Tre prove, più una

di Dama delle Comete
(/viewuser.php?uid=255060)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il drago ti ha mangiato la lingua? ***
Capitolo 2: *** Per una volta soltanto ***
Capitolo 3: *** È una cosa da panico? ***
Capitolo 4: *** Jack lo odia ***
Capitolo 5: *** Ora di scoprire nostri campioni! ***
Capitolo 6: *** Non posso crederci ***
Capitolo 7: *** Dobbiamo parlare ***
Capitolo 8: *** Intervista? ***
Capitolo 9: *** Mantieni la calma ***
Capitolo 10: *** Tu con chi ci vai? ***
Capitolo 11: *** Al fuoco! ***
Capitolo 12: *** Che fine ha fatto Rapunzel? ***
Capitolo 13: *** Jamie Bennett ***
Capitolo 14: *** Sono qui! ***
Capitolo 15: *** Basta segreti, ok? ***
Capitolo 16: *** Non c'è due senza tre ***
Capitolo 17: *** Buona fortuna! ***
Capitolo 18: *** Non ho paura di te ***
Capitolo 19: *** È finita? ***
Capitolo 20: *** Congratulazioni, eccetera ***
Capitolo 21: *** Settimo anno da questa parte! ***



Capitolo 1
*** Il drago ti ha mangiato la lingua? ***


Note

Ok, premetto subito che non scrivo mezza parola da quanto, tre anni? E non pubblico da almeno sei. 
Qualche mese fa, in onore della nostalgia, ho rispolverato alcune vecchie fanfiction che non ho mai avuto il coraggio di postare, e con mia sorpresa mi è dispiaciuto un sacco non averle finite, perché non lo ricordo nemmeno io cosa doveva succedere! Insomma, mi è venuta voglia di riprendere una vecchia idea, migliorarla, modificarla, e scriverla.
Ecco perché ho scelto un fandom morto e sepolto (credo): era il mio interesse principale quando ho smesso di scrivere. Inizialmente non avevo un piano, né l'intenzione di pubblicarla, ma ho pensato che, se riuscirà a divertire anche solo una persona quanto ha divertito me a scriverla, ne vale la pena. 
In questa fic i Big Four sono all'ultimo anno, se non fosse chiaro, così da evitare il problema del limite d'età. Spero che piaccia e che i personaggi non risultino troppo OOC, in quel caso chiedo venia. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Parte 1: Il drago ti ha mangiato la lingua?

 

 

 

 

 

 

La stretta porta del negozio sbatté chiusa con forza, facendo suonare il campanello all'ingresso, mentre i clienti si spostavano al passaggio della ragazza. 

Merida superò svelta un gruppetto di vecchie streghe e si infilò in un passaggio che tagliava la strada principale. Schivò un paio di venditori ambulanti dall'aria sospetta, calpestò per sbaglio il mantello di qualcuno e frenò in scivolata davanti al Ghirigoro. 

La bottega era zeppa di genitori e ragazzini in cerca di libri scolastici, di cui Merida riusciva a vedere le sagome, schiacciate come sardine all'interno, attraverso le finestre appannate. Da qualche parte lì in mezzo doveva esserci la persona che aspettava. 

Stava per decidersi ad affrontare la ressa, quando Rapunzel sbucò dalla porta tutta rossa in faccia. 

"Avevano quasi finito le copie del settimo volume del Manuale degli Incantesimi!" boccheggiò trionfante, sventolando un grosso libro sotto il naso di Merida, che la trascinò in strada per mano. 

"Hai visto Jack?" chiese. Rapunzel scosse la testa, rimettendo il tomo nella borsa strapiena. 

"Forse si è dimenticato dell'appuntamento" ipotizzò. 

"Macché, si sarà fermato davanti alle vetrine dei manici di scopa e avrà perso la cognizione del tempo" sbuffò Merida, e si diressero alla gelateria poco distante. "Hai preso tutto?" 

"Sì, mi mancavano solo i libri" rispose Rapunzel, intanto che si sedevano a un tavolino all'aperto. Appoggiò la borsa a terra, sistemandola in mezzo ai piedi. 

Merida si buttò sgraziatamente sulla sedia. "Io ho fatto acquisti ieri, così oggi possiamo fare quello che ci pare. Come ti è andata quest'estate?" 

"Bene, nonostante la montagna di compiti per le vacanze" disse l'altra. 

Jack spuntò da dietro l'angolo nel momento in cui arrivarono i loro gelati, anche lui carico di roba. Prese una sedia dal tavolo accanto e si sistemò con le ragazze. 

"Dov'eri finito? Sei rimasto impalato per un'ora da Accessori di Prima Qualità per il Quidditch?" domandò Merida, attaccando la sua coppetta. 

"Solo per un pochino" ammise Jack studiando la carta dei gelati. "Mi sono ricordato all'ultimo minuto dell'abito da cerimonia, e ho fatto tardi per comprarlo." 

"Chissà per cosa servirà" disse Rapunzel. Mancò la bocca, impegnata a fantasticare, e si sporcò tutta di gelato. "Ops…" 

Merida le passò un tovagliolo. "Qualunque cosa sia non sarà buona, se bisognerà mettersi in tiro. Il mio vestito lo ha scelto mia madre, ed è tutto merletti. Agghiacciante." 

"A proposito, non dovevi venire a Diagon Alley con la tua famiglia?" ricordò Jack, guardandosi intorno. 

"Sì, ma sono scappata. Ho corrotto i miei fratelli per distrarre la mamma e me la sono data a gambe, altrimenti sarei ancora da Madame Malkin a guardare cappelli" disse Merida, e rabbrividì al pensiero. Sua madre poteva metterci delle ore intere per comprare gli abiti. 

"Allora faremo meglio a muoverci, prima che venga a cercarti" esclamò Jack. 

Finirono in fretta i gelati, pagarono il conto e si avviarono per l'affollata strada principale, osservando la nuova merce nelle vetrine. 

"Abbiamo ancora due giorni, prima che cominci la scuola" affermò Merida prendendo i due a braccetto. "Divertiamoci, finché possiamo!" 




Il viaggio in treno, il primo di settembre, fu piuttosto tranquillo, per gli standard dell'Espresso di Hogwarts. 

Merida riuscì a evitare di inciampare, scendendo dalla carrozza stregata, e varcò l'ingresso del castello con i suoi compagni. La Sala Grande risplendeva sotto la luce delle candele, grandiosa come al solito, addobbata con i colori delle quattro Case. 

Merida e Jack salutarono Rapunzel, che andò a sedersi con gli altri Tassorosso, e raggiunsero il tavolo di Grifondoro. 

Salutarono gli altri ragazzi e guardarono la fila di giovani maghi e streghe entrare dalle porte guidati dall'insegnante di Trasfigurazione, il professor Bunnymund. I ragazzini fissarono spaventati il soffitto, il tavolo dei professori e il vecchio e consunto Cappello Parlante, che era stato appoggiato al solito sgabello. 

Dopo lo Smistamento, terminato il banchetto, il Preside si alzò in piedi, e la Sala si zittì. 

"Benvenuti e bentornati a Hogwarts, ragazzi" disse gioviale, facendo muovere la barba bianchissima. "Cominciamo subito da annuncio più importante: niente Coppa di Quidditch, questo anno!" 

Merida vide con la coda dell’occhio Jack, che giocava nella squadra di Grifondoro da quando aveva tredici anni, trattenere il fiato molto rumorosamente, pronto a indignarsi, ma il professor Nord riprese il discorso prima che le proteste cominciassero. 

"So che mi perdonerete, perché è mio grande piacere informare voi che Hogwarts ospiterà grande competizione internazionale, Torneo Tremaghi!" 

Gli studenti rimasero quasi tutti a bocca aperta, qualcuno perplesso. Merida non ne aveva mai sentito parlare. 

"Torneo Tremaghi è gara tra scuole di magia europee nata secoli fa, con obiettivo di rafforzare amicizia e cooperazione con maghi stranieri" spiegò Nord, allegro. "È stata abolita dopo ennesimo decesso cento anni fa, ma Ministero della Magia ha deciso di fare nuovo tentativo. Quindi, da ottobre accoglieremo direttori e alcuni studenti di Accademia di Beauxbatons e Istituto di Durmstrang!" 

Adesso Merida si spiegava il motivo per cui sua madre era stata così indaffarata durante l'estate, al lavoro, e della segretezza. 

"Nostri ospiti rimarranno fino a giugno, perciò trattiamo loro bene, mi raccomando; questa competizione sarà ottima occasione per stringere amicizie durature e fare esperienze interculturali. Ultima cosa, è stato imposto limite minimo di età a diciassette anni, per evitare che concorrenti impreparati si feriscano durante prove, ma anche chi non ha entrambi genitori maghi potrà iscriversi, a contrario di edizioni passate. Bene, questo è quanto. Tutti a dormire, ora!" concluse Nord. Allargò le braccia, sempre sorridente, e attese che gli studenti si alzassero con un gran frastuono di sedie. 

Merida avrebbe voluto commentare la notizia con Rapunzel, ma lei doveva accompagnare quelli del primo anno al dormitorio, e non poteva fermarsi a parlare. Allora diede un pizzicotto a Jack, che si riscosse da un sogno a occhi aperti, e presero una scorciatoia per la sala comune, troppo stanchi per chiacchierare. 

Merida era impaziente di incontrare gli allievi stranieri, e desiderosa che ottobre si sbrigasse ad arrivare. 








“Diamo nostro benvenuto a studenti di Durmstrang!”

La Sala Grande si riempì di un rumore di passi e un folto gruppo di giovani maghi e streghe fece il suo ingresso. A guidarli c’era un uomo molto alto e robusto, vestito di pellicce; la barba rossa, le braccia muscolose e le cicatrici facevano paura, ma i suoi occhi erano limpidi e sinceri. Sorrideva sotto i folti baffi.

I ragazzi erano vestiti allo stesso modo e quasi tutti stavano col naso all’insù per osservare con meraviglia il soffitto incantato. Un paio si prese a gomitate e indicò apertamente il Preside di Hogwarts senza preoccuparsi di apparire maleducati. Dopo lo stupore iniziale, gli studenti delle due scuole si studiarono a vicenda con curiosità.

“Non avevo mai visto degli studenti stranieri, me li aspettavo… diversi.”

Jack si voltò verso Merida. “E come dovrebbero essere? Pensavi che sarebbero arrivati planando su dei tappeti volanti e facendo uscire scintille dalle orecchie?”

Lei sbuffò, pronta a rispondergli a tono, ma un’altra ragazza di Grifondoro ribatté: “Non darti  tante arie solo perché conosci altre scuole, Overland. Non tutti vengono dall’estero.”

“Non sono mica nato al Polo Sud” sorrise lui. Intanto, i nuovi arrivati erano rimasti in mezzo alla sala, senza sapere bene cosa fare, mentre il loro preside andava al tavolo degli insegnanti ad abbracciare il professor Nord. I due uomini si potevano sfidare in stazza.

“Prego, accomodatevi dove volete e buon appetito!” disse Nord, e con un gesto della bacchetta fece comparire delle sedie. I tavoli si riempirono di portate subito dopo. “Nostri amici da Beauxbatons hanno avuto piccolo contrattempo, quindi arriveranno più tardi.”

Dopo un attimo di esitazione, i ragazzi di Durmstrang si unirono a loro e così cominciò il banchetto. Jack si spostò per fare spazio a una ragazza carina con la treccia, prima di stringersi ancora di più agli altri per lasciare che un ragazzo prendesse posto vicino a lei. “Scusate” disse questo con un leggero accento. Si slacciò il mantello di pelliccia rivelando degli abiti da mago più leggeri. Jack vide molti altri fare lo stesso: avevano tutti la stessa divisa rosso intenso. 

Merida, che era di fronte a loro, allungò una caraffa verso il centro del tavolo. “Siete stanchi, vero?”

“Esausti” annuì l’altra ragazza accettando la caraffa offerta. I suoi capelli biondi brillarono alla luce delle centinaia di candele sul soffitto. “Credevamo che Hiccup si sarebbe buttato in mare, pur di non passare un minuto di più a bordo.” 

Aveva lo stesso accento del suo compagno, che in quel momento si stava riempiendo il piatto di patate. “Solo perché viaggiare con Moccicoso e i gemelli è una tortura. Tante ore insieme in uno spazio ristretto: impazzirebbe chiunque. A proposito, dove sono? Non vedo nemmeno Gambedipesce.”

Jack e Merida seguirono il suo sguardo accigliato attraverso la sala. La bionda alzò le spalle. “Gambedipesce è laggiù, invece gli altri credo di averli visti in fondo al tavolo. Se combinano guai sono affari loro, io ho finito di fare da baby-sitter.”

Quello che Jack aveva capito chiamarsi Hiccup scrutò con preoccupazione tre ragazzi di Durmstrang intenti a fare baccano e un quarto enorme studente che parlava in modo concitato con uno del secondo anno. Ci pensò un momento e si rilassò anche lui sulla sedia. “Hai ragione, per adesso quello che combinano non è un mio problema. Spero solo che non facciano disastri.”

“Quindi sei un guastafeste anche tu? Mi ricordi una mia amica di Tassorosso” commentò Jack guadagnandosi un’occhiataccia da Merida, ma Hiccup non sembrò prendersela troppo.

“Rapunzel è Prefetto, è suo dovere fare in modo che gli altri non facciano casino” lo rimproverò la Grifondoro.

“Sì, sì” la zittì Jack agitando la forchetta. Gettò uno sguardo al tavolo dei Tassorosso e fu sorpreso di vedere Rapunzel chiacchierare con un uomo dai lunghi baffi biondi che se ne stava in piedi lì accanto. Merida richiamò di nuovo la sua attenzione.

“E poi ne abbiamo fatte di tutti i colori con lei, quando eravamo più piccoli” stava insistendo. Non aveva tutti i torti. Jack e il professor Nord erano diventati amici grazie ai loro pasticci e, a forza di finire nel suo ufficio, avevano cominciato a darsi del tu.

La bionda era interessata alla questione dei Prefetti. “Anche noi abbiamo una carica del genere. A quanto pare non è popolare nemmeno qui” aggiunse ironica.

“Direi proprio di no. Allora, chi sono i Guastafeste da voi?” disse Jack sventolando la forchetta in giro come per individuare un bersaglio. Gli alunni dal nord si scambiarono un cenno di complicità.

“Noi due.”

Jack smise di agitare le posate.


 


 


Intanto, al tavolo dei Tassorosso, Rapunzel ascoltava affascinata i racconti di Skaracchio.

"Non avrei mai immaginato che il professor Nord e il preside di Durmstrang si conoscessero così bene" disse la giovane strega guardando verso il tavolo degli insegnanti. "Sembrano ottimi amici da come si sono salutati." 

Skaracchio, il custode della scuola di magia a nord, annuì facendo sobbalzare i baffi. "Aah, sì, Stoick e Nord erano inseparabili da giovani! Il vostro preside si è trasferito qui in Gran Bretagna molti anni fa, quindi non si vedevano da tanto tempo" confermò. Teneva il tono di voce un po' troppo alto perfino per l'allegro vociare nella sala e aveva poco tatto, ma a Rapunzel era stato subito simpatico. 

"Per caso tu sai cos’è successo a quelli di Beauxbatons? Che intendeva il professore con ‘contrattempo’?" gli chiese. 

"Bah, nulla di grave, immagino. Avranno trovato una tempesta e si saranno fermati per sicurezza, cose così" rispose Skaracchio, ma Rapunzel notò come si stava toccando la mano di legno in un gesto nervoso. Visto che non voleva parlarne non avrebbe insistito. 

"Piuttosto, pensi di iscriverti al torneo, ragazzina? Hai l'età giusta, no?" cambiò argomento il custode. Rapunzel posò il cucchiaio della zuppa con un certo imbarazzo. 

"Oh, no, signore. Non sono abbastanza brava e poi ho i miei doveri da Prefetto e il M.A.G.O. a cui pensare" balbettò. Era la verità: lo scorso trimestre tornava sempre nel suo dormitorio distrutta,e quest'anno avrebbe faticato il doppio, per via degli esami. 

"Capisco, capisco" bofonchiò lui senza nemmeno guardarla. Stava fissando il Preside, che parlava con l'insegnante di volo. Lei faceva ampi gesti con le mani con fare concitato, lui annuiva aggrottando le sopracciglia scure. 

"Che succede?" domandò Rapunzel. 

"Niente, niente" fece Skaracchio. Si toccò la mano finta per quella che la ragazza aveva contato come la tredicesima volta. 


 


 


Una volta rotto il ghiaccio, la conversazione si rivelò piacevole. La ragazza bionda, che si era presentata come Astrid Hofferson, faceva molte domande su come funzionava Hogwarts e spiegava volentieri le differenze con il loro istituto. "Tutto tranne il luogo," aveva sottolineato affettando la carne, "quello non ve lo possiamo dire."

Il suo compagno, invece, teneva la lo sguardo chino sul piatto e si univa alla conversazione solo se interpellato da Astrid. Pareva che il suo umore andasse peggiorando mano a mano che il banchetto si avvicinava al termine. 

"Qualcosa non va, Lentiggini? Il drago ti ha mangiato la lingua?" lo prese in giro Jack, sperando di migliorare la situazione. 

Lui lo guardò storto, aprí la bocca e la richiuse. "Stavo pensando al momento dell'estrazione dei campioni. Non è improbabile che venga scelto, visto quanto sono fortunato di solito" disse alla fine con tono da funerale. 

"Hai paura di essere sorteggiato? Quindi non vuoi partecipare?" chiese confusa Merida. "Ma come, vi hanno obbligato a venire qui?" 

Si era girata verso Astrid, che appoggiò una mano sulla spalla di Hiccup. "Non ci hanno obbligato, è solo che questo scemo aveva i sensi di colpa a restare a casa." 

Jack e Merida continuavano a non capire. 

"Sensi di colpa?" 

"Che vuoi dire?" 

Hiccup sospirò. "Se mi fossi tirato indietro, mio padre non me lo avrebbe mai perdonato. Sono 'l'orgoglio della scuola', dopotutto." 

"Avresti potuto inventarti una regola che ti impediva di partecipare, o qualcosa del genere, tanto che ne sa lui?" cercò di ribattere Jack, ma l'altro scosse la testa. 

"Oh, mio padre sa benissimo come funziona il torneo" borbottò tetramente. E poi aggiunse: "Faccio Haddock di cognome." 

Lo disse come se spiegasse tutto, infatti Merida spalancò gli occhi, invece Jack era più confuso di prima. "Che c'entra?" 

"Lo stesso cognome dell'uomo che adesso siede accanto al professor Nord, testone!" sussurrò Merida con un cenno della testa verso il fondo della sala grande. "Hiccup è il figlio del direttore!" 

 

 


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Per una volta soltanto ***


 

Note

Ok, premetto subito che non scrivo mezza parola da quanto, tre anni? E non pubblico da almeno sei. 

 Qualche mese fa, in onore della nostalgia, ho rispolverato alcune vecchie fanfiction che non ho mai avuto il coraggio di postare, e con mia sorpresa mi è dispiaciuto un sacco non averle finite, perché non lo ricordo nemmeno io cosa doveva succedere! Insomma, mi è venuta voglia di riprendere una vecchia idea, migliorarla, modificarla, e scriverla. Ecco perché ho scelto un fandom morto e sepolto (credo): era il mio interesse principale quando ho smesso di scrivere. 

Inizialmente non avevo un piano, né l'intenzione di pubblicarla, ma ho pensato che, se riuscirà a divertire anche solo una persona quanto ha divertito me a scriverla, ne vale la pena. 

In questa fic i Big Four sono all'ultimo anno, se non fosse chiaro, così da evitare il problema del limite d'età. 

Spero che piaccia e che i personaggi non risultino troppo OOC, in quel caso chiedo venia. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Parte 1: Il drago ti ha mangiato la lingua?

 

 

 

 

 

 

La stretta porta del negozio sbatté chiusa con forza, facendo suonare il campanello all'ingresso, mentre i clienti si spostavano al passaggio della ragazza. 

Merida superò svelta un gruppetto di vecchie streghe e si infilò in un passaggio che tagliava la strada principale. Schivò un paio di venditori ambulanti dall'aria sospetta, calpestò per sbaglio il mantello di qualcuno e frenò in scivolata davanti al Ghirigoro. 

La bottega era zeppa di genitori e ragazzini in cerca di libri scolastici, di cui Merida riusciva a vedere le sagome, schiacciate come sardine all'interno, attraverso le finestre appannate. Da qualche parte lì in mezzo doveva esserci la persona che aspettava. 

Stava per decidersi ad affrontare la ressa, quando Rapunzel sbucò dalla porta tutta rossa in faccia. 

"Avevano quasi finito le copie del settimo volume del Manuale degli Incantesimi!" boccheggiò trionfante, sventolando un grosso libro sotto il naso di Merida, che la trascinò in strada per mano. 

"Hai visto Jack?" chiese. Rapunzel scosse la testa, rimettendo il tomo nella borsa strapiena. 

"Forse si è dimenticato dell'appuntamento" ipotizzò. 

"Macché, si sarà fermato davanti alle vetrine dei manici di scopa e avrà perso la cognizione del tempo" sbuffò Merida, e si diressero alla gelateria poco distante. "Hai preso tutto?" 

"Sì, mi mancavano solo i libri" rispose Rapunzel, intanto che si sedevano a un tavolino all'aperto. Appoggiò la borsa a terra, sistemandola in mezzo ai piedi. 

Merida si buttò sgraziatamente sulla sedia. "Io ho fatto acquisti ieri, così oggi possiamo fare quello che ci pare. Come ti è andata quest'estate?" 

"Bene, nonostante la montagna di compiti per le vacanze" disse l'altra. 

Jack spuntò da dietro l'angolo nel momento in cui arrivarono i loro gelati, anche lui carico di roba. Prese una sedia dal tavolo accanto e si sistemò con le ragazze. 

"Dov'eri finito? Sei rimasto impalato per un'ora da Accessori di Prima Qualità per il Quidditch?" domandò Merida, attaccando la sua coppetta. 

"Solo per un pochino" ammise Jack studiando la carta dei gelati. "Mi sono ricordato all'ultimo minuto dell'abito da cerimonia, e ho fatto tardi per comprarlo." 

"Chissà per cosa servirà" disse Rapunzel. Mancò la bocca, impegnata a fantasticare, e si sporcò tutta di gelato. "Ops…" 

Merida le passò un tovagliolo. "Qualunque cosa sia non sarà buona, se bisognerà mettersi in tiro. Il mio vestito lo ha scelto mia madre, ed è tutto merletti. Agghiacciante." 

"A proposito, non dovevi venire a Diagon Alley con la tua famiglia?" ricordò Jack, guardandosi intorno. 

"Sì, ma sono scappata. Ho corrotto i miei fratelli per distrarre la mamma e me la sono data a gambe, altrimenti sarei ancora da Madame Malkin a guardare cappelli" disse Merida, e rabbrividì al pensiero. Sua madre poteva metterci delle ore intere per comprare gli abiti. 

"Allora faremo meglio a muoverci, prima che venga a cercarti" esclamò Jack. 

Finirono in fretta i gelati, pagarono il conto e si avviarono per l'affollata strada principale, osservando la nuova merce nelle vetrine. 

"Abbiamo ancora due giorni, prima che cominci la scuola" affermò Merida prendendo i due a braccetto. "Divertiamoci, finché possiamo!" 




Il viaggio in treno, il primo di settembre, fu piuttosto tranquillo, per gli standard dell'Espresso di Hogwarts. 

Merida riuscì a evitare di inciampare, scendendo dalla carrozza stregata, e varcò l'ingresso del castello con i suoi compagni. La Sala Grande risplendeva sotto la luce delle candele, grandiosa come al solito, addobbata con i colori delle quattro Case. 

Merida e Jack salutarono Rapunzel, che andò a sedersi con gli altri Tassorosso, e raggiunsero il tavolo di Grifondoro. 

Salutarono gli altri ragazzi e guardarono la fila di giovani maghi e streghe entrare dalle porte guidati dall'insegnante di Trasfigurazione, il professor Bunnymund. I ragazzini fissarono spaventati il soffitto, il tavolo dei professori e il vecchio e consunto Cappello Parlante, che era stato appoggiato al solito sgabello. 

Dopo lo Smistamento, terminato il banchetto, il Preside si alzò in piedi, e la Sala si zittì. 

"Benvenuti e bentornati a Hogwarts, ragazzi" disse gioviale, facendo muovere la barba bianchissima. "Cominciamo subito da annuncio più importante: niente Coppa di Quidditch, questo anno!" 

Merida vide con la coda dell’occhio Jack, che giocava nella squadra di Grifondoro da quando aveva tredici anni, trattenere il fiato molto rumorosamente, pronto a indignarsi, ma il professor Nord riprese il discorso prima che le proteste cominciassero. 

"So che mi perdonerete, perché è mio grande piacere informare voi che Hogwarts ospiterà grande competizione internazionale, Torneo Tremaghi!" 

Gli studenti rimasero quasi tutti a bocca aperta, qualcuno perplesso. Merida non ne aveva mai sentito parlare. 

"Torneo Tremaghi è gara tra scuole di magia europee nata secoli fa, con obiettivo di rafforzare amicizia e cooperazione con maghi stranieri" spiegò Nord, allegro. "È stata abolita dopo ennesimo decesso cento anni fa, ma Ministero della Magia ha deciso di fare nuovo tentativo. Quindi, da ottobre accoglieremo direttori e alcuni studenti di Accademia di Beauxbatons e Istituto di Durmstrang!" 

Adesso Merida si spiegava il motivo per cui sua madre era stata così indaffarata durante l'estate, al lavoro, e della segretezza. 

"Nostri ospiti rimarranno fino a giugno, perciò trattiamo loro bene, mi raccomando; questa competizione sarà ottima occasione per stringere amicizie durature e fare esperienze interculturali. Ultima cosa, è stato imposto limite minimo di età a diciassette anni, per evitare che concorrenti impreparati si feriscano durante prove, ma anche chi non ha entrambi genitori maghi potrà iscriversi, a contrario di edizioni passate. Bene, questo è quanto. Tutti a dormire, ora!" concluse Nord. Allargò le braccia, sempre sorridente, e attese che gli studenti si alzassero con un gran frastuono di sedie. 

Merida avrebbe voluto commentare la notizia con Rapunzel, ma lei doveva accompagnare quelli del primo anno al dormitorio, e non poteva fermarsi a parlare. Allora diede un pizzicotto a Jack, che si riscosse da un sogno a occhi aperti, e presero una scorciatoia per la sala comune, troppo stanchi per chiacchierare. 

Merida era impaziente di incontrare gli allievi stranieri, e desiderosa che ottobre si sbrigasse ad arrivare. 








“Diamo nostro benvenuto a studenti di Durmstrang!”

La Sala Grande si riempì di un rumore di passi e un folto gruppo di giovani maghi e streghe fece il suo ingresso. A guidarli c’era un uomo molto alto e robusto, vestito di pellicce; la barba rossa, le braccia muscolose e le cicatrici facevano paura, ma i suoi occhi erano limpidi e sinceri. Sorrideva sotto i folti baffi.

I ragazzi erano vestiti allo stesso modo e quasi tutti stavano col naso all’insù per osservare con meraviglia il soffitto incantato. Un paio si prese a gomitate e indicò apertamente il Preside di Hogwarts senza preoccuparsi di apparire maleducati. Dopo lo stupore iniziale, gli studenti delle due scuole si studiarono a vicenda con curiosità.

“Non avevo mai visto degli studenti stranieri, me li aspettavo… diversi.”

Jack si voltò verso Merida. “E come dovrebbero essere? Pensavi che sarebbero arrivati planando su dei tappeti volanti e facendo uscire scintille dalle orecchie?”

Lei sbuffò, pronta a rispondergli a tono, ma un’altra ragazza di Grifondoro ribatté: “Non darti  tante arie solo perché conosci altre scuole, Overland. Non tutti vengono dall’estero.”

“Non sono mica nato al Polo Sud” sorrise lui. Intanto, i nuovi arrivati erano rimasti in mezzo alla sala, senza sapere bene cosa fare, mentre il loro preside andava al tavolo degli insegnanti ad abbracciare il professor Nord. I due uomini si potevano sfidare in stazza.

“Prego, accomodatevi dove volete e buon appetito!” disse Nord, e con un gesto della bacchetta fece comparire delle sedie. I tavoli si riempirono di portate subito dopo. “Nostri amici da Beauxbatons hanno avuto piccolo contrattempo, quindi arriveranno più tardi.”

Dopo un attimo di esitazione, i ragazzi di Durmstrang si unirono a loro e così cominciò il banchetto. Jack si spostò per fare spazio a una ragazza carina con la treccia, prima di stringersi ancora di più agli altri per lasciare che un ragazzo prendesse posto vicino a lei. “Scusate” disse questo con un leggero accento. Si slacciò il mantello di pelliccia rivelando degli abiti da mago più leggeri. Jack vide molti altri fare lo stesso: avevano tutti la stessa divisa rosso intenso. 

Merida, che era di fronte a loro, allungò una caraffa verso il centro del tavolo. “Siete stanchi, vero?”

“Esausti” annuì l’altra ragazza accettando la caraffa offerta. I suoi capelli biondi brillarono alla luce delle centinaia di candele sul soffitto. “Credevamo che Hiccup si sarebbe buttato in mare, pur di non passare un minuto di più a bordo.” 

Aveva lo stesso accento del suo compagno, che in quel momento si stava riempiendo il piatto di patate. “Solo perché viaggiare con Moccicoso e i gemelli è una tortura. Tante ore insieme in uno spazio ristretto: impazzirebbe chiunque. A proposito, dove sono? Non vedo nemmeno Gambedipesce.”

Jack e Merida seguirono il suo sguardo accigliato attraverso la sala. La bionda alzò le spalle. “Gambedipesce è laggiù, invece gli altri credo di averli visti in fondo al tavolo. Se combinano guai sono affari loro, io ho finito di fare da baby-sitter.”

Quello che Jack aveva capito chiamarsi Hiccup scrutò con preoccupazione tre ragazzi di Durmstrang intenti a fare baccano e un quarto enorme studente che parlava in modo concitato con uno del secondo anno. Ci pensò un momento e si rilassò anche lui sulla sedia. “Hai ragione, per adesso quello che combinano non è un mio problema. Spero solo che non facciano disastri.”

“Quindi sei un guastafeste anche tu? Mi ricordi una mia amica di Tassorosso” commentò Jack guadagnandosi un’occhiataccia da Merida, ma Hiccup non sembrò prendersela troppo.

“Rapunzel è Prefetto, è suo dovere fare in modo che gli altri non facciano casino” lo rimproverò la Grifondoro.

“Sì, sì” la zittì Jack agitando la forchetta. Gettò uno sguardo al tavolo dei Tassorosso e fu sorpreso di vedere Rapunzel chiacchierare con un uomo dai lunghi baffi biondi che se ne stava in piedi lì accanto. Merida richiamò di nuovo la sua attenzione.

“E poi ne abbiamo fatte di tutti i colori con lei, quando eravamo più piccoli” stava insistendo. Non aveva tutti i torti. Jack e il professor Nord erano diventati amici grazie ai loro pasticci e, a forza di finire nel suo ufficio, avevano cominciato a darsi del tu.

La bionda era interessata alla questione dei Prefetti. “Anche noi abbiamo una carica del genere. A quanto pare non è popolare nemmeno qui” aggiunse ironica.

“Direi proprio di no. Allora, chi sono i Guastafeste da voi?” disse Jack sventolando la forchetta in giro come per individuare un bersaglio. Gli alunni dal nord si scambiarono un cenno di complicità.

“Noi due.”

Jack smise di agitare le posate.


 


 


Intanto, al tavolo dei Tassorosso, Rapunzel ascoltava affascinata i racconti di Skaracchio.

"Non avrei mai immaginato che il professor Nord e il preside di Durmstrang si conoscessero così bene" disse la giovane strega guardando verso il tavolo degli insegnanti. "Sembrano ottimi amici da come si sono salutati." 

Skaracchio, il custode della scuola di magia a nord, annuì facendo sobbalzare i baffi. "Aah, sì, Stoick e Nord erano inseparabili da giovani! Il vostro preside si è trasferito qui in Gran Bretagna molti anni fa, quindi non si vedevano da tanto tempo" confermò. Teneva il tono di voce un po' troppo alto perfino per l'allegro vociare nella sala e aveva poco tatto, ma a Rapunzel era stato subito simpatico. 

"Per caso tu sai cos’è successo a quelli di Beauxbatons? Che intendeva il professore con ‘contrattempo’?" gli chiese. 

"Bah, nulla di grave, immagino. Avranno trovato una tempesta e si saranno fermati per sicurezza, cose così" rispose Skaracchio, ma Rapunzel notò come si stava toccando la mano di legno in un gesto nervoso. Visto che non voleva parlarne non avrebbe insistito. 

"Piuttosto, pensi di iscriverti al torneo, ragazzina? Hai l'età giusta, no?" cambiò argomento il custode. Rapunzel posò il cucchiaio della zuppa con un certo imbarazzo. 

"Oh, no, signore. Non sono abbastanza brava e poi ho i miei doveri da Prefetto e il M.A.G.O. a cui pensare" balbettò. Era la verità: lo scorso trimestre tornava sempre nel suo dormitorio distrutta,e quest'anno avrebbe faticato il doppio, per via degli esami. 

"Capisco, capisco" bofonchiò lui senza nemmeno guardarla. Stava fissando il Preside, che parlava con l'insegnante di volo. Lei faceva ampi gesti con le mani con fare concitato, lui annuiva aggrottando le sopracciglia scure. 

"Che succede?" domandò Rapunzel. 

"Niente, niente" fece Skaracchio. Si toccò la mano finta per quella che la ragazza aveva contato come la tredicesima volta. 


 


 


Una volta rotto il ghiaccio, la conversazione si rivelò piacevole. La ragazza bionda, che si era presentata come Astrid Hofferson, faceva molte domande su come funzionava Hogwarts e spiegava volentieri le differenze con il loro istituto. "Tutto tranne il luogo," aveva sottolineato affettando la carne, "quello non ve lo possiamo dire."

Il suo compagno, invece, teneva la lo sguardo chino sul piatto e si univa alla conversazione solo se interpellato da Astrid. Pareva che il suo umore andasse peggiorando mano a mano che il banchetto si avvicinava al termine. 

"Qualcosa non va, Lentiggini? Il drago ti ha mangiato la lingua?" lo prese in giro Jack, sperando di migliorare la situazione. 

Lui lo guardò storto, aprí la bocca e la richiuse. "Stavo pensando al momento dell'estrazione dei campioni. Non è improbabile che venga scelto, visto quanto sono fortunato di solito" disse alla fine con tono da funerale. 

"Hai paura di essere sorteggiato? Quindi non vuoi partecipare?" chiese confusa Merida. "Ma come, vi hanno obbligato a venire qui?" 

Si era girata verso Astrid, che appoggiò una mano sulla spalla di Hiccup. "Non ci hanno obbligato, è solo che questo scemo aveva i sensi di colpa a restare a casa." 

Jack e Merida continuavano a non capire. 

"Sensi di colpa?" 

"Che vuoi dire?" 

Hiccup sospirò. "Se mi fossi tirato indietro, mio padre non me lo avrebbe mai perdonato. Sono 'l'orgoglio della scuola', dopotutto." 

"Avresti potuto inventarti una regola che ti impediva di partecipare, o qualcosa del genere, tanto che ne sa lui?" cercò di ribattere Jack, ma l'altro scosse la testa. 

"Oh, mio padre sa benissimo come funziona il torneo" borbottò tetramente. E poi aggiunse: "Faccio Haddock di cognome." 

Lo disse come se spiegasse tutto, infatti Merida spalancò gli occhi, invece Jack era più confuso di prima. "Che c'entra?" 

"Lo stesso cognome dell'uomo che adesso siede accanto al professor Nord, testone!" sussurrò Merida con un cenno della testa verso il fondo della sala grande. "Hiccup è il figlio del direttore!" 

 

 


Parte 2: Per una volta soltanto





Il mattino dopo l'arrivo degli studenti di Durmstrang, Jack e Merida si diressero verso l'aula di Trasfigurazione che ancora dovevano finire la colazione. Stando le parole di qualcuno del sesto anno, i nuovi arrivati avevano mangiato due ore prima di loro. Wow, ok
"Adesso mi spieghi perché siamo di fretta? Manca ancora un quarto d'ora all'inizio delle lezioni" chiese Jack pulendosi le dita dallo zucchero dei donut sul mantello. Merida lo aveva trascinato via per un braccio dalla sala grande, senza dare spiegazioni. 
La strega in quel momento era impegnata nell'ardua impresa di infilare una lettera nella busta che era arrivata quella mattina, mentre la borsa continuava a scivolarle dalla spalla. Riuscì comunque a rispondere tra il biscotto che teneva con i denti. "Visto che abbiamo Trasfigurazione con i Tassorosso, voglio parlare con Rapunzel prima della lezione, ieri sera non ci siamo riusciti." 
Stava ancora combattendo con le dita appiccicose di marmellata, perciò Jack le sfilò dalle mani la lettera e la sistemò nella busta, per darle aiuto. La madre di Merida le aveva scritto per esortarla a iscriversi al Torneo Tremaghi. Jack si chiese cosa gli avrebbe detto sua madre, ma la posta da casa sua impiegava molto tempo per arrivare e lui le aveva spedito una busta appena due giorni fa. 
La sera prima, il banchetto si era concluso senza tante cerimonie e nella folla erano riusciti solamente a fare un cenno di saluto all'amica. Di Beauxbatons non si sapeva ancora niente. 
Quando arrivarono davanti all'aula c'era già Rapunzel ad aspettarli. Si staccò dal muro dove era appoggiata e venne loro incontro. 
"Come è andata ieri sera? Vi ho visti parlare con due ragazzi" chiese dopo aver fatto le feste a Merida. 
"Bene, abbiamo conosciuto gente nuova e vissuto un'interessante esperienza interculturale" rispose Jack distrattamente, scimmiottando il tono di Nord. Sentiva un forte brusio venire dal fondo del corridoio. 
Prima che Rapunzel potesse raccontare la sua serata, da dietro l'angolo sbucò un gruppetto di studenti di Durmstrang. Jack osservò un ragazzo basso dai capelli scuri, due ragazzi biondi che dovevano essere gemelli, quel tipo sovrappeso, e i loro due nuovi amici. Straordinariamente, Hiccup era a capo del gruppo, con Astrid leggermente più indietro. 
Merida strabuzzò gli occhi. "Non ci avevi detto di avere una banda!" 
Preso dalle chiacchiere dei suoi compagni, Hiccup si accorse di loro solo allora. "Buongiorno anche a voi, eh" rise imbarazzato. "E comunque non è la mia banda. Siamo nella stessa classe." Presentò loro i membri di quello strano gruppo, tutti dai nomi improbabili. Jack non era sicuro se stessero scherzando. 
Rapunzel, un po' stordita dalla confusione creata dalla compagnia, riuscì a presentarsi a tutti. Ormai si era formata una piccola folla nel corridoio, tra loro e i curiosi che si fermavano a guardare. Jack, spostandosi per permettere le numerose strette di mano dirette alla poveretta, finí accanto a Hiccup. 
"Quindi sei famoso, oltre a essere il figlio di mago Haddock!" rise. L'altro scrollò le spalle con un sorriso. 
"Siamo amici da un po', ormai. Credo che abbiano stima di me, anche se lo dimostrano in modo strano."
"Cos'hai fatto per guadagnarti tanti ammiratori? Sembri un'anatra seguita dagli anatroccoli" commentò Jack, accorgendosi per la prima volta della protesi che partiva da sotto il ginocchio del ragazzo, visibile grazie alla mantella più corta e leggera che avevano tutti preferito alle pellicce. "Ha a che fare con quella?" 
Hiccup stava guardando Astrid ammirare la lunga chioma dorata di Rapunzel. Quella scena fece venire in mente a Jack una battuta perfida sulle bionde, ma il modo in cui gli occhi del mago si erano riempiti di affetto lo trattenne. 
"Hiccup, dobbiamo andare!" lo chiamarono gli altri. Lui fece cenno di andare senza aspettarlo, attese che il corridoio si svuotasse del baccano e si rivolse nuovamente verso Jack. 
"È una storia lunga, parliamo di due anni fa. Sai, c'è questo parco molto grande intorno alla nostra scuola e un giornumf—!!" 
Qualcuno gli aveva mozzato il fiato stritolandolo in un abbraccio sbriciola-ossa alle spalle. Jack balzò indietro per evitare di venire travolto dai due e riuscí a intravedere un ciuffo di capelli rossi e disordinati. 
"Bróðir!" esclamò la voce da dietro a Hiccup, che stava annaspando per recuperare il respiro. Riuscì a liberarsi dalla stretta e rantolò qualcosa in una lingua che Jack non conosceva. Qualche maledizione, probabilmente. 
Merida e Rapunzel erano imbambolate sulla soglia dell'aula. La prima roteò gli occhi ed entrò, tirando la seconda dietro a lei. "Andiamo, o si prenderanno i posti dietro." 
Stavano cominciando ad arrivare i loro compagni di Casa, ma avevano ancora alcuni minuti. 
"Bróðir, se non ti conoscessi bene direi che hai cercato di evitarmi per tutto il viaggio!" stava intanto dicendo lo sconosciuto, stringendo Hiccup per le spalle. Aveva un accento ancora più marcato del suo. 
"Dovevo tenere d'occhio gli altri, sai come sono fatti" replicò l'altro, un po' troppo prontamente per risultare credibile. 
Adesso Jack riusciva a vedere bene quel tipo strambo. Aveva i capelli appena più scuri di quelli di Merida e li portava corti sui lati, senza tentare di coprire una brutta cicatrice che andava dalla mascella fino a sotto l'occhio. Un tatuaggio sulla parte opposta della faccia completava quello che sembrava il ritratto di un selvaggio. Non indossava nemmeno il mantello. 
"Capisco, quel branco di folli non ti fa riposare un minuto, dico bene?" disse con fare comprensivo. Poi vide che Jack li guardava. "Ma dai, stai già fraternizzando col nemico?" 
Lo disse sorridendo, comunque a Jack fece venire i brividi lo stesso. 
"Tranquillo, mi piacciono gli inglesi." aggiunse in fretta lo sconosciuto. Lo studente di Hogwarts si costrinse a ricambiare il sorriso.
"Sono americano, in realtà." 
"Questo è Jack Overland, ci siamo conosciuti ieri. Jack, lui è Dagur" presentò Hiccup sottraendosi alla presa dell'altro ragazzo. "Hai provato a essere educato con gli altri come ti ho spiegato, vero?" lo interrogò con tono severo. 
Dagur strinse la mano a Jack, che si aspettava una stretta degna della forza dimostrata prima, ma fu incredibilmente delicato, come se si sforzasse di non fargli male. "Ho fatto come mi hai detto tu, fratello. Niente urla, niente violenza, niente abbracci. Mi hanno pure detto che la cicatrice è forte" disse gonfiando il petto d'orgoglio. Evidentemente andava fiero della vecchia ferita. 
Jack sussultò. "Fratello?" 
Fece scorrere lo sguardo tra i due senza capacitarsi della possibilità. Uno aveva il naso leggermente adunco, i capelli rossi e i muscoli, l'altro il collo sottile, i capelli castani e le lentiggini. Ad accomunarli c'era solo il colore degli occhi, e non era nemmeno la stessa tonalità. 
Arrivò in suo soccorso Hiccup. "A Dagur piace darmi questo soprannome, non siamo imparentati davvero" si affrettò a spiegare. 
Dagur gli diede una sonora pacca sulla schiena. Jack era certo che l'unico con cui non tentasse di andarci piano fosse proprio l'amico. 
"No, ma è come se lo fossimo! Ci conosciamo da una vita, vero?" ruggí contento. 
"Sì, anche se a me sembrano mille, di vite. Come vedi," Hiccup abbassò parecchio il tono di voce per non farsi sentire, "dovremmo ripassare la lezione sullo spazio personale… di nuovo." 
Il suo tono rassegnato costrinse Jack a trattenere le risate, e in quel momento arrivò il professore di Trasfigurazione. Il giovane mago si prodigò in mille scuse e si decise a entrare in classe, mentre Hiccup da fuori prometteva di raccontargli cosa era successo due anni prima, e Dagur lo salutava sbagliando il suo nome. 





Hiccup raggiunse i suoi compagni con le sfuriate dell'insegnante di Jack come sottofondo, con Dagur che gli trottava allegramente affianco. Riuscì a staccarsene solo davanti all'aula dove il professor Haddock aveva detto di trovarsi per fare lezione; non potevano rimanere tutto il giorno a girarsi i pollici, del resto. 
"Ci vediamo a pranzo, Bróðir!
Be’, perlomeno si stava esercitando con l'inglese...
Hiccup lo salutò e rimase a guardarlo correre via, prima di andare a sistemarsi in un posto a caso di quella che sembrava una vecchia aula di Storia della Magia, a giudicare dalle date sulla lavagna. Come si sedette, i suoi amici lo raggiunsero in un gesto automatico. Hiccup sopportava il loro attaccamento solo perché sapeva essere il loro particolare modo di dimostrare affetto. Da quando aveva perso la gamba sinistra lo seguivano dappertutto ed erano eccessivamente protettivi, ma a lui stava bene. 
Astrid prese posto accanto a lui, come al solito, e gli sorrise. "Bene, vedo che sei riuscito a non farti spezzare l'osso del collo da Dagur." Gli parlò in inglese come aveva insistito Hiccup. Secondo lui, infatti, usarlo anche tra di loro li avrebbe aiutati ad abituarsi più in fretta. Nonostante le proteste di Moccicoso, l'idea sembrava funzionare. Durmstrang accoglieva studenti da tutta la Scandinavia e non solo, quindi comunicare in quel miscuglio di norvegese, svedese, finlandese, islandese, eccetera eccetera, era complicato. Imparare una lingua comune diventava fondamentale, perciò apprendere l'inglese non si era rivelato troppo difficile. 
Il posto alla cattedra era ancora vuoto, suo padre probabilmente era stato trattenuto per questioni urgenti. A proposito, chissà cosa era successo agli studenti di Beauxbatons; tutti si aspettavano di vederli arrivare nel primo mattino (Nord aveva detto più tardi, no?), invece erano rimasti delusi. La tensione tra gli insegnanti, a colazione, era diventata palpabile. 
Ci pensò Astrid a distrarlo. "Hai ancora paura per stasera?" gli domandò con sincera apprensione. 
Era dal banchetto che Hiccup non ci pensava e fu come cadere dalle nuvole. "È così brutto non volere essere sempre al centro dell'attenzione? Ho passato quindici anni senza che nessuno mi degnasse di uno sguardo, neanche mio padre, e adesso tutti si aspettano che faccia qualcosa di straordinario ogni due minuti! Vorrei solo avere un attimo di tranquillità!" per poco non si fece sfuggire un po' di lingua madre. 
Lei ascoltò pazientemente il suo piccolo sfogo e gli prese delicatamente le dita per farle smettere di tamburellare sulla gamba. Lo costrinse a guardarla negli occhi. "Lo sai che nessuno qui vuole metterti a disagio, Hic. E poi non hai motivo di temere la gara, in fondo sei intelligente e coraggioso, più di tutti noi." 
Strinse la sua mano più forte e con l'altra gli diede un pugno affettuoso sulla spalla. Lui non ricambiò la stretta. "Non voglio perdere anche la gamba destra, Astrid" mugugnò. La strega non si fece prendere in giro. 
"Tu temi di deludere tuo padre e gli altri, vero?" 
Non suonò come una domanda vera e propria. Hiccup annuì di controvoglia senza aggiungere nulla. Da due anni era sopraffatto dalle aspettative altrui. 
"Andiamo, non è detto che venga scelto tu! Il calice non guarda mica chi ha compiuto più imprese degli altri, è tutto casuale!" lo consolò Astrid. 
"È proprio della casualità che non mi fido." 
Lei sbuffò. "Allora meglio avere te come campione, che Testaditufo o Moccicoso."
Si voltarono entrambi verso i loro amici, seduti dietro di loro come per coprire le spalle a Hiccup. Gambedipesce era intento ad ammirare la volta del soffitto, ragnatele comprese. Testaditufo, accanto a lui, stava incidendo sul banco il disegno di una gallina aiutandosi con la bacchetta. Moccicoso sedeva sulla sedia in bilico e russava. Testabruta mandava baci stregati a Eret, un banco più indietro, così il povero disgraziato si trovava a scacciare piccoli cuori rosa acceso con le mani. 
Testaditufo aveva accettato entusiasta di partecipare al torneo dopo aver saputo del premio in galeoni, mentre Testabruta era lì per stare il più possibile con Eret e per il denaro. Moccicoso invece era affamato di gloria. Continuava a dire che, dopo la sua vittoria, Astrid si sarebbe finalmente resa conto del suo valore e si sarebbe messa con lui. Gambedipesce, dal canto suo, era venuto esclusivamente per soddisfare la sua sete di conoscenza magica (moriva dalla voglia di esplorare il castello da quando erano arrivati), certo di non avere possibilità di essere estratto. Ad Astrid interessava solo l'aspetto agonistico. 
Hiccup si era sentito preso in causa appena suo padre aveva cominciato a parlare di fama e meriti, quando aveva annunciato la partecipazione di Durmstrang al Torneo Tremaghi. Aveva sentito il suo sguardo su di lui durante tutto il discorso, così come quello dei suoi compagni di scuola. Perché chi, se non Hiccup Haddock l'ammaestratore di draghi, sarebbe stato il candidato migliore per tale prova di abilità e ingegno? Però era vero che era riuscito a cavarsela in situazioni peggiori. 
"Forse hai ragione," disse alla fine in un moto di speranza improvvisa, "forse non sarà così terribile. Magari avrò un briciolo di fortuna, per una volta soltanto." 
Astrid batté un colpetto sul suo ginocchio. "Bene, così ti voglio. Cosa saresti senza di me o Sdentato, eh?" 
"Niente" mormorò Hiccup rabbuiandosi appena. "Proprio niente." 

 

 

 

 

 

Note

Eccomi anche oggi con un nuovo capitolo! Ieri non l'ho specificato, ma se non si fosse capito ho già finito questa storia, quindi farò del mio meglio per aggiornare ogni giorno o quasi.

Questo capitolo è più corto, rispetto agli altri, ma prometto che i prossimi saranno più lunghi. I primi serviranno a contestualizzare i personaggi e le loro vite, quindi la trama vera comincerà tra un po'.

Abbiamo il primo POV di Hiccup, evviva! Ho cercato di dare spazio a tutti, speriamo bene.

L'autrice non è mai stata chiara su quale lingua si parli a Durmstrang, perciò sono stata vaga anch'io e non ho specificato, ma sappiate che in questa storia viene parlato principalmente l'inglese.

A proposito, la parola che usa Dagur (lo adoro e non ho resistito a inserirlo, scusate) è islandese e significa fratello, ovviamente. Non sapevo che nazionalità dargli, ma il signor Google dice che il suo nome viene dall'Islanda, quindi...

Anche Astrid sarà molto presente: è una delle persone più importanti nella vita di Hiccup, e non ho avuto il coraggio di escludere lei o la loro relazione, che adoro scrivere.

Grazie per aver letto fino a qui!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** È una cosa da panico? ***


Parte 3: È una cosa da panico?

 

 

 

 

 

 

 

Dopo le lezioni del mattino, gli studenti di Durmstrang uscirono dall'aula con le pance che brontolavano. Hiccup stava ascoltando Gambedipesce fantasticare su cosa avrebbero mangiato per pranzo, quando venne quasi investito da un ragazzino esagitato. 

"È arrivata la carrozza di Beauxbatons!" stava gridando a un gruppetto del primo anno. 

Hiccup guardò i suoi amici. 

"Era ora," osservò Astrid, "tuo padre stava per farsi venire qualcosa, tanto era teso durante la lezione." 

Lui l'aveva visto così in pensiero solo durante un breve periodo prima degli undici anni di Hiccup, che continuava a non dare segni di magia. Stoick stava per arrendersi e dichiarare il primo Magonò della storia degli Haddock, quando un giorno la loro soffitta prese fuoco, e non era a causa di una delle invenzioni del figlio. A quanto pareva la pressione psicologica non era un metodo efficace per tirargli fuori la magia. 

Quella fu anche la seconda volta che Hiccup vide piangere suo padre. La prima aveva cinque anni e sua madre era scomparsa da poco. Alla terza non aveva assistito, almeno non da sveglio: era successo quando aveva perso la gamba. 

Si unirono al fiume di gente nel corridoio e lo seguirono fino al cortile esterno, dove una folla di studenti si era formata. Gli insegnanti stavano provando a disporli in file ordinate, ma tra l'eccitazione generale e il rumore degli enormi cavalli alati che stavano atterrando sull'erba riuscirono solo a non far travolgere nessuno. 

"State indietro ragazzi, o vi farete male!" li incitò una professoressa tenendo fermo il suo mantello. 

Quando una donna dai ricci neri scese dalla gigantesca carrozza, reggendosi debolmente alla porta, e il professor Nord accorse a sostenerla, tutti ammutolirono. Un lato del mezzo di trasporto portava vasti segni di bruciature. 

"Incantesimi" sussurrò spaventato Gambedipesce. "E non di quelli belli."

Il padre di Hiccup li superò a larghe falcate, seguito da Skaracchio. 

"Che cos’è successo, Gothel?" 

"Due maghi a volto coperto, Stoick. Erano sulle scope… Ci hanno attaccato. Siamo riusciti a scappare per miracolo" rispose la strega con un filo di voce. Si era appoggiata al braccio di Nord per tenere l'equilibrio. 

A quelle parole, tra gli studenti si scatenò un mare di commenti e grida allarmate. Tutti avevano paura che chiunque li avesse seguiti potesse arrivare da un momento all'altro. Il preside di Hogwarts si avvicinò a un professore dal mantello e i capelli neri, che Hiccup non riconobbe. 

"Professore, mandi ragazzi a mangiare. Dobbiamo contenere loro panico" sentirono Nord dirgli, troppo agitato per abbassare la voce. 

"Panico? È una cosa da panico?" esalò Moccicoso perdendo la calma. Il professore di Trasfigurazione andò verso di loro scuotendo la testa. 

"Ce ne occuperemo noi. Andare a pranzare, voialtri". 

"Dove sono gli studenti di Beauxbatons?" chiese Testaditufo. 

"Sono nella carrozza, e ci resteranno finché non saremo certi che non ci sia pericolo. Adesso andate" replicò lui facendo un gesto infastidito con il braccio di rientrare. 

"A che scopo tenerli là dentro?" 

"Andate, subito!" 

 

 


 

 


A pranzo non si parlava che dell'attacco. 

Gli studenti si scambiavano le loro teorie tra un boccone e l'altro. Qualcuno affermava che la colpa era dei maghi americani, che avrebbero cercato di sabotare il torneo prima ancora che iniziasse, qualcun altro sosteneva che era un complotto del Ministero della Magia. 

Jack e Merida si erano seduti di nuovo vicino a Hiccup e Astrid. Decisero di rimandare il racconto della gamba al pomeriggio dopo le lezioni, così che anche Rapunzel potesse essere presente. Almeno il cortile sarebbe stato più tranquillo della Sala Grande, pensò Merida. 

Avrebbe anche potuto rileggere la lettera che le era arrivata a colazione. Sua madre voleva che tenesse alto l'onore dei DunBroch e si iscrivesse al torneo, cosa che normalmente avrebbe sorpreso Merida, se non avesse sentito quanto il preside si era dilungato a rassicurarli delle elevate misure di sicurezza. I genitori sapevano della gara da agosto, e sua madre lavorava al Ministero, perciò aveva avuto tutto il tempo per informarsi sulla quantità di controlli che avrebbe fatto la scuola, probabilmente. Ora Merida aveva dei terribili sospetti sull'abito elegante che le aveva ficcato in valigia a settembre. 

Finirono di mangiare e uscirono dalla Sala Grande insieme a Rapunzel. 

"Non ne potevo più di quel rumore" disse sollevata la bionda sistemandosi una ciocca dietro l'orecchio. Fecero il solito percorso fino alla Sala d'Ingresso del castello, dove solitamente la Rapunzel li lasciava per andare al dormitorio dei Tassorosso a prendere la borsa. Nell'atrio trovarono un gruppetto di studenti in divisa blu. 

"Sono quelli di Beauxbatons." Jack le diede una gomitata. "Non dovevano restare nella carrozza?" 

"Saranno venuti a mangiare, immagino" ipotizzò Rapunzel.

"Guarda, quello continua a fissarti" le bisbigliò Merida. Aveva notato un tipo alto con i capelli castani che continuava a gettare occhiate verso l'amica. 

Il ragazzo si separò improvvisamente dagli altri e venne loro incontro. 

"Scusa, tu sei Rapunzel?" chiese con un leggerissimo accento straniero quando fu abbastanza vicino. Alla madre di Merida non sarebbe piaciuto per niente. Aveva l'aria da sbruffone e il ciuffo troppo lungo. 

"Sì, sono io" rispose lei tormentando il bordo della manica. 

Il ragazzo sembrò contento della risposta. "Eravamo compagni di classe!"

"Vivo in Inghilterra da sette anni" obiettò scettica Rapunzel. Lui annuì energicamente. 

"Infatti alle elementari mi ricordo ci fosse una bambina con i capelli biondi lunghissimi che non mi lasciava mai in pace". 

Rapunzel si coprì la bocca con una mano. Sembrò riconoscerlo solo allora. "Eugene?" 

Lui fece un inchino. "In persona, biondina". 

"Merida, Jack, questo è Eugene Fitzherbert. Andavamo a scuola insieme" li presentò la ragazza ancora scossa. "Non posso credere di aver avuto un mago come compagno di classe, senza saperlo." 

"La tua famiglia si è trasferita dalla Germania poco prima che scoprissi di essere un mago" disse Eugene, poi si mise le mani sui fianchi e rise. "Se solo avessi saputo che eri una strega! Non mi sarei mai azzardato a farti i dispetti, in quel caso." 

"Io penso che mi avresti presa in giro come al solito. Mi avresti chiamata 'befana' e mi avresti dato consigli su come sbarazzarsi di verruche e denti storti." 

"Tu mi seguivi sempre, cercavo di farti arrabbiare per mandarti via." Il mago sollevò le braccia. "Però mi è dispiaciuto quando te ne sei andata". 

Rapunzel arrossì e sorrise. "Mi tiravi anche i capelli." 

Merida strinse gli occhi a fessura. Era chiaro che all'amica piaceva molto questo Eugene, pensò, perché si dondolava sui talloni solo quando parlava con qualcuno per cui aveva una cotta. 

Gli alunni di Beauxbatons, che erano rimasti a guardare la scena, gridarono a Eugene "Flynn, viens!"

Rapunzel lo fissò incuriosita. "Sei tu Flynn?" 

"Mi chiamano così perché dicono che somiglio a un certo eroe di racconti per bambini maghi" raccontò lui velocemente allontanandosi. "Ci vediamo, biondina!" 

Se ne andarono nella Sala Grande, come aveva ipotizzato Rapunzel. I tre si salutarono e si separarono. Merida salì sulla torre di Grifondoro con Jack per recuperare i libri delle materie del pomeriggio, non vedeva l'ora di che finissero le lezioni per andare nel cortile e parlare in santa pace con gli altri. 

 

 


 

 


Trovarono un posticino tranquillo all'ombra di un albero, vicino la riva del lago. Jack si mise a raccogliere sassolini da lanciare sulla superficie grigia e Merida tirò fuori dalla tasca del mantello un pacchetto di caramelle. Rapunzel, che non sapeva bene cosa fare, decise di sedersi a studiare un po', visto che aveva ancora la borsa, mentre aspettavano i loro amici di Durmstrang. Il cielo cominciava a rannuvolarsi. 

"Spero si diano una mossa" disse Jack scartando un sasso troppo piccolo. 

"Hai gli allenamenti, dopo?" domandò Merida, allungando i dolciumi verso Rapunzel. 

"Sì." 

Rapunzel accettò una gelatina e si guardò intorno. C'erano diversi studenti che chiacchieravano come loro sotto gli alberi – alcuni si erano portati le Gobbiglie o i libri per ripassare – ma gli altri non si vedevano ancora. 

Merida attirò la sua attenzione tirandole la manica. "C'è il tuo fidanzato là, Punz." 

Lei seguì il suo sguardo e vide Eugene con i suoi compagni che chiacchierava con alcuni studenti di Hogwarts. Per fortuna lui non si accorse di loro, perciò non poté vederla diventare bordeaux alla velocità della luce. 

"Non è il mio fidanzato!" protestò Rapunzel nascondendo la faccia dietro al libro di Storia della Magia da cui stava leggendo. Eugene se ne andò poco dopo. 

Aspettarono ancora una ventina di minuti prima di vedere Hiccup arrivare di corsa, accompagnato solo dal debole tunk di ogni passo della gamba di ferro. Li salutò col fiatone e si scusò per il ritardo. 

"Mio padre ci teneva a vedermi mettere il mio nome nel Calice di Fuoco" li informò sedendosi goffamente accanto a loro. 

A Merida scivolò il pacchetto di gelatine dalle mani. "Lo hanno sistemato nella scuola?" 

"Sì, parecchia gente si è già iscritta. Io e gli altri abbiamo quasi dovuto fare la fila". 

"A proposito," osservò Jack sollevando lo sguardo dai suoi sassolini, "che fine ha fatto la tua scorta?" 

"Sono laggiù a fare il bagno nel lago" disse Hiccup facendo un cenno col mento verso i suoi amici, che stavano effettivamente sguazzando nelle fredde acque spruzzandosi a vicenda. Chissà come fanno a non congelare, pensò Rapunzel, è quasi novembre, dopotutto

Astrid era l'unica a non nuotare e faceva avanti e indietro più vicina alla riva per bagnarsi solo i piedi, con le scarpe in mano. Li vide e salutò con la mano sorridendo. Loro ricambiarono il gesto. 

"Hiccup, credo proprio che Astrid abbia una cotta per te" esclamò all'improvviso Jack abbassando la mano, con tono mortalmente serio, per prenderlo in giro. L'altro non fece una piega. 

"Lo spero bene" replicò nella stessa maniera. "Sarebbe un problema se non piacessi alla mia ragazza." 

Le due streghe praticamente si rotolarono a terra dalle risate. "Jack, davvero non ci eri arrivato?" 

"Immaginavo che ci fosse sotto qualcosa, ma non è colpa mia se non vi comportate come una coppia" ribatté lui in propria difesa. Aveva completamente abbandonato i sassi. 

"Ci imbarazziamo entrambi, per questo non ci vedete, ehm, scambiare effusioni. Astrid è molto riservata per queste cose" ammise Hiccup in tono di scuse. "Stiamo insieme ufficialmente da poco, anche". 

Jack si mise le mani nei capelli e si abbandonò contro il tronco dell'albero. "Se c'entra qualcosa con quello che è successo due anni fa ti prego, ti scongiuro, raccontacelo una volta per tutte, o non riuscirò a dormire la notte." 

"Ci stavo arrivando" rise lui sfilando una manciata di Cioccorane dalla tasca.

"Chi te le ha date?" gli chiesero stupiti. 

"I gemelli me le hanno ficcate nel mantello dicendo 'Se non mangi qualcosa non sopravvivrai a quest'inverno, ragazzo'. Non penso di voler sapere dove le hanno prese". 

Merida e Rapunzel si strinsero un po' più vicine per sentire meglio e cominciarono a scartare i dolci. 

"Allora… Vi ho detto del parco che circonda la nostra scuola, vero?" iniziò a raccontare Hiccup. "Due anni fa avevano costruito delle gabbie per alcune creature magiche che servivano a certe lezioni dei ragazzi più grandi.

"Gli insegnanti non volevano dirci cosa contenevano, e ci proibirono di avvicinarci, perciò le supposizioni si sprecavano. Secondo alcuni c'era un basilisco, là dentro, ma tutti avevamo sentito certi ruggiti... Una notte stavo guardando dalla mia finestra e vidi delle fiamme alzarsi altissime oltre ai pini del parco. Lo dissi agli altri, ma mi presero in giro."

Rapunzel era indignata. "Perché,  pensavano che mentissi?" 

"A quel tempo tutti mi conoscevano come il figlio imbranato del preside, quindi nessuno mi credette. L'unico a sopportarmi era Skaracchio, il custode." Hiccup alzò le spalle. "Così un giorno mi alzai all'alba e sgattaiolai verso le gabbie. Ero incosciente, lo so. Volevo farmi prendere sul serio a tutti i costi, credo. Nella radura dove le avevano messe non si sentiva una mosca, e per un attimo persi le speranze, ma poi lo vidi." 

"Un basilisco?" 

"Un drago" disse Hiccup d'un fiato con gli occhi che brillavano. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

Finalmente siamo al racconto di Hiccup, che si concluderà nel prossimo capitolo. Non pensavo di scendere così tanto nei dettagli, ma mi aveva preso un sacco, ed è venuto abbastanza lungo. 

Sono anche arrivati gli studenti di Beauxbatons, in particolare Flynn/Eugene! Mi sono resa conto che è molto difficile da rendere convincente, infatti è il personaggio che ho reso meno bene, penso. 

E c'è anche un po' di trama vera, con la storia della carrozza! 

Si vede che preferisco scrivere le scene di dialogo casuale? 

Grazie per aver letto fino a qui!

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Jack lo odia ***


Parte 4: Jack lo odia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Jack stentava a crederci. Un drago! Solo a Durmstrang potevano inventarsi una roba simile. 

"Poi cosa è successo?" domandò impaziente Merida, cacciandosi in bocca l'ennesima Cioccorana. "Ti ha morso la gamba? ...Uh, Paracelso mi mancava." 

Hiccup ridacchiò. "Non proprio. Però mi presi un bello spavento: due occhi verdi mi fissavano dietro le sbarre. Era tutto nero e più piccolo di quanto mi ero immaginato, ma mi guardava con un'espressione così intelligente da far paura. Mi fece pena vederlo rinchiuso senza poter volare ed ebbi un momento di pietà, o di pazzia, se volete. 

"Tirai fuori la bacchetta e con un semplice Alohomora riuscii ad aprire la sua gabbia. Avrei liberato anche gli altri – ce n'erano sei in tutto – ma mi ritrovai a terra prima di pronunciare altri incantesimi. Il drago mi aveva imprigionato tra le zampe e mi ruggiva in faccia."

Jack e Merida ascoltavano interessatissimi senza fiatare. Rapunzel trattenne rumorosamente il respiro. 

"Pensavo di essere spacciato, e nel panico lanciai un incantesimo non verbale" continuò Hiccup. "Non sapevo nemmeno di esserne capace, anche perché durante le lezioni non ci ero mai riuscito. Colpii la coda del drago, che scappò via. Tornai al castello di corsa. 

"Nessuno mi aveva scoperto, per fortuna. I professori credevano che fosse scappato da solo e non aumentarono la sorveglianza. Improvvisamente non m'importava di essere preso in giro, l'unica cosa contava davvero era saperne di più sui draghi. Lo sguardo di quell’animale mi aveva profondamente affascinato e non riuscivo a togliermelo dalla testa. Mi feci coraggio, rubai un pesce dalle cucine e tornai alle gabbie, ma il drago non c'era. Lo cercai nel parco e lo trovai sulla sponda del lago che cercava di volare via, senza riuscirci: la mia fattura gli aveva danneggiato la coda. Mi spezzò il cuore."

Rapunzel strinse le mani al petto in un gesto di empatia. Jack roteò gli occhi e le diede un buffetto sul braccio. 

Hiccup non fece caso a loro, ancora preso dal suo racconto. 

"Riuscii a dargli il pesce da mangiare e mi permise di toccargli il muso per un attimo. Realizzai che tenere a bada sei draghi non era possibile e non liberai gli altri, ma quel giorno decisi che avrei aiutato Sdentato a volare di nuovo, dato che me la cavo bene con le invenzioni, anche se a mio padre non sono mai piaciute. Le chiama 'roba da babbani'. Cominciai ad andare tutte le mattine all'alba da Sdentato e a passare ore in biblioteca per studiare tutto quello che trovavo sui draghi, anche qualsiasi incantesimo utile. Diventammo amici in quel periodo. 

"L'unica ad accorgersi che tramavo qualcosa era Astrid, che non sopportava il mio improvviso, nuovo talento nella magia." Sorrise al ricordo. "Dopo un mese in cui mi ero guadagnato una certa popolarità, mi seguì e mi trovò che stavamo facendo un volo di prova. La mia ultima invenzione era quasi perfetta e per l'entusiasmo mi accorsi di lei troppo tardi. Solo facendola volare con noi la convinsi a non dire tutto a mio padre, così diventò mia complice. Andava tutto bene, la coda nuova era pronta e la mia classe e mio padre non giravano i tacchi quando mi incrociavano nei corridoi, finché un pomeriggio ci fu un incidente. 

"La lezione venne interrotta da uno studente dell'ultimo anno che era venuto a chiedere aiuto al professore: un suo compagno di classe aveva sguainato la bacchetta, cosa da non fare mai davanti a un drago in catene, ed era stato attaccato. Osservando Sdentato avevo imparato parecchie cose sui draghi, quindi pensai di poter essere utile. Scappai senza farmi vedere e corsi fino alle gabbie. Nella radura c'era un caos di gente che cercava di mettersi in salvo dal drago più grosso, che stava sputando fuoco per autodifesa. Andai da Sdentato, sperando di avere un vantaggio in volo, e lo cavalcai svelando il mio segreto. Tentai di calmare l'altro drago, ma si era spaventato vedendo gli incantesimi degli insegnanti ed era diventato molto aggressivo. Eravamo quasi riusciti a migliorare la situazione, quando arrivò mio padre. Il drago lo vide andargli incontro con la bacchetta alzata, si distrasse, sputò una fiammata enorme, girò la coda di scatto e io vidi una tonnellata di dure scaglie venirmi addosso. Il colpo mi disarcionò. Sarei caduto nel fuoco da una brutta altezza, se Sdentato non si fosse lasciato cadere e non mi avesse protetto col suo corpo."

Jack, convinto di star per ascoltare come era morto il drago (che razza di nome gli aveva dato?), appoggiò una mano sulla spalla di Rapunzel, pronto all'inevitabile pianto. Non che fosse una frignona, ma Jack sapeva quanto le piacevano gli animali. Merida era completamente tesa verso Hiccup, la bocca impiastricciata di cioccolato. 

"Si è sacrificato per te?" 

Lui abbassò appena la voce. "Penso che fosse disposto a farlo, ma non fu necessario. La sua pelle ci protesse entrambi dal fuoco, più o meno." 

"Tuo padre cosa ha fatto poi?" chiese Jack. 

"Dopo molti sforzi era riuscito ad addormentare il drago, mentre noi cadevamo. Mi cercò insieme agli e fu scioccato di trovarmi avvolto nelle ali di Sdentato. Non so cosa successe esattamente dopo, mi risvegliai in infermeria che erano passati giorni. Cercai di alzarmi dal letto, ma mi bloccai sollevando le coperte. La mia gamba sinistra non c'era più. 

"Quando si accorsero che ero sveglio, l'infermeria diventò un via-vai di gente; volevano tutti farmi i complimenti per quanto ero stato bravo e coraggioso per aver addomesticato un drago. Nessuno si aspettava che Hiccup 'Lisca di Pesce' Haddock, l'unico fallimento di Stoick, fosse un genio delle creature magiche. Per ultimo venne mio padre. I genitori lo avevano sommerso di Strillettere per aver permesso un simile incidente, così andò a trovarmi solo quella sera e, per la prima volta in quindici anni, parlammo sul serio. Era dispiaciuto per non aver mai avuto davvero fiducia in me, mi disse di essere fiero di avermi come figlio. Io ammisi di non avergli reso la vita facile, con le mie invenzioni e l'atteggiamento ribelle."

"Aspetta," lo interruppe Merida, "allora non è stato il drago a procurarti quella?" 

Hiccup scosse la testa. "Sdentato mi ferì per salvarmi la vita. Mi afferrò coi denti per non farmi schiantare, e così…" sollevò il piede, "...gamba di ferro!" 

"Che storia" mormorò Merida. Gli altri due erano ammutoliti. 

"Da allora sono una specie di celebrità della scuola, il governo ci permette di tenere Sdentato come drago da guardia e i suoi simili non vengono più usati per fare lezione" concluse Hiccup soddisfatto. 

"E ti sei messo con Astrid" aggiunse Jack deciso a non lasciar perdere quella storia. 

"Già." 

"Voli ancora con Sdentato?" chiese curiosa Rapunzel guardando la gamba del mago. "Voglio dire, puoi?

A Hiccup non sfuggì la sua occhiata. "Ho adattato il meccanismo della coda alla mia protesi. Facciamo un giro ogni volta che posso." 

"E così," fece Jack rilassandosi nuovamente sul tronco, "hai un drago per amico." 

"Migliore amico" lo corresse Hiccup. Di fronte al suo tono tranquillo, privo di tracce di sarcasmo, Jack non lo contraddisse. Era chiaro che l'espressione dello studente dal nord non ammetteva repliche. 

"Deve mancarti molto" osservò Merida con una sensibilità che Jack non si aspettava. Poi intuì che la ragazza riusciva ad empatizzare con Hiccup perché capiva la profondità del suo legame con il drago. Rapunzel era figlia unica, lui non vedeva sua sorella per buona parte dell’anno, ma Merida aveva tre fratelli a cui era molto legata. Jack pensò che il loro non fosse esattamente lo stesso rapporto fraterno. Sospettava che quello che c'era tra Hiccup e Sdentato fosse diverso, più intimo, più assoluto, più totale. Da come ne parlava, lasciava trasparire un senso di appartenenza reciproca inspiegabile quanto bellissima. Forse era proprio quello che la gente intendeva, quando parlava di anime gemelle, ma Jack non aveva esperienze personali per fare un paragone. 

Una goccia di pioggia cadde sul naso di Rapunzel interrompendo il silenzio che era calato tra i ragazzi. Astrid si avvicinò a loro schizzando acqua dappertutto. 

"Sta per venire giù il diluvio qui, gli altri sono già andati alla nave a cambiarsi." Si asciugò i piedi con un incantesimo, ignorando come tutti la regola che vietava di usare la magia fuori dalle aule, e si allacciò le scarpe. "Torniamo dentro? Voglio vedere chi di Beauxbatons mette il nome nel calice." 

Jack si rialzò prima degli altri. "Che ore sono?" 

"Le sei, perché?" 

"Ho gli allenamenti di Quidditch". Raccolse la borsa e la scrollò per togliere gli aghi di pino. 

Astrid parve sorpresa. "Vi esercitate anche sotto la pioggia? Mi piace come ragionate. Sai, gioco anch'io". 

"Naturale. Quest'anno non si terranno le gare per via del Torneo Tremaghi, ma dobbiamo comunque esercitarci. Non possiamo permettere che Corvonero vinca un'altra volta." Jack aveva ormai superato l'indignazione iniziale per la spiacevole puntualizzazione fatta da Nord, durante l'annuncio di settembre. 

"Mi pare giusto" annuì Astrid. "Che ruolo hai in squadra?" 

"Portiere" rispose fieramente Jack. "Il mio equilibrio sulla scopa è leggenda, qui". 

"Io sono Cacciatrice, e—" 

"...Ed è bravissima" tagliò corto Hiccup prendendola per mano. Teneva l'altro braccio sollevato per ripararsi dalla pioggerellina sempre più forte. 

Rapunzel e Merida erano sollevate dell'interruzione, anche perché le borse che tenevano sulla testa cominciavano a inzupparsi. "Grazie, quando attacca con il Quidditch Jack non la smette più" borbottò Merida. 

Lui si buttò la sacca in spalla. "Va bene, antipatici che non siete altro, ci vediamo a cena!" 

 



I quattro corsero al riparo del castello appena in tempo per evitare l'acquazzone. Trovarono la Sala d'Ingresso piena di ragazzi intenti a strizzarsi i vestiti fradici e svuotarsi le scarpe dall'acqua. Hiccup non aveva fatto un bagno simile da quando era caduto nel lago della sua scuola a dodici anni. 

"Spero non si siano rovinati i libri" disse Rapunzel aprendo appena la borsa. Sbirciò rapidamente dentro, temendo il peggio, ma tirò un sospiro di sollievo. "Salvi!" 

"Bene, se non sono bagnati possiamo bruciarli per scaldarci" scherzò Merida. L'altra fece un verso sdegnato. 

"Non dirlo neanche per scherzo! Quest'anno abbiamo il M.A.G.O., ricordi? E comunque i libri servirebbero molto più a te che a me." 

"Cos'è il M.A.G.O.?" chiesero Hiccup e Astrid, che non avevano mai sentito l'acronimo. 

"Gli ultimi esami da fare a Hogwarts" spiegò Merida. "Sta per Magia Avanzata di Grado Opzionale, no, aspetta – com'era? – Originale, no, neanche questo… Ordinale? 

Rapunzel aveva aperto bocca, pronta a venirle in aiuto, ma una voce le impedì di finire la sigla. 

"Ottimale, signorina DunBroch. Lo impari, una buona volta" terminò in tono annoiato. Il professore che Hiccup aveva visto all'arrivo di Beauxbatons sbucò da dietro una colonna squadrandoli con gli occhi grigi. Stavolta lo osservò meglio: era molto pallido, quasi cadaverico, con le occhiaie e i capelli corti e neri sistemati all'indietro, un po' spettinati. A Hiccup ricordavano quelli di Dagur, tuttavia non davano la stessa sensazione. Quelli dell'uomo sembravano naturali, invece l'altro dava semplicemente l'impressione di non curarsi di pettinarli. Portava vestiti scuri dal taglio sobrio. 

L'uomo si rivolse al resto degli studenti. "Non avete di meglio da fare piuttosto che sporcare di fango l'atrio, voialtri?" 

Molti degli alunni più giovani si affrettarono a lasciare la sala. Apparentemente soddisfatto, il mago salì le scale che portavano al piano superiore senza aggiungere altro. 

Appena l'eco dei suoi passi svanì, Merida fece una boccaccia. "Sempre insopportabile". 

"Ma chi è? Non l'avevo mai visto prima di stamattina, al banchetto di ieri non c'era" domandò Astrid. 

"Quello è il professor Black, insegna Difesa Contro le Arti Oscure e non c'è quasi mai all'ora dei pasti" rispose Rapunzel rabbrividendo leggermente. "Fa paura a tutti, in più credo che non gli piacciano i bambini. Jack lo odia" aggiunse. 

"E il sentimento sembra reciproco. È sempre stato particolarmente crudele con lui, chissà perché" disse Merida pensosa. Hiccup e Astrid si scambiarono uno sguardo. 

"Fatemi indovinare, Jack è il tipo che non riesce a tenere la bocca chiusa quando dovrebbe?" indagò lei. 

"Che risponde sempre a tono?" sottolineò lui. 

Rapunzel li guardò esitante. "Be', sì, però non avete visto come lo tratta il professor Black, come lo guarda. Jack sarà anche un combinaguai, ma non è prepotente, o violento. Non ha motivo di detestarlo". 

Merida scrollò le spalle. "In realtà pensiamo tutti che uno gnomo lo abbia morso da piccolo," bisbigliò facendo scoppiare a ridere i due ragazzi di Durmstrang, "e che la brutta faccia di Jack glielo ricordi".

"Una teoria plausibile" commentò Astrid asciugandosi gli occhi senza fiato. Rapunzel guardò entrambe con aria di rimprovero. 

"Sì, se non fosse che la faccia di Jack non ha niente che non va" precisò Hiccup in difesa dell'amico. Rapunzel annuì incoraggiante. 

"Esatto, non essere cattiva, Merida!"

Lei non smise di ridacchiare e la ignorò. Si girò verso Hiccup. "Sentiamo, come sarebbe la faccia di Jack, allora?" 

Ora anche Rapunzel e Astrid lo guardavano incuriosite. Lui non capiva cosa si aspettavano che rispondesse. "È… a posto, credo. Il mio metro di giudizio potrebbe essere sbilanciato, però, dopotutto l'unico confronto che mi viene in mente è con Moccicoso." Si grattò la testa. 

Le due ragazze si scambiarono occhiate che non riuscì a interpretare (Merida aveva perso rapidamente ogni interesse per il discorso). La conversazione aveva preso una piega decisamente strana. 

"Ok, allora diresti che la faccia di Jack è meglio o peggio di quella di Eret?" lo interrogò Astrid. Hiccup si sentiva sempre di più come una preda messa all'angolo. 

"Non saprei, meglio, suppongo?" rispose disorientato. 

"E com'è questo Eret?" intervenne Rapunzel. 

"Alto, capelli lunghi neri, occhi marroni. Si dà un sacco di arie, però". 

"Ooh, anche più alto di Hiccup?" 

"Credo sia un metro e ottantacinque" confermò Astrid. Rapunzel era inspiegabilmente colpita. 

"Io… Io sarei ancora qui" tentò debolmente lui di distrarle. Era chiaramente partito il momento 'Vediamo-chi-è-il-ragazzo-più-bello-secondo-Hiccup'. "La mia autostima non è esattamente alle stelle, e voi non state aiutando." Finalmente Astrid lo degnò di uno sguardo e gli diede il solito pugnetto affettuoso. 

"Scusa, Hic. Grazie per la tua risposta" concluse facendo l'occhiolino a Rapunzel. 

"Cos'hanno da guardare quelli là?" si decise a cambiare discorso Merida. Indicava un punto al centro della Sala d'Ingresso dove diversi studenti si erano accalcati. Ogni tanto si sentivano risate e applausi. 

"Lì è dove hanno messo il Calice di Fuoco."

Subito dopo Merida li trascinava in mezzo alla ressa, tirando gomitate per farsi largo. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

...E la parte introduttiva è praticamente finita, dal prossimo capitolo si svilupperà la trama! 

Ho cercato un modo per incastrare Sdentato, ma mi sono dovuta arrendere a lasciarlo a casa, non me ne vogliate! 

Avrete notato che il personaggio di Hiccup si incastra da qualche parte tra il primo film e i due seguiti, perché qui ha diciassette anni e mi piaceva l'idea di caratterizzarlo in modo diverso dalla sua solita versione pre-Sdentato. 

L'ultima parte è puramente self-indulgent: adoro la Hijack e volevo rendere "omaggio" alla ship. Astrid approva, eheh. 

Grazie per aver letto fino a qui! 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Ora di scoprire nostri campioni! ***


Parte 5: Ora di scoprire nostri campioni!

 

 

 

 

 

 

 

 

Grazie alla tenacia di Merida, i quattro riuscirono ad arrivare in prima fila.

Erano in mezzo al cerchio di persone che si era formato intorno a un calice colmo di fiamme blu, circondato da una linea magica. Uno alla volta, diversi studenti oltrepassavano la linea, foglietto alla mano, e lo buttavano nel fuoco. A ogni nome bruciato partivano applausi ed esultazioni.

"Io e Hiccup ci siamo già iscritti" ricordò Astrid. "Che dite, volete provare?" 

La domanda colse Merida alla sprovvista. Da un lato non le piaceva l'idea di accontentare sua madre, ma dall'altra le pareva che le fiamme azzurre risplendessero in modo invitante. 

Rapunzel mise le mani avanti. "Quest'anno abbiamo gli esami." 

"Ma non sono obbligatori, no?" disse Astrid. 

"Mi servono voti alti se voglio entrare al Ministero" puntualizzò l'altra. 

"Se vieni scelta come campione non ti serve il M.A.G.O." rifletté Merida, che cominciava a trovare quella nuova alternativa molto attraente. "Potresti tranquillamente marciare dentro, dire 'Sono la campionessa di Hogwarts', e nessuno farebbe obiezioni." 

"È una tua scelta, Rapunzel. Non farti sentire obbligata" disse Hiccup in tono tranquillizzante. Un altro coro di celebrazione si alzò dai ragazzi. 

"Preferisco rimanere tutta intera, grazie" dichiarò infine Rapunzel. 

"Scelta saggia" approvò Hiccup. 

"Come vuoi tu. Mi presti una pergamena?" Merida aveva già la piuma in mano. 

"Sarà molto pericoloso...!" disse la bionda mordendosi il labbro. 

"Scusa, Punz, ma sono affari miei."

Rapunzel si arrese e si mise a frugare nella borsa alla ricerca di un rotolo di riserva, mentre Astrid batteva il cinque alla rossa. "Grande!" 

Merida prese il foglio offerto dall'amica e scrisse il suo nome nella grafia più ordinata che le riuscì. La prospettiva di non dover studiare per gli esami era troppo allettante per non fare un tentativo, e se avesse fatto felice sua madre, tanto meglio. 

Sentì gli occhi di tutti puntati addosso quando si avvicinò alla Linea dell'Età, oltrepassò il cerchio con un grande passo e si avvicinò al calice. Sperava di intravedere qualcosa tra le fiamme, un segno che le avrebbe mostrato di avere una possibilità, ma non vide nulla. Gettò il biglietto nel calice e lo guardò consumarsi in rapidamente nel fuoco. Gli altri applaudirono. 

Merida uscì dal cerchio un po' intontita. Non posso credere di averlo fatto

Rapunzel era imbronciata. "Non pensare che ti lascerò copiare i miei compiti, se vieni scelta".

"Va bene, signorina Prefetto." 

Lei le fece la linguaccia. Merida la ignorò e si voltò verso il centro del della Sala d'Ingresso, dove Eugene camminava sicuro verso il Calice di Fuoco. Anche gli altri se ne accorsero e lo guardarono mettere il suo nome, mentre i suoi amici da Beauxbatons facevano il tifo. 

"Lo conoscete?" chiese Hiccup. 

"È il fidanzato di Rapunzel" rispose prontamente Merida impedendo all'amica di aprire bocca. Lei incrociò le braccia. 

"Smettila di dirlo, non è il mio ragazzo!"

"Allora lo diventerà presto". Merida adorava stuzzicare i suoi amici, ma sapeva rispettare il limite. Stabilì di non esserci ancora arrivata. 

"Se non la pianti," minacciò l'altra stringendo gli occhi nel tentativo di sembrare intimidatoria, "ti lancio una fattura per renderti pelata!" 

Merida finse di rabbrividire. "Che gesto vile da parte di un Prefetto!" 

"Va bene, va bene, adesso basta" le interruppe Hiccup, che sembrava abituato a calmare battibecchi. "Che ne dite se andiamo a cena?"

Forse aveva ragione, pensò Merida. 

Seguirono gli altri studenti affamati e varcarono le porte della Sala Grande. Merida gettò un ultimo sguardo al calice. 

 

 


 

 


Dato che era la sera di Halloween, la Sala Grande era stata addobbata a festa, e Hiccup e Astrid ammirarono le decorazioni di zucche giganti e pipistrelli vivi (a Hiccup ricordarono Sdentato, in lampo di nostalgia). Si sederono tutti insieme al tavolo di Grifondoro, com'era ormai da abitudine, e cominciarono a mangiare. Così come a pranzo, Hiccup fu felice di riconoscere diversi piatti che venivano serviti a Durmstrang. 

Improvvisamente, Merida fece cadere le posate emettendo un suono strozzato. 

"Perché lei è qui?!" 

Loro guardarono nella direzione in cui si era girata: al tavolo degli insegnanti, insieme a suo padre, Skaracchio e la Preside di Beauxbatons, ora in forze, si erano aggiunte due persone che Hiccup non conosceva. Una donna dai lunghi capelli castani e le vesti verdi sedeva rigida alla destra del Preside, accanto a un uomo pelato con i baffi scuri. Merida la stava guardando con un'espressione di raccapriccio, invece Rapunzel non parve turbata. 

"Non ci avevi detto che tua madre lavora al Ministero della Magia?" disse tranquilla. "Sono stati loro ad organizzare il torneo, saranno qui per assicurarsi che vada tutto liscio." 

"Quella è tua madre? Non ti assomiglia per niente" osservò Astrid. 

"Somiglio più a mio padre." 

"È un mago anche lui?" 

Merida scosse la testa, cercando di nascondersi dietro a Rapunzel per non farsi vedere da sua madre. "No, è babbano. E anche Jack è Mezzosangue come me, sempre da parte di madre."

"Ah, io e Hic siamo figli di maghi, due delle famiglie più antiche della Scandinavia! Pensa che questo qui," disse Astrid pungolando Hiccup sul fianco con un dito, "è il terzo col suo nome." 

Sotto le esclamazioni di sorpresa, lui notò che Rapunzel era diventata stranamente silenziosa. 

"E tu Rapunzel?" continuò Astrid. "Come sono i tuoi?" 

Lei esitò un momento, a testa bassa, giocherellò con le costolette e rispose: "...Sono babbani." 

Da come lo disse, Hiccup capì che aveva paura della loro reazione: non era difficile incontrare maghi che disprezzavano chiunque non fosse Purosangue. Molti genitori inculcavano ai figli le loro opinioni anti-babbane, come il padre di Moccicoso, anche lui nato da una lunga stirpe di maghi. Altri erano diffidenti verso tutto quello che li riguardava. Perfino il padre di Hiccup, che era piuttosto tollerante verso i non-magici, aveva sempre criticato apertamente le tecnologie babbane utilizzate dai maghi, comprese quelle che interessavano tanto al figlio. 

Peraltro, Durmstrang non ammetteva i Nati Babbani, come voleva la tradizione secolare. I giovani maghi del nord dovevano rivolgersi ad altre scuole, se volevano ricevere un’istruzione, oppure farsi insegnare dai genitori. 

"Dovrà essere stato scioccante scoprire di essere una strega" disse in tono gentile Astrid, che il cielo la benedisse. 

Rapunzel alzò finalmente lo sguardo dal piatto, gli occhi colmi di sollievo. "Molto, ma almeno ha spiegato alcune stranezze che mi capitavano a casa!" 

Era ritornata l'atmosfera serena. 

 

 


 

 


Jack tornò subito dopo i suoi compagni di squadra, quando gli altri erano arrivati al dolce. Si abbandonò nel posto di fianco a Merida e si mise una fetta di dolce pieno di caramelle nel piatto. 

"Che fine avevi fatto? Vi siete allenati anche al gioco delle lumache?" lo sgridò lei spostandosi per non bagnarsi. Jack era fradicio di pioggia. "Ti conviene sbrigarti, o ti sparirà la torta da sotto i denti." 

"C'è il temporale là fuori. Mi sono fatto la doccia due volte, in pratica" spiegò il mago con la bocca piena. "Ma quella non è tua madre?" 

La riconobbe da una foto delle vacanze che Merida gli aveva mostrato una volta. Aveva gli stessi capelli lunghi fino alle ginocchia e l'atteggiamento impettito. 

"Sì, ma tu non guardarla negli occhi." 

Si sbrigò a mangiare tutto quello che riuscì; nonostante fosse il secondo banchetto in due giorni, l'allenamento gli aveva messo una fame incredibile. Aveva appena posato il bicchiere che i piatti si svuotarono per magia. 

Era il momento. 

"Bene" disse Nord alzandosi in piedi. "Ora di scoprire nostri campioni!" 

Con un gesto della bacchetta, fece apparire il Calice davanti al tavolo degli insegnanti. Calò un silenzio pieno di attesa. La madre di Merida si schiarì la voce spazientita. 

"Ah, ma io dimentico nostri egregi ospiti di stasera!" esclamò il Preside.

I due intrusi al tavolo rialzato si fecero avanti. Jack notò l'uncino lucido che aveva l'uomo al, posto della mano sinistra. 

"Vi presento persone che hanno permesso questo torneo. Questa è Direttrice di Ufficio di Cooperazione Magica Internazionale, Elinor DunBroch, e questo è Bradford Thugook, capo di Ufficio per Giochi e Sport Magici" disse Nord. "Completeranno giuria e rimarranno con noi fino a termine di Torneo. Facciamo nostri ringraziamenti!" 

Seguì un applauso poco entusiasta, dato che tutti erano impazienti di sentire chi erano i campioni. Jack scalpitava nel suo posto. 

"Grazie, Nicholas" prese la parola Elinor. "Sono felice che il numero di iscrizioni abbia superato ampiamente le nostre aspettative, visti gli sforzi del Ministero di assicurare un'edizione del Torneo Tremaghi sicura e appassionante. Abbiamo lavorato per mesi affinché non ci sia il rischio di incidenti, ma vi prometto che troverete comunque le prove intriganti. Questa competizione è stata creata per rinsaldare gli ottimi rapporti con i nostri colleghi esteri, perciò mi auguro che tutti voi riusciate a fare amicizia e stabilire una connessione. Vi assicuro che conoscere maghi e streghe di culture diverse dalla nostra è estremamente stimolante."

"Se qualcuno nomina ancora esperienze, connessioni e annessi vomito" borbottò Merida sottovoce. 

"...Soprattutto in questi tempi. Non dobbiamo mai dare per scontato quanto sia prezioso essere uniti, spero ve lo ricorderete." Il tono di Elinor si fece grave. Gli studenti si scambiarono diverse alzate di sopracciglia, pensando a come era stata ridotta la carrozza di Beauxbatons.  Le applaudirono più per educazione, che per sincerità. 

La madre di Merida tornò al tavolo e si sedette elegantemente. L'uomo calvo si fece avanti. 

"Vedo che siete impazienti di sapere chi sono i tre malcapitati. Be', cercherò di essere breve. Coloro il cui nome verrà estratto dal Calice dovranno affrontare tre prove, senza aiuti da persone e oggetti, o se la vedranno col mio uncino. La Linea dell'Età imposta da Madama DunBroch ha già pensato al problema della partecipazione troppo ampia. I Campioni saranno anche esonerati dagli esami" – Jack udì un "Beati loro… o noi" dai gemelli Thorston, qualche metro più lontani – "e al vincitore spetteranno la Coppa Tremaghi e il premio di mille galeoni. È tutto, mi pare" concluse il mago grattandosi il mento con l'uncino. 

Partì un altro applauso frettoloso e si riaccomodò. Jack non riusciva a capire se il tavolo traballasse per i movimenti agitati di qualcun altro, o se per i suoi. Sapeva solo che non avrebbe sopportato un altro discorso noioso. 

Fortunatamente, Nord aveva avvertito la tensione alle stelle della Sala, e spense le candele sul soffitto, facendo calare la penombra. Le fiamme del Calice brillavano alte, in un silenzio di tomba che era snervante. 

A un tratto, il contenuto diventò rosso, si alzò una frusta di fuoco e un frammento di pergamena volteggiò nell'aria. La Sala trattenne collettivamente il respiro. 

Il Preside afferrò il biglietto al volo, si schiarì la voce e pronunciò: "Eugene Fitzherbert!" 

Dal tavolo di Serpeverde, dove i ragazzi di Beauxbatons erano seduti, si levò un'esplosione di entusiasmo. Eugene si alzò dal suo posto e caracollò verso gli insegnanti, spinto da decine di pacche sulla schiena. Nord gli strinse la mano e gli indicò una porta dietro il tavolo dei prof. 

"E bravo Flynn!" esclamò Merida. 

Dopo che Eugene se ne andò, passò meno di un minuto, dopodiché il Calice illuminò nuovamente di rosso la Sala Grande. Nord intercettò il secondo foglietto, lo girò e lesse il nome. 

"Jackson Overland!" 

Jack impiegò qualche secondo per realizzare di non aver immaginato tutto. Le grida gioiose dei Grifondoro lo fecero sobbalzare e qualcuno lo tirò in piedi. Le sue gambe lo portarono automaticamente davanti a Nord, che lo strinse in un abbraccio e gli baciò le guance, segno che era davvero felice. "Shostakovich, ce l'hai fatta, Jack, sei campione di Hogwarts!" 

Come avesse fatto dopo ad entrare nella stanza, il ragazzo non se lo spiegava. A un tratto si ritrovò insieme a Eugene in una saletta con diversi quadri alle pareti e un camino acceso. 

"Mi ricordo di te, sei l'amico di Rapunzel, Jacob, giusto?" disse il campione di Beauxbatons. 

"Jack" lo corresse lui. Si sentiva la testa svuotata. L'altro agitò una mano. 

"Come ti pare." 

Jack lo guardò storto, accorgendosi per la prima volta quanto fosse alto. Non gli piacque per niente quel tono di noncuranza. "Cosa…" 

La voce di Nord rovinò il silenzio e un gran boato scoppiò nella sala accanto. Qualche secondo dopo videro la maniglia girare. Qualcuno entrò nella stanza. 

Jack spalancò gli occhi, perché si sarebbe aspettato chiunque, soprattutto Hiccup, attraversare la soglia, ma non Astrid Hofferson. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

Sorpresa! Il campione di Durmstrang è Astrid e non Hiccup, che colpo di scena, eh? Vedremo come reagiranno gli altri nel prossimo capitolo. 

Intanto, è apparsa Elinor, la mamma di Merida, che in questa storia è nel Ministero per via del suo ruolo di regina, che mi sembrava perfetto. E l'uomo con l'uncino non è altri che il bandito/furfante del Bell'Anatroccolo di Rapunzel. Non sapendo il nome ufficiale, l'ho chiamato ispirandomi al nome del doppiatore originale, Brad, mentre il cognome è un misto tra Thug e Hook. È bruttino, lo ammetto, ma era la mia idea migliore. Verrà soprannominato Uncino, per comodità. 

Grazie per aver letto fino a qui! 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Non posso crederci ***


 

Parte 6: Non posso crederci

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Astrid Hofferson!"

Hiccup rimase a bocca aperta, e così anche lei. Non fecero in tempo a dirsi nulla, perché i loro amici e gli studenti di Grifondoro si erano subito lasciati andare a esclamazioni di sorpresa e incoraggiamento. Astrid continuò ad aprire e chiudere la bocca senza dire nulla, ancora girata verso di lui mentre si alzava esortata dagli altri. 

"E che cavolo, sempre a lei la gloria" lamentò Testabruta dall'altra parte del tavolo.

"Puoi dirlo forte, sorella, quella continua a rubarci la scena" disse Testaditufo. Moccicoso aveva incrociato le braccia con aria contrariata. 

"Oh be', meglio lei che il signor Fenomeno qui" commentò accennando a Hiccup. 

"Strano che non sia stato scelto tu, vero Hiccup?" disse Gambedipesce, seduto tre posti alla sua destra. Lui annuì senza fare considerazioni. Avrebbe dovuto essere contento, ma allora perché aveva un nodo allo stomaco? 

"Non posso crederci" mormorò Merida, che non aveva smesso di ripeterlo da quando Jack era stato estratto. "Non posso crederci." 

In effetti, Hiccup non ricordava di averlo sentito annunciare il suo tentativo. Lo aveva visto sbiancare, quando aveva sentito il suo nome. 

Astrid entrò nella stanza con gli altri e il professor Nord riaccese le candele. "Ottimo, ora campioni riceveranno istruzioni per prima prova, che sarà 24 di mese prossimo. Buonanotte a tutti!" 

 

 


 

 


Avrebbe dovuto essere delusa, eppure Merida non era amareggiata. Certo, non si era liberata dalla rottura degli esami, ma non si sentiva troppo dispiaciuta. 

No, Merida era intensamente concentrata per cercare di capire come Jack potesse essere stato scelto. C'era chiaramente stato un errore, un equivoco, un sabotaggio!

Assorta nei suoi pensieri, fece caso a sua madre troppo tardi. 

"Merida!" la chiamò superando gli altri studenti. La solita calca all'uscita impedì alla ragazza di darsela a gambe. 

"Ciao, mamma" si arrese.

"Speravo che venissi scelta tu, peccato. Oh, hai l'orlo dei vestiti sudicio. Ti sei di nuovo seduta per terra?" E li ripulì con un 'gratta e netta'. Merida sentì le guance diventare dello stesso colore dei capelli. 

"Mamma, ci stanno guardando tutti" sibilò a denti stretti. 

Hiccup venne in suo soccorso dicendo a voce molto alta "Madama DunBroch, è un onore conoscere una Direttrice del Ministero della Magia del suo calibro." 

Elinor strinse la mano che lui le porse, inarcando un sopracciglio. "Il piacere è mio, signor…" 

"Haddock, signora. Hiccup Haddock."

La strega assunse un'espressione sbalordita molto poco cortese. "Sei il figlio di Stoick Haddock?" 

"Esatto. Ora ci scusi" e poggiò una mano sulla spalla di Merida, "ma dovremmo andare a letto. Sa com'è, con il coprifuoco e il resto." 

Merida era certa che Hiccup sapesse benissimo che il coprifuoco per quelli dell'ultimo anno fosse alle dieci e mezza. Disorientata forse da quella presentazione inaspettata, Elinor batté le palpebre e replicò: "Certamente. Buonanotte, allora, ragazzi." 

Merida si lasciò condurre nella Sala d'Ingresso, dove gli amici di Hiccup lo stavano aspettando. Lui le lasciò la spalla e trasse un lungo sospiro. "Che serata, eh?" 

"Ti devo la vita, mio salvatore" ridacchiò Merida resistendo all'impulso di abbracciarlo lì davanti al viavai di gente. 

"Figurati" disse Hiccup distrattamente, con il collo allungato per guardare verso le porte che davano sulla Sala Grande. I suoi amici lo richiamarono a gran voce. 

"Ne hai ancora per molto? Sto morendo di sonno" gridò Moccicoso dondolando sul posto. 

Hiccup le augurò la buonanotte e uscì svogliatamente diretto alla nave con gli altri, mentre l'atrio si svuotava. 

Merida stava ponderando assonnata se andare anche lei a dormire o restare ad aspettare Jack, quando vide Rapunzel raggiungerla con una corsetta. 

"Che guaio, adesso cosa facciamo?" 

"Intanto cerchiamo di capire come sia potuto succedere, poi vedremo" disse Merida pensosa. Non avrebbe esitato a usare la violenza, se necessario. 

Rapunzel si tormentò una ciocca di capelli. "In ogni caso dovremo aiutare Jack, non credo che potrà tirarsi indietro. Speriamo che nessuno lo abbia preso di mira, sarebbe terribile, chi farebbe una cosa del genere? Un altro studente, forse?" cominciò a borbottare ansiosamente. 

"Stai tranquilla, Rapunzel" la rassicurò Merida. "Troveremo il colpevole." 

Lei annuì poco convinta, ma la seguì comunque verso la scala di marmo, dove si sedettero. 

Passarono pochi minuti, dopodiché si alzarono vedendo Jack uscire dalla Sala Grande insieme a Eugene e Astrid. 

"Gli altri sono tornati alla nave?" chiese loro quest'ultima, ripresasi completamente dallo shock iniziale. Ricevuta conferma dalle due ragazze, li salutò rapidamente e uscì, scendendo i gradini di pietra a passo determinato. 

"Ehi, biondina" disse Eugene rivolto a Rapunzel. "Farai il tifo anche per me, vero?" 

"Certo" gli sorrise nervosamente lei dondolando sui talloni. Merida non poté fare a meno di notare che era arrossita appena.

Anche Eugene si congedò e i tre studenti di Hogwarts rimasero finalmente soli. 

"Come ti senti, Jack?" chiese Rapunzel. 

"Alla grande" disse Jack sbadigliando. "Che ne dite se ne parliamo domani? Là dentro non la finivano più." 

"Vi hanno detto cosa farete nella prima prova?" domandò preoccupata la bionda. Jack scosse la testa. 

"Lo scopriremo il giorno stesso, a quanto pare. Vi prego, andiamo al dormitorio, adesso?" 

Fece uno sbadiglio ancora più grande dell'ultimo. Merida recepì subito il messaggio e disse: "Hai ragione, possiamo parlare domani all'intervallo. Buonanotte, Rapunzel." 

Lei li salutò con un faccino triste che metteva voglia di abbracciarla e scese al dormitorio dei Tassorosso. Merida e Jack salirono la scala di marmo e rimasero zitti per tutto il tragitto. Merida non si era fatta ingannare dallo sguardo assonnato dell'amico, ma non era sicura se aprire subito il discorso. Jack era ancora scioccato, dopotutto, e non voleva angosciarlo ulteriormente. 

Il suo proposito resse per circa quattro minuti, dopodiché, appena svoltarono l'angolo di un corridoio deserto e silenzioso, lo mise con le spalle al muro. 

"Ora puoi anche smettere di fingere che vada tutto bene. Sappiamo entrambi che qui a Hogwarts c'è qualcuno che vuole sbarazzarsi di te!" disse. 

Jack batté le palpebre un paio di volte. "Come dici?" 

"Black!" sibilò Merida. "È stato lui a mettere il tuo nome nel Calice di Fuoco!"

"Merida, so benissimo chi è stato, e Black non c'entra niente" disse Jack.

"Allora perché non l'hai detto a Nord?" 

Jack alzò gli occhi al cielo. "Perché non c'è nessuno da denunciare, testona. Sono stato io." 

Merida sentì la risposta pronta morirle in gola. "Tu? Ma quando ci sei andato? Io ho fatto a malapena in tempo prima di cena!" 

"Subito dopo gli allenamenti" rispose Jack, "ho fatto la doccia, mi sono vestito, ho fatto un'altra doccia sotto la pioggia, ho messo il mio nome nel Calice nella Sala d'Ingresso e sono andato a cena." Lo spiegò come se stesse elencando le commissioni da fare. Merida lo fissò frastornata. 

"Perché non ce l'hai detto?" riuscì solo a chiedere. Lui alzò le spalle con noncuranza. 

"Non credevo che sarei stato scelto. Non che tu possa lamentarti, in fondo hai fatto lo stesso." 

"Pensavo lo immaginassi, sai come sono fatta" si difese Merida. 

"Certo, certo." 

Merida ammutolì, senza trovare altro da dire, e ripresero a camminare. Jack aveva fatto la sua scelta e sarebbe stato stupido, pure ipocrita, criticarla. Anche lei si era iscritta, del resto, tuttavia ancora non si spiegava perché l'amico avesse taciuto la sua iniziativa. Lei aveva semplicemente pensato che non gli interessasse, ma come spiegarlo? 

Fecero l'ultima rampa di scale, dissero la parola d'ordine – 'Ardemonio' – ed entrarono nella sala comune. 

Mille voci si sovrapposero le une alle altre in una corrente di complimenti entusiasti che investì Jack e Merida.

"Ecco il campione di Hogwarts!" 

"Metticela tutta, Jack!" 

"Cerca di non farti ammazzare, Overland, contiamo su di te." 

Jack venne trascinato in una serie di abbracci e pacche sulla schiena, ma si districò quasi subito. "Scusate, ragazzi, ho dimenticato di fare una cosa." 

Gli altri protestarono, ma Jack stava già spingendo la cornice del ritratto che faceva da porta alla sala comune. Merida dovette fare uno scatto per intercettarlo. 

"Dove vai, non avevi sonno? Sai che tra poco c'è il coprifuoco." 

"Vado in biblioteca. Devo cominciare subito a prepararmi, no?" 

Merida gli avrebbe volentieri tirato un orecchio. 

"Non prendermi in giro. Non sai nemmeno in cosa consisterà la prova! E tu in biblioteca non ci vai mai." 

"No, ma ci sono un sacco di nozioni basilari che devo ripassare. Incantesimi fondamentali, fatture essenziali..." disse Jack vago. 

Prima che Merida riuscisse ad acchiapparlo per suonargliele, il mago sgusciò tra gli altri Grifondoro e uscì. Lei fece per seguirlo, ma si ricordò della madre. Forse non era una buona idea farsi mettere in punizione mentre Elinor era a Hogwarts. 

Merida si infilò tra i suoi compagni, che sembravano desiderosi di festeggiare anche senza Jack, e salì nel dormitorio delle ragazze. Tanto valeva dormirci su. 

 

 

 

 


 

 

 

Jack scese le scale e si nascose dietro a un'armatura. 

Aveva appena fatto in tempo a vedere Pitch Black, il professore di Difesa Contro le Arti Oscure, accompagnato dalla Preside Gothel. Stavano parlando di un argomento delicato, a giudicare dall'espressione seria di entrambi, ma discutevano a voce talmente bassa che Jack non riusciva a sentire. Improvvisamente, Black sfoderò un sorriso ammaliante e si avvicinò di più alla Preside di Beauxbatons. Lei si ritrasse, ma dopo un breve scambio si fermò e rimase ad ascoltare quello che a Jack sembrò un monologo appassionato: Black faceva ampi gesti e continuava a sorridere in modo seducente. 

Jack non lo aveva mai visto comportarsi così, soprattutto con lui. L'odio profondo tra Black e il ragazzo era noto a chiunque, a Hogwarts, ma nessuno aveva mai capito perché i due si fossero presi subito in antipatia. I più curiosi avevano chiesto a Jack cosa il professore avesse contro di lui, e lui aveva sempre risposto di non saperlo, certo che non gli avrebbero creduto. 

Black leggeva i pensieri di Jack.

Sin dal primo anno al castello, ogni volta che il ragazzo guardava negli occhi l'insegnante, sentiva un vuoto nello stomaco e le palpitazioni aumentare. Quando i loro sguardi si incrociavano, i peggiori ricordi di Jack gli attraversavano la mente, lasciandolo atterrito. 

Le urla. Il silenzio. La voce di sua madre rotta dal pianto. Un letto vuoto. Dei pattini abbandonati. Il volto confuso di sua sorella. Le bugie. 

Come colpa di grazia, gli balenava negli occhi l'immagine confusa di una persona che lo insultava e si allontanava. Non aveva importanza chi fosse, tanto cambiava ogni volta, poteva diventare sua madre, Merida, Rapunzel, Nord… Riusciva sempre a spaventarlo, per qualche motivo. Eppure la visione in sé non era particolarmente terrificante. 

Jack era sicuro che Black sapesse cosa stesse facendo, lo capiva da come le labbra gli si arricciavano in un sorriso crudele. Fortunatamente gli altri non si accorgevano delle sue reazioni, ingannati dallo sguardo spavaldo che Jack usava per mascherarle. 

L'unico modo che aveva di difendersi era con la sfrontatezza. Aveva scoperto presto che insulti velati e battute erano in grado di far sparire quell'espressione dal volto pallido di Black, così la gente si era fatta l'idea che la colpa fosse del suo atteggiamento insolente. 

Interrompendo i suoi pensieri, Black e Madama Gothel si girarono e uscirono dalla porta in fondo al corridoio. Jack non si lasciò sfuggire l'occasione, si fece avanti e scostò un arazzo che celava un passaggio che il giovane mago aveva usato spesso per nascondersi dagli insegnanti, insieme a Merida e Rapunzel. Avanzò in un piccolo labirinto tra corridoi, scale strette e quadri che si potevano aprire come porte, finché non si ritrovò sulla scala che saliva nella Torre di Astronomia, dove i ragazzi studiavano costellazioni e pianeti. Jack amava quel posto, era perfetto per starsene un po' da soli. 

Qualcun altro doveva pensarla come lui, visto che una figura solitaria sedeva su uno dei merli di pietra della Torre. Intanto aveva smesso di piovere. 

Jack si avvicinò cauto, pronto a sfoderare la bacchetta, ma abbassò la guardia quando riconobbe Hiccup. 

"Che ci fai qui?" chiese esterrefatto. 

"Guardo le stelle" disse lui come se fosse stata la cosa più naturale del mondo. Non gli dava nemmeno fastidio l'altezza, a giudicare da come lasciava dondolare le gambe nel vuoto. 

"Il coprifuoco è passato da un pezzo, tu dovresti essere sulla nave di Durmstrang e il portone d'ingresso avrebbe dovuto impedirti di entrare" disse Jack incredulo andando a sedersi accanto a lui. La brezza fredda gli agitò i capelli. 

"Ho trovato le porte aperte, qualcuno deve averle dimenticate" disse Hiccup. 

"Allora credo sia stata la Preside Gothel. Prima l'ho vista insieme a Black." 

“Ah.”

Rimasero in silenzio per un po'. 

"Tu perché sei qui? Nervosismo da campione?" chiese Hiccup a bassa voce. Jack scosse la testa. 

"Non proprio. Volevo solo starmene per conto mio, nella sala comune mi avrebbero costretto a riempirmi di dolci e raccontare come mi sento. No grazie." 

"Quindi non hai paura?" 

"Nah, almeno non ancora." Jack si mise le mani nelle tasche per proteggerle dal vento freddo. "Ci ho pensato bene, prima di mettere il mio nome nel Calice. Al contrario di quanto pensano tante persone, ogni tanto rifletto su quello che faccio. Avevo già preso una decisione stamattina, e lo avrei fatto finite le lezioni, se non mi fossi lasciato distrarre dal tuo incredibile racconto!"

"Scusa" rise Hiccup con quel suono un po' nasale che l'altro stava imparando a riconoscere. Jack alzò lo sguardo verso il cielo stellato. 

"Voglio vincere. Voglio rendere fiera mia madre e darle il premio in denaro."

Hiccup si girò a guardarlo sorpreso. "È un pensiero molto nobile. Adesso capisco perché il Calice ti abbia scelto." 

"Aaah, dacci un taglio, Haddock, o mi farai arrossire."

"Dico sul serio" insisté Hiccup. "Sinceramente, quando ti ho conosciuto ho pensato che fossi antipatico. Ne ho visti tanti come te: strafottenti e arroganti, quelli che di solito adorano prendermi in giro. Tu sembravi l'ennesimo caso. Quel modo in cui continuavi a chiamarmi 'guastafeste'... Ma mi sono ricreduto in fretta."

"Ah, e quale delle mie ammirevoli doti ti ha fatto cambiare idea?" chiese ironicamente Jack. 

"Be', un po' è colpa di Dagur" confidò Hiccup in tono imbarazzato.

Jack ricordava chiaramente il ragazzo dai capelli rossi spettinati che aveva conosciuto quella mattina. Si chiese cosa avesse a che fare con quel discorso. 

Hiccup si tamburellò una gamba con le dita. "Che impressione ti ha fatto?" 

Jack ci pensò su. 

"Mette un po' in soggezione, come un fuoco d'artificio pronto a scoppiarti tra le mani" disse. 

"Ecco, sei una delle poche persone che lo descriverebbe così, e non come un pazzo violento. Sai essere gentile con chi se lo merita" disse Hiccup con le labbra distese in un largo sorriso. 

"Però non ho capito bene come siete diventati amici. In che senso 'vi conoscete da una vita'?" chiese Jack per cambiare argomento, dato che era sicuro di stare per arrossire sul serio. L'altro ragazzo si rabbuiò. 

"Suo padre e il mio erano amici da quando erano studenti. Spesso veniva a trovarci con il figlio. Dagur è sempre stato… vivace, ma il peggio è arrivato quando avevamo tredici anni. 

"Era il periodo delle vacanze estive, e Dagur e suo padre Oswald erano a casa nostra. Abbiamo molti oggetti antichi, manufatti magici tramandati per secoli nella mia famiglia, e quel giorno dei ladri cercarono di portarsi via parecchie cose. Incrociarono Oswald. Ci fu un combattimento, lui era da solo contro tre, si era appena ripreso dal vaiolo di drago… venne sopraffatto. Però non era solo. Suo figlio lo aveva sentito alzarsi nel cuore della notte e lo aveva seguito, armato di bacchetta, ma lo aveva trovato che era già a terra. Quando arrivammo io e mio padre, i ladri erano scappati, e Dagur era davanti al corpo di suo padre. Non seppe spiegare cos'era successo, non aveva visto gli intrusi. Mio padre pensò a quante volte lo aveva visto fare i suoi giochi pericolosi, facendosi l'idea sbagliata. 

"Non c'erano abbastanza prove per incriminare Dagur, il Prior Incantatio rivelò che l'ultimo incantesimo della bacchetta di Dagur non era quello che aveva ucciso Oswald, ma mio padre e molte persone a scuola erano convinti che fosse stato lui. Dagur diventò un emarginato. Le accuse e i pettegolezzi peggiorarono il suo carattere, facendolo diventare irascibile e aggressivo, cioè, più di prima. Io e lui ci allontanammo" raccontò triste Hiccup. Era chiaro che si sentiva in colpa. 

"Anche tu pensavi che fosse stato lui?" domandò Jack storcendo il naso. Lui si morse il labbro. 

"Dagur non mi era mai stato particolarmente simpatico, nemmeno prima di questo casino. Quando eravamo bambini adorava coinvolgermi in giochi pericolosi, e mi chiamava sempre 'fratello'; quello non ha mai smesso di farlo, in realtà. Diciamo che avevo i miei dubbi."

"Comprensibile." 

"Ecco, credevo che le cose sarebbero sempre rimaste così, finché, alcuni mesi fa, gli Auror non hanno trovato alcuni degli oggetti che erano stati rubati da casa nostra. È partita un'indagine, e io, che mi sono sempre vergognato di non essermi fidato di Dagur, ho aiutato con le indagini come potevo. Alla fine siamo riusciti a risalire ai ladri di quella notte e Dagur è stato confermato innocente una volta per tutte. Da allora continua a cercare di dimostrare la sua riconoscenza" concluse Hiccup. 

"Quindi è finita bene!" commentò Jack, che cominciava a sentirsi la faccia congelare. 

"In teoria sì," disse Hiccup sospirando, "ma tanta gente non si è mai tolta davvero il dubbio che lui c'entri con questa storia. Dagur ha passato anni tremendi, sempre sulla bocca di tutti, e con delle conseguenze. Quando siamo diventati amici non era più abituato a relazionarsi, quindi ha qualche difficoltà con le persone. Io provo ad aiutarlo, a dargli consigli, e piano piano sta migliorando."

"Con me è stato bravissimo" affermò Jack sentendosi in dovere di confortarlo. A Hiccup tornò nuovamente il sorriso. 

"Vero?" 

Tacquero per altri minuti. Era bello poter stare in silenzio a guardare le stelle, senza dover riempire il vuoto di chiacchiere inutili. Jack non aveva nemmeno più sonno. 

Quando decisero che era il momento di andare a letto, Jack si voltò verso Hiccup un'ultima volta. 

"Merida mi ha detto che tu e Astrid siete Purosangue… Le nostre famiglie non sono un problema per voi, vero?"

Voleva essere sicuro. 

"Certo che no. Anche i gemelli Thorston e Gambedipesce sono Mezzosangue, d'altronde. Durmstrang non ammette i Nati Babbani, per quella stupida regola, ma noi studenti non abbiamo niente contro di loro." 

"Bene" disse Jack "sei davvero un tipo a posto, Hic. Non so perché il Calice di Fuoco non abbia scelto te, ma penso si sia sbagliato."

Hiccup lo fissò, preso in contropiede. 

"Anche Astrid è una brava ragazza, ma tu sei il guastafeste migliore che abbia mai conosciuto" si affrettò ad aggiungere Jack. 

E si salutarono. 
















Note

Quello di oggi è stato un capitolo di transizione: molto dialogo e poca azione, e quello di domani sarà simile, chiedo scusa!

Ci tenevo a dare dei momenti in privato a tutti, per rafforzare i legami. Stanno diventando amici. 

Merida e Rapunzel erano convinte che qualcuno abbia messo il nome di Jack nel calice, invece sorpresa! Si è iscritto di sua spontanea volontà. È un atteggiamento di Jack che diventerà presto problematico, vedrete. 

Non ho molto altro da dire, ma la scena tra Hiccup e Jack è una di quelle che mi ha divertito di più da scrivere, e ora sappiamo il background di Dagur. 

Grazie per aver letto fino a qui!


Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Dobbiamo parlare ***


 

 

 

Parte 7: Dobbiamo parlare

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rapunzel si svegliò dopo un complicato sogno che prevedeva una tazza, dei fogli di giornale e un camaleonte. 

Si vestì, si raccolse i capelli in una treccia e attraversò la porta circolare che accedeva alla sala comune dei Tassorosso, dove trovò diversi studenti del quinto e settimo anno intenti a studiare: molti passavano più tardi nella Sala Grande, oppure avevano già fatto colazione ed erano tornati lì prima delle lezioni del mattino. Alcuni la saltavano direttamente. Rapunzel si appuntò mentalmente di fare lo stesso il prima possibile, visto che in quei giorni non aveva avuto molto tempo per ripassare, tra il Torneo e i suoi nuovi amici.

Si guardò intorno per assicurarsi che nessuno fosse nella sala comune per combinare guai, come richiedeva il suo ruolo da Prefetto, e uscì. La Sala d'Ingresso era gremita di ragazzi diretti alla Sala Grande, qualcuno carico di libri, qualcun altro con i capelli ancora spettinati dal sonno. Il portone principale era aperto per lasciare libero il passaggio agli studenti ospiti, perciò si sentiva una corrente fredda invernale.

Era il primo giorno di novembre. 

Rapunzel individuò Jack e Merida mentre stavano scendendo le scale, ancora intontiti dal sonno, e andò loro incontro. La presenza di Jack attirava sguardi curiosi e complimenti dagli studenti di Hogwarts, apparentemente soddisfatti della scelta del Calice. Il suo viso era noto a quasi tutti: nel corso degli anni lui, Rapunzel e Merida avevano combinato diversi pasticci, o per usare le parole del mago, avevano vissuto delle 'avventure divertenti'. 

I due stavano bisticciando, a giudicare dalle smorfie di Merida. Rapunzel sentì una punta di invidia a vederli. Loro erano spesso insieme, essendo del Grifondoro, mentre lei poteva stare con loro solo quando si incrociavano in atrio prima e dopo i pasti, oppure nel tardo pomeriggio dopo le lezioni. Era complicato avere amici delle altre Case, a Hogwarts. 

"Buongiorno Rapunzel, dormito bene?" chiese Merida. 

"Ciao, ragazzi. Ho fatto un sogno strano." 

"Anch'io, ma era più un incubo" disse Merida. "Non me lo ricordo bene, ma sono sicura che c'era Jack che faceva qualcosa di stupido." 

Jack si passò una mano sui capelli per cercare di sistemarli. "Ah, allora sei preoccupata per me." 

Merida gli pizzicò il braccio. "Certo, con l'incoscienza che ti ritrovi, scemo" lo insultò affettuosamente. 

"Ah, giusto!" esclamò Rapunzel ricordandosi di colpo della loro ultima conversazione. "Avete pensato a chi potrebbe essere stato a mettere il nome di Jack?" 

"Tutto a posto, Rapunzel, il colpevole è proprio lui" spiegò Merida agitando la mano. "Sì, lo so, non ci credevo neanch'io." 

La bionda si chiese perché Jack non lo avesse detto prima. Si vergognava, forse? 

Lui non commentò quello scambio. "Andiamo, o non faremo in tempo a mangiare." 

Entrarono nella Sala Grande. A Rapunzel piaceva molto quel posto, soprattutto all'ora di colazione, perché venivano serviti molti dolci, oltre ai piatti salati, e c'era sempre un buon profumo di caffelatte. 

Purtroppo dovette salutare Merida e Jack e sedersi con gli altri Tassorosso. Voleva bene ai suoi compagni di Casa, ma loro due erano i suoi migliori amici. Ogni tanto si sentiva un po' sola, senza di loro. 

Stava prendendo del succo di zucca, quando una lettera le cadde sul piatto. Rapunzel riconobbe il gufo dei suoi genitori, che le atterrò sulla spalla, e gli fece una carezza. L'animale tubò compiaciuto e si alzò in volo, verso casa. Rapunzel scartò la lettera e la lesse mentre intingeva i biscotti nel latte. Era piacevolmente sorpresa dalla velocità della risposta, dopotutto aveva spedito la lettera la sera prima. 

I suoi genitori le avevano scritto per chiedere come stava e raccomandarle di non farsi distrarre troppo dal Torneo invece di studiare. In un poscritto si complimentavano con la figlia per essersi fatta dei nuovi amici e le chiedevano di fare le loro congratulazioni a Jack. Rapunzel sperò di ricordarselo. 

"Biondina!" la chiamò Eugene avvicinandosi al tavolo, dove si sedette, con grande felicità di Rapunzel. Anche al banchetto di Halloween lo aveva fatto. La strega sperò che diventasse un'abitudine. 

"Ciao, Eugene" lo salutò allegra. "Come va?" 

"Bene, a parte il fatto che alcuni miei compagni ora ce l'hanno con me" disse lui in tono leggero.

"Oh, mi dispiace." 

"Era inevitabile, eravamo in competizione per entrare, è normale che adesso siano delusi. Vedrai che per domani gli sarà passata" disse Eugene cominciando a riempirsi il piatto di salsicce. "Piuttosto, raccontami dei tuoi amici, Ashtyn e Jake, giusto?" 

"Astrid e Jack" lo corresse Rapunzel. 

"Sì, sì. Ho bisogno di informazioni sui miei avversari, biondina, capisci?" 

Rapunzel si torse una ciocca di capelli intorno al dito. "Non lo so… Non è come barare?" 

Lui finse una reazione esageratamente indignata. "Ma come? Barare è la tradizione!" 

Lo disse in un modo che diede risalto a quel leggero accento a metà tra francese e tedesco che Rapunzel trovava adorabile, così si arrese subito. 

"Mmmh, non so cosa vuoi sapere, di preciso. Astrid la conosco da poco, ma mi sembra forte, competitiva. Jack è un combinaguai, ma è anche gentile." Non seppe che altro aggiungere. 

Eugene non stava guardando lei, in quel momento aveva lo sguardo puntato verso il tavolo di Grifondoro, dove Astrid, Hiccup e i loro amici erano ormai una presenza fissa.

"Ehi, non è che quei due stanno insieme?" 

Rapunzel non era sicura se a loro andasse bene che si sapesse in giro della loro relazione. Ricordava che Hiccup avesse accennato all'imbarazzo di Astrid davanti alle questioni di cuore, però. 

"Non saprei, di sicuro sono molto amici. Senti, Eugene" cambiò discorso, un po' per evitare l'argomento, un po' per sincera curiosità, "perché ti sei iscritto al Torneo Tremaghi? Non mi eri mai sembrato tipo da competizioni."

Lui addentò una salsiccia. "Non mi interessa la gloria di rendere onore alla mia scuola e tutte quelle scemenze, a me importa del premio." 

"I mille galeoni?" Che domanda stupida, si rimproverò Rapunzel. 

"Esatto. E, quando lo avrò, potrò finalmente andarmene da Beauxbatons."

Rapunzel fece cadere il cucchiaio. "Andartene?" 

"Sì, con i soldi potrò vivere bello comodo per un po'. Dopo mi inventerò qualcosa" disse Eugene. 

"Ma… pensavo volessi darli al tuo orfanotrofio. Dicevi sempre che erano a corto di fondi" disse cauta Rapunzel. 

"Adesso servono più a me che a loro." 

"Ma…" 

"Rapunzel" scattò Eugene facendola sobbalzare. "Scusa, ma quello che faccio è affar mio." 

Non la chiamava mai per nome, di solito. Rapunzel capì di averlo irritato, ma continuò a insistere. "Se ti preoccupa il tuo futuro, Merida mi ha detto che essere un campione del Torneo è praticamente una garanzia. Troverai lavoro presto, vedrai. E i soldi—" 

"Lascia perdere" sbottò Eugene. Si alzò in fretta e furia senza aver finito di mangiare, facendo grattare rumorosamente la sedia sul pavimento. Il fracasso attirò l'attenzione di parecchi Tassorosso. 

"Eugene!" lo chiamò Rapunzel alzandosi in piedi mentre lui si allontanava a grandi passi. 

"Lasciami in pace" gridò il mago, come aveva fatto spesso quando erano compagni di classe. Rapunzel si sforzò di non piangere. 

"Non ti riconosco più!" gli urlò di rimando. Ora li stavano fissando praticamente tutti. 

Lo guardò uscire dalla Sala Grande con gli occhi che bruciavano, la lettera ancora in mano. 

Chi era questo Flynn, e cosa aveva fatto allo Eugene che conosceva?

 

 

 


 

 


Hiccup aveva assistito alla scena con le sopracciglia aggrottate, dal tavolo di Grifondoro. 

"Dovremmo fare qualcosa?" 

Jack e Merida incrociarono lo sguardo. Lei fece per alzarsi, agitando il pugno con fare minaccioso, ma Jack la fermò. 

"No, ci penso io." 

Uscì anche lui di corsa dalla Sala Grande, i cui avventori avevano già perso interesse per il litigio. Merida, allora, andò da Rapunzel e le parlò lì, in mezzo al passaggio tra i due tavoli. Hiccup le sentì discutere, ma il chiacchiericcio della Sala copriva le parole.

Era incerto se andare anche lui, ma Astrid doveva aver intuito il suo dubbio, perché appoggiò piano una mano sulla sua. 

"Meglio se le lasciamo sole."

"Mh-mh."

Sperava solo che Jack non si cacciasse nei guai, là fuori con Fitzherbert. 

"Stai tranquillo, Jack sa cavarsela" disse Astrid in tono tranquillizzante. 

"Cosa? Non sono preoccupato" ribatté balbettando appena Hiccup, spostando una brocca di latte senza nessuno scopo preciso. 

"Guarda che non me la dai a bere."

"Di cosa stai parlando? Non capisco che intendi dire" farfugliò il ragazzo. 

Astrid indicò la sua faccia. "Stai stringendo le labbra. Lo fai sempre, quando sei nervoso." 

Lui si ficcò in bocca una cucchiaiata enorme di porridge, deglutì e si decise a risponderle: "Sta insinuando che mi osserva spesso, signorina Hofferson? Potrei esserne lusingato." 

Astrid rise. "Dumbom." 

Hiccup pensò che era molto carina così, sorridente e con la bocca sporca di briciole di toast. 

Poco dopo li avvicinò il Capo dell'Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici, l'uomo con l'uncino. 

"Ah, Hofferson, eccoti qui" disse burbero. "Devo avvisarti che il 13 sei richiesta nell'aula di Babbanologia al primo piano, alle due. Chiedi a qualcuno, se non sai dov'è."

"Per cosa, signore?" 

"La cerimonia della Pesa delle Bacchette. Devono controllare che siano a posto per il Torneo" spiegò velocemente. "Dovrei dirlo anche agli altri campioni, dove sono finiti Overland e Fitzherbert?" 

"Se vuole li avviso io, signore" si propose Astrid. 

"Ehm… certo. Grazie, Hofferson."

Fu una buona idea, in quel modo Thugook, o Uncino, come avevano cominciato a chiamarlo gli studenti, non si trovò davanti la scena che si presentò a loro, quando andarono a cercare gli altri due campioni. 

"CHIEDILE SCUSA!" stava gridando Jack nella Sala d'Ingresso, là dove il giorno prima era stato posto il calice. Fitzherbert era a qualche metro di distanza da lui, chiaramente nel tentativo di toglierselo dai piedi. 

"Non sono affari tuoi, Overland" sbraitò. "Non ci penso nemmeno, è lei che mi dà il tormento!" 

Lo stomaco di Hiccup fece un salto. Avevano entrambi la bacchetta in pugno.

Astrid fece un passo verso di loro tirando fuori la sua, così, prima che la situazione degenerasse, Hiccup si frappose tra i due ragazzi. Avrebbe voluto che i suoi amici di Durmstrang fossero con lui, ma erano ancora dentro a fare colazione. 

"Ehi, ehi. Calmiamoci, ok?" disse alzando entrambe le mani. I due si guardarono in cagnesco senza badare a lui. 

"Ti avviso, Overland" mormorò a denti stretti Eugene, "se non mi lasci stare, ti affatturo quella ridicola faccia che ti ritrovi." 

"Provaci" ringhiò lui. Hiccup sentiva che, se non li avesse divisi subito, ci sarebbe stato il finimondo. 

Una voce rimbombò nel Salone d'Ingresso. 

"Che succede qui?"

Hiccup si voltò verso di essa: il professor Nord li stava guardando dall'alto della scalinata di marmo, con le manone sui fianchi e le sopracciglia inarcate.

"Ehm…"

Il Preside scese i gradini sorridendo sotto i baffi candidi. "Vedo che state facendo amicizia, fa molto piacere a me! Ho paura di dover interrompere vostra chiacchierata, purtroppo. Jack, ti dispiace venire con me? Ho cosa importante da dirti." 

"Ehm, professore, dovrei ancora riferire a Jack e Eugene l'appuntamento per la Pesa delle Bacchette" intervenne Astrid. 

"Ah, accetta mie scuse, signorina Hofferson" disse Nord. "Cerimonia è in aula di Babbanologia, 13 novembre a ora due in punto. Ecco fatto." 

Posò la mano sulla spalla di Jack, che lo fissò contrariato ma non protestò. Il giovane mago lanciò un'occhiataccia a Fitzherbert e si fece guidare da Nord verso il terzo piano, dove c'era l'ufficio del Preside. Eugene si dileguò subito dopo. 

"Ci è mancato poco" disse Hiccup tirando un sospiro di sollievo. 

"Sarà uno spasso, stare con quei due insieme" aggiunse Astrid con una risatina ironica, facendo torcere le budella di Hiccup per il senso di colpa. 

"Non te l'ho ancora detto, mi dispiace averti fatto credere che sarei stato scelto. Vorrei essere io ad affrontare quelle prove pericolose… " mormorò disgustato.

"Non dire stupidaggini, io voglio essere campionessa. Sono qui per questo, oltre che per tenere d'occhio voialtri" replicò Astrid. "Piuttosto… Hai parlato con tuo padre, alla fine?" 

Era dalla sera prima che Hiccup stava evitando suo padre. Immaginava che avrebbe voluto discutere con lui, dopo l'estrazione. Perciò, mentre stava tornando alla nave con gli altri, Hiccup aveva detto di voler parlare con Stoick, così che loro non venissero a cercarlo dopo, ed era tornato verso il castello. Aveva gironzolato lì intorno per schiarirsi le idee, intenzionato a dormire nel parco se necessario, e aveva notato la luce delle torce dell'atrio filtrare dal portone socchiuso. L'aveva aperto, stupito di trovarlo incustodito, e aveva cominciato a esplorare Hogwarts, fino a quando non si era ritrovato sulla Torre di Astronomia con Jack.

Hiccup ricordava con affetto la conversazione che aveva avuto con lui, su nella torre. Secondo il parere di Jack, il Calice di Fuoco aveva compiuto un errore, non scegliendo lui, tuttavia Hiccup si sentiva un codardo, in quel momento. Non c'era niente di nobile nel cercare di fuggire dal confronto con suo padre, che sarebbe comunque avvenuto, prima o poi: Hiccup non poteva scappare, non per sempre. 

"Figlio." Parli del diavolo… 

Stoick Haddock stava lasciando la Sala Grande, la barba intrecciata ondeggiante a ogni suo passo. 

"'Giorno, professore" lo salutò Astrid, serena. Il padre di Hiccup le rivolse un cenno e squadrò il figlio. 

"Dobbiamo parlare. È da ieri sera che non ti vedo, a che ora sei andato a letto?" 

Hiccup fece di tutto, davvero, per evitare lo sguardo furibondo di Astrid. Ne colse solo un accenno, ma si sentì le gambe molli lo stesso. 

"...Un po' più tardi degli altri" rispose evasivo. Improvvisamente, la prospettiva di trovarsi da solo con suo padre non era più tanto brutta. 

Sempre senza guardare Astrid negli occhi, Hiccup accompagnò Stoick fuori dal portone, lontano dagli studenti. Lo seguì lungo un tratto del sentiero che portava al lago, fino al punto dove suo padre si fermò, e rimase a guardarlo in faccia con timore. Cercò di interpretare l'espressione sul suo volto, ma i suoi occhi, dello stesso verde di quelli di Hiccup, non parevano mostrare rabbia o delusione. 

"Senti, papà, mi dispiace" disse allora esasperato. Vedere che l'altro non apriva bocca lo stava facendo innervosire. "Non sono il campione di Durmstrang come volevi tu, e non lo sarò mai. Come facevi a sperare che scegliessero me? Guardami" disse alzando la voce. Ormai era talmente abituato all'inglese da non avere difficoltà a sfogarsi in lingua straniera. 

Suo padre non rispose subito, ma si prese del tempo. Si grattò il mento, lisciò la lunga barba scarlatta, si stropicciò gli occhi e puntò lo sguardo lontano, verso le montagne. Seguì con gli occhi il loro profilo seminascosto dalle nuvole con espressione assorta. Hiccup era sulle spine. 

Alla fine, Stoick fece un lunghissimo sospiro, di quelli che lasciano i polmoni completamente svuotati. 

"Mi stai dicendo che sei venuto fin qui perché credevi che io lo volessi?" 

Trasse un altro sospiro. "Hiccup, ne abbiamo passate tante in questi anni. Ci sono state volte in cui ho pensato che non avremmo mai avuto un rapporto sincero, altre in cui mi chiedevo cosa avessi sbagliato con te, almeno due in cui ero convinto che saresti morto. Certo, mi avrebbe fatto piacere se fossi stato scelto, ma se devo dire la verità, parte di me sperava che non sarebbe successo. Gli incidenti sono più comuni di quanto vi abbiano detto, nel Torneo. Con quale coraggio, se fosse accaduto il peggio, sarei potuto andare all'altro mondo e dire a tua madre che avevo lasciato nostro figlio, il nostro unico, prezioso, prematuro figlio, morire in una stupida competizione? Poco importa se sarebbe servita a rinsaldare l'amicizia con i maghi europei, probabilmente sarei tornato a tormentare quelli del Ministero della Magia britannico come fantasma. No, accidenti, sono felice che Astrid sia la campionessa di Durmstrang, che io sia dannato!"

Strinse Hiccup in un abbraccio che lui ricambiò goffamente, troppo scosso per riuscire ad ordinare alle sue braccia di muoversi in modo naturale. 

Era rimasto spiazzato dalla scelta di suo padre di usare l'inglese, soprattutto dopo tutta la sua ostinazione. Hiccup gli aveva chiesto almeno mille volte di esercitarsi nelle conversazioni di tutti i giorni, comunque Stoick insisteva che avrebbe parlato in inglese solo se assolutamente necessario e no, chiacchierare con Skaracchio non rientrava in quella categoria. 

In secondo luogo, Hiccup pensava di essere pronto a tutto da suo padre, ma non immaginava di sentire un discorso tanto appassionato. Un peso immenso sembrava essersi levato dal suo stomaco. Era senza parole. 

I due sciolsero l'abbraccio e rimasero impacciati dov'erano. 

"Davvero torneresti come fantasma?" non trovò di meglio da dire Hiccup. Suo padre rise di cuore tenendosi l'ampia pancia. 

"Certamente. E non lascerei un attimo di pace nemmeno al padre di Jorgenson!" 

Continuarono a ridere finché non furono senza fiato. 

"Comunque sono contento che hai già fatto amicizia con quelli di Hogwarts. Tra quel tuo drago, i tuoi compagni di Durmstrang e Dagur, mi sorprende che tu riesca a trovare il modo di startene da solo, ogni tanto! Non fraintendermi, sono stati una benedizione per te, ma temevo che i tuoi amici non ti avrebbero nemmeno lasciato avvicinare agli altri studenti, qui" disse Stoick. 

"Di solito sono un pochino iperprotettivi, ma stranamente si stanno comportando bene" commentò Hiccup. In effetti, riusciva a sedersi al tavolo di Grifondoro senza essere costantemente assediato dai suoi amici, un traguardo da non sottovalutare. A Durmstrang era impossibile scollarseli di dosso. 

"A tal proposito" rispose lentamente suo padre tormentandosi i baffi, "potrei averli, ehm, invitati a tenersi alla larga, se possono." 

"Papà!" esclamò Hiccup scandalizzato.

Chacchierarono ancora un po', per eventualmente tornare dentro al castello, prima che gli studenti dal nord combinassero qualcosa. Hiccup non si sentiva così bene da mesi. 

 

 

 

 


 



Intanto, su al terzo piano del castello, nell'ufficio del Preside, Nord stava riferendo a Jack di minacce inquietanti. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

Arrivano i primi problemi, e Rapunzel si è finalmente resa conto che le persone cambiano con il tempo. Sul serio, però, scrivere i litigi mi mette tristezza. 

Questa è solo la prima di diverse conversazioni che Hiccup avrà con qualcuno che cerca di tirarlo su, penso sia evidente che il suo problema è l'autostima. Per questo mi sono ispirata al terzo film. 

Nel prossimo capitolo vedremo la Pesa delle Bacchette e i problemi di Merida. 

Grazie per aver letto fino a qui!


 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Intervista? ***


Parte 8: Intervista?

 

 

 

 

 

 

 

Le due settimane seguenti passarono in fretta, almeno per quanto riguardava Jack. 

L'aria invernale si faceva sempre più fredda, e le giornate sempre più corte, ma la prima neve non era ancora caduta, con suo dispiacere. Inspiegabilmente, gli studenti di Durmstrang continuavano a fare il bagno nel Lago Nero, nonostante le temperature in picchiata. 

Questi ultimi erano ormai membri onorari del gruppetto di amici di Jack, che pareva essersi gradualmente esteso a quattro unità definitive. Infatti, Astrid non partecipava spesso alle loro merende nel cortile, impegnata com'era nella preparazione alla prova o negli sporadici allenamenti di Quidditch, al contrario di Hiccup, che quando non era in biblioteca ad aiutarla stava con loro. Merida apprezzava la sua sincerità, Rapunzel la sua compassione e Jack il suo senso dell'umorismo. Insieme si completavano, in un certo senso. 

In teoria, anche Jack era impegnatissimo, tra i compiti, il Quidditch e il lavoro extra per il Torneo, ma gli allenamenti erano stati ridotti a due alla settimana e i professori preferivano lasciarli decidere come esercitarsi in autonomia. Oltretutto, i suoi amici gli avevano già dato una mano a ripassare tutto quello che poteva essergli utile alla prova ignota, per quanto possibile: era difficile capire cosa fosse più probabile che gli servisse, senza sapere cosa avrebbero dovuto affrontare. 

Una di quelle mattine gli arrivò anche una lettera da sua madre, che sembrò tutto sommato contenta, e solo appena preoccupata, della sua partecipazione al Torneo. 

Tutto sommato, Jack era abbastanza tranquillo. Il sostegno che riceveva dai suoi compagni di scuola, poi, lo aiutava parecchio. Ovunque andasse c'era qualcuno che gli gridava incoraggiamenti quando passava, una vera pacchia. 

L'unica persona insoddisfatta era Rapunzel, che non aveva più rivolto la parola a Fitzherbert dal litigio a colazione. Continuava a sostenere di stare bene, ma Jack l'aveva sorpresa un paio di volte a fissare con aria terribilmente triste il tavolo dei Serpeverde, dove i ragazzi di Beauxbatons avevano ricominciato a sedersi. 

 


Il 13 novembre, ovvero il giorno in cui avrebbe avuto luogo la Pesa delle Bacchette, si aprì con una spessa coltre di nuvole che oscuravano il sole, rendendo l'atmosfera al castello più grigia del solito. 

Jack era a lezione di Trasfigurazione con il professor Bunnymund, che lo detestava solo leggermente meno di Black.

L'esercizio del giorno era molto avanzato, e prevedeva che gli studenti trasfigurassero parte del loro corpo in un animale a scelta. 

"Concentrati, Overland" lo rimbeccò Bunnymund, che, dopo che Jack era diventato campione di Hogwarts, era diventato più scontroso che mai. Jack fece uno sforzo enorme per non rispondere a tono, e per riprovare l'incantesimo. 

Sul suo braccio spuntò una singola piuma grigia, vicino al polso. Jack vide con la coda dell'occhio la risatina silenziosa di Merida, seduta di fianco a lui. Lei aveva tentato di trasformarsi un piede nella zampa di un orso, ma si era confusa, ritrovandosi con un morbido arto da panda. Il professore l'aveva accettato comunque, con grande sdegno di Jack. 

"Patetico" commentò Bunnymund vedendo la sua desolata piuma da gufo. Facile, per lui! Sapevano tutti che il professore di Trasfigurazione era un Animagus, ma nessuno era in grado di dire in cosa fosse capace di mutare. Si rifiutava di dirlo.

Jack si morse l'interno della guancia e lanciò un'occhiata all'orologio a pendolo nell'angolo dell'aula, che segnava quasi le due. Sbrigati, pensò, solo un minuto… 

La campanella suonò, annunciando la fine delle due di Trasfigurazione, e della tortura. Jack si buttò la borsa in spalla e corse via salutando Merida. Trovò l'aula di Babbanologia abbastanza in fretta e chiuse la porta dietro di sé. Eugene lo seguì subito dopo. I banchi erano stati messi da parte, tranne alcuni che erano stati coperti da un telo viola e ospitavano i tre Presidi delle scuole. 

"Bene bene, siamo già tutti qui. Oggi controlleremo che vostre bacchette siano in condizioni di gara" disse allegramente Nord, facendo loro gesto di sedersi accanto ad Astrid, che rivolse un cenno a Jack. Eugene lo ignorò: non aveva fatto pace nemmeno con lui. 

Oltre a loro sei, erano presenti un fotografo della Gazzetta del Profeta, un'anziana strega di bassa statura e un ometto che a Jack ricordò tantissimo una di quelle mascotte che i babbani usavano per i cereali. 

"Prego, Madama Carver" disse Nord rivolto alla vecchia signora, che solo Astrid sembrò riconoscere. Indossava un pesante scialle di lana sopra i consunti abiti da strega, aveva i capelli bianchi e crespi e portava orecchini diversi per orecchio. Un corvo era posato sulla sua spalla. 

Astrid fu la prima. Si alzò dal suo posto come le venne chiesto e si fermò davanti alla donna, vicina al tavolo dei Presidi. Consegnò la bacchetta alla strega, che la esaminò attentamente tra le mani grandi e ossute. 

"Aaah, una mia bacchetta, non pensavo di essere popolare anche al nord" disse.

"Il fabbricante più famoso da noi è morto anni fa dopo un'attività di settant'anni" spiegò Astrid. "Molti sono venuti da lei, in quel periodo." 

"Certo, ora lo ricordo. Peccato per lui, le sue erano davvero di ottima fattura, perfette per incantare il formaggio. Vediamo… undici pollici e mezzo, flessibile, legno di quercia rossa… Nucleo in cuore di drago. Ne ho venduta una molto simile a un giovanotto pieno di lentiggini, lo stesso giorno. Quella era di noce, però."

Astrid sorrise. "Credo di conoscerlo." 

La strega agitò la bacchetta. "Aguamenti." Un getto d'acqua cristallina bagnò il pavimento.

"È a posto" sentenziò la donna mandando Astrid al suo posto. 

Dopo toccò a Jack, che si avvicinò a sua volta. La strega gli arrivava a stento al fianco. Aveva davvero un sacco di rughe.

"Mmmmh… Dodici pollici e tre quarti, elastica… legno di corniolo, e… Oh-ho!" esclamò con i grandi occhi marrone chiaro, simili a oro fuso, che brillavano. "Questo sì che non si vede tutti i giorni!" 

"È una piuma caudale di Tuono Alato" annunciò Jack orgoglioso. 

"Sei americano, giovanotto?" chiese Madama Carver ridendo con voce stridula, mentre il suo corvo gracchiava sonoramente. 

"Sì, signora." L'ometto si agitò sul posto, ma lei non gli badò, e con un 'Lumos' fece brillare la bacchetta di Jack. 

"Perfetto. Tieni, ragazzo." 

Jack tornò a sedersi, lasciando il posto a Fitzherbert. 

"Ah, un'altra bacchetta straniera. Tredici pollici… rigida, direi… corpo in peccio… e nucleo con crine di unicorno. Molto buona, sì" constatò la strega facendo apparire un tagliere per la verdura. "E con questo è tutto, signori!"

Mentre Jack si alzava, incrociò per un secondo lo sguardo allegro di Nord, così diverso da quello di due settimane prima, nel suo ufficio. 

Avevano avuto solo una breve conversazione, ma Jack non aveva smesso di pensarci. Il professore lo aveva messo in guardia, affermando che gli stessi individui che avevano attaccato la carrozza di Beauxbatons erano ancora in giro. Jack aveva chiesto come facesse a saperlo, ottenendo una risposta molto vaga. "Lo sento in mia pancia" aveva detto il Preside, e aveva aggiunto di sospettare che avrebbero cercato di sabotare il Torneo Tremaghi. Jack aveva pensato di raccontargli dell'incontro tra Black e Madama Gothel a cui aveva assistito, ma era sicuro che l'altro gli avrebbe detto di non preoccuparsi, visto che, in tanti anni di insegnamento, Black non aveva mai dato problemi. È malvagio, avrebbe voluto dirgli Jack. C'è qualcosa di sbagliato in lui, e non dovremmo fidarci

Nord si alzò in piedi, battendo le mani e riscuotendo Jack dalle sue riflessioni. "Perfetto, ora di foto e intervista!" 

Jack tentennò. "Intervista?" 

"Solo qualche domanda" lo rassicurò il Preside. "Tranquilli, di Sandy potete fidarvi, conosco lui da tutta mia vita." 

L'ometto li salutò con la mano sorridendo.

"Prima le signore" disse Nord, e Astrid sparì con il giornalista nella piccola aula vuota adiacente. 

Tornarono abbastanza presto, Astrid tranquilla, l'ometto con una pergamena fitta di appunti. Jack, più tranquillo dopo aver visto l'espressione di Astrid, andò dopo di lei. Si sedette a un banco con due sedie, una per lato. 

"Allora… cosa vuole sapere?" disse. Avrebbe di gran lunga preferito evitare l'intervista. 

Sandy agitò la bacchetta in un incantesimo non verbale e fece comparire una piccola figura di luce sopra la sua testa bionda. Una casa. 

"Ehm… Vuole sapere di casa mia?" 

Lui annuì incoraggiante. Non sembrava intenzionato ad aprire bocca, o forse non poteva. 

"S-sono nato negli Stati Uniti" raccontò Jack, impacciato. "Mia mamma è una strega, mio padre un babbano. Mia sorella è più piccola di me, ha dieci anni." 

Sandy fece comparire un mappamondo e un punto interrogativo. 

"Viviamo ancora là, ma mia madre è nata nel Regno Unito, quindi ha voluto che frequentassi la scuola qui, dove è andata anche lei" continuò Jack, lieto che non gli avesse ancora chiesto del padre. 

Un altro gesto, un'altra figura: la Coppa Tremaghi, stavolta. Jack immaginò che gli stesse chiedendo perché si era iscritto, o qualcosa del genere. Sembrava il tipo di domanda da intervista. 

"Voglio rendere orgogliosa mia mamma, e regalarle il premio. Non… non siamo molto ricchi." 

Come ti senti a essere stato scelto? 

"Non me l'aspettavo" ammise imbarazzato. "L'ho fatto senza sperarci, finora direi di aver passato più tempo in punizione, che tra i libri." 

L'ometto parve soddisfatto delle sue risposte. Si mise in piedi e accompagnò Jack nell'aula di Babbanologia, dove attese che anche Eugene facesse l'intervista, da cui tornò con espressione da funerale. 

Ci volle un'eternità con le foto. Riuscire a far stare sia Nord che Stoick nell'inquadratura era praticamente impossibile, invece Gothel continuava a sistemarsi i capelli. Fitzherbert blaterava qualcosa sul suo profilo migliore, indicando il naso, e Astrid sembrava desiderare di essere da qualunque altra parte. 

Quando ebbero finito era già ora di cena. 

 

 

 


 

 

 

Le due ore di Storia della Magia furono particolarmente noiose, senza Jack. Erano pochi gli studenti di Grifondoro che avevano scelto di proseguire con la materia, per cui riusciva difficile mettersi in fondo all'aula per farsi i fatti propri senza essere beccati. Merida si abbandonò a un pigro flusso di pensieri, mentre scarabocchiava ritratti poco lusinghieri dell'insegnante sui suoi inutili appunti. 

Sua madre, tra un impegno per la preparazione delle prove del Torneo Tremaghi e l'altro, era venuta più volte ad assicurarsi che la figlia studiasse per gli esami e si comportasse come si deve. La rimproverava ogni volta che la vedeva con i suoi amici e la rimbeccava per i capelli in disordine, con grande fastidio di Merida, che doveva sopportare ogni volta le risatine degli altri studenti. 

Elinor premeva in particolare perché si impegnasse nelle materie utili a trovare lavoro al Ministero della Magia, ovvero Incantesimi, Difesa Contro le Arti Oscure e Storia della Magia. Merida avrebbe voluto dirle che preferiva spingere il carrello dei dolci dell'Espresso di Hogwarts per tutta la vita, piuttosto che starsene tutto il giorno alla scrivania come lei. 

Quando la campanella suonò, la strega si alzò con sollievo e si diresse verso la Sala Grande, sperando di trovare la torta alle mele. Distratta dal pensiero del dolce, quasi andò a sbattere contro sua madre. 

Stavolta non c'era nessuno a salvarla. 

"Tesoro, ho un'ottima notizia da darti" annunciò Elinor. Non era un buon presentimento, secondo Merida. 

"Che cosa c'è?" disse infatti, dubbiosa. 

"La carica di assistente del Direttore dell'Ufficio per l'Uso Improprio dei Manufatti Babbani sarà presto libera: l'impiegato che la occupa, che è piuttosto avanti con gli anni, è stato morso dalla sua Tentacula Velenosa domestica ed è al San Mungo, al momento" rispose entusiasta sua madre. "Potresti fare domanda!" 

Merida, al pensiero di dover sgobbare per un vecchio bacucco con la fissa per i tostapane, inorridì. "Non… non credo di, ehm, essere adatta." 

"Oh, sciocchezze, non buttarti giù così. Andresti benissimo… E il figlio del Direttore ha la tua età" aggiunse con aria innocente. 

Orrore e tradimento! 

"Mamma…!" rantolò Merida. "Non mi voglio sposare, men che meno con un noioso, arrogante, insopportabile figlio di papà! E non dirmi che è simpatico, i figli dei tuoi amici del Ministero sono tutti uguali." 

Sua madre incrociò severa le braccia. "Ignorare un'opportunità di tale valore sarebbe una viltà, Merida."

"Non andrò all'altare per un'opportunità" ribadì lei. Girò i tacchi per entrare finalmente in Sala Grande, sentendo ancora chiaramente la voce della madre. 

"Pensaci bene, tesoro!" 

Ignorandola come meglio poteva, Merida si abbandonò al suo posto a tavola con uno sbuffo che quasi fece finire tutta la zuppa in faccia a Jack, appena tornato dalla Pesa delle Bacchette. 

"A cosa dobbiamo tanto buonumore?" chiese ironico. Lei addentò il pane con ferocia ingiustificata, intanto che anche i ragazzi di Durmstrang si accomodavano. 

"Mia mamma non vuole smetterla di combinarmi il matrimonio." 

"Ah sì? E con chi?" chiese Jack. 

"Con qualunque rampollo del Ministero disponibile, suppongo" grugnì Merida disgustata. 

Astrid le passò il piatto con il contorno. "Terribile" commentò solidale, "anche i miei genitori ci provano da anni. È assillante." 

Jack roteò gli occhi teatralmente. "Già, come se non fossi praticamente promessa a Lentiggini." 

A Hiccup quasi andò di traverso la bistecca, forchetta compresa. Mentre gli dava delle pacche sulla schiena, Astrid brontolò un "Molto divertente, Jack. Davvero spassoso."

Merida pensò bene di cambiare subito argomento, prima che scoppiasse un'altra lite. 

 

 


 

 


Qualche giorno dopo, nel pomeriggio, Rapunzel decise di studiare in biblioteca, anziché nella sala comune dei Tassorosso, che normalmente era il suo posto preferito per fare i compiti. 

Doveva perfezionare un difficile incantesimo per rendere l'acqua potabile, e i suoi appunti non la stavano aiutando. Rapunzel ricordava, però, di aver letto un passaggio su un libro di ricette magiche e sperava che una spiegazione meno astrusa la aiutasse. 

Le sarebbe piaciuto organizzare una sessione di studio con i suoi amici, ma Jack a quell'ora era a Pozioni, e Merida aveva Cura delle Creature Magiche, perciò fu molto felice di trovare Hiccup.

"Non c'è Astrid con te?" gli chiese mentre cercavano il libro di Rapunzel sugli scaffali. 

Il mago aggiunse un altro volume alla sua pila personale: un grosso tomo dalla copertina sbucciata e il titolo in rune incomprensibili. "Qualcuno le ha riempito l'astuccio di Elisir dell'Euforia. È in bagno a farsi passare la ridarella." 

Una buona idea, pensò Rapunzel, immaginandosi la possibile reazione della bibliotecaria di fronte a un rumoroso attacco di sghignazzate. No, era decisamente meglio togliersi di torno. 

"Mi dispiace, sarà stato qualcuno di Hogwarts o di Beauxbatons che vuole metterla in difficoltà" disse Rapunzel. 

"Non è niente di grave, piuttosto mi preoccuperei per loro, se Astrid riuscirà a scoprire chi è stato" replicò Hiccup scrollando le spalle. Tunf!, fece un altro libro cadendo sulla pila sistemata sul tavolo, iniziando a renderla precaria. "Hai idea di chi potrebbe essere il colpevole?" aggiunse fingendo un tono noncurante, che a Rapunzel fece sospettare che anche lui avesse in mente di fare un salutino al responsabile. 

"Spero di sbagliarmi, ma ho paura di saperlo" disse la ragazza, passando l'indice su una fila di libri dall'aria promettente. Trovò quello che cercava e lo posò sul tavolo, dove Hiccup la seguì. 

"Parli di Fitzherbert?"

Lei annuì mordicchiandosi il labbro. "Non sarebbe da lui, ma da Flynn forse sì." 

Aprì l'indice e cominciò a cercare la ricetta che le interessava. Hiccup sfogliò il suo libro con fare distratto, riempiendo di disegnini il margine della pergamena che aveva affianco. Rapunzel notò che era mancino. 

"Sono sicuro che non sia stato lui" il ragazzo la contraddì infine con un sorriso, cosa di cui Rapunzel fu intimamente grata. Pensare che Eugene potesse tentare di danneggiare un altro campione era un tormento. 

"Ti manca?" le chiese poi Hiccup, spiazzandola. 

Era da più di due settimane che Rapunzel non gli parlava. Pensarci le provocava una stretta al petto ogni volta. 

"Un po', anche se è la parte di lui a cui voglio bene a mancarmi."

"Capisco." 

E davvero pareva comprenderla, pensò Rapunzel, totalmente dimentica del suo libro: la strega aveva fatto caso agli scarabocchi di Hiccup, in cui riconobbe piccoli draghi che svolazzavano per il foglio. 

Il pensiero le corse subito a Sdentato, il migliore amico di Hiccup. 

"Hai nostalgia del tuo drago? Dev'essere brutto non vederlo da un mese" disse Rapunzel.

"Sì" confermò Hiccup con espressione malinconica. "Eravamo inseparabili, a casa. Mi auguro che non stia dando il tormento agli studenti rimasti a Durmstrang." 

 


Astrid tornò dal bagno mezz'ora dopo, trovando i due che si sfidavano in ritratti di draghi più o meno realistici, concedendosi un momento di pausa dallo studio, dal Torneo e soprattutto dalla nostalgia. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

L'ultima volta mi sono scordata di chiarire che Bunnymund è in realtà Calmoniglio da 'Le cinque leggende', solo che in questa storia ho preferito chiamarlo col nome originale. Cioè, andiamo, Calmoniglio non riesco a prenderlo sul serio, come professore. 

Il giornalista non è altri che Sandman, sempre dallo stesso film. Mi piace pensare che Nord si sia assicurato che arrivasse qualcuno di affidabile, parlando della Gazzetta del Profeta! 

La venditrice di bacchette, spero si sia capito, sarebbe la strega di Ribelle, che mi è sembrata perfetta per il ruolo, vista l'ossessione per l'intaglio. Il suo cognome significa appunto 'intagliatore', un po' come Potter deriva da 'pot'. 

Ammetto di essermi divertita a sprecare un sacco di tempo per scegliere le caratteristiche delle bacchette di tutti i personaggi principali, anche se non ho potuto citare quelle di Merida e Rapunzel, che sono rispettivamente in frassino e salice. Ho fatto riferimento alla vecchia lista di legni per bacchette di Pottermore, con una ricerca su Google dovreste trovarla facilmente. 

La scena in biblioteca è un'altra delle mie preferite: credo che Hiccup e Rapunzel andrebbero molto d'accordo. Sono un po' la voce della ragione del gruppo, anche se sono testardi, quando vogliono. 

Mi sono sentita in dovere di citare di nuovo Sdentato, la cui mancanza si fa sentire. Mea culpa. 

Grazie per aver letto fino a qui! 


 

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Mantieni la calma ***


Parte 9: Mantieni la calma

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il 23 novembre, il giorno precedente alla prima prova del Torneo Tremaghi, Jack venne accolto al suo arrivo in Sala Grande da sua madre e sua sorella. Erano in piedi accanto ai suoi amici, vicino al tavolo di Grifondoro. 

Jack venne loro incontro correndo e lasciò che la sorellina gli saltasse per un attimo in braccio. 

"Jack! Mi sei mancato!" disse lei ridendo. 

"Cosa ci fate qui?" chiese lui, ora preoccupato, lasciando andare la sorella. "È successo qualcosa a casa?" 

Sua madre scosse la testa. "Ho fatto richiesta a Nord di assistere alla prova di domani, così abbiamo preso una Passaporta." 

"Allora dove sono i genitori degli altri campioni?" domandò Jack allungando il collo per individuare altri adulti, mentre i suoi amici chiacchieravano con Mary. 

"Non ci sono" rispose sua madre. "Immagino che verranno quando ci sarà l'ultima prova." 

"Ah."

Jack vide chiaramente Hiccup stringere forte la mano di Astrid sotto il tavolo. 

"Ora dobbiamo andare dal Preside, vorrei scambiare due parole con lui, se non ti dispiace. A dopo, ragazzi" disse la madre di Jack. 

Mary lo abbracciò stretto un'ultima volta e seguì la donna verso le doppie porte. Rapunzel, che ovviamente era rimasta con gli altri senza sedersi al loro tavolo, commentò allegramente: "Tua sorella è molto simpatica, ti somiglia tanto." 

"Lo so, ce lo dicono spesso." 

"Ehi, Hic!" li interruppe la voce affannata del custode di Durmstrang, venendo loro incontro. "Tuo padre ti vuole." 

Hiccup aggrottò le sopracciglia, ma disse comunque: "D'accordo." 

Si alzò dal suo posto, lanciando un'occhiata di desiderio alla colazione lasciata a metà. 

"Ah, credo anche che serva la presenza di un Prefetto" aggiunse Skaracchio, guardando Rapunzel. 

"Oh… va bene" balbettò lei sorpresa, e si accodò al gruppetto. 

Guardandoli allontanarsi, Astrid storse il naso. "Non sarà successo niente di grave, vero?" 

"Ma no, altrimenti lo avremmo notato" la tranquillizzò Merida, abbuffandosi di donut. "Avranno trovato un altro nido di Doxy sulla nave di Durmstrang." 

Jack era semplicemente perplesso. "Un altro?" 

"Sarebbe il terzo, questa settimana" affermò Astrid. "È davvero pieno di quelle bestiacce, qui da voi. Per fortuna Hiccup è bravo con le creature magiche, l'avranno chiamato per questo." 

Di fronte a questa affermazione, Jack non seppe proprio cosa rispondere. 

 


Il mattino seguente si svegliò con una strana sensazione di vuoto allo stomaco, che cercò di placare abbuffandosi a colazione, ma senza molto successo. Quel giorno Astrid gli parve agitata ma impaziente, mentre Jack non riusciva a pensare a nulla che non fosse la prova. Mentre stavano mangiando, Bunnymund venne a informarlo che la prova avrebbe avuto luogo in Sala Grande, subito dopo il pranzo. 

Pozioni passò in un lampo, anche se l'intruglio del giorno richiese un lungo tempo di ebollizione. Jack era così distratto che rischiò di far esplodere il contenuto del suo calderone. 

Improvvisamente non trovava più conforto negli incoraggiamenti che sentiva quando percorreva i corridoi di Hogwarts, ma adesso gli ricordavano solo quanta aspettativa c'era da parte dei suoi compagni di scuola. 

A pranzo toccò a malapena il cibo, più teso che mai, mentre Astrid continuava a ripetere sottovoce gli incantesimi che aveva studiato, irritandolo leggermente. Merida si mordicchiò le unghie tutto il tempo, e anche Hiccup gli diede l'impressione di essere irrequieto, perfino pallido. 

Le uniche persone vagamente tranquille erano la madre e la sorella di Jack, che si erano sedute a mangiare con loro, così lui poteva distrarsi almeno un po' ascoltando i racconti di Mary su come stavano andando le cose a casa. 

Si sentiva come chiuso in una sua bolla personale, trasparente ma isolata dal resto della sala. Per il nervosismo aveva addirittura cominciato a contare le candele sul soffitto, sperando di calmarsi. Davvero non capiva cosa gli fosse preso, nei giorni precedenti era stato così tranquillo… 

"È arrivato momento!" 

Jack sobbalzò spaventato. Nord si era alzato e i piatti si erano volatilizzati. Lo stomaco gli si chiuse in una morsa. 

"Astrid" disse Hiccup con un tono tutto a un tratto urgente, prendendole la mano mentre lei si alzava in piedi, "andrà tutto bene, mantieni la calma." 

"Come, scusa?" 

"Andrà tutto bene" ripeté lui stringendo ancora più forte la mano di Astrid, gli occhi fissati intensamente nei suoi. Sembrava stesse disperatamente cercando di farle capire qualcosa di importante. 

Il Preside agitò la bacchetta, facendo comparire tre tavoli con altrettanti calderoni e un'ulteriore lunga tavolata piena di ingredienti per pozioni, gli stessi che usavano durante gli esercizi. "Campioni da questa parte, prego!" 

Pozioni? Fai sul serio?

Jack si rese conto di essere l'unico dei tre ad essere ancora seduto. Qualcuno lo spinse in piedi, probabilmente Merida, aiutandolo a prendere coraggio e seguire gli altri davanti al tavolo degli insegnanti.

Imitando Astrid e Fitzherbert, si mise all'ultimo calderone rimasto, sentendo lo sguardo di tutti addosso a lui. 

"Campioni," aveva intanto preso la parola Uncino, "oggi si svolgerà la prima prova del Torneo Tremaghi. La giuria qui presente ha ideato un'impresa che metterà alla prova la vostra abilità nella preparazione delle pozioni, in particolare degli antidoti ai veleni, nonché la vostra capacità di lavorare sotto pressione. Avrete un'ora di tempo, dopodiché vi verrà assegnato un punteggio in base alla vostra velocità, la scelta degli ingredienti e, ovviamente, l'efficacia del risultato. È inutile dire che non sono permessi aiuti esterni, o l'utilizzo di materiali non presenti sul tavolo di fronte a voi."

Non sembrava male, pensò Jack con una punta di speranza. Uncino sguainò la bacchetta ed evocò un enorme orologio di luce dorata che galleggiò verso il soffitto. Segnava l'una in punto. 

"Potete iniziare fra tre, due, uno…" 

SBAM! 

Jack si voltò di scatto verso la fonte del rumore, così come gli altri campioni, ma fu sorpreso di non sapere dove guardare: si era scatenata una gran confusione in tutta la Sala Grande. 

La sua attenzione fu attirata per prima verso il tavolo di Tassorosso, il più vicino a lui. Rapunzel giaceva svenuta con la testa posata sul legno, i lunghi capelli a nasconderle il viso, attorniata dai suoi compagni sbalorditi. Merida corse da lei e tentò di svegliarla scuotendola con delicatezza, ma Rapunzel non diede segno di ripresa. 

Cominciando a sospettare cosa stava succedendo, Jack spostò lo sguardo verso i Grifondoro, intenti a fissare impotenti Hiccup. Moccicoso, sorreggendolo con le braccia per non farlo cadere indietro, si guardava intorno spaesato, con un'aria spaventata che Jack non gli aveva mai visto addosso. "Che succede? Che gli è preso?" gridò il ragazzo senza riuscire a sovrastare il caos generale. La divisa rossa contrastava in maniera inquietante con il colorito pallido dell'amico. Dagur, in piedi poco lontano, sembrava sul punto di picchiare qualcuno. 

Jack guardò un po' più in fondo alla sala, con il cuore il gola.

Confermando quello che temeva, vide Mary in braccio a sua madre, svenuta come gli altri due. Allora si girò nuovamente verso gli insegnanti, che non sembravano troppo preoccupati dalla situazione, nemmeno il padre di Hiccup. 

Nord pronunciò un 'Mobilicorpus' che, Jack era sicuro, sentirono solo loro tre, e fece galleggiare dolcemente Rapunzel, Hiccup e Mary su delle brandine che l'infermiera della scuola aveva fatto apparire davanti a loro. Jack guardò con apprensione il volto pallido della sorella, seminascosto dall'infermiera. 

"Calma, calma, tutto come previsto! Nostri amici qui solo avvelenati, se prova va male Madama Gothel è esperta di pozioni, nessun problema" esclamò il Preside agitando le grandi mani per calmare la folla, sorridente e per nulla turbato. 

Astrid, che Jack aveva visto immobile e pronta a scattare fino a quel momento, si rilassò appena mormorando qualcosa in svedese che suonò molto come una serie di imprecazioni. Eugene era bianco quasi quanto i tre che avevano perso coscienza. 

"Abbiamo loro somministrato veleno a lenta durata, con loro consenso. Come già detto, campioni hanno un'ora per trovare antidoto. Loro interesse personale sarà incentivo e difficoltà aggiunta. Bene, cominciamo!" continuò Nord tranquillissimo. 

Astrid corse immediatamente al tavolo degli ingredienti, seguita da Fitzherbert. Jack barcollò dietro a loro e rimase a fissare per qualche secondo la grande varietà di materiali con la vista tremendamente annebbiata. Se non si dava una calmata, pensò, non sarebbe mai riuscito a combinare qualcosa. 

Chiuse gli occhi, fece un respiro profondo e li riaprì. Se non altro, la sala non girava più da sola. Ok, Jack. Concentrati. 

Fece scorrere lo sguardo sul tavolo, riflettendo sui sintomi che riusciva a individuare pensando alla sequenza di eventi. Sintomi tardivi, pallore, svenimento… Dove aveva sentito una lista del genere? 

Fortunatamente, Jack ebbe l'illuminazione: la lezione di Pozioni di quella mattina! Non avevano forse parlato di veleni a lenta efficacia? 

Si sforzò di ricordare cosa avesse detto l'insegnante, ma purtroppo l'agitazione lo aveva distratto per la maggior parte del tempo. Jack sperava ardentemente di aver prestato attenzione al momento giusto, perché l'unica cosa che gli tornò in mente era di aver bisogno di un Bezoar e di corno di unicorno. 

Li individuò facilmente in mezzo agli altri ingredienti, afferrò qualche altro componente utile e tornò al suo calderone. Eugene era impegnato a tagliare qualcosa e Astrid stava accendendo il fuoco. Jack iniziò a tritare il Bezoar nel mortaio. 

Non era un compito difficile, realizzò qualche minuto più tardi, mentre buttava la polvere nel calderone. Pur avendo avuto la testa altrove per metà della lezione era riuscito a ricordare le istruzioni. La parte difficile era non farsi prendere dal panico, ignorare la folla e la giuria e andare avanti, sempre avanti. 

Stavolta fece attenzione a non alzare troppo la fiamma, così da non far saltare in aria tutto, e dopo mezz'ora si permise di prendere fiato. Ancora dieci minuti di fermentazione e sarebbe stato a buon punto. 

Decise di controllare i suoi avversari, e se Astrid gli diede l'impressione di essere completamente padrona della situazione, Eugene a confronto era in condizioni pietose. Sudando per i vapori della mistura, controllava ossessionatamente la temperatura del fuoco, rischiando di bruciarsi le sopracciglia. Il suo tavolo era un disastro, tra barattoli dal contenuto versato, sacchetti svuotati e polvere di diverso tipo dappertutto, eppure lui non se ne curava, e continuava a lanciare occhiate ansiose a Rapunzel. Jack ebbe un inaspettato moto di compassione per lui. 

Passato il tempo necessario, aggiunse il corno di unicorno al preparato, mescolò il tutto e fece per prendere le bacche di vischio, ma la sua mano incontrò solo il legno. Doveva essersi dimenticato di prenderle all'inizio, evidentemente. Jack andò alla postazioni degli ingredienti, ma non ne trovò. Pensava di chiederne agli altri, ma Astrid le aveva finite e Eugene lo mandò a quel paese, perciò doveva arrangiarsi. Sentì più di qualcuno sussurrare dietro di lui. 

Guardò l'orologio in alto. Aveva un quarto d'ora scarso per inventarsi qualcosa. 

La presenza di tutta quella gente tornò a farsi sentire. Jack deglutì e fissò lo sguardo sul suo preparato, frugando nei suoi ricordi di Pozioni più velocemente che poteva. Gli serviva qualcosa che potesse sostituire il vischio, qualcosa di simile. 

Come per miracolo, o forse per l'adrenalina, gli tornò in mente di una volta in cui Rapunzel aveva mostrato loro un libro di Erbologia che aveva trovato in biblioteca. Ricordò il discorso interminabile dell'amica sulle numerose proprietà del vischio, che era della stessa famiglia della ginestrella e del sandalo. 

Jack si precipitò un'altra volta al tavolo degli ingredienti, in cerca di uno dei due. Trovò quelli che, stando all'etichetta sbiadita, erano frutti di sandalo, si affrettò ad aggiungerne un paio e girò la pozione. Poteva sentire l'agitazione crescente del loro pubblico. 

Una volta soddisfatto del risultato, Jack riempì una fialetta e si avvicinò alla brandina dove era sdraiata Mary, prima di farle bere il contenuto. 

"Ancora cinque minuti!" annunciò la voce di Nord. Jack pregò di non aver combinato un casino. 

Astrid finì appena dopo di lui. Jack la guardò sollevare piano la testa di Hiccup e versargli tra le labbra l'antidoto. Il mago riprese subito un po' di colore. 

Eugene andò da Rapunzel quando l'orologio segnava le due meno un minuto. Le sussurrò qualcosa che Jack era troppo lontano per sentire e l'aiutò a prendere la pozione.

Vedendo che anche lei aveva assunto un colorito migliore, Jack guardò Mary, cercando qualsiasi segno di ripresa. 

Dopo dieci interminabili secondi, sua sorella aprì gli occhi. 

 


 


 

 

 

 

"Tempo scaduto!" 

Hiccup si svegliò con la testa pesante. Aveva studiato troppo? 

Aprì faticosamente le palpebre, e qualcuno lo abbracciò togliendogli il fiato. 

"Astrid?" 

Lei lo liberò dalla stretta e annuì, tenendogli ancora le mani tremanti intorno alle braccia. Era inginocchiata accanto a lui, che era sdraiato su una specie di lettino temporaneo. 

Aveva gli occhi lucidi. 

"Hai visto? È andata bene" disse allora Hiccup, sforzando un sorriso e desiderando qualcosa per il mal di testa. Astrid lo guardò con l'aria di volerlo picchiare o abbracciare di nuovo, o forse tutte e due. 

Invece lo baciò, stringendogli le guance tra le dita. E, visto che era pur sempre Astrid, dopo gli mollò un pugno molto meno affettuoso del solito sul petto. 

"Ahia! Ma che…" 

"Tu lo sapevi, per questo ti sei comportato in modo strano, prima, vero?" 

Non ebbe il tempo di rispondere, perché Uncino era venuto loro incontro, facendo sparire le postazioni per la prova. 

"È il momento dei voti, piccioncini." 

Hiccup cercò gli altri con lo sguardo, e vide un sollevatissimo Jack stringere forte sua sorella, le loro teste così vicine da far confondere di chi fossero i capelli di chi, ma si stupì soprattutto di guardare Rapunzel con le braccia intorno al collo di Fitzherbert. Sembrava aver pianto, a giudicare dagli occhi rossi. Forse avevano risolto il loro problema.

L'infermiera di Hogwarts venne da loro per controllare le sue condizioni, ma l'antidoto di Astrid aveva funzionato alla perfezione. 

Hiccup cercò poi di alzarsi, ma le due lo trattennero sulla brandina con una presa ferrea, perciò si arrese ad assistere all'assegnazione dei punti da seduto. 

La Preside di Beauxbatons si alzò in piedi. 

"Dopo esserci consultati, abbiamo dato a ciascuno un punteggio su base di cinquanta. Cominciando dal signor Fitzherbert, che è stato l'ultimo ad aver consegnato l'antidoto, seppur efficace, vanno quaranta punti."

In mezzo all'applauso, Hiccup vide Rapunzel sorridere raggiante a Eugene, che ricambiò. 

"Dopo abbiamo la signorina Hofferson, che ha realizzato un ottimo preparato, ma ha fatto un uso leggermente sconsiderato di vischio. A lei vanno quarantacinque punti" proseguì Madama Gothel. 

"È anche troppo" commentò Astrid a mezza voce, appoggiando le mani sui fianchi con un sospiro. "Se avessi aggiunto un'altra bacca ti avrei ucciso per l'agitazione. Il povero Jack era rimasto senza." 

Gothel ignorò le acclamazioni e continuò con i risultati. "Al signor Overland, infine, che ha consegnato l'antidoto insieme alla signorina Hofferson, nonostante la bizzarra scelta di ingredienti, vanno quarantacinque punti." 

In pareggio con Astrid, pensò Hiccup. La piccola Mary disse qualcosa al fratello incrociano le dita. 

Madama DunBroch intervenne dopo Gothel, le mani giunte al petto. "Con questo si conclude la prima prova, la prossima avverrà fra tre mesi, il 24 febbraio. Prima che possiate andare a festeggiare i nostri campioni, ho un messaggio per loro: la seconda prova sarà molto diversa da questa, è servirà a testare la vostra audacia. Affronterete qualcosa che fluttua, striscia e divora! Buona giornata a tutti!"

 


Dopo aver salutato la signora Overland e Mary, che sarebbero partite all'alba del giorno dopo, Hiccup passò tutto il pomeriggio e tutta la sera sulla nave a festeggiare insieme ai suoi amici. Gambedipesce ebbe una lunga conversazione con Astrid sul suo antidoto, in cui elencò tutti i modi in cui avrebbe potuto finire male, oltre a dilungarsi in diverse congetture su cosa l'aspettava a febbraio. Decisero di pensarci più avanti. 

I gemelli presero in giro Moccicoso, deridendolo per aver versato qualche lacrima durante la prova. Lui giurò di non aver battuto ciglio, ma Astrid riferì a Hiccup di averlo visto asciugarsi gli occhi più volte. Dagur stritolò il giovane mago nell'ennesimo abbraccio, contento che fosse vivo.

"Adesso devi dirmi cos'è successo esattamente ieri" Astrid disse a un certo punto a Hiccup. Lui le raccontò della mattina prima. 

Quando Skaracchio aveva mandato a chiamare lui e Rapunzel non era per un'infestazione di Doxy, ma perché Nord spiegasse loro in cosa consisteva la prova. Anche la madre e la sorella di Jack erano presenti. Nord aveva detto che c'era bisogno di tre persone, una per campione, a cui tenessero particolarmente. Aveva poi consegnato loro una boccetta di veleno da prendere quella sera, così da presentare i sintomi nel momento giusto. 

Hiccup aveva pensato che, mentre la presenza sua e di Mary aveva senso, era strano che la persona più importante per Eugene fosse Rapunzel, con cui non era imparentato e non aveva visto per anni. Si era fatto l'idea che Fitzherbert non avesse molta gente a cui voler bene. Era un po' deprimente, a rifletterci, ma almeno lui e Rapunzel avevano fatto pace; Hiccup li aveva visti seduti vicini a cena. 

Fu, tutto sommato, una bella giornata. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Note

Finalmente la prima prova, anche se ho avuto qualche difficoltà a idearla. Per le altre avevo almeno un'idea, ma questa proprio non mi veniva, quindi è un po' fiacca. Non sarà stata molto pericolosa, ma mi sono ispirata alla prova del lago dei libri. 

La pozione di Jack è un semplice antidoto ai veleni comuni. La sostituzione del vischio è opera mia, spero di non aver scritto una scemenza!

Il nome della sorella di Jack potrebbe non essere quello giusto: ho fatto una ricerca e ne ho trovati diversi, Mary era quello che mi sembrava migliore. 

I capelli di Jack, inoltre, sono ancora castani, e non bianchi. Questo particolare sarà importante in seguito. 

I titoli dei capitoli sembrano sempre di più una conversazione, e non è nemmeno intenzionale! Nel prossimo andremo a Hogsmeade. 

Grazie per aver letto fino a qui!


 

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Tu con chi ci vai? ***


Parte 10: Tu con chi ci vai?

 

 

 

 

 

 

 

 

Dicembre arrivò con la prima nevicata dell'anno, ghiacciando i sentieri che portavano alle serre e addobbando di ghiaccioli le finestre del castello. Rapunzel amava quel periodo quasi quanto la primavera a Hogwarts.

Come Jack lamentava ogni anno, il Lago Nero era troppo grande per congelare e non potevano pattinarci sopra, perciò gli studenti si rassegnavano a passare i pomeriggi in biblioteca, l'unico posto abbastanza caldo dove potevano stare tutti insieme. Il problema era che dovevano sforzarsi di non alzare troppo la voce, o rischiavano di farsi cacciare dalla bibliotecaria. 

Così, tra un incontro per studiare e mangiare dolci di nascosto e l'altro, si preannunciava il periodo più bello di tutta la vita di Rapunzel: lei e Eugene avevano finalmente fatto pace, alla fine della prima prova, e forse stava nascendo qualcosa. Con grande gioia della strega, i ragazzi di Beauxbatons avevano ripreso a sedersi al tavolo di Tassorosso, per passare più tempo insieme, dunque Eugene aveva preso l'abitudine di partecipare a qualche loro riunione in biblioteca. 

Il bacio di Hiccup e Astrid davanti a tutta la scuola, invece, aveva reso pubblica la loro relazione, perciò i due si erano arresi ai pettegolezzi che erano girati fin dall'arrivo degli studenti di Durmstrang, e avevano cominciato addirittura a tenersi per mano in pubblico, senza nasconderlo sotto al tavolo. Non si baciarono più, almeno non di fronte a tutti, ma Astrid divenne molto meno imbarazzata di prima. Hiccup sembrava felice come non mai. 

 


Il primo sabato di dicembre era in programma l'uscita a Hogsmeade. Prima di allora, Rapunzel, Jack e Merida avevano raccontato agli altri con entusiasmo del villaggio vicino, perciò gli studenti stranieri erano curiosi di visitarlo. Decisero di andarci tutti insieme, così i tre ragazzi di Hogwarts, nel primo pomeriggio, discesero la collina diretti al villaggio. Rapunzel notò che i due Grifondoro, quando le vennero incontro dopo l'ora di Trasfigurazione, avevano il broncio, ma non vollero raccontarle cos'era successo. 

Hiccup, Astrid e i loro amici di Durmstrang li raggiunsero appena arrivarono vicino al sentiero che portava al lago, formando con loro un bel gruppetto. Rapunzel aveva chiesto a Eugene se gli andasse di venire con loro, ma lui le aveva risposto di dover studiare, e l'aveva esortata ad andare senza di lui. 

Sembrava stesse andando tutto per il meglio, ma una volta arrivati al villaggio realizzarono di avere un problema. 

Nel tragitto il nevischio aveva ricominciato a cadere e i ragazzi, nonostante fossero avvolti in mantelli, sciarpe e cappelli, tremavano dal freddo. Rapunzel, Jack e Merida, che a Hogsmeade ci erano stati un milione di volte, si accordarono con gli altri di ritrovarsi ai Tre manici di scopa più tardi, e li lasciarono esplorare i negozi del villaggio per conto loro. Solo Hiccup, che aveva praticamente un ghiacciolo sotto al naso, si unì ai tre dopo aver convinto i suoi amici a lasciarlo andare. 

Si infilarono nel locale, pestando i piedi per far cadere la neve dalle scarpe, e trovarono un tavolo libero abbastanza grande per tutti. L'ambiente era caldo e accogliente come al solito. 

"Pensavo che saremmo rimasti là fuori a decidere per sempre" sbuffò Jack seccato, dopo che arrivò da bere. "Ma perché si fanno così tanti problemi a lasciarti andare in giro senza di loro? Non ti mangiamo mica" aggiunse rivolto a Hiccup. 

"Non ci sarebbe tanto da mangiarci, con lui" commentò acidamente Merida soffiando sul suo boccale. 

"Hanno paura che mi cacci nei guai. Non che abbiano tutti i torti, visto quante me ne sono successe in tre anni" rispose Hiccup. 

Rapunzel rise. "Già, i gemelli credono ancora che Nord abbia cercato segretamente di farci fuori con il veleno." 

Vedendo che gli altri due erano rimasti a fissare ingrugniti i loro bicchieri, esclamò esasperata: "Si può sapere che avete oggi, voi due? Sembra che vi abbiano messo in punizione a vita!" 

"Sarebbe decisamente meglio" replicò senza esitare Jack. Merida annuì cupamente. 

"Oh, ma insomma! Ce lo dite o no?" 

I due si scambiarono uno sguardo sconsolato. "Va bene, ma non ridete" borbottò Jack. "Ecco, stamattina a Trasfigurazione il prof ci ha detto che a Natale ci sarà un ballo. Tutto apposto, se non mi avesse preso da parte alla fine dell'ora per raccomandarmi di trovare una compagna, visto che, a quanto pare, i campioni devono aprire le danze, e io non devo far fare brutta figura alla scuola."

Disse 'danze' come se fosse stato un sinonimo di 'strappo delle unghie', o 'rimozione dei denti tramite pinze'. 

"E tu?" domandò Hiccup a Merida. Lei si contorse sulla sedia. 

"Mia mamma mi ha intercettata in corridoio per presentarmi non uno, non due, ma ben tre rammolliti che, per dirla a parole sue, 'sarebbero dei compagni di ballo perfetti'. Sono scappata prima che finisse il discorso." 

"Erano tutti figli di funzionari del Ministero, vero?" indovinò Rapunzel. 

"Ovviamente." 

I quattro rimasero zitti per un po', ascoltando il ciarlare nel locale e sorseggiando la Burrobirra calda. Anche Rapunzel aveva saputo del Ballo del Ceppo, ma non ebbe il coraggio di dire che non vedeva l'ora che arrivasse Natale. Era sicura che l'avrebbero presa per traditrice. 

"Allora con chi pensavi di andare, Jack?" si decise a chiedere Hiccup. 

"È questo il punto" fece lui. "Non ne ho la più pallida idea." Poi gli si illuminò il volto. "Merida, possiamo andarci insieme! Basterà ballare la prima canzone, poi possiamo starcene seduti." 

"Neanche per sogno" sbottò Merida, brutale. "Non darò alla mamma la soddisfazione di mettere quel ridicolo vestito e fare la bella statuina. Scusa, Jack, ma preferirei uccidermi." 

"Nessun problema" disse lui fissando mestamente il fondo vuoto del boccale con aria sconsolata. A Rapunzel si strinse il cuore vedendolo in quello stato. 

"Oh, Jack, non preoccuparti. Sei il campione di Hogwarts, qualcuno lo troverai di sicuro" tentò di consolarlo. 

"Tu con chi ci vai?" le chiese Merida, evidentemente sforzandosi di non apparire scontrosa. 

Lei si sentì arrossire. "Con Eugene" rispose guardando altrove. Merida farfugliò qualcosa che suonò come un 'lo immaginavo' e bevve un altro sorso. Hiccup li guardò tutti uno a uno. 

"A me non lo chiedete?" disse. 

Loro lo fissarono stralunati. 

"Va bene, va bene! Era per scherzare." 

Quando tornarono gli altri, l'umore generale non era migliorato granché. 

Carichi di pacchi e sacchetti, i cinque alunni di Durmstrang si sederono con loro scrollandosi la neve dai capelli. Testabruta era furente. 

Quando le chiesero cosa le fosse preso, batté con rabbia il bicchiere sul tavolo e disse: "Abbiamo incrociato Dagur, che ha scommesso che nessuno mi inviterà a quello stupido ballo!"

Hiccup strinse gli occhi a fessura. "Testabruta, sei assolutamente sicura che abbia usato queste esatte parole?" 

"Non darle retta" intervenne Astrid, guardando con sospetto la sua Burrobirra. "Dagur ha solo domandato come mai nessuno glielo abbia ancora chiesto."

"Pft, come se potessi accettare uno qualunque. Solo Eret è degno di farmi da cavaliere, e lui ci va con non so chi" ribatté Testabruta, gettandosi una treccia dietro la spalla con fare altezzoso. 

Jack, che non aveva aperto bocca per almeno un quarto d'ora, parve riprendere improvvisamente vita. "Vuoi dire che non ti accontenteresti di nessuno che non sia all'altezza?" 

"Proprio così. Devo tenere alla larga gli zoticoni attirati dalla mia abbagliante bellezza." 

"Testabruta" continuò cauto Jack dall'altra parte del tavolo, "diresti di sì a un campione del Torneo Tremaghi?" 

Lei ci pensò su. "Sì, forse, ma credo che Fitzherbert sia già occupato." 

Jack si alzò in piedi e corse precipitosamente vicino a Testabruta, dove si inginocchiò. "Signorina Thorston, mi farebbe l'onore di venire al ballo con me?" boccheggiò, fingendo un tono adorante che non riuscì a ingannare nessuno tranne lei. 

Testabruta guardò Jack dall'alto in basso, soppesandolo con aria di sufficienza. "E va bene, almeno non mi farai sfigurare." 

Jack tornò al suo posto con espressione vittoriosa. Rapunzel non sapeva se essere felice per lui, perché vide chiaramente l'espressione delusa di Gambedipesce lì affianco.

"E tu, Testaditufo?" si informò Merida. 

"I maschi della famiglia Thorston non prendono parte a balli di gala, non dopo l'incidente del 1763" rispose lui con una faccia mortalmente seria che Rapunzel era incerta di come interpretare. 

Moccicoso si asciugò la bocca con il dorso della mano. "Io ci andrei con Astrid, se solo avesse capito che il ballerino migliore è il sottoscritto, ma nooo, lei deve portarci Liscadipesce Haddock. Vabbe', vorrà dire che lo chiederò a qualcun'altra." 

Astrid gli mollò una sonora pacca sulla schiena che lo schiacciò sul tavolo. "Che spiritoso!" esclamò allegramente. 

"Vero?" esalò lui con voce strozzata. 

"Non ha tutti i torti" intervenne Hiccup preoccupato. "Di certo non ti aiuterò a fare bella figura, barcollando sulla mia gamba di ferro come uno stupido." 

"Ma se cammini benissimo!" replicò lei alzando gli occhi al cielo. "Se hai paura di non ballare bene non tormentarti, almeno saremo in due." 

"Posso darti qualche lezione io! Mi piace ballare" affermò Rapunzel rischiando di rovesciarsi la Burrobirra addosso per l'entusiasmo. 

"È vero, è molto brava" la sostenne Merida. 

Astrid la guardò esitando. "Ci penserò." 

 

 

 


 

 


Merida finì la Burrobirra e schioccò le labbra. "Torno subito."

Si alzò con l'intenzione di andare al bagno, ma una donna le bloccò la strada. 

"Ah, scusi" disse automaticamente, e la lasciò passare. 

"Grazie, cara" replicò la donna. Merida riuscì a vederla in faccia per un attimo e riconobbe Madama Gothel, la direttrice di Beauxbatons. Non aveva mai fatto caso a quanto fosse bello il suo viso, nonostante l'accenno di rughe. Merida si chiese cosa ci facesse ai Tre manici di scopa tutta sola. 

Quando tornò dai suoi amici, li trovò a fissare con poca discrezione un piccolo tavolo in fondo alla sala. 

"Che guardate? Un vampiro?" 

Jack la tirò giù a sedere zittendola. "C'è un tipo davvero strano laggiù, stiamo cercando di capire chi è." 

Merida seguì il suo sguardo verso un uomo imponente dalla carnagione bronzea. Aveva i capelli acconciati in lunghi dreadlock che lo facevano spiccare tra gli altri avventori, insieme alle numerose cicatrici che gli segnavano il volto duro. Merida notò che aveva un mantello di pelle di drago, e così anche Hiccup. 

"Deve essere un Guardadraghi, o qualcosa del genere" ipotizzò infatti il giovane mago. 

"Ma che ci fa qui?" si chiese Astrid. 

"Magari si è fermato a Hogsmeade per la notte, ed è diretto da qualche altra parte" azzardò Gambedipesce. "Ci sono riserve di draghi, qui in Gran Bretagna?" 

Merida scosse la testa ricciuta. "Non che io sappia." 

Non trovando altro su cui speculare, ripresero a chiacchierare tra loro, gettando solo di tanto in tanto un'occhiata verso l'uomo misterioso. Svuotati tutti i boccali, uscirono dal locale e si separarono nuovamente. Hiccup e Astrid andarono per conto loro in quello che, per quanto negassero, era palesemente un appuntamento, invece i loro amici si recarono alla Stamberga Strillante. Jack, Merida e Rapunzel girarono per i negozi. 

"Merida" sussurrò la bionda mentre erano in fila per pagare una quantità esagerata di dolciumi da Mielandia, "sei sicura di non voler andare al ballo?" 

Lei smise di contare le monete e la guardò con un sorrisetto furbo. "Non ho mai detto che non ci vado." 

"Non mi dire che pensi di andare da sola, faresti infuriare tua madre!" protestò Rapunzel. 

"Esatto" disse Merida mentre uscivano dalla bottega. "Se riuscirò a farla arrabbiare ne sarà valsa la pena." 

L’altra non seppe cosa controbattere, e tacque.

Usciti da Mielandia, incrociarono Hiccup e Astrid in High Street. Il ragazzo era stato placcato da Dagur, che adesso si era inginocchiato di fronte a lui prendendogli la mano. Rimasero a guardare la scena incuriositi. 

"Fratello, sei il mago più intelligente e forte che conosco" stava dicendo Dagur con tono solenne. Astrid si era cacciata una mano sulla bocca per trattenere una risata. Stavano attirando un po' l'attenzione di tutti i passanti nella via principale. 

"Cosa…" fece Hiccup confuso, ma l'altro lo interruppe. 

"Hiccup Haddock, mi faresti l'onore… " proclamò Dagur grave, non un briciolo di umorismo, "di aiutarmi a trovare una dama per il ballo?" 

Astrid era piegata in due, in preda a una silenziosa risata. Hiccup parve vagamente lusingato, ma ancora più confuso di prima. "Uh, certo, Dagur. Ti posso… ti posso dare qualche consiglio, suppongo." 

Dagur balzò in piedi e lo strinse nel solito abbraccio mortale. "Grazie, fratello!" 

Visto che era ormai il tramonto, i tre, ridacchiando a loro volta, risalirono la collina per tornare al castello. 

 


Qualche giorno dopo, Rapunzel marciò in biblioteca con espressione trionfante. 

"L'ho trovato!" annunciò fiera agli altri. 

Merida alzò lo sguardo annoiato dal suo libro. "Cosa?" 

"La cosa che 'fluttua, striscia e divora' della prossima prova!" 

Era dal mese scorso che si scervellavano per capire l'indizio di sua madre, ma nessun libro sembrava citare una bestia del genere, sempre se di una bestia si trattava. Secondo Merida avrebbero dovuto affrontare un drago, ma il termine 'fluttua' non aveva convinto Rapunzel, che aveva continuato le ricerche per conto suo. 

La ragazza appoggiò un grosso volume sul tavolo dove stavano studiando. "Il modo in cui l'ha detto mi pareva familiare, così ho cercato in tutti i miei libri e ho trovato questo." Aprì il tomo verso la fine e indicò il titolo del capitolo. 

"Il Letalmanto!" 

Gli altri allungarono il collo per guardare l'illustrazione sulla pagina, che ritraeva un velo scuro increspato. A Merida parve solo una vecchia cappa. 

"Sei sicura che sia questo?" chiese Jack dubbioso. 

Rapunzel lesse ad alta voce: "Noto anche come Velo Vivente, questa creatura Oscura assomiglia ad un mantello nero dello spessore di oltre un centimetro, più spesso se di recente ha ingoiato e digerito una vittima. Si muove scivolando lungo le superfici e si manifesta di notte. È molta rara e si trova nei climi tropicali."

"Sembra proprio che corrisponda alla descrizione della Direttrice" commentò Hiccup rigirandosi la piuma tra le dita. 

"Ma è di classe XXXXX, la più pericolosa! Non è un po' troppo rischioso, anche per il Torneo Tremaghi?" disse Astrid, sbirciando da dietro la sua spalla. 

Jack prese in mano il libro. "Guardate, c'è scritto che l'unico incantesimo in grado di respingerlo è l'Incanto Patronus. Nemmeno a noi del settimo anno lo insegnano…" 

"Sarà per questo che vi hanno dato un suggerimento" disse Merida scartando una bacchetta di liquirizia, attenta a non far rumore. "Così potete prepararvi in anticipo." 

Jack si grattò la testa con la bacchetta. "Dovremmo imparare a produrre un Patronus da soli? E se non servisse a niente, come a novembre?" 

Astrid chiuse i suoi appunti. "Non penso che abbiamo molta scelta. Sarà meglio di niente" replicò. "Dobbiamo trovare un posto per esercitarci." 

"Oh, vado a chiedere al professor Black se possiamo prenderci un'aula per noi — non fare quella faccia, Jack — così posso anche dirlo a Eugene!" si offrì Rapunzel. 

"Sarebbe ingiusto non avvertirlo" assentì Jack, che a sentir nominare l'insegnante di Difesa Contro le Arti Oscure aveva fatto una smorfia. 

Rapunzel tornò dopo qualche minuto, e raccontò che Black si era rifiutato di concedere un'intera classe per loro, ma fortunatamente era in sala insegnanti con Bunnymund, che aveva sentito tutto e aveva dato il permesso di lasciarli esercitare nella sua. 

"Mi ha solo ricordato di non distruggere niente" disse Rapunzel. 

Quella sera dopo cena Jack, Merida, Rapunzel, Hiccup, Astrid e Eugene si chiusero nell'aula di Trasfigurazione e spostarono tutti i banchi in fondo alla stanza. Rapunzel e Hiccup si erano procurati un sacco di libri di testo sugli incantesimi protettivi, in cerca di istruzioni utili. 

"Qui dice che dovete pensare intensamente a un ricordo molto felice e pronunciare la formula Expecto Patronum" disse Rapunzel leggendo da Incanti e Fatture per Auror che teneva aperto sulle ginocchia. I tre campioni si guardarono l'un l'altro, in piedi al centro della stanza. 

"Expecto Patronum!

Niente. 

Hiccup, che stava vicino a Rapunzel, si sporse per leggere anche lui. "Dovreste concentrarvi non tanto sul ricordo in sé, ma sulla sensazione che vi trasmette" suggerì, ma ancora al quinto tentativo non era cambiato nulla. 

Eugene fissò la sua bacchetta come gli avesse fatto un torto personale, mentre Astrid fece un verso di stizza. Jack aveva chiuso gli occhi per concentrarsi. 

"Mi pare di aver visto qualcosa" Merida provò a tirarli su di morale. "Sì, tipo uno sbuffo…" 

"Avrai mangiato troppo a cena" la contraddisse Jack agitando la bacchetta. Lei gli fece la linguaccia. 

"È normale che non ci riusciate al primo colpo. Dopotutto è una magia ben oltre il livello del M.A.G.O." disse Rapunzel incoraggiante. Guardò in tutti i libri che si era portata dietro, insieme a Hiccup, ma non trovarono informazioni più dettagliate su come lanciare l'incantesimo. In compenso impararono moltissimo sulle forme che un Patronus poteva assumere: cambiava a seconda del mago e dipendeva dalla sua personalità. Merida era certa che quelli dei suoi amici sarebbero stati qualcosa di grandioso, come tigri e cervi, invece il suo sospettava che avrebbe somigliato più a un mulo, testarda com'era. 

Andarono tutti a dormire piuttosto soddisfatti, quella sera. Nel giro di tre ore Jack aveva imparato a produrre un Patronus per un paio di minuti, un bel delfino argentato. Astrid era riuscita a richiamare una leonessa, per qualche istante. Eugene era solo capace di produrre del vapore argenteo dalla bacchetta, nonostante Merida giurasse di aver intravisto qualcosa con gli zoccoli, per una frazione di secondo, ma lo rassicurarono che sarebbe stato più che sufficiente per tenere lontano un Letalmanto quanto bastava. 






















Note

Anche oggi abbiamo avuto un bel momento tranquillo tra i Big Four, pieno di problemi adolescenziali. Scrivere delle gite a Hogsmeade è una gioia, l'ho adorato. 

Il Ballo del Ceppo si avvicina, e Jack, sorpresa sorpresa, ci andrà con Testabruta! Vedremo cosa combineranno. 

I tre ragazzi che Elinor ha presentato a Merida sono proprio i rampolli dei clan scozzesi del film, per essere chiari. Purtroppo non sono riuscita a incastrarli in una scena. Oh be'. 

Il Letalmanto è una creatura magica presa direttamente dal libro Animali Fantastici e Dove Trovarli. È un peccato che non si sia visto più spesso nel franchise, lo trovo molto interessante. 

Un altro momento divertente è stato quello della lezione sui Patronus! A conferma di quello che ha visto Merida, il Patronus di Eugene è un cavallo, ispirato da Maximus. Per Rapunzel pensavo a un volatile, per esprimere libertà, mentre quello di Hiccup non lo dico neanche… Merida avrebbe un orso, poco ma sicuro. 

Bene, ci vediamo domani con il ballo.

Grazie per aver letto fino a qui!


 

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Al fuoco! ***


Parte 11: Al fuoco!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il giorno di Natale, Jack si svegliò e corse alla finestra. Il sole splendeva nel cielo terso e pallido, minacciando di sciogliere tutta la neve. 

Contrariato, si vestì e scese con i suoi regali in sala comune, dove avrebbe potuto aprirli insieme a Merida, che lo stava aspettando ancora tutta scarmigliata. La stanza era piena di studenti mezzi addormentati intenti a mostrare i propri doni agli amici. 

Quell'anno Jack ricevette più regali del solito: oltre al sacchetto di Zonko da Merida, il libro Magie per maghi oltre l'emisfero boreale da Rapunzel e la borsa per scuola da sua madre, si erano aggiunti dei biglietti per una partita di Quidditch in cui avrebbe giocato il padre di Astrid e un globo di neve incantato da Hiccup. 

Jack guardò incantato le due minuscole figure che pattinavano sul laghetto in miniatura. Erano la perfetta riproduzione ridente di lui e sua sorella. 

"Si vede che Hiccup è ricco" commentò Merida quando vide il globo. A lei erano arrivati parecchi dolci, il solito libro da Rapunzel, un maglione piuttosto bruttino e uno splendido arco di legno intarsiato. Jack non dové tirare a indovinare su quale fosse da parte di Hiccup. 

"Anche tu sei ricca, no? La prestigiosa famiglia DunBroch e tutto il resto." 

"Sì, sì, quello che è. Preferirei aver preso il cognome di mio padre, sinceramente. Meno ho in comune con mia madre, meglio è per me" affermò Merida tutta concentrata sulla scatola di cioccolatini che Jack le aveva donato. 

"A proposito, sei ancora convinta di andare al ballo da sola?" disse lui, che da Mielandia aveva solo fatto finta di non sentirla parlare con Rapunzel. Fosse stato in lei, se ne sarebbe rimasto nel dormitorio a leggere e mangiare cioccolatini in santa pace. Il pensiero del Ballo del Ceppo era come una macchia fastidiosa su vestiti altrimenti puliti. 

"Sicuro. Passami quelli." 

Jack le lanciò un sacchetto di Gelatine Tuttigusti+1. "Se ti ingozzi adesso non ce la farai a mangiare niente a colazione." 

"Fidati che ci riesco" rispose Merida con convinzione. "Scendiamo? Sono curiosa di cosa ha ricevuto Punz." 

Trovarono la Sala Grande allegramente piena di studenti eccitati per i regali e per il ballo di quella sera. Gran parte di quelli dal quarto anno in su, che potevano prendervi parte, erano rimasti al castello per le vacanze, che solitamente in quel periodo si svuotava. Qualcuno stava invitando un partner dell'ultimo minuto. Jack era immensamente felice di essere apposto con quella faccenda. 

Si avvicinarono al tavolo di Tassorosso, dove Rapunzel li abbracciò e disse: "Buon Natale, ragazzi!" 

Anche Eugene, seduto accanto a lei, fece loro gli auguri. Merida si distaccò presto da Rapunzel, impaziente. 

"Anche a voi. Allora, che cosa ti hanno regalato?" 

Lei mostrò la collanina con il ciondolo a forma di sole che portava al collo. "Questa me l'ha data Eugene. I miei invece mi hanno spedito delle scarpe bellissime da mettere stasera, erano molto felici quando ho scritto di Eugene." Guardò con un sorriso radioso il ragazzo, che ricambiò. 

"E Hiccup e Astrid?" la interrogò Merida. Jack alzò gli occhi al cielo. 

"Astrid mi ha preso un kit per la cura dei capelli, mentre Hiccup ha trovato la scatola di colori per dipingere di cui vi ho parlato!" cinguettò al settimo cielo. Jack pensò che vederla così metteva il buonumore. "Sarà il Natale migliore di sempre!" 

I due Grifondoro tornarono al loro tavolo, dove si profusero in mille ringraziamenti a Hiccup e Astrid. 

"Lo hai messo!" esclamò Merida a un tratto con voce altissima, notando cosa indossava lui. Diverse teste si girarono verso di loro allarmate. 

"Certo, è il più bello che abbia mai avuto. Grazie, a proposito" disse Hiccup con un gran sorriso, sfoggiando un maglione con un drago nero dagli occhi verdi. Aveva tutta l'aria di essere fatto a mano. 

"Rapunzel mi ha preparato il disegno da seguire, quindi è per metà da parte sua" precisò Merida. 

"Non avrei mai immaginato che sapessi lavorare a maglia" disse Jack stupito. 

"Mia mamma mi ha obbligata a imparare da piccola" rispose lei facendo spallucce. "È l'unica cosa che riesce a calmarmi i nervi, a parte tirare con l'arco, che lei non sopporta." 

Hiccup si rivolse a Jack. "Ah, grazie per il set di attrezzi, anche se non ho idea di dove tu l'abbia trovato." 

"C'era un annuncio sulla Gazzetta del Profeta, di quelli per fissati con la roba babbana. Ho pensato che fosse perfetto per te" annuì Jack con le mani sui fianchi in una posa fiera. Era contento di aver azzeccato il regalo e non aver sfigurato davanti ai doni costosi dell'amico. 

 


Quel giorno, Jack e gli altri non imitarono i loro compagni di scuola, la cui gran parte si era rintanata nelle sale comuni a godersi i regali, ma seguirono i pochi temerari che avevano il coraggio di uscire dal castello. Almeno potevano stare tutti insieme, in quel modo. 

Dopo un ricco pranzo scoppiò una feroce battaglia a palle di neve nel parco, in cui vinse Astrid, che aveva una mira infallibile, e una gara di pupazzi di neve, dove i gemelli sbaragliarono tutti. 

Verso le sei, Merida e Rapunzel li lasciarono per andare nei loro dormitori a prepararsi e anche Astrid, seguita da Testabruta, tornò alla nave con la stessa scusa. 

Un'ora più tardi, anche i ragazzi andarono a cambiarsi. Jack mise le calze ad asciugare davanti al fuoco, su nella sala comune, e salì nel dormitorio a sua volta. S'infilò l'abito elegante azzurro e bianco che ora aveva capito a cosa servisse e scese le scale. Trovò Merida che stava aprendo la porta per uscire. 

"Oh, pensavo fossi già andata via" disse Jack, indeciso se essere dispiaciuto per lei. 

Lei lo guardò tormentandosi le dita. "No, ci ho messo più tempo del previsto a sistemarmi." 

Jack si accorse solo allora del vestito che indossava. Era verde molto scuro con giusto un paio di sbuffi sulle maniche. "Quello non l'ha scelto tua madre, vero?" 

"In un certo senso sì. Io l'ho solo modificato un po'" rispose Merida lisciandosi la gonna. Non aveva nemmeno acconciato i capelli e li aveva lasciati liberi come al solito. "Io vado, allora." 

Jack la osservò uscire dal buco del ritratto e scendere le scale della torre insieme ad altri studenti di Grifondoro, tutti agghindati per l'occasione. Ebbe un momento di esitazione, ma immaginò di non poter scappare, e uscì anche lui. 

Arrivato nella Sala d'Ingresso strapiena, iniziò a cercare Testabruta, leggermente spaesato. Di solito era facile individuare il rosso sangue delle divise di Durmstrang, ma nel mare di vestiti colorati era molto più difficile trovare qualcuno. 

Finalmente la vide e corse da lei. "Ciao." 

"Grazie a Merlino, pensavo ti fossi perso" sbraitò Testabruta. A Jack parve più scontrosa del solito, anche se era sorprendentemente carina nel suo abito celeste. Perlomeno si era data una sistemata ai capelli. 

"Hai visto gli altri?" chiese Jack guardandosi attorno sperando di trovarli. Stare con lei senza i suoi amici gli dava la strana sensazione di avere un appuntamento romantico. 

"Boh." 

Prima che Jack potesse andare a cercarli, Bunnymund lo trattenne, scoccate le otto. 

"Overland, qui. Devi aprire il corteo con gli altri campioni." 

Jack lo seguì in disparte con Testabruta, lasciando che gli altri studenti entrassero nella Sala Grande. Anche Hiccup e Astrid erano lì. Lei portava un abito rosso bordato di pelliccia e aveva i capelli sciolti sulle spalle, lui indossava vestiti verde foresta, in tinta con gli occhi, fermati sul petto da una spilla che Jack sospettava che ritraesse lo stemma degli Haddock. 

Eugene e Rapunzel li raggiunsero poco dopo e aspettarono che la Sala Grande fosse piena, dopodiché Bunnymund li dispose a coppie e li scortò dentro. 

Jack non aveva mai visto la Sala così grandiosamente addobbata: oltre ad un grosso focolare scoppiettante al centro, c'erano brina, agrifoglio, cristalli e vischio dappertutto. Quest'ultimo fece pensare a Jack alla prima prova, e a Mary. Le sarebbe piaciuto un mondo andare a una festa del genere, pensò con nostalgia. Solitamente lui non tornava a casa per le vacanze, perciò non si vedevano per mesi, quindi ritrovarla durante la gara gli aveva ricordato quanto gli mancasse. Jack si augurò con amarezza che non si sentissero sole, lei e sua madre. 

Ricordava bene i Natali a casa Overland di molti anni prima. I regali, il pranzo, la gioia di stare tutti insieme… Fino al decimo compleanno di Jack. 

La vista del tavolo vicino cui il corteo si era fermato lo distolse dai suoi ricordi. Alla tavolata rotonda erano accomodati i tre Presidi (Nord più festoso che mai, Madama Gothel in uno sfarzoso abito bordeaux e Haddock di verde vestito come il figlio), la madre di Merida, Uncino e alcune personalità del Ministero della Magia. 

La folla smise di applaudire e le tre coppie si sedettero, dando il via al banchetto.

Il menù comprendeva le solite portate natalizie e le pietanze straniere a cui ormai Jack aveva fatto l'abitudine, perciò non si stupì di leggere diverse parole che somigliavano più a mucchi di vocali che a nomi di piatti. 

Era seduto vicino a un vecchio mago dai capelli bianchi ritti in testa e folti baffi, abbigliato in fantasia scozzese. 

"Assurdo!" stava blaterando a Nord, lì accanto. "Dovresti aumentare la sicurezza, Nicholas. Non è ammissibile che qualcuno giri a piede libero per il parco della scuola. Dannazione, si direbbe che non ti preoccupa!" 

"Nessuno gira per parco, signor Dingwall" ribatté Nord in tono conciliante. "Intruso è stato cacciato prontamente." 

"'Cacciato' non è un sinonimo di 'arrestato', Nicholas. Non possiamo lasciare che i nostri ragazzi scorrazzino nel parco insieme a un criminale" intervenne un altro mago ben piazzato, dai capelli biondi e le sopracciglia così cespugliose da nascondere gli occhi. 

"Già, sono certo che mio figlio sarebbe in grado di catturarlo, ma è comunque un rischio troppo grande" aggiunse un uomo magro con una selvaggia capigliatura nera, senza lasciare al Preside la possibilità di rispondere. 

Nord scoppiò in una delle sue risate gioiose. "Certo, certo, ma io assicuro voi che problema è stato risolto!" 

Jack e i suoi amici si scambiarono uno sguardo perplesso. Un intruso nel parco? E gli insegnanti non erano riusciti a catturarlo? 

"Su, signori, non appesantiamo l'atmosfera con questi discorsi inquietanti" li zittì Madama Elinor, elegantissima nel suo vestito verde e oro. Jack si domandò se avesse già notato la figlia. 

 


Finito di mangiare, Nord spostò i tavoli in fondo alla Sala ed eresse una pedana rialzata su un lato. Un gruppo musicale che piaceva tanto a Merida salì sul piccolo palco tra gli applausi scroscianti e attaccò un pezzo lento. Jack venne trascinato al centro della pista da Testabruta, insieme agli altri campioni, si mise in posizione come gli aveva spiegato Rapunzel e cominciò a ballare. Era imbarazzante essere così al centro dell'attenzione, ma almeno non era il solo a essere fissato. Testabruta, dal canto suo, pareva soddisfatta di avere i riflettori puntati addosso. 

"Sono felice che almeno tu ti stia divertendo" bisbigliò Jack mentre volteggiavano. Lei storse la bocca. 

"Non lo faccio per spassarmela, voglio solo far ingelosire Gambedipesce, e tu eri perfetto" sussurrò di rimando. 

"Gambedipesce? Pensavo ti piacesse Eret, o come si chiama." 

"Mi piaceva, infatti, fino a quando mi ha messa in ridicolo davanti a tutta la scuola rifiutando il mio invito" ammise Testabruta mettendo il broncio. "Almeno Gambedipesce è sempre stato gentile con me, e credo di piacergli. Però è uno smidollato, non farà mai il primo passo se non lo metto alle strette." 

Jack era un po' scombussolato da tanta sincerità e non osò dirle che, forse, invitare la sua cotta davanti a tutti non era stata un'idea brillante. "Mi dispiace. Per Eret, intendo."

"Bah, ho sempre saputo di essere troppo intelligente per lui. Non sa cosa si perde" disse la strega con espressione di indifferenza. 

Jack sorrise. "Già." 

 

 

 


 

 


Hiccup non vedeva già l'ora che la canzone finisse. 

Era sicuro che da un momento all'altro avrebbe inciampato, o avrebbe pestato i piedi di Astrid con la protesi, o tutt'e due. Se non era ancora caduto era solo per lo sforzo immenso che stava sostenendo da quando erano entrati nella Sala Grande. Non si era sentito talmente stupido nemmeno alle lezioni di danza tenute da Rapunzel, dove era riuscito a far finire entrambi per terra. 

L'unica cosa positiva della musica era che, almeno, copriva il ritmico tlunk tlunk metallico della gamba di Hiccup, di cui lui non era mai stato così cosciente come adesso. Si sentiva di nuovo quindicenne, quando lo prendevano in giro perché era smilzo, o per le lentiggini, o perché non sapeva sollevare una piuma con la magia. 

Subito dopo che suo padre aveva introdotto l'argomento del ballo, a fine lezione, le viscere di Hiccup avevano fatto le capriole. E, infatti, Astrid era andata immediatamente da lui per chiedergli di accompagnarla. Sapeva che rifiutare l'avrebbe resa infelice, cosa che non voleva, anche perché sarebbe stato strano non andare insieme, ora che tutti erano a conoscenza della loro relazione. Eppure, piuttosto che starsene lì sulla pista a ciondolare impacciato, Hiccup avrebbe preferito essere mangiato da Sdentato. 

Nemmeno Jack pareva imbranato come lui, mentre ballava con Testabruta, che Hiccup non aveva mai visto così in tiro. Certo, era indubbiamente lei a guidare, ma almeno non li stava coprendo di imbarazzo. 

Di Eugene e Rapunzel, neanche a parlarne. Sembravano una coppia di reali, lei tutta giri e piroette che facevano increspare il vestito lilla, lui in turchese con un sorriso stampato in faccia. Hiccup si chiese per l'ennesima volta come Astrid potesse preferire il figlio di Stoick a qualcuno come Eret. 

Per fortuna, dopo quell'interminabile minuto anche il corpo insegnanti e quello studentesco, esortati da Nord, si unirono alle danze, distogliendo l'attenzione dai campioni. Hiccup, tra una giravolta e l'altra, vide Gambedipesce, inspiegabilmente di cattivo umore mentre ballava con una ragazza che non conosceva, e Moccicoso, più tronfio del solito intanto che trascinava una poveretta di Beauxbatons in giro per la pista. Mentre mangiavano aveva intravisto anche Testaditufo, che, contro qualsiasi disastro sostenesse che fosse accaduto tre secoli prima, era venuto da solo e pareva felice comunque. Dagur era insieme a una ragazza bionda più alta di lui, che aveva invitato su consiglio di Hiccup.

Suo padre stava ballando con Madama DunBroch, sfidando Nord che invece conduceva con slancio la direttrice di Beauxbatons. Skaracchio era seduto in parte con il bicchiere mezzo vuoto e batteva il tempo sul tavolo con la mano finta. 

Di Merida non c'era traccia, ma Hiccup immaginò che fosse da qualche parte a prendersi da bere, oppure seduta a chiacchierare, perciò rimase di stucco a vederla ballare con chiunque ne avesse voglia, apparentemente. 

Sembravano tutti divertirsi e Hiccup, tutto a un tratto, si sentì estremamente sciocco, a preoccuparsi per una gamba che nessuno aveva mai deriso e per dei passi di danza che un po' tutti stavano sbagliando senza curarsene. Da quel momento smise di pensarci e sorrise molto di più. 

 


Una volta terminata la terza canzone, Astrid lo portò in disparte e lo costrinse a sedersi con lei. 

"Facciamo una pausa" disse abbandonandosi sulla sedia. 

"Credo che domani avrò male ai piedi. Tutti e due" tossì Hiccup senza fiato. Stava morendo di sete. 

Fece per alzarsi per andare al tavolo del buffet, ma Astrid lo fermò. "Lascia stare, vado io." 

Hiccup rimase a guardare gli altri ballare, tamburellando con le dita sul ginocchio. La Sala Grande era un tripudio di colori invernali, se non si contava il grande fuoco al centro della pista da ballo, di cui il ragazzo non aveva ancora capito l'utilità, visto che già dopo la prima canzone aveva cominciato a sudare. Forse era per rendere l'ambiente meno glaciale e più accogliente per gli ospiti: in effetti Hiccup aveva visto diverse persone del Ministero della Magia britannico al loro tavolo, una più strana dell'altra. 

Prima che Astrid fosse tornata, una sonora protesta rovinò l'atmosfera festosa. 

"Mamma, lasciami andare!" 

Hiccup conosceva bene quella voce, e quel tono irritato. 

Si voltò verso le porte della Sala, dove Merida veniva trascinata via dalla madre. Aveva i capelli rossi particolarmente scompigliati. "Non sto facendo niente di male!" 

Madama DunBroch aveva gli occhi che mandavano lampi. Hiccup non l'aveva mai vista perdere la calma. 

Probabilmente aveva scoperto la figlia, alla fine. 

"Ti stai coprendo di ridicolo, ecco cosa stai facendo! Ti sembra un comportamento dignitoso, andare a una festa importante senza cavaliere, ballare con chi capita e alzare la voce con tua madre? Conciata così, poi!" sbottò la donna. 

Merida si liberò dalla stretta al braccio con impeto. Aveva il viso scarlatto. "Non sono l'unica da sola" urlò, "avrò visto almeno venti ragazzi non accompagnati!" 

"Ma tu sei una ragazza, Merida, e le ragazze non fanno così" ribatté la madre, il bel volto sfigurato dalla furia. 

"NON MI IMPORTA UN ACCIDENTI DI COSA FANNO LE RAGAZZE!" scoppiò Merida. Nonostante fossero all'uscita stavano attirando parecchi sguardi curiosi. "SMETTILA DI CONTROLLARMI, NON LO SOPPORTO! NON VOGLIO FARE QUELLO CHE VUOI TU, LO HAI CAPITO?" 

"Cerco solo di rendere migliore la tua vita" disse Elinor senza alzare ulteriormente la voce, ma tremando di rabbia. 

Merida abbassò di colpo la sua e strinse i pugni. "È proprio questo che non capisci. Non mi interessa il futuro che tu vuoi per me! Non ho intenzione di sposarmi con nessuno, Purosangue o meno, e non voglio lavorare al Ministero." 

"È la tradizione che le donne della famiglia DunBroch prendano marito presto, così da assicurarsi un futuro sicuro. Per generazioni…"

"CHISSENEFREGA DELLA TRADIZIONE!" scattò nuovamente Merida, che pareva sul punto di piangere. Adesso erano in molti a fissarle. "SEI UN'ARROGANTE, SACCENTE PRESUNTUOSA! NON TI IMPORTA DI ME, VUOI SOLO POTERTI VANTARE CON I TUOI PALLONI GONFIATI DEL MINISTERO DELLA FIGLIA PERFETTA CHE NON AVRAI MAI! DAVVERO NON CAPISCO PERCHÉ TU ABBIA SPOSATO PAPÀ, VISTO CHE ODI I BABBANI!" 

"Io non odio i babbani. I miei genitori avrebbero voluto che prendessi un Purosangue come marito, ma io ero innamorata di lui! Andai contro la tradizione, rifiutando il pretendente che avevano scelto, e guarda dove mi ha portata! Non mi rivolgono più la parola da allora! Tu devi essere migliore di me, e conoscere un bravo mago che…" Madama DunBroch si interruppe, la voce che minacciava di spezzarsi. Adesso Merida piangeva apertamente. 

"Bene. Allora farò lo stesso. Non ti azzardare a parlarmi, mai più!" 

Raccolse la gonna con la mano, per non inciampare, e corse via. Elinor rimase immobile per qualche secondo, poi uscì dalla Sala Grande a falcate, apparentemente verso la direzione opposta. 

La band non aveva smesso di suonare, intanto, quindi solo una parte dei presenti si era lasciata distrarre dalla musica, e tornò a farsi i fatti propri con un brusio di commenti. 

Hiccup si alzò dal suo posto, deciso a seguire Merida, ma al primo passo che fece sentì una voce gridare "AL FUOCO!" 

E ora cosa c'è?!

In quel momento la musica si interruppe e molte persone corsero verso l'uscita nel panico. Hiccup si fece largo meglio che poteva e raggiunse il tavolo del buffet in fiamme, da cui stavano scappando. 

"Stavo prendendo da bere, e…" disse Astrid scioccata quando lo vide arrivare di corsa, "e ha preso fuoco! Mi sembra di aver visto qualcosa sotto al tavolo…" 

Mentre diversi professori stavano arrivando con le bacchette sfoderate, Hiccup pronunciò "Aguamenti", riuscendo a spegnere la tovaglia, ma ormai le fiamme stavano già divorando i tavoli adiacenti, sempre più vaste. Il braciere al centro della pista sfrigolava tristemente, quasi spento. 

"Che fai?!" 

Hiccup si accucciò alla base del tavolo e scostò la tovaglia: quattro uova rosse e luccicanti mandavano scintille nella penombra. 

"Sono uova di Ashwinder!" disse allarmato. "Dobbiamo uscire subito, esploderanno da un momento all'altro!" 

Mano nella mano, lasciarono che fossero gli insegnanti a occuparsene, e seguirono gli altri fuori dalla Sala Grande, seguendo le indicazioni di un agitato Skaracchio. 

"Com'è possibile? Non è una bestia che nasce dai resti di un fuoco magico?" ansimò Astrid quando furono nella Sala d'Ingresso. 

Guardarono entrambi attraverso le porte, ancora spalancate per liberare il passaggio, il grande focolare abbandonato nella Sala Grande. Hiccup non era più tanto sicuro che si trattasse di normale fuoco. 

Jack corse loro incontro attraverso la folla, con l'orlo dei vestiti bruciacchiato. "State bene?" 

"Noi sì, sai dove sono gli altri?" chiese Astrid. 

"Sono tutti al sicuro. Rapunzel e Eugene erano nel parco, quando è scoppiato l'incendio, mentre io e Testabruta eravamo ai tavoli" rispose Jack affannato. "Mancavate solo voi due all'appello." 

"E Merida?" chiese Hiccup, pregando che fosse tornata nel dormitorio. Jack scosse la testa, preoccupato. 

"Non so dov'è andata, spero sia su in sala comune. Vado a cercarla" disse con la faccia scura. 

 


Gli adulti riuscirono a domare le fiamme abbastanza rapidamente, per fortuna. Gli studenti di Durmstrang erano stati mandati sulla nave, dove Skaracchio tornò dopo aver dato una mano; raccontò che i danni non erano gravi e i pochi feriti avevano subito semplicemente delle leggere scottature. 

Nessuno sapeva come un Ashwinder avesse potuto strisciare indisturbato dal braciere, che tutti avevano creduto contenesse normalissimo fuoco, e deporre le uova prima di incenerirsi. 

"Il professor Nord ha detto che indagherà sull'incidente" concluse Skaracchio prima di tornare al castello ad aiutare a riparare i danni. "Per le mutandine di Merlino, chi accenderebbe un fuoco magico in una sala piena di gente?" 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

Oh oh, comincia il dramma! Il ballo si è concluso con il botto, e rimane il mistero dell'intruso nel parco… 

Pensare ai regali è stato divertente, specialmente quelli costosi. I tre uomini del Ministero, quelli comparsi brevemente durante il banchetto, sono i capi dei clan di Ribelle. 

Parlando del ballo, ho pensato di dare a Testabruta un po' di spazio, per rendere la situazione più interessante. Scrivere i suoi dialoghi mi piace moltissimo. 

Riguardo il litigio tra Merida e sua madre, invece, spero di non aver abusato del maiuscolo. Come ho già detto, questo tipo di confronto è particolarmente difficile, per me. Vedremo se faranno pace presto. 

Grazie per aver letto fino a qui! 


 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Che fine ha fatto Rapunzel? ***


Parte 12: Che fine ha fatto Rapunzel?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La colazione del 26 dicembre fu particolarmente tesa: la Sala Grande puzzava di bruciato, ma non aveva ricevuto danni permanenti, e le decorazioni erano state fatte sparire. La maggior parte degli studenti era convinta che qualcuno avesse gettato di nascosto della Metropolvere nel braciere che aveva dato vita all'Ashwinder, nonostante gli insegnanti non volessero fornire dettagli sulle indagini che erano state condotte. Quel che era certo era che potesse trattarsi della stessa persona che aveva attaccato la carrozza di Beauxbatons a novembre.

A Rapunzel, tuttavia, la storia puzzava non poco. Che i due eventi fossero collegati era probabile, ma non erano i soli incidenti strani dell'anno scolastico. No, la sequela di avvenimenti bizzarri comprendeva anche quei piccoli inconvenienti a cui non avevano fatto caso prima, Rapunzel ne era sicura.

"Pensa a quella volta in cui Jack ha visto Madama Gothel e il professor Black parlare nel cuore della notte" disse un pomeriggio a Eugene, durante uno dei loro picnic in riva al lago. Jack aveva raccontato della conversazione tra i due per usarla come prova della sua tesi; secondo lui, infatti, il colpevole era il professore di Difesa Contro le Arti Oscure. 

"Magari hanno una relazione segreta" disse scetticamente Eugene. 

"Non… non credo che Black ne sia capace" balbettò Rapunzel che, per quanto trovasse assurdo l'odio assoluto che Jack provava per lui, doveva ammettere che il professore aveva sempre avuto qualcosa di inquietante. 

"Se lo dici tu." 

"E poi abbiamo visto la Direttrice tutta sola ai Tre manici di scopa, quella volta della gita" continuò lei con più sicurezza. "Gli insegnanti di solito ci vanno in compagnia, e lei non mi sembra tipo da bevute solitarie." 

Eugene non commentò, ma era evidente che aveva ancora dei dubbi. Rapunzel insisté. "O quell'uomo con il mantello di drago, lo stesso giorno! Forse erano insieme! E le infestazioni di Doxy sulla nave di Durmstrang, l'Elisir dell'Euforia nell'astuccio di Astrid… Sono successe troppe cose strane, in questi mesi." 

"Biondina, ti preoccupi troppo" disse Eugene allungandosi un po' di più verso di lei. "Perché qualcuno dovrebbe sabotare il Torneo Tremaghi?" 

"Non lo so" mormorò Rapunzel rigirandosi una ciocca di capelli tra le dita. Eugene le afferrò la mano e avvicinò il viso al suo. 

Stavano per avere il loro primo bacio, al Ballo del Ceppo, ma erano stati interrotti dal grido di allarme al fuoco. Avevano poi recuperato l'occasione quando si erano dati la buonanotte, quella sera, e non avevano più smesso. Merida sembrava particolarmente infastidita dalla presenza di Eugene, che ora frequentava il loro gruppo con maggiore frequenza. Ma d'altronde erano davvero poche le cose a non irritarla, di quei tempi. 

Dopo quella conversazione, Rapunzel non espose altre teorie, ma sotto sotto aveva un tarlo di sospetto. 

 


Se non si conta la rottura tra Merida e sua madre, gennaio passò senza intoppi. 

Le vacanze finirono in fretta, e la mole di studio aumentava con il tempo, quindi il gruppo di amici passava sempre meno tempo a passeggiare nel parco e più spesso in biblioteca a studiare. Anche per gli studenti di Durmstrang e di Beauxbatons era aumentato il carico di lavoro, per cui nessuno aveva molto tempo per divertirsi. 

Merida sosteneva di stare bene, ma Rapunzel la vedeva spesso con il mento appoggiato sulla mano e l'aria sconfortata. Conosceva quello sguardo, era lo stesso che aveva avuto lei quando aveva litigato con Eugene. Cercò diverse volte di tirare su il morale dell'amica, ma niente sembrava riuscirci. Nemmeno le due uscite successive a Hogsmeade la risollevarono. 

A Rapunzel dispiaceva un sacco che fosse triste, ma non sapeva cos'altro fare per lei. Sperava che con il tempo avrebbe fatto pace con sua madre. 

Il 24 di febbraio, che si aprì con uno scroscio considerevole di pioggia, Rapunzel dovette fare una corsa alla serra numero 3. Si era accorta di aver dimenticato là i guanti dopo Erbologia, perciò, prima di andare alla Sala Grande a mangiare, si sbrigò a raggiungere le serre. Rapunzel non era certa di aver tempo di andare a prenderli dopo pranzo, visto che dopo ci sarebbe stata la seconda prova del Torneo, quindi doveva fare in fretta. 

Erbologia le piaceva molto e aveva deciso di proseguire gli studi, anche se non era una materia fondamentale per entrare al Ministero. 

Riparandosi dall'acqua con le braccia, Rapunzel entrò nell'edificio di vetro e si inginocchiò vicino ai lunghi banchi, dove era sicura che le fossero caduti i guanti. Finalmente li vide, seminascosti in fondo verso la parete, così si abbassò ancora e strisciò sotto al tavolo. Recuperate le sue cose, si preparò a rialzarsi in piedi, ma una voce la paralizzò dov'era. 

"Non ho tempo per le tue sciocchezze, Pitch!" 

Era Madama Gothel! 

"La prova sarà oggi pomeriggio, non c'è un momento migliore" rispose un'altra voce infastidita. 

Rapunzel si coprì la bocca con una mano. Stava ascoltando Gothel e Black che discutevano, di nuovo

"Sono stanca di fare quello che volete, ricorda che ho ancora i miei interessi da seguire" sibilò la Direttrice. Rapunzel non poteva vederli, acquattata com'era sotto al banco, ma poteva comunque sentire la sorpresa nel tono di Black. 

"Sono arrivati? Pensavo che avessero deciso di modificare la prova, dopo che quell'idiota si è fatto scoprire nel parco." 

Rapunzel ricordava chiaramente dell'intruso di cui avevano parlato al banchetto di Natale. Era un loro complice? 

"Hanno cambiato idea, a quanto pare. Credono di avere la situazione sotto controllo" rise Gothel. 

"Quell'incendio avrebbe dovuto ucciderli. Per poco non ci hanno scoperti" disse Black contrariato. 

"Avremo altre occasioni." 

"Nord sospetta, Gothel. A Natale mi ha praticamente interrogato, ed è stata colpa tua. Dobbiamo muoverci in fretta." 

Gothel emise un verso seccato. "Sei stato tu quello incauto. La mia pozione non c'entra, il fuoco ha generato l'Ashwinder, quindi ha funzionato benissimo." 

A Rapunzel vennero le gambe molli. Allora erano stati davvero loro a stregare le fiamme! 

"Non importa. Fai pure quello che devi, ma oggi pomeriggio devi esserci, ricordatelo. Porteremo il Torneo alla gloria di un tempo" ribatté Black. 

La ragazza sentì rumore di passi che uscivano e la porta chiudersi. Si alzò con cautela e rimase imbambolata per qualche istante. Il rumore della pioggia che batteva sui vetri era diventato assordante. 

Stando a quanto aveva sentito, Gothel doveva fare qualcosa prima della prova. Il pensiero che potesse trattarsi di un altro modo per rovinare il Torneo Tremaghi e fare del male ai suoi amici fece venire a Rapunzel i brividi. Doveva seguire la Direttrice, decise. Se non si sbagliava, dovevano mancare ancora parecchio alla fine dell'ora di pranzo, poteva fare in tempo. 

Si pulì i vestiti dal terriccio e uscì dalla serra, sperando vivamente che la donna non fosse troppo distante per essere seguita. Miracolosamente, Rapunzel la vide prendere il sentiero per la Foresta Proibita, dopo essersi coperta il capo con il cappuccio del mantello, e fece uno scatto per andarle dietro, attenta a non farsi scoprire. Si stava bagnando fino alle ossa, ma non ci badò. 

Gothel si fermò al limitare della foresta, si guardò intorno (Rapunzel si nascose dietro alla capanna del guardiacaccia) e si addentrò nella vegetazione. La ragazza si affrettò a seguirla. 

Camminò per una decina di minuti, finché non vide la strega avvicinarsi a un recinto che Rapunzel non aveva mai visto. Era abbastanza sicura che fosse stato costruito di recente. Con orrore della Tassorosso, Gothel tirò fuori la bacchetta e, veloce come una folata di vento, Schiantò le due persone di guardia alle spalle. Dopo aver messo fuori gioco i guardiani, scavalcò con agilità la staccionata e andò incontro lentamente, con la mano tesa, a qualcosa che lasciò Rapunzel a bocca aperta. 

Tre unicorni ancora piuttosto giovani, a giudicare dal colore argentato del loro manto, brucavano tranquilli nella radura. Lei non ne aveva mai visti di così piccoli. 

Gothel era già affianco agli animali, il braccio allungato a porgere qualcosa. Rapunzel la vide dare dello zucchero agli unicorni, dall'albero dietro cui si era nascosta. Mentre i puledri mangiavano, la strega agitò la bacchetta, e un lazo legò il collo di uno di essi, troppo concentrato sulla zolletta per accorgersene. 

Se Gothel avesse voluto dei peli, oppure il corno, pensò Rapunzel, le sarebbe bastato un semplice incantesimo per ottenerli, ma il fatto che lo avesse legato le fece temere il peggio.

In una lezioni di Cura delle Creature Magiche di tanti anni prima, l'insegnante aveva spiegato che il sangue di unicorno veniva usato per gli antidoti ai veleni e, se assunto in punto di morte, salvava la vita. 

Rapunzel guardò pietrificata Gothel che guidava l'unicorno fuori dal recinto. Avrebbe voluto impedirglielo, ma era consapevole che non fosse l'unico crimine che la donna avrebbe compiuto quel giorno. 

La ragazza si voltò e corse via, schivando gli alberi, diretta al castello. Giunta nella Sala d'Ingresso, gremita di studenti che andavano a pranzo, si piegò con le mani sulle ginocchia per sostenersi, bagnata fradicia. Pensò di andare a raccontare tutto ai suoi amici, che in quel momento dovevano essere tutti in Sala Grande a fare gli auguri a Jack, Astrid e Eugene, ma le balenò in mente quello che aveva detto Black sull'occasione giusta. Non poteva rischiare di non fare in tempo, doveva prima andare dal Preside. 

Salì a due a due i gradini della scala di marmo, diretta al terzo piano, ma si bloccò a metà. 

Pitch Black era in cima, e la stava guardando. 

"Dove corri, signorina Corona? Non vai a mangiare?" disse in un tono che a Rapunzel suonò assolutamente maligno. 

"Ho… ho dimenticato una cosa" mentì. Pregò che non le tremasse la voce. 

Black si portò le mani dietro alla schiena. "E dove avresti dimenticato questa cosa? Il dormitorio di Tassorosso è al piano terra, se non vado errato" disse mellifluo. Il cuore di Rapunzel perse un battito. 

"D-devo parlare con il professor Nord" decise di cambiare versione. Riprese a salire gli scalini. "È una cosa urgente, mi scusi." 

Lui sorrise. "Temo che dovrai aspettare. Il Preside non è a Hogwarts, al momento. Dovrebbe tornare giusto in tempo per la prova, però." 

"Non… non c'è?" 

Black la guardò negli occhi con aria annoiata, mentre Rapunzel rifletteva se andare su alla Guferia a spedire una lettera, e lei sentì le ginocchia cedere. 

Il Cappello Parlante che si posava sulla sua testa. Le mani di Jack e Merida che la salutavano mentre seguiva gli altri nella sala comune. Eugene che le intimava di stargli lontana. La sua indifferenza verso i pericoli del Torneo.

Rapunzel sussultò, sulle sue braccia si diffuse la pelle d'oca. 

Eugene che non prendeva sul serio i suoi sospetti. Jack che non diceva di aver messo il suo nome nel Calice. Merida che diventava sempre più acida. Hiccup che tornava a Durmstrang per sempre...

"La smetta!" gridò Rapunzel serrando gli occhi, le mani sulla testa nel tentativo di liberarsi di quei pensieri. 

Pace. 

"Ti senti bene, Corona?" chiese innocentemente Black. 

Rapunzel, con la testa svuotata e senza avere il coraggio di fissarlo negli occhi, fece dietrofront e prese di corsa una strada alternativa. Ora sapeva come si sentiva Jack, realizzò atterrita. 

Si infilò nel corridoio che portava alla torre della Guferia e non si guardò indietro, senza sospettare di essere seguita.

 

 

 


 

 


Merida si guardò intorno dal tavolo di Grifondoro. 

"Che fine ha fatto Rapunzel?" disse irritata. Jack posò il bicchiere.

"Forse è già andata alle tribune."

"Mi sembrava di averla vista mentre entravo, mi è parsa di fretta" biascicò Moccicoso mentre passava di fianco a loro verso le doppie porte. 

"Sarà corsa a prendere i posti in prima fila prima che smetta di piovere. Dopo sarà pieno di gente" ipotizzò Hiccup. Astrid annuì in suo sostegno. 

"Pensavo che volesse almeno aspettare me, prima di andare" borbottò Eugene deluso. 

"Vedrai che ti starà aspettando là" lo consolò Hiccup. 

"Sei pronto, Jack? Bunnymund ti ha detto che dobbiamo presentarci all'una, giusto?" disse Astrid stiracchiandosi nervosa le braccia. 

"Sì, andiamo." 

Merida e gli altri si incamminarono verso i margini della Foresta Proibita, dove era stata allestita una grande tribuna temporanea semicircolare. La struttura era rivolta verso la foresta, dove sembrava che si sarebbe svolta la seconda prova, ed era abbastanza ampia da ospitare tutti gli studenti. 

Merida la fissò con ostilità. Non aveva alcuna voglia di assistere alla gara, dove avrebbe dovuto vedere la madre dopo giorni. Era da Natale che la evitava accuratamente, e le stava riuscendo alla grande. 

Andò comunque con Hiccup e gli altri ragazzi di Durmstrang a cercare posto sugli spalti, dopo aver svogliatamente salutato i campioni. Con grande fastidio di Merida, non trovarono Rapunzel, che allora supposero fosse con gli altri Tassorosso. 

Le file si riempirono gradualmente di ragazzi eccitati, molti armati di ombrello. Il cielo nuvoloso minacciava di continuare per tutto il pomeriggio, e forse anche la sera. 

"Ecco i giudici" esclamò Hiccup indicando la cima delle tribune alle loro spalle. I tre Presidi, la madre di Merida e Uncino si stavano sedendo sui posti d'onore. Merida era lieta di non dover avere la madre davanti agli occhi per tutto il tempo. 

"Signore e signori!" risuonò la voce magicamente amplificata di Uncino. "Benvenuti alla seconda prova del Torneo Tremaghi. Oggi i campioni dovranno raccogliere tutto il loro coraggio e addentrarsi nella Foresta Proibita, dove sono state introdotte delle pericolose creature, e recuperare un materiale estremamente prezioso. Infatti, nel cuore della Foresta troveranno dei giovani unicorni, da cui dovranno prelevare dei peli! Come sapete, gli unicorni sono bestie schive ed estremamente veloci, quindi anche se i giovani non ripudiano completamente la presenza maschile, non sarà facile!

"Facciamo loro un applauso!" 

Dalla base della tribuna emersero Jack, Astrid e Eugene, che salutarono la folla festosa impacciati. O almeno, Jack e Eugene si muovevano agitati, mentre Astrid sembrava molto più sicura di sé.

"I campioni partiranno contemporaneamente" proseguì Uncino, "e verranno giudicati in base alla rapidità, alla quantità di peli raccolti e alla loro accortezza nel non ferire le creature. Bene, iniziamo il conto alla rovescia!" 

Gli spettatori trattennero il fiato. I campioni si prepararono allo scatto, le bacchette in pugno. 

"Tre… due… uno… VIA!" 

I tre corsero verso la boscaglia, bagnati dalla pioggia, e sparirono tra gli alberi. Merida sentì Nord pronunciare un incantesimo, prima che un'immagine ingigantita della Foresta si dispiegasse in aria davanti alla tribuna. In quel momento stava ritraendo Jack che scivolava sul terreno molle di pioggia. 

Uncino attaccò con la telecronaca. 

"Hofferson marcia a grande velocità verso il centro della foresta, sembra quasi conoscerla come le sue tasche, signore e signori! Fitzherbert la vede e decide di seguirla. Una mossa avventata e stupida, a mio parere!" 

Videro Astrid e Eugene correre uno dietro l'altra. Jack aveva preso un'altra direzione, apparentemente intenzionato a fare il giro. 

"Overland vuole forse evitare la calca? Ci metterà più tempo, questo è sicuro! Se non… il primo unicorno avvistato, signore e signori!" sbraitò il capo dell'Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici. 

Astrid e Eugene si erano fermati davanti a un bel puledro argentato. Eugene esitò e rimase in parte. 

"Il giovane Fitzherbert lascia fare alle signore. Hofferson avanza con decisione e…" 

Astrid stava tendendo la mano all'unicorno, che la annusò in cerca di cibo. Dall'immagine si vedeva che la ragazza gli stava sussurrando qualcosa con fare rassicurante, mentre gli accarezzava la schiena lucente. Il pubblico si irrigidì in attesa. 

Senza alcun preavviso, qualcosa si mosse ai piedi di Astrid, che si rannicchiò rapida e rotolò con agilità di lato. 

"Qualcosa deve aver spaventato Hofferson! Può dire addio al primo posto, temo." 

Mentre Eugene arretrava sorpreso, Astrid aprì la bocca in un grido muto, e dalla sua bacchetta scaturì un animale. Il suolo davanti a lei tremolò inquieto. 

La leonessa argentata ruggì feroce e mandò in fuga la creatura, che scivolò via verso gli alberi. 

"Vai così!" gridò Hiccup sollevato e trionfante, accanto a Merida, che non si unì alle acclamazioni. Alla fine avevano indovinato la presenza del Letalmanto, pensò. Per fortuna si erano esercitati con l'Incanto Patronus

"Signori e signore, che incredibile dimostrazione di nervi saldi! Hofferson non è una sprovveduta, allora!" strepitò Uncino con entusiasmo. 

Eugene, intanto, aveva trovato un altro unicorno, ma Jack lo aveva già adocchiato. 

"Abbiamo Fitzherbert contro Overland! Chi riuscirà a spuntarla? Io scommetterei sul secondo" disse il giudice. 

Eugene si fece coraggio e puntò la creatura, seguito da Jack. I due sembravano si stessero parlando. Jack superò Eugene, che nel gesto impulsivo di trattenerlo spaventò l'animale. 

"Errore da parte di Fitzherbert, che mette in fuga la bestiaccia! Non sarà semplice andargli dietro!" 

Eugene corse dietro l'unicorno, ma quello era incredibilmente veloce, nonostante l'età, e lo seminò rapidamente. 

Intanto, Astrid era di nuovo vicino al suo, ed era riuscita ad avvicinare la mano alla coda. 

"Hofferson è tremendamente vicina, quasi lo sta toccando!" ruggì Uncino. "Lo ha — oh, non ci voleva!" 

Un altro Letalmanto le aveva avviluppato la caviglia. Astrid, frustrata, lo cacciò dopo qualche tentativo, ma l'unicorno era già scappato. 

"Peccato, ma torniamo da Fitzherbert!" 

L'immagine incantata mostrò Eugene che avanzava cauto verso il puledro, che si era fermato a brucare. La vista del ragazzo lo spaventò, e riprese a correre, finendo in un piccolo fosso pieno di rovi. 

"Attenzione, signore e signori! Fitzherbert rischia di ferirlo! Sarà tanto incapace da riuscirci?" 

Eugene si avvicinò mostrando le mani, ma l'animale sembrava terrorizzato da lui, e si agitava tra le spine, che lo stavano graffiando. Il mago stava per afferrargli un pelo della criniera, quando si fermò di colpo. 

"Fitzherbert è stato aggredito, risponderà prontamente come Hofferson o fallirà miseramente?" 

Eugene sollevò la bacchetta e si voltò impaurito. Il Velo Vivente era di fronte a lui. Il ragazzo pronunciò l'incantesimo, che provocò solo uno sbuffo, ma fu sufficiente a mandarlo via. 

Merida sentì Hiccup crollare al suo posto, esausto di sollievo. 

"Lo ha fatto scappare, incredibile! Ecco che va dall'unicorno… E ce l'ha fatta! Signore e signori, Fitzherbert è il primo a ottenere i peli!" 

La folla si scatenò in applausi e grida. Eugene cominciò a tornare verso le tribune, ma qualcosa lo trascinò indietro. Il Letalmanto di prima gli aveva avvolto le gambe. 

"Qualcuno lo aiuti!" gridò Uncino, interrompendo la telecronaca. "Aspettate, ma che fa Overland?" 

Jack era corso verso Eugene. Alzò con risolutezza la bacchetta, e un delfino argentato fece la sua comparsa. 

"Un altro Patronus! Da quando i programmi di Hogwarts sono così avanzati?" 

Jack esortò il delfino ad allontanare il Letalmanto, ma perse la concentrazione e il Patronus svanì veloce com'era comparso. 

"NO!" strillò Merida, balzando in piedi come gli altri. 

Jack venne tirato giù dalla creatura, che aveva perso ogni interesse per Eugene, ormai privo di sensi, e cominciò ad avvolgerlo stretto. Il Grifondoro riuscì a lanciare scintille rosse dalla bacchetta, prima di svenire anche lui. 

"Lo mangerà!" gridò Hiccup con voce piena di paura. 

Fu con sollievo che videro alcuni insegnanti raggiungerli. Uno di loro era Bunnymund. Il suo Patronus, un piccolo coniglio, scacciò il Letalmanto senza difficoltà. 

Jack venne portato via, presumibilmente verso l’infermeria, e non lo videro più. 

"Purtroppo Overland ha dovuto abbandonare la prova" disse Uncino. "E… Ehi, un momento!" 

L'immagine mutò e videro Astrid, esausta ma soddisfatta, stringere un ciuffo di peli nel pugno che agitava in alto. 

"Per il mio uncino! Hofferson ce l'ha fatta, mentre guardavamo altrove!" 

Gli spettatori esultarono, ma Merida non aveva desiderio di festeggiare, voleva solo sapere come stava Jack. Nemmeno Hiccup pareva felice come prima. 

 

 

 


 

 


Jack aprì gli occhi, e si stupì di essere in una tenda. 

Merida e Hiccup erano in piedi lì accanto, con la stessa espressione preoccupata. 

"Ho vinto la prova?" chiese intontito. 

"No, scemo. Sei svenuto prima di prendere i peli" sbottò Merida.

"Il primo è stato Eugene. Come ti senti?" domandò Hiccup. 

Jack si sentiva la testa come un macigno, le gambe di gelatina e il cuore in gola. "Benissimo." 

"Bugiardo" disse Merida accigliata. "Come ti è venuto in mente di fare l'eroe, eh? I prof stavano arrivando, non c'era bisogno di mettersi in mezzo." 

"L'ho fatto senza riflettere" ammise Jack. Merida borbottò qualcosa di incomprensibile. 

"Quanti punti mi hanno dato, allora? Zero?" chiese il giovane mago massaggiandosi la testa. 

"Quindici. A Eugene, che è arrivato primo, ne hanno dati trentacinque, perché l'unicorno si è ferito. Invece Astrid ne ha ottenuti trenta. Adesso ne hai sessanta in tutto, loro sono pari a settantacinque" ripose Hiccup, lanciando uno sguardo d'intesa a Merida, che ricambiò. 

A Jack non sfuggì lo scambio. "Che avete? Perché avete quelle facce scure? E dov'è Rapunzel, è con Eugene, invece di consolare il ferito?" scherzò, ma i due abbassarono lo sguardo. 

"È da stamattina che non la vediamo, nessuno sa dove sia… è sparita" disse Merida in tono tetro. 

Jack si sentì quasi svenire di nuovo. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

E anche la seconda prova è andata. 

Si vede che faccio fatica nelle scene d'azione, vero? Nemmeno la telecronaca di Uncino mi soddisfa al 100%, ho cercato di renderlo brusco e senza peli sulla lingua, soprattutto verso Eugene, ma non so quanto renda… 

Comunque, siamo arrivati a un momento importante: Rapunzel è scomparsa, e i nostri protagonisti sono scioccati. Restate sintonizzati per scoprire cosa succederà! 

Grazie per aver letto fino a qui!



 

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Jamie Bennett ***


Parte 13: Jamie Bennett

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Poco dopo la fine della seconda prova, Jack ottenne il permesso di lasciare l'infermeria provvisoria, perciò andò subito con Hiccup e Merida a cercare tracce di Rapunzel sulle tribune, ma nessuno pareva averla vista. Era evidente che sugli spalti non ci era mai stata.

Eugene venne loro incontro tutto pallido e sudato, chiedendo notizie di Jack e Rapunzel, che nemmeno lui aveva visto fare il tifo. A Eugene seguì Astrid, anche lei in pensiero per entrambi. Hiccup le spiegò brevemente la situazione, e la ragazza pestò i piedi con frustrazione. 

Riferirono tutto al professor Nord, che quel mattino si era assentato e aveva fatto ritorno a Hogwarts appena prima l'inizio della gara. Il Preside diede l'allarme e tutto il corpo insegnanti si mise alla ricerca della ragazza. Setacciarono tutto il castello, dalla torre più alta ai sotterranei, ma non la trovarono.

Stoick Haddock, dopo aver fatto un lungo discorso al figlio, partì il mattino dopo per controllare sulle montagne circostanti, così non lo videro per diversi giorni. 

Jack era certo che Black e Gothel avessero a che fare con la scomparsa di Rapunzel, ed espose i suoi sospetti a Nord, ma lui disse solo che li avrebbe interrogati, dandogli una gentile pacca per tranquillizzarlo, che Jack non apprezzò. 

Quei due dovevano essere arrestati, altro che interrogati!

 


Nella settimana seguente Jack non ebbe molta voglia di studiare, di fare i compiti, o di scherzare con i suoi amici. Continuavano a trovarsi in biblioteca, ma l'atmosfera era troppo tesa per chiacchierare come se non fosse successo nulla. 

I genitori di Rapunzel arrivarono dopo qualche giorno. Non erano in lacrime, ma Jack era convinto che non sarebbe mai riuscito a dimenticare le loro espressioni addolorate. Il modo in cui le loro facce gli ricordarono quella di sua madre della notte di sette anni prima gli fece venire voglia di prendere a calci qualcosa. 

Il Torneo Tremaghi non venne sospeso, secondo Nord avrebbe solo diffuso il panico, però nessun campione era dell'umore per gareggiare. 

Quello messo peggio era indubbiamente Eugene. 

Non sapendo cosa fare, se ne stava tutto il giorno nella carrozza di Beauxbatons, e veniva a mangiare a orari improbabili, evitando la compagnia degli altri. Si era stancato delle loro parole di conforto dopo tre giorni e da allora lo videro sempre meno spesso. 

Intanto, la Gazzetta del Profeta si era sprecata in articoloni dal titolo spaventevole come 'Panico a Hogwarts', 'Il disastro del decennio' e il preferito di Jack: 'Nuova vittima del Torneo Tremaghi'. Era nata, infatti, la diceria che il Torneo fosse maledetto; era caduto in disgrazia proprio a causa dei gravi incidenti, dopotutto, e le nuove misure di sicurezza non avevano impedito a una studentessa di sparire nel nulla. Molti studenti erano dell'idea che un mago oscuro avesse stregato la competizione per impedirne lo svolgimento. 

Jack e gli altri ignorarono i pettegolezzi, e si concentrarono piuttosto sulle speculazioni di Rapunzel, che ora non sembravano tanto esagerate. Il ragazzo cominciava a pensare che l'amica avesse scoperto qualcosa che non avrebbe dovuto sapere. 

Una settimana e mezza dopo la seconda prova, Jack, stanco di aspettare che gli adulti scoprissero qualcosa, bussò all'ufficio di Pitch Black dopo cena. 

"Avanti" sentì rispondere oltre la porta. 

Jack entrò nello studio, guardandosi intorno. Era una stanza molto spoglia, con arredo semplice e giusto qualche gabbia dall'aspetto sinistro appesa al soffitto. C'era odore di chiuso. 

Black era in piedi vicino alla finestra, da cui Jack riusciva a vedere il campo di Quidditch. 

"Buonasera, signor Overland. Cosa ti porta qui?" 

"'Sera" disse Jack nervoso. Si leccò le labbra e spostò il proprio peso da una gamba all'altra. "È da un po' che voglio parlare con lei." 

Black assunse un'espressione di sincera curiosità. "Ah, sì? E io che pensavo di non piacerti." 

"Infatti è così" sbottò Jack, senza badare a suonare rispettoso, ricordandosi perché era lì. Ne aveva avuto abbastanza di scappare da lui. 

Black si voltò completamente verso il ragazzo. "Allora parla." 

"Io so cos'ha fatto" esordì Jack trattenendo a stento la rabbia che cresceva sempre di più. "È stato lei a rapire Rapunzel." 

"Non so di cosa parli." 

"È stato lei a cercare di sabotare il Torneo. Scommetto che è colpa sua anche l'incendio di Natale" continuò Jack morendo dalla voglia di tirare fuori la bacchetta e attaccare. 

Black non rispose alle accuse, ma si limitò a guardarlo negli occhi. 

Sua madre piangente. Mary che chiedeva cosa fosse successo. Il laghetto vicino casa, ghiacciato e abbandonato. Le menzogne. 

"No!" urlò Jack serrando le palpebre. 

"Jack?" La voce incerta di sua sorella. "Jack?" 

"LA SMETTA!" 

"Jack, perché non mi dici cosa succede?" 

Si strinse la testa tra le mani, il cervello stava per scoppiargli. "È STATO UN SECOLO FA, LA SMETTA!" 

Riuscì ad aprire gli occhi con uno sforzo immenso. Black lo stava ancora fissando con aria disinteressata. A Jack sembrò che gli stessero martellando il cranio. 

"La smetta" ripeté con un filo di voce. 

Black fece un movimento impercettibile con le sopracciglia e storse la bocca, sempre annoiato, sempre freddo. "... No." 

Jack si rannicchiò in ginocchio, costringendosi a non vomitare. La stanza prese a girare vorticosamente. 

Black scavò a fondo nei suoi ricordi, nei suoi pensieri, quelli che il ragazzo non aveva mai condiviso con nessuno. 

"Jack, secondo te ci odia? Perché non mi hai detto la verità?" piangeva Mary. 

Jack provò a dire qualcosa. Un insulto, una supplica, qualsiasi cosa. Gli uscì solo un rantolo. Era così che ci si sentiva ad essere Cruciati? 

"Jack, dov'è papà?" 

La testa smise di fargli male. Si accorse di essere disteso scomposto sul pavimento. 

Si rialzò a tentoni, appoggiandosi a una sedia per non cadere. Gli sembrava di avere la vista annebbiata. Strizzando gli occhi, guardò Black. 

"Sparisci dal mio ufficio, Overland!" abbaiò il professore, perdendo l'espressione distaccata per un secondo. 

Jack, senza farselo ripetere due volte, barcollò fuori dalla stanza, e respirò l'aria pulita del corridoio. Rimase fermo, appoggiato al muro di pietra vicino alle finestre per qualche minuto, aspettando che la sensazione di svenire passasse. 

"Ti… ti senti bene?" 

No che non si sentiva bene, pensò Jack con grande fastidio, guardando il ragazzino del primo anno che gli aveva parlato. Era tutto sudato e probabilmente anche bianco come un lenzuolo, non era mai stato peggio. 

"Vuoi che chiami un prof?" chiese il ragazzino, adocchiando insicuro la porta da cui Jack era appena uscito. 

"No" si affrettò a rispondere lui. Si lasciò scivolare lungo il freddo muro e sedette per terra con un respiro tremante. Quello del primo anno si accucciò accanto a lui. 

"Cosa ti è successo? Sei allergico a qualcosa? Devo portarti in infermeria?" 

"No."

"Resto con te finché non ti passa?" 

"No." 

Il ragazzino ignorò ogni sua protesta e si sedette vicino a lui, dondolando i piedi. Aveva la tipica corporatura mingherlina da undicenne che si sposava bene con le orecchie leggermente a sventola e l’incisivo mancante. All'altro ragazzo ricordò molto sua sorella, forse perché l'aveva appena rivista nei suoi stessi ricordi: aveva i capelli dello stesso colore suo e di Jack. 

"Come ti chiami?" gli chiese, sperando che bastasse a fargli smettere di picchiettare il pavimento con le dita. 

"Jamie Bennett." 

"Sei di Corvonero, eh? Io mi chiamo Jack." 

Il ragazzino strabuzzò gli occhi. "Ecco dove ti ho visto, allora! Tu sei il campione di Hogwarts!" 

"Già" disse Jack laconico. 

Jamie sospirò ammirato. "Che forte, i miei amici non ci crederanno mai che ti ho parlato!" 

Fare conversazione stava distraendo Jack dalla sua testa pulsante, perciò continuò a chiacchierare. "I tuoi amici di Corvonero?" 

"Sì, cioè, no, non sono tutti nella mia stessa Casa" disse Jamie con un gran sorriso. "Non vedo l'ora di dirglielo!"

"Come mai sei tanto felice di avermi incontrato? Nell'ultima prova ho fatto schifo" mormorò Jack, che ancora si vergognava di essere svenuto. Se non fosse successo il casino con Rapunzel, Moccicoso e i gemelli l'avrebbero preso in giro fino alla morte. 

Jamie scosse energicamente la testa. "Sei stato grande, invece! Sei saltato davanti a Fitzherbert per fargli da scudo e bam!, hai fatto un Patronus corporeo!" 

"Be', sì, ma…" 

"E alla prima prova, con il vischio!" andò avanti Jamie, sempre più agitato. "Eri senza, ma hai trovato un rimedio e hai finito l'antidoto prima che scadesse il tempo! È stato fortissimo!" 

"Grazie" disse Jack, senza sapere cos'altro aggiungere. Non aveva mai visto un ragazzino più eccitato di quello. 

"Cavolo, i tuoi devono essere strafelici che sei il campione" commentò Jamie guardando altrove, in preda a chissà quale fantasticheria. 

Jack si rabbuiò. "Mia mamma sì, mio padre non so. Sono divorziati, non lo vedo da anni" disse asciutto. 

"Oh! Anche i miei genitori lo sono. Adesso sto con mia mamma a mia sorella più piccola" esclamò Jamie, che parve ancora più contento sapendo di avere qualcosa in comune con lui. 

"Da quando sono separati?" 

"Boh, cinque anni, mi sembra. Ero piccolo, non mi ricordo tanto" rispose il ragazzino, pensoso. "E i tuoi? Com'è successo per te?" 

Jack esitò. Non aveva mai detto nessuno i dettagli, nemmeno al giornalista del Profeta. Nemmeno ai suoi amici. 

Osservò Jamie negli occhi. Nel suo sguardo curioso non c'era traccia di malizia. 

"È successo sette anni fa, appena mostrai il primo segno serio di magia. Mio padre se ne andò quella sera, senza dire niente a me e mia sorella. Mia madre mi disse che non gli aveva mai confessato di essere una strega – lui è un babbano – e quando l'aveva raccontato per spiegargli cosa fosse successo a me, si era alzato e aveva fatto le valigie. Non l'ho più rivisto" disse alla fine Jack. 

Fu come togliersi un peso. 

L'aveva fatto, l'aveva finalmente detto a qualcuno. Ora Jamie era l'unico a sapere la verità, oltre a Black. Era rassicurante, pensare che qualcun altro ne fosse a conoscenza senza immaginare quanto quel ricordo avesse tormentato Jack per anni. 

Si vergognava di suo padre, e della sua paura del mondo magico. Li aveva abbandonati dopo dieci anni felici, lasciandoli soli negli Stati Uniti, perché aveva scoperto di far parte di una famiglia di maghi e streghe. 

"Wow" sussurrò Jamie nel corridoio vuoto. "Mi dispiace, Jack. Lo hai mai detto a qualcuno?" 

"Tu sei il primo."

Ora Jack si sentiva decisamente meglio, e non solo fisicamente. Jamie si alzò e gli tese la mano. Lui l'afferrò e si lasciò aiutare a rimettersi in piedi. "Sarà meglio che vai al tuo dormitorio, è quasi l'ora del coprifuoco, per te" gli disse. 

"Sì, la prof passerà a controllare tra poco, mi sa. 'Notte, Jack" lo salutò il primino. 

Jack annuì. "Buonanotte." 

Jamie corse via lungo il corridoio, girandosi per agitare la mano, e sparì dietro l'angolo. Era il ragazzino più strano che avesse mai visto, ma aveva un che di simpatico. 

Il giovane mago salì alla sala comune di Grifondoro. Merida si era addormentata su una poltrona con il libro di Storia della Magia ancora aperto sulle ginocchia. Aveva la pelle intorno agli occhi arrossata, probabilmente era ancora triste per aver litigato con sua madre.

Jack chiuse il libro e lo appoggiò sul pavimento, prima di buttarle una coperta addosso e salire le scale fino alla sua stanza. Si addormentò dopo qualche secondo, esausto. 

 

 

 


 

 


Hiccup guardò con avversione la minuscola macchiolina sulla pergamena. 

Era marrone (residuo di Cioccorana? Terra del parco?) e grande circa come un'unghia del mignolo. Era sicuro che non ci fosse, il giorno prima, e non era stato nel cortile della scuola quel giorno, quindi poteva solo essere di cioccolato. Gambedipesce aveva portato dei dolci? Non riusciva a ricordarselo, avrebbe dovuto chiederglielo. 

Hiccup sollevò la bacchetta e sussurrò a bassissima voce: "Tergeo". 

La macchia svanì. Hiccup rimase a fissare la pergamena, perso nei suoi pensieri. 

All'improvviso, la porta della biblioteca si aprì. Eugene si sedette accanto a Hiccup, abbandonando la borsa sul pavimento. 

"Ciao." 

"Ciao" disse Hiccup cercando invano di non sembrare sorpreso. Non vedeva Eugene da svariati giorni. 

Prima che potesse chiedergli come stava, l'altro aprì bocca. "Che stai disegnando?"

Hiccup guardò la pergamena fitta di schemi e appunti sul tavolo. "Un progetto." 

Eugene si sporse per vedere meglio. "Tipo un'invenzione?" 

"Tipo." Hiccup non aveva idea di cosa dirgli, aveva finito le frasi di consolazione nella settimana prima che lui smettesse di stare con loro. Cos'altro poteva dire per fargli capire che gli dispiaceva di essere stato il primo a sottovalutare l'assenza di Rapunzel, a colazione? Che lo aveva rassicurato lui, ipotizzando che la ragazza fosse già alle tribune? 

Eugene seguì il bordo di uno dei disegni tecnici con il dito. "Cosa dovrebbe essere, una catapulta?" 

Hiccup non poté fare a meno di sentirsi leggermente offeso. "È uno scudo con balestra a scomparsa." 

"Tuo padre approva questo hobby?" chiese Eugene, piuttosto insensibilmente. Stoick era ancora da qualche parte sulle montagne. 

"Non lo capisce, ma ha smesso di lamentarsi" ammise Hiccup. "Probabilmente, se fosse qui, direbbe che sto perdendo tempo a progettare un'arma. Per lui niente è meglio di una bacchetta ben lucidata" aggiunse facendo una pessima imitazione della voce profonda di suo padre. Vedere Fitzherbert fare mezza risata fu una piccola vittoria. 

"Sembra interessante, fammelo vedere quando lo finisci" disse. 

"È solo a tempo perso, non so se mi metterò a costruirlo" obiettò Hiccup incerto. 

Eugene si alzò e raccolse la sacca da terra. "Dovresti farlo, ha del potenziale, secondo me!" 

"E dove potrei andare a testarla?" rise l'altro. "Nella Stamberga Strillante?" 

Tunf, fece la borsa di Eugene cadendo. Stava fissando Hiccup con gli occhi sgranati. 

"Cosa c'è?" chiese lui, temendo che si stesse sentendo male. 

Eugene mormorò qualcosa e corse fuori dalla biblioteca sorridendo, suscitando le proteste della bibliotecaria. Hiccup raccolse in fretta e furia il suo progetto, si gettò la borsa in spalla e lo seguì per il corridoio mezzo deserto. 

"Dove stai andando?" gli gridò dietro, schivando i gruppetti di studenti che tornavano nelle proprie sale comuni prima di pranzo. 

Raggiunse Eugene alle porte d'ingresso, dove era stato bloccato da una classe che veniva da Erbologia. Gli afferrò una spalla. 

"Che succede?" 

"Credo di sapere dove sia Rapunzel" disse Eugene senza guardarlo, sporgendosi irrequieto oltre la folla.

"Cos… Nella Stamberga Strillante?" 

Lui annuì impaziente. "Ok, tu chiama qualcuno, eh? Io vado a controllare." 

Hiccup strinse più forte la presa. "No no no, tu resti qui. Potrebbe esserci anche chi l'ha rapita, se è davvero là." 

"Dove uscite a quest'ora?"

Era la voce di Merida, che stava andando alla Sala Grande con Jack. Quest'ultimo aveva la faccia pesta di sonno. 

"Che ti è successo, Jack?" 

"Incubi" disse lui semplicemente, reprimendo a stento uno sbadiglio. "Ah, ciao, Eugene. Non venite a mangiare?" 

"Eugene pensa che Rapunzel sia nella Stamberga Strillante" spiegò Hiccup rapidamente, sempre trattenendo l'altro ragazzo. I due Grifondoro rimasero impietriti. 

"È possibile, secondo voi?" domandò Hiccup. 

"Forse i prof non hanno voluto controllare perché si dice che sia infestata" disse Merida mordendosi il labbro. "Dovremmo dirglielo." 

Jack si oppose. "Voi andate, io corro alla Stamberga." 

“E lasciarti mettere nei guai da solo, come al solito? Col cavolo” ribatté Merida piccata. Hiccup, sicuro che stessero per fare qualcosa di estremamente avventato, guardò Eugene in cerca di appoggio, ma lui non parve contrariato.

“Allora sbrighiamoci” disse superando le porte con gli altri.

A Hiccup sembrava una pessima idea, ma gli altri erano ormai d'accordo e sapeva che non li avrebbe mai convinti a desistere, perciò uscì con loro dal castello, giù per la collina. 

Raggiunta Hogsmeade, Hiccup e Eugene si lasciarono guidare dagli altri due, che conoscevano meglio di loro il villaggio. Imboccarono una strada secondaria, lontano dalla High Street, e seguirono il cammino di ciottoli fino a una zona senza negozi. Superarono a passo svelto diverse case con bei giardini e arrivarono nei pressi della vecchia abitazione abbandonata, in alto rispetto alle altre e circondata da un prato lasciato a sé stesso. 

Quando furono abbastanza vicini, i quattro si guardarono tentennando. Merida fece un passo avanti e spiò tra le assi di legno che sbarravano una finestra del piano terra. 

"Non vedo nessuno dentro." 

Hiccup fece per dire qualcosa, ma la ragazza aveva già estratto la bacchetta e aveva fatto saltare via la trave con un certo fracasso e una pioggia di schegge. 

"Sei matta? Ci avrà sentito tutto il villaggio" sibilò lui. Aveva paura che la gente sarebbe venuta a controllare da un momento all'altro, e avrebbe chiamato la scuola. Ci ammazzeranno, pensò. 

"Non importa" disse Merida arrampicandosi sulla finestra e infilandosi nello spazio ricavato. Jack lo guardò alzando le spalle e salì anche lui, seguito da Eugene. Hiccup sospirò e fece lo stesso. 

Si trovavano in quello che doveva essere stato un salotto. I due divanetti erano scoloriti e l'imbottitura era sparsa per il pavimento, il tavolino era rovesciato, la credenza aveva i vetri rotti. Un camino annerito e desolatamente vuoto stava in un angolo, e la stanza era illuminata a strisce dalla luce che filtrava attraverso le tavole inchiodate. Hiccup poteva sentire il pulviscolo entrargli nel naso. 

Il pavimento era coperto di polvere tranne per una serie di impronte, abbastanza da far pensare che qualcuno doveva aver fatto spesso visita, che Jack indicò alzando le sopracciglia in un gesto eloquente. Seguirono la traccia fino a un'altra stanza, dove si spostavano su per una scala. Merida appoggiò le dita sul corrimano con espressione interrogativa.

"Andiamo su?" disse pianissimo. Loro annuirono, le bacchette in pugno. 

Salirono i gradini con qualche scricchiolio e si fermarono davanti a una porta sotto cui le impronte sparivano. 

Si scambiarono uno sguardo d'intesa, alzando di più le bacchette, e Merida girò la maniglia. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

Altro capitolo, altro finale in sospeso. 

Black ha letto la mente di Jack per l'ennesima volta, in un modo simile a quello usato dai Legilimens per torturare i nemici. Non credo che l'autrice sia mai stata molto chiara se è necessario usare un incantesimo per leggere la mente, quindi ho deciso di renderla una capacità che non vuole per forza l'uso della bacchetta, un po' come Queenie. 

Il segreto di Jack è finalmente svelato esplicitamente, anche se non era difficile da indovinare. Ho voluto comunque mantenere una sensazione di mistero, o meglio, timore, infatti finora nemmeno Jack ci pensava chiaramente. Suo padre non si vede nel film, al contrario della madre, e mi sono presa la libertà di interpretare la sua assenza in questo modo, mentre per gli altri personaggi mi sono ispirata fortemente al canon. 

Sono in ansia per il prossimo capitolo, che, come è intuibile, conterrà più azione. Aiuto.

Grazie per aver letto fino a qui! 


 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Sono qui! ***


Parte 14: Sono qui!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il primo giorno, Rapunzel si era convinta che l'aspetto peggiore di quel posto fosse la polvere. 

Era dappertutto: sul pavimento, sul tappeto, sulle coperte, sul mobiletto con lo specchio, sullo specchio, sul davanzale, nell'aria… All'inizio l'aveva fatta starnutire molte volte, ma poi si era abituata.

 


Il terzo giorno, Rapunzel aveva capito che, invece, la parte più paurosa era il buio. 

Le assi inchiodate non lasciavano passare più di uno spiraglio, tra il letto e il tappeto, a cui Rapunzel si aggrappava con insana smania, perché la luce sembrava l'unica cosa in grado di darle conforto. Le avevano portato via la bacchetta, perciò di notte non poteva contare su Lumos, e non c'erano nemmeno le stelle a rassicurarla. 

 


Il settimo giorno, Rapunzel cominciò a sospettare che il lato negativo in assoluto fossero i suoi carcerieri. 

Erano alti uguali e con la stessa corporatura imponente, quindi lei immaginava che fossero gemelli, e le basette di uno dei due non nascondevano abbastanza bene la giovane età. Anche le loro uniformi blu tradivano la loro identità, tuttavia i due non sembravano curarsene. 

Rapunzel aveva provato più volte a fare conversazione, a tentare di convincerli, a chiedere perché anche loro ce l'avessero con lei, a implorare, ma loro erano stati sordi alle sue richieste. Anzi, ogni volta che aveva parlato, l'avevano derisa e le avevano chiuso la porta in faccia. 

 


L'undicesimo (o forse era il dodicesimo?) giorno, Rapunzel non aveva più dubbi. Avrebbe dato qualsiasi cosa per non sentire più il silenzio dell'edificio. 

Non era tanto il silenzio in sé, piuttosto le sue implicazioni: ogni cigolio della casa rimbombava sinistramente, il vento ululava la notte impedendole di dormire, e il respiro tremante di Rapunzel le riempiva la testa di pensieri impauriti. 

Sarebbe rimasta lì per sempre? La donna sarebbe venuta a ucciderla, un giorno di quelli? E se sì, quando?

In quei momenti Rapunzel doveva trattenere le lacrime, che si era ripromessa di non versare mai, e si rannicchiava nel suo angolino tra il baldacchino e il comodino. 

Fu proprio in uno di quegli istanti che il rumore della maniglia che girava la fece sobbalzare, spaventandola a morte. Era ancora presto per il pranzo, o era una sua impressione? 

La maniglia si mosse, ma la porta rimase bloccata. Qualcuno imprecò nel corridoio in una voce familiare. 

Rapunzel aveva un nodo alla gola. I suoi carcerieri toglievano sempre l'incantesimo che serrava l'entrata, prima di entrare, ed era impossibile che se ne dimenticassero. 

"Alohomora" udì da dietro la porta, ma quella rimase immobile. Un'altra sonora imprecazione. Rapunzel stava per infrangere la promessa fatta a se stessa. 

"La faccio saltare in aria" disse la voce con determinazione. "Fatevi da parte – mollami, Hiccup!" 

Rapunzel corse a ripararsi dietro al letto. 

BAM! 

La porta finalmente si spalancò con forza, e Merida, Jack, Hiccup e Eugene fecero irruzione armati di bacchetta. Rapunzel emerse cautamente dal suo riparo. 

"Rapunzel!" gridò Eugene sollevato venendole incontro, smuovendo nuvolette di polvere nel frattempo. La strinse a sé delicatamente, per paura di farle male, e le baciò la fronte. "Stai bene, biondina?" 

"Sì," balbettò lei, "adesso sì." 

Merida tirò Eugene da parte e la strinse a sua volta, molto meno pacata. Aveva gli occhi un po' rossi. "Chi è stato? Lo devo prendere a pugni." 

Prima che Rapunzel potesse rispondere, sentì il suono inconfondibile della porta d'ingresso che sbatteva. "Sono qui!" esclamò atterrita. 

Eugene si parò davanti a lei, e gli altri si misero in posizione da combattimento, all'erta. Rapunzel desiderò disperatamente di avere ancora la sua bacchetta. 

Dei passi pesanti salirono le scale, percorsero il corridoio e cessarono quando due alte figure sbarrarono l'uscita. 

"I fratelli Stabbington?" disse Eugene incredulo, riconoscendo la divisa. 

"Fatti da parte, Rider, o ti farai male. Anzi, tutti si faranno male" disse uno dei due con la voce roca, che mise i brividi a Rapunzel. 

"Che sta succedendo qui? Perché l'avete rapita?" ringhiò Jack in cerca di risposte. 

"Non sono affari tuoi" rispose Stabbington, stringendo più forte la bacchetta. Rapunzel sapeva cosa significava: stava per attaccare. 

"Giù!" strillò a Eugene spingendolo a terra, mentre uno Schiantesimo si infrangeva contro la parete dietro di loro. Per fortuna anche gli altri lo imitarono, e nessuno venne Schiantato. 

"Ci penso io" disse Merida, rabbiosa. "Petrificus Totalus!

"Protego" pronunciò pigramente il fratello di destra. "Rider, perché ti ostini ad aiutare gli stranieri? Pensa a te stesso e vattene." 

Lui non rispose, ma spostò leggermente un piede verso sinistra. 

"Tornatene al tuo orfanotrofio. Non sei degno comunque di stare tra i veri maghi" continuò Stabbington. 

"Quando mi è arrivata la lettera da Hogwarts ho creduto che fosse uno scherzo" disse infine Eugene, muovendosi impercettibilmente verso la finestra. "A Beauxbatons mi sento più a casa che all'orfanotrofio, non mi importa chi sono i miei genitori. Maghi o no, adesso faccio parte di questo mondo, e la purezza di sangue è una balla, comunque." 

Prese la mano di Rapunzel, senza guardarla. "Bombarda!" esclamò, ma con sorpresa di tutti si era rivolto verso la finestra alla loro sinistra. Le assi, indebolite dal tempo e dalle intemperie, esplosero in mille pezzi. 

Rapunzel, che si stava riparando gli occhi dalle schegge, si accorse che Eugene l'aveva presa in braccio, approfittando della distrazione generale, ed era saltato giù dalla finestra. 

Non erano molto in alto, quindi non si fecero nulla, ma Rapunzel strinse le mani sul petto di lui. "Li abbiamo abbandonati, dobbiamo andare ad aiutarli!" 

"Se la caveranno, per qualche minuto" replicò Eugene. Fece qualche passo lungo il sentiero, trascinando la ragazza con sé, ma qualcuno si parò davanti a loro. 

"Fitzherbert, dove pensi di andare?" chiese Gothel, senza il solito sorriso affascinante. Si ergeva alta e austera, con il cappuccio del mantello rosso alzato e i ricci scuri e spettinati dal vento che si intravedevano sotto. 

"Ci sei tu dietro a tutto questo?" disse Eugene, senza mollare la mano di Rapunzel. 

Quest'ultima si fece avanti. "Ci lasci andare, non racconteremo niente agli insegnanti!" 

"E cosa vorresti dire, allora? Mi hanno scoperta, ormai. Verranno qui tra poco. Non ho più niente da perdere" ribatté Gothel, e alzò la bacchetta. 

"Perché lo sta facendo?" gridò Rapunzel nel panico. "Cosa stava cercando di fare, nella Foresta Proibita?" 

Bastò a distrarla. "Volevo prendere uno di quegli unicorni, ci ero andata così vicina! Me ne stavo andando, ma Pitch è venuto ad avvertirmi che una studentessa mi aveva vista e stava per chiamare Nord. Dovevo fare qualcosa!" 

Le tremava appena la voce, nonostante l'espressione inferocita che le sfigurava il volto e metteva in risalto le rughe. 

"Bere il sangue di unicorno è un crimine, le avrebbe dannato l'esistenza!" esclamò Rapunzel con passione. Sentire la mano di Eugene nella sua le stava dando coraggio. 

Gothel fece un gesto brusco con la mano, terrorizzando la Tassorosso, ma non pronunciò nessun incantesimo. "Sono disposta a farlo, ho accettato le conseguenze molto tempo fa!" 

La strega si guardò il dorso della mano libera, inorridita. "Invecchio ogni giorno che passa, ma ho scoperto una pozione che potrebbe fare al caso mio, e il sangue di unicorno è l'ingrediente principale. Riuscirà a nascondere i segni del tempo." 

"Non servirà a niente" scattò Eugene. "Prima o poi morirai anche tu, e a quello non c'è pozione che tenga!" 

Il viso di Gothel passò da contrito a sprezzante. "Sciocco ragazzo, dopo averla bevuta accetterò la morte, in qualunque momento possa arrivare." 

"È per questo che è venuta a Hogwarts?" chiese Rapunzel. Un movimento lontano, in mezzo alle case del villaggio, attirò per un istante la sua attenzione. 

"Sì. Inizialmente rifiutai l'offerta di far partecipare la scuola al Torneo Tremaghi, ma cambiai idea appena Nord mi accennò alle idee che circolavano al Ministero per le prove. Avevo appena trovato le istruzioni per l'elisir, mi sembrò un autentico miracolo" raccontò la donna. 

"Sei pazza. Sei una stramaledetta vecchia pazza" disse Eugene scuotendo la testa. 

Alla parola 'pazza', Gothel diventò viola di rabbia. "Saluta Rapunzel, Fitzherbert. Hai qualche secondo." 

Nel momento stesso in cui aprì bocca per scagliare un incantesimo, la bacchetta le saltò via dalle dita, e finì tra quelle del professor Nord, poco lontano alle sue spalle. 

"Buongiorno, Gothel. Fuori per passeggiata?" disse il Preside in tono baldanzoso, avanzando rapido nel giardino inselvatichito affiancato da Madama DunBroch. Fece cenno alla madre di Merida verso la Stamberga, e lei si introdusse nella casa senza fatica. Gothel rimase paralizzata dal terrore, o da un incantesimo, difficile dirlo. 

Rapunzel crollò a terra, stringendo i lunghi fili d'erba per reggersi, mentre Eugene tirava un sospiro di sollievo e la stringeva forte. 

Sperò con tutto il cuore che i suoi amici nell'abitazione stessero bene. 

 

 

 


 

 


Dopo che Eugene e Rapunzel si erano lanciati dalla finestra, i cinque nella stanza rimasero immobili, ognuno pronto ad attaccare o a difendersi. In quella situazione, un solo movimento brusco avrebbe scatenato un putiferio. 

Hiccup spostò lo sguardo dalla finestra, da cui ora entrava molta più luce, alla porta bloccata dai due energumeni. Erano davvero alti, per avere diciassette o diciotto anni. 

Tra i due passò un impalpabile gesto d'accordo, e i tre studenti non poterono fare altro se non guardare uno dei due fratelli voltarsi e scendere le scale, mentre l'altro li teneva d'occhio, in caso avessero cercato di opporsi. 

Attaccherà gli altri fuori mentre scappano, pensò Hiccup angosciato. Se non si fosse sbrigato a inventare un piano non avrebbero avuto scampo. 

Deglutì forte, cercando disperatamente di farsi venire un'idea, ma la sua mente si era misteriosamente svuotata. Jack sembrava paralizzato sul posto per la tensione, indeciso sul da farsi. 

Merida fu più veloce. Fissò un punto dietro a Stabbington ed esclamò a voce altissima e colma di falsa gratitudine: "Professor Nord, siamo qui!" 

Stabbington non si voltò, ma si distrasse per una frazione di secondo di troppo. Merida pronunciò sicura "Gambemolli!

Il ragazzone crollò su se stesso, dando il tempo ai due Grifondoro di scavalcarlo con un salto e scendere le scale. Poco dopo, Hiccup sentì rumore di colluttazione di sotto. 

Stava per disarmare Stabbington e seguirli, ma lui lo precedette. Rapido come il vento, pronunciò "Expelliarmus", facendo volare via la bacchetta di Hiccup, e aggiunse velocemente un "Finite incantatem" che lo rimise in piedi. 

Hiccup arretrò contro il muro. Era in trappola, la bacchetta era finita chissà dove. 

"Sei finito" disse Stabbington, e lo guardò con scetticismo. "Ho sentito parlare di te, sei il figlio di Haddock, vero? Allora la storia sul drago è falsa…" 

"Sdentato esiste eccome, e ti arrostirebbe la faccia, se fosse qui" si difese Hiccup, fingendo una sicurezza che non aveva. A quel punto stava solo rimandando l'inevitabile. 

"Ma adesso non c'è, o sbaglio? Non hai né lui, né la bacchetta. Sei inutile senza di loro" disse raucamente lo studente di Beauxbatons. "In questo momento sei più indifeso di un bambinetto qualunque." 

Se fosse riuscito a raggiungere la finestra, pensò intanto Hiccup disperato, avrebbe potuto saltare giù anche lui. Ma allora perché le sue gambe non volevano muoversi?

"Ti sbagli" disse in un tono che suonò patetico pure a lui. 

"Sei davvero un mago, Hiccup Haddock? O ti sei inventato pure quello?" rise l'altro ragazzo crudelmente. 

"No" ribatté lui, ma non gli uscì più di un sussurro. Il cuore gli batteva impazzito. 

Stabbington avanzò di un passo, e Hiccup fu certo che sarebbe morto di lì a poco, ma un rumore di grida e mobili che si spostavano e venivano distrutti li fermò. 

Certo di essere in vantaggio, Stabbington si voltò verso la porta, dimenticando Hiccup per un momento. Lui si tuffò a cercare la bacchetta, scioccato da tanta fortuna. La trovò sotto il letto a baldacchino. 

Fece per Schiantarlo, ma una figura enorme e pelosa appena fuori dalla porta gli fece saltare il cuore in gola. 

Un orso! Un enorme, impressionante orso inferocito travolse Stabbington, gli strappò la bacchetta dalle mani con i denti e la gettò via. Hiccup fissò impietrito la bestia ruggire in faccia al ragazzo. 

"Hiccup!" chiamò Jack dal fondo del corridoio, e si precipitò nella stanza, seguito da Merida. Parvero rincuorati nel vederlo in piedi, e per nulla turbati dall'orso. "Ehi, amico, tutto bene?" 

"A parte l'infarto, vuoi dire?" 

"Ah, sì, scusa" disse Merida con un'occhiata verso l'animale. "Non aver paura, è solo mia madre."

A Hiccup quasi stavano uscendo gli occhi fuori dalle orbite. "Tua madre?" 

L'orso smise di ringhiare e fissò Hiccup. Il suo sguardo intenso gli ricordò immediatamente quello di Sdentato. 

"Ho appena scoperto anch'io che è un Animagus, quindi non fare tanto lo scandalizzato" sbuffò Merida. 

I tre seguirono Madama DunBroch al piano terra, con lei che portava in groppa il corpo incosciente di Stabbington, e uscirono nel giardino. Lì trovarono Rapunzel e Eugene, fortunatamente illesi, e Nord che teneva Gothel e l'altro fratello sott'occhio. 

"Ottimo, ragazzi stanno bene?" li accolse il Preside. L'orso scaricò lo studente di Beauxbatons a terra, si alzò su due zampe e si trasformò in Elinor. 

"Grazie al cielo sì." 

Mentre Merida accorreva ad assicurarsi che Rapunzel fosse tutta intera, sua madre squadrò con avversione i tre criminali. "Ha già chiamato il Ministero, professore?" 

"Sì, capitano di Auror sarà qui tra poco" rispose Nord. "Aster mi ha mandato messaggio, sembra che abbia trovato intruso." 

Intanto che Madama DunBroch si faceva raccontare i dettagli, i due adulti scortarono i ragazzi verso Hogwarts. 

Hiccup, scosso per tutto quello che era appena successo, si rese conto con un leggero ritardo che qualcosa non andava. 

"Ehi, ma che…" 

Uno dei fratelli Stabbington aveva rubato una bacchetta, forse di Eugene, forse di Merida, forse di Jack, e la stava puntando contro Hiccup, che era proprio di fronte a lui. Merida scagliò l'incantesimo di protezione troppo tardi. 

Qualcuno urlò, e il mago vide la luce rossa dello Schiantesimo abbattersi a rallentatore contro il suo petto. 


















Note

Okay, questo è uno dei capitoli che mi piace di meno. È corto e poco emozionante, forse anche scritto malino, che altro dire? Chiedo perdono, giuro che il prossimo è un po' meglio. 

Uno dei dilemmi che sono sorti quando ho cominciato a scrivere la storia è stato come trattare la situazione di Rapunzel: non mi piaceva l'idea di renderla prigioniera fin da subito, sarebbe stato troppo drammatico, quindi ho inserito un rapimento in mezzo agli eventi, anche se non si avvicina al coinvolgimento di quello del film. Ora si è scoperta la motivazione di Gothel, che cascava a fagiolo con la lezione sugli unicorni del libro. 

Parlando di Hiccup, questo è stato un confronto molto importante per il suo personaggio, e ne vedremo le conseguenze prossimamente. 

… Forse ho esagerato con gli svenimenti, a ripensarci. 

Grazie per aver letto fino a qui!


 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Basta segreti, ok? ***


 

 

Parte 15: Basta segreti, ok?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

“Non possono discutere da un’altra parte? Ci faranno cacciare tutti quanti.”

Hiccup si svegliò lentamente, tutto intontito, ma non aprì subito gli occhi.

Era disteso su un letto, in una stanza che odorava di medicine e lenzuola pulite di fresco. Si sentiva indolenzito, come se avesse corso per  un giorno intero, e aveva la testa pesante.

Sollevò appena le palpebre pesanti e vide Astrid, seduta sul bordo del letto, che gli dava le spalle e guardava verso il fondo della sala. Lì vicino, anche Jack e Merida erano girati in direzione del gruppetto di persone che era assiepato intorno a uno dei letti più lontani, e stavano ascoltando la conversazione.

“...Non l'avete ancora interrogata?” disse una voce maschile sconosciuta con tono d’urgenza.

“Certo che no, è svenuta da stamattina” rispose stizzita Madama DunBroch.

“Unica cosa che sappiamo è che non è visitatore di volta scorsa” aggiunse Nord, per una volta serio. Ci fu un fruscio di vestiti e coperte che si muovevano, poi dei passi incerti. 

Hiccup pensò a quanta stanchezza aveva in corpo e chiuse di nuovo gli occhi, pensando di riposare solo per un momento, ma perse la cognizione del tempo, e si addormentò.

 

 

 


 

 


Merida osservò con fastidio Nord e il capo dell’Ufficio Auror uscire con lentezza dall’infermeria. Erano rimasti a parlare per un secolo, ma finalmente si erano dati una mossa ad andarsene.

Con suo profondo orrore, tuttavia, sua madre non li seguì, ma si avvicinò al letto di Rapunzel, che era accanto a quello di Hiccup, dove erano loro. 

“Grazie ancora, signora” disse grata la ragazza dalla pila di cuscini che stava usando per stare seduta comodamente. Si era categoricamente rifiutata di starsene sdraiata a riposare, e faceva da sentinella al letto del giovane mago, controllando chi veniva a fargli visita. Sul comodino aveva posato la sua bacchetta, che Nord aveva tolto a Gothel quando li aveva salvati. Eugene era stato lì fino a qualche momento prima, come si poteva evincere dal libro su cui poggiava la bacchetta. 

“Di nulla, cara” rispose Elinor amabile, e guardò Merida farsi piccola piccola dietro a Jack. Lei sapeva che sarebbe arrivato il momento della sgridata: aveva bigiato scuola per andare a Hogsmeade, introdursi nella Stamberga Strillante di nascosto e affrontare i rapitori senza aver prima chiamato gli adulti. Era in guai seri.

Sua madre si rivolse ai ragazzi. “Come vi sentite?”

“Benissimo, Madama DunBroch” affermò Jack, spostandosi da dov’era e lasciando Merida allo scoperto. Quest’ultima gli afferrò il braccio e tirò il ragazzo al suo posto per nascondersi.

“Mi fa piacere. Il giovane Haddock si è svegliato, per caso?” chiese Elinor, ignorando il movimento sospetto.

“No, ma l’infermiera ha detto che tra un’ora o due dovrebbe. Lo Schiantesimo lo ha messo fuori gioco per mezza giornata” disse Jack, avviandosi verso l’uscita. “Andiamo, Astrid? Credo che tra poco passeranno gli altri di Durmstrang e se restiamo qui supereremo il massimo dei visitatori permessi.”

Astrid gettò un’occhiata preoccupata verso il viso addormentato di Hiccup, ma si alzò comunque. 

Merida guardò Jack con l’espressione più minacciosa che poté. Sapeva benissimo cosa stava facendo, aveva visto quel sorrisetto un milione di volte: voleva lasciarla sola con sua madre, gettandola in pasto al leone, o meglio, all’orso. 

Lui fece di no con la testa, sempre sorridendo furbo, e si dileguò con Astrid. Merida avrebbe fatto i conti con lui più tardi. 

“Forza, allora. Arrabbiati pure” disse alla madre, che alzò le sopracciglia sorpresa.

“Veramente volevo scusarmi.”

Stavolta fu il turno di Merida di sbalordirsi. Non le aveva mai chiesto scusa, mai. “Uh, per cosa?”

“Ho commesso molti errori con te, tesoro” sospirò Elinor. “Il peggiore è forse stato cercare di importi il futuro che io avrei voluto per te.”

“Volevi solo che fossi al sicuro, l’hai detto tu” balbettò Merida, disorientata dalla situazione imprevista. Rapunzel tirò la tenda vicina al suo letto con discrezione, lasciandole più o meno sole. 

"Non mi ero resa conto che la tua prospettiva è completamente diversa dalla mia. Sono stata un'ipocrita, costringendoti a comportarti come avrei fatto io. Avevo paura che potessi pentirti delle tue scelte, Merida" disse sua madre abbassando lo sguardo. 

"Be', anch'io ti ho ferita, al ballo" mormorò l'altra. "E sono stata testarda." 

"Non preoccuparti, avevi ragione ad arrabbiarti." 

"Quindi… non ti importa se non lavorerò al Ministero o non mi sposerò subito con un Purosangue?" esitò Merida. Era troppo bello per essere vero. 

Elinor scosse la testa e strinse le mani alle sue. "Sarai solo tu a decidere. Certo, mi rincuorerebbe se non scegliessi un futuro pericoloso, come immagino che farai, ma non mi opporrò." 

Merida non resisté, e si slanciò ad abbracciarla. "Grazie, mamma, grazie grazie grazie!" 

Lei rise, e la baciò su entrambe le guance. 

Merida sciolse la presa, ricordandosi di un dettaglio. "Che fine hanno fatto Gothel e i fratelli Stabbington?" 

"Il capo degli Auror li ha arrestati, saranno processati tra qualche giorno, immagino, e…" disse Elinor, ma venne interrotta dalla figlia. 

"Aspetta, e Black?" 

"È scomparso mentre stavamo cercando voi. Quando il professor Bunnymund ci ha detto di avervi visti uscire dalla scuola era nel suo ufficio, so solo questo" spiegò Elinor. 

"Un'altra cosa" disse Merida alzando un dito. "Scusa, ma questa storia dell'orso me la devi spiegare. Da quando sei un Animagus?" 

Lei si appoggiò una mano sul viso, imbarazzata. "È uno sfizio che mi tolsi da giovane. I tuoi nonni disapprovavano, ovviamente, ma tuo padre lo trova magnifico. Mi è stato particolarmente utile quando eri piccola; un altro Animagus ci aveva aggrediti, e sono riuscita a difenderci tutti." 

"Che forte!" esclamò Merida. "Chi era?" 

"Si chiamava Mor'du" rispose l'altra con disappunto. "Un mago purista del sangue, è morto ad Azkaban molti anni fa." 

"Gli altri non ci crederanno mai, quando lo racconterò" disse Merida allegramente. Sua madre alzò gli occhi al cielo. 

"Adesso devo andare a parlare con il professor Nord. Questo pasticcio non ci voleva, spero che non faccia annullare il Torneo" borbottò, e lasciò Merida in infermeria con Rapunzel. Hiccup era ancora incosciente. 

"Che bello che avete fatto pace, sono felice per te" disse la bionda scostando le tende. Merida annuì pensierosa.

Qualcosa in quella storia non quadrava, e la donna misteriosa svenuta sul letto in fondo all'infermeria era solo una delle tante stranezze. 

 

 

 


 

 


Nelle settimane a seguire, le cose tornarono più o meno normali. 

Il Torneo Tremaghi non venne fermato, per la gioia degli studenti, ma uno dei giudici dovette essere sostituito. A rimpiazzare Gothel ci avrebbe pensato il capo dell'Ufficio Auror, un uomo intransigente dai folti baffi che rimase a Hogwarts per qualche giorno, e se ne andò dopo aver fatto molte domande a Rapunzel. 

Nessuno a parte loro cinque sapeva esattamente cosa fosse successo alla Stamberga Strillante, perciò le voci che circolavano su come la ragazza avesse fatto a tornare a scuola senza un graffio non ricevettero mai risposta, ma gli altri Tassorosso l'accolsero con entusiasmo. 

Rapunzel venne rilasciata dall'infermeria, che a suo parere l'aveva tenuta in ostaggio pure troppo, insieme a Hiccup, che si era ripreso subito. Rapunzel poté tornare alla sua vita scolastica, l'unica differenza era che ogni due giorni doveva parlare con l'infermiera di come si sentiva. A detta del Preside, infatti, il rapimento poteva aver avuto delle conseguenze sulla psiche di Rapunzel, che sosteneva di non essere mai stata meglio. Va bene, faceva molti più incubi di prima, ma a parte quello era apposto, davvero!

Se convincere il professor Nord non era fattibile, lo era ancora meno discutere con i suoi genitori. Erano ancora a scuola, quando Rapunzel era stata salvata, ed erano quasi riusciti a riportarla a casa. Lei aveva protestato con tutte le sue forze, dicendo che era il suo ultimo anno, e c'erano gli esami, quindi non potevano impedirle di diplomarsi proprio adesso. 

Dopo molti tentativi, li aveva infine convinti ad andarsene riluttanti, ma più tranquilli. 

L'improvvisa scomparsa del professor Black procurò a Rapunzel alcune ore libere, che passava a studiare o, più raramente, insieme a Eugene. Quando era ancora ricoverata le aveva detto per la prima volta di amarla, e lei lo aveva quasi strozzato per la gioia. 

La donna che era stata trovata dall'insegnante di Trasfigurazione non si era ancora svegliata. Il Preside di Durmstrang aveva invece prolungato la sua ricerca tra le montagne, ora sulle tracce di Black. 

 

 

 


 

 


A fine marzo il parco di Hogwarts era addobbato di fiori e le giornate di sole erano sempre più frequenti e tiepide. Gli studenti avevano cambiato i mantelli nella versione leggera, e passavano il tempo libero in riva al lago.

Un pomeriggio, finito l'allenamento di Quidditch, Jack scese dalla scopa e andò a sedersi accanto a Rapunzel sugli spalti, ancora tutto sudato e spettinato. 

"Sei venuta a controllarmi?" scherzò. 

"Mi sono presa una pausa, e non sapevo dove andare. Al Lago Nero c'è sempre un sacco di gente, in questa stagione" rispose Rapunzel giocherellando con i capelli. Aveva scelto il posto più assolato, pensò lui. Si costrinse a non chiederle come stava, tanto gli avrebbe dato la solita risposta. 

"Ah, pensavo che ti avesse mandata Merida per assicurarti che non mi stessi cacciando nei guai" disse. 

"Forse dovrei. Mi ha raccontato che avresti voluto andare a cercarmi da solo, e non sarebbe la prima volta che cerchi di fare l’eroe solitario, Jack" lo rimproverò Rapunzel incrociando le braccia. "Sei sempre stato così, ma quest'anno è ancora peggio. Prima metti il tuo nome nel Calice senza dircelo, poi ti metti in testa di venirmi a salvare da solo. Non ti fidi di noi?" 

Lo disse in tono severo, ma la sua espressione tradiva una certa tristezza. 

"Ma no, dopo tutto quello che abbiamo combinato insieme…" si affrettò a rassicurarla Jack. "Vi affiderei la mia vita, se capitasse" giurò in modo esageratamente solenne. Rapunzel non rise. 

"Allora, per favore, smettila di fare tutto da solo. Basta segreti, ok? Anzi, ti dirò il mio. Mio padre non è un babbano, è un Magonò" rivelò seria. 

"Cosa?! Da quando?" sputò fuori Jack. Ok, questa è nuova. 

"Me l'ha raccontato quando è venuto a Hogwarts con la mamma" disse lei in tono di segretezza. 

"E perché non te l'ha mai detto?" 

"Si vergognava, credo. È stato praticamente escluso dal mondo magico, la sua famiglia teneva molto alla purezza di sangue" rispose Rapunzel intristendosi per un attimo, ma durò poco. "Ecco, ti ho rivelato il mio segreto. Adesso siamo pari." 

Jack ne dubitava. I suoi amici non sapevano ancora di suo padre, dato che lui aveva continuato a rimandare all’infinito il momento per raccontarlo. Ripensò alla reazione positiva che aveva avuto quel ragazzino del primo anno, Jamie Bennett. 

"In realtà no" esordì Jack. "Non vi ho mai detto perché i miei hanno divorziato." 

"Oh, è… è un segreto?" fece Rapunzel confusa. Lui guardò i suoi compagni di squadra andare nello spogliatoio. 

"Più o meno. Non sapeva che mia madre è una strega, quando si sono sposati. In quegli anni l'America non era un posto tranquillo per i maghi, e lei aveva paura a dirglielo, ma quando avevo dieci anni ha dovuto confessare. Decise di fidarsi. Lui… non l'ha presa bene" disse Jack tutto d'un fiato. "Se n'è andato quella sera stessa, e non è più tornato." 

Rapunzel si stava coprendo la bocca con le mani. "Che cosa brutta, Jack, mi dispiace tanto." 

"Non volevo dirvelo. Mi vergogno di lui, e preferisco che non mi compatiate. La prima volta che l'ho raccontato è stato poco tempo fa, a un primino, dopo essere stato da Black." 

"Aspetta, sei stato da lui?" Rapunzel arretrò spaventata da un ricordo. 

"Sono andato nel suo ufficio ad accusarlo, ero convinto che ti avesse rapita" disse Jack alzando le spalle. Lei sospirò esasperata. 

"Un'altra cosa che hai fatto da solo. Era pericoloso, poteva aggredirti" mormorò stringendosi le ginocchia. 

"In un certo senso lo ha fatto. Credo che Black sia un Legilimens" confessò Jack. 

"Oh, sicuro che lo è." Rapunzel fece una smorfia. "L'ho incontrato poco prima che mi catturassero alla Guferia, sai. Mi ha fatto rivivere i miei ricordi peggiori, è stato spaventoso." 

"Lo fa dal primo anno, mi dispiace che sia successo anche a te" disse lui lentamente, inorridendo la ragazza. 

"Oh, Jack, perché non ce l'hai mai detto?" 

"Non sarebbe cambiato niente." 

"Ti avremmo offerto sostegno morale, stupido! Davvero, non capisco questa mania di stoicismo!" esclamò Rapunzel mettendosi le mani davanti alla faccia. 

"Penso di avere un problema a fidarmi delle persone, per la storia di mio padre" ammise lui. 

Rimasero in silenzio per qualche minuto. Il sole stava cominciando a tramontare, tingendo il campo d'oro e arancione. 

"Almeno adesso non lo rivedremo per un po'. Black, intendo dire" disse Rapunzel guardando le nuvole sempre più rosse. 

"È vero" disse piano Jack, mentre la conversazione privata con Nord di tanti mesi prima gli tornava in mente. Da quello che aveva origliato l’amica, era vero che qualcuno stava tentando di sabotare il Torneo e Black era uno di questi, ma Rapunzel aveva detto che il professore aveva accennato a un 'idiota che si era fatto scoprire nel parco'. Se non era la donna in infermeria, allora chi era? 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

Un altro capitolo corto e noioso, chiedo umilmente pietà. 

Allora, ecco i miei appunti di oggi. Ancora durante la stesura dei primi capitoli, ho deciso di tagliare Mor'du, altrimenti avrei avuto troppi antagonisti e lui era il meno caratterizzato, quindi l'ho brutalmente fatto fuori. Spero di non averlo liquidato troppo alla leggera. 

Il Capo dell'Ufficio Auror, invece, è interpretato dal capo delle guardie di Rapunzel, quello che cavalca Maximus. Avviso già che non sarà particolarmente presente. 

Inizialmente il rapimento di Rapunzel doveva durare alcune settimane, ma non sapevo bene quali eventi inserire nel mentre, i suoi POV sarebbero mancati troppo a lungo e, infine, avrebbe avuto conseguenze troppo traumatiche su di lei. Ho cercato di accennare al fatto che Rapunzel non sta perfettamente bene, alla fine è stata comunque prigioniera per diversi giorni. Le visite all'infermeria dovrebbero valere come appuntamenti da uno psicologo, ho pensato fosse dovuto (almeno credo, non me ne intendo). 

In più, ho reso il padre di Rapunzel un Magonò per rendere il suo arco narrativo più interessante, ma non so quanto abbia funzionato… 

Nel prossimo capitolo avremo alcune risposte, e ricordo che la terza prova si avvicina…! Ci sarà anche un momento emozionante. 

Grazie per aver letto fino a qui! 



 

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Non c'è due senza tre ***


Parte  16: Non c'è due senza tre

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Era una bella mattina di fine aprile, e Hiccup stava discutendo animatamente con Skaracchio di viti e bulloni.

Il custode di Durmstrang era l'unica persona in quel dannato castello a non trattenere le risate appena Hiccup nominava ingranaggi, contrappesi o leve, quindi era il solo a cui potesse raccontare di come stava andando il suo progetto senza sentirsi ridicolo. L'unico punto in cui non si trovavano d'accordo era la parte pratica della realizzazione: Skaracchio era convinto dell'indubbia superiorità degli incantesimi per la costruzione, mentre Hiccup preferiva viti e bulloni, appunto. 

Si era completamente ripreso dallo Schiantesimo che l'aveva centrato in pieno petto, e con suo padre da qualche parte sulle montagne vicine a Hogwarts aveva un sacco di tempo libero. Seguendo il consiglio di Eugene, si era messo al lavoro sullo scudo-balestra, che stava venendo piuttosto bene, e del cui nome Hiccup era ancora indeciso; Gambedipesce aveva proposto 'Balescudo', i gemelli invece avevano pensato a 'Sculestra', Moccicoso aveva suggerito 'Moccicosa', e Astrid aveva affermato che avevano tutti bisogno di una visita all'infermeria della scuola. Per evitare il linciaggio, Hiccup aveva dichiarato momentaneamente sospesa la scelta del nome. 

Quando non era occupato con la sua invenzione, Hiccup stava in biblioteca con Jack, Merida e Rapunzel, e li aiutava volentieri a studiare o fare i compiti, visti gli esami in avvicinamento. Si era addirittura arreso a introdurre irregolarmente dolciumi per convincere i tre (ma soprattutto Jack e Merida) a impegnarsi. 

Nei momenti in cui lui era con loro, Astrid si allenava nel campo di Quidditch, oppure andava a nuotare nel lago con gli altri. All'inizio se l'era presa a morte perché Hiccup aveva partecipato all'imprudente missione di salvataggio di Rapunzel senza consultarla, ma lo aveva perdonato relativamente in fretta. Un'altra persona che in un primo momento ce l'aveva avuta con lui era Dagur, che gli aveva fatto visita mentre era ancora svenuto e, a sentire i suoi amici, aveva tentato di strangolarlo per il sollievo. Tipico di Dagur. 

L'unica nota amara di quel periodo erano le parole di Stabbington, che gli strisciavano maligne nella testa prima di andare a dormire. 'Sei inutile senza di loro' gli rimbombava nel cervello quando chiudeva gli occhi, e allora Hiccup voltava il fianco e pensava a quello che invece gli aveva detto Astrid: 'Sei intelligente e coraggioso, più di tutti noi', e si addormentava cullato dal rollio della nave. 

Comunque, quel giorno di aprile Hiccup era con Skaracchio a litigare sull'utilità di chiavi inglesi e quant'altro, quando sentì una voce chiamarlo da dietro una porta del corridoio. 

"Pssst!" 

Lui guardò sospettoso la porta. Era una banale superficie di legno vecchio, nulla di particolare, quindi non poteva essere stregata. 

"Di qua!" disse la voce un po' più forte. La porta si aprì tanto bastava a far uscire un braccio che trascinò Hiccup dietro di essa, lasciando Skaracchio a un palmo di naso. 

"Ma cosa—" 

"Ssst! Io non dovrei essere qui" bisbigliò rumorosamente la piccola figura, spiando fuori nervosa. 

"Rapunzel, che ci fai nel ripostiglio delle scope, di grazia?" chiese Hiccup allibito. 

"Sono scappata" disse lei semplicemente, con un tono a metà tra l'agitazione e l'eccitazione. Non l'aveva mai vista così irrequieta. "Non ne potevo più." 

Hiccup era sempre più confuso. "Dall'infermeria, intendi dire?" 

"Ah-ah. Sono stanca di andarci un giorno sì e uno no a raccontare i miei incubi. Non serve a niente, sto benissimo" disse Rapunzel freneticamente, sempre guardando fuori dalla porta. 

"Rapunzel, sei rimasta chiusa nella Stamberga Strillante per più di una settimana. Per quanto ti sia autoconvinta, tu non stai bene" obiettò Hiccup. Lei lo ignorò totalmente. 

Il mago si rassegnò, scosse la testa incredulo e osservò l'ambiente. Erano dentro un comunissimo sgabuzzino, con le mensole impolverate e parecchi manici di scopa dall'aspetto trascurato appoggiati alle quattro pareti. L'unica luce veniva dallo spiraglio da cui la ragazza guardava il corridoio. 

Una volta soddisfatta della situazione all'esterno, Rapunzel chiuse del tutto la porta e accese la bacchetta con Lumos. Il brillio le illuminò il viso concitato. "Stavo parlando con l'infermiera, quando la donna misteriosa si è svegliata! Ho approfittato di un momento in cui è andata a prendere della Pozione Rilassante e sono andata a vedere la donna più da vicino, poi sono scappata via." 

"Da te non me lo sarei mai aspettato." 

"Lo so! Dovevo dirtelo subito, non ho resistito" disse Rapunzel quasi saltando sul posto. 

"Dirmi cosa?" domandò Hiccup, che davvero non ci capiva niente. 

"Di andare subito in infermeria, prima che chiamino il professor Nord o qualcun altro, anzi, starà già succedendo!" Rapunzel aprì la porta e lo spinse fuori. "Corri, svelto!" 

Hiccup non seppe fare altro se non fidarsi, e salì la scala di marmo verso il primo piano. 

 


 

Non sapeva ancora perché la Tassorosso avesse insistito tanto, così, quando aprì la porta dell'infermeria, non era sicuro di cosa aspettarsi. 

Come previsto, non c'era nessuno. 

Hiccup superò senza farsi sentire le file di letti fino al fondo della sala, dove le tende nascondevano quello che interessava a lui. Si fermò con la mano sul tessuto, improvvisamente indeciso, ma rifletté sul comportamento entusiasta di Rapunzel e lo scostò. 

La donna non aveva nulla di speciale. Era slanciata e atletica, con lunghi capelli castani che cominciavano a ingrigire, gli zigomi alti e gli occhi azzurri. Indossava semplici vestiti di pelliccia dall'aria parecchio vissuta, come se avesse viaggiato per molto tempo. 

Quando vide Hiccup, ebbe un sussulto di sorpresa. Parve molto disorientata. "Dove sono…? Dov'è Bludvist?" 

Si alzò con un movimento agile, per qualcuno svenuto da giorni, ma Hiccup dovette sostenerla per non farla cadere. Era stata trovata entro i confini di Hogwarts, eppure non gli diede l'impressione di essere una criminale. Parlava inglese come se non fosse stata la sua lingua madre, con una cadenza difficile da inquadrare. 

"Sei a Hogwarts" le disse aiutandola a mettersi diritta. Lei gli lasciò le mani di botto. Sembrava ancora più confusa di prima, finché non lo guardò bene in faccia per la prima volta. 

Arretrò di colpo verso il letto, a cui si sostenne, fissando Hiccup con occhi sbarrati. 

Lui, ancora con le mani sollevate, le indirizzò uno sguardo incuriosito. La donna aveva l'espressione assolutamente smarrita, per qualche motivo. 

"Non può essere" mormorò pianissimo. 

Gli si avvicinò lentamente, tendendo le dita affusolate. Hiccup, dal canto suo, fece un passo indietro, ora a disagio. Gli occhi della donna lo stavano scrutando da capo a piedi. Era più alta di lui. 

Accostò la mano al volto di Hiccup con le labbra che tremavano appena, indugiando sul suo mento. Lui si ritrasse ancora, spaventato. Sembrava che lo riconoscesse, oppure…? 

"Hiccup?" 

Per un lunghissimo, infinito istante lui rimase immobile, assolutamente inerte. 

Fece scorrere lentamente lo sguardo dalla corporatura snella di lei, al viso ovale, alle labbra sottili, ai capelli bruni, agli occhi chiari. 

…Non aveva senso. 

Erano in Gran Bretagna. 

Non aveva senso. 

Erano passati diciassette anni. 

Non aveva senso. 

Lei era morta!

"È normale che non ti ricordi" sussurrò la donna, allontanandosi nuovamente, inspiegabilmente delusa dalla reticenza di Hiccup. 

Lei era morta! 

"Cosa dovrei ricordarmi?" disse lui deglutendo forte. Lei sbatté le palpebre come per scacciare le lacrime. 

"Di tua madre." 

 


"Guarda che non scappo, se ti giri." 

Hiccup continuò lo stesso a fissarla, incapace di distogliere lo sguardo. 

È mia madre, quella è mia madre! 

"Ti dà fastidio?" chiese. Lei rise piano. 

"No." 

L'infermiera, una volta tornata dopo aver avvertito il Preside che la donna si era svegliata, aveva trovato la bizzarra scena di loro due che si studiavano a vicenda, ed era andata a dare l'allarme, o qualcosa del genere. A Hiccup non importava. 

Adesso erano entrambi seduti sul letto. Aveva almeno un milione di domande da farle, e non sapeva da dove cominciare. 

"Cosa ti è successo? So che lavoravi per la Confederazione Internazionale dei Maghi, ma papà non mi ha mai voluto raccontare i dettagli." 

"Lavoro ancora per loro, ho il compito di rintracciare ricercati di tutto il mondo" rispose la donna. "Sedici anni fa c'è stato un incidente, uno dei miei obiettivi mi aggredì, e caddi in mare. Tutti mi credevano morta, e la Confederazione mi chiese di restare nascosta, così da continuare le ricerche indisturbata, quindi mi stabilii in una zona disabitata della Norvegia. Sono venuta in Gran Bretagna sei mesi fa per catturare un trafficante di uova di drago."

"E lo hai seguito fino a Hogwarts?" 

"Non so come ho fatto a superare i confini, forse ho involontariamente approfittato del passaggio di Bludvist, mentre lo seguivo, e sono riuscita a entrare" disse lei pensosa. 

"Ma perché era diretto qui?" si chiese Hiccup. La donna tormentò il bordo delle lenzuola. "Non ne ho idea, lo avrei interrogato, se non si fosse accorto di me e mi avesse attaccata."

Ecco perché l'insegnante di Trasfigurazione l'aveva trovata priva di sensi, pensò Hiccup. 

"Accidenti, quando papà lo saprà…" 

"Stoick è qui?!" Valka fece un salto, allarmata. 

"Certo" disse lui sorpreso. "Siamo qui per il Torneo Tremaghi, ma adesso non è al castello, sta dando la caccia a un professore. È una storia complicata, in pratica stanno cercando di far saltare tutto, questo tizio e la preside di Beauxbatons..." 

Improvvisamente, la porta della sala si spalancò. Hiccup intravide da dietro le tende Nord, Madama DunBroch, Skaracchio e suo padre fare il loro ingresso accompagnati dall'infermiera. 

Ottimo tempismo, papà. 

"Ha detto qualcosa?" chiese il Preside marciando insieme agli altri. 

"Be', ecco, sta parlando con Haddock, professore, non sapevo cosa fare, e…" 

"Come sarebbe a dire 'Haddock'?" fece Stoick aggrottando le sopracciglia. La madre di Hiccup si mosse agitata sul letto. 

"Intendevo dire suo figlio, signore, il ragazzo con le lentiggini…" 

I passi si fecero più veloci. 

"Figlio?" disse suo padre scostando con forza le tende, seguito dagli altri adulti. Guardò Hiccup, poi guardò Valka, e lasciò cadere la bacchetta. 

La donna stavolta riuscì ad alzarsi senza cadere, dando le spalle a Hiccup, che osservò i due stringendo nervoso le labbra. Suo padre era a bocca aperta. 

"...Valka, sei tu?" 

Nel sentire il proprio nome, la donna sussultò, strinse i pugni e annuì. 

Nord, meravigliato, fece un cenno a Madama DunBroch, e i due si ritirarono dietro le tende, lasciando loro della privacy. Skaracchio, che era forse il più scioccato di tutti, li seguì senza dire niente. Vedendo sua madre con l'aria da animale braccato, anche Hiccup si mise in piedi. 

"Cosa… dove sei stata per tutti questi anni?" disse Stoick avvicinandosi con cautela. 

"Non sai quanto mi dispiace, avrei voluto dirtelo, ma la Confederazione mi aveva chiesto di fingere di essere morta!" si sfogò lei. "Mi ha spezzato il cuore lasciarvi così, ma le cose a casa erano così tese, e litigavamo ogni volta che nominavo i babbani, e tu…" 

"Valka…" Suo padre era sempre più vicino a lei. 

"Mi dispiace, è stato un gesto egoista... e tu, Hiccup" la donna si voltò verso di lui, tormentata, "potrai mai perdonarmi? Sono stata una madre orribile." 

Il ragazzo non aveva preso quell'aspetto in considerazione, almeno non ancora. La sorpresa di averla ritrovata gli rendeva difficile pensarci. 

"Io… io non lo so" ammise. "Ma non credo di essere arrabbiato, insomma, ero davvero piccolo quando è successo. Papà?" 

Era abbastanza allarmante che non avesse ancora pronunciato una parola, positiva o no, e stava angosciando sua madre. 

"Stoick, ti prego, di' qualcosa." 

Lui, ormai di fronte a lei, le appoggiò con delicatezza un palmo sulla guancia, mosse silenziosamente le labbra e poi mormorò: "Du er så vakker." 

Hiccup sentiva solo il suo respiro, mentre i due si scambiavano un bacio, in lacrime. Era come se l'ultimo pezzo di un puzzle fosse stato ritrovato e fosse andato al suo posto, completando un quadro perfetto. Sorrise, sempre incredulo.

"Finalmente!" esclamò Skaracchio, sbucando da dietro le tende e abbracciandoli stretti, compreso Hiccup, suo malgrado. Il custode doveva aver perso la pazienza, evidentemente. 

Hiccup si lasciò stringere e nascose il volto sul petto di suo padre, asciugandosi gli occhi senza farsi vedere. 

 

 

 


 

 


La giornata di Merida stava andando benissimo, finché non era arrivato quel ragazzino a chiamarli. 

"Il Preside vi vuole nel suo ufficio" affermò dondolando le braccia e fissando Jack con ammirazione. "Tutti e quattro." 

"Va bene, Jamie, grazie" disse Jack scompigliandogli i capelli, mentre quello trotterellava via. Merida gli rifilò un'occhiataccia malevola. 

"Non abbiamo fatto niente, vero?" disse Rapunzel preoccupata, togliendosi la ghiaia dalla gonna. Si erano concessi un pomeriggio di tranquillità in riva al lago, lasciando perdere i libri per un momento. Astrid era sulla nave con gli altri studenti di Durmstrang per una festa di compleanno, se Merida aveva capito bene. 

"Forse vuole congratularsi per il nostro intervento alla Stamberga" ipotizzò speranzoso Jack, che dopo aver raccontato della vera ragione per cui i suoi erano divorziati era molto più allegro. Credeva che loro si sarebbero scandalizzati, che assurdità! 

"Certo, si sprecherà in lodi infinite, davanti alla nostra bravata" ribatté Hiccup ironico, raccogliendo le pergamene con i progetti che stava loro mostrando. Da quando sua madre si era svegliata era spesso di buonumore, anche se la signora Haddock era quasi sempre a cercare Black con suo padre, quindi non si vedevano spesso. 

"Andiamo" brontolò Merida prendendo a calci il suolo. Doveva immaginarselo, che se sua madre non le aveva fatto la ramanzina, ci avrebbe pensato Nord. 

Salirono al terzo piano e dissero la parola d'ordine ('Bastoncini di zucchero') che garantiva l'accesso all'ufficio del Preside. Hiccup, l'unico di loro a non esserci mai stato, rimase incantato dall'impressionante quantità di giocattoli che riempivano lo studio. C'era di tutto, dai soldatini che marciavano da soli, ai peluche che facevano il verso degli animali, dagli aeroplanini che svolazzavano sul soffitto, alle bambole che facevano l'inchino e agitavano la mano al passaggio degli studenti. Il più bello di tutti, e il preferito di Merida, era il trenino incantato che gironzolava per la scrivania su cui sedeva Nord, che sorrise ai ragazzi vedendoli entrare. 

"Prego, sedete!" 

Agitò la bacchetta e quattro poltroncine apparvero di fronte al tavolo. Loro si sedettero incerti. Il trenino sbuffò vapore e fischiò. 

"Voleva dirci qualcosa?" chiese diplomaticamente Rapunzel. Nord batté le mani. 

"Stamattina ho parlato con signor Fitzherbert di incidente di marzo, ora vorrei sentire vostra opinione." 

"Opinione?" ripeté Merida. 

"Esatto" annuì il Preside. "Questa storia di Gothel ci è sfuggita da mani e dobbiamo raccogliere informazioni da tutti. Gothel era Direttrice di Fitzherbert, quindi ho chiesto di raccontarmi di lei, ma voi avrete opinione diversa, soprattutto signorina Corona." 

Rapunzel si guardò le ginocchia, accigliandosi al ricordo. "Io credo di aver capito che Madama Gothel fosse d'accordo con il professor Black, ma la faccenda degli unicorni non c'entra. Li ho sentiti parlare della 'gloria del Torneo', o qualcosa del genere." 

"Come sapete, Torneo Tremaghi in passato non ammetteva Mezzosangue o Nati Babbani. Mia pancia mi dice che lui, Gothel e terza persona stanno tramando per rovinare gara. Vogliono che solo Purosangue partecipino" rifletté Nord, grattandosi la barba candida. 

"Lo sapevo che non dovevamo fidarci di Black" borbottò Jack. "Quelli interessati alle Arti Oscure nascondono sempre qualcosa. Senza offesa, Hic" aggiunse guardandolo con la coda dell'occhio. Lo sapevano tutti che Durmstrang dava molta importanza a quel tipo di magia, anche se veniva insegnata a scopo difensivo.

Lui sbuffò e mimò una smorfia di offesa fintissima. 

"La mamma di Hiccup non era sulle tracce di un venditore illegale di uova di drago, un certo Bludvist? A dicembre abbiamo visto un uomo con un mantello di squame ai Tre manici di scopa, forse è lui il terzo sabotatore" suppose Merida, ricordandosi dell'aria sinistra di quel tipo. 

"In stesso periodo è venuto straniero a proporre di usare draghi per ultima prova, ma non sapevo di suoi traffici. Fortuna che ho rifiutato sua offerta" disse Nord, osservando afflitto il trenino che sfrecciava sulla scrivania fischiando allegro. "Resta solo da sperare che signori Haddock trovino lui e Black. Se riuscissero in loro piani sarebbe disastro per Hogwarts… per tutti noi." 

Non avevano molto altro su cui speculare, perciò vennero congedati poco dopo. Guardando fuori dalla finestra, Merida notò che era quasi ora di cena. 

"Secondo voi cercheranno ancora di ostacolare lo svolgimento del Torneo?" si domandò Rapunzel arrotolandosi una ciocca bionda intorno al dito. Ripensare al suo periodo di prigionia doveva averla turbata. 

Merida le appoggiò una mano sulla spalla. "Forse no, dopotutto il loro piano è stato scoperto. Sarebbe da stupidi uscire di nuovo allo scoperto." 

"È comunque possibile che ci riprovino" ribadì Hiccup. "Soprattutto tu, Jack, stai attento. Se è vero che non vogliono che la 'purezza' del Torneo venga intaccata, tu che sei un campione Mezzosangue e hai messo loro i bastoni tra le ruote sarai un bersaglio." 

"Sissignore" rispose Jack, ma l'attenzione di Hiccup si era spostata verso uno studente di Durmstrang molto alto che passava di lì. 

"Aspettatemi un attimo" disse andandogli incontro. Gli altri lo videro rivolgersi a quel tipo dai capelli scuri e le spalle larghe, abbastanza vicini da sentire cosa si dicevano.

"Ciao, Eret" disse Hiccup avvicinandosi a grandi passi. L'altro lo squadrò alzando un sopracciglio. Merida non gli aveva mai parlato, ma ricordava vagamente un certo Eret a cui Astrid aveva accennato molti mesi prima. 

"Ehi" salutò lui. Dalla sua reazione era chiaro che non erano particolarmente in confidenza. 

"Scusa, ma se non ricordo male i tuoi gestiscono una riserva di draghi in Finlandia, vero?" chiese Hiccup. 

"Sì. Perché ti interessa?" rispose Eret, ora vagamente incuriosito. Hiccup scosse le spalle. 

"Mi chiedevo se il nome 'Bludvist' ti dice niente. Conosci qualcuno nel campo della cura dei draghi che si chiama così? Oppure un commerciante di creature magiche..." 

"In effetti mi pare di averlo già sentito" disse Eret, illuminandosi. "Ma sì, i giornali ne hanno parlato per mesi: qualche anno fa l'hanno beccato a trafficare uova di drago. La notizia aveva fatto scalpore perché diceva di volerli usare per bruciare le case babbane della zona."

Era decisamente una scoperta inquietante, e combaciava con quanto sapevano. Hiccup premette per avere maggiori informazioni. "Ti ricordi altro?" 

Lui ci rifletté a lungo. "Era saltato fuori qualcosa sul suo passato… sulla sua famiglia, forse? Non ricordo bene, è stato parecchio tempo fa." 

Hiccup fece un gran sorriso, lasciando Eret perplesso. "Grazie mille." 

"Ehm, figurati, Haddock." 

Hiccup tornò da loro con espressione soddisfatta. "Adesso ho qualche indizio su cosa cercare in biblioteca. Ho tempo fino alla terza prova, che è..." 

"Il 24 giugno" completò Merida. "Spero davvero che ti sbagli. Ci mancherebbe un altro incidente." 

"Non c'è due senza tre" commentò Jack sardonico. 
















Note

Ehi, finalmente un capitolo che mi soddisfa! Non so quanto sia riuscita a rendere giustizia alla scena secondo film, ma l'incontro tra gli Haddock credo sia venuto bene. La frase di Stoick significa a grandi linee 'Sei bellissima', stando a Google, e sì, è un riferimento a quello che dice nel film. 

Ah, lo scudo-balestra di Hiccup prende spunto da quello che usa nella serie TV, fidatevi che sarà importante. 

So che ho dato molta importanza a Hiccup, finora, ma come ho detto ho scritto questa storia per me, e lui è il mio preferito (si vede molto, credo), quindi è parecchio presente. 

Purtroppo questa pace sarà momentanea, dopotutto è ora dell'ultima prova… 

Grazie per aver letto fino a qui! 


Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Buona fortuna! ***


Parte 17: Buona fortuna!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Maggio passò in fretta, portando acquazzoni e forte vento che tinsero di grigio le giornate degli studenti del settimo anno chiusi nel castello a studiare. Gli esami finali si avvicinavano pericolosamente, e per giugno chiunque aveva dichiarato di rinunciare a provarci almeno una volta, salvo poi recuperare la calma e rimettersi sui libri. 

Rapunzel, che per entrare al Ministero aveva un estremo bisogno di voti alti, andava in biblioteca appena terminate le lezioni pomeridiane e usciva giusto prima del coprifuoco. Merida, neanche lontanamente preoccupata quanto lei, dopo cena tornava dritta in sala comune a riposare, mentre Jack, che gli esami non doveva sostenerli, stava con loro più per compagnia che per studiare. 

Il 24 maggio, infatti, i campioni erano stati chiamati in sala insegnanti per ricevere istruzioni sull'ultima prova. La terza sfida avrebbe previsto una sorta di caccia al tesoro in giro per la scuola… senza magia, almeno fino alla parte finale. A quanto pareva serviva a testare la loro cultura e capacità di giudizio. 

Perciò, Jack, Astrid e Eugene, assistiti da Hiccup, erano impegnati a fare ricerche sul mondo magico in biblioteca, cercando di districarsi nella vasta raccolta di informazioni su Hogwarts che potevano essere utili. Alla fine avevano deciso di concentrarsi anche sulla storia del mondo magico e di ripassare gli incantesimi, che non si poteva mai sapere. 

I signori Haddock, dopo l'estenuante ricerca di Black, erano tornati al castello a mani vuote, e ne sorvegliavano il perimetro dietro indicazione di Nord. 

 


Il 24 giugno, giorno della terza e ultima prova del Torneo, Rapunzel entrò nella Sala Grande per fare colazione, ma cambiò destinazione vedendo la leggera confusione al tavolo di Grifondoro. 

"Ciao, Rapunzel!" disse Mary, la sorellina di Jack, vedendola arrivare. Lei salutò la ragazzina e la madre con un cenno. Le due erano in piedi a parlare con Jack, che un po' mangiava, un po' chiacchierava con loro. 

Astrid era poco distante, intenta a conversare con quelli che Rapunzel suppose fossero i suoi genitori. Non davano l’impressione di essere persone affabili.

Merida e Hiccup stavano facendo colazione in disparte. 

"Ciao, ragazzi" disse Rapunzel. "Pronta per oggi, Merida?" 

"Non devo mica gareggiare" obiettò lei mandando giù una grossa forchettata di uova strapazzate. 

"Intendevo per l'esame. Oggi abbiamo l'ultimo, ricordi?" alzò gli occhi al cielo Rapunzel.  Da un paio di settimane tutti gli studenti dell'ultimo anno dovevano recarsi nelle aule a orari precisi per sostenere il M.A.G.O., che erano quasi finiti. 

Merida fece un verso strozzato di agonia. "Storia della Magia. Non vedo l'ora." 

"Andrete bene" le incoraggiò Hiccup.

Rapunzel gli sorrise raggiante, grata che almeno qualcuno fosse ottimista, e notò che portava qualcosa sulle spalle. "È la tua invenzione?" 

Lui si sfilò la cintura che legava l'oggetto alla sua schiena, mostrando un bello scudo di ferro con un drago dipinto. Fece vedere che aprendolo diventava una balestra. "L'ho appena finito, mia madre mi ha dato qualche consiglio per gli ultimi ritocchi. Bello, vero?" 

“Un sacco!” approvò Rapunzel.

"Perché te lo porti dietro?" chiese Merida. 

"In caso Black o Bludvist saltino fuori durante la gara" rispose Hiccup accigliandosi. "Alla Stamberga Strillante… sono stato disarmato facilmente. Senza bacchetta sono inutile, ma con questo potrò essere d'aiuto, almeno." 

Rapunzel avrebbe voluto rimproverarlo per starsi sottovalutando in quel modo, ma Eugene la chiamò proprio in quel momento. 

"Ehilà. Cos'è tutta questa calca dai Grifondoro?" chiese guardandosi attorno tutto pimpante. 

"Sono arrivate le famiglie dei campioni per assistere alle gare" rispose Merida, non accorgendosi dello sguardo severo dell'amica e dell'espressione esasperata di Hiccup. 

Il sorriso di Eugene scomparve dal suo volto. "Ah." 

Merida parve accorgersi della sua indelicatezza, forse aiutata dall'occhiataccia sdegnata di Rapunzel. "Ehm, guarda com'è tardi, Punz, meglio andare." 

Afferrò un po' di toast, avvolse il tutto in un tovagliolo e lo ficcò in mano a Rapunzel, spingendola verso le doppie porte.

"Finita la prova facciamo una passeggiata?" chiese lei guardando Eugene, che sembrò risollevarsi un pochino e annuì. 

Jack salutò la madre e la sorella, e seguì le due ragazze verso l'aula in cui si teneva l'esame di Storia della Magia. Lui avrebbe passato le tre ore a ripassare per la prova di quel pomeriggio. Rapunzel sbocconcellò toast mentre ripeteva mentalmente le date da ricordare. 

 


A mezzogiorno in punto, Rapunzel e Merida corsero fuori dalla classe, si presero per mano e stesero le braccia verso il cielo. 

"Basta con gli esami!" 

"Finalmente libere!" 

Jack uscì dopo di loro, senza unirsi ai festeggiamenti. Rapunzel immaginò che stesse cominciando a innervosirsi per la prova. 

"Sì, sì, complimenti. Adesso andiamo a mangiare, devo essere al campo in anticipo" disse Jack. 

Dopo un pranzo leggermente teso, arrivarono al campo di Quidditch per l'una meno dieci, mentre le tribune andavano riempiendosi lentamente. Quasi tutti gli studenti di Hogwarts portavano striscioni e cartelli con i colori di Grifondoro, colorando gli spalti di rosso e oro. 

Anche la madre e la sorellina di Jack stavano salendo sugli spalti; Mary trascinava eccitata la madre per la mano, in cerca della vista migliore. Jack si costrinse a sorridere e loro si sbracciarono per salutarlo. 

Hiccup, Astrid e Eugene erano già lì, e stavano guardando nervosamente il centro del campo, dove si stagliavano le figure della giuria. Rapunzel notò che il Preside di Durmstrang mancava all'appello. 

"Ci siamo, eh?" disse Astrid, un po' meno decisa del solito. Hiccup le stringeva la mano. 

"Almeno non piove" commentò Jack, guardando il cielo limpido sulle loro teste senza traccia di sarcasmo. 

"Promettiamoci di restare amichevoli," disse Eugene, le mani sui fianchi, "dopo la mia vittoria." 

"Io non ci conterei, Fitzherbert" ribatté Astrid, ritrovando la determinazione. Hiccup roteò gli occhi. 

"Va bene, prima che parta la gara botta-e-risposta, andate a prepararvi." 

Rapunzel strinse i campioni in un abbraccio. "Buona fortuna!" 

Stavano per andare a cercare un buon posto sulle tribune, quando arrivò il padre di Hiccup. 

"Ehi, papà, hai finito il giro di pattuglia?" gli chiese il figlio. 

"Sì, invece tua madre è rimasta a controllare il perimetro. Ha insistito per stare di guardia" rispose Stoick, e fece caso allo scudo di Hiccup. "Cos'è quello?" 

"Una mia invenzione. Per autodifesa" disse lui asciutto, guardando altrove. Sembrava non voler entrare nei dettagli, a differenza di come aveva fatto con Rapunzel e Merida. Il signor Haddock assunse un cipiglio risoluto. 

"Io e te dobbiamo parlare. Scusate, ragazze." 

E se ne andò guidando Hiccup verso un angolo appartato dietro gli spalti. 

Rapunzel e Merida li lasciarono soli, e andarono a sedersi vicino ai loro amici di Durmstrang, tutti armati di bandierine con lo stemma della loro scuola; Moccicoso aveva portato lo striscione più grande di tutti. 

Quando le tribune furono piene da cima a fondo e Hiccup si unì a loro con gli occhi curiosamente lucidi, i campioni raggiunsero la giuria al centro del campo, e il capo dell'Ufficio per i Giochi e gli Sport Magici prese la parola. 

"Signore e signori, siamo finalmente arrivati all'ultima prova del Torneo Tremaghi, nonostante la dannata sfortuna di questa edizione!" annunciò con la voce amplificata da un incantesimo, agitando l'uncino che aveva al posto della mano. "Come potete vedere, il capo dell'Ufficio Auror è venuto a sostituire il giudice che ha, ehm, dovuto lasciarci. Detto questo, vi ricordo la classifica attuale: al primo posto, a pari merito, abbiamo la signorina Hofferson dall'Istituto Durmstrang e il signor Fitzherbert dall'Accademia di Beauxbatons, con settantacinque punti, e in ultima posizione abbiamo il signor Overland dalla Scuola di Hogwarts, con sessanta punti. 

"Nella prova di oggi i campioni dovranno sfidarsi in una caccia al tesoro nel territorio della scuola, e il primo di loro a trovare la Coppa Tremaghi sarà il vincitore. Per esaminare al meglio le loro conoscenze e il loro ingegno, le bacchette dei campioni sono state temporaneamente prese in custodia e saranno riconsegnate prima dell'ultima parte della prova."

Uncino invitò i campioni ad avvicinarsi, tirando fuori dalla tasca un sacchetto di stoffa da cui i tre ragazzi pescarono qualcosa a turno. 

"Adesso che ognuno ha preso il suo indizio, partiremo in ordine di punteggio, quindi Hofferson e Fitzherbert per primi. Forza, ragazzi, schiena dritta e denti stretti." Uncino si portò le dita alla bocca per fischiare. "Tre… due… uno…" 

Fischiò forte, e Astrid e Eugene srotolarono i loro foglietti. Per un lungo istante rimasero fermi a leggere, poi scattarono entrambi verso l'uscita del campo di Quidditch, accompagnati dal frastuono delle tribune. Rapunzel e gli altri si sgolarono in incitamenti. 

Jack aspettò un paio di minuti al centro dello spiazzo affiancato da Uncino, finché quest'ultimo non partì con un altro conto alla rovescia. 

"Tocca a te, Overland. Tre… due… uno…" 

FWIII! 

 

 

 


 

 


Jack per poco non si tagliò con la pergamena sottile, mentre apriva il piccolo rotolo per leggerlo. Le mani gli tremavano per l'agitazione e l'adrenalina, e dovette sforzarsi per riuscire a distinguere le parole. 


La via per la vittoria in quattro direzioni si dirama

delle quali posizioni questa canzone dichiara. 

A nord nel castello il campione dovrà recarsi

e scostare lo sciocco che gli affari suoi non sa farsi.


Cercando di ignorare le acclamazioni degli spettatori, Jack rifletté per un momento sulla strofa. Decise che 'nord' era un punto di partenza decente, e corse anche lui fuori dal campo di Quidditch. Era partito in svantaggio, perciò doveva sbrigarsi. 

Con le gambe che protestavano per lo sforzo improvviso, entrò nel castello e rallentò la corsa, rileggendo l'indizio. 'Scostare lo sciocco'... che voleva dire?

La scelta del verbo gli fece pensare a un oggetto, però 'sciocco' non poteva che riferirsi a una persona, e cosa c'era a Hogwarts che riguardava oggetti e persone? 

Jack stava salendo le scale verso l'ala nord del castello, e si bloccò di botto. Le opzioni erano due: si stava parlando di un ritratto, o al massimo di un arazzo. Si batté una mano sulla fronte. 'Babbeo' era un sinonimo di 'sciocco', e al settimo piano si trovava un arazzo che faceva al caso suo. 

Jack si arrampicò in fretta e furia su per le scalinate e, arrivato al settimo piano, imboccò un corridoio. C'era qualcosa di vagamente inquietante nell'eco dei suoi passi che risuonavano nel castello deserto, solitamente brulicante di studenti e insegnanti. Jack trovò infine l'arazzo in questione. 

Raffigurava Barnaba il Babbeo nel fallimentare tentativo di istruire dei troll nella danza classica. A Merida aveva sempre fatto morire dal ridere. 

La poesia diceva 'scostare', quindi Jack afferrò un lembo del tessuto e snudò la parete. Per sua soddisfazione, sulla pietra spoglia era appeso un foglietto simile a quello che aveva pescato prima. 

"Evvai!" 

Staccò la pergamena e la voltò con impazienza. 


Il secondo indizio è stato scovato

ma il percorso è appena iniziato. 

La prossima meta in alto si trova, 

là dove i messaggeri nascon da uova.


Jack fece avanti e indietro nel corridoio, assorbendo ogni parola. Aveva sentito un vago rumore dall'esterno, quando aveva preso il foglio, forse era il tifo dal campo. Probabilmente lo avevano visto grazie al tabellone incantato di Uncino, come quello della seconda prova. 

'In alto' intendeva chiaramente una torre, ma il problema era che Hogwarts pullulava di torri e torrette. Tuttavia, i 'messaggeri che nascon da uova' era un palese riferimento ai gufi che ogni mattina portavano la posta, e l'unica torre associabile a loro era quella che ospitava la Guferia. 

Jack gemette. La Torre Ovest era da tutt'altra parte rispetto a lui. 

Scese le scale, attento a non inciampare per la fretta. In quel momento rimpianse per la prima volta di non avere la bacchetta, altrimenti avrebbe potuto usare Glisseo e appiattire i gradini. Scivolare giù per sette rampe sarebbe stato veloce e divertentissimo. 

Arrivato al piano terra, incrociò Eugene, che stava andando verso la stessa direzione, terreo in viso. 

"Se fossi in te non passerei per il corridoio della biblioteca" ansimò senza fiato, reggendosi alla spalla di Jack. "Credo che abbiano messo delle trappole." 

"Trappole?" disse Jack senza fermarsi, togliendo il sostegno a Eugene, che annuì. 

"Già. Mi sono quasi andati a fuoco i pantaloni." 

"Cercherò di evitarlo. Come va con la prova?" 

"Sto cercando il secondo indizio, hai idea di cosa potrebbe essere 'il frutto che ride'?" disse ironico Eugene. Jack sapeva di non avere molto tempo, ma vedere l'altro ragazzo esausto lo spinse a pensarci su. 

"Prova vicino alle cucine, ci sono diversi dipinti di cibo" gli suggerì. 

"Ah, grazie infinite" esclamò Eugene, e scese verso le file di botti. 

Jack affrontò un'altra salita su per la Torre Ovest. Aprì la porta della Guferia e individuò subito il piccolo rotolo appeso a un trespolo. 

Sotto gli sguardi vigili di decine di gufi, Jack avanzò nella stanza, evitando piume ed escrementi, e sciolse il nodo che legava il foglio. Lo srotolò con anticipazione. 


A metà strada il campione è vicino

e dopo riposar potrà, purché arrivi al mattino. 

Fino alle stelle il campione dovrà scalare

se l'ultimo indizio vuole trovare.


Jack chiuse la porta dietro di sé, rileggendo corrucciato il secondo verso. 'Arrivare al mattino' non suonava molto ottimista, e temeva che alludesse alle trappole di cui gli aveva parlato Eugene. Avrebbe fatto meglio a stare attento a dove metteva i piedi. 

Un'altra cosa che fece imprecare Jack ad alta voce fu la parola 'scalare'. L'idea di dover salire l'ennesima scala era angosciante, e purtroppo si trattava indubbiamente di una torre. 

'Fino alle stelle', invece, era una storia diversa. Faceva riferimento ad un passaggio esterno, oppure all'altezza? Jack era già stato a nord e a ovest, quindi rimanevano est e sud. La Torre di Astronomia, la più alta del castello, si trovava in una delle direzioni dove non era ancora andato. 

Sperando di essere sulla pista giusta, Jack tornò al piano terra sicuro che l'indomani, vittorioso o meno, avrebbe voluto non avere più le gambe. Aveva attraversato un passaggio nascosto per risparmiare tempo prezioso, ma inciampò in mezzo al corridoio che portava alle scale. 

"Ahi, ma che…" 

Jack, lungo disteso per terra, si voltò per guardare dove fosse rimasto impigliato, e fu scioccato nel vedere il suo piede affondato di parecchi centimetri nel duro pavimento. Si rese conto che anche le sue mani stavano lentamente calando nella pietra, ora morbida come burro. 

Sabbie mobili! 

Non ci voleva, pensò Jack con frustrazione, ci metterò un'eternità a uscirne

Diede uno strattone al piede per liberarsi, ma lo sforzo lo fece affondare ancora di più. Ormai era dentro fino ai gomiti. 

Si guardò disperatamente intorno, cercando qualcosa che potesse aiutarlo, ma le pareti erano spoglie e non c'era nulla a cui aggrapparsi. Jack tentò nuovamente di muovere le braccia, sprofondando ancora. Come accidenti poteva fare a uscirne senza magia, secondo i giudici? Fare tutte le scale della scuola era già ridicolo di suo, ma quella trappola superava il limite. 

Certo di essere spacciato, e immaginandosi le grasse risate dei suoi amici, Jack accolse la visione di Astrid che passava di lì come un miraggio. 

"Jack, che fai dentro al pavimento?" disse la ragazza sgranando gli occhi. Lui tirò il collo per voltarsi bene verso di lei. 

"Un regalo dei prof" boccheggiò. "Ricordami di dirgliene quattro, più tardi." 

Astrid si avvicinò a lui. "Aspetta, ti tiro fuori." 

"Attenta, è come le sabbie mobili qui." 

Lei fece segno di aver compreso, e strisciò lungo la parete, attenta a testare il pavimento con la punta del piede. "Penso sia una variante dell'Incantesimo Imbottito, molto ingegnoso." 

"Grande" replicò con irritazione Jack, dimenandosi. Andò più a fondo di un paio di centimetri. 

"Fermo, così peggiori la situazione" lo rimbrottò Astrid. Si aggrappò a un gancio arrugginito che lui non aveva notato, di quelli usati per infilarci le fiaccole, e si puntellò al muro con i piedi. 

Jack, che aveva entrambe le braccia nel pavimento, la fissò stralunato. "Apprezzo moltissimo il tuo aiuto, davvero, ma non capisco cosa dovrei fare adesso." 

"Tira fuori il braccio, lentamente" spiegò Astrid come se si stesse rivolgendo a un bambinetto. "Non agitarti, fai piano." 

Jack aveva una lunga lista di dubbi, ma decise di tentare comunque. Mosse il braccio lungo il corpo, senza scuoterlo come aveva fatto prima, trattenendo il respiro. Con suo enorme sollievo, riuscì a far riemergere la mano. 

Astrid si allungò verso di lui fino a tendere le dita al massimo e afferrò quelle di Jack. Diede uno strattone deciso, sollevando il ragazzo, che si strinse al gancio da torcia come un'ancora di salvezza. "Grazie, Astrid." 

Lei cominciò a scivolare via dal corridoio, gli occhi vigili puntati in basso. "Figurati. Ero nei sotterranei, prima, e mi è preso un colpo quando ho visto il soffitto piombarmi addosso, quindi ti capisco."

"Come hai fatto a scappare?" chiese Jack, nascondendo malamente uno sguardo ammirato. 

"Mi sono infilata nella stanza che mi serviva e l'illusione è sparita. Adesso scusami, ma devo andare." 

"Ci vediamo" disse Jack girandosi dalla parte opposta. "Ah, prima ho incontrato Eugene. Mi ha detto di stare alla larga dalla biblioteca, se ti interessa." 

"Lo terrò a mente." 

Si salutarono senza indugi, e Jack salì gli scalini con un sospiro, aggrappato al corrimano per sostenere le gambe sempre più simili a due grossi budini. 

In cima alla torre, Jack ebbe l'orribile dubbio di aver sbagliato posto, e quindi di aver beccato la trappola per niente, quando non vide pergamene, ma il suo cuore riprese a battere nel momento in cui adocchiò il rotolo. Era posato sullo stesso merlo dove si era seduto con Hiccup la sera dell'estrazione. 

Con grande gioia di Jack, accanto al foglio era posata la sua amata bacchetta. La sollevò e quella mandò scintille. E anche questa era fatta. 

Jack afferrò il rotolo prima che il vento lo portasse via e lo srotolò curioso. 


La fine del viaggio è dunque arrivata

ma la destinazione finale ancora è celata. 

Il quarto cardine da esplorare è rimasto

e nasconde il tesoro sullo specchio più vasto.


Il mago fissò le scritte strofinandosi la fronte. A differenza delle altre strofe, quest'ultima era decisamente più criptica. 

Ok, Jack. Concentrati. 

Una cosa buona era che l'ultimo punto cardinale dove andare era il sud. E fin lì, niente di complicato. 

Lo specchio, però, era un'altra faccenda. Jack non ricordava di aver mai visto specchi, a Hogwarts, a parte quelli nei bagni. Era improbabile che la prova gli chiedesse di controllare al millimetro quale, tra le decine e decine, fosse leggermente più grande (e Jack avrebbe fatto del suo meglio per trovare chi aveva ideato la sfida e lanciargli una Fattura Orcovolante). 

No, doveva trattarsi di una metafora. Avrebbe dovuto usare genuinamente il cervello, e non la memoria. 

Specchio… specchio… specchio… Jack si fece venire il mal di testa scervellandosi. Cosa somigliava a uno specchio, e si trovava a sud? Pensò alle aule della zona meridionale del castello, ma nessuna gli accese la lampadina. Gli era pure venuta sete. 

Aspetta. 

Acqua? 

Specchio?

Jack sdrucciolò un poco sul pavimento, fulminato dal colpo di genio. Va bene, non era stato poi tanto difficile, ma Rapunzel sarebbe stata fiera di lui. Si era solo lasciato ingannare dalla convinzione di dover rimanere all'interno. 

Sollevò la bacchetta e pronunciò le parole che sognava di poter dire. "Molliate!" 

Guardò quasi con gli occhi pieni di lacrime i gradini appiattirsi, rendendo le interminabili scale una lunga rampa liscia, non esitò a sedersi e si lasciò scivolare giù. "!" 

Jack, con le braccia sollevate in aria e sballottate dalla corrente, lanciò un grido liberatorio che rimbombò nella torre. Frenò dolcemente, arrivato al piano terra, con la testa molto più leggera. Si alzò in piedi ancora su di giri e corse verso l'uscita. Lungo il sentiero per arrivare al lago, si imbatté in Eugene, anche lui lanciato in una corsa giù per la collina. 

"Ehi, che si dice?" gli urlò Jack. 

"Stai andando al lago pure tu?" gli gridò di rimando lui. Jack evitò un sasso e presero il sentiero insieme. 

"Sì, mi sa che la coppa è là!"

"Cosa ci fate voi due qui?" disse Astrid sbucando fuori da dietro un cespuglio, sempre correndo a perdifiato. Jack non aveva più la forza di rispondere. 

"Siamo tutti diretti dalla stessa parte" esclamò Eugene. 

Jack e Astrid erano veloci, ma lui aveva le gambe più lunghe, e li seminò in breve tempo. Jack obbligò le sue povere gambe a dare il massimo, temendo di essere giunto al limite, perciò quando arrivarono sulla riva sassosa del Lago Nero aveva una gran voglia di vomitare il pranzo.

Era difficile da individuare, ma in mezzo allo specchio d'acqua immobile, molto distante da loro, era sorta una minuscola isoletta che Jack era certo di non aver mai visto prima. 

Eugene agì in fretta, estrasse la bacchetta e disse: "Glacius!" 

Tenendola in basso davanti a sé, lo studente di Beauxbatons corse sulla superficie del lago che si congelava sotto ai suoi piedi. Jack doveva ammettere che era una mossa audace. 

Mentre ragionava se imitarlo, Astrid mosse il braccio in un complicato e ampio movimento. 

Per un momento non successe assolutamente nulla. 

Jack stava per farle una battuta, ma gli cascarono le braccia nell'istante in cui le acque del lago – decine di migliaia di litri d'acqua – si sollevarono con uno sciabordio immenso. Come se la gravità avesse cambiato direzione, le onde salirono in alto, creando un tunnel subacqueo che curvava, evitando il percorso di Eugene, fino all'isolotto al centro. 

Ma che cosa accidenti vi insegnano a Durmstrang?! 

Astrid, lesta come non mai, scattò verso la sua destinazione, sollevando schizzi di fango mentre scendeva sul fondo. Era un incantesimo prodigioso, ma per raggiungere la coppa avrebbe dovuto farsi una scalata alquanto scivolosa perdendo un sacco di tempo, pensò Jack. 

Si spremette le meningi, in cerca di un modo per attraversare il lago. La sua scopa era su nel dormitorio, chiusa nel baule, e richiamarla con Accio era fuori discussione, perciò non gli rimaneva altro che costruirsi una barca, o anche solo una zattera. 

Nel tentativo di ricordarsi l'incantesimo giusto, Jack ci mise un po' ad accorgersi del leggero tremore sotto i piedi. Abbassò la testa, confuso. 

I sassolini della riva sobbalzavano, o se lo stava immaginando? E non era il rumore di qualcosa di grosso che si muoveva sott'acqua, quello che sentiva?

"No…" mormorò Jack senza voce, agghiacciato dal sospetto che gli cominciava a divorare implacabile le viscere. 

L'isolotto, senza alcun preavviso del disastro che stava per accadere, esplose. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

Finale letteralmente con il botto, oggi. 

Questa prova mi innervosiva particolarmente, dato che mi ero imposta di inventarmi la canzone, in pieno stile dei libri. Sono orgogliosa di me, non mi dispiace com'è venuta. 

Non ho molto altro da dire, preciso solo che mi sono immaginata i genitori di Astrid come esigenti e severi, dando una scusa alla loro assenza nel franchise, e che si scoprirà cosa si sono detti Hiccup e Stoick nel prossimo capitolo.

Grazie per aver letto fino a qui! 


Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Non ho paura di te ***


 

 

Parte 18: Non ho paura di te

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Prima che si levassero le urla, prima che l'isolotto saltasse in aria, prima che la terza prova avesse inizio, Hiccup era stato preso da parte da suo padre. 

"Figlio" attaccò Stoick mettendosi le mani sui fianchi, "capisco che l'altra volta ti abbiano messo in difficoltà, ma quello" – e indicò lo scudo di Hiccup – "è ridicolo." 

"È questo che non capisci, papà. Non è stata solo l'altra volta. Adesso sono senza Sdentato, e se mi togliessero di nuovo la bacchetta sarei completamente inutile. Mi serve" ribatté Hiccup, fissando contrito la struttura in legno delle tribune. Le parole di Stabbington gli martellarono nel cranio. 'Un bambinetto qualunque'. Gli si strinse il petto in una morsa dolorosa. 

"Ti hanno deriso? Ti hanno detto che da mago non vali niente, che non sei nessuno, senza bacchetta?" sbraitò suo padre. Hiccup strinse i pugni e non rispose. 

"Per la barba di Merlino, Hic" disse Stoick. "Lo sapevo che non hai mai avuto un'alta opinione di te stesso, ma non immaginavo a che livello arrivassi." 

"B-Be'... be', voi non mi avete aiutato, fino ai miei quindici anni" disse Hiccup, accigliandosi. Suo padre scosse la testa. "Hai ragione. Per molto tempo ti ho fatto credere di volere assolutamente un mago per figlio, e ti ha fatto male." 

"Hai pianto, quando ho fatto la mia prima magia" mormorò solamente Hiccup. Non aveva mai pensato di essere rimasto tanto turbato da quella vecchia storia, ma evidentemente era proprio così. 

Stoick lo afferrò per le spalle. "Allora te lo dirò una volta per tutte, chiaro e tondo. Quando ho avuto la certezza che fossi un mago ho pianto, perché ero felice che potessi far parte del mio stesso mondo. I Maghinò non sono visti di buon occhio dalla nostra società, e vengono allontanati, o lo fanno spontaneamente. Non è un posto accogliente per chi non possiede la magia. Ero così sollevato che non ho pensato ai tuoi sentimenti, e non sai quanto me ne pento. 

"Hic, ti amerei anche se fossi un Magonò, non mi importa se sai usare una stecca di legno e dire formule magiche, o cavalcare un drago, saresti comunque mio figlio, e non c'è niente di più importante. La stessa cosa vale per tua madre." 

Hiccup sbatté un paio di volte le palpebre. Non aveva idea di quanto avesse avuto bisogno di sentirselo dire, finché non era successo. 

"Grazie, papà" balbettò. Lui gli sorrise. 

"Vai dai tuoi amici, ti staranno tenendo il posto" disse, e il ragazzo salì sugli spalti con gli angoli degli occhi che pizzicavano. 

 


Quando il botto fragoroso coprì la voce di Uncino e interruppe la telecronaca, Hiccup guardò il lago travolgere Astrid con orrore. 

Il suo Impervius si era rivoltato contro di lei, gettandole addosso una quantità spaventosa d'acqua. Astrid sapeva nuotare, e pure bene, ma la forza dell'impatto era davvero grande e probabilmente l'aveva stordita. 

Dal tabellone incantato si vedeva Eugene, che, distratto dall'esplosione che aveva distrutto l'isoletta della Coppa Tremaghi, era scivolato sul ghiaccio, e ora stava su un pezzo più grande degli altri, fissando lo spettacolo. Di Jack invece non si vedevano tracce. 

La folla assisté impotente alla catastrofe, mentre qualcuno si alzava in piedi e altri gridavano scioccati. Gli adulti della giuria erano già andati di corsa verso l'uscita del campo di Quidditch, seguiti dagli altri insegnanti. 

Il cielo sopra il lago era annerito da un'enorme nube di fumo che si alzava dal centro. Pareva una tempesta in arrivo. 

"Ma che sta succedendo?!" strillò Rapunzel con le mani davanti alla bocca. Merida scuoteva la testa incredula. 

"Sono loro" mormorò Hiccup, accorgendosi solo ora di essere scattato in piedi. "Sono tornati per impedire il Torneo." 

Come se una forza a lui estranea lo guidasse, si fece largo nelle tribune, diretto all'uscita. I suoi amici erano appena dietro di lui. 

"Che facciamo?" chiese Moccicoso nel panico. 

"Verranno qui per farci fuori tutti!" gridò Gambedipesce, atterrito. 

"No." Hiccup si voltò di botto, guardandoli negli occhi. "Dobbiamo fermarli prima che ci provino."

"Ehm, amico, ci metteremo una vita a uscire da qui" gli fece presente Testaditufo, indicando la marea di studenti terrorizzati che premeva contro di loro verso la via di fuga. 

Hiccup si guardò intorno, e riconobbe la zazzera di capelli rossi di Dagur. "Dagur! Dagur!" chiamò più forte che poteva. 

Fortunatamente, il ragazzo lo sentì, e gli venne incontro evitando un gruppetto del secondo anno. "Hai visto che roba?" disse. 

"Già, hai visto dove sono andati i professori? E i genitori dei campioni?" domandò Hiccup. 

"Sono sicuro che Nord e Haddock stavano correndo verso il lago, gli altri non so." 

"Ok, mi devi fare un favore" disse Hiccup concitato. "Vedi Skaracchio, laggiù all'uscita? Starà indicando agli studenti dove mettersi al riparo, ma con questa confusione è impossibile. Puoi dargli una mano, e aiutarlo a calmare tutti?" 

Dagur strinse gli occhi a fessura, osservando il custode di Durmstrang sbracciarsi per indicare alla gente di rifugiarsi al castello, invece di andare a vedere cosa stava accadendo al lago. "Ci penso io, fratello." 

Andò a grandi falcate verso Skaracchio, e si unì a lui. Hiccup e gli altri riuscirono a districarsi dalla folla con un sospiro di sollievo. 

"E adesso?" chiese Testabruta. 

"Voi quattro restate qui e formate un percorso verso Hogwarts, in modo da mostrare la strada" suggerì Hiccup, facendo cenno verso il sentiero che portava al castello. 

"Andiamo" disse Merida, trascinandosi dietro Rapunzel, che aveva un'espressione impaurita ma determinata. "Vieni, Hic." 

Lui era rimasto impalato in mezzo alla strada, esitante, mentre gli altri eseguivano come aveva detto. 

'Bambinetto qualunque.

'Sei inutile, senza di loro.

'Sei davvero un mago, Hiccup Haddock?' 

I ricordi della Stamberga Strillante gli bloccarono le gambe, rendendolo incapace di muovere un passo, come quando non era riuscito a saltare giù dalla finestra. 

"Va tutto bene?" gli chiese Rapunzel preoccupata. 

"Sì, ma non credo che verrò con voi" disse Hiccup stringendo le labbra. Merida si girò e marciò verso di lui. 

"Saresti molto più utile al lago, che qui." 

Tuttavia, lui non si mosse, colto da un'ansia improvvisa. Avrebbe solo messo in pericolo gli altri, se lo sentiva. 

"Hiccup Haddock III" annunciò allora Merida, "se non porti qui il sedere, ti ci mando a calci." 

Rapunzel la fulminò con un'occhiata. "Quello che intende dire è che ti vogliamo con noi." Lo guardò negli occhi intensamente. "Ci aiuteremo a vicenda, se servirà. Ai prof servirà tutto l’aiuto possibile." 

Hiccup era pienamente consapevole di starsi comportando in modo assurdo. Era irragionevole, eppure la sola prospettiva di ritrovarsi debole e inerme davanti al nemico lo stava inchiodando dov'era. Gli divorava lo stomaco. 

"Non… non sono con Sdentato, i-io non…" 

"Senti, non siamo diventati amici perché sei il grande domatore di draghi, o quel che è" scandì Merida con enfasi, mandando lampi dagli occhi. "Quando ci hai raccontato quella storia, a ottobre, non siamo rimasti colpiti perché cavalchi una bestia volante. Quello che ci ha fatto pensare 'Ok, questo tipo è davvero forte' non è stato Sdentato, ma tu, Hiccup. Quello che sei. Da quanto ci hai detto, sei sempre stato coraggioso, determinato e testardo, anche prima di incontrare Sdentato. Forse sì, ti ha reso migliore, ma non ti ha cambiato."

"Merida ha ragione. Sei una bellissima persona, drago o no" annuì Rapunzel incoraggiante. Tutti quei complimenti stavano disorientando Hiccup. Era bello, però. 

Rapunzel parve contenta di qualcosa nella sua espressione. "Andiamo, adesso?" 

Lui mosse appena un piede. 

'Sei intelligente e coraggioso, più di tutti noi.

'Non mi importa se sai usare una stecca di legno e dire formule magiche, o cavalcare un drago.

"Arrivo."

 

 


 

 


Giunti in cima alla collina, furono accolti da una visione incredibile. 

Gli insegnanti avevano accerchiato una decina di draghi, sostenendo una battaglia per respingerli. Erano di specie diverse, ma tutti apparentemente inferociti, con le grosse teste inarcate che sputavano fiamme e le code che guizzavano. I professori, invece, erano in mezzo a un mare di fuoco e incantesimi. Il lago era ancora sovrastato dal fumo. 

"Perché voi tre non siete al castello?" gridò Bunnymund vedendoli arrivare. Colpì con una stregoneria il drago davanti a lui come una frusta. 

"Ci sono i campioni, in mezzo a quel casino!" rispose Merida, indicando la riva immersa tra il fumo e le fiamme. Bunnymund disse qualcosa che suonò vagamente come un rimprovero, ma una fiammata coprì la sua voce. 

"Da dove sono saltati fuori, questi?!" disse Rapunzel, con i lunghi capelli sbattuti dal vento, fissando le grandi creature che oscuravano il cielo con le ali spiegate. 

"Sono emersi da lago!" esclamò Nord, impegnato con un drago particolarmente grosso e arrabbiato. "È luogo di passaggio magico, ma pochi sanno, dunque non abbiamo pensato a sorvegliarlo!" 

"Dev'essere stata Gothel a dirglielo, solo i presidi sono capaci di attraversarlo. Lei e Black saranno qui nei dintorni" mormorò Rapunzel con angoscia. 

Hiccup scrutò gli occhi delle creature, in cerca di qualcosa, e scosse la testa. "Hanno qualcosa che non va. Non sono sicuro, ma sembrano Imperiati." 

"Abbiamo provato a raggiungere campioni, ma draghi ci impediscono di passare. Pare che vogliono bruciare scuola" sbraitò il Preside. "Protego!" 

Merida chiese dove fosse sua madre, e le dissero che era corsa al Ministero della Magia a dare l'allarme. Ad affrontare la situazione c'erano anche il capo dell'Ufficio Auror e il padre di Hiccup. 

"Diamogli una mano" disse Merida rivolta agli altri. Sembrava l'unica cosa da fare. 

Lei e Rapunzel si unirono agli adulti, ma Hiccup stava osservando un punto lontano, oltre le bestie, e scattò improvvisamente in mezzo alla ressa, ignorando le numerose grida di protesta e rimprovero (soprattutto da Stoick). 

"DOVE VAI?" strillò Merida, prima di lanciare uno Schiantesimo contro un drago troppo vicino. 

"LI HO VISTI!" ripose Hiccup, evitando una coda che stava per fargli lo sgambetto. "NON FATEGLI MALE, VOI!" 

"NOI?!"

Ma lui era già sparito. 

 

 

 


 


Hiccup superò con un salto una grossa zampa artigliata ed entrò nell'acqua, che gli arrivava alle ginocchia, dove aveva visto Astrid. 

Jack e Eugene la sostenevano uno per lato, entrambi fradici ma illesi. 

"Astrid!" 

Aiutò i due a portarla a riva con il cuore gonfio di timore. La ragazza aveva gli occhi chiusi. 

Quando uscirono dall'acqua, sentirono la voce flebile di Astrid. "Cos'è successo?" 

"Sono tornati" disse semplicemente Jack, facendola sedere sulla ghiaia. Astrid guardò rabbrividendo le figure imponenti dei draghi che si stagliavano contro il fumo, poco lontano. 

"Non serve" disse seccamente rifiutando la mano tesa di Hiccup. "Sto bene." 

"Sei pallida e tremi" ribatté lui, tirandola in piedi con cautela. 

"Dovremmo portarti da un Guaritore" disse Jack guardando gli altri di sottecchi. 

Prima che Astrid potesse replicare, si offrì Eugene. "Sono il più veloce, posso andare io" affermò serio. Loro annuirono, e la ragazza si arrese a essere presa in braccio e portata via. Prima di non essere più in vista, scambiò a Hiccup uno sguardo di preoccupazione. Lui scrollò le spalle. 

"Gli altri stanno tenendo alla larga i draghi" disse rivolto a Jack, che però teneva gli occhi puntati verso il lago, mentre il fumo si stava diradando. Si inginocchiò, facendo cenno a Hiccup di fare lo stesso, e gli premette una mano contro il suolo. 

"Lo senti? Sta arrivando qualcosa di grosso…" 

Lui tolse le dita da terra, spaventato dal tremore che aveva sentito, e, come se l'intuizione dell’altro avesse dato il segnale, la superficie del lago venne scossa da uno spruzzo altissimo, che spazzò via gli ultimi residui di fumo. Hiccup e Jack rimasero a guardare con lo stomaco sprofondato un drago, così grande da risultare impossibile, alzare onde talmente elevate da far ondeggiare pericolosamente la nave di Durmstrang, attraccata alla riva opposta. Sulla sua vasta schiena, appena visibile, stava l'uomo con i dreadlock che avevano visto a Hogsmeade. 

"Gente di Hogwarts, sono qui in nome dei maghi Purosangue" declamò l'uomo, con la voce stregata per risultare udibile a metri e metri di distanza. "Il mio nome è Drago Bludvist, e sono venuto per punire i maghi che hanno gettato disonore sul nome del Torneo Tremaghi." 

Rivolse la bacchetta verso il castello. "Per iniziare, raderemo al suolo Hogwarts, e la ricostruiremo seguendo le volontà dei nostri predecessori." 

La sua voce grattava le orecchie di Hiccup. Gli insegnanti stavano ancora tenendo a bada gli altri draghi, ma guardavano Bludvist con la coda dell'occhio, preoccupati. La loro supposizione era vera, allora. 

L'uomo gridò qualcosa di incomprensibile, e il suo drago mosse un passo verso la terraferma, provocando tremori che fecero sobbalzare i sassi. Hiccup stava per dire a Jack di tornare dagli altri, tuttavia il ragazzo aveva spostato lo sguardo verso la Foresta Proibita. 

"Qualunque cosa tu abbia visto, adesso non ha decisamente la priorità" esclamò Hiccup, strattonandolo per un braccio. Jack non distolse l'attenzione dagli alberi. 

"Ho visto Black, laggiù!" disse voltandosi dopo qualche secondo. "Bludvist dev'essere un diversivo, non posso lasciarlo scappare un'altra volta." 

Non aveva torto, anche se l'idea di lasciare gli altri turbava Hiccup. "Allora non provare a inseguirlo da solo."

Jack fece mezzo sorriso. "Infatti stavo per chiederti di venire con me." 

 

 

 


 

 


Di tutte le cose fuori di testa che aveva visto, questa le batteva tutte, pensò Merida. 

Il drago, che era alto circa come la scuola e copriva pure il sole, stava venendo verso di loro a grandi passi, senza nemmeno aprire le ali. Bludvist continuava a urlargli ordini senza badare a loro. 

"Se streghiamo tutti insieme con sonno incantato, possiamo rallentare sua avanzata!" ordinò Nord senza tradire alcun timore. 

Gli altri draghi, intanto, erano volati via ad affiancare quello grosso, forse per dare man forte all'attacco che sarebbe avvenuto di lì a poco. 

Seguendo le indicazioni di Nord, i maghi si allargarono a semicerchio e pronunciarono la formula per indurre la bestia in uno stato di sonnolenza. Il drago socchiuse leggermente le palpebre squamose, ma non mostrò segni di cedimento. 

Si prospettava una lunga battaglia. 

 

 

 


 

 


Jack afferrò Hiccup per un braccio, appena in tempo per impedirgli di spalmarsi al suolo. Erano entrati nella Foresta Proibita per rincorrere Black, che Jack aveva visto di sfuggita mentre spariva nella boscaglia, e ne stavano seguendo le orme.

Nella foresta i rumori esterni erano appiattiti dagli alberi come per magia e il ragazzo sentiva solamente i loro respiri affannati, il suono dello scudo di Hiccup che urtava la sua schiena e i loro passi veloci che facevano scricchiolare le foglie. Si domandava cosa avesse intenzione di fare Black. 

Giunsero nella vasta radura dove mesi prima era stato smantellato il recinto per gli unicorni, quello dove Rapunzel aveva pedinato Gothel. Black era fermo al centro, e dava le spalle ai ragazzi. 

"Cosa stai cercando di fare?" gli chiese Jack, digrignando i denti. Aveva dimenticato quanto lo odiasse. 

"È finito il tempo di mescolarsi ai babbani. Hogwarts risorgerà come un luogo d'istruzione per veri maghi" disse calmo il professore, voltandosi. Jack strinse forte la bacchetta. 

"Non esistono i 'veri maghi'" disse Hiccup. "Arrenditi, Black." 

Senza scomporsi, lui avanzò un po' verso di loro, allargando le braccia. Jack si accorse solo in quel momento che l'uomo non aveva neanche sfoderato la bacchetta. Per qualche motivo sentiva che non era un buon segno. 

"I babbani ci hanno perseguitato per secoli, non capite? Loro detestano la magia, come tutto quello che non comprendono. Chi non ha il sangue puro è cresciuto a contatto con i babbani, di conseguenza ne ha assimilato la mentalità" spiegò Black passionatamente con la stessa espressione convinta, che gli faceva brillare gli occhi, che Jack gli aveva visto sul volto quando aveva parlato con Gothel. 

"Ne ho avuto una prova quando ero bambino" continuò l'insegnante, sempre più risoluto. "Sono nato da genitori maghi, ma mi hanno lasciato in un orfanotrofio babbano, e non avete idea di come mi trattassero, fin dal momento in cui mostrai i primi segni di magia. I piccoli incidenti che accadevano intorno a me diedero loro il pretesto per farmi del male, per reprimere i miei poteri."

"È per questo che stai cercando di distruggere Hogwarts? Perché dei bulli ti hanno dato fastidio?" disse Hiccup con gli occhi che traboccavano di disprezzo. Jack ricordò del suo racconto, secondo il quale era stato maltrattato fino a quando aveva stretto amicizia con il drago. 

L'uomo lo ignorò completamente. "Jack, tu capisci cos'ho passato. Tuo padre vi ha lasciati davanti alla verità, ha avuto paura di cosa sei. Agisci con noi, e nessun mago subirà più quest'onta. Anche Gothel è rimasta convinta delle nostre idee, ma era troppo impulsiva per essere un'alleata efficiente." 

Jack ebbe uno spasmo di repulsione. Black sapeva quelle cose solo perché gli aveva letto la mente fin dal primo anno. Come osava parlargli di alleanza, lui che lo aveva quasi fatto impazzire giocando con i suoi pensieri? 

"Non ti sopportavano perché eri malvagio, scommetto invece, perché ti sei sentito abbandonato dalla tua famiglia e ti comportavi in modo crudele. Non ho intenzione di farmi trascinare nei tuoi piani. Voi fate del male alle persone, maghi o no" ringhiò Jack, irrigidendo la schiena in attesa della risposta. 

"Questo non c'entra!" sibilò infatti Black alzando la voce. "Per anni sono stato picchiato, malvisto e insultato, sono stato costretto a sopprimere la mia identità. Credevo di essere ripugnante, un mostro. LORO mi hanno trasformato in QUESTO!" 

Iniziò a sussultare, gli occhi gli diventarono completamente bianchi e una strana nebbia, simile a polvere nera, si levò dal suo corpo. 

Hiccup indietreggiò verso gli alberi. "Che gli succede…?" 

Jack non poté rispondere, perché Black fu avvolto nella sostanza e quella si mosse velocemente verso di loro. Hiccup si tuffò di lato, e Jack venne colpito di striscio, senza riuscire a trattenere un urlo di dolore.

"Il Torneo Tremaghi è caduto in disgrazia!" gridò Black ricomparendo più lontano per un attimo, ancora immerso nella nebbia che si agitava inquieta mandando lampi. "Prima di convincere Gothel a passare dalla nostra parte, ho attaccato la sua carrozza insieme a Bludvist, e poi sono tornato subito a Hogwarts." 

La nuvola oscura scivolò rapidissima verso i ragazzi, che si ripararono esclamando insieme "Protego!"

"Ho cercato in tutti i modi di mettere fuori gioco i campioni, ma né pozioni né creature magiche hanno funzionato, così ho cambiato strategia." 

Spariva e tornava casualmente, costringendo i due a voltarsi da tutte le parti e a lanciare incantesimi di protezione, confusi. Gli alberi nei paraggi stavano morendo. Black era in preda alla rabbia. 

"Avrei colpito durante la seconda prova di persona, ma prima Bludvist è stato scoperto nel parco, poi quella stupida di Gothel si è fatta vedere a rubare unicorni dalle ragazzine" si sgolò, nascosto dalla nebbia sempre più grande. "Se non l'avessi avvertita Nord ci avrebbe fermati già allora." 

La nuvola corse nuovamente verso Jack e Hiccup, cogliendoli di sorpresa, seccando l'erba e seminando odore di morte, ma all'ultimo secondo, prima che i due venissero colpiti, una voce urlò. 

"Stupeficium!" 

 

 

 


 

 


Merida e Rapunzel emersero da dietro gli alberi rinsecchiti e affiancarono i ragazzi, mentre la nebbia veniva respinta. 

"Che ci fate qui?" esclamò Jack, sorpreso e ancora bagnato dopo il tuffo nel lago. 

"Vi abbiamo visti correre neanche foste inseguiti da un Dissennatore, abbiamo pensato che vi servisse una mano" disse Merida abbassando appena la bacchetta. 

"Avete trovato Black? Cos'è successo?" domandò Rapunzel. Sapeva di avere i vestiti sporchi e strappati e i capelli arruffati, ma Jack e Hiccup non erano conciati meglio. Quest'ultimo intervenne. 

"Vi spieghiamo dopo. Adesso vi basta sapere che quello" e indicò la nuvola, "è Black, e non ha buone intenzioni." 

"Capito. Vieni fuori da lì, e combatti di persona!" strillò Merida rivolgendosi alla sostanza che si espandeva nell'aria come fuliggine. 

"Sì, affrontaci faccia a faccia, senza usare i tuoi trucchetti mentali!" aggiunse Jack, che vedendole pareva aver recuperato il solito coraggio. 

Rapunzel li guardò entrambi allarmata, temendo che avessero appena fatto infuriare ancora di più Black, peggiorando la situazione. 

La nube si alzò in alto, diramandosi in filamenti guizzanti, e rivelò il volto dell'uomo, pallido come non mai, quasi cadaverico. Non disse nulla, e Rapunzel pensò che fosse l'occasione per cercare di farlo ragionare, ma qualcuno urlò dietro di lei. 

"Jack!" 

Il ragazzo era piegato in due, in preda alle convulsioni. Si teneva la testa tra le mani, gli occhi disperatamente serrati e la bocca piegata in una smorfia di dolore. Sembrava incapace di proferire parola ed era sbiancato. 

Riconoscendo i sintomi, Rapunzel fissò Black, in cerca del suo sguardo. Aveva capito cosa stava facendo, e voleva attirare il suo sguardo.

"Jack, cos'hai?" disse Merida, accucciata vicino al ragazzo con Hiccup. 

"Puoi combatterlo, Jack!" gli gridò Rapunzel nelle orecchie, vedendo che il suo metodo non funzionava. "Respingilo!" 

"Sei più forte di lui, puoi farcela" asserì Hiccup, che aveva intuito cosa stesse facendo lei. Jack tremava leggermente meno. 

"Concentrati, testone!" si accodò Merida stringendogli forte un braccio, forse per fargli sentire la sua presenza. 

Respirando affannoso, Jack aprì gradualmente gli occhi. Strinse i denti e sollevò la testa. 

"Vai, così!" lo incoraggiò Rapunzel. Lui ormai stava restituendo lo sguardo a Black, facendo agitare la nuvola nera. 

"Non ho più paura di te" sputò fuori. Loro esultarono e lo strinsero in un abbraccio di gruppo. 

Fu un errore. 

Fu un errore, perché non videro l'espressione furibonda di Black, distratti dal sollievo momentaneo. Fu un errore, perché si accorsero troppo tardi della nube che saettava verso di loro, prima che potessero difendersi con un incantesimo. 

La nebbia investì la testa di Jack, la parte di lui più esposta, e gli lasciò la fronte cosparsa di segni simili a crepe. 

Per uno scherzo del destino, Rapunzel li riconobbe dal passaggio di un libro della sezione proibita che aveva letto per una ricerca: Black era un Obscuriale. 


 

 

 

 

 

 

 

Note

Eccoci! Siamo nel pieno dell'azione, e i nostri protagonisti dovranno dimostrare di essere cresciuti. Jack lo ha già fatto, chiedendo l'aiuto di Hiccup e ribellandosi a Black, vedremo cosa succederà. 

Il professore di Difesa è infatti un Obscuriale, oltre a un abile Legilimens. È un concetto preso da Animali Fantastici, ma credo di aver reso l'idea anche per chi non li conosce. Mi sembrava perfetto, pensando al discorso che fa a Jack nel film. In più, ha cercato di convincerlo ad allearsi a lui come nella scena al Polo Sud. 

Abbiamo anche avuto l'ennesimo discorso d'incoraggiamento per Hiccup, che non è nemmeno l'ultimo, che ci crediate o no. Vai, Stoick!

Grazie per aver letto fino a qui! 


 

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** È finita? ***


Parte 19: È finita?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Jack!" 

Hiccup era ancora sconvolto. Fino a un momento prima credevano di aver vinto, e stavano festeggiando, ma un secondo dopo stavano adagiando il corpo di Jack sull'erba secca. Numerosi segni blu e violacei gli attraversavano le guance e la fronte, dove era stato colpito. 

"Il cuore batte ancora" esalò Rapunzel dopo aver appoggiato la testa sul suo petto. Gli altri ripresero a respirare. 

La nube oscura galleggiava ancora in un vortice di polvere, il volto trionfante di Black che ogni tanto si intravedeva. 

"Che cosa gli hai fatto?" abbaiò Merida all'uomo, alzandosi di scatto. 

"Quello che si merita" rispose lui glaciale. "Questa forma è la mia rovina e la mia salvezza. Ci ho messo anni per imparare a controllarla, sono invincibile." 

"Te la do io la forma… brutto…" imprecò Merida, dilatando le narici. Normalmente Hiccup l'avrebbe esortata a darsi una calmata, tuttavia anche lui stava stringendo i pugni sulle ginocchia, fissando gli occhi chiusi di Jack. 

"Hic, se non lo portiamo da un Guaritore morirà davvero" sussurrò Rapunzel, lasciando anche lei sfogare l'amica. Stringeva le mani bianche di Jack e aveva gli occhi pieni di lacrime. Vederla così disperata tinse di rosso la vista di Hiccup. 

Si tirò su, imitando Merida, e guardò la nube con fredda determinazione. "Black, hai tre secondi per tornare normale e lasciarti arrestare. Uno…" – rivoli di sabbia nera accarezzavano l'aria imperturbati – "due… tre. Stupeficium!" 

La nube venne colpita con una sferzata, illuminandosi di rosso. Il colpo parve intaccarla e aprì un foro, che però si richiuse subito dopo. 

"Insieme!" esclamò Merida speranzosa. "Se lo colpiamo a ripetizione non avrà il tempo di rigenerarsi." 

"Forza" disse Rapunzel con decisione, avvicinandosi a loro. 

Si scambiarono un cenno d'intesa e lanciarono una serie ininterrotta di Schiantesimi. 

"NO!" si alzò un grido dalla sostanza. 

Come colpito da dei proiettili, lo scudo di Black cominciò a cedere sotto ai colpi, perdendo forma. Rincuorati dal risultato, i tre non si fermarono, e in poco tempo della nube era rimasto qualche rimasuglio che lasciava il mago allo scoperto. Con un ultimo Stupeficium, Black crollò a terra perdendo i sensi. 

Hiccup, Merida e Rapunzel rimasero immobili per qualche istante, stanchi e scossi. Si avvicinarono a Black con cautela, ma il professore era fuori gioco. 

"Incarceramus" mormorò la bionda, legandolo con sottili corde invisibili. 

Si voltarono a controllare come stesse Jack. Purtroppo era ancora sdraiato al suolo, svenuto. 

Rapunzel prese in mano la situazione. "Vado al castello" annunciò, e stregò i corpi di Black e del loro amico perché la seguissero a mezz'aria. 

"Sei sicura? Vengo con te" disse Merida, ma Rapunzel sollevò un l'indice. 

"Sì, terrò d'occhio Black, tranquilli. Voi andate ad aiutare gli altri con Bludvist" insisté lei, indirizzando al professore un'occhiata a metà tra lo sdegno e la commiserazione. Doveva aver preso l'episodio di Legilimanzia prima del suo rapimento sul personale. 

"Fa' attenzione" le raccomandò Hiccup, tirando piano Merida verso il lago, da dove erano venuti. 

Accelerarono il passo, che diventò una corsa a perdifiato, finché non raggiunsero il drago gigante, il quale era intanto riuscito a fare una trentina di metri verso Hogwarts. Gli insegnanti avevano eretto una barriera dietro di loro per rallentare l'avanzata, e sembrava funzionare. 

Hiccup vide suo padre togliere di mezzo uno dei draghi, e agitò la mano per fargli vedere che stava bene. Lui annuì, visibilmente sollevato. 

Con stupore di Hiccup, sua madre stava combattendo insieme a lui, abbandonando la postazione lungo i confini della scuola. 

"Come facciamo a farlo scendere da lì? Se resta così in alto non lo prenderemo mai" lamentò Merida, guardando verso la figura di Bludvist che impartiva ordini ai draghi agitando la bacchetta. 

"Ho un'idea, anche se è folle" disse Hiccup, e si mise le mani intorno alla bocca. 

"BLUDVIST! ABBIAMO CATTURATO BLACK, VIENI QUI E ACCORDIAMOCI!" urlò con tutto il fiato che gli era rimasto in direzione dell'uomo a dorso della bestia colossale. Quello lo studiò con vago interesse e ghignò. 

Sorprendendo tutti, Bludvist impose al drago di abbassare un'ala per fargli da appoggio, e scese a terra camminandoci sopra tranquillamente, mentre quello continuava a sputare fuoco. Il suo mantello di pelle sbatteva agitato dal vento. Gli adulti erano troppo presi dalla lotta per accorgersi di cosa stava succedendo e intervenire, o almeno così pensò Hiccup. Era esausto, e il peso dello scudo sulla schiena lo sfiancava. 

"E così sei il figlio di Stoick Haddock" rise Bludvist guardando il giovane mago dall'alto in basso, una volta che fu abbastanza vicino da non dover gridare. "Riconosco la tua uniforme. Vi somigliate..." 

"Va' dagli altri" bisbigliò Hiccup a Merida, ignorando il tono sarcastico. Dovevano approfittare della distrazione finché potevano, e non voleva provocare Bludvist ripetendo l'errore di Jack. 

Lei lo guardò storto, ma corse via comunque, e Hiccup tese le mani davanti a sé mostrando la bacchetta. "Senti, hai già fatto abbastanza danni, se ti arrendi ti garantisco che il Ministero ci andrà meno pesante." 

"Ha! E cosa credete di poter fare contro dei draghi? È questione di tempo, poi la vostra barriera cederà e vi schiaccerò come formiche" latrò Bludvist, scoprendo i denti storti in un ghigno ancora più largo. 

"Sono sotto il tuo incantesimo, non è così? Li hai Imperiati" disse Hiccup ricordando lo sguardo vitreo nei loro occhi, talmente diverso da quello intelligente di Sdentato. Intanto, gli echi dello scontro continuavano ad arrivare alle sue orecchie. 

"Riconoscerai anche tu che solo un mago dalle straordinarie capacità è in grado di controllare uno stormo di bestie feroci" confermò Bludvist. Hiccup strinse le labbra, in un lampo di rabbia ben controllata. 

"Quindi non ti importa se verranno feriti" disse freddamente. "Sei davvero senza speranza." 

L'uomo mostrò un'espressione indifferente. "Ho sentito parlare di te, nel mio ambito. Dicono che sei riuscito ad addomesticare un drago e a cavalcarlo. Impressionante." 

Il tono sarcastico non lasciava dubbi sul suo scetticismo. Hiccup non si offese nemmeno, dopotutto non era la prima volta che qualcuno lo giudicava per l’aspetto e dubitava della sua fama. 

"Va bene, te lo chiederò per l'ultima volta. Arrenditi senza causare altri problemi" disse alzando ancora la bacchetta. Lui gli rise in faccia. 

"Costringimi" sbraitò con una smorfia boriosa che gli evidenziava le cicatrici. "Sai benissimo che non puoi farmi niente. Io ho un esercito di draghi, e tu peserai poco più di cinquanta chili. Potrei toglierti di mezzo anche senza magia." 

Hiccup avrebbe voluto rispondergli per le rime, ma la barriera dei professori era stata abbattuta dal fuoco incessante dei draghi, e si stava disintegrando con un boato assordante che spiazzò tutti. Perfino Bludvist spostò per un secondo la concentrazione verso la battaglia lontana da loro. 

Hiccup abbracciò quell'opportunità irripetibile, coprì la distanza che li separava con uno scatto, e poco più di cinquanta chili di mago travolsero Bludvist. 

 

 

 


 

 


"Ma che fa?!" gridò allarmato Stoick, rischiando di farsi colpire da una fiammata. Merida guardò nella stessa direzione del direttore, e rimase a bocca aperta: Hiccup si era lanciato addosso a Bludvist, e lo aveva mandato a terra! 

Va bene, il ragazzo era caduto insieme a lui, però Merida non avrebbe mai immaginato che fosse disposto a usare la violenza, soprattutto per prenderlo alla sprovvista. 

Distratta dai due, Merida quasi inciampò in un qualche animaletto, che le girò intorno alle caviglie e sparì in mezzo al caos. Avrebbe giurato che avesse la coda a batuffolo. 

Bunnymund, a dispetto della magia che impediva di materializzarsi entro i confini della scuola, apparì vicino a Nord, la cui ferita alla schiena lo aveva deconcentrato abbastanza da far cedere la protezione magica. 

"Come sta? Aguamenti" gridò Stoick spegnendosi le vesti bruciacchiate. 

"Tutto bene!" rispose Nord, alzandosi in piedi e stringendo gli occhi. Cacciò il professore di Trasfigurazione e riprese a respingere i draghi insieme agli altri. 

Merida non riusciva a non fissare la lotta alla babbana che si stava svolgendo tra Hiccup e Bludvist. Il ragazzo era teso nello sforzo di prendere la bacchetta dell'uomo, ma lui era più forte, e lo spinse via con un calcio. L'impatto fece sbalzare in aria quella di Hiccup, che compì un arco nell'aria e atterrò troppo distante. Bludvist si rimise in piedi e puntò l'arma contro Hiccup, ancora semisdraiato al suolo. 

Istintivamente, Merida corse verso di loro.

"Expelliarmus!" urlò il mago senza guardarla, completamente fuori controllo. Rotolare sulla ghiaia gli aveva scombinato i capelli e impolverato il mantello. "Lo faccio saltare in aria come l'isola, se ti avvicini." 

Merida abbassò la mano vuota con il cuore in gola. Odiava sentirsi così debole. 

Hiccup osservò Bludvist con ostilità. 

"Ho fatto delle ricerche su di te" disse alzando la voce. "So tutto sulla tua famiglia, in biblioteca ci sono dei vecchi articoli molto interessanti. I tuoi antenati sono stati condannati per stregoneria dai babbani, se non sbaglio. È da questo che nasce il tuo risentimento?" 

"Tu non sai niente" sibilò Bludvist. Merida riuscì a sentirlo solo perché era abbastanza vicina. 

"So che la caccia alle streghe è finita da secoli, e che le vostre convinzioni sui figli dei babbani sono completamente false. So che a Hogwarts ho conosciuto diversi Nati Babbani, e nessuno corrisponde alla vostra idea di traditore del sangue" continuò Hiccup, avvicinando il volto calmo alla bacchetta dell'uomo. Merida non l'aveva mai visto così determinato. 

Bludvist allargò le narici furibondo, e il braccio teso gli tremò appena. "Sono stanco delle tue chiacchiere. Avada…" 

Merida si stava gettando contro di lui con un urlo, in un gesto automatico, ma Stoick la precedé. In qualche modo, era riuscito ad arrivare di corsa senza farsi sentire. 

"Hiccup!" 

Il signor Haddock, che era molto alto e sapeva fare passi che parevano falcate, artigliò con forza la spalla di Bludvist e lo spinse da parte, parandosi davanti al figlio. 

"Papà, no!" gridò lui con disperazione. Suo padre si frappose tra i due mentre Bludvist stava ancora finendo l'incantesimo. 

"...Kedavra."

"PAPÀ!" 

Un lampo verde accecò Merida, e lei rovinò al suolo. 

Stoick cadde con un tonfo che le rivoltò lo stomaco. 

Imponendosi di respirare, Merida guardò Hiccup. Aveva ancora la bocca spalancata in un grido muto, e gli occhi fissi sul padre a terra. Nessuno badò a Bludvist, che un secondo prima era lì con la bacchetta alzata, e un secondo dopo stava tornando dal suo drago. 

Merida continuò a guardare Hiccup, che adesso stava tirando disperato il corpo del padre per tirarlo su, gridando qualcosa che non sentiva, con un'espressione che lei era certa avrebbe rivisto nei suoi incubi. 

Non si era nemmeno accorta di essergli andata incontro finché lui non urlò un 'Vattene!', allora si lasciò cadere sui sassi del lago, incapace di pensare. 

Valka accorse da loro, e si gettò in ginocchio accanto al marito. Dopo aver controllato il polso di Stoick, strinse il figlio a sé per qualche secondo, poi si rialzò e andò verso Bludvist. Lanciò uno Schiantesimo contro l'uomo, che stava per risalire sul drago nello stesso modo in cui era sceso, ma lui pronunciò "Protego" quasi con pigrizia. La donna continuò a scagliare incantesimi, lui a difendersi mentre indietreggiava sull'ala del drago. 

Quando fu sul dorso della creatura Valka parve arrendersi. In quel momento, Hiccup si alzò e la superò svelto, con la faccia contratta dal dolore e gli occhi accesi di follia. Una volta recuperata la bacchetta, tolse lo scudo dalla schiena e lo aprì, rivelando il meccanismo della balestra. Gli altri adulti lasciarono il combattimento con i draghi e cominciarono a venire verso di loro, gridando qualcosa. 

Valka tentò di trattenere Hiccup, ma lui se la scrollò di dosso, materializzò una freccia e prese la mira. Scoccò. 

Merida osservò incredula il dardo sfrecciare verso Bludvist a grande velocità, per poi andarsi a conficcare sulla schiena del mago prima che quello potesse rendersene conto. 

La forza del colpo gli fece perdere l'equilibrio, e per un lunghissimo istante Bludvist vacillò sul drago, agitando le braccia come un grosso insetto. 

Cadde giù come a rallentatore e spezzò la superficie liscia del lago, sollevando piccole onde che si infransero sulla riva, là dove Hiccup era tornato per accasciarsi sul corpo del padre. 

Merida si rese conto del dolore alle ginocchia causato dai sassolini solo quando Bunnymund la sollevò in piedi delicatamente. Stretta tra le sue braccia, permise alle lacrime di bagnarle le guance. "È finita?" 

Mentre il Preside zoppicava verso il corpo, la signora Haddock arrancò dietro di lui con gli occhi lucidi. Il capo degli Auror entrò in acqua diretto al punto in cui un mantello squamoso stava riaffiorando. 

Lo stormo di draghi si stava disperdendo, quello più grosso si immerse nel lago e sparì. Il professore di Trasfigurazione guardò gli altri volare via. "Sì. Torniamo al castello" 

 

 

 


 

 


Era insopportabile, atroce. Inaccettabile. 

La battaglia non aveva più senso, la vita non aveva più senso. Tutto era diventato stupido e inutile. 

Gridava, ma non trovava le parole. 

Singhiozzava, ma non aveva lacrime. 

Una parte di lui non c'era più, irrimediabilmente persa, assolutamente annientata. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

Il mio unico rammarico è quanto è corto questo capitolo, chiedo scusa! 

Ecco, è arrivato il momento che tutti tenevano: il povero Stoick non c'è più. Era intuibile che sarebbe successo, visto che ho cercato di seguire i film quando possibile. In origine avevo pensato di usare proprio un drago per ucciderlo, ma non avrei saputo come gestire… ehm… la combustione del corpo (sarebbe stato un po' troppo), quindi ho perso quel livello di ironia crudele del canone. Credo sia brutto comunque. 

Ah, la capacità di controllo dell'Obscurus di Pitch è una libertà che mi sono permessa di prendere, per avvicinarmi alla sabbia nera del film, ma nell'originale non è possibile. 

Quindi, tra Stoick morto e Jack che ci è vicino, le cose non stanno andando molto bene, ma almeno battaglia è finita, e domani ne vedremo le conseguenze. Siamo vicini alla fine. 

Grazie per aver letto fino a qui! 


 


 

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Congratulazioni, eccetera ***


Parte 20: Congratulazioni, eccetera

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nelle ore a seguire, l’infermeria di Hogwarts fu sempre piena di persone. Tra quelli che si erano feriti, travolti dalla folla in fuga, quelli che erano stati scottati dal fuoco dei draghi (il professor Nord era tra questi) e le famiglie dei campioni del Torneo, Rapunzel non ebbe un momento per stare in silenzio a riflettere.

Mentre vegliava su Jack, ancora privo di coscienza, Eugene le stava seduto accanto e le teneva la mano. Non parlava molto, ma la sua presenza bastava a confortare Rapunzel. La mamma e la sorella di Jack si fermarono per un paio d’ore e, quando le condizioni del ragazzo cominciarono a migliorare, lasciarono la scuola.

Merida, che invece non aveva un graffio, rimase con loro. Secondo l’infermiera doveva riprendersi dallo shock. Nemmeno lei era di molte parole e a sua madre raccontò poco o niente, prima che tornasse al Ministero.

Astrid, dopo aver mandato giù diverse dosi di Pozione Pepata e aver rassicurato i genitori della sua ripresa, poté lasciare l’infermeria completamente in forze. Da quello che Rapunzel sentì dire, era spesso sulla nave di Durmstrang, dove presumibilmente si era rifugiato Hiccup, che rifiutava di farsi visitare e avere qualsiasi contatto umano. Rapunzel non lo vide per un bel po’ di tempo.

Già nel giro di qualche giorno, Jack aveva ripreso conoscenza e sembrava impaziente di farsi dimettere, perciò accettò qualsiasi medicina e trattamento che gli veniva imposto senza fiatare. Forse per via delle numerose pozioni che doveva prendere, o forse come conseguenza del colpo infertogli dall’Obscurus di Black, i suoi capelli persero colore molto velocemente, tanto che il quarto giorno erano completamente bianchi.

Jack ci scherzava e rideva alle battute dei ragazzi di Durmstrang, ma Rapunzel lo vide tormentarsi i capelli più volte, quando credeva che nessuno lo guardasse. 

“Credo che mi taglierò i capelli, finita la scuola. Voglio un nuovo look per quando cercherò lavoro” disse un giorno per rallegrarlo. “Forse cambierò anche colore, che ne dici, Eugene?”

Lui colse al volo le sue intenzioni e sorrise. “Ti vedrei bene bruna.”

La mattina del terzo giorno di ricovero, una ragazza di Tassorosso che Rapunzel conosceva solo di vista si presentò davanti al letto di Jack con un biglietto di pronta guarigione, accompagnata da un capannello di amiche tutte risatine. Arrossendo fino all’attaccatura dei capelli, ficcò la cartolina nelle mani di Jack e corse via, inseguita dalle sue compagne. Il biglietto era coperto di piume e stregato perché cantasse gli auguri. Merida lo trovò spassosissimo, invece Jack le borbottò di farsi gli affari suoi, le guance appena rosate, e lo conservò sul tavolino.

Il Preside venne ad assicurarsi che i ragazzi stessero bene appena uscì dal San Mungo, dove era stato infine ricoverato per la bruciatura, che si era rivelata più seria del previsto. Diede loro buone notizie: la Confederazione Internazionale dei Maghi aveva decretato l’incarceramento di Black e Gothel, e le indagini sui loro seguaci stavano proseguendo con buoni risultati. Bludvist, a quanto pareva, non era sopravvissuto alla caduta.

La visita del professor Nord sembrò tirare su il morale di Jack, che da quel momento sorrise come prima.

Il capo dell’Ufficio Auror, al contrario, non si fece mai vivo, dato che aveva assistito in prima persona alla battaglia, e Uncino si recò in infermeria solo per dare a Eugene un sacchetto tintinnante, la Coppa Tremaghi e una sonora pacca sulla schiena.

“Questi sono tuoi, Fitzherbert” disse burbero. “Mi dispiace, ma capirai che non ci sarà nessuna cerimonia per la consegna del premio.”

“Aspetti, sta dicendo che ho vinto?” chiese Eugene, guardando alternativamente Uncino e le due ricompense con gli occhi sgranati.

“Eri tu il più vicino alla coppa, prima che l’isolotto saltasse in aria. Congratulazioni, eccetera” rispose l’uomo agitando l’uncino.

Quando se ne fu andato, Merida si sedette sul letto di Jack.

“Cosa farai con tutti questi soldi, Eugene?” chiese rimirando la coppa tra le mani. Lui attese per parecchi minuti, prima di rispondere.

“Li darò al mio vecchio orfanotrofio, ne hanno più bisogno di me. Sono il campione di Beauxbatons, in fondo. Mi inventerò qualcosa per il futuro.”

Rapunzel non si trattenne e gli stampò un bacio sulla guancia, mentre Jack e Merida fingevano disgusto.

Pur essendo occupato a risolvere il caos scatenato dall’attacco a Hogwarts, e assillato dai genitori degli studenti che pretendevano risposte, il Ministero riuscì a spedire via gufo i risultati degli esami. Quel mattino la Sala Grande fu inondata di lettere per gli alunni del settimo anno.

I voti di Rapunzel erano migliori di quanto sperasse, e anche Merida guadagnò diversi M.A.G.O., così Jack fece loro molti complimenti. L’infermiera gli aveva concesso di tornare alla normale vita scolastica, a patto di non fare sforzi eccessivi. 

Ormai era uno degli studenti più popolari di Hogwarts, e un gruppetto del primo anno in particolare stravedeva per lui. Anche Rapunzel e Merida ricevevano ammirazione, quando incrociavano gli altri studenti nei corridoi, ma non come l’amico, nonostante fosse arrivato ultimo al Torneo Tremaghi.

Tuttavia, Rapunzel non si sentiva completamente felice. Continuava a pensare al direttore di Durmstrang, il padre di Hiccup, che era stato ucciso. Il ragazzo era sempre sulla nave, per quanto ne sapeva, e non veniva al castello neanche per i pasti. Astrid disse che gli portava sempre qualcosa da mangiare, ma doveva buttarne via la maggior parte.

Visto che la settimana prima della fine dell’anno scolastico stava per concludersi e Hiccup continuava a non farsi vedere, Rapunzel decise di andare a trovarlo, ma Astrid la fermò, chiedendole di lasciarlo solo ancora per un poco.

“Deve accettare quello che è successo” spiegò triste. “Al momento lascia avvicinarsi solo me, sua madre e Skaracchio. Dategli tempo.”

La Tassorosso annuì, e si ripromise di tentare appena possibile.

 

 

 


 

 


Gli scricchiolii cupi della nave erano diventati il sottofondo dei suoi incubi.

Si raggomitolava su un fianco, scesa la sera, e chiudeva gli occhi sperando che almeno il sonno lo distogliesse dal vuoto assoluto, ma le rare volte in cui si addormentava veniva svegliato da Moccicoso, che condivideva la cabina con lui. Gli scrollava la spalla e sussurrava che stava bene, che era tutto finito, che non doveva urlare, allora Hiccup lo mandava via in malo modo e tornava in posizione fetale.

Oltre a Skaracchio, che dopo cena veniva a raccontargli delle piccole cose quotidiane che succedevano al castello, come i pettegolezzi che correvano di ritratto in ritratto o le chiacchiere degli insegnanti, l’unica altra presenza tollerabile era quelle di Astrid e di sua madre.

La ragazza non cercava di consolarlo, di dire le solite sciocchezze sulla perdita. Tre volte al giorno, colazione, pranzo e cena, si portava dietro quello che riusciva dalla Sala Grande e mangiavano in silenzio per qualche minuto, poi la ragazza si spazzava gli abiti dalle briciole, gli dava un bacio sulla guancia e usciva.

Valka stava con lui un’oretta o due al massimo, raccontandogli storie sulla sua giovinezza e di quando Hiccup era piccolo, poi tornava al castello. Lui non le chiedeva mai cosa dovesse fare.

Avrebbe voluto che con lui ci fosse stato Sdentato, che non lo avrebbe certamente assillato con domande e frasi di circostanza, ma gli avrebbe permesso di dormire vicini e avrebbe ringhiato a chiunque avesse cercato di avvicinarsi. 

Una delle cose a cui Hiccup si aggrappava, per non impazzire del tutto, era il ricordo delle ultime conversazioni sincere che aveva avuto con suo padre. Pensava a quando gli aveva detto di essere sollevato che lui non fosse stato scelto come campione, o che non gli importava se era un mago. Quei pensieri erano tutto ciò che gli era rimasto, perché non avrebbe mai più sentito la sua voce, suo padre non lo avrebbe visto crescere e diventare adulto, e non gli avrebbe detto un’altra volta di essere fiero di lui.

Del primissimo giorno dopo la battaglia Hiccup ricordava poco, solo i suoi amici che facevano a turno per sorvegliarlo, forse temendo che facesse qualcosa di stupido, e la sensazione di dolore che pensava lo avrebbe consumato fino alla morte. 

Nel corso della settimana a seguire, il sentimento bruciante di disperazione venne sostituito da qualcosa di addirittura peggiore. Il vuoto.

Non gli importava più chi venisse a trovarlo, lui restava immobile e lo ignorava. Aveva ripreso a mangiare di più, ma il cibo non sapeva di nulla. Non piangeva nemmeno di notte. 

I sogni, invece, rimasero gli stessi.

Gli dissero che il funerale sarebbe stato appena tornati a casa. Lui fece cenno di aver capito e tirò su le coperte.

Quasi preferiva il dolore, al nulla assoluto.

 


L’ultima sera prima della partenza, qualcuno bussò alla porta. Hiccup non si disturbò a rispondere.

Rimase sorpreso nel vedere la testa di Dagur affacciarsi di soppiatto, visto che non lo vedeva dal giorno dell’attacco, quando gli aveva chiesto di aiutare a guidare gli studenti terrorizzati verso il castello.

“Posso?”

Hiccup esitò, ma annuì. Dagur si chiuse la porta alle spalle e si sedette tranquillamente sul letto, affianco a lui. Si mise le mani sulle ginocchia e si guardò intorno indisturbato, soffermandosi sullo scudo abbandonato in un angolo.

“Ti va di venire al Banchetto d’Addio? Ho sentito che si mangerà benissimo” disse infine.

“No, ma grazie per il pensiero, Dagur.”

Lui si passò una mano tra i capelli, scompigliandoli ancora di più. “Sicuro? Gli altri mi chiedono sempre se so come stai, soprattutto quelli di Hogwarts…”

“Sei venuto per farti gli affari miei?” sbottò Hiccup balzando in piedi. Sentiva una rabbia immotivata montargli dentro, una sensazione così diversa, rispetto al solito vuoto, da risultare destabilizzante. “Vuoi dirmi anche tu come mi devo sentire? Tu non sai niente!”

Dagur rimase seduto, ma la sua espressione si indurì, contrasse appena la mascella, e per un secondo nei suoi occhi balenò l’ira come un lampo che a Hiccup ricordò moltissimo quella del ragazzo di pochi mesi prima, quello facile alla collera, costantemente a nervi scoperti, pronto a danneggiare cose e persone se preso per il verso sbagliato.

“Non puoi fingere per sempre di essere l’unico ad aver perso qualcuno” disse piano tornando calmo. Hiccup si rese conto con vergogna di essere stato insensibile.

“Scusa, Dagur, io—”

“Non importa, capisco di averti dato fastidio" replicò lui, mentre Hiccup si mise di nuovo a sedere con un tonfo soffice. "Ho… passato un brutto periodo, dopo la morte di mio padre. Una cosa che non ho detto a nessuno è che mi pentivo di non essere mai andato d'accordo con lui. Spero che sapesse che in fondo gli volevo bene." 

Hiccup tacque. Dagur tirò un angolo della bocca in un sorriso amaro. 

"Sembrerà indelicato, ma sei fortunato ad aver avuto un bel rapporto col tuo vecchio, davvero. Dovresti esserne felice." 

Lo stomaco di Hiccup si contrasse dolorosamente. Strinse i pugni sulla coperta. "Lo so, credimi, ma non ci riesco. Dagur, io… io… non sento più niente. È come se non mi importasse di nulla… non è normale." 

La voce gli si spezzò sull'ultima parola. Per la prima volta da giorni ebbe voglia di piangere. 

"Invece lo è" lo rassicurò Dagur nel tono più morbido che gli avesse mai sentito usare. "Stai così male da non rendertene nemmeno conto, vedrai che passerà con il tempo."

"E il senso di colpa, allora? È stato per proteggere me che è morto!" esclamò Hiccup tormentando il lenzuolo. 

"Nessuno pensa che sia colpa tua, fratello, nessuno. Sei la persona più altruista che conosco. Se non mi avessi aiutato sarei ancora come prima." Dagur gli appoggiò una mano sulla schiena. 

"Vorrei essere come lui" disse Hiccup pianissimo, dopo un momento di silenzio. Suo padre era sempre parso inarrivabile, un ideale irraggiungibile. Non c'era nessuno più forte, coraggioso e generoso, secondo Hiccup. 

Dagur inarcò le sopracciglia con stupore. "E io che ho sempre pensato che vi somigliate un sacco! Cioè, siete entrambi capaci, compassionevoli e testardi – voglio dire – decisi. Se ti farai crescere la barba crederò che il fantasma del professor Haddock sia tornato a perseguitarmi!" 

A Hiccup scappò uno sbuffo che mutò in una risata finché non ebbe fiato. Non gli sembrava vero di riuscire ancora a farlo. 

"Grazie… bróðir" mormorò. 

Con suo grande stupore, Dagur lo tirò verso di sé in un abbraccio, ma la cosa più inaspettata fu il modo estremamente delicato in cui lo strinse. Di solito si permetteva di essere un po' brusco con lui, ma stavolta fu straordinariamente gentile, come non lo era mai stato. 

Ignorando gli angoli degli occhi che bruciavano, Hiccup raddrizzò la schiena, separandosi da lui. "Ehm, grazie ancora." 

"Adesso hai voglia di andare a cena?" chiese Dagur speranzoso. 

I pensieri di Hiccup corsero ai suoi amici. Rapunzel doveva essere preoccupata da matti, Merida gli avrebbe tirato un orecchio e Jack… non sapeva nemmeno se si era ripreso. 

Prese un respiro profondo.

Poteva farcela, si ripeté mentre seguiva Dagur lungo il sentiero dal lago al castello. Doveva farcela. Era un piccolo passo, ma meglio di niente. 

 


La Sala Grande era stata addobbata con colori scuri ed era particolarmente affollata. Doveva essere ancora presto, perché diversi studenti erano in piedi, alcuni vicini ai tavoli degli amici di altre Case, come Rapunzel, che appena vide Hiccup nascosto dietro a Dagur venne loro incontro gioiosa. 

"Ciao, Hiccup!" disse sprizzando entusiasmo da tutti i pori. Merida le succedette: si alzò dal tavolo di Grifondoro e allungò un braccio per arruffargli i capelli. 

"Bene, devi convincere Jack a dirci cosa sta combinando. È tutta la settimana che scrive e riceve lettere, ma non vuole raccontare perché." 

Hiccup si sporse oltre alle ragazze, e quasi non lo riconobbe. Sgranando gli occhi, spostò rapidamente lo sguardo verso Rapunzel e Merida, che scossero energicamente la testa. Anche Eugene, poco distante, sillabò un 'no' deciso. 

"Ehi, Jack, che combini?" azzardò allora, ignorando accuratamente di nominare i nuovi capelli candidi dell'amico. Lui si destò dai suoi pensieri e sorrise. 

"Hic! Che bello vederti!" esclamò lasciando il suo posto e avvicinandosi. Stava evitando di rispondere, notò Hiccup con sospetto. 

Aveva parlato a voce abbastanza alta da sovrastare il chiacchiericcio e farsi sentire dagli altri ragazzi di Durmstrang, che si affrettarono a farsi avanti esultando. Astrid diede un bacio sulla guancia a Hiccup e lasciò che gli altri gli facessero le feste. 

Testaditufo ostentò le sue presunte doti di Chiaroveggente annunciando che Hiccup sarebbe diventato il prossimo direttore di Durmstrang. Testabruta, mano nella mano con Gambedipesce, gli diede un pugno sul petto, e quest'ultimo implorò Hiccup di raccontargli dei draghi che aveva visto. Dagur osservava la scena con aria parecchio soddisfatta, gonfiando il petto. 

L'unico imbronciato era Moccicoso, che se ne stava leggermente in disparte a braccia incrociate. Hiccup si sentì in colpa, ricordando come lo aveva trattato quando aveva tentato di confortarlo dopo gli incubi, quindi si profuse in lodi sul comportamento nobile e coraggioso di Moccicoso. Doveva aver funzionato, perché passò il resto della serata a pavoneggiarsi. 

Presto arrivò il momento di mangiare, perciò salutarono Rapunzel e si sederono intanto che i piatti dorati venivano riempiti per magia. Parlarono di cose poco importanti, senza fare riferimento al padre di Hiccup, che assecondò quella strategia con gratitudine. 

Quando Nord si alzò in piedi, sulla Sala Grande calò il silenzio assoluto. 

Stette qualche momento in silenzio, forse riflettendo su cosa dire, poi iniziò: "Questa sera è per proclamazione di vincitore di Coppa di Case, normalmente, ma oggi facciamo eccezione." 

Hiccup fece scorrere lo sguardo lungo il tavolo degli insegnanti, notando l'assenza di Madama DunBroch, Uncino e il capo degli Auror. Sua madre occupava il posto di suo padre, accanto a Skaracchio. Rispetto all'inizio dell'anno, le presenze erano state decimate, se si contavano anche Gothel e Black. 

"Questo anno sono successe tante cose" proseguì Nord in tono grave, "e non tutte sono state buone. Oggi possiamo festeggiare nostra amicizia con colleghi stranieri, ma dobbiamo anche dire addio a persone care.

"Incidenti di questi mesi dovrebbero farci riflettere su valore di nostre vite, e su nostri pregiudizi. Nostro tempo qui è troppo corto per indugiare in consuetudini ora superate, in insicurezze, in diffidenza, in segreti dannosi."

Il Preside fece una pausa, prendendo fiato. 

"Abbiamo sopportato difficoltà, durante anno, ma alcuni di noi più di tutti" riprese, e sollevò il suo calice davanti a sé, facendolo brillare alla luce delle candele sul soffitto. "Quattro ragazzi hanno rischiato loro vita per salvare Hogwarts, anche se contro volontà di professori. Brindiamo per Merida DunBroch, Rapunzel Corona, Jackson Overland e Hiccup Haddock, che hanno fatto più di chiunque altro presente." 

Per l'imbarazzo dei quattro ragazzi, gli studenti si alzarono con un sonoro grattare di panche e sedie, e brindarono in coro. Nord riprese con il discorso. "È grazie a questi ragazzi che abbiamo avuto unica vittima."

Hiccup si irrigidì sulla sedia. Sapeva dove il Preside sarebbe andato a parare. 

"Direttore di Durmstrang, professor Stoick Haddock, ci ha lasciato per fare cosa più naturale per padre: proteggere suo figlio fino alla morte. Lo ha fatto da padre, da marito, da insegnante, e da amico." 

A quelle parole, Skaracchio si asciugò discretamente gli occhi con il tovagliolo con la stessa espressione nostalgica di Nord. 

"Nessuna predica può esprimere che persona meravigliosa era. Possiamo solo onorare sua memoria restando uniti, restando vicini. Ho visto moltissimi di voi stringere legami con studenti di Beauxbatons e Durmstrang, e non posso essere più felice di questo. Spero che questi rapporti durino per sempre" concluse Nord. La Sala si sciolse in un applauso. 

Mentre Hiccup tornava con i suoi compagni alla nave illuminata dalla luna, dopo cena, si ritrovò a pensare al fatto che quella sarebbe stata l'ultima notte a Hogwarts. Affiancò Skaracchio e sua madre, quando presero il sentiero per il lago, riflettendo su quanto lei avesse sofferto; nel giro di qualche mese aveva ritrovato e perso suo marito, e Hiccup non aveva mai provato a dirle che gli dispiaceva, sia per la perdita che per il suo comportamento egoista. 

Lei gli sorrise, per nulla risentita, così Hiccup si abbandonò alla sensazione di malinconia che lo stava già assalendo, e doveva ancora fare le valigie! 

Nonostante tutto, era certo che in futuro avrebbe ripensato a quel periodo con nostalgia, e avrebbe raccontato a figli e nipoti di quando era stato a Hogwarts. 

Prima di intristirsi definitivamente, Hiccup si consolò pensando a quello che lo aspettava al ritorno. 

Almeno c'era Sdentato ad aspettarlo, a casa. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

Non ho mai dovuto affrontare un lutto importante, quindi non posso nemmeno immaginare come potrebbe sentirsi Hiccup, ma spero con tutto il cuore di essere riuscita a esprimere il suo dolore con il dovuto rispetto. Non si è ripreso del tutto, ma ha già fatto il primo passo per superare la fase di depressione. Il momento con Dagur è stato difficile ma anche bello da scrivere. 

La ragazza che ha dato il biglietto a Jack è Dentolina, che non ho inserito prima perché non riuscivo a decidere se renderla un'insegnante o una studentessa, ma alla fine ho optato per la seconda. Le sue amiche dovrebbero essere le sue assistenti del film. 

Eugene invece ha vinto il Torneo, chi l'avrebbe mai detto, eh? Ha avuto una crescita anche lui!

Mi dispiace dover dire che domani pubblicherò l'ultimo capitolo della fic, ma è arrivato il momento. Ci sono ancora alcuni punti da chiudere. 

Grazie per aver letto fino a qui!

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Settimo anno da questa parte! ***


Parte 21: Settimo anno da questa parte!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il giorno della partenza, Merida e Jack trascinarono i loro bauli giù per le scale fino alla Sala d'Ingresso, insieme agli altri Grifondoro. Si sistemarono accanto a un muro e si sedettero sui loro bagagli. Era una bella giornata di sole. 

La sala era tutta un vociare agitato di studenti del settimo anno che si salutavano, ridevano e piangevano. Quelle sarebbero state le loro ultime ore a Hogwarts, e la tristezza cominciava a farsi sentire. 

"Secondo te ci sarà la prossima edizione del Torneo Tremaghi, tra cinque anni?" chiese pigramente Merida appoggiando il mento sulle mani. 

"E chi lo sa, questa volta ci hanno rimesso ben due presidi, ma non è stata colpa della gara. Forse ritenteranno." rifletté il ragazzo. 

"Ehi, Jack" disse Merida a un tratto, sottovoce, "ti è dispiaciuto non aver vinto?" 

Lui giocherellò con la chiusura del baule. "Nah, sono più contento di essere vivo. Stavolta ci sono andato davvero vicino." 

"Già." 

Rapunzel arrivò poco dopo, tirando la valigia dietro di sé. Insieme a lei c'era Eugene, che aveva l'aria sconfortata. 

"La carrozza sta già per partire, vi devo salutare, gente" disse sospirando. 

"Come farete a tornare senza Gothel?" si informò Jack. 

"I cavalli conoscono la strada, ci arrangeremo in qualche modo." 

"Scrivimi appena puoi" gli raccomandò Rapunzel, gettandogli le braccia al collo con gli occhi lucidi. 

"Stammi bene, Fitzherbert" disse Jack alzandosi per allungare la mano a Eugene. 

"Ascolta quello che ti dice Punz, ti eviterà di cacciarti nei guai" aggiunse Merida. Eugene strinse la mano di Jack e si decise a scendere i gradini di pietra, voltandosi ogni tanto per guardare Rapunzel. Lei agitava il braccio, mentre Merida le passava un fazzoletto per asciugare i suoi caldi lacrimoni, ormai avviati. 

Quando la bionda si calmò, la carrozza di Beauxbatons era diventata una macchiolina blu nel cielo, e i ragazzi di Durmstrang erano arrivati a salutare. 

"Oh, non credo che ce la farò a vedere qualcun altro andar via" piagnucolò Rapunzel piazzandosi in mezzo a Merida e Jack, stringendo i due per un braccio a testa. 

"È solo per un po'" la rassicurò Astrid, intanto che il gruppetto si avvicinava. "Organizzeremo presto una rimpatriata, vedrai." 

Chiacchierarono per qualche minuto, scambiandosi i propri progetti per le vacanze, tranne Jack, che si tenne molto sul vago. Quando Skaracchio venne a chiamarli per avvertirli che la nave era pronta a salpare, i ragazzi si dissero gli ultimi saluti, un po' commossi, si promisero di incontrarsi presto e lasciarono il castello. 

Hiccup rimase indietro. Astrid gli rivolse uno sguardo interrogativo, fermandosi sulla soglia. 

"Voi andate, resto qui solo un attimo" le disse il ragazzo. Lei assunse un'espressione comprensiva, e con un sorriso raggiunse gli altri di corsa, senza voltarsi. Merida pensò che fosse davvero strano non sapere quando si sarebbero rivisti. 

Hiccup fece per dire qualcosa, ma chiuse la bocca vedendo la madre di Merida. 

"Mamma, che ci fai qui?" esclamò la ragazza.

La donna si lisciò una piega delle vesti, imperturbabile. "Devo parlare con il professor Nord, poi tornerò al Ministero. Inoltre, volevo essere io a consegnare questa al signor Overland." 

Tese la mano, porgendo una busta dall'aspetto ufficiale a Jack, che fece un salto. "Non mi dica che…" 

"Congratulazioni, signor Overland. L'Ufficio Auror ha accettato la tua candidatura, il corso inizierà a settembre" proclamò Elinor, malcelando un gran sorriso. Gli altri tre non credettero alle loro orecchie. 

"Hai fatto applicazione per il corso da Auror?!" 

"Ecco cosa stavi architettando!" 

"Perché non ce l'hai detto subito?" 

Jack strinse la lettera con fare imbarazzato e borbottò: "Ve lo volevo dire solo se mi avessero accettato, se no mi avreste preso in giro." 

Merida gli tirò un calcetto sulla gamba. "Certo che no, scemo!" 

"Perché questa decisione?" chiese Rapunzel curiosa. "Pensavo volessi fare il giocatore di Quidditch, come Astrid." 

"Ci avevo pensato, ma anche l'idea di fare a botte con i criminali sembrava interessante" ammise Jack. Finora sei sempre stato tu il criminale, pensò Merida.

"Di sicuro resteranno impressionati dal tuo talento nell'Occlumanzia" commentò Hiccup, probabilmente pensando a quando Jack aveva respinto Black nella foresta. 

"È andata così, da quanto ho sentito" affermò Elinor, e si voltò verso Rapunzel. "Merida mi ha raccontato che aspiri a lavorare al Ministero, dico bene?" 

Lei arrossì e si sistemò una ciocca bionda dietro l'orecchio. "Sì, signora, è il mio sogno." 

"Ora che ci penso, un'assistente mi sarebbe molto utile, soprattutto in questo periodo di caos. Mi pare che i tuoi voti siano più che sufficienti" rifletté la donna pensosa. Rapunzel rimase come folgorata. 

"Io? Assistente alla Direttrice dell'Ufficio di Cooperazione Magica Internazionale?" disse tutto d'un fiato. 

"Certo. Scrivimi pure, durante l'estate, così da metterci d'accordo per un colloquio." 

Rapunzel le saltò addosso entusiasta, abbracciandola. "Grazie, Madama DunBroch!" 

Lei se la staccò di dosso con gentilezza e si schiarì la voce. "Bene, allora arrivederci, ragazzi." 

I quattro le espressero i loro riguardi (Merida si beccò una serie di raccomandazioni dalla madre) e la osservarono salire le scale. 

"Accidenti, io e Rapunzel saremo colleghi, prima o poi" esclamò Jack quando se ne fu andata. 

"Prima devi superare il corso da Auror" replicò Hiccup. 

"Sì, sì. Ehi, Merida, perché non ti iscrivi anche tu? Potremmo andarci insieme" domandò l'altro illuminandosi. La ragazza storse il naso. 

"Forse un giorno ci proverò, ma prima voglio fare altro." 

"Tipo?" 

"Non lo so… viaggiare, provare cose" ripose Merida alzando le spalle. Stava fingendo disinteresse, ma in realtà si sentiva fremere dall'eccitazione. "Magari farò il giro del mondo. E tu, Hiccup?" 

Lui era molto più sicuro. "Pensavo di creare una riserva di draghi, a casa, e continuare a studiare le creature magiche. Prima però devo scrivere al nostro Ministero per cambiare quella stupida regola che non ammette i Nati Babbani a Durmstrang, e convincere Sdentato a non arrabbiarsi per averlo lasciato da solo."

"Sdentato qui, Sdentato lì" sbuffò Merida. "Dovrai presentarcelo, quando ci vediamo." 

"Sicuro, sono certo che gli piacereste molto" annuì Hiccup. Poi gli venne in mente qualcosa che lo fece rabbuiare. "Mi metterò al lavoro finito il funerale." 

Rapunzel gli strinse una mano lentigginosa con contrizione. "Dovremmo essere là con te, Hic, invece di pensare solo a noi." 

"Tranquilla, per me sarà come se fossimo insieme" la tranquillizzò lui. 

"Hic!" chiamò la voce di Skaracchio da fuori. "Stiamo aspettando te, sbrigati!" 

Il ragazzo si girò nuovamente verso di loro. "Mi sa che è ora" mormorò stringendo le labbra. 

Rapunzel abbassò lo sguardo, nascondendo il rossore agli occhi. Jack pareva voler fare di tutto per non guardarlo in faccia. 

Merida prese in mano la situazione. 

"Oh, e che cavolo!" esclamò a voce altissima, esasperata, e li tirò tutti e tre in una forte stretta. Inizialmente, emisero versi di protesta, ma dopo si lasciarono abbracciare. Merida restò indifferente, tenendoli vicini a sé. Non potevano, non dovevano accorgersi che stava piangendo come una mocciosa.  

Rimasero così per un po', tra le occhiate perplesse degli altri studenti, finché Merida decise che era abbastanza e sciolse l'abbraccio. Fortunatamente le era passato il momento di debolezza, altrimenti Jack avrebbe sicuramente tirato fuori le sue migliori battute sulle lacrime per tutto il viaggio. 

"Meglio che vada, prima che vengano a costringermi" disse Hiccup arretrando impacciato verso l'uscita. 

Non aggiunsero altro, e lo guardarono varcare le porte per imboccare il sentiero che portava al Lago Nero per l'ultima volta, con i capelli e la divisa rossa illuminati dal sole. 

 

 

 


 

 


"Settimo anno da questa parte!" 

Jack si riscosse e sbatté le palpebre, sorpreso dalla voce di Bunnymund che gridava. Gli altri stavano raccogliendo bauli e gabbie, affannandosi per fare presto, ma il professore li fece sparire nel nulla con un cenno della bacchetta. Il vociare crebbe di volume. 

"Troverete i vostri bagagli sul treno" disse Bunnymund asciutto. Era un'impressione, o aveva appena tirato su col naso?

I tre seguirono il fiume di studenti, guidati dal professore, e attraversarono il cortile fiancheggiando il castello. Percorsero lo stesso passaggio nella roccia su cui si erano inerpicati anni prima, ritrovandosi nel piccolo porto sotterraneo. Era umido e buio esattamente come Jack lo ricordava. 

Dietro le indicazioni dell'insegnante, i ragazzi salirono sulle piccole barche, stavolta tre al massimo, perciò il gruppetto di Jack ebbe la propria imbarcazione personale. 

Mentre aspettava che le sue amiche montassero sulla barca, attente a non bagnarsi l'orlo dei vestiti, Jack vide con la coda dell'occhio la ragazza che gli aveva portato il biglietto di auguri quando era in infermeria. Anche lei era attendeva di salire. 

Jack le fece un cenno di saluto. L'altra volta non si era accorto di quanto fosse carina, orecchini di piume compresi. Lei alzò timidamente la mano, sorridendo. 

Il ragazzo stava cercando di ragionare in fretta se rivolgerle la parola, dato che quando era stato ricoverato l'aveva a malapena ringraziata, ma qualcuno gli tirò la manica, e Merida lo esortò a salire in fretta. 

Jack si accoccolò sul legno, che scricchiolò appena. Le imbarcazioni si staccarono dalla riva silenziosamente e scivolarono nel tunnel adombrato verso la cortina d'edera che nascondeva l'uscita.

Quando furono al largo, parecchie teste iniziarono a girarsi verso il castello, oltre alla barca di Jack, che era tra le ultime, per dare uno sguardo finale. Lui non li imitò, senza sapere bene il perché. Aveva la vaga impressione che, facendolo, dopo non avrebbe avuto il coraggio di guardare avanti. 

"Che roba è?!" 

Istintivamente, scordandosi del suo proposito, Jack seguì il braccio teso di Merida, e rimase di stucco. Il cielo sopra il castello era illuminato da fuochi d'artificio che brillavano intensi anche sullo sfondo chiaro del mattino. Dopo un attimo si accorsero che componevano delle immagini, o meglio, delle scene. Quando Jack si rese conto di star guardando i suoi ricordi migliori di Hogwarts, il suo cuore si gonfiò di emozione come un palloncino. 

Ecco la sua versione undicenne salire sull'Espresso di Hogwarts, difendere Rapunzel dai bulli sul treno, poi stringere la mano a Merida, entrambi in punizione da Bunnymund il primo giorno. Quella volta al secondo anno, quando avevano aiutato Rapunzel a tenere nascosto il camaleonte che avevano salvato, prima che gli insegnanti lo portassero via! 

Oppure, la prima gita a Hogsmeade, l'anno successivo, e la prima partita di Quidditch di Jack! E quel Natale assurdo al quarto anno, quando qualcuno aveva vestito un Troll da Babbo Natale, e lo aveva sguinzagliato in Sala Grande durante il banchetto… L'incidente con i gufi, quando avevano quindici anni, quello non lo ricordava! Rapunzel li aveva sgridati per una settimana. 

Gli esami, lo stesso anno, e l'immagine limpida di loro tre chini sui libri, un po' determinati, un po' disperati. La vittoria della Coppa delle Case, il sesto anno, quella volta in cui avevano superato Serpeverde all'ultimo minuto… 

L'arrivo delle scuole straniere, a ottobre, e il racconto di Hiccup… La loro conversazione sulla Torre di Astronomia, dopo l'estrazione dei nomi… Le ore passate in biblioteca a prepararsi, i pomeriggi al lago, le visite al villaggio tutti insieme… Il momento in cui gli occhi di Mary si erano riaperti dopo aver bevuto il suo antidoto, la bizzarra esperienza del Ballo del Ceppo… Jamie che non batteva ciglio alla storia della sua famiglia… 

Quando avevano ritrovato Rapunzel sana e salva, e la madre di Merida era corsa da loro sotto forma di orso; l'euforia della terza prova e la folla che faceva il tifo… 

La sensazione meravigliosa di liberazione quando aveva combattuto la Legilimanzia di Black, l'ammirazione dei suoi compagni di scuola… Hiccup che si presentava al Banchetto d'Addio, ferito ma fiducioso… 

I piani per il futuro, i sorrisi e l'ultimo abbraccio dei quattro… 

I fuochi d'artificio si spensero piano, lasciando l'aria sopra il castello luccicante di colori sgargianti. Jack deglutì forte. Il cuore gli andava a mille, sembrava volesse scappare via. 

Aveva il sospetto che le visioni fossero opera di un potente incantesimo di Nord, e fossero state diverse per ognuno, perciò guardò Merida e Rapunzel, che avevano tutte e due il viso rigato di lacrime. Stavano ancora fissando il cielo, in cerca di chissà quale miraggio. 

Che cosa sdolcinata, pensò Jack spostando la vista annebbiata sulla superficie liscia del lago. Davvero smielata, si ripeté passandosi la manica dell'uniforme sugli occhi. 

Per poco non si fece sfuggire l'immagine della nave di Durmstrang che veleggiava poco lontano, sollevando piccole onde che scossero le barche. Al ragazzo parve di scorgere qualcuno che si sbracciava per salutare a prua, ma anche se poteva benissimo essere stato uno scherzo della sua immaginazione, Jack ricambiò il gesto, solo più discretamente. 

Qualcuno fece una risatina bassa alla sua destra, mentre la grande nave si inabissò senza fare rumore e scomparve, lasciando le increspature sul lago come unica prova del suo passaggio. 

Jack si ritrovò a pensare ai mesi che avrebbe trascorso a casa da sua madre e sua sorella, prima di tornare nel Regno Unito per frequentare l'addestramento da Auror. Avrebbe dovuto alloggiare in un albergo, o qualcosa del genere. Doveva ancora informarsi sui dettagli. 

Era tutto incerto e rassicurante allo stesso tempo, un sentimento di nervosismo misto a entusiasmo. Sarebbe stato difficile, all'inizio, forse stressante, ma era il futuro che si era scelto lui, e sapeva già che ne sarebbe valsa la pena. 

Jack soffermò lo sguardo su Hogwarts ancora per un istante, poi si voltò verso la stazione di Hogsmeade, sempre più vicina. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Fine

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Note

Scusate il ritardo, c'è stata una tempesta e sono rimasta senza corrente per un po'!

Allora,eccoci qui. Cavolo, sono commossa.

La stesura di questa storia si è svolta nella seconda metà di luglio, quando mi è venuta voglia di scrivere qualcosa, e ho deciso di pubblicarla nella speranza che divertisse almeno qualcuno. Ci sono state diverse visite, quindi direi di essere riuscita nel mio proposito! 

Posso finalmente dire quanto odio il titolo che ho scelto, quindi sono bene accetti consigli! La "più una", l'avrete capito, si riferisce alla crescita che hanno dovuto affrontare i personaggi, chi più, chi meno. Infatti, mi dispiace non aver reso gli archi narrativi di Rapunzel e Merida interessanti quanto quelli dei ragazzi, che erano anche più drammatici. 

Un'altra cosa di cui mi pento è lo smistamento di Rapunzel in Tassorosso: ce la vedo bene anche in Grifondoro, e averla messa in una Casa diversa dai suoi amici mi ha solo dato problemi, probabilmente è l'unico dettaglio che cambierei. 

Come è facile notare, mi sono divertita a inserire molti riferimenti al libro originale, oltre che ai film dei Big Four, e ho anche reso qualche omaggio a una vecchia fic che avevo cominciato anni fa (sempre Hogwarts!AU). La scena di Jack e Merida che fanno amicizia in punizione ne è un esempio. 

Se dovessi scrivere altre storie in futuro, e a questo punto non lo escludo, ma non si sa mai, mi sforzerò di migliorare nelle scene d'azione. Non sono terribili, ma ho preferito di gran lunga le scene più rilassate. 

Mi scuso ancora per aver dato così tanto spazio a Hiccup, ma come ho detto spesso, scrivevo soprattutto per me, e lui è il mio preferito, quindi è tutto molto self-indulgent. 

Non so se e quando pubblicherò ancora, perciò mi permetto di fare un po' di self-promo: la mia passione principale è il disegno, se avete voglia di vedere cosa faccio mi trovate su Instagram come alicesketch. 

Faccio poi un ringraziamento speciale a MaJo_KiaChan_, che ha avuto la gentilezza di fare diverse recensioni. Sei dolcissima! 

Bene. Per l'ultima volta, grazie per aver letto fino a qui!



 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3927546