Shadows

di Golden Bonnie
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Nowhere to Go ***
Capitolo 3: *** A New Oppurtunity ***
Capitolo 4: *** Nightmare ***
Capitolo 5: *** The Missing Children ***
Capitolo 6: *** Friends are Forever ***
Capitolo 7: *** The Golden Ones ***
Capitolo 8: *** The Light and The Shadows ***
Capitolo 9: *** Epilogo ***
Capitolo 10: *** Credits ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

Gli occhi di Red bruciavano. Strofinandoseli e cercando di sforzarsi quanto più possibile per tenerli aperti, si guardò intorno. Le macerie erano ovunque. Il prezioso armadio in bronzo ed oro ed i pregiati vasi greci in cui sua madre aveva speso tutta l’eredità del nonno erano ormai ridotti a pezzi, schiacciati sotto il peso del cemento crollato dal soffitto. Rialzandosi in piedi, riuscì anche ad avvistare il suo letto, o meglio ciò che ne era rimasto: una serie di frammenti legnosi avvolti parzialmente da brandelli di tessuto rosso. Gli veniva da piangere, ma provò a trattenersi. “Tutto a posto?” chiese una voce familiare. Lo riconobbe subito, era Mister Fethers, il loro vicino di casa. Di solito era sempre allegro e pieno di energia, ma ora il suo tono appariva semplicemente preoccupato ed affranto. “Sì” rispose Red. Ma sapeva che non era vero. Sì, era sopravvissuto senza gravi ferite. Ma questo non significava che tutto fosse apposto. I problemi non erano finiti quando il vortice d’aria e morte era sparito all’orizzonte. Al contrario, erano solo iniziati

Angolo autore:

Ciao, ragazzi, ho deciso di aggiungere retroattivamente questo prologo perché, boh, ci stava. Spero di avervi incuriosito e che leggerete il primo capitolo. Ciao!

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Capitolo 2
*** Nowhere to Go ***


Capitolo 1 – Nowhere to go

Ai tavoli della sala pranzo della pizzeria sedevano molti bambini. Con la schiena appoggiata al muro, un impiegato li osservava e teneva traccia dei loro movimenti. La gran parte di loro erano divisi in gruppetti, e stavano parlando del più e del meno. Quelli che però agli occhi dell’uomo apparivano più interessanti erano due, una femminuccia ed un maschietto che non dovevano avere più di nove anni. Giocavano da soli in un angoletto con un orsacchiotto di peluche. La ragazzina aveva lunghi capelli neri ed occhi verdi, il maschietto era biondo con gli occhi castani. Era difficile capire se fossero fratelli o meno, ma in ogni caso sembravano molto carini insieme. L’impiegato si guardò intorno. Quasi nessuno sembrava fare caso a lui. I marmocchi erano troppo impegnati a discutere delle loro faccende od ad assistere alla goffa danza in cui gli animatronics sul palco si stavano esibendo. I genitori continuavano a tenere gli occhi fissi sui loro pargoli, talvolta avvicinandosi a loro per ricordargli di non bere troppe bevande zuccherate e di masticare lentamente per evitare un’indigestione. L’impiegato fece un passo in avanti, ma subito si fermò. I suoi occhi si posarono sulla grossa telecamera che stava filmando tutto quello che accadeva. Se voleva agire indisturbato, prima avrebbe dovuto disattivarla.

Nonostante le fronde degli alberi filtrassero la luce solare, il parco era comunque luminosissimo. Ed anche caldo. Red sbuffò. Odiava quel clima. Odiava il sudore che stava bagnando la sua maglietta nera. Si fermò un secondo e tirò fuori dalla sua tasca un fazzoletto, con cui si asciugò la faccia. “Posso andare a giocare con quei bambini laggiù?” chiese una vocina stridula alle sue spalle. Red si voltò, e fissò Johnny dritto negli occhi. Il suo fratellino aveva un immenso sorriso stampato in faccia, come sempre. Red lo invidiava. Non capiva come facesse ad essere sempre così felice con tutto quello che era successo. Forse era solo merito della sua età. Quando hai sette anni, anche l’inferno può sembrare un paradiso. Affronti le tue giornate con la forza della speranza e dell’immaginazione. Red nemmeno si ricordava come viveva la sua vita prima che i primi sintomi dell’adolescenza prendessero possesso del suo corpo e della sua mente. “D’accordo” disse Red “però stai attento e rimani sempre in vista”. “Sì!” esultò Johnny, abbracciando Red con tutte le sue forze. “Sei il fratello migliore del mondo”. “Ok, ok” rispose Red, scuotendosi per lavarselo di dosso “ma non c’è bisogno di fare tutto questo baccano”. “Va bene” rispose Johnny. Il fratellino di Red si allontanò e raggiunse un gruppo di ragazzini che stavano giocando a palla vicino alla fontana. “Posso giocare?” chiese timidamente. “Ma certo” rispose un bambino dai capelli biondo scuro. Red si sedette sulla panchina, e decise di bere un sorso di tè freddo dal bicchiere di plastica che si era portato con sé. Lo sputò subito. Aveva davvero un sapore orrendo. Gettò il bicchiere a terra con rabbia. “Mi scusi” disse un uomo, che indossava una divisa bianca con su stampato il simbolo del parco. Il suo tono era duro e severo. “È pregato di non lasciare i rifiuti per terra”. Magnifico, un altro rompiscatole pensò Red. “Allora?” insistette il signore “Ha intenzione di riposare il suo rifiuto nell’apposito cestino?”. “D’accordo” rispose Red, tentando di nascondere la sua rabbia. Aveva già abbastanza problemi per la testa, ed ora doveva pensare pure a buttare quel maledetto bicchiere. Si chinò per prenderlo, quando una musichetta arrivò alle sue orecchie. Il suo telefono stava squillando. Mise la mano in tasca, ed estrasse il suo smartphone, un vecchio modello ormai fuorimoda. Era papà. “Pronto, pa’?” chiese, ignorando le lamentele dell’uomo in uniforme. “Ciao, Red” rispose, con la sua classica voce roca. Il suo tono era moto meno ottimistico del solito. “Purtroppo ho brutte notizie da darti”. “Cosa?” chiese Red, lanciando all’uomo in divisa un occhiata del tipo lasciami in pace, ho cose più importanti da fare. Il padre di Red fece un profondo respiro, e poi disse “Il signor Whites è tornato. Ed ora vuole che noi ce ne andiamo”. “Come si permette quell’idiota schifoso?”. Sapeva che quell’insulto era proprio da bambino dell’asilo, ma non era riuscito a pensare a qualcosa di più originale. “Aveva detto che sarebbe tornato il mese prossimo”. “Lo so, lo so” rispose rassegnato il padre di Red “Ma a quanto pare la vacanza in campagna è durata meno del previsto. Sua moglie non sopportava stare lì, ed alla fine l’ha convinto a rientrare in città. Circa dieci minuti fa ha bussato e ci ha detto che se non sloggiamo entro un’ora ci denuncia per violazione di proprietà privata”. “Va bene, vengo” rispose Red, chiudendo la chiamata “Johnny!” urlò al fratello “Dobbiamo andare”. “Ok” rispose Johnny, del tutto tranquillo. Per lo meno non faceva i capricci. “Ehi, voi non andate da nessuna parte se prima tu non raccogli il bicchiere!” sbottò l’uomo in divisa “Altrimenti ti faccio una bella multa, razza di ragazzaccio viziato che non sei altro”. “Sentimi bene” disse Red, prendendo l’uomo per le spalle. Non era una cosa che avrebbe fatto normalmente, ma la rabbia di quel momento non gli permetteva di controllare le tue reazioni. “Non chiamarmi mai più viziato. Io e la mia famiglia siamo alla stregua di senzatetto, abbiamo perso la nostra casa, e per poco la nostra vita, in un maledetto tornado quattro anni fa. Ora dobbiamo tornare nella catapecchia che abbiamo affittato entro un’ora, altrimenti saremo denunciati. Del bicchiere se ne può occupare da solo, no? Ce le ha le braccia, dopotutto”. Il signore lo guardò con aria esterrefatta. Per pochi secondi, Red pensò che lo avrebbe multato come punizione per le sue azioni. In fondo, non avrebbe avuto tutti i torti. Aveva aggredito una persona che stava solo facendo il suo lavoro. Poi, però, l’uomo in divisa si chinò, prese tra le mani il bicchiere, si avvicinò ai bidoni della raccolta differenziata, lo gettò in quello della plastica, e poi se ne andò via a testa bassa. Forse era rimasto scosso da quell’attacco improvviso. O forse, solo forse, aveva davvero provato compassione per un povero ragazzo molto più sfortunato di lui. Mentre questi pensieri passavano nella mente di Red, Johnny lo raggiunse. “Sono pronto” disse “Quando vuoi, possiamo andare”.

“Ok, questa è l’ultima” disse la madre di Red, posando una scatola piena di piatti e bicchieri nel cofano della macchina. Dopodiché aprì lo sportello ed entrò, mettendosi al posto di guida. “Possiamo partire ora” disse. “Ora dove dormiremo?” chiese Red, con un tono di voce che non nascondeva la sua frustrazione. “Non lo so” rispose suo padre con un sospiro “ma sono sicuro che qualche posto lo troveremo”. “Non serve che mi menti, lo so che dovremo ancora una volta dormire in questo schifo di macchina”. “Mi dispiace, Red” disse la mamma “noi abbiamo sempre provato di trovare una buona sistemazione per voi, ma è più difficile di quanto pensassimo Non abbiamo abbastanza soldi per comprare una nuova casa, e rimanere in albergo è troppo costoso, e non potremo permetterci di starci per più di cinque giorni, massimo sei”. “Non ce l’ho con voi” rispose Red. Effettivamente era vero, non ce l’aveva con loro. E non ce l’aveva neanche con il signor Whites e con la sua fastidiosa mogliettina. Se c’era qualcuno con cui prendersela, per Red era la sua vita. Perché a tutti andava sempre meglio che a lui? Perché non poteva avere la stessa fortuna che avevano gli altri? Il tornado aveva distrutto non solo la sua casa, ma anche le sue speranze per il futuro. Voleva laurearsi e diventare un medico. Ma ora? Ora era costretto a cambiare scuola quasi ogni mese, non poteva formare legami con professori e compagni, che subito doveva andare, e trasferirsi altrove. Questa situazione era invivibile. Anche se non l’aveva mai detto a nessuno, aveva spesso avuto dei pensieri suicidi. A volte morire è meglio di vivere male, si diceva. Ma il pensiero della sua famiglia lo bloccava sempre. La sua morte avrebbe distrutto il legame e l’amore che li teneva uniti, l’unica cosa che gli permetteva di andare avanti. Johnny sarebbe cresciuto senza una figura di riferimento, e sarebbe anche potuto diventare traumatizzato. No, non è fuggendo dai problemi che si risolvono. Quanto avrebbe voluto che tutto si risolvesse, che avrebbero presto trovato e comprato una nuova casa. Allora, sembrava solo uno stupido sogno irrealizzabile. Red non poteva però sapere che presto si sarebbe trasformato in un incubo a occhi aperti.

Angolo autore:
Ciao, ragazzi, Golden Bonnie qui, spero che il primo capitolo della mia nuova storia vi sia piaciuto. Ho deciso di non inserire subito elementi legati a FNaF per sviluppare meglio i personaggi principali. Un saluto a tutti, e grazie mille per la lettura. Il prossimo capitolo verrà pubblicato giovedì prossimo.

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Capitolo 3
*** A New Oppurtunity ***


Capitolo 2 – A New Life

L’ufficio era una stanza piccola, angusta e soffocante. L’unico spiraglio d’aria era la porticina d’entrata. L’impiegato entrò velocemente, e si mise immediatamente di fronte al computer. Cercò di sbrigarsi. Non doveva essere scoperto. Cliccò una serie di pulsanti ed una ad una, tutte le telecamere dell’edificio si disattivarono. L’impiegato corse fuori, e tornò nella sala pranzo. Lo spettacolo degli animatronics era finito, ma, per fortuna, i due bambini erano ancora al loro posto. Sfoderò il suo migliore sorriso, e si avvicinò lentamente ò ai due. “Salve, ragazzi” disse, con voce dolce ed amichevole “Vi state divertendo?”.

Red si svegliò, stiracchiandosi. Alla fine, le sue previsioni si erano rivelate esatte. Avevano dormito in macchina. Per quanto il perenne stato di dormiveglia in cui era rimasto immerso durante tutta la notte contasse come “dormire”. Non appena riuscì a riaprire gli occhi si accorse che sia suo padre che Johnny avevano gli occhi puntati sul tablet della mamma. “No, non è possibile” continuava a ripetere sotto voce papà. Anche Ercole sembrava molto più di buon umore del solito. Il piccolo cagnolino aveva la bocca spalancata e le orecchie rizzate. “Cosa succede?” chiese Red. Sua madre si voltò. Aveva un’espressione che insieme trasmetteva stupore ed allegria. “Tesoro, credo che la fortuna ci sia proprio venuta incontro” disse. “Cos’è successo?” chiese Red. “Stamattina mi sono alzata presto, ed ho deciso di navigare un po’ su internet” esordì la mamma. Si notava che tratteneva a stento l’eccitazione. “Ho fatto qualche ricerca sul sito di Houses For Everyone, una compagnia che permette alle persone di vendere ed acquistare case”. Mostrò al figlio il tablet, per permettergli di vedere quella che doveva essere una delle tante pagine del sito. Gran parte della pagina era occupata dall’immagine di un grosso edificio, che si ergeva su uno sfondo nero. “E allora?” chiese Red “È un’altra di quelle case supercostose che non possiamo permetterci, non è così?”. “No, tesoro” rispose lei “guarda il prezzo”. Red mosse lo sguardo verso il basso, fissando la piccola casella bianca su cui erano scritte le informazioni sull’abitazione. La bocca di Red si spalancò. “Quattromila dollari?” chiese sorpreso. “Vuoi dire che…?”. “Non saltiamo a conclusioni affrettate” disse papà, chinandosi per accarezzare Ercole “Per quello che ne sappiamo, potrebbe essere una truffa. Andiamo, chi venderebbe una casa così grande ad un prezzo così scarso?”. “Be’, qui viene il bello” continuò mamma. Il suo sorriso era smagliante e splendente. Era da tanto che Red non la vedeva così. “Houses For Everyone permette ai clienti di visitare la casa prima di acquistarla”. “Be’, tentar non nuoce” disse papà, finalmente convinto “Dov’è questa casa?”. “È nella città di Loreis, non troppo lontano da qui”. “Avremo una nuova casa, evviva!” urlò Johnny, che era rimasto in silenzio a fissare il tablet per tutto il tempo. “Non avere troppe speranze, Johnny” disse Red “Papà ha ragione: potrebbe essere una truffa”. “Ok” rispose Johnny, rimettendosi a sedere al suo posto.

“Ragazzi, siamo arrivati” disse mamma. Red aprì lo sportello, e lui e Johnny uscirono dal sedile posteriore. Di fronte a loro c’era un grosso edificio pitturato di giallo e bianco, circondato da un giardino sorprendentemente curato. “Visto che non era una truffa” disse mamma, lanciando un’occhiata a papà, che stava mettendo il guinzaglio ad Ercole. “Sì, sì, ok” rispose lui distrattamente. Red sentì una strana sensazione. Da un lato provava semplicemente gioia pura. La possibilità di tornare a vivere una vita normale, abbandonare lo stile nomade che erano stati costretti ad intraprendere lo riempiva di felicità. Dall’altra parte, sentiva quasi una sorta di paura, la paura di svegliarsi all’improvviso e scoprire che era tutto un sogno. Era irrazionale, eppure il solo pensiero lo terrorizzava. Mamma bussò alla porta. Ad aprire fu un ometto in giacca e cravatta. “Buongiorno” li salutò cordialmente “Siete qui per la casa?”: “Sì” rispose mamma. “Bene” disse l’uomo, sorridendo “Entrate”. Mamma entrò per prima, seguita a Red e Johnny. Anche papà provò ad entrare, ma fu subito bloccato dall’uomo in giacca e cravatta. “Mi dispiace” disse “Ma purtroppo, finché la casa non sarà acquistata, non possiamo permettere a nessuno di portare cani all’interno. Potrebbero danneggiare il pavimento con le unghie, o rompere accidentalmente qualcosa”. “D’accordo” rispose papà “Rimarrò qui fuori con Ercole. Voi proseguite pure”. L’uomo si girò e chiuse la porta alle sue spalle. “Buongiorno, sono Wally Walls, agente immobiliare” si presentò. “Posso mostrarvi l’interno?”. “Certamente” rispose mamma. Red si guardò intorno. La casa era molto più grande di quella che avevano prima, e di certo più grande di quelle che avevano affittato. Red si sentiva quasi a disagio in un ambiente del genere. Per circa mezz’ora, il signor Walls mostrò loro l’intera casa, descrivendo ogni ambiente nel dettaglio. Essa era in gran parte vuota, anche se aveva alcuni elementi basilari come una cucina, alcuni letti, ed una sala pranzo con grossi tavoli. “È interessata ad acquistare l’abitazione?” chiese infine Walls, quando il tour fu finito. “Quanto viene?” chiese mamma. “Sul vostro sito c’era scritto che la casa costava quattromila euro. È vero o si è trattato di un errore?”. “Proprio così” rispose fiero Walls. “Tutto merito della compagnia che ci ha venduto l’edificio. Pensa che l’hanno data via a solo duemila euro”. Ridacchiò. “Da non credere. Suppongo che volessero sbarazzarsene il più in fretta possibile, chissà per quale ragione. Avremmo potuto alzare il prezzo, ma Houses For Everyone è sincera con i suoi clienti: sul nostro sito c’è scritto che rivendiamo sempre le abitazioni a duemila euro in più di quanto abbiamo speso per acquistarle. E così facciamo sempre. Anche stavolta”. “Allora” aggiunse, riassumendo il suo classico tono formale “Come desidera pagare? Denaro liquido o carta di credito?”.

Al padre di Red in fondo non dispiaceva molto stare fuori. In effetti, amava fare passeggiate con Ercole. Se lo ricordava ancora la prima volta che l’aveva trovato, vicino ai bidoni dell’immondizia. Era stato difficile convincere Arianne a tenerlo, ma alla fine ce l’aveva fatta, e non poteva essere più felice. Lui non sopportava affatto le persone che abbandonano i cani in mezzo alla strada. Non capiva come facessero ad essere tanto insensibili. Proprio mentre passava nuovamente di fronte alla casa, sua moglie uscì, accompagnata dall’agente immobiliare. “Allora” chiese lui “come è andata?”. “È fatta” rispose Arianne “Ho comprato la casa”.

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Capitolo 4
*** Nightmare ***


Capitolo 3 - Nightmare

“Ehi, ti prenderò” fece Jade agitando il suo orsacchiotto di peluche, cercando di fare una voce profonda e minacciosa. “No, non te lo permetterò” rispose James, imitando un accento piratesco, mentre muoveva il peluche di Foxy, facendo finta che corresse. Jade lanciò l’orsacchiotto sul braccio di James, facendogli cadere il peluche che teneva in mano. I due risero. All’improvviso, Jade notò che un uomo si stava avvicinando a loro. Aveva i capelli e gli occhi castano scuro, ed indossava un’uniforme di un colore violaceo tendente al magenta. “Ciao ragazzi” disse. “Vi state divertendo?”. “Certo” rispose subito James. “Ne sono felice!” rispose sorridendo l’uomo. “Ma… dove sono i vostri genitori?”. “I miei non possono venire perché sono al lavoro” spiegò James. “I miei invece stanno preparando il funerale di mia nonna” disse Jade, abbassando lo sguardo. “Mi dispiace” disse l’uomo, mettendo una mano sulla spalla di Jade ed abbracciandola. “Dev’essere stato davvero terribile perdere un familiare in questo modo”. “Sentitemi” aggiunse poi, alzandosi in piedi. “Ho deciso di farvi una sorpresa”. “Una sorpresa?!” chiese sbalordito James. “Sì” rispose l’uomo “ma non urlare. È una cosa segreta, nessuno ci deve sentire”. “D’accordo” rispose James sottovoce. “Bravissimo” rispose l’uomo “Ora seguitemi. Ma fate piano, e non fatevi sentire da nessuno”.

Red aprì la porta dalla cameretta, e si sdraiò sul letto. Si sentiva molto sollevato di poter finalmente dormire in una casa tutta sua. Era certo che, da allora in poi, tutto sarebbe andato perfettamente. Si sarebbe iscritto ad una scuola di Loreis, ed avrebbe potuto continuare gli studi come si deve. Prese il telefonino dalla sua tasca ed iniziò a guardare dei video su youtube. Dopo circa una decina di minuti, qualcuno bussò alla porta. “Avanti” fece Red. Johnny entrò. “Ciao, Red” lo salutò. “Ehi, cosa vuoi?” chiese Red. “Posso dormire con te?” chiese “Non mi sento molto a mio agio a dormire la prima volta che vado in una nuova casa”. “D’accordo” disse Red “Vieni”. Dopo che Johnny si fu sistemato nel letto, Red posò il telefono sul comodino e prese a dormire. Si sentiva molto rilassato. Bastarono pochi minuti e Red cadde in un sonno profondo.

Red si stiracchiò. Si sentiva frastornato. Non sapeva quanto avesse dormito esattamente. Prese il telefono dal comodino e provò ad accenderlo per vedere l’orario, ma non ci riuscì. Pensò che doveva essersi scaricata la batteria. Fece per rimettersi sotto le coperte, ma notò subito che c’era qualcosa che non andava: Johnny non era più con lui. Red scattò in piedi. Era possibile che si fosse alzato e fosse tornato nella sua stanza senza che se ne fosse reso conto? No, lui aveva il sonno leggero, se ne sarebbe accorto se il suo fratellino si fosse alzato. Il cuore di Red iniziò a battere all’impazzata. Il panico aveva ormai preso il sopravvento su di lui. Restare lì dentro non avrebbe di certo aiutato. Doveva cercare per tutta la casa se voleva ritrovare Johnny. Si mosse verso la porta, ma subito fu fermato da un suono metallico. All’inizio pensò semplicemente che qualcosa fosse caduto, ma poi il suono divenne più forte. Il ritmo sembrava quello di passi. Qualunque cosa ci fosse là fuori, stava venendo verso di lui. Con tutta la velocità che aveva, Red si rintanò sotto il letto, cercando di fare il meno rumore possibile. I passi metallici stavano diventando sempre più forti. Poi, per pochi attimi, si fermarono. Red tirò un sospiro di sollievo. Forse quell’essere metallico là fuori aveva deciso di andarsene. Ma la tranquillità di Red durò poco. La porta si aprì con un cigolio. L’essere si avvicinò. Ora Red era in grado di vedere i suoi piedi. Non sapeva a chi o a cosa appartenessero, ma sicuramente non erano umani: erano grandi quasi il doppio dei suoi, e completamente nera. La creatura si fermò di fronte al letto. Un enorme zampa grigiastra afferrò Red per il braccio, e lo trascinò fuori dal letto. Red tremava, ed era diventato del tutto pallido. Il suo respiro era diventato pesante, e non riusciva più a ragionare bene. Era faccia a faccia con la creatura. Il suo volto deforme ed orripilante ricordava vagamente quello di un orso, i suoi occhi erano rossi come il sangue, le sue mani erano provviste di artigli. Sulla testa portava un cappello a cilindro dorato, e sul petto un papillon del medesimo colore. La creatura diede un ultimo sguardo alla sua preda, e poi si scagliò contro di essa, aprendo la sua immensa bocca. Red lanciò un urlo di terrore non appena si rese conto che le zanne del mostro avevano iniziato a perforare la sua carne.

Woff! Woff! Woff!

Gli abbaiati di Ercole fecero svegliare di soprassalto Red. In condizioni normali, lui si sarebbe arrabbiato per essere stato costretto ad alzarsi nel bel mezzo della notte, ma quella volta ne era onestamente grato. L’incubo che aveva vissuto era stato terribile. Svegliarsi e scoprire che nulla di ciò che era successo era reale gli aveva risollevato il morale. Controllò il letto, e si accorse che Johnny era ancora lì. Nel frattempo, però, Ercole non smetteva di abbaiare. Era strano. Non abbaiava quasi mai, quando lo faceva era principalmente perché… c’erano intrusi! Forse qualcuno aveva irrotto nella casa mentre stavano dormendo. Red uscì dalla sua stanza e corse nel salotto, una stanza di medie dimensioni priva di decorazioni. I suoi genitori erano già lì. “Papà! Cos’è successo?” chiese Red. “Non… non lo so” rispose lui. Ercole abbaiava e ringhiava, questa volta anche più forte di prima. All’improvviso il cagnolino si scagliò contro la parete, ed iniziò a graffiarla. Si avventava furioso, affondando le sue unghie fin nell’intonaco. “Fermo, Ercole! Fermo!” urlava invano papà. “Visto? Te l’avevo detto che il tuo cane ci avrebbe portato problemi” lo rimproverò mamma. “Mi dispiace. Io non ho idea di che cosa gli sia preso” rispose papà, quasi disperato. “Ercole, seduto! Seduto, Ercole” aggiunse, cercando di placare l’animale. “Ci sta distruggendo tutto il muro!” sbottò mamma. “Fa qualcosa, maledizione! È il tuo cane!”. “Ercole, giù!” continuava ad urlare papà. “Ok, ora mi hai stufato” disse, avvicinandosi a lui. Lo afferrò per la pancia, lo prese in braccio, e lo portò via. Ercole continuava ad abbaiare con la faccia diretta contro le parete. Papà prese il guinzaglio e lo legò ad un tavolo della sala pranzo. “Ecco, così dovrebbe stare buono” disse. “Sarà meglio che questo non riaccada più, altrimenti lo butto fuori al tuo cane” ribatté furiosa la mamma. E mandalo da un veterinario per assicurarsi che non abbia nessuna malattia mentale”. Che mamma non amasse particolarmente Ercole non era un mistero, ma questa volta quello che era successo era certamente piuttosto strano. Red non sapeva perché Ercole fosse diventato tanto aggressivo contro un’innocua parete di mattoni. Eppure, per qualche arcano motivo, sentiva che tra l’immotivata rabbia provata dall’animale ed il terrore che aveva provato nel suo sogno ci fosse una sorta di legame.

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Capitolo 5
*** The Missing Children ***


Capitolo 4 – The Missing Children

“Secondo te dove ci vuole portare?” chiese Jade. “Non lo so” rispose James, facendo spallucce. “Ragazzi, siamo arrivati” annunciò l’uomo vestito di viola che li aveva accompagnati. Erano di fronte ad una porta grigiastra socchiusa, imbrattata alcune macchie d’olio. L’uomo la aprì. “Forza, ragazzi, andate voi per primi” disse. James e Jade entrarono. L’uomo li seguì, e poi chiuse la porta dietro di lui. Lo stanzino, illuminato dalla flebile luce arancione di una lampada da soffitto, non era in ottime condizioni. Le tubature stavano perdendo, facendo gocciolare l’acqua sul pavimento, ed i muri erano ricoperti di ragnatele. I vari scaffali erano pieni di teste vuote di galline, orsi e conigli. Sul tavolo, un robot di metallo senza ricopertura giaceva inerte. A causa dell’illuminazione, i suoi occhi metallici sembravano chiedere aiuto. “Ragazzi, vi piacerebbe diventare i vostri personaggi preferiti?” chiese l’uomo vestito di viola. “È questa la sorpresa” chiese James. I suoi occhi brillavano di gioia. “Certamente. A te chi piace di più?”. “Bonnie” rispose lui, indicando una tuta gialla da coniglio appoggiata al muro. “Ottima scelta” rispose l’uomo sorridendo. James corse verso la tuta di Bonnie, seguito dall’uomo. Quest’ultimo rimosse la testa e le gambe del coniglio. “Coraggio, stai fermo e con le braccia distese. Afferrò il busto e glielo fece indossare. Poi lo alzò leggermente da terra e fece la stessa cosa con le gambe. “Ora manca solo la testa ed abbiamo finito”. “Tu invece da chi ti vuoi vestire?” aggiunse, muovendo la testa nella direzione di Jade.

“Ok, ragazzi, mi raccomando: fate attenzione e se succede qualcosa chiamatemi” disse mamma, dando un bacio sulla fronte a Johnny “Ci rivedremo presto, tranquilli”. “Vanno a scuola, non in guerra” ribatté papà, con una vena di sarcasmo. “La prudenza non è mai troppa” rispose lei, quasi offesa. “Ciao, mamma” la salutarono Red e Johnny. “Ciao, tesori miei. Divertitevi”. Red chiuse la porta dietro di lui. La strada era molto vicina, a meno di due isolati dalla loro casa. Sua madre gli aveva spiegato la strada da fare circa dieci volte, anche se Red aveva già capito alla prima. “Allora, sai cos’hanno mamma e papà?” chiese Johnny. “Cosa intendi?” chiese Red. “Non lo so” rispose lui “pensavo che ora che abbiamo una casa, saremmo stati di nuovo tutti felici. Invece mamma e papà hanno preso a litigare per ogni cosa”. Red fece spallucce. “Sì, può darsi” rispose. Effettivamente, anche lui l’aveva notato. Non era sicuro di quale fosse il motivo. Forse dovevano scaricare tutta la rabbia che avevano tenuta repressa durante i giorni di vagabondaggio. Era comunque piuttosto sicuro che sarebbe passato presto. Non sarebbe durato per sempre, e di certo non avrebbe portato a conseguenze gravi. O almeno così credeva.

La stanza era grande e spaziosa, con grosse finestre aperte che arieggiavano l’interno. Red spalancò la porta. “Buongiorno” disse “Scusatemi per il ritardo. Ho avuto qualche problema a trovare l’aula”. “Non si preoccupi, anch’io ho affrontato alcune difficoltà il primo giorno” disse il professore, spostando lo sguardo dal registro al nuovo arrivato. “Tu sei?”. “Red Stones” rispose lui. “Oh, bene, Stones, eccolo!”. Indicò con il dito una piccola riga sul registro. “Accomodati pure”. Red si sedette al primo banco, nell’unica sedia non ancora presa. “Ti do un caloroso benvenuto alla Jack Hamilware School” disse allora il professore. “Io sono Albert Elson, insegnante di scienza e tecnologia”. “La ringrazio” rispose Red. Il signor Jameson già gli stava molto simpatico. “Il piacere è tutto mio” disse il professor Elson. “Ad ogni modo, iniziamo. Lei ha il suo libro di scienze, Red?”. “Purtroppo non ancora” rispose timidamente il ragazzo. “Non fa nulla” disse Elson “Richard, potresti dividere il tuo libro con Red?”. “Certo” rispose una voce profonda. Red si girò verso il suo compagno. Richard era alto e magro, con i capelli biondi e gli occhi azzurri. Aveva un look piuttosto casual, con una maglietta a maniche corte, dei jeans e scarpe da ginnastica. Red fu sorpresa del che questo modo di vestirsi fosse permesso in una scuola. In tutte le altre in cui era andato, tutti dovevano indossare la classica uniforme scolastica, e, a dire il vero, all’inizio lui si era un po’ spaventato perché ancora non era riuscito a comprarla. Non sembrava che fosse un grande problema, però, né per il professore né per gli studenti. “Allora” disse Elson “Aprite il libro a pagina 49. Oggi parleremo delle teorie scientifiche di Antoine Lavoiser, un grande ricercatore che è riuscito per primo a scoprire…”. “Ehi. Ehi, Red” disse Richard. “Oh, scusa, mi ero distratto” rispose il ragazzo. “Allora, visto che sei nuovo, ti posso fare qualche domanda?”. “L’hai già fatta” scherzò Red “Ma sì, puoi chiedermi tutto quello che vuoi”. “Da dove vieni?” chiese Richard. “Dal Texas” rispose Red. “Ma la mia casa è stata distrutta circa quattro anni fa, e da allora abbiamo vagato per tutta l’America nella speranza di trovare una nuova casa”. “Mi dispiace”. “Ragazzi, per favore, potreste cercare di fare un po’ meno di rumore?” fece il professore con tono secco e deciso, abbassando i suoi occhiali a mezzaluna per lanciare ai due uno sguardo truce. Red capì subito che Elson poteva essere gentile così come poteva essere un duro e severo. “Ci scusi, professore” disse Richard. “È stata colpa mia. Ho iniziato io”. “D’accordo, per questa volta chiuderò un occhio” rispose Elson “Non credo che socializzare sia sbagliato, ma fatelo nel cambio d’ora, durante la ricreazione o in mensa. Se la lezione vi annoia non ascoltate, ma per favore non distraete gli altri”. “Allora” proseguì “Come vi stavo dicendo, le leggi di Lavoiser ci permettono di dare una risposta a moltissime domande, come ad esempio…”.

“Ragazzi” disse il professor Ferry “Abbiamo finito. Potete andare in mensa a pranzare ora. Per la prossima volta, studiate da pagina 67 a pagina 69 del libro di storia, e fate una relazione sulla scalata politica del nazismo in Germania. Buon pranzo e nuova giornata”. Uscì dalla stanza, facendo ondeggiare la sua giacca di pelle nera. Tutti si alzarono ed iniziarono a dirigersi verso la porta. “Scusami, Richard” disse Red, trattenendo il suo compagno di banco da un lembo della maglietta “Potresti accompagnarmi a mensa, per favore?”. Si sentiva molto imbarazzato ogni volta che cambiava scuola e doveva chiedere a tutti informazioni. “Sì, certo, Red” rispose lui “Nel frattempo ti dispiace se continuiamo a parlare?”. “Ovvio che no. Dai, dimmi, di cosa vuoi che discutiamo?”. “Discutiamo. Ma usare parlare come i normali esseri umani, no?” lo prese in giro Richard. “Ad ogni modo” continuò “Ti sei trasferito qui stabilmente o sei solo in affitto?”. “No, stabilmente” rispose Red. “Benissimo!” esclamò Richard “Allora, se posso chiedere, dove ti sei trasferito, esattamente?”. “Nella vecchia casa di fronte al giardino in Via Wallice”. Silenzio. Sembrava che non provenisse nessun suono dalla sala, come se a tutti fosse andata via la voce nello stesso momento. Red mosse lo sguardo verso Richard. La sua faccia era diventata completamente pallida, i suoi occhi erano spalancati e la sua bocca aperta. Le sue braccia inerti penzolavano sui fianchi. Red iniziò a preoccuparsi. Forse stava male “Richard! Richard!” urlò. “Sì?” chiese lui, quasi frastornato. “Tutto bene?” chiese Red. “Sì, sì, ora… ora devo andare” disse lui. “E per la mensa?”. “Chiedi ad un professore” rispose lui. Il suo tono era aggressivo, come se fosse sulla difensiva. Red non capiva cos’avesse detto per destabilizzarlo tanto. Nel frattempo, gli altri studenti avevano ricominciato a parlottare, ma non come prima. Nessuno faceva più molto rumore, tutti sussurravano. Red era ancora più confuso. Come mai una semplice frase come quella che aveva detto aveva causato un tale turbamento nell’animo dei suoi compagni? Possibile che fosse stata solo una coincidenza? Aveva intenzione di scavare a fondo in quella faccenda. Si avvicinò ad un gruppetto di ragazze, che stavano discorrendo a voce bassa. “Avete sentito?” disse una di loro, che aveva lunghi capelli rossi raccolti in una treccia “Credete che lo sappia o no, quello che è successo?”. “Cosa?” si inserì Red “Cosa dovrei sapere?”. “Nulla, nulla, non mi stavo riferendo a te” rispose lei, sfoggiando il sorriso più falso che Red avesse mai visto. “No” rispose autoritario Red “Ora voglio sapere perché vi siete tutti comportati così non appena ho menzionato la mia casa?”. La ragazza sospirò. “E va bene” rispose “Però, vieni più vicino, è meglio non farsi sentire”. “Perché?” chiese Red. “Vieni vicino e basta” insistette lei. Red acconsentì con un cenno della testa, e si avvicinò alla sua interlocutrice. Solo pochi centimetri separavano le loro facce. Red iniziò a sentirsi nervoso. “Allora” disse lei, facendo un profondo respiro “Vedi, la tua casa non è esattamente una casa. O almeno, non lo è sempre stata. Prima era una pizzeria per bambini. Si chiamava Freddy Fazbear’s. Era un posto grande e bello, tutti ci andavano, tutti amavano starci. Poi, dieci anni fa, è accaduta la tragedia. Due bambini sono scomparsi, e nessuno li ha mai ritrovati. Si chiamavano Jade e James”. Gli occhi della ragazza erano diventati lucidi. Stava per piangere. “Tutti li conoscevano. Tutti gli volevano tanto bene. Ci sono state indagini e tutto, ma nessuno li ha mai ritrovati. Erano morti. Erano stati rapiti ed uccisi. Le loro famiglie non hanno neppure potuto sotterrare i loro corpi. Quel bastardo che li ha uccisi ha gettato i loro cadaveri chissà dove, così, come fossero spazzatura. È stato un colpo terribile per tutti noi, ma soprattutto per Richard. Era… era il fratello… il fratello di Ryan. L’aveva lasciato a giocare da solo per stare con i suoi amichetti, e… e…. è successo”. La ragazza tratteneva a stento le lacrime. Red sentì una fitta nello stomaco. All’improvviso comprese tutto. Si sentì un idiota per essersi comportato in modo così brusco con Richard. Sarebbe stato impossibile superare un tale trauma. Immaginò il senso di colpa che aveva provato Richard per non essere stato con suo fratello quando era morto. No, non poteva. Non si può immaginare la sofferenza che provano coloro che perdono i loro cari senza prima sperimentarla in prima persona. La ragazza dai capelli rossi iniziò ad asciugarsi le lacrime. Red decise di non andare a mensa. Gli era passato l’appetito.


Nota autore:

Questo capitolo è stato modificato il 27 Agosto 2021 per correggere alcuni errori

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Capitolo 6
*** Friends are Forever ***


Capitolo 5 – Friends are Forever

“Bene, brava, così” stava dicendo l’uomo vestito di viola mentre faceva indossare a Jade il costume giallo. “Perfetto” disse l’uomo. Jade era riuscita ad indossare l’intera tuta. “Sei brava, sai? Proprio brava. La bambina più brava che abbia mai incontrato” continuò l’uomo, avvicinandosi a lei per darle un bacio sulla guancia. “Su, tieni, mettitela” aggiunse, porgendole la maschera da orso. Jade la prese tra le mani e la indossò. “Perfetti” disse l’uomo. “Assolutamente perfetti”. Jade non ne era sicura, ma le sembrava di vedere i suoi denti contratti in un ghigno. “Le tute perfette per voi” continuava. “Ora che cosa dobbiamo fare?” chiese James. “State fermi. Non muovete un muscolo”. “Perché?” domandò Jade. “Non mi credete? Non vi fidate di me? Non vi biasimo, nessuno vuole mai ascoltarmi. Non piaccio a nessuno, e posso capire il perché: non merito il vostro ascolto”. Il tono di voce era mogio e basso. Sembrava davvero dispiaciuto. Jade si sentì molto triste per lui. Non voleva che quel signore gentile si sentisse così per colpa sua. “Noi non ti odiamo” disse. “Ci fidiamo di te”. “Brava, sapevo che eri una brava bambina, Jade, l’ho sempre saputo”. L’uomo si avvicinò a loro. I suoi occhi scintillavano. Era come se non riuscisse a trattenersi. Poi, con un rapido movimento del braccio, cliccò un pulsante situato sul braccio della tuta da coniglio che James stava indossando. Il costume cadde a terra. Jade sentì delle urla. Urla soffocate. Poi le urla smisero. La tuta iniziò a macchiarsi di rosso.

“Sono a casa!” urlò Red, sbattendo la porta. Nessuno però sembrò sentirlo. In condizioni normali, non avrebbe dato troppo peso a questo. Nessuno dei membri della sua famiglia era particolarmente loquace. Eppure, la scoperta di tutto ciò che era accaduto lo aveva messo in ansia. Si sentiva come se fosse costantemente spiato da qualcuno. Non aveva idea del perché. Non era una paura razionale. Posò lo zaino accanto ad un divano ed iniziò a cercare gli altri per la casa. Entrando nel salone, notò Johnny seduto sul tappeto. Stava parlottando a bassa voce. “Ehi, ciao, Johnny” disse Red “Ho interrotto qualcosa”. “Ciao, Red” lo salutò Johnny “No, tranquillo, stavo solo parlando con il mio nuovo amico. Ti va di salutarlo?”. Red ridacchiò. Johnny aveva trovato un nuovo amico immaginario. Aveva ormai perso il conto di quanti se ne era creati, e poi dimenticati. Red non aveva mai capito cosa ci fosse di divertente nell’interagire con qualcosa che esiste solo nella tua mente. Ma non era un problema grave, in fondo. Se Johnny si voleva divertire, glielo avrebbe lasciato fare. “D’accordo” rispose timidamente “Come si chiama?”. “Grazie, Red!” esultò Johnny, saltando in piedi. “Bonnie ne sarà molto felice”. “Bonnie?” chiese Red, con una nota di scherno “Senza offesa, ma è un nome piuttosto bruttino”. “Lo so” rispose Johnny “Anche a Bonnie non piace molto. Ma è il nome che gli hanno dato”. “Ciao, Bonnie” fece Red, agitando la mano. “Non ha voglia di salutarti” disse Johnny “Che strano. Mi aveva detto che non si trovava bene con quelli più grandi di lui, ma pensavo che con te avrebbe fatto un’eccezione”. “Bonnie è un bambino?” chiese Red. Aveva iniziato a trovarci interesse in quella stupida conversazione, per qualche motivo. Forse voleva solo una distrazione dopo quello che gli avevano detto a scuola. “Non lo so, in realtà” rispose Johnny “È un coniglio. Non è facile capire l’età degli animali”. “Sai dove sono mamma e papà?” chiese Red. “Sono in cucina” rispose Johnny. “Grazie” disse Red, correndo fuori dalla stanza. Attraversò il piccolo corridoio che portava alla cucina, ed si fermò di fronte alla porta. I suoi genitori erano di fronte ad un grosso bancone, pieno di pentole e padelle. Stavano discutendo in maniera piuttosto animata. “Sentimi, Arianne” diceva papà, indicando una serie di buste della spesa “Non c’è bisogno che compri tutte queste cose se poi non le mangiamo. Abbiamo una casa, ma questo non significa che siamo ricchi. Posso ricordarti che per lavoro vendiamo bibite gassate in mezzo alla strada?”. Muoveva le braccia, gesticolando. Non aveva alzato la voce, ma era evidente che si stava trattenendo a stento. “Senti un po’ chi parla” ribatté mamma “Tu il cibo per quel tuo cagnolino rompiscatole ed i vestiti nuovi te li puoi comprare, però io, io devo sempre rinunciare a tutto”. “Non capisco cosa c’entri Ercole” disse papà “E poi lo sappiamo tutti e due che alla fine non mangi tutto quello che prendi, perché poi dici che ti fa ingrassare. Dobbiamo gestire il nostro denaro in maniera migliore. Avere una casa non è tutto rose e fiori come pensi tu, abbiamo le bollette da pagare, e non arriveremo alla fine del mese in questa maniera”. “Ah, sì?” disse mamma “Tu lasceresti i nostri figli morire di fame pur di avere le tasche piene di denaro, non te n’è mai importato veramente di loro”. “Non ti azzardare nemmeno a pensare una cosa del genere!” urlò. La sua voce era tonante. I suoi muscoli facciali si stavano contraendo in un’espressione di pura furia. E poi accadde. Era stato un secondo. Con uno schiaffo impulsivo, aveva colpito mamma così forte da farla cadere a terra. “Arianne, scusami, non sono riuscito a trattenermi” disse, aiutandola a rialzarsi. Poi girò la testa verso l’entrata, notando Red, che restava lì, immobile, a fissarli. “Oh, cielo” disse mamma. “Red, sentimi” disse papà “mi dispiace per quello che ho fatto, io non volevo, no, proprio, non volevo farlo”. “Non mi importa” urlò Red “Perché? Perché deve tutto andare sempre a rotoli, perché abbiamo tutti questi problemi, anche adesso, adesso che abbiamo tutto ciò che volevamo. Non ne posso più, la mia vita fa schifo! Ha sempre fatto schifo!”. Si girò e corse verso camera sua. “Aspetta, per favore aspetta, Red” provò a chiamarlo mamma. Ma era come se Red non la sentisse.  

Red chiuse la porta della sua cameretta. Non aveva intenzione di aprirla. Non aveva importanza quanto i suoi genitori bussassero, dicendo che era tutto a posto e che non era successo niente. Perché lui sapeva che non era vero. Ora si stava calmando, non era più nemmeno arrabbiato. Si sentiva semplicemente abbattuto, aveva voglia di stare solo. Le braccia di Red iniziarono a contrarsi. Si accorse che aveva i brividi: nella stanza c’era un freddo innaturale. Non capiva come fosse possibile. La stanza era rimasta chiusa per tutto il tempo, e nessuna finestra era stata aperta. Poi guardò alle crepe sul pavimento. Forse uno spiraglio d’aria era entrato da lì. Provò ad alzarsi, ma non ci riuscì. Per quanto tentasse di muovere le braccia e le gambe, queste non rispondevano. Erano immobili, come congelate. Si accorse però ben presto che esse non erano le uniche parti del suo corpo che non riusciva a muovere: il suo intero corpo era paralizzato. Pensieri terrificanti attraversarono la sua mente. Aveva chiuso a chiave. Se fosse rimasto bloccato lì dentro, nessuno avrebbe potuto salvarlo. Cercò di urlare, ma la voce non veniva fuori. Quanto tempo sarebbe passato prima che i suoi genitori se ne fossero accorti? A volte Red restava chiuso in camera anche per ore e ore. Nessuno si sarebbe accorto che gli era successo qualcosa prima di cena. Ed anche se ne fossero resi conto, cosa avrebbero dovuto fare? Provare a buttare giù la porta? Chiamare la polizia? Red aveva gli occhi fissi sull’armadio. Il mobiletto era bianco argenteo. Non era in grado di chiuderli o di muovere lo sguardo in un’altra direzione. Un rumore iniziò a risuonare nelle orecchie di Red. Era come un gorgoglio confuso, un insieme di parole che non era in grado di decifrare. Si rese conto che proveniva dall’armadio. C’era qualcosa, o qualcuno, nell’armadio. Con un cigolio, questo si aprì. Nell’oscurità, Red era in grado di distinguere una creatura, che lo stava fissando. Era completamente viola, fatta eccezione per i denti e per gli occhi, che erano di un bianco scintillante. Era bipede, ma la forma della sua faccia ricordava quella di un orso con un cappello a cilindro in testa. L’essere rimase ad osservare il ragazzo per qualche minuto, poi uscì dal suo nascondiglio. Ora che era fuori, appariva molto più grande. Si poteva notare un oggetto nelle sue mani, un piccolo bastone che terminava con una sfera. Red iniziò ad agitarsi. Il pensiero di stare fermo mentre quell’essere, qualunque cosa fosse, si stava lentamente avvicinando a lui per fargli chissà cosa lo stava terrorizzando. Avrebbe voluto scappare, ma semplicemente non poteva. L’orso era ormai a pochi centimetri da lui. Si preparò al suo inevitabile destino. Poi, le luci sfarfallarono, per infine spegnersi completamente. Red d’istinto sbatté le palpebre. Ora aveva di nuovo il controllo completo del suo corpo. Il più in fretta che poteva, afferrò la chiave dal comodino, corse alla porta e la riaprì. Un bagliore improvviso lo accecò. Le luci si erano riaccese. Si guardò indietro. Ma dell’orso viola non c’era più alcuna traccia. Tirò un sospiro di sollievo, e si portò una mano al petto. Il suo cuore stava battendo ad una velocità impressionante. Non aveva mai provato tanta paura in vita sua. Quell’esperienza lo aveva turbato moltissimo. “Amore!” urlò mamma, correndo verso i lui. “Come stai?”. “Non… non molto bene”. “Ti sei ripreso? Ti… ti serve qualcosa?”. “No, no grazie, ho solo bisogno di essere lasciato solo” rispose Red. Non aveva voglia di parlare. Voleva solo rilassarsi e distrarsi. Ma non riusciva a pensare ad altro che a quell’essere. Non poteva essere una fantasia od un sogno. L’esperienza che aveva provato era fin troppo vivida e reale. Ci doveva essere un motivo dietro quello che era successo, e quel motivo sembrava legato al passato della nuova casa. A scuola il professor Elson aveva spiegato che in natura nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma. E le emozioni, a quelle cosa succedeva? E se la rabbia, la paura, il desiderio di vendetta che James e Jade avevano provato negli ultimi istanti della loro vita non fossero svaniti nel nulla, ma si fossero trasformati in… qualcos’altro.

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Capitolo 7
*** The Golden Ones ***


Capitolo 6 – The Golden Ones

“Cosa…cosa gli hai fatto?” urlò Jade, furiosa. “Non preoccuparti di lui, piccola mia” disse l’uomo. Si avvicinò a lei e le levò la maschera. “Queste tute sono molto, molto pericolose, basterebbe un piccolo passo falso, e tutte le parti metalliche si conficcherebbero nel tuo corpo. Lascia che ti aiuti ad uscire”. “Lo vuoi fare davvero?” chiese Jade. Ormai si sentiva confusa. Non capiva cosa stesse succedendo, se accettare il so aiuto o no. “Certo” rispose lui “Ma non posso lasciare che usciate tutti e due. Ti farò uscire, ma solo se mi prometti di lasciarmi il tuo amichetto e di non raccontare nulla”. Sentì una rabbia indescrivibile dentro il suo corpo. Quell’uomo di cui si erano fidati era un essere crudele ed insensibile! Non sarebbe mai venuta a patti con lui! Mai! “Preferisco morire più che lasciare James ad un mostro come te!”.

Red si alzò. Quella notte aveva avuto dei sogni caotici e confusionari, ma non riusciva a ricordarseli. Si stiracchiò, ed uscì dal letto. Aveva molto lavoro da fare. Il giorno precedente aveva provato a cercare informazioni sull’incidente su internet, ma non era riuscito a trovare niente. Gran parte dei link che era riuscito a trovare conducevano a pagine ormai cancellate. Aveva deciso dunque di provare a vedere se fosse riuscito a trovare qualcosa nella biblioteca. Lì di sicuro avrebbe trovato qualcosa. I suoi genitori gli avevano dato il permesso di uscire quella domenica, ma solo di pomeriggio. Voleva trovare quante più prove che confermassero la sua tesi, e mostrarle ai genitori, così che avessero potuto lasciare la casa. Magari rivenderla a qualcuno ad un prezzo più alto e comprarne una nuova. Non importava quanto l’idea gli fosse sembrata stupida o senza senso la prima volta che ci aveva pensato, ormai era del tutto convinto che fosse l’unica spiegazione possibile. Red si alzò, andò a vestirsi ed uscì dalla cameretta. Mamma e papà erano appena fuori dalla porta, e stavano fissando una parete senza muovere nemmeno un muscolo. “Cosa fate?” chiese Red. “Oh, Red” disse papà, muovendo lo sguardo verso il figlio. “Hai combinato tu questo casino?”. Si scostò di lato, mostrando una serie di disegni scarabocchiati su un muro con quello che doveva essere stato un pennarello rosso. Le sagome era alquanto difficile da identificare: erano piccole e tondeggianti, e con un filo che le legava. “No” rispose immediatamente Red. Anche lui ormai aveva lo sguardo fisso sul muro. Era come se quegli scarabocchi li avessero ipnotizzati. Riusciva a percepire che c’era qualcosa di più in quell’immagine, un dettaglio che ancora gli sfuggiva. “Sicuro?” chiese mamma “Chi altro potrebbe essere stato?”. “Ciao!” li salutò Johnny, che aveva appena sporto la testa fuori dalla porta. “Vi è piaciuto il disegno che Bonnie ha fatto per voi?”. Mamma sembrò apparire più rilassata. “Di’ a Bonnie di non farlo mai più” disse. “Ci proverò” rispose Johnny “Ma lui è un pochino testardo”. Mamma sorrise. “D’accordo” disse “Ma guarda che se vedo di nuovo un altro come questo metto in punizione a tutti e due”. Drin. Drin. Drin. Il telefono di papà stava squillando. Lui lo prese e se lo portò all’orecchio. “Pronto?” chiese. “Oh, Arianne, tesoro, è il commercialista” disse. “Meglio se andiamo nella nostra stanza, così discutiamo di cosa dobbiamo fare”. Il suo tono era serio e leggermente preoccupato, anche se cercava di apparire il più tranquillo possibile, probabilmente per non destabilizzare Red e Johnny. Mentre mamma e papà se ne andavano, Red diede un’ultima occhiata al graffito sulla parete e finalmente fu in grado di capire cosa c’era che non andava: le due figure non erano sole. Dietro di loro si ergeva un’altra sagoma, più sbiadita delle altre. Era filiforme, e priva di qualsivoglia dettaglio, fatta eccezione per un enorme sorriso, tanto grande da apparire forzato. A differenza delle altre sagome, non era rossa. Infatti era di un viola chiarissimo, quasi rosa. I suoi occhi, benché fossero solo due puntini bianchi, sembravano terribilmente vivi. Red si sarebbe aspettato che iniziassero a muoversi in qualunque momento. Non voleva osservare quel muro per un minuto di più. Scrollò la testa, e si diresse in cucina per fare colazione.

La biblioteca era molto più grande di quanto Red si aspettava. Enormi scaffali pieni di tomi e romanzi di ogni genere occupavano quasi tutto lo spazio disponibile. L’intero posto in pessime condizioni, sembrava quasi abbandonato. Il soffitto era ricoperto di ragnatele, ed il pavimento era pieno di polvere. Nessun altro cliente era all’interno al momento. “Cerca qualcosa?” chiese una voce nasale. Di fronte a Red c’era una donna piuttosto anziana, con i capelli biondo acceso ed i denti ingialliti, che emanava un fortissimo odore di sigaretta. Era quasi scheletrica, con pochissimi centimetri di muscolo a separare la pelle dalle ossa. “Buongiorno” disse Red, prendendo fiato. Era sicuro che quello che avrebbe chiesto avrebbe destato sospetto da parte della donna “Ha qualche articolo di giornale riguardo il Freddy Fazbear’s Pizza?”. La bibliotecaria lo guardò con sdegno. “Perché ne ha bisogno?” chiese. “Mi hanno lasciato una ricerca da fare per scuola” rispose Red, cercando di suonare il più convincente possibile. La scusa era pessima, ma non era riuscito a pensare a niente di meglio. “Capisco…” rispose la bibliotecaria “Però, mi scusi, ma non le sembra strano che un professore lasci un compito del genere?”. Red si era già preparato a questa evenienza. “Perché? Mi perdoni, ma io non so proprio niente di questo… Fazbear Pizza, quindi non mi sono opposto al mio insegnante”. Fingere di non sapere niente era la mossa migliore. La bibliotecaria avrebbe dovuto raccontargli cos’era successo in ogni caso, quindi mostrargli gli articoli sarebbe stato più pratico. “D’accordo” disse lei “Vedo se trovo qualcosa”.  La donna si mosse verso una delle mensole, e, dopo aver fatto lunghe ed attente ricerche tra i vari fogli, estrasse una serie di pagine di giornale consunte e le consegnò a Red. “Ecco, ora ha quello che le serve, ma la avverto, questa non è roba per gente dallo stomaco leggero” disse. “La ringrazio” rispose il ragazzo. Prese il primo degli articoli tra le mani ed iniziò a leggerlo.

9 Dicembre 2011

ARRESTATO L’UOMO DIETRO L’INCIDENTE DEI BAMBINI SCOMPARSI

L’assassino che uccise due bambini all’interno di un ristorante per famiglie è stato finalmente assicurato alla giustizia

Questa mattina le forze di polizia hanno fatto irruzione nell’appartamento di Vincent Lyerson, il sospettato principale nell’incidente dei bambini scomparsi avvenuto nell’Agosto del 2009. L’uomo è stato trovato dagli agenti all’interno del seminterrato della sua abitazione, dove stava farneticando, ripetendo in continuazione parole senza senso. Sul suo computer sono state trovate diverse fotografie di bambini che sembravano essere state scattate dallo stesso Lyerson. L’uomo è poi stato portato in centrale, dove ha confessato di aver ucciso Jade Termont e James Trambles, sebbene si sia rifiutato di rivelare dove i loro corpi erano stati nascosti. Lyerson ha anche ammesso di aver commesso altri omicidi all’interno delle catene gestite da Fazbear Entertainment, dove lavorava come guardiano diurno e tecnico, senza dare però maggiori dettagli. Lyerson è tuttora tenuto sotto sorveglianza all’interno di una cella d’isolamento in attesa del processo.

“Il criminale più terrificante che abbia mai incontrato. Un vero mostro. Ho avuto a che fare con molti serial killer nel corso della mia carriera, ma nessuno era come Lyerson. Nessuno era così folle, determinato ed insensibile come lui. Parlava dell’orrendo omicidio che aveva commesso come si parla di una cosa che si fa tutti i giorni. Non aveva paura di niente e di nessuno, e di fronte alla possibilità di essere condannato a morte, ha risposto con una risata da far gelare il sangue. Prego solo che Jade e James possano ricevere giustizia per le loro morti” ha dichiarato Lucas Whitelite, capo del dipartimento di polizia di Loreis.

Nulla di particolarmente utile per la sua causa, ma terrificante ad ogni modo. Una conferma di quanto distorto e malato era quel killer. Posò il foglio sul tavolo, e diede un’occhiata al secondo.

4 Ottobre 2009

ADDIO AL FREDDY’S

Annunciata la chiusura di tutte le location legate al franchise Fazbear

In seguito agli orribili incidenti legati alla compagnia, primo fra tutti l’omicidio di James Trambles e Jade Termont all’interno di una pizzeria a Loreis, ed a denunce da parte di ex-dipendenti che hanno denunciato terribili condizioni di lavoro con orari massacranti e pagamenti al di sotto del salario minimo, Fazbear Enterainment ha deciso di chiudere al pubblico tutti i locali di sua proprietà. Voci indiscrete sostengono che diverse pizzerie siano state rivendute a società immobiliari per essere ristrutturate e trasformate in abitazioni rivendibile. Fazbear Entertainment era da tempo vicina alla bancarotta, e, senza la possibilità di ottenere fondi dai clienti, il destino della compagnia sembra ormai segnato.

Rimaneva ora il terzo, ed ultimo articolo.

12 Maggio 2007

UNA NUOVA PIZZERIA PER BAMBINI IN ARRIVO QUEST’ESTATE

Fazbear Entertainment ha avviato la costruzione di una pizzeria della sua catena a Loreis

Lo scorso mese, Fazbear Entertainment, nota in tutto il mondo come la compagnia d’intrattenimento che ha dato vita a Freddy ed alla sua banda, ha acquistato un terreno nella periferia di Loreis, ed ora, con l’aiuto di una società di costruzioni locale, sta edificando un nuovo ristorante, programmato per aprire a Giugno. La costruzione procede a gonfie vele, come rivelato dall’ingegnere Bob Tonnes, a cui è stata affidata la direzione del progetto. Alcuni dei nostri giornalisti sono stati in grado di dare una sbirciatina all’interno. Per vedere le immagini scattate, guarda la pagina successiva.

Red girò il foglio. Nell’altra pagina non c’era nessun testo, ma due foto di scarsa qualità. La prima era piuttosto semplice, e mostrava semplicemente la sala da pranzo del locale, una larga stanza piena di tavoli, ricoperti da una tovaglia bianca e diversi piattini e bicchieri di plastica. Il soffitto doveva non essere stato ancora stato ultimato: la sala era inondata da una luce fortissima, che non sembrava essere artificiale. Red abbassò lo sguardo, ed i suoi occhi rimasero fissi sulla seconda foto. Di fronte ad una parete legnosa con alcune nuvolette di cartone appiccicate, c’erano due mascotte. Uno era un coniglio, con due orecchie appuntite, una serie di denti bianchissimi. L’altro era un orso, con un cappello a cilindro ed un papillon viola. Nella sua mano teneva un microfono. I loro occhi robotici vuoti e morti fissavano l’obbiettivo, anche il loro sorriso appariva spento. La loro pelliccia gialla sembrava scintillare. Un brivido attraversò la schiena di Red. Quell’orso, era lo stesso che aveva incontrato qualche giorno prima, lo stesso che aveva cercato di ucciderlo. Ed il coniglio era… era Bonnie, l’amico di Johnny. Non era immaginario. Era stato lui a fare quel disegno. Era un avvertimento. Due erano stati i bambini andati persi quel terribile giorno, e nessuno li aveva trovati. Due erano i personaggi principali della pizzeria, che intrattenevano i bambini. E se, se fosse proprio dentro le tute che Lyerson aveva nascosto i corpi? E se le anime di Jade e James si fossero rifiutati di arrendersi, e stessero ancora cercando vendetta? Red iniziò a sudare, sapeva che doveva sbrigarsi che non aveva tanto tempo. Nella sua mente, tutto era confuso, ma una sola cosa era certa: nessuno era al sicuro.



Nota dell’autore:


Il titolo di questo capitolo è stato modificato il 27 Agosto 2021

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Capitolo 8
*** The Light and The Shadows ***


Capitolo 7 – The Light and The Shadow

“Come vuoi!” disse l’uomo, con tono furente e deciso, schiacciando il bottone sull’arto dell’orso “Morirete insieme”. Jade sentì un dolore atroce. Nei suoi ultimi istanti di vita, i suoi occhi incrociarono quelli dell’uomo. E fece una promessa con sé stessa: si sarebbe vendicata. Non importava quale sarebbe stato il prezzo da pagare.

Non appena fu entrato in casa, Red corse subito verso la camera dei genitori, ed aprì la porta con foga. “Dobbiamo andarcene da qui” urlò “Dobbiamo andarcene subito”. “Cosa?” chiese mamma “Perché?”. “Dobbiamo farlo” rispose Red. Era del tutto agitato, il suo cuore batteva a mille e la sua fronte era tutta sudata. “Non siamo al sicuro qui dentro. Siamo in grave pericolo”. “Red, sei sicuro di stare bene?” chiese papà. “No, no, non mi sento benissimo, ma sto dicendo la verità” urlò Red. Sembrava davvero disperato. “Ci sono degli spiriti qui dentro, degli spiriti vendicativi, che ci hanno preso di mira”. Papà si avvicinò, e gli accarezzò i capelli. “Stai tranquillo” disse “So che ci sono stati alcuni eventi bizzarri, ma sono sicuro che tutto ha una spiegazione razionale”. “Non sto mentendo” rispose Red. Delle lacrime gli avevano bagnato le guance. Si portò la mano sul petto. “Vi prego, fatelo finché siamo ancora in tempo. Guardate” disse. Gli porse un piccolo taccuino. “Lì c’è scritto tutto”. Mamma lo aprì e diede un’occhiata leggermente confusa. “D’accordo, Red” disse papà “Gli daremo un’occhiata”. “Grazie” rispose Red, uscendo dalla stanza. Pregava che tutto sarebbe andato secondo i piani, e che in quella casa non sarebbe più successo nient’altro. Iniziò ad incamminarsi lentamente verso il salotto. Tutto quello che voleva era riposarsi un po’. Si gettò sul divano, prese le cuffiette ed il telefono. Un po’ di musica tranquilla lo avrebbe calmato. Era ancora troppo nervoso. Si diceva che presto sarebbe finalmente uscito da quell’inferno, e cercava di rilassarsi, ma non ci riusciva. Una costante ansia lo stava assalendo. Scattò in piedi. Era stato un istinto difensivo. Il suo sguardo si mosse verso la parete sulla destra. I segni di graffi che Ercole aveva lasciato erano ancora lì. Ma non era questo quello che aveva catturato la sua intenzione. Sul muro, oltre alla sua, c’erano due ombre. Un coniglio ed un orso. Si avvicinò, ma subito si ritrasse e cadde sul pavimento, in preda alle convulsioni. Nella sua testa, aveva iniziato a sentire un insieme di voci da bambini. Erano pianti, suppliche, ed urla. Si portò le mani alle orecchie, ma i suoni non smisero. Nella sua mente non c’era più altro che terrore e sofferenza. Si ritrasse in posizione fetale. Tentò disperatamente a rialzarsi. Non doveva lasciarli vincere. Cadde, con la faccia a terra. Non voleva combattere, non voleva resistere, non ce la faceva. Iniziò a piangere per la disperazione. Poi, sentì una mano toccare la sua spalla. Quella già orribile sensazione divenne anche peggiore. La mano iniziò a cingergli la gola. Stava soffocando. Con un grande sforzo, Red cercò di tenere le palpebre alzate. Voleva fissare negli occhi il suo assassino. Di fronte a lui, vide la faccia di un gigantesco coniglio nero. I suoi occhi ed i suoi denti erano bianchi, sembravano emanare una luce contorta. Sorrideva malignamente.

“Andiamo, cosa diavolo è questo? Ci crede davvero? Gliel’avrà dato qualche amico per fare uno scherzo” disse Tom, sbattendo sul tavolino le cose che gli aveva consegnato Red. Arianne sospirò. “Secondo me non pensa sul serio che sia successo tutto questo. Sarà stato brutto per lui. Era felice di avere finalmente un posto dove poter vivere, ma poi, da quando abbiamo avuto questa casa, sono iniziate le… discussioni fra di noi. Vorrà trovare un modo per farci andare. Quando eravamo in strada eravamo tutti uniti… come una famiglia”. “Capisco” disse Tom “Tutta colpa mia”. Si portò le mani sulla fronte. Sembrava che fosse sul punto di piangere. “Sentimi” disse Arianne “la colpa è stata di tutti e due. Quello che dobbiamo fare adesso è parlare con Red. Capire i suoi problemi. Possiamo aiutarlo”. Arianne mise la mano sulla spalla del marito. Tom si avvicinò alla porta e girò la maniglia. Ma la porta non si aprì. Ci provò di nuovo, e di nuovo, ma nulla. La porta non voleva aprirsi. “Cos’è successo?” chiese Arianne. “Temo che siamo bloccati dentro”.

Red non ne poteva più. Per quanto avrebbero ancora giocato con lui prima di finirlo? Cos’aveva fatto di male per meritarselo? Non aveva idea di cosa stesse succedendo o da quanto tempo quel coniglio stesse stringendo la sua gola. Si sentì alzato da terra. Il coniglio gli diede uno sguardo malefico, ed aprì la bocca. Il suo incubo era vicino ad avverarsi. Sentì i suoi denti premere contro la sua faccia. Un’altra fitta di dolore. Ormai aveva perso tutte le speranze. Non l’avrebbero mai lasciato andare. Stava per rassegnarsi completamente, quando una vocina stridula urlò “Fermo!”. Red sbatté la schiena contro il duro pavimento. Aveva riconosciuto quella voce. Era Johnny “Scappa” disse. Voleva urlare a pieni polmoni, ma ciò che uscì dalla sua bocca fu poco più di un sussulto. “No” rispose lui “Non ho intenzione di lasciarti da solo”. Era determinato. Red fu terrorizzato. Quei due mostri ci avevano messo pochissimo a sopraffarlo. Sconfiggere Johnny non sarebbe stata una grande fatica. Il coniglio ora stava guardando verso di lui. Johnny si avvicinò lentamente. “Perché l’hai fatto, Bonnie?” chiese. Stava per piangere. “Perché volevi fare quello a mio fratello?”. “Tu non capiresti” disse una voce da bambina. Era spezzata e sofferente. “Quello che ci ha fatto… non siamo riusciti a perdonarlo. Sei così dolce, così innocente. Mi ricordi di… di me”. Red lanciò uno sguardo verso il muro. Di fronte ad esso, l’orso viola che aveva provato ad attaccarlo mentre era nella sua cameretta si ergeva in piedi, fissando Johnny dritto negli occhi. “Ci ha ucciso” continuò la voce da bambina “Ci ha lasciato morire dentro quelle tute, lentamente. Ci ha fatto vivere un inferno. Ora noi siamo qui per ricambiargli il favore”. “No” disse Johnny “Vi prego, non fatelo. Non è stato Red il colpevole, ve la state prendendo con la persona sbagliata”. Era scoppiato in lacrime, e si era accasciato a terra. “Come facciamo a sapere che non è un’altra menzogna?” disse la voce da bambina “L’ultima volta che ci siamo fidati di qualcuno è andata male”. L’orso si avvicinò a Johnny. Alzò la sua mano, e fece per toccarlo. “No!” urlò Red. Si alzò in piedi. Il dolore era atroce, ma non importava. Avrebbe affrontato questo ed altro per proteggere Johnny. “Così non state aiutando nessuno” urlò “Posso solo immaginare quanto sia stato orribile quello che vi ha fatto, ma non è così che risolverete la situazione”. L’orso ed il coniglio avevano mosso la testa nella sua direzione. “Dicci, allora, cosa dovremmo fare?” chiese la voce da bambino “Dovremmo lasciarlo vincere?”. “No, non dovreste lasciarlo vincere” disse Red. Il malessere fisico era ancora forte, e le sensazioni di paura ed abbattimento persistevano, ma ora si sentiva più forte. Sapeva che avrebbe potuto farcela. “Ma lui è vicinissimo a vincere. Guardate in cosa vi ha trasformato? Esseri vendicativi, che ucciderebbero chiunque pur di raggiungere il loro obbiettivo. Esseri come lui. Non vi ho mai conosciuto, ma sono sicuro che eravate dei bambini dolci e puri. Non assecondatelo. Non trasformatevi in qualcuno peggiore del vostro assassino”. “Lui continuerà” disse la voce da bambina “Se lo lasciamo vivere, lui farà ad altri quello che ha fatto a noi. Non possiamo lasciare che permetta”. “No, lui non farà più niente. È dietro le sbarre, e verrà condannato per i suoi crimini, dalla giustizia, non dalla vendetta. La vendetta non porterà a niente di buono. Porterà ad altri morti, ed altra sofferenza, ad altri che proveranno a vendicarsi su di voi, uccidendo magari altri innocenti. Abbandonate questo proposito prima che sia troppo tardi”. Il coniglio e l’orso continuavano a guardarlo, senza fare un singolo passo. “Ma sarete voi a decidere se risparmiarci o meno” disse Red “Spero solo che farete la scelta giusta”. Per un po’, l’orso ed il coniglio rimasero immobili, come congelati. Poi, i loro lineamenti e le proporzioni iniziarono a cambiare. In pochi secondi, di fronte a Red c’erano due piccoli bambini, un maschio ed una femmina. Erano loro. James e Jade. Il primo porse la mano a Johnny, la seconda a Red. Ora quest’ultimo non provava più rabbia o tristezza, ma solo un’irreale sensazione di pace e serenità. Prese la mano di Jade. Una luce fortissima lo investì, poi sembrò che tutto fosse scomparso, inghiottito dall’oscurità più pura.


Nota autore:

Questo capitolo è stato modificato il 27 Agosto 2021 per correggere alcuni errori di battitura

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Capitolo 9
*** Epilogo ***


 

Prologo

Gli occhi di Red bruciavano. Strofinandoseli e cercando di sforzarsi quanto più possibile per tenerli aperti, si guardò intorno. Le macerie erano ovunque. Il prezioso armadio in bronzo ed oro ed i pregiati vasi greci in cui sua madre aveva speso tutta l’eredità del nonno erano ormai ridotti a pezzi, schiacciati sotto il peso del cemento crollato dal soffitto. Rialzandosi in piedi, riuscì anche ad avvistare il suo letto, o meglio ciò che ne era rimasto: una serie di frammenti legnosi avvolti parzialmente da brandelli di tessuto rosso. Gli veniva da piangere, ma provò a trattenersi. “Tutto a posto?” chiese una voce familiare. Lo riconobbe subito, era Mister Fethers, il loro vicino di casa. Di solito era sempre allegro e pieno di energia, ma ora il suo tono appariva semplicemente preoccupato ed affranto. “Sì” rispose Red. Ma sapeva che non era vero. Sì, era sopravvissuto senza gravi ferite. Ma questo non significava che tutto fosse apposto. I problemi non erano finiti quando il vortice d’aria e morte era sparito all’orizzonte. Al contrario, erano solo iniziati

Angolo autore:

Ciao, ragazzi, ho deciso di aggiungere retroattivamente questo prologo perché, boh, ci stava. Spero di avervi incuriosito e che leggerete il primo capitolo. Ciao!

Epilogo

Red si alzò, stiracchiandosi. Non aveva idea di quanto tempo fosse passato da quando si era addormentato. Mamma, papà e Johnny lo stavano osservando. Tutti restarono ammutoliti per qualche secondo, poi mamma disse “Finalmente ti sei svegliato, tesoro”. “Cos’è successo?” chiese Red. Non riusciva bene a ricordare quello che era successo il giorno prima. “Ti abbiamo trovato svenuto in mezzo al salotto e ci siamo preoccupati”. “Capisco” disse Red “Ma state tranquilli, non mi è successo nulla. Sto benissimo”. “Perfetto” disse papà “Ora possiamo andare a mangiare”. Red si alzò, e scese dal letto. Corse immediatamente nella sala pranzo, dove un grande tavolo imbandito lo stava aspettando. Si sedette, e così fecero tutti gli altri. “Buon appetito” disse mamma. “Anche a te, tesoro” rispose papà. Johnny si avvicinò all’orecchio di Red, e gli sussurrò “Grazie. Per avermi salvato”. “Anche tu mi hai salvato” rispose Red “Da solo non ci sarei mai riuscito. È per questo che siamo uniti. Come una squadra”.

Angolo autore:

 

Ciao, ragazzi, e, sì, la mia fanfiction è giunta al termine (e meno male, diranno alcuni). Spero che, nonostante sia ben lontana dalla perfezione, vi sia piaciuta lo stesso e vi abbia almeno un po’ accattivato. Un salutone a tutti, e grazie mille per aver seguito Shadows

 

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Capitolo 10
*** Credits ***


Shadow Freddy, RWQFSASXC (Shadow Bonnie), Fazbear Entertainment, Freddy Fazbear, Freddy Fazbear’s Pizza, Foxy the Pirate, Purple Guy (William Afton nella serie originale, Vincent Lyerson nella mia fanfiction AU), Fredbear e SpringBonnie sono proprietà di Scott Cawthon e non appartengono a me.

Tutti gli altri personaggi sono stati ideati da me

L’idea per le origini di Shadow Bonnie e Shadow Freddy è liberamente ispirata alle teorie dello youtuber statunitense BlackfootFerret.

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