui.

Riven.

Il sussurro si fece un po' più alto, ma rimase comunque tale.

«D'accordo.» tagliò corto lui. «Se proprio non vuoi dirmi chi sei, dovrò scoprirlo da solo!»

E, così dicendo, cominciò a correre nella direzione dalla quale credette che provenisse la voce. Avrebbe trovato colui – o colei – che tentava di giocargli un brutto tiro.

Ma tutto ciò che trovò fu un vicolo cieco, una specie di stanza circolare di pietra, al centro della quale galleggiava a mezz'aria una strana sfera di energia violacea.

«Ma che diavolo...»

La sfera di energia, come se l'avesse sentito, si avvicinò lentamente a lui.

L'ora è vicina. La vendetta sta per compiersi, sussurrò la voce.

Riven non capì il senso di quelle parole, preso com'era dall'osservare la sfera che, lentamente, cambiava forma, formando scintille dorate.

La sua mente cominciò ad annebbiarsi, era come se si fosse improvvisamente calato in un sogno. Allungò la mano sull'oggetto di energia che aveva preso il posto della sfera e la sua voce si unì a quella della sfera, per formare un sinistro e sibilante coro:

«L'ora è vicina. La vendetta sta per compiersi


***


Musa trovò Lockette in mezzo ad alcune studentesse del secondo anno che festeggiavano con un rumoroso girotondo. Stava partecipando anche Chatta, quando la fata della musica irruppe nell'allegro gruppetto e quasi rapì Lockette.

Dovette spiegarle più volte perché voleva il suo aiuto solo perché parlava troppo velocemente ed ansimando. Quando, finalmente, ci era riuscita, la Pixie delle Chiavi mostrò la propria preoccupazione:

«E se non dovessi riuscirci?»

«Andiamo, Lockette!» sbuffò Chatta. «Sei l'unica che può riuscirci!»

«E se dovessi sbagliare? Riven potrebbe...»

Chatta le lanciò un'occhiata di rimprovero. «Hai mai sbagliato?»

«Ma...»

«Vuoi dire che non mi vuoi aiutare a trovare Riven?» sbottò Musa. Ma cambiò atteggiamento, vedendo che la piccola fata si stava spaventando: «Ti prego, Lockette! Ti prego, sei davvero l'unica a cui posso rivolgermi: se Timmy ancora non c'è riuscito, dubito che potrà fare molto altro, ti prego! Si tratta di Riven.» Grosse lacrime cominciarono a rigarle il volto inevitabilmente. Non poté fare niente per fermarle, anche se così rischiava di mostrarsi ridicola e debole di fronte a tutte le fate di Alfea.

Lockette, a quella preghiera accorata, non poté non rispondere. Posò una mano sulla mano tesa di Musa e la guardò con dolcezza. «Non è che non voglio aiutarti, ma tu sei debole!»

«Io sono a posto!» tagliò corto Musa. «Io devo salvare Riven!»

Lockette si ritrovò con le spalle al muro. «D'accordo allora. Farò tutto il possibile!» promise.

Fu così che Lockette si mise davvero all'opera e lei e la Winx si librarono in volo.

«E le altre?» volle sapere Lockette, prima di partire verso la foresta di Selvafosca.

«Avverti le altre!» chiese Musa a Chatta, per evitare altri ripensamenti.

«Ma... è più sicuro se...»

«Non c'è tempo, adesso!»

Non si curò delle sue proteste delle due Pixie; costrinse Lockette a guidarla e nessuna delle due poté contraddirla.

Era vero: non si sentiva al massimo delle forze, soprattutto dopo aver richiamato il potere dell'Enchantix, ma non si sarebbe tirata indietro neanche se fosse stata in punto di morte. Per le persone che amava, avrebbe corso il rischio.

Volò a lungo rasente agli alberi. Più volte le si appannò la vista e fu costretta a rallentare, se non a fermarsi.

«Te l'avevo detto di...» provò Lockette.

«Andiamo!» tagliò corto Musa, scacciando la Pixie che provava ad avvicinarsi a lei. «Io sto benissimo!»

Lockette smise di provare a convincerla a tornare indietro, ma ogni tanto lanciava occhiate preoccupate in sua direzione, pronta a soccorrerla come poteva.

Musa, dal canto suo, tenne duro per non dare a vedere la propria debolezza: aveva quasi paura che la Pixie di Bloom potesse farle un brutto scherzo e portarla dalla parte opposta a quella in cui si trovava Riven, pur di salvarla.

Ma a Lockette non venne quest'idea, perché proprio Musa, guardando in basso, notò i capelli rossi del ragazzo spuntare da sotto una coltre di alberi, in una radura. La cosa che non andava, però, era la strana energia negativa che gli aleggiava intorno.

«Cosa può essere?» si chiese, planando cautamente: avrebbe rischiato di vomitare, se fosse scesa in picchiata. Lockette provò a richiamarla, ma Musa ignorò le sue premure e le chiese di rimanere nascosta e di vedetta, per quando sarebbero arrivate le altre. Perché Musa sapeva che sarebbero arrivate: il loro legame magico gliel'avrebbe detto.

Arrivò alle spalle di Riven, che si era voltato e si guardava intorno, quasi fosse stato spaesato.

Decise di palesarsi. Se avesse avuto qualche problema, avrebbe usato la polvere di fata per liberarlo, ma prima doveva scoprire quale fosse il problema per poter spezzare in tutta sicurezza l'incantesimo. «Riven?» lo chiamò. Il ragazzo si voltò di scatto.

Solo allora Musa si rese conto che, in mano, aveva una spada fatta di energia oscura.

Fece un passo indietro, preoccupata: quello sguardo carico di stupore non aveva senso. E neanche quello di cattiveria che sostituì il primo. Sentì un brivido correrle lungo la schiena ed era una sensazione per niente piacevole.

«R-riven, va tutto bene?» chiese, cauta. Nella sua voce ci fu una nota di spavento.

«Andrà meglio quando ti avrò infilzata!» ribatté lui, con veemenza.

Quelle parole colpirono Musa più di un colpo di spada. «Cosa? Riven, ma cosa dici? Sono io... Musa!»

Provò a tendergli una mano per fargli vedere che non aveva intenzioni cattive, per ricordargli chi era veramente. Era chiaro che era stato suggestionato.

Avrebbe dovuto usare la polvere di fata, ma non ebbe il tempo di mettere in pratica le proprie intenzioni: Riven aveva fatto uno scatto felino verso di lei con la spada tratta, con tutta l'intenzione di ferirla.

Musa riuscì a scansarsi, ma a scapito della propria salute: la sua testa cominciò a vorticare, tanto che i suoi occhi videro il mondo vibrare e i contorni di Riven si fecero sfocati. Scosse la testa giusto quell'attimo che le servì per vedere che il suo ragazzo la stava di nuovo attaccando.

«Muori!» gridò, alzando la spada sopra la testa e poi abbatterla su di lei. Musa scattò in alto.

«Riven, ma cosa fai? Ti prego, svegliati, sono io!» gridò. Si portò più in alto, per stare fuori dalla portata della sua spada.

«Vieni giù, vigliacca!» le disse, però, indicandola con la punta dell'arma. «Combatti ad armi pari!»

«Riven...» mormorò Musa, stringendo tra le mani l'amuleto con la polvere di fata. L'avrebbe usato e allora...

Un violento giramento di testa le impedì di mettere in pratica l'idea: l'amuleto le cadde dalle mani, le sue ali si fecero ancora più pesanti. Le sembrò di essere tornata dentro la sfera di Stormy. Sentì il terreno soffice sfiorarle le gambe, dalle ginocchia ai piedi.

«Saggia decisione la tua. Ora preparati a morire!» disse Riven, freddamente. Musa sgranò gli occhi: lo vide caricare verso di lei, gridando con tutto il fiato che aveva in gola. Non poteva finire così: sarebbe morta per mano di Riven.

Trovò la forza di scansarsi solo per spirito di conservazione, ma sentì lo spostamento d'aria prodotto dall'arma: aveva rischiato grosso, stavolta.

«Vuoi continuare a scappare così, dannata?»

«Non sto scappando! Voglio solo sapere chi è che ti controlla!»

Riven si girò verso di lei, tenendo la spada dietro la testa, pronto a colpirla con un fendente.

«E' Darcy, vero?»

Musa cercò con gli occhi la polvere di fata. La trovò grazie al riverbero del sole che si abbatté sulla superficie liscia del gioiello: era poco lontano da lui. Avrebbe dovuto raggiungerlo e l'unico modo che aveva era prendere tempo, distrarlo dal prezioso che avrebbe potuto salvarlo.

«Cosa c'è?» la provocò. «Hai paura di morire, dannata?»

Musa si tenne la testa. Aveva bisogno di vomitare. «Io... ho paura di farti del male, Riven!»

Riven scoppiò in una fragorosa risata maligna, fece un balzo verso di lei, sollevando la spada oltre la testa. «Ma vallo a raccontare a qualcun altro!» gridò e spiccò un salto, per impedirle la via di fuga dall'alto, ma Musa si parò, girando su se stessa verso la propria sinistra e le mani incrociate sul petto. Cercò di ignorare il giramento di testa; barcollò in direzione dell'amuleto.

Era più vicina: nel tempo che lui avrebbe usato per preparare un nuovo attacco, lei ne sarebbe stata nuovamente in possesso e allora avrebbe potuto salvarlo.

Ma non aveva contato la grande preparazione fisica degli Specialisti: Riven si era ripreso in fretta e, mentre lei si lanciava verso l'amuleto, aveva lanciato la spada. L'aveva ferita e la spada colpì proprio l'amuleto, facendolo schizzare via dalla portata della fata, che cadde a terra, in ginocchio.

Musa sentì il dolore nel proprio cuore, più che sulla mano sanguinante: Riven l'aveva ferita senza alcuna pietà. Cominciò a tremare e a piangere. Non c'era niente che potesse fare, ormai. Era chiaro che lui si era dimenticato di lei, che la suggestione era troppo forte e che Darcy lo stava controllando, nascosta chissà dove.

«Dove sei, Riven?» chiese, ormai allo stremo delle forze. Oltre alla debolezza per via dello scontro con Stormy, anche il sangue che scorreva annebbiava la sua vista e la privava delle forze. «Ti prego, svegliati, amore mio!»

«Stai zitta, stupida!» sibilò Riven.

Musa alzò lo sguardo su di lui, che si era fermato davanti a lei; nei suoi occhi c'era una muta supplica. «Riven...»

«Stai zitta!» con un calcio, la fece finire lontano, facendola urlare di dolore.

Le lacrime di Musa non lo smossero, il suo dolore non lo toccò: che razza di incantesimo aveva compiuto Darcy per renderlo così violento? La fata si rimise in piedi, a fatica. Tutto il corpo le doleva, ma non si sarebbe mai data per vinta.

«Riven... ascoltami...»

«Taci!» con un balzo, Riven aveva raggiunto la spada e l'aveva ripresa. Gliela puntò di nuovo addosso. «Sei pronta a morire?»

Musa tirò su col naso. «Io...» chiuse gli occhi e si strinse le mani sul cuore. Tremava molto, aveva paura. Era inutile negarlo. «Io ti amo, Riven!» gridò, tra le lacrime.

Nel momento in cui abbassò la guardia, forse colto di sorpresa proprio da quelle parole, fu lei a trovare la forza di fare uno scatto. Si gettò su di lui e lo abbracciò stretto, mentre posava le labbra, velocemente, prepotenti sulle sue. Non avrebbe mai permesso a Darcy di portarglielo via, mai.

Chiuse le ali su di lui, sperando che quello bastasse. Sentì la resistenza di lui farsi più debole.

Per favore, Riven, pregò. Svegliati!


***


Riven cominciò a sentirsi intorpidito. Stava succedendo qualcosa dentro di lui, qualcosa di meraviglioso; cominciò a vedere il proprio buio mondo rischiararsi, mentre un calore dolcissimo lo riempiva dalla testa ai piedi.

Riprese i sensi molto lentamente. Sentì un dolce profumo e due labbra strette alle sue, due braccia che gli avvolgevano il corpo con tenerezza. Le dita che stringevano una strana spada violacea si aprirono, lasciandola cadere e i suoi occhi si posarono sui capelli scuri della ragazza, sulle palpebre abbassate. Sentì le sue guance umide di pianto contro le proprie.

Musa.

Che cavolo aveva fatto?

La strinse a sé, rispondendo con trasporto a quel bacio, sentendosi stranamente bene. Era tutto perfetto, in quel momento.

«Riven...» sospirò Musa, non appena si separarono. La strinse di più, per farle capire che la sentiva, che la ascoltava. «Riven, lo sapevo che saresti tornato da me!»

Reclinò il capo sul suo petto.

Ma Riven non si sentì meglio, anzi: il suo senso di colpa rischiò di sopraffarlo.

«Mi dispiace.» fu tutto ciò che riuscì a dire.

Musa alzò lo sguardo su di lui e sorrise, stancamente. «E' finita.» mormorò.

«Sì.» confermò Riven, accarezzandole la nuca. «E' finita.»

Ma non era finita davvero: la spada cominciò a trasformarsi nuovamente e stavolta le crebbero due braccia e due gambe; il filo si trasformò in un profilo di donna, sulla punta crebbero lunghissimi fili di capelli violacei. Ben presto, la spada rivelò essere proprio la strega Darcy.

«Ora è finita!» dichiarò, allungando una mano e materializzando una sfera nera su di essa.

Riven fece scattare la testa e Musa si voltò, sgranando gli occhi, terrorizzata.

«Ma cosa...»

«Addio, piccioncini!» disse Darcy, il volto sfigurato dalla cattiveria. Scagliò la grossa sfera, ridendo sguaiatamente, su Musa: li avrebbe colpiti entrambi. Era tutto perfetto. Aveva avuto la sua vendetta, un po' diversa da come l'aveva immaginata, ma comunque l'avrebbe avuta. Sperava solo che le sue sorelle fossero state fortunate come lei.

«Attenta, Musa!» gridò Riven, spingendo via la fata della musica. La sfera nera colpì in pieno il ragazzo che urlò di dolore e fu sbalzato lontano, contro un albero.

«Riven!» gridò Musa, sconvolta, mentre lo guardava cadere. «Alzati Riven! Ti prego!»

Ma lui non la sentì, rimase paralizzato a terra. Il grido terrorizzato di Musa provocò solo uno sbuffo pieno di disprezzo da parte di Darcy.

«Ha avuto quello che si meritava! Adesso preparati anche tu, Musa.»

La fata la guardò piena di odio. Cercò di rimettersi in piedi, doveva andare da Riven, sapere cosa gli era successo. «Maledetta strega!»

«Non urlare, tanto lo raggiungerai presto!» rispose l'altra, indifferente. Musa cercò di spostarsi, ma il suo corpo sembrava non riuscire ad ubbidirle. Si gettò a terra, piangendo disperatamente, quando sentì l'energia positiva delle sue amiche avvicinarsi. Sì, ne era sicura, erano lì! Alzò lo sguardo e le vide.

«Bloom!» gridò, sorridendo.

«Hai finito di farci soffrire, strega!» gridò la custode del fuoco del drago. Scese in picchiata, seguita da Stella, Flora, Aisha e Tecna e, tutte insieme, circondarono Darcy che cominciò a guardarsi intorno, spaesata e spaventata.

«Oh, no! No! No!» gridò, capendo cosa sarebbe successo. Le fate cominciarono a girarle intorno e l'ultima cosa che Musa sentì, prima di svenire, fu il loro grido: «Convergenza della polvere di fata!»

Adesso, era davvero finita.


***


Riven si svegliò baciato dalla luce mattutina del sole nell'infermeria di Fonterossa. Accanto a lui, piegato sul letto, usando le braccia come cuscino, c'era Brandon che dormiva. Lanciava qualche grugnito ogni tanto e, una volta, Riven lo sentì mormorare il nome di Stella.

Sbuffò, spazientito: quel ragazzo era proprio fissato.

Si posò una mano sulla fronte fasciata e guardò il proprio corpo mezzo nudo, anch'esso pieno di lividi e ferite coperti da garze.

«Ehi, svegliati!» scosse Brandon senza grazia, non appena nominò di nuovo la fata del Sole e della Luna. Brandon scattò a sedere.

«Non mi sono addormentato! Ho solo appoggiato la testa!» disse, a scanso di equivoci.

«Sì, certo...» rispose Riven, come se non avesse visto fino ad allora il contrario.

Brandon si stropicciò gli occhi. «Allora, come stai?»

«Sono stato peggio...» in realtà, anche fare il più piccolo movimento lo faceva male stare male.

«Ah, bene. Credevamo che Darcy ti avesse fatto una qualche maledizione, ma Saladin ci ha assicurato che stai alla grande!»

Brandon sorrise e gli diede una pacca sulla spalla che riscosse le proteste di Riven.

«E stai più attento!»

«Oh, scusa. Vado a chiamare gli altri.»

«Bah.»

Riven girò la testa verso la finestra dalla quale poteva vedere benissimo le chiome degli alberi della foresta di Selvafosca. Non aveva voglia di vedere nessuno, anche se era molto curioso di sapere cosa fosse successo.

L'ultima cosa che ricordava era che stava parlando con Musa. Guardò il palmo della propria mano, quella con cui le aveva accarezzato i capelli. Si chiese se non fosse stata tutta un'illusione creata dalle troppe magie che Darcy gli aveva scagliato contro.

Non ebbe il tempo di pensarci di più, che l'intera squadra di Specialisti, capitanati da Sky, più tutte le Winx e Nabu, si erano riversati nell'infermeria.

«Ehi! Fate piano!» li ammonì l'infermiera, che era seduta su un letto e stava mangiando biscotti.

«Sì, non si preoccupi.» rispose Sky.

«Riven!» gridò, invece, Stella, avvicinandosi a grandi passi verso di lui. «Ci hai fatto prendere un colpo! La prossima volta che ti fai rapire, ti prego, diccelo prima!»

Lo Specialista rispose con una smorfia disgustata. «Perdonami, se ti ho scomodato dal tuo bellissimo week end, Stella... ma sai com'è. Quando le streghe attaccano...»

«Oh, finitela!» chiese loro Sky, posando una mano sulla spalla di Stella che stava per ribattere. «Siamo felici di vedere che stai meglio, Riven.»

Il ragazzo si strinse nelle spalle. «Credevi che non mi sarei ripreso?» chiese, arrogante.

«Beh, direi che stai bene, se ce la fai a fare lo sbruffone anche ora!» scherzò Musa, ai piedi del letto.

Riven la guardò per un secondo, guardò il suo sorriso sereno, anche se molto debole e stanco. Avrebbe voluto farlo anche lui, ma c'erano troppe persone e non avrebbe mai perso la faccia per un semplice sorriso.

Tutti i suoi dubbi erano spariti insieme a quell'incantesimo. Si sentiva un vero idiota, adesso, e in colpa per quel che aveva fatto.

Guardò verso Sky, per evitare di far vedere alla fata quanto c'era nel suo animo. «Che diavolo è successo? Come ci avete trovati?»

Fu Timmy a rispondere. «Tutto merito di Tecna: se non avesse avuto quella meravigliosa idea di infittire la frequenza delle onde Gamma, a quest'ora ti staremmo ancora cercando!» disse, esaltato.

«Ah, ottimo...» rispose sarcastico Riven. «E dove eravate, quando Musa e io venivamo attaccati dalla strega?»

«A dire il vero...» Aisha lanciò un'occhiata carica di rimprovero a Musa. «la tua ragazza, qui, ha preso Lockette e l'ha costretta a farsi dire dov'eri, senza avvertirci! Siamo rimasti indietro!»

«Vi ho mandato Chatta!» cercò di giustificarsi Musa.

«Sì, ma ormai tu eri scomparsa!» la rimproverò Flora. Anche lei era molto stanca e Helia stava dietro di lei con aria eccessivamente preoccupata. «Ci hai fatto stare tanto in pensiero!»

«Avessimo pensato prima a Lockette...» sospirò Bloom, scuotendo la testa. «Mi sento una sciocca!»

Sky le posò una mano sulla spalla. «Eravate reduci di una battaglia molto lunga. Anche noi Specialisti abbiamo le nostre colpe.»

«Che è successo?» volle sapere Riven.

«Beh, c'è stata una battaglia ad Alfea...» cominciò a raccontare Tecna, ma Stella la interruppe. Si mise tra Riven, Sky e Bloom, che erano i più vicini al letto.

«Ehi, perché non lasciamo che Musa racconti tutto a Riven, mentre noi ci facciamo un giro per Fonterossa?» balzò su Brandon e lo prese per un braccio. «Che ne dici, Ciccino?»

«Ehm... adesso?»

«Sì, adesso!»

Brandon fece un sorriso tirato, guardando tutti gli altri. «Ehm... o-ok.»

«Su, coraggio, ragazzi!» li spronò Stella. «Tutti fuori!»

«Ma... veramente...» provò a protestare Nabu. La fata del Sole e della Luna gli scoccò un'occhiataccia che avrebbe gelato il sangue nelle vene di chiunque.

«Ho detto: andiamo!» disse, categorica.

Bloom ridacchiò. «Andiamo, altrimenti Stella si arrabbia!»

«Ma... ecco...»

«Veramente...»

Inutili e deboli furono le proteste di Riven e Musa che, in pochi minuti, furono completamente soli in quell'infermeria. Persino l'infermiera era scomparsa.

La fata si schiarì la voce e, con gli occhi bassi pieni di vergogna, andò a sedersi nella sedia che, prima, aveva occupato Brandon.

«Non mi interessa la battaglia.» esclamò Riven.

«O-ok...»

«Darcy mi ha suggestionato.»

«Sì.» ammise Musa. «Faragonda ti ha esaminato, insieme a Saladin. Ha detto che ti ha fatto diversi incantesimi per annullare la tua volontà e che poi... ha usato l'Incantesimo Finale delle streghe. Loro possono usarlo una sola volta ogni dieci anni... anche Darcy e Stormy hanno usato il loro. Grazie alla loro rabbia.»

Riven rispose con un «mh» distratto: non gli interessava molto come aveva fatto. Era più che l'aveva fatto, che ci era riuscita, di nuovo, a ferirlo profondamente.

Vide Musa stringere i pugni sulle ginocchia. «Ora sono di nuovo a Roccaluce.»

«Bene.» disse Riven: non gli importava.

«Se non le avessi provocate, ieri pomeriggio...»

Il ragazzo non capì, ma non aveva molta importanza: «Avrebbero trovato un altro pretesto.» cercò di consolarla.

Musa alzò gli occhi su di lui. «Riven, ascolta...»

«Sì, cosa c'è?»

«Ecco...» la ragazza non riuscì più a guardarlo. «Volevo dirti che... è stato molto carino da parte tua, organizzarmi la festa di San Valentino...»

«Musa...» Riven chiuse gli occhi: doveva farlo. Doveva parlarle.

«No, aspetta, fammi finire!» continuò lei. Le sue nocche divennero bianche, da quanto stringeva forte i pugni. «Tu l'hai fatto per me, perché sapevi che lo desideravo, ma... non tutti gli innamorati sono uguali! E... e poi... non è il San Valentino che dice quanto si ama una coppia!»

Riven si vergognò mortalmente di se stesso. «Mi dispiace.» mormorò, facendo seguire a queste parole un lungo sospiro.

Musa alzò gli occhi e lo guardò, sorpresa. «E di cosa?» volle sapere.

Lo Specialista posò lo sguardo sulla fata seduta, sul cui volto era possibile scorgere una profonda preoccupazione. Si era comportato da verme, se ne rendeva conto solo in quel momento, vedendola al suo capezzale. Musa era una ragazza speciale. A volte si chiedeva cosa ci faceva con un cretino come lui.

«Io... ehm... ecco, sì: la festa di San Valentino non te l'ho organizzata.» riuscì a confessare, ma non ad andare avanti.

«Co-cosa?»

«E' una storia molto lunga...» disse, piano.

«Io voglio ascoltarla!»

Riven non poté impedirsi di sorridere: Musa era proprio come lui, una testarda. Decise di riaprire gli occhi e si mise seduto, anche dopo le accese proteste della fata. Sorrise, disse che stava bene, poi la guardò dritto negli occhi.

«Sei sicura di avere un paio d'ore da spendere così?» chiese, con un ghigno sarcastico. Lei si limitò a rispondergli con un'occhiataccia. Riven cedette: era chiaro che ce le aveva. «Ok... ok... però preparati, sarà una storia lunga!»

«Non ho fretta: Faragonda mi ha dato un permesso speciale!»

Riven annuì e raccolse tutto il coraggio. Avrebbe dovuto raccontarle tutto, dal suo dialogo con Brandon, il pomeriggio precedente, fino a quando si era lasciato suggestionare da quella sfera di energia violacea. Non avrebbe tralasciato il più piccolo particolare, neanche della propria vergognosa indecisione. Se dovevano stare insieme o meno, era una cosa che dovevano decidere insieme e, se lei avesse voluto continuare la loro relazione, lui sarebbe stato più che disposto.

A volte si sentiva da meno, sentiva di non meritarla, ma, appunto, era una cosa da decidere insieme.

Abbassò lo sguardo e cominciò a parlare. Era il momento della verità.


FINE



Dopo un anno, sono riuscita a concludere questa storia. Devo ammettere che è stato un po' triste metterle la parola fine: mi sono divertita un mondo a scriverla e a condividerla con voi che siete state puntualissime nel leggere e nel commentare. Mi avete dato una carica in più nel vedere che, tra alti e bassi, tutto il mio lavoro non è stato da buttare (almeno fino allo scorso capitolo).

Non mi ero mai cimentata nel genere e mi chiedevo cosa sarebbe venuto fuori.

Spero che, alla fine, sia qualcosa di decente. XD

Ho voluto lasciare un finale aperto per dare la possibilità ad ognuna di pensare ad un suo “finale”. Cosa avrà risposto Musa? Come si sarà sentita? Beh, a vostro gusto!
In realtà, quello che volevo fare era molto più complesso: volevo fare in modo che il capitolo finale fosse un collegamento a quello iniziale, così che la storia risultasse “ciclica”. Anche questo era un esperimento. A voi dire se ci sono riuscita o meno! ^^

Come al solito, commenti positivi e negativi sono bene accetti (soprattutto i negativi).


Un ultimo, sentito GRAZIE a tutte voi: Daidouji, mileybest (com'è andato l'ultimo capitolo? Spero di non aver smorzato il tuo entusiasmo! XD), BabyDany94, bellezza88, gaiaRB, MUSICAL (l'idea era sempre stata quella di scrivere una Riven/Darcy, ma alla fine non ce l'ho proprio fatta e sono tornata al canon XD), LaBabi, Safira la maga per aver inserito la loro storia nei preferiti, nelle seguite o per aver (sempre o meno) commentato. Ognuna sa a quale categoria appartiene. :)

Arrivederci, ragazze. E ancora grazie.

Luine.


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