Da sempre

di orchidee
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 20: *** 20 ***
Capitolo 21: *** Aggiornamento ***



Capitolo 1
*** 1 ***


Capitolo 1

"Ciao piccolina! Cosa fai qui?"
"Cercavo Cami..."
"Cami? È strano! Meno di un'ora fa, è uscita per venire a casa tua... Doveva studiare con tuo fratello, da quanto ne so!"
"Ah sì? Non vengo da casa... Non c'è nessuno?"
"Solo Riccardo, come ogni giorno a quest'ora..."
"Vado a salutarlo!"
"Fran, non è solo! Perché non vai a casa?"
"Lucia, ma voglio solo salutarlo... E gli devo chiedere scusa! E poi gli zii lo sanno che sono qui e anche i miei genitori!"
"Piccola, questa volta non scordare di bussare..."
"È sempre la stessa stupidella?"
"È la sua ragazza, Fran!"
La settimana prima, era piombata come ogni pomeriggio a casa. In genere lo trovava in giardino, in veranda o in sala, impegnato a costruire qualche macchinina strana, o nella sua camera, a studiare. Si metteva a guardarlo, a chiacchierare, a volte lui la trattava male o nemmeno la considerava, ma a lei sembrava non importare. Le piaceva anche solo passare il tempo ad osservarlo. E quando lui, perché era di buon umore o semplicemente perché la vedeva più triste del solito, le concedeva un po' del suo tempo, lei sembrava fiorire come una rosa a maggio. 
Ma da qualche tempo le cose erano cambiate. Riccardo si era fidanzato con una compagna di università. Una ragazza brillante, intelligente, molto carina e soprattutto sveglia. Li aveva trovati spesso mentre si baciavano o si scambiavano qualche tenerezza, li importunava, li disturbava, come aveva fatto mille altre volte. Succedeva ogni volta che Riccardo conosceva una ragazza e questa diventava importante. 
Lei sapeva che per lui alcune ragazze erano più importanti di altre. Lo vedeva da come le toccava e le baciava e lei impazziva di gelosia. Diventava invadente e assillante. E anche quella volta non aveva fatto eccezione, tanto che lui era stato costretto ad intimarle di non farsi più vedere. Lei ci era rimasta male e si era offesa. Era permalosa e viziata e non sopportava che qualcuno le imponesse qualcosa. Non lui. Così per qualche giorno non era tornata. 
Solo per qualche giorno, perché quel pomeriggio proprio non era riuscita a resistere. Aveva aperto quella porta piano. Voleva vederlo, le mancava come l'aria, il suo Riccardo. Si era preparata un discorso lungo ed era sicura che lui l'avrebbe perdonata. Ma quando si era avvicinata alla porta, ripetendosi mentalmente quello che voleva dire, aveva sentito qualcosa di strano. Era incuriosita. Sentiva la sua voce, era strana, e non capiva cosa dicesse. Aveva appoggiato l'orecchio e poi aveva fatto scivolare la maniglia entrando in camera. Erano sul letto. Lui era sopra di lei e... E poi la ragazza di Riccardo si era messa a strillare. Si era girato e l'aveva vista. Si era alzato, coprendosi con qualcosa e l'aveva buttata fuori, prendendola per un braccio. Poi era tornato dalla fidanzata, chiudendo a chiave la porta. Non si era mossa. Era rimasta ferma nello stesso punto in cui lui l'aveva spinta, piangeva e aspettava che uscisse. E quando quella porta si era riaperta, le teneva la mano. Lei li aveva guardati in silenzio. 
 "Non muoverti da qui! Accompagno lei e poi dobbiamo parlare! È chiaro?"
 Gli aveva sorriso. Sì, dovevano parlare. A lei bastava quello. 
Per lei, il fatto che dovessero parlarle, significava essere importante. Più di quella stupida strega che invece veniva accompagnata alla porta. Ma lui non ricambiò il sorriso, anzi. Sorrise a lei, che sembrava arrabbiata.
 "Non permetterti più di entrare nella mia camera! Francesca, hai capito? Sono stanco di te, della tua invadenza! Che diavolo vuoi da me?"
 "Volevo solo salutarti... È tanto che non ci vediamo!"
 "Tanto? Sono quattro giorni! Per te, è tanto?"
 "Sì... Mi mancavi!"
 "Fran, ti giuro che non voglio più ripetertelo! Stai lontana da me! Mio Dio, Fran, sei entrata mentre... Stasera dovrò dirlo a mia madre, che lo dirà alla tua... Perché non mi lasci in pace?"
 "Non dirlo a tua madre... Non è necessario. Possiamo far finta che non sia successo nulla..."
 "Senti, io non ti sopporto più! Sei invadente, ossessiva! Lei è la mia ragazza e la amo! Voglio stare solo con lei. Voglio essere libero di baciarla, di ridere e scherzare e sì, voglio anche fare sesso con lei! Siamo fidanzati! Ma tu sei sempre qui! Sei sempre in mezzo."
 "Con lei puoi uscire anche la sera..."
 "Con lei voglio essere libero di uscire quando voglio! La sera e anche il pomeriggio. Quando sono solo, in casa mia. In un posto tranquillo e discreto... In teoria! Perché tu sei dappertutto! Fran, lasciami in pace!"
 "La conosci da quanto? Un mese? Non dovresti andare con una così superficiale..."
 "Non è superficiale! E poi non sono affari tuoi!"
 "Sì, che lo sono... Tu sei... Chicco, io ti amo!"
 "Fran, sei una bambina! E siamo cresciuti insieme. Ti voglio bene! Ti adoro! Ma sei come una sorella! Tu e Camilla siete le mie sorelline!"
 "Io non sono tua sorella..." 
Aveva provato a baciarlo, ma lui l'aveva respinta. Era esasperato da lei. Da sempre. Da quando lo ricordava, lei era sempre con lui. Era una presenza costante, a volte insopportabile. Era vero, le voleva bene, ma come a sua sorella Camilla. Era solo questo. Non voleva farle del male, ma non la sopportava più.
 "Non farlo più! Anzi non farti più vedere! Sei insopportabile!"
 Quella sera stessa ne aveva parlato a sua madre, che aveva cercato di minimizzare quello che era successo ma lui era stato chiaro. Non la voleva più tra i piedi e sua madre doveva fare in modo che fosse così. Quindi Betty aveva parlato con Marcella e lei aveva imposto a sua figlia di stare lontano da lui. Ma per Francesca quel divieto era insopportabile. Lui era il suo principe, il suo ragazzo. Senza di lui si sentiva sola, persa. Ed era così da sempre. Così era riuscita a rispettare l'ordine della madre solo per qualche giorno. Poi il desiderio di vederlo aveva prevalso e si era ritrovata, li, davanti alla porta della sua camera. Ma non voleva rischiare di vederlo ancora tra le braccia di quella strega che lo aveva sedotto. Non la sopportava e non sopportava il modo in cui lui le parlava. Quindi bussò e aspettò che aprisse. 
 Era bellissimo, con i capelli spettinati, il torso nudo, abbronzato e quella sua bellissima bocca. Si perse nei suoi occhi e rimase incantata a guardarlo fino a quando la voce stridula di quella strega, non li interruppe.
 "È ancora lei? Cacciala, Ricky! Si può sapere cosa vuole?"
 Ma lei si limitò a guardare lui, senza considerarla di striscio.
 "Piccola... Perché sei qui?"
 "Volevo chiederti scusa... E salutarti!"
 "Cacciala Ricky! Non la voglio vedere!"
 "Erika, per favore... Ora se ne andrà!"
 "Ma subito! O me ne vado io!"
 "Ecco, brava! Vai via tu! Tanto questa è casa dei miei zii e non puoi cacciarmi!"
 "Fran... Per favore!"
 "Si può sapere cosa aspetti? Cacciala! È una pazza! È ossessiva e invadente! Non la voglio più vedere!"
 "Erika..."
 "Voglio solo chiederti scusa... Non mandarmi via!"
 "Me ne vado io! Ci vediamo stasera! Questa è l'ultima volta che ci vediamo in questa casa! Preferisco fare l'amore con te in macchina! Sarà scomodo e poco romantico, ma non rischiamo di essere interrotti da una ragazzina pazza!"
 "Erika, aspetta!"
 "No, Ricky, o lei o me! Ci vediamo stasera! Tanto nemmeno ti vede! Brutto sgorbio! Sembri Olivia!"
 La ragazza se ne andò sbattendo la porta e lasciandolo solo con quella bambina invadente a cui voleva un bene infinito, ma che non sopportava più.
 "Sei una strega!"
 "Fran... Non è una strega!"
 "Mi tratta male! Ha detto che sono un brutto sgorbio e che sembro Olivia! Non è una strega?"
 "Non la saluti, non la consideri, sei sempre in mezzo. Ci hai visti fare l'amore... Sei gelosa di lei. Cosa pretendi? Che ti tratti da amica?"
 "Beh, lei in questa casa è un'ospite..."
 "E tu? Tu, nella mia camera, cosa sei?"
 "Sono un'ospite? Credevo..."
 "Senti, piccola... Lo sai vero che io sono innamorato di Erika? Mi dispiace, ma è così, che a te piaccia o no, lei è la mia ragazza. Forse non la vedrai più perché non verrà più qui, non la incontrerai più, ma stasera usciremo insieme. E... Piccola, sei una bambina! Lei no!"
 "Non sono più una bambina! Ho 16 anni! E ti amo!"
 "Non sai nemmeno cosa significhi amare!"
 "E tu lo sai?"
 "Forse... O forse no, ma so che voglio lei. Voglio baciarla, voglio ridere con lei, voglio fare l'amore con lei e..."
 "E io non ti piaccio nemmeno un po'? Credi che abbia ragione a dire che sono uno sgorbio?"
 "No, sei molto carina! E mi piaci tanto! Sei bella, come tutte i bambini della tua età, come mia sorella, come Claudio e come Edo. Siete carini, piccoli e dolci."
 "Un giorno ti sposerò!"
 "Davvero? Io credo che presto ti innamorerai di qualcuno della tua età e ti dimenticherai di me."
 "Oh, no! Io non mi dimenticherò mai di te! Presto mi vedrai per quello che sono! La donna della tua vita!"
 "Donna? Fran..."
 "E cosa sono se non una donna? Un ragno? Un giorno, quando mi guarderai, non vedrai più due braccia e due gambe lunghe e secche. Mi troverai bellissima, sarò come la mia mamma e come la tua! Allora forse sarò io che ti vedrò vecchio e brutto..."
 "Speriamo succeda in fretta... Mi lascerai libero di respirare!"
 "Non ti vedrò mai vecchio e brutto!"
 "Chi lo sa... Fran, mentre aspetti che cominci a vederti bellissima e che diventi tuo marito, mi lascerai in pace?"
 "Io non voglio disturbarti... Ma ho tanto bisogno di te!"
 "Vieni qui, stupidina! Forse un giorno ci sposeremo, ma per ora promettimi di lasciarmi un po' di spazio! Solo un po'! Come faccio a capire che sei la donna della mia vita, se non mi permetti di conoscerne altre? E magari, potresti anche tu conoscere qualcuno... Chi lo sa magari ti accorgeresti che vuoi qualcosa di diverso!"
 "A me non importa conoscere altri uomini. Non ne ho bisogno. Io lo so già che sarai tu mio marito! Avremo dei figli bellissimi. Ti somiglieranno tutti..."
 "Fran, tuo padre sa quello che pensi?"
 "No... Non dirglielo, Chicco! Mi metterebbe in punizione..."
 "Sei così buffa... Parli come una donna, ma ti comporti come una bambina... Lo sai, sei una pazza."
 "Me lo dai un bacio?"
 "Non vorresti fosse il tuo ragazzo a dartelo?"
 "Certo che voglio sia il mio ragazzo a baciarmi. Per questo te lo sto chiedendo!" 
Mentre lo diceva si avvicinava a lui, chiudendo gli occhi e trasformando la sua bocca, tanto carina, in un piccolo cuore. Riccardo la guardò divertito. Non aveva mai baciato davvero nessuno. Il modo in cui aveva arricciato le labbra, era la prova che era solo una bimba curiosa.
 Le fermò il viso e le diede un bacio sulle fronte e lei ne fu delusa.
 "È tutto qui? Tu baci così Erika?"
 "Baceresti Giulio come io bacio Erika?"
 "Certo che no!"
 "Per me sei come Cami, Fran... Mi dispiace! Non so davvero più come dirtelo... Tra me e te, non c'è nulla e non ci sarà mai nulla! Siamo cresciuti insieme. Sei mia sorella. Sei dolce, carina... Ma non ha alcuna importanza! Quello che credi di provare per me è qualcosa che prima o poi ti passerà. Quando conoscerai il ragazzo giusto, mi vedrai per quello che sono davvero, tuo fratello, come Giulio, Claudio ed Edo... Noi siamo una famiglia!"
 "Ma io..."
 "Fran... Per favore..."
 "Ti prometto che farò la brava, non ti disturberò più e se me lo chiederai, mi scuserò con quella brutta strega... Ma tu baciami! Voglio sia tu a darmi il primo bacio vero. Che sia tu ad insegnarmi come si dà un bacio..."
 "No! Per favore, Francesca... Non voglio farti del male! Non voglio offenderti, perché ti voglio bene davvero! Ma se continuerai in questo modo, non ti permetterò più nemmeno di vedermi! Fai attenzione, bambina! Non sto giocando, né scherzando! Non sei niente per me! Sei solo una bambina viziata e capricciosa..."
 "Tu... Tu non lo pensi davvero!"
 "No... Ma... Fran, cosa devo fare con te?"
 "Io... Io non lo so! Ma dimmi cosa pensi di me..."
 "Fran... Vai a casa!"
 "Per favore!"
 "Sai una cosa? Resta qui! Sarò io ad andare via. Puoi tornare quando vuoi, tanto sai che questa è casa tua!"
 "Chicco, scusami!"
 "Vattene al diavolo! Non ti sopporto più!"
 Da quel giorno aveva evitato di vederla. Rimaneva fuori ogni pomeriggio. Studiava in biblioteca e a casa di Erika, non cenava con la famiglia quando sapeva che ci sarebbero stati anche i Mora e non le rispondeva al telefono né ai messaggi. 
Alla fine, sembrava che lei avesse accettato la situazione e che se ne fosse fatta una ragione. Ma a quel punto era stato lui a cedere. Le mancava come gli sarebbe mancata Camilla. Forse di più, perché quei suoi sorrisi dolci, erano qualcosa a cui non riusciva a rinunciare. 
 Così un giorno era andato al centro sportivo che frequentava e l'aveva aspettata per riaccompagnarla a casa. La guardava dalla vetrata, mentre lei nuotava. Sembrava una sirena, agile, veloce. Gli era sembrata ancora più magra e alta, mentre, seduta sul trampolino, dondolava le gambe, guardando l'acqua sotto di lei. Era triste, si vedeva chiaramente. Rimase a fissarla sorridendo. Gli faceva tenerezza, era dolce anche se sembrava sempre un po' sola e infelice. 
 "Ciao piccolina!"
 Camminava con il suo zaino sulle spalle, con la testa a guardarsi le scarpe. Le sue gambe fasciate nei jeans stretti, sembravano davvero delle zampe di un ragno. Si fermò e alzò gli occhi su di lui.
 "Ciao!"
 "Dammi il tuo zaino... Ti porto io a casa!"
 "No... No! Non importa. Tra poco passerà il bus!"
 "Dai... Se vuoi possiamo fermarci a bere un succo di frutta... O a mangiare un gelato!"
 "No, grazie!"
 "Sei arrabbiata con me?"
 "No, ma voglio restare un po' sola!"
 "Non farti pregare! Tienimi compagnia!"
 Lei non gli aveva risposto, si era limitata ad avvicinarsi e lasciò che lui le togliesse lo zaino dalle spalle. 
 "Sei alta quanto me!"
 "No... Non è vero!"
 "Beh, quasi! Comunque sei la più alta! A parte me..."
 "Sì beh... Non credo sia tanto importante!"
 "Non ci vediamo più da tanto! Mi mancavi!"
 "Non prendermi in giro! Non è vero! Sono sicura che sia stata la zia a dirti di venire qui! Non è vero?"
 "No, non è stata mia madre! È vero! Mi mancavi! Io non ti sono mancato?"
 "Voglio andare a casa!"
 "Allora sei arrabbiata con me. Piccola, mi dispiace! Ma... Ehi, vuoi guardarmi? Ma stai piangendo?"
 "No, ma voglio andare a casa e voglio rimanere da sola! Non sei obbligato a perdere tempo con me! E puoi anche passare le tue giornate a casa! Io non ti ho più cercato! Quindi non devi più nasconderti!"
 "Ehi... Mi dispiace per quello che ti ho detto! E anche per tutto il resto. Mi credi? E mi manchi! È bello sapere che ci sei tu a farmi ridere!"
 "A farti ridere? Immagino che tu e la tua fidanzata vi siate fatti un sacco di risate! Sono ridicola!"
 "No... Non intendevo dire questo! Sono solo così abituato ad averti intorno che la tua assenza è... È strana! Possiamo fare la pace?"
 "Sì, ma voglio comunque tornare a casa! E non voglio più parlare con te!"
 "Cosa posso fare per farmi perdonare?"
 "Niente! Ma potresti portarmi a casa!"
 "Lo sai? Non credevo fossi tanto permalosa!"
 "Beh, allora portami a casa, corri dalla tua fidanzata e non pensare a me!"
 "Piccola... Non mi piace che tu sia arrabbiata con me! E non mi piace vederti tanto triste! Tu sei la mia farfallina colorata! E sono sicuro che tu sia triste per colpa mia. Allora, perché non mi dici cosa fare per farti ridere e poi mi abbracci?"
 "Chicco, sei gentile, davvero! Ma non c'è nulla che tu possa fare per farmi ridere. Ma tu non c'entri, sono solo un po' pensierosa! Non è colpa tua!"
 "E si può sapere a cosa pensi per essere tanto triste?"
 "Perché lo vuoi sapere?"
 "Perché ti voglio bene!"
 "Penso... A tante cose. Penso che forse sarò bocciata... E la mia mamma si arrabbierà con me! E penso che il papà ci rimarrà male. E Giulio e Camilla mi prenderanno in giro. E anche Claudio! E penso che mi piacerebbe dormire fino alla fine del semestre... Ecco a cosa penso. Penso che vorrei sparire, tanto nessuno se ne accorgerebbe. Sei contento adesso che lo sai?"
 "No... Mi dispiace! Io mi sono accorto che sei sparita dalla mia vita e... e mi manchi!"
 "Mmmmm, ok! Voglio andare a casa, adesso!"
 "Se vuoi posso aiutarti io! A studiare, intendo!"
 "Non fa niente! Grazie comunque."
 "Quindi non sono io a farti soffrire? Lo sai, un po' mi dispiace! Credevo di essere io il centro dei tuoi pensieri!" 
 "Non mi sento molto a mio agio in questo momento!"
 "Non sei a tuo agio con me?"
 "No... Ti ho detto un sacco di sciocchezze. Sono stata stupida! Avevo solo voglia di giocare! Di mettere alla prova qualcuno... E pensavo fosse divertente! Tutto qui! E adesso mi spiace che tu creda che sia colpa tua! Non è così, non sono arrabbiata con te! Sono solo un po'... Un po' così! Non ti sono mai capitati dei periodi un po' più difficili?"
 "Sono contento fosse tutto uno scherzo! Non ti nego che mi sentivo un po' in imbarazzo... Meglio così! Però il mio aiuto te lo posso dare! Lo farei volentieri. Potremmo organizzare un piano di studi. Capire quello in cui sei più portata... Insieme potrebbe essere più facile! Per il resto tutti hanno dei periodi un po' più difficili, ti passerà! Allora? Che ne pensi? La vuoi una mano?"
 "No... Proverò a farcela con le mie forza! Senti Chicco, sarei dovuta essere già a casa..."
 "Adesso che abbiamo chiarito ti ci porto subito!"
 Non lo guardò più fino a quando non arrivarono a casa. Aveva pianto per tutto il tempo ma lui nemmeno se n'era accorto. Troppo felice di aver preso due piccioni con una fava, essersi liberato di lei e non doversi sentire in colpa, vedendola. Perché a lui mancava terribilmente quella bambina troppo magra e alta. 
 "Ci vediamo domani? Passerai a casa?"
 "Cosa? No, non credo. Andrò a casa di una mia amica per studiare con lei... Ciao Chicco!"
 "Ciao, piccolina! Vieni qui solo un momento!"
 Lei si avvicinò e lui la abbracciò dandogli un bacio sulla fronte.
 "Mi spiace davvero che tu non voglia più sposarmi!"
 "Io non voglio sposarmi con nessuno!"
 Scese dall'auto e corse in casa. Non salutò nessuno e si chiuse nella sua camera. Tirò fuori il suo diario e strappò qualche pagina, raccolse tutte le foto in cui c'era anche lui e poi buttò tutto in un cassetto chiudendolo a chiave. Non aveva capito proprio nulla. Chicco non capiva proprio nulla. Lo odiava con tutto il cuore. La considerava solo una bambina ed era felice che lei non fosse innamorata di lui. Come se fosse una cosa brutta, di cui vergognarsi. Giurò a se stessa che non lo avrebbe più cercato, che non avrebbe più pensato a lui. Poteva fare quello che voleva. Lei lo odiava e non avrebbe mai smesso di odiarlo. 
Da quel momento, per molto tempo, aveva cercato di evitarlo, di non vederlo e di essere distaccata. Ma le faceva male ogni istante in cui lo evitava, non lo vedeva e lo teneva a distanza. Lui nemmeno se ne accorgeva. 

 Era rimasta in disparte, per mesi aveva evitato di incontrare il suo sguardo e aveva provato a fare in modo di non restare mai sola con lui. Perché lei sapeva che tutte le promesse che si era fatta, sarebbero state completamente vane, se solo lui le avesse sfiorato una mano. Si limitava a guardarlo da lontano. Ma tutti quanti si erano accorti che lei era innamorata di lui. Tutti, tranne lui. 
 Suo fratello e Camilla la prendevano in giro, senza nemmeno dover alludere alla sua cotta. Semplicemente la trovavano strana e troppo diversa da loro perché facesse parte della loro vita. A lei non importava, nemmeno si accorgeva che tutti, a parte lei, avevano una vita. Lei andava a scuola e poi passava i pomeriggi in piscina. Fin da bambina adorava nuotare. Quando era nell'acqua, quasi dimenticava tutto e tutti. Non si sentiva nemmeno sola. A lei non importava circondarsi di amici. Non sentiva nessuno vicino. E non cercava mai nessuno. 
 Camilla, Giulio, i suoi compagni, uscivano, passavano il loro tempo a studiare e a divertirsi. Era strano quello che loro trovavano divertente. Indossare un vestito costoso, perdere tempo in qualche locale con musica tanto alta da impedire quasi di poter parlare. A volte sua madre l'aveva obbligata a seguirli, ma lei aveva passato la serata seduta in disparte, quasi assente e isolata. 
Ciò che la rendeva felice era il nuoto. Era l'unica cosa in cui era davvero brava, la migliore della sua squadra e soprattutto migliore di tutti loro. Era un primato senza importanza però, e sembrava che per nessuno fosse una cosa interessante. Contrariamente a tutto quello che riguardava gli altri. 
Per qualche tempo aveva sofferto dei loro rifiuti, ma poi li aveva accettati, del resto non aveva nulla in comune con nessuno di loro e l'unico che per lei era importante, nemmeno la rifiutava, semplicemente non la vedeva. Era sempre gentile, con lei in modo particolare. E lei non lo sopportava. Era come se quel suo atteggiamento dolce, fosse riservato a lei perché era una ragazzina triste e stupida! 
Ma nonostante i propositi, le promesse che si era fatta e i tentativi di dimenticarlo, il suo amore per lui cresceva. Lo vedeva poco, Riccardo aveva smesso di partecipare ai pranzi e alle cene in famiglia, era spesso fuori, al maneggio o con gli amici. Aveva una vita come ogni ragazzo della sua età e lei soffriva. Era chiaro a tutti che lei soffrisse. Ma nessuno sapeva davvero che la sua non era solo una cotta, ma amore. 
 Per gli altri, lei era solo una ragazzina, capricciosa e insoddisfatta, senza interessi e incapace di vivere una vita normale. Ma lei proprio non capiva cosa fosse la normalità. Camilla le diceva sempre che se fosse stata normale, come tutti gli altri, sarebbe stata felice, come lo era lei, come lo erano tutti. Se solo avesse provato ad essere come gli altri, sicuramente nessuno l'avrebbe evitata. Che le importava che i suoi compagni la evitassero? Non era interessata né a loro, né alle loro feste, alle chiacchiere, e in generale a tutto quello che li riguardava! 
Vedeva la preoccupazione dei suoi genitori e le dispiaceva, ma proprio lei non sapeva cosa fare per renderli felici. Non sapeva come si facesse ad essere normale, come gli altri. 
Una volta, Camilla, l'aveva convinta ad accompagnarla in un negozio a fare acquisti. Era buffo, i loro genitori avevano una casa di moda ma a Camilla piaceva vestire con abiti firmati da altri stilisti e spendeva molti soldi per quegli abiti. Del resto le stavano così bene, che sembravano tutti disegnati per lei. Ma lei si era limitata a guardarla mentre li provava e si era annoiata per tutto il pomeriggio.
Ci provava, ma proprio non riusciva ad essere come loro. 
Le dispiaceva anche non essere portata per lo studio. Le piaceva andare a scuola, e alcune materie le trovava interessanti, ma nonostante l'impegno, non eccelleva. Le capitava di restare sveglia anche la notte per studiare, ma i risultati che ottenevano tutti gli altri con semplicità, per lei erano sempre lontani. 
La realtà era solo una, lei viveva per lui. E più lui era lontano da lei, più lei si spegneva. E in quei mesi lui era lontano più che mai! Non fisicamente, viveva sempre a due passi da lei, lo vedeva, anche se meno di quello che avrebbe voluto, ma era troppo impegnato con lo studio, coi cavalli e... E con le sue fidanzate. Quell'odiosa di Erika non era più la sua ragazza, l'aveva lasciata e lei ne era stata felice. Ma era durato poco. Ne aveva trovata un'altra e poi un'altra e un'altra ancora. E ogni volta per lei era come un po' morire. Ma non si era arresa. Era sicura che prima o poi lui l'avrebbe ricambiata. Che l'avrebbe vista come una donna e non come una ragazzina. Tutti quelli che la ritenevano una pazza e un'illusa si sarebbero ricreduti. O forse no, ma non aveva alcuna importanza che lui si accorgesse di lei, le cose non sarebbero cambiate. Il suo amore sarebbe stato per sempre.

 "Allora? Parteciperai oppure no?"
 "Credo di sì... Ma perché vuoi festeggiare in un locale?"
 "È il mio compleanno! Lo festeggio come preferisco! Comunque ho 17 anni e non voglio che alla festa ci siano i miei genitori! E poi ci saranno tanti amici e sarà divertente passare una serata in quel posto! Se ti infastidisce puoi restare a casa..."
 "Ci sarà anche... Anche tuo fratello?"
 "È ovvio! Mio padre non mi permetterebbe mai di dare una festa in un locale alla moda, senza la presenza di mio fratello! È lui che l'ha convinto. Ci sarà lui con qualche amico e hanno promesso di tenerci d'occhio... Come se ne avessimo bisogno! Ma lo sai il mio papà com'è fatto! Così mio fratello si porterà dietro qualche insopportabile nerd e fingerà di controllare che nessuno superi il limite..."
 "Oh... Va bene! Allora non vedo l'ora arrivi sabato!"
 "Sì, certo! Come no! Un'altra cosa! Hai presente Jake?"
 "No..."
 "Jake, l'amico di tuo fratello! Quello irlandese! Hai presente no? Biondo, occhi azzurri?"
 "Sì, forse sì! Perché me lo chiedi?"
 "Perché sembra ti trovi piuttosto carina!"
 "Non abbiamo nemmeno mai parlato..."
 "Beh, pensaci! Forse è perché non ti conosce che si interessa a te..."
 "Perché chi mi conosce non si interessa a me?"
 "No! E lo sai! Comunque, Jake, non ti conosce e ti trova carina! Ti chiederà di venire alla festa con lui!"
 "Io credo non sia una buona idea!"
 "Quando mai? Fai quello che vuoi! Ah, mio fratello, oltre ai suoi insopportabili amici, verrà con la sua ragazza! Potresti, per una volta provare a farlo ingelosire, no?"
 "Perché dovrei? Non mi importa nulla di tuo fratello!"
 "Fran... Stai scherzando vero? Lo sappiamo tutti quanti che gli muori dietro!"
 "Non... Non è vero! Dai il mio numero a quel vostro amico!"

 "Ciao piccolina!"
 "Ciao Chicco!"
 "Hai un fidanzato..."
 "E anche se fosse?"
 "Niente! Ma siccome invece di stare con lui, sei qui tutta sola, ho pensato avessi bisogno del mio aiuto!"
 "Perché?"
 "Perché credo che il tuo fidanzatino sia proprio cotto! Prima ti cercava come un matto..."
 "Lascia che mi cerchi! Mi sto annoiando! Vorrei andare a dormire!"
 "Sei l'unica ad annoiarsi!"
 "Beh, sono tutti degli stupidi... Bevono, credono di essere migliori di quello che sono!"
 "Non tutti sanno essere speciali semplicemente nascondendosi qui!"
 "Io ti odio!"
 "Perché? Io ti dico che sei speciale e tu mi dici che mi odi!"
 "Senti Chicco, io voglio restare sola! Non mi sto divertendo! Vorrei andare a casa e non sopporto nessuno di quelli che partecipano a questa festa! Nessuno!"
 "Nemmeno me?"
 "Nessuno! Né tua sorella, né mio fratello, né quell'idiota di un inglese! È chiaro? Nessuno!"
 "Farfallina, perché sei sempre così arrabbiata?"
 "Perché non mi lasciate in pace?"
 "Forse perché ti vogliamo bene! Forse perché vorremmo che fossi felice!"
 "E se fossi felice così?"
 La guardò per qualche secondo, perplesso. Era chiaro che lei non fosse felice.
 "Vuoi farlo un giro per la città?"
 "Con te?"
 "Certo..."
 "E la tua fidanzata?"
 "È solo un'amica con cui a volte mi diverto, ma tra me e lei non c'è proprio nulla, quindi se le dicessi che vado via, non se la prenderebbe! Non preoccuparti!"
 "E dove vuoi andare?"
 "Ha importanza? È presto e la festa sarà ancora lunga! Possiamo anche andare fino al lago!"
 "Vuoi andare fino al lago con me?"
 "Te lo sto chiedendo... Magari ti tornerà il buon umore... Guarda, stai già sorridendo!"
 "Possiamo andare sulla tua barca!"
 "Andiamo, farfallina!"
 Durante il tragitto, le sembrava di vivere un sogno. Lui guidava la sua auto, sicuro, sempre perfetto. Gli guardava le mani che si spostavano dal volante alla leva del cambio, le gambe fasciate nei jeans e cercava di evitare di guardarlo negli occhi. Forse lui non se ne sarebbe nemmeno accorto, ma lei quasi temeva che potesse accorgersi di quello che provava.
 "Allora, farfallina, va meglio?"
 "Oh, Chicco, sì! Va benissimo! È tanto tempo che non veniamo al lago!"
 "Io ci vengo ogni domenica..."
 "Vieni qui? Credevo andassi al maneggio..."
 "Sto pensando di smettere di cavalcare! Almeno a livello agonistico!"
 "Perché? Sei così bravo! Hai vinto tante gare e mamma ha detto che potresti essere scelto per la squadra nazionale..."
 "In effetti mi hanno fatto pressioni per accettare. Sarebbe tutto più semplice, sponsor, trasferte. Dovrei solo pensare a cavalcare. Ma tu mi conosci! Sai che quando qualcosa che faccio per piacere, diventa qualcosa che mi impongono, non mi diverto più! Tutto quello che ho vinto, era solo per divertimento..."
 "Con chi vieni qui?"
 "In barca? A volte con qualche amico, a volte da solo..."
 "Perché non porti me? Perché non me l'hai mai chiesto?"
 "Non lo so... Non ci ho mai pensato!"
 "Ovvio... Perché avresti dovuto?"
 "Francesca, perché fai così? Stavi sorridendo, ti divertivi e poi cambi umore. Basta una parola... Una parola qualunque e diventi un'altra ragazza! Posso sapere cosa ti infastidisce?"
 "Niente!"
 "Mia sorella ha ragione! Sei insopportabile! Perché non provi ad essere come tutte le altre persone?"
 "Mi dispiace! Ok? Mi dispiace se non sono come tua sorella! Non mi interessa essere come lei! Tanto non ci riuscirei, nemmeno se volessi! Sono fatta così!"
 "Puoi almeno spiegarmi perché ti sei arrabbiata?"
 "Perché... Perché non mi hai mai chiesto di venire qui?"
 "Te l'ho detto! Non ci ho pensato!"
 "Nessuno pensa mai a me!"
 "Ehi, farfallina! Ma non è vero!"
 "A nessuno importa quello che penso o che faccio! Nessuno mi chiede mai niente... mi piacerebbe fare qualcosa di speciale!"
 "Mia sorella ci teneva che fossi presente al suo compleanno..."
 "No, non le importava! Non mi sopporta! Nemmeno Giulio! E nemmeno quegli stupidi dei loro amici! Voleva solo che accompagnassi quel cretino di un inglese!"
 "È irlandese..."
 "Quello che è!"
 "Io sono qui..."
 "Solo perché ti faccio pena!"
 "Piccolina, no! Ecco... Sei sempre così distante, lontana da tutti e tutto! Sembri sempre sola! E mi dispiace così tanto! Io ti voglio bene... Sei la persona a cui voglio più bene! Adoro vederti sorridere come prima, quando siamo arrivati qui! Sei la persona con cui vado più d'accordo! Tu sei la persona che preferisco!"
 "Più delle tue fidanzate?"
 "È diverso... Io parlo della famiglia! Tu sei quella con cui non devo mai spiegarmi! Perché tu mi ascolti e non mi giudichi! Perché sai tutto di me, di quello che voglio fare! Sei la mia farfallina!"
 "Oh, Chicco... Solo questo? Sono solo questo?"
 "Solo questo?"
 "Io... Io vorrei..."
 "Francesca, mia sorella dice che sei innamorata di me... È vero? Una volta mi hai detto che lo eri, ma poi hai confessato che era solo un gioco!"
 "Sarebbe così brutto? Ti infastidirebbe se fosse così?"
 "No, non mi darebbe fastidio, ma non sarebbe bello! Perché se tu fossi innamorata di me, stare insieme, non ti farebbe bene! E invece io voglio che tu sia felice!"
 "Non... Non sono innamorata di te!"
 "Me lo giuri?"
 "Io sono innamorata di un uomo che non mi ricambia!"
 "Un uomo? Forse dovresti pensare ai ragazzi della tua età!"
 "Non ha alcuna importanza, perché lui non sa nemmeno che esisto."
 "Chi lo sa, magari tra qualche anno, quando sarai una donna, le cose cambieranno e lui, non solo si accorgerà di te, ma si innamorerà follemente..."
 "Non credo! Ma a me basta sia felice!"
 "Sei dolce! Ma anche tu sarai felice! Ne sono sicuro!"
 "Forse! Penso sia ora di tornare in città!"
 "Farfallina, mi prometti di cercare di essere almeno un po' serena?"
 "Ma sì, certo!"
 "La prossima settimana ti piacerebbe tornare qui per passare la giornata sulla barca?"
 "Con Cami e Giulio?"
 "Se vuoi non lo chiederò a nessuno dei due!"
 "A te farebbe piacere?"
 "Non te l'avrei chiesto..."

 "Perché alimenti le sue speranze?"
 "Perché non le alimento! Non è come credi. È vero, è innamorata, ma non di me. Non ho idea di chi sia questa persona, ma credo qualcuno di più grande, forse un professore! O il suo allenatore di nuoto, non lo so, ma fidati! Non sono io! Voi la escludete e lei si sente sola! Che male c'è se viene con me e i miei amici per una gita al lago?"
 "Chicco... Sei così stupido! Certo che sei tu quella persona! Non è innamorata né di un professore, né del suo allenatore, che tra l'altro è una donna! Sei tu! Fai quello che vuoi! Comunque è lei ad escludersi! L'hai vista la sera del mio compleanno? Nessuno la sopporta!"
 "Beh, io sì! E nessuno dei miei amici la giudicherà! Si divertirà!"
 "Fai come vuoi! Ma credimi, lei crede sarete soli! Me l'ha detto Giulio! Non si divertirà perché sarà delusa di essere con gli altri!"

 Quella notte non aveva dormito. Aveva passato il sabato a scegliere cosa indossare, il costume, i jeans, la maglietta. Avrebbe portato anche un vestito. Aveva passato la giornata a cercare nei negozi qualcosa di speciale per essere bella e soprattutto per non sembrare una ragazzina. Aveva preparato la borsa cercando di non dimenticare nulla e aveva controllato ogni ora il cielo pregando rimanesse sereno e quando il sole era sorto, era corsa in bagno e si era preparata con cura. La sera prima aveva preso un ombretto e un rossetto di sua madre ma non riusciva a decidersi. Tutte le sue amiche si truccavano e le aveva viste spesso farlo, ma lei non era convinta di apparire più bella truccata. Del resto non si sentiva bella. Avrebbe dato qualsiasi cosa per avere l'aspetto di Cami. Lei era più bassa, ma proporzionata. Aveva un corpo armonioso, tutti la guardavano perché era davvero bellissima. E poi sapeva vestirsi con gusto, pettinarsi e truccarsi senza mai sembrare esagerata. Sempre perfetta, anche quando faceva ginnastica. Tutti i ragazzi impazzivano per lei e le ragazze la invidiavano. Era bella. Lei invece sembrava ancora una bambina. Una bambina secca e senza forme. Ma a lui non importava. Le aveva chiesto di passare la domenica insieme, sarebbero stati soli e non le importava che lui la credesse innamorata di un altro e che non ricambiasse i suoi sentimenti. Sarebbero stati insieme e lei non vedeva l'ora che arrivasse. 
 "Principessa, che fai già in piedi?"
 "Faccio colazione... Lo ricordi no, che arriverà a prendermi Chicco?"
 "Ma sono le sette..."
 "Sì... Beh, possiamo fare colazione insieme! Solo noi due! La mamma dorme ancora?"
 "No... Ecco... Volevo portarle la colazione a letto!"
 "Oh, vai pure! Siete buffi a fare ancora queste cose!"
 "Ancora? Guarda principessa che io e la tua mamma siamo ancora giovanissimi! Ma soprattutto, ricordati, che, queste piccole cose, significano che io e tua madre, ci amiamo proprio come una volta!"
 "È bello..."
 "Sì, principessa! È bellissimo! Vuoi fare colazione con noi?"
 "Sei pazzo? No grazie! E poi spero che Chicco arrivi presto!"
 "Ehi... Fai attenzione! L'acqua sarà ancora fredda! E non dimenticare la crema solare!"
 "Sì papà! Farò attenzione!"
 Passarono ancora più di due ore prima che lui arrivasse. Appena sentì il citofono corse fuori, seguita dal padre e vide un'auto che non conosceva. 
 "Ciao farfallina! Sei pronta? Ciao zio!"
 "Riccardo! Mi raccomando! Prenditi cura di lei!"
 "Prometto che te la riporterò sana e salva! Andiamo?"
 "Non fate troppo tardi, domani deve andare a scuola! E, principessa, chiamaci quando arrivate!"
 "Ehi... Dammi la tua borsa..."
 Era imbarazzata, il padre la trattava come se fosse una bambina e lo faceva davanti a lui e ai suoi amici. Lasciò che lui la prendesse e la sistemasse nel bagagliaio del suv, poi la invitò a salire. Al posto di guida c'era un ragazzo della stessa età di Chicco e accanto a lui una ragazza. Si sedette accanto alla ragazza che aveva visto con lui la sera del compleanno di Cami. Prima di partire Chicco si intrufolò tra le due e disse all'amico di partire. 
Sperava avrebbe passato la giornata sola con lui, invece si trovava in mezzo a persone sconosciute.
 In realtà gli amici di Riccardo furono molto carini con lei e il viaggio verso il lago fu abbastanza divertente. Ma lei riusciva solo a vedere lui che sussurrava qualcosa all'orecchio di quella... Di quella ragazza e lei rideva divertita, magari rispondendo con qualche schiaffo fin troppo intimo.
 "Sei proprio cotta di Ricky, vero?"
 "No! Proprio per niente! Non mi piace!"
 "Davvero? Saresti l'unica a non trovarlo irresistibile!" 
Le indicò il ragazzo che armeggiava con le vele dopo aver attraccato non troppo al largo di una graziosa spiaggia.
 "Per me non è nulla di speciale!"
 "Davvero? Non si direbbe da come lo guardi, ma ci credo! Io invece ne sono innamorata da sempre... Anche Elisabetta lo era, prima di mettersi con Mauro... In realtà credo lo sia ancora!"
 "Beh, tu sei la sua ragazza... No?"
 "Eh, no! Non immagini quanto mi piacerebbe! Ma siamo amici... Amici particolari, diciamo! Ma tra noi non c'è molto più di questo! Ho smesso di sperare che si innamorasse di me già da un po'!"
 "A me sembra che si comporti come se fosse innamorato..."
 "Ricky è gentile con tutti... Uff... È bello, intelligente, brillante e anche gentile e sa davvero come far perdere la testa ad ogni ragazza! E non si può nemmeno odiare... Perché è sincero! Ti dice le cose come stanno, non ti inganna!"
 "Lui è perfetto!"
 "Ma non sei innamorata di lui, vero?"
 "No, certo che no!"
 Gaia rise, quella ragazzina che sembrava solo una bambina era buffa e dolce. 
 "Comunque, se proprio lo vuoi sapere, non è perfetto! È un egocentrico che adora essere adorato! Non che lui non sia speciale, ma sono sicura che sia abbastanza intelligente da capire gli altri e dar loro quello che vogliono, così che nessuno riesca a resistergli... Anche se con te non ci riesce!"
 "Io non voglio niente!"
 "Meglio così!"
 "Gaia... Cosa gli piace di una ragazza?"
 "Non lo so... Forse che sia come lui... O forse il contrario! Ha avuto un sacco di storielle, ma non si è mai fermato molto... Forse quella matta di Erika è il suo ideale... Odiosa, saccente!"
 "Anche a me non piaceva! Diceva che sono brutta e che sono uno sgorbio!"
 "Io invece penso che tu sia molto carina! Molto più di quella pazza! Comunque alla fine, evidentemente, non era nemmeno lei che voleva... Lo sai, io credo che non lo sappia nemmeno lui! Magari sei tu..."
 "Io per lui sono solo una sorellina..."
 "Ma la sua sorellina non è qui! Tu sei qui!"
 "Sì, ma solo perché la scorsa settimana mi ha vista un po' giù... Pensa sia strana! Lo pensano tutti! Gli altri mi odiano e a lui faccio pena!"
 "Beh, non tutti lo pensano! A me sei simpatica, forse sei solo un po' timida, ma è normale! Non sai nemmeno chi sono... E anche Mauro ed Ely ti trovano simpatica! Quindi, come vedi, sbagli a credere di non piacere a nessuno. E per quanto riguarda Ricky, ti adora!"
 "Un po' mi piace..."
 "Ma va? Lo sai una cosa? A me sembra strano che lui invece non lo sappia!"
 "Forse fa finta di niente per non ferirmi. I nostri genitori sono come fratelli..."
 "E credi che a lui interessi? No, io credo che per lui tu sia una persona speciale! E che ti veda come qualcuno che fa parte di lui! Non lo so... Guarda un po' chi ci sta raggiungendo... Adoro vederlo in costume! Non lo trovi bellissimo?"
 "Anche tu lo sei!"
 "Credevo di aver portato al lago due donne che vogliono divertirsi e non che si isolano..."
 "Prendiamo il sole, gentile capitano..."
 "Io... Io faccio un bagno!" Si alzò pensando che lui volesse rimanere solo con Gaia.
 "Che ne dici se lo facciamo insieme?"
 Senza aspettare una riposta la sollevò dal ponte e la prese in braccio per poi buttarsi in acqua con lei.
 Quella giornata, per Francesca fu meravigliosa. Gaia era stata gentile e premurosa e Mauro ed Elisabetta l'avevano coinvolta nei loro giochi, senza mai farla sentire di troppo. Era forse la prima volta che non si sentiva a disagio con qualcuno. Sperò che le ore passassero lentamente e fu delusa quando arrivò l'ora per tornare a casa.
 "Quindi vuoi fermarti qui?"
 "Proprio così, capitano! Mi fermo un paio di giorni e torno in città con Marco e Andrea! Ho voglia di godermi questo bellissimo lago ancora per un po'!"
 "Ma stasera, una volta portato a casa lei... Pensavo che sarebbe stato carino passare un po' di tempo insieme..."
 "Allettante, ma dobbiamo proprio rimandare..."
 Francesca osservava i due che si salutavano e pensò che fossero davvero belli. E lei era simpatica e dolce, l'aveva odiata, ma dopo averla conosciuta meglio, riusciva a capire perché a lui piacesse.
 "Ciao Francesca! Quando torno in città, se ti va, possiamo vederci! Fai la brava!"
 Francesca alzò la mano e la salutò allegramente. Sì, Gaia le piaceva e anche se sapeva che non l'avrebbe cercata, era contenta di aver parlato un po' con qualcuno che non la trovava insopportabile.
 "Hai fatto amicizia con Gaia... Hai visto che ti sei divertita? Questa mattina avevi un faccino imbronciato e brutto!"
 "Dovrebbe diventare la tua ragazza! Davvero sai, è così bella!"
 "Sì, è bella... E tu sei scottata! Tuo padre mi ammazzerà quando vedrà la sua principessa rossa come un peperone..."
 "Vorrei restare anche io qui al lago!"
 Durante il viaggio si era addormentata sulla sua spalla. Aveva un po' freddo, forse per il troppo sole preso o forse perché l'aria, la sera, era ancora fresca. Lui l'aveva abbracciata e le aveva messo sulle spalle il suo maglione e lei, inebriata da quel contatto e dal suo profumo, si era addormentata come una bambina.
 "Ehi, farfallina... Siamo arrivati a casa mia... Facciamo una passeggiata fino a casa tua, ti accompagno, ok?"
 "Siamo già arrivati? Che ore sono?"
 "Le nove! Non è tardi!"
 "È stato bellissimo oggi!"
 "È vero! Piccolina, ti va di mangiare qualcosa con me? Prima di rientrare intendo... Possiamo dire ai tuoi che i miei amici hanno insistito."
 "Vengono anche Mauro ed Ely?"
 "No... Solo noi due! Loro li usiamo come scusa per il tuo papà! Vuoi?"
 "Oh, sì!"
 A Francesca non sembrava vero. Loro due, soli, a cena insieme, dopo aver passato la più bella giornata che avesse mai passato sulla sua barca, con i suoi amici. Loro due, come se fossero una coppia.
 "Voglio dirti una cosa che non sa ancora nessuno..."
 "Un segreto?" 
 Francesca sperò con tutto il cuore che quello che lui stava per dirle, fosse quello che più desiderava. Che le confessasse che la trovava bella, unica e che si fosse innamorato di lei. Sarebbe stato perfetto. Del resto perché avrebbe dovuto chiederle di cenare insieme, se non per quello. Forse si era accorto proprio quel giorno dei sentimenti che provava per lei. E come aveva detto Gaia, era sincero...
 "Non è un segreto, non proprio... È qualcosa che mi riguarda! E voglio che tu sia la prima a saperlo! Lo sai che con te è tutto più facile! Sei l'unica con cui mi piaccia parlare!"
 "Allora dimmelo! Sono sicura sia qualcosa di bellissimo se riguarda te!"
 "Dolce e solare Francesca..."
 "Sono pronta ad ascoltare tutto quello che hai da dirmi!"
 Il suo sorriso luminoso e sincero lo fece sorridere, le accarezzò una guancia e le prese la mano baciandogliela. Il cuore della ragazza sembrava impazzito, era vero... Lui si era innamorato di lei!
 "Conto di laurearmi tra qualche mese. In realtà se potessi mi piacerebbe laurearmi prima, ma lo sai, no? I tempi accademici vanno rispettati e anche se ho praticamente la tesi pronta e potrei dare gli ultimi esami domani, devo aspettare i tempi previsti..."
 "Beh, non lo so, ma che importanza ha?"
 "Qualche mese fa ho inviato il mio curriculum accademico e qualche progetto a Boston, al MIT. Voglio prendere lì il mio dottorato. L'istituto mi darebbe una borsa di studio... Sono interessati ad alcune idee... Uno dei docenti, il professor Forbes, mi ha contattato qualche settimana fa, dicendo che potrei andare anche subito, addirittura prima della laurea, ma ho pensato fosse meglio fare le cose per bene!"
 "Non ho capito, Chicco!"
 "Voglio andare negli Stati Uniti per prendere il master in ingegneria meccanica. Mi si aprirebbero tutte le possibilità! Il MIT è uno degli atenei più importanti del mondo..."
 Le girava la testa. Non riusciva a capire cosa stesse dicendo!
 "Chicco... Vuoi andare via?"
 "Sì! Almeno per un paio d'anni! Il problema è dirlo ai miei! Mio padre non mi rivolgerà più la parola! Lo sai, no? Continua a blaterare perché prenda il suo posto in quella dannata società! Ma io non capisco nulla di affari! Nulla! E non mi interessa quello che fanno! Con lui ho già avuto un mare di contrasti per la scelta della facoltà. Per fortuna mio nonno era dalla mia parte... Ma ora che lui non c'è più, impazzirà!"
 "Ma forse... Forse dovresti pensare anche a lui!"
 "Mia sorella è un'economista nata! Tra qualche anno prenderà lei il posto di mio padre! E poi ci sono Giulio, Edo e tuo fratello! Anche loro intraprenderanno la strada degli affari! Io invece voglio progettare qualcosa a cui nessuno ha mai pensato! Voglio che il mio nome non venga associato a questa città, alla finanza... Voglio percorrere la mia strada a modo mio! Io voglio fare l'ingegnere! Non l'uomo d'affari!"
 "E non puoi farlo qui? Forse tuo padre lo accetterebbe..."
 "Sì, potrei... Ma vedi, in quel posto insegnano dei premi Nobel... I migliori ingegneri provengono da lì... È un'occasione, lo capisci?"
 "Sì... Sì, certo!"
 "Sapevo che mi avresti appoggiato! Io credo che anche tu troverai la tua strada lontano da qui! Noi non siamo come loro! Noi siamo diversi!" 
Il suo telefono squillò e prima di rispondere, le sorrise.
 "E questo credo sia tuo padre e se non ti riporto a casa subito, mi cercherà per tutta la città per uccidermi! Andiamo?"
 "Sì..."
 Prima che lei aprisse la porta di casa sua, Riccardo le diede un bacio sulla fronte.
 "È stata una giornata bellissima! Quando ne hai voglia, dimmelo! I miei amici ti trovano deliziosa... Come dar loro torto? Sei la mia farfallina! Grazie, piccolina! Per oggi e per la chiacchierata!"
 "Grazie a te! È stato bello!" 
Poi corse in casa, senza salutare nessuno, si chiuse nella sua camera e pianse, come troppo spesso faceva, quando passava il suo tempo con lui.

 "È successo qualcosa quella domenica?"
 "Ma no! Assolutamente! Ve l'avrei detto!"
 "Riccardo, forse uno dei tuoi amici l'ha fatta rimanere male, in qualche modo..."
 "No, vi garantisco che si è divertita! Ha passato la maggior parte del tempo a ridere e scherzare con Gaia. So che l'ha anche cercata, ma lei non ha risposto. Vi assicuro che se è successo qualcosa, non è stato quel giorno, ma perché me lo chiedete?"
 "Perché dopo essere tornata quella sera, si è chiusa in camera a piangere! Esce solo per andare a scuola e il preside ci ha comunicato che passa le ore in una sorta di stato apatico. Quando è a casa sembra assente e... Siamo un po' preoccupati!"
 "Forse... Forse è colpa della persona di cui è innamorata! Voi sapete chi è?"
 "Certo che lo sappiamo, Riccardo! Lo sanno tutti di chi è innamorata! È per questo che ti stiamo chiedendo se per caso quel giorno è successo qualcosa che la possa avere scossa!"
 "Anche voi credete sia innamorata di me? Vi sbagliate! Lei mi ha confessato di essere innamorata di un uomo... Non ho idea di chi sia!"
 "Riccardo, quell'uomo sei tu! Per lei non sei un amico, un fratello o altro!"
 "Zia... È una bambina..."
 "Riccardo, non ti stiamo accusando di niente! Sappiamo bene che le sei affezionato, che la adori! Sappiamo che il tuo interesse è quello di un fratello maggiore, ma credimi, per lei le cose sono diverse!"
 "Posso provare a parlarle?"
 "Non so se sia il caso... Forse è meglio di no! Vorremmo chiederti di stare un po' lontano, di non cercarla! Magari se ti allontanassi un po', riuscirebbe a trovare un po' di serenità! Ora che è arrivata l'estate, non sarà difficile! Tua madre mi ha detto che starai in giro per gli Stati Uniti per tre mesi..."
 "Sì... Però io non credo sia come dite voi! Noi parliamo di tutto! Non abbiamo segreti e... Lo capirei se fosse innamorata di me!"
 "No, non lo capiresti, perché la vedi solo come una bambina. La vedi incapace di avere dei sentimenti maturi. Credi che lei ti sia amica, che ti ascolti solo perché vi conoscete da sempre, ma lei non è più una bambina... È cresciuta! È una giovane donna senza esperienze, senza malizia e aggrappata al suo sogno... E il suo sogno sei tu!"
 "Zia, posso parlarle, solo un momento! Ti giuro che non voglio farle del male! La saluterò e poi non mi vedrà per tre mesi! Lei, per me, è importante!"
 "È in camera sua..."
 Aveva bussato, ma non aveva risposto, così era entrato piano, cercando di non essere invadente.
 "Ciao farfallina, sei a letto a quest'ora?"
 "Vai via!"
 "Piccola, volevo solo salutarti... Dopo domani parto per gli Stati Uniti..."
 "Non mi importa! Vai via!"
 Rimase a guardarla per qualche istante accarezzandole le spalle nascoste sotto le coperte.
 "Farfallina, mi dispiace non riuscire a contraccambiare quello che provi per me! Ma tu sei importante e non voglio farti soffrire!"
 Sentì i singhiozzi e pensò di essere stato uno stupido a non averla capita. Si sentì in colpa per non aver ascoltato sua sorella.
 "Non volevo farti del male! Non volevo illuderti! Però... Farfallina, io... Mi si spezza il cuore pensando che stai male per me! Davvero, non ne vale la pena! Io non sono il principe azzurro che credi!"
 Lei non smise di piangere e cercò di nascondersi ancora di più sotto le coperte.
 "Vuoi guardarmi solo per un momento?"
 Lei non gli rispose e non si mosse dalla sua posizione.
 "Io... Io non sono innamorato di te, non ho mai pensato a te come... In quel modo! Ma ti giuro che nessuno è importante come te! Sei davvero l'unica persona a cui mi senta vicino! Posso dirti ogni cosa e... E non voglio perdere quello che abbiamo! Però... Però a te tengo davvero e se quando ci vediamo, tu ci stai male... Se questo significa vederti star male, mi farò da parte! Eviterò di vederti e starò lontano da te! Prima o poi anche tu mi vedrai per quello che sono!"
 "E... E chi sei?"
 "Solo il tuo fratellone che vuole scappare da tutto e da tutti! Che non sa quello che vuole ma che sa di non poterlo trovare qui! Io andrò via! Tu lo sai! E tu... Tu sei così piccola!"
 "Vai via! Non voglio più vederti! Io ti odio!"
 "Mi fai male quando dici queste cose! Perché se mi odi, io perdo qualcosa!"
 Lei, buttando all'aria le coperte e mettendosi seduta sul letto, lo guardò con astio. Lui la vide, forse per la prima volta in vita sua. Aveva gli occhi rossi e pieni di lacrime, i capelli arruffati e spettinati e indossava una canottiera rosa. Non aveva mai notato quanto fosse cresciuta. Nemmeno quando l'aveva vista in costume, quella domenica al lago. Eppure sotto quella conottiera in cotone, si intravvedevano le sue forme solo accennate e distolse lo sguardo, quasi imbarazzato. Era bella e non come la bambina che conosceva.
 "Non ti ho chiesto di venire qui! Non ti ho chiesto nulla! Puoi andare via anche adesso! Puoi evitare di vedermi e puoi andartene al diavolo! Io non smetterò mai di odiarti! Anzi, lo sai cosa ti dico? Che per me non esisti più! Vai a raccontare i tuoi segreti a qualcuno che non sono io! Non mi interessa sapere più niente! Spero di non vederti mai più e adesso vai via!"
 Poi tornò a nascondersi sotto le coperte cercando di non ascoltarlo più.
 Lui rimase fermo per qualche minuto, cercando di trovare le parole per sistemare tutto, ma non gli venne in mente nulla.
 Si alzò e prima di uscire la salutò.
 "Ciao farfallina! Mi dispiace tanto! Davvero!"
 Poi tornò da sua zia e le chiese scusa per non aver capito prima quello che lei provava! Assicurò che non avrebbe più fatto nulla per alimentare le sue speranze e che nulla di quello che aveva fatto era per farle del male. 
 "Le passerà, tesoro! Non è colpa tua! Vedrai che per quando sarai tornato dalle vacanze, si sarà dimenticata di tutto!"
 "Ti garantisco che lei è... Io non lo so, ma è davvero la persona a cui tengo di più! La sento più vicina di mia sorella, e anche se considero Giulio un amico vero, lei è... Per me lei è... Mi mancherà tanto parlare con lei! Sa sempre farmi sorridere, anche quando tutto va male!"
 "Oh, Riccardo! Questa lunga vacanza farà bene anche a te! Ora vai e non pensare più a lei! È una ragazzina che ha ancora tanto da imparare!"

 E non aveva più pensato a lei. Durante la vacanza si era divertito e aveva vissuto ogni istante del viaggio. Non si era sottratto a nessuna esperienza che si era presentata e poi era andato a Boston. Quella sarebbe stata la sua meta. Avrebbe vissuto lì non appena finita l'università ed era completamente preso da se stesso e da quello che si aspettava dalla vita. 
 Quando era tornato a casa, nemmeno si ricordava di quel piccolo turbamento provato quel pomeriggio nella sua camera e poi lei sembrava cambiata. Sempre un po' triste e sola, ma distaccata anche da lui. Lo aveva salutato con gentilezza, sorridendogli ma senza trasporto. E a lui andava bene. Si era ripromesso di non cercarla né di ritrovare la confidenza che li univa. E poi erano cominciati i problemi con la famiglia. Suo padre non aveva preso bene la sua decisione di andare a Boston e le liti e i contrasti erano all'ordine del giorno. Liti furiose in cui entrambi si dicevano cose difficili da digerire. Si era staccato sempre di più dalla famiglia e praticamente non vedeva più quasi nessuno. 
 E nessuno era presente il giorno in cui discusse la tesi. Solo lei. Aveva marinato la scuola e senza dirlo ad anima viva, si era sistemata in un angolo, cercando di non farsi vedere.
 Era l'unica che non aveva voluto mancare. Per lei, lui, era tutto. 
 "Francesca..."
 "Ciao... Io... Non volevo essere invadente!"
 "Aspetta... Non andare via!"
 Salutò alcuni amici e dei docenti che si complimentavano per il risultato e tornò di corsa da lei.
 "Cosa fai qui? Perché non sei a scuola?"
 "Beh... Io... Io volevo vederti! So che è un giorno così importante..."
 "Chi ti ha detto che oggi avrei discusso la tesi?"
 "Domenica tuo padre parlava con il mio... Era triste! So che avete litigato e che non gli avevi nemmeno detto quando ti saresti laureato... È per questo che non c'è nessuno!"
 "Sì, ho preferito che non ci fosse nessuno della mia famiglia, ma tu come lo sapevi?"
 "L'ho chiesto a Gaia... Non arrabbiarti con lei! Non le ho detto niente! E lei è sempre così gentile con me! Ma vado via subito! Non volevo nemmeno che mi vedessi!"
 "No! Sono contento tu sia qui! Davvero!"
 "Ora vado! Sei stato davvero bravo, sai? Buona giornata!"
 "Ehi, farfallina, resta con me oggi! Vuoi andare al lago?"
 "No... Non posso!"
 "Grazie, piccolina!"
 Gli sorrise e si allontanò, mentre lui continuava a guardarla sorpreso. Lo aveva lasciato senza parole. 

 La festa che aveva organizzato al piccolo porticciolo dove era ormeggiata la sua barca, era divertente, ma lui era seduto in disparte, scomposto, con una sigaretta, a guardare il lago scuro. 
 "Ehi, capitano, cosa fai qui, assorto nei tuoi pensieri?"
 "Hai detto tu a Francesca di oggi?"
 "Non avrei dovuto? So che hai qualche problema con i tuoi, ma mi ha stupito che a lei tu non l’avessi detto..."
 "Non parliamo più da tanto!"
 "Credevo sarebbe venuta..."
 "Gliel'ho chiesto, ma non ha voluto! Meglio così, almeno non ho dovuto spiegare ai suoi genitori la ragione di questa festa…"
 "Meglio così... Ma ti dispiace!"
 "Ma no! Figurati!"
 "Perché non lo ammetti che ti piace e anche tanto!"
 "Gaia... È una bambina! Credi che possa piacermi? Sarebbe come se mi piacesse mia sorella!"
 "Non dire sciocchezze! Non è tua sorella e il mese scorso ha compiuto 18anni!"
 "Lo scorso mese era il suo compleanno?"
 "Sì! Lo so che lo hai dimenticato! Non è stato un compleanno molto allegro in realtà!"
 "Ti ha invitato?"
 "No! Perché non ha fatto alcuna festa! Semplicemente ci siamo viste per un gelato quel giorno, mi ha detto che era il suo compleanno solo quando ci siamo salutate! È sempre stata tanto triste e sola?"
 "È sempre stata così..."
 "Vi somigliate!"
 "No... Non credo!"
 "No? Lei non ha detto a nessuno del suo compleanno e non ha voluto festeggiarlo. E tu non hai nemmeno detto ai tuoi che oggi ti sei laureato. Stai festeggiando qualcosa di importante, un traguardo e un successo che pochi riescono ad avere e invece di pensare a divertirti, pensi a lei che non ha voluto essere qui!"
 "Era solo una curiosità... Oggi non mi aspettavo di vederla e... E niente! Tutto qui!"
 "È cresciuta, sai? Ti sei accorto quanto sia diventata bella?"
 "No! Non me ne sono accorto! Per me lei è come prima! Alta e carina, una bambina!"
 "Alta, carina, una bambina... Ricky, sei intelligente come nessuno! Bello, simpatico, brillante. Tutte le università più importanti vorrebbero che conseguissi il dottorato con loro, eppure sembra tu sia un povero idiota! Almeno ti sei accorto che è cotta di te?"
 "Lo scorso anno... Prima delle vacanze! Sì! Certo! Non sono stupido! Ma quando sono tornato non è stato tanto difficile tenerla a distanza! Lei non mi ha più cercato, io non l'ho cercata. Non voglio farle del male! E sono sicuro che le sia passata!"
 "Già... Forse è vero! E poi presto partirai e non vi vedrete per un bel po'..."
 "Sì, infatti!"
 "Cerca di divertirti stasera! È la tua festa e lo meriti!"
 "Come va con Marco?"
 "Bene, capitano! Tanto bene che non ho intenzione di venire a letto con te!"
 "Non te l'ho chiesto..."
 "Non ne hai bisogno! Falle un piccolo regalo, se vuoi renderla felice!"
 "Di cosa parli?"
 "Lo sai benissimo!"

 Era rincasato il mattino dopo. Nella sua camera, sul letto, c'era un pacchettino incartato male, senza alcun biglietto. Dopo essersi fatto un bagno, raggiunse la madre che stava dando indicazioni alla governante.
 "E questo cos'è?"
 "Un regalo, credo! Lo ha portato Francesca, ieri!"
 "È venuta qui?"
 "Sì, ma non si è fermata! Non l'abbiamo nemmeno vista in realtà! Ha dato il pacchetto a Lucia e te lo abbiamo lasciato in camera... Tesoro... Tuo padre è molto stanco della situazione che si è creata!"
 "Mi sono laureato ieri, mamma!"
 "Cosa... Cosa stai dicendo? Perché non ce lo hai detto!"
 "Sapevate che dovevo solo discutere la tesi!"
 "Il regalo è per la laurea? L'hai detto a Francesca? Le hai imposto di non dire nulla?"
 "Sì, credo che il regalo sia per quello e no! Non gliel'ho detto! L'ha saputo da un'amica! Quindi ha taciuto perché ha voluto, non gliel'ho chiesto io! Non sono abituato a plagiare una bambina!"
 "Tesoro, che cosa ti sta succedendo? Perché sei diventato così intollerante nei nostri confronti. Dovresti parlare a tuo padre... Lui ti ama con tutto il cuore e ti capirebbe!"
 "Mamma, ci ho provato! Ma il fatto che non abbia alcun interesse a diventare il dirigente che ha sempre sognato, gli impedisce di capirmi!"
 "Riccardo, dove stai andando?"
 "Torno nella mia camera..."
 In quel momento non era interessato a discutere con sua madre. Non voleva discutere con nessuno. Pensava a quel regalino e non vedeva l'ora di aprirlo. La sua farfallina, era sempre capace di stupirlo. Era così fresca e piena di attenzioni. Si pentì di non aver insistito perché lei partecipasse alla sua festa. Era quella che più di tutti avrebbe voluto vicino. Si sdraiò sul letto e prima di aprire il regalo guardò il modo in cui lo aveva incartato. Sorrise, non era molto brava. La immaginò mentre si impegnava, ma il risultato raggiunto era, quantomeno, approssimativo. 
 Il pacchetto conteneva un flacone del suo profumo preferito. Sorrise pensando che non le aveva mai detto quale fosse. La piccola Francesca era davvero speciale. Forse doveva seguire il consiglio di Gaia e farle un regalo per i suoi diciotto anni, ma gli sembrava fosse una sorta di ripiego, come se farglielo sminuisse il suo Gesto. Come se fargli un regalo fosse quasi un modo per sdebitarsi del suo. Eppure sentiva che doveva fare qualcosa per ringraziarla. Del regalo e per la sua presenza il giorno della laurea. E poi... E poi aveva voglia di vederla.

 "Zia, lo scorso mese era il compleanno di Francesca, non è vero?"
 "Già! Non ha voluto nessuna festa... Forse aveva paura che nessuno partecipasse, sai che non ha molti amici! Te lo sei ricordato solo ora?"
 "Sì... Mi dispiace averlo dimenticato! Davvero! Il fatto è che ci sono un po' di problemi... Sono certo che mia madre te ne abbia parlato!"
 "Sì, mi ha detto anche della tua laurea... Congratulazioni, ma scusami se te lo dico, se vuoi cercare di risolverli i problemi, escludere la tua famiglia, non è il modo migliore!"
 "Sì, lo so! Sono imperdonabile e ho già chiesto scusa a mio padre... Marcella, credi che potrei chiedere a Francesca di uscire a cena?"
 "Tu e lei?"
 "Se temi che le possa fare del male, ti assicuro che non è così! Vorrei chiederle scusa per aver dimenticato di farle gli auguri!"
 "Mi fido di te! So che non vuoi farle del male! Ma Francesca è fragile... E io proprio non credo sia una buona idea!"
 "Pensi... Pensi che sia ancora innamorata?"
 "Non lo so! Lei non parla mai, né con me, né con suo padre. Sai bene che non ha molti amici e quei pochi sono tutti come lei... Un po' silenziosi, ombrosi. Però non è molto importante! Anche se la cotta per te le fosse passata, forse è meglio lasciare le cose come stanno!"
 "Forse sì... Però vedi, io a lei tengo davvero! E ti assicuro che mi manca!"
 "Oh, ma io non ne dubito. Solo che tu sei un uomo! Presto partirai, sei sicuro di te stesso e non hai bisogno di lei. La mia bambina invece, è confusa e ha bisogno di essere protetta. Io sono sua madre e preferisco che tu non le chieda di cenare con te! So che non hai intenzione di alimentare le sue fantasie, che forse non esistono più, ma sono sicura che basterebbe poco perché cominci a chiudersi più di quanto già non faccia!" 
 "Come vuoi zia! Non voglio confonderla! Dille che le voglio bene!"
 "Lo sa! Ma se ha ancora qualche fantasia su di te, le farebbe male saperlo e se non fosse più interessata, non cambierebbe molto!"
 "Buona serata zia!"
 "Ciao Riccardo!"

 Era strano che proprio lei gli mancasse tanto. Presto sarebbe partito. Sarebbe andato lontano dalla sua città, inseguendo il suo sogno. Non passava giorno che non litigasse con suo padre, e sua madre, nonostante tutto, non riusciva a capirlo fino in fondo. Del resto anche lei era convinta che la sua decisione fosse egoista e lo avrebbe preferito vicino, a dirigere le loro compagnie. Edo era solo un bambino e Camilla non solo non lo capiva, ma lo biasimava semplicemente perché faceva soffrire il suo papà. 
Se solo avesse potuto parlare un po' con la sua farfallina, forse avrebbe avuto un po' di serenità, forse non si sarebbe sentito solo e respinto. Lei gli sarebbe stata vicina, come sempre, anche solo guardarla sorridere gli sarebbe stato d'aiuto. Ma sua zia aveva ragione, Francesca era sempre stata strana, fragile. Forse lui l'avrebbe confusa o addirittura fatta soffrire, e lui proprio non voleva che lei soffrisse. Era davvero l'ultima cosa che voleva. 
Solo qualche giorno e avrebbe trovato tutto quello che cercava. Non vedeva l'ora di andare via. Senza le pressioni della sua famiglia, avrebbe ottenuto tutto ciò che desiderava e avrebbe smesso di avere bisogno di una bambina per trovare un po' di tranquillità.
 Nonostante il suo proposito, però, non riusciva a fare a meno di pensare a lei. Voleva vederla. Il suo sorriso appena accennato, il suo regalo, lo tormentavano. Aveva bisogno di parlare con lei, anche solo per un momento. Si stupì di se stesso. Perché non era per fare un favore a lei, era lui, che sentiva la necessità di vedere quel suo sorriso dolce, che sembrava essere il solo che riuscisse a tranquillizzarlo.
E poi... Poi il sogno che faceva da qualche notte lo turbava. Era un sogno bello e dolce, proprio come lei. La sognava con una canottiera rosa, sorridente, mentre lo abbracciava. E durante il sogno, le sensazioni che provava, erano inaspettate. Lui la stringeva e le accarezzava la schiena e le baciava la spalla. Era sempre uguale quel sogno, era bello e quando si svegliava sperava solo, che la notte successiva, quel sogno continuasse. Era impazzito? Francesca era una bambina, la sua farfallina!
 Aveva parcheggiato l'auto poco lontano dall'ingresso della sua scuola. Aveva aspettato più di mezz'ora perché uscissero. Non appena la vide, con il suo solito zaino, i suoi jeans e la maglietta troppo larga, scese dall'auto e fece per raggiungerla. Non sapeva cosa le avrebbe detto, né perché fosse tanto contento, ma sul suo viso si era dipinto il sorriso. Si fermò prima che lei lo vedesse. Sua sorella l'aveva chiamata e si erano fermate a parlare. Erano così diverse. Avevano la stessa età, ma nonostante Francesca, fosse molto più alta, sembrava che Camilla fosse più grande. Sua sorella era truccata, con una camicia senza maniche, aderente, i pantaloni scuri e delle scarpe eleganti. Aveva una borsa all'ultima moda e anche lo zaino per i libri era un modello esclusivo. Camilla le diceva qualcosa che sembrava non interessarle molto. Poi si allontanarono insieme. Camilla sorrideva e salutava tutti, chissà cosa avrebbe pensato il loro papà, se avesse visto il modo in cui i ragazzi la guardavano. Era strano. Camilla era carina, ma Francesca... Lei era... Nessuno sembrava accorgersi di lei. Invece lui avrebbe dato qualsiasi cosa per portarla via da lì, portarla al lago e passare tutto il pomeriggio con lei. Continuò ad osservarla, fino a quando scomparve dentro l'auto di Giulio. 
 Risalì sulla sua macchina e guidò nella stessa direzione dell’amico. Non vedeva più la sua auto, forse li avrebbe rivisti tutti e tre a casa. Invece si rese conto, che stava guidando verso il centro sportivo in cui lei si allenava. Evidentemente l'avevano accompagnata la.
 "Ehi, farfallina..."
 Si girò, stupita, fermandosi a guardarlo qualche secondo prima di tornare sui suoi passi e raggiungerlo. 
 "Ciao, Chicco!"
 "Vuoi un passaggio?"
 "No, sto andando ora a nuotare, poi passerà il papà a prendermi!"
 "E non puoi venire con me a fare un giro?"
 "Oh... È successo qualcosa?"
 "No... No, io... Volevo ringraziarti per il regalo... Quello per la laurea!"
 "Era solo un pensiero!"
 "È il mio profumo preferito..."
 "Sì, lo so! Senti, Chicco, sto facendo tardi! Ci vediamo..."
 Si voltò e fece per andare via, lasciandolo interdetto. Aveva sperato di vederla felice di vederlo, sperava gli avrebbe chiesto di andare da qualche parte, invece se ne stava andando. Le prese la mano e la fermò.
 "Farfallina..."
 Sollevò gli occhi su di lui, incuriosita e forse un po' confusa.
 "Io... Ti chiedo scusa se ho dimenticato il tuo compleanno!"
 "Era quasi due mesi fa! Non ho fatto una festa come quella che farà tua sorella!"
 "Mi dispiace!"
 "Non mi piacciono le feste, lo sai!"
 "Non per la festa... Solo per non averlo ricordato!"
 "Non è importante!"
 Invece lo era. Lo era per lui.
 "Chicco, non ti ho fatto un regalo perché tu ti sentissi in dovere di contraccambiare in qualche modo! Davvero!"
 Non era per quello, era lì perché aveva solo voglia di vederla, di dirle che lei gli mancava. Voleva solo parlare. 
 "Ciao, Chicco!"
 Si liberò con dolcezza dalla sua stretta, lasciandogli la mano e senza voltarsi, raggiunse l'ingresso del centro sportivo. Prima di chiudersi la porta alle spalle si girò e lo guardò, sollevò una mano e lo salutò sorridendogli. 
 Rimase qualche istante fermo, nella speranza tornasse da lui. Era deluso. Nemmeno lui sapeva spiegarsi perché, ma aveva sperato di parlare con lei, di raccontarle come si sentiva, quello che provava. Mancavano solo poco meno di due settimane alla sua partenza per Boston, e aveva sperato che il clima, in casa sua, migliorasse. Invece suo padre si era chiuso in un silenzio glaciale e la madre non faceva altro che biasimarlo per quella scelta. 
Ma che diavolo ci faceva lì? Aveva solo bisogno di parlare e lei sapeva ascoltare. E capire. Era solo una ragazzina, ma era bello parlare con lei. E poi... Poi sapeva bene che lei pendeva dalle sue labbra. Sì, era lì soprattutto per farla felice. Evidentemente si era sbagliato. La cotta per lui, era sicuramente passata. Magari si era già innamorata di qualcun altro. Mentre si dirigeva alla sua auto compose il numero di un'amica.
 "Jasmine, come stai?... Anche io... Anche tu mi sei mancata, sono stato un po' impegnato... Che ne diresti di passare qualche giorno al lago?... Sì, sulla mia barca!... Ma certo che andremo in quel locale... Passo a prenderti tra un paio d'ore!"
 Sarebbe andato via dalla città per qualche giorno. Aveva bisogno di non pensare ai suoi problemi. Sperava di farsi consolare da una bambina, ma non aveva bisogno di una sorella, ma di un'amante, bella e disponibile come Jasmine.
 Cosa aveva fatto? Perché lo aveva lasciato lì, solo? Corse fuori, con le scarpe da ginnastica slacciate, e l'accappatoio sopra il costume. Aprì la porta di vetro e sperò di vederlo ancora là... Lo cercò, quasi piangendo, ma era andato via. Voleva passare un po' di tempo con lei ed era scappata. Che cosa le era saltato in mente? La sua allenatrice la chiamò, irritata. Era in ritardo e doveva sbrigarsi. Chiese scusa alla donna e le ubbidì. Lo avrebbe chiamato quella sera.
 Non vedeva l'ora di rimanere sola. Dopo cena i suoi genitori si erano intrattenuti più del solito a chiacchierare con lei, o forse era solo una sua impressione, ma quando finalmente, andarono a letto, fu libera. 
 Lo chiamò un paio di volte, ma non aveva risposto. Sconsolata gli inviò un messaggio.
 "Chicco, scusa per oggi... Se ti va possiamo vederci domani... Mi piacerebbe tanto! Ti voglio bene. La tua farfallina."
 Aspettò una risposta per tutta la notte e per tutta la mattina. Aveva letto il messaggio, ma non le aveva scritto nemmeno un saluto. Avrebbe scoperto solo la domenica, che era al lago, e anche se i suoi zii non lo avevano detto, sapeva che non era solo. Soffriva così tanto. 
 Lei lo aveva chiamato un paio di volte, ma lui nemmeno aveva visto le chiamate. Stava cenando con una ragazza bella, allegra, che gli avrebbe dato quello che voleva. La stava corteggiando, anche se non ne aveva bisogno. Ma adorava guardare le donne che si innamoravano di lui solo per una parola o per un gesto. Era un gioco seducente e divertente. Non le prendeva in giro. Ogni parola che usciva dalla sua bocca era vera. Non le illudeva. Era sempre chiaro. Poi erano tornati sulla sua barca e avevano fatto l'amore senza aspettare di raggiungere la cabina. Aveva preso in mano il telefono, più che altro per vedere se ci fossero telefonate di suo padre. Invece c'erano le sue e il suo messaggio. Lo aveva guardato per qualche secondo... Era indeciso se risponderle, ma che senso aveva? Era proprio una bimba capricciosa e viziata. E poi quel senso di inquietudine era passato. In fondo non era lei di cui aveva bisogno. Il sogno che lo tormentava, non era altro che uno strano gioco della mente, senza nessuna importanza. Doveva solo distrarsi un po' e la ragazza sdraiata accanto a lui era la migliore delle distrazioni. Buttò il telefono ai piedi del letto e si girò verso Jasmine, che dormiva. Si alzò e salì in coperta, guardando il lago e le luci dei paesi che lo circondavano. Era bellissimo e si sentiva in pace.
 Lei invece si disperava. Presto lui sarebbe partito e non l'avrebbe visto per tanto tempo. Aveva buttato via l'occasione per stare con lui, anche solo per poco. Non l'aveva più cercata. Si sentiva in imbarazzo a chiedere di lui, le faceva male essere presa in giro, così provò a chiamarlo di nuovo. 
 "Ciao, Fran!" La sua voce era sempre bellissima, dolce, ma era distante.
 "Ciao... Ciao Chicco! Sei ancora al lago?"
 "No, sono tornato ieri... Parto tra qualche giorno..."
 "Lo so! Chicco... Non ci siamo più visti, scusa per l'ultima volta!"
 "Non preoccuparti. Mi sentivo in colpa per non averti nemmeno fatto gli auguri e tu invece sei stata tanto gentile! Tutto qui! Se per te non è un problema, meglio così!"
 "Possiamo vederci... Oggi o domani! Quando vuoi!"
 "Non posso! Sto sistemando ogni cosa, devo vedere qualche professore e alcuni amici e devo salutare anche altre persone..."
 "Oh... Non vuoi salutare anche me?"
 "Ma sì, certo! Ci vedremo alla cena a casa dei miei, la sera prima di partire... Fran, scusa ma adesso devo lasciarti!"
 "Scusa, Chicco!"
 "Farfallina, non devi chiedermi scusa! Davvero!"
 "Forse volevi parlare con me..."
 "No... Davvero! No! Era solo perché mi sentivo in colpa. Tutto qui... Fran, ci vediamo a casa dei miei per la cena!"
 "Ciao..."
 Lui riattaccò il telefono, prima di sentirla dire che lo amava. I suoi occhi si riempirono di lacrime. Si chiese perché. Sapeva molto bene che lui non era interessato a lei, eppure si sentiva sempre più sola per quell'indifferenza. Quel pomeriggio le era sembrato che lui avesse bisogno di lei, anche solo un po', invece si era illusa, come sempre. E mancavano solo quattro giorni alla sua partenza. Forse la distanza glielo avrebbe fatto dimenticare. Perché era stanca. Anche a lei sarebbe piaciuto avere una vita come tutti gli altri. Come quella di Camilla, innamorata di suo fratello, Giulio, che la ricambiava. O come quella delle sue compagne. Era stanca di pensare a lui ogni giorno, ogni istante. Ed era sempre stato così. Non vedeva l'ora se ne andasse. 
 Non era vero, si sentiva male alla sola idea di non vederlo per tanto tempo. Le sembrava di impazzire. Era corsa da lui, Lucia le aveva detto che era nella sua camera e senza nemmeno bussare era entrata, come aveva fatto tante volte. Lui stava preparando le sue cose, alcune valige erano già pronte e lei provò un forte dolore allo stomaco.
 "Farfallina... Che ci fai qui?"
 "Io... Niente! Posso... Posso tenerti un po' di compagnia mentre prepari le tue cose? Non parlerò nemmeno se non lo vuoi!"
 Lui rise e si sedette sul letto.
 "Vieni qui, piccolina!"
 Lei si avvicinò, quasi con timore e si mise seduta accanto a lui, senza guardarlo. Le diede una lieve spallata, guardandola.
 "Che cos'hai?"
 "Niente... E tu? Tu come stai?"
 "Eccitato, agitato, nervoso! Ma immensamente felice! Non vedo l'ora di prendere quell'aereo!"
 "Sarai il migliore di tutti!" Aveva sorriso, ma la voglia che lui aveva di andare via, era terribile.
 Era dolce, come sempre. Le diede un bacio sulla guancia e la ringraziò. Poi la abbracciò e lei si lasciò andare a quell'abbraccio che per lei significava tutto. Piano scivolarono sul letto, quasi senza accorgersene. Il suo calore la avvolgeva e la faceva sognare. Lui invece era sereno, si sentiva bene, in pace. Non riusciva a vederle il viso, lei lo teneva schiacciato al suo petto. Non lo abbracciava, rannicchiata tra le sue braccia, lasciava fosse lui a stringerla. Pensò che sarebbe stato difficile riuscire a stare così bene lontano da... Da lei. La tenne stretta a lungo. Erano immobili, lei era persa in quelle sensazioni e lui non riusciva a lasciarla andare. Furono i rumori che arrivarono dal soggiorno a destarli dal loro dolce torpore. Edo era rincasato e chiamava il fratello. Lei balzò seduta sul letto, rossa e imbarazzata, completamente confusa. E prima che il fratello entrasse nella sua camera, anche lui si mise seduto, altrettanto confuso.
 "Farfallina, va tutto bene?"
 Ma lei, non riuscendo a sostenere il suo sguardo, corse fuori dalla camera, scappando perché non potesse leggere nei suoi occhi l'amore e la disperazione, lasciandolo solo, perplesso e quasi... Si sentiva strano, la sua farfallina era andata via, quasi spaventata, lasciando su di lui un profumo dolce, un profumo da donna. Strizzò gli occhi, passò una mano sui capelli e, in quei giorni, cercò di non pensare a lei e al sogno che sembrava avesse vissuto davvero.
 Sarebbe rimasta sola. Senza di lui nulla aveva senso. Si era illusa? Eppure, su quel letto, le era sembrato che anche lui avesse bisogno di lei. Pochi giorni e sarebbe andato via. Tutto sarebbe cambiato, la sua vita, senza di lui, le sembrava inutile e infelice.

 Era partito il giorno prima e lei sentiva ancora il suo sapore sulle labbra. Riviveva il momento in cui si erano baciati continuamente. Era successo davvero? Gli mancava come l'aria. Lei gli aveva sfiorato le labbra con le sue, era sicura che lui l'avrebbe allontanata, invece quando si era spostata per scappare via, l'aveva trattenuta e le aveva dato il suo primo bacio. Le venivano i brividi pensando a quel momento. Era stato dolce. Era stato strano. Sapeva come si baciava, ma era stato diverso da come lo aveva immaginato. Si sentiva quasi a disagio ripensando a quella sensazione. Si sdraiò sul letto e nascose la testa sotto il cuscino, arrossendo. Le aveva detto che non avrebbe mai dimenticato quel bacio. E lei non avrebbe mai dimenticato la sensazione di stringerlo tra le braccia. Il suo profumo, il battito del suo cuore e il calore che aveva provato, erano ancora vivi, come se fosse appena successo. Le sue labbra sulle sue e poi... E poi lui che le aveva fermato il viso con le mani avvicinandola di nuovo a sé, sorridendole e l'aveva baciata. Le sue labbra che cercavano le sue, e poi la sua lingua che si insinuava nella sua bocca. Le sembrava di essere l'unica al mondo ad aver provato quell'esperienza, le sembrava che nessuna donna potesse aver vissuto quello che aveva vissuto lei. Eppure Chicco aveva avuto molte ragazze e sapeva bene che era andato a letto con loro, ma era come se non le considerasse, come se quel bacio avesse cancellato tutto il passato. Come se lui, non avesse mai dato un bacio a nessuna, come lo aveva dato a lei.
 Era completamente sopraffatta e... E infelice! Era più sola che mai! E quel ricordo non le bastava più! Voleva riviverlo, quel ricordo. Lui era lontano solo da un giorno e lei non aveva la minima idea di come andare avanti. Avrebbe dato qualsiasi cosa per raggiungerlo! E ci aveva provato in tutti i modi per convincere le persone a cui era legata ad andare da lui.
 "Cami... Perché non andiamo?"
 "Perché non voglio passare le vacanze con mio fratello! Voglio andare al mare! Con Giulio! E poi devo preparare l'esame di ammissione all'università! Devo studiare e dovresti farlo anche tu! Dopo il diploma, mi prenderò qualche settimana di vacanza e poi comincerò a pensare all'università! Punto! Comunque credi che a lui importi qualcosa? Gli saremmo di peso! E poi visto il modo in cui si è comportato con papà, non ho alcuna voglia di vederlo! Ci odia! Crede di essere migliore di tutti noi! E se credi che per lui tu sia qualcosa di diverso, ti sbagli! Sei ridicola a continuare a coltivare le tue speranze! Trovati un ragazzo anche tu!"
 "Perché mi tratti sempre in questo modo? Perché mi mortifichi... Io pensavo solo che sarebbe stato carino fare qualcosa di diverso..."
 "Non è vero! Vuoi solo vedere mio fratello! Non ti sto mortificando! Mi dispiace davvero che tu soffra per lui! Perché vedi, non lo merita! È presuntuoso e arrogante! Potresti anche essere più grande, ma fidati, non si accorgerebbe di te! Per lui nessuno è alla sua altezza!"
 "Lui... Lui non è così!"
 "Pensa quello che vuoi! Non mi interessa! Resta il fatto che lui è dall'altra parte del mondo a costruire la sua vita! Senza pensare a mio padre e soprattutto non pensa a te! Non sei nulla per lui!"
 E lei era corsa a casa, nella sua camera a piangere. Aveva provato a convincere sua zia a raggiungerlo per cercare di appianare i loro contrasti, ma anche con lei le cose non avevano funzionato. 

 Aveva conseguito il diploma più per compassione che per merito e aveva deciso di trovare un lavoro e smettere di studiare. Finalmente non doveva più farlo, non era mai stata brava e ora che era libera di scegliere, voleva andare via! Con tutta se stessa si sarebbe impegnata per raggiungerlo! Aveva litigato con i suoi genitori che la accusavano di essere solo una ragazzina viziata e insoddisfatta. Avevano messo in mezzo anche la sua cotta per lui. E lei li odiava quando sminuivano il suo amore! Poi, una sera, mentre cenavano, ascoltando sua madre che parlava del suo lavoro, ebbe come una rivelazione.
 "Che cos'è un casting?"
 "Una selezione. Stiamo cercando delle modelle che indossino gli abiti di Ugo..."
 "Per sfilare?"
 "No... Devono semplicemente essere a disposizione degli stilisti per indossare gli abiti, per vedere come tagliarli, cucirli... Per capirne la comodità!"
 "Perché non assumete me?"
 "Tu? Servono delle modelle! Non delle ragazzine che non sanno cosa fare della propria vita! Ti ho detto che non appena l'anno accademico inizierà, tu inizierai le lezioni! Credevo di essere stata chiara!"
 "Io non andrò all'università! Qualsiasi cosa tu voglia, non lo voglio io! Voglio fare la modella!"
 "E da quando? Il lavoro di modella non è quello che credi! È faticoso! Dovresti essere a disposizione di Ugo! Passare ore a posare e non credo proprio tu lo voglia! E poi non sai truccarti, non sai vestirti, non sai camminare! Non sei una modella!"
 "Pensi sia brutta?"
 "No, ma non sei una modella! Capitolo chiuso!"
 "Ti odio, mamma! Tu non vuoi che sia felice! Vuoi che faccia quello che vuoi tu! Ti odio!"
 Si era chiusa nella sua camera, per giorni. Era completamente sopraffatta. Era sola e i suoi non la capivano. Lui non la chiamava, non la cercava, era come se si fosse dimenticato di lei. Camilla glielo aveva detto che non la considerava nemmeno. Che quando chiamava a casa non chiedeva mai di lei e che forse aveva anche trovato una ragazza. Se solo fosse riuscita a trovare un lavoro... Avrebbe potuto raggiungerlo. Ma sua madre non voleva. 
Passava le giornate al buio, senza mangiare. Fino a quando suo padre, preoccupato, convinse sua madre a cedere. Almeno per qualche tempo, le avrebbero permesso di provare a lavorare come modella di sartoria. Le sembrò di rinascere. In realtà non si era mai considerata bella, ma non doveva salire su una passerella o posare per delle foto, doveva solo stare ferma e indossare dei vestiti.

 "Ciao Laura!"
 "Ciao... Ciao Marcella!"
 "Laura, dov'è Ugo?"
 "Sta vestendo le ragazze... Posso aiutarti io?"
 "Da oggi Francesca vi aiuterà qui in atelier! Affiancatele una delle modelle più esperte, che le insegni a camminare, muoversi..."
 "Vuoi che faccia la modella? Ma noi abbiamo già le ragazze che ci servono!"
 "Non ha alcuna importanza! Insegnatele il mestiere! Jenny occupatene tu!"
 "Cos'è questa novità? March, non è un gioco che la tua bambina vuole fare! Mi servono delle professioniste, non delle ragazzette!"
 "Ciao Ugo, ho deciso così! Falla diventare una modella! È chiaro?"
 "Come vuoi... Ehi, svegliati, principessa! Jenny comincia a darle dei vestiti femminili e brucia quelli che indossa!"
 "Ciao, Francesca, vieni di là..."
 Sorridente e felice saltellò insieme alla donna, ma si sentì umiliata udendo chiaramente quello che i tre, rimasti soli si dissero.
 "Si stancherà in fretta! Non ha carattere e si annoierà a passare le giornate ai vostri ordini!"
 "Per quanto sia carina è troppo magra ed è sgraziata. Cammina come una papera..."
 "Che importanza ha? Non deve sfilare!"
 "Ma deve saper valorizzare i vestiti..."
 "Insegnateglielo! Resisterà un paio di mesi se va bene! Il tempo per capire che deve iscriversi all'università!"
 "Dille solo di sorridere un po' di più!"
 "È mia figlia, ma non deve avere nessuna attenuante! Ha già avuto la fortuna che sia io sua madre, altrimenti nessuno le avrebbe dato questa possibilità! Quindi se vedete che proprio non riuscisse a cavarsela, non fingete riguardi inutili!"
 "E sia!"
 Odiò Ugo e soprattutto sua madre. Giurò a se stessa che tutti si sarebbero rimangiati quelle parole. Si impegnò con tutta se stessa per non cedere al modo antipatico in cui gli stilisti la trattavano, imparò a camminare, a sfilare, a sorridere, a posare e nel giro di pochi mesi si era trasformata. Il suo corpo slanciato era perfetto per quel lavoro, le sue forme armoniose e solo accennate facevano cadere ogni abito a perfezione e si era raffinata. Indossava abiti che valorizzavano la sua figura, iniziò a truccarsi e pettinarsi. Tanto che anche Ugo e Laura si erano stupiti. Fu quasi naturale usarla come sostituta di una delle modelle ingaggiate che si era infortunata, per la sfilata della società. 

 "Signorina Mora..."
 "Salve... Ci conosciamo?"
 "No! Sono Albert Hermann, sono il proprietario dell'agenzia che procura le modella per la società di sua madre!"
 "Piacere, Signor Hermann, mia madre sta parlando con alcuni clienti... Venga, la accompagno da lei!"
 "In realtà vorrei parlare con lei, non con sua madre... Vorrei chiederle di lavorare per me!"
 "Oh, ma io ho già un lavoro..."
 "Mi dica, vuole lavorare solo per la sua famiglia? La capisco, non mi fraintenda, ma se decidesse di provare a fare carriera, questo è il mio biglietto... Le mie ragazze hanno detto che oltre ad essere bellissima, sa anche essere professionale, puntuale e si impegna molto! Potrebbe diventare famosa come Helena Bauman... È proprio lei che mi ha detto di venire per conoscerla..."
 "Helena le ha parlato di me?"
 "Di una ragazza bellissima, carina ed elegante. Che più di tutte le altre, ha seguito le indicazioni degli stilisti! Ed è stata brava... Davvero! Ci pensi!"
 Bellissima... Lei era bellissima. 
 "Ehi... Hai parlato con Albert... Allora?"
 "Allora cosa?"
 "Non vuoi diventare una top model?"
 "Non ci ho mai pensato!"
 "Senti, Francesca... Domani ti vengo a prendere, andiamo da un mio amico fotografo. E nel pomeriggio potresti avere un contratto fantastico! Potrai avere ingaggi e potrai viaggiare! Mi hai detto che è quello che vuoi..."
 "Ma io lavoro per mia madre..."
 "Vuoi limitarti a lavorare in una sartoria? Sperare che un'altra modella si faccia male per salire su una passerella? E poi ho visto come ti trattano! Non hanno alcun rispetto per te..."
 "Credi che possa davvero fare questo lavoro? Pensi possa avere successo?"
 "Faccio la modella da 6anni. Ne ho viste tante di ragazze e tu hai qualcosa in più! Non sei solo bella... Hai qualcosa che ho anche io! Non so spiegarti... Ma non l'ho visto solo io! Albert ha lanciato e lavora con tutte le più grandi top model del mondo! La sua agenzia è la più importante del paese e una delle migliori al mondo! Dipende da te, se lo vuoi davvero e se hai il coraggio di provarci! Ma con il suo aiuto il prossimo anno potresti sfilare a Parigi, a Milano... Da domani la tua vita potrebbe cambiare!"
 
"Non vi ho chiesto se siete d'accordo! Vorrei solo che deste un'occhiata al contratto prima di firmarlo! Ma se non volete darmi una mano, chiederò ad un avvocato qualunque!"
 "Tu sei impazzita! Questa sciocchezza doveva durare il tempo per farti capire cos'è davvero importante! Tu non firmerai quel contratto!"
 "Basta mamma! Ti ho già detto che non andrò all'università! Domani mattina firmerò il contratto! Puoi chiudermi in casa. Lo firmerò la prossima settimana! Farò la modella e diventerò famosa! Me ne andrò e non mi vedrete più! Vi odio con tutto il cuore! E tu mamma sei quella che odio di più! Vorresti fossi come voi! Ma io non lo sono!"
 "No! Non lo sei! Sei una stupida arrogante! Credi di essere bellissima, credi di avere qualcosa che le altre non hanno! Non sei nulla di speciale!"
 "Ci sono persone che non la pensano come te! E poi odio lavorare per quei falliti di Ugo e Laura! Mi trattano come un'idiota!"
 "Perché lo sei! Guardati... Fino a ieri ti struggevi per qualcuno che passa la sua vita a studiare e non sa nemmeno che esisti! Forse se non fossi tanto stupida ti noterebbe!"
 "Non mi importa quello che pensi! E non mi importa di nessuno! Non devo dimostrare nulla a nessuno! Sono cresciuta e sicuramente non passerò mai più un giorno a struggermi per nessuno! Nemmeno per te mammina!"
 "Principessa, la mamma è solo preoccupata... Non pensa quello che ha detto!"
 "Papà... Non sono intelligente come voi, ma non sono nemmeno tanto idiota! Lo pensa e lo pensi anche tu! Ma non importa! Domani firmerò quel contratto!" 
Li lasciò soli e si chiuse in camera. Poi pianse. Li odiava davvero e odiava lui. L'aveva dimenticata. Sua madre aveva ragione, non sapeva nemmeno che lei esistesse! E forse la ragione era proprio il fatto che non fosse come loro! Ma non le importava più! Sarebbe diventata una modella famosa e invidiata da tutti. Con contratti in ogni parte del mondo e sarebbe stata felice! Non aveva bisogno di nessuno! Nemmeno di lui.
 Nel frattempo Nicola cercava di calmare la moglie.
 "Tesoro, per favore, calmati! Non riusciremmo a farle cambiare idea... E se non vogliamo che se ne vada via e che ci escluda, dobbiamo accettare la sua scelta!"
 "Nicola! È una scelta sbagliata! Il mondo della moda è spietato e lei è troppo debole per farcela! Tu lo ricordi, vero? Quando dirigevi l'Ecomoda, quante ragazze ce l'hanno fatta? Quante di quelle ragazzine piene di sogni, sono riuscite a diventare davvero delle modelle?"
 "Lo so! So bene quante ragazze ci provino e falliscano! Quante rischino di perdersi in un mondo spietato! Per questo dobbiamo starle vicino! Lo vedi, ci ha portato il contratto per controllarlo, e ha fatto inserire una clausola che le permette di sfilare per te nel caso lo volessi... Forse la sottovalutiamo! Avrebbe potuto firmarlo, invece ha voluto che noi lo vedessimo..."
 "Dovrebbe studiare, Nicola!"
 "Non vuole, tesoro! Questo contratto scadrà il prossimo anno... Lasciamola provare. Se le chiudiamo le porte adesso, quando avrà più bisogno di noi, non ci cercherà... La stiamo perdendo, Marcella! È la nostra bambina..."
 Alla fine l'aveva lasciata fare. E da quel giorno, aveva iniziato la sua carriera.

 "Giulio... Non immagini quanto sia felice di sentirti!"
 "Da quando sei bugiardo? Avresti potuto chiamarmi tu!"
 "Lo so... Ma tu lo sai come sono fatto! Questo non significa che non sia felice di sentirti!"
 "Come stai, Chicco?"
 "Bene! Benissimo! Sto lavorando e studiando tantissimo e non ho mai un momento per annoiarmi e tu?"
 "Direi che non posso proprio lamentarmi! Anche io sono preso dallo studio e da tua sorella!"
 "State ancora insieme... Beh, siete fortunati!"
 "Io lo sono sicuramente! E tu? Hai qualche amica speciale?"
 "Ho qualche amica, ma nessuna speciale!"
 "Prima di tutto il dottorato..."
 "Già... Proprio così! Come vanno le cose? Tornerò tra qualche mese... Ho qualche giorno di vacanza e mi mancano i miei..."
 "È bello sentirlo! Le cose qui sono come al solito... I miei sono sempre preoccupati per mia sorella, ma niente di che..."
 "Non si sono ancora arresi alla sua decisione?"
 "Riccardo... Fa la modella... Credi sia convinta della sua scelta? Ha solo voglia di divertirsi... Comunque se lei è contenta a me va bene..."
 "Quindi è contenta?"
 "Strano vero? Contenta... Felicità e contentezza non sono certo sostantivi che le si addicano, ma è così! Passa le giornate a lavorare, servizi, foto, sciocchezze così, e la sera passa da una festa all'altra! I miei le hanno comprato un appartamento in centro perché non rischiasse la pelle tornando a casa all'alba!"
 "Stiamo parlando della stessa persona?"
 "Già... Non è più la ragazzina di quando sei partita! Si è trasformata in una donnetta superficiale che non pensa a niente se non a soddisfare i suoi capricci. Non è più carina e gentile... Almeno non con noi... Forse con i suoi amichetti!"
 "Non riesco a crederci..."
 "Presto la vedrai. Sarà lei la modella di punta della sfilata di mia madre e tuo padre... La sua agenzia sta guadagnando un bel po' di soldi con lei, tanto che per poter essere disponibile alla sfilata, le hanno organizzato un'agenda fitta sia prima che dopo. Fa la star... E loro la compiacciono per non perdere la loro gallina dalle uova d'oro!"
 Non riusciva ad immaginare la sua farfallina con i jeans e la felpa, nel modo in cui l'aveva descritta Giulio. La sua piccola Francesca, una modella richiesta e prezzolata, che poteva premettersi di fare la star e di passare le serata a divertirsi nei locali alla moda della città. Lei che odiava il caos e che era intimidita dalle persone. Che odiava essere anche solo guardata, era diventata davvero il centro dell'attenzione di quelle orribili serate mondane? Non l'aveva mai vista truccata, pettinata o anche solo con un vestito. Lei era una ragazzina. La sua farfallina. Ma nello stesso tempo pensava che fosse speciale. Aveva sempre saputo che non era come loro. Quando parlava con lei, sapeva che era diversa da chiunque delle loro famiglie. Faticava ad immaginarla lottare per vincere la sua battaglia contro la madre, ma aveva dimostrato di avere un carattere forte e determinato, proprio come lui. Era certo che avrebbe spiccato il volo molto presto, anche se gli sembrò buffo che una ragazzina come lei riuscisse a farlo, sfruttando il proprio aspetto. Lei che con le modelle della società dei loro genitori, non aveva nulla in comune.
 Non l'aveva più cercata. Era stato tentato di farlo, ma si era sempre trattenuto. Quel bacio che si erano scambiati, più che altro lui le aveva dato, forse, non era stato giusto. Forse lei lo aveva interpretato nel modo sbagliato. Forse, ancora una volta l'aveva illusa che tra loro potesse nascere qualcosa. Sorrise. Quella bambina che solo l'anno prima non aveva mai baciato nessuno, era diventata una modella. Era curioso di vederla. Aveva una voglia matta di vederla.
 Ma era sicuro che non fosse poi tanto diversa da come la ricordava. Carina e dolce, disponibile e lunatica. Triste e ombrosa. La stessa ragazzina che aveva stretto, sdraiato sul suo letto e che riusciva a rasserenarlo e a rassicurarlo con un sorriso.
 Accese il computer e digitò il suo nome. Se davvero era diventata una modella richiesta, forse sarebbe riuscito a vederla. Ma uscirono solo alcuni articoli di quando era una ragazzina e appariva in pubblico con suo padre e sua madre. In realtà apparve anche una foto in cui alcune ragazze brindavano in una discoteca e il trafiletto la indicava tra le partecipanti alla festa. Era strano, ma proprio non riusciva a vederla. Quelle nella foto, erano donne, belle e sofisticate, truccate, vestite con eleganza e sensuali. Sensuali… La sua farfallina… Sensuale...
 Non era riuscito a trovare nulla in rete, ma pensò che sarebbe stato facile vederla alla precedente sfilata della società dei genitori e la cercò sul sito ufficiale. Ma le modelle che si susseguivano su quella passerella indossavano una piccola maschera ed erano tutte pettinate, truccate in maniera da renderle tutte uguali. Quanto erano stupide quelle serate. Come faceva lei a sopportarle? Eppure ne aveva fatto un lavoro, per quanto inutile.
 Non era importante. La sua era solo curiosità. Spense il computer, si buttò sul letto e si addormentò, sognando una farfallina con la canottiera rosa, che lo abbracciava e a cui baciava una spalla.

 Non immaginava che fare la modella fosse tanto impegnativo. Aveva orari rigidi, doveva sempre essere in forma e sorridere a comando, ma si divertiva. E poi per la prima volta in vita sua, non era più la ragazzina troppo magra e alta. Era come tutte le altre ragazze, e le piaceva da impazzire il modo in cui tutti la trattavano. Erano gentili, la tenevano in considerazione, la invitavano alle feste. Era ammirata e le piaceva quella sensazione.
 "Buongiorno!"
 "Ciao, sei Oliver, vero?"
 "Già... Lo sai che uno dei ragazzi più belli di questa campagna, ti preferisce a me?"
 "Cosa?"
 "Lo sai? Sei diversa dalle altre!"
 Lei sorrise, ma non sembrava né divertita né felice.
 "Me la dicono da sempre! Tutti quanti! Non siamo obbligati a diventare amici, né a parlare!"
 "Non volevo essere antipatico. Era un complimento! In mezzo a ragazze tutte uguali, tu spicchi perché sei... Sei carina e... Tenera!"
 "Mi descrivi come un'idiota!"
 "Oh, no! Se ti sono sembrato odioso è perché sono geloso di te!"
 "Sei geloso di me? E perché?"
 "Te l'ho detto! Will! Gli piaci e anche tanto!"
 "Io non so nemmeno chi sia questo Will! E poi davvero, non capisco!"
 "Credevo fosse gay, come me! Invece pare proprio che non lo sia e che abbia perso la testa per te! Del resto come dargli torto? Sei bella e sì, anche diversa, ma nel senso buono del termine!"
 "Oh, ma stai tranquillo! Io non ho la più pallida idea di chi sia!"
 "È lui! Lo vedi? Carino eh! Dimmi, ragazzina, hai visto le persone con cui hai lavorato in questi giorni? Hai notato che oltre alle ragazze con cui ridevi, c'eravamo anche noi maschietti in biancheria intima?"
 "Sì, certo, ma alcune ragazze le conosco da tanto perché hanno lavorato per mia madre... Per questo scherzo con loro! E poi sono gentili con me!"
 "Helena Bauman gentile?"
 "Sì, lo è! È sempre gentile!"
 "Lo è con te! Perché sei diversa! E anche le altre ti trovano diversa! Sembra tu non sia in competizione con loro! È per questo motivo che sono gentili con te! Perché non sgomiti come le altre per trovare il tuo posto al sole?"
 "Perché non ho nulla di speciale! Non sono bella come Helena, né sofisticata come Katrina, né sexy come Alessia! E poi mi sembra impossibile essere qui con voi... Fino a qualche mese fa non sapevo nemmeno quello che volevo fare. Accetto ogni lavoro che l'agenzia mi da! Faccio quello che i fotografi dicono e cerco di essere professionale come mi è stato insegnato!"
 "Se solo tu fossi un po' più ambiziosa potresti diventare una top model tra le più famose! Non vorresti sfilare a Parigi?"
 "Sarebbe bello, sì! Ma ho iniziato a lavorare solo da qualche mese e solo per un caso fortunato. Mi accontento..."
 "Sei davvero strana! Ma mi piaci! Comunque il mio Will ti chiederà di uscire..."
 "Spero non lo faccia..."
 "Immagino tu abbia già un fidanzato... Magari un ricco imprenditore, figlio di qualche amico di famiglia!"
 "Non c'è proprio nessuno nella mia vita! Nessuno a cui interessi quello che sono! L'hai detto tu, sono diversa, strana!"
 "Evidentemente non hai mai conosciuto nessuno di speciale! Chi lo sa, magari potresti divertirti con Will! Non dovresti rifiutare un suo invito. Non è un ragazzino superficiale!"
 "In realtà conosco un sacco di persone speciali! I miei fratelli, i miei genitori... E... Altri!"
 "Altri... Chi?"
 "Sono cresciuta in mezzo a persone speciali, davvero!"
 "Non hai un fidanzato, ma qualcuno nel tuo cuore c'è..."
 "Sì, forse sì..."
 "È lui?"
 "Lui chi?"
 "Quello della foto sul tuo telefono..."
 "Lui è... È un amico! Lo conosco da sempre... Siamo cresciuti insieme! Non è... Non è niente per me!"
 "E a lui non piaci?"
 "A lui piace solo se stesso!"
 "Chi è?"
 "È il figlio dei miei zii... Cioè, non sono davvero i miei zii, ma le nostre famiglie sono molto unite. Mia madre e suo padre sono i proprietari dell'Ecomoda, e sua madre dirige la compagnia di mio padre... Insomma è come fosse mio fratello!"
 "Anche lui fa il modello? È molto bellino..."
 "No... No! Lui è un ingegnere! Vive a Boston, studia lì!"
 "Bello, ricco e anche intelligente..."
 "Già! Terribile, vero?"
 "Beh, sicuramente sa esserlo! Se poi è arrogante come tutti i ricconi di questo paese..."
 "Oh, no! Lui... Lui è dolce! È simpatico! Non è uno snob! Mio fratello lo è, lui no! Non ha mai dato molto peso a certe cose! Davvero!"
 "Chi lo sa, magari se uscissi con un ragazzo carino, gentile e bello come Will, potrebbe davvero diventare un... Un niente!"
 "Perché vuoi che esca con qualcuno che piace a te?"
 "Perché a lui non interesso, purtroppo, e te l'ho detto! Mi piaci!"
 Aveva seguito il consiglio di Oliver e accettato l'invito di Will e si era divertita. Ne erano seguiti altri e lei aveva davvero cominciato a trovarlo fantastico. Era carino con lei, gentile e premuroso. Nessuno era mai stato premuroso con lei. In genere tutti quelli che conosceva, la evitavano o addirittura la odiavano. Lui invece era sempre disponibile. E la faceva divertire. Le diceva cose bellissime e mai scontate, banali. Si era affezionata a lui e quando una sera, prima di lasciarla andare a casa si era avvicinato cercando di baciarla, aveva chiuso gli occhi e l'aveva corrisposto. Quel bacio sembrava aver cancellato il passato. Era corsa nel suo piccolo appartamento felice ed emozionata. Era stato un bacio dolce, pieno di significato. E lei aveva così bisogno di essere amata. Era stata sola per tutta la vita, inseguendo un sogno o una chimera. Era sempre stata sola, nessuno l'aveva mai capita davvero e Will le dava tutto quello che desiderava. La compiaceva, la comprendeva e non la giudicava. Per lui, lei, era speciale, particolare e bellissima. 
 Del resto la sua famiglia era arrabbiata con lei perché invece di studiare come il fratello e come Camilla, aveva scelto un'altra strada, proprio non la capivano. E anche le persone che avrebbero dovuto starle più vicino, continuavano a non apprezzarla. Camilla, che le ricordava sempre quanto fosse noiosa, che la accusava di essere asociale e distante da tutti, non aveva smesso di considerarla diversa. Nonostante le cose fossero cambiate, nonostante lei non si sottraesse più alle serate mondane che tanto le piacevano. E persino suo fratello la biasimava. Era come se fosse deluso. Si chiedeva perché. In fondo lei era solamente cresciuta. Aveva chiesto loro di partecipare alle feste a cui era invitata, ma era stato inutile. Dovevano sempre studiare, o avevano impegni con amici, o volevano rimanere soli. Tutto era cambiato, ma loro la trattavano sempre come se fosse un'estranea. Aveva provato a non soffrirci. Ma loro erano la sua famiglia e ad ogni rifiuto, ci rimaneva male. Così si era costruita un muro che le impedisse di essere ferita. Aveva cominciato a trattarli con distacco e sufficienza, lei era una modella, bellissima, ricercata e ammirata. Loro solo degli studenti come tanti, con la fortuna di essere ricchi.
 Poi, quando aveva cominciato ad uscire con Will, tutto era cambiato. Con lui si sentiva bene. Protetta e appagata.
 Sarebbe stato lui il suo primo uomo. Era una donna e aveva voglia di esserlo davvero. Non pensava più a Riccardo, al suo amore per lui, al loro bacio e ai sogni di bambina che aveva costudito nel suo cuore per tutta la vita. Era tutto passato. Will aveva curato le sue ferite, il suo dolore, la sua solitudine. 
 Will era bellissimo, perfetto. 
 E quella sera credeva davvero che si sarebbe data a lui. Avevano cenato in un ristorante elegante, lui l'aveva corteggiata con fiori e parole dolci. Chiunque li vedesse, non poteva che considerarli meravigliosi. Belli e giovani e soprattutto innamorati. Già da qualche tempo lui le chiedeva di passare del tempo soli, in un posto tranquillo, dove avrebbero potuto conoscersi meglio e quella sera era quella giusta. Lo aveva invitato a salire nel suo appartamento e si erano baciati a lungo, sul divano. Ma quando lui aveva cominciato a toccarla in maniera più intima, si era sottratta alle sue carezze.
 "Credevo lo volessi anche tu..."
 "Lo voglio... Ma... Non lo so! Will... Ti sembrerò stupida, ma ho sempre sognato che avrei fatto l'amore solo con l'uomo che sarebbe diventato mio marito... Forse è assurdo... Ma... Non sono pronta!"
 "Sarebbe la tua prima volta?"
 "Sei il mio primo ragazzo, Will! Non sono mai stata insieme a nessuno! Mai! Nessuno mi ha mai portata fuori a cena, mi ha mai regalato dei fiori e nessuno mi ha mai fatta sentire come mi fai sentire tu..."
 "Nessuna è come te! Io ti amo, Francesca... E voglio dimostrartelo, voglio fare l'amore con te! Ti giuro che sarà bellissimo! Non vuoi fare l'amore con me?"
 "Oh, sì! Sì! Voglio darti ogni cosa di me, ma non adesso... Per favore, non odiarmi! Dammi solo un po' di tempo!"
 "Tutto il tempo che ti serve... Sposiamoci! Se davvero sogni di fare l'amore con l'uomo che diventerà tuo marito, sposami!"
 "Sei serio? Vuoi sposarmi?"
 "Sì! Dimmi che lo vuoi anche tu!"
 E lei gli aveva risposto di sì! Lui l'avrebbe portata via da lì, sarebbero stati felici e non avrebbe mai più pensato a loro, a lui. Non sarebbe mai stata più sola! Mai.

 "Sei venuta! Sono felice! Davvero!"
 "Oh, Gaia... Sei bellissima e sei così felice!"
 "Come potrei non esserlo? Marco è la mia anima gemella..."
 "Siete così belli insieme... Siete fortunati..."
 "Il prossimo mese ci trasferiremo a Stoccolma. Marco lavorerà per una banca internazionale e io... Io per un po' penserò solo a lui e... Sono incinta, Francesca! Ehi... Che fai? Piangi?"
 "No... Cioè sì... Ma solo perché sono felice per te... E anche perché mi mancherai... Sei l'unica amica che ho!"
 "Non è vero! Hai tanti amici adesso che sei una modella! E poi... Puoi venire a trovarci! Anche Marco ti adora, lo sai... Sempre tu non sia troppo impegnata con il tuo amico speciale!"
 "Oh, no... Verrò a trovarti... Per vedere il tuo bambino!"
 "Come sei cresciuta, piccolina... Ricordo quella domenica al lago..."
 "Sono passati solo due anni in realtà!"
 "E lui manca da mesi... Vi siete mai sentiti?"
 "No... Ma lo sai, a lui non sono mai interessata!"
 "Io non credo che sia proprio così! Se ti vedesse ora..."
 "Sono così cambiata?"
 "No... No! Sei sempre la stessa, ma nessuno guardandoti direbbe che sei una bambina... Sei una donna... E una donna così bella..."
 "Non sono così bella..."
 "Oh, sì che lo sei... Dovresti solo volerti un po' più bene!"
 "E tu? Tu l'hai sentito?"
 "Ogni tanto... Sì! Lo avevo invitato per il nostro matrimonio, ma non ha proprio potuto, così ha detto! Dovrebbe tornare fra un paio di mesi..."
 "Oh... Forse tornerà per il lancio della collezione di suo padre..."
 "Non lo so... Ma difficilmente riusciremo a vederci... Ma non ha importanza, la cosa importante è che vi vediate voi!"
 Lei sorrise tristemente.
 "Ti ha mai chiesto di me?"
 "No... Non direttamente! Ma mi ha detto che non vede l'ora di tornare per vedere le persone che ama!"
 "Io non sono tra queste persone... Ma lo sai, non mi interessa... Sono cresciuta e ora vedo le cose da un altro punto di vista... Non penso più a lui da tanto tempo! Ora so cosa voglio e so come ci si sente ad essere importanti per qualcuno!"
 "Davvero?"
 "Gaia... Devo andare... Torna da tuo marito e dai tuoi ospiti! Io... Ti ringrazio per la tua amicizia!"
 "Buona fortuna, piccolina!" 
L'aveva guardata allontanarsi e non era proprio riuscita a crederle. Tutti sapevano che aveva un fidanzato. Era un modello come lei e sembravano fatti l’uno per l’altra. Ma gli occhi di quella donna bellissima, erano gli stessi della ragazzina triste, che aveva conosciuto una domenica al lago. Occhi che vedevano solo lui.

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Capitolo 2
*** 2 ***


Capitolo 2

La rivista che la donna seduta accanto a lui stava sfogliando, era una di quelle che pubblicava solo pettegolezzi, che divulgava piccoli vizi o falsi segreti dei personaggi famosi. C'era finito molte volte su quelle pagine. Foto rubate da metri di distanza, mentre cenava con un'amica, o mentre in compagnia di un'amante passava una vacanza sulla sua barca. Non aveva mai capito cosa avesse fatto per essere considerato famoso e per essere finito tanto spesso sulla bocca di tutti. 
Aveva quasi 35 anni e nella vita aveva sempre fatto quello che gli piaceva. E aveva avuto successo nel suo lavoro. Aveva studiato e lavorato tanto per riuscire ad ottenere quei risultati. L'università, il master negli Stati Uniti, eppure sui giornali parlavano di lui solo per le sue avventure sentimentali. Lo dipingevano come il figlio di due tra i più importanti imprenditori del suo paese, ricco, viziato, che si godeva i soldi che non si era guadagnato. E a lui proprio non piaceva essere riconosciuto come il rampollo di una ricca famiglia o come un playboy.
Proprio non lo sopportava. Lui, aveva prima brevettato e poi venduto, un complesso ingranaggio che permetteva ai motori dei motoscafi da competizione di incrementare la velocità e migliorare le prestazioni. Avrebbe potuto vivere di rendita solo con quella vendita, ma aveva continuato a lavorare su quei motori che tanto lo interessavano ed era riuscito a migliorare altri elementi e il suo lavoro era apprezzato e ben remunerato. 
Sapeva bene di essere fortunato. Era cresciuto in una famiglia meravigliosa, che lo aveva amato e protetto. Da piccolo i suoi nonni gli avevano regalato un pony a cui si era affezionato e aveva trasformato un gioco in un vero e proprio sport che aveva praticato per anni. Prima piccole gare con i suoi compagni, poi competizioni sempre più importanti fino ad arrivare a veri e propri tornei nazionali ed internazionali. Gli piaceva correre con il suo cavallo, saltare gli ostacoli che gli si paravano davanti, ed era bravo. Aveva anche rappresentato il suo paese in numerosi tornei e aveva vinto un discreto numero di medaglie. Ma quello che davvero gli piaceva era la meccanica e aveva deciso di studiarla per capirla, per farne il suo lavoro. Si era laureato col massimo dei voti in ingegneria e poi aveva conseguito un master in una prestigiosa università negli Stati Uniti. Quasi per gioco aveva cominciato a sistemare e migliorare i motori delle auto degli amici e poi, non ricordava nemmeno come, era passato a quelli dei motoscafi. 
Sì, forse in quel mondo ci era finito per gioco, ma poi aveva fatto strada con le sue gambe, con le sue capacità. Era riuscito ad entrare in una piccola squadra che partecipava a competizioni minori, lui stesso pilotava il motoscafo, ma non si limitava a quello, insieme ai meccanici, apportava piccole o grandi modifiche al motore e insieme ai tecnici studiava l'aerodinamica per adeguarla alle modifiche effettuate per migliorare le prestazioni del mezzo. Non era passato molto tempo e un grande ed importante team gli aveva offerto un lavoro come pilota. Ed era stato proprio lì che era riuscito a realizzare un elemento tanto innovativo. 
Era un ingegnere quotato, rispettato e soprattutto molto ben pagato. Aveva avuto offerte da scuderia di automobili, aveva collaborato a progetti internazionali e nel suo campo era un vero e proprio punto di riferimento. Era bravo! Molto bravo e sapeva perfettamente di esserlo. Non era presunzione, era consapevolezza. E si divertiva. Si divertiva a lavorare  sui motoscafi e aveva continuato a partecipare alle regate con gli offshore mietendo vittorie, per qualche anno. 
Ecco, nonostante avesse un cervello decisamente funzionante e brillante, per tutti, lui era il ricco ragazzo viziato che per divertimento pilotava delle piccole e veloci imbarcazioni. Molte delle donne che aveva conosciuto erano interessate a quello. Così si era ritirato anche da quel tipo di attività, e si era dedicato solo alla parte meno esposta del mondo della motonautica. 
Distolse i suoi pensieri, attratto da una foto sulla copertina di un altro giornale. Un giornale di moda, una di quelle riviste patinate in cui la perfezione estetica, era esaltata come un dovere per ogni donna.
Era sempre stata tanto bella? Ricordava quando sua madre l'aveva portato all'ospedale per conoscere la sorellina del suo amichetto. Era piccola, piccola, fastidiosa e rumorosa. Proprio come sua sorella che sarebbe nata dopo pochi mesi. Aveva sperato che la sua mamma e il suo papà gli regalassero un maschietto, ma andava bene lo stesso, tanto era eccitato e felice di diventare un fratello maggiore come sua cugina e Giulio. Erano cresciuti insieme. Loro quattro e i suoi cugini, poi si erano aggiunti gli ultimi arrivati. Lei era carina, ma non andavano d'accordo. Lui, Giulio e Lorenzo, erano maschi e non si divertivano con le femmine. Così facevano sempre i dispetti alle sorelline. Le piccole disegnavano? Loro rubavano i colori. Giocavano con le bambole? Loro le scarabocchiavano con i pennarelli. Sua madre e sua zia, quella che lui considerava una zia, li sgridavano ma, una volta chiesto scusa, tornavano a burlarsi delle sorelline minori. Ma mentre sua sorella teneva loro testa, con un carattere davvero inaspettato per una bambina piccola, lei si limitava a sorridergli. Sorridere a lui, non a Giulio. 
Poi lui si era un po' allenato da quei giochi, era più grande ed era scoppiata la sua passione per i cavalli e per il salto ad ostacoli. Aveva cominciato ad annoiarsi con loro e per qualche anno, pur volendo bene ai suoi primi compagni di giochi, li aveva quasi abbandonati per coltivare nuove amicizie e nuovi interessi, come era normale fosse. Poi la scuole e l'università lo avevano portano sempre più lontano da loro. 
Non sapeva se lei era sempre stata tanto bella. Non lo ricordava. Sicuramente era sempre stata capricciosa, viziata, proprio come sua sorella. A volte non le sopportava quando con i loro schiamazzi lo distoglievamo dallo studio. Quando era costretto a chiudersi a chiave nella sua camera per non essere disturbato. Quella ragazzina poi si era presa una cotta per lui. Peccato fosse una bambina e che lui fosse un ragazzo di successo, innamorato perso di ogni fidanzatina, come era normale fosse. Lei era una bambina. La stessa che sorrideva quando lui le rovinava una bambola, che lo cercava per giocare e che gli aveva affibbiato quel nomignolo, Chicco, semplicemente perché era più facile da pronunciare per una bimba. Non la vedeva nemmeno.
Ma sapeva bene quando per la prima volta l'aveva vista donna, quando si era accorto di quanto quella che era quasi una sorella, si era trasformata ai suoi occhi. 
Camilla gli aveva detto che non voleva più studiare, che aveva deciso di fare la modella e che se non le avessero permesso di farlo, sarebbe scappata di casa. Ma lui non ci aveva fatto caso. Era in una grande città degli Stati Uniti, si divertiva, era giovane e la sua famiglia era l'ultimo dei pensieri. Perché lei era questo per lui, famiglia! Come sua sorella e suo fratello, come i suoi cugini, come il suo amichetto e il fratello del suo amichetto. Era la figlia di quelli che per lui erano degli zii. Ma era speciale e diversa da tutti gli altri. Per lui, lei, era sempre stata la persona che sentiva più vicino.  Forse era stato quello strano affetto che li univa a spingerlo a darle un bacio l’anno precedente. Un bacio senza importanza, che, non aveva dimenticato in fretta. E quando era tornato a casa, per una vacanza, non credeva che tutto sarebbe cambiato.
Aveva fatto una sorpresa a suo padre, l'aveva raggiunto in ufficio. Ma lui stava assistendo ad una delle presentazioni dei modelli che l'azienda avrebbe lanciato da lì a qualche giorno. Lei indossava... Cosa indossava? Non lo sapeva perché era stato folgorato dai suoi occhi. Dai suoi capelli, dal suo viso dolce e sensuale, dal suo corpo perfetto. Non l'aveva quasi riconosciuta, eppure lei assomigliava a sua madre, e… ed era sempre lei, la sua farfallina. Lei invece lo aveva visto subito e, scesa dalla passerella, gli era corsa incontro abbracciandolo. Un attimo, solo un attimo. Un attimo in cui tutto era cambiato. Quell'abbraccio… fu quello il momento in cui capì che per lui nulla sarebbe stato più lo stesso.
La donna che lo aveva abbracciato non era più la bambina noiosa, la ragazzina che distoglieva lo sguardo quando lui la guardava. Era cresciuta, era diventata grande. Bellissima, con quel suo viso sorridente, i suoi occhi neri e i capelli lunghi e lisci. Lo aveva abbracciato felice di rivederlo. Poi gli aveva stampato un bacio sulla guancia. 
Aveva quasi odiato suo padre per aver interrotto quel momento. Poi li aveva raggiunti anche sua madre e da quel momento, si erano scambiati solo qualche parola. Aveva sperato di poter stare solo con lei almeno per un altro momento, ma erano passati dei giorni prima che potesse succedere. Era stato coinvolto dalla sua famiglia, dai suoi genitori e dai fratelli in pranzi e cene con chiunque. Poi con gli amici di sempre, aveva partecipato a serate divertenti e spensierate. Ma lei non era mai presente. Troppo presa dal suo lavoro di modella, dalla preparazione della sfilata, dalle foto, dalla prova degli abiti e delle coreografie. Non aveva mai amato il mondo della moda. Mai. Fin da ragazzino preferiva defilarsi, nascondersi, piuttosto che partecipare agli eventi organizzati dall'azienda della sua famiglia. Raramente aveva assistito alle sfilate, solo quando a chiederglielo era l'amico di sua madre, lo stilista. Ma sapeva che avrebbe sicuramente visto quella sfilata. 
Lei avrebbe indossato quegli inutili abiti e non l'avrebbe persa per nulla al mondo. Era la prima volta che aspettava con ansia un evento simile.

“Mi scusi se la disturbo... Non voglio essere inopportuna, ma mio figlio sembra impazzito da quando l'ha vista! Lei è Riccardo Mendoza? Il pilota di offshore?”
“Beh, sono io, ma ora non sono più un pilota...”
“Mio figlio vorrebbe un autografo... È troppo chiederglielo?”
“No, ma dica a suo figlio di venire a chiedermelo direttamente!” 
Il suo sorriso sincero e bellissimo fece arrossire la donna che corse a chiamare un ragazzetto intorno ai 15 anni.
“Hai un foglio?”
“... Non... No... Non ce l'ho...”
“Mmm come si fa?”
“... Ecco io... Io ho il mio diario di scuola...”
“Perfetto! Allora se vuoi posso firmartelo... Come ti chiami?”
Prese in mano il diario che il ragazzo gli porgeva. Tra le foto dei compagni e di qualche ragazzina notò che ce n'erano molte anche di lui e del suo motoscafo, di alcuni suoi podi. 
“Mi chiamo Manuel”
Riccardo lo guardò e gli sorrise. Si stupiva sempre quando qualcuno lo riconosceva e gli chiedeva una foto o un autografo. 
“Vuoi anche scattare una foto con me?”
Il ragazzino sembrava felice ed eccitato a quella richiesta. Si avvicinò e chiese alla madre di scattare una foto con il suo cellulare. Poi la voce dell'altoparlante comunicò a tutti i passeggeri di riprendere il proprio posto perché il pilota stava iniziando le procedure di atterraggio.
Riccardo salutò il ragazzo e si rimise seduto e il suo sguardo corse alle riviste della donna seduta accanto a lei che però le aveva evidentemente riposte nel proprio bagaglio. Non era poi così importante. Presto l'avrebbe rivista.
I suoi pensieri tornarono a quei giorni e soprattutto alla sera di quella sfilata. 

I suoi genitori non avevano dovuto insistere molto per convincerlo a presenziare a quell'evento. Si era presentato solo, vestito in modo sportivo, non certamente adeguato all'eleganza richiesta in certe serate, ma lui era il figlio del presidente e nessuno gli avrebbe impedito di entrare. Era in ritardo perché voleva che nessuno pensasse che fosse interessato. Ma fremeva per vederla. E quando lei era apparsa su quella passerella, le era sembrata ancora più bella. Aveva aspettato che la sfilata finisse, e sempre cercando di apparire quasi annoiato, si era unito ai genitori e alla sorella che erano in compagnia dei genitori e del fratello di lei.
Lei tardava, forse troppo impegnata con lo stilista, Ugo, che da una vita lavorava per quell'azienda. Ma poi anche lui li aveva raggiunti. I giornalisti, i clienti e tutti coloro che in un modo o nell'altro facevano parte di quel mondo lo circondavano e gli facevano domande sui suoi studi, sulle ragioni che lo avevano spinto a smettere di cavalcare, sui suoi progetti o semplicemente se si trovasse lì per prendere il posto che tutti si aspettavano avrebbe ricoperto. Ma lei dove diavolo era? Ricordava la delusione, la frustrazione di vederla arrivare con quel modello. Un ragazzo alto, ben vestito. Si era morso un labbro per essersi vestito come se stesse andando a vedere un film da solo. Le stringeva la mano e le sorrideva. Prima che i suoi genitori le potessero parlare, l'aveva baciata, di fronte a loro, a tutti. Era evidente che al padre avesse dato fastidio, mentre sua madre l'aveva accolto con simpatia. Lui avrebbe voluto scaraventarlo fuori da una finestra ma finse indifferenza, aveva salutato lei, poi aveva stretto la mano a lui. Era evidentemente irritato e avrebbe voluto andarsene. Fu il suo amico, Giulio, a capirlo per primo. Gli aveva detto che sua sorella frequentava quell'idiota da qualche tempo, che per lui aveva perso la testa e che nonostante fossero insieme da poco più di tre mesi, lei voleva sposarlo.
Gli aveva anche dato una pacca sulla spalla, ma quel gesto amichevole, lo aveva innervosito ancora di più e lo aveva mandato al diavolo. Poi era tornato a casa e dopo qualche giorno era tornato negli Stati Uniti. L'aveva dimenticata.

Ritirò il suo bagaglio e si diresse all'uscita dell'aeroporto dove ad attenderlo c'era sua sorella, Camilla, che gli sorrise e gli saltò al collo felice.
“Bentornato fratellone! La mamma sta preparando una cena favolosa! Solo per te!”
“Come stai piccolina?”
“Piccolina? Lo sai che sto per sposarmi, vero?”
“Certo che lo so! È che per me, sarai sempre la mia sorellina!”
“Vogliamo andare? A casa non vedono l'ora di riabbracciarti...”
“Immagino! Anche papà?”
“Soprattutto lui! Lo sai com'è fatto!”
I due si diressero verso l'auto della donna e lei gli parlò di quanto fosse felice. 
La sua sorellina. La piccola Camilla. La bambina che l'aveva un po' deluso perché lui avrebbe voluto un fratello, come Giulio, per giocare e dividere la camera. La bambina che sapeva come rigirare suo padre, che le concedeva qualsiasi cosa! Quante volte era riuscito a convincerlo attraverso le sue suppliche? Sorrise ricordando quanto fossero stati felici da bambini. A quei tempi, erano due gocce d'acqua. Continuavano ad assomigliarsi, ma col tempo i lineamenti di Camilla, si erano addolciti, era bellissima, con un naso piccolo e sottile, gli occhi marroni, brillanti e un sorriso allegro e contagioso. Era sempre stata carina. E ricordava bene quando suo padre le impediva di uscire o di andare alle feste. Era esageratamente protettivo nei suoi confronti. A quel punto era lui che lo convinceva a darle un po' di libertà. 
Suo padre si fidava ciecamente di lui. Era il suo futuro, quello dell'azienda. Lo sapeva bene e sapeva di averlo deluso profondamente quando invece che agli affari, aveva preferito la sua passione, quando si era allontanato dalla famiglia e dall'azienda per rincorrere i suoi progetti. A portare avanti l'azienda dei nonni non sarebbe stato lui. Anche sua madre era delusa, non lo aveva sostenuto, ma non lo aveva ostacolato. Solo suo nonno Roberto lo aveva sempre spronato ad essere se stesso. Erano lui e la nonna Margherita ad avergli regalato il primo cavallo, era stato nonno Roberto a caldeggiare la sua passione per l'equitazione prima e con i motori dopo. Il nonno Roberto. La sua perdita era stata terribile e lei… lei era con lui. L'unica ad aver capito quanto la sua morte lo avesse sconvolto. 

Quando tornava a Bogotà, quelle poche volte, i suoi pensieri si mescolavano ai ricordi. A casa sua, a Miami, non pensava mai al passato. Là, aveva la sua vita, il suo lavoro, i suoi interessi. Quella città era giovane, fresca, piena di svaghi e di opportunità. Non gli mancava mai Bogotà, eppure era felice di essere lì. Era preparato a tutte le domande a cui avrebbe dovuto rispondere, alle richieste, alle speranze. Avrebbe sicuramente deluso nuovamente suo padre. 
A volte aveva pensato che avrebbe preferito che lui non fosse suo figlio. Del resto era cresciuto per quattro anni con un altro padre. Lo ricordava vagamente e solo molto tempo dopo aveva capito come stavano le cose. Forse il suo vero padre, Armando, lo vedeva molto più simile a quel Michelle che lo aveva visto nascere, nonostante lui gli somigliasse in modo evidente. E c'erano stati momenti in cui rimpiangeva che non fosse il primo marito di sua madre ad averlo concepito. Durante uno dei tanti litigi glielo aveva anche detto. E suo padre aveva pianto. Non l'aveva mai visto piangere, mai. Si era sentito un mostro. Sua madre lo aveva schiaffeggiato. E lui era rimasto intontito, sbigottito. Gli aveva chiesto scusa, ma da quel giorno tra loro qualcosa sembrava essere cambiato. Il suo rapporto col padre era tornato sereno, lui aveva accettato le sue scelte, convinto da suo nonno, ma quelle parole pronunciate in un momento di rabbia non erano state dimenticate. Si era pentito ogni giorno per averle dette. Ogni giorno. Lo aveva ferito profondamente. Perché per suo padre, il rimpianto più grande era quello. Non averlo potuto crescere, non averlo visto nascere. Era il più grande dolore della sua vita. 
Non aveva mai chiesto perché le cose fossero andate in un certo modo. Ma era chiaro che anche per la madre fosse un dolore enorme ricordare il passato. Sapeva solo che per un malinteso lei si era sposata con un altro uomo, Michelle, che insieme erano stati felici, o almeno così lei diceva. Poi tutto era cambiato. Il suo papà se n'era andato ed era arrivato Armando. Il suo vero padre. Si erano voluti bene da subito. Tutti i regalini che gli faceva, erano ancora tutti nella sua camera di bambino e ragazzo. Amava suo padre! E aveva cercato di renderlo orgoglioso di lui, anche se non sembrava esserci riuscito.

“Non hai ascoltato una sola parola di quello che ti ho detto, vero?”
“Cosa?”
“Non importa, so di essere noiosa e monotematica... Eccoci qui! Sei l'uomo più atteso del mondo!”
“Già... Andiamo!”
Quella casa era sempre la stessa. I colori, i fiori, era tutto uguale. La sensazione però non era quella di tornare a casa. Si sentiva inquieto, nervoso. La sorella gli aprì la porta e la madre non aspettò nemmeno che entrasse per buttargli le braccia al collo. Ricambiò il suo abbraccio e solo in quel momento si rese conto di quanto le fosse mancata.
“Tesoro mio! Come sei bello!” 
Una lacrima rigò il volto della donna che poi tornò a stringerlo con amore.
“Ciao mamma! Mi sei mancata tanto! Dov'è papà?”
“Arriverà presto! È uscito con Edoardo... C'è una sorpresa per te!”
“Davvero? Credevo che la cena che hai preparato, fosse già una sorpresa!”
“Camilla, perché gliel'hai detto? Non importa! Sono sicura che tuo fratello immaginava che non sarebbe stata una serata come le altre! Vieni tesoro! Raccontami come stai! Come vanno le cose?”
Riccardo le sorrise e cominciò a raccontarle della vita che conduceva, del suo lavoro. La madre pendeva dalle sue labbra, lei adorava i suoi figli. Li aveva cresciuti amandoli incondizionatamente. Li aveva seguiti, appoggiati e sostenuti sempre. Ma non li aveva mai viziati e aveva insegnato loro a guadagnarsi ogni cosa, il rispetto per loro stessi e per gli altri e soprattutto a ringraziare sempre per quello che avevano. Ma Riccardo, nonostante i contrasti, nonostante fosse impossibile da capire e comprendere, aveva qualcosa di speciale. Per lei e per suo marito, quel figlio che non sembrava trovare una strada definitiva, che sembrava sempre essere alla ricerca di qualcosa, era diverso da tutti gli altri. 
Riccardo stringeva la mano della madre e la guardava. La sua bellezza non era ancora sfiorita, nonostante gli anni fossero passati e qualche ruga le solcasse il viso. Era ancora una donna bella ed elegante. Soprattutto nei modi, sempre gentili, educati. Camilla si era accoccolata tra le sue braccia, come quando era bambina ed erano la mamma o il papà a raccontar loro qualche favola. Riccardo si sentiva allegro e felice, sereno. Era talmente assorto nel raccontare di tutti i progetti e i lavori di cui si stava occupando che non si accorse che il padre e il fratello più piccolo lo stavano ascoltando. 
“Chicco! Ma da quanto tempo non la tagli quella barba?”
“Edoardo... Papà...”
“Ciao Riccardo! Non immagini quanto sia felice di vederti!”
Suo padre aveva gli occhi umidi. Era felice davvero di vederlo. Riccardo si alzò e senza esitazioni lo abbracciò. Sapeva che durante il suo soggiorno a Bogotà avrebbero avuto modo di discutere, ma in quel momento aveva solo bisogno che il loro abbraccio comunicasse al padre tutto il suo amore. 
“Chicco e io?”
"Ciao piccola peste!”
“Che bello rivederti!”
“Ti ho detto mille volte di venire a trovarmi, ma tu sei sempre tanto impegnato!”
“Hai ragione! Ma lo sai bene che lavorare come praticante, implica azzerare il proprio tempo libero!”
“Già lo immagino!”
La sua famiglia era tutta lì. E lui aveva dimenticato tutte le ansie e le preoccupazioni che quella città gli provocavano. Forse quella vacanza sarebbe stata diversa dalle altre, forse non si sarebbe pentito del suo ritorno, almeno quella volta.
La serata era passata allegramente, senza intoppi, senza discussioni o recriminazioni. L'attenzione era passata da lui ai fratelli, prima ad Edoardo, che si era laureato e che lavorava come praticante in uno dei migliori studi legali della città, poi alla sorella, Camilla, che si sarebbe sposata entro qualche settimana. Era quello il motivo del suo ritorno. Il matrimonio di sua sorella con il suo migliore amico, Giulio. Erano sempre stati affiatati loro due. Ricordava bene che era quasi geloso del loro rapporto. Del resto avevano tanto in comune. Loro erano i figli perfetti di due famiglie perfette. La loro unione sembrava fosse scritta prima ancora che loro stessi la iniziassero. Entrambi avevano seguito le orme dei genitori. Si erano laureati col massimo dei voti in economia e finanza, avevano iniziato la loro carriera lavorativa nelle aziende di famiglia, partendo dal basso, lui come magazziniere e lei come semplice segretaria di uno dei dirigenti. Si erano fatti le ossa per essere preparati a quella che era la loro strada, la conduzione di una delle aziende di moda più importanti e floride dell'America latina e di una compagnia finanziaria con interessi milionari in tutto il mondo. Non ci era voluto molto perché riuscissero a dimostrare il loro valore negli affari. In fondo entrambi aveva sempre dimostrato interesse per quello. Fin da bambini erano bravissimi in tutte le materie che riguardavano la matematica, l'economia e in generale con i numeri e la gestione dei loro interessi. La piccola Camilla da bambina aveva imparato, per esempio, ad amministrare tutte le paghette e i regalini che le venivano fatti. Con oculatezza, riusciva a racimolare dei gruzzoletti davvero notevoli per la sua età. E non li sprecava mai! E Giulio era un mago della matematica e dei numeri. L'economia aziendale era la sua materia preferita. Ci sapeva davvero fare! Era stato chiaro a tutti che sarebbero stai loro due a prendere le redini della TerraModa e dell'Ecomoda. I suoi genitori e quelli di Giulio non avevano dubbi. E poi c'erano Edoardo e Claudio, il fratello di Giulio, che avevano studiato giurisprudenza e il cui futuro era brillante e roseo. Tutti i figli dei proprietari avevano trovato il loro posto. Anche lei, Francesca, la donna che nonostante tutto frequentava i suoi sogni, era parte integrante di quel mondo. Tutti, i suoi fratelli, i suoi amici più cari, i suoi cugini lavoravano per l'Ecomoda o la TerraModa, tranne lui. Lui era l'unico Mendoza che non solo aveva rinunciato a quelle maledette aziende, ma che aveva lasciato la città e il paese. L'unico a cui gli abiti, i consigli di amministrazione, i lanci e le collezioni o i pacchetti finanziari, non interessavano. Anche i figli dei suoi zii lavoravano per loro. 
Laura, sua cugina, era diventata la stilista che avrebbe sostituito Ugo Lombardi una volta che si fosse ritirato. Aveva studiato moda e si era affidata completamente a lui per imparare il mestiere. Era stata un'eccellente apprendista. Aveva imparato tutto sulle stoffe, sui materiali. Sui tagli migliori per ogni tipo di materiale e sapeva cucire, ricamare e disegnare. Ugo la considerava l'unica Mendoza degna del suo nome, anche se in realtà era sua madre a chiamarsi così. Col tempo aveva cominciato a lasciarle sempre più spazio, fino a farla collaborare direttamente con lui. Poi l'aveva guidata nelle sue prime creazioni e alla prima delle collezioni firmate interamente da lei. E lo stilista sembrava davvero aver trovato la sua erede. La portava in palmo di mano, era il suo mentore e insieme avevano iniziato una collaborazione perfetta. Lorenzo, il fratello di Laura invece si occupava dei clienti internazionali della TerraModa. Era un ottimo professionista, viaggiava in tutta l'America Latina ed era un punto di riferimento dell'azienda in diversi paesi. Era spesso in viaggio e sembrava che suo zio Nicola lo ritenesse davvero un eccellente dirigente. Tutti loro erano stati all'altezza del loro nome. Tranne lui. Sapeva che il padre lo avrebbe voluto vedere diventare il presidente della sua azienda, era designato il suo ruolo. Era quello il motivo dei loro conflitti. Ma quella sera non ce n'erano stai. Era la loro serata ed era stata perfetta. Il padre aveva voluto regalargli l'orologio appartenuto a suo nonno. Lo aveva fatto restaurare ed era quella la sorpresa a cui si riferiva sua madre. 

Era stanco. Il volo, la tensione, la serata gli avevano tolto tutte le energie. Non fece fatica ad addormentarsi, nel suo letto, nella sua camera, circondato da tutti i suoi ricordi.

Le accarezzava la pelle nuda, pallida. Il respiro sul suo petto, lo faceva rabbrividire. Fare l'amore con lei era stato indescrivibile. L'aveva desiderata per tanto tempo e ora che l'aveva tra le sue braccia non l'avrebbe lasciata andare. Le sue gambe lunghe e affusolate erano intrecciate alle sue e si sentiva completo e in pace con se stesso.

“Chicco! Chicco sei sveglio?”
La donna che sembrava toccare, scomparve nel momento stesso in cui aprì gli occhi. Suo fratello si era seduto sul letto e gli tirava i capelli, come aveva fatto mille volte quando erano bambini.
“Adesso sì!!” 
“Sognavi qualcuna che conosco? È bella? Mi sono preso la mattinata libera! Andiamo a correre!”
“Ma che diavolo di ore sono?”
“Le sette! Siamo già tutti in piedi! Mamma ha preparato la colazione!”
Le abitudini della famiglia Mendoza non erano cambiate! In quella casa ci si svegliava sempre presto, da sempre. Ci si svegliava presto e si faceva colazione tutti insieme. Quelle piccole regole insopportabili. 
“Lasciami in pace!” Riccardo tirò uno dei cuscini addosso al fratello che, ridendo, uscì dalla sua camera. 
Il profumo del caffè invase le sue narici, la voce dei suoi familiari gli arrivava alle orecchie ma quel risveglio lo aveva infastidito più del dovuto. Era tanto che non la sognava. Che non sognava di toccarla, di averla nel suo letto. Si alzò e si diresse verso la cucina. Salutò senza entusiasmo e sua sorella non perse l'occasione per fargli notare che avrebbe almeno potuto indossare una maglietta.
“Scusa sorellina! Non sono abituato a condividere gli spazi! Ma non preoccuparti, prendo solo un caffè e poi corro a fare una bella doccia! Tra meno di un'ora sarò bello e perfetto come piace a te! Contenta?”
“Tesoro siediti! Ecco il caffè, ci sono i tuoi muffin preferiti, quelli con il cioccolato, del succo di frutta e la marmellata!”
“Grazie mamma, ma non ho molta fame...”
“Hai programmi per oggi?”
Intervenne suo padre.
“Non proprio, papà. Credo girerò un po' per la città...”
“Non vieni a correre con me?”
“Non oggi. Magari posso fare una visita a mamma, o passare a trovare Giulio...”
“Allora sbrigati! Preparati così ci accompagni! Ti va?”
“Ai tuoi ordini sorellina!”
“Beh, allora se non vuoi passare la mattinata con me vado in ufficio anche io!”
“Wow! Sempre tutti stacanovisti, vedo!”
Quella battuta in apparenza innocente, nascondeva un sarcasmo che tutti avevano colto. Riccardo era sempre stato così, pungente, allergico alle convenzioni e alle restrizioni. Nel suo lavoro era preciso, puntuale, preparato. E anche quando pilotava gli offshore calcolava ogni dettaglio, rispettava le regole ed era capace di arrivare al limite, sfiorarlo e superarlo solo in certe circostanze. Ma con la sua famiglia, col tempo, era diventato intollerante alle regole e alle tradizioni. Quello che più odiava era organizzare tutto nei particolari perché la loro vita privata combaciasse perfettamente con quella pubblica e con quella lavorativa. Per troppo tempo aveva visto i suoi genitori e i suoi fratelli come dei soldatini perfetti, ligi al dovere, senza macchia! Mai un errore. Ma lui si sentiva in una gabbia. Non amava oziare a letto, ma voleva svegliarsi presto per piacere, non dovere, lavorava per passione non per obbligo. Alla fine era scappato. Aveva trovato la sua strada lontano. La madre lo guardò con rimprovero e lui, alzando le mani, chiese scusa a tutti. Ecco cosa non sopportava, loro erano fatti della stessa pasta, non li giudicava, non li compativa, non facevano fatica a convivere con quelle regole, anzi, per loro non erano nemmeno regole, semplicemente a loro piaceva vivere così. Organizzati, convenzionali. 
Lasciò la cucina e tornò nella sua camera. Si spogliò e butto i pantaloni del pigiama per terra, l'unica ribellione che si sarebbe concesso. Si ripromise di comportarsi in maniere ineccepibile. La serata bella e serena era passata, ora doveva solo abbozzare e ingoiare. Quel supplizio non sarebbe durato molto, solo qualche giorno. Poi se ne sarebbe tornato a casa, a Miami, alla sua vita!
Si fece la doccia cercando di lavarsi anche i cattivi pensieri e decise che si sarebbe vestito con cura. Aprì l'armadio. Osservò quanto fosse in ordine, le camice ordinate per colore, pantaloni e giacche per le varie occasioni. Richiuse le ante e aprì la sua valigia. Era ancora lì, la madre non aveva avuto il tempo di svuotarla, lavare i vestiti, stirarli e ordinarli. Meglio! Prese dei pantaloni e una maglietta senza guardare il colore, né che fossero completamente stropicciati e si vestì. Ecco, il primo proposito era stato cancellato.  Non erano nemmeno le otto del mattino e avrebbe dato qualsiasi cosa perché la giornata passasse presto. 
La sorella lo squadrò come fosse un alieno. Era impeccabile con il suo abitino su misura e le sue scarpe costose. Perfettamente truccata, pettinata sembrava uscita da una rivista di moda. Non gli disse nulla, forse aveva capito che era inutile imbastire una discussione che non avrebbe portato a nulla. Anche suo padre tacque. Il fratello invece gli fece notare che non si trovava a Miami e che almeno una giacca avrebbe dovuto indossarla. Sapeva bene che quelle erano solo i primi contrasti che avrebbero avuto. Era diverso da tutti loro. Nel modo di vestire e di vivere. Anche le donne che sceglieva non appartenevano al loro mondo ovattato. Forse gli piacevano proprio perché completamente diverse! Nessuna modella o attricetta come suo fratello, nessuna donna in carriera come Giulio... Le sue donne erano state delle compagne di studi, nemmeno tanto belle, oppure ragazze conosciute a dei concerti in luoghi sperduti, delle colleghe. A lui piaceva conoscere il loro mondo. Non perché temesse fossero interessate ai soldi o alla sua posizione. Non gli importava nulla di quello. Semplicemente perché preferiva avere stimoli diversi. Era stato per un po' di tempo con una donna che per vivere faceva il meccanico, ed era pure brava. Non che non avesse avuto donne bellissime, ma erano state solo avventure. L'unica eccezione era stata lei, Francesca, ma era una storia che non si sapeva spiegare, finita prima di cominciare, per poi riprendere e finire di nuovo. Una storia che vivevano da sempre. In un certo senso ne era quasi felice, era sicuro che col tempo l'avrebbe trovata vuota come tutte quelle oche delle sue amiche o noiosa come sua sorella e i suoi fratelli! Eppure a Giulio voleva bene davvero. Era il suo perfetto contrario, ma erano amici veri. Era il suo migliore amico da sempre. Giulio, il fidanzato di sua sorella, l'uomo perfetto, il figlio ideale. Forse lo invidiava un po'. Invidiava lui, non la sua vita preconfezionata e solo perché aveva trovato la sua strada ed era soddisfatto di se stesso. 
Lui era soddisfatto di se stesso? No! Si sentiva irrisolto, incompleto. Era quello che lo disturbava di Giulio, di sua sorella, della sua famiglia! Loro sapevano ciò che volevano, sapevano come ottenerlo. Era un suo problema. Solo suo! Gli altri erano solo i suoi alibi. 
Eppure c'erano stati dei momenti in cui si era sentito appagato. Ogni momento passato con lei.

Dopo aver lasciato sua madre e sua sorella alla TerraModa, andò all'Ecomoda. Sospirò e si sforzò di sfoderare il suo sorriso più sincero. Prima vide le vecchie segretarie che lo avevano visto crescere, Sandra e Mariana, poi a turno Giulio, la zia Marcella, Claudio, Laura e Ugo, la zia Camilla, gli corsero incontro per salutarlo, abbracciarlo. Ovviamente per quella stessa sera era stata organizzata una cena in suo onore a casa degli zii Marcella e Nicola, naturalmente non poteva mancare, naturalmente si finse felice. E lo era, sotto un certo punto di vista. Non poteva negare di voler bene a quelle persone. Anzi, erano le persone a cui teneva di più al mondo. Il problema era lui! La mattinata nel complesso fu piacevole. Giulio e suo padre Armando lo accompagnarono a vedere tutti i cambiamenti effettuati in azienda, orgogliosi di quanto fosse cresciuta, anno dopo anno, di quanto fosse solida e importante. Come se a lui importasse. Finalmente tutti furono riportati ai loro impegni e lui poté uscire per fumare una sigaretta. Non fumava mai. Solo quando tornava a Bogotà. Erano quasi un rito quelle sigarette fumate di nascosto. Ed era sciocco nascondersi perché tutti sapevano del suo vizio. Quello che non sapevano era che lui fumava solo in quella città. 
Si sedette su una panchina posta in un piccolo parco poco distante dall'azienda. Poteva vederne l'ingresso tra i rami di una siepe mezza secca. Ecco, un'altra cosa che sembrava sempre uguale. La siepe che lo divideva dall'Ecomoda.
“Mi ha sempre incuriosito questa tua fuga. In un posto tanto squallido poi...! Davvero non ho mai capito perché tu debba nasconderti per una sigaretta!”
“Perché non mi nascondo per la sigaretta ma da tutto quello che c'è oltre questo posto squallido!”
“Danne una anche a me!”
“Non avevi smesso?”
“Inizio, smetto e ricomincio molte cose, Chicco!”
“Tieni, finisci la mia!”
Prese la sigaretta, sfiorandogli le dita e si sedette accanto a lui.
“Non sei felice di vedermi?”
“Sempre, Francesca! Lo sono sempre!”
“Odio la barba in un uomo! Dovresti ripensare almeno alla lunghezza!”
“Sicuramente questa sera mi raderò!”
“No, non lo farai!”
“Mi conosci poco! Per una bella donna potrei fare qualunque cosa!”
“Forse! Ma non per me! ... Mi sei mancato, sai?”
“Davvero? Perché hai bisogno di dire la cosa giusta? Sai bene che non è necessario!”
“Credi non sia vero?”
“Credo che almeno tu, potresti trovare frasi più originali!”
“Tipo?”
“Tipo evitare le formalità! Mi sei mancato, come stai? per quanto tempo resti... Magari potresti semplicemente dirmi che vorresti venire a letto con me!”
“Ma io non voglio venire a letto con te! Sono fidanzata, lo sai?”
“L'ultima volta che ci siamo visti, a Miami, eri sposata con qualcuno se non sbaglio. Ma abbiamo fatto l'amore per una settimana intera mentre tutti ti davano per dispersa!”
“Questa volta è diverso!”
Riccardo la guardò ridendo.
“L'hai detto poco fa! Tu smetti, ricominci e inizi molte cose!”
“Non questa volta!”
“Anche tu mi sei mancata, Francesca!”
“Sarcastico e scortese sempre!”
“A Bogotà, le cose sembrano non cambiare mai!”
“Ho voglia di abbracciarti!”
“Hai voglia di venire a letto con me!”
“Sei disgustoso!”
“Ma guarda... Anche tu sei diventata una brava ragazza? La figlia buona e giudiziosa che ogni papà sogna di avere?”
“Beh, le cose cambiano! Anche a Bogotà
“Solo alcune cose cambiano! Ma non tu! Tu non sarai mai come mia sorella! Faresti troppa fatica a comportarti come lei! E a te la fatica non piace!”
“Se è per questo, anche tu non assomigli né a Giulio né a Edo, né a Claudio! Ma contrariamente a me tu ne soffri! Io non voglio essere come Camilla! Non invidio la sua vita! Non invidio la sua perfezione! Tu sì! Tu vorresti essere come loro!”
“Ma io potrei essere come loro in qualunque momento! Potrei indossare un bell'abito, radermi e non farei alcuna fatica a diventare uno dei dirigenti di quella maledetta azienda! E lo sai bene! Potrei che so, trovare un modo per migliorare qualche stupida macchina per il confezionamento, realizzare qualche ridicolo macchinario per la produzione di una cosa qualsiasi che si produce la dentro! Se non lo faccio è perché non mi interessa farlo! Ma tu? A parte la modella cosa sai fare?”
“Io...”
“Sai fare l'amore! Oh, io lo so bene quanto tu sia brava a fare l'amore, ma non conta!”
“Volevo solo essere gentile! Volevo salutarti e parlare un po' con te! Ma l'unica cosa che sai fare è umiliarmi e mortificarmi! Vattene al diavolo!”
Si allontanò di corsa inciampando in una buca. Restò in piedi con grazia. Non c'erano dubbi, camminare su quei tacchi altissimi era il suo lavoro! Rise divertito. Quando si arrabbiava diventava ancora più sensuale e attraente. L'avrebbe rincorsa volentieri ma se l'avesse fatto sarebbe finita come le altre volte. Avrebbero fatto l'amore, si sarebbero giurati di non lasciarsi più e poi ognuno sarebbe tornato alla vita di prima. Per anni la loro storia si ripeteva, gli stessi gesti, le stesse promesse, la stessa passione. Si amavano davvero. Si amavano di un amore che non sarebbe mai finito. Loro due erano i figli imperfetti. Quelli che in un modo o nell'altro avevano deluso i propri padri. Lei non aveva nemmeno frequentato l'università. Odiava studiare. Aveva intrapreso la carriera di modella come faceva ogni volta che trovava interessante o intrigante qualcosa. Per lei tutto era un gioco. Era talmente bella che non le era stato difficile sfondare in quel mondo. Abbastanza capricciosa da far impazzire qualsiasi fotografo ma capace di realizzare servizi fotografici unici. Aveva sfilato per l'Ecomoda, ma poi aveva girato il mondo per il suo lavoro. Era ricercata e richiesta. Non sapeva nemmeno lei se quel lavoro le piacesse. A volte si annoiava e correva da lui. Passavano qualche settimana insieme, di nascosto, e poi tornava a fare la modella da qualche parte, per qualche stilista famoso. La vide scomparire dietro la porta dell'Ecomoda e si accese un'altra sigaretta. 
C'era stato un momento in cui lui avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei, anche cambiare vita. Sarebbe stato disposto a tornare a Bogotà, ad entrare a far parte di quell'azienda. Per un momento aveva quasi pensato di sposarla. Ci aveva sperato e creduto davvero. Poi aveva capito che sarebbe impazzito a vivere la vita monotona e sempre uguale dei suoi fratelli. Lui doveva scappare da tutti loro e trovare la sua strada. Così tutto era finito. Per ricominciare puntuale ad ogni visita di lui a Bogotà, o ad ogni fuga di lei dai suoi impegni. Quando era iniziato il loro strano e a volte doloroso amore lo ricordava bene, ma quel gioco? Chi tra loro aveva stabilito i limiti? Chi diceva basta? A volte lei sembrava tanto innamorata da diventare un'altra e lui chiudeva la loro storia per non sentirsi sopraffatto, altre era lui a pendere dalle sue labbra, dai suoi gesti e lei scappava lasciandolo disperato. Ma quei giorni non li avrebbe passati a rincorrere quella donna. L'avrebbe esasperata, sì, non poteva rinunciare a quel loro gioco crudele, sensuale e stuzzicante, ma si sarebbe fermato prima di toccarla, perché passato quel limite non sarebbe stato capace di fermarsi. Lo aveva voluto lei. Era lei che ad un certo punto era scomparsa. 
Tornò in azienda. Altre modelle gli passarono davanti, cinguettii insopportabili gli arrivavano alle orecchie. Cercò di non farci caso e raggiunse Sandra e Mariana. Si fece coccolare da loro. Erano due pettegole, chiacchierone ma voleva loro bene. Ricordava quando da piccolo sua madre lo portava a trovare il suo papà e loro erano sempre gentili e carine. Gli regalavano caramelle e cioccolatini e capitava rimanesse con loro se i suoi genitori dovevano discutere di qualcosa di più serio o importante, discorsi a cui lui e gli altri bambini non dovevano partecipare. Domandò dei loro figli e non si stupì sapendo che avevano iniziato a lavorare nei diversi settori dell'Ecomoda. Quel luogo sembrava un regno a cui si accedeva per diritto ereditario. Era assurdo, ma se tutti loro erano felici così, perché avrebbe dovuto biasimarli? Ma riusciva a solo a pensare che le loro fossero vite tutte talmente banali, che chiunque le avrebbe biasimate.
“Riccardo! Mio Dio... Sei un uomo!”
“Zio Nicola! Lo sono ormai da qualche anno!”
“È bello vederti...”
“Anche per me!”
Non era suo zio, ma per sua madre, quell'uomo, era un vero fratello. E c'era sempre stato. Lo ricordava da sempre, da prima di suo padre. Aveva foto di quando era piccolo con lui. Una di queste, era stata scattata quando aveva solo pochi giorni. Gli voleva bene ed era l'unico con cui si sentisse in sintonia.
Lui non era perfetto. Quando era solo un bambino, aveva abbandonato la famiglia e per qualche tempo aveva vissuto una vita completamente fuori dalle regole dei Mendoza e dei Valencia. Aveva temuto che anche il padre se ne andasse lasciandoli soli. Ma non era successo. Poi anche lui era tornato in famiglia. Giulio e Francesca ne erano stati così felici. Tutto era tornato alla normalità. Ma Nicola, ai suoi occhi, era rimasto il ribelle, quello che aveva deciso di dire basta. Non era importante se per poco. Aveva avuto il coraggio di mandare tutto al diavolo!
“Hai già visto tutti?”
“Sì, a parte zio Mattia e Lorenzo, ma immagino che stasera alla cena ci saranno...”
“Non sarà così male! Stare con la propria famiglia non è terribile! Al contrario!”
“Ma io non lo penso affatto!”
“Davvero? Beh io credo di sì. Ma non posso biasimarti! Non io! Hai visto Francesca?”
“Credo sia con Laura e Ugo...”
“La mia bambina ha un fidanzato... Uno nuovo!”
“Tua figlia ama l'amore!”
“Già... E tu? Tu hai trovato qualcuno di speciale?”
“Ogni donna è speciale! Ma forse loro non pensano la stessa cosa di me!”
“Sono sicuro non sia così! Cerca di non rovinare la serata a tuo padre questa sera! Lui è davvero felice che tu sia qui!”
“Non lo farò!”
“Vado da Francesca... Alla mia principessa chiederò di non rovinare la serata a sua madre!”
“Sarà una perfetta padrona di casa!”
“Non te l'ha detto? È tornata nel suo appartamento! Lei e sua madre hanno deciso che in questo modo sarà più difficile litigare!”
Si allontanò e si diresse verso l'atelier di Ugo e lui tornò sulla sua panchina. Un'altra sigaretta sarebbe stata un buon modo per distrarsi da tutto.
Così viveva di nuovo sola. Ricordava bene quel piccolo appartamento. Aveva smesso di contare le volte in cui ci era stato, sempre per lo stesso motivo, ma la prima volta che ci era stato non l'aveva dimenticata. Erano passati anni. 
Dopo quella sfilata, la prima a cui aveva partecipato con entusiasmo, non si erano più visti per qualche tempo. Lui era tornato negli Stati Uniti e aveva ricominciato a vivere come prima. Ma il padre l'aveva implorato di partecipare alla festa di compleanno di sua madre e lui non era riuscito a dirgli di no. E si erano rivisti. Francesca ne era stata felice. Ma qualcosa in lei sembrava strano. Era sempre bellissima, ma un velo di tristezza le incupiva il volto. Era stato Giulio a dirgli che il modello con cui voleva sposarsi, se n'era andato con un'altra donna, lasciandola sola e triste. 
Quella notte l'aveva chiamato e gli aveva chiesto di raggiungerla in quel piccolo appartamento in centro, che i suoi genitori le avevano regalato per permetterle di vivere la sua indipendenza. 
Era in lacrime. Piangeva tanto che quasi lui non capiva quello che diceva. L'aveva fatta calmare e poi l'aveva consolata. La stringeva tra le sue braccia e poi lei aveva alzato lo sguardo verso di lui. Non era riuscito a fermarsi, l'aveva baciata sulle labbra senza quasi rendersene conto. E lei l'aveva ricambiato. E poi altri baci, sempre più intimi, profondi. Si era rivolta a lui e gli aveva chiesto di fare l'amore. Nessuna altra parola era importante. Lui l'aveva fatta scivolare sul letto e l'aveva spogliata. Senza pensare a nulla se non a lei. E lei si era abbandonata all'uomo di cui era stata sempre innamorata, quando lo sognava da bambina e lo spiava mentre studiava nella sua camera. Aveva sognato fosse lui l'uomo che avrebbe sposato. Che sarebbe stato il padre dei suoi figli. Sognava come tante ragazzine un amore come quello dei suoi genitori. Era la prima volta che facevano l'amore ed era la prima volta per lei. Lui non l'aveva immaginato. Francesca doveva sposarsi. Lui era lì proprio perché il fidanzato l'aveva lasciata. E quando si era reso conto che era vergine, l'aveva guardata quasi impietrito, ma lei gli aveva sorriso e l'aveva baciato. L'aveva pregato di continuare e lui l'aveva fatto. Ma senza fretta, con dolcezza perché quel momento fosse indimenticabile, perché per lei fosse un momento speciale, l'aveva ricoperta di attenzioni. E lei aveva dimentica il suo ex, l'abbandono e tutto il resto. Sarebbe stata la donna di Riccardo Mendoza e lui il suo uomo. Glielo aveva giurato. Nessun uomo avrebbe preso il suo posto. Ma lui, pur provando qualcosa di profondo per lei, qualcosa che gli riempiva il cuore, era andato via. Per un attimo ci aveva creduto anche lui. Avrebbe potuto rimanere nella sua città e vivere la vita che tutti si aspettavano. Avevano passato giorni e notti indimenticabili, lei si era completamente abbandonata a quell'amore e lui le aveva detto di amarla. Ma non era bastato. Lui non poteva fermarsi. Doveva rincorrere la sua vita e l'aveva lasciata. Le sue lacrime non erano state abbastanza, l'aveva pregato, ma lui le aveva solo detto che il loro amore non aveva un futuro. Lui doveva andare via. Francesca si era presto consolata con altri uomini ma quando le sue storie finivano lo raggiungeva, non era importante che lui fosse a Boston, a Cartagena o a Miami, lei lo raggiungeva e tra loro la passione e l'attrazione vincevano. Stavano insieme per qualche giorno, a volte per settimane ma poi bastava una parola sbagliata detta da uno dei due e tutto finiva. Ogni volta che lui, per un motivo o per l'altro era a Bogotà la cercava, la loro strana relazione ricominciava e non importava che lei avesse un fidanzato, che lui stesse con un altra donna. Gli altri scomparivano. 
Era successo anche quando si era sposata Las Vegas con un calciatore o era un nuotatore? Lui nemmeno lo ricordava. L'aveva chiamato dicendogli che se lui non l'avesse fermata, si sarebbe sposata. Era ubriaca e lo implorava di raggiungerla. L'aveva mandata al diavolo e lei aveva mantenuto la promessa. Si era sposata per ripicca, per vendetta. 
Quanto aveva riso, tornato a Bogotà. Ci era tornato per assistere a quello che sarebbe successo. I suoi genitori erano in ansia, arrabbiati e furiosi. La loro unica figlia si era sposata in una città straniera, senza nessuno di loro, con un uomo dissoluto e chiacchierato che aveva conosciuto da pochi giorni. La madre, sua zia Marcella, non faceva altro che rinfacciarle la libertà che le avevano dato, che stava rovinando la sua vita. Lui assisteva compiaciuto a quelle scenate facendola impazzire dalla rabbia. Più lui rideva soddisfatto, più lei si impuntava con tutti che quello era l'uomo della sua vita. Ma non era durato. Era a Miami solo da pochi giorni e lei l'aveva raggiunto. Gli aveva gridato in faccia il suo odio, il suo disprezzo. L'aveva anche schiaffeggiato, gli aveva dato un schiaffo su quella faccia sarcastica che senza nemmeno una parola la prendeva in giro. Forse però, quei giorni erano stati i più belli della loro vita. Erano saliti sulla sua barca e si erano diretti verso i Caraibi. Lontani da tutti. Nessuno sapeva che fossero insieme. Avevano spento i telefoni e avevano vissuto l'uno per l'altra. Una notte mentre facevano l'amore, lei era andata oltre. Gli aveva chiesto un figlio e lui si era stupito di se stesso, aveva sorriso e poi l'aveva baciata. Sì, era d'accordo. Un figlio loro, non era la prima volta che ci pensava, lei era la sua donna e pensarla madre di suo figlio era qualcosa di dolce. Le disse che lo voleva anche lui, lei lo aveva stretto e una lacrima le aveva rigato una guancia. Una settimana. Il tempo che uno dei due pronunciasse una parola sbagliata. Chi era stato quella volta? Non lo sapeva, ma tra loro era finita ancora una volta. Ma era cambiato tutto. Quella settimana li aveva cambiati, era chiaro che entrambi volevano qualcosa di diverso. Che avrebbero potuto davvero essere qualcosa di diverso. Non solo amanti occasionali ed entrambi lo avrebbero voluto. Ma qualcosa tra loro era sbagliato. Anzi loro due erano sbagliati. I due figli imperfetti di famiglie perfette, cresciuti nell'amore delle loro famiglie, tra gli agi, erano capaci solo di bastare a loro stessi.
Non si erano più visti da quella volta. Nemmeno sentiti. Lei era tornata dalla sua famiglia e attraverso i legali delle due aziende era riuscita a far annullare il matrimonio e per un certo periodo era sparita dalle riviste. Camilla una volta gli aveva detto che sembrava distrutta da quell'esperienza. Era stato tentato di partire e portarla via da Bogotà e da tutti loro, ma qualcosa lo aveva bloccato. 
Non sarebbe mai stato pronto a vivere per lei. E sapeva bene che nemmeno lei lo era. Si amavo e si sarebbero sempre amati, ma non erano fatti per il matrimonio, per la famiglia e per i figli! Non ancora almeno. Perché prima o poi, forse, sarebbero stati insieme davvero. Come i loro fratelli. 
Lei era la sua donna. Avrebbero potuto vivere divisi per sempre, ma le cose non sarebbero cambiate.

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Capitolo 3
*** 3 ***


Capitolo 3
 Con una camicia perfettamente stirata e dei jeans senza toppe, si era presentato a casa dei suoi zii, Nicola e Marcella. 
 Non mancava nessuno. Erano tutti presenti, ben vestiti, allegri e felici. Come facessero, lui non lo capiva. Si era chiesto tante volte se fossero sinceri. E la risposta era affermativa. 
 Lei non c'era ma non si era stupito. Sarebbe arrivata, come sempre. Non avrebbe perso per nulla al mondo quella serata. Voleva solo farsi desiderare da lui e far arrabbiare gli altri. Giulio, infatti, era irritato per quel ritardo e si faceva tranquillizzare da sua sorella, Camilla. Tubavano come piccioncini, due ragazzini al loro primo amore. Erano carini ed era felice per loro. 
 Laura era con il marito, naturalmente scelto tra i partiti più appetibili di tutta la Colombia. Si erano conosciuti durante una festa. Lui era uno dei tanti dirigenti della TerraModa, la società di proprietà di Nicola. Si erano innamorati e si erano sposati. Avevano avuto subito un figlio, poi un altro. Chiaramente lui aveva fatto carriera ma per i suoi meriti, non per quel matrimonio. Belli e felici. Tutti loro. Come Lorenzo e sua moglie. Una ragazza dell'alta società messicana che aveva conosciuto durante una vacanza a Cartagena. Era stato amore a prima vista. Solo Edoardo e Claudio erano ancora single. Era certo che i loro genitori sognassero per loro lo stesso destino di Giulio e Camilla, di Laura e Lorenzo. E loro non avrebbero disatteso le aspettative. Si sarebbero sposati con qualcuno di degno e proseguito nella tradizione. 
 Zia Marcella cucinava bene, o forse era la cuoca che sapeva cucinare e lei era brava a chiedere che tutto fosse perfetto. Perfetto.
 Stavano già gustando il secondo piatto quando lei arrivò. Esageratamente elegante, con un abito non troppo corto, delle scarpe alte e i capelli raccolti. La accompagnava un uomo che aveva più o meno la sua età. Aveva i capelli biondi, gli occhi chiari e indossava un costoso abito di sartoria. Lei gli teneva la mano e si scusò con troppa enfasi del ritardo. Si rivolse a lui e si abbassò dandogli un bacio sulla guancia. Il suo profumo lo inebriò. Era lo stesso di sempre. 
 “Avevamo perso le speranze. Come stai tesoro?”
 La madre era irritata nel vederla non solo in ritardo, ma anche accompagnata da uno dei tanti fidanzati che la figlia aveva collezionato. Col tempo, e un numero infinito di uomini, non li poteva più vedere. Ma finse tranquillità e li invitò a sedersi. Il posto che lei scelse, era accanto a Riccardo che a stento aveva trattenuto una risata. Quanto era scontata e banale. Una bambina sciocca e capricciosa. Sotto l'abito si indovinava il pizzo delle calze di seta. Le aveva indossate per lui. La immaginava senza quel grazioso ed elegante vestito, solo con quelle calze e la biancheria intima, mentre lo aspettava nel letto per fare l'amore. Era eccitante quel gioco tra di loro. E lui era deciso a portarlo il più in là possibile.
 “Franceschina, hai dato per scontato che tutti a questo tavolo conoscano il tuo compagno, ma io sono tornato solo ieri dagli Stati Uniti...”
 “Hai ragione Chicco, lui è Alfredo. Il mio fidanzato, è un regista.”
 “Molto piacere, Alfredo. Così sei tu ad aver rapito il cuore della nostra piccola Francesca! Sei molto fortunato! Sei un regista? E dimmi, posso aver visto qualche tuo lavoro? In teatro, al cinema, magari?”
 “Francesca ha esagerato! Sono solo un aiuto per il momento. E ho lavorato per lo più in televisione, qualche serie e un paio di trasmissioni del pomeriggio! Però sì, sono fortunato. Francesca è speciale!”
 Speciale sì! Peccato che lui non immaginasse nemmeno quanto! Gli fece quasi pena, la guardava con occhi innamorati e non era uno di quegli sciocchi modelli o sportivi che aveva frequentato negli anni.
 Ma la tentazione di dimostrarle che era lui l'uomo della sua vita, era più forte di ogni altra cosa. Con l'indice le sfiorò una gamba. Nessuno se ne accorse, ma quel gesto la fece trasalire. Era quello che voleva, ricordarle che tutto l'impegno che ci stava mettendo per dimostrargli che con quel ragazzo era una cosa seria, era un inutile spreco di energie. L'avrebbe fatta ardere dal desiderio per poi disilluderla. 
 Si era allontanata da lui e da quei tocchi che le provocavano i brividi e si era accomodata sul divano accanto al suo fidanzato. Lui non la guardava, non aveva bisogno di farlo per sapere che lei lo cercava con gli occhi. Fu facile essere affabile e gentile quella sera. Persino suo padre lo guardava con stupore. Lui che era sempre cupo, taciturno, quella sera sembrava allegro e loquace. 
 Quando lei si allontanò con una scusa, il cellulare di lui squillò. Lo spense. La immaginava furente, arrabbiata, pronta a scoppiare. Ma rimase con gli altri. Lei non tornava, lo stava aspettando e in lui la voglia di raggiungerla saliva ogni secondo che passava. Fu felice quando Giulio si domandò dove fosse andata, sarebbe andato lui a cercarla. Prese la giacca e uscì. Sapeva dove trovarla. Nel punto più lontano del giardino della villa, tranquillo e appartato. La trovò seduta su una poltroncina da esterni, con il viso tra le mani. Stava piangendo. Le si avvicinò silenzioso. Aveva tirato troppo la corda forse, aveva giocato troppo con lei quella sera. 
 “Io non ce la faccio più! Perché mi tratti in questo modo?”
 “Scusami! Io stavo solo giocando! Non volevo farti soffrire!”
 “È un gioco? È un gioco quello che provo per te?”
 “È un gioco quello che c'è tra noi!”
 “No! Non lo è! Non lo è mai stato! Sono stanca! Torna in casa e dì a tutti che non mi hai trovato!”
 Si inginocchiò di fronte a lei e appoggiò la testa sulle sue gambe.
 “Lo sai che ti amo!”
 “Ma non basta! Noi non possiamo essere felici insieme! Ti ho lasciato libero da oltre un anno! Ora vai via!”
 Rimase ancora qualche minuto immobile mentre le dita di lei gli accarezzavano i capelli. Pace. Era quello che provava ogni volta che lei lo accarezzava. Poi si alzò e senza guardarla, si diresse verso la casa.
 “Io ti amo davvero, Francesca! Ti amo da sempre!”
 Non poteva avere sentito bene. Suo figlio non poteva aver detto che l'amava. Quei due erano le due persone più diverse che c'erano. Non riusciva ad immaginare quanto male avrebbero potuto infliggersi a vicenda. Ma lui aveva detto che l'amava, non aveva dubbi. E di male se n'erano già fatto abbastanza. Un malessere la assalì. Pregò di aver frainteso tutto. Che non fosse vero.
 Quando finalmente quella serata finì, decise di non tornare subito a casa, aveva bisogno di distrarsi, di capire e girare la città solo, con l'auto, gli sembrò la cosa migliore. Aveva bisogno di metabolizzare quello che era successo, di accettare che tra loro fosse finita e che era stata lei a mettere la parola fine. Era giusto così, forse. Del resto erano anche le sue intenzioni, chiudere la loro storia. Ma non riusciva a crederci che non l'avrebbe più toccata, che non avrebbe più fatto l'amore con lei! Loro si amavano. O davvero si era innamorata di quel ragazzetto insulso? Lei non l'aveva dimenticato. Ma quella notte l'avrebbe passata con lui. E stranamente ne fu geloso. Non lo era mai stato perché entrambi erano consapevoli che gli altri non erano altro che giochi. Dei passatempi nei momenti in cui il loro amore si interrompeva. Non poteva lasciarla andare, doveva averla di nuovo perché senza di lei non riusciva a vivere.
 Era impazzito? Aveva sempre vissuto benissimo senza di lei! Era solo il suo orgoglio a sentirsi ferito. Non aveva forse intenzione di giocare e basta con lei?
 Non andò in camera. Si sedette in veranda e accese una sigaretta.
 “Credevo avessi smesso”
 “Ho smesso! Questa è solo un piccolo sgarro!”
 “Da quanto tempo va avanti?”
 “Mamma, ma che ci fai ancora sveglia? Vuoi discutere del mio vizio a quest'ora?”
 “Riccardo, da quanto tempo va avanti la tua storia con lei?”
 “Mamma, ma di che cosa stai parlando?”
 “Di te e Francesca! Dimmi da quanto tempo vi vedete!”
 “Non so di cosa tu stia parlando!”
 “Non prendermi in giro, Riccardo! Vi ho sentiti! Non vi stavo spiando! Ero uscita solo per vedere dove diavolo foste finiti! Ho visto lei accarezzarti e quel gesto non aveva nulla a che fare con l'amicizia! Ti ho sentito mentre le dicevi che l'ami! Ora devi dirmi da quanto tempo vi vedete!” Betty era intenzionata a sapere tutto e non l'avrebbe lasciato in pace se lui non glielo avesse raccontato.
 “Non ci vediamo! Non ci frequentiamo! Era un anno e mezzo che non la vedevo e non la sentivo!”
 “E allora cosa c'è tra voi? Riccardo, non mentirmi!”
 “Perché è così importante? Se hai sentito tutto, dovresti sapere che è comunque finita!”
 “Riccardo, siete andati a letto insieme?”
 “Mamma, non voglio discutere con te di queste cose!”
 “Basta Riccardo! Basta! Tu e Francesca andate a letto insieme?”
 “No! Non più! Ti ripeto che è da più di un anno e mezzo che tra noi non c'è niente!”
 “Un anno? Hai detto un anno e mezzo?”
 “Mamma ci vediamo da sempre! Per dieci anni ci siamo visti, ci siamo presi e lasciati! Ma questa sera, ha deciso che è tutto finito! Cosa vuoi sapere ancora!”
 “Dieci anni? Dieci anni? Avete una storia da dieci anni e non me lo hai mai detto?”
 “Oh mio Dio, mamma! Non siamo dei bambini! Siamo adulti! Ho quasi 35 anni! Vivo lontano da casa da anni. E lei? Lei ha avuto più amanti che scarpe! E sai bene quante ne abbia!”
 “Non è divertente! Hai detto di amarla!”
 “È complicato! Sì, la amo! La amo da sempre, ma tra noi non funziona! Forse sono stato io il primo a sbagliare! Ma a questo punto che importanza può avere?”
 “Lei ti ama?”
 “Sì, mi ama! Ma ti ripeto che ci abbiamo provato, ma qualcosa tra noi è sbagliato!”
 “Non posso crederci! Perché l'hai fatto?”
 “Fatto cosa? Credi che sia una vittima? Credi che l'abbia sedotta? Non è così! E io non sono il suo carnefice. Nessuno dei due ha perso nulla! Siamo sempre stati sinceri, non ci siamo mai presi in giro! Ma ora stai tranquilla! È finita! Mamma, non parliamone più! Vado a dormire! Ti voglio bene e scusa se non te ne ho parlato, ma... Ma davvero, non c'è niente da dire...”
 Betty rimase sola a guardare nel vuoto. Invece ci sarebbero state tante cose da dire. E tutti e due avevano perso qualcosa e non si erano detti tutto! Lei, era chiaro, non lo aveva fatto. Sperò che quei giorni passassero in fretta e che lui andasse via! Era la prima volta in vita sua che sperava di vederlo partire il più presto possibile, ma forse, con lui lontano, lei avrebbe trovato la sua strada. Lei forse, non era una vittima, ma era molto più fragile di quanto lui credesse. Riccardo e Francesca. Due esseri così particolari e tormentati, si amavano. Ora capiva perché quel giorno era andata da lei, perché voleva parlarle. Chiuse gli occhi prima di tornare in camera. Ma non sarebbe riuscita a dormire quella notte.
 Anche per Riccardo fu una notte terribile, aveva deciso tutto e il contrario di tutto, messo in discussione i suoi propositi per poi tornare sui suoi passi. Alla fine avrebbe fatto quello che sapeva fare meglio. Partire, lavorare e dimenticarla, almeno fino a quando non l'avrebbe rivista. Doveva solo pazientare. Una settimana. Camilla e Giulio si sarebbero sposati entro quella maledetta settimana e lui non poteva andarsene prima. 
 Quella notte Francesca aveva mandato al diavolo anche Alfredo. Succedeva ogni volta che lo vedeva. Ma era qualcosa di diverso. Quella sera aveva deciso di riprendere in mano la sua vita e non c'era spazio per un uomo che non amava. Doveva capire quello che voleva davvero. Non aveva bisogno delle attenzioni di nessuno per essere felice. Del resto quelle attenzioni erano solo il modo che negli anni aveva trovato per non sentirsi morire. Erano attenzioni che la aiutavano a sentirsi un po' meno sola. Usava quei ragazzi per non pensare a lui. Come se fosse sufficiente...
 Da molto tempo il lavoro di modella non la soddisfava e dopo aver onorato gli impegni già presi, si sarebbe ritirata. Magari avrebbe potuto ricominciare a studiare. Era l'unica a non essersi laureata. L'unica che non aveva un vero lavoro. Cosa avrebbe potuto fare? Non era intelligente come i suoi genitori, né come i suoi fratelli. Lui la prendeva sempre in giro. Lui che invece era il più intelligente tra tutti loro. Che era capace di riempire quaderni di numeri ed equazioni, di grafici e disegni in una notte, solo per migliorare un centimetro quadrato di un aggeggio inutile. Che quelle poche volte che avevano cenato insieme con i suoi colleghi, parlava di profili aerodinamici e di altre cose di cui non ricordava nemmeno il nome. Era vero, se lui avesse voluto, avrebbe potuto lavorare per l'Ecomoda o per qualunque altra azienda. Se non lo aveva ancora fatto era solo perché gli piaceva giocare con la fisica e la meccanica. Il suo uomo. Era così sexy impegnato nei suoi progetti. Ricordava una sera, a Miami, quando l'aveva presentata come la sua migliore amica a dei colleghi e a dei conoscenti. Avevano cenato in un locale vicino ai cantieri dove lavorava. Lui scriveva qualcosa su un pezzo di carta trovato chissà dove, e spiegava agli altri quello che intendeva fare su un motoscafo. Lei era seduta in disparte e lo osservava, con un bicchiere di vino bianco in mano. Uno dei piloti del suo team, uno di quei ragazzi belli e famosi, convinti che ogni donna poteva cadere ai loro piedi, la corteggiava da quando era entrata nel locale. Ci aveva giocato un po', ma era bastato un suo sguardo per capire che non avrebbe potuto scappare dal loro amore. Si era liberata in fretta di quel tizio e aveva ricominciato ad ascoltare le sue parole. Tutti pendevano dalle sue labbra. Lei più di chiunque altro, anche se di quello che diceva, non capiva praticamente nulla.
 Tornò alla realtà. Cosa c'entrava lui con la sua nuova vita? L'aveva lasciato ed era intenzionata a dimenticarsi di lui e del passato. Avrebbe dimenticato il suo corpo e la sua intelligenza e anche i momenti che avevano passato insieme! Del resto lui non sarebbe cambiato e lei invece era diversa. Quello che era successo l'aveva cambiata profondamente, ora doveva solo trovare il modo per cambiare la sua vita! 
 Entrambi avevano ripensato a quando era iniziato tutto. Con sentimenti non troppo differenti e una nostalgia che faceva male. Erano passati anni, eppure la situazione non era troppo diversa. Erano nella loro città, per un evento speciale. Sembrava che tutto fosse diverso, eppure per alcuni tratti, il passato si mescolava al presente. Per lei ricordare, era quasi rivivere quel momento. Le sembrava di sentire ogni sensazione, ogni emozione. Per lui, quella notte, ricordare il momento in cui tutto era cambiato, serviva a sentirsi meno solo, perché gli sembrava di non esserlo mai stato tanto.
 Lo aveva abbracciato forte. E lui aveva ricambiato. Lo stringeva aggrappandosi al suo collo e lui le stringeva la schiena. Sentiva Ugo gridare, perché stava sgualcendo il vestito, ma la sua voce sembrava lontana e non le importava nulla. Era tra le sue braccia, dopo tanto tempo. Sentiva il suo profumo. Se fosse riuscita a stringerlo di più, lo avrebbe fatto. Lui era il suo Chicco e gli era mancato come l'aria ogni giorno in cui era rimasto lontano. Aveva pianto per giorni quando era andato via. Avrebbe solo voluto raggiungerlo, lo aveva chiesto a Cami ma a lei sembrava non importare e poi, diceva, doveva studiare per l'università. E suo fratello la pensava proprio come lei. Ne aveva parlato alle sue amiche ma l'avevano presa per pazza e si era affidata alla zia Betty, forse lei sarebbe andata a trovarlo, il suo bambino. Poi, quando aveva capito che non sarebbe riuscita a vederlo tanto presto, si era prima chiusa in se stessa, poi aveva cominciato a fare la pazza. Aveva deciso di smettere di studiare, tanto non era né brava né interessata. Odiava studiare e soprattutto lo studio le impediva di muoversi. E lei voleva viaggiare, scoprire il mondo, proprio come lo stava facendo lui. Voleva essere libera, anche di raggiungerlo. Non aveva avuto nessuno dalla sua parte, ma poi, quando oltre a non uscire più dalla sua stanza, aveva smesso di mangiare, suo padre le aveva dato il permesso di ritirarsi dall'università, almeno per qualche tempo, poi aveva convinto sua moglie a farla lavorare come modella di sartoria per Ugo e da lì in poi era iniziata la sua carriera di modella. Non era più la ragazzina sgraziata, alta e magrissima, con le gambe e le braccia sproporzionate. Era diventata una donna bellissima, con forme armoniose e sensuali. La prima sfilata per l'Ecomoda era stata un successo. Era stata notata dal manager di altre modelle che l'aveva ingaggiata per altri servizi e in breve era diventata una modella richiesta e pronta a valicare i confini nazionali. La sua famiglia non ne era felice, ma almeno aveva ricominciato a prendersi cura di se stessa. Suo padre la adorava, la viziava e la compiaceva da sempre e in un modo o nell'altro riusciva sempre a convincere la madre, che la bambina aveva bisogno di sentirsi libera e indipendente. Così, oltre a sostenerla nella sua nuova carriera, le avevano regalato un piccolo appartamento dove poter vivere sola, senza pressioni e gestendo il suo tempo e la sua vita. 
 "Bentornato, Chicco!"
 "È bello essere tornato!"
 Poi erano stati interrotti dallo zio Armando che stava seguendo l'anteprima, e da Ugo, che le aveva imposto di cambiarsi per non rovinare la sua creazione. Le era sembrato che lui l'avesse guardata in modo diverso. Mentre per lei era tutto come sempre. I suoi occhi, la sua bocca... Era sempre uguale, bellissimo e sempre più attraente. Mentre lo abbracciava aveva potuto sentire i suoi muscoli sotto la maglietta e aveva immaginato di togliergliela e guardarlo. Mentre si cambiava, ripensava a lui, ed era arrossita. Era sciocco. Da quando faceva la modella aveva visto un milione di ragazzi bellissimi e perfetti. Con uno di questi era addirittura fidanzata, era innamorata e voleva sposarlo, ma... Ma lui era lontano e rivederlo aveva risvegliato in lei qualcosa che credeva finito. Si era sentita più viva durante quei pochi secondi in cui era stata tra le sue braccia, che per tutto il tempo in cui lui era stato lontano. Era come se qualcosa in lei, fosse rinato...
 Quando era tornata allo show-room, lui chiacchierava con il padre, con sua madre e con Ugo, che non smetteva di adularlo e di abbracciarlo, come se fosse un bambolotto con cui giocare. Lui l'aveva vista e le aveva sorriso. Non era più una bambina. Era consapevole di essere bella, di piacere a qualunque uomo e lo sguardo che le aveva riservato non era più come quelli che ricordava. Era rimasto colpito da lei e dal suo cambiamento. Lei lo sapeva e gli aveva sorriso con malizia. Aveva passato la sua vita sperando che lui la guardasse in quel modo e ora il suo sogno si era realizzato. Ma era fidanzata e voleva davvero bene al suo compagno. Insieme si divertivano e presto lo avrebbe sposato. Era convinta fosse la cosa giusta. I suoi non erano particolarmente felici, soprattutto il padre che sembrava quasi arrabbiato, ma lui aveva dimostrato di tenere a lei e non voleva deluderlo. Quando le aveva chiesto di fare l'amore era stato comprensivo con lei. Gli aveva detto che non era pronta e lui l'aveva capita. Col tempo si era convinta che avrebbe dato la sua verginità solo all'uomo che avrebbe sposato. Lui era bello, simpatico e divertente, la faceva sentire speciale. Era il primo uomo che l'aveva trattata come una donna e che la rispettava. La considerava intelligente ed era qualcosa che per lei, era importante. La sua famiglia non la considerava intelligente. Non mancavano mai di farla sentire inferiore, soprattutto sua madre, ma lui no. Il suo fidanzato la vedeva intelligente, bellissima e lei lo amava. 
 "Ehi piccola..."
 "Ciao Chicco!"
 "Fai la modella... Davvero?"
 "Non ti sembro abbastanza bella?"
 "Non ho detto questo..."
 "E tu cosa stai combinando? Quando pensi di tornare a casa?"
 "A casa? Beh, non è tanto male Boston! E la mia specializzazione non è ancora finita. E poi... Lo sai? Piccola, non credo che questa sia casa mia! Non mi piace programmare, né la moda! E non mi piace la finanza, non mi piace apparire sui giornali!"
 "È cosa ti piace?"
 "In questo momento? Mi piaci tu! Mi piace quello che hai fatto! La tua ribellione mi ha stupito! Mi ha divertito. Non credevo che qualcuno, oltre a me, riuscisse a sfuggire alle regole delle nostre famiglie... Sei... Sei diversa! Come me!"
 Lei era diversa, loro erano uguali... Non era vero. Lei non si era ribellata alle regole, aveva solo trovato il modo per viaggiare. Perché lei voleva raggiungerlo. Tutto qui, ma le sue parole l'avevano convinta che fosse proprio così, era diversa come lui. E lui era speciale! Forse lo era anche lei. Poi non si erano più visti fino alla sera della sfilata. L'aveva cercato... Era seduto in disparte. Era la prima volta che lo vedeva seguire una sfilata. E la guardava. L'aveva guardata per tutto il tempo. Aveva riservato solo a lei i suoi sguardi e le era sembrato di sognare.
 Si girava e si rigirava nel letto. Era certa fosse quello il momento in cui l'aveva vista per la prima volta come una donna. Che stupida era... E pensare che lei aveva passato la vita pensando a lui. Aveva dato tutto a lui. Ogni sua prima volta era stata di Chicco. Lui ero il suo primo amico, il suo primo amore, la sua prima delusione, le sue prime sofferenza, il primo bacio...
 Il primo bacio... Ricordava il loro primo bacio. Come poteva dimenticarlo? Era successo la sera prima della sua partenza per Boston.
 "Mi mancherai tanto! Chicco... Sei arrabbiato?"
 "Sì! Ho litigato con i miei genitori! Non mi capiscono! Credono che voglia fuggire dalle mie responsabilità..."
 "Cosa significa?"
 "Mio Dio, Fran! Sei stupida? Mio padre vuole che prenda il suo posto in quella maledetta società! Crede che io sia il suo erede! Non capisce che non mi importano quelle sciocchezze! Io voglio prendere il master al Mit e poi fare l'ingegnere! Come fai a non capirlo!"
 "Scusa... Non sono stupida, ma... Ecco, so cosa significa prendersi le proprie responsabilità e so che tu sei responsabile..."
 "Scusami, bambina! Tu non c'entri! Sono stato antipatico! Cosa fai qui a quest'ora?"
 "Domani mattina parti... Volevo salutarti!"
 "E non ci siamo salutati prima?"
 "Ma sì... Allora vado!"
 "Farfallina, tienimi compagnia... Ti va?"
 Era solo quello che voleva. Rimanere con lui. 
 "Come vanno gli studi?"
 "Come sempre! Chicco... Credi sia stupida?"
 "Dimostra di non esserlo! Laureati, trova qualcosa che ti piace e impegnati per riuscire a farlo bene!"
 "Mi mancherai così tanto!"
 "Sei così dolce! Lo sei sempre stata! Il tuo fidanzato è fortunato! Lo sai?"
 "Ma io non ho nessun fidanzato. Non piaccio a nessuno!"
 "Impossibile! Sei la bambina più carina del mondo! E a te? A te piace qualcuno?"
 "No... Nessuno in particolare!"
 "Lo sai, ne sono contento! Ne sarei un po' geloso!"
 "Davvero?"
 "Sì!" 
 "Ti piaccio? Mi trovi bella?"
 "Sei bella, sì! Ma non intendevo in quel senso. Sarei geloso di te come lo sono di mia sorella. Mi sembra strano il rapporto che ha con tuo fratello... Non mi piace!"
 "Oh... Certo! E che ti importa di quello che c'è tra loro? Dovresti essere felice se loro lo sono!"
 "Ma lo sono, è strano! Tutto qui. Lei è ancora una ragazzina e... Non lo so! È mia sorella e forse, nonostante il nostro non sia un rapporto idilliaco, sono protettivo nei suoi confronti!"
 "Beh, dovresti pensare agli affari tuoi!"
 "Non trattarmi male! Sei arrabbiata perché mia sorella ha un fidanzato e tu no?"
 "Lo sai? Sei un idiota!"
 "Permalosa come i gatti!"
 "Buona notte... E buon viaggio! Divertiti!"
 "Mi mancherai anche tu!"
 Rimase ferma per qualche secondo, avrebbe voluto andare via per dimostrare a se stessa e a lui che era forte, ma non poteva lasciarlo andare in quel modo! Corse tra le sue braccia e lo strinse, singhiozzando come una bambina.
 Lui ricambiò quell'abbraccio e prima di riuscire a reagire lei gli aveva dato un bacio a cui non si era sottratto.  Un bacio solo sfiorato, che l'aveva  quasi spaventata. Fece per liberarsi dalle sue braccia ma lui la fermò e  la baciò. Ed era stato un bacio vero. Le accarezzò la guancia e la trattenne quando lei cercò di fuggire, piena di timidezza. Poi la strinse.
 "Farfallina, che significa?"
 "Non ti è piaciuto?"
 "Mi hai regalato il tuo primo bacio? Non avevi mai baciato nessuno?"
 "È stato così brutto?"
 Si staccò da lei e guardandola negli occhi, le sorrise.
 "È stato dolce, come te! Ma cosa significa?"
 "Nulla... Non significa nulla! Io... Io volevo solo dare un bacio! Tutto qui!"
 "Tutto qui? Beh, piccola, per me è stato un bacio speciale! Non lo dimenticherò mai! Davvero! Mi mancherai tanto! Ma puoi venire a trovarmi quando vuoi! Tu sei l'unica che sarei felice di vedere!"
 "Se te ne vai, sarò sola... Resta qui... O portami con te!"
 "Io non posso rimanere qui. Non voglio odiare la mia famiglia e se restassi la odierei... E tu... Tu sei piccola, sei una ragazzina!"
 "Io ti amo Chicco!"
 "No, non mi ami! Presto le cose cambieranno. Smetterai di pensare a me e troverai un bel fidanzato per il quale perderai la testa..."
 Ed era proprio andata così. 
 Riccardo sorrise e istintivamente si sfiorò le labbra. Come faceva a pensare al bacio che lei gli aveva dato mille anni prima? Non lo sapeva, ma era un ricordo dolce. Dolcissimo. Come ogni ricordo di lei. Perché lei era la più dolce creatura del mondo.
 Pensò che fosse molto meno dolce il ricordo di quella sera, quando quel bel fidanzato era diventato reale. E lei lo teneva per mano quel fidanzato e prima di raggiungere tutti quanti, gli aveva dato un bacio. Sì, era un ricordo decisamente meno dolce. Ci era rimasto male ed era certo che lei se ne fosse accorta.
 Le sembrava di impazzire. Stava ancora pensando o stava già sognando? Quella sensazione sembrava quasi essere tangibile. Le sembrava che se avesse allungato una mano avrebbe potuto toccarlo proprio come quando, dopo la sfilata aveva raggiunto la sua famiglia con il suo fidanzato. Quella sera aveva avuto la certezza che le cose erano cambiate. Sì, forse quella sera lui si era innamorato di lei. Ma lei aveva finto che non le importasse nulla. Aveva un uomo che presto avrebbe sposato. Lui non contava. Era solo piacevole saperlo un po' geloso. Era bello vederlo sulle spine, infastidito da un altro uomo. Lui la guardava come volesse spogliarla. Per quanto tempo aveva sperato che lui la guardasse in quel modo? Era compiaciuta e fu più dolce e affettuosa che mai con il suo bellissimo modello. Chissà se sapeva che lei si sarebbe sposata? No, era evidente che non fosse a conoscenza nemmeno del fidanzamento. Non era importante, glielo avrebbe detto suo fratello, o Camilla, o chiunque altro. Si era defilata in compagnia del fidanzato, osservandolo innervosito e scocciato. Era così bello... Bello vederlo deluso. Ed era bellissimo lui. Vestito come se quella serata non fosse elegante, con dei pantaloni larghi, un semplice maglione e i capelli troppo lunghi per essere ordinati. 
 Avrebbe voluto vederlo, solo un momento, soli. Avrebbe voluto guardarlo negli occhi e chiedergli cosa provava per lei, ora che era persa. Ma non lo aveva più visto. Lui era partito per tornare a Boston qualche giorno prima del previsto e per lei era stato impossibile smettere di pensare a lui. Non era riuscita a parlare con il suo Chicco. Avrebbe voluto spiegargli quello che era successo tra lei e il suo ragazzo e le ragioni che l'avevano spinta a prendere quelle decisioni. Ma lui non le aveva dato il tempo per farlo. Aveva ricominciato a chiudersi in se stessa, sempre di più. Ogni giorno litigava con il fidanzato che la accusava di non amarlo davvero, che le chiedeva di dimostrare quello che provava e che sospettava che avesse un altro uomo. Un altro uomo... Che stupido! Non immaginava nemmeno che l'uomo, di cui temeva l'esistenza, non era altro che suo fratello. L'uomo che non l'aveva mai guardata se non come una sorella e che era scappato come un vigliacco per non parlare con lei. O forse era lei ad esserne convinta. Forse lui se n'era andato semplicemente perché non sopportava di restare in quella città. Del resto, col tempo, avrebbe imparato a conoscerlo e ad odiare la sua capacità di scappare da lei.
 Si erano visti al compleanno della zia, ma per poco. Era troppo arrabbiata e triste per rimanere molto tempo e se n'era andata presto. Quello stupido l'aveva lasciata. Invece di sposarla e portarla via da quella orribile realtà, l'aveva lasciata. Lui non era felice perché diceva di amarla e non voleva dividerla con nessuno, nemmeno con un fantasma. Perché aveva capito che nel suo cuore non c'era spazio per nessuno che per quel fantasma a cui non era riuscito a dare un nome e un volto. E allora aveva deciso che la cosa migliore era scappare da lei, ma non da solo, con un'altra donna. Più vecchia di lei e nemmeno tanto bella, per umiliarla, per disprezzarla. Lei da giorni era chiusa nel suo appartamento, piangeva senza sapere perché. Certo era affezionata a quel ragazzo. Ora chi l'avrebbe fatta sentire speciale? Ma non piangeva per lui, piangeva perché era stata tanto stupida da aver rovinato la sua prima storia importante per colpa di qualcuno che non la considerava nemmeno. E allora lo aveva chiamato lei. Nel cuore della notte. Se una cosa stupida, ma lui era l'unico che voleva vicino. Lui era il suo Chicco.
 "Farfallina... Che succede?"
 "Vuoi venire qui? Per favore... Vieni qui!"
 Era impazzita? Perché l'aveva fatto? Si era fatta una doccia per cercare di togliersi le lacrime che aveva versato e poi aveva indossato la prima cosa che aveva trovato nel cassetto. Una sottoveste bianca, leggera. Le piaceva la sensazione che provava quando la indossava. Era morbida e fresca. Il suo cuore batteva all'impazzata aspettandolo e le era sembrato scoppiasse quando aveva sentito la porta aprirsi. Raggomitolata su se stessa, con la testa sotto il cuscino per non mostrare il suo viso che era in fiamme, lo aveva sentito sedersi accanto a lei e accarezzarle una spalla. Senza pensarci, spinta da qualcosa che non sapeva spiegare, gli aveva buttato le braccia al collo, cominciando a singhiozzare. Sentiva le sue mani accarezzarle la schiena. La consolava, dicendole che presto si sarebbe sentita meglio. E lei si era rilassata tra le sue braccia. Era così dolce. Si impegnava per trovare le parole giuste per consolare una donna abbandonata, mentre lei sembrava rifiorire ad ogni carezza che le dava. Le sue mani cancellavano la frustrazione e l'umiliazione e più le sentiva, più desiderava che quelle mani continuassero a toccarla in maniera sempre più intima.
 "Io ti amo..."
 Per un attimo le era sembrato di sentire il suo cuore accelerare, ma poi le aveva detto che non era vero, che era solo triste e sconvolta.
 "Io ti amo davvero! Lui non contava nulla. Mi ha lasciato per te... Lo sai Chicco! Io ti amo da sempre!"
 "Piccola..." L'aveva stretta ancora di più e le sue mani calde non smettevano di accarezzare la sua schiena e ogni tocco era un brivido.
 "Fai l'amore con me!"
 "Piccola... No!"
 "Sono così orribile?"
 "No! No! Sei bellissima e... Sei così... Sei così sexy, eccitante... Ma io non voglio!"
 "Ti prego! Fai l'amore con me!"
 "Non voglio che domani tu ti penta..."
 "Ma io ti amo! Ti amo da sempre!"
 "Se è vero... Piccola io... Tu sei troppo importante per me. Non voglio rovinare quello che abbiamo!"
 "Non ti chiedo di amarmi, lo so che non mi amerai mai! Solo di fare l'amore! Una sola volta!"
 "Se facessimo l'amore, sarebbe per sempre... Tu sei la mia farfallina..."
 "Allora, se davvero fosse per sempre, sarebbe ancora più bello! Ma non te lo chiederò..."
 Aveva alzato gli occhi su di lui, guardandolo in un modo che lui non conosceva. Lo aveva baciato. Non era più la ragazzina dell'anno prima. Quel bacio era dolce e pieno d'amore, proprio come lei, ma era anche pieno di significato e di desiderio. Non era stato difficile perdere il controllo e mentre la baciava con una passione che non sapeva di avere, l'aveva accompagnata sul letto, sotto di lui, togliendole quello che indossava. Nemmeno si accorgeva che lei era completamente abbandonata a lui, che lasciava fosse lui a condurla in quello che stava succedendo. Lo baciava, ma non sapeva cosa fare, non sapeva come toccarlo, come comportarsi. Era impacciata e imbarazzata mentre lo guardava spogliarsi, e quasi si copriva al suo sguardo. Lo aveva accolto tra le sue braccia, sperando di non deluderlo. 
 "Piccola... Ma tu... Sei... È la prima volta..."
 "Io... Sì..."
 "Non possiamo fare l'amore! Devi farlo con qualcuno di davvero speciale. Che ami e che ti ama!"
 "Tu sei speciale. Io ti amo e non amerò mai nessun altro! Tu lo sai! Non importa se non mi ami! Ma non smettere... Voglio sia tu il mio primo uomo! Fingi di amarmi solo stanotte!"
 Fingere? In quel momento nessuna donna era importante quanto lei. Nessuna donna lo aveva mai fatto sentire come lei in quel momento. Non sapeva cosa fosse quello che provava in quei momenti, ma sapeva che voleva solo vederla felice, e voleva che fosse felice con lui. Non sapeva cosa fosse l'amore, ma quello che sentiva per lei in quel momento era qualcosa di totalizzante e indescrivibile. Qualcosa di assoluto e... Ed era giusto. Nulla gli era mai sembrato tanto giusto. Il suo corpo perfetto, i suoi occhi dolci e pieni di forza nonostante l'imbarazzo. Voleva fosse sua. Voleva essere il primo uomo ad amarla e desiderava essere l'unico che avrebbe amato. Aveva ripreso a baciarla, con dolcezza, lasciandole tutto il tempo che le serviva per rilassarsi e dimenticare la paura. Poi l'aveva fatta sua, piano, dolcemente, sussurrandole che anche lui l'amava e non avrebbe mai smesso di amarla. Aveva soffocato il suo dolore con un bacio e fatto in modo che fosse bellissimo e indimenticabile. Lui non avrebbe mai scordato quella notte. La sua vita era cambiata nel momento in cui lei era stata sua. Nulla sarebbe stato più uguale. Lei avrebbe potuto stancarsi subito, cacciarlo e trovare mille altri uomini, ma lui non avrebbe mai più guardato nessuna donna senza pensare a lei.
 Quando? Sapeva di aver perso la testa per lei quella notte. Ma in quale momento l'affetto era diventato amore? Quando quella bambina di era trasformata nell'amante che lo faceva impazzire? Era così ingenua, così inesperta quella notte. Ma quello che aveva iniziato a provare per lei, non era tenerezza, ma passione. 
 "Chicco... Sarò per sempre tua!"
 "Piccola... Sei... Sei così speciale! Io... Io credo che tu sia l'unica donna che possa farmi sentire così!"
 "E come ti senti, Chicco? Ti è piaciuto? Io... Ti ho deluso?"
 "No... Deluso? Come puoi pensarlo? È stato... È stato bellissimo! Tu sei bellissima! Come stai piccola?"
 "Mi sento strana... Ma felice! Chicco, lo so che non è così, che non mi ami... Ma puoi dirmelo solo una volta? Ti giuro che non te lo chiederò mai più! Puoi dirmi di amarmi?"
 "Piccola... Non voglio mentirti! Non ho bisogno di farlo! Io credo che sia tu l'amore! Sei così dolce, bella..."
 Riccardo ricordava il modo in cui lei lo aveva stretto, come se non volesse più lasciarlo andare e lui aveva sorriso pensando a quanto fosse speciale quella donna che lo aveva fatto innamorare in una notte. Quella che era una bambina fino a qualche mese prima e che in quel momento si era stretta a lui facendolo impazzire. Sì, non c'era un momento preciso. Con lei era stato un crescendo di sensazioni, emozioni e sentimenti che prima di allora non aveva mai provato per nessuna. 
 Ne era così sicura. Lui la amava. Ne era sicura anche in quel momento, sdraiata nello stesso letto che avevano diviso quella prima volta. La loro prima notte insieme. 
 "Allora puoi rimanere ancora un po'?"
 "Farfallina, non ci penso nemmeno a lasciarti! Voglio stringerti fino a domani e... E farei l'amore con te per tutto il resto della notte!"
 Si era accoccolata abbracciandolo e addormentandosi tra le sue braccia. Erano completamente persi l'una nell'altro. Respiravano insieme e i loro cuori si confondevano. Per lei era un sogno che si realizzava, per lui quello era l'inizio di un percorso che lo avrebbe portato a capire se stesso. Perché lui, nonostante le sicurezze, la forza e l'indipendenza, non sapeva davvero chi fosse e non sapeva cosa davvero volesse. Sapeva solo scappare da quello che non voleva. Invece lei, fragile e insicura, sapeva perfettamente chi era e cosa voleva. Lei era la donna di Chicco, lo sapeva da sempre e voleva lui. Lo voleva con tutta se stessa. Per lui, avrebbe fatto qualunque cosa. Sapeva da sempre che lui era la sua vita. E in quel momento per lui era la stessa cosa. Insieme a lei si sentiva stranamente felice. Come se nulla potesse fargli del male. Come se nulla fosse importante, né lo studio, la famiglia, i sogni... Era lei il sogno. 
 "Farfallina..."
 "Ciao... Sei davvero qui?"
 "E tu sei sempre stata così? Sei sempre stata nel mio cuore?"
 "È vero? Quello che dici è vero?"
 "Dolce... Speciale! Sei perfetta. E io? Sono quello che credevi?"
 "Sei tu, Chicco! Io ho sempre saputo ciò che sei!"
 "E chi sono? Cosa sono?"
 "Sei un uomo intelligente, inquieto, sei dolce e hai un cuore buono, sei pieno di sogni e stai cercando di realizzarli. E li realizzerai, tutti! Sarai quello che vuoi... Io non lo so che tipo di lavoro farai, ma avrai successo, io lo so! Come con la scuola e con il cavallo. Sarai il migliore in qualsiasi campo! E sei un uomo speciale. Sei così bello... Lo so, sono sciocca! Ma lo sei, davvero. E... Poi io credo che tu stia cercando qualcosa... Non so cosa sia! È come se ti mancasse qualcosa! Tuo padre sbaglia quando dice che sei scappato dalle tue responsabilità. Nessuno è come te! E se loro non lo capiscono, io sì, perché ti conosco. Perché sei speciale! Diventerai importante. Tutti conosceranno il tuo nome. Non come ora... Intendo dire che tu farai strada e... E tu sei tu, e sei l'amore!"
 "Piccola... Se fossi la metà dell'uomo che descrivi sarei perfetto!"
 "Ma tu lo sei! Sei perfetto..."
 "Mi fai stare così bene! Mi fai sentire speciale! Non credevo di riuscire a restare in un letto per tanto tempo senza sentire il bisogno di andare via... Ehi... Scusa! Non volevo offenderti!"
 "Non mi hai offesa... Chicco, fare l'amore con me è stato come farlo con le altre? Il fatto che fosse la prima volta per me... Ti aspettavi qualcosa di diverso? Con le altre donne è... È più bello?"
 "Quello che mi hai dato è qualcosa di così... Mi hai dato te stessa e tu sei la cosa più bella e importante che esista. Quello che ho provato mentre facevamo l'amore è stato qualcosa di dolce, ma anche assoluto... Non so come spiegartelo, ma ti giuro che non ho mai provato nulla di tanto coinvolgente! Mi credi se ti dico che mi sono perso dentro di te? Che avrei voluto non finisse mai? Che vorrei fare l'amore anche ora? Che non mi basterai mai, non più... È tutto cambiato... Questa notte, sei tu ad avermi cambiato"
 "Davvero vuoi fare l'amore ancora? Pensi che sia stato bello? Perché per me sì... Oh mio Dio, Chicco... Mi sembrava di morire... È sempre così bello? Voglio dire, la prima volta è speciale, lo so, ma poi?"
 Le aveva baciato le labbra, sorridendole e accarezzandole il collo, perdendosi nei suoi occhi pieni di timori. L'aveva amata dandogli tutto se stesso sospirando con lei, sentendo ogni suo brivido, ogni suo gemito e facendolo suo, stringendola e accompagnandola con le carezze e i baci perché lei sentisse quello che sentiva lui. E quando aveva percepito che lei stava perdendo il controllo, l'aveva baciata come non aveva mai fatto con nessuna. Soffocare la sua voce era come rubarle quel momento. Perché sentiva il bisogno di avere tutto di lei, anche il piacere che lui le dava. Poi si era lasciato andare, perdendo persino se stesso. Era suo e l'unica cosa a cui riusciva a pensare era che avrebbe voluto amarla ogni giorno della sua vita.
 Nella sua camera di ragazzino, guardava il soffitto aspettando che quel maledetto sole sorgesse. Ogni istante era prezioso e portava alla fine di quel soggiorno che gli era diventato insopportabile. Era buffo come le cose cambiassero in fretta. Solo il giorno prima l'aveva rivista, aveva creduto di essere forte e che sarebbe stato capace di gestire i suoi sentimenti. Ma il suo cuore e i suoi pensieri continuavano a correre a lei a quei giorni.
 Quanto tempo avevano passato il quell'appartamento? Avevano perso la cognizione del tempo. Lei dormiva accanto a lui e sembrava serena, felice. Era sempre stata tanto bella? Non se n'era mai accorto se lo era sempre stata. Era carina, con un viso grazioso, era sempre stata magrissima, alta e... Giovane. Era una bambina, l'aveva vista nascere. Lui era piccolo, ma ricordava quando l'aveva vista la prima volta. Aveva desiderato fosse la sua sorellina. Era carina, ma piangeva sempre, come Camilla. Poi si era affezionato a lei più che a chiunque altro. Anche se adorava giocare con Lorenzo e con Giulio, per lei aveva sempre provato qualcosa di diverso. Sua sorella non aveva bisogno di lui. Era indipendente e capace di ottenere tutto ciò che voleva. Ma lei sembrava sempre triste, era viziata, insopportabile e permalosa, ma gli piaceva il modo in cui sembrava avesse bisogno della sua compagnia. Era dolce. Lo era sempre stata. Non l'aveva mai guardata come una donna. Lei era semplicemente la piccola Francesca, nonostante fosse più grande di Camilla, di Edo e di Claudio, lei era la piccola di casa. Forse perché non aveva mai dimostrato gli anni che aveva, sembrava sempre la più giovane di tutti. E mentre la guardava dormire accanto a lui, sembrava davvero una bambina. Non sembrava davvero avere 19 anni. Solo l'anno prima l'aveva baciata, prima di partire per Boston, era stato un bacio dolce e innocente. Non lo aveva dimenticato quel bacio, ma gli sembrava assurdo pensarci. Del resto lei era solo la sua sorellina. Ma in quel momento, mentre lei gli era vicino, nuda e sensuale, non riusciva a pensare ad altro a quanto fosse speciale. La bambina che lo assillava e lo importunava, era riuscita a stregarlo. L'aveva fatto innamorare della sua ingenuità, della sua curiosità e della sua capacità di amare. Era piena di vita, la sua piccola Francesca. Sorrideva mentre dormiva, non l'aveva mai vista tanto tranquilla e serena. Nei suoi occhi c'era sempre un velo di tristezza, o di malinconia. Quei suoi bellissimi occhi scuri e profondi. Il suo viso era dolce. Lo era sempre stato. Il naso piccolo, all'insù, le labbra rosse e carnose, la pelle bianca, i capelli lunghissimi, neri e lisci e quegli occhi... dolci e... E tristi! Sì, era sempre stata bella, anche quando le sue gambe magrissime sembravano delle zampe di ragno, quando le sue braccia sembravano sproporzionate e troppo lunghe, quando il suo corpo sembrava quello di un ragazzo, senza curve, senza forme. Era bella anche allora, ma in quel momento era bella da togliere il fiato. Aveva scostato il lenzuolo, scoprendola e rimanendo incantato a guardarla. Le  mani, le spalle, il seno e i fianchi, le gambe leggermente piegate. Con le dita le aveva disegnato il profilo, mentre lei apriva gli occhi, sorridendogli.
 In quel momento non avrebbe potuto lasciarla per nessun motivo al mondo. Voleva solo lei, vivere per lei. Avrebbe rinunciato ad ogni cosa per lei. Per andare via da lì e vivere solo per loro stessi.
 "Ti amo, piccola! Ti amerò per sempre!"
 "Non dirlo se non lo pensi... Perché vedi, io comincio ad illudermi sia vero... E tu sei il mio sogno da sempre! E se ti stancassi di me?"
 "Potresti essere tu a stancarti di me!"
 "Sono seria... Chicco, io ti amo davvero!"
 "Anche io! Per te provo qualcosa che non ho mai provato per nessuna! Piccola, non ti prometto che ci sposeremo, né che staremo insieme per sempre, ma sono sicuro che quello che provo per te non finirà mai! Quello che provo non può finire, può solo crescere! Forse diventerà qualcosa di diverso... Ma adesso voglio vivere quello che abbiamo, quello che mi hai fatto scoprire... Non sapevo si potesse essere così... Così completi! Che potessi sentirmi tanto vicino a una donna! Ci conosciamo da sempre e solo ora mi sembra di vederti davvero!"
 "Non ti lascerò andare via! Se fosse necessario ti legherei a questo letto. Io sarò tua per sempre, di nessun altro!"
 "Mia madre mi ha lasciato mille messaggi in segreteria... Da quanto tempo siamo chiusi qui dentro?"
 "Non lo so... Ha importanza?"
 "Per questo ti amo! Perché non pensi come gli altri! Non ti preoccupi per le sciocchezze! Vivi tutto senza pensare al resto! Sei come me!"
 "Voglio solo stare con te..."
 "La mia piccola farfallina... Sai amare come nessuna!"
 "Oh... Beh... Non voglio parlare di queste cose!"
 "Sei imbarazzata? Davvero? Ehi, guarda che sono io! È con me che hai fatto l'amore..."
 "Sì, lo so! Ma non voglio parlarne..."
 "Allora ti dirò quello che provo io... Vuoi?"
 "Non è necessario..."
 "E perché?"
 "Io non lo so come si faccia a compiacere un uomo! E... E non voglio sentirmi in competizione con le donne che hai avuto!"
 "Non potrei mai paragonarti a nessuna donna. Tu sei unica! Sei speciale! Ma voglio che tu sappia che l'unica cosa che voglio è vederti felice. E mentre facciamo l'amore sei felice... È vero? Io sì, non lo sono mai stato tanto!"
 "Sono felice anche ora..."
 "Lo sai? Mi fai impazzire! Non è mai stato tanto bello fare l'amore! E tu? Cosa provi?"
 "Io... Io non lo so... Ma... Io non credevo che fare l'amore fosse così... Chicco, per favore, non chiedermi altro! Non so cosa dire e... Basta!"
 "Prometto! Non ti chiederò altro. Non ti dirò più niente... Non hai bisogno di parole per dirmi quello che senti!" 
 Avevano fatto l'amore ancora una volta e poi mille altre. Quei giorni erano passati senza che nessuno sapesse dove fossero e con chi fossero. Vivevano in un sogno, in un mondo solo loro. Ma mentre lei credeva che quella fosse la realtà, lui col passare dei giorni diventava più inquieto e insoddisfatto. Non di lei. La amava, era perfetta, ma di quello che li circondava. Anche solo il fatto che i suoi genitori gli facessero domande sulla sua permanenza imprevista, lo infastidiva. E gli mancavano gli stimoli che l'università gli dava. Bogotà era una città che non amava, troppo lontana dai suoi interessi. Voleva scappare da quella vita che gli stava stretta. Dalla sua famiglia che anche senza parlare, lo faceva sentire un fallito perché non era interessato a quello che per loro era importante. Perché i loro silenzi erano più eloquenti di mille discorsi. Avrebbero voluto prendesse il posto del padre, un ruolo per cui era nato. Aveva provato a spiegare loro che la meccanica era l'unica cosa che gli interessava, l'unica che lo rendesse felice. Era quello il campo in cui voleva avere successo. Per tanto tempo aveva provato ad essere capito. Poi, dopo una furiosa litigata con il padre, ci aveva rinunciato. Aveva smesso di sperare che loro lo corendessero e aveva accettato il loro biasimo. Ma era frustrante quell'atteggiamento, lui non sopportava di essere considerato il figlio ingrato, quello che non riusciva a essere felice nonostante avesse tutto. Era stanco di sentirsi mortificato ogni volta che riusciva ad ottenere dei risultati eccezionali. Nessuno della sua famiglia sembrava interessato. Così aveva deciso di allontanarsi da loro. Mancava poco. Presto avrebbe conseguito il master, aveva offerte di lavoro da numerose società, che lo volevano come ingegnere, ma lui aveva già deciso cosa fare. Sarebbe andato a Miami e avrebbe lavorato per una piccola scuderia di Offshore. Si sarebbe divertito a pilotare i motoscafi e a realizzarli. Almeno per qualche tempo, poi avrebbe preso decisioni diverse. Ma non sarebbe mai tornato a Bogotà. Lì non c'era il mare, che lui adorava, non c'erano stimoli, né emozioni. Non c'era nulla in quella città che lo tratteneva. Ma in quei giorni le cose erano cambiate. C'era lei, la sua bellissima Francesca, che lo amava come nessuno avrebbe potuto amarlo, che lo capiva, che non lo giudicava, che viveva per lui e che gli chiedeva solo amore. Lei, il suo rifugio dalla quotidianità, dalla noia di quella città. Avrebbe potuto portarla via, portarla a Boston, poi a Miami. Ma sarebbe stato giusto? Lei era giovane, aveva appena cominciato la sua carriera di modella. La modella... Cosa avevano in comune loro due? A lui interessava studiare, capire, sperimentare, lei non era nemmeno riuscita a finire l'università. Era una donna ricca e viziata, faceva la modella perché non aveva voglia di fare altro. Tra loro le cose sarebbero finite comunque. La sua dolcezza, la sua capacità di amarlo non sarebbero bastati. Doveva tornare a Boston, il prima possibile. Forse un giorno sarebbe tornato da lei, se lei lo avesse aspettato, forse avrebbero potuto stare insieme prima o poi. Era assurdo anche pensarci. Perché avrebbe dovuto aspettarlo? Perché ci sperava? Lei era giovane, bella, volubile e presto avrebbe trovato un altro uomo. Un altro uomo l'avrebbe amata e lei l'avrebbe ricambiato. Anche solo immaginarla mentre si dava ad un altro, lo faceva impazzire. Era sua. Lei era la sua donna e non sarebbe mai cambiato. Era un dato di fatto. Era sua. 
 Aveva organizzato la partenza senza dirle nulla. Doveva andare via. Nonostante lei, la sua dolcezza e la sua pace. Non era pronto a gettare via i suoi sogni, anche se lei sarebbe stata tutto, ogni giorno. Anche se sapeva l'avrebbe rimpianta, che le sarebbe mancata come l'aria. Nulla avrebbe potuto trattenerlo, nemmeno lei. La notte prima di partire avevano fatto l'amore. Lei non era più intimorita, non provava più alcuna paura, si dava a lui senza riserve, ogni inibizione era caduta. Con lui, era se stessa e fare l'amore era diventato qualcosa di naturale e impossibile da gestire. Era completamente sua e vederlo mentre la amava, la rendeva felice. Si sentiva speciale tra le sue braccia. Ed era convinta che sarebbe stato per sempre. 
 "Vengo con te! Ti prego, non lasciarmi da sola! Portami via! Portami via da qui, da loro! È per loro che vai via! Io li odio! Non lasciarmi sola! Io ti amo!"
 "Non posso portarti con me. Vivo con degli amici e non so nemmeno per quanto tempo resterò a Boston. Dopo la specializzazione ho dei progetti... E tu hai il tuo lavoro! Come vivremo? Dove?"
 "Ma di che parli? Mi stai lasciando? Mi stai dicendo che non vuoi che stia con te perché non potresti mantenermi? Io non voglio essere mantenuta da nessuno! Credi che non possa lavorare? Tu scegli dove vuoi vivere, io ti seguirò!"
 "Dammi un po' di tempo..."
 "Tempo? Per cosa? Mi ami?"
 "Ma sì, certo che ti amo! Ma non posso!"
 "Non puoi? Davvero?"
 "Non voglio! Non voglio pensare a niente altro che ai miei progetti! Almeno per adesso! Tu devi continuare a pensare a quello che fai! Per quanto non capisca come possa essere definito tale, è un lavoro, no? E magari potresti decidere di tornare a studiare! E poi... E poi non voglio che loro possano entrare nella mia vita! Non voglio dare giustificazioni, non voglio che me ne chiedano! Dammi un po' di tempo! Quando avrò deciso cosa fare della mia vita, ti chiederò di raggiungermi! Ma non ora!"
 "Non ora? Finisce così? Adesso?"
 "No! Non finisce nulla! Io ti amerò sempre!"
 "Ma non quanto ti amo io..."
 "Io sono fatto così... Mi dispiace, farfallina!"
 "Non farlo! Non lasciarmi! Non ti chiedo di restare, se non vuoi che stia con te, non te lo chiederò. Ma dimmi che sono la tua donna. Che sei il mio uomo nonostante la distanza. Dimmelo che la distanza non conta nulla..."
 "Sei dolce e ingenua, piccola! Vuoi che ti prometta qualcosa che nessuno dei due potrà mantenere... Non voglio mentirti!"
 "Io posso aspettarti!"
 "Ma io non voglio che mi aspetti! Come posso anche solo chiedertelo? Io non lo so quando deciderò di fermarmi! Non ora, non per i prossimi anni. Voglio vivere tutto quello che la vita ha da darmi! Voglio scoprirlo questo mondo, voglio conoscerlo! E anche tu! Non puoi davvero pensare di fermarti a me... Io non sono niente di speciale! Non so nemmeno darti quello che vuoi!"
 "Tu sei tutto, Chicco!"
 "Io non voglio essere tutto! Voglio solo essere me stesso e voglio che tu mi veda per quello che sono. E io sono solo un uomo che ancora non sa cosa vuole dalla vita!"
 "Credevo volessi me..."
 "Piccola... Sei meravigliosa! Sei speciale e sei nel mio cuore! Ma fino a quando non saprò cosa voglio, non c'è spazio per nulla e per nessuno. Quello che abbiamo è... È speciale, indimenticabile... Tu non immagini quanto sia difficile lasciarti andare..."
 "Non farlo! Non lasciarmi andare! Chiedimi di essere la tua donna! Io sono tua! Fai l'amore con me, ora! E poi dimmi che non è questo che vuoi..."
 "Non cambierebbe... Parto domani! Ma tu sei la cosa più bella che abbia. Ti amerò sempre! Ti amo ora è ti amerò tra mille anni! Farfallina, mi credi?"
 "No, non ti credo! Credo che tu creda di amarmi, ma non tieni a me! Non ti sto chiedendo nulla, voglio solo darti me stessa... Ma tu sei troppo preso da te stesso! Sei egoista e non sai amare! Vattene ora! Non aspettare domani! Non ti voglio qui! Sii felice!"
 Lo aveva trascinato fuori dalla porta del suo appartamento e poi aveva pianto per tutta la notte. Aveva sperato cambiasse idea, che tornasse da lei, anche solo per dirle che nulla avrebbe cambiato le cose tra loro, che una volta finita la specializzazione, sarebbero stati insieme. Anzi lei voleva solo che lui le dicesse che sarebbero stati insieme sempre, nonostante tutto. Ma lui era partito e non l'aveva nemmeno cercata, perché era troppo difficile dimenticarla. Aveva pensato a lei ogni giorno, desiderandola e rimpiangendola, combattendo ogni giorno con se stesso per non cercarla. Ma alla fine non poteva rinunciare a nulla per trovare se stesso. Ed era buffo. Perché dopo oltre dieci anni, lui ancora non era certo di esserci riuscito. Era sicuro solo che lei c'era sempre stata, anche quando erano lontani l'uno dall'altra, anche quando non si vedevano per mesi. Anche durante quel lunghissimo anno e mezzo in cui lei era come sparita.

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Capitolo 4
*** 4 ***


Mi ero ripromessa di pubblicare questo capitolo prima, ma è stata un settimana un po' particolare e difficile e nonostante i buoni propositi, proprio non sono riuscita a mantenerne nemmeno uno, quindi chiedo scusa. Spero comunque che questo capitolo vi piaccia e che riesca a chiarire ulteriormente le dinamiche che intendo sviluppare.
 Vi lascio alla lettura!


Capitolo 4

 “Cosa fai qui tutta sola?”
 “Ciao zia Betty, non avevo fame e... E volevo stare un po' sola a pensare!”
 “Vuoi che vada via?”
 “No! No! Mi fa piacere stare con te!”
 “A cosa pensavi?”
 “A nulla in particolare. A Giulio che si sposa tra due giorni, a Camilla... Alla sera del loro fidanzamento! E tante altre cose! Voglio smettere di fare la modella... Comincio a sentire la concorrenza delle ragazze più giovani!”
 “Davvero? Ma le ragazze più giovani non hanno i contratti che hai tu! Se non sbaglio ti hanno fatto delle offerte vantaggiose proprio poche settimane fa!”
 Francesca scosse la testa sorridendo, ma era solo la sua bocca a sembrare divertita, gli occhi dicevano altro.
 “Il mio papà te l'ha detto? È l'unica cosa che può dire di me!”
 “Il tuo papà ti adora!”
 “Sì, lo so! So bene che è davvero orgoglioso della mia carriera, nonostante tutto... Non come la mamma!”
 Mentre lo diceva, abbassò lo sguardo, fingendo indifferenza. Betty le si avvicinò e le accarezzò una guancia con dolcezza.
 “Tu e Riccardo siete così diversi eppure tanto simili...”
 “Siamo solo diversi!”
 “Forse hai ragione! Lo sai, Giulio e Camilla non sono migliori di voi! Semplicemente hanno trovato la loro strada più velocemente!”
 “Anche Edo e Claudio...”
 “Sì, anche loro! Ma voi due siete speciali...”
 “Forse lo è Chicco! Lui è intelligente!”
 “E tu no?”
 “No! Ho avuto la fortuna di essere carina...”
 “Carina... Hai fatto della tua bellezza un lavoro, carina non è la parola giusta, ma tu non sei solo bella! Sei intelligente e dolce!”
 “Lo pensi davvero? Pensi che oltre a te, qualcun altro pensi queste cose di me?”
 “Tutti quelli che ti conoscono lo pensano! E tutti quelli che ti conoscono ti amano!”
 Francesca la guardò negli occhi, Betty era la donna che più ammirava dopo sua madre. Erano così simili, forti, sicure, intelligenti, entrambe erano dolci e affettuose, ma con Betty era più facile parlare. Sua madre aveva sempre avuto delle aspettative troppo alte su di lei, che nella vita, non faceva fatto altro che deludere. Da quanto tempo non parlava con la sua mamma? 
 Assorta in quel pensiero, la domanda di Betty, le giunse quasi incomprensibile.
 “Perché non me l'hai detto?”
 “Di cosa parli zia?”
 “Del bambino! Perché non mi hai detto che era il mio nipotino?”
 Le si gelò il sangue nelle vene, spalancò gli occhi e sentì un dolore allo stomaco, come se invece di parlare, la donna che aveva di fronte, avesse cominciato a darle pugni nello stomaco. Betty lo sapeva? Com'era possibile? Non lo sapeva nessuno! Nessuno sapeva che quel bambino era di Riccardo. Nessuno, a parte lei, sapeva del bambino. Cercò di ricomporsi e di mantenere una posizione indifferente, ma evidentemente, quella donna riuscì a leggere i suoi pensieri.
 “L'ho indovinato. Non me l'ha detto nessuno. La sera della cena a casa dei tuoi genitori, senza volerlo, ho ascoltato quello che vi siete detti. Riccardo l'ha confermato e io ho tirato le conclusioni.”
 “Lui non lo sa!”
 “Come hai fatto a tenerti tutto dentro? Forse avrei potuto aiutarti!”
 Non la stava rimproverando, sembrava sinceramente preoccupata.
 “Quel giorno ero passata per dirtelo, volevo confidarmi con te perché sei sua madre, perché... Perché eri l'unica che poteva capire quello che provavo, perché tu lo ami... Lo ami più di chiunque altro... Ma lui per me... Lui è la vita!” 
 La sua voce si incrinò, ma cercò di non lasciarsi andare ad inutili pianti.
 “Tesoro... Quanto hai sofferto?”
 “È tutto passato! Ora va bene! Io non potevo tenerlo! Non potevo dargli un figlio! Lui non lo voleva! Non lo voleva da me! Per lui sono superficiale, immatura, frivola!”
 “Lui ti ama! E se davvero credi che pensi queste cose...”
 Francesca la interruppe, consapevole che Riccardo, fosse sempre stato molto chiaro con lei.
 “Non lo penso! Me l'ha detto!”
 “Non dubito l'abbia fatto. Ma sono certa che sia stato durante una discussione, una lite! Dovresti saperlo che quando si litiga si dicono certe cose solo per ferire chi si ha di fronte! E più ami quella persona, più cerchi di fargli del male.”
 “Non è così... comunque è tardi, ormai quel bambino non c'è più!”
 “Dovresti dirgli quello che hai passato!”
 Francesca saltò in piedi e cominciò a camminare nervosamente.
 “Non lo farò! Ho chiuso con lui! È tutto finito!”
 “Quindi lo lascerai andare via? Lascerai che vada per la sua strada?”
 “Betty, basta! Andrebbe via comunque, lo conosci! E dirgli che ero incinta di un figlio suo, lo turberebbe ancora di più! Gli ho mentito non dicendoglielo e mi odierebbe! E io non voglio che mi odi! Non lo sopporterei!”
 “Se avessi saputo che... Che era il mio nipotino... Non sarebbe cambiato nulla. Sarei rimasta con te in ogni caso.”
 “Ho dovuto farlo... Ti ho chiesto di mantenere il mio segreto! Mi sono fidata! Ti prego non tradirmi adesso!”
 “Non gli dirò nulla! Ma...”
 “No! Voglio dimenticare tutto! Betty ti prego lasciami sola, ora!”
 Betty avrebbe voluto trovare anche solo una parola da dirle, ma non riuscì a fare altro che annuire. La guardò ancora qualche istante e si rese conto che il suo bambino aveva ferito quella donna, così profondamente, da averla sconfitta. Completamente. Cercò solo un piccolo contatto, sfiorandole un braccio.
 “Ti voglio bene bambina mia!!”
 Poi si allontanò, lasciandola immersa nei suoi pensieri.
 Con la mente tornò al giorno dell'aborto. Ricordava che in ospedale, mentre la visitavano e le facevano le analisi prima di entrare in sala operatoria, aveva ripensato a quella notte in barca, quando gli aveva detto che voleva dargli un figlio e lui aveva accettato. E non c'era nulla di azzardato, di finto. Ma era durato solo quella notte. Il giorno dopo avevano litigato e prima di tornare a Miami lui le aveva detto delle cose terribili. Le aveva rinfacciato quella richiesta, dicendole che una donna come lei non poteva nemmeno pensare di diventare madre! Che era superficiale e vuota! Interessata solo a se stessa ma incapace di pensare agli altri! Una donna che non avrebbe mai dovuto diventare madre. Sicuramente mai di un figlio suo. Chiuse gli occhi per impedire alle lacrime di uscire e per cercare di non ricordare quello che aveva provato guardando quel maledetto test. Era stata la decisione giusta abortire. Era l'unica decisione.

 “Sei tutta sola vedo...”
 La sua voce la fece trasalire e si voltò verso di lui che sorrideva ironico.
 “Che ci fai qui?”
 “Volevo vederti...”
 “Cosa vuoi dirmi?”
 “Nulla! Volevo solo vederti...”
 “Interessante!”
 Si allontanò di qualche passo, fingendosi tranquilla, mentre lui la osservava e quegli occhi, le fecero tremare le gambe.
 “Mi fai sorridere quando indossi questa tuta!”
 “Cosa dovrei indossare? Sto aspettando che tua cugina rientri per indossare gli abiti della campagna!” 
 Rispose stizzita.
 “Tra tutte le modelle che ho conosciuto, sei la mia preferita!”
 “Non è divertente! Tu non sei divertente!”
 Cercò di allontanarsi ancora ma lui l'aveva stretta a sé, impedendole di fare qualunque movimento. 
 “Credevo di essere stata chiara!”
 “Lo sei stata! E per qualche giorno ci ho anche creduto che fossi sincera! Ma io non riesco a starti lontano!”
 “Un anno e mezzo! È passato un anno e mezzo e poi mi dici che non riesci a starmi lontano! Ipocrita!”
 “Lontano dagli occhi, lontano dal cuore...”
 “Lasciami subito o...”
 “O cosa? Griderai? Mi schiaffeggerai? Sei tu l'ipocrita! Sento i brividi sulla tua pelle, lo so che mi desideri!”
 “Lasciami immediatamente!”
 “Riccardo!!!”
 La liberò dal suo abbraccio. Che diavolo voleva sua madre? Cosa ci faceva lì?
 “Lasciala subito! Non toccarla! Non posso credere a quello che ho visto!”
 Francesca si fece piccola, cercando di scomparire, mentre tratteneva le lacrime. Riccardo cercò gli occhi di sua madre.
 “Mamma...”
 “Non parlarmi! Mi vergogno di te!”
 “Mamma...” Ma lei si era già girata e se ne stava andando.
 Le rivolse un'occhiata piena di odio e con una voce bassa e crudele le sputò in faccia tutto il veleno che aveva dentro.
 “Ipocrita e teatrale! Più che la modella avresti dovuto fare l'attrice!”
 Francesca non gli rispose, ma quel suo silenzio era molto eloquente. E lo fu anche per lui. La guardò ancora per qualche istante e poi corse dietro la madre. Doveva darle una spiegazione! Lei invece poteva anche andare al diavolo!
 Mentre si allontanava le sentì dire che le dispiaceva.
 “Mamma! Mamma, per favore fermati!”
 “Non voglio parlare con te ora!”
 “Ascoltami, mamma! Per favore! È un gioco! Non le ho fatto del male! Non le ho mai fatto del male! Noi... Mamma, tra noi è un gioco! Solo un maledetto gioco delle parti!”
 “Un gioco delle parti? Io ho visto un uomo che con la forza tratteneva una donna!”
 “Mamma, lo credi davvero? Credi che le avrei fatto del male?”
 La madre si fermò e lo guardò con biasimo e tristezza.
 “No! Non lo credo ma non mi è piaciuto affatto!”
 “Ha fatto cose peggiori con me! Sa essere una vera strega! Non la conosci!”
 “Quella sera in giardino ho visto come ti accarezzava e ora ho visto come la tratti tu! Lei è una strega? È questo che pensi della donna che dici di amare?”
 “Mamma... È un gioco...”
 “Un gioco terribile! Non credevo che avrei potuto mai dirtelo! Spero che dopo il matrimonio di tua sorella, tu te ne vada con il primo aereo! Il primo che parte da Bogotà!”
 “Mamma...”
 Gli si avvicinò, cercando di ritrovare il suo Riccardo nell'uomo che aveva di fronte e gli accarezzò una guancia.
 “Amore mio, io ti adoro, lo sai! Sei il mio bambino, dolce e speciale, ma ti vedo infelice, inquieto. Ma soprattutto so che non stai bene con noi! Forse il tuo posto non è qui! Ma non puoi far del male agli altri!”
 “È a lei che ti riferisci? Ti giuro mamma, non è così!”
 “Dopo il matrimonio andrai via! Tornerai alla tua vita! Promettimi che non la cercherai più! Promettimi che proverai a essere felice! A me importa solo questo!”
 “Sì, mamma! Ma tu credimi, non le ho mai fatto del male!”
 “Io credo che tu sia sincero! Ma non hai idea di quanto ti stia sbagliando!”
 “Ti giuro che imparerò ad essere felice! Ci proverò! Ma non posso proprio prometterti che con lei sia finita... Né io né lei vogliamo che finisca!”
 “La vostra è un'ossessione, ora va' via prima che gli altri tornino dalla pausa... Ne parleremo più tardi!”
 “Mamma...”
 “Ora basta! Fai quello che ti chiedo e aspettami a casa! Parleremo più tardi!”
 Senza più replicare si diresse verso l'ascensore. Vide la madre mentre raggiungeva Francesca e una strana sensazione lo pervase, fu tentato di tornare indietro, ma non lo fece.
 “Zia...”
 “Tesoro, come stai?”
 “Non mi avrebbe mai fatto del male... Lui... Noi... Tra noi è tutto diverso... Noi...”
 “Non devi darmi alcuna spiegazione! Sono certa che sia così!”
 “Lui è... Ecco, le cose tra noi sono sempre state meravigliose, lui lo è!”
 “Bambina mia, io credo che non ci sia stato nulla di meraviglioso tra di voi. Parlerò con lui e ti prometto che non si permetterà mai più di trattarti in quel modo!”
 “Non devi intrometterti! Gli parlerò io! Tra noi è davvero tutto finito... Voglio ricominciare a vivere!”
 “Come vuoi! Francesca, promettimi solo di essere forte!”
 Sorrise amaramente prima di rispondere.
 “Non lo sono mai stata con lui!”
 “Allora aspetta! Lascia che le cose tra voi si calmino...”
 “Sì, aspetterò... Ora devo prepararmi per le foto!”
 “Vai tesoro... Ti voglio bene!”
 Betty la lasciò andare e corse a casa. Doveva chiarire tutto con suo figlio e farlo in fretta.

 Lo trovò mentre fumava in giardino. Seduto scompostamente su una delle poltrone e con lo sguardo perso nel vuoto. Almeno non si ubriacava per affrontare le difficoltà. 
 “Riccardo...”
 “Mamma...”
 “Mi spiace per come ho reagito! Non mi ha fatto piacere vedere mio figlio trattare così una donna, ti ho insegnato che la prevaricazione è sbagliata!”
 “Ti ho già spiegato come stanno le cose!”
 “Ora taci e fammi parlare! Mi hai spaventato! Il mio bambino, dolce, buono... Ma va bene! Voglio crederti! Lei stessa mi ha garantito che tra voi è sempre stato tutto... Meraviglioso. Meraviglioso...”
 “L'ha detto lei?” 
 “Taci! Sì l'ha detto lei! Pare che sia il vostro temperamento... Ma non mi interessa! Mi avevi detto che era tutto finito! Che lei aveva chiuso la vostra storia! Perché l'hai cercata?”
 Sul viso dell'uomo, comparve un sorriso sincero, un sorriso innamorato. Ma fu un attimo.
 “Perché non ci crede nemmeno lei! Ci siamo lasciati mille volte! Mamma, tra noi le cose non finiranno mai! Non definitivamente!
 “Questa volta invece è finita! Devi fartene una ragione!”
 “Ti sbagli!”
 “Allora va' da lei! Dille che l'ami, che vuoi stare con lei! Ma stare con una donna non significa fare sesso e salutarsi quando non si hanno più argomenti di cui discutere! Tu dici di amarla, ma cosa significa per te amarla?”
 “Non puoi capire!”
 “Non posso capire? Credi che io e tuo padre non ci amiamo? Credi non sappia cosa significhi amare?”
 “State insieme da 30 anni!”
 “Perché ci amiamo come il primo giorno! Sei un ingenuo se credi che la passione sia un sinonimo di amore! Amare vuol dire anche condividere le piccole cose! Ridere insieme, sostenersi! Accettare i difetti dell'altra persona! Tu non accetti nemmeno i tuoi di difetti! Non sai condividere nulla nemmeno con noi che siamo la tua famiglia! Ridere con qualcuno non significa ridere di qualcuno! Hai 34 anni ma ti comporti come un bambino! Non vuoi rinunciare a lei, ma sono sicura che tu non sia disposto a sacrificare nulla per lei!”
 “Lei non vuole quello che vuole Camilla! Non le importa nulla di avere una famiglia! Vuole vivere alla giornata! Lei è come me! Le vostre convenzioni, i vostri modi di fare! Per noi non sono importanti!”
 “Davvero? Quindi dai per scontato che fare l'amore ogni tanto, quando capita, quando entrambi siete disponibili, sia il sogno di Francesca? Non è concepibile per te che le cose cambino? Hai mai pensato che potrebbe volere un figlio?”
 Riccardo sentì un morso allo stomaco. Un figlio, sì lei voleva un figlio, o forse no. Forse glielo aveva chiesto solo per gioco.
 “Significherebbe solo che lei stessa è cambiata! Ma io no! Io non sono cambiato! Ho tutto quello che voglio! Tutto! E se lei davvero vuole quello che vogliono le altre donne, sistemarsi, avere una bella casa, dei figli, allora vuol dire che non sono io quello giusto!”
 Era chiaro perché lei avesse interrotto la gravidanza. Lui non voleva un figlio! Povera dolce bambina. Provò ad immaginare il panico che aveva provato quando aveva scoperto la gravidanza.
 “No! Non lo sei! Non sei l'uomo giusto per lei! Il tuo è un amore senza futuro! Destinato a far del male a lei e a te! Non devi più vederla! Non umiliarla ancora! Non prolungare la sua agonia!”
 “Agonia? Ma di che parli?”
 “Sei davvero così egoista? Davvero non hai visto le lacrime nei suoi occhi?”
 “Sono lacrime di coccodrillo! Piange, si dispera e mi dimentica in due giorni! Trova un altro idiota che mi sostituisca fino al prossimo incontro! Lo sai quante volte è stata lei a lasciarmi mentre le chiedevo di restare con me?”
 Suo figlio era davvero così cieco? Davvero non riusciva a vedere il dolore negli occhi della donna che diceva di amare? Era così insensibile?
 “Riccardo, il vostro è un rapporto malato! Non fa bene a lei né a te! Io ti credo! Credo che tu la ami! Ma lei ha deciso di chiudere questa... Questa storia! Rispettala! Rispetta la sua decisione!”
 “Ma non è così!”
 “Basta! Ora basta! Smettila! Cosa vuoi da lei, dal vostro amore? Cosa vuoi dalla vita? Dimmelo! Sei capace di essere sincero? Cosa diavolo vuoi??”
 “Ti sembrerà strano, mamma, ma io ho tutto quello che voglio! Ho una vita piena di tutto quello che mi piace e non voglio altro! Forse un domani le mie priorità cambieranno! E allora diventerò l'uomo che vuoi che sia! Come Giulio! Come Edoardo o Claudio! Come papà! Ma ora io non voglio cambiare!”
 “Va bene! Lo accetto! Ma non puoi trascinare con te Francesca! Non più!”
 “Lascia che sia lei a deciderlo!”
 “L'ha fatto! Ha deciso di mettere fine a quello che c'è tra voi! Accettalo!”
 “E va bene! Va bene! La terrò lontana! Ma se fosse lei a tornare, tutto quello che mi hai detto e che ti sto promettendo, perderà di valore!”
 “Se lo farà, non dirò mai più una parola! Ma ora promettimi che le starai lontano!”
 “Lo giuro! Non la guarderò nemmeno!”
 Non ci credeva nemmeno lui. Francesca lo faceva impazzire. Prima di tornare a Bogotà, aveva le idee chiare e dei propositi che intendeva mantenere. Ma era bastato starle accanto perché tutto cambiasse. E sapeva che la storia che stava vivendo con quello stupido regista, era finita. Era come le altre volte. Lo aveva lasciato per lui e l'avrebbe riconquistata. Era sua e le cose non sarebbero mai cambiate. Voleva solo cambiare le regole del gioco. Forse glielo avrebbe permesso. Forse avrebbe potuto farle credere che fosse lei a dettare i termini. Sciocca e ingenua! Sarebbe bastato così poco perché lei gli cadesse tra le braccia. Era sua!

 La piccola chiesa scelta per la cerimonia, era immersa nel verde, fuori dalla città. Il sole splendeva tiepido e una leggera brezza di quella mattina, faceva muovere le foglie degli alberi che incorniciavano la strada su entrambi i lati. Il giardino intorno alla chiesa era pieno di margherite e i pochi invitati attendevano l'arrivo della sposa. Nicola e Marcella, accanto a Giulio, perfetto nel suo abito blu scuro, era nervoso e continuava a camminare avanti e indietro.
 “Tesoro... Stai tranquillo!”
 “sono tranquillo! Ho solo voglia di vederla!”
 “Sei così bello, amore mio!”
 “Mamma, per favore!”
 Marcella aveva le lacrime agli occhi. Era il primo figlio che si sposava. Il matrimonio di qualche anno prima di Francesca, non lo considerava tale. Era stato un errore, uno scherzo malvagio che la figlia aveva fatto a tutti loro. Ma quello di Giulio e Camilla era vero. Era un matrimonio voluto, pieno d'amore e di aspettative. I due ragazzi si amavano da sempre. Erano fatti l'uno per l'altra. Nessuno di loro si era stupito quando avevano ufficializzato la loro storia. Ne erano consapevoli da molto tempo. Avevano fatto tutto per bene. Prima si erano laureati e avevano cominciato a lavorare. Avevano cercato una casa, l'avevano arredata e la decisione di sposarsi era arrivata dopo la richiesta di lui, romantica, perfetta, dopo una cena in un elegante ristorante, a lume di candela. Le aveva regalato un anello bellissimo e fiori! Tantissimi fiori! Margherite, gerbere e rose. Giulio e Camilla erano una cosa sola. Nulla avrebbe potuto separarli. Ci avevano provato alcune modelle e Camilla aveva avuto tanti corteggiatori. Ma anche quando non erano fidanzati, tra loro, c'era qualcosa di speciale. 
 Quel giorno non era altro che il coronamento di un amore dolce e semplice ma forte e indissolubile. Camilla Mendoza, la sorella di Armando, sussurrò a Nicola che la sposa stava arrivando e Giulio parve finalmente sereno, impaziente di sposare la donna della sua vita!
 Betty li raggiunse all'altare, abbracciò Giulio che ricambiò con affetto. Le chiese come stesse la sua donna e Betty gli rispose che la figlia era la donna più bella e felice del mondo. Giulio le sorrise e le disse che lui si sentiva fortunato oltre che felice. 
 Edoardo e Francesca precedevano la sposa e Armando, che stringeva il braccio della sua bambina con gli occhi gonfi e felici.
 Claudio e Riccardo si erano già accomodati ai loro posti in attesa di Camilla.
 Dal portone della chiesa, avvolta dalla luce dell'esterno, la sposa fece il suo ingresso accompagnata dal padre. Sorrideva e senza guardare nessun altro, cercò lo sguardo del suo uomo, del suo Giulio. L'abito era bianco e semplice, non aveva il velo ma aveva uno strascico non troppo lungo. I suoi capelli castani erano raccolti e solo una piccola ciocca sfuggiva dalla pettinatura per scivolare sul suo viso. Il bouquet era composto dagli stessi fiori che lui le aveva regalato quella sera e che erano i suoi preferiti. Era incantevole, sicura di sé e felice. Guardò suo padre e quasi scoppiò a ridere nel vederlo piangere, non le lasciava il braccio e fu costretta a liberarsi dalla sua stretta con fatica. Betty recuperò il marito che era rimasto imbambolato al centro della navata. Giulio, accarezzandole una guancia, le sussurrò quanto fosse meravigliosa e lei gli diede un piccolo bacio, andando contro la tradizione. La cerimonia fu perfetta. Era questo che Riccardo pensava. Che quel matrimonio fosse perfetto.
 I fiori, gli abiti, la musica. Era tutto perfetto. Sua sorella era bellissima e Giulio, il suo amico, era completamente perso nei suoi occhi. 
 Ma la cosa più bella e perfetta era lei. Accanto al fratello. Con un vestito in raso, color malva, le spalle erano coperte da un leggero coprispalle in seta dello stesso colore dell'abito. Sembrava brillare di una luce speciale. Ma lei non lo guardava. Sembrava diversa dal solito. Era la prima volta che la vedeva tanto tranquilla e serena. Guardava il fratello ed era emozionata, sinceramente commossa. Sembrava tornata la ragazzina di una volta, prima di quella notte in cui avevano fatto l'amore la prima volta. Quanti altri uomini aveva avuto? Quanti amanti? Chiunque vedendola avrebbe perso la testa. Ma lei, a cosa stava pensando? Lo aveva salutato con gentilezza, con affetto, sembrava che tutto fosse come al solito ma qualcosa era cambiato. Lo aveva percepito chiaramente. Aveva davvero ragione sua madre? Lo aveva lasciato definitivamente? Ma anche se fosse stata la realtà, cosa sarebbe cambiato? Era tanto tempo che non stavano insieme e comunque tra di loro c'era solo sesso. Solo sesso. Non parlavano, non comunicavano. Se davvero tra loro le cose erano definitivamente finite, se ne sarebbe fatto una ragione, senza troppe difficoltà! Non aveva mai sperato in nulla di più di quello che avevano condiviso. O forse l'amava con tutto il cuore e l'idea di perderla era insopportabile e quel dolore che provava non era altro che paura e tristezza.
 Il ricevimento, elegante ma semplice, si tenne in una villa immersa nel verde. Solo pochi intimi erano stati invitati e tutto si svolgeva in un ambiente familiare e gioioso. Armando si era rilassato ed era orgoglioso della sua bambina. Non avrebbe potuto renderlo più felice. Lui e Nicola chiacchieravano e si divertivano. Marcella intratteneva gli ospiti cercando di farli sentire a proprio agio, da perfetta padrona di casa quale era. Betty invece, si era accomodata in disparte e osservava la figlia. La sua bellissima Camilla, forte, risoluta, intelligente.  Camilla non aveva mai disatteso le loro aspettative. 
 La ricordava da piccola, quando giocava con le sue bambole e Francesca. Le rivedeva litigare per un vestitino o per una matita che non volevano condividere. Sembravano due sorelline. Così diverse tra loro. Tanto Camilla era decisa e autoritaria, tanto Francesca era capricciosa e insicura.
 A quei tempi, Giulio e Riccardo facevano loro dei divertenti scherzi e dispetti. Giocavano amore insieme, in soggiorno, in piscina. Non era importante che fosse estate o inverno, erano sempre insieme, condividevano il tempo e gli spazi. 
 Tra loro non c'erano conflitti. Erano troppo piccoli, ma col passare del tempo i caratteri di quei quattro bambini si era definito e avevano mostrato tutte le loro diversità. L'arrivo di Claudio ed Edoardo poi aveva scombinato tutti gli equilibri. Era forse da quel momento che Riccardo aveva cominciato ad allontanarsi. Aveva creduto fosse a causa dell'età, ma non era solo quello. Riccardo aveva cominciato a mostrare un lato ombroso e insofferente. La sua dolcezza non era cambiata, ma il modo di rapportarsi con gli altri sì. Si chiudeva spesso in se stesso, senza un motivo particolare. Amava studiare e adorava i cavalli. Così aveva legato con i suoi compagni del maneggio e quelli di scuola. E quei bei pomeriggi che loro quattro passavano insieme, erano finiti. Ricordava che ad un certo punto anche Francesca si era allontanata. Giulio e Camilla dividevano ogni cosa, condividevano interessi e passioni, escludendola sempre di più. Lei però si era accorta che quella ragazzina aveva cominciato a provare qualcosa per il figlio più grande. Spesso, senza ragioni particolari capitava a casa e lo aspettava, lo osservava, a volte lo disturbava. 
Francesca lo amava davvero da sempre. Lui non la vedeva nemmeno. Ma a quei tempi non si preoccupava, era normale, Riccardo era più grande di lei ed era troppo impegnato con se stesso per rendersi conto che una ragazzina con cui era cresciuto, potesse provare interesse per lui. E comunque non gli sarebbe importato. Il suo bambino voleva bene a Francesca, le faceva tenerezza. Era una bambina prima e una ragazza poi, sensibile e fragile. Molto più di quanto dimostrasse. Durante la separazione dei suoi genitori, lei aveva sofferto più di tutti. Adorava il suo papà e quella separazione l'aveva patita più di Giulio. Aveva visto entrare un altro uomo nella vita di sua madre, che aveva passato dei momenti terribili. Lei non sapeva cosa fosse successo, ma capiva più del fratello, il dolore e l'angoscia che aleggiavano nella loro famiglia. Poi quando finalmente tutto sembrava essere tornato alla normalità era nato Claudio. Il fratello era stato voluto e amato tanto quanto i fratelli, ma lei non era più la più piccola, si sentiva sola. Giulio e Camilla erano inseparabili, Claudio ed Edoardo erano i più piccoli e coccolati. Riccardo li aveva praticamente dimenticati. Anche Laura, la figlia di Camilla non era più disponibile come compagnia. Era grande e aveva i suoi amici. Lorenzo, proprio come Riccardo, pensava solo ai propri interessi. E lei era cresciuta senza una vera compagnia, troppo piccola per Riccardo, Lorenzo e Laura, troppo grande per Claudio ed Edoardo. Troppo diversa da Giulio e Camilla. Aveva sviluppato un grande bisogno di amore e quel suo lato un po' triste non era più sparito. Sola, in mezzo ad una famiglia piena di bambini. I vizi che suo padre le aveva concesso, avevano fatto il resto.
 La guardava mentre rincorreva e giocava con i figli di Laura e Lorenzo. Quattro scapestrati pieni di energie. La sua bella pettinatura era quasi completamente disfata, l'abito color malva macchiato di verde per colpa dell'erba. Si era tolta le scarpe e rincorreva quelle piccole pesti ridendo e fingendo di non riuscire ad acchiapparle. Da quanto tempo non la vedeva così sorridente? Possibile che quell'alone di infelicità che la circondava, era causato da suo figlio? Che tutti gli errori che quella bambina aveva fatto, fossero a causa dell'amore che provava per lui? Per il suo bambino? 
 Edoardo e Claudio si erano uniti a lei e ai bambini, li prendevano in braccio e sollevavano anche Francesca che sembrava più piccola dei bimbi stessi. Sembrano tutti felici. 
 Giulio e Camilla erano ormai andati via, ma la festa continuava. Raggiunse il marito e il suo migliore amico e cercò con lo sguardo Riccardo. Si tranquillizzò vedendolo chiacchierare con Lorenzo e la moglie. Ma sapeva che non stava bene. Il suo viso era tirato e nei suoi occhi sembrava comparsa una patina indecifrabile. I sorrisi che elargiva, erano vuoti e la sua fossetta, ai lati della bocca, sembrava scomparsa e non era a causa della barba che gli nascondeva il volto. 
 Si passò una mano sui capelli, sistemandosi una ciocca che le ricadeva sul viso e guardò il suo bellissimo bambino, senza riuscire a capire cosa provasse davvero. Forse aveva esagerato imponendogli di non vederla più e soprattutto era pentita di avergli chiesto di andare via. Non ne avevano più parlato, ma ora che il matrimonio si era concluso avrebbe voluto trattenerlo ancora lì, con loro. Lei amava quel figlio tanto tormentato. Più della sua vita.
 Poco alla volta gli invitati avevano lasciato il ricevimento. Erano rimasti solo loro, la famiglia Mendoza e i Mora. Era stata una giornata piena di emozioni. Poi andò via anche Riccardo. Li salutò con affetto e disse che sarebbe partito il giorno dopo. Un velo di amarezza comparve sul volto di Armando. Sperava che almeno quella volta, il figlio, rimanesse più del necessario. Ma non gli disse nulla. Sapeva bene che sarebbe stato impossibile trattenerlo. Nicola e Marcella lo abbracciarono e gli fecero promettere che non avrebbe fatto passare tanto tempo prima di rivederlo. Claudio gli assicurò che sarebbe andato a trovarlo e Francesca si limitò ad abbracciarlo e ad augurargli di essere felice. Quell'abbraccio era pieno di sofferenza, qualcosa che lui non aveva mai provato. 
 A casa aveva preparato la sua valigia e poi con una scusa era uscito. Betty sapeva dove sarebbe andato e si raccomandò che ricordasse quanto le aveva promesso.

 Il portiere lo conosceva, l'aveva visto tante volte in compagnia di Francesca e con una scusa lo convinse a non avvisarla del suo arrivo. Non voleva che potesse trovare delle scuse. Loro dovevano parlare.
 Ma fu stupito quando lei gli aprì la porta, sembrava che lo stesse aspettando e comunque non era sorpresa di vederlo.
 “Domani me ne vado, ma dobbiamo parlare!”
 “Entra... Vuoi qualcosa da bere?”
 “No! Che significa quello che è successo?”
 “Ho bisogno di vivere la mia vita... È un anno e mezzo che tra noi è tutto finito!”
 Era tranquilla mentre pronunciava quelle parole. Sembrava quasi in un altro posto, nonostante fosse di fronte a lui. 
 “Perché?”
 “Perché sono stanca. Perché non voglio più soffrire...”
 “Soffrire? Soffrire per me? Da quando Francesca? Da quando soffri per me?”
 “Da sempre! Dalla prima volta che mi hai lasciato!”
 “Credevo avessi capito...”
 “L'ho capito, l'ho accettato! Credevo che col tempo avresti cominciato a provare quello che provavo io...”
 “Se ti riferisci all'amore, lo sai bene che ti amo!”
 “Il tuo non è amore... Forse prima, all'inizio quando è cominciato tutto. Forse in quel momento mi hai amato, ma poi il tuo è stato solo desiderio, attrazione. L'amore è un'altra cosa!”
 “E tu che ne sai dell'amore? Ti sei sposata con un cretino che conoscevi da tre giorni!”
 “Già... Ma dimentichi che ti avevo chiesto di impedirmelo...”
 “Ti sei sposata perché non l'ho fatto? Ma smettila! Ti sei sposata per gioco! Hai avuto mille uomini, solo per gioco!”
 Francesca lo guardava e ad ogni parola che lui pronunciava il suo cuore si spezzava. 
 Oh, il suo Chicco non riusciva proprio a vederlo il suo amore! Non era mai riuscito davvero a capire che per lei, lui fosse ogni cosa. Era l'amore, era il suo mondo! 
 “Vuoi sapere cos'è per me l'amore? Per me l'amore sei tu! Quando ascolto la tua voce, quando parli di cose che non capisco. È aprire internet e cercare le tue foto, come se non ne avessi. È un giornale che parla di una tua vittoria e gioire per te! Soffrire sapendoti tra le braccia di un'altra donna. Per me l'amore è accarezzare il tuo petto e sentirti vicino. È sognare un giorno come quello di Camilla e Giulio! È sognare di darti un figlio! L'amore per me è non mortificare la persona che ami come tu fai con me, dandomi della stupida e della superficiale. È chiudere gli occhi ed immaginarti vicino a me. Ascoltare una canzone idiota e credere sia stata scritta per noi, leggere una poesia e provare la stessa passione di chi l'ha scritta! Per me amare significa perdermi tra le tue braccia e darti ogni cosa di me! Per me amare significa... oh, Chicco... vorrei solo prendermi cura di te, darti ogni cosa!”
 “Non ti ho mai promesso nulla di tutto questo!”
 “Per me amare significa non rimane indifferenti di fronte al dolore.”
 “Francesca... Io non voglio che tu stia male!”
 “Lo so! So che nulla di ciò che hai fatto era per farmi del male! Semplicemente non mi ami! Lo credi, forse confondi l'affetto che hai nei miei confronti. Quando facciamo l'amore ti piace e mi vuoi bene. Ma l'amore non è questo!”
 “Anche questo è amore, Francesca!”
 “No... Si chiamano solo passione e affetto. Per te sono una via di mezzo tra la ragazzina con cui sei cresciuto e un'amante. Non sono la donna che vuoi!”
 “Nessun'altra è più importante di te!”
 Gli sorrise e gli accarezzò una guancia, cercando la sua pelle sotto la barba.
 “Vedi Riccardo, per me invece non c'è nessun altro! Ci sei solo tu!”
 “In questo momento! Ma lo hai dimenticato il tuo Alfredo?”
 Scosse la testa e si fece seria.
 “Con lui non ho mai fatto l'amore!”
 “Questa conversazione è ridicola!”
 “Volevi parlare...”
 Aveva ragione! Era lui ad essere nel suo appartamento, che l'aveva raggiunta e che le aveva chiesto di parlare. Ma non si aspettava di sentirle dire quelle cose. Non aveva capito nulla in tutti quegli anni?
 “Da quando l'hai capito di provare tutto questo amore per me?”
 Glielo stava chiedendo davvero? Come poteva aver formulato quella domanda? Con un tono di voce più alto, cercando di trattenere le lasciamo che le bruciavano negli occhi, si allontanò da lui e gli disse:
 “Da sempre! Io ti amo davvero da sempre! Non te l'ho mai nascosto!”
 “Dio mio Francesca! Sei pazza!”
 “Se prima credevi fossero sciocchezze, ora lo sai! Come hai fatto a non capirlo? Ma non importa a questo punto... Ci ho provato ad essere quello che volevi. Ma non ce la faccio più!”
 “E quindi ora vorresti da me qualcosa di diverso? Vuoi che diventi il tuo fidanzato? Che fissassimo una data per il matrimonio? E dimmi? Dovrei tornare in questa città? E magari potremmo lavorare per l'azienda di famiglia? Magari potrei dirigere un qualsiasi settore e tu fare la mia assistente e passeggiarmi davanti con qualche abitino sexy? O potresti chiedere a tuo padre di lavorare per la Terramoda... È questo quello che vuoi? Mi stai chiedendo questo?”
 Chiuse gli occhi e deglutì ma la sua bocca era asciutta.
 “Io non ti sto chiedendo nulla! Ti ho solo detto quello che provo!”
 “Ma il tuo sembra un ricatto...”
 “Non lo è! Puoi fare ciò che vuoi della tua vita! Puoi restare o andartene! Qualunque scelta, non dipende da me!  Non è mai dipesa da me! Non ti ho mai chiesto nulla, non lo farò ora!”
 “Ipocrita! Ecco quello che sei! Una stupida ipocrita! Sei uguale a loro!”
 Rabbia, delusione e dolore. Erano quelli i sentimenti che provava, quello che sentiva. 
 “Vai via ora! Non voglio sentire i tuoi insulti!”
 “Domani mattina ho l'aereo per Miami! Domani ti libererai di me! Passa la notte con me!”
 Glielo disse sorridendo, guardando i suoi occhi e il suo corpo, mordendosi un labbro e allungando una mano per accarezzarle un fianco.
 “No! Vai via!”
 Si allontanò da lui, temendo di non essere in grado di mantenere i suoi propositi. Perché lei lo amava e desiderava solo compiacerlo. E si sentiva ancora più stupida e debole. Non era in grado nemmeno di sostenere il suo sguardo senza sentirsi pervasa da sensazioni a cui non era mai stata in grado di resistere. 
 E lui se ne accorse, si accorse del suo timore di guardarlo. Si era girata fingendo sicurezza, ma quando lui le mise una mano sul fianco e cominciò ad accarezzarla, quel brivido che provava ogni volta che lui la toccava, la fece vacillare. Le baciò una spalla e con voce calda e dolce le chiese di fare l'amore. Lei cercò di resistergli, ma l'amore che provava per lui glielo impedì. L'attrazione era così forte che dimenticò tutto il resto. Lo baciò e cominciò a spogliarlo senza più pensare ad altro. Lui era soddisfatto e convinto che avesse capitolato. Sorrideva maligno, mentre la baciava e la spogliava. Adorava vederla completamente sua, adorava il mondo in cui si abbandonava ai suoi baci e alle sue carezze. Lei era sua! Era qualcosa che non dipendeva dalla loro volontà. Si appartenevano.
 “Non puoi lasciarmi andare! Mi desideri quanto e più di prima!”
 Quella frase però la destò, facendole riprendere il controllo. Quella sera non sarebbe stato lui a vincere! Quella sera lei avrebbe scelto se stessa e la sua vita. Quella sera era solo il primo passo. Il più difficile e doloroso. Sì! Quella sera non si sarebbe data a lui! Quella sera, lui avrebbe capito che non era più sua. Che il potere che aveva sempre esercitato, era finito.
 Quella sera sarebbe stata la donna che voleva essere! Sarebbe stata forte! Non si sarebbe lasciata vincere dal suo amore. Perché il suo amore era sbagliato e faceva solo male. E lei non voleva più soffrire!
 Riccardo, sicuro di sé, non si accorse che lei aveva smesso di corrispondere le sue carezze. Continuava a baciarla, godendo della sua pelle, inebriatondosi del suo profumo. La amava così tanto che semplicemente toccandola si sentiva felice, completo. Le sensazioni che provava erano sempre le stesse e sempre diverse. Le sue labbra così morbide... Il suo corpo caldo e irresistibile. Lei era sua, ma la sua anima e il suo cuore le appartenevano. Glieli aveva dati quella notte e lasciava fosse lei a custudirli. Ogni volta era come ritornare a vivere tra le sue braccia. Tutto il resto spariva. Lei era il suo mondo. Era il porto a cui attraccare per sentirsi se stesso.
 Lei si scostò e si liberò dalle sue mani, lasciandolo interdetto.
 “Vai via!”
 “Perché? Lo vuoi anche tu!”
 “Voglio solo che tu vada via! Per favore! Vai via!”
 La guardò per qualche istante, mentre Francesca si copriva e con gli occhi vuoti e sfuggenti, si allontanava ancora una volta da lui. Fu tentato di ricominciare a baciarla, per farla sua, ma lui non aveva mai pregato nessuno. Non ne aveva bisogno. Il sorriso compiaciuto scomparve dal suo viso, insieme alla sua pace. La sua bocca assunse un'espressione dura, nervosa quasi cattiva.
 “Al diavolo! Fai ciò che vuoi!” 
 Riccardo si rivestì in fretta, la guardò e poi uscì da quell'appartamento senza più dirle una parola. Francesca pianse quando quella porta si chiese e come ogni volta che tra loro le cose finivano, avrebbe pianto tutta la notte. Ma quella volta sarebbe stato diverso. In quel momento sapeva che era tutto finito, che nulla sarebbe stato più come prima, ma era consapevole che per lei, quella, era la migliore delle decisioni. 

Il giorno successivo sarebbe partito e guardando quel giardino curato e pieno di fiori e piante, provò un moto di fastidio e rabbia. Odiava quel giardino, quella casa e tutto quello che rappresentavano. Poche ore e si sarebbe lasciato tutto alle spalle!
Convenzioni, pressioni, domande celate dietro sorrisi falsi e occhi curiosi. Avrebbe presto respirato il profumo del mare e guardato un cielo aperto e libero. Libero. Si sarebbe sentito libero da tutto quello che lo circondava, da loro e da... Da lei!
 “A che ora andrai via?”
 “Mamma... Che fai? Mi spii?”
 “Ti aspettavo! Mi mancherai!”
 “Sei stata tu ad impormi di andarmene!”
 “Sono tua madre! Ti voglio bene! Sei il mio bambino!”
 “No, non lo sono più!”
 “Sei andato da lei?”
 “Non sopporto questa tua curiosità!”
 “Allora è finita?”
 “Ma sì! È cambiata! Non voglio avere a che fare con una donna qualunque! Lei era speciale perché diversa da...”
 “Da noi?”
 “Sì! Da voi! Fuori da ogni schema! Senza il vostro modo di vedere! Di vivere! Senza regole! Era come me!”
 “Mi dispiace!”
 “A me no! Donne come lei... Ordinarie, ne è pieno il mondo!”
 “Spero davvero che tu possa trovare una donna speciale! Non ordinaria come noi! Ma ricorda che sei cresciuto con noi, noi persone banali...”
 “Non intendevo questo!”
 “Sì, che lo intendevi! Ma va bene così! Non smetterò di amarti. Ti senti diverso e non puoi farne a meno! Chiamami quando atterrerai. Non ti farò mai più alcuna domanda. Né io né tuo padre, né nessuno della famiglia!”
 Gli diede un bacio sulla fronte e lo lasciò solo.
Solo e libero.

 Il giorno dopo Betty, pianse in silenzio, cercando di non far preoccupare suo marito, che considerava la partenza del figlio come una triste consuetudine.

 Riccardo, da qualche giorno a Miami, per la prima volta non era riuscito a trovare alcun giovamento dalla sua bellissima città e dal suo mare. Andarsene da Bogotà per lui, era sempre stata una liberazione. Significava tornare a vivere una vita libera e indipendente. Ed era sicuro che quella volta, sarebbe stato ancora più rigenerante, ma qualcosa era diverso. 
Era stata la prima volta che sua madre gli chiedeva di andare via. E poi erano stati dei giorni sereni. Suo padre era realmente felice di vederlo, l'orologio che gli aveva regalato, ne era la prova. Edoardo era il suo fratellino e lo adorava. Camilla era stata sicuramente troppo impegnata e distratta dal suo matrimonio per criticarlo come al solito, o forse semplicemente aveva capito che lui non era come lei. Era certo poi, che Francesca sarebbe stata lì per lui, che tra loro, dopo la separazione, sarebbe stato come sempre. 
La sua Francesca... Le era sembrata così fragile. Era sempre stata sensibile, lo sapeva, ma non credeva fosse anche fragile! Lo aveva deluso scoprirla così! La amava per la sua sicurezza, la sua curiosità e la sua voglia di mettersi in gioco. Perché sapeva fare le cose più pazze, riuscendo sempre a superarle senza conseguenze, come quella sera durante il fidanzamento di Camilla e Giulio. 
 Lei era diversa. Viveva quello che provava in maniera completa, tutte le sensazione e i sentimenti esposti, fossero positivi o negativi, non aveva importanza. Lei riusciva a rovinare le cose importanti ma che considerava sciocche, oppure rendere meravigliosa la più insignificante delle cose perché la trovava interessante. 
Era tutto finto.
Francesca era solo una delle tante donne che sognavano l'amore. Sarebbe stato più semplice smettere di desiderarla. Un bel corpo non era difficile da trovare. Ma lei... Lei non era solo bellissima, non era il suo aspetto che gli piaceva. Era la sua spregiudicatezza, l'anticonformismo. Se era cambiata, non aveva più nulla in comune con lei! Era solo quello che amava di quella donna... E il suo sorriso. Un sorriso così bello da farlo innamorare ogni volta che lo rivolgeva a lui. E la pace che gli dava, con un bacio, un abbraccio...

 Dopo aver passato una notte terribile, Francesca si alzò dal divano dove era rimasta raggomitolata per ore. Scrisse una mail al suo agente chiedendogli di non prendere più impegni. Voleva chiudere con la carriera di modella e voleva farlo in fretta. L'uomo cercò di convincerla a desistere da quel proposito che per lui era assurdo. Ma fu irremovibile. Come prima cosa doveva chiudere la campagna per l'Ecomoda. 
 Dopo due giorni di inferno si fece un lungo bagno e si preparò per uscire. Diavolo, dopo essersi dimenticata di mangiare e di dormire, troppo prostrata per tutto, aveva perso peso. Si guardò allo specchio, i jeans le andavano troppo larghi e nemmeno con una cintura in vita riusciva a farseli andare bene. Li tolse e li butto sul letto. Frugò nell'armadio e trovò una tuta da ginnastica. Se non altro i pantaloni non le cadevano! Legò i lunghi capelli neri e si diede un'altra occhiata allo specchio. Sperò che né Ugo né Laura si accorgessero del suo dimagrimento. Non aveva voglia di giustificarsi. Quei due non la sopportavano. Per Ugo, lei era solo una modella, figlia di una sua cara amica. La vedeva bellissima e bravissima in quel ruolo, ma non la stimava. Forse dipendeva dal fatto che era entrata dalla porta principale perché figlia della padrona della sua azienda, o per i suoi atteggiamenti sprezzanti. Con Laura invece non aveva nulla in comune. Quando era piccola la vedeva come un esempio, l'amica più grande e pendeva dalle sue labbra. Ma poi il tempo le aveva divise. Lei era uguale a sua madre, la sorella di zio Armando, ed era volitiva, sicura. L'unica cosa che le piaceva di lei, erano i suoi figli. Il giorno del matrimonio di suo fratello si era divertita un mondo a giocare con loro. 
Si fece coraggio e si recò all'Ecomoda.
 Oltre agli impiegati, la prima persona che vide fu Jenny. Era stata per anni la modella di sartoria di Ugo e ora si occupava di aiutarlo con gli abiti e con la preparazione delle collezioni. Jenny le era sempre piaciuta, era sempre stata gentile, fin da quando era una bambina. A quei tempi era molto bella, e lo era ancora. Non aveva figli suoi ed era il suo più grande rimpianto. Diceva sempre di essere stata sciocca, innamorata di un uomo più vecchio di lei che poi l'aveva lasciata piena di debiti e rimpianti. Non aveva più voluto che nessuno entrasse nella sua vita e si era dedicata all'atelier di Ugo.
 “Ciao piccola...”
 “Buongiorno Jenny! Sono qui per scegliere gli abiti per le foto...”
 Gli occhi di Jenny percorsero tutto il corpo di Francesca e un sorriso preoccupato le comparve sul viso.
 “Sì, lo so! Sarà un po' complicato...”
 Le disse la donna guardandola con dolcezza.
 “Ma guarda Laura, è arrivata la principessa! Ma cosa...”
 “Ciao Ugo!”
 “Senti, credi davvero di essere bella? Quanti chili hai perso? Sei uno scheletro! E quelle occhiaie?”
 “Signor Ugo... Francesca è sempre splendida!”
 “E tu Jenny cosa ne sai? Eh? È splendida per un servizio fotografico sui vampiri! Prendile subito le misure! Non stare lì imbambolata! Dovrai sistemarli tutti visto che non sono abiti per delle bambine!!”
 “Che succede?”
 Laura, con in mano della pregiata stoffa blu, apparve alle spalle dello stilista, forse incuriosita dalla voce irritata dello stesso.
 “Ciao Laura!”
 “Hai fatto una dieta un po' troppo drastica!”
 Si limitò a constatare la donna, squadrandola dalla testa ai piedi
 “Ecco... Dopo la campagna dell'Ecomoda, devo andare a Parigi per un servizio fotografico e mi hanno chiesto di perdere peso!”
Provò a giustificarsi, Francesca, suscitando solo lo scherno dello stilista.
 “Ma certo! Il servizio di Parigi! Ma intanto sei qui! A Bogotà! E devi indossare i miei vestiti! Hai capito? I miei capolavori e sembri una scopa! Sei secca! Troppooo!”
 “Smettila Ugo!" Tagliò corto Laura.
"Jenny sistema i vestiti che abbiamo scelto, e tu vai a farti truccare! Il fotografo sarà qui prestissimo!”
 Senza aggiungere una parola, Francesca ubbidì. Sarebbero state due settimane difficili. Ma sarebbe finita anche quella prova! 
I giorni seguenti passarono velocemente. Era impegnata in quel servizio in diversi set sparsi per la città e la periferia e invece di rimettersi in forma, continuava a non prendersi cura di se stessa. Non solo non aveva ripreso la sua taglia, ma addirittura aveva perso altri chili. In effetti stava un po' esagerando, ma non aveva appetito e poi correre da una parte all'altra della città, i cambi di abiti e trucco, la impegnavano per tutto il giorno. Suo padre e sua madre l'avevano invitata tante volte a casa loro, ma aveva preferito declinare i loro inviti per evitare domande a cui non voleva rispondere.

 La sera della sfilata fu un successo. Laura e Ugo avevano raccolto gli onori del pubblico e degli addetti ai lavori. Sua madre, zio Armando e i suoi fratelli erano occupati a intrattenere gli ospiti e a concludere affari considerevoli. Suo padre invece, che aveva smesso di insegnare e si occupava di iniziative per la scolarizzazione dei bambini svantaggiati, era in disparte a chiacchierare con il marito di Laura e con i genitori di lei. 
 Francesca indossava ancora l'abito con cui si era conclusa la sfilata e osservava tutte quelle persone in un angolo. Sola.
 “Ehi piccolina, ti va di cambiarti? Il signor Ugo e la signora Laura mi hanno schiavizzato per tutto il giorno e io ho una gran fame! Ti va se mangiamo qualcosa insieme?”
 Jenny la guardava sorridendo. Rimase un momento incerta, ma poi accettò l'invito. Si cambiò e chiese che i camerieri servissero loro una cena.
 Jenny non le fece alcuna domanda e non la obbligò a mangiare. Ma lei si sforzò e riuscì a mandare giù qualche boccone.
 “Francesca... Come mai non vieni di là con noi? Jenny, venga anche lei!”
 “Buonasera, dottoressa Mendoza!”
 “Ciao zia, sono stanca e Jenny mi stava tenendo compagnia. Voglio andare subito a casa!”
 “Non hai voglia di stare un po' con me?”
 “Non questa sera... Magari possiamo vederci domani per un caffè!”
 “Come vuoi... Francesca... Volevo solo sapere come stai?”
 “Come ti dicevo, stanca! Ma sto bene!”
 La tranquillità che era riuscita a provare accanto a Jenny, era sparita e l'irritazione percorse ogni fibra del suo corpo. Non sopportava l'invadenza di Betty. Sembrava volesse scavarle dentro e rubarle i pensieri. La guardò torva, ma sul viso di Betty, quel sorriso insopportabile, non scomparve.
 “Allora vi lascio cenare! A domani tesoro! Arrivederci Jenny!”
 “Ciao zia!”
 L'umore di Francesca che era un po' migliorato durante la cena con Jenny, tornò cupo e spento e Jenny non fece fatica a leggerglielo in faccia.
 “Lei ti vuole bene! Tutta la tua famiglia te ne vuole e sono un po' preoccupati!”
 “Non voglio parlare! Ho già detto che ho dovuto perdere questi chili! A Parigi vogliono delle ragazze così!”
 “Ma certo bambina, ma ora stai tranquilla!”
 Rimase con lei ancora qualche istante, poi la salutò e tornò nel suo appartamento. Era necessario parlare con il suo agente per organizzare il viaggio a Parigi. Voleva che tutto filasse liscio perché non dovesse restare un giorno in più di quello che aveva preventivato. Poi sarebbe volata a New York, per la sua copertina più importante e poi ancora Milano, Londra e di nuovo negli Stati Uniti, a Los Angeles. Ma dopo quella tappa sarebbe stata libera! Avrebbe potuto riposarsi! Si sarebbe presa una vacanza, magari avrebbe viaggiato per un po'. 
Pochi mesi e non sarebbe più stata una modella. Si buttò a letto senza nemmeno cambiarsi e si addormentò subito. 

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Capitolo 5
*** 5 ***


Forse questo capitolo sarà un po' noioso. Ma è importante perché ripercorre la storia dei due protagonisti e aiuta a capire quali sono le dinamiche che hanno portato alla loro rottura.
Da ora, più o meno in ogni capitolo, si susseguiranno momenti passati a quelli presenti. Ogni ricordo sarà associato a stati d'animo e servirà a descrivere i loro sentimenti e conoscere la loro storia d'amore.


Capitolo 5

 Quel fastidiosissimo rumore non smetteva e nonostante avesse più volte cercato di ignorarlo, non poté fare altro che cercare la fonte di quel tormento per mettervi fine. Allungò la mano e recuperò il suo telefono e il fastidio aumentò. Perché non l'aveva spento? Erano giorni che non dormiva e quella era la prima notte che passava serena.
 “Pronto...”
 La sua voce era impastata e stanca. Biascicò quella parola senza troppa convinzione.
 “Francesca, è successo qualcosa? Ti ho chiamato tante volte! È così tardi!”
 Betty! Si alzò dal letto facendo leva su un braccio e cercò di non dimostrarle il fastidio che provava in quel momento.
 “Zia... Sei tu? Tutto bene, stavo solo dormendo!”
 “Sei sicura? Mi avevi promesso un caffè...”
 Diavolo! La sera prima per levarsela di torno le aveva promesso di vederla.
 Si passò una mano sul viso, cercando di svegliarsi e riprendersi. Che tortura!
 “Sì, va bene! Ci vediamo oggi pomeriggio allora! Scegli tu dove!”
 “Va bene nella caffetteria accanto alla Terramoda?”
 “Sì, sarò lì alle quattro! A più tardi...”
 Riattaccò il telefono e restò ferma nel suo letto ancora qualche minuto. Erano quasi le 11... Tardi... Già, per loro, abituati a svegliarsi sempre presto, quell'ora doveva essere impensabile.
 Si alzò e si guardò in giro. La camera era completamente in disordine. I vestiti ricoprivano il pavimento. Ne aveva tirati fuori dai cassetti mille perché nessuno le andava bene. Si diresse nel soggiorno e il piccolo angolo cottura era un disastro. C'erano bottiglie di acqua e di vino un po' dappertutto. Bicchieri sul pavimento, nel lavandino. Anche il bagno era inguardabile. Prima di fare qualsiasi cosa, chiamò la signora che si occupava di fare le pulizie. Se doveva rimettere in ordine la sua vita, poteva iniziare da casa sua. Poi si fece un lungo bagno e quando uscì la donna era già in casa e aveva cominciato a raccogliere le bottiglie.
 “Buongiorno Carmen... Sono stata molto occupata... Mi dispiace!” il sorriso sul viso non riuscì a mascherare l'imbarazzo.
 “Non si preoccupi... Però credo ci impiegherò un po' più del solito! Ha già mangiato? Vuole che le prepari qualcosa?”
 “No! Non ho fame, in frigorifero c'è dello yogurt, mangerò quello.”
 “Mi sembra un po' troppo magra! Capisco che voi modelle dobbiate esserlo, ma non le sembra di esagerare?”
 Un moto di odio e di stizza la pervase. Che diavolo gliene importava del suo peso? Fece finta di nulla e tornò in camera. Decise di uscire per evitare che potesse dirle altro.
 Era presto ma ne avrebbe approfittato per andare a comprarsi qualcosa che le andasse bene.
 Non era mai stata una fanatica degli acquisti, ma le piaceva fare shopping. Da quando aveva imparato che un bel vestito, poteva trasformare una persona, adorava cercare abiti che la volorizzassero, che la facessero sentire bene con se stessa e si divertiva a provare mille abiti, scarpe e accessori, ma quel giorno proprio, non riuscì a trarre alcun giovamento. Si limitò ad acquistare qualche pantalone largo, magliette e felpe, abiti comodi e soprattutto che nascondessero il suo corpo trasformato e sofferente. Era orribile e si chiese se a Parigi sarebbe davvero riuscita a sembrare almeno carina.
 Guardò l'orologio e si rese conto che era quasi l'ora di raggiungere la madre dell'uomo a cui cercava di non pensare.
 Senza voglia e con un nodo allo stomaco, parcheggiò l'auto proprio di fronte al locale in cui avevano appuntamento.
 Betty era già seduta ad un tavolo, tranquilla e serena. Perché aveva accettato di incontrarla? Sospirò e cercò di stamparsi un sorriso sincero, ma era certa che la sua espressione non fosse né convincente né particolarmente intelligente.
 Si fece forza e, dopo averla salutata e baciata su una guancia, si accomodò accanto a lei.
 “Ciao zia!”
 “Ciao tesoro! Non volevo disturbarti stamattina!”
 “Non preoccuparti, perché hai voluto vedermi?”
 “Per sapere come va... Volevo sapere se... Se hai risolto i problemi...”
 “Vuoi sapere se l'ho sentito? Non conosci tuo figlio?”
 Francesca sputò quelle parole che senza pensarci troppo. I giri di parole non sarebbero serviti a nulla, tanto voleva andare subito al dunque!
 “Sto parlando con te, non con mio figlio. So bene come reagisce. So che sarà offeso, arrabbiato. So che qualsiasi cosa stia provando in questo momento, non la esprimerà. Ma voglio sapere di te...”
 Si morse la lingua e si sforzò di restare calma e non scappare mandandola al diavolo. Deglutì anche se la sua bocca era asciutta e sorrise, cercando di sviare l'argomento che lei stessa aveva introdotto.
 “Parto dopodomani per Parigi. Ci resterò un paio di settimane, forse qualche giorno in più... Poi ho altri impegni. Ma non ne ho più presi. Dopo aver portato a termine questi lavori mi prenderò una vacanza. Smetterò di fare la modella, ma te l'avevo già detto...”
 “Quindi ne sei sicura?”
 “Già! Senti zia, io devo cominciare a prepararmi per il viaggio. Se non hai altre domande io andrei...”
 “Scusa se ti ho disturbato! Ma sono preoccupata per te! Mangi bambina?”
 “Basta con questa storia! Basta per favore! Sì, mangio! Poco perché sono una dannata modella! E come tutte le modelle devo fare dei sacrifici per restare in forma! Adesso però sono stanca di sentirvi blaterare sul mio corpo. Mi pare che le foto per quello stupido di Ugo, siano bellissime! Guarda... Lo vedi quel manifesto? Ecco! Quella sono io con uno dei quei vestiti! Ti sembro orribile? Ti sembro un mostro? Ti sembro malata?”
 Betty sospirò e la guardò, Francesca stava quasi tremando.
 “Mi sembri profondamente infelice, mi sembri sopraffatta dalla tristezza! Il fatto che tu sia l'ombra di te stessa non è altro che la conseguenza di ciò che provi!”
 “Grazie zia! Grazie per la tua analisi dettagliata... Ma so bene di non essere felice, non per il momento! Adesso è così, ma le cose cambieranno!”
 “Non voglio che tu stia male...”
 “Non vuoi che io stia male... Perché? Perché ti faccio pena o perché è colpa del tuo bambino? Del tuo adorato Riccardo?”
 “Perché ti voglio bene...”
 “Mmmm... Già, senti zia, starò bene! Nei prossimi mesi mi concentrerò sui miei impegni e non penserò ad altro! Del resto è parecchio che vivo senza vederlo, senza sentirlo! Il fatto che ci siamo scontrati per qualche momento è stato solo un incidente. Sarebbe stato meglio evitarlo, ma almeno ho chiarito tutto!”
 “Tutto? Non gli hai detto di aver interrotto la gravidanza!”
 Se avesse potuto incenerirla con lo sguardo, lo avrebbe fatto e avrebbe anche voluto prenderla per i capelli e sbatterle la testa sul tavolo per farla tacere, ma si limitò a guardarla con odio. Poi si ricompose e sorrise.
 “Dimmi zia, perché mi tormenti? Tu sapevi bene quello che avrei fatto e non me l'hai impedito! Ma adesso che sai che era tuo nipote è tutto cambiato? Il fatto che fosse un Mendoza lo rendeva diverso? Migliore del figlio di un altro uomo?”
 Betty si rese conto che Francesca aveva ragione. Abbassò gli occhi e deglutì prima di tornare a guardarla.
 “Scusa! Hai ragione! Perdonami davvero...”
 “Ora devo andare.”
 Si alzò e non aspettò che lei aggiungesse nulla. Era stanca di tutti loro! Li odiava! E odiava se stessa per aver permesso a Riccardo di entrare nella sua vita! Ma soprattutto odiava lui!
 Quei due giorni prima della partenza, furono orribili. Fu costretta a sopportare la sua famiglia, sua madre, suo fratello che nonostante non l'avessero mai capita, né sostenuta, non lesinavano consigli e raccomandazioni.

 Parigi non le era mai sembrata tanto bella come quella volta. Avevano girato uno spot di un profumo e posato per le foto dei cartelloni. Fu un lavoro meraviglioso. Era anche riuscita a divertirsi lontana dal suo paese. Era circondata da professionisti che conosceva bene, che la rispettavano e che con il tempo avevano imparato a volerle bene, perché nonostante il successo che tutti le invidiavano, i capricci, e i colpi di testa, Francesca era rimasta la stessa ragazzina di dieci anni prima, dolce e a volte un po' timida.
 Il committente della campagna aveva voluto congratularsi per l'ottimo lavoro e fu deluso nel sapere che quello sarebbe stato l'ultimo che lei avrebbe svolto per loro perché si sarebbe ritirata.
 Poi New York, dove posò per la copertina della rivista più importante degli Stati Uniti. Anche quel lavoro andò benissimo. A Milano, durante la settimana della moda, sfilò per i più grandi stilisti e a Londra prestò il suo volto per una campagnia di cosmetici e finalmente fu la volta di Los Angeles. Era l'ultimo lavoro che avrebbe fatto come modella. Sulla spiaggia di Malibù, posò con altre modelle per una linea di costumi da bagno. Era libera. Libera da quel lavoro che non le piaceva più, libera di fare ciò che preferiva. Abbastanza giovane per inventarsi un nuovo modo di vivere. Non erano certamente i soldi che le mancavano. Era diventata famosa e richiesta e aveva guadagnato abbastanza per vivere bene senza più alzare un dito.
 Ma dietro quella libertà, si nascondevano tutti i problemi dai quali era scappata per anni. Lui era lontano. Lo aveva allontanato per sempre ed era stato il primo passo perché quella libertà che sentiva ma non era ancora completamente sua, diventasse reale. E poi... E poi c'era la sua famiglia. Perché una volta tornata a Bogotà, avrebbe dovuto affrontare il padre, i fratelli e soprattutto sua madre. Ma non ci voleva pensare. Non in quel momento. Avrebbe passato qualche giorno in quel posto pieno di sole, facendosi cullare dalle onde dell'oceano. Era bello, caldo e abbastanza lontano da tutto e da tutti.

 Miami era una città strana. Era possibile trovare persone di ogni tipo, da qualunque parte del modo. Alcuni quartieri erano abitati da ricchi pensionati statunitensi, che vivevano in graziose casette con il giardino. C'erano ville principesche di proprietà di emiri e di star del cinema. Era sempre piena di turisti e di giovani in cerca di fortuna. La spiaggia di Ocean Drive brulicava di vita.
 Nei rari momenti di riposo che si concedeva dal suo lavoro, Riccardo adorava fermarsi in un piccolo bar ad osservare le centinaia di persone che passavano di lì. Si era sentito strano per tutto quel tempo, come se non fosse soddisfatto di quello che aveva. Da quando era partito da Bogotà, aveva sentito la sua famiglia solo qualche volta al telefono. Sua madre, soprattutto, che sembrava preoccupata per lui come non lo era mai stata. Era convinta che quello che era successo l'avesse colpito più di quanto lui stesso volesse ammettere. Ma era assurdo perché non pensava mai a lei! Ed era strano perché i cartelloni pubblicitari la ritraevano in almeno tre campagne diverse. Qualche tempo prima, era comparsa anche sulla copertina di una di quelle sciocche riviste. Ricordava di aver quasi acquistato quel mensile. L'aveva osservato per qualche istante, ma perché avrebbe dovuto? Lui l'aveva avuta nel suo letto tante volte quella donna. Mentre gli altri la guardavano sulla carta, lui l'aveva toccata e accarezzata. Ed era dolce quel ricordo, tanto da procurargli una piccola fitta. Ricordava bene la battuta che il giornalaio gli aveva fatto, vedendolo osservare quella foto.
 "Ingegnere, è bella, non è vero? Donne così non si vedono in giro! mi chiedo se davvero sia così anche senza tutti i trucchi del mestiere!"
 Sì, lei era ancora più bella. Lei era davvero bellissima, anche senza trucco, senza i filtri del fotografo. Era bellissima e meravigliosa. Aveva sorriso a quell'uomo e se n'era andato. Aveva pensato a lei solo quella volta... ma era stato solo un momento.
 Lasciò le banconote per pagare il conto sul tavolo e tornò al porto.
 Quella sera decise che non sarebbe tornato nel suo appartamento. La sua barca era il luogo migliore per passare quella notte. Non amava particolarmente bere, ma quella sera si sentiva inquieto e voleva stordirsi. Il giorno dopo non avrebbe lavorato, si era preso una giornata libera. Era la serata giusta per ubriacarsi. Non sapeva nemmeno lui perché. Aprì una bottiglia di vino bianco e se ne versò un bicchiere. Era il preferito della sua Farf... Di Francesca, ne teneva sempre una o due bottiglie in fresco, forse perché si aspettava di vederla arrivare da un momento all'altro. Chissà, magari era già in città e ora lo stava cercando nel suo appartamento. Se fosse stato così, sarebbe arrivata presto. Sapeva che spesso passava la notte sulla sua barca.
 Era seduto in coperta e guardava le luci del porto e delle altre barche che si riflettevano sul mare. Non c'era la luna, ma se lei fosse arrivata, era certo, che sarebbe sorta. Chiuse gli occhi e la immaginò seduta accanto a lui, con la testa appoggiata alla sua spalla. Gli sembrò quasi di poterla accarezzare. Si versò un altro bicchiere e poi un altro ancora. La prima bottiglia era quasi finita ma lei ancora non lo aveva raggiunto. Era strano che solo in quel momento sentisse la sua mancanza, prima di rivederla, a Bogotà, era passato tanto tempo prima di guardare ancora i suoi occhi. Ma era diverso. Lei non lo aveva ancora  lasciato... Non definitivamente!
 Gli sembrava che la sua voglia di averla tra le braccia non fosse mai stata tanto forte.
 Ricordava bene l'ultima volta che avevano fatto l'amore. Erano proprio su quella barca, al largo di Cuba. Era stata la notte in cui lei gli aveva detto di volere un figlio. Era felice in quei giorni. Avevano fatto l'amore proprio li, in coperta. In quel momento, aveva creduto di essere completamente soggiogato da lei. Innamorato e sicuro di volerla per tutta la vita. Gli sembrava di poter toccare la sua pelle morbida e di accarezzare i suoi capelli neri. Quella notte lo aveva abbracciato come non aveva mai fatto. Era stata una notte speciale. Credeva che si sarebbe ripetuta, ma poi il giorno dopo avevano litigato ed era tutto finito.
 Non si era accorto di avere già finito la bottiglia e di averne aperta un'altra. Il vino però non riuscì a sortire l'effetto desiderato, lui continuava a pensare a lei e lo aveva fatto per tutto il giorno. O forse non aveva mai smesso di farlo.
 Era tardi ed era chiaro che lei non sarebbe arrivata. Scese sottocoperta e si buttò sul letto. Ma nemmeno il sonno riuscì a rasserenarlo perché la sognò tutta la notte. Sognò lei è la prima volta che l'aveva portata sulla sua barca. Non era la stessa su cui si trovava. Era una piccola barca. La prima che aveva acquistato.

 L'aveva stretta a sé, baciandole il collo, prima che lei si accorgesse della sua presenza.
 "Ma che diavolo... Sei tu? Cosa... Cosa fai qui?"
 Si era voltata verso di lui, guardandolo con sorpresa ma nei suoi occhi aveva letto la felicità nel vederlo. Era ancora più bella di prima, era diversa, più matura, più sensuale e femminile. E lui sorrise allegro.
 "Sei nella mia città. Non lo sapevi che vivo qui?"
 L'aveva presa in giro, mentre continuava a tenerle i fianchi per impedirle di scappare.
 "Sì, tua madre e Camilla me lo avevano detto che vivi qui... Ma cosa fai nel mio albergo?"
 "Volevo vederti! Mi mancavi!"
 Ed era vero. Da quando lei lo aveva cacciato dal suo appartamento, mentre piangeva disperata, gli era mancata come l'aria. Aveva andato a lei ogni giorno. Nessuna donna che aveva avuto era riuscito a lenire il dolore che aveva provato lasciandola sola.
 "Oh... Ti mancavo... Tu no!"
 Si liberò dalle sue braccia, e fece andarsene ma lui glielo impedì. Le strinse un braccio, obbligandola a mantenere gli occhi su di lui. Sul viso di lei c'era fastidio, ma lui sapeva che era solo una maschera. Sentiva la tensione sulla sua pelle, il desiderio che aveva di stare con lui, nonostante tutto, nonostante la distanza e il tempo.
 "Davvero? Lo so! Li leggo i giornali! Ma mi mancavi lo stesso!"
 Dopo averla lasciata a Bogotà, dopo essere tornato a Boston, non era passato molto tempo perché le foto di lei e di qualche amante, apparissero se quelle stupide riviste di pettegolezzi. Dio, l'aveva odiata! Si era consolata in fretta la sua Farfallina. Saperla tra le braccia di un altro uomo lo aveva fatto impazzire, lo aveva straziato l'idea che lei baciasse un altro uomo, che avesse dato ad altri quello  che era suo. Ci era stato male. Aveva addirittura pensato di raggiungerla e portarla via da quegli idioti a cui aveva permesso di guardarle gli occhi mentre faceva l'amore. Era stato lui a lasciata ed era consapevole di non poter prendere nulla da lei, ma questo non gli impediva di impazzire ogni volta che le sue foto apparivano su quegli stupidi giornali. Perché sembrava felice, mentre lui non lo era. Perché nessuna donna riusciva a sostituirla nel suo cuore.
 "Ora mi hai vista! Devo andare!"
 "Mi odi? Sei arrabbiata?"
 Sul suo viso si era formato un sorriso compiaciuto, la prendeva in giro, forse era in quel momento che aveva cominciato a godere di quel gioco crudele per entrambi.
 "No, sono di fretta."
 "Dove devi andare?"
 "Non sono affari tuoi!"
 "Io non credo di non esserti mancato... Sei felice di vedermi?"
 "Certo! Sono felicissima!"
 "Lo sei! Sei orgogliosa e non lo vuoi ammettere, ma sei felice di vedermi! Ceniamo insieme?"
 "Cenare insieme... E se qualcuno ci fotografasse? Non pensi che dovresti dare spiegazioni su di noi?"
 Aveva usato le parole che le aveva detto quella notte. Una delle tante scuse che le aveva dato per giustificare se stesso. Ma in quel momento non gli importava di nulla. Dopo mesi lei era lì, davanti a lui e l'unica cosa che voleva era lei! Averla, baciarla e amarla.
 "Perché dovrei? Cosa ci sarebbe di strano a cenare con la mia sorellina? Con la mia piccola Farfallina? Tanto più che è stata mia madre a dirti di venire a trovarmi!"
 "Farfallina... Oh... Beh, le cose sono cambiate! Io non sono più la tua farfallina e non sono piccola! E l'ultima cosa che ho voglia di fare, è cenare con te!"
 Il tono della sua voce era sicuro, era risoluta e sembrava davvero convinta di quello che diceva, ma Riccardo scorgeva il timore nella sua voce. Il timore di restare soli.
 Le aveva accarezzato la guancia, avvicinandosi alle sue labbra.
 "Sei così bella! E sei anche molto sexy quando mi tratti in questo modo... Voglio cenare con te, parlare, baciarti e fare l'amore!"
 "Sei divertente! Davvero! Ma non ti è venuto in mente che se avessi voluto, avrei potuto cercarti? Sapevo dove trovarti! Naturalmente la tua mammina, si è raccomandata di chiamarti, per salutarti, per sapere come stai... Indovina perché non l'ho fatto? Ora lasciami in pace!"
 L'unica cosa a cui riusciva a pensare, era che i suoi tentativi di tenerlo lontano, fossero dolci. Non gli era nemmeno passato per la testa che fosse sincera.
 "Perché sei permalosa, perché sei offesa! Forse sei arrabbiata nonostante ti sia consolata con qualcun altro... Ma morivi dalla voglia di vedermi! E anche io! Quando mi hanno detto che eri qui, sono corso da te!"
 "O forse, ho di meglio da fare! Molto più semplice!"
 Lei non aveva ceduto. Era rimasta seria, quasi impassibile. Si era innervosito a causa di quell'atteggimento. Si era chiesto perché non togliesse la maschera e non lo avesse ancora abbracciato. Spazientito, aveva stretto ulteriormente la sua mano.
 "Vieni con me! Vogli farti vedere una cosa!"
 "Dove?"
 "È una sorpresa! Dai! Sei la prima persona a cui la mostro!"
 E lei, si era lasciata convincere perché in realtà era felice. Felice di vederlo e di poter passare anche un solo secondo con lui. Perché il suo cuore era rimasto con lui. Perché dopo quella notte, aveva smesso di vivere davvero. Perché dopo quei giorni, la sua vita era cambiata e l'aveva data al suo Chicco.
 Quando era arrivata a Miami, per un servizio fotografico, aveva sofferto. Si era fatta violenza  per non cercarlo e aveva sperato fosse lui a raggiungerla. Aveva pregato che fosse lui a cercarla. Era troppo ferita per andare da lui. Non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di abbassarsi, lui l'aveva lasciata da sola, aveva dovuto ricominciare a sopravvivere e lo aveva odiato.
 Ma il suo cuore aveva cominciato a battere forte nel momento in cui lui l'aveva toccata.
 "Una barca... È questo che volevi farmi vedere? Una barca?"
 "È la mia barca, l'ho comprata io! Lo so, è piccola! Non posso ancora permettermi qualcosa di costoso, ma voglio che tu la veda! Sali!"
 L'aveva presa per una mano e l'aveva aiutata a salire.
 Francesca si era guardata in giro, perplessa.
 "Ti piace? Passo molto tempo su questa barca! È un po' una seconda casa!"
 "Una seconda casa? Ci dormi anche?"
 "Sì! Quando non lavoro, prendo il largo. Il mare di notte mi riempie di pace."
 La guardava mentre, con le dita, sfiorava il timone e osservava ogni particolare.
 "E che lavoro fai?"
 "Non lo sai? Progetto motori... Per i motoscafi. E faccio delle gare con questi motoscafi. Sono bravo, davvero! La mia è una piccola squadra, ma sto valutando alcune proposte più interessanti..."
 "Interessante! Forse tuo padre ha ragione quando dice che stai buttando via la tua intelligenza!"
 Quelle parole lo avevano ferito. Perché lei sapeva quanto il biasimo di suo padre lo facesse soffrire. Aveva sentito la rabbia invadere ogni fibra del suo corpo e l'aveva obbligata a guardarlo, mentre, quasi urlando, le aveva sputato addosso tutta la sua frustrazione.
 "Mio padre non capisce nulla di quello che faccio! Cosa fa lui? Vende vestiti inutili e costosi! Avrebbe voluto che ci morissi in quell'azienda, invece guarda! Io lavoro qui! Vivo qui! Il mare è la mia casa! Quando ero piccolo... Io ho sempre amato il mare! Faccio quello che mi piace. Non dirlo più che sto buttando via la mia intelligenza! Tu non sai nemmeno cosa sia l'intelligenza!"
 Nel momento stesso in cui lo aveva detto, si era accorto che lei ci era rimasta male. Le aveva preso il viso tra le mani e con dolcezza aveva cercato di cancellare la sua espressione triste.
 "No! Scusa... Ehi! Non volevo dirlo! Non lo penso davvero!"
 "Non mi importa! Adesso riportami in albergo! Oppure chiama un taxi! Domani pomeriggio devo prendere un aereo per Milano e devo dormire!"
 Ma lui non aveva desistito.
 "Non volevo offenderti! Quello che faccio mi piace! Forse può sembrare stupido a loro... Per la mia famiglia intendo! Ma tu lo sai come sono! Tu mi conosci!"
 "Oh sì! Ti conosco! E non mi importa se sei felice o meno, se sei soddisfatto o meno. Sei abbastanza ridicolo, lo sai? A me sembra che tu stia solo giocando al ragazzo che si impegna per farcela da solo! Stai giocando a fare il ribelle! O forse lo sei, chi se ne importa! Ti permetti di giudicare gli altri! I tuoi genitori e persino me! Beh! Io non ti ho cercato! Sei tu ad averlo fatto! Non mi interessa la tua barca, né che sia piccola o grande! Non mi interessa quello che fai per vivere! Adesso me ne vado! Anche io ho un lavoro e domani devo partire per Milano!"
 Stava per andarsene furiosa, ma lui l'aveva trattenuta per un braccio. Non aveva potuto fare altro. Doveva stare con lei. La amava con tutto il cuore, aveva bisogno di lei, del suo corpo, aveva bisogno di sentire i suoi gemiti e il suo piacere. L'aveva abbracciata, stringendola a sé e aveva ceecato di sentire quei brividi che aveva sentito sulla sua pelle la prima volta e tutte le altre in cui l'aveva accarezzata.
 Le aveva sussurrato nell'orecchio, sperando con tutta la sua anima che lei capisse che era l'amore.
 "Sei cambiata, piccola! Sei forte, sicura di te! Dov'è finita la tua dolcezza, la tua tenerezza? Dov'è la mia farfallina?"
 "Quella donnetta stupida è rimasta a Bogotà, nel suo appartamento. L'ho chiusa in un cassetto. Ero una ragazzina! Tu mi ha fatto diventare una donna. E nel modo peggiore! Mi hai tolto i sogni e l'innocenza. E adesso non toccarmi!"
 Lei, stretta nelle sue braccia, con gli occhi pieni di lacrime, era rimasta rigida, immobile. L'aveva scostata dal suo corpo guardandola e cercando di trovare la stessa passione che li aveva uniti qualche mese prima. Ma non aveva visto le sue lacrime, aveva confuso la tristezza con l'indifferenza e un moto di odio gli aveva attraversato la schiena.
 "E cosa pensa il tuo papà della sua bambina? È felice che tu vada a letto con tutti quelli che conosci?"
 Gli aveva dato uno schiaffo tanto forte da farlo quasi cadere, la tensione, il nervosismo e la delusione che aveva provato per quelle parole, la tenevano in piedi, nonostante le gambe le tremassero.
 "Non mi interessa quello che pensa mio padre! O quello che pensi tu! Faccio quello che voglio! Non è forse quello che stai facendo tu?"
 "Non mi ami più? Il tuo grande amore è finito?"
 "Nell'istante in cui te ne sei andato!"
 "Non è così! Sei arrabbiata! Io ti amo... Lo sai vero? Te l'ho detto quella notte che tra noi non potrà mai finire!"
 Poi, senza nemmeno aspettare una sua reazione, spinto dal desiderio e dal bisogno, l'aveva baciata con passione, la stessa di quei giorni e lei era caduta. Si era lasciata andare a quel bacio, lo aveva ricambiato, con tutta se stessa. Lo aveva ricambiato con le labbra, con le mani, con il corpo, il cuore, con amore. Con tutto l'amore che aveva, un amore così grande che non poteva essere racchiuso solo nel cuore. La attraversava, quell'amore. Era nel sangue, nello stomaco, nella testa. Lui era tutto. Era il suo uomo, lei lo sapeva e lui sentiva che nulla era cambiato. O forse era cambiato tutto, erano cambiati loro, ma quello che sentivano, no! Era vivo, il loro amore, era forte, si nutriva di lei e del suo dolore.
 E si era abbandonata a lui. Aveva gridato il suo nome mentre la guardava, mentre la amava. Era un grido di piacere e di dolore. Perché sapeva che quello era solo un momento. Lui l'avrebbe allontanata ancora, ne era certa. L'avrebbe umiliata ancora.
 "Perché ti rivesti? È tardi! Passa la notte con me!"
 "No! Abbiamo fatto l'amore, era quello che volevi. Ora me ne vado!"
 "Lo volevi quanto me! E comunque non voglio solo fare l'amore! Te l'ho detto, voglio parlare e ... E voglio te, non solo per una volta! Sapevo che il nostro amore è ancora lo stesso! Resta qui! Non partire domani! Voglio stare con te!"
 Si era girata verso di lui, cercando di non vederlo davvero.
 "Da quanto sai che sono qui?"
 "Da qualche giorno! Perché?"
 "Perché se davvero avessi voluto stare con me, avresti potuto cercarmi prima!"
 "Cosa cambia?"
 "Cambia! Domani parto! Hai perso del tempo e ora non ne ho io! Tutto qui!"
 "Avresti potuto cercarmi tu!"
 Sì, avrebbe potuto, ma il dolore che lui le aveva inflitto glielo aveva impedito. Lei teneva il suo uomo. Ne aveva paura, perché le avrebbe fatto altro male. Lei lo sapeva.
 "Non mi importava farlo! Non ci hai pensato?"
 Si era alzato dal letto e si era avvicinato, sfiorandole le labbra con un dito.
 "Resta con me!"
 E per un attimo ci aveva creduto anche lei. Per un istante solo, la speranza che lui fosse cambiato, l'aveva fatta sentire forte.
 "Prendi quell'aereo con me! Vieni tu con me!"
 "Hai forse dimenticato che ho un lavoro?"
 Un istante... Un solo istante!
 "Oh... Invece il mio non è un lavoro, vero? Mi hai lasciato per trovare te stesso... Ora ti lascio perché quello che faccio mi piace! Perché il mio lavoro mi diverte! Perché voglio pensare a me stessa!"
 "Il tuo lavoro è più importante di me? Di noi?"
 Le sembrava di impazzire. Nulla era importante quanto lui!
 "È importante almeno quanto il tuo! Non rinuncerò a quello che ho! Come non lo hai fatto tu!"
 "Sei seria? Non resterai qui?"
 "Perché dovrei?"
 "Per me..."
 "Per te? E tu cosa hai fatto quando ti ho chiesto di non lasciarmi? Perché dovrebbe essere diverso?"
 "È diverso! Dovevo finire il master, non avevo un lavoro! Ora sì, potremmo provarci! Nessuno ci farebbe domande, siamo lontani da tutti!"
 Perché? Perché dovevano vivere il loro amore nascosti? Perché non potevano gridarlo al mondo che si amavano?
 Perché lui non era davvero sicuro di quello che provava. Lui era troppo preso da se stesso per amarla davvero. E anche se ogni fibra del suo corpo e della sua anima, avrebbe voluto restare con lui, doveva essere forte. Lo doveva a se stessa, al suo cuore.
 "Farfallina, tu mi fai impazzire! Nessuna sa fare l'amore come te!"
 Era questo? Solo questo? Non sapeva nemmeno lei come fosse riuscita a non piangere.
 "Oh... E quante donne hai portato a letto dopo di me?"
 "E tu? Quanti uomini hai avuto?"
 "Direi che questo discorso non ci porterà da nessuna parte! Continua la tua vita! Io continuerò la mia. Tra noi non c'è niente!"
 "Ti sbagli, piccola! Noi siamo una cosa sola!"
 "Sei davvero ridicolo! Non sei poi così speciale! Nemmeno a letto!"
 Nessuno era speciale quanto lui. Nonostante il male, che lui le dava, lo amava. Si crogiolava il quel male, perché era lui ad averglielo dato. E voleva rendergliene un po', per sentirsi meno sola.
 "Oh... Ecco! C'è qualcun altro... Ma questo non ti ha impedito di fare l'amore con me! Sei una donna diversa! Non pensavo saresti diventata quello che sei!"
 "È cosa sono? Credevi sarei rimasta fedele ad un uomo che per egoismo mi ha lasciato sola? Sono diversa perché mi hai cambiato tu! Sono quello che sono, grazie a te! Ti saluto ingegner Mendoza!"
 "Tornerai! Non puoi farne a meno!"
 "Allora a presto!"
 "Mi dispiace per il tuo fidanzato!"
 Gli aveva voltato le spalle ed era scesa dalla barca, senza guardarlo. Le era sembrato piangesse. Riccardo l'aveva ammirata, non l'avrebbe più guardata nello stesso modo. Lei era capace di lasciarlo nonostante l'amore, perché nonostante le sue parole e i suoi uomini, lei lo amava. Era così bella. L'aveva guardata allontanarsi e l'aveva amata più di prima. Ed era felice, appagato di quell'amore unico. Lei era sua e non aveva importanza che il giorno dopo sarebbe volata a Milano. Il suo cuore gli apparteneva.

 Una notte orribile. Ecco quello che era stata. La testa gli faceva male e la nostalgia della sera prima non era passata. Avrebbe dato ogni cosa per vederla solo un momento. Per averla tra le braccia. Cosa doveva fare per dimenticarla? Pensare a lei come ad una donna banale e ordinaria, non serviva. Perché lei era tutto, fuorché banale e ordinaria. Il desiderio era più vivo che mai. Doveva capire perché. Perché, nonostante lo nascondesse anche a se stesso, lei era nella sua testa. No, nel suo cuore. Nella sua testa, nel cuore, sotto la pelle e gli scorreva nelle vene. Il cuore di Francesca gli apparteneva e il suo apparteneva a lei.
 Davvero? Davvero ed così? Da quando? Da quando era tanto debole da pesare quelle cose?

 Francesca era tornata a Bogotà dopo aver passato qualche giorno a Los Angeles.
 La sua fama di modella era cresciuta, forse per via del suo ritiro o forse grazie agli ultimi lavori che erano stati un vero successo e che l'avevano resa ancora più richiesta. Il suo agente cercò in ogni modo di farle cambiare idea. Ma lei era contenta e piena di entusiasmo. Era stata felice anche di essere tornata nella sua città e dai suoi genitori. Era stata gentile e allegra e persino la madre era stata entusiasta di quel suo cambiamento. Suo fratello e Camilla poi, avevano annunciato di aspettare un bambino e lei si era commossa. Sembrava un meraviglioso quadretto familiare ed era più che convinta di voler far durare quella serenità per più tempo possibile. Era però indecisa su quello che voleva fare. Non sapeva assolutamente quale lavoro avrebbe potuto intraprendere. Aveva trent'anni ma era capace solo di posare per un fotografo e sfilare in passerella. Forse Riccardo aveva ragione. Cosa sapeva fare?
 La tranquillità e la serenità era durata poco. Sua madre aveva cominciato ad insistere perché entrasse a far parte della squadra dell'Ecomoda o perché chiedesse al padre, a Betty e a Camilla, di lavorare per la Terramoda. Avrebbe potuto fare la segretaria, rispondere al telefono. Camilla in fondo aveva iniziato così. Poteva aiutare Claudio nel marketing e nelle pubbliche relazioni o diventare l'assistente del marito di Laura.
 Lei non lo sopportava quell'uomo. Era il marito di una donna che non la considerava se non come manichino. Con loro si sentiva solo un oggetto. Lui non perdeva occasione per farle notare la sua scarsa intelligenza. Come se la conoscesse... Suo padre lo considerava un ottimo economista ed era convinto che sarebbe stato l'uomo perfetto per assistere Camilla quando Betty si fosse ritirata dalla guida della sua compagnia. Camilla sarebbe stata la presidente e lui il direttore. Almeno quello, per lei, era una piccola rivincita. Faceva parte del clan Mendoza, Mora, Valencia solo marginalmente e i ruoli più importanti erano destinati agli eredi diretti! Sorrise a quel pensiero.
 La cena a casa dei suoi genitori era solo il pretesto, lo sapeva, per organizzarle la vita. La scusa era festeggiare la gravidanza di Camilla.
 C'erano tutti, sua madre e suo padre, Betty e Armando, i fratelli, ovviamente Camilla e persino Edoardo. Almeno quell'odiosa di Camilla Mendoza e i suoi figli perfetti non c'erano! Quello però che la infastidiva di più era dover sostenere lo sguardo di Betty. La adorava, le voleva bene, ma da quando aveva saputo di Riccardo, la guardava in modo diverso, un modo che non le piaceva. Era un insieme di compassione e rimprovero, e lei non lo meritava. Aveva deciso di abortire perché suo figlio non lo voleva quel bambino. L'aveva fatto soprattutto per lui. Per non rovinargli la vita, ma lei sembrava non capirlo.
 Prima della seconda portata la madre prese alla larga il discorso. Cominciò col congratularsi col figlio e sua moglie per il lavoro che svolgevano e per aver regalato loro il primo nipotino. Sentì gli occhi di Betty su di lei, ma finse di non accorgersene. Poi fu il momento dei complimenti a Claudio ed Edoardo. Sembrava quasi che lei è Riccardo fossero gli alieni della famiglia. Sentì il suo cuore battere un po' più forte pensando di essere così simile a lui agli occhi delle loro famiglie, nel sentirsi accumunata a lui. Lo zio Armando era felice di diventare nonno e anche suo padre, anche se Nicola sembrava imbarazzato da quello che sarebbe stato l'argomento seguente. Ma non fu sua madre a parlare di lei. Fu Claudio, dicendo che per lui il lavoro era molto gravoso da quando Caterina Angel si era ritirata, e che per questo voleva assumere un'assistente, le chiese se fosse interessata. Armando intervenne, perché per lui sarebbe stata la cosa migliore. Per lui, perché per lei era semplicemente assurdo anche pensari. Presto si sarebbe ritirato dalla presidenza e il ruolo sarebbe stato assunto da Giulio, diceva, e sarebbe stato perfetto se tutti i loro ragazzi avessero assunto il ruolo che spettava loro. Betty, vedendola in difficoltà intervenne dicendo che non tutti volevano la stessa cosa. Le fu grata e per un istante dimenticò il biasimo che le riservava da un po' di tempo. Vide il volto di suo zio rabbuiarsi. Evidentemente per lui, era ancora inconcepibile che il figlio li avesse abbandonati in quel modo. Sua madre però sostenne che era un errore non pensare ai propri interessi e che se da una parte rincorrere i propri sogni era lodevole, la situazione di Francesca era molto diversa.
 Già! Lei, Francesca era una sempliciotta, una stupida da proteggere ed indirizzare, incapace di badare a se stessa. Si sentì umiliata, ma sembrava che nessuno fosse dalla sua parte. Anche suo fratello non la sostenne. Lei doveva diventare la sua assistente.
 “Scusatemi, ma io non voglio lavorare come assistente di Claudio! Non voglio avere nulla a che fare con questo mondo!”
 “Questo mondo? Quale mondo? Quello della moda? Ti ricordo sorellina, che hai giocato col mondo della moda fino allo scorso mese!”
 Claudio sembrava quasi prenderla in giro con quelle parole.
 “Io non ho giocato! Io ho lavorato!”
 Si giustificò lei.
 “Ma che brava! Adesso però lo stesso mondo che ti ha fatto guadagnare un bel po' di soldi, sembra ti faccia schifo!”
 Anche Giulio le parlava come fosse un'idiota.
 “Non mi fa schifo, Giulio! Semplicemente non voglio lavorare per l'Ecomoda!”
 “Siamo noi allora a non piacerti?”
 “Basta Giulio! Non è giusto quello che dici!”
 “Giulio ti ha chiesto che problemi tu abbia a fare da assistente a Claudio!”
 “No, mamma! Non mi ha chiesto nulla! Ha dedotto qualcosa! Mi ha accusata! Non voglio lavorare per l'Ecomoda!”
 “Francesca, perché? Tuo fratello vorrebbe solo vederti sistemata!”
 “Perché zio, io non capisco nulla di affari! Ma soprattutto non voglio un lavoro elemosinato! Voglio trovare la mia strada senza l'aiuto di nessuno!”
 “Ma ti senti? Sorellina sei davvero assurda! Sei diventata una modella grazie a noi e all'azienda che tanto odi!”
 “Io non odio niente e nessuno! E sì, ho cominciato a fare la modella per Ugo, ma poi ho fatto tutto da sola! Non devo ringraziare nessuno!”
 “E invece sì! Devi ringraziare me e tuo padre che ti abbiamo permesso di farlo! Ti abbiamo aiutato e soprattutto non abbiamo preteso che continuassi gli studi! Sei l'unica a non averlo fatto! Ma l'ho accettato! Non sei mai stata portata per lo studio!”
 “Mi dispiace non essere abbastanza intelligente, mamma!”
 “Tesoro, tu lo sei!”
 “Davvero papà? Lo pensi davvero? La mamma invece crede sia una stupida oca! E non è preoccupata per la mia felicità, ma solamente al fatto che se fallissi da qualche altra parte, la gente saprebbe quanto sono stupida!”
 “Francesca, calmati! Non è così!”
 “Taci zia! Posso sapere, voi che diavolo c'entrate? Perché siete qui? Perché dovrei discutere di fronte a voi del mio futuro? Vi chiamo zii ma non lo siete davvero!”
 “Ora smettila! Tu inizierai a lavorare con tuo fratello nella nostra azienda! Non voglio sentire una parola in più se non le scuse ai tuoi zii!”
 “Non chiederò scusa a nessuno! Perché volete obbligarmi a fare quello che è giusto solo per voi? Devo andare via da questa città anche io?”
 Era inevitabile per lei pensare a lui, era qualcosa che in un certo modo la faceva sentire un po'meno sola.
 “Francesca, Riccardo conduce una vita a metà! Non pensare che sia un esempio da seguire!”
 “Camilla ma cosa dici? Lui è l'unico ad aver avuto successo con le sue forze! Lui è l'unico che ha realizzato qualcosa!”
 “Perché noi no? Noi abbiamo fallito?”
 “Giulio, non sto dicendo questo! Avete scelto la vostra strada! Siete felici e io ne sono contenta! Ma non potete dire questo di Riccardo!”
 “Francesca, non stiamo parlando di lui!”
 Betty, forse, con quelle parole, voleva impedirle di pensare a lui, ma Francesca era così sconvolta che le parole le uscivano dalla bocca senza filtri.
 “Sì, invece! Perché lui... Perché quando si parla dell'Ecomoda o della TerraModa tutti quelli che non le considerano il mondo, la vita, sbagliano! E lui ha fatto bene ad andare via!”
 Lo amava, lo amava ancora e più di prima. Betty lo capiva. Era bastato che il suo fantasma entrasse in scena, per scatenare in lei la rabbia e la frustrazione, la tristezza di non averlo al suo fianco per combattere con lei, per lei. Era così ingenua. Riccardo si sarebbe limitato a lasciarla sola e ad andarsene. Non aveva combattuto nemmeno per se stesso. Si era limitato a mollare tutto e facendolo aveva evitato la guerra tra lui e il padre. Piccola Francesca, tanto innamorata da vederlo per l'eroe che non era.
 “Armando, andiamo a casa...”
 “Betty, l'azienda è anche vostra! Ed è giusto che partecipiate!”
 “No, Marcella. Non sono gli affari di cui dovete discutere. Per quelli ci sono i consigli di amministrazione. Francesca merita rispetto! Qualsiasi cosa decida! E noi siamo fuori luogo! Armando, Edo, andiamo per favore!”
 “Mamma, la nostra è una famiglia!”
 “E allora comportati come se Francesca fosse tua sorella! Non come con Riccardo! Non biasimarla, non sentirti migliore!”
 Camilla si zittì, colpita dalle parole della madre. Betty  sapeva di essere stata dura, e fu dispiaciuta per la figlia, ma era vero, solo Edoardo non aveva mai biasimato il fratello, forse perché troppo giovane. Camilla si era schierata dalla parte del padre e, proprio come lui, non aveva mai cercato di capirlo, di ascoltarlo. Si volevano bene. Lei adorava il fratello, ma non era riuscita a capirlo, né ad accettare quelle sue prese di posizione. E lo stava facendo anche con Francesca. Ma Francesca non era sua sorella, erano cresciute come se lo fossero, sempre insieme, condividendo spazi e giochi, ma non lo erano. Francesca era solo sua cognata.
 Armando era rimasto in silenzio ad ascoltare la moglie. Per lui era doloroso pensare al figlio. Non riusciva ancora ad essere fiero di lui. Nonostante il successo riscosso dal figlio non era orgoglioso. Aveva semplicemente preso atto delle sue decisioni ma lo considerava come un fallimento personale. In quel momento Betty provò un moto di odio per l'Ecomoda e per la TerraModa. Per i Valencia, i Mora e i Mendoza quelle società erano davvero parte della vita. Edoardo salutò tutti e poi abbracciò Francesca sussurrandogli qualcosa che Betty non capì. Prese per mano il marito e tutti e tre uscirono dalla villa dei Mora. Per quella sera erano state dette troppe cose, soprattutto dolorose.
 Francesca rimase in piedi, senza muoversi di un centimetro. Aveva quasi dimenticato completamente la discussione che si stava tenendo e che aveva come protagonista lei. Continuava a sentire nella testa le parole di Edo. Il suo cuore batteva forte e quasi poteva sentirlo. Edo sapeva di lei e del fratello? Glielo aveva detto lui? Non era possibile, Riccardo non aveva mai detto a nessuno della loro storia, nemmeno agli amici più cari. Aveva negato tutto anche con Giulio, che era il suo migliore amico e che per un certo tempo aveva indovinato quello che lui provava per lei, ma era quando ancora non stavano insieme. Eppure gli aveva detto che Riccardo sarebbe stato fiero di lei, perché l'amava. Forse era stata la zia a dirglielo ma gli sembra strano, impossibile. Lo aveva quindi sentito? Era chiaro, erano fratelli... "Lui ti ama!" Strizzò gli occhi, doveva cancellare dalla testa quelle parole.
 “Francesca!”
 Fu riportata alla realtà dalla voce del padre che la stava chiamando.
 “Francesca, tesoro, sappi che ogni parola che ti diciamo è dettata dal nostro amore per te... La mamma vuole solo vederti felice, soddisfatta!”
 “Francesca, almeno pensaci! Claudio non te l'ha chiesto per convenienza...”
 “Sì, sorellina! Io ho bisogno di un aiuto e pensavo sarebbe stato bello lavorare insieme!”
 Insieme? Claudio era come Giulio e Camilla, non voleva che lavorasse con lui, voleva che lavorasse per lui!
 “Sì, lo so! Grazie Claudio! So che sei sincero. Giulio ci penserò, te lo prometto! Mamma...”
 Marcella non parlava, ma era chiaro fosse infastidita. Perché sua madre non la sosteneva?
 “Mamma...”
 “Francesca sai bene come la penso!”
 “Tesoro, per favore, diamole un po' di spazio...”
 La madre si alzò dalla ha sedia e sospirò rumorosamente, quasi dovesse trovare la forza per parlarle. Ed era doloroso come una coltellata. Era sua madre e non era mai stata dalla sua parte.
 “Francesca, tuo padre ti ha sempre concesso tutto! L'ha fatto con tutti voi! Io ho provato ad essere una buona madre... Quindi ci proverò anche ora! Non so se questo significhi esserlo, ma ti lascerò altro spazio. Te ne lascerò ancora, nonostante tutto quello che già ti ho concesso e tutto quello che hai combinato! Ma non ti capisco! Non riuscivo prima e non riesco ora! Ti voglio bene, ti adoro, ma a volte mi sembra che le tue azioni siano dettate da un sentimento di ribellione nei miei confronti più che dalle tue reali intenzioni...”
 “Mamma, non è così!”
 Gli occhi di Francesca si erano riempiti di lacrime e Marcella si commosse.
 Il suo tono si addolcì un po' e provò a sorriderle.
 “Spero solo tu riesca a trovare la tua strada... Come hanno fatto i tuoi fratelli!”
 “Lo farò!”

 Quella terribile serata era finalmente finita. Tornò nel suo appartamento nervosa e frustrata. Ma soprattutto confusa. Mai come quella sera voleva sentirlo, sapeva che era sbagliato, ma avrebbe voluto solo sentire la sua voce. Prese il cellulare e sfogliò la rubrica. Guardava il suo nome scritto sul display e senza rendersene conto, lo pigiò. Fu la tentazione del momento e riuscì a fermare la chiamata prima che il telefono prendesse la linea. Sarebbe stato un errore. Quella sera si sentiva fragile e aveva bisogno di qualcuno, ma lui era la persona sbagliata. Forse più di chiunque avrebbe potuto capirla, ma sapeva che il suo sarcasmo le avrebbe fatto solo del male. Sarebbe stata la conferma che gli serviva per considerarla sua, nonostante tutto. E lei questo non lo voleva! Si buttò a letto e cercò di dormire. Il giorno dopo avrebbe passato la giornata a pensare.

 Da giorni non faceva altro che pensare a lei, nonostante tutto. Nonostante il suo rifiuto di quella notte e le sue parole, nonostante la sua decisione di diventare una donna convenzionale. Perché lei non sarebbe mai stata convenzionale. Non riusciva a pensare ad altro. A lei e al suo bellissimo corpo, ai suoi baci e alle sue carezze. Gli sembrava di impazzire. Non ne capiva il motivo ma voleva vederla. Voleva guardare i suoi occhi, così dolci, voleva sentirle dire che lo amava. Era stato tentato di chiamarla ma sarebbe stata la cosa più sciocca. Lei non gli avrebbe risposto oppure avrebbe ribadito la sua decisione. La conosceva, ma proprio per questo motivo sapeva che se si fossero visti tutto sarebbe stato diverso. Era certo di poterla sedurre e lui ne aveva bisogno. La desiderava come non l'aveva mai desiderata. Ma non era solo quello. Aveva bisogno di stringerla e saperla di nuovo sua, a qualsiasi costo. Era curioso di sapere quello che faceva, se frequentava qualcuno, se aveva deciso cosa fare della sua vita. Voleva sapere tutto di lei. Era la sua donna, lo era da sempre. Era da tanto tempo che non appariva sui giornali. Le foto che pubblicavano erano di campagne pubblicitarie, non articoletti idioti come qualche tempo prima. Aveva voglia di sapere quello che provava. Sarebbe stato facile raggiungerla. Nessuno avrebbe saputo del suo ritorno. Non sarebbe stato necessario. I suoi pensieri continuavano a tornare indietro nel tempo, quando lei non era persa, quando bastava guardarla perché tutto il resto scomparisse. Il malessere che lo aveva assalito sull'aereo che lo riportava a Miami, non passava, aumentava. Che cosa era successo? Che cosa era cambiato? Perché aveva deciso di chiudere la loro storia? Era speciale, la loro storia! Diversa, pazza, disperata.
 Erano due esseri uniti da qualcosa di impossibile da descrivere. Non era solo amore, era bisogno. Lui aveva bisogno di lei. Ma lo stesso amore, lo stesso bisogno che li tenevano uniti, era anche il motivo per cui la allontanava, per cui la lasciava. Lei lo placava, ma lui doveva trovare se stesso. Se solo lei non fosse stato tutto...
 Sarebbe bastato andare da lei. Come aveva fatto tante volte, come quella volta in cui senza pensarci, era andato a Cartagena. Con la scusa di una piccola vacanza aveva portato con sé anche lei, una donna di cui aveva anche dimenticato il nome. Eppure le voleva bene, ne era certo. Era andato per vederla e per tormentarla, per dimostrarle che era andato avanti.

 Cosa doveva fare della sua vita? Era stata facile la carriera di modella. Non ci aveva impiegato molto a diventare una delle più pagate modelle del mondo. Quando era diventata famosa? Sorrise. Anche quei ricordi erano legati a lui.

 Aveva raggiunto l'apice del successo. Aveva calcato le passerelle europee e aveva fatto innamorare stilisti e addetti ai lavori. Aveva firmato contratti convenienti che l'avrebbero resa ancora più famosa e ricercata. Aveva passato mesi lontana dalla sua famiglia e dal suo paese e aveva pensato solo al lavoro. Era corteggiata da uomini ricchi che per lei avrebbero fatto pazzie. Ne era lusingata e cercava sempre di rifiutare le loro attenzioni con gentilezza e garbo. Non era difficile apprezzarla. Era sempre dolce e disponibile, sia con le colleghe che con i committenti. A volte si divertiva a fare la diva, ma ogni fotografo impazziva per lei. I giornali parlavano delle sue storie d'amore e della vita che conduceva. Feste, vacanze in luoghi esotici. La sua vita era diventata qualcosa da raccontare sui giornali. Ma a lei non importava. Era una favola, aveva tutto quello che ogni donna della sua età desiderava, ma a lei interessava solo restare lontana da lui. Perché lui una donna l'aveva davvero. Ed era una donna vera, la sua era una storia reale. Non come le sue. Ragazzini idioti che perdevano la testa per lei e che non valevano nulla. Uomini importanti che la sfoggiavano come un oggetto. Ma lei con nessuno era andata oltre un bacio. Con alcuni nemmeno quello. Sapeva che era diventato il pilota di una scuderia importante, che aveva vinto molte gare e che anche lui, come lei, non tornava da mesi a Bogotà.
 "La sfilata e la campagna non ti impegneranno che per qualche settimana. Non torni a casa da mesi! Sappiamo qualcosa di te, solo perché lo leggiamo su quelle orribili riviste!"
 "Quelle che leggete, sono tutte sciocchezze!"
 "Perché non le smentisci allora? Comunque sia, sei un'adulta, sei libera di fare ciò che vuoi... Ma ci manchi bambina!"
 "Sarò a Bogotà per la sfilata... Quanto credi ci vorrà per la campagna? È già tutto organizzato?"
 "Sai che Ugo decide tutto all'ultimo momento. Comunque sarai occupata per non più di due o tre settimane..."
 "Ne parlerò con il mio manager, ma ci sarò!"
 Non aveva voglia di tornare nella sua città, ma non poteva rifiutarsi di sfilare per l'Ecomoda. Così aveva organizzato il suo ritorno, aveva sfilato per il lancio della collezione di Ugo e si era messa a disposizione per la campagna che si sarebbe svolta a Cartagena.
 Quel lavoro non le piaceva. Era svogliata e Ugo non sopportava il suo atteggiamento da star. Con loro c'era anche Laura che lavorava come stilista e che aveva disegnato alcuni dei modelli insieme al vecchio Lombardi. Laura, se possibile, era ancora più insopportabile di Ugo. Sembrava che trattandola male, volesse compiacere il suo maestro e che mortificandola, volesse puntualizzare che l'unica cosa di utile, fosse il suo corpo. Si sentiva umiliata da loro che invece di spronarla a dare il meglio, la svilivano e le facevano venire voglia di andarsene.
 Non vedeva l'ora che quel servizio finisse. Era stanca e voleva solo tornare a Parigi o a Milano, dove stilisti, fotografi e colleghi erano gentili e le volevano bene. Era assurdo che proprio dove avrebbe dovuto sentirsi a casa, venisse trattata come una cosa.
 Era quasi il tramonto, presto avrebbe potuto tornare in albergo e bere un'intera bottiglia di champagne, buttarsi a letto e spegnere il telefono e la sveglia! Il giorno dopo li avrebbe fatti impazzire. Sarebbe arrivata in ritardo e sarebbe stata proprio come la dipingevano, svogliata e annoiata. Avrebbero aspettato i suoi comodi, visto il modo in cui la trattavano. Il fotografo le chiese di cambiarsi l'abito per gli ultimi scatti. Quando tornò sul set, vide Ugo e Laura chiacchierare con qualcuno quasi nascosto dal personale addetto al servizio. Anche il fotografo che lavorava con lei si era avvicinato.
 Ugo sembrava impazzito, quella sua insopportabile voce piena di entusiasmo la irritò.
 "Dovresti fare il modello invece di quello che fai... Sei sempre più bello, piccolo principe!"
 Piccolo principe... Sentì la sabbia sotto ai suoi piedi scivolare via. Era lui! Perché era lì?
 "Senti tu! Vieni a salutare il piccolo principe! Guardala, Riccardo, imbambolata come le barbie! Tanto bella, quanto inutile!"
 Avrebbe ucciso Ugo. Lo odiava con tutto il cuore. Lui si era leggermente spostato e l'aveva guardata, alzando semplicemente una mano per salutarla, sorridendole.
 "Certo che con voi madre natura è stata davvero clemente! Sembrate dipinti... Ma tu sei anche così intelligente... Come la tua mamma! Bello, intelligente e brillante! Lei, poverina ha avuto la fortuna della genetica, ma non assomiglia ai sui genitori... Pensa che vita orribile se fosse brutta..."
 Perché continuava a mortificarla in quel modo? Davanti a lui poi.
 E lui? Rideva divertito. Idiota e meschino. Indossava una camicia bianca e dei bermuda colorati, delle infradito ed era abbronzato. Il suo sorriso era sempre lo stesso, beffardo e malizioso, la fossetta che si formava mentre rideva, era così sexy. La guardava con quei suoi occhi color nocciola, e sembrava quasi sfidarla. Non radeva la barba da un paio di giorni e i capelli erano più lunghi di come li ricordava. Sembrava davvero uscito da un dipinto e Ugo aveva ragione, avrebbe potuto fare il modello.
 "Ciao, farfallina! Non volevo interrompere il vostro lavoro!"
 "Ciao, Chicco! Meglio così! Sono stanca... Ugo, possiamo finire domani! Mi cambio e torno in albergo!"
 "Non pensarci nemmeno! Questa luce è perfetta per il mio vestito! Torna sul set!"
 "Laura..." Aveva cercato la comprensione della ragazza, ma si era trovata davanti il suo sguardo di rimprovero.
 "Ma sì, come volete!" Avrebbe voluto ribellarsi, ma li conosceva, sarebbe stato solo una perdita di tempo ed energie.
 Si sentiva osservata, sapeva che la guardava e la giudicava. Finse una tranquillità che non aveva e continuò a posare per il fotografo che sembrava non volesse smettere di ritirarla. E a ragione. Quelle foto sarebbero state le più belle di tutto il servizio. In nessuna sorrideva, sembrava triste, ma quegli scatti erano meravigliosi. Quando finalmente nemmeno le luci artificiali furano sufficienti, era riuscita cambiarsi. Ugo e Laura se n'erano andati e con lei erano rimasti solo Jenny, qualche ragazzino che si occupava di recuperare gli abiti e quelli del service. Non faceva freddo. Ma l'aria della sera si sentiva, così si era coperta con una grande sciarpa dimenticata dal personale, ed era tornata, sola con Jenny, verso il suo albergo. Lui forse era andato con Laura e Ugo, perché non c'era sulla spiaggia.
 "Ehi piccolina, c'è qualcosa che non va? Stasera mi sembri strana!"
 "Beh, lo sai che odio il modo in cui mi trattano quei due! Se non fosse per mia madre, li avrei mandati al diavolo!"
 "Sì, lo so... Ma questa sera in particolare mi sembri un pochino triste! Sbaglio?"
 "No... Non sbagli."
 "È per il figlio del dottor Mendoza?"
 "Hai visto come mi hanno preso in giro? Lo odio!"
 "Eccolo lì... E non è solo!"
 Riccardo era in compagnia di Ugo, Laura e di una donna che non faceva parte dello staff dell'Ecomoda. La teneva per mano. Non era niente di speciale. Era piccola, magrissima e indossava dei ridicoli pantaloncini né corti né lunghi, di un colore orribile e una canottiera a costine che sembrava raccolta da un cesto dell'usato. I capelli non erano pettinati e masticava una gomma, sorridendole divertita.
 "Senti un po', superstar, il principino, qui, cenerà con noi... E non so perché vuole che tu ci tenga compagnia... La nostra top model ci degnerà della sua presenza?"
 "Signor Ugo, forse Francesca è stanca!"
 "Jenny tu taci! E naturalmente, non sei invitata!"
 Francesca si sentiva bene solo con quella donna. Era l'unica che la trattava con rispetto e affetto. Fu innervosita dall'uscita cattiva di quell'idiota e senza pensare che a quella maledetta cena, ci sarebbe stato lui con la sua fidanzata, reagì stizzita.
 "Certo che lei è invitata! Cenerà con noi! Sono sicura che il principino, qui, non avrà nulla di cui obbiettare! Non è vero, Chicco?"
 "Ovviamente! Jenny è la benvenuta!"
 "Ci vediamo più tardi! Vado a farmi una doccia! Dite a Jenny dove ci incontreremo!"
 Senza aspettare una risposta li lasciò soli e se ne tornò nella sua camera. Sentì Laura che diceva qualcosa di antipatico sul suo conto ma non si voltò lasciandoli ridere di quella cattiveria.
 Sarebbe stata una serata orribile. Era già una serata orribile. Rimase sotto la doccia per un tempo indefinito. Poi si preparò. Indossò un vestito molto semplice ma che le calzava a pennello, non si truccò e raccolse i capelli senza troppa cura. Nonostante questo, era bellissima, leggermente abbronzata e naturale. Era in ritardo ma non le importava nulla. Che aspettassero. Poi, insieme a Jenny, li aveva raggiunti sul bordo della piscina dell'albergo, dove loro già stavano cenando.
 Naturalmente Ugo e Laura non furono gentili e le rinfacciarono il ritardo, ma a lei non importava, si accomodò accanto all'amica e si versò un bicchiere di vino bianco.
 "Piccola Francesca, ti presento la mia fidanzata, Janet! Janet, lei è la mia sorellina Francesca, nonché testimonial dell'azienda della mia famiglia e come sicuramente avrai letto sui giornali, modella dalla vita alquanto movimentata!"
 Stupido bastardo! La umiliava di fronte a quel cretino di Ugo e a quell'isterica di Laura, che ridevano come se fossero di fronte ad uno spettacolo di cabaret.
 "Piacere, Janet! Sono contenta di conoscerti..."
 Mentì e sorrise in modo forzato e nervoso. La ragazza le sembrò simpatica, in realtà, ed era gentile. Lui la trattava con rispetto, la vezzeggiava e le teneva la mano. Le faceva male vedere il modo in cui le parlava, in cui la toccava e si faceva toccare. Avrebbe dato qualsiasi cosa per essere al posto di quella donna.
 Francesca non aveva praticamente toccato nulla di quello che aveva ordinato, aveva solo voglia di bere e ubriacarsi ma non voleva perdere il controllo nemmeno per un istante. Ugo e Laura riversavano tutte le attenzioni su Riccardo e la sua ragazza, escludendola da ogni discorso. Solo Jenny la considerava. E quando finalmente i due stilisti si congedarono, anche lei fu libera di andare a dormire, promettendo a se stessa che il giorno dopo li avrebbe fatti impazzire.
 "Riccardo Mendoza... Ma guarda! Sono felice di vederti! Francesca... Sei una visione! Ogni volta che ti vedo sei più bella!"
 Gonzalo Santos era un compagno di liceo di Riccardo. Uno di quei ricchi figli di papà che perdevano tempo in giro per il mondo in attesa di ereditare la fortuna dei genitori e che si divertiva a condurre una vita dissoluta e senza impegni. Francesca lo aveva visto spesso durante la sua permanenza in Europa. Aveva fatto di tutto per sedurla, senza successo, ma in quel momento fu felice di vederlo. Il suo sguardo era eloquente. Quell'uomo la guardava come se nessuno fosse bella come lei. E Riccardo ne era infastidito. Perché se lei era lusingata dai suoi occhi, lui avrebbe solo voluto lanciarlo in piscina e affogarlo. Percepiva il desiderio di Gonzalo di spogliare la sua donna, di averla e toccarla.
 "Ma guarda... Non dovrei stupirmi di vederti! Cartagena è il posto migliore al mondo per oziare! Come stai?"
 Si era alzato e gli aveva stretto la mano, facendogli quasi male, ma almeno, per qualche istante, quell'idiota aveva distolto lo sguardo da lei.
 "Non bene quanto te, che sei in compagnia di Francesca e... Buonasera signorina!"
 "Gonzalo, lei è Janet, la mia fidanzata. E diciamo che Francesca è solo una piacevole sorpresa. Non sapevo che l'avrei incontrata!"
 Bugiardo e odioso! Poteva fingere che si trovasse lì per mille motivi, ma lei sapeva che voleva solo tormentarla e prenderla in giro. Ma sarebbe stata al gioco.
 "Sì, Gonzalo, io sono qui per lavoro... Ci siamo incontrati solo oggi pomeriggio!"
 "Che fortuna Mendoza..." L'aveva squadrata dalla testa ai piedi, mordendosi un labbro e ammiccando. Poi si rivolse di nuovo a Riccardo.
 "Vi va di unirvi a noi? Stiamo andando al porto. C'è una festa... Dai Mendoza, lasciati convincere! Francesca, non te lo perdonerei se non accettassi!"
 Gli sorrise maliziosa e si avvicinò a lui prendendogli un braccio e guardandolo con malizia.
 "Non potrei deluderti..."
 L'aveva odiata. Non sopportava che si comportasse così davanti a lui. Ma non sarebbe stata lei a vincere.
 "Se la mia dolce fidanzata ne ha voglia, accettiamo volentieri!"
 Strinse il fianco della sua compagna e le diede un bacio sulla fronte, senza smettere di guardare la sua Farfallina. La donna che lo faceva impazzire.
 Aveva sentito il suo odio, l'aveva guardata con disprezzo. Che diavolo pretendeva? Lei era libera e poteva fare ciò che voleva. E voleva divertirsi e stordirsi per non pensare a lui e a quella scialba e insignificante ragazza con cui stava, ma che abbracciava e baciava, facendola morire un po' ad ogni tocco.
 La serata continuò in un locale elegante nei pressi del porto. Francesca era il centro dell'attenzione di ogni uomo presente. Era bellissima, nonostante fosse vestita con semplicità e struccata. Ed era immensamente felice di vederlo irritato.
 Lui non sopportava il modo in cui si comportava, sembrava una stupida idiota che non sapeva fare altro che la civetta con tutti. Non ne era geloso, semplicemente la trovava superficiale e vuota, come tante altre modelle bellissime. Era deluso, arrabbiato. Lo era talmente che non riusciva fare altro che fissarla, tanto che Janet, arrabbiata e furiosa, lo piantò in asso, poco dopo.
 Voleva bene a quella ragazza. Era intelligente e stimolante. Con lei riusciva a discutere alla pari. Era una biologa che aveva conosciuto da qualche mese e si trovava bene a parlare con lei. Era intrigato dal suo modo di ragionare e lei si era subito innamorata di quell'ingegnere bellissimo che sembrava un modello. Avrebbe dovuto raggiungerla, ma la curiosità di vedere fino a che punto Francesca si sarebbe spinta, era troppo forte.
 "Stai andando via? Sola?"
 "Con chi dovrei andare?"
 "Con uno qualunque di questi idioti..."
 "E invece me ne vado a dormire! Lasciami in pace!"
 "Vengo con te! Sei ubriaca e non voglio che tu corra rischi!"
 Scoppiò a ridere.
 "Gentile! Ti preoccupi per me! Non ne hai bisogno! So badare a me stessa! Prendo un taxi e torno in albergo! Tu tornatene dalla tua Janet!"
 "Sei gelosa di lei? Fai bene! Vale mille volte più di te!"
 "Sì, certo... Ma non sono gelosa! Di chi? Di una donnetta trascurata e scialba? Hai visto come mi trattano gli uomini? Pendono dalle mie labbra! Farebbero qualunque cosa per me!"
 "Perché vogliono qualcosa! Lo sai, vero, quello che vogliono? Muoviti! Ti porto in albergo!"
 La prese per una mano e la trascinò su un taxi, ma quando arrivarono in albergo non la lasciò da sola, senza nemmeno chiederglielo, la seguì nella sua camera, senza considerare minimamente le sue proteste ed entrò con lei.
 "Tu sei pazzo!"
 "Sei così? Sei davvero la donna che ho visto questa sera?"
 "Si può sapere che cosa vuoi?"
 "Voglio sapere se la donna che amo è quella che ho visto prima! Una stupida idiota superficiale!"
 "La donna che ami? Dovrebbe essere la tua Janet la donna che ami! Comunque sì, sono così! Superficiale, stupida! Mi piace farmi corteggiare e mi dispiace solo non aver trovato un uomo da portare a letto!"
 "Ci sono io! O non sono abbastanza idiota per te!"
 "Mi hai trattato come una stupida, come se fossi trasparente per tutta la sera, mi hai mortificato e non mi hai praticamente considerato! Mi hai fatto sentire un'idiota e sei stato meschino e volgare! Sei il peggior uomo che potessi incontrare! E mi tormenti! Sei qui con me, quando dovresti essere a letto con la tua donna! Che cosa vuoi?"
 Sul volto di Riccardo si formò un sorriso compiaciuto.
 "Tu sei questo! Non quella stupida di prima! Tu sei così, piena di rabbia e di amore! Cosa hai provato quando mi hai visto? Io ho pensato che sei la donna più sensuale che abbia mai visto. Ti avrei strappato quel vestito ridicolo, per guardare il tuo corpo..."
 "Fastidio! Ecco cosa ho provato! E il tuo atteggiamento è sgradevole e ingiusto! E non sopporto di doverti pregare ogni volta che ci vediamo!"
 "A me piace quando mi preghi! Pregami di non lasciarti!"
 "Ti pregherò di uscire da qui! Anche se vorrei tu mi rispettassi tanto da non doverlo fare!"
 "Davvero non vuoi che resti?"
 "Non voglio un uomo come te! Sei così... Arrogante! E credi che io sia qualcosa di tuo! Qualcosa che puoi usare e poi gettare via! Beh, non è così! Scelgo io con chi andare a letto, e lo chiedo io! Ti sembra te lo abbia chiesto? Ti sembra che ne abbia voglia?"
 "Io credo di sì!"
 "Mio Dio... Fai ciò che vuoi, resta qui..."
 Era stata la sua odiosa sicurezza a renderla forte. Non aveva ascoltato il suo cuore, né il suo corpo. Aveva ascoltato la sua dignità ed era uscita dalla camera sbattendo la porta. Lui era sicuro che sarebbe tornata, aveva voglia di lei, la desiderava. Era innamorato di lei, senza nemmeno capire perché. In fondo quello che era non gli piaceva. Eppure qualcosa lo faceva impazzire. Non era la sua bellezza. Non solo. Lei era speciale. L'aveva capito quando avevano fatto l'amore la prima volta. Lei gli aveva preso qualcosa che non sapeva nemmeno di avere. Ogni donna con cui stava era diversa, ma lei era quella che non riusciva a dimenticare. Lei era forte e fragile, viziata e dolce. Era seducente e sexy e poi... e poi aveva bisogno di lei. Quella notte era rimasto ad aspettarla e una volta tornato casa sua, aveva trovato Janet che preparava le valigie. Avevano litigato e l'aveva mandata al diavolo! Non gli importava che lei se ne andasse. Riusciva solo a pensare a lei. Perché ogni cosa scompariva di fronte alla sua donna.
 "È insopportabile! Viziata e capricciosa! Crede di essere speciale e si approfitta del fatto di essere famosa e soprattutto di essere la figlia di Marcella! Ci sono tante modelle come lei!"
 "Di chi state parlando?"
 "Ciao Chicco! Di Francesca, naturalmente! Sembra sparita! La aspettavamo per il servizio ma non è venuta. La cerchiamo da ore! Fa la diva!"
 "Perché avete scelto lei se non vi soddisfa?"
 "Ugo è solo arrabbiato e ha ragione di esserlo! Francesca è una modella davvero perfetta per la campagna dei nostri vestiti. E poi è richiesta e famosa. Qualunque stilista la vorrebbe ingaggiare. Ma con noi non si comporta come una professionista! Sembra che ci conceda qualcosa, come se non fossimo importanti come altri stilisti per cui lavora. È irritante... Ma non possiamo negare che sia davvero bellissima e le sue foto sono perfette..."
 "Allora forse potreste dirglielo che è brava... Magari si comporta così perché la trattate male!"
 "No, piccolo principe! Non è così! Trattiamo tutte le modelle in questo modo! Tutte! Perché dovremmo trattarla in modo diverso dalle altre?"
 "Perché è Francesca! Perché la conoscete..."
 "Sì, la conosciamo... E approfitta della sua posizione per fare tutto quello che vuole! Ci fa perdere tempo... La conosci meglio di noi... Siete sempre stati amici, prova a chiamarla tu..."
 "Dubito di potervi essere utile... Ultimamente non mi sopporta!"
 "Che sciocca! Sei adorabile!"
 Lasciò la cugina e Ugo sorridendo. Mentre si allontanava pensava che molto probabilmente la colpa di quell'assenza era sua. Ma sapeva dove trovarla. Loro due avevano passato tante vacanze insieme a Cartagena fin da quando erano bambini. Lei non era molto lontana. Probabilmente li stava guardando.
 "Sono tutti preoccupati per la tua assenza..."
 "Non dire sciocchezze! Ugo e Laura saranno furiosi per il ritardo a cui li ho obbligati! E tu, evidentemente, sapevi dove trovarmi!"
 "Ti conosco!"
 "Sì, ma non bene quanto credi!"
 "Sei cambiata... Non sei più la ragazzina di prima! Non sei più nemmeno la donna che mi ha fatto innamorare, è vero. E mi piacerebbe conoscere questa nuova te..."
 Senza distogliere gli occhi dal mare, Francesca gli aveva risposto sorridendo.
 "Chicco, perché non pensi alla tua ragazza? Perché invece di passare il tempo con lei, lo perdi con me?"
 "Perché la mia ex ragazza è partita questa mattina. Mi ha lasciato accusandomi di essere innamorato di te! E mi piace perdere il mio tempo con te! Perché non andiamo via! Solo noi due!"
 "Mi spiace se ne sia andata! Anche perché non ho nessuna intenzione di andare da nessuna parte con te. Voglio solo stare un po' sola! Domani mattina finirò quello stupido servizio e poi prenderò un aereo per Londra."
 "Possiamo almeno cenare insieme? Per parlare! Ho sbagliato ieri notte a trattarti in quel modo. Ma non voglio che mi odi! Lo sai che per me sei speciale!"
 Si era seduto sulla spiaggia, accanto a lei, ma non la guardava.
 "Chicco, cosa credi ci sia tra di noi?"
 "Non lo so! Ma qualunque cosa sia, per me è importante e non voglio perderti! Ho sbagliato a lasciarti in quel modo, ma credimi quando abbiamo fatto l'amore a Miami, ho sperato davvero tu rimanessi con me!"
 "Io lo so cosa c'è tra noi! So bene di piacerti. So che mi trovi bella e che vorresti fare l'amore con me. Ma per me è diverso!"
 Le aveva rivolto uno sguardo perplesso e quasi spaventato.
 "Non provi più nulla per me?"
 Si era alzata e gli aveva porto una mano con un sorriso triste sulle labbra, lui proprio non riusciva a capire quello che significava per lei. Aveva finto di non aver sentito la domanda e aveva cambiato discorso.
 "Lo ricordi quel chiosco sulla spiaggia? Dove ci fermavamo a prendere i panini? Credi ci sia ancora?"
 "Non lo so, perché me lo chiedi?"
 "Andiamo la! Non voglio andare in un ristorante. Ma mi piacerebbe mangiare uno di quei panini!"
 "Le modelle mangiano quelle cose?"
 Era divertito dalla sua richiesta.
 "Perché no? Domani mattina nuoterò più del solito!"
 Gli aveva stretto la mano, invitandolo a seguirla e insieme si erano avviati lungo la spiaggia alla ricerca di quel chiosco.
 "Forse ha aperto un ristorante..."
 "Forse... Peccato!"
 "Vuoi andare da qualche altra parte?"
 "Chicco, mi ami almeno un po'?" Glielo aveva detto senza pensare, senza guardarlo.
 "E tu?"
 "Tra due giorni prenderò quell'aereo e domani sarò impegnata tutto il giorno con quei due stupidi. Stasera non voglio pensare a niente! Voglio solo sentirmi amata! Puoi fingere di amarmi?"
 "Solo se lo farai anche tu!"
 "Io ti amo, Chicco!"
 Aveva riso e l'aveva baciata.
 "Ti amo anche io, piccola!"
E nulla era cambiato. Lui la amava. La amava allora e la amava in quel momento, solo, in una città che non gli dava più le stesse emozioni. Non provava nulla, sentiva solo di aver perso qualcosa. Qualcosa che non credeva nemmeno di avere.

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Capitolo 6
*** 6 ***


Questo è un capitolo fondamentale. Parla solo di Francesca e del suo percorso.
Ho pensato che fosse importante anche inquadrare meglio il suo rapporto con la famiglia, perché le sue fragilità, non dipendono solo da un uomo. Il tormento della donna è ben più profondo.
Francesca ha trovato a sua strada. E la percorrerà tutta con passione. Perché oltre ad essere un donna innamorata, è, prima di tutto una donna giovane e moderna.
Vi lascio al capitolo.


Capitolo 6

 La fotografia. Era quella la sua strada!
 Il giorno dopo la cena a casa dei suoi genitori, era uscita presto e senza quasi sapere il perché, aveva portato con sé la sua macchina fotografica.
Era stanca, sopraffatta, delusa. Ma soprattutto era incapace di darsi delle risposte.
Risposte che doveva a se stessa. Quando aveva deciso di abbandonare le passerelle, lo aveva fatto, sicura che non sarebbe stato così difficile trovare la propria strada. Ma in quel momento, tutto le sembrava senza un senso.
Aveva rifiutato con decisione l'offerta... L'imposizione della sua famiglia, ma non aveva la più pallida idea di cosa fare.
E poi... Poi c'era lui, che nonostante l'assenza e la loro rottura, continuava a far parte della sua vita, ad animare i suoi sogni e le sue sciocche, tristi e patetiche speranze.
Si era scrollata le parole di Edo dalla testa e dal cuore ed era uscita, nella speranza di schiarirsi le idee e trovare un po' tranquillità.
Aveva scattato molte foto e poi aveva deciso di farne stampare alcune. Il fotografo le aveva fatto i complimenti e le aveva chiesto se fosse interessata a vendergli quegli scatti. Le era sembrato strano ma il fatto che a qualcuno, quelle foto piacessero, che qualcuno fosse disposto a pagare per qualcosa che aveva fatto, l'aveva fatta sentire bene. Del resto le era sempre piaciuto fare foto. Forse perché trovava interessante il lavoro di quei fotografi che lavoravano con lei. Erano capaci di renderla affascinante, triste, sensuale e provocante, semplicemente con uno scatto.
 Quella Reflex, le era stata regalata da uno di quei fotografi con cui aveva parlato e a cui aveva chiesto qualche informazione.
 Aveva chiesto a quell'uomo del negozio di insegnarle qualcosa sulle diverse tecniche, sulle esposizioni e sugli obiettivi. E lui era stato felice di darle qualche lezione. Il loro rapporto si era fatto amichevole. Ogni giorno scattava nuove foto, le portava nel negozio e quell'uomo di mezza età, le spiegava quali fossero i suoi errori o punti di forza. Le aveva presentato la moglie che la conosceva perché l'aveva vista molto spesso sulle riviste. Era nata un'amicizia sincera tra lei e quelle persone. Così aveva cominciato anche a fare dei piccoli lavori per lui. Matrimoni, compleanni, piccole cerimonie.
 Era iniziato tutto come un gioco, ma grazie a quella macchina, si sentiva bene. Riusciva a dimenticare la frustrazione e le insicurezze. Un gioco che, giorno dopo giorno, la rendeva più felice, più tranquilla, serena. Rubare un momento, un particolare e fissarli in un'immagine. Era esaltante sotto certi punti di vista.
 I protagonisti di quegli scatti semplici, apparivano veri, reali. Passava le giornate ad osservare il mondo, ma in maniera diversa. Aveva sempre amato guardare e vivere ciò che vedeva. Il suo lavoro di modella, l'aveva portata in giro per il mondo tante volte ed era sempre stata affascinata dalle città in cui lavorava. Ma le sembra di non averle mai viste davvero. Persino la sua città le appariva diversa. Le sembrava di scoprire qualcosa di nuovo ad ogni angolo, in ogni strada. Era quello che voleva fare. Far vedere agli altri quello che vedeva lei. Perché il mondo era bellissimo, pieno di vita, di colori e di sentimenti. Di amore, di rabbia, di gioia e disperazione. Si sentiva un po' sciocca, ma le sembrava di capire le sensazioni dei pittori. Era forse presuntuoso, ma era esaltante pensare che le emozioni che provava di fronte a due sposi innamorati, fossero le stesse provate da artisti che avevano dipinto su una tela la proprie amanti.
 Passione, quella che provava e quella che vedeva, quella che si trasformava in qualcosa di tangibile.
 Per la prima volta nella sua vita, si sentiva entusiasta di quello che faceva. Oh, se solo lui fosse stato con lei...
 Sarebbe diventata brava e avrebbe avuto successo. Tutti avrebbero riconosciuto le sue foto. Tutti avrebbero scoperto il suo talento.

 “Dici sul serio?”
 Il fratello la guardò con un aria assorta, come se volesse studiarla.
 “Sì, Claudio. Perché non mi dai una possibilità? Ti chiedo tre giorni, se quello che ti presenterò non sarà di tuo gradimento, chiamerai il fotografo a cui avevi pensato...”
 No, non scherzava! Sua sorella era seria, per quanto potesse essere considerata seria sua sorella, che nella vita non aveva fatto altro che pensare a se stessa e alla sciocchezze più assurde. E non solo era seria, era anche convinta e sicura che le avrebbe dato retta.
 “Sorellina, non posso proprio chiedere alle modelle, a Ugo e Laura e a tutti i tecnici di fare il doppio del lavoro!”
 “Perché dai per scontato che dovranno ripetere il lavoro? Pensi che non ti piaceranno le mie foto?”
 “Io non le ho mai viste le tue foto! È la prima volta che sento che ti interessi di foto! Questo non è un gioco! A noi serve un professionista, con i suoi tecnici, capace di trasmettere qualcosa con una semplice immagine!”
 “Sono brava...”
 “E chi lo dice?”
 “Il mio datore di lavoro!”
 Claudio scoppiò a ridere, mentre Francesca sembrò quasi arrabbiarsi. Tornò serio e socchiuse gli occhi incuriosito.
 “Hai un lavoro? E da quando?”
 “Da un po'... Ho fatto dei servizi a dei matrimoni, a dei compleanni!”
 Ecco! Francesca era impazzita.
 “Francesca, matrimoni? Compleanni? E dimmi, qualche fototessera per il passaporto? Credi che queste sciocchezze ti rendano adeguata per firmare un servizio che circolerà in tutto il mondo? Credi che tu sia in grado di realizzare delle foto per una campagna pubblicitaria internazionale?”
 “Io credo di sì...”
 "Tu credi di sì?"
 Francesca annuì, sorridendo. Forse lo trovava divertente, ma a Claudio quell'atteggiamento, parve solo irritante e arrogante.
 Alzò la voce e sul suo volto apparve un'espressione dura.
 “No! Non ci penso nemmeno! Ascolta se vuoi posso permetterti di fare delle foto del backstage del servizio, da tenere in archivio, ma non posso proprio far perdere tempo a tutti!”
 Avrebbe preso a sberle il fratello. Saccente e presuntuoso. La giudicava senza nemmeno darle una possibilità. Ma si morse la lingua e provò a convincerlo a concederle un po' di fiducia.
 “E va bene! Non ti fidi! Lo capisco! Non pretendo che tu mi conceda l'intero lavoro, però permettimi di avere un paio di modelle, qualche abito e qualcuno che mi aiuti a preparare le ragazze! Ti mostrerò gli scatti e potrai valutarli, potrai farti un'idea di quello che faccio! A quel punto potresti cambiare idea...”
 “Cambare idea? Secondo te dovrei permetterti di far perdere tempo a tutti? Perché? Lo sai? Le modelle hanno un costo! I vestiti sono unici, le sarte sono impegnate e sovraccariche di lavoro!”
 “Puoi darmi la possibilità di fotografare le ragazze della sartoria... loro hanno uno stipendio non un ingaggio! Non ci vorrebbe molto... Mi chiedi perché? Perché sono tua sorella! Perché questa azienda è della mamma e anche io faccio parte della famiglia! Non ti sto chiedendo la luna! Solo un piccolo aiuto! Volevi che lavorassi con te! Eccomi! Sono qui! Lavoriamo insieme!"
 “Non ho tempo da perdere! Quando ti ho chiesto di lavorare per me, intendevo come segretaria o assistente! Non mi serve una fotografa!"
 "Giusto! Per te non valgo nulla! Per te sono capace solo di preparare un caffè! Ok! Te lo chiederò comunque! Claudio, mi piacerebbe almeno avere delle foto per un book!"
 Claudio ci pensò per qualche secondo, la guardava e intuiva la delusione della sorella. Poi scosse la testa e sorrise ironico.
 "Francesca, ascolta, non voglio deluderti! Vai da Jenny e chiedile di scegliere degli abiti che non hanno superato la selezione degli stilisti, chiedile di prendere due - Due, Francesca, non di più! - Due ragazze e di accompagnarti nel luogo dove vuoi scattare quelle foto! Non ti do tre giorni! Ti do un giorno! Dalla mattina alla sera! Dopo di che il tuo tempo sarà finito, gli abiti torneranno in magazzino e Jenny e le modelle in atelier! È chiaro?”
 “Grazie Claudio! Ti piaceranno!”
 “Non hai bisogno di farmele vedere! Ti ho detto che non ho tempo per i giochi! Tienile quelle maledette foto, per il book o per qualunque altra sciocchezza...”
 Francesca sentì la rabbia salirle alla gola, gli occhi si inumidirono per la delusione e il nervosismo, ma per l'ennesima volta, si morse la lingua e sorrise al fratello. Poi, senza aggiungere una parola corse da Jenny per organizzare il tutto.
 Insieme ad Alvaro e Carmen, il suo datore di lavoro e la moglie, aveva allestito un piccolo set poco fuori città, all'aperto, in un giardino di proprietà di un conoscente di Alvaro. La scena era piuttosto divertente, Jenny si impegnava a far cambiare d'abito alla modella non impegnata con le foto, poi all'altra, sistemava loro il trucco e i capelli. Alvaro si occupava delle luci e di dare qualche suggerimento a Francesca, mentre Carmen pensava agli “effetti speciali”. Il pubblico era la famiglia del proprietario del piccolo giardino. I figli dell'uomo cominciarono a correre allegri, eccitati per la novità, ma Francesca non li fermò. Correvano accanto alla modella, accarezzando il vestito, si fermavano a guardarla mentre posava e a loro sembrava tanto buffa. Cominciò anche a piovere e tutti corsero a ripararsi in casa, mentre Francesca continuava a scattare foto. Se non altro si erano divertiti tutti un mondo. Le modelle, Jenny, i bambini. Quel lavoro per Francesca era maledettamente serio, ma si era sentita felice e serena. Avevano continuato a fare foto anche in casa. Persino Jenny aveva preso parte a quel “servizio”.
 Passò i due giorni successivi a sistemare le foto, a stampare le migliori e a raccoglierle in un classificatore. Sapeva che nessun fotografo ormai presentava le proprie opere in quel modo, ma lei era anticonvenzionale e lo sarebbe sempre stata.

 “Ugo mi ha chiesto a cosa servissero i vestiti e perché Jenny non fosse presente...”
 “È un problema?”
 “No, ma quei vestiti li ha disegnati lui! Jenny lavora per lui e le due modelle anche...”
 “Beh, puoi dirgli la verità!”
 Claudio scosse la testa e prima di parlare, ci pensò per qualche istante.
 “Vuoi davvero che cominci a prenderti in giro anche su questo?”
 Francesca ripetè quelle parole nella mente più volte, poi quasi avesse capito solo in quel momento cosa intendesse il fratello, appoggiò le mani sulla scrivania di Claudio e lo guardò negli occhi, seria e risoluta.
 “Anche su questo? Mi prende in giro per altro?”
 “Sai com'è fatto...”
 “No! Non lo so! Cosa dice di me?"
 “Le solite cose!”
 “Claudio, non ti chiederò altro, solo... Anche tu ridi di me?”
 E mentre glielo chiedeva si allontanò di qualche passo passo.
 “Nessuno ride di te!”
 Lo osservò e si rese conto che non era sincero. Ugo non l'aveva mai sopportata, lo sapeva bene, ma non credevo di essere oggetto di derisione, non da parte del suo fratellino.
 “Lasciamo stare...”
 Le sue guance si erano arrossate e tratteneva a stento le lacrime di rabbia.
 “Francesca...”
 “Non fa niente! Ora me ne vado!”
 “Non volevi farmi vedere le foto?”
 Era già accanto alla porta, con la mano sulla maniglia. Sospirò e si voltò.
 Con tutta la sicurezza che riuscì a trovare, lo fissò con biasimo.
 “No! Non voglio che l'impegno che ci ho messo sia oggetto di scherno da parte vostra!”
 “Francesca, non è così!”
 “Ripeto! Lasciamo perdere! Ciao!”
 Andò via dall'ufficio del fratello e dall'Ecomoda offesa e umiliata. Giurò a se stessa che mai più si sarebbe fatta trattare in quel modo da un membro della sua famiglia. Quelle foto erano bellissime ed erano la prova che avrebbe potuto aver successo. Non le importava che il mondo conoscesse il suo nome come fotografa. Era già stata famosa e ricercata come modella. Ma sicuramente sarebbe riuscita a fare di quella passione un vero lavoro, riconosciuto e pagato.

 “Allora? Che hanno detto?”
 “Nulla, Alvaro! Mio fratello, il mio fratellino, non le ha nemmeno viste!”
 “Oh... Mi spiace piccola!”
 “Non importa... Troveremo il modo perché le nostre foto vengano riconosciute!”
 “Beh, potreste inviarle alla redazione di qualche rivista... Ti conoscono e magari...”
 Disse Carmen, accarezzandole un braccio.
 “No, Carmen! Quei vestiti appartengono all'azienda dei miei genitori, presto i giornali pubblicheranno la loro campagna... Nessuno vorrebbe delle foto con abiti “scartati”! E poi non so nemmeno se una cosa simile, sia legale...”
 “Allora abbiamo lavorato per niente?”
 “Così pare, cara Carmen!”
 Ma Alvaro intervenne e, guardandola negli occhi, le sorrise sinceramente.
 “No bambina, non è così! Quelle foto sono bellissime! E se le avessero viste non avrebbero potuto negarlo! Sei brava! Hai talento!”
 “Grazie, Alvaro!”
 Oh, era bello stare con loro! Era bello sentirsi apprezzata. Ed era così assurdo che per ottenere un po' di calore e considerazione, dovesse sempre ricercarla al di fuori dei suoi affetti.
 Quasi avesse percepito i suoi pensieri, Carmen le prese il mento tra le mani ridendo e riportandola alla realtà.
 “Francesca, ceni con noi?”
 Alvaro e Carmen erano sinceramente affezionati a lei, non avevano figli e forse vedevano in lei qualcosa di più di un'amica e di un'apprendista.
 “Se non vi disturbo...”
 “Sei la benvenuta, piccola!”
 Quella sera parlarono di quello che potevano essere i soggetti delle sue foto. Secondo Alvaro, avrebbe potuto dedicarsi a scatti del quotidiano, di vita reale e non di abiti irraggiungibili e modelle troppo perfette. Lui avrebbe potuto chiedere a qualche suo cliente e lei poteva sfruttare le conoscenze della sua famiglia perché le sue foto venissero pubblicate. Ma lei rispose subito che non avrebbe mai più contato su di loro. Non avrebbe mai più permesso che gli rinfacciassero un favore. Se quella era davvero la sua strada, l'avrebbe intrapresa da sola e ce l'avrebbe messa tutta. Alvaro e Carmen la guardarono con dolcezza. Quella ragazza strana e bellissima, ricca e viziata, dimostrava di avere un carattere forte e indipendente che a loro piaceva davvero.

 Il colloquio era fissato per il tardo pomeriggio. Era agitata ma anche contenta. Qualsiasi risultato avesse ottenuto, sarebbe stato un successo. Le foto che aveva scattato durante una manifestazione per i diritti delle donne, erano piaciute ad un giornalista che le aveva volute utilizzare per completare il proprio articolo. Alvaro aveva ragione, fotografare delle modelle, cercando di ricreare una sorta di realtà, era molto diverso dal fotografare la realtà stessa. Le piaceva scoprire nuovi scenari di vita quotidiana, erano tutti soggetti stimolanti. E aveva avuto fortuna, perché il giornalista, in cerca di foto, aveva scorto le sue, esposte nella vetrina del negozio di Alvaro e Carmen, e le aveva trovate interessanti.
 E il direttore del giornale, voleva incontrarla per discutere su altri possibili lavori. Aveva davvero avuto un colpo di fortuna. Tra l'altro quel giornale non rientrava nel giro delle conoscenze della sua famiglia.
 Si trattava solo di un quotidiano con una tiratura limitata, che non trattava né di pettegolezzi né di moda, ma di cronaca, politica e attualità. Avevano un inserto settimanale, niente di importante. Sperava che il suo nome non venisse associato a suo padre e a sua madre e sperava che lui non l'avesse mai vista in lingerie sui cartelloni, o almeno non la riconoscesse. Doveva assolutamente fare una buona impressione.
 Insieme a Carmen aveva scelto le foto che più la rappresentavano e quelle che potevano interessare a quel tipo di giornale. Erano state sistemate in una graziosa ma professionale cartella rilegata e aveva seguito i consigli della donna anche per l'abbigliamento. Non troppo elegante, ma serio, senza eccessi. La scelta era ricaduta su dei jeans, degli stivali marroni, una maglietta e una semplice giacca. Avrebbe legato i capelli in una coda e si sarebbe truccata pochissimo. Li guardava stesi sul letto, era contenta di quella scelta sobria.
 Il telefono squillò e senza guardare chi fosse rispose.
 “Ciao tesoro... È tanto che non ci sentiamo!”
 Ecco, Betty la riportava alla realtà, senza avere pietà di lei e del suo cuore. Si morse un labbro e si maledì per non aver controllato il nome sul display.
 “Ciao zia Betty, sono stata un po' impegnata.. Mi spiace!”
 “Tuo padre mi ha detto che forse hai trovato il tuo lavoro...”
 Come suo padre potesse credere che avesse un vero lavoro, era divertente. Ma non si stupì. Era l'unico a credere in lei.
 “Beh, diciamo che ci sto provando!”
 “Ti andrebbe di vederci? Magari nel pomeriggio?”
 Ovviamente. Perché parlare al telefono non era sufficiente!
 “Veramente ho un appuntamento...”
 “Capisco... Sei arrabbiata con me?”
 “No! No zia! Senti, il mio appuntamento è alla 17.30! Se vuoi possiamo vederci verso le 15...”
 “Ma certo...”
 Non era riuscita a dirle di no. Si chiese come facessero gli altri a usare i suoi sentimenti e i suoi sensi di colpa, per il proprio tornaconto. Ma era tardi ormai, quella giornata, che doveva essere tanto importante, sarebbe stata rovinata! Lo sapeva.
 Perché Betty le avrebbe posto le solite domande e... E le avrebbe parlato di lui.
 Da quando aveva intrapreso quell'attività aveva smesso di pensarci. Si dedicava completamente alla fotografia e quando non era in giro per la città passava il tempo con Alvaro. Lui le aveva insegnato moltissimo. Ed era serena, dopo tanto tempo era tranquilla e le sembrava di potersi buttare tutto alle spalle. Si ripromise di non permettere a nessuno di farle cambiare l'umore.
 Nemmeno Riccardo sarebbe riuscito a compromettere i suoi propositi!
 Si accordarono per trovarsi in un piccolo e grazioso bar non troppo distante dal luogo dell'appuntamento con l'editore. E quando Betty la raggiunse, era intenta a trovare le parole giuste per far colpo su quello che avrebbe potuto essere il suo futuro datore di lavoro.
 Betty appoggiò una mano sulla spalla di Francesca, distogliendola dai suoi pensieri. Poi le sorrise e le diede un bacio sulla fronte.
 “Ti trovo bene, zia!”
 “Ti ringrazio tesoro! Direi che tu sei semplicemente bellissima!”
 Particolare fondamentale, pensò Francesca!
 “Come mai volevi vedermi?”
 “Dopo quella brutta serata non abbiamo più avuto occasione di vederci, sei mancata a tutte le cene... Tuo padre mi ha detto che non hai accettato la proposta di tuo fratello...”
 “Sì, beh, ho un altro progetto...”
 “La fotografia?”
 “Già...”
 “E quindi hai trovato il lavoro che fa per te?”
 “Per ora è solo un progetto che spero di concretizzare presto!”
 E dicendolo strinse la sua cartellina con le mani.
 “Ne sono felice... Claudio mi ha parlato di alcune foto che hai scattato a degli abiti di Ugo!”
 Aggrottò la fronte, stupita.
 “Ho effettivamente scattato delle foto con alcune modelle, ma mi chiedo cosa ti abbia raccontato mio fratello, non le ha nemmeno volute vedere!”
 “Sai, presto zio Armando lascerà il comando a tuo fratello e sono tutti così impegnati per il cambio di gestione...”
 Betty cercò di giustificare quel comportamento, senza riuscirci minimamente.
 “Ma sì certo! Comunque non è un problema!”
 “Io... Io volevo anche...”
 Tante inutili parole per poi arrivare là! Sempre al solito inutile e doloroso discorso...
 “Aspetta, non me lo chiedere... Vuoi sapere come sto?”
 “Scusa tesoro! Sì, vorrei saperlo...”
 “Te lo dirò fra qualche giorno!”
 “Cosa intendi dire?”
 “Per ora preferisco non parlarne!”
 “E... E vi siete più sentiti?”
 Certo! Perché evitare di parlare di suo figlio era impossibile! Per Betty sembrava vitale metterlo in mezzo in ogni occasione! Ma era intenzionata a chiarire molto in fretta la sua posizione.
 Sospirò e la guardò con un mezzo sorriso.
 “Zia, davvero mi consideri tanto superficiale? No! Non l'ho sentito! E siccome dovresti conoscere tuo figlio meglio di chiunque altro, sono certa saprai, che lui non ha cercato me! Ma non aggiungere altro! È giusto così!”
 “Sai, ti sembrerà sciocco, ma speravo che tra voi potesse davvero nascere qualcosa di più serio!”
 Come se lei non avesse pregato ogni giorno perché succedesse. Si chiese se fosse idiota o volesse solo metterla alla prova. No! Nessun'altra parola era necessaria. Quel discorso, doveva chiudersi e subito!
 “Cambiamo argomento... Come sta Camilla? Non vedo mai nessuno della mia famiglia...”
 “A meraviglia! E tuo fratello è così felice...”
 “Sì, lo so, sono così carini...”
 “Cosa provi quando vedi quello che hanno?”
 Ci stava provando. Ci provava davvero a rimanere calma, ma quella donna sembrava godere del suo disagio e del suo dolore. Le si avvicinò e quasi urlando, le disse:
 “Oh mio Dio! Perché mi fai queste domande?”
 “Anche lui non vuole parlarne!”
 “E di cosa dovrebbe parlare? Cosa dovrei dire io? Niente! Perché si tratta di una questione privata che riguarda solo loro!”
 “Siete sempre sulla difensiva...”
 “Dimmi perché? Perché mi tormenti? Perché continui a parlarmi di lui? Quando vi sentite lui chiede di me? No? E allora perché insisti? Perché? Mi fai del male! Mi fa male parlare di lui, di noi! Mi fa male! Sto provando ad andare avanti e ci sto riuscendo! Riesco a non pensare a lui! Mi impegno e mi tengo occupata!”
 “Vedi... Io credo che tu sia la donna giusta!”
 Francesca era un fiume di parole.
 “La donna giusta? La donna giusta per chi? Per cosa? E se lui non fosse l'uomo giusto per me? Dimmi zia, sei preoccupata per me o pensi solo alla sua di felicità? Perché se è così puoi stare tranquilla! Lui è felice!”
 “Penso a lui, sì! Perché sono certa che ti ami, più di quanto lui stesso sappia! Perché insieme potreste essere felici! Ma penso anche a te! Perché io so bene cosa significhi non riuscire a smettere di amare il proprio uomo!”
 “Zia! Lui non è il mio uomo! Ora basta! Ti prego, se davvero mi vuoi bene come dici, lasciami in pace! Comunque ora si è fatto tardi! Devo andare!”
 Francesca si alzò dalla sedia e non permise a Betty di aggiungere altro. Si allontanò arrabbiata. Arrabbiata e inquieta, triste. Lei non riusciva a dimenticarlo, non completamente. Non sapeva nemmeno il perché. Lui non l'aveva mai trattata come la sua donna. Solo all'inizio, ma era durata poco. Lei lo cercava e lui la accoglieva, passavano delle notti indimenticabili ma riusciva sempre a rovinare tutto. Spesso la sminuiva, dicendole che se non fosse stata tanto bella, sarebbe stata una fallita. La umiliava quando, insieme ai suoi amici discutevano di cose che per lei erano incomprensibili. Ma lei pendeva dalle sue labbra. Lei tornava sempre. Quando lui era a Bogotà oppure era lei a raggiungerlo. Aveva dimenticato il numero di volte in cui, sopraffatta dal suo atteggiamento, fuggiva sicura che sarebbe stata l'ultima volta. Ma bastava allontanarsi per volerlo più di prima. Cercava di distrarsi con altri ragazzi, cercando di farlo ingelosire ma a lui sembrava non importare. Si era sposata per fargli un dispetto.
Ma le cose erano cambiate quando aveva scoperto la sua gravidanza. Lo aveva lasciato su quella barca non appena attraccati al porto. Senza quasi salutarlo. Aveva raccolto le sue cose ed era scesa, diretta all'aeroporto. Le sembrava di vedere il suo sorrisetto beffardo mentre la guardava allontanarsi. Era sicuro l'avrebbe rivista entro qualche settimana, forse qualche mese. Ma quella mattina, dopo aver effettuato il test tutto le era sembrato diverso. Era quasi svenuta. Era incinta di lui. Aveva pensato di chiamarlo. Era felice sotto certi punti di vista. Ma poi aveva ricordato quello che lui le aveva detto. Che era superficiale, immatura, senza nessuna capacità, che per un figlio sarebbe stata una sciagura averla come madre. Ma come erano arrivati a quel punto? La notte prima avevano fatto l'amore dopo aver parlato. Dopo che lei gli aveva aperto il suo cuore. E lui era parso quasi convinto che fosse la donna con la quale avere un figlio. Ma era bastato che lei parlasse del futuro. Lo ricordava bene. Gli aveva chiesto dove avrebbero vissuto, se a Bogotà o a Miami. Le era parso subito irritato e aveva chiuso il discorso senza mezzi termini. Ma ogni sciocchezza, era diventata un pretesto per discutere. Era chiaro che fosse pentito di quanto si erano detti. Quella mattina, aveva buttato il test nell'immondizia. Non si era mai sentita tanto male in vita sua. Aveva subito cercato sua zia, perché la aiutasse, ma alla fine gli aveva confidato solo della gravidanza, non chi fosse il padre. Forse Betty si era convinta fosse l'uomo che aveva sposato, in fondo i tempi potevano essere corretti. Ma non poteva essere così, visto che non avevano mai fatto l'amore. I documenti per l'annullamento erano pronti da firmare e quindi la zia, l'aveva sostenuta. Ma all'ospedale, sola, prima dell'intervento, aveva pianto tutte le lacrime che aveva. Ed era cambiata nel profondo.
 Basta! Doveva parlare con una persona che avrebbe potuto darle un lavoro. Da quel colloquio dipendeva la sua carriera da fotografa. O meglio poteva iniziare. Avrebbe potuto pensare a lui, al bambino e a tutto il resto, dopo!

 La redazione del giornale si trovava in un quartiere tranquillo, popolare. Molto simile a quello in cui si trovava il negozio di Alvaro. Sorrise. Carmen le aveva dato un santino di qualche beato o santo che nemmeno conosceva. Le aveva detto che l'avrebbe aiutata. Lei non aveva mai creduto a quelle cose, ma il gesto della donna era sincero e dolce e le promise che lo avrebbe tenuto con sé. Il palazzo era circondato da negozi e locali tipici, dove né l'alta società di Bogotà né i turisti sarebbero finiti, nemmeno per sbaglio.
 Una segretaria la fece accomodare accanto ad altre persone. Quindi non era la sola a dover sostenere il colloquio? Si morse un labbro. Erano tutti ben vestiti, nonostante gli abiti che indossavano non fossero di alta sartoria. Le ragazze avevano scarpe di basso costo ma erano graziose e sicure. Anche gli uomi presenti si erano sforzati di apparire al meglio. Lei sembrava diversa da loro nonostante si fosse sforzata di apparire il meno appariscente possibile. O forse era lei che nonostante tutto si sentiva diversa. Lui le avrebbe sicuramente detto che era una snob, convinta di essere migliore solo perché ricca e bella. Era una delle cose che la ferivano di più. Era vero che si sentiva diversa, sicuramente privilegiata, ma non superiore. Al contrario, negli altri trovava sempre qualcosa da invidiare. Era lui ad essere snob! Nonostante cercasse di apparire semplice e alla mano, il suo modo di essere traspariva. E nonostante non li avesse mai approvati, lo stile e l'atteggiamento, erano quelli dei Mendoza. E anche se aveva amici di ogni estrazione sociale e avesse spesso scelto donne di classi sociali diverse, rimaneva uno snob. Uno snob dei peggiori.
 Lui giudicava senza rendersene conto. Non l'aspetto delle persone, non il modo di vestire o in base a quanti soldi avessero. Lui giudicava in base alla cultura, all'intelligenza, alla preparazione che le persone dimostravano, escludendo a priori che una persona con una media cultura potesse essere una bella persona, buona e con valori saldi. Per lui era impensabile condividere qualcosa con qualcuno che non stimolasse la sua curiosità. Ma la cosa che più lo qualificava era il modo in cui “scartava” gli altri. Esattamente come faceva con lei, non si preoccupava mai di ferire le persone. Le escludeva senza spiegazioni e chi si permetteva di chiederle, si pentiva di averlo fatto. Veniva etichettato come banale, ordinario, privo di qualunque interesse. A lei ricordava anche quanto fosse poco intelligente, poco colta. Accusava senza mezzi termini di incapacità chiunque non avesse conseguito una laurea con lode.
 Fu distolta da quei pensieri fastidiosi da una ragazza seduta accanto a lei che le fece notare che le erano caduti gli occhiali da sole dalle mani. La ringraziò sorridendo.
 Ad uno ad uno i candidati venivano selezionati. Alcuni ci impiegavano più tempo degli altri, evidentemente più interessanti. Quando la segretaria chiamò il suo nome le parve di non riuscire ad alzarsi, il cuore le batteva forte e non riusciva a deglutire.
 “Stai tranquilla, altrimenti non verrai presa nemmeno in considerazione. In bocca al lupo!”
 La gentile ragazza le diede un po' di serenità. Se le cose non fossero andate bene non sarebbe stata la fine del mondo... Avrebbe avuto altre occasioni... Come tutti i centomila candidati che le sedevano intorno.
 “Signorina... Mora, Francesca Mora, giusto?”
 “Buongiorno signor Suarez, sì, sono io! Molto piacere!”
 Strinse la mano che l'uomo le aveva teso e sorrise nervosamente.
 “Lei è la ragazza delle foto di Bolanos, vero? Ammetto di averla convocata solo perché lui ha insistito! Vedo che non ha alcuna esperienza, non ha mai pubblicato per nessun giornale. Da quando ha cominciato a occuparsi di foto?”
 Pensò che fosse buffa quella domanda. Per anni le foto erano state la sua vita, ma era sempre lei l'oggetto degli scatti. Oggetto...
 “Non da molto, prima mi occupavo di altro, ma ho sempre trovato molto interessante questo tipo di attività...”
 “Allora vediamo..."
 L'uomo pose la sua attenzione sulle foto di quella manifestazione.
 "Ammetto che le foto che Bolanos ha scelto per il suo articolo erano particolari, interessanti. Ha colto qualcosa di diverso in quelle donne. Erano femminili, umane, ma anche forti e convinte della loro protesta. Ma se fosse solo un caso?"
 L'uomo alzò gli occhi, guardandola con insistenza.
 "Voglio dire, io cerco qualcuno che mi garantisca degli scatti oltre che belli e di qualità, anche puntuali, che sappiano cogliere il momento... Ma per farlo è necessaria l'esperienza...”
 Francesca trasalì, smise di sostenere lo sguardo dal direttore e prese a sua cartellina, aprendola e cercando di mostrare i suoi scatti.
 “Ho qui alcuni lavori, se vuole posso mostrarglieli...”
 “Senta signorina, glielo dico sinceramente, oggi chiunque si improvvisa fotografo. Nell'era del digitale, basta un telefono per riuscire a scattare una foto con buone risoluzioni. Ma io cerco un vero reporter, non una ragazzina che ha avuto la fortuna di fare qualche scatto azzeccato!”
 “Ma...”
 “Niente ma! Può anche andare, la ringrazio!”
 Francesca rimase interdetta per qualche secondo, poi si alzò dalla sedia e fece per uscire mortificata. Ma quando fu sulla soglia si girò e guardandolo negli occhi gli disse:
 “Non sono stata fortunata! Ho fotografato esattamente quello che volevo. Nelle foto che avete pubblicato, non ha visto la paura di quelle donne. La frustrazione. La rabbia! Io le ho viste tutte quelle cose! Ha ragione, non lavoro da molto in questo campo! Non ho esperienza ma so come lavora un fotografo e so come rendere una foto speciale! La saluto signor Suarez!”
 “Signorina Mora... Aspetti! Ho fatto ricerche su ogni candidato che abbiamo convocato, anche su di lei! So benissimo chi è e ammetto di essermi fatto trasportare dai pregiudizi. Le chiedo scusa! Credevo fosse una ragazzina viziata ma mi ha dimostrato di avere carattere. Comunque è vero che cerco una persona con esperienza. Bolanos aveva ragione. Le sue foto erano speciali, da incorniciare! Ma io non posso permettermi di pagare qualcuno che non mi dia le garanzie che cerco!”
 “Grazie lo stesso!”
 Fece scivolare la maniglia della porta.
 “Non ho finito. A tutti quelli che mi colpiscono ma che non hanno le caratteristiche necessarie, chiedo che continuino a lavorare e a inviarmi gli scatti che ritengono adeguati al mio giornale! Lo faccia anche lei! Le garantisco che se il suo lavoro sarà all'altezza delle mie aspettative, saprò riconoscerlo.”
 “Dice davvero?”
 “Sì, dico davvero!”
 Il sorriso di Francesca era incontenibile. Corse verso la scrivania e gli prese la mano stringendola forte, lo abbracciò e gli diede un bacio sulla guancia. Era un gesto spontaneo e forse un po' infantile, ma che quell'editore trovò buffo e divertente. La allontanò e la salutò nuovamente.
 “Ora vada! Ci sono altre persone che devo valutare!”
 “Presto sarà lei a chiedermi di lavorare per il suo giornale! Glielo prometto!”
 Poi sgattaiolò fuori dall'ufficio, entusiasta come i bambini.
 In quel momento il signor Suarez era sicuro di due cose. La prima che il nipote di sedici anni, non avrebbe mai creduto che una top model che appariva sui cartelloni pubblicitari di mezzo mondo, l'avesse abbracciato e baciato.
 La seconda cosa era, che da quel giorno se la sarebbe vista arrivare spesso in ufficio e che tutti i giorni avrebbe ricevuto le sue foto via mail. Sorrise e poi invitò la segretaria a far passare il candidato successivo.
 Francesca chiamò immediatamente Alvaro e Carmen che le fecero i complimenti invitandola a cena. Lei però declinò l'invito. Quella sera voleva cenare con l'uomo che più di chiunque altro la amava e a cui doveva tutto quello che aveva.

 “Perché non viene a cena da noi? Mi odia così tanto?”
 Marcella era nervosa mentre parlava con il marito.
 “Tesoro, lei non ti odia affatto. Sono certo che sia solo un po' arrabbiata!”
 “Ho sempre saputo che eri il suo preferito!”
 La voce era tremante e piena di tristezza.
 “Non è così, lei ti vuole bene quanto ne vuole a me! Non so perché mi abbia invitato a cena ma è tanto tempo che io e lei non passiamo del tempo da soli... Forse ha solo voglia di farsi coccolare!”
 “E io non sarei in grado di farlo... Con lei ho sbagliato tutto!”
 Nicola prese il volto di Marcella tra le mani e dopo averla baciata dolcemente, le sorrise.
 “No! Sei una madre meravigliosa per tutti e tre i nostri figli. Non pensare mai più una cosa del genere!”
 “Nicola, so di aver preteso troppo da lei!”
 “Hai sempre creduto che anche lei prima o poi avrebbe lavorato per l'azienda dei tuoi genitori! Ricordi? Questa azienda è tua perché un giorno fosse dei nostri figli! Lei ha solo fatto delle scelte diverse, ma sono certo che se riuscirai ad accettarle, tra voi tornerà tutto come prima.”
 “Lei crede che io la consideri una sciocca! Ma io voglio solo che sia felice! E credevo potesse esserlo lavorando per l'Ecomoda! Ho solo paura che possa non trovare la sua strada!”
 “Io questo lo so! E dovresti dirlo anche a lei.”
 “Non la vedo da... Da quella cena! Anche al telefono è sbrigativa e non si confida mai!”
 “Io credo che questo, sia solo il primo passo perché la nostra famiglia si riunisca. Presto nascerà il nostro nipotino e so che lei sarà vicina a sua fratello!”
 “Diglielo, Nicola! Dille che le voglio bene e che mi manca!”
 “Signora Mora, lo farò! Ti amo!”

 Le accarezzò il viso e le sorrise dolcemente. Lei lo abbracciò forte, proprio come quando era una bambina. Lui ricambiò la stretta e gli sembrò di rivedere il lei la sua principessa. Lo fece accomodare. L'appartamento era in ordine e si sentiva un profumo leggero di mele e cannella. Era la prima volta che lo vedeva così accogliente e caldo. Quando glielo avevano regalato era diventato una sorta di dormitorio, disordinato e caotico, con abiti sparsi e valigie sempre pronte all'uso. Erano ormai quasi sei mesi che era tornata dall'ultimo viaggio come modella ed era la prima volta che si fermava tanto in città. Sul divano aveva ordinato dei cuscini colorati ed un morbido tappeto dove appoggiare i piedi. Le pareti erano state tinteggiate con colori caldi, proprio come piaceva a lui. Sorrise pensando che almeno qualcosa lo aveva ereditato da lui. Gli offrì un bicchiere di vino e lo pregò di aspettare che finisse di sistemare il tavolo. Continuò a guardarsi in giro mentre aspettava la figlia. Sulle pareti erano state appese delle bellissime foto. Che lui non ricordava di aver mai visto. Era certo fossero state scattate da lei e si stupì di quando fossero particolari e intriganti. Si alzò e si mise ad osservarle più da vicino.
 “Ti piacciono? In realtà sono più che altro delle prove... Tengo quelle migliori per mostrare ad editori o giornalisti...”
 “Tesoro, io non immaginavo fossi tanto brava...”
 “Grazie papino! Sono felice che ti piacciano! Proprio per questo ti ho invitato! Devo parlarti di oggi e del lavoro!”
 Era raggiante, ma soprattutto le sembrò serena come non la vedeva da... Da anni oramai! Gli porse un bicchiere e lo invitò a raggiungerla in cucina. Non poteva credere ai suoi occhi. Anche quel locale era ordinato e caldo. Il tavolo era ben apparecchiato, anche se in maniera molto semplice. Aveva anche sistemato un piccolo mazzolino di fiori nel centro della tavola. Ne fu sorpreso ma anche felice. La sua bambina forse, aveva davvero messo radici. E l'aveva fatto nella loro città. Si voltò a guardarla. Somigliava alla madre in maniera impressionante. Era bella tanto quanto lei. Eppure erano così diverse. Mentre sua moglie aveva sempre avuto le idee chiare, sua figlia era sempre stata inquieta e alla ricerca di cose nuove e stimolanti. Fin da bambina era diversa da Giulio prima e Claudio dopo. Era sempre alla ricerca di attenzioni e di amore. Spesso l'aveva vista sola, pensierosa. Si sentiva in colpa perché sapeva bene che aveva sofferto immensamente durante il periodo in cui lui e Marcella erano stati divisi. Mentre Giulio aveva reagito con forza, proprio come tutti i Valencia, lei aveva semplicemente subito le conseguenze dei suoi errori, perché era tutta colpa sua quello che era successo. Ma anche la sua bambina era riuscita a superare quel periodo. Poi quando tutto era tornato alla normalità, l'arrivo del fratello l'aveva ancora una volta destabilizzata. Per questo motivo l'aveva viziata più degli altri, era l'unico modo che aveva trovato per compensare al dolore che in quegli anni aveva dovuto affrontare. Si era chiesto tante volte se fosse stato giusto concederle ogni cosa che desiderava. Marcella non era mai stata d'accordo che lei lasciasse gli studi senza nemmeno provare a laurearsi, né che intraprendesse la carriera di modella. Ma poi aveva ceduto alle pressioni di Francesca e alla sua mediazione. Era quindi davvero entusiasta di vederla così tranquilla e allegra.
 La cena fu meravigliosa. Lei gli raccontò con entusiasmo del colloquio con il signor Suarez, delle foto pubblicate sul suo giornale in correlazione ad un articolo di Bolanos e delle prospettive che l'incontro con l'editore le davano. Era assolutamente consapevole di essere all'inizio, che la strada sarebbe stata lunga e soprattutto che come lei moltissimi altri fotografi ambivano a occupare gli stessi suoi spazi, ma lei aveva la fortuna di potersi permettere di avere pazienza, cosa che nella sua vita non aveva mai avuto. Il suo lavoro come modella le aveva permesso di guadagnare abbastanza per occuparsi solo del suo sogno, senza paura di doversi guadagnare da vivere. Sì, era stata pagata profumatamente, con migliaia di dollari, per camminare su una passerella, per indossare abiti, per aver posato, a volte svogliatamente, per dei fotografi, qundi aveva la tranquillità economica per vivere serenamente senza più alzare un dito. Ma i suoi piani erano diversi.
 Era un fiume di parole. Suo padre le propose anche di raccomandarla a qualche suo amico ma lei fu irremovibile. Ce l'avrebbe fatta da sola! Poi lei non voleva fotografare modelle, abiti o realizzare campagne pubblicitarie, voleva che le sue foto rappresentassero la realtà e quindi che servissero come documenti veri e propri. Nicola si era incantato ad ascoltarla. Era così matura, certo, piena di sogni, di aspettative, ma era sicura di se stessa quanto non lo era mai stata.
 “E io non posso che essere felice per te! Davvero, principessa, non ti ho mai vista tanto convinta delle tue scelte, così risoluta! Rispetterò i tuoi desideri. Tu ce la farai e so che ce la farai da sola... Però devo chiederti un favore!”
 “A cosa ti riferisci? Sai che per te farei qualsiasi cosa!”
 “Allora promettimi di parlare con la mamma come hai fatto con me! Promettimi che cercherete di trovare un punto di incontro... Sono sicuro che non ti ostacolerà, sei troppo risoluta e lei lo capirà! Le manchi, principessa, ti vuole bene e le manchi! Vorrebbe solo che quando nascerà il tuo nipotino, la nostra famiglia sia unita, come una volta!”
 “Io non voglio farle del male, ma sembra inevitabile tra noi due...”
 Gli occhi di Francesca si erano riempiti di tristezza.
 “Non sarà così! Vedrai che ti capirà! Ma tu devi almeno provare a capire lei...”
 “Ha sempre voluto manovrare la mia vita, non mi ha mai capito, né sostenuto...”
 “La mamma ha solo provato ad essere una buona madre. Ha sempre creduto che prima o poi avresti fatto le nostre scelte, forse non ha capito quanto tu fossi diversa da noi... Dai tuoi fratelli, ma sei la sua vita!”
 “Ho sempre sognato che mi dicesse di essere orgogliosa di me!”
 “Lo è!”
 “Papà, ti prego, non mentirmi!”
 “Lo sarà! Sarà orgogliosa di te! Come lo sono io! Ti ama tanto, principessa!”
 “Cosa dovrei dirle?”
 “Quello che hai detto a me! Io non le dirò nulla! Ma tu chiamala! Vedetevi! Dalle una possibilità! E dalla anche a te stessa! Lei è la tua mamma!”
 Promise al padre che il giorno dopo l'avrebbe chiamata. Voleva provarci. In realtà sperava davvero che almeno per una volta sua madre fosse dalla sua parte. Ricordava quando la coccolava, quando le raccontava le fiabe o l'aiutava a fare i compiti. Aveva sofferto con lei quando il padre se n'era andato. Era piccola e non capiva, ma la mamma era cambiata. La sentiva piangere e lei non si muoveva dal suo letto. Giulio la raggiungeva, lei fingeva di dormire. Erano stati periodi difficili, la madre era scostante, la sentiva distante. Quando l'avevano mandata insieme al fratello al mare insieme ai Mendoza, credeva volesse abbandonarla. Era stata una vacanza bella, il mare, i giochi e la premura dei Mendoza l'avevano fatta star bene e poi Giulio si divertiva davvero, così anche lei mentiva dicendo che era contenta. Invece avrebbe solo voluto correre dai suoi genitori e stare in braccio alla sua mamma. Poi la nascita di suo fratello... Voleva bene a Claudio, ma era così simile a suo padre... La madre lo guardava in modo diverso, come fosse speciale. In quei momenti aveva temuto che il fratello la sostituisse nel cuore dei suoi genitori. Il padre sembrava l'unico ad accorgersi della sua solitudine. E piano piano si era allontanata dalla madre. Era sempre più capricciosa e insofferente. Ogni cosa che la madre le diceva era sbagliato e lo avvertiva come un ordine o addirittura un ultimatum. Odiava studiare, non riusciva ad ottenere i risultati che gli altri fratelli ottenevano con facilità e invece di capire le sue difficoltà la madre credeva che lo facesse per dispetto. E litigavano dalla mattina alla sera! Ogni fidanzatino che presentava ai suoi genitori non era all'altezza, il lavoro di modella era senza prospettive, senza un futuro. Per lei il futuro erano l'Ecomoda o la TerraModa. Così aveva cominciato ad odiarle, quelle aziende. Anche se la sua carriera era iniziata lì e se non si era mai tirata indietro quando lavorava per loro!
 Ad allontanarla ancora di più, era stato Riccardo. Il suo modo di vivere la affascinava, la sua intelligenza, il suo anticonformismo, l'avevano convinta che l'unico modo per essere felice, fosse contrariarli, fare ogni cosa che più le piaceva, senza chiedere il permesso a nessuno, senza chiedere scusa o pensare alle conseguenze. Lui c'era riuscito! La sua vita era esattamente come la voleva e come gliela raccontava. Le aveva descritto esattamente come la voleva quando, dopo aver fatto l'amore la prima volta, l'aveva lasciata. La prima delle mille volte che sarebbe successo. In un certo senso aveva continuato a vivere come lui voleva vivesse. Sempre.
Ma ora che lui era solo un ricordo, che aveva trovato la sua strada e si sarebbe impegnata a percorrerla per trovare il successo, comprendeva che era giunto il momento di accettare gli altri, proprio come voleva essere accettata. Si ripromise di appianare tutte le divergenze con la madre e con i fratelli entro la nascita del figlio di Giulio e Camilla. Aveva ancora qualche mese di tempo. E sapeva che ce l'avrebbe fatta.

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Capitolo 7
*** 7 ***


Capitolo 7

 Solo qualche settimana. Poche settimane e il piccolo di casa Mora e Mendoza, avrebbe aperto i suoi occhi sul mondo. Il primo nipotino, il primo bambino della nuova generazione.
 Giulio sembrava completamente fuori di sé, sospeso tra la realtà e il sogno che viveva con Camilla. I suoi pensieri e le sue attenzioni erano tutti per lei. Erano raggianti, felici. Si guardavano con tenerezza ed ogni loro sguardo, ogni carezza, erano la dimostrazione che tra loro l'amore era più forte che mai. Si rassicuravano a vicenda sulle loro capacità di essere genitori. E una cosa era certa: sarebbero stati dei genitori attenti e premurosi. Avrebbero amato il loro bambino completamente e gli avrebbero dato tutto quello che avevano.
 Francesca si soffermava spesso ad osservarli, mentre tra una chiacchiera e l'altra si estraniavamo dal resto del mondo, rifugiandosi nelle loro fantasie. Provava quasi imbarazzo perché le sembrava di invadere quello spazio tutto loro. Ma nemmeno se ne accorgevano di lei, dei suoi sguardi, né di quelli degli altri. Erano loro e basta a completarsi e a creare una magia speciale che li schermava da chiunque altro. Erano bellissimi. E non solo perché lo erano davvero, ma soprattutto per quello che riuscivano a trasmettere. Gioia! Gioia e serenità. Il loro mondo era fatto solo di quello. Un paradiso in terra nel quale, presto, sarebbero stati in tre. Le discussioni sul nome che il piccolo avrebbe dovuto portare, non li sfioravano nemmeno. Lo zio Armando avrebbe desiderato che gli fosse imposto il suo nome, o quello di suo padre. Mentre sua madre credeva fosse più giusto che si chiamasse come suo marito. A loro non importava e Francesca sapeva che i due non avrebbero deluso nessuno.
 Era buffo assistere a quei siparietti. Zio Armando e sua madre un tempo erano stati fidanzati. Mille anni prima, dovevano sposarsi. Era certa che nessuno dei due sarebbe sopravvissuto a quel matrimonio. Per fortuna zia Betty e suo padre li avevano divisi. Ma insieme erano divertenti. Ed era davvero strano che lei lo pensasse. Fino a pochi mesi prima, avrebbe considerato quelle scaramucce ridicole espressioni del loro ego, trovandole sgradevoli e fuori luogo. Ma qualcosa in quei mesi era cambiato profondamente nella sua vita e dentro di lei.
 Si sentiva bene. In pace con tutti. Anche con la madre. La donna che con il suo atteggiamento l'aveva fatta soffrire tante volte e che lei aveva ripagato con la stessa moneta, non era più una nemica o una persona da evitare. Era sua madre che, nonostante le loro differenze e le loro divergenze, le voleva bene e lei la ricambiava. Non era stato facile trovare un compromesso.
 Quando aveva deciso di seguire il consiglio di suo padre, erano entrambe imbarazzate e sulla difensiva. Nessuna delle due voleva cedere di un passo sulle proprie opinioni e convinzioni, ma fu proprio sua madre a chiederle scusa. Le chiese scusa per la prima volta nella sua vita. Le chiese scusa, per averla sempre osteggiata, per averla allontanata e soprattutto per non aver accettato la sua diversità. Le disse che non sarebbe riuscita da un momento all'altro a capirla, ma le giurò che ci avrebbe provato. Francesca era rimasta spiazzata. Si era preparata un discorso e le parole di sua madre lo avevano mandato in pezzi. Così aveva iniziato a parlarle con il cuore, a raccontarle dei suoi sogni e delle sue delusioni. La pregò di darle una possibilità, perché anche se non aveva le qualità dei fratelli, anche lei poteva riuscire ad avere successo, forse solo più piccolo.
 E le cose stavano proprio andando in quel modo. Grazie al signor Bolanos, era riuscita a far pubblicare altre foto come cornice dei suoi articoli e il signor Suarez, forse preso dallo sfinimento, le aveva concesso un lavoro. Un lavoro discontinuo, mal pagato e senza alcuna sicurezza, ma lei era al settimo cielo. Alvaro era diventato il suo braccio destro. Si occupava dello sviluppo delle foto e continuava a consigliarla su come migliorarle e su cosa dovesse concentrarsi. E sua madre le aveva fatto le congratulazioni. Era stata la giornata più incredibile che avesse mai vissuto quella. Sua madre, Marcella Valencia, la donna bellissima, di successo e perfetta sotto ogni punto di vista, si era congratulata con lei, la figlia più imperfetta e scapestrata del mondo.
 Era serena, aveva trovato il suo equilibrio. E non era dovuta scappare da un paese all'altro come aveva sempre fatto. Lo aveva trovato nella sua città, a due passi dalla sua famiglia. Era bastato accettare che lui non avrebbe più fatto parte della sua vita. Perché fino a quel momento, tutto era dipeso da lui.
 Vedendola presente e partecipe, Claudio si era convinto che il suo impegno come fotografa, non fosse un capriccio e le aveva chiesto di aiutare il fotografo che avevano ingaggiato per la collezione che sarebbe uscita entro qualche tempo. Lei però aveva declinato l'invito. Ma nelle sue parole non c'era ombra di rimprovero o ripicca. Lei voleva essere una reporter per poter rendere indimenticabile un momento, solo all'apparenza banale.
 Sì, tutto andava per il meglio.

 Camilla le si avvicinò e si accomodò accanto a lei.
 “Dovrai aiutarmi ad alzarmi... Questo divano è comodissimo, ma non per un palla come me!”
 “Non direi che tu sia una palla... Credo, al contrario, che tu sia davvero molto bella!”
 Ed era sincera mentre lo diceva. Gli occhi della cognata, non erano mai stati più brillanti.
 “Volevo ringraziarti per il regalo...”
 “Per la foto intendi? Ho pensato solo che fosse carino che l'aveste! Del resto siete voi due...”
 “È stato un bel pensiero! Ti ringrazio! E poi in quella foto mi sembra di essere bella come dici tu!”
 “Lo siete tutti e due!”
 Rise divertita, perché sembrava proprio che Camilla non volesse credere di essere meravigliosa.
 “Non ci eravamo accorti che tu l'avessi scattata!”
 Francesca sorrise e le fece notare che spesso si estraniavano dagli altri, completamente coinvolti da loro stessi.
 “Davvero? Mi spiace apparire distratta!”
 “Credo si tratti solo di amore... Il vostro è davvero grande e trovo sia una cosa meravigliosa! Il piccolo ancora senza nome, è fortunato ad avere due genitori che si amano tanto...”
 E un piccolo dolore incomprensibile, la colpì ad un fianco.
 “Sei molto carina! E sono felice che tu ti sia fermata! Giulio non te lo dirà mai, ma lo è anche lui! Ti vuole molto bene!”
 “Lo so! Ma è bello sentirlo dire!”
 Dopo qualche istante, Camilla, entusiasta, appoggiò una mano sulla sua pancia e sul volto le comparve il sorriso più bello che Francesca avesse mai visto.
 “Hai voglia di sentire tuo nipote muoversi?”
 Glielo chiese senza nemmeno accorgersi che negli occhi della donna accanto a lei, alcune lacrime spingevano per riversarsi sulle guance. Dopo qualche secondo di confusione, Francesca deglutì e sospirò, poi appoggiò la mano sulla pancia di Camilla. Il piccolo Mora scalciava e si riusciva a sentire distintamente il piedino spingere dall'interno. Chiuse per un istante gli occhi che pieni di lacrime, erano pronti a svelare il dolore che provava.
 Perché era inevitabile pensare al suo di bambino, quello che era poco più di un fagiolino nell'ecografia. Lui non era stato fortunato come il suo nipotino. Non aveva genitori amorevoli, né pronti a crescerlo ed amarlo.
 “Non ti piacerebbe averne uno anche tu?”
 Francesca la guardò con un'espressione strana.
 “Non te l'ho chiesto per... Per i soliti motivi! Voglio dire, non sto chiedendoti quando metterai la testa a posto... Solo che io sono così felice che a volte lo chiedo senza pensare. L'ho chiesto anche a Elvira Sanchez Arboleda, a Luis Gonzales, a tuo fratello e persino ai miei... Non pensare voglia metterti fretta o altro!”
 L'aveva chiesto anche ai suoi fratelli...
 “Non preoccuparti... Un giorno troverò un amore grande come quello che c'è tra te e Giulio. Allora credo sarò pronta per essere madre!”
 “È bello ciò che dici... Invece mio fratello mi ha stupito sai? Ha detto che nella sua vita c'è una persona speciale, che ama profondamente...”
 “Edo è innamorato? La conoscete già?”
 “No! Non Edo, credo che frequenti qualcuna, ma come al solito non penso sia una cosa seria. Parlo di Riccardo!”
 Il sangue le si ghiacciò nelle vene. Riccardo, il suo Chicco... Nella vita del suo uomo c'era un donna speciale, di cui era profondamente innamorato. Il dolore al fianco crebbe, propagandosi alla pancia, al cuore e alla mente. Gli occhi pungevano, la gola le si seccò e per un istante tutto quello che aveva intorno, cominciò a girare.
 “Riccardo?” Riuscì a chiedere deglutendo.
 “Assurdo vero? Eppure è così! Non ha chiarito nulla in realtà, è stato vago, ma tra qualche tempo sarà qui, e chi lo sa? Magari non sarà solo!”
 Era divertita, Camilla. L'idea che dopo tanti anni il fratello, avesse trovato una donna capace di farlo capitolare, era decisamente sconcertante e assolutamente inaspettata.
 “Oh...”
 Sul volto di Francesca, il sorriso era svanito, era impallidita e se fosse stata sola, avrebbe pianto. Pianto e gridato. La sua espressione non sfuggì alla cognata, che dopo qualche istante e dopo aver osservato la smorfia sul suo viso, si fece più dolce.
 “Francesca, lo so di essere indiscreta... Ma... Tra te e lui c'è stato qualcosa? Giulio crede di sì, pensa che abbiate avuto una storia, qualche anno fa... Ora... Ecco, ora mi sembri stravolta... Scusa... Io non volevo farti del male! ho sempre pensato che... voglio dire, tutti sapevamo della tua cotta per lui, quando eri una ragazzina, ma poi le cose sono cambiate, no? Tu sei cambiata... Quando vi vedete parlate poco e credevo vi tolleraste appena!”
 Se solo avesse potuto fuggire, l'avrebbe fatto. Voleva sparire, ma non poteva. Doveva solo farsi coraggio. Sorrise forzatamente, cercando di essere convincente.
 “Tra me e lui non c'è nulla! L'hai detto tu. Ero cotta di lui, ma ero una bambina... Se ti sembro strana è solo perché non lo credevo possibile! Voglio dire, la sua instabilità era il mio alibi... Se lui mettesse la testa a posto, sarei l'unica ad non aver combinato nulla...”
 Camilla emise un sospiro di sollievo.
 “Meglio così! Posso chiederti di aiutarmi ad alzarmi?”
 La donna sembrò imbarazzata a quella richiesta, ma Francesca voleva che se ne andasse presto e cercando di nascondere l'angoscia che provava, le diede una mano e poi la osservò tornare da suo marito cambiando espressione guardandolo negli occhi.
 Rimase per un tempo indefinito, sola, accasciata sul divano, senza forze, mentre si ripeteva che era tutto finito da tanto tempo e che non c'era nulla di sbagliato. Lei stava bene. Lei era serena.
 Il padre le si avvicinò e vedendo la strana espressione della figlia, le accarezzò con dolcezza i capelli e la guancia bollente.
 “Va tutto bene principessa?”
 Si ridestò immediatamente e appoggiò il capo sulla spalla del padre, cercando di ricacciare quelle stupide lacrime negli occhi.
 “Non proprio papà, ho un forte mal di testa... Se andassi via, credi che la mamma lo prenderà come un capriccio o un dispetto?”
 Nicola sorrise tranquillo.
 “No bambina, ma non andartene senza salutarla!”
 Aveva accettato il consiglio, aveva salutato la madre e tutti gli altri e poi era tornata a casa.

 Era pomeriggio, il sole splendeva ma lei avrebbe voluto fosse già notte e che dalla finestra si sentissero le gocce di pioggia sui vetri.
 Era domenica, il negozio di Alvaro era chiuso. Pensò di raggiungere lui e Carmen a casa, ma sapeva che avevano ospiti, dei nipoti o qualcosa del genere. In realtà l'avevano invitata e non ci sarebbe stato nulla di male se si fosse presentata. Ma non ne aveva voglia.
 Dov'erano le sue amiche? Amiche? Le modelle con cui un tempo, spesso usciva, non erano amiche. L'unica amica era Camilla. O la persona che più si avvicinava a quella definizione. La realtà era che a parte Alvaro e Carmen non aveva amici. Era sola!
 Si infilò una tuta da ginnastica e si buttò sul divano. Fu felice quando il sole fu oscurato da una nuvola. Avrebbe piovuto entro sera. Si sforzò di non pensare. Di non pensare a lui e alla sua donna. Aveva ragione, lei non era stata altro che un diversivo tra un'avventura e l'altra. Le aveva detto di amarla, ma era chiaro non potesse essere vero. Le voleva bene, erano cresciuti insieme, la trovava affascinante e sicuramente provava, o aveva provato, una forte attrazione per lei. Ma non era mai stato amore. Glielo aveva dimostrato tante volte. E ora invece, aveva trovato la donna giusta!
 Stava piangendo e nemmeno se n'era accorta. Era passato quasi un anno, ma lui era sempre nello stesso posto, nel suo cuore. Lo amava e non riusciva a toglierselo da quel cuore sciocco. Lo sognava, anche se poi il mattino si convinceva che era solo una fantasia. Aveva evitato Betty in ogni modo, perché sapeva che non sarebbe stata capace di mantenere la promessa che le aveva fatto. Si era impegnata e stava riuscendo ad ottenere i risultati che desiderava e con la sua famiglia era riuscita a creare quella serenità che tanto le era mancata. L'equilibrio che aveva raggiunto era, evidentemente, molto fragile. Lei viveva ancora sperando che lui la vedesse come la donna che meritava, ogni cosa fatta era per lui. Le foto, il lavoro, era stato fatto tutto per lui! Per dimostrargli che lei meritava rispetto.
 E ora lui aveva trovato un'altra donna, più speciale, più meravigliosa di lei. Il suo cuore si spezzò in mille pezzi come se stesse rivivendo tutte le loro rotture, tutti i suoi scherni, tutti i suoi rifiuti, l'aborto, tutto quello che aveva passato, in un solo momento.
 Si addormentò con la testa sotto il cuscino, rannicchiata sul divano e si svegliò a causa del temporale che imperversava. Era infreddolita e recuperò una coperta nella quale si avvolse. Non era ancora arrivata la sera. Aveva dormito pochissimo e aveva ancora il volto bagnato di lacrime. Prese il telefono, forse avrebbe potuto chiamarlo, per congratularsi. Ma si fece forza e lo ripose sul tavolo. Tutto quello che aveva fatto, era per lui, ma era anche riuscita a dimostrare a se stessa, di essere capace a fare quello che si era prefissa.
 Non avrebbe permesso che vederlo con un'altra donna, rovinasse tutto quello che era riuscita a fare! Sarebbe stata gentile, calma e felice, non riusciva a dimenticarlo, ma sicuramente avrebbe fatto in modo che lui lo credesse. Almeno l'orgoglio non lo voleva perdere! Non più. Non avrebbe finto indifferenza nei suoi confronti, lui non le avrebbe creduto, ma avrebbe cercato di sembrare felice e serena. Forse vederlo accanto a quella che sarebbe diventata sua moglie e la madre dei suoi figli, l'avrebbe aiutata a dimenticarlo.
 Il fantasma del suo, del loro bambino, tornò a farle visita. Non avrebbe mai creduto che sarebbe stato tanto difficile dimenticare quel momento, sapeva che non era stata una decisione sbagliata. Per quanto lo desiderasse non era pronta a mettersi in gioco con un figlio. Era sola, confusa e angosciata. Forse in quel momento aveva dato la colpa a lui, ma doveva essere sincera con se stessa e ammettere che era stato un atto dettato dalla sua volontà. Chiese ancora scusa al piccolo che non era nato, per poi chiuderlo in un angolo della sua anima.
 Si versò del vino, nella speranza che già dal primo sorso, l'oblio e il torpore la portassero in una realtà in cui lui non esisteva, in un luogo vuoto e indifferente. Aveva ancora qualche tempo per capire quello che doveva fare e come comportarsi, ma in quel momento, l'unica cosa che voleva, era stordirsi al punto da dimenticare ogni cosa. Ma, rannicchiata nel suo letto, era ancora più difficile non pensare a lui. Perché il dolore provato la prima volta, quello che aveva sentito quando era diventata la sua donna, si confondeva con quello che provava in quel momento, un dolore uguale e diverso, un dolore che non la abbandonava mai, che la accompagnava ogni giorno, che si acuiva, che sembrava cullarla con dedizione.
 Quel dolore costante, che le restava nel cuore ogni volta in cui la mortificata e la svilita. Ogni volta in cui l'aveva lasciata.
 Quella sera il vino sembrava non sortire nessun effetto. Perché invece di dormire e dimenticare, la sua mente... No, la sua anima, corse a tanti anni prima. Perché pensava a quel momento? Perché si torturava?
 Oh, era così bello e terribile pensare a lui! Nonostante tutto, il suo cuore aveva bisogno di ricordare. Il suo cuore voleva ricordare, forse per crogiolarsi in quei momenti o forse per dimostrarle che era sempre stato così e che la sua decisione era stata giusta.
 Chicco, il suo Chicco aveva una donna. Non era la prima volta, ne aveva avute tante, ma deriva che era qualcosa di diverso.
 Le lacrime che le bagnavano le guance, erano salate, come il mare.
 Quel sapore sulle labbra sembrava lo stesso di quella notte, una delle tante che avevano passato insieme, nonostante nella sua camera da letto ci fosse una donna ad aspettarlo.
 Un cerchio che sembrava non chiudersi mai...
 E quella donna doveva essere speciale, non come le altre e soprattutto non come lei.
 Ma non era importante! Perché ogni donna che aveva avuto, era stata in qualche modo importante.
 E lei lo sapeva bene.

 Era corsa da lui, dopo l'ennesima rottura con un uomo, per evitare di dover dare spiegazioni a tutti quanti. Era l'unico che non le avrebbe chiesto cosa fosse successo. Voleva solo stare tranquilla per qualche giorno e pensare a come erano andate le cose con quell'uomo che le aveva detto di amarla, che la rispettava e a cui era sinceramente affezionata. Un uomo perfetto, un uomo per cui ogni donna avrebbe perso la testa, ma non lei. Perché per lei era impossibile anche solo pensare di darsi a qualcuno che non fosse lui. E allora, nonostante il tempo che li aveva divisi, il suo cuore l'aveva portata a Miami.
 Non era stato difficile trovarlo. Sapeva che aveva comprato un appartamento e che da qualche mese lavorava per una grande scuderia. Era all'apice del successo. Non solo vinceva le gare a cui partecipava, ma era anche riuscito a diventare un ingegnere noto e richiesto.
 Lo aveva aspettato non troppo lontano dal luogo dove lavorava e quando era uscito l'aveva vista subito. Le aveva sorriso e l'aveva abbracciata. Non si erano nemmeno scambiati una parola, non era necessario. Le aveva preso una mano e l'aveva portata alla bocca, baciandole il dorso e poi si erano guardati, senza dire nulla, era sufficiente che fossero insieme, erano i loro occhi a parlare. Erano andati a casa sua, un bellissimo appartamento con una vista mozzafiato sull'oceano. Credeva fosse un sogno, lui era gentile e premuroso, sembrava così felice di averla vicino.
 Era durato poco, però, perché, poco dopo, la porta si era aperta e sulla soglia era apparsa lei. La sua compagna. E si era sentita di troppo. La conosceva, alla sfilata dell'Ecomoda, qualche mese prima, gliel'aveva presentata come la sua fidanzata. A lei invece, aveva detto che era la sua seconda sorellina. Odiava quando parlava di lei come sua sorella. Non era sua sorella. Che stupida. Come aveva fatto a dimenticarla? Come aveva fatto a non pensare che lei sarebbe stata presente?
 Quel dolore, soltanto accantonato, era tornato prepotente a torturarla.
 Quella sera, quella ragazza era stata gentile con lei, anche se era chiaro, fosse almeno sorpresa e perplessa. Era stata una serata strana. Cenare con loro, mentre scherzavano e si scambiavano tenerezze, era stato difficile e triste. Poi lui l'aveva invitata a restare. Sembrava assurda quella proposta.
 "Allora posso accompagnarti sulla mia barca... Stai tranquilla, è nuova, più grande e con tutti i comfort di cui una donna come te, ha bisogno! Questa notte puoi dormire lì, domani deciderai cosa fare..."
 Si era lasciata convincere e lui l'aveva accompagnata al porto. La sua compagna era sembrata intimorita, ma lui le aveva sussurrato qualcosa all'orecchio e l'aveva fatta sorridere, le aveva dato un bacio e poi erano usciti insieme.
 "Ti piace? L'ho comprata da poco. È proprio come la volevo. È più grande di quella di prima ma non troppo per non riuscire a condurla solo."
 "Sì, è bella. Ti ringrazio..."
 Pregò che lui andasse via in fretta. Poteva sopportare di restare sola, non di averlo vicino.
 Ma lui restava fermo, come se volesse dirle qualcosa, ma completamente incapace di parlare.
 Quel silenzio era estenuante e quando finalmente le aveva parlato, la sua voce l'aveva accarezzata con dolcezza.
 "Piccola, loro lo sanno che sei qui?"
 "No! Volevo stare sola! Mia madre non è felice della mia vita. Crede che la stia gettando via! Vorrebbe che mi fermassi a Bogotà e che mi interessassi delle solite cose... Preferisco non doverla sentire per un po'!"
 "Credo che nessuno possa capirti quanto me... Infondo noi due siamo uguali!"
 Se solo fosse stato vero, se davvero lei fosse stata come lui, sarebbe andata in un altro posto. Il mondo era grande e poteva fare quello che voleva. Se fosse stata come lui, non avrebbe avuto il cuore spezzato guardandolo con lei. Se fossero stati uguali, lui sarebbe stato geloso dell'uomo con cui era stata per tre mesi. Gli aveva sorriso, senza parlare. Era un sorriso triste, senza convinzione e lui si era intenerito. Era davvero convinto che fossero simili e gli piaceva pensarlo. Pensare a lei come ad una ribelle, lo faceva sentire meno solo in fondo. Senza pensarci l'aveva abbracciata e lei si era abbandonata tra le sue braccia. Aveva bisogno di lui, anche se sapeva che i suoi sentimenti erano molto diversi. Poi un bacio, dolce, innocente, poi un altro, più profondo. Non era stato difficile perdere il controllo. Lei non era riuscita a resistere alle sensazioni  che lui le dava e per lui era impossibile trattenersi quando l'aveva così vicino. Pensava a lei e a quello che avevano, ogni giorno, ma sapeva gestire quello che gli diceva il suo cuore se era lontana, ma quando erano insieme, tutto cambiava.
 I baci sulle labbra non erano più stati sufficienti. Le loro mani avevano bisogno di toccare il loro amore e la loro pelle bruciava dal desiderio.
 Avevano fatto l'amore perché ne avevano bisogno. E avevano continuato a farlo anche quando entrambi avevano raggiunto il piacere e si erano abbandonati l'una tra le braccia dell'altro. Stretti come fossero una sola cosa in un mondo in cui loro erano l'unica entità.
 Poi, quando Francesca, si era quasi addormentata, le sue parole l'avevano riportata alla triste realtà.
 "Quindi anche il principe ti ha lasciato... O sei stata tu?"
 "Non era un principe, ma un conte. E ci siamo lasciati! Non eravamo fatti l'una per l'altro. A volte capita!"
 "Capita spesso... E sei vienuta qui e mi hai fatto perdere la testa! Linda non meritava di essere trattata in questo modo!"
 La accusava di qualcosa di cui non aveva colpe. Ogni suo nervi si tese, facendole male.
 "Non ti ho chiesto di lasciarla! Non ti ho chiesto nulla!"
 "Ma non l'ho lasciata! Non voglio lasciarla! Ma l'ho tradita e non è giusto!"
 Anche solo pensare che lui tradisse la sua donna, l'aveva fatta soffrire. Significava che lei non era la prima, era l'altra, era l'amante! E stava male pensando di non essere importante nemmeno quanto una donna che lui conosceva da pochi mesi.
 "Non sono venuta per questo!"
 Cercò di giustificarsi.
 Sentiva chiaramente la tensione sul corpo del suo uomo, che restava sdraiato, accanto a lei, la abbracciava, ma che era già lontano.
 "Non ha importanza la ragione. Ogni volta che ci vediamo finiamo nello stesso letto..."
 "Domani andrò via..."
 La liberò dalle sue braccia e si mise seduto, strizzando gli occhi e passandosi le mani sui capelli.
 Quando aveva ripreso il controllo, senza guardarla, le aveva detto:
 "Perché? Puoi rimanere tutto il tempo che vuoi! Ti prometto che ti lascerò in pace! Francesca..."
 "È meglio che me ne vada!"
 "Maledizione, Francesca! Perché? Perché ogni volta che finiamo di fare l'amore, sembra che tu te ne penta? È orribile! Potresti almeno fingere che anche per te sia un momento speciale... Diverso da tutti gli altri."
 Che cosa aveva detto? Come poteva pensare quelle cose?
 Per lei quei momenti erano tutto. Solo in quei momenti lo sentiva suo e avrebbe dato ogni cosa che aveva perché non finissero mai.
 Diverso... Ma da cosa? Per lei non c'era stato nessun altro. Per lui era diverso, forse! Immaginarlo tra le braccia di un'altra donna l'aveva quasi fatta star male.
 "Io... Io non sono pentita. E non ho tradito nessuno! Non sei stato tu a dire che non volevi tradire la tua compagna?"
 Non voleva tradirla, ma amava lei più di ogni altra cosa al mondo. E con lei era incapace di ragionare. Di capire cosa fosse giusto e cosa sbagliato. Non aveva mai tradito, Linda. Non ci aveva nemmeno mai pensato. La rispettava e non le avrebbe mai più fatto nulla del genere.
 "Sto bene con lei e non voglio che tu possa rovinare quello che ho!"
 "Ti giuro che non voglio farlo!"
 Le era venuto da vomitare. La accusava di voler rovinare la sua relazione ma non era stata lei ad insistere perché passasse la notte sulla sua barca. Non lo aveva abbracciato, né baciato. Era stato lui. Lo aveva cercato, ma non per sedurlo, voleva solo passare un po' di tempo con lui. Avrebbe potuto accompagnarla in un qualunque albergo o dirle chiaro che non la voleva tra i piedi. Si sentiva confusa e frastornata.
 Lui si era alzato, lasciandola tra quelle lenzuola intrise del loro odore. Mentre si rivestiva nemmeno la guardava.
 "Se ti viene fame, lì ci sono delle provviste... Oppure domani mattina puoi andare in un locale poco lontano..."
 "Non devi perdere altro tempo con me! Vado via domani mattina!"
 Si era voltato e prima di parlare, si era passato una mano sulla guancia e sul mento, cercando di capire cosa dirle.
 "Voglio che tu rimanga! Davvero... Mi piacerebbe almeno salutarti!"
 Aveva sorriso e non era riuscita a trattenere il suo dolore.
 "Chicco, quando andrai nel tuo appartamento, farai l'amore con lei?"
 Era bastato quello perché lui si innervosisse, le aveva sorriso sarcastico e con astio le aveva detto:
 "È la mia donna... E ti ho detto che con lei sto bene! Anche quando facciamo l'amore, stiamo bene... È perfetta per me!"
 "Oh..."
 "Io non ti chiedo se vai a letto con altri uomini. So di non averne diritto. Non dovresti farlo nemmeno tu!"
 Poi, semplicemente, se n'era andato.
 Ma quando era tornato a casa, dopo averla lasciata in quel letto disfatto, non era riuscito a fare l'amore con la sua donna. Lei lo aveva cercato, ma lui si era sottratto alle sue attenzioni con una scusa. Si era fatto una doccia per togliersi il suo profumo dalla pelle e lo aveva fatto perché la sua donna non si accorgesse che l'aveva tradita, ma avrebbe voluto solo sentirlo ancora quel profumo dolce e fresco.
 Il giorno dopo non aveva fatto altro che pensare a lei, al suo corpo, ai suoi baci e alle sue carezze. Al modo in cui si sentiva mentre la amava, a come lei lo faceva sentire, alle sue labbra mentre, travolta dal piacere, pronunciavano il suo nome.
 Era distratto e non era riuscito a combinare nulla. E poi temeva che se ne sarebbe andata senza nemmeno salutarlo. E l'idea di non vederla gli era insopportabile. Aveva avuto paura ed Era uscito di corsa dal cantiere, dirigendosi al porto che non era poi così lontano.
 Lei era ancora sulla barca, con un vestito lungo, in cotone chiarissimo. Gli sembrava di indovinare le sue forme sotto il vestito o forse era solo un'illusione. Il suo corpo, che lui conosceva così bene, gli aveva mozzato il fiato. Non poteva andare via. Proprio non era possibile. Erano mesi che non si vedevano, ma in quel momento era lì e prima di andar via, dovevano... Dovevano parlare. Non poteva proprio lasciarla andare.
 "Temevo te ne fossi andata..."
 "Ho già chiamato un taxi... Prenderò il primo volo disponibile... Non so nemmeno dove andrò! Mi dispiace per ieri sera! Non doveva succedere, siamo stati deboli! E mi dispiace di essermi impicciata degli affari tuoi! Hai ragione, non ne ho alcun diritto!"
 "Io... Noi... Non abbiamo fatto l'amore... Non avrei potuto farlo! Resta ancora qui! Non andare via!"
 La implorava di restare con lui ed era sincero. Gli aveva accarezzato una guancia e sorriso. Ma non era un sorriso felice, nonostante le sue parole, lei sapeva che non l'aveva lasciata. Voleva solo averla per qualche giorno, poi si sarebbe stancato e sarebbe tornato alla sua vita e alla sua donna.
 "Non voglio sapere quello che fai con lei! E non voglio rovinare la vostra storia! Ma non saprei resisterti... Non voglio che tu me lo rinfacci come ieri sera. È meglio che vada via!"
 "Sei così bella, dolce! Non andare via! Resta solo qualche giorno! Anche tu hai bisogno di me! Sei qui per questo!"
 "Non so nemmeno io, perché sia venuta! Ma... Non voglio essere la seconda scelta di nessuno, né l'amante, né rischiare di far del male ad una donna che ti ama! Stai bene con lei, l'hai detto tu! Cerca di essere felice, Chicco!"
 Aveva fatto un passo per superarlo, ma lui le aveva preso un polso, impedendole di andare via.
 "Se vuoi che sia felice, rimani qui! Non ti chiedo di essere la mia amante e comunque... Comunque non sei seconda a nessuno! Tu sei la mia donna! Lo sai! Nessuna è importante quanto te! Non andartene!"
 "Chicco... E lei?"
 "Non è necessario sappia quello che c'è tra noi! Non voglio soffra... So che andrai via! Ma non voglio rinunciare a te, anche se si tratta solo di qualche giorno! Poi tornerà tutto come prima!"
 "Quello che dici è orribile! Lo è per me e anche per lei!"
 Aveva portato una mano sul fianco e con l'altra si teneva la fronte, massaggindola. Con gli occhi bassi, sembrava torturarsi. Poi si era di nuovo rivolto a lei, guardandola negli occhi, supplicandola.
 "Dammi un'ora! Piccola! Promettimi di aspettarmi un'ora!"
 "Cosa cambierebbe?"
 "Le parlerò! Le dirò che è finita! Tu sei l'unica che voglia davvero!"
 "Non devi farlo per me!"
 "Lo faccio per me! Se è questo quello di cui hai bisogno, se questo serve per farti rimanere, lo farò!"
 "Chicco, non puoi fare una cosa simile..."
 "Sì, che posso! E voglio farlo! Aspettami qui! Tornerò da te e staremo insieme!"
 Per un attimo, aveva pensato di aspettarlo, ma poi era fuggita da quella barca e si era diretta verso l'aeroporto.
 Lui invece aveva raggiunto l'università dove Linda lavorava come ricercatrice e dove si erano conosciuti e senza nemmeno chiedere il permesso, l'aveva trascinata fuori per parlarle. Lei era quasi sconvolta da quello che le aveva detto. Non capiva la ragione di quello che stava succedendo. Erano felici, stavano bene e insieme si divertivano.
 "Sei impazzito? Perché? Quando l'hai deciso?"
 "Questa mattina... Linda non c'è un futuro per noi!"
 "Non c'è un futuro? Ma di cosa diavolo parli?"
 "Le cose... Le cose sono cambiate!"
 "Quando? Quando sono cambiate? Sono cambiate ieri notte? È per lei? Mi lasci per quell'idiota semianalfabeta?"
 "Non parlare di lei in questo modo! No! Non è per lei! Non ti amo! Siamo stati bene, ti sono affezionato, ci siamo divertiti, ma finisce qui! Non c'è niente e non c'era nemmeno ieri! Non sei tu la donna che voglio!"
 "Vuoi lei? Non sa nemmeno che tipo di lavoro fai! È... È così... Stupida! Non saprebbe fare due più due senza calcolatrice!"
 Riccardo era riuscito a mantenere il controllo, ma in quel momento l'aveva odiata come non aveva mai odiato nessuno. Prima di parlarle di nuovo, aveva fatto un ampio respiro e chiuso gli occhi per qualche istante.
 "Questo non è un problema tuo! Non rendere le cose difficili! Vai a casa mia e prendi le tue cose! Io starò lontano qualche giorno!"
 "Sei solo un bastardo, Riccardo! Un bastardo!"
 Gli occhi di Linda si erano riempiti di disperazione, erano pieni di lacrime e Riccardo ne era rimasto sconvolto. Non immagina che lei fosse tanto innamorata.
 "Ti giuro che mi dispiace... Sei meravigliosa, ma non sei lei! Devo andare... Mi sta aspettando!"
 "Come sei banale... Il pilota e la modella! Tipico!"
 A quelle parole, aveva reagito ridendo. Nulla era più stupido e ingiusto.
 "No! Non lo è! Tu non la conosci! E non sai nulla di noi!"
 "Ma sì! Forse hai ragione! Spero che si stanchi presto! E visto quanto durano le sue relazioni, tra qualche mese sarai solo... Ci avevo creduto!"
 "Non finirà mai! Mi dispiace... Davvero!"
 Poi era corso alla sua barca, l'aveva cercata ma Francesca era andata via.
 Aveva raggiunto l'aeroporto, sperando con tutto se stesso di trovarla. Ed era stato fortunato. Lei stava guardando il desk con le partenze, forse scegliendo il volo da prendere.
 "Farfallina, avevi promesso di aspettarmi!"
 Si era girata e l'aveva visto. Era trafelato, il respiro affannato. Ma le sorrideva e il cuore di Francesca si sciolse come neve al sole. L'aveva guardato e accennando un lieve sorriso, si era persa nei suoi occhi.
 "Non te l'ho promesso!"
 "Andiamo via..."
 E dopo aver intrecciato le loro dita, l'aveva trascinata fuori dall'aeroporto. Ed era felice, come non lo era da troppo tempo.
 Era la loro prima fuga. La prima di una lunga serie. Erano tornati al porto e avevano raggiunto il mare aperto. Avevano trascorso dei giorni bellissimi. Il loro amore sembrava lo stesso di quando avevano fatto l'amore la prima volta. Non c'era fretta, non c'era nessuno che si mettesse tra di loro, non avevano bisogno di farsi domande. Semplicemente vivevano quello che avevano, godendo di ogni istante. Ma era anche stata la prima volta in cui i loro litigi, le loro parole, li avevano allontanati l'una dall'altro.
 L'ansia di doverlo lasciare, le stringeva lo stomaco in una morsa, mentre lui si era incupito e aveva eretto una barriera.
 "Tra qualche giorno devo andare a New York... Ho un servizio fotografico..."
 "Io devo lavorare invece!"
 Nemmeno la guardava mentre glielo diceva.
 "Quindi credi che il mio non sia un lavoro?"
 Sorrise sarcastico.
 "Diciamo che è sicuramente meno impegnativo del mio... Sorridere mentre qualcuno ti fotografa, non deve poi essere tanto difficile!"
 "Perché mi stai mortificando?"
 "Mortificando? Fai la modella, piccola! Quello che fai è idiota!"
 "Non lo è! So bene di non essere un medico, né un dirigente o qualunque altra cosa... Ma non è così facile! Altrimenti chiunque potrebbe farlo!"
 "No, non tutti possono farlo, perché serve qualcosa che non tutti hanno! Ma non è una dote, né una capacità! L'unica cosa importante è la bellezza... Ti prego, non è un lavoro... Serio! A parte l'aspetto, cosa serve?"
 "Essere costanti, disponibili... E stare in piedi per ore, posare per ore, sfilare per ore! Non è così piacevole, è snervante. A volte crollo sul letto dalla stanchezza!"
 "Oh, certo! Immagino! "
 Rise divertito facendola infuriare.
 "Hai la fortuna di essere bellissima! Il tuo lavoro è un gioco! Non fai nulla di importante... Un passatempo!"
 "Perché mi sminuisci? Perché mi tratti in questo modo? Dici di amarmi e poi sminuisci quello che faccio e sminuisci me!"
 "Non ho bisogno di sminuirti... Ci pensi da sola!"
 "Chicco, mi stai facendo del male... Per favore smettila!"
 "Ti sto facendo del male? E perché? Perché dico la verità?"
 "Lascia stare! Non ha alcuna importanza!"
 "No, non ne ha!"
 Francesca lo aveva lasciato ed era scesa sottocoperta, mentre lui, gelido, guardava il mare.
 Sapeva benissimo di farle del male! Voleva allontanarla, perché sarebbe comunque andata via. E lui sarebbe rimasto solo, ricominciando a vivere la sua vita senza di lei.
 In quel momento, si era sentito così vuoto che avrebbe solo voluto lei fosse già lontana. Era stata la prima volta che aveva provato quelle sensazioni. Aveva cercato di convincersi che non era lei la donna giusta, che non era amore. Ferendola, aveva provato a se stesso che lei non era nulla di speciale, che non era davvero importante, che senza di lei avrebbe potuto vivere serenamente.
 Lei sarebbe andata lontano, tornando alla sua vita e tutto sarebbe tornato come prima! 
 Non si erano più scambiati nemmeno una parola.
 Francesca si era chiusa in se stessa e Riccard vedeva che nei suoi occhi era sceso un velo di tristezza. Sarebbe stato facile stringerla e dirle quello che provava, che non voleva andasse via, che lui la amava davvero, ma non lo aveva fatto. Lei sarebbe andata via il giorno dopo, tutto sarebbe tornato alla normalità, si sarebbe impegnato in quello che faceva e che adorava fare. Avrebbe ricominciato a pilotare i motoscafi e a vincere. Lei era solo una parentesi.
 Quella notte, nello stesso letto che condividevano, era raggomitolata e gli voltava le spalle. La guardava e avrebbe voluto che si girasse e gli sorridesse. Il suo sorriso era la cosa più bella che ci fosse ed era lui ad averlo cancellato dal suo viso. Con tutta la dolcezza di cui era capace, le aveva sfiorato una spalla con un dito e poi, travolto dal suo desiderio, gliela aveva baciata con passione.
 "È la nostra ultima notte... Voglio fare l'amore... Voglio tu sia mia, prima di andare via!"
 Si era voltata verso di lui, un brivido gli aveva percorso la schiena, ghiacciandogli il sangue. Lei aveva pianto, o forse piangeva ancora. Le aveva dato un bacio e lei lo aveva ricambiato. Lo aveva stretto in modo diverso, come se non volesse lasciarlo andare. E anche per lui sarebbe stato difficile lasciarla andare. Avevano assaporato ogni istante di quel momento, lo avrebbero portato con loro, quel momento, sempre.

 Sdraiato nel suo letto, avvolto dalla scarsa luce che penetrava  dai vetri, pensava a quella notte. Al modo in cui lei lo guardava, a come lo baciava e a come, per colpa sua, era andata via. A come si era sentito dopo. Era stato così idiota. Era tutto finito perché lui la trattava come una stupida ogni volta che avrebbe potuto solo amarla. Era sempre stato così.
 Ma qualcosa era cambiato. Per mesi l'unica cosa a cui era riusciro a pensare, era stata lei. Aveva pensato a lei, immaginando il momento in cui l'avrebbe rivista, a quello che le avrebbe detto, al suo sorriso, ai suoi occhi, a quello che lei era sempre stata capace dargli, alla passione di ogni suo gesto, ogni carezza. L'aveva tenuta nel cuore, sentendola scorrere nelle vene. Aveva sognato di amarla, di baciarla ogni giorno, come se tutto il resto fosse inutile, come se il mondo fosse vuoto.
 Poi era rinato. Era successo all'improvviso. Tutto era diventato chiaro. Era stato in quel momento che tutto era scomparso. Era come se la sua mente avesse incontrato il cuore e avessero sancito la loro resa reciproca. E da quella notte non sentiva più nessun dolore, nessun conflitto lo dilaniava.

 “No, papà. Questa volta preferisco restare in albergo!”
 “Mi dispiace non averti a casa!”
 “Non preoccuparti! Non ho intenzione di evitarvi! Te lo prometto! Anzi ci sono molte cose di cui voglio parlarvi...”
 “Molto bene. Arriverai domani?”
 “Sì, il volo atterrerà nel primo pomeriggio. Ma non preoccuparti per il trasferimento. Useremo un taxi che ci porti in albergo. Poi cenerò con voi se vorrete ospitarmi!”
 Suo padre sorrise e Riccardo fu felice di sentirlo.
 “Non vedo l'ora di riabbracciarti, Riccardo! Tua sorella, puoi capire il perché, non ci sarà, ma il resto della famiglia sì!”
 “Anch'io sono felice di vedervi!”
 Riattaccò il telefono e sorrise. Era vero! Era felice di tornare a Bogotà. Mancava da quasi un anno! Un anno difficile e per certi versi terribile, ma che lo aveva fatto crescere e maturare. Era maturato più in quell'anno che in tutta la vita. Quell'anno in cui si era sentito solo ogni giorno, era servito per capire se stesso. Per capire ciò che davvero desiderava. Ma non voleva più passare un solo momento a stare male come in quell'anno. Ora sapeva quello che voleva e avrebbe fatto di tutto per ottenerlo. Fu interrotto bruscamente dai suoi pensieri e sorrise.
 “Riccardo, mi aiuti a mettere queste scarpe?”
 Un tipetto dalla faccia buffa e simpatica gli tirava la manica della camicia.
 “Certo piccolino! Dov'è finita la mamma?”
 “Sta ancora preparando le valige per domani!”
 Il bambino indicò la porta della camera da letto. Riccardo rise, poi, inginocchiandosi accanto al bambino, gli parlò come se dovesse rivelargli qualcosa di segreto.
 “Impara una cosa delle donne, piccolo Kile... Sono indecise e troppo precise! Ma scoprirai che sono adorabili.”

 Aveva lavorato tutto il giorno per riuscire a realizzare un servizio sul concerto di un gruppo musicale che si sarebbe tenuto quella sera. La zona adibita alla manifestazione, era gremita da ragazzi vestiti uguali e con lo stesso tipo di atteggiamento un po' stereotipato. Non si era mai interessata a quel genere di musica, ma sapeva che alcuni politici e molte associazioni si erano schierati contro quel concerto, a causa dei contenuti controversi di alcuni testi. In realtà il concerto e il gruppo in sé, non le dicevano proprio nulla. Suonavano male e le parole delle canzoni erano banali e decisamente scontatate. Si stupì del clamore che avevano suscitato. Si convinse che la maggior parte dei ragazzi presenti, fosse lì, per protestare contro la tentata censura, più che per godersi la musica. Si sentiva vicina a quei ragazzini che cercavano di ribellarsi alle convenzioni, anche se in modo così banale. Era decisa a mostrare proprio questo nelle sue foto, da una parte il vuoto assoluto di un gruppetto di ragazzetti quasi incapaci di fare musica, dall'altra la stupidità di un certo atteggiamento borghese. Bolanos non poteva darle torto. Anche lui era stato obbligato a partecipare perché si temevano degli scontri, ma era chiaro che si trattava di una vera e propria montatura.
 “Cosa ne pensi Francis?”
 Francis era il nomignolo che Bolanos le aveva suggerito per firmare le sue foto, una sorta di nome d'arte, ed era quello con il quale la chiamava. A Francesca piaceva e lo aveva accettato di buon grado.
 “Penso che tutto finirà in una bolla di sapone!”
 “Lo penso anche io! Brava, Francis! Peccato aver perso una bella serata! Per una volta che ho un appuntamento con una super modella, sono costretto a sorbirmi questa merda!”
 Era adorabile, Bolanos, la faceva sempre ridere e si era affezionata a lui.
 “Mi lusinghi, mister Bolanos!”
 Gli rispose facendogli l'occhiolino.
 “Già! Suarez dovrà concedermi un po' di ferie per avermi imposto questo supplizio!”
 “Beh, ma siamo qui per quello che sarebbe potuto succedere, non per la musica!”
 “E cosa vuoi che succeda? Ne ho visti migliaia di concerti! Migliaia! Questi non valgono il biglietto dell'autobus! Mai sentite tante banalità in così poco tempo! E che dire dei “fan”? Ridicoli! Guardali Francis, sono assolutamente ridicoli!”
 Voltò lo sguardo verso quei ragazzi e pensò a quello che vedeva.
 “Sbagli, mister Bolanos! Sono dei ragazzini, è vero! Ma sono qui solo per ribellarsi ai benpensanti! Li trovo belli, forse immaturi, forse troppo convinti che basti scappare dalla finestra di casa per vedere un ammasso di idioti, per fare la rivoluzione, ma sono carini!”
 “Romantica la mia super modella! Fai qualche foto e poi andiamo via ti prego! I miei timpani non sopportano più questo rumore!”
 “Ai tuoi ordini, capo!”
 Quando la sera stessa, Bolanos vide le foto che Francesca gli aveva inviato, sorrise tra sé! Erano piene di romanticismo davvero. Aveva colto dei volti tra la folla pieni di sogni e di speranze. In uno scatto, una coppia di ragazzini impacciati si scambiava un bacio, forse il primo. Si leggeva lo loro timidezza e l'imbarazzo. C'era tutto in quegli scatti. Francis era riuscita a cogliere qualcosa in loro. Era speciale, Francis.
 Scrisse di quello, non della terribile musica, delle polemiche o della montatura mediatica. Scrisse di ragazzini con tanti sogni e pieni di voglia di vivere. Ribelli senza saperlo e non banali. L'articolo fu più lungo del previsto, tanto che decise di apportare alcuni tagli ma di proporlo completo a Suarez, per l'inserto settimanale.
 Era brava davvero, Francis! Brava ed empatica. Era felice di averla scovata dentro quel negozio nascosto e di averne fatto una vera fotografa. Anche Suarez non poteva più negarlo. La super modella, era riuscita a dimostrare di essere migliore dietro all'obiettivo piuttosto che davanti, aveva un talento molto grande.
 Le scrisse un messaggio ringraziandola per gli scatti e allegando l'articolo nel quale la citava e la ringraziava. Concluse dicendo che erano un'ottima squadra e se non fosse stato sposato e avesse avuto solo qualche anno in meno, si sarebbe innamorato di lei.
 Francesca posò il telefono sorridendo. Era stata impegnata con quel lavoro ed era riuscita a dimenticare tutto. Ma poi, come al solito quando era sola, i suoi pensieri tornavano a lui. Forse il giorno successivo si sarebbe tenuta la consueta cena a casa dei suoi genitori e lei sarebbe stata invitata.

 Era arrivato quel giorno, lo sapeva. Betty l'aveva cercata, ma lei non aveva mai risposto alle sue telefonate. Era in città, a due passi da lei e sentì un nodo alla gola. Il desiderio di vederlo cresceva ma anche le sue paura e la sua ansia. Non sarebbe stato come le altre volte. Lui non l'avrebbe cercata e ne era felice... O forse no. Sarebbe stata una prova difficile che però doveva superare. Lui aveva un'altra donna, una donna speciale, a lei non restava altro che affrontare lui e la realtà, a testa alta.
 Non fu una notte facile. Faticò ad addormentarsi e gli incubi la tormentarono implacabili.
 Si svegliò presto, fece colazione e uscì a correre lasciando il telefono a casa. La chiamata dei suoi genitori che la invitavano per quel rito, non sarebbe tardata, ma poteva almeno rimandarla. Rimase fuori per quasi tutta la mattina, non aveva mai corso tanto in vita sua!
 Buttò le chiavi sul tavolo e prese il telefono in mano. Quanti messaggi c'erano? Mille messaggi e telefonate. Non si curò di sapere di chi fossero e corse in bagno per una doccia. Una doccia lunga. Si asciugò con una calma innaturale e con la stessa lentezza indossò un paio di pantaloni e una maglietta. Ora non poteva più aspettare. Era passato il mezzogiorno e doveva rispondere a chi l'aveva cercata. Trovò la solita chiamata del suo vecchio agente, pronto a proporle qualche lavoro, seguita da una mail. Qualche conoscente che la invitava a qualche serata, un messaggio di Betty che lasciò chiuso, e l'inesorabile invito a cena... Tutto nella norma. Tranne le chiamate di Bolanos e Suarez. Era strano che quest'ultimo le avesse lasciato un messaggio vocale invitandola a raggiungerlo in redazione. Compose il numero e rispose Elsa, la segretaria, che aveva confermato l'invito, senza sapere le ragioni e dicendole che il signor Suarez sarebbe rientrato per le quindici. Guardò l'orologio. Giusto il tempo per cambiarsi.
 Arrivata davanti al suo ufficio, ebbe quasi timore a bussare. Sentiva che c'era qualcosa di strano, di diverso. Sospirò, sperando che il direttore non l'avesse convocata per rimproverarla di qualcosa, o peggio per chiudere la loro collaborazione.
 Sospirò e si fece forza.
 “Signorina Mora...”
 “Buon pomeriggio, c'è qualcosa che non va?”
 Disse intimidita, con un filo di voce.
 “Crede ci sia qualcosa che devo rimproverarle?”
 “Non lo so...”
 L'imbarazzo sul volto di Francesca era evidente e Suarez scoppiò in una sonora risata.
 “No, no, Francesca, si accomodi.”
 Lo ascoltò per venti minuti, senza avere la sicurezza di aver capito bene.
 Era quasi incredula. Era vero? Davvero era riuscita a diventare una vera fotografa?
 Il direttore mise fine a quel colloquio e nonostante le parole professionali, il tono era paterno e affettuoso.
 “Ci pensi e me lo comunichi entro questa sera!”
 Erano le ultime parole che le aveva detto.
 Corse da Alvaro, al negozio, e ripetè a lui e a Carmen quello che Suarez le aveva detto.
 “Bambina, ma è fantastico!”
 “Lo sapevo, tesoro! Alvaro aveva ragione!”
 “Piccola, ma cosa c'è? Non mi sembra l'espressione di una persona alla quale è stato offerto un lavoro così importante!”
 “Due lavori! Due!”
 “Ma solo uno ti permetterà di rendere il tuo nome famoso...”
 “Sono già famosa, per molte cose! Le avventure sentimentali, per la mia famiglia, per i cartelloni appesi in mezzo mondo...”
 “Sarebbe diverso!”
 “Sì, lo so! Ma significherebbe rinunciare a quello che davvero voglio, alla mia famiglia, a questa città, a Bolanos e soprattutto a voi, che siete i miei unici amici!”
 “Hai deciso di non accettare?”
 “Non ho ancora deciso nulla... Quella che mi hanno offerto è una grande occasione! Le mie foto parlerebbero per me, ma sulla bilancia ci sono molte cose! Sono solo contenta di dover decidere prima della cena di questa sera! Sarà orribile e probabilmente sceglierei l'opzione sbagliata. Ecco io sono tentata, ma non so se voglio davvero specializzarmi in un'unica direzione. Accettando il lavoro al giornale, potrei continuare a fare esperienza, e soprattutto potrei scattare le foto che voglio...”
 “Ma economicamente non c'è paragone...”
 “Sì Carmen, lo so! Sono confusa!”
 “Bambina, qualsiasi scelta farai, usa il cuore e la testa messi insieme. Ragiona su cosa vuoi! Vuoi un lavoro mal pagato e precario che ti soddisfa e ti rende felice? Oppure preferisci un lavoro ben retribuito, che ti permetterà di girare tanti paesi, trovando ogni volta situazioni diverse a cui attingere ma che riguarderà un solo argomento e che ti vincolerà? La tua famiglia, questa città e noi, non contiamo nulla! Perché ci saremmo qualunque sia la tua scelta! Io e Carmen ti vogliamo bene e le cose non cambierebbero!”
 “Alvaro ha ragione, tesoro! Ti va di fare uno spuntino?”
 “No... Ho lo stomaco chiuso!”
 “Sono sicuro tu abbia già preso la tua decisione! È quella giusta, bambina!”
 Ero corsa in redazione, era entrata nell'ufficio del suo capo, senza nemmeno bussare alla porta e aveva cominciato a parlare prima che lui si accorgesse di lei.
 “Signor Suarez, accetto!”
 “Allora lasci che contatti quelli della Starmagic...”
 “Sì, dica loro che ho accettato la sua proposta e che non sono interessata alla loro, o dica quello che vuole...”
 “Francesca, ho capito bene? Io non potrò mai garantirle quello che possono loro!”
 “Io voglio lavorare in questo giornale, con lei come direttore e con Bolanos come referente, con Maria, con Olivia e con tutti gli altri ragazzi. Voglio che le mie foto siano pubblicate da lei!”
 “Ma non avrebbe la stessa visibilità, lo stesso successo! Ed economicamente quello che le offro io è solo un pallido riflesso di quello che le offrono loro!”
 “Ma io ho deciso! Se lei mi assume avrò quello che mi serve! Le garantisco che non la deluderò!”
 “Lo sai... Ti darò del tu! Lo sai che ne sono molto contento! Le tue foto così intense, daranno un bell'impulso a questo giornale! Bolanos poi ne sarà entusiasta! Farò preparare il tuo contratto. Domani mattina voglio tu sia qui! Alle otto! Il mattino si fa una riunione per discutere cosa pubblicare e tu sarai assegnata al giornalista che ti indicherò! Nessun ritardo! Nessun capriccio. Ora tornerò a darti del lei. Trovo sia più professionale!”
 “A domani! E grazie!”
 Corse via felice, consapevole che la scelta fatta era quella giusta.
 Aveva scelto con il cuore, ma anche con razionalità, proprio come le aveva consigliato Alvaro. Quello che gli offriva quella società erano soldi e sicurezze, ma anche monotonia. Avrebbe dovuto limitarsi a fotografare quello che loro volevano, come volevano, senza poter usare la fantasia e l'istinto. Ne era stata lusingata, ma con Suarez aveva la possibilità di fotografare quello che lei riteneva davvero speciale e rappresentativo. Non sarebbe stata rinchiusa in una gabbia.
 Ecco. Ora aveva un vero lavoro, quello che le piaceva, con le persone che le piacevano, ed era felice. Avrebbe potuto affrontare quella cena in famiglia.
In quel momento sapeva di poter affrontare lui e la sua donna. Poteva farcela.

°°°°°°°°°°°°°°°°

Eccoci qui... Questo capitolo segna una svolta. La vita di entrambi i protagonisti è cambiata.
Francesca sta lavorando per realizzare se stessa e pare che Riccardo abbia capito cosa davvero voglia. E tutto dipende da questo donna.
Nel prossimo capitolo si rivedranno e allora si capirà qualcosa di più.
Ringrazio tutte le ragazze che leggono la mia storia e che mi lasciano le loro opinioni. Che mi sostengono!
Grazie davvero!

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Capitolo 8
*** 8 ***


Capitolo 8


 Era sdraiato sul letto guardando il soffitto. Sentiva la voce squillante di Kile risuonare per tutta la stanza accanto e Carol che lo rimproverava e lo implorava di abbassare la voce per non svegliarlo. Ma lui non aveva chiuso occhio quella notte.
 Era arrivato solo il giorno prima e si sentiva inquieto, teso. I dubbi e le incertezze erano tornati a tormentarlo. Era inevitabile.
 Nella sua vita non era mai stato insicuro, il dubbio di sbagliare l'aveva solo sfiorato e sempre nei momenti in cui si perdeva nei suoi occhi. Ma aveva sempre percorso la strada che credeva giusta e nemmeno quegli occhi erano riusciti a destabilizzarlo. Quella strada l'aveva percorsa tutta, raggiungendo ogni obiettivo che si era prefissato.
 Lui era Riccardo Mendoza, un ingegnere di fama, corteggiato da università e società in tutto il mondo. Il suo lavoro era riconosciuto e apprezzato, i suoi progetti parlavano per lui.
 Perché era arrivato a quel punto? Ambizione, bisogno di mettersi in discussione, bisogno di capire, per lo studio, amore per la meccanica. Ma la dedizione che aveva messo nel raggiungere il successo non si limitava a quello. Era rivalsa nei confronti di suo padre.
Erano sempre stati così diversi, quasi incompatibili, si era sempre sentito in competizione con lui. E per tutta la vita aveva cercato di trovare nei suoi occhi il rispetto e l'orgoglio. Per tutta la vita aveva cercato il suo appoggio, senza mai ottenerlo.
 Ma in quel momento, in quel letto, si sentiva finalmente libero da tutto. Dalla sua voglia di vincere, di essere il migliore, di competere. Libero dal bisogno di superare i suoi limiti, di raggiungerne altri. Libero dal senso di ineguatezza. Non era più importante dimostrare niente a nessuno.
 Quell'anno lo aveva cambiato. Riusciva a vedere le cose in maniera diversa, più reale.
 Si era messo in discussione, capendo di essere sempre stato egoista e che il suo egoismo gli aveva fatto perdere di vista quello che era davvero importante e aveva perso tanto, troppo.
Erano stati terribili, ma non rimpiangeva nemmeno un istante di quei mesi. E in quel letto, mentre fissava il soffitto, si accorse di sorridere.
 Sorridere ad una vita che mai gli era sembrata tanto bella. Ed era bella perché era chiara, era fresca e... Semplice.
 Per lui la semplicità non era mai stata un'opzione. Vivere una vita semplice, per lui, era vivere una vita vuota, una vita banale.
 Erano e emozioni che lo spingevano avanti, le emozioni che lo divoravano. Vivere tutto sempre al massimo delle proprie possibilità, scoprire qualcosa di nuovo ogni giorno.
 E poi era bastato guardare indietro, per capire che non c'era mai stato nulla di tanto emozionante di quello che conosceva.
 Mesi angoscianti passati nell'incertezza, ed era bastato un solo istante per capire. Una sola parola.
 Kile stava ancora gridando allegramente, forse ecitato dalla nuova città e da tutte le aspettative che poteva avere solo un bambino della sua età. Gli aveva promesso di fargli visitare tutti i luoghi che amava, proprio come aveva fatto suo padre tanti anni prima. Sorrise pensando a quanto fosse tutto meraviglioso e diverso da quello che conosceva. Proprio come lui, Kile, era cresciuto in un città sul mare ed era certo si sarebbe divertito un mondo.
 Quel giorno si sarebbe dedicato a lui e a Carol. Sarebbe stata una giornata piacevole e aveva bisogno di liberare la mente il più possibile. Perché quella sera stessa, avrebbe dovuto incontrare il suo passato per poter vivere il presente e poter correre verso il futuro.
 Era proprio quella consapevolezza a renderlo inquieto. Perché lui aveva tutto chiaro nella mente, sapeva bene quello che voleva, ma era necessario che lei lo perdonasse. Per andare avanti, dovevano affrontare ciò che era stato.
 La sera prima c'era stata la cena con i suoi genitori. Sembravano ringiovaniti per la felicità dovuta all'arrivo del nipotino. Suo padre non gli aveva fatto domande. Nemmeno su Carol e Kile. Solo sua madre gli era parsa preoccupata. Ma lo immaginava. Era stata gentile e garbata con i due ospiti, li aveva accolti con gentilezza e anche se era chiaro, avrebbe preferito averlo tutto per sé, non era stata invadente. Ma dai suoi sguardi capiva che era un fiume pronto a rompere gli argini. Era evidentemente curiosa di sapere di più su Carol e Kile! Che fosse un'amica che lo aveva accompagnato con il figlio non l'aveva soddisfatta. Come darle torto? Non aveva mai portato nessuna donna alle cene con i suoi genitori. Forse aveva ragione Carol a non voler partecipare a quella riunione di famiglia.
 Il suo cellulare squillò e ancor prima di rispondere, sapeva chi fosse.
 “Mamma...”
 “Come stai?”
 Sorrise, immaginava la madre in pieno tumulto, mentre si arrovella a per capire cosa stesse combinando.
 “Perché non mi dici come stai tu?”
 “Confusa, decisamente un po' sconvolta! E anche contrariata!”
 “Contrariata?”
 “Tuo padre ne è stato felice, ma io avrei preferito saperlo che saresti venuto con la tua compagna. Non fraintendere! Sono felice anche io... Se è lei la donna che vuoi!”
 “Mamma...”
 “Mamma, mamma! Sì, sono tua madre e avrei voluto essere preparata!”
 “Siamo amici! Non conosce la città, parla poco la nostra lingua, avrei dovuto lasciarla sola in albergo?”
 “Oh mio Dio, non puoi essere tanto stupido da non capirlo!”
 “Ok, ok! Scusa! Scusami! Avrei dovuto dirtelo, hai ragione! Perché non provi però a darmi un po' di tregua? Sono atterrato meno di 24 ore fa e già mi assilli!”
 “Stasera andremo dagli zii...”
 Era quello di cui la madre aveva paura. Era quello che la preoccupava.
 “Sì, come al solito!”
 Entrambi rimasero in silenzio per qualche secondo, poi Riccardo la sentì deglutire.
 “La porterai con te?”
 “No! Stasera Carol ha un appuntamento! E poi voi siete i miei genitori, gli zii avranno modo di conoscerla in altri momenti e solo se lo vorranno!”
 “Riccardo... Dobbiamo parlare!”
 “E parleremo! Ma oggi devo sbrigare alcune cose e sono certo che non vorrai farlo alla cena dei Mora!”
 “Ma dobbiamo parlare prima di...”
 “Di vederla? Sta tranquilla mamma! Le cose sono cambiate! In un anno cambiano tante cose!”
 Era sincero. Le cose erano cambiate. Non era andato a Bogotà solo per star vicino alla sorella nel momento più importante della sua vita, non solo per vedere i suoi genitori.
 Quello che aveva programmato per il giorno successivo, era solo uno degli incontri che aveva. Era tutto programmato. Sarebbe tornato a Miami solo dopo aver sistemato ogni cosa. Ai suoi non aveva ancora detto nulla, non aveva dato spiegazioni, se non poche parole che potevano anche essere interpretate in modo diverso. Ma preferiva aspettare, perché tutto si sistemasse. Suo padre ne sarebbe stato felice, sua madre meno, forse. La sua mamma si preoccupava sempre per tutti.

 I Mora lo accolsero come sempre con grande affetto e lui ricambiò con entusiasmo.
 La sua famiglia ed tutta lì. I suoi genitori, Edoardo, Camilla e Giulio, Nicola e Marcella. Ed erano tutti allegri e felici di vederlo. Mancava solo Claudio, impegnato per il lavoro.
 Quando sua sorella si avvicinò, sorridendo, la guardò come se non l'avesse mai vista e le accarezzò una guancia con una dolcezza nuova.
 “Oh mio Dio, Camilla! Sei... Sei così grande!”
 Gli diede un piccolo buffetto sul braccio e poi, con finto risentimento, disse:
 “Smettila, fratello! Ti assicuro che sono già abbastanza stanca della mia mole, senza che tu debba farmelo notare! Abbracciami! Sono così felice di vederti!”
 “Anche io! E non sei mai stata tanto bella! Vieni qui!”
 La abbracciò come da anni non faceva. La sua sorellina stava per diventare mamma. E solo in quel momento se ne rendeva conto! La vedeva più dolce e felice che mai. E si commosse quando vide che i suoi occhi si erano riempiti di lacrime.
 Giulio gli diede una pacca sulla spalla e gli tese la mano per salutarlo.
 “Amico mio!”
 “Giulio! È bello vederti!”
 Era la prima volta che tornava ed era realmente felice di vederli. Era davvero la prima volta che era felice di quelle cene che cadevano regolarmente ad ogni suo ritorno. Ma era tutto cambiato. Lui non era più l'uomo dell'anno prima. Aveva capito tutto.
 Era così impegnato con gli altri che non si accorse che lei era seduta su una poltrona e lo osservava.
 Non l'aveva vista. Forse perché non si aspettava che fosse puntuale, lei che era una diva anche con la famiglia, abituata a farsi aspettare e alle grandi entrate. Invece era lì, in un angolo.
 Francesca lo osservò. Era esattamente come un anno prima. Sempre allenato, in forma, con la barba lunga, evidentemente gli piaceva tenerla così, ma sembrava una persona diversa. Il suo cuore sembrava impazzito, non riusciva a capire se fosse completamente felice o distrutta dalla sua presenza. Sicuramente tutte le sue certezze, si erano frantumate guardando i suoi occhi.
 Era più sereno, il suo atteggiamento nei confronti degli altri, non aveva ombra di fastidio, sembrava a suo agio e addirittura felice. Quella donna aveva compiuto quel miracolo che a lei non era riuscito. Lo aveva acquietato. Aveva temuto che ci fosse anche lei, ma forse persino lui, lo aveva ritenuto inopportuno e indelicato. Comunque non sarebbe tardato quell'incontro.
 Al suo lavoro, doveva pensare a quello e alle soddisfazione che stava ottenendo. Perché se avesse continuato ad immaginarlo con quella donna, si sarebbe presto sbriciolata, come il suo cuore.
 Betty aveva cercato il suo sguardo, facendola sentire quasi nuda. Perché quella donna, voleva carpire i suoi sentimenti, quello che provava. E sapeva bene che se avesse contraccambiato il suo sguardo, sarebbe stato ancora più difficile nascondere le sue emozioni. Finse di non accorgersene, deglutì, nonostante la sua bocca fosse completamente asciutta e si alzò, andando da lui. Prima o poi lui l'avrebbe comunque vista.
 Si avvicinò a lui, obbligando le sue gambe ad uno sforzo disumano.
 “Bentornato, Chicco! Come stai?”
 Per un istante, solo un istante. La fissò solo un istante mentre si girava e lei sentì che le gambe che già non volevano accettare le sue costrizioni, non la sorreggevano. Un istante in cui credette che nei suoi occhi ci fosse qualcosa che sembrava amore. Un attimo in cui sperò di essere lei la donna che lo aveva reso felice.
 “Bene, Francis! Ora davvero bene!”
 Le sorrise, accarezzandole una guancia.
 Quel tocco le fece venire i brividi. Avrebbe dato qualsiasi cosa perché quella mano, non smettesse di sfiorare la sua pelle. Poi cercò di riprendere il controllo e tornare in sé.
 Aveva sentito bene? Francis? Era Bolanos a chiamarla così... Era il nome con cui firmava le sue foto... Le conosceva? Le aveva viste? No, molto più probabilmente sua sorella gliene aveva parlato o era solo l'ennesimo nomignolo che le affibbiava.
 L'aveva chiamata Francis ed era sembrata stupita. Davvero credeva che non avesse visto le sue bellissime foto pubblicate sul sito del giornale con il quale collaborava? Da quando sua madre gli aveva accennato del suo impegno, aveva cercato ogni foto che riportasse il suo nome, Francis. Non potevano essere di nessun altro quelle foto. Spontanee, romantiche, eleganti, piene di passione. Come lei. Come aveva fatto a sottovalutarla? Aveva riso, sapendola impegnata nella fotografia, lei che sapeva solo sorridere davanti all'obiettivo, ancheggiare su una passerella e indossare abiti inutili. Era certo si trattasse dell'ennesimo capriccio. Ma la voglia di vederle, quelle foto, era stata più forte dello scetticismo. Ed era rimasto colpito. Sconvolto in realtà, per la capacità che aveva scoperto. E aveva sorriso pensando alla firma, Francis. Dove l'aveva trovato? Francis. In lui, quella sera, era scattato qualcosa. Nella camera accanto dormivano Carol e Kile, lo ricordava bene. Era andato a guardarli e poi era tornato al computer. Lo aveva spento e aveva deciso che sarebbe diventato un uomo, quello che sua madre sperava di vedere da sempre. Quelle foto gli avevano fatto uno strano effetto. Lei era andata avanti. Aveva messo tutto il suo impegno in qualcosa che le piaceva e in cui era brava. Ed era stato felice di non essere solo in quel momento.
 Era sempre bellissima, nonostante fosse struccata e indossasse dei jeans larghi, un semplice maglioncino anch'esso troppo largo e le scarpe da ginnastica. Lei, che dei tacchi a spillo, aveva fatto un'estensione delle gambe. Sembrava tornata la ragazzina che passava i pomeriggi a disturbarlo. Eppure era sexy e affascinante. Restò a fissarla per qualche secondo ricordando la con addosso una canottiera rosa, poi sua madre lo richiamò alla realtà con una scusa qualunque che lo aveva solo infastidito.
 Durante la cena lei non lo aveva guardaro, si era impegnata ad essere gentile e serena anche se dentro era inquieta e agitata. A volte sentiva i suoi occhi su di sé ed arrossiva. Non era poi così cambiato, quegli sguardi la imbarazzavano e la mettevano a disagio, proprio come quando la stuzzicava e la prendeva in giro. Si convise che quello fosse un gioco, uno dei tanti che lui aveva fatto con lei.
 Poi, quando sua madre e Armando cominciarono ad alludere all'altra donna, con allegria e curiosità, cominciò il suo tormento.
 “È un'amica importante, una carissima amica! E sì, ci saranno dei cambiamenti nella mia vita, ma al momento non voglio parlarne! È ancora presto e prima di sbilanciarmi, voglio che tutto sia sistemato! Ma sono sicuro di questi cambiamenti, non sono mai stato tanto sicuro come ora! Non dovrete aspettare molto! Io... io sono felice di questi cambiamenti!”
 I cambiamenti di cui parlava, le facevano paura. Era come se quei propositi, che non la riguardavano, le lacerassero il cuore e la pelle. Ma tenne duro, anche quando dopo aver chiuso il discorso, lui l'aveva guardata con un sorriso strano.
 Quella cena era un incubo e avrebbe dato tutto quello che aveva per andarsene a dormire. Fu un vero sollievo quando Giulio e Camilla si alzarono per andar via, a quel punto anche lei poteva farlo. Salutò tutti con gentilezza e raggiunse la sua auto.
 “Francesca...”
 La sua voce, dolce e profonda, la stessa che la faceva sciogliere ogni volta e che conosceva bene, la fece trasalire. Quella voce riusciva a farla sognare, a farla gemere, ma l'aveva anche trascinata all'inferno troppe volte.
 “Farfallina, ehi! Aspetta!”
 La raggiunse e le cinse il polso. Si voltò e lo guardò cercando di mantenere la calma.
 “Scusa, non ti avevo sentito...”
 “Ti va di darmi un passaggio in albergo?”
 “C...cosa?”
 E sul suo volto era apparso quel sorriso meraviglioso. Le sue labbra, schiuse, formavano un disegno perfetto e la sua fossetta che amava come la vita, lo rendevano bellissimo e terribile al tempo stesso.
 “Parliamo?”
 La sua voce era tranquilla e allegra.
 “Va bene, dove alloggi?”
 Lo disse nel modo più disinvolto possibile, tanto che lui quasi ci rimase male. Quella serata sembrava non finire mai. Aveva accettato, ma nel momento stesso in cui l'aveva fatto, si era pentita. Non poteva restare sola con lui. Non voleva.
 No! Lei era forte! Più forte di lui e poi aveva solo bisogno di parlare con lei. Cosa avrebbe potuto dirle di così sconvolgente? Lei sapeva già ogni cosa.
 La studiò per qualche  secondo, poi sorrise e prima di salire sulla sua auto, le aprì la portiera.
 “Allora Francis, non ti sono mai piaciuti i nomignoli...”
 Sorrise, era sempre lo stesso, quel tono ironico non sarebbe mai scomparso. La voleva stuzzicare. Le andava bene, meglio non fosse poi così maturo e serio, sarebbe stato più facile difendersi.
 “Non è un nomignolo. È una sorta di firma e non l'ho scelto io!”
 “Dovevo immaginarlo... E chi allora?”
 “Il giornalista con cui ho iniziato a lavorare. Lo trova... Lo trova carino, come me!”
 Spostò gli occhi su di lei e la guardò, cambiando il tono della voce che da allegro, si fece serio.
 “Tu sei molto più che carina!”
 Perché? Perché invece di tacere, la metteva in imbarazzo?
 “Mmmmm, grazie!”
 Tra di loro era calato un silenzio che non avrebbe potuto essere più rumoroso. Sembrava che ogni parola fosse inutile e inopportuna.
 Fu lui a parlare.
 “Sono belle! Le tue foto intendo!”
 Fu colta alla sprovvista. Quella sua esternazione la fece trasalire e sorridere.
 “Le hai viste? Hai visto le mie foto?”
 Gli chiese quasi incredula.
 “Sì, mi è capitato di vederle. Mia sorella me ne ha parlato e con internet si può vedere ogni cosa.”
 Non riuscì ad interpretare il tono della sua voce e si limitò ad annuire.
 “Allora ti ringrazio del complimento”
 “Come stai?”
 Sentì la mancanza di quel silenzio che li aveva avvolti poco prima.
 “Bene, sono serena e faccio quello che mi piace..."
 Per fortuna erano ormai arrivati presso il suo albergo. Parcheggiò l'auto senza spegnere il motore.
 "Siamo arrivati. È questo il tuo hotel!”
 Ma invece di salutarla e scendere, rimaneva seduto, con gli occhi incollati al suo viso.
 “Non abbiamo finito di parlare!”
 No! No! Lei non voleva sapere nulla della sua vita! Perché nonostante la consapevolezza, il suo cuore era spezzato e sanguinava sapendolo innamorato di un'altra donna.
 Indurì il tono della sua voce e senza smettere di guardare davanti a lei, lo pregò di andarsene.
 “Chicco, non pensare che siano scuse, è stata una giornata molto strana, difficile. Ieri ho fatto tardi e non ho dormito bene. Ti assicuro che avrei fatto a meno di questa cena, ma sono contenta davvero di averti visto, ma ti prego, vieni al sodo!”
 “Ho voglia di stare con te!”
 Sussultò e scosse la testa, esausta.
 “Oh mio Dio, sei serio?”
 “Ho voglia di parlare con te! Dobbiamo parlare! È un anno che non lo facciamo! Sono cambiate tante cose! Siamo cambiati noi! Io ho bisogno di dirti come stanno le cose!”
 Mentre parlava, il suo cellulare squillò, era infastidito, lo avrebbe scaraventato dal finestrino, ma poi rispose.
 “.... Sono di fronte all'ingresso. Sto per arrivare! Sì, aspettami!”
 Non era necessario aggiungere altro. Quelle parole le diedero la forza di reagire con forza.
 “Buonanotte Chicco!”
 Ma lui non sembrò convincersi. Con una mano le accarezzò una guancia e le spostò una ciocca di capelli dal viso, si avvicinò e le diede un piccolo bacio ad un angolo delle labbra e poi appoggiò la sua fronte a quella di lei, strizzò gli occhi, quasi per riprendere il controllo e senza guardarla le sussurrò che dovevano parlare e che non poteva aspettare!
 Lei si spostò da lui, dal suo respiro che le scottava le labbra e la pelle e senza considerare i brividi provati, riuscì ad apparire tranquilla.
 “Ma vedi, non sono io ad essere attesa! Ti prego, scendi! Io sono stanca davvero!”
 Aveva capito che quella telefonata l'aveva confusa e cercò di tranquillizzarla.
 “Non è quello che pensi!”
 Era spazientita e nervosa.
 “Io non penso proprio nulla. Però adesso lasciami andare a casa! Se vuoi parlare possiamo farlo domani.”
 “No! Ti prego! Aspetta solo un momento. Dammi solo pochi minuti, non andare via...”
 “Facciamo così! Io me ne torno a casa e tu fai ciò che devi fare! Ascolta io non voglio giocare con te! Non mi interessa se credi che sia ancora la stupida a cui facevi fare ciò che volevi! Ho provato ad essere gentile, a dimostrarti che possiamo essere amici o se preferisci anche solo avere un rapporto normale, ma tu rendi tutto difficile! Ti giuro che se non scendi da questa dannata macchina, sarò io a prendere un taxi per tornare a casa!”
 “Francesca...”
 Aveva raggiunto il limite. Era arrabbiata, furiosa. Non voleva passare un solo istante in più con lui. Non le importava nulla della sua vita né di quello che sembrava tanto importante da non poter essere rimandato.
 “Riccardo... Buona notte!”
 E senza aggiungere altro, scese dall'auto lasciandolo seduto sul sedile del passeggero. La vide chiamare qualcuno, mentre raggiungeva il parcheggio dove stazionavano alcuni taxi. Quanto era bella. No, non era più la ragazza dell'anno prima, era una donna, una donna che lo affascinava e gli faceva battere il cuore. Mai come in quel momento la desiderava. Rimase a fissarla fino a quando la vide scomparire su un taxi, diretta a casa sua.
 Francesca non ci aveva pensato due volte a mollarlo in mezzo alla strada, ad andarsene nonostante lui l'avesse pregata di rimanere. Era una donna, una donna forte e meravigliosa. Lo era sempre stata. Era capace di essere meravigliosa in ogni momento. Quante volte l'aveva umiliata, sminuita? Ma era lui che ne usciva sconfitto. Era sempre stato lui a perdere qualcosa.
 Credeva che il suo atteggiamento scostante, che le sue parole cattive la ferissero, che tutto quello che faceva la ferisse, ma era lui a cadere in basso. Lei continuava a volare alta nel cielo. Era la sua dignità a farla volare tanto in alto. Quando la allontanava da lui, credeva di averla sconfitta, ma la sua forza la sorreggeva e la faceva crescere, cambiare. Ogni volta lei cambiava, si trasformava per non soffrire. Ed era diventata forte, indipendente. Le aveva fatto tanto male. Lo sapeva. Ma lei tornava da lui con il sorriso. Il più bello che esisteva. Sempre. Nonostante non avesse mai avuto rispetto per i suoi sentimenti, troppo preso da se stesso e dal suo orgoglio.
 Ricordava bene ogni cattiveria, ogni umiliazione che le aveva inflitto. Non si era mai posto nessun problema. Mai. Credeva che anche lei giocasse. No, voleva crederlo. Sapeva di essere stato ingiusto con lei, sempre.

 Che diavolo voleva da lei? Una donna lo aspettava nel letto che dividevano, la donna speciale che sembrava averlo cambiato... Credeva davvero che lei avesse bisogno di spiegazioni? Come i bambini? Sapeva abbastanza e non le importava affatto conoscere i particolari! Si era innamorato, lo capiva e non aveva mai preteso che non succedesse. Ma non poteva permettere che lui le stesse così vicino, non più. Quel bacio solo accennato, che le aveva dato poco prima, era stato doloroso come una coltellata. E aveva risvegliato in lei il desiderio di averlo tutto per sé, come non era mai stato. Un desiderio che sarebbe rimasto frustrato come tante altre volte. Con il pensiero tornò a qualche anno prima, quando si erano rivisti per la festa del diploma dei loro fratelli.

 "Un'altra storia finita! Mio Dio, Francesca! Non riesci a trovare pace! Io e tuo padre siamo preoccupati! Ti stai buttando via! Quanti uomini hai avuto?"
 Faceva dondolare la gamba, mentre, seduta di fronte alla scrivania della madre, la ascoltava distrattamente.
 "Anche Claudio, che è solo un ragazzino, cambia fidanzata come le camicie! Ma lui è un uomo e le cose vanno bene... Giusto? Beh, mi diverto! Proprio come mio fratello! Non faccio nulla di male! Sono una donna e non devo spiegazioni a nessuno! Le donne, proprio come gli uomini, non dovrebbero dare spiegazioni, non dovrebbero mai essere giudicate!"
 "Dovresti pensare anche alla tua reputazione! I giornali ti dipingono come una... Come una donna superficiale e senza scrupoli! Tuo padre è deluso... Lo sono anche io! Possibile che tu non possa essere almeno più discreta?"
 "Più discreta? È questo che ti preoccupa? Che il nostro nome venga associato ad una puttana?"
 Marcella si era alzata di scatto dalla sedia e dopo essersi posizionata davanti a lei, le aveva dato uno schiaffo che nessuna delle due si aspettava. La donna era indietreggiata di qualche passo, mentre Francesca si era alzata in piedi, fissandola con gli occhi che si riempivano di lacrime.
 La madre, pentita, aveva cercato di cancellare quel gesto e con un tono più dolce, le aveva detto:
 "Non ho mai detto che sei una... Sono preoccupata per te! Lo siamo tutti! Vogliamo solo tu sia felice!"
 "E allora lasciatemi in pace! Sono qui solo per voi! Riuscite solo a tormentarmi e sono arrivata solo questa mattina! Non preoccuparti mammina, quando questa farsa della famiglia unita e perfetta sarà finita, mi prenderò una vacanza e ti prometto che sarò discreta... Come vuoi tu! Ma se vi creo tutto questo imbarazzo, non avreste dovuto chiedermi di tornare! Non mi importa nulla del diploma di mio fratello e di Edo! Ho dovuto rimandare degli impegni!"
 "Smettila di comportarti come una bambina! Io... Noi ti vogliamo bene! Sei la nostra bambina e sei sempre così triste! Perché non parliamo?"
 "E cosa stiamo facendo? Siete capaci solo di giudicarmi!"
 Aveva fatto qualche passo indietro, verso la porta, per uscire da quell'ufficio e si era scontrata con qualcuno alle sue spalle.
 Riccardo, l'aveva guardata preoccupato. In quel momento, avrebbe voluto solo schiaffeggiarlo, tanto era arrabbiata. Gli aveva puntato gli occhi addosso, restando in silenzio per qualche secondo.
 "E tu che diavolo vuoi? Lasciatemi in pace! Tutti quanti!"
 E senza aggiungere altro, era uscita dalla porta sbattendola forte.
 "Ma che succede? Ho bussato... Ma non mi avete sentito!"
 "Ciao Riccardo! Sei tornato anche tu? Come stai?"
 Marcella lo aveva abbracciato e baciato, ancora scossa dalla discussione con la figlia.
 "Bene... Posso dire la stessa cosa di voi?"
 Aveva detto, indicando nella direzione in cui Francesca era scappata.
 "Sì... Cioè, non lo so! Ma non parliamo di qualcosa che nemmeno io capisco... Tua madre sarà felice che tu sia a casa..."
 "Sì... Sì, certo! Non potevo mancare per il diploma del mio fratellino! Zia... Ti chiedo scusa, ma ho alcune cose da fare... Immagino ci vedremo stasera a cena!"
 "Oh, non preoccuparti! Dimmi solo se sarai in compagnia della tua fidanzata, tua madre mi ha detto che hai una nuova fiamma..."
 "No, non ho una fidanzata... Mia madre crede che ogni amica sia una fidanzata. Cerco ancora la donna giusta..."
 "Hai ragione, scusa se sono stata indiscreta! A questa sera, Riccardo!"
 Era uscito dall'Ecomoda e l'aveva cercata nei dintorni. Ma non l'aveva trovata. Poco distante c'era un piccolo parco dove i bambini del quartiere giocavano e i genitori chiacchieravano. Si era seduto su una panchina che guardava verso l'ingresso dell'azienda di suo padre e si era acceso una sigaretta. Non era sua abitudine fumare, ma gli piaceva, ogni tanto, farlo. Era un modo come un altro per rilassarsi. Non amava bere, era sempre stato molto assennato, come ogni sportivo. Una sigaretta ogni tanto gli sembrava il giusto compromesso. E poi era teso. Era arrivato solo da poche ore, forse si erano quasi incrociati all'aeroporto, e già mal tollerava quelle persone e quel posto.
 In realtà aveva solo intravisto la sua famiglia, che lo aveva accolto a braccia aperte, ma quello che aveva sentito dentro quel posto non gli era piaciuto. Anche lei, come lui, veniva biasimata per le sue scelte, così diverse dalle loro. Vivevano vite diverse, ma entrambi odiavano la vita preconfezionata che vivevano le loro famiglie. Anche Edo seguiva gli schemi della loro perfezione. Si sarebbe iscritto a giurisprudenza, sarebbe diventato un avvocato e avrebbe seguito gli affari delle due aziende. E Claudio non avrebbe disatteso le aspettative, diventando un dirigente dell'Ecomoda, Giulio il presidente e Camilla avrebbe preso il posto di sua madre alla guida della TerraModa.
 Loro due, no. Loro erano liberi. Ma lei era fragile, forse li amava al punto da soffrire per il loro giudizio. Del resto lui sapeva quanto fosse sensibile. La sua bellissima Francesca. Dove diavolo era finita? Aveva composto il suo numero ma non aveva risposto. Forse era a casa... Aveva preso l'auto per raggiungere il suo appartamento, ma il portiere gli aveva detto che non era rincasata. Aveva voglia di vederla e stringerla, per rassicurarla, per dirle che lui era dalla sua parte.
 Era in ritardo anche per la cena. I suoi genitori fingevano una tranquillità che non avevano e poi quell'odiosa di sua cugina che non perdeva occasione di dimostrare quanto fosse migliore di chiunque. Poi, quando la cena era quasi finita, la sua farfallina, si era presentata con un sorriso bellissimo che avrebbe fatto innamorare chiunque. Era elegante, sensuale, forse troppo per una cena in famiglia. Indossava un tubino nero, in raso, calze trasparenti e delle scarpe con un tacco vertiginoso, era truccata e pettinata perfettamente e... E sembrava avesse bevuto qualche aperitivo di troppo. Era eccessivamente gentile, quasi sarcastica e quando sua madre cominciò ad essere inopportuna, si era alzata ed era uscita dalla casa, raggiungendo il giardino, con una bottiglia di champagne e un bicchiere.
 Sembrava che nessuno riuscisse più ad aprire la bocca. Tutti troppo occupati a pensare a quanto Francesca, fosse inopportuna, irritante.
 Li aveva guardati ad uno ad uno, quasi con odio. Perché le facevano del male?
 "Non sappiamo più come comportarci con lei... Riccardo, perché non vai da lei? Forse con te potrebbe aprirsi..."
 A parlare era stato Nicola, forse l'unico che amava davvero quella meravigliosa creatura fragile e triste.
 E l'aveva raggiunta. Era seduta nel punto più lontano del giardino, nascosto e riservato, su una poltroncina in vimini, con le gambe lunghe e perfette accavallate. In una mano aveva un bicchiere di champagne mentre con l'altra, teneva una sigaretta tra le dita affusolate.
 Si era posto davanti a lei, sorridendo.
 "Piccola... Ne hai una anche per me?"
 Aveva alzato gli occhi guardandolo con curiosità.
 "Fumi? E da quando?"
 "Solo qualche volta... Ad esempio ora mi piacerebbe!"
 "Prendine una! Sono sul tavolino! Se vuoi bere, fallo direttamente dalla bottiglia! Ho solo questo di bicchiere!"
 "No, grazie! Vuoi dirmi che hai?"
 Dopo aver acceso una sigaretta, si era seduto a due passi da lei.
 "Me lo chiedi tu? Sai benissimo che non sopporto il modo in cui mi trattano! Per loro sono solo un'idiota incapace! E... E anche una puttana da quattro soldi!"
 "È che ti importa quello che pensano?"
 "Non mi importa nulla! Ma non li sopporto. Siete tutti migliori di me! E allora?"
 "Io non credo di essere migliore di te!"
 Era scoppiata a ridere, aveva bevuto un lungo sorso di vino e poi mentre aspirava la sigaretta, lo aveva guardato divertita, mentre studiava la sua strana espressione.
 "Ipocrita! Bugiardo! La pensi esattamente come loro! Ma almeno loro non fingono!"
 "Piccola, non è vero!"
 "Non è vero... Ti prego, non insultarmi! Non sono intelligente come voi, ma so benissimo come stanno le cose! Non hai bisogno di fingere! So bene che cosa pensi di quello che faccio! Giudicando il mio lavoro hai giudicato me! Anche tu credi sia una poco di buono? Una mangia uomini? Mia madre lo pensa! Non che le importi qualcosa di me, è solo preoccupata per la reputazione dell'unica figlia del professor Nicola Mora, esimio docente ed economista e della dottoressa Marcella Valencia, rappresentante di una delle famiglie più in vista del paese... Andassero tutti al diavolo! Perché sei qui? Te l'hanno chiesto loro?"
 "Sì, ma era solo un pretesto per me! Volevo parlare con te!"
 Si era alzata e aveva appoggiato il bicchiere sul tavolo, spegnendo la sigaretta. Si era avvicinata a lui, guardandolo con un sorriso malizioso dall'alto in basso, gli aveva portato via la sigaretta dalle dita e aveva aspirato a lungo prima di spegnerla. Poi si era seduta sopra di lui, accarezzandogli il petto.
 "Volevi parlare o fare l'amore?"
 "Smettila... Non qui!"
 "Oh... Quindi non sbaglio... Perché non qui? Non ci vedrebbe nessuno!"
 Gli aveva dato un bacio cogliendolo alla sprovvista. Uno di quei baci che lo facevano vacillare, i suoi baci. Era stato capace solo di ricambiarla a stringerla a lui.
 "Andiamo via!"
 "Più tardi! Facciamo l'amore qui! Non dirmi che hai paura!"
 Mentre parlavano, gli aveva slacciato la cintura dei jeans e li aveva aperti. Lui le aveva alzato il vestito accarezzandole le gambe avvolte nelle calze di seta.
 "Sei pazza, piccola!"
 "Non mi importa quello che pensi! Non aprire bocca!"
 Gli aveva impedito di parlare baciandolo, tenendo il suo viso tra le mani e amandolo a due passi dai suoi genitori.
 "Sei una pazza che mi fa impazzire!"
 La guardava mentre si sistemava il vestito e si versava un altro bicchiere di vino.
 "Perché non rientriamo? Possiamo andare via!"
 "Rientrare? Non voglio vederli! Non ora! Non ho voglia di sentire quello che pensano di me!"
 "Allora andiamo via, subito! Voglio stare solo con te!"
 "No! Voglio rimanere sola stanotte! Ci possiamo vedere domani, a meno che tu non cambi idea in una notte!"
 "Non cambierei mai idea! Non immagini quanto ti desideri!"
 "Oh, lo so! So bene che fare l'amore con me ti piace! E so che cerchi di ottenere ogni cosa che vuoi... Non hai bisogno di fingere un interesse che non hai! Anche io ho voglia di stare con te! È l'unica cosa che sai darmi! Non rinuncerò al sesso con te!"
 "Non parlare in questo modo! Sai che non è solo questo!"
 "No? Senti, non ho voglia di discutere con te! Torna da loro! Digli che non ho voluto ascoltarti, che ci hai provato, ma che sono troppo presuntuosa per ascoltare chiunque!"
 "Che cosa c'è?"
 Glielo aveva chiesto perché era strana. Quando si erano visti l'ultima volta, lei era dolce.
 "Santo cielo... Anche tu? Tu mi chiedi cosa abbia? Non ho nulla! Nulla che possa interessare loro ma soprattutto te! Ma stai tranquillo, sto bene! Se sei preoccupato anche tu, non esserlo! Mi conosci! Sai che sono abbastanza stupida da non farmi troppi problemi... Ora, per favore, vuoi andartene?"
 "Non mi piace il modo in cui ti comporti... Sei fredda! Tu non sei così!"
 "Sai una cosa? Me ne vado io!"
 Si era alzata ed era andata via, lasciandolo solo e confuso. Aveva salutato svogliatamente gli altri ed era sparita.
 Quando era rientrato, sua zia gli aveva chiesto se fosse riuscito a capire cosa avesse.
 "Non lo so... Ma forse è solo il modo in cui la trattate... Forse dovreste lasciarle vivere la sua vita come meglio crede... Non tutti vogliono le stesse cose!"
 Suo padre era mortificato, sapeva bene che quello che diceva non riguardava solo lei, ma non aveva detto nulla. Sua madre, sempre premurosa e attenta, gli aveva stretto la mano e sorriso.
 "Ti sbagli, Riccardo! La mia principessa è infelice! Non sorride mai! È come se le mancasse qualcosa!"
 "Zio, lasciate che faccia quello che vuole! Non è triste! È solo... Forse si sente solo messa sotto pressione!"
 "Non credo! Sono anni che fa quello che vuole! Noi non le imponiamo nulla!"
 "Zia... Non le imponete nulla perché non potete farlo, ma dubito che non le facciate pesare quello che fa!"
 "Giustifichi il modo in cui vive? Lo sai quello che dicono di lei? Ogni settimana appare sui giornali con un uomo diverso! Credi che questo significhi che sia felice? Io non so cosa le sia successo! Non pretendiamo che torni a casa e che viva come noi! Vorremmo solo che si curasse di se stessa! E non lo fa!"
 Sapeva che aveva molti amanti, che era corteggiata e adulata da ogni uomo che la vedesse. Era talmente bella che era impossibile non fosse così. Ma anche solo pensare che lei desse se stessa a quegli uomini, gli fece male. Anche lui aveva avuto delle donne, Janet, Linda, qualche avventura... Ma mai aveva messo in discussione quello che lei significava per lui. Ogni donna scompariva quando la vedeva. Per lei era la stessa cosa? Erano solo dei passatempi o in loro cercava qualcosa di più? E lui, per lei, cos'era? Era ancora la ragazza che aveva perso la verginità con lui? Quella ragazza dolce e piena di amore, che l'aveva stregato e fatto innamorare per sempre? Sembrava sicura di se stessa. Era diventata grande la sua Francesca. Quando facevano l'amore sembrava diventare parte di lui. Quando la guardava negli occhi, mentre si amavano, erano gli stessi della prima volta. Era amore che leggeva in quegli occhi. Lo stesso amore di quella notte e che lui provava per lei. Era così anche con gli altri? Per lui no! Per lui fare l'amore con le altre era diverso. Teneva a quelle donne. Erano donne che in un certo senso erano state importanti, che gli avevo dato qualcosa di bello. E fare l'amore con loro, era piacevole. Era un uomo e solo se fosse stato un ipocrita lo avrebbe negato. Ma non era tutto. Con lei sì, con lei era amore, era tutto.
 "Vuole solo divertirsi..."
 "Andando a letto con ogni uomo che le fa un complimento?"
 "Marcella... Non sappiamo se quello che dicono i giornali sia vero!"
 "Nicola! Potrebbe smentirle quelle voci. Dare incarico ad un avvocato perché tuteli la sua immagine! E comunque ci sono altri modi per divertirsi!"
 "Riccardo, prova a starle vicino! Provaci tu! Lei ti vuole bene, avete sempre avuto un rapporto speciale!"
 Era vero, loro avevano sempre avuto un rapporto speciale. Sempre! Tra loro c'era qualcosa di speciale e indescrivibile. Chissà cosa avrebbero pensato le loro famiglie se avessero saputo cosa li univa. Cosa li univa? Nemmeno lui lo sapeva, ma era qualcosa di speciale, di vero!
 "Solo se lei vorrà! Domani la chiamerò. Ma non la obbligherò a parlare! Questa sera era... diversa anche con me!"
 Sembrava strana. Quando avevano fatto l'amore si era perso dentro di lei, era tutto ciò che voleva, ma poi era apparsa distante e quasi infastidita, anche da lui. Forse era ancora delusa dal modo in cui le aveva parlato l'ultima volta che si erano visti... No! perché avrebbe dovuto? Francesca sapeva bene quello che lui provava, nonostante fosse stato ingiusto.
 Aveva salutato tutti ed era tornato nella casa dei suoi genitori. Sapeva dove trovarla. Ma non voleva metterle fretta. Si sarebbero visti il giorno dopo. E sarebbe stata lei a cercarlo. La conosceva abbastanza per saperlo.
 Era quasi sera quando gli aveva chiesto di raggiungerla nel suo appartamento.
 "Speravo ci saremmo visti prima..."
 "Sono andata a nuotare... Ne avevo bisogno! Ma sono qui ora! Portami a cena! In un posto bello ed elegante!"
 "Vorrei rimanere solo con te!"
 Glielo aveva detto mentre si avvicinava a lei, stringendole un fianco e sorridendo con fare ammiccante.
 "Non credi che valga una cena?"
 "Tu vali una vita, piccola!"
 Si era allontanata da lui, quasi scocciata.
 "Come sei teatrale! Ti ho già detto che non devi sedurmi per venire a letto con me!"
 "E io ti ho già detto che questo modo di parlare è insopportabile e volgare!"
 "E da quando ti importa qualcosa di me?"
 "Da sempre! Sai bene di essere importante! Sei... Tu sei la persona più importante per me! Piccola, io ti amo!"
 Francesca era ferita. Quello che era successo qualche mese prima, l'aveva segnata e aveva giurato a se stessa che non si sarebbe più fatta trattare in quel modo. Lei meritava di essere rispettata e se lui non riusciva a farlo, sarebbe stata forte e si sarebbe limitata ad essere quello che lui voleva. Un gioco, nulla di più. Era devastata ma forse, se lui l'avesse vista più forte, sarebbe riuscito a darle un po' più di amore.
 "Bene, dimostramelo e portami nel locale più bello della città!"
 "Non voglio dividerti con nessuno!"
 Ma lui non la capiva. Così preso da se stesso e sicuro che la sua donna vivesse per lui.
 Stizzito l'aveva guardata sfidandola.
 "Non sono come quegli idioti che frequenti! Non mi interessa mostrarmi ai fotografi sfoggiandoti come un trofeo!"
 "Non sono un trofeo!"
 "Non lo sei per me! Ma per gli altri sì!"
 "E tu cosa ne sai di cosa sono per gli altri? Forse sono loro dei trofei!"
 Un moto di gelosia gli aveva percorso tutto il corpo.
 "Quanti di loro valgono qualcosa? Perché ti butti via così?"
 "Sembri mia madre! Se non vuoi cenare con me possiamo anche restare nel mio appartamento. Evidentemente vuoi solo quello da me!"
 Era impazzita? Non poteva essere vero quello che diceva.
 "Non lo pensi davvero!"
 "Io penso di non essere abbastanza interessante per te! Penso di essere solo una delle tante. Magari ti piace venire a letto con me, ma non sono stimolante come le altre. E non devi smentirmi! Me lo hai dimostrato l'ultima volta che ci siamo visti... Ricordi il modo in cui mi hai trattata, sì?"
 La tensione si era trasformata in dolcezza, ma Riccardo era sempre stato troppo orgoglioso per ammettere che lei avesse ragione.
 "Stavo solo parlando in generale. E se non sbaglio quando ti ho cercato a Miami sei tu ad avermi lasciato solo, dopo la notte che abbiamo passato insieme e anche a Cartagena! Te ne sei andata!"
 "Sì, perché avevo degli impegni! Ti ho chiesto di venire con me! E soprattutto non ti ho mortificato!"
 "Mortificata? Ti sei sentita così? Piccola..."
 "Non dirmi che non lo hai fatto consapevolmente! Almeno evita di essere patetico! Sei meschino! Ti piace darmi solo quello che ritieni necessario per avermi, poi, quando ti stanchi, mi fai capire che non sono... Che non sarò mai abbastanza per uno come te! Anche la prima volta che... Anche quando abbiamo fatto l'amore la prima volta è stato così! Ero così innamorata... Ti amavo da sempre! Ti chiedevo solo di lasciarmi almeno l'illusione di essere la tua donna... Ci ho creduto anche l'ultima volta! Sulla tua barca è stato così bello..."
 "Eri? Eri innamorata? Non lo sei più?"
 "Oh... Temi di perdermi? E tu? Tu mi hai mai amato?"
 "Ogni giorno da quando mi hai abbracciato quel pomeriggio alle prove per la sfilata!"
 "Quella è attrazione! Lo so di essere bella! Che ogni uomo vorrebbe venire a letto con me!"
 Prima di rispondere si era preso qualche secondo per pensare. Come poteva paragonare quello che c'era tra loro, con il desiderio che provavano quegli idioti che la portavano a letto?
 E il suo essere più nascosto, quello più crudele era uscito per difendersi e farle del male.
 "Credi sia questo? Credi che non possa avere donne belle quanto te? Davvero? Pensaci bene! Credi che le modelle dell'Ecomoda non mi abbiano mai corteggiato? Vuoi che te lo dimostri?"
 Il suo tono duro e cattivo, l'aveva fatta rabbrividire.
 "Non ce n'è affatto bisogno!"
 Aveva riso maligno.
 "Credo che questa sera porterò una bellissima modella a cena, in un locale bello ed elegante! Ma non sarai tu! Non sei speciale sotto nessun punto di vista! Una modella qualunque sarebbe più interessante di te, anche se fosse addormentata!"
 "Io ti odio!"
 "Me ne farò una ragione! Vattene al diavolo!"
 E dicendolo, si era diretto verso la porta. E lei non voleva andasse via.
 "Chicco... Non ti odio! Non potrei odiarti!"
 "No? Non sei nemmeno capace di mantenere i tuoi propositi! Credi di essere forte, ma sei debole come una ragazzina!"
 "Sai solo farmi del male..."
 "Finiscila di fare la vittima! Comunque non stavo scherzando! Stasera corteggerò un'altra donna, sarò dolce, la sedurrò e la porterò a letto! Quando farò l'amore con lei sorriderò, pensando a quanto tu sia ridicola!"
 Le lacrime negli occhi di Francesca, bruciavano, come sale sulle ferite.
 Quel gioco che aveva provato a condurre, le si era ritorto contro e non sapeva come uscirne.
 "Volevi stare solo con me..."
 "Volevo! Hai azzeccato il tempo! Volevo! Ora voglio qualcosa di diverso! Non sopporto le donne noiose e insoddisfatte! E tu sei noiosa e insoddisfatta!"
 L'aveva lasciata sola e lei quella notte non aveva chiuso occhio. Aveva sperato che lui la raggiungesse, voleva solo stringerlo e dargli tutto ciò che voleva. Sapeva bene che volendo, avrebbe potuto trovare una donna solo schioccando le dita. Era bello, ricco, intelligente e sapeva come adulare e sedurre chiunque. Lei lo sapeva, ma sperava che la sua fosse solo una minaccia. Che con quelle parole volesse solo farla arrabbiare.
 La mattina seguente, mentre beveva un caffè, guardava il suo telefono e si chiedeva se chiamarlo fosse la scelta giusta. Si era quasi convinta che fosse l'unica cosa da fare, quando sul display era comparso il nome di Emma, una modella che aveva conosciuto durante un servizio fotografico a Milano. Non era una top model. Era molto bella, con i capelli corti e castani, gli occhi verdi e un po' più bassa di lei. Era professionale e brava, ma non riscuoteva un grande successo, forse perché aveva un viso comune. Ma le piaceva, era simpatica e allegra. L'aveva anche raccomandata a Caterina Angel che le aveva chiesto dei consigli sulla modella da ingaggiare per la linea giovane disegnata da Laura. Era in città per la campagna di quei vestiti, forse voleva salutarla e organizzare una serata insieme.
 "Emma, che bello sentirti..."
 "Ciao Francesca! Come stai?"
 "In vacanza, per qualche giorno. La prossima settimana sarò a New York per una copertina e poi non avrò tregua per qualche mese. Resterò in Europa per le sfilate... Come sta andando con quella pazza di Laura?"
 "Benissimo! È molto carina! Diversa da come me l'avevi descritta! Un po' sopra le righe, ma divertente! Come il signor Lombardi! Ti ringrazio per questa opportunità!"
 Certo, Laura e Ugo erano odiosi solo con lei.
 "Figurati! Ne sono felice! Perché non ci vediamo questa sera, possiamo bere qualcosa insieme!"
 "Ecco, Francesca... Non posso! Ho un appuntamento!"
 Francesca aveva riso divertita.
 "Beh, direi che Bogotà ti sta dando molto più che un'opportunità lavorativa!"
 Era felice per lei. Le piaceva quella ragazza. Era una delle poche che non la invidiava, non era mai stata antipatica, forse perché sapeva che lei non avrebbe mai raggiunto il suo successo. Lei era una top model famosa, ricercata dai più grandi stilisti europei e dalle migliori riviste del modo, pagata centinai di migliaia di dollari per le campagne pubblicitarie che apparivano in tutto il mondo, Emma invece, era solo una modella come tante altre, nonostante fosse bellissima.
 "Beh, non lo so... Ieri sera sono uscita con questo uomo stupendo! È successo tutto in fretta... Ero nello show room con Laura, lui è entrato e... Oh Francesca! È meraviglioso!"
 Ogni parola che diceva era una coltellata, ancora non le aveva detto chi fosse l'uomo con cui era uscita, ma non ne aveva bisogno.
 "È il figlio maggiore del presidente dell'Ecomoda... Che stupida, tu lo conosci molto bene, credo! È Riccardo Mendoza... È stato così carino... Mi ha invitato a cena e... Beh, è stato tutto perfetto! Il locale, l'ambiente, la musica... Lui! Mi ha corteggiata come se fossi una principessa! Mi è quasi sembrato di vivere un sogno! Abbiamo fatto l'amore ed è stato... Oh, non riesco nemmeno a parlarne! Senti, Francesca... Non voglio disturbarti, ma ti ho chiamato per sapere qualcosa di lui... Laura mi ha accennato qualcosa, dice che non è un playboy, che non ha avuto molte storie e che alcune sono durate qualche mese... Io... Sono spaventata, perché mi piace così tanto! Credi sia stupido credere nel colpo di fulmine?"
 Le lacrime le rigavano il volto, era spezzata e provava un dolore al cuore così forte che avrebbe voluto solo strapparselo.
 "No... No! Non è stupido!"
 "Credi che anche lui possa aver provato le stesse cose che ho provato io?"
 "Ecco... Io non lo so!"
 "Ma tu lo conosci, no? Che tipo di donna gli piace?"
 "Sì, lo conosco! Siamo cresciuti insieme... Ma io non so cosa cerchi in una donna! Cosa davvero gli piaccia."
 Ed era vero. Se lo avesse saputo avrebbe fatto qualsiasi cosa per essere quello che voleva, perché lui la amasse almeno la metà di quanto lo amava lei.
 "Ieri sera mi ha detto che nella sua vita non c'è nessuno. Che non ha alcuna storia. Credi che ci sia una donna nella sua vita?"
 Nella sua vita non c'era nessuno, lei non era nessuno. Se qualcuno le avesse infilato un coltello nella pancia, avrebbe fatto meno male.
 "Se ti ha detto che non ha storie, perché me lo chiedi? Comunque non mi ha mai parlato di nessuna in particolare!"
 "Credi sia possibile che si interessi davvero a me?"
 "Perché no? Sei bella, simpatica e con te non ci si annoia mai... Riccardo è... Non lo so! Non lo so com'è! È diverso..."
 "Non voglio farmi illusioni! Forse è come tanti uomini che sembrano dei principi e poi si rivelano dei bastardi... In effetti potrei essere stata solo un capriccio..."
 Era lei il capriccio. Riccardo era un bastardo solo con lei.
 "No... Non credo! Io so che ha sempre tenuto alle sue compagne."
 A tutte, tranne che a lei. Perché la verità era che non era mai stata la sua compagna.
 "Non posso credere siano state loro a interrompere la relazione, sarebbero state delle pazze!"
 "Pazze? Oh, no! Ne ho conosciute due, una era una biologa, l'altra una fisica. Erano intelligenti e carine. Forse non erano quelle giuste..."
 "Una biologa e una fisica... E io cosa c'entro?"
 "Il fatto che tu sia una modella non dovrebbe essere una discriminante! Ognuno fa quello che vuole della propria vita!"
 Diceva quelle parole più a se stessa che alla ragazza che era andata a letto con il suo uomo. "Ognuno è libero di fare ciò che vuole..." Non ci credeva nemmeno lei.
 "Oh sì certo! Poi ieri sera abbiamo parlato di tante cose! Musica, cinema! Anche di arte! È stato tutto perfetto!"
 "Allora spero che tra voi funzioni! È... Riccardo è speciale!"
 "Ti ringrazio, Francesca! Sei sempre tanto carina con me! Magari possiamo vederci domani..."
 "Domani? Ecco... Non posso! Domani ci sarà la consegna dei diplomi e ci sarà una piccola festa per mio fratello! Potremmo vederci forse in Europa, durante le sfilate! Dopodomani partirò per New York..."
 "Avevo capito che il tuo impegno fosse per la prossima settimana..."
 "Sì, ma preferisco partire qualche giorno prima per essere in forma..."
 "Lo capisco! Beh, se le cose dovessero andare bene con Riccardo, e ti giuro che lo spero con tutto il cuore, potremmo vederci spesso!"
 Un incubo. Forse stava ancora dormendo e quello non era altro che un incubo.
 "Sì... Ti prego, ora scusami, qualcuno mi sta chiamando sull'altra linea..."
 Aveva riattaccato senza aspettare alcuna replica. Aveva preso una bottiglia di vino e l'aveva portata in camera, poi, dopo essersi buttata sul letto, si era stordita con l'alcol, addormentandosi poco dopo, piangendo.
 La mattina dopo, era orribile. Nemmeno il trucco sarebbe riuscito a nascondere quegli occhi rossi. Avrebbe fatto qualunque cosa per non doversi alzare dal letto. Ma non poteva mancare a quella ridicola cerimonia e alla festa che si sarebbe tenuta al club. Claudio e Edo si diplomavano e tutta la famiglia sarebbe stata presente. Lei voleva solo essere lontana! Da tutti loro e soprattutto da lui. Era talmente meschino che avrebbe potuto portarla con sé. Sarebbe stata forte, o almeno ci avrebbe provato.

 Era rimasto a lungo sull'auto della sua Farfallina, pensando a lei e ai suoi cambiamenti. A come riuscisse a stupirlo. Si era trasformata come i fiori. Era solo un bocciolo, la notte in cui l'aveva amato regalandogli la sua innocenza e ora era un fiore appena sbocciato, profumato e fresco. Aveva fatto male a quel fiore, ma era cresciuto forte. E dolce. Nonostante tutto lei era sempre stata dolce con lui, anche quando l'aveva tradita.

 La guardava mentre giocherellava con qualcosa che teneva in mano, forse un bottone o una perlina. Si sentiva male vedendola così silenziosa e triste. Era colpa sua, ne era convinto. Anche la sera in cui avevano fatto l'amore, nel giardino della casa dei suoi genitori, gli era parsa strana, ma doveva aver pianto tanto da quel pomeriggio in cui avevano litigato.
 I suoi occhi erano gonfi e rossi. Si era truccata, pettinata è vestita con cura, sorrideva a tutti ed era quasi affabile anche con la madre, ma sembrava avere il cuore spezzato. Era davvero stato lui?
 Quanto era bella con quella camicia bianca leggermente trasparente che lasciava intravedere la forma del suo corpo e con quei pantaloni stretti che esaltavano le sue gambe perfette. Nessuna era come lei. Nessuna era bella, dolce e sensuale come lei. Ed era sensibile, unica... Perché l'aveva tradita?
Tradita... Era la parola giusta? Non erano insieme, quello che c'era tra di loro era qualcosa di diverso. Entrambi sapevano di essere liberi di poter vedere chiunque. Eppure sentiva di averla tradita. Era strano e sciocco. Lei non si poneva problemi a intrecciare storie con gli altri uomini, ad esserne l'amante. E anche lui aveva avuto delle relazioni che finivano ogni volta che la vedeva.
 Avrebbe dato tutto quello che aveva perché il resto del mondo scomparisse lasciandoli soli.
 Nicola si era avvicinato. Anche lui la stava guardando e proprio come lui, aveva percepito tutto il male che Francesca cercava di nascondere.
 "Riccardo, guardala... Lo hai notato anche tu? Ha pianto!"
 "Sì, così sembra!"
 "La mia principessa è infelice, la mia bambina soffre e io non so cosa fare per farla stare meglio!"
 Senza nemmeno pensarci, aveva esternato i suoi sentimenti con una sincerità disarmante.
 "La porto via... Forse andare via da qui, anche solo per un po', potrebbe farla sentire meglio..."
 "Lo faresti? Ti ringrazio, Riccardo!"
 Sorrise allo zio, cosa avrebbe pensato di lui se avesse saputo le ragioni dell'infelicità della sua bambina?
 Si era seduto accanto a lei e le aveva sussurrato con tutto la sua dolcezza il suo desiderio e il suo bisogno.
 "Piccola... Andiamo da qualche parte, noi due soli!"
 Si era voltata a guardarlo, stupita di vederlo così vicino.
 "Cosa? No... Non voglio andare da nessuna parte!" Non glielo aveva detto con rabbia, solo con tristezza.
 "Io... Non volevo che lei te lo dicesse!"
 "Oh... Parli di Emma... Non preoccuparti! Non mi devi nulla! Hai fatto solo quello che avevi detto! Ed Emma è molto graziosa e carina!"
 "Ma non è come te!"
 "Io non voglio parlarne! Non sono arrabbiata! Non devi giustificarti o scusarti proprio di nulla!"
 "Eppure sento di doverlo fare... È come se... Se ti avessi tradito!"
 Un piccolo sorriso di delusione era apparso agli angoli della sua bocca.
 "Oh no! Non pensarlo! Sono io ad aver sbagliato! Sono stata inutilmente polemica e sgradevole!"
 "Non sei mai sgradevole... Piccola, andiamo via!"
 "No! Ho promesso a mia madre che ci sarei stata! E sto cercando di essere discreta e... E invisibile! Non sto dando fastidio a nessuno e non voglio rovinare questa giornata."
 "Piccola, io ti amo!"
 "Per favore, non dirmelo più! Lasciamo le cose come stanno! Domani vado via! Presto tornerai a Miami! Ho solo bisogno di riposare!"
 "Te ne vai domani? Credevo ti fermassi per un'altra settimana!"
 "Era previsto... Ma approfitterò per riposare la..."
 "Vai via per colpa mia? Perché non vuoi rischiare di vedermi ancora?"
 "No... Forse quando ho parlato con Emma sì, ma non è per te! E nemmeno per mia madre. È solo che in questa città non riesco mai a trovare tempo per me stessa..."
 "Dove vai?"
 "A New York. È lì che devo fare il prossimo servizio! È bella in questa stagione. Fa caldo, ma non troppo!"
 "E non vuoi passare qualche ora con me?"
 Oh, avrebbe solo voluto passare la vita con lui.
 "Non voglio fare l'amore... Non adesso! Forse hai ancora sulla tua pelle il suo profumo!"
 Una smorfia di disgusto si era disegnata sul suo viso.
 "Piccola, mi fa male sentirti così triste!"
 "Non sono triste, davvero! Pensavo che le cose sarebbero andate in modo diverso... Volevo davvero stare con te per tutto il nostro soggiorno. Ma ora sono... Sì, forse sono un po' triste, ma non per te, solo perché ho perso l'occasione per..." Amarti, era quella la parola che voleva dire, ma non voleva umiliarsi più di quanto non avesse fatto qualche giorno prima.
 "Per fare l'amore con te! Ce ne saranno altre se nel frattempo non troverai quello che cerchi!"
 Perché quello che cercava lei, lo aveva di fronte.
 "No... Non voglio fare l'amore! Sì, vorrei, ma non voglio andare via per quello! E non troverò mai nessuna come te!"
 Sembravano parole carine, ma non lo erano! Lui non aveva detto che quello che cercava era lei, non era qualcosa di sottile, ma di evidente. Lei non era quello che cercava. Non aveva importanza che forse non l'avrebbe trovato, non sarebbe comunque stata quello che voleva davvero.
 "Ti conosco abbastanza bene da sapere che stasera avevi promesso a Emma di vedervi. Io credo tu debba mantenere il tuo proposito!"
 "Piccola, vorrei tornare indietro e invece di... Ti abbraccerei e ti impedirei di parlare e di dire sciocchezze! Io lo so che eri solo arrabbiata e che volevi solo provocarmi! Mio Dio, Francesca... Riesci sempre a mettermi alla prova! Non ne usciamo vincitori, né io né tu!"
 "Ti assicuro che in questo momento sono io quella vinta! Quella che ha solo voglia di riposare! Non ti sto accusando di nulla! Sia chiaro."
 "Andiamo via, ti prego! Qui non possiamo parlare e dobbiamo chiarirci!"
 "In realtà stiamo parlando e non ci sta disturbando nessuno!"
 "Ma qui non ho la libertà di... Di abbracciarti! Voglio baciarti!"
 Come poteva pensare che lei sarebbe stata disponibile?
 "Non puoi davvero pensare che sia disponibile per te! Non puoi davvero credere che non abbia un minimo di dignità!"
 "Perché sono andato a letto con una donna?"
 "Oh no, perché l'hai fatto solo per dimostrarmi di poterlo fare... Perché per te non sono che una delle tante!"
 Non era così! Lei era l'unica, era la sola donna che davvero contasse qualcosa. Lei era la sua donna e mai nulla avrebbe cambiato le cose.
 "E per te? Per te cosa sono? Quando vai a letto con loro, perché lo fai? Per sostituirmi come ho fatto io l'altro giorno? O perché credi che quegli uomini siano importanti per te? O è un gioco, un divertimento? A me piace conoscere altre donne, tenerle tra le braccia e fare l'amore con loro. Non le ho mai illuse, non ho mai promesso nulla che non fosse vero. Sono sincero con loro e con me stesso! E lo sono anche con te! Non ti ho mai mentito! Sei importante ed è vero che ti amo!"
 Nessuno! Non c'era nessuno. Solo lui. Avrebbe potuto dirgli che lui era l'unico l'uomo. Che era l'amore della sua vita. Che gli altri uomini non erano nulla e che nessuno l'aveva avuta. Che lei non poteva essere di nessuno che non fosse lui. Che cenare con qualcuno non significava nulla. Che i giornali raccontavano fantasie. Che non aveva conosciuto nessun uomo e forse non lo avrebbe mai conosciuto. Che sperava di incontrare qualcuno di così speciale, da farle perdere la testa, che le facesse dimenticare che lei era sua. Con Jacques ci aveva sperato, aveva lasciato che lui andasse oltre chiunque altro. Ma poi aveva pensato a lui e aveva frustrato i desideri di un uomo meraviglioso. Lo aveva privato del suo amore. Perché era il suo Chicco l'amore. Era lui tutto ciò di cui aveva bisogno.
 "Io... Hai ragione! Sono l'ultima che abbia il diritto di fare la morale a qualcuno!"
 Gli aveva sorriso dolcemente, con le sue dita lunghe e affusolate gli aveva accarezzato una guancia sfiorandogli le labbra, a quel tocco, lui aveva socchiuso gli occhi.
 "Chicco, tu non immagini nemmeno quello che provo! Ti amo così tanto..."
 "Farfallina, ti amo anche io... Voglio solo dimostrartelo!"
 "Sì, lo so... Ma... Non ho nessun diritto di chiederti nulla, non quando siamo lontani! Ma quando... Ecco quando siamo vicini, sì! Dovresti essere solo mio, proprio come io mi dedico solo a te... Forse mi ami, o forse confondi quello che provi con l'amore. Ma non importa. Non adesso! Non avresti dovuto andare a letto con lei... Non avresti dovuto farlo! Non dopo... Non dopo aver fatto l'amore con me nel giardino dei miei!"
 "Ti chiedo scusa... Hai ragione! Ma... Ero furioso! Ero arrabbiato!"
 "Lo capisco! Ma non ti perdono! E comunque non riesco nemmeno a dimenticare che sulla tua pelle ci sia il suo profumo... Che tu l'abbia... Mi fa quasi..."
 Aveva strizzato  gli occhi, cercando di cancellare l'immagine che da quella mattina non la abbandonava. Emma e Chicco, nudi, in un letto, mentre si toccavano, mentre si baciavano, mentre la faceva sua. Le era venuto quasi da vomitare.
 "Ora ti prego, se davvero mi ami come dici, se davvero sono importante, lascia che rimanga sola e che parta domani, senza farmi domande, senza dirmi altro, senza farmi sentire un gioco nelle tue mani. Lascia che mi comporti da donna..."
 "Non voglio lasciarti andare! Non in questo modo. Tu devi scusarmi, devi perdonarmi e io... io ho bisogno di te! Voglio averti, baciarti, voglio che tu mi faccia impazzire come solo tu sai fare! E voglio andare via da qui, ora e andare nel tuo appartato e fare l'amore tutta la notte. Non puoi andare via! Non puoi lasciarmi solo!"
 "Cosa fate qui tutti soli? Chicco, non vuoi deludermi, vero?"
 Edoardo allegro e felice era corso da loro che sembravano essersi isolati dal resto degli ospiti.
 "Edo... Mio Dio! Stiamo parlando! È importante!"
 Riccardo aveva stretto i pugni e aveva parlato al fratello con astio.
 "Scusa... Scusa Chicco! Io non volevo disturbarvi!"
 "No, non ci hai disturbato, Edo! Hai ragione! Oggi è un giorno importante per te e per Claudio! Andiamo!"
 Odiava suo fratello in quel momento. Gli aveva sorriso prima di prendere la mano di Edo e dirigersi verso gli altri. Non capiva perché si fosse comportata così. O forse sì, perché qualcosa dentro di lui gli faceva male, proprio come quando aveva fatto sesso con quella ragazza. Come se non ci fosse nulla di giusto. Era lei che voleva. Sedurre Emma, era stato solo un modo per farle del male. Ogni cosa che faceva, era per lei. La guardava sorridere, fingendo una serenità che non aveva. Per un momento aveva pensato che fosse lei il suo destino. Che con lei, avrebbe trovato la sua pace. Ma era stato solo un attimo. Voleva tutto dalla vita e non era pronto a rinunciare a nulla, nemmeno per l'amore.
 Lei era l'amore. Lo aveva capito da molto tempo. Il vuoto che lei lasciava, sembrava incolmabile. Ogni volta era peggio. Ma lei c'era. Viveva ogni cosa che si presentava sulla sua strada consapevole che doveva raggiungere tutto. Accantonava il pensiero di lei, del suo corpo e del suo amore, per correre verso i suoi obiettivi. Sarebbe andata via il giorno dopo e tutto sarebbe tornato tranquillo.


************

Eccoci qui... Visto che prossimamente avrò molto meno tempo, cerco di impegnarmi adesso e portarmi un po' avanti.
In questo capitolo Chicco e Francesca, si sono incontrati, o scontrati, per un momento.
Questo momento ha fatto emergere i ricordi di Francesca che evidentemente, si è sempre sentita la seconda scelta, nel presente, come nel passato.
Riccardo è invece un vero enigma, anche per me.
Nel prossimo capitolo, che sto già scrivendo con una difficoltà davvero mai avuta, parleranno.
Chicco sente di doversi confrontare con lei per andare avanti, ma cosa significa? Beh, non Los nemmeno io... Scriverò di getto, senza pensarci!
Grazie per il vostro tempo e grazie in particolare a Federica, perché grazie a lei, il capitolo nove ne avevo praticamente già definito mentalmente, ha preso una nuova strada... Insomma, ha messo in discussione le mie idee, dandomi un piccolo suggerimento... 😁

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Capitolo 9
*** 9 ***


Capitolo 9


 Distolse i pensieri che la riportavano indietro, a tempi passati ma a situazioni tanto simili. Era sempre stata in competizione con qualche altra donna. Sempre. E nonostante lei fosse rimasta nella vita di Riccardo, per tanti anni, per tutta la vita, non era mai riuscita a conquistare il suo cuore. Non aveva importanza che quelle donne avessero percorso più o meno velocemente una parte di strada con lui, quelle donne avevano sempre avuto qualcosa che a lei, non era mai stato concesso.
 Lei non era mai stata la sua donna. Era stata l'amante, l'amica, la confidente. Mai la compagna. Non avevano mai percorso nemmeno per un momento la stessa strada. A volte si incrociavano, si fermavano per poi riprendere il cammino separati.
 Forse, se lui le avesse dato la possibilità di accompagnarlo, avrebbe potuto dimostrargli che il suo amore era incondizionato e unico... Ma lui non l'aveva mai voluta davvero. Era stata un gioco, una certezza, una sicurezza, l'aveva sempre data per scontato. Si era sempre sentita inadeguata, sbagliata.
 Quanti errori aveva commesso? Quanti di questi errori erano dovuti alle insicurezze che lui le trasmetteva?
 Insicurezze che andavano oltre il loro rapporto, insicurezze che non riguardavano solo l'amore, insicurezze che avevano minato costantemente la sua autostima.
 Messa alla prova, sempre. Anche in quel momento era come se si sentisse messa alla prova.
 No, non gli avrebbe più permesso di umiliarla e sminuirla, non gli avrebbe permesso di insinuarsi ancora nella sua vita, non gli avrebbe concesso nemmeno il tempo di dire una sola parola. Lo doveva a se stessa e al suo bambino che non era mai nato. Avrebbe seppellito il suo amore per lui, proprio come aveva messo fine all'esistenza appena iniziata di suo figlio.
 Per lui, dimenticarla non era poi stato tanto difficile... Dimenticarla? Aveva mai davvero pensato a lei?
 Che importanza aveva? Che lei riuscisse o meno nel suo intento, lui era perso. In quel momento era, probabilmente, tra le braccia della sua donna speciale, la baciava, le sussurrava il suo amore e la guardava, accarezzava il suo corpo e la faceva impazzire.
 Lo stomaco le fece male, perché sapere che lui davvero se stesso ad un'altra era terribile.
 Doveva smetterla di tormentarsi. Non aveva più senso. Doveva solo andare avanti.
 Aveva tutto, avrebbe trovato anche se stessa.
 Dopo trent'anni, tutte le sue speranze, i suoi sogni, avrebbero dovuto vertere in un'altra direzione.
 Oh... Era possibile smettere di credere in qualcosa in cui si era sempre creduto? Era possibile accettare che tutto fosse finito prima di iniziare davvero?
 Perché le sue speranze erano desideri, i suoi sogni erano realtà non ancora realizzate...
 Si strofinò il viso con forza, accorgendosi che ancora una volta le lacrime lo avevano bagnato.
 Respirò a lungo per riprendere il controllo delle sue membra e delle sue emozioni e si recò nella sua piccola cucina per prepararsi una tisana.
 Era stanca, sopraffatta, sfinita ma sapeva che non sarebbe riuscita a chiudere occhio. Forse un bicchiere di vino o una bottiglia intera, avrebbero potuto sortire un effetto più efficace di una tisana come rilassante, ma il giorno dopo sarebbe stata una giornata importante e per nulla al mondo si sarebbe permessa di rovinarla.
 Annusò l'aroma del liquido scuro, lasciandosi rasserenare dal profumo delicato.
 Come fosse stato possibile non sentire la porta aprirsi, non riuscì a capirlo, ma quando si voltò, lui era là, appoggiato con una spalla alla porta della cucina e la guardava con un sorriso indecifrabile sul volto. La tazza le cadde quasi dalle mani ma non era stato lo spavento, ma lo sconcerto, a farla trasalire.
 “Ho detto a Giorgio che volevo farti una sorpresa! Hai dimenticato di dirgli che non sono più un tuo amico...”
 Era tranquillo, sereno, esattamente come quando erano in macchina. Lei invece tremava e le sue gambe erano deboli e temette di cadere. Ma non doveva mostrargli le sue debolezze, lui le avrebbe usate contro di lei, come aveva sempre fatto. Ingoiò la saliva inesistente e con il tono più tranquillo che riuscì a trovare, disse:
 “Sarà la prima cosa che farò domani mattina. E ora che mi hai fatto questa sorpresa?”
 Rise divertito ma tornò in fretta serio e dopo essersi passato una mano sulla barba, la guardò negli occhi.
 “Ti ho detto che dobbiamo parlare ma sei scappata”
 “Io non devo dirti nulla che tu non sappia già! A questo punto dimmi quello che vuoi, tanto sei così convinto che tutti debbano sottostare al tuo volere, che sono certa che nulla possa farti desistere... Parla, poi lasciami in pace!”
 “Voglio sapere come stai?”
 E la sua voce sembrò quasi accarezzarle il cuore, tanto sembrava dolce e tenera.
 “Bene!”
 Disse con una certa titubanza.
 “Solo bene? Voglio sapere come stai davvero! Se sei felice!”
 E la sua parve più una supplica che una domanda.
 “Sei esasperante! Lo sai? Comunque sto bene e sono felice! Ho un lavoro che mi piace, ho ricucito i rapporti con mia madre... Va tutto bene!”
 Rimase in silenzio a guardarla era qualche istante.
 "Anche io, Farfallina! Anche io adesso sto bene!"
 Lo osservò ed ebbe la terribile sensazione che fosse sincero, come non lo era mai stato prima.
 "Lo so...si vede! Sembri così sereno... I tuoi occhi... I tuoi occhi hanno una luce diversa! Sembra che tu non abbia più nulla di irrisolto!"
 "Sei l'unica ad avermi sempre capito! L'unica che abbia sempre saputo leggermi dentro!"
 Francesca scoppiò a ridere.
 "Tu dici? È strano! In realtà ho passato la mia vita cercando di capire quello di cui avevi bisogno..."
 "E di cosa ho bisogno, Farfallina?"
 "Io... Io non l'ho mai capito! Ma la cosa importante è che lo abbia capito tu, no?"
 "Sì, è vero! Oggi lo so! È stato un anno difficile..."
 Un anno difficile... Oh, se solo lui avesse saputo quanto era stato orribile il suo...
 "I periodi di transizione sono sempre difficili! Ma tu sei sempre stato capace di affrontare ogni cosa e di superarla... Chicco, domattina ho un appuntamento alle otto... Sei davvero qui solo per dirmi che stai bene?"
 "No... Non solo! Voglio... Voglio chiederti scusa per tutto il male che ti ho fatto... Ho bisogno che tu mi perdoni! Devo andare avanti, Farfallina e posso farlo solo se tu riuscirai a perdonarmi!"
 Adagiò la tazza con la tisana ormai fredda, sul tavolo e si appoggiò con le mani sul legno, guardando verso il piano.
 "Non ho nulla da perdonarti..."
 Si voltò verso di lui che era rimasto fermo, quasi impassibile, ma non lo guardò davvero.
 "Quindi Chicco, puoi andare avanti!"
 Fece qualche passo verso di lei, tanto da percepire il suo profumo.
 "Piccola, posso... Posso sapere se provi ancora dolore?"
 Ogni giorno, ogni istante, ma non gli avrebbe più permesso di infliggergliene altro.
 Non gli disse nulla, tornò in salotto evitando di toccarlo e gli aprì la porta dell'appartamento. Lui la seguì, confuso.
 “Esci di qui”
 "Non posso! Non posso proprio! Devo sapere quello che provi, quello che hai provato..."
 "Lo sai!! Lo sai quello che provavo! Sai perfettamente di avermi umiliata, derisa! Mi hai quasi distrutta! E adesso che ti ho rinfrescato la memoria, vattene!"
 Ma lui, sempre risoluto e sicuro di sé, chiuse la porta e le si avvicinò fino a sfiorarla. Quel tocco le sembrò scottasse come il fuoco e si ritrasse infretta.
 "Farfallina, non andrò via! Devo dirti quello che provo io! Quello che ho passato e come mi sono sentito! Tu devi sapere perché oggi sto bene! Non è il lavoro, non è la mia famiglia! Non mi importa più niente di queste sciocchezze!"
 "Tu scherzi, non è vero? Hai dedicato la tua vita alla meccanica, al tuo lavoro! Al successo! Hai passato tutti i giorni della tua vita cercando l'approvazione di tuo padre... E adesso mi dici che sono sciocchezze? Ok! Ti credo! Evidentemente tutto quello che hai passato, come ti sei sentito, è servito per trovare la chiave della felicità! Ma a me non interessa! E davvero... Davvero non puoi pensare di venirmi a raccontare quanto tu stia bene e sia felice... Non puoi proprio farlo!
 "Non posso dirti quello che provo? Perché?" Le disse cercando i suoi occhi.
 "Perché anche io sono andata avanti! Sei fuori dalla mia vita! Io... Io sono stanca, Chicco! Non ce la faccio più!"
 "Non sapevo cosa fosse il dolore! Conoscevo la delusione... La frustrazione! Ma non il dolore! Ci sono quasi affogato nel dolore..."
 "Ma di cosa stai parlando?"
 Francesca era sfinita, non riusciva nemmeno a spiegarsi come facesse ancora a parlare, perché l'unica cosa che voleva fare era gridare.
 “Farfallina, mi manchi come l'aria,  ti amo con tutto il cuore! Pensi mai a me? A noi?”
 "Vai al diavolo, Riccardo, vacci davvero e non farti più vedere!
 "Devi ascoltarmi! Devi sapere tutto!!"
 "Tutto? Tutto  cosa? Che cosa vuoi??”
 Era sempre più vicino, sarebbe bastato un solo passo perché i loro corpi si scontrassero.
 “Sono tornato per te!”
 “Per me?”
 “Per te! Per noi!”
 “No! Non c'è nessun noi! Ci sono io e ci sei tu! E c'è la donna speciale che ti aspetta in albergo!”
 "Che cosa?"
 Era stupito, incredulo. Leggendo la sua espressione, Francesca continuò.
 "Parlo della tua donna! Quella che ti ha chiamato prima, che ti aspetta nel vostro letto! La donna speciale di cui sei innamorato!"
 “Te l'ha detto Camilla? Sei gelosa?”
 Un sorriso malizioso comparve sul suo volto e quell'immagine fece ribollire il sangue della donna.
 “No! Non lo sono! Ma sono stanca di tutto questo! Lo sai! Te l'ho detto lo scorso anno! Non ho più voglia di giocare! Non voglio più che tu mi faccia del male! Hai nella tua vita una donna speciale? Sei innamorato? Va bene, ne sono davvero contenta, ma lasciami in pace!”
 “È per questo che dobbiamo parlare! Lei è un'amica! Non c'è niente! Niente, Francesca! È qui per una ragione che non riguarda me, né te. Riguarda solo lei e non ha alcuna importanza! Te lo giuro, Farfallina! Adesso voglio solo che tu sappia che sono qui solo per te! Non per i miei genitori, non per Camilla e il bambino! Sono qui perché sei tu la donna che amo! Quella speciale! È stato un anno terribile. Io... Sono stato all'inferno! Ho passato ogni giorno pensando a te! Ogni istante! Ho sofferto sapendo che non volevi più avere a che fare con me! Non riesco nemmeno a concepire una vita senza di te! Ci ho provato! Ho provato a vederti come una donna banale e ordinaria, come una delle tante, ma non ci sono riuscito! Non posso perché tu sei la mia donna! Io ti voglio! Francesca, voglio te! Ho sempre voluto solo te! Devi credermi!”
 La donna lo guardava, incapace di reagire a quelle parole. Era confusa, sconvolta e terrorizzata.
 Aveva paura di lui ma soprattutto del suo cuore che sembrava impazzito e felice. Quel cuore avrebbe voluto che si buttasse tra le braccia dell'uomo che aveva di fronte e che amavo da tutta la vita. Il suo cuore aveva dimenticato in un momento il dolore e la delusione, le promesse che aveva fatto a se stessa, i propositi che durante il precedente anno l'avevano sostenuta.
 Quel maledetto cuore sembrava non voler dare spazio alla ragione, irrazionale ed egoista, pretendeva che il corpo assecondasse il suo istinto, che si lasciasse andare all'amore.
 La mente invece la costringeva a non muovere un muscolo, a rimanere ferma. A reagire con forza a tutte quelle parole che sembravano così sincere ma che non avevano nessun senso.
 La mente cercò di imporsi e prevalere. Nascose il volto tra le mani, per qualche secondo, cercando di tacitare il cuore che sembrava voler scoppiare da un momento all'altro e respirò profondamente.
 "Tu... Tu sei... Sei così presuntuoso... Così arrogante! Non sai nemmeno quello che dici! Credi bastino quattro parole per convincermi delle tue intenzioni? Credi davvero che non sappia come stanno davvero le cose? Hai una donna! Va' da lei e prova per un volta nella vita ad essere davvero un uomo! Cerca di amarla e di rispettarla!"
 "Piccola, hai davvero frainteso! Io sono già con la mia donna e voglio amarla e rispettarla! Dobbiamo parlare! Chiarire tutto quello che è successo! Per andare avanti, è necessario che tu sappia tutto..."
 Era esasperata, disperata. Avrebbe voluto credergli ma lo aveva fatto per tutta la vita e si era sempre ritrovata solo e infelice.
 “Esci per favore! Devo dormire!”
 “Io ti amo e tu devi credermi! Sono qui solo per te! Non ho nessuna intenzione di andare via!"
 "Io sono andata avanti, Chicco! Sono cambiata! Sei tu ad avermi cambiata! Non voglio tornare indietro! Non me lo perdonerei mai!"
 "Non dobbiamo tornare i dietro, piccola. Dobbiamo andare avanti! E lo faremo! Insieme!
 "Insieme? Ma da quando? Da quando credi sia possibile? Cosa ti fa credere che io lo voglia?"
 "Perché mi ami! Io lo so! Lo sento! E anche io sono cambiato! Qualunque cosa sia successa, è passata! Dobbiamo solo pensare al nostro futuro!"
 "Tu non ti rendi conto... tu non immagini nemmeno quanto sia assurdo quello che dici! Va' via, Riccardo!"
 "Ti ho fatto del male, lo so! So che tutto questo può sembrarti assurdo, ma non è così! Nulla di quello che è successo ti ha mai allontanato da me! Mi ami  ancora, più di prima!"
 "Ti sbagli! Sbagli! Non sai nemmeno di cosa parli! Qualcosa che ci ha diviso per sempre, c'è! Ma lo sai? Non importa! Non mi importa! Non sei più nella mia vita! Non ne fai più parte!"
 "Allora dimmelo! Dimmi che non mi ami più! Dimmi che non provi nulla! Che quando siamo vicini non senti quello che sento io!!"
 E mentre lo diceva, annullò le distanze.
 Erano vicini, tanto che riusciva a percepire i suoi respiri sulla pelle. Riccardo la guardava, avvolgendola con la sua presenza, quasi toccandola con il suo corpo.
 Lei non riusciva più a controllare le sue emozioni. Come se per troppo tempo, queste, fossero state richiuse in una cella minuscola e, in quel momento, avessero visto la luce e fossero pronte ad una ribellione. Cercava di non incontrare i suoi occhi, perché sarebbe bastato per sciogliersi completamente e lei non voleva! Non voleva che tutti i suoi sforzi si vanificassero. Ma la sua vicinanza le faceva venire i brividi, i suoi respiri, sempre più vicini, la fecero fremere.
 "Perché non mi guardi, piccola?" 
 Sapeva che aveva paura, percepiva il timore, ma anche il  desiderio. Il conflitto che la divorava lo confondeva, perché lui avrebbe solo voluto che lei lo baciasse, che lo amasse.
 Soffriva, sapendo che la sua donna era divisa in due, perché era colpa sua. Era lui ad averla sempre delusa. Le aveva fatto così tanto male.
 Forse avrebbe potuto darle un po' di tempo per capire, per accettare che lui era lì per lei, che non aveva più nessun intenzione di lasciarla andare. Che per nessun motivo le avrebbe permesso di vivere senza di lui. Perché la desiderava e la amava e la voleva.
 Forse avrebbe potuto capirla e accettare che per cancellare tutto il suo dolore, avrebbe dovuto  darle tempo. Dimostrarglielo, perché le sole parole non erano abbastanza. Ma non poteva.
 Doveva averla! Doveva sentirla e perdersi in lei. Perché tutto il dolore sparisse. Per cancellare le sue lacrime, per cancellare quello che le aveva sempre fatto e per cancellare quei mesi che lo avevano trasformato. Perché aveva bisogno di respirare e solo quando era dentro di lei riusciva a sentire l'aria che gli era così mancata. E senza esitazione, lasciò che fosse il suo corpo a parlare, che fossero le sue dita a dirle quello che provava.
 Le accarezzò la schiena piano, poi risalì fino al suo collo e la spinse a sé. Con l'altra mano cominciò ad accarezzarle i capelli e le sollevò il volto. Il suo profumo dolce lo inebriò. Il suo corpo magro, nascosto dal maglione, lo eccitò. La sua pelle era morbida, delicata. Aveva dimenticato cosa significasse stringerla e quello che provò fu un senso di appagamento e di consapevolezza.
 E lei... lei si perse definitivamente. Non c'era più niente oltre a lui.
 In un momento erano spariti il mondo, le paure, i dubbi. C'era solo lui.
 E il suo cuore, trionfante e arrogante, batteva come non aveva mai battuto, felice di aver sconfitto la ragione.
 Chiuse gli occhi e lasciò che lui cominciasse a baciarla. Prima piccoli baci, agli angoli della bocca, poi sulle labbra, che si schiusero per permettergli di assaggiarla. E furono baci pieni di bisogno, di desiderio. Quei baci divennero sempre più profondi ed appassionati. Le labbra di Riccardo, percorsero ogni centimetro del viso di Francesca che, vinta dal suo amore, si era completamente abbandonata a lui. Le sue mani, condotte dal suo maledetto cuore, si appoggiarono al suo petto, lo accarezzarono, lo cercarono, insinuandosi sotto la camicia per toccare la sua pelle. Le sue mani avevano perso ogni pudore, ogni costrizione, guidate solo dal bisogno. E lui, egoista e senza controllo, smise di baciarla, ricominciando a respirare, le sorrise e la sollevò, prendendola in braccio.
 I loro occhi non persero mai il contatto mentre lui la conduceva nella camera da letto.
 Conosceva bene quella casa. Era lì che era cominciato tutto. Sarebbe stato per sempre il loro posto speciale.
 Era lì che sarebbe ricominciato il loro amore.
 Era passato un anno da quando tra loro era finito tutto, molto di più dall'ultima volta che erano stati insieme, ma era come se quello che lei provava per lui, non potesse cambiare.
 La adagiò sulle lenzuola e si sdraiò accanto a lei, spogliandola del maglione. Rimase a guardarla per qualche istante, ammirando ogni particolare. Il collo, le spalle, il seno e la sua pancia. Come aveva fatto a non rendersene conto prima? Lei era perfetta e non perché il suo corpo lo fosse, ma per il modo in cui reagiva alle sue carezze.
 Percorse con le labbra il suo collo e si perse nei loro sospiri, nei suoi gemiti.
 “Dimmi che mi ami, piccola! Dimmi che non è cambiato nulla!"
 "Chicco..."
 "Dimmi che hai bisogno di me! Dimmelo come quella notte!”
 Quella notte... Quella notte, lei si era spogliata di ogni paura e gli aveva detto che voleva un figlio...
 Era tutto come allora! I suoi baci e le sue mani... “Ho bisogno di te, Chicco...”
 No! No! Quella notte in cui avevano concepito il loro bambino, le cadde addosso come un macigno. No! Era un incubo, lo stesso che la tormentava da sempre. Ma era tutto cambiato perché era andata avanti!
 Era lei ad avere bisogno di lui? Si ribellò a quelle parole. Era lui ad averla cercata.
 Lo aveva fatto solo per riprendere il controllo su di lei, non era amore, erano i suoi giochi! Era riuscito a cancellare tutte le sue difese e lo aveva fatto per dimostrare a se stesso e a lei di poterlo fare. Non era cambiato!
 Si irrigidì e la rabbia le diede la forza di ammutolire il cuore. Lo spinse lontano e si alzò dal letto, guardandolo con le labbra che tremavano.
 "Piccola..."
 “Non ho bisogno di te! Io non ti amo! Ti odio! Sei capace solo di farmi del male!”
 “C...cosa?”
 Era sconvolto e impreparato da quella dichiarazione.
 “Sei qui solo per questo! Vuoi solo avermi! Sono sempre lo stesso capriccio! Ma è finta! Io non ho bisogno di te! Non ho bisogno di quello che mi dai!”
 “Io voglio solo amarti, Francesca! Voglio stare con te, voglio te!”
 “Basta! Io non voglio fare sesso con te! Non farò mai più sesso con te! Hai una donna che ti aspetta... Non sarò la tua amante, non più!”
 “Ascoltami bene! La donna che credi la mia compagna, è solo un'amica! Non dormiamo insieme! Non dormiamo nemmeno nella stessa stanza! I miei genitori hanno frainteso perché avevo detto loro di avere scoperto che nella mia vita c'è una donna speciale. Hanno creduto fosse Carol. Ma sei tu quella donna! Io sono qui per te! Non andrò via! Sarò l'uomo che vuoi perché ho capito che non posso vivere senza di te!”
 “Mio Dio, non posso crederci! Sei patetico! Forse è vero che quella donna che ti chiama e ti chiede di raggiungerla, non è la tua donna. Forse non dormite insieme! E forse credi che basti una sceneggiata come questa per convincermi delle tue parole. Ma ho smesso di crederti quel giorno!”
 “Quale giorno? Di cosa parli?”
 Il cuore si era richiuso e aveva smesso di battere. A dominarla erano la rabbia e il dolore che erano riaffiorati prepotenti e reclamavano il diritto di essere espressi, con tutta la violenza di cui quei sentimenti erano capaci.
 Riccardo stentava a riconoscere in quel volto, quello della sua donna. Era livida, tremava e sembrava incapace di parlare.
 "Farfallina... Devi fidarti di me... Puoi dirmi tutto! So di aver sbagliato tutto! Ma non è tardi! Siamo una cosa sola, piccola!"
 "Posso dirti tutto? Tu non hai idea di quello che dici!"
 "Io so che ti amo! So che ti ho fatto del male e che per troppo tempo ti ho allontanata! So che nonostante tutto non hai smesso di amarmi e... E so che non voglio passare un giorno in più senza di te! Tu hai sofferto, piccola! Ma ti giuro che anche io mi sono sentito perso. Anche io ho sofferto quanto te!"
 Scoppiò a ridere ma dai suoi occhi cominciarono a scendere delle lacrime salate come il mare.
 "Tu hai sofferto quanto me? Tu non sai cosa significhi soffrire! Sei troppo egoista! Sei incapace di capire quello che ho passato! Non sai quello che ho perso! Non sai nulla di me!"
 "Sbagli, Farfallina! Posso giurarti che senza di te, mi mancava l'aria! Hai il mio cuore, piccola!"
 "Il tuo cuore? Non mi mai cercato! Mai! È per questo che sei qui! Perché eri convinto che non sarei riuscita a starti lontano! E il tuo ego gigantesco non può sopportare di essere messo da parte! Nessuno può resisterti, vero? Soprattutto io che sono la più stupida e illusa delle donne! Io che sono sempre stata solo un gioco! Qualcosa da usare e poi accantonare! Qualcosa da riporre in un cassetto fino a quando ti veniva voglia di divertirti... Quindi no! Tu non hai sofferto quanto me!"
 "È vero... Non sono mai stato l'uomo che meritavi! Ma non pensare nemmeno per un momento che tu sia stata un gioco! Tu sei la mia donna! Lo sei da sempre!"
 "Tu però non sei più il mio uomo! Non lo sei mai stato! Forse... Forse non sei nemmeno un uomo! Sei solo un maschio! Un maschio che mi ha portato via ogni cosa! Mi hai portato via i sogni! Mi hai portato via... Basta! Vattene! Torna in albergo! Vattene da questa città! Sei sempre stato così bravo a scappare!"
 "Non voglio più scappare..."
 "È tardi! È troppo tardi! Lui non c'è più e mi odierò per tutta la vita! E odierò te!"
 "Lui chi, piccola? Di chi stai parlando?"
 “Ora ti dirò le cose come stanno! Ti dirò perché sono partita non appena siamo attraccati a Miami, perché sono sparita, perché non ti ho più cercato e perché ho detto basta! Non mi interessa il motivo per cui sei qui. Io non voglio più vederti!”
 “Non ti lascerò andare!”
 “No? Nemmeno se ti dicessi che ero incinta di un figlio tuo? Nemmeno se ti dicessi che ho interrotto la gravidanza?” La guardava mentre gridava in modo sconnesso. Piangeva e singhiozzava e le parole erano interrotte dalle lacrime. In un istante le fu accanto, la prese per le braccia e la scosse mentre lei lasciava che lui assorbisse quella confessione.
 "Cos'hai detto, Francesca? Cosa diavolo hai detto??"
 Sul viso della donna si dipinse un sorriso maligno. Con uno scossone si liberò dalle sue mani e a pochi centimetri dal suo viso, gli gridò tutto il suo dolore.
 “Proprio così! La notte in cui ti chiesi un figlio, la sorte ha voluto che restassi incinta. Ma lo ricordi, vero, quello che mi dicesti? Ricordi le tue parole? Io sì! Le ricordo bene, anche ora! Ma le ho ricordate soprattutto quando ho fatto il test. Era positivo, ma io non sarei stata una buona madre! Lo ricordi anche tu? Una stupida egoista che aveva avuto troppi uomini come me, non meritava di diventare madre! Ecco cos'è il dolore! Ecco quello che ho perso! Tu non sai niente!"
 Stava dicendo la verità? Lei aspettava un figlio e non glielo aveva detto? Era sconvolto.
 “Basta per favore!”
 Disse passandosi le mani tra i capelli e cominciando a camminare in maniera sconnessa in quella stanza.
 “Basta? No! Ti ho chiesto di lasciarmi in pace mille volte questa sera! Ma tu hai voluto ancora una volta prevaricare i miei sentimenti! Quel giorno mi umiliasti, mi mortificasti, mi facesti sentire la più sciocca, la più inutile delle donne! L'uomo che diceva di amarmi e che solo la notte prima mi aveva amato dicendomi che voleva un figlio da me, mi aveva fatto sentire stupida, incapace, priva di qualità e... E una puttana! È questo che ho pensato guardando quel test! Dovresti ringraziarmi perché se non avessi deciso di abortire, saresti padre... Te lo immagini? La tua libertà, la tua indipendenza?”
 "Che cosa hai fatto, Francesca? Come... Come hai potuto?"
 "Cosa? L'ho fatto anche per te! Odiami! Odiami pure! Mi odio anche io e... ora lo capisci? Capisci perché ho chiuso con te?"
 Ora capiva. Capiva tutto. Capiva perché fosse scomparsa per un anno e mezzo, capiva il suo silenzio. Capiva perché l'anno prima lo avesse lasciato solo e disperato.
 E si sentì morire. Un figlio... Era qualcosa di talmente enorme, che mai avrebbe potuto pensarci. E faceva male.
 Francesca era rimasta incinta... Un figlio che non c'era più. Un figlio che anche se solo per un momento aveva voluto davvero. Glielo aveva portato via, aveva mentito. Chi era la donna che aveva di fronte?
 Era la stessa donna che amava e che aveva desiderato per tutta la vita? Era la stessa che gli aveva tolto la felicità l'anno prima?
 No! Era una sconosciuta, una ladra che gli aveva rubato la possibilità di scegliere.
 “Che cosa mi hai fatto?”
 “Vai via! Vai via!”
 Cadde in un angolo stringendosi le ginocchia e nascondendo il volto tra le braccia. Piangeva in modo scomposto ma quasi la sua voce era sparita. Lui la guardava in silenzio, sconvolto da quanto lei gli aveva rivelato. Un figlio. Aveva perso un figlio senza saperlo. E la donna che lui amava più di ogni altra cosa gli aveva mentito.
 Non sapevo spiegare nemmeno a se stesso ciò che sentiva. Era sconvolto, shockato, arrabbiato, furioso.
 Scaraventò a terra tutto quello che c'era sulla scrivania e sentì ogni muscolo, ogni centimetro di pelle bruciare. Non riusciva più a guardarla. Era incapace di capire.
 Aveva bisogno di aria, di respirare e senza pensarci, uscì da quella camera, dirigendosi verso la porta dell'appartamento. Aveva la mano sulla maniglia ma in quel momento si rese conto che conosceva bene la sensazione di sentire il respiro mancare. Sapeva cosa significasse cercare l'aria. Si accorse che non provava altro che un dolore profondo. Un dolore nuovo. Era un rimorso. Il rimorso di averla costretta a comportarsi in quel modo. Era stato lui a spingerla a farlo. Era stato lui.
 Provò rabbia. Rabbia e dolore. Rimase fermo, fissando la sua mano su quella maniglia. Per la prima volta sola sua vita, non sapeva cosa fare. E scelse.
 Scelse l'aria.
 Tornò sui suoi passi.
 Francesca era ancora rannicchiata a terra, come una bambina. I suoi singhiozzi risunavano nella stanza ed erano grida di disperazione che lo ferivano e lo intenerivano. Si avvicinò a lei e si sedette accanto.
 “Vai via!”
 “No! No, piccola...”
 La abbracciò obbligandola ad appoggiarsi a lui e cominciò a cullarla, in silenzio fino a che le sue resistenze vacillarono.
 “Lasciami sola, per favore!”
 “Se tu non mi amassi più, me ne andrei! Rispetterei i tuoi sentimeti! Ma tu mi ami come io ti amo! Non andrò via!”
 “Io non posso! Non voglio! Io non so più cosa provo, ma tutto l'amore del mondo non ci renderà felici!”
 Non le rispose. Perché anche lui non era più certo di loro. Non sapeva più se il futuro che aveva sognato, fosse quello che davvero voleva.
 Perché tra le sue braccia, c'era una donna che non conosceva. La amava, forse non l'aveva mai amata tanto, ma era così deluso e triste, che non sapeva se sarebbe riuscito a dimenticare quello che aveva fatto.
 "Cerca di non odiarmi, Chicco!"
 Non la odiava, non poteva proprio odiarla, nonostante tutto, stringerla tra le braccia riusciva a dargli la pace.
 Avere il suo volto sul suo petto, lo faceva sentire vivo. E la rabbia scomparve.
 Si lasciò inebriare dal suo profumo, avvolto in quel calore che da sempre gli suscitava appagamento.
 Ma quello che era successo era terribile.
 Restarono l'una tra le braccia dell'altro per un tempo indefinito e fu lei ad interrompere quel silenzio.
 “Cosa devo fare perché tu non mi ferisca più?”
 “Fidati di me!”
 “Voglio fidarmi! Voglio crederti! Dimostramelo! Vai via, adesso!”
 La guardò per qualche istante, le lacrime non avevano smesso di bagnarle il volto, gli occhi erano arrossati e sembrava davvero stanca di quello che stava succedendo. L'unica cosa che voleva era stringerla per tutta la notte, accarezzare il suo bellissimo corpo e baciarla dappertutto. Ma era diviso tra la voglia di averla, di amarla e il bisogno di capire e accettare ciò che lei gli aveva nascosto.
 Si mise in piedi, liberandola dalle sue braccia e le porse una mano per aiutarla ad alzarsi. Lei non accettò l'aiuto e si rimise in piedi da sola senza però riuscire a liberarsi della sua vicinanza. Era vicino a lei, troppo vicino.
 “Ora me ne vado... io devo pensare... Ho bisogno di un po' di tempo! Sono... Sono confuso, piccola! Non so davvero cosa fare, cosa dire... Non so più niente, Farfallina..."
 "Mi dispiace... Io... Io ero sola!"
 Quelle parole, così vere e dure, gli fecero male.
 "Piccola... Sono certo solo di un cosa... Io ti amo! E so che anche tu mi ami!"
 Prima che lei potesse replicare la baciò con passione. Un bacio profondo che lei ricambiò.
 Era un bacio terribile. Un bacio pieno di dolore.
 La lascio così, ancora con gli occhi chiusi, completamente sopraffatta.
 Uscì da quella casa senza sapere se ci sarebbe mai tornato, lasciando la donna per cui aveva rinunciato a tutto, sola e disperata.

 Non erano il cuore e la mente ad essere in conflitto. Cuore e mente avevano stretto un accordo per sopravvivere mesi prima e lo spingevano a correre da lei.
 Il cuore e la mente avevano bisogno di lei e gli dicevano di curare le sue ferite, perché solo così, avrebbe potuto curare le proprie.
 Anche il corpo ubbidiva a quel bisogno e gli impediva di dormire, troppo eccitato da quei baci e da quelle carezze che si erano scambiati in quel letto.
 Era la sua anima che, colpita e maltrattata, lo implorava di aspettare e di capire.
 Capire lei, ma soprattutto quello che sentiva.
 Non riusciva a realizzare quello che gli aveva detto.
 Un figlio...
 Francesca si era liberata di suo figlio, aveva mentito. Perché? Come aveva potuto?
 "Ero sola!"
 Lei era sola.
 Era sola perché lui l'aveva esasperata al punto da farla scappare. Scappare da lui. Da lui che la amava con tutto il cuore. L'aveva obbligata ad andarsene perché lui non era pronto a vivere il loro amore. E lei era rimasta sola, come sempre. Perché lui non sapeva cosa volesse.
 E di certo non voleva un figlio.
 Ricordava quella notte, gli sembrava di sentire l'odore della sua pelle, di vedere gli occhi pieni d'amore e di desiderio della sua donna. Il suo respiro e la sua voce. Ricordava bene quella notte. L'aveva rivissuta mille volte nei mesi precedenti. Perché era stata una notte speciale. Si erano amati come non avevano mai fatto. Lei era diversa, lo aveva percepito chiaramente. Era più innamorata che mai. Era stata una notte indimenticabile.
 E poi lui aveva rovinato tutto, come sempre.
 Lui l'aveva umiliata ancora, in maniera crudele. Lo aveva fatto perché era necessario se ne andasse per tornare a vivere la sua vita.
 Francesca era scappata da lui. Lui l'aveva cacciata.
 E lei... Lei era incinta di suo figlio e lui l'aveva respinta. Aveva respinto lei e suo figlio.
 Non era stata lei a scegliere. Era stato lui.
 E provò un odio profondo per se stesso. Si odiò con tutto il cuore, con la mente, con il corpo e con l'anima. Quell'anima che gli chiedeva di capire, che lo aveva spronato a cercare dentro se stesso, in quel momento era la sua nemica, la sua accusatrice.
 L'anima, il cuore, la mente e il corpo erano contro di lui. E in maniera prepotente lo imploravano di tornare da lei. Di raggiungere l'aria per respirare.
 Anima, cuore, mente e corpo sapevano che solo con lei accanto sarebbe riuscito a perdonarsi. Perché era la pace. Il suo amore era serenità. Era la vita.
 La consapevolezza di non avere dato scelta alla sua donna, di non aver dato la possibilità a suo figlio di nascere, era terribile. E solo lei sarebbe riuscita a placare il colore e la delusione.
 Tutto si riconduceva a lei. Ogni cosa la portava a lei, anche il dolore e il senso di colpa.
 Era stato cieco per tutta la vita. Il suo egoismo gli aveva impedito di vedere la realtà.
 E la realtà era lei. Lo era sempre stata.
 Lei era la sua Farfallina, il suo unico vero e grande amore.
 Lei era la donna che gli aveva dato se stessa.
 E lui non la meritava, ne era consapevole. Francesca meritava la felicità, meritava un uomo capace di vederla da subito per ciò che era. Ma non poteva fare a meno di lei, non avrebbe più potuto sopravvivere. Sarebbe tornata da lui. L'avrebbe riavuta. Avrebbe vinto ogni resistenza e avrebbe cancellato ogni paura.

 Sentì dei passi dietro di lui, ma non si voltò. Sapeva che a raggiungerlo fosse Carol.
 Con le mani appoggiate al balcone della sua camera, osservava la città che si colorava piano della luce del mattino.
 La mano della donna si appoggiò sulla sua spalla e sorrise a quel contatto.
 Era un contatto caldo ed affettuoso.
 "Ehi... Come stai?"
 "Buongiorno! Va tutto bene..."
 Carol lo obbligò a guardarla.
 "Va tutto bene? Davvero?"
 Riccardo guardò la donna che aveva davanti e sorrise.
 Era bionda, con gli occhi azzurri e qualche lentiggine sul naso e sulle guance. Era bellissima Carol, e per un certo periodo era stato attratto da lei. L'aveva conosciuta qualche mese prima, ad una festa. Carol era la figlia di uno dei proprietari della squadra di offshore per cui lavorava. Le piaceva perché era completamente diversa da Francesca. E in quel periodo lui voleva solo dimenticare la sua Farfallina. E Carol era perfetta, meno alta e più prosperosa. Era una donna che non passava inosservata. Vestiva sempre in modo al limite del provocante, era ricca e volitiva, sexy e attraente, ogni uomo avrebbe fatto follie per una come lei. Lei lo aveva subito notato e lui non era rimasto indifferente alle sue attenzioni. Avevano fatto amicizia in fretta. Aveva sempre vissuto tra New York e Montecarlo, disinteressandosi degli affari del padre e godendosi i privilegi che i soldi le regalavano. Aveva avuto una storia con un uomo dell'alta società francese dal quale aveva avuto un figlio, Kile. Ma quell'uomo, pur riconoscendolo legalmente, si era sempre disinteressato del bambino, pagandola profumatamente per tenerlo lontano da lui. Era tornata negli Stati Uniti col figlio e passava il tempo tra feste e shopping. Ma era una buona madre e cresceva il bambino con amore. Questo a Riccardo era piaciuto e si erano frequentati per un po'. Lui però, non riusciva a pensare a nessuna donna che non fosse Francesca. Non sapeva ancora che la sua strada fosse lei, ma nessuna riusiva a togliergliela dai suoi pensieri. 
 Carol, invece, si era innamorata di lui e aveva provato in tutti i modi a conquistarlo. Era una donna intelligente e presto, si era resa conto che da lui avrebbe ottenuto solo amicizia. Era diventata così la sua confidente. Lei sapeva tutto di lui, della sua ribellione alla famiglia e al padre, alla fuga negli Stati Uniti, al lavoro come ingegnere. E naturalmente di lei.
 Quando aveva maturato l'idea di tornare a Bogotà per riconquistarla, aveva provato a convincerlo che era sbagliato. Che non poteva lasciare un lavoro in cui era un leader assoluto solo per rincorrere una donna. Aveva provato ad usare la carta del contratto che aveva sottoscritto, delle penali alle quali sarebbe andato incontro. Ma lui aveva deciso. Si era licenziato. E aveva messo in vendita il suo bellissimo appartamento. Era riuscito ad evitare problemi legali, regalando alla società un brevetto che aveva progettato e aveva preparato tutto per la partenza. Ogni cosa era imballato negli scatoloni, pronti a partire non appena la casa fosse stata venduta. Aveva anche fatto portare la sua barca al porto di Cartagena, dove la sua famiglia aveva una casa e dove lui aveva vissuto i primi anni della sua vita. Ma era intenzionata ad essere più di un'amica e di una confidente.
 Lei lo voleva e avrebbe fatto di tutto per conquistarlo. E così era partita con lui. Lo faceva per evitare di vedere il padre di suo figlio che si trovava a Miami per degli affari, gli aveva detto. Non era stato difficile convincerlo. Riccardo era un uomo intelligente, colto, assolutamente fuori dalle righe, ma aveva un cuore buono e gentile e non aveva resistito alle sue lacrime. Gli aveva fatto credere di temere il padre di suo figlio, di aver paura delle sue intenzioni e soprattutto temeva che il piccolo Kile potesse soffrire nel vederlo. Non era felice di aver usato il figlio, ma Riccardo era affezionato al bambino e lei nonostante tutto, era convinta che avrebbe potuto conquistarlo. Era un uomo speciale, Riccardo, un uomo per cui valeva la pena lottare e sperava con tutta se stessa, che quella donna, che lui amava tanto, non fosse pronta a perdonarlo, o che l' avesse dimenticato davvero.
 "Sono solo confuso..."
 “Siete tornati insieme?”
 Gli domandò studiando ogni particolare del suo volto.
 “Non siamo mai stati insieme, non nel senso stretto del termine, almeno.”
 “Ma lei è la donna che ami, quella per cui hai deciso di lasciare tutto...”
 “Sì! Ma non lascio nulla che sia importante quanto lei! Lei è la mia famiglia!”
 Distolse lo sguardo e tornò ad osservare la città che si animava.
 “Quindi state pianificando il vostro futuro? Perché sei qui? Perché non sei con lei?”
 “Ieri sera... sono andato via da casa sua. L'ho lasciata sola! Lei non crede al mio amore! Le ho fatto molto più male di quanto credessi!"
 "Lei non può vivere nel passato... Voglio dire, stai lasciando la tua vita per lei!"
 "Non è così semplice... le ho tolto qualcosa e... ho paura!"
 "Di cosa parli?”
 "Tu sai quello che le ho fatto..."
 "Mi hai detto che hai fatto degli errori... Tutti li fanno!"
 "Ma a volte gli errori hanno delle conseguenze così grandi..."
 "Ma se lei ti amasse davvero..."
 "Quello che le ho fatto, forse, va oltre l'amore..."
 Lo osservò e si rese conto che il suo viso era stravolto e addolorato.
 “Riccardo, non vuoi parlarmene?”
 “È una cosa molto personale, non si tratta dei miei sentimenti, ma dei suoi... Riguarda noi e... io non lo so!”
 “È ovvio che tu sia sconvolto! Hai detto che è qualcosa che le hai fatto... Ma io ti conosco, non può essere qualcosa di tanto  grave!”
 Rise. Era grave, era terribile!
 Le raccontò della gravidanza e della decisione che lei aveva preso e soprattutto di come glielo aveva detto. Si sentiva in colpa e il fatto che lei avesse dovuto portare quel peso sola lo faceva impazzire.
 Carol lo ascoltò, cercò di rassicurarlo ma sapere quello che era successo, era davvero un buon punto di partenza per cancellare quella stupida dalla sua vita. Era un piccolo vantaggio. Il tempo avrebbe giocato a suo favore.
 "Non avrebbe dovuto mentirti"
 "No... Ma io sono stato così crudele con lei, da averle inconsapevolmente imposto il silenzio!"
 "Quindi cosa intendi fare?"
 "Non lo so! Proprio non ho idea di come uscirne!"
 "Dovresti riflettere... Perché non meriti quello che ti ha fatto!"
 "Lei non ha mai merito un uomo come me!"
 "Forse non è la donna giusta... Forse dovresti lasciarla andare..."
 "No! Mai! Non la lascerò andare! È la mia donna e in un modo o nell'altro mi perdonerà! La amo! È tutto per me!"
 La lasciò sola, con un sorriso quasi compiaciuto.

 Riccardo era confuso, sicuramente deluso. Quella donna non lo avrebbe perdonato tanto facilmente e avrebbe avuto la possibilità di inserirsi tra i due. Se avesse giocato bene le sue carte, sarebbe riuscita a sedurlo.
Carol tornò nella sua camera, scrisse e inviò alcune mail che le avrebbero dato un po' più di tempo. Telefonò ad una delle sue più care amiche che gestiva l'agenzia che gestiva le trattative dell'appartamento di Riccardo, chiedendole di temporeggiare nella vendita, usò il nome di suo padre per intimare all'amministratore della società che gli aveva offerto un lavoro, di congelare l'assunzione e all'ingegnere che aveva assunto la sua carica ai cantieri, di fare in modo che i problemi si susseguissero. Era necessario che in quella città lui non avesse opportunità e che a Miami, invece, mantenesse il suo status. Se fosse riuscita a farlo tornare a Miami per un tempo sufficiente, l'avrebbe avuto tutto per sé.

 Non aveva chiuso occhio. Doveva alzarsi e prepararsi per andare alla riunione. Era il suo primo giorno di lavoro e non poteva, anzi, non voleva tardare.
 Arrivò in anticipo, sorprendendo per prima se stessa. Lei che faceva impazzire i fotografi e gli stilisti per i suoi ritardi, era la prima a presentarsi in quell'ufficio.
 Durante la mattinata furono distribuiti i vari compiti e fu sorpresa che oltre a Bolanos anche la signora Martinez e Gomes volevano le sue foto. Alla fine Suarez la assegnò proprio a quest'ultimo e Bolanos non nascose la sua insofferenza. Così i due si misero a discutere sul pezzo che il giornalista doveva scrivere e lei diede la sua disponibilità a fare le foto richieste. La giornata passò serena. Era talmente impegnata che non si accorse del tempo che passava e si scordò anche di mangiare. Quando nel tardo pomeriggio lasciò il giornale dopo aver consegnato le foto, ricevette una chiamata da Betty. Non rispose e tornò a casa sua. Nessuno le avrebbe impedito di dormire.
 L'appartamento era stato riordinato dalla cameriera che le aveva anche preparato qualcosa da mangiare. Ma si limitò a consumare un vasetto di yogurt. Non le importava più che il suo corpo si mantesse in forma. Era in effetti un po' troppo magra, ma ora non era lei a dover essere fotografata. Da quanto non indossava un abito da sera? Non lo ricordava nemmeno. Si buttò nella vasca da bagno e si appisolò. Non si chiese nemmeno come facesse a rimanere tanto calma.
 Aveva deciso di liberare la mente, di lasciare la sua vita in un angolo e concentrarsi solo sul lavoro.
 Riccardo e il passato dovevano rimanere fuori.
 Era troppo stanca per pensare a quello che era successo e a quello che gli aveva detto.
 Troppo stanca per pensare alle conseguenze di quella confessione.
 Troppo stanca per tutto.

 Quando il telefono squillò l'acqua era ormai quasi fredda. Trasalì e maledì se stessa per non aver spento quell'insopportabile aggeggio che l'aveva quasi si spaventata.
 Era suo padre che le comunicava che Camilla era in ospedale e che il nipotino stava nascendo.
 Si vestì e raggiunse la sua famiglia appena in tempo per vedere suo fratello con il volto stravolto ma felice, che annunciava la nascita del piccolo Alessandro. Sorrise, non si era sbagliata, Giulio e Camilla non avevano fatto torto né a sua madre né allo zio Armando. Abbracciò il fratello e Camilla e diede un piccolo bacio al bambino che dormiva tra le braccia delle madre.
 Lui non c'era ma sarebbe arrivato e non voleva vederlo. Non poteva vederlo in quel posto, accanto a quel bambino... Salutò una Betty preoccupata e corse via.

 Pochi minuti dopo lui entrò nella camera cercandola con gli occhi. Poi guardò quel batuffolo nelle braccia di sua sorella che glielo porse e provò una strana sensazione, tenerezza e dolcezza, ma anche un dolore profondo che non conosceva. Era il rimpianto di non aver saputo del suo di bambino e la consapevolezza che non lo avrebbe accettato. Era l'amarezza di non essere stato un uomo. Se lo fosse stato, lei non avrebbe preso la decisione da sola, le sarebbe stato accanto. Francesca era appena uscita, gli sembrava di sentire ancora il suo profumo, avrebbe dato qualsiasi cosa per essere lì con lei, per stringerle la mano e guardarla mentre osservava il loro nipotino. Per scrutare nei suoi pensieri e capire quello che provava. Ma era evidente che per lei era diverso. Era scappata prima che lui arrivasse ed era chiaro che lo aveva fatto per non incontrarlo e non la biasimava. Per lei doveva essere stato ancora più difficile.
 Rimase ancora qualche momento coi familiari, poi lasciò i due genitori e i nonni soli e tornò nel suo albergo. Era stata una giornata storta e vedere il bambino l'aveva resa anche triste.

 “Ti vedo provato! Avresti dovuto lasciarmi venire con te!”
 “Cosa? Non preoccuparti, io sto bene. Ma ammetto che ho provato delle sensazioni molto forti!”
 “Posso solo immaginarlo! Quello che ti ha fatto quella donna è imperdonabile!”
 “Lei? Lei non ha fatto nulla di sbagliato!”
 “Ti ha mentito! Ti ha nascosto che aspettava un figlio da te e se n'è liberata!”
 “Tu non puoi capire! Non sai come l'avevo trattata! E poi non eravamo pronti. Sarebbe stato impossibile gestire una cosa simile. Lei lo sapeva e mi ha solo liberato da questa scelta... Perché le cose non sarebbero cambiate!”
 “Non puoi saperlo e comunque ha aspettato troppo a lungo! E te lo ha detto solo per farti del male!”
 “Tu non la conosci!”
 “Ma conosco te!”
 “Allora per favore, non parlarmi più di lei in questo modo! Non sai quello che ha passato. Io stesso posso solo immaginarlo!”
 “Come vuoi! Non ti abbiamo visto per tutto il giorno... Kile ha chiesto di te! Gli avevi promesso di portarlo in giro per la città...”
 “Già! Mi dispiace! Ma oggi mi ha contattato il dottor Salazar... Pare che la mia assunzione sia stata messa in discussione...”
 “Oh... Davvero? E come mai?”
 “Non mi ha dato alcuna spiegazione. Dice che ci sono dei problemi e non sarà semplice!”
 “Sai che a Miami saresti il benvenuto. Mio padre e i suoi soci ti riprenderebbero anche domani!”
 “Ho chiuso con Miami! Ho chiuso con i motoscafi! Resterò a Bogotà, se non riuscissi ad entrare in quella società, troverò qualcosa da fare. Ricordati che i miei genitori possiedono una delle più importanti aziende del sud America!”
 “Lavoreresti nella moda? Tu?”
 “Per lei lo farei!”
 “Ma ne moriresti! Se solo accettassi che le cose non stanno andando come avevi previsto...”
 “Senza di lei morirei!”
 “Dovresti pensare molto bene a quello che stai facendo. A Miami avevi tutto! Credevi che sarebbe stato facile. Invece lei non vuole saperne di te! Hai problemi con un lavoro che credevi certo e... Gilian mi ha chiamato... Sarà più impegnativo del previsto vendere il tuo appartamento! Forse dovresti riconsiderare le tue scelte! Sei ancora in tempo per farlo!”
 “Carol, ti ringrazio per la tua vicinanza, ti ringrazio per l'amicizia! So che mi parli in questo modo perché tieni a me e mi vuoi bene... Ma ora vado a dormire!”
 “Solo un'ultima cosa...  tra qualche giorno ci sarà la sfilata della società dei tuoi genitori... Mi piacerebbe che mantenessi la promessa e mi portassi con te!”
 “Potrei deludere una maniaca dello shopping come te? Sono certo che la troverai adorabile!”
 “Grazie!”
 Un sorriso beffardo comparve sul volto della donna. Quella sera avrebbe fatto in modo che quella sciocca ragazzetta uscisse dalla vita dell'uomo che voleva tutto per sé! Era lei a condurre il gioco e con calma e pazienza avrebbe raggiunto il suo obiettivo!

 Era l'ultima cosa che aveva voglia di fare.
 L'ultima sfilata dell'Ecomoda a cui aveva partecipato faceva ancora la modella e tra loro le cose erano appena finite. A quella precedente non era andata. Ma quella sera non poteva mancare. La sua famiglia se lo aspettava e Camilla le aveva chiesto di star vicino a suo marito che non avrebbe voluto lasciarla sola con Alessandro. Così guardava il suo armadio senza trovare nulla di adatto. E la cosa la fece sorridere. Era piena di vestiti bellissimi, uno qualunque sarebbe stato perfetto, ma nessuno la soddisfaceva. Forse perché sapeva che sarebbero stati tutti larghi. Ne scelse uno nero. Semplice, in raso. Le andava bene e nel complesso si trovò bella. Si acconciò i capelli e si truccò. Se non si fosse data una mossa avrebbe fatto tardi.
 Raggiunse suo fratello e lo incoraggiò, vedendolo preoccupato per la sua bella moglie e il figlio. Gli prese il braccio e insieme raggiunsero la famiglia e gli ospiti. Alcuni le chiesero se avrebbe sfilato e si dissero dispiaciuti della sua scelta. Sua madre, Armando e Claudio erano occupati a gestire degli acquirenti europei e Giulio cominciava a sentirsi sicuro come sempre. Lei rimase con suo padre e Betty. Riccardo non c'era e forse non sarebbe arrivato. Lo sperò con tutta se stessa. Da una settimana non faceva altro che pensare a lui. Alle sue parole e ai suoi baci. Non sapere quello che provava, la metteva in ansia. Non l'aveva più sentito, non l'aveva cercata. Non era certo stupita, Riccardo non l'aveva mai cercata... Ma le cose erano diverse. Ora sapeva del loro bambino. Forse, semplicemente, la odiava.
 Da giorni era inquieta ma era riuscita a impegnarsi ancora di più nel lavoro. Essere sotto pressione la aiutava a scattare foto che erano davvero perfette. Anche Suarez glielo aveva detto. Sorrise pensando a come Bolanos fosse geloso del lavoro che faceva per i colleghi. Era davvero fortunata a lavorare con loro. Era un'isola felice in cui perdersi per qualche ora prima di tornare a tormentarsi per un uomo che l'aveva sempre trattata come uno straccio, che si scopriva improvvisamente innamorato e che era fuggito dopo la sua confessione.
 Non lo biasimava, nessuno avrebbe potuto. La verità era così dura e lui aveva scoperto tutto in un solo momento...
 Si sforzò di essere tranquilla, sorrideva al padre e agli ospiti.
 Il sorriso però si spense in fretta.
 “Buonasera!”
 Era lì, davanti a loro, con un'espressione che non riuscì a decifrare.
 Sua madre gli idee un bacio sulla guancia.
 “Tesoro! Non credevo saresti venuto...”
 “Ciao Riccardo!”
 “Mamma, zio... Ciao Francesca!”
 Il suo tono era tranquillo, quasi incolore.
 “Buonasera!”
 Non era solo. Era con una donna, una donna bella e appariscente. Le sue gambe tremarono e sentì un nodo alla gola. Era lei la donna che lo aveva accompagnato a Bogotà. Non sapeva chi fosse e cosa significasse per lui. L'aveva definita un'amica, ma da come lei lo stringeva, si sarebbe detto che tra loro ci fosse qualcosa di più. E poi la guardava con un sorriso amichevole solo in apparenza. Sembrava la stesse studiando. Forse le aveva parlato di lei e della loro storia.
 “Riccardo, così questa deliziosa signora, è l'amica di cui ci hai parlato?”
 Odiò suo padre.
 “Sì, zio. Lei Carol, una carissima amica. Mamma, come stai?”
 “Bene, tesoro, anche se aspettavo di vederti... Ricordi? Abbiamo qualcosa di cui parlare...”
 “Hai ragione, mamma. Ti prometto che domani pomeriggio lo passerò a casa...”
 “Sono felice di rivederla signora Mendoza! È un piacere conoscerla dottor Mora... E tu sei Francesca? Non è vero?”
 Si era rivolta a lei, sorridendo e mostrando i suoi denti bianchi e perfetti. Era davvero bella.
 “Sì, molto piacere, Carol!”
 Le strinse la mano e Francesca sentì un brivido correrle sulla schiena. Quella donna non le piaceva, non sembrava sincera. O forse era il modo in cui toccava Riccardo a non piacerle. Forse era solo gelosia.
 Era imbarazzata, per fortuna le luci si abbassarono e tutti presero posto per assistere alla sfilata.
 Quella serata stava andando proprio come temeva. Tra loro c'era qualcosa. Tutto quello che lui le aveva detto era una bugia. Se davvero l'avesse amata, non le avrebbe presentato quella donna. O forse, tutto era cambiato... Forse il loro bambino li aveva separati definitivamente.
 Scosse la testa... Le cose non erano già finite definitivamente l'anno precedente? Non era forse stata lei a decidere?
 Non riusciva togliere gli occhi da loro. Quella donna era diversa da lei, ma anche da tutte le altre che aveva frequentato. Aveva più o meno la stessa età di Riccardo ed era molto attraente. Molto sensuale. Indossava un abito lungo blu, molto scollato sulla schiena. Nonostante portasse delle scarpe molto alte, era più piccola di lui e insieme formavano una coppia molto bella. Lui per l'occasione indossava un abito nero, classico ed elegante. Era quasi impossibile vederlo vestito così. Era successo forse un paio di volte e una di quelle volte era il matrimonio dei loro fratelli. Erano seduti accanto, dalla parte opposta della passerella. Si tenevano per mano e lei continuava a sussurrargli qualcosa all'orecchio e lui sorrideva. Il suo cuore batteva forte nel vederlo con lei. Aveva quasi sperato che ciò che le aveva detto fosse vero. Lo amava così tanto che si era illusa che forse lui la ricambiava davvero e che era pronto a costruire qualcosa, che fosse in grado di accettare e perdonare quello che aveva fatto... Ma vedendolo con lei, le sue speranze crollarono e andarono in mille pezzi. E poi come l'aveva salutata? Quasi con indifferenza, senza alcun sentimento.
 Le modelle si susseguivano in passerella e lei non vedeva l'ora che tutto quel circo, finisse in fretta.
 Mentre Carol gli sussurrava qualche parola all'orecchio, cercava di capire quello che pensava. Era impaziente di vederla. Quella serata era l'occasione per passare del tempo con lei. Le cose non stavano andando come aveva previsto. Il lavoro saltato, la casa di Miami che ancora non era stata venduta. Doveva tornare il prima possibile in quella città per assicurarsi che Gilian, l'amica di Carol, stesse davvero lavorando per vendere l'appartamento il prima possibile. E poi altre piccole sciocchezze che sembravano impedirgli di starle vicino. Pensava sarebbe stato tutto più semplice, ma non aveva importanza, lui aveva deciso e nulla gli avrebbe impedito di amarla come davvero meritava. Le attenzioni che Carol gli riservava, cominciavano ad infastidirlo. Sembrava volesse dimostrare a tutti i presenti che tra loro c'era qualcosa e non ne era assolutamente contento. Soprattutto perché aveva visto il modo in cui lei l'aveva guardata. Era confusa, sicuramente. Era ovvio: dopo quella sera non si erano più visti. Le avrebbe parlato per rassicurarla e spiegarle che era lei l'unica donna che voleva. Era così bella nel suo abito nero così semplice. Era elegante con qualunque abito. Lo era naturalmente, lo era sempre stata. Sorrise immaginandola lottare per allontanarlo. Le aveva fatto così male che, era certo, avrebbe fatto di tutto per resistergli. Ma lui sapeva che lo amava. E ora che anche lui aveva capito che lei era la sua casa, si sarebbero amati per tutta la vita. E sarebbero stati felici. Gli avrebbe chiesto un figlio, perché da quando aveva saputo di averne perso uno, sentiva il bisogno che dal loro amore nascesse altro amore. Voleva tutto di lei, ogni cosa. La guardava, sperando di incrociare il suo sguardo, ma Carol non lo lasciava un attimo solo. Sapeva che non era il momento giusto per parlare solo con lei, ma sperava di riuscire a dirle che l'amava. Solo un momento, per rassicurarla. Aveva bisogno solo di un momento per accarezzarle il viso e dirle che era suo e che era una donna meravigliosa.

 Quando la musica finì e gli stilisti salirono in passerella, il pubblico si alzò in piedi applaudendoli con entusiasmo. Anche quella volta era stato un successo. Giulio si congratulò con loro e poi cominciarono le solite estenuanti trattative con i compratori. Odiava da sempre quei momenti. Quella sera, poi, erano addirittura esasperanti. Si spostò in un angolo e fu raggiunta da alcune modelle che avevano sfilato con lei per tanto tempo e che le dissero quanto mancasse e che sembrava un po' troppo magra. Tutte cose sciocche che non sopportava, ma fece buon viso a cattivo gioco. In fondo fino a quando era con loro non avrebbe visto i due piccioncini scambiarsi smancerie. Si stupiva della sua reazione. Non era forse lei ad averlo cacciato quella notte? A non avergli creduto? Non era forse stata lei a gridargli il suo odio per quello che era successo? Eppure ogni loro carezza, era una coltellata. Quella donna non si staccava da lui nemmeno per un istante, quasi volesse dimostrare a chiunque che lei occupava il posto di compagna. Era già successo in passato. Lui si faceva accompagnare da una donna qualsiasi per farla ingelosire e lei lo ripagava con la stessa moneta. Ma quella sera non era un gioco. Le sembrava di impazzire.
 Betty invece era arrabbiata con il figlio. Le aveva promesso di parlare e chiarire quello che stava combinando, invece non solo non l'aveva chiamata, ma aveva liquidato le sue richieste con laconici discorsi vaghi e privi di senso. Vedeva Francesca triste e non faticava a capirne i motivi. Ricordava molto bene quando era la segretaria di Armando. Ricordava il dolore che provava quando l'uomo che amava faceva il don Giovanni con qualche modella. E Francesca, nonostante tutto, lo amava.
 Avrebbe dato qualsiasi cosa perché suo figlio la ricambiasse. Il suo bambino sarebbe stato felice con lei. Invece si presentava alla cena di famiglia con una donna che definiva amica e con il figlio di lei, spariva nonostante la promessa fatta e poi, senza porsi nessuno scrupolo, la portava all'evento più importante per l'azienda e le loro famiglie, senza considerare i sentimenti dell'unica donna che lei avrebbe voluto al suo fianco.
 Quella Carol non le era piaciuta. Sembrava subdola e calcolatrice, fintamente gentile, troppo construita. Nulla a che vedere con Francesca e la sua spontaneità. In quell'anno aveva sognato che tra loro potesse davvero nascere qualcosa di solido e sapeva che se fosse dipeso da Francesca sarebbero stati insieme. Era decisa a chiarire con il figlio in fretta. Se solo non fosse stato completamente monopolizzato da Carol. Chiese scusa al marito, a Marcella e a Nicola e si diresse verso Riccardo.
 “Tesoro, avresti voglia di bere qualcosa insieme a tua madre?”
 Gli aveva stretto la mano, fin troppo con vigore. Il suo tono era dolce, ma il suo gesto era molto eloquente. Riccardo ricambiò la stretta e gli sorrise, sornione.
 “Ma solo se mia madre promette di non assillarmi con le sue domande!”
 “Prometto che farò del mio meglio! Mi scusi Carol, posso portarglielo via solo per qualche momento?” Disse rivolgendosi all'ospite del figlio.
 “Signora Mendoza, ci mancherebbe. Ne approfitterò per guardare qualche vostro capo...”
 In fondo era stato grato a sua madre. Aveva almeno la possibilità di respirare.
 La madre non perse molto tempo, non appena si furono allontanati, cominciò ad incalzarlo con le domande.
 "Tesoro, cosa significa tutto questo? Cosa c'è tra te e quella donna?"
 "Amicizia! Solo un'amicizia e mi sembra di avertelo già detto!"
 "Da come vi comportate, ti assicuro, che non sembra! Io... Io credo che dovresti almeno essere più discreto! Per lei, intendo!"
 Lo disse mentre con gli occhi vagava per la sala, cercando la piccola Francesca.
 "Lei sa molto bene quello che c'è tra me e Carol! Ma soprattutto sa che sono qui per lei."
 "Sei qui per lei? Per Francesca? Che cosa dici? Vi siete visti?"
 "Sì, mamma! Ci siamo visti e sono qui per lei..."
 "Vorrei che fosse vero... Bambino mio, non vedi quanto è triste?"
 "Mamma, non voglio parlare con te di lei! Ti prego... Ma cosa...?"

 Nel frattempo, Carol decise di approfittarne per scambiare due chiacchiere con quella che riteneva la sua rivale e lasciò che i due si allontanassero. Mentre Betty cominciava la paternale al figlio che cercava di arginare le sue parole, lei si avvicinò a Francesca.
 “Francesca... Possiamo parlare?”
 La voce chiara e quasi perentoria, la scosse.
 “Cosa...? Oh, certo!”
 Francesca salutò le ragazze con cui stava parlando e seguì la donna che si fermò in un punto tranquillo ed appartato.
 Sorridendole, bevve un sorso di champagne.
 “Ho notate che durante la sfilata non hai tolto gli occhi da Riccardo... Vorrei solo dirti che siamo di nuovo insieme!”
 “Co...cosa?”
 “Io so tutto... So della vostra storia. Riccardo mi ha parlato di voi e di quello che credeva di provare! Ha pensato che rivedendoti avrebbe potuto riconquistarti. Non posso dargli torto, sei bella, molto... Anche se dalle foto sulle riveste pensavo fossi meglio! Sembri, come dire... Un po' sfiorita... Comunque nonostante ci fossimo presi una pausa, dopo quello che gli hai fatto, ha capito che per te prova solo una forte attrazione e dubito potrà mai perdonarti! Presto torneremo a Miami e chi lo sa, potremmo anche sposarci! Mio figlio gli vuole molto bene e ne sarebbe felice... Quindi per favore, non metterti tra di noi!"
 Francesca impallidì e cercò di mantenere il controllo, respirando a fatica.
 "Oh... Forse tu non lo sapevi... Spero tu abbia il buon gusto di tacere e di non insinuare dubbi! Spero che la tua dignità sia più grande della tua sincerità! Non so se mi spiego!”
 Prima di andarsene, la guardò ridendo, felice di averla colpita nel profondo. Ma Francesca non si accorse nemmeno della sua espressione. Non riusciva più a sentire niente. Le orecchie cominciarono a fischiare, le guance bruciavano e tremava come una foglia. Quello che quella donna le stava dicendo era terribile. Erano solo bugie! Le aveva mentito su ogni cosa! O forse la odiava per il bambino...
 Sentì che stava male fisicamente. Il mondo le stava crollando addosso e le sembrava che il pavimento si riducessi in mille pezzi sotto i suoi piedi. Le parole di quella donna le risuonavano in testa come delle grida terrificanti. Barcollò e fece un passo indietro. Forse per la stanchezza, per il fatto di non aver mangiato quasi nulla e bevuto dello champagne, o per quelle parole tanto dolorose, non riuscì a reggersi in piedi, cadendo su uno dei camerieri che per sorreggerla buttò il vassoio con i bicchieri per terra. Per un momento si fece il silenzio, poi alcuni dei presenti accorsero ad aiutarla. Il liquido contenuto nei calici si era riversato sul suo abito e si era tagliata una mano con dei pezzi di cristallo. Se la guardava senza reagire, completamente intontita. Betty corse da lei, seguita dal figlio e poi da Nicola e Marcella. Le si avvicinarono e la aiutarono ad alzarsi. Era pallida, sconvolta. Betty alzò lo sguardo e incontrò gli occhi di Carol. Non ebbe dubbi, sorrideva in maniera cattiva. Era stata lei a fare o a dire qualcosa per ridurre Francesca in quello stato.
 “Vieni bambina... Andiamo a prendere una boccata d'aria!”
 Suo padre la sorreggeva, stringendola tra le braccia.
 “Papà, portami a casa, per favore!”
 Si abbandonò sul suo petto, mentre le lacrime cominciarono a bagnarle le guance bollenti.
 “Andiamo subito, principessa! Ma prima devi riprenderti! Fammi vedere la mano!”
 “Amore mio, cosa è successo?”
 Marcella, preoccupata, seguiva il marito e la figlia
 “Ho perso l'equilibrio, mamma!”
 “Mio Dio, piccola mia, hai mangiato qualcosa?”
 Nicola la trascinava, quasi tenendola sollevata.
 “Non molto...”
 Francesca rispondeva alle domande in modo meccanico, incapace di riprendersi da quello che quella donna le aveva rivelato.
 “...potremmo anche sposarci!”
 La fecero accomodare su una delle verande della grande sala che era stata scelta per il lancio e suo padre corse a prendere l'auto per riportarla a casa mentre la madre era andata a prenderle qualcosa da mangiare. Betty si sedette accanto a lei e con un fazzoletto, le tamponò la ferita alla mano che lei continuava a fissare imbambolata.
 “Tesoro, forse dovresti farti mettere qualche punto... Scusa per quello che è successo!”
 La guardava quasi implorandola, Riccardo, che fino a quel momento era rimasto in disparte, si avvicinò.
 “Mamma, ma di che parli?”
 Betty squadrò il figlio con rimprovero.
 “Lascia stare Riccardo, torna dalla tua amica!”
 “N...non voglio...”
 “Credo sia meglio!”
 Ma nemmeno aveva sentito il consiglio della madre. Vedere la sua Farfallina pallida e spaventata, gli faceva male. E sentiva il bisogno di stringerla e portarla via.
 Si inginocchiò davanti anche lei e le accarezzò una guancia.
 “Farfallina, amore mio!”
 Lei non lo sentiva. Guardava la sua mano e il fazzoletto che si impregnava del suo sangue.
 Sembrava completamente fuori dalla realtà, in quel momento.
 “Riccardo, non è il momento adatto! Va da quella donna e... E dille di non avvicinarsi più a Francesca!”
 Lui non capì la ragione di quelle parole, ma quello non era il momento adatto per fare sciocchezze. Le diede un piccolo bacio sulla fronte e le sussurrò qualcosa all'orecchio.
 "Scusami, piccola! Ti amo! Ti amo tanto!"
 Poi, convinto dalla madre, raggiunse Carol che si finse preoccupata.
 Quando fu sicura che il figlio non riuscisse più a sentirla, si rivolse a Francesca.
 “Cosa ti ha detto? Francesca...”
 Ma non ebbe il tempo per saperlo, perché Marcella tornò con in mano un vassoio pieno di cibo e poco dopo anche Nicola le raggiunse.
 La obbligarono a mangiare qualcosa e poi uscirono tutti e tre da un ingresso secondario e lasciarono il party.
 Marcella, sul sedile posteriore dell'auto, abbracciava la figlia, mentre Nicola, preoccupato, si dirigeva verso l'ospedale perché le medicassero la mano che non smetteva di sanguinare.
 “Tesoro, scusa se non ti sono stata vicino! Ti giuro che sarò una madre migliore! Devi pensare alla tua salute. Sembri un uccellino...”
 “Bambina, adesso andiamo all'ospedale per la mano! Poi ti portiamo a casa... Ti fa male?”
 Dopo qualche istante di silenzio, rispose con un filo di voce.
 “No... Mi dispiace! Mi dispiace! Devo avere inciampato... Domani la stampa parlerà di me...”
 “Non dirlo nemmeno tesoro! Poteva capitare a tutti! E sono sicura che non scriveranno male di te!”
 “Mamma...”
 Scoppiò in lacrime e si appoggiò completamente alla sua mamma, come non faceva da quando era una bambina, il calore della madre la faceva sentire serena e protetta e lasciò che la donna la stringesse e la coccolasse.
 Si sentiva malissimo. Le faceva male lo stomaco e la testa le scoppiava. Non sentiva nemmeno dolore alla mano, tanto era sopraffatta.
 Un medico le diede alcuni punti e poi vedendola, pallida e decisamente troppo magra, decise di ricoverarla per quella notte. Ordinò degli esami e le diede un sedativo perché non smetteva di piangere. Poi congedò i genitori chiedendo loro di tornare il mattino successivo.
 Lui era rimasto interdetto da quello che era successo. Avrebbe dato qualunque cosa per essere lui a portarla via. Si morse un labbro. Perché non aveva mandato al diavolo sua madre? Gli sembrava di vederla ancora smarrita e pallida. Se solo avesse potuto stringerla per dimostrargli tutto il suo amore, se avesse potuto correre da lei. Forse aveva ragione sua madre, era inopportuno. Ma non era riuscito a dirle che sarebbe dovuto tornare a Miami... Si sforzò di dormire perché la notte passasse in fretta. Il giorno dopo lo avrebbe passato con lei.
 Fu una notte lunga e tormentata per Francesca. Nonostante il sedativo era agitata. Tutto il suo mondo era finito. Perché nonostante tutto, lei sognava un futuro con l'uomo che amava più della sua vita. E lui invece pensava di sposare un'altra donna e presto sarebbe andato via. Di nuovo, nonostante le sue parole!

 “Signorina Mora...”
 Aprì gli occhi lentamente, ancora intontita. Si guardò in giro e vide una donna, un'infermiera che le sorrideva
 “Ben svegliata, signorina Mora!”
 “Sono in ospedale?”
 “Direi di sì, mi chiamo Maria e sono una delle infermiere che si occupano di questo reparto."
 Francesca si sollevò e si guardò le braccia, toccando con le dita il cerotto che teneva fermo l'ago infilato nelle sue vene.
 "No! Non provi a staccarlo! Dagli esami sono risultati degli scompensi. Ha una forte anemia. I suoi valori non sono molto confortanti. È debilitata e il dottor Sanchez ha deciso di tenerla un paio di giorni in osservazione. Intanto la flebo serve per tenerla idratata e per somministrarle l'antibiotico, sa, per la mano!”
 “Io sto bene...”
 “Talmente bene che ieri sera non si reggeva in piedi. Da quanti giorni non fa un pasto completo?”
 “Non lo so!”
 “Ecco, ci pensiamo noi a rimetterla in forma e poi dovrà fare più attenzione. I suoi genitori sono preoccupati... Quando avranno finito di parlare col medico, la raggiungeranno. Intanto questa è la sua colazione! La finisca per favore!”
 La donna uscì dalla stanza dopo averla aiutata a mettersi seduta con accanto il vassoio con la colazione.
 Si guardò la mano sinistra. Era gonfia e ora le faceva male. La sua testa era piena di mille pensieri. Chiuse gli occhi spostando il vassoio che le dava la nausea.
 In quel momento sentì nuovamente il rumore della porta.
 “No, bambina mia! Ora farai colazione! Io e la mamma non ce ne andremo fino a quando avrai mangiato tutto quello che c'è sul vassoio!”
 Abbassò gli occhi, impaurita.
 “Ciao papà... Mamma...”
 “Ciao tesoro! Ci hai fatto preoccupare!”
 “I giornali cosa hanno scritto?”
 “Che la sfilata è stata all'altezza delle aspettative, che gli stilisti non sbagliano un colpo, che Giulio sarà un grandissimo presidente. Poi, se proprio ti interessa, si parla di Claudio, di Edo e della bellissima bionda, fidanzata di Riccardo. Mi spiace, ma tu non sei nemmeno menzionata!”
 Le lacrime le scesero senza che lei riuscisse ad impedirlo.
 Lui sarebbe andato via e l'avrebbe sposata...
 “Tuo fratello e Camilla vorrebbero venire a salutarti... Oggi pomeriggio!”
 “Io voglio tornare a casa...”
 “Secondo il medico sei troppo debilita... Devi nutrirti di più... Ieri, mentre ti abbracciavo, potevo contare le tue ossa! Tesoro, non va bene!”
 “Scusatemi...”
 “Bambina, smettila di scusarti...”
 La porta si aprì nuovamente, interrompendo il loro discorso. Riccardo entrò nella stanza sorridendo e portando con sé un piccolo mazzo di fiori che appoggiò su una sedia.
 “Ciao caro...” Marcella gli andò in contro e gli diede un bacio sulla guancia. Poi l'infermiera chiamò lei e Nicola per la firma di alcuni documenti e i due rimasero soli.
 Appena gli zii furono usciti, si avvicinò a lei.
 “Sono venuto a salutarti, piccola. Domani ho il volo per Miami...”
 Lei non lo guardava... Appoggiò la testa sul cuscino e lasciò che le sue parole le scorressero attraverso
 “Amore mio... Cosa è successo? Se solo avessi potuto, sarei stato io a portarti via... Francesca...”
 Non l'aveva mai vista così indifesa. Francesca era sempre stata una donna piena di vita, forte, ma in quel letto sembrava una bambina fragile e impaurita. Si avvicinò di più a lei e le accarezzò il viso e i capelli.
 “Non ho chiuso occhio... Avrei voluto venire qui stanotte ma... Ma non potevo!”
 “Vai via domani?”
 “Sì, ci sono alcuni problemi da risolvere, ma tu non devi preoccuparti!”
 Chiuse gli occhi. Lui sarebbe tornato a Miami, come le aveva detto Carol...
 “Lo sai? Mi hai spaventato... Ti fa molto male la mano?”
 “No!”
 La sollevò osservando la sua fasciatura.
 “Vorrei... Vorrei non dover andare via. Vorrei rimanere qui.”
 “Se lo dici perché sei preoccupato per me, non devi. Devo solo mangiare un po' di più... E la mano guarirà presto.”
 “Lo dico perché è quello che penso... Francesca, non starò via molto. Una settimana, forse dieci giorni, ma quando tornerò...”
 “Sarà tutto diverso?”
 “Sì! Ma tu devi promettermi che ti rimetterai... Io... Io vorrei sentirti in questi giorni...”
 La tormentavano quelle parole. Erano torbide e confuse. Potevano essere interpretate in mille modi. Avrebbe voluto chiedergli di restare con lei, di non lasciarla, ma la ragione le diceva di tacere. Una cosa però non riuscì a trattenerla.
 “Puoi... Puoi baciarmi, per favore?”
 Si chinò verso di lei e appoggiò le labbra sulle sue. Poi la guardò negli occhi e le sorrise.
 “Solo tu sai essere bellissima in un posto come questo!”
 Nessuno dei due si accorse dell'entrata di Betty.
 “Sei qui? Ti avevo chiesto di aspettare...”
 “Mamma... Io non potevo!”
 Sua madre cominciava ad esasperarlo.
 Betty lo guardò torva, mentre chiudeva la porta della camera. Si interpose tra il figlio e Francesca e poi si rivolse a lei
 “Tesoro, come stai?”
 “Betty...”
 “Ho visto la mamma e il papà, stanno compilando qualche foglio... Tesoro, mi ha detto la mamma che sei debilitata. Ma vedrai che ti rimetterai in fretta!”
 “Sì, grazie Betty!”
 Glielo diceva con dolcezza, sinceramente preoccupata e con affetto. Cambiò espressione tornando a guardare il figlio.
 “Riccardo, forse è meglio che tu vada...”
 “Ma io voglio restare qui!”
 “Tu vuoi, ma io ti dico che devi uscire di qui e subito! Francesca deve riposare! Tu hai dei bagagli da fare, giusto?”
 “Io... Io ho tempo! E resterò qui con lei! Oggi starò qui con lei!”
 “Tu farai quello che ti dico! Sono stanca! Stanca dei tuoi capricci! Non sei più un bambino! Sei un uomo! Comportati come tale e fai ciò che è giusto!”
 “Betty, no! Io...!”
 Le parole di Francesca furono solo un lieve gemito.
 “Tesoro, devi riposare!”
 “Forse lei vuole che resti, mamma! Sei tu a dovertene andare!”
 Intervenne Riccardo, con durezza.
 “Francesca, tra poco torneranno i tuoi genitori! Io e Riccardo andremo via! Perché tu possa riposare e riprenderti! Devi stare calma e lui non sarebbe di aiuto!”
 “Per favore! Mamma!”
 Ora sembrava quasi supplicarla.
 Gli occhi di Francesca erano pieni di lacrime.
 "Riccardo! Lasciala riposare!”
 “Ma lei? Lei cosa vuole? Piccola, vuoi che me ne vada?”
 “Sì... Per favore...”
 Riccardo rimase impietrito. La guardava mentre piangeva e voleva solo stringerla a sé, baciarla e aiutarla. Aveva bisogno di lei.
 “Riccardo, andiamo via...”
 “Dammi solo un momento da solo con lei... Piccola, ti chiedo solo un momento!”
 Betty annuì, acconsentendo che rimanessero soli.
 “Tornerò nel pomeriggio, piccola mia! Riccardo, ti aspetto qui fuori! Cinque minuti!”
 Betty li guardò per qualche secondo prima di uscire. Era certa che lei lo amasse con tutto il cuore. Ma non sapeva cosa provasse il figlio. Cosa aveva sbagliato nel crescerlo? Perché sembrava tanto lontano dal bambino dolce che era?
 “Quello che ti ho detto quella notte è vero...”
 “È vero?”
 “Sì! Io voglio passare la mia vita con te!”
 "E... E non ti importa quello che ho fatto?"
 "Oh, sì piccola! E ne parleremo! Parleremo di tutto! Di quello che è successo, di noi... Mi dirai ogni cosa, sarai sincera e io farò la stessa cosa..."
 “Ho bisogno di pensare..."
 "Anche io!"
 "E devo restare sola per un po'..."
 "Anche io, farfallina!"
 "E tu ora devi andare via!”
 “Me ne vado, ma tornerò presto!”
 “Allora ne riparleremo quando sarai a ca... Quando tornerai in città!”
 “A casa, Farfallina! Quando tornerò da te, sarò a casa! Tu sei casa! Piccola, tu lo sai cosa significa! La ricordi quella notte? Io sì! Avrei dovuto dirtelo allora! Ti amo, piccola!"
 Le baciò la mano ferita, con tenerezza, guardandola con dolcezza.
 Stava ancora giocando? Quella donna era troppo sicura di se stessa per averle mentito. Ma lui sembrava così sincero.
 “Quando tornerai parleremo...”
 “Parleremo!”
 Le sorrise ed uscì dalla porta. Lei chiuse gli occhi. Doveva smettere di pensare a tutto! A tutto tranne che a se stessa. Ma era impossibile farlo.
 "Casa"...
 Lei sapeva molto bene cosa intendesse dire con quella parola.
 "Casa"!
 Lui era casa, lui era la vita.

 La ricordava quella notte. Ricordava bene quei giorni... E ricordava com'era finita.

 Era uscito di corsa dall'ospedale e aveva raggiunto il suo albergo. Non diede alcun peso alle parole di Carol, intuiva che non erano parole di comprensione quelle che aveva per lei. Riempì la borsa con le sue cose e si chiuse nella camera per non vedere né sentire nessuno. Voleva solo partire presto e tornare il prima possibile. Quella maledetta casa l'avrebbe regalata se non fosse riuscito a venderla! E poi quegli stupidi problemi che quegli idioti non sapevano risolvere da soli... Lei aveva bisogno di lui e l'avrebbe protetta anche da se stessa. Non l'avrebbe più fatta scappare. Si chiese se anche lei pensava a lui.. Sì. Ne era certo. Forse anche lei stava ricordando la notte in cui avevano parlato del futuro...

 "Cosa fai qui?"
 "Sono in vacanza. Miami è una città perfetta per le vacanze... Non trovi?"
 "Non lo so! Io ci vivo!"
 "Ti sono mancata?"
 "Un po'! Non mi è piaciuto come sono andate le cose l'ultima volta! E adesso sei qui... Cosa vuoi?"
 "Voglio te! E anche tu mi vuoi! Non è vero?"
 "Chi ti ha lasciato questa volta? Un principe? Un magnate? Sei qui per farti consolare da me?"
 "Sono qui perché ho bisogno di te!"
 "Mi piace quando sei così sicura di te stessa! Sei attraente e irresistibile quando hai quel sorriso..."
 "Anche tu sei irresistibile!"
 "Per quanto tempo rimarrai?"
 "Fino a quando mi caccerai... Vuoi regalarmi un po' del tuo tempo? Non hai gare... Lo so!"
 "Ma continuo a lavorare al cantiere..."
 "Quindi non mi porterai al largo con la tua barca?"
 Disse delusa.
 "No, ma farò in modo che tu non possa dimenticarli, questi giorni!"
 "Ne sono sicura!"
 Rise e si strinsero le mano e per qualche istante, furono i loro occhi a parlarsi.
 Non sarebbe stato difficile ricordare quei momenti! Li aveva tutti nel suo cuore i momenti passati insieme. Fin da quando erano bambini.
 "Questa sera sono a cena con alcuni colleghi e amici... Vuoi venire?"
 "Con te? Davanti a tutti? E se qualcuno si facesse delle domande?"
 "Sei la mia migliore amica... La mia sorellina! Sei in vacanza e nessuno ti chiederà nulla!"
 Sorellina... Quanto odiava sentirselo dire. Migliore amica. Ecco quello che avrebbero pensato tutti. E invece lei avrebbe solo voluto che tutti sapessero che loro erano una cosa sola, anche se lui ancora non lo sapeva.
 "Anche questa notte mi tratterai come tua sorella?"
 "Questa notte sarai ciò che sei! La mia donna! Ti amerò come non ho mai fatto! Sei così bella!"

 Quell'idiota la corteggiava in modo spudorato e ridicolo, ma quello che più lo faceva arrabbiare era il modo in cui lei gli sorrideva. Sembrava che le facessero piacere quelle attenzioni. Le sue gambe lunghissime e perfette lo distraevano dai discorsi che coinvolgevano tutti i presenti. Dopo averla vista, la mattina, le aveva dato le chiavi del suo appartamento perché riposasse e si sistemasse. Lui era tornato al lavoro. Voleva sistemare alcune cose per poter passare il giorno successivo con lei. Si erano visti direttamente al ristorante. Lei era entrata, indossando un vestito leggero, in pizzo, con dei sandali con un tacco altissimo. I capelli raccolti che mettevano in risalto il suo collo elegante, truccata leggermente, perché non aveva bisogno di altro per essere bella. Era bastato che entrasse perché tutti la vedessero e smettessero di parlare. Tutti la guardavano, perché era a più bella creatura che esistesse.
 Ma a lui non importava: tutti erano spariti. C'era solo lei. Ma era chiaro che anche lui l'avesse notata.
 Durante la cena non aveva fatto altro che farle complimenti, versarle del vino e corteggiarla senza considerare il suo imbarazzo. Era a disagio, lo aveva cercato con gli occhi, quasi volesse essere difesa da lui. Ma lui, aveva finto un distacco che non aveva e lei, delusa, aveva cominciato a stare al gioco. E quel sorriso che lui voleva tutto per sé, lo riservava a quell'idiota che credeva che ogni donna gli cadesse ai piedi. Lei, seduta su quella poltroncina, sul terrazzo che guardava verso l'oceano, mentre beveva il suo vino preferito, lasciava che lui le sussurrasse parole incomprensibili all'orecchio, mentre Riccardo,  intento a scrivere una formula che gli era venuta in mente e che forse, avrebbe potuto essere utile, impazziva di gelosia. Era teso, nervoso. Lei era lì per lui, così aveva detto, ma lasciava che un altro uomo le accarezzasse le gambe! Quelle gambe lunghe e perfette. Doveva finire subito quel gioco e l'aveva guardata. Uno sguardo pieno di rabbia e di rimprovero. Le si erano illuminati gli occhi. Era solo quello che voleva? Che lui si accorgesse della sua presenza? Era bastato così poco perché lei smettesse di giocare con quel cretino. Si era alzata, lasciandolo quasi interdetto. Senza una parola, si era avvicinata a lui e gli si era seduta accanto e lui, felice come un bambino, le strinse un ginocchio, facendola rabbrividire. La serata era cambiata, si sentiva invincibile con lei accanto, si sentiva forte perché la possedeva.
 Così bella e... E sua! Era sua!
 Dopo quella cena l'aveva portata a casa, senza rivolgerle la parole, restando in silenzio per tutto il tragitto. La desiderava tanto che aveva cominciato a spogliarla prima di entrare nel suo appartamento. La voleva come non aveva mai voluto nessuna, più di quanto avesse mai desiderato lei. L'aveva amata subito, sulla porta che chiudeva il resto del mondo fuori.
 
Gli accarezzava il petto, dandogli piccoli baci sulla spalla. Si sentiva felice, come non lo era da tanto, da troppo tempo. Ascoltava i suoi respiri sereni e le sembrava di essere in paradiso. La sera prima aveva temuto che lui la allontanasse. Non la considerava, aveva lasciato che quel terribile idiota la corteggiasse, come se non gli importasse nulla, ma poi, quando l'aveva guardata in quel modo, era rinata. Era infastidito, arrabbiato. Voleva fosse sua e lei lo era. Lo aveva ascoltato parlare coi colleghi, senza capire nulla di quello che diceva. Ma era così carismatico e tutti pendevano dalle sue labbra. Si sentiva quasi sopraffatta dai suoi sentimenti. E poi, finalmente, quella serata era finita ed erano rimasti soli. Era affascinata da lui, anche solo guardarlo guidare le faceva desiderare di fare l'amore con lui. Era sempre così sicuro, forte. Non aveva bisogno di dirle nulla. E quando, in ascensore, l'aveva baciata, si era abbandonata all'amore che provava. Le sue mani che la accarezzavano l'avevano fatta impazzire. Lo aveva abbracciato e aveva lasciato che la prendesse subito dopo essere entrati in casa. Era sua e quando facevano l'amore, lui, era completamente suo. Era l'unica cosa che voleva. Averlo dentro di lei, perché lui era parte di lei, del suo cuore.
 Il sole era sorto e Francesca non era riuscita a chiudere occhio, troppo eccitata per dormire. Invece lui sembrava un bambino. Era così dolce mentre dormiva, dolce e bellissimo. Lo amava con tutto il cuore e anche se sapeva bene che forse lui non avrebbe mai ricambiato i suoi sentimenti, non come avrebbe desiderato, cercava di accontentarsi di quello che riusciva a darle nei pochi momenti che le concedeva. Forse nessun'altra donna avrebbe accetto di essere trattata in quel modo, ma lei non sapeva fare a meno di lui. Ogni giorno, ogni notte pensava a lui.
 Rubava ogni secondo che passavano insieme e non voleva perdere un solo istante. I baci divennero più profondi, le carezze più intime e quando lui aprì gli occhi, lo baciò con passione. Fecero l'amore dandosi tutto di loro.
 "Farfallina, darei qualsiasi cosa per svegliarmi così ogni mattina!"
 Se davvero lo avesse voluto, sarebbe stato così. Perché non le chiedeva di stare con lui?
 "Non lo vuoi davvero! Ma va bene ugualmente..."
 "Come fai a cambiare così? A volte sei dolce, altre tormentata! Mi confondi!"
 Era lui che la trasformava. Erano i suoi atteggiamenti, il modo in cui la trattava, se aveva altre donne.
 "E tu? A volte sembra tu mi voglia con tutto te stesso, altre che ti infastidisca anche solo la mia presenza! Chicco... Non voglio parlare! Devi andare a lavorare?"
 "No! Oggi passerò la giornata con te! Ho fatto in modo di non doverci andare! Cosa vuoi fare, piccola?"
 Lo strinse forte e lui ricambiò quel gesto tenero e spontaneo con trasporto.
 "Sono felice! Non voglio fare nulla di diverso da questo. Voglio abbracciarti tutto il giorno!"
 "È impossibile che riesca a restare così! Mi fai impazzire! Sei il mio tormento e il mio amore!"
 "Sono tutto ciò che desideri!"
 Era con lei da alcuni giorni e per la prima volta sentiva che quello che avevano non era abbastanza. Lei era allegra, felice e sembrava che i suoi sorrisi fossero la vita. La osservava da quando si era svegliato. Era prona, completamente nuda, i capelli lunghi e neri, sparsi sulle lenzuola che sapevano di loro, esaltavano la sua pelle bianca come la neve, dormiva con un braccio sotto il cuscino e uno sul suo petto. L'aveva scostata e si era voltato verso di lei, facendo attenzione a non svegliarla. Era rimasto a lungo a guardarla, poi, vinto dal desiderio, con un dito, aveva cominciato a disegnare il suo profilo, facendola sussultare. Era rimasto incantato, guardanto la sua pelle ricoprirsi di brividi e prima di aprire gli occhi, aveva sorriso. La sua bellissima bocca rossa e morbida, che sapeva baciare come nessun'altra bocca si era schiusa permettendo ad un gemito di uscire. Su quella bocca avrebbe potuto morirci. Si era avvicinato e l'aveva baciata, ammirando i suoi occhi che si erano aperti... I suoi occhi neri che sembravano vedere solo lui.
 "Ciao..."
 "Sei l'amore!"
 Poi, non riuscendo più a resisterle, l'aveva amata, conoscendola ancora di più, scoprendo sempre qualcosa di diverso in lei, qualcosa di sempre più bello.
 Ma anche dopo aver fatto l'amore aveva continuato a guardarla. Non riusciva a toglierle gli occhi di dosso. Mentre si faceva la doccia, si pettinava, mentre si vestiva. Era incantato da lei, stregato.
 "Forse dovresti andare... Farai tardi!"
 Gli aveva detto mentre lo guardava perplessa.
 "Stamattina è difficile lasciarti sola, più del solito!"
 "Sei dolce... E sei strano!"
 "No... Cosa farai oggi?"
 "Andrò al mare a nuotare! E poi ti aspetterò..."
 "Ti annoi, Farfallina?"
 "Oh no! Miami è una città piena di ogni cosa... Capisco bene perché ti piaccia vivere qui! È stimolante! E poi ci se tu..."
 "Oggi non voglio andare al lavoro... Ti va di prendere la barca? Solo per oggi! Faremo ritorno entro sera!"
 "Mi piacerebbe tanto! Puoi assentarti?"
 "Non mi importa se posso! Voglio stare con te!"
 "È vero?"
 "Sì, Farfallina! Andiamo via!"
 Erano al largo, nessuno poteva vederli o disturbarli, su quella barca avevano passato dei giorni bellissimi, che erano finiti quando lui l'aveva allontanata ancor prima che lei andasse via. Era questo che pensava mentre conduceva la barca.
 "Chicco, cosa c'è?"
 "Niente, te lo giuro! Ho solo bisogno di stare con te oggi! Credi sia troppo affettuoso? Romantico?"
 "Sei perfetto... Qualsiasi cosa tu faccia! Fai il bagno con me?"
 "Sì!" Senza aspettare l'aveva presa tra le braccia e si era tuffato in acqua con lei, proprio come qualche anno prima, al lago, quando era solo una bambina, ed erano rimasti in acqua giocando come allora. Risaliti sulla barca avevano fatto l'amore assaporando il sale sulla loro pelle.
 "Dimmi che non è un sogno!"
 Francesca quel giorno, si era sentita in paradiso e, mentre entrambi raggiungevano il piacere, gli aveva sussurrato il suo amore.
 "Sei tu il sogno!"
 Ed era sincero come mai prima.
 Avevano passato la giornata tra bagni e baci. Si erano amati molte volte e sembrava che entrambi non fossero capaci di smettere di desiderarsi.
 "Piccola... Ehi! Questa sera la tua pelle morbida e bianca sarà arrossata!"
 Era vero, già i primi segni cominciavano a vedersi, le guance, il naso e le spalle erano rossi.
 "Oh... Non sono abituata a prendere tutto questo sole!"
 Era bellissima e il suo modo di fare, così tenero, lo emozionavano. La osservava mentre era intenta a guardare il mare, con indosso il costume, gli occhiali da sole e i capelli arruffati e spettinati, raccolti con un mollettone.
 "Presto saremo al porto... Fatti una doccia!"
 "No... Voglio farla con te! Poi mi aiuterai a mettere un po' di crema dopo sole... Ti va?"
 "Sì... Ma almeno indossa la mia maglietta o peggiorerai la situazione."
 Le piaceva quando era premuroso. Come quando lei era una ragazzina e lui si preoccupava che non restasse mai sola. Gli sorrise, annusò la sua maglietta e la infilò. Era grande e larga ma niente era bello come quella maglietta.
 "Sei sexy anche così!"
 "Nonostante le ustioni che mi sono provocata?"
 "Nonostante quella maglietta che nasconde il tuo corpo!"
 E quando il volto della sua donna, si aprì in un sorriso unico, si rese conto che con lei accanto, non aveva paura di nulla.
 Una volta attraccati, avevano fatto la doccia insieme e nonostante la scomodità, era stato bellissimo. Lui le baciava le spalle, le accarezzava la schiena e lei, si aggrappava a lui, infilando le sue dita tra i capelli del suo uomo. Per lei era come vivere un sogno, lui non era mai stato tanto bene in vita sua. Nemmeno la prima volta che avevano fatto l'amore o durante i giorni che avevano passato insieme qualche tempo prima.
 "Piccola... Perché non ceniamo fuori? Poi possiamo tornare qui e passare la notte sulla barca!"
 "Fuori? Solo noi due? E se qualcuno ci scattasse delle foto? Nessuno sa che sono qui!"
 "Da quando ti importa dei giornalisti?"
 "Ecco... Io... Io so che non vuoi che nessuno sappia di noi! So che i pettegolezzi ti infastidiscono! E soprattutto so che non vuoi rispondere a delle domande su di noi... Su quello che c'è tra di noi... E se qualcuno pubblicasse le nostre foto, mio padre, mia madre... I tuoi genitori, si chiederebbero perché siamo insieme!"
 "E a te non importa?"
 No, non le importava! Anzi, il suo desiderio più grande era quello di gridarlo al mondo intero quello che provava per lui. Non le importava nulla che la sua famiglia sapesse di loro. Lei era fiera del suo amore. Era orgogliosa di essere la sua donna.
 "No! Ma mi importa quello che pensi tu. E so che quello che c'è tra noi deve rimanere solo tra noi!"
 "Possiamo ordinare qualcosa e cenare qui!"
 "Sì! Va bene!"
 Gli aveva sorriso, quella giornata era talmente perfetta che nulla avrebbe rovinato quei momenti.
 Avevano diviso la cena, come dei ragazzini alla prima uscita, ridendo e scherzando. Lui si era perso nei suoi occhi e aveva cominciato ad immaginare la sua vita con lei. Non solo come amante, come compagna occasionale, ma come compagna della sua vita. Del resto era quello, la sua compagna, la sua donna, lo sapeva. Ma erano pensieri diversi. Come sarebbe stata dopo dieci anni? Come sarebbe stato vivere con lei ogni giorno? Aveva sorriso pensando a lei come madre dei suoi figli, eppure quel pensiero non era assurdo ed era bellissimo.
 Riccardo aveva improvvisamente interrotto il silenzio che li avvolgeva e li cullava.
 "Cosa vuoi dalla vita? Come immagini sarà la tua vita?"
 La sua vita? La sua vita era con lui. Renderlo felice per essere felice. Svegliarsi ogni mattina ascoltando il suo respiro e addormentarsi dopo aver fatto l'amore e sentendo il suo odore sulla pelle. Immaginava la sua vita con lui e i suoi figli. Crescerli, amarli. Ecco cosa voleva dalla vita.
 "Io... Io non lo so! Prima o poi smetterò di fare la modella e troverò qualcosa da fare..."
 "Pensi mai che il nostro destino sia scritto?"
 "Forse... E tu? Cosa vuoi dalla vita? Hai quello che vuoi? Hai trovato quello che cercavi?"
 "Io sono felice! Quello che faccio mi piace! Sono bravo! Molto! Anche io smetterò di gareggiare, ma non smetterò mai di essere quello che sono."
 "Continuerai a lavorare per la tua squadra?"
 "No... Credo che prima o poi mi dedicherò a qualcosa di diverso. Più stimolante, più interessante, difficile! Sono un ingegnere e ad un certo punto cercherò un lavoro più appagante. Ma per ora mi diverto!"
 "Hai trovato la tua strada! È bello! Non ho mai avuto dubbi! Sapevo che ti saresti realizzato!"
 "Sì, ma sento che mi manca qualcosa! Che sono ancora alla ricerca di qualcosa!"
 Francesca aveva piegato leggermente la testa, incuriosita.
 "Che cosa?"
 "Non lo so..."
 "Forse è una donna... Forse stai cercando la donna della tua vita!"
 Aveva provato ad essere tranquilla, ma la sua voce incrinata non era stata d'aiuto.
 "Perché ridi?  Mi trovi ridicola? Pensi sia una sciocca?"
 "No... Io l'ho trovata la mia donna! Sei tu! Parlo di qualcosa di diverso..."
 "Di cosa parli?"
 "Casa! Parlo di dove trovare la mia casa! La mia pace."
 "Non è qui?"
 "Sei così carina... Così ingenua! Non parlo del luogo! Parlo del cuore!"
 "Oh... Scusa! So che troverai anche la tua casa! Nessuno è come te!"
 "Dov'è la tua di casa?"
 La sua casa era lui. Il suo cuore era lui.
 "Dove? Non lo so! Dove ci sarà l'amore!"
 "Romantica e dolce... Ti sposerai piccola? Vuoi dei figli?"
 Un dolore allo stomaco l'aveva colta all'improvviso. Perché glielo chiedeva? Possibile che non capiva che era lui l'amore?
 "Mi piacerebbe avere dei figli... Sì!"
 "Ricordi quello che mi dicesti tanto tempo fa? Eri una bambina! Dicesti che avresti sposato me e che i nostri figli sarebbero stati bellissimi!"
 "Ero piccola..."
 "Mi piace pensare che le cose andranno esattamente in questo modo!"
 "Forse un giorno troverai la tua casa, allora ti sposerai e avrai dei figli! E sicuramente saranno bellissimi, come te!"
 "Sì, penso che sarà così!
 Nei suoi occhi era sceso un velo di tristezza e lui se n'era accorto.
 "Piccola... Sei triste... È per quello che ho detto?"
 "No... No! Ma vorrei che tu mi abbracciassi! Vuoi?"
 Si era alzato per raggiungerla, l'aveva aiutata ad alzarsi e poi l'aveva abbracciata.
 "Piccola... Andiamo!"
 Erano scesi sottocoperta e avevano passato la notte abbracciati e a fare l'amore.
 Gli accarezzava i capelli con entrambe le mani, mentre lui appoggiava la testa sul suo seno.
 "Chicco, dormi?"
 Non dormiva, ma stava così bene col suo profumo nelle narici che anche parlare sarebbe stato difficile.
 "Sì... Dormi... Sei tu la mia casa! Sei tu quello che voglio! Sono i tuoi figli che voglio crescere... Sei ogni cosa! Ti amo tanto, amore mio!"
 Lo aveva detto con una dolcezza e una sincerità tali, da spiazzarlo e lo aveva detto perché credeva che lui dormisse. Non c'era nessuna ragione di dirlo se non perché era la verità. E anche lui lo pensava. Avrebbe potuto dirle che per lui anche lei era casa, che se avesse avuto un figlio, sarebbe stata lei la madre, ma qualcosa glielo aveva impedito. L'aveva stretta lievemente e ascoltato il suo respiro farsi sempre più tranquillo e il suo cuore che batteva insieme al suo. Non aveva dormito quella notte. Era stata una giornata perfetta e una notte indimenticabile. Il suo amore riusciva a placare ogni suo dubbio, ogni incertezza, ma per lui non era ancora arrivato il momento per fermarsi. Lei era lì, ed era tutto ciò che desiderava, ma in lui c'era qualcosa di irrisolto. Dentro provava ancora rabbia nei confronti della sua famiglia e lei ne era parte. Amare lei, farlo alla luce del sole, significava che la sua famiglia ne sarebbe stata coinvolta e non voleva che accadesse. Voleva che suo padre lo apprezzasse per ciò che era, che sapeva fare. Quando fosse successo, forse, l'avrebbe amata come meritava. Voleva che lui fosse fiero di quello che era riuscito ad ottenere. Era suo padre eppure non riusciva ad accettarlo. La laurea, la specializzazione, il dottorato, il suo lavoro, il suo successo, sembravano non essere mai abbastanza. Era assurdo, se avesse deciso di tornare a Bogotà e di diventare il dirigente, o addirittura il presidente della sua azienda, lo avrebbe venerato. Come non riuscisse a capirlo, era un mistero. Ogni cosa che otteneva era qualcosa di eccezionale. Quel brevetto venduto era qualcosa di davvero eccellente. Ma non era mai abbastanza. E se si fosse fermato, con lei, non sarebbe mai riuscito a rendere suo padre orgoglioso di lui. Se lei fosse rimasta...
 Se fosse rimasta sarebbe stato troppo felice per cercare altro e lui doveva andare avanti, andare oltre. Aveva paura di quel senso di pace, di quell'appagamento. Paura che lei fosse in grado di placare la sua sete di vittoria. Non poteva ancor fermarsi.
 Ma lei era così bella, così dolce... L'aveva guardata per un istante mentre si preparava per andare al lavoro. Era nuda, con un sorriso a fior di labbra che avrebbe fatto innamorare chiunque e lo amava. Lui sapeva che quell'amore era assoluto. E anche lui la amava nello stesso modo. Come avrebbe potuto fare altrimenti?
 Le aveva scostato una ciocca di capelli e l'aveva coperta con un lenzuolo e poi era corso al lavoro. Quel giorno non avrebbe pensato a lei, a loro. Era deciso ad allontanarla e in fretta. Lei doveva andar via e sapeva come ferirla tanto da farla scappare.
 Si era svegliata assaporando il sapore dei suoi baci. Il suo profumo sulla sua pelle. Era serena e felice. Il suo amore era stato dolce e premuroso, quella notte l'aveva amata pensando solo a lei, prendendosi cura di ogni centimetro del suo corpo e lei lo aveva contraccambiato, baciando e assaporando ogni punto della sua pelle.
 Forse si stava illudendo, ma non l'aveva mai sentito tanto vicino. In lei si era aperta una speranza di un futuro con lui.
 Quel giorno aveva girato un numero infinito di negozi. Aveva acquistato dei regali per lui, piccole cose, una maglietta, un portachiavi, nulla di impegnativo, ma aveva voglia di fare qualcosa di carino, così aveva acquistato un completino intimo sexy. Lo voleva stupire, essere ancora più bella per lui. Poi aveva ordinato la cena e lo aveva aspettato indossando solo quello che aveva comprato.
 Era una visione, aveva apparecchiato la tavola con cura, c'erano candele e fiori. Poi qualche pacchettino incartato non troppo bene. Era divertito, chissà se la tavola l'aveva davvero preparata lei? Da come aveva incartato quei pacchetti non ci avrebbe scommesso un centesimo. Ma non era importante, lei non aveva bisogno di fare nulla di speciale per esserlo. E non gli importava che lei fosse una perfetta padrona di casa come sua madre. Che sapesse cucinare o altre sciocchezze. Lei era una donna meravigliosa per quello che era, non per quello che faceva. E poi era così bella. Gli sorrideva seduta sulla sedia, con le gambe accavallate, indossando un intimo blu, sexy ed elegante, il suo sorriso era seducente come nulla al mondo.
 "Ciao... Mi sei mancato oggi!"
 E il suo tono era suadente e malizioso. E quella prova era un delle più difficile a cui si era sottoposto. Era una tortura averla davanti e invece di prenderla su quel tavolo, doveva mantenere il suo proposito. Perché anche se ci aveva provato a non pensarci, Anche lei gli era mancata, da morire. Ma doveva tenere ferme le sue intenzioni. Doveva cacciarla da Miami e dal suo cuore.
 "Francesca... Non possiamo cenare insieme! Scusa, avrei dovuto avvertirti!"
 "Cosa? Oh... Io... Mi dispiace!"
 La delusione nella sua voce, gli aveva fatto male.
 "Devo cenare con dei colleghi... Se ti facesse piacere, potresti venire con me!"
 "Se ti va... Ma posso aspettarti!"
 "No... Vieni! Sei rimasta sola tutto il giorno!"
 "Come vuoi che mi vesta? È un'occasione speciale?"
 Era felice di quell'invito.
 "Come vuoi! Credi che ai miei colleghi interessi se indossi un abito o una tuta da ginnastica? Non sono come le persone che frequenti! E poi è una cena di lavoro!"
 "Chicco... Sei arrabbiato?"
 "Infastidito! Cerca di sbrigarti! Non voglio fare tardi!"
 "Sì..."
 Non era riuscita a comprendere il suo atteggiamento... Ma forse davvero non voleva fare tardi. Nemmeno si era accorto di quello che indossava. Era stata sciocca, avrebbe dovuto chiedergli se fosse libero. Sapeva che aveva sempre tanti impegni ma aveva dato per scontato che sarebbe stata una cena speciale, solo per loro.
 Si era vestita in fretta, indossando dei semplici pantaloni neri e una camicia leggera, non si era truccata e aveva raccolto i capelli in una semplice coda. La aspettava sul terrazzo.
 "Sono pronta... Spero di essere adeguata alla serata!"
 "Quante stupidaggini! Sei vestita! Nessuno ti guarderà! Stasera non ci sarà quell'idiota dell'altra sera!"
 Lei, nonostante le sue parole, gli sorrise, cercando di stringergli la mano. Come faceva ad amarlo, nonostante tutto?
 Con i colleghi era stato chiaro. Avrebbero dovuto farla sentire a disagio, inadeguata. Aveva detto loro che nonostante le fosse affezionato, non sopportava più di averla intorno. Quindi avrebbe voluto se ne andasse per non dover più sentire i suoi discorsi idioti. Sapeva che si sarebbe sentita a disagio. E il suo atteggiamento avrebbe fatto il resto. L'avrebbero mortificata e lui avrebbe lasciato che lo facessero. Quegli stupidi facevano tutto quello che lui diceva. Lo ammiravano come fosse una divinità. Che idioti!
 "E non pensi che ti manchi qualcosa?"
 "Ho fatto delle scelte diverse... Io... Io non credo di essere inferiore a chi ha una laurea!"
 "Credi che sia stupido studiare?"
 "No! Io ho deciso di fare altro! Tutto qui!"
 "Però, durante una cena come la nostra, se avessi concluso gli studi, ti saresti trovata meglio! Non credi?"
 Perché lasciava che la umiliassero in quel modo? Chi erano tutte quelle persone che la trattavano come una stupida fallita? Cercava il suo sguardo, ma lui era troppo impegnato a spiegare quello che intendeva fare, su progetti e altre cose che effettivamente le erano oscure.
 "Io... Esco a prendere una boccata d'aria!"
 Il suo intento si stava concretizzando. Con la coda dell'occhio, l'aveva guardata uscire sulla terrazza, seguita da Lucy, una delle stagiste più presuntuose che avesse mai conosciuto. A lei non aveva detto nulla. Non ce n'era bisogno. Quella ragazza era odiosa e saccente. Non mancava mai di essere sgradevole anche con i colleghi. Solo con lui aveva un atteggiamento docile e remissivo. Sospettava che non fosse solo per la stima che provava per lui ma che ci fosse anche un interesse che non sarebbe mai stato corrisposto.
 "Siete amici da molto?"
 Francesca era quasi trasalita.
 "Conosco Riccardo da sempre! Siamo cresciuti insieme!"
 "Per questo sei qui?"
 Ma diavolo voleva quella donna?
 "Non credo di dover dare spiegazione sulla mia presenza!"
 "Ti capisco! Non è difficile innamorarsi di uno come l'ingegner Mendoza..."
 "Ti sbagli! Noi siamo solo amici, quasi fratelli!"
 "Meglio così! A me invece piace da impazzire! Non solo per l'aspetto! È così brillante! Tu che lo conosci così bene, credi potrei piacergli?"
 "Scusami, ma mi sento a disagio a parlare di queste cose con una sconosciuta!"
 "Credevo che tra donne ci si capisse... Non volevo essere indiscreta..."
 "Non voglio sembrarti antipatica, ma se non ti dispiace, vorrei restare sola!"
 "Come vuoi! Volevo solo scambiare due chiacchiere con una donna che sembra conoscere bene gli uomini..."
 "Cosa vuoi dire?"
 "Quello che ho detto! Sono un'ingegnere, ma li leggo anche io i giornali di pettegolezzi. Quando aspetto dal dottore, ad esempio!"
 Il tono che quella ragazza aveva utilizzato, era quasi di derisione. Ma Francesca aveva cercato di non lasciarsi prendere in giro.
 "Oh... Certo! Vuoi dei consigli per conquistare Riccardo?"
 "Perché no! È chiaro che un uomo come lui abbia bisogno di una donna intelligente, colta. Che l'aspetto non sia qualcosa di fondamentale!"
 Ed era chiaro il riferimento al suo di aspetto.
 "Sembra che tu non abbia bisogno di consigli! Lo conosci bene!"
 "Ho conosciuto una delle sue fidanzate... Era una fisica, ma non era bella..."
 Aveva sorriso e aveva deciso di provocarla.
 "Provaci! Va' da lui e fagli capire che ti interessa!"
 "Sì, potrei farlo! A te non dispiacerebbe?"
 "Perché dovrebbe?"
 Si sarebbe goduta la scena. Lui non l'avrebbe considerata e avrebbe ottenuto una piccola vittoria su quell'odiosa.
 Invece quando quella ragazza si era seduta accanto a lui, sfiorandolo e sorridendogli, non si era sottratto. Anzi, sembrava quasi ne fosse compiaciuto. Ma era chiaro che lei non fosse preparata alle sue attenzioni e, forse intimidita, se n'era andata senza andare oltre. E le cose non erano cambiate. Nessuno le rivolgeva la parola e lui aveva continuato a non considerarla. Era tardissimo ed era così annoiata e stanca.
 "Chicco... Perché non torniamo a casa?"
 "Perché non ho finito con i colleghi! Immagino che tutto lo shopping che hai fatto, ti abbia stancato... Prendi le chiavi e chiama un taxi! Io ne ho ancora per un po'!"
 "No... Ti aspetto!"
 Nonostante tutto, gli sorrideva. Si sentiva male a vederla così dolce. Si era seduta su un divano, poco distante dal tavolo in cui lui chiacchierava coi colleghi e si era appisolata.
 Dopo un tempo indefinito, si era sentito scuotere, senza troppa dolcezza.
 "Andiamo!"
 "Scusa... Sì andiamo!"
 Durante il tragitto per tornare a casa, lui non le aveva rivolto la parola. Sembrava scocciato. Poi una volta rientrati, l'aveva scansata infastidito, mentre lei aveva cercato di baciarlo.
 "Non credi di essere stata odiosa stasera?"
 "Io? Non ho fatto nulla!"
 "A parte essere inopportuna, sgarbata e scostante con i miei colleghi!"
 "Mi hanno trattato come una stupida! Una fallita! Come fai a vivere senza laurea? Come riesci a respirare? Chicco! Mi hanno trattato come una cretina! E quella Lucy? Ha avuto il coraggio di chiedermi un consiglio su come sedurti e sembrava non ti infastidisse il modo in cui ti toccava!"
 Riccardo aveva sorriso, fingendosi stupito.
 "Davvero? Non me ne sono nemmeno accorto! Non immaginavo mi trovasse interessante..."
 "E ti importa?"
 "Beh, Lucy è una delle stagiste più dotate che abbia incontrato!"
 "Sono qui! Non puoi parlare in questo modo!"
 "Sembri esageratamente permalosa stasera!"
 "Chicco, mi stai prendendo in giro? Sei arrabbiato con me perché pensi sia stata sgarbata con persone che mi hanno trattato come un'idiota e sembri interessato alle attenzioni di una ragazza che mi ha mortificato! Non hai fatto nulla per difendermi, per mettermi a mio agio!"
 "Difenderti? Da cosa? Da persone che si sono limitate a farti delle domande? Hanno detto qualcosa di sbagliato? Ti hanno offesa solo perché pensano che l'istruzione sia importante? Beh, lo è! E se non hai una cultura la colpa è tua! O forse no! Sei sempre stata piuttosto... Incapace! Non riesci nemmeno a combattere le tue battaglie!"
 "Incapace? Davvero lo pensi?"
 "Sì! Vuoi forse negare che tra tutti noi sei sempre stata più lenta? Che eri l'unica ad avere difficoltà con gli studi?"
 "Chicco..."
 "Cosa? Non sei colta, non sei intelligente e sei permalosa! Dovresti rendertene conto da sola di quello che sei, invece ti offendi con chi ti dice le cose come stanno!"
 Quello che le diceva faceva male anche a lui. Lei era la creatura più bella che esistesse, in ogni senso. Non aveva conseguito la laurea ma era la più sensibile di tutti loro e di ogni altra persone che conosceva. Era sempre gentile con tutti e sapeva trovare il bello in ogni cosa. Semplicemente perché era dentro di lei. Ma voleva che se ne andasse e che lo facesse presto. Se solo si fosse avvicinata di un passo, tutto quella pantomima sarebbe finita. L'avrebbe abbracciata e le avrebbe chiesto di perdonarlo, perché lui era solo un idiota che ancora non era pronto ad amare con tutto se stesso la sua donna.
 Ma lei non l'aveva fatto, era rimasta ferma con gli occhi che si riempivano di lacrime e sforzandosi di non piangere. Cosa provava? Cosa sentiva in quel momento. Sperava che lei parlasse, che gli chiedesse perché e lui glielo avrebbe detto. Invece lo aveva guardato con disprezzo, con odio e poi era corsa in camera, senza dire una parola. L'aveva seguita vedendole buttare le sue cose nel trolley, in fretta, senza ordinare gli abiti e gli oggetti personali.
 "E ora che diavolo stai facendo?"
 "Me ne vado! Non voglio passare un minuto più del necessario con te!"
 "Sei brava solo a scappare! Perché non mi dici cosa provi! Perché sei così arrabbiata!"
 "Vuoi saperlo? So di non essere intelligente! Non come te, né come i miei fratelli e i tuoi! Sicuramente non come i tuoi colleghi e come le persone che ti piacciono tanto! Ma non hai il diritto di insultarmi! Di mortificarmi e umiliarmi e se ci tenessi a me avresti fatto in modo che nemmeno i tuoi amici lo facessero! Sono brava quanto te a scappare! Ma non vado via perché non so cosa voglio! Lo so benissimo quello che voglio e voglio una persona che mi rispetti, che tenga a me per quello che sono! Con tutti i miei difetti! Sei migliore di me, ne sono sicura, ma nemmeno tu sei perfetto! E... E sai essere crudele! Sei meschino e io... Io penso di meritare qualcosa di più!"
 "Non credevo ci rimanessi male! Quello che ho detto... È solo la verità!"
 "Bene! Allora non trattenermi!"
 "Non intendo farlo! Non voglio dividere il mio tempo con una donna insicura e suscettibile! Vattene! Vattene subito! Non cercarmi più! Non piombare qui solo perché ti annoi o perché qualche amante si pente di averti avuta nel suo letto!"
 Gli aveva uno schiaffo lasciandolo interdetto.
 "Non ti cercherò più, stai tranquillo! Sei... Sei un bastardo!"
 Era corsa fuori dalla camera e lui aveva sentito la porta dell'appartamento sbattere forte. Che cosa aveva fatto? Era notte fonda e lei era sola. Sapeva che se la sarebbe cavata, ma aveva pregato che tornasse. Voleva solo stringerla e dimostrargli che per lui era speciale. Era rimasto sveglio tutta la notte. Aveva buttato tutto ciò che lei aveva ordinato per quella che doveva essere una cena speciale, le candele, i fiori. Quei pacchettini incartati male, come se a farlo fosse stata una bambina. In un angolo della camera c'era il completino blu che aveva indossato per lui. Lo aveva raccolto e aveva assaporato il profumo che emanava. Era dolce come lei, il suo profumo. Aveva aperto i pacchetti e aveva sorriso tristemente. Una maglietta orribile, colorata è troppo grande. Un portachiavi in argento a forma di barca a vela e un cioccolatino a forma di cuore. Era tenera e dolce... Così spontanea e vera... Per la prima volta in vita sua si sentiva perso. Perso e solo come non lo era mai stato. la paura che lei lo completasse, togliendogli la voglia di ottenere tutto, si era trasformata in paura di averla lontana.

 Si sarebbero visti solo dopo qualche mese. E sarebbe stato un incontro terribile. Per entrambi.

°°°°°°°°°°°°°°°
Eccoci qui...
Questo capitolo è stato difficilissimo!
L'ho pensato, scritto, corretto e cambiato mille volte.
È lunghissimo, ma non ho voluto dividerlo, perché credo sia importante leggere tutto insieme.
Avevo pensato di dare alla storia una direzione diversa, ma ho rivisto tutte le mie idee, per portare i due protagonisti sempre più vicini...
In realtà, si evince che Carol (che inizialmente doveva essere solo una sorta di diversivo), non sarà un personaggio che uscirà di scena molto in fretta.
Farà qualche bel danno, facendo anche parecchio male.
E poi.. e poi c'è il mio Riccardo!
Un egocentrico insicuro che non ha mai saputo prendersi le sue responsabilità e che si ritrova a fare i conti con qualcosa di più grande di lui. Ma la ama! Ama la sua Farfallina! La ama davvero e spero che riusciate a leggerlo tutto il suo amore. Magari un amore egoista, ma grande!
È così grande che dopo un primo momento di smarrimento, comprende che quello che Francesca ha fatto, non è completamente colpa sua. La ama al punto da mettersi in discussione.
Nei prossimi capitoli avrà modo di spiegare i motivi delle sue scelte sbagliate e anche i motivi che lo hanno portato a lei.
E spero davvero che riesca a far breccia nel vostro cuore.
Io lo amo. Perché un uomo così, ci impiega magari una vita ad accettare di essere dipendente dal suo amore, ma quando lo capisce, è per sempre. E qui, c'è qualcosa che mi appartiene. Qualcosa che ho rubato alla mia vita e ho regalato a Francesca.
Spero davvero che questo capitolo vi piaccia quanto piace a me.
Ci ho messo un impegno enorme per renderlo credibile...
Un abbraccio a tutte... In particolare a qualcuna di voi.
 

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Capitolo 10
*** 10 ***


Capitolo 10

Con la promessa di mangiare correttamente e con l'assicurazione dei genitori che avrebbero badato a lei, fu dimessa dopo un paio di giorni.
 Suo padre le aveva imposto di tornare a casa per qualche tempo e in fondo lei ne era stata felice. Le attenzioni che la madre le riservava le facevano piacere. Aveva bisogno di essere amata in quel periodo. E lasciava che si occupassero di lei, come fosse tornata una bambina. Era bello farsi coccolare. Le sembrava quasi di riuscire a recuperare gli anni in cui era stata lontano da loro, non solo fisicamente.
 Nicola la accompagnava al lavoro, a cui lei non aveva voluto rinunciare e Marcella le preparava i suoi cibi preferiti e si preoccupava che mangiasse.
 Nonostante tutto, però i suoi occhi nascondevano un dolore profondo. Una malinconia, che non sfuggiva a nessuna delle persone che le stavano accanto.
 Si sentiva sola. Era circondata dall'amore dei suoi genitori dopo anni di freddezza, dai nuovi amici, il cui affetto era sincero e ricambiato, ma quello che era successo, continuava a tormentarla.
 Alvaro e Carmen erano andati a trovarla nella bellissima casa dei suoi genitori e lei li aveva rassicurati che presto sarebbe tornato tutto come prima. Bolanos la chiamava anche quando non doveva lavorare per lui e l'aveva anche invitata a cena con la moglie. Tutti le stavano accanto, lei sorrideva, ma il suo cuore, ridestato dopo tanto tempo, non le dava tregua. Lui non l'aveva più cercata. Ed erano ormai passati quasi dieci giorni.
 E aveva paura.
 Paura che quello che aveva fatto, fosse imperdonabile. Che quell'aborto, che aveva vissuto da sola, fosse qualcosa che lui non sarebbe mai riuscito a superare. Temeva che non tornasse più, che la odiasse. E non lo sopportava. Mai come prima di quel momento avrebbe voluto sentirlo su di lei. Mai come in quel momento desiderava averlo tra le sue braccia e perdersi in lui.
 Ed era assurdo, perché per era rimasta senza di lui per più di due anni. Lo aveva lasciato e respinto, aveva vissuto per se stessa e per realizzarsi.
 Durante l'ultimo anno era riuscita a trovare una strada da percorrere, si era impegnata con tutta se stessa per dimostrare di riuscire a farcela con le sue gambe.
 Era stato un anno terribile, ma per certi versi esaltante. Si era scoperta più forte e sicura, era stata capace di mettere da parte l'orgoglio e accettare l'amore della sua famiglia, aveva lavorato tanto e, anche se consapevole di non essere in grado di dimenticare il suo amore, era riuscita a relegarlo in un angolo, a tacitare il suo cuore, convincendolo di poter battere solo per se stesso.
 Poi era tornato.
 E non erano serviti a nulla i suoi sforzi. L'amore che provava per lui era tornato in maniera prepotente e quasi violenta ad insinuarsi nella sua mente, la parte più forte, che l'aveva portata a chiudere quella storia così sbagliata.
 La sua non era debolezza. Era semplicemente amore. Lei, Francesca, era sua. Lui possedeva ogni cosa di lei. Il suo cuore e la sua anima, il corpo e anche la mente.
 E la paura che il passato li dividesse definitivamente, la paralizzava.
 Era l'irrazionalità a muovere ogni suo passo. Sapeva bene di averlo sconvolto. Quello che gli aveva rivelato, era qualcosa di così importante che il modo in cui lo aveva confessato, era stato sbagliato sotto ogni punto di vista. Erano sbagliati i tempi, le parole, ma soprattutto i motivi.
 Glielo aveva detto per fargli male. Voleva soffrisse come aveva sofferto lei. Voleva che provasse il suo stesso dolore.
 Glielo aveva gridato quasi con odio. Perché sapesse che lei aveva sofferto per ogni suo rifiuto, per ogni parola, per i suoi abbandoni, per le sue rinunce. A quanto aveva rinunciato per lui? A tutto! Ad una vita tranquilla e normale. Alla serenità, all'amore semplice e ricambiato. Aveva rinunciato a se stessa e... Al suo bambino.
 Non poteva tornare indietro. Se avesse potuto. Avrebbe cambiato tutto della sua vita. Ogni azione, ogni parola.
 No, se avesse potuto tornare indietro, forse avrebbe rifatto tutto. Perché non rimpiangeva nulla del suo amore. Era vero, sincero, passionale. Le aveva sempre tolto il fiato, l'aveva riempita di speranze. E non era importante che quelle speranze fossero mere illusioni.
 Rimpiangeva solo l'aborto. Il rimorso non l'aveva mai abbandonata, il senso di colpa la divorava.
 E quella notte, esasperata e disperata, aveva voluto condividere con lui quel demone che la lacerava nel profondo.
 Non aveva pensato alle conseguenze delle sue parole.
 Era certa di una cosa: gli aveva mentito.
 Tutto il resto era confusione.
 Sapeva che era giusto parlargli di quello che era successo. Era sempre stata la cosa più corretta, ma non quella notte, non in quel modo.
 Le restava solo la paura.
 Voleva solo che lui la rassicurare, che la prendesse tra le braccia e le dicesse che la perdonava.
 Forse se lui l'avesse fatto, anche lei sarebbe riuscita a farlo.
 Aveva bisogno di sapere cosa provasse. Ma lui sembrava essersi dimenticato di quello che le aveva promesso.
 E il dubbio la devastava. Il suo silenzio era dovuto a quello che aveva fatto? O semplicemente le parole di quella donna corrispondevano alla realtà... O aveva solo giocato?
 Dubbi e confusione. Solitudine.
 Solitudine, quel senso di vuoto che la accompagnava da sempre. Da quando, bambina, guardava Giulio e Camilla, giocare, escludendola.
 Sola, era sempre stata sola. A nessuno era mai importato granché di lei. A volte si era sentita quasi un fantasma, trasparente. E in quei momenti c'era lui a prenderla per mano.
 Era così abituata alle sue attenzioni, che non le pesavano l'indifferenza e a volte il fastidio che suscitava.
 Le sembrava di non avere mai avuto scelta. Lui c'era sempre stato. Amarlo era naturale. Lo aveva sempre amato. Non ricordavo un giorno della sua vita in cui il suo Chicco non fosse presente, anche quando era lontano da lei.
 Se avesse almeno potuto sapere cosa davvero provasse...

Quando Betty l'aveva cercata per parlarle, non era stata capace di dirle di no. Aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno e la madre del suo uomo, era la persona più adatta. L'unica che sapesse del loro legame, l'unica che sapesse del bambino, l'unica con cui non avrebbe dovuto mentire.
 "Sono felice di vederti, principessa!"
 "Anche io..."
 "Tesoro, mi sembri sempre un po'..."
 "Sì, lo so! Ma va meglio! Davvero! Mamma e papà mi accudiscono come se avessi cinque anni... Ho solo bisogno di un po' di tempo, ma mangio e mi prendo cura di me stessa..."
 Betty le sorrise dolcemente e con comprensione. Francesca soffriva e le si leggeva negli occhi. Sapere che la causa di tutto quel dolore, fosse suo figlio, le faceva male. Avrebbe tanto voluto metterlo di fronte a quegli occhi, al tormento che le aveva provocato.
 Dopo qualche istante di silenzio le disse:
 “Mi ha chiamato ieri e mi ha chiesto come stai...”
 Sorrise, chiedeva di lei alla madre. Era più facile che chiederlo direttamente a lei.
 “E lui? Lui come sta?”
 “Non saprei... Mi è parso un po' preoccupato... Ma vedi, io non lo capisco! Non ho la più pallida idea di cosa gli passi per la mente.”
 "Gliel'ho detto!"
 Betty deglutì e aggrottò le sopracciglia, cercando di metabolizzare quell'informazione.
 "Tu... Tu gliel'hai detto?"
 Francesca distolse gli occhi, cercando di fissare un punto immaginario lontano da lei.
 "Sì! Avrei dovuto farlo prima, forse... Comunque ora lo sa e probabilmente mi odia!"
 Prima di risponderle, pensò per qualche momento, cercando di ricordare il tono e le parole del figlio.
 "Io non credo..."
 E non lo disse per rassicurarla.
 "Ieri sembrava stanco, provato... Forse un po' triste, ma quando ha chiesto di te, sembrava... Dolce!"
 Francesca la guardò, piena di riconoscenza.
 "Davvero?"
 "Forse credi ti odi solo perché tu odi te stessa..."
 "Forse... O forse non mi perdonerà mai!"
 Betty le accarezzò la mano che Francesca teneva stretta in un pugno.
 Quel tocco la fece rilassare, aprì istintivamente la mano e Betty gliela strinse.
 "Per quanto non riesca a capirlo, sono certa che provi un sentimento vero! E non è solo affetto!"
 "Credi si possa perdonare quello che ho fatto?"
 "Sì, piccola! Io ti ho vista... Eri sopraffatta! Forse... Forse avrei dovuto esserti più vicina... Ma so che hai agito perché credevi fosse la cosa giusta!"
 "Non si tratta solo di quello che ho fatto... Gli ho mentito!"
 "Tesoro, io... Io non dico tu abbia fatto bene! Non dico che non avresti dovuto parlargli. Ma... Mio Dio, piccola! Mio figlio è sempre stato così irragionevole, egoista... La verità è che se mio figlio lo avesse saputo, sarebbe impazzito! Gli hai mentito, sì! Ma non è mai stato in grado di affrontare le sue responsabilità, i suoi problemi! Riccardo è sempre scappato! Da noi, da questa città, da te... Non sarebbe stato in grado di accettare la tua gravidanza!"
 Francesca non aveva mai sentito tanta sicurezza nella voce di Betty. Le sorrise.
 "Si affrontano insieme certe cose... Ma io non gli ho permesso di scegliere... Forse è vero! Quando ci si ama i problemi non dovrebbero dividere... O forse non tutto può essere affrontato e certe cose servono solo a mettere la parola fine..."
 "Eri spaventata, Francesca..."
 I suoi occhi si riempirono di lacrime, ma riuscì a trattenerle.
 Betty, però, le aveva viste e le strinse ancora di più la mano.
 "Non sono mai riuscita a leggere il cuore di mio figlio. È sempre stato un libro chiuso, non solo per me! Ma so che in questo momento, nonostante la confusione, è a te che pensa!"
 "L'ho allontanato!"
 "No, piccola! È lui che se n'è andato! Ma quel giorno in ospedale, era... Era innamorato, tesoro! Non c'era rabbia, ma preoccupazione!"
 "E delusione..."
 "Forse! Ma mio figlio deve crescere! Deve capire cosa davvero vuole e deve lottare per ottenerlo! Ha sempre avuto tutto quello che voleva. Non ha mai fatto fatica, perché, diavolo, mio figlio è così... Intelligente! Ogni cosa è sempre stata facile per lui... È così brillante, capace... Ma finché, non capirà quello che per lui è davvero importante, non sarà mai un uomo! Deve affrontare soprattutto se stesso!"
 Dopo qualche istante di silenzio, Francesca sospirò.
 “La sua Carol lo aiuterà sicuramente!”
 Betty si innervosì sentendo quel nome, non capì subito l'allusione di Francesca e rispose quasi stizzita.
 “Quella donna non mi piace, mi sembra calcolatrice e interessata!”
 “Ma stanno insieme!”
 Inarcò le sopracciglia e sorpresa da quella costatazione, trasalì.
 "Chi te lo ha detto?"
 Francesca la guardò con un sorriso che sembrò più una smorfia.
 “È stata lei a dirtelo?”
 Francesca sospirò ancora e si mise a guardare il giardino dalla veranda, poi le raccontò quello che quella donna le aveva detto la sera della sfilata.
 Betty era furiosa. Se avesse avuto quella strega davanti, forse le avrebbe messo le mani al collo.
 “Sapevo che in qualche modo era colpa sua! È stata lei a farti del male quella sera!”
 “Non è così...”
 “Ha approfittato della tua debolezza, della tua paura e ti ha inferto un duro colpo! Ma io non credo che le cose stiano in questo modo!”
 “Eppure lui le ha raccontato tutto, anche... Anche di nos... Del bambino!”
 “Oh... Riccardo è un idiota! Ma quella sera gli ho chiesto cosa significasse per lui quella donna e mi ha giurato che si tratta solo di un'amica! Non mentiva!"
 “Ma ora sono insieme. Lei lo aveva detto che sarebbero tornati a Miami insieme...”
 “Beh, lei è statunitense, il padre e il figlio vivono a Miami... Era ovvio che tornasse a casa sua! Ma tra loro non c'è niente!”
 “Forse hai ragione. Ma allora perché mi ha parlato in quel modo?”
 "Ovviamente lei vuole qualcosa di più! Lui ti ama ed è gelosa! Ha giocato bene le sue carte! Ma quando Riccardo mi chiamerà, gli dirò di come si è permessa di trattarti!”
 “No, non farlo. Riccardo mi ha promesso che quando tornerà parleremo... Fino a quel momento non ha senso fare congetture!”
 "Allora, per favore, stai tranquilla! Quella donna non è nulla per lui! Per favore, di questo sono sicura!"
 "È solo che... Ho paura! Quella donna mi fa paura!"
 Betty le accarezzò con affetto una guancia. Voleva bene a quella bambina con se fosse sua. Era facile amarla, così fragile e così appassionata. Addolcì il tono e le disse:
 “Darei qualunque cosa per vedervi felici... E non so perché, ma sono sicura che potrete esserlo solo insieme!”
 “Lo dici perché mi vuoi bene...”
 “Sì, ti voglio bene. E voglio bene a mio figlio! E vi conosco. Tu lo ami così tanto... Nessuna donna potrebbe amarlo come lo ami tu!”
 “Ma lui? Lui mi ama tanto da volere vivere una vita con me? Nonostante tutto?”
 “Non lo so! Io non so più da molto tempo quello che prova! Ma lui è il mio dolce bambino, intelligente e allegro! E tu sei la donna giusta per lui... Lui dice di amarti e io gli credo!”
 “Io non dubito che mi voglia bene... E credo sia convinto quando dice quello che prova per me! Ma so anche che il suo modo di amare è diverso dal mio... Io... Io vorrei solo una vita come quella di mio fratello e Camilla. Una casa, un uomo che viva per me e un... Un bambino. E quando penso a tutto questo, penso a lui...”
 “Sei così dolce, Francesca, così bella e dolce. Se mio figlio è tanto stupido da non amarti quanto meriti, forse è meglio che lo dimentichi! Ma io credo che le cose andranno nel modo giusto! Voi due siete fatti l'una per l'altro!”
 Francesca le sorrise, Betty era davvero convinta di quello che diceva. Peccato che non si rendesse conto che lei e suo figlio avevano giocato per anni e solo lei aveva perso la testa per lui. Solo lei aveva confuso i momenti di passione, la loro attrazione, per amore. Il suo desiderio di averlo non si limitava a fare l'amore con lui, era un bisogno di averlo completamente suo, almeno in quel momento. Quando non fuggiva, quando non la cacciava, quando non sceglieva di starle lontano. Perché lei lo amava da sempre. Da quando lo guardava studiare o andare a cavallo. E anche da prima, quando la teneva per mano mentre attraversavano la strada o le faceva i dispetti o le tirava i capelli.
 Era carina, la sua zia Betty, peccato che non le cose non sarebbero andate come lei sognava. Quei sogni avevano smesso di animare le sue notti, quel giorno in ospedale. Il suo amore invece aveva continuato a scorrerle nelle vene, a riempirle la mente, a scuotere il suo corpo e a far battere il suo cuore. La sua anima vacillava per il timore che lui non sarebbe tornato, troppo deluso e umiliato.
 Era piacevole avere Betty dalla sua parte. Non che avesse importanza, ma si sentì un po' meno sola.

Le aveva detto di volerla voleva sentire, ma erano passate quasi tre settimane. E le uniche notizie che aveva di lui erano quelle che le dava Betty. Con il passare dei giorni si era convinta che quello che era successo non fosse altro che il suo solito gioco. Un gioco che avevano iniziato insieme. Un gioco che da troppi anni per lei era solo un supplizio. Lui l'amava, ne era certa, ma di un amore egoista, un amore che forse non sarebbe finito, ma che non avrebbe mai potuto portare a nulla. La amava, sì, ma non come Giulio amava Camilla, non come suo padre amava sua madre e lei invece era solo una donna banale e ordinaria, che desiderava solo la normalità di un amore come quello che vedeva negli occhi delle persone a cui era legata.
 Non era il matrimonio con l'abito bianco, non era la casa col giardino. Glielo aveva detto l'anno prima, ma a lei in realtà, bastava poter contare su di lui, sapere che ci sarebbe stato, che le avrebbe sorriso guardandola, che non la giudicasse una stupida sciocca. Che in lei vedesse qualcosa di speciale e non solo perché era l'unica diversa in un mondo che lui giudicava banale. Perché lei non era diversa, lo era stata solo per piacere a lui. Lei voleva solo amarlo alla luce del sole e guardarlo la mattina mentre si vestiva e la notte mentre dormiva. Era banale anche lei. Come tutti quelli che non erano lui. Era così speciale, Riccardo, così unico. In ogni cosa che faceva era unico e speciale. Sarebbe stato capace di fare qualsiasi cosa! Era intelligente, più di chiunque altro, era dolce come nessun altro, gentile, simpatico. Ma i suoi lati oscuri erano altrettanto unici. Sapeva essere crudele, sapeva ferirla in modo spietato. E lo aveva sempre fatto consapevolmente.
 Lui la amava, ma non abbastanza per perdonare quello che aveva fatto e la sua bugia. La amava, forse, ma era lontano, come sempre, molto di più.
 Perché non riusciva a voltare pagina? Perché era completamente soggiogata da lui? Era convinta che comportandosi come lui voleva, prima o poi le cose sarebbero cambiate. Era stata se stessa solo quando gli aveva chiesto un figlio. Il rimpianto la fece sospirare. Aveva voluto mettersi in gioco e aveva perso, miseramente.
 
Per la prima volta in vita sua, guardando dalla terrazza del suo appartamento, non provò la pace che il tramonto sul mare, gli aveva sempre dato. Avrebbe fatto di tutto per essere lontano da quel panorama. Era stanco e voleva solo smettere di sentirsi così.
 Aveva bisogno di lei!
 Più il tempo passava, più sentiva che nulla avrebbe potuto renderlo sereno, solo il suo sorriso. Aveva bisogno di quel sorriso per tornare a vivere.
 Provava sollievo pensando che presto sarebbero stati insieme.
 Il senso di vuoto che aveva dentro e che non lo lasciava da più di un anno, si era quitato solo tre settimane prima, quando l'aveva salutata. Era bastato starle vicino e si era sentito bene, felice.
 Era stato egoista per tutta la vita. Sempre. L'aveva sempre data per scontata perché lei c'era sempre. Non importava che lui la trattasse come una bambina, che la trovasse insopportabile o la lasciasse solo per mesi, che la umiliasse. Era certo che lei, per lui, ci sarebbe seme stata.
 Una vita a pensare solo a se stesso, convinto di essere migliore di chiunque, compiaciuto e corteggiato da donne, insegnanti, colleghi.
 Una vita spesa a vivere solo a se stesso.
 Una vita che invece avrebbe potuto essere bellissima, se solo avesse capito che senza il suo amore, quella vita non aveva senso.
 Non aveva mai vissuto davvero, la sua era solo sopravvivenza.
 Quei giorni erano trascorsi troppo lentamente, i problemi si erano susseguiti come se qualcuno avesse fatto in modo che tutto andasse storto.
 La porta del suo appartamento si aprì di colpo, la sentì chiaramente, anche se si trovava sul terrazzo. Finse indifferenza, ma se sapeva bene che presto, oltre la nostalgia di lei, avrebbe dovuto fronteggiare qualcuno che avrebbe solo voluto dimenticare.
 “Riccardo... Che diavolo è successo con Gilian?”
 "Ciao, Carol!"
 "Allora? Vuoi spiegarmi che succede?"
 “Di cosa parli?” Era infastidito dalla sua voce, così acuta e squillante, insopportabile.
 “Mi ha detto che hai intenzione di toglierle l'incarico di vendita dell'appartamento!”
 Avrebbe voluto chiederle perché le interessasse tanto, ma non sarebbe stato molto intelligente, visto che conosceva perfettamente il motivo.
 “È vero, sì, oggi le ho detto che un agente immobiliare mi ha sottoposto la proposta di un suo cliente e devo dire che non è affatto male! Del resto questo agente ha praticamente venduto l'appartamento senza nemmeno vederlo. La tua amica invece sembra completamente incapace di sottopormi una qualunque trattativa.”
 Addolcendo il tono di voce, Carol si avvicinò a lui, fino a porsi proprio di fronte.
 “Ti ha spiegato che è un momento particolare, potresti darle un po' più di tempo...”
 Lo disse cercando di essere più persuasiva possibile, provocando in lui una reazione decisamente scocciata.
 “No! Non gliene darò! Voglio chiudere in fretta questa parentesi e tornare a casa!”
 La donna scoppiò a ridere.
 “Parentesi, casa? Quando ci siamo conosciuti questa era casa tua!”
 Rimarcò con enfasi le sue parole.
 Riccardo tornò ad appoggiarsi allo schienale della poltrona, dal quale si era leggermente allontanato. Con tutta la calma che riuscì a trovare, senza guardarla, le disse:
 “Le cose cambiano e sai bene perché. Non voglio più stare lontano da lei!”
 Spazientita per quell'atteggiamento, Carol avrebbe solo voluto schiaffeggiarlo.
 “Quante volte vi siete sentiti da quando sei qui?”
 Gli chiese sarcastica.
 Sospirò. Mai. Non l'aveva mai chiamata. All'inizio voleva solo risolvere tutti i problemi in fretta, poi per vergogna, per senso di colpa.
 Inchiodò gli occhi in quelli della donna e la guardò con rabbia.
 “Non mi piace il modo in cui mi stai parlando...”
 Alla donna non sfuggì il suo odio. Ammorbidì la voce e sorrise dolcemente.
 “Scusami, sono solo preoccupata per te! Ti sei chiuso in te stesso e non parliamo quasi più!”
 Si alzò dalla sedia, raggiungendo la ringhiera del terrazzo, appoggiandovisi.
 “Io voglio andare via! Sto solo aspettando che la tua amica faccia il suo lavoro e venda questo maledetto appartamento! Voglio tornare a Bogotà! E... Ti stupisci che non parliamo più?"
 "Certo! Mi hai sempre raccontato tutto!"
 "Prima! Prima di sapere quello che davvero provi! Cristo Santo! Hai detto di amarmi!"
 Distolse lo sguardo, passandosi una mano tra i capelli, cercando di mantenere il controllo.
 "E ti giuro che mi dispiace! Non doveva succedere! Io... Sei una persona..."
 Bugiarda. Era quello che pensava.
 "Sei una persona che merita sicuramente qualcuno che la ricambi! Ma non sono io! Mi dispiace non poterti ricambiare! Non voglio darti false speranze!”
 “Ma abbiamo fatto l'amore ed è stato bellissimo! Devo ricordartelo?”
 No! Non doveva ricordargli proprio nulla! Ricordava tutto benissimo. Quello sensazione orribile l'aveva ancora addosso.

 Era successo tutto infretta.
 Quella sera era stato invitato a casa del padre di Carol, con la scusa di sistemare qualche sciocchezza. In realtà i proprietari della scuderia, i colleghi, i meccanici, avevano organizzato una specie di festa a sorpresa.
 Una di quelle stupide feste piene di donne e alcolici, che aveva sempre odiato.
 Ma era stata una giornata strana, triste. Non aveva mai notato che Miami fosse piena di famiglie felici. E per un momento aveva provato odio. Odio verso di lei, che gli aveva negato il diritto di scegliere di essere padre. Quel sentimento aveva fatto fatica a sparire, proprio come quegli odori fastidiosi, che si continuano a percepire nonostante il sapone usato mille volte.
 Era stata una giornata pessima e la serata si era rivelata anche peggiore.
 Invece di tornarsene nel suo appartamento, aveva deciso di fingersi allegro e felice di quella stupida e assurda festa. Sperava che bevendo un paio di bicchieri di champagne, si sarebbe sentito meglio, che avrebbe potuto togliersi il sapore della sconfitta dalla bocca.
 Carol si era avvicinata, sorridente, bellissima. Ne era stato contento, perché era l'unica persona che sentiva vicina. Avevano bevuto insieme qualche altro bicchiere di vino e poi si erano allontanati dal resto degli ospiti.
 Non aveva bisogno che lei gli ricordasse nulla.
 Le sue labbra morbide e seduttive, sul suo collo, sulla sua bocca, le ricordava molto bene.
 Erano le labbra di una donna che sapeva bene come far perdere il controllo ad un uomo.
 E il suo odio nei confronti della sua Farfallina era aumentato. Lei che gli aveva negato un figlio, che l'aveva respinto, si era allontanata, mentre il desiderio di avere il corpo di Carol era cresciuto.
 Aveva smesso di pensare a lei, a loro, ad un figlio che non era mai nato. Era stato guidato solo da un bisogno fisico e primitivo.
 Le aveva strappato quasi letteralmente il vestito, lasciandosi conquistare dal suo odore e dal suo sapore.
 Il suo cuore, forse, si era ribellato, la sua anima l'aveva addirittura abbandonato. La mente, la ragione erano perse. Solo il suo corpo era sveglio, forte. Si era abbandonato a quel corpo che per mesi aveva rifiutato di toccare la pelle di una donna che non fosse lei.
 E Carol, così diversa da lei, così audace, così padrona di se stessa, lo aveva fatto impazzire.
 Certo, era stato solo quel momento.
 Perché quando lei, col viso sconvolto dal piacere, gli aveva detto di amarlo, il suo cuore, la sua anima e la sua mente, lo avevano riportato con prepotenza, alla realtà. E mentre il corpo godeva di quel contatto caldo e quasi violento, la sua voce emise un grido profondo. Un grido che proveniva dal cuore, dall'anima e dalla mente. Un grido che soffocava il piacere e lo rendeva disgustoso, sporco e sbagliato.
 Aveva tradito lei, il suo cuore, l'anima e la mente.
 Il suo corpo debole e istintivo, aveva prevalso, sprofondandolo, ancora una volta, nell'abisso della disperazione, del senso di colpa.
 Aveva preso ciò che lei gli aveva offerto. L'aveva voluto, ne aveva goduto. Ma quelle parole lo avevano ucciso.
 Quella donna non era un'amica. Quella donna lo amava. Quella donna, di cui si fidava, gli aveva fatto superare un limite che non avrebbe mai dovuto nemmeno raggiungere.
 Si era sentito un vigliacco, un traditore, un maschio. Non un uomo. Solo un maschio.
 La sua Farfallina, lo sapeva. Lui non era un uomo. Non lo era mai stato.
 Era disgustato da se stesso, dal suo istinto e aveva povato orrore per Carol.
 Perché lei lo sapeva. Aveva sempre saputo che il suo cuore apparteneva a Francesca.
 La realtà però era una sola. Nessuno aveva colpe. Solo lui.
 Carol lo amava. Poteva biasimarla se aveva giocato le sue carte?
 Poteva condannare una donna che aveva solo avuto ciò che evidentemente desiderava?
 No! L'unico colpevole, il debole, il maschio, era lui.
 Ma l'affetto che provava nei confronti di quella donna era svanito. Nell'istante in cui gli aveva espresso i suoi sentimenti, si era reso conto che in un modo o nell'altro, lo aveva preso in giro.
 Aveva confidato ad una donna tutti i suoi dubbi, le sue paure, il suo amore, ad una donna che invece di essergli amica, si era approfittata di quelle confidenze, usandole per raggiungere il suo scopo.
 Idiota. Uno stupido idiota.
 Si era sentito così.
 Ed era scappato da lei, che lo pregava di restare con lei, di passare la notte in quel letto che sapeva di sudore e sesso. Si era rivestito in fretta, senza guardarla.
 Le aveva solo detto che gli dispiaceva e di non cercarlo più.
 Scappare.
 Era sempre stato bravo a scappare. Nessuno era altrettanto bravo.
 Quando era rientrato a casa, avrebbe voluto strapparsi l'odore nauseante che si sentiva sulla pelle. Nemmeno la doccia era riuscito a farlo sparire.
 Aveva vomitato. Non ricordava nemmeno più cosa significasse vomitare. L'ultima volta era solo un bambino, aveva la febbre alta e ricordava le mani di sua madre e la sua voce, che lo rassicuravano.
 L'alcol e il sesso, quella notte, erano finiti in un bagno. Senza davvero sparire.
 Aveva dimenticato Francesca, quella notte. Aveva tradito Francesca, quella notte. Aveva tradito se stesso, il suo cuore, la sua anima e la sua mente.
 E quella sensazione, era ancora viva.

 La guardò e cercando di essere il più tranquillo possibile le disse:
 “No è necessario ricordarmi niente! So quello che è successo! È stato un errore. Ma ti giuro che non credevo che mi amassi. Altrimenti non ti avrei toccato, non ti avrei illuso!”
 “Non puoi negare che tra noi ci sia qualcosa... Perché non vuoi darmi una possibilità?”
 Una possibilità? Era un incubo! Cosa diavolo aveva fatto?
 Non sapeva se sentirsi più in colpa o essere più arrabbiato con se stesso e con lei.
 “Ti assicuro che non voglio farti del male, ma ti prego, lasciami in pace!”
 Lei si infuriò.
 “Non puoi comportarti così! Non puoi trattarmi in questo modo!”
 Il suo volto dolce e sensuale si era trasformato. L'espressione era dura, quasi cattiva.
 E lui provò lo stesso disgusto di quella notte.
 La guardò torvo. Il suo tono si indurì.
 “Infatti non sono io ad averti cercato. Ti ho chiesto di pensare a te stessa! Io voglio andare via!"
 "Stai facendo il più grande errore della tua vita!"
 Quasi rise.
 "Ti sbagli! Ho passato la vita a sbagliare! Ma adesso, no! Adesso sto facendo l'unica cosa giusta! Quella che avrei dovuto fare tanti anni fa!"
 "La cosa giusta? Corri da una ragazzina incapace di amarti per quello che sei! Stai cambiando e nemmeno ti accorgi che la colpa è sua!"
 "Finiscila! Non sto cambiando! Non sono cambiato! Se così fosse non... Non avremmo fatto sesso! Ma voglio cambiare! Voglio essere migliore! Per meritare il suo amore! Per meritare lei!"
 "Lei? Lei che ti ha mentito? Che ti ha tolto un figlio? Una bugiarda, una codarda!"
 Si avvicinò al suo viso. Quella donna doveva smettere subito di parlare di Francesca in quel modo.
 Le mise una mano tra i capelli e con una voce roca e bassa le soffiò quasi sulle labbra.
 "Una sola parola, Carol! Solo un'altra e ti giuro che ti sbatto fuori di qui! Non provare più a dire una parola su di lei! Né tu, né io, siamo come lei! Non ci avviciniamo nemmeno lontanamente ad essere come lei! Siamo sbagliati, cattivi e sporchi! Lei, no! Non mi ha mentito! Ha solo taciuto e l'ha fatto per me! L'ha fatto perché io non meritavo di sapere! Lei mi ha dato tutto! Non mi ha mai chiesto nulla! lei... Lei merita che io cambi! Merita un uomo migliore di me! E ti giuro che farò qualsiasi cosa per cambiare! Per essere alla sua altezza. Tu non immagini come sappia amare..."
 Carol si liberò dalle sue mani, stizzita.
 "La stai santificando? Davvero? Mio Dio, sei ridicolo!"
 "Forse... Non importa! Comunque ho accettato di incontrare il cliente di quell'agente e se domani l'affare andrà in porto, pagherò la penale alla tua amica Gilian e provvederò a spedire a casa dei miei tutte le mie cose. Sono qui da troppo tempo!”
 Sentiva che tutto quello che aveva fatto per trattamento, era fallito miseramente.
 Ma non poteva rinunciare a quell'uomo. Non era nemmeno più una questione di sentimenti. Era una questione di orgoglio. Lei non aveva mi perso.
 Sospirò e si fece dolce e suadente, per l'ennesima volta.
 “E va bene! È migliore di me, di te! È la donna perfetta... Ma se non volesse stare con te? Se non volesse più avere nulla a che fare con te? Mi pare che ti abbia rifiutato più di una volta! Forse è lei che non può perdonarti ciò che è successo... Riccardo, io sono qui! Ti amo e sono disposta a lasciare gli Stati Uniti per te, ti seguirei ovunque!”
 “Hai un figlio! Dovresti pensare a lui!”
 “Ti vuole bene e lo sai! Sarebbe solo felice di vedere sua madre con un uomo che adora...”
 L'incubo in cui era caduto, diventava sempre più spaventoso.
 “Spero tu non gli abbia detto nulla di tutto ciò. Perché non baratterò mai una notte di sesso con l'amore della mia vita!”
 Era duro, crudele forse, ma il vicolo cieco che aveva imboccato, sembrava diventare sempre più soffocante. Lei, offesa e umiliata, non riuscì più a nascondere davvero la rabbia.
 “Oh Dio, come sei patetico! Fai ciò che vuoi, ma ricordati che nessuno può scaricarmi in questo modo! Ti saluto caro Riccardo!”
 Uscì sbattendo la porta e giurò a se stessa che quello stupido idiota gliel'avrebbe pagata! Lui è quella sciacquetta non sarebbero riusciti ad essere felici.
 “Al diavolo! Ti ho concesso il mio amore e mi tratti come una delle tante che ti sei portato a letto! Hai capito male, Mendoza, molto male!”
 E quella era una promessa, non una minaccia.
 Riccardo Mendoza, avrebbe pagato salato il suo rifiuto. E non sarebbe stato il solo. La sua Francesca avrebbe sofferto. Avrebbe sofferto come non aveva mai sofferto. La loro vita non sarebbe mai stata felice. Non fino a quando lei avrebbe vissuto.

 La casa era venduta. Il corriere aveva caricato l'ultimo pacco sul furgone e Riccardo si sentiva finalmente più leggero. Guardò l'ingresso di quello che era stato il suo palazzo per molti anni e sorrise pensando che il giorno dopo l'avrebbe abbracciata. Non le avrebbe più permesso di fuggire. Era la sua donna e non l'avrebbe più lasciata andare. Avrebbe lottato per lei. Avrebbe vinto tutti i suoi dubbi e le sue paure. La loro vita insieme sarebbe iniziata il giorno dopo.
 A Miami aveva chiuso ogni incombenza. Il lavoro, la casa, la barca. Tutto era sistemato. A Bogotà avrebbe avuto il tempo per trovare qualcosa da fare. E se non ci fosse riuscito si sarebbe inventato qualcosa. Era felice per la prima volta nella sua vita.
 Il suo aereo sarebbe partito il mattino seguente e quella notte, l'avrebbe passata a trovare le parole per convincerla del suo amore.

 Aveva smesso di crederci. I giorni passavano e lei non ce la faceva proprio più a vivere in quel modo. Aspettare un messaggio, una telefonata. Non era giusto, non era giusto soffrire in quel modo. Quante volte si era detta che il modo in cui lui la trattava era sbagliato? Quanto aveva sofferto per le sue parole? Per i suoi silenzi? Perché, nonostante tutto, pensava ancora a lui? Nonostante le umiliazione che le aveva inferto? Quanto era stupida e debole! Lei non meritava un uomo che diceva di amarla ma che era capace solo di mortificarla. No! Lei non lo meritava. Lei non era perfetta, ma non gli avrebbe mai più permesso di convincerla di essere una fallita. Mai più. Per troppo tempo aveva creduto alle sue parole. Per colpa dei suoi giudizi, si era buttata via per troppo tempo. Sorrise amaramente. Si era resa ridicola perché credeva di non essere alla sua altezza. E aveva anche fatto del male a suo fratello a causa delle sue paure ed insicurezze. Aveva trasformato il fidanzamento di Giulio e Camilla in un disastro.

 Durante il volo aveva ricordato alcuni dei momenti che avevano passato insieme. Alcuni meravigliosi, altri terribili, tutti indimenticabile. Si sentiva un perfetto idiota. Avrebbe potuto essere felice da sempre. Invece per anni, era stato incapace di rendersi conto che era lei l'unica cosa di cui aveva bisogno. Quanto lo amava? La sua farfallina lo amava da sempre, con tutto il cuore. E lui lo aveva sempre saputo. Aveva sempre saputo che lei lo amava e che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui. E lui era stato capace solo di farle del male. Tanto male. Quello che era successo con il loro bambino era solo la punta dell'iceberg. Per anni le sue parole l'avevano mortifica ed umiliata. Come poteva amarlo ancora? Perché ricordava quell'orribile incontro? Forse perché ricordarlo gli avrebbe impedito di ripeterli quegli errori.

 Erano mesi che non la vedeva. Sapeva solo quello che gli raccontava sua madre o che leggeva su qualche giornale. Li odiava quei giornali stupidi, ma li leggeva con una curiosità quasi morbosa. Era sciocco, aveva una storia con una donna stupenda, allegra, simpatica, che sapeva vivere la sua vita senza pensieri né problemi. L'aveva conosciuta al lavoro, lei era un meccanico. Sorrise tra sé. Era una semplice operaia dei cantieri nautici dove lavorava, ma era brava. Con i motori ci sapeva davvero fare e lo aveva colpito il suo modo di vivere la vita. Era carina, non era come lei, nessuna lo era, ma era graziosa e soprattutto gli piaceva il carattere estroverso e semplice. Aveva pensato di farsi accompagnare da lei per quell'evento, ma poi aveva cambiato idea. Sarebbe stato inopportuno. Sua sorella festeggiava il suo fidanzamento con Giulio, non voleva ci fossero problemi, né domande. I protagonisti sarebbero stati solo loro. Aveva promesso a se stesso di essere gentile e disponibile. Non aveva voglia di creare disagi o inutili polemiche. E poi ci sarebbe stata anche lei, che gli mancava terribilmente e che desiderava vedere da tanto tempo.
 Aveva fatto in modo di arrivare il giorno stesso della festa. Sarebbe stato più semplice mantenere i suoi propositi.
 Era contento che tutti fossero occupati e corressero da una parte all'altra agitati e felici. Lui quasi scompariva, nonostante fossero felici di vederlo. E poi aveva raggiunto il club da solo, con l'auto che usava quando ancora viveva con loro, che come tutte le altre cose che gli appartenevano, erano rimaste dove le aveva lasciate. Aveva indossato l'abito che gli aveva preparato sua madre e poi si era deciso a raggiungerli.
 Lei però non c'era.
 "Non verrà!"
 La voce di Giulio lo aveva quasi fatto trasalire.
 "Chi? Di chi parli, Giulio?"
 "Dell'unica della famiglia che manca: mia sorella!"
 La delusione lo aveva pervaso.
 "Impegnata con qualche servizio?"
 "No... In realtà è in città da qualche giorno, ma oggi ha litigato con la mamma, tanto per cambiare!"
 "E per quale motivo?"
 "Le solite cose... La vita sregolata che conduce, gli uomini... Mia madre non accetterà mai il modo in cui si comporta. Anche io non la capisco!"
 "Solo perché non è come voi?"
 Giulio aveva scosso la testa. Aveva rinunciato a capire il suo migliore amico e sua sorella. Era sicuro che quel loro modo di comportarsi, nascondesse un profondo disagio. Un disagio dovuto all'insoddisfazione. Perché non avessero ancora deciso a rivelare quello che provavano l'uno per l'altra, era un mistero. Perché lui sapeva che tra loro c'era qualcosa. Li conosceva bene. Nonostante fossero diversi da loro e tra loro, erano un libro aperto.
 "No... Ti assicuro che ci proviamo tutti a capirla, ma è sempre sulla difensiva... È infelice e forse cerca qualcosa che non riesce ad avere! Le manca un pezzo di se stessa... Credo!"
 "Di cosa parli, Giulio?"
 Possibile che fosse così stupido? Davvero non capiva? Aveva deciso di lasciare perdere. Se Riccardo non arrivava a comprendere le sue parole, forse non era così intelligente, o forse, era lui che vedeva qualcosa che in realtà non esisteva.
 "Non lo so... Resta il fatto che mia madre è preoccupata e non riesce nemmeno a comunicare con lei!"
 "Se il modo in cui le parla, è lo stesso che ha mio padre con me, il minimo che si deve aspettare è che sia sulla difensiva..."
 Idiota! Riccardo era un vero idiota. Invece di difenderla dalla madre, avrebbe dovuto difenderla da se stessa e da lui.
 Distolse lo sguardo, attirato da un vociare fastidioso ed esagerato.
 "Forse... Guardala... Contro ogni previsione è qui! Vado a impedire a mia madre di farle una scenata! Chicco, non è come credi! Noi tutti le vogliamo bene... Ma fa di tutto per creare problemi! Vorremmo solo trovasse la sua pace!"
 Dopo averlo detto, a passi svelti, la raggiunse.
 Francesca aveva fatto il suo ingresso nell'elegante sala del club. Bella come una dea, tormentata come solo lei sapeva essere.
 Era evidentemente ubriaca e non era sola. Si accompagnava ad un'altra ragazza e a due idioti che invece di parlare, gridavano e si agitavano.
 Non considerò nemmeno il fratello, si precipitò da Camilla per abbracciarla e vide chiaramente che la sorella storceva il naso sorridendole con sufficienza e per pura formalità. Era esageratamente allegra e insieme ai suoi amici occupò un tavolo quasi al centro della sala.
 Cosa le era successo? Non sembrava nemmeno la stessa donna che aveva passato qualche giorno con lui alcuni mesi prima. Era truccata in modo esagerato, con un vestito provocante e inopportuno. Lei, che era sempre elegante e raffinata anche con un paio di jeans.
 In disparte, senza che nessuno lo notasse, la osservava, cercando di capirla.
 Suo padre, Nicola, si era avvicinato per dirle qualcosa ma Francesca aveva reagito stizzita.
 Era rimasto accanto a lei ancora per qualche istante, poi l'aveva lasciata sola, tornando dalla moglie, arrabbiata e nervosa.
 Francesca invece, rideva, beveva e sembrava divertirsi. Ma quando aveva cominciato ad esagerare, era stato tentato di correre da lei e trascinarla via, anche con la forza.
 Con l'amica, era salita sul tavolo, cominciando a ballare in modo volgare. Gli occhi di tutti gli ospiti erano su di lei. Percepiva le risate sommesse, i giudizi che le riservavano quelle persone che nemmeno la conoscevano. Prima che riuscisse a muovere un dito o a dire una parola, vide Giulio che, per impedirle di continuare con quello spettacolo patetico, l'aveva raggiunta e presa per un braccio, cercando di convincerla a scendere dal tavolo. Anche Edo e Claudio si erano avvicinati, provando a far scendere l'altra ragazza.
 Era successo tutto in fretta. Mentre uno dei ragazzi, troppo ubriaco per fare qualsiasi cosa, si era lasciato andare sulla sedia ridendo e invitando le due a continuare, l'altro idiota aveva dato un pugno a Giulio, che, distratto e intento a trattenere Francesca che si agitava, non era riuscito a schivarlo. Era caduto a terra, stordito e impreparato.
 Ed era stato subito tutto un disastro.
 Camilla, piangendo, si era precipitata dal suo uomo per soccorrerlo. Poi suo padre e suo zio Nicola, avevano cercato di calmare gli animi, ma quel ragazzo era ubriaco e si era buttato ancora su Giulio che, aiutato dalla fidanzata, si era rialzato.
 "Non farlo! Non provarci nemmeno!"
 Era intervenuto, forse troppo  tardi in realtà. Aveva fermato il braccio a quell'idiota e glielo stringeva. Lo aveva detto sorridendo, ma i suoi occhi nascondevano rabbia e gelosia.
 L'idiota l'aveva guardato, senza nemmeno sapere chi fosse.
 "E tu che vuoi? Vuoi fare la fine di quel cretino?"
 Aveva stretto di più la presa a quel punto e mentre cercava la sua Farfallina con gli occhi, l'aveva strattonato.
 "Non voglio farti del male! Vattene."
 Invece di accettare il consiglio, si era divincolato liberandosi e cercando di sferrargli un pugno. Riccardo aveva reagito colpendolo e facendolo stramazzare al suolo. La soddisfazione provata era qualcosa di eccitante. Dargli un pugno, farlo cadere a terra, rompergli la faccia, era quello che quel cretino meritava, per quello che aveva fatto al suo migliore amico e soprattutto perché era l'uomo della donna che amava.
 Francesca si precipitò su di lui, lo spinse via e gli diede un pugno sul petto. Per poi accovacciarsi accanto all'amico per accertarsi delle sue condizioni.
 Lo aveva guardato per la prima volta da quando era entrata. E i suoi occhi erano diversi da tutte le altre volte. Erano occhi tristi, pieni di dolore e di disprezzo.
 "Ti odio! Non toccarlo!"
 Francesca gli era sembrata fuori di sé, non solo perché fosse alticcia. Gli era sembrata affranta, stanca, senza forze. L'aveva presa per un braccio, cercando di alzarla ma lei non aveva voluto saperne.
 "Non mi importa niente di lui! Che cosa stai facendo? Sembri una pazza!"
 Nel frattempo, Camilla, aiutata da Nicola e Armando, aveva accompagnato il fidanzato su un divano, gli tamponava il naso che sanguinava, preoccupata e premurosa. Con loro c'erano Marcella, furiosa e delusa, e sua madre. Claudio ed Edo avevano accompagnato l'amica di Francesca in bagno perché piangeva e faticava a stare in piedi, troppo ubriaca per fare altro. Lei invece era ancora lì, a tenere tra le braccia quell'idiota che aveva abbassato le ali e si lamentava come un bambino. La guardava, confuso e deluso dalla donna che aveva di fronte. Fermo, davanti a lei che stringeva un uomo senza valore, l'aveva odiata e compatita.
 Quando Nicola era tornato gli aveva chiesto di portarla via, loro si sarebbero occupati di quel cretino e avrebbero fatto in modo di tenerlo lontano da lei, almeno per quella notte.
 La prese nuovamente per un braccio e senza considerare le sue proteste, la caricò sulle spalle, di forza, trascinandola in macchina.
 Francesca non aveva smesso di opporre resistenza, anche in auto aveva continuato a dimenarsi e a ribellarsi.
 Era stata costretto a tenerle la mano, per impedirle di aprire la portiera.
 "Sei impazzita? Che diavolo stai facendo? Calmati!
 "Fammi scendere! Non voglio stare qui con te! Lasciami scendere!!"
 "Finiscila! Non voglio farti del male!"
 E lei era scoppiata a ridere. Una risata che nascondeva le lacrime, poi si era calmata e non gli aveva più rivolto la parola.
 L'aveva seguito senza più protestare, vinta dall'alcol e dalla stanchezza.
 E dalla tristezza.
 Non appena aveva chiuso la porta del suo appartamento, l'aveva guardata. Era smarrita, era sopraffatta.
 Le si era avvicinato, cercando di essere dolce.
 "Farfallina, cosa volevi dimostrare?"
 Allontanandosi, aveva quasi gridato, facendolo nuovamente irritare.
 "Niente! Non voglio dimostrare niente a nessuno!"
 "Sei ubriaca! Hai messo in imbarazzo mia sorella! Quel cretino ha rotto il naso a Giulio! E tu... Sembri una..."
 "Una cosa? Una poco di buono? Una puttana? Non lo sembro! Lo sono!!"
 Una coltellata nello stomaco. Quelle parole gli avevano fatto male come fossero un coltello nella carne. Ma la rabbia che provava era stata più forte.
 "Smettila di comportarti in questo modo! Sei patetica!"
 "Non sono affari tuoi! Hai eseguito il compito che ti hanno assegnato! Vai via!"
 Lo aveva spinto con tutte le sue forza, cercando di farlo uscire dal suo appartamento, ma non era riuscita a spostarlo di un centimetro, così si era abbandonata su di lui sconfitta.
 E in quel momento Riccardo aveva ritrovato tutto il suo amore e la sua tenerezza.
 L'aveva stretta, accarezzata. Le aveva baciato i capelli, cullandola.
 "Piccola, cosa ti succede?"
 "Lasciami in pace!"
 Francesca piangeva.
 Piangeva così tanto da scivolare dalle sue braccia e  accasciarsi sul pavimento.
 Qualcuno le aveva tagliato le ali. Forse quell'idiota le aveva fatto del male.
 L'aveva presa tra le braccia, aveva raggiunto la camera e  l'aveva adagiata con delicatezza sul letto.
 E lei aveva cercato di nascondersi.
 "Non devi vedermi così! Vattene, per favore!"
 "Sei bellissima!"
 "Lo hai picchiato! Gli hai fatto male! Lui è il mio fidanzato e tu lo hai picchiato!"
 Diavolo, perché aveva parlato di lui? Perché continuava a comportarsi come se quell'idiota fosse importante?
 "Non puoi davvero stare con un idiota simile! Meriti molto di più!"
 Aveva riso in modo isterico.
 "Sono stupida e ignorante! Non posso pretendere nulla di più di un idiota! A lui interessa solo che sia bella e mi basta!"
 Aveva sentito il suo cuore spezzarsi in mille pezzi.
 Non era stato quell'idiota ad averle tagliato le ali, non era stato quel bamboccio a farle del male, era stato lui.
 Chiuse gli occhi, per non vederla.
 "Non dirlo!"
 "Ma tu sì? Tu puoi dirlo? E i tuoi amici? Anche loro! Beh, lo dico anche io che sono una mezza fallita, stupida e ignorante!"
 Che cosa le aveva fatto? Quando, quella notte, se n'era andata, non aveva pensato alle conseguenze delle sue parole, dei suoi giudizi. Voleva solo che se ne andasse. Ma lei non solo era andata via, era anche cambiata.
 L'aveva stretta tra le braccia, cercando di cancellare quello che le aveva fatto. Per rassicurare lei, ma soprattutto per togliersi quel senso di oppressione che provava.
 "Cerca di riposarti... Prova a dormire!"
 Ma Francesca era troppo amareggiata, troppo stravolta.
 "Voglio andare da lui!"
 "Starà smaltendo la sbronza in qualche angolo della città!"
 Glielo aveva detto quasi con cattiveria.
 "Domani torneremo insieme! Lo cercherò e vi manderò tutti al diavolo!"
 Basta! Era solo quello che era riuscito ad elaborare. Basta!
 "Tu domani non farai proprio niente! Quel cretino non fa per te e non lo vedrai più!"
 "Non hai nessun diritto di dirmi cosa devo fare! Lui mi rende felice!"
 "Ti rende felice? Sei ubriaca! Non ti reggi in piedi e hai rovinato la festa dei nostri fratelli! Sei felice? Come fai a pensare che un cretino che non si accorge del fatto che tu ti sia resa ridicola, possa renderti felice? Dovresti solo chiedere scusa a Giulio e Camilla invece di pensare a chi ti permette di ridurti in questo modo!"
 "È lui? Credi sia lui che ad avermi ridotto così? Che ti importa?"
 "Mi importa di te e mi importa di quello che hai fatto! Era la festa dei nostri fratelli, lo capisci?"
 "E da quando ti interessano quelle sciocchezze? Le feste di fidanzamento? Non hai sempre considerato tutto questo stupido?"
 "Sì, sono sciocchezze, inutili sciocchezze! Ma non ho mai fatto niente per rovinare quello che è importante per gli altri!"
 Già... Lui non faceva mai nulla per rovinare quello che era importante per gli altri. Lei non era importante! E aveva voluto ferirlo, nell'unico modo che conosceva.
 "Tranne deludere le aspettative di tuo padre per giocare con le barche!"
 "Smettila! Non sto scherzando! Finiscila!"
 Sul volto della donna si era dipinto un sorriso soddisfatto. L'aveva colpito. Poco, solo superficialmente, ma aveva accusato il colpo.
 "E allora vai via! Non sei niente per me! Non voglio che tu stia qui! Ti odio!"
 "Me ne andrò quando ti sarai calmata!"
 "Fallo venire qui! Ti prego, Chicco! Voglio stare con lui stanotte!"
 Lo aveva pregato. Mentre piangeva, singhiozzava, lo aveva pregato per stare con lui.
 E Riccardo aveva sentito un dolore inspiegabile. Un senso di tradimento. Gelosia.
 "Che cos'ha quel cretino?"
 Glielo aveva chiesto senza davvero voler sapere la risposta.
 "Non mi giudica! Non mi mortifica!"
 La prese tra le braccia e la strinse ancora, più forte, con più dolore, mentre lei non smetteva di singhiozzare.
 "Farfallina..."
 Si era sentito responsabile. Era responsabile del suo stato. Era chiaro che per colpa sua si fosse buttata via. Aveva accettato di stare con uomini indegni, perché lui l'aveva convinta di essere una stupida. Che non meritasse nulla di meglio.
 "Lasciami sola!"
 Le aveva preso il viso tra le mani, guardandole gli occhi e poi le aveva dato un bacio sulla fronte. Il trucco era colato e le lacrime scure le avevano rigato le guance.
 "Vado via, tu riposati!"
 L'aveva lasciata sul letto ed era uscito dalla camera. Ma non era riuscito a lasciare quella casa. Si era buttato sul divano pensando al male che doveva aver provato.
 Sul telefono e aveva trovato un numero infinito di chiamate e di messaggi.
 Aveva composto il numero di Nicola, per tranquillizzarlo. Sarebbe rimasto lui con la principessa di papà. Sarebbe rimasto lui con la sua Farfallina.
 "Ora dorme! Non la lascerò qui sola! Domani ti farò sapere come sta! Spero che quell'idiota non la cerchi! Lei sembra innamorata di lui!"
 "Grazie, Riccardo! Non la cercherà più. È bastato staccare un piccolo assegno ed era felice come un bambino a Natale! Ma tu non dirglielo!"
 "No... Non lo farò!"
 Per colpa sua, la sua donna, stava con un uomo a cui erano bastati pochi soldi per lasciarla. Un verme. Quello non era un idiota, era uno sporco verme... E lui non era certamente migliore.
 Aveva chiuso la chiamata ed era tornato da lei.
 Stava dormendo, le lacrime ancora evidenti. Si era inginocchiato accanto a lei, accarezzandole i capelli e sorridendo.
 "Mi dispiace, piccola! Tu non sei stupida! Sei intelligente, sei speciale e meravigliosa! Meriti qualcuno che ti ami e ti sappia apprezzare! Che riesca a vedere quello che sei davvero! Quell'idiota non può renderti felice... Vorrei portarti via da qui! Dalla tua famiglia! Da tutto!"
 Quella notte sarebbe tornato molte volte a guardarla, non riusciva a starle troppo lontano.
 "Perché sei qui?"
 Si era meso a ridere, era buffa... E bellissima.
 "Sembri un procione! Sei carina!"
 Sul viso di Francesca si era formata una smorfia.
 "Divertente! Ma non mi hai risposto!"
 "Fatti un bagno! Poi parleremo!"
 Odiava quel suo modo di fare. Arrogante e sicuro. Lui comandava, gli altri dovevano eseguire.
 Il principe Riccardo era fatto così! Tutti dovevano assecondarlo.
 "Spero che nel frattempo tu te ne vada!"
 Ma dopo il bagno era ancora lì. C'era profumo di caffè e pane tostato e delle aspirine sul tavolo della sua cucina.
 Si era seduta, appoggiando i gomiti sul tavolo e posando la testa, che le sembrava scoppiasse, sulle sue mani.
 Era stordita e infastidita a causa dei postumi della sbronza.
 "Credevo fossi in città da qualche giorno..."
 Che significava? Aveva risposto meccanicamente, senza guardarlo.
 "Una settimana... Giorno più, giorno meno! Perché?"
 "Questa casa sembra disabitata da mesi. È praticamente perfetta. E hai il frigo vuoto, ovviamente!"
 "Mangio fuori e ieri la domestica di mia madre deve essere venuta a pulire!"
 "Dovresti prenderti più cura di te!"
 Nemmeno aveva fatto caso a quella stupida premura.
 "Perché sei qui?"
 "Ieri sera stavi male! Volevo assicurarmi che ti rimettessi... A proposito come stai?"
 "Ho mai di testa! Non ti sei mai ubriacato?"
 "No... Ho bevuto qualche volta, ma sono capace di non superare il limite!"
 "Come sei bravo!"
 Glielo aveva detto senza nascondere il suo sarcasmo. Poi, realizzando che sul tavolo, c'era una vera e propria colazione, aveva chiesto:
 "Dove hai trovato queste cose?"
 "Questa mattina ho fatto venire un fattorino con qualche provvista e le aspirine! Ho immaginato che ne avresti avuto bisogno! Ci sono dei giornali, nel caso ti fossi dimenticata quello che è successo e... E tuo padre è stato qui fino ad un paio d'ore fa!"
 "E tu hai fatto la figura del cavaliere nobile e senza macchia!"
 "Sì, beh, lo sono, no?"
 Dio, quanto lo odiava quando si comportava in quel modo.
 "No! Non lo sei! Adesso che sai che sto bene puoi anche andartene! E non ho bisogno di alcun giornale per sapere quello che è successo! Ero ubriaca, ma non tanto da rimuovere tutto!"
 "Mangia qualcosa..."
 "Non ho fame! Voglio solo un'aspirina!"
 Prima che potesse prenderle, Riccardo gliele aveva tolte dalle mani.
 "Cosa fai? Dammele!"
 "Prima mangia qualcosa! Non puoi assumerle con lo stomaco vuoto!"
 "Sono aspirine! Solo delle innocue e stupidissime aspirine!"
 Erano durate poche le sue proteste, lo conosceva abbastanza per sapere che non avrebbe vinto.
 "Ma sì, non ho voglia di discutere!"
 Si era messa a sgranocchiare una fetta di pane, anche se era nauseata dal cibo e da lui.
 "Piccola, sei innamorata di lui? Davvero?"
 Un fulmine a ciel sereno l'aveva colpita. L'aveva guardato.
 Inutile anche fingere. A lui non importava e non la capiva. Aveva sorriso.
 "Innamorata di lui? Che ti importa?"
 Ma Riccardo non poteva desistere. Lui doveva sapere, doveva intromettersi. Che lei lo volesse o no!
 "Lo ami davvero?"
 "L'ho conosciuto in aereo, lui e gli altri due! Erano simpatici e divertenti e abbiamo fatto amicizia! Tutto qui!"
 Un sorriso sollevato si era dipinto sul volto dell'uomo.
 "Meglio così, che tra voi non ci fosse nulla di serio! Non lo vedrai più!"
 La soddisfazione che aveva mentre glielo diceva l'aveva irritata e fatta soffrire. Perché a lui interessava solo controllarla.
 "Nemmeno mio padre mi direbbe una cosa simile! Chi credi di essere?"
 "Non voglio che tu soffra! E ieri sera stavi male!"
 "Non certo per lui! Ho litigato con mia madre! Non la sopporto più!"
 "E quindi hai deciso di rovinare la festa a tutti?"
 "Non era mia intenzione farlo! Ma che vuoi che mi importi?"
 "Non parliamo più di ieri sera!"
 "Chicco, cosa devo fare perché tu te ne vada?"
 "Nulla! Non me ne andrò comunque!"
 "Ovviamente..."
 "Visto? Mi conosci abbastanza per non insistere! Questa sera andrai dai tuoi genitori a chiedere scusa a tutti quanti! Ma ora possiamo fare quello che vuoi!"
 "Tu sei pazzo! Non andrò dai miei stasera e non voglio fare nulla! Anche parlare mi infastidisce!"
 "Allora guardiamo un film, ascoltiamo un po' di musica... Vuoi giocare a carte?"
 Era serio?
 "No... Voglio tornare a letto!"
 "Prima devi cambiare le lenzuola, sono in condizioni terribili. Quanto trucco avevi ieri sera?"
 Lo aveva osservato un istante. Cosa doveva fare con lui?
 "Dove hai dormito?"
 "Qui... Sul divano! Sai che non avrei mai approfittato della situazione! Preferisco una donna sveglia e collaborativa!"
 "Idiota!"
 "Non ti arrabbiare! Volevo solo stare qui con te... Dove vai?"
 "A cambiare le lenzuola!"
 "Brava bambina! Ti aiuto!"
 Dopo averla aiutata a sistemare il letto, l'aveva guardata sdraiarsi sulle lenzuola pulite. E aveva provato il desiderio di stendersi accanto a lei. Ma quella situazione sembrava irreale. Come se tra loro ci fosse un muro... Un muro che nessuno dei due sembrava volere abbattere. Si era inginocchiato accanto a lei, spostandole una ciocca di capelli che le cadeva sul viso.
 "Vuoi che ti tenga compagnia?"
 "Perché me lo chiedi? Qualunque risposta ti dica, resterai comunque!"
 "Perché vorrei ti facesse piacere!"
 "Non mi fa piacere! Non mi fa piacere averti qui, né che ti stia occupando di me! Non voglio farti perdere tempo e mi piacerebbe non vederti più! Vorrei che scomparissi dalla mia vita! Non merito di essere trattata come mi tratti! Anche se sono una puttana stupida e fallita, non lo merito! Nessuno lo merita! E ora, se non vuoi andare via, almeno lasciami riposare!"
 Nulla era vero quanto quello che gli aveva appena detto.
 Nessuno meritava tanto disprezzo, soprattutto lei che era tutto fuorché una puttana, una fallita e una stupida. Quelle parole lo avevano annientato, messo di fronte alle sue colpe, alle sue fragilità. Lui era bravissimo a scappare dai suoi sentimenti, facendole del male, accusandola di essere ciò che non era per allontanarla.
 Le aveva dato un'ultima carezza, dolorosa come il sale sulle ferite, per entrambi.
 "Hai ragione! Scusa! Ma... Nessuno dovrebbe trattarti come ho fatto io! Io... Torno a casa! Se hai bisogno..."
 Aveva esitato.
 "Non importa! Piccola, non so quando lascerai la città, se hai già dei programmi. Io parto tra tre giorni! Farò in modo di scomparire... Nel caso ci fossero le solite cene e vorrai partecipare, io non ci sarò! Te lo prometto!"
 E per l'ennesima volta, se n'era andato. Da lei e dai suoi sentimenti. Era facile andare via. Era facile lasciarla. Era così abituato a farlo, che era diventata una terribile abitudine.
 E Francesca non aveva nemmeno pianto quella volta. Troppo delusa ed arrabbiata.
 In quell'appartamento ci erano andati tutti. I suoi genitori, i suoi fratelli e persino gli zii, tutti preoccupati per lei. Aveva chiesto scusa a Giulio e Camilla, aveva fatto ammenda con i genitori, promettendo che avrebbe messo la testa a posto. Aveva giurato che non li avrebbe mai più messi in imbarazzo. Ma aveva che non aveva nessuna intenzione di smettere di fare la modella e di vivere a sua vita. Le piaceva quel lavoro e sembrava che la sua carriera fosse in continua ascesa. Guadagnava molti soldi, era ammirata e ricercata da tutti i marchi più prestigiosi e voleva continuare a cavalcare l'onda. Era l'unica cosa che le permetteva di andare a vanti, di sopravvivere.
 Aveva assicurato che sarebbe stata discreta e che avrebbe cercato di non superare i limiti. Ci credeva davvero. Ma sapeva che tutto dipendeva da lui. Ogni volta che lo sapeva fidanzato perdeva la testa. Ogni donna era migliore di lei e non lo sopportava. Voleva dimostrare a tutti che lei poteva avere chiunque soltanto sbattendo le ciglia. Lo faceva perché lui si accorgesse di lei. Ma a lui non importava.
 Un meccanico! Stava con una donna che per vivere faceva il meccanico.
 Quindi non era vero che per lui una donna dovesse essere colta e intelligente, semplicemente lei non era la donna che davvero voleva.
 Era tornata a calcare le passerelle europee ma sempre pensando a lui.
 Avrebbe fatto in modo che lei lo lasciasse. Dentro di lei era nato un nuovo sentimento. Un sentimento che faceva male.
 Voleva soffrisse.
 Voleva fargli del male e se era innamorato, e sembrava esserlo, avrebbe sofferto.
 La vendetta non faceva parte di lei. Francesca non era una donna cattiva. Ma era cambiata ancora! Lui l'aveva trasformata in una donna vendicativa.
 Decise che sarebbe andata a Miami.
 Riccardo avrebbe sofferto.

 Presto l'aereo sarebbe atterrato. Finalmente sarebbero stati insieme. Non sarebbe più andato via e avrebbe fatto in modo che lei gli credesse. Non le avrebbe più fatto del male e lei non ne avrebbe più fatto a lui. Sarebbero stati felici. Francesca lo amava, lo amava da sempre, da quando era solo una bambina e anche lui. La notte in cui avevano fatto l'amore per la prima volta, lei lo aveva cambiato. Da quel momento lei lo aveva stupito, lasciato senza parole e gli aveva tolto il fiato, mille volte. In modi diversi, lei era sempre con lui, non aveva più potuto fare a meno di lei. Non negava di aver vissuto la sua vita, prendendo tutto quello che voleva. Ma tutto scompariva quando lei era con lui. Ogni cosa! Il resto perdeva importanza. Era capace di farlo impazzire. Era sempre stato così. Semplicemente non ne aveva la consapevolezza. Ma le cose erano cambiate.
 Sorrise. Il pilota aveva cominciato le procedure di atterraggio, le assistenti passavano tra i passeggeri per assicurarsi che tutti avessero allacciato le cinture. E lui  pensava a lei. Ai giorni in cui era tornata prepotentemente nella sua vita.
 Quanto l'aveva desiderata. Eppure non era nulla rispetto a quello che provava in quel momento.
 Era bello pensare a lei. Anche quando gli faceva del male era speciale. E quella volta, a Miami, lo aveva davvero fatto soffrire e... E impazzire!

 Da qualche tempo viveva una storia importante. Lei gli dava allegria. Dopo essere tornato a Miami, dopo quel terribile incontro, si era sentito un mostro. Ma aveva provato a dimenticare tutto. Perché alla fine lei, era tornata a vivere la sua vita come aveva sempre fatto. Forse era solo stato un momento, lei riusciva sempre a rialzarsi. Era molto più forte di qualunque altra persona conoscesse. Era una strega. Una meravigliosa e bellissima strega. E non si sarebbe mai aspettato di trovarsela davanti, sicura, sexy e allegra. Non sembrava nemmeno la stessa donna che aveva lasciato in quella camera. Era confuso, incapace di capirla. Era lì per lui, ma era distante. Era come il tempo in primavera, mutevole e imprevedibile. A volte sul suo viso sembrava ci fosse il sole, altre che nel suo cuore fosse scoppiato un temporale.
 Se l'era trovata lì, fuori dal suo cantiere, bellissima e provocante, come se tutto quello che era successo solo pochi mesi prima fosse un sogno. Non aveva potuto fare altro che invitarla a cena. Nemmeno lui sapeva perché, lei glielo aveva chiesto e semplicemente non era stato capace di dirle di no.
 "Come mai il meccanico? Non è un lavoro femminile!"
 "Beh, mio padre è un meccanico. Mio fratello anche. Sono cresciuta tra i motori e mi sono sempre divertita. Tutto qui... Non so se sia un lavoro femminile o meno. È quello che faccio!"
 "Già... È solo strano! Ma se tu sei felice, va bene così! Chicco, è più brava di te?"
 L'aveva guardata come fosse una pazza. Lo aveva provocato per tutta la sera e lui era teso, nervoso e avrebbe solo voluto che se ne andasse. Mai si era sentito a disagio avendola vicino, ma quella sera, sembrava che Francesca fosse fuori dal suo controllo.
 "Facciamo due cose diverse... Lo sai vero?"
 "E tu lo sai vero che non sono particolarmente intelligente?" Gli aveva sorriso, sarcastica, poi si era rivolta alla sua compagna e con un tono quasi di scherno, aveva ricominciato a parlarle.
 "Pensa che un tempo frequentavo un uomo che non mancava mai di sottolineare quanto fossi sciocca, superficiale! Secondo quest'uomo il mio non è un lavoro... Per lui posare per un fotografo è un passatempo! E la cosa divertente, è che credevo ci tenesse a me!"
 Lo aveva guardato con gli occhi pieni di risentimento.
 "Vedi, non sono intelligente, quindi le cose me le devi spiegare!"
 "Non è divertente, Francesca!"
 "No, non lo è! Sei fortunata! Chicco è un uomo molto dolce, non credo ti rinfaccerà mai di essere solo un meccanico! O forse tu sei laureata... Era un'altra cosa che al mio ex dava fastidio! Non ho una laurea e questo fatto era oggetto di scherno, anche per i suoi amici! Si divertivano a mortificarmi facendomi notare quanto fossi poco colta..."
 "No... Non sono laureata! E spero che Riccardo non sia come la persona che ti ha trattata in quel modo..."
 Era sincera quella ragazza. Se non fosse stata la sua donna, se non lo avesse odiato tanto, forse l'avrebbe anche trovata simpatica. Ma in quel momento avrebbe fatto qualunque cosa per fargli del male, anche mortificare una donna che non aveva alcuna colpa.
 "Certo che no! Lui non è meschino e poi... Si vede che a te ci tiene davvero! Chicco, non spezzarle il cuore come quel bastardo ha fatto con me!"
 "Sei ubriaca?"
 "No... Perché me lo chiedi?"
 Oh, quanto si stava divertendo!
 "Ti porto nel tuo albergo!"
 Con finta ingenuità, si era rivolta a lui, con due occhioni grandi, dolci e preganti.
 "Ecco... Questa è un'altra piccolissima cosa che non ti ho detto... I giornalisti sanno che mi trovo in città! Mi stanno ossessionando da quando ho piantato in asso quel cretino di Verner, il pilota di formula uno... Lo conosci? Beh, non ha importanza, vogliono sapere perché, per come... Quindi mi chiedevo se potessi restare qui... Solo un paio di giorni, poi giuro che andrò via. Ho degli impegni a New York. Non vi darò fastidio!"
 "Stai scherzando, vero?"
 "No... Tu sei sempre stato tanto gentile con me... Speravo mi aiutassi! Non sono forse la tua sorellina?"
 L'avrebbe uccisa. In quel momento avrebbe solo voluto sparisse per sempre dal suo appartamento e dalla sua vita. Ma la sua compagna non sapeva nulla. Non conosceva Francesca. Non sapeva cosa li unisse. Pensandoci bene, la sua compagna non conosceva nemmeno lui. Infatti era intervenuta, convinta di essere gentile, ma aveva solo decretato la fine della loro storia. Lui lo sapeva. E lo sapeva anche Francesca.
 "Riccardo, per me non è un problema! Ed è la tua migliore amica!"
 Sul suo viso si era formato un sorriso quasi cattivo, stava giocando e stava vincendo.
 "Sei tanto carina! Ti ringrazio!"
 Così aveva occupato la camera degli ospiti. Sapeva che la sua presenza lo infastidiva, lo innervosiva, che era furioso per quello che aveva detto e aveva accettato di ospitarla, solo per evitare le domande della compagna. Lei avrebbe fatto in modo di fare l'amore con lui e che lei li vedesse, o che lo sapesse in qualche modo, non aveva importanza. Poi se ne sarebbe andata, felice di vederlo sconfitto, almeno una volta. Dormì serenamente quella notte, come non faceva da tempo. Compiaciuta del fatto che quella notte lui non avrebbe toccato la sua compagna, troppo arrabbiato con lei per farlo.
 "Domani te ne andrai, Francesca! Non ti voglio qui e non mi piace il tuo atteggiamento!"
 "Io stavo solo scherzando, amore mio! Sono solo un po' gelosa!"
 "No, non lo sei! Hai in mente qualcosa ma se non vuoi che ti odi, non provare a dirle di noi due!"
 "Di noi due? E cosa c'è da dire? Tra noi c'è solo una grande amicizia! Non è vero?"
 "Perché sei qui?"
 "Per scappare dai paparazzi! Te l'ho detto!"
 "Li cerchi i paparazzi! Non ti hanno mai dato fastidio! Ti piace apparire sui giornali con quei cretini! Dimmi perché sei qui!"
 "Mi conosci bene, amore mio! È vero! Sono qui per te! Ma è altrettanto vero che dopodomani mi aspettano a New York per un lavoro. Quindi domani prenderò un aereo e non mi vedrai più per un po'! Ma ora siamo qui... Siamo soli! E io ho tanta voglia di fare l'amore! Tu no?"
 "No! Non con te!"
 "No? Non vuoi nemmeno darmi un bacio?"
 Mentre parlavano si era avvicinata, facendo scivolare il vestito per terra e rimanendo solo con addosso l'intimo.
 "Non voglio fare l'amore con te!"
 "L'hai già detto! E non voglio obbligarti! Ma un bacio potresti darmelo!"
 Lo guardava con malizia, accarezzandolo in modo seducente.
 "Non voglio sedurti, se non vuoi... Ma voglio un bacio!"
 "Smettila di fare così! Rivestiti e recupera la tua dignità!"
 "La mia dignità? Quale dignità? Sono una sgualdrina che cambia gli uomini ogni settimana! Sono senza morale... Lo sai?"
 "Perché lo fai?"
 "Perché ho bisogno di te... Del tuo corpo! Ho bisogno di sentirti dentro di me! Non mi ami più? Dicevi fosse per sempre! Ami lei? La ami tanto da rinunciare a quello che so darti?"
 Le sue mani e il profumo della sua pelle gli avevano fatto perdere il controllo. L'aveva baciata con avidità, la desiderava e sentire la sua pelle ricoprirsi di brividi lo aveva spinto a sdraiarla sul divano. Oh, Francesca sapeva cosa voleva, sapeva come fargli perdere la testa. E lui era debole, incapace di resistere all'unica donna che amasse più della sua vita.
 Avevano fatto l'amore. E nonostante tutto, non era stato diverso dalle altre volte. I suoi sentimenti verso di lui avevano prevalso, la voglia di fargli del male era sparita in quel momento e lui la desiderava ogni volta come fosse la prima. Tra le sue braccia, lei diventava la più tenera delle amanti e lui sentiva rinascere l'amore che provava e che nascondeva anche a se stesso, lui stesso rinasceva ogni volta che erano insieme.
 "Sei un uomo infedele! Tradisci le tue donne con molta facilità!"
 Francesca glielo aveva detto quasi ridendo, felice che lui non sapesse resisterle e soprattutto perché si era sentita viva. Viva dopo tanto tempo.
 "No! Non è così! Ma tu sei... Tu sei una strega!"
 "Forse, ma non sai resistermi! Come compagna sono impresentabile per uno come te, ma sono l'amante che ogni uomo vorrebbe! Sei d'accordo?"
 "Sicuramente sai quello che vuole un uomo! Del resto quanti ne hai avuti?"
 Il dolore le aveva fatto contorcere lo stomaco. Aveva deglutito, fingendosi tranquilla.
 "Abbastanza per saperlo!"
 "Credo sia meglio che te ne vada prima di questa sera!"
 "No! Parto domani! Questa notte resterò qui... E ti tormenterai nel letto con un'altra donna, desiderando me! Sappi che ti aspetterò. E so che verrai!"
 "Mi consideri tanto stupido da fare l'amore con te mentre la mia donna dorme nella camera accanto?"
 "Stupido no! Ma non sai resistermi! Non quando ti voglio! E non immagini quanto ti voglia!"
 "Sei disgustosa! È stato un errore e non si ripeterà, né stanotte, né domani, né mai più!"
 "Va bene! Ti credo allora, se sei tanto sicuro di te stesso e dell'amore che provi per la tua donna, non dovrebbe essere un problema lasciarmi dormire qui!"
 "No, non lo è!"
 Arrabbiato e frustrato aveva raggiunto la porta, uscendo e sbattendola con tutta la forza che aveva.
 "A questa sera amore mio! Prenderò un po' di sole sul tuo terrazzo!"
 Quella sera, a cena lui era stato cupo e teso. A lei aveva detto di aver avuto un problema al lavoro, ma Francesca sapeva che il suo malumore fosse colpa sua. Era raggiante e felice. E soprattutto era sicura che prima o poi, lui l'avrebbe raggiunta per fare l'amore.
 L'aveva stuzzicato tutta la sera, sfiorandolo, sorridendogli, facendo allusioni che solo lui poteva capire.
 Non indossò nulla quella notte. Non era necessario, visto che l'avrebbe comunque spogliata.
 Riccardo si era sentito diviso, tra quello che era giusto e quello che voleva. Ma era attratto da lei e da quel gioco malato, le cui regole erano ancora tutte da definire.
 Felice di averlo destabilizzato, si era addormentata in fretta.
 La sua compagna gli aveva chiesto di fare l'amore e ci aveva provato. Forse allora sarebbe riuscito a non raggiungerla, a placare il desiderio di farla sua. Ma mentre baciava la donna che aveva vicino, si era sentito sempre più deluso. Non era lei, la sua pelle non aveva lo stesso profumo, le sue mani non lo toccavano come quelle dell'unica capace di farlo impazzire. Sì! Si sentiva un pazzo. Come poteva anche solo pensare di amarla a due passi dalla sua compagna? La sua compagna? E lei, Francesca, cos'era?
 Stanca di insistere la dnna si era girata dall'altra parte, mettendosi  a dormire, arrabbiata.
 Nel cuore della notte era andato da lei, non era stato capace di farne a meno. Era un tormento saperla li, a due passi da lui e non era riuscito a resistere. Aveva aperto la porta, piano, sperando di cambiare idea, ma era stato impossibile, eccitato dal profumo che sentiva e dalla sagoma del suo corpo nudo, illuminato solo dalla luce della città che filtrava dalla finestra. Si era seduto sul letto e cominciando ad accarezzarle il fianco e a baciarlo. Lei aveva finto indifferenza, ma solo per un momento. Non gli aveva detto nulla, non ce n'era bisogno, lo aveva accompagnato sopra di lei e mentre la faceva sua, lo aveva guardato con occhi strani, pieni di rabbia, di rivalsa e... E di amore. I loro respiri si erano fatti sempre più profondi e non era riuscito a trattenere un gemito quando lei lo aveva obbligato a stendersi, salendo sopra di lui.
 "Non puoi resistermi... Io sono l'unica donna che puoi amare così! Dillo! Dillo che mi ami!"
 "Ti amo, piccola! Ti amo!"
 Era stato tutto cancellato. Tutto il resto non aveva più nessuna importanza. Erano solo loro due. Lui era rimasto dentro di lei come non volesse lasciarla andare, come se fosse l'unico modo per continuare ad amarla e lei lo aveva stretto a sé cercando di fargli capire che il suo amore era completo.
 "Resta qui! Per favore! Non andare da lei!"
 "Piccola..."
 "Non puoi dormire con lei! Non devi farlo!"
 "Non lo farò! Ma non posso restare in questo letto!"
 "Sì, che puoi! Mi ami!"
 "Ti amo ma non voglio farle del male!"
 "Tu fai del male solo a me! Vero?"
 "Non ti voglio far del male, non adesso! Ma... La lascerò! Sai che lo farò. Non ho bisogno di mentirti! Ma tu rimani! Domani non prendere quell'aereo!"
 "La lascerai?"
 "Dormirò sul divano! Tu domani, quando saremo usciti, vai sulla mia barca. Aspettami e andremo via! Passeremo qualche giorno da soli! Ho bisogno di stare solo con te... Mio Dio, mi rendo conto quanto mi manchi, solo quando sei con me!"
 "Baciami ancora una volta, prima di uscire..."
 L'aveva fatto. Le aveva dato un bacio pieno di passione. Non si era nemmeno accorto che con quel bacio Francesca lo stava salutando. Che quel bacio era disperato e soddisfatto. Era un bacio che decretava la vittoria: era la sua vendetta.
 No, lui, innamorato come mai, aveva sentito solo amore e passione. Le aveva sorriso, con dolcezza, forse per la prima volta. La amava e la voleva e lui l'avrebbe portata via ed amata come meritava. Con tutto se stesso.
 Era stato silenzioso per tutto il tragitto. Lei non aveva faticato a capire che qualcosa in lui era diverso. Temeva anche solo di parlare, come se presagisse quello che lui le avrebbe detto. E quando lo aveva fatto, aveva cercato di non piangere.
Era preparata a quel momento. Sapeva che un uomo come lui si sarebbe stancato di una come lei. Ma il tempo era passato ed erano stati così bene, che si era convinta che le sue fossero solo paure infondate.
 Ma aveva capito che la donna che aveva dormito nell'appartamento che divideva con lui, non era solo la sua migliore amica. La guardava in maniera diversa da ogni altra donna. Era infastidito da lei e dalle sue parole, ma sembrava non riuscire a smettere di guardarla. Non avevano fatto l'amore durante le notti in cui lei aveva dormito nella camera accanto. Aveva sperato di sbagliare, ma qualcosa si era spezzato.
 "È per lei? Mi lasci perché lei è qui?"
 "No... Io... Ma quando lei c'è, è come se ogni cosa cambiasse. Come se mi rendessi conto che è l'unica che conta! Mi dispiace!"
 "E lei? Lei ti perdonerà mai per quello che le hai fatto?"
 Era una bella persona la sua compagna, un persona che non meritava di soffrire.
 "Lei... Sì! Mi ama da sempre! E questa volta non rovinerò nulla! Proteggerò lei e il nostro amore!"
 "Immagino sia a casa... A casa tua, ora! Dimmi solo quando posso passare a prendere le mie cose!"
 Le aveva sorriso, cercando di dimostrarle che non era stata un passatempo, un rimpiazzo.
 "Sei una donna speciale e mi hai fatto stare bene! Spero di essere stato capace di renderti almeno un po' felice!"
 "Sì... Sì! Ora credo tu debba andare da lei!"
 Le aveva accarezzato una guancia poi era corso alla sua barca.
 Aveva sorriso amaramente. Lei non era là!
 Non era stato necessario tornare nel suo appartamento. Sapeva che era andata via. Gli aveva mentito. Aveva fatto l'amore con lui solo per fargli del male. Forse lo meritava.
 Non credeva fosse capace di usare il suo amore per una cosa tanto terribile, ma la sua donna riusciva a stupirlo sempre, anche nel male. E non era riuscito ad odiarla. La amava troppo e aveva provato quasi una sorta di ammirazione. Era capace di cambiare la sua vita in pochi istanti. Solo toccandolo, solo dandogli ciò che più desiderava. Non vedeva l'ora di rivederla, ma avrebbe fatto passare un po' di tempo per dimenticare il dolore che provava in quel momento, la delusione e la rabbia. Perché prima di rendersi conto che lei voleva solo vederlo star male, aveva creduto che fosse il loro momento. Era sicuro del loro amore e di volerlo vivere fino in fondo.

 Aveva guardato l'orologio. Erano solo le 3 del pomeriggio. Prima di prendere un taxi, aveva cercato l'indirizzo del giornale presso cui lavorava. Non era certo di vederla li, ma ci avrebbe provato.
 La redazione era in un quartiere tranquillo, ai margini del centro della città. Non era una zona trafficata e non avrebbe faticato a trovarla. Mancava poco. Avrebbe aspettato che lei uscisse e poi... E poi la loro vita insieme sarebbe finalmente iniziata.



°°°°°°°°°°°°°
Come prima cosa devo scusarmi. Avevo assicurato che avrei pubblicato giovedì, ma proprio non mi è stato possibile. Tornare alla vita reale, è stata più dura di quanto pensassi.
Cercherò di essere più puntuale e davvero mi dispiace non essere stata di parola.

Ora passiamo al capitolo. Difficile e sofferto, soprattutto perché l'ho scritto praticamente solo la sera tardi.
So bene che non è all'altezza del precedente, si tratta del resto di un capitolo di transizione. Con questo, si conclude la prima parte, dai prossimi capitoli si respirerà un'aria diversa, anche un po' più dinamica e, se volgiamo, romantica.
E lo so, se prima non lo sopportavate, ora lo odierete. Riccardo è un vero disastro.
Ma poverino, non è colpa sua! Il suo colpo di testa mi serve per sviluppare la storia.
In queste righe poi, si comprende molo di più la cara Carol e soprattutto di che pasta sia fatta.

Poi c'è lei, la mia Francesca, in questo capitolo è oramai una donna sconfitta e quasi patetica, che non crede più all'amore, per questo motivo ho voluto darle un po' "rivincita" sul finale. Anche lei, se vuole, sa essere cattivella...

Non voglio dire quando pubblicherò il prossimo capitolo, perché temo di non essere in grado di essere puntuale, ma l'ho già cominciato, quindi spero di non tardare troppo. Sicuramente entro una settimana, ma spero prima.
Un caro saluto a tutte!

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Capitolo 11
*** 11 ***


Capitolo 11


 “Ciao, farfallina!”
 La vide alzare gli occhi su di lui. Lo stupore che vi lesse lo fece sorridere.
 Era così bella.
 “Cosa... Cosa ci fai qui?”
 La sua voce era spezzata e le parole erano quasi sussurri.
 “Ci ho impiegato più del previsto, ma ti avevo promesso che sarei tornato a casa...”
 Lo guardava e non credeva ai suoi occhi. Betty non le aveva detto nulla e trovarlo lì, appoggiato alla sua auto, la fece vacillare. Non si aspettava di vederlo e i suoi occhi che la fissavano, la facevano sentire nuda e indifesa.
 Era sempre uguale, Riccardo, bello come ogni volta. I capelli castani, con qualche riflesso schiarito dal sole, abbronzato, gli occhi color nocciola, brillanti e profondi e quel suo sorriso fin troppo sensuale, furbo e malizioso.
 Era lì, davanti a lei, con le mani nelle tasche dei jeans e le maniche della camicia bianca, arrotolate fino ai gomiti. Il suo cuore batteva all'impazzata, il suo respiro si fece affannato.
 Era vero? Sembrava un sogno... O un incubo.
 Riccardo distolse lo sguardo per un attimo, osservando il palazzo dal quale era uscita.
 “Così è qui che lavori...”
 “Questa è la redazione del giornale...”
 Lei seguì il suo sguardo, guardando la sede del giornale, poi intimidita e confusa, abbassò gli occhi, cercando di sembrare tranquilla.
 Ma lui si accorse delle sue emozioni e non riuscì a non trovarle deliziose.
 “Sei così bella...”
 Allungò una mano sulla sua guancia e la accarezzò, sentendola rabbrividire.
 “Io... Io devo andare a casa...”
 “Vivi ancora a casa dei tuoi?”
 “Non hai parlato con tua madre?”
 “Da qualche giorno non la sento. Farfallina... Ti amo!”
 “Chicco... Per favore! Devo andare!”
 Si scansò, come se quel tocco l'avesse scottata.
 “Lo so, ti accompagno!”
 “Sei appoggiato alla mia auto, non ho bisogno che mi accompagni.”
 “Ma io sono venuto in taxi, direttamente dall'aeroporto, le vedi quelle borse? Sono mie! Mi devi dare un passaggio!”
 “Non vado verso casa tua! Non sto dai miei! Sono tornata a casa mia! Quindi dovrai chiamare un taxi!”
 Quell'informazione parve soddisfarlo, tanto che sul suo viso si allargò un sorriso felice.
 “Meglio così! Potremo stare soli!”
 “Tu sei pazzo Chicco! Spostati per favore!”
 Dicendoglielo cercò di aprire la portiera della sua auto ma lui glielo impedì, abbracciandola. Lei rimase ferma. Il suo profumo le fece chiudere gli occhi e si appoggiò a lui quasi senza accorgersene. Ma anche lui si sciolse a quel contatto. La tensione che celava col suo atteggiamento sicuro, scomparve nel momento in cui la sentì rilassarsi tra le sue braccia.
 “La mia farfallina...”
 Entrambi assaporarono quel momento di tenerezza, in silenzio.
 “Tua madre non mi aveva detto che saresti tornato!”
 “Non lo sa! Non lo sa nessuno! Solo tu! Andiamo a casa!”
 La allontanò da lui, sorridendo.
 “A casa?”
 “Sì, a casa! Nel tuo appartamento! Mi avevi promesso che avremmo parlato, me lo devi!”
 Si staccò da lei e le aprì la portiera dell'auto.
 “Metto le borse nel bagagliaio tu metti in moto, ma non partire prima di farmi salire!”
 Che stupido! Rise e gli ubbidì.

 Entrarono in casa e lui appoggiò le sue borse in un angolo tra il bagno e la camera da letto, lei lo guardava senza capire che cosa stesse succedendo. In auto Riccardo si era limitato ad accendere la radio e stringerle la mano.
 “Io non capisco...”
 “Dovresti, ti avevo detto che sarei tornato a casa e ora sono qui! Ho voluto farti una sorpresa. Ci sono riuscito?”
 “Sicuramente non mi aspettavo di vederti!”
 Cercava di mantenere un certo distacco, era davvero confusa, impreparata.
 La sua presenza proprio non se la aspettava. Era destabilizzata e imbarazzata.
 Il telefono di Francesca squillò e quell'interruzione la fece respirare. Era sua madre che la chiamava almeno tre volte al giorno da quando era tornata nel suo appartamento e si preoccupava che Marta le facesse trovare sempre qualcosa da mangiare nel frigorifero che lei doveva solo scaldare.
 Riccardo sbirciò sul display e sorridendogli sornione le disse:
 “Non dirle che sono qui!”
 “Credi che potrei spiegarle anche le ragioni?”
 Lui scoppiò a ridere e poi senza aggiungere altro, andò in bagno.
 “Mammina...”
 “Ciao amore mio! Come stai?”
 “Bene..."
 Certo, stava rischiando un infarto a causa del suo cuore impazzito, ma nel complesso non poteva lamentarsi. O forse sì? Non considerò l'idea di esternare il suo dubbio e cambiò discorso.
 "Come sta Alessandro?”
 “Un amore! Oggi io e Betty lo abbiamo coccolato tutto il giorno... Giulio e Camilla sono qui! Vieni a cena anche tu?”
 “No, mammina, sono appena tornata a casa e mi sento un po' stanca...”
 E poi c'era lui e ancora non aveva capito cosa volesse.
 “Amore per favore, non farmi preoccupare!”
 “Mamma, stai tranquilla! Ti ho promesso che farò attenzione!”
 “Allora vieni! Se non vuoi guidare puoi prendere un taxi e ti riaccompagnerebbero Giulio e Camilla...”
 “Grazie mamma, ma ho solo voglia di farmi una doccia e andare a dormire!”
 E quella era la verità. Aveva sperato di parlare con lui, di vederlo, di capire cosa davvero provasse, ma in quel momento, avrebbe fatto di tutto per essere sola, tanto era spaventata.
 “Ci vediamo domani allora?”
 “Promesso! Ti voglio bene!”
 “Te ne voglio anche io!”
 Era bello sentirselo dire. La sua mamma per molto tempo si era limitata a rimproverarla a biasimarla e a giudicarla, ma ora le cose erano diverse. Almeno da quel punto di vista, le cose stavano andando per il vero giusto. Sorrise.
 Il rumore della porta che si apriva, la riportò alla realtà. Si voltò e il suo cuore impazzito, fece mille capriole di felicità. Era uscito dal bagno asciugandosi i capelli senza indossare nulla.
 “Ma cosa stai facendo?”
 “Nulla... Ho fatto solo una doccia! Sai... Il viaggio! Speravo mi avresti tenuto compagnia!”
 Ancora quella fossetta maledetta. Quando sorrideva in quel modo, nessuno sarebbe stato in grado di resistergli. Ma lei, sì! Lei non si sarebbe fatta conquistare dal suo bellissimo sorriso e dal suo corpo perfetto.
 “Una doccia? Avresti potuto almeno chiedermelo!”
 Senza preoccuparsi del rimprovero, continuò ad asciugarsi davanti a lei. E poi buttò l'asciugamano a terra.
 “Ordina qualcosa da mangiare!”
 Diavolo! Sempre arrogante! Nemmeno si accorgeva di quanto fosse presuntuoso e supponente.
 Il suo atteggiamento, le diede la forza di controbattere.
 “Non è una camera d'albergo questa! Se hai fame vai in un ristorante! E per favore vestiti!”
 Riccardo si guardò, ridendo e fingendo un imbarazzo che non provava.
 Fece un passo verso di lei, che lo fermò con una mano, provocando una risata divertita.
 “Dai, amore mio! Tra poco faremo l'amore, non essere timida!”
 Arrossì immediatamente, turbata, ma riuscì a mantenere la calma e a reagire.
 “Sei impazzito completamente! Non faremo nulla di quello che pensi e hai gocciolato sul mio pavimento!”
 Evidentemente, Riccardo, non era particolarmente interessato alle mattonelle del suo appartamento e cambiò subito argomento.
 “Hai ordinato la cena?”
 Nonostante fosse imbarazzata, confusa e forse anche un po' arrabbiata, quel suo modo di fare la fece ridere.
 “No! Ho il frigorifero pieno di qualsiasi cosa!”
 “Hai imparato a cucinare?”
 Le chiese con una punta di curiosità e incredulità.
 “No, Marta viene tutti i giorni a portarmi qualcosa, ma non riesco mai a finire quello che prepara...”
 “Oh, meglio così! Almeno non rischieremo di stare male tutta la notte!"
 Piegò leggermente il capo e aggrottò le sopracciglia. La stava prendendo in giro?
 "Cosa intendi dire?"
 La guardò con aria innocente.
 "Amore mio, hai una marea di pregi... Sei praticamente perfetta, ma ammettiamolo, non sei mai stata molto brava in certe cose..."
 "Sei un idiota, lo sai?"
 "La maggior parte delle persone che mi conoscono, mi definirebbero più che altro un genio..."
 Ammiccò facendola sbuffare.
 "Idiota e presuntuoso!"
 "Presuntuoso? Direi di no! Vedi, amore mio, sono solo consapevole della mie capacità!"
 "Sei così... Arrogante! Davvero! Nemmeno ti accorgi di quanto tu lo sia!"
 "Sì, forse... Non posso essere perfetto, no?"
 "Oh, Chicco, non lo sei! Proprio per niente!"
 "Ehi, Farfallina, in questo modo mi ferisci! Ho sempre adorato il modo in cui sai lusingarmi!"
 Francesca distolse lo sguardo, ferita e lui se ne accorse.
 "Piccola... Lo sai vero che sto scherzando?"
 "Sì, come no... Lascia perdere, Chicco!"
 Si allontanò di qualche passo, consapevole di amare un uomo egocentrico e pieno di se stesso.
 "Sono un idiota! Uno stupido idiota! Solo che... Anche per me non è facile! Ti assicuro che non ho la più pallida idea di cosa dire e cosa fare!"
 Socchiuse gli occhi, perplessa.
 "Tu? Tu non sai cosa dire e cosa fare? Per favore, non prendermi in giro! Tu sai sempre cosa dire e cosa fare!"
 "Non adesso! È difficile averti davanti!"
 Francesca lo guardò per qualche secondo. Era quasi impossibile credergli, anche se sembrava sincero.
 “Chicco, mi spieghi che diavolo vuoi?”
 “Lo sai! Voglio te!”
 “Ma forse non hai preso in considerazione che io non voglio te!”
 "È per questo che è difficile! So che mi ami, ma so anche di non poter cancellare il passato... E ho paura che tu abbia sofferto troppo per darmi un'altra possibilità!"
 Lo studiò per qualche secondo.
 Le sembrava ancora impossibile fosse con lei, ma era lì, nudo, bellissimo e senza il minimo imbarazzo. Quella situazione era quasi assurda. Eppure l'effetto che aveva su di lei era sempre lo stesso. Ai suoi occhi, lui era irresistibile. Perché se era vero che gli occhi fossero lo specchio dell'anima, i suoi, vedevano in lui l'amore. Il suo cuore sobbalzò vittorioso quando prese coscienza di quella verità. Se in quel momento il suo corpo avesse assecondato anima e cuore, sarebbe corsa tra le sue braccia. Ma la sua mente, custode del passato e della ragione, le disse di non muoversi, di aspettare e di non assecondarlo.
 "Quello che dici non ha senso! E comunque non ha importanza. Le cose cambiano, i sentimenti anche!"
 “Bugie! Bugie amore mio!”
 Le si avvicinò baciandole le labbra e lei si sottrasse. Averlo così vicino e senza vestiti non era affatto una buona idea!
 "Francesca, non ti sto chiedendo di dimenticare tutto! Del resto abbiamo tante cose di cui parlare... Ma non mentirmi! Non negare che mi ami! Io so che i tuoi sentimenti sono cambiati, ma il tuo amore non è finito! È cresciuto, come il mio!"
 La conosceva così bene. Era capace di leggerle l'anima e il cuore. Si coprì il volo con le mani e scosse la testa, cercando un solo motivo per riuscire a mandarlo al diavolo.
 Ne aveva mille, un milione, ma nessuna parola riuscì a raggiungere le labbra.
 "Chicco, vestiti! È già abbastanza difficile starti vicino! Ti assicuro che il fatto che tu sia senza vestiti, non aiuta!"
 Ecco, invece di dire qualcosa di sensato, era riuscita solo ad apparire come una bambina impacciata. Si morse il labbro per impedirsi di continuare.
 Riccardo scoppiò a ridere e approfittò di quel momento di distensione.
 “Amore mio, sei adorabile quando fai così! Mangiamo?”
 Gliene fu grata. Quel discorso cominciava a diventare troppo complicato e lei non riusciva a trovare il modo di uscirne.
 “Idiota! Scalda qualcosa nel forno! E vestiti! Vado a fare anch'io la doccia!”
 Il sorriso di Riccardo si fece malizioso.
 “La cena può aspettare! Vengo con te!”
 “Non pensarlo nemmeno!”
 Rispose con una certa inquietudine. Quella reazione gli provocò un moto di tenerezza e decise di lasciarle un po' di tempo per pensare.
 Si voltò e raggiunse la cucina.
 “Come vuoi! Abbiamo tempo... Ehi, il tuo frigo è davvero pieno di ogni cosa... Cosa preferisci mangiare?”
 “Non mi interessa! Vestiti!”
 Mangiare era l'ultima cosa a cui pensava. Il cuore di Francesca stava battendo in modo anomalo. Cosa diavolo stava facendo li? Cosa voleva?
 I suoi sentimenti erano divisi. Da una parte c'era il cuore, dall'altra la ragione. Si scontravano e in lei si combatteva un conflitto. Da una parte la ragione le intimava di non fidarsi, di mantenere le distanze e di cacciarlo; dall'altra, il cuore era così felice di averlo vicino, che la supplicava di lasciarsi vincere dalle emozioni... Corse in bagno per non mostrargli le sue guance che si erano arrossate, gli occhi lucidi e le mani che tremavano.
 Chiuse la porta a chiave; per quanto sciocco, quel piccolo gesto, la fece sentire un po' più tranquilla.
 Quando sentì il rumore della chiave che girava nella serratura, rise divertito.
 “Ti chiudi a chiave? Amore, come sei ingenua. Sbrigati per favore! Ti aspetto!”
 Aprì l'acqua e chiuse gli occhi. Era lì per lei... Non lo aveva detto nemmeno a sua madre del suo ritorno.
 Persino le ragione doveva accettare quel fatto. Si stava illudendo? Vederlo l'aveva turbata. Dopo la promessa che le aveva fatto in ospedale, l'aveva aspettato per giorni, poi si era convinta che nulla fosse cambiato.
Riusciva sempre a farle perdere ogni sicurezza. Ma come faceva a fingere che vederlo non l'avesse resa felice? E i suoi dubbi che fine avevano fatto? Le sue conclusioni? E tutte le promesse che si era fatta? Perché non vedeva l'ora di finire la doccia e tornare da lui?
 Nel frattempo Riccardo, si aggirava nell'appartamento. L'ultima volta che ci era stato, poco più di un mese prima, non aveva notato quanto fosse accogliente.
 La casa di Francesca era sempre stata caotica, disordinata. In quel momento gli parve trasformata. Le pareti erano state ritinteggiare con colori caldi e tenui, sul divano i cuscini, avevano federe colorate, sulle pareti, con delle semplici e graziose cornici, erano esposte le sue foto. Era diventata una casa vera, calda e confortevole. Proprio come lei. Sarebbero stati bene in quel posto. Sarebbe stato il loro rifugio. Era ancora intento ad osservare quell'ambiente quando lei riapparve in salotto.
 “Vado a vestirmi!”
 Indossava il suo accappatoio bianco e un asciugamano in testa, lui la guardò incantato e si limitò ad annuire. Deglutì: vederla senza vestiti era sempre stato qualcosa di eccitante. La sua donna era irresistibile, bellissima, affascinante. Sotto quell'accappatoio c'era lei.
 La seguì, in silenzio.
 “Cosa fai qui? Per favore, torna di la!”
 “No! Lascia che ti guardi!”
 “Non voglio!”
 “Ma io sì e ne ho bisogno!”
 “Hai bisogno di guardarmi mentre mi vesto?”
 “No, ho bisogno di vedere il tuo corpo!”
 Francesca sapeva bene quanto a lui piacesse guardarla. Si sentiva così bella quando la ammirava, completamente ammaliato. Abbassò gli occhi, sorridendo amaramente.
 “Non ti piacerebbe... Non è più quello di quando facevo la modella... Oggi nessuno mi pagherebbe per indossare un abito! Io... Il mio corpo non è più quello di prima!”
 Era vero, la sua Farfallina aveva perso così tanto peso che il suo, era un corpo senza nessuna forma, troppo magro, con troppe ossa in evidenza. Ma non era importante, la sua bellezza gli toglieva il fiato. Le sembrò ancora più sensuale e attraente, così indifesa e insicura.
 “Tu sei sempre bellissima!”
 “Davvero?”
 Fece scivolare sul letto accappatoio ed evitò di guardarlo.
 Lui le si avvicinò vinto dalla tenerezza e con un dito percorse il suo profilo. Le sfiorò il naso, le labbra, il collo. Era davvero dimagrita, la sua spalla mostrava il segno di quello che aveva passato. Le alzò il mento e la obbligò a guardarlo.
 “Sei bellissima!”
 “Già, come no! Lascia che mi vesta e ti prego vestiti anche tu!”
 “Lascia che ti abbracci. Rimani così! Non vestirti”
 Lo guardò, cercò di capire le sue intenzioni e lasciò che lui la stringesse a sé. Quando le pelli si toccarono, provò una sensazione di calore e di protezione. Non c'era nulla di malizioso in quell'abbraccio. Non c'erano secondi fini nel suo tocco. E lo ricambiò stringendogli le braccia intorno al collo. Rimasero fermi in quella posizione per un tempo indefinito, senza muovere un dito e con gli occhi chiusi. Non ricordava di averlo sentito così vicino in nessun momento della loro pazza storia.
 Il suo profumo, gli fece chiudere gli occhi. La sua pelle morbida, liscia sembrava fatta perché lui la accarezzasse. Quel contatto, quell'abbraccio lo riportarono a quando l'aveva scoperta la prima volta. A prima di quella notte, quando, da ragazzina, si rifugia tra le sue braccia e a tutte le volte in cui avevano diviso il letto. Era un abbraccio senza tempo. Annullava le distanze, faceva scomparire ogni cosa.
 In quell'abbraccio, le sue paure sparirono. I piccoli timori che lo avevano spiazzato poco prima, erano spariti. E la strinse ancora di più, perché i loro corpi si confondessero.
 Quando lui si staccò leggermente, prendendole il volto tra le mani,  entrambi provarono quasi freddo e i corpi si ricoprirono di brividi.
 “Se solo sapessi quanto ho sognato di stringerti in questo mese... In questi mesi! Da tanto tempo ho capito che sei l'unica persona che voglio vicino, ma ho dovuto accettarlo. Ho dovuto accettare che i nostri giochi, i nostri addii non erano altro che il mio modo di tenere lontana la donna che mi aveva portato via il cuore...”
 “Ora sono certa che tu sia impazzito!”
 Lo disse seria, ma ormai si era abbandonata ai suoi sentimenti.
 La guardò ridendo. Poi le prese la mano e insieme andarono in cucina.
 "Allora, Farfallina, cosa vuoi mangiare?"
 “Non ho fame! Mangia quello che vuoi!”
 Quella non era un opzione.
 “Mangeremo insieme! L'hai promesso a tua madre, o sbaglio?”
 “Già, ma lei non è qui per rimproverarmi. E poi non mi sento a mio agio!”
 “A mangiare con me?”
 Le chiese perplesso.
 “Questa situazione mi imbarazza. Siamo nudi e mi guardi in modo... Strano. Non mi hai mai guardata così e so perché!”
 Alzò un sopracciglio, senza capire cosa intendesse dire.
 “Sai perché? Cosa vuol dire?”
 “Quando mi guardo allo specchio mi vedo sai? Vedo che il mio corpo non ha più nulla di femminile. Trovo insopportabile guardare le ombre delle mie ossa. Non fingere con me!”
 Mentre parlava le servì su un piatto alcuni cibi che aveva tolto dal frigo e scaldato. Sembrava quasi non ascoltarla.
 “Quindi tu sai tutto? Sai perché ti guardo in modo diverso e immagino tu sappia il motivo per cui non ho detto a nessuno del mio ritorno!”
 “Beh, non devo immaginare nulla! Me lo hai detto, no? Sei qui per ribadirmi il tuo amore. Ma sai bene che non ho intenzione di crederti!”
 Lo diceva a se stessa, per cercare di convincersi di essere forte.
 “Una cosa giusta l'hai detta! Sono qui perché ti amo. Ma mi crederai! E sbagli se pensi che veda le stesse cose riflesse nel tuo specchio. Adesso taci e mangia!”
 “Voglio vestirmi!”
 “No! Se hai freddo mettiti addosso una coperta!”
 “Non cambierai mai! Le persone devono piegarsi ai tuoi capricci e sei incapace di accettare che qualcuno possa anche solo pensare di non compiacerti..”
 “Già, proprio così! Devo imboccarti perché tu mangi qualcosa? Sai bene che sarei capace di farlo!”
 “Lascia stare! Mangio da sola! Poi però te ne andrai, sono stanca e vorrei dormire!”
 Gli sorrise beffardo.

 “Sei soddisfatto? Ho mangiato, mangiato nuda e ora vuoi andare via?”
 “No! Passeremo questa notte insieme e sarà solo la prima di tutta la nostra vita! Ma se sei stanca possiamo andare di là...”
 “Davvero? Andare di là, con te? Scordatelo!”
 Il suo tono, da serio, divenne più malizioso.
 “Ma tu sei stanca, lo hai appena detto, se dobbiamo passare la notte insieme, penso dovrei venire con te!”
 “Mi prendi in giro?”
 “No! Ma non mi caccerai questa volta! Non andrò via! Te l'ho detto! Faremo l'amore e poi parleremo! Ma adesso faremo l'amore perché ho bisogno di te! Perché ti desidero da troppo tempo e perché ti amo!”
 Quelle parole... Per quanto tempo aveva sperato di sentirle? Quante volte aveva sognato guardare le sue labbra mentre le pronunciava?
 “Tu... Tu hai bisogno di me?”
 Allungò una mano fino ad accarezzarle una guancia.
 “Sì, Farfallina! Ho bisogno di te, io ti amo! Ti amo immensamente e so che anche tu mi ami più di prima! Non ci faremo più del male, non voglio più fartene e nemmeno tu vuoi farmene!”
 Il pensiero del loro bambino le provocò una fitta.
 “io... Se l'ho fatto non volevo!”
 Francesca si alzò dalla sedia, ricordandosi improvvisamente di essere completamente nuda e portando istintivamente le mani sul suo seno, come per proteggersi. Quel gesto riempì di tenerezza Riccardo, che la raggiunse.
 “Lo so! E non mi ha mai fatto del male, non tu! Mi hai sempre amato e tutto ciò che hai fatto è stato per amore! Tutto! Ne parleremo, ma dopo! Adesso ti prego, andiamo di là, amami perché lo vuoi e non perché te lo chiedo! Facciamo l'amore perché mi desideri! Perché io ti amo! E non voglio fare nulla che non voglia anche tu!”
 “Mi ami...”
 “Ti amo!”
 “Anche io...”
 Non riusciva più a fingere, ogni difesa eretta stava cadendo e non voleva fare altro che stare con lui. Ma non si mosse fino a quando lui la baciò. Le sue mani la accarezzarono e lei cominciò a ricambiarlo. Prima il viso, le sue mani toccarono la sua barba e le dita cercarono la sua pelle. Era completamente sopraffatta dai suoi sentimenti, dal desiderio di averlo e confusa dalle sue parole a cui voleva credere disperatamente!
 Il bacio si fece sempre più profondo e le mani sempre più audaci.
 Quei tocchi le bruciavano la pelle, il suo respiro si fece affannato. 
 “Andiamo di là!”
 Non rispose ma lo seguì tenendolo per mano. Aveva paura, proprio come la prima volta, ma lui fu diverso. Quando facevano l'amore, Francesca, aveva sempre avuto la certezza che lui fosse suo, ma in quel momento ebbe la sensazione che lui provasse i suoi stessi sentimenti.
 Fu dolce, attento e premuroso. Si preoccupò solo di lei, di farla stare bene, come se volesse, dandole tutto, dimostrarle che non sarebbe più andato via.
 Francesca, per la prima volta da quando la loro storia era iniziata, sentì che non erano solo i loro corpi ad essere una cosa sola. I loro cuori battevano insieme, respiravano l'aria l'uno dell'altra attraverso le loro labbra unite. I loro gemiti sembravano una musica, una melodia.
 Si persero davvero l'una nell'altro. Fu speciale, per entrambi.
 Fecero l'amore come non l'avevano mai fatto; quando entrambi raggiunsero il piacere, Riccardo la strinse, impedendole di muoversi e lei lasciò che le sue braccia e le sue mani la tenessero stretta a lui. Rimasero fermi, mentre i loro cuori tornavano a battere regolarmente, ancora insieme, ancora uniti.
 Il silenzio era calato tra loro, ma era un silenzio pieno di significato e di pace.
 Con il capo appoggiato al petto di Riccardo, Francesca gli accarezzava la pelle con le sue dita affusolate. Ogni tocco gli procurava dei piccoli brividi di piacere.
 "Chicco..."
 Lo disse con voce dolce, emozionata.
 "Chicco... Che cos'hai?"
 "Sono felice..."
 "Prima... Prima è stato..."
 "Speciale... Diverso!"
 Completò la frase della donna, come se avesse letto nei suoi pensieri, perché quei pensieri erano i suoi.
 "Farfallina... Non immagini quanto ti ami! Mi sei mancata così tanto... Sono finalmente a casa!"
 "Oh, Chicco... Vorrei fosse così!"
 "È così! Mi credi?"
 "Io... Non lo so! Ma non voglio parlare ora!"
 Riccardo la fece sdraiare supina e si mise sopra di lei, guardandola negli occhi. Le parlò con tenerezza e non era mai stato più sincero.
 "Farfallina, è vero!"
 Negli occhi della donna c'era un'ombra di paura e di speranza.
 "Piccola, ti amo! Ti amo più della mia vita!"
 Lei gli sorrise e per Riccardo quel sorriso, non troppo convinto, fu emozionate.
 "Sei bellissima!"
 "Anche tu sei carino!"
 E questa volta il sorriso era divertito. Riccardo aggrottò le sopracciglia.
 "Carino?"
 Lei annuì allegra.
 Mentre le dava un bacio sulla punta del naso, le chiese, con un tono più dolce:
 "Come fai?"
 "A fare cosa?"
 Chiese incuriosita.
 "Ad amarmi! Come fai ad amarmi nonostante tutto?"
 "Io ti amo da sempre, Chicco..."
 "Lo so... Come ci riesci?"
 "Perché sei tu! Non è stata una scelta! Io so amare solo te!"
 "Mi ami nonostante il tempo... Nonostante il male..."
 "Forse sarebbe stato più facile amarti se fossi stato come tutti gli altri... Ma io ti amo perché sei diverso! Chicco, tu sei speciale, lo sei sempre stato! Tu sei... Forse sono banale e ordinaria, ma i miei sentimenti no! Non avrei mai potuto amare nessuno che non fossi tu. Un amore così difficile... Ma anche vero, unico, incredibile! Il mio amore è da sempre, per sempre..."
 "Piccola... Tu non sei banale e ordinaria! Sei forte e meravigliosa!"
 Gli sorrise. Con le dita gli accarezzò il viso, le guance, gli sfiorò il naso con l'indice e poi passò alle labbra, così morbide e dolci. Gliele guardava estasiata, sempre più innamorata.
 "Chicco... Dobbiamo parlare! Dobbiamo chiarire tante cose!"
 "Vuoi parlare ora?"
 Glielo chiese mentre cominciava a baciarle il collo, assaporando il suo sapore e facendole emettere dei gemiti sommessi.
 "Abbiamo tutta la vita per parlare, Farfallina..."
 Le sue mani percorsero le curve del suo corpo e prima che lei riuscisse a parlare, lui la fece di nuovo sua. E fu ancora più bello.
 Avevano fatto l'amore ancora, tornando a conoscersi. Uniti con i corpi e con le anime. Uniti in una sola cosa.
 Francesca aspettava di sentire quel trasporto da parte del suo uomo, da sempre.
 Riccardo, travolto dal suo amore, era sconvolto, quasi impreparato. Perché la amava, la desiderava, la voleva da sempre e da troppo tempo si era reso conto che senza di lei non riusciva a vivere, ma vivere il loro amore senza riserve, senza paure e consapevole, era stata un'esperienza che lo aveva segnato.
 Era suo, dalla loro prima volta, perché lui era la luna e lei la terra. Era il sale e lei il mare, era il suo sangue, la sua pelle, era quasi dolore, era il fuoco. Era tutto. Lo sapeva da tanto, forse da sempre, ma viverlo, capirlo, sentirlo, fu diverso. Fu devastante. Era la vita. Sarebbe morto per lei!
 Si erano addormentati dopo molto tempo, abbracciati, entrambi sopraffatti dalle emozioni e dai sentimenti. I loro corpi, scossi dal loro amore, erano appagati, spossati. Fu una notte speciale per entrambi.
 Paura, dolore, delusioni, bisogni frustrati, avevano lasciato il posto alla passione, all'amore, al futuro.

 Allungò una mano, prese il cellulare che da qualche minuto non smetteva di suonare e diede un'occhiata all'ora, dopo aver disattivato la sveglia.
 Lo appoggiò sul letto e tornò ad appoggiare il viso sul petto del suo uomo, con un sorriso felice e compiaciuto.
 Nonostante le poche ora di sonno, si sentiva bene. Forse non si era mai sentita tanto bene come in quel momento. Riccardo dormiva ancora, il suo respiro era regolare e ascoltava il suo cuore che sembrava battere solo per lei. Sarebbe rimasta in quel letto per tutta la vita, beandosi di quel suono e di quell'odore che le invadeva le narici. Gli diede un bacio e sentì il suo braccio stringerla un po' di più. Si morse il labbro quando un brivido le corse sulla schiena, ma si fece forza e cercando di non svegliarlo, si decise ad alzarsi.
 Si mise seduta e lo guardò per qualche istante, rimanendo incantata.
 Riccardo, con i capelli spettinati, che gli ricadevano leggere sugli occhi, sembrava non essersi accorto che lei non lo stringeva più.
 Si soffermò sulla sua bocca, leggermente schiusa, sulle sue labbra, atteggiate in un lieve sorriso, sugli occhi, incorniciati dalle sue ciglia scure, sul suo naso perfetto. Seguì il suo profilo fino al collo, alle sue spalle, al petto. Ebbe l'istinto di accarezzarlo, ma si trattenne. Doveva prepararsi e andare al lavoro, come ogni giorno.
 Si passò le mani sul viso e scrollò leggermente le spalle, emettendo un sospiro deluso.
 Fece per alzarsi, ma fu riportata sul letto dalle braccia del suo uomo, che sorridendo, la obbligò a voltarsi su un fianco, mentre lui si appoggiava su un gomito e la cingeva con un braccio.
 "Ciao, Farfallina!"
 "Ciao, Chicco!"
 Si sorrisero e i loro occhi si dichiararono l'amore che li univa. Un fremito percorse i loro corpi, ancora nudi e bisognosi.
 “Che ore sono?”
 Le chiese avvicinandosi alle sue labbra, sfiorandole appena.
 “Le sette... Devo andare al lavoro!”
 Rispose con un filo di tristezza.
 “Scherzi? Non ti lascerò andare via!”
 Gli sorrise e gli accarezzò una guancia, attirandolo di più a sé.
 Lo baciò e poi si liberò dalle sue braccia, con uno sforzo che gli sembrò sovrumano. Sapeva bene che se fosse rimasta ancora così vicina a lui, non sarebbe più riuscita a mantenere il controllo.
 "Devo proprio andare..."
 "Facciamo la doccia insieme?"
 Lei rise, guardandolo con finto disappunto.
 "No, Chicco! Per due ragioni... La prima è che se facessimo la doccia insieme, farei tardi e proprio non posso e non voglio..."
 "E la seconda?"
 Le chiese malizioso.
 "La seconda..."
 Francesca si morse il labbro prima di continuare, senza riuscire a nascondere l'imbarazzo.
 "La seconda è che non voglio togliere il tuo profumo dalla mia pelle... Voglio portarlo con me... Sentirlo tutto il giorno!"
 Si stupì della sua dolcezza e si rese conto in realtà le loro pelli avevano un odore diverso, che apparteneva ad entrambi. Era il profumo dell'amore che li aveva uniti quella notte. Il pensiero di quello che era successo, lo fece sussultare. Le sue mani che lo accarezzavano, che lo cercavano, le sue labbra che lo avevano fatto impazzire, la sua pelle bollente... Deglutì e si sforzò di mantenere la calma, anche se aveva solo voglia di amarla ancora. Le sorrise e con gli occhi, le indicò la porta. Lei annuì e corse in bagno.
 Francesca si guardò allo specchio e si vide bellissima. Mai prima di  allora si era vista tanto bella ed era lui ad averla fatta sentire così. Il modo in cui l'aveva amata, il modo in cui l'aveva baciata, toccata, l'avevano fatta sentire la più desiderata delle donne. Si portò la mano alla bocca, sfiorando con le dita le labbra, sentendo ancora il suo sapore. Chiuse gli occhi e quando li riaprì, si rese conto di essere arrossita. Pensare a quella notte la riempiva di brividi.
 Quando si fu sistemata, pettinata e leggermente truccata, tornò in camera da letto. Lui era ancora sdraiato, completamente nudo, coperto malamente dal lenzuolo. Cercò di non guardarlo, per evitare che i suoi propositi la abbandonassero, si vestì semplicemente, con dei jeans, un maglietta e un felpa.
 Lui la guardava con dolcezza. Percepiva i suoi occhi addosso e si sentiva quasi intimidita, tanto i suoi occhi la inquietavano.
 Si girò verso di lui e lo vide con in mano la sua macchina fotografica. Alzò un sopracciglio, aggrottando la fronte, incuriosita.
 “Ma cosa stai facendo?”
 “Usi questa per il lavoro?”
 “No, questa è solo quella che uso per me... Ma che fai?”
 “Ti scatto una foto...”
 Con aria di superiorità, Francesca si avvicinò al letto.
 “Sai usarla?”
 La guardò come fosse un'aliena e con il viso leggermente infastidito, che la sua donna conosceva bene. Riccardo odiava essere messo in discussione, anche nelle piccole cose.
 “Ti ricordo che ho un dottorato e un master in ingegneria al MIT, potrei costruirne una migliore di questa!”
 Le disse con un filo di presunzione. Lei rise divertita. Riccardo era intelligente come nessuno, sapeva bene quanto il suo lavoro e i suoi studi fossero eccellenti e sapeva anche quanto alta fosse la stima che tutti avevano per lui. Ma in quel momento, gongolava come un bambina. Si avvicinò al suo viso, con un'aria impertinente e gli sussurrò:
 “Già, non ne dubito, ma forse si sono scordati di insegnarti ad aprirla, idiota!”
 Ridendo, cercò di portargliela via ma lui le afferrò il braccio facendola cadere su di lui.
 Il suo volto tornò serio.
 “La mia reporter... Resta qui!”
 Le disse baciandola e stringendola a se.
 Per qualche istante, Francesca si lasciò andare, ma il suo lavoro era importante e non avrebbe mai permesso che i suoi sentimenti, la distraessero dai suoi impegni.
 “Farò tardi, Chicco..."
 Rispose con un tono dolce, ma quando si rese conto che Riccardo non aveva alcuna intenzione di lasciarla andare, si divincolò come un gatto, fingendosi arrabbiata, anche se era felice come mai.
 "Lasciami subito, ingegnere!"
 La liberò dal suo abbraccio ridendo, guardandola rialzarsi e sistemarsi.
 "Chicco, devi vestirti ed uscire anche tu! Tra poco arriverà la signora che tiene in ordine la casa...”
 “E tu hai paura che possa sedurla?”
 La sfidò, abbozzando un sorriso malizioso.
 “No! Ma è la stessa donna che stira le camice di mio padre e sa perfettamente chi sei!”
 Quella battuta stupida non le era per niente piaciuta e lui lesse nei suoi occhi il fastidio.
 “E va bene... Pranziamo insieme?”
 Le disse alzandosi dal letto.
 “Ho tempo solo per un panino... Io e Bolanos abbiamo due impegni in due zone diverse... Ma stasera non farò tardi... Per le quattro sarò libera!”
 “Ti accompagno io allora!”
 “Al lavoro?”
 “È lì che vai, no? Ti passerò a prendere alle quattro. Posso usare la tua auto oggi?”
 “Ma sì certo! Ma devi muoverti!”

 La accompagnò e prima che scendesse dall'auto le diede un bacio.
 “Sarò puntuale! Alle quattro. Poi parleremo! Ieri non l'abbiamo fatto. Ma io devo dirti tante cose!”
 Francesca sentì un fremito difficile da interpretare. Sperava con tutto il cuore che lui restasse con lei. Il suo cuore era ormai completamente sicuro di lui, certo che nulla avrebbe più potuto separarlo da lei. Ma la mente, la ragione, le continuavano a ricordare tutti i momenti meravigliosi passati insieme, che erano finiti a causa del muro che Riccardo riusciva a costruire da un momento all'altro.
 Sospirò e lo guardò con occhi velati di paura.
 “Andrai via ancora?”
 Le accarezzò la guancia e le sorrise, capendo perfettamente quello che in quel momento passava nella mente della sua donna.
 Era normale avesse bisogno di rassicurazioni: non era mia stato l'uomo che lei meritava.
 “No! Resterò con te, ma ne parleremo stasera!”
 Non aggiunse altro e a lei, in quel momento bastò.
 Dopo aver ricambiato quella carezza, scese dall'auto e corse in redazione.
 Sarebbe stata una giornata lunga.

 “Francis, chi diavolo te li manda? Chi si permette di inviarti delle rose in mia presenza?”
 Bolanos guardava la ragazza che lavorava con lui, sul cui volto si era dipinto un sorriso che non aveva mai visto.
 Da quando l'aveva conosciuta, qualche mese prima, non era mai riuscito a vedere Francesca davvero felice. Era una donna dolce, gentile. Le era piaciuta subito. Sembrava sempre sentirsi fuori luogo. Era timida e quel suo lato, l'aveva sempre trovato delizioso. Si era chiesto più volte come per anni, fosse riuscita a fare la modella e ad apparire sui giornali come una persona spregiudicata e superficiale. Gli era bastato poco per capire che l'immagine che avevano creato quelle stupide riviste, fosse, quantomeno, ridicola.
 Francesca era riuscita a conquistare tutti con i suoi modi, con la sua tenerezza quasi infantile. Ma dietro quel suo atteggiamento, era chiaro nascondesse un dolore, una delusione, profondi.
 Quel giorno invece era felice, quasi distratta.
 “Un pazzo! Me li manda un pazzo!”
 Lo disse ridendo, cercando di essere tranquilla, ma era chiaro che fosse entusiasta ed emozionata.
 “Mi spezzi il cuore, bambina!”
 Bolanos si finse ferito.
 “Come sei sciocco, Bolanos! Ma mi fai ridere e ti perdono!”
 Francesca tornò a guardare il mazzo di fiori che qualche minuto prima le avevano consegnato.
 “Il pazzo però ha classe! Rose rosse recapitate in mezzo a questa folla, alla persona giusta!”
 “Già! Sa essere teatrale!”
 Disse ridendo.
 “Ma anche romantico!”
 “Romantico... Non lo è mai stato! Se ti dicessi che è la prima volta che mi regala dei fiori in tutta la mia vita, ci crederesti?”
 “In tutta la vita? E chi è?”
 “Un pazzo! Te l'ho detto!”
 “Ma ti piace! Ti piace la sua pazzia! Ne sei innamorata?”
 “Da sempre!”
 Francesca nascose l'imbarazzo, distogliendo lo sguardo.
 “Ora il mio cuore si è spezzato davvero!”
 “Allora rimettilo insieme! Perché sono quasi certa, che presto anche il mio andrà in mille pezzi...”
 Un velo di tristezza apparve sul viso di Francesca, Bolanos non replicò, si limitò a spronarla a pensare solo a quello che stavano facendo. Le era affezionato e le voleva bene e sapeva quanto fosse fragile la sua Francis.

 La guardava mentre le venivano recapitati i fiori. La guardava da lontano. Era completamente affascinato da lei e dalla sua professionalità. Con la macchina fotografica in mano sembrava trasformarsi in un'altra donna. Seria, impegnata e attenta. Come aveva fatto a non vederla per quello che era nel complesso fino a quel momento? Era piena di sfumature, sembrava così diversa da prima. Ma era lui a non averla mai capita.
 In quel momento, sentì una piccola fitta allo stomaco. Si morse un labbro, contenendo una smorfia di fastidio pensando a quanto fosse stato sciocco.
 Il suo telefono squillò riportandolo alla realtà. Rispose, senza nemmeno fare caso a chi lo stesse chiamando.
 “Buongiorno ingegner Mendoza, sono Forbes della Mactac..."
 La voce di un suo professore, lo colse alla sprovvista.
 “Davvero?”
 “Mi ha molto deluso, ingegner Mendoza! Credevo fosse un uomo di parola!”
 Un moto di stizza percorse il suo corpo.
 “In realtà credevo che lo fosse anche lei! Evidentemente ci siamo sbagliati entrambi.”
 Rispose secco.
 “Mi spieghi solo perché non ha firmato un contratto che avevamo discusso insieme!”
 Il nervosismo lasciò il posto alla curiosità.
 “Mi sta prendendo in giro, dottor Forbes? Poco più di un mese fa il suo direttore del personale mi ha liquidato per telefono dicendo che c'erano dei problemi e che mi avrebbe fatto sapere non appena le cose fossero cambiate! Beh, non l'ho più sentito!”
 L'uomo dall'altra parte del telefono si prese qualche secondo prima di replicare.
 “Mi scusi, ma non è divertente!”
 “Mmm, già, l'ho pensato anche io, ma non è mia abitudine elemosinare un lavoro, non l'ho mai fatto! Tantomeno con una società che mi ha assillato per mesi perché lo accettassi!”
 “Sta parlando seriamente? Quello che mi è stato riferito è molto diverso...”
 “Non so cosa dirle! La saluto, dottor Forbes!"
 La pazienza non era mai stata una caratteristica si Riccardo.
 “Aspetti! Mi faccia capire come sono andate le cose... Io credevo che lei non avesse voluto firmare il contratto... Che avesse preso tempo per decidere!”
 “Se vuole, lo ripeto. La scorso mese un idiota, mi ha comunicato quello che le ho detto. Ho pensato si trattasse di qualche problema burocratico e ho aspettato. Poi ho capito che il problema era che avevate fatto marcia indietro! Ma non ci sono problemi! La mia stima per lei resta invariata!”
 “Le garantisco che chi l'ha contattata dovrà darmi delle spiegazioni! Mi dispiace per quello che è successo e per come ho esordito! Lei è una risorsa a cui non voglio rinunciare! È ancora interessato?”
 Riccardo sorrise compiaciuto.
 “Non alle stesse condizioni! Non mi piacciono i giochetti!”
 “Domani sarò a Bogotà. Parleremo di persona! La contatterò. Non voglio sentire un suo rifiuto, non voglio rinunciare a lei...”
 "Ci sentiamo domani!”
 Ma cosa diavolo era successo? Quella compagnia l'aveva assillato per strapparlo alle gare, per assicurarsi la sua collaborazione e poi lo avevano liquidato senza troppe spiegazioni per poi tornare a cercarlo. Non lo capiva. Ma non era importante. Non era un problema il lavoro. Poteva trovarne mille.
 Sapeva di avere delle capacità che facevano gola a molti. Per lui il lavoro non era mia stato un problema.
 Si era divertito per anni lavorando nel mondo degli offshore, ma aveva prestato la sua collaborazione anche ad altri progetti. Quando la voce del suo abbandono a quel mondo, si era sparsa, era stato contattato da diverse società statunitensi, ma anche europee. Proposte allettanti, entusiasmanti, ma irrealizzabili, perché aveva deciso di tornare nel suo paese per lei.
 Tutto quello che fino all'anno precedente era importante, in quei momenti gli era sembrato inutile e sciocco.
 Era disposto a rinunciare alle soddisfazioni che i suoi studi e le sue ricerche, da sempre gli davano, per qualcosa che lo avrebbe reso felice, realizzato, appagato e in pace con se stesso. E lei era tutto ciò di cui aveva bisogno.

Le era stato vicino tutto il giorno, senza che lei lo vedesse. Guardarla, anche se da lontano, lo aveva reso orgoglioso della donna che era diventata. Era impaziente di passare la serata con lei, di amarla, di baciarla e di parlarle.
 Durante quella giornata, aveva ripensato al modo in cui si era sentito la notte precedente, le emozioni che aveva provato e si era reso conto che non sarebbe più riuscito a rinunciare a quello che lei gli dava. 
 La vide uscire dalla redazione in compagnia dell'uomo con cui aveva passato l'intera giornata sentì un moto di fastidio. Francesca rideva, sembrava serena e tra lei e il collega pareva esserci un'intesa che andava al di là di un semplice rapporto lavorativo. Non era mai stato geloso di nessuno dei suoi amanti, perché di quel collega sì?
 Perché erano amici, erano in confidenza e si vedeva che lei gli voleva bene. Che lo rispettava. Era una cosa normale ma gli diede fastidio. Quei gesti lo mettevano di fronte al fatto che avesse perso tanto, troppo della vita della sua donna. Non conosceva nulla di lei. Non conosceva gli amici, i colleghi, non sapeva come avesse maturato la decisione di diventare una fotografa, come fosse riuscita a trovare quel lavoro.
 Quell'uomo probabilmente, sapeva tutto. Quell'uomo non aveva avuto bisogno di tempo per apprezzarla.
 Francesca, come se fosse stata richiamata dai suoi occhi, si voltò verso di lui, che alzò una mano, salutandola. Sorrise e diede un bacio al collega e lui le pizzicò una guancia facendola ridere. Davvero era geloso di un uomo che la trattava come una bambina? Sì! E lo sarebbe stato di chiunque altro le mettesse anche solo un dito addosso, di chiunque facesse parte della sua vita.
 Francesca era sua e solo pensare che regalasse qualcosa di lei ad altri, lo faceva impazzire.
 La vide correre verso di lui, sembrava quasi saltellare dalla gioia. Si fermò a pochi centimetri da lui, allegra e con un entusiasmo da bambina gli disse:
 “Ciao! Sei pazzo lo sai? Come mi hai trovato?”
 “Vi ho seguito... Ti ho osservato per un po'... Tu e il tuo amico vi siete divertiti...”
 Nonostante ci avesse provato, quel fastidio che aveva provato, proprio non era riuscito a nasconderlo. Lei piegò la testa, come se non capisse a cosa si stesse riferendo.
 “Il mio amico?”
 “Il tuo collega...”
 “Bolanos?”
 “Oh, è lui che ti ha ribattezzata Francis?”
 Francesca colse il sarcasmo nella sua voce; non lo capiva ma quell'atteggiamento, le fece male.
 "Sei arrabbiato?"
 Rise con finto divertimento.
 "No! Sali, andiamo a casa!"
 "Chicco..."
 "Piccola, ho voglia di tornare a casa... Vuoi rimanere ancora ferma lì?"
 Senza replicare, salì in auto e rimasero in silenzio per tutto il tragitto.
 Ma quando entrarono nell'appartamento, Riccardo, quasi offeso, continuò a non considerarla.
 Le sembrava di rivivere tutti i suoi silenzi, i suoi giudizi. Era sicura che non sarebbe passato molto prima di sentire le solite frasi cattive.
 Il suo cuore batteva irregolarmente, la sua mente si prendeva gioco di lei che invece di ascoltare le ammonizioni, si era lasciata andare alla debolezza, il corpo era rigido, le orecchie gli fischiavano e gli occhi le si riempirono di lacrime.
 Lo guardava mentre indifferente, preparava un caffè.
 Non sapeva cosa dire, né cosa fare.
 Si avvicinò in silenzio, sedendosi scomposta su una sedia.
 "Chicco... Che cos'hai?"
 "Tu cosa credi che abbia?"
 "Non lo so! Te lo sto chiedendo!"
 Francesca riuscì a mantenere un tono sereno anche se dentro aveva una tempesta di sentimenti.
 Lui aveva sul volto un'espressione indecifrabile, la stessa che gli aveva visto tante volte.
 Deglutì mentre rispondeva.
 "Beh, tesoro, diciamo che non mi sono piaciute alcune cose..."
 Si chiese di cosa stesse parlando, ragionò per qualche istante, convincendosi che l'amore che gli aveva promesso, fosse solo la solita terribile illusione.
 "Prova a pensarci, piccola!"
 "No, Chicco! Non voglio nemmeno sforzarmi di pensarci! Tu sei... Vattene e questa volta non farti più vedere!"
 Si alzò e fece per andarsene ma lui la trattenne per un braccio.
 "Da quando i colleghi sono così intimi?"
 Lo guardò stupita.
 "Cosa?"
 "Parlo di te e di Bolanos, o come diavolo si chiama!"
 Disse sottolineando con fastidio quel nome.
 "Parlo del modo in cui ti tratta, del modo in cui ti guarda e ti tocca!"
 "Sei pazzo? Siamo amici!"
 "È un collega! Non un amico!"
 Si liberò dal suo braccio strattonandolo; era furiosa.
 "È un collega e un amico! Come lo sono le altre persone con cui lavoro! Io non sono come te! Io parlo con le persone! Forse ti sembrerà strano, ma per alcuni, sono una persona piacevole! Alcuni mi vogliono bene!"
 Lesse la delusione nei suoi occhi e si pentì di averla trattata in quel modo. Era geloso. Geloso di lei e della sua vita. Una vita che si era costruita senza di lui.
 "Farfallina..."
 “Non chiamarmi così! Ti dà fastidio che abbia degli amici? Il mio collega, in questi mesi, mi è stato vicino, mi ha aiutato ed è grazie a lui se ho un lavoro! Tu credi che io sia banale, superficiale... Per Bolanos, no! Mi rispetta e io... Mi sono affezionata!”
 “Farfallina... Scusami... Scusami amore mio!”
 Si rese conto di essere stato ingiusto, la prese tra le braccia, stringendola al suo petto e sprofondò la bocca sul suo collo. Cambiò il tono, che divenne dolce.
 La pregò sussurrando.
 "Piccola, sono un idiota! Lo sai! Mi ha dato fastidio! Sei mia! Solo mia! Voglio tutto di te anche quello che non so, che non conosco! Vuoi scusarmi?"
 Rilassò il corpo, sentendolo sincero.
 "Che cosa c'è, Chicco? Davvero credi non sia tua?"
 Senza smettere di stringerla cominciò ad accarezzarle i capelli.
 "Farfallina, ho perso così tanto tempo... Ho bisogno di te..."
 Si liberò e gli prese il volto tra le mani, guardandolo negli occhi.
 I suoi bellissimi occhi, color nocciola che amava da sempre.
 "Chicco... Mi farai del male ancora!"
 "Te lo giuro, no!"
 E colto dal bisogno che sentiva, la baciò con foga. Con quel bacio voleva cancellare il disagio che provava. Quel senso di vuoto che aveva provato capendo che lei era riuscita ad andare avanti anche senza di lui.
 Quel bacio si fece sempre più profondo, più passionale.
 Lei, incapace di resistere alla sua bocca, si era lasciata andare, assecondando i suoi tocchi e le sue carezze. Si amarono in quella piccola cucina, bisognosi l'una dall'altro.
 Incapace di staccarsi da lei, fecero il bagno insieme e mentre le loro mani, toccavano ogni centimetro delle loro pelli, parlarono.
 Francesca era confusa; Riccardo aveva ritrovato se stesso.
 "Sei bellissima quando lavori!"
 "E tu come lo sai?"
 Gli disse sorridendo.
 "Ti ho visto! Ti ho guardato tutto il giorno!"
 “Mi hai seguita davvero?"
 Uscì dalla vasca e le porse una mano, invitandola a seguirlo.
 La avvolse nello stesso asciugamano che stava ussando e le baciò la punta del naso.
 "Proprio così!"
 "Oh... Perché?”
 “Per rimanerti vicino...”
 “È vero?”
 “È vero! Tutto quello che ti ho detto è vero! Non andrò via! Ho venduto la casa di Miami. Mi sono licenziato!”
 Quelle parole le giunsero alla sprovvista. Pensò di aver capito male, ma lui la guardava con il sorriso e percependo i dubbi della sua Farfallina, lo confermò.
 “Sei impazzito? Adoravi quel lavoro!”
 Sorrise, le asciugò i capelli come fosse una bambina e la trascinò nella camera, sdraiandosi sul letto.
 “Posso lavorare in ogni luogo! Sono un ingegnere, posso farlo ovunque e lo farò qui! Domani o dopo troverò qualcosa! E non aveva senso tenere quella casa!”
 Si sedette accanto a lui che le accarezzava un fianco e rimase in silenzio per qualche istante.
 “Ma cosa ti è successo? Hai picchiato la testa?”
 Riccardo si mise a ridere.
 “Sì, sono stato investito da un treno, un treno bellissimo..."
 Tornò serio e le strinse una mano.
 "Farfallina, non ho fatto altro che pensare a te! Quando hai chiuso la nostra storia, ho pensato non mi importasse nulla! L'orgoglio mi impediva di capire quello che era successo. Ma una volta a Miami... Più i giorni passavano, più speravo di vederti arrivare da me... Mi sembrava di impazzire e non capivo perché...”
 “E ora l'hai capito?”
 “Sì, io ti amo! Non volevo ammetterlo, non volevo rinunciare a quello che avevo, ma sapere che non saresti stata più mia, mi faceva sembrare ogni cosa senza senso! La libertà, il lavoro...”
 “Non ci vedevamo da un anno e mezzo...”
 “Ma non era importante... Credevo saresti tornata, prima o poi ti avrei visto e tutto sarebbe ricominciato. Ho bisogno di te!”
 “Tanto da rinunciare a tutto?”
 “A tutto cosa? Tu sei tutto!”
 “Non riesco a credere a quello che dici!”
 Francesca distolse lo sguardo. Il suo maledetto cuore esultava, ma la ragione aveva paura.
 “Non vado a letto con una donna dallo scorso anno!”
 Glielo disse senza pensarci.
 Il cuore le saltellava nel petto.
 “Non mentirmi!”
 “Non ti mento! Sei il mio amore! Sei stata un'ossessione per un anno intero. Ti sognavo, ti desideravo! E poi quando mi hai detto di... Di nostro figlio, mi sono sentito un mostro! Io non potevo immaginare quanto tu avessi sofferto! Quello che ti ho fatto è terribile!”
 “Non è colpa tua...”
 “Lo è! È colpa mia! Perché sono stato capace solo di farti del male, di mortificarti, di insultarti... Ma sono io ad essere un uomo orribile, il nostro bambino non meritava me come padre. Ma sarebbe stato fortunato ad averti come madre...”
 “Ora basta! Non voglio più parlarne!”
 Si alzò dal letto, esasperata. Non voleva più pensare a quel bambino, faceva troppo male, si sentiva in colpa. Forse, prima o poi, gli avrebbe raccontato quello che aveva provato, come si era sentita, ma non quella sera. Non era pronta. Quello che stava succedendo, lui, le sue parole, la confondevano, la destabilizzavano.
 Riccardo capì che non era il momento giusto.
 “Amore, scusami! Ma dimmi che credi alle mie parole! Io voglio solo stare con te!”
 “Fino a quando?”
 “Fino a quando non mi vorrai più!”
 I loro occhi rimasero a fissarsi per qualche istante. Fu lei ad interrompere quegli sguardi così pieni di significato, da far quasi male.
 “Chicco, devo andare a cena dai miei...”
 Quelle parole lo riportarono alla realtà, ma aveva bisogno che lei gli credesse.
 Si alzò e la raggiunse, mentre era intenta a vestirsi.
 “Oh, l'avevo dimenticato... Ma dimmi che mi credi! Che mi ami e che vuoi me!”
 “Io... Io paura!”
 La strinse da dietro, appoggiando il mento sulla sua spalla.
 “Hai ragione ad averne! Ne ho anche io! Ma non per quello che pensi! Ho paura che tu ti stancherai di me, che smetterai di amarmi se diventassi quello che non sono mai stato!”
 Quelle parole la scossero.
 “Io non mi stancherei mai di te! Ti amo da sempre e sarà così per sempre!”
 “Allora sposami!”
 Quel desiderio gli era passato nella testa all'improvviso. Ma non appena lo espresse, si sentì felice, come se quella fosse l'unica cosa giusta, l'unica che avrebbero dovuto fare. Quella richiesta non era azzardata, era quello che voleva. La voleva, voleva fosse legata a lui per sempre. Voleva che tutti sapessero che era sua. Voleva fosse sua moglie.
 La sentì irrigidirsi e quando si voltò i suoi occhi grandi era pieni di terrore.
 “Co... Cosa stai dicendo?”
 Quelle parole erano solo dei sussurri.
 Le accarezzò gli angoli della bocca, dolcemente. Cambiò tono e la sua voce divenne suadente.
 “Sposami, Farfallina! Non mi interessano la chiesa, gli invitati! Non mi interessa nulla, ma voglio legarmi a te per sempre! Voglio che tu sia mia!”
 Francesca non riusciva a smettere di guardarlo, tremava e le sembrava che tutto, intorno a lei, girasse vorticosamente. Lasciò che fossero le sue mani a sostenerla.
 "Non sta succedendo davvero..."
 Invece di risponderle le sfiorò le labbra con un bacio e annuì.
 Cercò di farsi forza.
 “Sei impazzito! Davvero, Chicco! Sei pazzo! Non è un gioco il matrimonio!”
 “Lo so! È per questo che voglio sposarti!”
 E mai come in quel momento le sembrò sincero.
 “Lo fai per me?”
 “No! Voglio sposarti perché tu sia mia!”
 “Lo sono già!”
 “E allora sposami perché io voglio essere tuo!”
 Si liberò dalle sue mani che per tutto il tempo erano rimaste sul suo viso. Si avviò verso l'armadio e cominciò a vestirsi.
 “Devo andare via!”
 Ma Riccardo voleva che gli rispondesse e mentre lei si infilava i vestiti, continuò.
 “Non prima di avermi detto di sì!”
 “Possiamo parlarne dopo, con calma? Fino a ieri nemmeno stavamo insieme...”
 Le sue labbra si aprirono in un sorriso bellissimo. La fossetta che tanto amava guardare, la fece vacillare e non riuscì a trattenere il divertimento quando lui le chiese:
 “Siamo insieme?”
 “Sei un idiota!”
 Cercò di tornare a prepararsi, ma lui la fermò, baciandola.
 “Allora?”
 “Allora devi smetterla e lasciarmi uscire! Ti ho detto che ne parleremo più tardi!”
 “No! Dimmi di sì! Non voglio sposarti domani, né tra un mese... Non voglio programmare nulla! Ma devo sapere che quando arriverà il momento, non aspetteremo nemmeno un secondo!”
 “Se dico di sì, mi lascerai uscire?”
 Glielo disse esasperata, ma sognava da tutta la vita di essere sua moglie. Aspettava quel momento da sempre.
 “Giuro!”
 Rispose serio, portando la mano destra sul cure, con fare teatrale.
 “Sì!”
 Sì! Voleva essere sua moglie! Voleva fosse suo marito! Voleva fossero una cosa sola. Nemmeno lei credeva a quello che stava succedendo. Era stordita, incredula, felice. Il suo cuore esultava, il corpo era come un burattino in balia dei sentimenti, l'anima l'aveva abbandonata ed era nella mani di quell'uomo meraviglioso che poteva farle fare qualunque cosa. Aveva cercato l'aiuto della mente, ma la ragione sembrava sparita, nascosta perché nessuno potesse vedere quanto fosse felice.
 Rise, Riccardo, stringendola tra le braccia e cominciando a sbottonare la camicia che la donna aveva appena indossato.
 “Adesso facciamo l'amore!”
 “No, Chicco, basta! Devo andare! Smettila!”
 Si allontanò di qualche passo. Ma lui era così felice che l'idea di rimanere senza di lei, gli era impossibile.
 “Vengo con te!”
 “Per favore, smettila davvero di fare lo stupido! Se vuoi posso uscire con un taxi in modo che tu possa avere l'auto...”
 Francesca era agitata, non riusciva nemmeno più a guardarlo. Era così bella, così dolce.
 Sarebbe stata sua per tutta la vita, avrebbe potuto godere del suo atteggiamento infantile, della sua forza, del suo modo unico di essere per sempre. Il suo cuore, che fino a quel momento non gli aveva dato tregua, sembrò acquietarsi nel momento in cui quel pensiero si fece concreto.
 Si parò davanti a lei e la costrinse a guardarlo.
 “No, tranquilla... torna presto, amore mio! Ho bisogno di te, lo sai?”
 “Non andare via...”
 Quella era una preghiera, non una speranza.
 “Non posso farlo! Ti voglio al mio fianco! Voglio che tu mi dia la forza che mi è mancata per tutta la vita... Ti amo! Ti amo da impazzire!"

 Alla cena di sua madre c'erano anche i Mendoza. Non era strano, le due famiglie erano solite condividere molte delle serate, oltre al lavoro e alle vacanze. Era sempre stato così. E poi Camilla e Giulio non potevano dividere il nipotino e nell'ultimo mese, il bambino, passava più tempo in braccio ai nonni che ai genitori. Quella sera non faceva eccezione. Ma lei contrariamente al solito era intontita e distratta.
 “Principessa, non stai bene?”
 Le chiese suo padre, preoccupato.
 “No, papino! Sto benissimo davvero. Sono solo un po' stanca... Ma domani ho un giorno libero!”
 Cercò di tranquillizzarlo. In realtà era davvero fuori di sé. Ancora non le sembrava vero che il suo Chicco fosse a casa sua, che avessero fatto l'amore solo qualche ora prima e che lui le avesse chiesto di sposarla.
 “Forse stai pretendendo troppo da te stessa! Il medico si era raccomandato di riposare e poi non sei ancora tornata in forma!”
 La sua espressione doveva essere terribile, perché anche la madre si mostrò perplessa.
 “Stai tranquilla mamma! Davvero, sto bene!”
 E sorrise; e quel sorriso era sincero.
 “Mi sembri felice però... Hai un bel sorriso e i tuoi occhi brillano! Sei più bella del solito!”
 Si voltò verso Betty che la guardava in maniera strana.
 “Grazie zia, sono... Sono felice, sì!”
 Francesca cercò di distogliere lo sguardo da Betty che sembrava perplessa e incuriosita.
 Mentre cenavano, il campanello suonò e poco dopo Riccardo stava salutando tutti, allegro e felice come mai.
 Era impietrita nel vederlo, che diavolo faceva a casa sua?
 Il cuore cominciò a batterle nel petto velocemente e deglutì più volte, nonostante le si fosse seccata la gola.
 “Tesoro, cosa fai qui?”
 Chiese Armando entusiasta di vederlo.
 “Ciao papà, vi ho fatto una sorpresa...”
 Betty prima di salutare il figlio, guardò Francesca che era impallidita e imbarazzata. Era chiaro che per lei la sorpresa non era il suo ritorno ma la presenza a quella cena.
 “Siamo felici di vederti! Come vanno le cose a Miami?”
 Marcella lo abbracciò.
 “Ciao zia! Sei sempre bellissima!”
 “Ehi, ti trovo molto bene, amico mio!”
 “Ciao Giulio, sorellina dov'è il mio nipotino?”
 Camilla strinse il fratello, emozionata.
 “Dorme, fratellone! Sono felice di vederti!”
 “Come stai Riccardo?”
 Gli chiese sua madre, sospettosa.
 “Ciao mamma!”
 “Siediti, hai già cenato?”
 Lo invitò Marcella.
 “Sì, zia, grazie! Non pensavo sarei venuto, ma volevo vedervi!”
 Riccardo aveva provato a restare tranquillo. Ma qualcosa di più forte di lui lo aveva spinto a raggiungere la sua Farfallina, che se ne stava seduta e ferma, guardandolo incapace di capire. Era lì per lei. Per starle accanto.
 “Stai bene? No, sul serio, stai bene?”
 Betty era spazientita e anche preoccupata.
 “Sì, mamma! Benissimo! Ti giuro che non sono mai stato meglio!”
 E dicendolo spostò gli occhi su di lei.
 “Quando sei arrivato?”
 “Ieri pomeriggio, zio!”
 “E dove hai dormito? Cos'hai fatto oggi?”
 “Ho dormito a casa della mia fidanzata!”
 Betty cercando di non farsi notare cercò gli occhi di Francesca che sembrava seduta su un letto di chiodi.
 “La tua Carol ha una casa qui a Bogotà?”
 “Non lo so! Ma papà, dimmi, quale parte della frase “è solo un'amica” non è chiara? Non è mai stata la mia fidanzata!”
 “Oh... E quando pensi di presentarcela questa donna?”
 Gli chiese Camilla.
 “Presto, stasera... Ma prima devo chiarire il motivo per cui sono tornato!”
 “Riccardo, per favore rifletti molto bene prima di dire sciocchezze!”
 “Mamma... Ho riflettuto! È per questo che sono qui!”
 “Betty, dagli un po' di tregua!”
 Nicola guardò la sua migliore amica, senza capire il motivo di quell'atteggimento.
 “Nicola, lui sa bene di cosa parliamo!”
 “Sì, lo so mammina, ma forse anche gli altri desiderano saperlo!”
 “Mamma dai, non essere troppo dura...”
 Francesca sembrava inquieta. Lui la guardava e le sorrideva, ma non riusciva a tranquillizzarla.
 “Volevo dirvi che sono tornato per restare. Voglio vivere la mia vita qui, nella nostra città! Ho venduto la casa a Miami, mi sono licenziato...”
 “Ma sei impazzito?”
 “No papà. Ma non preoccuparti, la barca è a Cartagena e ho una serie di opportunità di lavoro che non mi dispiacciono. Comprerò una casa e mi sposerò!”
 “Riccardo, basta!”
 “Ma Betty, è meraviglioso!”
 “Riccardo, che bello! Voglio conoscerla! Per favore falla venire qui!”
 “No, Camilla, non è proprio il caso!” Disse Betty senza togliere gli occhi dal figlio.
 “Figliolo, per favore! Sii più chiaro! Anche la mamma si sta preoccupando!”
 “La mamma si preoccupa solo perché non si fida troppo di me! Ma sbaglia! Comunque papà, non voglio più andare via! So che avresti voluto che assumessi un ruolo all'Ecomoda, che ti ho sempre deluso, ma le cose sono cambiate...”
 “Non mi hai deluso! Mi sei sempre mancato tanto!”
 “Ora non ti mancherò più! Sono qui!”
 “Dimmi cognato, hai detto che la tua fidanzata vive qui... La conosciamo?”
 “Sì, molto bene...”
 Mentre diceva quelle parole, si avvicinò a Francesca e le appoggiò le mani sulle spalle, si abbassò e la baciò sfiorandole le labbra mentre lei, esterrefatta e completamente incredula non reagiva né al bacio né alle sue parole.
 “È la tua sorellina... È lei la mia donna...”
 Lo disse guardandola con amore, tutto quello che provava.
 Quelle parole colsero tutti di sorpresa. Nessuno parlava, tutti troppo sconvolti.
 Giulio guardò la moglie che ruppe il silenzio.
 “Non guardarmi come se volessi dirmi che l'avevi detto...”
 A quel punto anche Betty parlò. Era arrabbiata con il figlio che sembrava non rendersi conto di aver sconvolto tutti, compresa la sua donna.
 “Riccardo, smettila! Tu non puoi essere il mio bambino!”
 “Riccardo, se è uno scherzo, non è divertente!”
 Il padre lo guardava deluso, come se quelle parole fossero l'ennesima presa in giro di un figlio che aveva passato la vita a sfidarlo.
 “Non è uno scherzo e sono maledettamente serio! Le ho chiesto di sposarmi poco prima che venisse qui...”
 Tutti gli occhia si spostarono su di lei, che sembrava piccola e indifesa.
 “Francesca, di' qualcosa...”
 “Mamma...”
 Quella parola era solo un gemito sommesso. Riccardo cercò di giustificare entrambi.
 “Ecco lei non si aspettava che sarei venuto... Ma...”
 “Basta! Ora basta! Sei fuori luogo! Sei inopportuno e non ti accorgi di aver messo la donna che dici di amare in una posizione imbarazzante! Dovresti andare via!”
 L'incapacità del figlio di capire la situazione, portò Betty quasi a gridare.
 Nicola, che fino a quel momento, era rimasto silenzioso, a quelle parole, sembrò destarsi. Guardò la sua principessa, che teneva gli occhi bassi e poi si rivolse alla sua migliore amica.
 “Betty... Ma che sta succedendo?”
 A quel punto fu Francesca a parlare.
 “Ci amiamo... Scusatemi...”
 Si alzò e corse in giardino senza aggiungere altro. Riccardo fece per raggiungerla ma fu fermato da sua madre.
 “Tu ora devi dare una spiegazione a tutti!”
 “Devo andare da lei...”
 “Ci vado io... Nicola...”
 Marcella guardò il marito che sembrava completamente shockato.
 “Nicola... Vado dalla bambina...”
 “La mia bambina e mio nipote? Ma non si può...”
 “Papà! Mia moglie è la sorella di tuo nipote, lo ricordi vero?”
 Giulio provò a riportare alla realtà il padre, che era completamente fuori di sé.
 “Cosa? No, ma loro sono cresciuti come fratelli... La mia bambina...”
 “Papà, ti senti? Ehi? Armando, vuoi ricordargli che non c'è nulla di assurdo?”
 “Potrei farlo, ma ti giuro Giulio, che non riesco a capirci nulla... Riccardo, per favore puoi dirci cosa sta succedendo?”
 “Devo andare da lei!”
 “Smettila! Smettila di fare il bambino! Lei è con sua madre e tu devi spiegarci tante cose! comincia immediatamente e sii molto chiaro! E tu Nicola, smettila di ripetere come un disco rotto che sono fratelli! Non lo sono!”
 Riccardo cominciò a spiegare che l'amava e che per troppo tempo aveva evitato quell'amore. Fu sincero e mentre sua madre lo guardava severa ma finalmente fiera di lui, Giulio gli diede il suo appoggio.
 “Io lo sapevo...”
 “È vero, lo sapeva... Io no, ma sono felice se sei felice. Ma dopo questa tua sceneggiata, dovrai correre parecchio per farti perdonare, fratellino!”
 Sorrise accarezzandole la guancia, poi si rivolse a Nicola che continuava a non reagire dopo quella notizia.
Francesca era la sua bambina. La sua meravigliosa principessa. Era la sua vita, il suo amore più grande. Per lui restava la sua piccola e bellissima bimba, da proteggere, nonostante fosse una donna da tanto tempo.
 “Zio... Ti chiedo scusa! Davvero non volevo sconvolgere nessuno, ma era una cosa che non volevo tenere nascosta. E volevo solo farle una sorpresa...”
 “Tu e la mia bambina?”
 “Oh mio Dio Nicola! Finiscila! Sì, la tua bambina sta con un uomo che consideri un nipote! Ma non lo è! Proprio come l'altro tuo figlio!”
 “Betty, lo sapevi?”
 Si rivolse al marito, che sembrava perplesso tanto quanto Nicola.
 “Tesoro, non sapevo nemmeno fosse in città! Ma devo ammettere di aver sperato finisse così..."
 Si avvicinò al figlio e gli prese il viso tra le mani.
 "Ho sperato che tra voi finisse così! Ma ti giuro che se le farai del male, anche se sei il mio bambino, non te lo perdonerò mai!”
 “Non lo farò mamma... Sei felice? Papà...”
 “Io sono senza parole! Non so cosa dire... Ma la piccola Francesca... Lei è... Sì, è un come fosse la tua sorellina...”
 “Papà, davvero? Non posso crederci. Io ho sposato Giulio! Abbiamo un figlio! Lo avete dimenticato?”
 Camilla era divertita.
 “Armando, i nostri bambini si amano?”
 “Non lo so Nicola... Non lo so!”
 “Marta, per favore porti del whisky per i signori...”
 “Senza ghiaccio!”
 Disse Armando.
 “Devo raggiungerla...”
 Riccardo fremeva per stringerla, ma la madre lo fermò, cercando di fargli capire che aveva bisogno di tempo.
 “Aspetta che torni lei!”

 Nel frattempo in giardino, Francesca si stringeva le gambe, rannicchiata su una poltroncina nascosta
 “Bambina mia...”
 Alzò gli occhi, guardando la madre che le si avvicinava.
 “Mamma... Mi dispiace! Non volevo che lo sapeste così... Sei arrabbiata?”
 “Arrabbiata? No! No, tesoro!”
 Si sedette accanto a lei, che appoggiò la testa sulla sua spalla, mentre Marcella le stringeva una mano.
 “Cosa ha detto il papà?”
 “Sciocchezze... Ha detto qualche sciocchezza, ma niente di preoccupante! Dimmi solo una cosa. Sei stata male per lui? È per lui che hai sofferto?”
 Trasalì a quella domanda.
 “Sì e no... Sì, perché ogni cosa da sempre dipende da lui... No, perché non è stato lui a farmi del male, non direttamente!”
 La madre annuì.
 “Da quanto state insieme?”
 “Potrei dirti che stiamo insieme da più di dieci anni, ma non è così. Forse non stiamo insieme nemmeno ora... Non come Giulio e Camilla almeno!”
 Sorrise a quell'affermazione.
 “Beh, siete diversi in molte cose... Anche l'annuncio del vostro matrimonio è stato abbastanza anticonvenzionale... Ma da Riccardo non mi aspettavo nemmeno che lo facesse. Vi sposate?”
 “Oh mamma, non so nemmeno se riuscirò a perdonarlo per quello che ha fatto stasera...”
 “Ma lo conosci... Meglio di chiunque altro! Forse più di sua madre, davvero ti aspettavi qualcosa di diverso?”
 “Avrebbe dovuto dirmelo!”
 “Che vuole sposarti o che ce lo avrebbe detto?”
 Francesca si strinse nelle spalle e con la voce rotta dall'emozione disse:
 “Non sapevo sarebbe venuto qui stasera! Ma... Sì... Ecco... Me l'ha chiesto...”
 “Hai detto di sì?”
 Alzò gli occhi e Marcella capì quanto amore la figlia provasse per Riccardo. Un amore grande che l'aveva sicuramente consumata ma anche sostenuta.
 “Io lo amo davvero...”
 “Immagino che non sarò io ad organizzare la cerimonia come è stato per tuo fratello, vero?”
 Cercò di scherzare.
 “Mamma...”
 “Vieni qui bambina mia! Abbracciami! Voglio solo che i miei figli siano felici e se Riccardo è l'uomo che può darti quello che vuoi, io sono dalla tua parte! Non posso crederci... Eri una bambina... Lo ami da allora! Ti chiedo solo di avvertirmi quando avrete detto sì..."
 In quel momento, Marcella capì la sua bambina come mai prima di allora. La ammirò. Francesca amava Riccardo da sempre. Le sembrò di tornare a quando era una ragazzina e la vedeva piangere per lui. A quei tempi credeva che quella, fosse solo una cotta. Aveva sottovaluto quei sentimenti. Erano veri, erano forti. La sua bambina doveva aver passato dei momenti terribili. Riccardo aveva avuto tante donne e forse lei aveva commesso tanti errori solo per proteggersi da un uomo che solo in quel momento si era deciso a viverla davvero. Per un momento provò risentimento verso Riccardo, ma fu un attimo. Conosceva e amava quell'uomo. Era come un figlio per lei. Era un difficile, arrogante, egocentrico, ma era certa che amasse la sua bambina. Ne era sicura. Il gesto di quella sera lo confermava. Entrambi, forse, avevano sofferto.
 “Mamma...Papà mi pedonerà?”
 “Non deve perdonarti nulla! Ci metterà un po' a metabolizzare la notizia, ma non credo sia l'unico. Tuo zio sarà altrettanto shockato... Ma passerà a tutti e due!”
 Le prese la mano e insieme rientrarono in casa. Riccardo le corse incontro e le chiese di andare a casa.
 Marcella guardò il marito e Armando che sembravano avulsi dalla realtà e si guardavano tenendo in mano un bicchiere pieno di whisky e si sedette accanto a Betty che le sorrise...
 “Allora si sposano?”
 “Lo sai vero che non ci inviteranno?”
 “Sì, ma mia figlia ha promesso di avvisarmi!”
 “Meno male, almeno sapremo che siamo diventate consuocere per la seconda volta...”
 “Come sta Armando?” Betty lo guardò e alzò le spalle.
 “Più o meno come Nicola...”
 “Passerà!”
 “Per fortuna gli ultimi due dovrebbero trovare delle compagne fuori dalla famiglia...”
 “Speriamo! Mi piacerebbe farla crescere un po' questa famiglia!”
 “Anche a me...”
 Si sorrisero complici.
 Nel frattempo Camilla e Giulio avevano salutato i fratelli.
 “Riccardo, trattala bene la mia sorellina!”
 “Francesca, non ti dirò nulla... Sappi che ti voglio bene!”
 “Grazie!”
 “Portala a casa... E fatti perdonare!”
 “Ah, ultima cosa! A Edo e Claudio lo diciamo noi!”

 “Piccola, dovevamo dirglielo. Gli daremo dei nipoti, prima o poi se ne sarebbero accorti!”
 “Sei uno stupido, Riccardo Mendoza! Un maledetto stupido! Un egoista! Non hai alcun rispetto per nessuno e soprattutto per me!”
 “Sei arrabbiata?”
 “Sono furiosa!”
 “Scusa, davvero!”
 “Io non posso crederci! Sei l'uomo più intelligente che conosca, ma sembri un idiota quando si tratta di me...”
 “Perché tu mi fai impazzire!”
 Ammiccò malizioso.
 “Credi davvero che basti dire quattro parole per farmi dimenticare quanto tu sia stato ingiusto?”
 “No, amore, ho mille modi per farmi perdonare...”
 Si avvicinò a lei sfiorandole il collo con le dita e abbassandosi per baciarla.
 “Scordati di toccarmi, non provarci nemmeno!”
 “Allora dammelo tu un bacio...”
 “Vorrei solo darti uno schiaffo, ma sono troppo arrabbiata anche per quello!”
 Francesca camminava nervosamente per l'appartamento.
 “Vieni qui...”
 Le disse sorridendo.
 “Stanotte puoi dormire sul divano!”
 “È troppo piccolino... E poi ho giurato che saremo stati insieme per sempre!”
 Riuscì a fermarla e a prenderla tra le braccia.
 Sentì il suo corpo fremere e la avvicinò, fino a farla aderire completamente a lui.
 “Non stasera!”
 Lo diceva, ma non lo pensava. Il suo profumo inebriava i suoi sensi, il suo calore era il suo e quando le baciò gli angoli della bocca, la guancia e il collo, sapeva di essersi persa nuovamente.
 “Sì, anche stasera! Farfallina... Ora lo sanno, forse avrei potuto essere più diplomatico, magari avrei dovuto dirti che sarei venuto... Non ho ragionato. Ho agito distinto. Volevo stare con te! Tu hai ragione, sono un idiota, ma ormai è fatta! Anche mio padre sembrava stranito. Per non parlare di mia madre!”
 “Perché l'hai fatto?”
 Riccardo tornò serio. La guardò e nei suoi occhi si poteva leggere la sincerità.
 “Se credi sia perché volevo sconvolgerli, per prenderli in giro, ti sbagli! Non volevo dimostrare niente a nessuno.  Non ho pensato che a te! A te e a noi. E anche a me stesso, sì, ma solo perché domani voglio uscire da questo appartamento tenendoti per mano! E qualche tuo collega potrebbe scattarci delle foto. Io non mi sono mai nascosto!”
 “Ma il matrimonio? Perché lo hai detto?”
 “Perché mi hai detto di sì, noi ci sposeremo, che senso ha tenerlo segreto?”
 Lo diceva che se fosse la cosa più ovvia del mondo. Come se quello fosse qualcosa che tutti avrebbero dovuto capire, anche se nemmeno lei aveva ancora metabolizzato quella situazione.
 “Riccardo, giuramelo!”
 “Che cosa?”
 “Giurami che non te ne andrai! Giurami che questa volta è per sempre! Se non sei sicuro, se hai anche un solo dubbio vai via subito!”
 “Te lo giuro... Ora posso baciarti?”
 “Solo un bacio piccolo...”
 “Piccolissimo!”

 “Sei sveglia? Ehi!”
 La guardava da un tempo che gli parve infinito.
 Era così bella che sentì il cuore riempirsi di emozione. Voleva sentire la sua voce, vedere la sua bocca aprirsi in un sorriso e baciarla, toccarla e amarla. Non gli bastava più, non gli sarebbe bastata mai.
Francesca arricciò il naso e fece una smorfia.
 “Perché non mi lasci dormire ancora un po'?”
 “Perché sono sveglio...”
 Si voltò verso di lui e gli sorrise.
 “Sarà così ogni mattina?”
 “Che cosa?”
 “Mi sorriderai così ogni mattina?”
 Era così strano. Si sentiva ancora strana, ma lui era lì, accanto a lei e nonostante i millimetri dubbi e le paure, voleva vivere ogni istante che le avrebbe regalato.
 “Sai, è strano... Sei così dolce... Non lo sei mai stato...”
 “Perché non avevo capito quanto tu fossi importante... Ti dispiace?”
 “No! Preferisco essere coccolata che insultata...”
 Si accoccolò tra le sue braccia che la strinsero teneramente.
 “Non ho mai pensato quello che dicevo!”
 “No? Non pensi che sia solo una sciocca? Superficiale? Come hai detto una volta? Che non so fare nulla?”
 Quanto era stato crudele? Come aveva potuto essere così insensibile?
 Deglutì e cercò di farla sorridere e dimenticare quello che per tanto tempo le aveva fatto.
 “Ma ti ho anche detto che sai fare l'amore...”
 “Solo quello...”
 “Sai fare ogni cosa che vuoi, che ti appassiona... Fai delle foto bellissime per esempio e fai l'amore come nessun'altra!”
 Sollevò lo sguardo e con poco convinzione gli chiese:
 “Ti piacciono davvero le mie foto?”
 “Io non capisco molto di foto, ma sì, le trovo speciali, come te!"
 Quegli occhi dolci e pieni di gratitudine per quello che aveva detto, lo riempirono di desiderio.
 La sovrastò, facendola ridere.
 "Ma devo ricordarmi perché penso tu faccia l'amore come nessun'altra...”
 La avvolse con le sue braccia e la baciò con passione e cominciò ad accarezzarle il corpo.
 Furono interrotti da un fastidioso suono che li riportò alla realtà.
 “Dannato telefono!”
 “Perché non l'hai spento?”
 Chiese delusa.
 “È mia madre... Non l'ho spento perché aspetto una telefonata... Non muoverti Farfallina!”
 Senza smettere di guardarla e di darle piccoli baci sul collo, rispose.
 “Mamma...”
 “Sono molto arrabbiata!”
 La voce squillante di Betty lo costrinse ad allontanare il cellulare dall'orecchio, facendo ridere Francesca, che si portò una mano alla bocca per soffocare la voce.
 “Anche papà lo è?”
 “No... Non lo so, ha reagito come tuo zio, diciamo che ancora non hanno ben chiara la situazione. Ma non cambiare discorso! Dove sei?”
 “A casa!”
 “A casa? Lei è con te?”
 “Dove dovrebbe essere? Mamma, cosa c'è? siamo impegnati!”
 “Come sta?”
 Lui la guardò con un sorriso malizioso, gli dava dei piccoli baci sulle labbra e gli accarezzava la guancia. Gli sorrideva e mai come in quel momento provò il desiderio di averla.
 “Potrebbe stare meglio, mamma! Ma rimedierò immediatamente!”
 Buttò il telefono sul comodino e sprofondò dentro di lei.

 Betty, dall'altro capo del telefono non ebbe il tempo di replicare. Rimase col il telefono in mano e sorrise. Il suo bambino e la piccola principessa erano insieme e i suoi sogni si erano realizzati. Lui sarebbe stato felice. Era certa che con lei non avrebbe rimpianto nulla. Lei era la donna giusta.
 Sì, era felice per il suo bambino. E lo era per lei. Aveva sofferto e ora lui avrebbe curato le sue ferite. Erano uniti e lei non poteva che sostenerli e sperava con tutto il cuore che il figlio non rovinasse tutto, che davvero, per una volta nella sua vita, fosse sicuro di quello che voleva.
 Si voltò e vide il marito immerso nei suoi pensieri. Si avvicinò e gli baciò la spalla.
 “Armando... Stai ancora pensando a ieri?”
 “Ma no...”
 “No?”
 “Io, non capisco... Ma da quanto tempo ci nascondono quello che c'è tra di loro? Perché non hanno detto nulla... È strano, nessuno di noi li avrebbe osteggiati... Giulio e Camilla hanno fatto tutto alla luce del sole! E poi lei è una bambina?”
 “Una bambina? Non direi... E loro non sono come Giulio e Camilla! Sono diversi...”
 “Ci hanno mentito!”
 “Non l'hanno fatto... A loro modo, quando hanno deciso di concretizzare il loro amore, lo hanno detto subito... Tuo figlio ha messo in piedi una bella sceneggiata...”
 “Avrebbe potuto avere più tatto, magari!”
 “Tuo figlio è un uomo particolare... È speciale, come lei!”
 “Mi sarebbe piaciuto, avessero fatto le cose in modo meno eclatante... E poi quando si sposano?”
 “Credo non lo sappiano nemmeno loro!”
 “Stanno giocando? Tra loro? O prendono in giro noi?”
 “Oh no! Non stanno giocando! Ti assicuro che si amano e molto più di quanto loro stessi immaginino! Si sposeranno, ma solo quando arriverà il loro momento! Tu e Nicola lo accetterete!”
 
Nicola guardava sua moglie intenta a scrivere qualcosa al computer.
 “Tesoro...”
 Marcella si fermò, senza smettere di osservare il monitor.
 “Sì, la tua bambina, la tua piccola principessa viziata, è fidanzata... Non ha anelli al dito e sta con un uomo che consideri tuo nipote ma non lo è! Credo di avertelo detto almeno cento volte da quando ti sei alzato...”
 “La mia bambina...”
 “Io ne sono felice...”
 Abbandonò la scrivania e gli si avvicinò. Nicola era teso e nervoso.
 “Sei felice che un uomo che consideriamo un nipote, a cui vogliamo bene come ad un figlio, abbia sedotto la nostra principessa? Io mi fidavo di lui!”
 Aggrottò la fronte, incuriosita.
 “Stai scherzando? Non è una bambina! È una donna e ama Riccardo!”
 “Lo ricordi? Gliela affidavamo! Ci fidavamo di lui. Lei era una bambina! Quante volte hanno passato le giornate insieme? Andavano al lago, rimanevano soli a casa... Francesca aveva perso la testa per lui! E lui? Avrebbe dovuto prendersi cura di lei. Invece l'ha sedotta. Lui era più maturo! La nostra bambina era una ragazzina! Non voglio nemmeno pensare a quello che faceva con lei, quando la portava sulla sua barca o passavano i pomeriggi nella sua camera..."
 Marcella era divertita. Era certa che Riccardo non avesse mai tradito la loro fiducia, ma le sicurezze del marito vacillavano.
 "Lei lo amava già, è vero! Ma io credo che tra loro le cose siano iniziate dopo... Riccardo la vedeva solo come una sorella!"
 "Lui deve averla fatta soffrire... Marcella, la nostra bambina è finita in ospedale. E sono certo sia colpa sua!”
 “Forse sì, forse ha sofferto per lui, ma noi non sappiamo come sono andate le cose. Sappiamo solo che quel pazzo di Riccardo, ieri sera ci ha confessato che sono innamorati...”
 “Lo ha detto lui, lei non era felice e lo hai visto anche tu!”
 “Francesca era solo imbarazzata, probabilmente il colpo di testa di Riccardo non se lo aspettava, ma credimi, lo ama. Sono andati via insieme e hanno passato la notte insieme, ora sono insieme. Lui non l'ha sedotta. Da ragazzina era pazza di lui. E sospetto che il suo matrimonio a Las Vegas fosse una ripicca nei confronti di Riccardo piuttosto che un dispetto fatto a noi...”
 “Sono anni che va avanti?”
 “Credo di sì, ora è tutto più chiaro... Quando spariva, sono sicura, andasse da lui. Non so che diavolo di rapporto avessero instaurato, non so se sia stata solo lei a soffrire, ma le cose evidentemente sono cambiate e lui ha cambiato la sua vita per lei!”
 “La mia bambina...”
 “Non essere patetico... Per favore!”
 “Non posso nemmeno immaginare la mia bambina tra le braccia di un uomo...”
 “Oh mio Dio... Tua figlia è una donna! Non mi sembra tu sia stato tanto rigido quando leggevi delle sue avventure sui giornali... E allora non era affatto felice, ora sì, Non vuoi sia felice?”
 “Ma non lo è!”
 “Lo è tesoro, lo è! Ammetto che le cose non siano come avremmo voluto... Sono dei pazzi, sembrano indifferenti, ma quei due, sono i più sensibili e fragili dei ragazzi! Insieme, quando sono andati via, mi sono sembrati più forti, più sereni che mai! E lo erano perché si tenevano la mano! Lo sai vero che ci daranno dei nipotini?”
 Nicola sgranò gli occhi, terrorizzato.
 “Oh... La mia bambina è una donna... Non voglio nemmeno pensare a certe cose!”
 “Chiamala la tua bambina...”
 “Dici di chiamarla?”
 “No, ma se sei così preoccupato, se temi che lui le faccia qualcosa che lei non desidera, chiamala ed assicurati che stia bene!”
 Marcella rise mentre il marito cercava il telefono. Sapeva che considerava Francesca una bambina e l'idea di immaginarla tra le braccia di un uomo lo faceva impazzire. Perché un conto era leggere quello che riportavano i pettegolezzi, un altro era vedere un uomo che conosceva da quando era nato, tenerle la mano e baciarla. Lei era pur sempre la loro unica figlia, la sua principessa.
 Quando non riuscì a contattarla, sul suo volto si dipinse un'espressione preoccupata e terrorizzata. Fu lei a comporre il numero di Riccardo.
 “Ciao tesoro, puoi passarmi mia figlia?... No, tutto bene! Ma il suo papà teme tu le faccia del male!... Lo so, ma mi faresti un gran piacere se me la passassi... Ciao Riccardo! Ciao amore... No, non sono io a doverti dire qualcosa! Ti passo tuo padre... Tieni il telefono...” Era divertita dalla situazione e non riuscì a non ascoltare il marito mentre, con voce incerta, parlava con la loro figlia più complicata.
 “Papino...”
 “Principessa, stai bene?”
 “Sì, papino... Sei arrabbiato con me?”
 “Oh no, mia principessa! Mai con te, ma digli di stare lontano da me! Se ti farà del male io ne farò a lui! Diglielo che essere figlio di Betty non lo salverà!”
 “Papino, non devi preoccuparti!”
 “Vedi, principessa, io non posso non preoccuparmi. Vorrei tu fossi qui con me...”
 “Papino, ti voglio bene... Sei il mio papà, ma io lo amo! Lui... Lui è il mio uomo... Come tu lo sei della mamma!”
 “Principessa, mi spezzi il cuore! Sono io l'uomo più importante per te!”
 “Nicolaaaa!!!”
 Marcella, che ascoltava le parole del marito, lo rimproverò, incenerendolo con gli occhi.
 “Papà... Lui...”
 “Ti prometto che me ne farò una ragione, ma di' a Riccardo di stare lontano da me... Almeno fino a quando accetterò questa... Questa vostra storia! Vieni a cena da noi stasera?”
 “Con lui?”
 “No... Solo tu, io e la mamma!”
 A quel punto, esasperata, Marcella intervenne, strappando dalle mani il telefono.
 “Dammi il telefono, Nicola!”
 “Tesoro, tuo padre vaneggia! Gli passerà! Stasera non devi stare lontana da lui! Restate soli, uscite, rimanete in casa... Fate quello che volete, ma fatelo insieme! Ti voglio bene! Dai un bacio al tuo uomo!”
 Poi riattaccò il telefono e guardò il marito che aveva un volto sconvolto e sconfortato.
 “Amore mio, ricordi Ermes Pinzon? Ecco, mi sembra di rivederlo! E lo sai che lo stimavo, ma ha reso la vita di Betty non troppo semplice! Lasciala andare...”
 “Dammi solo un po' di tempo, amore mio... Ma ti giuro che se le farà del male...”
 “Se così sarà, ne parleremo, ora lascia che sia felice! La nostra bambina non lo è mai stata!”
 Sorrise e la guardò con amore.
 “Sono fortunato... La mia donna è speciale e unica, lo sai vero che ti amo? Più di quanto tu creda...”
 “Lo so, amore mio! Lo so!”
 Marcella diede un bacio sulle labbra del marito e lo abbracciò. Sapeva di essere la donna della sua vita e che la amava da sempre. Ma un brivido di paura le corse per la schiena. Nonostante l'amore che provavano l'uno per l'altra, Nicola l'aveva tradita e fatta soffrire. Era bastato un solo errore. Non voleva che anche sua figlia soffrisse com'era successo a lei...

 “Spegni il telefono adesso! Mio padre ha chiamato, tua madre ha chiamato... Mancano i nostri fratelli, ma non voglio sentire più nessuno!”
 Disse Francesca, restituendogli il telefono.
 “Non posso... Sto aspettando davvero una telefonata...”
 “Una telefonata?”
 “Già... Ieri Forbes mi ha chiamato e vuole parlarmi...”
 “Forbes?”
 “Era un docente al MIT... È stato il mio mentore. Ho collaborato con lui a qualche progetto. Poi l'ho perso di vista... Qualche mese fa mi ha contattato proponendomi un lavoro.”
 “Un lavoro a Boston?”
 “No, in Texas, a Houston. Ora lavora per una compagnia che realizza motori per le agenzie spaziali americane ed europee.”
 “E vuoi lavorare con lui?”
 “Si tratta di un progetto interessante, non ti nego che ci avevo pensato!”
 “Ma...”
 “Ma avevo deciso di tornare a Bogotà e avevo rifiutato. Poi però poco meno di due mesi fa mi ha richiamato. La Mactac, ha una filiale delocalizzata poco fuori città. In pratica avrei potuto realizzare i miei progetti qui, creare dei prototipi nelle officine colombiane e fare qualche viaggio per presentarli e discuterli a Houston. Mi sembrava una soluzione ideale.”
 “Costruiresti motori per andare nello spazio?”
 Le scompigliò i capelli come fosse una bambina, sorridendo.
 “Più o meno, testolina. Più che altro qualche elemento, ma non è poi così importante. Quando sono tornato lo scorso mese avrei dovuto firmare il contratto, ma non se n'è fatto nulla. Per qualche ragione gli accordi sono saltati!”
 “Allora perché vuole parlare con te? Le cose sono cambiate?”
 “Non lo so. Ieri Forbes mi è sembrato stupito dalle mie parole. Non so cosa diavolo sia successo. Sarebbe stato un lavoro assolutamente interessante, ma posso vagliare altre offerte.”
 “Ne sono sicura... Sei così intelligente!”
 “E tu così sexy... Vieni qui...”
 “Voglio vivere ogni secondo che mi stai regalando... In modo che possa ricordare ogni centimetro della tua pelle quando tutto questo sarà finito...”
 “Credi ti lascerò?”
 “Sì, so che lo farai... So che prima o poi andrai via, a Boston, Miami, Houston... o troverai una scusa per litigare e mi dirai le cose peggiori che ti passeranno per la testa. Farai in modo che sia io ad andarmene...”
 Erano sdraiati sul letto e si guardavano negli occhi, lui appoggiava la testa sul suo braccio e con l'altra mano le accarezzava il fianco nudo, lei aveva le gambe tra le sue e teneva le braccia sul seno, quasi a proteggersi da lui.
 “È sempre stato così...”
 “Sì, ma forse se mi riempi di tutto quello che sai darmi ora, quando succederà, non farà troppo male...”
 Prima di rispondere osservò i suoi occhi riempirsi di lacrime e si strinse a lei. I loro corpi erano perfettamente uniti e le loro labbra erano vicine tanto da sfiorarsi.
 “Io non posso prometterti che sarà tutto perfetto! Che non litigheremo e che non aprirò la bocca dicendo sciocchezze o cattiverie. So bene di essere un uomo terribile. Io ti ho ferita, ti ho fatto del male e la verità è che tu sei meravigliosa, sei speciale e meriteresti un uomo come te! Dolce, sensibile e unico. Io non sono altro che un idiota che non ha mai capito la fortuna di averti tra le braccia. Un uomo che oggi non ti lascerebbe andare per nessun motivo! Morirei se te ne andassi! Ascoltami, Farfallina! Io con te ho sbagliato tutto! Sapevo bene di farti del male... Ogni parola che ti ho detto, era per farti del male! Ti ho respinta e ho lasciato che le cose si trascinassero fino a quando ti ho esasperata. Ma non voglio passare un secondo, un solo secondo, provando quello che ho provato lo scorso anno! E ti chiedo, quando il mio carattere terribile uscirà, di perdonarmi! Di prendermi le mani e baciarmi! Di tenermi con te... Ti chiedo... No, ti prego di accettarmi per quello che sono, un uomo imperfetto che ama una donna perfetta...”
 “Io non sono perfetta!”
 “Lo sei per me!”
 "Perché? Voglio dire, perché adesso?"
 "Perché? Perché Non riuscivo più a fingere. Mi mancavi! Mi mancavi da impazzire. Non sapevo nemmeno da quanto non ci vedevamo. Mi sentivo uno stupido perché avevo perso tutte le occasioni con te... Anche quella sera, invece di cercare di essere l'uomo che meritavi era stato lo stesso idiota che ti aveva fatto scappare. Lo stesso che con la cattiveria, era riuscito ad allontanarti. Ricordi prima che tornassi a Miami, dopo il matrimonio di Giulio e Camilla? Continuavo a pensare a Cuba e a come te ne eri andata. Ma quella volta ero convinto che saresti tornata. Tornavi sempre.
 Quando sei scesa dalla barca, dopo quei giorni meravigliosi, credevo che sarebbe stato come sempre. Prima o poi saresti tornata. Invece il tempo è passato e non ti ho più vista. Sono tornato a Bogotà ad ogni sfilata dell'Ecomoda, per ogni festa, ogni evento. Ho sopportato i giudizi dei miei genitori nella speranza di vederti, ma tu non c'eri mai. Sempre impegnata con altri lavori, in Europa, negli Stati Uniti. A Miami, mi sembrava di vederti camminare nei pressi del cantiere o al porto. Ma non eri tu. Una notte mi sono ubriacato... Sulla barca, con il tuo vino preferito. Ero certo mi avresti raggiunto... E pensavo al perché avessi preso quella decisione. E l'ho capito! Quei giorni ci avevano cambiati. Abbiamo provato ad andare oltre le nostre paure, i nostri dubbi, ma non ci siamo riusciti. No, non è vero! Io non ci sono riuscito! Per questo ti ho detto quelle cose. Mentre ti cercavo tra la gente ho capito tutto. Era più facile farti scappare che lasciarti. E l'ho fatto, per l'ennesima volta. Ero così bravo a farti del male. Ma più il nostro amore cresceva, più dovevo essere crudele. E quella volta, al largo di Cuba, il nostro amore non era mai stato tanto grande. Lo sai, vero? Ti amavo come non ti avevo mai amato. Tanto che il desiderio di un figlio nostro... davvero mi aveva sfiorato. Un figlio tuo, della più bella delle donne, della più dolce e sensibile donna al mondo..."
 Francesca non lo guardava più, nascose il viso tra la sua spalla e il collo, aspirando il suo profumo.
 "Davvero? Ma io... Io ero solo una modella vuota e superficiale, che era andata a letto con ogni uomo che l'aveva corteggiata. Non potevo darti un figlio. Lo ricordi?"
 "Oh sì, certo! È questo che pensavo e che mi sono detto per tanto tempo. Non ero io ad aver perso la testa ma tu ad essere impazzita, con quella richiesta. Ma quando sono tornato a Miami, dopo che mi avevi lasciato, pregandomi di andare via, è stato tutto chiaro. Tutto, piccola!
 Non eri superficiale, stupida. Né viziata. E non aveva alcuna importanza con quanti uomini fossi stata. Tu eri... Tu sei una donna speciale. E saresti stata una madre meravigliosa. Io no! Ero io che non sarei stato all'altezza. Un figlio... Sarebbe cambiata tutta la mia vita. E ho avuto paura. Come sempre.
 Ogni volta che siamo stati insieme mi cambiavi la vita. Ero felice, appagato. E ho sempre temuto quel senso di appagamento.
 E ho pensato e mi sono tormento. Come sarebbe cambiare la mia vita? Sarebbe stato sbagliato?  Se quella notte, fossi rimasta incinta, sarebbe stato così terribile crescere nostro figlio? Cosa sarebbe cambiato? Avrei potuto continuare a fare quello che mi piaceva. Non mi avresti mai chiesto di tornare a Bogotà o di cambiare il mio lavoro. Non mi hai chiesto nemmeno di cambiare. Non lo hai mai fatto, piccola!
 Mi hai amato sempre per quello che sono. Saresti stata la mia compagna. Ti avrei avuto nel mio letto, ogni notte, Mi sarei svegliato con i tuoi baci... Avrei visto il tuo corpo cambiare, crescere insieme al nostro bambino. Lo sai, quella notte è stata indimenticabile. Ricordo la tua pelle profumata e morbida come la seta, come ora, ma eri abbronzata dal sole dei Caraibi, lo ricordi? Piccola, conosco ogni centimetro della tua pelle. E quando ero solo, a Miami, immaginavo di percorrerla con le mie mani la tua pelle.
 Pensare a te era diventata una tortura."
 "Chicco..."
 "Piccola, io non sapevo che eri davvero rimasta incinta... Quando sono tornato a Miami, ho provato a dedicarmi ad altro. E per un po' ci sono quasi riuscito. Ma più il tempo passava e più il bisogno che provavo, cresceva. Cresceva il mio bisogno di vederti, toccarti e... E capirti. Capire te e il tuo carattere mutevole, capire i tuoi momenti cupi. Volevo solo darti la pace, cancellare la tua aria insoddisfatta e triste. Perché quando eri tra le mie braccia cambiavi e io conoscevo bene la donna che sembrava fiorire come un giardino in primavera. Sei la primavera. Piena di colori e di sfumature, a volte cupa come un temporale, altre solare come una giornata di maggio. Sei tutto!"
 Lo guardava più innamorata che mai, si morse un labbro. E lui trovò quel gesto sensuale e meraviglioso.
 "Ho capito che non sarebbe stato terribile se quella notte avessimo concepito un figlio. Sarebbe stato bellissimo. Sei l'unica donna che ami e che amerò. Ho provato a cercare qualcosa di diverso. Ma il mio cuore appartiene a te. Ho preso la tua innocenza e in cambio hai preso il mio cuore. Ho commesso tanti errori. L'ultimo è stato quello di pretendere di fare l'amore con te. Come fossi una donna qualunque, come se fare l'amore con te non fosse tutto.
 Ho perso tanto tempo. E tu sei andata avanti."
 "Non ho mai smesso un istante di amarti..."
 "Oh, lo so! So che mi hai sempre amato! Perché tu sei così... Unica è meravigliosa!
 Come le tue foto... Così belle! Se chiudevo gli occhi, riuscivo quasi a vederti mentre le scattavi, riuscivo quasi a vedere quello che vedevi tu. Quello che sentivi mentre le scattavi.
 Avevo pensato che il tuo fosse un capriccio. Il capriccio di una donna che aveva tutto e che per vivere doveva solo usare la carta di credito. Non avevi certo bisogno di lavorare. Non solo perché tuo padre ti concederebbe qualsiasi cosa chiedessi, ma perché so bene che quando facevi la modella i tuoi lavori erano pagati a peso d'oro. Trovavo assurdo tu venissi pagata così tanto... Lo sai?"
 "Sì, hai sempre detto che il mio lavoro era stupido... So bene che non sei mai riuscito a capire perché mi pagassero... E ricordo anche che dicevi che era l'unica cosa che fossi capace di fare... Tu e tutti gli altri non avete mai nascosto quello che pensavate di me!"
 "Gli altri sbagliavano.... E io non ho mai pensato davvero quelle cose di te!"
 "Bugiardo... Sei dolce, ma stai mentendo!"
 "Piccola... Forse... Sì, ho sempre creduto che il tuo lavoro fosse sciocco e ammetto che credevo tu l'avessi scelto per evitare di metterti in gioco. Perché era facile... Ma sbagliavo! Ho sbagliato per così tanto tempo... Come tutti gli altri. Non sei stupida. Sei intelligente tanto quanto tutti noi. E lo stai dimostrando con il tuo lavoro. Le tue foto sono piene di fantasia, di armonia. Sembrano dei dipinti. Sei così brava. E non sei superficiale. Non lo sei mai stata. E se non ti avessi allontanata, se non avessi distrutto la tua autostima con le mie parole e il mio disprezzo, nessun uomo ti avrebbe mai presa in giro, ti avrebbe usata. Sono certo che ogni storia o avventura che hai avuto durante questi anni, fossero il modo in cui cercavi di trovare un po' di conforto, di vivere senza di me. Se soltanto potessi tornare indietro..."
 "Chicco... Pensi davvero che sia una sprovveduta? Credi che sia stata usata? Credi che non fossi consapevole di quello che facevo perché volevo solo avere un po' di conforto?"
 "Se solo avessi accettato prima l'idea, che non sarei mai stato davvero felice senza di te..."
 "Non credo tu debba continuare... Mi stai offendendo!"
 Francesca si appoggiò sul gomito, guardandolo arrabbiata.
 "No, piccola! No! Io credo che tu sia meravigliosa! Speciale! Puoi raggiungere qualunque obiettivo, qualunque traguardo! Io ti ho fatto del male..."
 "Sì, me ne hai fatto, ma non ho mai pensato di consolarmi con altri uomini..."
 "Allora va bene! Ma nessuno era importante come me... Dimmi che è così! Dimmi che nessuno ha mai contato quanto me!"
 E non era una richiesta ma una preghiera. Aveva bisogno di sentirlo che era sempre stato l'unico.
 Mai Riccardo era parso tanto insicuro. Si intenerì e sorridendo avvicinò le labbra alle sue, sussurrando.
 "No... Nessuno era come te!"
 "No... Nemmeno per me le altre erano importanti come te! Nessuna! Con nessuna ho voluto condividere quello che avevo... Perché eri l'unica che mi capiva davvero. Ho lavorato, piccola! Tanto! Per dimenticarti! Ho avuto ancora più successo... Ma non aveva senso il suo successo se non lo condividevo con te! Ho passato un anno come se i miei sentimenti fossero congelati. Come se il mio cuore non riuscisse più a provare nulla, nemmeno per me stesso. Avevo bisogno di te per sognare, per sorridere. Nulla mi bastava per placare il bisogno che provavo. Non era qualcosa di fisico, non solo. Ti desideravo con ogni fibra del mio corpo ma sentivo più forte il bisogno che mi amassi. Non mi importa nulla di quello che pensa mia madre, o se il resto della famiglia è d'accordo, non mi importa che capiscano quello che c'è tra noi. Voglio solo renderti felice. Voglio vederti sorridere e accarezzare il tuo collo, le tue mani. E..."
 Si interruppe e prima di continuare le diede un bacio.
 "Sì, da quando mi hai detto che hai interrotto la gravidanza... Io... Io lo volevo, piccola, lo volevo quel bambino! Volevo tuo figlio, quello che mi avevi chiesto e ora, farò qualsiasi cosa per darti ciò che desideri. Voglio cominciare a vivere la mia vita, farlo davvero. Per viverla, la mia vita, devo vivere il nostro amore, perché è la vita stessa. Sei la mia vita. Senza di te, sopravviverei e soffrirei. Facciamolo un figlio!"
 Quelle parole la sconvolsero. Non riusciva nemmeno a pensare al bambino che non aveva mai avuto e ora le chiedeva un figlio. Stava succedendo davvero?
 “Chicco... Vuoi un figlio?”
 “Ne voglio mille da te...”
 “Perché?”
 “Perché voglio un figlio? Per lo stesso motivo per cui lo ha voluto mia sorella... I miei e i tuoi genitori. Perché sarebbe amore...”
 “Quando ti chiesi un figlio su quella barca era per legarti a me! Perché credevo che forse mi avresti amato se fossi stata la madre di tuo figlio!”
 “Mia dolce Francesca, scusami... Io non pensavo di farti tanto male!”
 “Non voglio più parlarne!”
 Quel discorso doveva finire. Faceva troppo male.
 “Sei arrabbiata?”
 “No, ho paura e nulla di quello che mi dirai, cancellerà quello che provo. Me lo devi dimostrare!”
 “Farò qualsiasi cosa! Sappi che da mesi so quello che voglio! Ma prima di tornare da te ho voluto sistemare tutto! Il lavoro, la casa! Ogni cosa. Lo scorso mese, volevo dirtelo, ma poi il problema con la Mactec, quella maledetta casa... E quegli idioti incapaci di finire dei lavori che persino un bambino avrebbe portato a termine. Per questo non sono tornato subito! Ma ora sono qui... Voglio solo essere amato come solo tu sai fare..."
 Lo strinse a sé.
 Qualunque cosa avesse detto in quel momento sarebbe stata superflua. Entrambi avevano solo bisogno di stringersi, di amarsi.

 Passarono la giornata a parlare e a fare l'amore. Solo in serata furono interrotti. La telefonata che Riccardo aspettava, li colse mentre lui disegnava con un dito il profilo del corpo di lei facendole il solletico e facendola ridere felice.
 “Se devi rispondere posso andare di là...”
 “Non ti muovere, non ho finito. Sono solo alla coscia... Pronto... Buonasera dottor Forbes... No, non mi disturba...”
 Mentre parlava non toglieva gli occhi da lei che cercava di rimanere ferma e zitta, nonostante le sue dita le facessero venire i brividi. Poi senza pensare, fu lei a cominciare ad accarezzarlo con le labbra. Lo baciò sul collo e scese in fretta fino a baciare il suo petto. Lui cercò di mantenere il controllo e continuò a parlare con quell'uomo poi chiuse il telefono e lo buttò a terra. Lei cercò di sottrarsi ma lui le fermò le mani e la fece sua.

°°°°°°°°°°°°°°
Lo so! Sono in ritardo! Ci ho provato, ma non sono riuscita a pubblicare il capitolo prima!
 Spero davvero che dopo averlo letto, mi perdonerete.
 Ho adorato scriverlo.
 Chicco e Francesca sono insieme. Finalmente.
 Lui non cambierà mai, certo. È e resterà quello che è, ma spero apprezziate il modo in cui la ama perché è la ragione che ha tenuto Francesca legata a lui per tutti quegli anni.
 Riccardo è terribile, è egoista e non lo nasconde. Il modo in cui ha comunicato il loro rapporto è quasi sgradevole. Il fatto è che a lui non importa davvero delle apparenze. Quello ne è giusto ed lui, deve necessariamente esserlo per gli altri. Nemmeno prende in considerazione i sentimenti degli altri. Però l'ha spiegato perché si è comportato così... Non vuole più nascondersi.
 Anche il fatto che e abbia chiesto di sposarlo può apparire prematuro. Ma lui ora che sa cosa vuole, lo pretende e subito.
 Io lo adoro.
 Francesca ha paura... Ma i suoi sentimenti per lui sono più forti di tutto e si è abbandonata a lui...
Non so quando scriverò il prossimo capitolo, ho già in mente tutto, ma un conto e immaginare, un conto è scrivere. Comincerò ad abbozzarlo stasera e spero di essere più veloce.
 Un caro abbraccio a tutte!

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Capitolo 12
*** 12 ***


Capitolo 12


 Francesca era sdraiata sul corpo del suo uomo, con il viso affondato tra la sua spalla e il suo collo. Lo abbracciava e si lasciava cullare dal suo respiro.
 Riccardo, con le dita le sfiorava la schiena, beandosi del calore che il suo corpo gli dava.
 L'alito della donna, che si infrangeva sulla sua pelle, lo rasserenava. La strinse tra le braccia e si accorse di quanto fosse esile.
 Francesca aveva sempre avuto un corpo magro, ma tonico e forte. Quado guardava quel fisico perfetto, ammirava ogni sfumatura, ogni curva, ogni muscolo che si tendeva mentre si muoveva.
 In quel momento, si rese davvero conto, di quanto quello che lui le aveva fatto, avesse pesato sulla sua Farfallina.
 Era quasi fragile, leggera e le sue mani riuscivano a circondare completamente la sua schiena.
 La abbracciò ancora più forte, come per proteggerla e sentirla ancora di più.
 La sentì sorridere e soffiare sul suo collo.
 "Ti do fastidio?"
 "Averti addosso è la cosa più bella che ci sia..."
 "Potrei abituarmi, lo sai?"
 "Io sono già dipendente da te!"
 Francesca, facendo leva sulle braccia, si sollevò, guardandolo, a pochi centimetri dal suo viso.
 Sorrideva ed era talmente bella che Riccardo sentì il cuore accelerare.
 "Dio, Farfallina, quanto sei bella!"
 Gli baciò le labbra, senza smettere di sorridere.
 "Ti amo, Chicco!"
 "Da impazzire, piccola!"
 La baciò con passione, assaporando la sua bocca e capendo che ad ogni bacio, si perdeva in lei e nel suo amore.
 Non avrebbe più potuto fuggire da quel sentimento che lo completava e lo riempiva di pace.
 Le impose di staccarsi da lui, liberandola dalle sue braccia e posizionandola seduta sul suo bacino. I suoi capelli le coprivano il seno, incorniciando il suo volto felice e a lui sembrò di vedere un dipinto. Era bella e sensuale, innocente e ingenua, la sua donna era un'armonica contraddizione, inconsapevole di generare in lui il desiderio di averla. Nei suoi occhi e nelle sue labbra c'erano sfumature sempre diverse, sempre più intriganti.
 Smise di sorridere e le sfiorò i fianchi.
 "Porta i capelli dietro le spalle!"
 Francesca era perplessa, era sempre difficile capire cosa passasse per la testa di Riccardo, la sua espressione indecifrabile la fece rabbrividire. Ubbidì a quella richiesta e portò una mano ai capelli, facendoli ricadere sulla schiena.
 Fu travolto dall'emozione, era perfetta ed era sua. Con un dito le disegnò il profilo, partendo dal naso, passando per le labbra, il collo, fino al seno, facendola gemere.
 Non parlò, non era necessario dire nulla, si sollevò e le prese il viso tra le mani, entrando in lei dolcemente e guardando la sua bocca che si schiudeva, ammirando i suoi occhi riempirsi di piacere ad ogni movimento, ad ogni tocco. Fare l'amore con lei era quello, godere di lei e di ogni cosa che sapeva dargli.
 "Dimmelo ancora!"
 La voce di Riccardo, profonda e spezzata dal piacere, la fece sussultare.
 "Dimmi che mi sposerai, piccola!"
 In quel momento lo amò come non lo aveva mai amato. Lui la guardava con una luce speciale negli occhi e lei si perse in quelle iridi, nella sua voce e nelle sue parole. Si perse in lui, dimenticando il passato e le paure.
 "Sì! Sì! Ti amo! Ti amo, amore mio!"
 Fu un momento delicato e nello stesso tempo passionale. Entrambi, scossi dai brividi, si strinsero, fondendo loro stessi ancora, sempre più intensamente.

 La sera era scesa ed entrambi, esausti e soddisfatti, si beavano in quel silenzio che li avvolgeva e li accarezzava, stretti l'uno all'altra.
 A spezzare quella pace fu lui, che le baciò il naso e sorridendole, la riportò alla realtà.
 “Ho fame, piccola...”
 Rise divertita ed era bellissimo vederla così serena.
 "Sei davvero romantico, Chicco!"
 Facendo leva su un braccio, si mise seduto, con l'indice, le sfiorò le labbra.
 "Mi dispiace, Farfallina! Ma sono davvero affamato e dobbiamo davvero nutrirci!"
 Gli baciò il dito che indugiava sulle sue labbra.
 "Io voglio solo rimanere così per tutta la vita! Non ho fame!"
 Fu felice di quella dichiarazione, ma Francesca doveva mangiare, era preoccupato per le sue condizioni e giurò a se stesso che si sarebbe preso cura di lei.
 Rise malizioso e cominciò a farle il solletico, obbligandola ad alzarsi per sfuggirgli.
 "Chicco! Smettila!"
 "No, bimba! Dobbiamo mangiare e non smetterò di infastidirti fino a quando non deciderai di darmi retta!"
 Francesca lo conosceva e sapeva che quando Riccardo decideva qualcosa, nessuno sarebbe riuscito a distoglierlo dai suoi propositi.
 "Sei insopportabile, lo sai?"
 Disse alzandosi e coprendosi con un lenzuolo scivolato dal letto.
 "Decisamente..."
 Ogni gesto di Francesca sembrava studiato per fargli perdere il controllo. Si avvicinò a lei, abbracciandola.
 "Allora, Farfallina, sei pronta a soddisfare ogni mio desiderio?"
 Gli sorrise maliziosa.
 "Dimmi quello che vuoi, Chicco!"
 E la sua voce era suadente e dolce, interrotta dai piccoli baci che gli stava dando sul petto nudo.
 Riccardo sospirò. Era difficile resistere a tutta quella dolcezza.
 "Voglio mangiare!"
 Disse sicuro, lasciandola libera dalle sue mani.
 Si allontanò da lei e raccolse i suoi indumenti, cominciando ad indossarli.
 Lei lo guardò stupita e incredula.
 "Davvero, Chicco?"
 Si voltò guardando la sua espressione delusa e rise.
 "Davvero, piccola!"
 Ormai persuasa, indossò una maglietta e lo guardò sconfitta.
 “Ok! Hai vinto! Ordiniamo o scaldiamo qualcosa nel forno?"
 Poi ridendo aggiunse:
 "O vuoi andare a cena a casa del mio papà?”
 La guardò di sbieco, senza riuscire a nascondere il divertimento.
 “Credo non sia una buona idea... Il tuo papà non mi è sembrato troppo felice di sapere di noi due..."
 "Gli passerà! Nel frigorifero puoi scegliere quello che vuoi..."
 "O potremmo vestirci e andare a mangiare in un ristorante carino...”
 Lo stava dicendo davvero? Mostrarsi a tutti come coppia?
 “Non penso sia una buona idea...”
 “Perché?"
 Chiese lui dubbioso.
 "Non faremmo tardi!”
 “Non è per quello. Potrebbero vederci dei giornalisti...”
 Nemmeno quello lo convinse e continuò.
 “Possiamo andare in un posto tranquillo. Non tutti i ristoranti hanno la fila di paparazzi fuori dalla porta. E poi che vuoi che mi importi?”
 “A me importa! Da quando ho smesso di fare la modella non sono più apparsa sui giornali. Cioè sì, ma sono io che scatto le foto. Non voglio più leggere sciocchezze sul mio conto. E te li immagini i trafiletti idioti?"
 Riccardo capì la sua paura. I giornali erano sempre stati inclementi nei confronti della sua donna. L'avevano dipinta sempre in modo terribile, senza delle ragioni particolari, su quei giornali, veniva descritta in maniera negativa, qualunque cosa facesse.
 Francesca lo guardò con occhi tristi, abbozzando un mezzo sorriso che sembrò più una smorfia.
 "E poi fino a qualche tempo fa, se non sbaglio, eri tu a non voler dare risposte su di noi, giusto?"
 Sospirò e provò a rassicurarla. Perché era pronto ad amarla davvero, senza nascondersi e senza imbarazzo.
 “Ma le cose sono cambiate... E non mi interessano queste cose! Non mi è mai importato niente di quello che scrivono certi giornaletti da salone di bellezza."
 “Ho imparato ad odiare i pettegolezzi. Tutto qui.”
 "Ma se ci vedessero insieme, se ci scattassero delle foto mentre ci baciamo, non sarebbero pettegolezzi."
 "Oh, Chicco! Tu non hai idea di quanto possa essere distorta la verità..."
 L'amarezza attraversò i suoi lineamenti, pensando a quante volte aveva usato gli equivoci perché lui credesse fosse felice anche senza di lui.
 Non capì la sua espressione, ma voleva cancellare le sue paure.
 "E comunque non voglio più nascondermi! Non voglio trattenermi dal darti un bacio, per paura di finire su un giornale scandalistico. Anzi, se succedesse, ne sarei orgoglioso! Noi ci sposeremo e avremo dei figli."
 La gratitudine per quelle parole le si poteva leggere nel sorriso che era comparso sulle sue labbra.
 "Allora? Vuoi vivere in un castello cinto da mura? Preparati, piccola Mora. Questa sera usciremo e ci vedranno tutti!"
 Poi si fermò un momento a pensare.
 "Ah... Io ho solo dei jeans, pantaloni tecnici e magliette... Una o due giacche sportive, quindi niente tacchi e vestiti eleganti.”
 Riccardo sopportava appena vestire in maniera elegante, aveva sempre preferito abiti comodi, quindi nelle sue borse, ancora quasi intatte, non c'era ombra di certi vestiti.
 “Tanto non mi va più bene nulla di quello che ho nell'armadio. Se vuoi posso mettere una tuta...” La sua donna, la sua bellissima donna, non riusciva più a vedersi per quello che era. Si vedeva troppo magra e per niente femminile e non voleva indossare un abito perché non si vedeva più bella. La guardò con tenerezza, la avvolse tra le braccia e dopo essersi inebriato del suo odore, la guardò con tenerezza.
 “No! Indossa un vestito elegante e le scarpe con il tacco più alto che hai... Adoro quando non devo abbassarmi per baciarti!”
 “Ma veramente... Chicco, sto male con qualunque abito! Guarda le mie gambe per favore! Sembrano due stecchini...”
 Gli rispose mostrandogli tutta la sua incertezza.
 Gli accarezzò le cosce con desiderio.
 “Io trovo che le tue gambe siano lunghissime, eleganti e molto sensuali. Trovo che il tuo corpo sia il più bello del mondo! Se sapessi farlo, ti dipingerei... Vorrei tu riuscissi a guardarti con i miei occhi, Farfallina! Sei bellissima e voglio che ti vesta elegante per me! Voglio tu sia sexy per me. Voglio indovinare sotto il tuo vestito, il pizzo della tua biancheria e la seta delle tue calze... Voglio sfiorarti mentre ceniamo. Voglio che tu mi sorprenda, che mi stupisca! Voglio essere invidiato da tutti quelli che ci vedranno!"
 "Oh... non sarà così!"
 "Sì, invece! Sorprendimi, piccola... Voglio che ogni uomo mi odi, perché tu sei solo mia!”
 “Davvero mi trovi ancora bella?”
 “Non bella, meravigliosa... Tra un'ora sarò di ritorno...”
 Si infilò una giacca e si diresse verso la porta.
 “Dove vai?”
 Chiese lei confusa.
 “Prendo la tua auto. Vado dai miei a prendere qualcosa che non ti faccia sfigurare! Fatti trovare pronta e scendi quando ti chiamo. Facciamo le cose per bene! È un appuntamento questo!”
 “Tu sei pazzo!”
 Tornò sui suoi passi e le diede un bacio.
 “Me lo dici troppo spesso, ma hai ragione, sono pazzo di te!”

 Raggiunse la casa dei suoi genitori, quasi senza accorgersene, tanto aveva fretta. Aprì la porta, senza considerare i saluti e i sorrisi di Lucia, la governante che lo aveva visto crescere.
 Il padre era seduto su una poltrona del salotto e leggeva un libro. Alzò gli occhi e si stupì di vederlo davanti a lui, trafelato.
 “Papà...”
 “Riccardo, ceni con noi?”
 Chiese allegro.
 “No! Sono venuto per prendere dei vestiti...”
 Corse in camera sua, lasciandolo perplesso e cercò nell'armadio qualcosa che gli piacesse. Voleva che quella sera, fosse speciale, perché lei fosse felice. Voleva regalarle un serata perfetta.
 Era incredibile, ma in tanti anni, non aveva mai cenato solo con lei, in un locale degno della sua bellezza. L'aveva sempre nascosta al mondo, aveva nascosto il loro amore, il loro rapporto, come fosse qualcosa di sbagliato. Le aveva tolto anche quelle piccole cose. Per colpa delle sue stupide convinzioni, aveva negato alla sua bellissima donna, il piacere della normalità. Ma non sarebbe mai più successo.
 Aprì il suo armadio e constatò che le abitudini della madre, non erano cambiate: ogni indumento era in ordine, ben stirato, perfetto.
 Con una mano fece passare svogliatamente gli abiti di taglio sartoriale, indeciso. Indossò una camicia bianca, una giacca e dei pantaloni neri, eleganti che avevano un buon profumo di pulito. Le scarpe erano lucide e forse erano nuove, del resto non ricordava nemmeno di averle mai acquistate, ma molto probabilmente anche in quel caso doveva esserci la mano della madre e non riuscì a fare a meno di ringraziarla mentalmente. Prese l'orologio di suo nonno, che il padre gli aveva regalato l'anno prima e si diede un'occhiata allo specchio. Sorrise, nel complesso non era così male: quegli abiti, che lui considerava insulsi, gli calzavano a pennello e non poté che constatare che vestito così, stesse bene. Non che gli importasse, ma Francesca, meritava tutto il suo impegno e quello non era certo un grosso sacrificio. Raccolse i pantaloni della tuta e la maglietta con cui era arrivato e quando si voltò per uscire, vide sua madre sulla porta che gli sorrideva, con un'espressione compiaciuta.
 “Sei bello, bambino mio!... Sei perfetto, sai?”
 Si avvicinò al figlio e gli accarezzò un braccio. Riccardo ricambiò il sorriso, sperando che la madre non cogliesse l'occasione per iniziare i suoi soliti sermoni, facendogli perdere tempo
 “Mammina, sei ancora arrabbiata?”
 Sussurrò, abbassando il viso su di lei, senza nascondere il suo sarcasmo.
 “Sì. Ma non ti farò perdere tempo! Dove andate?”
 Gli chiese dolcemente, fingendo di non aver colto l'ironia.
 “Non lo so..."
 In effetti non aveva nemmeno pensato a quello che in realtà non era affatto un dettaglio.
 "Dove mi consigli di portarla?”
 “Mi è sempre piaciuto il club... Ma a te no...”
 “Non è a me che deve piacere.”
 La premura del figlio le scaldò il cuore.
 “Sei dolce, bambino mio! Ti direi di andare al Le Noir, ma è domenica sera e non trovereste un tavolo nemmeno nella dispensa... Né lì, né al club.”
 “Già, non ho prenotato!”
 Disse pensieroso.
 “Chiedi a tuo padre di fare una telefonata. Risolverà il problema e lo renderai felice!”
 “Grazie mammina!”
 Era la prima volta che chiedeva aiuto a suo padre che ne fu sinceramente felice. Suo figlio, per la donna che amava, lo aveva coinvolto. Si sentì orgoglioso di lui: quella sera lo vide uomo, un uomo che gli piacque.

 Rimase ad aspettarla accanto alla macchina; aveva comprato dei fiori, seguendo il consiglio del padre, anche se sapeva bene che a lei quelle formalità, non importavano. Accese una sigaretta, non sapeva nemmeno perché, forse era molto più nervoso di quello che ammetteva anche a se stesso. Del resto era davvero la prima volta che uscivano insieme, era il loro primo appuntamento. Sorrise pensando che fosse assurda quella situazione.
 Avevano cenato tante volte con i suoi colleghi di Miami, ma per loro, lei, non era altro che l'amica d'infanzia, la modella annoiata che ogni tanto lo andava a trovare. Il resto del tempo lo passavano in barca, al largo delle isole Keys, o nel suo appartamento. Ma quella sera avrebbero cenato insieme come coppia. Non gli importava che qualche paparazzo potesse immortalarli. Non era quello che voleva e avrebbe cercato di proteggerla dai flash in ogni modo.
 Forse avrebbero incontrato persone che li conoscevano, ma aveva chiesto al padre di chiedere la massima discrezione e un tavolo appartato e non troppo esposto.
 Ma la verità era, che lui voleva che tutti sapessero che erano una coppia! Che tutti li vedessero stringersi le mani, darsi un bacio. Il loro amore non era più qualcosa da nascondere, non lo era mai stato.
 Era un amore vero, grande e assoluto, era pulito e giusto.
 Per troppo tempo l'aveva obbligata a vergognarsi di quello che avevano, solo a causa della sua stupidità, ma era intenzionato a recuperare tutto il tempo perso!
 Avrebbe fatto qualsiasi cosa per renderla felice, le avrebbe dato qualunque cosa. La sua Farfallina sarebbe stata felice perché lei era il suo amore, il suo mondo, il suo tutto. Forse era sciocco, ma anche quella cena era per lei. Non solo perché voleva portare allo scoperto la loro relazione, ma perché tornasse a sentirsi bella. Lei era bella, bellissima e odiava il fatto che lei avesse perso la sua sicurezza.
 Le avrebbe restituito anche quello. 
 La aspettò solo qualche minuto dopo averle inviato il messaggio. Era appoggiato all'auto con una mano in tasca e nell'altra la sigaretta. Alzò gli occhi e la vide camminare verso di lui. Sul suo  viso c'era dipinto un sorriso imbarazzato. Le guance erano leggermente arrossate e lo guardava emozionata. Indossava un abito in raso di un colore chiaro, che le metteva in evidenza i fianchi. Non era troppo corto e non aveva alcuna spallina a sostenerlo. Pensò che sarebbe stato un gioco molto semplice sfilarglielo. Sulle spalle aveva un semplice copri spalle in seta nero e le scarpe altissime le evidenziavano la caviglia fine e sexy. La cosa che lo eccitò di più era il suo collo nudo e in evidenza grazie ai capelli che aveva raccolto e a qualche ciocca che sfuggiva alle forcine. Era truccata in modo leggero ma molto provocante.
 Si fermò ad un passo da lui e con una voce che nascondeva tutta la sua ingenuità, gli disse:
 “Sei molto bello, sai?”
 Ridusse le distanze e le diede un bacio sul collo, sussurrandole nell'orecchio.
 “Io invece non ho parole per descriverti... Non avresti mai dovuto smettere di fare la modella!”
 Il suo respiro la fece tremare e lo allontanò, temendo che non sarebbe riuscita a resistere.
 “Non mi divertivo più."
 Percependo l'insicurezza che la loro vicinanza, le dava, si scostò e aprì la portiera dell'auto prendendo il mazzo di fiori che aveva appoggiato sul sedile.
 La guardò mentre li prendeva tra le mani, con l'espressione di una bambina il giorno di Natale.
 "È un pensiero molto carino... Mi hai regalato dei fiori anche ieri..."
 Le accarezzò le labbra con mio pollice.
 "Vorrei tornare indietro nel tempo e regalarti un fiore per ogni giorno della tua vita!"
 Gli prese la mano e baciò le sue dita, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
 Sentì prepotente il desiderio che aveva di lei, propagarsi per tutto il corpo e in quel momento, avrebbe solo voluto salire nel suo appartamento, spogliarla e farla sua.
 Ma sorrise e sospirò.
 "Allora, Farfallina, vogliamo andare?"
 "Dove mi porti?”
 Gli chiese allegra. Era difficile non seguire il proprio istinto.
 “In questo momento, vorrei portarti di sopra e spogliarti! Sei così bella che non vorrei condividere quello che vedo con nessuno, nemmeno con un cameriere...”
 “Sei molto dolce...”
 Glielo disse sinceramente e il suo viso si colorò impercettibilmente. Nonostante fosse un donna, il suo carattere e la sua ingenuità erano rimasti invariati. Provò una sensazione di tenerezza che conosceva, perché era la stessa che sentiva ogni volta che lei lo guardava in quel modo dolce e quasi imbarazzato. Le prese la mano e le aprì la portiera dell'auto facendola salire.
 Voleva regalarle una serata “normale”, una serata come quella che una bellissima donna, meritava di passare e lui era orgoglioso che tutti vedessero quanto fosse fortunato a tenerla per mano.

 Il posteggiatore aprì loro le portiere e lui gli diede le chiavi. Il ristorante era un nuovo locale, aperto solo da qualche mese, che nessuno dei due conosceva e che sembrava piuttosto frequentato.
 Si morse il labbro. Forse suo padre non aveva capito che voleva un locale tranquillo e speciale.
 All'ingresso c'era un gruppo di persone in attesa e la cosa lo infastidì. Francesca notò il suo disagio. Forse si era pentito di averla portata fuori, forse non era davvero pronto a ufficializzare al mondo intero il loro amore.
 “Conosci questo ristorante?”
 Disse tenendo lo sguardo rivolto verso i piedi.
 “No... Ma mio padre mi aveva garantito che fosse quello che cercavo...”
 “Sembra un posto molto frequentato... Ci sono molte persone in attesa... E anche dei fotografi... Potremmo andarcene...”
 La guardò e si accorse dei sui pensieri.
 “Potremmo... Ma io continuo ad aver fame... Tu vuoi andare via?”
 “No... Io non ho paura!"
 Le sorrise e intrecciò la mano con la sua, stringendogliela.
 "Nemmeno io, piccola! Sarà una serata speciale!"
 Alzò gli occhi e lo guardò. Le sembrò sicuro, risoluto e il suo sorriso la rassicurò.
 "Chicco... Non fare il pazzo, non innervosirti e per favore, non smettere di tenermi la mano!”
 Senza aggiungere altro, la accompagnò verso l'ingresso dove furono accolti dal personale.
 “Benvenuti, suo padre mi ha avvertito che volete un po' di privacy e per i nostri clienti speciali teniamo sempre dei tavoli nella nostra veranda. Vi prego, seguitemi.”
 Il maitre li condusse attraverso il locale che era ben arredato, illuminato da luci calde e entrambi furono avvolti dal profumo di candele e cibo.
 Francesca, stringendo la mano del compagno, fu pervasa dal disagio, non perché non fosse abituata a frequentare posti eleganti e alla moda, l'aveva sempre fatto, ma perché si sentiva osservata. La maggior parte delle persone sedute a quei tavoli li conoscevano. Loro erano i figli di due delle più importanti famiglie del paese e tutti, in un modo o nell'altro, li scrutavano per capire cosa ci fosse tra loro. Cercò di liberarsi dal contatto con Riccardo, che glielo impedì, guardandola con dolcezza. Sentiva su di loro tutti quegli occhi curiosi e avrebbe voluto scappare, nascondersi. O forse a nessuno importava di loro e le sue erano solo fantasie e paure irrazionali dovute a tutte le volte che aveva dovuto mentire sul suo rapporto con Riccardo.
 Il maitre li fece accomodare in una veranda illuminata con una luce tenue e calda, c'erano pochi tavoli vuoti e il loro era in una posizione discreta e riservata. Sembrava quasi di trovarsi in un giardino pieno di fiori e piante, le candele erano accese e lei dimenticò i dubbi e le paure, guardò il suo uomo, felice e incantata da quel locale così romantico.
 Il tavolo a loro riservato, era apparecchiato con eleganza e oltre alle candele bianche, vi era posizionato un piccolo buoquet di gardenie profumate.
 Riccardo la osservò e vedendola felice, sorrise e sciogliendo l'intreccio delle loro mani, avvolse il suo fianco con il braccio, poi si rivolse al maitre.
 “Le spiace cambiare la disposizione? Vorrei essere più vicino possibile alla mia fidanzata...”
 Era la prima volto che lo diceva. Lei era la sua fidanzata e mai come in quel momento le parve vero. Era la fidanzata dell'uomo che aveva amato per tutta la vita. Sentì le lacrime pungere i suoi occhi e l'emozione le formò un nodo alla gola.
Fidanzata, era una parola così bella...
 Il maitre fece sistemare i coperti l'uno accanto all'altro e poi consigliò ai due, dei piatti e del vino.
 “Sarebbe carino se dopo averci servito ci lasciaste soli. Dobbiamo parlare di cose importanti e non vorremmo essere disturbati!”
 “Non si preoccupi signor Mendoza. Suo padre l'ha consigliata bene!”
 “È vero, è un posto molto bello...”
 Disse mentre l'uomo si allontanava.
 “Siamo soli, finalmente... E tu sei molto sexy!”
 Le sfiorò il collo.
 "Chicco... Hai detto che sono la tua fidanzata..."
 La guardò, piegando leggermente il capo.
 "Lo sei... Sei la mia fidanzata!"
 "Sì, ma... lo hai detto ad un estraneo..."
 "Lo dirò a chiunque! Perché è vero! Hai detto di volermi sposare, sei di fatto la mia fidanzata! Ti sembra strano?"
 Gli sorrise con un velo di tristezza negli occhi.
 "Per te non è strano?"
 La studiò per qualche secondo prima di risponderle.
 "Io credo sia giusto... Non c'è nulla di più giusto! Avrei dovuto chiederti di essere mia moglie tanto tempo fa... E ora voglio che tutti sappiano che sei mia!"
 Furono interrotti dall'arrivo dei camerieri che dopo aver servito la cena e il vino, li lasciarono nuovamente soli.
 Riccardo riprese il discorso.
 "Tu non ci credi ancora..."
 Sgranò gli occhi e appoggiò la forchetta sul piatto. Bevve un sorso divino e non lo guardò.
 "Puoi biasimarmi?"
 Allungò una mano e intrecciò le loro dita.
 "No! Non posso! Ma ti prego di fidarti di me! Ho bisogno di te! Ma tu devi credermi..."
 Quella era una vera preghiera che la destabilizzò, perché quelle parole appena sussurrate erano piene di amore vero.
 "Io... Io mi fido! Mi sono sempre fidata di te!"
 Francesca si torturava le mani, nervosa e lui si sentì colpevole. Era lui che aveva minato la sua fiducia, era per colpa sua se lei non riusciva a lasciarsi andare completamente.
 Spezzò il muro di silenzio che si era creato tra loro, riportandola alla realtà.
 “Sei bellissima... Vorrei toglierti il vestito e cenare come l'altra sera, guardando il tuo corpo!”
 Alzò gli occhi su di lui e rise.
 “Mi avevi chiesto di sorprenderti... Se avessi saputo che ti bastava vedermi nuda, non mi sarei impegnata tanto...”
 “Ti sei impegnata? Mi lusinghi, mia dolce Farfallina! Ma tu sei bellissima in ogni occasione, sei perfetta sempre!”
 Le si era avvicinato dandole un bacio e spostò la mano sulla sua schiena, cercando di indovinare cosa indossasse sotto il vestito. La sentì tremare e il desiderio che aveva cercato di controllare, riemerse.
 “Sarebbe più facile cenare se la smettessi di toccarmi...”
 Lo rimproverò con finto risentimento.
 “Sei crudele... Sto immaginando quando torneremo a casa...”
 “Sembra tu voglia spogliarmi qui...”
 Un lampo di malizia pervase gli occhi di Riccardo, che sfacciato, si avvicinò alla sua donna ancora di più.
 “Credi se ne accorgerebbero? Ti piacerebbe fare l'amore adesso? Qui?”
 Era sorpresa dalla sua esternazione ed era divertita nello stesso tempo, si chiese se davvero avrebbe avuto il coraggio di amarla in quel locale.
 “Mi stai sfidando? Vuoi mettermi alla prova? Non lascerò che succeda qui! Cosa stai facendo?”
 Lo vide alzarsi e prendere una sedia, portandola alla porta che divideva il ristorante dalla veranda.
 “Chiudo questa porta... Una sedia impedirà che qualcuno possa aprirla da fuori... Vieni qui!”
 La obbligò ad alzarsi e cominciò a baciarla sulla bocca, poi sul collo, mentre le mani esploravano la sua schiena e i fianchi. Lei cercò di opporre resistenza, imbarazzata e sconvolta, ma fu solo per un momento. Non era mai riuscita a respingelo e comunque sapeva che non si sarebbe fermato.
 Lasciò che le alzasse il vestito, completamente abbandonata alla sua volontà e, spinta dall'audacia del suo compagno, iniziò a ricambiare le sue effusioni, sfilandogli la camicia e accarezzando la pelle della sua schiena, affondando le unghie nei suoi muscoli.
 Lo sentì gemere e, incoraggiato da quei tocchi, le abbassò l'intimo e guardandola negli occhi, senza pensare al resto del mondo, senza parlare, la prese. Osservò il suo volto, ascoltò ogni suo gemito, godette di ogni movimento e di ogni fremito della sua donna. I loro corpi sembravano fatti per fondersi, per unirsi.
 Fecero l'amore, lasciando tutti gli altri dall'altra parte di una sola porta, pensando solo a loro stessi, al loro piacere e al loro bisogno.
 Rimasero stretti, l'uno all'altra, fino a quando i loro respiri e i loro cuori, tornarono regolari.
 Riccardo sciolse il contatto dai suoi fianchi, facendola appoggiare sul pavimento e subito, come se solo in quel momento si fosse resa conto di quello che avevano fatto, si affrettò a sistemarsi, invitandolo con gli occhi a fare altrettanto.
 Riccardo, divertito dalla sua timidezza tardiva, ubbidì, sistemandosi a sua volta.
 “Mio padre aveva ragione, dopotutto!”
 Le disse allusivo e compiaciuto.
 “Sei un uomo impossibile!”
 Gli rispose con un sorriso fintamente risentito.
 “È tutta colpa tua, bambina! Mi fai completamente perdere la testa...”
 Le baciò le labbra e lei si scostò tornando a sedersi.
 “Per favore, togli quella maledetta sedia...”
 Rimise a posto la sedia e la raggiunse, ricominciando a mangiare, con una tranquillità del tutto fuori luogo.
 “Non essere arrabbiata!”
 Azzardò, mentre si portava il bicchiere di vino, alla bocca.
 “Non lo sono...”
 Rispose lei sicura.
 “Sai... considerando il numero di volte che abbiamo fatto amore in questi giorni, potresti essere incinta...”
 Un fremito la scosse e non riuscì a farsi sfuggire un sospiro mesto. Distolse lo sguardo da lui, che non si rese conto del velo di tristezza calato nelle sue iridi.
 “Non... Non voglio parlare di questo argomento!”
 Si limitò a dire.
 “Perché? Sarebbe bellissimo! Io lo vorrei! Ma dobbiamo impegnarci molto!”
 Sorrise intenerita.
 “Come sei dolce e sciocco!”
 “Vorrei tu fossi felice...”
 “Lo sono! E tu? Tu lo sei?”
 Gli chiese piena di speranza.
 “Non lo sono mai stato tanto in vita mia! Ma voglio esserlo di più! Voglio vedere la tua pancia crescere e voglio accarezzarla e sentire mio figlio muoversi...”
 Le disse con uno sguardo innamorato e sognante.
Dopo qualche istante di silenzio, gli disse:
 “Tua sorella mi ha fatto sentire Alessandro prima che nascesse... È stata una sensazione strana!”
 Le sorrise e nella sua mente riaffiorò un ricordo dolce che credeva di aver dimenticato.
 “Lo sai? In questo momento mi è tornato in mente qualcosa che avevo completamente scordato... Io ti conosco da sempre...”
 “Lo so! Ogni ricordo che ho, è legato a te!”
 “No, non lo sai! Tua madre mi fece appoggiare la mano sulla sua pancia e io ti ho sentito... Era incinta di pochi mesi... Forse cinque... Bastò un lieve tocco... ricordo che mi sentii un po' intimidito! Ma appena toccai la pancia di tua madre, tu rispondesti con un piccolo calcio! Da quel giorno ho desiderato che anche mia madre mi desse un fratello. È strano lo ricordi solo ora...”
 Perso in quel piacevole ricordo, a Francesca sembrò ancora più bello. L'emozione che provò fu così grande che sentì i suoi occhi inumidirsi.
 “Forse mi sono innamorata di te in quel momento...”
 Gli sussurrò. E lui, ridestato da quel bel sogno, la guardò e la prese in giro.
 “Ti trovavo bruttina... Tu e mia sorella eravate antipatiche, odiose a volte! Non ti sopportavo, sai?”
 Senza cogliere la provocazione, la donna gli sfiorò la mano con l'indice e con un tono dolce, disse:
 “Io invece ho sempre pensato tu fossi perfetto. Ricordo bene che mi facevi i dispetti e mi tiravi i capelli, ma soprattutto, ricordo quando a Cartagena eri l'unico a giocare con me... Giulio e Camilla nemmeno mi consideravano e Laura e Lorenzo passavano il tempo con i loro amici.”
 “Eri triste...”
 “Non ricordo! So solo che se non fossi stato con me, mi sarei sentita sola!”
 “Ti ho lasciata sola per tanto tempo!”
 Le disse con rammarico.
 “No, non è vero! Ci sei sempre stato! Non mi è mai importato nulla di non avere amici, perché tu c'eri! Mi hai sempre fatta sentire importante, anche quando mi cacciavi dalla tua camera! E poi sei qui, ora! E a me basta!”
 Gli accarezzò una guancia, rasserenandolo. Si sollevò dalla sedia e avvicinando i loro visi, le sfiorò le labbra, indugiando per qualche istante in un bacio dolce.
 Entrambi assaporarono quei momenti che avrebbero ricordato per tutta la vita, con mille pensieri nella testa, diversi, ma tutti rivolti al loro amore.
 Quel silenzio dolce e pieno di pace, fu interrotto dal maitre, che chiese loro se avrebbero gradito il dolce.
 “No, ci porti il conto!”
 Lo disse senza togliere gli occhi da lei che mai era stata così bella.

 Come se qualcuno li avesse avvertiti, alcuni paparazzi li aspettavano all'uscita. Non appena misero i piedi fuori dal locale, i flash di quelle macchine fotografiche, li travolsero, cogliendoli impreparati. Riccardo si inervosì immediatamente e vedendo la sua donna intimorita e spaesata cercò di proteggerla da quei fastidiosi e insopportabili fotografi, abbracciandola e stringendola al petto, nascondendole il viso.
 Ma i giornali che sarebbero usciti nei giorni successivi, avrebbero messo in copertina i loro volti.
 Quel tipo di pettegolezzi, trovava sempre ampio spazio su quelle riviste e il fatto che la modella dal passato burrascoso e il bellissimo ingegnere, fossero evidentemente una coppia, avrebbe stimolato la fantasia di parecchie persone.
 Quando finalmente, riuscirono a raggiungere l'auto, Francesca parve incupita e preoccupata.
 “Mi dispiace, amore!”
 Gli disse mentre guidava.
 “Non fa niente...”
 “Da domani non potremo più mettere il naso fuori casa senza trovarceli davanti...”
 La donna non poté fare altro che concordare.
 “Spero solo che Suarez sia comprensivo! Fino ad oggi la mia presenza al giornale non ha creato alcun problema. Ero stata dimenticata da questi idioti...”
 “Per dimenticarsi di te, devono essere davvero idioti!”
 Cercò di sdrammatizzare, Riccardo.
 Rise e quando rincasarono si rifugiò tra le braccia del suo uomo, consapevole che la mattina seguente, non sarebbe stata affatto semplice. Lasciò che il corpo del suo uomo la stringesse per tutta la notte, rubando ogni istante di serenità.

 “Mora... Ha rapinato una banca?”
 Suarez non la chiamava per cognome da tempo, doveva essere piuttosto irritato.
 Quella mattina era stato un inferno. Sembrava che tutti i paparazzi della città, si fossero accordati per tormentarla. I primi soggetti molesti, li aveva incontratti appena uscita di casa e si accorse che per rubarle una foto o qualche parola, l'avevano seguita fin sotto la redazione del giornale dove altri idioti la attendevano.
 Le sembrava ancora di sentire la domande stupide che le avevano posto. Si era letteralmente nascosta all'interno del palazzo sede della redazione e prima di entrare in ufficio, si era dovuta fermare, appoggiata ad una parete, per riprendere fiato e coraggio.
 Non si era stupita che la segretaria del direttore, le avesse subito comunicato che l'uomo la attendeva nella sala riunioni.
 Sospirò e nonostante tutto il rammarico che aveva dentro, cercò di mantenere il controllo
 “Mi dispiace!”
 Furono le uniche parole che riuscì a pronunciare.
 Il signor Suarez, si alzò dalla sua poltrona in pelle nera e voltandosi verso la finestra, portò le mani dietro la schiena. Si schiarì la voce e con una punta di nervosismo e senza guardarla, le disse:
 “Lo sa? Una delle ragioni per il quale non l'avevo tenuta in considerazione per il lavoro, era questa! Trovo insopportabile che la redazione di un giornale che vuole essere serio, venga presa di mira da paparazzi capaci di fare errori grammaticali in una frase di cinque parole...”
 “Io... Mi dispiace! Non so cosa dire! Non è colpa mia!”
 La sua voce era così bassa che quasi si stupì che lui l'avesse udita.
 “Lo è, Mora! Sono certo non fosse sua intenzione, ma questa situazione l'ha creata lei!”
 “Io... Io ho solo cenato in un ristorante!”
 Si giustificò, mantenendo lo sguardo sulle sue mani che non smetteva di torturare.
 “Posso immaginarlo. E mi dispiace, davvero. Non deve essere facile. Ma adesso come la risolviamo? Me lo spiega come farà a scattare foto a una cosa qualunque, se ci sono decine di fotografi interessati a lei?”
 Aveva ragione. Non poteva che accettare le decisioni del suo direttore e sperare che l'attenzione per la sua relazione con Riccardo, scemasse in fretta.
 Prima che potesse replicare, la porta della sala si aprì ed uno ad uno, tutti i colleghi del giornale entrarono, prendendo posto intorno al tavolo.
 “Suarez, la mia Francis non c'entra nulla! Sono quegli idioti che devono stare lontani!”
 Disse il signor Bolanos, accomodandosi accanto a Francesca e appoggiando una mano sulla sua schiena.
 “È vero direttore! Francesca non può pagare le conseguenze di avere cenato con qualcuno di famoso... Francis, ma quanto è bello il tuo accompagnatore?”
 Aggiunse sognante Maria, una giornalista giovane e carina con cui aveva lavorato un paio di volte.
 “Ehi, hai dimenticato che la mia Francis è stata una super modella... Lei non ha bisogno di qualcuno che la porti a cena per essere famosa! È quello dei fiori?”
 La redarguì Bolanos guardandola di traverso.
 A turno tutti i colleghi la sostennero, schierandosi apertamente con lei.
 Il direttore, rimase in silenzio ad ascoltare i suoi collaboratori, come era solito fare.
 Suarez era un ottimo professionista, che teneva sempre conto dell'opinione dei suoi dipendenti.
 Sospirò e poi tornò a rivolgersi a lei che, non aspettandosi simili manifestazioni di affetto, sembrò quasi turbata.
 “Il suo lavoro Francesca, a quanto pare, ha conquistato tutti e ammetto che il suo contributo è prezioso, non vorrei rinunciare a lei... Ma qui fuori c'è il caos...”
 “Potresti darci l'esclusiva della tua storia...”
 “Non dire sciocchezze Maria! Il nostro giornale non ha mai pubblicato un pettegolezzo da quando lo dirigo!”
 Disse il direttore con fare perentorio che non prevedeva repliche.
 “Non voglio mettere la mia vita privata su un giornale... È umiliante e so bene di cosa parlo!”
 Francesca si strinse nelle spalle e parve più fragile e indifesa del solito.
 “Tranquilla Francis, tu sei mia. Nessuno pubblicherà alcuna sciocchezza su di te e qualche don Giovanni dell'alta società!”
 Affermò Bolanos con fare teatrale.
 “Bolanos, non tirare la corda! Ti ricordo che sei sposato e conosco tua moglie da anni!”
 Lo rimproverò il direttore.
 “Comunque non è un gioco...”
 Disse con un filo di voce.
 “Certo Francis, sono solo geloso... Lo sai che ti adoro! Sei la mia ragazza!”
 Continuò imperterrito il giornalista che nemmeno considerava il direttore, tanto era impegnato nel consolare a suo modo la sua dolce Francis.
 “Bolanos, a parte le tue idiozie, cosa proponi?”
 Disse duro Suarez.
 “Francis potrebbe allestire un set al museo nazionale. La mostra di Valerio Villareal sarà un evento importante. È uno dei più importanti artisti colombiani e da quasi trent'anni non espone a Bogotà. Barbara, sei tu che devi scrivere l'articolo?”
 Ad intervenire fu Lorenzo Alvarez, che si occupava della rubrica sportiva.
 “Sì, è volevo comunque chiedere a Francis di seguire la mostra con me...”
 Confermò, la giornalista, rivolgendo un sorriso a Francesca.
 “Potremmo chiedere di poter fotografare le sue opere prima dell'esposizione per poi seguire l'inaugurazione. Le opere saranno esposte per non più di tre giorni e si prevede una grande affluenza.”
 Continuò Barbara.
 “Preferirei che lavorasse a qualcosa di diverso... Non ha mai scattato foto a qualcosa di inanimato.”
 Commentò perplesso il direttore.
 “Dai Suarez, è una soluzione perfetta. Nessuno potrà entrare al museo, solo gli addetti, il lavoro durerà almeno una settimana e a quel punto forse, quegli idioti là fuori, si saranno dimenticati di lei!”
 Puntualizzò ancora Bolanos.
 “Non abbiamo alternative quindi? E sia! Mettetevi d'accordo e fate attenzione. Che sia un pezzo da annoverare negli annali di questo giornale! Cominciate subito a prendere i contatti per organizzare tutto...”
 Dopodiché, il direttore interruppe la questione e iniziò a discutere sui vari argomenti all'ordine del giorno, come ogni mattina, ma più soddisfatto: i suoi collaboratori erano una squadra unità ed affiatata, non avevano avuto nessuna remora a difendere la loro collega e fu felice di non dover rinunciare a quella fotografa tanto piena di talento.
 Quando la riunione fu conclusa, Barbara e Francesca si ritrovarono insieme per organizzare il loro lavoro e soprattutto cercarono di capire come ottenere l'esclusiva di quell'evento che sarebbe stato sicuramente oggetto di una corte spietata da parte di tutte le testate della città.
 Non fu semplice nemmeno arrivare direttamente a quell'artista, che si occupava personalmente di tutti i particolari, in maniera maniacale. Riuscire ad ottenere la possibilità di seguire non solo la mostra ma anche l'allestimento, ad un certo punto, parve alle due donne quasi impossibile, tanto Villareal fosse capriccioso e puntiglioso. Francesca strappò dalle mani il telefono a Barbara, che era una giornalista preparata e una donna dolce, ma che evidentemente, non annoverava tra le sue doti la diplomazia. Spazientita dall'uomo, fu grata a Francesca che aveva preso in mano la situazione, consapevole che entro qualche secondo, avrebbe mandato tutto al diavolo a causa delle sue imprecazioni.
 Dopo essersi presentata e dopo qualche secondo di silenzio, sentì l'uomo sospirare e sorridere.
 “Sei bella come tua madre?”
 “Cosa?”
 Francesca ebbe un sussulto.
 “Niente, signorina Mora, sarà un piacere conoscerla... Ci vediamo presto! Avrete l'esclusiva della mostra...”
 Poi riattaccò il telefono, lasciando la donna perplessa.
 "Allora?"
 Chiese impaziente, Barbara.
 "Ha accettato! L'esclusiva è del giornale."
 Barbara gridò dalla gioia e la abbracciò allegra.

 Riccardo era riuscito ad evitare i paparazzi e aveva raggiunto la sede colombiana della Mactac. Parlò a lungo con Forbes che era sinceramente mortificato per come lo aveva trattato qualche giorno prima e soprattutto per la poco professionalità dei suoi dirigenti. Gli spiegò che la persona che aveva ritardato e poi dimenticato la sua assunzione, aveva ammesso di aver avuto pressioni da un importante imprenditore statunitense che voleva assicurarsi il suo lavoro. Era certo che quanto faceva, fosse conforme alla linea della società e non aveva fatto domande.
 “Capisce? Qualcuno, e scoprirò chi, ha ritenuto le mie indicazioni dimenticabili. Non so quale sia l'imprenditore che ha fatto pressioni. Ma ha dimostrato di essere molto scorretto. Mendoza, voglio che collabori con me! Cosa mi dice? Da parte mia ha tutta la mia disponibilità. Il suo onorario è già stato adeguato per ripagarla del disguido!”
 Si prese qualche minuto per pensare. Quella situazione era surreale.
 Sentì la rabbia verso se stesso invadere il suo corpo.
 Non poteva che essere stata Carol. Aveva usato il nome di suo padre per cercare di farlo tornare a Miami. Era stata sicuramente lei, il padre era un uomo corretto e aveva cercato di trattenerlo con offerte concrete, senza ricatti. Si era fidato di lei e aveva sbagliato! Non aveva capito che quella donna era innamorata di lui e aveva giocato il tutto e per tutto per conquistarlo!
 Tornò in sé e si alzò dalla sedia, porgendo la mano al suo professore.
 “Accetto l'offerta. Ma eviti di indagare oltre! Non mi interessa sapere nulla. Prepari il contratto. Tra una settimana avrà un primo progetto a cui avevo già pensato... Ci lavorerò da casa. Voglio godermi la città ancora qualche giorno!”
 Si strinsero la mano e Riccardo firmò il contratto quel giorno stesso, evidentemente Forbes temeva che altri problemi mettessero di nuovo tutto in discussione. E lui non voleva rinunciare al cervello di Riccardo, era troppo prezioso.
 A Riccardo, però, importava solo tornare a casa, da lei. Voleva stringerla, baciarla e assaporare il suo profumo che si sentiva addosso e che gli serviva per non sentirsi solo.
 Era furioso con se stesso per essere stato un'idiota e provò disprezzo anche per quella donna che credeva amica e a cui era sinceramente affezionato.
 Come aveva fatto a non rendersi conto delle intenzioni di Carol?
 Un brivido gli corse lungo la schiena. Aveva fatto sesso con lei e si rese conto che quello che era successo non fosse stato un caso, un momento di debolezza, piuttosto qualcosa di organizzato.
 Il contratto saltato, i problemi con la casa, i ritardi degli ingegneri, quella festa... Tutto doveva essere stato architettato da lei. Era una donna intelligente, lo aveva sempre saputo, ma non avrebbe mi creduto fosse calcolatrice e meschina.
 Doveva smettere di pensare a lei e a quella notte. Aveva tradito la sua donna. Mentre toccava e possedeva le forme e la carne di Carol, solo il corpo aveva goduto di quel momento. Il suo cuore si era ribellato e la sua mente lo aveva abbandonato, forse delusa dalla sua debolezza. Ma non poteva cambiare le cose.
 Provò ribrezzo per se stesso e per qualche istante gli sembrò di sentire quell'odore di sesso che gli era rimasto addosso dopo quella notte.
 Aveva bisogno della sua Francesca, delle sue mani, della sua bocca, aveva bisogno di sentirla, di parlare con lei, di ascoltare la sua voce, così calda e dolce.
 Per ritrovare la pace e se stesso, aveva bisogno i perdersi dentro di lei, di toccare ogni centimetro del suo corpo, baciarlo.
 Aveva percorso la distanza tra la Mactac e la loro casa, quasi come fosse un fantasma, senza forze, senza provare nulla, ma quando era entrato e l'aveva vista impegnata a versarsi del succo di frutta, si sentì di nuovo se stesso. Lei si voltò e vedendolo sorrise in modo così dolce che il suo cuore accelerò.
 Era a casa.
 "Amore mio..."
 Gli disse con entusiasmo, correndo verso di lui e buttandogli le braccia al collo. La strinse, sentendo il sangue scorrere nelle vene e provando quel calore di cui necessitava.
 "Ciao, farfallina!"
 “È stata una giornata difficile...”
 Francesca si liberò dalle sue braccia, guardandolo con due occhi pieni di stanchezza.
 “L'ho immaginato, mi dispiace! Ti avranno assillato in continuazione... La mia bambina... Vieni qui!”
 Tornò ad avvolgerla tra le braccia ed era un contatto che fece bene ad entrambi.
 La sollevò, facendola ridere e si sedette sul divano, prendendola in braccio.
 “Lo sai che Bolanos mi ha scortato fuori dalla redazione tenendomi sottobraccio e abbracciandomi davanti a tutti?”
 Gli raccontò allegra.
 “Non mi piace questo tuo amico, lo sai?”
 Lo disse ridendo, ma in fondo era esattamente quello che pensava. Lei non ci fece caso e continuò.
 “A me sì! È stato lui a proporre la soluzione per liberarmi dei fotografi...”
 “Allora potrà sapere prima degli altri quando ci saremo sposati...”
 Gli baciò le labbra.
 “Cos'hai fatto oggi?”
 “Ti ho pensato... E ho firmato il contratto con la Mactac...”
 “Quindi devo aspettarmi di vederti volare in Texas?”
 “Solo ogni tanto e potresti venire con me...”
 “Ne sono lusingata... Ma hai capito cosa sia successo?”
 “Sì, ma non voglio parlarne!”
 “E cosa vuoi fare?”
 Gli disse con un sorriso malizioso avvicinandosi e accarezzandogli i capelli.
 “Vuoi sedurmi, Farfallina?”
 “Assolutamente! Mi sei mancato tanto..."
 E quelle parole furono sufficienti per ravvivare in lui quel desiderio che non riusciva a placare se non quando la sentiva addosso.
 La sdraiò, la spogliò senza dire una parola.
 La amò, sentendosi rinascere.
 Si sentì sopraffatto da quello che provava: era la vita.
 Adorava sentirla respirare sul suo collo. Si sentiva bene, in pace. Sfiorarle la pelle con le dita era come toccare il cielo. Lei era sua, completamente sua. Era davvero fortunato. Nessuno era come lei.
 Era sdraiato sul divano, lei sopra di lui che le accarezzava la schiena, sentiva la sua pelle ricoprirsi di brividi, forse per le sue mani, forse per il fresco che c'era in quella casa. La strinse a sé, con forza.
 "Chicco, c'è qualcosa che non va?"
 "Non sono mai stato così bene..."
 Sorrise sul suo petto, beandosi delle sue braccia che la coccolavano.
 Non seppe nemmeno lei spiegarsi perché proprio in quel momento così intimo e dolce, quel pensiero le sfiorò la mente.
 "Posso... Posso chiederti cosa ti legava a lei?"
 "Di chi stai parlando?"
 Lo sentì sollevare la testa per guardarla.
 "Di Carol..."
 Si irrigidì immediatamente e un forte senso di nausea lo travolse.
 Deglutì e si prese qualche secondo prima di parlare.
 "Perché me lo chiedi?"
 "Perché hai detto che lei era solo un'amica, ma... Ma sembrava che tra voi ci fosse qualcosa... Il modo in cui ti stringeva la mano, come ti guardava e ti toccava..."
 "Non devi essere gelosa di lei. Né di nessun altra! Lei non era nulla!"
 "Ma era innamorata di te!"
 "Sì... È vero!"
 Le confermò i suoi dubbi, dandosi dello stupido nuovamente.
 "Chicco, non è gelosia, davvero! Fa solo un po' male!"
 "Non devi star male! Lei non era niente! Non è mai stata niente!"
 "Siete andati a letto insieme?"
 Quella domanda lo colse alla sprovvista e fu come una coltellata.
 "È importante?"
 "No... Un po'... Lei... Lei mi ha detto che voi siete stati insieme! La sera della sfilata, mi ha detto che tra voi c'era una storia!"
 Lui la trasse a sé e le diede un bacio sulle labbra, fece un respiro e mentre la guardava negli occhi le sorrise.
 "No! Non c'è stato nulla tra noi due! Quella sera volevo solo mi lasciasse in pace perché volevo parlare con te! Mi credi?"
 Lo disse con una sicurezza tale che quella frase risuonò vera anche per lui.
 "Sì, ti credo! Non è una bella persona, Chicco! Mi ha quasi fatto paura..."
 "Non devi averne! Lei è lontana e io ti amo con tutto il cuore, Farfallina! Nessuna è mai stata importante... Sei tu la mia donna! Lo sei sempre stata!"
 "Stringimi, amore mio! Perché ancora non riesco a credere sia vero!"
 E mentre lei si avvinghiava a lui, come una bambina tra le braccia della madre, lui non riuscì a fare altro che odiarsi.
 Le aveva mentito e si sentiva male ad averlo fatto. Non sapeva nemmeno perché. Ma voleva dimenticare quella donna. Era stato un idiota e per colpa sua aveva perso tempo. Era il passato. Rappresentava tutto quello che era la sua vita prima di rendersi conto che senza di lei, non era nessuno. Voleva solo vivere il suo amore. Voleva solo vivere lei. Voleva solo vivere!
 Era stato un gesto egoista, come il suo amore. Se fosse stato sincero, lei avrebbe sofferto, ma avrebbe capito, come aveva sempre fatto. Francesca non lo aveva mai giudicato, non gli aveva mai rinfacciato nulla e sapeva bene che nemmeno in quel momento lo avrebbe fatto. Era lui ad aver paura. Confessare il suo tradimento, sarebbe stato come ammettere di non aver capito nulla. Non voleva che lei lo guardasse in modo diverso. Non voleva che lo considerasse un debole. Voleva che lei continuasse ad amarlo e a fidarsi.
 Carol era lontana e lui non l'avrebbe mai più rivista.
Si convinse che quella fosse solo un piccola bugia innocente che non avrebbe influito sul loro amore.
 Rimasero su quel divano per molto tempo, giocando, parlando e scherzando, vivendosi.

 Nei giorni successivi, i giornali avevano pubblicato le loro foto, scatenando la curiosità e la morbosità di molti. Scrivevano della nuova coppia e naturalmente le illazioni si sprecavano.
 La modella, che sembrava sparita, era tornata a far parlare di sé e i pettegolezzi e le chiacchiere si sprecavano.
 La loro favola veniva dipinta come qualcosa di torbido, di oscuro.
 Leggendo le ennesime cattiverie sul suo conto, Francesca sospirò, buttò il giornale a terra e tornò a porre attenzione alla donna con cui stava parlando al telefono.
 “Mi dispiace mamma... Ma ti assicuro che non è stata colpa nostra. Come l'ha presa papà?”
 “Ha chiamato Betty dicendo che suo figlio è uno sconsiderato e un esibizionista... Ha perso la testa, tesoro! Ma non è arrabbiato con te! Deve essersi dimenticato quando lui è il suo amico Armando venivano fotografati nella piscina del club con le modelle dell'Ecomoda sulle spalle...”
 “Oh mio Dio, mamma, che terribile immagine...”
 Rise divertita e perplessa.
 “Non dirlo a me! Comunque come stai? Sulle foto eri bellissima, sai? Anche Riccardo era bello, molto elegante! State così bene insieme!”
 Marcella era sinceramente felice per loro due. Amava Riccardo come un figlio e le sembrava che la sua bambina non fosse mai stata tanto felice in vita sua.
 “Sto bene... Benissimo! Nonostante quegli idioti fuori casa e dalla redazione, sono felice...”
 “Lo sento! Lo sento che sei felice... Spero che i paparazzi non ti creino problemi col lavoro!”
 “Diciamo che non me lo hanno reso facile, ma per qualche giorno lavorerò per un progetto in un luogo off limits e sarò tranquilla. Lo sai, seguirò l'allestimento della mostra di Valerio Villareal. Il papà possiede un suo quadro!”
 Sentì la madre ridere di gusto.
 “Ma davvero? Allora ti chiamerò domani per sapere come lo hai trovato...”
 “Dai un bacio a papà!”
 La sua bambina avrebbe conosciuto il suo amico. L'uomo che tanti anni prima l'aveva ritratta. Ripensò a quando aveva mostrato il quadro al suo uomo. Non erano ancora sposati. Si accoccolò accanto a lui e lo baciò. Era ancora così affascinante e attraente e lei lo amava ogni giorno di più, nonostante si fosse trasformato in un padre apprensivo e pieno di paure. Era buffo.

 Nicola aveva voluto la sua bambina a fianco e Riccardo sedeva dalla parte opposta del tavolo, ben lontano da lei. Lo guardava severo e non gli rivolgeva la parola. Ed era innervosito dall'atteggiamento dell'uomo, che sembrava sereno e si permetteva di guardare la figlia in modo che lui trovava insopportabile. Erano passati alcuni giorni dalla sera in cui aveva saputo che la sua principessa stava con un uomo e che quell'uomo era il figlio di Betty.
 Francesca aveva avuto tanti fidanzati, non ricordava nemmeno quanti ed era stata anche sposata. Non aveva mai reagito male, non l'aveva mai rimproverata anche se non era felice che sua figlia non trovasse la pace. Ma era chiaro che con Riccardo le cose erano diverse. Aveva superato l'ostacolo iniziale. Non erano fratelli né cugini, ma era certo che lui l'avesse fatta soffrire tanto da mandarla in ospedale e che l'avesse fatta mentire Francesca per tanto tempo. Gli voleva bene come ad un figlio e proprio per questo non riusciva a perdonarlo. Ricordava bene quando lei era una ragazzina. Si fidava di lui. Non aveva mai pensato che potesse approfittarsi di lei. Proprio non riusciva a capire come avesse potuto prenderlo in giro. Gli avevano parlato tante volte e aveva giurato che per lui, la sua bambina, era solo una sorellina, che per lui era solo una bambina. Invece forse, quando erano insieme, lui approfittava della sua ingenuità, della sua innocenza. Ed era certo che l'infelicità della sua principessa, fosse sempre dipesa da lui.
 Sua moglie aveva cercato di smorzare il suo fastidio ma non ne era stata capace. Quella cena, l'aveva voluta lei, Marcella, che al contrario del marito, era felice di quell'amore e non faceva nulla per nasconderlo.
 Almeno erano soli. Non c'erano Armando e Betty e nessuno dei loro figli.
 “Quindi comincerai a lavorare tra qualche giorno?”
 Chiese Marcella, sorridente.
 “Sì, zia! Sarà qualcosa di assolutamente nuovo ma decisamente entusiasmante. Ho già un progetto pronto e mille altri che mi girano in testa...”
 “E andrai via? Voglio dire... Non sei mai rimasto molto in questa città!”
 Disse con tono di rimprovero Nicola.
 “No, zio, rimarrò qui! Vogliamo comprare una casa!”
 “Non chiamarmi zio!”
 Lo fissò negli occhi e se avesse potuto incenerirlo, lo avrebbe fatto volentieri.
 “Nicola, stai esagerando!”
 Lo rimproverò la moglie.
 “Papino, per favore! Perché non riesci ad essere felice per me?”
 Si voltò verso la sua bambina, che lo guardava supplicandolo di capirla.
 “Io sono felice per te... Ma... Riccardo io... Io sono arrabbiato! Molto arrabbiato!”
 “Mi dispiace! Davvero! Sai che per me sei un punto di riferimento. Mi spiace averti deluso! Non posso tornare indietro, ma ti prometto che renderò tua figlia, la donna più felice del mondo!”
 “Esponendola ai flash dei fotografi?”
 Gli disse sarcastico.
 “Non posso davvero farci nulla per quello!”
 “Nicola, tua figlia, fino allo scorso anno, era sui giornali costantemente! E tu hai dimenticato qualcosa mi pare! Per favore, non farmi ricordare!”
 “Lui dovrebbe proteggerla! Avrebbe dovuto proteggerla! Lo ricordi, Riccardo? Ricordi quante volte te l'ho affidata? Credevo che a lei ci tenessi davvero! Che fossi un uomo vero, Riccardo! Hai approfittato di lei!”
 Non era una domanda, era un'accusa.
 “Zio, lei è... Credimi se ti dico che mi sono innamorato di lei quando era già una donna... È sempre stata importante per me! La persona più importante che abbia mai avuto e voglio proteggerla! È quello che voglio fare! E voglio renderla felice, voglio passare la vita con lei. Ho fatto degli errori ma non si ripeteranno! Ho promesso a lei e a me stesso che non passerà un giorno senza ricordarle che lei è tutto!”
 “Perché dovrei crederti Riccardo? Cos'è cambiato? Sei sempre fuggito da tutto! Non hai mai combattuto! Mai! Hai preferito andartene e stare lontano per anni piuttosto di lottare per avere quello che volevi qui! Tuo padre ti avrebbe capito, appoggiato se avessi combattuto per dimostrargli chi sei! Non hai mai sopportato questa città, la presenza di tutti noi! Per te è sempre stato più semplice andare via! Perché dovrebbe essere diverso?”
 “Per lei! È lei che ha cambiato le cose! E dovresti credermi perché sono qui! Io! Ad una cena con i genitori della mia donna! L'hai detto tu, zio, non sopportavo la presenza di nessuno di voi! Ma adesso sono qui e sono felice! Anzi non vorrei essere da nessun'altra parte!”
 “Nicola, per favore, adesso basta!”
 “Mamma, per favore fallo smettere! Papà...”
 Francesca strinse il braccio del padre, tentando di farlo desistere.
 “Ascoltami molto bene, Riccardo! Ti ho sempre voluto bene! Ti conosco da prima di tuo padre! Sei davvero come un figlio per me! Ma lei... Lei è la mia bambina! So che le hai già fatto molto male! Non ti permetterò di fargliene altro! Se dovesse succedere, non esisterai più per me! Non sarai più nulla! Tua madre è mia sorella, ma ti giuro che non sopporterei di vedere un'altra volta mia figlia in un ospedale perché si sta lasciando morire! Perché è così che l'hai ridotta! Non so perché, né come sia successo, ma non ti permetterò di farlo di nuovo!”
 “Papà non è così! Non è colpa sua!” Francesca piangeva e come sempre quando non sapeva gestire i suoi sentimenti, si era rannicchiata, stringendosi le gambe tra le braccia e appoggiando la testa sulle ginocchia.
 Lui la raggiunse e le si inginocchiò accanto senza più ascoltare Nicola che non smetteva di rimproverargli i suoi sbagli. Le baciò le mani e quando lo guardò le sorrise.
 “Scusami, amore!”
 “Riccardo, forse dovreste andare via ora!”
 Marcella, sconvolta e arrabbiata, senza smettere di guardare il marito, accarezzò una spalla di Riccardo.
 Abbassò gli occhi su di lei e le parlò con sincerità.
 “Zia, so bene di non essere l'uomo che vostra figlia merita. Ma ci amiamo...”
 “Sì, tesoro, lo so! Ora andate!”
 Lui le tese una mano e lei la strinse senza smettere di guardarlo negli occhi. Ma prima di uscire si girò verso il padre e con tutto il dolore che provava, gli disse:
 “Papà, fino a quando non accetterai che amo Chicco, non ci vedremo più, non chiamarmi e non aspettare che ti cerchi io! Stai lontano da me e da lui! Sei tu a farmi del male adesso! Mi ferisci e mi mortifichi! Stai lontano da me!”
 “Principessa... No!”
 “Nicola, lasciali andare!”
 Marcella impedì al marito di fermare la figlia, che andò via con il suo uomo.
 Poi si sedette accanto a lui, sospirando.
 “Perché, Nicola?”
 “Perché ha dentro la voglia di mandare all'aria ogni cosa importante. Non guarda in faccia a nessuno per soddisfare i suoi capricci. Non importa quanto la ami, lui scapperà per cercare qualcosa che lo stimoli...”
 “Forse ha trovato la sua pace... Tu l'hai trovata!”
 “Cosa?”
 “Rivedi in lui quello che eri tu! Quando mi hai lasciata e hai rincorso per troppo tempo solo la tua soddisfazione. Proprio come lui non ha visto il dolore nella nostra bambina, tu non hai visto il mio. È questo che ti fa male, che non accetti. Ma proprio come hai capito tu, lo ha capito lui. Tu sei tornato da me. Lui ha trovato lei...”
 “È diverso!”
 “Sì, ma è questo che ti preoccupa. Che lui non abbia realmente trovato la sua pace. Ma io credo invece che sia lei la sua pace.”
 “Ma hai provato anche tu le stesse cose che ho provato io! Le stesse sensazioni, non è vero?”
 “Per un attimo... Sì, lui aveva lo stesso tormento che avevi tu, mi spaventa l'idea di quanto la mia bambina potrebbe soffrire e quanto abbia sofferto, ma se lui è l'uomo della sua vita le cose non cambieranno. Io ti ho sempre amato nonostante l'odio.”
 “Amore mio...”
 “Perdona te stesso e accetterai Riccardo! Io ti amo da sempre, mi hai reso la donna più felice della terra. Nonostante tutto!”
 “Perdonami tu! Io non riuscirò mai a farlo!”
 “L'ho fatto mille anni fa e ogni giorno da allora!”
 “Cosa devo fare?”
 “Chiedi scusa a tua figlia! Stringi la mano a Riccardo. Se lui le farà del male tra te e lei non devono esserci ombre! Ma io credo che andrà tutto bene. Riccardo la ama e ha già fatto i suoi errori. L'hai vista? È forte, è sicura di se stessa ed è tanto innamorata di lui da averti escluso. Domani la chiamerai e le chiederai perdono. Lei capirà e lui anche...”
 Abbracciò il marito, sussurrandogli che era un uomo meraviglioso e che ringraziava il cielo ogni giorno, di averlo sposato.

 Ero rientrati a casa e lei era ancora tesa e nervosa. Aveva buttato la giacca e la borsa per terra e poi si era rivolta a lui, stringendolo.
 “Chicco, scusa! Non avrei accettato l'invito se avessi saputo che mio padre è impazzito completamente! Scusami!”
 “Non devi chiedermi scusa, Farfallina! Ma voglio che chiami subito tuo padre!”
 “Non lo perdonerò per quello che ti ha detto!”
 “Lo farai e subito! Ti adora e tu adori lui! Non ha detto nulla che non sia vero! Sbaglia solo quando pensa che non sono cambiato! Ma non puoi biasimarlo per quello che ha detto! Comunque non sarò io a incrinare il vostro rapporto!”
 “Ci ha pensato da solo!”
 Disse allontanandosi e abbassando gli occhi.
 “Chiamalo! Piccola, chiamalo ora!”
 “No! Deve chiederti scusa e solo allora penserò a cosa fare con lui!"
 Riccardo nel frattempo aveva il telefono tra le mani e sembrava disinteressato alle sue proteste.
 "Cosa stai facendo?”
 “Zia, sono io! ... Sì, Francesca vorrebbe parlare con suo padre... Sì..."
 La guardò sorridendole e le porse il telefonino.
 "Parla con lui! Digli che gli vuoi bene!”
 Senza che potesse replicare le lasciò il telefono e si allontanò.
 Francesca sospirò e dopo qualche secondo parlò.
 “Papà...”
 “Perdonami, bambina... Ho perso la testa! Sono solo preoccupato! Non volevo farti del male!”
 Riusciva a percepire il tormento del padre, sentiva quanto fosse in pena.
 “Me ne hai fatto!”
 Si limitò a dire.
 “Lo so... Ti prometto che non succederà più! E che chiederò scusa a... Al tuo uomo!”
 Il suo papà aveva definito Chicco "il suo uomo". Sorrise perché era così bello sentirlo.
 “Davvero? Davvero lo farai?”
 “Chiedigli scusa tu ora, io lo farò. Ma tu perdonami!”
 “Ti voglio bene, papino!”
 “Sei il mio cuore, principessa!”
 Il suo uomo.
 Il suo Chicco.
 Era emozionante poterlo finalmente gridare al mondo. Chicco era il suo uomo e lo era per tutti.
 Non doveva più nascondere il suo amore.
 Oh, quanto lo amava. Ogni fibra del suo essere lo amava.
 Rimase qualche istante a metabolizzare la situazione. Era tutto cambiato. Chicco la amava e la amava senza paure, senza più nessun dubbio.
 Era davvero unico, il suo Chicco, era meraviglioso. Per lei era stato capace di sopportare le provocazioni di suo padre. Lui, che non aveva mai sopportato che nessuno lo contestasse. Ed era riuscito a capire che lei ci era rimasta male, che soffriva per quel distacco.
 Forse se si fosse data un pizzicotto, si sarebbe svegliata, rendendosi conto che quello non era altro che un sogno.
 Lo sentì aprire l'acqua e la voglia di essere sua le fece tremare le gambe, lo raggiunse in bagno e dopo essersi spogliata, aprì il cristallo della doccia ed entrò.
 Riccardo si girò verso di lei, felice di quella sorpresa e la strinse, la accarezzò e le sussurrò il suo amore.
 Le loro pelli bruciavano quando si sfioravano, per entrambi fare l'amore era il modo per dimostrarsi i sentimenti che provavano l'una per l'altro. Ma mentre lei si dava a lui concedendo tutta se stessa, lui la prendeva per bisogno.
 Gli sembrava di impazzire. Non credeva che abbandonarsi a lei sarebbe stato così devastante. Ogni istante che passava, si accorgeva della dipendenza che lei gli procurava.
 Era succube del suo amore. Lo esigeva, lo pretendeva.
 E lei gli dava ogni cosa. Lo dissetava, lo sfamava, lo rendeva sazio di lei con il corpo e il cuore.
 Quella donna lo rendeva fragile, lo aveva sempre reso fragile, per questo era fuggito da lei per tutta la vita. Quando era con lei si bastava, non aveva bisogno di altro.
 Se avesse potuto stringerla di più, l'avrebbe fatto, se avesse potuto averla dentro, si sarebbe fatto più grande.
Lei possedeva il suo cuore, la sua anima. Da quando l'aveva avuta per la prima volta, si era insinuata nelle sue vene, prendendo possesso di lui, fino a vincere anche la ragione.

 “Credi di riuscire a ritagliarti un po' di tempo per pranzare con me?”
 La guardava mentre si vestiva.
 “No, Chicco! Oggi comincio il lavoro al museo. Sarò impegnata tutto il giorno e preferirei che quei maledetti paparazzi mi lasciassero in pace. Da qualche giorno sono diminuiti, ma non voglio che si creino problemi... E poi oggi non dovevi pranzare con Forbes?”
 “Avrei potuto rimandare... Ma se non puoi... Farfallina, cerca di tornare presto. Io penso di non tardare, sarò a casa nel pomeriggio e non voglio restare troppo tempo da solo!”
 Si sdraiò su di lui che era ancora nudo, coperto solo da un lenzuolo. Era così bello! Ogni volta che lo guardava, Le sue gambe tremavano. Non si sarebbe mai abituata alla bellezza del suo uomo.
 Lui la avvolse e la baciò.
 “Sei così dolce, Chicco! Farò di tutto per arrivare prima di te! Nemmeno io voglio restare troppo tempo senza di te!"

 Francesca aveva predisposto gli obiettivi che avrebbe usato in un angolo che il curatore della mostra aveva messo a disposizione. Da qualche giorno si aggirava all'interno delle sale del museo per capire le angolazioni e le luci che sarebbero servite a dare colore alle sue foto.
 Le opere cominciavano ad essere tolte dagli imballaggi e lei aveva scattato alcune foto, trovando il lavoro che veniva svolto, interessante. Alvaro le indicava alcuni punti particolari e lei verificava che le angolazioni rendessero giustizia a quei quadri bellissimi.
 “Signorina Mora...”
 La voce risuonò nella sala e il curatore corse a salutare un uomo intorno ai 70anni, vestito in modo eccentrico e con degli occhiali colorati sul naso. Lei appoggiò la macchina sul tavolo e porse la mano a quello che evidentemente era l'autore delle opere che avrebbe fotografato.
 “Maestro Villareal, è un piacere conoscerla. Lei è la signora Barbara Sander, la giornalista che scriverà l'articolo sulla sua mostra.”
 Francesca presentò la collega che sembrava impazzita dall'emozione.
 “Piacere, signora Barbara, spero non sarà molto crudele nei miei confronti!”
 Disse l'uomo con un tono allegro.
 “Conosco bene i suoi lavori, maestro! Ho insistito molto per poter ottenere questo lavoro e da quel poco che vedo, non me ne pentirò.”
 Le sorrise e tornò a guardare Francesca in maniera strana.
 Si strinse nelle spalle perché quell'uomo la intimoriva.
 “Signora Barbara, vorrei fare due chiacchiere con la sua fotografa. Credo sia importante che conosca i miei punti di vista. Poi se vorrà potremo parlare noi due...”
 “Sarebbe un onore, maestro! Francesca attieniti alle sue direttive...”
 La ammonì con professionalità la giornalista.
 “Ma certo... Da dove vuole iniziare?”
 L'uomo la prese sotto braccio e la obbligò a seguirla.
 “Da te, piccola Francesca... Come sta Marcella?”
 “Conosce mia madre?”
 Chiese Francesca stupita.
 “E tuo padre, anche se sono passati centinaia di anni..."
 Rise vedendo espressione dipinta sul viso di iella ragazza bellissima.
 "E dimmi, il tuo papà lo sa che sei qui?”
 Nonostante quella domanda gli sembrasse decisamente strana, gli rispose.
 “Oh, beh, non so se mia madre glielo abbia detto...”
 “Lo sai, ti avrei riconosciuta tra un milione di donne, sei bella quanto lo è lei! Vi somigliate, ma siete completamente diverse...”
 “Mi scusi ma sono in imbarazzo... Parla di mia madre come... Come se...”
 Si difese Francesca, facendolo ridere di gusto.
 “Oh no! No cara! Parlo di tua madre come di una mi cara amica e come di una delle mie modelle preferite!”
 “Modelle? Forse sta sbagliando persona...”
 “Il quadro di tuo padre... Quello che lei gli regalò a Cartagena... Non dirmi che non l'hanno più!”
 “La donna di spalle? Certo, ma cosa c'entra con mia madre?”
 “Non dirmi che non la riconosci... La donna di spalle è tua madre!”
 Francesca cercò di ricordare quel dipinto che aveva visto mille volte.
 Una donna bellissima, nuda, di spalle. Sua madre era quella donna?
 “Mi prende in giro?”
 “No... Tuo padre guarda ancora quel quadro con odio?”
 “Odio? Oh no, lo adora!”
 “Me ne compiaccio..."
 Disse soddisfatto, poi dicendolo quasi sottovoce, si chiese:
 "Chissà se anche il marito di Betty, guarda il suo nello stesso modo...”
 “Conosce anche zia Betty?”
 “E anche il piccolo Riccardo...”
 Un lieve sorriso comparve agli angoli della bocca di Francesca, solo sentire il suo nome le provocava emozioni.
 Percependo i suoi pensieri, l'uomo sorrise.
 “Tu e il piccolo Riccardo... Betty mi era parsa preoccupata per voi... Immagino sia bellissimo... Da bambino era grazioso e dolce. Con una certa insolenza a volte...”
 “Lui è...”
 Francesca aveva abbassato gli occhi ed era arrossita.
 “Il tuo uomo? Le mie amiche ne saranno felici...”
 Cercò di tornare se stessa e distolse i pensieri, tornando a concentrarsi sull'uomo.
 “Non sapevo che vi conosceste!”
 “Sei troppo piccola per sapere certe cose... Sono tempi passati, esaltanti per certi versi, sicuramente indimenticabili...”
 Disse con una punta di malinconia.
 “Lo sa, non mi sento a mio agio a parlare di queste cose...”
 “Sei proprio come ti ha descritto... E tu lo sai che non vedo l'ora di rivederlo il figlio della mia Betty? Ora ti lascio lavorare. Sono certo che saprai rendere giustizia al mio lavoro! Ciao cara... A presto!”
 L'uomo la lasciò sola e perplessa. Sua madre non le aveva parlato di lui. E quel quadro che da piccola trovava strano e poi crescendo tanto bello, ora la turbava. Sua madre aveva posato nuda? Non riusciva a crederci. Sorrise pensando che in fondo prima di essere sua madre era una donna.

 I successivi tre giorni furono impegnativi ma era soddisfatta del lavoro fatto. Aveva studiato i punti migliori per scattare le foto durante la serata di inaugurazione e aveva già moltissimo materiale che anche Barbara considerava perfetto per il suo pezzo. Era stanca e non vedeva l'ora di tornare tra le braccia del suo uomo, il giorno dopo non avrebbe avuto tregua, non poteva sbagliare nulla, Suarez e tutti gli altri le avevano dato fiducia e non li avrebbe delusi per niente al mondo, ma in quel momento riusciva solo a pensare che forse lui la stava aspettando e voleva correre a casa.
 Raccolse uno dei fogli che erano sparsi per terra e gli diede un occhiata. C'erano delle formule matematiche e dei disegnini che trovava incomprensibili. Lui era seduto sul pavimento, appoggiato al divano. Sulla sua destra, ammucchiati l'uno sopra l'altro, c'erano dei libri e dei fogli scritti fittamente, sulle gambe il portatile sul quale scriveva qualcosa e sul tavolino una grande tazza con del caffè.
 La casa era un disastro, fece fatica ad entrare senza calpestare il mare di carta che era sparpagliata in giro. Si sentiva il suo profumo in maniera distinta. Provò un senso di serenità e rimase a guardarlo senza parlare. Lui, intento a lavorare su chissà quale progetto, non l'aveva nemmeno sentita. Senza far rumore si rannicchiò sul divano e lasciò che continuasse senza disturbarlo. Era bello vederlo concentrato nei suoi studi. Era sempre stata affascinata da quel suo lato. Fin da ragazzina avrebbe passato ore a guardarlo studiare, era qualcosa di maledettamente affascinante. Quasi senza accorgersene allungò una mano e gli accarezzò la guancia.
 Quel lieve contatto, lo fece rabbrividire e si girò verso di lei, felice.
 “Sei qui?”
 “Ciao. Non volevo disturbarti...”
 “Non mi disturbi! Ma dammi un bacio!”
 Si protese verso di lui e gli diede un piccolo bacio guardandolo negli occhi e sorridendo.
 “Sono qui già da un po'... Credevo avresti lavorato in ufficio oggi...”
 Riccardo guardò l'orologio.
 “In realtà sono rientrato un'ora fa...”
 Francesca sgranò gli occhi e diede un'occhiata al salotto.
 “Un'ora? In un'ora sei riuscito a creare tutto questo caos?”
 Come se lei lo avesse riportato alla realtà, si guardò in giro, perplesso.
 “Scusami... Non mi ero accorto di questo disordine! Dammi solo un momento e recupero tutto.”
 “Non preoccuparti, non l'ho detto perché mi da fastidio. Anzi trovo sia bello che ti sia impossessato della casa!”
 “Davvero?”
 “Già, è anche casa tua!”
 “Casa mia è dove ci sei tu! Non mi interessano i muri. Ma dobbiamo comprarne una più grande...”
 “Con uno studio tutto tuo!”
 Rise, mentre lui raccoglieva da terra i fogli su cui stava lavorando.
 “E camere per i nostri bambini!”
 Disse allegro, avvicinandosi a lei.
 Lei si ritrasse distogliendo lo sguardo.
 “Ho detto qualcosa di sbagliato?”
 “No, ma sai che non voglio parlare di queste cose e poi lo sai che non sono incinta!”
 “Non ancora, vuoi dire! Significa solo che dovremo impegnarci molto di più! Non è una cosa tanto terribile!”
 Le disse ammiccando.
 “Chicco... Per favore!”
 Credendo che il problema fosse il fatto di non essere ancora incinta, le accarezzò una guancia con tenerezza.
 “Ammetto che un po' ci avevo sperato, ma sono qui da così poco... Nel frattempo possiamo davvero pensare ad una nuova casa!”
 “Sono stanca... È stata una giornata molto strana e in questo momento vorrei solo che mi abbracciassi e coccolassi...”
 “Dolce farfallina...”
 Appoggiò il portatile sul tavolo e si sdraiò accanto a lei abbracciandola e cullandola.
 “Ora va meglio!”
 “Questo lavoro sembra più complicato di quello che credevi!”
 “Sì, credevo sarebbe stato più semplice! Ma se domani tutto andrà per il verso giusto, passerò la domenica a letto a dormire!”
 “Passeremo!”
 La corresse.
 “Ma tu non sei obbligato ad annoiarti con me! Puoi uscire, vedere tuo fratello, i tuoi genitori... I tuoi amici! O qualsiasi cosa tu voglia fare!”
 “Voglio passare la domenica a letto con te!”
 “A guardare film, sgranocchiare merendine e ascoltare musica?”
 “Tutto questo e altro...”
 “Forse vorrei dormire, riposare! Non solo fare l'amore!”
 Gli disse risentita mentre lo allontanava e si metteva seduta.
 Riccardo non comprese quel comportamento.
 “Intendevo dire che approfitterò del tempo per lavorare un po'!”
 Francesca si pentì di essere stata acida, ma lui sembrava non capire che stava male quando parlava di avere dei figli. Lo osservò per un istante.
 “Questo è molto sexy...”
 “Sexy?”
 “Tu sei molto sexy quando lavori, sai? L'intelligenza è una dote che può essere molto seduttiva!”
 “Allora sei la più intelligente delle donne!”
 Vinse le sue resistenze e tornò ad abbracciarla, sovrastandola col suo corpo, mentre lei fingeva di voler scappare.
 "Sei troppo esile per fuggire, piccola!"

 Marcella sorrise aprendo l'invito che aveva ricevuto da Valerio. Negli anni si erano sempre tenuti in contatto, nonostante la lontananza, la loro strana amicizia era continuata. Lui gli era stato sempre vicino e lei aveva seguito la sua carriera da lontano. Lui e Betty erano le persone che più sentiva vicino da sempre. Erano loro i suoi amici. Sapeva che lei aveva ricevuto lo stesso invito e proprio come tanti anni prima, sarebbero andate insieme.
 “Questa sera c'è l'inaugurazione della mostra di Valerio. Sarebbe carino se ci andassimo insieme!”
 “Preferirei di no...”
 “Valerio sarebbe felice di vederti!”
 “Se vuoi, puoi invitarlo a cena ma non mi sembra una buona idea venire all'inaugurazione...”
 “Da quanto non parli con Francesca? Dopo la sua telefonata intendo?”
 “Voglio lasciarla tranquilla. Tra i paparazzi e il lavoro, immagino non sia un periodo semplice e ho preferito darle spazio.”
 “Potrebbe essere un modo per rivederla e farle sentire la tua vicinanza...”
 “Stasera sarà impegnata e vorrei che tra noi non ci fossero occhi indiscreti. Voglio vederla quando sarà sola...”
 “Quando? Quando deciderai di dare una possibilità all'uomo che ama?”
 “Ma io ho già deciso di fare un passo indietro! Non appena questo periodo strano sarà passato, ti prometto che parlerò con lei e le dirò che sono felice e chiederò scusa anche a lui!”
 “E sei felice davvero?”
 “Ho solo paura! Ma sì, lo sono! Voglio dar loro fiducia!”
 “Lo sai che ti amo? E proprio per questo, vorrei mi fossi accanto stasera!”
 “Armando sarà presente?”
 “Ho qualche dubbio in proposito! Ma lo sapremo presto! Betty mi sta chiamando proprio ora!”
 No, Armando non sarebbe andato. Aveva visto Valerio solo una volta, nascosto dietro ad una siepe, al buio, perché loro non si accorgessero di lui. Non era mai riuscito ad accettare che la donna che amava avesse posato per un uomo e il quadro esposto nel loro salotto gli ricordava un periodo terribile e triste della sua vita che avrebbe voluto cancellare. Era bellissimo quel quadro, ma lui non riusciva a vederlo per quello che era. Un'immagine di sua moglie, dipinta da un uomo che era riuscito a cogliere il tormentato che riempiva la sua vita. No, Armando sarebbe rimasto in casa proprio come trent'anni prima, a pensare a lei e a tormentarsi.
 “Potreste confidarvi i vostri problemi questa sera...”
Disse Marcella divertita.
 “Cosa? Non voglio vedere Armando questa sera! Sarà intrattabile. La sua gelosia è irritante e insopportabile!”
 “Lo sai che ti amo?”
 “So solo che senza di te non sarei nulla! Tu sei molto più che il mio amore!”

 Il mare si colorava di rosso e le due donne lo guardavano sedute sulla terrazza di un elegante locale. La donna bionda era nervosa e arrabbiata e non lo nascondeva all'amica che cercava di distrarla dalla pagina internet di una rivista colombiana.
 “Perché non lo spegni quel telefono?”
 “Perché sono furiosa! Alla fine quella stupida me l'ha portato via!”
 “Hai fatto di tutto per tenerlo legato a te! Ma le cose sono andate male. Dovresti voltare pagina!”
 “Non ci penso nemmeno! Io sono innamorata di quell'uomo! Sarebbe un padre perfetto per mio figlio e fino a quando non sarà mio non mi arrenderò!”
 “Ma lui è in Colombia, innamorato di un'altra donna e non vedo proprio come tu possa conquistarlo...”
 “Abbiamo fatto l'amore qualche giorno prima che partisse...”
Un ghigno apparve sul bel volto della donna bionda.
 “Oh! Ma questo cosa cambia?”
Le chiese l'amica incuriosita.
 “Potrei essere rimasta incinta... Un uomo come lui tornerebbe da me di corsa!”
L'altra sgranò gli occhi e quasi si strizzò con il suo vino.
Dopo aver tossito a lungo, guardò la donna che aveva di fronte.
 “Sei incinta?”
 “No! Quell'idiota è stato molto attento! Era ubriaco fradicio ma non ha dimenticato di mettere il preservativo! Stupido! Non sono incinta purtroppo”
Un sospiro di sollievo percorse la gola della mora.
 “Volevi incastrarlo con un figlio? Sinceramente sono contenta tu non sia incinta! E allora?”
 “Allora farò in modo di rimanerci incinta! O glielo farò credere! Giusto il tempo perché lei lo lasci! Poi inventerò qualcosa! Ma l'ideale sarebbe trovare un cretino con cui andare a letto... Entro qualche giorno... Sarebbe perfetto... Non è passato troppo tempo e non avrebbe motivo per credere non sia suo...”
 “Carol, quello che dici è orribile! Saresti davvero capace di fare questo all'uomo che dici di amare? E a tuo figlio? E ancora peggio ad un bambino che nemmeno è stato concepito?”
 “Mio figlio ne sarebbe felice e ogni bambino dovrebbe crescere con un uomo come lui... Per quanto riguarda Riccardo, non sa di essere innamorato di una sciocca moralista che lo ha cambiato perché incapace di accettare la sua straordinarietà! Odio lei molto più di quanto ami lui! Sarà un piacere farla soffrire!”
 “Ma lui la ama! E lei non ti ha fatto nulla...”
 “Sì? Lui la ama, ma lei non capirebbe, ne sono certa! Riccardo in passato le ha fatto del male e sono sicura che sarebbe impossibile per lei, perdonarlo! Allora, quando lo lascerà, dovrà essere consolato e io sarò lì, con suo figlio!”
 “Scusami Carol, non voglio sapere altro! Non contare su di me!”
La donna si alzò e prese la sua borsa. Carol l'aveva delusa. Non riusciva quasi a riconoscere in quella dona, la sua amica.
 “Gilian... Ho perso la testa per lui!”
Chiarì la bionda con un sorriso strano e terribile.
 “L'hai persa! Ma non per un uomo! Sei impazzita e io non voglio saperne niente! Sarai tu a soffrire! Tu e tuo figlio! Prego Dio, tu non rimanga incinta...”
Si voltò lasciandola sola, immersa nei suoi propositi.
Era tranquilla, avrebbe preso ottenuto esattamente quello che voleva.


°°°°°°°°°°°°°°°
Eccoci qui... Questa volta sono stata un po' più veloce e spero che questo capitolo non vi deluda.
Ho pensato fosse carino attingere alle mie precedenti storie e ho usato un un vecchio personaggio da inserire anche qui.
In questo capitolo ho cercato di mettere a nudo non solo i sentimenti dei due protagonisti, ma anche della famiglia di Francesca.
Nicola non è felice e ha le sue ragioni. Marcella invece si sta comportando da mamma e io credo che una donna come Francesca, meriti l'affetto di un madre presente.

Riccardo è sempre un po' sopra le righe, è sempre lo stesso egoista mentre lei sta cominciando a credere in lui e al loro futuro. Ovviamente alcune cose sono difficili da superare, ma v tutto bene tra loro, no?
E poi... E poi torna a farsi viva lei, Carol...
Chissà se riuscirà davvero a creare problemi a Riccardo...

Mi auguro di cuore che questo capitolo vi piaccia. Forse non è allo stesso livello dei due precedenti, ma ho provato a descrivere la quiete prima della tempesta...
Un abbraccio a tutte!


 

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Capitolo 13
*** 13 ***


Capitolo 13


 Forbes sarebbe tornato in Texas entro qualche giorno. Poteva fidarsi di Riccardo e non aveva il minimo dubbio che il suo lavoro sarebbe stato all'altezza. Del resto i progetti che gli aveva presentato erano al di sopra delle aspettative e sapeva bene che le cose non potevano che migliorare. Dopo aver parlato con Forbes, Riccardo aveva chiamato Francesca ma il suo telefono era spento. Probabilmente era impegnata o non poteva rispondere. La sua Farfallina non era più la ragazzina che giocava a fare la modella, era una donna con un lavoro che sapeva fare bene e per cui si impegnava come non aveva mai fatto in vita sua.
Si scopriva spesso a pensare a lei. Gli capitava mentre discuteva con un collega o dava indicazioni a qualche operaio o mentre scriveva una nota. Immaginava le sue mani, le sue labbra e in quei momenti tutto scompariva e gli sembrava quasi di poterla toccare.
 Era completamente coinvolto in quello che stavano vivendo e si morse il labbro pensando a quanto tempo avesse perso. Lei aveva sofferto senza che lui se ne rendesse conto e lui aveva cercato qualcosa per tutta la vita, qualcosa che lo rendesse completo e felice, senza riuscire a vedere che lei era tutto. La sua Francesca, bella e dolce, piena di vita e entusiasmo. Particolare, allegra, ingenua, spontanea e sexy, eccitante, appassionata e passionale. Era capace di essere mille donne diverse, rimanendo sempre se stessa.
 Sentiva il suo cuore pieno, tanto che si convinse che prima o poi sarebbe scoppiato. Mai prima aveva provato sensazioni così forti e totalizzanti. Sentiva che non era mai abbastanza, che ogni fibra del suo corpo esigeva di più.
 Quando a Miami aveva preso atto che la vita senza di lei, non sarebbe stata realmente completa, non avrebbe mai immaginato che lasciarsi amare da lei, sarebbe stato così.
 Provava quasi un dolore fisico quando il mattino, erano obbligati a sciogliere il loro contatto. Avrebbe solo voluto che lei gli restasse accanto ogni istante.
 Dov'era finita la sua razionalità?
 Sospirò, sorridendo. Cosa stava facendo lei?
 Diede un'occhiata al telefono e fu deluso di leggere un suo messaggio con il quale lo avvertiva che sarebbe stata impegnata tutto il giorno e che si sarebbero visti solo a notte fonda.
 Si chiese perché non gli avesse chiesto di raggiungerla e, anche se conosceva bene le ragioni, si innervosì più del dovuto.
 Salì in auto e guidò verso la loro casa e quando aprì la porta le sue narici furono riempite dal profumo che aleggiava in quei locali. Un odore di buono, di casa, di lei.
 Guardò l'orologio e si rese conto che era fin troppo presto.
 Raggiunse la camera da letto e raccolse la sottoveste in seta che la sua donna aveva indossato la notte precedente. La strinse tra le mani e la portò al naso. Annusò la stoffa che sapeva della sua  pelle e chiuse gli occhi, rivedendola mentre la infilava dopo aver fatto l'amore. Era seduta sul letto, l'aveva guardata nella penombra e si era quasi commosso. Era così bella e sensuale che aveva desiderato che quel momento non finisse.
 Era perfettamente consapevole che la sua si stava trasformando in una vera e propria ossessione. Quel bisogno di averla non era mai pago e soffriva come un idiota sapendo che per lei era diverso. Lei usciva di casa con il sorriso, adoravo il suo lavoro e adorava i suoi colleghi.
 La gelosia che provava nei confronti di quei momenti dai quali era escluso, gli bruciò il petto.
 La sua Farfallina aveva imparato a bastarsi e la sensazione che lei non fosse completamente sua gli fece male.
 Un brivido gli percorse tutto il corpo. Se l'avesse persa nulla avrebbe avuto più senso. Quel pensiero era assurdo. Nulla e nessuno avrebbe potuto separarli.
 Aveva una vita, Francesca, piena di soddisfazioni, aveva amici, ma aveva sempre vissuto per lui. Il suo amore era indiscutibile. Ma la paura lo aveva sconvolto.
 Strinse di più la seta che aveva nelle mani e prese una decisione
 Non l'avrebbe lasciata sola quella sera. Voleva starle vicino, guardarla, anche solo da lontano, e nessun paparazzo l'avrebbe tenuto lontano da lei. Avrebbe partecipato a quella serata e l'avrebbe guardata lavorare, perché non c'era nulla di tanto bello che condividere con lei ogni cosa. E lei ne sarebbe stata felice.
 Sorrise, finalmente tranquillo.

 “Riccardo...”
 La voce della madre era severa. Alzò gli occhi spazientito. Non aveva mai sopportato il modo che aveva di tormentarlo per sapere tutto ciò che lo riguardava. Le sue intromissioni lo avevano sempre esasperato; ma aveva bisogno di lei e si morse la lingua per non mandarla al diavolo.
 “Lo so mammina, sono imperdonabile! Dovrei trovare un momento per parlare con te e papà. Giuro che mi impegnerò e lo faremo... Ma adesso ho un favore da chiederti!”
 La madre sospirò.
 “Immaginavo che non mi avessi chiamata per fare due chiacchiere! Cosa ti serve?”
 Chiese secca.
 “Un invito! Per stasera!”
 Dopo qualche secondo di esitazione, Betty riprese a parlare.
 “Questa sera io e tua zia saremo all'inaugurazione di una mostra!”
 Gli angoli della sua bocca si alzarono e la soddisfazione si dipinse sul suo viso.
 “Ne ero certo. E voglio accompagnarti. Papà non verrà?”
 “No, saremo solo io e Marcella! Perché vuoi venire?”
 Domandò Betty, perplessa.
 “Perché lei sta seguendo l'evento per il suo giornale! Avevamo deciso di non farci vedere in giro, per via di quello che è successo dopo la nostra cena, ma ho cambiato idea!”
 Rispose sicuro.
 “E l'hai cambiata solo tu?”
 “Voglio farle una sorpresa!”
 Suo figlio non sarebbe mai cambiato. Era caparbio, prevaricatore. Da bambino era sempre stato capace di ottenere qualsiasi cosa, nascondendo i suoi desideri come fossero delle necessità di tutti. Anche in quel caso giustificava il suo bisogno di stare con lei come una sorpresa che voleva farle. Scosse la testa.
 “Perché non rispetti le sue scelte? Perché pensi solo a quello che può rendere felice te? Perché vuoi metterla in una situazione difficile con i colleghi? Ho saputo del caos che si è creato fuori dalla redazione del suo giornale! Credi che quello che fai per te stesso non abbia conseguenze anche su di lei? Dubito che i suoi colleghi siano felici delle pressioni che certe situazioni portano. Hai pensato che potrebbero licenziarla per evitare di diventare oggetto di pettegolezzi?”
 Odiava essere messo in discussione! Sua madre non sapeva nulla! Lei ne sarebbe stata felice e il resto non era importante!
 “Perché mamma? Perché non mi permetti mai di essere me stesso? Perché credi che non sappia mai quello che faccio?”
 “Perché sei egoista, Riccardo! Perché pensi solo a te stesso! Il tuo amore è... È asfissiante!”
 “Asfissiante? Stai scherzando, vero? Voglio essere lì per lei!”
 “Non dubito che tu voglia starle accanto, ma lei cosa vuole?”
 Stava raggiungendo il limite. D'improvviso si ricordò le ragioni che lo avevano portato lontano da quella famiglia e dalla sua città. Sua madre e suo padre si erano sempre sentiti in diritto di dargli consigli o peggio di giudicare le sue scelte.
 “Dimmelo tu, mammina! Dimmi quello che vuole! Sembra tu lo sappia meglio di lei e di me... Se non vuoi aiutarmi troverò un invito da solo! Non ho bisogno del tuo aiuto per entrare dove voglio!”
 Betty lo sapeva, anche in quell'occasione avrebbe avuto ciò che voleva. Sospirò sfinita.
 “Lo so! So bene che sai ottenere sempre quello che vuoi! È proprio questo quello di cui parlo! Non guardi in faccia a nessuno per avere quello che vuoi!”
 “Credevo avessi capito che sono sincero e che sono io ad aver bisogno di lei...”
 “So che la ami! So che hai bisogno di lei! E sono contenta stiate insieme e che siate felici, davvero. Ma questo tuo modo di fare mi preoccupa. Vuoi tutto e non riesci a fare un passo indietro nemmeno quando sarebbe meglio... Le farai del male...”
 “No, mamma! Ti sbagli! Non gliene farò! Vuoi aiutarmi, sì o no?”
 Prima o poi Riccardo si sarebbe scontrato con se stesso, ma forse, quella sera, anche lei sarebbe stata felice di vederlo.
 “Passa a prenderci alle nove! E per favore, vestiti in modo adeguato!” Ma sapeva bene che non l'avrebbe fatto. Quel suo carattere ribelle che tanto amava del figlio, era anche lo stesso che temeva da sempre.

 “Siete meravigliose! Sarò l'uomo più invidiato della serata!”
 Con fare plateale, mimò un inchino all'indirizzo delle due donne. Marcella rise divertita e diede un bacio all'uomo.
 “Sei carino, ma sappiamo tutti e tre che una volta arrivati alla mostra, ci lascerai sole!”
 “Non lo farò! Sono il vostro accompagnatore!”
 Replicò Riccardo con uno sguardo fintamente risentito.
 Betty lo guardò e provò un misto di allegria nel vederlo così bello e nel complesso elegante e di fastidio. Perché Riccardo era davvero incapace di accettare i rifiuti.
 Lo riprese mentre si croggiolava in sé stesso. Era incredibile quanto fosse presuntuoso.
 “Riccardo, sei mio figlio ma non sopporto quando fai così! Tuo padre è felice tu sia con noi! Io no! Quindi sali in macchina e non perdiamo altro tempo!”
 Senza minimamente considerare l'obiezione di sua madre, Riccardo sorrise e aiutò lei e la zia a salire in auto.
 All'esterno del museo c'era una folla imprevista. Molti appassionati si erano radunati per poter ammirare le opere di Valerio. Si vociferava sarebbe stata l'ultima esposizione che avrebbe fatto in Colombia. Era da parecchio infatti che voleva ritirarsi e mantenere solo la sua galleria a Soho, a New York.
 Con fare fin troppo teatrale, Riccardo si frappose tra le due donne che lo accompagnavano, prendendole sotto braccio. I flash dei fotografi, appostati nella speranza di immortalare qualche esponente dell'alta società, furono tutti per loro.
 Betty finse indifferenza e Marcella si affrettò per raggiungere l'entrata. A Riccardo non importava nulla delle chiacchiere. Era completamente indifferente a quel circo, aveva imparato fin da bambino che quello che i giornali raccontavano erano solo sciocchezze. E poi era interessato solo a lei. La mostra, l'artista, gli ospiti, la madre e la zia, i giornalisti, avrebbero potuto sparire e forse nemmeno se ne sarebbe accorto.
 Nella grande sala che apriva la mostra, un numero indefinito di persone si muoveva per ammirare le opere o semplicemente per chiacchierare e passare una serata mondana, circondati da amici e conoscenti.
 Poco dopo il loro ingresso furono raggiunti da un uomo vestito in maniera strana, che avrebbe attratto l'attenzione di chiunque, tranne quella di Riccardo. Valerio aveva immediatamente addocchiato le due donne ed era corso ad accoglierle con un abbraccio sincero che si protrasse per qualche secondo.
 Riccardo nemmeno ci fece caso, troppo impegnato a cercarla tra le persone che affollavano le sale in cui erano esposti i quadri dell'artista.
 “Ciao piccolo, Riccardo!"
 Si voltò in direzione della voce, abbozzò un sorriso di circostanza e cercò di essere gentile.
 “Maestro Villareal, è un piacere conoscerla!”
 Gli strinse la mano, impaziente che quei convenevoli finissero in fretta.
 “Ma noi ci conosciamo già, ma forse eri troppo piccolino per ricordarti di me..."
 Strinse gli occhi, cercando di ricordare in quale occasione lo avesse già incontrato, ma non riuscendo a recuperare nessun ricordo, si convinse che non fosse poi così importante.
 In fondo, per lui, quel momento non era altro che una distrazione.
 La sua impazienza non sfuggì a Valerio che gli sorrise.
 "Stai cercando la piccola Marcella?”
 “Cosa?”
 Gli chiese senza capire la domanda.
 “La tua donna, la figlia di Marcella...”
 “Sì, sta cercando lei! Il mio bambino è fatto così! È capace di usare anche sua madre per soddisfare i suoi capricci!”
 Betty si intromise, guardando il figlio di sbieco.
 Riccardo nemmeno la ascoltava, aveva infatti ormai trovato ciò che cercava e nulla avrebbe potuto distoglierlo dai suoi pensieri.
 Lei era in un angolo a parlare con una donna che guardava qualcosa che lei aveva in mano. Bellissima, concentrata su quello che faceva, le sembrò ancora più sensuale.
 Si spostò dalla madre e fece per raggiungerla. Fu Marcella a fermarlo.
 “Sta lavorando. Per favore... Riccardo, ti piacerebbe se ti interrompessero mentre lavori? È impegnata...”
 “Sì e lavora molto bene. Ho preteso mi mostrasse alcuni scatti dell'allestimento e sono davvero soddisfatto. Lo sai tesoro? Tua figlia è un capolavoro. È bellissima e ha qualcosa di speciale che ancora non ho compreso!”
 Riccardo continuava guardarla, la tentazione di correre da lei e stringerla tra le braccia lo divorava. I suoi occhi si accesero di desiderio e di amore.
 “Riccardo, non fare lo stupido e ascolta quello che ti ha detto tua zia!”
 Disse Betty, percependo i suoi pensieri.
 “Forse sei tu quel qualcosa di speciale... Hai la stessa luce negli occhi!"
 Tutte quelle sciocchezze lo indispettivano. 
 "Sai, somigli a tuo padre!”
 “Già, me lo dicono tutti!”
 Rispose con ovvietà.
 Se avesse potuto, Betty lo avrebbe volentieri preso a schiaffi. Quell'aria arrogante sembrava non abbandonarlo mai e si sentì in imbarazzo. Sospirò sconsolata.
 “E va bene... Mio figlio è solo un maleducato che non si accorge di quanto riesca ad essere patetico. Vi chiedo scusa... Beviamo qualcosa? E poi mi piacerebbe godermi i tuoi dipinti!”
 “La mia Betty deve aver scordato che una storia d'amore può far perdere la testa...”
 “No, Valerio, non l'ho dimenticato!”
 Valerio la guardò incuriosito. Marcella sembrava divertita dall'atteggiamento di Riccardo, mentre Betty sembrava quasi volesse trascinarlo via da lì. Betty gli aveva parlato di lui e di quanto fosse incapace di trovare una strada che lo rendesse felice, gli aveva anche raccontato di come aveva scoperto la loro storia e di quello che era successo prima. La conosceva molto bene ed era certo che i suoi dubbi non fossero semplici preoccupazioni. Riccardo però, gli sembrò innamorato, completamente perso in quell'amore. Lo si vedeva da come la guardava e da come avesse cancellato chiunque si trovasse accanto a lui.
 “Signore, lasciamo che il piccolo Riccardo scopra da solo la mia arte, venite! Non vedo l'ora di chiacchierare con voi!”
 Tagliò corto l'artista e in compagnia delle due donne si allontanò, lasciando Riccardo impegnato ad osservare la sua donna da lontano.
 Più che guardarla la ammirava; Francesca portava i capelli legati in una coda alta, era stuccata e indossava un semplice pantalone nero e una camicia bianca, nessun abito da sera, niente tacchi a spillo, eppure nessuna era bella quanto lei. Decise di restare defilato, ma senza perderla di vista. Rimase sempre ad una certa distanza, senza accorgersi degli sguardi che molte donne gli riservavano.
 La serata procedeva senza intoppi. I presenti erano entusiasti della mostra e sua madre, sua zia e Valerio, si erano appartatati in un angolo a raccontarsi qualcosa di evidentemente molto interessante. Lui era impaziente che tutto finisse per tornare a casa e passare la notte con lei. Aveva deciso di dimenticare il lavoro il giorno dopo. Poteva aspettare e si sarebbe occupato solo di lei e a fare progetti.
 Quando i primi ospiti, cominciarono ad andarsene la vide togliere la tracolla della macchina fotografica e riporla nella custodia. Consegnò alcuni contenitori alla donna che doveva essere a sua collega e iniziò a sistemare il resto dell'attrezzatura. Finalmente poteva correre da lei senza che i rimproveri fastidiosi di sua madre e di Marcella lo trattenessero.
 Era soddisfatto che la sua presenza fosse stata discreta e che lei nemmeno si fosse accorta di lui, le avrebbe fatto una sorpresa.
 Era a pochi passi, quando fu raggiunta da un uomo che le mise le mani sugli occhi.
 Si fermò ed osservò la sua reazione. Credeva si sarebbe arrabbiata, invece quando si girò, sorrise a quell'idiota e lo abbracciò. Strinse i pugni, facendosi quasi male, fu tentato di spezzare il braccio di quell'uomo che rimaneva fermo sul suo fianco. la gola si seccò e per un momento fu tentato di andarsene e correre a fare le valigie. Ma qualcosa lo bloccava, forse la curiosità di comprendere che cosa diavolo stesse succedendo. Si appoggiò alla parete, in disparte e fissò la scena che si svolgeva davanti a lui. Non riusciva a sentire quello che si dicevano ma lei era divertita e gli parlava allegramente. I suoi sensi era in allerta, era pronto a scattare e prendere a calci quell'idiota che si permetteva di toccarla e trascinare via lei, cancellando il sorriso che riservava ad un altro uomo.
 Non seppe per quanto tempo restarono vicini, per quanto tempo quella mano sfiorò i suoi fianchi, il tempo aveva smesso di scorrere. Un malessere lo percorreva dalla testa ai piedi e la odiò con tutto se stesso.
 L'idiota, prima di defilarsi, le diede un bacio e la vide ricambiare con trasporto, poi ricominciò a sistemare gli obiettivi e l'attrezzatura. Aspettò che la donna che le era accanto la salutasse e la raggiunse, con tutta la tranquillità che la sua rabbia gli permetteva.
 “Solo un messaggio in tutto il giorno!”
 Si voltò e sul suo volto poté leggere lo stupore ma non la gioia che percorse i suoi occhi, troppo arrabbiato per accorgersene.
 “Amore mio! Sei qui? È così bello vederti...” Francesca era sinceramente felice, gli sorrise e con un dito, cercò di sfiorargl la guancia, ma lui si spostò, evitando quel contatto.
 "Di là ci sono tua madre e la mia. Conoscono molto bene questo Valerio.”
 Gli disse con fastidio.
 Rimase per qualche istante immobile, socchiudendo gli occhi e cercando di capirlo.
 “C'è qualcosa che non va?”
 “Sono stanco, molto! Devi sbrigarti!”
 “Ho finito. Saluto il signor Valerio e sono pronta...”
 Non sapeva come reagire di fronte a quell'atteggiamento strano e freddo.
 Riccardo si spostò e la invitò ad andare e con fare presuntuoso la seguì.
 “Carissima, è stato un piacere conoscerti... E anche tu piccolo Riccardo! È stato bello rivederti... Siete il segno del tempo che passa...”
 “Spero che il nostro lavoro la soddisfi. La prego di scusarmi se abbiamo creato qualche problema!”
 Disse gentilmente Francesca stringendo la mano all'artista che la avvolse in un caloroso abbraccio, accompagnandola da Betty e Marcella.
 “Nessuno! Nessun problema! Spediscimi l'articolo, tua madre conosce il mio indirizzo...”
 Mentre lei parlava, Riccardo sembrava sulle spine.
 “Dobbiamo andare!”
 Le disse senza considerare le persone che aveva di fronte.
 “Riccardo...”
 “Mamma...”
 Disse con sarcasmo.
 “Hai dimenticato anche le buone maniere?”
 Betty era stanca e frustrata da quell'atteggiamento.
 “Betty, ha solo voglia di stare con lei! Sarà mia premura riaccompagnarvi personalmente...”
 Disse Valerio che aveva ben capito che la tensione poteva tagliarsi con un coltello.
 Francesca, che ancora non capiva cosa stesse succedendo, si rivolse allegramente a Betty e Marcella.
 “Ciao zia. Ciao mamma. Come sta il papà?”
 “Bene tesoro! Sono sicura ti chiamerà presto!”
 Rispose la madre accarezzandole una guancia.
 Rise e cercò gli occhi del compagno che si voltò come se quello sguardo lo disturbasse.
 “Va bene... Allora noi andiamo!”
 Lo disse cercando di stringergli la mano ma lui non ricambiò il gesto.
 “Ciao tesoro! Riccardo, togliti quell'espressione insopportabile dalla faccia per favore!”
 Si voltò senza rispondere alla madre, prendendo un braccio di Francesca e, senza salutare, la trascinanò quasi di peso.
 Camminava velocemente, come se dovesse scappare da qualcosa, senza pensare al pesante trolley che conteneva il materiale e che lei cercava di sorreggere con una sola mano.
 Si fermò di scatto e con uno scossone, si liberò dalla sua presa.
 “Mi stai facendo male! Che ti succede?”
 Si voltò, guardandola inviperito e si parò a pochi centimetri dal suo volto.
 “Non sopporto mia madre quando mi tratta come un ragazzino e anche quel cretino che fa tanto l'amico! Ti ho detto che sono stanco e voglio andare a casa!”
 “Va bene, ma perché mi stringi così il braccio? Mi stai facendo male davvero!"
 "Allora cerca di muoverti!"
 "Chicco, ho la mia auto..."
 "Che significa?"
 "Che se sei stanco puoi avviarti! Io devo sistemare queste cose in macchina... E ci vorrà qualche minuto!”
 Sul volto di Riccardo, comparve un ghigno sarcastico e cattivo.
 “Magari devi anche portare il tuo lavoro da Bolanos?”
 “Ma no! Ha tutto Barbara...”
 Si giustificò.
 “Allora muoviti per favore! Dammi questa dannata borsa! E facciamola finita! Vieni a casa con me e penseremo alla tua macchina domani!”
 Le strappò il trolley dalle mani e non le diede il tempo di replicare.
 Finalmente i fotografi avevano qualcosa da fare. Non appena misero il naso fuori dall'ingresso, cominciarono a spingere per riuscire ad ottenere lo scatto migliore. Francesca era mortificata da lui e impreparata a quell'assalto, inciampò in un gradino e quasi cadde. Lui la sorresse e si mise a spingere i paparazzi che non le davano tregua. Quando finalmente raggiunsero l'auto, la fece sedere in fretta e buttò nel bagagliaio il trolley, senza nemmeno pensare che potesse danneggiare la macchina fotografica e i vari strumenti.
 “Si può sapere che ti prende?”
 “Non aprire bocca! Mi pare di averti già detto che sono stanco!”
 Lo guardò ancora per qualche secondo e poi si voltò verso il finestrino e si limitò a tacere. Non l'aveva mai visto comportarsi in quel modo. Era arrabbiata e avrebbe voluto capire cosa stasse succedendo per riscire a reagire. Conosceva Riccardo e  sapeva che qualcosa l'aveva turbato, ma quell'espressione dura e seria proprio non riuscì ad interpretarla. Si limitò a restare in silenzio mentre lui guidava l'auto senza considerare il codice stradale.
 Parcheggiò l'auto e scese immediatamente, sbattendo la portiera che fece un rumore sordo.
 Senza aspettarla entrò nel palazzo.
 Lo guardò allontanarsi e con calma e cura, scaricò il trolley sperando che nulla si fosse rotto. Sospirò e lentamente raggiunse il suo appartamento.
 La porta era rimasta accostata e la spinse piano, entrò e si guardò in giro, cercandolo. Sentì il rumore dell'acqua e capì che fosse in bagno, sotto la doccia.
 Sempre più sconcertata, si tolse la giacca e controllò che non ci fossero problemi all'attrezzatura.
 Si inginocchiò e aprì la borsa, accertandosi che la poca attenzione non avesse creato qualche danno.
 Rimase immbile per qualche istante, guardando la macchina fotografica, indecisa se raggiungerlo, ma decise di aspettare che finisse e andasse in camera.
 Corse in bagno, si spogliò e lasciò che l'acqua bollente le scaldasse il corpo e il cuore. Rimase a lungo senza muovere un muscolo, cercando di non pensare a quello che stava succedendo. Quando si ridestò, con calma si avvolse nel grande asciugamano che poco prima aveva usato lui e aspirò il suo odore. In quel momento sentì gli occhi pungere ma si sforzò di non piangere. Sistemò l'asciugamano e si guardò allo specchio.
Un grosso livido sul braccio la fece trasalire. Era la prima volta che un uomo le lasciava un segno tanto brutto e incomprensibile ed era stato lui a farglielo. Lo toccò con le dita e si morse un labbro: le faceva male.
 Non capiva cosa lo avesse sconvolto, cosa lo avesse portato a comportarsi in quel modo, ma nulla giustificava quello che aveva fatto e lei non gli avrebbe mai più permesso di farle del male.
 In nessun modo. Si preparò a quello che credeva inevitabile e giurò a se stessa che non avrebbe pianto, non lo avrebbe pregato. Avrebbe semplicemente accettato le sue scelte. Sarebbe stato terribile, ma ce l'avrebbe fatta, come sempre.

 Lui era a letto, con il portatile sulle gambe.
 Provava un dolore forte allo stomaco e alla testa.
 Non riusciva a spiegarsi cosa gli fosse successo. Sapeva solo che non aveva mai provato nulla di tanto negativo in tutta la sua vita. Avrebbe solo voluto far del male fisico a quell'uomo e... E cancellare lei dalla sua vita. La sua razionalità era venuta meno.
Con lei non era mai stato razionale, con lei reagiva d'istinto. Era sempre stato così. Lei gli rubava la ragione.
 Per un momento odiò lei e il suo amore, odiò se stesso e la dipendenza in cui era caduto.
 La sua vita era stata sempre facile, aveva sempre saputo ciò che voleva essere e non era mai stato difficile programmare tutto. Ma da quando il dolore di saperla persa, lo aveva portato a lei, non aveva più alcuna certezza. C'era solo lei.
 Era destabilizzato, confuso.
 Non poteva essere gelosia, non era mai stato geloso. Mai.
 Non era mai stato geloso... Eppure il dolore che aveva provato e che ancora scorreva nelle sue vene, non sembrava completamente sconosciuto. Era simile a quelle piccole fitte che provava ogni volta che leggeva di lei e dei suoi amanti, o a quel malessere provato quando aveva scoperto che si sarebbe sposata con un modello, o a quando l'aveva vista stringere la mano ad un conte francese. Era un dolore simile, ma amplificato, esasperato.
 Finse di non accorgersi di lei e non la guardò quando si infilò sotto le coperte, continuò a fissare lo schermo del suo portatile, mostrandosi indifferente.
 La sua voce giunse alle sue orecchie, accarezzandolo dolcemente.
 “Credevo fossi stanco!”
 “Lo sono, ma devo rispondere a delle mail. Sta' tranquilla: non ti disturberò a lungo!”
 La sentì deglutire rumorosamente.
 “Cosa vuoi dire?"
 Si voltò e la guardò con durezza.
 “Quello che ho detto!”
 “È finita? È questo che stai dicendo? È il nuovo modo che hai trovato per scappare da me? Mio Dio, scappare... Come se ti avessi chiuso in una gabbia!”
 “Sei pazza!”
 Disse con fastidio. Ma ci aveva pensato. Aveva pensato di andarsene e di tornare a condurre la vita che conosceva e in cui si era sempre sentito così sicuro.
 “Fammi sapere quello che vuoi fare! Se vuoi domani posso uscire e lasciarti preparare le tue cose con calma!”
 Si avvolse nelle lenzuola e chiuse gli occhi.
 “Ma che diavolo dici?”
 Buttò il portatile in un angolo e puntò gli occhi su di lei, che sembrava gli avesse letto dentro.
 Lei era girata su un fianco e non lo considerò, dentro si sentiva morire, ma non gli avrebbe dato la soddisfazione di vedere la sua disperazione.
 In un attimo notò quel grande segno violaceo sul braccio e provò un senso di vertigine.
 “Cos'hai fatto? Cos'è quel livido?”
 Si sollevò, guardandolo stupita.
 “Stai scherzando? Ti avevo detto che mi stavi facendo male!”
 “Sono stato io?”
 Scosse la testa con rassegnazione e sorrise.
 “Per una volta, Chicco, una sola volta, vorrei che tu mi dicessi perché? Cos'ho fatto?”
 Le guardava il braccio e si sentì male. Le orecchie gli fischiarono.
Mai! Mai nella vita avrebbe voluto farle del male. Mai avrebbe pensato di lasciare sulla sua pelle un marchio così terribile Era stato lui a farle del male? Era davvero stato lui a segnarla in quel modo. L'idea di far del male a chiunque, gli era insopportabile eppure lo aveva fatto a lei. A lei che era la donna della sua vita, il suo amore. Non si era nemmeno accorto di averle stretto il braccio in quel modo, tanto era accecato dalla rabbia. Cos'era scattato in lui? La gelosia gli aveva annebbiato la mente al punto da aver smesso di ragionare.
Aveva smesso di ragionare!
 Le sfiorò il braccio facendola ritrarre. Quel suo gesto era molto più eloquente di qualsiasi parola. Aveva paura che potesse farle ancora male!
 “Non volevo... Scusami! Dimmi che sai che non volevo farti male...”
 La supplicò con un filo di voce.
 “Io non lo so! Io non so cosa sia successo! Perché tu mi abbia trattata in quel modo! Ma immagino sia dovuto al fatto che più siamo vicini, più il tuo modo di troncare la nostra storia, o quello che è, sia drastico e crudele! L'hai detto tu!"
 Le lacrime le riempirono gli occhi e lui sentì la nausea crescere e un forte dolore allo stomaco. Lei non lo guardava più e cercava di essere forte e non piangere.
 “No, no amore mio!”
 La sollevò fino ad abbracciarla e la strinse sussurrandogli che non avrebbe potuto vivere senza di lei, che non avrebbe mai voluto farle del male e che si faceva schifo da solo per quello che aveva fatto. La pregò di perdonarlo e quando la sentì piangere, lasciandosi vincere da quelle parole, la scostò e le diede un bacio sulla bocca. La guardò e con il pollice le asciugò le lacrime.
 “Giurami che mi credi! E che non mi lascerai anche se sono un idiota inqualificabile!”
 “Perché?”
 “Ho perso la testa! Io... Io credo di essere geloso! Quando l'ho visto darti un bacio io...”
 “Chi? Di cosa parli?”
 Chiese cercando di capire a cosa si riferisse.
 “Di quell'uomo con cui parlavi! L'hai detto tu, non sapevi fossi lì e ti ho visto! Ti ho visto abbracciarlo e baciarlo!”
 “Parli di Artur? È un mio amico... Eravamo in classe insieme! È sposato e sua moglie è anche incinta... Gli stavo solo facendo le congratulazioni...”
 Un idiota! Un idiota meschino e stupido.
 “Ma io non lo sapevo. Ho pensato... Non so nemmeno a cosa abbia pensato o forse non ho pensato a niente, ma ho provato il desiderio di prenderlo a botte!”
 Glielo disse con disperazione, pregandola con gli occhi di perdonarlo e capirlo.
 “Sei geloso di me? Tu?”
 “Sì, è assurdo! Hai avuto tanti amanti e solo oggi mi accorgo che immaginarti tra le braccia di qualcuno mi fa male...”
 “Non ne ho avuti così tanti...”
 “Vorrei che tu fossi stata solo mia! Lo so, sono egoista e maschilista, ma... Sono ridicolo, lo so!”
 Le stringeva le mani sul volto, guardandola negli occhi e a lei non era mai sembrato tanto indifeso.
 “Sei dolce... Ma davvero non devi essere geloso!”
 “È irrazionale!”
 "Già... Chicco... Mi hai fatto del male!"
 "Per favore... Ti prego, perdonami!"
 E mentre lo diceva la strinse cercando di rassicurarla e perché lei curasse il male che provava.
 Con il viso sul suo petto, sospirò e si strinse a lui.
 "Giurami che gli unici segni che lascerai su di me, saranno quelli dei tuoi baci! Giurami che mi toccherai solo per accarezzarmi! Devi giurami che su di me, sentirò solo il tuo profumo! Non farmi mai più del male!"
 "Te lo giuro! Te lo giuro sulla mia vita! Mai più, piccola! Per favore, dimmi che mi perdoni! Dimmi che sai che non volevo! Non volevo..."
 Poteva sentire il suo corpo tremare, devastato da quello che le aveva fatto. Si staccò da lui e lo guardò. Gli accarezzò un guancia e sorrise.
 "Oh, Chicco, prima o poi mi farai impazzire davvero! So che non volevi farmi del male! Ma... Ma vorrei che tu mi parlassi, che ti aprissi... Non devi più respingermi! Lo hai sempre fatto... Ti chiudevi e mi obbligavi ad andare via ed è... È destabilzzante! Ti assicuro che è molto più doloroso di questo livido! Quindi, ti prego, parla con me!"
 Come se non riusisse a staccarsi da lei, tornò a baciarla e con quel bacio pieno di amore, volle trasmetterle tutte le sue emozioni.
 "Sei così speciale, Farfallina! Tu riesci a sconvolgermi completamente! Sono pazzo! Pazzo di te, di quello che sei e di ciò che sai darmi! Giurami che non mi lascerai mai! Giurami che sarai sempre pronta a capirmi e ad accettarmi!"
 Gli spostò una ciocca di capelli dalla fronte. Riccardo gli sembrò completamente diverso. La sua sicurezza, la sua superbia, l'arroganza, erano sparite. Sul suo volto c'era solo vergogna per ciò che le aveva fatto e bisogno. Bisogno del suo perdono e bisogno di lei.
 "Sempre, Chicco! Sono tua! Non devo accettarti, devo solo amarti! E ti amo da sempre! Tu lo sai, Chicco! Da sempre!"
 Le parve di scorgere nei suoi occhi delle lacrime, ma rimasero tra le sue lunghe ciglia, o forse caddero sulla sua pelle, perché le baciò piano il braccio e sentì le sue labbra calde su quel livido. Fu un contatto così leggero, che riuscì appena a percepirlo, sentì la sua pelle bagnarsi e il suo respiro percorrere il suo profilo fino al collo.
 "Ogni giorno ti bacerò quel livido fino a quando non sarà scomparso. Ogni giorno ti amerò di più! Ogni giorno, per tutti i giorni della mia vita, ricorderò ciò che ti ho fatto! Ogni giorno curerò questo livido e tutte le altre ferite che ti ho inferto!"
 La prese tra le braccia e la strinse per sentirla, per assaporarla, perché fosse sua. Non era necessario essere dentro di lei era averla, stavano facendo l'amore anche se i loro corpi erano divisi. Facevano l'amore con le mani, con le carezze, con i tocchi lievi sulle loro schiene.
 Sprofondarono tra le lenzuola, senza mai staccarsi, lei col viso affondato sul suo petto, lui che la avvolgeva con le braccia e nascondeva il volto tra il suo collo e la sua spalla.
 Il tempo perse importanza, si lasciavano cullare dalla musica dei loro cuori e dei loro respiri.
 Il silenzio li avvolgeva e li nascondeva persino da loro stessi.
 A spezzarlo, fu lei, che con voce tremante e incerta gli chiese:
 “Quante donne hai avuto, Chicco?”
 “Cosa?"
 "Quante donne hanno condiviso il tuo letto."
 "Perché me lo chiedi?"
 "È così difficile rispondermi?"
 "No! Non lo è! Tu sai quante donne ho avuto..."
 Sospirò e dopo qualche secondo continuò.
 "Sono state importati per te..."
 "Hanno solo condiviso una parte del mio tempo, ma nessuna ha mai contato nulla! Nessuna contava davvero!”
 Interruppe il loro abbracciò e cercò i suoi occhi.
 “Chicco Ho fatto l'amore solo con te!”
 “Anche io, amore mio!”
 Le disse, sorridendo.
 “No, è vero! Ho avuto tanti fidanzati ma non ho mai fatto l'amore con nessuno...”
 Le sue guance si colorarono e l'imbarazzo le fece abbassare lo sguardo. Si rifugiò sul suo collo.
 Riccardo sentì che il suo cuore accelerava, che si riempiva di tenerezza. Non seppe descrivere l'emozione che provò, ma fu qualcosa di così intenso che sentì ogni fibra del suo corpo sussultare e la strinse forte.
 “È vero?”
 Riuscì a dire con un filo di voce.
 “Non te l'avrei detto...”
 E la strinse ancora di più, come se volesse che i loro corpi diventassero uno solo.
 "Chicco... Ahia! Mi fai male...”
 Non la ascoltò tanto era il bisogno di averla addosso.
 “Hai fatto l'amore solo con me...”
 Ripetè più a sé stesso che a lei.
 “Sì! Tu sei sempre stato l'unico! Per me sei sempre stato tutto!”
 La obbligò ad alzare il viso e si avvicinò alle sue labbra, sfiorandole il naso col suo.
 "Perché non me l'hai mai detto?"
 Sorrise amaramente.
 "Non mi avresti creduto... E poi hai sempre dato per scontato che quei pettegolezzi fossero veri!"
 Le baciò le labbra.
 “Se potessi tornare indietro, non ti lascerei mai più sola!”
 “Non lasciarmi ora!”
 "Non posso, piccola! Non posso proprio vivere senza di te!"
 La spogliò per sentire ogni centimetro della sua pelle, la baciò dappertutto, rubandole il piacere e respirando i suoi gemiti. Le loro anime erano unite come i loro corpi. Il loro sangue si mischiò, come la loro essenza.
 Erano una cosa sola.

 Betty, Marcella e Valerio avevano parlato a lungo quella sera. Era stato un po' come annullare il tempo che li aveva separati. Fu una bella serata e le due donne si fecero riaccompagnare a casa con la promessa di vedersi presto. Marcella aveva invitato Valerio a cena ma l'uomo, troppo impegnato con la mostra, che si sarebbe conclusa in pochi giorni, sarebbe rientrato a New York subito dopo. Era tardi e Betty, prima di raggiungere Armando nel loro letto, si sedette in veranda a bere una tisana. Si stupì quando il suo telefono squillò.
 “Marcella, va tutto bene?”
 “Sì... Cioè no! Betty, perché non sei felice per loro?"
 Le chiese tutto d'un fiato.
 “Ti sbagli, lo sono e ti giuro che ho sognato tante volte si mettessero insieme...”
 “Lo sai da molto? Di loro? Lo sai da quando?”
 “Lo so da poco più di un anno. Ma non me l'hanno detto loro! Ho ascoltato una loro conversazione e ho tirato le conclusioni! Poi mio figlio l'ha confermato!”
 “Ma tu hai lasciato che le stesse lontano per un anno...”
 “Non è così! Lei lo aveva lasciato. La loro è stata una storia strana, incomprensibile, Marcella! Io ho solo chiesto a Riccardo di rispettare la sua decisione! Anche quando insisteva nel voler riallacciare i rapporti!”
 “Ma se davvero si amano...”
 “Sì, si amano! Ma lui le ha fatto molto male, Marcella! Mio figlio ha fatto del male a tua figlia e non sai nemmeno quanto! Ora lui è tornato... E io credo che si impegnerà, che davvero voglia renderla felice! È sincero e lei è... Oh Marcella tua figlia è una donna meravigliosa. È dolce, buona, intelligente! Lei è perfetta. Ma mio figlio nasconde un lato che non capirò mai. Non so cosa abbia sbagliato, ma dentro ha qualcosa di irrisolto...”
 “Io credo che sia lei quel lato di lui... Ora sono insieme!”
 “Sono arrabbiata con lui! Lo amo più di me stessa, ma il suo atteggiamento... Sembra che tutto gli sia dovuto!”
 “Anche Armando era così...”
 “È vero, ma ho insegnato a mio figlio a rispettare le persone!”
 “Credi non la rispetti?”
 “Non dico questo! Ma anche questa sera ha voluto essere presente quando lei non glielo aveva chiesto... E quando si è attardata sembrava non la capisse. Io so che si ameranno sempre, ma ho paura che mio figlio faccia degli errori ed entrambi ne paghino le conseguenze!”
 “Anche Nicola la pensa come te!”
 “Mi dispiace! Mi spiace che proprio mio figlio sia stata la causa di un litigio tra lui e Francesca.”
 “A lui passerà! E anche a te! Non riusciremo a tenerli lontani, a separarli! Lo sai anche tu. E dobbiamo sostenerli... E se qualcosa dovesse andare storto saremo lì a raccogliere i pezzi. Di entrambi, Betty. Perché io non ho mai visto tuo figlio tanto convinto di qualcosa! Non è scappato davanti a mio marito. E sono certa che farà di tutto per far funzionare le cose!”
 “Lo spero, amica mia!”
 Riattaccò il telefono e raggiunse il marito, si accoccolò accanto a lui che la abbracciò.
 Amava Riccardo, era il suo bambino. Lo ammirava per tutto quello che era riuscito a conquistare da solo. Era caparbio, intelligente, brillante, ma era sempre fuggito dai suoi sentimenti e dai problemi. In un certo senso era rimasto un ragazzino viziato, che aveva sempre preso tutto e restituito poco. E da Francesca aveva preso troppo. Pregò perché le rendesse parte di ciò che le aveva tolto. Perché Francesca meritava di essere felice e lo meritava anche lui. Chiuse gli occhi e lasciò andare i pensieri negativi, sperando fossero solo paure senza fondamento.

 Aveva aperto gli occhi solo da qualche minuto ma non aveva mosso un muscolo. Era girata su un fianco e sentiva ancora le stesse emozioni della notte appena passata. Il letto era impregnato del loro odore ed era come se la sua pelle fosse ancora sensibile dopo i baci che lui le aveva dato.
 La camera era in penombra e la figura del suo uomo, leggermente illimitata dalla luce dello schermo del suo portatile, era la cosa più bella che avesse mai visto.
 La bocca era piegata in un leggero sorriso, i capelli, forse un po' troppo lunghi, ricadevano leggeri sulla fronte e le ciglia lunghe e folte incorniciavano i più begli occhi che avessero mai guardato il mondo. La vista delle sue spalle forti, la fecero sospirare e continuò ad osservare il suo torace che si alzava ed abbassava leggermente e regolarmente, evidenziando tutti i muscoli del petto. Le sue lunghe dita, appoggiate sulla tastiera del computer si muovevano come se stesse suonando un pianoforte... Era bellissimo e così incredibilmente sexy che sarebbe rimasta a guardarlo per ore, per giorni interi, senza mai stancarsi.
 Lui non si era accorto che si fosse svegliata. Sembrava impegnato in qualcosa di molto importante.
 “Ciao!”
 Gli disse con una dolcezza che gli destò l'anima.
 “Amore mio... Sei sveglia! Ti ho disturbato io?”
 Allungò un braccio e le accarezzò la guancia con il dorso della mano.
 “Sì! Hai smesso di abbracciarmi...”
 Lo rimproverò imbronciata.
 “Scusami!”
 Appoggiò il computer sul letto e tornò a sdraiarsi accanto a lei baciandole le labbra e avvolgendola tra le sue braccia.
 “Così va meglio!”
 “Come stai?”
 “Bene... Non sono mai stata tanto bene!”
 Gli disse con un sorriso malizioso sulle labbra. Lui rise felice.
 “La mia dolce farfallina birichina...”
 Si guardavano negli occhi, sfiorandosi appena le labbra. In quel momento non erano necessarie le parole, i gesti erano più importanti, ma un pensiero sfiorò la mente di Francesca.
 “Chicco, per te è così importante che tu sia stato l'unico? È cambiato qualcosa? Mi vedi in modo diverso?”
 Gli domandò con una strana espressione.
 “No, Farfallina! Non è così importante! Ti amavo ieri e ti amo oggi e domani ti amerò di più... Solo che io non lo immaginavo! È... È strano! Sei così imprevedibile!”
 Gli rispose con una dolcezza che lei non aveva mai conosciuto.
 “Solo perché non ho mai fatto l'amore con nessuno?”
 Continuò dubbiosa.
 “No! Perché sto scoprendo ogni giorno qualcosa di te! E ogni cosa mi stupisce, mi emoziona. Sei così speciale!”
 “Davvero?”
 “Sì, davvero. Non sarebbe stato importante con quanti uomi tu fossi andata a letto, saresti stata la stessa donna che amo con tutto il cuore! Ma sono deluso da me stesso per non aver capito! Io... Io non ho mai capito davvero che sei semplicemente meravigliosa!”
 “E tu? C'è stata qualcuna con cui hai pensato di costruire qualcosa? Non rispondere che sono io! Hai avuto tante storie, hai portato nella tua vita molte donne!”
 La osservò per qualche istante, leggendo nei suoi occhi qualcosa che non aveva mai davvero visto: curiosità e gelosia.
 “Fino a quando non mi hai lasciato lo scorso anno, non ho mai nemmeno pensato di “costruire” qualcosa... Ma non mento se ti dico che sei l'unica con cui abbia parlato del futuro! Sei l'unica a cui abbia mai detto "ti amo"! Perché sei l'unica che è sempre stata nel mio cuore...”
 In quelle parole, Francesca trovò le rassicurazioni di cui necessitava. Appoggiò la sua mano sulla sua guancia, cercando la sua pelle sotto la barba e sorrise.
 “Ti amo tanto, Chicco...”
 “Anche io! Con tutto me stesso!"
 Poi, ricordandosi improvvisamente di qualcosa, cambiò espressione che da dolce e innamorata divenne impaziente ed eccitata.
 "Vuoi vedere una cosa?”
 Recuperò il computer e lo girò verso di lei.
 “Io non capisco nulla di quello che fai!”
 Gli disse un po' delusa.
 “Non sto lavorando... Guarda!”
 La rassicurò lui con pazienza.
 Le mostrò lo schermo del computer dove c'erano foto e descrizioni di case e appartamenti che aveva selezionato e che riteneva ideali per loro.
 “Quale ti piace? Potremmo andare a vederle quando avrai tempo...”
 Era intontita e incredula.
 “Vuoi... Vuoi davvero comprare una casa per noi?”
 “L'hai detto tu! Ho bisogno di più spazio... È carino qui, ma è piccolo!”
 Il suo sorriso era contagioso e la coinvolse completamente. Dopo aver guardato per qualche minuto le foto e le descrizioni, gli indicò con l'indice un'immagine in particolare.
 “Domani pomeriggio potremmo vedere questa...”
 “Anche a me piace! È quella che speravo scegliessi!”
 Francesca buttò le braccia intorno al suo collo, come un bambina felice e lui ricambiò quel gesto, abbraccinadola. Senza accorgersene, le toccò il braccio e lei trasalì senza farlo apposta.
 Quando se ne rese conto, si ritrasse, come se temesse se stesso. Si sentiva male: era colpa sua, era lui ad averle provocato quel segno doloroso.
 “Non volevo...”
 Le sussurrò mortificato.
 “Lo so!”
 Prese la sua mano e la portò sul suo fianco, invitandolo ad abbracciarla. Quel gesto lo rassicurò e lo fece sentire in pace.
 “Sei tutto, Francesca!”
 “Sei tutto, Chicco!”
 E lo volle dentro di lei, perché aveva bisogno di lui e perché sapesse che non aveva paura delle sue mani e del suo corpo. Si amarono, si presero e si completarono come fossero dei pezzi di un puzzle che per troppo tempo era rimasto incompleto.

 Stavano mangiando sul letto, nudi. Non era una vera cena, non sapevano nemmeno che ore fossero. Mangiavano quello che avevano trovato in casa, qualche mela e della cioccolata e bevevano del vino direttamente dalla bottiglia. Lui la stuzzicava, le faceva il solletico e qualche dispetto e lei rideva. Era felice e lo abbracciava, lo baciava e lo accarezzava.
 "Farfallina, vuoi che cucini qualcosa? Non sono uno chef, ma me la cavo!"
 "Lo so! Ma non ho fame..."
 "Non hai fame? Davvero?"
 Le chiese incerto.
 "No! Ma voglio fare l'amore! Pensi sia una cattiva idea?"
 Quanto era bella quando rideva. Era il suo sorriso ad essergli mancato più di ogni altra cosa. Il suo sorriso e la sua spontaneità. Francesca non aveva inibizioni con lui, era sempre stata se stessa e non aveva mai provato alcuna remora a chiedergli di amarla. E anche quel suo lato lo ammaliava. Era ingenua e spontanea come una ragazzina, ma sapeva amare come nessuna.
 Non era stato necessario risponderle, aveva semplicemente lasciato che lei facesse di lui ciò che desiderava.
 Non era difficile perdere qualsiasi cognizione del tempo quando erano uniti. A scandirlo, bastavano il piacere e la passione, l'amore che nutrivano l'uno per l'altra e quel senso di appagamento, continuava anche quando i loro corpi si staccavano, perché la loro pelle continuava ad essere bollente e a bruciare per la loro vicinanza.
 Si accoccolò sul suo seno, ammaliato dal suo cuore che batteva ancora in maniera irregolare e si beò delle sue dita che accarezzavano la barba.
 "Ti piace tanto la barba?"
 Gli chiese ridendo.
 "A te no? Vuoi che mi rada?"
 "Lo faresti davvero?"
 "Ma sì... Vuoi che lo faccia?"
 "No! Mi piace accarezzarti, sembri un gattino!"
 Rise divertita.
 "Un gattino?"
 Alzò gli occhi, incontrando i suoi che erano allegri e brillanti.
 "E sei bellissimo con la barba... Lo sei anche senza... Tu sei bellissimo!"
 Constatò sicura.
 "Ti sei innamorata di me per questo?"
 Le chiese gonfiando il petto come un pavone.
 "Oh no, io ti amo da sempre, da prima di capire cosa fosse la bellezza! Da bambina non pensavo che tu fossi bello, ma che tu fossi dolce. Ti volevo bene perché con te stavo bene! Poi... È sempre stato così! Ti amo perché solo con te sono serena, sono felice. Ma sei bello... E non mi dispiace!"
 Aveva riso e gli aveva dato un bacio sulla fronte quando lui si era girato completamente verso di lei. E le sue vene, oltre al sangue, portarono al suo cuore la tenerezza.
 "A volte mi sembra di rivedere ancora la stessa bambina che mi assillava per ore..."
 Le sussurrò, stregato dalla sua donna
 "Perché pensi che ti assilli anche ora?"
 Scherzò lei.
 "No, perché a volte hai la stessa innocenza di allora e poi è un ricordo piacevole! Perché non riuscivo a fare a meno di te! Mi assillavi ma quando non lo facevi mi mancavi... Eri dolce e lo sei anche ora!"
 "Io ti amavo... Tu nemmeno mi vedevi, soffrivo!"
 Disse con falso risentimento.
 "Mi dispiace, davvero!"
 Le fece eco con sincerità.
 "Non era colpa tua! Forse, ripensandoci, ero piuttosto invadente e tu eri già un uomo!"
 "Non parlo di allora... Mi dispiace per il resto! Parlo di quello che ti ho fatto dopo!"
 Sospirò e dopo qualche secondo gli disse:
 "Ma ora sei qui... Io penso che non sia importante il passato! Anche io ti ho fatto del male, anche se non volevo! Abbiamo fatto degli sbagli, ma alla fine siamo qui e io non ti ho mai amato tanto..."
 Come riusciva a trovare sempre le parole giuste per acuietarlo? Come faceva a dargli la pace ogni volta che provava disagio? Sapeva rassicurarlo, confortarlo, rincuorarlo.
 Sapeva come cancellare i dubbi e le paure.
 E in quel momento si rese conto che doveva sapere. Sperò che lei si aprisse, aveva bisogno di conoscere quello che era successo, quello che aveva vissuto. Non l'avrebbe obbligata a parlare, perché poteva solo immaginare quello che avrebbe significato rivivere quel momento, ma doveva chiederglielo. Si prese qualche istante e poi parlò con calma.
 "Cos'hai provato, piccola?"
 "Non mettermi in imbarazzo! Lo sai quello che ho provato!"
 Gli disse ridendo.
 "Facciamo l'amore da sempre... Siamo chiusi in questa camera da non so quanto tempo e fino a dieci minuti fa ti muovevi su di me e mi facevi impazzire... Eppure riesci ancora ad arrossire..."
 "Lo so, sono stupida!"
 "No, non lo sei! Sei tenera, ingenua, nonostante tutto quello che ti ho fatto, non hai perso la tua spontaneità. Ti amo per questo e per mille altre ragioni... Ma non parlavo di quello che hai provato quando abbiamo fatto l'amore..."
 "No? E a cosa ti riferisci? Cosa vuoi sapere?"
 Chiese perplessa.
 "Non sei obbligata a dirmelo! Se non vuoi, posso capirlo! Voglio che tu sappia che non insisterò né ora né mai... Ma io ho bisogno comunque di chiedertelo!"
 L'espressione di Francesca si fece più cupa, come se avesse percepito a cosa si riferisse.
 "Piccola, cos'hai provato? Cosa hai sentito quando hai saputo di aspettare nostro figlio?"
 La sentì deglutire ma continuò. Le avrebbe lasciato tutto il tempo per rispondere e se non avesse voluto dirglielo, non glielo avrebbe più chiesto.
 "E dopo? Quando hai preso quella decisione?"
 "Perché lo vuoi sapere?"
 Chiese con la voce che tremava.
 "Perché voglio tutto di te! Anche il male! Perché sono io ad avertelo fatto!"
 Respirò a fondo e inghiottì più volte. Si mise seduta e si coprì con il lenzuolo, evitando di guardarlo negli occhi.
 "Io... Io non lo so! Forse... Per un momento, uno solo, ho sentito di amarlo... Poi... Non lo so! Ero confusa..."
 "Piccola... Non devi dirmi niente se non vuoi!"
 Cercò i suoi occhi che lo evitavano e quando finalmente riuscì a trovarli, le impose di non rompere quel contatto.
 "Rispetterò il tuo silenzio! Ne hai diritto e non voglio riaprire quella ferita!"
 Ci pensò e capì che se lei aveva il diritto all'oblio, lui aveva il diritto alla verità. E sapeva di aver taciuto per troppo tempo. Meritava di sapere.
 "No... Riguarda anche te!"
 Gli prese la mano destra e la portò al suo cuore.
 "Era il nostro amore..."
 Quelle parole gli morirono in gola e dovette schiarirsi la voce più volte per riuscire a continuare.
 "Io... Ho pensato che fosse impossibile. Quando mi ha sfiorato l'idea di una gravidanza, credevo fosse una fantasia... Una volta. Avevamo fatto l'amore senza precauzioni una sola volta. Non potevo essere incinta. Non era possibile. Ho pensato che quel ritardo fosse dovuto ad altro, perché ero stressata e stanca. E poi..."
 Gli occhi si riempirono di lacrime e quando le bagnarono le guance, lui fu pronto ad asciugarle.
 "...E poi quello che era successo mi aveva distrutta. Mi sono sentita male fisicamente per giorni, facevo fatica persino a mangiare. Quindi mi ero quasi convinta che quel ritardo fosse dovuto a quello. Ero a casa da più o meno 4 settimane ed ero chiusa nel mio appartamento. Incapace di fare qualsiasi cosa... stavo così male, Chicco!"
 Lui cercò di avvicinarsi e di abbracciarla, ma lei lo pregò di lasciarla continuare.
 "Ero sola, tu mi avevi lasciato, mia madre mi odiava... Solo mio padre era venuto a trovarmi... Era l'unico che non mi disprezzava completamente per quello che avevo fatto, mi disse che quella farsa del matrimonio era conclusa, che era stato annullato ed era come se non fosse successo nulla. Ma era successo tutto invece, Chicco... tutto era cambiato."
 La ascoltava e rivisse quei giorni sulla barca e lo stomaco sembrò contorcersi ripensando a ciò che le aveva detto. Chiuse gli occhi e si passò una mano tra i capelli. Faceva fatica a guardarla, perché il dolore che aveva provato era dipinto sul suo volto.
 "Non riuscivo più a fingere che avrei potuto farcela! Quello che c'era tra noi... Il nostro rapporto era troppo doloroso e mi stava consumando. Non ero nemmeno più certa fosse amore. Forse era un'ossessione. Pensavo a te e a cosa stessi facendo in quel momento. Ed ero sicura che tu stessi pensando solo a te stesso e ai tuoi obiettivi, ai tuoi traguardi, alla tua vita. E io non ne facevo parte. Perché vedi, Chicco, io ci avevo provato in ogni modo. Con l'amore, la dolcezza. Avevo provato a darti tutta me stessa. Ho provato a fingere indifferenza e di essere forte, ho sposato un altro uomo per dimostrarti che potevo fare ciò che volevo... Ma ti avevo supplicato di venire da me. Stavo così male senza di te, non mi ero mai sentiva così sola! Ti avevo chiesto di raggiungermi. Di amarmi! Lo ricordi? Ti avevo solo chiesto di amarmi!"
 Ormai la sua voce era rotta dai singhiozzi. Singhiozzi che lo torturavano ed erano dolorosi come qualcosa che gli lacerava la pelle. Fece per dire qualcosa ma oramai Francesca doveva dirgli tutto.
 "No... Aspetta... Non aprire bocca! Non parlare! Non ti sto accusando di nulla! Ma mi hai chiesto quello che ho provato..."
 Annuì, sperando di riuscire a guardare il male in faccia che le aveva fatto.
 "Ecco, ho accantonato quel pensiero! Per qualche giorno ho finto che presto mi sarebbe arrivato il ciclo, che i miei erano solo degli stupidi dubbi. Ma stavo sempre peggio. Nausee, piccoli dolori che non sapevo spiegare! Sono uscita e ho comprato un test. Lo sai? L'ho guardato per ore! Cercavo di convincermi che era giusto farlo... Ma avevo paura! Ero terrorizzata! Avrei voluto non essere sola... Poi, semplicemente, l'ho fatto. Ed era positivo. E per un momento, solo per qualche secondo, ho pensato che sarebbe stato meraviglioso! Mentre cercavo il tuo nome sul cellulare, ti giuro che non riuscivo a leggere nulla, le lacrime mi impedivano di vedere chiaramente. Poi ho realizzato che noi non eravamo una coppia. Che tra noi c'era solo dolore, ma soprattutto ho ricordato le tue parole e quelle lacrime, forse di gioia, forse di dolore, sono finite. Ho smesso di piangere, ho chiamato un medico per una visita e ho praticamente smesso di pensarci. Fino a quando il medico mi ha visitata... All'inizio ricordo che sembrava mi sorridesse. Poi si è fatto serio e mi ha chiesto se volessi sentire il cuore di mio figlio... Ma che non ero obbligata a farlo, che c'erano tante alternative. Gli ho chiesto di cosa parlasse e mi ha semplicemente detto che se non lo avessi voluto, avrei potuto interrompere la gravidanza... Era abbastanza chiaro che fossi sconvolta, quantomeno."
Sorrise amaramente.
 "Piccola, perché non mi hai cercato? Io... Io ci sarei stato!"
 "Davvero?"
 Lo guardò e alzò un sopracciglio per studiarlo.
 "Io credo che non avresti nemmeno risposto alla mia chiamata. Era passato troppo poco tempo, solo sei settimane... Ero incinta di sei settimane e il mondo mi è crollato addosso... Mi sentivo sopraffatta da quello che stava succedendo. Mio figlio cresceva dentro di me e io, prima di uscire dallo studio del medico, avevo fissato la data per abortire. Avevo paura. Tu avresti pensato che lo avessi fatto apposta! Mi avresti accusato di averti incastrato... E io non volevo che tu lo pensassi. Faceva troppo male sapere quello che pensavi di me. Che ero... Che ero vuota, stupida e superficiale... Che non volevi un figlio da me! Che solo una donna migliore di me avrebbe potuto darti un figlio... Era tutto vero! Tutto quello che mi avevi detto era vero! Solo per una cosa sbagliavi, io non ero mai andata a letto con nessuno. Non ero una puttana che si dava a chiunque. Che si dava a tutti! Ma tu non potevi saperlo. Lo pensavano tutti che fossi una puttana."
 "Io non ho mai pensato che tu lo fossi... Te lo giuro!"
 Era vero! Lui non l'aveva mai giudicata per quello che dicevano i giornali.
 "Lo so... Ma pensavi che una come me non fosse adeguata a crescere tuo figlio... Del resto mi nascondevi al mondo, non mi amavi alla luce del sole come facevi con le altre donne... E poi... Lo ricordi, no? Lo hai detto solo qualche giorno fa! Non mi consideravi una puttana, ma tanto fragile da gettarmi tra le braccia di chiunque per dimenticarti, sì!"
 "Era diverso, piccola... Sono un idiota! Con te lo sono sempre stato!"
 Provò a giustificarsi, ma lei aveva ragione.
 "Comunque sia, le cose stavano in quel modo! Sono andata a parlare con tua madre... Volevo dirglielo che era tuo, forse perché inconsciamente, speravo che me lo avrebbe impedito. Ma poi lei ha creduto fosse del mio finto marito... Era buffo. Anche lei pensava che andassi a letto con tutti!"
 "Piccola, non avrei mai messo in dubbio che fosse mio!"
 "Oh, non ho mai pensato lo avresti fatto... Non era quello che temevo. Temevo i tuoi occhi. Le tue parole. Temevo avresti creduto che fosse un gioco, che l'avessi programmato. Oppure che avresti pensato che non ero stata nemmeno capace di assumere la pillola... E comunque sapevo che non lo volevi. Eri stato chiaro. Così sono andata a quell'appuntamento."
 Ebbe un conato e portò istintivamente una mano sulla bocca per poi passarla con vigore sul viso e sui capelli.
 "Hai... Hai provato dolore?"
 "No... Fastidio, paura e... E freddo! Ricordo che avevo freddo."
 "Piccola... Mi dispiace così tanto!"
 "È stato tutto molto veloce. La sera stessa ero nel mio letto. Ma quel freddo che sentivo non se ne andava..."
 Puntò gli occhi nei suoi e dopo aver respirato pesantemente per riprendere il controllo, riprese a parlare.
 "... Vuoi sapere come mi sentivo? Vuota! Vuota e sola!"
 "Io ti sarei stato vicino! Se lo avessi saputo sarei corso da te!"
 "Forse... Forse sì, ma non ero pronta nemmeno io ad avere un bambino. Mi sentivo così impreparata! E per tanto tempo ho pensato di averlo fatto per colpa tua! Ma non era così! Avevo scelto io di nasconderti la gravidanza. E lo avevo fatto solo perché le cose non sarebbero cambiate. E ti giuro che credevo di aver superato tutto. Dopo un paio di mesi ho ricominciato a lavorare, sono volata in Europa e semplicemente ho smesso di pensare a tutto. Anche a te! Ho ricominciato ad uscire e a passare da una festa all'altra... Poi ho conosciuto Alfredo... Lo ricordi? Era carino, gentile. Mi piaceva e a me ci teneva davvero, credo! Era l'uomo perfetto perché mi aveva offerto una spalla senza chiedermi nulla in cambio! Poi... Quando sei tornato, per il matrimonio di Giulio e Camilla però... Mi sono resa conto quello che provavo per te era ancora vivo. Ti amavo, più di prima e che anche per te le cose non erano cambiate. Hai giocato con me quella sera, come facevi sempre. Mi provocavi... Volevi ricominciare tutto da dove eravamo rimasti... Come se non fosse successo nulla."
 "Io... Io non potevo saperlo!"
 "No... Ma per me era impensabile ricominciare tutto da capo!"
 "Come hai fatto a non odiarmi?"
 "Oh, ma io ti ho odiato! Ti ho odiato ogni giorno per tanto tempo... Ma quando ero in ospedale, no! In quel momento non pensavo ad altro che al tuo amore... il tuo amore era qualcosa di così grande da aver creato la vita. Ho odiato me stessa per averla interrotta, quella vita..."
 Non riuscì più a resistere e la prese tra le braccia. Lei non rispose a quel gesto, ma lasciò che lui la stringesse e la scaldasse. Sentiva che il cuore dell'uomo batteva in maniera anomala e, anche se impercettibilmente, piccoli fremiti percorrevano tutto il suo corpo.
 "E tu? Quando ti ho detto del bambino, cos'hai provato? Non volevo farti del male... Quando te l'ho detto... Gridato più che altro, volevo solo che tu te ne andassi! Che smettessi di tormentarmi!"
 "Lo so... Tu non mi hai mai fatto del male! Mai! Quando me l'hai detto ho provato odio per me stesso. Per non essere stato l'uomo che avresti meritato. Perché non ero stato capace di darti ciò che meritavi!"
 Si liberò dalle sue braccia e lo guardò perplessa. Aveva smesso di singhiozzare, ma i suoi occhi erano ancora pieni di lacrime.
 "Chicco... Io ti conosco! Devi essere sincero!"
 Sì, doveva essere sincero. Sospirò, cercando di trovare le parole migliori.
 "È stato difficile accettarlo...  Sono stato assalito da mille dubbi e... A Miami... Per un attimo, sì, ti ho odiata! Ero seduto ad un tavolo, a due passi dalla spiaggia e ho visto un bambino di un paio d'anni tenere la mano di suo padre... Quell'uomo... Non avevo mai visto un uomo più felice! Aveva un sorriso così vero da contagiare chiunque di allegria, ma è stato capace di svuotarmi, quel sorriso... Per un attimo ho creduto che tu mi avessi privato di quel sorriso... Lo capisci?"
 Annuì.
 "Ti ho portato via tanto... Non hai avuto la possibilità di decidere... Forse..."
 "No, piccola! È stato solo un attimo! Ho subito capito che... Quel sorriso non mi apparteneva... Non in quel momento! Ma ho provato dolore... Per quello che ti ho fatto. Ho provato ad immaginare quanto tu abbia sofferto... Ci sto provando anche ora... Piccola... Ho provato dolore per quello che ero..."
 "Mi dispiace, Chicco! Mi dispiace tanto! Non avrei mai dovuto mentirti! Sono scappata da tutto... Ero spaventata!"
 "Lo so! So che lo eri... Ero un idiota! Sono stato un idiota per tutta la vita! Ma ti giuro che ti ho sempre amato! Sempre!"
 Si buttò tra le sue braccia, cercando in lui la forza che stava venendo meno. Si strinse a lui che la accolse con tutto il bisogno che aveva di lei.
 "Non eravamo pronti, Farfallina... Ma ora sì!"
 "Siamo pronti per cosa?"
 Sussurrò con la bocca sul suo petto.
 "Per un figlio! Io lo voglio! Con tutto me stesso! Ci penso da prima di sapere che fossi rimasta davvero incinta. Da quando mi sono reso conto che sei tutto! Quella notte, quando me lo hai detto, ho solo pensato a te! E io lo voglio un figlio... E tu? Vuoi darmelo?"
 "Io... Io non lo so!"
 La scostò, sentendola tremare.
 "Ti fa male parlarne?"
 "No... Forse! Sì, fa male... E credo che avere un figlio per sostituirne un altro non sia giusto!"
 Glielo disse alzando la voce. Quella fu quasi un'accusa che lo fece vacillare.
 "No, non voglio averlo per sostituire quello che abbiamo perso! Io credo... Credo che sarebbe... Che sia giusto! Tu saresti una madre perfetta! E io ti amerei ancora di più!"
 Le disse cercando i suoi occhi ed era sincero.
 "Non voglio parlarne, adesso! Per favore..."
 "Scusa, piccola! Ehi, giardami... Ti prego, scusami!"
 Scosse la testa e si prese il viso tra le mani, cercando di trovare ancora un po' di coraggio.
 "Chicco, per favore! Basta! Non chiedermi scusa per qualcosa che nemmeno sapevi! E smetti di farlo anche per tutto il resto! Io... Io lo capisco che tu abbia bisogno di sapere come sono andate le cose! Capisco anche sia giusto! Ma vedi, io le ho vissute, quelle cose! E tu... Tu non ne hai alcuna colpa! Ma ricordare è difficile! Ho provato per anni a dimenticare! Non possiamo tornare indietro! Io non posso! E non voglio, perché farlo significa ripiombare in un incubo! Io... Io ti chiedo di amarmi ora! Di starmi accanto ora! L'hai detto tu, non eravamo pronti, nemmeno per stare insieme. Ora sì! Sei dolce quando mi dici di volere un figlio. E so che sei sincero, ma prima di pensare ad una cosa così grande... io non sono nemmeno sicura di quello che farai domani! Ho sempre paura di dire  una parola sbagliata o fare qualcosa che possa destabilizzarti al punto da spaventarti tanto da farti scappare... Chicco, solo ieri sera sei cambiato per un equivoco. Sei... Sei così instabile... Vuoi un figlio? E se avessimo un figlio e qualcosa ti portasse lontano?"
 "Non lo farò! Te lo giuro! Non andrò mai più via! Mai!! E te lo dimostrerò! Io... Tu mi manchi come l'aria, piccola! Da sempre! Quando eravamo separati sapevo che saresti tornata e io avrei ricominciato a respirare... Era come se riuscissi a vivere in apnea, perché prima o poi tu saresti tornata a darmi ossigeno! Lo scorso anno invece, quando ho capito che mi avevi chiuso ogni porta, mi sembrava di soffocare! Ci ho provato! Ti giuro che ho provato in tutti i modi a vivere la mia vita senza di te, ma pensavo a te ogni istante, anche quando credevo di averti dimenticato! Credevo sarebbe passato quel senso di vuoto e vertigine, ma più passava il tempo e più era peggio! Allora ho capito. Senza di te, era come non avere nulla. Il successo, il lavoro non avevano senso! Sono cose semplici da ottenere! Ma tu... Tu sei la vita! E quando mi hai detto di nostro figlio, ho capito che non solo avevo perso un figlio, ma che lo volevo! Lo volevo la notte in cui me l'hai chiesto e quando ti ho trattato con disprezzo, obbligandoti ad andare via. Lo volevo quando sei scesa dalla barca, quando mi hai lasciato nel giardino dei tuoi genitori, mentre giocavi con i figli di Laura e Lorenzo al ricevimento di Camilla e Giulio. Lo volevo quando sono partito per Miami e per tutto l'anno in cui ti sognavo giorno e notte. Perché io voglio te! Tutto di te!"
 La abbracciava forte, come fosse un bambino in cerca di rassicurazioni. Si stringeva al suo seno e lei gli baciò i capelli. Era suo... Per la prima volta, era suo. Lo sentiva con ogni parte del suo corpo. Era suo il cuore, la mente, la pelle e l'anima. Era suo. E lei... Lei si sentì riempire di felicità. Riccardo, tra le sue braccia, le sembrò fragile come mai. Si era dato a lei come mai prima di allora. Mai era stato più sincero e il futuro non le sembrò più così astratto.
 In quel futuro erano insieme. Come amanti, amici, come compagni, come sposi. Uniti.
 "Hai tutto di me! Lo hai sempre avuto! Non voglio più parlare del passato, Chicco! Voglio vivere quello che abbiamo oggi! Io non ho bisogno di nessun anello per amarti ogni giorno della mia vita... Voglio te, perché sai darmi tutto ciò di cui ho bisogno! Noi siamo una cosa sola! E voglio un figlio, ne voglio mille e sogno abbiano la stessa fossetta che hai tu quando ridi!"
 "Ti amo, farfallina! Sei la mia pace, la mia casa! Sei la mia destinazione. Il mio porto!"
 I sentimenti di Riccardo, in quel momento, presero una forma diversa.
 Lei non era più la ragazzina e la donna che gli aveva rubato il cuore. Non era più la donna meravigliosa che era stata capace di cambiare la sua vita, le sue prospettive e i suoi bisogni.
 Francesca, ai suoi occhi, era una donna la cui straordinarietà, lo emozionava e lo migliorava.
 E si sentì piccolo. Per la prima volta nella sua vita, si sentì inferiore a qualcuno. Lui non era nulla rispetto a lei. Era così incredibile, forte, indipendente, che mai nessuno avrebbe potuto farle altro male. Nemmeno lui.
 Lei era tutto.

 Carol era felice. Ce l'aveva fatta. Era incinta! Ora sarebbe stato tutto più facile. Si guardò allo specchio e pensò che sarebbe stato un peccato rovinare il suo corpo tanto bello, ma avrebbe avuto tempo per tornare ad essere bella, proprio come dopo la sua prima gravidanza. Il piccolo Kyle era con il padre, che aveva preteso di conoscerlo, forse roso dai sensi di colpa per averlo abbandonato. E anche di quello era contenta, non perché volesse fosse lui a crescerlo, anzi avrebbe fatto in modo che tra loro non si creasse nessun affiatamento, ma in quel modo era libera. Avrebbe avuto più tempo e spazio per mettere in pratica il suo intento.
 Sarebbe tornata a Miami con Riccardo.
 Un volta saputo della gravidanza, non l'avrebbe lasciata. Sarebbe stato con lei e con Kyle.
 Lo voleva più di ogni altra cosa e non le importava il modo in cui lo avrebbe ottenuto. Aveva sempre avuto tutto ciò che desiderava e non aveva mai accettato di essere respinta, da nessuno.
 Sarebbero stati una famiglia. Una famiglia unita, lui l'avrebbe amata e lei gli avrebbe fatto dimenticare quell'insignificante ragazzina.
 Lo immaginava tenere in braccio il loro bambino e giocare con lui e Kyle.
 Sorrise allegra, quasi come se quei pensieri fossero normali e inevitabili.
 Ripensò con fastidio, alla notte in cui aveva concepito la creatura che le cresceva nel ventre. Sapeva che l'uomo con cui aveva fatto sesso non l'amava e lei lo aveva usato. Forse se avesse avuto più tempo avrebbe scelto qualcuno di diverso, più simile a Riccardo. Ma il tempo passava e si era dovuta accontentare. Non era un problema: quel figlio, lei, lo avrebbe avuto con Riccardo e finse che a renderla madre, fosse stato proprio lui, l'uomo più bello e affascinante che esistesse.
 “Sono io!”
 Disse innervosita a causa del silenzio all'altro capo del telefono.
 “Carol...”
 “Non essere tanto entusiasta!”
 “Scusa... Come stai?”
 Gilian sospirò.
 “Incinta! Quindi benissimo!”
 Disse lei con un entusiasmo completamente fuori luogo.
 “Cos... Mio Dio! L'hai fatto davvero!”
 La voce della donna, non nascondeva lo sconcerto.
 “Avevi dubbi? Comunque tra qualche giorno partirò per Bogotà!”
 “Non pensi al padre del bambino?”
 “Fidati tesoro, non vuole saperlo!”
 “Forse non è così... Potrebbe crescerlo con amore!”
 “Come sei sciocca! È sposato! Ha una famiglia e quando siamo andati a letto era talmente ubriaco che nemmeno riusciva a trovare il preservativo! Ho giurato che prendevo la pillola! Non voglio sia lui il padre di mio figlio! È un uomo banale e se non fosse per la moglie, non avrebbe un centesimo!”
 Gilian fu pervasa da un moto di rabbia e ribrezzo. Quella donna era impazzita, ma lei non voleva saperne nulla.
 “Ti saluto Carol! Non ti augurerò buona fortuna! Stai rovinando la vita di molte persone! Primo fra tutti quella di un bambino non ancora nato! Non cercarmi più!”
 Moralista! Stupida morarilsta! Aveva avuto qualche rimorso ad aver usato suo marito, se avesse avuto scelta non avrebbe certamente sedotto lui, ma non poteva perdere tempo e quell'idiota era stato molto semplice da sedurre. Le era dispiaciuto all'inizio per l'amica, ma dopo le parole che le aveva detto ne fu felice! Quella moralista aveva quello che meritava! Un marito fedifrago che sarebbe stato padre di un figlio che non avrebbe conosciuto!
 Peccato! Le avrebbe fatto del male volentieri in quel momento! Prenotò il volo e un albergo elegante e costoso. Quella città era orribile ma non si sarebbe trattenuta a lungo.

 Il servizio di Francesca e Barbara era stato un successo. L'articolo era scritto bene e le foto erano dei veri capolavori. Valerio aveva scritto personalmente a lei e a Suarez per complimentarsi e il giornale ne ebbe visibilità. Una rivista d'arte degli Stati Uniti, forse contattata dallo stesso artista, aveva voluto acquistare il servizio e le foto, soprattutto le foto che rappresentavano le opere in modo diverso e particolare. Suarez si complimentò con loro e fu soddisfatto di non averla licenziata dopo il clamore suscitato dalla sua storia privata.
 “È brava... Bravissima, Suarez! Non puoi negare ti abbia stupito!”
 “Non lo nego! È una ragazza speciale e sa esprimere se stessa con quella macchina! Barbara non lo sa, ma per ottenere le sue foto ho obbligato quell'editore ad acquistare anche l'articolo. Mi sembrava giusto...”
 “Le copie sono aumentate da quando lei lavora per noi...”
 “È vero. Ma temo che presto verrà contattata da qualche giornale più importante e se ne andrà! Non abbiamo molto da offrirle!”
 “Io dubito che se ne andrà. Non sa nemmeno lei quanto valga! E crede che siamo stati noi a darle quella possibilità che non avrebbe mai avuto...”
 “Ma sai che prima o poi ce l'avrebbe fatta lo stesso!”
 “Non andrà via!”
 Ripetè per convincere anche se stesso.
 “Forse, ma cosa possiamo fare per esaltare le sue capacità?”
 “Voglio andare per qualche tempo in Venezuela...”
 Disse dopo qualche istante di silenzio.
 “È un momento difficile in quel paese!”
 “Sì, ma ne verrebbe fuori un articolo da premio Pulitzer! E con lei a scattare le foto...”
 “Non voglio occuparmi di politica estera!”
 Precisò il direttore.
 “Nemmeno io... Pensavo a qualcosa di più particolare. Vorrei descrivere il sociale. Come vive la gente... Quello che sogna! Per questo voglio che lei venga con me! Francis sa cogliere il lato  umano delle situazioni... Coglie l'essenza delle persone”
 “Quando? Quando vorresti partire?”
 “Il tempo di sistemare alcune cose. E devo convincerla a partire con me!”
 “Adesso che ha comprato una casa con quel Mendoza? Scordalo, non verrà mai!”
 “Dammi tempo e partiremo! In un modo o nell'altro, la convincerò!”
 “Allora va bene! Fammi sapere per organizzare tutto anche con la nostra ambasciata...”

 Riccardo e Francesca vivevano il loro amore alla luce del sole. Anche i paparazzi si erano arresi e a parte scattare foto a due innamorati, non riuscivano a trovare nulla di particolare che li rendesse interessanti. Avevano acquistato un appartamento in centro, grande e luminoso e lei si era divertita ad arredarlo in modo casuale, l'aveva dipinto con colori tenui in contrasto ai mobili che avevano colori e stili diversi. Lui l'aveva lasciata fare, divertito dal suo entusiasmo che sembrava quello di una bambina. Si scopriva sempre più attratto da lei e dipendente dal suo amore. Lei lo aveva cambiato? No, l'aveva placato. Gli aveva dato quello che lui desiderava e che non aveva mai avuto il coraggio di ammettere.
 Era bella, la sua donna. Ed era fresca e allegra, come una farfalla. Anche Nicola aveva messo da parte i dubbi e lo aveva accolto. E Betty non poteva far altro che ammettere che il figlio era diventato l'uomo che lei aveva sempre sognato.
 Sembrava tutto perfetto, ma Carol era in città da qualche settimana e li aveva osservati. Alle cene nei ristoranti, quando passeggiavano per strada. Era furiosa. Lui era riuscito a lavorare per quella compagnia che aveva contattato personalmente e dai suoi contatti, aveva saputo che Forbes, per accaparrarsi la sua collaborazione, gli aveva offerto un contratto molto più conveniente del precedente. E lei? Lei era una piccola celebrità nel mondo dell'editoria indipendente. Aveva fatto le sue ricerche e aveva saputo che era stata capace di rifiutare anche offerte molto più interessanti e convenienti. Quella sciocca ragazzina! Ma sarebbe durata poco! Il loro mondo perfetto sarebbe crollato presto! E lei l'avrebbe pagata per essersi permessa di portarle via l'uomo che aveva scelto! Avrebbe sofferto, quella stupida! Forse anche lui, ma poi avrebbe accettato le cose e l'avrebbe ricambiata.
 Doveva solo decidere quando parlargli!


°°°°°°°°°°°°
 Mi sono messa di impegno questa volta! Sono riuscita a pubblicare il capitolo nei tempi previsti e devo dire, di esserne felice.
 In questo capitolo, non previsto in realtà, ho voluto mettere completamente a nudo i due protagonisti.
 Ho voluto che emergessero completamente i loro sentimenti, a volte anche non positivi.
 Non ho mai sopportato la gelosia, la capisco, ma non la considero mai costruttiva e quindi ho voluto sottolinearlo e, come al solito, ho usato il mio Riccardo, che ancora una volta ne esce sconfitto, ma credo che quello che ha fatto, gli sia servito di lezione. Non tollero la violenza, in nessuna sua forma e spero che dalle mie parole si evinca. Non importa quanto si faccia del male, non importa se sia o meno intenzione farne, per me mai va giustificata.
 Alla fine però, ho dato spazio alle loro parole e alle loro confessioni.
 Sono infatti felice di aver permesso a Francesca di essere sincera, finalmente, dicendo la verità sul suo conto (gli altri personaggi avranno modo di scoprirlo) e sono anche contenta per come abbia reagito il mio Riccardo. Per lui nulla è cambiato, perché sa, che esattamente come lui, anche Francesca aveva il diritto di fare ciò che preferiva.
 E poi il finale... Mi sono emozionata scrivendolo, davvero.
 Io amo davvero i miei protagonisti, forse perché li ho rubati dalla realtà e spero che anche voi sentiate "qualcosa" leggendo queste righe...
 Ora mi concentrerò sul prossimo capitolo che spero di pubblicare entro il fine settimana anche se so già sarà difficilissimo... Perché la tempesta è proprio alle porte...
 Un abbraccio sincero a tutte!

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Capitolo 14
*** 14 ***


A Federica


Capitolo 14


 Le accarezzava la gamba che lei teneva piegata su di lui. Avevano fatto l'amore e si era addormentata abbracciandolo. I suoi capelli neri le coprivano le spalle e le sue mani erano appoggiate sul suo petto. Quanta strada aveva fatto prima di arrivare a casa?
 Era tornato a Bogotà, da poco più di due mesi e l'amore che provava per lei, cresceva di giorno in giorno, di ora in ora.
 Si sentiva come un ragazzino, alla scoperta di qualcosa di nuovo e incredibile.
 Francesca lo rendeva felice. Era banale, forse, ma non avrebbe potuto trovare un'altra parola per descrivere ciò che sentiva. Era felice delle piccole cose, di una telefonata inaspettata, di un bacio che lei gli dava mentre parlavano, delle sue mani che lo accarezzavano.
 Era felice di vederla sorridere, di vederla concentrata sul lavoro o impegnata in cucina, intenta a seguire alla lettera una ricetta qualunque.
Era felice delle piccole attenzioni che gli riservava, dei suoi occhi così profondi da farlo perdere in quel mare di emozioni.
 La sentiva nel cuore e sulla pelle. Il suo odore gli rimaneva addosso per tutto il giorno e sembrava placare il desiderio di mollare tutto quello che stava facendo per correre da lei.
 Stava imparando ad aspettare, ad avere pazienza. A rispettare i suoi tempi, a capire i suoi dubbi.
 Francesca si era data a lui con tutta se stessa, ma le ferite che le aveva inflitto erano da curare.
 E si impegnava ogni giorni perché quelle ferite smettessero di farle male.
Era facile amarla, ma era difficile essere l'uomo che voleva essere, che lei meritava.
 Si dedicava a lei, come se fosse impossibile fare altro, perché aveva bisogno del suo amore.
 Il lavoro, a cui aveva dedicato la vita, per il quale aveva sacrificato il suo tempo e il suo impegno, era diventato solo il suo modo di passare le giornate. Si divertiva, certo, lavorava con impegno e i risultati che stava ottenendo erano assolutamente all'altezza delle sue capacità, tanto che Forbes aveva preteso raggiungesse Houston, almeno per qualche giorno.
 E quel viaggio lo aveva destabilizzato. Lo aveva rimandato per tanto ed era stato tentato di annullarlo, ma non poteva. E poi era un uomo! Non avrebbe lasciato che qualche giorno di lontananza, rovinasse il loro rapporto.
 Ma si sentiva strano. Era pieno di ansie e paure e una strana sensazione gli attanagliava lo stomaco.
 Non riusciva a chiudere occhio da un paio di giorni e quella notte, a poche ore dalla partenza, i suoi sensi non lo lasciavano nemmeno rilassarsi.
 La guardava ormai da qualche ora, per imprimersi la sua immagine nel cuore, per non perdere nemmeno un momento con lei. Voleva viverla anche in quel modo, osservandola e ammirandola.
 La strinse a sé, sollevandola un poco e baciandole il braccio sul quale riusciva ancora a vedere quel livido oramai scomparso. Aprì gli occhi e lo guardò con un sorriso dolce. Il sorriso più bello, il suo.
 Non le disse nulla, ma rise divertito quando si stiracchiò come un gattino e si sistemò ancor più vicina a lui.
 Con la sua donna nuda, accoccolata, tra le sue braccia, con la sua pelle che gli scaldava il cuore, sentiva di essere in paradiso. Perché il paradiso non era un luogo astratto, immaginario o irraggiungibile, il paradiso era lei e il suo respiro sul suo collo. Le mani di Francesca accarezzavano il suo fianco e i brividi percorrevano la sua schiena con una forza tale che ogni suo muscolo si irrigidì.
 “Sei la mia casa!”
 Le disse con tutto l'amore di cui era capace.
 “Non credevo di essere così grande!”
 Gli sussurrò ridendo.
 “Non scherzare, sei la mia meta. Con te sono a casa!”
 “Ma domani parti...”
 La sua voce non riuscì a nascondere l'ansia che anche lei provava.
 “Solo qualche giorno... Ho rimandato troppo l'incontro con Forbes!”
 Finse una sicurezza che cercava di trovare, ma che era ben lontana.
 "Lo so! Ma mi mancherai lo stesso!"
 E mentre glielo diceva alzò il viso, ponendosi a pochi millimetri dalle sue labbra.
 “Mi mancherai tanto, Chicco!”
 “Vieni con me!”
 Le chiese, sperando con tutto il cuore che lei rispondesse affermativamente.
 “Non posso! Devo lavorare!”
 Aveva provato a convincerla a seguirlo, ma Francesca era stata irremovibile, il suo lavoro era importante per lei ma, nonostante adorasse il suo modo di impegnarsi, avrebbe voluto che lei riuscisse a liberarsi. Sospirò, rassegnato.
 “Lo so, ma dovevo chiedertelo ancora.”
 Il suo tono sconsolato non le sfuggì.
 “Ti accompagno io all'aeroporto!”
 “Non riuscirei a partire, Farfallina! Vado con un taxi...”
 “Non vuoi?”
 Gli chiese confusa. Lui scosse la testa e cercò di mantenere un tono tranquillo, ma le parole uscirono quasi spezzate.
 “Voglio che ti riposi e che ti svegli alla solita ora! Voglio che tu vada a lavorare senza stancarti... Voglio salutarti in questo letto!”
 Sembrava triste, triste e stanco. Alcune ciocche di capelli, cadevano sulla sua fronte, nascondendogli gli occhi. Sorrideva ma sembrava un sorriso difficile da mantenere e le labbra tremavano leggermente. Con le dita scostò quei ciuffi ribelli, rivelando le sue iridi color nocciola che le parvero piene di timori. Un brivido le corse sulla schiena.
 “Chicco, che cos'hai? Sei preoccupato?”
 “No, amore mio! Stai tranquilla!"
 "Non mentirmi! Hai promesso di essere sempre sincero..."
 Sospirò e le sfiorò le labbra con la bocca. Francesca lo conosceva. Nessuno lo conosceva quanto lei, sarebbe stato inutile continuare a fingere di stare bene e sapeva che lei era l'unica in grado di rasserenarlo.
 "Ho paura, Farfallina! Forse è stupido, ma ho paura di lasciarti qui sola!”
 E per la prima volta nella sua vita, riuscì a confessare non solo a lei, ma anche a se stesso, di non essere un uomo indistruttibile, ma fragile. Confessando la sua debolezza si era completamente dato a lei, legandosi ancora più profondamente alla sua donna.
 Lo guardò sollevata e al tempo stesso intenerita. Un mare di emozioni percorsero il suo corpo, diffondendosi insieme al sangue.
 Riccardo aveva paura e glielo aveva sussurrato. Quelle parole significavano tutto. Dell'uomo arrogante e presuntuoso rimaneva solo l'aspetto, ma anche i suoi tratti sembravano essere cambiati in quel momento.
 Voleva che si aprisse completamente.
 “Di cosa? Di cosa hai paura, Chicco?”
 Riccardo ci pensò per qualche istante. La verità era che nemmeno lui aveva spiegazione. Era un senso lontano, astratto, ma opprimente, qualcosa di sconosciuto.
 “Non lo so! Ho paura che tutto cambi. Ho paura che tu ti renda conto di essere felice anche senza di me! E ho paura perché so che non potrei più vivere senza di te.”
 “Chicco... Non sono mai stata felice senza di te! Io ti aspetterò! Sono solo pochi giorni...”
 "Le cose possono cambiare in un istante, piccola! E non sarai tra le mie braccia... Non potrò fare nulla! Non potrò proteggere te e il nostro amore!"
 Osservò ogni tratto del suo viso, ogni fremito e ascoltò la sua voce piena di dolore.
 "Nulla potrà cambiare le cose! E non hai bisogno di avermi tra le braccia: siamo una cosa sola, Chicco! Non devi proteggermi da niente e da nessuno e il nostro amore lo proteggeremo insieme!"
 “Giuramelo! Giurami che non mi lascerai!"
 Gli sorrise ed annuì.
 "Non posso proprio lasciarti... Anche io non posso vivere senza di te!"
 "Farfallina, forse tu non hai bisogno di protezione, ma io sì! Sei tu che ora devi giurami di non lasciarmi andare! Sei tu a dovermi rassicurare! Ho bisogno di te! Se tu non ci sei, io muoio!”
 La strinse al punto da riuscire a sentire il suo cuore battere e accelerare.
Riccardo non sapeva cosa stesse provando in quel momento, sapeva solo che avrebbe voluto che il resto del mondo sparisse per poter rimanere solo con lei, in un mondo tutto loro, da costruire, da nutrire. Avrebbe solo voluto che Houston sprofondasse, che tutti si dimenticassero di lui e che gli permettessero di vivere per lei. La sua voce lo destò da quei pensieri assurdi e i loro occhi si legarono.
 “Quando tornerai, sarò all'aeroporto ad aspettarti! Torneremo a casa e faremo l'amore! Poi andremo in una chiesa, da un pastore, un officiante, ovunque sia possibile e mi sposerai... Lo vuoi? Senza dirlo a nessuno, senza nessuno intorno, solo io e te!”
 Il suo cuore accelerò al punto che credette che presto sarebbe scoppiato. Mai aveva provato qualcosa di tanto intenso ed assoluto. Quell'amore era così grande che nemmeno la morte avrebbe potuto spezzarlo. E lui sarebbe morto per lei in qualsiasi momento.
 "Vorrei sposarti ora, piccola!"
 Vide le lacrime sgorgare dai suoi bellissimi occhi neri e prima che potesse parlare la baciò con tutta la passione che in quel momento provava.
 Le sue mani percorsero ogni centimetro della sua schiena fino a quando le affondò sui suoi fianchi, entrando in lei lentamente. E mentre la amava, le sussurrò:
 “Voglio che tu sia mia moglie, più di qualsiasi cosa! Sei mia moglie da ora, piccola! Ti amo!”
 “Sei mio marito, Chicco! Sei la mia casa.”
 E mentre i suoi movimenti le facevano perdere la ragione, mentre il loro gemiti, risuonavano come il vento sul mare, Francesca ebbe la certezza che qualcosa in lui fosse diverso, che il suo amore fosse infinito, innamorato della vita e che quella vita fosse lei. Era completamente perso dentro di lei, nella sua carne e nella sua anima. Che non ci fossero più due cuori, ma uno solo che dava la vita ad entrambi. Francesca non lo sapeva, ma una strana sensazione la coinvolse completamente. Ebbe, per la prima volta nella sua vita, la sicurezza, che da quella notte non sarebbe mai più stata sola. Che lui sarebbe rimasto dentro di lei come un seme nella terra. Fu come, se quella notte, qualcosa di vivo nascesse dentro di lei, un nuovo inizio, una nuova vita da proteggere. Che nessuno dei due sarebbe più stato come prima. Qualcosa si era annidano nel suo ventre e nella sua anima. Ed era l'amore.

 Per Riccardo quei giorni passavano lentamente. Era come se le ore, senza di lei, non scorressero come sempre. Si impegnava con tutto se stesso nel lavoro, con le presentazione dei progetti e nella stesura di resoconti. Sembrava un automa, privo di alcun interesse, se non quello di finire in fretta per tornare dalla sua donna. Perché nonostante quella notte, nonostante le parole che si erano scambiati e le promesse che si erano fatti, quella sensazione di paura, proprio non spariva. Aveva cercato di non ascoltare quel senso che lo metteva di fronte alla sua debolezza, ma bastava un suono, una parola, per sprofondare in un tunnel pieno di timori.
 Lei gli mancava come l'aria e quella nostalgia, gli faceva male. Si ritrovava a pensare a tutto quello che aveva perso, a quello a cui aveva rinunciato per tutta la vita e si odiava ancora di più.
 La realtà era solo una: non poteva tornare indietro, non poteva più rinunciare a quello che gli dava.
 La sera, dopo averle augurato a buona notte, si buttava sul letto, ma non riusciva mai a prendere sonno. Era esausto a causa del lavoro e di quei pensieri malati, ma la sua mente non gli dava pace.
 Affondava il viso nel cuscino, tra quelle lenzuola che sapevano di pulito ma che non avevano traccia del suo odore, allungava il braccio e sentiva quella parte del letto fredda, come il suo cuore.
 Riusciva solo a pensare a quanto stesse male, a quanto lei gli mancasse.
 La immaginava accanto a lui e solo in quei momenti riusciva a rasserenarsi.
 Il ricordo dell'ultima notte che avevano passato insieme, era il farmaco che curava la sua malattia, ma doveva tornare da lei il prima possibile, perché anche quei momenti di tranquillità cominciavano a non bastare più.

 Francesca, nonostante la mancanza di lui fosse una dolorosa privazione, sorrideva.
 Sorrideva alla vita e all'amore. Ai suoi sogni e a quella realtà meravigliosa.
 Era piena di entusiasmo e nessuno, guardandola, avrebbe potuto pensare che solo fino a qualche mese prima, si stesse lasciando andare al dolore.
 Suarez osservava le foto che Francesca aveva scattato in una fabbrica poco fuori città.
 Il servizio riguardava lo sciopero che gli operai stavano perpetrando da qualche giorno a seguito delle condizioni in cui erano costretti a lavorare e anche a causa di alcune voci che sembravano confermare la chiusura immanente di quell'impianto ormai troppo vetusto per rendere conveniente una ristrutturazione.
 Le passava tra le mani e si soffermò in particolare su una, sorridendo.
 La signorina Mora, lo aveva conquistato da parecchio tempo, ma era ancora capace di stupirlo. Ogni suo scatto era elegante e guardandolo era impossibile non provare emozioni. Avevano parlato pochi minuti prima e ora lei era in compagnia di quello che lei considerava il suo Pigmalione e sperava riuscisse a cui convincerla a seguirlo. Perché Francesca, anche se sembrava intenzionata a restare con loro, prima o poi si sarebbe resa di conto che lavorare in un giornale piccolo come il suo, fosse limitante. E comunque meritava di ricevere gli onori che meritava.
 Infilò nella cartelletta le foto, trattenendo quella che più lo aveva colpito e chiudendola in un cassetto della sua scrivania.
 Nel frattempo, Francesca e Bolanos, sedevano al tavolino di un tranquillo bar, poco distante dalla redazione del giornale.
 La donna sorrideva, mentre raccontava al collega di come avesse declinato l'ennesima proposta ricevuta da un'importante rivista.
 "Francis... Cosa vuoi davvero?"
 Francesca parve impreparata a quella domanda e rifletté qualche istante prima di parlare. Poi con tranquillità e un sorriso tranquillo tornò a rivolgersi a Bolanos.
 "Quello che ho... Non chiedo altro!"
 L'uomo la squadrò e la studiò e non poté che annuire. La sua Francis sembrava davvero sincera.
 "Bambina, non ti piacerebbe che le tue capacità vengano riconosciute?"
 "Cosa vuoi dire?"
 Gli chiese, perplessa.
 Sospirò e con fare paterno le spostò dai capelli una piccola foglia portata dalla brezza di quel giorno.
 "Voglio dire... Il nostro giornale è una piccola realtà..."
 Francesca roteò gli occhi e sbuffò sonoramente.
 "Non continuare! Non mi interessa assolutamente lavorare per grandi testate! Suarez mi sta dando tutta la visibilità che merito!"
 "Ho visto le foto che hai fatto per l'articolo di Giorgio... Sono bellissime, bimba!"
 Sorrise riconoscente. Per lei l'opinione di Bolanos contava più di tutte le altre.
 "Ti ringrazio mister Bolanos!"
 Ma lui continuò senza considerare i ringraziamenti.
 "Vorrei che tu realizzassi un servizio con me!"
 Aggrottò le sopracciglia, Bolanos sembrava serio e pensieroso mentre le porgeva quella richiesta ed era strano, perché era il giornalista con cui lavorava più spesso. Lo incitò a proseguire, annuendo leggermente.
 "Si tratterebbe di qualcosa che potrebbe dare una svolta al tuo lavoro, al mio e a quello di tutto il giornale..."
 Fece una pausa e con un gesto della mano, attrasse l'attenzione di un cameriere a cui ordinò un altro caffè.
 "Vedi, Francis, ci penso già da un po' e credo che tu sia la persona più adatta ad affiancarmi! In realtà il servizio che voglio realizzare ha senso solo se fossi tu a scattare le foto."
 Francesca non capiva per quale motivo non venisse al punto. Si irritò quando, invece di proseguire, si attardò a bere quel maledetto secondo caffè.
 "Mister Bolanos, tu lo sai che adoro lavorare con te! Non capisco tutto questo mistero!"
 "Voglio andare in Venezuela! Voglio realizzare un vero e proprio reportage su quello che sta succedendo in quel paese!"
 Si prese qualche istante per studiarla e si rese conto che sarebbe stato più difficile del previsto convincerla. Francesca schiuse le labbra e i suoi occhi parvero incupirsi.
 "Allora, bimba, che ne dici?"
 "Dico che la tua sia una fantastica idea! Dico che sarai capace di realizzare un servizio eccezionale e sono sicura che per il tuo lavoro e per il giornale, sarà una svolta! E ti ringrazio con tutto il cuore per aver pensato a me, ma io proprio non ne sarei all'altezza!"
 Gli rispose, dopo averci pensato per qualche secondo. Era serena e sorridente.
 "Non te lo avrei chiesto se non fossi convinto che tu sia l'unica ad esserne all'altezza!"
 Disse serio.
 "Oh, mister Bolanos... Ci sono fotografi migliori di me, con molta più esperienza e che sarebbero molto più adatti per questo lavoro!"
 Fece per alzarsi ma lui la fermò con una mano e le impose di tornare a sedersi.
 "Mora, no! Voglio sia tu a scattare quelle dannate foto!"
 “Non posso!”
 Gli disse semplicemente.
 "Non puoi?"
 Annuì, irritata. Perché insisteva così tanto?
 “Non puoi o non vuoi? Perché io capisco tu sia innamorata, ma ti pentirai di non avere approfittato di questa occasione!”
 Il suo nervosismo crebbe. Considerava il collega un amico. Uno dei pochi che considerava davvero tale e lui si permetteva di giudicare le sue scelte. In quel momento avrebbe solo voluto stringersi al suo Chicco. Si sentiva attaccata, messa in discussione senza una ragione apparente.
 Bolanos sapeva che mille altri fotografi avrebbero potuto fare un lavoro migliore di lei. Perché la metteva in quella posizione?
 “Non voglio! E non posso!”
 Rispose secca e sperò che il giornaista non continuasse.
 "Non vuoi? Sei davvero così? Hai paura?"
 "Paura? E di cosa??"
 Gli rispose al limite della pazienza.
 "Di tutto, Mora! Di metterti in gioco, di affrontare nuove esperienze! Forse hai paura di perdere il tuo prezioso fidanzato??"
 Le lacrime gli pizzicarono gli occhi. Era arrabbiata, furiosa.
 "Come ti permetti? Chi credi di essere? Non mi conosci! Non sai niente di me eppure credi di potermi giudicare! Non ho paura! Quando ho cominciato questo lavoro, mi sono messa in gioco molto più di quanto tu possa credere! È stato un salto nel buio!! Tutto quello che ho fatto è stata un'esperienza! Ogni scatto è un'esperienza!! Forse tu hai sempre saputo che saresti diventato un giornalista! Io... Io ho stravolto la mia vita in un anno! Ho smesso i panni sicuri che ho sempre indossato e ho accettato di partire da zero! E so perfettamente che ti devo tutto! Se non fosse stato per te, sarei ancora a scattare foto ai matrimoni, ma questo non ti da il diritto di offendermi! Non mi importa di dare una svolta! Io l'ho già data!"
 Avrebbe voluto alzarsi e lasciarlo lì, solo, ma la rabbia la paralizzava. Era delusa da una persona che credeva comprensiva e che si era sempre comportata con affetto.
 Bolanos la osservava. Era la prima volta che la vedeva così arrabbiata. Voleva bene a quella meravigliosa donna piena dei talento. Non riusciva ad accettare che per degli sciocchi timori, decidesse di non essere davvero se stessa. Francesca era davvero convinta di non essere all'altezza, ma sapeva bene che non era solo quello a bloccarla. Francesca si fidava di lui e se quell'uomo non avesse fatto parte della sua vita, si sarebbe sicuramente affidata a lui, come faceva da quando l'aveva conosciuta.
 Dietro l'aspetto dolce della donna, aveva sempre saputo che si nascondeva un profondo dolore. Un dolore che da un paio di mesi, era sparito. Era cambiata. Era felice ed era bellissima.
 Tutti avevano notato quel cambiamento e tutti sapevano che nella sua vita era entrato un uomo. Un uomo che evidentemente aveva cancellato il passato.
 Sospirò. La gioia che quel Mendoza le dava, era il motivo per cui non sarebbe partita con lui, la ragione che l'avrebbe limitata.
 "Mi deludi... Non credevo fossi così!"
 Spalancò gli occhi e deglutì. Francesca non lo guardava, temeva di non riuscire a sostenere i suoi occhi.
 "Lo sai, credevo che tu tenessi a questo lavoro! Credevo che fosse il lavoro che avevi scelto per la vita... Credevo fossi più matura! Invece sei solo una ragazzina viziata!"
 Prese dalla tasca una banconota e la lanciò sul tavolo e si alzò. Sperava che lasciandola con quelle parole riuscisse a suscitare in lei quell'orgoglio necessario per essere davvero quello che era.
 "Non provare ad andartene! Non abbiamo finito di parlare!"
 Sul viso dell'uomo comparve un sorriso, si voltò. Lei era ancora seduta e non lo guardava.
 Tornò sui suoi passi e si abbassò per guardarla negli occhi.
 "Sì, invece! Hai detto tutto!"
 Il fuoco bruciava nelle iridi di Francesca.
 "Tu... Dimmi perché vuoi sia io a venire con te!"
 L'uomo si rimise seduto. Accese una sigaretta e prima di parlare la aspirò per qualche secondo.
 "Te l'ho detto! Sei la persona più adatta! Il fatto che tu non riesca a vederti per l'ottima, meravigliosa e unica professionista che sei, non significa che io e gli altri non lo facciamo! Quindi la ragione è questa! Voglio dare un certo taglio al mio servizio e mi servono foto che parlino alla gente! Al cuore della gente! E le tue foto sono esattamente quello di cui parlo!"
 Era ancora arrabbiata ma anche commossa.
 "Scusa se ho reagito male..."
 Rise e spense la sigaretta, poi tornò a guardarla con affetto.
 "Mi fido di te! Suarez si fida di te! Lui è d'accordo con me! Se fossi tu a seguirmi, il nostro pezzo sarebbe perfetto! Avrebbe un successo internazionale!”
 Gli sorrise. Aveva lasciato andare la rabbia per sostituirla con la comprensione.
 “Mister Bolanos... Io... È bello quello che dici... Ma domani..."
 “Temi che lui non riesca a capirti?"
 Rise e scosse la testa.
 "Tu non lo conosci! Lui mi ama! Vuole solo sia felice! È un uomo meraviglioso, mister Bolanos!"
 "Allora perché no? Lui ci sarà comunque. Se davvero è come lo descrivi, ti appoggerà!”
 “Sono io... Sono io! Sono rimasta troppo tempo senza di lui e non voglio stargli lontana!”
 Eccola lì la ragazza dolce e un po' triste. Era davanti a lui, completamente sincera. Mentre parlava del suo uomo gli occhi le si illuminavano, avevano una luce speciale.
 “Però mi sembra che ora sia in Texas!”
 “È... È diverso!”
 "Se lui non ci fosse però, verresti!"
 "Non lo so... Forse sì! Ma ho solo voglia di stare con lui! Io... Io ne ho bisogno!"
 "È un errore! Non dovresti mai dimenticare chi sei!"
 "Io sono sua..."
 “No! Non è così! Sei la sua donna, è vero ma sei anche una donna! Hai un lavoro! Sei brava e potresti ottenere dei riconoscimenti insperati! Non devi rinunciare a te stessa per lui! Non è giusto! Le persone non devono mai essere una parte di ciò che sono! Lui è il tuo uomo, ma è anche un ingegnere! Ha un lavoro importante e non rinuncia a ciò che quel lavoro gli da e non dovresti farlo nemmeno tu!"
 "Se avesse potuto, non sarebbe partito!"
 "Ma lo ha fatto! Ed è giusto! Dovresti lottare per ottenere tutto quello che puoi!  Il tuo lavoro è parte di te! E non è meno importante del suo!”
 Lo sapeva. Bolanos aveva ragione. Quel lavoro per lei era stata un'ancora di salvezza, ci aveva dedicato il tempo e l'impegno. Lo adorava ed era importante.
 “Dammi un po' di tempo! Riccardo tornerà domani e parlerò con lui...”
 “Abbiamo meno una settimana per decidere, Francis! Abbiamo il visto per due settimane e dobbiamo partire fra cinque giorni! Non deludermi!”
 "Cinque giorni? Perché non me l'hai detto prima?"
 "Solo oggi abbiamo ottenuto i permessi..."
 Deglutì e socchiuse gli occhi. La proposta del collega, la allettava, la lusingata, non poteva negarlo. Escludendo Riccardo, quella era davvero un'occasione incredibile. Sospirò rumorosamente e guardò l'uomo con un lieve sorriso
 “Dammi un paio di giorni per pensarci... Spero accetterai la mia scelta, qualunque sia!”
 “Lo farò, bambina! Accetterò la tua decisione ma mi auguro sia quella giusta! Metteti in gioco, pensa a te stessa. Non puoi essere felice completamente se ti manca qualcosa! E questa occasione è quel qualcosa! Sarebbe un peccato perderla...”
 “Dopodomani... Dopodomani ti dirò quello che farò!”
 Prima di lasciarlo, lo abbracciò! Lo strinse forte e in quell'abbraccio c'era affetto e gratitudine. Perché il collega le stava dando la possibilità di realizzarsi nel lavoro. E quel lavoro era davvero parte di lei!
 Il discorso di Bolanos, l'aveva scossa. Si chiedeva se fosse giusto rinunciare a qualcosa di tanto importante. Ma lei voleva sposarsi il giorno dopo e avere un bambino. Voleva abbracciare il suo uomo e tutto il resto non era importante... Eppure il suo lavoro lo era... L'aveva salvata quando confusa e triste, si era trovata a non sapere cosa fare della sua vita! Si era impegnata, ci aveva messo l'anima e amava quello che faceva. Quella che gli aveva offerto Bolanos, era un'opportunità incredibile. Non ci aveva dormito per tutta la notte e mentre lo aspettava lì, in aeroporto, si sentiva ancora più confusa.
 Ma fu un attimo. Le bastò vederlo mentre la raggiungeva, sorridente e tutti i dubbi sparirono. Era lui che voleva. Solo lui. Gli corse incontro e lui la prese in braccio buttando la borsa per terra. La strinse e lei sentì i loro cuori battere insieme! Era lì e lei non poteva lasciarlo solo per nulla al mondo! l'unico posto in cui era felice, era quello, tra le sue braccia. Le lacrime cominciarono a rigarle il viso, senza che lei riuscisse a trattenerle.
 Indifferenti alle persone che li superavano, rimasero stretti l'uno all'altra. Lei gli stringeva le braccia al collo e lo circondava con le gambe e lui la sorreggeva come se fosse una bambina
 Assaporarono quel momento entrambi, ogni bacio ed ogni carezza dimostrava quanto avessero bisogno di vedersi e di dimostrarsi l'amore che provavano. Era come se i loro cuori avessero ricominciato a battere, inebriati dal loro odore, commossi per quel contatto che sembrava indissolubile.
 "Mi sei mancata da morire, Farfallina!"
 La sua voce giunse alle orecchie come una musica lieve e dolce, si lasciò scivolare, poggiando i piedi per terra, ma non riuscì a staccarsi dalle sue braccia.
 Col viso affondato sul suo collo sorrise e il suo respiro lo fece rabbrividire!
 “Andiamo a casa, Chicco?”
 La scostò e le sollevò il volto. Era così bella che sentì le gambe tremare. Era stata una tortura restare lontano da lei. Era stato terribile e ora l'aria aveva ricominciato a riempirgli i polmoni.
 Le diede un bacio. Aveva bisogno della sua bocca perché quell'aria lo salvasse dalle sue paure.
 “Hai promesso che oggi ci saremmo sposati! Hai cambiato idea?”
 Le disse, dopo averle sorriso anche con gli occhi.
 “Non potrei mai dimenticarlo, ma prima voglio fare l'amore con te!”
 Anche lui aveva voglia di amarla. La desiderava con ogni fibra del suo corpo. La sua espressione cambiò e le sue iridi furono percorse dal desiderio. Rimasero a guardarsi ancor per un tempo indefinito, persi nei loro pensieri. Fu lui ad interrompere quel contatto, mettendo una mano nella tasca dei jeans.
 “Tieni!”
 “Cos'è?”
 Gli chiese stupita e felice.
 “Un regalo, un pensiero! È per oggi! È il tuo anello!”
 Le mise in mano l'anello senza scatole né fiocchi. Lei aprì la mano e vide un anello diverso da ogni altra cosa avesse mai visto, era particolare, speciale, proprio come lo era lui. Era una piccola fede in argento, sulla quale erano apposte le loro iniziali, era strano e non era perfetto, ma sul suo palmo, quell'anello era caldo e prezioso. Era unico e non riuscì a fare altro che ammirare ogni dettaglio, ogni riflesso.
 “Ti piace? L'ho fatto io!”
 Le chiese speranzoso.
 “Cosa?”
 Era confusa e commossa.
 “È terribile, lo so! Avrei dovuto entrare in una gioielleria e scegliere un anello vero, con un brillante o qualche altra pietra preziosa... Ma ho voluto che fosse speciale. Mi sono fatto aiutare da uno degli operai. Ma in pratica l'ho fatto io...”
 Guardava quell'anello strano e una lacrima le scese dalla guancia. Non aveva mai visto un anello tanto bello.
 “È meraviglioso!”
 “Non mentire! Sei delusa?”
 “Solo perché non me l'hai messo al dito...”
 Rise e le prese la mano, lo infilò al suo anulare e la baciò.
 "Avrei dovuto infilartelo solo dopo il tuo sì..."
 "Io ti ho già detto di sì!"
 E Riccardo credette che il suo cuore sarebbe scoppiato.  Mai era stato più felice. Ma si era sentito così completo.
 Intreccio la mano con la sua e senza più parlare, si avviarono velocemente verso l'uscita.
 “Mi dispiace disturbare il vostro idillio! Siete molto carini, ma dobbiamo parlare, Riccardo!”
 Quella voce giunse alle loro orecchie come un grido. Si voltarono e la videro a poca distanza. Sorridente ed elegante, con i lunghi capelli biondi raccolti in una coda morbida.
 Sollevò i grandi occhiali da sole mostrando uno sguardo meschino.
 Francesca si era fermata e proprio come la prima volta che le aveva parlato, arretrò di qualche passo, lasciando la mano del suo uomo.
 Riccardo invece fu pervaso dal fastidio e quella sensazione che non lo aveva mai abbandonato ma che rivendendo la sua donna si era sopita, tornò prepotente a scuoterlo dall'interno.
 “Cosa ci fai qui?”
 Le chiese duro.
 “Te l'ho detto, dobbiamo parlare... Preferisci parlare da soli o con lei qui?”
 Disse semplicemente.
 “Non abbiamo nulla da dirci! Nulla! Non vuoi, vero, che tutti sappiano quello che hai fatto per farmi perdere il lavoro alla Mactac?”
 La donna rise, divertita.
 “Oh, piccola cosa! Speravo capissi quale fosse il tuo posto...”
 Riccardo tornò sui suoi passi, guardando la sua donna che sembrava paralizzata. Prese la sua mano che era gelata e sudata.
 "Piccola..."
 Francesca non riusciva a fare a meno di fissare Carol, incapace di muovere un muscolo.
 Capendo quanto la sua Farfallina fosse sconvolta, Riccardo guardò con odio quella pazza e cercando di mantenere il controllo, disse:
 “Ora scusaci, dobbiamo andare!”
 “E va bene se non vuoi parlare da solo con me, lo farò di fronte a lei... In fondo è qualcosa che riguarda tutti noi!”
 Carol era incredibilmente tranquilla, sembrava quasi di pietra.
 “Non abbiamo niente di cui parlare! Mi hai deluso molto, Carol!”
 “Mi dispiace non essere stata al tuo fianco in questi mesi, ma ho pensato fosse meglio aspettare prima di fare un viaggio tanto lungo!”
 Sospirò esasperato.
 “Sono stanco... Voglio andare a casa!”
 “Ma certo, ci andrai! Ma prima devo dirti che presto sarai padre!”
 Freddo! Vuoto! Dolore!
 Francesca si sentì sprofondare in un baratro nero e si appoggiò ad un pilastro per non cadere.
 Riccardo invece si avvicinò a Carol e la prese per un braccio. Era furioso e se avesse potuto, l'avrebbe incenerita.
 “Non provare a toccarmi o giuro che me la paghi!”
 Gli urlò con odio.
 “Cosa stai dicendo?”
 La guardava con tutto il disprezzo che provava, incapace di capire cosa realmente avesse detto.
 “Dico, che devi lasciarmi subito o faccio chiamare la sicurezza!”
 La lasciò ma non si allontanò.
 “Così va meglio! Sono incinta e non vorrai far del male alla madre di tuo figlio, vero?"
 Gli disse sorridendo.
 “Sei impazzita? Di cosa parli?”
 “Aspetto un figlio da te! La notte che abbiamo passato insieme è stata davvero indimenticabile!”
 Non era vero! Era tutto irreale.
 “Sai che non è possibile!”
 “Questo certificato dice qualcosa di diverso... Guarda pure e dimmi se non è vero!”
 Le strappò il foglio che aveva nelle mani e lo fissò per qualche istante. Era incinta davvero e i tempi erano quelli corretti. Ma non poteva essere lui il padre!
 “Visto? Non ti ho mentito! Naturalmente ti lascerò qualche giorno per riprenderti, poi parleremo! Ma sappi che questo bambino porterà il tuo nome e pretendo che tu ti prenda cura di lui!”
 Poi senza aggiungere altro si girò e se ne andò lasciandolo impietrito e confuso. Quando si voltò verso di lei che lo guardava pallida, sentì che tutto era cambiato.
 Quella sensazione si era materializzata e stava distruggendo tutto quello che aveva costruito.
 Raggiunse Francesca e cercò di abbracciarla ma lei lo respinse.
 “Non toccarmi!”
 Gli disse con voce atona.
 “Non è mio figlio! Francesca, non può essere mio figlio!”
 A quelle parole fu destata dal torpore in cui versava. Lo guardò e quello che lui lesse in quegli occhi, fu delusione, dolore e il cuore si fermò.
 “Mi avevi giurato che tra voi non c'era stato nulla! Che non avevi più fatto l'amore con nessuna da quando ti avevo lasciato...”
 “Una volta! È successo una volta sola e me ne sono pentito subito! Ho fatto un errore!”
 La supplicò di capirlo.
 “Ero in ospedale quando hai detto di amarmi...”
 “Io ti amo!”
 Cercò ancora una volta di instaurare un contatto, sfiorandole il viso.
 “Ho detto di non toccarmi! Mi hai mentito e ora lei...”
 “Non è mio figlio!”
 “Ma potrebbe esserlo...”
 E oltre al cuore, anche il mondo si fermò.
 “Francesca, per favore andiamo a casa! Non possiamo parlare qui!”
 “Casa? Vuoi andare a casa? Non c'è più una casa... Non c'è più nulla!"
 Si sistemò la camicia e si passò una mano tra i capelli.
 In quel momento aveva smesso di sentire. Non sentiva nulla, non provava nulla. Era come se fosse morta, come se il mondo non esistesse più. Non c'era più nulla.
 La guardava e non sapeva cosa dire, non sapeva cosa fare. Avrebbe solo voluto abbracciarla, stringerla, dirle che la amava con tutto se stesso, ma poteva vedere il muro che si stava ergendo di fronte a lui. Dopo qualche istante a rompere le silezio, fu lei.
 "Lasciami da sola! Ho bisogno di pensare!”
 La trattenne, guardandola e cercando di trovare le parole giuste. Ma dalla sua bocca non uscì altro che un gemito strozzato.
 Si liberò dalla sua mano e a passi veloci uscì dall'aeroporto.
 La luce del sole la travolse con prepotenza e chiuse gli occhi, incapace di abituarsi a quei raggi che bruciavano come il fuoco.
 Sentiva una sensazione mai provata, qualcosa che la lacerava.
 E in quel momento realizzò.
 Riccardo aspettava un figlio.
 Come aveva potuto mentirgli? Come aveva fatto a credergli?
 Un figlio... Quello che sperava di dargli lei! Quella donna gli avrebbe dato quello che lei gli aveva tolto. Si sentiva soffocare e le gambe le cedettero. Cadde sulle ginocchia.
 "Alzati!"
 Una voce dentro  di lei le imponeva di alzarsi e andare via. Ma nessun muscolo rispondeva. Erano completamente paralizzati. Le gambe facevano  male e si sentiva pesante. Qualcosa sembrava ancorarla all'asfalto di quel marciapiede. Sentiva delle voci intorno a lei, ma giungevano alle sue orecchie come ovattate, lontane e indistinte.
 "Alzati!"
 Appoggiò le mani a terra e provò di nuovo a sollevarsi ma il peso sulle spalle aumentava.
 Ed ebbe paura.
 Paura di morire davvero. Respirava con affanno, gli occhi bruciavano e tutte le ossa sembravano essersi saldate.
 "Non ce la faccio"
 Sussurrò come a rispondere a quella voce che le ordinava di alzarsi.
 Sentì un braccio avvolgerla e una voce di donna.
 Si guardò intorno e vide proprio di fronte una signora con i capelli grigi e un sorriso rassicurante che le chiedeva qualcosa. Vedeva le labbra di quella donna muoversi ma non la sentiva.
 Il braccio che le avvolgeva la schiena aumentò la pressione e senza rendersene conto l'aveva rimessa in piedi.
 In un attimo tutte quelle voci intorno a lei, diventarono grida.
 "Signorina, vuole sedersi un momento?"
 "No! No!!"
 "È pallida... Vuole che chiamiamo un medico?"
 "No!"
 Quel braccio insisteva sulla sua schiena e l'alito della signora sorridente sapeva di menta e fumo. Erano tutti intorno a lei e si vergognò.
 Lei si vergognava.
 Scrollò le spalle e si liberò di quel braccio a cui non seppe mai associare un viso e corse via.
 Non si guardò in dietro e non ascoltò quello che quelle persone dicevano mentre si allontanava.
 Le sembrò che in mezzo a quel mare di auto non sarebbe mai riuscita a trovare la sua.
 "È là!"
 Ancora quella voce.
 Si appoggiò all'auto.
 Qualche secondo di riposo, era sfinita, i muscoli erano tesi, facevano male.
 Aprì la portiera che le sembrò un macigno e si buttò sul sedile.
 Non riuscì  a fare niente. Nulla. Tutto era fermo. Tutto era vuoto. Tutto era nulla.
 Nel suo cuore, nella sua testa e nel suo corpo  non c'era nulla.
 Intorno il nulla.
 Solo un bambino lontano. Un bambino che non era suo.
 Un bambino che aveva annullato ogni cosa.
 Un bambino nelle cui vene, sarebbe scorso il sangue di lui.
 Un bambino che sarebbe nato da un'altra donna.
 Riccardo sarebbe diventato padre.
 Padre.
 Era morta davvero.

 Era rimasto immobile, schockato, confuso, disperato.
 Qualcuno scontrò la sua spalla e lo ridestò da quello stato di prostrazione. Si guardò in giro ma lei non c'era. Cominciò a cercarla, come se fosse impazzito. Corse nel loro appartamento e in quello in cui aveva vissuto per tanto tempo. Ma lei non c'era.
 Francesca non era da nessuna parte.
 La testa gli scoppiava, un dolore lancinante allo stomaco lo fece piegare in due e il terrore di non riuscire a trovarla lo fece crollare.
 Stava perdendo tutto. Forse lo aveva già perso. Ma non poteva! Non poteva lasciarla andare, perché non poteva lasciare andare la vita.
 Cercò di recuperare un minimo di controllo e ragionò su dove potesse essere.
 Aveva corso per le strade della città, senza considerare i limiti o i divieti ed era giunto alla villa dei suoi genitori. Ma lei non era non era nemmeno li.
 Si appoggiò ad una colonna del muro di cinta e si fece scivolare, sedendosi a terra.
 Prese il telefono, sicuro che lei non avesse risposto a nessuno dei mille messaggi che le aveva mandato. Senza pensarci troppo compose il primo numero che gli venne in mente e prima che la donna riuscisse a parlare la incalzò.
 “Lei è lì?”
 La voce del figlio tremava e sentì un brivido di paura a quella domanda. Deglutì e portò istintivamente un mano al petto.
 “Cos'hai fatto Riccardo?”
 “Dimmi solo se lei è con te!”
 Il tono aumentò ma rimaneva incrinato e terrorizzato.
 “No, non la vedo da giorni! Cos'è successo?”
 Non le rispose nemmeno, facendo forza sulle gambe si alzò e senza fretta si diresse a casa sua. Provò a chiamarla ancora ma il suo telefono era spento.
 Era terrorizzato. Era vero? L'aveva persa? La sua Farfallina era davvero persa? Era stato un errore. Solo un errore!
 Doveva trovarla e parlarle, perché se fossero stati insieme si sarebbe aggiustato tutto. Doveva solo stringerla a sé, rassicurarla che nulla sarebbe cambiato, che quel bambino non era suo! Quel bambino non poteva essere suo! Si morse un labbro al pensiero di averla lasciata andare. Come aveva potuto essere stato così stupido?

 Francesca era fuori dall'Ecomoda.
 Come ci fosse arrivata, non lo sapeva nemmeno lei. Aveva le guance bagnate, quindi aveva pianto, ma mentre si torturava le mani, nessuna lacrima le solcava il viso, non più.
 Quando sua madre, uscendo, vide la sua auto parcheggiata, le andò incontro, ignara e sorridente. Ma le bastò un attimo. Videndo il volto della figlia completamente sconvolto, lo sguardo perso e vuoto, sussultò. Il volto della sua bambina era una maschera di dolore.
 “Tesoro... Cosa c'è? Parlami per favore! È successo qualcosa a Riccardo?”
 Quello sguardo pieno di disperazione le aveva fatto pensare alle cose peggiori ma capì presto che si trattava del suo cuore.
La strinse a sé, sentendo i nervi della donna completamente tesi. Tremava come una foglia e dopo averla rassicurata, senza più parlare, la costrinse a spostarsi sul sedile opposto e chiese a Wilson di occuparsi della sua auto.
 Non sapeva cosa fosse successo, ma era  chiaro che Francesca fosse completamente sopraffatta. Il cuore le batteva e pregò che non fosse nulla di irreparabile, perché mai l'aveva vista in quelle condizioni.
 Gli occhi della sua bambina le ricordarono i suoi. Francesca aveva. Gli stessi occhi che aveva visto lei, dopo essersi specchiata dopo la violenza subita. Erano occhi privi di luce, disperati e pieni di terrore.
 Portò la sua bambina a casa, l'unico posto in cui avrebbe potuto proteggerla da tutto.
 "Amore mio, vuoi dirmi qualcosa?"
 "Non riesco a respirare, mamma! Aiutami per favore!!"
 Francesca la guardò e scoppiò in un pianto a dirotto. Singhiozzava così forte che il suo corpo era scosso da fremiti.
 Marcella la abbracciò e la strinse a sé, cullandola come quando era una bambina. Dopo molto tempo, la sentì rilassarsi e il pianto diminuire.
 Furono presto raggiunte dal padre che si precipitò dalla sua principessa. Era preoccupato e confuso e nonostante la moglie cercasse di calmarlo, cominciò ad assillarla con le domande.
 “Dalle un po' di tempo...”
 Ma per Nicola era impossibile aspettare. Aveva capito subito che la sua bambina stava male per colpa di quell'uomo. Lo odiava. Lo odiava con tutto il cuore.
 “È stato lui! Principessa, è stato quel bastardo, non è vero? Cosa ti ha fatto, principessa?”
 Lei aveva ricominciato a singhiozzare. Quello sarebbe dovuto essere il giorno del suo matrimonio e si era trasformato in un incubo.
 “Avrà un figlio...”
 Riuscì a sussurrare.
 “Amore, sei incinta?”
 Scosse la testa e guardò la madre.
 “Lui avrà un figlio da lei...”
 I suoi genitori non capirono subito, ma con calma si fecero raccontare quello che era successo. Marcella stringeva la figlia mentre Nicola passeggiava avanti e indietro nervosamente. La moglie pensò che fosse un bene che Riccardo non fosse lì, suo marito avrebbe potuto ucciderlo. I dubbi e le paure di Betty e Nicola erano fondate. Riccardo aveva rovinato tutto, gettando nella disperazione la sua bambina. Non esternò i suoi pensieri, era inutile farlo, avrebbe solo aggiunto altro dolore.
 L'uomo nel frattempo aveva raggiunto la casa dei suoi genitori e aveva raccontato loro quello che era successo.
 “E adesso cosa pretendi? Che ti perdoni? Che cresca con te il figlio di una donna orribile? Pretendi che finga che non sia successo nulla?”
 “Non è mio figlio!”
 “Ne sei certo? Allora perché vuoi che quella donna faccia degli esami? Hai dei dubbi perché l'hai portata a letto! E lei è sicura che sia tuo!”
 “Ho fatto un errore...”
 "Un errore? Stai scherzando?"
 Betty gridava verso il figlio tutta la sua delusione e la sua rabbia. Tutte le sue paure si erano concretizzate. Suo figlio aveva rovinato tutto, aveva rovinato Francesca, la più meravigliosa delle creature.
 Ma la cosa che più la faceva soffrire era il suo atteggiamento.
 Era distrutto, lo percepiva e lui non lo nascondeva. Era terrorizzato dall'idea di perderla, ma non riusciva ad ammettere la sua colpa.
 Suo figlio aveva fatto sesso con una donna dopo aver cercato di riconquistare la donna che amava. Provava rabbia, ma anche compassione. Quando sarebbe diventato un uomo? Quando, quel figlio, avrebbe cominciato seriamente a prendersi le responsabilità delle sue azioni?
 Riccardo, sprofondato su una poltrona con le mani sul viso, si tormentava e si odiava. Doveva assolutamente trovarla e farlo il prima possibile. Non sapeva nemmeno lui perché si fosse recato a casa dei suoi genitori. Forse sperava di trovare un sostegno, un aiuto, un consiglio. Invece, come ogni volta, si trovava di fronte a due persone che lo giudicavano, lo biasimavano.
 Suo padre non aveva ancora parlato. Si limitava a guardarlo, come fosse un estraneo, come se non fosse sangue del suo sangue.
 Alzò lo sguardo, cercando i suoi occhi, nella speranza di trovare un barlume di comprensione.
 "... Papà..."
 L'uomo sospirò e scosse la testa, si alzò e si versò qualcosa da bere.
 “Riccardo mi hai deluso! Credevo fossi diventato un uomo!”
 “Papà è successo prima! Prima che tornassi qui...”
 Erano i suoi genitori, erano loro a doverlo sostenere ma anche quel giorno, non erano della sua parte. Perché il loro atteggiamento faceva tanto male? Quando, suo padre e sua madre, lo avevano capito? Mai! Non avevano mai accettato quello che era e ciò che voleva essere. Perché avrebbero dovuto cambiare? Perché?
 Perché mai, come in quel momento, aveva bisogno di loro! Ecco perché era lì. Perché erano la sua famiglia.
 “Le avevi detto di amarla! Io c'ero! Lo ricordi? All'ospedale le avevi detto che saresti tornato da lei!”
 Era stata la madre a distoglierlo da suoi pensieri, quasi gridando.
 “Io non so perché l'ho fatto... Io non volevo!”
 “Non volevi? Ti ha stuprato? Ti ha obbligato?”
 Continuò la donna recitando la sua preoccupazione con sarcasmo.
 “No... Ma avevo bevuto!”
 Cercò di giustificarsi.
 “Oh, povero Riccardo... Hai messo incinta una donna! Lei non te lo perdonerà mai e nemmeno noi!”
 Lo sapeva! Sapeva bene quello che aveva fatto. Sapeva di aver commesso un errore, lo aveva capito subito, ma non avrebbe mai immaginato che le conseguenze sarebbero state così devastanti.
 Per un anno non aveva toccato una donna. Aveva avuto mille opportunità, con donne bellissime, disponibili e compiacenti, ma non aveva potuto, perché era lei la donna che voleva. L'unica a cui si sarebbe dato per tutta la vita. Era stato superficiale, lo sapeva. Era stato un momento di debolezza, di sconforto. Si era sentito male quel giorno... Quel bambino, quel padre e quella gioia, lo avevano reso fragile! Cosa ne sapevano i suoi genitori? Lo giudicavano, ma loro non sapevano!
 Fu tentato di dire qualcosa ma un fastidioso suono lo distolse dai suoi propositi.
 Betty prima guardò il suo telefono che squillava, poi tornò a scrutare il figlio, mentre rispondeva.
 "Marcella..."
 Riccardo scattò in piedi, avvicinandosi alla madre.
 “Lei è qui... Riccardo ha rovinato tutto...”
 “Sì, Marcella, lo so!”
 In un istante realizzò che lei doveva essere dai suoi genitori. Senza una parola, uscì dalla villa e percorse le poche decine di metri che separavano le due proprietà senza pensare a niente se non a lei.
 Betty e Armando non riuscirono a fermarlo ma lo seguirono per evitare che altri errori si aggiungessero a quello fatto.
 Entrò in quella casa senza bussare, senza considerare nulla e nessuno, ma cominciò a chiamarla, cercandola prima in salotto.
Nicola, senza che lui riuscisse a schivarlo, gli sferrò un pugno e lo fece cadere a terra. Non si rese nemmeno conto di quello che era successo. Si portò la mano al volto e si guardò le dita che erano sporche del suo stesso sangue. Si sollevò su un gomito e si accorse che Nicola lo guardava con il volto sfigurato dall'odio e dal disgusto. Non gli importava nulla di lui. Poteva essere odiato da chiunque, lui voleva solo parlare con lei.
 “Vai via! Non sei il benvenuto in questa casa! Hai chiuso, Riccardo! Hai chiuso con tutti noi! Non voglio vederti un'altra volta!”
 Gli gridò con astio.
 “Nicola...”
 La voce di Betty riecheggiò nel salotto proprio mentre Nicola stava per sferrare un altro colpo sul volto di Riccardo.
 Si trattenne e indietreggiò.
 “Betty, vai via e portalo con te! Lo sai cos'ha fatto? Lo sai cos'ha fatto alla mia bambina?”
 Betty annuì, con gli occhi gonfi di tristezza.
 “Per favore, devo vederla!”
 Riccardo, rimasto a terra, cercò di togliersi il sangue che cominciava ad infastidirlo con il dorso della mano.
 “Tu andrai via subito... Io lo sapevo che l'avresti fatta soffrire, ma non così! Hai messo incinta un'altra donna! Dovresti farti schifo da solo!”
 “Devo vederla...”
 E a quel punto era cambiato. La sua non era una richiesta, una preghiera, era un ordine, il suo tono era perentorio. La frustrazione e la disperazione non lo facevano più ragionare.
 “Riccardo smettila! Nicola ha ragione!"
 Betty volse lo sguardo al suo più caro amico e con convinzione, gli disse:
 "Ora andiamo via, Nicola!”
 “Portalo via, Betty!”
 Continuò, sempre più furioso, Nicola.
 "Mamma, non devi immischarti! È chiaro?"
 Armando, rimasto in disparte, non era intervenuto in difesa del figlio. Non riusciva più a guardarlo con gli stessi occhi. Il suo Riccardo sapeva solo avvelenare la vita degli altri. Forse lo aveva viziato, gli aveva dato troppo per recuperare il tempo che avevano perso o forse era lui a non averlo accettato davvero come padre. Forse non era stato felice con lui. Aveva sbagliato tutto.
 Non aveva alcuna importanza, perché quello che il suo piccolo Riccardo aveva fatto, era qualcosa che non si sarebbe risolto con un rimprovero o con il tempo. Non si trattava di una scelta non condivisa. Ciò che aveva fatto, era qualcosa di enorme, di imperdonabile. Si limitò a raggiungere il ragazzo che nel frattempo si era rialzato e lo fissò con un'espressione che Riccardo non riuscì ad interpretare, poi disse:
 “Nicola, ti chiedo scusa per quello che ha fatto! Non immagini quanto sia mortificato. Non la cercherà più! Spero solo che lei lo dimentichi presto!”
 “Non può dimenticarmi!"
 "Spero che lo faccia, Riccardo! Tu non meriti una donna come lei! Tu non meriti nulla! E adesso, andiamocene! Non siamo i benvenuti!"
 Gli strinse un braccio e provò a spingerlo perché accettasse la situazione.
 "Dobbiamo solo parlare! Ci amiamo! Ho bisogno di lei!”
 “Non mi importa affatto quello di cui hai bisogno tu! Non mi pare che lei abbia bisogno di te in questo momento! O sarebbe qui! Andiamo via!”
 Francesca non era lì, ma era nella sua camera o forse in giardino. Non era in quel salotto, ma era in quella casa, ne sentiva il profumo, ne percepiva la presenza. Perché non lo raggiungeva? Perché solo suo padre gli stava gridando il suo odio? La sensazione che lei non sarebbe più tornata, tornò a mordere il suo stomaco e vacillò.
 “Papà, io non posso!"
 “Nicola, andiamo via subito! Abbraccia tua figlia e dille che le vogliamo bene!”
 Nicola annuì e si allontanò, cercando di ritrovare un minimo di calma.
 “No! Non andrò via! Lei ed io siamo una cosa sola!”
 “Non permetterti più di parlare in questo modo! Esci da casa mia e vai dalla tua sgualdrina, che ti darà un figlio! Vattene!”
 Evidentemente, Riccardo aveva qualche problema a capire! Quelle parole uscirono dalle labbra di Nicola con un disprezzo tale che Betty fu scossa dai brividi.
 Non c'era altro da aggiungere, Armando trascinò il figlio fuori da quella casa e lo lasciò sulla strada, senza dirgli una parola, poi si allontanò.
 Betty rimase accanto al figlio, guardando il marito camminare solo, represse le lacrime che premevano per uscire, poi cercò gli occhi di Riccardo e gli disse:
 “È terribile Riccardo... Non potevi deludere più di così tuo padre! E anche io non so davvero chi sia! Quello che hai fatto a quella povera ragazza è... Spero tu riesca a convivere con  il rimorso!"
 Gli prese il volto tra le mani e gli diede un bacio pieno di dolore.
 "Ci ho sperato fossi diventato un uomo... Ci ho sperato davvero!”
 Poi anche lei se ne andò, raggiungendo il marito e prendendolo per mano, tornarono nella loro casa.
 Riccardo invece rimase a fissare l'ingresso di quella casa, dove forse lei aveva sentito tutto. Pochi metri li dividevano, ma mai erano stati più lontani. E l'uomo sentiva che l'aria cominciava a rarefarsi, che i suoi polmoni facevano male e il respiro era affannoso.
 Si lasciò scivolare nuovamente sul marciapiede. Ormai le forze lo avevano abbandonato.

 Francesca, raggomitolata sotto le coperte del suo letto, teneva la testa sotto il cuscino. Aveva continuato a piangere senza sosta e quando lo aveva sentito gridare il suo nome, aveva avuto paura di non essere in grado di sopravvivere. Era stata tentata  di correre da lui e abbracciarlo e di ucciderlo, di baciarlo e vederlo morire, di fare l'amore con lui e sentire il suo nome pronunciato in maniera diversa, con passione e desiderio, di essere sua ancora e ancora e di scappare da quell'incubo da cui non sarebbe mai riuscita a svegliarsi.
 Riccardo avrebbe avuto un figlio e lei non sarebbe stata la madre di quel bambino. Era surreale, era assurdo e sbagliato. Era terribile e la rabbia la divorava. Eppure...
 Eppure non riusciva ad odiarlo, non completamente.
 Il suo cuore, nonostante tutto, si rifiutava di odiarlo. Batteva per lui. Il suo cuore, spezzato, maltrattato e sanguinante, continuava ad amare un uomo che per tutta la vita si era preso gioco di lui, dei suoi sentimenti. Un uomo che le aveva giurato amore, che le aveva chiesto un figlio, che le aveva mentito. Aveva mentito! Riccardo le aveva mentito.
 Nella casa era tornato il silenzio. La sua voce non arrivava più alle sue orecchie e il suo corpo, che fino a poco prima era concentrato su quello che stava succedendo a pochi metri da lei, si era abbandonato, come se ogni muscolo si fosse sgretolato.
 Sentiva l'anima che la abbandonava e la mente che per tanto tempo l'aveva sostenuta, tornare a prendere possesso di lei.
 La ragione le impose di accendere il telefono e chiamare l'unica persona che in quel momento avrebbe potuto aiutarla. Perché se il suo cuore si rifiutava di cancellare il dolore, perché farlo avrebbe significato cancellare i sentimenti, il suo corpo avrebbe seguito la ragione. Era un corpo stanco e spossato, privo degli stimoli che lo avevano sempre sostenuto, nel bene e nel male, un corpo che faceva male e che aveva assolutamente bisogno di essere curato.
 Si affidò alla ragione perché doveva pensare solo a se stessa, doveva ricominciare e avrebbe ricominciato dall'unica cosa che in quel momento le era rimasto. Il suo orgoglio.
 La sera era ormai scesa.
 Francesca guardava l'armadio della sua camera e non capiva come fosse possibile che fosse ancora peno dei suoi vestiti, nonostante fossero anni che non viveva più con i suoi genitori. Quando, dopo il ricovero, aveva passato qualche settimana in quella casa, non ci aveva fatto caso. Era strano quanto certi piccoli particolari, le apparissero tanto familiari. Gli abiti, la biancheria, le scarpe, le lenzuola che avevano lo stesso profumo di quando era una bambina, le tende alle finestre... Quella camera sembrava congelata nel tempo. Sembrava resistere a tutti i cambiamenti che negli anni c'erano stati.
 La sua camera... Mossa da un inspiegabile istinto, aveva aperto un cassetto che da sempre celava i suoi segreti. Ne estrasse alcuni quaderni. Erano i diari che aveva cominciato a scrivere quando aveva nove anni. Oltre ai suoi pensieri, nascondevano foto, biglietti del cinema e un mare di altri piccoli ricordi. Tutti erano ricordi legati a lui.
 Aveva sparso tutti quei pezzi della sua vita passata sul letto e li osservava. Forse avrebbe dovuto lasciare andare quell'amore molto prima. Quando aveva nove anni e lui aveva smesso di giocare con lei, di coccolarla per passare il tempo con la sua prima ragazzina, o quando lo aveva sentito parlare con un suo compagno dei baci che lui e un'altra fidanzatina si scambiavano, o quando si era resa conto che qualcosa in lui era cambiato e che anche il suo modo di rapportarsi con le ragazze era diverso o quando lo aveva scoperto mentre faceva l'amore, quando gli aveva detto di amarlo e lui l'aveva cacciata dalla sua camera. Avrebbe dovuto lasciare andare quell'amore prima di darsi a lui e legarsi per sempre ad un uomo che non l'avrebbe mai amata.
 Perché lui non la amava. Non poteva amarla! Se fosse stato davvero amore, non l'avrebbe fatta soffrire così tanto, l'avrebbe capita, non l'avrebbe mai tradita con nessuno. Se davvero l'avesse amata il loro bambino...
 Una fitta al petto la fece piegare in due e si portò una mano alla gola perché l'aria aveva smesso di gonfiarle i polmoni.
 La paura di non riuscire più a respirare la fece piangere di nuovo. Ancora lacrime, sempre più dolore.
 Come avrebbe fatto? Cosa avrebbe fatto? Sarebbe stato sufficiente, per sopravvivere, fare ciò che si era prefissata? Poteva davvero rinunciare a ciò in cui aveva creduto fino a poche ore prima?
 Riccardo era l'amore della sua vita. Avrebbe dovuto lasciarlo andare, ma era tardi! Non poteva tornare indietro. Lo amava e persino la ragione non poteva contraddire quella verità.
 Raccolse tutto e ricacciò quei ricordi nel fondo di quel cassetto, insieme al suo amore, al suo cuore e alla sua anima che non ne volevano sapere di darle tregua. Il dolore sarebbe passato, prima o poi e in caso contrario ci avrebbe convissuto. Non era forse quello che aveva fatto per tutta la vita? Convivere con il dolore, la frustrazione e le delusioni.
 Si rimise sul letto, coprendosi con un coperta. Era strano, sentiva freddo, un freddo inconsueto per quella stagione.
 Stava quasi per addormentarsi, ormai sfinita, quando la madre bussò, entrando con un vassoio nelle mani.
 L'odore del cibo la nauseò e storse il naso.
 Marcella appoggiò il vassoio e si sedette sul letto, accarezzandole una spalla.
 "Principessa, proprio non vuoi mangiare qualcosa?"
 Le chiese preoccupata.
 Senza muoversi dalla sua posizione, Francesca scosse la testa.
 Marcella sospirò.
 “Se n'è andato?”
 Chiese tutto ad un tratto.
 “No... È ancora qui fuori, ma tuo padre non l'ha visto!”
 “Aveva ragione lui!”
 E le lacrime tornarono a bagnare le guance. Quante lacrime poteva versare una donna tradita?
 Se lo chiese perché facevano male, ogni lacrima la feriva, era come se bruciassero la pelle.
 “A quanto pare sì... Vuoi provare a dirmi come ti senti?”
 “Vuota... Confusa, disperata! Oggi avremmo dovuto sposarci. Volevo sposarlo...”
 Strinse le mani  così forte, che sentì le unghie entrare nella carne.
 Marcella le accarezzò con dolcezza i capelli e le spostò una ciocca che le ricadeva sul viso.
 “Oh, bambina, mi dispiace così tanto... Credi davvero sia finita davvero?”
 Francesca spalancò gli occhi e guardò la madre come se fosse impazzita. Si alzò su un gomito e con rabbia, le disse:
 “Avrà un figlio e io non voglio vederlo crescere un bambino che non sia mio!”
 “Piccola, lui dice di non essere il padre...”
 Non era possibile! La madre era davvero così crudele? Davvero le stava dicendo quelle cose?
 “Ma non può saperlo! È andato a letto con lei... Ha fatto l'amore con un'altra donna!! Ti rendi conto? Aveva giurato di non averla toccata!! Gliel'ho chiesto, lo capisci? Mi ha mentito! Mi ha mentito!!!!"
 Tremava come una foglia e sul suo viso non si leggeva solo il dolore e la delusione, ma anche a rabbia e il disgusto di esser stata tradita. Marcella non sapeva come davvero stessero le cose tra di loro, non aveva mai chiesto nulla a Francesca, ma ricordava bene la sera in cui Riccardo aveva dichiarato il loro a amore a quella cena. Francesca non era nemmeno certa che fossero davvero insieme. Ma non era davvero il momento di parlarne. Perché forse non l'aveva tradita nel senso stretto del termine, perché tra loro non c'era ancora nulla di definitivo, ma sicuramente l'aveva tradita in un modo ancora peggiore: aveva tradito a sua fiducia, mentendole.
 "Calmati, amore mio! Per favore!"
 Poi la abbracciò, vincendo le sue resistenze e quando la sentì rilassarsi tra le sue braccia e i suoi singhiozzi diminuirono, senza smettere di stringerla, le disse:
 “E adesso? Cosa farai?”
 Dopo qualche secondo, con ancora la voce rotta, prese un profondo respiro, prima di rispondere.
 “Vado via, mamma! Tra tre giorni, parto!”
 Marcella annuì e le diede un bacio sui capelli.
 “È un'ottima idea, principessa! Un po' di riposo non potrà che farti bene! Dove pensi di andare?”
 Francesca rispose con decisione.
 “Vado via per lavoro! Credevo avrei rinunciato per stare con lui... Che stupida! Sarebbe stato un errore! Avrei rinunciato al servizio più importante della mia vita per lui... Vado via!”
 “Ma di cosa si tratta?”
 “Vado in Venezuela con Bolanos! L'ho già avvertito... Starò via un paio di settimane e avrò il tempo per capire cosa fare... Ma non voglio vederlo! Non voglio nemmeno che sappia dove sono! Promettimi di non dirlo a nessuno...”
 Marcella sussultò. La sua bambina sarebbe andata in un paese difficile, non completamente sicuro e lei sarebbe rimasta ad aspettarla con apprensione. Ma mai avrebbe potuto impedirglielo. Francesca non le avrebbe dato retta e meritava di pensare solo a se stessa. Decise di non esternare la sua preoccupazione, ma di darle tutta la sua fiducia.
 “Stai solo molto attenta, tesoro! Io non lo dirò a nessuno! Nemmeno a tuo padre, perché non ti permetterebbe di partire."
 A scostò leggermente e cercò i suoi occhi, sorridendole, sperando che quella frase le avesse dato un po' di allegria.
 Ma dallo sguardo della figlia era eloquente. Non c'era nulla che potesse alleviare il suo dolore. Tornò seria e continuò.
 "Non lo dirò a nessuno... Ma lui non smetterà di cercarti!”
 Riccardo aveva rovinato tutto e di certo lei non gli doveva più nulla. Sarebbe andata in Venezuela, si sarebbe impegnata con tutta se stessa e avrebbe scattato delle foto da pubblicare in copertina. Doveva ricominciare e l'avrebbe fatto partendo da se stessa!
 “Che dorma in strada! Per me lui non esiste più! Lo odio con tutto il cuore!!”
 Lo disse con una tale convinzione che quasi si persuase fosse vero.
 “Non dirlo, principessa! Se non fosse il padre di quel bambino, forse...”
 “Forse non hai capito! Mi ha mentito! Mi ha giurato di non essere stato con lei! L'ha giurato! Come posso fidarmi di lui? Delle sue promesse? Mi ha mentito, mi ha ingannato! Non sa cosa  significhi essere sincero! Mi ha umiliata ancora una volta e io non gli permetterò mai più di farlo! È chiaro?”
 Le parole uscivano dalla sua bocca senza alcun filtro. La ragione era un fiume che esondava e sommergerà ogni cosa, l'amore, il cuore e l'anima. La ragione la sosteneva, la mente aveva preso il controllo del suo corpo e chiuso in quel cassetto il passato. La mente sapeva che quella era una situazione temporanea, il cuore e l'anima erano troppo forti per essere dominati, ma in quel momento erano troppo feriti per riuscire a reagire. La mente l'avrebbe sostenuta almeno fino a quando cuore e anima avrebbe preso il sopravvento. Ma a quel punto, forse, avrebbe avuto le idee più chiare. A quel punto, forse, sarebbe stata abbastanza forte da affrontarlo.
 Come se la madre avesse lette i suoi pensieri, si alzò dal letto e con una tenerezza che la scaldò, le sussurrò.
 “Prenditi tempo, tesoro! Ne hai bisogno, perché prima o poi ti troverai di fronte a lui! E quando succederà, sono certa, sarai in grado di prendere le migliori decisioni! Ora, però, riposati, principessa! Io sono dalla tua parte! Sempre! Non dimenticarlo mai! Ti voglio bene, bambina!"
 Quando la madre la lasciò, Francesca, chiuse gli occhi e la mente le concesse di pensare solo alla partenzae al lavoro. Non dormì quella notte, né le successive ma qualcosa la mantenne viva. Era la sua voglia di dimostrare a se stessa di essere una donna, non la donna di Chicco.
 Marcella raggiunse il marito che sembrava completamente fuori di sé. La rabbia lo divorava e la frustrazione di non aver fatto nulla per  impedire a quel bastardo di  ferire la sua principessa, lo riempivano di rimorsi.
 "Amore mio, la bambina si è calmata e dorme... Non credi che anche tu dovresti cercare di riposare?"
 Provò a protestare, ma la moglie lo convinse e la lasciò sola.
 Marcella, invece, lo avrebbe raggiunto più tardi: aveva qualcosa da fare.

 Riccardo era ancora seduto a terra, appoggiato al muretto che circondava il giardino della villa.
 Marcella notò che il suo corpo era teso e il volto era stanco e stravolto.
 Si inginocchiò accanto a lui e gli accarezzò una spalla.
 L'uomo alzò lo sguardo e vide Marcella sorridere.
 “Dovresti andare via...”
 “Non posso, devo vederla...”
 Il suo tono era sicuro ma quella frase era intrisa di insicurezze e incertezze.
 La donna sospirò e sorrise nuovamente, senza mai rompere il contatto.
 “Riccardo, io credo tu sia sincero. Sono l'unica forse, ma penso davvero che tu la ami, credo davvero che tu sia cambiato... E per esperienza so che voi uomini confondete spesso le vostre azioni per errori. So che può capitare a tutti di sbagliare! Tutti noi abbiamo sbagliato. Io, tuo zio, e anche i tuoi genitori abbiamo fatto degli errori enormi! Penso che sia necessario dare una seconda possibilità a chi sbaglia... Non so quante ve ne siate già date, ma se davvero la ami, ora va' a casa e lasciale un po' di tempo. Quando si sarà calmata, avrà le idee più chiare!"
 "Ma noi dobbiamo parlare! Io non l'ho tradita! Noi non stavamo insieme! Ero ancora a Miami!"
 Il sorriso della donna si fece più intenso. Era come se Riccardo non si rendesse conto della portata del suo errore. Era così disperato che cercava di mentire persino a se stesso, nella speranza di convincere la donna che amava. E la amava, glielo si leggeva negli occhi.
 "Oh, Riccardo, l'hai tradita! E tu lo sai! Hai tradito la sua fiducia! Tu non immagini quello che sta provando!"
 "Sì, che lo so! So quello che prova! Lo provo anche io!! Non riesco a respirare, Marcella! Lei è la mia vita e io devo vederla! Lo capisci?"
"Sì! Lo capisco! Ma ora mia figlia  ha bisogno di pensare! Ha bisogno di riposare... Parlerete! Avrete modo di chiarirvi! Le dirai che l'ami, ma non adesso.  Adesso è necessario che tu le dia del tempo! Riccardo... Francesca sta male!"
 Il cuore delluomo ebbe un sussulto! Se solo avesse potuto stringerla tra le braccia, era certo che avrebbe potuto farla sentire meglio. Entrambi si sarebbero sentiti meglio. La sua Farfallina era la sua vita e lui lo era per lei. Insieme ogni cosa si sarebbe sistemata!
 "Ha bisogno di me, quanto io ne ho di lei"
 Marcella prese un profondo respiro prima di continuare.
 "Tesoro, il vostro è un amore che ancora non ho compreso, ma sono certa che sia grande! Sono sicura abbiate bisogno l'uno dell'altra, ma a volte, le nostre azioni, possono cambiare le cose. L'amore non sempre è sufficiente! Francesca si sente tradita, umiliata e prima di vederti deve chiarire i suoi sentimenti. È confusa e, anche se non riesci a capirlo, è colpa tua! Sei tu ad averle inflitto questo dolore!"
 "Non volevo... Ti giuro, Marcella! Non volevo farle del male!"
 "Ma gliene hai fatto! Ora devi lasciarla tranquilla! Sarà lei a cercarti quando sarà pronta! Non importa quanto tempo ci vorrà, un giorno, due o  un mese! Devi darle spazio! Ha bisogno di tempo e tu... tu glielo devi, Riccardo!! Tra qualche tempo parlerete! Lei... Riccardo è necessario che tu le dia la possibilità di ragionare, di metabolizzare e di accettare ciò che hai fatto! E se... se decidesse che è finita, dovrai accettarlo!”
 Il sangue smise di scorrere e il cuore si fermò. Era qualcosa a cui non riusciva nemmeno a pensare! L'idea che lei potesse davvero chiudere la loro storia era impensabile, impossibile. Era qualcosa che davvero non sarebbe riuscito a superare.
 “Io non posso! Non accetterò mai una cosa simile! Mai!”
 “Invece lo accetterai e forse col tempo riuscirete a costruire un rapporto basato sulle ceneri del vostro amore. Va' a casa... Ti prometto che lei starà bene! Mi occuperò io di lei! Cerca di pensare a quello che devi fare! Buttati sul lavoro, su quello che vuoi e lascia sia lei a cercarti!”
 “Zia, ti prego! Ho bisogno di lei!”
 “Dimostraglielo! Lascia che si riprenda!”
 Rimase in silenzio. Non poteva fare altro che aspettare. Doveva lasciarle il tempo per capire che lui non voleva altro che vederla felice! Si alzò e diede un'ultima occhiata alla casa dove lei forse stava riposando, forse sognava o forse pensava a lui. Senza guardare Marcella, si liberò dalla sua mano, che non aveva mai smesso di toccare la sua spalla e fece qualche passo lontano dalla donna. Non la guardò, si voltò e si incamminò verso la sua auto.
 “Diglielo! Dille che l'amo con tutto il cuore! Dille che lei è tutto!”
 “Lo farò!”

 L'appartamento era freddo, vuoto, triste.
 Si buttò sotto la doccia sperando che l'acqua calda riuscisse a rasserenarlo.
 Ma quello che provava era troppo grande perché bastasse l'acqua per cancellare il dolore che corrodeva la carne.
 Si buttò sul letto esausto. Le lenzuola avevano il suo profumo. Gli sembrava di poterla quasi toccare ma lei non era lì!
 Gli sembrò che quel letto lo trascinasse a fondo, che lo inghiottisse in un baratro buoi. Non riusciva a reagire a quelle sensazioni e sentì una sensazione diversa da tutte quelle mai provate.
 Aveva il volto bagnato, forse il labbro aveva ricominciato a sanguinare. Ma il sapore sulla lingua non era quello ferroso e dolciastro del sangue. Era il sapore del mare. Era sale. Portò le mani sul viso.
 Stava piangendo. Riccardo, per la prima volta nella sua vita, piangeva.
 Le lacrime che aveva trattenuto per tutto il giorno, gli bagnavano le guance. E lasciò che scorressero, che lo ferissero, che gli ricordassero che la sua vita era legata ad un filo.
 Odiò se stesso! Ancora una volta. Odiò la sua superficialità. Odiò quello che aveva fatto, odiò Carol!
 Carol... Aveva passato la giornata cercando di parlare con la sua donna e, a parte aver dovuto continuamente giustificare se stesso, aveva praticamente smesso di pensare a quanto quella donna gli aveva detto.
 Carol era incinta... Era incinta e affermava che quel bambino fosse suo.
 Rivisse a fatica quello che era successo quella notte. Il ribrezzo lo fece vacillare.
 Ricordava appena quei momenti. Non perché fosse anto ubriaco da averlo dimenticato, ma perché era qualcosa di lontano e sbagliato, che aveva messo da parte.
 Non era possibile fosse il padre di quel bambino. Non era uno sprovveduto. Aveva preso tutte le precauzioni...
 Eppure Carol aspettava un figlio. Fino a qualche mese prima, non avrebbe mai messo in discussione le sue parole, ma Carol si era rivelata una donna interessata e lo aveva messo in condizione di smettere di fidarsi di lei...
 Cosa avrebbe dovuto fare?
 Era certo solo che voleva che la sua Farfallina, lo perdonasse, che lo amasse! Perché se fossero stati insieme, ogni cosa si sarebbe sistemata! Insieme erano forti, insieme erano completi, insieme erano invincibili. Erano una sola cosa!
 Non si accorse nemmeno di essere sprofondato in uno stato di torpore. Non sentiva più niente. Il suo corpo perse ogni tensione, ogni suono scomparve, il buio era l'unica cosa che riusciva a vedere.

 Francesca partì con Bolanos. Non sarebbe più stata la stessa, lo sapeva. Ora per lei contava solo il suo lavoro. Un giorno forse lo avrebbe perdonato ma non voleva più amarlo.
 Aveva lasciato la sua città alla spalle e soprattutto aveva lasciato lui. Aveva lasciato andare lui e quello che le aveva fatto. Aveva lasciato alle sue spalle la vita che lui le aveva promesso. Una vita che aveva desiderato per tutta la vita e che faceva solo male.
 Il suo lavoro l'avrebbe salvata. Bolanos era con lei e non era sola!
Non era sola! Perché da quella notte, nonostante tutto, lei non si era più sentita sola. Era come se con lei ci fosse qualcuno. Forse era il suo cuore, la sua anima... Non lo sapeva, ma era bello. Era bello che qualcuno non la lasciasse mai.

 Aveva deciso di seguire il consiglio di Marcella, non l'aveva più cercata. Era stato spesso sotto la redazione del suo giornale, nascosto, senza farsi vedere, ma non era riuscito mai a vederla. Aveva chiesto a sua madre che non gli aveva dato alcuna informazione. Aveva continuato a vivere nella loro casa, guardando le sue foto e toccando i suoi vestiti. Sentiva il suo profumo in ogni cosa che lo circondava. Viveva in attesa che lei decidesse di parlargli. Ma più i giorni passavano, più il dolore che provava, aumentava. Perché lui non si era mia sentito così solo. Perché qualcosa si era spezzato e lui non sapeva da che parte cominciare per rimettere insieme i pezzi. Lui non era niente! Senza di lei era solo un uomo finito e sconfitto. Lei era la vita, era la felicità, la pace. Senza di lei solo dolore e vuoto.
 E poi c'era Carol.
 Quella donna lo teneva sulle spine e si era rifiutata di eseguire un esame per stabilire se lui fosse davvero il padre. Lo stava facendo impazzire, lo esasperava con la sua presenza. Sapeva di non poter essere il padre. Ci aveva pensato tanto ed era davvero impossibile... Eppure... Eppure Carol non aveva avuto altri uomini, ne era certo. Era diventata un suo satellite in quelle settimane a Miami. Passavano il tempo sempre insieme... Era necessario aspettare!
 E Carol lo conosceva! Sapeva cosa fare e cosa dire per colpirlo e farlo soffrire. Non voleva verificare la paternità, ma lo minacciava di non farglielo vedere nel caso fosse stato suo. Aveva il coltello dalla parte del manico e sapeva usarlo. La frustrazione aumentava e starle lontano era diventato insopportabile. Si dedicava al lavoro, impegnandosi anche la notte quando, invece di dormire, si tormentava per lei.
 Sua madre e suo padre non gli perdonavano la sua leggerezza e sua sorella lo evitava. Solo Edo, suo fratello, non lo aveva abbandonato.

 Quel pomeriggio era andato a trovarlo e teneva gli occhi fissi sull'immagine che si era trovato davanti. Era un uomo che non aveva nulla a che fare con il Riccardo di sempre.
 “Lo sai che non puoi continuare così? Sembra tu stia impazzendo!”
 Riccardo bevve un sorso di whisky e fulminò Edoardo con gli occhi. Sorrise sarcastico.
 “Io sono già impazzito!”
 “Ma un minimo di dignità lo devi mantenere. Tra l'altro i giornali hanno cominciato a fare allusioni sulla sua assenza e hanno pubblicato una foto in cui sembri uno appena scappato dalla prigione...”
 “Cosa vuoi che mi importi dei giornali?”
 “Nulla! Assolutamente nulla, ma dovresti riprendere in mano la tua vita!”
 “Il mio lavoro non sta risentendo per quello che provo! Anzi...”
 “Parlo in generale! Dovresti parlare con mamma e papà!”
 “Sono loro ad avermi chiuso le porte in faccia!”
 “Sono delusi. Lo siamo tutti. Ho sempre saputo che tra te e lei c'era qualcosa. So che la ami, da molto prima che facessi quella sceneggiata a casa sua... Sono dispiaciuti, io lo sono!”
 “Siete dispiaciuti? Beh io sono disperato! Tu non immagini quello che provo! Mi manca l'aria! Io... io ho bisogno di lei! Siete delusi? Dispiaciuti? Voi non sapete cosa significhi essere amati da lei! Non sapete come ci si senta ad essere stretti tra le sue braccia!"
 Edoardo non aveva mai sentito il fratello parlare in quel modo.
 Riccardo era sempre stato distante e controllato ma in quel momento si stava mettendo a nudo. Per la prima volta, vedeva il fratello fragile e senza alcuna sicurezza.
 "Non essere presuntuoso! La amiamo! Le vogliamo bene e non abbiamo bisogno di essere innamorati di lei per sapere quanto sia seciale!"
 Scosse la testa. Era diverso! Loro non potevano sapere come si sentisse. Non li conoscevano davvero. Nessuno di loro sapeva quello che avevano.
 Ma era inutile parlarne. Era troppo doloroso.
 Appoggiò il bicchiere sul tavolo e si prese il viso tra le mani.
 "Non la vedo da due settimane. Non riesco a parlare con lei. Ho paura! Non va al lavoro, non la vedo uscire da casa sua! Non so cosa pensa...”
 “Ma lei è andata via!”
 Si voltò di scatto.
 “Dove? Dov'è andata?”
 “Non lo so. È andata via qualche giorno dopo quello che è successo. So solo che è andata via per il suo lavoro!”
 “Oh... Sai quando tornerà?”
 Chiese speranzoso.
 “No... Mi dispiace. Non hai più sentito la zia?”
 “No, dopo quella sera non abbiamo più parlato... Non voglio creare problemi tra lei e Nicola!”
 “Meglio così! Posso provare a chiedere alla mamma se sa qualcosa!”
 “Lascia stare, capirebbe che lo stai chiedendo per me!”
 “Come vanno le cose con Carol?”
 “La odio! Vorrei sparisse dalla mia vita!”
 “E se fosse tuo figlio?”
 Passò le dita tra i capelli, guardò verso l'alto, sfinito e si sdraiò sulla poltrona, allungando le gambe.
 “Non lo so... Per ora posso solo aspettare e sperare che non sia così! Non so se riuscirei ad amare il figlio di quella donna!”
 Edoardo annuì e dopo qualche secondo, gli chiese:
 “Chicco... Perché ci sei andato a letto? Se davvero ami Fran... Voglio dire, è bellissima ma...”
 “Ma avevo bevuto! Era stata una giornata strana. I miei ex colleghi mi avevano invitato ad una festa per salutarmi e mi sono lasciato andare... Per un momento ho dubitato di me stesso, non ero più sicuro che la mia fosse la scelta giusta... ero terrorizzato dall'idea che lei non mi avrebbe accettato e... Niente! Lei era lì, non sono stato capace di resisterle! Non facevo sesso da mesi! Da quando lei mi aveva lasciato non toccavo un donna! Non ne avevo bisogno perché mi bastava pensare a lei. Ho seguito solo l'istinto! Prima che me ne rendessi conto era... sono un uomo! Forse un uomo orribile e volubile! Non lo so!”
 “Almeno un preservativo, potevi usarlo però!”
 “Avevo bevuto, ma non sono un idiota! L'ho usato! Ma se davvero è rimasta incinta quella notte, qualcosa è andato storto!”
 “Beh, direi di sì, capita... Ma pensi davvero che possa fare una cosa simile? Eravate amici, avevate un bel rapporto! Ti farebbe questo?”
 “Credevo di no, ma ha fatto di tutto per farmi perdere il lavoro e quella notte ha detto di amarmi... Forse non ha accettato il fatto che sia tornato a Bogotà. Non lo so! Ma non voglio davvero pensare che sia mio quel bambino!”
 “Non sei comunque obbligato a stare anche con la madre. Se fosse tuo, potresti essere suo padre, occuparti di lui senza avere nulla a che fare con lei!”
 “Ma bravo, fratellino! Credi che non ci abbia pensato? E dove dovrei crescerlo? Sarà americano! Lei lo farà nascere in Florida e potrei vederlo solo lì! Dovrei lasciare di nuovo tutto e tornare a Miami! Questo lo capisci, vero? Se fosse mio figlio, mi prenderei le miei responsabilità e non lascerei che lo crescesse da sola...”
 “Allora spera che non sia così! In quel caso riuscirai a ricominciare a vivere serenamente!”
 “Serenamente? Lei mi perdonerà?”
 Chiese più a se stesso che al fratello.
 “Non lo so, forse col tempo!”
 “Beh io non voglio aspettare! Quando tornerà, troverò il modo di parlarle. Devo convincerla a perdonarmi!”
 “Comunque vada dovrai accettare qualsiasi decisione prenderà! Non puoi davvero esasperarla. Hai tutti contro!”
 “Al diavolo tutti! A costo di prendere a pugni Nicola, io le parlerò e la convincerò a tornare con me! Io ho bisogno di lei!”
 “Fratellino, fai attenzione! Segui il mio consiglio!”
 “Grazie... Ora vattene a casa e lascia che mi perda nei miei pensieri!”
 “Tagliati la barba fratellino! Mangia qualcosa e dormi! Altrimenti rischierai di farla scappare per il tuo aspetto!!”
 “Sì, certo! Vattene al diavolo anche tu!”

 Si tormentava e pensava a lei. Era terribile non sapere quello che facesse e dove fosse. Se solo fosse riuscito ad abbracciarla, a stringerla, era certo che lei avrebbe capito. La sua donna lo avrebbe capito.
 Anche lei soffriva. Presto sarebbe tornata e sapeva che avrebbe dovuto affrontarlo.
 “Come stai?”
 “Meglio! Scusa se non sono stata molto bene!”
 “Se avessi saputo, non ti avrei coinvolta in questo progetto!”
 “Ma io ne avevo bisogno e poi abbiamo fatto un ottimo lavoro...”
 “Tra due giorni sarai a casa, piccola Francis!”
 “Credi che Suarez mi darà qualche giorno libero?”
 “Penso che ci debba almeno una settimana... Potrai riposare e pensare un po' più a te...”
 “Non sono molto felice di tornare a casa!”
 “Ma...?”
 “Ma devo! Ma se Suarez mi lascerà qualche giorno, voglio volare a Los Angeles per qualche giorno...”
 “Hai voglia di staccare la spina anche da me?”
 “No! Tu sei il mio angelo...”
 “Mi spiace non esserti stato utile!”
 “Ti sbagli! Questo viaggio mi è servito e tanto! E tu sei stato fantastico! Sei un amico vero!”
 “Puoi contare su di me!”
 “Lo so! Ma quando tornerò a Bogotà dovrò cavarmela da sola!”
 “Io penso che sarai bravissima... Qualunque cosa tu decida di fare, sarà la scelta giusta!”
 “Non ne sono tanto sicura...”
 “Io penso tu sia una donna eccezionale! Una grande fotografa, una professionista incredibile, sei bellissima e dolce! E sai trovare nelle persone, dei lati nascosti, sai esaltarli. Lo si vede dalle tue foto e... Credo che sarai un'ottima madre se... Se deciderai di tenerlo!”


°°°°°°°°°°
 Vi prego di perdonarmi! Questo capitolo è stato difficilissimo!
 L'ho scritto e riscritto mille volte e quando sembrava aver preso una forma soddisfacente ho rimesso in discussione tutto di nuovo.
 Spero solo di essere riuscita a rendere al meglio ciò che i protagonisti sentono, i loro sentimenti e le loro emozioni.
 Vi assicuro di averci messo tutto il cuore e mi sono impegnata come mai...
 Credo che da qui in poi sarà difficilissimo continuare.
 Ma ci metterò davvero tanto impegno per essere più veloce.
 Tutto qui!
 Spero troviate piacevole questo capitolo perché non l'ho nemmeno riletto!
 Chiedo scusa per gli errori, per le ripetizioni, per le imprecisioni e se tutto appare poco chiaro.
 Ma i protagonisti della mia storia non sono gli unici ad aver sofferto in questo capitolo!
 Un abbraccio.

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Capitolo 15
*** 15 ***


Capitolo 15


 Odiava la notte.
 Il buio e il silenzio lo inchiodavano alla realtà.
 E la realtà era angosciante.
 Dolore.
 Riccardo passava le notti ascoltando ogni rumore, ogni fremito, nella speranza di sentire la porta aprirsi. Ma quella porta restava chiusa.
 Erano passate più di due settimane e lei non aveva più varcato quella soglia. Era scomparsa, lo aveva lasciato e aveva portato  via i suoi sogni e la sua vita. Era perso, vinto. Non aveva  più niente e il vuoto che aveva dentro lo consumava giorno dopo giorno. E di notte contava i pezzi di se stesso che, inesorabilmente, stava perdendo.
 Francesca era andata via, lasciandolo nudo e inutile.
 Senza di lei i giorni si susseguivano senza senso.
 Si alzava per inerzia, lavora per abitudine, senza entusiasmo.
 Ogni cosa appariva priva di attrattiva, persino l'interesse che un'agenzia, aveva mostrato per i suoi progetti.
 Non riusciva a trovare pace, senza di lei non c'era pace!
 Carol lo informava quotidianamente di ogni cosa, delle visite, di quanto stesse male a causa delle nausee, sul fatto che sarebbe tornata a Miami entro qualche giorno. Le sue, però, non erano premure, era il suo modo di tormentarlo e farlo impazzire. Pretendeva che lui si interessasse a lei, usando un bambino che non aveva colpe.
La realtà era, che più i giorni passavano, più si convinceva che quel bambino non fosse suo.
 Non poteva essere suo. Carol voleva solo giocare le sue carte e lo aveva fatto, colpendolo dove faceva più male. Non sapeva se le sue azioni erano dettate dall'amore che diceva di provare o solo dalla voglia di fargli del male, ma l'unica conseguenza era che il suo odio nei suoi confronti, cresceva.
 Aveva ripensato a quello che era successo mille volte e se, da una parte, la consapevolezza che quel preservativo fosse integro lo sollevava, dall'altra, l'odio che nutriva per se stesso aumentava.
 Lui l'aveva voluto. Aveva desiderato avere quel corpo. Aveva goduto di quei momenti. Non aveva nessuna importanza che se ne fosse pentito. Aveva tradito Francesca.
 L'aveva tradita perché quando aveva fatto sesso con un'altra donna, la odiava. Perché mentre era dentro un altro corpo, voleva punirla, perché mentre il piacere percorreva ogni cellula del suo essere, l'aveva cancellata.
 Aveva tradito l'unica donna che davvero amava e lo aveva fatto per farle del male. Perché era stato così ipocrita da credere che lei gli avesse portato via la possibilità di scegliere.
 Ipocrita! Lui non avrebbe mai scelto di cambiare la sua vita in quel momento. Né per lei, né per un figlio. Era troppo convinto che la sua vita fosse perfetta, che lei fosse solo la donna che riempiva dei vuoti che nemmeno sapeva di sentire.
 Un ipocrita e un traditore. Ed era ipocrita e traditore due volte. Le aveva mentito e lo aveva fatto giurando. Le aveva mentito solo per paura di essere giudicato, perché non era stato capace di accettare le sue debolezze. Perché non voleva rovinare quei momenti meravigliosi.
 E ora quei momenti erano finiti.
 Non sapeva cosa fare. Da una parte c'era quella donna, dall'altra Francesca. Se lei fosse stata con lui, non avrebbe avuto paura, sarebbe riuscito ad affrontare tutto, senza di lei c'era solo il buio.

 Aveva avuto qualche problema a trovare un volo diretto per Los Angeles, ma non avevo alcuna intenzione di tornare a Bogotà. Non fino a quando avesse capito cosa fare.
 Bolanos le aveva offerto la sua compagnia mentre aspettava di imbarcarsi, ma lei aveva preferito rimanere sola.
 Sola...
 Era strano, ma non si sentiva sola. Dentro di lei, alcune cellule si erano unite e si moltiplicavano velocemente.
 Un piccolo agglomerato di cellule, era così che definiva ciò che cresceva nel suo ventre. Da quattro settimane non poteva più dirsi "sola".
 Angosciata, infelice, terrorizzata, ma non sola.
 Aveva salutato il collega e gli aveva chiesto di non rivelare dove stesse andando.
 Nessuno doveva saperlo. Aveva  bisogno di pesare e prendere delle decisioni che, in un modo o nell'altro, avrebbero cambiato la sua vita.
 Seduta, mentre aspettava che chiamassero il suo volo, guardava le persone che si affrettavano e correvano da una parte all'altra del terminal e si chiese se anche quella gente avesse delle storie terribili, come quelle che aveva immortalato in quel paese...
 Sospirò e guardò il biglietto che stringeva nelle mani e preparò il passaporto.
 Era stanca e non vedeva l'ora di riuscire a riposare. Da quando aveva visto il risultato del test, non era più riuscita a dormire e il suo corpo reclamava un po' di pace.
 Entro qualche ora, avrebbe potuto dedicarsi solo a se stessa.
 Quando salì sull'aereo e si allacciò la cintura di sicurezza, si accarezzò la pancia, quasi inconsapevolmente. Fu un momento e trasalì rendendosi conto che mentre lo faceva, un sorriso si era dipinto sul suo volto.
 Ma fu un istante, era ancora troppo ferita per riuscire a ragionare su quel gesto.
 Chiuse gli occhi e cercò di dormire ma le fu impossibile.
 Nonostante il volo fosse tranquillo, lei aveva paura. La tempesta era dentro di lei e non riusciva a placare, nemmeno per un attimo, quello che sentiva.
 Cercò di distrarsi, guardando dal finestrino dell'aereo, provando ad indovinare ciò che scorreva sotto di lei ma non smise di pensare al dolore. Concentrarsi su se stessa non serviva, era impossibile non pensare che l'uomo della sua vita avrebbe avuto un figlio da un'altra donna.
 Il cuore faceva male e la nausea le provocò un conato di vomito.
 Lei era dolore. Era delusione e dolore. E paura!
 Ripensò ai suoi occhi, a quei bellissimi occhi color nocciola che erano stati la sua luce per tutta la vita, che l'avevano guardata come nessuno era mai riuscito a fare.
 Quella notte, quegli occhi, le avevano giurato amore e lei aveva creduto fossero sinceri.
 Chicco... Il suo Chicco l'aveva tradita. Il suo Chicco, ancora una volta, l'aveva presa in giro.
 Quei mesi passati insieme le avevano regalato la felicità. Ma evidentemente, lei non era fatta per essere felice.
 Quello che era successo, era stato del tutto inaspettato, forse per questo, faceva ancora più male. Riccardo l'aveva lasciata tante volte ed era sempre stato devastante, ma era sempre riuscita a rialzarsi. Quella volta no! Quella volta non sarebbe stato come le altre volte.
 Non era certa che quelle ferite si sarebbero rimarginate.
 Persino il suo cuore cominciava a perdere colpi.
 Era incinta, per la seconda volta.
 Chiuse gli occhi e prese un lungo respiro, doveva come prima cosa riordinare le idee, ragionare razionalmente, perché non avrebbe mai più fatto alcun errore. Lo doveva a se stessa, alla sua famiglia, a quell'ammasso di cellule che cresceva in lei e... E anche a lui.
 Ripercorse nella mente i giorni precedenti, per trovare almeno parte delle risposte.
 Capire i suoi sentimenti, le sue emozioni, forse in quel modo avrebbe potuto fare un minimo di chiarezza.
 Era a Caracas da una decina di giorni e si era fatta coinvolgere completamente da quel lavoro. La sofferenza che permeava quelle strade, era tangibile. L'ansia e la paura si leggevano nei volti, nei gesti e nelle parole. Bolanos l'aveva rimproverata, doveva limitarsi a scattare le foto, senza empatizzare troppo e lei ci aveva provato, ma non era proprio riuscita a seguire quel consiglio! La situazione in quel paese era instabile e le persone che aveva incontrato avevano tutte delle storie terribili. Si sentiva a disagio e provava un senso di impotenza quando vedeva dei bambini persi nelle strade o dei ragazzi che non sapevano cosa fare della propria vita. Anche nel suo paese c'erano problemi, ma lì sembrava tutto amplificato. Molti lasciavano le proprie case e il proprio paese alla ricerca di una vita migliore, di un luogo dove ricominciare a vivere, a sognare.
 Si sentiva una stupida. Le sembrava di usare il dolore che respirava per non pensare a lui.
 Del resto provava un senso di colpa che non sapeva spiegarsi. Perché lei continuava a stare male, nonostante il lavoro, nonostante la miseria che vedeva giorno dopo giorno, lei soffriva.
 Aveva il diritto di sentirsi persa? Di soffrire? Ciò che lei aveva passato non era nulla in confronto a quanto vivevano quotidianamente quelle persone, ma non riusciva. Non riusciva a fingere. Stava male!
 Il dolore la divorava e la notte, sola in un letto lontano da casa sua, piangeva. Piangeva e pregava per trovare la forza. Poi quei malesseri mattutini, quella nausea che non la abbandonava mai, la stanchezza...
 Quando era quasi svenuta in mezzo alla strada, qualcosa l'aveva riportata indietro nel tempo. All'ultima notte passata con il suo uomo e ancora prima, quando, sola, nel suo appartamento, un pensiero assurdo l'aveva fatta tremare. Era buffo, sembrava che si stesse ripetendo tutto.
 Mangiava poco e male, dormiva peggio, quando riusciva e il lavoro che stava svolgendo era in assoluto il più difficile e stressante che avesse mai fatto. Ma quello che provava era diverso. Un vuoto ancora più profondo, era sopraffatta.
 Bolanos aveva insistito perché andasse da un medico ma lei, quasi seguendo un presentimento lontano e l'istinto, aveva acquistato un test di gravidanza.
 Mentre aspettava il risultato, non era riuscita a smettere di sperare di essere impazzita. Non poteva aspettare un bambino.
 Aveva guardato quello Stick per un tempo indefinito. Quelle linee colorate la misero di fronte alla realtà. Era positivo.
 Era incinta. Aspettava un bambino. Aspettava un figlio. Il figlio del suo Chicco.
 Chicco.
 Avrebbe voluto fosse con lei, abbracciarlo, piangere sul suo petto. Avrebbe voluto che le sue labbra baciassero la sua bocca, che la sua voce la cullasse e la rassicurare.
 Ma era lontana. E non erano solo i chilometri a separarli. A separarli c'erano le sue bugie, il suo tradimento e... E un altro figlio.
 Quel test era positivo ma per lei era tutto negativo. Aspettava un bambino da un uomo che sarebbe diventato padre del figlio di un'altra donna. Il suo bambino avrebbe avuto un fratello o una sorella praticamente della stessa età. Ma soprattutto avrebbe avuto un padre diviso tra due famiglie. E lei non l'avrebbe mai perdonato. Le aveva mentito e ancora una volta le sue promesse si erano rivelate vane, vanificate, come bolle di sapone.
 Si accorse che stava piangendo quando una donna le appoggiò una mano sul braccio porgendole un fazzoletto. Quella donna le sorrise con una dolcezza inaspettata e dopo averla guardata per qualche secondo, incerta, accettò quella piccola cortesia.
 “Grazie!”
 “Non c'è di che...”
 Fu grata a quella donna perché non aveva fatto domande indiscrete, limitandosi a sostenerla con quel piccolo gesto.
 Tornò ad immergersi nei suoi pensieri.
 Era incinta per la seconda volta. E per la seconda volta lui non era con lei.
 Quando aveva scoperto di essere incinta, si era arrabbiata, si era infuriata. Lo aveva odiato per averle rubato ancora una volta tutta la sua gioia, la sua voglia di vivere. Chicco era capace solo di illuderla, per poi sprofondarla in un mondo buio e freddo. Non poteva avere quel bambino. Doveva abortire!
 Come avrebbe potuto fare altrimenti?
 Aveva sperato di perderlo spontaneamente e si era impegnata a stancarsi, a correre, ad arrampicarsi sui muri di una città sconosciuta e ostile. Con la scusa di trovare angolazioni particolari, posizioni perfette per le foto, raggiungeva i punti più alti e pericolosi
 Poi, mentre scattava una foto ad una casa abbandonata, che l'aveva particolarmente colpita, aggrappata ad una staccionata in rovina, aveva perso l'equilibrio ed era caduta. Era scoppiata a piangere, un pianto soffocato, pieno di sofferenza. Si era sentita una vigliacca, una debole ragazzina incapace di prendere una decisione e che aveva lasciato al caso qualcosa che avrebbe cambiato la sua vita.  
 Bolanos era corso da lei, l'aveva consolata, aiutata a rialzarsi e poi l'aveva convinta a confidarsi, gli aveva raccontato tutto, fin dall'inizio, da quando, bambina, si rifugiava tra  le braccia di un fratello maggiore che la faceva sentire protetta e amata, a come quel sentimento si fosse trasformato in un amore non ricambiato, della loro storia pazza, fino all'aborto e agli ultimi mesi, in cui aveva creduto che i suoi sogni si fossero realizzati. Aveva pianto tra le sue braccia e in quell'uomo aveva trovato un confidente comprensivo che le aveva dato buoni consigli e tanti abbracci sinceri. Si era sentita meno un po' meno triste con lui accanto ma lui sarebbe tornato a  Bogotà, mentre lei ancora non poteva.
 Qualche giorno lontano da tutto e tutti. Senza le pressioni della famiglia, senza i paparazzi ad inseguirla, senza di lui che sicuramente impazziva a causa del suo silenzio. Solamente con il piccolo ammasso di cellule, pelle e sangue dentro di lei. Non aveva escluso di interrompere quella gravidanza. In quel modo gli avrebbe fatto male, lo sapeva! Lo avrebbe distrutto e avrebbe distrutto il sentimento che li legava. Era ciò che meritava per tutto il male che le aveva inflitto. Vendetta... Quella sarebbe stata una vendetta, una punizione per la sua superficialità, per non essere stato capace di amarla come meritava.
 Una vendetta ai danni dell'ammasso di cellule. Ai danni disse stessa.
No! Se avesse deciso di interrompere la gravidanza, sarebbe stato per il bene di tutti! Chicco non lo avrebbe saputo, non lo avrebbe mai saputo nessuno. Se l'avesse fatto, non si sarebbe mai perdonata e non avrebbe mai perdonato lui. Se lo avesse fatto, l'amore non avrebbe più fatto parte di lei.

 Los Angeles era la città perfetta. Conosceva molte persone e nessuno l'avrebbe giudicata o convinta che la sua scelta, qualunque fosse stata, era sbagliata.
 Il taxi l'accompagnò in un piccolo albergo non lontano dalla spiaggia e non perse tempo a disfare i bagagli. Andò al mare e fece un lungo bagno. L'acqua era tiepida e si lasciò cullare dalle onde.
 L'acqua era il suo elemento. Si sentiva a suo agio, adorava sentire il rumore delle onde infrangersi sulla spiaggia. Prese un profondo respiro e si immerse completamente. Il resto del mondo era sopra quel filo, da cui i raggi del sole filtravano creando delle stelle luminose e benefiche. Si spinse più a fondo, muovendo le gambe e le braccia fino a quando fu costretta a riemergere, ormai senza aria nei polmoni.
 Era strano, le voci dei bambini giunsero alle sue orecchie come musica e si trovò a sorridere istintivamente. Quelle vocine squillanti, la rasserenarono e la divertirono.
 Nuotò per un tempo indefinito, fino a che non cominciò a sentire freddo.
 La sabbia sotto i piedi era calda e corse a sdraiarsi sul suo telo, lasciando fosse il sole di quella città ad asciugarla e a scaldarla e finalmente, dopo giorni passati a stare male, in quel momento si sentì serena. E rise!
 Su quel telo, circondata da centinaia di persone sconosciute che ridevano, scherzavano, parlavano, si sentì viva. Il futuro non le sembrò più terribile, lei ci sarebbe riuscita a viverlo e sarebbe stata felice. Perché da quella notte, lei non era più stata sola.
 E fu in quell'attimo che decise: lo avrebbe tenuto. Avrebbe tenuto quel bambino e lo avrebbe amato. Era solo lui la cosa importante. Non lei, non il padre, non la sua famiglia. Quel bambino meritava di nascere e crescere e lei avrebbe fatto in modo che fosse felice. Con o senza suo padre. Si sarebbe dedicata a lui, al lavoro.
 Lei, quel bambino lo aveva voluto. Aveva sperato di concepirlo ed era amore. Il suo bambino era amore. Quello che cresceva in lei, quell'ammasso di cellule, pelle e sangue, era amore. Il suo per Riccardo. Per un uomo che l'aveva fatta soffrire ma che era l'unico che era stata capace di amare. Non le importava cosa avrebbe pensato. Non le importava se lui avrebbe accettato il bambino. Ma non gli avrebbe permesso di usarlo per arrivare a lei. Non sapeva se l'avrebbe amato o se nemmeno l'avrebbe visto. Quel bambino che cresceva in lei, sarebbe stato amore.
 Amore.
 Ogni cosa fosse successa, ogni difficoltà, ogni dolore si sarebbe trasformato in amore per quel regalo che la vita aveva deciso di farle.
 Immaginò di tenerlo tra le braccia, come la sua mamma aveva tenuto lei, come Camilla teneva tra le sue Alessandro. Sarebbe stato tutto perfetto, lei avrebbe fatto qualsiasi cosa perché a quella piccola vita, non mancasse nulla. Si accarezzò la pancia ancora piatta, per la prima volta consapevole, per la prima volta con intenzione.
 Era una madre... Quasi!
 Sussurrò a se stessa che lo amava, sussurrò al suo bambino che nonostante i dubbi, non era mai stato un errore, non era dolore e non lo sarebbe mai stato.
 Era scesa da quell'aereo solo da qualche ora e nulla era mai stato così semplice come quella decisione. Nulla era mai stato così naturale e giusto.
 Era una madre...continuava a ripeterselo ed era così bella quella parola. Così facile, così dolce.
 Il sole sembrava non essere mai stato tanto brillante. Si alzò sui gomiti e si guardò in giro. I bambini correvano allegri, le loro madri li seguivano con gli occhi e li richiamavano. Quelle donne erano bellissime, le più belle che avesse mai visto. Anche lei sarebbe stata tanto bella?
 E sarebbe stata altrettanto brava? Come si faceva a diventare madri? Si imparava o era qualcosa di innato? E se avesse sbagliato? Se avesse deluso il suo bambino? Se un giorno l'avesse giudicata una pazza per averlo messo al mondo? Se l'avesse odiata?
 Scosse la testa. Forse non sarebbe stata una buona madre, ma ci avrebbe messo tutta se stessa! Si sarebbe impegnata perché le sue paure non si concretizzassero. Avrebbe fatto di tutto perché quel bambino fosse fiero di lei. Ogni cosa!
 Il primo passo era fatto. A quel punto doveva tornare a casa e parlargli. E quello, sarebbe stato difficile. Sarebbe mai stata pronta a dirgli che avrebbe avuto un altro figlio?
 Avrebbe dovuto vederlo e avrebbe preferito andare all'inferno piuttosto di sentirlo supplicare il suo perdono o peggio, sopportare la sua indifferenza. E poi temeva i suoi dubbi, che pensasse lo avesse fatto apposta! No, lui non lo avrebbe mai pensato. Era meschino e un bugiardo, ma la conosceva. Non avrebbe mai pensato che lei l'avesse fatto apposta. Quel bambino glielo aveva chiesto lui, lo volevano entrambi. No! Ciò di cui aveva davvero paura era che lui avrebbe usato la sua gravidanza per riavvicinarsi e il suo cuore, la sua anima e il suo corpo, avrebbero ceduto. Perché desideravamo quell'amore, ne avevano bisogno. Era aria, quell'amore, era vita.
 Ma la ragione l'avrebbe sostenuta.
 Era piena di incertezze ma non le importava. La sua famiglia cosa avrebbe detto? Immaginava suo padre rincorrere Riccardo per tutta la città per riempirlo di pugni, la madre nel panico e i fratelli che la biasimavano. Forse l'avrebbero giudicata, forse l'equilibrio che avevano ritrovato, si sarebbe incrinato. Nemmeno quello le importava. Anzi non vedeva l'ora di dirlo a tutti. Quello che stava succedendo dentro di lei era una cosa meravigliosa, una magia. Sì, qualsiasi cosa gli altri avessero pensato, lei era felice e lo sarebbe stata di più quando avrebbe tenuto tra le braccia il suo amore.
 Sarebbe stato un maschietto o una femminuccia? Forse guardandolo avrebbe visto il suo viso, i suoi occhi color nocciola e quella fossetta sulla guancia, o forse avrebbe avuto la sua bocca, il suo naso. Forse, guardandolo, avrebbe provato un senso di vuoto, ricordando che era suo. Ma era amore, ed era l'unica cosa importante.
 Aveva tutto, Francesca. Un lavoro, una bella vita, una famiglia che comunque le voleva bene, aspettava un bambino che già amava più di se stessa. Il resto si sarebbe sistemato.
 Il suo cuore sussultò per ricordarle che non avrebbe mai rinunciato a lui, ma la ragione lo zittì.
 La giornata sarebbe stata ancora lunga, ma lei non poteva più restare su quella spiaggia. Avrebbe avuto tempo per tornarci, in quei giorni, aveva tutta l'intenzione di godersi quella serenità e per comprendere appieno le dimensioni delle sue scelte, ma doveva cominciare a prendersi cura del suo piccole e meraviglioso ammasso di cellule, pelle e sangue. Doveva crescere sano, forte.
 Tornò in hotel, si fece una doccia e uscì nuovamente alla ricerca di una farmacia. Doveva comprare vitamine, integratori e tutto quello che serviva per far star bene il suo piccolino. Chiamò il suo medico a Bogotà per fissare un appuntamento e prenotò il volo per tornare in Colombia. Non sarebbe stato facile. Ma ce l'avrebbe fatta.

 Pagò il tassista e scese dall'auto. Sospirò e prima di aprire il cancello della casa dei suoi genitori, attese qualche secondo. Poi si accarezzò la pancia e sussurrò:
 "Bimbo, che dici? Ai nonni verrà un infarto?"
 Sorrise tra sé e dopo aver raddrizzato le spalle e aver fatto un profondo respiro, raggiunse la casa.
 “Principessa! Perché non ci hai detto che saresti tornata oggi? Saremmo venuti a prenderti!”
 Nicola era corso dalla sua bambina e l'aveva stretta tra le sue braccia, quasi sollevandola.
 Era felice fosse tornata, per la sua Francesca era un momento difficile e averla di nuovo a casa, gli avrebbe permesso di proteggerla. Non riusciva a nascondere che in fondo, il tradimento di quel  bastardo, lo rendesse felice.
 Finalmente l'avrebbe avuta tutta per lui, l'avrebbe coccolata e avrebbe potuto curarle le ferite!
 Francesca rideva, allegra. Sapeva bene quello che il padre pensava, ma in quel momento non voleva pensare a nulla. Lasciò che lui la stringesse e quell'abbraccio, forse era un po' esagerato, la fece sperare che la sua famiglia serebbe stata dalla sua parte. Si liberò con dolcezza e poi con un sorriso, gli disse:
 “Ciao papino! So cavarmela da sola! Come stai?”
 “Dimmelo tu come stai?”
 “Bene... Davvero! Dov'è la mamma?”
 Disse, vedendo che la madre non era lì.
 “Al lavoro, ma tornerà tra poco... Vieni!”
 Il padre cercò di parlare di tutto tranne che di lui, non voleva che stesse male e poi non sopportava nemmeno sentire il suo nome.
 Francesca si rese conto che per il suo papà, accettare la sua gravidanza, non sarebbe stato così semplice. Era sulle spine, non vedeva l'ora di parlare del suo meraviglioso regalo. E quando la madre finalmente tornò a casa, Francesca le corse tra le braccia: lei l'avrebbe capita, ne era certa.
 Marcella non ebbe bisogno di parole, quell'abbraccio era diverso da qualunque altro e guardò la figlia meravigliata e incuriosita. Le parve diversa, quasi felice, non sembrava quasi più la donna a pezzi che tre settimane prima la pregava di aiutarla. La osservò per qualche secondo. Gli occhi della sua bambina avevano una luce speciale e le parve che non fosse mai stata tanto bella. Le accarezzò una guancia, dolcemente.
 Fu un momento che entrambe vissero in modo particolare. Tra loro era come se si fosse instaurato un rapporto nuovo, ancora più forte.
 "Mamma..."
 Le tremava la voce e la madre le accarezzò una guancia.
 "Che cos'hai, principessa? Sei..."
 Non le fece finire la frase e la prese per mano, accompagnandola sul divano, accanto al padre.
 Poi si sedette davanti a loro e gli occhi le si inumidirono.
 “Devo dirvi una cosa... Una cosa bellissima che mi ha reso felice. Tanto felice!”
 Il padre sussultò e indurì l'espressione.
 “Tesoro, dimmi che non siete tornati insieme!”
 Francesca sospirò, scuotendo la testa e sorridendo.
 “No, non siamo insieme e non voglio parlare di lui, ma quello che vi devo dire lo riguarda..."
 E la madre capì, gli occhi le si riempirono di lacrime e quando vide la figlia annuire, si portò una mano al cuore.
 "Aspetto un bambino! Prima che mi chiediate un milione di cose voglio solo dirvi che lo volevo questo bambino. E lo voglio! Che non mi importa nulla se suo padre non vorrà avere nulla a che fare con noi. Io... Io sarò una mamma!”
 E si sentì leggera, non c'erano più segreti e mentre parlava, si accarezzava la pancia, come se volesse presentare il suo bambino ai nonni.
 Guardò il padre che forse aveva smesso di respirare. Inclinò la testa, con aria stupita e si soffermò sul volto del genitore che con un'espressione spaesata, tremava. Si  chiese se quella condizione fosse permanente e dovesse piangerlo o se prima o poi avrebbe ricominciato a dare aria ai polmoni.
 Marcella invece, guardò la sua bambina con orgoglio. Fu fiera di lei, della donna che era diventata e si limitò a stringerla. Era una donna meravigliosa la sua bambina.
 "Sei incinta? Aspetti un bambino? Oh, amore mio, non immagini quanto io sia felice, quanto sia fiera di te!!"
 Aveva provato a non piangere, ma le parole della madre ruppero ogni resistenza. Le lacrime le rigarono il volto e si lasciò andare tra le braccia della madre, sentendo il suo amore come mai prima.
 Dopo qualche minuto si voltò verso Nicola, che non si era mosso di un centimetro.
 Posò una mano sul suo braccio e lo accarezzò.
 “Papà... Ti darò un nipotino... O una nipotina...”
 “Nicola, stai bene?”
 Chiese Marcella quasi preoccupata.
 “Sei incinta di lui?”
 Si limitò a dire con voce atona.
 “Sono incinta... E sì, lui è il padre di mio figlio... Di tuo nipote!”
 Francesca si asciugò le lacrime e cercò di capire quella reazione.
 “Cosa ti ha detto?”
 Continuò con insistenza.
 “Non lo sa ancora... Ma, per favore, dimmi se almeno un po' sei felice... Io ti giuro che lo sono, non lo sono mai stata tanto!”
 La voce di Francesca era serena ma non nascondeva la delusione.
 “Lo sposerai?”
 “No! No! Ma dimmi che sei dalla mia parte!”
 Gli rispose quasi esasperata.
 “Glielo dirai?”
 “Sì... Papà, lui è il padre...”
 “Non farlo!”
 A quel punto fu Marcella ad intervenire, scocciata da quelle domande.
 “Nicola, smettila! Tua figlia è una donna e non puoi decidere tu! Lei glielo dirà perché ha deciso così e perché è giusto! Tesoro, noi siamo dalla tua parte e ti aiuteremo e sosterremo!"
 Disse rivolgendosi alla figlia.
 "Ci prenderemo cura di te e del nostro nipotino! Stai mangiando come si deve? Dormi? Ti riposi? Prendi delle vitamine?”
 Le chiese tutto d'un fiato. Quelle preoccupazioni fecero sorridere Francesca che però continuò a cercare gli occhi del padre.
 “Sì, sì, sì e sì e ho fissato un appuntamento con il medico per verificare che sia tutto a posto! Domattina andrò nel suo studio... Papà, vorrei fossi tu ad accompagnarmi, vuoi?”
 Solo a quelle parole Nicola si sciolse in un pianto confuso. La sua principessa avrebbe avuto un bambino e gli chiedeva di accompagnarla dal medico. La sua bambina sarebbe stata mamma. La abbracciò chiedendole scusa per non averla capita subito e le giurò che sua madre aveva ragione. L'avrebbero protetta e sostenuta e avrebbero amato il suo bambino, anche se era figlio di un uomo disprezzabile.
 Dopo mille parole, mille consigli e mille rassicurazioni, si lasciò coccolare dai suoi genitori, sul divano tutti e tre, gli uni vicino agli altri fino a che, stremata da tutte quelle emozioni, Francesca si addormentò come una bambina, tra le braccia del padre e le carezze della madre.

 “Principessa, stai bene?”
 Francesca aveva ancora nella testa il battito veloce del cuore del suo bambino e fissava la strada con un'espressione estasiata. A riportarla alla realtà furono quelle parole.
 "Lo hai sentito, papà? Hai sentito il suo cuore?"
 Gli occhi di Nicola si riempirono di lacrime.
 "Il mio nipotino sarà forte!! Ti adoro, bambina!! Non potevi davvero farmi un regalo più bello!"
 Sarebbe stato un regalo anche per Chicco? Prese il telefono dalla borsa e lo guardò per qualche secondo, poi sbloccò lo schermo, cercando il suo numero.
 "Vuoi davvero chiamarlo?"
 Le chiese allarmato e infastidito.
 “Sì papà. Deve saperlo! Io non sono come lui! Non voglio mentirgli...”
 “Vuoi che ci sia anche io?”
 “Per favore, fidati di me! È una cosa che devo fare da sola! Ma appena avrò finito, tornerò a casa a farmi coccolare da te e dalla mamma...”
 Nicola ingoiò la saliva e annuì.
 Compose il suo numero tranquillamente, stupendosi della calma con cui lo stava facendo, ma quando il telefono prese la linea e gli squilli cominciarono a susseguirsi, sentì l'ansia assalirla.
 “Sei tu? Amore, sei tu?”
 La sua voce, bellissima, dolce e profonda... Sentì il suo cuore accelerare e un mare di emozioni pervasero la sua mente.
 Dopo qualche secondo, si schiarì la voce e cercando di apparire il più tranquilla possibile, disse:
 “Dobbiamo parlare!”
 “Sì... Dobbiamo parlare! Dove sei?”
 Poche parole, ma la sua meravigliosa voce sembrava piena di speranza, di felicità.
 “Sto andando al tuo appartamento. Devo prendere delle cose, se vuoi possiamo vederci li...”
 “Arrivo subito..."
 Dopo qualche esitazione, lo sentì dire:
 "Sono felice, Farfallina!”
 Riattaccò il telefono immediatamente. Non era necessario continuare con quella tortura. L'avrebbe visto entro qualche minuto e doveva raccogliere tutte e due energie, far tacere il cuor e l'anima e doveva convincere il suo corpo ad ubbidire solo alla ragione.
 Pochi minuti che le parvero secondi.
 Non andava in quel posto, da quasi quattro settimane. Era uscita una mattia, felice e aveva raggiunto l'aeroporto e non ci era più tornata.
 E ora era lì.
 Il padre lesse i timori nei suoi occhi e le accarezzò con in palmo della mano la guancia.
 Lei si appoggiò, riscaldata da quel gesto dolce e pieno d'amore.
 “Come torni a casa? Vuoi che ti aspetti qui?”
 “No, papà! Non so quanto ci vorrà! E so cavarmela, lo ricordi?"
 Rise, cercando di convincere prima di tutto se stessa.
 "Per favore, va' a casa! Chiamerò un taxi...”
 Non c'erano parole per convincerla, quindi annuì e si limitò a darle un bacio sul naso.
 “Ti voglio bene!”
 “Anche io papà!”
 Scese dall'auto e la guardò allontanarsi. E si rese conto, che tutte le sue sicurezze vacillavano, travolte dai sentimenti e dalle emozioni che stava provando.
 E poi lui arrivò.
 Parcheggiò l'auto e scese immediatamente, fermandosi a guardarla, prima di correre da lei, affannato e trafelato.
 Il suo Chicco era lì, davanti a lei e l'unica  cosa che avrebbe voluto fare, era accorciare le distanza il più velocemente possibile, buttarsi tra le  sue braccia, annusare il  suo profumo, riempirsi le narici di quel suo odore di  uomo, affondare le dita in quei capelli morbidi, baciare le sue labbra e dirgli del loro bambino. E poi baciarlo ancora e ancora.
 Era dimagrito, il suo Chicco, ed stanco, provato. Il suo volto era teso e sembrava profondamente infelice. Il sorriso che aveva sulle labbra non era di gioia, ma di dolore, di paura e di vergogna, ma anche di speranza. Si sentì male nel vederlo così, lui era sempre stato forte. Anche nei momenti peggiori. Non sembrava più il suo uomo, così insicuro e triste. E lei avrebbe aggiunto altri problemi, altri pensieri.
 Senza rendersene conto, forse per rassicurarlo, forse era tutto l'amore che provava, gli sorrise e lo vide ricambiare quel sorriso, si guardarono per qualche secondo e poi corse da lei, fece per stringerla ma lei lo respinse, cambiando subito espressione e tornando ad essere seria.
 "Non avvicinarti, per favore. Saliamo... Dobbiamo parlare!"
 Annuì, semplicemente e insieme raggiunsero quella che, nonostante tutto, era il loro luogo, il loro nido.
 “Farfallina, piccola... Mi dispiace!”
 Glielo disse prendendole il viso, cercando i suoi occhi.
 “Ti ho chiesto di non avvicinarti... Dammi solo dieci minuti..."
 Si diresse verso la loro camera a passo svelto e quando entrò si sentì pervadere dall'emozione.
 Era in quella camera che il loro bambino era stato concepito. In quella camera si erano amati tanto da dare forma al loro amore.
 Una lacrima le rigò la guancia ma distolse immediatamente i pensieri, tornando a concentrarsi sulla realtà.
 Aprì l'armadio e frugò per qualche secondo, poi sospirò stremata.
 "Dove diavolo è il mio trolley?”
 “Vuoi portare via le tue cose?”
 Disse Riccardo che era rimasto a guardarla spiazzato, appoggiato allo stipite della porta.
 “Starò dai miei per un po' e ho bisogno di un po' di vestiti  e delle mie cose...”
 Le sue parole, pronunciate con rabbia, lo fecero muovere verso di lei, cercando anche solo il più piccolo contatto.
 “Non andare via, ti prego! Non andare via!”
 La abbracciò da dietro, appoggiando la sua fronte sulle sue spalle, supplicandola di restare con lui. Come fosse un riflesso incondizionato, piegò leggermente la testa, sfiorando la sua e godendo di quel momento.
 Ma era tutto falso. Tutto impossibile.
 Si liberò dalle sue braccia e si voltò verso di lui.
 “Non voglio discutere con te di quello che ho deciso. Starò per un po' di tempo dai miei! È chiaro? Ora allontanati da me!”
 “Per favore, ascoltami! Io ti amo! Sei tutto per me! Ho bisogno di te... Io non ti ho mai tradito!”
 "Davvero? Lo credi davvero? Pensi di non avermi tradito? Davvero sei così?"
 Riccardo si portò le mani sul volto, nascondendo gli occhi e cercando di controllare le lacrime che pungevano gli occhi e che premevano per liberarsi.
 "Piccola..."
 "Mi hai tradito! Lo hai fatto quando dopo avermi giurato di amarmi, sei andato a letto con un'altra donna! Lo hai fatto quando mi hai mentito! Quando non mi hai considerato abbastanza importante da dirmi come stavano le cose! Non mi fido più di te! Credi di essere cambiato ma non è così! Continuerai a commettere errori e a giustificarti in un modo o nell'altro! Non mi conosci! Non sai chi sono!! Perché io ti avrei perdonato se fossi stato sincero! Non ti ho mai rinfacciato le donne con cui sei andato a letto. Nemmeno quelle con cui andavi il giorno dopo avermi lasciata! Mai! Ti ho chiesto cosa c'era tra di voi e sei stato capace di giurarmi che era solo un'amica! Beh, allora vai da lei e lasciami in pace! Sono qui per prendere le mie cose e..."
 La interruppe provando  ancora a scusarsi.
 "Ti ho mentito. Ti ho tradito... È vero! Quando... Quando sono stato con lei io volevo... Ti odiavo, Francesca! In quel momento ti ho odiato! Ma è stato solo un momento, te lo giuro! "
 "Mi hai odiato... Mi hai odiato e sei andato a letto con lei per punirmi? Volevi farmi del male??"
 "No... Sì! Non lo so! Ero confuso! Sono stato un debole, un idiota!! Tu lo sai! Sono un uomo orribile ma mi hai promesso di amarmi per ciò che sono!"
 "Io... Io non riesco a credere che tu stia parlando seriamente!"
 "Ho bisogno di te... Non ce la faccio... non riesco. Vivere sapendo che... Io non riesco nemmeno a dirlo!!"
 "Che è finita??"
 "Non è così! Lo sai anche tu!"
 Era vero, non sarebbe mai finita. Il loro amore era reale, vero. Il loro amore era dentro di lei e insieme al suo cuore e alla sua anima, la supplicava di prenderlo tra le braccia e perdonarlo, di dimenticare il passato e costruire il loro futuro. Ma erano voci lontane. La ragione prevaleva, troppo forte, nutrita dal dolore, dalla delusione e da quei sogni infranti.
 "Sei orribile, sì! Sei meschino... Perché mi hai mentito?"
 "Io... No non volevo rovinare quei momenti! Lei non ha mai avuto nessuna importanza e... E non volevo mi giudicassi... Ma lo faccio da solo, piccola! Non riesco più a guardarmi allo specchio perché odio quello che vedo... Per favore, Farfallina, non lasciarmi... Possiamo farcela!"
 Si allontanò di qualche passo, non riuscendo più a restargli tanto vicino.
 Sentiva che il suo profumo la stava inebriano e soggiogando.
 "Io... Io non voglio farcela! Sono stanca! Non ce la faccio più..."
 "Ci amiamo da tutta la vita, piccola... Non puoi rinunciare adesso! Non puoi... Piccola... Guardami!"
 Mise le sue mani sulla spalla della donna e la obbligò a girarsi.
 "Aspetto un bambino...”
 Lo disse senza esitare, senza cercare parole inutili perché non c'era davvero nessun altro modo per farlo.
 Sentì le sue mani, ancora poggiate su di lei, tremare, impallidì e sembrò non capire le sue parole.
 E lei si sentì forte, finalmente padrona della situazione, capace, per la prima volta nella sua vita, di avere il controllo su di lui.
 Le mani gli caddero lungo i fianchi.
 “Cosa? Che cosa hai detto?”
 Sorrise ironicamente.
 "Aspetto un bambino! Sono incinta!"
 Ribadì con voce tranquilla, si girò e ricominciò a frugare nell'armadio e nei cassetti, prendendo abiti e biancheria e buttandoli sopra il letto.
 Riccardo, sconvolto, rimaneva fermo, la guardava, senza riuscire a capire cosa stesse succedendo. La sua mente era annebbiata e si poneva mille domande che non riuscivano ad arrivare alla bocca.
 Quando lei finì di sistemare tutto nella sua valigia, lo guardò per qualche istante. Si chiese se stesse bene, perché non aveva più mosso un muscolo. Non aprì bocca e, presa la borsa, fece per superarlo. Ma a quel punto lui la fermò, le strinse la mano e la obbligò a voltarsi.
 "Ripetilo!"
 "Che cosa?"
 "Dillo di nuovo... Ti prego!"
 Sospirò e lo guardò negli occhi.
 "Aspetto un bambino!"
 "È mio figlio? Aspetti mio figlio?"
 Quella domanda la prese di sorpresa. La rabbia la pervase e le fece ribollire il sangue. Davvero credeva che quel bambino potesse essere di un altro?
 “Credi non sia tuo? Come... Come puoi anche solo pensarlo?"
 Il suo cuore cominciò a battere così forte che si persuase che presto sarebbe scoppiato, le sue guance si colorarono di un rosso acceso e liberandosi dalla sua mano con uno strattone, fece un passo indietro. 
 "Non mi importa che tu ci creda! Non ti chiederò nulla! Se pensi che non sia tu il padre non cercherò di convincerti del contrario! E adesso lasciami andare a casa!”
 Ma l'espressione di Riccardo era mutata, sul suo viso si era dipinto un sorriso strano, gli occhi erano lucidi e le parve che il colore fosse quasi più scuro.
 "Aspetti il mio bambino?"
 Non era una domanda, ma una costatazione. E la sua voce non era quella di sempre.
 Tremava, come tutto il resto del suo corpo che sembrava pronto a sciogliersi di fronte a lei entro pochi secondi.
 "Sì, Chicco... Aspetto tuo figlio e ora, per favore, lasciami andare, si è fatto tardi!"
 “No! Non puoi andare via adesso! Sei incinta, piccola... Sei incinta...”
 “È sicuro! Stamattina ho visto il medico e sono incinta da poco più di un mese... Forse lo abbiamo concepito la notte prima della tua partenza...”
 Quella notte, che Riccardo aveva tanto sognato, che aveva desiderato di rivivere con tutto se stesso, in quella notte avevano concepito il loro bambino. Sentiva che l'aria faticava ad arrivare ai polmoni. Cercò di respirare il più profondamente possibile, con il naso e con la bocca. La sua Farfallina era incinta. Nel suo ventre cresceva il loro amore. E tutto sarebbe andato a posto. Non aveva alcun dubbio. La notte in cui si erano giurati di essere sposi, di essere un sola cosa, aveva portato nella loro vita un figlio, quello che aveva desiderato più di ogni altra cosa. Lei e suo figlio, la sua famiglia. Il resto era sparito. Lei era la vita e mai come in quel momento la amò. Mai come in quel momento provò sentimenti tanto forti. La guardava, bellissima e fiera, orgogliosa, nonostante le ferite e il dolore che lui le aveva inflitto e in quel momento, una fitta terribile come una scossa, lo fece vacillare.
 “Vuoi interrompere la gravidanza?”
 Le chiese con un filo di voce, sperando che i suoi fossero solo timori infondati. La vide sorridere maligna e quella fitta si acuì.
 "Ti importerebbe?"
 Cosa le aveva fatto? Come aveva potuto allontanarla in quel modo?
 "Non dire assurdità, vuoi interrompere la gravidanza?"
 Le disse avvicinandosi tanto da sentire il suo respiro sulle labbra.
 “No! Non lo farò di nuovo! Questo bambino nascerà! Che a te piaccia o no!”
 Quasi gridò, cercando di allontanarsi ancora. E lui sorrise, tranquillizzato da quelle parole. Socchiuse gli occhi e allungò la mano, accarezzandole il viso e cercando di trasmetterle tutta la sua gioia.
 "Io... Io non te lo avrei permesso! Questa volta non ti avrei permesso di... Mio Dio, amore mio, ti starò vicino! Tu sei... Sei incinta, amore mio...”
 “E smettila di ripeterlo! Sei un disco rotto!”
 Ma lui era così felice che nemmeno fece caso alla risposta piccata.
 “Diventerò padre...”
 Padre... Chicco sarebbe diventato il padre del figlio di un'altra donna. Fu solo questo che riuscì a pensare. La ragione la mise violentemente di fronte a quella realtà e lei sentì il cuore far male.
 “Diventerai padre... Due volte in un anno! Pensa che bravo che sei stato!”
Ma lui non la ascoltava, rapito da quella notizia e dalle emozioni.
 “Dentro di te c'è il mio bambino...”
 Spostò la sua mano dal viso al ventre e lei reagì spingendolo.
 “Non provare a toccarmi!”
 Disse ancora, Ma lui annullò completamente la distanza tra loro, guardandole la pancia e senza dire una parola le sollevò la maglietta e le mise una mano sopra. Rimase fermo per qualche secondo, fissando la sua mano, senza dire una parola. Il suo tocco era lieve, dolce e lei non riuscì a sottrarsi, stregata da quel tocco che la fece sentire in paradiso.
 Rimasero fermi, persi nelle loro sensazioni. Fu lei a spostarsi, perché la mente riprese il controllo delle sue azioni, ricordandole quello che era successo.
 “Devo andare via, ora!”
 Era la prima volta che vedeva Riccardo in quelle condizioni. Le lacrime gli rigavano il volto e il sorriso su quelle meravigliose labbra non era mai stato tanto bello.
 “Lo amerò con tutto il cuore... Perché lui è amore!”
 Le disse facendola vacillare.
 "Lui è amore..."
 Le stesse parole che aveva a se stessa lei quando aveva deciso di tenerlo. Gli stessi pensieri.
 "Lui è amore!"
 Forse furono quelle parole, forse le lacrime o forse quel tocco leggero e pieno di significato, la spinsero a poggiare una mano sopra la sua mentre con l'altra gli accarezzò il viso bagnato di sale, costringedolo a guardarla.
 “Non ti impedirò di volergli bene...”
 Gli disse sinceramente, ma dietro quella dolcezza si celava un dolore lancinante che riuscì ad attraversare i loro tocchi.
 “Ho rovinato tutto?”
 E anche lei cominciò a piangere e dopo qualche secondo, gli disse:
 “Sì!”
 “Non mi ami più?”
 Scosse la testa, quello proprio non poteva dirlo. Non riusciva nemmeno a mentire a se stessa perché il suo cuore si rifiutava anche solo di sentirlo.
 “È tutto diverso e io... Io devo pensare a lui...”
 “Non mi ami più?”
 Insistette ancora.
 “Non farmi questa domanda! Non chiedermelo! Lascia solo che le cose vadano avanti!”
 “Io ti amo! E non posso andare avanti senza di te... Non posso proprio! Ho fatto un errore! Enorme! E poi ne ho fatto un altro mentendoti. Pagherò per quello che ho fatto! Sto già pagando... Dimmi che mi ami. Posso sopportare tutto se sei con me! Ogni cosa! Dimmi che mi ami quanto ti amo io!”
 Era sincero, lei lo sentiva. Il suo Chicco si stava sbriciolando davanti a lei e al bambino.
 Sorrise distogliendo lo sguardo.
 “Cambierebbe qualcosa?"
 "Tutto... Cambierebbe tutto! Perché puoi decidere di lasciarmi e star lontano da me... Non potrei mai biasimarti, cercherei in ogni modo di riconquistare la tua fiducia e di diventare degno del tuo amore. Aspetterei mille anni, perché saprei che prima o poi tu torneresti da me. Accetterei di scontare ogni condanna per te, perché merito di soffrire... Ma non sopporterei che tu non mi amassi più... Ti lascerei andare, ma ne morirei! La mia non è vita senza di te! Quindi, per favore, anche se forse non ho più alcun diritto di chiedertelo, dimmi quello che provi, dimmi se mi ami ancora!! Dammi una speranza o annientami!"
 Piangeva, la voce era roca, solo un sussurro.
 "Ti amo! Ti amo immensamente, sei l'amore della mia via e le cose non cambieranno mai! Solo tu, Chicco, da sempre, per sempre! Sei il mio cuore, la mia anima, sei la mia carne! Ti amo perché non posso e non potrò mai farne a meno, ma... Ma non tornerò con te! Fa troppo male! Mi illudi... mi spezzi il cuore ogni volta che ti lascio entrare nella mia vita e io... Io non ce la faccio più! Ti amo, ma non posso! Non posso proprio! Non posso per me e non posso per lui... Chicco sei fuori dalla mia vita!”
 Scosse il capo, quasi impercettibilmente, gli bastarono quelle parole per non morire, perché la speranza gli scaldasse il cuore dandogli la forza di vivere.
 Lei lo amava, lei era amore, lei cresceva il loro amore dentro di sé.
 “No, piccola! Io sono dentro di te! Lui sono io, lui sei tu, siamo noi, piccola, è amore, siamo amore!”
 Le girò la testa e credette di non riuscire a reggersi in piedi. Quelle parole le riempirono il cuore, la sua anima voleva solo riunirsi a lui e il suo corpo, stanco e sfiancato, sentiva solo il bisogno di abbandonarsi al suo calore, alla sua pelle e al suo profumo.
 “Sono felice...”
 Continuò Riccardo.
 Quelle parole le giunsero quasi ovattate.
 “Oh... Sei felice?”
 Gli chiese per essere sicura di non essere impazzita.
 “Mi darai il figlio che volevo, che ti ho chiesto! Io avrò un figlio dall'unica donna che abbia mai amato e che amerò per sempre..."
 Poi mosso dall'emozione, cominciò a sognare il futuro e a parlarne come se fossero una vera famiglia.
 "Sarà una bambina e sarà bella come te! Sarà dolce come te! Sarà speciale come te! E sarà la mia bambina!”
 La abbracciò e lei sentì che quelle parole erano vere. Lasciò che i suoi sentimenti vincessero e ricambiò quell'abbraccio. Lasciò che le mani di lui cercassero la sua pelle e che le sue rispondessero a quelle carezze. Senza accorgersene l'aveva fatta sedere sul letto e poi l'aveva sdraiata senza smettere di stringerla tra le sue braccia. Rimaneva in silenzio, ma cominciò a baciarle le spalle e la bocca. Le sollevò di nuovo la maglietta e con le dita le sfiorò la pancia e poi, mentre lei chiudeva gli occhi assaporando quel momento, gliela baciò. Le baciò la pancia ancora piatta. Sempre più profondamente. Non sapeva nemmeno lei quanto durò quel momento, ma non avrebbe voluto essere in nessun altro posto. In quel momento tutto il dolore era cancellato. Era vinta da quel sogno che aveva vissuto la notte in cui dal loro amore avevano dato la vita al loro bambino. E lui si sentiva completo dopo settimane di disperazione e frustrazione. Tenerla tra le braccia era l'unica cosa che aveva desiderato. Lei era tutto e non avrebbe mai permesso che tra loro finisse. Tornò a baciarle la bocca ma con desiderio, cercando lei e il suo corpo, voleva fare l'amore e sentirla sua. Aveva bisogno di amarla e l'avrebbe fatto come non lo aveva mai fatto. Lei era la sua donna e voleva dimostrarglielo. Era un bisogno e non solo per lui, perché anche lei rinasceva ad ogni tocco. Il cuore mise da parte la ragione e il suo corpo seguì l'istinto. Si abbandonò all'amore, l'unico che conoscesse, quello che le aveva sempre dato la forza di vivere, un amore così grande da scorrere nelle vene insieme al sangue. Lo baciò con disperazione e speranza, lasciò che lui le togliesse la maglia e fece lo stesso a lui.
 Il loro corpi si toccarono la pelle si infiammò. Gemettero insieme quando la vicinanza li fece perdere completamente.
 “Io... Io ti amo! Resta qui con me! Insieme possiamo farcela!”
 E in quell'attimo lei tornò alla realtà. Lo vide te le braccia di quella donna, dentro di lei, mentre gemeva sulle sue labbra e lo spinse via. Il senso di nausea la obbligò a respirare profondamente per non vomitare. Chicco, il suo Chicco l'aveva tradita! Non poteva più fidarsi di lui. Si era solo lasciata vincere dal bisogno che lui la amasse, ma quello che le aveva fatto, non si poteva cancellare! Lui aveva fatto l'amore con un'altra donna dopo avergli promesso di tornare da lei. Avrebbe avuto un figlio da lei... Un figlio! Il fratello del suo bambino! Ed era terribile, così terribile da essere troppo, persino per l'amore. Non poteva fidarsi, non poteva dividerlo con nessuno! Era egoista forse, ma non poteva dividerlo nemmeno con suo figlio. Sapeva che lo avrebbe odiato quel bambino e lei non voleva odiare nessuno, tantomeno un bambino innocente.
 La guardava incredulo, non riusciva a spiegarsi perché avesse interrotto quel momento. Le toccò la schiena e cercò di riprendere il contatto con lei.
 “Lasciami andare... Per favore, lasciami andare!”
 Il suo tono era pieno di tristezza e rassegnazione, la guardò e tutto gli fu chiaro. Francesca era troppo ferita per perdonarlo, era troppo umiliata e quello in cui lui l'aveva trascinata, forse, era qualcosa di troppo grande. La guardò mentre si infilava la maglietta, con le lacrime che le solcavano le guance, ma quando tentò di rialzarsi dal letto non glielo permise.
 “Dammi la possibilità di dimostrarti che sei l'unica donna della mia vita... Avremo un figlio! Un figlio, Francesca!”
 Annuì, senza guardarlo.
 “Sì e sono sicura sarai un ottimo padre, che dedicherai al mio bambino tutto il tempo che potrai. Sarai capace di amarlo... Dividendoti con un altro figlio... Avrai un altro figlio! Il mio bambino avrà un fratello!”
 Lo diceva con un nodo alla gola, perché quel pensiero era asfissiante.
 E lui provò le stesse sensazioni, lo stesso orrore.
 “Io... Io non... Lui non è mio figlio!”
 “Sai già che sarà un maschio?”
 “Sì, cioè lei mi ha detto di sì... Ma non ha importanza! Io non dividerò il mio amore! Sarà solo suo!”
 Disse, cercando di toccarle nuovamente il vestito.
 “Spero davvero tu lo dica per un patetico tentativo di riconquistarmi... Se davvero pensi che non lo amerai... Se fosse tuo figlio e non lo amassi, dimostreresti di essere un mostro! E io non credo tu lo sia! Sei un egoista! Sai essere cattivo e sai fare del male come nessun altro... Ma non sei un mostro! O almeno lo spero!”
 “Lui non è mio figlio!”
 “Continuare a ripeterlo non lo farà diventare vero! Ma io non voglio saperlo!”
 "Ascoltami e fallo bene! Quella notte... Io non ho mai fatto sesso senza precauzioni! Mai! Solo con te! Solo stato completamente nudo solo con te! Mi devi credere! Sono stato un debole, mi faccio schifo, ma mai, mai, Francesca, ho toccato una donna come ho toccato te! E tu devi credermi!"
 "A volte... A volte le cose... Se lei dice che quel bambino..."
 “No! Te lo dimostrerò! Quando sarà nato ti renderai conto anche tu che lei mi ha ingannato! Amore mio, per favore, stammi vicino! Non ce la faccio a sopportare ciò che mi sta facendo... Ma su te stessi con me... Lo supereremo insieme! Voglio stare con te! E anche tu! Io lo so, l'ho sentito..."
 “Ma io non posso! Non voglio! Per ora preferisco tu stia lontano da me!”
 Scattò in piedi e cercò con gli occhi la valigia abbandonata accanto alla porta. Fece per avvicinarsi e prenderla ma quando lui parlò si immobilizzò completamente.
 “Non puoi tagliarmi fuori dalla sua vita!”
 “Non lo farò! Ti ho detto che ti permetterò di amarlo e di essere suo padre. È giusto! Ma non puoi pretendere nulla di diverso!”
 “Hai già cominciato ad escludermi! Non mi hai detto che oggi avresti avuto una visita col medico!”
 Il tono era duro, senza più le sfumature di dolcezza di prima.
 “Non sapevi nemmeno che fossi incinta! E ora smettila! Non riuscirai a farmi sentire in colpa! Perché non è colpa mia! Sei tu ad aver rovinato tutto! E ora tutti noi ne paghiamo le conseguenze!”
 Era vero, ciò che lei diceva era vero e si accorse che non poteva obbligarla a perdonarlo. Doveva guadagnarselo il perdono.
 “Scusami... Per favore scusami! Sono arrabbiato, confuso! E... E mi manchi da morire!”
 “Già... Ora devo davvero andare!”
 “Ti accompagno io!”
 Le disse infilandosi la maglia.
 “Non dire sciocchezze! Mio padre non vuole vederti nemmeno da lontano e io non posso dargli torto...”
 Sorrise sarcastico. Non aveva alcuna importanza quello che pensava suo padre.
 “Tua madre però è dalla mia parte!”
 “Davvero? Beh, allora prova a sedurre anche lei..”
 “Sei sgradevole e ingiusta!”
 “Sì, sono terribile...”
 Respirò e chiuse gli occhi per non continuare una discussione inutile.
 Francesca non sarebbe rimasta, non c'era nulla che avrebbe potuto convincerla. Ma anche solo poter stare con lei ancora qualche momento, era importante.
 “Ti accompagno io! E non provare a dire ancora di no! Non ti permetterò di tornare con un taxi!”
 “Mmmm... Sei sempre stato così! Sicuro, arrogante... L'avevo dimenticato quanto sai essere autoritario! In questi mesi mi avevi convinto fossi cambiato e non ricordavo che sei convinto che il mondo giri intorno a te!”
 “Ascoltami, te lo dirò solo una volta! Tu sei la mia donna e la nostra bambina nascerà in un famiglia vera. Avrà un padre e una madre che si amano e che la cresceranno insieme! Sarà felice e tu... Tu non vivrai senza di me! Te lo giuro, Francesca! Passeremo la vita insieme e daremo dei fratelli alla bambina!”
 “Ha già un fratello!”
 “Ora basta! Ti porto a casa dei tuoi genitori!”
 Disse esasperato, le strappò il trolley che aveva preparato e le prese la mano portandola fuori da quella che, per lui, era la loro casa.
 Nessuno dei due disse altro mentre si dirigevano verso la casa di Nicola e Marcella, ognuno perso nei propri pensieri, confusi dai sentimenti e paralizzati dalla paura.
 Quando si fermò, continuando a guardare davanti a sé, Riccardo ruppe il silenzio.
 “Possiamo tornare a casa nostra... Basta solo una tua parola!”
 “Ti saluto... Ti farò sapere come vanno le cose. Il prossimo mese ho un altro appuntamento e ti dirò come procede la gravidanza!”
 “Ti ho detto che non puoi escludermi! A quella maledetta visita ci sarò anche io! È un mio diritto!”
 Le disse con un tono che non ammetteva repliche.
 “Un tuo diritto... È vero! Beh, ne parleremo tra un mese!”
 Scese dall'auto e lui la seguì fino alla porta!
 “Ora che hai dimostrato di essere un cavaliere, vattene! Mio padre ti odia e non sei il benvenuto!”
 “Devo dirgli che sono felice per mio figlio!”
 E sul suo viso comparve un sorrisetto ironico. Lo stesso che aveva sempre avuto quando si trattava delle loro famiglie. Quell'espressione da schiaffi la irritò ma era la stessa che amava con tutto il cuore. Era divisa continuamente dalla voglia di baciarlo e di schiaffeggiarlo.
 “Non provarci, Riccardo! Non provare a entrare o ti giuro che me la pagherai! Non sto scherzando! Vai via subito!”
 Lo guardava furiosa. Lui non l'aveva mai vista tanto risoluta e convinta. Voleva davvero che lui andasse via e sapeva che avrebbe mantenuto la promessa di fargliela pagare. Le accarezzò una guancia e le disse che era una donna speciale, anche quando lo minacciava. Le sorrise perché era orgoglioso che lei fosse tanto forte, tanto sicura di sé, tanto fiera! Sarebbe stata una madre meravigliosa, la sua donna. Tornò alla sua auto e rimase immobile per qualche minuto. Quel giorno non l'avrebbe mai dimenticato. Era tutto confuso, difficile, ma era certo che la sua bambina sarebbe stata felice. Perché lui era sicuro fosse una bambina.

 Betty e Armando lo guardavano sconvolti. Il loro figlio parlava come se quello che diceva fosse la cosa più normale del mondo. Come se non capisse che i problemi che aveva, erano enormi e che difficilmente sarebbe riuscito a risolverli. Sembrava completamente convinto che tutto si sarebbe volto al meglio e non gli passava nemmeno per la testa che non dipendeva tutto da lui.
 “Ti stai sentendo, Riccardo? Ti senti mentre dici queste cose?”
 “Ma certo... Io sono felice! So bene che sembra tutto sbagliato ma non è così! Il fatto che aspetti mia figlia non è un errore! Noi lo volevamo un figlio! E anche se è arrivato adesso, in un momento particolare, è tutto perfetto...”
 Era tranquillo e assolutamente disinteressato a quello che avevano da dirgli.
 “Tutto perfetto? Lei ti odia, vive con i suoi genitori! Non vuole nemmeno che tu ti avvicini... E tu? Tu sei pazzo se credi che tornerete insieme! Ti ricordo che diventerai padre anche di un altro bambino! Tra poco meno di sei mesi sarai padre di un altro figlio!”
 “Mamma, ti ho già detto che non quel bambino non è mio!”
 “Ma non puoi esserne certo! Mi spieghi cosa farai se davvero si rivelasse tuo? Lo lascerai a lei? Senza fargli da padre? Senza assumerti le tue responsabilità?”
 “Se, e fai attenzione mamma, se, fosse mio figlio non gli farei mancare niente! Gli darei il mio nome, lo ricoprirò di ogni cosa desideri!”
 “Un bambino ha bisogno di padre, non di soldi...”
 Intervenne suo padre che con quella sua aria contrita lo innervosiva e lo indispettiva.
 “Gli vorrò bene... Ma...”
 Il padre non lo lasciò finire, intervenne e lo fece con rabbia.
 “Ma? Ma cosa? Non lo vorrai nella tua vita? Non lo amerai come il figlio che ti darà Francesca? Non posso crederci, Riccardo! Non posso credere tu sia così! Non tu! Non sapendo quanto sia stato difficile per noi... Lo ricordi quello che hai provato quando ci siamo conosciuti? Quanto sia stato difficile? Tu più di chiunque altro dovresti sapere che un figlio va amato, cresciuto!”
 Era stato difficile, terribile scoprire di non essere figlio dell'uomo che lo aveva cresciuto. I ricordi erano sbiaditi, ma quel senso di confusione era ancora vivo.
 Ma era solo un bambino e non poteva assumersi la responsabilità anche degli errori dei suoi genitori.
 “Non è colpa mia se mia madre stava con un altro uomo! E non è colpa mia se ho creduto fosse il mio vero padre per tanto tempo!”
 “Ma sarebbe colpa tua se quel bambino crescesse solo, conoscendoti appena e vedendoti una volta all'anno!”
 “Troverò una soluzione! Ho detto che a quel bambino non mancherà nulla!”
 Betty, intervenne quasi piangendo.
 “Hai ragione! Non è colpa tua! È stata colpa mia! Sono io ad aver impedito che vi conosceste fin dall'inizio. Io ho sbagliato e ne ho pagato tutte le conseguenze! Ma siete voi ad aver sofferto di più... Mi dispiace! Forse sei quello che sei, per colpa mia e per gli errori che ho fatto. Forse sei egoista ed egocentrico perché ti ho fatto vivere in una bugia... Forse credi di poter fare quello che vuoi per tutto quello che hai passato... Io non lo so! Ma mi fa male vedere mio figlio tanto incapace di comprendere il male che sta facendo! Lo fai a lei e lo farai a suo figlio! E se non capirai che di figli ne avrai due, sarà l'altro a pagare le conseguenze più dolorose! Hai scelto tu di andare a letto con quella donna! E anche se non era previsto, da quella scelta ora, dipendono le vite di troppe persone... Sei davvero così insensibile? Davvero non hai alcuno scrupolo?”
 “Allora dammela tu la soluzione! Perché io so solo che non posso vivere senza di lei e voglio crescere la mia bambina con lei! Non mi importa nulla di nessun altro! Né di voi né di... Né di altro”
 “Riccardo... Non immagini quanto mi costi... Non sai quanto vorrei non dirtelo! Ma per quanto mi riguarda, non hai più nulla da dirmi... Non voglio vederti fino a quando non comprenderai che razza di uomo tu sia! Ho sempre sperato di vederti maturare! Volevo fossi un uomo di cui andare fieri... Sei solo un ragazzino troppo cresciuto... Io... Io non voglio vederti... Almeno per ora, non sei il benvenuto in casa mia!”
 "Non sono in casa tua, papà! Siete voi ad essere nella mia! Siete voi che siete venuti qui e non per starmi vicino, non per sostenermi! Siete qui solo per giudicarmi!! So quello che ho fatto! So di aver sbagliato e sono pronto a prendermi tutte le mie responsabilità! Troverei il modo di crescere quel bambino se fosse mio! Ma non lo è! Non vi fidate di me! Non vi siete mai fidati! Me ne sono andato perché odiavo il modo in cui mi guardavate! Ne ho sofferto, ma le cose sono cambiate! Non ho più bisogno di voi! Non ho più bisogno del tuo rispetto, papà! Non mi importa più! Francesca mi capirà, perché mi ama e perché siamo una cosa sola! Saremo felici... Voi... Voi non fate più parte della mia vita! E adesso, se non vi dispiace, voglio restare solo! Quindi..."
 Armando raggiunse la porta, sopraffatto da quello che aveva detto al figlio che amava più di se stesso e dalle parole appena ascoltate e il suo cuore si spezzò. Riccardo lo aveva deluso, ma ciò che il figlio aveva detto era terribile. Anche Riccardo era deluso, soffriva, come non aveva mai sofferto, lo capiva. Eppure... Eppure non riusciva a perdonarlo, né a capirlo. Riccardo doveva pagare per i suoi errori e sarebbe stato solo. Non meritava perdono, non meritava comprensione. Gli tornarono alla mente gli occhi della piccola Francesca, mentre diceva loro della gravidanza, occhi pieni di dolore e di terrore. Pensare che fosse colpa di suo figlio, lo aveva fatto impazzire.
 Fu raggiunto da Betty che prima di aprire la porta si girò per guardarlo nuovamente.
 Riccardo non era più indifferente e scostante, ma teso, triste e svuotato.
 “Riccardo, ce ne andiamo... Cerca di riflettere!”
 “Mamma... Perché non riuscite a capirmi?”
 Le chiese quasi come fosse una supplica.
 “Oh, ma noi ti capiamo! Abbiamo capito che non sei l'uomo che credevamo! E non per gli sbagli che hai commesso! Abbiamo fatto tutti degli errori. Ma per il fatto che tu non sia in grado di prenderne atto! Che tu non sia capace di imparare da questi errori! Dimostri di essere superficiale e immaturo... Io non so come andranno le cose, non so se quel bambino sia tuo figlio! Non so se Francesca riuscirà a perdonarti e sinceramente spero non lo faccia! Mi auguro solo che tu comprenderai quello che sei!"
 I suoi genitori uscirono, lasciandolo solo. Non avevano capito nulla. Non capivano lui perché non lo conoscevano. Era troppo diverso da loro, da Camilla e da Edoardo. Era possibile non amare un figlio solo perché diverso? Solo perché non era ciò che loro aveva desiderato?
 Non aveva più alcuna importanza. Era chiaro che lo vedevano solo come un idiota, un figlio imperfetto nato nella famiglia perfetta. Ed era sempre stato così! Per questo lui e Francesca si erano innamorati... Perché erano diversi! E sapeva che solo insieme erano completi.
 Perché tra loro c'era una amore tanto grande da non poter essere capito da nessuno, solo da loro.
 Prese il telefono e compose il suo numero, aspettò qualche attimo ma, come prevedeva, non rispose. La conosceva così bene... Poco dopo le inviò un messaggio in cui le ribadiva il suo amore. L'avrebbe aspettata. Lei lo amava, non aveva nemmeno tentato di negarlo. Lo amava con tutto il cuore, aveva solo bisogno di tempo. Glielo avrebbe dato. Sarebbero tornati insieme, si sarebbero sposati e avrebbero cresciuto la loro bambina insieme e se gli altri non fossero stati d'accordo non sarebbe stato importante.

 Era immersa nei suoi discorsi silenziosi con il suo bambino, mentre aspettava di entrare nell'ufficio di Suarez che l'aveva convocata quella mattina. Trasalì quando sentì che qualcuno si sedeva accanto a lei e poi sorrise.
 “Francis...”
 “Ciao... Sai perché ci ha convocati?”
 “Immagino per il servizio... Penso abbia avuto un discreto successo quando è uscito! Piccola, come stai?”
 Bolanos era andato dritto al sodo, ma la sua non era curiosità, ma interesse vero e sincero.
 Si portò la mano alla pancia e gli disse:
 “Bene... Ho deciso di tenerlo!”
 “È un bimbo fortunato a poter contare su una mamma come te!”
 “Io non so nemmeno da che parte cominciare a fare la mamma... Ho lottato con la mia fino a pochi mesi fa!”
 Disse divertita.
 “Sarai bravissima!”
 “Sei gentile! Davvero... Gliel'ho detto!”
 “E...”
 La invitò a continuare.
 “E non lo so! Mi ha pregato di tornare con lui, mi ha detto che mi ama... È felice che sia incinta...”
 “E tu? Cosa provi per lui?”
 “Lo sai...”
 “È così difficile perdonarlo? Più difficile di crescere un figlio da sola?”
 “Stanotte ho pensato tanto... Io non devo perdonargli nulla... In fondo non stavamo insieme... E ha avuto molte donne nella sua vita. Qualcuna me l'ha addirittura presentata...”
 “Un vero signore...”
 Lei sorrise.
 “Già! Ma ero io a sbagliare! Avrei dovuto pretendere il rispetto che merito, molto tempo fa! Comunque non è questione di perdonarlo oppure no... Semplicemente non mi fido di lui. Vivrei nel timore che possa lasciarmi da un giorno all'altro, che le sue promesse siano bugie e che se incontrasse una donna più interessante di me mi lascerebbe. Crescerò il mio piccolo da sola. Lui sarà suo padre e so che lo amerà! Ma io non riesco a fingere di non provare un senso di inferiorità nei confronti di ogni altra donna...”
 “Tu non sei inferiore a nessuno!”
 “È stato con donne che lavorano per la Nasa... Con donne intelligenti quanto lui. Che condividevano il suo lavoro o che lo stimolavano intellettualmente! Io nemmeno capisco cosa faccia...”
 “Tu sei creativa, sei un'artista!”
 “Lo dicono tutti quelli che sono delle frane in tutto il resto! So di non essere intelligente, non come lui... Non sono nemmeno speciale... Quella donna è affascinante, bellissima... Forse non la ama, ma sicuramente l'ha intrigato con la sua personalità! Posso capire perché ci sia andato a letto...”
 “Scusa ma non voglio mai più sentire queste cose! Sei tu la prima a sminuire le tue doti. A non vedere quanto tu sia speciale...”
 Disse spazientito.
 “Cos'ho di speciale?”
 “Sei dolce, empatica, sei elegante e sei bellissima. Sei un'amica speciale e sei forte e coraggiosa! Sei orgogliosa, sei indipendente! Non bisogna essere dei premi Nobel per avere qualcosa di speciale. E tu ce l'hai!”
 “Sei dolce...”
 Gli rispose, poco convinta.
 “Francis, ti voglio bene e qui tutti te ne vogliono! Hai saputo conquistare tutti con il tuo lavoro e con i tuoi modi gentili, con il tuo entusiasmo! Chiunque vuole lavorare con te e sono certo tu abbia spezzato tanti cuori qui dentro. Suarez ti apprezza e farebbe di tutto per non farti andare via... Ma ti ammira tanto da lasciarti libera se tu decidessi di farlo!”
 “Ma io non ho intenzione di andar via...”
 “Ma lo sai anche tu che sei corteggiata da molti giornali e riviste. Sai che sei brava e noi siamo solo un giornale piccolo...”
 “Oh, andiamo, mister Bolanos, abbiamo fato questo discorso mille volte! Siete voi ad avermi dato la possibilità di esprimermi!”
 “No! Noi ti abbiamo solo dato la possibilità di lavorare... Non ci devi niente! È il giornale che ti deve qualcosa! Da quando lavori con noi, la tiratura è aumentata e il gradimento è cresciuto...”
 “È vero, Francesca! Bolanos ha ragione! Venite...”
 Suarez, si pose di fronte ai due che alzarono gli occhi, guardandolo, fece loro segno di accomodarsi ed entrarono nell'ufficio del direttore che senza troppi giri di parole si complimentò per il loro lavoro, senza lusingarli con parole inutili. Disse loro che aveva avuto un grande successo e che alcuni editori si erano interessati a loro. Editori importanti, che avrebbero potuto farli diventare famosi e non solo nel paese. Proprio come aveva detto Bolanos, li lasciava liberi di scegliere.
 “Non mi interessa, alla mia età, fare il salto di qualità! Tanto più che il mio lavoro è stato notato solo per le foto...”
 “Bene, signorina Mora... È libera! Se vuole, può farlo lei questo salto...”
 “No! Io sono con voi! E se le foto hanno avuto successo è solo perché le avete pubblicate e... Io voglio restare qui. Ma... Ma signor Suarez, presto i paparazzi  ricominceranno a piazzarsi qui sotto... E sarà ancora colpa mia! È lei a dover decidere se vuole tenermi!”
 “Ha un altro fidanzato famoso?”
 Le chiese scherzando.
 Francesca sorrise.
 “No, non ho alcun fidanzato. Ma aspetto un bambino... dal vecchio fidanzato. Si faranno tante chiacchiere...”
 “Un bambino? Ma se lei stessa è una bambina!”
 “Beh, ho 30 anni in realtà...”
 “Mmm, già! E quindi aspetta un bambino... È come sta?”
 “Bene direi... Ma vuole che continui a lavorare qui? Voglio dire, quando i paparazzi hanno scoperto che stavo insieme a... A lui, hanno creato molti problemi e le garantisco che non era nulla rispetto a quello che succederà!”
 “Lo sa una cosa? Non mi interessa! La proteggeremo noi! Troveremo il modo! Vero Bolanos?”
 “Chiaro! La nostra Francis non si tocca!”
 E mentre lo diceva le strinse una spalla, appoggiandosi a lei.
 “Io... Io... Grazie!”
 “Per ora però dobbiamo pensare a lavorare... Da domani lavorerà con Alberto Noriega... Qualche altra cosa?”
 “No...”
 “Allora vada a parlare con Alberto e mettetevi d'accordo...”
 “Vado!”
 Corse fuori dall'ufficio serena e felice di aver trovato delle persone tanto speciali. Si sarebbe impegnata a non deludere nessuno di loro. Sì, era fortunata! Nonostante tutto lo era!

 “Cosa ci fai qui?”
 “Sono venuto a prenderti. Ceniamo insieme?”
 Le disse con una semplicità disarmante.
 “No!”
 Era in credibile. Non poteva quasi crederci. Lui continuava a non prendere sul serio quello che gli aveva chiesto. Come sempre. Lei non contava nulla. Ogni cosa doveva essere esattamente come lui decideva.
 Non lo considerò, continuando a camminare.
 “Non hai fame?”
 “No!”
 “Io sì! E tu devi nutrirti, per la nostra bambina!”
 “Non ti preoccupare! E smettila di dire che è una bambina!”
 “Preferisci sia un maschio? A me va bene lo stesso! Ma so che è una femminuccia!”
 “Sì, certo! Lasciami andare!”
 “Dove vai?”
 “A casa!”
 “Quella non è casa tua, però!”
 Gli disse cambiando il tono ma lei finse di non accorgersi del suo rammarico.
 “Ti avevo chiesto di lasciarmi un po' sola, cosa non ti è chiaro?”
 “Lo sai che non posso!”
 “Sai una cosa? Fai quello che vuoi! Vuoi chiamarmi, assillarmi? Vuoi appostarti sotto la redazione? Fallo! Io non ho nulla da dirti se non che stai peggiorando le cose! Da quando sono tornata, non fai che ripetere ogni giorno le stesse cose! E mi stai esasperando! Dimmi, lo fai anche con la tua Carol?”
 “Perché mi fai del male?”
 “Stai scherzando, vero?”
 Si morse un labbro era l'ultima cosa che avrebbe dovuto dirle.
 “Scusa... Hai ragione! Sono un idiota!”
 “Sì, lo sei... Sono arrivata alla macchina... Ti sposti per favore?”
 Gli ordinò cercando di aprire la porta sulla quale si era appoggiato.
 In quel momento il telefono di Riccardo, squillò. Ma non si spostò per lasciarla entrare in auto. Lei lo guardò torva, poi capendo che era l'altra donna con cui parlava, cercò di allontanarsi ma lui le prese la mano e la guardò supplicandola di rimanere.
 “Ciao!... No, non posso nemmeno stasera!... Perché non mi interessa vederti! ... Lo so bene che dopodomani torni a Miami! ... Ti ho detto che non ti accompagnerò!... Ascoltami bene, mi hai preso in giro, hai cercato in ogni modo di impedirmi di tornare a casa e hai approfittato di un momento difficile. Come se non bastasse vuoi farmi credere che tuo figlio sia mio! Io non sopporto nemmeno la tua voce, figuriamoci vederti! Quando sarà nato, ne riparleremo, fino a quel momento lasciami in pace!”
 Lei non lo guardava, sapere che si sentivano, che parlavano, le era insopportabile. Non voleva saperne nulla, invece si era trovata ad ascoltare una loro conversazione. Provò a slacciarsi dalla sua mano ma la costrinse ad avvicinarsi a lui. I loro corpi si scontrarono e sentì  il suo respiro vicino al viso. E il suo  cuore prese a battere velocemente, esultando e confondendola.
 "Mi dispiace tu abbia sentito... Non dovevo rispondere, ma se non l'avessi fatto non mi avrebbe lasciato in pace..."
 Sussurrò al suo orecchio, facendola vacillare.
 Le lasciò le mani ma non si allontanò.
 “Domani hai la visita dal medico... Io vorrei poter passare un po' di tempo con te...”
 “Non è davvero il caso!”
 Disse con voce tremante.
 Con una mano le toccò la pancia facendola trasalire.
 “Come stai, piccola?”
 “Sto bene...”
 “Stai tremando!”
 “Ho freddo...”
 “Hai freddo?”
 Si avvicinò ancora di più a lei, annullando completamente le distanze e le accarezzò i capelli sfiorandole la tempia con le labbra.
 “Hai freddo?”
 “Per favore... Lasciami andare...”
 “Dimmi la verità, dimmi che non è il freddo a farti venire i brividi...”
 Le parlava sussurrandole nell'orecchio, sapendo bene che ad ogni respiro, la sua pelle si ricopriva di brividi per lui.
 “Anche io provo le stesse sensazioni quando sei vicino a me... Anche io ho la pelle ricoperta dai brividi!”
 “Lasciami andare...”
 “Non ti sto trattenendo...”
 Era vero, avrebbe potuto allontanarsi. Lui non la tratteneva in nessun modo, si limitava ad accarezzarle la pancia dolcemente. Ma lei non si mosse. Si sentiva completamente sopraffatta da lui. Lui sorrise, sentendo la tensione della donna crescere. Rimasero qualche istante fermi, lei con le gambe fragili, lui con la mano sul suo ventre.
 Poi si scostò tutto ad un tratto.
 “Andiamo via di qui... Voglio restare solo con te!”
 Le prese le chiavi dell'auto dalle mani e la fece salire. Guidò in silenzio senza mai smettere di stringerle la mano. Aveva bisogno di quel contatto, le mancava come l'aria la sua pelle.
 “Mi stanno aspettando a casa...”
 Disse mentre lui la superava, entrando nel loro appartamento.
 Si sentì davvero a casa, i colori, i profumi erano ciò che facevano di un semplice appartamento, un nido e lei amava quel luogo, era il loro luogo ed era impregnato del suo odore da uomo, era dolce e fresco. In quella casa ogni cosa aveva il suo sapore. Rimase immobile, davanti a quella porta.
 “Lascia che aspettino... Ti giuro che non ti impedirò di andare via! Le chiavi della tua auto sono lì... Vorrei tu restassi perché lo vuoi...”
 “Perché siamo venuti qui?”
 “È casa nostra... Vieni!”
 La condusse in una camera che lei aveva lasciato spoglia, senza mobili e che aveva adibito a ripostiglio, in attesa di farla diventare una nursery.
 “Ti piace?”
 “Sei stato tu?”
 La camera era completamente diversa da come l'aveva lasciata. Era stata tinteggiata con colori pastello, arredata con cura e piena di peluche. Un carillon era appoggiato su un grazioso mobile e una culla era stata posta accanto ad una sedia a dondolo che sembrava comoda.
 "Sei stato tu? Sei tu a... Ad averla arredata?"
 “No... Sarebbe stato un disastro e volevo fosse tutto perfetto! Ho chiesto aiuto a Lorenzo! Credo sia l'unico della mia famiglia, a parte Edo, che non ha smesso di parlarmi, forse perché non vive qui! Ricordavo che aveva un amico architetto e mi ha messo in contatto con lui! Ho solo dovuto dire come la volevo... Allora? Ti piace?”
 “E se fosse un maschio?”
 “Sarà una bambina!”
 “Noi... Noi non vivremo qui!”
 Quella frase suonò come una bugia, anche alle sue stesse orecchie.
 “Sì, che vivrete qui...”
 Si girò verso di lei e le diede un bacio sulla fronte, poi tornò in salotto mentre lei non si mosse da quella porta. Entrò in quella camera dopo qualche minuto e caricò il carillon che emise una musica dolce. Aprì un cassetto e vide che erano sistemati dei lenzuolini rosa e gialli e delle copertine morbide con delle api e dei fiori. In un altro c'erano delle tutine. Una lacrima le scese bagnandole la guancia. Tutti i suoi sogni erano in quella camera che lei non avrebbe mai vissuto.
 Si perse per un tempo troppo breve in quel piccolo angolo di paradiso e trasalì, quando sentì le sue braccia svolgerla in un abbraccio dolce.
 “Sei ancora qui? Vieni!”
 Lo seguì senza porre resistenza. Si sedettero sul divano che aveva scelto lei, colorato e accogliente.
 Non riusciva a guardarlo, dentro di lei si stava combattendo una battaglia.
 Non capiva più se a farla andare avanti, fosse la ragione o l'orgoglio. Era stanca, stanca di combattere contro i suoi sentimenti, contro di lui. Avrebbe solo voluto trovare un po' di pace. Aveva bisogno di lui, ma non riusciva a dimenticare l'altra donna e quel bambino, non riusciva a dimenticare il tradimento e l'umiliazione. Ma lo amava. Lo amava così tanto che solo averlo vicino, la rendeva felice.
 Era sempre stato così, bastava la sua presenza per renderla felice, per perdersi nei suoi occhi. Lo amava con tutto il cuore.
 Era stanca, Francesca. Stanca di dover sempre lottare.
 “Hai già pensato ad un nome?”
 Le chiese all'improvviso, spostandole una ciocca di capelli dal viso.
 “Cosa?"
 Era confusa.
 "Un nome, piccola! Hai pensato a come chiamarla?"
 Le ripetè dolcemente. Scosse la testa. Continuando ad evitare il suo sguardo.
 "No... Sono da poco nel secondo mese. Non voglio pensare ad un nome! Nel primo trimestre non è così difficile che sopraggiunga un aborto spontaneo...”
 Lo sentì irrigidirsi.
 “Non dirlo! Non pensarlo nemmeno! Non devi! Lei nascerà e sarà sana e bellissima!”
 E l'aveva abbracciata, senza pensarci, senza considerare la possibilità di infastidirla. L'aveva abbracciata per rassicurarla e per rassicurare se stesso.
 Lui amava quella bambina che cresceva dentro il suo amore. Erano tutto ciò che aveva. Erano la sua vita.
 “Non voglio che mi abbracci!”
 Sussurrò sul suo petto.
 “E io non voglio sentire queste cose! Amore mio, cosa provi?”
 La scostò senza interrompere il contatto e cercò nuovamente i suoi occhi.
 “Sono infastidita! Mi hai trascinato qui per farmi vedere una cameretta che non userò mai!”
 “Non ti piace?”
 “È carina!”
 “Possiamo migliorarla, puoi fare quello che vuoi, cambiare il colore, i mobili...”
 “Lascia perdere! Non ha capito quello che intendo!”
 Disse rassegnata.
 “L'ho capito benissimo invece, ma non smetterò mai di crederci!"
 E finalmente riuscì a trovare i suoi occhi.
 "Ora dimmi cosa provi! Hai nausee, hai delle voglie? Voglio sapere tutto!"
 “Ho nausee, sì, il mattino, ma poi passa e no, non ho alcuna voglia! Non mi è aumentato l'appetito e per ora non sono ingrassata di un grammo. Mi piacerebbe avere un po' di pancia perché a volte mi sembra tutto finto...”
 “Ma lei è lì! Domani voglio venire anche io! Voglio vederla e sentire il suo cuore battere!”
 “Verrà mio padre con me!”
 “Ma sono io suo padre! E ho il diritto di esserci!”
 “Non credo sia il caso! Lui ti odia!”
 “Ma non importa quello che pensa lui! Anche i miei genitori mi odiano! Anche mia sorella! Ma tu mi ami e lei mi amerà!”
 Lo amava... Lo amava da impazzire.
 E aveva così voglia di stringerlo tra le braccia per dimenticare tutto ed essere felice, anche solo per un po'.
 “Lasciami pensare!”
 “No! Non voglio discutere su di lei! Puoi odiarmi anche tu! Anche se non ci crederò mai, ma non puoi impedirmi di essere suo padre!”
 E non lo avrebbe fatto. Volevo che lui ci fosse, che lui fosse presente per la bambina e per lei.
 “Ok! Dirò a mio padre che ci sarai anche tu!”
 “Vorrei fossimo soli... Riguarda solo noi due!”
 “Non riuscirò mai a convincerlo a non venire con me!”
 “Che ti accompagni! Ma solo io entrerò in quello studio!”
 “Va bene...”
 “Va bene?”
 “Sì, sì! Abbiamo finito?”
 Gli chiese sfinita.
 “Per stasera sì! Puoi andartene quando vuoi, piccola!”
 Ma non riusciva ad alzarsi da quel divano, lui non faceva nulla per trattenerla, ma lei non si muoveva. Si voltò verso di lui e per la prima volta si lasciò andare ai dubbi.
 “Io... Io ho paura!”
 “Anche io... Ma andrà tutto bene...”
 Le baciò la fronte e lei si appoggiò alle sue spalle. Non oppose resistenza quando le baciò le labbra. Fu un bacio prima dolce poi sempre più profondo. Aveva così bisogno di quel bacio. Lo desiderava così tanto. Cercò la sua pelle, sotto la camicia e quando la toccò, sentì le dita andare a fuoco. Perse il controllo senza provare a resistere. Era bisogno, desiderio e amore. Le lacrime che le rigavano il volto non erano amare e salate, ma liberatorie. Sospirò quando le sue labbra si spostarono sul suo collo e poi sulle spalle. E sentiva il bisogno asfissiante che il suo Chicco di averla, di amarla. Le sue labbra percorsero il profilo del suo corpo e riuscì solo a liberarlo della camicia per poter ricambiare quei baci caldi. in quel momento, scivolati su quel divano colorato, mentre le loro mani si cercavano e le loro labbra scottavano, il loro amore rinasceva, rifioriva, come la natura in primavera, come la terra arida dopo un temporale.
 Non fecero solo l'amore. Era molto di più. La loro fu una comunione, il modo per legarsi in un modo ancor più profondo, conoscerci ancora, scoprire di nuovo se stessi, perché erano cambiati entrambi. Per entrambi fu il modo di giurarsi amore, per sempre. E ogni cosa aveva trovato la giusta posizione, aveva raggiunto l'equilibrio e la perfezione. Uniti, nel corpo e nell'anima, un solo cuore.
 Rimasero l'uno nell'altra anche dopo, sopraffatti dalle emozioni, appagati e timorosi persino di quei sentimenti tanto prepotenti che governavano i loro corpi.
 Una cosa sola.
 La stringeva, il suo petto era incollato alla sua schiena, le accarezzava la pancia, ma non con desiderio, con dolcezza, come se accarezzasse la loro bambina e le baciava la spalla. Lei si godeva quel momento e gli accarezzava le mani. Erano nudi e i loro cuori e i loro respiri non erano ancora tornati regolari.
 Sentiva un po' freddo, forse a causa del sudore che le ricopriva la pelle.
 "Farfallina, hai freddo? Prendo una coperta!”
 Fece per alzarsi ma lei lo trattenne. Sapeva che non appena avessero interrotto quel contatto, l'incantesimo che stavano vivendo sarebbe svanito e lei aveva bisogno di sognare ancora.
 “No... No, per favore! Non muoverti!”
 La avvolse con le braccia, come se volesse essere lui a scaldarla con il suo corpo e sorrise.
 "Possiamo mangiare qualcosa e poi buttarci sul letto..."
 E quello era il momento che cercava di evitare, Chicco si stava illudendo che tutto si fosse sistemato.
 "Chicco... Devo andare a casa dei miei..."
 Lo sentì irrigidirsi e anche se non lo poteva vederlo, era certa che il sorriso fosse scomparso dal suo viso. Dopo qualche secondo le disse:
 “Io... io vorrei che restassi qui, almeno per stanotte.”
 “Non posso... Ma adesso devi abbracciarmi ancora un momento!”
 Si aggrappò alle sue braccia e lui la assecondò, sprofondando il viso tra la sua spalla e il collo.
 E poi, il suono fastidioso dal telefono di lei, li riportò alla realtà. Riccardo ne approfittò per prendere la coperta e dopo averla avvolta, tornò a stringerla come prima. Erano talmente vicini che poteva sentire la voce dall'altro capo del telefono.
 “Bambina, dove sei?”
 “Scusa, papino! Ho fatto tardi ma tra poco sarò a casa...”
 “Stai bene?”
 “Sì, sì certo, non sei obbligato ad aspettarmi!”
 “Ci mancherebbe! Quando sarai qui, berremo una tisana tutti e tre! Ti va?”
 “Sì, arriverò presto!”
 Buttò il telefono sul tavolino di fronte al divano e tornò a rilassarsi tra le sue braccia.
 “Cosa direbbe tuo padre se sapesse che sei qui con me e che abbiamo appena fatto l'amore?”
 Le disse malizioso.
 “Che sono pazza! E avrebbe ragione!”
 Si liberò dalle sue braccia e si guardò in giro, alla ricerca dei suoi vestiti.
 Riccardo rimase sdraiato, ammirandola mentre si rivestiva, poi rendendosi conto che non sarebbe rimasta, diede voce ai suoi pensieri.
 “Non voglio tu vada via!”
 “Non avrei mai dovuto venire qui!”
 Rispose senza guardarlo.
 “Non ti ho obbligato...”
 Annuì e sospirò.
 “No! Non hai mai dovuto obbligarmi a fare nulla perché hai sempre saputo che sono solo un giocattolo nelle tue mani!”
 Non sopportava che lei credesse quelle cose. Lei non era mai stata un gioco. L'aveva sempre amata anche se nel modo peggiore e sbagliato.
 “Non è vero!”
 “Chicco... Non rendere tutto più difficile, per favore!”
 Avrebbe solo voluto trattenerla, ma cercò di mantenere il controllo.
 “A che ora passo a prenderti, domani?”
 “Fatti trovare là, alle quattordici!”
 Gli rispose con distacco.
 “Ti passo a prendere a casa dei tuoi!”
 “Riccardo, no! Sarà mio padre a portarmi dal medico!”
 “Io non capisco perché? Abbiamo chiarito tutto, no?”
 Lo sapeva e sapeva che l'avrebbe fatto soffrire. Non voleva, non voleva soffrisse. Lo amava così tanto che odiava l'idea della sua sofferenza. Stava male il suo Chicco, aveva bisogno di lei, ma non riusciva... Non riusciva a lasciarla andare quella sensazione di tradimento, quella delusione e il dolore che ancora le attanagliava lo stomaco. Era stata debole, aveva bisogno di lui, di sentirlo dentro di lei e non era riuscita a resistere al suo amore, ma era stato uno sbaglio... Forse.
 Allontanò i pensieri che le rimordevano a coscienza e lo guardò, cercando di evitare i suoi occhi preganti.
 “Fare l'amore significa chiarire tutto?”
 “Significa che tra noi non è finito nulla!”
 “Non ho mai negato di amarti, nonostante tutto!”
 “E allora?”
 Era tutto così semplice per lui. L'amore e il dolore gli annebbiato la ragione. Annullò le distanze e posò le labbra sulle sue, accarezzandogli una guancia.
 “E allora non smetterò mai di amarti, ma fare l'amore non chiarisce nulla, non cancella il dolore e non cambia le cose! Io non mi fido di te! Ho paura di quello che puoi farmi! E non posso permettermi di soffrire come ho sofferto! Non quando lei... Quando il bambino sarà nato! Non voglio ricominciare un'altra volta! Non adesso!”
 “Tu lo sai che non smetterò mai di volerti!”
 “So che sei testardo e prevaricatore! Sei un arrogante e un egocentrico. So che ottieni ogni cosa vuoi e pretendi che tutto sia come desideri. So che non smetterai di cercarmi, di assillarmi e so che mi lascerei sedurre ancora. Perché mi hai stregato tanto tempo fa. Ma so che non faresti mai del male a tuo figlio. So che per lui farai tutto quello che ti sarà possibile. Quindi te lo chiede per lui: lasciami in pace! Almeno per adesso!”
 “Almeno per adesso?”
 Ripetè le sue ultime parole, perché erano le uniche che gli davano una speranza.
 “Sì. Non era previsto tutto questo. Su di me hai un ascendente che non riesco a controllare... Ma io non sono pronta per ricominciare! Vorrei! Vorrei riuscire a fidarmi, a lasciarmi amare. Ma dammi tempo! Io ti giuro che non ti impedirò di seguire la gravidanza, ti lascerò venire alle visite, affronteremo ogni cosa insieme e se per una ragione o per l'altra volessi tirati indietro lascerò che tu lo faccia!”
 “Non mi tirerò indietro!”
 “No? Nemmeno se questo bambino non fosse perfetto? Se non fosse sano, cosa vorresti che facessi?”
 “Lei è la mia bambina...”
 “Comunque, sappi che capirei... Domani sentiremo il suo cuore e lo faremo insieme. E se tutto andrà bene la... Lo cresceremo insieme!”
 “Ma...”
 “Ma se non vuoi complicare ogni cosa, se non vuoi farmi del male, per una volta, una sola, rispetta la mia scelta!”
 “Posso prometterti di aspettare. Aspetterò fino a quando lei sarà nata, ma poi sarà in questa casa che crescerà!”
 “Dammi tempo. Lasciami il mio spazio!”
 “Io sto male! Senza di te sto male!”
 “E credi che io sia felice? Credi sia facile per me? Ma le cose stanno così!”
 “Sono solo, amore mio!”
 E il suo cuore si spezzò. Era solo. Costretto ad affrontare una situazione orribile... Ma era lui che l'aveva creata! Era tutta colpa sua.
 “Non lo sei!”
 “Ho solo te!”
 “Hai una famiglia e... E tra qualche mese avrai un figlio...”
 “Non è mio!”
 Cambiò espressione mentre lo diceva. Perché non voleva credergli?
 "Quella notte... Quella notte ero confuso e ti odiavo! Ho bevuto e... Vorrei dirti che ero talmente ubriaco da non rendermi conto di nulla..."
 "Basta! Non voglio sapere nulla!"
 "Invece devi ascoltare! Ero frastornato e stordito, ma ero consapevole di quello che facevo! Non so se questo mi renda ancora più disprezzabile, ma sicuramente mi permette di avere la certezza che non posso essere io il padre di quel bambino! Capisci quello che sto dicendo? Non sono un idiota... Cioè lo sono, ma ho usato il profilattico! Ti assicuro che non sono tanto stupido! Quindi odiami, ma non pensare più che sia mio! È chiaro?"
 La sua voce tremava, quello che le aveva detto lo condannava, forse, ma lei non doveva avere dubbi sul fatto che il loro, fosse l'unico figlio che avrebbe avuto.
 "Non è necessario raccontarmi i particolari..."
 "Voglio solo che tu capisca che sta mentendo! Che vuole farmi del male e che vuole dividerci!"
 "Beh... Ci sta riuscendo, no?"
 Sospirò e le prese il viso tra le mani.
 "Mi sta facendo del male, è vero! Ma quando quel povero bambino sarà nato, la verità verrà a galla! E... E non voglio pensare che riuscirà a dividerci! Ci amiamo, piccola! Io non ti ho mai amato così tanto e mi odio per ciò che ho fatto! Ma se... Dovresti restare qui! Devi restare qui! Tutto si sistemerà!"
 La sua preghiera e le sue mani fecero battere il suo cuore che la implorava di ascoltarlo, di perdonarlo e restare con lui. Ma la ragione, quella maledetta voce che la tormentava, prevalse.
 “Ora devo andare... Ci vediamo domani...”
 Si diresse alla porta e prese le chiavi dell'auto, senza voltarsi. Non vide le sue lacrime e la disperazione che si leggeva sul suo viso. Era stanca e confusa. Doveva pensare e doveva farlo da sola.

 Marcella guardava la sua bambina e nei suoi occhi rivide se stessa.
 Vide lo stesso dolore, la stessa confusione, le stesse paure che vedeva nello specchio, quando il marito l'aveva tradita. Vedeva i dubbi, le indecisioni, le illusioni spezzate e vedeva l'amore. Un amore grande. Un amore inspiegabile e assoluto. Un amore così irrazionale e violento da essere in grado di cancellare il passato e perdonare.
 E vedeva lo stesso orgoglio che prepotente, le impediva di lasciarsi andare a lui.
 Ma quella sera, il suo ritardo, non era dovuto al lavoro. Lei sapeva che si erano visti.
 Mentre il marito aveva creduto a quella scusa, Marcella si era subito resa conto che la sua bambina era diversa.
 In un modo o nell'altro lei l'avrebbe sostenuta. Del resto, sperava con tutto il cuore di rivedere sul viso dolce e bellissimo di Francesca, quel sorriso felice. Ed era lui, solo lui ad averglielo regalato.
 Nicola guardò l'orologio e resosi conto che fosse più tardi del solito, si alzò e si raccomandò che anche la foglia corresse a riposarsi. Lei annuì, distratta.
 “Buonanotte, papino!”
 “A domani, tesoro! Sarà una giornata speciale...”
 Le disse pieno di entusiasmo.
 “Già...”
 “Notte, bambina!"
 Le disse Marcella, baciandole la fronte. Prima che potesse seguire il marito, però, la figlia la fermò.
 “Mamma...”
 “Sì...”
 “Possiamo parlare un momento?”
 “Ma certo, non stai bene?”
 “Non ero al lavoro stasera!”
 Sorrise e si sedette accanto a lei.
 “Lo immaginavo...”
 “Domani sarà presente all'ecografia...”
 “Oh... Ma non l'hai detto a papà...”
 “Non so cosa dirgli, sai com'è fatto! Non capirebbe ma non posso tagliarlo fuori dalla vita della... Del bambino!"
 “Per ora si tratta della tua vita! Ma tu cosa vuoi?”
 “Io credo sia giusto condividere la gravidanza! Lui è suo padre!”
 “Sì, credo anch'io sia giusto, ma è quello che vuoi?”
 “Io vorrei solo fosse tutto diverso...”
 Francesca si strinse nelle spalle e si annusò il maglione, che forse sapeva di lui.
 “Oh... Avete fatto l'amore?”
 “Cosa?”
 Francesca sgranò gli occhi, con l'espressione di una bambina colta in flagrante mentre commetteva una marachella.
 “È cambiato qualcosa ed è successo oggi... Avete fatto l'amore?”
 “Sì...”
 Sospirò e la madre le accarezzò una guancia, sorridendole dolcemente.
 “Cosa provi?”
 “Sono confusa e ho paura...”
 “Ma lo ami!”
 “Con tutto il cuore, mamma!”
 “Allora va bene così! E io lo so molto bene. Se lo ami potrai combattere contro i tuoi sentimenti per tutta la vita ma non vincerai. Continuerai ad amarlo... Basterà un momento, uno sguardo e tutto quello che hai fatto per dimenticarlo, cadrà. Nessun muro riuscirà a cancellare quello che provi!”
 Fu grata alla madre per quelle parole, lei la capiva.
 “Tu perdoneresti un uomo che ti ha fatto tanto male? Avresti perdonato papà se ti avesse tradito?”
 Marcella rise.
 “Sì, se mi avesse dimostrato di avere imparato dai suoi errori, sì, l'avrei perdonato.”
 Marcella sorrise ancora, la sua bambina non immaginava quanto quelle parole fossero vere.
 “Mamma, cosa devo fare?”
 “Cerca solo di pensare a te stessa! Non a me, né a tuo padre! Devi pensare a quello che desideri e a quello che è giusto per il mio nipotino!”
 “Se fosse il padre del figlio di quella donna...”
 “Sarebbe terribile per te e per il tuo bambino. Lo sarebbe per l'altro bambino che non ha alcuna colpa e sarebbe un incubo anche per Riccardo!”
 “E allora? Posso davvero lasciare che quello che provo aggiunga altro dolore? Perché sarebbe così! Io non sarei in grado di sopportare che si divida tra me e un'altra donna...”
 “Ma lei non sarà mai l'altra donna... Dovrà solo essere il padre di quel bambino...”
 “A Miami? E lei ci sarà sempre.”
 “Hai ragione, ma le cose stanno così... Sono certa di una cosa, se siete destinati a stare insieme, troverete il modo... Ma non credo che fare l'amore di nascosto, solo per rimanere uniti, perché lo hai fatto per quello, non è vero? Per sentirlo tuo... Sia il modo giusto. Datevi tempo. Tra qualche mese saprete come stanno le cose e forse riuscirete a trovare le soluzioni migliori... Per tutti! Mi dispiace tanto, bambina mia!”
 Francesca si buttò tra le sue braccia, cominciando a singhiozzare, incapace di trovare una soluzione e divisa tra la realtà e l'amore. Poi, dopo che le carezze della madre l'avevano fatta calmare, le disse:
 “Grazie, mamma...”
 “Ti senti un pochino meglio?”
 “No! Ma sapere che sei dalla mia parte, mi fa sentire un po' più forte!”
 “Vai a dormire ora... E cerca di non pensare troppo...”
 “Ci proverò!”

 Marcella aveva deciso di andare con la figlia e il marito dal medico. Sapeva bene che Nicola non sarebbe stato felice di vederlo e avrebbe fatto il diavolo a quattro per tenerlo lontano da sua figlia.
 “Lui cosa ci fa qui! Vai via! Non sei il benvenuto!”
 Quasi gridò, quando se lo trovò davanti.
 Marcella lo prese per un braccio, impedendogli di avventarsi contro di lui.
 “Nicola, l'ho chiamato io!”
 Francesca guardò la madre con gratitudine. Poi cercò gli occhi del suo Chicco, del suo amore e smise di sentire il padre che, rivolto verso la moglie, continuava a non capire.
 “Perché? Perché Marcella?”
 “Perché io sono il padre... Ciao zia... amore mio...”
 Disse senza smettere di guardarla. Era così bella che l'emozione lo fece quasi vacillare.
 “Ciao tesoro! Come stai?”
 Disse Marcella, cercando di smorzare la tensione.
 “Nervoso..."
 Rispose e poi cercando con la mano la guancia della sua Farfallina, le disse:
 "E tu? Come stai, piccola?”
 “Sto bene... Grazie”
 La guardava con dolcezza. Era ancora più bella della sera prima. Gni giorno di più.
 Si accomodarono in attesa della visita e i loro occhi non persero nemmeno per un momento il contatto.
 Quando l'assistente del medico chiamò il suo nome, Francesca si alzò e suo padre fece per seguirla. Marcella gli prese la mano e gli impose di fermarsi, indicandogli con un cenno, Riccardo che stava entrando con lei.
 “Lui non dovrebbe essere qui, Marcella: non è giusto...”
 “Ti sbagli, tesoro! Ha tutto il diritto di essere qui...”
 “Ma lei non lo vuole...”
 “Non importa quello che vuole lei, che vuole lui o vogliamo noi! È il suo bambino ed è giusto che lo veda...”
 “Immaginavo già di sentire il cuoricino battere...”
 “Nemmeno alle visite di Camilla eravamo presenti! Ti sei accontento di vedere le ecografie...”
 “È diverso...”
 “No! Sono loro i genitori e sono loro che cresceranno tuo nipote!”
 “Marcella è terribile! Lui è solo un idiota...”
 “Ha fatto degli sbagli, ma la ama... E sappi che non si arrenderà! Farà di tutto per tornare a stare con lei”
 “Ma lei...”
 “Darebbe qualsiasi cosa per stare con lui! Tua figlia è innamorata e sta aspettando un figlio dall'uomo che ama da sempre... Ti consiglio di preparanti all'inevitabile. Lei lo perdonerà, tornerà a fidarsi di lui... Questo bambino li unirà ancora di più e non puoi farci nulla! Cerca solo di ricordarti, che in fondo al cuore, vuoi bene a Riccardo...”
 “Non gli permetterò di tornare con lui. La chiuderò in casa se necessario”
 “Sì, tesoro, so che lo faresti...”
 Disse ridendo e poi appoggiò la testa sulla spalla del marito, cercando di tranquillizzarlo.

 “Signor Mendoza... Sta bene?”
 “Chicco...”
 “È lei? È la mia bambina?”
 Riccardo, stringendo la mano della sua donna, fissava il monitor sul quale appariva una piccola forma che si muoveva e ascoltava il battito del cuore di quel miracolo che cresceva dentro il suo amore.
 “Signor Mendoza, direi che è un po' presto per pensare sia una femminuccia. Ma questo è il suo bambino!”
 “Lo senti il suo cuore?”
 Disse Francesca con le lacrime agli occhi.
 “È il cuore della mia bambina...”
 “Davvero è presto...”
 Confermò il medico che sorrideva alla vista di quell'uomo completamente stregato dal quel suono e da quelle immagini.
 “Chicco la senti come è forte?”
 Gli strinse di più la mano e lui la guardò come se non l'avesse mai vista. Le sorrise, felice, sopraffatto.
 “È forte... È amore!”
 “È amore...”
 Il medico si sentì quasi di troppo e dopo aver sistemato l'ecografo, decise di defilarsi per qualche istante.
 “Vi lascio qualche minuto da soli... Il bambino sembra stare bene, il cuore batte e le dimensioni sono perfette. Vorrei sapere se intendete fare degli esami più accurati...”
 “No! Lei è mia figlia e sarà perfetta.”
 “Chicco, non possiamo saperlo!”
 “Sarà perfetta in ogni caso! La amo e la amerò in ogni caso! No, dottore, non faremo nessun esame, nessun test. Ci penseremo solo quando si renderà necessario. Ma solo per la sicurezza e la salute di mia moglie e di mia figlia...”
 “Come vuole... Torno tra qualche minuto!”
 Aspettarono che il medico uscisse e poi lui le baciò la mano e le accarezzò i capelli.
 “Chicco... Io non sono tua moglie!”
 Gli disse emozionata.
 “Cosa? Sì, lo so...”
 “Mi piacerebbe tanto esserlo...”
 “Sposami! Era questo che volevamo fare...”
 “Forse un giorno...”
 “Avrei voluto sentire che saremmo scappati oggi, ma va bene così... Farfallina... Grazie!”
 “Non ho detto di sì!”
 Rispose ridendo.
 “Per lei... Grazie per lei e per avermi permesso di essere qui con te!”
 “Oh...”
 “È bella!”
 “Anche io trovo sia carina!”
 Non si sottrasse quando le baciò le labbra accarezzandole la pancia lievemente. Rimasero in silenzio a guardarsi e furono interrotti dal ritorno del medico.
 “Queste sono le copie delle ecografie... Ho pensato le voleste... Signora Mendoza...”
 “Mora! Noi non siamo sposati!”
 Precisò, confondendo il medico.
 “Oh... Avevo capito il contrario, ma va bene. Come dicevo, lei è davvero un po' troppo magra, dovrebbe cercare di mangiare di più, lo faccia per il bambino!”
 “È che non sopporto nulla... Gli odori del cibo mi fanno star male!”
 “Capita, ma deve sforzarsi. Comunque le prescrivo degli integratori! Sta procedendo tutto bene e non vedo il motivo per cui preoccuparsi. Ci vediamo tra un mese... Per qualsiasi dubbio sono a sua disposizione!”
 Uscirono dallo studio del medico un po' frastornati ed emozionati, Nicola corse dalla figlia seguito da Marcella.
 “Come stai, Bambina?”
 “Bene... Va tutto bene!”
 “Il dottore ha detto che la bambina non ha alcun problema!”
 Confermò, Riccardo.
 “Taci tu! Sto parlando con lei!”
 “Zio, stai parlando di mia figlia!”
 “È una bambina, amore mio?”
 Chiese a Francesca.
 “È troppo presto papà... Ma lui... Lui crede sia una femminuccia!”
 “Come se gliene importasse...”
 Affermò con disprezzo.
 “Mi importa! Zio! Loro due sono tutta la mia vita!”
 “Ti ho detto di non rivolgermi la parola! E non chiamarmi zio! Non lo sopporto!"
 Poi prese il braccio della figlia  e cercò di trascinarla via.
 "Andiamo, principessa!”
 “Francesca, per favore... Ti porto a casa io.”
 “Non ci pensare nemmeno!”
 Nicola si frapposto tra i due, ribadendo con decisione che la sua bambina, con lui, non aveva più nulla da spartire.
 “Nicola... Lasciali soli! Per favore, non alzare la voce!”
 Intervenne Marcella.
 “Vai con lui... Forse dovete parlare un po'!”
 “Non hanno nulla da dirsi!”
 Nicola non riusciva a vedere il modo in cui i due si guardavano, troppo arrabbiato con l'uomo che aveva fatto soffrire la sua bambina.
 “Francesca, per favore... Vieni con me!”
 La donna si sentiva in mezzo a due fuochi. Non sapeva cosa fosse giusto fare e si sedette su una delle poltroncine della sala d'attesa, portandosi le mani sul viso e nascondendosi.
 “Basta per favore! Tutti e due, basta! Non sono una cosa da contendersi...”
 “Scusami, bambina mia... Ma non voglio ti dia fastidio!”
 “Non mi da fastidio, papà! E comunque non sei tu a dovermi proteggere! Io... Io sono stanca e voglio andare a casa!”
 “L'hai sentita? Non ti vuole qui!”
 Senza minimamente considerare Nicola, Riccardo si inginocchiò davanti a lei e le chiese scusa.
 “Vai a riposarti... Non volevo! Non volevo essere inopportuno... E non volevo che le cose andassero così... Mi credi?”
 “Sì...”
 Gli accarezzò una guancia e gli sorrise.
 “Ti ho detto che stai bene con i capelli così lunghi?”
 Prese la sua mano e la portò alle labbra, baciandole le dita e rise.
 “No, ma non li taglierò mai più!”
 “Vado dai miei!”
 “Va bene... Vorrei solo stare con te. Soli, baciarti e dirti quello che provo. Ma so che l'unica cosa importante sei tu... Mi manchi... Ogni istante mi manchi di più! Io ti amo!”
 E Francesca sentì tutto quell'amore che li univa e senza badare al padre e alla situazione, si avvicinò alle sue labbra e gli diede un bacio dolce, sentendosi bene.
 Nicola avrebbe dato qualsiasi cosa per vederlo sprofondare all'inferno. Era furioso con lui, con Marcella, che sembrava non capire quanto fosse negativo per loro e anche con la figlia, che aveva dimenticato il male che lui le aveva fatto.
 “Papà... Andiamo?”
 “Andate avanti. Devo dire una parola a... A lui...”
 “Nicola, pensa bene a quello che fai!”
 “Marcella, non ho intenzione di fare nulla! Solo parlare!”
 La moglie e la figlia si allontanarono e lui si rivolse a Riccardo che non toglieva gli occhi dalla sua donna.
 “Cosa vuoi fare?”
 “Cosa?”
 “Che intenzioni hai?”
 “Sai bene quello che voglio!”
 “Mi chiedo solo se hai preso in considerazione tutto!”
 “Ti riferisce ad un figlio che non è mio? Vuoi sapere cosa farò? Quando nascerà, farò svolgere tutti i test possibili e la mia paternità sarà esclusa! Poi tornerò dalla madre di mia figlia e la sposerò! Cresceremo la bambina in una vera famiglia e lo sai cosa ti dico? Non mi importa nulla di quello che pensi! Non mi interessa se ne sarai felice o ti strapperai tutti i capelli! Noi staremo insieme e avremo altri figli! Tu, mia madre e mio padre ve ne farete una ragione e se non sarà così, sarà un problema solo vostro!”
 “Ma non ne hai la certezza! Non sai se quel bambino è tuo! Ma non sei tu a preoccuparmi! Quante volte le farai ancora del male?”
 “Ho fatto tanti errori e li sto pagando tutti. Anche io sto soffrendo! Anche io sto male! E quando immaginavo lei incinta, pensavo che dopo la visita dal medico, saremmo andati a comprare qualcosa per la bambina. Che saremmo andati a casa nostra e l'avrei coccolata e viziata, che sarebbe stata tra le mie braccia! Non a casa tua! Non che saremmo stati a questo punto! Sogno di accarezzare la pancia dove cresce mia figlia e invece devo stare lontano da lei... Non ti sei mai sentito perso? Non hai mai pensato di dover passare la tua vita rimediando agli errori commessi? Io sì! Da quando mi ha lasciato, da prima che sapessi fosse incinta! Voi siete perfetti. Io no! Ho cercato di trovare qualcosa che mi rendesse felice ed è lei! Se lo avessi capito prima non avrebbe sofferto. Se fossi come voi, non sarei andato a letto con una donna per cui non provo nulla. Ci sto provando! E non lo faccio per lei! Ma per noi... Noi siamo una cosa sola!”
 Nicola lo ascoltava e non aveva mai capito nessuno quanto Riccardo. Lui più di chiunque altro, poteva comprenderlo. E se la donna di cui parlava non fosse stata sua figlia, la sua bambina, gli avrebbe detto che era fiero di lui. Che non solo lo capiva ma lo avrebbe sostenuto. Ma la donna che lui amava, era la sua principessa e avrebbe fatto qualsiasi cosa perché non passasse quello che lui aveva fatto passare alla moglie.
 Rifletté per qualche istante e poi, senza guardarlo, sospirò e disse:
 “Se vuoi puoi passare prima di cena...”
 “Se lei me lo chiederà!”
 “Non sarò mai dalla tua parte, Riccardo! Non so se riuscirò mai a perdonarti per ciò che le hai fatto, ma accetterò qualunque decisione prenderà! Lei è la mia unica bambina e la proteggerò dal male, finché vivrò!”
 Non gli strinse la mano e se ne andò senza salutarlo o aggiungere altro.
 Riccardo era come lui. Uno stupido idiota incapace di fare le scelte giuste. Era come suo padre che invece di capire che la donna della sua vita era nell'ufficio accanto al suo, l'aveva costretta a scappare. Era come Betty che aveva mentito per anni e... E Francesca era come Marcella... Perfetta, bellissima, dolce, coraggiosa e intelligente. Riccardo non era perfetto. Ma nemmeno loro lo erano. Solo le sue donne lo erano. Marcella lo aveva perdonato e lo aveva amato nonostante tutto. La sua bambina forse, avrebbe fatto la stessa cosa.
 Quando raggiunse l'auto le sue due donne lo aspettavano perplesse. Le fece salire.
 “Se stasera vuoi, potrai farlo venire a casa, prima di cena!”
 Marcella sorrise e senza farsi vedere e appoggiò la sua mano su quella del marito che gliela strinse.
 Dopo qualche istante Francesca disse:
 "Questa sera voglio restare sola con la mia famiglia. Cenare insieme. Potremmo chiedere a Giulio e Camilla di raggiungerci e magari Claudio deciderà di passare..."
 Nicola non disse nulla, pianse in silenzio.


°°°°°°°°°°°°
 Perdonatemi! Davvero!
 So di essere davvero in ritardo e mi sento in colpa. Ma sono davvero presa con il lavoro e con mille altre cose.
 Spero che apprezziate il capitolo. È lunghissimo, nemmeno mi sono accorta di quanto lo fosse, e ci ho messo davvero tantissimo impegno, dedicando tutto il tempo che ho potuto.
 È difficile continuare questa storia, non perché non abbia idee (io ho già tutto in testa, compresa la conclusione), ma perché un conto è sapere cosa voler scrivere, un conto è farlo e ancora più difficile è provare a metterci le mie emozioni e quelle dei protagonisti.
 Chicco e la sua Farfallina, sembra stiano riducendo il loro rapporto... Ma sarà davvero così semplice?
 Fatemi sapere cosa ne pensate!
 Non prometto più di essere veloce, non dirò quando pubblicherò nuovamente, ma come sempre, vi assicuro che ci metterò tutto il mio impegno e anche un po' del mio cuore!
 Un abbraccio!

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Capitolo 16
*** 16 ***


Capitolo 16

 “Ehi... Ti disturbo?”
 Francesca ripose il telefono che aveva tra le mani e guardò il fratello sorridendo.
 “No, Giulio... Io stavo solo prendendo una boccata d'aria!”
 Era stata una giornata bellissima sotto certi punti di vista, ma anche difficile e assolutamente devastante.
 Quando era tornata a casa, aveva ripensato a quello che era successo il giorno prima e aveva messo in discussione tutte le sue decisioni.
 Prima di andare nel loro appartamento, era risoluta e sicura che tra loro, ormai, fosse finito tutto. Non perché l'amore che provava per Riccardo si fosse improvvisamente spento, ma perché la ragione continuava a sostenerla e a porla di fronte ad una terribile e crudele realtà.
 Quel figlio che avrebbe dovuto crescere con un'altra donna, era un ostacolo troppo grande da superare.
 Ma era bastato poco perché il suo cuore prevalesse.
 E come poteva essere altrimenti?
 Amava il suo Chicco da tutta la vita, lo aveva aspettato, lo aveva custodito da sempre. Chicco, ai suoi occhi, era sempre stato l'uomo perfetto, il principe azzurro, nonostante tutto. Perché ciò che lei provava, andava oltre gli errori e il dolore.
Aveva sempre saputo di essere la sua donna, perché lo conosceva, meglio di chiunque altro, forse persino meglio di sé stesso. Il suo meraviglioso e terribile uomo, era tormentato da sempre. Quel lato così instabile, era forse quello che più temeva, ma che la spingeva ad amarlo di più.
 Aveva sempre e solo desiderato curare le sue ferite, che fossero inflitte dalla sua famiglia o da se stesso, alleviare i suoi dolori, sostenere le sue posizioni, proteggerlo dalla sua stessa sensibilità. Perché Chicco si nascondeva dietro l'arroganza, ma dietro la maschera che gli calzavano a pennello, era l'uomo più dolce che avesse mai conosciuto.
 Aveva ceduto al suo cuore e non era stato così difficile lasciarsi andare. Vederlo vinto dal dolore, l'aveva devastata. Non era importante che anche il suo cuore fosse spezzato, dalla sera prima, se possibile, soffriva ancora di più.
 Fare l'amore con lui ed stato così intenso e coinvolgente, che avrebbe fatto di tutto perché quel momento non finisse. Chicco non era mai stata tanto suo, tanto sincero e disperato come quella sera. L'aveva amata in un modo così profondo che le era sembrato di non averlo mai conosciuto in quel modo. Ma, oltre ad averle confermato quanto si amassero, le aveva fatto comprendere anche quanto le sue ferite fossero profonde.
 E in quelle ferite prolificavano i dubbi, le incertezze, le paure e anche uno strano senso di rivalsa. Qualcosa che non le apparteneva, che aveva scoperto proprio mentre lui era dentro di lei.
 Il suo orgoglio gongolava di fronte alle lacrime del suo uomo, perché era giusto che le versasse e continuasse a farlo. Meritava di stare male per aver distrutto frutto ciò che avevano costruito. Per aver spezzato l'incantesimo in cui vivevano.
 La guerra che si combatteva dentro di lei, era senza esclusione di colpi e avrebbe dovuto impegnarsi perché una delle fazioni prevalesse.
 Così, stanca e spossata, si era nascosta in giardino, nel suo angolo preferito, rannicchiandosi su una delle poltroncine in vimini, pensando a come districare quella moltitudini di emozioni.
 Giulio l'aveva trovata lì, infreddolita e pensierosa.
 Si sedette accanto a lei, guardandola di sottecchi e cercando di comprendere la sua espressione.
 “Come stai, sorellina?”
 “Bene!”
 A Giulio non sfuggì il suo fastidio e sorrise divertito.
 “Anche Camilla non sopportava quando glielo chiedevano... Ma dovreste avere più pazienza! Noi non sappiamo cosa significhi avere un esserino che cresce dentro di noi!”
 Le disse con ingenuità. In realtà voleva sapere cosa provasse la sua sorellina, ma la conosceva e sapeva bene che non sarebbe riuscito a strapparle nessuna informazione se lei non l'avesse voluto. Quindi la strategia migliore, era quella di prendere l'argomento alla larga.
 “Scusa... Hai ragione, ma sentirselo chiedere mille volte al giorno diventa un po' esasperante!”
 Rispose pentita.
 “Immagino che sia così! Parlavi con lui?”
 “No... Il telefono è spento.”
 Abbassò gli occhi e tremò leggermente. Giulio sfilò la sua giacca e gliela pose sulle spalle, facendola sorridere, poi tornò a sedersi e continuò.
 “Io credo che dovresti lasciarlo andare il tuo odio!”
 “Odio? Io non lo odio!”
 “No, ma odi quello che sta succedendo e stai vivendo questo momento senza godertelo... Dovresti essere solo felice e invece hai gli occhi rossi e gonfi!”
 “Lui ci sta provando...”
 “Non ne dubito! Ma alcune cose non dipendono da noi.”
 “Allora secondo te, dovrei fingere che stia andando tutto bene? Fingere che saremo una famiglia come lo siete tu, Camilla e Alessandro?”
 “Io credo che tu non stia bene e che non stia bene nemmeno lui!”
 “No!”
 Confermò con un filo di voce.
 “È tutto complicato, vero?”
 “Non è giusto, Giulio! Non è giusto! Dovrebbe essere tutto perfetto! Dovrebbe essere qui con me! Dovremmo condividere quello che sta succedendo! Vorrei solo che tra noi fosse come... Come tra te e Camilla. Vorrei che mi guardasse come tu guardi lei e vorrei mi riempisse di attenzioni! Vorrei non dover pensare a come gestire qualcosa che è al di sopra delle mie capacità... Perché mi ha fatto questo?"
 Giulio si prese qualche secondo prima di rispondere. Conosceva Riccardo da tutta la vita e lo amava come un fratello. Era stato il suo primo compagno di giochi ed era diventato il suo migliore amico, nonostante le differenze e la lontananza. Prima di trovare a sua strada, insieme a Camilla, lo aveva invidiato per molto tempo. Chiunque la avrebbe invidiato. Era brillante, carismatico, intelligente, sembra riuscisse ad ottenere tutto ciò che desiderava con facilità. Ma aveva sempre sospettato che avesse dei punti deboli e che uno di quelli, fosse la sua sorellina. Lo conosceva bene e Riccardo non aveva mai guardato nessuno come guardava Francesca.
 “Non lo so... Ma so che quando ti guarda, è la vita che vede! Io l'ho sempre sospettato!”
 “Mi sento così sola...”
 Le lacrime, ancora una volta, le bagnarono il viso. Non ne poteva più di piangere.
 “Non sei sola!”
 “Sai cosa intendo! Io penso solo che sia tutto sbagliato...”
 “Sicuramente non è giusto...”
 Allungò un braccio sulla sua schiena e la attirò a sé, obbligandola ad appoggiare a testa sulla sua spalla. Quel contatto le diede un po' di sollievo e si lasciò un andare,  rilassandosi  tra le braccia del fratello.
 “Hai mai pensato ad una donna che non fosse Camilla?”
 Gli chiese, dopo qualche minuto.
 “Qualche anno fa... Quando frequentavo qualche ragazza... Sì, ma anche Camilla ha avuto altre storie...”
 “Ma eravate così giovani... Intendo se hai mai... Voglio dire, oltre a lei, sei mai stato con un'altra donna?”
 "Sì, certo! Tutti e due abbiamo avuto altre esperienze..."
 La tranquillità con cui il fratello le rivelava quella verità, la stupì, si scostò e lo guardò, aggrottando le sopracciglia.
 "Non è vero! Non ci credo!"
 "Perché? Non c'è nulla di male a conoscere altre persone! Ho capito che nessuna è come lei e lei, che io sono l'unico che ama davvero!"
 "Non riesco ad immaginarvi con altre persone..."
 “Dici che siamo noiosi e monotoni?”
 Le disse, ridendo.
 “Oh no! No! Io credevo... Pensavo che lei fosse stata l'unica... E che tu fossi l'unico... Ecco tutto!"
 "È stata la prima e sarà l'ultima. E per lei è la stessa cosa! Ma abbiamo preso delle pause, conosciuto altre persone... Non molte, in realtà. Nessuno ha mai avuto molta importanza! Ci hanno solo dimostrato che gli altri non erano quelli giusti!"
 Annuì anche se era perplessa, le sembrava strano, perché li aveva sempre visti innamorati, anche quando si lasciavano.
 "Quando avete fatto l'amore la prima volta? Se vuoi dirmelo, naturalmente!"
 Chiese un po' intimidita, distogliendo lo sguardo.
 "Quando avevo 17 anni... È successo un pomeriggio, a casa! Lo ricordi? Studiavamo insieme! O forse l'hai scordato? Eri troppo impegnata a guardare Chicco con la ragazza del momento?"
 Rise prendendola in giro, ricordando quanto la sua sorellina fosse buffa, innamorata di un ragazzo più grande.
 "Lo sapevi?"
 "Lo sapevamo tutti, Fran! Eri una bambina e gli correvi dietro come un cagnolino, eri quasi divertente..."
 "Sono più grande di Camilla!"
 Rispose piccata.
 "Solo di qualche mese e poi, mentre io e lei passavamo i pomeriggi a fare l'amore, tu li passavi a... Cosa facevate?"
 Chiese curioso.
 Francesca alzò le spalle.
 "Niente! Lo guardavo studiare, o lo importunavo... Lo sai quante volte mi ha chiesto di non cercarlo più? Quanto le odiavo quelle ragazze!"
 Le spettinò i capelli, come se al posto di una donna di trent'anni, ci fosse la stessa ragazzina di tanti anni prima.
 "E tu? Vuoi dirmi quando hai fatto l'amore la prima volta?"
 Sorrise, ripensando a quei momenti.
 "Avevo diciannove anni... Facevo già la modella e da qualche mese vivevo nel mio appartamento!"
 "Come si chiamava quel modello? Il tuo primo fidanzato..."
 "Oh, no! Non ho mai fatto l'amore con lui..."
 "Stavi per sposarlo senza mai esserci andata a letto?"
 "Già..."
 Disse con un filo di divertimento.
 "Oh... E come mai?"
 "Non ne ero innamorata... Lo credevo, mi faceva sentire amata..."
 "Oh...  Con chi allora?"
 "Ho fatto l'amore con Chicco... È stato lui il mio primo uomo!"
 Giulio sgranò gli occhi.
 "Sei seria?"
 "Sì! Lui è stato l'uomo a cui ho dato il mio primo bacio, il primo con cui abbia fatto l'amore..."
 "Sono sorpreso..."
 "Giulio, se ti dicessi di aver pensato a lui da sempre ci crederesti? Se ti dicessi che sono stata con un solo uomo?”
 “È vero?”
 Giulio scoppiò a ridere.
 “Non è divertente!”
 Disse risentita.
 “Hai ragione, non lo è! Ti prego dimmi che non è vero! Dimmi che non hai fatto impazzire la mamma per anni presentando fidanzati innumerevoli e persino un marito, senza esserci mai andata a letto! Che non hai reso indimenticabile la mia festa di fidanzamento per uno con cui non hai fatto sesso!"
 "Scusami! Ci pensi ancora a quella sera?"
 "Fran, quel cretino mi ha rotto il naso! Sembrava fosse l'amore della tua vita!"
 "L'avevo conosciuto in aereo... Non ricordo nemmeno il nome! È vero! Ho fatto l'amore solo con lui!"
 "Sorellina, sei seria? E tutte quelle storie? Quegli uomini che frequentavi?"
 "Credevate davvero che fosse vero? Davvero pensavate che facessi sesso con loro?"
 "Con tutti no, ma con tanti sì!"
 "Di tutti quegli idioti, solo uno mi ha visto nuda! Ma è finito tutto prima che mi toccasse!"
 "Uno? Solo uno ti ha vista nuda?"
 "Sì, Giulio! Credevo fosse quello giusto... Era dolce, mi rispettava e mi ha lasciato tempo per pensarci! Credevo di volerlo perché ero certa mi amasse davvero. E mi amava. Me l'ha dimostrato... Credevo davvero di volerlo..."
 "Invece?"
 "Invece mi sono messa a piangere! Ad un certo punto ho pensato a Chicco e... E niente... Quell'uomo è stato comprensivo e mi ha lasciata sola... È stato carino!"
 "Hai pianto? Hai pianto perché un uomo voleva fare l'amore con te?"
 Giulio non sapeva come comportarsi, era assolutamente divertito dalle confessioni della sorella.
 Francesca, la super modella famosa in tutto il mondo, non solo per il suo lavoro, non era altro che una ragazzina talmente insicura da piangere davanti ad un uomo che voleva averla nel proprio letto.
 "Sì... Io non volevo fare l'amore con nessuno... Con nessuno che non fosse lui..."
 "Scusami, sorellina! Ma mi sembra così assurdo! Non hai mai avuto nessun altro? Non hai mai avuto la curiosità di sapere cosa si provasse con qualcun altro?"
 "No... Perché? Non ho mai pensato di fare l'amore sola per curiosità... E poi... Io ho sempre saputo che era Chicco l'uomo della mia vita! Perché ridi?"
 "Perché tu... Perché credevamo che... Un solo uomo a parte lui ti ha visto nuda?"
 "Sì, ma solo per un momento! Te l'ho detto! Ho cominciato a piangere e mi sono coperta! Per favore, smettila di ridere!"
 Cercava davvero di trattenere le risate, ma per la prima volta si trovò di fronte ad una sorella sconosciuta, piena di sorprese, talmente incredibile da essere irresistibile.
 "Sì, scusa! È... È strano! La mamma... Se lo sapesse, lei... Ti prego, non dirglielo! Ti divorerebbe! Perché? Perché lo facevi?”
 Chiese cercando di smettere di ridere.
 “Beh, mi piaceva farla arrabbiare!”
 “E ti piaceva far ingelosire lui...”
 Lo guardò sorridendo amaramente.
 “Credi che sia mai stato geloso? Prima di sposarmi a Las Vegas, l'ho chiamato... Speravo mi chiedesse di non farlo! Mi ha riso in faccia e mi ha riattaccato il telefono. Mi trovi tanto ridicola? Non hai smesso di ridere!"
 “Mi dispiace... Scusa, hai ragione! Non pensavo davvero...”
 “Che fossi stata con un solo uomo?"
 "Sì, diavolo, Fran! Eri su quelle riviste ogni settimane  con uomini diversi, hai posato nuda..."
 "Non ero nuda! Credimi! Un bravo fotografo sa creare delle illusioni perfette! E poi che c'entra? Anche la mamma ha posato nuda! E sospetto che sia lei, che zia Betty, fossero completamente nude davvero!"
 "Di che parli?"
 Le domandò curioso.
 "Del dipinto di Villareal! La donna di spalle! È lei! È la mamma!"
 "Te l'ha detto lei?"
 "No... Lui! Quando l'ho conosciuto durante il servizio che abbiamo fatto alla sua mostra! Con lei non ne ho fatto cenno, ammetto che mi imbarazza un po'..."
 "Santo cielo! Questa sera scopro che mia sorella ha fatto l'amore con un solo uomo e che mia madre e mia suocera hanno posato nude per un pittore... Sono sconcertato... Sorellina, lui lo sa? Sa di essere stato l'unico?"
 "Sì! Ma solo da qualche tempo! Anche lui, come voi, credeva a quello che scrivevano i giornali!"
 "Beh, tu non hai mai smentito quelle voci! Nessuno di noi aveva ragione di credere il contrario! Perché non ti sei tutelata? Perché non hai mai smentito nulla?"
 "Perché lui aveva le sue storie e credevo che fingendo di averne anche io, fosse più facile... Che pensasse che lui non era importante!"
 "Ci stavi male? Stavi male quando sapevi che lui stava con qualcun'altra?"
 "Sì... Ogni volta stavo male! Io... Io pensavo a lui ogni istante! E invece lui ha avuto mille donne!”
 “No, non così tante! Credo ne abbia avute meno di Claudio o Edo...”
 “Era peggio... Perché ognuna di loro, in un certo senso, era importante e quando era con loro erano più importanti di me! E poi... Edo e Claudio non hanno messo incinta nessuna donna!”
 Provò un moto di dolcezza verso la sua sorellina, così infelice e cercò di spiegarle, con sincerità, il suo punto di vista.
 “No... Ma vedi, a volte si fanno degli errori... Quando sono stato con le altre donne, avrei potuto rovinare ogni cosa... E anche Camilla ha avuto altri uomini. Sarebbe bastato poco perché le nostre strade cambiassero. Forse abbiamo avuto fortuna! Ed Edo e Claudio... Beh, prima o poi troveranno pane per i loro denti e si troveranno a fare i conti anche loro con l'amore..."
 Sorrise ed annuì, poi tornò seria.
 “Mi sembra così strano che anche voi abbiate un passato...”
 “Tutti noi ce l'abbiamo. Tranne la mia sorellina pazza che ha avuto un milione di falsi fidanzati! Solo con lui?”
 “Solo con lui!”
 Annuì accennando un sorriso.
 “Sei dolce, piccola Francesca!”
 “Sono patetica!”
 “No! Riccardo è maledettamente fortunato! Sei una donna speciale e non perché tu sia stata solo con lui. Lo sei, perché nonostante le opportunità che hai avuto, gli sei sempre stata fedele!”
 “Lui no...”
 “È un idiota! Lo è sempre stato! Ci ha impiegato anni per capire che poteva essere felice solo con te! Però ora lo ha capito! Ti ama! Ti ama davvero...”
 “Non è tardi?”
 “Solo tu puoi saperlo... Fran... Posso raccontarlo a Camilla?"
 "Che cosa?"
 "Che suo fratello è stato il tuo primo uomo, che hai perso la verginità a 19 anni e che non hai mai fatto sesso con nessuno se non con lui! Posso dirglielo?"
 "No! Ma tanto so che lo farai lo stesso! E mi odierà ancora di più per averle rovinato il fidanzamento!"
 Gli rispose lanciandogli la sua giacca.
 "Non ti odia! Lo sai! Credo che troverà la cosa dolce! Non riderà come ho fatto io! Ma ti giuro, sorellina, che non ho riso di te! Ora... Torno dalla mia mogliettina e dal mio tesoro... Non stare troppo fuori, fa un po' freschino! Ti voglio bene, anche se non te lo dico mai!”
 Le baciò la fronte, riappoggiando la giacca sulle sue spalle esili e la lasciò sola coi suoi pensieri.

 Aveva sperato lo chiamasse, avrebbe voluto passare quella giornata con lei, cenare in un bel ristorante o restare a casa, sul loro divano o a letto e parlare di loro e della loro bambina. Avrebbe voluto stringerla tra le braccia, come la sera prima, baciarle ogni centimetro del suo corpo e amarla finché fossero sprofondati nel sonno. Invece la realtà era diversa: era solo in quell'appartamento che avevano scelto insieme e che era diventato la loro casa grazie a lei. Aveva sbagliato tutto e per colpa sua il momento più bello della loro vita si era trasformato in un incubo. Lo era per lei, che era sola e soffriva. Lo era per lui, che non smetteva di odiarsi per quel maledetto errore e che temeva che non sarebbe mai riuscito a sistemare le cose. Gli sembrava di sentire ancora battere il cuore della sua bambina, così piccola e indifesa. Era certo però che la sua donna l'avrebbe protetta, da tutto e tutti, anche da lui. Forse non meritava di diventare padre e non meritava il suo amore.
 Aveva sbagliato tutto nella sua vita e aveva rovinato quella dell'unica donna che davvero contava per lui. L'unica che amava. Si morse il labbro pensando alle volte che l'aveva definita una stupida, sciocca. Che l'aveva considerata banale o ordinaria. Lei era tutto fuorché banale, era intelligente e particolare. Era migliore di lui sotto ogni punto di vista. Così forte e caparbia, dolce e sensibile. Come aveva fatto a non rendersene conto prima?
 Francesca aveva sempre brillato di una luce unica e speciale, una luce in grado di scaldare il cuore chiunque. Avrebbe potuto essere felice se solo non lo avesse amato, avrebbe potuto trovare un uomo migliore di lui, che la amasse senza condizioni, senza riserve.
 Aveva sempre temuto che lei lo dimenticasse ed era proprio per quel motivo che aveva imparato ad insinuarsi nella sua vita, per tenerla legata, perché non potesse mai sentirsi completamente libera.
 Che stupido, l'amore di Francesca era così grande che nessuno l'aveva avuta, nessuno oltre a lui.
 A quel pensiero si morse un labbro. Era riuscito davvero a rovinarle la vita e lo aveva fatto consapevolmente, per egoismo.
 Ed era un egoista anche in quel momento. Perché avrebbe solo voluto portarla via, che lei lo volesse o meno. Voleva solo che lei gli stesse vicino, voleva averla, aveva bisogno di lei e sarebbe stato disposto anche ad obbligarla.
 Era straziato, lacerato.
 Quello che era successo la sera prima, l'odore della sua pelle che ancora impregnava il loro divano, faceva male. I suoi sensi si erano risvegliati, la mancanza di lei li avevano sopiti ma era bastato un momento perché tornassero a dominare il suo corpo.
 Si sentiva come se la dipendenza che aveva tenuto sotto controllo durante quelle settimane, fosse divenuta ingestibile e non riusciva a capire come per lei fosse diverso.
 Perché nonostante avessero fatto l'amore, non era con lui?
 Perché non riusciva a lasciarsi andare ai sentimenti che provava?
 Si sentiva messo da parte da lei.
 Razionalmente la capiva, ma il vuoto che aveva dentro era così grande che offuscava la ragione. Il bisogno che nutriva era così grande che placarlo sembrava quasi impossibile.
 Voleva solo che lei gli stesse accanto. Sarebbe stato disposto a non toccarla nemmeno con un dito, ma la voleva vicino.
 Il telefono squillò e senza pensare rispose, sperando con tutto se stesso di sentire a sua voce. Forse quel meraviglioso suono l'avrebbe aiutato a superare quel momento.
 “Sei tu?"
 “Ciao, tesoro! Sono io... È bello sentire che aspettavi la mia chiamata!”
 “Carol...”
 Mancava solo lei per chiudere il cerchio. Strinse i pugni e si buttò, devastato sul divano, lo stesso dove la sera prima aveva amato la sua donna.
 “Chi credevi fosse? L'altra?”
 “Lei non è “l'altra”...”
 “Come vuoi! Sono atterrata nel pomeriggio a Miami. Non immagini quanto sia felice di non essere più nel tuo orribile paese!”
 “Avresti potuto non venirci nel mio orribile paese!”
 “Ma l'ho fatto per te! Kyle ti saluta. Era felice di aver passato tanto tempo col suo papà! È importante che un figlio stia con il proprio padre... Non trovi?”
 “Con il suo vero padre! Sì!”
 Disse con rabbia.
 “Non sei proprio convinto che sia tuo, vero?”
 “Io so che non è mio! Puoi continuare a fingere ma quando tuo figlio sarà nato, uscirai dalla mia vita!”
 “Hai controllato il preservativo? Davvero? Ti sei assicurato fosse integro?”
 “Sei squallida, Carol... Sei una pazza e... Tu sai perfettamente come stanno le cose!”
 “Non l'hai fatto! Evidentemente era difettoso. Ma a questo punto ha importanza? Sarai papà tra quattro mesi... Giorno più, giorno meno.”
 “Hai finito di tormentarmi?”
 Le chiese sfinito.
 “Non era mia intenzione farlo! Io credo sarebbe stato meglio se lei non fosse rimasta incinta. Non l'avevo previsto. Diciamo che sarebbe stato meglio se tu non fossi stato tanto superficiale con lei. O credevi prendesse le dovute precauzioni? Ti ha incastrato?”
 “Tu sei pazza! Pazza e insopportabile! io ti odio! Vorrei sparissi per sempre!"
 “Immagino non avresti voluto vivere una situazione come questa... Perché non mi raggiungi? Potremmo divertirci un po'... Ti farei passare quella brutta malinconia che provi per colpa di quella sciacquetta!”
 La voce della donna e il suo tono erano peggiori delle parole. Sembrava si stesse divertendo a rovinare la sua vita e non la capiva. Non riusciva a comprendere come fosse possibile che una donna con cui si era confidato, a cui aveva dato la sua fiducia, potesse essersi trasformata nel suo peggiore incubo. Era sempre stato bravo a giudicare le persone ma con lei, aveva sbagliato tutto.
 La sentì ridere ed esasperato decise di mettere fine a quella conversazione pesante come un macigno.
 “Vai al diavolo! Vacci davvero!”
 Le riattaccò il telefono in faccia senza aspettare la sua replica!
 Se solo la sua Farfallina fosse stata al suo fianco, sarebbe stato tutto più semplice. Sei lei fosse stata con lui, non avrebbe avuto paura. Voleva che lei lo abbracciasse, che lo facesse sentire amato. Mai come in quel momento si sentiva vuoto e inutile.
 Uscì sul terrazzo e accese una sigaretta. La millesima sigaretta della giornata.
La città era illuminata. Un po' di aria rendeva la serata fresca. Chissà se anche lei stava sentendo la stessa brezza?
 Prese le chiavi dell'auto e uscì da quella casa vuota quanto il suo cuore.
 Sapeva perfettamente di essere inopportuno, ma non riusciva più a restare in quell'appartamento, si sentiva soffocare e impazzire.
 Raggiunse la villa dei Mora dopo poco e rimase fermo per qualche minuto, cercando di capire se quello che stava facendo fosse giusto. Non voleva metterle pressione, non voleva si sentisse assillata e forse dormiva, vista l'ora, ma più guardava quella casa, più l'istinto lo portava a lei. Forse anche lei voleva vederlo, forse pensava a lui e sperava che lui la portasse via.

 “Non credo sia una buona idea... È tardi e lei sta dormendo... Forse!”
 Gli disse Marcella, guardando Riccardo che aveva il volto sofferente, era diverso dall'uomo che aveva visto solo poche ore prima. Era evidentemente stanco e provato e non era mai apparso tanto fragile. Era chiaro che quella situazione lo stesse logorando.
 “Non voglio disturbarla! Ma vedi, vorrei...”
 “Perché non torni domani?”
 Gli accarezzò una guancia, cercando di trasmettergli un po' di affetto. Sapeva bene che Betty e Armando non riuscivano a perdonargli quell'orribile errore. E anche lei era arrabbiata, perché la sua bambina non meritava di soffrire per colpa sua ma di fronte ad un uomo sconfitto, non fu in grado di non provare compassione.
 “Voglio solo vederla... Solo un momento!”
 La supplicò, facendo sospirare Marcella, che si rese conto non sarebbe andato via.
 “Facciamo così... Aspettami in giardino. Ma se lei dormisse davvero, tornerai domani!”
 “Grazie, Marcella!”
 Le parve che solo in quel momento una piccola luce brillò nei suoi occhi. Riccardo si stava perdendo. Incapace di aspettare. Si sentì in dovere di avvertirlo, perché si lui che la figlia, stavano camminando sul filo del rasoio. Sorrise dolcemente e prendendogli una mano, lo guardò dritto egli occhi.
 "Riccardo, non fare pazzie! Lasciale del tempo e non pensare mai che non ti ami..."
 Poi lo fece accomodare in giardino e raggiunse la camera della figlia che era raggomitolata su se stessa come quando era una bambina.
 La luce della lampada era accesa e nei suoi occhi c'erano gli stessi sentimenti che aveva letto in quelli di Riccardo. Quei due erano sulla stessa lunghezza d'onda, ma forse su due piani diversi.
 “Non stai ancora dormendo?”
 “No... Non ho molto sonno!”
 Si avvicinò e si sedette sul bordo del letto accarezzandole i capelli.
 “Lui è in giardino...”
 “Cosa?”
 Fece leva su un gomito e si sollevò.
 “Forse nemmeno lui riesce a dormire!”
 “Dovrebbe andare a casa!”
 “Sì, dovrebbe. Ha promesso di farlo se sapesse che dormi!”
 “Io sono sveglia...”
 Marcella le sorrise e si alzò dirigendosi verso la porta.
 “Sì! Mettiti qualcosa di pesante, fuori da freddo... Principessa, volevo solo dirti che a volte non è un errore seguire il proprio cuore! A volte è la scelta più lucida. Non lasciare  siano l'orgoglio e la paura a dominare la tua vita!”
 Annuì e non appena la madre fu uscita balzò in piedi, si infilò una felpa e, cercando di non far troppo rumore, andò in giardino.
 Lui era seduto su una poltroncina, con le mani tra i capelli, bellissimo... Bellissimo e triste, vinto.
 “Cosa fai qui?”
 Si alzò in fretta, sorridendole e si avvicinò, prendendola tra le braccia.
 “Volevo vederti!”
 “Che cos'hai?”
 “Nulla...”
 Si scostò e alzò gli occhi, guardandolo.
 “Mi sembri strano!”
 “Mi sento solo senza di te!”
 “Me l'hai già detto!"
 “È vero! Ma mi sembra di impazzire... Abbiamo fatto l'amore solo ieri e io non riesco a togliermelo dalla testa!”
 “Mi dispiace!”
 La trasse nuovamente a sé e lei ricambiò l'abbraccio. Appoggiò il volto sul suo petto, aspirando il suo profumo.
 “Non devi dispiacerti! Io lo so che è tutta colpa mia se siamo a questo punto. Ma non riesco a non pensare a noi. Ti prego, andiamo via di qui!”
 “Adesso? È tardi!”
 “Non è tardi! Andiamo via!”
 Si faceva cullare dalla sua voce dolce e dal suo respiro e per un momento quella pazza idea le sembrò meravigliosa.
 “Dove vorresti andare?”
 “Non lo so e non mi importa. Basta che andiamo via da soli. Solo per qualche giorno!”
 Sarebbe stato così bello, solo loro, lontani da tutto e tutti, da quella situazione terribile che le toglieva il sonno e che la faceva vivere sempre in allerta. Si strinse a lui, appoggiandosi alla sua spalla e inebriandosi del sapore del suo collo. Ma davvero qualche giorno avrebbe cancellato la realtà? Davvero sarebbe bastato così poco per dimenticare che avrebbe avuto un figlio da un'altra donna?
 Si scostò e il tono della sua voce mutò. Divenne più serio, senza nessuna inflessione dolce.
 “Ho un lavoro e ce l'hai anche tu. Non posso andare da nessuna parte.”
 “Allora solo per stanotte!”
 La pregò sperando di convincerla.
 “Domani saresti qui di nuovo a chiedermi la stessa cosa!”
 La liberò dalle sue braccia e fece qualche passo lontano da lei, senza smettere di guardarla.
 “Sto male!”
 “Lo so, ma io ho bisogno di tempo! Non voglio farti soffrire ma non puoi pretendere che basti così poco per riconquistare ciò che hai perso!”
 "Piccola, tu non immagini quello che provo! Non immagini ciò che farei per te... Ti giuro che se potessi tornerei indietro, lo farei! Mi sento perso! Ho paura! Ho paura dei miei sentimenti, Farfallina! Sto male... Non sapevo si potesse provare un dolore così forte! Per favore... Aiutami!"
 "Chicco... È tutta colpa tua!"
 "Lo so! So che è colpa mia, so di essere sbagliato... Ma tu sai rendermi migliore! Ieri sera ero migliore perché eri con me! Ho bisogno del tuo perdono!"
 "Non posso! Non riesco e tu... Tu non puoi pretendere niente! Ti ho detto che non voglio farti soffrire..."
 “Non farlo allora! E non soffrire nemmeno tu! Andiamo via di qui, solo per stanotte!”
 Tornò ad avvicinarsi a lei che però lo scansò e lo obbligò a guardarla, tenendogli il viso tra le mani.
 “Chicco, no. Non posso e non voglio. Ti prometto che non ti illuderò più! Non faremo più l'amore perché non è giusto! Ti ho giurato che avresti seguito ogni passo della gravidanza e sarà così. Ma non voglio più parlare di noi due. Solo di lei... O di lui! Non voglio ci sia confusione. Ci sono già troppe cose che non vanno. E quello che è successo forse ti ha fatto più male di quanto io volessi...”
 Si allontanò da lei. Non riusciva a guardarla ma soprattutto non voleva che fosse lei a guardarlo. I suoi occhi si erano riempiti di lacrime e non voleva che lei se ne accorgesse. Non era l'orgoglio, non voleva farla sentire in colpa, non voleva che si sentisse male.
 “Vado via... Tornerò tra un mese, per la visita dal medico. Non ti cercherò e sarai serena e tranquilla. Torna a dormire!”
 Il cuore sussultò e la implorò di fermarlo, di farlo restare con lei, di andare via con lui. Sospirò, cercando l'aiuto della ragione che però sembrava troppo confusa per esserle utile e l'orgoglio prese il sopravvento.
 “Dove vuoi andare?”
 “A Houston, lavorerò li, sai che posso lavorare dove voglio...”
 “Sì, lo so.”
 Si voltò, con gli occhi pieni di lacrime e lei si sentì morire.
 "Chicco..."
 "Dimmi di restare, amore mio! Dimmi che mi vuoi! Torna a casa con me e ti giuro che non ti toccherò se non lo vuoi! Dormirò sul divano, ma torna con me!"
 "Che senso avrebbe? Me lo spieghi?"
 "Io non lo so! Ma non ce la faccio a stare lontano di te! Non dopo ieri sera! Chiedimi di restare!"
 "Io... Io credo che ci farà bene stare lontani! Avremo tempo per pensare, per capire cosa proviamo!"
 "Cosa proviamo? Hai bisogno di capire cosa provi per me? A cosa devi pesare? Io so cosa provo! So che ti amo e non devo capirlo, non devo pesare! Starti lontano mi distrugge, vederti e... Vederti così distante... Cos'è successo? Perché ieri sera eri tra le mie braccia e ora sei così lontana?"
 "Ho sbagliato! Non doveva succedere! Sono stata debole, ma quello che mi hai fatto non è cambiato!"
 "Quante volte devo implorare il tuo perdono? Cosa vuoi che faccia? Ti ho giurato di cambiare! Ci sto provando, sto tentando di essere l'uomo che meriti! Ma devi darmi la possibilità di dimostrartelo!"
 "Avrai un altro figlio!! Come puoi pretendere che lo dimentichi?"
 Chiese lei mentre piangeva disperata.
 "Non è mio! Non è mio!! Quante volte devo ripetertelo!?"
 "Come... Come fai a saperlo?"
 "Te l'ho già detto! E poi... Non ti rendi conto di ciò che mi sta facendo? No... Non lo sai! Tu non ci sei quando mi prende in giro perché ti ho perso! Quando mi tortura con le sue minacce! Tu non lo sai! Io sono solo un mostro..."
 Si prese una pausa, sperando che lei lo capisse, che gli dicesse che no, lui non lo era, che era uno stupido, un idiota e che aveva fatto uno sbaglio, ma che non era un mostro. Ma lei tacque.
 Sorrise, si portò le mani tra i capelli e scosse a testa.
 "Parto domani mattina! Potrai pensare e capire e spero che... Basta una tua parola e... Lascia stare! Cerca di prenderti cura di te e di lei... Mangia, riposati! Quando ci vedremo, parleremo! So bene di essere il peggiore degli uomini e non ho alcun diritto di chiederti nulla! Non ti chiederò di cercarmi, ma se lo farai, io ci sarò! Non ti chiederò più di essere il tuo uomo, ma se lo farai, ti amerò nel modo giusto, come non ho fatto fino ad ora! Fra quattro settimane, sarò qui e spero... Spero che avrai pensato e capito..."
 Fece per andare via ma lei lo fermò.
 "Cosa vuoi dire?"
 Chiese terrorizzata.
 "Che hai il diritto di far le tue scelte e mai più ti chiederò di amarmi, mai più ti supplicherò e non perché le cose cambieranno, ma perché non voglio importi nulla! Voglio solo tu sia felice e se io non riesco a darti ciò che ti serve, forse potrai esserlo senza di me!"
 "Voltati, Chicco!"
 E lui lo fece.
 Un brivido percorse la schiena di Francesca. Il suo volto era tirato, i suoi occhi impenetrabili. Era come rassegnato ma nello stesso tempo risoluto. Non c'era l'uomo che si era prostrato davanti a lei cercando il suo perdono. C'era il Riccardo che, deluso e frustrato, l'aveva baciata per la prima volta. Era solo un ragazzo, allora. Un ragazzo alla ricerca di se stesso, che fuggiva da una famiglia che non lo capiva e lo giudicava. Anche lei era come Armando? Lo conosceva, il suo Chicco era pieno di dubbi quella sera, aveva paura e scappava per non dover subire gli sguardi di biasimo dei genitori. Anche lei lo guardava nello stesso modo? Eppure sapeva che soffriva, sapeva che non riusciva a perdonarsi per aver rovinato tutto...
 Il cuore le batteva nel petto forte come non aveva mai battuto, respirava con affanno e il suo corpo era proteso verso di lui. La sua anima era nelle sue mani da molto tempo ormai ma rimaneva ferma, paralizzata. Nella sua testa si rincorrevano mille voci. Alcune la spingevano verso di lui per pregarlo di non fare pazzie, di restarle accanto perché insieme avrebbero trovato la soluzione di tutti i problemi, altre, chiassose e prepotenti, le imponevano di lasciarlo andare perché meritava di soffrire, di pagare per tutto il male. Altre ancora godevano nel vederlo così fragile e sconfitto, godevano nel vederlo privo di tutte le sue difese. Per anni era stata lei a subire le sue scelte: era giusto che si prendesse qualche soddisfazione, un piccola vendetta, una rivincita.
 Allora aveva chiesto scusa a Betty e ad Armando per non essere ciò che loro desideravano, in quel momento chiedeva scusa a lei per non essere l'uomo che meritava.
 Doveva solo chiederglielo, doveva solo dirgli di non partire. Ma non lo fece. La rabbia, una rabbia irrazionale, che le faceva male, si impossessò di lei.
 "Non mi abbasserò mai più ai tuoi odiosi ricatti! Sei tu che scegli di andare via! Credi ti implorerò di restare? Lo credi davvero? Sì! Lo pensi! Perché mi consideri la stessa idiota di sempre! Quella disposta ad accettare tutto, i tuoi umori, le tue pazzie... Quella che ti ha sempre pregato per avere le tue attenzioni... E così che mi vedi! Beh, le cose sono cambiate!! Prendi le tue decisioni da solo! Se vuoi scappare fallo, non dare la colpa a me! Scappa! L'hai sempre fatto!"
 Tremava come una foglia. Non sapeva nemmeno lei che reazione aspettarsi. Ma qualunque fosse, lui si limitò ad accarezzarle la guancia e a parlarle con dolcezza.
 "No... Non sto scappando! Le tue parole mi confermano che è giusto che vada via... Non volevo farti ciò che ti ho fatto! Resta quello che sei, piccola! Sei così forte, così fiera, orgogliosa... Sei perfetta!"
 Le sfiorò le labbra con un bacio e si allontanò, cercando di non sentire più niente, né la sua voce, né le lacrime che, inesorabili, gli bagnavano il volto. Smise di respirare per qualche istante e forse anche il cuore si era fermò o forse, quel maledetto organo, aveva deciso di restare in quel giardino, con lei! Non sentì che lei gli disse di amarlo perché uscì da quella casa quasi senza rendersene conto. Il giorno dopo sarebbe tornato l'uomo presuntuoso ed arrogante che era sempre stato, impegnato nel lavoro, dedito alla ricerca. Dal giorno dopo, avrebbe congelato i sentimenti, imparando di nuovo a bastare a se stesso. Perché il dolore lo logorava, il senso di colpa lo uccideva e la sua mancanza era insopportabile. Sarebbe stato più facile sopportare quella situazione lontano da lei e da tutti. Congelare il tempo, congelare persino se stesso.
Quando il suo aereo decollò alla volta di Houston, il suo volto era impensabile e illeggibile. Gli occhi vuoti, privi di espressione. Più l'aereo prendeva quota, più si allontanava da lei, più sentiva perdere l'anima e il cuore.
Chiuse gli occhi e smise di pensare. A Houston, il lavoro l avrebbe assorbito completamente e non sarebbe stato difficile smettere di soffrire.

Quella notte Francesca riuscì a dormire. Dopo tante notti passate a tormentarsi, chiuse gli occhi e sprofondò in un sonno profondo. Pensò fosse la stanchezza, ma era l'anima che lui le aveva restituito. Quell'anima sapeva che tutto era finito. L'anima l'aveva sprofondata nel torpore perché non pensasse a quello che era davvero successo in quel giardino. Riccardo l'aveva lasciata andare. Le aveva dato il potere di decidere per entrambi e lei lo aveva usato. L'aveva allontanato. L'aveva mandato via.
 L'anima sapeva che in assoluto, quello fosse il momento peggiore della vita del suo uomo. Sapeva che da quel giorno sarebbe stato solo, sapeva che si sarebbe chiuso in se stesso per proteggersi.
 Lei aveva scelto. Riccardo era andato via.
 Il suo cuore smise di parlare, il corpo, stanco e provato, si sarebbe lasciato guidare da una forza qualunque, ubbididendo ad un istinto di sopravvivenza primordiale. La ragione aveva perso contro l'orgoglio e la paura.
 "... A volte non è un errore seguire il proprio cuore! A volte è la scelta più lucida. Non lasciare  sia l'orgoglio e la paura a dominare la tua vita!”
 Era questo il pensiero che la accompagnò per le successive settimane.
 Ma l'anima continuava a schermarla dalla realtà. Si era fatta dominare da qualcosa che per la prima volta nella sua vita aveva prevalso e non riusciva ancora a capirne la portata.
Non capiva ancora, ma quando sarebbe successo, tutto il suo mondo, forse. Sarebbe crollato.

 “Ci vediamo tra tre giorni, allora?”
 “Sì, Forbes! Rimarrò a Bogotà solo per un impegno che avevo preso in precedenza.”
 I due ingegneri, l'uno di fronte all'altro, avevano organizzato nei minimi particolari il lavoro e Riccardo, dopo settimane di lavoro estenuante e proficuo, avrebbe dovuto vedere quel viaggio come una piccola vacanza. In realtà era teso e nervoso e avrebbe volentieri rimandato la partenza. Non era pronto per vederla, non era pronto a confrontarsi con lei, né con la realtà che aveva lasciato a Bogotà.
 Nonostante i propositi, ogni messaggio, ogni telefonata, era frustrante e dolorosa. Ogni volta che il suo telefono squillava, sperava fossero le sue parole che avrebbe letto o la sua voce che avrebbe sentito. Per i primi giorni aveva addirittura sperato di trovarsela davanti.
 Aveva promesso di lasciarla in pace, ma aveva lasciato aperta la porta, lei lo sapeva.
 Tornare a Bogotà significava, avere tutte le risposte, il suo destino... Il loro destino si sarebbe compiuto e aveva la sensazione che non ci sarebbe stato un lieto fine come nei film.
 Forbes lo vedeva preoccupato, stanco.
 Si era impegnato come mai prima di allora nel lavoro e i risultati che aveva ottenuto superavano tutte le sue aspettative.
 Lo ammirava, era in assoluto il miglior ingegnere che avesse mai conosciuto, migliore persino di lui. E si era affezionato a quell'uomo così solo e triste.
 Riccardo non parlava mai di se stesso, aveva provato ad indovinare cosa gli passasse per la testa, ma era impossibile capirlo.
 “Dovresti considerare l'idea di rimanere qui. Sarebbe più semplice per tutti. La filiale di Bogotà è piccola, esiste solo per te... Qui avresti delle possibilità che la, non avresti mai. Sarebbe tutto più semplice!”
 “Ci sto pensando.”
 Disse prendendo un profondo respiro.
 "Che cosa ti tiene legato a quella città? Hai vissuto per anni lontano! La famiglia? La nostalgia? Una donna?"
 "Scusami, ma la mia vita privata non si discute! Se hai qualche problema con il mio lavoro, parla, sono tutto orecchi. Il resto non ha alcuna importanza!"
 Disse quasi irritato.
 "Non sono affari miei... Ma se tu lavorassi qui, beh, non credi sarebbe tutto più semplice?"
 Sì, sarebbe stato più semplice nel caso in cui lei non avesse più voluto saperne di lui. In quel caso non sarebbe potuto rimanere in quella città, avrebbe dovuto andare il più lontano possibile.
 "Forbes, ho detto che ci sto pensando!"
 Continuò duro.
 “Fallo! Pensaci! Pensa alla tua carriera! In questa città, uno con il tuo cervello, potrebbe raggiungere qualsiasi traguardo!"
 "Non si tratta solo di lavoro!"
 Forbes percepì quelle parole solo sussurrate. Pensieri che avevano preso forma senza che nemmeno lui lo volesse.
 Lo guardò per qualche istante, poi decise di non insistere.
 "Ok... ci vediamo tra tre giorni, Mendoza.”
 Gli diede una pacca sulla spalla e lo lasciò solo a sistemare le ultime cose.

 Era passato un mese da quella notte e lei non lo aveva più sentito. Aveva mantenuto il suo proposito di lasciarla tranquilla. Gli era grata ma non aveva fatto altro che pensare a lui. Solo in quel momento si rendeva conto di quanto lui le fosse mancato. Ed era così felice di vederlo.
 Immaginavo di abbracciarlo, di buttarsi tra le sue braccia e perdersi. Gli avrebbe mostrato la sua pancia, perché la gravidanza procedeva, era di circa 14 settimane e forse durante l'ecografia avrebbero scoperto se era davvero una bambina. Avrebbe appoggiato la sua mano sul suo ventre che era un po' più rotondo. Si capiva che aspettava un bambino e si scopriva spesso a guardarsi nello specchio, proprio come in quel momento, nella sua camera. Si trovava bella, bella come mai era stata.
Non che fosse molto diversa dal solito in realtà. Era ancora magrissima e sperò che le cose procedessero bene nonostante non avesse seguito i consigli alimentari del medico. Solo da un paio di settimane si sentiva meglio e il cibo non la disgustava più. Lui l'avrebbe rimproverata e magari sarebbero andati a cena insieme, avrebbero potuto passare la serata sdraiati sul divano.
 Si ccarezzò la pancia e sorrise. Mancava poco e avrebbe visto la sua bambina, o bambino. E avrebbe rivisto lui. Era emozionata e impaziente.
 “Oggi vedremo se stai bene. E ci sarà anche il tuo bellissimo papà!”
 Sorrise. Non vedeva l'ora di poter condividere con lui quelle piccole cose, voleva che lui le dicesse quanto fosse bella la sua pancia. Lui l'avrebbe baciata e poi avrebbero potuto parlare. Aveva voglia di sentire la sua voce. E sarebbero stati soli per un po'.
 Non aveva chiuso occhio la notte precedente, troppo eccitata ed emozionata.
 Il suo Chicco forse stava già organizzando qualcosa, ma a lei bastava vederlo, stare con lui.
 Era ancora persa nei suoi pensieri, quando la madre bussò ed entrò nella sua camera.
 “Sei pronta?”
 “Sì, mamma, andiamo!”
 Rise felice, si affrettò ad indossare una giacca e uscì quasi saltellando.
 La sera prima aveva chiesto al padre di non accompagnarla dal medico, preferiva fosse la madre a farlo. Era sempre stata più comprensiva e non avrebbe insistito per trascinarla a casa.
 In auto non aprì bocca, si limitò a sorridere come una bambina.
 Lo vide non appena varcò la soglia della sala d'attesa del medico.
 Era lì, bellissimo e il suo profumo la inebriò. Aveva tagliato i capelli e anche la barba era più corta dell'ultima volta. Pensò che le dispiaceva non avesse mantenuto la promessa di non tagliarseli più. Era impegnato con il portatile e sembrava non si fosse accorto del loro arrivo. Fu sua madre a salutarlo.
 Alzò il viso e per qualche secondo si guardarono negli occhi. E qualcosa nel suo sguardo la fece tremare. Lo vide spegnere il computer, riporlo nella sua borsa, per poi ricambiare il saluto di Marcella. La madre lo abbracciò mentre lei, rimase ferma, impaurita e incapace di comprendere il suo atteggiamento.
 “Come stai?”
 Si rivolse a lei, sorridendole e accarezzandole con il dorso della mano una guancia.
 “Bene...”
 Riuscì a sussurrare, sconvolta da quel tocco così strano, quasi distaccato.
 Forse la presenza della madre l'aveva infastidito, forse sperava sarebbero stati soli. Perché non l'aveva abbracciata? Perché non erano stretti l'uno all'altra?
 Teneva gli occhi sulle mani, troppo delusa per cercare i suoi occhi. Sperava che lui le parlasse, che la distanza tra loro svanisse. Voleva sentirlo vicino e non solo perché il suo ginocchio sfiorava il suo.
 Quando la chiamarono, la seguì appoggiando una mano sulla sua spalla con dolcezza e le bastò quel tocco per sentirsi meglio. L'aveva solo sfiorata ma era comunque un contatto più intimo e delicato rispetto alla carezza quasi svogliata che le aveva dato.
 Ma era stato solo un attimo. Chicco la guardava appena e si limitava ad ascoltare il medico e a guardare il monitor dove si intravedeva il loro bambino.
 “Si vede già se è un maschietto o una femminuccia?”
 Perché lo chiedeva? Non era più sicuro fosse una bambina? Ci rimase male. Era una domanda normale, che ogni genitore avrebbe fatto, eppure le sembrò come se in quelle parole ci fosse qualcosa di sbagliato.
 “Il piccolo non è in una buona posizione. Ma credo che la cosa più importante sia che tutti i parametri siano soddisfacenti e che anche le analisi della signora mostrino che sta bene. Il cuore batte forte. Dovete essere contenti.”
 “Lo siamo, certamente.”
 Rispose senza mostrare alcuna emozione.
 “Datemi solo qualche istante. Si rivesta pure, Francesca.”
 Il medico li lasciò soli e lui si allontanò di qualche passo perché lei si rivestisse.
 La volta precedente aveva faticato perché le lasciasse la mano.
 "Puoi guardarmi..."
 Si limitò a scuotere la testa e forse a sorridere, ma non la guardava, quindi poteva solo intuirlo.
 "Non mi sembra il caso..."
 I suoi occhi si riempirono di lacrime. Ma le trattenne.
 Chicco sembrava non rendersi conto del suo stato d'animo. Non riusciva a guardarla, come se fosse un'estranea.
 “Sei felice?”
 Gli chiese all'improvviso, sperando di rompere il ghiaccio.
 “il bambino sta bene ed è la cosa più importante per me! Tu sei sempre molto magra... Fai ancora fatica a mangiare?”
 “No... Non più. Ma io non ho mai amato particolarmente mangiare.”
 “È vero!”
 “Sei arrabbiato?”
 “Cosa? No! No! Solo un po' stanco. Sono atterrato questa mattina e devo tornare in Texas tra due giorni.”
 Sentì le sue gambe tremare, sapere che non sarebbe rimasto, le provocò un dolore forte allo bocca dello stomaco. Deglutì e quasi gli sussurrò:
 “Vai via di nuovo?”
 Annuì, continuando a non guardarla.
 “A Houston il lavoro è molto diverso da qui... Sì, vado via di nuovo: devo tornare per concludere un progetto da presentare nelle prossime settimane e poi ci sono altri lavori da sviluppare.”
 “E qui non potresti farlo?”
 Chiese con un filo di voce.
 “Diciamo che là, le cose sono più facili!”
 Francesca cercava i suoi occhi per capirlo. Chicco non sembrava nemmeno essere accanto a lei.
 Parlava come se lei non aspettasse la sua... Il suo bambino e quell'atteggimento così distaccato era un macigno che la trascinava in un baratro.
 “Facili? Che cosa significa”
 “A Houston mi dedico solo al lavoro, non ho pressioni. Posso concentrarmi perché non ho distrazioni... e l'equipe con cui lavoro è formata da eccellenti professionisti.”
 “E io sono una distrazione?"
Si prese qualche istante prima di rispondere.
 "Quando ti ho detto ne me ne sarei andato, hai detto che restare separati ci avrebbe aiutato a capire.."
 "E tu hai copito che sono una distrazione?"
 "Non ho detto questo!"
 "E cosa hai detto?"
 "Sto solo dicendo che in Texas riesco a dare il meglio! Tutto qui!"
 Era frastornata, le sembrava che le pareti si stessero stringendo e il respiro le mancò.
 Riccardo fece per sorreggerla ma lei, appoggiandosi ad un colonna, lo scansò.
 "Non toccarmi!”
 Il medico rientrò impedendo a Francesca di continuare e le sembrò che lui ne fosse sollevato.
 Dopo aver fissato un altro appuntamento e dato loro l'ecografia di quel giorno, li lasciò liberi di andare.
 Marcella lasciò che fossero loro ad avvicinarsi, pronta a defilarsi non appena saputo come andavano le cose.
 “Se tutto va bene vi lascio un attimo soli. Mi sembra di aver visto un'amica passare nel corridoio. Torno subito!"
 Rimasero in silenzio per qualche istante e fu lei a romperlo. Cercò di mantenere la calma e di apparire il più tranquilla possibile.
 “Dobbiamo parlare... Ti va di fermarci a bere un succo di frutta?”
 Chiese speranzosa.
 “Non posso. Devo parlare con mio fratello. Rimarrò qui poco e devo andare alla filiale della Mactac per organizzare il lavoro di alcuni ingegneri prima di prendere l'aereo.”
 Si fece coraggio e dopo aver preso un profondo respiro, gli chiese:
 “Chicco, che cosa è successo?”
 “Non capisco...”
 “Sei lontano. Sembra quasi tu sia contrariato, che tu sia scocciato di essere qui...”
 “Ti sbagli! Se così fosse, non sarei venuto!”
 Rispose tranquillo, abbozzando un sorriso che non estese agli occhi.
 “Mi dici come stai?”
 Insistette.
 “Bene!”
 “No! Non è vero!”
 “Sono solo stanco!”
 “Sei stanco? Sei stanco  del viaggio o di me?
 "Sono stanco di tutto!"
 Una coltellata le avrebbe fatto meno male. Il cuore le sanguinava, Chicco era stanco, anche di lei.
 “Sto pensando di trasferirmi a Houston!”
 “A... A Houston?”
 “Sarebbe tutto più facile!”
 “Sarebbe più facile...”
 “Mi sembra sia la soluzione ideale. Tu non mi vuoi qui. E io sono stanco di implorarti. E non ho più intenzione di farlo. Non lo sopporti, giusto?”
 “Sembra sia colpa mia questa situazione!”
 “Non lo è! So bene di essere io ad averla creata questa situazione. Ma non ce la faccio più! Non voglio tu soffra, ma non sopporto più di essere considerato da te e da tutti gli altri un mostro!”
 “Non ti ho mai considerato un mostro!”
 “No?”
 Marcella tornò da loro e si rese conto che qualcosa non andava. Era necessario che parlassero, che chiarissimo i loro sentimenti. Decise di inventare una scusa perché rimanessero un po' soli.
 “Scusatemi... Io devo andare subito al lavoro. Riccardo, puoi accompagnarla tu?”
 “Lui è impegnato, mamma...”
 Francesca cercò la forza di non piangere e si lasciò guidare dalla rabbia che la pervadeva a causa di quell'assurdo comportamento.
 “No, va bene, ti porto a casa!”
 Le disse con voce tranquilla.
 "Non è necessario! Sei stanco, no?"
 Lui la guardò vedendo tutta la sua delusione. Ma aveva giurato a se stesso di non fare un solo passo indietro se lei non glielo avesse chiesto. Le rispose con lo stesso tono secco che aveva usato lei.
 "Ho detto che ti accompagno io! Non discutiamone! Non è davvero il caso."
 Gli occhi di Francesca si infiammarono, se avesse potuto, lo avrebbe incenerito con quello sguardo.
 Marcella, scrutò prima l'una e poi l'altro, erano entrambi nervosi. Si chiese come potessero due creature tanto diverse amarsi tanto. Nonostante la tensione, il loro sentimento era tangibile. Eppure, invece di fare l'amore, facevano la guerra e sembrava volessero annientarsi.
 Baciò la figlia e abbracciò Riccardo e si allontanò domandandosi se la lontananza che Francesca aveva imposto, avesse eretto tra i due, un muro troppo alto e solido da superare.
 Durante il tragitto, fu il silenzio a riempire l'abitacolo: entrambi temevano le parole, le accuse e le recriminazioni. E quelle paure, quelle parole non dette, sembravano una voragine che li portava sempre più lontani.
 Quando fermò l'auto davanti a villa Mora, Francesca, senza dire una parola, fece per scendere, ma lui glielo impedì, stringendole un mano.
 Entrambi sentirono i brividi a quel contatto e per un attimo le maschere che indossavano, caddero.
 “Piccola, non pensare che non sarò presente per il bambino!”
 Era assurdo provare dolore sentendo quelle parole, ma in quelle settimane si era convinta che fosse una bambina, proprio come diceva lui. Era come se non provasse più gli stessi sentimenti, né per lei, né per la loro bambina.
 Distolse lo sguardo e, scuotendo la testa, sorrise amaramente.
 “Non sei più convinto sia una bambina?”
 Sussurrò con un filo di voce.
 “Sarò felice ugualmente!”
 Respirò profondamente, cercando di trovare la forza per sostenere quella situazione che stava diventando assurda e paradossale.
 “Venderai la casa?”
 Disse sperando che lui non evitasse di guardarla.
 “Cosa?"
 Riccardo era sorpreso, spiazzato e confuso. Non si aspettava una domanda del genere, sembrava che quelle parole sancissero la fine di tutto. Si prese qualche secondo prima di rispondere. Poi volse lo sguardo davanti a sé e parlò.
 "Non lo so! Non ci ho pensato. Comunque in questi giorni alloggerò in un albergo. Mi sembra sciocco metterla in disordine. È più comodo. Non ho alcuna voglia di cucinare...”
 Abbozzò un sorriso che parve una smorfia di dolore.
 “Oh...”
 Avrebbe voluto trovare le parole giuste, ma non sapeva nemmeno cosa fosse giusto in quel momento.
 Gli occhi si riempirono di lacrime, tentò di nasconderle, portando le mani sul volto ma lui riuscì a sentirle. Non la guardava ma le sentiva. E quel sale gli corrose il cuore. Se solo gli avesse chiesto di restare, se gli avesse detto di aver bisogno di lui, quanto ne aveva di lei.
 Aspettò che lo facesse, che gli dimostrasse che nulla era finito. Ma lei non parlava. Restava zitta, asciugandosi il viso con e lunghe dita affusolate.
 “Non devi piangere!”
 La sentì sussurrare e a fatica riuscì a comprendere le sue parole.
 “Pensavo sarebbe stato diverso...”
 “Lo so! Ma non posso cambiare le cose! Ho fatto un disastro e stiamo andando avanti!”
 Le disse esasperato.
 “Oggi. Credevo sarebbe stato diverso, oggi!”
 “Cosa vuoi dire?”
 Chiese perplesso. Invece di spiegarsi lo guardò con i suoi bellissimi occhi scuri che sembravano brillare a causa delle lacrime e del dolore.
 “Non mi ami più?”
 Un altro colpo assestato dove faceva più male. Una pugnalata nel petto che spazzò via ogni proposito, ogni promessa.
 “Non smetterò mai di amarti!”
 Le disse prendendola tra le braccia, intenerito dalle sue lacrime e dalla sua voce. Si lasciò andare a lei e al suo profumo che lo inebriò, alla sua pelle morbida come la seta che lo riportava alle loro unioni. Le baciò i capelli la strinse a sé ma lei rimase immobile, rigida. Non ricambiò quell'abbraccio. Era confusa e addolorata, offesa e delusa. Se Riccardo avesse potuto leggere i suoi pensieri, avrebbe messo in moto l'auto, sarebbero tornati a casa e avrebbero fatto l'amore per tutta la notte. Ma i suoi dubbi e le sue paure presero nuovamente il sopravvento, impedendogli di vedere dentro di lei. La sua Farfallina non ricambiava l'abbraccio perché ciò che gli aveva detto quattro settimane prima era immutato. Lei non lo voleva accanto, non lo voleva nella sua vita e rimaneva ferma, apatica solo perché riteneva un errore lasciarsi andare ai suoi sentimenti.
 Con lentezza, la liberò dalle sue braccia e non si accorse che lei rimase ferma, con gli occhi chiusi.
 Riprese il controllo e giurò a se stesso che non lo avrebbe più perso per nessun motivo. Faceva troppo male illudersi che sarebbe tornato tutto come prima ed era troppo facile illudersi. Gli bastava una parola perché la speranza, tornasse in maniera prepotente, per poi scomparire e buttarlo nuovamente al tappeto.
 "Piccola, dovresti andare..."
 Sgranò gli occhi che erano rimasti chiusi, nella speranza che tornasse a stringerla e lo disse. Senza che se ne rendesse conte, la sua preghiera prese forma.
 “Non andare via! Non tornare in Texas!”
 “Perché? Perché non dovrei farlo? Tu non vuoi che ti stia vicino, non vuoi che ti tocchi..."
 “Avevi detto che avresti seguito la gravidanza... Resta per lei..."
 Disse con un filo di voce.
 "Non mi basta! Non riesco a starti vicino se non posso accarezzarti, baciarti. È orribile, frustrante, sapere che il nostro amore non è abbastanza... Non ce la faccio a fingere che tutto si sistemerà! Sei la mia donna! Vorrei che tu mi sostenessi! Non immagini come mi senta! Non sai quello che provo ogni volta che penso a te! Come fai? Come puoi non accorgerti che quella strega mi sta annientando? Vuoi che rimanga qui? Dove devo sopportare il silenzio e il biasimo dei miei genitori? L'odio di tuo padre? Allora dammi un motivo per restare! Dimmi perché non vuoi che me ne vada... Dimmi che vuoi me! Anche se ho sbagliato, se ti ho fatto del male! Dimmi che mi accetti per ciò che sono!"
 Lei smise di guardarlo, troppo confusa. Il suo cuore le diceva di abbracciarlo e di baciarlo, ma la sua mente aveva paura ed era arrabbiata per quello che le aveva fatto. Non poteva ancora perdonarlo. Sperò che lui capisse che non c'era bisogno che lei gli dicesse quanto l'amava per trattenerlo.
 Poi l'orgoglio prese il sopravvento ancora. La faceva forte, la rendeva sicura.
 "Come puoi pretendere che accetti ciò che hai fatto? Tu nemmeno ti rendi conto dei tuoi sbagli! Sai solo rovinare la vita delle persone!"
 "Sì, che me ne rendo conto! So di avere sbagliato! E non solo quella notte! Piccola, nell'ultimo anno ho capito di aver fatto solo errori con te! Vorrei riuscire a cambiare le cose ma non posso! Vorrei solo mi dessi la possibilità di rimediare..."
 "Rimediare? Ma di cosa parli? Come credi sia possibile?"
 Riccardo si passò le mani sul viso e le fece scivolare sui capelli. Scosse il capo e poi, esausto, le disse:
 "Io non sono come te! Tu sei perfetta! Io non so come tu abbia potuto amarmi per tutti questi anni, ma l'hai fatto, nonostante tutto! Siamo ad un passo da ogni cosa, piccola! Possiamo andare avanti, possiamo provare ad essere felici... E Dio solo sa, cosa darei perché tu lo fossi! O possiamo... Possiamo tornare indietro! Io mi odio per tutto ciò che ti ho fatto, ma sono qui! Avevo giurato a me stesso che non ti avrei più implorato! Lo sto facendo ancora! Dimmi di restare! Andiamo a casa!"
 "Sei pazzo!" Gli disse senza nemmeno rendersi conto delle sue parole.
 "Sì!"
 Sussurrò sconfitto.
 "Sì, sono pazzo... È per questo che ti chiedo di amarmi per ciò che sono. Solo un pazzo potrebbe chiederti di amarlo nonostante tutto!"
 Un passo. Un passo verso di lui, un passo verso il futuro che aveva sempre sognato.
 Il suo Chicco era lì, davanti a lei, annientato da qualcosa che per la prima volta nella sua vita non poteva gestire. Era lì e le sembrò di non averlo mai visto tanto sincero.
 Un passo.
 Un gesto.
 Bastava solo allungare una mano e accarezzargli la guancia bagnata dalle lacrime. Bastava avvicinarsi di pochi centimetri e baciarlo. Bastava un solo passo verso di lui, verso l'amore e la felicità.
 Essere felice, vivere.
 Perdonare, dimenticare, accettare. Essere la sua donna.
 Soffrire, sopravvivere, punire.
 Punire.
 Lui meritava di soffrire. E non si rese conto che quelle parole avrebbero fatto soffrire anche lei.
 L'orgoglio l'acciecava, le impediva di ragionare. L'orgoglio aveva zittito il cuore, il corpo e i sensi, la mente e la ragione. La sua anima non le apparteneva più.
 Lei era solo rabbia.
 Si voltò verso il finestrino ma lui la obbligò a girarsi.
 "Piccola, aiutami!"
 Aspettò che lei gli dicesse di amarlo, ma lei tacque. Non disse nulla. Rimase in silenzio e nei suoi occhi non c'era più nulla. Il vuoto. La fine.
 Riccardo la guardò negli occhi cercando di non vederla davvero.
 Doveva lasciarla andare. Per lei e per se stesso.
 Doveva lasciare andare la sua donna e la sua bambina perché senza di lui, sarebbero state meglio. Senza di lui, la sua Farfallina, avrebbe potuto trovare la pace. Non era importante che lui perdesse la sua. Meritava di soffrire. Meritava di scomparire.
 Avrebbe espiato le sue colpe lontano. Quella città non era più sua.
 “Dopodomani torno a Houston! Ci vedremo tra un mese e mezzo per la visita dal medico! Vai a casa, riposati e cerca di mangiare di più! Prenditi cura di te stessa e della... E del bambino!"
 Era finita. Il loro tempo era scaduto e in quell'auto, era rimasto solo il dolore.
 Un dolore così forte da lacerare il cuore di entrambi.
 “Io... Io ti odio!”
 Le lacrime di Francesca erano acido che scioglieva la pelle di entrambi. Le sue parole erano i pezzi di loro stessi che si infrangevano a terra.
 Lo aveva voluto lei. Ne era consapevole. Era stata lei ad implorarlgli di lasciarla in pace e lui l'aveva fatto. Ma si sentiva mancare l'aria e non riusciva a smettere di singhiozzare. Era lui che aveva complicato tutto. Che aveva rovinato la loro storia e aveva reso orribile quei mesi. Era lei a non poterlo perdonare per il dolore che sentiva. Era tutta colpa sua! Perché allora si sentiva completamente persa? Era stanca! Non ce la faceva più! Si pentì di non aver abortito anche quella volta! Quel bambino non era amore. E lui era solo dolore. Era troppo tardi.
 Non avrebbe mai più versato una lacrima per lui. E quel bambino poteva tenerlo lui, una volta nato, perché non voleva nulla che fosse anche suo. Non era più la sua bambina. Era tornato ad essere un ammasso  di cellule che le succhiava il sangue  e le energie. Un intruso nel suo corpo che la invadeva e la cambiava. Odiò lui e quell'ammasso di cellule che le aveva messo dentro, odiò se stessa per essere stata tanto stupida.
 "... A volte non è un errore seguire il proprio cuore! A volte è la scelta più lucida. Non lasciare sia l'orgoglio e la paura a dominare la tua vita!”
 Quelle parole le risuonavano nella testa, lontane ma inesorabili.
 Le ricacciò in fondo al suo cuore che ormai batteva per istinto e smise di piangere.
 Smise di sentire, di provare.
Sentimenti, emozioni e sensazioni si placarono improvvisamente.
 Era morta. Con la fine del loro amore, finiva la sua stessa vita.
 Era sola. L'ammasso di cellule non era più niente.
 Niente aveva più importanza.
 Sperò con tutto il cuore di perderla quella cosa che le cresceva dentro. Lei non avrebbe fatto più nulla per prendersene cura!

 Quell'idiota di Edo, aveva voluto vederlo a casa dei loro genitori. Forse era convinto che sarebbe bastato un incontro perché i loro rapporti si distendessero. Ma come aveva previsto quelli che erano suo padre e sua madre, non si dimostrarono felici di vederlo. Non era importante, non contavano più nulla. Lui era un morto che camminava e respirava. Viveva solo perché, in maniera meccanica, il suo cuore pompava il sangue nelle vene. Ma non aveva più nulla di ciò che lo rendeva un uomo.
 Dopo di lei c'era solo buio.
 Mantenne la calma, non valeva la pena perdere il controllo.
 “Non preoccupatevi. Vado via tra due giorni! Sono qui solo per parlare con Edo!”
 “Fai l'offeso?”
 “No, mamma! Non faccio l'offeso! Semplicemente ho smesso di sperare che tra di noi le cose vadano bene.”
 “Cosa pretendi da noi?”
 “Niente! Assolutamente niente! Vi giuro che non pretendo nulla! Accetterò di lavorare in Texas, così non dovrete sopportare la mia presenza.”
 “Sei sempre stato bravo a scappare!”
 “Sì! Non so da chi abbia imparato, ma sono bravo! Comunque è l'ultima volta che scappo e una volta che questa pantomima con quella donna sarà finita, toglierò il disturbo definivamente!"
 Era tranquillo, il tono di voce chiaro. Era in quella casa, ma era lontano migliaia di chilometri da loro. Smise di guardare la madre che lo osservava e avrebbe giurato che la sua espressione fosse di disgusto. Quegli occhi lo ferirono, nonostante tutto. Perché era sua madre. Era la donna che avrebbe dovuto amarlo, sempre. Si morse un labbro e deglutì e portò gli occhi al fratello.
 "Edo, per favore...”
 “Chicco! Nessuno vuole che tu vada via!”
 Provò a dirgli, cercando di giustificare la madre.
 “Non mi interessa!"
 Tagliò corto, indurendo la voce.
 "Prima che quella donna partorisca, avrò bisogno di un avvocato. E di un biologo, un genetista, qualcuno che segua direttamente il test di paternità e l'aspetto legale. Lei ha incaricato un laboratorio privato ma io voglio che sia un giudice a stabilire in quale laboratorio venga effettuato il test. E voglio che sia seguito passo per passo!”
 “Temi possa comprometterlo?”
 Gli chiese preoccupato.
 “Ne sono sicuro! Se non è mio, e non lo è, farà di tutto per nasconderlo. Posso contare su di te?”
 “Certo! Troverò un perito e intenterò una causa perché sia un giudice americano ad occuparsi del caso.”
 “Grazie! Fammi sapere quanto costerà e salderò tutto prima ancora che il lavoro sia finito!”
 “Non ce n'è bisogno! Sei mio fratello!”
 Rise sarcastico e scosse la testa.  La madre non aveva smesso di guardarlo con biasimo e quel poco di speranza che ancora aveva, si frantumò definitivamente.
 “Invece io voglio fare le cose per bene! E ora scusatemi. Devo andare al lavoro!”
 Fece per andarsene ma Edo, lo fermò, poggiando una mano sulla sua spalla.
 “Chicco...”
 “Cosa vuoi?”
 Gli chiese liberandosi dalla stretta del fratello.
 “Io sono dalla tua parte!”
 “Davvero?"
 Appoggiò una mano dietro la sua nuca e lo avvicinò al suo viso, perché non potesse smettere di guardarlo.
 "Grazie, fratellino! Sei dalla mia parte... Sono stato lontano per un mese. Un mese! Nemmeno mi hai fatto una telefonata. Lo sapevi che ero in Texas? O pensavi fossi in città? O non ti sei nemmeno chiesto dove fossi? Ho chiesto il tuo aiuto come avvocato, non come fratello! Per questo motivo ti pagherò l'onorario!”
 “Io...”
 Edo sentì la delusione nella voce del fratello. Cercò di dire qualcosa, ma Riccardo, allentò la presa e gli diede un buffetto sula guancia, poi si diresse verso la porta, senza guardarsi in dietro.
 “Ciao! Fammi sapere quello che ti serve!”
 Anche quel capitolo era chiuso.

 Aveva davvero smesso di crederci. Quel mese era stato un inferno e sapeva bene che la colpa era sua. Ma era stanco di tutto e di tutti. Non avrebbe più chiesto scusa. A nessuno. Pensare a lei lo faceva star male e non voleva più farlo.
 Voleva solo andare via.
 Lontano da tutto e da se stesso, dal dolore e dal senso di colpa per essere l'artefice di tutto quel male.
 Il corpo che accarezzava era morbido, caldo. La pelle era profumata e dolce. E soprattutto, sapeva fargli dimenticare tutto. Lei non gli chiedeva nulla, solo quello che lui era disposto a darle. In cambio lei, gli dava sollievo. Un sollievo temporaneo, incompleto, un sollievo che ogni volta lo lasciava più insoddisfatto. Ma quando era dentro quella donna, la dimenticava, sembrava placare il suo bisogno, il suo desiderio. Stringendo tra le braccia un'altra donna, si allontanava da lei. E lui ne aveva bisogno.
 La guardò vestirsi. Ci impiegava troppo tempo e lui non vedeva l'ora se ne andasse. Voleva restare solo. Il momento per dimenticare era finito, come sempre, avrebbe passato la notte a pensare a lei e a tormentarsi. Di giorno, il tempo volava, sembrava corresse veloce, quasi in maniera innaturale, ma la notte, quando la porta si chiudeva e lui restava in quel letto senza nessuna voglia di muoversi, si fermava. Si sentiva vuoto. Quel passato non troppo lontano, tornava a farlo soffrire e disperare.
 Ogni notte ripensava ai momenti passati con lei. Ogni notte ricordava un bacio, una carezza.
 Ogni notte ricordava quello che sentiva mentre la amava e ogni notte si rendeva conto che ogni volta era diverso, più coinvolgente, più bello e indimenticabile. Ogni notte riviveva il suo dolore e i suoi sentimenti, un momento di quello che avevano vissuto e di quello che si era lasciato scappare. Quello che aveva perso.
 E quella notte ripensò a quando lei lo aveva chiamato. E a quanto avesse riso, a come l'avevesse presa in giro. Lei gli chiedeva di raggiungerla, di fermarla. Lui era solo riuscito a pensare che fosse una stupida. In fondo sapeva che non sarebbe cambiato nulla tra loro.
 Sentì un crampo allo stomaco. L'aveva trattata così male. Era tornato a Bogotà per godersi lo spettacolo che sarebbe andato in scena. Perché le loro famiglia istituivano una sorta di processo pubblico ogni volta che loro andavano oltre il limite. Anche quello li univa. Quei processi erano riservati solo a loro due. Giulio e Camilla non avevano bisogno di nessun giudizio, né punizione. Claudio ed Edo, nemmeno. Ma loro due sì. Suo padre, sua madre, Nicola, Marcella, si sedevano l'uno accanto all'altro e cominciavano a snocciolare i loro discorsi sui valori, gli impegni, e su tutte quelle stupide ed inutili formalità che per loro erano tanto importanti. Quanti processi aveva subito lui? Non lo ricordava nemmeno. Col tempo era riuscito a dimenticarli. Era convinto che anche per lei non fossero importanti, ma ricordava bene i suoi occhi quando lo aveva visto. Brillavano, quegli occhi. Forse aveva creduto che fosse lì per lei, per sostenerla e portarla via. Invece voleva solo divertirsi. E si era divertito per ogni parola che le avevano vomitato addosso. Per le urla della madre, i silenzi del padre e il biasimo di suo fratello. Si era divertito sentendo la loro delusione, la loro rabbia nei suoi confronti. Cercava i suoi occhi, Francesca, lui lo sapeva e le sorrideva. Ma era un sorriso di scherno e il suo divertimento aumentava con l'odio di lei. Mentre tutti loro credevano che le lacrime versate, fossero dovute ai loro rimproveri, lui sapeva che erano dovute al suo sorriso nascosto e compiaciuto. Leggeva il disprezzo e la rabbia in quegli occhi. Se solo avesse potuto, lo avrebbe preso a schiaffi. Era così bella. Era andato via senza nemmeno salutarla, soddisfatto di quello a cui aveva assistito, aspettandola sulla sua barca. E lei non aveva tardato. Appena la sua famiglia aveva concentrato tutto l'interesse per annullare il matrimonio e l'avevano lasciata libera, lo aveva raggiunto.
 Gli sembrava di vederla mentre gli gridava il suo odio, mentre lo accusava di non averla sostenuta e soprattutto per non averla fermata. Lo aveva schiaffeggiato e baciato. Poi era cambiata, tutto ad un tratto, la sua rabbia si era trasformata in lacrime. Quel bacio era diverso da tutti gli altri baci che gli aveva dato.
 Era disperato quel bacio, pieno del vuoto che aveva dentro. Lo aveva lasciato spiazzato quel bacio. Era stato come scoprire il dolore.
 Chiuse gli occhi e deglutì, pensando a come si fosse lasciata andare in un pianto senza fine, stretta al suo collo. Mentre la sorreggeva, cercava di ridarle il sorriso, le baciava i capelli perché le lacrime si trasformassero in gioia.
 Ma quell'abbraccio così intenso, gli aveva trasmesso un senso di calore inaspettato e non era riuscito a fare altro che tenerla tra le sue braccia, senza capirla e senza capire nemmeno se stesso. Lo aveva pregato di amarla, ma non aveva bisogno di farlo. Lui la amava.
 La amava e, solo, in quel letto che sapeva ancora del profumo di un'altra donna, avrebbe dato qualsiasi cosa per tornare indietro a quando l'aveva portata via, al largo di Cuba.
 Si alzò dal letto e andò alla finestra, appoggiando le mani sul davanzale. La città era illuminata e frenetica. Doveva smettere di pensare. Pensare significava ricordare e lui era stanco. Ma non riusciva. Non riusciva a farne a meno. Quello che vedeva dalla finestra era così diverso da quello che vedevano dalla barca. C'era solo il mare, il cielo e il mare. E in quel mare, lei era tornata a sorridere.
 La sua donna voleva solo il suo amore e gli regalava se stessa. Era limpida come l'acqua, non nascondeva più i suoi sentimenti, non si sforzava di essere diversa. Era se stessa, fragile e sensibile ad ogni parola che lui pronunciava. Era la donna che voleva da sempre. E che avrebbe amato qualunque cosa fosse successo.
 Era tutto cambiato tra loro ed era colpa sua. Era colpa sua se lei era andata via dopo quei giorni sulla barca, dopo avergli chiesto un figlio.
 E quel figlio, lui glielo aveva dato davvero. Ma era stato capace di toglierglielo, senza nemmeno saperlo. Ed era colpa sua se invece di essere nel loro letto a fare l'amore, era solo a guardare il panorama di una città lontana migliaia di chilometri dalla sua. E lei? Lei cosa stava facendo?
 Alla fine era riuscito ad allontanarla definitivamente.
 Definitivamente.
 Ci aveva creduto. Perché quei mesi erano stati i più belli della sua vita. Non aveva bisogno di nulla se non di lei e del suo amore. Adorava ogni cosa che faceva. Pendeva dalle sue labbra e dalla sua voce. Il desiderio che aveva provato per tutta la vita, durante quei mesi, era placato. Gli bastava desiderare le sue carezze e i suoi baci e lei lo prendeva tra le braccia. Era come se fosse un bambino viziato. Lei gli concedeva tutta se stessa, come se lui fosse l'unico uomo sulla terra. Lo faceva sentire speciale e quel senso di appagamento cresceva ogni secondo che passava. Non sapeva nemmeno lui come, ma si era perso.
 Il ricordo è la realtà si confusero. Nulla era cambiato. Sentiva di aver bisogno di lei. Non solo fisicamente. Lei sapeva sostenerlo. Lei era casa. La sua casa. Lei era amore, era tutto. Gli bastava guardarla e il suo cuore si riempiva di gioia. Non si stancava mai di lei. E lei sembrava vivere per lui.
 Quando? Quando era successo? Sulla barca, nel loro appartamento? Nello studio del medico, mentre ascoltavano il cuore della loro bambina? Quando aveva provato quei sentimenti? Non erano sentimenti passati. Era quello che provava mentre guardava quella città dalla vetrata. Se solo fosse stato l'uomo che lei meritava.
 Forse avrebbe potuto prendere il primo aereo e tornare da lei. Ma non era stato capace di tornare nemmeno per il controllo con il medico. Non sarebbe riuscito a mantenere il suo proposito di starle lontano. Forse anche a lei, lui mancava. Forse avrebbe preferito averlo vicino. Ma lui non sopporta di non poterla toccare, baciare e accarezzare quando ne aveva voglia. Lei era la sua donna e tenerla a distanza, per non ferirla, per non opprimerla, era doloroso come una coltellata. Se solo lei gli avesse detto di non lasciare Bogotà perché aveva bisogno di lui. Ma lei non ci era riuscita. Non poteva biasimarla, lei voleva solo stare tranquilla.
 Si ributtò sul letto. Il profumo della sua amante gli riempì le narici. Presto sarebbe giunto il mattino, sarebbe andato a correre, si sarebbe fatto una doccia e sarebbe andato al lavoro. Si sarebbe impegnato più del giorno prima. Avrebbe pensato solo a quello che doveva progettare, studiare e sperimentare. Avrebbe visto la sua amante e per un paio d'ore avrebbe dimenticato tutto. O forse avrebbe finto che lei fosse la sua donna e di essere felice, come qualche mese prima.


 °°°°°°°°°°°°°


 Carissime lettrici, ho deciso di pubblicare il capitolo, nonostante sia meno lungo di quelli precedenti e orse anche un po' confuso.
 Probabilmente ci saranno tanti errori perché proprio non ho avuto il tempo per rileggerlo, quindi, perdonatemi!
 Vi chiedo scusa ma sono davvero impegnata e fatico a scrivere.
 Le cose sono cambiate radicalmente rispetto allo scorso anno e tra lo stage e il lavoro che devo necessariamente fare, tra il mio compagno e il progetto di una nuova casetta, sto dedicando pochissimo tempo alla storia.
 Io spero solo che continuerete a seguirla, nonostante i ritardi!!
 I miei pensieri vanno soprattutto ad alcune persone che mi sostengono e mi spronano a continuare la storia!
 Vi voglio bene!!
P.s. tra Chicco e Francesca c'è stata la rottura definitiva. Come pensate andrà??

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Capitolo 17
*** 17 ***


Capitolo 17

 Non ricordava da quanto tempo non si sentiva così.
 Era come se stesse per liberarsi del più pesante fardello che avesse mai dovuto sopportare. Pochi giorni e quella donna avrebbe dato alla luce il bambino e si sarebbe dimenticato della sua esistenza.
 Ripensò alla telefonata di suo fratello, sospirando.

 “Il giudice Stewart ha accettato la nostra istanza. Dovrai essere presente quando verrà prelevato il sangue del bambino. Il tecnico lo preleverà anche a te e i campioni verranno sigillati. Il laboratorio è quello della polizia di Miami e dubito sia possibile corrompere quei tecnici, ma ho provveduto ad assumere due biologi che hanno il permesso del giudice per seguire tutta la trafila tecnica. Il risultato sarà sicuro.”
 “Ti ringrazio! C'è altro?”
 Aveva risposto con tono distaccato che non era sfuggito ad Edoardo.
 “No... Mancano pochi giorni alla scadenza del termine...”
 “Sarò a Miami domani. E ci rimarrò fino a quando sarà necessario.”
 "Non ci vorranno molti giorni.”
 “Meglio così! Ci vediamo domani per accordarci sulla procedura!”
 “Va bene... Chicco, sei ancora arrabbiato con me?”
 “Non sono arrabbiato con nessuno! Soprattutto non con te! Ma come ho già detto, sono stanco di tutti voi!”
 “Anche di lei?”
 A quella domanda aveva sospirato profondamente e chiuso gli occhi.
 “Lei sta meglio senza di me!”
 “Non credo sia così!”
 “Che diavolo ne sai? Lei mi ha chiesto di lasciarla in pace e io non ho fatto altro che assecondarla!”
 Quella frase, tanto semplice, quanto assurda, lo aveva fatto irritare e aveva sperato che il fratello chiudesse l'argomento. Ma proprio come tutti gli altri, anche Edo si sentiva in diritto di elargire consigli, pretendendo che il suo punto di vista fosse quello giusto.
 “Non sei andato nemmeno alle visite con il medico...”
 “Ero impegnato. Quando l'ho chiamata non ha nemmeno voluto parlare con me. Ho pensato avrebbe preferito non vedermi. Ho parlato con sua madre e mi ha detto che è andato tutto bene, che il bambino sta bene!”
 “Sembra non ti importi più nulla...”
 Se lo avesse avuto davanti, Edo si sarebbe pentito di quelle parole, gliele avrebbe fatte rimangiare a pugni.
 “Non voglio parlare con te! Quello che faccio o che penso o che provo non sono affari tuoi! È chiaro? Ci vediamo domani.”

 Aveva chiuso così quella telefonato. Sollevato e arrabbiato nello stesso tempo.
 Si versò un bicchiere di vino e si alzò dalla poltrona sul quale era seduto in maniera scomposta.
 Bevve in un unico sorso il liquido rosso e posò il bicchiere sul tavolo per poi raggiungere la sua camera.
 La donna che gli faceva dimenticare il dolore, era sul suo letto, nuda, bellissima e irresistibile. La osservò per qualche istante mentre si infilava i boxer. Aveva i capelli castani, con delle sfumature ramate che nonostante la scarsa illuminazione che arrivava dal soggiorno, si potevano chiaramente vedere. La pelle abbronzata, aveva la tonalità dell'ambra e gli occhi avevano un colore particolare, tra il marrone e il verde. Gli piacevano le sue forme generose. Il seno prosperoso, le curve dei fianchi morbide ma toniche. Aveva subito apprezzato il suo fondoschiena, così sexy. Si vedevano ogni sera, da quasi un mese ed era capace di regalargli l'oblio. Sapeva compiacerlo e il modo in cui lo guardava quando era lei a raggiungere il piacere, lo esaltava. Il suo volto sembrava completamente cambiare ed era bellissima quando pronunciava il suo nome. Ma ciò che più gli piaceva, era che fosse completamente diversa da lei. Fisicamente, ma non solo. Quella donna era spensierata, senza alcuna pretesa. Come lui, amava divertirsi e ognuno aveva trovato nell'altro il modo per sfogare i propri desideri.
 Si sedette in un angolo del letto, voltandole le spalle e infilandosi la maglietta nera che aveva buttato a terra qualche ora prima, quando si erano spogliati velocemente.
 Si passò la mano tra i capelli e sorrise: presto quell'incubo sarebbe finito. Non sapeva quello che sarebbe successo dopo. Pochi giorni e tutti avrebbero saputo che non aveva messo incinta quella donna. L'avrebbe mandata al diavolo. Perché lui sapeva che avrebbe avuto solo un figlio: quello di Francesca. Non vedeva davvero l'ora che quella storia finisse. Poi avrebbe potuto riprendere in mano la sua vita. Ma non le avrebbe più chiesto nulla. La sentiva lontana come non gli era mai successo. Si era convinto che lei stesse meglio senza di lui. In fondo non era un uomo così indimenticabile. Persino i suoi genitori lo avevano dimenticato.
 Si alzò e si avvicinò alla donna che continuava a dormire tranquilla.
 I lunghi capelli sparsi sul cuscino, la bocca schiusa in un sorriso. Era bellissima e non poteva negare di essersi affezionato a quel suo umore sempre allegro. Continuò a guardarla per qualche momento. Era così diversa dalla sua meravigliosa farfallina. Sua... Lei non era più sua e non lo sarebbe più stata. Non voleva più, per nessun motivo, soffrire come aveva sofferto e soprattutto non voleva far soffrire lei. Non lo meritava. La immaginava serena, con la sua pancia rotonda... Era qualcosa di doloroso anche solo pensare a lei. Sarebbe stato tutto diverso, entro qualche giorno si sarebbe liberato di quel peso insopportabile e poi avrebbe solo pensato a se stesso e al suo lavoro. Quando suo figlio fosse nato, sarebbe tornato a Bogotà e avrebbero deciso cosa fare, ma fino a quel momento, lui sarebbe stato solo.
 Appoggiò la mano sul fianco della donna e la accarezzò. Sentì la sua pelle ricoprirsi di brividi e sorrise pensando all'effetto che le faceva.
 Lei si stiracchiò e aprì gli occhi, sbattendo le palpebre per adeguarsi alla penombra e guardare il suo amante.
 "Ciao..."
 Spostò la mano dai fianchi, facendola scorrere fino al suo seno, sentendola rispondere a quel tocco.
 “Ciao... mi dispiace, ma devi andare via!”
 “Ehi, lasciami dormire ancora un po'!”
 Disse un po' risentita, per poi cambiare tono, accarezzandogli una gamba.
 "Oppure potresti togliere quella brutta maglietta e occuparti un po' di me..."
 “Ti ho chiamato un taxi! Sai che devo prendere un aereo tra poche ore!”
 Si alzò e raccolse i pantaloni che indossò velocemente.
 “Come sei scortese!”
 “Sì! Sono terribile.”
 Disse ridendo.
 La donna si mise seduta e lo osservò.
 Era tutto iniziato come un gioco ed era consapevole che quell'uomo non provava nulla per lei se non attrazione, ma era difficile non perdere la testa per uno come lui.
 Bellissimo, intelligente e misterioso. Non parlava mai di se stesso se non per mettere in chiaro che non aveva alcuna intenzione di avere una relazione seria.
 “Ci vedremo quando tornerai in città?”
 Chiese quasi sussurrando. Riccardo si voltò e le sorrise.
 “Non hai appena detto che sono scortese?”
 “Sì, lo sei, ma sei sexy come nessuno e quando facciamo sesso mi fai impazzire!”
 Si appoggiò al letto e le diede un bacio sulle labbra veloce e senza trasporto.
 “Non so ancora quando tornerò. Ci penserò!”
 La donna annuì e si alzò dal letto, cercando i suoi vestiti.
 "Perché non mi dici cosa vai a fare a Miami?"
 "Perché non sei la mia donna. Non devo darti spiegazioni e ti avverto: se davvero vuoi rivedermi quando tornerò in città, non fare domande!"
 Si rese subito conto che le parole e il tono usato, l'avevano fatta rimanere male, ma era necessario che lei capisse che lui non poteva darle nulla.
 "Scusami! Non volevo essere indiscreta! Non ti chiederò più nulla... Ma forse..."
 Riccardo si morse un labbro. Forse aveva sottovaluto quella ragazza. Forse mantenere un rapporto basato solo sul sesso e la reciproca soddisfazione per tanto tempo, aveva fatto nascere in quella ragazza tanto spregiudicata, una speranza in qualcosa di più.
 Avrebbe voluto trovare le parole giuste ma non seppe cosa dire.
 "Forse, quando tornerai, sarà meglio non vederci..."
 Continuò la donna, mentre si infilava gli slip.
 Riccardo le si avvicinò e la fece voltare, prendendole il viso tra le mani.
 "Forse hai ragione! È meglio chiudere questa notte!"
 Lei annuì e si sforzò di rimanere tranquilla, ma non riuscì a sostenere il suo sguardo, così abbassò gli occhi e appoggiò la fronte sul suo petto.
 "Mi dispiace..."
 Le disse dandole un bacio sui capelli.
 "Non devi! È stato bello anche se è durato poco... Io penso che tu sia una persona speciale! La donna che ti ha fatto del male, forse non merita un uomo come te!"
 Sorrise amaramente ma non disse nulla. Aveva bisogno, in fondo, che qualcuno lo considerasse "speciale".
 Non lo era, era l'ultima persona a poter essere considerata speciale, ma per quanto si sforzasse di essere forte, si sentiva abbandonato. Si sentiva escluso.
 Diavolo! Anche lui aveva dei sentimenti, ma sembrava che tutti lo avessero dimenticato, lei per prima! Lei che gli aveva giurato amore, nonostante tutto!
 Si scosse dai quei pensieri, accarezzò la guancia della sua amante e la lasciò sola perché si rivestisse.
 La vide uscire poco dopo e lo bloccò con una mano quando cercò di avvicinarsi. La lasciò andare, consapevole di aver probabilmente ferito un'altra persona.
 Era indubbio fosse la cosa che sapesse fare meglio. Fare del male.
 Accese una sigaretta e cercò di pensare solo che presto, almeno parte di quella situazione contorta e patetica, si sarebbe conclusa.
 Non che fosse così importante, in realtà. Quello che aveva di più prezioso, era perso.
 Si sforzava di tornare a vivere come prima, quando lei era solo un'idea, una sorta di sogno. Quando era capace di restare senza di lei e di vivere come se non fosse tutto. Quando poteva solo immaginare cosa significasse vivere davvero. Ma se impossibile. Perché ormai sapeva cosa significasse essere il suo uomo, sapeva cosa significasse essere felice, cosa davvero fosse importante. Lei era tutto, era la vita. Una vita che non aveva più senso.
 Guardò l'orologio e si rese conto che quella notte sarebbe stata lunga. Le lancette sembravano essersi fermate nonostante la bottiglia di vino fosse finita e il pacchetto di sigarette fosse quasi vuoto.
 Strinse i pugni e chiuse gli occhi, lasciando che la brezza che si infrangeva sul suo volto, lenisse il male, cancellasse i ricordi e disilludesse le speranza.
 Era un uomo finito. Un padre che aveva deluso il proprio figlio prima ancora di vederlo nascere.
 Sentiva un amore doloroso verso quel figlio che tanto aveva desiderato, un amore disperato come quello che provava per lei.

 Sfogliò le pagine dell'inserto del giornale e storse il naso. Si chiese se la carriera che aveva scelto, fosse davvero quella giusta.
 Le foto che Suarez aveva scelto, le parvero scontate e banali.
 Tutte le foto che scattava era orribili, tetre e le mettevano angoscia. Si impegnava ogni giorno perché il suo lavoro fosse all'altezza delle aspettative dei suoi colleghi e del suo capo, ma erano mesi che non era soddisfatta di quello che realizzava. Sospirò e buttò sul tavolo della sala riunioni quella copia che faticava anche a guardare.
 Si sfiorò la pancia e quel tocco, evidentemente, destò la sua bambina che le diede un lieve calcio, facendola sorridere.
 Al precedente controllo, due settimane prima, il suo piccolo ammasso di cellule, per la prima volta, era in una posizione favorevole e il suo medico le aveva domandato se volesse sapere il sesso. Ci aveva pensato per qualche istante e poi aveva annuito. E quando il ginecologo, sorridendo aveva annunciato che era una femminuccia, proprio come aveva detto lui, quel piccolo ammasso di cellule che aveva addirittura odiato, era diventata, in un solo istante, un piccolo essere umano. Una piccola donna. Le lacrime le avevano bagnato le guance, senza che lei se ne accorgesse.
 Provava un'emozione indescrivibile pensando che dentro di lei si muovesse un esserino che in poco tempo avrebbe cominciato a respirare, a sentire, a toccare.
 "Piccola Francis, sei già qui?"
 La voce dolce e rassicurante di Bolanos, la distolse dai suoi pensieri, si voltò e lo salutò con un sorriso, non troppo convinto.
 "Come ti senti oggi?"
 Una smorfia di fastidio si dipinse sul suo viso e si limitò a rispondere come ogni giorno, a tutti quelli che le facevano la stessa insopportabile domanda.
 "Benissimo!"
 Bolanos si sedette accanto a lei, guardò l'orologio sulla parete e constatò che mancavano ancora dieci minuti alla riunione.
 "Saremo costretti anche oggi a raccoglierti per la strada?"
 Anche se per un solo momento, lo odiò.
 "Non è divertente!"
 Rispose voltando lo sguardo verso un punto indefinito.
 "Hai fatto colazione?"
 Insistè l'uomo.
 "Sì! Ho fatto colazione! Perché mi tormenti?"
 "Perché dici di stare bene, ma non è vero!"
 Finse indifferenza e sorrise, cercando di essere convincente.
 "Non sono malata! Lo ricordi? Sono incinta! Ho nausee e può capitare di avere qualche capogiro! Sono gli effetti collaterali di una qualunque gravidanza!"
 Il giornalista scosse la testa e le accarezzò il viso.
 "No, piccola Francis! Non stai bene perché sei sfinita, non ti prendi cura di te e hai un aspetto sofferente! Non ti vediamo mai mangiare, sei talmente magra che potrei stringerti completamente con un braccio... Siamo tutti preoccupati!"
 Sempre le stesse cose, le stesse parole, le stesse espressioni compassionevoli.
 "Non dovete preoccuparvi! Ti ripeto che sto benissimo! Il fatto che sia incinta, non significa debba diventare un'obesa! E comunque non devo certo rendere conto a te!"
 Rispose stizzita.
 "Piccola, non ti accorgi di quello che ti stai facendo? Pensi solo a lavorare. Non ti fermi mai..."
 "Si chiama lavoro, Bolanos!! Non me l'hai insegnato tu che bisogna sempre dare il 100% delle proprie forze?"
 "Sì! Ma tu stai dando molto più di quello che hai da dare... Prima o poi il tuo corpo ti chiederà il conto!"
 Prima che potesse rispondere, Suarez e gli altri colleghi entrarono e si accomodarono ai loro posti e mai come in quel momento ne fu felice.
 Quando la riunione ebbe inizio, si estraniò completamente. Non le importava molto quello che avevano da dire, come al solito, si sarebbe limitata ad eseguire i compiti che le sarebbero stati affidati.
 Tornò a pensare a se stessa e alla sua terribile vita, vuota e senza stimoli. Il lavoro non era altro che un palliativo, un modo per riempire il tempo che sembrava non passare mai.
 Oh, quanto odiava la sua vita e quanto odiava lui, che semplicemente esistendo, l'aveva condizionata e condannata.
 Lui, il suo amore, il suo dolore, il suo tormento, lui che da due mesi non si faceva vivo, che l'aveva lasciata, che era fuggito da lei. Lui che l'aveva illusa e per l'ennesima l'aveva gettata via per rincorrere se stesso.
 Il suo Chicco, che le aveva chiesto un figlio e poi si era semplicemente dimenticato che quel figlio esisteva davvero.
 Lo odiava perché quando l'aveva sentita muoversi, era stata tentata di correre da lui, ma era lontano migliaia di chilometri e non aveva potuto raccontargli di quella strana sensazione, quella specie di solletico che poi era diventato un vero e proprio movimento. Le sembrava di sentire le manine e i piedini spingere nel suo ventre.
 Lo odiava, perché quando si toccava la pancia, ormai evidente, lui non c'era. Perché aveva condiviso le sue emozioni solo con se stessa. Perché lui non lo sapeva quante emozioni l'avevano scossa, perché non sentiva quello che sentiva lei, non lo condivideva.
 Perché le aveva fatto credere che, nonostante tutto, quella gravidanza, avrebbero potuto viverla insieme. Invece, non lo aveva più visto.
 Dopo averla lasciata, quel pomeriggio, era sparito. Aveva avvertito che non sarebbe riuscito ad essere presente alla visita successiva, per questioni di lavoro, aveva precisato. E anche all'ultimo controllo, quello in cui aveva scoperto il sesso del suo odiato e amato ammasso di cellule, non si era sognato di presenziare. E lei aveva deciso di non dirgli che era una femminuccia. Non era degno nemmeno di saperlo. Quindi si era raccomandata con sua madre perché si limitasse a dire che era tutto a posto.
 Aveva perso tutto. Si sentiva sola.
 Sola, nonostante fosse circondata dall'affetto dei colleghi, degli amici e della famiglia. Era sola nonostante la sua bambina, l'unica che la sosteneva, che la spingeva a non morire.
 Era sola perché, la sua bambina non riusciva a colmare il vuoto che aveva dentro. Perché avrebbe avuto bisogno di rassicurazioni.
 Quando, quel giorno, davanti all'oceano, aveva deciso di proseguire la gravidanza, si era convinta che sarebbe stata capace di crescere il frutto del loro amore, anche da sola, che avrebbe amato quella creaturina anche senza il suo aiuto, ma in quel momento, era sicura che sarebbe stata una madre terribile, sofferente, triste e incompleta. Come avrebbe potuto rendere felice la sua bambina, se dentro aveva solo dolore?
 Quando Suarez, invitò tutti a correre a svolgere il proprio lavoro, si era alzata quasi meccanicamente, seguendo uno dei giornalisti con il quale avrebbe lavorato. Nemmeno si domandò se si trattasse di un compito interessante, nell'ultimo mese le venivano assegnati solo servizi talmente semplici e tranquilli, che persino un bambino avrebbe potuto svolgerli.
 Ma non le importava molto: il lavoro la distraeva, per qualche ora non pensava ad altro che a quello che voleva imprimere su quelle foto e dimenticava il resto.
 Non solo il dolore, ma anche la frustrazione e le pressioni che subiva da tutti. Perché anche se involontariamente, tutti sentivano il bisogno di starle vicino. E aveva cominciato a non sopportare più le attenzioni che i suoi genitori le riservavano. Il padre poi, non faceva altro che coccolarla, accudirla come se fosse una malata, quasi felice, compiaciuto di poterlo fare. Era sicuramente contento che lui non ci fosse. Giulio e Camilla erano sempre pronti a darle dei consigli sulla gravidanza, sul parto, su quanto fosse straordinaria l'avventura che stava vivendo, come se lei potesse anche solo condividere una minima parte dei loro discorsi. Persino Claudio le portava dolci e caramelle. Una bambina malata. Era così che si sentiva. E poi c'erano Betty e Armando, con le loro facce contrite, sempre in punta di piedi, come per giustificare la loro presenza, come se si sentissero in colpa. Loro erano le persone che sopportava meno. Ma non poteva fare altro che accettarla la loro presenza. Erano i nonni della bambina. Lo odiava anche per quello. Perché lui non era lì a sopportare tutte quelle formalità odiose.
L'unica che si limitava a cercare di capirla in silenzio, era sua madre, ma anche con lei le cose non andavano bene. Si era convinta, come tutti, che si stesse trascurando, che fosse troppo magra e insisteva perché mangiasse di più. E lei non sopportava quei rimproveri. Odiava il cibo, ma certamente non si sarebbe lasciata morire di fame. Voleva solo fare attenzione, per non ingrassare, per restare bella. Non era forse una modella? Si nutriva a sufficienza, riposava, prendeva gli integratori che quell'insopportabile medico le prescriveva. Che diavolo volevano tutti?
 Nessuno! Nessuno la capiva davvero, voleva solo essere lasciata in pace, voleva semplicemente stare tranquilla, in pace. Sola!
 Si sentiva sola e voleva crogiolarsi in quel sentimento e quelle sensazioni. Era sola. E lo era anche lui.

 Quella stessa mattina, Riccardo era atterrato a Miami, aveva preso un taxi ed era corso al porto per definire il viaggio con una barca che aveva preso a noleggio. La sua era ormeggiata a Cartagena, ma non aveva intenzione di tornare nel suo paese per nessuna ragione al mondo.
 Aveva deciso di veleggiare verso Cuba, come aveva fatto mille volte. Il mare lo avrebbe aiutato a trovare energie e stimoli.
 Non appena quella situazione grottesca, fosse finita, si sarebbe preso tutto il tempo necessario per ritrovare almeno parte di se stesso. Ne sentiva il bisogno. Necessitava di spazio e libertà, di godersi il nulla, il vuoto che l'orizzonte gli avrebbe presentato, per capire il vuoto che aveva dentro e il nulla che sentiva di essere.
 Dopo aver sistemato le sue cose, si diresse verso Oceans Drive, dove si sedette in uno dei tavoli dello stesso bar, dove era solito passare un po' del suo tempo quando Miami era la sua città.
Non era cambiato nulla. Le stesse persone, le stesse espressioni e gli stessi sogni. Ad essere diverso era lui, non guardava più quegli esseri nello stesso modo, non li trovava più interessanti, non era più incuriosito da quel viavai. Nessuno riusciva più a stimolare la sua fantasia, né le famiglie che aveva spesso invidiato, né le bellissime ragazze che rincorrevano i propri sogni, né quelli che il sogno lo avevano rincorso per tanto tempo, senza mai riuscire a trovare il modo per raggiungere la felicità. Sorrise amaramente: non era tanto diverso da questi ultimi.
 Diede un'occhiata all'ora e si rese conto che era ormai giunto il momento di raggiungere la sede dell'azienda di suo padre. Avrebbe voluto evitare di metterci piede, Edo avrebbe potuto trovare un altro luogo per quell'incontro, magari appaggiandosi ad uno studio legale della città, ma era inutile pensarci. La cosa fondamentale era accordarsi con lui e organizzare i giorni successivi.
 Lasciò una banconota sul tavolo e fece cenno ad uno dei camerieri, poi si avviò, sperando di poter tornare al porto non troppo tardi. Era stanco, quella notte non aveva chiuso occhio e il viaggio in aereo era stato un vero tormento. Si rese conto di non aver nemmeno acceso il cellulare e decise che lo avrebbe lasciato spento ancora per un po'.
 Il palazzo in cui aveva sede quella maledetta azienda, era posto in un elegante quartiere, le vetrine erano allestite con cura, esattamente come in tutti i negozi sparsi per il mondo. Il corpo di una modella bellissima, immagine dell'ultima collezione, imperava sui cartelloni appesi e pensò che per quanto fosse sexy e attraente, non fosse assolutamente all'altezza della sua Farfallina. Scosse la testa e distolse lo sguardo, per poi entrare nell'atrio del palazzo stesso.
 Una ricezionista solerte lo salutò, chiedendogli di cosa avesse bisogno. Sorrise, vedendo l'espressione della donna e la vide sciogliersi quando ammiccò nella sua direzione. Le sue guance si colorarono di rosso e decise di giocare un po' con lei.
 Appoggiò i gomiti sul bancone e strizzò l'occhio alla ragazza. Da quando gli occhi ammirati di una ragazzina, lo compiacevano? Da quando sentiva il bisogno di conferme?
 "Ciao!"
 "Sa... Salve... Posso... Posso esserle utile?"
 La guardò per qualche secondo, era molto carina, come tutte le impiegate dell'azienda di famiglia. Sembrava che per poter essere assunte, dovessero, avere dei requisiti fisici precisi, più che professionali. Quel pensiero lo irritò e si rese conto che il gioco che aveva deciso di intraprendere era stupido, tanto quanto tutto quel mondo in cui aveva vissuto. Aveva sempre odiato il modo in cui quel circo si basasse sull'aspetto e sulla superficialità. Si scostò dal bancone, notando una punta di delusione sul volto della ragazza, si presentò e aspettò che la segretaria, che pendeva dalle sue labbra, lo invitasse a salire presso gli uffici, dove Edo, lo stava attendendo.
 Con un cenno salutò i funzionari e non badò a tutte le loro frasi di circostanza, dirigendosi direttamente nella sala riunioni.
 Non appena aprì la porta, strinse i pugni e indurì l'espressione, senza nemmeno rendersene conto. Il suo cuore cominciò a pompare sangue e adrenalina e l'odio lo pervase completamente.
 “Edoardo, perché è qui?”
 Disse, senza distogliere gli occhi dalla donna che aveva distrutto tutto quello che era riuscito a costruire.
 “Ha appena sottoscritto una dichiarazione... Ho provato a chiamarti, ma il telefono era spento!”
 “Ero in aereo!”
 Si giustificò, senza chiarire che prima di quell'incontro avesse bisogno di restare un po' solo.
 “Non è tuo figlio!”
 Edoardo gli sorrise, mostrandogli il documento che aveva tra le mani.
 “Questo lo so!”
 Ma non sembrò tranquillizzarsi.
 Accarezzandosi la pancia e guardandolo con disprezzo, Carol si alzò dalla poltrona e con fare teatrale, si avvicinò al suo avvocato e sorrise con cattiveria.
 “Ma ora l'ho dichiarato legalmente. Del resto quello stupido test lo avrebbe confermato...”
 Gli disse sfidandolo con i suoi occhi freddi.
 “Lo faremo lo stesso quello “stupido” test! Saresti capace di tutto!”
 Ringhiò con rabbia.
 “Non credo sia necessario!”
 Edoardo cercò di calmarlo e mise una mano sulla sua spalla, sorridendo.
 “Lo è, Edo! Lo è! Resta tutto come abbiamo stabilito! Per quanto mi riguarda la tua dichiarazione puoi mangiarla!”
 “Adesso hai dei dubbi? Puoi sempre riconoscerlo e fargli da padre!”
 Gli rispose ridendo con sarcasmo.
 “Non ho alcun dubbio! Hai rovinato la mia vita e ora pretendi che non vada in fondo? Andrò via da questa città solo quando avrò chiuso questa pantomima! Non voglio più avere nulla a che fare con te!"
 “Riccardo, questa dichiarazione è già la prova... Puoi tornare a Bogotà!”
 Intervenne ancora il fratello.
 “Non aprire la bocca, Edo! Non la conosci! Domani potrebbe cambiare nuovamente idea e io invece voglio chiarire tutto e subito!”
 “Non capisco da cosa dipenda questa sfiducia in me!”
 Quella donna continuava ad esasperarlo e l'unica cosa che avrebbe voluto fare, sarebbe stata cancellarla non solo dalla sua vita, ma anche dalla faccia della terra.
 “Davvero? Non lo sai? Mi hai rovinato la vita! E quando tuo figlio nascerà faremo il test. Poi non voglio più sentire parlare di te!”
 “Come vuoi... Ho organizzato con il mio medico un taglio cesareo per dopodomani. Non voglio avere un parto naturale. Presentati nel pomeriggio e farete quello che volete... Ora devo andare... Ah, amore mio, sono molto felice di avertela rovinata la vita! Era quello che volevo fin dall'inizio e sono riuscita a dividervi!”
 Disse, prendendo la sua borsa e avviandosi a lui, che era ancora davanti alla porta della sala.
 “A me invece dispiace per quel bambino. Nessuno merita di avere una madre come te!”
 “Già, pazienza! Scommetto che sono le stesse cose che pensa quella ragazzetta del padre di suo figlio... O sbaglio?”
 Si era avvicinata a lui, guardandolo con un sorriso insopportabile e cercò di accarezzargli una guancia. Riccardo le scostò bruscamente il braccio, stringendole il polso.
 “Togliti di mezzo, strega!”
 Ringhiò a pochi centimetri dal suo viso.
 “Riccardo, lasciala andare!”
 “Tu pensa solo a fare il lavoro per cui ti pago!”
 Edoardo lo spinse, liberando la donna da quel contatto.
 Carol lo guardò ancora per qualche secondo, mentre Edoardo gli imponeva una certa distanza di sicurezza, fece cenno al suo legale che era rimasto in silenzio, con un'espressione quasi incolore e insieme a lui, uscì dalla sala, lasciando soli i due fratelli.
 “Riccardo! Ora finiscila! Calmati! Se n'è andata!”
 Cercò di rilassarsi e si voltò verso la vetrata, guardando il mare.
 “Credi possa prenotare l'aereo per venerdì?”
 Chiese dopo qualche istante.
 “Possiamo tornare a casa insieme. Sicuramente venerdì concluderemo la causa. Depositerò tutta la documentazione al tribunale e per sabato pomeriggio saremo a Bogotà!”
 “A Bogotà? Io torno a Houston!”
 Disse, voltandosi e guardando il fratello come fosse impazzito.
 “È finita, Chicco! Ora puoi ricominciare a vivere!”
 Si passò una mano tra i capelli e sorrise lievemente.
 “Non ho mai smesso di vivere! Il mio trasferimento in Texas è praticamente definitivo.”
 “Perché?”
 “Perché? Cosa?”
 Chiese con curiosità e una punta di fastidio.
 “Torna da lei! Fallo appena avrai fatto il prelievo di sangue! Dovresti vederla quanto è bella con la sua pancia!”
 Si voltò nuovamente verso il mare per evitare che Edoardo potesse guardarlo e vedere le lacrime che premevano contro le sue cigla.
 “Per sentirmi dire di starle lontano?”
 “Le cose sono diverse!”
 Sospirò rumorosamente, recuperando le sue sicurezze e dandosi un tono di tranquillità.
 “Quella pazza una cosa giusta l'ha detta! Ci ha diviso! Ha insinuato il dubbio e lei non si fida di me. Tornerò a Bogotà quando nascerà il bambino!”
 “È una femmina...”
 Un brivido gli percorse la schiena e l'amore doloroso che provava nei confronti di quella creaturina, lo scosse, provocandogli una fitta allo stomaco. Deglutì e si volse verso il fratello che gli sorrideva.
 “Una femmina? È una bambina?”
 Chiese con un filo di voce, quasi per confermarlo a se stesso.
 “Da quanto non la senti?”
 “Non lo so! Io... Io non lo so!"
 Il cuore era impazzito e sentì la necessità di prendere aria, altrimenti, era certo, avrebbe perso i sensi. Si avviò verso la porta e poggiò la mano sulla maniglia.
 "Ci vediamo martedì in ospedale...”
 Edo lo fermò, mettendogli una mano sul braccio.
 “Posso chiamarla per dirle quello che è successo?”
 “Fai quello che vuoi, ma se pensi che per lei le cose cambino, ti sbagli! Non la conosci!”
 “Lo farò ugualmente...”
 Non ritenette necessario aggiungere altro. Del resto che senso aveva discutere? Lei lo aveva ormai dimenticato, la porta che aveva lasciato aperta, non era mai stata varcata.
 Diede una pacca sulla spalla al fratello e fece un sorriso che parve una smorfia di dolore e delusione.
 “A dopodomani!”
 Edo aveva guardato Riccardo uscire dallo studio. Era cambiato. Era addolorato, frustrato, triste, ma non solo. Sembrava vuoto, senza luce, senza prospettive, come se il futuro non avesse più alcuna importanza. E poi, gli era parso quasi cattivo. Chicco non era mai stato cattivo. Arrogante, presuntuoso, ma mai cattivo.
 Quello che era successo lo aveva cambiato davvero. Aveva sofferto, era chiaro.
 Nei mesi in cui aveva vissuto l'amore per Francesca, era diventato solare, allegro, felice di dimostrare al mondo che si appartenevano. Vivevano l'uno per l'altro, immersi nel loro mondo. Un mondo che si era sgretolato, trascinandosi dietro Riccardo. Ma non era bastato, non si trattava solo del suo cuore spezzato, le bugie di quella donna dovevano essere state pesanti come macigni, la pressione che aveva dovuto sopportare da solo, lo avevano sfiancato. E poi c'erano loro, la sua famiglia. Anzi, c'era la loro assenza.
 Riccardo era un uomo spezzato e a dargli il colpo di grazia erano stati loro.
 Loro, che che si erano limitati a non esserci, a deluderlo.
 Avrebbero semplicemente dovuto volergli bene, senza tirare conclusioni, senza giudicarlo. Lui aveva sempre avuto ragione. Quella donna aveva raggirato tutti, ma non lui. Avrebbero dovuto stargli vicino, invece, lui compreso, avevano lasciato che la loro morale prevalesse.
 Quante donne aveva illuso lui? Quante avevano sofferto per quello che lui aveva fatto loro? Quante donne aveva lasciato in un letto dopo averle usate per compiacere i suoi bisogni? I suoi genitori non gli avevano mai rinfacciato le sue storie, i suoi errori. Con Riccardo era stato tutto diverso. Fin da ragazzino, Riccardo aveva dovuto subire le aspettative di suo padre e i rimproveri della madre. Era solo un bambino, Edoardo, ma ricordava bene quanto il fratello soffrisse per i loro giudizi. Suo fratello era andato via perché non sarebbe mai riuscito a realizzarsi se fosse rimasto nella loro città.
 In quel momento provò un moto di rabbia nei confronti di sua madre e suo padre, di Camilla e anche per se stesso. Riccardo avrebbe meritato molto di più. Meritava Francesca, il suo amore. Perché era l'unica tanto speciale da capirlo.
 Erano speciali, loro due, diversi e anticonvenzionali e nonostante fossero come la luna e il sole, erano uniti come nessuno. Avrebbero dovuto capirlo, avrebbero dovuto sostenerli. Ma quando avevano visto le lacrime della dolce Francesca, era stato troppo semplice schierarsi.
 Forse perché le lacrime della sua donna erano proprio quelle della piccola Francesca, a cui tutti loro volevano bene. Perché era la piccola di casa, la più fragile di tutti loro. Forse era quello che nessuno era riuscito a perdonargli. Che avesse fatto del male alla creatura più dolce del mondo, che si stava spegnendo lentamente, come se la mancanza del suo sole, seccasse i suoi petali.
 Scosse la testa, afferrò la sua valigetta e mentre, senza salutare nessuno, usciva da quell'azienda, prese il telefono e compose il suo numero.
 “Fran, come stai?"
 "Ciao, Edo! Come sempre direi... Sono grassa e incinta!"
 La sentì ridere, era brava a fingere.
 "Sono a Miami, Fran... È tutto finito!”
 “Edo... Cosa vuoi dire?”
 Chiese, come se non avesse capito del tutto le sue parole.
 “Voglio dire che oggi è finito l'incubo!”
 Dopo qualche secondo, sussurrò:
 “Ha partorito?”
 “No... Ma sapendo che entro una settimana sarebbe stata smascherata, ha rilasciato una dichiarazione. Non è suo!”
 “Oh... Come l'ha presa?”
 Chiese con timore.
 “Sai che ha sempre sostenuto di non essere il padre. Non è stato sorpreso, ma vuole comunque effettuare il test per evitare che fra qualche anno lei possa rimangiarsi la parola.”
 “È giusto così!”
 Disse sospirando.
 “È finita, piccola! Questa storia è finita! Come ti senti? Sei felice?”
 Non fu difficile immaginare le lacrime che le stavano bagnando le guance, quando rispose la voce era spezzata e tremante.
 “Per lui... Sì, sono felice per lui!”
 Mentre si dirigeva alla sua auto annuì e poi continuò.
 “Francesca, mio fratello non sta bene! È arrabbiato con il mondo, ma soprattutto con se stesso... Ha bisogno di te!”
 Le parve di vederla sussultare e la sentì deglutire, prima di riprendere a parlare senza alcuna esitazione.
 “Mi ha lasciato sola fino ad ora...”
 “Glielo hai chiesto tu!”
 Provò a giustificare il fratello ma Francesca, non parve assecondarlo.
 “Non ti ha detto però che gli avevo chiesto di restare...”
 Edoardo si rese conto che la distanza che entrambi si erano imposti, le parole non dette e il dolore che entrambi provavano, avevano ridotto i due quasi ad estranei.
 “Non lasciarlo andare!”
 La pregò, mentre metteva in moto la macchina.
 “Ti saluto, Edo!”
 “Francesca...”
 Lei aveva chiuso la telefonata.
 Edo sperò che tutto si risolvesse. Lo sperava per lei, ma soprattutto per suo fratello, perché era perso. Lui non sarebbe mai più stato felice.

 Era finita davvero. Il test non lasciava dubbi. Edoardo aveva cercato di convincerlo a tornare a Bogotà, e c'era quasi riuscito. Poi la telefonata di sua madre gli aveva fatto cambiare idea. L'avevano abbandonato quando avrebbero dovuto sostenerlo, o almeno stargli vicino. Invece erano solo stati capaci di giudicarlo e allontanarlo. Era troppo semplice cercare di ricucire il loro rapporto ora che quello che aveva sempre sostenuto, era una realtà. Si sentiva tradito dalla sua famiglia.
Almeno Camilla non lo aveva cercato. Sarebbe stata un'ipocrisia che non avrebbe sopportato. La madre l'aveva supplicato di tornare. Si era scusata per non avergli dato fiducia e aveva pianto. Si era limitato a dirle che la perdonava ma che sarebbe rimasto lontano. Lei invece, non l'aveva cercato e non si era stupito. Edoardo gli aveva detto che non stava bene ma era talmente arrabbiato da non averci badato. Non era nemmeno stata capace di dirgli che era una bambina. Gli aveva promesso che non l'avrebbe escluso, ma era stata solo capace di pensare a se stessa. Aveva fatto bene.
 Lei doveva solo pensare a se stessa e alla loro bambina. Era l'unica cosa giusta.

 Era tornato in Texas dopo aver trascorso qualche giorno in completa solitudine, con la barca, godendosi quella pace effimera che non era riuscita a rasserenarlo e aveva ricominciato a lavorare senza pensare a nulla. Staccare il cervello era l'unico modo per sopravvivere, in attesa di prendere tra le braccia la sua bambina, che ormai era l'unica ragione a non farlo morire.

 Non era la prima volta che le capitava, succedeva sempre più spesso che le vertigini la obbligassero a sedersi. Ma quella mattina qualcosa era andato diversamente.
 Accanto a lei non c'era nessuno e quando le sue gambe avevano ceduto, era semplicemente caduta. La vista si era offuscata e prima di sentire le parole che qualcuno le stava dicendo, era diventato tutto buio.
 Si era svegliata al pronto soccorso, senza sapere per quanto tempo fosse rimasta senza sensi e le orecchie continuavano a fischiare e sentiva lo stomaco sottosopra. Probabilmente la colazione che sua madre le aveva imposto di mangiare, doveva averle fatto male.
 "Principessa..."
 La voce della madre, la fece voltare. Vide il volto preoccupato della donna e si chiese come mai, da qualche settimana, tutti sembravano interessati alla sua salute, visto che si sentiva benissimo.
 "Mamma, ti avevo detto che non avevo fame..."
 "Oh, piccola..."
 Sussurrò la donna con le lacrime agli occhi. Francesca cercò di mettersi a sedere, ma le forze le mancavano e si lasciò andare sul cuscino.
 "Devo aver fatto indigestione."
 Scherzò.
 "Hai mangiato solo una fetta biscottata..."
 "Che evidentemente mi ha scombussolato lo stomaco!"
 Disse risentita.
 Marcella cercò di replicare, ma l'ingresso del medico la fece desistere. Francesca la guardò e non le fu difficile capire che doveva andarsene. Le diede un bacio e la lasciò sola, in compagnia del medico che le sorrise in modo eloquente.
 L'uomo si sedette accanto a lei e dopo averle controllato il battito cardiaco e la pressione scosse la testa. Poi avvicinò l'ecografo e, dopo averle sollevato il lenzuolo e la maglia, le passò il piccolo macchinario sul ventre, osservando attentamente il monitor e ascoltando il suono del cuoricino della bambina.
 “Francesca, non va bene... Le sue condizioni generali mi preoccupano.”
 Disse, dopo aver riposto la macchina.
 “Lei come sta?”
 Chiese disinteressandosi completamente della considerazione del medico.
 “Per ora non ci sono grossi problemi ma in questi tre mesi dovrà veramente occuparsi di se stessa. Siamo al sesto mese e lei non ha praticamente messo peso. Si sta consumando. La bambina è sostenuta dalle vitamine e dagli integratori, ma non è sufficiente. Sto pensando di ricoverarla. Non va bene!”
 “Le prometto che mangerò correttamente!”
 “Sono mesi che lo dice...”
 “Ho lavorato tanto e come sa non sono mai stata molto grassa...”
 “Non sto dicendo che avrebbe dovuto ingrassare. Ma così sta esagerando! No, Francesca. Non credo che lei comincerà a prendersi cura di se stessa e io ho l'obbligo di tutelare anche la sua bambina.”
 “Vuole obbligarmi a mangiare?”
 Chiese con rabbia.
 “Posso ricoverarla e monitorarla, posso somministrarle i nutrienti necessari. Si faccia aiutare...”
 “Le prometto che farò attenzione!”
 Disse cercando di essere il più credibile possibile.
 “Parlerò con sua madre...”
 “Non può farlo!”
 Gli gridò quasi con odio.
 “Ma lo farò ugualmente. Rischia seriamente di avere un parto prematuro e le sue condizioni generali sono preoccupanti. Rischia di avere dei problemi durante il parto!”
 “Arrivederci dottore!”
 “Parlerò con sua madre e lo farò ora! Non lascerà questo ospedale, non oggi almeno! Appena possibile la trasferiremo in una  camera e ci rimarrà fino a quando non l'avremo rimessa in piedi! Ora cerchi di riposare.”
 “Faccia quello che vuole!”
 Francesca si rannicchiò sul letto e non lo vide uscire.
 Non poteva rimanere in ospedale, doveva lavorare! Aveva la sua vita!
 Sembrava che tutti volessero vederla diventare una balena, che mangiasse e si ingozzasse, mentre lei stava benissimo. Avrebbe solo voluto tornare a casa, ma sapeva che sua madre non glielo avrebbe permesso, si sarebbe lasciata convincere da quello stupido medico idiota e l'avrebbe obbligata a restare in quel posto orribile.
 Non sbagliava infatti. Poco dopo la madre, la raggiunse, aveva pianto, era evidente.
 Non le diede la possibilità di ribellarsi, semplicemente le disse che per qualche giorno sarebbe rimasta lì, che si sarebbe occupata lei di tutto, di avvertire il suo capo, di portarle qualche pigiama.  Si arrese senza nemmeno opporre resistenza, avrebbe fatto ciò che le imponevano, poi sarebbe tornata a casa e avrebbe potuto ricominciare a vivere la sua vita.
 Il mattino successivo, si svegliò con una flebo nel braccio. Si sentiva strana, intontita. Fece per strapparsi l'ago che aveva nel braccio ma la voce di sua madre la distolse dal suo proposito.
 "No! Non provarci! L'unica cosa che otterresti, sarebbe quella che un'infermiera ti buchi anche l'altro braccio!"
 Sbuffò e riuscì ad alzarsi abbastanza per mettersi seduta.
 "Non è necessario che tu rimanga..."
 "Preferisco rimanere comunque!"
 Francesca rise sarcastica.
 "Temi che faccia impazzire qualcuno? Credi che mi metta a fare i capricci?"
 "No! Ma sono preoccupata per te! Da parecchio tempo ormai! Ho sperato riuscissi a riprenderti da sola, ma mi sbagliavo! Ora risolveremo tutto e lo faremo insieme!"
 "Non c'è nulla da risolvere! Sto benissimo... Ti prometto che farò più attenzione! Mangerò tutto quello che vuoi! Ora, per favore, vuoi dire al medico che farò tutto quello che dice?"
 La sua voce parve sicura, a tratti pregante, ma Marcella non si lasciò convincere.
 "Non prendermi in giro, bambina! Non dirò nulla a nessuno! Sono spaventata! Tu... Sembra che tu ti stia facendo volontariamente del male... Ti stai lasciando andare! Non puoi farlo! Aspetti un bambino..."
 "Smettila! Lasciami in pace! Sto bene!!"
 Gridò esasperata da quelle che le parvero solo accuse infondate! Lei non avrebbe mai fatto nulla che rischasse di nuocere alla sua bambina, l'aveva odiata, ma era l'unica ragione che la faceva sopravvivere.
 "Piccola... È per lui? È la sua mancanza a farti così male?"
 Le lacrime che aveva represso, scivolarono sulle guance senza che potesse far nulla. Non voleva parlare di lui, di quello che le aveva fatto. Voleva solo restare sola.
 "Non parlare di lui! Non voglio nemmeno sentirlo nominare! È chiaro??"
 "Tesoro... Perché hai lasciato che se ne andasse... Quella notte... Io non so cosa vi siate detti, ma credevo... Credevo fosse venuto a prenderti, per portarti a casa!"
 Con la mente tornò a quei momenti. Quando nei suoi occhi aveva visto la disperazione, quando l'aveva pregata di andare via e un forte dolore allo stomaco la colse, facendola piegare su se stessa.
 "Bambina, che cos'hai?"
 Francesca cominciò a singhiozzare, stringendosi le mani sulla pancia.
 "Mi ha lasciato... Gliel'ho chiesto io di andare via! L'ho perso ed è stata colpa mia!"
 In quel momemento tutto le divenne chiaro: Chicco, il suo Chicco non se n'era andato perché volesse lasciarla, ma perché lei glielo aveva imposto. Il suo Chicco era solo ed era stata lei ad allontanarlo. Era stato il suo orgoglio che l'aveva consumata e che le aveva impedito di ascoltare i suoi sentimenti.
 "Voleva farlo! Voleva portarmi via ma io... Ero troppo arrabbiata! Non l'ho capito! Non mi sono resa conto che aveva bisogno di me..."
 Francesca cominciò a singhiozzare così forte che tutto il suo corpo esile e debilitato, cominciò a sussultare. La madre la abbracciò, obbligandola a voltarsi verso di lei. Era così magra che avrebbe potuto prenderla in braccio senza troppa fatica. Ebbe quasi paura di farle del male.
 Cercò di calmarla ma la donna, ormai stremata, aveva cominciato a riversare tutti i sentimenti che aveva represso per più di due mesi.
 "Calmati, tesoro! Devi cercare di pensare alla tua bambina! Non le fa bene quello che sente..."
 "Mi odierà, mamma! La mia bambina mi odierà! È colpa mia! Volevo che soffrisse anche lui! Ma io non ce la faccio più!! Sto così male!"
 "Non parlare così! Per favore, calmati!"
 La sentiva tremare e il pianto si era fatto ancora più convulso.
 "Volevo soffrisse almeno una volta! Volevo pagasse... E ora lui... Mi odia! Mi odia e io non ce la faccio!!"
 "Lui ti ama! Non può odiarti... Perché non lo chiami? Sono sicura che lui ci sarà sempre!"
 "Ho paura che tornerebbe per lei! Non gli ho nemmeno detto che è una bambina! L'ho completamente escluso perché ero arrabbiata! Perché non è giusto quello che è successo... Per una volta ho pensato solo a me stessa e a quella piccola soddisfazione!"
 "Bambina, perché quando è tornato non gliel'hai detto?"
 "Perché... Perché era lui a dover lottare per me! Era lui che doveva pregarmi! Non sono io ad aver sbagliato..."
 E mentre lo diceva sapeva bene che le sue decisioni erano state dettate dall'orgoglio e da un senso di rivalsa che in quel momento non avevano più alcun senso, era ormai svuotata di ogni sentimenti, provava solo male.
 "E lui... lui mi ha pregato di amarlo! Ma io... Io volevo solo vendicarmi, mamma! Lo capisci? Volevo vendicarmi! Cosa c'è di più meschino?"
 "Piccola, io credo..."
 "Cosa credi? L'ho odiato così tanto! Ho visto solo il suo tradimento, le sue bugie. Abbiamo fatto l'amore quella sera, oh, mamma, avresti dovuto vedere i suoi occhi... Mi chiedeva di accettarlo! Non l'ho fatto! Ha prevalso l'orgoglio! E lui se n'è andato!"
 "Chiamalo! Fallo ora!"
 "Credi tornerebbe per me? Credi davvero che possa amarmi ancora? Mi ha pregato perché lo perdonassi! Non voglio la sua compassione! Non voglio torni per la bambina..."
 "Tornerebbe per te..."
 "Io... Io merito di restare sola! Ho rovinato tutto! Sono stata egoista! Aveva bisogno di me, mamma! Hai visto quello che gli hanno fatto Betty e Armando? E io? Io non sono migliore!!"
 Un brivido percorse la schiena di Marcella, che continuava a stringere la figlia. Si rese conto di come tutti avessero abbandonato un uomo a cui volevano bene. Avevano lasciato che fossero i pregiudizi a prevalere. Francesca forse aveva creduto che essere dura e risoluta, fosse giusto, ma non si era accorta che mantenere quella posizione, lo avrebbe allontanato. Era stata ingenua, vedendolo sconfitto, invece di aiutarlo a rialzarsi, aveva infierito. E ora, era devastata dal dolore e dai sensi di colpa. Aveva approfittato del momento più difficile per il suo uomo e aveva sottovaluto le conseguenze.
 "Vorrei solo sparire mamma! Vorrei che tu non mi avessi mai messo al mondo! Sareste tutti più felici e forse lui avrebbe trovato la felicità con qualcuno di migliore di me!"
 A quelle parole la donna reagì. Le prese le spalle e la obbligò a guardarla.
 Il volto della figlia era una maschera di dolore.
 "Principessa, no! Non sarei mai felice senza di te! E non lo sarebbe tuo padre! Sei la nostra vita! Non dirlo mai più! Non immagini quanto ti ami! Sei la mia bambina bellissima! Non potrei mai essere più orgogliosa di quello che sei! Lo capisci? E Riccardo... Riccardo... Sei tutto per lui! Lo hai reso felice! Tu sola puoi renderlo felice! Oh, piccola mia, gli hai dato la pace! Ha smesso di scappare da se stesso con te! E ora..."
 "Sono io ad averlo fatto scappare..."
 "Gli darai una bambina..."
 "Mamma... La amerà con tutto il cuore... Io lo so! Ma io... Ho così paura che... In Texas si sia ricostruito una vita! E ora... Ora che tutto è finito... Potrà innamorarsi di un'altra donna..."
 Francesca, realizzando che quel pensiero potesse davvero concretizzarsi, si contorse dal dolore. Si accasciò sul letto e nascose il viso.
 Si chiuse in un silenzio pesante, nonostante la madre cercasse di spronarla a parlare. Si rifiutò di mangiare, tornando ad indossare una maschera di indifferenza e fastidio.
 Marcella, dopo aver espresso i suoi timori al suo medico, si trovò a prendere una decisione, quella che avrebbe dovuto prendere appena si era resa conto del dolore della figlia.
 Il medico infatti sembrava davvero preoccupato dalle condizioni in cui versava Francesca e una frase, in particolare, l'aveva sconvolta. Secondo l'uomo, Francesca non sarebbe riuscita a portare a termine la gravidanza, la sofferenza del suo corpo si sarebbe ripercossa sulla bambina e se non avesse cominciato a prendersi cura di se stessa, le sue condizioni sarebbero peggiorate ulteriormente e lui non era certo che quella situazione avrebbe avuto un esito positivo. Secondo il medico soffriva di una sorta di depressione, si stava facendo del male involontariamente, forse a causa di una sorta di vanità, ma lei sapeva che non era così. la sua bambina si stava facendo del male e lo faceva volontariamente, sconvolta dal dolore. 
 Francesca aveva bisogno di riprendersi, di curarsi.
 E Marcella sapeva che esisteva un'unica cura per la figlia. Non erano medicine e terapie. La cura aveva un volto e un nome.

 Cosa diavolo ci faceva lì? La sua serata sembrava perfetta, perché aveva aperto quella maledetta porta? Lo osservò per qualche istante e notò che gli occhi dell'uomo percorrevano il suo viso e il suo corpo, coperto solo da un paio di pantaloni della tuta, che intendeva togliersi il prima possibile.
 Probabilmente non era difficile capire che non si trovasse solo, eppure, invece di andarsene, lo guardava con un'aria insopportabile.
 “Posso entrare?”
 Gli disse senza nemmeno salutarlo. Riccardo voltò lo sguardo all'interno dell suo appartamento per poi tornare a guardarlo negli occhi.
 “Non è un buon momento!”
 Disse sollevando leggermente le labbra che formarono un mezzo sorriso.
 “Non è un buon momento? Eppure sembra ti stia divertendo!”
 Non nascose il biasimo nei confronti dell'uomo che aveva davanti e che non sembrava affatto innervosito. Ebbe quasi l'impressione che quella situazione lo divertisse.
 “Sei qui per farmi la morale?”
 Chiese con ironia.
 “No! Non mi interessa la tua vita! Ma devo parlarti! Ora, posso entrare?”
 “Vieni!”
 Si spostò e lo lasciò entrare. Poi raccolse la maglietta che poco prima era finita a terra e la indossò.
 Nicola, guardò tristemente la donna seduta sul divano. Era una ragazza bella e delusa dalla sua improvvisata. Era chiaro che sperava che quella visita si concludesse nel più breve tempo possibile. La vide allacciaciarsi qualche bottone della camicia, accavallò le gambe e si versò del vino. Riccardo abbassò la musica e, avvicinandosi al suo orecchio, le chiese di aspettarlo in camera, sussurrandole qualche altra parole, facendola ridere. Si sentì male, guardando quella scena. La sua principessa si stava lasciando morire per quel bastardo e lui si divertiva con una donna, senza vergognarsi. Quella situazione era orribile e avrebbe fatto qualsiasi cosa per non doverla vivere. Ma non poteva. Doveva parlare con quell'uomo che in quel momento odiava più di chiunque altro al mondo.
 “Vuoi bere qualcosa?”
 Disse Riccardo, versando del vino in un bicchiere per poi porgerglielo.
 “No!”
 Alzò le spalle e si sedette scompostamente sul divano e portò il vino alle labbra.
 “Immagino di non dovermi giustificare per la presenza della mia amica...”
 “No, non devi. È importante?”
 Rispose mentre rimaneva immobile al centro del salotto.
 “Importante?"
 Gli chiese non capendo a cosa si riferisse.
 "Quella donna! Conta qualcosa? È la tua compagna?"
 Riccardo rise ma solo per qualche istante.
 "Non ricordo nemmeno quale sia il suo nome! Ma non preoccuparti! Lei non ha alcuna intenzione di appiopparmi la paternità di alcun figlio! Ci divertiamo e basta!”
 “Sei disgustoso!”
 “Perché faccio sesso con una mia amica? io sono un uomo libero...”
 “Un uomo che tra tre mesi avrà un figlio dalla donna che giurava di amare...”
 Una fitta allo stomaco lo colpì come un pugno. Solo pensare a lei gli faceva male. Si alzò dal divano e voltò le spalle all'uomo, per evitare che vedesse il suo volto sconvolto.
 “Ma che lei non vuole nemmeno vedere."
 Sussurrò più a sé stesso che a Nicola. Ma fu un attimo, sospirò e con voce tranquilla si voltò nuovamente.
 "Stai tranquillo! Riconoscerò tua nipote e non le farò mancare niente!”
 “Tranne la tua presenza!”
 Quanto era ridicolo quell'uomo. Era sicuro che fosse stato felice della sua partenza.
 Si stava spazientendo e decise di non tirare troppo per le lunghe quella fastidiosa conversazione.
 “Nicola, dimmi: cosa sei venuto a fare? Cosa vuoi?”
 “Ora non sono più tuo zio?”
 Riccardo scoppiò a ridere, divertito e arrabbiato nello stesso tempo.
 “Non posso crederci! Me lo stai chiedendo sul serio? Lo ricordi, vero, che sei stato tu a dirmi di non permettermi di chiamarti così?"
 Nicola fece per ribattere, ma Riccardo non glielo permise.
 "Comunque farò esattamente quello che vorrà tua figlia! Se vorrà che la cresca, tornerò a Bogotà, altrimenti cercherò di amarla da lontano e di vederla quando me lo permetterà. Adesso, se non ti dispiace...”
 Proseguì, indicando la camera da letto dove lo aspettava la donna con cui avrebbe passato la notte.
 “Credevo tu amassi mia figlia!”
 Riccardo strinse i pugni, ormai esasperato.
 “Da quando è importante quello che provo?”
 “In effetti non mi importa nulla quello che senti. Sono qui per lei!”
 Annuì, finalmente quell'uomo stava andando al punto.
 “Mi piacerebbe tu fossi molto veloce a dirmi quello che vuoi! Hai fatto un bel viaggio per venirmi a trovare, quindi immagino tu debba riferirmi qualcosa che la tua principessa ritiene importante!”
 Disse con sarcasmo e in quel momento vide il volto di Nicola cambiare. Il biasimo e la rassegnazione diedero spazio alla rabbia e all'odio.
 “Ti giuro Riccardo, che se dipendesse da me, potresti sprofondare all'inferno! Non immagini cosa darei per vederti morto in questo momento! Ma sono qui a chiederti di tornare a Bogotà! Ti sto pregando di farlo!”
 “Perché?”
 Disse guardandolo dritto negli occhi, senza alcuna esitazione.
 “Per lei! Perché sta male!”
 “Sono stato male per mesi e, al contrario di tua figlia, ero completamente solo!”
 “Hai solo avuto quello che meriti! E spero tu ci muoia solo, ma lei sta male davvero! E io amo la mia bambina, più di chiunque altro al mondo. Torna a Bogotà!”
 Quelle parole erano assurde. Come poteva pretendere che tornasse a Bogotà? Se davvero lei stava male, sarebbe bastata una telefonata, un messaggio. Lei lo sapeva. Non poteva essere davvero lei a volere il suo ritorno. Perché era lì? Che diavolo era successo?
 “Perché? Lei non mi vuole lì, non vuole che le stia vicino, non vuole perdonarmi e non ha alcuna fiducia in me!”
 “Puoi biasimarla?”
 “No, ma posso accettare che le cose stiano così! Quindi perché dovrei tornare? Perché dovrei obbligarla a subire la mia presenza?”
 “Perché credo tu sia l'unica persona a poterla aiutare... È in ospedale...”
 La voce di Nicola si incrinò e un brivido di terrore percorse la schiena di Riccardo. Deglutì e chiuse gli occhi mentre gli chiedeva:
 “Cosa è successo? È la bambina?”
 “No... No!"
 Scosse il capo e non badò alla lacrima che gli bagnò il volto.
 "Lei si sta lasciando morire...”
 “Cosa stai dicendo?”
 Si avvicinò a pochi centimetri dal volto di Nicola e lo strattonò, cercando di strappargli altre informazioni.
 “Il suo medico ci ha detto che è debilitata, che le sue condizioni sono preoccupanti. Non mangia, non si cura... Si sta facendo del male!”
 “È all'ospedale?”
 Ripetè, sperando di aver frainteso.
 “Marcella l'ha obbligata ad accettare il ricovero proposto dal medico. Ma non può restare in quel letto fino al parto... Torna a Bogotà, Riccardo!”
 Lo pregò, Nicola.
 “Io...”
 Riccardo lo liberò dalle sue mani e si allontanò di qualche passo, passandosi le mani sul volto e sui capelli. Le gambe cominciavano a cedere e sentiva il battito del suo cuore che accelerava ad ogni parola che risuonava nella sua testa. Sentì freddo e cominciò a tremare.
 “Credi sarei qui, se non la vedessi spegnersi giorno dopo giorno? Credi che ti pregherei, se pensassi che si possa rimettere presto? Cosa vuoi che faccia per convincerti? Vuoi che mi metta in ginocchio?”
 Riccardo dovette appoggiarsi alla prete per reggersi. Abbassò il capo, sforzandosi di pensare che le parole di Nicola non fossero vere, che fossero solo una scusa per riportarlo in città.
 Fu tentato di mandarlo al diavolo, ma il dubbio lo distruggeva. Doveva accertarsi che la sua Farfallina stesse bene.
 Non avrebbe potuto fare altrimenti. La voglia di vederla crebbe e i sentimenti che aveva cercato di seppellire per il suo bene, riaffiorano impetuosi, più forti che mai.
 Continuando a voltargli le spalle, gli chiese:
 “A che ora hai il volo per tornare a casa?”
 “Tra tre ore. Sarò a Bogotà per domani mattina...”
 “Vengo con te!”
 Disse semplicemente.

 Non avevano parlato nemmeno per un momento nonostante avessero viaggiato accanto l'uno all'altro. Riccardo, dopo aver preso la decisione di raggiungerla, aveva congedato la donna che lo aspettava nuda, nel suo letto, buttato qualche cambio in una borsa e insieme a Nicola era corso all'aeroporto.
 Era inquieto, si sentiva male. Sperava che l'uomo, che fino a pochi mesi prima chiamava zio, avesse esagerato e che quel ricovero fosse dovuto a degli accertamenti. Non poteva essere come diceva lui. Era rimasto lontano da lei, convinto che fosse giusto, sicuro che lei stesse bene, che il suo silenzio foss dettato dal suo bisogno di vivere senza di lui. Francesca non poteva stare male!
 Aveva passato tutto il tempo con gli occhi chiusi perché temeva che se li avesse aperti, non sarebbe riuscito a trattenere le lacrime.
Quel volo gli era parso lungo, interminabile e quando, finalmente, l'aereo atterrò, l'aria della sua città lo fece rabbrividire.
 Una fitta pioggerellina, sembrava nascondere tutto ai suoi occhi, o forse era lui che non riusciva a trovare un senso a ciò che lo circondava.
 Era come se tutto gli apparisse grigio e spento.
 Nicola lo riportò alla realtà, avvertendolo che erano arrivati all'ospedale.

 “Riccardo...”
 Marcella corse ad abbracciarlo ma lui non ricambiò il gesto, troppo nervoso e spaventato. Non era sicuro delle parole di Nicola, ma si sentiva a disagio e aveva paura.
 “Dov'è?”
 Si limitò a chiederle, voltandosi istintivamente verso una delle camere di quel corridoio.
 “Sta dormendo..."
 Gli spiegò, poi guardò il marito, con gli occhi lucidi.
 "Nicola, grazie!”
 L'uomo le accarezzò una guancia, sorridendole con poca convinzione.
 “Amore mio, l'hai detto tu: era necessario!”
 La donna annuì, poi poggiò una mano sulla spalla di Riccardo che era fermo e fissava la porta.
 “Riccardo, non volevamo davvero disturbarti... Tu hai la tua vita, ma noi abbiamo paura per lei e per la piccolina...”
 Cercò di giustificarsi.
 “Va' da lei, per favore... Cerca di convincerla a prendersi cura di se stessa!”
 Riccardo strinse la maniglia e spinse la porta piano, entrando in quella stanza, ancora in penombra.
 Dopo aver richiuso, ci mise qualche istante prima che gli occhi si abituassero a quella luce fioca.
 Intravide il letto, accanto al quale, lampeggiavano alcune luci rosse e verdi. Sui pochi mobili che arredavano  la camera, c'erano alcuni pupazzetti di peluche e dei fiori, tanti fiori.
Si avvicinò al letto senza far rumore, non voleva svegliarla, né disturbarla. Temeva che vedendolo lo avrebbe cacciato e prima di andare via doveva accertarsi che le preoccupazioni di Nicola e Marcella fossero solo le paura di due genitori apprensivi. Ma quando la vide, il suo cuore si spezzò in mille pezzi. Della donna che aveva lasciato rimaneva solo una pallida somiglianza. La sua Francesca, la sua bellissima Francesca, aveva il volto scavato, le occhiaie e le sue braccia erano poco più che ossa ricoperte di pelle. Le si vedevano le ossa del torace coperto da una maglia leggera e le mani, quelle mani che lo facevano impazzire, erano strette in un pugno. La sua pancia si intravvedeva sotto le lenzuola e le coperte.
 "Amore mio..."
 Sussurrò, incapace di accettare quell'immagine devastante e terribile.
 Un'infermiera entrò scostando le tende e lui riuscì a vedere che il suo viso era pallido e... Triste. Era colpa sua? Era lui ad averla ridotta in quel modo?
 “Posso chiederle chi è?”
 La voce della donna, lo fece sobbalzare.
 “Cosa?”
 “Solo i parenti posso restare fuori dall'orario di visita...”
Puntualizzò.
 “Oh... Io sono... Sono il padre della bambina!”
 “Certo..."
 Disse la donna mentre armeggiava con la fiala della flebo.
 "Allora cerchi di convincere sua moglie a curarsi. Non vuole mangiare, non parla... Davvero, siamo tutti preoccupati. Anche la piccola potrebbe risentirne...”
 “Sì... Sì, lo farò!”
 Quelle parole gli giunsero come fossero delle coltellate.
 “Questa è la colazione. Provi lei a farle mangiare qualcosa! Può svegliarla se vuole!”
 Sistemò il vassoio con la colazione sul comodino e si allontanò.
 “Sì, ora la sveglio...”
 Aveva parlato con quell'infermiera senza guardarla, incapace, di distogliere gli occhi da quella che non riusciva quasi a riconoscere come la donna che tanto amava.
 Portò un sedia accanto al letto e si sedette, avvicinando il viso a quello di lei. Era così vicino da poter sentire il suo respiro lieve.
 “Amore mio...”
 Le accarezzò i capelli, cercando di renderle il risveglio dolce e quando Francesca aprì gli occhi, la vide muoversi a fatica, mentre sul suo volto stanco, si formava un piccola smorfia.
 “Ehi...”
 La sua Farfallina sbatté più volte le palpebre, come fossero ali, lo guardò e le lacrime fecero brillare i suoi grandi occhi scuri.
 “Sei qui?”
 “Non avrei dovuto andare via...”
 "È un sogno?"
 Riccardo le sorrise scosse la testa e con il pollice le asciugò una lacrima che era sfuggita dalle sue ciglia.
 “Perché sei qui?”
 “Per te... Per la bimba...”
 Disse con dolcezza.
 Smise di guardarlo, alzando gli occhi e con il dorso della mano se li coprì.
 “Te l'hanno chiesto i miei genitori?”
 “Mi hanno solo detto che non stavi troppo bene...”
 “Non devi preoccuparti per me!”
 Disse cercando di mantenere un tono neutro.
 “No, non sono preoccupato! Avevo solo bisogno di una scusa per vederti!”
 Si giustificò senza troppa convinzione.
 “Non mentirmi!”
 “È vero! Volevo vederti, volevo toccarti!”
 E mentre lo diceva prese la mano che teneva sul volto e glielo accarezzò.
 “Ora andrai via di nuovo!”
 "No! Nemmeno se me lo chiederai!"
 Trasse la sua mano alla bocca, dandole un bacio.
 Francesca la aprì, portandola sulla sua guancia e gliela accarezzò.
 Era così fredda quella mano. Riccardo gliela coprì con la sua, godendosi quel contatto che lo rigenerava, riportandolo alla vita.
 I suoi polmoni si riempirono di aria e il cuore, insieme al sangue, pompava nelle sue vene l'amore e il dolore.
 “Posso spostare le coperte e guardare la tua pancia?”
 Le chiese dopo qualche istante, avvicinandosi a lei e cercando di abbassare il lenzuolo.
 “No! No, per favore! Non voglio che tu mi veda!”
 Gli spostò bruscamente il braccio e si ricoprì velocemente, assumendo una posizione di difesa.
 “Perché no? Perché, amore mio?”
 “Perché non voglio!”
 Francesca lo guardò con paura e lui capì che non doveva insistere.
 “Va bene, stai tranquilla, per favore! Posso almeno appoggiare la mano su di te? Ti prego! Se vuoi puoi guidarmi la mano...”
 Francesca ci pensò qualche secondo, poi gli sorrise.
 “Solo un momento?”
 “Solo un momento!”
 Gli prese la mano appoggiandola sulla sua pancia e la sensazione che provarono entrambi fu di calore.
 Assaporarono quel momento, come non ci fosse nulla di più bello.
 Riccardo scopriva sua figlia e ritrovava la sua donna e Francesca, per la prima volta dopo tanto tempo, si sentì madre.
 Lasciò che la mano del suo uomo conoscesse il suo ventre, che quelle lievi carezze, la riempissero di speranza.
 “La senti muoversi?”
 Le chiese timidamente.
 “A volte mi sembra di vederla... Quando scalcia, mi sembra di intravedere i piedini...”
 Disse sorridendo e Riccardo non ne dubitò: era così magra che probabilmente era vero.
 “Davvero? E ora perché non si muove?”
 “Forse dorme...”
 Disse mentre arricciata il naso e le labbra.
 Si prese qualche secondo e poi, mentre con la mano continuava ad accarezzarle il ventre, cercò i suoi occhi e quando li trovò, disse:
 “Amore mio... Perché non vuoi mangiare?”
 “Non ho fame! Odio mangiare!”
 Disse in modo isterico, quasi gridando e spostandogli la mano con rabbia.
 “Non agitarti! Non sono qui per obbligarti a fare nulla!"
 Francesca deglutì e girò il volto per non guardarlo.
 Riccardo sospirò, si passò la mano tra i capelli e poi disse:
 "Piccola, ora ti chiederò se posso sedermi accanto a te, qui, sul tuo letto... Vorrei abbracciarti.”
 In quel momento, Francesca sorrise, come destata dal torpore.
 “No! Aspetta... Dammi la mano!”
 Lui obbedì e lasciò che lei la poggiasse proprio nel punto in cui la piccola stava spingendo.
 Il cuore dell'uomo accelerò e l'emozione lo scosse,  gli ochi si inumidirono e fece una piccola pressione per aumentare la sensazione di quel movimento. Inchiodò lo sguardo in quello di lei e si rese conto che nessuna era bella quanto la sua Farfallina.
 “È lei?”
 Chiese con voce tremante.
 “Sì... È strano vero?”
 “No, no! È bellissimo! È la nostra bambina?”
 Francesca sentì il cuore scoppiarle nel petto.
 "La nostra bambina"
 Ripetè a se stessa. Sì, era la loro bambina ed era la prima volta che lui la sentiva. Socchiuse gli occhi, cercando di non pensare a tutto il male che sentiva. Ma non riuscì ad evitare che le parole uscissero dalle sue labbra.
 “Perché mi hai lasciato da sola?”
 Riccardo, si morse un labbro e deglutì, nonostante avesse la fola secca.
 “Io... Io credevo che fosse la cosa migliore per entrambi... Credevo... Pensavo saresti stata meglio senza di me! Che lo volessi! Ma... Ma come sempre ho sbagliato! Sono solo un idiota, lo sai?”
 Vide lo stesso dolore di quella notte e dell'ultima volta che si erano visti.
 Se le precedenti parole erano state pronunciate senza che se ne rendesse conto, quelle che aveva in testa in quel momento, non riuscirono a trovare una forma.
 La piccola sembrava stesse ballando, forse anche lei era eccitata. Forse sapeva che quella mano era del suo papà.
 “Vuoi vedere il piedino?”
 Chiese cambiando tono. Era dolce e a lui parve la ragazzina a cui  si illuminava il volto ogni volta che la guardava. Senza pensare, scostò il lenzuolo e gli alzò la mano. Non era immaginazione. Si vedeva davvero la sagoma di un piccolissimo piede che spingeva su quella pancia, troppo grande per quel fisico debilitato.
 Strinse i pugni e gli occhi e senza guardarla, le sussurrò:
 “Cos'hai fatto, piccola?”
 Lei spinse via la mano e si ricoprì in fretta, come se si fosse scottata.
 Si sentì offesa, giudicata e disse con durezza:
 “Ora dovresti andare via!”
 “No... Non pensarci nemmeno di cacciarmi un'altra volta, perché non me ne andrò!”
 “Allora non giudicarmi! Non ci provare! Non tu!”
 “Non ti sto giudicando, piccola!”
 “Voglio restare sola!”
 “Ascoltami... Se vuoi, posso uscire, ma solo per un po', solo qualche minuto, ma prima farai colazione e solo quando avrai finito, uscirò!”
 "Io... Io non ho fame!"
 Il pensiero del cibo la disgustava.
 "Piccola, mangerai la tua colazione! E lo farai adesso!"
 “Allora sei sordo! Non ho fame!”
 Gridò quasi con le lacrime agli occhi.
 “Non mi interessa! Mangerai quello che c'è su quel vassoio, non voglio discuterne!”
 “Io ti odio! Ti odio e devi andare via subito!”
 Provò una tenerezza indescrivibile, vedendola tanto fragile, ma non poteva compiacerla. La sua Farfallina doveva nutrirsi e riprendersi.
 “Fai quello che ti ho detto!”
 Le ordinò.
 “Io sono una modella! Non posso ingrassare!”
 “Non sei più una modella e comunque ti ho detto che non mi interessa che tu abbia o meno fame! Mangerai quello che c'è su quel dannato vassoio! Lo farai adesso o giuro che ti aprirò la bocca con la forza e ti obbligherò a farlo! Mi conosci e sai bene che lo farò!”
 “Io ti odio! Non sopporto la tua presenza!”
 “Allora mangia e uscirò da questa stanza.”
 La sfidò sfoderando il suo sorriso beffardo.
 “Dammi quel vassoio!”
 Disse esasperata.
 Riccardo avvicinò il vassoio al letto e con un gesto teatrale delle braccia, la invitò a mangiare.
 “Prego, mia dolce Farfallina!”
 “Non parlare e non guardarmi!”
 “Come vuoi!”
 Disse ridendo, mentre si allontanava di qualche passo, fingendo di interessarsi al panorama che si vedeva dalla finestra, senza davvero distogliere lo sguardo da lei.
 Aspettò che finisse. Sembrava disgustata da quello che metteva in bocca e ci impiegò un tempo lunghissimo per finire quelle poche cose che le avevano portato, ma finì tutto.
 Si sentì meglio. Aveva fatto un piccolo passo ed era certo che ne avrebbe fatti altri. Lui si sarebbe preoccupato che non saltasse più un pasto e se fosse stato necessario l'avrebbe davvero imboccata.
 “Sei soddisfatto? Ora starò male! Ho lo stomaco che mi scoppia! Vuoi uscire adesso?”
 “Sei stata brava e vedrai che non starai male... Vado a prendere un caffè! Cinque minuti e sarò qui! Non ti dirò di aspettarmi, perché tanto non puoi andare da nessuna parte!”
 La canzonò divertito.
 “Sei un idiota! Non sei divertente!”
 Si avvicinò a pochi centimetri dal suo viso.
 “Dammi un bacio!”
 “Non pensarci nemmeno!”
 Francesca voltò il capo, arrossendo.
 Lui rimase fermo, sentì il suo profumo, rabbrividendo dal desiderio di assaporare anche le sue labbra. Ma non era quello il momento. Entrambi stavano vivendo una tempesta di emozioni e lui non voleva sconvolgerla ancora. Si sforzò e si allontanò da lei che rimase immobile, ammaliata dalla sua vicinanza.
 “Me lo darai più tardi.”
 Lasciò la camera e quando chiuse la porta vi si appoggiò, sentendo tutte le sue forze abbandonarlo. La sua donna si stava lasciando morire ne era sicuro, ed era tutta colpa sua!
 “Riccardo...”
 Aprì gli occhi e si volse verso Marcella e Nicola, guardandoli con rabbia.
 “Perché non me lo avete detto prima?”
 “Perché non ti sei mai preoccupato per lei?”
 Lo incalzò, Nicola.
 “Nicola, ti prego, non ora!”
 “Perché sono un idiota!”
 Sussurrò a se stesso.
 “Devi convincerla a mangiare, Riccardo. Non può continuare in questo modo! Non vogliamo trattenerti ma ti preghiamo di farle capire che si sta uccidendo!”
 “Ha fatto colazione...”
 “Davvero? Grazie, Riccardo!”
 Marcella lo abbracciò, felice.
 “Perché sei uscito?”
 Gli chiese Nicola.
 “Perché era l'unico modo perché facesse colazione. Ma sa che non andrò via!”
 “Non andrai via?”
 “No! No! Non avrei mai dovuto andare via... Cosa ho fatto?”
 “Te ne rendi conto solo ora? Ti avevo dato il permesso di venire in casa mia! Ti ho ascoltato! Ho accettato le tue ragioni. Ti avevo quasi capito... Ma tu sei capace solo di scappare! L'hai lasciata sola! Ha affrontato tutto da sola. Le nausee, le visite, le paure, i dubbi. Era sola!”
 Gli gridò l'uomo con tutto il disprezzo che provava.
 “Nicola... Basta! Riccardo, io non lo so cosa intendi fare, nessuno di noi vuole importi qualcosa. Sei libero di vivere la tua vita lontano da noi e da lei! Ma ti chiedo di non illuderla. Se prima o poi andrai via, non mentirle. Mia figlia è fragile e non merita di essere presa in giro!”
 Lo supplicò Marcella.
 “No, no... Non le dirò nulla, non le prometterò nulla! Farò solo quello che devo!"
 Non sarebbe più andato via. Perché aveva bisogno di lei almeno quanto lei ne aveva di lui. Era stato uno stupido, superficiale e non era riuscito a capire che a parlare, per entrambi, era stato l'orgoglio. Si scosse da quei pensieri e poi tornò a rivolgersi ai due.
 "Prendo un caffè e faccio una telefonata al lavoro. Non ho avvertito nessuno e devo farlo ora.”
 Si giustificò.
 “Andiamo noi a salutarla...”
 Lo tranquillizzò, Marcella.
 Riccardo si allontanò, prese un caffè disgustoso ad un distributore e chiamò il suo referente dicendogli che, per questioni personali, era dovuto tornare a casa. Si disse disponibile a dimettersi  o a farsi licenziare perché capiva che il suo non era un comportamento professionale, ma non aveva nessuna intenzione di tornare a Houston. Forbes però capì che doveva essere qualcosa di grave e si limitò ad informarlo che gli avrebbe girato alcuni documenti via mail.
 Si accasciò per qualche minuto su una sedia del bar, lasciando andare la tensione e cercando la forza di essere l'uomo che lei meritava. Era esausto ma avrebbe resistito: la sua donna aveva bisogno di lui. Le avrebbe dato tutto. Sarebbe stato il suo sostegno.
Sarebbero stati un sostegno l'uno per l'altra.


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 Eccomi qui... Questo capitolo, molto sofferto, è fondamentale, anche se lo definirei di "passaggio".
 Nella prima parte, i nostri protagonisti, non sono mai stati più distanti, ma entrambi stanno male. Da soli proprio non riescono a stare!
 Quella che risente maggiormente del distacco, è Francesca, che dimostra di avere dei grandi problemi con se stessa e che sfoga sul proprio corpo. Ha evidenti disturbi alimentari, che non è in grado di affrontare nei momenti difficili.
 Si sente in colpa e sa di aver sbagliato a chiudere le porte al suo uomo.
 Riccardo invece reagisce sempre nello stesso modo, cercando consolazione tra le braccia di altre donne.
 Finalmente però, sembra che il "problema Carol" si sia risolto... Sembra!
 Nel prossimo capitolo i due comunque avranno un po' di tregua e potranno confrontarsi, parlarsi e anche perdonarsi.
 Aspetto sempre le vostre considerazioni, soprattutto l'opinione di una persona in particolare...
 A presto!
Vi abbraccio!

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Capitolo 18
*** 18 ***


Capitolo 18


 “Siete voi ad averlo portato qui? Io non lo voglio vicino a me! Non voglio vederlo! Lo odio!”
 Marcella sorrise: Francesca cercava di essere forte e cinica, nascondendo la felicità che provava. Forse non lo avrebbe mai ammesso ma era facile intuire quanto fosse ragiante: toccava il cielo cn un dito. Lo si vedeva dagli occhi, che erano tornati a brillare.
 Cercò di rimanere seria, anche se vederla finalmente più serena, la riempiva di gioia.
 “Anche tuo padre lo odia, bambina! Ma lui è qui e sai meglio di chiunque altro come sia fatto...”
 Disse cercando con gli occhi il marito che guardava la sua bambina, sorridendo.
 “Non avreste dovuto dirgli che ero in ospedale! Sto male! Sembra che il mio stomaco si sia rotto! Mi ha obbligato a mangiare!”
 Continuò a lamentarsi.
 “Sono sicura che sia stato terribile... Ma tu chiama l'infermiera se dovesse obbligarti ancora!”
 Disse con poca convinzione, la donna.
 “Lo farò, anzi chiederò che non possa più entrare in questa stanza!”
 Francesca incrociò le braccia, mantenendo un'espressione buffa, da bambina, che divertì persino Nicola.
 Anche l'uomo non poté fare altro che constatare che la sua principessa avesse ricominciato a respirare. Odiava Riccardo, non riusciva a perdonargli la sua partenza e aveva ancora davanti agli occhi l'immagine della sera precedente, di quella donna che, se non li avesse interrotti, sarebbe finita nel suo letto, ma non poteva non essere felice per la sua bambina e non poteva negare che la ragione di quel cambiamento, fosse lui.
 Entrò il medico che l'aveva in cura e, dopo aver salutato i genitori, si rivolse a lei.
 “Francesca, mi è stato riferito che ha finito la colazione... A cosa dobbiamo questo miracolo?”
 La prese in giro, sorridendole allegro.
 “Sono stata obbligata! Dottore, quell'uomo non deve più entrare qui dentro!”
 Il dottore aggrottò la fronte, incuriosito.
 “A chi si riferisce?”
 “A lui!"
 Disse con ovvietà.
 "È arrogante e mi fa star male!”
 Non fece troppo caso a quanto diceva. Forse si riferiva al padre o a qualche infermiere. La sua paziente non era particolarmente stabile e poteva riferirsi a chiunque. A lui importava solo che avesse mangiato e che sembrasse più presente a se stessa.
 “Vedremo cosa fare... Vogliamo dare un'occhiata alla sua bambina, adesso?”
 “No... No aspetti... Lui... Lui non è qui!”
 Disse con voce pregante, confondendolo ancora di più.
 “Chi? Ora di chi parla, Francesca?”
 “Lui...”
 Non finì la frase perché in quel momento la porta si aprì e Riccardo fece il suo ingresso nella camera.
 Non guardò nessuno che lei, regalandole un sorriso che Francesca ricambiò.
 “Sono qui... Scusa, ci ho impiegato un po' più del previsto!”
 “Ingegner Mendoza... È lei l'arrogante che fa star male la mia paziente obbligandola a nutrirsi?”
 “Ha dimenticato di dire che sono presuntuoso e prevaricatore...”
 Il medico rise e si rivolse a Nicola e Marcella.
 “Se i signori Mora vogliono uscire, possiamo procedere con la visita... Vuole accomodarsi accanto alla nostra paziente?”
 “Molto volentieri!”
 Le si avvicinò e le strinse la mano che lei cercò di ritrarre solo per arrendersi in fretta.
 Le loro dita intrecciate provocarono ad entrambi una sensazione di completezza e mentre il medico predispose la visita, i loro occhi si parlarono, confessandosi, silenziosamente, i reciproci sentimenti.
 L'ecografia era diversa da quella che ricordava. La sua bambina, non era più una macchiolina informe. Non era più necessario immaginarla, si distingueva chiaramente il suo corpicino rannicchiato e il visino. Il cuore batteva forte e per Riccardo, quel suono, era la più bella musica che avesse mai sentito. Quanto aveva perso a causa del suo orgoglio e del suo senso di colpa? Per le sue scelte dettate dall'irrazionalità? Aveva fatto soffrire la sua donna e aveva perso dei momenti irripetibili. Le immagini che vedeva sul monitor, erano bellissime e terribili. Era la sua bambina ed erano il simbolo dei suoi errori.
 “La vostra bambina è forte! Nonostante la sua mamma non si voglia bene, lei cresce! È un po' piccola, ma non mi aspettavo niente di diverso. Francesca i suoi valori sono un po' migliorati, ma solo perché le stiamo somministrando i nutrienti attraverso la flebo. Quindi sa quello che deve fare... Ah, ingegnere, tra qualche giorno non le sarà più permesso entrare in questa stanza, la paziente ha espresso il desiderio di non vederla... Giusto il tempo per avviare le procedure!”
 Concluse il medico ridendo alle sue stesse parole.
 “Grazie dell'informazione. Fino a quel momento, però, rimarrò qui!”
 “Non posso certo impedirlo... Arrivederci!”
 Il medico e le infermiere uscirono sorridendo dalla stanza e loro rimasero soli.
 “È bella... Bella come te!”
 Le disse accarezzandole il volto.
 “Sì, certo...”
 Rispose con poca convinzione.
 Riccardo scosse la testa, consapevole che la sua Farfallina, non riuscisse a vedersi con gli stessi occhi con i quali la vedeva lui.
 “Posso sdraiarmi accanto a te?”
 “No!”
 Rispose, seria.
 “Lo farò lo stesso... Spostati solo un pochino!”
 La invitò con un cenno delle mani.
 “No!”
 Confermò con stizza.
 “Allora ti sposterò io!”
 Ridendo, la sollevò con attenzione, per non farle male, senza badare alle sue proteste e poi si accomodò accanto a lei, mettendole un braccio dietro la schiena e obbligandola ad appoggiare la sua testa sulla sua spalla. Non fu difficile, farla capitolare. Si lasciò andare, distendendo i muscoli e rilassandosi, ritrovando quel calore che tanto le era mancato. Non riusciva a nascondere le sue emozioni, era così felice di vederlo, così frastornata e confusa, ma anche eccitata, sconvolta. Essere tra le sue braccia... Lo aveva sognato per tanto tempo e ora il suo cuore e il suo corpo reclamavano quel contatto, quell'abbraccio che rigenerava ogni cellula del suo fisico maltrattato.
 “Sono stanca!”
 Sì, era stanca.
 Quei mesi l'avevano segnata e per la prima volta dopo tanto tempo, riusciva a sentirsi a casa, protetta.
 “Dormi un pochino... Io sono qui!”
 Le disse stringendola ancora di più, sentendo il suo respiro regolarizzarsi.
 Il suo respiro, caldo e dolce, lo riportò indietro, quando, nel loro letto, si addormentavano insieme, dopo aver fatto l'amore.
 Chiuse gli occhi, lasciandosi cullare da una serenità che credeva persa.

 “Lui è qui?”
 Chiese Armando, senza nascondere la sua agitazione.
 “Sì, è arrivato questa mattina!”
 Rispose con tranquillità, Marcella.
 “Credi sia una buona idea?”
 Si intromise Betty.
 “Betty, lo sai che non mi importa quello che pensi? Mi importa solo che mia figlia abbia fatto colazione e abbia pranzato! Sono certa riuscirà a convincerla a cenare e per ora va bene così!”
 Marcella si irritò. Era felice che Riccardo fosse tornato e soprattutto che fosse tornato per lei.
 “Mio figlio le ha fatto così tanto male!”
 Sostenne con arroganza.
 “Sì e quando si sarà rimessa, quando avrà partorito e si sarà ristabilita completamente, faranno le loro scelte... Per ora non provare a parlare con tuo figlio! Non voglio che si senta obbligato ad andarsene di nuovo! Non ora!”
 Betty, messa davanti a quelle parole, sussultò. Davvero, Marcella non si rendeva conto di quanto suo figlio fosse sbagliato?
 “Io sono solo preoccupata!”
 “Beh, io lo sono di più! Ho sbagliato a non obbligare mia figlia a tornare a casa sua! Ho sbagliato a non obbligarla a raggiungerlo! Sono stata una stupida ad accettare il modo in cui tutti noi lo abbiamo trattato! Perché è anche colpa nostra se se n'è andato! Forse se ci fossimo ricordati quello che abbiamo fatto noi...”
 “Ho provato a parlare con lui!”
 Replicò Betty.
 “Quando? Quando ci hai provato? Per quanto tempo nessuno di noi si è fatto vivo?”
 “È solo che...”
 “Che cosa? Ha sbagliato? E tuo marito? Lo ricordi il gioco con Calderon? E tu gli hai tenuto nascosto un figlio per quasi cinque anni! Sì, Armando! Tuo figlio non è peggiore di noi!”
 Disse rivolgendosi ad Armando che non seppe fare altro che sussurrare:
 “Per favore, basta, Marcella!”
 “No! Perché non me lo perdonerò mai di averla lasciata ridurre in quello stato! Lei lo ama e che lui!  Voi... Li avete visti insieme?"
 La donna, provata da tutto quello che era successo, dalla preoccupazione e dal senso di colpa, era decisa a far valere le sue ragioni.
 "Si completano!! Sono una sola cosa! Vi siete resi conto dello stato in cui versa Francesca? Senza di lui non riesce a vivere! Nicola, ricordi la sera di quella maledetta sfilata? Era per lui! È sempre stato per lui!!"
 Nicola abbassò lo sguardo, sentendo un forte malessere pervaderlo.
 "E Riccardo... Ha dimostrato di amarla! Mio Dio... È sempre stato così insofferente a tutto ciò che ci riguardava... Ma per lei ha accettato persino i nostri stupidi consigli, le nostre cene! Erano felici!  Non l'aveva tradita davvero! Non erano insieme quando è stato con quella donna e se quel bambino fosse stato suo, avremmo dovuto sostenerlo! E sostenere loro! Avremmo dovuto impedirgli di andare via!”
 “Nessuno glielo ha imposto!”
 Cercò di giustificarsi, Nicola.
 “Nicola, per favore! Lo abbiamo solo giudicato! E ora farete quello che vi dico! Lasciatelo in pace! Mia figlia sta male! Ed è l'unica cosa che mi importa! Lui la farà stare bene! Loro si amano, anche se si sono fatti del male, anche se non se lo dicono da mesi. Avranno una figlia e io spero se ne vadano da qui! Da te, da me! Da tutti noi!”
 Marcella piangeva, la tensione e la paura per quella figlia infelice, l'avevano esasperata. Era riuscita a convincere suo marito ad andare a prendere l'unico uomo che potesse aiutarla. E ora scaricava la sua frustrazione sulle persone a cui voleva bene da sempre e sull'amore della sua vita. Betty la abbracciò, forse capendo di essere stata ingiusta e cieca nei confronti di  Riccardo.
 “Sono una madre terribile. Ho praticamente cacciato mio figlio! Il mio bambino...”
 “Marcella... Non parleremo con lui! Puoi stare tranquilla. Digli che gli voglio bene, solo questo... E scusa... Scusa davvero!”
 "No, Armando! Dovresti essere tu a dirglielo! Tuo figlio lo merita! Merita le nostre scuse e non permetterò mai più che qualcuno si intrometta tra di loro!"
 Marcella respirava a fatica, a causa della tensione, ma anche della rabbia che provava nei confronti persino di se stessa.
 “Amore... Andiamo a casa!"
 La esortò il marito che poi si rivolse agli amici.
 "Ceniamo insieme?”
 “Cuciniamo qualcosa io e te, Marcella?”
 Disse Betty, stringendo la mano della donna.
 “Siamo due disastri in cucina!”
 Rispose, dopo qualche istante di esitazione, abbozzando un sorriso.
 “Ci faremo aiutare dalla cuoca! Andiamo!”
 Betty si alzò e la esortò a fare altrettanto.
 Insieme, uscirono dall'ospedale, sperando che davvero fosse giunto il momento della pace. Per tutti.

 La sera era ormai scesa e nella camera insisteva solo una lieve luce data dal tramonto e dai monitor a cui era ancora legata Francesca.
 Riccardo si godeva il corpo della sua donna, giocando con un ciocca dei suoi lunghi capelli neri.
 Aveva dormito tranquilla, tra le sue braccia e forse, per qualche minuto, anche lui si era lasciato andare alla stanchezza.
 La sentì muoversi, con un po' di fatica e la sentì stringerlo di più.
 Aprì gli occhi e quando lo guardò, Riccardo sentì il suo cuore accelerare. Gli sorrise nello stesso modo in cui lo faceva quando vivevano insieme.
 “Ciao!”
 “Ben svegliata, amore mio! Come ti senti?”
 “Bene...”
 Disse sprofondando il viso sul suo petto.
 “Anche io, sai?”
 Le diede un bacio sui capelli e le accarezzò la schiena. Era così magra che ogni costola era come un solco e si potevano contare gli anelli della spina dorsale.
 Strizzò gli occhi e deglutì rumorosamente, ma cercò di rimanere tranquillo.
 “Che ore sono?”
 Chiese lei dopo qualche istante.
 “Non lo so! Ma ho fame! Pensavo che sarebbe carino cenare insieme! Che ne dici?”
 Se fosse stato necessario, l'avrebbe obbligata a nutrirsi, ma preferiva non sottoporla ad inutili tensioni.
 “Vuoi cenare qui?”
 Francesca sollevò il volto e lo guardò, divertita. Lui annuì.
 “Voglio cenare con te e visto che non posso portarti in un ristorante carino, mi accontento di questa camera! Che ne dici? Pensi sia possibile farci portare delle pizze?”
 “Non credo!”
 “Ma possiamo provarci...”
 “Sì...”
 Rispose felice come una bambina e lui, innamorato come mai, le accarezzò la guancia, sfiorandole le labbra.
 “Amore mio, ora me lo dai un bacio?”
 “No!”
 Disse scuotendo il capo e nascondendo il viso sul suo collo.
 “Capricciosa e smorfiosa!”
 Scherzò lui, stringendola forte a sé.
 “Si è svegliata anche lei...”
 Gli disse ridendo e Riccardo, senza chiederglielo, spostò le lenzuola e appoggiò le labbra sulla sua pancia e poi sussurrò qualcosa che Francesca non capì. La piccola si agitò e quando lui appoggiò la sua mano, spingendo leggermente, la piccola rispose con un calcio.
 “Ti odia anche lei!”
 Ma mentre lo diceva, sul suo viso non c'era che amore. Lui la guardò e i suoi occhi erano pieni di un'emozione e di un sentimento che Francesca non aveva mai visto. Le baciò ancora la pancia e poi con voce dolce, le disse:
 “No, piccola! Mi ama! Questo è amore!”
 “Io ti odio!”
 “Non importa... Lasciaci soli! Io e la mia bambina stiamo parlando male di sua madre...”
 Avvolse le mani sui lati della pancia e cominciò a sussurrare parole indirizzate alla sua bambina. Francesca si incupì, voltò il volto e sospirò.
 “Ne ha tutte le ragioni!”
 Sussurrò con tristezza.
 Riccardo strizzò gli occhi, fingendo di non averla sentiva, ma sentì una fitta allo stomaco, un dolore che lo scosse.
 Francesca doveva aver passato dei momenti terrificanti e la colpa era sua. L'aveva lasciata andare, credendo di farle del bene, senza accorgersi che, ancora una volta, aveva sbagliato tutto.
 Rimase stretto a lei ancora, fino a quando la piccola tornò quieta, poi si rimise accanto a lei.
 Si sdraiò su un fianco e cominciò a giocare con i suoi capelli, guardandole gli occhi, così dolci e pieni di amore. Rimase in silenzio, ammirandola e amandola di più ad ogni suo lieve movimento.
 “Ora mi dai un bacio o devo obbligarti?”
 Le chiese sorridendo, mentre con le dita le sfiorava le labbra che si schiusero nel più bel sorriso che lui avesse mai visto.
 “Vieni qui...”
 Pose le labbra sulle sue e le assaporò piano, godendosi la loro morbidezza.
 Sentì il suo sangue scorrere nelle vene, caldo, in pace, finalmente. Da quanto tempo non la baciava? Da quanto non provava quelle sensazioni? La strinse tra le braccia, continuando a baciarla con tenerezza.
 Fu lei a interrompere quel momento, con le dita cercò la sua pelle, sotto la barba e sorrise con tutto il viso.
 “Io ti odio!”
 “Sì, lo so!”
 Lo abbracciò e sprofondò il viso sul suo petto, accoccolandosi completamente su di lui, inebriandosi del suo odore che tanto le era mancato.
 Restarono come fossero un solo corpo fino a quando l'infermiera non entrò per sistemare la somministrazione della flebo e per portarle la cena, riportandoli alla realtà.
 Riccardo si alzò e con gentilezza si rivolse alla donna.
 “Mi scusi, pensa sia possibile ordinare delle pizze?”
 “Cosa?”
 Chiese l'infermiera, perplessa.
 “Beh, voglio dire, il cibo che servite non sembra particolarmente buono...”
 “Non è permesso introdurre qualcosa dall'esterno...”
 “Ma al bar ci sono delle pizze...”
 “Sono pizzette... Ma non credo sia una cosa possibile...”
 Rispose quasi stizzita.
 Quando fu uscita, Riccardo rise e si volse verso la sua Farfallina che lo guardava divertita.
 “Principessa, dovrai rinunciare alla pizza, almeno per stasera. Rimedieremo quando saremo a casa...”
 “Non l'avrei comunque mangiata!”
 “Bugiarda! Ma non importa... abbiamo tutto la vita per mangiare la pizza...”
 Tornò da lei e le mise il vassoio di fronte, accomodandosi sull'angolo del letto.
 “Tu non hai mangiato nulla per tutto il giorno...”
 “Mmmm già... E ho una fame da lupi.”
 Le disse ridendo.
 “Se vuoi puoi favorire!”
 Gli indicò il vassoio, storcendo il naso. Non sopportava quell'odore e avrebbe fatto qualsiasi cosa per evitare di mangiare. E lui lo sapeva! Lo capiva, ma lei doveva superare quel male che la divorava, quella debolezza che la portava a farsi del male. Lui non meritava tanto, non meritava il suo dolore.
 Dopo qualche istante, ridendo, le rimise il vassoio sotto il naso.
 “Non ci penso nemmeno! Quelle cose non sembrano terribili! Le mangerai perché sei tu quella ricoverata!”
 “E allora dovrai andare via... Per mangiare intendo!”
 Disse con un velo di tristezza e ansia.
 “E tu non vuoi?”
 “No...”
 Le scompigliò i capelli come se si trovasse davanti alla stessa ragazzina che lo faceva impazzire.
 “Se andassi al bar dell'ospedale a prendere qualcosa e poi fingessimo di essere in un ristorante e di aver ordinato cose diverse?”
 “È una stupidaggine! Forse... Forse dovresti andare a casa e mangiare qualcosa di diverso da quelle  schofezze.”
 "Ma vedi, io non voglio andare a casa! Voglio cenare con te! Sarò io a far finta di essere in un ristorante se tu non vuoi giocare!"
 La fece ridere e a lui bastò quello per sentirsi meglio.   
 "Mi aspetti?”
 “L'hai detto tu, non posso andare via!”
 Disse scimmiottandolo.
 Le diede un bacio che avrebbe voluto non finisse mai, tanto ne aveva bisogno, poi si staccò da lei e corse a prendere un paio di panini e dell'acqua. Gli bastava, non aveva bisogno di altro, se non di lei. Provò un forte senso di disagio a lasciarla sola, anche se per pochi minuti.
 Quando aprì la porta della sua camera e la vide sorridergli, il suo cuore sobbalzò. Era così bella, nonostante la stanchezza che si leggeva sul viso ancora pallido ed emaciato, ma era perfetta. Quell'alone di tristezza che quella mattina solcava il suo bellissimo viso, sembrava sparito, sostituito dalla dolcezza.
 Cenarono in silenzio perché per entrambi era sufficiente restare vicini per dirsi quello che provavano. Francesca finì a fatica ciò che le era stato portato e lui non le mise fretta.
 Poi, quando finalmente terminò di mangiare, lui prese il vassoio, appoggiandolo su una mensola.
 “Ti aiuto...”
 “Non ne ho bisogno...”
 “Ma a me va di farlo!”
 Tornò da lei e sorridendo, le diede un piccolo bacio sulle labbra.
 “Chicco, è tardi..."
 Guardò l'orologio e annuì.
 "Non voglio rimanere da sola stanotte!”
 Disse senza guardarlo, quasi con timidezza.
 “Nemmeno io! Dormirò sulla poltrona... È comodissima!”
 “Potresti dormire accanto a me!”
 Fu quasi una preghiera, che lo fece sussultare.
 Tolse il maglione e lo gettò sulla poltrona, poi si avvicinò a lei.
 “Solo se me lo dici!”
 Disse a pochi centimetri dal suo viso.
 Francesca alzò gli occhi e incontrò quelli del suo uomo.
 “Che cosa?”
 “Che mi ami!”
 “Io ti odio...”
 “E allora fingi di amarmi e menti, ma dimmelo!”
 “Perché?”
 “Perché ho bisogno di sentirtelo dire...”
 “Io... Io ti amo!”
 Prese il suo volto tra le mani e la osservò per qualche secondo. Era quasi arrossita ed era dolce come lo era sempre stata. Dolce e bellissima... E sua, nonostante tutto.
 “Anche io! Non ho mai smesso nemmeno per un secondo di amarti! Ti amo! Ti amo da morire, piccola...”
 “Bugiardo!”
 Non badò a quelle parole, si limitò a scuotere la testa e poi si sdraiò accanto a lei, avvolgendola in un abbraccio.
 “Vuoi dormire con me?”
 “Voglio dormire con te!”
 “Allora taci... Posso stringerti tutta la notte tra le mie braccia?”
 “Sì!”
 “Allora spostati, sappi che se qualcuno dovesse sgridarmi perché non posso stare su questo letto, la colpa sarà tua!”
 Le disse ridendo.
 “Abbracciami e dimmelo ancora che mi ami!"
 Lo supplicò mentre si distendeva sul suo petto.
 “Ti amo più della mia vita! Tu sei la vita!”

 Si era alzato dal letto lasciandola ancora addormentata. L'aveva cullata per tutta la notte, l'aveva stretta e aveva potuto verificare quanto fosse magra, troppo magra. La sua pancia era quasi sproporzionata sul suo corpo troppo esile. Si sciacquò il viso e restò appoggiato alla porta del bagno, guardandola. Era indolenzito e aveva voglia di bere un caffè, ma l'idea di lasciarla sola, anche solo per poco, lo destabilizzava. Sentiva di doverla proteggere. Proteggere e amare.
 Si voltò, sentendo una mano che si poggiava sul braccio.
 “Riccardo... Sei già qui?”
 Marcella lo guardava con un sorriso dolce sulle labbra.
 “Non sono andato via...”
 La donna guardò la figlia che dormiva ancora e le parve serena, per la prima volta dopo tanto tempo.
 “Grazie...”
 “Non è necessario ringraziarmi, lo sai!”
 Riccardo si sentì a disagio. Perché aveva dovuto ringraziarlo? Cosa aveva fatto? L'aveva lasciata sola e aveva permesso che il dolore la portasse ad odiarsi.
 “Nicola sta parlando con il medico...”
 Alzò le spalle e si passò una mano tra i capelli, cercando un modo per non dover sopportare più a lungo quella situazione che lo rendeva insofferente.
 “Io... Vorrei bere un caffè!”
 “Rimango io con lei!”
 Lo esortò, Marcella.
 “Non fa niente, non voglio lasciarla sola... Voglio che mi trovi qui quando si sveglierà!”
 “Sei molto dolce, Riccardo! Ma vai a prendere il caffè. Non sarà sola! Comunque non dormi da due notti... Dovresti riposarti anche tu... Va a casa per qualche ora!”
 “No! Sono stato lontano da lei un po' troppo tempo! Vado a prendere il caffè, ma... Torno subito! Diglielo! Se si svegliasse, prima che sia tornato, diglielo!"
 Marcella sorrise. Era dolce, Riccardo. E amava la sua bambina.
 Non aggiunse altro ed uscì.
 Quasi si scontrò con Nicola che non si aspettava di vederlo ancora lì.
 “Oh... Ciao! Io non pensavo fossi qui!”
 “Già... Vado a prendere un caffè!”
 “Io volevo... Volevo ringraziarti!”
 “Ho già detto a tua moglie che non è necessario!”
 “Devo anche chiederti scusa...”
 “Sì, ok... Torno tra poco!”
 Riccardo tagliò corto e si diresse al bar. Non aveva alcuna intenzione di ascoltare le sciocchezze di quelle persone.
 Nicola lo lasciò andare ed entrò nella camera della figlia, sua moglie stava sistemando qualcosa e quando lo vide, gli sorrise.
 “È rimasto tutta la notte... Guardala, tesoro, sembra sia serena!”
 “È vero... Il medico ha detto che ieri ha mangiato tutto. Se i valori saranno buoni e non si rifiuterà più di alimentarsi, la dimetterà domani...”
 “È una notizia bellissima. Sono sicura che lui si prenderà cura di lei!”
 “Forse sì!”
 In realtà sapeva che sarebbe stato così. Riccardo non ci aveva pensato un attimo a prendere un aereo e lasciare tutta la sua vita per la sua bambina. Doveva ammettere che quello che provavano l'uno per l'altra, fosse un sentimento forte, ma non riusciva a smettere di pensare alla donna che aveva visto nel suo appartamento. Si chiese se glielo avrebbe detto e, in caso contrario, dovesse essere lui a parlarne alla figlia.
 Vederla con quel sorriso sulle labbra, così ingenua e inconsapevole, lo inquietò.
 "Marcella... Quella sera lui... Non era solo!"
 "No! Non dirlo! E soprattutto non provare a dirlo a lei! Guardala! Loro due si completano! Credi sia solo colpa di Riccardo, ma non è così! È lei ad averlo allontanato! Lascia che siano loro a gestire il loro rapporto! Si amano, Nicola! Vuoi davvero che torni a farsi del male?"
 "Marcella..."
 "Per favore, no! Dalle tempo! Lascia che si riprenda!"
 "L'ha tradita!"
 "Nicola... Perché lo odi? Perché non riesci ad accettare che sia l'unico di cui ha bisogno?"
 Nicola tornò a guardare la figlia e sospirò.
 "Non le dirò nulla! Ma... È amore questo? È amore ciò che li unisce? Sembra... Sembra siano succubi l'uno dell'altra... Non è un rapporto sano! Non lo è per lei!"
 "Sono entrambi dipendenti di loro stessi! Sì! Anche lui è cambiato! Anche lui ha visto l'inferno. Lasciamo che siano loro a decidere ciò che è meglio... Io credo che non le mentirà! Ha mostrato di aver imparato la lezione, sarà sincero e lei... Lei capirà! Perché è giusto! Si perdoneranno a vicenda!"
 Non riuscirono a concludere il discorso, perché un'infermiera entrò nel camera.
 Appoggiò il vassoio con la colazione e poi, con gentilezza la svegliò.
 Quando aprì gli occhi e non lo vide, sentì l'ansia e la paura assalirla. I suoi genitori erano lì, accanto a lei. Non poteva essere andato via. Non poteva più restare senza di lui.
 “Dov'è? L'avete cacciato? Chicco... No!”
 Gridò, senza considerare la presenza dell'infermiera.
 Sul volto di Francesca era riapparsa la disperazione e Nicola capì che la moglie aveva ragione. Senza di lui, la sua bambina, stava male.
 “No, no! È qui! È solo andato a prendere un caffè...”
 Le disse cercando di rassicurarla.
 “Per favore, non mandatelo via! Ho bisogno di lui!”
 Nei suoi occhi erano apparse le lacrime e Nicola la abbracciò, sentendola tremare.
 “Sì, principessa, lo sappiamo!”
 L'infermiera, con dolcezza, continuò a sistemare la flebo e poi si rivolse ai genitori.
 “Se mangerà anche oggi questa non le servirà più...”
 Poi lasciò la stanza.
 Marcella si avvicinò e accarezzò la guancia della figlia che sembrava ancora intimorita dall'assenza di Riccardo.
 “Tesoro, hai sentito? Ora vuoi fare colazione?”
 “Lo aspetto!”
 Disse semplicemente.
 “Ma potresti fargli una sorpresa... Sarebbe contento di sapere che hai già fatto colazione!”
 “Ho detto che lo aspetto!”
 Rispose guardando il padre con durezza.
 “Sono qui...”
 Riccardo entrò proprio in quel momento e sul volto della donna si dipinse un sorriso sincero e pieno di amore.
 “Ciao!”
 “Ciao...”
 Senza considerare Nicola e Marcella, si avvicinò a lei e le diede un piccolo bacio sulle labbra e le sussurrò qualcosa, lei lo guardò divertita e gli chiese di tenerle compagnia mentre faceva colazione.
 “Molto volentieri, piccola!”
 Nicola e Marcella rimasero in disparte, guardandoli. Sembravano completarsi e bastarsi. Come Giulio e Camilla anche loro si estraniavano dal resto del mondo. Ma sembrava che tra loro ci fosse qualcosa di ancora più grande, di assoluto. Erano davvero una cosa sola. Come avevano fatto a non capirlo prima? Marcella strinse la mano del marito che ricambiò e sorrise.
 Quando, dopo un tempo interminabile, Francesca finì la sua colazione, fecero per alzarsi ma Francesca chiamò la madre.
 “Mamma... Vorrei che mi portassi qualcosa da mettere... Voglio alzarmi!”
 “C'è una borsa nell'armadio! C'è una tuta da ginnastica, o preferisci qualcos'altro?”
 “Va bene la tuta... Chicco aiutami ad alzarmi...”
 “Cosa vuoi fare, farfallina?”
 “Voglio farmi una doccia...”
 “Hai bisogno di me?”
 Chiese Marcella, sapendo bene che non era di lei che Francesca aveva bisogno.
 “No! No... Faccio da sola!”
 “Bambina noi andiamo via... Torneremo nel pomeriggio!”
 Annuì e li salutò.
 “Ciao mamma, Ciao papà!”
 “A dopo, bambina! Ciao Riccardo!”
 “Ciao!”
 Riccardo continuava a mantenere un tono distaccato e freddo. Non potevano biasimarlo. Era sempre stato prima un ragazzo e poi un uomo particolare e sapevano bene che non avrebbe dimenticato tanto presto quello che aveva passato e quello che le aveva fatto. Era stato segnato profondamente da ciò che era successo e aveva bisogno di lei, quanto lei ne avesse di lui. Marcella sperò che non si isolassero nel loro mondo, che lasciassero la porta aperta, perché non sarebbero più stati soli.
 “Farfallina, pensi mi sgriderebbero se facessimo la doccia insieme?”
 Le chiese dopo averla accompagnata in bagno.
 “Non lo so, ma non voglio!”
 Disse distogliendo lo sguardo dal suo uomo.
 “Io sì!”
 “Tu... Tu vuoi vedermi? Vuoi davvero che il mio corpo ti disgusti?”
 A quelle parole, una fitta allo stomaco lo colse alla sprovvista. Si fece forza e si avvicinò, prendendole il viso tra le mani.
 “Tu sei sempre bellissima! E trovo che il tuo pancione sia meraviglioso!”
 “Non parlo della pancia... Ma di tutto il resto!”
 La guardò ancora con tenerezza, sapeva bene che lei non voleva che lui vedesse quanto fosse magra e debilitata, ma non aveva bisogno di vederla nuda per saperlo. Le sfiorò le guance con i pollici e si fece serio.
 “Temi che possa chiederti di fare l'amore?”
 “Cosa? No... No, io credo che vedresti qualcosa di brutto e disgustoso!”
 Finse di non sentirla, ma il dolore allo stomaco aumentò.
 “Piccola, prima di essere dimessa dovremo chiedere al medico se fare l'amore sia un problema per te o per la bambina...”
 Le sfiorò le labbra con un bacio, cercando di trasmetterle tutto il suo amore.
 “Vuoi... Vuoi fare l'amore con me?”
 Chiese lei, confusa e nervosa.
 “Ti sembra assurdo? Ti desidero...”
 “È vero?”
 Era difficile credergli. Si era vista allo specchio e sapeva di non esser più bella come prima. Ed era spaventata da quella realtà. Temeva che lui smettesse di guardarla con gli stessi occhi, che smettesse di vederla come prima. E lui riuscì a leggere nei suoi occhi il timore e la paura.
 “Vuoi che te lo provi?”
 “No... No, io... Io... No!”
 Si staccò da lui, quasi come se le sue mani l'avessero scottata e si allontanò di qualche passo.
 “Hai paura di me, Farfallina?”
 “No...”
 Gli occhi le si riempirono di lacrime. Non voleva deluderlo, avrebbe solo voluto farsi amare, ma era terrorizzata da se stessa e da quello che era successo in quei mesi.
 “Non volevo metterti fretta, piccola!”
 Le disse, capendo perfettamente i suoi dubbi.
 “Mi hai lasciata da sola per tanto tempo, Chicco...”
 “Sì! E non me lo perdonerò mai!”
 “È anche colpa mia...”
 “Io non posso tornare indietro. Se potessi cancellerei tutti gli errori che ho fatto, tutti... Ma posso cercare di essere l'uomo che meriti adesso... Voglio fare l'amore con te... Non adesso, non qui, ma voglio sentire il tuo amore e voglio dimostrarti che ti amo più di prima!”
 La abbracciava da dietro e le accarezzava la pancia dolcemente, la piccola di mosse e scalciò, facendolo emozionare e facendo ridere lei.
 “L'abbiamo svegliata...”
 Francesca appoggiò le mani sulle sue e abbassò gli occhi, guardandosi la pancia.
 Rimasero in quella posizione fino a quando la piccola si acquietò e fu Riccardo a rompere quel silenzio carico di emozioni.
 “Piccola, non sei abbligata, ma vorrei che mi dicessi di sì! Posso guardarti mentre sei nuda?”
 “Sì, ma... Ma non devi giudicarmi...”
 “Non lo farei mai!”
 Francesca annuì, sciolse il loro contatto e si voltò, si spogliò e si lasciò guardare.
 Riccardo avrebbe voluto toccarla, abbracciarla e avvolgerla con tutto se stesso, ma rispettò la distanza che lei aveva posto tra loro e osservò ogni sfumatura del suo corpo. Il suo corpo perfetto, segnato dal dolore che lui le aveva provocato, le gambe lunghe e così magre, le braccia sottili. La pancia sembrava un peso troppo grande da portare per una donna tanto sottile, così consumata. Fu pervaso dal senso di colpa, dai rimorsi e dalla consapevolezza che fuggire da lei fosse stata la cosa più odiosa che avesse mai fatto.
 L'acqua scorreva sulla sua pelle bianca, bagnava i suoi capelli neri e lunghi. Teneva gli occhi chiusi, non lo guardava, forse troppo imbarazzata, troppo indimidita da lui. Ricordò la  notte in cui l'aveva fatta sua per la prima volta: aveva le stesse incertezze, lo stesso atteggiamento impacciato. Come faceva a restare la stessa ragazzina di sempre? Eppure in lei c'era qualcosa di più. Era fragile, ma anche forte. Era capace di mostrarsi a lui nonostante tutto. Era fiera, così forte da mostrare le sue debolezze. Non era mai stato tanto ammaliato da lei, nemmeno quella notte, nemmeno quando si amavano disperatamente.
 L'amore che provava, l'aveva sostenuta, sorretta. La solitudine l'aveva segnata, ma non l'aveva cambiata, l'aveva resa ancora più donna e lui... Lui non era nulla rispetto a lei! Non era altro che un egoista, un debole che senza di lei non era che un piccolo e inutile uomo.
 Distolse lo sguardo quando si asciugò e lasciò si rivestisse rispettando il suo pudore.
 Quando Francesca ebbe recuperato un po' di tranquillità, si guardò e sospirò.
 “Ora sono io a dover fare una doccia... Sono venuto subito qui e indosso ancora quello che avevo in aereo...”
 “Vuoi andare via?”
 Chiese senza riuscire a nascondere l'ansia.
 “No, ma non voglio nemmeno che il medico scappi per colpa del mio aspetto...”
 Disse ridendo.
 “Io credo tu sia bellissimo!”
 “Ma tu non sei indicativa!”
 “Non sono l'unica a trovarti attraente! Le vedi le infermiere?”
 Sospirò con rassegnazione.
 “No... Non le vedo! Ho occhi solo per te!”
 Provò a darle un bacio, ma lei si scostò e con voce triste, gli chiese:
 “Chicco... Sei andato a letto con altre donne?”
 “Cosa?”
 “Mentre eri in Texas... Sei andato a letto con altre donne?”
 “Perché me lo chiedi? Ora sono qui!”
 “Hai fatto l'amore con altre donne?”
 “Non voglio mentirti, ma non voglio parlare di questo!”
 Si allontanò da lei, innervosito e colpevole.
 “Cosa provi quando sei con loro?”
 “Francesca...”
 “Posso capirti... Io ti ho allontanato da me!”
 “Tu sei l'unica donna importante. Sei l'unica che ami più della mia vita...”
 “Ma cosa provi quando fai l'amore con le altre...”
 “Nulla...”
 “Chicco...”
 “Sono un uomo, piccola... Sono uno stupido essere guidato dal proprio istinto! Ma non c'è emozione, né trasporto. Penso solo a me stesso... Tutto qui! E poi mi sento insoddisfatto, come se mi mancasse qualcosa. Non vedo l'ora di rimanere solo...”
 “Ma ti piace...”
 “Francesca... Per favore, basta!”
 La supplicò.
 “Scusami!”
 Francesca sorrise sconfitta. Forse non aveva alcun diritto di chiedergli nulla, del resto era stata lei a imporgli quella lontananza e lo conosceva. Il suo Chicco aveva sempre bisogni di conferme. Era forte, ma odiava la solitudine e lei lo aveva costretto a restare lontano.
 Riccardo si avvicinò, lentamente, quasi con timore
 “Non devi chiedermi scusa, amore mio! Io... Sono stato a letto con delle donne, sì. Ma vedi... Io credevo che tu non mi volessi più! Avevo bisogno di non pensare a te, a lei, a tutto quello che credevo di avere distrutto!"
 Si sedette accanto a lei e le prese la mano, portandola alla bocca e baciandogliela.
 Era fredda, sottile e fredda.
 "Mi dispiace... Santo cielo, Farfallina, dovrei riscrivere completamente la mia vita..."
 "Come... Come fai? Io... Io non riesco nemmeno ad immaginare le mani di un uomo che non siano le tue su di me!"
 Sospirò profondamente e cercò di trovare le parole giuste.
 "Io... Io non sono come te! Non sono forte come te! Sono... Nella mia vita ho avuto un'unica certezza e sei tu! So che può sembrare assurdo, che posso sembrarti ridicolo, ma è vero! Ogni traguardo raggiunto, ogni successo, era tuo. Io sono tuo! Tu ci sei sempre stata! Ad ogni tappa della mia vita, c'eri! È a te che ho sempre pensato, senza nemmeno saperlo! Ogni donna che ho avuto è stato un errore! Ogni istante senza di te, è stato sprecato! Credimi!"
 "Ma... Ma quando sei con loro... Quando le guardi, cosa provi? Senti le stesse cose che provi quando... Quando facciamo l'amore?"
 Si passò le mani tra i capelli e si morse un labbro.
 "Oh, Farfallina, tu non immagini nemmeno quello che sento quando facciamo l'amore! Non so perché abbia avuto altre donne, forse... Forse in loro cercavo te! Nessuna, piccola, nessuna mi ha mai amato come sai amarmi tu! Non ti dirò cosa abbia sentito con le altre donne, ma voglio dirti quello che provo quando faccio l'amore con te... Mi sento bene, felice, come se fosse l'unica cosa che riesce a darmi pace... Ti terrei stretta a me ogni istante. Sentirmi dentro di te è qualcosa che non è solo eccitante, è... È sentirmi completo... la tua pelle, le tue mani, le tue labbra... Sono mie! Siamo una cosa sola, piccola! Mi sento solo senza di te! Mi sento vuoto. Non smetterei mai di baciarti... Fare l'amore con te significa essere me stesso! Significa tutto! Sei mia, sono tuo! Potrei morirci, tra le tue braccia! Ti giuro, amore mio! Ogni volta è come scoprire qualcosa su di me! E non finisce quando ci alziamo dal letto... Il tuo profumo, il tuo sapore, mi rimangono addosso per tutto il giorno, continuando a farmi sognare... Basta chiudere gli occhi per sentirti! È qualcosa che mi rimane dentro e mi fa sorridere e sperare di ricominciare da capo... Fare l'amore con te non è solo quello... È tutto... Sei tu! È quello che sono! E ti giuro che mi dispiace aver perso tempo con altre donne che non hanno mai contato nulla. Mi spiace di essere andato a letto con quelle donne... Che i miei errori ci abbiano rovinato la vita! Mi credi?”
 Le prese il viso tra le mani e la obbligò a guardarlo. I suoi occhi erano pieni di lacrime.
 "Ti prego! Devi credermi!"
 La supplicò non solo con le parole, ma anche con la voce, gli occhi e le mani.
 “Sì... Voglio crederti. Te ne andrai ancora? Quando mi dimetteranno, tornerai a Houston?”
 “No! Non posso!”
 Scosse la testa e sorrise.
 “Ma vorresti!”
 “No! Non posso perché non sono mai stato tanto male. Perché mi manchi come l'aria! Sei tutto!”
 “È vero? O vuoi solo lei?”
 “Lei è il nostro amore...”
 “È dolore!”
 “No! Sono io il dolore! Sono io il male! Ma ti giuro che non sarà più così!”
 La strinse tra le braccia, cercando di cancellare il dolore di entrambi, cercando di trovare in quel contatto persino se stesso. E non fu deluso: lei si lasciò andare, rilassandosi e infondendogli un po' di pace.
 Senza accorgersene, la accompagnò sul letto, sdraiandosi accanto a lei. Le baciò con dolcezza la punta del naso, le guance e poi baci si fecero più passionali, sugli angoli della bocca, sulle labbra, fino al collo.
 I loro respiri si fecero più profondi e le loro labbra emisero dei piccoli gemiti.
 Riccardo riprese il controllo di se stesso e rise, guardandola con desiderio.
 "Dio... Mi fai impazzire! Darei qualsiasi cosa per essere a casa, da soli!"
 Gli accarezzò i capelli con le dita e ricambiò il sorriso.
 “Vuoi andare a casa?”
 “Sì! Voglio andare a casa! Nella nostra casa, insieme a te!”
 “Mio padre avrà un infarto! Farà di tutto per impedirmelo... Non ti sopporta!”
 “E credi me ne importi? Ho lasciato che i giudizi di tutti mi portassero lontano da te... Non andranno così le cose! Non più!
 “Non ho smesso di odiarti!”
 Gli disse continuando a giocare con le ciocche dei suoi capelli.
 “No? Oh, ma io sono un arrogante... Un prevaricatore. Non mi importa se mi odi! Io ti amo e mi basta!”
 “Sei uno stupido idiota!”
 “E tu una Farfallina capricciosa e viziata!”
 Le sfiorò le labbra con la sua bocca e la sentì sospirare e farsi seria.
 "Chicco... io non posso  odiarti! Io ti amo!”
 La trasse a sé e lei si rifugiò sul suo petto.
 “Lo so, piccola! Ti amo da impazzire, Farfallina! Morirei per te!!"

 Non aveva chiuso occhio quella notte. L'aveva cullata e baciata. La sua mano era rimasta sulla sua pancia e quando la bimba si muoveva, si rendeva conto che nulla gli avrebbe restituito quello che aveva perso. Sorrideva perché la piccola sembrava rispondere alle sue carezze. E poi la sua dolce farfallina, dormiva tra le sue braccia e nulla era bello come il suo respiro sul suo collo. Nulla era paragonabile a sentirla vicino a lui. Le aveva fatto del male ed era stato male. Provò ad immaginare quello che provava. Lei sapeva che lui era stato con altre donne. Credeva di averne bisogno, ma la verità era che lui aveva bisogno solo di lei. Fin da ragazzini aveva bisogno di lei. Dei suoi bellissimi sorrisi. Francesca lo amava da sempre e anche lui. Senza nemmeno saperlo.
 Ricordava ogni momento passato con lei, da quando piangeva in braccio alla sua mamma, quando strillava così forte da diventare viola, quando aveva mosso i primi passi, quando aveva pronunciato il suo nome per la prima volta. Sorrise e le spostò una ciocca di capelli che le ricadevano sul viso. Ebbe un piccolo fremito, ma tornò subito tranquilla, stringendolo ancor più forte.
 Quanto era buffa.
 "Chicco"
 Il modo in cui pronunciava quel diminutivo era sempre stato dolce. Non gli era mai piaciuto, in realtà, aveva anche poco senso, forse, ma lei aveva deciso che sarebbe stato per sempre il suo Chicco e lui... Lui la amava. La amava come un fratello maggiore a quel tempo, ma era amore. Un amore che si era plasmato con gli anni, che era cambiato, si era rafforzato, era diventato passionale e aveva occupato la mente, era entrato nelle vene, sotto la pelle. Alla fine era diventato un bisogno assoluto. Dalla prima volta in cui avevano fatto l'amore, era diventata la sua donna ed era assurdo che ci avesse mpiegato la vita intera per accettarlo, perché lo aveva sempre saputo. Quella notte non avevano solo unito i loro corpi: avevano fuso la loro anima, il loro sangue. Per questo quando erano separati non erano altro che un pallido riflesso di ciò che davvero erano.
 Amore. Un amore unico, che li elevava dal resto del mondo. Erano nati per amarsi e niente e nessuno avrebbe potuto cambiare le cose. Nemmeno la morte li avrebbe divisi, il loro amore era così grande, che non poteva finire. E lui lo avrebbe alimentato quell'amore, godendo di lei e del suo sorriso, quel semplicissimo sorriso del quale non riusciva a fare a meno per star bene, del quale necessitava per vivere.
 Le baciò la fronte e, con l'indice, le toccò la punta del suo nasino all'insù. Anche la loro bambina avrebbe avuto lo stesso nasino perfetto? Sperò che le somigliasse, che fosse bella quanto lei e dolce, tenera, quanto lei.
 "Farfallina..."
 Fece una piccola smorfia di fastidio e cercò di allontanare il dito. Quel suo modo di fare tanto infantile lo fece ridere e continuò con i dispetti.
 "Smettila..."
 Mugugnò, implorandolo.
 Invece di accontentarla, la sollevò, obbligandola ad aprire gli occhi e iniziò a darle piccoli baci su tutto il viso e le fece il solletico.
 "Sei cattivo!!"
 "Lo so! Ma avevo voglia di sentire la tua voce e di vedere i tuoi occhioni! E volevo dirti che io e mia figlia, questa notte, abbiamo giocato e parlato!"
 A quelle parole, Francesca dimenticò il dolce risentimento provato a causa del risveglio e istintivamente, portò le mani sulla pancia.
 "Che cosa vi siete detti?"
 "Abbiamo constatato che siamo fortunati!"
 "Fortunati?"
 Annuì.
 "Fortunati, sì! Abbiamo te, nessuno al mondo è fortunato quanto noi! Sei bellissima anche con i capelli così ridotti, lo sai?"
 Gli diede un piccolo buffetto sulla spalla ridendo.
 "Ti amo tanto, amore mio!"
 Sentì il suo respiro farsi più profondo e si accorse che stava ridendo, felice, anche se non riusciva a vederla perché nascondeva il viso tra il collo e la spalla.
 "Questa notte ho parlato con il tuo medico..."
 Sollevò il volto, un po' preoccupata.
 "E... E cosa ti ha detto?"
 "Che ti dimetterà oggi... Gli ho promesso che non farai più alcuna stupidaggine!"
 "Io... Io non volevo!"
 "Lo so, piccola! E comunque sai bene che non ti permetterò più di farti del male!"
 La sentì fremere e le parole che disse, furono solo un sussurro.
 "Mi dispiace, ma non mi sono resa conto che... Che avrei potuto farle del male!"
 "Piccola, devi promettermi che mai più, per nessuna ragione, smetterai di pensare a te stessa! Sei troppo preziosa per lei e per me! Giurami che ti curerai, che ti amerai quanto ti amo io!"
 Francesca rimase in silenzio per qualche istante, lo guardò negli occhi e vide la preoccupazione e l'angoscia che doveva provare. Annuì e gli accarezzò la guancia.
 "Ti prometto che farò attenzione e che il mio stupido orgoglio non prevarrà mai più! Non ti lascerò andare via! Sei tu la mia vita, Chicco!"
 Poi senza pensare lo baciò con amore e lui la ricambiò.
 Francesca non vide le lacrime che gli solcarono le guance.
 Lacrime di sollievo e di felicità, quella che era certo, avevano ormai conquistato.

 La giornata passò serena, suo padre le aveva fatto visita per pochi istanti, forse imbarazzato dalla presenza di Riccardo. Poi finalmente, il medico le permise di prepararsi e tornare a casa.
 Marcella osservava la figlia che si vestiva e sistemava le sue cose nella borsa e lo faceva con allegria, come se in lei qualcosa si fosse riacceso.
 “Mamma... Io vado a casa mia...”
 Le disse quasi con timore, come se quella verità fosse inaccettabile per la madre.
 “Cosa?”
 Chiese curiosa.
 “Vado a casa mia, nella nostra casa...”
 Marcella rise.
 “Oh... Ma certo! Non pensavo saresti venuta da noi! Le tue cose sono pronte. Ho fatto preparare da Marta tutto quanto. Tutti i vestiti, i ricordi. Sono negli scatoloni."
 Poi le porse un trolley.
 "Questa è una piccola borsa per questa notte. Ma domani ti farò avere il resto!”
 “Papà non ne sarà felice...”
 “Lo sai, non importa! E poi credo abbia capito una cosa. Tu e lui siete nati per stare insieme e se ne farà una ragione! Però ti chiedo di prenderti cura di te stessa! Per favore, bambina mia! E prenditi cura anche di lui!"
 “Lo farò!”
 Rispose con un sorriso che racchiudeva la sua riconoscenza per il sostegno.
 “È tornato Riccardo... Vi lascio! Chiamami quando ne hai voglia! Riccardo, per favore, te la affido... A presto!”
 “Se vuoi puoi accompagnarci...”
 Disse Riccardo, mentre si avvicinava alla sua donna e le baciava le labbra.
 “Ti ringrazio, ma no! Forse avete qualcosa da recuperare!”

 Aprì quella porta che era rimasta chiusa per troppo tempo e la fece entrare per prima. Appoggiò le borse nell'angolo e si tolse il maglione, buttandolo per terra. Le parve un po' spaesata e la vide guardarsi in giro quasi circospetta.
 "Anche a te sembra un po' strano, non è vero?"
 Disse mentre la abbracciava. Lei scosse la testa.
 "Non è strano. Il mio cuore è rimasto qui..."
 "Il mio è sempre stato con te!"
 Lei lo guardò ma non gli disse che si sentiva a disagio.
 Quella casa era la loro casa. L'avevano scelta insieme e lei si era divertita ad arredarla. L'ultima volta che ci era stata, avevano fatto l'amore. Poi lui era andato via. Socchiuse gli occhi.
 Era andato via perché era stata una stupida, ma lui...
 Si sentiva male pensando alle altre donne ed era strano. Ma quella casa aveva risvegliato in lei la paura e il dolore provato. Mentre lasciava che lui la stringesse, guardò il soggiorno.
 Era ordinato e pulito e le sembrò strano. Sospettò fosse stata sua madre ad occuparsene. Il mazzo di fiori posto sul tavolo, era un chiaro segno che ci fosse la sua mano.
 Riccardo si allontanò da lei e le spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
 “Vuoi aspettarmi? Devo davvero fare una doccia! Sul serio, piccola, mi sembra di essermi rotolato nel fango...”
 Le disse ridendo.
 “Vengo anche io...”
 “Non è necessario... Tu mettiti sul davano, accendi la TV o lo stereo...”
 “Voglio guardarti anche io...”
 Aveva bisogno di vederlo, di toccarlo, non voleva aspettare e non voleva rimanere sola nemmeno per un momento, non nella loro casa.
 Come se lui le avesse letto nei pensieri, la baciò dolcemente,  senza aggiungere  nemmeno una parola, le prese la mano conducendola in bagno.
 Gli sbottonò la camicia, con calma e sentì i brividi percorrere la sua pelle ad ogni tocco. Lasciò fosse lui a spogliarla.
 L'acqua scorreva, bagnando i loro corpi; ma non era il calore dell'acqua a riscaldarli, erano le loro mani che si sfioravano, che si cercavano. Da quanto tempo non sentivano quelle sensazioni? Si accarezzavano e le dita erano sensibili e la loro pelle reagiva facedoli sussultare.
 Rimasero in quel bagno per molto tempo e poi si vestirono insieme, senza fretta.
 Non furono necessarie le parole, si erano detti tutto solo con gli occhi. Avevano ritrovato un po' dell'intimità che credevano persa.
 Francesca si sedette sul divano, cercando di riprendere confidenza con quell'ambiente tanto familiare ma anche lontano. Era stanca ma non aveva alcuna voglia di dormire. Incrociò le gambe con un po' di fatica e aspettò che lui finisse di trafficare in cucina e la raggiungesse.
 “Farfallina, cosa mangiamo stasera?”
 Le chiese allegro.
 “Vuoi uscire?”
 “No!”
 Disse prendendole un mano e baciandole il palmo.
 “Non sono malata...”
 “Ma io non lo credo! Usciremo domani, se vorrai... Stasera voglio solo stare con te. Soli...”
 “Hai passato tre giorni in ospedale...”
 “I più belli da tanto tempo, ma qui è diverso, è casa nostra e possiamo fare quello che vogliamo! E io voglio ordinare qualcosa di buono, cenare e sdraiarmi su questo divano a guardarti. Tu puoi leggere o guardare un film!”
 “E se ti guardassi anche io?”
 Gli disse sorridendo.
 Gli occhi di Riccardo incontrarono quelli di Francesca e lui provò il desiderio di averla.
 Nella tranquillità e nel silenzio di quel bagno, i suoi sensi addormentati, si erano risvegliati e il bisogno che lei gli desse amore, lo divorava.
E il suo bisogno, non era solo fisico. Era qualcosa di più forte del mero compiacimento. Aveva bisogno che lei gli regalasse se stessa e voleva darsi a lei per dimostrare che nulla era cambiato.
 Si fece serio e con il pollice le sfiorò il labbro inferiore, per poi baciarglielo.
 “Io... Io voglio fare l'amore con te!”
 Francesca si irrigidì e sentì uno strano connubio di piacere e timori.
 Osservò l'espressione del suo uomo e vi lesse la stessa voglia di sempre e l'amore che provava, anche lei aveva bisogno di sentirlo. Di sentire lui e il suo cuore battere dentro di lei, ma era pronta?
 “Io... Io ho paura!”
 Riccardo aggrottò la fronte e le chiese, perplesso:
 “Di me? Non ti farò del male e non ne farò alla bambina! Il medico ha detto che non è un problema...”
 Improvvisamente le guance di Francesca si colorarono di rosso, spalancò gli occhi e lo guardò con imbarazzo.
 “Gliel'hai chiesto? Mio Dio, Chicco! È il mio medico! È imbarazzante!”
 “Imbarazzante?”
 Chiese senza capirla.
 “Sì, lo è! Sei un idiota!”
 “Facciamo lamore?”
 La provocò con malizia.
 “No!”
 Rispose, spingendolo più lontano da lei.
 “Lo sai, vero, che non smetterò di chiedertelo?”
 Il sorriso che aveva dipinto sul volto, la fece ridere.
 “Perché sei un arrogante prevaricatore!”
 “Sì e perché ti desidero, ma sono anche terribilmente affamato! Quindi, come prima cosa mangeremo! Poi ne riparleremo!"
 Disse, alzandosi.
 "Chicco... Io... Non voglio deluderti!"
 Una scossa percorse  la sua schiena. Si fermò e cercò di capire cosa stesse provando in quel momento e cosa provasse lei.
 Si voltò e la vide con la testa china, intenta a stropicciare un cuscino che aveva tra le mani.
 "Tu... tu non puoi deludermi!"
 “Io... Io sono orribile. Mi faccio schifo!”
 Quando alzò gli occhi su di lui, erano pieni di lacrime e sentì la rabbia che scorreva nelle vene. Rabbia verso se stesso, perché aveva permesso alla sua meravigliosa donna di arrivare a pensare una cosa tanto orribile.
 “Tu sei sempre così attraente, invece!”
 Si inginocchiò davanti a lei
 “Tu sei una pazza idiota, non io! Tu sei bellissima e ti desidero più di qualsiasi cosa al mondo. Sei la donna più bella che abbia mai guardato. Sei la mia donna e ho bisogno di te e delle tue mani, delle tue carezze e dei tuoi baci! Voglio fare l'amore con te! Ma non solo perché quando mi tocchi  sento i brividi! Non solo perché sei ecitante e attraente! Voglio sentirti mia e voglio che mi ami! Ho bisogno di te, piccola! Lo capisci?”
 Si alzò e la prese tra le braccia, portandola nella loro camera e sdraiandola sul letto.
 La strinse tra le braccia e le baciò la bocca con dolcezza. La sentiva tremare, era tesa, a disagio, aveva paura delle sue mani e del suo tocco e lui lo percepiva. Sentì la bocca riempirsi di amaro e la consapevolezza che fosse tutta colpa sua, lo faceva stare male.
 "Devi rilassarti, amore mio! Io voglio solo che tu stia bene! Voglio solo vederti sorridere e voglio tu sia felice! Non mi importa nulla del tuo corpo! Potresti essere enorme, oppure un passerotto, ti amerei comunque! Ma ti giuro, Farfallina, che sei bellissima e... Oh, piccola, se solo potessi vedere quello che vedo io..."
 “Ho paura e non solo che tu possa trovarmi orribile... Ho paura di te! Di quello che puoi farmi!”
 "Non ti fidi di me?"
 Chiese sempre più devastato.
 "No, io..."
 "Per favore, piccola! Dimmi quello che provi! Dimmi cosa senti!"
 "Chicco... Sei andato via! Mi hai lasciato sola! Ti avevo chiesto tempo... Solo un po' di tempo! Avevi promesso di starmi vicino, di seguire la gravidanza..."
 Sospirò e deglutì, nonostante la bocca fosse disidratata.
 "Non riuscivo a guardare i tuoi occhi! Erano pieni di male... Ero io ad avertelo fatto quel male! E... Ho sempre solo voluto te, stare con te, baciarti, toccarti... Ma credevo che tu stessi meglio senza di me!"
 "Mi sei mancato così tanto... Avrei solo voluto che tu fossi qui... Volevo poter contare su di te!"
 Gli disse sussurrando tra i singhiozzi.
 "Mi sono sentita... Io credevo che saresti tornato... Credevo... Credevo avresti lottato per me! Sono stata così stupida! Non ho mai smesso di amarti, Chicco! Era solo il mio orgoglio! Ero... Ero arrabbiata! Volevo che soffrissi anche tu e che per una volta, una sola nella mia vita, fossi tu a... A perdere! Invece... Non è una guerra! Tu... Tu hai sofferto! Io lo so! Ed è colpa mia! Non ti sono stata vicina, ho ignorato le tue suppliche! Sono orribile! Ho... L'ho odiata! Volevo che lei morisse e lo volevo perché sapevo che ti avrebbe distrutto! Come puoi amarmi? Come puoi desiderarmi? Sono meschina, cattiva!"
 "Guardami, piccola!"
 Le braccia abbandonarono la sua schiena e le mani cercarono il suo viso, sollevandolo e imponendole di guardarlo.
 "Io avrei solo dovuto capirti! Avrei solo dovuto restare qui ad aspettarti! Non puoi deludermi perché non sei tu ad aver mentito! Io con te ho sempre perso, hai capito? Ho perso anni che avremmo potuto vivere insieme, ho perso un figlio, per il mio egoismo! Ho rischiato di perdere te, per la mia superficialità e per la mia debolezza! Non dirlo mai più che sei meschina! Non lo sei, amore mio! Sei fiera, orgogliosa! Sei forte e sei la vita! Il tuo sorriso è tutto, piccola!"
 Francesca spostò un mano, fino a toccargli il viso. Asciugò la lacrima che gli bagnava la guancia e non la spostò, cercando di cancellare il sale dalla sua pelle.
 "Io non so se puoi, ma te lo chiederò lo stesso! Dammi un'altra possibilità! Non farmi morire... Per favore, amami! Me lo avevi promesso! Mi avevi promesso che mi avresti amato nonostante tutto..."
 "Ma io ti amo! Ti amo da sempre e sarà così per sempre... Ma tu? Il tuo amore è abbastanza? Andrai via di nuovo?"
 "No... Te lo giuro! Sei tutto!"
 "Sono tutto? Ma quella donna mi ha sostituita... Ti ha dato tutto quello che io non ti ho dato!"
 "Niente! Non mi ha dato niente! Fingevo fossi tu! Chiudevo gli occhi e fingevo di essere dentro di te e ogni volta era più frustrante... Per favore, voglio solo che tu mi perdoni! Per tutto!"
 "Per favore, abbracciami! Sono stanca! Di tutto, Chicco! Abbracciami e basta!"
 La strinse mentre entrambi piangevano tutte le loro lacrime. Lacrime che, mescolate, assumevano un sapore meno amaro.
 "Ti amo, ti amo così tanto!"
 Le sussurrò, dopo un tempo indefinito.
 Francesca, esausta, si era lasciata andare e si era addormentata.
 La guardò e sorrise.
 "Morirei per te, piccola!"
 Si alzò e la coprì con una coperta, poi, dopo averle dato un'ultima occhiata, lasciò la camera.
 Prese il telefono e ordinò la cena, Francesca doveva nutrirsi e fino a quando, non si fosse rimessa completa, si sarebbe preso cura di lei.
 Mentre aspettava la consegna,si accasciò sul divano e si massaggiò le tempie. Ripensò agli ultimi mesi e a quanto si fosse sbagliato.
 La sua Farfallina, non aveva smesso di amarlo, semplicemente, per l'ennesima volta, lui non l'aveva compresa.
 Dopo qualche minuto, il portiere lo avvertì che la cena era stata consegnata e, con solerzia, sistemò ogni portata su un vassoio, in modo ordinato. Prese un fiore rosso dal mazzo che era stato posto al centro del tavolo e tornò in camera da letto.
 Lei era rimasta nella stessa posizione, con i capelli sparsi sul cuscino, le labbra socchiuse e le guance ancora umide.
 Una mano era poggiata sulla sua meravigliosa pancia.
 Si avvicinò lentamente, per godere ancora per qualche istante di quella visione che lo portava in paradiso.
 Appoggiò il vassoio su letto e intrecciò le dita alle sue, sentendo un lieve movimento che lo fece sorridere.
 "Farfallina, è arrivata la cena!"
 La svegliò con un bacio e la trovò buffa mentre sbatteva le palpebre infastidita dalla luce.
 "Oh... Mi sono addormentata!"
 "Sei ancora molto provata, piccola! È normale! Devi riposare, ma prima..."
 Le indicò il vassoio e prese il fiore, porgendoglielo.
 "Prima devi cenare!"
 Prese il fiore e lo portò alle narici.
 Non avevo nessun profumo, forse perché quello del suo uomo la inebriava e cancellava ogni altro odore.
 "Se ti dicessi che non ho fame, mi obbligheresti a mangiare, non è vero?"
 Annuì e alzò le spalle.
 "Ovvio! Sia io che la mia bambina siamo affamati, quindi non puoi rifiutarti!"
 Francesca scosse la testa, rassegnata e diede un'occhiata al vassoio. Riccardo aveva ordinato i suoi piatti preferiti e primavera a disposti con ordine e dedizione.
 "Li ho ordinati al ristorante che ti piace... Solo per stasera! Domani ti preparerò io la coazione e il pranzo e, se vorrai, domani sera potremmo uscire... O cucinare insieme! Tu sei un disastro, ma io no!"
 Sorrise e lo baciò.
 "Un giorno alla volta..."
 Riccardo le sorrise.
 "Sì, un giorno alla volta, per tutta la vita! Ora... Ora mangiamo!"
 Si lasciò convincere e fu bellissimo.
 Cenarono insieme, nel loro letto, parlando della bambina.
 "E... E come sta andando il tuo lavoro?"
 Gli chiese con un filo di apprensione.
 "Bene... Credo! Ho mollato tutto e... E non lo so! Forse Forbes mi metterà alla porta!"
 "Mi dispiace... È colpa mia!"
 "Ehi... No! Io non sarei mai dovuto andare in Texas! Avrei dovuto lavorare qui! Sono io ad aver sbagliato! Ma lo sai? Non mi importa! Mi sono divertito! È stato davvero entusiasmante lavorare a quei progetti, ma il lavoro non è così importante! E se temi che non possa provvedere a te e alla bambina, ti informo che ho un discreto gruzzoletto per i momenti di bisogno!"
 Disse, scherzando.
 "Che stupido! Sai bene che non mi riferisco a questo! E comunque ti ricordo che anche io ho un piccolo capitale e ho un lavoro!"
 Rise e continuò.
 "Allora, tu potresti lavorare e io crescere la bimba! Ti aspetterei a casa, cucinerei..."
 Francesca scoppiò a ridere e gli diede un buffetto sulla spalla.
 "Sono sicura che il tuo mentore non ti lascerà andare! Sei così intelligente..."
 "Forse... Domani lo chiamerò, ma non voglio parlarne adesso! Te l'ho detto: non è importante!"
 "E cosa vuoi fare allora?"
 La guardò. Avrebbe voluto amarla. Avrebbe voluto farla sua ma non le avrebbe messo fretta.
 "Ora porterò questi piatti in cucina e ti lascerò riposare!"
 Le sfiorò le labbra con un bacio e si alzò dal letto, prendendo il vassoio.
 "Chicco... Io..."
 "Piccola, non devi dire nulla! Non è necessario! Io sono felice di essere qui, nella nostra casa! Buona notte, amore mio!"
 Annuì e lo vide uscire dalla camera da letto.
 Si sdraiò e si raggomitolò sotto le coperte, chiudendo gli occhi.
 Riccardo invece si buttò sul divano, cercando di non pensare più a nulla.
 Nonostante lei non gli avesse chiesto di passare la notte insieme, era sereno, perché erano insieme.
 "Chicco!"
 Si era addormentato e la sua voce gli arrivava quasi ovattata. Del resto, aveva passato tre notti in bianco e il suo corpo aveva ceduto al torpore.
 "Chicco, che cosa fai?"
 "Farfallina..."
 "Non puoi dormire qui!"
 Si stropicciò gli occhi e si mise seduto. La vide davanti lui, con la stessa tuta che indossava prima, con gli occhi grandi, aperti e curiosi.
 "Non avevo voglia di cercare le lenzuola per il letto dell'altra camera..."
 "Dovresti dormire nel nostro letto!"
 Scosse la testa e le prese la mano.
 "Sto bene qui! Davvero, non devi preoccuparti! Non ti sto chiedendo niente!"
 "Lo so! So che non mi stai chiedendo nulla! Sono io che ti chiedo di venire di là!"
 "Ehi, se non sei pronta, non ti toccherò nemmeno con un dito. Voglio solo tu stia bene, che tu sia serena. Ti giuro, che se non vuoi che ti stia vicino, non ti obbligherò! E mi va bene, devi credermi! Dormirò qui, sul divano... Ti darò tutto il tempo che ti serve!"
 "È... È stupido e sbagliato!"
 "Forse, ma l'unica cosa che voglio e restare qui! Quindi ti chiedo solo di non lasciarmi!"
 "Cosa?"
 Chiese stupita.
 "Ho paura... Paura che non riuscirai a perdonami davvero! E io non posso vivere senza di te! Per favore! Non lasciarmi mai più! Io ho bisogno di te! Sei tutto... Ti prego, amore mio!"
 "Chicco, ma di cosa parli?"
 "Io ti ho tradito! Ho avuto altre donne in questi mesi..."
 "Non dirlo più, per favore! Non voglio più sapere niente!"
 "Voglio che tu sappia che c'è stata una donna... Una donna che ho frequentato per un po'! Non contava nulla, ma per un po'... Beh, lei... Io credo che lei abbia creduto che potesse nascere qualcosa! Quando l'ho capito è finita!"
 "Basta, per favore!"
 "Non voglio dormire con te, se non mi perdoni! Ma per farlo, devi sapere tutto!"
 Francesca ritirò la mano che lui le stava stringendo e cercò di elaborare le sue parole.
 Si passò le mani tra i capelli e si asciugò le lacrime che non era riuscita a trattenere.
 Il suo Chicco aveva avuto delle storie lontano da lei. Lo sapeva, lo aveva immaginato, ma faceva male. Faceva male sapere che le sue mani avevano toccato un altro corpo, per l'ennesima volta. Ma voleva che il passato non interferisse più.
 Lo conosceva da sempre, conosceva le sue debolezze, le sue fragilità. Lo amava anche per quelle sfumature del suo essere. E voleva dimenticare tutto. Voleva ricominciare.
 Si voltò, vedendolo affranto, con il volto triste e sconvolto.
 Gli tese la mano e quando lui gliela strinse, disse:
 "Chicco, facciamo l'amore! Ho bisogno di te! Per favore, dimentichiamo tutto! Dimentica tutto! Dimentica lei..."
 "Lei non è niente!"
 "Allora dimentica il suo corpo, i suoi baci! E falli dimenticare anche a me! Dimostrami che per te sono davvero l'unica donna! Dimostrami che mi ami! Fammi sentire bella! E non lasciarmi! Non lasciarmi mai più!"
 Riccardo si alzò in fretta e la strinse tra le braccia.
 Fu un abbraccio lungo, disperato e pieno di bisogno e significato.
 Quando i loro corpi si staccarono, la prese tra le braccia, la portò sul letto e senza parlare, la spogliò e baciò ogni centimetro del suo corpo prima di entrare in lei.
 La amò con delicatezza, con dolcezza,  donandogli tutto se stesso e facendole ricordare che era una donna bellissima e desiderabile. Lui non aveva mai avuto dubbi che lei fosse l'unica e lei si diede a lui come se fosse la prima volta. Lui sentiva il suo amore, lei cancellò il suo dolore e lui tutte le sue paure. Nessuno dei due si sentiva così appagato da tanto tempo. Per lui riscoprire quelle sensazioni fu come tornare alla vita e lei dimenticò il disgusto per il suo corpo e per se stessa. L'inferno in cui erano sprofondati, si era trasformato in pace, in gioia, in amore.
 Erano tornati ad essere una sola cosa.
 Si appartenevano.

°°°°°°°°°°°°
Ok, sono imperdonabile!
Posso cercare di discolparmi, dicendo che ho avuto l'influenza (è vero), ma vi assicuro che sono la prima a sentirmi in colpa!
Questo capito è stato durissimo!
Perché c'erano talmente tante cosa da chiarire, che non potevo certo farli tornare insieme senza alcun chiarimento. In realtà avranno modo di parlare ancora, ma c'è tempo, no?
Non questo capitolo ho disseminato alcuni indizi su come intendo concludere la storia, ma questo qualche capitolo, i miei due piccioncini, avranno un po' di tregua e saranno felici.
Io spero che questo capitolo sia abbastanza chiaro, non troppo fumoso.
Vi abbraccio!

E adesso voglio lasciare un piccolo pensiero ad una donna che mi segue e mi ha fatto capire una cosa. Una cosa che non credevo davvero di poter pensare.
Ho iniziato a scrivere per dare voce alle mie fantasie, per me stessa. Adesso invece scrivo soprattutto per chi legge! Se solo avessi un'unica lettrice e fosse lei, sarei felice ugualmente.
Grazie!
Amiche, magari lontane, senza volto, ma reali!

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Capitolo 19
*** 19 ***


Dopo tanto tempo, troppo, pubblico questo capitolo, difficile, perché i sentimenti espressi, sono molto forti. E sono sentimenti che in questo momento, mi sembrano lontani.
Vorrei chiarire che io non so come ci si sentono certi momenti, quando nasce un figlio, quando la vita ti cambia all'improvviso, nonostante ci si sia preparati per tanti mesi, quindi spero di essere riuscita, anche solo un po' a rendere l'idea di quello che credo saranno le mie emozioni, senza sminuire in alcun modo, la realtà vissuta da chi ha una vera famiglia.
E ora... Beh vi chiedo scusa! Scusa per aver tardato tanto, scusa perché è davvero un periodo difficile e non ho idea di quando riuscirò a pubblicare il prossimo.
Scusa ad una persona in particolare, che spero non si sia stancata di aspettare e che abbia ancora la voglia di leggermi. A te, perché ti assicuro che avrò abbandonato questa storia se non avessi pensato a te!


Capitolo 19

 Dopo aver fatto l'amore a lungo, dopo essersi dedicati a loro, al loro bisogno e alle loro emozioni, esausti, si erano addormentati, l'uno tra le braccia dell'altra.
 Riccardo aveva aperto gli occhi proprio nel momento in cui la sua bambina aveva cominciato a muoversi. Sorrise e si convinse che la bimba volesse dargli il buongiorno.
 Si godeva quel momento, inebriato dall'odore della sua Farfallina e la morbidezza della sua pelle. La luce filtrava dalle finestre e probabilmente il sole era già sorto da un pezzo.
 Ma sarebbe rimasto in quel letto per tutto il giorno.
 Era come se non avesse alcuna preoccupazione, come se i problemi, gli impegni, fossero stati cancellati. Non c'era niente che gli importasse. Solo lei e la sua bambina.
 Non si accorse che lei si era svegliata e quando sentì la sua voce calda e dolce, fu come se quel suono, percorresse ogni fibra del suo corpo.
 "Buongiorno, amore mio"
 Chiuse gli occhi e lei sentì che sorrideva. Il suo respiro le fece il solletico e quando lo sentì spostarsi verso di lei, lo accolse tra le braccia, come fosse un bambino bisognoso si coccole.
 "Buongiorno, Farfallina!"
 "Sono... Sono felice!"
 Gli disse, mentre lui le baciava il seno e avvolgeva la sua pancia con un braccio.
 "Anche io, piccola!"
 Portò una mano ai suoi cappelli e cominciò ad accarezzarlo con le dita, quel tocco tanto tenero, lo fece completamente rilassare.
 Rimasero a coccolarsi per un tempo indefinito, tra carezze e piccoli baci.
 Ogni tanto, la bambina si faceva sentire, facedoli sorridere.
 "Lo sai, è incredibilmente attiva stamattina!"
 "Forse è felice anche lei."
 "Sono sicura di sì! Ora ha vicino il suo papà!"
 Riccardo si sentì lusingato.
 "Lo pensi davvero?"
 Francesca annuì, sicura.
 "Certo! Lei ti sente, sente il tuo amore e... E sente anche me! E io non sono mai stata più felice!"
 Riccardo sentì il sangue scorrere veloce nelle vene, gli sembrava quasi di sentirne il rumore. Le dita di Francesca, scesero sulla sua guancia e poi sul collo, facendolo rabbrividire.
 Quelle carezze non erano dolci, ma piene di desiderio e si sollevò, su di lei, che portò la mano sul suo petto.
 "Sei così bello, Chicco..."
 Era ammaliata da lui, dal suo corpo, dalla sua pelle e avvicinò il viso, fino a sfiorargli le labbra.
 "Farfallina..."
 Sorrise maliziosa e riuscì a vedere negli occhi del suo uomo il desiderio. E si sentì bella, nonostante tutto.
 Lui la guardava e prima di baciarla, si prese qualche istante per ammirarla.
 "Dimmi che mi vuoi..."
 "Tu lo sai!"
 "Sono un egocentrico e adoro sentirti dire che mi desideri..."
 Le sue labbra si piegarono in un sorriso irresistibile e lei sentì il bisogno di averlo dentro di lei crescere e, facendo leva sul gomito, si impossessò delle sue labbra.
 Oh, il suo sapore la faceva impazzire, la sua bocca così morbida e accogliente, l'aveva sempre portata all'oblio e i suoi baci, sempre più audaci, la fecero gemere.
 Quel suono così sensuale, gli fece dimenticare quanto fosse fragile e, mentre la notte precedente l'aveva amata con tenerezza, quella mattina la fece sua con passione, assecondando i loro istinti. Ascoltò ogni sfumatura della sua voce, seguì i suoi movimenti che la rendevano così diversa da ogni altra donna, che lo portavano a godere di ogni tocco e sprofondava sempre più nel piacere più istintivo e fu difficile trattenersi.
 E quando, l'espressione di lei mutò, quando la sentì cedere, raggiunsero l'apice insieme, soffocando in un bacio il loro piacere e rubandolo l'una all'altro.
 Riccardo, si lasciò cadere sul letto, sfinito e appagato e la costrinse ad accoccolarsi accanto a lui, stringendola a sé.
 Aveva la pelle sudata ed era abbandonata a lui.
 "Sei meravigliosa, Farfallina!"
 Lei non gli rispose, ancora sconvolta dalle sensazioni provate e che l'avevano scossa nel profondo.
 Era stato tutto perfetto. Come se il tempo non fosse passato. Perché la notte precedente si erano riscoperti, con timore e timidezza, si erano ritrovati. Ma quella mattina erano tornati ad amarsi con quella passione che li travolgeva, seguendo i loro istinti e il loro bisogno ed era stato semplicemente incredibile.
 "Ti amo più della mia vita, Chicco!"
 Sorrise e la coccolò ancora a lungo.
 Fu Riccardo ad interrompere quel silenzio pieno di significato.
 “Ci alziamo?”
 Disse sollevandosi e cercando l'orologio sul comodino.
 “No...”
 Francesca nascose la testa sotto il cuscino, facendolo ridere.
 “Piccola... Non fare i capricci! Ho promesso che non avresti saltato nemmeno un pasto e l'ora della colazione è passata da un pezzo! Quindi, esci dalla tana: dobbiamo mangiare!”
 Si alzò dal letto, infilandosi un paio di pantaloni della tuta e vedendo che lei continuava a fingere di non sentirlo, le rubò il cuscino e la obbligò a mettersi seduta
 “Non ne ho voglia! Per favore, non obbligarmi!”
 Alzò gli occhi e li inchiodò a quelli del suo uomo.
 “Davvero? Davvero credi che possa cedere ai tuoi occhioni supplichevoli? Farfallina, come sei buffa! Vestiti! Preparo una pasta e... non lo so, inventerò qualcosa!"
 Dopo aver indossato anche una maglietta, uscì dalla camera, lasciandola sola.
 Francesca sbuffò e, sconfitta, si diede una rinfrescata in bagno e poi con poca convinzione si vestì velocemente, prima di raggiungerlo.
 Riccardo era di spalle, armeggiava con pentole e fornelli e lo trovò irresistibile. Si avvicinò a lui e lo abbracciò, sentendolo sussultare.
 "Siediti!"
 Obbedì e appoggiò il mento sui palmi delle mani, con un'espressione innamorata e un po' buffa, la stessa che aveva quando si intrufolava nella sua camera e passava il tempo a guardarlo studiare.
 Riccardo rise e, mentre sistemava la tavola, appoggiò l'indice sul suo nasino.
 "Guardarmi così, non ti esimerà dal mangiare, lo sai, vero?"
 "E come ti starei guardando?"
 "Come i bambini capricciosi!"
 "Volevo essere seducente!"
 Gli disse un po' arrabbiata.
 "Farfallina, primo: non ha bisogno di sedurmi, mi eccita solo l'idea che dopo pranzo torneremo a letto! Secondo: non mi distrarrai! Ho preso un impegno!"
 Le porse un piatto pieno di cibo e lei lo guardò con orrore.
 "Pensi possa starci tutto nel mio stomaco?"
 Si sedette davanti a lei e cominciò a mangiare.
 "Siete in due, no?"
 "Chicco, questa è una stupidaggine, lo sai, vero?"
 Senza cambiare espressione, la invitò ad assaggiare. Prese la forchetta e con poca convinzione, si portò alla bocca un po' di cibo.
 "Allora? Che te ne pare?"
 "È buono..."
 Fiero di se stesso, sorrise.
 "Quando la mia bambina sarà abbastanza grande, andremo in barca. Faremo un viaggio ai Caraibi e mi occuperò di pescare del pesce e lo cucinerò per voi!"
 Lo guardò con aria sognante, ricordando le loro fughe.
 "Sarà bellissimo!"
 "È bellissimo! Anche ora è bellissimo!"
 Francesca annuì e si dimenticò della quantità di cibo che le aveva messo nel piatto e, tra un bacio e una carezza, nemmeno si rese conto di aver finito tutto.
 La guardò soddisfatto ma non gli fece notare che era felice che si fosse nutrita.
 Passarono la giornata facendo l'amore e lui si fece coccolare, egoista e bisognoso delle sue attenzioni, cercando di recuperare i mesi di solitudine e frustrazione. E lei, che quelle attenzioni, le aveva sempre e solo riservate a lui, rifioriva ad ogni carezza e abbraccio.
 Avevano trascorso quelle ore, come se il mondo fuori da quelle mura avesse smesso di esistere, fino a quando Francesca ricevette un messaggio da Bolanos.
 "Ehi, Farfallina, chi si è permesso di diaturbarci?"
 Le chiese con ancora la testa appoggiata sulle sue gambe, mentre si faceva accarezzare i capelli.
 "Bolanos... Lavoro, mio adorato amore!"
 "Tu non stai lavorando..."
 "Fino alla scorsa settimana sì, però!"
 "Devi prenderti cura di te stessa! Non tornerai al lavoro!"
 Appoggiò il telefono sul letto e incrociò le braccia.
 "E chi lo dice?"
 Riccardo aprì gli occhi e la guardò perplesso.
 "Non mi dirai quello che devo fare! Decido io! È il mio lavoro!"
 Eccola lì la sua farfallina combattiva e decisa, pronta a lottare con le unghie per le sue idee e la sua libertà. Era sempre stata così, anche quando faceva la modella e lui sminuiva il suo lavoro. Quanto adorava vederla arrabbiata, furiosa, mentre sosteneva le sue ragioni.
 Si voltò su un fianco, sorridendo malizioso.
 "Ti ho mai detto quanto sia sexy il modo in cui ti innervosisci?"
 "Non sto scherzando, Chicco! Nemmeno tu puoi dirmi come gestire il mio lavoro!"
 Le baciò le cosce e le strinse i fianchi.
 "Non lo farei mai, ma non ti permetterò di correre rischi!"
 E l'espressione divertita era cambiata, diventando seria.
 Francesca sospirò.
 "Non ho intenzione di correre rischi! Suarez mi ha concesso un periodo di aspettativa. Sono stata ricoverata dopo essere svenuta mentre stavo realizzando un servizio e anche loro si sono spaventati! Mi... Mi vogliono bene, sai?"
 "Se così non fosse, sarebbero degli idioti! Sei adorabile!"
 Fece una piccola smorfia che voleva essere un sorriso.
 "Mi tratti sempre come una bambina! Mi vogliono bene, ma non perché sono "adorabile"! Mi rispettano perché sono... Sono brava!"
 "Lo so! Sembra tu creda che pensi il contrario..."
 "Beh... Tu non hai mai creduto in me! Non hai mai pensato che il mio lavoro fosse qualcosa di importante."
 Chicco sospirò e le sorrise.
 "Vero! Ma tu sai che ho sempre considerato il mondo della moda stupido! Invece trovo le tue foto semplicemente meravigliose! Non capisco nulla, in realtà, ma i tuoi scatti sanno suscitare delle emozioni... Come un quadro, una canzone... Sei un'artista, Farfallina! Quindi posso metterlo su carta! Io, Chicco, dichiaro di considerare il tuo lavoro qualcosa di importante..."
 Lei fece per zittirlo, ma lui continuò con teatralità.
 "Ma, senza diritto di replica, dichiaro che né il tuo, né il mio lavoro, sono importanti quanto la tua salute e quella della mia meravigliosa piccola te!"
 Cercò le parole per replicare, ma non gli venne in mente nulla da dire.
 Cosa avrebbe potuto dire? Riccardo aveva lasciato il suo lavoro per correre da lei.
 "Ok... Tornerò al lavoro solo quando sarà nata! Ma tu?"
 Inarcò un sopracciglio e solo in quel momento ricordò che molto probabilmente lui un lavoro non lo aveva più. Forbes era stato vago al telefono e gli aveva inviato alcuni documenti via mail, ma lui nemmeno li aveva letti.
 "E io... Beh, se perdessi il lavoro alla MacTac, non sarebbe poi così grave..."
 La presunzione con cui parlava, era uno dei lati che adorava del suo Chicco. In realtà era consapevolezza. Qualsiasi società avrebbe voluto collaborare con lui.
 "Vuoi dire che non ti importa che i tuoi progetti non vedano mai la luce?"
 "La maggior parte è già stata sviluppata! E persino un bambino riuscirebbe a concludere quello che ho iniziato..."
 "Chicco... Prendi il telefono e chiama il tuo signor Forbes!"
 "Dottore..."
 Puntualizzò facendola irritare.
 "Quello che è! Chiamalo e sistema le cose!"
 "Piccola, perché invece di pensare a queste sciocchezze, non ricominci a coccolarmi? Ne ho tanto bisogno!"
 La supplicò lui.
 "Io non ti capisco..."
 Sospirò e si mise seduto, proprio di fronte a lei.
 "Ho passato la vita a pensare al lavoro. Ho dimostrato a tutti quello che valgo. Adoro la meccanica, lo sai, ma ho smesso di rincorrere il successo nel momento in cui mi sono reso conto che quella continua ricerca mi portava lontano da te. Se vuoi, chiamerò Forbes, ma non lo pregherò per un lavoro!"
 Francesca scosse la testa.
 "Come sei arrogante!"
 Rise e la prese in braccio, appoggiandosi alla testiera del letto.
 "Sono arrogante, mi conosci! Ma farò quello che mi chiedi. Lo chiamerò e poi prenderemo insieme una decisione. D'accordo?"
 "Vuoi che ti dica ciò che penso?"
 "Sempre, Farfallina! La tua opinione è l'unica che mi interessi! Adesso, ti prego, coccolami!"
 Gli disse con gli occhi da cucciolo che la fecero ridere.

 Si svegliò di soprassalto e aprì gli occhi, agitata. Riccardo non era accanto a lei e istintivamente allungò una mano, percependo quella parte di letto ancora calda.
 Si rasserenò, pensando che non poteva essersene andato, anche se per qualche secondo, il terrore che l'avesse lasciata di nuovo, l'aveva sconvolta.
 Si mise a sedere e diede un'occhiata alla sveglia: erano le nove e si chiese dove fosse il suo Chicco.
 Indossò una vestaglia e uscì dalla camera.
 Le sue narici furono inebriare dal profumo del caffè e di quello indescrivibile e meraviglioso del suo uomo e con un sorriso innamorato, lo raggiunse in cucina. Riccardo le dava le spalle, aveva le mani appoggiate sul piano del tavolo, come se gli servissero per reggersi e la testa era girata verso la finestra. Aveva un'espressione tesa, indecifrabile.
 Lo raggiunse in silenzio e avvolse le braccia al suo petto, sprofondò il suo viso sulla sua schiena muscolosa.
 "Ciao..."
 Sentì i suoi nervi distendersi e portò le mani sulle sue per accarezzarle, poi si voltò e la strinse.
 "Ciao, mia Farfallina! Ho preparato la colazione!"
 Francesca si guardò in giro e solo in quel momento, notò la tavola imbandita. Sorrise e lo guardò stupita.
 "Sei incredibile..."
 Scostò una sedia e la invitò a sedersi.
 "Prendo molto seriamente i miei impegni!"
 Si portò alla bocca un biscotto e lo osservò mentre le serviva il tè.
 "Potrei abituarmi..."
 Lui sorrise e scosse la testa ma quando il suo cellulare si illuminò, avvertendolo dell'arrivo di un messaggio, sulla sua bocca si disegnò una smorfia.
 "È successo qualcosa?"
 Gli chiese dopo aver notato la sua espressione.
 "No... Stamattina ho chiamato Forbes, come mi hai chiesto..."
 Gli strinse la mano, dolcemente e cercò di rimanere serena anche se si sentiva in colpa.
 "È andata così male?"
 "Beh, non abituarti troppo alle mie leccornie! La prossima settimana, tornerò al lavoro!"
 Quel senso di disagio che aveva provato, svanì e sulle sue labbra si dipinse un sorriso felice che lo fece sentire in pace con se stesso.
 "Lo sapevo..."
 "Già... Forbes non ha mai messo in discussione il mio posto!"
 "E come avrebbe potuto? Sei un genio! Un bellissimo, dolce e meraviglioso genio!"
 Gli disse alzandosi e andando a sedersi sulle sue gambe.
 La baciò, perdendosi sulle sue labbra.
 "Sono felice! Davvero, sai?
 “Chicco... Sei arrabbiato?”
 “Non sono mai stato tanto bene... Perché me lo chiedi?”
 “Sei un pochino strano... Ti ha chiamato lei?”
 “Lei?”
 “La donna che ti aspetta a Houston!”
 “Non c'è nessuna donna che mi aspetta, davvero, te l'ho detto. Non era niente!"
 Lo guardò e gli accarezzò i capelli con dolcezza e lui rispose a quel gesto appoggiando una guancia sul suo seno.
 "Chicco... Perché non sei mai completamente sincero con me?"
 Lo sentì irrigidirsi e sospirare e dopo qualche istante, chiese:
 "Perché lo credi?"
 "Non capirò mai quello che nascondi, ma so quando qualcosa ti turba! È sempre stato così! Lo capisco dal modo in cui parli, dal tono della tua voce, dal modo in cui mi stai abbracciando... Non... Non voglio obbligarti a parlarmi, ma... Ma io... Io ci sono!"
 La strinse per sentirla completamente addosso e cercò di rilassarsi.
 "Santo cielo, piccola! Senza di te morirei! Non hai idea di quello che sai darmi!"
 Francesca sorrise. Sapeva bene cosa intendesse. Perché lei, senza il suo Chicco, non aveva mai vissuto davvero, sopravviveva. Senza le sue braccia che la stringevano, lei non era che solitudine e speranza. Con lui era una donna, era piena, felice.
 "Non devi dirmi nulla se non vuoi!"
 Lo sentì scuotere la testa.
 "I miei genitori, sono loro che mi hanno cercato!”
 Istintivamente, portò le mani sul suo viso e lo obbligò a guardarla.
 “Ce l'hai con loro?”
 “No! Ho chiuso con loro molto tempo fa!”
 Gli baciò le labbra, accarezzando le sue guance.
 “Per quello che è successo?”
 Si liberò dalle sue mani e affondò nuovamente il volto sul suo seno.
 “Ho semplicemente deciso di non cercare più di compiacerli!”
 Lo accarezzava, cercando di lenire la sofferenza che non riusciva a nascondere e che lei percepiva e che il corpo del suo uomo le trasmetteva.
 “Non l'hai mai fatto...”
 Gli disse dolcemente.
 “Ma ho sempre voluto che mi capissero e mi accettassero per quello che sono! Ho sempre desiderato il loro rispetto...”
 Il suo Chicco, tra le sue braccia, era fragile come un bambino. Il dolore che da sempre lo accompagnava non era mai finito. La delusione che provava per l'atteggiamento che i suoi genitori gli avevano sempre riservato, era quasi tangibile.
 Non poteva fingere che in quel particolare frangente, anche lei aveva giocato un ruolo importante.
 “È colpa mia!”
 Come scosso da quelle parole, si scostò da lei e la guardò.
 “Colpa tua? No, no, amore! Tu sei l'unica che mi ama nonostante quello che sono!”
 "Nonostante quello che sei? Oh, Chicco! Sei tutto per me! Sei il mio sogno da sempre!"
 Le sorrise e la baciò dolcemente.
 "Sono un egoista presuntuoso ed arrogante! Sono egocentrico e ho un carattere terribile! Mi ami e rendi ogni istante indimenticabile! Non riuscirò mai a darti ciò che sai darmi! Tu mi ami! Non mi hai mai giudicato, non mi hai mai chiesto nulla... Sei tutto! Se tu non ci fossi, la mia vita non avrebbe senso! Lo sai?"
 Non riusciva nemmeno a descrivere a se stessa, quello che stava provando. Le sue parole erano emozioni che colpivano il suo cuore e la riempivano di tenerezza. Riccardo, il suo meraviglioso, bellissimo e brillante Riccardo, dentro continuava ad essere lo stesso ragazzo che lottava con se stesso per emanciparsi da una famiglia ingombrante e che sapeva solo mortificarlo.
 “Chicco, anche loro ti amano...”
 Cercò di rassicurarlo ma lo conosceva così bene che sapeva quanto la delusione lo tormentasse.
 “Mi hanno lasciato solo! Non mi hanno creduto! Mi hanno giudicato! Ho sentito mia madre solo quando quella maledetta storia era finita! Non una sola chiamata! Da nessuno di loro! Non pretendevo che accettassero le mie scelte! Ma sono i miei genitori e mi hanno chiuso la porta in faccia.”
 Disse duro. Francesca sospirò e chiuse gli occhi per trovare le parole giuste.
 “L'ho fatto anche io! Anche io ti ho voltato le spalle, anche io non ti ho capito! Ti ho allontanato nel momento in cui avrei dovuto essere solo la tua donna! Ho lasciato  che vivessi quell'incubo da solo... Solo per il mio orgoglio ferito!”
 “Ma tu hai sofferto come me! Di più! Tu eri la vittima di quello che ho fatto... Dei miei errori. Avevi tutto il diritto di odiarmi! E poi... Mi avevi solo chiesto tempo! Invece io ho solo frainteso tutto, perché sono un egoista! Perché non sopportavo la distanza di cui avevi bisogno!"
 "Abbiamo sbagliato! Tutti e due... Siamo due idioti..."
 Gli disse sorridendo e cercando di trattenere le lacrime che non sfuggirono al suo uomo.
 "Siamo un disastro..."
 Le disse, baciandole l'angolo della bocca.
 "Siamo due idioti, forse... Ma siamo una cosa sola... Ma loro... Ti giuro, piccola, mai farò alla nostra bambina quello che loro hanno fatto a me! Non la abbandonerò mai, anche se non capissi le sue scelte, non le accettassi, non le tollerassi. La amerò sempre. Ci sarò sempre, anche solo per farmi mandare al diavolo! Le insegnerò a parlarmi anche quando le sue decisioni saranno opposte a quelle che farei io! Non cercherò mai di imporle nulla! Lascerò che faccia le sue esperienze, i suoi errori e ci sarò quando avrà bisogno di me! Sarà libera di essere ciò che desidera!"
 In quelle parole non c'erano solo promesse, ma i suoi sogni infranti e non capiti.
 “Anche se sbagliasse?”
 “La sosterrei...”
 “È dolce quello che dici!”
 “È la verità! La crescerò libera dalle convenzioni, dal modo di essere dei miei. Le insegnerò a pensare fuori dalle righe e ad essere sempre se stessa! Ma se vorrà essere come mia sorella, andrà bene lo stesso! Ma vorrei fosse impavida, coraggiosa..."
 “Vuoi crescere una piccola selvaggia?”
 Gli chiese ridendo.
 “No, voglio che sia come te! Che sappia andare al di là delle apperenze. Nemmeno io ne sono capace... Che sappia amare come sai amare tu!”
 Lo strinse a sé e sentì il suo sorriso sul seno. Gli baciò i capelli e in quel momento tanto intimo, sentì il bisogno di confessargli quello che aveva provato.
 “L'ho odiata... Ho sperato di perderla! Quel giorno, dopo la visita, quando mi  hai detto che saresti tornato a Houston, ho odiato te e lei”
 "Odiavi me, non lei!"
 "Ho odiato anche lei! La sentivo come un'aliena, qualcosa di tuo che non mi appateneva"
 "Per colpa mia!”
 “Perché era tua, perché era dolore...”
 “E ora non lo è più?”
 “Ho smesso di pensarlo la prima volta che mi ha fatto il solletico...”
 “Avrei voluto essere lì con te!”
 “Avrei voluto fossi con me...”
 La strinse forte, provando a dimenticare tutto quello che era successo. La prese tra le braccia e la portò in camera da letto e la fece sua, amandola con tutto se stesso, come se solo in quel modo riuscisse ad esprimere i suoi sentimenti.

 Armando faceva colazione, diversamente dal solito, in veranda. Da quando Camilla viveva con suo marito ed Edoardo si era trasferito in un appartamento in centro, lui e Betty non erano più così ligi agli usi di quella casa.
 Era pensieroso e da qualche giorno non dormiva bene. Non faceva altro che pensare al figlio. Lo aveva chiamato tante volte da quando era tornato in quella casa, ma lui gli aveva risposto una sola volta, chiedendogli di non cercarlo. Anche Betty ci aveva provato ma a lei non aveva risposto. La sera prima Marcella, aveva detto loro che Francesca sembrava rifiorita e che lui si prendeva cura di lei. Ne era felice, per la piccola Francesca e per la loro bambina. E anche per lui, che aveva dimostrato di non essere solo un ragazzino capace solo di scappare.
 “Tesoro, non stai bene?”
 La voce di Betty lo distrasse dai suoi pensieri e le sorrise, rispondendo con trasporto al bacio che gli diede.
 La donna si sedette accanto a lui e gli strinse un mano.
 "Sei pensieroso da qualche giorno! Sei preoccupato per Riccardo? Temi posso fare altri colpi di testa?"
 “No... Sono sicuro che non commetterà più alcun errore... Se mai ne ha comessi! Vorrei solo potergli parlare... Forse accetterebbe le mie scuse!”
 “È arrabbiato con noi, col tempo gli passerà!”
 Disse sicura la moglie.
 “No, non credo. Penso che non sia arrabbiato... Credo sia qualcosa di più profondo! Io penso si sia sentito tradito. E forse ha ragione!”
 “Diamogli tempo! Presto sarà padre e capirà che si possono fare degli errori...”
 “Noi però non solo non lo abbiamo capito, lo abbiamo solo condannato per i suoi errori. Ci siamo dimenticati dei nostri!”
 “Riccardo ne ha fatti molti!”
 “E noi? Marcella ha ragione... Avremmo dovuto stare dalla sua parte, senza se e senza ma! Questo è un fatto. Non sono mai stato fiero di lui... Mai! Era uno studente eccellente, il migliore. È diventato un ingegnere importante e tutti, tutti lo hanno riconosciuto, ma non io! È sempre stato capace di fare qualunque cosa volesse. Ma io sono riuscito solo a vederlo come un fallimento personale perché non ha mai voluto diventare il presidente della mia azienda. Ho visto solo questo. Michelle sarebbe stato un padre migliore. Lo avrebbe capito e sostenuto!”
 “Non dire così! Per favore non dirlo... Lui non era suo padre!”
 “No... Ma avevi fatto la scelta giusta!”
 “Mio Dio, Armando no! No! È stata la decisione peggiore che una donna avrebbe potuto prendere! E tu lo sai! Ti prego non dirlo mai più! Non è così!”
 “Mio padre lo aveva capito... Riccardo era speciale! È speciale!”
 “Sì lo è, per questo motivo, prima o poi le cose miglioreranno. Ci darà una nipotina... Molto presto stringeremo tra le braccia la sua bambina!”
 “So che non ce lo impedirà, ne sono sicuro!”
 “Lui è il nostro bambino!”
 “Io penso sia un uomo che ha sofferto molto e anche per colpa mia!”
 "Io... Io credo che il suo spirito ribelle... Ci perdonerà!"
 Disse, cercando di convincere prima di tutto se stessa.
 Armando si limitò ad annuire, non troppo convinto. Dopo qualche istante Betty, proseguì.
 “Pensavo di chiamare Francesca, forse lei... Potrebbe parlargli!”
 “Non farlo! Non metterla in una posizione scomoda! Diamo loro un po' di tempo! Ne hanno bisogno..."
 "Ma voglio sapere come stanno..."
 "Se vuoi, mandale un messaggio chiedendole come sta... Ma non chiamarla e non instere se non ti rispondesse! Promettilo, tesoro!”
 Il tono che aveva usato era quasi una supplica che scosse il cuore della donna. Ci pensò per qualche secondo e poi concordò con il marito.
 “Te lo prometto...”
 E rimasero in silenzio, a coccolarsi e cercando di darsi la forza per accettare che il loro comportamento era stato orribile, per accettare che a sbagliare, erano stati solo loro.

 "Perdonare te e come perdonare me stesso! Siamo una cosa sola! I tuoi errori sono i miei! Sei parte di me! Sei il mio cuore!"
 Si era accoccolata accanto a lui e lo aveva stretto forte.
 Era vero. Quando erano stretti, l'uno all'altra, i loro corpi ne formavano uno solo. E quel contatto continuava anche quando si separavano. Erano uniti indissolubilmente, era amore, era un connubio di carne, anima, ragione.
 Si sentivano, sentivano i loro sentimenti, i battiti dei loro cuori come fosse un unico suono.
 E Francesca lo sapeva. Sapeva che fuori dal loro mondo, una parte del suo cuore era ferita. La parte che batteva nel petto del suo uomo.
 Dopo quelle parole, non gli aveva più fatto alcuna pressione. Riccardo riversava il suo amore su di lei e sulla loro bambina non ancora nata. Fantasticava su quanto sarebbe stata bella, intelligente e sperava con tutto se stesso assomigliasse alla sua Farfallina, dolce e capace di volare alto come nessuna. Aveva ricominciato a lavorare ma passava gran parte del suo tempo con lei, prendendosene cura. Ma non era solo per lei che aveva deciso di lavorare in casa, era lui, soprattutto ad averne bisogno. Lei leniva il dolore e placava la frustrazione. Lei era il suo rifugio. La sua casa. Era sufficiente il suo sorriso per fargli dimenticare l'abbandono, la solitudine che da sempre lo accompagnava. Era sempre stato così ma, se prima, era stato in grado di gestire quel senso di vuoto che il rapporto con la sua famiglia gli provocava, dopo quello strappo così profondo, non riusciva più a fingere.
 Lo aveva fatto per tutta la vita ed era ormai stanco. Ci aveva davvero rinunciato. Aveva ormai rinunciato al sogno di rendere orgoglioso suo padre, aveva rinunciato a vedere gli occhi della madre che lo guardavano con rispetto. Ma faceva male. Perché nulla era più difficile che smettere di sperare in qualcosa in cui si era creduto per tutta la vita.
 Era un uomo sbagliato, forse. Forse era cattivo. Ma come poteva essere sbagliato, cattivo, se la creatura più dolce e meravigliosa del mondo lo amava? Si aggrappava a lei, maledicendo i suoi errori e se stesso.
 Più passava il tempo, più sentivano il loro legame rinsaldarsi, diventare più profondo. A lui bastava.
 A Francesca no. Perché il suo amore non era egoista, era assoluto e sapere che il suo Chicco non era davvero completo, la spingeva a fare quei passi che lui non avrebbe mai fatto.
 Guardò il telefono che aveva tra le mani e con cui giocherellava come fosse una pallina tra le dita di un giocoliere e lo sbloccò.
 Rilesse tutti i messaggi che Betty le aveva mandato e ai quali aveva sempre risposto con gentilezza ma quasi freddamente.
 Le sarebbe sembrato di fare un torto a Riccardo se le avesse risposto con affetto e poi... E poi anche lei era arrabbiata. In fondo i suoi genitori erano sempre stati la causa del malessere e delle fughe del suo uomo.
 Proprio come lei.
 Sussultò a seguito di un calcio della piccola e si soffermò a pensare che forse si trattava di un rimprovero. Per avere allontanato e non capito il suo papà, per non essergli stata vicino nel momento più difficile della sua vita, per non essere capace di renderlo completamente felice. E forse anche per i pensieri negativi che nutriva verso i suoi nonni.
 Chi era lei per giudicare? E se un giorno fosse stata lei ad attendere una telefonata? Non era perfetta, aveva commesso tanti errori e ne avrebbe commessi molti altri...
 Aprì l'ultimo messaggio di Betty e il suo cuore cominciò a battere un po' più forte. Quelle parole nascondevano una profonda tristezza, rassegnazione. Poche parole, semplici, all'apparenza, uguali a tutte quelle che le aveva sempre scritto. Eppure erano dolorose.
 Si immaginò a pregare per il perdono della sua bambina, per errori che nemmeno si era accorta di commettere e una lacrima le rigò la guancia.
 Sospirò e pigiò sul contatto e avviò la telefonata.
 Pochi secondi dopo, la voce di Betty le entrò nell'orecchio e le parve quasi di udirne le lacrime.
 “Zia...”
 Le disse con una voce calda e dolce.
 “Tesoro, è così bello sentire la tua voce! Come stai?”
 “Ho letto il tuo messaggio e ho pensato di chiamarti... Scusami se non l'ho fatto prima!”
 “No... No, principessa, va bene così! E poi... Io... Io non volevo disturbare...”
 Francesca sorrise comprendendo perfettamente l'imbarazzo della donna.
 “Stiamo bene! Zia, anche lui!”
 Dopo qualche secondo silenzio, Betty deglutì e riprese a parlare, cercando di non piangere.
 “Sì, tua madre me l'ha detto!”
 “Ha ripreso il suo lavoro, qui, a Bogotà!”
 “Ne sono felice...”
 “Mi dispiace che tra voi le cose non vadano bene! È anche colpa mia!”
 “No... Ti sbagli! Tra noi e nostro figlio i rapporti sono sempre stati difficili. E noi abbiamo le nostre colpe!”
 “Io non voglio che soffra... E lui non sta bene per questa situazione! Non lo sa che stiamo parlando... Io non voglio mentirgli! Ma credo... Io voglio solo che lui sia felice, completamente! Non smettete di crederci, Betty! Di' ad Armando di continuare a sperare! Lui vi ama! È... È solo deluso!"
 “Oh,  tesoro, lo so! Sappiamo bene che nostro figlio è caparbio, che si sente ferito e... E ne ha tutte le ragioni! Oh, piccola! Non immagini quanto sia consolatorio sapere che ci sei tu! Tu che lo ami come nessuno! Sei tu la sua forza, lo sai, vero? E... E non voglio tu faccia nulla che lui non condivida. Sono certa che non sarebbe felice di sapere che parliamo di queste cose... Pensa solo a te e alla bambina! E al mio Riccardo!"
 Francesca si sentiva più serena, come se il peso che portava sulle spalle si fosse alleggerito.
 “Lo faccio! Mangio regolarmente. Lui non mi permette di saltare un pasto. Non si fida di me e trova sempre il tempo di mangiare insieme...”
 “Ne sono felice... Ecco... Io... io vorrei solo che un giorno possa capire che... non abbiamo giustificazioni, ma siamo addolorati, davvero...”
 “Non devi preoccuparti. Lui è forte e sa molto bene quello che fa! Riuscirà a perdonarvi! Ha solo dimenticato quanto siate importanti per lui! Ma il tempo sistemerà ogni cosa”
 “Lo spero tanto, bambina! Ora... Vorrei tanto poterti abbracciare! Stringerti... Toccare il tuo pancione!"
 "Ti prometto che non appena me la sentirò, verrò a trovarvi! Davvero!"
 Sentì i singhiozzi celati dietro ad una mano e capì che quella telefonata era stata giusta, che dalla comprensione e da un piccolo gesto, forse, poteva nascere qualcosa di nuovo, bello, che dal perdono poteva nascere l'amore!
 “Grazie, tesoro! Ora ti lascio... A presto!”

 Poche settimane. Mancavano solo sette settimane alla nascita della sua bambina. Francesca stava bene, aveva preso qualche chilo e il suo corpo sembrava più in salute. Non si rifiutava più di mangiare, forse perché sapeva che sarebbe stato inutile. Il suo pancione era bellissimo e passava delle ore ad accarezzarlo e a sussurrare parole dolci alle sue bellissime donne. Anche l'ultima visita dal medico era andata bene. La piccola era cresciuta e i parametri erano nella norma. Il medico si era congratulato con lei per aver messo da parte i problemi per pensare alla piccola.
 Lui la proteggeva da tutti ma non si nascondeva. I paparazzi avevano scattato loro delle foto e avevano pubblicato articoli stupidi su di loro. Ogni scribacchino aveva la propria teoria su come stessero le cose tra di loro. Tutte sciocchezze, ipotesi e congetture, a volte cattive nei confronti della sua donna. Inutili chiacchiere che però sembravano interessare i lettori morbosi e assetati di pettegolezzi. E quelle copertine vendevano bene.
 Perché quei lettori si interessassero alla vita di due persone che non conoscevano, era per lui un mistero. I giornalisti non si risparmiavano, nemmeno davanti ad una donna incinta. Certo, le loro vite erano sempre state sotto i riflettori. Fin da bambini ed era capitato anche a sua sorella e a Giulio, quando avevano cominciato la loro storia e quando l'avevano interrotta per qualche tempo. I loro volti erano stati immortalati in momenti particolari, intimi, accanto a compagni temporanei. Edo e Claudio erano presenti su quei giornaletti praticamente ad ogni uscita, anche se avevano fatto di quella situazione qualcosa di divertente. I due, fin da ragazzini, sembravano compiaciuti che le loro avventura venissero pubblicizzate. Francesca poi era stata una modella ed era quella che aveva subito più di tutti la loro pressione. Tutte bugie, storielle inventate per guadagnare soldi alle spalle della creatura più innocente che esistesse.
 Si morse il labbro e finse di non badare ai paparazzi che stazionavano poco lontano dalla sede della MacTac. Era certo solo di una cosa certa: non li avrebbero lasciati in pace senza prima essere riusciti a fotografare qualcosa di interessante. Un litigio, un bacio, un atteggiamento sbagliato. Quello che temeva era che non si sarebbero fermati nemmeno davanti alla privacy della loro bambina. Alessandro, il nipotino, era stato oggetto di una caccia spietata. Camilla e Giulio erano stati bravi a non esporlo, ma loro erano perfetti in tutto.
 Si chiese se sarebbe stato capace di fare altrettanto. Cercò di distrarsi da quei pensieri e di concentrarsi sul lavoro.
 Forbes aveva dovuto accettare la sua decisione e per non rischiare di perdere la sua collaborazione, aveva accettato tornasse alla filiale di Bogotà. Lì le cose non erano eccitanti come in Texas, ma l'unica cosa che voleva, era starle accanto. Forse poi avrebbero potuto lasciarla, quella città. Houston non era una brutta città, c'erano delle ottime scuole e mille giornali di ogni tipo dove lei avrebbe potuto trovare un impiego. O lavorare come freelance e vendere i suoi lavori. Si era creata un piccolo nome nell'ambiente e sapeva che ovunque avessero vissuto, avrebbe trovato la sua strada. Bogotà era una città che non odiava, ma che non sentiva sua. E poi a parte lei, non c'era nulla che lo trattenesse. Aveva pochi amici e tutti legati al suo ambiente lavorativo o all'università. Persone che per un motivo o per l'altro vivevano lontano dal loro paese o che viaggiavano talmente tanto da non avere un posto “fisso”.
 Soprattutto voleva stare lontano da loro. Camilla l'aveva cercato. Si era presentata a casa, fingendo che tutto fosse a posto. Lei e Giulio si erano invitati con il bambino e non li aveva cacciati solo perché Francesca era felice di vederli. Aveva giocato tutta la sera con il nipote e lui l'aveva immaginata con la loro bambina. Ma poi era stato chiaro con la sorella. Non avevano nulla da dirsi. Per lui, loro erano solo i cognati. Camilla ci era rimasta male. Sapeva che la sorella gli voleva bene ma aveva vissuto la sua vita per compiacere il padre e anche in quell'occasione si era schierata contro di lui. Edo invece lo conosceva e si limitava a mandargli qualche messaggio chiedendo di Francesca. I suoi genitori avevano smesso di cercarlo. Non ci avevano poi messo molto a lasciarlo “tranquillo”. Claudio viveva la sua vita tra una donna e l'altra, proprio come Edo. Due playboy incalliti, che  passavano da un letto all'altro. Eppure... Eppure, nonostante tutto, non erano mai giudicati, solo apprezzati dai genitori.
 E Nicola? Suo zio Nicola, l'uomo che in fondo aveva sempre ammirato, che era stato quello che meno lo aveva giudicato per tanto tempo, lo aveva addirittura picchiato. Non lo biasimava. Per la sua di bambina, era certo, avrebbe potuto uccidere. Ma anche a lui non perdonava il silenzio, soprattutto a lui a cui aveva parlato con il cuore in mano. Nessuno lo aveva sostenuto. Solo con Marcella aveva un rapporto cordiale. Era stata l'unica a dimostrargli affetto in quel periodo. Ma poi anche lei si era defilata lasciandolo nell'inferno in cui aveva vissuto. Erano la sua famiglia e lo avevano tradito. Col tempo forse l'odio che provava nei loro confronti sarebbe diminuito. Forse. Ma il solo pensarci, gli faceva venire la nausea.
 Quella sera aveva fatto tardi. Odiava non essere puntuale, ma era solo questione di  pochi mesi: presto la pressione sarebbe diminuita. L'agenzia  spaziale per il quale stavano lavorando infatti, si era  espressa sui suoi progetti e... E aveva bisogno di pensare.
 Scese dall'auto e mentre si dirigeva verso il portone del loro palazzo, alcuni paparazzi si avvicinarono per fargli delle domande. Le solite stupide e inutili domande. Contrariamente al solito, invece di trincerarsi nel solito silenzio, li mandò al diavolo e si chiuse la porta alle spalle, facedo quasi tremare le pareti. Sperò che con lei fossero più comprensivi, almeno durante quelle settimane. Del resto il dottor Mora, grazie alle sue conoscenze, aveva fatto pressione su alcuni amici perché la lasciassero in pace. Le loro famiglie potevano tutto. O quasi, visto che ogni volta che passeggiavano, andavano in un negozio per acquistare un vestitino o cenavano in un qualunque ristorante, avevano i flash puntati contro di loro.
 Prima di aprire la porta sospirò e lasciò che tutta la tensione scorresse via dal suo corpo e dalla sua mente.
 Non appena varcò la soglia, il profumo di quella casa, gli invase le narici, facendolo sorridere. Era il suo profumo, mischiato a quello di mele e fiori e cera.
 Percepì anche un altro odore, più fastidioso che ormai aveva imparato a conoscere, suo malgrado.
 Quello del suo amico, di Bolanos, o come diavolo si chiamava. Era evidentemente passato a salutarla. Non che fosse geloso, ma quell'uomo apparteneva ad una piccola parte di lei che non gli apparteneva.
 Un mondo fatto di amicizia, complicità, lavoro. Francesca era speciale, meravigliosa, era impossibile non amarla, ma non immaginava che i suoi colleghi le volessero tanto bene. Capitava spesso di trovarli a casa mentre le facevano compagnia o le raccontavano qualcosa che era successa. Aveva conosciuto anche il direttore del suo giornale, Suarez, che la rispettava e la ammirava e che si era raccomandato con lei perché si prendesse cura di se stessa e Carmen e Alvaro con cui avevano anche cenato e che trovava interessanti e piacevoli. Erano tutti gentili, affabili e sinceramente affezionati. Ma Bolanos... Il suo Pigmalione, da quanto detto da lei, quello che le aveva imposto il nomignolo di Francis e che con lei era particolarmente in confidenza, non lo tollerava. Ed era un sentimento reciproco. Quell'uomo non gli aveva nascosto la sua antipatia. Era stato schietto e sincero e lo aveva apprezzato. L'aveva quasi trovato divertente. Con lui, Francesca sembrava particolarmente a suo agio ed era capitato anche di trovarla sul divano della loro casa, con la testa sulla sua spalla mentre lui le accarezzava i capelli. Era sposato, aveva una certa età, ma quel loro rapporto tanto amichevole, lo infastidiva. A lei non lo aveva detto. La sua era... Sì, forse per quell'uomo provava un po' di gelosia, stupida, forse ridicola gelosia. Perché in fondo, quell'uomo, della sua donna, era un po' invaghito. Non poteva dargli torto, chiunque avrebbe perso la testa per lei. La sua meravigliosa e unica Francesca. A volte, ancora non ci credeva che lei fosse sua. Che lo avesse perdonato per tutto il male che le aveva fatto. Solo una donna speciale come lei avrebbe potuto farlo. E si sentiva fortunato. L'uomo più fortunato del mondo.
 Aveva voglia di stare con lei, più che in qualsiasi  altro momento perché.... Stava davvero considerando l'idea di lasciare Bogotà? I suoi progetti erano stati selezionati e lui avrebbe partecipato alla realizzazione di parte del motore di un vettore. Il suo lavoro... Quando lo aveva chiamato Forbes, era entusiasta. Il suo lavoro avrebbe superato l'atmosfera terrestre. Forbes lo avrebbe voluto subito in Texas, per coordinare la realizzazione di quei due componenti che sarebbero stai fondamentali per la messa in orbita di un satellite. Gli aveva anche detto che il direttore di quella agenzia si era complimentato e che avrebbe voluto conoscerlo personalmente. Aveva preso tempo. Mancava troppo poco alla nascita della sua bambina e non poteva allontanarsi nemmeno per un giorno. Non voleva. Più si avvicinava il giorno, più aveva paura. Paura per lei e per la piccola.
 Richiuse la porta alle sue spalle e continuò ad osservarla, ammaliato.
 Non si era accorta del suo arrivo. Parlava al telefono, forse con un collega o il direttore del giornale per cui lavorava. Quanto era bella? La sentiva parlare senza capire bene quello di cui discuteva ma sembrava stupita, quasi incredula. A cosa doveva pensare?
 Quando finalmente poggiò il telefono sul tavolo, la sentì sospirare e si avvicinò in silenzio, abbassandosi e dopo averle scostato i capelli, le baciò il collo.
 “Ehi...”
 Francesca si voltò felice e gli buttò le braccia intorno al collo.
 “Oh, amore, sei qui... Non ti ho sentito! Io... Io ero al telefono...”
 “Me ne sono accorto... Sembravi molto presa dalla tua telefonata... Devo essere geloso?”
 Le disse fingendosi preoccupato.
 “Oh no, no! Tu non devi essere geloso proprio di nulla e di nessuno! Io sono completamente e assolutamente innamorata di te...”
 “Sei dolce... Tanto, tanto dolce!”
 Le diede un bacio sulle labbra e lei lo strinse a sé, allegra come una bambina.
 E lui si fece cullare da quel contatto tanto desiderato e di cui aveva bisogno. Pose le braccia sulla sua pancia e la accarezzò con amore.
 E quel piccolo calcio che ricevette come saluto lo riempì di tenerezza e pace.
 Strinse la sua donna, quasi volesse cancellare quella giornata. Ed era strano, chiunque altro avrebbe festeggiato per tutta la notte visto il riconoscimento ottenuto. Lui invece riusciva solo a pensare a lei.
 “Sei tornato tardi... C'è qualcosa che non va?”
 “No, amore! Niente... E tu con chi parlavi? Hai visto qualcuno oggi?”
 Francesca rise, sapendo bene che quella domanda riguardava in particolare il suo amico.
 "Mr. Bolanos è passato dopo pranzo... Eri uscito da poco!"
 "Ma davvero? Comincio a pensare che aspetti che io esca per poter rimanere solo con la mia donna..."
 Oh quanto era bella quando rideva.
 "È così bello quando fingi di essere geloso!"
 Le spostò una ciocca di capelli e le baciò la punta del naso.
 "Io non fingo di essere geloso..."
 "Oh, smettila! Non sai nemmeno cosa sia la gelosia! Sei troppo sicuro di te stesso..."
 "Troppo sicuro, dici?"
 Francesca annuì e il suo sorriso così allegro e solare, lo riempì di serenità.
 "Sì! Dico!"
 La baciò con passione e sentì che gli stessi brividi che percorrevano la sua schiena, si diffondevano sulla pelle della sua donna.
 "Chicco..."
 Sussurrò sulle sue labbra, mentre si liberava da quell'abbraccio lasciandolo insoddisfatto.
 "Ehi... C'è qualcosa che non va?"
 "No... Forse... Io... Io forse avrei dovuto dirtelo..."
 "Ehi... Di cosa parli?"
 "Bolanos non è l'unico ad essere venuto trovarmi oggi..."
 "Tua madre?"
 “Ecco... Sì! Chicco, non è venuta sola! C'era anche la tua!”
 La tensione di cui si era liberato non appena entrato in casa ed averla vista, lo investì con violenza. Sciolse definitamente l'abbraccio e si allontanò. Raggiunse  la cucina e si versò un bicchiere di vino.
 “Sei arrabbiato?”
 Gli chiese, appoggiando la mano sulla sua spalla. Quel tocco così lieve e dolce gli fece bene e socchiuse gli occhi, ma non riuscì a calmarlo.
 “No, non con te comunque!”
 “Lei voleva solo sapere se stiamo bene!”
 “Ma certo, piccola! Davvero non è importante! Puoi vedere chiunque!”
 “Lei non è chiunque... È tua madre!”
 “Sì, beh, purtroppo lo è!”
 “Sarà la nonna della piccola!”
 “Ascolta, non voglio parlarne! So bene chi è! Oggi è stata una giornata strana. Mi faccio una doccia e poi ceniamo!”
 “Chicco...”
 Dopo averle dato un bacio sulla tempia, corse in bagno e ci rimase per un tempo interminabile. Lei lo aspettò cercando di rannicchiarsi come era solita fare, con scarso successo vista la pancia che le impediva di muoversi come avrebbe voluto.
 “Chicco, mi dispiace davvero! Io non pensavo ci fosse qualcosa di male!”
 Disse, alzandosi e raggiungendo il suo uomo che, quasi senza considerarla, si stava dirigendo verso la cucina.
 “Francesca, ti prego... Io non sono arrabbiato, ma non voglio parlarne!”
 Nemmeno si rese conto che il suo tono era duro e pieno di rabbia.
 “Non sei arrabbiato? Non mi chiami mai col mio nome..."
 Gli disse con un filo di voce, mentre distoglieva lo sguardo dai suoi occhi, rimettendosi a sedere sul divano.
 E quel gesto, che tante volte le aveva visto fare, come se l'avesse sconfitta per l'ennesima volta, lo fece vacillare. Gli sembrò di essere tornato l'uomo che la cacciava e la lasciava per rincorrere qualcosa che non aveva alcun valore.
 Le si avvicinò, con dolcezza e si inginocchiò accanto a lei, appoggiando la testa sulla sua coscia.
 "Scusami, amore mio! Davvero! Ma oggi... Beh, ci sono stati alcuni problemi al lavoro!"
 Si strinse a lei, assaporando il suo profumo e il suo calore.
 "Oh... mi dispiace! Sono stata egoista! Non ti ho nemmeno chiesto come stai... Vuoi raccontarmi cos'è successo?”
 Le sue dita avevano cominciato ad accarezzargli i capelli e fu sufficiente quel contatto a rasserenarlo.
 “Al lavoro? Niente... Niente di importante, davvero! Il fatto è che mi manchi sempre  di più! Avevo voglia di tornare da te e coccolarti! A volte mi capita di pensare a te per tutto il giorno e di non riuscire a concludere nulla!”
 “È vero?”
 Quel sorriso che lo faceva impazzire, dolce e sensuale nello stesso tempo, riuscì ad intenerirlo. Le bastava così poco per sorridere in quel modo!
 Le mentì, dicendole che gli era solo mancata, ma in fondo era vero, aveva pensato a lei e alla bambina per tutto il giorno.
 Si alzò e si accoccolò accanto a lei, prendendola tra le braccia.
 “Sei la mia vita, Farfallina! Penso a te continuamente! Ho bisogno di te!"
 "Io ci sono! Lo sai..."
 Annuì e le accarezzò una guancia.
 "E ora mi dici di cosa parlavi al telefono?”
 “Cosa?"
 "Quando sono tornato eri al telefono..."
 "Oh, niente di importante!”
 “Non sembrava. Eri felice! A cosa devi pensare?”
 Francesca sospirò e dopo qualche istante, gli sorrise.
 “Ecco, sai le foto del Venezuela?”
 “No... Di cosa parli?”
 Le chiese perplesso.
 “Ecco, quando... Quando quella donna... Quando hai saputo che era incinta, insomma... Ecco io sono andata via per qualche settimana. Lo ricordi? Ero in Venezuela. Io e Bolanos abbiamo realizzato un servizio. Un servizio che è piaciuto tanto. È stato pubblicato sia sul nostro giornale che su alcune riviste... Anche all'estero!”
 “Eri in Venezuela? Eri incinta, piccola! Quel paese sta vivendo dei momenti difficili!”
 “Beh non lo sapevo di aspettare un bambino. Me ne sono accorta li...”
 “Hai rischiato che succedesse qualcosa... Anche a te, piccola!”
 “Ma non è successo nulla... Chicco! E ora non chiedermi scusa perché ho rischiato qualche incidente per colpa tua, mia o di tutto il resto! Sono stata felice di andarci. Le foto che ho scattato erano le più belle che avessi mai fatto e ho imparato tantissime cose! Tutto quello che ho fatto dopo è solo la conseguenza di quel servizio... Intendo dire in campo lavorativo. Grazie a quelle foto ho ottenuto tante offerte da testate importanti...”
 “Sei così meravigliosa in tutto quello che fai!”
 “Bugiardo! Comunque Suarez mi ha chiamato per dirmi che l'articolo è stato nominato per un premio, un premio importante, nazionale...”
 “E...”
 “E anche le foto... Le mie foto sono nominate per vincere il premio più importante del paese... Certo non si tratta di niente di eclatante. Nessuno sa che esiste questo premio...”
 “Lo sai tu e ora lo so io! È fantastico, piccola!”
 “Beh... In realtà essere nominati non significa vincere... E ci sono fotografi più famosi di me, con tanta più esperienza...”
 “Ma lo vincerai tu!”
 “Sì? Lo credi davvero?”
 Disse ridendo
 “Ne sono sicuro!”
 “Sarebbe bello...”
 “Ma non capisco, a cosa devi pensare?”
 “Sabato ci sarà la premiazione, presso il palazzo municipale. Faranno una cerimonia come quella degli Oscar... Più o meno!”
 Lo diceva ridendo, divertita e lui era incantato dal suo entusiasmo.
 “Ecco Suarez mi ha chiesto di partecipare... Ci sarebbero lui, Bolanos, Maria e... E io... Ma non andrò! Ho detto a Suarez che ci avrei pensato solo perché non insistesse!”
 “Perché non vuoi andare?”
 “Perché non avrei nulla da mettere... La vedi la mia pancia?”
 “La vedo e la trovo bellissima...”
 “Dai, non scherzare! Sarà una serata formale, dovrei indossare qualcosa di adeguato e a parte qualche maglione e salopette non ho nulla!”
 “Scherzi? Sei piena di vestiti...”
 “Chicco, non me ne andrebbe bene nessuno!”
 “Tua madre è la proprietaria della più importante casa di moda del paese, piccola! Puoi chiamarla e farti confezionare un abito in due giorni!”
 “Ma non lo farò! Ugo e tua cugina non mi hanno mai potuto vedere. Credo siano stati felici quando ho smesso di sfilare per loro e dubito mi aiuterebbero!”
 “Sono due idioti...”
 “Ma sono loro che disegnano e realizzano gli abiti della compagnia di mia madre!”
 “Domani andremo là e avrai il tuo vestito... Io posso mettere un abito elegante... Lo smoking? Ti piacerebbe se ti accompagnassi con lo smoking?”
 “Verresti anche tu?”
 Gli chiese con entusiasmo.
 “Non perderei la tua premiazione per nulla al mondo... Siamo d'accordo?”
 “No... Cioè la sera sono sempre stanca, ho i piedi gonfi e... E ho paura!”
 “Paura di uscire? Ti proteggerò io dai tuoi colleghi...”
 “I paparazzi non sono i miei colleghi! Comunque se stessi male? Se cominciasse il travaglio?”
 “Mancano cinque settimane e io sarei lì con te! Se non stessi bene ti porterei a casa... O all'ospedale... Io ci sarei! Ci sarò sempre!”
 “Non sarò io a vincere!”
 “Io credo di sì e ti applaudirò e tutti mi invidieranno per avere una moglie come te...”
 “Non sono tua moglie...”
 Quella piccola sfumatura di tristezza non gli sfuggì e le prese il viso tra le mani, sorridendo.
 “È come se tu lo fossi... Io sono tuo e se vuoi sarò tuo marito...”
 “Mi piacerebbe... Avrei voluto sposarti quel giorno!”
 “È la cosa che desidero di più... Domani? Domani possiamo farlo!”
 “Domani?”
 “Un mio compagno di liceo è un giudice, potrebbe sposarci domani! Sposami!”
 “Domani?”
 “Vuoi?”
 “Ma il vestito?”
 “Prima ci sposiamo e poi andremo all'Ecomoda per il tuo vestito...”
 “Io vorrei indossare qualcosa di carino!”
 “Ugo e mia cugina ti faranno un abito bellissimo!”
 “Per il matrimonio, dico...”
 “Vorrei indossassi la salopette azzurra...”
 “Stupido!”
 Disse ridendo.
 “No, davvero... Sei bellissima con quella salopette...”
 Lo guardò e mai come in quel momento sentiva di amarlo.
 “Domani?”
 “Sì!”

 La teneva per mano e a lei sembrava di camminare su una nuvola. Al suo dito c'era un anello strano, con le loro iniziali apposte in maniera grossolana. Non lo aveva buttato e lui si era stupito. Era convinto che dopo quella terribile giornata lei avesse gettato tutto quello che gli apparteneva. Ma lei lo teneva in una scatola, insieme a tutte le loro foto, alle cose che avevano acquistato insieme e a dei fiori secchi. Glielo aveva mostrato la sera prima e si era commosso. L'aveva tenuto. Era orribile quell'anello, ma lei lo aveva conservato, come aveva conservato il loro amore, nonostante fosse stato orribile e triste.
 Lei era sua moglie. E lo era davvero. Erano marito e moglie. E avrebe potuto dirlo senza sembrare uno sciocco.
 Sua moglie... Lei gli aveva detto di sì, davanti ad un giudice. E finalmente si sentiva completo.
 Non avevano più parlato dopo essere usciti dall'ufficio dell'officiante. Non c'erano parole per descrivere le emozioni che entrambi provavano, erano le stesse, le sentivano e la felicità che avevano dentro, non aveva bisogno di espressioni. La provavano e basta.
 Quando l'auto si fermò, lei si voltò verso il suo uomo e con un filo di voce, disse:
 “Sei mio marito...”
 “Sei mia moglie...”
 Le baciò la mano sulla quale portava l'anello e poi la portò sulla sua guancia.
 “Dovremmo dirlo a qualcuno?”
 “Domani! Oggi no! Oggi è tutto per noi!”
 “Sei mio marito?”
 “È una domanda?”
 “Non riesco a credere tu mi abbia sposata...”
 “Ora sei solo mia! Non puoi più sfuggirmi!”
 “Non puoi farlo nemmeno tu!”
 “No...”
 La baciò sorridendole e poi sospirò.
 “Siamo arrivati alle porte dell'inferno!”
 “Andiamo via...”
 Disse quasi impaurita.
 “No! Avrai il tuo vestito!”
 Erano insieme e a lui bastava. Anche entrare in quegli uffici che odiava e vedere il padre, non sarebbe stato tanto orribile se lei gli era accanto.
 Gli impiegati li guardarono con curiosità. Non li vedevano da mesi ed erano stupiti di vederli insieme. Loro percepivano quegli sguardi, ma quegli impiegati non si sarebbero mai permessi di fare domande o pettegolezzi. I tempi della banda delle racchie, le amiche di Betty, erano finiti quando Sandra e Mariana erano andate in pensione.
 Si recarono subito in atelier senza dare spiegazioni alle segretarie.
 Con fare teatrale, guardandolo con un sorriso estasiato, Ugo gli si avvicinò e diede un'occhiata scocciata a lei.
 “Riccardo Mendoza nel mio tempio! Sei sempre più bello, piccolo principe!" Poi, voltandosi appena, guardò Francesca quasi con fastidio.
 "E lei cosa fa ancora con te? Avresti potuto avere tutte le donne del mondo..."
 La mortificava da sempre. Non aveva mai avuto una parola gentile per lei. Prima almeno la considerava una discreta professionista, ma da quando aveva smesso di fare la modella lo immaginava dire cattiverie e a ridere persino dei suoi problemi. Le strinse la mano più forte di prima e si rivolse a lui.
 “Salve Ugo. Siamo qui per un vestito!”
 “Per te, piccolo principe?”
 “No, non per me! Per lei...”
 “Per lei? Ma lei è gravida... A cosa le serve un abito? Per essere elegante il giorno del parto?”
 Disse, ridendo fastidiosamente. Ma Riccardo finse indifferenza e continuò cercando di mantenere la calma.
 “È per una serata...”
 “Una serata?”
 Si rivolse a lei, perplesso, quasi incredulo.
 “Sì...”
 Annuì con un filo di voce, Francesca.
 “Mmmm, ma io non ti posso proprio aiutarvi."
 Si voltò mostrando gli operai affaccendati e completamente concentrati sul proprio lavoro.
 "Siamo impegnatissimi con la realizzazione dei nuovi modelli e lo ricordi, vero, come si lavora qui?”
 E dopo aver parlato si allontanò, scuotendo le braccia e tornando ad esaminare le stoffe appoggiate su un manichino.
 “Non importa... Grazie lo stesso!”
 Francesca, sconsolata, fece per girarsi ma Riccardo l fermò.
 “No, no! Piccola, no! Ugo, non vogliamo niente di esclusivo. Immagino abbiate qualcosa di già confezionato!”
 “Per le balene, no!”
 “Non è divertente...”
 Ma non riuscì a continuare perché la voce della cugina, lo interruppe.
 “Riccardo, Francesca... Cosa fate qui?”
 Laura, con la sua aria di superiorità, era entrata in atelier e li guardava. Ugo si avvicinò e con cattiveria disse:
 “Pensa... Vuole un vestito... La signorina Mora, vuole un vestito... Per una serata...”
 Ancora una volta, Riccardo finse di non cogliere la provocazione e si rivolse alla donna.
 “Ciao, Laura... Puoi aiutarci tu?”
 “Non credo, caro! Siamo davvero occupatissimi!”
 Jenny si fece avanti accarezzando Francesca e sorridendole.
 “Posso occuparmi io del vestito...”
 “E chi si occuperà del tuo lavoro?”
 A quel punto, Riccardo si fece cupo e dimenticò il proposito di rimanere calmo.
 “Laura, perché ti comporti in questo modo?”
 “Perché? La tua amichetta mi ha fatto impazzire per anni quando sfilava per noi. Capricciosa, ritardataria, irritante! Perché dovrei aiutarla?”
 “Perché lei è la figlia della padrona dell'azienda e tu sei solo una dipendente!”
 “Ah sì? Se è per quello lei non ha alcun incarico qui! E se io sono solo una dipendente, tu cosa sei? Niente!”
 “Ma io sono il presidente e il proprietario! E dico che tu e Ugo passerete il pomeriggio a realizzare un vestito stupendo per Francesca!”
 Armando fece la sua entrata in atelier e si avvicinò con severità.
 “Zio... Non credo davvero sia possibile!”
 Cercò di giustificarsi, Laura.
 “No? Io penso che lei non uscirà di qui senza quel vestito! Jenny, sai cosa fare?”
 “Ma certo dottore!”
 “Allora prendile le misure, fai quello che serve. Laura pensa a qualcosa di carino per lei e usa la stoffa più bella che abbiamo!”
 “Eh va bene!”
 Mugugnò la stilista con fastidio, poi rivolse un'occhiata a Ugo che fece per replicare, subito fermato da Armando.
 Quando i due si rimisero al lavoro, Francesca si avvicinò ad Armando.
 “Grazie, zio...”
 “Sei bellissima, tesoro! Come stai?”
 Le disse sorridendo e dandole un piccolo bacio sulla tempia.
 “Bene... Io... Io vado con Jenny!”
 Riccardo rimase con il padre, mentre lei svolazzava come fosse davvero una farfallina, in compagnia di Jenny.
 “Non era necessario! Avremmo trovato un'altra soluzione!”
 “Ne sono sicuro... Vuoi bere un caffè con me?”
 “No... Rimango qui!”
 “Sì, certo... Ciao figliolo!”
 “Ciao.”
 Rispose freddo, Riccardo. Aveva sperato non ci fossero problemi. Quel giorno doveva essere perfetto. Era stato uno stupido a portarla li, in mezzo a quelle persone insensibili e capaci di essere crudeli e insopportabili. Si sarebbe fatto perdonare. L'avrebbe ricoperta di attenzioni e coccole quella notte. La prima notte che avrebbero passato come marito e moglie.
 Lasciò che il padre, demoralizzato, se ne andasse e si sedette sul pavimento, in un angolo e cominciò a scrivere qualcosa con il portatile.
 Non sapeva nemmeno quanto  tempo fosse passato, immerso nel lavoro, quando sentì una mano sulla sua spalla. Marcella inginocchiata accanto a lui, gli sorrideva e lo salutava.
 “Ciao... Cosa ci fate qui?”
 “Mio padre non te l'ha detto?”
 Chiese sapendo bene la risposta.
 “Sì, ma Francesca non mi ha parlato di nessuna serata importante...”
 “Lo farà!”
 “È molto carino quello che hai fatto.”
 “In realtà non ho fatto proprio nulla... Ero pronto a mandare al diavolo il tuo amico e mia cugina e portarla in un altro posto...”
 “Sono fatti così! Vuoi venire nel mio ufficio a lavorare?”
 “No, l'aspetto qui!” Mentre lo diceva Francesca, accompagnata da una Jenny felice ed entusiasta, li raggiunse.
 “Hai già fatto, piccola?”
 “Sì... Ora tocca a Jenny... Ciao mamma!”
 Le corse incontro e la abbracciò.
 “Ciao, tesoro! Posso chiederti dove dovete andare?”
 “Sì, ma te lo dirò tra qualche giorno...”
 “Sei misteriosa, bambina mia... Jenny, tu lo sai?”
 “Eh... Sì, ma... Cioè no...”
 “Tranquilla, non ti chiederò nulla...”
 Poi rivolta alla figlia e a Riccardo che si guardavano con degli occhi innamorati più del solito, disse:
 “Jenny ti porterà il vestito personalmente. Hai bisogno di altro?”
 “Oh no mamma... Mamma...”
 “Non lo voglio sapere... Non adesso! A presto, amore mio! Ciao Riccardo!”
 “Ciao mammina!”
 “Ciao Marcella... Ringrazialo, per favore!”
 “Lo farò!”
 Si sarebbero sposati, lo sapeva. O forse lo avevano già fatto... Non sapeva se essere e felice o delusa. Aveva sperato che nonostante tutto, avrebbero deciso di fare le cose un po' meno informali. Ma erano fatti così. Nicola si sarebbe sicuramente messo a piangere e a gridare contro Riccardo. Lo immaginava furioso e commosso. E Betty... Betty avrebbe sofferto. E anche Armando. Ma forse si sbagliava. Forse.

 “Chicco...”
Lo chiamò uscendo dalla camera da letto. Lui, la aspettava in salotto, perfettamente vestito connubio abito nero e la camicia bianca.
Lei, un po' quasi intimidita, indossava l'abito che avevano confezionato per lei i due stilisti e che gli calzava a pennello. Era in seta e la morbida stoffa, le accarezzava il corpo e la pancia. Era di un verde scuro con sfumature più chiare, senza spalline, sorretto da un corpetto cucito a perfezione, le copriva le gambe fin sotto al ginocchio, era elegante e sensuale, nonostante lei fosse incinta, ma discreto. Indossava delle decolleté in seta nere, con un tacco non troppo alto e quando lui la vide, si prese qualche istante per ammirarla.
 “Mio Dio... Sei così bella...”
 “È un vestito davvero splendido!”
 “Sono degli idioti, ma devo ammettere che hai ragione. È bello... Sì! Ma tu sei meravigliosa... Piccola, se non fossi già mia moglie, mi innamorerei di te un'altra volta!”
 “Sei sempre dolce con me!”
 “E tu sei perfetta...”
 “Perché non rimaniamo a casa nostra?”
 “Perché devi ritirare il tuo premio...”
 “Sei così convinto che lo vinca io... Ti deluderò!”
 “Non è possibile... Lo vincerai tu e io ti accompagnerò a ritirarlo... Hai già pensato a cosa dire?”
 “Cosa dire? Quando?”
 “Si usa così, piccola! Quando si vince un premio si usa dire due parole... Ringraziare qualcuno...”
 “Chicco, sarà una serata deludente per te, se non ti metterai in testa che è impossibile... Sarà una serata bella ugualmente... Saremo insieme e io sono già felice così!”
 “Non accontentarti mai! Mai, amore mio! Tu sei speciale e le tue foto sono meravigliose! In poco tempo hai realizzato degli scatti che stasera ti verranno riconosciuti da tutti ed è solo l'inizio! Tu sei destinata a fare grandi cose nel tuo campo! Io lo so!”
 Lo guardava dolcemente. Il suo uomo, suo marito la sopravvalutava. Le scappò una risata pensando a quando la sminuiva e la mortificava con le sue parole. Quando le diceva quanto fosse sciocca e banale, quando le diceva che era solo un bell'involucro vuoto. Ne soffriva così tanto. Ma quella sera... Quella sera le aveva detto delle parole meravigliose. Le parole più importanti che una donna avrebbe mai potuto ascoltare. Il suo uomo la appoggiava, era il suo sostenitore e credeva in lei. Gli baciò le labbra e lo prese per mano, e mai nella vita si era sentita così forte, così sicura di se stessa. E insieme avevano raggiunto il luogo in cui si sarebbe svolta la premiazione, senza badare a quei fastidiosi e insistenti paparazzi. Era tutto diverso, lei lo era diversa. Le sembrava di essere finalmente diventata una donna, che quella sera, quelle parole, le avessero permesso di capire di non esser solo la sua Farfallina, che oltre ad essere sua moglie, la sua donna che portava dentro di sé la loro bambina, lei fosse... Fosse una persona. Indipendente e non le importava davvero vincere, per lei essere lì, era già un traguardo. E avrebbe lottato per quel lavoro. Avrebbe dato tutta se stessa per migliorarsi e magari di vincerlo davvero quel premio. Era felice. Erano felici.

 Aveva vinto tanti premi nella sua vita. Fin da ragazzino, quando competeva con i cavalli, a scuola, all'università e poi le gare di offshore. E solo pochi giorni prima aveva saputo che il suo lavoro avrebbe permesso la messa in orbita di un satellite da miliardi di dollari, eppure quando avevano detto il suo nome, era stato preso alla sprovvista. Non perché non ci credesse o perché avesse dubbi sulle sue capacità. Era commosso ed emozionato, quantomeno pomeriggio mai stato. La guardò per un momento e la baciò. I suoi colleghi si alzarono dalla sedia applaudendola mentre lei, quasi incapace di rendersi conto che era proprio lei ad averlo vinto quel premio, rimaneva immobile. Non gli lasciava la mano e fu Bolanos a farla alzare e a convincerla ad andare a ritirare quello che si era guadagnata. La abbracciò e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Quell'uomo doveva davvero volerle bene. Lui la guardava incantato, mentre Suarez la prendeva per mano accompagnandola sul palco. La sua Francesca ce l'aveva fatta. Era orgoglioso di lei. Come non lo era mai stato nemmeno di se stesso. E lui non aveva mai nascosto di conoscere molto bene le sue capacità! Ma lei era... Era lei! Avrebbe voluto abbracciarla e baciarla davanti a tutti. Gridare al mondo che lei era sua moglie ma rimase fermo ad ammirarla. Lei lo cercava con gli occhi e non smise di guardarlo quando ringraziò per il premio. Non sentì nemmeno le parole che disse, ma era stato un discorso breve. Aveva le lacrime agli occhi e quando tutti in sala, si alzarono in piedi e corsero a congratularsi, lui lasciò che raccogliesse il frutto del suo impegno.
 “La mia Francis ce l'ha fatta...”
 La mia Francis? Un moto di fastidio lo pervase ma fu un attimo. Quando lei tornò al tavolo fu lui che abbracciò, a cui buttò le braccia al collo e a cui sussurrò parole dolci. Era la sua Francesca. La sua donna. Sua moglie.
 “Te l'avevo detto, piccola!”
 “Sì... Andiamo a casa?”
 “Andiamo a casa!”

 “Ingegnere, mi scusi, c'è una signora che chiede di lei!”
 “Sono impegnato, Davide, di' a questa signora di prendere un appuntamento o chiedi se puoi essere utile tu...”
 “Mi puoi aiutare solo tu, sono tua suocera... Perché sei il marito di mia figlia, vero?”
 “Marcella... Cosa ci fai qui?”
 “Ti ruberò solo pochi minuti... Allora? Quando vi siete sposati?”
 “Dovresti chiederlo a tua figlia!”
 Marcella sospirò. Era vero, si erano sposati e non lo avevano detto a nessuno.
 “Allora non mi sbaglio! Non posso dirti, in tutta onestà, di essere completamente felice... Avrei voluto saperlo! Ma se lei ha voluto così, va bene!”
 Riccardo le voltò le spalle e fissò lo schermo del suo computer.
 “Noi abbiamo preso questa decisione in fretta e poi le cose non sono cambiate!”
 “No, hai ragione, non fraintendermi... È solo che mi sarebbe piaciuto vedere la mia bambina dirti di sì!”
 “Io... Perdonami, Marcella, sono davvero occupato!”
 “Sì, vengo subito al dunque... Perché non le permetti di vederci?”
 Marcella era forse impazzita? Di cosa stava parlando?
 “Ti sbagli, non le ho mai impedito nulla! Francesca può fare ciò che vuole. È libera di vedere chi vuole!”
 “Non dubito sia così, ma lei ti ama e ha paura di perderti di nuovo...”
 “Non mi perderà mai, Marcella! E lo sa molto bene.”
 “Allora perché non venite a cena domani sera?”
 “Non sapevo nemmeno che l'avessi invitata.”
 “Sei invitato anche tu, naturalmente...”
 “Lei cosa ti ha detto?”
 “Che ci avrebbe pensato, ma che si sente molto stanca... Ha inventato qualche scusa.”
 “La sera è davvero stanca!”
 “Riccardo, credi che non sappia della serata di sabato? Abbiamo sputo del premio che ha ritirato! Noi... non pretendiamo nulla! Ma sia per me che per Nicola sapere che ce lo abbia teneto nascosto..."
 Riccardo sorrise pensando che non lo aveva certo fatto per escluderli, ma solo perché riteneva quella serata qualcosa di poco importante.
 "Se può consolarti, non lo avrebbe detto nemmeno a me! Se non l'avessi convinta, forse sarebbe stato il suo capo a ritirare il premio!"
 Marcella annuì e dopo qualche istante ricominciò a parlare.
 "Immagino sia stato emozionante... Riccardo, non è un rimprovero... davvero! Ma vedi, vorremmo... Avevamo pensato di festeggiare il premio, la bambina, voi con un cena... Una cena, solo tra noi... Niente di formale o impegnativo. È nostra figlia e siamo orgogliosi di quello che ha raggiunto e vorremmo farglielo sapere... Pensi sia sbagliato?”
 “No! Ma io non le ho mai chiesto di rinunciare... Non sapevo nemmeno del vostro invito!”
 “Secondo te perché non te l'ha detto?”
 “Forse non l'ha ritenuto importante! Ascolta, le parlerò e domani sera siederà a tavola con voi!”
 “E tu?”
 “Ne approfitterò per lavorare, per andare a bere qualcosa! Non lo so!”
 “Ci odi così tanto?”
 “Non odio nessuno!”
 “Allora parliamo di risentimento, rabbia, mettila come vuoi!”
 “Marcella, non vi odio, non provo risentimento, non sono arrabbiato. È da una vita che combatto per accettare quello che per voi è importante, per compiacere la mia famiglia. Ci ho provato per tanto tempo e ora sono stanco di essere giudicato. Lo sai? Ho capito che chi è perfetto, chi non ha mai fatto errori, difficilmente può capire chi invece degli errori ha fatto tesoro... Io ne ho fatti tanti, innumerevoli, alcuni peggiori di altri, ma ho capito, li ho capiti e forse sono un uomo migliore... Voi migliori lo siete sempre stati. Non vi biasimo se non mi avete mai capito... Ma ora basta! I miei genitori, i miei fratelli, Nicola, tu, mi avete stancato. Ora, se permetti devo davvero rimettermi al lavoro! E non preoccuparti. Domani alle otto, cenerà con voi!”
 “Riccardo... Noi non siamo migliori! Non siamo perfetti e anche noi abbiamo fatto tanti errori... Alcuni di questi ci hanno portato quasi a perdere tutto quello che avevamo.”
 “Ok! Va bene! Ma le cose non cambiano!”
 “Per favore, Riccardo, non portarcela via!”
 “Oh mio Dio, no! No! No, Marcella! Sei esasperante... Non voglio litigare con te! Non discutiamone più! Per favore, basta!”
 “Scusa, Riccardo. Domani sera vorrei vedere anche te...”
 “Ci penserò, va bene? Ora ti prego...”
 “Ciao... Io... Io ti voglio bene!”
Non le rispose. Era irritato da quella visita. Come poteva pensare fosse colpa sua se sua moglie non voleva cenare con loro? In un modo o nell'altro, il responsabile di tutto, era lui! Avrebbe dato qualsiasi cosa per mandarli al diavolo... Il Texas era abbastanza lontano per non doverli sopportare.
 Aveva pensato tutto il giorno a quella conversazione così odiosa ed era nervoso. Nemmeno vederla impegnata in cucina, concentrata a realizzare qualche piatto che non sarebbe stato commestibile. Era sempre così buffa, ma quella sera, il fastidio per quelle che lui riteneva delle ridicole accuse, non si dissipava.
 "Credo sia arrivato il momento di assumere una persona che si occupi dei pasti..."
 Si voltò verso di lui ridendo e con tutta la felicità che provava vedendolo, lo salutò.
 “Ciao amore mio...”
 “Ciao farfallina!”
 Rispose con un distacco che non sfuggì alla donna.
 “C'è qualcosa che non va?”
 Chiese preoccupata e lui, dopo aver preso un respiro, le disse:
 “Perché non me l'hai detto?”
 “Detto cosa? Non capisco!”
 “Dell'invito a cena di tua madre!”
 “Ecco, non ho voglia di andare... Tutto qui!”
 Si voltò e tornò ad armeggiare con i piatti e gli ingredienti che aveva poggiato sul tavolo.
 “Non ne hai voglia?”
 "No! Ecco... Lo sai! Sono stanca e poi... Mi manchi tutto il giorno e voglio stare con te!"
 "Vuoi stare con me?"
 Le chiese non troppo convinto.
 “Sì! Io voglio solo stare con te!”
 Fece per allontanarsi, come se in quel momento fosse difficile Anne solo sostenere il suo sguardo che rimaneva duro e cupo.
 E lui, capì che quel suo atteggiamento era ingiusto. La sua insofferenza non doveva in alcun modo creare problemi alla sua donna. La fermò con dolcezza e le prese il volto tra le mani, obbligandola a guardarlo.
 “Ehi... Piccola, non sono un paio d'ore lontani a fare la differenza!”
 “Non è solo usato, Chicco! Io... Ho pensato potesse infastidirti!”
 “L'invito? Tu lo sai che sei libera di vederli. Sono i tuoi genitori! Li ami e io non potrei mai impedirti di passare del tempo con loro!”
 “Ma quando parliamo di loro, o dei tuoi genitori sembra che il tuo umore cambi... Io non voglio tu ti innervosisca per qualcosa di cui posso fare a meno!”
 Era vero? Quello di cui lo aveva accusato Marcella, era vero?
 “No, amore mio! No! Non è vero!”
 “Sei arrabbiato anche ora!”
 “Ti sbagli, piccola! Ascoltami! Io credo che tu non debba fare a meno di loro! Non lo vuoi! Sono la tua famiglia e sono io, solo io, che voglio rimanere lontano da loro! Ma tu non devi pensare che possa arrabbiarmi con te! Tu devi pensare a quello che ti fa star bene e farlo! Se vuoi cenare con loro, devi farlo! Se vuoi passare la giornata con loro, devi farlo! Non puoi pensare di essere felice in questo modo!”
 “Sei tu la mia famiglia! Tu e la bambina!”
 “Amore, per favore, guardami! Tu vorresti andare a quella cena?”
 “Vogliono festeggiare la vittoria del premio...”
 “Sì, lo so! Vuoi festeggiare con loro?”
 “Ecco, io voglio solo stare con te!”
 “Rispondimi, per favore!”
 “Sì, sarebbe stato carino, è da un po' che non vedo mio padre, i miei fratelli... Il piccolo Alessandro!”
 “E allora perché non vuoi cenare con loro?"
 “Non voglio escluderti da nulla di quello che faccio! Io ho bisogno di te!”
 “Piccola, io ci sono!”
 “Ma so che non verresti mai a cena dai miei!”
 Francesca aveva le lacrime agli occhi. Inconsapevolmente l'aveva allontanata dalla sua famiglia senza nemmeno rendersene conto, la strinse tra le braccia e appoggiò la guancia sui suoi capelli.
 “Cambierebbe qualcosa se venissi con te?”
 Scosse la testa e lui percepì le sue mani tremare.
 “Non devi farlo! So che sarebbe una tortura per te!”
 “Per te lo è restare lontana da loro...”
 “No... Non è vero!”
 “Domani sera, verrò con te!”
 “Non sei obbligato.”
 “No, non lo sono, ti starò accanto e festeggerò con loro il tuo successo..."
 "Perché? Perché vuoi passare  una serata che per te sarebbe orribile?"
 "Per te! Solo per te, Farfallina! Per te farei qualsiasi cosa. E perché anche io voglio stare con te! Sempre! Mi manchi da impazzire e non voglio mai più discutere di queste cose! Qualunque cosa è tua! Io sono tuo! Noi siamo una cosa sola... Sei mia moglie! Se una cena può renderti felice, allora io sarò con te!"
 "Oh, Chicco... Io..."
 "Mi hai sposato, Farfallina! Nel bene e nel male!"
 Rise e la sentì rilassarsi.
 "Io ti amo, Chicco!"
 "E questo è il bene! Il male è la cena..."
 Le disse scherzando.
 "È questo che significa essere sposati, no? E... Tua madre come diavolo sa del nostro matrimonio?”
 Sì scostò e lo guardò perplessa.
 “Lo sa?"
 “Così pare... Oggi è piombata nel mio ufficio presentandosi come mia suocera..."
 "Oh... Ti giuro, Chicco, non l'ho detto a nessuno! Forse... Forse l'ha capito da sola, l'ha indovinato, non lo so!"
 "Piccola, non importa! Non voglio tenerlo nascosto! Lo vorrei gridare al mondo! Io sono felice... Sono fiero che tu sia mia moglie! E... Sì! Voglio che lo sappiano! Quando decidiamo tu! Ma io non l'ho negato! Oggi, non l'ho negato... È così bello che gli altri lo sappiano... Potremmo dirlo... Vuoi dirlo a tutti, domani sera?”
 Gli buttò le braccia intorno al collo e felice come i bambini, quasi gridò:
 “Non vedo l'ora di farlo!”

 Quella giornata era passata velocemente, troppo velocemente. Le aveva promesso che sarebbe stato accanto a lei. E sapeva che era giusto. Era suo marito e quelle persone erano la famiglia della donna che amava più di se stesso! Lei era disposta ad allontanarsi, anzi, lo aveva fatto, da loro e lo aveva fatto per lui. Era solo una piccola cosa rispetto a quello che lei gli dava. E il suo sorriso e il suo entusiasmo, dimostravano che aveva ragione. Ma viveva quel momento come una tortura. Per anni aveva sopportato in silenzio, fingendo di essere felice di quelle maledette cene.
 Almeno non avrebbe dovuto sopportare i suoi genitori. Almeno loro non ci sarebbero stati.
 “Chicco, non sei obbligato! Se vuoi possiamo tornare a casa... O puoi farlo tu!”
 Era sincera sua moglie. Non c'era nulla di artefatto nelle sue parole, non voleva metterlo in una situazione che sapeva bene lo infastidiva.
 “Stai tranquilla, Farfallina! Va tutto bene!”
 Le strinse la mano, rassicurandola.
 Marcella aprì la porta e si sorprese di vederlo, parve confusa ed imbarazzata.
 “Riccardo... Io non pensavo saresti venuto...”
 “Mi fa piacere... Davvero!”
 Marcella abbracciò la figlia, felice di vederla, poi si rivolse nuovamente a lui.
 “Io non lo immaginavo... Mi dispiace, non so cosa dire!”
 Non dovette aspettare molto per capire cosa intendesse dire Marcella con quelle parole. I suoi genitori e suo fratello, erano tutti riuniti insieme alla famiglia Mora. Avrebbe dato qualsiasi cosa per uscire da quel posto. Era stato ingenuo, stupido. Erano rimasti gli stessi abitudinari che condividevano ogni cosa, dalla più importante, alle sciocchezze. Marcella era sincera, non immaginava certo che lui sarebbe stato presente e la cosa più naturale era quella di riunire le famiglie. Rimase un passo indietro rispetto a Francesca, sperando di passare inosservato. Il primo a salutarlo fu Edo. Si chiese se fosse un idiota o fingesse di non capire che quella situazione non solo era imbarazzante, ma addirittura grottesca. Lo salutò come se nulla fosse accaduto. Come se fosse la cosa più normale del mondo. Poi a turno, tutti gli altri. Claudio, Giulio, sua sorella... Nicola si limitò a stringergli la mano, doveva aver fatto uno sforzo sovrumano per riuscire a farlo. Sorrise dentro di sé, evidentemente anche a qualcun altro quella situazione pesava, forse più che a lui. Del resto ricordava bene le parole che quell'uomo gli aveva detto la notte in cui lo aveva cercato a Houston. Poi anche suo padre e sua madre si avvicinarono, quasi restii.
 La tensione si poteva toccare. Si sentì cattivo, perché godeva nel vederli imbarazzati e nervosi.
 Nonostante provasse un senso di vittoria, assolutamente fuori luogo, non vedeva l'ora che quel circo esasperante, finisse in fretta. Aveva promesso a lei di essere presente e di starle accanto e a se stesso che sarebbe stato impeccabile per lei.
 Dopo i primi momenti le cose migliorarono. Lui fu gentile e affabile anche se distante e freddo. Era come se li conoscesse appena, mentre gli altri pensarono solo a lei e ad Alessandro che era diventato un bimbo bello e solare. Anche lui presto avrebbe tenuto in braccio la sua bambina. Ecco, avrebbe pensato a lei, sarebbe stato più facile sorridere.
 E poi sua moglie, ancora gli sembrava strano dirlo, era felice. Era felice delle loro attenzioni e del loro affetto. Come aveva fatto a dimenticare il modo in cui si erano comportati con lei? L'avevano presa in giro per il suo desiderio di libertà, l'avevano presa in giro quando aveva deciso di chiudere la carriera di modella e di tentare quella della fotografia. Avevano cercato di obbligarla a lavorare per il fratello. Non credevano nelle sue possibilità. Ma lei era lì, sorridente e felice di stare con loro. Del resto aveva perdonato anche lui, che oltre ad averla sempre mortificata, l'aveva quasi persa per essere andato a letto con una pazza. Che l'aveva lasciata sola e che aveva lasciato che si facesse del male. Quanto era speciale? Sapeva perdonare, la sua bellissima moglie. Dimenticare il dolore e le umiliazioni. La guardava ammaliato e avrebbe voluto essere solo con lei. Era dolce, gentile e sarebbe stata una madre meravigliosa. Sperava che la piccola fosse come lei. Incantevole e speciale. Le accarezzava la schiena mentre chiacchierava e raccontava qualcosa sul suo lavoro e sui colleghi e che non vedeva l'ora di ricominciare a lavorare. Aveva tante idee su come lavorare e occuparsi della bambina, su come organizzare il tempo e su futuri servizi che avrebbe realizzato. E tutto quello che voleva fare, che avrebbe fatto, riguardava anche lui. Era come se lei non riuscisse a pensare a nulla che non comprendesse la sua presenza. L'amava, con tutto il cuore. Avrebbe passato ogni istante a guardarla e a compiacerla. Lei era tutto! Loro si erano limitati a congratularsi per il loro matrimonio.
 Quando lei, felice e sorridente, aveva confessato che si erano sposati qualche giorno prima, Nicola era impallidito. Marcella l'aveva abbracciata e aveva sorriso a lui. Anche i fratelli erano parsi sinceramente felici, anche se completamente spiazzati. Suo padre e sua madre erano rimasti silenziosi. Li aveva guardati e sembravano quasi smarriti. Armando aveva stretto la mano di Betty come per darsi la forza di affrontare quella situazione. Poi, in punta di piedi, anche loro avevano abbracciato Francesca e stretto la mano a lui. Quanto erano sciocche quelle formalità. Vivevano insieme, stavano per avere una bambina, ma sembrava quasi che la notizia di qualcosa di inevitabile e naturale, li avesse destabilizzati e mortificati. Convenzioni, solo ridicole convenzioni. Ma a lui, l'unica cosa che importava, era lei. Ed era felice. Solo questo gli bastava per non fuggire lontano.

 “Chicco...”
 Lo guardò in modo strano
 “Amore, non riesci a dormire?”
 “Chicco... Non sto bene!”
 Si alzò di scatto e accese la luce. Lei lo guardava con gli occhi pieni di paura.
 “Cosa c'è, piccola?”
 “Mi fa male... Io credo siano le contrazioni!"
 “Andiamo all'ospedale!”
 “Forse ho mangiato troppo...”
 “Non mi interessa, ti aiuto a vestirti...”
 “È presto...”
 “Non così presto... Vieni, ti aiuto!”
 Arrivarono all'ospedale senza quasi accorgersene. Non parlavano e lei si sentiva male. Non sapeva quasi spiegare cosa avesse. Aveva forti dolori ma si sentiva frastornata e confusa. Riccardo invece era in preda al panico e non riusciva a tranquillizzarla. Il medico la visitò con cura e sorrise ai due. Presto la loro piccola sarebbe venuta al mondo e non c'era nulla di cui preoccuparsi. Ma il tempo passava e sembrava solo che lei stesse peggio.
 “Francesca, ha la pressione molto alta e in questa situazione rischiamo possano esserci problemi per lei e per la bambina. So che lo avevamo escluso, ma non voglio lasciare nulla al caso. Vorrei restasse calma... La sottoporremo ad un parto cesareo... Resterà sveglia e vedrà la piccola non appena verrà alla luce. Suo marito, o quello che è, assisterà al parto accanto a lei.”
 I due si guardarono spaventati, poi chiesero se davvero fosse necessario.
 “Vi fidate di me? Vi garantisco che viste le condizioni di Francesca, è la soluzione migliore! Tra poco abbraccerete la vostra bimba... Ha già un nome?”
 “Non ne abbiamo mai parlato...”
 “ingegner Mendoza, mi stupisce... A questo punto ci penserete più tardi... O potreste parlarne durante il parto!”
 Scherzò il medico che poi sede indicazioni precise al suo staff e prima di uscire dalla camera diede una pacca sulle spalle a Riccardo che per la prima volta in vita sua, era semplicemente terrorizzato.
 Era andato tutto bene. Le guardava senza riuscire a parlare. Era stata un'esperienza incredibile assistere al parto. Era seduto accanto a lei che lo guardava, era stata lei a sostenerlo. Era stata forte, nonostante fosse spaventata. E ora teneva in braccio la loro bimba senza nome. Era stanca e ancora un po' intontita dall'anestesia, ma sembrava felice e serena.
 “Chicco... Vieni qui...”
 Le si avvicinò ma non disse nulla.
 “Amore, vuoi prenderla in braccio?”
 Scosse la testa, la piccola era così piccola, sembrava così fragile e temeva di poterle fare del male.
 “Siediti qui...”
 Si sedette con lei sul letto, facendo attenzione a non toccare la flebo che aveva nel braccio
 “Chicco, non sei felice?”
 Sentì il cuore impazzire. Era felice, non lo era mai stato tanto in vita sua. Ma era sopraffatto dalle emozioni. Appoggiò la testa sul suo seno, accanto ai piedini della piccola e cominciò a piangere silenziosamente.
 “Sì, sei felice. Il mio Chicco è felice. Piccolina, il tuo papà è un po' emozionato... Ma gli passerà e presto ti stringerà tra le sue braccia. E non ti lascerà mai! Vero amore?”
 Non rispose, si era addormentato. Le teneva una mano e si era addormentato. Gli baciò la fronte. Era intenerita di fronte a quell'uomo che le dormiva accanto ed era divertita da lui, che era sempre stato forte, ora si era completamente abbandonato alla piccola che stringeva tra le braccia. E lei... Lei, con in braccio la sua bambina e con accanto l'uomo che aveva sempre amato, sentì che la sua attesa, la sua pazienza, il suo amore disperato, avevano sempre avuto senso.
 “Chicco... Ehi... Amore mio!”
 “Piccola... Scusa, mi sono addormentato!”
 “Già! Ma non hai dormito molto... Non vuoi prendere in braccio la tua bambina?”
 “Ecco... E se piangesse? Se le facessi male?”
 “Hai paura di prenderla in braccio? Di stringere tua figlia?”
 “No... Cioè, sì! Lei è così piccola...”
 “Amore, prendila in braccio!”
 “Non so come si faccia...”
 “Non hai mai preso in braccio un bambino? Nemmeno Alessandro?”
 “Sì, forse... Ma lei...”
 “Lei è tua figlia e ha bisogno di te!”
 Francesca gli prese la mano, che era quasi rigida e la portò sulla guancia della piccola.
 E quello che Riccardo provò, non seppe spiegarlo nemmeno a se stesso.
 Un calore sconosciuto percorse il suo corpo, un senso di completezza che non credeva si potesse provare, lo sconvolse. Provò amore, un amore diverso da quello che provava per sua moglie, un amore incondizionato, illimitato. Quella meravigliosa bambolina era sua! La sua bambina. La cosa più bella che avesse mai visto ed era della sua Farfallina. Si era chiesto tante volte cosa avrebbe provato. Cosa significasse essere davero padre.
 E la sua Farfallina glielo aveva appena spiegato: "è tua figlia e ha bisogno di te!"
 La sua bambina, sua figlia, bella come la sua donna, perfetta come lei. Per qualche istante tornò al giorno in cui suo padre l'aveva accompagnato all'ospedale per conoscere la sorellina di Giulio. Era piccola come sua figlia, con lo stesso nasino, gli stessi capelli arruffati e un'espressione beata e serena. Ricordava che avrebbe voluto toccarla, prenderla in braccio. Ma in quel momento... Aveva paura! Aveva paura di sbagliare, di farle del male, come... Scosse la testa e distolse i pensieri, concentrandosi sul sorriso della sua Farfallina, che, come fosse stata madre da tutta la vita, appariva sicura e tranquilla, bellissima e dolce.
 “Cosa devo fare?”
 Gli accarezzò una guancia e con delicatezza, mise la piccola tra le sue braccia. Rimase immobile, ma fu solo un attimo. Si sciolse in fretta e si abbandonò all'amore che provava per quella piccola meraviglia che sua moglie gli aveva dato.
 “Chicco... Cosa ne pensi di chiamarla Anna?”
 “Anna... Ciao Anna! Lo sai che sei la bambina più bella che esista?”
 “Ti piace?”
 “È bella da togliere il fiato!”
 “Il nome! Intendevo il nome!”
 “Sì, sì... Guardala, piccola, mi sta sorridendo!”
 Francesca si accomodò meglio sul cuscino, mentre guardava il marito  e la figlia che in quel momento, lei lo sapeva, stavano creando un rapporto che non si sarebbe mai spezzato.
 “Sta dormendo... E comunque non credo sia ancora possibile vederla sorridere...”
 Disse sospirando allegramente.
 “Ma lei sorride... Piccola, io non so cosa dirti! Io sono così felice. Ma non sono capace di trovare le parole per esprimerlo...”
 “Ti amo, amore mio!”
 “Anche io....”
 Riccardo non riusciva a togliere gli occhi dalla bambina. La teneva tra le sue braccia e anche le inevitabili visite delle famiglie non lo turbavano, non lo infastidivano. Era completamente estraniato dalla realtà. Cantava delle canzoncine sentite chissà dove o ne inventava qualcuna apposta per lei. La cullava camminando per la camera, facendo sorridere la moglie che li guardava, divertita ed incantata.
 “È così da quando l'ha presa in braccio... Ho dovuto convincerlo a darmela per la poppata... Credo di averlo perso!”
 Scherzò con la madre che osservava l'uomo incuriosita.
 “Non avevo alcun dubbio. Siete molto belli insieme!”
 “Grazie mamma! Sono felice!”
 “È giusto così, bambina! Hai sofferto tanto e ora meriti tutta la felicità del mondo... Credi possa prenderla un pochino in braccio per salutarla?”
 “Puoi provare a chiederlo... Chicco!”
 “Guarda, piccola! Mi stringe il dito!”
 “Chicco, non hai voglia di bere un caffè?”
 Gli chiese dolcemente.
 “Oh no, no!”
 “Amore... Ecco non sarebbe carino se Anna conoscesse la nonna? Mia madre potrebbe prenderla un momento in braccio?”
 “Cosa? Beh...”
 Quasi strappato dalla sua realtà, Riccardo la guardò sorpreso.
 “Non importa, Riccardo...”
 Intervenne Marcella che aveva il cuore pieno di gioia.
 “Ma no, ecco... Sai come tenerla?”
 Marcella guardò la figlia e sorrise.
 “Penso di sì, ma puoi sempre dirmi come farlo!”
 Senza capire il sarcasmo, le pose tra le braccia la bambina e le spiegò come tenerla e cosa fare per farla sorridere.
 Dopo Marcella, anche Nicola la prese in braccio. Riccardo sembrava sulle spine quando non poteva tenerla in braccio o non era con Francesca. Per lui la piccola Anna, era al sicuro solo con loro.
 “Tesoro... Possiamo entrare?”
 “Zia Betty! Ciao zio! Entrate! Sono felice di vedervi!”
 “Come stai? Ci hai fatto una bella sorpresa...”
 “Anna aveva fretta di conoscerci!”
 “Anna? Oh, è un nome bellissimo... Riccardo... Congratulazioni!”
 Betty guardava il figlio che, seduto su una poltrona, accarezzava la bambina senza quasi accorgersi della presenza dei genitori.
 “È solo un po' frastornato...”
 “Lo immagino! Riccardo... Possiamo vedere la nostra nipotina?”
 L'uomo la guardò come se l'avesse vista solo in quel momento.
 “Mamma... Papà! Lei è la mia Anna!”
 “È bellissima, amore mio!” Betty si emozionò e non riuscì a trattenere le lacrime. Armando rimase qualche passo indietro alla moglie e si commosse quando fu proprio il figlio a chiamarlo.
 “Papà... Non vuoi conoscerla anche tu?”
 “Certo, figliolo! Certo... Sono solo un po' emozionato...”
 “Lei sarà felice! La amerò sempre!” Non lo disse per far del male ai genitori, era sincero e pensava solo alla bambina, ma per loro furono parole dolorose. Armando diede una pacca sulla spalla al figlio.
 “Sono sicuro sarà così. Tua figlia è fortunata ad avere un padre come te... Sei speciale... Sei un uomo speciale!” Ma lui era troppo preso dal sussurrare parole dolci alla piccola per rendersi conto delle parole del padre.
 “Chicco... Perché non lasci che tua madre prenda in braccio Anna? Sono certa sappia come tenerla per non farle del male...”
 Senza replicare si alzò dalla poltrona e fece accomodare la madre. Gliela pose tra le braccia e Betty le diede un piccolo bacio sulla testolina.
 “La mia nipotina... La mia bellissima nipotina...”
 Lui le rimase accanto mentre suo padre si avvicinò a Francesca.
 “Non l'ha detto per ferirti, zio... È solo felice! Davvero!”
 “Lo so, tesoro... Lo sai? Sono fiero di lui... Di voi! La vostra Anna sembra una bambolina...”
 “Lo ha detto anche mio padre! Zio... Le cose cambieranno! Lui ti vuole bene!”
 “Stai tranquilla! Non devi preoccuparti per queste cose!”
 “Tu sei il nonno di Anna... Vuoi prenderla in braccio anche tu?”
 “Mi piacerebbe, ma credo che tua zia non la lascerà molto facilmente”
 Glielo disse accarezzandole una guancia e lei gli strinse la mano sorridendo.
Quella notte, la prima che passarono insieme come famiglia, Riccardo non chiuse occhio. Erano troppe le emozioni che lo avevano pervaso. Ripensò a tutta la sua vita e ringraziò La sua donna per averlo aspettato, per averlo amato, per quello che era. La vita. Francesca era la vita, gliela aveva regalata la vita, gli aveva regalato Anna. E lui, ne era certo, avrebbe dato tutto ciò che aveva per lei. Perché senza di lei, lui non era nessuno, non era un uomo, non era un padre. Con lei era tutto. Senza Francesca era solo rimpianti, rimorsi e frustrazione.
 Con Francesca era se stesso. Lei era vita e lui, la viveva.

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Capitolo 20
*** 20 ***


Eccomi qui... Pur essendomi ripromessa di essere più veloce con gli aggiornamenti, non sono riuscita a fare di meglio.
 So che questo capitolo non è al livello dei precedenti dal punto di vista delle emozioni, è più che altro di passaggio e in un certo senso conduce ad una "fine", non so se dell'intera storia o di una parte di essa... Nel primo caso mancano solo un paio di capitoli, nel secondo si aprirebbero tutta una serie di situazioni che allungherebbero, non so di quanto, le avventure di Chicco e Francesca.
 Sto già scrivendo il capitolo successivo, ma non voglio sbilanciarmi sulla tempistica della pubblicazione. Non sarebbe corretto nei confronti di voi che mi seguite, perché non sono in grado di garantire nessuna puntualità.
 Ora lascia a voi il giudizio di questo capitolo e, nella speranza non vi deluda troppo, aspetto una vostra opinione, sincera.
 Un abbraccio a tutte e a te uno speciale.

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Capitolo 20

 La piccola Anna era la luce degli occhi di suo padre, che passava ogni istante libero dai suoi impegni, a coccolarla, a cantarle canzoncine o semplicemente a guardarla. Francesca sembrava rifiorita. Era tornata bella come quando lavorava con il suo corpo e si occupava della piccola con amore e dedizione. Non era difficile del resto, era una bimba tranquilla e, nonostante Riccardo la viziasse tenendola in braccio praticamente ogni volta che poteva, era dolce e serena. Quella casa sembrava essere un paradiso, il loro paradiso. La camera che Riccardo aveva arredato e sistemato prima che tra loro tornasse tutto come doveva, era ancora più colorata e piena di giochi. La bellissima sedia a dondolo che lui aveva scelto, era comoda e Francesca si sentiva sempre bene quando si accomodava per allattare la bimba.
 Ma fuori da quella casa, sembrava che non avessero pace. I paparazzi non perdevano occasione per scattare loro foto, rubando dei momenti intimi dei tre. Sembrava che la curiosità intorno alla loro famiglia, crescesse giorno dopo giorno.. Era successo anche a Giluio e Camilla, ma in maniera diversa e forse più discreta. Del resto i due non si erano mai nascosti.
 Perché avrebbero dovuto? La loro storia era pulita, senza segreti. Loro due invece erano stati una sorpresa e la loro storia aveva destato interesse fin dall'inizio. Poi le cose erano ovviamente peggiorate con l'assenza di Riccardo e la gravidanza di Francesca. Non avevano mai fatto alcuna dichiarazione per chiarire quello che c'era tra loro o quello che era successo. Quindi i giornali si sprecavano in illazioni sul loro conto.
 Poi la nascita della piccola Anna era diventata una sorta di gioco tra loro, a chi riusciva a rubare l'immagine della bambina da pubblicare in prima pagina.
 Riccardo aveva chiesto al fratello di diffidare i giornali dal continuare ad importunarli, minacciando azioni milionarie nel caso la figlia fosse apparsa, senza il loro permesso, su qualsiasi giornale. Ma erano riusciti solo ad impedire che si avvicinassero troppo.
 Arrivavano quotidianamente richieste di esclusiva, ogni volta rimandate al mittente. Riccardo cominciava a non sopportare quella situazione e si convinceva sempre di più che la soluzione migliore fosse abbandonare quella città e trasferirsi a Houston, dove sarebbero stati solo una coppia di genitori anonimi. Per lui era solo una questione di tempo. Se le cose non fossero migliorate non ci avrebbe impiegato molto a dire addio al suo paese. Del resto anche se con la famiglia, all'apparenza, le cose si erano sistemate, era consapevole che tra loro, il muro che si era eretto, era ben presente e solido. Non poteva dire di non apprezzare gli sforzi dei genitori e dei fratelli che si stavano impegnando a risolvere i problemi che avevano avuto, ma lui li sentiva lontani e non riusciva a perdonarli, nonostante tutto.
 Per lui, quella situazione era diventata insostenibile. Fin da bambino lui e la sua famiglia erano stati oggetto delle attenzioni della stampa. Ricordava che quando la madre lo aveva portato a Bogotà, suo padre faceva di tutto per evitare di venire fotografato. Sua madre era preoccupata e ricordava bene che quel periodo era pieno di tensioni. E ora sua figlia doveva subire lo stesso trattamento. Non lo sopportava. Non sopportava di doversi nascondere per proteggere la loro privacy. E quando uno di quegli idioti, era riuscito a scattare, alla piccola, una foto, gli aveva strappato la macchina delle mani, lo aveva spinto e gli aveva rotto il naso con un pugno. Il paparazzo se n'era andato minacciando di fargliela pagare. Le cose si erano sistemate senza strascichi, perché Edoardo era intervenuto, minacciando a sua volta di fare causa al giornale per invasione della privacy di una bambina, ma Francesca capiva che quella situazione non poteva continuare a lungo. Aveva parlato con il cognato che le aveva consigliato di dare l'esclusiva ad un giornale, una rivista di moda magari, non di pettegolezzi, o direttamente al suo quotidiano che sarebbe stato capace di parlarne con discrezione e gentilezza.
 “Davvero? Davvero vuoi che nostra figlia finisca su un giornale per soddisfare la morbosità di qualche curioso? No! Non ci pensare nemmeno! È ridicolo anche solo discuterne!”
 “Chicco, anche Giulio e Camilla lo hanno fatto. L'articolo era discreto e le foto di Alessandro erano bellissime. Una volta pubblicato, l'attenzione nei loro confronti è scesa e ora possono camminare tranquilli senza paura di essere disturbati. Giulio non deve prendere a pugni nessuno...”
 Gli disse preoccupata.
 “Tuo fratello è sempre stato un signore, io no! Loro sono sempre apparsi sui giornali, non è mai stato un problema! Io le odio quelle sciocchezze!”
 “Anche tu sei stato spesso sulle copertine di quelle stupide riviste! Tutti noi siamo apparsi su quei giornali!”
 “Foto rubate, Francesca! È comunque noi siamo adulti, Anna no! Lei non deve diventare un fenomeno da baraccone! Non pubblicheremo le sue foto per darla in pasto a quella gente! È troppo piccola!”
 Francesca, sospirò stancamente. Era preoccupata per quello che li circondava ed era preoccupata che il suo uomo potesse fare qualche colpo di testa. Riccardo non era mai stato avventato, ma l'istinto di proteggere la sua Anna, era certa, lo avrebbero portato ad andare oltre.
 “E allora vuoi continuare a minacciare quegli idioti? Litigare in mezzo alla strada con chiunque si avvicini a lei?”
 “Anna deve essere protetta!”
 Rispose duro.
 “Lo stiamo facendo! Chicco, non si può andare avanti così! Tra qualche tempo ricomincerò a lavorare e Anna dovrà restare con la tata. Anche lei dovrebbe picchiare i fotografi?”
 Riccardo scosse la testa e cominciò a camminare nervosamente, poi, dopo averci pensato per qualche istante, si voltò verso la sua donna.
 “Una soluzione c'è... Ci sto pensando da tanto..."
 "Di cosa parli?"
 Chiese incuriosita.
 "Andiamo via!"
 "Vuoi partire? Non è una cattiva idea. Potremmo andare a Cartagena, sarebbe bello!"
 Gli rispose sorridendo e lui, la raggiunse, sedendosi accanto a lei.
 "Non intendevo dire questo... Sì, potremmo andare qualche giorno in vacanza, ma pensavo a qualcosa di definitivo... Ci sto pensando da prima che Anna nascesse! Forbes mi vorrebbe a Houston, in pianta stabile! Sarebbe tutto più facile! Per il mio lavoro, per Anna... Potresti uscire di casa serena, senza paura di imbatterti in quegli sciacalli! Saremmo una famiglia come tutti, senza pressioni. Houston è una bella città. Ci sono ottime scuole per Anna."
 Deglutì e lo guardò sgranando i suoi grandi occhi scuri.
 "Chicco, credo di non aver capito..."
 "Penso che sarebbe una soluzione perfetta, piccola! Possiamo partire non appena ti sentirai pronta!"
 Disse ,convinto, sfoderando il suo sorriso più accattivante.
 "Quando sarò pronta?"
 "Quando vuoi, amore mio! Pensaci, non avremmo più alcun problema. Nessuno ci importunerà più e la piccola Anna potrà crescere serena e tranquilla!"
 Francesca cercò di assimilare e comprendere quello che il marito le stava dicendo.
 Si scostò da lui e gli si parò davanti.
 "Quando pensavi di parlarmi della tua decisione?"
 Disse, fingendo di mantenere una tranquillità che sentiva di perdere prendendo consapevolezza delle intenzioni di suo marito.
 "Lo sto facendo ora! Ma non dobbiamo partire domani! Anna è piccola. Tra qualche settimana..."
 "Tra qualche settimana... Ma io... Tra qualche settimana, ricomincerò a lavorare..."
 "Sì, ma puoi dare le dimissioni subito, in modo che quando partiremo avrai espletato tutte le incombenze... Non conosco il contratto che ti tiene legata a quelle persone, ma sono certo che Edoardo potrà tranquillamente sistemare qualsiasi problema..."
 Riccardo aveva già deciso. Lo capiva dal modo in cui parlava, nel modo sicuro in cui spiegava le sue intenzioni.
 "Hai già parlato anche con Edo?"
 "No, no... Ma possiamo chiamarlo anche ora!"
 "Certo, chiaro..."
 Disse prima di voltarsi e allontanarsi di qualche passo.
 "Amore, cosa c'è che non va?"
 Si chiese se davvero glielo stesse domandando, strizzò gli occhi e si diresse verso la cameretta della loro bambina.
 "Cosa c'è che non va? Me lo stai chiedendo davvero? Vado da Anna, penso si sveglierà tra poco!"
 "Piccola..."
 Fece per raggiungerla, ma lei lo fermò con una mano.
 "Puoi lasciarmi un momento sola? Per favore?"
 "Sei arrabbiata?"
 "No... No! Non sono arrabbiata!"
 "Allora dimmi che cos'hai?"
 "È importante? È importante per te sapere che cos'ho?"
 "Farfallina, perché dici queste cose? Tu sei mia moglie, voglio sapere cosa hai!"
 "Non ho nulla! Nulla di importante, ovviamente!"
 Tornò sui suoi passi, lasciandolo solo e confuso.
 Si lasciò cadere sulla sedia e attese pochi istanti perché la bimba si svegliasse. Lui non l'aveva ancora raggiunta e si prese quei momenti per pensare solo alla bimba. Quello che il marito le aveva appena detto era assurdo e proprio non aveva alcuna intenzione di rovinare quel momento.
 Francesca cullava la piccola che dopo la poppata sembrava intenzionata a non addormentarsi.
 "Micina, non vuoi fare la nanna? Hai voglia di tenermi compagnia? Hai voglia di fare una passeggiata? Di prendere un po' di aria? Il tuo papà ti tiene richiusa come se tu fossi una principessa delle fiabe... Che ne dici se ci vestissimo e andassimo un po' al parco? Solo noi due..."
 "Cosa volete fare senza di me?"
 La voce di Riccardo le giunse come uno schiaffo e la fece sussultare. Socchiuse gli occhi e cercando di mantenere la calma gli rispose con freddezza.
 "Una passeggiata! Solo io ed Anna!"
 Si avvicinò alla moglie, perplesso.
 "Farfallina, sei strana... Non vuoi davvero dirmi cosa c'è che non va?"
 Scosse la testa, cercando di sorridere, ma sul suo volto si dipinse qualcosa che parve più una smorfia.
 "No, Chicco, non voglio dirti cosa c'è che non va! Adesso voglio vestire Anna, metterla nella carrozzina e uscire, prendere un po' di aria, fare due passi e voglio farlo sola, con la mia bambina!  Credi sia una cosa che possa fare o pensi sarebbe meglio di no?"
 "Penso che non appena metterai il naso fuori dal palazzo, i tuoi colleghi si butteranno su mia figlia!"
 "Ti ho già detto una volta che non sono i miei colleghi! E Anna sembra una malata! La tratti come se la luce del sole possa incenerirla! Ed è sbagliato!"
 Si inginocchiò accanto alle sue donne e cercò di accarezzare una guancia di Francesca, sorridendo.
 "Le cose cambieranno presto! Ma non voglio che usciate senza di me!"
 "Le cose cambieranno presto!" Lo imitò con stizza.
 "Nel frattempo non siamo libere di goderci una passeggiata..."
 "Andiamo fuori insieme!"
 Insisté lui.
 "No! Lo sai che ti dico? Esco da sola! Farò una lunga passeggiata. Anna ha appena mangiato e presto si addormenterà, ho tutto il tempo di uscire da sola!"
 Disse alzandosi e liberandosi della vicinanza di Riccardo che in quel momento le pesava come un macigno.
 "Piccola..."
 "Non provare ad impedirmelo! Quelli che chiami "miei colleghi", non sono interessati a me! Conoscono ogni centimetro di me! Se sarò sola, potranno scattermi mille foto! E non mi importa nulla! Non ho niente da nascondere. Non ho fatto nulla di male..."
 Strinse la piccola e le diede un bacio sulla fronte.
 "Se dovesse piangere, chiamami!"
 Riccardo provò a replicare qualcosa, ma lei aveva già messo la piccola nella culla ed era uscita dalla cameretta senza ascoltarlo. Lui rimasto solo e guardando la bambina che stendeva le manine, le sorrise e la prese in braccio stringendola a se.
 Francesca uscì dalla loro casa e corse a lungo, senza badare a quegli idioti che cercavano di immortalarla mentre, semplicemente, correva.
 Era arrabbiata. Furiosa! Suo marito sembrava davvero impazzito, quei dannati paparazzi erano diventati la sua ossessione. Sembrava non riuscisse a pensare ad altro. A Riccardo non era mai importato nulla dei pettegolezzi. Non gli piaceva comparire sui giornali, ma non aveva mai dato troppo peso alla morbosità di quelle riviste. Non poteva davvero pensare che scappare fosse la cosa migliore. Non poteva credere che lui ci avesse pensato davvero. Immersa nei suoi pensieri quasi non si accorse del tempo che passava. Si fermò ansimante e guardò l'orologio. Due ore. Aveva corso per due ore e doveva tornare a casa. La piccola aveva bisogno della sua mamma e presto sarebbe stata l'ora della poppata.

 Nel frattempo Riccardo aveva convocato suo fratello per discutere del contratto di lavoro di Francesca.
 "Mi sembra un contratto molto semplice da rescindere. Non ci sono clausole particolari, nessuna esclusiva, nessuna penale..."
 "Meglio così! Non mi aspettavo un contratto diverso da un piccolo giornale come quello!" Disse soddisfatto Riccardo che si chiedeva cosa avesse irritato tanto la sua Farfallina.
 "Beh, devono fidarsi molto di Francesca. A volte questi piccoli editori, vincolano i propri dipendenti per evitare possano mollarli per testate più importanti..."
 "Non è tanto importante. Puoi preparare una lettera di dimissioni?"
 "Ma sì, certo. Non credevo che Francesca volesse andare via da lì, mi è sempre sembrata molto felice di lavorare per loro!"
 Disse un po' confuso Edoardo che continuava a sfogliare il contratto.
 "Infatti Edo!"
 Francesca era rimasta sulla soglia della porta, in silenzio, provando a capire cosa stesse succedendo, se quello che stava guardando e sentendo fosse solo il frutto di un incubo o se davvero suo marito fosse completamente impazzito.
 Richiuse la porta, facendo rumore e si avvicinò ai due che la guardavano con curiosità.
 "Chicco, non hai detto a tuo fratello perché deve preparare una lettera per le mie dimissioni? Edo, non sai che Chicco vuole lasciare la città?"
 Edo sussultò e si voltò vero il fratello, sperando di aver capito male.
 "Vuoi andare via? Volete andare via?"
 "Oh... Non te l'aveva detto..."
 Rise sarcastica.
 "Non è una cosa sicura... Quindi per favore, non dire nulla a mamma e papà! Non ho nessuna intenzione di dare spiegazioni!"
 "Eh già! Edo, mantieni il segreto! Sai bene quanto Chicco ami la teatralità della sorpresa! Lo comunicherà il giorno della partenza. Una volta saliti sull'aereo, prima di spegnere il telefono, manderà un sms a tutti! Non è così, Chicco?"
 Parlava con il cognato, senza smettere di guardare il marito.
 "Forse è meglio che vada... Non dirò nulla! Mi dispiace... Ciao Francesca!"
 "Ciao Edo!"
 Rispose dura, sperando che li lasciasse in fretta.
 Non appena il cognato si richiuse la porta alle spalle, Francesca si avvicinò al marito. Gli strappò dalle mani i fogli che teneva e li buttò sul tavolo.
 "Questo è il mio contratto! Chi ti ha dato il permesso di prenderlo?"
 "Non capisco, credevo fossimo d'accordo!"
 "D'accordo su cosa? Che tu possa frugare tra i miei documenti?"
 "Eravamo d'accordo che mio fratello desse un'occhiata al tuo contratto per poterti dimettere!"
 Eccolo lì, Riccardo Mendoza, l'uomo più egoista che conoscesse. L'uomo che non vedeva altro che se stesso. Che sapeva pensare solo suoi interessi, ai suoi bisogni.
 Lasciò cadere le braccia sui fianchi, sconfitta.
 "Credevo davvero tu avessi più rispetto per me... Ci ho creduto per un momento, che per te fossi qualcosa di più che qualcosa di tuo!"
 Il suo tono era pieno di sconforto, perché si sentiva sconfitta, vinta.
 "Amore... Ma di cosa parli?"
 "Sei un idiota se non lo capisci! Io non posso crederci! Tu mi prendi in giro!"
 Disse con rabbia.
 "Ora basta, piccola! Non ti sto prendendo in giro, ma proprio non ti capisco. Di cosa parli? Perché sei così arrabbiata?"
 "Perché non mi rispetti! Perché prendi le tue decisioni e ti limiti a comunicarmele! Perché dai per scontato che io sia d'accordo! Non pensi che avresti almeno dovuto parlarmene? Non credi che forse avrei potuto non essere d'accordo? Ho un lavoro! Una famiglia! Io amo la nostra città! E credevo tu fossi felice..."
 Rimase ferma, mentre lui la guardava senza davvero comprenderla.
 "Piccola..."
 "Piccola... Io non sono piccola! Sono una donna! E ho un lavoro che mi piace, dei colleghi che rispetto e a cui devo tutto! Sono miei amici! Non voglio rinunciare a quello che ho! Ed è qui che ce l'ho!"
 "Per questo? Per questo sei arrabbiata? Per il lavoro? Potresti trovare mille lavori a Houston! Ci sono tanti giornali, tante riviste importanti che farebbero a gara per averti! Quel piccolo giornale non può essere la tua aspirazione!"
 "È di questo che stiamo parlando? Delle mie aspirazioni? Beh, allora sai che ti dico? Il mio piccolo giornale mi ha permesso di vincere il premio più importante del paese! Ha esaltato sempre le mie foto e il mio lavoro! I miei colleghi mi vogliono bene e mi rispettano! Mi hanno protetta quando la pancia cominciava a vedersi e i paparazzi mi assillavano! Tu dov'eri? Quando perdevo i sensi in mezzo alla strada, erano Bolanos o Guerrero che mi aiutavano ad alzarmi! Quando le mie foto avevano successo, era Suarez a divulgarle e a farle pubblicare anche da altre testate! Avrebbero potuto sbattermi fuori per il caos che hanno subito per colpa mia! Ma mi hanno tenuta in considerazione come donna e professionista! Mi sono sempre stati vicini anche quando non sopportavo nemmeno la mia di presenza! E tu dov'eri? La mia aspirazione è continuare a fare il mio lavoro e farlo con loro! Ma questo a te non importa! Forse credi che sia un gioco... Credi che sia solo il passatempo di una ex modella ricca e viziata! Non è così! Non mi interessa lavorare per giornali importanti! Credi non ne abbia avuto la possibilità? L'unica ragione per cui ti comporti in questo modo è il tuo egoismo! Tutto gira intorno a te! Tu sei l'unico importante! Tu non rinunci a nulla, io sì, ma non è importante, vero?"
 "Non voglio più vivere qui!"
 Si voltò e smise di guardarla. Si sentiva messo alla prova, come se lei non lo capisse più.
 "Tornatene a Houston allora! Vai a Miami, Boston! Vai dove diavolo vuoi, ma non pretendere che io lasci tutto perché tu lo vuoi! E senza nemmeno chiedermelo! Frughi nei miei documenti e nemmeno ti preoccupi che sia d'accordo! Io non sono un giocattolo! Credevo l'avessi capito! Credevo che non mi considerassi più una sciocca bambolina!"
 "Io non l'ho mai pensato!"
 "Sì, invece! E lo pensi anche adesso! Hai solo cambiato il modo di dirlo! Ora sei più diplomatico! Non mi dici più che non valgo nulla, che sono banale, ordinaria! Una stupida semianalfabeta. Ma ti comporti come se non contassi nulla!"
 "Non è così..."
 Fece per raggiungerla e cercò di accarezzarle una guancia, ma lei spinse via la su mano con stizza.
 "Non toccarmi!"
 Proprio in quel momento, la bambina cominciò a piangere e lei ne approfittò per andarsene, corredo in cameretta senza considerarlo più.
 Dopo qualche minuto la raggiunse e sorrise, vedendola cullare la figlia che stringeva il biberon tra le mani.
 "Farfallina..."
 "Non voglio litigare con lei in braccio!"
 "Non voglio litigare..."
 "In questo momento sono arrabbiata. Per favore, lasciaci sole!"
 "Se prometto di non aprire bocca, posso rimanere con voi?"
 La supplicò con un sorriso dolce.
 "No! Non voglio tu stia qui! Ho bisogno di rimanere qui sola con Anna! Ma fai quello che ti pare! Tanto quello che voglio non conta nulla!"
 Voleva solo farsi perdonare e spiegarle perché aveva preso quella decisione. Rimase fermo per qualche minuto mentre lei allattava la piccola Anna, completamente indifferente nei suoi confronti, poi tornò in salotto aspettando che lei si calmasse.
 Quella sera non gli rivolse la parola, nonostante le sue richieste di chiarire prima di dormire. Cercò di abbracciarla ma non si fece toccare. Rimase sveglio a pensare a quello che lei gli aveva quasi gridato, ma non riuscì a capire le sue ragioni. Era sinceramente convinto che il loro trasferimento fosse una soluzione ideale. Anna si svegliò una sola volta e lei, in silenzio, andò dalla bambina.

 "Piccola, vuoi almeno darmi un bacio prima che esca?"
 Anche quella mattina aveva cercato il contatto con la sua donna, ma lei finse di dormire e non gli rispose. Era mortificata e delusa dal suo uomo. La amava ma non era cambiato. Era sempre l'uomo pronto a scappare verso qualcosa di più stimolante, senza mai pensare agli altri. Anche se gli altri erano lei e Anna. Ma lo amava con tutto il cuore e la bimba lo adorava. Pianse, mentre sentiva la porta della loro casa chiudersi, perché non sopportava quello che stava succedendo. Pianse perché alla fine, avrebbe dovuto lasciare tutto quello che aveva costruito e i suoi genitori. Pianse pensando ai suoi affetti e alla sua vita che presto sarebbe cambiata completamente. Lei non poteva fare a meno di lui e lui se ne sarebbe andato, ne era certa. Se avesse deciso di restare a Bogotà, prima o poi l'avrebbe lasciata. Non aveva scelta, doveva accettarlo per quello che era. E quella consapevolezza le fece male, si sentiva tradita, in un certo senso.
 Si fece un bagno caldo, cercando di trovare un senso a tutto. Si chiese cosa facesse più male, se l'idea che il suo uomo, che suo marito non la ritenesse nemmeno degna di discure di una decisione che riguardava la loro famiglia o perché non volesse lasciare ciò che aveva. Era qualcosa che doveva capire. Era forse giusto crogiolarsi nella tranquillità di un lavoro ormai sicuro? Non si riteneva forse un professionista? Non era forse capace di mettersi in gioco un'altra volta? Era la paura a fermarla? No. Non era la paura, non era la sicurezza. Non si trattava di quello. Si trattava di lei. Della sua vita. Chicco decideva da sempre della sua vita. Ecco cosa le faceva male.
 Sospirò. Cosa doveva fare? Accettare una decisione che non aveva preso? Lottare sapendo che comunque avrebbe perso qualcosa?
 E la sua fragilità riemerse, il terrore di perderlo pervase ogni centimetro della sua pelle e sentì quasi il pavimento aprirsi. No, non poteva rischiare di perdere il suo amore. Avrebbe accettato di seguirlo, ovunque.
 Prese il telefono e chiamò la prima persona che le venne in mente.

 "Francesca... Mi dispiace! Mi dispiace davvero! Vuole lasciarci per un altro lavoro? Almeno questo me lo deve!"
 "No, no, signor Suarez! Ecco... Presto lasceremo la città! Ed è inutile tornare al lavoro sapendo che si tratta solo di un impegno momentaneo... Signor Suarez, non ho intenzione di lavorare per nessun altro! Non lo dica a Bolanos..."
 "Mi dispiace, non so davvero che altro dire! Non lo dirò a Bolanos, ma lo faccia lei! Sa che la considera come una di famiglia!"
 "Anche per me è così... Tutti voi siete la mia famiglia..."
 Suarez smise di parlare, sentiva che Francesca piangeva mentre parlava e anche a lui si era stretto un nodo in gola. Quella ragazza, capitata nel suo ufficio senza alcuna esperienza, aveva stregato tutti loro e adesso che se ne sarebbe andata, nulla sarebbe stato come prima.
 "Francesca, se domani le cose cambiassero, un posto per lei ci sarà sempre!"
 "Io... Io le voglio bene, signor Suarez!"
 Il primo passo era fatto. Aveva comunicato le sue dimissione a Suarez, ora avrebbe dovuto parlarne con Alvaro e Carmen e a Bolanos. Con lui sarebbe stato ancora più difficile. E poi c'erano la sua mamma e il suo papà. Era strano, aveva girato il mondo ed era stata lontana da loro per tanto tempo, ma nessuno dei suoi viaggi era un vero e proprio trasferimento. E poi le cose erano cambiate. Non aveva più nessun rancore nei confronti della sua famiglia, soprattutto con la sua mamma.

 Passò quella giornata come in una sorta di bolla, senza nemmeno rispondere ai suoi messaggi e alle sue telefonate.
 Non si accorse del suo arrivo. Aveva appena sistemato il biberon di Anna nello sterilizzatore e sentì le braccia del suo uomo stringerla e il suo respiro accanto all'orecchio.
 "Ehi..."
 "Sei già tornato?"
 Gli disse liberandosi dall'abbraccio e allontanandosi di qualche passo.
 "Ho pensato che avremmo potuto stare un po' insieme..."
 "Non ho voglia di discutere anche stasera!"
 "Non voglio discutere... Vorrei parlare! Se ti va... e darti un bacio! Mi sei mancata... Mi manchi, piccola!"
 "Ti manco? Ma se non esco di casa! Se vivo come se fuori da questo appartamento il mondo fosse finito!"
 Gli disse con tono ironico.
 "È solo per proteggere te e Anna!"
 "Da cosa? Chicco, ti prego, lasciamo perdere!"
 Sospirò sconfitta.
 "Non sopporto tu sia arrabbiata con me! Farfallina, andare a Houston è la miglior soluzione che ci sia!"
 "Per te... Per te lo è sicuramente!"
 "Lo è per tutti e tre!"
 Riccardo cercava di avvicinarsi alla sua donna che però non sembrava intenzionata a lasciarsi toccare.
 "Sai cosa ti dico? È vero! Hai ragione e come ho già detto, non voglio discutere con te!"
 "Ehi, vuoi spiegarmi perché la cosa ti sembra tanto assurda?"
 "Di quello che ho detto ieri, non ricordi nulla vero?"
 Per qualche secondo rimase in silenzio e si immerse nei suoi pensieri.
 "È la prima volta che litighiamo!"
 Disse con un tono triste.
 "Abbiamo passato la vita a litigare!"
 "Non da quando siamo sposati! Non abbiamo mai litigato..."
 "Beh, forse sì. Ma non ci sono vie d'uscita! Ho solo bisogno di accettare chi sei... In fondo l'ho sempre saputo, devo solo ricordarlo!"
 Le si avvicinò sorridendole e stringendola sulla schiena, lei cercò ancora di divincolarsi ma lui non la fece muovere.
 "Io sono tuo marito. Ecco chi sono! E ho bisogno di te! Della mia bellissima, dolce e sexy moglie. Annina dorme?"
 "Sì, si è addormentata poco fa..."
 "Ieri non mi hai nemmeno rivolto la parola... Vuoi coccolarmi?"
 "Non pensare che abbia smesso di essere arrabbiata!"
 "Ricordo molto bene quando facevamo l'amore mentre eri arrabbiata..."
 "Sei un idiota! Ma non sono arrabbiata nello stesso modo!"
 "Andiamo di là? Ho bisogno di te!"
 "No! Non voglio! Non voglio che mi tocchi!"
 "Vuoi farmi del male?"
 Mentre parlavano la spingeva dolcemente verso la loro camera da letto, togliendole la felpa e facendola cadere sul pavimento.
 "Dimmi, amore mio, vuoi farmi impazzire?"
 "Sì, vorrei mandarti al..."
 La baciò senza darle il tempo di finire la frase, vincendo completamente le ultime resistenze che opponeva.
 La stringeva e le baciava una spalla, mentre lei, con gli occhi chiusi, lasciava che le braccia del suo uomo egoista, la accarezzassero.
 "Io ti amo, piccola..."
 "Mi ami ma non mi rispetti!"
 "Io sono un uomo terribile! Ma non penso affatto che il tuo lavoro sia un gioco, non penso sia un capriccio e nemmeno che tu sia una sciocca, vuota e superficiale! Io penso tu sia la donna che ogni uomo sogna di amare. Sei bella, dolce, intelligente e piena di vita! Sei piena di talento e sei capace di raggiungere qualsiasi obiettivo tu ti prefigga. Quando hai vinto quel premio, ero orgoglioso di te, come non lo sono mai stato nemmeno di me stesso! Sei una donna particolare, sei mille donne diverse. Non c'è nulla di ordinario in te! Sai vivere ogni cosa in maniera così profonda, da emozionarmi e, a volte, spaventarmi. Darei qualsiasi cosa perché Anna ti somigliasse anche solo un po'. Perché sarebbe speciale e unica. E ti giuro che temo mi somigli. Ma ha i tuoi occhi e la tua bocca e spero abbia anche il tuo cuore. Io ti amo e non voglio obbligarti a fare nulla! Piccola, sono un idiota! Lo so! Ma hai promesso di amarmi per quello che sono."
 Si voltò verso di lui e gli accarezzò una guancia.
 "Chicco, io andrei in capo al mondo se tu me lo chiedessi!"
 "Sì, lo so! Ma forse non saresti felice e io vivo per il tuo sorriso!"
 "So che se rinunciassi a Houston per colpa mia, non me lo perdoneresti mai! So che prima o poi fuggiresti lontano e io non posso vivere senza di te!"
 E quelle parole furono come un colpo al cuore. Perché lei per lui avrebbe davvero fatto qualsiasi cosa, anche sacrificarsi per quello che in fondo non era altro che una fuga.
 E lui? Aveva giurato di amarla, di darle ogni cosa, di morire per lei, eppure, ancora una volta, prevaricava i suoi bisogni.
 Sospirò e le diede un bacio sul suo meraviglioso nasino. Le sorrise e la avvolse completamente tra le sue braccia.
 Non avrebbe mai più imposto nulla alla sua donna, non i suoi capricci, i suoi bisogni. Erano una cosa sola e aveva sottovalutato l'unica parte di se stesso che davvero gli importava: lei.
 "Pensiamoci... Abbiamo tutto il tempo che ci serve per decidere. E ti giuro che se avessi anche un solo dubbio, rinuncerò senza alcun rimpianto. Oggi ti ho pensata per tutto il giorno! Non posso obbligarti a scegliere solo per paura di perdermi o perché è quello che voglio io!"
 Appoggiata sul suo petto, ascoltava il battito del cuore del suo uomo e non si stupì sentendolo battere allo stesso ritmo del suo.
 "Chicco... Dimmi la verità, perché vuoi andare via? Non può essere solo per i paparazzi..."
 Francesca lo capiva. Era sempre stato così. Era l'unica che capiva davvero l'uomo che era. Nonostante la sua apparente sicurezza, lei riusciva a vedergli dentro, a leggere attraverso la sua carne. Fin da bambina era l'unica che sapeva sempre come farlo sentire amato. Non l'aveva mai lasciato solo. Succedeva quando i suoi genitori lo sgridavano per qualche motivo e lei lo guardava, sorrideva e gli stringeva la mano. O quando da ragazzino le sue scelte lo allontanavano dalla famiglia, lei era sempre lì, con lui. Le parlava per ore e lei lo ascoltava, sempre.
 "Io... Io non riesco proprio a perdonarli! Non riesco a guardare mia madre senza ricordare quello che mi ha detto! E mio padre mi ha davvero spezzato il cuore! E io lo so che Annina è la loro nipotina, so che hanno il diritto di vederla e di amarla! E so che è la cosa più giusta per lei! Ma io non sopporto la loro presenza!"
 "Amore mio... Vuoi scappare da loro?"
 Scosse la testa e strizzò gli occhi prima di rispondere.
 "Non li voglio nella mia vita!"
 Una cosa sola. Ecco cosa significava amare il suo Chicco, soffrire con lui. Provare lo stesso dolore.
 "Chicco, andiamo via... Per qualche giorno, solo noi tre! Andiamo a Cartagena! Vorrei solo poterti aiutare... Vorrei curare le tue ferite, guarirle! Perché è tutta colpa mia! Se ti avessi dato la possibilità di spiegarti, se avessi deciso di starti vicino... Perché io lo sapevo che stavi male!"
 Aveva alzato il viso su di lui e lo guardava con dolcezza. Le accarezzò i capelli e le diede un bacio sulle labbra e le sorrise.
 "Piccola, tu sei tutto! Senza di te e senza Annina, non vivrei! Per un mio stupido errore hai sofferto e ho rischiato di perdere tutto quello che abbiamo. Non eri tu a dovermi appoggiare. Come avresti potuto? Ma loro... Loro sono i miei genitori!"
 "Ma tu... Tu hai fatto un errore..."
 "Un errore terribile e tu ne hai pagato le conseguenze!"
 Scosse la testa e schiacciò il volto sul suo petto.
 "Non voglio più pensarci! Ma Chicco, perché non riesci a perdonarli?"
 "Io non farei mai mancare il mio sostegno ad Anna!"
 "Hanno sbagliato! Ma..."
 "Già, hanno sbagliato! Non immagini quanto faccia fatica a vederli mentre prendono in braccio mia figlia!"
 "Non devi fingere... Sii te stesso e non reprimere ciò che provi! Devi sfogarti o continuerai a soffrirne! Perché non provi a parlare con loro?"
 "Perché non voglio sentire le loro scuse ipocrite!"
 Lo strinse di più a sé, come se volesse infondergli la sua forza, la sua energia. Come se volesse rubargli la frustrazione e il male.
 "Sei arrabbiato anche con mia madre e mio padre... E con Edo, Claudio, Giulio, Camilla... Ce l'hai con il mondo, Chicco! Non è giusto! Non puoi continuare a tenere tutto dentro!"
 "Per questo credo che andare via sia la cosa migliore. Ma questo non significa che sia tu a doverne pagare le conseguenze. Quindi ti chiedo solo di pensarci! Se vuoi possiamo passare qualche giorno a Cartagena... Sarebbe bello!"
 "Ti amo tanto, Chicco! Io voglio solo tu sia felice e se davvero credi sia l'unica soluzione per stare bene, allora io e Anna saremo con te! In qualunque posto tu decida di andare!"
 "Sei dolce, dolce e meravigliosa, piccola! Ma dobbiamo essere felici tutti e non solo io!" Si scostò leggermente e tese le orecchie, sentendo qualche lamento provenire dalla camera di Anna.
 "Oh... Pare che la micina si sia svegliata... Nooo! Era così bello tenerti stretta!"
 Francesca si alzò in fretta, indossando la maglietta e i pantaloni che lui le aveva tolto prima di farla sua.
 Gli rivolse un sorriso allegro, guardandolo mentre si stiracchiava tra le lenzuola stropicciate.
 "Vieni con me?"
 "Solo se mi permetterai di darle il biberon!"
 Sgranò gli occhi perplessa.
 "Come sei sciocco, non te l'ho mai impedito!"
 "No? Non tenerla così, fai così, prendila così... Mi mortifichi, piccola!"
 La scimmiottò mentre saltava in piedi infilandosi i boxer e una maglia.
 "Davvero? Davvero sono così odiosa? Prometto che non lo farò più! Mi perdoni?"
 Gli disse abbracciandolo con fare da bambina.
 "Forse più tardi dovrai convincermi..."
 Rise divertita e corse dalla bimba che le sorrise e stese le manine per farsi prendere in braccio.
 "Siete così belle!"
 Disse mentre le ammirava appoggiato alla porta.
 "Anche il suo papà lo è!"
 Si avvicinò a loro e si sedette ai piedi della sua donna, appoggiando la testa sulle sue ginocchia e chiudendo gli occhi. In quei momenti si sentiva vivo. Vivo e felice. Completo.
 Francesca quella sera, cercò di non pensare al dolore che aveva nel cuore suo marito. In parte si sentiva responsabile, avrebbe voluto davvero che per lui le cose fossero diverse. Che fosse tutto più semplice. Sperò che andando via qualche giorno le cose potessero almeno apparire un po' meno complicate. Non voleva lasciare la sua città né quello che aveva, ma lei lo amava più di se stessa e non lo avrebbe mai lasciato solo! Mai.

 I giorni passati a Cartagena furono bellissimi e sereni. Riuscire a passeggiare tranquillamente per loro era un ricordo a Bogotà. Ma in quella città nessuno badava a loro ed erano liberi di cenare in graziosi ristoranti sulla spiaggia, con la loro piccola, senza doverla nascondere. Avevano passato delle giornate indimenticabili e Riccardo era riuscito dedicare un po' del tempo alla barca, che lui adorava e che da tanto tempo non si godeva. Francesca era rimasta con la piccola a terra e si era dedicata a fare acquisti nei piccoli e graziosi negozi nel centro storico della città. Poi era tornata al porto ad aspettare suo marito mentre la piccola, stanca per la giornata impegnativa, dormiva tranquilla. Vide la barca avvicinarsi con a bordo l'uomo che amava e pensò che fosse bellissimo. Un sorriso malizioso comparve sulle sue labbra. Si era abbronzato durante quella giornata e le sembrò di trovarlo ancora più sexy del solito.
 "Buonasera mie adorate principesse!"
 "Bentornato, skipper! Sai che ti trovo più sexy che mai?"
 Gli disse con malizia, alzando un sopracciglio.
 "Nonostante sappia di sale, sia sudato e forse anche un po' scottato?"
 "E sei spettinato e hai la maglietta strappata, proprio qui... Lo vedi?"
 Infilò un dito nello strappo della maglietta fino a toccargli la pelle, facendolo trasalire. Le afferrò la mano e le diede un bacio.
 "Piccola, non fare così! Non qui e non ora... Sei crudele!"
 "Ti toglierei questa brutta maglietta rotta e sudata proprio adesso... Lo sai?"
 "Crudele e eccitante! Sei una strega!"
 "Andiamo a casa?"
 "Direi che dobbiamo!"
 Passavano così quelle giornate, ad amarsi, a giocare e a coccolarsi.
 Erano presi da se stessi e non si erano accorti che in quel paradiso, qualcuno non li aveva mai persi d'occhio.

 "Chicco..."
 Alla fine i paparazzi ce l'avevano fatta. Nonostante la loro discrezione, erano riusciti a immortalarli tutti e tre insieme.
 Erano in spiaggia, durante una di quelle splendide giornate in cui credevano di non essere osservati. Anna era ben in vista in almeno due foto. In una Riccardo la teneva sollevata e la bambina rideva felice, nell'altra era in braccio a Francesca. Avevano rubato dei momenti intimi in cui giocavano con la piccola e si scambiavano baci e carezze. I titoli li descrivevano come una coppia che nonostante tutto, il passato, gli innumerevoli uomini collezionati da Francesca, le donne di Riccardo e la gravidanza di una donna non specificata, resisteva, contro ogni previsione. Ma era chiaro che il tono era di scherno e oltre ai commenti pieni di sarcasmo nei loro confronti, non veniva risparmiata nemmeno la piccola. I giornali si chiedevano chi fosse davvero il padre, perché non somigliava al padre o a chi sarebbe stata affidata quando i genitori, a seguito di qualche colpo di testa di Francesca, qualche amore o qualche avventura più interessante, che la donna non aveva mai disdegnato, si sarebbe liberata dell'ennesimo uomo e si sarebbero lasciati. Sembrava avessero scaricato sulla famiglia e in particolare su di lei, la frustrazione di mesi di appostamenti inutili e deludenti.
 Riccardo era al telefono con il fratello mentre Francesca non riusciva a togliere gli occhi da quelle foto e dalle cattiverie scritte in quelle pagine.
 "Mio Dio, Chicco, sono cose terribili! Non credevo mi odiassero tanto... Chicco..."
 Disse con gli occhi pieni di lacrime e le mani che tremavano.
 Riccardo si avvicinò, le tolse i giornali dalle mani e la obbligò a guardarlo.
 "Piccola, ascoltami! Edo dice che le foto e le sciocchezze riportate sono riprese da un giornale di Miami. Quindi non è possibile agire contro questi idioti! Si occuperà di intentare causa alla prima rivista che ha divulgato queste... Queste cose, ma dubita che si riuscirà a risolvere qualcosa!"
 "Chicco... Mi dispiace! Io non so cosa dire! Cosa... Cosa penserà di me, Anna?"
 "Non è colpa tua! Piccola, tu non sei come ti hanno descritto!"
 "Non avrei dovuto chiederti di andare a Cartagena... Abbiamo abbassato la guardia! Oh, sono una stupida! Avevi ragione!"
 "No! Avremmo dovuto seguire il consiglio di mio fratello! Far pubblicare una dichiarazione, qualcosa che placasse la curiosità di quella gente! Quello che mi fa rabbia è quello che hanno detto di te! È colpa mia! Perché non ti ho dato retta?"
 Cercò di addossarsi la colpa di qualcosa di cui nessuno dei due era responsabile.
 "Io spero solo che ora che hanno quello che volevano, ci lascino in pace!"
 Continuò, cercando di essere convincente.
 "Lo credi davvero? Stanno scommettendo per quanto tempo staremo insieme e chi sarà l'uomo con cui fuggirò..."
 Lui sorrise e le baciò le labbra.
 "E se fossi io a scappare?"
 La vide trasalire e oltre alle lacrime, nei suoi occhi comparve il terrore.
 "Non scappare da me, Chicco!"
 Lo implorò non solo con la voce, ma anche con gli occhi.
 La sua donna, la sua bellissima moglie, sembrava davvero temere la sua fuga. La strinse, guardandola negli occhi.
 "Non succederà mai!"
 "Ho davvero sbagliato tutto! Spero che Anna non legga mai quello che scrivono di me!"
 "Sono degli idioti... Non sanno nulla di noi! Nulla di quello che abbiamo e di quello che siamo!"
 "Chicco, forse hai ragione! Dobbiamo andare via di qui!"
 Scosse la testa e le asciugò una lacrima che era scivolata all'angolo della bocca.
 "Piccola, non è il momento giusto per decidere, sei arrabbiata e i tuoi pensieri non sono lucidi! Promettimi che cercherai di dimenticare le cattiverie che hanno scritto! Conta solo quello che sei davvero!"
 "È cosa sono, Chicco?"
 "Mia moglie, la mia bellissima, dolce e meravigliosa moglie! Nessuno ti conosce quanto me! Nessuno ha questa fortuna. Amore mio, sei tutto... Sei la vita e... Tu lo sai che non sarebbe importante il passato, nessuno dovrebbe giudicare una persona per le sue scelte. Hai capito, piccola? Sei stata solo mia, ma nulla cambierebbe ciò che provo... Lo sai?"
 "Ma loro... E se Anna..."
 "Anna ti ama e ti amerà sempre. Io ti amo e ti amerò sempre! Le chiacchiere e i pettegolezzi possono interessare gli idioti, tu sei la mia vita! Sei la vita di Anna... Te lo giuro, piccola, tutto questo finirà! Nessuno aprirà più la bocca per dire una sola parola negativa su di te... Nessuno."
 Lo baciò e lo abbracciò e fecero l'amore come se fosse un bisogno impossibile da sostenere.
 E poi, i loro corpi, rimasero uniti per tutta la notte.
 Francesca pianse ancora, provando orrore per quello che aveva permesso si pensasse di lei e per la prima volta capì che in fondo, andare via, non sarebbe stato così terribile. Lontani dal loro paese, lei sarebbe stata solo una donna, una fotografa, una moglie e una madre. Non sarebbe stato terribile.
 Riccardo la sentiva piangere in silenzio e odiò con tutto se stesso tutti quelli che la giudicavano, tutti quelli che leggevano quei pezzi di carta e un sospetto doloroso e inquietante, si fece strada nella sua mente.
 Si addormentarono insieme, l'uno addosso all'altra, perché solo così erano forti, solo così erano un cosa sola in due corpi distinti.

 "Francis, è per quello che hanno scritto su di te? Per questo non tornerai al lavoro? Hai paura di loro?"
 "No... Non solo! Io... Io credo che andremo via di qui!"
 "Vuoi andare via dalla città?"
 "Ci sto pensando e credo sarebbe la soluzione migliore per noi! Saremmo lontani da questo circo di pettegolezzi e cattiverie. La mia bambina non dovrebbe mai nascondersi e crescerebbe serena, come tutti i bambini! Io e Riccardo siamo cresciuti sotto i riflettori e non è né bello, né facile! Non voglio che lei subisca lo stesso trattamento. E io ho fatto molti errori che saranno ricordati per troppo tempo! Lei potrebbe pensare che non sono una brava mamma... E poi per mille altre ragioni! Riccardo potrebbe lavorare senza preoccuparsi di spostarsi da qui al Texas."
 Le ultime parole fecero capire a Bolanos che la vera ragione di quella decisione, era lui. Il marito della sua bellissima e dolcissima Francis.
 Sospirò e prima di parlare si presenta qualche secondo.
 "Oh... Allora avete già deciso!"
 "No, non ancora, Riccardo mi ha chiesto di pensarci. Ma so che lui ne sarebbe felice e io sono felice se lo è lui!"
 Ancora una volta l'amore per quell'uomo le impediva di essere davero ciò che era. Non riusciva a sopportare che una donna speciale, piena di talento come lei, potesse annullarsi o limitarsi per un uomo, che a suo avviso, non era nemmeno meritevole.
 E ancora una volta si trovò a convincerla che era lei a dover decidere della sua vita.
 "Ma Francis e il lavoro? La tua vita? I tuoi amici? Non contano nulla? Non credi di dover qualcosa a te stessa e a tutti noi?"
 "La mia vita è lui, è la mia famiglia! E i miei amici siete voi! Tu, Suarez, Maria, Barbara, Alvaro e Carmen! E so che continuerete a volermi bene... Continuerai a volermi bene?"
 Disse cn le lacrime agli occhi.
 "Piccola Francis, lo sai bene che sono innamorato di te!"
 Scherzò l'uomo abbracciandola con dolcezza.
 "Lo sai, anche io ti adoro!"
 Gli sorrise e appoggiò la fronte sulla sua spalla mentre lui la stringeva.
 Bolanos non gli piaceva, non gli era mai piaciuto. E lo infastidiva il modo in cui trattava la sua Farfallina, troppo dolcemente, con una confidenza che trovava sgradevole.
 Li stava osservando da qualche secondo, con ancora la maniglia della porta tra le mani e una sorta di gelosia abbastanza sciocca lo percorreva dalla testa ai piedi.
 "Ehi..."
 Lei si voltò verso l'ingresso e vedendolo gli sorrise. Un sorriso così speciale e unico che lui dimenticò il fastidio che aveva provato.
 "Bentornato, amore mio!"
 "Buonasera, signor Mendoza!"
 Riccardo strinse la mano all'uomo che si era alzato e gliela porgeva con sicurezza.
 "Salve, signor Bolanos... Mi chiami Riccardo... Anna dorme?"
 Disse poi rivolto alla moglie.
 "Sì, ma ora vado a svegliarla, tra poco è l'ora della pappa... Tieni tu compagnia a Bolanos?"
 Disse sorridendo allegra.
 "Sì, certo... Vuole qualcosa da bere?"
 Francesca corse dalla piccola, lasciandoli soli.
 "Allora? Preferisce un bicchiere di vino o qualcosa di diverso?"
 Gli voltò le spalle e cominciò ad armeggiare con bicchieri e bottiglie.
 "Così la vuole portare via?"
 Riccardo inarcò un sopracciglio e alzò il volto, puntando gli occhi sul suo interlocutore.
 "Come? Cosa vuole dire?"
 Bolanos non distolse lo sguardo, continuano a fissarlo con un'aria quasi di sfida.
 Riccardo scosse la testa e sorrise sarcastico, versandosi un bicchiere di vino.
 "Non voglio "portarla via"! Voglio solo che lei sia felice e se non volesse lasciare questa orribile città, non la obbligherei..."
 "Lei non mi piace, lo sa? La trovo troppo pieno di se stesso, convinto che tutto giri intorno a lei. È presuntuoso! La tratta come se fosse sua, ma lei non lo è! È una donna indipendente... Francis è piena di qualità e quella che mi piace di più, è la sua incapacità di vedersi per quello che è!"
 Bevve un sorso del liquido contenuto nel bicchiere e sospirò.
 "Non è una cosa tanto strana che non le piaccia... Non piaccio a nessuno! Nemmeno ai miei genitori! Ma ammetto che anche lei non mi è simpatico! Parla di mia moglie come se fosse qualcosa di più di una collega! Ma lei le vuole bene e io voglio sia felice! E so molto bene quanto sia speciale! Diciamo che la tollero, la sopporto."
 Disse porgendogli un bicchiere che però Bolanos appoggiò subito sul tavolo.
 "Per me non è solo una collega! Le voglio bene, sinceramente. Quando l'ho conosciuta era confusa e piena di dubbi. Ma voleva dimostrare a tutti di essere qualcosa di più di una ex modella ricca e famosa. E ci è riuscita! Perché mette il cuore in ogni cosa che fa! In un paese straniero non sarebbe felice!"
 "Davvero? Davvero pensa di conoscerla? Fa sorridere che abbia giudicato me perché ha la convinzione che sia un arrogante! Io la conosco da sempre e la amo da sempre!"
 "Ma questo non le ha impedito di ferirla, di farle del male... Mi ha raccontato molte cose di voi! Se non vuole farla soffrire ancora, non la obblighi a lasciare tutto quello che ha!"
 Quella frase, in realtà non così incredibile conoscendo il rapporto he università la sua donna quell'uomo, lo irritò. Francesca si era conficcata con lui, evidentemente, e seppur consapevole che non ci fosse nulla di male, quell'intimità lo turbò.
 "È fastidioso essere considerato solo come l'uomo che l'ha fatta soffrire! Non mi riferisco a lei! Lei è solo un amico, diciamo così, ma a tutti quelli che ci circondano! So bene di aver sbagliato molte cose, con lei e anche con me stesso. Ma preferisco vedere qualcosa che tutti voi non vedete o che fingete di non vedere! Lei ora è felice, lo è perché siamo insieme e nonostante sappia molto bene di non essere l'uomo che merita, sono io suo marito, l'uomo che ama e con cui è felice... Non voglio obbligarla a fare nulla!"
 Poi, quasi istintivamente, si voltò e la vide.
 "Piccola, cosa ci fai lì?"
 "Parlavate di me?" Francesca, con la piccola Anna in braccio, era ferma sulla soglia della porta e aveva un'espressione perplessa, quasi preoccupata.
 "Io parlo sempre di te! E della mia micina bellissima! Vieni micina! Eccola qui la mia Annina!"
 Disse Riccardo, avvicinandosi alle sue donne. Prese in braccio la piccola che gli sorrideva felice stendendo le sue manine verso di lui per abbracciarlo. La sollevò e la fece girare mentre la piccola rideva divertita.
 Francesca invece, forse un po' preoccupata per le poche parole sentite, si rivolse all'amico.
 "Bolanos..."
 "Francis, è una favola la tua bimba!"
 Gli sorrise senza convinzione. Lei rispose al sorriso e si rese conto che forse, il suo Chicco, non era stata particolarmente gentile.
 "A volte sa essere odioso, ma lui è solo preoccupato!"
 Le accarezzò un guancia e le sorrise, con sincerità.
 "Sì, piccola! Ma non è stato odioso! Però... Ecco... Pensa molto bene a quello che perderesti!"
 Guardò l'orologio per non sembrare a disagio e finse di accorgersi solo in quel momento dell'ora.
 "Adesso saluto la più bella bambina che ci sia! Devo andare, mia moglie mi starà dando per disperso!"
 Annuì, comprendendo che quella situazione, evidentemente, non era particolarmente rilassante.
 "Per favore, portale i miei saluti! Sarei felice di vederla prima... Ecco, sarei felice di vederla!"
 Mentre lo diceva, l'enormità di quello che stava succedendo la fece sussultare e lui se ne accorse.
 "Anche lei... Ciao Francis!" Dopo averle dato un piccolo bacio e salutato la piccola e il padre, uscì dalla casa lasciandoli soli.
 Riccardo perso nei giochi e nelle coccole con la figlia quasi non se ne accorse.
 "Dimmi, Chicco, di cosa stavate parlando?"
 Si voltò verso la moglie solo qualche istante e sorrise.
 "Del fatto che sono un uomo orribile! Evidentemente è opinione comune che non sia degno di te!"
 "Non dire sciocchezze!"
 "Non le dico! Sono assolutamente consapevole di non meritare né te, né questa micina bellissima e dolce! Vero Annina? Il tuo papà non piace a nessuno! Ma tu mi ami, vero? Micina? Ehi, non prendermi in giro con quel faccino furbo!"
 "Nessuno sa quanto tu sia speciale..."
 "Non quanto lo sia tu! Ma non mi importa! Mi interessa solo che mi ami! Perché mi ami, vero?"
 "Con tutti il cuore, Chicco!"
 "Allora va bene così! Le due donne della mia vita mi amano e mi basta questo!"
 Non era vero, suo marito soffriva. Soffriva perché era convinto di non essere degno di lei. Era buffo, era sempre stata lei a sentirsi inferiore perché sapeva quanto fosse speciale e meraviglioso. Gli sorrise pensando a quanto esteriormente apparisse sicuro e forte. Ma lei lo conosceva forse meglio di chiunque altro, anche di se stesso. E lui era un uomo vero. Lo vedeva quando la accarezzava e quando facevano l'amore, quando le parlava del suo lavoro e dei suoi progetti. Quando scherzavano e anche quando litigavano. Era il punto di riferimento di tutti i colleghi, che lo rispettavano e lo consideravano un genio. E lo era. Il suo lavoro parlava per lui. E riusciva a fare qualsiasi cosa volesse con semplicità. Ma soprattutto lo vedeva quando giocava o cullava Anna. Il suo Chicco era un uomo che sapeva essere il suo uomo. La capiva e la sosteneva, era orgoglioso di lei e la rispettava. In quel momento era l'uomo che aveva sognato da quando era una bambina, quando immaginava di essere la sua fidanzatina e di tenerlo per mano mentre andava a scuola. Quando non la lasciava sola e la faceva sentire bene. Era così dolce... E intelligente! Ma soprattutto era tormentato! Il suo uomo era profondamente tormentato dai sensi di colpa, nei suoi confronti e verso la sua famiglia. Per tanto tempo era riuscito a tenere a bada i suoi sentimenti. Bastava stare lontano da loro. Ma poi, quando aveva scelto lei ed era tornato a casa, aveva sperato che le cose con la sua famiglia cambiassero. Ed era andato tutto storto. Quella donna aveva rischiato di dividerli per sempre, ma la conseguenza più dolorosa era proprio quello che era successo con la madre e il padre. Provò una sorta di rabbia nei confronti degli zii e anche di suo padre, sua madre e i fratelli. Suo marito aveva ragione. Non gli avevano dato nessuna a possibilità, non gli avevano dato fiducia. Ma provò anche odio per se stessa per aver permesso che accadesse. Perché se fosse stata lei la prima a restargli accanto, forse nessuno di loro lo avrebbe allontanato.
 "Chicco, sbagli! Io non avrei mai potuto trovare un uomo migliore di te! La tua micina è fortunata! Sei un padre meraviglioso!"
 Riccardo si distrasse un momento dalla piccola che aveva tra le braccia e la guardò.
 "È vero?"
 "Guarda Anna..." Si girò verso la bambina che lo guardava e gli parlava attraverso i suoi versetti e sorrisi.
 "Lei è come te! So che sarà come te!"
 "Invece io spero sia come te! Intelligente e brillante! Vorrei che riuscisse a fare tutto quello che sei riuscito a fare tu!"
 "Grazie, amore mio!"
Le due, quasi commosso.
 "Se vuoi possiamo andare via anche domani!"
 "Io non ti lascerei comunque, mai!"
 "Lo so, ma io sarei felice ovunque, se stiamo insieme!"
 Quella sera, dopo aver messo a nanna la bambina, mentre facevano l'amore, le chiese un altro figlio e lei, senza dire una parola lo strinse, come non aveva mai fatto. Lui era la sua vita.
 Era decisa a seguirlo. Non era importante se a Houston avrebbe dovuto ricominciare da capo. Anzi, si sarebbe impegnata il doppio. Avrebbe dimostrato di essere davvero una professionista. Sarebbe stato stimolante e ce l'avrebbe fatta. E in caso contrario, avrebbe trovato altri lavori, non era importante. A lei importava solo che il suo uomo fosse sereno e se per esserlo doveva andare via dal suo paese, lei era disposta a farlo. Aveva lottato ogni giorno della sua vita, per averlo, nulla era più importante di loro. Il lavoro era qualcosa che la completava e le dava soddisfazione, ma poteva essere se stessa anche in un'altra città. Sì, ci sarebbe riuscita e forse, entro qualche tempo, anche negli Stati Uniti il suo nome come fotografa sarebbe stato conosciuto. Appoggiata, al petto del suo uomo, organizzava le sue giornate innumerevoli città lontana, come se quello, in fondo, fosse anche il suo sogno. Si vedeva in giro per le strade n cerca di qualcosa che la attirasse, di qualche storia da descrivere... Non sarebbe stato affatto brutto conoscere una nuova realtà. Sorrideva, pensando a come organizzare le giornate di Anna e magari di un altro bimbo... Loro tre, o quattro, un familia come tante, felice e senza pensieri. Lontani dal caos mediatico che nel loro paese erano costretti a subire per via dei loro nomi...
Perché lei soffriva per quello che i giornalisti delle riviste scandalistiche continuavano a scrivere. Sembrava che dopo la pubblicazione di quelle foto, si fossero accaniti in particolare su di lei e sul suo passato. Avevano addirittura ripescato la storia del suo matrimonio a Las Vegas e intervistato alcuni dei suoi ex fidanzati che non erano stati certamente lusinghieri nei suoi confronti. Riccardo era furioso e lei sapeva che se li avesse incontrati, non avrebbe esitato a dare sfogo alla sua rabbia. Edoardo aveva comunque fatto rettificare molte di quelle sciocchezze ed era riuscito anche ad impedire che venisse pubblicata un'intervista al suo primo compagno, quello che avrebbe voluto sposare all'inizio della sua carriera. In qualche modo, Edo era riuscito ad avere tra le mani quell'articolo e aveva fatto intervenire un giudice che ne aveva impedito la divulgazione. Aveva inoltre diffidato quell'idiota dal raccontare menzogne. Era stanca davvero di quello che si diceva su di lei. E Riccardo le stava accanto, senza mai farle mancare il suo sostegno e il suo appoggio. Anche lei aveva fatto tanti sbagli ed ora quelle sciocchezze, avrebbero potuto far del male alla sua bambina. Ed era grata a suo marito, perché la rassicurava e la faceva sentire speciale. Erano davvero una cosa sola.

Riccardo non aveva più smesso di pensare a quel sospetto. Era più di un sospetto. Era un presentimento, un macigno che pesava sul suo stomaco e che lo faceva stare male.
Aveva quindi deciso di parlarne al fratello, nella speranza h le sue conoscenze e capacità, lo aiutassero a dipanare i dubbi che lo perseguitavano.
 "Edo, io credo che questo accanimento non sia normale... Ci sto pensando da qualche giorno."
 "Beh, hanno trovato la loro gallina dalle uova d'oro. Le copie di quei giornalacci, spariscono dalle edicole poco dopo essere state esposte e anche le pagine on line sono sovraccariche! Alla gente piace poter avere qualcuno da biasimare!"
 "Sì, lo so, ma perché solo lei? Perché è lei il loro bersaglio? Prima non era così! Credevamo fossero interessati alla bambina! Invece ora che sono riusciti a rubare le foto di Anna, sembra che siano più interessati a distruggere lei e la sua reputazione!"
 "In effetti tu vieni solo considerato marginalmente... Se escludiamo i dubbi che insinuano sulla paternità di tua figlia..."
 Edo pensò che quanto diceva il fratello non poteva che essere una preoccupazione infondata. Non c'era ragione di drammatizzare un situazione spiacevole, ma, secondo a sua opinione, assolutamente normale.
 "È proprio di questo che parlo! Sembra che vogliano solo screditare Francesca!"
Vedendo il fratello preoccupato come mai, decise di approfondire e si accomodò meglio per ascoltarlo.
 "Quali sono i tuoi dubbi?"
 "Carol! Io credo ci sia lei dietro tutta questa pantomima!"
 L'avvocato guardò il fratello e i timori che teneva nascosti e che gli erano parsi inutili paranoie, cominciarono a diventare più concreti.
 "Carol? Chicco, no! Non è possibile! E poi perché! È tutto finito ormai!"
 Cercò di rassicurarlo.
 "Forse hai ragione... Ma ricordi? I giornali che hanno pubblicato le foto di Anna, hanno riportato la notizia da un giornale di Miami, no? E poi lei odiava Francesca... Pensaci, Edo! Potrebbe essere stata lei ad architettare tutto!"
 "Mi sembra assurdo..."
 Disse con tono pensieroso, forse perché quell'ipotesi non gli pareva più incredibile.
Dopo qualche istante di silenzio, annuì.
 "Chiederò ad un investigatore di fare qualche domanda! Ma Chicco, se fosse davvero come pensi, promettimi di non fare nulla! Nulla, Chicco!"
 Lo implorò preoccupato.
 "Quella donna mi ha rovinato davvero la vita! E se è lei l'artefice di quello che stanno facendo a Francesca... Vorrei ucciderla! Vorrei sparisse dalla faccia della terra!"
 "Per questo devi giurarmi di lasciare che sia io a condurre il gioco! Se le cose stanno come pensi, farò in modo che lei paghi per tutto! Ma tu non farai nulla! Devi solo pensare alla tua famiglia! Siamo d'accordo?"
 "Ma sì, non voglio fare alcuna sciocchezza! Lascerò sia tu a gestire tutto!"
 "Quindi lasciare il paese sarebbe inutile... Se davvero c'è Carol dietro a tutto questo, i giornalisti non smetteranno di assillare Francesca!"
 "Dimmi, Edo, è il tuo modo per dirmi che consideri la nostra decisione sbagliata?"
 Sorrise ironico, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e avvicinandosi al fratello.
 "Sei mio fratello e mi sei sempre mancato! Vorrei tu restassi qui! Ti voglio bene e vorrei davvero ricostruire il nostro rapporto..."
 Riccardo si riappoggiò allo schienale della poltrona e sospirò.
 "Edo... Se abbiamo deciso di andare via da qui non è solo per i giornalisti! Lo sai tu e immagino lo capiranno anche loro..."
 "Sì, lo so! Quella è solo una delle scuse... Ci odi così tanto?"
 "Non vi odio! Non odio nessuno!"
 Disse scuotendo la testa.
 "Perché allora non andiamo a bere qualcosa una di queste sere... Solo noi due, per chiacchierare..."
 Riccardo sorrise sarcastico.
 "Davvero? Hai dimenticato che ho una figlia e che passo le serate a giocare con lei?"
 "Ci ho provato... Avrei bisogno di qualche consiglio e sarebbe bello fossi tu a darmeli..."
 "Consigli? Io? Scherzi, vero? Ho passato la vita a cercare Francesca, senza nemmeno saperlo! Se non vuoi cominciare anche tu a fare i miei stessi errori, chiedi a qualcuno migliore di me! Magari a Giulio! E poi tu? Tu che hai bisogno di consigli? Tu che hai tutte le donne che vuoi! Sei un professionista stimato e alla tua età hai più successo di avvocati di 60anni... Tu hai bisogno di consigli?"
 "Già... Sono bravo nel mio lavoro... Ma per quanto riguarda le donne... Beh, ce n'è una che non posso avere ed è l'unica a cui penso da quando... Da quando mi ha lasciato ad aspettarla per ore!"
 "E vorresti un consiglio su come dimenticarla o su come conquistarla questa donna? Perché vedi, per quanto ci abbia provato, non ho mai trovato il modo per dimenticarmi di Francesca e se lei non fosse una creatura speciale e meravigliosa, dubito sarei riuscito a riconquistarla... Sotto ogni punto di vista, sono la persona meno adatta a dirti quello che dovresti fare!"
 "Sì, beh... Anche solo parlarne mi farebbe piacere!"
 Disse con sconforto. Riccardo se ne accorse e sorrise.
 "Non pensare che non voglia aiutarti, ma non so come si faccia a fare il fratello o l'amico! Parlane a Giulio, o a Claudio!"
 "Non voglio insistere... Ma manchereste a tutti! E Anna ha dei nonni che la adorano..."
 "Edo... Per favore, lascia perdere! Fai le indagini e cerca di capire che diavolo sta succedendo e poi metti in pratica tutte le pratiche legali per fermare questa cosa! Il resto riguarda solo me e la mia famiglia!"
 "Credevo di essere parte della tua famiglia..."
 Capiva che ciò che il fratello diceva era dettato dal suo affetto, ma aveva passato la vita ad ascoltare le stesse frasi, le stesse parole e non ne poteva più. Era esasperato.
 "Aiutami! Francesca deve scegliere di andare via da qui, perché lo vuole davvero e non perché non ha tregua!"
 "E va bene... Ti farò sapere appena avrò qualche informazione in più! Ti saluto... Fratello!"
 Riccardo lo salutò con un cenno della mano e tornò al suo lavoro.

 Sua madre la guardava mentre stringeva la bimba tra le braccia. Quello che la donna le diceva era terribile. Presto sarebbe andata via e non si trattava di un viaggio che prima o poi sarebbe finito. La figlia voleva andare via dalla loro città per vivere la loro vita in un altro posto. Un posto troppo lontano. Aveva ascoltato tutte le sue ragioni e non aveva detto nulla, anche se dentro aveva un mare di parole.
 Francesca si era preparata un discorso ineccepibile e aveva deciso di affrontare prima l sua mamma. Perché sapeva bene il padre avrebbe cercato in tutti i modi di impedirglielo.
 Sua madre invece, anche se non l'avessi capita, avrebbe sicuramente accettato la sua decisione. Non avrebbe mai tentato di impedirle di seguire il suo cuore.
 "Perché?"
 "Mamma, non mi hai ascoltata per nulla?"
 "Ma le cose cambieranno! Presto tutti si dimenticheranno di voi!"
 "Di me, vorrai dire... Perché sono io che su quei giornali vengo dipinta come una poco di buono! Sono arrivati ad insinuare che Anna non sia figlia di Chicco!"
 "Lo so... Deve essere difficile per te! Perché non avete voluto rilasciare una dichiarazione prima che tutto iniziasse?"
 "Quindi sarebbe colpa nostra? Davvero?"
 "No, bambina! Non lo penso... Ma forse..."
 "Forse non voglio parlarne! Comunque presto non avranno più nulla da dire! E se continuassero a farlo non mi importerebbe, perché sarei lontana!"
 "Quindi sei tu ad avere preso questa decisione?"
 "No! L'abbiamo presa insieme!"
 "E non riguarda i problemi che tuo marito ha nei nostri confronti, vero?"
 "Non mi sembra vi impedisca di vedere Anna!"
 "No... Ma lui è sempre scostante, silenzioso, non è difficile capire che ci tollera appena!"
 "Ti stupisce? Comunque se abbiamo deciso di andare via è solo per allontanarci da tutti questi pettegolezzi!"
 "Non ti farò altre domande... Ma voglio dirti che scappare senza affrontare i problemi, non è mai la soluzione giusta!"
 "Nemmeno abbandonare un figlio lo è!"
 "A volte si fanno degli errori... Dovreste capirlo meglio di chiunque altro!"
 "Mamma, non voglio discutere con te di qualcosa che non ti riguarda. Chicco ha un lavoro che potrà svolgere più facilmente a Houston... Saremo liberi di vivere normalmente e Anna non dovrà mai subire quello che sto subendo io! Mamma, per favore, cerca di capirlo... Almeno tu, perché so che non potrò contare sul papà né sui genitori di Chicco!"
 "Sempre, bambina! Qualsiasi cosa decidiate di fare! Anche se questa piccolina, mi mancherà terribilmente!"
 "Ti voglio bene!"
 "Anche io... Non immagini quanto!"
 Marcella abbracciò la figlia che ricambiò.
 "Principessa, sappi solo che qualsiasi osa dicano di te, io sarò sempre fiera di ciò che sei! Sei speciale e... Lo so che potrà sembrarti un modo per convincerti a restare, ma non è così... Bambina, le ragioni per cui avete deciso di andare via, sono sbagliate. Il tuo Chicco deve affrontare Isili fantasmi e tu... Tu devi essere forte e non devi mai lasciare che delle chiacchiere ti portino. Prendere decisioni che forse... Che forse non faresti. Oh, piccola, voi due siete così speciali... Siete due esseri meravigliosi e insieme siete forti e nulla può scalfirvi... In qualsiasi luogo deciderete di vivere, insieme sarete felici, ma oltre a voi c'è un mondo e... E Anna lo deve conoscere questo mondo."
 La liberò dall'abbraccio e si allontanò dalla bambina e dall' figlia perché nessuna delle due potesse vedere le sue lacrime. Perché lei Poteva capire la sua bambina. Poteva capirla meglio di chiunque, perché anche lei per il marito avrebbe fatto qualsiasi cosa. Se Nicola le avesse chiesto di andare via, lo avrebbe fatto. Ma non era quello di cui si preoccupava. Lei sapeva che il risentimento e la paura, la vergogna non avrebbero portato a nulla. Sperava davvero con tutto il cuore, che Riccardo riuscisse a dimenticare quello che era successo e che lei smettesse di incolparsi per un passato strano, che Marcella aveva cominciato a mettere in dubbio, ma che era riemerso con prepotenza, sporcando ciò che davvero era. Se davvero fossero andati lontano, se ne sarebbe fatta una ragione, ma quella scelta doveva essere dettata dalle opportunità non dal passato.
 "Non può portarcele via!"
 Nicola camminava nervoso nel salotto, mettendo e togliendo gli occhiali e torturando si i capelli e le mani.
 "Anche lei vuole andarsene... Quello che i giornali le stanno facendo, è terribile!"
 "Edoardo sta lavorando per fermarli e ho chiesto ad alcuni amici perché facciano pressioni per fermare quelle chiacchiere! Lei non può pensare che andando via le cose cambino!"
 Aveva ragione suo marito. Marcella lo guardava e gli parve un animale in gabbia.
 "Loro sono una famiglia... E se Riccardo avesse dei vantaggi per il suo lavoro, sarebbe inevitabile il loro trasferimento!"
 Si fermò di scatto, rivolgendole un sorriso ironico.
 "Marcella, per favore! Quell'uomo è un genio! Lo dimostra il fatto che abbia successo in qualsiasi campo della meccanica! Per lui è più che altro un divertimento! E può farlo anche qui! E tu lo sai bene! E lo sa anche lui! Ma ci odia e vuole farcela pagare per come lo abbiamo trattato! Vuole punire Armando!"
 Era chiaro che anche Nicola fosse riuscito a vedere la realtà anche se da un punto di vista diverso.
 Per lei i due fuggivano dal dolore, per Nicola, Riccardo voleva solo andarsene per vendetta, per ripicca.
 "Forse... Forse sì... Loro... Betty e Armando non lo sanno ancora!"
 "Forse? È sicuro! Sa che andando via chiuderà loro le porte! È cattivo! Ha perso la testa! L'odio gli annebbia la ragione! E io non voglio perdere mia figlia, la mia unica e meravigliosa bambina e la mia nipotina, perché lui è incapace di accettare che ha sbagliato!"
 "Lui sa bene di avere sbagliato! Sa perfettamente che le sue azioni hanno rischiato di rovinargli la vita. E credo tu abbia ragione quando dici che voglia lasciare il paese per via di quello che prova. E vorrei davvero che riuscisse a perdonare, ma non possiamo fare molto... Se cercassimo di impedirglielo non faremmo altro che peggiorare le cose..."
 "È quindi dobbiamo rassegnarci a non veder crescere Anna?"
 "Non lo so, amore mio! Spero solo che quando Betty e Armando verranno a saperlo, riescano a sistemare le cose con Riccardo. E lo spero sopratutto perché sono sicura che tra loro i rapporti non si potrebbero più sistemare..."
 Poi si alzò e corse tra le braccia del suo uomo perché lui la aiutasse a trovare un po' di serenità, perché quell'abbraccio, alleviasse la sua ansia e la rabbia del marito.

 Riccardo non riusciva a smettere di pensare a quello che gli aveva detto il fratello. Aveva ragione. Dietro tutto quello che i giornali scrivevano di Francesca, c'era sicuramente Carol. Ancora una volta era la sua Farfallina a pagare le conseguenza della sua superficialità. Edoardo aveva scoperto che il paparazzo che aveva scattato le foto a Cartagena, era stato pagato, e anche profumatamente, per seguirli e riuscire a rubare degli scatti chiari di loro tre. L'uomo non sapeva chi fosse stato ad ingaggiarlo, sapeva solo che aveva ricevuto un acconto e il saldo quando aveva consegnato le foto alla rivista scandalistica. Per lui era stato un affare, non solo aveva percepito un onorario dal giornale stesso ma anche dall'ignoto committente. L'editore poi aveva semplicemente pubblicato le foto ottenendo un rientro interessante dai giornali colombiani e anche le visite al sito internet erano state ottime. Aveva poi avuto anche qualche soffiata sul passato di Francesca e cavalcando la morbosità dei lettori, avevano continuato a rendere noti alcuni particolari sui suoi passati fidanzati. Gli altri giornali si erano limitati a seguire la rotta. Edoardo però, non era riuscito a trovare le prove che a manovrare il tutto fosse stata Carol, ma Riccardo non aveva dubbi. Lasciare Bogotà, non avrebbe interrotto la gogna mediatica che subiva la moglie, l'avrebbe solo strappata alla sua famiglia che, ne era certo, avrebbe comunque mercato di proteggerla.
 Edoardo aveva comunque incaricato i legali dell'Ecomoda di Miami perché tenessero d'occhio le pubblicazioni e perché incaricassero un giudice per tutelare la privacy almeno di Anna. Per quanto riguardava invece le testate colombiane, apparentemente non compivano alcun illecito, limitandosi a divulgare chiacchiere ed insinuazioni.
 Era tutta colpa sua. Come aveva fatto a confidare tanti dettagli della sua vita a quella donna? Un brivido gli corse sulla schiena. Lei sapeva dell'aborto. Glielo aveva raccontato lui. Sperò con tutto il cuore che almeno quello restasse nascosto. Si era fidato di lei, la credeva amica.
 Non sapeva come uscirne. Carol si stava dimostrando crudele e qualcosa lo spaventava. Il modo in cui aveva lo manipolato, le menzogne che aveva costruito per conquistarlo... Quando la paternità di quel povero bambino era venuta a galla, sembrava essersi ritirata in sordina, ma evidentemente era solo una tattica. Carol stava, probabilmente, archittando tutto. E questo lo inquietava.
 Non riusciva a capire le sue intenzioni e la mancanza di controllo che aveva in una situazione simile era destabilizzante. Era spaventato e arrabbiato. Con quella donna ma anche con se stesso. Temeva che Carol non si sarebbe fermata e che le avrebbe fatto altro male.
 I brividi gli corsero sulla spina dorsale e insieme ad un gemito, sulle sue labbra affiorò una smorfia dolorosa.
 Senza quasi rendersene conto compose il suo numero di telefono e non dovette aspettare molto prima che Carol rispondesse. Ebbe quasi la sensazione che lei aspettasse quella chiamata.
 "Amore mio... Ti manco?"
 "Carol... Cosa stai facendo?"
 Le chiese cercando di mantenere la calma.
 "In questo momento sto bevendo un bicchiere di champagne e tu? Sei felice?"
 Rispose allegramente.
 "Perché mi stai facendo tutto questo?"
 "A cosa ti riferisci, caro?"
 Si finse stupita, ma il io tono era di scherno.
 "Lo sai... Perché non mi lasci in pace?"
 "Sei tu ad avermi chiamato!"
 Rispose con una punta di sarcasmo.
 "Per favore! Non giocare con me!"
 "Ti sento un po' sconfortato... Perché non mi raggiungi a Miami! Potresti divertirti! Quella città è deprimente, almeno tanto quanto quella ragazzetta con cui hai fatto un figlio... O non è tuo?"
 Puntualizzò, scandendo con cattiveria le ultime parole.
 "Ti credevo un'amica! Perché mi stai facendo tutto questo? Cosa ti ho fatto?"
 La voce di Riccardo era tranquilla ma solo in apparenza. Ringraziò Dio di essere lontano migliaia di chilometri da lei, perché avrebbe potuto davvero farle del male e anche quel pensiero lo spaventò.
 "Nulla di particolare... Ma vedi, caro Riccardo, la tua ragazza non mi è proprio mai piaciuta! La veneri come una santa, ma da quello che leggo sui giornali è solo una sgualdrina da quattro soldi! Quanti uomini si è portata a letto? I giornali avranno materiale per molto tempo!"
 "Se ti ho illuso, ti giuro che non volevo... Lasciala in pace! Ora basta!"
 Quella frase nascondeva una supplica e sperò con tutto il cuore che lei lo capisse.
 "Illuso? Certo che mi hai illuso! Ti ho dato la mia amicizia e come mi hai ripagato? Ma No, caro, non è questo! Il fatto è che io ti amo... Sono disposta a qualsiasi cosa per averti ancora nel mio letto... Quanto tempo pensi riuscirai a sopportare quella moralista ipocrita?"
 "Carol, cosa vuoi?"
 "Seriamente? Me lo stai chiedendo davvero? Voglio te, Mendoza! E se non posso averti, farò in modo che almeno tu non possa vivere felice!"
 Il tono era cambiato. Non c'era più sarcasmo e finta allegria. Nella sua voce c'era rabbia e minacce.
 "Perché fai del male a lei?"
 "Io non le sto facendo nulla..."
 Si finse sorpresa.
 "Sei tu ad aver pagato un fotografo a Cartagena! Sei tu che hai fatto divulgare quelle foto e stai facendo in modo che lei venga dipinta come una poco di buono! Perché le fai del male? La conosci appena!"
 "Sapevo che avresti capito... Sapevo che saresti arrivato a me! Quindi quello che faccio un senso ce l'ha!"
 Rispose con ovvietà.
 "Credi davvero di riuscire a conquistarmi infangando la donna che amo? Lei è mia moglie! La madre di mia figlia."
 Carol rimase in silenzio qualche secondo. Evidentemente non sapeva del loro matrimonio.
 "Tua moglie? Questo non lo sapevo! Interessante..."
 "Io non la lascerò mai!"
 "Sei dolce... Ma vedi, il mio amore per te è grande e posso aspettare! Quello che sta scucendo può finire subito. Basta che tu lo voglia e accetti quello che è giusto per tutti. Io sono qui ad aspettarti!"
 "Sei pazza, Carol!"
 "Sono pazza di te!"
 Disse con tono dolce e teatrale.
 "Te lo chiedo per mia figlia! Lascia stare sua madre!"
 "Non essere patetico..."
 Quelle parole gli facevano ribollire il sangue, ma qualcosa, una sensazione strana, che aveva già provato e che lo terrorizzava, gli intimarono di continuare a pregarla, di non irritarla.
 "Tu lo sei... Carol, tra noi c'era un'amicizia che ho considerato vera, ti ho voluto bene e credevo che tu fossi diversa! Ti prego! Lasciala in pace!"
 "Dolce Riccardo, io non le sto facendo nulla... È lei ad avere un passato da sgualdrina mangia uomini. Tua figlia ha avuto la sfortuna di nascere da una donna che ha avuto più relazioni che cervello! Mi spiace per la piccola e naturalmente per te!"
 Ma Carol lo conosceva e sapeva che quelle parole lo avrebbero fatto impazzire. Quella provocazione lo colse come se avesse toccato un nervo scoperto e sfogò la sua rabbia.
 "Sai una cosa? Fai quello che vuoi! Io ti odio con tutto il cuore e spero solo che un giorno, guardandoti allo specchio, tu riesca a vederti per quello che sei! Una donna vuota e cattiva, talmente triste, da volere l'infelicità degli altri. Mi fai pena, Carol! Sei morta per me! Qualunque cosa deciderai di fare, ti giuro che te lo impedirò! Non le farai mai più del male e anche se ci riuscissi, io sarò con lei. E la amerò di più. Non sei nemmeno il riflesso di quello che è lei. Sei un mostro, Carol e prima o poi la pagherai!"
 Riccardo non aspettò la risposta della donna e riattaccò il telefono.
Dall'altra parte Carol, si morse un labbro e giurò che quello era solo l'inizio.
Lei amava quell'uomo e lo voleva. Era disposta a qualsiasi cosa perché fosse suo. E lo avrebbe fatto: in amore e in guerra, tutto è lecito.
Ed era amore ed era guerra. Era questo che pensò versandosi un bicchiere di champagne mentre guardava il mare.

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Capitolo 21
*** Aggiornamento ***


Spero che ancora ci sia qualcuno interessato alla mia storia... È passato tanto tempo ma sto completando l'ultimo capitolo e cercherò di pubblicarlo entro settembre. Un abbraccio

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