Nevermore

di _Piccola_Rowling_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Benvenuta nella Radura ***
Capitolo 2: *** La zuppa di Frypan ***



Capitolo 1
*** Benvenuta nella Radura ***


Mi faceva male la testa mentre i miei occhi cercavano di concentrarsi, di trovare una fonte di luce che potesse aiutarmi a vedere oltre la spessa oscurità che mi circondava. Ero seduta contro una parete di metallo, ma nonostante essa fosse fredda, mi sembrava comunque che il mio corpo stesse bruciando, le fiamme della paura iniziavano nel mio stomaco e si stavano diffondendo in tutto il mio essere. 

 

Cercai alla cieca qualcosa che mi aiutasse ad alzarmi sui miei due piedi. Non sapevo dove mi trovavo, ma sapevo, il mio corpo lo sapeva, che c'era qualcosa che non andava. Lo sapevo e basta. Realizzai presto che la 'stanza' si stesse muovendo verso l'alto, così in fretta che mi fu impossibile rimanere in piedi per più di due secondi prima di ricadere al suolo. Volevo urlare ma non trovavo la forza di farlo.

 

Dovevo concentrarmi su qualcosa o la paura mi avrebbe bruciata completamente. 

 

Cercai di concentrarmi sul pungente odore di nafta che inondava la stanza, affondando nei miei capelli e nella mia pelle. Cercai di concentrarmi sui suoni metallici intorno a me. Cercai di concentrarmi su-

 

Lia

 

Così mi chiamó una voce nella mia testa, forse la mia, ma non ne ero sicura.

 

Non mi ricordavo nulla, nemmeno una cosa, se non il mio nome.

 

Lia

 

Quel pensiero mi terrorizzava di più della situazione in cui mi trovavo, e credo che quel sentimento mi perseguiti ancora oggi. Sprofondo le mie unghie nella carne dei miei palmi sudati. Anche una piccola dose di dolore calmava la paura straziante che ristagnava in ogni cellula del mio corpo. Per tutto il tempo che passai in quella stanza, che mi sembrò un'eternità, divenni dipendente da quel dolore. Mi aiutava a concentrarmi. 

 

Ogni volta che mi avvicinavo a ricordare qualcosa, facevo appena in tempo ad assaporare il ricordo che quello scivolava dalle mie dita e scompariva nell'oscurità sotto di me. 

 

Improvvisamente fui assordata da un acuto suono che rimbobò sulle pareti della stanza. era una specie di allarme, solo trenta volte più forte. Mi coprii le orecchie con le mani che ora stavano leggermente sanguinando per via delle unghie conficcate nella carne. 

 

Poi si fermò tutto. L'allarme. La stanza. Tutto. Passò un minuto. Poi un altro. Poi un altro.

 

Improvvisamente il tetto si aprì in due e la stanza fu invasa dalla calda luce accecante del sole. Il che mi fece ritrarre in un angolo della stanza che non era toccato dal sole e abbassare gli occhi che si dovevano ancora adattare a questa ritrovata luminosità.

 

"Tiriamo fuori il fagio di là prima che si sploffi i pantaloni." Una voce roca mi fa trasalire; veniva dalla stessa direzione della luce. 

 

Non osai guardare. Non sapevo se essere sollevata dal fatto di non essere sola o spaventata dal fatto di non essere sola.

 

"Perchè è così piccolo? Quanti anni ha?"

 

"Quello era un viaggio di sola andata, faccia di caspio."

 

In qualche modo il mio cervello non registrò quelle strane parole o il fatto che loro (chiunque fossero) mi stessero chiamando un 'lui'. Decisi di alzare lo sguardo; inizialmente non riuscivo a vedere nulla, ma lentamente i miei occhi misero a fuoco le ombre che mi sovrastavano. Sentii dei versi stupore.

 

Una pausa.

 

"Ma è una ragazza."

 

Quella frase fece sprofondare le ombre nel caos più totale.

 

"Sei sicuro che sia una ragazza? Magari è solo un pive con i capelli molto lunghi." disse ironicamente un ragazzo.

 

"Spetta a me." disse un altro.

 

Non prestai molta attenzione a quello che stavano dicendo perchè una corda fatta da tralicci di edera fu lanciata nella stanza, seguita da un magro ragazzo biondo. Se fosse stato possibile sarei indietreggiata di più, ma la mia schiena era già premuta contro la parete di metallo.

 

"Non preoccuparti Fagio, non ti farò del male." disse con un tono calmo, prima di aggiungere "Vuoi uscire da qui?" Aveva un accento inglese che risaltava tra gli accenti americani che avevo sentito fin'ora.

 

Mi limitai ad annuire, rispostando lo sguardo verso il sopra della stanza dove un gruppo di ragazzi molto perplessi ci stava guardando.

 

"Ti ha mangiato la lingua il gatto?" scherzò il biondo davanti a me, facendomi riportare il mio sguardo su di lui.

 

Scossi la testa, prima di mordermi l'interno della guancia e dire "Dove sono? Questa è una- una specie di prigione?"

 

Ciò fece ridacchiare il gruppo di ragazzi. Anche il ragazzo inglese soppresse una piccola risata. "Potresti dire così."

 

Tese la mano verso di me e io la afferrai esitando leggermente, sperando che non notasse quanto sudata fosse la mia mano. Mi tirò su in piedi e mi portò davanti alla corda che dubitavo essere forte abbastanza da sorreggere il mio peso. Mi sbagliavo perchè sorresse sia me che il ragazzo biondo.

 

Una volta che ero fuori dalla stanza, che ora appariva estremamente soffocante, strizzai gli occhi per cercare di guardare i volti delle persone in torno a me. Potevo leggere molte emozioni sui loro volti. Confusione, perplessità e anche una punta di eccitazione.

 

Oltre le loro teste potevo vedere un'ampia distesa, potevo vedere animali e diroccate costruzioni di legno. Sarebbe sembrato un posto così tranquillo.

 

Ma poi quattro enormi mura che circondavano l'intera area furono come uno schiaffo dritto in faccia che mi diede la sensazione di essere davvero in una prigione dopotutto.

 

"Quindi sei una ragazza." La voce inglese mi prese alla sprovvista, quasi facendomi saltare in aria. Velocemente mi girai e annuii, ancora concentrata su ciò che mi circonda.

 

Perchè sento della sorpresa nelle sue parole?

 

"Ti ricordi qualcosa- il tuo nome, forse?"

 

"Lia." risposi a voce così bassa che mi sorpresi quando lo ripetè ad alta voce perchè tutti lo sentissero.

 

"Benvenuta nella Radura, Lia."

 

La Radura..?

 

Pensare mi era quasi impossibile visto che la maggior parte dei ragazzi stava discutendo, non sforzandosi di abbassare la voce nemmeno quando facevano dei commenti su di me e sul fatto che fossi una ragazza. Per fortuna uno di loro, un ragazzo nero molto alto e con le spalle grandi, come se avesse sentito i miei pensieri confusi, alzò la sua voce oltre il brusio.

 

"State zitti, teste di caspio." Mi guardò negli occhi. "Sono Alby, sono il capo della Radura." Si girò verso un basso ragazzino grassoccio i cui ricci erano appiccicati contro la sua fronte, forse per il sudore.

 

"Chuck, tienila d'occhio." Non aspettò una risposta prima di continuare. "Gli Intendenti mi seguiranno e voi altri," ora aveva un'espressione più severa nei suoi occhi "tornate al lavoro. Ora."

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Capitolo 2
*** La zuppa di Frypan ***


Chuck mi prese per il braccio e cercò di trascinarmi via dalla Scatola -così la chiamò successivamente- e verso il limitare di un gruppo di alberi vicino a una costruzione di legno. Ci sedemmo per terra, non mi preoccupai molto di sporcarmi i pantaloni. "Quindi dove siamo? E perché siamo qui?" chiesi. Quello che avevo scoperto dal ragazzo inglese non era abbastanza per me. "Questo," disse indicando la distesa che ci circondava "è la Radura, non sappiamo perché siamo qui. Ci arrivano rifornimenti ogni settimana dalla Scatola," indicò la stanza da dove ero arrivata "e ogni mese arriva un nuovo ragazzo, uh, ragazza in questo caso -senza alcun ricordo sulla sua vita se non il suo nome." Appoggio la scienza contro la corteccia ruvida di un albero. "Da quanto-" "Io sono arrivato un mese fa, ma il primo gruppo di ragazzi è arrivato circa due anni-" "Due anni fa?" lo interruppi, sgranando gli occhi. "E non ve ne siete mai andati?" Mi guardò come se avessi chiesto una domanda idiota, ma non ci diedi molto peso. "Non è così facile come sembra." "Perché no?" "Perché-" ci pensó su un momento "senti aspetta il tour, ti spiegheranno tutto." Decisi di non insistere, intuii che non mi avrebbe detto altro. Magari non sapeva nemmeno lui molto. Poi mi ricordai una parola che aveva detto Alby prima. "Chuck, che cos'è un Intendente?" "Sono i capi di ogni lavoro, aiutano Ni-Alby a prendere alcune decisioni." "E ora che decisione devono prendere?" "Staranno discutendo su cosa fare di te." Il mio cuore saltò un battito. "Su cosa fare di me? In che senso?" Mi uccideranno? "Tranquilla, non sei in pericolo." ridacchiò ma io non riuscii a liberarmi di quella sensazione di paura che provavo. "Sei l'unica ragazza in mezzo a un sacco di ragazzi adolescenti, ci devono essere delle regole. Magari non ti faranno nemmeno provare tutti i lavori, probabilmente ti faranno lavorare in cucina e basta." Alzai un sopracciglio. "Solo perché sono una ragazza non significa che devo cucinare e basta." "Ti andrebbe bene, è uno dei lavori migliori." rispose, non curandosi della mia espressione leggermente offesa. "E tu che lavoro fai?" La punta di felicità che prima riuscivo a vedere sul suo volto ora venne rimpiazzata da imbarazzo; incurvò le spalle, spostando lo sguardo verso un punto indefinito davanti a noi. "Sono uno Spalatore." Non aggiunse altro, ma dalla sua espressione e dal modo in cui aveva pronunciato quella parola, capii che non doveva essere un lavoro molto piacevole e dignitoso. "Che altri lavori ci sono?" "Ti spiegheranno tutto nel-" "-tour." finii la frase per lui, leggermente irritata. Perchè nessuno risponde alla mie domande? L'oretta successiva passò con me che ponevo diverse domande e Chuck che rispondeva a un quarto delle domande seriamente e al resto con un "Aspetta il caspio di tour". Ora stavamo andando a cena. Chuck mi aveva detto che quella sera era il giorno della zuppa di Frypan, che mi spiegò essere l'Intendente dei Cuochi. Ci dirigemmo verso una grande struttura di legno diroccata su due piani dove si erano già radunati molti ragazzi, o pive, come gli aveva chiamati Chuck. "Vieni." mi disse mentre ci avvicinavamo ad un bancone dove dei ragazzi stavano servendo dei piatti pieni di zuppa. Chuck prese un piatto e quando feci per imitarlo fui interrotta da uno dei ragazzi. "Hey, tu sei la nuova Fagio, io sono Frypan." mi disse tendendomi la mano che prontamente gli strinsi. Ecco chi è Frypan. "Io sono Lia, ma probabilmente lo sai già." Lui si limitò ad annuire e passarmi un piatto di zuppa, molto più pieno di quello del mio piccolo compagno. Seguii Chuck a un tavolo dove erano già sedute due persone, Alby e il ragazzo inglese. "Ciao ragazzi." li salutò Chuck, ottenendo in risposta solo un piccolo cenno da parte dei due ragazzi. Alby aveva un'espressione spazientita. "Dove caspio è Minho?" "Proprio qui pive, ti sono mancato?" disse qualcuno alle mie spalle. Mi voltai cercando di non sbilanciarmi sulla pamca. Il ragazzo che aveva parlato aveva i capelli neri bagnati e i lineamenti asiatici, forse coreani. Passò una mano trai suoi capelli per poi guardarmi con un ghigno a fior di labbra. "La nuova Fagio, eh?" "Mi chiamo Lia, non Fagio, potreste smetterla di chiamarmi così?" sbuffai spazientita. "Mi piace Fagio." mi rispose, sottolineando l'ultima parola. "Penso che saremo amici." continuò con un piccolo sorrisetto. Alzai gli occhi al cielo, facendo ridere il biondo alla mia sinistra. Mi voltai verso di lui. Prima che potessi dire qualcosa parlò lui "Io sono Newt, comunque." Arriciai il naso. "Che razza di nome è Newt?" "Non lo so, che razza di nome è Lia?" "Touché." ridacchiai leggermente prima di prendere una cucchiaiata della zuppa bollente. Non era il piatto migliore che avessi mai mangiato ma stavo morendo di fame. Non mi ero resa conto di quanto fossi affamata fino a quando non iniziai a mangiare. Non parlai durante quasi tutto il resto della cena, rispondevo a monosillabi quando mi veniva chiesto qualcosa, ridevo quando qualcuno faceva una battuta, ma non stavo veramente ascoltando. Ripercorsi quelle intense ultime ore nella mia testa. Era successo così tanto in così poco e non penso che il mio cervello avesse già metabolizzato tutto. Ero spaventata, certo, ma allo stesso tempo provavo uno strano senso di familiarità che non riuscivo a spiegarmi.

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