Crying Over You

di Aagainst
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** 1.The Long Way Home ***
Capitolo 3: *** 2.Sorry ***
Capitolo 4: *** 3.Never Be The Same ***
Capitolo 5: *** 4.Temptation ***
Capitolo 6: *** 5.The Devil’s Back ***
Capitolo 7: *** 6.In My Head ***
Capitolo 8: *** 7. The Part That Hurts The Most (Is Me) ***
Capitolo 9: *** 8.Crawling In The Dark ***
Capitolo 10: *** 9.I Suffer Well ***
Capitolo 11: *** 10.Winter’s Weather ***
Capitolo 12: *** 11.Just ***
Capitolo 13: *** 12.White Lies ***
Capitolo 14: *** 13.The Mess I Made ***
Capitolo 15: *** 14.Name ***
Capitolo 16: *** 15.Drunk Enough ***
Capitolo 17: *** 16.Fool’s Gold ***
Capitolo 18: *** 17.World Falls Away ***
Capitolo 19: *** 18.Burn ***
Capitolo 20: *** 19.Rain ***
Capitolo 21: *** 20.Fractions ***
Capitolo 22: *** 21.Be The Same ***
Capitolo 23: *** 22.My Least Favourite Liar ***
Capitolo 24: *** 23.Conspiracy ***
Capitolo 25: *** 24.Regret ***
Capitolo 26: *** 25.Blind Love ***
Capitolo 27: *** 26.Worse For Wear ***
Capitolo 28: *** 27.This Means War ***
Capitolo 29: *** 28.You Found Me ***
Capitolo 30: *** 29.Never Easy ***
Capitolo 31: *** 30.Given Up ***
Capitolo 32: *** 31.The Girl In The Dirty Shirt ***
Capitolo 33: *** 32.It Won’t Rain Forever ***
Capitolo 34: *** 33.Empire (Let Them Sing) ***
Capitolo 35: *** 34.Empty Throne ***
Capitolo 36: *** 35.Nothing ***
Capitolo 37: *** 36.Forget Me Too ***
Capitolo 38: *** 37.Only Steps Away ***
Capitolo 39: *** 38.Green Eyes (Polarized) ***
Capitolo 40: *** 39.See You Again ***
Capitolo 41: *** 40.Anchor ***
Capitolo 42: *** 41.False Pretense ***
Capitolo 43: *** 42.Personal ***
Capitolo 44: *** 43.Time Is Money ***
Capitolo 45: *** 44.I Do Not Want This ***
Capitolo 46: *** 45.Tell Me How You Feel ***
Capitolo 47: *** 46.Distance ***
Capitolo 48: *** 47.Coma White ***
Capitolo 49: *** 48.Hanging By A Moment ***
Capitolo 50: *** 49.Breaking The Silence ***
Capitolo 51: *** 50.Falling Apart ***
Capitolo 52: *** 51.It’s Only Life ***
Capitolo 53: *** 52.Teeth ***
Capitolo 54: *** 53.Polaris ***
Capitolo 55: *** 54.Cold ***
Capitolo 56: *** 55.Weight Of The World ***
Capitolo 57: *** 56.All I Want Is You ***
Capitolo 58: *** 57. Rumors Of My Demise Have Been Greatly Exaggerated ***
Capitolo 59: *** 58.Anthem Of The Lonely ***
Capitolo 60: *** 59.Curse Or Cure ***
Capitolo 61: *** Epilogo-All Is Forgiven ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo

 

La musica si sentiva fin dalla parallela. Era altissima e anche di pessimo gusto. “Ricconi, tsk.” pensò la ragazza fra sé e sé mentre scavalcava agilmente il cancello. Si guardò attorno, pregando che nessuno la notasse. La cercavano già in troppi e lei non aveva assolutamente intenzione di farsi trovare. Atterrata sul prato, si voltò verso la strada. Sul marciapiedi aveva lasciato un piccolo fagotto, probabilmente impossibile da portare in spalla. Si mise ad armeggiare con la cellula del cancello e riuscì ad aprirlo. Prese il fagotto e si avviò verso la villa. C’era una enorme piscina proprio davanti alla casa e un sacco di persone che si divertivano. Doveva fare attenzione a non farsi vedere. Costeggiò la siepe ai lati della villa fino ad arrivare sul retro. Entrò di soppiatto. Fortunatamente erano quasi tutti fuori. La musica ad alto volume avrebbe fatto il resto. Salì una scalinata e si incamminò lungo il corridoio, facendo attenzione ad ogni minimo rumore. All’improvviso, udì delle urla. Si nascose in una stanza da letto, sedendosi per terra e socchiudendo la porta. Due ragazze stavano discutendo animatamente e una la conosceva molto bene. Se l’avesse vista lì, l’avrebbe uccisa. 
«Io ho scelto e devi fartene una ragione!» urlò la più grande. Sembrava esasperata. Si mise le mani fra i capelli biondi e si appoggiò al muro.
«Eliza, penso che dovremmo parlarne per bene.» replicò l’altra. Erano vicinissime alla porta ora. La ragazza trattenne il respiro. Non potevano scoprirla. È vero, indossava il passamontagna, ma l’avrebbero comunque riconosciuta. Fece per indietreggiare, quando urtò contro la gamba del letto. Si addossò alla parete, pregando che non la notassero. Inutile. La porta si aprì e le due ragazze sgranarono gli occhi.
«Chi sei?» domandò Eliza. La più giovane sembrava aver capito, ma restò in disparte, senza dire una parola. 
«N-non è come...» balbettò l’intrusa. Si alzò in piedi, le mani sopra la testa. Abbassò lo sguardo sul fagotto. Deglutì. 
«Alycia, chiama la polizia.» ordinò la bionda. L’altra ragazza esitò, titubante. 
«Adesso!» sbottò la maggiore. Alycia non poté fare altro che ubbidire. Uscì dalla stanza, lasciando la bionda sola con l’intrusa. Le due si fissarono negli occhi. 
«Chi sei?» domandò di nuovo Eliza. L’intrusa aveva gli occhi lucidi. Non rispose. Si chinò sul fagotto, prendendolo in braccio. La bionda sussultò. 
«Non è possibile, ma quello è...»
«Mio fratello.» sussurrò l’intrusa. Eliza non capiva. Perché mai una ladra si portava dietro il fratello neonato?
«Mi dispiace.» mormorò l’intrusa. Lo porse ad Eliza, con delicatezza.
«La prego, lo tenga lei.». La bionda non ci stava capendo più niente. Era rimasta di stucco. Le sirene della polizia la riportarono alla realtà. La giovane intrusa sobbalzò. Si avvicinò alla finestra, aprendola.
«Ehi, no!» esclamò Eliza, ma non poté fare nulla. La vide gettarsi giù.
«Eli, la polizia è qui. Ma che succede? Dov’è?» chiese Alycia, entrando improvvisamente. Quando intuì cosa era successo, si portò le mani davanti alla bocca, inorridita. Eliza si voltò verso di lei. Il bambino che aveva in braccio era scoppiato a piangere. 
«E ora che faccio?».


L'angolo del disagio

Ehilà! Beh, chè dire, non scrivo qua sopra da anni, ma mi sono sentita ispirata e non ho resistito. Spero che questa storia vi piaccia, spero di riuscire ad aggiornare con continuità almeno una o due volte a settimana.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Alla prossima!

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Capitolo 2
*** 1.The Long Way Home ***


1.
 

It's been three long years full of blood and sweat and tears
I'm waiting for you to come home
(The Material-Long Way Home)

 

Eliza correva a perdifiato. Faceva freddo, eppure lei non lo sentiva. Si voltò indietro. Non li aveva ancora seminati. Fece per tornare a guardare avanti a sé, ma non notò in tempo una radice che sporgeva dal terreno. Inciampò e si ritrovò in aria per qualche secondo, salvo poi atterrare rovinosamente per terra.
«Stoooop!» esclamò Jason.
«Eliza, tutto bene?» la soccorse Lindsey, preoccupata. La bionda si rotolò su un fianco.
«Sì, penso di sì. Ho solo un po’ di erba in bocca.» rispose, sputacchiando terriccio. Si alzò in piedi, dolorante.
«Bel volo, Taylor. Complimenti.» la prese in giro Richard, ridacchiando.
«Molto simpatico, avrei potuto farmi male sul serio.» replicò la ragazza. Si incamminarono verso Jason, lentamente.
«Direi che per oggi basta, ci vediamo domani per continuare. Taylor, fermati qui, il medico ti vedrà tra qualche minuto. Sai, non vorrei averti sulla coscienza.». Eliza alzò gli occhi al cielo e si sedette per terra. Ora che ci pensava, la caviglia le faceva un po' male. Si tolse le scarpe. Sembrava tutto a posto. Sam, il medico del set, arrivò di lì a poco e fu felice di constatare che non c’era nulla di rotto.
«Riguardati stasera e cerca di non fare sforzi, domani sarai come nuova.». Eliza annuì e si diresse verso il suo alloggio. Sospirò, buttandosi sul letto. Sbuffò quando qualcuno bussò alla porta. Si alzò di malavoglia e aprì. Alycia.
«Hai dimenticato qualcosa.» squittì la ragazza indicando un piccolo bambino biondo. Eliza chiuse gli occhi per qualche istante. Si era completamente scordata di andare a prendere Christian.
«Non ti preoccupare, non ha visto il tuo volo, stava giocando con Adina.». Eliza accennò un mezzo sorriso. Da quando si erano ritrovate con Chris in braccio quella notte di tre anni prima, erano successe molte cose. La polizia non aveva rinvenuto il corpo della sorella e ne avevano dedotto che fosse riuscita a scappare. Alycia era scomparsa per circa un anno, salvo poi riapparire e chiedere di poter aiutare con il piccolo. Il rapporto con Eliza si era disteso e le due erano tornare ad essere grandi amiche, anche se la più grande non era mai riuscita a scoprire dove la mora fosse stata per tutto quel tempo. Alycia non aveva mai voluto dirglielo e lei aveva rispettato la sua volontà.
«Grazie per avermelo riportato. Oggi non ne combino una giusta.» mormorò, prendendo in braccio Christian. Il bimbo si accoccolò sulla spalla della sua madre affidataria e cominciò a succhiarsi il pollice. Eliza gli accarezzò la schiena delicatamente e lo fece accomodare sul letto.
«Stasera Lindsey e Richard hanno deciso di uscire e di provare un nuovo locale non troppo lontano da qui. Che ne dici di andare?» propose Alycia. Eliza fece una smorfia.
«Niente serata stasera, il medico me l’ha proibito. E poi, non saprei come fare con Chris.»
«Portalo con noi.» esclamò Lindsey, spuntando all’improvviso.
«Stai scherzando, vero?»
«Assolutamente no. È una sorta di pub, non una discoteca. Pensavamo di andare lì a cena, in modo molto tranquillo.» spiegò la ragazza. Eliza si morse il labbro. Lanciò un’occhiata a Chris, grattandosi la fronte.
«Alycia non dovrebbe farsi vedere, la sua presenza sul set è un segreto.» provò a dire. Lindsey scosse il capo.
«Andrà tutto bene. È solo una serata fuori, non gli succederà niente. È un bambino in gamba.».
«E va bene.» si arrese Eliza, infine. 

            

                                *

Il freddo era pungente. In fin dei conti erano a Vancouver in pieno inverno, non potevano di certo aspettarsi qualcosa di diverso. Eliza osservava apprensiva Chris mentre giocava con Richard a palle di neve. Sentì una mano posarsi sulla sua spalla. Si voltò. Alycia le sorrideva, affettuosa.
«Stanno solo giocando.» la rassicurò.
«Lo so.». Continuarono a camminare per qualche minuto in totale silenzio. Davanti a loro Marie, Bob e Lindsey chiacchieravano animatamente fra di loro. Già, Bob. Avrebbero dovuto sposarsi l’anno prima e, invece, era saltato tutto. Christian non era pronto. Eliza faticava ad ammetterlo, ma nemmeno lei lo era. Bob l’aveva presa con filosofia, tutto sommato.
«Siamo arrivati. Il locale è questo qui.» asserì Lindsey. Entrarono, contenti di trovare finalmente un po’ di calore. Il posto sembrava tranquillo e la cosa rincuorò Eliza. Si sedettero ad un tavolo e cominciarono a leggere il menù. Chris si accoccolò ad Eliza. Sembrava spaventato. La ragazza gli accarezzò il capo.
«Va tutto bene.» gli sussurrò. Finalmente una cameriera si avvicinò al tavolo.
«I signori vogliono ordinare?» domandò. Teneva la testa china sul blocco note e ad Eliza parve la ragazza più triste del mondo.
«Sì, io una piccata, per fav-...» rispose Alycia, per poi bloccarsi improvvisamente. La cameriera alzò lo sguardo e sobbalzò. Il resto del gruppo si guardò, confuso. La reazione della ragazza poteva avere anche senso, ma quella di Alycia proprio no.
«Come dicevo, una piccata per favore. Ora scusate, devo andare in bagno urgentemente.». Alycia si alzò, lasciando tutti interdetti. La cameriera la seguì con lo sguardo, in silenzio. Eliza notò che aveva gli occhi lucidi.
«Voi siete...» mormorò.
«Sì, esatto. Non dirlo troppo in giro, però.» si raccomandò Richard, facendole l’occhiolino.
«Beh, riprendiamo da dove ci siamo fermati. Che vi porto da mangiare, ragazzi?».


Angolo del disagio

Ben ritrovati! 
Spero che questo primo capitolo vi sia piaciuto. Come mai Alycia ha reagito così? Ovviamente si scoprirà nel prossimo capitolo.
Ho deciso di inserire una frase tratta da una canzone in ogni capitolo, mi auguro che l'idea vi convinca.
Fatemi sapere cosa ne pensate, se mi lasciate una piccola recensione mi fate contenta.
Al prossimo capitolo (che potrebbe arrivare già domani)!

 

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Capitolo 3
*** 2.Sorry ***


2.

 

When I say I'm sorry
Will you believe me?
Listen to my story
Say you won't leave me
When I say I'm sorry
Can you forgive me?

(Daughtry-Sorry)

 

 Non poteva crederci. Non era possibile. Con tutti i locali che c’erano, proprio in quello dovevano entrare? Si precipitò in bagno, cercando di risultare il meno sconvolta possibile. Si appoggiò al muro e scoppiò a piangere a dirotto, scivolando sul pavimento. Non avrebbe mai pensato di poterlo rivedere e invece lui era lì e lei gli avrebbe addirittura portato la cena. Non era mai stata così terrorizzata in tutta la sua vita.
«Che diamine ci fai tu qui?». Si voltò. Alycia la fissava, furiosa. La ragazza deglutì.
«I-io...» provò a dire, ma le parole le morirono in gola. Lo schiaffo arrivò, doloroso. Se lo meritava, dopotutto.
«Pensavo fossi morta quella sera. Ho visto la finestra aperta, il sangue sull’asfalto. Poi, quando hanno detto che non ti avevano trovata, ho immaginato il peggio. Sono passati tre anni, Rachel. Tre anni!»
«Cosa vuoi che ti dica? Mi dispiace.» replicò la ragazza. Alycia scoppiò a ridere.
«Ti dispiace? No, la verità è che non te ne può fregare di meno. Né di Christian, né di me.» asserì.
«È proprio perché mi interessava il vostro bene che me ne sono andata. Ma cosa ne vuoi sapere tu?» ribatté Rachel. Alycia avrebbe voluto tirarle un altro schiaffo.
«Glielo dirai?» domandò improvvisamente Rachel. L’australiana sospirò.
«Dovrei.»
«Già.». Alycia le si sedette accanto. Restarono in silenzio per un po’.
«Pensavo ti avessero tagliata fuori dalla serie.» esordì poi Rachel.
«È una sorpresa per la prossima stagione. Lo è stata anche per me.» spiegò Alycia.
«Sono contenta che tu sia viva.» confessò poi, di getto. Rachel annuì in silenzio.
«È cresciuto. Assomiglia a mia mamma.». Alycia deglutì. Iniziava a sentire un groppo in gola.
«Ti conviene tornare di là, si staranno chiedendo che fine hai fatto.» disse infine Rachel.
«Io non...»
«Devi. Vi porterò la cena.». Alycia annuì, alzandosi da terra. Tornò al tavolo di malavoglia, sforzandosi di mostrarsi serena.
«Alla buon’ora, dov’eri finita?» chiese Eliza.
«Scusate, non mi sentivo troppo bene con lo stomaco. Avrò preso freddo.» mentì. Nessuno dei suoi amici sembrò veramente credere a quella bugia, ma lasciarono correre. Solo Eliza si voltò verso di lei, insistendo con lo sguardo. Non se l’era bevuta e sembrava abbastanza preoccupata.
«Sto bene.»
«Dopo ne parliamo.» non mollò la bionda. Alycia fece una smorfia e prese un pezzo di pane, spostando il suo sguardo sugli altri. Lindsey le sorrise.
«Ragazzi, davvero, sto bene.» provò a convincerli.
«Debnam-Carey, se lo dici tu.» ribatté Richard. Alycia roteò gli occhi, seccata. Non fece in tempo a replicare però, perché Rachel arrivò con il cibo. La osservò. La ragazza cercava di mantenere il sangue freddo, ma era palese che fosse agitata. Quando arrivò il momento di servire Eliza e Christian incespicò. Fu un attimo, l’attrice si trovò cosparsa di cibo. Rachel indietreggiò, nel panico più totale.
«Io... Mi dispiace, glielo giuro.». Eliza le sorrise, facendole segno di non preoccuparsi.
«L’aiuto a pulirsi.»
«Non ti preoccupare, tanto era da lavare.» minimizzò Eliza. Rachel si diede mentalmente dell’idiota. I suoi occhi incrociarono quelli di Alycia. L’australiana le fece cenno di calmarsi, ma ormai la frittata era fatta. Rachel non resistette oltre e scappò via. Alycia avrebbe voluto alzarsi e correrle dietro, ma avrebbe dovuto dare troppe spiegazioni e non se la sentiva.
«Al diavolo.» imprecò Eliza, alzandosi e lanciandosi all’inseguimento. La trovò fuori, tremante. Di fronte a lei un energumeno le stava urlando addosso.
«Lo sai cosa succederà ora!» abbaiò. La ragazza teneva il capo chino. L’uomo l’afferrò per un braccio, violentemente. Elizà decise di non aspettare oltre. Doveva intervenire.
«Ehi, lasciala in pace!». Rachel si voltò. Questa era l’ultima cosa che avrebbe voluto accadesse. L’energumeno grugnì e le lasciò il polso.
«Ti è andata bene, ma sappi che il signor Franklin non sarà clemente come me.» sibilò, infine. Rachel sentì un brivido salire lungo la sua schiena. Restò immobile, con gli occhi ancora chiusi. Di colpo, le gambe cedettero. Attese l’impatto con l’asfalto, ma non avvenne. Aprì gli occhi. Eliza l’aveva presa al volo. L’aiutò a sedersi in un luogo appartato. Mentre Rachel riprendeva fiato, la studiò. Era una ragazza giovane, molto più di lei. Probabilmente, era più giovane anche di Alycia. Aveva lunghi capelli scuri e i suoi occhi nocciola facevano trasparire un velo di tristezza e profondo dolore.
«Ma tu stai morendo di freddo. Vuoi tornare dentro?» domandò preoccupata. Rachel fece segno di no con la testa.
«I-io...» esordì, ma fu interrotta, dall’arrivo di Alycia e Bob.
«Va tutto bene?» chiese la mora. Rachel capì che era seriamente preoccupata per lei, ma che non poteva di certo parlarle in modo diretto. Annuì, senza dire una parola.
«È ora che vada. Devo tornare al lavoro, scusatemi.» asserì. Provò ad alzarsi in piedi, ma le gambe le cedettero di nuovo. Alycia la prese al volo.
«Eliza, resto qua io. Tornate da Chris, vi starà aspettando.»
«Ma...» protestò la bionda.
«Prima stava chiedendo di te, Eli. Bob, ti prego, portala dentro.». Il ragazzo confermò quanto detto e Eliza non poté fare altro che cedere. Si sporse verso Rachel e le accarezzò una guancia. Prese un fazzoletto pulito dalla tasca della giacca e, trovata una penna, ci scrisse sopra.
«Questo è il mio numero, non esitare a chiamare se hai bisogno.». Rachel sobbalzò.
«Ah, io sono Eliza, comunque.».
«E io Bob.» si intromise il ragazzo, presentandosi pure lui.
«Aly, non ti presenti?» chiese poi. La ragazza avrebbe voluto prenderli a schiaffi. Inspirò profondamente e poi espirò.
«Io sono Alycia, piacere.». Rachel si lasciò sfuggire un impercettibile sorriso divertito. Sotto sotto, quella situazione stava assumendo tratti surreali. Chissà se Eliza le avrebbe mai dato il suo numero se solo fosse stata a conoscenza della sua vera identità.
«Io sono R... Roxy.-. Alycia scosse il capo. Non poteva crederci. Dalla padella alla brace. E la serata non era ancora finita.  

 




Angolo del Disagio

Eccoci qui di nuovo! Allora, finalmente si scopre il motivo della
strana reazione di Alycia e l'identità della misteriosa cameriera.
Che ne pensate? Spero che il capitolo vi sia piaciuto e che la storia vi stia incuriosendo. 
Ringrazio chi si sta prendendo la briga di leggere e chi ha recensito lo scorso capitolo. Non mordo e un commentino (anche di critica) mi fa sempre piacere.
Alla prossima!

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Capitolo 4
*** 3.Never Be The Same ***


3.

 

You led me here
But then I watched you disappear
You left this emptiness inside
And I can't turn back time
(Red-Never Be The Same)

 

«Roxy, eh?». Rachel sospirò. Ora erano solo loro due, per la prima volta dopo tre anni.
«Non dirmi che le avrei dovuto rivelare il mio vero nome.» replicò. Accese una sigaretta e se la portò alle labbra. Alycia era seduta accanto a lei. Le accarezzava i capelli, con dolcezza.
«Perché?» domandò. Rachel si morse il labbro. Aspirò nuovamente dalla sigaretta, restando in silenzio.
«Mi avevano beccata, mio fratello me l’avrebbero tolto comunque. Quella sera volevo solo racimolare qualcosa per poter assicurare a me e Christian un futuro, ma quando tu e Eliza mi avete trovata ho capito. Il futuro di mio fratello era possibile solo a una condizione: che io non ne facessi parte. Franklin mi stava addosso, alla fine ho preferito consegnarmi a lui. Non avevo altra scelta, mi dispiace.» raccontò infine. Si portò nuovamente la sigaretta alla bocca e aspirò.
«Come va con lei?» cambiò discorso. Alycia rischiò di soffocarsi con la saliva.
«Siamo amiche.» rispose. Rachel scoppiò a ridere.
«Tu e Eliza Taylor amiche? Ma per favore.». Per tutta risposta, Alycia le tirò un pugno sul braccio. La più giovane mugolò per il dolore.
«Ha fatto la sua scelta. Devo andare avanti, Rachel. E dovresti farlo anche tu.». La ragazza annuì. Si rialzarono entrambe. «Non sparire di nuovo, mi raccomando. Per qualunque cosa, mi trovi sul set.». Rachel sorrise. Seguì con lo sguardo Alycia mentre rientrava nel pub. Sospirò, sedendosi nuovamente a terra. Ora sì che era nei guai.

 

                                                                                    *


«Mi dispiace per questa serata disastrosa, la prossima volta mangiamo in mensa.» si scusò Lindsey.
«Oh, non importa. È stata emozionante, almeno.» ribatté Bob.
«Già, ho sempre sognato di puzzare di panino e patatine» ironizzò Eliza.
«Se vuoi allora replichiamo domani.» scherzò Richard. Marie gli tirò uno schiaffo sul collo.
«Ahia!» si lamentò.
«Beh, siamo arrivati ai nostri alloggi. Il piccolo dorme, noi domani dobbiamo lavorare e credo quindi che sia giunta l’ora di andare a dormire. Buona notte gente.» si congedò Bob, seguito a ruota dagli altri. Rimasero solo Eliza e Alycia, che aveva in braccio Christian. Aiutò la bionda a metterlo a letto, per poi uscire dalla casa mobile e dirigersi verso la sua.
«Aly, aspetta!» la chiamò Eliza. La mora strinse i pugni e chiuse gli occhi per qualche istante. Si girò lentamente, titubante. Eliza la raggiunse. Sembrava preoccupata.
«Non osare dirmi che stai bene, non hai spiccicato parola per tutta la sera. Che è successo al pub? Dì la verità, la conoscevi quella ragazza?». Alycia si passò una mano sul volto.
«Sto bene. No, non l’avevo mai vista.» mentì. Eliza la fissava, le braccia conserte.
«Ti sei alzata in fretta e furia quando l’hai vista e mi hai mandata dentro con una scusa assurda poi. Sei rientrata nel pub dopo un’eternità.»
«Aveva una crisi di panico, l’hai visto anche tu. Christian si era agitato perché non ti vedeva più. Cosa avrei dovuto fare? Quanto alla mia reazione quando l’ho vista, ti assicuro che ho semplicemente preso freddo. Mai sentito parlare di coincidenze e di mal di pancia?». In quel momento, Alycia ringraziò le sue doti di attrice. Mentire a Eliza era l’ultima cosa che avrebbe voluto, ma era necessario per proteggere Rachel.
«Va bene, scusami. Ti credo. È che mi sembri turbata.». Alycia chinò il capo. Odiava il modo in cui Eliza riusciva a leggerla, a capirla. Dovette fare uno sforzo monumentale per non cedere e raccontarle tutto.
«Vedere quella ragazza stare così male mi ha riportato alla mente vari ricordi.» si limitò a dire, evasiva. In fondo, non era una bugia. Pregò che Eliza la lasciasse andare. Non ce la faceva più.
«Se ci fosse qualcosa che non va me lo diresti, vero?» domandò invece la bionda. “Che palle, Taylor.” imprecò mentalmente Alycia.
«Certo.» rispose. Un’altra bugia. Quella era una tortura bella e buona. Eliza le sorrise. Poi la strinse a sé, senza preavviso. In altri tempi, Alycia si sarebbe beata di quell’abbraccio, ma ora quel contatto non le procurava altro che bruciore e dolore.
«Ti voglio bene.» sussurrò Eliza, per poi schioccarle un bacio sulla fronte.
«Buonanotte.» si congedò infine, rientrando nella casa mobile e lasciando Alycia da sola, in preda a mille dubbi e domande.




Angolo del disagio 

Iniziano a spuntare le prime informazioni su Rachel (che ha scelto un falso nome davvero ehm, singolare) e Alycia tenta di proteggerla. Non solo, si scopre anche qualcosa in più sul rapporto tra quest'ultima ed Eliza. Insomma, la situazione si sta facendo complicata, ma siamo solo agli inizi.
Povero Richard, picchiato anche dagli amici e non solo nella serie ahah.
Ringrazio di cuore chi ha recensito, chi ha inserito la storia tra le seguite e chi sta semplicemente leggendo. Ricordate, un commento mi fa sempre piacere e mi aiuta a migliorare. 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, alla prossima! 

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Capitolo 5
*** 4.Temptation ***


4.

 

Do I want these choices to define me
Or can I find a way back to myself?
(Whether, I-Temptation)

 

Rachel andava su e giù per la sua stanza. Abitava in un minuscolo e malmesso monolocale e in realtà aveva a malapena dello spazio per muoversi. Seduto su una sedia Duke, il suo migliore amico, la osservava curioso. Non l’aveva mai vista così agitata.
«Duke, era lui.» esordì la ragazza.
«Lo so. Rachel, devi stare calma.» provò a tranquillizzarla, abbracciandola da dietro. La ragazza si divincolò e scoppiò a piangere.
«Rachel...»
«Io non sto calma, Duke. Christian è qui, non lo vedo da tre anni e ora è a pochi minuti da me.»
«Ma non puoi andare da lui! Lo sai! Se scoprissero chi sei, finiresti in prigione!» provò a farla ragionare Duke. Rachel si sedette, pensierosa. Non sapeva come ribattere. Duke aveva ragione, andare su quel set sarebbe stata la fine. Sospirò, ripensando alla notte precedente. Eliza era stata davvero gentile. Sembrava essere una gran bella persona ed era contenta di sapere che fosse lei ad occuparsi di Christian.
«Che cosa faccio?» chiese.
«Se mai dovessero tornare al pub, comportati normalmente. Ma ti prego, non andare su quel set. Tuo fratello non ti conosce, è al sicuro e va bene così. Non rovinare tutti i sacrifici che hai fatto in questi anni.» rispose Duke.
«Quand’è che potrò fare qualcosa per me?». Il ragazzo le carezzò i capelli.
«Sei sopravvissuta, è questo che conta.»
«Forse la vita dovrebbe essere più che semplice sopravvivenza, non credi?» ribatté Rachel. Duke scosse il capo.
«Sopravvivere è la cosa più importante, Rachel. E vivere pochi istanti per poi condannare te e Christian ad un destino infausto sarebbe davvero ingiusto e stupido. Almeno, io la penso così.». La ragazza si alzò e, senza dire una parola, indossò cappotto, guanti, sciarpa e cappello.
«Dove vai?» si allarmò Duke.
«A fare una passeggiata.» rispose Rachel. Il ragazzo le si parò davanti.
«Promettimi che non andrai sul set.». Rachel alzò gli occhi al cielo.
«Promettimelo.» insistette Duke.
«E va bene, te lo prometto.» cedette Rachel. Accennò un sorriso e, aperta la porta, uscì.

 

                                                                                                                 *

 

Le case mobili erano tantissime. Rachel sorrise. Erano comunque tutte più grandi del suo squallido monolocale. L’area in cui la troupe e gli attori si erano stabiliti era enorme. Rachel la conosceva abbastanza bene. Negli ultimi tre anni era capitato che andasse lì a fare qualche passeggiata. Inspirò ed espirò, nervosa. Si stava pentendo di aver disobbedito a Duke. Certo, Alycia le aveva detto che era disponibile per ogni evenienza e di raggiungerla pure sul set, ma era inutile prendersi in giro, Rachel non era lì per lei. Anzi, sperava di non incontrarla proprio. Si avventurò fra le case mobili, cercando di mimetizzarsi con gli addetti ai lavori. Voleva solo rivederlo un’ultima volta, poi avrebbe lasciato perdere per sempre. Camminava lentamente, in modo da poterlo scorgere. Passò mezz’ora, ma di Christian nessuna traccia.
«Cazzo, questa è la volta che Eliza mi ammazza.» udì alle sue spalle. Si voltò. Un ragazzo stava chiamando a gran voce Christian. Lo riconobbe, era al pub la sera prima. Gli si avvicinò.
«Ehm... Serve una mano?» esordì. Richard faticò a riconoscerla.
«Tu... Tu sei la cameriera.»
«Già. Sono qua per ringraziare Eliza di persona.» mentì la ragazza.
«Eliza sta girando in questo momento. E per fortuna. Mi devi aiutare, ho appena perso suo figlio.» spiegò Richard, nel panico. Rachel deglutì. In che senso perso?
«Dove l’hai visto l’ultima volta?» domandò.
«Stava giocando vicino alla casa mobile. Mi sono messo a parlare cinque minuti con una comparsa per un autografo e l’ho perso di vista.» raccontò. Rachel non poteva credere alle sue orecchie. Ma come si poteva perdere di vista un bambino? Non che potesse giudicare, in fondo lei quel piccolo l’aveva abbandonato. “Io l’ho fatto per il suo bene, però.” pensò tra sé e sé. Si mise alla ricerca del bambino, invano.
«Sono un uomo morto.» asserì Richard.
«Andiamo, non possiamo arrenderci. Cosa gli piace fare di solito? È attratto da qualcosa che potrebbe esserci qua intorno?» chiese Rachel. Richard si era steso per terra, rassegnato.
«Ultimamente gioca molto volentieri con la neve, ma...»
«Ma?». Richard si mise a sedere.
«Il laghetto ghiacciato. Maledizione, dobbiamo muoverci.».
«Muoversi per dove, Richard?». Il ragazzo non aveva nemmeno il coraggio di voltarsi. Eliza lo fissava, in lacrime. Rachel si nascose dietro ad un albero.
«Ti avevo chiesto di occuparti di Christian.»
«So dov’è, dobbiamo solo arrivare in tempo.» si giustificò Richard, ricevendo solo un sonoro schiaffo in faccio. Rachel si schiacciò contro l’albero. Conosceva il laghetto di cui parlava il ragazzo. Non era troppo lontano da dove si trovava. Si mise a correre, noncurante del fatto che Richard, Eliza o chicchessia potessero notarla. Arrivata al laghetto, inorridì. Christian era riuscito a passare sotto la grata che separava l’acqua ghiacciata dalla terra ferma. Si avvicinò, lentamente.
«Christian, vieni qui.» lo chiamò. Per tutta risposta, il bambino indietreggiò pericolosamente.
«Piccolo, sono io, sono Rachel. Vieni qua.» insistette. Christian la guardava, stranito. “Forse un po’ si ricorda.". Rachel cominciò a canticchiare per calmarlo e attirarlo a sé. A poco a poco, il bambino si sciolse e si diresse verso la ragazza. Rachel lo portò al di là della grata, prendendolo prontamente in braccio. Quando Eliza e Richard li raggiunsero, li trovarono a giocare e rotolarsi nella neve.
«Chris sta giocando.» osservò l’australiana, stupita. «Solitamente non dà mai confidenza a chi non conosce». Eliza si precipitò dal bambino, abbracciandolo.
«Grazie.» mormorò, rivolta a Rachel. La ragazza fece per andare via, ma Eliza la fermò, afferrandole dolcemente il braccio.
«Ero venuta per ringraziarla per ciò che ha fatto ieri. Ora devo andare.» disse la più giovane, in preda all’agitazione.
«Ti prego, posso offrirti qualcosa? Gli hai salvato la vita.». Rachel sapeva di star commettendo un errore, ma non poté resistere. L’idea di trascorrere altro tempo con suo fratello l’allettava troppo. 

   

                                                                                                                   *

 

Eliza l’aveva accompagnata alla sua casa mobile. Aveva messo Christian a letto e poi aveva stappato due birre. Rachel si sentiva a disagio. Avrebbe dovuto dar retta a Duke.
«Stai bene?» domandò Eliza. Rachel annuì.
«Io sono venuta solo per ringraziare.»
«E invece devo ringraziare io te. Posso chiederti come diamine hai fatto? Chris non si lascia avvicinare da nessuno che non sia io o qualche mio amico stretto.» chiese Eliza, curiosa. Rachel non sapeva come rispondere.
«L’ho semplicemente chiamato.» rispose. In parte era vero, non era del tutto una bugia. L’attrice si fece improvvisamente taciturna. Si sedette, tenendo la bottiglia di birra in mano e assumendo un’aria pensierosa. Rachel deglutì. Temeva di aver detto o fatto qualcosa di sbagliato. Sentiva lo sguardo di Eliza squadrarla da cima a fondo. Dopo infiniti minuti, il volto dell’australiana si illuminò.
«Senti, so che lavori al pub, ma volevo chiederti se ti andrebbe un lavoro diurno.». Rachel non capiva.
«Ecco, Chris ha bisogno di qualcuno che stia con lui durante le riprese. Non l’ho mai visto così espansivo con chi non è me. Poi sei arrivata tu. Non farti scrupoli, ovviamente ti pagherei.». Quando realizzò che cosa le aveva proposto l’attrice, Rachel avrebbe voluto sparire.
«Io... Io non posso. Ho il pub fino alle quattro del mattino e, in più, non penso proprio di essere la persona adatta per una cosa del del genere.». Si stava agitando di nuovo. Sì, decisamente, avrebbe dovuto seguire ciò che le aveva detto Duke.
«Ehi, tranquilla. Era solo una proposta, se non te la senti va bene lo stesso.» la tranquillizzò Eliza. C’era qualcosa di così rilassante in lei, Rachel capì perché Alycia ne era rimasta affascinata.
«Beh, lascia almeno che ti dia dei soldi per oggi.»
«No!» esclamò la ragazza. L’attrice la guardò stranita. Rachel deglutì. Si passò una mano sul volto.
«Io non l’ho fatto per soldi.». Si alzò in piedi e si avviò verso l’uscita. Stava scendendo le scale della casa mobile, quando le si mozzò il fiato. Un volto molto familiare le era passato davanti. Cominciò a respirare affannosamente. La mente le si affollò di ricordi.
«Va tutto bene?» chiese Eliza. Rachel annuì silenziosamente, sedendosi di nuovo al tavolo.
«Sì. Sa, ci sto ripensando. L’offerta è ancora valida?»
«Quale offerta?» domandò una voce alla loro spalle. “Merda.” imprecò mentalmente Rachel. Alycia le fissava, la rabbia dipinta sul volto.
«Roxy ha salvato Christian oggi e le ho offerto un lavoro.» spiegò Eliza, ignara della situazione che si stava venendo a creare.
«E lei ha accettato?» chiese. Rachel sapeva che si sarebbe dovuta alzare e se ne sarebbe dovuta andare. Eppure, tutto quello che riuscì a fare fu fissare Alycia negli occhi e dire:«Sì.».


Angolo del disagio 

Ben trovati! Alla fine sto aggiornando quotidianamente, dato che ho già una consistente mole di capitoli pronta. La situazione si sta complicando e Alycia potrebbe non essere troppo d'accordo con questi nuovi sviluppi.
Come sempre, ringrazio chiunque legga, recensisca e segua la storia. Vi ricordo che un commento mi farebbe sempre molto piacere e mi spronerebbe a migliorarmi.
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 6
*** 5.The Devil’s Back ***


5.

 

What happened to youthful carefree
When did I get so old

And I don't know what's happened to me
No, I don't know what's happened to me
I guess the devil's back
(The Pretty Reckless-The Devil’s Back)

 

Alycia teneva lo sguardo fisso su Rachel. Era furente e il fatto che fosse ancora vestita da Lexa la rendeva terrificante. Lei ed Eliza si erano spostate al di fuori della casa mobile per parlare, ma gli occhi della mora continuavano imperterriti a non mollare la giovane ragazza, nemmeno per un secondo. La bionda sbuffò.
«Si può sapere che problemi hai?»
«Si può sapere che problemi hai tu? Stai affidando Christian a una ragazza di cui non sai un bel niente, potrebbe essere un soggetto poco raccomandabile, per quel che mi riguarda.». Eliza inarcò un sopracciglio.
«Te l’ho detto, Chris si fida di lei.»
«Chris è un bambino, si fida di chiunque gli allunghi una caramella.» replicò Alycia.
«Lo sai bene che non è vero. Sai che non riesce a stare con chiunque non abbia visto più di una decina di volte, sai che fa comunque fatica a restare serenamente con chiunque non sia me e te e sai che è per questo che il mio matrimonio è saltato, perché il semplice fatto che ci sia Bob in casa lo agita da matti.». Alycia chinò il capo.
«Eliza...» mormorò.
«Li ho trovati che giocavano insieme. Dimmi, da quanto tempo non gioca serenamente con qualcuno?»
«Potrebbe essere pericoloso.» ribatté Alycia.
«È riuscita a far sì che lui la ascoltasse.». “Ovvio, è sua sorella.” rifletté la mora, senza esternare a voce alta i suoi pensieri. Si chiese perché diamine la stava coprendo ancora. Scosse il capo.
«Non posso impedirtelo, ma sappi che non approvo minimamente.» disse, voltandosi e andandosene via. La spada le batteva contro la gamba, ma non se ne curò. Si sedette per terra, ai piedi di un albero. Si sciolse i capelli e sbuffò. Si era ficcata in una situazione che non avrebbe portato a nulla di buono. Dei passi attirarono la sua attenzione.
«Che vuoi?»
«Parlare.» asserì Rachel. Alycia si rialzò e le si parò davanti.
«Che diavolo ti salta in mente?» sbottò la maggiore.
«Me l’hai detto tu che sarei potuta passare.». Alycia resistette alla tentazione di colpirla con la spada di scena che portava con sé.
«Ti ho detto che saresti potuta passare per qualsiasi evenienza, non che ti saresti dovuta far assumere come baby sitter di tuo fratello dalla madre affidataria che, per altro, non ha la minima idea di chi tu sia.». Ora l’australiana era fuori di sé. Rachel si grattò nervosamente il naso.
«Hai ragione, ma non accadrà nulla di male. Finite le riprese sparirò e non mi farò mai più vedere, te lo prometto.». Alycia sospirò.
«Non è quello che ho detto. Mi sei mancata in questi anni, ma capisci che mi stai costringendo a scegliere fra te ed Eliza.». Rachel annuì. Sembrava dispiaciuta.
«La ami ancora, vero?» domandò a bruciapelo. Alycia si morse l’interno guancia, abbassando lo sguardo.
«Te lo ripeto: ha fatto la sua scelta e io devo andare avanti.»
«L’ho visto come stai andando avanti, occupandoti di Christian e comportandoti come un cane da guardia.». L’attrice la fulminò.
«Come ti permetti?» sibilò. Rachel era consapevole di aver esagerato, ma voleva andare fino in fondo. Non poteva non cogliere un’occasione così allettante.
«Facciamo così: tu mi copri e tolleri che io veda Chris e stia con lui, in cambio cercherò di aiutarti con Eliza. Mi sembra uno scambio equo.». Nel giro di una frazione di secondo, Rachel si trovò con la schiena addossata ad un tronco. Alycia era fuori di sé. La teneva per il colletto del cappotto con aria minacciosa.
«I miei sentimenti non sono in vendita.» dichiarò. Rachel alzò le mani in segno di resa. L’australiana la lasciò andare.
«Va bene, hai vinto. Me ne vado, ma sarai tu a dover spiegare ad Eliza come mai non mi vuoi tra i piedi e perché non le hai detto nulla di me. E no, non mi riferisco solo a ieri sera. Tu sapevi che ero io tre anni fa, eppure hai perfino aspettato a chiamare la polizia. Sapevi che sarei riuscita a scappare, in qualche modo. Sarà molto divertente vedere la reazione di Eliz-»
«No. Ti prego.» supplicò Alycia. Non riusciva a crederci. La vecchia Rachel non l’avrebbe mai ricattata in questo modo.
«Ti coprirò.» cedette. Rachel accennò un sorrisetto furbo. In cuor suo, in realtà, era profondamente rattristata. Non avrebbe mai voluto arrivare a tanto. Avrebbe voluto confessare ad Alycia la verità, ma non poteva gravarla di un ulteriore peso. Le mise una mano sulla spalla.
«Grazie.» sussurrò, però poi lasciare una sempre più sconvolta Alycia Debnam-Carey nuovamente da sola. 


Angolo del disagio

Sembra che Alycia sia rimasta coinvolta in un bel pasticcio. Rachel è determinata, tanto che le ha addirittura rinfacciato alcuni particolari interessanti risalenti alla famosa sera. Quale verità starà nascondendo? Ovviamente, prossimamente lo scoprirete.
Ringrazio chi ha recensito e chi sta seguendo questa storia. Mi raccomando, un commento mi farebbe davvero molto piacere, anche solo per capire se vi sta piacendo o meno.
Al prossimo capitolo!

 

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Capitolo 7
*** 6.In My Head ***


6.

 

In my head
I hear you calling me
And I can't run ‘cause there's nothing left for me
(12 Stones-In My Head)

 

Eliza stava dormendo beatamente. Christian si era accucciato accanto a lei, la testa appoggiata al suo petto. Improvvisamente, qualcuno bussò alla porta.
«Mmh... Arrivo.» biascicò. Si stropicciò gli occhi e, facendo attenzione a non svegliare il bambino, si diresse alla porta. Aprì. Lindsey la squadrò da cima a fondo.
«Apri a chiunque vestita così?» esordì. Eliza realizzò solo in quel momento di indossare il pigiama e di essere decisamente impresentabile. Fortunatamente, l’amica l’aveva vista in condizioni decisamente peggiori negli ultimi anni. Lindsey scoppiò a ridere, divertita.
«Mi hanno mandata a chiamarti, ti stavamo aspettando al trucco.». Eliza prese in mano il cellulare.
«Ma sono solo le... Oh, cavolo!» esclamò. Era decisamente in ritardo. Svegliò immediatamente Christian e, sotto lo sguardo vigile di Lindsey, i due andarono in bagno a cambiarsi. La statunitense non poté fare a meno di riflettere sulle condizioni dell’amica. Da quando quel bambino era entrato a far parte della vita di Eliza era cambiato tutto. Niente più feste, niente più serate in compagnia, niente più serenità. Quel piccoletto monopolizzava totalmente la vita dell’australiana, nel bene e nel male. Aveva fatto saltare un matrimonio, aveva allontanato Eliza dalla sua famiglia e dai suoi amici. Ed era palese che la ragazza fosse sempre più stanca.
«Eccoci, scusa.». la voce di Eliza riportò Lindsey alla realtà. Prese il bambino per mano e lo aiutò a scendere i gradini.
«Alycia mi ha detto che hai assunto una baby sitter.». Eliza annuì.
«Non era molto d’accordo. Anzi, diciamo che non lo era per niente, non l’ho mai vista così arrabbiata con te. Si può sapere che è successo?» domandò Lindsey, curiosa.
«Si tratta della cameriera dell’altra sera. A quanto pare, non deve piacere particolarmente ad Alycia, tutto qui.». Lindsey piegò la testa di lato, pensierosa. Chris la seguì con lo sguardo e fece lo stesso. Eliza sorrise, intenerita da quella scena.
«Ti interessa così tanto ciò che pensa Alycia? Sei tu la madre, non lei.». Eliza avrebbe voluto rispondere che sì, ciò che Alycia pensava di lei e delle sue decisioni era importante, ma tacque.
«Per quello che può valere una mia opinione, penso che ti possa fare bene avere qualcuno che ti aiuti con Chris. Ultimamente ti vedo così stanca, Eli. Non ti nascondo che sono molto preoccupata.». Eliza era in profondo imbarazzo.
«Sto bene, davvero. È solo un periodo difficile, tutto qui.»
«Un periodo che dura da tre anni.» osservò Lindsey. Eliza si mise le mani fra i capelli. Non sapeva come replicare.  Lindsey aveva ragione. Da quando aveva preso Chris in affidamento non aveva avuto più una vita propria. Era un bambino difficile, diffidente, che non si fidava di nessuno. Il primo anno di affidamento era stato un disastro e, probabilmente, aveva influito negativamente sul piccolo. Proseguirono il resto del tragitto in silenzio, fino a quando non arrivarono dai truccatori. Eliza si guardò in giro. Non la vedeva. Forse Alycia aveva ragione, quella ragazza non era affidabile. Si diede mentalmente dell’idiota, quando, finalmente, la vide. Si aggirava per il set spaesata. Eliza la chiamò e Rachel la raggiunse.
«Scusi il ritardo, mi ero persa.»
«Tranquilla, capita a tutti la prima volta. E dammi del “tu”, non amo le formalità.». Rachel annuì, pensierosa.
«Ehm... Io sono Lindsey, ci siamo viste al pub.» esordì la statunitense. Rachel allungò timida la mano e si presentò, ovviamente come Roxy. “Che nome ridicolo che ho scelto” rifletté.
«Allora, lo prendo e lo faccio restare qua in giro, poi all’ora di pranzo glielo... cioè te lo riporto.» comunicò. Eliza deglutì. Era la prima volta da quando aveva ottenuto l’affido stabile del bambino che si separava da lui per darlo a una perfetta sconosciuta.
«Non me lo porto via, non ti preoccupare.» sdrammatizzò Rachel. Da lontano, una disgustata Alycia osservava quella scena. Scosse il capo, facendosi vedere dalla ragazza. Il suo sguardo era carico di giudizio. Rachel la ignorò. Prese per mano Christian che, contro ogni immaginazione, non si scostò. Assunse comunque un’espressione piuttosto risentita e diffidente, ma la seguì lo stesso, senza fiatare. Eliza li guardò allontanarsi, sollevata. Lindsey era a bocca spalancata.
«Beh... Questa sì che è una sorpresa.» trovò la forza di dire. L’australiana sorrise. Era serena e carica di fiducia verso quella giornata. Non ricordava nemmeno da quanto tempo non si sentiva così. 

 

*

Rachel era terrorizzata. Christian era per terra e stava giocando con un cumulo di neve. Da quando l’aveva preso a Eliza non si erano ancora scambiati una parola. Era chiaro che il bambino non riuscisse a ricollegare la ragazza alla sorella. Probabilmente, nemmeno sapeva di averne una. Tuttavia, era innegabile che, in qualche modo, non la ritenesse una totale estranea. Rachel, dal canto suo, iniziava a provare un enorme senso di colpa. E pensare che aveva giudicato Richard il giorno prima perché l’aveva perso. Quelle persone almeno c’erano state per lui negli ultimi tre anni. Lei, invece, era stata solo capace di sparire. E ora non aveva la più pallida idea di come dare il via a un rapporto che sarebbe dovuto durare fino alla fine delle riprese.
«Non è semplice come sembra, vero?». La ragazza si voltò. Riconobbe quel volto, era una del cast. Rachel si limitò a fare “no” con la testa.  
«Jessica.» si presentò. «Tu devi essere la baby sitter, quella che ha salvato Christian ieri. Richard mi ha parlato di te.». le si sedette accanto, sorridendole. Si stiracchiò e schioccò la lingua.
«È un bambino in gamba. Eliza è stata brava, considerato anche tutto ciò che è successo durante il primo periodo.». Rachel assunse un’aria curiosa. Jessica si rese conto di aver parlato troppo.
«Sai, è stata la sorella a darglielo. Il secondo dopo si è gettata dalla finestra. Non hanno mai ritrovato il corpo. Che razza di sorella si comporterebbe così?». Rachel si morse il labbro fino a farselo sanguinare. Ma chi si credeva di essere? Chi diamine era quella lì per poterla giudicare? Strinse i pugni. Una lacrima le rigò il viso.
«Sì, lo so, storia triste.». Rachel tentò invano di ricacciare indietro le lacrime. Cominciò a muovere su e giù la gamba sinistra. Sentì il respiro farsi affannoso. Non poteva permettersi di stare così. Non in quel momento, in quel luogo.
«Harmon, sparisci.» disse qualcuno. Rachel non ebbe la forza di voltarsi per vedere chi era. Sentì due mani carezzarle i capelli. Alycia le si accucciò davanti, prendendole le mani. Rachel non resistette oltre e scoppiò a piangere, sotto lo sguardo stranito di Christian.
«Mi dispiace.» mormorò.
«Anche a me.» rispose Alycia. «Anche a me.»


Angolo del disagio

Hello! Dunque, Rachel si è davvero presentata al lavoro ed Alycia, nonostante non sia per niente d'accordo, l'ha decisamente salvata dalle grinfie di Jessica! Eliza, invece, sembra sempre più stanca e la presenza di Rachel potrebbe aiutarla, se non altro a rilassarsi un attimo. 
Spero vi piaccia! Intanto ringrazio chi legge, chi ha recensito e chi sta seguendo questa storia. Mi raccomando, un commento mi farebbe molto piacere!
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 8
*** 7. The Part That Hurts The Most (Is Me) ***


7.

 

Every chance I get I'm moving closer 
I know I'm not supposed to but I can't break away 
I see the signs but I can't quite make the words out 
All I want is to be near you but I push you away 
(Thousand Foot Krutch-The Part That Hurts The Most (Is Me)) 

 

 

Alycia era seduta sui gradini della sua casa mobile, pensierosa. Gli ultimi tre giorni erano stati decisamente impegnativi. La presenza di Rachel la stava facendo precipitare in un baratro senza fondo pieno zeppo di pessimi, orribili ricordi. Armeggiò nella tasca del giubbotto ed estrasse una fotografia. Lei, Rachel e Duke, il trio delle meraviglie. Sembravano essere passati secoli. Chiuse gli occhi. Il ricordo delle nottate passate assieme a loro l’assalì improvvisamente. Rachel era più piccola di lei di qualche anno, ma si erano trovate subito. Era stata  Maia a presentarle. Si erano conosciute ad un concerto della band di Rachel. La ragazza e Alycia erano così diverse, eppure l’aveva presa immediatamente sotto la sua ala. L’australiana era diventata una sorta di sorella maggiore per lei, nonostante tutto. E poi aveva rovinato tutto. L’immagine confusa di un tubetto pieno di pastiglie e di una bottiglia piena di crack le assalì la mente.
«A che pensi?» le chiese Eliza, riportandola alla realtà. Alycia ripose tempestivamente la fotografia nel cappotto.
«A niente.» rispose. Eliza si sedette accanto a lei. Le prese le mani fra le sue. Alycia si scostò.
«Ce l’hai ancora con me per la storia di quella ragazza?» domandò la bionda.
«No, sono solo un po’ stanca. Sono stati giorni impegnativi.». Eliza le accarezzò il capo, spostandole una ciocca di capelli dalla fronte.
«Sei strana in questi giorni.» dichiarò. Alycia buttò la testa indietro, soffermandosi sul cielo stellato.
«Sarà solo stanchezza.» insistette la più giovane. Eliza le afferrò il braccio, costringendola a girarsi verso di lei. Alycia non era pronta a scontrarsi con quegli occhi azzurri. Le si mozzò il respiro. Chinò lo sguardo, ma Eliza le alzò il mento con le dita.
«Ehi... Parlami.».  Alycia appoggiò la testa sulla spalla della bionda. Avrebbe avuto tempo per pentirsi di quel gesto.
«Solo brutti e vecchi ricordi che mi frullano in testa, nulla di grave. Una bella dormita e spariranno.» minimizzò. Eliza le carezzava la fronte, teneramente.
«Ti va di raccontarmi?». Alycia fece segno di no con la testa. Avrebbe voluto, ma non poteva. L’avrebbe persa per sempre.
«Non è nulla di importante.» minimizzò infine, alzandosi in piedi.
«Come sta Chris?» chiese poi, sviando il discorso. Eliza lasciò correre. Sapeva che Alycia si sarebbe aperta prima o poi, era solo questione di tempo.
«Bene. Roxy è stata proprio brava.» rispose. Alycia fece una smorfia, ripensando al mattino. Non era riuscita ad allontanare Jessica in tempo e, se non fosse stato per il suo intervento, chissà che cosa sarebbe successo.
«È una brava ragazza, ti ricrederai su di lei.» aggiunse Eliza.
«Lo spero.» asserì Alycia. Le due rimasero in silenzio, una di fronte all’altra, per un tempo che parve loro interminabile.
«Beh, io vado a dormire, allora.» annunciò infine Alycia, dopo essersi schiarita la voce. Si sentiva profondamente a disagio.
«A domani. Per qualsiasi cosa, sono qua di fronte.» la rassicurò Eliza. La mora annuì. Poi, senza capire nemmeno lei bene il perché, strinse la bionda in un abbraccio. Sapeva solo che aveva un disperato bisogno di quel contatto. Aveva bisogno di sentirsi al sicuro. Tuttavia, realizzato cosa aveva fatto, si staccò immediatamente ed entrò in fretta e furia nel suo alloggio, lasciando Eliza più confusa di prima.
«Buonanotte anche a te.» mormorò la bionda, per poi recarsi anche lei a dormire.


Angolo del disagio

Capitolo un po' più corto del solito e decisamente di passaggio, ma che contiene un tassello importante del passato di Alycia e Rachel e, finalmente, anche uno specchio del rapporto della prima con Eliza. Spero vi sia piaciuto, ringrazio come sempre chi segue questa storia e chi la recensisce. Mi raccomando, un commento mi farebbe davvero piacere, quindi non siate timidi.
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 9
*** 8.Crawling In The Dark ***


8.

Is there something more
Than what I've been handed?
I've been crawling in the dark
Looking for the answer
(Hoobastank-Crawling In The Dark)

 

La luce che filtrava dalle tende colpì in pieno volto Rachel. La ragazza si stropicciò gli occhi e li aprì. Non era nel suo letto, come sempre d’altronde. Accanto a lei un uomo dall’aspetto disgustoso ronfava della grossa. Rachel soffocò un conato di vomito e si alzò. Un dolore lancinante al costato la piegò in due. Si guardò. Un livido violaceo le contornava le costole. Si trascinò a fatica in bagno, si sciacquò il viso e si rivestì. Prelevò dal portafogli dell’uomo un po’ di denaro e se la svignò. Le lacrime non tardarono ad arrivare. Era così stanca di quella vita. Si incamminò verso il set, dolorante. Finalmente arrivò a destinazione. Si sentì, improvvisamente, al sicuro. Lì erano quasi tutti molto gentili. Non c’era nessuno che la voleva usare o che la sfruttava a proprio piacimento. L’unico rammarico che aveva riguardava Alycia. Nonostante l’avesse aiutata con Jessica il giorno prima, era tornata a trattarla con il solito astio. Non che la biasimasse per questo. In fin dei conti, era sparita per tre anni, mollando suo fratello ad una perfetta sconosciuta. Non aveva diritto di essere lì, lo sapeva benissimo. Sospirò. Si avviò verso la casa mobile di Eliza. Subito, Lindsey e Richard si aggregarono a lei. Rachel li trovava molto simpatici. Con Marie e Bob l’avevano presa immediatamente sotto la loro ala protettiva. Sapeva perfettamente che ciò aveva causato dei dissapori con Alycia, ma aveva provato a non curarsene.
«Eccoci arrivati. Scommetto dieci dollari che sta ancora dormendo.» disse Lindsey.
«Ci sto. Bussi tu alla porta?». Rachel annuì. Salì timidamente i gradini e picchiettò la porta. Nessuna risposta. Probabilmente Lindsey aveva ragione.
«Sgancia!» esclamò, rivolta a Richard. Il ragazzo aveva appena preso il portafogli, quando una decisamente assonnata Eliza aprì.
«Scusate, ero in bagno. Stanotte Chris non ha chiuso occhio.» spiegò. Richard ripose vittorioso i soldi nel cappotto, mentre Lindsey gliene consegnava altri, delusa. Eliza scoppiò a ridere, avendo capito la natura di quello scambio di denaro. Scese per strada, chiudendosi la porta alle spalle.
«Roxy, ti dispiacerebbe restare dentro oggi? Si è addormentato adesso.»
«Non c’è problema.» rispose Rachel. Non si era ancora abituata a quel falso nome e, ogni tanto, non riusciva ad associarlo a sé. Eliza la fece accomodare e, dopo averla salutata, la lasciò sola con il bambino. Rachel si sentì improvvisamente a disagio. Si mise a curiosare per l’alloggio di Eliza, spinta dalla necessità di impegnare la mente e distrarsi. C’erano foto ovunque e tanti libri, molti dei quali per bambini. Rachel ne sfogliò un paio. Sorrise, ripensando a quando era piccola e tutto era decisamente più facile. Li rimise al loro posto e continuò quello strano sopralluogo. In un angolo ai piedi di un televisore c’erano alcuni giocattoli ammucchiati e il lettore per la PlayStation. Era quasi tentata di giocare, ma si trattenne. Decise di andare verso il frigo e bere qualcosa. Stava sorseggiando un bicchiere di Coca-Cola, quando il suo sguardo fu catturato da un disegno appeso accanto alla dispensa. Lo riconobbe subito. Era il ritratto che Clarke aveva fatto a Lexa nel sesto episodio della terza stagione. Non che lei guardasse The 100, non ne aveva il tempo, ma Alycia gliene aveva parlato tanto. Seguì il contorno del disegno con il dito e mille domande le affollarono la mente. Che Eliza non avesse poi veramente compiuto la scelta definitiva? Un rumore improvviso fece sì che non trovasse la risposta a quel quesito. Christian arrivò in cucina trotterellando insicuro, gli occhi ancora semichiusi.
«Ben svegliato.» salutò Rachel.
«Bagno.» disse semplicemente il piccolo. La ragazza non ci pensò su due volte e, presolo in braccio, corse in bagno prima che fosse troppo tardi. Poi, vestitolo, lo fece sedere, pronto per la colazione. Provò a ricordarsi le istruzioni che Eliza le aveva dato il giorno prima. Prese il latte, lo scaldò, poi dispose dei biscotti su un piattino e porse al bambino il tutto, pregando che andasse bene. Finita la colazione, i due si sedettero sui gradini esterni della casa mobile.
«Immagino che conoscerai tutti quelli che vivono qua intorno.» esordì la ragazza, cercando di rompere il ghiaccio. Il bambino annuì con un piglio di orgoglio. «Richard, Lindsey, Aly, Bob, Adina.» elencò, indicando via via i vari alloggi. «E lì?» domandò Rachel, notando che ne aveva saltato uno.
«Jason, ma mamma non vuole che io ci vada.» rispose Chris. Rachel si passò una mano sul volto, pensierosa. Finalmente una pista, la prima vera notizia buona in tre anni. Un sorriso sghembo le si manifestò in viso. Lei sì che sarebbe entrata lì dentro, in un modo o nell’altro. Avrebbe dovuto solamente aspettare il momento più propizio.


Angolo del disagio

Ben ritrovati! Dunque, altro capitolo abbastanza corto, ma con nuovo tassello per quanto riguarda la vita (drammatica) di Rachel e i suoi reali scopi. Eliza forse non ha preso una vera decisione e quel disegno ne è la prova direi, ma non vi anticipo nulla. 
Grazie a chi sta leggendo e seguendo questa storia, vi ricordo che un commento mi farebbe davvero molto piacere e mi aiuterebbe a capire se sta piacendo anche a voi.
Alla prossima!

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Capitolo 10
*** 9.I Suffer Well ***


9.

 

I suffer well
I suffer well
I suffer well
suffer
(
Papa Roach-I Suffer Well)

 

Era passata una settimana da quando Rachel aveva cominciato a prendersi cura di Christian. La ragazza piaceva a tutti. Tutti tranne Alycia. Eliza aveva più volte cercato di tirare fuori l’argomento, ma ogni volta la mora cambiava discorso. Sembrava avesse paura di qualcosa, ma era impossibile riuscire a capire il reale motivo di tanto astio. Eliza iniziava a non poterne più di quella situazione. Sentiva di aver fatto la cosa giusta, da quando quella ragazza era entrata nella sua vita non aveva più tutta quell’ansia che la attanagliava di solito. Christian rimaneva una sua responsabilità, ma ora sapeva di poter contare anche su qualcuno che non fossero i suoi amici. Qualcuno che era lì appositamente per aiutarla. Camminava per il set pensando a tutte queste cose, mentre imboccava la strada per andare a mangiare. La produzione aveva allestito una mensa e di solito andavano tutti a mangiare lì dopo le riprese. Notò Alycia seduta ad un tavolo, tutta sola. La raggiunse.
«Ciao. Posso sedermi?». La mora le fece segno di accomodarsi.
«Non prendi un vassoio?» le chiese poi.
«Sto aspettando che Roxy mi porti Christian. C’è qualcosa di commestibile oggi?»
«L’insalata non è male, mentre ti consiglio di evitare lo stufato.» rispose Alycia, mostrando un piatto con quella che immaginava fosse carne. Eliza fece una smorfia di disgusto.
«Senti, noi due dobbiamo parlare.» dichiarò poi. Alycia non rispose. Avrebbe voluto alzarsi e correre via. Non reggeva più tutte quelle domande e sapeva che, prima o poi, avrebbe ceduto.
«Lo so che non dovrebbe interessarmi, ma vorrei davvero capire perché sei così infastidita da Roxy. Si sta rivelando una brava ragazza e con Christian ci sa fare. Io mi sento meglio, so di affidarlo a qualcuno con cui lui sta bene e ciò mi tranquillizza molto.»
«Lui si trova bene anche con me e gli altri.» replicò Alycia. Eliza iniziava ad innervosirsi.
«Quindi è tutto qui? Sei semplicemente gelosa? Lo volevi tutto per te? Nel caso in cui non te lo ricordassi, lui vive con me, non con te. Sei sparita per un anno, senza dare alcuna spiegazione e non ho potuto fare altro se non decidere di occuparmene io.». Eliza era fuori di sé. Alycia scosse il capo.
«Sai, hai ragione. Me ne sono andata per un anno, senza dirti niente. Ma poi sono tornata, Eli. Ho dovuto prendere delle decisioni non facili, ma non me ne pento. E comunque non c’entra niente con tutto questo. Di quella ragazza non mi fido. Per quel che mi riguarda, può anche giocare a fare la brava persona fino alla fine delle riprese, non cambio idea.». Alzò per qualche secondo lo sguardo e impallidì. Rachel era lì, davanti a loro. Aveva sentito tutto.
«Io... Qui c’è Christian. Ci vediamo dopo, vado a mangiare un boccone.» comunicò, imbarazzata. Eliza fulminò Alycia con lo sguardo.
«Siediti con noi.» propose.
«Non credo sia una buona idea.» asserì Rachel.
«Insisto. Vado a prenderti qualcosa, tu resta pure qui con Christian.». Eliza si allontanò, lasciando Alycia e Rachel sole con il bambino. L’australiana sbatté la forchetta nel piatto.
«Possiamo fare una tregua? C’è Chris davanti a noi e non mi sembra il caso.»
«Quindi ora ti interessa tuo fratello? Potresti andare a mangiare in città e lasciarlo a qualche persona qua in mensa. Tanto sei abituata, no?» disse Alycia, velenosa. Rachel alzò gli occhi al cielo. Fece per ribattere, quando Eliza arrivò con il pranzo. Iniziarono a mangiare, senza spiccicare parola.
«Sai, mi piacerebbe sapere un po’ più di te.» esordì la bionda, rompendo quell’irreale silenzio che si era creato fra loro.
«Sì, Roxy, parlaci della tua famiglia. Hai fratelli?» aggiunse Alycia. Voleva farle male e ci era appena riuscita. Rachel per poco non si strozzò con il cibo. Alzò la faccia dal piatto e si voltò verso Christian. Sentì le gambe tremare.
«Io...» mormorò. Non resistette oltre. Si alzò e scappò via, in lacrime. Eliza lanciò un’occhiata carica di delusione verso Alycia.
«Ma che è successo?» chiese Marie, avvicinandosi.
«Chiedilo ad Alycia.» rispose la bionda, lanciandosi all’inseguimento della ragazza.
«Le ho solo fatto una domanda!» urlò Alycia, anche se in cuor suo sapeva che non era per niente vero.

 

*

 

Rachel si era rifugiata sotto un tendone. Non era lontana dalla mensa, le gambe le erano cedute troppo presto. Piangeva. Il senso di colpa la soffocava. Suo fratello, i suoi genitori, i suoi amici, la sua band. Era tutta colpa sua. Sentì l’impellente bisogno di vomitare. Rigettò quel poco che aveva mangiato e si addossò ad una cassa. Ricordi che non se n’erano mai andati le affollavano la mente. Luci al neon, pasticche, crack, una striscia bianca, i Megadeth a palla. O forse erano i Metallica. Sobbalzò. Il tocco di una mano sulla spalla la costrinse a voltarsi. Eliza si sedette accanto a lei. I suoi occhi la guardavano preoccupati, ma non pietosi e Rachel fu grata per questo.
«Mi scuso per il mio comportamento, non accadrà più.». Eliza la abbracciò, cullandola. Rachel si allontanò, soffocando un gemito di dolore.
«Tutto bene?» domandò l’australiana. Rachel deglutì. Fece di sì con la testa, ma poi scoppiò nuovamente a piangere. Eliza provò ad accarezzarla, ma la ragazza gemette di nuovo. L’attrice cominciò a preoccuparsi. Le sbottonò il cappotto, piano. Rachel non si ribellò. Si sentiva così stanca. Eliza le alzò la maglia e soffocò un urlo. Lungo il costato campeggiava un enorme livido violaceo. Solo a quel punto la minore realizzò che cosa era successo. Si abbassò la maglia e si rimise il cappotto addosso.
«Sono caduta in motorino.» mentì.
«Serve un medico?» chiese Eliza, preoccupata. Rachel fece segno di no. L’australiana avrebbe voluto trascinarla in infermeria da Sam, ma non lo fece. Rimasero sedute, immobili, con Eliza che aveva il terrore di fare qualunque cosa. Non voleva scappasse via, aveva bisogno di lei.
«Non volevo turbarti. Ero solo curiosa di conoscerti meglio.» asserì poi l’attrice.
«Non ho una famiglia.» confesso Rachel all’improvviso, lapidaria. Eliza la strinse nuovamente a sé, piano.
«Maledizione ad Alycia e alla sua boccaccia. Mi dispiace per come ti tratta, dico sul serio.»
«Cerca solo di proteggervi. Al suo posto, farei lo stesso.». Eliza sospirò.
«Lei ti vuole molto bene e penso che valga lo stesso per te. Ho visto il disegno sulla dispensa e non mente, credo che ti faccia piacere averla vicino. E, forse, tutto ciò che desidera è essere anche lei più partecipe nella tua vita.»
«Lei non può decidere per me e non ha il diritto di trattare te così.» replicò l’attrice.
«La cosa più brutta al mondo è perdere qualcuno. Una volta andata, quella persona non tornerà mai più indietro e l’unica cosa che rimane è solo un enorme rimpianto.». Eliza si chiese quanto quella ragazza dovesse aver sofferto per poter anche solo pensare certe cose.
«Non perdere Alycia.» si raccomandò Rachel, per poi accasciarsi sulla spalla dell’attrice, distrutta da tutte quelle emozioni. Da lontano, Alycia le osservava, in preda ai sensi di colpa. Forse era il caso di darci un taglio e ricominciare tutto da capo. Non era l’unica ad aver sofferto per tre anni ed era ora di accettarlo.




Angolo del disagio

Ben trovati! Direi che Alycia non sta prendendo per niente bene tutta questa situazione, anche se continua comunque a coprire Rachel. Eliza, dal canto suo, viene sgamata alla grande dalla ragazza che, a questo punto, direi che le shippa ufficialmente ahah. 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate. Grazie ancora per le recensioni e per seguire questa storia.
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 11
*** 10.Winter’s Weather ***


10.

 

Please see in me what I can’t see, I’m begging
Please won’t you be the light I need so desperately
I look for love in everybody else
'
Cause I tried but I can’t love myself
(As It Is-Winter’s Weather)

 

Non sapeva bene nemmeno lei perché avesse chiesto a Richard e Lindsey di accompagnarla. Probabilmente per non scappare all’ultimo momento. I due amici avevano accettato, senza capire. Entrarono nel pub, contenti di trovare, finalmente, un po’ di caldo. Alycia fece cenno ai suoi amici di sedersi ad un tavolo, mentre si avviò verso il bancone. Il pub era molto più vuoto della prima sera in cui si erano recati lì.
«Tre birre chiare, per favore.» ordinò. Rachel preparò i bicchieri senza fiatare. Li mise su un vassoio e si diresse al tavolo. Appoggiò le birre sulle tovagliette senza alcuna grazia, rischiando di rovesciare tutto addosso a Richard.
«Non so cosa tu le abbia fatto Debnam-Carey, ma mi sembra decisamente arrabbiata.»
«Taci.» lo zittì Alycia. Richard fece una smorfia e si tuffò nel suo bicchiere di birra. Lindsey fece lo stesso, confusa.
«Arrivo subito.» annunciò l’australiana poi, alzandosi da tavola. Rachel stava servendo dei signori.
«Dobbiamo parlare.» le disse Alycia, avvicinandosi. Rachel la ignorò. L’australiana si spazientì e l’afferrò per un polso. Rachel si girò, infuriata.
«Senti, so che tu non riuscirai mai a capirlo, ma io sto lavorando, qui. E gradirei poter continuare a farlo ancora per un bel po’ di tempo.» sbottò. Alycia non le rispose e la trascinò fuori. Faceva freddissimo, ma non se ne curò più di tanto.
«Non ho tempo per i tuoi giochetti, mi dispiace.» provò a divincolarsi Rachel, ma l’attrice la bloccò nuovamente, spingendola indietro. La minore non poté fare altro che arrendersi.
«E va bene, ma ho solo cinque minuti.» cedette. Alycia le sorrise. Le carezzò i capelli, un gesto affettuoso che era solita farle spesso tre anni prima. Chinò lo sguardo.
«Mi dispiace. Non sono l’unica che ha sofferto in questi ultimi anni e, onestamente, non so nemmeno cosa tu possa aver passato. Ero solo molto arrabbiata perché... Non ero arrabbiata con te, ma con me. Ti ho abbandonata nel momento del bisogno, non sono riuscita ad aiutarti. E ti chiedo scusa per questo.». Alycia dovette fermarsi. Singhiozzava. Rachel si sforzò di ricacciare indietro le lacrime. Non era il luogo.
«Ti ho dato della vigliacca stamattina, ma non lo penso realmente. Ci vuole grande coraggio per lasciare un fratello nelle mani di una persona sconosciuta sapendo che quella sarà la cosa migliore per lui. Tu hai avuto coraggio, Rachel.» continuò l’australiana.  
«Anche tu. Gli sei stata accanto Aly e non avrei chiesto di meglio.»
«Mia la colpa, mia la responsabilità. Se non ti avessi passato quella bottiglia, tu...»
«Ero già strafatta per conto mio. Non hai colpe.» la interruppe Rachel. Alycia annuì, poco convinta. Era indecisa se dirle o meno del suo anno lontana da tutto e tutti, ma tacque.
«Non ricordo niente di quella sera, se non tutta quella musica e quelle pasticche. Non so come io sia ancora viva, te lo giuro. Penso che non volessi vivere. Faceva male Aly, fa male.». Rachel cominciò a singhiozzare. Alycia si avvicinò a lei e la strinse.
«Sono morti per colpa mia. Stavano venendo a prendermi.»
«Shhh.» provò a tranquillizzarla l’attrice. Le massaggiò delicatamente la schiena. Rachel gemette di dolore, esattamente come nella mattina. Si allontanò dall’amica. Non voleva che scoprisse i lividi. Alycia provò a dire qualcosa, ma la ragazza le fece segno di non parlare. Rimasero accoccolate per qualche minuto, fino a quando Rachel non si fu calmata.
«Di che disegno parlavate tu e Eliza oggi?» chiese Alycia all’improvviso.
«Ci hai spiate?»
«Forse.» rispose l’attrice, evasiva.
«Non penso di poter rispondere a questa domanda. Sappi solo che non sono del tutto convinta che la sua decisione sia di quelle definitive.». Alycia guardò l’amica, confusa. Voleva sapere di più. Ne aveva bisogno. Rachel alzò le mani.
«So che cosa stai pensando e non ne ho idea. Il mio unico consiglio è di non chiudere la porta, Aly.» disse, rimettendosi in piedi. Rientrarono nel pub. Rachel tornò al lavoro e Alycia al tavolo.
«Tu ci nascondi decisamente qualcosa.» osservò Lindsey. L’australiana la ignorò. Prese il bicchiere e fece per bere, quando si rese conto che non c’era più birra. Lanciò due occhiate cariche di interrogativi ai suoi due amici.
«Avevamo sete.» si giustificò Richard. Alycia scosse il capo, incredula. Rachel osservava quella scena con il sorriso sulle labbra. Nel giro di poche ore sarebbe ricaduta all’inferno, ma per ora si sarebbe goduta quegli ultimi attimi sulla terra.




Angolo del disagio

Ben trovati! Ohhh, finalmente Alycia ha messo da parte il suo orgoglio e ha deciso di ricominciare da capo. Si scoprono altre piccole informazioni sul passato delle due ragazze e sembrerebbe che l'attrice abbia una responsabilità nei confronti di della situazione di Rachel. Spero che vi sia piaciuto, mi farebbe piacere sapere la vostra opinione e cosa ne pensate. Grazie per le recensioni e per seguire e leggere questa storia.
Al prossimo capitolo!

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Capitolo 12
*** 11.Just ***


11.

 

Put all of your faith in hope
I’ve drained my soul to keep me just
Hanging on, to keep me hanging on
(Startisan-Just)

 

«Stoooooop! Marie, per la miseria, hai rotto il naso allo stunt!». L’attrice provò a scusarsi timidamente, ma fu allontanata da uno stuolo di medici e infermieri. Gettò per terra la sua arma di scena e si andò a sedere.
«Sono cose che capitano, non prendertela.» la consolò Eliza.
«Già, ma solo a me. Quel tipo mi farà causa, me lo sento.»
«È uno stunt, sarà assicurato.» provò a rassicurarla Bob.  Il terzetto fu raggiunto da una Lindsey raggiante.
«Beh, almeno una di noi è felice.» osservò Marie.
«Jason ha detto che ci dà la giornata libera. Potremmo organizzare qualcosa, è da tanto che non passiamo del tempo tutti assieme. Richard proponeva un giro in città.». Eliza si passò una mano in fronte. Era combattuta. Lindsey la prese per il polso e la attirò in disparte.
«Conosco quella faccia e non ti capisco. Paghi una baby sitter apposta. Non puoi annullarti per quel bambino.» la rimproverò.
«Pago Roxy per quando sono sul set, non perché così me ne posso andare a zonzo. Non è così che voglio crescere Chris.»
«Ma non è nemmeno figlio tuo.». Le due ragazze si voltarono. Jessica Harmon le fissava, ghignando.
«Nessuno ha chiesto la tua opinione, Harmon.» ribatté Lindsey, facendole capire che fosse meglio cambiasse aria. La canadese fece una smorfia e si allontanò. Richard aveva assistito alla scena e corse loro incontro.
«Mi dispiace per mia sorella, davvero. Non so che cosa le sia preso.» si scusò.
«Non è colpa tua. Piuttosto, convinci Eliza a venire con noi, per favore.». Il ragazzo si voltò verso l’australiana, con lo sguardo da cucciolo.
«E va bene, vado a darmi una pulita e arrivo.» cedette l’attrice. Si incamminò verso il suo alloggio. Aprì la porta ed entrò. Rachel e Christian erano seduti sul pavimento, intenti a disegnare. Il bambino corse in braccio alla madre, entusiasta.
«Già di ritorno?» si stupì Rachel.
«C’è stato un ehm... incidente sul set. Per oggi le riprese sono finite e pensavo di fare un giro in città.» spiegò Eliza. Rachel assunse un’aria al limite della delusione. Non era pronta a tornare a casa così presto. Non voleva.
«Ehi, tutto bene?» domandò Eliza. Non aveva dimenticato i lividi su quel corpo e non si era per niente bevuta la storia del motorino.
«Sì, stavo solo pensando.» rispose Rachel, evasiva. Eliza non sapeva se aspettare che si aprisse o se affrontare direttamente con lei la questione. Decise di aspettare. La guardò andarsene, la testa china. Rachel aveva a malapena salutato. Non voleva pensare a cosa ne sarebbe stato di lei nelle prossime ore. Era così assorta nei suoi pensieri che non vide nemmeno Alycia. Si scontrarono e caddero entrambe per terra. L’attrice l’aiutò tempestivamente ad alzarsi.
«Dove andavi così di fretta?» chiese.
«A casa. A quanto pare andrete a fare un giro in città.» rispose Rachel. Alycia intuì la natura del problema e si fece pensierosa.
«Perché non vieni con noi?».

 

*

 

Alla fine avevano optato per un pomeriggio al parco. La giornata non era troppo fredda e anche Chris si sarebbe divertito. Erano rimasti di stucco quando avevano visto Alycia con Rachel. D’altronde, solo il giorno prima le due non si potevano soffrire. Eliza era rimasta colpita da quella rappacificazione. Alycia sapeva essere davvero testarda ed orgogliosa e un passo del genere non doveva essere stato facile per lei. Sorrise, godendosi i raggi del sole. Era felice, per la prima volta in tre anni. Christian stava giocando a calcio con Richard, Rachel e Lindsey, mentre Bob, Marie e Tasya parlavano fra loro. Eliza notò che Alycia se ne stava invece in disparte, pensierosa. Le si sedette accanto.
«Ehi, lukot.» la chiamò. Alycia rise.
«Non sapevo parlassi il Trigedasleng anche al di fuori del set. Mi spiegherai come hai fatto a impararlo poi, sono negata.»
«Come vuoi, Heda.» continuò a prenderla in giro Eliza. Si sedette accanto a lei.
«Da quanto non passiamo una giornata tutti assieme?»
«Non devi fartene una colpa. Christian aveva bisogno di tempo.» la tranquillizzò Alycia. Eliza annuì.
«Sono successe tante cose quando te ne sei andata. I miei non erano d’accordo con la mia decisione di tenere il bambino e, inoltre, una ragazza di neanche trent’anni, single, con la famiglia dall’altra parte del mondo e con un lavoro che non la porta ad avere una vita stabile non è il massimo per gli assistenti sociali. Christian ha fatto avanti e indietro da casa mia all’istituto che l’aveva preso in carico per praticamente tutto l’anno. Non potevo lasciarlo, Aly.» confessò. Alycia deglutì. Non era la prima volta che Eliza le parlava di ciò che era successo durante la sua assenza.
«Quella ragazza me l’ha affidato prima di... Non potevo permettere che finisse da un’altra parte.». La mora le accarezzò i capelli, spostandole una ciocca dalla fronte. Le sorrise.
«È per questo che io ti...» si lasciò sfuggire. Eliza la guardò. Era sulle spine, il suo cuore perse un battito.
«Mi?» insistette. Alycia si diede mentalmente dell’idiota. Non poteva rovinare tutto, non in quel momento.
«È per questo che io ti ammiro.» concluse, stando bene attenta a non ricalcare la famosa battuta della serie o Eliza avrebbe capito tutto. La bionda annuì, poco convinta. Una pallonata le riportò alla realtà. Richard le guardava come un bambino scoperto ad aver rotto una finestra.
«Non sono stato io.» si giustificò, indicando Lindsey. La statunitense si mise le mani sui fianchi e fece una smorfia. Eliza e Alycia scoppiarono a ridere, seguiti a ruota dal resto del gruppo. Perfino Rachel sembrava essere finalmente serena. Le due australiane si lanciarono un’occhiata d’intesa. Si alzarono in piedi e, preso il pallone, cominciarono a passarselo.
«Ehi!» protestò Richard.
«Lo vuoi, Harmon? Vieni a prenderlo.» lo sfidò Alycia.
«Volete la guerra? E va bene.» replicò Il canadese, gettandosi all’inseguimento del pallone. Sì, finalmente erano tutti di nuovo assieme, felici come non lo erano stati per fin troppo tempo.

 

*

 

Quando Rachel tornò a casa, Duke la stava aspettando. Aveva l’aria triste.
«Ehi, va t-» non riuscì a finire la frase, che un sacco nero di tela le incappucciò la testa. Non si ribellò nemmeno.
«Mi dispiace.» sentì mormorare il ragazzo. Il primo colpo alla schiena non tardò ad arrivare, seguito da un secondo, da un terzo e poi da un quarto.


Lukot: amica 
Heda: comandante

Angolo del disagio

Ehm, non picchiatemi per la fine, vi prego.
In generale, è comunque un capitolo più disteso, in cui si scopre finalmente un po' cosa è successo durante il famoso primo anno di affidamento di Christian ad Eliza. E sì, sicuramente Alycia voleva dirle "Io ti ammiro", come no. 
Ah, un minuto di silenzio per il povero stunt e il suo nasino, Marie ci è andata giù pesante.
Ringrazio come sempre chi recensisce, chi segue questa storia e chi si limita a leggere un capitolo ogni tanto. Mi raccomando, una recensione mi farebbe piacere e mi spronerebbe, non mordo!
Alla prossima!

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Capitolo 13
*** 12.White Lies ***


12.

 

I need help
I've gotten myself lost again
I can't do it on my own
I don't know what to do
Please don't go
Just help me
I can't do this on my own
(Dream State-White Lies)

 

Un colpo. Poi un altro. Il sapore metallico del sangue le aveva invaso la bocca. Non volevano ucciderla, lei lo sapeva. Non reagì e urlò il meno possibile. Sentiva così tanto freddo. Troppo freddo. Ma non l’avrebbero uccisa, lei lo sapeva. Lo sapeva.

Rachel si svegliò di soprassalto, urlando. Il corpo le faceva male ovunque.
«Ehi, no. Tranquilla.». Rachel si voltò. Il viso familiare di Alycia le sorrideva, con una punta di sollievo stampata negli occhi. Era contenta che l’amica fosse viva, non le importava di nient’altro.
«Che ci fai qui?» domandò Rachel, confusa.
«Mi ha chiamata Duke. Non sapeva cosa fare e non voleva portarti in ospedale. Ho ehm... Preso in prestito un paio di garze dall’infermeria del set e mi sono precipitata qui.» raccontò l’australiana.
«Alycia Debnam-Carey che ruba delle garze, qua stiamo tornando ai vecchi tempi.». Scoppiarono entrambe a ridere. Poi, d’un tratto, Rachel si rabbuiò. Alycia le si sedette accanto.
«È stato Franklin. Ho saltato un cliente ieri. Gli avrei dovuto consegnare questa roba.» spiegò, allungando un tubetto all’australiana. L’attrice lo aprì. Ossicodone. Alycia non poté nascondere una certa delusione nei confronti della minore.
«Mi dispiace.» mormorò Rachel. Alycia schioccò la lingua. Scosse il capo.
«Che cosa ci è successo in questi ultimi tre anni?». Rachel fece spallucce.
«Siamo sopravvissute.» asserì, lapidaria. Alycia annuì. Una lacrima le rigò il volto. Si alzò e si mise il cappotto. Doveva tornare assolutamente sul set.
«Duke è un buon amico, Rachel. Verrà qui a momenti. Gli ho raccontato di te e della tua idea geniale di lavorare per Eliza e non si è minimamente arrabbiato. Mi siete mancati.»
«Anche tu.» replicò Rachel. «Ti prego, non dire niente ad Eliza. Le ho scritto che ho un po’ di febbre e che oggi si sarebbe dovuta arrangiare. Non voglio che...»
«Lo so.» la rassicurò Alycia. Le baciò teneramente la tempia e, dopo averla salutata, uscì da quello squallido appartamento. Si strinse nel cappotto e cominciò a camminare. Avrebbe potuto chiamare un taxi, ma non ne aveva voglia. Aveva bisogno di schiarirsi le idee. Estrasse dalla tasca il tubetto che Rachel le aveva consegnato e se lo rigirò per le mani. La tentazione di gettarlo via era fortissima, ma non voleva correre rischi. Sospirò, continuando a camminare. Dopo circa un’ora arrivò finalmente al set. Controllò l’ora e corse dal truccatore, senza nemmeno passare dal bagno. Le ore si susseguirono veloci, ma Alycia non riusciva a recitare. Era assente, la sua testa continuava a pensare a Rachel in un lago di sangue e a lei che la medicava. Evitò del tutto i suoi colleghi, perfino Eliza. Pranzò in solitaria e per tutto il resto del giorno cercò di restare il più in disparte possibile. Alla fine, una delle segretarie di produzione le chiese di seguirla. Entrarono in una delle roulotte adibite ad ufficio. Un decisamente infuriato Jason e una preoccupatissima Eliza l’accolsero. Alycia si chiese il motivo di tutto ciò. Aveva avuto una giornata no, e allora? Poteva succedere.
«So di non aver dato il massimo oggi, mi dispiace.» li anticipò. Jason e Eliza si scambiarono un’occhiata complice.
«Non ti ho chiamata qui solo per questo. Stai bene? Hai degli strani pensieri ultimamente?». Alycia aggrottò la fronte. Non capiva dove volesse andare a parare l’uomo.
«Quello che stiamo cercando di capire è se ci sono dei problemi. Io sono qua Aly.» provò ad esplicitare Eliza.
«Non vi seguo. Io sto bene e non capisco di cosa stiate parland-... Oh.». Eliza teneva in mano il tubetto pieno di pastiglie che Rachel le aveva dato la mattina. Si sarebbe voluta prendere a pugni. L’aveva dimenticato nella tasca del cappotto e, probabilmente, una delle addette in sala trucco l’aveva trovato e consegnato a Jason.
«Non è come sembra.» provò a giustificarsi.
«E com’è?» chiese Jason.
«Non è roba mia, io... te l’avrei portato, ma mi sono dimenticata.». La situazione stava diventando ingestibile e non poter dire la verità la stava facendo affondare tra le sue stesse menzogne.
«Jessica ha detto di averti vista schizzare in città verso le cinque di mattina con un sacchetto pieno di materiale medico. Perché?». Alycia storse il naso.
«Fatti miei. Piuttosto, non vi siete chiesti che cosa ci facesse lei in piedi alle cinque di mattina?»
«Non sviare il discorso! Per ora non sporgerò denuncia, ma sappi che introdurre droga qui dentro è fuori da qualsiasi contratto che tu hai firmato. Per non parlare del furto di materiale medico! Un’altra cazzata come questa e sei fuori, spero di essere stato chiaro. E ora sparisci.». Alycia non provò nemmeno a replicare e corse fuori. Aveva bisogno di aria. Due mani calde le circondarono le spalle. Si voltò. I suoi occhi si scontrarono con quelli preoccupati di Eliza.
«Non era roba mia, devi fidarti di me.» esordì la mora.
«Fatico a crederlo, mi dispiace.» ammise la bionda. Alycia scosse il capo, sconsolata. Eliza la prese per mano, portandola al suo alloggio. La fece accomodare.
«Non ti preoccupare, Chris è con Marie. Roxy mi ha telefonata dicendo di avere la febbre. Deve essere stato il parco ieri.»
«No, fidati, il parco non c’entra niente.» si lasciò sfuggire Alycia.
«Da quando siete diventate così intime? Come fai a dirlo?»
«Ieri mi aveva accennato a un po’ di fastidio allo stomaco.» mentì la mora. Eliza parve bersela e Alycia tirò un sospiro di sollievo. Almeno fino a quando non le prese la mano destra e la strinse fra le sue.
«Spiegami di quel tubetto. Io devo capire, ti scongiuro.» supplicò. Alycia non voleva farle male. Non riusciva a sostenere il suo sguardo, si sentiva troppo nuda e disarmata.
«Non posso.» mormorò.
«Dimmi almeno perché hai rubato delle garze e hai lasciato l’area alle cinque del mattino.» insistette Eliza. Alycia sentì di stare impazzendo. Avrebbe voluto dirle la verità. Si guardò intorno, cercando di distogliere lo sguardo da quei pozzi azzurri senza fondo, ma Eliza la costrinse a fissarla.
«Alycia, rischi una multa e di essere cacciata dal set. È questo che vuoi?». Nessuna risposta.
«Alycia.» la richiamò Eliza, dura. La mora non ne poteva più. Si alzò dalla sedia, fuori di sé.
«Che cosa vuoi che ti dica? È naturale che io non voglia essere cacciata da qui, no? Ma cosa dovrei fare? Vuoi la verità? Va bene. Quella roba non è mia, io non la prendo più.». Le tremavano le labbra. Realizzò solo in quel momento di aver pronunciato un “più” di troppo. “La frittata è fatta.”.
«Che significa che non la prendi più?» domandò Eliza, nel panico. Ormai era finita. Si era tradita e non poteva fare altro che raccontare la verità. Alycia chinò il capo.
«Secondo te dove sono stata tre anni fa?». Eliza cominciò a boccheggiare. Non era possibile.
«Mi facevo, Eli. Non era nulla di troppo serio, anche se, in realtà, quando si tratta di quello schifo beh, è sempre serio. Ho passato un anno terribile. La riabilitazione era durata solo sei mesi, ma non riuscivo a trovare il coraggio di tornare a casa e di mostrare la mia faccia.». Eliza non sapeva cosa dire. Provò a parlare, ma la voce le morì in gola.
«In questi giorni ho incontrato una persona a me cara con cui frequentavo certi, come dire, ambienti. Non ti posso dire di più. Le garze erano per lei, aveva bisogno di una mano. Quel tubetto è suo, stavamo parlando e me lo sono tenuto.»
«Per farti?» chiese Eliza, dura.
«No. Devi credermi, sono pulita. Avrei buttato tutto nel water. Te lo giuro.». Eliza non sapeva più cosa pensare. Si alzò e, senza preavviso, abbracciò Alycia. La mora sobbalzò, ma non si ribellò a quel contatto.
«Perché così all’improvviso? Perché non hai detto nulla né a me, né alle tue amiche?»
«Perché dopo quello che è successo quella notte io ho capito che esistono solo due possibilità nella vita: sopravvivere o morire. Non era il tempo per la seconda.»
«Probabilmente la vita non dovrebbe essere soltanto sopravvivenza.» le sussurrò Eliza. Alycia non ce la fece più. Scoppiò a piangere, senza riuscire a fermarsi. Eliza la strinse ancora di più a sé. Ripensò a quello che Rachel le aveva detto. Non doveva lasciare andare Alycia. Non poteva. E così cominciò a cullarla, dolcemente. E, per la prima volta dopo tre anni, Alycia si sentì davvero al sicuro.


Angolo del disagio

Capitolo chiave, assolutamente. Alycia comincia ad aprirsi (anche se per errore) e scopriamo una parte fondamentale del suo passato. Ovviamente non è tutto qui e ne vedrete ancora delle belle, ma per il momento sappiate che questo passaggio sarà fondamentale. È uno dei capitoli che mi ha dato più soddisfazioni, soprattutto per quanto riguarda la reazione di Eliza, spero sia lo stesso per voi. Jessica, invece, poteva farsi gli affari suoi (o forse no, ma non spoilero). Parlando velocemente di Rachel, si sta sempre più delineando il rapporto con Alycia, vedremo a cosa porterà.
Un grazie per le recensioni (mi raccomando, non mordo e un commento mi farebbe molto piacere) e a chi legge e segue questa storia. Spero vi piaccia.
Alla prossima! 

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Capitolo 14
*** 13.The Mess I Made ***


13.

 

I'm staring at the mess I made
As you turn, you take your heart and walk away
(Parachute-The Mess I Made)

 

Quando Alycia si svegliò, si stupì di non essere nel suo letto. Si guardò intorno. Ora che ci pensava, quella non era nemmeno la sua roulotte. Si strofinò gli occhi e sobbalzò. Sul piccolo divanetto davanti al letto Eliza dormiva beatamente, tutta rannicchiata. Alycia pensò che doveva aver patito il freddo della notte, dato che non si era nemmeno procurata una coperta. Si alzò piano, senza fare rumore e le mise un plaid addosso. Si sedette sul pavimento e la guardò dormire. Era bellissima. Avrebbe voluto dirglielo, ma non poteva. Tre anni prima, Eliza aveva deciso di troncare quella che lei aveva chiamato “un’immedesimazione troppo forte con i nostri personaggi” e le aveva chiesto di andare avanti. Cosa che lei non era mai riuscita veramente a fare. D’altronde, come si fa a seppellire davvero dei sentimenti così forti?
«Ehi.» la distolse dai suoi pensieri Eliza. Aveva appena aperto gli occhi e le sorrideva, felice che fosse rimasta lì. Scivolò dal divano, sedendosi accanto ad Alycia. L’abbracciò, senza dire una parola. Non serviva. Alycia deglutì. Erano vicine, molto vicine, troppo vicine. Eliza sentì una mano posarsi sulla sua guancia e cominciare ad accarezzarla, con un tocco talmente delicato da risultare quasi impercettibile. Alycia si sporse in avanti, gli occhi fissi sulle labbra della ragazza che aveva davanti. Chiuse gli occhi.
«Ragazze, presto uscite!» esclamò Lindsey, entrando improvvisamente e spaventando a morte le due australiane.
«Ma che ci fate sul pavimento?» domandò la statunitense. Alycia si morse il labbro e chinò il capo. Lindsey sembrò intuire qualcosa e divenne rossa come un peperone.
«Non stavamo facendo niente, in realtà.» dichiarò Eliza, alzandosi da terra  e mettendosi le scarpe. Solo in quel momento, Alycia realizzò che aveva dormito completamente vestita.
«Beh, vuoi restare lì tutto il giorno? Muoviti, su.» la incalzò la bionda. Alycia la seguì. Si vestì, in silenzio. Era rimasta colpita dall’indifferenza di Eliza. Si era comportata come se davvero non stesse per accadere nulla fra loro due. "Forse è giusto così.” si disse, ma non ci credeva nemmeno lei. Raggiunse le ragazze fuori dalla casa mobile. C’era un gran trambusto, polizia dappertutto e Jason Rothenberg che inveiva contro chiunque.
«Ma che è successo?» chiese Eliza.
«Qualcuno è entrato questa notte nell’alloggio di Jason. Si era addormentato in ufficio e se n’è accorto troppo tardi.» spiegò Bob.
«Gli hanno portato via qualcosa?» domandò curiosa Alycia. Bob alzò le mani, segno che non lo sapeva.
«Stanno ancora indagando, ma ho il sospetto che anche oggi la giornata sarà libera.» osservò Marie. D’un tratto, Jason si diresse verso il gruppetto di attori, il dito puntato contro l’australiana.
«Sei stata tu, vero? Volevi riprenderti le pasticche?» urlava. Tutti si voltarono verso l’australiana. La ragazza non riusciva a replicare.
«Pasticche?» si girò sorpresa Lindsey. Alycia chiuse gli occhi e strinse i pugni.
«Jason, non ti azzardare! È stata tutta la notte da me e ti posso garantire che non c’entra niente con questa storia.» esplose Eliza. «In secondo luogo, gradirei che non tirassi più in ballo fatti privati davanti a tutta questa gente. E ora andate, lo spettacolo è finito.». Jason era visibilmente furioso.
«Solo perché sei la protagonista di questo show non significa che tu possa trattarmi così. Sei una mia creazione, Eliza. Ricordalo. Ricordatelo tutti!» sbraitò. Si avvicinò ad Alycia, la quale era completamente paralizzata per il panico.
«Difendi pure una tossica, Eliza, ti qualifichi da sola.»
«Alycia non è una tossica. È pulita ed è mia amica.». All’udire di quella parola, la mora volle urlare. Era quello per lei, un’amica, niente di più. Doveva farsene una ragione, prima o poi. Rachel aveva ragione. Lei non era mai andata avanti. Non ci era mai riuscita. Vide Jason allontanarsi, ancora furente per l’accaduto. Provò a muoversi, ma il corpo non le ubbidiva.
«Aly, ti porto dentro, vieni.» le sussurrò Eliza, prendendola per mano. Alycia si divincolò. La bionda la guardò stranita.
«Ehi, dai, perché non vai da Eli e vi fate un bella tazza di caffè caldo?» la incoraggiò Bob. Per tutta risposta, Alycia indietreggiò. Inciampò e cadde per terra. Eliza fece un passo in avanti per aiutarla, ma la mora si rialzò in fretta e furia e, senza fiatare, corse via sotto lo sguardo sbigottito di tutti i suoi amici.




Angolo del disagio

Che dire, povera Alycia. Non solo vede Eliza fare molti passi indietro, ma viene pure umiliata davanti a tutti. E poi, complimenti a Lindsey, gran bel tempismo. Insomma, un disastro dietro l'altro. Jason si conferma un gran simpaticone, devo dirlo. Ma chi è entrato nella sua roulotte? Davvero è stata Alycia o si tratta di qualcun altro? E perché? Lo scoprirete prossimamente, non preoccupatevi.
Grazie mille per le recensioni e per seguire e leggere questa storia. Fatemi sapere cosa ne pensate, mi raccomando, mi farebbe molto piacere.
Alla prossima!

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Capitolo 15
*** 14.Name ***


14.

Scars are souvenirs you never lose
The past is never far
Did you lose yourself somewhere out there?
Did you get to be a star?
And don't it make you sad to know that life
Is more than who we are?
(The Goo Goo Dolls-Name)

 

Era passata poco meno di una settimana dagli ultimi avvenimenti. Le riprese erano ripartite a rilento a causa dell’effrazione nell’alloggio di Jason. Eliza e Alycia non si parlavano da allora e Rachel era tornata al lavoro. Aveva ancora un po’ di lividi in faccia, ma erano facilmente giustificabili. Non agli occhi di Eliza però, la quale non voleva comunque fare domande. Aveva paura di perdere anche lei. Rachel, dal canto suo, non sapeva esattamente cosa fosse successo tra le due. Presa com’era dai suoi grattacapi, se n’era abbastanza disinteressata. Era stata Alycia ad andare da lei un pomeriggio e a raccontarle in modo abbastanza confuso quanto accaduto. Rachel l’aveva ascoltata e poi le aveva suggerito di parlare con Eliza, cosa che, ovviamente, non era avvenuta. Aveva deciso di ignorarla e di lasciarle spazio, sapeva di averne bisogno. Aveva cose più importanti a cui pensare. Christian, ad esempio. Aveva iniziato a stringere un inaspettato legame con quel bambino. Non aveva accettato quel lavoro per stare con lui o, almeno, non solo per quello, ma ormai si stava affezionando a suo fratello. Non avrebbe saputo dire se fosse una cosa positiva o negativa. Aveva paura dei sentimenti contrastanti che albergavano in lei e cominciava a sentirsi in colpa per tutte quelle bugie raccontate quotidianamente ad Eliza. La nostalgia di una vita normale che aveva conosciuto molti anni prima cominciava a farsi strada, prepotente. Forse era per questo che in quel momento se ne stava seduta sui gradini della casa mobile con le gambe a penzoloni e con la chitarra dell’attrice in grembo. L’aveva notata accanto ad un divano e l’aveva presa senza farsi troppi scrupoli. Si era messa a strimpellare qualche accordo e a canticchiare, sovrappensiero. Rachel si chiese se, per caso, la sua voce non risuonasse familiare al bambino. Ripensò al giorno al laghetto ghiacciato e a come era riuscita ad avvicinarlo.
«Non sapevo suonassi e cantassi.». Rachel sobbalzò. Si sentiva come una bambina colta con le mani nella marmellata. Eliza era davanti in piedi, un sorriso misto a un senso di sorpresa le campeggiava sul viso.
«I-io l’avevo vista lì e...» provò a giustificarsi la ragazza
«Canti bene.» asserì l’attrice.
«Grazie, ma non è vero.» minimizzò Rachel. Eliza le sorrise e si sedette accanto a lei. Christian sembrava infastidito da quello stop improvviso e aveva assunto un simpatico broncio.
«Ti andrebbe di suonare qualcosa insieme?» propose improvvisamente l’australiana. Rachel non sapeva cosa dire. Aprì la bocca per rispondere che no, era meglio per tutti se fosse restata buona al suo posto, ma Eliza le batté la mano sulla gamba, entusiasta.
«Affare fatto, allora. Dai, cosa ti va di suonare? Io strimpello, tu canti?». Rachel scosse il capo
«No, io non posso.» protestò. Eliza non capiva.
«Non sottovalutarti, ti prego. Dai, prendi.». Rachel provò a replicare, ma non riuscì. Eliza se ne stava davanti a lei, la chitarra tra le mani. Si passò una mano in volto e distolse lo sguardo. Notò Alycia con Duke dall’altra parte della piazzola. “Che ci fa lui qui?" si chiese. Decise che non le importava in quel momento. I suoi occhi implorarono Alycia di raggiungerla e porre fine a quella follia. L’attrice non si fece attendere e raggiunse le due ragazze.
«Alycia Debnam-Carey, quindi sei ancora qui. Sei scappata così velocemente che pensavo te ne fossi tornata a Sidney.». Eliza si pentì immediatamente di aver detto una cosa simile. Fortunatamente, la mora non era lì per quello.  «Lui è Duke, si è presentato come un tuo amico, Ra... Roxy.» esordì, fingendo di non conoscere il ragazzo alle sue spalle. Rachel alzò la mano in cenno di saluto. Duke rispose al gesto, restando in disparte.
«Sapete, forse è meglio che io e lui ce ne torniamo a casa. In fin dei conti, le riprese sono finite per oggi.» disse la ragazza, scendendo dai gradini.
«Eh no. Prima una canzone.» insistette Eliza. Rachel cercò conforto negli occhi di Alycia. La tentazione era troppa. Da quanto non cantava per paura di essere scoperta? Era stufa di nascondersi, stufa di scappare. Eppure, sapeva che sarebbe stato rischioso.
«Eli, non vuole.» cercò di aiutarla Alycia.
«Non sei tu a decidere cosa una persona voglia o no.»
«Non sono io a... Questo è troppo. Come se non fossi stata tu la prima a comportarti così tra noi due.» ribatté Alycia. Rachel intuì che la discussione non verteva più su di lei. Fece per raggiungere Duke, quando notò che Christian era scoppiato a piangere. Alycia ed Eliza stavano ancora discutendo. Provò a tranquillizzarlo massaggiandogli delicatamente la schiena, ma non funzionò. Fu un attimo. Agì automaticamente, d’istinto, senza pensare. Le mani scorrevano fluide sulla chitarra, come se quei tre anni non fossero mai passati. Eliza e Alycia si voltarono. La bionda si gettò sul bambino che, però, era rimasto nuovamente rapito dalla musica. Alycia era paralizzata. Sperò con tutto il cuore che Rachel non avesse intenzione di andare fino in fondo. Attorno a loro, nel frattempo, si era formato un piccolo capannello. La voce di Rachel era incerta. Non voleva scoprirsi e, per un attimo, la razionalità prese il sopravvento. Si guardò intorno. Christian la fissava con gli occhioni ancora umidi di lacrime. Non resistette oltre. Un accordo più deciso degli altri e cominciò a cantare sul serio, per la prima volta dopo tre anni. Alycia scuoteva la testa, incredula. 

 

And now we're grown up orphans
That never knew their names
We don't belong to no one
That's a shame

[...]

We grew up way too fast
And now there's nothing to believe
And reruns all become our history
A tired song keeps playing on a tired radio
And I won't tell no one your name

Rachel depose la chitarra per terra. Tremava. Si diede mentalmente dell’idiota. Che cosa aveva fatto? Sicuramente, qualcuno avrebbe potuto riconoscerla. Ma poi, con tutte le canzoni del mondo, perché aveva scelto proprio quella? Perché aveva voluto cantare a suo fratello? Cercò con lo sguardo Alycia. L’attrice deglutì. Avrebbe voluto trascinarla via da lì e urlarle che era una pazza, ma non lo fece. Si voltò e, preso Duke per un braccio, lo costrinse a seguirlo nel suo alloggio. Rachel si grattò una guancia, imbarazzata.
«Fortuna che non volevi cantare.» ruppe il ghiaccio Eliza.». La ragazza non rispose.
«Lasciala stare. Non capisco cosa le sia preso.»
«Già.» mormorò Rachel. Restituì la chitarra alla legittima padrona e poi fuggì via, in lacrime.

 

*

 

Alycia era livida di rabbia. Non poteva credere di avere un’amica così stupida.
«Aly, io...»
«Non dire niente. Grazie al cielo non ti hanno riconosciuta, anche se ho visto un paio di persone fare facce strane. Se qualcuno come Jessica dovesse riuscire ad associare la tua voce al tuo nome, per te sarebbe la fine.»
«Aly ha ragione. Che ti è saltato in testa? Dopo tutti i sacrifici che abbiamo fatto, mandi tutto in malora per cosa?» rincarò la dose Duke. Alycia stappò una bottiglia di whiskey e se la portò alle labbra. Aveva bisogno di rilassarsi, quegli ultimi giorni erano stati infernali.
«Non penso che tu possa essere nella posizione di dirmi qualcosa.» asserì l’australiana, sentendo uno sguardo carico di giudizio alle sue spalle.
«Aly, ti prego, lo sai che è una strada senza ritorno.»
«Tu non sai un bel niente!» urlò, pentendosene subito dopo. Appoggiò la bottiglia sul tavolo e l’allontanò con la mano. Duke intuì di essere di troppo e lasciò la casa mobile.
«Io la porta l’ho tenuta aperta. E so che, in realtà, non la chiuderò mai.» confessò Alycia, rompendo il silenzio che era venuto a crearsi.
«Lo so, ma non dipende da te adesso. Eliza lo capirà, prima o poi. Penso che la vita con Christian l’abbia fatta chiudere in sé stessa e per questo non so davvero come scusarmi.» ragionò Rachel.
«L’ho lasciata sola per un anno ad occuparsi del fratello di una delle mie migliori amiche, diciamo che siamo pari io e te.» rifletté Alycia, portandosi la bottiglia nuovamente alla bocca. Rachel gliela strappò di mano.
«Hai lottato troppo a lungo con questo schifo per ricaderci. Non te lo permetterò.» disse dura, rovesciando tutto il whiskey nel lavandino. Alycia protestò timidamente, ma in cuor suo fu grata di quel gesto. Di nuovo il silenzio, un silenzio assordante. E così rimasero lì, rapite dai loro pensieri e con la consapevolezza di aver entrambe compiuto un passo falso e che, forse, ormai era troppo tardi per rimediare.

Angolo del disagio

Capitolo che non saprei nemmeno io come definire. Per un attimo, Rachel cede e getta via la maschera, così come Alycia. Ecco, forse è un capitolo in cui le maschere cadono per lasciare il posto, anche se per pochi istanti, a una verità indicibile e all'apparenza spaventosa. La canzone che Rachel canta è sempre Name dei The Goo Goo Dolls, scritta da Rzeznik per sua sorella. Ho voluto sperimentare, il brano musicale qui non dà più solo la direzione del capitolo, ma ne diventa proprio parte. Spero che l'esperimento sia riuscito e che il capitolo vi sia piaciuto. Grazie a chi ha recensito e a chi segue e legge la storia, vi invito a commentare per dirmi cosa ne pensate, non mordo e mi farebbe molto piacere.
Alla prossima!

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Capitolo 16
*** 15.Drunk Enough ***


15.

 

And I'm just drunk enough to tell you exactly what I needed to say
I'm just drunk enough to tell you I need you, please stay
(Fallen Angels-Drunk Enough)

 

Rachel se n’era andata dal suo alloggio da ore ormai. Era seduta per terra, la schiena appoggiata al muro. Aveva bisogno di bere. Si alzò e aprì il frigo. “Piccola bastarda.” imprecò. Rachel le aveva svuotato tutte le bottiglie. Andò in bagno. Si mise davanti allo specchio, appoggiando le mani sul lavandino. Che cosa c’era di sbagliato in lei? Perché non riusciva ad andare avanti? Perché non poteva cominciare a vivere per una dannata volta? Cominciò a rimpiangere il fatto che quelle pasticche non fossero state le sue. Eliza, Rachel, Jason. Tutto la riportava al suo passato, a tre anni prima. Tirò un pugno allo specchio, rompendolo. I vetri nella mano le facevano male, ma non abbastanza. Stava davvero iniziando a non sentire più niente? Se sì, chi era lei per fermare tutto ciò? Si vestì ed uscì. C’era molto freddo e il cielo era totalmente coperto dalle nuvole. Chiamò un taxi e si diresse in città. Vagò per un’ora buona, fino a quando non si infilò in un pub. Al diavolo i buoni propositi. Sbiancò quando si rese conto in quale pub fosse entrata. Rachel sbuffò, indecisa sul da farsi.
«Della tequila, me lo devi.» ordinò l’attrice, sfacciata. Rachel scosse il capo.
«Non ti do un bel niente. Torna a casa.» rispose. Alycia l’afferrò per il colletto della maglia.
«Ho detto: della tequila, me lo devi.» sibilò a denti stretti. Rachel deglutì. Di fronte a lei uno degli sgherri di Franklin la osservava. Sospirò. Obbedì, diligente. Le versò l’alcolico e glielo porse. Alycia bevve tutto d’un sorso, posò il bicchierino sul bancone e fece segno di riempirglielo di nuovo.
«Aly, potrebbero riconoscerti.» sussurrò,  cercando di farla ragionare.
«Così potranno avere la conferma del fatto che sono una tossica ed un’alcolizzata.» ribatté l’australiana. Aveva già bevuto sei shottini ed era diventata del tutto irragionevole. Rachel non ce la faceva più a vederla in quello stato. Prese il cellulare e si imboscò sul retro, chiedendo al collega al bancone di controllare l’amica. 

Eliza aveva appena messo a dormire Christian. Da tutto il giorno non riusciva a togliersi di dosso il ricordo di Rachel che cantava. Quella voce aveva un che di familiare, ma non riusciva ad associarla a nessun volto. E poi c’era Alycia. Perché quella reazione esagerata? Non aveva senso. Udì bussare alla porta. Aprì.
«Bob, cosa ci fai qui a quest’ora?» chiese, stupita. Il ragazzo si torturava le mani. Non sapeva da dove iniziare.
«Eli... Penso che dovremmo parlare. Abbiamo deciso di non sposarci di comune accordo per il bene di Chris, ma poi hai iniziato ad allontanarmi sempre di più.». Eliza buttò la testa all’indietro. Non aveva proprio voglia di discutere in quel momento.
«Bob, io ti voglio bene, ma non pensi che sia un po’ tardi per affrontare questi discorsi?»
«Io credo che tu debba capire cosa vuoi, a prescindere dal nostro rapporto. Rivorrei indietro almeno la mia migliore amica, se possibile.» insistette Bob. Eliza non sapeva cosa dire. Che cosa voleva? Già, bella domanda. Fu il telefono a salvarla. Squillava all’impazzata. Eliza lo prese, lesse il nome sullo schermo e impallidì.
«Scusa, devo andare.» mormorò, lasciando un confusissimo Bob solo con Christian


Quando arrivò al pub, Eliza non voleva credere ai suoi occhi. Alycia sedeva al bancone ubriaca fradicia. Incontrò lo sguardo di Rachel. Sembrava mortificata. Eliza corse al bancone.
«Dovevi proprio darle tutto questo alcool?» sbottò. Rachel chinò il capo.
«Lasciala in pace.» biascicò Alycia. Eliza le fece scivolare il braccio attorno alle sue spalle e provò a farla alzare, ma la mora si divincolò.
«Non vengo con te.»
«Il bambino di tre anni ce l’ho già a casa, non fare i capricci.». Per tutta risposta, Alycia si ancorò alla sedia.
«Lasciami qui.» supplicò. Eliza aveva un nodo in gola. Non l’aveva mai vista in condizioni simili, a differenza di Rachel. Si guardò intorno. Le stavano fissando tutti e non ci avrebbero messo molto a capire chi erano. Un uomo si avvicinò loro. Eliza riconobbe in lui il brutto ceffo che aveva minacciato Rachel la sera in cui l’aveva conosciuta.
«Serve una mano?» esordì lui.
«Ce ne stiamo andando.» rispose l’attrice.
«Bene, perché ci state facendo venire la nausea. Rachel, fatti pagare e mostra alle signore l’uscita.». Eliza si voltò verso la ragazza. Rachel?
«Si confonde sempre con i nomi.» mentì immediatamente la ragazza. Non era né il momento, né il luogo per la verità. Con un ultimo sforzo riuscirono finalmente a far alzare Alycia e a condurla sul retro.
«Ci vediamo, Rachel. Salutami Christian.» salutò ad altissima voce. La ragazza trasalì.
«Sta straparlando, decisamente.». Eliza decise di lasciar correre. Avrebbe pensato al vero nome di Roxy un’altra volta. Trascinò Alycia fino alla macchina che aveva preso in prestito e guidò fino al set. Poi, con grande fatica, condusse la mora fino al suo alloggio. “Per fortuna ha le chiavi in tasca.” tirò un sospiro di sollievo. Aprì la porta e la trascinò all’interno della casa mobile. La fece sdraiare sul letto e le tolse scarpe e cappotto. Fece per andarsene, quando udì un mormorio. Si voltò. Alycia era sveglia e la fissava con i suoi occhi verdi.
«Resta qui, ti supplico.» pregò. Eliza pensò a Bob da solo con Christian e scosse il capo.
«Non posso.» rispose, con la morte nel cuore. Alycia provò ad alzarsi dal letto, ma cadde per terra. Eliza corse ad aiutarla. Quando la sua mano sfiorò quella della mora, un brivido le percorse la schiena. La stessa sensazione di quella mattina. La stessa tensione. Lo stesso desiderio.
“Lei è ubriaca." si disse.
«So a cosa stai pensando e no, non sono così ubriaca. O forse sì. Dio, sono abbastanza sobria per capire cosa sta succedendo.» mormorò, in lacrime. Eliza la strinse a sé. Cercò di rimanere il più razionale possibile. Ma è davvero possibile scegliere sempre e solo seguendo la testa e mai il cuore? Non sempre ciò che è logico è anche giusto. Carezzò con delicatezza il capo di Alycia, spostandole i capelli dietro le orecchie. Come erano arrivate a questo punto? Come?
«Sono davvero un’amica?» chiese la mora, all’improvviso. “Non ora Aly, non ora.”.
«Sei una delle persone a cui tengo di più.»
«Non mi hai risposto.». Silenzio.
«Io ti... voglio bene.». Alycia si voltò dall’altra parte. Era stanca di quella situazione. Si sedette sul letto, evitando accuratamente lo sguardo di Eliza.
«Aly, guardami.»
«No.» rispose l’altra. Eliza sospirò. Si alzò, ma la mano di Alycia le circondò il polso e la trascinò su di lei. Eliza cominciò a boccheggiare, ma non protestò. Rimasero così, ferme, per minuti o forse ore, chi poteva dirlo. E quando Eliza si ritrovò le labbra di Alycia sulle sue seppe che era quella la cosa giusta.



Angolo del disagio

Mi è dispiaciuto che le visualizzazioni siano calate e che non ci siano state recensioni. Spero che questo capitolo vi piaccia di più. Che dire, finalmente Alycia compie il grande passo. Direi che ci voleva. Non ho altro da aggiungere, vi ringrazio per leggere e seguire questa storia e vi invito davvero a recensire, mi aiuta a capire se vi sta piacendo o meno.
Alla prossima

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Capitolo 17
*** 16.Fool’s Gold ***


16.

 

Never thought that you would live a lie
You gave me up and now you're dead inside
And after everything I sacrificed
You went and left me behind
(
Lauren Babic-Fool’s Gold)

 

Alycia si svegliò di soprassalto. La testa le scoppiava. Si rigirò nel letto, ma Eliza non c’era. Ricordava poco o nulla della serata precedente, ma il bacio, quello sì che era impresso nella sua memoria. “Ero ubriaca” si disse. Ma chi voleva prendere in giro, lei aveva voluto baciare Eliza. E, se avesse potuto, l’avrebbe fatto altre mille volte ancora. Si alzò di malavoglia e andò a farsi una doccia. Poi si vestì e uscì. Accolse l’aria fresca inspirando a pieni polmoni. «Mattiniera, contando che oggi è giorno libero.». Le si mozzò il respiro. Eliza era dietro di lei. Alycia si voltò, lentamente. Aveva il cuore in gola e stava provando sentimenti contrastanti. Da una parte avrebbe voluto chiederle scusa e scappare via, dall’altra avrebbe voluto baciarla di nuovo. Decise di restare ferma e non fare nessuna delle due cose. Fu Eliza ad avanzare verso di lei. Alycia trattenne il respiro. Sentiva le gambe molli.
«Dobbiamo parlare.» esordì la bionda. Alycia annuì. Si sedettero sui gradini della casa mobile di quest’ultima. Alycia poteva giurare di stare sudando, nonostante fossero in Canada in pieno inverno. Si ritrovò a muovere la gamba su e giù. Eliza gliela bloccò dolcemente con la mano.
«Eli, io volevo chiederti scusa per ieri. Il mio comportamento ha superato di gran lunga la decenza.». L’altra non rispose. Alycia prese il coraggio a due mani e decise di parlare. Probabilmente l’avrebbe persa per sempre, ma non poteva più vivere reprimendo sé stessa.
«Io... Non so perché mi hai allontanata tre anni fa, ma so per certo che non ci stavamo immedesimando in Clarke o Lexa. Almeno, io non ho mai cercato di emulare il personaggio che interpreto. È il contrario. In Lexa ci sono io, Eliza. E non posso più fingere che tutto ciò non esista. Non so dare un nome esatto a ciò che provo per te, ma ecco... Il punto è proprio questo: io provo qualcosa per te, Eliza Taylor.» confessò, infine. Si sentiva come se le avessero attaccato un filo ai denti e avessero poi tirato, strappandoli. Eliza se ne restava accanto a lei, in silenzio. Alycia era nel panico.
«Io lo so che ieri non avrei dovuto osare sfiorarti. E non avrei dovuto bere. Se vorrai denunciarmi a Jason, ti capirò. Anzi, andrò io da lui e gli suggerirò di mandarmi a casa.». Fece per alzarsi, ma Eliza la costrinse a sedersi di nuovo. Alycia non capiva. Sentiva che Eliza avrebbe voluto dire qualcosa, ma che non ci riusciva.  
«Eli, parlami.» sussurrò. La bionda si girò verso di lei.
«Non avresti dovuto bere e no, non avresti dovuto baciarmi.» asserì, dura. Alycia avrebbe voluto sprofondare.
«Io devo pensare al bene di Christian. Sto provando ad adottarlo e, vista la già precaria situazione, una relazione con una donna potrebbe peggiorare le cose. Purtroppo il mondo non è di mentalità aperta, lo sai anche tu.». Alycia affondò la faccia fra le ginocchia. Quel bambino la intralciava più della sorella. Percepì le mani di Eliza cominciare ad accarezzarle teneramente la schiena e invitarla a rialzare lo sguardo.
«Ognuno di noi deve sopravvivere in qualche modo, no?» ragionò la mora.
«Non voglio più sopravvivere, Aly. Io voglio vivere.». Alycia assunse un’aria confusa, che si tramutò in pura sorpresa non appena le labbra di Eliza si posarono sulle sue.
«Potrebbero vederci.» disse, spingendola indietro. Eliza le carezzò teneramente i capelli.
«Lascia che vedano.» sussurrò, per poi baciarla di nuovo.

 

*

 

Rachel era a casa con Duke, quando sentì bussare alla porta. Corse ad aprire e fu stupita nel trovarsi davanti Alycia e un sorriso a trentadue denti. I due ragazzi salutarono l’attrice e la fecero entrare.
«Ti vedo felice. È successo qualcosa?» chiese Rachel. Alycia annuì. Aveva gli occhi liquidi dalla felicità. Rachel e Duke intuirono immediatamente la natura di tutta quella contentezza e si scambiarono un’occhiata divertita.
«Accomodati, direi che dobbiamo festeggiare.» dichiarò il ragazzo, andando verso il frigo.
«Direi che festeggeremo in modo analcolico, però.»
«Decisamente.» concordò Alycia. Si versarono un po’ di aranciata e, incrociati i bicchieri, brindarono. Si sedettero e cominciarono a parlare del più e del meno.
«Domani sera fanno una festa sul set e probabilmente Eliza ti chiederà di tenere Chris. E tu le dirai di sì.». Rachel si rabbuiò.
«Vorrei, ma...»
«Priveresti me ed Eliza della nostra prima serata dopo tre anni?»
«Già, priveresti lei ed Eliza della loro prima serata dopo tre anni?» rincarò la dose Duke. La ragazza alzò gli occhi al cielo. Chiacchierarono ancora per un po’, fino a quando Duke non dovette uscire. Rachel annunciò che da lì a poco sarebbe dovuta andare al pub e che doveva andare a prepararsi. Sparì in bagno, lasciando Alycia da sola. L’attrice si guardò intorno. Quel monolocale era davvero squallido. Per terra c’erano calcinacci ovunque e gli unici pezzi d’arredo erano una poltrona letto, un frigorifero e il tavolo al centro della stanza. Una busta attirò la sua attenzione. Dovevano essere fotografie. L’aprì e trasalì. Si rigirò la busta fra le mani e serrò i pugni. Ora le era tutto più chiaro.
«Aly, tutto bene?» la richiamò Rachel, uscita dal bagno. L’australiana si voltò e le lanciò la busta in mano.
«Per curiosità: come ti senti ad aver usato me, Eliza e tuo fratello?». Non riusciva nemmeno ad urlare da quanto era arrabbiata.
«Non è come credi, io...»
«Non è come credo? C’è scritto “J. Rothenberg” qui sopra. Mi sono presa la colpa per un furto che hai commesso tu. Per colpa tua ho dovuto spiegare al mio manager perché Jason sostiene che sia entrata nella sua roulotte per rubare delle pasticche.». La voce di Alycia era rotta. Non si era mai sentita così umiliata in vita sua.
«Non capisci. Quella busta mi avvicina alla verità sulla morte dei miei genitori!» provò a spiegare Rachel.
«I tuoi genitori sono morti per un incidente, fattene una ragione. Vai avanti, per la miseria. Mi hai ingannata, mi hai spinta a coprirti, ti sei intrufolata nella vita di Eliza e di Christian solamente per un furto.». Rachel scosse il capo.
«Queste carte potrebbero incastrare Franklin e il suo sudicio sistema. Mio padre è morto indagando su questo!» esplose. Alycia le lanciò un’occhiata carica di risentimento.
«Se non ti denuncio, lo faccio solo per Eliza. Ha già sofferto abbastanza, non si merita anche questo. Domani le dirai che non potrai più prenderti cura di Christian.»
«Aly...» mormorò Rachel.
«Per me ora sei morta davvero.»  sibilò l’attrice. Poi uscì, sbattendo la porta e lasciando Rachel da sola, accasciata sul pavimento.





Angolo del disagio

Capitolo con una gioia e una scioccante (forse, non so, probabilmente ci eravate già arrivati, siete intelligenti) verità. Eliza ha deciso di lanciarsi e di smettere di nascondersi, Rachel invece si trova a dover fare i conti con le sue azioni, mentre Alycia decide di seguire solo una strada e la ragazza più giovane non è contemplata. D'altronde, si sa, in The 100 le gioie durano all'incirca venti secondi, non potevo essere da meno.
Ringrazio per le recensioni e per le letture. Vi invito a commentare per farmi sapere cosa ne pensate di questa storia!
Alla prossima!

 

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Capitolo 18
*** 17.World Falls Away ***


17.

 

As the world falls away, and I can't find a reason
As the world turns to grey,
It's killing me unwillingly and I am just the same as you.
(
Seether-World Falls Away)

 

Rachel arrivò sul set con la morte nel cuore. L’aveva combinata davvero grossa. Si diresse verso la roulotte di Eliza. Guardò l’ora: erano le sei del mattino e lei era decisamente in anticipo. Si sedette sui gradini, appoggiandosi con la schiena alla porta. In qualche modo riuscì ad assopirsi, forse per il freddo. Due ore dopo la porta si aprì, facendola cadere all’indietro. Eliza la prese al volo.
«Da quanto sei qui?» domandò l’attrice, sbadigliando. Rachel non rispose.
«Ehi.» la richiamò l’australiana.
«Da poco.» mentì la ragazza, tutta intirizzita. L’attrice avrebbe voluto crederle, ma proprio non ci riusciva. La fece accomodare, notando che stava tremando. Christian dormiva ancora. Rachel si avvicinò al bambino e lo accarezzò con delicatezza, quasi avesse paura di romperlo. Eliza osservava quella scena, sospettosa. Sentiva che qualcosa non andava. Si avvicinò alla ragazza e le mise una mano sulla schiena. Rachel soffocò un gemito.
«Non dirmi che sei caduta ancora.». Rachel era così tentata di dirle la verità e finirla una volta per tutte con quella pazzia. Sentì le mani fredde di Eliza alzarle la maglia e rabbrividire una volta trovati i lividi. Rachel si scostò e si sistemò i vestiti.
«Che cosa sta succedendo?» le chiese l’attrice.
«Niente. Devo imparare a non cadere dal motorino.»
«È inverno, nessuno andrebbe in motorino con certe temperature.» ribatté Eliza.
«Io sì.» replicò la ragazza. L’australiana non ce la faceva più.
«So che non ci conosciamo bene, ma puoi parlarmi. Cosa succede? Chi è che ti tratta così?». Rachel lesse preoccupazione nei suoi occhi, ma non poteva coinvolgerla. Alycia aveva ragione, si era intrufolata nelle loro vite, nella vita di Christian e di Eliza, come se fosse stato un suo diritto, ma non lo era per niente. Rachel aveva perso qualsiasi diritto da quella sera. Chinò il capo. Aveva la gola secca.
«Se per lei non è un problema, oggi vorrei fosse il mio ultimo giorno.» esordì. Eliza aprì la bocca per parlare, ma non ci riuscì. Da quando le dava del “lei”?
«Ti hanno fatto qualcosa? Ti hanno minacciata?» domandò. Era spaventata, spaventata per lei, una fallita e una bugiarda.
«No, è che ho avuto un’offerta di lavoro interessante e...»
«E questa non me la bevo. Posso letteralmente pagarti più di chiunque altro.» la interruppe Eliza. Rachel si passò una mano fra i capelli. Stava davvero abbandonando suo fratello di nuovo?
«Come le ho già detto, non l’ho mai fatto per soldi.» dichiarò. Gli occhi di Eliza erano ricolmi di lacrime.
«Sono contenta che Christian abbia trovato una persona come lei, signorina Taylor.» confessò Rachel, per poi correre fuori dalla roulotte. Non voleva fermarsi. Non poteva. Corse più forte che riuscì, ignorando i richiami di Eliza prima e di Lindsey poi.
«Ma che le è preso?» chiese la statunitense. Eliza scosse il capo. Che cosa avrebbe dovuto rispondere?
«Io... Io non lo so.» mormorò. Lindsey la abbracciò, schioccandole un bacio sulla fronte.

 

*

 

Rachel correva a perdifiato. Voleva solo abbandonare quel luogo e dimenticare per sempre suo fratello. Aveva accettato quel lavoro solo per poter avvicinarsi a Jason, ma era finita per affezionarsi a Christian e a Eliza. Aveva perfino ritrovato Alycia e Dio solo poteva sapere quanto le fosse mancata un’amica come lei in quegli ultimi tre anni. Aveva rovinato tutto. Aveva preferito il passato a quel, seppur estremamente precario, presente. Le lacrime le annebbiavano la vista, ma non le importava. Doveva solo andare dritta e correre verso casa. Improvvisamente, si trovò per terra. Una mano l’aiutò a rimettersi in piedi. Si asciugò il viso con il braccio. Davanti a sé aveva Jessica Harmon. Solo in quel momento realizzò di averla già conosciuta quattro anni prima, a un suo concerto. Non ricordava un granché di quell’incontro, solo la sensazione sgradevole che le aveva procurato. Sperò con tutto il cuore che non si ricordasse di lei. Dopo il concerto non l’aveva mai più rivista, se non sul set. L’attrice la squadrò dall’alto in basso.  
«Tu sei la babysitter di Christian. Ti ho vista cantare l’altro giorno.» esordì.
«Ero. Mi sono appena licenziata. Sa, sarebbe stato un lavoro stagionale e io ne ho trovato uno fisso, perciò...» spiegò.
«Che rimanga fra noi, ma penso tu abbia fatto la scelta giusta.» le diede la sua approvazione Jessica. Come se le servisse.
«Beh, allora io vado.»
«Aspetta!» la fermò l’attrice. «Ci siamo già viste da qualche parte? Intendo, prima di queste ultime settimane? Ci pensavo l’altro giorno e mi ricordi qualcuno.» domandò a bruciapelo. Rachel sentì l’ansia montarle in corpo.
«Qua intorno e basta, probabilmente. Venivo spesso a passeggiare da queste parti.» mentì.
«Già. Beh, allora in bocca al lupo.» le augurò Jessica.
«Crepi.» rispose la ragazza, per poi riprendere la sua fuga.

 

*

 

Alycia bussò alla porta della casa mobile. Eliza aprì. Aveva gli occhi gonfi. La mora si sentì invadere dai sensi di colpa. In fin dei conti, era stata lei a costringere Rachel a sparire. La baciò, ma Eliza si scostò.
«Scusa, io...». Alycia le fece segno di non preoccuparsi e l’aiutò a sedersi.
«Jason mi ha dato un giorno libero. Devo organizzarmi e spiegare a Christian che l’unica persona con cui riusciva a stare buono non verrà mai più.»
«Ce la farai. Sei una ragazza in gamba, Eliza. E non sei sola, io e gli altri ti aiuteremo.» la rassicurò Alycia, baciandole il collo. Eliza gemette, mentre le mani della mora le accarezzavano il petto.
«Non... Non ora.» sussurrò. Alycia si scostò controvoglia e prese ad accarezzarle i capelli. Eliza appoggiò la testa sulla sua spalla. Rimasero in silenzio
«Era così spaventata. Tu non l’hai vista, Aly. C’era qualcosa nei suoi occhi, un terrore enorme. Ci stava allontanando, ne sono sicura.»
«O magari ha davvero trovato un lavoro stabile. D’altronde, una volta finite le riprese, lei sarebbe rimasta qui e noi ce ne saremmo dovuti andare.» provò a chiudere il discorso Alycia. Eliza non sembrava convincersi. Si alzò. Chris stava ancora dormendo. Sorrise amaramente, mentre gli accarezzava le manine.
«C’è qualcosa sotto. Il modo in cui lo guardava stamattina era straziante. Non voleva lasciarlo, io lo so.». Solo in quel momento Alycia sentì il peso di tutte le bugie degli ultimi tre anni. “Non potevo fare altrimenti." si disse. Ma era una menzogna. Se solo avesse voluto, avrebbe potuto trovare una soluzione alternativa. Poteva trovarla anche in quel momento. I suoi occhi cercarono quelli di Eliza. No, non poteva perderla. Non poteva dire la verità e rischiare che se ne andasse per sempre.
«L’avevo detto che non mi fidavo, Eli. Se davvero c’è qualcosa sotto, potrebbe essere pericoloso. È meglio non approfondire e cercare di andare avanti.» le suggerì, secca. Eliza annuì. L’abbracciò e la baciò con trasporto.
«Grazie.» sussurrò. «Grazie per essere stata onesta con me.». Ed Alycia si sentì morire.



Angolo del disagio

Ahi ahi, qua la situazione si sta facendo complessa. Rachel ha deciso di farsi da parte definitivamente, ma Jessica l'avrà riconosciuta? O la ragazza l'ha scampata anche questa volta? Eliza è distrutta (anche perché ha intuito che qualcosa non va) e Alycia è costretta a combattere tra i sensi di colpa e le sue convinzioni. Insomma, tenetevi pronti perché ne vedrete delle belle ehm. 
Ringrazio per le recensioni e per le letture, vi invito come sempre a commentare il capitolo.
Alla prossima!

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Capitolo 19
*** 18.Burn ***


18.

 

I wanna just burn
All of the lies that you did believe
I wanna just burn
All of the faith that you had in me
I know we both see, you'll never save me
I think it's time to leave
I wanna just burn
All of the lies that you did believe
I wanna just burn
(Too Close To Touch-Burn)

 

«Eliza, se non vieni ti trascino io!» esclamò Lindsey, lanciandole un vestito in faccia. L’australiana lo appoggiò accanto a sé mentre sputacchiava tessuto.
«Lindsey, non posso. E chi penserà a Chris? Non può restare da solo.»
«Oh, andiamo, per quello si trova una soluzione.» ribatté Marie. Eliza alzò gli occhi al cielo. Le sue amiche non avrebbero mai capito. Non potevano. Non avevano un bambino a cui badare, non dovevano dimostrare di essere genitori perfetti agli occhi degli assistenti sociali.
«Che ne dici di questo?» continuò Lindsey, lanciandole un altro vestito. Eliza non ne poteva più. Fece per andarsene, ma Marie la bloccò.
«Fammi uscire.»
«No. Tu hai bisogno di divertirti, Eli. Da quanto non ti prendi una serata completamente per te? Prima Christian, poi Alycia e i suoi problemi.». Marie aveva ragione su tutto, tranne che su un dettaglio. Era indubbio che la sua vita fosse stata stravolta dall’arrivo del bambino e si era fatta più pesante, ma non poteva dire ciò degli ultimi giorni trascorsi con Alycia. Ormai era venuta a patti con i sentimenti che provava per lei e la cosa la faceva sentire molto meglio. Sorrise a quel pensiero.
«Eliza Jane Taylor-Cotter, c’è qualcosa che non ci hai detto?» chiese Marie a bruciapelo, riportandola alla realtà. L’australiana deglutì.
«No, perché questa domanda?» rispose. Marie e Lindsey la fissavano, le braccia conserte.
«Ragazze, non...»
«Oh mio Dio!» esclamò Lindsey. «Non ci credo, non ci credo che l’abbiate fatto!». Marie non capiva, mentre Eliza avrebbe voluto sprofondare dalla vergogna. Si sentiva la faccia in fiamme, probabilmente era tutta rossa.
«Lo sapevo! Bob mi aveva detto che l’avevi mollato con Christian nel cuore della notte per andare a prenderla.»
«Era ubriaca, cosa avrei dovuto fare?»
«Già, peccato che Bob ti abbia visto uscire dalla sua roulotte a un orario improponibile e con l’aria sconvolta.» continuò Lindsey.
«No, aspetta, tu e Alycia... Oh.» comprese finalmente Marie.
«Un motivo in più per venire stasera, direi.» osservò.

 

*

 

Eliza non andava a una festa da quella fantomatica sera. Un po’ non ne aveva avuto materialmente il tempo, un po’ non voleva sfigurare davanti agli assistenti sociali. Attrice, vita instabile, single, ci mancava pure che andasse a feste e le avrebbero tolto il bambino senza passare dal via. “Vediamo se mi ricordo ancora come si fa” si disse, sedendosi al bancone e ordinando un drink. Si sentiva così sola in mezzo a tutta quella gente. La sua mente continuava a preoccuparsi per Christian. L’aveva lasciato nelle mani di Adina, ma non si sentiva per niente tranquilla. Cercò di trovare Marie, Lindsey o Richard, ma c’erano troppe persone. Stava decisamente per cadere nel panico. E, cosa peggiore, non aveva la più pallida idea di dove fosse finita Alycia. Le aveva scritto un paio di messaggi e le aveva telefonato, ma era irraggiungibile. Improvvisamente, sentì una mano sfiorarle la schiena nuda. Scattò come una corda di violino.
«Eli, calmati, sono io.» la tranquillizzò Richard. L’australiana tirò un sospiro di sollievo. Il canadese si sedette accanto a lei, sorridendole.
«Perché non vieni con noi? Sarà più divertente che restare qua da sola, che ne dici?» le propose. Eliza annuì, timida. Si alzò e seguì il ragazzo, un po’ impacciata. Non pensava di potersi sentire così tanto a disagio. Si rifugiò tra le braccia di Lindsey, che le propose di uscire a fare due passi. Fuori dal locale c’era davvero freddo, ma era tutto ciò di cui aveva bisogno Eliza in quel momento. Inspirò a pieni polmoni. Lindsey le accarezzò affettuosamente la schiena. L’australiana le sorrise.
«Quindi tu e Alycia...» esordì la statunitense.
«Credo di sì. Non so, per ora è una cosa così nuova che non saprei proprio come etichettarla.» spiegò Eliza.
«Beh, io faccio il tifo per voi. Ve lo meritate.». L’australiana abbracciò l’amica. Aprì la bocca per dirle altro, quando qualcuno la chiamò. Le due si voltarono. Jessica se ne stava davanti alla porta del locale, perfettamente ritta. Sembrava nervosa.
«Eliza, devo parlarti.».

 

*

 

Alycia era in ritardo. Aveva dovuto sistemare delle faccende con il suo manager e provare a spiegargli, di nuovo, che lei non assumeva sostanze di alcun tipo. Finì di vestirsi e uscì. Per fortuna, aveva noleggiato un’auto in caso di evenienza. Fece per salire, quando udì un rumore. Si voltò. Nessuno. “Sarà la tua immaginazione, stai tranquilla.”. Di nuovo un rumore. Alycia sussultò. Decise di prendere il coraggio a due mani.
«Chi è là?» intimò. Se la stava facendo sotto. Vide una figura avvicinarsi sempre più a lei. Estrasse dalla borsa lo spray al peperoncino che portava spesso con sé e allungò il braccio.
«Non fare un passo!» ordinò, ma chiunque si trovasse davanti a lei non la ascoltò. Il cuore le batteva all’impazzata.  A poco a poco, la figura assumeva contorni sempre più nitidi. Alycia non poté credere ai suoi occhi. Rachel era lì, davanti a lei, in stato confusionale. Probabilmente aveva preso qualcosa.
«Che ci fai tu qui? Pensavo di essere stata chiara!» ringhiò.
«Io... È tutta la sera che giro in tondo. Credo. Non sapevo dove andare.» singhiozzò la ragazza.
«No, tu devi tornartene a casa e uscire dalla mia vita e da quella delle persone a cui tengo. D’altronde, sparire è la cosa che ti riesce meglio, no?» ribatté, velenosa. Rachel annuì, per poi sedersi a terra. Alycia imprecò mentalmente.
«Non ho tempo per queste cavolate.» sbottò, prendendola per un braccio. Solo in quel momento vide il grosso livido intorno all’occhio destro. L’attrice si maledisse e si inginocchiò davanti a lei.
«Fa vedere.» le sussurrò. Le fece spostare la testa di lato e le controllò la botta. Il telefono squillò per l’ennesima volta, interrompendola. Fece segno all’amica di aspettare un secondo e scrisse un messaggio. Ripose il cellulare. «Vieni, ti porto in infermeria». La fece alzare e l’accompagnò fin dal medico. Sam la fece accomodare sul lettino e la visitò.
«Come hai detto che si è procurata questo occhio nero?» chiese ad Alycia.
«Lo stipite della finestra.» mentì l’attrice. Bugie su bugie, ecco cos’era diventata la sua vita. Aspettò che Sam finisse la medicazione, poi aiutò la ragazza ad uscire. Rachel aveva gli occhi lucidi. Voleva ringraziarla, ma non sapeva da che parte iniziare.
«Non dire niente. Non l’ho fatto per te, ma per me. Non voglio perdere né il lavoro, né Eliza.»
«È troppo tardi.». Alycia e Rachel si voltarono. Eliza era davanti a lei, in compagnia di Jessica e Lindsey. Sembrava sconvolta.
«È successo qualcosa?» domandò preoccupata Alycia, andandole incontro.
«Non toccarmi!» urlò la bionda. Alycia non capiva.
«Lo sapevo che l’emergenza di cui mi avevi scritto era Roxy, o forse dovrei chiamarla Rachel Dowell. Come hai potuto permettere che si avvicinasse a Christian?». Eliza era in preda al pianto. Lindsey la sorreggeva per i fianchi, temendo potesse cadere da un momento all’altro. Rachel e Alycia si scambiarono un’occhiata confusa.
«Sì, so tutto. Jessica ha riconosciuto Rachel. Cantavi in un gruppo, giusto? I Prune, se non sbaglio.» urlò Eliza, il dito puntato verso Rachel. La ragazza chinò il capo. Eliza scoppiò a ridere istericamente. «Dio, mi sento un’idiota.»
«Aspetta, lascia che ti spieghi...» provò a dire Alycia.
«No, questa volta non attacca. Mi hai raccontato solo bugie. Tu la conoscevi. Voi due siete amiche e l’avevi riconosciuta anche tre anni fa, quando si era introdotta a casa mia. Ora capisco perché hai tentennato quando ti ho chiesto di chiamare subito la polizia.». Ormai il castello di carte era crollato. La verità era venuta a galla e faceva male, tanto male.
«Ho affidato la persona più importante della mia vita a una tossica che si faceva di crack. Anzi, a due. Sono un’idiota». Alycia non sapeva cosa fare. Era paralizzata. Mai si sarebbe aspettata di sentire parole simili da Eliza. Una coltellata al cuore avrebbe fatto meno male. Dietro di lei, Rachel si era rannicchiata per terra in preda al panico. Guardava fisso davanti a sé, senza vedere nulla. Tutto quello che aveva costruito, tutto ciò che si era raccontata in quegli anni, tutto si era sgretolato. Stava cadendo in un baratro senza fondo, trascinando con sé le persone che più amava. Si alzò in piedi e, barcollando, avanzò verso Eliza. Sentiva freddo, tanto freddo. E, infine, il buio l’accolse tra le sue braccia.



Angolo del disagio

E alla fine è accaduto l'inevitabile, purtroppo. Sarebbe facile incolpare Jessica per l'accaduto, ma la verità è che tutti i nodi vengono al pettine prima o poi e Alycia e Rachel (che sta vivendo una situazione sempre peggiore) sono pienamente responsabili delle proprie azioni. Vi avviso che qui si conclude la prima parte di questa fanfiction, dal prossimo capitolo si aprirà una fase del tutto nuova.
Ringrazio chi legge e chi ha recensito. Vi invito, come sempre, a farmi sapere cosa ne pensate con un commento e niente, alla prossima!

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Capitolo 20
*** 19.Rain ***


19.

 

Why the hell is it raining so much?
Why are you always clouding my mind?
Why the hell is it raining so much?
I'm just tryna have a good time
(Issues-Rain) 

 

La sveglia non la smetteva di suonare. Eliza cercò di attutire il rumore nascondendo la testa sotto il cuscino, inutilmente. Si stropicciò gli occhi e si alzò. Spense quell’aggeggio infernale e si recò in cucina. Tirò fuori dal frigo del latte, lo versò in una tazza e lo scaldò al microonde. Dispose poi dei biscotti al cioccolato su un piattino e appoggiò il tutto su una tovaglietta. Si recò quindi in camera di Christian. Il bimbo dormiva profondamente ed Eliza quasi non ebbe cuore di svegliarlo. Lo accompagnò in bagno e poi a fare colazione.
«Dormito bene?» chiese. Il piccolo annuì silenziosamente. Da quando erano tornati dal Canada era diventato nuovamente il bambino capriccioso e introverso di prima. Eliza aveva deciso di prendersi una pausa e, eccezion fatta per le interviste promozionali riguardo alla nuova stagione di The 100, non aveva accettato più offerte di lavoro. A differenza di Alycia. Lei era ovunque. In Tv con The 100 e Fear The Walking Dead, sulle riviste con interviste e gossip di ogni tipo, addirittura sui muri con i poster promozionali e varie campagne pubblicitarie. Eliza avrebbe voluto sbattere la testa e dimenticarla, ma era impossibile. Le sue labbra, il suo profumo, le sue mani le mancavano. Lei le mancava. Ma ciò che aveva fatto era imperdonabile. Aveva messo in pericolo quello che di lì a un mese sarebbe diventato ufficialmente suo figlio. Eliza non aveva denunciato né lei, né Rachel solo per il bene di Chris. Si mise a sbirciare fuori dalla finestra. Aveva cominciato a piovere. Se non altro, avrebbe avuto una scusa per provare malinconia. Sbadigliò. Aveva sonno, era innegabile. Si avvicinò al bimbo e sparecchiò la tavola.
«Che ti va di fare, oggi?» gli chiese. Chris allargò le braccia, come a dire “non lo so.”. Eliza gli fece una pernacchia e, presolo in braccio, lo portò in sala e gli allungò dei giochi. Si allontanò un attimo e andò a controllare la posta. Bollette, pubblicità, pubblicità e ancora pubblicità. Nulla di interessante, insomma. Fece per tornare da Christian, quando si accorse di aver fatto cadere una busta. La raccolse. La carta era molto spessa e Eliza si chiese chi fosse il mittente. La aprì. Era un promemoria per una serata di beneficenza. Si diede della stupida. Si era completamente dimenticata della cena di quella sera. Avrebbe dovuto presenziare con tutto il cast di The 100. Guardò Chris. Non avrebbe voluto lasciarlo, ma non poteva fare altrimenti. Pregò che, almeno, l’assenza di Alycia Debnam-Carey non fosse un rumor, ma la realtà. Esattamente come Lexa con Clarke, lei l’aveva tradita, usata per i suoi fini. Si morse il labbro. “Già, ma poi come va a finire la storia, Eli?” rifletté fra sé e sé, raggiungendo Christian e mettendosi a giocare con lui. 

 

*

 

Alycia corse verso l’auto, cercando di bagnarsi il meno possibile. Il temporale l’aveva colta di sorpresa. Finì di bere il cappuccino che aveva in mano e guardò l’ora. Era in ritardo, di nuovo. L’incontro sarebbe cominciato nel giro di venti minuti e, per raggiungere l’ufficio del suo agente, ce ne avrebbe messi almeno trenta. Tutta colpa della sua insonnia. Era tornata dal Canada da ormai quattro mesi e, da allora, non aveva più dormito in modo decente. Si era buttata a capofitto nel lavoro, sperando di stancarsi di più e di anestetizzare il dolore che provava, ma era stato inutile. Se Eliza fosse stata lì, le avrebbe fatto capire quanto fosse ridicolo quel piano, ma lei non c’era. L’aveva persa quella notte sul set. Avrebbe potuto incolpare Jessica o Rachel per l’accaduto, ma l’unica responsabile era lei. Cercò di scacciare i ricordi e accese l’auto. Doveva sbrigarsi. Guidò il più velocemente possibile fino alla sua meta. Scesa dall’auto, si lanciò verso la porta. Salì velocemente le scale per quattro piani e aprì di scatto la prima porta alla sua sinistra. Il suo agente la squadrò con sguardo severo. Accanto a lui, una donna sulla cinquantina sghignazzava divertita.
«Ma dove eri finita?» domandò l’uomo. Era visibilmente arrabbiato.
«Paul, il temporale mi ha colta alla sprovvista e...»
«E ti sei svegliata tardi, ho capito. Muoviamoci, siamo già in ritardo. Alycia, ti presento Helen Carrel. La sua azienda sarebbe interessata a renderti donna immagine della loro prossima campagna pubblicitaria.» spiegò. Alycia annuì, svogliata. Non stava nemmeno ascoltando. Si mise a sfogliare distrattamente i fogli del contratto, lo sguardo fisso sulla finestra davanti a sé. Pioveva davvero tanto.
«Alycia, ci sei?» la richiamò il suo agente.
«Mhh?» mugugnò l’attrice. L’uomo fece cenno alla donna di attendere per un istante. Prese Alycia per il polso e la condusse in corridoio.
«Che diavolo ti prende? Non so come fossi abituata con il tuo vecchio agente, ma io non lavoro così.» la rimproverò. L’attrice si grattò il mento, imbarazzata.
«Paul, non ho la testa oggi. Dille che per me va bene, accetto il lavoro. Per quanto riguarda il compenso, pensaci tu.» dichiarò poi. L’uomo non poté fare altro che osservarla mentre rientrava nel suo ufficio e prendeva giacca e borsa.
«Arrivederci.» si congedò dalla donna. Si incamminò per il corridoio, avviandosi verso le scale.
«E ora dove vai?» sbottò il suo agente, senza però ottenere alcuna risposta. 

 

*

«Bel flip, Rachel, ma forse è meglio che torniamo a casa!» esclamò Duke. La ragazza fece spallucce. Si guardò intorno. Lo skatepark era deserto. Con quella pioggia era il minimo.
«Tu vai, io resto qua ancora un po’.» rispose. Il ragazzo le si avvicinò, costringendola a guardarlo negli occhi.
«Sta diluviando.» osservò.
«Lo so. Per questo devo restare qui.». Duke alzò un braccio, senza rispondere. Era inutile discutere con lei, ne era consapevole.
«Ti aspetto per cena, non fare tardi.» si raccomandò. Le schioccò un bacio sulla guancia e si allontanò. Rachel si mise ad armeggiare con il suo skateboard sotto la pioggia. Sospirò. Da quando Franklin l’aveva costretta a tornare negli Stati Uniti, erano cambiate tante cose. Aveva cercato di dimenticare ciò che era successo durante l’inverno, ma era stato impossibile. In quel mese si era sentita viva per la prima volta dopo tanto tempo e non era in grado di tornare allo stato larvale di prima. Non più. Scosse il capo. Decise di fare due passi, male non le avrebbe fatto. O forse sì, vista la quantità di pioggia che cadeva dal cielo, ma a lei non interessava. Camminò a lungo, senza una vera e propria meta. Ogni tanto saliva sullo skate e si faceva trascinare dalla tavola. Quella città e quelle strade, quanto le erano mancate. Se Franklin non fosse stato il suo aguzzino, l’avrebbe ringraziato per il favore. Certo, non era South Central il quartiere in cui era cresciuta, ma se non altro era a Los Angeles. Continuò a vagare per ore, la testa assente. Non voleva pensare. Non voleva sentire niente, almeno per quel piccolo lasso di tempo. Non voleva chiedersi se fosse possibile ricominciare a desiderare la mera sopravvivenza. Ormai era tardi. Sfrecciò tra la folla che popolava il marciapiede, stando ben attenta a non travolgere nessuno. Poi, si imbucò in un bar. Cominciava ad avere fame. Si sedette al tavolo e ordinò un hot dog. Lo addentò voracemente, attratta nel frattempo dal televisore posto sul muro di fronte a lei. Si mise a guardare il telegiornale. L’inviato parlava di una serata di beneficenza e della probabile partecipazione del cast di una famosa serie tv. Rachel trasalì. «La cena. Eliza! Christian!» esclamò. I presenti la guardarono straniti, ma non se ne curò. Finì di mangiare il suo hot dog e, afferrato lo skateboard, si catapultò per strada, sotto la pioggia.



Angolo del disagio

Allora, bel salto temporale, come avete letto. Onestamente, questo è uno dei capitoli che mi ha dato più soddisfazione, l'ho scritto lasciandomi ispirare proprio dalla canzone che ho inserito, Rain degli Issues (consigliatissima). Che dire, ognuna delle nostre protagoniste è tornata alla sua vita, come se non fosse cambiato nulla, ma la verità è che è cambiato tutto. Eliza e Alycia continuano a pensarsi (Eliza è anche un po' costretta, visto che Alycia è ovunque), mentre Rachel è stata portata a forza negli Stati Uniti. A proposito, cosa l'avrà allarmata così tanto? Lo scoprirete prossimamente, non vi preoccupate.
Grazie a chi legge e a chi ha recensito, alla prossima!

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Capitolo 21
*** 20.Fractions ***


20.

 

And when everything's in fractions
Even after all this time
Would you take my words for granted?
I can read between the lines
After all the things that we've been through
Can't you see how hard I'm trying?
(LEAV/E/ARTH-Fractions)

 

Alycia si era appena cambiata, quando sentì bussare alla porta. Sbuffò. Non aveva la minima voglia di alzarsi dal divano, ma l’insistenza con cui quel disturbatore continuava a picchiare il pugno contro la porta non le lasciava molta scelta. Si trascinò fino all’ingresso e aprì. Sobbalzò quando scoprì chi stava bussando.
«Tu?» trasalì. Non era possibile. Rachel era lì, davanti a lei. In quel momento, Alycia non seppe decidere se abbracciarla o tirarle un sonoro schiaffo.
«Ehm... Ciao.» salutò la ragazza, entrando in casa e lasciando Alycia basita. L’attrice le corse dietro.
«Aspetta, chi ti ha detto che puoi entrare, ehi!»
«Piove.» asserì Rachel, con una semplicità disarmante. Alycia provò a replicare, ma non aveva la più pallida idea di cosa dire.
«Mi stai bagnando tutto il pavimento!» protestò, inutilmente. Rachel si era messa a gironzolare per la casa, curiosando in giro. Alycia sbuffò e richiuse la porta, consapevole che non sarebbe mai stata in grado di sbarazzarsi della ragazza in pochi minuti. Riuscì a raggiungerla e a impedirle di saltare sul suo divano di pelle nuovo di zecca. Le afferrò il polso e la spinse contro il muro.
«Mi fai male.» si lamentò Rachel. Alycia si rese conto di aver usato troppa forza e allentò la presa. Sospirò.
«Si può sapere cosa ci fai qui e come fai a sapere dove abito?» esordì.
«Franklin mi ha costretta a tornare, probabilmente crede di potermi avere di più sotto controllo qua. O forse ha bisogno di me, non lo so. Mi picchiano di meno qui, però.». Alycia aveva un nodo in gola, ma non lo diede a vedere. Era ancora troppo arrabbiata con lei per farle capire che le voleva bene e che le dispiaceva per quella situazione.
«Per quanto riguarda l’indirizzo, beh, Duke ha ancora qualche contatto nell’ambiente.» finì di spiegare Rachel. L’australiana la osservò. Era fradicia. Le fece cenno di togliersi le scarpe e di seguirla in camera sua. Aprì l’armadio e le lanciò dei vestiti asciutti.
«Dovrebbero andare bene. Dio, ma non hai un ombrello? Potresti prenderti una polmonite.» la rimproverò. Rachel non rispose e si cambiò. Doveva ammettere che ora si sentiva molto meglio.
Alycia la fece accomodare in cucina e le servì una tazza di tè caldo.
«Non chiedermi perché non ti stia buttando fuori di casa. Non lo so nemmeno io, probabilmente perché, nonostante tutto, ti vedo ancora come una sorella minore a cui voglio bene.» confessò. Rachel arricciò le labbra, per poi fiondarsi sul tè. L’attrice si sedette di fronte a lei.
«Ora dimmi, a cosa devo il piacere di questa visita? Immagino che tu non sia semplicemente venuta a trovarmi. Di cosa vuoi parlarmi?» chiese poi.
«Di Eliza.». Alycia per poco non si strozzò con il tè. Stava esagerando. Non poteva presentarsi a casa sua e mettere il dito nella piaga. Non così.
«Ci sarà una serata di gala stasera, vero?». L’australiana annuì.
«Sì, è una cena di beneficenza. Jason e la produzione di The 100 hanno fatto una grossa donazione e quindi hanno invitato anche tutto il cast principale, ma io ho rifiutato. Ho altri impegni.»
«Sì, immagino. Netflix o Prime Video?». Alycia alzò gli occhi al cielo. Da che pulpito veniva la predica.
«Direi che non sono affari tuoi. Arriva al punto.» cercò di tagliare corto. Rachel bevve un altro sorso di tè.
«Ora.» la esortò l’attrice. La ragazza schioccò la lingua e si accomodò meglio sulla sedia.
«Beh, lo sai chi è l’organizzatore, no?»
«Sì, lo so.» rispose Alycia, con una punta d’amarezza. «Ma Franklin è considerato uno stimato e stimabile uomo d’affari e non posso farci niente.»
«Puoi evitare che si avvicini ad Eliza e a Christian.» asserì Rachel. Alycia scoppiò a ridere.
«Non andrò a quella cena e non parlerò con Eliza. Non è nemmeno detto che si incontrino.»
«Ma può darsi di sì. Se Franklin si avvicina a Chris è la fine e tu lo sai. Gli sei stato accanto per tutti questi anni e, ti scongiuro, continua a farlo.». Rachel aveva gli occhi lucidi. Non aveva fatto una richiesta, ma una supplica. Per la prima volta, Alycia intuì che enorme sacrificio fosse stato per lei separarsi dal fratello. Era stato un estremo atto di amore, un tentativo disperato di salvargli la vita.
«Io non posso affrontarla. Mi odia.» mormorò l’australiana.
«Sei la mia unica speranza. Spero con tutto il cuore che Franklin non conosca la vera identità di Chris, ma temo che con il casino che abbiamo... che ho combinato a Vancouver le cose siano cambiate.». Alycia si morse il labbro, nervosa. Ciò che Rachel le stava pregando di fare aveva senso. In fin dei conti, aveva deciso di ripresentarsi a casa di Eliza dopo la disintossicazione anche per tenere d’occhio Christian. Eppure, non se la sentiva proprio di rivederla. Non dopo tutto ciò che era successo.
«Eliza è sempre stata molto discreta nei confronti di Chris. Non penso corra particolari pericoli e che né Lindsey, né Richard, Bob o Marie andrebbero a parlare ai quattro venti dell’identità di quel bambino.» concluse. Rachel si passò una mano sul volto. Era pensierosa. Si morse una guancia.
«Dimentichi che c’è un’altra persona che è a conoscenza della mia identità e di quella di mio fratello.» dichiarò. Alycia sussultò.
«Jessica.» realizzò. Si alzò di scatto dalla sedia e si immobilizzò per qualche istante.
«Aly...» la chiamò Rachel. L’attrice la guardò negli occhi. Una lacrima le rigò il viso, ma il suo sguardo era determinato, non triste.
«Ci andrò, Rachel. Veglierò su di loro, te lo prometto, che ad Eliza piaccia o no.». La ragazza corse ad abbracciarla. Alycia ricambiò quella stretta. Non avrebbe più permesso che capitasse qualcosa alle persone che amava. Mai più.



Angolo del disagio

Ben ritrovati. Che dire, è ancora tutto molto vago, ma Alycia deve compiere un enorme sacrificio per il bene di Eliza. Non deve essere facile rivedere in questo modo la persona che ami e che hai ferito. Rachel, d'altro canto, non può chiedere a nessun altro. Devo dire che non mi dispiace come io stia costruendo il rapporto tra loro due, un rapporto quasi fraterno, di quelli in cui magari si litiga anche pesantemente, ma il sentimento di bene verso l'altra persona non cambia mai.
Grazie per i complimenti e le recensioni. Vi invito a commentare il capitolo, come sempre.
Alla prossima!

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Capitolo 22
*** 21.Be The Same ***


21.

 

And I'm hoping to resolve all the things I've done and mistakes I've made
I'm sorry for the things that we can not work out, oh I know I know
It won't be the same, be the same
(Ravenscode-Be The Same) 

 

Eliza si sentiva in profondo imbarazzo. Quante celebrità arrivavano ad una serata di gala tenendo per mano un bambino con un orsacchiotto di peluche? Cercò con lo sguardo qualche volto noto in mezzo a tutta quella folla. Intravide Lindsey e Marie e corse loro incontro.
«Non avevi detto che il soldo di cacio l’avresti lasciato a casa?» osservò Bob, raggiungendole. Eliza si sentì infastidita dal quel commento.
«Sì, almeno fino a quando la quarta babysitter che cambio in quattro settimane non ha deciso che non sarebbe mai
più venuta.» sbottò. Bob si rese conto di essere stato inopportuno.
«Stavo solo scherzando. Sono contento di vedervi.» si scusò. Eliza sorrise forzatamente.
«Ehm... Perché non andiamo a sederci? Richard ci ha tenuto i posti.» propose Marie, spezzando la tensione. Non appena arrivarono a tavola, Eliza notò che le sedie erano troppo basse per Christian. Come se l’imbarazzo non fosse abbastanza, si ritrovò costretta a farlo accomodare in braccio a sé.
«Wow, c’è la torta!» esclamò Richard, cercando di stemperare quel clima così negativo che era venuto a crearsi.
«Se chiedo un toast per il bambino, secondo voi me lo prepareranno?» domandò l’australiana al limite della disperazione. I quattro amici allargarono le braccia, segno che non potevano saperlo. Eliza si mise le mani fra i capelli.
«Dai Eli, rilassati. È solo una cena di beneficenza e Christian è un bravo bambino.» la consolò Marie. Eliza sembrò rilassarsi per qualche istante.
«Sapete? Avete ragione, è solo una stupida cena di beneficenza, noi tutti siamo qua assieme e, inoltre, Alycia non verrà. Quindi sì, potrebbe rivelarsi una serata piacevole.» asserì.
«Esatto. Niente Alycia Debnam-Carey. Ha ribadito proprio ieri la sua assenza.» confermò Lindsey, portandosi un bicchiere pieno d’acqua alle labbra. Bevve un sorso, per poi sputare e cominciare a tossire. Bob la soccorse tempestivamente, colpendola ripetutamente alla schiena.
«Ma che ti è preso?» chiese preoccupata Eliza. Per tutta risposta, Lindsey indicò con il dito qualcuno alle sue spalle. Marie alzò lo sguardo, rimanendo a bocca aperta.
«Ma quella è...» mormorò Richard. Eliza si voltò. Strabuzzò gli occhi.
«Alycia.» concluse la frase cominciata dall’amico. Non poteva crederci. La osservò camminare sicura di sé e dirigersi verso un tavolo poco lontano dal loro. Si sedette accanto a Sachin e Tasya, senza degnare Eliza di uno sguardo.
«Beh, a quanto pare ha cambiato idea.» osservò Richard. I suoi amici lo fulminarono con lo sguardo.
«Come non detto, me ne sto zitto.». Eliza non resistette oltre. Si alzò e corse in bagno, inseguita da Lindsey.
«Lasciami sola, ti prego.» supplicò.
«Eli...» provò a farla ragionare l’amica.
«Ti prego.» insistette l’australiana. Lindsey se ne andò, sospirando. Eliza si appoggiò con i palmi delle mani al lavandino, la sua figura riflessa nello specchio. Tirò un pugno contro il muro, soffocando un gemito di dolore. Non stava sognando, era tutto maledettamente reale. Mise la mano sotto l’acqua fredda, fino a quando non si sentì meglio, controllando con la coda dell’occhio che Alycia non entrasse. Fu sollevata nel non vederla. Dopo dieci minuti abbondanti si decise a rientrare nel salone. Si guardò intorno, cercando il proprio tavolo, quando qualcuno la chiamò. Eliza si voltò. Un uomo sulla settantina le porse un calice di vino. L’attrice lo accettò con diffidenza.
«Lei è?» chiese. L’uomo le sorrise. Aveva un modo di fare raffinato, di altri tempi.
«Bernard T. J. Franklin, signorina Taylor. Incantato di fare la sua conoscenza.». Eliza realizzò subito di aver fatto una figuraccia.
«Signor Franklin, il piacere è mio. Non l’avevo riconosciuta, mi scuso.»
«Non si preoccupi. Venga, l’accompagno al tavolo.» le propose, porgendole il braccio.
«Ho visto che è venuta con un bambino, non sapevo avesse messo su famiglia.» osservò  l’uomo.
«Non l’ho fatto. Chris è in affido. È una storia lunga.» spiegò l’attrice.
«Ho tempo, signorina Taylor.». Eliza sorrise. Le piaceva quell’uomo, sembrava molto gentile.
«La prego, mi chiami Eliza. Beh, Chris...». Non riuscì a terminare la frase. Alycia l’aveva afferrata per un polso, trascinandola dietro di sé.
«Aly, ma che stai facendo?». La mora le fece segno di tacere. Franklin sembrava contrariato.
«Alycia Debnam-Carey, sono felice di rivederla in ottima salute. Ho letto cose sgradevoli sul suo conto di recente.
«Il piacere è tutto suo.» replicò la mora. Eliza provò a spingerla via, ma Alycia le afferrò nuovamente il polso, stringendolo con forza.
«Stia lontano da lei.» sibilò all’uomo. Il signor Franklin accennò un ghigno.
«Vedo che non è un buon momento. Se mai avrà bisogno di qualcosa, Eliza, non si faccia problemi e mi contatti pure. Arrivederci.» si congedò, lasciando sul pavimento un biglietto da visita. Alycia aspettò che si fosse allontanato del tutto e lasciò andare Eliza.
«Tu sei pazza!» esclamò la bionda, con rabbia. Alycia sospirò.
«Tu lo sei! Ma cosa ti salta in mente? Non devi mai raccontare di Christian agli sconosciuti.» replicò. Eliza non capiva.
«Quindi, secondo te, dovrei nasconderlo per tutto il resto della vita? Ma si può sapere cosa stai dicendo?». Alycia chinò lo sguardo per qualche secondo. Lo rialzò poco dopo. I suoi occhi verdi esprimevano profonda preoccupazione. Eliza si ritrovò a pensare a quanto le erano mancati quegli occhi.
«Hai i tuoi amici, Eli. Bob, Lindsey, Richard e Marie sono bravissime persone. Fidati di loro, ma non aprirti a chiunque. Non tutte le persone sono oneste.»
«Quello lo so già, l’ho imparato a mie spese quattro mesi fa.» ribatté Eliza, velenosa. Alycia socchiuse gli occhi. Stava cercando di non scoppiare a piangere, era evidente.
«Il signor Franklin non è come sembra, Eli. Ti prego, credimi.»
«Ho smesso di crederti, Aly. Grazie a te, non mi fido più di nessuno.» affermò Eliza, lapidaria. Avrebbe voluto tirarle un pugno e farle provare una minima parte del dolore che aveva dovuto patire a causa sua.
«Fidati delle persone che ti vogliono bene, Eli. Tu lo sai chi sono.» si raccomandò. Eliza notò una tenerezza disarmante nella sua voce. Deglutì. Aprì la bocca per dire qualcosa, ma non fece in tempo. Alycia era svanita nella folla, forse se n’era andata. Ed Eliza rimase sola in mezzo a quella stanza piena, nella più totale confusione.




Angolo del disagio

Dunque, finalmente incontriamo Franklin. Alycia l'ha prontamente allontanato da Eliza, cosa che non è stata per niente gradita da quest'ultima. L'incontro tra le due è stato inaspettato e abbastanza improvviso. Eliza è sicuramente molto arrabbiata, mentre Alycia è preoccupata e le dice di fidarsi solo dei suoi amici. Menzione speciale per Richard e Lindsey, mi sono divertita a scrivere di loro. 
Grazie mille a chi recensisce e legge! Vi invito a farmi sapere che ne pensate di questo capitolo. Confesso che è uno dei miei preferiti, quindi ci tengo! 
Alla prossima!

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Capitolo 23
*** 22.My Least Favourite Liar ***


22.

 

If you were finally being honest
I promise it won't hurt all that bad
I'm just so worn out of all of this
If you don't mind I'd like to have my heart back
(Abandoning Sunday-My Least Favorite Liar)

 

Eliza si svegliò di soprassalto. Non ricordava bene che incubo aveva fatto, ma era stato orribile. Si adagiò nuovamente sul cuscino, mettendosi le mani sul volto. Udì qualcuno bussare alla porta della stanza, ma non rispose. Lindsey entrò con un vassoio su cui erano posate delle fette di pane tostato e marmellata e del latte caldo. Aveva ospitato l’amica e Chris per la notte. Dopo la cena, l’australiana era troppo sconvolta per tornare a casa da sola.
«È mattina, ora di alzarsi.» esordì. Per tutta risposta, Eliza si rigirò nel letto e si coprì la testa con il cuscino. Lindsey appoggiò il vassoio sul comodino e le si sedette accanto.
«Dormito male?» domandò. Eliza annuì da sotto al cuscino. Si mise a pancia in su, evitando comunque accuratamente di incrociare lo sguardo di Lindsey. L’incontro della sera prima con Alycia l’aveva turbata e non poco.
«Chris?» chiese. Lindsey le sorrise e le prese le mani fra le sue.
«Sta bene, gli ho fatto fare colazione e ora sta disegnando in sala.» rispose. Eliza tirò un sospiro di sollievo, non seppe nemmeno lei perché. Nessuno voleva far loro del male. O no? Dalle parole di Alycia sembrava che una minaccia imminente incombesse su di lei e il bambino.
«Terra chiama Eliza, ci sei?» la riportò alla realtà Lindsey.
«Sì, scusa, stavo pensando.». L’amica le carezzò una spalla.
«Non si sentono discorsi molto gradevoli su Alycia. Magari ieri era strafatta e ti ha detto quelle cose sotto l’effetto di chissà quale sostanza.» ipotizzò. Eliza negò, poco convinta.
«Era lucida, Lindsey. E mi stava nascondendo qualcosa. È stata vaga, non ha voluto darmi spiegazioni. Mi ha semplicemente detto di stare attenta a Franklin e di non parlare di Christian con gli sconosciuti.» raccontò per l’ennesima volta all’amica. racchiuse il mento con la mano sinistra. Si voltò verso Lindsey.
«So a cosa stai pensando, ma no. Non le andrò a parlare.» asserì.
«Come vuoi, ma sai anche tu che è l’unico modo per capirci qualcosa.». Eliza alzò gli occhi al cielo. Lindsey aveva ragione, ma non se la sentiva proprio. Era ancora troppo presto per rivederla e parlare come due vecchie amiche. Sospirò. La verità è che sarebbe stato sempre troppo presto. Alycia l’aveva ferita, aveva preso il suo cuore addormentato e l’aveva risvegliato solamente per poi gettarlo via. Le aveva mentito e lei non avrebbe mai potuto passarci sopra. Ma cosa stava pensando? Qua non si trattava più di lei, ma di Chris. Sbuffò. Si alzò di scatto, con un gesto stranamente atletico.
«Hai deciso cosa fare?» le domandò Lindsey, curiosa.
«Forse.».

 

*

 

«Mi voleva vedere, signor Franklin?» chiese Rachel, con una punta di strafottenza.
«Non fare la furba e siediti.» ordinò l’uomo. La ragazza si accomodò su una scomoda sedia di legno. Dietro di lei, due energumeni la controllavano.
«Ho fatto qualcosa di sbagliato? Qualche cliente si è lamentato delle mie prestazioni?». Franklin si alzò, un ghigno stampato sul viso. Rachel deglutì. Era in guai grossi, ne era consapevole. 
«Ieri alla cena di beneficenza ho visto la tua amichetta, Alycia. Sono contento si sia disintossicata, la droga annebbia il cervello.» disse. La ragazza trasalì. 
«Quello che non capisco è come mai si sia  presentata alla serata e si sia messa fra me ed Eliza Taylor. Aveva annunciato che non ci sarebbe stata, ma immagino che tu questo lo sappia già.» continuò Franklin. Rachel cercò di rimanere il più calma possibile.
«Non la vedo da tre anni, non ho idea di cosa sia successo ieri.» mentì. L’uomo le posò una mano su una spalla, in
modo tutt’altro che amichevole.
«Rachel, Rachel. Ti sembro davvero così sciocco?». La ragazza fece di no con la testa. Franklin sogghignò. 
«So per certo che tu e Alycia vi siete viste a Vancouver mesi fa. Così come so che ti sei intrufolata nella vita di Eliza Taylor e del suo bambino, ovvero tuo fratello.». Rachel simulò una risata. 
«E chi ti ha raccontato tutte queste stronzate?» 
«Io.» rispose una voce di donna. La ragazza la riconobbe subito. Jessica fece capolino dalla porta. Aveva l’aria colpevole e Rachel si chiese se non fosse stata costretta a lavorare per Franklin. Scacciò quel pensiero. Nessuno era davvero forzato a collaborare con quell'uomo, non a certi livelli almeno. Sicuramente Jessica non veniva nemmeno sfiorata. La ragazza accennò un sorriso di frustrazione.
«Dovevo immaginarmelo. Beh, qualunque sia il tuo piano, ti è andata male. Eliza non è una sprovveduta e Chris sarà al sicuro. Tu non avrai mai mio fratello!». Il pugno arrivò, inaspettato. Rachel sputò sangue, per poi incassare un altro colpo.
«Hai fatto male a coinvolgere Alycia in questa storia.». La ragazza sobbalzò.
«Non osare toccarla!» urlò. Franklin sghignazzava.
«Questo dipenderà da te. Fai la brava e non le succederà nulla. Sono un uomo di parola, lo sai.». Rachel sbiancò. Si dimenò, ma gli uomini di Franklin la tenevano ferma.
«Tuo fratello Richard deve essere fiero di te.» ringhiò la ragazza, rivolta a Jessica. L’attrice distolse lo sguardo e se ne andò via in fretta e furia. 
«Hai fegato, Dowell. L’hai sempre avuto, sin dai tempi in cui cantavi. Ma ricorda: se giochi troppo con il fuoco, finisci per bruciarti.» sibilò Franklin. «E ora sparisci, ho perso fin troppo tempo con te.» aggiunse poi, spingendola via.  

 

Rachel rabbrividì al ricordo di ciò che era successo quella notte. La faccia le faceva ancora male. Fortunatamente, Duke non le aveva fatto domande. Ora era dentro un autobus puzzolente, con la certezza che gli uomini di Franklin le fossero alle calcagna. Decise di scendere qualche fermata dopo la sua e proseguì con lo skateboard ai piedi. Li vide. Erano due uomini tatuati dalla testa ai piedi, dall’aria per niente sveglia, ma decisamente assetata di sangue. Seguì la strada per un centinaio di metri, per poi lanciarsi con lo skateboard giù per una scalinata. Sentì le voci dei suoi inseguitori. Cominciò a correre, sfruttando la tavola. Si ritrovò ad un grande incrocio. Le macchine sfrecciavano all’impazzata e attraversare sarebbe stato da folli. Rachel si voltò. L’avevano quasi raggiunta. Guardò nuovamente la strada. Rischiare di finire spappolati sull’asfalto o venire pizzicata dagli uomini di Franklin?
«Ora o mai più.» esclamò per farsi coraggio. Si diede la spinta e sentì lo skateboard scivolare sull’asfalto. Una macchina si avvicinava sempre di più. Un’altra spinta. La macchina sempre più vicina. Il marciapiede opposto. Ce l’aveva fatta, era salva. 

 

*

Alycia arrivò a casa dopo la sua solita corsa mattutina. Si avvicinò alla porta e inserì la chiave nella toppa. Aveva una strana sensazione. Fece spallucce ed entrò. Si voltò per richiudere la porta e andò a farsi una doccia. Si lavò e si cambiò e andò a prepararsi una bella colazione. Scrisse a Maia e le chiese se le sarebbe piaciuto uscire con lei per andare a fare shopping nel pomeriggio. Si era appena seduta sul divano, quando il campanello suonò. Alycia si alzò controvoglia, riflettendo su come, negli ultimi giorni, suonassero alla porta ogni volta che iniziava a rilassarsi. Aprì e con sommo stupore si ritrovò davanti Lindsey. Sembrava molto arrabbiata e Alycia non si sforzò poi molto per intuire il motivo.
«Ciao.» salutò, fredda. «Ti sei persa? Casa di Eliza e a quattro isolati da qui.». Stava esagerando, ne era consapevole. Lindsey la ignorò ed entrò. Un copione già visto.
«Ma insomma, qui a Los Angeles non chiedete mai il permesso prima di accomodarvi nelle case altrui?» sbottò Alycia. Lindsey la guardò con fare enigmatico. L’australiana realizzò di non poter parlare di Rachel. Non davanti ad una delle migliori amiche di Eliza.
«Lascia perdere, sono giorni un po’ strani.» minimizzò. La statunitense fece spallucce e si appoggiò al muro, le mani ai fianchi. La guardava con ferocia. Alycia ebbe quasi paura.
«Vuoi del tè?» provò a stemperare la tensione.
«No, voglio parlare. Mi spieghi che cosa ti è saltato in mente ieri sera? Innanzitutto, cosa ci facevi alla serata di gala? Avevi espressamente dichiarato che non ci saresti mai andata.»
«Io...» cercò di spiegarsi Alycia, ma Lindsey la interruppe.
«Fammi finire. Passi pure che cambi idea, è un tuo diritto, ma strattonare Eliza mentre parla con l’organizzatore dell’evento, nonché uno dei più importanti e potenti uomini del Paese, beh, mi sembra davvero da folli. Ciliegina sulla torta, turbare la mia migliore amica con frasi evasive ed enigmatiche. Non ha chiuso occhio tutta la notte.». Era fuori di sé e Alycia non poteva di certo darle torto. Si sedette sul divano, pensierosa. Si passò una mano fra i capelli. Alzò lo sguardo. I suoi occhi incrociarono quelli di Lindsey e l’australiana vi lesse dentro la stessa preoccupazione che nutriva lei. Entrambe volevano solo il bene di Eliza, nient’altro. Sospirò.
«Ci sono cose che non posso dirti, Linz, ma Franklin è pericoloso. Eliza deve stargli alla larga.» affermò.
«Perché?» chiese la statunitense. Era determinata, voleva scoprire la verità. Alycia, però, non aveva intenzione di parlare. Lindsey le si avvicinò.
«Ascolta, io ho sempre fatto il tifo per voi due. Anche quando Jason ha fatto morire Lexa, beh, sono stata felice di sapere che eravate riuscite a mantenere un rapporto. Poi, di punto in bianco, Eliza decide di troncare quel principio di relazione che avevate visto nascere, forse per paura, non lo so nemmeno io. Finalmente, tre anni dopo, Jason ti richiama sul set e voi vi buttate nuovamente l’una tra le braccia dell’altra. Ero felice per voi due perché vi voglio bene, ma al diavolo, l’hai persa perché hai dovuto continuare a mentirle per coprire una ragazza che, onestamente, non ho ancora capito cosa significhi per te. Ed è palese che tu ora stia facendo lo stesso. Hai lo stesso sguardo di Vancouver, Aly. Penso che il tempo dei silenzi sia finito. Eliza si merita delle spiegazioni.»
«Franklin vuole Christian!» esclamò Alycia, dal nulla. Lindsey era rimasta a bocca aperta. Non era sicura di aver capito bene.
«Perché mai credi che Rachel l’abbia dato ad Eliza? Non aveva intenzione di liberarsi di suo fratello, ma di salvarlo. Non posso dirti di più, ma tu devi tenerli lontani da quell’uomo. A te darà ascolto!». Le parole di Alycia risuonarono come una supplica alle orecchie di Lindsey. La statunitense si colpì la fronte con una mano.
«Al diavolo!» imprecò. «Troppo tardi.»
«Che cosa significa?» si preoccupò Alycia. Aveva un orribile presentimento.
«Si vedranno a pranzo tra due ore.».

 

Angolo del disagio

Capitolo decisamente di passaggio, ma con dei tasselli importanti. Innanzitutto, si scopre (o si ha la conferma) che Jessica lavora per Franklin e che, quindi, non c’è stato nulla di casuale in ciò che ha fatto a Vancouver. In secondo luogo, emergono le reali intenzioni dell’uomo nei confronti di Christian. Eliza si sta cacciando in un bel pasticcio o se la caverà? Lo scoprirete presto. 
Grazie mille per le recensioni e per leggere la storia. Ultimamente le visualizzazioni sono un po’ calate, quindi vi invito a commentare il capitolo per capire se la fic vi stia piacendo o meno. 
Alla prossima!

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Capitolo 24
*** 23.Conspiracy ***


23.

 

Where can I turn? 'Cause I need something more
Surrounded by uncertainty, I'm so unsure
Tell me why I feel so alone 
'Cause I need to know to whom do I owe
(Paramore-Conspiracy)

 

Eliza si sentiva inquieta. Pur di non affrontare Alycia, aveva deciso di accettare un invito a pranzo da parte di Franklin. L’uomo l’aveva fatta chiamare verso metà mattina e l’idea di capirci qualcosa in più in quella storia l’aveva allettata troppo, ma ora l’angoscia stava prendendo il sopravvento. “Il signor Franklin non è come sembra, Eli. Ti prego, credimi.”, quelle parole dette da Alycia continuavano a risuonarle nella testa e non la lasciavano per niente tranquilla. E poi, come facevano quei due a conoscersi? L’uomo si era rivolto ad Alycia in un modo così informale, come se si frequentassero da una vita. “Ormai sei in ballo, Eliza, non puoi tirarti indietro." si fece coraggio. Ringraziò mentalmente Marie per aver accettato di tenerle Christian e attraversò la strada. Davanti a lei si stagliava uno dei più alti grattacieli di Los Angeles. Si guardò intorno. Nessuna traccia di Franklin. Estrasse dalla giacca un pacchetto di sigarette e se ne accese una. Per la prima volta in quattro mesi, si ritrovò a desiderare che Alycia fosse lì con lei. “Almeno saprebbe dirmi cosa sta succedendo.” rifletté. L’arrivo di una limousine nera attirò la sua attenzione. Lo sportello si aprì e ne uscì Franklin in persona, seguito da due grossi energumeni. All’attrice vennero i brividi.
«Eliza, carissima. Mi scuso per il ritardo. Contrattempo di lavoro.»
«Non si preoccupi.» rispose Eliza, allungandogli il braccio. Entrarono nel ristorante. Era un locale di lusso e l’australiana non ci aveva mai messo piede.
«È un mio ristorante, non pagheremo niente, non deve preoccuparsi.» spiegò Franklin, intuendo i pensieri di Eliza. Si sedettero al tavolo e ordinarono.
«Mio nipote adora The 100. Il suo personaggio preferito è Ble... Bell...»
«Bellamy.» lo aiutò l’attrice.
«Esatto, proprio lui! Ah, mio nipote è un ragazzo in gamba. Farà strada.»
«Non sapevo avesse dei figli.» confessò Eliza.
«Una figlia. Non parliamo molto da quando è morta sua madre. Sa, me la ricorda molto. Avete la stessa luce negli occhi, quella della determinazione. Entrambe siete donne forti. Da quello che mi ha detto, ha cresciuto un bambino da sola, non è da tutti.». Eliza non sapeva se sentirsi lusingata o inquietata da quei complimenti. Franklin sembrava sapere così tante cose su di lei. Troppe.
«Christian è un bambino forte. Ce l’avrebbe fatta anche senza di me.» disse, senza pensarci troppo. Calò il silenzio per qualche attimo. Franklin sorseggiò del vino ed Eliza lo imitò.
«Da quanto conosce Alycia?» chiese a bruciapelo. L’uomo sembrava aspettarsi quella domanda.
«Oh, la signorina Debnam-Carey e io ci conosciamo da almeno cinque anni. Abbiamo avuto un rapporto, come si può dire... Travagliato?» rispose. Eliza fece per chiedere altro, quando il cameriere portò il cibo. I due cominciarono a mangiare, senza spiccicare parola. Si stavano studiando.
«Conoscendo Alycia, deve aver combinato qualche grosso guaio.» ipotizzò poi Eliza, riprendendo la conversazione. Franklin ghignò. La ragazza intuì che stava cercando di decidere se scoprire o meno le sue carte.
«Quando la conobbi, Alycia era solo una ragazzina. E non sempre i ragazzini finiscono per frequentare buone compagnie. Sa Eliza, c’è una regola di buonsenso alla base del vivere: mai giocare con il fuoco. Mai cercare di essere più furbi di chi detiene il potere.». L’attrice aggrottò la fronte.
«Non capisco.» mormorò. Franklin le sorrise, ma in quel gesto Eliza non trovò affatto la cordialità della sera precedente.
«Lei conosce i Prune?». L’attrice trasalì. Era la band di Rachel. Annuì lentamente.
«Non so se ha seguito le vicende di quel gruppo. Rachel, la cantante, e Alycia strinsero amicizia. Quelle due ragazzine si misero in testa di poter cambiare il mondo. Denunciare con la musica quelli che loro credevano essere abusi subiti dalla comunità locale, un intento nobile, quanto sciocco. Si sono infilate in un gioco più grande di loro e si sono scottate, Eliza. Hanno provato a seguire le loro regole, ma il banco il banco lo teneva qualcun altro.» raccontò l’uomo. Bevve altro vino.
«Loro mi hanno portato via qualcosa che mi spettava di diritto. Qualcosa che ora ha lei, signorina Taylor.». Eliza rabbrividì.
«Christian.» mormorò. Si alzò di scatto, ma i due energumeni le si pararono davanti, costringendola a sedersi nuovamente. Era nel panico, ma cercò di non darlo a vedere.
«Che cosa vuole da mio figlio?» ringhiò. Franklin arricciò il naso.
«Ma Christian non è ancora suo figlio.» sibilò l’uomo. Eliza era paralizzata.
«Lo sarà.» replicò, cercando di mostrarsi il più calma possibile. Franklin bevve altro vino.
«Christian mi serve, Eliza. Rachel ha provato a sfidare la sorte. Le è andata bene per tre anni, ma alla fine prevarrò io. Lei ha due opzioni: opporre resistenza ad un ineluttabile destino o consegnarmi il bambino, rinunciando all’adozione. Se imboccherà la strada giusta, nessuno si farà del male, è una promessa.»
«Mi sta minacciando?» sbottò Eliza.
«Non lo farei mai, mi creda. No, la mia non era una minaccia nei suoi confronti.». L’attrice non riuscì a trattenere oltre le lacrime. Scoppiò a piangere, nascondendo il volto dietro le mani.
«Lei deve semplicemente scegliere, signorina Taylor. La vita è costellata da decisioni e lei deve solo prenderne una. Con la scelta giusta non sarà costretta a chiedersi qual è la persona a cui tiene di più. Ci pensi, ha due giorni per rispondermi.» concluse l’uomo, alzandosi e andandosene. Eliza aspettò che se ne fosse andato, per poi correre via. Aria, ne aveva bisogno. Si appoggiò alle pareti del grattacielo. Aveva il respiro corto e il cuore le batteva all’impazzata. Prese il telefono e cercò in rubrica qualcuno a cui scrivere. “È giunto il momento di parlare faccia a faccia.” realizzò tra sé e sé.



Angolo del disagio

Ben ritrovati! Dunque, conoscenza più approfondita col villain della nostra storia. E che villain. Eliza ci è cascata come un pollo, bisogna dirlo. La situazione si sta facendo davvero incandescente, anche perché Franklin non ci va giù per il sottile e sembra molto determinato. Nuovo tassello anche del passato di Alycia e Rachel, anche se molto piccolo. Si va sempre più a delineare il rapporto fra loro due, basato su azioni passate condivise. 
Spero vi sia piaciuto, la canzone che ho scelto per questo capitolo è Conspiracy dei Paramore. In particolare la frase citata mi sembra esprimere bene i sentimenti di Eliza, la quale non capisce più di chi fidarsi. In ogni caso, fatemi sapere che cosa ne pensate.
Grazie a chi recensisce e legge assiduamente e anche a chi segue questa storia in modo silenzioso. Vi invito a lasciare un commento, a me fa davvero molto piacere leggere i vostri pareri e le vostre impressioni.
Alla prossima!

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Capitolo 25
*** 24.Regret ***


24.

 

If you could just let me live again in that moment
Let me breathe and
Pretend that what I did to you didn't happen
It's not like before
I regret, regret
I'm not the same anymore
Just let me in with brand new intentions
(Dreamhouse-Regret)

 

Alycia picchiettava nervosamente  le dita contro il tavolo. Eliza si era precipitata da lei inaspettatamente. Il suo arrivo era stato preannunciato da un semplice messaggio che non spiegava poi un granché. Quando se l’era trovata avanti, Alycia aveva ringraziato tutte le divinità esistenti di essere in compagnia di Lindsey. Aveva dovuto compiere uno sforzo monumentale per rimanere razionale e mascherare i suoi reali sentimenti. Eliza sembrava sconvolta e aveva solo bisogno di essere rassicurata. Per questo motivo, Alycia lasciò che fosse Lindsey ad avvicinarsi alla bionda, mentre lei si sedette su una sedia, il più lontano possibile. Ascoltò con attenzione il racconto del pranzo con Franklin. La rabbia la invase. Come aveva potuto farle questo? Come aveva potuto mettere Eliza nella condizione di scegliere tra lei e Christian?
«È tutta colpa tua!» la additò la bionda. «Se a Vancouver tu mi avessi detto subito la verità, noi ora non saremmo a questo punto.». Alycia non rispose.
«Beh, ragazze, io vado a fare una telefonata.» annunciò Lindsey, capendo di essere di troppo. Ora erano sole, per la prima volta dopo quattro mesi. Alycia si alzò.
«Eliza, io...» provò a dire.
«Non ho bisogno di stupide scuse. Non più. Non a questo punto.» le urlò contro la bionda. Alycia si morse il labbro. Capiva perfettamente la sua posizione e non c’era motivo di ribattere. Eliza era fuori di sé e come avrebbe potuto darle torto?
«È tutta colpa tua.» ripeté Eliza. «Se mi avessi detto subito la verità, non avrei fatto entrare Rachel nella mia vita e ora Franklin non saprebbe nulla di Christian.». Era un dato di fatto. Sì, era colpa di Alycia, avrebbe dovuto dire la verità fin dal principio. Già, la verità. Chinò il capo. Riusciva a vedere le punte dei piedi. Una lacrima inopportuna bagnò il pavimento. Non sempre era possibile rivelare la verità. Certo, aveva osteggiato Rachel in tutti i modi da quando l’aveva vista sul set, ma non l’avrebbe mai potuta tradire. Rialzò lo sguardo. Eliza la fissava, gli occhi carichi di odio. Eppure, anche così Alycia la trovava bellissima.
«Andrò dalla polizia. È l’unica cosa che mi resta da fare.» dichiarò la bionda. La più giovane schioccò la lingua.
«Che c’è?» sbottò Eliza.
«Sai anche tu che sarebbe perfettamente inutile. È la tua parola contro la sua. Lui la controlla la polizia.» la contraddisse Alycia. Eliza distolse lo sguardo. Il suo volto era duro. Sapeva che la mora aveva ragione, ma non l’avrebbe mai ammesso apertamente. Alycia provò nuovamente ad avvicinarsi a lei. Non ci furono resistenze questa volta. La fece accomodare sul divano e le si sedette accanto. Avrebbe voluto abbracciarla, baciarla, stringerla a sé e sussurrarle che tutto si sarebbe risolto. Ma non poteva. Eliza non si sarebbe più fatta avvicinare e lei non le avrebbe mentito di nuovo.
«Se io non consegnerò Chris a quel pazzo, tu morirai.» mormorò la bionda. Alycia deglutì.
«So che per te andrebbe bene così. E anche per me, farei di tutto per proteggere quel bambino.». Lo schiaffo le fece particolarmente male, forse per gli anelli che Eliza portava sempre con sé. Alycia la guardò. Ora l’odio aveva lasciato il posto alla rabbia.
«Che cosa significa?» trovò la forza di chiedere la mora. Eliza si alzò. Fece per tirarle un altro schiaffo, ma si fermò. Sentì le gambe cederle. Si ritrovò in ginocchio, di fronte a lei. Non aveva più senso fingere. Non aveva più senso reprimere i suoi sentimenti. Scoppiò a piangere. Alycia decise che non era il momento di avere paura. La strinse a sé, con delicatezza, quasi avesse avuto paura di romperla. Si sforzò di non scoppiare. Doveva essere forte. Si chinò su Eliza e, con una lentezza disarmante, appoggiò le labbra sulla sua fronte. Chiuse gli occhi, attenendo un altro schiaffo che, però, non arrivò mai. Al suo posto, una mano le carezzò dolcemente la guancia.
«Mi dispiace.» sussurrò.
«Io non voglio che tu muoia.» confessò Eliza. Alycia deglutì. Cercò di tornare ad essere razionale. Doveva farlo, per il bene di Eliza e di Chris.
«Non mi succederà niente, te lo prometto.»
«Non dipende da te, ma da me. Devo scegliere se salvare te e Chris, condannandolo però a vivere con quel pazzo, o se provare a scappare con lui, sacrificando te e chissà chi altro.» replicò la bionda. Alycia le carezzò teneramente il capo. Eliza si accomodò, appoggiando la testa sulle gambe della più giovane. I suoi occhi azzurri erano diventati ormai rossi a causa del pianto.
«Non so se riuscirò mai a perdonarti ed è la cosa che mi fa più male.» ammise. Alzò lo sguardo. Alycia distolse lo sguardo, cercando di trattenere le lacrime. Eliza allungò le braccia e le prese il volto tra le mani, costringendola a guardarla. Di colpo, le sembrò così timida e insicura, come la prima volta che si erano incontrate, anni prima. Le sorrise, non seppe nemmeno lei perché, per poi stendersi nuovamente. Alycia si ricompose. Avrebbe trovato una soluzione. Glielo doveva. I suoi occhi verdi risaltavano nella penombra della stanza.
«Ce la faremo, te lo giuro. Non lo toccherà, lo proteggerò con tutte le mie forze. Costi quel che costi.».



Angolo del disagio

Capitolo un po' più corto e di passaggio, ma necessario. Eliza va da Alycia addossandole tutta la colpa, salvo poi confessare che mai la vorrebbe morta. Che siano i sentimenti che nutre per lei che stanno cominciando a fare capolino? Lo scoprirete presto. Dal canto suo, invece, Alycia sa perfettamente cosa prova, ma è anche consapevole di aver compiuto una scelta difficile, ma necessaria a Vancouver.
Grazie per le recensioni e a chi legge e segue questa storia. Vi invito, come sempre, a lasciarmi un commento.
Alla prossima!

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Capitolo 26
*** 25.Blind Love ***


25.

 

Never thought I'd break, never thought I'd be this way
I can say sorry but that'll never be enough
Feeling like a failure, feeling like I lost your trust
[...]
Well, I just wanted you to hear me say
I don't ever want to see you fall
(Awaken I Am-Blind Love)

 

«Mi ricordi perché siamo venuti in questo... Cos’è, un bar? Una discoteca?». Alycia alzò gli occhi al cielo. Il Fences era un locale non molto grande, situato alle porte di South Central, a una mezz’ora di macchina dal centro. Alycia aveva conosciuto lì Rachel e aveva frequentato quel posto spesso negli anni a venire, fino a quella tragica sera. Si sentiva strana, come se fosse ritornata a casa dopo tanto tempo. Era rimasto tutto esattamente come tre anni prima. Stessi tavolini, stesse sedie, stesso palco per i concerti, stesso personale.
«Alycia Debnam-Carey, che sorpresa! Chi non muore, si rivede.» la salutò con entusiasmo un uomo sulla quarantina. Era basso e ben piantato, con una buffa acconciatura dal colore viola.
«Eliza, lui è Parker Bay, il creatore di questo posto incredibile. È una delle prime persone che ho conosciuto quando sono arrivata in America.». Eliza fece un sorriso stentato e gli strinse la mano.
«Il djembe ti aspetta sul retro, l’abbiamo lustrato ogni giorno da quando te ne sei andata.» disse poi l’uomo, rivolto ad Alycia.
«Tu suoni il djembe?» chiese stupita Eliza. La mora annuì, timidamente.
«Suonare? Si esibiva qui una sera sì e una no!»
«Non esagerare, Parker.» cercò di tagliare corto Alycia, in completo imbarazzo.
«Come vuoi, dolcezza. Accomodatevi, vi faccio portare qualcosa.». Le due attrici lo osservarono andarsene. Si sedettero ad un tavolino, nell’attesa che l’uomo si palesasse di nuovo. Alycia era diventata bordeaux ed Eliza ne rise. Non appena notò che la mora se ne era accorta, però, ritornò seria.
«Non c’è niente di male a ridere.»
«Non sono in vena, Aly. Non ora.» rispose Eliza, acida. La più giovane sospirò. Avrebbe voluto replicare, ma si morse la lingua. L’arrivo di Duke con un vassoio colmo di stuzzichini fu accolta come manna dal cielo.
«Tu sei il suo amichetto, giusto? Mi ricordo di te da Vancouver.» esordì Eliza. Il ragazzo annuì. Alycia si scusò con lo sguardo per quel comportamento.
«Lei dov’è?» chiese poi, cercando di ignorare quanto appena accaduto.
«Oh, ehm... Dovrebbe arrivare a momenti, stasera canta. Nulla di serio, esegue solo una canzone, Parker ha deciso di organizzare una sorta di concorso.» spiegò Duke.
«E cosa si vince? Un viaggio andata e ritorno per truffalandia?»
«Eliza, smettila!» la interruppe Alycia, visibilmente adirata. Duke si grattò la nuca, imbarazzato.
«Appena finisce di cantare ve la mando, così potete parlarle come si deve.» dichiarò. Alycia lo ringraziò. Rimasero nuovamente solo loro due. Eliza si torturava le mani, nervosa. Si sentiva in colpa, si stava comportando come una bambina.
«Pensavo non dovesse cantare.» asserì.
«A Vancouver. Con te che non avevi la minima idea di chi fosse.» rispose secca Alycia. Calò un silenzio gelido. Entrambe cercavano di non incrociare l’una lo sguardo dell’altra. Orgoglio, paura, rabbia, chi avrebbe potuto dire cosa stava prevalendo in quel momento? Erano talmente perse nei loro pensieri, da non accorgersi nemmeno che la serata organizzata da Parker era iniziata. Sul palco salì un ragazzo sui sedici anni. Indossava una felpa più grande di lui. Eseguì un proprio pezzo, una canzone terribile senza né capo, né coda. Se ne susseguirono altri cinque o sei, più o meno tutti sullo stesso tenore.
«Non era un concorso per talenti?» ironizzò Eliza.
«Sì, talenti locali.» replicò Alycia. «E pretese locali.» aggiunse poi. Eliza si lasciò sfuggire un sorriso divertito.
«Beh, io andrò a fumare una localissima sigaretta.» annunciò, stufa di assistere a quello strazio. Fece per alzarsi, quando la vide. Aveva con sé una vecchia chitarra. Cominciò a suonare. Era una canzone che Eliza non aveva mai sentito prima, probabilmente di qualche gruppo che non conosceva.

I never wanted a break
I never wanted to be this way
I've never felt so low
But at the same time you make me feel high
Oh, baby, did I leave you out to dry?

Eliza si voltò verso Alycia. La ragazza distolse immediatamente lo sguardo. 

From all my lies
I know it's kinda hard, I know I fucked it from the start

Alycia si asciugò le lacrime che, ormai, avevano cominciato a scendere incontrollate per le gote. Si sentiva così in colpa. Non le aveva mai parlato delle sue reali condizioni di salute, di Rachel, della vera identità di Christian. Aveva rovinato tutto sin dall’inizio. La sua fuga non era finita al suo ritorno, due anni prima. Lei stava fuggendo da sempre ed era arrivato il momento di smetterla.

I can't change, I can't change the way I had left you all alone
I don't ever want to see you fall again
I'm not saying, I'm not saying that I can make it all okay
I just wanted you to hear me say
I don't ever want to see you fall

Eliza era paralizzata. Il pianto di Alycia era ormai disperato. Affondò il volto fra le mani, singhiozzando. Eliza si morse il labbro. Si voltò a guardare Rachel. La ragazza aveva gli occhi lucidi. Forse stava dedicando mentalmente quella canzone al fratello, chissà. Eliza si sentiva completamente alienata. Non sapeva cosa fare. Da una parte, il risentimento nei confronti delle due ragazze era troppo forte. Che poi, era davvero risentimento? Si era mai chiesta quanto Rachel e Alycia avessero sofferto? A cosa avessero realmente passato? Si era mai anche solo posta il problema di quanto avessero sacrificato in quei tre anni? I suoi occhi si posarono nuovamente su Alycia. Doveva solo prendere una decisione. Si alzò improvvisamente, sotto lo sguardo confuso della ragazza più giovane.
«Vieni.» sussurrò, prendendola per mano. Alycia la seguì, senza capire. Si fecero spazio tra la folla. Dopo un tempo che parve a entrambe interminabile, si ritrovarono all’esterno. Le parole cantate da Rachel erano perfettamente udibili, ma le due attrici non le ascoltarono. Alycia si era accovacciata sull’asfalto, il corpo scosso da continui tremiti. Eliza si accucciò. Le prese le mani fra le sue. Sorrise. Le parti si erano invertite rispetto al pomeriggio. Alycia sentì due dita alzarle il mento. I suoi occhi verdi si scontrarono con quelli blu di Eliza. Cercò di chinare il capo, ma la bionda non glielo permise.
«Ti prego.» mormorò la più giovane. Eliza non rispose. Si sporse in avanti. Era vicina. Alycia chiuse gli occhi. Le labbra di Eliza sulle sue, così improvvise, così attese, così salvifiche la colsero di sorpresa. Riaprì gli occhi di scatto. Si scostò.
«Cosa stai...?». Silenzio assordante. Quegli occhi blu urlavano una risposta che Alycia già conosceva.
«Te ne pentirai.». Eliza la ignorò e si avventò nuovamente su di lei. Forse Alycia aveva ragione. Forse se ne sarebbe davvero pentita cinque minuti dopo, ma ormai aveva preso la sua decisione. Non voleva più cadere e solo Alycia le avrebbe permesso di non farlo.



Angolo del disagio

Dunque, questo è uno dei capitoli a cui tengo di più, per molti motivi. In primis, perché è uno dei primi che ho pensato. In secondo luogo, perché Eliza riflette sul fatto che sì, lei ha sofferto, ma Alycia e Rachel pure. Le due hanno perso molto nel giro di tre anni e, in particolare Alycia, si rende conto di quale impatto negativo abbiano avuto le sue scelte di vita. Inoltre, si scoprono altre cose sul passato di Alycia e Rachel e il microcosmo che frequentavano (a tal proposito, ci tengo a dire che Alycia sa davvero suonare il djembe, avendo studiato musica da percussionista). E poi, vabbè, c'è il bacio, credo abbastanza inaspettato. Vi chiederete:«Ma allora tutto il discorso sul perdono?». Con calma, verrà fuori tra molti capitoli, in realtà. 
La canzone che Rachel canta è la bellissima Blind Love degli Awaken I Am. Credo esprima alla perfezione i sentimenti della ragazza nei confronti del fratello e di Alycia nei confronti di Eliza. 
Ringrazio chi legge, chi recensisce e chi segue silenziosamente questa storia. Vi invito a commentare, è davvero importante per me (e non mordo, tranquilli).
Alla prossima!

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Capitolo 27
*** 26.Worse For Wear ***


26.

 

I'd give you my heart if it was even there
I'd carry your world when it's too much to bear
These desolate eyes are at best, worse for wear
Oh my love, could you ever love again?
(Red Handed Denial-Worse For Wear)

 

Le mani di Eliza. Il suo profumo. Le sue labbra. Quanto le era mancato tutto questo.
«Volevate parlar-... Oh.». Le due attrici si voltarono. Rachel era davanti a loro, paonazza. Aveva il labbro rotto e gonfio e un grosso livido intorno all’occhio destro. Eliza si allontanò tempestivamente, spingendo Alycia il più lontano possibile. Quest’ultima sospirò. Se lo sarebbe dovuto aspettare, d’altronde. Certo che Rachel aveva un tempismo strabiliante.
«Non lo dirò a nessuno, qualunque cosa steste facendo. Anzi, facciamo che cancellerò tutto questo dalla mia mente, che ne dite?» provò a stemperare la tensione la ragazza. Eliza arricciò le labbra e rientrò nel locale, senza dire una parola. Alycia fece per seguirla, ma Rachel la condusse in disparte.
«Seriamente? Con lei? Okay, ti avevo chiesto di controllarla per proteggere Christian, non di baciarla per strada.». Sembrava infastidita.
«Che tu ci creda o no, ha cominciato lei.» asserì l’australiana. Rachel rimase a bocca aperta.
«E tanto se n’è già pentita. Hai visto come mi ha spinta via. Come biasimarla, d’altronde?» rifletté Alycia, sconsolata. Rachel non riuscì a ribattere e la accompagnò dentro. Eliza era seduta al tavolo, pensierosa. Quando vide le altre due avvicinarsi, fece loro cenno di sedersi.
«Dunque, che Alycia mi voglia vedere non mi sorprende, ma che sia tu a chiedere di me Eliza, beh, mi confonde abbastanza.» esordì Rachel, con una punta di strafottenza che innervosì visibilmente la bionda.
«Non l’avrei mai fatto se non ci fosse stata in gioco la vita di Christian, spero sia chiaro.» ribatté, dura. Incredibile come tutto fosse tornato esattamente come mezz’ora prima. Il suo sguardo si soffermò sugli occhi carichi di angoscia di Rachel. Con la mente, andò indietro nel tempo fino alla mattina in cui la ragazza era scappata via da lei. Sospirò. Era innegabile che volesse bene a Christian. Le raccontò per filo e per segno quanto successo a pranzo. Al termine della spiegazione, Rachel si buttò indietro sulla sedia. Stringeva i pugni talmente forte che poté sentire le unghie conficcarsi nella carne.
«Fammi capire. Alycia si raccomanda di stare lontano da Franklin e tu ci mangi assieme. No, dico, cosa ti aspettavi?» sbottò.
«E perché mai mi sarei dovuta fidare di lei?» ribatté Eliza. Con la coda dell’occhio osservò la reazione di Alycia a quelle parole. Si stava comportando come se il bacio di poco prima fosse stata solo una parentesi immaginaria ed era conscia di star esagerando.
«Mi avete mentito, mi avete tradita. E io avrei dovuto pure darvi retta?» continuò la bionda, sbattendo il pugno sul tavolo.
«Sei talmente egocentrica che non riesci a capire nemmeno che Alycia ha solo provato a proteggerti negli ultimi tre anni.» esplose Rachel. Non ne poteva più. Non le avrebbe permesso di ferire Alycia, non di nuovo.
«Chissà che cosa avevo visto in te a Vancouver. Pensavo che la futura madre di mio fratello fosse diversa.» concluse poi, con amarezza. Eliza deglutì. La osservò alzarsi e dirigersi verso Duke. Avrebbe voluto fermarla, dirle che le dispiaceva, chiederle dei suoi lividi, ma non fece niente. Si voltò verso Alycia, in cerca di un aiuto che la mora non poté darle. Si alzò anche lei, raggiungendo la sua amica. Eliza le osservava discutere fra di loro, animatamente. Ma cosa stava facendo? Che cosa era diventata?
«Rachel ha parlato con Duke. Sia io che lei siamo d’accordo sul fatto che Franklin non debba nemmeno sfiorare Christian. Domani ci troviamo a casa mia, forse abbiamo una pista su cui lavorare.» spiegò Alycia. Eliza realizzò che era così presa dai suoi pensieri, da non essersi nemmeno accorta che la mora era tornata al tavolo. Sorrise in modo forzato.
«Possiamo tornare a casa.» affermò. Alycia annuì. Le due si diressero alla macchina, in silenzio. Eliza mise in moto e cominciò a guidare. Nessuna delle due osava dire una parola. Di tanto in tanto, Eliza guardava di sottecchi Alycia, ma la mora continuava a fissare il finestrino alla sua destra. Dopo un viaggio che parve non finire mai, giunsero a destinazione. Eliza spense la macchina, aspettando che Alycia scendesse. La mora aprì la portiera, titubante. Si voltò verso la bionda. Eliza aveva gli occhi rossi e la faccia contrita. Le sorrise con dolcezza.
«Mi dispiace per tutto. Non so perché ho detto quelle cose prima. Io... stasera...»
«È stato un errore, Eli. Tu hai ragione. Io ho tradito la tua fiducia e non posso tornare indietro. Non capirai mai i motivi dietro ai miei gesti e io non posso spiegarti, non ora. Facciamo finta che non sia successo nulla e mettiamoci una pietra sopra.». Eliza scosse il capo.
«Metterci una pietra sopra? Sono stufa di questo gioco, Aly. Prima io, poi tu, poi entrambe. Quante volte dovremo scappare prima di arrenderci all’evidenza? Sì, tu hai tradito la mia fiducia, mi hai mentito, mi hai nascosto cose molto importanti, ma la verità è che in questi quattro mesi io non sono mai riuscita ad odiarti.» ammise, tutto d’un fiato. Alycia chiuse gli occhi per qualche istante, come a volersi proteggere da quegli angoli di cielo blu che aveva innanzi a sé.
«Tu meriti di meglio. Sei una donna in gamba e sicuramente troverai qualcuno che ti ami come meriti di essere amata.»
«Io non voglio qualcun altro, io voglio te!» ribatté Eliza. Alycia perse un battito. Doveva uscire immediatamente da quell’auto o non se ne sarebbe più andata.
«Mi dispiace.» mormorò, dando le spalle alla bionda. Fu un attimo. Un rumore sordo, come di uno scoppio. L’ultima cosa che vide fu Eliza correre disperata verso di lei, urlando una serie di parole che, però, le parvero indistinguibili.



Angolo del disagio

Ehm, non picchiatemi, vi supplico. D'altronde, è noto che in The 100 le gioie durino appena venti secondi, non potevo essere da meno, no? O forse sì? Chissà. Apprezzate almeno i riferimenti alla serie (ma forse ho scelto quelli più strazianti, ops). Va bene, avete ragione, forse tra il rifiuto di Alycia, lo sparo e la ramanzina di Rachel, questo capitolo non è molto allegro. Ma non vi preoccupate, ne arriveranno altri!
Grazie a chi legge e recensisce, senza di voi questa storia non esisterebbe. Vi invito a commentare, come sempre. Non mordo, non vi preoccupate.
Alla prossima!

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Capitolo 28
*** 27.This Means War ***


27.

 

You’ve gone too far
Who do you think you are
Is this what you came for
Well this means war
(Nickelback-This Means War)


Eliza camminava nervosa per la sala d’aspetto. Non ce la faceva più, voleva sapere come stava Alycia. Marie e Lindsey avevano cercato inutilmente di tranquillizzarla. Nemmeno la presenza di Christian era riuscita a calmarla. Accanto a lei, Paul imprecava a voce alta. Finalmente apparve un medico. Eliza lo seguì. Alycia era su un lettino, sveglia. Il braccio sinistro e parte del torace erano pesantemente fasciati, ma sembrava stare bene.
«È meno grave di quello che sembra. Il proiettile è uscito e ha mancato qualsiasi organo. Passerà la notte qui, ma da domani sarà libera di andare.» spiegò il medico. Eliza annuì e si accostò al lettino.
Alycia era pallida e sudaticcia. Le sorrise, carezzandole i capelli con dolcezza e stampandole un bacio in fronte.
«Eli, io...»
«Non ti preoccupare. Non parliamone ora, non è il momento.» la interruppe la bionda. Una lacrima le rigò il viso. Avrebbe voluto dirle così tante cose. Non aveva mai avuto così tanta paura. Non voleva perderla.
«Possiamo entrare? C’è un bambino che vorrebbe salutare.». Marie e Lindsey entrarono accompagnate da Christian, riportando Eliza alla realtà. Dietro di loro, Paul alzò le mani al cielo. Eliza prese il bambino in braccio e l’avvicinò al letto.
«Ehi, ciao.» lo salutò Alycia, allungando la mano e permettendogli di stringerla.
«Poi mi spiegherete che cosa è successo. Io ora vado ad avvisare chi di dovere che non hai lasciato posti vacanti.»
«Grazie Paul.» rise l’attrice, mentre l’agente lasciava la stanza.
«Cosa raccontiamo alla polizia?» chiese poi, improvvisamente. Eliza non si era nemmeno posta il problema.
«Beh... potremmo...». Fu interrotta da delle urla provenienti dal corridoio. Si catapultò a vedere cosa stava succedendo, seguita da Lindsey e Marie. Eliza sentì il sangue gelarsi nelle vene. Franklin si stava dirigendo a passo spedito da Alycia, mentre una Rachel fuori di sé gli urlava contro insulti di ogni tipo. Accanto a lui, un uomo dai capelli rossi e dall’aspetto viscido e un paio di energumeni. L’uomo si fermò a metà strada. Si voltò verso la ragazza. Rachel arretrò. Eliza si passò una mano fra i capelli. Non poteva stare ferma e ignorare tutto ciò che stava accadendo. Fece cenno alle sue amiche di rimanere nella stanza con Christian.
«Che cosa ci fa lei qui?» esordì, ad alta voce. Franklin accennò un ghigno.
«Sono venuto a porgere i miei omaggi alla signorina Debnam-Carey. Ho saputo dello spiacevole incidente.»
«Brutto figlio di... Fuori di qui!» urlò Rachel. Eliza le fece segno di tacere.
L’uomo si avvicinò all’attrice.
«Questo era solo un assaggio, la prossima volta non potrò controllare la mira dei miei uomini.» sibilò al suo orecchio. Si scostò, mantenendo quell’orrido ghigno stampato in volto.
«Questo dietro di me è il capitano O’Bannon, siamo amici da molto. Vi ascolterà e indagherà al meglio delle sue possibilità.». Eliza ricambiò la stretta di mano, fredda.
«Alycia ora deve riposare, domani verrà in centrale a deporre.» dichiarò.
«Allora vi aspetto. Arrivederci.» si congedò il poliziotto. L’attrice attese che se ne fosse andato, per poi avvicinarsi all’orecchio di Franklin.
«Sì ricordi: la risposta è e sarà sempre “no”.» sussurrò. L’uomo serrò gli occhi, contrariato.
«Molto bene. Ma si guardi le spalle.» minacciò. Fece segno ai suoi uomini di andarsene e si diresse verso l’uscita. Lanciò un’occhiata gelida a Rachel e poi abbandonò l’edificio.
«Ma che è successo?» chiese Marie, confusa. Eliza non rispose, il petto carico di angoscia. Aveva preso la decisione giusta e lo sapeva, ma aveva messo tutti in pericolo. Rientrò da Alycia, senza spiccicare parola. La mora la guardò con una tenerezza disarmante.
«Era...?»
«Sì. Ho preso la mia decisione.» rispose. «Mi dispiace.» scoppiò a piangere. Alycia le fece appoggiare il capo sul suo ventre. Erano solo loro due in quel momento.
«Io ti...» mormorò Eliza, fra le lacrime.
«Non dirlo. Ti prego.» la fermò Alycia. La bionda annuì. Si alzò, guardando l’altra negli occhi. Fece scontrare le loro fronti, piano, con delicatezza.
«Non ti farà più niente, te lo giuro.» promise. Le baciò la guancia e si diresse verso l’uscita.
«Lindsey, porta Chris a casa tua. Io ho una cosa da sistemare.». La statunitense non fece in tempo a replicare. Eliza si precipitò in corridoio. Discese velocemente le scale, fino a trovarsi all’esterno dell’edificio. Si guardò intorno. Doveva assolutamente trovare Rachel. La vide poco distante, ma non era sola. Uno degli energumeni di Franklin l’aveva presa per un braccio e la stava schiacciando contro una recinzione. Le sferrò un pugno che la ragazza accolse senza proteste. Rachel sputò sangue, colpendolo al volto. Il calcio in pancia non tardò ad arrivare. Rachel si ritrovò carponi.
«Sei solo una sgualdrina, ricordalo. Devi stare al tuo posto.» ringhiò l’uomo, afferrandola per i capelli. Rachel chiuse gli occhi, preparandosi per un pugno che, però non arrivò. Intorno a lei c’era solo silenzio. Sentì due mani stringerla a sé e ripulirla dal sangue. Riaprì gli occhi. Eliza la guardava preoccupata. Rachel si divincolò e si alzò in piedi.
«Ti porto a farti medicare.» propose l’attrice. Rachel sputò per terra, sprezzante.
«Non ho bisogno dell’aiuto di nessuno, tantomeno del tuo.» asserì. Eliza chinò il capo.
«È colpa tua. Ti aveva chiesto di evitarlo e tu ti sei consegnata in pasto a lui.» continuò la ragazza.
«Sto cercando di rimediare.»
«È troppo tardi!» esclamò Rachel, facendo sobbalzare l’australiana. Eliza scosse il capo. Capì che la ragazza non era arrabbiata perché era stata allontanata, ma perché ci era andata di mezzo Alycia. Si morse un labbro. La osservò sistemarsi la felpa e incamminarsi nel buio. Scosse il capo. Sapeva cosa doveva fare.
«Aspetta!» la chiamò. Rachel si voltò.
«Vieni da me, non andartene. Non piegarti a lui. Alycia non lo vorrebbe.». La ragazza era rimasta spiazzata. Avrebbe voluto replicare che lei non poteva sapere cosa avrebbe voluto Alycia, ma tutto ciò che riuscì a fare fu cadere in ginocchio nell’oscurità, in lacrime.




Angolo del disagio

La situazione sta precipitando sempre più, ma almeno Alycia è viva (temevate fossi un Jason 2.0, dite la verità). Franklin è davvero un bastardo e, cosa peggiore, controlla veramente la polizia. Rachel, invece, sta soffrendo tantissimo, forse più di tutti, totalmente succube di quell'uomo. Vi anticipo che il prossimo sarà un capitolo speciale per me, uno dei miei preferiti e che si approfondiranno un po' di aspetti finora solo accennati.
Grazie mille per le recensioni e a chi legge e segue questa storia. Vi invito a lasciare un commento, come sempre. 
Alla prossima!

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Capitolo 29
*** 28.You Found Me ***


28.

 

Lost and insecure
You found me, you found me
Lying on the floor
Surrounded, surrounded
Why'd you have to wait?
Where were you, where were you?
Just a little late
You found me, you found me
(The Fray-You Found Me)

 

Un bicchiere. Due bicchieri. Tre bicchieri. Una pasticca sul tavolo. Una bocca, pronta ad accogliere un palmo carico di silenzio solido. Eliza osservava un mondo a lei sconosciuto da lontano, un mondo che doveva ancora finire di formarsi, ma che all’alba sarebbe bruciato, per poi rinascere dalle proprie ceneri la notte dopo. Rachel non l’aveva seguita. Non ce l’aveva fatta. Eliza si chiese se il problema fosse solo la paura. Si rispose che non poteva essere così. O meglio, Rachel aveva paura, era indubbio. Paura di Franklin, paura dei suoi uomini. Ma non era solo quello. Rachel era terrorizzata dall’idea di riprendere in mano la propria vita. Era diventata un tutt’uno con l’inferno in cui viveva e ora non sapeva più farne a meno. Eliza conosceva bene quel sentimento. Era la stessa cosa che aveva provato anche lei per tanto, troppo tempo. Controllava Rachel da lontano. La ragazza era seduta ad un tavolo e, con fare provocatorio, intratteneva un gruppo di quattro ragazzi poco più grandi di lei. L’attrice era disgustata. Non le piacevano quei quattro, così come non le piaceva quel locale. Era così diverso dal Fences, così sporco, così impuro. Rachel si alzò, diretta in bagno. Due dei quattro la seguirono, lo sguardo carico di una lussuria che Eliza trovò animalesca. Sentì lo stomaco contorcersi. Non riusciva più ad assistere a quella scena. Le faceva troppo male. Bevve il drink che aveva ordinato, tutto d’un fiato. Si avviò verso il bagno. Era enorme, con sei porte. Le bastò seguire i gemiti. Non c’era nulla di sensuale in quelle voci, solo bestialità e dolore. Tanto dolore. Terza porta a sinistra. Eliza provò ad aprirla, ma era chiusa. “Ovviamente.” rifletté. Bussò. Un gemito strozzato come risposta. Colpì nuovamente il legno, questa volta con maggiore forza. Un sospiro. La porta si aprì. Uno dei due ragazzi la guardava, sornione. Eliza pensò che le sarebbe piaciuto spaccargli la faccia.
«Vuoi unirti a noi?». Eliza lo ignorò.
«No. Voglio lei.» rispose. Rachel era seduta sulla tazza del water, i pantaloni e l’intimo abbassati. Aveva gli occhi colmi di lacrime. Eliza le si avvicinò, piano. Le accarezzò la guancia e l’aiutò a rialzarsi. Uscirono da quella latrina. Eliza la condusse fuori dal locale, all’aria aperta. L’aiutò a sedersi sul marciapiede. L’accolse sulla sua spalla. Le ricordò tremendamente Alycia e, di colpo, comprese perché le due avevano legato così profondamente. Erano entrambe così forti e fragili al tempo stesso, così presenti e così sfuggenti, così coraggiose e così codarde di fronte alla vita. Eliza era consapevole che non l’avrebbe mai convinta a seguirla a casa se non le avesse proposto qualcosa in cambio. Le carezzò i capelli, con dolcezza.
«Vieni con me.» le sussurrò.
«Non posso.» obiettò la ragazza. Eliza si morse la lingua. Non sarebbe mai voluta arrivare a tanto.
«Quanto costi per una notte?» chiese. Rachel si voltò verso di lei, sbigottita. Sgranò gli occhi. Era incredula, pensava di aver sentito male.
«Pago questa notte. Pagherò le prossime. Tu devi venire a casa con me.»
«No!» urlò Rachel. Eliza la fece accoccolare al suo petto e cominciò a cullarla. Rachel chiuse gli occhi, un tentativo disperato di fermare le lacrime. Inutile. Nessuno l’aveva mai trattata con così tanta cura, a parte Alycia. Ne fu quasi spaventata. Riaprì gli occhi. Alla sua sinistra, la vita di sempre, il solito e noto incubo. Alla sua destra, una novità che prometteva salvezza. Che sapeva di famiglia. Non sapeva cosa fare. Avrebbe dovuto scegliere, ma solo gli stolti possono credere che decidere di abbandonare tutto per una salvezza appena promessa sia scontato.
«Possiamo restare qui tutta la notte, se ti va.» la voce di Eliza era così calda, così materna. Rachel guardava fisso davanti a sé. Era terrorizzata. Era caduta nell’abisso e non aveva ricordo del paradiso. Solo qualche sbiadito sentore.
«Ho conosciuto Alycia cinque anni fa. Ci ha presentate Maia, una sua cara amica. Ci siamo piaciute subito, io non avevo nemmeno diciotto anni, ma non importava. Mi ha sempre trattata come una sua pari. Non lo sono mai stata. Nessuno lo è.» esordì. Eliza la invitò a continuare, con lo sguardo.
«Mio padre era poliziotto. Indagava su Franklin, sui suoi traffici. Chi l’avrebbe mai detto che, un giorno, io sarei stata uno di quelli?». C’era una punta di amarezza in quell’osservazione. Eliza la strinse forte a sé.
«Io suonavo con la mia band. Concerti, festival e un obiettivo: denunciare ciò che non ci piaceva della società. Volevamo sentirci liberi da qualsiasi vincolo, ma la libertà ha un prezzo ed è bello alto. Io e Alycia eravamo sotto il palazzo di Franklin, mi aveva convinta ad accettare un invito ad un festival che si rivelò essere una trappola. Mio padre e mia madre stavano venendo a prendermi, quando... quando....». Eliza le baciò il capo.
«Non devi continuare se non te la senti.» la rassicurò. Rachel strinse i pugni. Ormai era troppo tardi per fermare quel flusso di parole incontrollato.
«La polizia disse che fu un incidente. Non ci ho mai creduto. Un danno al motore, ma chi ha mai anche solo pensato che fosse vero? La macchina è sbandata, quando mi hanno accompagnata lì era solo un cartoccio di lamiera. Non ci ho capito più niente. Mio fratello era nato da pochi mesi e io avevo questa responsabilità addosso. Era soffocante. Poi, non so bene dire come, Franklin si è intrufolato nella mia vita. In due mesi avevo più debiti di chiunque altro. Non mi interessava. Al terzo mese tutti i miei amici mi hanno abbandonata. Tutti, ma non Alycia. Mi accompagnava ad ogni festa. Alcool, ossicodone, MDMA, coca, girava di tutto lì in mezzo. Volevo solo non sentire più niente. Volevo smettere di provare dolore. Fu all’inizio del quinto mese. Non ricordo di chi fosse la festa. Ricordo solo la musica altissima. Mi ero calata di tutto. Poi, Alycia mi ha passato una bottiglia piena di crack. Mi hanno raccontato che sono stramazzata al suolo, finendo addosso all’impianto audio. Credo di dovere parecchie centinaia di dollari al suo proprietario, ma non ho idea di che faccia abbia.». Eliza aveva il fiato sospeso e un nodo in gola. Iniziava a vedere, a capire.
«Franklin venne a trovarmi in ospedale. Voleva riscuotere. La quantità di soldi che gli dovevo era e rimane imbarazzante. Fece un’offerta: mio fratello e mi avrebbe rimosso parte dei debiti. Non avrei mai potuto farlo, nemmeno con tutta la droga del mondo in corpo. Scappai dall’ospedale quella sera stessa. Prelevai mio fratello e cominciai a vagare per la città. Alycia mi aveva parlato di una festa in una villa, pensai che avrei potuto rubare qualcosa e filarmela. Volevo scappare in Messico.»
«La villa di cui parli era quella in cui ti ho vista la prima volta, giusto?». Rachel annuì.
«Non potevo fare altrimenti. Scappare ancora sarebbe stato stupido. Ho preferito consegnarmi a Franklin e nascondere Christian. Lui sarebbe stato al sicuro e io avrei espiato le mie colpe una volta per tutte. Ma non è andata così.». Calò un silenzio quasi irreale, interrotto solo dai singhiozzi della ragazza. Eliza la cullò dolcemente. Non le disse nulla, non c’era niente da dire. Quell’abbraccio in cui la stringeva parlava molto più di quanto avessero potuto fare le parole. Le sussurrava frasi di conforto e le prometteva una seconda possibilità, un’occasione di salvezza. Rachel inspirò ed espirò a pieni polmoni. Si nascose tra le sue ginocchia. Eliza continuava a carezzarle il capo. La ragazza si morse il labbro. La salvezza era lì e aveva un volto preciso.
«Trecento dollari. Costo trecento dollari.» sospirò. Eliza annuì, stringendola ancora di più. Le prese la mano e la fece alzare.
«Andiamo a casa.». 



Angolo del disagio

Allora, cosa dire... Questo è uno dei capitoli che più mi piace di questa storia. Lo reputo uno dei migliori, scritto durante una notte insonne e piuttosto particolare. È facile affogare nel fango, spesso ci buttiamo noi in esso. Non è così facile uscirne, anzi. Spesso abbiamo paura, siamo terrorizzati da quello che potremmo trovare al di fuori. E, perciò, tendiamo a non accettare l'aiuto di chi, con semplicità, ci tende la mano. Alla fine, però, siccome la vita è una scelta continua, può darsi che decidiamo di prendere la strada giusta. Penso sia questo il sunto della dinamica tra Eliza e Rachel, di cui scopriamo una parziale backstory. 
Spero davvero che il capitolo vi piaccia, tengo molto a un vostro commento. Credo sia uno dei più personali che abbia scritto e voglio sapere cosa ne pensate.
Grazie per le recensioni e per leggere e seguire questa storia. 
Alla prossima!
 

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Capitolo 30
*** 29.Never Easy ***


29.
 

Why does it feel like the only choice isn't what I need
Tell me what's the point
It's never easy
(Art Of Dying-Never Easy)

 

Quando Eliza si svegliò, corse subito a controllare Rachel. La ragazzina stava ancora dormendo, accoccolata al cuscino. Era distesa, finalmente. L’attrice guardò l’ora. Aveva pochissimo tempo per prepararsi e andare in ospedale a prendere Alycia. Decise di non svegliare Rachel e andò a fare colazione. Si vestì e uscì, chiudendo la porta a chiave. Una brutta sensazione l’assalì di colpo. Non voleva che Rachel si sentisse rinchiusa. Rimase a fissare la porta in preda ai dubbi. Rientrò per pochi minuti e appoggiò uno dei mazzi di chiavi di scorta sul tavolo. Scrisse poi un biglietto per Rachel, spiegando dove fosse andata. Forse stava esagerando e avrebbe dovuto allontanare la ragazza, ma non poteva. Non voleva. Alla fine di quella storia, le avrebbe chiesto di vivere con lei e Christian. E, perché no, con Alycia. “Magari.” pensò fra sé. Salì in macchina e guidò spedita verso l’ospedale. Alycia la aspettava sulla strada. Aveva il braccio al collo e si poteva intravedere la fasciatura che le copriva parte del torace, ma sembrava stare bene.
«Ehi, salta su! Dobbiamo andare in centrale.». Alycia sbuffò. Non ne aveva la minima voglia. Montò in macchina e si abbandonò sul sedile.
«Come stai?» domandò Eliza.
«Bene. Dovrò cambiare la medicazione due volte al giorno, ma sto molto meglio.» rispose la mora. Eliza annuì, per poi piombare nel silenzio più assoluto. Guidò fino alla centrale di polizia, dove trovarono O’Bannon ad aspettarle. Le condusse nel suo ufficio e le fece accomodare, cominciando ad interrogarle.
«Probabile tentata rapina, eh? È sicura?»
«Assolutamente sì. Non vedrei proprio cosa altro potrebbe essere successo.». Il poliziotto ghignò. Alycia serrò i pugni. Si ricordava di O’Bannon, era stato lui a dichiarare la morte dei genitori di Rachel il frutto di un banale incidente. E lei ci aveva anche creduto per un po’. O, forse, era stato un mero tentativo di tenere la coscienza a posto.
«Possiamo andare? Sarei un po’ stanca.»
«Assolutamente. Mi raccomando, fate attenzione, il pericolo si annida ovunque.». Le due attrici si trattennero dal rispondere a quella velata minaccia e, con il sorriso più finto che potesse esistere, si congedarono. Fecero per salire in macchina, quando qualcuno le richiamò. Era un giovane poliziotto, abbastanza alto e con una buffa capigliatura rossa e spettinata.
«Lei sarebbe?» domandò Eliza, spazientita.
«Detective Seth Campbell. Permettete una parola. Non siamo tutti come O’Bannon.» rispose il poliziotto, trafelato.
«Perché, com’è O’Bannon?» tastò il terreno Alycia.
«Andiamo, lo sanno anche i muri che è colluso con Franklin e i suoi traffici.»
«Non sappiamo di cosa parla, mi dispiace.» tagliò corto Eliza. Campbell scosse il capo, appoggiando le mani sui fianchi.
«Lo sapete benissimo. Di sicuro la signorina Debnam-Carey ne è al corrente. Sì, so tutto della sua amicizia con Rachel Dowell. Voglio riaprire il caso della morte dei suoi genitori e mandare in galera quei due bastardi.» spiegò il detective. Alycia scoppiò a ridere.
«Lei sarà freddo prima di poter anche solo pensare di dire “bah”. Non si sono fatti problemi a spararmi, nonostante sia abbastanza famosa, pensa forse che con lei sarà diverso?»
«Se voi due mi aiuterete, sì.» ribatté il poliziotto. Alycia fece per replicare, ma Eliza la anticipò.
«Di cosa ha bisogno?» chiese. La mora la afferrò dal polso con la mano sana e la allontanò di qualche passo.
«Che diamine ti salta in mente?» sbottò. Eliza si morse il labbro.
«Cerco solo di salvare Christian, Aly.». La mora sospirò. Le lasciò il polso e le permise di riavvicinarsi a Campbell.
«Che cosa le serve?» domandò.
«Rachel. So che ha rubato delle carte, ne ho bisogno.»
«Non lo farò. Non la tradirò. E se lo scordi, non si consegnerà mai di sua spontanea volontà.». Il detective annuì. Le allungò un biglietto da visita.
«Non le sto chiedendo di farlo alle sue spalle. Questo è il mio numero, potremmo farci una bella chiacchierata. Ci pensi, potrebbe mettere la parola “fine” a questa storia.» asserì. Alycia afferrò bruscamente il cartoncino e se lo infilò in tasca. Si voltò e, senza dire una parola, montò in macchina, seguita da Eliza. La bionda intuì che avesse bisogno di spazio e non le disse nulla. Mise in moto e partì.
«Portami a casa mia.» richiese la mora, fredda.
«Sicura? Hai bisogno di aiuto con le medicazioni e...»
«Sto bene. L’unica cosa di cui necessito davvero è stare da sola.» replicò Alycia. Eliza la accompagnò di controvoglia. L’aiutò a scendere e a sbarazzarsi della giacca. Quando Alycia le annunciò che si sarebbe fatta una doccia, insistette per restare.
«Ce la faccio da sola.» protestò la mora.
«Devi coprire la medicazione. Lascia almeno che ti aiuti!» ribatté Eliza. Alycia sbuffò, ma si convinse. Si liberò della maglia e attese che la bionda le coprisse la fasciatura con dell’isolante. Eliza si sforzò di rimanere razionale, anche se ciò che si trovava di fronte a lei rendeva il tutto maledettamente complicato. Alycia, dal canto suo, rabbrividiva ad ogni tocco, pur cercando di non darlo a vedere. Dopo un paio di minuti, quella tortura finì e fu il momento di infilarsi nella doccia. Con sommo disappunto, Alycia constatò di non riuscire né a controllare il getto d’acqua, né a spalmarsi il bagnoschiuma. Sospirò. Non voleva chiamare Eliza. Si incaponì e decise di riprovare da sola. Il flacone di bagnoschiuma le cadde però dalle mani, rovesciandosi. La ragazza imprecò, tirando un pugno contro il plexiglas della cabina. Si accasciò al suolo, in lacrime.
«Aly, tutto bene?» domandò Eliza, preoccupata.
«Io non... Non ci riesco da sola.» confessò Alycia, forse più a sé stessa che ad Eliza. La bionda non rispose. Alycia ebbe paura di aver detto qualcosa di sconveniente. Tuttavia, dopo pochi istanti la porta si aprì. Eliza la raggiunse. Era rimasta in maglietta e aveva preso un paio di pantaloncini sportivi dall’armadio di Alycia. Si tolse le scarpe ed entrò nella cabina. Aiutò la mora ad alzarsi e, preso il telefono della doccia, cominciò ad insaponarla e sciacquarla delicatamente, senza malizia. Una volta finito, le avvolse intorno un asciugamano. L’aiutò a rivestirsi e l’accompagnò in cucina. Alycia si sedette al tavolo. Eliza le passò un bicchiere d’acqua e un panino al formaggio.
«Non sapevo cosa prepararti da mangiare.» dichiarò, come a voler giustificare il piatto che le aveva cucinato. Alycia non rispose e addentò il panino. Eliza la osservava mentre mangiava, sorridendo. Era da mesi che l’atmosfera fra loro non era così distesa. Purtroppo, non durò a lungo. Alycia finì di mangiare e si incupì. Eliza fece un passo verso di lei, ma la mora la fermò.
«Eli io... Io non posso. Lo vorrei, ma non posso.» esordì. La bionda non capiva.
«Intendo questo. Io e te, in questo modo. L’ho desiderato così a lungo, ma ora capisco che non è proprio possibile.». Eliza chinò il capo. Una pugnalata avrebbe fatto meno male. La consapevolezza che non fosse realmente colpa di nessuno e, allo stesso tempo, responsabilità di entrambe le fece male.
«Aly...» mormorò.
«Io ti voglio bene e te ne vorrò sempre, ma finita questa storia non dovrai più cercarmi. Ho troppe questioni da risolvere,  troppi scheletri nell’armadio. Quello che ho fatto nel passato mi accompagnerà per sempre. Non si scappa da ciò che si è.»
«Ma lo si affronta, Aly. E in due lo potremo fare meglio!» replicò Eliza. Alycia distolse lo sguardo. Stava scappando di nuovo, ne era consapevole. In fondo, lei e Rachel erano simili in quello.
«Dacci una possibilità.» supplicò Eliza. Aveva le lacrime agli occhi.
«L’ultima volta che mi sono data una possibilità, siamo durate un giorno. Ti ferirò ancora Eli. Io sono così, ho preso delle decisioni e ho fatto delle cose per cui non posso più tornare indietro.»
«E allora vai avanti!» ribatté la bionda. Già, andare avanti. Come se fosse facile. Non poteva.
«È per Rachel, vero?» intuì Eliza. Alycia annuì.
«Non mi perdonerò mai per quello che ho fatto. È colpa mia questa situazione. E ora mi si chiede di consegnarla ad un poliziotto.» scoppiò a piangere. Eliza l’abbracciò, cullandola. La lasciò sfogare per un po’.
«Le avrai anche passato la droga Aly, ma la colpa non è tua. Lei ha deciso di prenderla. Franklin ha fatto il resto. Ognuno è libero. Lei non ti odia, non farlo tu.» le sussurrò con dolcezza.
«Non posso.» mormorò Alycia. «Ora vorrei stare un po’ da sola. Se ho bisogno, ti chiamo.» tagliò corto. Eliza rimase spiazzata da quel cambio di tono, ma non protestò. Raccolse le sue cose e si avviò alla porta. Si voltò verso Alycia. Sospirò.
«Abbiamo tutti una scelta, Aly e siamo liberi di prenderla oppure no. Puoi continuare a scappare, non ti fermerò. Puoi anche scegliere di restare e affrontare tutto ciò che ti accade. E, stanne certa, non saresti sola, mai.» le disse, per poi uscire. E, quando la porta si chiuse, Alycia realizzò di non essersi mai sentita così fuori posto a casa sua.



Angolo del disagio

Ed ecco un nuovo capitolo. Facciamo la conoscenza di un nuovo personaggio, che sembra avere buone intenzioni. In tutto ciò, Alycia continua a respingere Eliza, anche se prova qualcosa per lei, è indubbio. È spaventata e non vuole più ferirla, ma così facendo sta danneggiando sé stessa in primis. Insomma, gran bel casino.
Grazie a chi legge e a chi recensisce. Vi invito a lasciare un commento, come sempre.
Alla prossima!

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Capitolo 31
*** 30.Given Up ***


30.

 

You've given up
Given up
Given up on love
But I still feel the same
[...]
I pray you found your calling
And I hope you feel that it was worth the pain
(Boyce Avenue-Given Up)


Eliza era andata a prendere Christian e ne aveva approfittato per invitare Marie e Lindsey a pranzo. Non aveva la benché minima intenzione di restare da sola, non dopo la discussione che aveva avuto con Alycia. Lindsey insistette per portare anche Richard ed Eliza cominciò a sospettare che ci fosse del tenero fra i due, ma non lo diede a vedere. Non erano fatti suoi, in fin dei conti. Aprì la porta ed entrò. Solo in quel momento realizzò che aveva lasciato Rachel in casa. Fece segno ai suoi amici di attendere un attimo fuori e si avviò verso la stanza degli ospiti. Di Rachel nessuna traccia. La finestra era aperta, probabilmente era uscita da lì. Sospirò sconsolata. Si diresse in cucina e constatò che non doveva nemmeno aver letto il biglietto che aveva lasciato sul tavolo. Si era svegliata e se l’era data a gambe, semplicemente. Un orribile sospetto l’assalì. Si diresse verso camera sua. Esplorò attentamente gli scaffali della libreria di fronte al letto. Scostò un paio di libri e prese una scatola. La scoperchiò e si diede della stupida. Rachel aveva trovato i soldi e ne aveva di certo rubati un po’. Contò quelli rimasti e si sorprese nel notare che, in realtà, aveva preso solamente trecento dollari. Rachel aveva prelevato la quantità di denaro pari al valore che Franklin aveva deciso fosse il suo ed era scappata via. Eliza aveva un nodo in gola. Come poteva un essere umano avere un prezzo? Come era possibile che una vita valesse appena trecento dollari? E come era possibile che Rachel si fosse arresa a quella enorme e svilente menzogna a tal punto che l’unica cosa che aveva deciso di fare era stato scappare via? Possibile che quella ragazza sapesse solo fuggire? Esattamente come Alycia. Perché non provavano a restare? Chi aveva fatto credere loro di non avere un futuro? Chi poteva essere stato così crudele? E cosa poteva fare lei per aprire loro gli occhi, mostrare loro che un’alternativa a quel dolore e a quella disperazione c’era?
«Eli, tutto a posto?» domandò Richard, riportandola alla realtà. Eliza si apprestò a riporre la scatola al suo posto e annuì, poco convinta.
«Stavo solo controllando un paio di cose. Vi aiuto a cucinare, c’è del pollo in freezer e potremmo panarlo.» propose.
«Non ci pensare nemmeno. Tu ora riposi, pensiamo a tutto noi.» la fermò Lindsey. Eliza cedette di malavoglia e si accomodò sul divano. Christian si mise ai suoi piedi, giocando con delle macchinine. Marie la raggiunse poco dopo e le si sedette accanto.
«Sei sicura di stare bene?» esordì. Eliza si grattò il capo, nervosa. Sospirò.
«Mi passerà, Marie. Io ho preso una decisione tre anni fa e ora Alycia ha preso la sua. La vita è questo, un alternarsi di scelte. Giuste o sbagliate che siano, sono prese in totale libertà e non si può fare altro che accettarne le conseguenze. Quattro mesi fa l’ho allontanata senza nemmeno provare ad ascoltare ciò che aveva da dire.»
«Quattro mesi fa Alycia si è comportata molto male, Eli. Non è stata colpa tua. Tu hai una grossa responsabilità nei confronti di Christian e hai il dovere di proteggerlo. Mi sarei comportata esattamente come te.» asserì Marie. Eliza annuì. Il suo sguardo cadde su Christian. Il bambino stava giocando spensieratamente. Sospirò di nuovo. Già, aveva il dovere di proteggerlo, ma come? Franklin gliel’avrebbe sottratto, era solo questione di tempo. Rabbrividì al pensiero. Davvero per quell’uomo Christian non era nient’altro che la riscossione di un debito, un mero pagamento in carne di una somma altrimenti espressa in denaro? Non riusciva a capire come un essere umano potesse diventare così abbietto. In The 100, Clarke aveva affrontato personaggi spregevoli e privi di qualsiasi empatia e umanità nei confronti delle altre persone, ma Eliza non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi di fronte a gente del genere anche al di fuori della finzione televisiva. La malvagità che circondava Franklin era così reale, da risultare impensabile. Quell’uomo era il male incarnato e lei si era fatta abbindolare dalle sue buone maniere, come Eva con il serpente. Si ritrovò a chiedersi se era sempre stato così o se, per caso, qualche evento traumatico non avesse reso quell’uomo così cattivo. Non aveva risposta alla domanda. Dicono che i bambini siano tutti puri e che il male non esista nei neonati. Eliza non sapeva se ciò fosse vero o meno. Il male fa parte dell’uomo, questa era la sua unica certezza. Forse il nocciolo della questione era un altro. Forse era di nuovo la scelta. Ripensò all’incontro di poche ore prima con quel poliziotto. Sembrava una persona onesta e sincera. Forse lui avrebbe potuto aiutarla. Scosse il capo. Alycia non lo avrebbe mai permesso. Rachel non si sarebbe mai fidata e l’avrebbero persa per sempre. Eppure, doveva esserci un modo per convincere sia lei, sia Alycia. Un compromesso, forse. Sorrise, nervosa. Solo fino a due giorni prima, avrebbe giurato odio eterno nei confronti di Rachel ed Alycia. Era cambiato tutto, così all’improvviso. O, forse, nulla era davvero cambiato. Forse, e questa era la verità, quei quattro mesi erano stati una bolla, un’illusione, un tentativo disperato di fingere che non fosse possibile fare i conti con ciò che provava e con ciò che aveva vissuto. Aveva provato a nascondere qualsiasi tipo di sentimento, si era annullata completamente in nome del dolore. Non aveva più intenzione di farlo. Mai più. Doveva fare una scelta, prendere una decisione tra molte possibili. Ne avrebbe avuto il coraggio?

 

Angolo del disagio

Capitolo molto introspettivo, forse troppo. E pure corto. Mi è venuto così, a dire la verità non è uno di quelli che mi convince di più, lo trovo un po’ strano, ma spero che a voi piaccia. Eliza si ritrova a chiedersi che cosa può aver spinto Alycia e Rachel a una totale sfiducia nei confronti del futuro nel valore della loro persona. Penso che credere di valere un prezzo sia qualcosa di terribile, così come non vedere un futuro davanti a sé. Chissà, magari Eliza farà cambiare loro idea, non spoilero nulla.

Grazie mille per le recensioni e per leggere e seguire questa storia. Vi invito, come sempre, a lasciare un commento.

Alla prossima!

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Capitolo 32
*** 31.The Girl In The Dirty Shirt ***


31.

 

You got a feeling lost inside
It just won't let you go
Your life is sneaking up behind
It just won't let you go
(Oasis-The Girl In The Dirty Shirt)

 

Eliza era seduta al tavolo in cucina, fra Rachel ed Alycia e l’agente Campbell. Dall’altro lato, Duke osservava curioso quel gruppetto. Nessuno aveva ancora osato aprire bocca. La tensione era palpabile ed Eliza aveva la sensazione che si potesse affettare con un coltello, se l’avesse avuto.
«Io me ne vado. Duke, muoviti.» esordì all’improvviso Rachel. Si alzò e, salita sullo skateboard, si avviò verso la porta. Alycia fece per seguirla, ma Eliza le fece cenno di stare seduta. Schizzò dalla sedia e raggiunse la ragazza, prendendola in disparte.
«Non ci sto nella stessa stanza con uno sbirro.» protestò la ragazza. Eliza la costrinse a guardarla negli occhi.
«Tu e Alycia mi state vendendo alla polizia.»
«Alycia non ne sapeva niente, è stata tutta una mia idea. Non ti sto vendendo a nessuno e non ti capiterà nulla, è una promessa. Abbiamo bisogno di lui, lo sai anche tu. Potremmo arrivare a un compromesso, che ne dici?». Rachel assunse un’aria pensierosa. Si liberò della stretta dell’attrice e si voltò verso Campbell.
«Non dirò nulla in più di ciò che serve. Non farò nomi di persone a me care e non fornirò dettagli di azioni ritenute da lei e dai suoi colleghi illegali. Non tradirò nessuno, vi farò semplicemente leggere le carte di Rothenberg e poi me ne andrò.». Eliza si morse il labbro. Il suo sguardo incrociò quello di Alycia, nervoso quanto il suo. Non sembrava però arrabbiata per quella situazione. Campbell si grattò la fronte. Era chiaro che stava valutando quelle condizioni.
«Immagino che se provassi a trattare, tu te ne andresti, sbattendomi la porta in faccia.» asserì.
«Perspicace, complimenti.» replicò Rachel. Il poliziotto si passò una mano sul mento.
«Tuttavia, ho una controproposta. Non solo ci mostrerai le carte, ma mi aiuterai a comprendere la struttura dell’organizzazione di Franklin, in modo  da poterla distruggere dall’interno. Se accetterai, farò in modo che tu abbia meno grane possibili e, una volta sbattuto quel bastardo in galera, potrei aiutarti a farti riavvicinare a tuo fratello.» propose.
«Dall’interno? Lei è pazzo! La farà ammazzare!» protestò Duke.
«Sai anche tu che è l’unico modo per salvare Christian.» intervenne Alycia, cercando di calmare il suo vecchio amico. I suoi occhi verdi sembravano così tristi. Si sentiva così in colpa. Avrebbe voluto prendere Rachel e portarla via da tutto quello, ma non poteva.
«Le coprirò le spalle.» promise Campbell. Eliza ripensò a quando l’aveva trovata fuori dall’ospedale e si chiese se fosse davvero possibile proteggerla. Decise che non era il momento per darsi una risposta. Si girò verso Rachel. Le sorrise. La ragazza sospirò. Posò lo skateboard a terra e si avvicinò a Campbell, il braccio teso davanti a sé.
«Affare fatto.» cedette, stringendo la mano dell’uomo. Aprì lo zaino che aveva con sé e ne estrasse una busta gialla. La lanciò sul tavolo e si mise a sedere, avvicinandosi a Duke. Alycia tolse i documenti dall’incarto e cominciò a sfogliarli. Dietro di lei, Eliza e Campbell leggevano, curiosi.
«Non capisco cosa c’entri tutto questo con Franklin, sono semplici contatti telefonici. Jason è un produttore, conoscerà centinaia di persone.» obiettò la bionda.
«No Eli, questi non sono semplici contatti. Si tratta di transizioni bancarie.» la contraddisse Alycia. Eliza assunse un’aria stupita.
«E come lo sai, di grazia?» domandò. Alycia scosse il capo.
«Secondo te mi sono grattata i pollici mentre frequentavo questi giri, tre anni fa?» rispose in malo modo.
«C’è da dire che non provano un granché. Potrebbe davvero trattarsi di qualunque cosa e non c’è nulla che associ Rothenberg a Franklin.»
«Errore.» li interruppe Rachel. I tre di fronte a lei la guardavano, straniti.
«Vai a pagina cinque. C’è un nome che ho evidenziato.». Alycia scorse le carte, fino ad arrivare al punto indicato da Rachel. Sgranò gli occhi. Eliza ci stava capendo sempre meno.
«Max Frazer? Seriamente?» esclamò Alycia.
«Quel Max Frazer? Il figlio dell’imprenditore?» chiese Campbell.
«Qualcuno mi può spiegare?» intervenne Eliza, visibilmente confusa. Rachel e Alycia si irrigidirono.
«È... Complicato.» mormorò l’attrice. Notò che Rachel aveva iniziato a muovere nervosamente la gamba su e giù e le prese la mano.
«Beh, se volete io posso lasciarvi sole.» asserì Campbell, alzandosi. Rachel scosse il capo. Fu Duke a prendere in mano la situazione. Era stato in silenzio per troppo tempo, aveva guardato la sua migliore amica logorarsi per il dolore. Non ne poteva più.
«No, resti. Non c’è molto da dire. Max era il secondo chitarrista dei Prune. Lui è Rachel si sono conosciuti a una serata di gala, mi pare. Se non erro, tuo padre veniva invitato spesso ad eventi del genere.» cominciò a raccontare. Si voltò verso la ragazza, cercando di capire se stava parlando in modo corretto. Rachel annuì.
«Quando abbiamo fondato i Prune, si offrì come chitarrista ritmico. Non suonava per niente male, devo essere onesto. Sembrava esserci gran chimica tra di noi e, in breve, divenne uno dei nostri più cari amici. Lui e Rachel si misero insieme. Erano bei tempi, quelli. Le cose si complicarono quando suo padre gli chiese di smettere con la band e di iscriversi al college. Max sembrò trasformarsi, cominciò a trattarci come se fossimo stati un bel passatempo.» continuò. Rachel gli fece cenno di andare avanti.
«Non ci sono prove dirette, ma siamo quasi certi che sia stato lui ad avvisare Franklin delle indagini del signor Dowell. Frequentava Rachel, probabilmente gli passò delle carte. E ho sempre sospettato che sia stato lui ad informare Franklin della posizione dei suoi genitori il giorno dell’incidente.» concluse. Rachel scoppiò a piangere, accoccolandosi ad Alycia. Non ne poteva più, era così stanca. Si asciugò le lacrime e si sforzò di apparire tranquilla.
«Jason è sempre stato vicino a Franklin, la donazione di qualche sera fa ne è la prova. Essendo un produttore, è facile per lui reclutare persone per suo conto. Lo fa da anni. Secondo te perché Jessica ti ha rivelato la mia identità? Lavorano tutti per Franklin.» spiegò poi, rivolta ad Eliza. L’attrice avrebbe voluto urlare. Si sentì una perfetta imbecille. Strinse i pugni.
«Che cosa facciamo?» chiese. Rachel lanciò uno sguardo complice a Duke e Alycia. I due le fecero un cenno d’intesa.
«Mi sa che Max sarà costretto a rivedere la sua ex ragazza.»

 

Angolo del disagio 

Eh alla fine Rachel e Alycia sembrano essersi convinte e si scopre che Jason non è un sant’uomo. 
Vorrei focalizzarmi su Duke, in realtà. È un personaggio che faccio parlare poco, ma che per Rachel è di una grande importanza, essendo l’unica persona rimasta con lei dopo il fattaccio e le vuole un bene dell’anima.
Grazie per le recensioni e per leggere e seguire questa storia. Vi invito a lasciare un commento. Alla prossima!

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Capitolo 33
*** 32.It Won’t Rain Forever ***


32.
 

I get why you're running away 
You're letting everyone down 
And it always rains when you're home 
That's why you're running away 
(Sittingthesummerout-It Won’t Rain Forever)

 

 

«Assolutamente no. Non te lo tengo più, Eli. È da tre giorni che lo stai trascurando e io e Lindsey pensiamo sia ora di smetterla.»
«Ma Richard...» mormorò Eliza. «Aspetta, in che senso tu e Lindsey?» realizzò poi. Il ragazzo sembrava in imbarazzo.
«Ehm... Beh...» balbettò. Eliza scoppiò a ridere.
«Linds, puoi uscire!» esclamò. Stava piangendo dal ridere. La statunitense apparve, sgusciando dalla cucina. Era rossa come un peperone. Christian osservava curioso quel terzetto, senza capire cosa stesse succedendo.
«Il soldo di cacio ci sta giudicando.» asserì Richard, prendendolo in braccio. Il bambino fece una smorfia. Il canadese lo lasciò andare e lo osservò sedersi per terra e cominciare a giocare con una pallina. Si voltò verso Eliza, assumendo un’espressione seria.
Lindsey gli mise una mano sulla spalla. Sembrava preoccupata.
«Eli, ha bisogno di te. Al di là di quello che c’è tra me e Richard, credo che non possa continuare a dormire qui o a casa mia. E non provare a chiedere a Marie, la pensa come noi.» disse. Eliza si sedette sul divano. Accarezzò Christian sul capo, con tenerezza.
«È la persona più importante della mia vita, ma non posso tenerlo con me. È pericoloso.»
«C’entra Franklin, vero?» domandò Lindsey a bruciapelo. Eliza sgranò gli occhi. Come diamine faceva a saperlo?
«Alycia mi ha raccontato tutto. Cioè, non proprio tutto, ma mi ha accennato qualcosa. E dimentichi che c’ero anche io quando sei arrivata dopo il pranzo con quel mostro. Perché non ce ne hai parlato?». Eliza si morse il labbro. Capì che Richard doveva sapere a cosa Lindsey si stesse riferendo.
«Non volevo coinvolgervi. È una situazione talmente complicata. Alycia ha ricevuto un proiettile per colpa di questa storia. Rivolgersi alla polizia è praticamente inutile. Forse un modo per uscirne c’è, ma ho davvero bisogno di sapere Christian al sicuro.» spiegò. Richard si passò una mano sul volto. Sospirò. Lanciò un’occhiata carica di interrogativi a Lindsey. La ragazza gli sorrise, carezzandogli una guancia.
«E va bene.» cedette, infine. «Ma ricordati che sarai tu sua madre.». Eliza annuì. Lanciò un’ultima occhiata al piccolo. Si accucciò, in modo tale da essere alla sua altezza. Gli carezzò affettuosamente il capo e lo strinse a sé.
«Devo andare per un po’, piccolo. Ti voglio bene, ricordalo.» mormorò. Due grosse lacrime bagnarono i capelli di Christian. Il bambino si strinse ancora di più alla madre affidataria. Ed Eliza non avrebbe mai voluto lasciarlo. 

 

*

Quella tavola calda era stata il suo posto preferito per anni e fu sollevata nel constatare che era rimasta esattamente come l’aveva lasciata. Rachel inspirò ed espirò profondamente. Era seduto al solito tavolo. Non vedeva Max da tre anni, ma non era cambiato per nulla. Figura longilinea, capelli biondi, occhi scuri, orecchino nero al lobo. Rachel inspirò. Era agitata. Alycia la circondò con il braccio.
«Andrà tutto bene.» le sussurrò. Rachel annuì, non troppo convinta. Cominciò a camminare verso la tavola calda, cercando di svuotare la mente.
«Tu rimani qui, vero?» chiese ad Alycia, senza voltarsi.
«Non mi muovo.» promise l’attrice. Come rincuorata da quella frase, Rachel aumentò il passo. Quando si trovò in prossimità di Max, si bloccò. Come avrebbe attaccato bottone? Che cosa gli avrebbe detto? Prese un bel respiro e decise di non pensare più a niente. Si avvicinò al tavolo e si appoggiò con i gomiti. Max alzò la testa dal piatto e sobbalzò.
«Uova e pane e marmellata a pranzo, non cambi mai, eh?» esordì la ragazza.
«Chi non muore si rivede! Per la miseria, pensavo fossi ancora in Canada.» ribatté sorpreso Max.
«Sono tornata. Faceva troppo freddo a Vancouver.» rispose Rachel, inventandosi una mezza verità. Il ragazzo la invitò ad accomodarsi accanto a sé.
«Frequenti ancora quel finocchio di Duke?». Rachel si trattenne dal tirargli un pugno e spedirlo al tappeto. Pure omofobo, si chiese che cosa avesse visto in lui quattro anni prima. Max notò che quell’uscita l’aveva turbata. Prese un filtrino e del tabacco e si mise rollare una sigaretta.
«Stavo scherzando, tranquilla.» provò a stemperare la tensione. Rachel si guardò intorno. I suoi occhi incrociarono quelli di Alycia, che la stava osservando da una posizione defilata. Era consapevole di quello che stavano chiedendo di fare alla ragazza e dello sforzo che stava compiendo per non scoppiare.
«Beh, Dowell, quando vuoi sai dove trovarmi.» disse improvvisamente Max. Rachel non poteva lasciarselo scappare. Doveva inventarsi qualcosa.
«Ti va di fare una passeggiata? Non ci vediamo da anni e mi farebbe piacere passare del tempo assieme e chiacchierare un po’.». Max non poteva credere alle sue orecchie. Rachel, invece, alla sua bocca. Il ragazzo ghignò.
«Mi credi scemo? Senti, immagino benissimo perché tu sia venuta qui.»
«Per mangiare un sandwich?» fece la gnorri Rachel. Max scosse il capo.
«Sai, sono io che voglio parlare. Andiamo.» dichiarò poi. Rachel aveva i brividi. Alycia li vide allontanarsi sempre più. Provò a seguirli, ma li perse nella folla. Imprecò e si sedette per terra, aspettando che tornassero. Passò un’ora. Due ore. Tre ore. Alycia cominciò a preoccuparsi. Finalmente, intravide Rachel. Sembrava sconvolta. Alycia le corse incontro. «Che è successo? Stai bene?» chiese, spaventata. Rachel non rispose. L’attrice le posò le mani sulle spalle e cominciò a scuoterla.
«Ti ha fatto qualcosa? Ti prego, rispondimi.». Rachel fece segno di no con la testa. Alzò lo sguardo. Gli occhi verdi di Alycia erano colmi di preoccupazione. Rachel si sentì voluta bene. Non se lo meritava. Non se l’era mai meritato.
«Non è successo niente. Abbiamo parlato un po’, nulla di serio. Forse ho una pista, domani vi so dire meglio.» spiegò. Alycia non era per niente convinta. La prese per un braccio, ma Rachel si divincolò. La guardò allontanarsi di corsa, in lacrime. Non riuscì ad inseguirla. E si sentì un verme.



Angolo del disagio

Capitolo forse un po' disomogeneo. Eliza e Rachel vanno lette in parallelo. Entrambe scappano in un certo senso, ma non per lo stesso motivo. Oppure sì?
Nuovo personaggio (molto simpatico, devo dire, da prendere a sprangate sui denti) e nuova coppia (Richard e Lindsey, sgamati alla grande). Per quanto riguarda Alycia, invece, sembra ritrovarsi di nuovo tra l'incudine e il martello, ma non vi anticipo nulla.

Grazie a chi recensisce e a chi legge e segue questa storia. Il primo capitolo ha superato le 550 visualizzazioni e devo dire che non me l'aspettavo, quindi grazie ancora! Vi invito, come sempre, a lasciare un commento. 
Alla prossima!

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Capitolo 34
*** 33.Empire (Let Them Sing) ***


33.

 

The blood on my hands covered the hole
[...]
The deeper you dig, the darker it gets
There's nowhere else for us to go
We live what we learn, and then we forget
We'll never find our way back home
(Bring Me The Horizon-Empire (Let Them Sing))

 

Eliza stava preparando la cena. Senza Christian, la casa le sembrava piccolissima. Finì di tagliare e mondare della verdura e la mise a cuocere. Si sedette sul divano. Sospirò. Non si era mai sentita così sola e stanca. Non ne poteva più di quella situazione. Improvvisamente, il telefono squillò. Guardò il display e si stupì di leggervi il nome di Alycia. Rispose, preoccupata.
«Tutto bene?» chiese.
«Sì... Io... Dio, mi serve una mano per la cena.» confessò. Eliza ridacchiò fra sé.
«Ho capito, arrivo.». Si vestì e, spento sotto ai fornelli, prese un po’ di cibo e corse in macchina. Era una bella serata e il cielo era limpido. Eliza era nervosa. Tamburellò il volante con le dita, mentre guidava sicura verso la casa della mora. Parcheggiò e suonò alla porta. Alycia le aprì. Aveva lo sguardo spento e la faccia stanca.
«Ho portato qualcosa da mangiare.» esordì Eliza, indicando le scatoline piene di cibo che aveva in mano. Alycia annuì e la invitò ad accomodarsi. Eliza si avvicinò ai fornelli e cominciò a scaldare la cena.
«Campbell mi ha detto che l’hai chiamato. È andata bene oggi?» domandò all’improvviso. Alycia si morse il labbro.
«Sì. Rachel è stata brava.» mentì. Le vibrò il telefono. Lesse il messaggio ed Eliza giurò di averla vista sobbalzare. La osservò scrivere una qualche risposta, con fare nervoso. Doveva essere successo qualcosa, la conosceva troppo bene. Impiattò la cena e la servì. Alycia si sedette a tavola, lo sguardo chino.
«Scusa se ti ho chiamata, in questi due giorni mi ha aiutata Maia, ma è dovuta partire e non sapevo a chi chiedere.»
«Non c’è problema, lo faccio con piacere.» la rassicurò Eliza. Mangiarono senza parlare. C’era un silenzio carico di pace fra loro. Eliza si ritrovò a pensare che le sarebbe piaciuto passare delle serate del genere tutti i giorni. Osservava Alycia come se le fosse stato possibile scrutarla in profondità, conoscerla solo con lo sguardo. I lunghi capelli castani erano raccolti in una coda che le ricadeva sulla spalla. I suoi occhi parevano essersi riaccesi da quando avevano iniziato a cenare e, finalmente, il verde che li caratterizzava era tornato a splendere. Continuava a portare il braccio al collo, cosa che la rendeva un po’ buffa e goffa.
«Eli, ti va di fare un... giro?» propose senza preavviso, riportando Eliza alla realtà. La bionda era confusa. Davanti a lei, Alycia era arrossita come un peperone. Sembrava tornata la ragazzina timida che aveva conosciuto anni prima.
«Non è come credi. Sono stata categorica su noi due, lo sai. Ho semplicemente bisogno di fare quattro passi.» chiarì. Eliza annuì, sorridendo. L’aiutò a mettere la giacca a vento e si inginocchiò per allacciarle le scarpe. Notò le lacrime agli occhi  di Alycia. Si rialzò e le accarezzò una guancia. Alycia chiuse gli occhi, beandosi di quel tocco. Quando due labbra umide si posarono sulla sua fronte, si trattenne dallo scoppiare definitivamente. Riaprì gli occhi e avanzò verso la porta.
«Andiamo.» esortò. Le due ragazze si ritrovarono per strada. Faceva abbastanza caldo, ma si stava bene. La luna splendeva alta nel cielo e, nonostante i lampioni e le luci cittadine, era possibile scorgere le stelle. Alycia camminava di buon passo, come se avesse avuto fretta di arrivare da qualche parte. Eliza notò che aveva di nuovo lo sguardo spento. Cominciava a preoccuparsi. La raggiunse, cingendole il polso sano con la mano. La costrinse a voltarsi.
«Si può sapere che succede?» domandò. Alycia si massaggiò le tempie. L’immagine di Rachel che correva via da lei la stava uccidendo. Alzò lo sguardo. Gli occhi azzurri di Eliza la abbracciarono. Se solo avesse potuto abbandonarsi ad essi!
«Aly!» la richiamò la bionda, spaventata da quel mutismo. La mora sospirò. Decise di provare ad aprirsi. A Vancouver era andata bene, perché lì doveva essere diverso? “Perché in Canada speravi ancora in un futuro con lei, Aly.” si disse.
«Eli, penso che far parlare Rachel con Max sia stata una pessima idea.» esordì.
«Si è proposta lei.» replicò Eliza.
«Lo so, ma ho paura che...». Fu un attimo. Alycia sentì una mano trascinarla all’indietro e qualcosa di freddo pungerle la gola. Eliza urlava, nel panico. Si sentì schiacciata al muro. Erano due, uno alto e magro e l’altro più basso e tozzo.
«State ferme e non vi faremo nulla... Forse.» intimò quello alto, scoppiando a ridere in modo sguaiato. Cominciò a carezzare il collo di Eliza, con fare viscido. La annusò.
«Lasciala andare, brutto bastardo!» urlò Alycia, provando a divincolarsi. Basso fece scivolare il coltello lungo la carotide.
«Io me ne starei buona, fossi in te.» sibilò. Eliza respirava affannosamente. Sentì Alto armeggiare con i pantaloni. Spostò la testa di lato. Le mani dell’uomo scorrevano disgustosamente lungo il suo corpo. Eliza avrebbe voluto darsi fuoco. Alto le avvicinò la bocca all’orecchio.
«Mi dispiace, ordini dall’alto.» sussurrò. L’attrice trasalì. Aveva capito. Cercò di liberarsi, ma non ce la faceva. Chiuse gli occhi, preparandosi per il peggio. Poi, qualcosa cambiò. Si sentì meno oppressa. Riaprì gli occhi. L’uomo era a terra e, davanti a lei, Rachel stava tremando. Aveva un tubo di metallo fra le mani.
«Porca miseria, l’hai ammazzato! L’hai ammazzato!» gridò Basso. Spinse Alycia lontano da sé e se la diede a gambe.
«Eli!» esclamò la mora, correndo verso la bionda. Eliza era in ginocchio, completamente svuotata. Di fronte a lei Rachel, nella stessa posizione, fissava le sue mani, grondanti di sangue. Avrebbero entrambe voluto alzarsi. Correre. Urlare. E, invece, se ne stettero lì, ferme, così consapevoli della realtà che le circondava, da esserne all’esterno.



Angolo del disagio

Ehm... Capitolo che inizia in un modo e finisce decisamente in un altro. Franklin è un mostro e su questo non ci piove. La canzone scelta per oggi mi sembra catturi i pensieri di Rachel, che ora si trova anche un altro peso addosso (e non si sa ancora cosa sia successo effettivamente con Max). L'idea di non valere altro che il proprio dolore è sempre lì, dietro l'angolo e rischia di diventare irresistibile. Alycia, dal canto suo, avrebbe voluto dire qualcosa, ma non ha fatto in tempo. Eliza, invece, è sempre più in pericolo. Insomma, la situazione sta precipitando drasticamente e ogni personaggio sarà spinto a compiere delle scelte. Quali lo si scoprirà presto. 
Grazie per le recensioni e a chi legge e segue questa storia. Spero che il capitolo vi piaccia. Vi invito, come sempre, a lasciare un commento.
Alla prossima!

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Capitolo 35
*** 34.Empty Throne ***


34.

 

My kingdom falls
An empty throne placed in the dark 
A mother searching for her child 
My mind's running wild
[...]
Welcome my friend
To a world
Where the tables won't turn the sun won't rise
(Alazka-Empty Throne)


«Ti ricordi di questo posto?» chiese Max. Rachel annuì.
«In questo parco ci siamo messi insieme, certo che me lo ricordo.» rispose. Il ragazzo si fece pensieroso per qualche istante. 
«Non voglio che tu creda di non essere stata importante per me. Lo sei ancora, ti ho pensata molto negli ultimi tre anni. Proprio in virtù di ciò voglio parlarti.».


Rachel si risvegliò. Aveva dormito per strada, in chissà che vicolo. Era ancora sporca di sangue. Quanto dolore avrebbe ancora dovuto sopportare? Quanta sofferenza avrebbe ancora dovuto causare? Era stanca. Quale alternativa aveva? Avrebbe mai avuto scelta? Avrebbe mai saputo scegliere? Si alzò in piedi. La testa le girava all’impazzata. Soffocò un conato di vomito. Non riusciva nemmeno a piangere. L’uomo che aveva colpito non era morto e Campbell era intervenuto e fatto presente che aveva agito per difendere Eliza. Eppure, non riusciva a stare meglio. Probabilmente non ci sarebbe mai riuscita. Si incamminò, cercando di capire cosa avrebbe dovuto fare.

 

*
 

La luce solare carezzò con delicatezza il volto di Alycia, svegliandola. Si stiracchiò e sbadigliò. Accanto a lei, Eliza dormiva ancora. Non se l’era sentita di farla tornare a casa dopo tutto ciò che era successo. La guardò. Era bellissima. Tracciò con un dito il braccio, teneramente. Avrebbe voluto baciarla, ma non poteva, ne era consapevole. “Forse un giorno tu e io non dovremo più nulla alla nostra gente.”, così aveva detto Clarke a Lexa nel corso della terza stagione. Forse un giorno Alycia non avrebbe più dovuto nulla ai demoni del passato che la perseguitavano. Aveva bisogno di crederlo. “Già, e guarda com’è finita Lexa." rifletté. Sbuffò. Fece per alzarsi dal letto, quando la mano di Eliza la strattonò per il pigiama. Alycia si voltò. Si sentiva la bocca secca.
«B-buongiorno.» balbettò.
«Buongiorno.» mormorò Eliza. Alycia intuì che il ricordo della notte appena trascorsa era ancora troppo vivido. L’abbracciò forte, baciandole il capo. Eliza sussultò. Alycia ebbe paura di averla turbata, ma la bionda si strinse ancora di più a lei.
«Posso restare qui?» domandò.
«Non devi andare da nessuna parte.».

 

*

 

«Tu hai ucciso i miei genitori! È inutile girarci attorno, so che sei stato tu. Mi hai usata. Mi chiedo cosa ti abbia promesso Franklin. Cosa ti ha dato? Quanto vale una vita umana, Max? La mia trecento dollari a notte.». Rachel era fuori di sé. Avrebbe voluto prenderlo a pugni. 
«Tu pensi ancora che mi abbia pagato in denaro. Sei limitata, è sempre stato questo il tuo limite più grande. No, non ho mai ricevuto del denaro. Una visione, Rachel. Franklin mi ha donato una visione. Non esiste vita che possa valere più di questo. È stato necessario, mi dispiace.». Lo schiaffo arrivò, gelido e doloroso. 
«Mi fai schifo. Sei un pazzo, esattamente come lui.» sibilò la ragazza. Max ghignò. 
«Tu sei convinta che voglia tuo fratello come pagamento. È nella visione che devi credere. Christian farà parte di un nuovo mondo, Rachel.»
«Il suo mondo non esiste, Max! Ti promette aiuto, felicità, serenità, ma non è vero. Tutto ciò che mi ha donato è stata una vita da sbandata.» provò a farlo ragionare lei. 
«Tu hai scelto di vivere nel suo mondo secondo le tue regole. Non trovi che ciò che ti è successo sia inevitabile? Guardati intorno. Lui è il re e noi i suoi sudditi. Chi cerca di rovesciare il trono perisce, non chi lo serve con lealtà.».


Rachel camminava veloce. Sapeva dove stava andando. Sapeva cosa stava per fare. Intravide in lontananza la sua meta, un edificio alto e pieno di vetrate. Questa volta non riuscì a soffocare i conati e si ritrovò a vomitare succhi gastrici per la strada. Si ripulì con la manica della felpa. Era così che Lexa si era sentita prima di tradire Clarke in The 100? Conosceva poco la serie, ma quell’episodio lo aveva visto. Non poteva non paragonarsi a Lexa in quel momento. Una traditrice. Lexa aveva tradito per salvare il suo popolo, lei per cosa lo stava facendo? Per chi? Chi era il suo popolo? 

 

*

 

«A cosa pensi?» domandò Alycia. Erano ancora abbracciate, stese a letto. Eliza si girò, lentamente.
«Che io ti...» si morse la lingua. «Che io ti avrei dovuto ascoltare. E non intendo alla serata di gala. Io avrei dovuto chiederti perché ti sei comportata così a Vancouver. Sono stata solo capace di arrabbiarmi e mi dispiace.» disse poi. Alycia appoggiò il mento sulla sua spalla.
«Avrei fatto lo stesso, lo sai. Christian viene prima di ogni cosa. Prima di me, di te, di tutto.». Eliza annuì debolmente.
«È stato Franklin. Ha detto lui a quegli uomini di... Dio!». Alycia la strinse a sé, baciandole la nuca. Aveva la pelle d’oca. Fino a che punto si sarebbe spinto? Per cosa, poi?
«Non ti succederà più nulla, nessuno ti farà del male.» provò a rassicurarla, cullandola dolcemente. Improvvisamente, qualcuno suonò il campanello.
«Resta qui.» raccomandò Alycia. Scese le scale e raggiunse la porta. La aprì, trovandosi davanti una donna sui quarant’anni e Rachel in compagnia di due agenti di polizia.
«È successo qualcosa? Devo testimoniare in suo favore?» chiese l’attrice. Rachel chinò il capo. Non ce la faceva a guardarla negli occhi.
«Mi chiamo Grace Keplan. Sono l’assistente sociale di Christian Dowell. So che la signorina Taylor è qui da lei.». Alycia annuì, confusa.
«I-io...»
«Sono qui.». La mora si voltò. Eliza li aveva raggiunti. Sembrava confusa quanto lei.
«C’è qualche problema?» domandò.
«A dire il vero, sì. Rachel è venuta da me stamattina e ha confessato di star frequentando lei e il bambino da qualche giorno. Ha dichiarato di aver perfino dormito a casa sua.». Le due attrici si scambiarono un’occhiata carica di confusione e panico.
«Tu hai fatto cosa?» sbottò Eliza, rivolta a Rachel. La ragazza non riuscì a replicare.
«Mi dispiace, lei deve venire con noi per chiarire la sua posizione.» spiegò uno dei due agenti. Eliza non poteva crederci. La presero per il braccio, accompagnandola alla volante.
«Inutile dire che l’affido le sarà revocato.» annunciò l’assistente sociale, fredda. Alycia osservò Eliza scomparire in quell’automobile blu. Si voltò verso Rachel, incredula.
«Mi dispiace.» mormorò la ragazza.
«Mi fai schifo.» ringhiò l’australiana, sbattendole la porta in faccia. Rachel rimase ritta davanti all’ingresso, senza nemmeno riuscire a piangere. 

 

*

 

«Denunciati. Denuncia te ed Eliza, lei sarà fuori in poco tempo e Franklin avrà ciò che desidera. Quanto a te, potrai finalmente andartene e ricominciare da capo, per davvero.»
«Non lo farò mai!» esclamò Rachel. 
«Lo farai. Non puoi permettere che facciano loro del male. Quante vite costa la vita di tuo fratello?».


«Mi è costato tutto.» mormorò Rachel. Diede un’ultimo sguardo alla porta di casa Debnam-Carey. Cominciò a piovere, ma non le interessava. Non sentiva più nulla. Era riuscita a sopravvivere, di nuovo. Aveva salvato Christian, Eliza e Alycia. Erano tutti vivi. Tutti tranne lei.



Angolo del disagio

La situazione è precipitata definitivamente. Rachel ha fatto la sua scelta, spinta dal desiderio di proteggere chi ama e dalle parole minacciose di Max. Nel frattempo, Alycia capisce che i sentimenti che prova per Eliza sono tutt'altro che sopiti e contrastabili, ma è troppo tormentata e spaventata per scegliere di dirglielo. Quest'ultima, invece, dopo il trauma della notte appena passata, si ritrova anche in arresto e senza più Christian, il tutto per aver scelto di aiutare la ragazza che l'ha appena tradita. Penso che il tema della scelta sia uno dei motori di questa storia ed è, per me, molto importante. Credo lo sia anche della serie, in fondo. The 100 mostra come una scelta ci sia sempre, anche quando pensiamo il contrario ed è qualcosa che mi ha colpita molto quando ho iniziato a guardarlo. 
Grazie per le recensioni e per seguire e leggere questa storia. Vi invito a commentare, come sempre. 
Alla prossima!

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Capitolo 36
*** 35.Nothing ***


35.

Used to feel alive, used to be alive
Used to feel something down deep inside
And took too long to realize
That all you do is just feed me lies
[...]
I feel nothing because of you
I feel nothing I'm torn in two
(From Ashes To New-Nothing)

 

Eliza era appena stata rilasciata. Se ne stava in piedi, appoggiata al muro, le mani in tasca. Alycia non osava avvicinarsi a lei, mentre Lindsey, Bob, Richard e Marie non sapevano minimamente cosa dire. Eliza si accese una sigaretta e se la portò alle labbra. Aspirò piano, mentre le lacrime cominciavano a scendere senza controllo.
«Eli... Non potevamo fare nulla, sono venuti a prenderlo e...»
«Lo so Linds, lo so.» la interruppe Eliza, fredda. Gettò la sigaretta in un cestino e si sedette per terra.
«Vado a prenderti dell’acqua. Bob, accompagnami!» esclamò Richard. I due ragazzi si avviarono verso un bar, lasciando sole le quattro attrici. Marie si sedette accanto ad Eliza e le mise una mano sulla spalla. L’australiana si scostò bruscamente.
«Scusate, io...» farfugliò. Alycia l’abbracciò e cominciò a cullarla con dolcezza, con l’intento di calmarla. Eliza si abbandonò sulla sua spalla. Non provò nemmeno a fingere di non star piangendo. Alycia poteva sentire il corpo della bionda tremare fra le sue mani. Avrebbe voluto dirle qualcosa, consolarla, ma qualsiasi discorso sarebbe stato fuori luogo. Marie le accarezzava teneramente la schiena, mentre Lindsey se ne stava in disparte, in preda ai sensi di colpa. Avrebbe dovuto nascondere Christian, impedire che lo prendessero. Era un pensiero del tutto irrazionale, ma non riusciva a toglierselo dalla testa. Quando vide Richard e Bob tornare, tirò un sospiro di sollievo. Il canadese porse l’acqua a Marie, in modo che potesse aiutare Eliza a bere. L’australiana appoggiò le labbra alla bottiglietta e si sforzò di buttare giù qualcosa. Alycia le asciugò le lacrime con le dita, dolcemente.
«Io...» provò a dire Eliza, ma l’arrivo di Campbell le fece morire le parole in gola.
«Ho saputo solo ora che cosa è successo. Non... Non saprei nemmeno da dove cominciare. Il comportamento di Rachel non ha nulla di logico.» esordì.
«Senza offesa, ma quella ragazza non agisce mai in modo sensato.» osservò Bob. Alycia lo fulminò con lo sguardo.
«Ho detto “senza offesa”.» si difese l’attore.
«Rachel deve averlo fatto per un motivo. Christian è sempre stato al primo posto per lei. Ha vissuto tre anni in esilio per proteggerlo.» ragionò Alycia.
«Sai, è incredibile che tu riesca ancora a difenderla, dopo tutto ciò che è successo a causa sua.» sbottò Lindsey. Era fuori di sé.
«Ahia.» mormorò Richard, non presagendo nulla di buono.
«Tu non sai niente di lei.» replicò l’australiana. Lindsey le si avvicinò con fare aggressivo.
«So abbastanza per dedurre che è una spostata ed un pericolo per sé e per gli altri. Lavorava per quell’uomo, dovevamo aspettarcelo che avrebbe tradito, no?»
«Lei è schiava di Franklin, non lavora per lui!» ribatté Alycia a voce altissima.
«Vedi? La verità è che tu sei come lei. Tra noi e quella ragazza non c’è storia, sceglierai sempre Rachel.» asserì Lindsey, velenosa. Si pentì immediatamente di ciò che aveva appena detto.
«Ora basta!» urlò Eliza, esasperata. Lindsey chinò il capo.
«Mi dispiace, io... Io non intendevo...» provò a scusarsi, ma scoppiò in lacrime. Scappò via, inseguita da Richard. Eliza si appoggiò a Marie. Era esausta. La statunitense le carezzò i capelli. Campbell decise di farsi avanti.
«Mi dispiace mettere il dito nella piaga, ma forse se noi...»
«È finita, detective. Rachel ha distrutto tutto. Lo sa perché sono fuori? Perché Franklin è intervenuto. Me la sono cavata con una mera ammonizione. Franklin si è preso tutto: Christian, la mia fiducia e la mia dignità.» dichiarò Eliza. Il tono era piatto. I suoi occhi azzurri erano spenti, quasi grigi. Campbell scosse il capo.
«Tutto ciò non ha senso. Ho sentito personalmente la signorina Debnam-Carey dopo l’incontro con Max Frazer e mi aveva detto che era filato tutto liscio.». Eliza si voltò di scatto verso Alycia. Realizzò che, effettivamente, era la stessa cosa che aveva detto a lei. La mora si morse il labbro.
«Non ci posso credere. Non di nuovo. Dimmi che non è vero.». Eliza pregò di aver intuito male. Lo sperava. Alycia inspirò profondamente. Realizzò solo in un secondo momento di star trattenendo il fiato.
«Allora?» la esortò Marie.
«Non è come sembra.»
«E com’è? Questa volta ti ascolto, Aly. Dammi una spiegazione convincente e prometto che non mi arrabbierò.» asserì Eliza. Alycia chinò il capo.
«Era sconvolta. Io volevo solo capire cosa fosse successo. Te ne volevo parlare ieri, ma poi...». Eliza scoppiò a ridere. Si alzò in piedi.
«È incredibile. Pensi che sia un’idiota, Aly?»
«N-no.» balbettò la mora.
«A Vancouver mi avevi ferita a morte, ma ho deciso di ascoltare i miei sentimenti, di non seppellirli e di darti una seconda possibilità. Forse Lindsey ha ragione, tra me e Rachel tu sceglierai sempre Rachel. Non ho idea di cosa vi leghi davvero, di quale rapporto malato ci sia tra voi due e, francamente, non mi interessa. Sono troppo stanca per pormi questi problemi. Perciò, Aly, vai e vivi la tua vita. Io cercherò di raccattare i cocci della mia.». Alycia strinse i pugni.
«Tra te e lei io...». Eliza le fece segno di tacere
«Non dirlo. Hai già fatto la tua scelta. Sai, non riesco nemmeno ad arrabbiarmi. Ora che ci penso, non sento proprio niente. Ti ringrazio Aly, davvero.». Alycia deglutì. Marie e Bob aiutarono Eliza a camminare verso la macchina, senza degnare la mora di uno sguardo.
“Cosa ho fatto?" si chiese, portandosi una mano alla bocca. E, per la prima volta in vita sua, pregò anche lei di non sentire più niente.



Angolo del disagio

E patatrac, here we go again. Alycia cerca sempre di salvare capra e cavoli, ma alla fine questa cosa le si ritorce contro, ogni volta. Eliza ha definitivamente perso Christian e la donna che amava e un po' di ragione ce l'ha. Quello che fatica ad accettare, forse, è questo rapporto strano tra Alycia e Rachel, basato su un passato che, in effetti, lei non conosce, così come gli altri. E, ovviamente, ciò porta poi a giudizi affrettati, come quelli di Lindsey e Bob.
Grazie mille per le recensioni e per seguire e leggere questa storia. Vi invito, come sempre, a commentare.
Alla prossima!

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Capitolo 37
*** 36.Forget Me Too ***


36.

 

We'd both be better off alone
Still think I'd get you on the phone
With one last breath in me
I'd die before I let you leave
[...]
You want me to forget you
Okay, forget me too
(Machine Gun Kelly feat. Halsey-Forget Me Too)

 

«No Paul, non mi interessa se è un film di serie B, voglio farlo.»
«Aly, sei pazza? Un prodotto del genere stroncherebbe la tua carriera. Un film con degli squali zombie come antagonisti, dici sul serio? È pura spazzatura.» obiettò l’agente. L’attrice sbuffò. Si appoggiò con i palmi delle mani alla scrivania dell’uomo. Lo guardò dritto negli occhi. Come avrebbe mai potuto capire? Era un agente, faceva ciò per cui veniva pagato.
«Ho bisogno di cambiare aria e non ho ancora date per la produzione della nuova stagione di Fear The Walking Dead. Se non mi butto nel lavoro, impazzirò.» spiegò. Paul aggrottò la fronte.
«Non ho la più pallida idea di cosa stia succedendo, posso essere sincero? È da una settimana che sei strana. Perché non ti prendi una vacanza?»
«Perché ho bisogno di non pensare, Paul.» rispose Alycia, scandendo bene le parole. Si passò una mano sul volto. Non ne poteva più.
«Senti, non farò quel film, ma trovami qualcosa, ti prego.» supplicò. L’uomo si fece pensieroso. Si sedette alla scrivania e accese il computer. Alycia lo osservava armeggiare con la tastiera e il mouse, probabilmente stava controllando nella casella di posta se c’era qualche offerta allettante.
«Stasera non prendere impegni per cena, ti passo a prendere verso le sei e mezza. Se tutto va bene, potresti ottenere un posto in una miniserie che non sembra niente male.». Alycia gli saltò al collo.
«Grazie.» mormorò.
«Aspetta a ringraziarmi, magari si rivela un flop.» ribatté Paul.
«In quel caso rimpiangeremo gli squali zombie.»

 

*

 

«Rachel, perdiamo il pullman.»
«Arrivo!» esclamò la ragazza, chiudendo il borsone. Raggiunse l’amico alla porta e sospirò. Aveva un nodo in gola da una settimana ormai.
«Hai preso tutto?» domandò Duke.
«Sì, credo di sì. Rispose Rachel. Diede un’ultima occhiata all’appartamento vuoto e uscì, chiudendosi la porta alle spalle. I due camminarono in silenzio fino alla fermata del bus. Erano in anticipo. Rachel infilò le mani in tasca. Ne estrasse un foglio di carta patinata. Era una fotografia. Si morse il labbro. Lei, Duke e Alycia qualche anno prima. Ricordava quella foto, l’avevano scattata alla festa di compleanno di George, l’ex batterista dei Prune. Chissà che fine aveva fatto.
«Stai bene?» chiese Duke, preoccupato.
«Oh, io... È solo che...». Il ragazzo le posò una mano sulla spalla e le sorrise. Rachel si appoggiò al suo petto. Sospirò, alzando lo sguardo al cielo.
«Perché Duke? Perché parti sempre con me? Hai un ragazzo fantastico qui e potresti costruirti un futuro. Invece no, io combino un guaio, tu mi aiuti e ti esili con me. Perché?» domandò, quasi sussurrando.
«Tu faresti lo stesso per me. Siamo una famiglia, Rachel. Io non ti lascio, non finché non hai trovato un posto in cui stare e persone che ti vogliono bene.» rispose il ragazzo. Rachel chinò il capo. Le aveva trovate le persone che le volevano bene. E le aveva gettate via. Aveva distrutto tutto. Aveva perso suo fratello, Alycia ed Eliza in un colpo solo. Conosceva i motivi della sua scelta. Eppure, a distanza di una settimana, non le sembravano più così ragionevoli. L’arrivo del pullman la ridestò dai suoi pensieri.
«Silver City, arriviamo!» esclamò Duke, cercando di infondere più entusiasmo possibile. Rachel strinse il borsone a sé e si avviò verso il pullman. Sentì la mano destra di Duke cingerle il braccio.
«Che cosa c’è?» domandò. Duke la scrutò. Rachel sapeva di essere un libro aperto per lui e la cosa la terrorizzava.
«Non devi farlo per forza.» le disse il ragazzo, con una dolcezza disarmante.  
«Sì che devo. Se non parto, non sarà mai finita.» ribatté Rachel.
«Se parti, tu sarai finita.» replicò il ragazzo. Rachel sospirò. Scosse il capo. Avanzò verso il pullman, i biglietti in mano. Salì un gradino, ma si bloccò. L’autista tese la mano, per controllare i biglietti. Rachel chinò lo sguardo. Che cosa stava facendo? Stava davvero scappando di nuovo? Stava davvero subendo ancora, senza nemmeno provare a lottare?
«Io non... Io non posso.» mormorò. L’autista le lanciò un’occhiata confusa.
«Signorina, ha intenzione di salire o no?». Rachel ignorò la domanda. Fece un passo indietro, ritrovandosi per strada. Duke la guardava arretrare, fino a raggiungere la pensilina. Era orgoglioso di lei. Forse, finalmente, aveva cominciato a scegliere per sé. 

 

*

 

Eliza non aveva la minima voglia di rilasciare quell’intervista. L’avevano invitata al Late Late di James Corden e lei non aveva potuto opporsi alle direttive del suo agente. Aveva chiesto a Lindsey di accompagnarla, non se la sentiva di andare da sola. Era preoccupata e agitata per le domande che le avrebbero fatto.
«Non dovrai parlare di lei per forza.» esordì la statunitense, capendo cosa le frullasse nel cervello.
«La nuova stagione lascia davvero poco spazio all’immaginazione. Ho paura che sia troppo presto per parlarne. Vorrei solo che sparisse dalla mia vita e dalla mia testa.» confessò Eliza. Lindsey la obbligò a fermarsi e a guardarla negli occhi.
«Lo sai anche tu che non è vero. Senti, la scorsa settimana ero arrabbiata e sconvolta e ho detto cose che non intendevo. Alycia ha sempre scelto te, pur se a suo modo. È che si trova nel mezzo e cerca di salvare capra e cavoli. Lo sai come è fatta.» le disse. Eliza distolse lo sguardo.
«Lindsey, se avesse avvertito subito Campbell non saremmo a questo punto.» ribatté. L’amica le prese la mano.
«Non posso prometterti che andrà tutto bene, ma...»
«No! Io non ho più forze per affrontare tutto questo. Devo voltare pagina e andare avanti. È l’unica cosa che mi resta da fare.» replicò Eliza, dura. Lindsey fece spallucce, non molto convinta. Capì che, in quel momento, parlarle sarebbe stato inutile. Chiamò l’ascensore e salì con lei, fino ad arrivare allo studio 56 del palazzo della CBS.
«Si va in scena!» esclamò Eliza, passando dalla malinconia che la stava caratterizzando in quei giorni, al sorriso più finto che avrebbe mai potuto assumere.

 

*

Lo skatepark era deserto, come al solito. Rachel provò ad eseguire un ollie, ma cadde per terra. Duke la soccorse prontamente.
«Ti sei fatta male?» le chiese. La ragazza fece cenno di sì, indicando la caviglia. Duke l’aiutò a rialzarsi.
«Riesci a camminare? Ti riporto a casa, tanto ormai è buio.» propose. Rachel annuì. I due si incamminarono lentamente. Rachel camminava a fatica, probabilmente si era storta una caviglia.
«Tieni duro, siamo quasi arrivati.» la esortò Duke. Dopo quindici minuti di pura agonia, intravidero il loro palazzo. Duke estrasse le chiavi dalla tasca e fece per aprire la porta, ma uno strano rumore lo costrinse a voltarsi. La strada era buia a causa dei lampioni spenti. Doveva esserci un black out in corso.
«Che succede?» chiese Rachel, spaventata.
«Non lo so, ma non mi piace. Dobbiamo correre dentro.». Armeggiò con la chiave, quando sentì un forte dolore alla nuca. Si toccò. Sangue. Cadde in ginocchio, sentendo le urla di Rachel farsi sempre più flebili.
«Duke!» provò a richiamarlo la ragazza. Si inginocchiò accanto a lui e cominciò a scuoterlo, senza alcun risultato. Scattò in piedi e si addossò alla parete. L’uomo davanti a lei la guardava con fare predatorio. Lo riconobbe, era uno degli aggressori di Eliza e Alycia. In pochi secondi le fu addosso. Rachel gli assestò un calcio in pancia. L’uomo si ritrovò piegato in due. La ragazza cominciò a correre disperata, ma la caviglia le faceva troppo male. L’uomo era sempre più vicino.  Salì sullo skateboard, sperando di guadagnare terreno. La caviglia le pulsava, impedendole di muoversi con continuità. Il suo aggressore le era praticamente addosso. L’afferrò brutalmente per un polso, gettandola a terra. Rachel provò a divincolarsi, ma fu tutto inutile. In quel momento, avrebbe voluto smettere di respirare, per sempre.

 

*

Alycia finì di vestirsi. Era emozionata, aveva proprio bisogno di andarsene per un po’ e ricominciare a lavorare. Prese la borsa, se la mise a tracolla e uscì. Paul non era ancora arrivato. Decise di ascoltare della musica, nel frattempo. Si infilò le cuffiette nelle orecchie e fece partire una playlist a caso. All’improvviso, udì un mugolio. Pensò fosse un problema delle cuffie e ne tolse una dall’orecchio, ma lo sentì nuovamente.
«A... ly...». Alycia si voltò. Trasalì. Rachel era per terra, ricoperta di sangue. I vestiti erano tutti strappati. Le corse incontro. La fece stendere, appoggiandole il capo sul suo grembo. Non riusciva a parlare.
«Duke...» mormorò la ragazza. Respirava affannosamente e i suoi occhi cominciavano a chiudersi.
«Ho tanto freddo.». Alycia era nel panico. Prese il cellulare per chiamare il 911, ma non ne ebbe la forza. Sentiva la ragazza diventare sempre più rigida.
«Andrà tutto bene. Resta con me, Rachel!Resta con me!».

 

*

Eliza non stava nemmeno ascoltando le domande che Corden le stava ponendo. Sentì un telefono suonare. Era il suo, lo riconobbe. L’aveva dato a Lindsey che, in quel momento, si trovava fra il pubblico. Era la suoneria delle chiamate d’emergenza. Si allarmò. Osservò Lindsey prendere il cellulare dalla borsa e rispondere.
«Tutto bene? Dobbiamo fare una pausa?» chiese Corden. Eliza annuì. Chi poteva essere? Qualcuno dall’Australia?
«Sì, grazie.» rispose. Si alzò e raggiunse l’amica. Lindsey era pallida.
«Linds, chi era?» domandò. La statunitense aprì la bocca, ma non riuscì ad emettere alcun suono. Eliza cominciò a scuoterla.
«Chi era, Lindsey?»
«Alycia. Dall’ospedale.».

 

Angolo del disagio

E così inizia la terza parte di questa storia. Se il capitolo comincia in modo simile al diciannovesimo, direi che la fine è proprio diversa. Rachel e Duke aggrediti, Alycia che vorrebbe andare via e che si ritrova la ragazza ferita sotto casa ed Eliza che sostiene di voler dimenticare la mora, salvo poi scoprire che si trova in ospedale.
Vorrei fare un paio di specificazioni: il film di serie B di cui scrivo è ispirato a una pellicola che esiste veramente. La foto di Rachel, invece, è la stessa che osserva Alycia in uno dei capitoli iniziali. Questo particolare è da tenere a mente per i prossimi capitoli e ci tenevo a sottolinearlo. 
Grazie mille a chi ha recensito e a chi legge e segue questa storia. Spero che il capitolo vi sia piaciuto, sappiate che tra i prossimi ci sono i miei preferiti e che questa parte è forse quella a cui tengo di più. Vi invito a lasciare un commento, è importante per me.

Alla prossima!

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Capitolo 38
*** 37.Only Steps Away ***


37.

 

You can stop all the leaves from falling away,
I believe you can stop my skies from turning into grey.
Wish the sound of your voice would stay, because it feels like I am only steps away
(Myka, Relocate-Only Steps Away)

 

Eliza e Lindsey entrarono di corsa in ospedale. L’australiana cercò disperatamente qualcuno a cui chiedere informazioni. Si avvicinò a quello che sembrava un banco degli infermieri.
«Cerco Alycia Debnam-Carey, so che è qui, vi prego.». Era in lacrime e in totale ansia. L’infermiera di fronte a lei controllò al computer, ma non sembrava trovare una corrispondenza con il nome.
«Mi dispiace, ma non compare da nessuna parte.» asserì.
«Non è possibile, controlli meglio!»
«Signorina, se vuole venire a vedere di persona non si faccia problemi, ma faccia in fretta. Sa, devo tornare al lavoro.» rispose l’infermiera, irritata.
«Io la...»
«Eli, l’ho trovata!» esclamò Lindsey, trascinandola via. Eliza non capiva nemmeno dove la stesse portando. Infine, la vide. Era in piedi, appoggiata alla parete. Il trucco attorno agli occhi era sbavato, segno che aveva pianto. Si stava torturando le mani, nervosa. Eliza non capiva. Le si gettò addosso, così felice di saperla viva.
«Pensavamo ti fosse successo qualcosa.» disse. Alycia non rispose. Appoggiò la testa contro la sua spalla e scoppiò in lacrime. Eliza fu presa in contropiede. Non stava capendo. La cinse in un abbraccio e le carezzò la schiena.
«Si tratta di Rachel. Lei è...» provò a spiegare. Eliza rabbrividì a quel nome. Si scostò. Alycia si aggrappò alla sua maglia. Non riusciva a smettere di piangere. Eliza si voltò verso Lindsey, in cerca di aiuto. La statunitense prese in mano la situazione, aiutando Alycia a sedersi.
«Aly, calmati.» provò a tranquillizzarla. L’australiana alzò lo sguardo. Aveva gli occhi gonfi e rossi. Respirava in modo affannato, ancora preda del panico. Il suo sguardo incrociò quello di un giovane medico dall’altra parte della sala d’attesa. Stava camminando velocemente verso di lei e anche lui sembrava distrutto.
«Duke è... È morto.» annunciò. Era sconvolto. Alycia si alzò e lo abbracciò.
«Aspetta, sta parlando di quel Duke?» chiese Eliza, chiedendosi l’istante dopo se non fosse stata troppo indelicata. Alycia annuì. Dal dolore, non riusciva più a piangere. Di colpo, Eliza e Lindsey si sentirono di troppo. Non riuscivano a capire che cosa fosse successo. Solo in quel momento, Eliza realizzò di essere al di fuori di una sala operatoria. Improvvisamente, le porte si aprirono e apparve un chirurgo. Gli occhi di Alycia si riaccesero all’improvviso, ricolmi di terrore. L’uomo le si avvicinò.
«La situazione è grave. Le lesioni interne sono molto profonde e le abbiamo dovuto esportare la milza. La caviglia destra è slogata, mentre per quanto riguarda il polso sinistro ha preso una brutta botta, lo abbiamo dovuto fasciare e accomodare con un tutore. Aveva delle ferite da arma da taglio su fianchi e gambe e, inoltre, deve aver sbattuto la faccia da qualche parte, le abbiamo ricucito un brutto taglio sopra l’occhio destro. Non parliamo dei colpi al volto, devono averla picchiata. Onestamente, non so come sia riuscita ad arrivare viva da lei, signorina Debnam-Carey, ha perso davvero tanto sangue. Non rimane altro da fare che vedere come passerà la notte, mi dispiace.» spiegò. Alycia sentì le gambe cederle. Eliza la prese al volo, stringendola a sé.
«Ti porto a casa mia.» le sussurrò. La mora fece segno di no con la testa. Non voleva andarsene. Non voleva lasciare Rachel da sola.
«Aly, non puoi stare qui. Dai, andiamo.» insistette Eliza, prendendole la mano. Alycia cedette, esausta. Abbracciò per un’ultima volta il giovane medico e gli sussurrò qualcosa all’orecchio, probabilmente parole di conforto, poi si fece trascinare da Eliza e Lindsey fino alla macchina.
«Guido io.» propose Lindsey. Eliza annuì e si sedette sul sedile posteriore, accanto ad Alycia. Il viaggio sembrò eterno. Non dissero una parola per tutto il tempo, incapaci di esprimere a voce i sentimenti che le attanagliavano. Dolore, panico, preoccupazione, angoscia, confusione le stavano schiacciando, inesorabilmente.
«Siete arrivate.» annunciò Lindsey. Ad Eliza sembrò di udire la prima voce umana dopo secoli.
«Ci vediamo domani. Se ci sono novità, non esitate a chiamarmi.» si raccomandò. Le due australiane annuirono e scesero dall’auto. Eliza armeggiò con le chiavi ed aprì la porta. Fece accomodare Alycia sul divano e corse a prenderle degli asciugamani e dei vestiti per la notte. L’accompagnò in bagno e le chiese se le servisse una mano. Non aveva più il braccio al collo, ma era comunque preoccupata per le sue condizioni. Alycia fece cenno di no e si chiuse in bagno. Eliza si recò in cucina e le preparò del tè caldo e un toast, nella speranza che provasse a mangiare qualcosa. Quando uscì dalla doccia, la fece accomodare a tavola e le porse il cibo. Alycia addentò il toast, ma dopo pochi morsi lo rimise nel piatto.
«Non ti piace?» chiese Eliza.
«È buono, davvero. È che non ce la faccio.». La bionda l’abbracciò. L’aiutò a spostarsi sul divano. La fece distendere sul suo ventre e cominciò ad accarezzarle dolcemente la fronte.
«Non riesco a togliermi dalla testa l’immagine di Rachel ricoperta di sangue. È colpa mia, di nuovo.». Eliza avrebbe voluto farle capire che non aveva responsabilità per quello che era successo, ma decise di lasciarla sfogare.
«Devono averla aggredita vicino a casa sua. È lì che hanno trovato il... Il corpo di Duke. Lei, invece, è stata...». Non riuscì a terminare la frase. Eliza le baciò la fronte.
«Se io avessi avvertito Campbell, tutto ciò non sarebbe successo.»
«Non è colpa tua, Aly.» provò a farla calmare Eliza.
«È sempre colpa mia. Se io non l’avessi convinta a cantare quel giorno, i suoi genitori sarebbero ancora vivi. Se io non le avessi passato il crack quella sera, non avrebbe perso Christian. Se...»
«Basta torturarti, ti prego.» la interruppe Eliza.
«Le ho detto che mi faceva schifo. Queste sono le ultime parole che le ho rivolto.»
«Eravamo tutte arrabbiate, non penso che abbiano rilevanza.» la rassicurò la bionda.  Rimasero in silenzio per un po’. Alycia si alzò e andò in cucina. Eliza aveva un brutto presentimento. La seguì con lo sguardo. La vide mentre apriva il frigo e prendeva una bottiglia di vino. Saltò giù dal divano e la raggiunse di corsa, levandogliela dalle mani.
«Ti prego.» supplicò Alycia.
«No. Non te lo permetterò.» ribatté Eliza, dura.
«Ho bisogno di non sentire più nulla.» mormorò la mora.
«Non è vero.»
«Non puoi saperlo.» obiettò Alycia. Eliza si morse il labbro. Le prese le mani fra le sue, carezzandole. Alycia teneva lo sguardo chino, totalmente spento. Quella vista le fece male al cuore.
«Permettimi di dimostrartelo. Permettimi di aiutarti.» le sussurrò. Si avvicinò lentamente al viso di Alycia, incerta. Fu un attimo. Impercettibile ed eterno al tempo stesso. Alycia non realizzò immediatamente che cosa stava succedendo.
«Scusa, io...» si allontanò Eliza. Non era sicura di aver fatto la mossa giusta. Alycia la guardò negli occhi. Deglutì, rimanendo con la bocca semichiusa. Quelle iridi blu erano tutto ciò di cui aveva bisogno in quel momento. Si rituffò sulle labbra di Eliza, come se fossero state acqua nel deserto. La spinse contro la parete, continuando a baciarla. Arrivarono in camera, nemmeno loro seppero come. Alycia adagiò Eliza sul letto e fece per tirarle via la maglia, quando quest’ultima la bloccò.
«Sei sicura?» chiese. La più giovane si morse il labbro. Annuì.
«Avevi ragione. Io ho bisogno di sentire qualcosa. Ti prego, aiutami. Fammi sentire.». Eliza la baciò. Non aveva intenzione di lasciarla andare, di farla avvizzire. Realizzò che tutto ciò che avevano vissuto, The 100, il suo allontanamento, quell’anno vissuto in solitudine, Christian, le riprese della nuova stagione, Rachel, tutto era successo affinché loro arrivassero a quel punto. Non avrebbe permesso che Alycia smettesse di vivere. E, quando la sentì dentro di lei, capì che da lì sarebbero solo potute ripartire.



Angolo del disagio

Duke, yu gonplei ste odon. Non ho altro da aggiungere su questo personaggio che, nei prossimi capitoli, forse conosceremo meglio e di cui capiremo anche l'importanza per Rachel e Alycia. 
Soffermiamoci sul resto. Ci hanno messo tanto, lo so, ma finalmente Eliza e Alycia si sono arrese all'evidenza e si sono lasciate andare. Non che la più giovane avesse troppa scelta. Non pensate che Eliza l'abbia fatto per mera consolazione. Al contrario, ha mostrato una vera e propria strada alternativa alla disperazione, una strada che non lenisce il dolore, ma permette di andare oltre ad esso. Vi dico subito che questo e i prossimi due capitoli sono tra i miei preferiti in assoluto di questa storia e spero sia lo stesso per voi. Sono forse i più personali di questa fanfiction e ci ho riversato molto di me. 
Non mi va di aggiungere altro. Spero vi sia piaciuto. Ringrazio per le recensioni e chi legge e segue questa storia. Vi invito a commentare, per me è importante e mi fa piacere sapere cosa ne pensate di ciò che sto scrivendo.
Alla prossima!
 

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Capitolo 39
*** 38.Green Eyes (Polarized) ***


38.

 

When one good thing marks the ending of another
Why can't we let it be like spring into the summer?
You put your faith aside and cast yourself into the great divide
Would you let me see through green eyes?
(Knuckle Puck-Green Eyes (Polarized))

 

 

Sangue. Una bottiglia. Luci. Musica. Altro sangue. Un urlo. 

«Aly, sono qui. Sono qui.». Alycia si svegliò di soprassalto. Eliza l’accolse fra le sue braccia e le schioccò un bacio sulla nuca.
«È stato solo un brutto sogno.» le sussurrò, cullandola. Alycia si rannicchiò contro il suo petto. Si voltò. La guardò negli occhi. Eliza le sorrise. Le baciò la punta del naso.
«Vuoi parlarmene?» le chiese. Alycia non rispose. Non lo sapeva nemmeno lei. Aveva paura. Non voleva allontanarla di nuovo, ma non sapeva come evitarlo. Parlare e tacere sarebbero state due facce della stessa medaglia.
«Io non lo so.» trovò la forza di rispondere. Eliza le baciò la fronte.
«Io sono qui, qualunque cosa tu voglia fare.» la rassicurò. Le baciò il naso, per poi scendere fino alla guancia e spostarsi sulla sua bocca. Sentì qualcosa di umido bagnarle il volto. Alycia stava piangendo. La strinse forte a sé.
«Io sono qui.» le ripeté. Alycia parve calmarsi un pochino. Si girò a pancia in su. Sospirò. Eliza le appoggiò la mano
sul ventre nudo, carezzandolo con un dito.
«Io vorrei aprirmi. È che sono terrorizzata, Eli. Non voglio che tu te ne vada.» confessò la mora. Eliza le schioccò un bacio sulla spalla.
«Non vado da nessuna parte.» dichiarò. Alycia inspirò profondamente. Eliza la costrinse a guardarla negli occhi.
«Ascolta, non devi farlo per forza. Non ti vorrò meno bene solo perché non te la senti di parlarmi ora.» le disse.
«Io devo farlo.» affermò Alycia. Aprì la bocca, ma era come bloccata. Non riusciva ad articolare alcun suono. Eliza decise di provare ad aiutarla. Non sapeva quanto in là si sarebbe potuta spingere, ma voleva che lei parlasse e che si liberasse di tutti i pesi che portava dentro di sé.
«Chi era quel medico con cui hai parlato ieri?» chiese, cercando di risultare il meno invadente possibile.
«Si chiama Josh. È... Era il ragazzo di Duke.». Eliza rimase di stucco per qualche istante. Si coprì gli occhi con le mani. Alycia non capiva.
«Scusa io... Pensavo che... Non importa.»
«Tu credevi che Duke e Rachel stessero insieme?» realizzò Alycia. Eliza avrebbe voluto nascondersi.
«Sono stata terribilmente inopportuna, perdonami.» si scusò.
«Non importa. Non sei l’unica ad averlo pensato, l’ho creduto anche io la prima volta che li ho visti.» raccontò Alycia.
«Erano molto uniti.» osservò Eliza. La mora annuì.
«Li ho conosciuti ad un loro concerto, credo. Non ne ho idea, onestamente, so solo che io e Maia eravamo al Fences e lei me li ha presentati. Aveva conosciuto Rachel in spiaggia due giorni prima. Non aveva ancora diciotto anni. Duke ne aveva già venti invece, era più grande di lei. Era così protettivo nei suoi confronti, non saprei nemmeno spiegarti che tipo di rapporto avevano. L’ha seguita in Canada, nonostante Josh.» raccontò. Eliza l’ascoltava curiosa, voleva conoscere ciò che legava Alycia a quei ragazzi.
«Quando ho conosciuto Rachel, cominciammo a parlare. Mi disse tante cose, che suonava e cantava, che avrebbe voluto concludere qualcosa nella vita, avere un impatto sulla società. Rimasi colpita, mi ricordava molto me qualche anno prima. In fondo, avevo solo diciotto anni quando sono arrivata negli Stati Uniti. Rachel era ossessionata dal suo impatto sul mondo. È sempre stata terrorizzata dall’idea di vivere inutilmente. Credo sia per questo che abbia fondato i Prune. I primi tempi suonavo con loro ogni tanto, il loro batterista si divertiva a farmi provare. George è stato il primo ad allontanarsi da Rachel dopo l’incidente. Andai a parlargli e mi rivelò che non riusciva a guardarla in faccia e non pensare a ciò che era successo. Non lo vedo da allora, da quel che so si è trasferito a New York e si è iscritto al college. La bassista, invece, era una ragazza in gamba. Si chiama Nichole Wilkins, ci sentiamo ancora di tanto in tanto. Lavora in un negozio di dischi. Provò fino alla fine ad aiutare Rachel, ma si dovette arrendere. Ho sempre avuto il sospetto che provasse qualcosa per lei, ma non ne sono certa. Comunque sia, la responsabilità di ciò che è successo è anche mia. Non so perché ci trascinassimo a quelle feste. Ne avevamo bisogno, entrambe.» continuò. Eliza si incupì. La tossicodipendenza di Alycia era un tema che la metteva piuttosto a disagio.
«Che cosa ti faceva soffrire così tanto? Ero io?» domandò. Alycia si schiacciò ulteriormente contro il suo petto.
«Sensi di colpa, credo. Convinsi io Rachel a cantare, quel giorno.». Eliza le baciò la clavicola.
«Non è colpa tua. È stato Franklin ad ucciderli.». Alycia avrebbe voluto crederle.
«Rachel era come una sorella minore per me. Mi hai detto che tra te e lei io scelgo sempre lei, ma la verità è che siete importanti entrambe per me. Rachel e io abbiamo condiviso tantissimo. Rivederla a Vancouver in quelle condizioni mi ha devastata.». Un altro bacio, stavolta sul collo. Alycia gemette.
«Continua a non essere colpa tua. Aly, non puoi assumerti la responsabilità delle azioni di altri. Tu ti sei presa cura di Christian per due anni. Senza di te sarebbe stato tutto più complicato, posso assicurartelo.»
«Ti amo.» dichiarò all’improvviso Alycia. Eliza perse un battito. Non se lo aspettava.
«Rachel è il mio passato, ma tu rappresenti il futuro, Eli. Con te ho sempre avuto l’impressione di avere una possibilità.». Eliza non capiva più niente. Si avventò sulle labbra di Alycia e la baciò con foga. Si staccò e la guardò negli occhi, carezzandole il viso. Finalmente i suoi occhi verdi non erano più spenti, ma vivi.
«Se me lo permetterai, vorrei che costruissimo insieme questo futuro. Dobbiamo solo smettere di scappare.»
«Non so se sarà possibile per me. Non ho fatto altro per anni e, onestamente, non ricordo più come si fa a restare.» ammise Alycia. Eliza intrecciò le loro mani e le baciò le dita.
«Puoi anche andartene, Aly. Verrò a cercarti e ti riporterò a casa. Non ti lascerò fuggire, non più.». Alycia poteva sentire le lacrime chiederle di fare capolino. Non oppose resistenza. Si asciugò le gote con il dorso della mano sinistra.
«Riuscirai mai a perdonarmi? Intendo... Dopo il pranzo con Franklin mi dicesti che...»
«Non posso fingere che certe cose non siano successe, ma è ora di andare avanti. Sia per te, sia per me. In cuor mio lo sapevo già mentre ti dicevo quelle cose.» rispose Eliza. La baciò di nuovo, con trasporto. Le carezzò dolcemente il corpo, come se il solo tocco delle sue mani avesse potuto rimarginarle le ferite che celava nel suo cuore. Alycia si ritrovò a piangere contro la sua spalla. Per la prima volta dopo anni, stava versando lacrime di gioia. Sentiva Eliza, la percepiva. Sarebbe scappata altre mille volte, lo sapeva, ma la certezza che ci sarebbe stato un posto in cui tornare e una persona che l’avrebbe cercata la colmarono di speranza. Stava cambiando pelle, rinascendo a vita nuova. Forse il futuro aveva davvero qualcosa in serbo per lei. Doveva solo accettarlo.



Angolo del disagio

Altro capitolo che ho trovato terapeutico nello scrivere. Innanzitutto, finalmente non c'è nessun ripensamento. Poi, Alycia si fa aiutare, si affida totalmente ad Eliza, tanto da confessarle di amarla. Non c'è una vera e propria risposta da parte della bionda, ma non è un problema, a gesti ha dimostrato abbastanza e dimostrerà ancora tanto. Penso che l'idea di avere un posto in cui tornare sempre e qualcuno che ci aspetti e ci cerchi, sia la più salvifica di tutte, che si tratti della famiglia, dell'amore, degli amici. Possiamo anche scappare, ma alla fine verremo sempre ripresi. 
Grazie mille per le recensioni e per leggere e seguire questa storia. Vi invito a lasciare un commento, a scrivermi cosa ne pensate.
Alla prossima!

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Capitolo 40
*** 39.See You Again ***


39.

 

It's been a long day without you, my friend
And I'll tell you all about it when I see you again
We've come a long way from where we began
Oh, I'll tell you all about it when I see you again
When I see you again
(Wiz Khalifa ft. Charlie Puth-See You Again)

 

«Quindi alla fine siete venute davvero! Guarda Duke, è incredibile.» esclamò Rachel, avanzando verso le due ragazze. Maia la salutò con trasporto, mentre Alycia rimase dietro l’amica, un po’ a disagio. Non era la prima festa a Long Beach a cui veniva invitata, ma non amava stare in mezzo a persone che non conosceva. Si guardò intorno. Erano tutti ragazzi più o meno della sua età, eccezion fatta per Rachel. Sembrava molto più piccola di lei, probabilmente frequentava ancora il liceo. Si era seduta sulla battigia e stava osservando le onde infrangersi contro la sabbia. Il ragazzo afroamericano con cui era spesso accompagnata non la perdeva di vista, pur essendo dall’altro lato della festa. Non ricordava già più il suo nome. Luke? No, forse era qualcosa con la D. “Oh, accidenti.” imprecò a mente. 


Eliza e Alycia si erano precipitate in ospedale non appena avevano ricevuto la telefonata. Con sommo stupore dei medici, Rachel si era risvegliata. Era molto dolorante, ma tutto sommato stava bene. Giunta sulla soglia della stanza, Alycia si fermò. L’immagine di lei ricoperta di sangue le invase la mente, vivida. Quando Rachel la vide, cercò di scendere dal letto. Eliza intuì la situazione e corse a bloccarla, evitando che si facesse ulteriormente male. Fece cenno ad Alycia di raggiungerle.
«Ciao.» salutò l’attrice, trattenendo le lacrime. Rachel non rispose. Si guardava intorno nervosamente, come se fosse alla ricerca di qualcosa.
«Dov’è Duke?» chiese. «Non mi vogliono rispondere.». Alycia perse un battito. E ora come glielo avrebbe detto?

 

«Sono contento che siate riuscite a venire. Rachel ha bisogno di conoscere persone nuove.». Alycia si voltò. Il ragazzo afroamericano le si era messo accanto. 
«Scusa, io proprio non ricordo come ti chiami.» ammise l’attrice, con un pizzico di vergogna. Il ragazzo rise divertito e allungò la mano.

«Duke. Ci hanno presentati ieri sera, ma immagino che tu abbia conosciuto un sacco di persone in un sol colpo.». Alycia annuì. In realtà non era vero. Le avevano presentato solo lui e Rachel, era la sua memoria ad avere qualche problema.
«Perché se ne sta tutta sola ad osservare le onde?» domandò, curiosa. 
«Beh, presumo per lo stesso motivo per cui tu te ne stai tutta sola ad osservare una ragazza che se ne sta tutta sola ad osservare le onde.» rispose Duke, divertito. Alycia scoppiò a ridere.
«Lei è fatta così. Ha un animo melanconico, è come se non fosse mai veramente in nessun posto fino in fondo. Il palco è l’unica eccezione.» spiegò il ragazzo. Alycia capì ciò che Duke le stava dicendo. Conosceva quel sentimento. 
«E tu le copri le spalle?» 
«Sempre e per sempre.» affermò il ragazzo, con una punta d’orgoglio.
«Oh, siete...»
«No, no!» si affrettò a negare Duke. «Io sono già accoppiato.» spiegò, indicando un ragazzo seduto dall’altro lato del falò.

 

«Dov’è? Dimmelo, ti prego! Sta bene?». Alycia chinò il capo. Aveva paura di rispondere. Pronunciando quelle parole, l’avrebbe ucciso davvero. Sentì la mano di Eliza stringere forte la sua, per poi mollare la presa pochi istanti dopo.
«Vi lascio sole per un po’. Sono qui fuori, se avete bisogno.». Alycia la osservò uscire dalla stanza. Si voltò nuovamente verso Rachel. La ragazza la guardava confusa e spaventata. L’attrice le carezzò il capo e le si sedette accanto.
«Dov’è? L’avevano colpito. Io... Credo sia stato uno di quei due uomini che hanno aggredito te e Eliza la scorsa settimana.»
«Rachel.» la chiamò Alycia.
«Lui stava male. Non sono riuscita a chiamare l’ambulanza. È qui? È in un’altra stanza, vero? Per quello non mi dicono nulla?» continuò la ragazza, imperterrita.
«Rachel.»
«Devo andare a cercarlo.»
«Rachel!» la richiamò Alycia, più forte. La ragazza si zittì. La fissava negli occhi, terrorizzata. Forse, in cuor suo sapeva già che cosa dovesse dirle l’australiana.
«Duke è... Lui è...».

 

Alycia si voltò. Il ragazzo dietro di lei la invitò a proseguire, sorridendole. L’attrice inspirò. Rachel non si era nemmeno accorta della sua presenza. Continuava a fissare le onde davanti a sé, come se avesse potuto scorgervi chissà che cosa al loro interno. 
«Posso?» chiese l’australiana, attirando la sua attenzione. La ragazza annuì, senza parlare. Alycia le si sedette accanto, curiosa di capire cosa avessero quelle onde di così importante. In poco tempo, si ritrovò anche lei ipnotizzata da quello spettacolo.

«Ti manda Duke, vero?» esordì senza preavviso Rachel, rompendo il silenzio. 
«Beh...» 
«Fa niente, mi sei simpatica. Normalmente, le persone cominciano a farmi un sacco di domande, a parlarmi. Tu sei la prima che si siede accanto a me senza fiatare. Lo apprezzo.» spiegò la ragazza. L’attrice si morse il labbro. 
«Detesto quando le persone distruggono quei rari momenti di intimità che oso concedermi, ti capisco.». Rachel le sorrise. 
«Però, permettimi di chiederti come mai hai invitato me e Maia alla festa di compleanno del tuo amico per poi isolarti qui a osservare l’oceano. Ieri sembravi entusiasta all’idea di questa festa, oggi pare che non ti interessi minimamente.»
«Ieri era ieri.» rispose Rachel, enigmatica. L’attrice la guardava, confusa. La ragazzina scosse il capo.
« La verità è che sono giorni abbastanza pesanti a casa. Mio padre è un pezzo grosso della polizia e sta indagando su qualcosa che scotta. Sostiene che, se dovesse fallire, il Paese intero ne uscirebbe stravolto. Scusa, non so nemmeno perché ti stia raccontando queste cose. Non penso che ti interessino.». Alycia non le disse niente. Non sarebbe servito. Le sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, con fare quasi materno. Dietro di loro, Duke osservava quella scena, soddisfatto.

 

«È morto.» riuscì a confessare Alycia, forse più a sé stessa che a Rachel. La ragazza sgranò gli occhi, impallidendo di colpo.
«Non osare.»
«Rachel, mi dispiace.»
«Smettila di prendermi in giro.» mormorò la ragazza. L’attrice la strinse a sé, cercando di non farle male. Gliene aveva appena fatto abbastanza.
«Non è vero.» continuava a dire Rachel, scuotendo il capo. Alycia le circondò il volto con le mani, obbligandola a guardarla negli occhi. Le baciò la fronte, con dolcezza.
«È col...»
«Non osare pensarlo nemmeno. Tu non hai fatto niente, Rachel. Tu ci hai salvate da quel pazzo. Duke non avrebbe voluto che ti struggessi fra i sensi di colpa.». Rachel tremava, in preda al panico. Si gettò fra le braccia dell’amica, come se avesse avuto il terrore che anche lei se ne potesse andare per sempre. 

 

«Hai mai paura di vivere?» domandò Rachel, a bruciapelo.
«Come, scusa?». Alycia non capiva il senso di una domanda del genere. Si conoscevano a malapena.

«Duke mi dice sempre che avere paura di vivere è normale. Riflettici, tutti noi teniamo la morte. La nostra identità si esaurisce nella vita. Nel momento in cui moriamo, diventiamo non essere, non esistiamo più. Per questo abbiamo paura di vivere, siamo terrorizzati dall’idea di sprecare ogni singolo momento.». L’australiana deglutì. Non l’aveva mai vista in quel modo. Ritornò a guardare l’oceano, portandosi una mano alla base della gola. Sospirò.
«Non penso sia del tutto vero. La storia del non essere, intendo.». Rachel la guardò, curiosa di capire dove volesse andare a parare. Alycia si morse il labbro. Non aveva mai avuto delle conversazioni simili, nemmeno con i propri amici. Si fece coraggio.
«In un certo senso, torniamo a far parte della terra. Ci fondiamo di nuovo con il pianeta che ci ha messi al mondo, permettendo la nascita e lo sviluppo di altra vita. Fa tremare i polsi.». Rachel si grattò il capo. 
«È come se la vita fosse un ciclo infinito, un moto perpetuo che non può fare altro che continuare per sempre.» continuò l’attrice.
«Quindi la morte non esiste, secondo te?» 
«Non ho detto questo. È innegabile che non siamo eterni. Solo la vita lo è. Per questo dobbiamo cercare di onorarla ogni giorno.» rispose Alycia. Tremava. Rachel si alzò, senza dire una parola. Si tuffò in acqua. 
«Cosa fai?» chiese l’australiana, confusa da quel gesto.
«Onoro la vita!».

 

Alycia era seduta sul divano, insonne.
«Non riesci a dormire?» domandò Eliza, raggiungendola. Le cinse i fianchi da dietro e le schioccò un bacio sulla nuca.
«Non l’ho mai vista così. Era distrutta, Eli. Quando ci hanno detto che l’orario delle visite era finito, mi si è avvinghiata contro, come se avesse temuto che sparissi anche io.» spiegò la mora. Eliza le si sedette accanto. La fece aderire contro il suo petto e prese a cullarla dolcemente.
«E tu come stai?» le domandò. Alycia chinò il capo.
«L’ho detto, Eli. L’ho detto e non posso più tornare indietro. Ora se n’è andato davvero. E fa male. Fa tanto male.» rispose, scoppiando a piangere. Si accoccolò ad Eliza, appoggiando il volto al suo braccio. La bionda la baciò. Voleva farle capire che non era da sola. Lei ci sarebbe stata, sempre. Era lì, in quel momento.
«Andiamo a dormire.» le sussurrò, prendendole la mano. Alycia la seguì in camera e si sedette sul letto. Si alzò poco dopo, sotto lo sguardo confuso di Eliza. La bionda la osservò raggiungere la sedia sopra cui aveva riposto la borsa e frugare nel portafogli. Ne estrasse una fotografia piuttosto rovinata. La mise sul comodino, appoggiandola al muro.
«Buonanotte.» mormorò, stendendosi sotto le coperte.
«Buonanotte.» rispose Eliza, abbracciandola e baciandola di nuovo.

 

«Ehi, voi tre! Mettetevi in posa, stiamo facendo delle foto!» esclamò un ragazzo con una macchina fotografica al collo. 
«Kyle, lo sai che lo odio!» ribatté Rachel. Per tutta risposta, il ragazzo le fece qualche scatto, prendendola in giro. Alycia sorrise, divertita da quel siparietto. 

«E va bene, ma me la paghi.» cedette Rachel. Uscì dall’acqua e si asciugò. Si avvicinò ad Alycia e la circondò con un braccio. Duke le raggiunse poco dopo. 
«Dite “cheese”»
«Cheeeese!» esclamarono i tre, all’unisono. Scattata la foto, Alycia controllò l’ora. Doveva andare, l’indomani sarebbe partita per il Messico. 
«Beh, allora ci vediamo.» la salutò Duke.
«Sì, ci rincontreremo ancora. Ne sono certa.».



Angolo del disagio

Duke, may we meet again.
Questo capitolo è uno dei più personali che abbia scritto, tanto che non so troppo come commentarlo. Scopriamo come Rachel, Duke e Alycia siano diventati amici e quanto il ragazzo sia stato importante affinché questa amicizia si venisse a creare. Duke è un personaggio che definirei presente nell'assenza. Non interviene mai molto e lo abbiamo visto per lo più in compagnia di Rachel, mai da solo. Eppure, è fondamentale sia per la ragazzina, sia per Alycia. È il simbolo di un passato che, ormai, non c'è più. Per Rachel, poi, significava anche molto altro. Era l'unica persona ad averla accompagnata nell'incubo della sua vita quotidiana. Da qui in avanti, ci saranno solo due possibilità: perdersi nella sua assenza, temendo la vita, o andare avanti, onorandola. 
La fotografia che Alycia mette sul comodino (nonché quella di cui si racconta lo scatto nel capitolo) è la stessa che l'attrice e Rachel osservano rispettivamente nei capitoli 7 e 36. Il "ci rincontreremo ancora" e la canzone sono, invece, riferimenti al "May we meet again" della serie.
Non ho molto altro da aggiungere, se non grazie per leggere e seguire questa storia e per recensirla. Vi invito a lasciare un commento, a scrivermi cosa ne pensate. 
Alla prossima!

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Capitolo 41
*** 40.Anchor ***


40.

 

You are my anchor
So steady me, steady me now
Come steady me, steady me now
(Skillet-Anchor)

 

Erano passate due settimane e mezzo dagli ultimi avvenimenti. Rachel era stata dimessa ed Eliza aveva insistito affinché si fermasse da lei. Non era in grado di badare a sé stessa, sia fisicamente, sia psicologicamente e, siccome anche Alycia ormai era più dalla bionda che a casa sua, invitarla da lei le era sembrata la mossa più logica. La ragazza aveva accettato con riluttanza. Non capiva come mai proprio Eliza la stesse aiutando. L’aveva tradita e le aveva fatto perdere Christian, quella gentilezza nei suoi confronti non aveva il benché minimo senso. Quanto al rapporto con Alycia, non riusciva a guardarla in faccia. Sapeva che la morte di Duke non era colpa sua, ma si sentiva comunque distrutta. Qualcosa le si era rotto dentro e non aveva la più pallida idea di come fosse possibile aggiustarlo. Così, passava le ore in camera, a letto, nella più totale apatia. Eliza e Alycia le portavano da mangiare, ma raramente riusciva a terminare i pasti. Quando passavano a ritirare il vassoio, le due attrici la trovavano sempre sotto le lenzuola, intenta a cercare di prendere sonno, inutilmente. Aveva spesso degli incubi e, più di una volta, le due australiane erano dovute correre in camera per tranquillizzarla.
«Come sta?» domandò Richard, riportando alla realtà una Alycia decisamente tra le nuvole. Passava spesso a trovarle insieme a Lindsey, Marie e Bob. Quest’ultimo, però, era assente quel giorno.
«Come al solito. Non dorme, non mangia, urla nel cuore della notte e non si alza dal letto. Non l’ho vista in questo stato nemmeno alla morte dei suoi genitori.» rispose Alycia. Lindsey le posò una mano sul polso, con dolcezza. L’australiana la guardò, confusa. Non si era di certo dimenticata ciò che le aveva urlato tre settimane prima. Non avevano mai chiarito quanto accaduto e un po’ le dispiaceva.
«È una ragazza forte, ce la farà. E non è sola. Tu sei qui con lei e questo è l’importante.». Alycia alzò un sopracciglio. Non si aspettava un discorso del genere.
«Pensavo che non dovessi più scegliere lei.» replicò. Lindsey chinò il capo. Lo rialzò poco dopo.
«Ero arrabbiata, Aly. Non con te, sia inteso. È che avrei voluto fare di più. Me la sono presa con la prima persona che ho trovato e purtroppo eri tu. Mi dispiace. So che chiederti di scegliere tra lei e uno di noi sarebbe una mancanza di rispetto enorme, anche se dovesse trattarsi di Eliza. Se potessi, sceglieresti tutti ed è per questo che ti ho stimata sin da subito.» spiegò, tutto d’un fiato. Era paonazza e si sentiva completamente svuotata. Alycia l’abbracciò, senza preavviso. Richard ed Eliza si scambiarono un’occhiata complice.
«Bene, ora possiamo finirla con tutte queste smancerie?» esordì Marie, interrompendo quel momento.
«Devi sempre fare la guastafeste.» commentò Richard, con tono scherzoso. Marie lo ignorò.
«Bob dovrebbe arrivare a momenti.» asserì. Eliza era curiosa.
«In che senso? Non mi ha detto nulla.» chiese.
«Nel senso che... Oh, eccolo.» rispose Marie, sgambettando verso la porta. Qualcuno aveva suonato il campanello. La statunitense aprì. Bob entrò trafelato, seguito dal detective Campbell.
«Missione compiuta!» esclamò, schiacciando il cinque a Richard. Eliza e Alycia non ci stavano capendo nulla.
«Missione? Ragazzi, di cosa state parlando? E perché c’è Campbell?» domandò la bionda, sempre più confusa. Per tutta risposta, Bob le mostrò una busta gialla. Alycia sussultò. La riconobbe subito.
«Pensavo che dopo l’arresto di Eliza fosse tornata nelle mani di Jason!» esclamò, stupita.
«Esatto, proprio così. E non è stato per niente facile riprenderla.» dichiarò Bob. Eliza rimase a bocca aperta.
«Voi avete fatto cosa?»
«Idea di Marie. E poi, ci stavamo annoiando senza lavoro. Un po’ di adrenalina serve, ogni tanto.» spiegò Richard. Dietro di lui, Campbell ridacchiava, divertito.
«Lei che ruolo ha in tutto questo?» gli chiese Alycia. Il detective alzò le mani.
«Quello del diversivo. Ho distratto io Rothenberg mentre il signor Morley rovistava tra le sue carte.»
«Non posso crederci.» commentò Eliza, sedendosi sul divano. Non capiva se essere agitata, felice o arrabbiata. Marie le si sedette accanto.
«Noi l’abbiamo fatto per te. Sappiamo quanto Christian fosse importante per te e lo era anche per noi. Si merita una famiglia vera, che gli voglia bene.» le disse. L’australiana annuì. Si voltò verso Richard.
«Lo sai che tra quei nomi c’è anche quello di tua sorella, vero?» domandò. Non voleva che l’amico soffrisse. Il canadese annuì.
«Non sono responsabile per le sue azioni. Ha fatto le sue scelte, posso solo sperare che decida di cambiare strada ad un certo punto. Voglio davvero andare fino in fondo, anche se ciò significherà sacrificare lei. D’altronde, non è possibile salvare tutti, no?». Lindsey gli sorrise, carezzandogli una guancia. Lo baciò, davanti a tutti.
«Sono fiera di te.» gli sussurrò. Marie si schiarì la voce, interrompendo quel momento.
«Visto? Sei proprio una guastafeste.» la prese in giro Bob.
«Non abbiamo tempo per questo. Ragazzi, dobbiamo capire come agire.» disse, ignorando l’amico. Gli prese la busta dalle mani e la appoggiò sul tavolo del soggiorno, attendendo che gli altri la raggiungessero. Diede la parola a Campbell, che ringraziò.
«Allora, come abbiamo già notato in precedenza, ci troviamo di fronte a delle transazioni bancarie. Purtroppo, non sono prove dirette di affari sporchi e traffici loschi. Queste persone potrebbero essere state pagate per qualsiasi cosa. Non è un caso che sia Rothenberg ad avere queste carte, essendo un produttore è facile per Franklin far credere che si tratti di comunissime transazioni fatte per onorare chissà che servizio.»
«Quindi è tutto inutile?» domandò Lindsey. Campbell si grattò il collo, nervoso.
«No, ma bisognerebbe trovare il modo per far cantare qualcuno ed è difficile senza un mandato, che non mi daranno mai. Il mio capo è dentro questo schifo e il suo nome è uno dei primi su quei documenti.» spiegò il detective.  
«E se provassimo noi? A lei serve un mandato, ma a noi no.» propose Richard.
«Non se ne parla!» esclamò a gran voce Alycia. «Non voglio che vi succeda qualcosa. Ho già perso abbastanza in questa storia.». Chinò il capo, mordendosi il labbro. Si sedette sul divano, affondando la testa fra le mani. Eliza la strinse a sé. Cercava di non darlo a vedere, ma la morte di Duke era una ferita aperta anche per lei. Richard si avvicinò alle due attrici.
«Non ci succederà niente, promesso. Non andremo direttamente nella tana del lupo. Penso che mia sorella non avrà nulla in contrario ad una chiacchierata tra fratelli.». Alycia alzò lo sguardo.
«Sei sicuro?» mormorò. Richard annuì. L’australiana lo abbracciò. Marie fece per dire qualcosa, ma Lindsey le tappò la bocca. Non poteva rovinare anche quel momento.
«Andiamo a riprenderci il soldo di cacio!» esortò Bob, con entusiasmo. Dall’altro lato della casa, chiusa nella sua stanza, Rachel ascoltava tutto. Si sentì così piccola e inutile e scoppiò a piangere, incapace di fare altro.




Angolo del disagio

Ed eccoli tutto insieme per salvare Christian. Richard ha deciso di prendersi una bella responsabilità, mettendo l'amicizia con Eliza addirittura davanti alla famiglia. Torna anche Campbell, Lindsey si riappacifica con Alycia e Marie è più combattiva che mai. Insomma, è un capitolo di passaggio, ma getta le basi per quello che succederà prossimamente.
Ringrazio chi legge e segue questa storia e chi recensisce. Un commento mi farebbe molto
piacere, non mordo.
Alla prossima!

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Capitolo 42
*** 41.False Pretense ***


41.

 

I can't seem to understand it how you turned out to be so cold
You tried but were caught red handed, are you happy with your role?
It's funny to me how you've turned into such a joke
(The Red Jumpsuit Apparatus-False Pretense)

 

Jessica si era trasferita da poco con suo marito in una villetta situata vicino a Long Beach. Richard pregò in tutte le lingue che suo cognato non fosse presente quella sera. Non aveva la benché minima voglia di dargli una qualsivoglia spiegazione del comportamento che avrebbe tenuto a quella festa. Già così sarebbe stata abbastanza dura. Non si sarebbe mai aspettato di trovare sua sorella su questa lista. Quando Eliza gliel’aveva comunicato, aveva fatto lo gnorri, per non intristire ulteriormente lei ed Alycia, ma la verità era che non sarebbe mai voluto arrivare a quel punto.
«Ehi, amico, vedrai che andrà tutto bene.» provò a rassicurarlo Bob, tirandogli una pacca sulla spalla. Richard sorrise di rimando, poco convinto. Sui sedili posteriori, Campbell, Marie e Alycia finirono di sistemarsi.
«Siamo arrivati. A giudicare dalle auto parcheggiate, ci sarà mezza Hollywood.» annunciò il canadese.
«Noi siamo pronti. Io resterò qui in macchina, pronto ad intervenire in caso che ne fosse bisogno.» dichiarò Campbell. I quattro attori annuirono e scesero dalla macchina, dirigendosi verso l’ingresso della villa. Richard non si era mai sentito così a disagio. Per un momento, si pentì di aver obbligato Lindsey a restare da Eliza. La vista di sua sorella, però, lo fece tornare alla realtà. Nessuna traccia di suo marito, forse sarebbe andato davvero tutto bene.
«Richard, fratellino! Ben arrivato.» lo salutò lei, con trasporto. Quando notò la presenza di Alycia, però, il suo entusiasmo si spense.
«Frequenti le sgualdrine, adesso?»
«Gelosa perché il mio personaggio è amato dal pubblico, mentre il tuo è talmente inutile che gli spettatori tendono a dimenticarsi della tua presenza?» ribatté Alycia. Jessica le lanciò uno sguardo carico d’odio.
«Forse ci sei andata un po’ pesante, Aly.» sussurrò Bob. Alycia non aprì bocca.
«Richard, potresti dirle di andarsene? Voi tre potete restare, ma lei la voglio fuori di qui, ora.» ringhiò Jessica. Il ragazzo scosse il capo.
«È con me. E noi due dobbiamo assolutamente parlare.» rispose, prendendola per un braccio e trascinandola in un luogo più appartato. Jessica strinse i pugni. Avanzò verso Alycia, minacciosa. Marie le si parò davanti.
«Levati Avgeropoulos, non lo ripeterò due volte.» intimò la canadese. Marie fece per replicare, ma Alycia le fece cenno di lasciarla passare. A malincuore, la statunitense si spostò, permettendo a Jessica di raggiungere l’australiana. La canadese le premette un dito sulla scapola, proprio dove le avevano sparato.
«Qual è il tuo piano? Farmi perdere il controllo, costringendomi a dire qualcosa di sconveniente? Sappi che non accadrà mai. Piuttosto, fossi in te lascerei perdere questa storia e mi guarderei le spalle.» sibilò. Alycia le afferrò il dito e lo tolse da sé.
«Avete ucciso uno dei miei più cari amici, minacciato la donna che amo, devastato quella che considero la mia sorella minore e rapito suo fratello. Non lascerò mai perdere questa storia, sappilo.» ribatté. Jessica ghignò.
«Quindi hai intenzione di fare la fine del tuo amichetto? Beh, d’altronde non vali niente, esattamente come lui. Era solo un povero illuso che ha sprecato la sua vita dietro a una tossica che si è dovuta prostituire per pagare i propri debiti.». Alycia ne aveva abbastanza. Non ne poteva più di subire da quella gente. Era stanca di vedere le persone che amava soffrire a causa loro. Per anni si era incolpata di situazioni in cui era stata, in realtà, una mera vittima. Avevano osato strappare alla vita Duke, non avrebbe permesso che infangassero così la sua memoria. Si avventò contro Jessica, il pugno alzato. La canadese si ritrovò per terra. Alycia fece per abbattere il pugno su di lei, ma qualcuno la fermò. Alzò la testa. Bob le teneva il braccio fermo, mentre Marie la costrinse ad alzarsi.
«Non ne vale la pena.» le disse, allontanandola. Jessica si rimise in piedi, sotto shock. Si accoccolò al fratello che, però, la respinse.
«Ma che ti prende? Mi ha appena aggredita, Richard! Stai dalla sua parte, adesso?» sbraitò. Il ragazzo distolse lo sguardo per qualche istante. Avrebbe distrutto il loro rapporto, lo sapeva. Eppure, quella non era sua sorella. O meglio, lo era, ma al contempo lui non la riconosceva più. Era diventata una perfetta sconosciuta.
«Da quanto tempo lavori per Franklin? E, soprattutto, perché?» domandò infine, duro. Jessica spalancò la bocca. Mai si sarebbe aspettata qualcosa del genere. Si voltò nuovamente verso Alycia.
«È inutile che guardi lei, ho scoperto tutto da solo. Ora tu mi dirai come fare per incastrarlo e io cercherò di non consegnarti alla polizia.». Jessica lo fissava allibita.
«Io... Io non...» farfugliò. Richard indurì lo sguardo.
«Mi vuoi forse morta?» sbottò l’attrice. Il fratello chinò il capo. Lo rialzò poco dopo.
«Tu sei già morta. Hai stretto un patto con il demonio, hai lasciato che Eliza e Alycia rischiassero la vita. Per cosa? Per degli stupidi soldi? Per più ruoli televisivi?» replicò. «Tu ora mi dirai cosa fare per porre fine a tutto questo.». Jessica indietreggiò, fino ad addossarsi contro un muretto. Ormai era alle strette. Si sedette per terra, senza intenerire nessuno.
«Franklin mi ha contattata ad una festa circa un anno fa. Avrei dovuto semplicemente tenere d’occhio Alycia sul set di The 100, nulla di che. Inoltre, sospettava già da tempo che Christian fosse il fratello di Rachel. Quella ragazzina è stato un semplice imprevisto, anche se molto remunerativo. Mi paga tramite Jason, anche se non è l’unico che smista soldi per suo conto. Non so bene come riceva il denaro, penso che Franklin glielo mandi tramite varie entrate, per non destare sospetti. In ogni caso, dovreste parlare con lui, io sono un pesce piccolo.». Richard la guardava schifato. Infilò una mano in tasca e, preso il cellulare, interruppe la registrazione. Jessica inorridì.
«Una parola e sei finita. Buona serata, sorellina.» si congedò, dirigendosi nervosamente verso l’auto. Bob gli corse dietro, cercando inutilmente di fermarlo. Alycia osservò Marie avanzare verso Jessica con aria vendicativa. Caricò il destro. La canadese non ebbe il tempo di realizzare cosa stava succedendo. Si ritrovò per terra. Il naso le pulsava da morire. In bocca aveva uno strano sapore metallico e il suo vestito era sporco di sangue.
«Mi hai spaccato il naso!» protestò.
«Ringrazia che ti abbia rotto solo quello!» replicò Marie, raggiungendo una Alycia piuttosto sconvolta.
«Sai, Debnam-Carey, mi sbagliavo. Ne valeva la pena. Eccome, se ne valeva.».


Angolo del disagio

Marie ormai si è fusa con Octavia ahah, dite la verità che è dall'inizio della fanfiction che sognavate che qualcuno le spaccasse il naso. 
Richard, invece, è stato coraggioso, affrontare la propria sorella in quel modo non è facile. Alycia, invece, è ancora visibilmente scossa per quanto accaduto a Duke e Rachel, anche se cerca di non farlo vedere.
Grazie mille a chi legge e segue questa storia e a chi ha recensito. Vi invito a commentare, mi farebbe piacere!
Alla prossima!

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Capitolo 43
*** 42.Personal ***


42.

 

I scream at your ghost
When I miss you the most
I'll lace up my armour and fight for us both
Finish what you started and crown your stone
Maybe I could let go, let go, let go 
(Against The Current-Personal)

 

Rachel doveva fare pipì. Si alzò dal letto e si appoggiò alle stampelle, recandosi in bagno. Era l’unico posto in cui andava, oltre alla camera. Si lavò le mani. Lo specchio sopra il lavandino rifletteva il suo volto scavato e devastato. Se avesse potuto, lo avrebbe fatto a pezzi. Fece per tornare in camera, ma la stampella le cadde, sbattendo per terra. Tempestivamente, Eliza entrò per aiutarla. Dietro di lei, Lindsey osservava la scena, con timidezza.
«Vuoi venire in soggiorno con noi?» domandò l’australiana. Rachel non rispose e si rimise sul letto. Eliza sospirò. Aveva paura. Quella ragazza stava cominciando a diventare ingestibile.
«Va tutto bene?» le chiese Lindsey, preoccupata. Eliza annuì e ritornò con l’amica in soggiorno, sperando in un miracolo. Sapeva quanto Alycia tenesse a Rachel, ma se non fosse migliorata nel giro di poco avrebbero dovuto portarla da qualcuno, ne era consapevole. La ragazza stava diventando un bel grattacapo. Dal canto suo, Rachel non aveva più forze. Si sentiva completamente svuotata, non aveva nemmeno voglia di rispondere agli stimoli. Più volte aveva pensato di scappare da quella casa, ma non era riuscita ad alzarsi dal letto. Di notte non riusciva a dormire. Non appena chiudeva gli occhi, il suo sonno diventava teatro di incubi terribili, tutti dallo stesso epilogo, Duke morto e lei con le mani grondanti di sangue. Alycia le aveva detto di non addossarsi quella colpa, ma non era possibile. Scoppiò a piangere, il più silenziosamente possibile. L’ultima cosa che avrebbe voluto vedere era lo sguardo carico di comprensione di Eliza. Non era nemmeno riuscita ad andare al funerale. Aveva provato a firmare il foglio di dimissioni per poter partecipare alla cerimonia, ma Alycia l’aveva scoperta e fermata. Per un paio di giorni, Rachel l’aveva odiata per questo, ma poi si era resa conto che non aveva più nessun altro se non lei. Duke non c’era più e lei era rimasta sola. Soffocò un urlo e strinse le lenzuola fra le mani. Senza volerlo, fece cadere il cuscino per terra. Si sporse per raccoglierlo, ma si ritrovò sul pavimento. Soffocò un urlo e provò a rimettersi in piedi. Poi, la vide. Di fronte a lei, nascosta in un cantuccio tra gli armadi, c’era la chitarra di Eliza, la stessa che aveva suonato lei a Vancouver. Si avvicinò allo strumento. Lo prese in mano e lo osservò. Era un bel legno. Duke ne aveva una simile. Già, lui suonava la chitarra. Lui suonava quello strumento che ora lei teneva tra le proprie braccia. Si sentì come bruciare. Gettò la chitarra per terra, forte, spaccandola a metà. Cominciò a colpirla con una stampella, cercando di sbriciolarla il più possibile. Duke non c’era più e lei avrebbe eliminato qualsiasi cosa che gliel’avesse ricordato. La sua vista era appannata dalle lacrime e ormai non sapeva più se stava martellando lo strumento o il pavimento. No, non sarebbe mai riuscita a seppellirlo nell’oblio. Sentì due mani cingerle i fianchi e toglierle la stampella dalle mani. Realizzò ciò che aveva combinato e urlò. Non aveva il coraggio di voltarsi.
«Va tutto bene, calmati.» le sussurrò Eliza, cercando di calmarla. Rachel non aveva la minima intenzione di ascoltarla. Si tirò su, incurante del dolore. Zoppicando sulle stampelle, si diede ad una lenta fuga.
«Lindsey, ti prego, lasciaci sole.»
«Eli, sei impazzita? Ha appena sbriciolato la tua chitarra, io non ti mollo qui con lei.» ribatté la statunitense.
«Ti prego.» supplicò l’australiana. A malincuore, Lindsey acconsentì e se ne andò, ignorando una lentissima Rachel che era riuscita a malapena a portarsi alla porta. Eliza si fece forza e le andò incontro.
«Che hai intenzione di fare?» chiese, esasperata.
«Me ne vado. Ho già creato abbastanza problemi.» rispose Rachel, arrancando. Eliza la osservava proseguire, senza intervenire. Fu un attimo. La stampella si infilò in una buca nel terreno e la ragazza perse l’equilibrio. Eliza la prese al volo. Si assicurò che stesse bene. “Per quanto possa stare bene." rifletté. La trascinò dentro casa. Rachel non si oppose. Si sedette sul divano, scoppiando in un pianto disperato. Eliza aveva un nodo in gola. Si sentiva così inutile. Non poteva nemmeno telefonare ad Alycia. Provò a stringerla a sé, ma la ragazza si scostò. Eliza si alzò dal divano e si recò in cucina. Si versò un bicchiere di bourbon e lo bevve tutto in un sorso. Si picchiettò la testa con le dita. Non aveva idee. Quando tornò in soggiornò, trovò Rachel distesa sul divano. Forse era riuscita ad addormentarsi. Eliza tirò un sospiro di sollievo e si recò in camera sua per prendere un libro. Il suo sguardo scivolò sulla foto che Alycia aveva appoggiato sul comodino. La prese in mano. Ritraeva lei, Duke e Rachel, quest’ultima tutta bagnata. Erano in spiaggia e la ragazza doveva essere appena uscita dall’acqua. Delle urla la riportarono alla realtà. Corse in soggiorno. Rachel si stava contorcendo sul divano, in preda agli incubi. Eliza la strinse a sé.
«Va tutto bene, sono qui.» sussurrò, svegliandola. Rachel le si avvinghiò inaspettatamente al collo. Eliza le carezzò i capelli. Le si strinse il cuore. La ragazza si era appoggiata al suo petto e singhiozzava disperatamente. Tremava. L’attrice non si era mai sentiva così impotente. Un’idea folle le balenò nel cervello. Decise di provare. Si scostò da quell’abbraccio e corse in cucina. Rachel la sentì armeggiare con il frigorifero, ma non poteva capire cosa stesse succedendo. Quando Eliza riapparve, aveva con sé due scarpe in mano.
«Vestiti.» ordinò.
«La visita in ospedale è tra una settimana.» protestò flebilmente Rachel.
«Non andiamo in ospedale. Dai, ti aiuto.» rispose vaga l’attrice. L’aiutò ad alzarsi e a rivestirsi, poi la portò in macchina. Rachel non usciva di casa da due settimane e mezzo e la luce del sole, pur se al tramonto, la infastidì. Eliza accese l’auto e cominciò a guidare, silenziosa. Rachel non capiva. Per un attimo, ebbe il terrore che la stesse conducendo a Long Beach, ma quando tirarono dritto si sentì sollevata. Eliza si voltò verso di lei e le sorrise, come per tranquillizzarla. Imboccarono una strada piuttosto dissestata e la percorsero tutta, fino ad arrivare a una piccola caletta sabbiosa. Eliza parcheggiò e aiutò Rachel a scendere. Stese due stuoie e la fece sedere, per poi andare a prendere in macchina quello che sembrava un cesto da picnic. Rachel trattenne il respiro. Non andava al mare da tantissimo tempo.
«Dove siamo?» chiese.
«È un posto che ho scoperto qualche anno fa. Odio andare a Long Beach, mi riconoscono tutti. Qua è tranquillo e mi piace venire ad osservare l’oceano. In fin dei conti, vengo pur sempre da Melbourne.» spiegò l’attrice. Rachel inspirò profondamente. Si alzò e, aiutandosi con le stampelle, si portò sulla battigia. Chiuse gli occhi, cercando di sincronizzare il respiro con lo scrosciare delle onde. Da quanto tempo non lo faceva. Sorrise al ricordo del secondo incontro con Alycia. Era in riva al mare, esattamente come in quel momento. Riaprì gli occhi. Eliza era accanto a lei, silenziosa. La guardava con quei suoi intensi occhi blu. Rachel deglutì. Chinò il capo.
«Mi dispiace per la chitarra.» si scusò. Eliza la cinse in un abbraccio.
«Mi dispiace per tutto. Mi dispiace per Christian, mi dispiace per averti mentito, mi dispiace per averti tradita, mi dispiace per queste ultime settimane.»
«Non importa. Io vorrei solo che tu potessi provare ad andare avanti. Non dico ricominciare da zero, lo so che è difficile. Parlo semplicemente di ripartire.». Rachel si morse il labbro. Affondò una mano nella sabbia, nervosa.
«Mi manca.» confessò.
«Lascialo andare. Liberati di questo peso che porti dentro di te. Non hai colpe, Rachel. So che per te è difficile da accettare, ma a volte le cose accadono e basta. Possiamo solo scegliere se farci frenare dagli eventi o andare avanti. Non sei sola in tutto questo, te lo prometto.» sussurrò l’attrice. Rachel ripensò a ciò che le aveva detto Alycia anni prima. Forse era vero, Duke era semplicemente ritornato ad essere parte della terra. Si alzò, sorretta dalla stampella. Si avvicinò sempre più all’acqua sotto lo sguardo vigile di Eliza. Il contatto dell’oceano con la pelle la fece rabbrividire. Chiuse nuovamente gli occhi. La brezza marina le carezzò il volto e lei l’accolse come un’amica che non si vede da tempo. Mollò le stampelle e, senza pensarci troppo, si lasciò cadere in acqua. Eliza sussultò, ma si tranquillizzò quando la vide muovere le braccia per tenersi a galla e non allontanarsi da riva. Rachel lasciò che l’oceano la risvegliasse da quel torpore in cui era caduta negli ultimi tempi. Duke non avrebbe mai voluto vederla così. Doveva onorare la vita, solo così l’avrebbe ricordato nel modo giusto. Immerse il capo per qualche secondo. Le lacrime divennero un tutt’uno con l’acqua dell’oceano. Non avrebbe mai più rivisto Duke. Non l’avrebbe mai più avuto al suo fianco. Non sarebbero mai più andati sullo skateboard assieme. Tutti i momenti passati insieme, gli esili, le fughe, i concerti, tutto era stato vano. O no? Ripensò al giorno dell’aggressione. Quella mattina, Duke le aveva fatto il regalo più grande: l’aveva convinta a non scappare. Lei era lì perché lui l’aveva convinta a restare. E no, forse non era rimasta sola. In fin dei conti, Duke aveva cercato fin da subito di spingerla verso Alycia. Sorrise amaramente. Si voltò verso Eliza. L’australiana si era avvicinata ulteriormente all’acqua, immergendo i piedi nel mare.
«Grazie.» mormorò improvvisamente Rachel. Eliza assunse un’aria curiosa.
«Ti sei presa cura di Chris per tutti questi anni e ora ti prendi cura di me. Non capisco perché, in fondo è colpa mia se te l’hanno portato via. I primi giorni pensavo lo facessi per poi ferirmi in qualche modo e vendicarti, poi ho cominciato a credere che fosse solo senso del dovere. Dopo oggi non ne sono più convinta. Non so perché mi tratti così, ma sappi che tu e Alycia siete la cosa più simile a una famiglia che io abbia incontrato negli ultimi tre anni.». Eliza non rispose. L’aiutò ad uscire dall’acqua e l’accolse in un abbraccio. L’asciugò e le porse qualcosa da mangiare. Per la prima volta in due settimane e mezzo, Rachel non rifiutò il cibo. Finito di cenare, restarono lì ancora un’ora, senza dirsi nulla. Poi, salite in auto, tornarono a casa. Eliza aiutò la ragazza a prepararsi per la notte e, infine, andò a letto. Quando Alycia rincasò, la trovò ancora sveglia.
«Ehi. È andata bene?» chiese la bionda, notando il volto sconvolto della più giovane. Alycia annuì.
«È stato solo pesante. Tu? Mi dispiace avervi lasciate sole.». Eliza la baciò teneramente.
«Siamo andate al mare. Non so se supererà mai tutto quello che ha vissuto, ma non è da sola e lo sa.» disse. «Lo sa.» ripeté, come a voler rimarcare quel concetto. Alycia sentì lacrime di commozione fare capolino. Catturò le labbra di Eliza e si stese accanto a lei.
«Ce lo riprenderemo, te lo prometto.». Eliza non rispose. La baciò nuovamente, stringendosi a lei. Dall’altra parte della casa, Rachel pensò alla giornata appena trascorsa. E, per la prima volta dopo anni, si sentì parte di una famiglia.



Angolo del disagio

Mi è dispiaciuto constatare un calo di visualizzazioni e il fatto che non vi siano state recensioni nello scorso capitolo mi fa temere che la storia non vi stia piacendo più. Non smetterò comunque di aggiornare, cercando di migliorarmi di volta in volta. 
Questo è il capitolo più personale della storia. Forse alcuni storceranno il naso perché Alycia è assente e spero proprio di no in realtà. Per spiegare come mai non è presente: il capitolo è parallelo all'incontro con Jessica, quindi mentre Eliza e Rachel si trovano a casa da sole, gli altri sono a casa Harmon. Non so nemmeno io come commentarlo, mi auguro solo che vi sia piaciuto. La canzone citata è la meravigliosa Personal degli Against The Current e vi consiglio di ascoltarla durante la lettura. 
Grazie a chi legge e segue la storia, vi invito a commentare, a dirmi che ne pensate di questa storia. 
Alla prossima!

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Capitolo 44
*** 43.Time Is Money ***


43.

 

You put a price on everything
You even tried to put one on me
I give my all for your benefit
I'm sick of this shit
(You Me At Six feat. Winston McCall-Time Is Money)

 

Campbell non riusciva più a racappezzarsi. Stava leggendo documenti su documenti da ore. Accanto a lui, Bob cercava di fare lo stesso. Richard e Lindsey, seduti sul pavimento, stavano provando a costruire uno schema delle attività di Franklin.
«Perché non andiamo da Jason e ce lo lavoriamo? L’abbiamo fatto con Jessica e ha funzionato.» esordì Marie.
«Da quando sei così incline alla violenza?» le chiese Bob, stupito da quell’atteggiamento.
«Da quando le mie amiche soffrono.» rispose Marie, concisa.
«Rothenberg è l’unica vera pista che abbiamo, se la bruciamo è finita.» dichiarò Campbell. Marie sbuffò. Si stava annoiando. Alycia ed Eliza erano rimaste a casa, i suoi amici lavoravano senza sosta e lei era rimasta a mani vuote. Sbadigliò, accendendo la tv dell’ufficio.
«Oh, parli del diavolo e ne spuntano le corna.» commentò. Il faccione di Franklin campeggiava sullo schermo.
«Non dirmi che ci sarà anche lui alla cena di stasera.» si lamentò Richard.
«Quale cena?» domandò Campbell, allarmato.
«Una sorta di reunion di cast e troupe di The 100 con i produttori e gli investitori. L’ha organizzata Jason, si terrà nella sua villa.» rispose Lindsey. Il detective sgranò gli occhi. Sbatté le mani sulla scrivania e si alzò in piedi, di scatto.
«Ragazzi, era quello che ci serviva. Se riusciamo a mettere le mani sul suo computer, siamo a cavallo.». I quattro attori si scambiarono un’occhiata confusa.
«E come pensa di poter rubare il suo computer, detective? È impossibile!» obiettò Marie.
«Non dovremo rubarlo. Basterà copiare i dati.» asserì Bob. I suoi amici lo guardarono, increduli. Campbell gli diede una pacca sulla spalla.
«Credo in voi, ragazzi. Incastriamo quel bastardo.»

 

*

 

«Dovevamo proprio venire?» si domandò Eliza. Alycia le strinse forte la mano e la condusse al tavolo. Si sedettero vicino a Marie e Richard.
«Avete provato il fritto di pesce? È incredibile!» esordì il canadese.
«Non ho fame.» ribatté Eliza.
«Tu che non hai fame? Il mondo finirà stasera, Taylor.» commentò ironica Marie. L’australiana fece spallucce.
«Ma Lindsey e Bob? Richard, come mai non sei con lei?» chiese poi Alycia, realizzando la stranezza della cosa. Richard si guardò intorno. Non poteva di certo rivelarle che stavano gironzolando per la festa in cerca del computer di Jason. Avevano deciso di tenere le sue australiane all’oscuro di tutto, per non coinvolgere Eliza e non metterla a rischio nel caso li avessero scoperti.
«Dovevano parlarsi. Non so in merito a cosa, potrebbero metterci un po’.» mentì. Alycia ed Eliza annuirono, poco convinte. La bionda sospirò. Avrebbe solo voluto tornarsene a casa. Alycia le sorrise e le baciò con tenerezza la guancia. Eliza si accoccolò alla mora.
«Sono qui.» le sussurrò Alycia.
«Lo so.» rispose Eliza, come rincuorata da quella conferma.

 

*

 

Bob e Lindsey non riuscivano ad accedere all’ufficio di Jason. Il produttore, nonostante fosse l’organizzatore della serata, si era chiuso lì dentro e non aveva intenzione di uscire.
«Ci servirebbe un diversivo convincente.» osservò Lindsey.
«Peccato che non l’abbiamo. E Richard e Marie sono impegnati a tenere d’occhio Alycia ed Eliza.» replicò l’australiano. Lindsey gonfiò le guance, pensierosa. Avevano solo quella serata per prelevare i dati dal computer di Jason, non avrebbero avuto altre possibilità. All’improvviso, udirono un gran baccano provenire dall’esterno. Sembrava la voce di Eliza.  Lindsey corse verso la finestra più vicina e si affacciò. Ciò che vide la fece sobbalzare.
«Bob, forse abbiamo trovato il nostro diversivo.».

 

*

 

«Che cosa ci fa lui qui?» urlò Eliza. Franklin se ne stava impettito davanti a lei, con un ghigno stampato in volto. Alycia afferrò Eliza per il braccio, evitando che si ficcasse ulteriormente nei guai.
«Che cos’è tutto questo trambusto?» domandò Jason, comparendo improvvisamente.
«Perché lui è qui?» chiese Eliza ad alta voce e tra le lacrime.
«Perché finanzia la serie, razza di un’attrice viziata!» rispose in malo modo il produttore.
«Fa cosa?» rincarò la dose l’australiana, fuori di sé. Si liberò della stretta di Alycia e avanzò minacciosamente verso Franklin. Marie riuscì ad acciuffarla all’ultimo, prima che avvenisse l’irreparabile.
«Torniamo a casa, Eli. Vieni.» la richiamò Alycia, prendendola per mano. Eliza la spinse via.
«Dov’è? Dov’è Christian?». Il suo tono era supplichevole, rotto dal pianto. Non le importava del fatto che tutti la stessero guardando.
«Io rivoglio solo mio figlio!» dichiarò. Scivolò per terra, rannicchiandosi su stessa. Alycia si accucciò alla sua altezza, circondandola con le braccia. Avrebbe voluto difenderla da tutto quello.
«Eliza, penso proprio che dovresti farti aiutare.» commentò Jason, freddo. Alycia si voltò. Lo guardò in cagnesco. Si alzò e lo prese per il bavero della camicia, sbattendolo al muro.
«A-Alycia, cosa stai facendo?» chiese terrorizzato l’uomo.
«Senti, brutto pezzo di merda, non mi interessa se sei tu a darmi il lavoro. So benissimo che sei in combutta con questo criminale e, prima o poi, avrai ciò che meriti. Non ho idea di quale gioco stiate giocando, ma non vi permetterò di continuare a ferire la donna che amo, mi sono spiegata?». Jason era bianco come un cencio. Annuì debolmente. Alycia lo lasciò andare e si incamminò verso Eliza. Si fermò. Si voltò nuovamente.
«Questo è per Christian!». Jason si ritrovò carponi. Lo stomaco gli doleva. Non aveva mai preso un pugno così forte.
«Vieni, torniamo a casa.» sussurrò la mora ad Eliza, aiutandola a rimettersi in piedi.
«Poi sono io la violenta.» rifletté Marie, seguendo le due amiche. Richard si aggiunse al terzetto, incredulo. Mentre uscivano, incrociarono Lindsey e Bob. Avevano la faccia soddisfatta.
«Ci siamo persi qualcosa?» domandò l’australiano.
«Solo la scena più soddisfacente di sempre, vecchio mio.» rispose Richard, con aria sognante, mentre una Alycia paonazza per l’imbarazzo aiutava Eliza a calmarsi.


Angolo del disagio 

E olè, Alycia ci va giù pesante ahah. 
Capitolo un po' più movimentato del solito (finalmente). Ne vedremo delle belle. 
Grazie per le recensioni e per leggere e seguire questa storia. 
Alla prossima!

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Capitolo 45
*** 44.I Do Not Want This ***


 

44.

 

And maybe I don't have a choice
And maybe that is all I have
And maybe this is a cry for help
I do not want this
(Nine Inch Nails-I Do Not Want This)

 

Rachel si rigirò fra le lenzuola. Controllò l’ora. Erano già le dieci. Sbuffò. Aveva promesso ad Alycia ed Eliza di provare ad alzarsi dal letto. Avevano stabilito alcune regole. Se avesse voluto mangiare, avrebbe dovuto partecipare ai pasti. Rachel aveva capito che le due attrici stavano solo cercando di aiutarla a reagire al dolore che la attanagliava dalla morte di Duke. Era anche consapevole che Alycia stava soffrendo esattamente come lei e che stava semplicemente cercando di non darlo a vedere per farle forza. Sospirò. Si stiracchiò e, pur con fatica, si mise a sedere. Appoggiò sul pavimento prima un piede e poi un altro, rabbrividendo al contatto con il parquet freddo. Afferrò le stampelle accanto al letto e si tirò su. Andò in bagno e poi saltellò verso il soggiorno. Con sommo stupore, però, non trovò né Eliza, né Alycia. Seduti sul divano, infatti, Bob e Lindsey stavano imprecando contro un povero ed innocente computer portatile. Rachel non sapeva se farsi notare o tornare in camera. Sapeva di non stare più molto simpatica a Lindsey e si sentiva a disagio con lei intorno.
«Buongiorno.» la salutò Bob, anticipando qualsiasi sua mossa. Rachel accennò un finto sorriso e si addossò alla
parete. Lindsey le fece un cenno con la mano, ma la ragazza non rispose. Si stava agitando.
«Ehm... Vado a fare colazione.» dichiarò. Era divorata dall’ansia. Entrata in cucina, chiuse la porta alle sue spalle. Si accasciò sul pavimento, il fiato corto e la testa fra le mani. Senza che se ne accorgesse, qualcuno si sedette accanto a lei. Si voltò. Lindsey le sorrideva, pur se con uno sguardo carico di preoccupazione.
«Io...» esordì Rachel, ma le parole morirono sul nascere.
«Ti chiedo scusa. Ho detto delle cose orribili su di te, ma non le penso. Certo, non ti vedo più come la timida ragazzina indifesa di Vancouver, ma anche così non sei male.». Rachel non se l’aspettava minimamente. Tirò un sospiro di sollievo. Lindsey l’aiutò ad alzarsi e la fece sedere. Le riscaldò una tazza di latte e le preparò un panino con la marmellata. Si sedette di fronte alla ragazza, osservandola mentre mangiava di gusto la sua colazione. Bob le raggiunse poco dopo.
«Allora, dove sono Alycia ed Eliza?» chiese Rachel, con la bocca piena.
«Alla CW con i rispettivi agenti. A quanto pare, il cazzotto che Alycia ha tirato allo stomaco di Jason non è stato molto gradito dai piani alti.» rispose Bob. Rachel si incupì.
«Rischiano di perdere il lavoro?» domandò, triste. Lindsey ne fu intenerita, sembrava quasi una bambina.
«Nah. Jason è riuscito a produrre un’ottava stagione con cui ha cercato di riappacificarsi con i fan dopo una serie di scelte discutibili e ne ha in cantiere altre due. Inoltre, ha fatto sì che nella serie tornassero personaggi amatissimi come Lexa. Non le può licenziare.» spiegò Bob. Stava armeggiando con il portatile e Rachel si sporse con fare curioso, cercando di capire cosa stesse facendo.
«A cosa stai lavorando?» domandò. Bob abbassò di scatto lo schermo. La ragazza si insospettì.
«Dai, posso vedere? Non ne parlo con nessuno!» insistette.
«È una ehm... Sceneggiatura.» mentì l’attore. Rivolse un’occhiata supplichevole a Lindsey, cercando un aiuto che, però, lei non fu in grado di dargli.
«Per essere un attore, dici le bugie da schifo.» ribatté Rachel. Bob si picchiettò la testa con le dita. Lindsey decise di intervenire e sparecchiò la tavola, proponendo a Rachel di uscire in giardino. La ragazza scosse il capo. Era decisa a scoprire la verità. Scattò in avanti con il bacino e strappò improvvisamente il computer dalle mani di Bob. Sollevò lo schermo e sobbalzò.
«Ma questo è... Voi siete pazzi!» esclamò, le mani nei capelli.
«Ti prego, Alycia ed Eliza non devono saperlo.» supplicò Lindsey.
«Tra l’altro, non riusciamo nemmeno ad accedere ai dati, sono criptati. Servirebbe una password, ma le abbiamo provate tutte.» aggiunse Bob, mostrandole un quaderno con una quantità innumerevole di successioni numeriche e parole.
«Avete rubato anche questo? Poi sono io la criminale.» commentò Rachel, divertita. Si mise ad osservare lo schermo, pensierosa. Poteva trattarsi di una qualsiasi parola o sequenza di cifre. Provò a riflettere. Aveva già avuto a che fare con materiale del genere. Franklin le aveva sempre permesso una certa libertà di movimento, tutto sommato. Non per pietà, questo era sicuro. Una libertà limitata e, quindi, falsa è più dolorosa di uno stato di prigionia permanente. Se nell’ultimo caso è possibile trovare la speranza di una vita diversa, di una fuga, nel primo l’illusione di un miglioramento lascia spazio, lentamente, alla disperazione più totale.
«Hai delle idee?» domandò Lindsey, riportando la ragazza alla realtà. Aveva notato il suo fare pensieroso. Rachel si grattò il collo. A dire il vero no, non ne aveva. Ricordava alcune successioni numeriche, ma dubitava potessero fare al caso suo.
«Max mi ha parlato di una visione. Non è la prima volta che sento qualcuno parlare in questi termini.» suggerì. Bob digitò, ma la parola non corrispondeva. Sarebbe stato troppo semplice. Rachel si toccò il naso con il dito. Sospirò. Provò a pensare a chi fossero realmente Franklin e Jason. Sicuramente, la password non era farina del sacco del secondo. Si alzò di colpo e, sotto lo sguardo sconvolto di Bob e Lindsey, saltellò in soggiorno. Tornò poco dopo con una penna e un foglio. I due attori la osservavano armeggiare con il cellulare e scrivere sulla carta. Dopo svariati minuti, Rachel porse il foglio a Bob.
«Che significa?»
«Tu prova.» rispose la ragazza. Bob copiò la presunta password, pur se con riserve. Premette invio e trattenne il respiro.
«Ci siamo!» esclamò, entusiasta.
«Come hai fatto?» domandò Lindsey, fissando il foglietto. C’era scritto “Sum Vis”.
«Franklin adora i giochi di parole ed è un amante dei classici latini. Visione in latino si può tradurre Visum. Ho scomposto la parola, è stato facile.» spiegò Rachel. Lindsey e Bob la guardarono ammirati. La ragazza si morse il labbro, imbarazzata. Odiava dover riconoscere di aver imparato a capire Franklin così bene. La cosa la terrorizzava. Chiuse gli occhi. Un nugolo di immagini le affollarono la mente. Lei non era come voleva lui. Non era solo un oggetto. Non era sua. Forse si sbagliava. Forse lei non era altro che un oggetto. Forse lei era davvero sua. Si ritrovò per terra, tremante. Non poteva evitarlo. L’attacco di panico la raggiunse, crudele. Chiuse di nuovo gli occhi, come a voler ricacciare tutte quelle brutte sensazioni che la sovrastavano. Non sapeva più a cosa doveva credere. A Franklin o a chi le aveva instillato il dubbio che perfino lei meritava una vita piena di felicità? Chi era lei? Per cosa era nata? Perché non riusciva a togliersi dalla testa il modo in cui Alycia ed Eliza la guardavano, così carico di comprensione e bene? Sì, loro le volevano bene. Come Duke, anche lui le aveva voluto bene. Si era fidato di lui, forse poteva fare lo stesso con loro. Forse.
«Aly...» mormorò, infine. «Voglio Aly.». Lindsey la strinse a sé, mentre Bob corse a telefonare all’amica. Rachel non
smetteva di tremare, sperando che Alycia arrivasse presto. Forse di lei si sarebbe potuta fidare definitivamente. Non aveva altra scelta. Non aveva nessun altro.



Angolo del disagio

Un po' si va avanti e un po', apparentemente, si torna indietro. Su quell'apparentemente ci torniamo tra un secondo.
Dunque, Lindsey e Rachel si chiariscono e scopriamo anche che Bob, nonostante la carriera attoriale, mente malissimo. Spero che la parte sulla password non sia troppo forzata, non mi convince troppo. In caso, fatemi sapere.
Veniamo all'apparentemente. Rachel ha una crisi di panico, risucchiata completamente dal suo passato. Comprensibile, ciò che ha passato non si risolve di certo in una settimana. Eppure, fa qualcosa di insolito: chiede aiuto. Cosa succederà in seguito lo leggerete nel prossimo capitolo.
Grazie mille per le recensioni e per seguire e leggere questa storia!
Alla prossima!

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Capitolo 46
*** 45.Tell Me How You Feel ***


45.

 

If you really want your wounds to heal
Then tell me how you feel
(Trapt-Tell Me How You Feel)


«Non so che dissapori ci siano fra voi e Jason, ma penso sia opportuno arrivare ad un compromesso.». Eliza roteò gli occhi.
«Nessuno di noi vi vuole fuori dalla serie. Siete fondamentali per il suo successo.» continuò l’uomo, un delegato della CW.
«Non sembravo così importante quattro anni fa.» obiettò Alycia. Eliza la fulminò con lo sguardo.
«Se c’è da pagare una multa, lo faremo volentieri. Vero, Alycia?» intervenne Paul. L’attrice sbuffò. Fece per replicare, ma il vibrare del telefono nella tasca la fermò. Lo prese e, quando lesse il nome sul display, rimase alquanto confusa.
«Non l’hai nemmeno spento?» La rimproverò l’agente. Alycia lo ignorò e si alzò.
«Scusate.» disse, uscendo. Eliza si voltò verso la sua agente e fece spallucce. Rimasero in attesa qualche minuto, fino a quando Alycia rientrò, trafelata. Afferrò Eliza per un polso e la costrinse ad alzarsi dalla sedia.
«Aly, cosa stai...?». La mora non rispose. Si appoggiò alla scrivania e guardò l’uomo dritto negli occhi.
«Pagherò un risarcimento e resterò nella serie, ma a una condizione: Franklin non dovrà avvicinarsi mai ad Eliza, che si tratti di set, feste e quant’altro. Non ho nulla da aggiungere.». Paul sgranò gli occhi. Si chiese quale fosse il suo compito lì, dato che aveva deciso tutto l’attrice, senza nemmeno consultarsi con lui. Seguì con la coda dell’occhio le due australiane correre via e si arrese all’evidenza. Non l’avrebbe mai capita del tutto, ma sarebbe stato un buon amico. Sì, era di quello che Alycia aveva veramente bisogno. Le due ragazze scomparvero dalla sua visuale e si lanciarono in corsa nell’ascensore. Alycia schiacciava disperata il pulsante per il piano terra, ma non riusciva a far chiudere le porte. Eliza le prese delicatamente il polso e le abbassò la mano. Premette il bottone con calma e, finalmente, L’ascensore partì. Alycia trascinò Eliza fino alla macchina. La mora si sistemò al posto del guidatore e inserì le chiavi nel blocchetto d’accensione, ma la bionda la fermò.
«Aly, che succede?» domandò, preoccupata. Si era trattenuta dal chiederlo in quell’ufficio, ma necessitava di una risposta. Alycia chinò il capo.
«Mi ha chiamata Bob.». Eliza aggrottò la fronte. Bob non le avrebbe mai telefonato, se non fosse successo qualcosa di grave.
«Rachel ha una crisi. Ha chiesto di me. Onestamente, al diavolo i soldi e le discussioni con Jason, un giorno avrà quel che merita. Ora la mia priorità è altro.». Eliza le baciò la fronte.
«Guido io.» le sussurrò. Alycia annuì. Osservò la bionda mettere in moto l’automobile. Proseguivano lente, a causa del traffico. Alycia aveva lo sguardo rivolto verso il finestrino. Era rigida. I suoi occhi verdi si erano fatti scuri. Eliza vi lesse  preoccupazione e angoscia, ma non solo. C’era un’ombra in quegli occhi, qualcosa di indecifrabile e cupo. D’istinto, le carezzò la schiena. Alycia si girò. Eliza le sorrise.
«Sta bene. Ne ha... Ne avete passate tante. Ne uscirete, ne sono sicura.». Alycia si morse il labbro. Non voleva scoppiare. Eliza accostò. Erano quasi arrivate, ma in quelle condizioni Alycia non avrebbe potuto aiutare nessuno. Le circondò il volto con le mani e la baciò, con tenerezza. La mora si scostò. Non capiva.
«Lo so che vuoi essere forte per lei, Aly. Lo vedo come ti comporti. Ma hai bisogno di affrontare questo dolore. Hai bisogno di sapere che tu e Rachel ce la farete. E, te lo giuro, sarà così. Io non vi lascio, è una promessa.». Alycia la baciò. Aveva di nuovo bisogno di percepire qualcosa ed Eliza era il suo unico aggancio con la realtà in quel momento. Scese dall’auto, correndo verso casa. Aprì la porta e trasalì. Rachel era seduta per terra, tremante. Lindsey era di fronte a lei e stava provando a tranquillizzarla, ma ogni secondo che passava la situazione precipitava sempre di più. Alycia si avvicinò alla ragazza. Fece segno a Lindsey di spostarsi e si accucciò.
«Ehi, sono qui.» sussurrò. Rachel respirava faticosamente, lo sguardo fisso nel vuoto, perso in un mondo colmo di chissà quali orrori.
«Aly, scusa se...»
«Bob, avete fatto bene. Ora ho bisogno che ve ne andiate.» asserì l’australiana. Bob e Lindsey annuirono ed uscirono in giardino, lasciando Alycia e Rachel sole. L’attrice prese le mani della ragazza, cercando di farla voltare verso di sé.
«Ti prego, guardami.» supplicò. Vide Rachel chiudere gli occhi e fare uno sforzo immane per girarsi. La abbracciò.
«Sono qui. Sono qui.» le ripeteva. «Siamo qui. Tu sei qui.» aggiunse. Rachel spalancò gli occhi. Il respiro era sempre più stentato. Alycia cominciò a preoccuparsi seriamente.
«Tu sei qui, Rachel. Non sei con loro. Sei qui, ci sono io con te.». La ragazza le si avvinghiò contro.
«Brava, così. Respira.» sussurrò l’attrice, guidandola. Rachel parve cominciare a calmarsi.
«Cosa ti agita? Che succede?» le chiese Alycia, carezzandole i capelli con dolcezza. La ragazza si accoccolò al suo petto. A poco a poco, riuscì a regolarizzare il respiro. Aveva ancora lo sguardo spento, ma sembrava ricominciare a riconoscere la realtà.
«Non voglio.» mormorò. Alycia la strinse ancora di più a sé.
«Non importa. Non devi parlarmene, se non vuoi.». Rachel scosse il capo. Alycia non capiva.
«Non voglio tornare... Tornare da loro.»  confessò con un sospiro la ragazza. L’australiana sentì formarsi un nodo in gola.
«Sono un oggetto?» domandò poi Rachel. Non c’era disperazione nella sua voce, ma solo un puro e limpido bisogno di sapere. Ad Alycia si strinse il cuore.
«No.» rispose.
«E allora cosa sono?». Alycia non sapeva cosa rispondere. Aveva paura di peggiorare le cose. Le schioccò un bacio in fronte. Si voltò. Dietro di lei, Eliza le osservava con le lacrime agli occhi. Non disse nulla e si volatilizzò in giardino, raggiungendo Bob e Lindsey. Si vergognava ad ammetterlo, ma provava un pizzico di gelosia nei confronti di quella ragazza. Il rapporto fra Rachel e Alycia non era comprensibile fino in fondo. Era qualcosa di così intimo, da risultare insondabile. Sospirò. Si avvicinò alla finestra. Alycia era ancora seduta per terra con Rachel. Non le aveva ancora risposto. Cos’era lei? Un essere umano. Sì, ma non bastava. Alycia si stava torturando, incapace di dire qualcosa. Frugò nella borsa. Ne estrasse uno specchietto tascabile. Lo aprì e lo porse a Rachel. La ragazza sembrava confusa. Alycia le fece cenno di guardare il suo riflesso.
«Questa sei tu. E, come vedi, non c’è nessun altro. Sei solo tu. Non c’è il tuo passato, non c’è il tuo futuro, solo il tuo presente. Scegli tu cosa essere, ogni giorno.»
«Io non so scegliere.» replicò Rachel. Alycia la strinse a sé.
«Io e Eliza siamo qui. Non sei sola.» la rassicurò.
«Duke...»
«Manca anche a me. Sto cercando di essere forte, ma forse non è ciò di cui hai... Di cui abbiamo bisogno. Credo che dovremmo, non lo so, parlarne.» ammise l’australiana. Rachel annuì. Era molto più serena. Si accoccolò all’amica e sospirò. Alzò gli occhi al soffitto.
«Ti ricordi quando ti mandò da me, su quella spiaggia?» esordì.
«Capisti subito che era stato lui. Non so che cosa aveva visto in me. Mi disse semplicemente che era felice che tu potessi conoscere persone nuove.»
«Lui ha sempre cercato di spingermi verso di te. Non per liberarsi di me, no. Era come se in te lui avesse intravisto una possibilità per me. È buffo, lo capisco solo adesso.». Rachel si asciugò gli occhi lucidi con il braccio.
«Penso di averlo tradito portandoti a quelle feste. Eppure, non ci ha mai giudicate, neppure per un istante.» osservò Alycia. Rachel annuì. Arricciò il naso, cercando di arrestare il pianto.
«Ti ricordi quando ci ha convinte ad entrare in quella villa solo perché voleva andare in piscina? Fu un disastro.». Scoppiarono a ridere entrambe. Alycia sentì le lacrime bagnarle le guance. Finalmente si stava lasciando andare, senza sensi di colpa o imposizioni.
Eliza le guardava. Era fiera di Alycia. Stava finalmente cercando di affrontare il suo dolore, in libertà. E, nonostante tutto ciò che anche lei stava passando, si sentì, di colpo, leggera.




Angolo del disagio

Un capitolo tutto sul rapporto tra Alycia e Rachel. Entrambe hanno bisogno di guardare in faccia il proprio dolore e affrontarlo e, paradossalmente, quella che fatica di più in questo è proprio Alycia. Dall'altro lato, Rachel non riesce ancora a percepirsi come un essere umano, tanto che arriva a chiedere se è un oggetto. È la facoltà di scegliere la caratteristica tangibile di noi uomini e Alycia la mette davanti a questa evidenza. Bisogna capire se riuscirà a seguire i suoi stessi consigli, ma lo vedrete molto presto.
Grazie mille per le recensioni e per leggere e seguire questa storia, spero vi stia piacendo! Alla prossima!

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Capitolo 47
*** 46.Distance ***


46.

 

Let you go
Drift away into nothing
Cause I don't know you, I don't know you now
(Boys Of Fall-Distance)

 

Alycia raggiunse Eliza, Bob e Lindsey in giardino. Sembrava irritata.
«Rachel si è addormentata, spero non si svegli. Posso sapere cos’è successo?» esordì. Lindsey si morse il labbro.
«Niente di che. Stavamo chiacchierando del più e del meno.» rispose Bob.
«Te l’hanno mai detto che per essere un attore menti davvero da schifo, Morley?» lo zittì Eliza. Anche lei si stava innervosendo. Nonostante tutto, aveva a cuore il bene di Rachel. Lindsey e Bob si scambiarono un’occhiata d’intesa. La statunitense prese coraggio. Accese il computer, mostrando alle due australiane i dati rubati dal computer di Jason.
«Ci ha aiutato a decriptare i file. Non so, probabilmente ripensare a Franklin deve averle fatto male. Mi dispiace.». Alycia scosse il capo. Ritornò dentro casa, sbattendo la porta. Lindsey provò a dire qualcosa, ma Eliza le fece segno di tacere.
«Ma cosa pensavate di fare? Non siete in un film! Certe cose non passano in cinque minuti, Rachel aveva appena cominciato a stare meglio!» li rimproverò.
«Eli, noi stiamo facendo di tutto affinché Christian possa tornare a casa. Mi dispiace per la ragazza, ma noi abbiamo agito nel tuo interesse.» cercò di essere ragionevole Bob.
«Il mio interesse non è più solo mio. Il giorno che lo capirai sarà troppo tardi. Ho Alycia, adesso. E lei tiene a Rachel come se fosse una sorella. Non posso ignorare questa cosa, spero che tu sia d’accordo con me.» replicò Eliza, fuori di sé. Si passò una mano fra i capelli.
«Volevamo solo aiutarti. Perché devi essere sempre così egoista?»
«Se non volere che una ragazza già sofferente di suo abbia un’ulteriore crisi rende di me un’egoista, non so che dirti.»
«Adesso basta, smettetela!» urlò Lindsey, afferrando i due australiani per le orecchie e costringendoli a fermare quell’assurdo litigio. A nulla valsero le loro suppliche, la statunitense teneva saldamente i loro lobi fra le mani.
«Ascoltatemi bene: avete ragione entrambi. Bob, noi avremmo dovuto essere più accorti e, magari, parlarne con Eli e Alycia. Eliza, tu invece devi però capire che noi abbiamo agito spinti dal desiderio di aiutarti a riprenderti Christian. Perciò, ora smettetela.»
«Va bene, però mollaci le orecchie.» mormorò Eliza, dolorante. Lindsey li lasciò andare e li osservò divertita massaggiarsi i lobi.
«Vi chiedo scusa per la mia reazione. Non accadrà più.» dichiarò Eliza.
«Scusaci tu.» disse Bob, mettendosi a sedere sul prato. Eliza lo seguì poco dopo, affondando il volto fra le mani.
«Vorrei fosse tutto più facile, soprattutto con Aly. Va a gonfie vele fra noi, ma è come se non riuscisse a staccarsi definitivamente dal suo passato, come se ne fosse costantemente risucchiata. Ho paura per lei, temo che non porterà a nulla di buono.» spiegò. Lindsey le si accucciò di fronte.
«Eli, non puoi pretendere che cambi da un momento all’altro. Le ci vuole tempo.». Eliza annuì. L’amica le baciò con tenerezza la fronte e si sedette accanto a lei. Prese il portatile e  fece per scorrere i file, quando una ancora infuriata Alycia aprì di colpo la porta. Lo sguardo era duro e, per un attimo, i suoi tre colleghi ebbero l’impressione di trovarsi di fronte a Lexa. Eliza si alzò e le andò incontro, ma Alycia le fece cenno di fermarsi.
«Sono ancora arrabbiata. Se sono qui, è solo perché ho a cuore il bene di Chris, nient’altro.» asserì. Eliza avrebbe voluto capire come mai ora sembrava essere arrabbiata anche con lei, ma lasciò perdere. Le due australiane raggiunsero Bob e Lindsey. La statunitense cominciò a mostrare i file.
«Cosa sono?» chiese Bob.
«Altre transazioni, a quanto pare, sia in entrata, che in uscita. E i nomi sono belli importanti.» osservò Lindsey, indicando lo schermo. Gli altri tre attori sgranarono gli occhi.
«Politici, attori, cantanti, giornalisti, finanzieri... Qui ce n’è da far saltare il Paese e non solo.» commentò Alycia, sconvolta da quella scoperta.
«Beh, portiamo tutto a Campbell?» propose Eliza.
«Non possiamo.». Si girarono tutti verso Bob. Aveva una mano sul volto, l’altra serrata in un pugno.
«Ma cosa stai dicendo?» si innervosì Alycia.
«Ragazze, se salta Franklin, implode tutto. È questo che volete?». Eliza vide le pupille di Alycia farsi sempre più sottili.
«Ma ti senti, Morley? Hai la minima idea di quello che ha fatto Franklin a me, Eliza e Rachel? Ho perso un amico per colpa sua!». Teneva l’attore per il colletto della camicia e l’aveva costretto al muro. Era fuori di sé.
«Io voglio disintegrare lui e questo lurido sistema. Se non sei con me, puoi benissimo andare a quel paese, Bob. Ma restaci, perché se ti dovessi vedere in giro ti spaccherei la faccia!». Eliza la strattonò, allontanandola da Bob. L’attore si sistemò la camicia. Scosse il capo.
«Non sto dicendo che non voglio fare nulla. Desidero quanto te che quel bastardo vada in galera. Io sto dalla vostra parte, devi credermi. Semplicemente, gradirei non vedere il mondo dissolversi sotto i miei piedi. Non ti sto chiedendo di continuare ad accettare il sistema in cui siamo immersi, ma di andarci piano.» si spiegò. Alycia parve calmarsi. Le doleva ammetterlo, ma Bob aveva ragione.  
«E cosa pensi di fare?» domandò Alycia.
«Il nostro primo obiettivo è riprenderci Christian. Perché non usiamo questi file per indurlo a ridarcelo?»
«Non mi piace, Bob. Franklin è pericoloso.» obiettò Eliza.
«Marie è molto convincente.» ribatté lui. La bionda si voltò verso Alycia. La mora ndossava una canotta e i segni dell’agguato ai suoi danni erano ben visibili sotto la spallina.
«No. Preferisco affondare con tutto questo, piuttosto che mettervi in pericolo.» disse, alzandosi e strappando il computer dalle mani di Lindsey. Corse verso la macchina. Aprì lo sportello e appoggiò il computer sul sedile posteriore. Fece per accomodarsi in auto, quando Lindsey la afferrò per il polso.
I suoi occhi scuri la imploravano di restare.
«Rachel è viva per miracolo, Alycia pure. Non posso più rischiare.» dichiarò.
«Eli, non farlo!» esclamò Bob. Eliza si voltò verso Alycia. La mora cercò di dire qualcosa, ma non ci riuscì.
«Hai appena detto a Bob che gli avresti spaccato la faccia se non avesse portato tutto a Campbell. Cosa è cambiato in questi due minuti?» si irritò Eliza. Alycia chinò il capo.
«È cambiata la responsabilità che ora abbiamo, Eli. Ma ci pensi alle conseguenze?»
«E tu? Come puoi dire una cosa del genere? Hai perso uno dei tuoi migliori amici, quella che consideri tua sorella ha rischiato di morire e io sono stata quasi violentata per strada! Fai come vuoi Aly, fermami, poi però vai da Rachel, guardala in faccia e spiegale bene la storia delle conseguenze!». Alycia non rispose. Chinò il capo, incapace di fare una qualsiasi mossa. E quando Eliza mise in moto la macchina, i tre attori non poterono fare altro che osservarla andarsene.




Angolo del disagio

Ahi, la situazione precipita di nuovo, soprattutto tra Eliza e Alycia. Purtroppo Bob ha ragione e infatti anche Alycia si ferma, ma Eliza ha paura di perdere le persone che ama. Per quanto riguarda la prima parte, invece, Eliza esagera e Lindsey spiega il perché. Menzione d'onore alla scena delle orecchie, mi sono divertita a scriverla.
Grazie per le recensioni e per seguire e leggere questa storia. Alla prossima!

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Capitolo 48
*** 47.Coma White ***


47.

 

A pill to make you numb
A pill to make you dumb
A pill to make you anybody else
But all the drugs in this world
Won't save her from herself
(Marilyn Manson-Coma White)

 

Alycia stava dormendo. Aveva preso sonno verso le sette del mattino, come spesso capitava negli ultimi giorni. Non tornava a casa sua da due settimane. Aveva affittato una stanza in uno squallido motel e ormai si era stabilita lì. Aveva conosciuto alcuni ragazzi e, ogni sera, li invitava da  lei a passare la notte. Si divertivano assieme, giocavano, ridevano, bevevano e si facevano. Alycia era riuscita a resistere. Almeno, così ricordava. Non aveva retto all’alcol invece, ormai la bottiglia era una sua fidata amica. Non ricordava più nemmeno come si vivesse senza post-sbronza.
Qualcuno bussò alla porta. L’attrice mugugnò qualcosa e provò a ignorare il tutto, ma lì fuori non si arresero.
«Siamo alle solite.» biascicò. Si alzò a fatica dal letto e si diresse ad aprire. Sgranò gli occhi.
«Maia!» esclamò sorpresa, abbracciando l’amica.
«Dio, hai un aspetto orribile.» commentò lei.
«Mi sono appena svegliata.»  
«Alle tre del pomeriggio?» chiese confusa Maia.
«Ho avuto una notte movimentata.» rispose prontamente Alycia.
«Lo vedo, sembra che sia passato un uragano in questa stanza.» osservò Maia, notando i cartoni della pizza e le bottiglie vuote sul pavimento. Alycia chinò il capo. Non avrebbe mai voluto che lei assistesse a quello spettacolo. Si sentì mancare, la testa le girava come una trottola. Maia la prese al volo, aiutandola a stendersi sul divano.
«Che succede, Aly? Parlami!»
«Perché sei qui, Maia? Avevamo impegni?» si innervosì Alycia.
«Mi eviti da due settimane, mi stavo preoccupando, tutto qui. Sono andata da Eliza per chiedere di te e mi ha detto che eri svanita nel nulla e che non ti trovava più. Non l’ho mai vista più spaventata di così. Perché non sei con Rachel? Che cosa sta succedendo? Non ti ho fatto domande quando ti hanno sparato e mi sono bevuta la storiella della rapina, ma ora non ne posso più. Sono tre anni che mi racconti stronzate.». Maia era fuori di sé. Si sentiva presa in giro. Alycia si morse il labbro. Decise di sputare il rospo.
«Io e Eliza siamo in pausa. Cioè, non è proprio così. Io me ne sono andata.» spiegò. Maia era impietrita.
«Tu sei un’idiota. Mi spieghi perché?»
«Ci sono cose che non sai, Maia. Non è così semplice.» ribatté Alycia. Maia non sapeva nemmeno cosa chiedere. Avvertiva che doveva trattarsi di qualcosa di grave, ma non riusciva proprio a immaginarsi cosa fosse successo. Alycia sospirò. Si alzò in piedi e si diresse nel cucinino della camera. Si ricordava bene, l’erba era rimasta lì. Si rollò uno spinello e se lo portò alla bocca. Maia glielo strappò dalle labbra, gettandolo per terra.
«Che stai facendo?» domandò, irata. Alycia chiuse gli occhi. Avrebbe voluto sparire.
«Era solo una canna.» mormorò. Il dolore alla guancia la fece sobbalzare. Maia la guardava dritta negli occhi, dura. Alycia non resistette oltre. Scoppiò a piangere e si gettò fra le braccia dell’amica. Maia ci stava capendo sempre meno. La fece sedere nuovamente e le carezzò i capelli.
«Perché non mi racconti tutto dall’inizio?» propose. Alycia distolse lo sguardo.
«Non posso.»
«Perché? Sono la tua migliore amica, non me ne vado.» la esortò Maia. Alycia non ce la faceva più. Possibile che fosse ancora schiava di tutte le menzogne che si era raccontata negli ultimi anni? Buttò la testa all’indietro e guardò Maia negli occhi. Inspirò profondamente e cominciò a parlare. Le raccontò della tossicodipendenza, della riabilitazione, di Franklin. Maia aveva i brividi. Non si aspettava nulla del genere. Sapeva che Alycia e Rachel andavano a feste spesso e volentieri poco raccomandabili, ma non si era mai accorta della droga.
«Non sentirti in colpa, non potevi saperlo.» la rassicurò l’amica. Maia la strinse a sé. Aveva gli occhi lucidi.
«Io avrei dovuto accorgermene.» mormorò. Alycia le sorrise.
«Non potevi. Non te ne ho dato la possibilità.». Maia parve crederle.
«Perché sei scappata da Eliza? Cosa è successo?» domandò poi.
«Ho combinato un casino, te l’ho appena raccontato. Lei è partita di corsa per consegnare il computer a Campbell e io, non so come, sono riuscita a raggiungerla.   Le ho strappato il computer dalle mani e l’ho distrutto, portando poi con me la chiavetta con la copia dei file. Non potevo permettere che facesse implodere il sistema.» raccontò. Le lacrime avevano preso nuovamente il sopravvento. Si sentiva così in colpa.
«Hai agito spinta dal desiderio di proteggere tutti noi da un caso dalle dimensioni immani. Eliza l’ha capito. Non c’era rabbia nei suoi occhi quando l’ho vista, solo preoccupazione. Torna da lei.» disse Maia. Alycia scosse il capo.
«Non posso. Non riuscirei a guardare negli occhi né lei, né Rachel. In fin dei conti, penso che a me piaccia sguazzare nel fango. Guardami.». Maia le accomodò con tenerezza una ciocca di capelli dietro le orecchie.
«Torna da lei. Ti sta aspettando. Ti ama, Aly. Non fuggire, non stavolta.». Alycia si asciugò gli occhi con il dorso della mano. Si alzò e studiò per bene il pavimento. Intravide una bottiglia ancora semipiena e la raccolse. Se la portò alle labbra e cominciò a bere. Maia era paralizzata. Non sapeva cosa fare. Decise di percorrere l’unica strada che le sembrava sensata.
«La chiamo.» annunciò. Alycia trasalì. Fece per strapparle il telefono di mano, ma era troppo tardi. Poteva sentire la voce familiare di Eliza dall’altra parte.
«Non venire!» urlò, gettandosi a terra. Maia la fece rialzare e cercò di riportarla sul divano, ma Alycia si divincolò, scappando in bagno. Si chiuse dentro e si sedette per terra. Si guardò intorno. Davanti a sé notò un sacchetto pieno di polvere bianca. Forse in quei giorni non si era limitata all’alcol. Scacciò quel pensiero. Non si era drogata. Lei era più forte di così. Chinò il capo. No, non era vero. Lei era debole.
«Aly, apri la porta!». La voce di Maia la riportò alla realtà. Ma cosa stava facendo? Perché era scappata di nuovo dalla felicità? “La felicità non esiste per me" rifletté.
«Aly, apri quella cazzo di porta!». Alycia ignorò l’amica. Si avvicinò al sacchetto e lo raccolse. Era così invitante. Un boato improvviso la costrinse a voltarsi. Avevano sfondato la porta. Non era pronta. L’azzurro la investì e lei non seppe scansarsi.




Angolo del disagio 

Aly, Aly, cosa combini? Quanto stai male? Tanto, questo è sicuro. Non è facile non soccombere al dolore e non tornare a sguazzare nel fango e non deve essere motivo di scandalo. Siamo umani, dopotutto. Riuscirà a reagire? Questo lo scoprirete nel prossimo capitolo.
Grazie per le recensioni e a chi legge e segue questa storia. Vi invito a commentare.
Alla prossima!

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Capitolo 49
*** 48.Hanging By A Moment ***


48.

 

There's nothing else to lose, 
There's nothing else to find
[...]
I'm falling even more in love with you
Letting go of all I've held on to
I'm standing here until you make me move
I'm hanging by a moment here with you
(Lifehouse-Hanging By A Moment)

 

Alycia era seduta sul pavimento del bagno. Stringeva il sacchetto fra le mani, aggrappata ad esso come un bambino al suo peluche. Davanti a lei, Eliza la scrutava con i suoi occhi azzurri. Maia aveva ragione. Non c’era traccia di odio o rabbia in quello sguardo, ma solo una profonda preoccupazione. Provò ad avanzare di un passo, ma Alycia strisciò indietro. Sembrava una bimba spaventata. Forse lo era. Chinò il capo. Quel sacchetto pieno di polvere bianca le stava urlando promesse cariche di serenità e coraggio. Le gridava di lasciarsi andare, di abbandonarsi al nulla che per così tanto tempo aveva cercato di scacciare. Deglutì. Come resistervi?
«Dammelo, Aly.» esordì Eliza. Aveva allungato il braccio e nella sua voce Alycia riuscì a percepire tutta quella tenerezza che l’aveva spinta ad innamorarsi di lei.
«Aly, sei ancora in tempo. Dammelo, ti scongiuro.» supplicò. Alycia chiuse gli occhi. Non sapeva chi seguire. Gliel’aveva detto ad Eliza. Lei non sapeva restare, l’unica cosa che aveva imparato a fare era scappare. Sentì due mani cingerle le spalle e altre due strapparle il sacchetto. Maia ed Eliza la fecero alzare di peso e la portarono sul letto. Non aveva il coraggio di aprire gli occhi. Percepiva le mani di Eliza carezzarle il viso. La bionda non si spinse oltre. Aveva paura di romperla.
«Perché sei venuta? Ti avevo detto di non farlo.» mormorò Alycia. Si sentiva così stanca, così vuota. Eliza si morse il labbro.
Per un attimo, la mora ebbe paura che potesse baciarla. Tirò un sospiro di sollievo quando sentì le labbra posarsi sulla sua fronte.
«Andiamo a casa.» sussurrò Eliza. Alycia scosse il capo. Si rotolò sul materasso, girandosi dall’altra parte.
«Aly, ascoltala. Torna a casa.» la incalzò Maia. Alycia si coprì le orecchie con le mani. Non voleva più ascoltare. Non voleva più sentire. Eliza le si sedette accanto. Prese a carezzarle delicatamente la schiena, con dolcezza.
«Vi lascio sole.» annunciò Maia, uscendo dalla stanza. Eliza le fece cenno di rimanere in zona, in caso di bisogno. Quando sentì la porta chiudersi, si stese accanto ad Alycia. Le baciò la nuca e la circondò in un abbraccio.
«Perché? Perché sei qui? Perché non mi odi?» chiese imperterrita Alycia, la voce rotta dal pianto. Eliza la costrinse a voltarsi. I suoi occhi azzurri erano così accoglienti. La invitavano a fidarsi, ad abbandonarsi a una felicità che non sapeva di vuoto. Era troppo per Alycia. Era troppo per chi era conscio di non meritarsi una cosa simile.
«Ti ho fatto una promessa, Aly. Ti ho detto  che sarei venuta a prenderti sempre. Potrai fuggire quante volte vorrai, ma io non ti lascerò mai.». Alycia aveva i brividi. Non capiva.
«Ti ho rovinato la vita. Per colpa mia, non sei riuscita a riprenderti Christian.»
«Troveremo un modo migliore del mio. Volevi evitare che facessi la cosa sbagliata. Tu e Bob avevate ragione, avrei dato il via ad un caos senza fine. Non significa che Franklin la passerà liscia, ma che dovremo trovare una soluzione più intelligente.». Alycia affondò il volto nel petto di Eliza. La bionda la strinse a sé. Le alzò lo sguardo, portando due dita sotto il mento. Aveva gli occhi lucidi.
«Non ho avuto il coraggio di risponderti quando me l’hai detto, ma ti amo anche io. Non ho smesso di amarti per un secondo in questi ultimi tre anni.» confessò. Alycia inarcò le sopracciglia. Ultimi tre anni?
«Quindi tu...»
«Io avevo paura Aly. Come vedi, sono scappata anche io. Ho capito a mie spese quanto sia sciocco. Ti amo sempre di più e non so come sia possibile, ma è così. Non posso immaginarmi una vita senza di te. Io ho bisogno di te.». Alycia aprì la bocca per dire qualcosa, ma le parole le morirono in bocca. Si sentiva la gola secca.
«Rachel...» mormorò, ma Eliza la zittì posando l’indice sulle sue labbra.
«Rachel non fa che chiedere di te. Nessuno ti odia, Aly. Ti vogliamo a casa.». Alycia si coprì il volto con le mani. Eliza gliele abbassò. Voleva guardarla. Voleva che lei la guardasse. Che la vedesse. Che i suoi occhi verdi si fondessero con i suoi. Le baciò la spalla.
«Non lo merito.» dichiarò Alycia.
«Nemmeno io ti merito, ma non è questo il punto. Non siamo amati perché lo meritiamo, ma semplicemente perché qualcuno ci vuole bene. Non esiste l’amore per merito.». Alycia non resistette oltre. Realizzò solo in quel momento quanto le fossero mancate le labbra di Eliza. L’aveva tradita in quei quindici giorni, anche la bionda ne era cosciente. Aveva baciato e toccato corpi estranei, gusci vuoti che l’avevano riempita con il loro nulla. Sussultò quando sentì le mani di Eliza carezzarle i fianchi e giocare con il bordo della maglietta. Non c’era pretesa in quel gesto, ma solo la voglia di farsi percepire. Eliza c’era, era lì. Eliza ci sarebbe sempre stata. Alycia ripensò alle due settimane appena passate. Aveva trascorso serate sporche, sudice. Nessuno l’aveva valorizzata semplicemente con un bacio. Nessuno l’aveva toccata come se fosse stata la cosa più preziosa del mondo. Si era accontentata. Aveva preferito tornare a sguazzare nel fango, piuttosto che aprirsi di nuovo. Si era nascosta dietro a ciò che aveva fatto, ma la verità era un’altra. Lei aveva paura della felicità. La temeva, terrorizzata di perderla. Eppure, le mani di Eliza le stavano mostrando che essere felice per lei era possibile. Alycia non aveva mai sperimentato una purezza simile. Si lasciò spogliare, dei vestiti e delle sue insicurezze. Si lasciò toccare, si lasciò plasmare. E, per la prima volta nella sua vita, si lasciò amare.




Angolo del disagio 

Questo capitolo mi ha svuotata e riempita, contemporaneamente. Penso che avere paura che la felicità poi scompaia e, di conseguenza, continuare a negarsela, sia terribile. Non so se vi è mai capitato, a me abbastanza spesso. Ciò che salva è trovare qualcuno che aiuti a vedere la realtà, le cose come stanno, a farci scorgere il nostro vero valore. Eliza è questo, è per Alycia l'ancora alla realtà. E, inoltre, scopriamo perché tre anni prima la loro relazione non era andata a buon fine. La paura può frenare, ma alla fine ciò che uno desidera emerge, sempre.
Grazie mille per le recensioni e per seguire e leggere questa storia. Fatemi sapere cosa ne pensate!
Alla prossima! 

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Capitolo 50
*** 49.Breaking The Silence ***


49.

 

Wake up the victim of violence
Shut the breath of the lifeless
I'm breaking the silence
(Breaking Benjamine-Breaking The Silence)

Eliza stava facendo colazione. Rachel e Alycia stavano ancora dormendo. La sola idea che la mora fosse di nuovo a casa l’aveva tranquillizzata. Senza di lei era stata durissima e non solo perché c’era Rachel a casa. Si era sentita persa, come se le mancasse un pezzo di sé. Fu ridestata dai suoi pensieri dal campanello. Andò ad aprire. Lindsey sfrecciò dentro senza nemmeno salutare, seguita a ruota da Richard, Bob e Marie. 
«Buongiorno anche a voi.» ironizzò Eliza. 
«Hai un computer?» chiese Lindsey, ignorandola. Eliza sospirò e porse il suo portatile all’amica. La osservò accenderlo e armeggiare instancabilmente con la tastiera. Richard, Bob e Marie le indicavano chissà cosa sullo schermo. 
«Potreste rendere partecipe anche me?» si spazientì Eliza. Marie le fece segno di tacere. L’australiana alzò gli occhi al cielo e cominciò a picchiettarsi il collo con le dita. Il ticchettio della tastiera stava cominciando a darle sui nervi. Lindsey estrasse dalla tasca dei jeans una chiavetta usb e la inserì nel computer. Eliza trasalì.
«Ma quella è...»
«Sì. Me l’ha data Alycia prima di sparire.» spiegò la statunitense. Eliza non poteva credere alle sue orecchie. 
«Tu sapevi che sarebbe scappata e non l’hai fermata?» si infuriò. Lindsey scosse il capo.
«No, Eli. Ha nascosto la chiavetta nella mia cassetta delle lettere. Se l’avessi vista, l’avrei fatta restare.». L’australiana si tranquillizzò.
«A proposito, come sta?» chiese Richard, con tono preoccupato. 
«Meglio. Ha passato due settimane intense, ma credo che non abbia assunto nulla di troppo forte. Non so cosa l’abbia trattenuta dall’andare oltre a qualche canna e a un po’ di LSD. Quando l’ho vista con quel sacchetto pieno di cocaina in mano sono rimasta paralizzata.». Marie le carezzò la schiena con fare affettuoso, un gesto insolito da parte sua negli ultimi tempi. Eliza si sedette accanto al quartetto. 
«In queste due settimane ci siamo chiesti come fare a porre fine a tutta questa storia. Forse siamo arrivati a una soluzione, ma non ti piacerà.» esordì Lindsey. Eliza aggrottò la fronte. 
«Abbiamo parlato con Campbell. Sa dell’esistenza dei file. Non li ha voluti vedere, ma ci ha suggerito di cercare delle transazioni specifiche. Rachel conosce Jason, giusto?». Eliza si grattò il mento. Era confusa.
«Sì, anche se non ho idea del perché e del come. In fondo, lui non l’ha mai riconosciuta mentre gironzolava sul set.» rispose. Vide Bob inspirare profondamente, segno che voleva dire qualcosa. Intuì, di colpo.
«Ragazzi, su Jason si può dire di tutto, ma non credo proprio che abbia mai conosciuto Rachel in quel senso.» obiettò. 
«Non lo sappiamo. L’idea è che...» provò a continuare il discorso Richard.
«Non voglio continuare ad ascoltarvi. Sapete già cosa ne penso.» lo zittì Eliza. Si alzò, innervosita e si recò in cucina. Si versò un bicchiere d’acqua e bevve tutto d’un fiato. Aveva appena ritrovato Alycia, non aveva intenzione di perderla di nuovo solo perché i suoi amici avevano intenzione di coinvolgere Rachel. Allo stesso tempo, però, non vedeva l’ora di poter stringere nuovamente Christian fra le sue braccia. 
«Non...» 
«No, Lindsey. Ogni volta che le promettiamo che non le succederà niente, accade un disastro. Ho capito perché era opportuno tenere quei file per noi, ma tutto questo non lo accetto.»
«Ma io sì.». Le due attrici si voltarono. Rachel li scrutava attentamente. Aveva lo sguardo deciso ed era ancora in pigiama. 
«Pensavo stessi dormendo ancora.» dichiarò Eliza.
«Mi sono appena svegliata. Che cosa devo fare, Linds?» andò subito al punto la ragazza. L’attrice deglutì. Tutta la sicurezza che aveva palesato fino a pochi minuti prima era sparita di colpo. 
«Linds, io non ho paura. Dimmi cosa devo fare.» la esortò Rachel. Eliza si frappose fra le due. 
«Non devi per forza.» mormorò. Rachel strinse i pugni.
«Invece devo, Eliza. Non riguarda me, ma Christian. Abbiamo perso fin troppo tempo.» dichiarò. L’australiana chinò il capo. Dio solo sapeva quanto volesse riabbracciare il bambino, ma non poteva permettere che accadesse qualcosa a Rachel. 
«Linds, dimmi.». Lindsey si voltò verso Eliza. Le chiese silenziosamente il permesso di parlare. La bionda sospirò. Scosse il capo e tirò una manata contro il muro. 
«Mi dispiace.» sussurrò Lindsey. Eliza non rispose e si appoggiò alle parete, le braccia conserte. Lindsey prese un bel respiro. 
«L’idea è che tu parli con Campbell e denunci Franklin per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.» spiegò, tutto d’un fiato. Eliza non ce la fece oltre. Si spinse in avanti e uscì dalla cucina, lo sguardo carico di disapprovazione. Si voltò verso Rachel. Non aveva più il tutore al braccio, ma continuava a usare le stampelle. 
«Che cosa farai quando la denuncia sarà ignorata e Franklin se la sarà cavata? Che cosa farai quando ti verrà a cercare?» chiese, agitata. Rachel sorrise, nervosa.
«Come lo spiegherai ad Alycia?» continuò Eliza. 
«Non usarla contro di me!» sbottò Rachel. Eliza sobbalzò. Non se l’aspettava. 
«Questa cosa riguarda me e me soltanto. È una cosa che avrei dovuto fare sin da subito e che, in un certo senso, mi avete spinta a considerare fin dall’inizio. Ho bisogno di sapere Christian al sicuro e mi sto rendendo conto di aver sbagliato a tradirvi. Pensavo di proteggervi e, invece, ho peggiorato la situazione. Duke non mi permetterebbe di lasciare perdere.». Eliza chinò il capo. Forse Rachel aveva ragione. Forse era davvero necessario agire così. 
​«Parlerò io con Aly.» la rassicurò la ragazza. L’attrice annuì. Sì, probabilmente non avevano scelta, eppure Eliza aveva la netta sensazione che si sarebbero trovati tutti in un mare di guai.




Angolo del disagio

Capitolo di passaggio. Rachel è molto determinata, finalmente ha ritrovato la forza di agire, ma parlerà davvero con Alycia? Riusciranno a incastrare Franklin? Lo vedrete nei prossimi capitoli.
Grazie mille per le recensioni e per leggere e seguire questa storia. Alla prossima!

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Capitolo 51
*** 50.Falling Apart ***


50.

 

You can't control me, You can't control me
Everything's falling apart
Now I can't see you
Doesn't matter what I do
I can't see you
Cause everything's falling apart
(Zebrahead-Falling Apart)

 

L’evento coinvolgeva diverse produzioni della CW. Alycia ed Eliza ci erano andate con riluttanza, costrette dai rispettivi agenti. Non avevano per niente voglia di incontrare Franklin, ma non potevano fare altrimenti. Erano sedute al tavolo insieme agli altri e la tensione era alle stelle. Eliza sperava solo che Rachel avesse parlato con Alycia e che la mora le avesse fatto cambiare idea riguardo a quel folle piano. Lindsey le sorrise, cercando di stemperare quell’atmosfera così tesa. Eliza inspirò ed espirò profondamente e si alzò di colpo, facendo sobbalzare Alycia.
«Vado in bagno.» annunciò. La mora fece per accompagnarla, ma Eliza le fece segno di stare ferma. Si appoggiò al lavandino e si bagnò il viso. Era agitatissima. Non voleva perdere di nuovo Alycia. Non proprio dopo averla ritrovata e averle confessato i propri sentimenti. Sorrise, nervosa. Un mese prima, lei si era rifugiata in quello stesso bagno, spinta dal desiderio di nascondersi proprio da Alycia. Che sciocca che era stata.
«Signorina Taylor, è un piacere rivederla.». Eliza trasalì. Quella voce era così terribilmente familiare. Franklin le si accostò, appoggiandosi al lavandino. I suoi occhi erano freddi ed Eliza vi lesse una spietatezza che le gelò il sangue nelle vene.
«Avevamo un accordo. Lei non si sarebbe avvicinato me.» trovò la forza di ricordargli. Franklin scoppiò a ridere.
«Signorina Taylor, non ha ancora capito che io sono libero da certi vincoli. Lei si aggrappa disperatamente alla logica comune, ma io vado oltre.». Eliza indietreggiò, tremante, fino ad appoggiarsi al muro.
«C-come sta Christian?» domandò, non seppe nemmeno lei come.
«Sta bene, ha finalmente smesso di chiedere di lei. Quel bambino è proprio come sua sorella, una vera seccatura.» rispose l’uomo. Eliza inarcò le sopracciglia. Non capiva.
«Se non le interessa e le provoca solo fastidio, perché ha fatto di tutto per strapparlo a me? Era mio figlio, lo è tutt’ora e lei me l’ha portato via.». Eliza stava cominciando a perdere il controllo. Le lacrime scorrevano calde sulle sue guance. Era colma di rabbia. Franklin ghignò.  
«È la visione che conta, signorina Taylor. La visione di un mondo nuovo. Sto costruendo un impero e sono inarrestabile. Non potevo permettere che una sciocca ragazzina mi dipingesse debole e vulnerabile.» spiegò l’uomo.
«Tutto qui? Christian è un semplice oggetto di scambio? Un pagamento non riscattato?» lo incalzò Eliza, disgustata da quel discorso. Franklin scosse il capo.
«Non capisce proprio, vero? Christian è un simbolo. Quel bambino dimostra il mio potere. Christian è la consacrazione del mio impero.»
«Lei è pazzo.» ribatté Eliza, con disprezzo.
«E lei è solo una disperata che crede di avere una possibilità di resistermi. So benissimo che sta ospitando Rachel a casa sua e le assicuro che è la cosa più patetica che potessi aspettarmi.» ribatté Franklin. Eliza deglutì. Serrò le mani a pugno. Non aveva mai provato odio in vita sua, eppure immaginò che il sentimento provato nei confronti di quell’uomo dovesse assomigliarvi parecchio. Provò a replicare a quelle parole, ma Franklin la anticipò.
«Lei è convinta di ritenere Rachel importante per lei, ma è falso. Quella ragazza è una mia creazione. Sarà per sempre succube, così come Alycia.»
«Non osi pronunciare il suo nome!» urlò l’attrice, facendo un passo in avanti. Franklin sogghignò, divertito.
«Com’era quella frase? “L’amore è debolezza”, giusto? Lei non sa con chi ha a che fare, signorina Taylor.» Eliza avrebbe voluto coprirsi le orecchie e smettere di ascoltarlo. Le sue parole erano solo veleno.
«Cosa ci fa lei qui? Se ne vada!». Le urla di Alycia la riportarono alla realtà. Si voltò verso la mora, cercando rifugio nei suoi occhi. Alycia la raggiunse e la strinse a sé, con fare protettivo. Era furiosa.
«Ti ha fatto qualcosa?» chiese ad Eliza, preoccupata. La bionda non rispose. Non lo sapeva nemmeno lei. Fisicamente non era successo niente, ma il dolore psicologico che provava in quel momento era immenso. Era confusa. Cosa voleva dire Franklin con quelle allusioni su Alycia?
«Alycia, ti vedo in forma. Com’era la roba che ti ho venduto?» esordì Franklin, diretto. Eliza sbiancò. Aveva capito tutto. Alycia chinò il capo. Si vergognava. Stava realizzando il peso delle azioni commesse in quegli ultimi quindici giorni.
«Aly. Aly, guardami.» la richiamò Eliza.
«Io non... Eli, perdonami.» mormorò Alycia, mantenendo lo sguardo chino. Eliza la strinse forte. Era confusa e decisamente innervosita, ma non voleva darla vinta a Franklin.
«Bel quadretto. Ora, se permettete, io torno al mio tavolo. Buona serata.» si congedò l’uomo, con una punta di strafottenza. Eliza aspettò che se ne fosse andato e si scostò da Alycia. Il suo sguardo era severo.
«Hai comprato roba da Franklin mentre eri in quel motel?» domandò, anche se conosceva già la risposta.
«Non personalmente. Ho mandato uno dei ragazzi che frequentavo a... Ti prego, perdonami.». Scoppiò a piangere, disperata. Eliza sospirò. Le circondò il volto con le mani e la baciò. Alycia rimase interdetta.
«Non farlo mai più.» le intimò la bionda, baciandola di nuovo. Le mordicchiò leggermente il labbro inferiore, facendole sfuggire un gemito di dolore. Continuò a baciarla, spingendola dentro ad uno dei bagni. La fece sedere sul wc e si mise a cavalcioni su di lei. Chiuse la porta dietro di sé e riprese a baciarla, soffermandosi sul collo.
«Non... Non sei arrabbiata?» chiese Alycia, gemendo.
«Sono furiosa.» rispose la bionda, senza staccare le labbra dalla sua pelle. La mora poteva sentire le mani di Eliza ovunque. Non avrebbe mai potuto immaginare una simile intraprendenza. Un forte trambusto le interruppe. Con titubanza, si staccarono e si sistemarono i vestiti. Uscirono e tornarono in sala da pranzo. Sgranarono gli occhi. Campbell e alcuni agenti di polizia avevano fatto irruzione. Il detective avanzò verso Franklin. L’uomo lo guardò, stranito.
«Serve qualcosa, detective?» chiese. Campbell sogghignò.
«Signor Franklin, lei è in arresto per sfruttamento della prostituzione. Ha il diritto di restare in silenzio. Ogni cosa che dirà potrà essere usata contro di lei.» dichiarò. Franklin scoppiò a ridere. Intorno a lui era calato un silenzio di tomba.
«È uno scherzo?». Campbell scosse il capo.
«Se non mi segue la dovrò accusare di resistenza a pubblico ufficiale.» minacciò. Franklin sbuffò. Si arrese e porse il braccio al detective. Si incamminò verso l’uscita, le iridi serrate e piene di rancore. C’era solo una persona che poteva aver causato tutto ciò. Si voltò verso Eliza e Alycia. La mora osservava quella scena, senza capire cosa stesse succedendo.
«Ma come è possibile?» domandò. Eliza si grattò il capo. L’aveva fatto, alla fine. Inspirò.
«Rachel.».



Angolo del disagio

Franklin è stato arrestato, hallelujah. Tutto è bene quel che finisce be... Ehhh, vi piacerebbe ahahah. Sì, sono crudele.
Comunque, veniamo al capitolo. Si scoprono tante cose, dai piani di Franklin alle sciocchezze commesse da Alycia. Eliza sembra riuscire ad andare oltre, ma Alycia farà lo stesso ora che sa che cosa ha fatto Rachel? Indovinato, lo scoprirete nel prossimo capitolo.
Grazie per le recensioni e per leggere e seguire questa storia. Spero che vi stia piacendo, ormai non manca troppo alla fine, anche se non saprei ancora quantificare i capitoli mancanti. 
Alla prossima!

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Capitolo 52
*** 51.It’s Only Life ***


51.

 

Don't look away,
Don't run away, hey
Baby, it's only life
Don't lose your faith,
Don't run away,
Baby it's only life
(
Kate Voegele-It’s Only Life)

 

Alycia era seduta sul divano, Eliza su una sedia davanti a lei. Rachel, invece, se ne stava in piedi, in mezzo alle due. Nessuna delle tre osava cominciare a parlare. Quel silenzio era la calma prima della tempesta, ne erano consapevoli. Rachel si passò una mano sul volto. Aveva mentito ad Eliza e aveva nascosto le sue reali intenzioni ad Alycia. Era decisamente nei guai. La più giovane delle attrici teneva lo sguardo fisso davanti a sé, sul muro alle spalle di Eliza. I suoi occhi esprimevano un mix fra rabbia e preoccupazione che spaventavano la bionda. Non voleva che scappasse di nuovo da lei. Non voleva che si richiudesse di nuovo in quel motel. Non voleva che tornasse di nuovo ad annullarsi. Sospirò. Si appoggiò con i gomiti alle ginocchia, affondando la testa fra le mani.
«Io...». Le due attrici si voltarono. Rachel aveva rotto il silenzio, distruggendo definitivamente quel precario equilibrio che teneva ancora in vita il loro rapporto. Alycia scattò in piedi, furiosa.
«Ti hanno convinta, alla fine? Cosa ti hanno detto? Ti hanno minacciata?». Era fuori di sé, gli occhi verdi sembravano quelli di Lexa, non di Alycia.
«Aly, non è andata così. Lei si è offerta liberamente.» si giustificò Eliza.
«E tu avresti dovuto fermarla. Questa non te la perdono!» replicò Alycia. Anche Eliza si alzò in piedi.
«No, aspetta. Io ho lasciato passare il fatto che tu ti sia chiusa in un motel comprando droga proprio da Franklin e tu mi urli contro per qualcosa che nemmeno ho fatto? Ha scelto lei, io ero contraria! Mi ha detto che ti avrebbe parlato, mi sembra evidente che non l’abbia fatto.» replicò, irritata. Alycia scrutò Rachel. La ragazza non sapeva cosa dire. Avrebbe dovuto parlare con la mora, lo sapeva bene, ma non ne aveva avuto il coraggio. Ironico, se si pensa che aveva appena denunciato uno degli uomini più potenti degli Stati Uniti, esponendosi a un pericolo mortale. Osservò Alycia imprecare e uscire in giardino, sbattendo la porta. Eliza fece per inseguirla, ma Rachel la bloccò.
«Vado io.» le disse. Eliza annuì, non troppo convinta. La ragazza uscì, titubante. Alycia era seduta sull’erba, le gambe schiacciate al petto. Aveva rubato un pacchetto di sigarette ad Eliza e ne stava fumando una, con fare nervoso. Si picchiettava la fronte con le dita della mano destra e teneva gli occhi chiusi. Rachel camminò piano verso di lei, cercando di non farsi sentire. Inutilmente. «Ti manda Eliza per convincermi che è stata un’idea tua?» esordì.
«Sei una stronza e anche una perfetta idiota!» sbottò la ragazza, raggiungendola e costringendola a voltarsi verso di lei. La afferrò per il braccio e la fissò negli occhi. Alycia non si sarebbe mai aspettata un’azione simile. Le ricordò le loro discussioni di anni prima, quando erano molto più intraprendenti e libere, anche nella loro amicizia. Distolse lo sguardo. Era troppo delusa. Rachel le si sedette accanto, senza chiederle il permesso.
«Devi smetterla, Aly. Non ho cinque anni, so scegliere per me stessa.» asserì. Alycia non rispose. Era cosciente di star esagerando.
«La cosa che mi dà più fastidio è che tu lo sai. Sei proprio una stupida DC. Devi smetterla di usare qualsiasi pretesto per allontanarti da ciò che ti rende felice.». Punto, set, game. Alycia si voltò. Sospirò.
«Io...» mormorò, ma Rachel non la fece proseguire. Non voleva sentire giustificazioni.
«Eliza ti rende felice, è un dato di fatto. L’hai aspettata per anni e ora scappi? So benissimo che ti senti in colpa nei miei confronti, ma vedi di smetterla. Hai anche tu il diritto di essere felice, Aly.»
«Ti ha messa in pericolo.» obiettò l’attrice. Rachel alzò gli occhi al cielo. Le parve di star parlando con una bambina.
«Se proprio vuoi saperlo, è stata Lindsey a parlarmi di questa possibilità. Erano tutti restii ed Eliza ha provato a dissuadermi. Quindi no, nessuno mi ha costretta. Qui si tratta di mio fratello e mi sembra assurdo doverti spiegare che, per lui, farei qualsiasi cosa.». Alycia si morse il labbro. Scosse il capo. Aveva ragione Rachel, stava usando dei pretesti per non affrontare il problema reale.
«Io ti ho messa in pericolo.» confessò, infine. Il senso di colpa, il peggior nemico dell’uomo.
«Tu non hai fatto niente. Franklin ha ucciso i miei genitori. Io ho fumato quel crack. Probabilmente ti avrò chiesto di passarmelo. Per quanto riguarda il resto, direi che non c’entri poi molto con la mia vita degli ultimi tre anni.»
«Non è così facile.» obiettò l’attrice. Rachel le sorrise.
«Lo so. Mi porterò dentro il peso della morte di Duke per tutta la vita, ma a distanza di un mese sono convinta che avrebbe voluto che io vivessi il presente, Aly. Me l’hai detto anche tu e, se vale per me, vale anche per te.» replicò. Alycia scoppiò a piangere. Si sentiva svuotata. Si era sempre addossata la responsabilità di ciò che era successo, ma questa sua unica certezza stava, a poco a poco, crollando. Sentì Rachel tirarle una gomitata leggera.
«Vai a parlare con lei.» le ordinò. L’attrice annuì. Si alzò piano e si diresse alla porta. Entrò titubante e si avventurò per la casa. Trovò Eliza sul letto, intenta a leggere una rivista. Aveva il naso rosso e gli occhi gonfi, segno che aveva pianto. Si sedette accanto a lei.
«Scusa.» bisbigliò. Eliza le cinse i fianchi e la spinse sul materasso. Sorrideva e Alycia non capiva perché. Avevano appena litigato, non aveva senso.
«Stai bene?» chiese, confusa. La bionda fece cenno di sì col capo.
«Per due motivi. Primo, sei qui e non sei scappata da nessuna parte.» rispose. La baciò con tenerezza, lasciando Alycia di stucco.
«Secondo, mi ha telefonato la Keplan. Visto l’evolversi della situazione, hanno deciso di rivalutare l’affido di Christian. Devono ancora capire come gestire la presenza di Rachel e, probabilmente, anche la tua, ma me lo ridanno, Aly. Tornerà a casa.». Eliza le si gettò fra le braccia. Alycia l’accolse senza realmente realizzare cosa stesse succedendo. Non si era mai sentita così. Era a casa. Forse, finalmente, tutto stava cominciando a girare per il verso giusto.




Angolo del disagio

Finalmente Alycia cede e capisce che anche lei può essere felice. Ringraziamo Rachel per la lavata di capo, che qui sennò finiva male di nuovo. E, infine, una bella notizia: Christian torna a casa. Forse. 
Che dire, mancheranno una decina di capitoli alla fine e spero vi piacciano! 
Grazie a chi recensisce e chi legge e segue questa storia. Alla prossima!

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Capitolo 53
*** 52.Teeth ***


52.

 

And it was so brief
I want more time for luck
And then I go again
(The Japanese House-Teeth)

 

Eliza parcheggiò e si avviò a piedi verso un alto edificio pieno di vetrate. Annunciò la sua presenza in portineria e si sedette, attendendo il proprio turno. Si mise a leggere distrattamente una delle riviste poste su un tavolino accanto a lei, nella speranza di spegnere i propri pensieri. Desistette dopo appena due minuti. Rimise a posto la rivista e si acciambellò sulla sedia. Non si era mai sentita più agitata di così. Inspirò ed espirò più volte per calmarsi. All’improvviso, una delle porte del corridoio si aprì, facendola sobbalzare. La Keplan le sorrideva sull’uscio.
«Signorina Taylor, entri pure.» la invitò la donna. Eliza si fece forza e si accomodò nell’ufficio. Osservò l’assistente sociale estrarre dallo scaffale un grosso fascicolo e aprirlo davanti a lei.
«Si rilassi.» le disse, notando la sua abitazione. Per tutta risposta, Eliza si morse il labbro.
«Dunque, oggi le ho chiesto di vederci da sole perché volevo parlarle anche della signorina Debnam-Carey. È innegabile che la terapia stia funzionando, negli ultimi colloqui è molto più serena. Lo stesso vale per Rachel, anche se il fatto che stia per iniziare il processo rende tutto più complicato.» esordì la donna. Eliza cominciò a muovere convulsamente la gamba destra su e giù. Stava trattenendo il respiro, non era pronta a sentire un commento su di lei.
«Quanto a lei, signorina Taylor, la prego davvero di accettare le mie scuse per quanto accaduto tempo fa. Non avrei mai dovuto toglierle Christian in quel modo. Sono profondamente convinta che non esista una persona a cui lo affiderei che non sia lei.». Eliza per poco non cadde dalla sedia. Aprì la bocca, ma non riuscì ad emettere alcun suono.
«Tuttavia, vorrei sapere cosa ha intenzione di fare con la sua fidanzata e come pensa che stia.». L’attrice sgranò gli occhi. Fidanzata? Suonava bene. Si grattò la fronte, imbarazzata. Doveva essere diventata rossa come un peperone.
«Ehm... Sì, beh...» farfugliò. «Siamo una coppia stabile e di questo ne sono assolutamente certa. Da qui a chiedermi se vorremmo sposarci, beh, credo sia un po’ prematuro.» rispose, maledicendosi subito dopo per essere stata così onesta.
«E come pensa che stia?» insistette la donna.
«Molto meglio. Ha ancora degli incubi di tanto in tanto, ma credo che abbia ricominciato a vivere. Da quando poi ha associato l’utilità della terapia all’idea di poter tornare ad avere a che fare con Christian, l’ho vista trovare uno scopo ulteriore nelle sue giornate. Lo stesso vale per Rachel. Stanno entrambe cercando di superare il loro passato e, nonostante sia fermamente convinta che non potranno seppellirlo del tutto, le vedo serene. Credo che si influenzino positivamente a vicenda e, si fidi, fino a qualche mese fa non l’avrei mai creduto possibile.». L’assistente sociale annuì, pensierosa. Prese a sfogliare delle carte, senza dire nulla. Eliza alzò lo sguardo al soffitto, con l’intenzione di placare la sua ansia.
«Sa, normalmente in casi come il vostro, escludiamo a prescindere la possibilità di reinserire il bambino. Eppure, con voi è diverso. Ripeto, credo che Christian debba stare con lei. Non fa che chiedere di lei, signorina Taylor, glielo confesso.». Eliza cercò di mascherare la sua felicità. Sapere che Christian voleva lei la faceva sentire così importante e fragile allo stesso tempo.
«Purtroppo, ciò che mi preoccupa è lo stato di Rachel. La terapia sta funzionando e il fatto che abbia trovato lavoro la sta, indubbiamente, aiutando, ma ho bisogno della verità, signorina Taylor. Vive con lei e devo capire se può costituire un pericolo per Christian.». Eliza ebbe la sensazione che qualcuno l’avesse gettata senza preavviso sotto una doccia gelata. Deglutì.
«I colloqui sono andati bene.» replicò. La Keplan sospirò.
«Non è quello che le ho chiesto. Senta, sto facendo l’impossibile per ridarle il bambino, ma capisce che la sorella ha perso qualsiasi diritto su di lui per dei motivi seri. So che non si droga più, ma ha vissuto per tre anni una vita sregolata e tutto ciò non si elimina in tre mesi. Il processo è alle porte, Franklin è spacciato ed è  naturale che ciò la agiti, ma la terapeuta che la segue mi ha confessato di averla vista molto agitata durante la seduta di ieri, come se avesse incontrato qualcuno o qualcosa che l’ha turbata. So per certo che è impaziente di tornare a una vita normale, ma non vorrei che ciò la danneggiasse in qualche modo. Stia attenta, la tenga d’occhio.». Tra le due calò il silenzio. Eliza poté leggere una reale preoccupazione negli occhi della donna, cosa che la turbò alquanto.
«Posso vederlo?» domandò. L’assistente sociale annuì. Le fece cenno di seguirla e, uscite dall’ufficio, giunsero in una piccola saletta. Christian era lì, seduto con le gambe a penzoloni. Eliza aveva gli occhi lucidi. Gli andò incontro, stringendolo a sé. Sentì Christian afferrarle la giacca a vento con le sue manine e tirarla verso di sé.
«Quando torno a casa?» chiese, imbronciato. Eliza si trattenne. Non voleva piangere di fronte a lui.
«Presto, piccolo mio. Presto.» gli rispose. Rimase lì per un tempo che le parve troppo breve. La Keplan l’accompagnò all’uscita.
«Spero davvero che tutto si risolva presto. E parli con Rachel.» si raccomandò, per poi sparire all’interno di un altro ufficio. Eliza si massaggiò il collo. Fece per uscire da quell’edificio, quando si ritrovò per terra. Alzò lo sguardo. Un ragazzo biondo e dagli occhi scuri le tese la mano e l’aiutò a rialzarsi. Aveva un orecchino al lobo e doveva avere suppergiù l’età di Alycia, forse appena appena qualche anno di meno.
«Mi scusi, non l’avevo vista.» si giustificò. Sembrava mortificato.
«Si figuri. Colpa mia.» lo rassicurò l’attrice. Il ragazzo la squadrò per qualche istante. Parve illuminarsi.
«Ma lei è Eliza Taylor! Io adoro The 100!» esclamò. L’australiana chinò il capo, imbarazzata.
«Lo so che l’ho fatta cadere, ma posso chiederle una foto?». Eliza gli sorrise e acconsentì. Scattata la foto, lo salutò e tornò a casa. Era una bella giornata di settembre e l’aria cominciava a rinfrescarsi un po’. Arrivata a casa, si diresse in camera. Alycia stava armeggiando con il computer, stesa sul letto. La salutò, baciandola.
«È andata bene?» chiese la mora.
«Sì, inizio a pensare che Christian tornerà davvero a casa.» rispose Eliza. Si morse il labbro. Il discorso della Keplan non l’aveva lasciata indifferente.
«Dov’è Rachel?» chiese.
«Oh, è uscita di corsa. Mi ha detto che aveva una commissione da fare. Tornerà tardi.». Eliza si umettò le labbra e si passò una mano lungo la tempia. C’era qualcosa che non le tornava, decisamente.
«Eli, stai bene? Sembri turbata.» si preoccupò Alycia.
«No, io...». Non fece in tempo a rispondere. Il suo cellulare squillò e quando lesse il nome della Keplan sul display sentì subito l’angoscia montare dentro di sé.
«P-pronto?»
«Signorina Taylor, non so come dirglielo.». Silenzio. Un lungo e interminabile silenzio.
«Che cosa è successo?» trovò il coraggio di chiedere l’attrice. Sudava freddo.
«Si tratta di Christian. È... È sparito.».

 



Angolo del disagio

Sì, lo so, avevano appena trovato un po' di stabilità. D'altronde, ve l'avevo detto che non era ancora finita ehm. 
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, nessuno ha recensito lo scorso e anche le visualizzazioni sono calate. Fatemi sapere se qualcosa non vi torna o se continua a piacervi.
Grazie a chi legge e segue questa storia! Alla prossima!

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Capitolo 54
*** 53.Polaris ***


53.

 

When you go, I'll let you be
But you're killing everything in me
(Jimmy Eat World-Polaris)

 

Eliza e Alycia erano in soggiorno, disperate. Erano passate ore dalla scomparsa di Christian e non c’era stata nessuna novità. Avevano provato a telefonare a Rachel, ma era irraggiungibile. Eliza non riusciva a realizzare. Si sentiva soffocare. Si alzò e corse in bagno. Vomitò. Osservò i succhi gastrici fondersi con l’acqua dello scarico. La sua vita non aveva più senso.
«Eli, posso entrare?» chiese timidamente Lindsey, aprendo piano la porta. Eliza mugugnò un sì e si lasciò cadere fra le braccia dell’amica. Non riusciva nemmeno a piangere. Lindsey la strinse a sé, senza dire nulla. Non sarebbe servito. Le carezzò la fronte e la cullò. Eliza chiuse gli occhi e strinse le mani a pugno, talmente forte da conficcarsi le unghie nella carne. Lindsey sapeva che il peggio doveva ancora venire.
«Torniamo di là?» propose. Eliza scosse il capo. Tremava. Lindsey le schioccò un bacio in fronte e la fece sedere per terra, accomodandosi poi accanto a lei.  Eliza poggiò la testa sulle sue gambe e chiuse nuovamente gli occhi, come a voler difendersi da quella realtà che la stava ferendo a morte. Rimasero così per svariate decine di minuti, quando la porta si aprì. Eliza aprì gli occhi di scatto e alzò la testa. Davanti a lei, la Keplan e Alycia la osservavano, intenerite.
«Avete scoperto qualcosa?» domandò. Nella sua voce Alycia vi lesse disperazione e si sentì morire. Si accucciò, fino ad arrivare alla sua altezza. Lindsey spinse Eliza verso di lei. La bionda le si avvinghiò contro, come se avesse potuto affogare fra le mattonelle di quel bagno. Appoggiata al muro, la Keplan si mangiava le unghie, incapace di cominciare un discorso.
«Dica qualcosa, la prego.» supplicò Eliza. L’assistente sociale inspirò profondamente.
«La polizia pensa sia stata Rachel.». Alycia e Eliza sgranarono gli occhi. La più giovane si alzò in piedi. Era furiosa.
«È uno scherzo, vero? Non lo avrebbe mai fatto. E non avrebbe nemmeno avuto senso!» Sbottò.
«Non ho detto che credo a questa versione dei fatti.» si schermì la Keplan.
«Ma io sì.». Le quattro donne si voltarono. O’Bannon le squadrava dall’alto in basso, con sufficienza.
«È lui che si occupa del caso?» chiese Alycia, incredula, rivolta alla Keplan. La donna chinò lo sguardo.
«A quanto pare, signorina Debnam-Carey.» gongolò il poliziotto. L’attrice digrignò i denti e tirò una manata contro la parete. Se era un incubo, era ora di svegliarsi.
«È palese che Rachel abbia deciso di accelerare i tempi. Vi ha usate, signorine. Il suo unico scopo è sempre stato riprendersi il bambino.». Alycia si lancio contro O’Bannon, la mano pronta a sferrare un pugno. Lindsey le bloccò il polso e la tirò a sé.
«Aly, ti capisco, ma non è il momento.» sussurrò. Alycia si divincolò e tirò un calcio alla porta. Imprecò. O’Bannon sogghignava, divertito. L’avevano incastrata. Forse addirittura rapita.
«Se avete novità, non esitate a chiamare.» si raccomandò il poliziotto, con aria falsa. Si congedò e uscì finalmente da quella casa. Lo sguardo di Alycia trasudava odio. Eliza, invece, aveva gli occhi sempre più spenti.
«Io...» esordì la Keplan, ma un urlo di Alycia sovrastò ogni cosa. Eliza si accucciò al muro, incapace di reagire. Lindsey non sapeva cosa fare. Le due australiane non avevano voluto nessun altro in casa e lei non aveva la minima idea di come agire.
«Chiamo Campbell?» propose. Nessuno rispose.
«Lo prendo per un sì.» disse, digitando il numero. Il detective riuscì ad arrivare solo dopo due ore. Ormai fuori faceva già buio. Rachel non era ancora tornata. Magari O’Bannon aveva ragione. Rachel ne aveva fatte di cose senza senso. Lindsey scacciò immediatamente quel pensiero. Eliza e Alycia si fidavano ciecamente di quella ragazza e lei avrebbe dovuto fare lo stesso.
«Non mi hanno permesso di venire prima, mi dispiace.» spiegò. Alycia sentì una rabbia mai provata prima pervaderla. Avrebbe voluto distruggere tutto e tutti.
«C’è qualcosa che non avete raccontato alla polizia? Un dettaglio che potrebbe aiutarci a capire cosa è realmente successo?» chiese il detective, cercando di essere il più delicato possibile. La Keplan fece cenno di no con la testa.
«L’ho riportato all’istituto e, dopo pochi minuti, mi hanno telefonata per darmi la notizia. Erano addirittura convinti che non fossi passata, per fortuna hanno poi trovato la persona a cui l’avevo affidato. Non so cosa sia successo, non ne ho idea. Ho fatto il solito percorso e incontrato le solite persone.» raccontò. Campbell si grattò il capo. Si sedette di fronte ad Eliza. L’australiana aveva lo sguardo perso nel vuoto. Il detective si voltò verso Lindsey, come a volerle chiedere il permesso di parlarle. L’attrice fece segno di provare.
«Signorina Taylor, sono io. Le viene in mente qualcosa che potrebbe esserle sfuggito?». Eliza lo guardò. I suoi occhi erano quasi grigi. Campbell ebbe la sensazione che, se l’avesse sfiorata, si sarebbe rotta in mille pezzi.  
«Qualche problema con Rachel?» insistette, rivolgendosi anche ad Alycia. Le due australiane negarono.
«Aveva trovato un lavoretto pomeridiano in un bar e la terapia stava funzionando. Con Christian sarebbe stata questione di tempo. È palesemente stato Franklin, sa già di essere spacciato e, probabilmente, sta giocando le sue ultime carte.» spiegò Alycia.
«Spiegherebbe perché O’Bannon mi ha impedito di venire qui con lui. Se solo riuscissi a dimostrare che lavora per Franklin!». Il detective si maledisse e sbuffò. Si sentiva così impotente. Si rimise in piedi e si appoggiò al muro, cominciando a riflettere. Calò un silenzio irreale. Quel bagno era diventato una tomba e le loro speranze erano cadaveri in decomposizione. Eliza provò ad alzarsi, ma le gambe le cedettero. Alycia la prese al volo, cingendole i fianchi. Solo in quel momento si accorse di un grosso livido sul polso sinistro. La mano era leggermente scorticata.
«Che hai fatto?» chiese, preoccupata.
«Un ragazzo mi ha urtata stamattina e sono caduta.» rispose Eliza. Alycia inarcò le sopracciglia. Aveva un brutto presentimento.
«Un ragazzo?»
«Sì, Aly, un ragazzo. Sai cosa sono i ragazzi? Avrà avuto la tua età, forse qualche anno di meno, era biondo e portava un orecchino nero. Contenta? Vuoi anche il codice fiscale?». Alycia trasalì, ignorando lo sfogo di Eliza. Deglutì.
«Io... Devo andare.» mormorò. Eliza rabbrividì.
«Aly, ti prego.» scoppiò a piangere, aggrappandosi al suo braccio.
«Signorina Debnam-Carey, sa qualcosa che noi non sappiamo?» chiese Campbell.  Alycia non rispose. Appoggiò la fronte a quella di Eliza. La guardò negli occhi. Non avrebbe mai voluto arrivare a quel punto.
«Ricordati che ti amo.» sussurrò. La baciò, cercando di imprimere nella sua memoria tutto delle sue labbra. Fece scontrare i loro occhi un’ultima volta, poi la lasciò, spingendola con delicatezza verso Lindsey. Si voltò e abbandonò quella casa. Prese un bel respiro e cominciò a correre nella notte. Le lacrime le appannavano la vista, ma non se ne curò. Non aveva rimpianti. Era giunto il momento di affrontare il suo passato. Era giunto il momento di liberarsi di quelle catene che la soffocavano da troppi anni. Era giunto il momento di diventare libera.



Angolo del disagio

Ahia, la situazione sta peggiorando di nuovo. Alycia sa qualcosa che evidentemente non può dire e scappa via, Rachel è sparita, Eliza è a pezzi e O'Bannon è ancora in circolazione. Sì, sono sadica.
Abbiate pazienza, ogni cosa andrà al suo posto (spero).
Grazie mille per le recensioni e per leggere e seguire questa storia. Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, alla prossima!

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Capitolo 55
*** 54.Cold ***


54.

 

Never meant to be so

Cold to you, I'm sorry 'bout all the lies
Maybe in a different light
You can see me stand on my own again
(Crossfade-Cold)

 

Eliza si svegliò. Non che avesse dormito poi molto. Allungò la mano, ma il contatto con il materasso la costrinse a ritirarla, come se si fosse ustionata. Era freddo. Eliza si portò le mani al volto. Se n’era andata davvero. Era rimasta sola e stavolta non c’era nessuna stanza di motel che le avrebbe permesso di ritrovarla. Le aveva chiesto di ricordarsi che la amava, segno che sarebbe tornata prima o poi. Eppure, quel bacio, quegli sguardi, quei tocchi, tutto era sembrato un doloroso e definitivo addio. Urlò e scoppiò in un pianto disperato. Provò ad alzarsi in piedi, ma cadde per terra.
«Eli!» esclamò Lindsey, soccorrendola. L’aiutò a rimettersi a letto. Eliza non smetteva di piangere. L’abbracciò, baciandola in fronte.
«Si risolverà tutto, vedrai. Tornerà.» provò a rassicurarla Lindsey, con scarsi risultati. Imprecò mentalmente. Alycia non l’avrebbe passata liscia. Aveva esagerato. Eliza aveva bisogno di lei e invece se n’era andata, per chissà quale motivo. Era stufa di quell’atteggiamento. Alycia doveva imparare ad aprirsi, a fidarsi.
«Ho fatto qualcosa di sbagliato? Perché sta andando tutto a pezzi?» chiese Eliza all’improvviso. La voce era sottile, come se non avesse fiato. Lindsey la guardò con tenerezza. Le carezzò i capelli biondi.
«No. Alycia tornerà, vedrai. E, con lei, anche Christian e Rachel. Te lo prometto.». Eliza le afferrò la mano. I suoi occhi blu la penetrarono. Lindsey sentì la testa girare.
«Non fare promesse che non puoi mantenere.» mormorò Eliza, lasciandosi cadere definitivamente sul materasso. Lindsey sospirò. Le faceva male vedere l’amica in quelle condizioni. Si assicurò che si fosse addormentata e scese in soggiorno. Richard, Bob e Marie le lanciarono un’occhiata carica di interrogativi. Lindsey scosse il capo, segno che la situazione stava precipitando sempre di più.
«Ho bisogno di prendere una boccata d’aria. Ci vediamo tra qualche ora.» asserì. Richard fece per seguirla, ma Lindsey lo fermò.
«Devo stare da sola. Ho bisogno di pensare, Richard. Scusami.» spiegò, dispiaciuta. Il canadese le sorrise. Le baciò la guancia e la lasciò andare. Lindsey uscì. Era una bella serata, non troppo calda. Eppure, la luce della luna e le stelle nel cielo la infastidirono. Tutto le provocava solo rabbia e frustrazione. Tutto le faceva schifo. Eliza non meritava quel dolore. Diede un calcio ad un cassonetto. Aveva troppa rabbia in corpo. Franklin, Rachel, Alycia, nella sua testa non c’era differenza. Lei ci aveva provato a credere che potessero cambiare, ma i fatti le dicevano tutt’altro. Lei non era come Eliza. Lei non era capace di fidarsi così tanto. “Smettila Linds, Rachel non sarebbe mai scappata con Christian." si disse. Già, ma Alycia? Perché doveva sempre agire alle loro spalle? Non aveva senso. Scosse il capo. Aveva bisogno di bere. Si guardò intorno, alla ricerca di un posto decente. Si infilò in quello che sembrava un incrocio tra un pub e un locale notturno. La musica era alta e pessima e, al centro della sala, c’erano delle persone che ballavano. No, decisamente quello non era un posto decente. Scoppiò a ridere istericamente, per l’assurdità di quella situazione. Si avvicinò al bancone e ordinò della vodka liscia. Aveva bisogno di qualcosa di forte. Bevve tutto d’un sorso e ne ordinò ancora. Appoggiò le labbra al bicchierino, ma per poco non si strozzò. Sgranò gli occhi. Di fronte a lei c’era Alycia, probabilmente sotto effetto di qualcosa. Sicuramente aveva fumato dell’erba, come minimo. Era in compagnia di una ragazza poco più grande di lei. Era alta, coi capelli rossi e si strusciava sull’attrice a ritmo di musica. Lindsey non poteva crederci. Alycia sembrava piuttosto sciolta. Avvicinò il suo volto a quello della rossa e la baciò. Lindsey non ci vide più. Mollò il suo shottino e si diresse a grandi falcate verso l’australiana.
«Che cazzo stai facendo?» sbraitò, trascinandola in disparte. Alycia tentò di divincolarsi, inutilmente. Lindsey la sbatté al muro e le tirò uno schiaffo.
«Chi è quella? Che diamine ti salta in mente?» urlò. Non aveva mai provato così tanto disgusto per una persona come in quel momento.
«Tu non sai niente, Linds. Lasciami andare.» rispose Alycia.
«Lasciarti andare? Non te la caverai così facilmente.» ringhiò Lindsey. Non aveva mai provato un sentimento del genere. Non avrebbe saputo dire se fosse più arrabbiata, amareggiata, delusa o preoccupata per Eliza.
«Lindsey, non puoi capire, vattene.». La statunitense non ci vide più. Le tirò un pugno in pieno volto, facendola crollare al pavimento. Si voltarono tutti. Alycia si pulì il sangue con la manica della giacca.
«Sei stomachevole. Che cosa hai preso questa volta? Coca? LSD? Ossicodone?» continuava a urlare Lindsey. Stava per tirarle un calcio, quando sentì due mani trascinarla all’indietro. Si girò. Riconobbe quell’energumeno, l’aveva visto in Canada al pub dove lavorava Rachel. Si voltò di nuovo verso Alycia. L’australiana fece cenno di lasciarla andare.
«Mi fai schifo. Eliza ha sopportato di tutto per colpa tua. È perfino venuta a prenderti quando ti sei rinchiusa in quel motel e ti sei calata chissà cosa. Tempo fa ti dissi che avrei fatto il tifo per voi, ma ora mi rimangio tutto. Tu sei veleno, Aly. Dovresti venire da lei e dirle in faccia quello che stai facendo. Dovresti vederla, nemmeno quando sei sparita per due settimane si è ridotta in un simile stato. Sei contenta? Sei soddisfatta? Le hai detto che l’amavi. È questo il tuo concetto di amore? Scappare, ricominciare a farti e scopare la prima persona che trovi sottomano?». Alycia chinò il capo. Lindsey alzò la mano, come per tirarle un altro schiaffo. Non ce la fece. Era talmente arrabbiata che non riuscì a colpirla. Alla sua sinistra, un ragazzo biondo e con un orecchino nero sogghignava soddisfatto. Si avvicinò alle due attrici e cinse Alycia con il braccio, stringendola a sé. L’australiana sussultò.
«Aly, ma allora è proprio vero. L’hai combinata grossa stavolta.» esordì.
«Ti scopi anche lui?» chiese Lindsey, un po’ sarcastica e un po’ timorosa della verità. Alycia sospirò e distolse lo sguardo.
«Oh, noi due abbiamo un po’ di trascorsi, ma non in quel senso.» rispose il ragazzo, cominciando ad annusare e baciare il collo dell’australiana. Alycia lo spinse via.
«Piantala, Max!» ringhiò.
«E tu vattene.» intimò, rivolta a Lindsey. Le si avvicinò, fino a schiacciarla al muro. Si sporse, e le sfiorò l’orecchio con le labbra.
«Io la amo. Non puoi capire ora, ma tu devi fidarti di me e andare via.» sussurrò. Lindsey la guardò, stranita. Quei grandi occhi verdi trasudavano tristezza.
«Ti prego, Linds. È l’unico modo per salvarne almeno uno. Ho bisogno che tu te ne vada.» insistette Alycia. Lindsey era imbambolata. Non poteva credere alle sue orecchie. Indietreggiò, fino a ritrovarsi all’uscita. Diede un’ultimo sguardo ad Alycia. Accanto a lei, la rossa e il ragazzo la toccavano, come a voler ribadire che ormai lei era di loro proprietà. Lindsey si maledisse. Alycia non era scappata. Peggio, era andata direttamente nella tana del lupo. Corse a casa. Entrò, richiudendosi la porta alle spalle. Marie, Richard e Bob la squadrarono, curiosi.
«Io ho... Ho visto Alycia. Lei...» esordì Lindsey.
«Tornerà?» chiese Eliza, sbucando all’improvviso. La statunitense la guardò. Era pallida, emaciata. Gli occhi blu erano spenti, arrossati a causa del pianto. Sospirò.
«No.» mormorò. «Non tornerà.». Eliza cadde carponi sul pavimento. Piangeva a dirotto. Si sentiva vuota, priva di significato.
«Perché?» domandò. Lindsey si chinò su di lei. La strinse a sé.
«Perché ti ama. Non dimenticarlo mai.».




Angolo del disagio 

Beh, che dire, Alycia sta davvero rischiando grosso, mentre Eliza è sempre più distrutta. In questo capitolo ho voluto concentrarmi, però, su Lindsey. Non è facile nemmeno per lei questa situazione e il suo comportamento protettivo nei confronti di Eliza rischia di distruggere i piani di Alycia, anche se un pugno l'avrei tirato anche io.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, grazie per le recensioni e per seguire questa storia. Ho finito ieri di scrivere l'epilogo e posso quindi confermare che manca davvero poco alla fine.
Alla prossima!


 

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Capitolo 56
*** 55.Weight Of The World ***


55.

 

Feel the weight of the world
Over me, tonight
If I break, if I break down this time
Hope you know I tried
(Citizen Soldier-Weight Of The World)

 

La macchina arrestò la sua corsa. Alycia aprì lo sportello e cercò di capire dove si trovasse. Erano abbastanza lontani da Los Angeles, in una tenuta sul mare. Probabilmente era una delle ville della famiglia Frazer. Max la spinse alla porta, posando una mano sul suo fondoschiena. Alycia non si ribellò, non volendo peggiorare la situazione.
«Te l’hanno mai detto che hai una bella carrozzeria?» esordì il ragazzo. L’attrice fece una smorfia e soffocò un conato di vomito. Non fu mai così felice di vedere Franklin in vita sua.
«Attento figliolo, non ti hanno mai detto che le fuoriserie si guidano solo dopo anni e anni di esperienza?» ammonì l’uomo, porgendo la mano all’australiana. Alycia si fece trascinare dentro la villa. Era abbastanza spoglia, segno che non veniva frequentata da parecchio.
«Posso vederli?» chiese improvvisamente l’attrice. Franklin annuì.
«Signore, non credo sia il caso.» protestò Max.
«E invece potrebbe essere interessante. Sono curioso di vedere la reazione di Rachel a tutto questo.». Alycia cercò di combattere le lacrime che, ormai, chiedevano insistentemente di fare capolino. Doveva essere forte. Per Christian, per Rachel e per Eliza.
«Bah, come vuole.» cedette Max. Invitò Alycia a seguirlo per il labirinto di stanze della villa. Giunsero a una scalinata e la discesero, fino ad arrivare alle cantine. Alycia realizzò di star trattenendo il respiro. Max aprì il pesante portone che li separava dai due fratelli. Alycia non resistette oltre. Rachel era seduta ad una sedia, legata con delle corde. Aveva il volto sporco di sangue e un occhio nero e sembrava molto intontita. Di fronte a lei, su un materassino, Christian dormiva beato e inconsapevole di ciò che stava accadendo intorno a lui. Alycia corse loro incontro. La ragazza non la riconobbe subito.
«Rachel, sono io, sono Aly.»
«Che ci fai qui?» domandò la ragazza. Alycia si morse il labbro. Chinò il capo, per poi rialzarlo pochi secondi dopo. Rachel cominciò ad agitarsi. Respirava in modo affannato.
«Mi dispiace, non c’era altro modo per portarlo via.» spiegò Alycia, stringendola a sé. Le baciò la fronte e la liberò delle corde. Max fece per bloccarla, ma Franklin fece segno di lasciarla fare. Alycia prese Rachel in braccio e l’accomodò sul materasso, accanto a Christian. Le carezzò i capelli e la ripulì del sangue.
«Eliza?» chiese la ragazza, senza preavviso. Alycia accolse quella domanda come una pugnalata allo stomaco.
«Non ho scelta, lo sai anche tu.»
«È una stupidaggine DC. C’è sempre una... Una scelta.» la contraddisse Rachel. Aveva la voce stentata. Alycia non riuscì a trattenere le lacrime. Uscivano senza controllo, impavide. Strinse Rachel a sé, cullandola. Le canticchiò una canzone, come faceva sempre anni prima nei momenti più difficili.
«Non devi annullarti mai più. Promettimelo.»
«Rachel.» provò a tagliare corto l’attrice.
«Promettimelo.» continuò la ragazza, dura. Alycia sospirò.
«Te lo prometto.» si arrese.
«Va bene, fine di questa scenetta patetica. Andiamo, su.» le interruppe Max. Costrinse Alycia ad alzarsi, trascinandola per un braccio. L’attrice si divincolò.
«I patti erano altri. Uno dei due viene con me.» obiettò. Franklin sogghignò.
«Hai detto che non te ne importa più nulla di Eliza, perché ci tieni così tanto che il piccolo torni da lei?» le chiese, non vedendo l’ora che si tradisse.
«Non mi interessa di lei, è così. Te l’ho detto, le voglio bene, ma ho bisogno di non avere limiti. Non lo faccio per Eliza, ma per Christian. Quindi rispetta i patti e fammelo portare da lei.» replicò Alycia, dura. Franklin si massaggiò il mento con la mano destra. Era pensieroso. Non si aspettava una risposta così pronta. Non si fidava di Alycia, ma quella situazione lo stava divertendo da matti. Si avvicinò all’attrice. Lanciò un’occhiata al materassino. Christian si era svegliato e si era accoccolato alla sorella. Rachel sembrava dover chiudere gli occhi da un momento all’altro. Alycia avrebbe voluto abbracciarla e portarla via, ma era consapevole di non poterlo fare.
«Prendi pure il bambino. Potrai portarlo a chi ti pare, ma non andrai da sola. Susan verrà con te. Mi dimostrerai che hai definitivamente tagliato i ponti con Eliza.». Alycia annuì, lo sguardo rivolto alla ragazza con i capelli rossi che era appena sbucata alle spalle di Franklin.
«Che ne sarà di Rachel?» domandò.
«Tornerà in Canada e ci resterà.» rispose Franklin, secco. Alycia rimase impassibile. Si chinò e prese in braccio il bambino, cercando di avvicinarsi il più possibile alla ragazza.
«Tornerò a prenderti.» bisbigliò, impercettibile. Si assicurò che Christian stesse bene e lo strinse a sé.
«Possiamo andare.» dichiarò. Lasciarono la cantina e tornarono alla macchina. Alycia si sedette sul sedile posteriore e accomodò il piccolo accanto a sé. Christian si appoggiò al suo fianco, il dito in bocca. Non piangeva, ma aveva l’aria terrorizzata.
«Adesso andiamo a casa.» lo rassicurò, baciandogli il capo.
«Che scena commovente, sto per vomitare.» commentò Susan.
«Non distrarti e tieni d’occhio la strada, non ho intenzione di morire.» ribatté l’australiana. La rossa sogghignò, divertita.
«Cosa si prova a tradire tutte le persone a te più care?» chiese. Sembrava curiosa.
«Non sono persone care. Eliza mi poneva troppi limiti, te l’ho detto.»
«Oh, andiamo, non crederai che me la sia bevuta.» replicò Susan.
«Credi a quello che vuoi. Io so solo che mi mancavano certe vecchie abitudini. Se vuoi, posso provatelo anche subito.» rispose l’attrice. La rossa non fece ulteriori domande. Forse la prima a non essere pronta per tanta audacia era proprio lei. Proseguirono il resto del viaggio in silenzio. Christian si era addormentato di nuovo. Giunsero a destinazione dopo una ventina di minuti. Alycia prese Christian per la manina e si avviò verso la casa di Eliza. Si fermò alla porta. Non si era mai sentita a casa come in quel posto. Rabbrividì. Ma cosa stava facendo?
«Vedi di non fare mosse strane.» minacciò Susan, poggiandole un coltello sulla schiena. Alycia si morse il labbro. Suonò il campanello. Fu Eliza ad aprire. Per poco non svenne.
«Eli, chi... Cazzo!» imprecò Richard
«Cosa ci fai tu qui?» urlò Marie. Dietro di lei, Lindsey e Bob erano increduli.
«Ho portato lui.» dichiarò Alycia, mostrando Christian. Lo lasciò andare e il bambino corse ad abbracciare Eliza. La bionda era paralizzata. Alycia avrebbe voluto rassicurarla, ma non poteva. Franklin la teneva in pugno. Era quella la sua vendetta, distruggere tutto ciò che di buono avevano creato.
«Bene. Tesoro, andiamo.» la richiamò Susan.
«Tu sei quella dell’altro giorno. Non ci posso credere che tu l’abbia portata qui.» esordì Lindsey, con un pizzico di delusione. Non aveva ancora capito del tutto a che gioco stesse giocando Alycia.
«E tu sei la pazza che l’ha aggredita. Non capisco perché tu non sia allo zoo.» ribatté Susan. Alycia serrò i pugni. Era stanca. Davanti a lei, Eliza annaspava, incapace di capire cosa stesse succedendo. Marie era scattata in avanti, trattenuta da Bob. Alycia la guardò negli occhi. Non aveva scelta. Eppure, aveva fatto una promessa.
«Allora, muoviti!» insistette Susan, puntandole il coltello contro la schiena. Alycia scosse il capo, lo sguardo fisso verso Marie.
«Jomp em op mormorò. Marie sgranò gli occhi. Susan fece una faccia confusa.
«Jomp em op.» ripeté l’australiana. Marie scattò. Susan non ebbe il tempo di realizzare. Si ritrovò a terra, travolta dalla furia cieca dell’attrice. Marie la colpì al volto e allontanò il coltello con un calcio e lo raccolse. Susan fece per alzarsi, ma l’attrice le premette il pugnale alla gola.
«Stai ferma.» sibilò. La fece alzare e la trascinò dentro casa. La chiuse a chiave dentro uno sgabuzzino e sorrise, soddisfatta. Richard, Lindsey e Bob erano allibiti.
«Meno male che mi ricordavo come si dice “attacca” in trigedasleng. Bella idea Aly, anche se credo che tu ci debba qualche spiegazione.». Marie si voltò, preoccupata dall’assenza di una qualche risposta. Alycia ed Eliza erano immobili, una sull’uscio di casa e l’altra sul marciapiede.
«Ragazze?» le chiamò Bob, inutilmente. Eliza allungò il braccio, sfiorando la guancia di Alycia. Poi, tutto ciò che vide fu il buio.


Jomp em op: attaccala




Angolo del disagio 

Un applauso a Marie per la sua prontezza ahah.
Finalmente Alycia ha deciso di non annullarsi più e di tornare a casa, anche se è riuscita a salvare solo Christian. Franklin e Max, invece, sono simpatici come dei cactus. 
Grazie mille per le recensioni e per leggere e seguire questa storia. Mancano solo quattro capitoli e l'epilogo, poi forse pubblicherò un'altra fic, anche se sarà molto diversa da questa.
Alla prossima! 

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Capitolo 57
*** 56.All I Want Is You ***


56.

 

You say you'll give me eyes in a world of blindness 
A river in a time of dryness 
A harbour in the tempest 
(U2-All I Want Is You)

 

Eliza aprì gli occhi. I contorni sfocati di Richard e Lindsey l’accolsero. I due tirarono un sospiro di sollievo. Non avevano mai avuto così tanta paura come in quella sera.
«Bentornata.» esordì il canadese, con un sorriso smagliante. Eliza sbatté le palpebre, cercando di fare mente locale.
«Che è successo?» chiese, confusa.
«Hai perso conoscenza per qualche minuto, nulla di grave.» spiegò Lindsey. Eliza si massaggiò la testa. L’ultima cosa che ricordava era il volto di Alycia, così svuotato e sollevato allo stesso tempo.
«Christian! Aly!» esclamò, scendendo dal letto. Richard la spinse nuovamente sul materasso.
«Che fai? Devo vederli!» protestò l’australiana.
«Con calma, tigre. Ti sei appena svegliata  e la serata è stata piuttosto impegnativa.»
«Non mi interessa. Ho bisogno di vederli, Richard. Almeno Christian. Ti prego.» supplicò Eliza. Richard e Lindsey si scambiarono un’occhiata d’intesa.
«E va bene.» cedette il canadese.
«Sono di sotto con Campbell e la Keplan. Li chiamo.» disse Lindsey. Uscì, lasciando l’amica e Richard da soli.
«Come ti senti?» chiese il canadese.
«Confusa. Ho tante domande da farle. Non ho capito cos’è successo.» rispose Eliza. Richard non fece in tempo a rispondere. La porta si aprì a poco a poco, lasciando intravedere un piedino e una manina. Christian entrò, sgambettando incerto verso il letto. Eliza non riuscì a trattenere le lacrime. Accolse il bambino fra le sue braccia. Lo strinse a sé, forte. Non l’avrebbe lasciato andare mai più.
«Mamma.» mormorò il piccolo.
«Sono qui, sono qui.» gli sussurrò l’attrice. Rimasero così per un tempo indeterminato, fino a quando qualcuno non bussò. Eliza alzò lo sguardo. Alycia era sulla soglia, lo sguardo chino.
«Vi lasciamo sole.» annunciò Lindsey, prendendo Christian in braccio e abbandonando la stanza assieme a Richard. Eliza avrebbe voluto fermarli. Era terrorizzata dall’idea di restare da sola con Alycia. Deglutì.
«Posso?» chiese la mora. La bionda annuì. Sospirò. Alycia camminava piano verso di lei, un po’ barcollante. Si sedette accanto ad Eliza, senza dire una parola. Tremava. Allungò timidamente la mano, fino a sfiorare la gamba dell’altra. Eliza non si ritirò a quel contatto. Si voltò. Aveva bisogno di guardarla negli occhi e assicurarsi che non si trattasse di un miraggio. Le circondò il viso con le mani, cominciando a tracciare i suoi lineamenti. Alycia non si mosse. Rimase immobile, lasciandosi scolpire, modellare, ricreare. Era creta nelle mani di Eliza. Non aveva ancora detto una parola da quando era entrata. Non sapeva nemmeno da dove cominciare. Da quella fuga senza spiegazione? Dall’assenza di Rachel? Dalla presenza di Christian? Da Susan chiusa in uno sgabuzzino? No, quell’ultima cosa l’avrebbe dovuta spiegare Marie, ora che ci pensava.
«Io...» provò, ma le parole le morirono in bocca. Eliza allontanò le mani e si scostò, un’espressione indecifrabile dipinta sul volto. Sembrava non essersi ancora convinta del tutto di trovarsi davanti ad Alycia. La osservava quasi con diffidenza.
«Eli, sono io.» mormorò la mora. Eliza aspettava solo quella conferma. La abbracciò, scoppiando a piangere a dirotto. Alycia rimase interdetta da quel gesto. Si aspettava tutt’altro. Uno schiaffo, un urlo, rabbia. Quello che stava provando Eliza, invece, assomigliava più al sollievo. La mora si asciugò una lacrima con il palmo della mano.
«Ti amo.» sussurrò. Eliza alzò lo sguardo. I suoi occhi blu la investirono, carichi di domande. Alycia si morse il labbro. Decise di sciogliere quell’abbraccio. Eliza sembrava contrariata.
«Ti devo delle spiegazioni.» ammise. «Non sono scappata, Eli. Non volevo andarmene, ma dovevo riportarlo a casa. Fingere di aver scelto la vita di un tempo invece che te è stata la cosa più difficile che abbia mai fatto. Quando ho visto Lindsey in quel locale ho dovuto sforzarmi per non seguirla e tornare da te. Mi dispiace per tutto quello che ti ho fatto passare, ma non pensavo di poterti vedere ancora.». Eliza perse un battito. Che cosa aveva passato Alycia in quei giorni? Che cosa aveva visto?
«Sarei dovuta andare via con Susan. Loro hanno Rachel e...» non riuscì a finire la frase. Affondò il volto fra le mani. Lo rialzò dopo poco.
«Mi ha fatto promettere che non mi sarei più annullata. Sono venuta a casa tua con l’intento di ferirti per salvarti e spingerti a dimenticarmi, ma non ce l’ho fatta. Sono così stanca Eli. Voglio essere felice. Non penso di averlo mai creduto possibile prima d’ora, ma sono convinta che potrei riuscirci con te al mio fianco.». Eliza non aprì bocca. Non ci riusciva.
«Dì qualcosa, ti prego.» supplicò Alycia. Per tutta risposta, Eliza la baciò. Alycia chiuse gli occhi. Sentiva le labbra della bionda ovunque, sulla sua bocca, sul suo collo, sulla sua gola. Eliza la stava marchiando e lei non si sarebbe sottratta a tutto quello. Si ritrovò distesa sul materasso. Eliza aveva smesso di baciarla e aveva appoggiato la fronte contro la sua, gli occhi blu incatenati ai suoi verdi. Sorrise. Non era più incredula. Sembrava serena. Fece scivolare le mani lungo i fianchi, fino ad arrivare al bordo della maglietta. Gliela sfilò, piano, per poi cominciare a baciarle prima la scapola, poi il petto e, infine, il ventre. Le slacciò i pantaloni e glieli calò lentamente. La osservò, la ammirò. Alycia non era mai stata guardata in quel modo così puro e generatore. Non c’era volgarità in nessuno dei gesti di Eliza. C’era solo necessità, bisogno di ritornare alla vita. Entrò in lei, con dolcezza. Ma Alycia sapeva la verità. Eliza era già da tempo entrata in lei. Le aveva stravolto la vita, le aveva cambiato lo sguardo che aveva di sé stessa e della realtà. Le aveva ricordato che vivere non è inutile e che il passato non può determinare il presente. Le aveva insegnato a scegliere. L’aveva riportata in vita. E ora era lì, appoggiata al suo grembo, che di nuovo le dimostrava quanto valesse ai suoi occhi.
«Rachel sta bene?» chiese. Erano le prime parole che Alycia le aveva sentito pronunciare da quando era entrata in quella stanza.
«No. E, se non facciamo qualcosa subito, la riporteranno in Canada.» rispose, mettendosi a sedere. Fece per scendere dal letto, ma Eliza l’afferrò per il polso. La costrinse a voltarsi e a guardarla.
«Non sei sola. Quello che voglio dire è che non devi... Oh, insomma, che non devi mai più escludermi da ciò che ti passa per la testa. Ti ho fatto una promessa, Aly e il terrore di non poterla mantenere mi ha paralizzata.»
«Ma tu l’hai mantenuta. Io sono tornata a casa e non ho intenzione di andarmene. Non ti lascerò mai più. Mai più.». Eliza sentì il cuore traboccare. La baciò. Nel giro di poco quella serenità sarebbe svanita, ne era cosciente, ma in quel momento aveva bisogno di bearsene, di viverla. Aveva bisogno di vivere.




Angolo del disagio

Non ho molto da dire su questo capitolo. Penso si commenti un po' da solo. Alycia viene definitivamente a patto con i suoi sentimenti e capisce quanto la presenza di Eliza sia fondamentale per lei.
Grazie per le recensioni e per seguire e leggere questa storia. Mancano solo tre capitoli e l'epilogo ormai e un po' mi dispiace.
Alla prossima!

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Capitolo 58
*** 57. Rumors Of My Demise Have Been Greatly Exaggerated ***


57.

 

It's not the end that I fear with each breath
It's life that scares me to death.
(Rise Against-Rumors Of My Demise Have Been Greatly Exaggerated)

 

Eliza e Alycia si rivestirono e scesero in soggiorno.
«Guarda un po’ chi è tornato tra noi.» le prese in giro Marie. Lindsey le tirò uno schiaffetto sulla nuca, pentendosene il secondo dopo. L’amica digrignò i denti, fulminandola con lo sguardo.
«Lo sai che fai paura, vero?» la canzonò Bob. Marie fece una smorfia.
«Puoi spiegarci come hai fatto a mandare quella tizia al tappeto?» continuò l’australiana.
«Aly mi ha detto di attaccarla e così ho fatto.». Eliza si voltò verso Alycia, stupita.
«Avevi detto di non sapere veramente il trigedasleng.»
«Ed è così. Non so come mi sia ricordata quella frase. Avevo bisogno di farvi capire che non stavo davvero dalla sua parte, ma allo stesso tempo non potevo di certo far sì che lei lo intuisse. Non mi è venuto in mente altro.» spiegò la mora, in imbarazzo. Eliza le sorrise, mimando un “Grazie” con le labbra.
«Mi dispiace interrompere questo quadretto, ma è necessario che qualcuno accompagni Christian in ospedale per una visita di controllo. Signorina Taylor, vuole venire con me?». Eliza si voltò verso la Keplan. La donna teneva il bambino per la mano e la fissava, impaziente di una risposta. L’attrice chinò lo sguardo. Non si aspettava una proposta simile.
«I-io...» balbettò. Era combattuta. Non voleva lasciare Alycia da sola. La mora le accarezzò la schiena. Le prese le mani fra le sue.
«Vai.» sussurrò. Eliza guardò Christian, poi si girò di nuovo verso Alycia.
«Non voglio lasciarti.» confessò. La mora sospirò.
«Eli, Christian ha bisogno della sua mamma.». Eliza aveva la pelle d’oca.
«Ma tu...»
«Io me la caverò benissimo. Ascoltami, quel bambino ha bisogno di te. Sei sua madre, anche se non di sangue. L’hai accolto, cresciuto e, soprattutto, amato. Hai il diritto e il dovere di accompagnarlo in ospedale.». Eliza si morse il labbro.
«Io vorrei che di mamme ne avesse due. Vedi di non fare qualcosa di stupido, perché ho bisogno di te.». Alycia rimase di stucco. Lei mamma. Non ci aveva mai pensato.
«Ti amo.» dichiarò Eliza, prima di baciarla e raggiungere la Keplan e Christian. Alycia aspettò che se ne fossero andati e si accasciò sul divano.
«Tutto bene?» chiese Richard. L’australiana fece una smorfia.
«Tu che ne dici?» chiese retoricamente. Il canadese non rispose, imbarazzato. Ci pensò Campbell a togliergli le castagne dal fuoco.
«Dov’è Rachel?» domandò.
«In una delle ville dei Frazer, a una mezz’ora di macchina da Los Angeles. Stanotte partiranno per il Canada. Sempre che ci arrivi, le sue condizioni sono davvero molto brutte.» spiegò l’attrice, la voce tremante.
«Quanti sono?» chiese il detective.
«Almeno una dozzina.» rispose Alycia. Campbell si fece pensieroso. Si guardò intorno. Bob, Richard, Marie e Lindsey pendevano dalle sue labbra.
«O’Bannon non autorizzerà mai un’operazione simile» constatò. Alycia scattò in piedi. Aveva uno sguardo fermo, quasi autoritario.
«Lei non capisce. Rachel sta rischiando la vita. Non me ne frega assolutamente nulla di O’Bannon. Non si è fatto problemi ad arrestare Franklin, cosa cambia adesso?»
«Cambia il fatto che io l’abbia arrestato.» ribatté il poliziotto. Alycia socchiuse gli occhi. Marie le si avvicinò.
«So cosa hai in mente. È una follia, non lo fare.» le disse. Lindsey si mise le mani fra i capelli.
«Tu sei pazza!» esclamò. Alycia non rispose. Il coltello che Marie aveva strappato a Susan era sul tavolino all’ingresso. Lo prese e se lo mise in tasca. Campbell la tirò per il braccio.
«Cos’ha intenzione di fare?». L’attrice lo guardò, seria.
«Aly, per la miseria, non sei in The 100, qui rischi di rimetterci la pelle sul serio!» la richiamò Bob, fuori di sé.
«Io devo salvarla, con o senza il vostro aiuto.» ribatté l’australiana. Campbell allentò la presa. Guardò l’ora.
«Mi dia tre ore. Giuro che ce la faremo.» dichiarò, per poi uscire di corsa, sotto gli sguardi confusi degli attori. Alycia crollò per terra. Era spossata. Bob la soccorse e l’aiutò a sedersi.
«Mi dispiace.» si scusò. Il suo sguardo era tornato quello timido di un tempo, anche se Bob vi lesse una nota ruvida che non aveva mai visto. Le carezzò con delicatezza una spalla. Si sedette di fronte a lei.
«Non arriverà mai in Canada viva.» asserì Alycia. Bob le strinse le mani, cercando di darle conforto. Alycia si scostò.
«Voi non l’avete vista. Non oso nemmeno immaginare che cosa le abbiano fatto. Questa storia deve finire stanotte.» asserì, dura. Bob si passò una mano sul volto.
«E che cosa possiamo fare? Non siamo professionisti, abbiamo già rischiato fin troppo.» obiettò Richard. Alycia scosse il capo. Come avrebbe potuto spiegare loro che proprio grazie a Rachel aveva cominciato ad agire in modi impensabili? Quante volte aveva rubacchiato o combattuto contro qualcuno mentre era sotto l’effetto della droga. Certo, intrufolarsi in quella villa era tutt’altra storia, ma non era comunque di primo pelo.
«Io sono stufa di perdere tutto ciò che è importante per me. Se si trattasse di Eliza, andreste a prenderla di corsa. Cosa deve fare quella ragazza per dimostrarvi che merita almeno un po’ di rispetto? Cosa devo fare io affinché voi capiate che ho bisogno di seppellire definitivamente il mio passato per andare avanti?». Richard chinò il capo. Cercò la mano di Lindsey e la strinse. Non avrebbe mai pensato di trovarsi in una situazione simile. Non avrebbe mai pensato che la piccola e timida Alycia fosse, in realtà, un concentrato di dolore e questioni irrisolte. Calò un silenzio surreale in quella stanza, interrotto solo dal ticchettio dell’orologio appeso al muro. Improvvisamente, la porta si aprì. Campbell entrò, seguito da tre poliziotti, due uomini e una donna.
«Signori, vi presento gli agenti Garcia, Searle e Jakobson. Sono poliziotti fidati, a loro affiderei la mia vita.» esordì. Alycia sorrise, grata. Campbell si voltò verso i suoi uomini.
«E ora andiamo a fermare quel grandissimo bastardo.».



Angolo del disagio

Questo capitolo non mi convince fino in fondo, ma non ho saputo riscriverlo. Spero che a voi piaccia lo stesso.
Alycia è determinata ed Eliza viene, finalmente, considerata la madre di Christian. Marie spaventa la gente. No, scherzo, se non fosse stato per Marie i nostri se la sarebbero vista brutta. 
Grazie mille per le recensioni e per seguire questa storia. 
Alla prossima!

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Capitolo 59
*** 58.Anthem Of The Lonely ***


58.

 

Right now, never want to leave this place and
Right now, see it in a different way so
Right now, even if you take me home
I'll stand, the lonely
(Nine Lashes-Anthem Of The Lonely)

 

«Qualcuno mi ricorda perché siamo venuti anche noi?» si chiese Bob.
«Perché Alycia ha bisogno di aiuto.» rispose Marie, acida.
«Noi due dovremmo parlare, non eri così un tempo.»
«Smettetela di litigare come due fratellini, non siete sul set.» li richiamò Richard.
«Già, ed è questo il motivo per cui rischiamo di beccarci una pallottola in fronte.» rifletté Lindsey.
«Sapete, il piano era quello di avvicinarsi in silenzio alla villa. State facendo così tanta confusione, che perfino un sordo ci sentirebbe arrivare.» li sgridò Alycia. Stavano risalendo la collina a piedi, cercando di non farsi scoprire. Sotto di loro, Los Angeles si stagliava luminosa, in tutta la sua magnificenza. Il gruppo tornò silenzioso. Dopo poco, Alycia si fermò.
«Tutto a posto?» chiese Campbell. L’attrice annuì.
«Se continuiamo, ci vedono. Dobbiamo passare dal boschetto, sbucheremo sul retro.» spiegò. Il detective si voltò verso i suoi uomini. I tre agenti fecero un cenno d’intesa.
«Per un bosco? Siete pazzi!» protestò Lindsey.
«Linds, non abbiamo scelta.» cercò di farla ragionare Richard.
«Io torno indietro, non passerò mai per un bosco pieno di chissà che animali.»

 

*

La porta della cantina si aprì. Rachel aveva la vista appannata e sentiva la bocca piena di sangue. Non sapeva bene nemmeno lei che cosa le avessero fatto. Aveva scottature e escoriazioni ovunque. Max avanzò lentamente verso di lei. La fece alzare, tirandola per i capelli. I suoi occhi azzurri erano freddi come il ghiaccio. Rachel avrebbe voluto vomitare. Si limitò a fissarlo in volto, con aria rassegnata. Ormai stava cedendo alla disperazione. Alycia le aveva promesso che sarebbe tornata a prenderla, ma dubitava che potesse accadere veramente.
«Si parte. Contenta di tornare in Canada?» ghignò il ragazzo.
«Mi hai mai amata, Max? Hai mai tenuto a me?» domandò Rachel, all’improvviso. Max rimase spiazzato per qualche secondo.
«Scopavi bene.».

 

*

 

«Ma perché mi faccio trascinare sempre in queste cose?» si lamentò Lindsey. Erano arrivati al limitare del boschetto ed era possibile intravedere la cancellata della villa. Alycia fece segno di tacere. C’erano due uomini di guardia e farsi scoprire non avrebbe portato a nulla di buono. Campbell fece un cenno a Garcia. La poliziotta sparì nel bosco, silenziosa come un felino.
«Serve un diversivo.» osservò Alycia. Afferrò Bob per un polso e gli puntò una pistola alla tempia.
«C-che stai facendo?» balbettò l’attore, terrorizzato.
«Fidati di me.» bisbigliò lei, uscendo allo scoperto, sotto lo sguardo allibito del resto del gruppo. I due sgherri di Franklin le puntarono immediatamente le armi addosso.
«Ragazzi, sono io! È successo di tutto, la polizia ha preso Susan e sono dovuta scappare. Questo lurido verme mi ha seguita.» raccontò, sbattendo Bob per terra. I due uomini parvero crederci. Si avvicinarono all’attore, senza preoccuparsi di ciò che accadeva alle loro spalle. Garcia li colpì e caddero come due sacchi di patate.
«Bella esibizione, hai talento.» scherzò l’agente.
«Lo so.» scoppiò a ridere Alycia. Bob la fulminò con lo sguardo.
«Non rifarlo mai più.» la ammonì. Non si era mai spaventato così tanto in vita sua. 

 

*

 

Rachel si sforzò di rimanere in piedi. Il corpo era al collasso, sentiva dolore ovunque. Non aveva nemmeno la forza per piangere. Max la spintonava per i corridoi della villa. Uno degli energumeni al suo servizio venne loro incontro. Era agitato.
«Capo, abbiamo un problema. Snicky e Travis non rispondono più.» annunciò. Rachel sgranò gli occhi. Non poteva crederci. Erano davvero venuti a prenderla.
«Sei finito.» asserì, prima di ricevere un violento pugno allo stomaco.

 

*

 

Erano riusciti ad entrare nella villa. Si trattava di un’ampia tenuta, con un bosco interno. Alycia si guardò intorno. Sembrava tutto tranquillo. “Troppo tranquillo.” ragionò l’attrice. Improvvisamente, si ritrovò per terra, un coltello puntato alla gola. Li avevano scoperti.
«Fate una mossa e le taglio la gola.» minacciò l’aggressore. Alycia lo riconobbe, era lo stesso che l’aveva assalita tempo prima. Si dimenò, inutilmente. Poteva vedere i poliziotti puntare le armi, ma non sapere come agire.
«Lasciala!» urlò Lindsey, gettandosi addosso all’aggressore. Lo colpì con un sasso, facendolo stramazzare al suolo. Alycia tirò un sospiro di sollievo.
«Linds, grazie.». La statunitense non rispose. Fissava il corpo privo di conoscenza ai suoi piedi, pietrificata. Richard la strinse a sé, aiutandola ad allontanarsi da lì. L’uomo riaprì gli occhi, ma Alycia gli tirò un calcio in pieno volto.
«Questo è per Duke!» esclamò. Fece per calciare di nuovo, ma Campbell la fermò. Bob e Richard legarono l’aggressore in qualche modo e proseguirono.
«Ne abbiamo fatti fuori tre, ne mancano ancora nove.» osservò Searle.
«Ci hanno già scoperti. Entrare sarà dura, ma non impossibile. Dobbiamo dividerci. Morley, Debnam-Carey e Avgeropoulos con me a cercare Rachel, voi invece trovate Franklin.» ordinò Campbell. 

 

*

Franklin arrivò di corsa in camera di Max, trafelato. Il ragazzo era seduto sul letto, mentre accanto a lui Rachel boccheggiava, sempre più malmessa.
«Max, perché mi hai fatto chiamare? Che succede?» domandò l’uomo, preoccupato.
«Sono entrati. Scommetto che è stata Alycia a portarli qui. Te l’avevo detto che sarebbe stata un’idiozia mandarla da Eliza.» rispose il ragazzo. Rachel sussultò. Allora era vero. Lei era lì.
«Avevamo stretto un patto, non potevo non onorarlo.» si giustificò Franklin. Max sbuffò. Alzò gli occhi al cielo e scese dal letto con un movimento stranamente elegante.
«Sono stufo, vecchio. Sai, la tua visione delle cose è interessante, ma ho capito da un po’ che non fa per me.» affermò. Franklin assunse un’espressione corrucciata. Non capiva dove volesse arrivare il ragazzo.
«Mi dispiace, ma penso che le nostre strade si divideranno qui.» asserì Max. Si voltò, la pistola in mano. Franklin non ebbe nemmeno il tempo di pensare.

 

*

 

«Cos’era?»
«Uno sparo, Bob.» rispose Alycia.
«Dobbiamo sbrigarci.» li esortò Campbell. Entrarono nella villa, attenti a non farsi vedere. C’era un gran trambusto. Marie e Campbell si sbarazzarono di altri due uomini, colpendoli alle spalle.
«La cantina è da questa parte.» indicò Alycia. Scesero una lunga rampa di scale, fino ad arrivare ad un buio ed umido corridoio. Lo percorsero tutto e trovarono la porta della cantina aperta. Alycia corse dentro. Rachel non c’era.
«No. No, non può essere!» si disperò.
«Aly, dobbiamo tornare indietro. Non penso siano andati lontano.Le tracce di sangue sono ancora fresche.» osservò Bob. Alycia non sapeva se dover gioire per quel dettaglio o rabbrividire. Si alzò e cominciò a seguire il sangue. Un urlo lo fece fermare. Alycia rabbrividì. Marie decise di provare ad avanzare, nel caso ci fossero stati pericoli imminenti. Sentì qualcosa urtarla in pieno petto. Abbassò lo sguardo. Trasalì.
«Rachel!» esclamò.
«Ma...» mormorò la ragazza, per poi crollare a terra. Marie la prese al volo. Alycia corse loro incontro con le lacrime agli occhi. Rachel era lì, viva. La strinse a sé, grata e sollevata.
«Dovete andarvene.» mormorò la ragazza.
«Ora ce ne andremo tutti insieme.»la rassicurò l’australiana. Rachel scoppiò a piangere, abbandonandosi sulla sua spalla.
«Non per disturbarvi, ma forse è meglio uscire di qui.» fece Campbell. Alycia annuì.
«Ce la fai a camminare?» chiese a Rachel. La ragazza fece di sì con la testa, non molto convinta. Marie e Alycia l’aiutarono a sorreggersi e il gruppo si avviò verso l’uscita. Riuscirono a ricongiungersi con il resto dei compagni. Accomodarono Rachel per terra, e le fasciarono le ferite con dei bendaggi di fortuna. Garcia si avvicinò a Campbell, cupa.
«Che succede, agente? Siete stati in gamba, siete riusciti ad arrestarli tutti.» si complimentò il detective. La poliziotta sorrise nervosa. Voleva dire qualcosa, ma non riusciva a trovare le parole. Inspirò ed espirò, più volte.
«Capo, Franklin è morto. Lo abbiamo trovato senza vita in una stanza, qualcuno gli ha sparato.» lo informò, infine.
«Non è possibile. Chi può essere stato? Franklin era un dio per i suoi sottoposti, non ha senso.» ribatté Campbell, confuso.   Non capiva. Si girò. Rachel aveva mormorato qualcosa.
«Cosa hai detto?» chiese il detective. La ragazza tossì, affaticata.
«Non sforzarti, ti prego.» la supplicò Alycia. Aveva paura di perderla di nuovo. Rachel fece cenno di lasciarla parlare. Chiuse gli occhi, cercando di ignorare il dolore.
«Max. È stato Max.».




Angolo del disagio

Ce l'hanno fatta, l'hanno trovata! Tutto è bene quel che finisce bene, a meno che non ci sia un altro capitolo il giorno seguente in cui può succedere di tutto. Già, perché Max è a piede libero e desidera vendetta, ahimè.
Franklin ha fatto una finaccia che manco Ontari nella terza stagione.
Beh, che dire, domani ci sarà l'ultimo capitolo e poi l'epilogo. Sto scrivendo altro, spero vi possa interessare, anche se il tono è completamente diverso. Fatemi sapere.
Grazie a chi recensisce e legge questa storia. Alla prossima!

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Capitolo 60
*** 59.Curse Or Cure ***


59.

 

I can't be sure, be sure
Am I the curse or the cure?
(Icon For Hire-Curse Or Cure)


«Christian è un bambino forte. Sta benone, ha solo bisogno di un bel bagno caldo. Lo terremo qui stanotte, ma più per scrupolo che per altro.» spiegò il medico. Eliza tirò un sospiro di sollievo e strinse forte il bambino a sé. Gli carezzò affettuosamente il capo. Christian le sorrise, contento.
«Grazie.» mormorò l’attrice, rivolta alla Keplan. La donna le si avvicinò e le mise una mano sulla spalla, senza dire nulla. Il cellulare di Eliza interruppe quell’atmosfera serena.
«Aly, stai bene?» rispose tempestivamente, preoccupata.
«Eli, stavo per chiederti la stessa cosa. Non allontanatevi dalla vostra stanza per nessun motivo, noi stiamo arrivando!». Eliza inarcò le sopracciglia.
«Che sta succedendo? Rachel sta bene?»
«Eli, F...». Cadde la linea. Eliza era molto turbata. Aveva un brutto presentimento. Si voltò verso l’assistente sociale.
«Qualcosa non va. Alycia era molto spaventata, ma non riesco a richiamarla.».

 

*

 

«Maledizione, il mio telefono non prende!» si disperò Alycia. Era in ambulanza con Campbell e Lindsey. Rachel era stesa sul lettino, in gravi condizioni. Non era priva di conoscenza, ma aveva davvero una brutta cera. Arrivarono in ospedale dopo una decina di minuti.
«Josh!» esclamò sorpresa l’attrice, riconoscendo il medico che si trovava davanti. Il giovane dottore si irrigidì.
«No. Non ce la faccio.» mormorò. Rachel era la causa della morte di Duke, non avrebbe mai potuto salvarla.
«Ti prego.» lo supplicò Alycia. Josh abbassò lo sguardo sulla ragazza. Era ridotta davvero male. Deglutì.
«Per Duke.».

 

*

 

«Devo andare a cercarla. Ormai sarà arrivata qui!». Eliza era agitata. Voleva solo trovare Alycia e assicurarsi che stesse bene. Fece per uscire dalla stanza, ma la Keplan la bloccò per il polso.
«Se le ha detto di restare qui, ci sarà un motivo.» provò a farla ragionare. Eliza si divincolò. Si voltò verso Christian. Sapeva che se avrebbe varcato quella soglia avrebbe rischiato di perderlo per sempre. Sospirò e si sedette su una sedia, la testa fra le mani.
«Aspetterò, ma non per sempre. Io la amo e devo trovarla.» dichiarò. L’assistente sociale le si sedette accanto.
«Sono sicura che sta bene. Ora dobbiamo concentrarci sul bambino.» le disse. Eliza annuì. Si alzò e si accostò al lettino. Christian si era addormentato. Aveva il pollice in bocca e il volto sereno. L’attrice gli carezzò i capelli, affondando la mano nei suoi boccoli biondi. Non vedeva l’ora di poterlo riportare a casa definitivamente. Chiuse gli occhi, continuando ad accarezzarlo. Alycia aveva ragione, lei era sua madre. Sentì dei passi dietro di lei. Riaprì gli occhi.
«Signorina Taylor?» chiese qualcuno alle sue spalle. Quella voce, dove l’aveva già sentita. Non fece in tempo a voltarsi. Un urlo. Sangue, ovunque. Buio, pesto.

*

Alycia sobbalzò. Qualcuno aveva sparato.
«Eliza!» urlò, in preda al panico. Josh la guardò, terrorizzato.
«Sono loro, vero? Sono le persone che hanno ucciso Duke? Le avete portate qua, non ci posso credere.»
«Josh.» provò a spiegarsi Alycia. Il medico si passò una mano sul volto. Sembrava combattuto.
«Non ho mai capito cosa lui vedesse in voi. Più mi sforzavo, più non riuscivo a comprendere. Ora che sete qui, messe così male, penso solo che non me ne frega proprio un bel niente.». Vomitò quelle parole con rabbia. Alycia non osò dire nulla. Con stupore, però, notò che il suo volto si era raddolcito.
«Non me ne frega proprio un bel niente perché a me basta che lui vedesse qualcosa. Per cui vai. A lei ci penso io.». Alycia rimase a bocca aperta. Dietro di lei, Campbell le mise una mano sulla spalla.
«Resto qui con lei, promesso.» la rassicurò Lindsey. Alycia abbracciò l’amica e cominciò a correre per il corridoio. La gente era nel panico e correva all’impazzata.
«Non è obbligata a venire con me.» esordì Campbell.
«Invece sì.» ribatté l’attrice. Il detective sospirò. Camminarono silenziosamente per il corridoio deserto. Un forte rumore proveniente dall’accettazione dell’ospedale attirò la loro attenzione. Si schiacciarono contro la parete e si sporsero. Alycia inorridì. Max si muoveva da un lato all’altro della stanza, isterico. Aveva un fucile automatico fra le mani e sparava all’impazzata contro qualsiasi cosa che si muovesse.
«Vieni fuori, Taylor! Dai, che ci divertiamo.» gridò. Alycia la vide. Eliza era nascosta dietro ad un bancone e stringeva Christian a sé. Era terrorizzata. Max si stava avvicinando sempre di più a lei. L’avrebbe trovata. Alycia non ci pensò su. Uscì allo scoperto, le mani alzate.
«Guarda chi si vede. DC, allora sei ancora viva.» l’accolse il ragazzo.
«Max, che cosa stai facendo? Sei uscito di testa?». Per tutta risposta, lui scoppiò a ridere.
«Oh, DC, mi fai troppo ridere. Tu e Rachel siete uguali, sempre così limitate. Peggio di voi solo Franklin, un vero ottuso.»
«Pensavo concordassi con la sua visione del mondo. Rachel mi ha raccontato quello che vi siete detti, della storia del re e dei sudditi.» replicò l’australiana. Max sbuffò.
«Alycia, piccola Alycia, quello che non capisci è che io ho deciso di superare la sua visione. A che serve godere di un potere illimitato, se poi cedi alle richieste di un’attricetta da due soldi? Franklin era un sadico, adorava vedere le persone soffrire e ti garantisco che io non sono così. Al contrario, sono convinto che godere della sofferenza altrui sia stupido e inutile. Rachel l’avrei eliminata, mai e poi mai l’avrei riportata negli Stati Uniti. Franklin non era lungimirante. Non sempre. Se non ci fossi stato io, il padre di Rachel l’avrebbe arrestato in men che non si dica.». Alycia trasalì.
«Quindi non è stato Franklin ad organizzare il loro omicidio?» chiese, sorpresa. Max ghignò.
«Ho fatto tutto da solo e quel vecchio bastardo ne ha raccolto i frutti. La parte divertente è venuta dopo. Guardare voi due autodistruggervi è stato bellissimo. Non ho dovuto letteralmente far nulla.». Alycia dovette far leva su tutta la sua razionalità per non reagire. Lei era disarmata e lui aveva un fucile automatico, sarebbe stata fredda prima di poter anche solo muoversi. Controllò con la coda dell’occhio che Eliza stesse bene. Era ancora addossata al bancone e piangeva. Teneva la mano sulla bocca di Christian, per evitare che urlasse.
«Perché vuoi Eliza e Christian? Ti ritieni così pragmatico e stai gettando tutto alle ortiche per cosa?» domandò Alycia. Voleva prendere tempo.
«Non dire stronzate, Aly. Lo sai anche tu, è finita. Quel bambino ha distrutto tutto. E ora io voglio vendetta.». Le puntò il fucile contro. Alycia sobbalzò. Non avrebbe mai pensato di morire in quel modo.
«Taylor, esci fuori! Prometto che la lascerò andare, se mi darai il bambino.»
«Non farlo, Eli!» esclamò Alycia. Eliza si accoccolò ancora di più al bancone. Era completamente bloccata. Non avrebbe mai potuto sacrificare Christian. Si vergognò di averci anche solo pensato.
«Ti amo.» dichiarò Alycia, la voce tremante. Sorrise amaramente. Aveva passato gli ultimi tre anni scappando da ciò che l’avrebbe resa felice e rincorrendo la possibilità di un annullamento totale e, proprio quando aveva ricominciato a voler vivere, era costretta a morire. Campbell era in una posizione troppo defilata e non sarebbe mai riuscito a salvarla. Non aveva rimpianti. Chiuse gli occhi, pronta ad accogliere i proiettili.
«No, Max! Lasciala stare.». Alycia riaprì gli occhi. Rachel era alle spalle di Max. Barcollava e si reggeva in piedi a malapena.
«È me che vuoi realmente. Lascia andare tutti gli altri.»
«Altrimenti che fai?». Rachel si morse il labbro. Guardò Alycia. Avanzò di un passo. Max la lasciò fare.
«Vuoi me e nessun altro. Prendertela con un bambino innocente sarebbe troppo anche per te, Max.» continuò lei, camminando verso il ragazzo. Lo raggiunse e gli circondò il volto con le mani. Max la strinse a sé, rude. Rachel lo baciò. Gli morse il labbro, approfondendo sempre di più il contatto con il ragazzo. Max sentì un forte dolore al petto. Si staccò da Rachel. La maglietta era diventata rossa. Sangue. Alzò lo sguardo. Rachel lo fissava, un bisturi stretto nella mano destra. Max imbracciò il fucile. Prese la mira. Cadde a terra, senza vita. Alycia si voltò. Campbell le sorrise. Ce l’aveva fatta, aveva salvato loro la vita. L’attrice lo ringraziò con lo sguardo, prima di finire sul pavimento, travolta da Eliza. Le due australiane si baciarono, in lacrime. Rachel chiuse gli occhi e scoppiò a piangere. Era un guscio vuoto, senza più una meta o uno scopo. Sentì due mani cingerle le spalle. Alycia ed Eliza la stringevano, come se non la volessero più mollare. Pensò a Duke, a quello che le aveva detto il giorno in cui era morto. Ora poteva finalmente lasciarlo andare. Non era sola, non più.




Angolo del disagio

Mi sembra assurdo che questa storia sia finita Finalmente Alycia e Rachel hanno sconfitto il proprio passato e ora possono cominciare una vita nuova con Eliza. Domani aggiornerò con l'epilogo e poi sarà davvero finita. Non so che altro aggiungere, in realtà questi capitoli si commentano un po' da sé.
Grazie mille a chi recensisce e legge e segue questa storia. Ho deciso che posterò anche la prossima, ma aspettatevi qualcosa di totalmente diverso. 
Alla prossima!

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Capitolo 61
*** Epilogo-All Is Forgiven ***


Epilogo

 

Don't stop the rain from pouring down
Let it wash the pain
Where it can't be found

And the rain comes and goes
And all is forgiven
Can we learn to let go?
So all is forgiven
(Default-All Is Forgiven)

 

Eliza si svegliò. Si stiracchiò e allungò il braccio sinistro. Sussultò quando sentì il materasso vuoto e freddo. Controllò l’ora. Non era tardi, possibile che Alycia si fosse fatta così mattiniera? Scosse il capo e si vestì. Scese al piano di sotto e sentì ridere e scherzare. Si recò in cucina e sorrise. Alycia stava facendo colazione con Rachel e Christian. Ormai abitavano insieme da un anno. La Keplan aveva fatto ogni tipo di pressione al giudice per avallare quella curiosa situazione familiare. Era stata Rachel a trovarla quasi in fin di vita nella camera dell’ospedale. Se non fosse stato per lei, sarebbe morta in pochi minuti. Porre fine a quell’assurda storia e consentire ai due fratelli di vivere insieme con Eliza e Alycia era stato il minimo.
«Buongiorno.» salutò.
«Pensavo dormissi ancora un po’.» disse Rachel.
«Ci speravo anche io.» ribatté l’attrice, assonnata. La ragazza scoppiò a ridere, per poi tornare seria. Bevve un sorso di latte e mangiò un biscotto. Sospirò.
«Hai deciso, vero?» chiese Alycia, tesa. Rachel annuì.
«Parto oggi.» dichiarò. Alycia restò di stucco.
«Dove andrai?» domandò Eliza.
«Non lo so. Non mi sono fatta programmi. Penso che passerò per Boston e New York, ma per il resto non voglio saperlo. Ho bisogno di prendermi del tempo per me.» spiegò Rachel. Eliza notò gli occhi di Alycia intristirsi. La abbracciò da dietro, schioccandole un sonoro bacio sulla nuca.
«Perché?» domandò la mora. «Cioè, capisco perché tu abbia bisogno di tempo. L’anno scorso è stato intenso e... Ma perché partire?». Rachel le carezzò una mano. I suoi occhi nocciola non erano mai stati più vivi di così.
«Vivere con voi è stato bello. Lo è. Al di là di Christian, sono convinta che mi abbiate salvato la vita, ma ora sento di dover capire se posso farcela con le mie gambe. Tutto qui.». Si alzò ed uscì dalla cucina, lasciando le due attrici da sole con il fratello. Andò in camera. Sul pavimento, accanto al letto aveva aperto una piccola valigia e l’aveva riempita con dei vestiti e poco altro. Sospirò. Non aveva fretta. Nessuno l’avrebbe costretta a partire, non questa volta. Scosse il capo. No, era qualcosa che doveva fare. Chiuse la valigia e finì di vestirsi.
«Ti possiamo accompagnare all’autobus, se vuoi.». Rachel sobbalzò. Non si era accorta di avere Eliza alle spalle.
«Non farlo mai più, ti prego.». L’attrice ridacchiò, divertita.
«Va bene. Mi fa piacere se mi accompagnate.» affermò poi la ragazza.
«Ottimo. Andiamo, allora.» la esortò l’australiana. Montarono in macchina in silenzio. Alycia indossava degli occhiali da sole, nonostante il tempo fosse nuvoloso. Pioveva, eppure Rachel non si sentiva triste. Era curiosa. Voleva vedere cosa le avrebbe riservato la vita. Non si sentiva così da tanto, tantissimo tempo. Sorrise. Nemmeno si era accorta di essere già arrivata in stazione. Trovò ad attenderla Bob, Lindsey, Richard e Marie.
«E voi che diavolo...»
«Pensavi di andartene senza salutare, eh? Sono senza parole.» la interruppe Lindsey, abbracciandola.
«Ehm... Okay, va bene, non respiro.» provò a divincolarsi Rachel.
«Ops, scusa.». Scoppiarono tutti a ridere. Tutti, ma non Alycia. Se ne stava in disparte, appoggiata alla macchina, perfettamente impassibile.
«Aly, potresti salutarla.» sussurrò Eliza. Alycia chinò il capo.
«Non... Non ce la faccio.» confessò. Eliza le sorrise. L’abbracciò. Alycia rispose a quella stretta, disperata. Gli occhiali non riuscivano più a celare le lacrime che, ormai, le inondavano le guance. Non si era nemmeno accorta che Rachel l’aveva raggiunta. La ragazza si schiarì la voce, attirando la sua attenzione.
«Aly.» esordì, carezzandole il braccio con tenerezza. Le tolse gli occhiali, piano, svelando quegli occhi verdi ormai arrossati.
«Vieni.» bisbigliò, prendendole la mano. Si sedettero in un angolo, lontane dagli altri. Alycia non sapeva cosa dire.
«Aly, non mi sono spiegata molto bene. Vedi, questi ultimi quattro anni sono stati una vera e propria giostra, per entrambe. Ho passato tre anni cercando di mettere a tacere tutti i sensi di colpa che mi attanagliavano, da quelli per la morte dei miei genitori, a quelli per l’abbandono di Christian. Per non parlare di tutto quello che ti ho fatto. È stato solo in un secondo momento che ho capito quanto anche tu ti sentissi in colpa per tutto. Siamo simili, forse perché ne abbiamo davvero passate di ogni.». Alycia inarcò un sopracciglio. Non capiva dove volesse andare a parare. Rachel alzò lo sguardo. Chiuse gli occhi, beandosi del contatto con la pioggia.
«Entrambe non avevamo più niente, credo. Non avevamo più un posto. E, in un certo senso, penso che fossimo convinte di non meritarne uno. Ecco, il fatto è che tu ora l’hai trovato, Aly. Tu hai Eliza.»
«Tu puoi restare con noi!» la interruppe l’attrice. Rachel sorrise. Fece cenno di no con la testa.
«Lo sai che non posso. Non è un addio, ci rincontreremo presto, vedrai. È una promessa. È che ho bisogno di capire cosa voglio, di vedere cosa posso fare. Ho bisogno di trovare una mia dimensione, un mio posto. Questo non vuol dire che non mi senta a casa con voi, semplicemente ho la necessità di costruire qualcosa di mio.». Alycia annuì. Aveva capito. Deglutì. Rachel l’abbracciò.
«Ti devo la vita, Aly. La devo a entrambe. Mi sento bene ed è per questo che devo andare. So che qui posso tornare e non sai quanto coraggio mi infonda questa certezza. Mi sono torturata per anni, ora so che merito anche io di essere felice. Lo meritiamo entrambe.» aggiunse. L’attrice non riuscì a replicare. La strinse forte a sé, incurante della pioggia che, ormai, le aveva rese completamente fradice.
«Rachel, il pullman sta per partire!» annunciò Marie, riportandole alla realtà.
«La solita guastafeste.» scherzò Alycia, ridendo. Aiutò Rachel a rialzarsi e l’accompagnò alla pensilina. La ragazza abbracciò gli amici un’ultima volta, per poi salire a bordo. Gli attori osservarono il pullman partire ed allontanarsi, portandola via con sé.
«Come stai?» chiese Eliza ad Alycia. La mora si morse il labbro, gli occhi verdi fissi sull’orizzonte.
«Bene.» rispose.
«Torniamo a casa? Ti va?» propose la bionda. Alycia si voltò verso Eliza, specchiandosi in quello sguardo azzurro che le aveva donato nuovamente la speranza. Ripensò a quegli ultimi quattro anni. Aveva cercato così a lungo il nulla, ma non aveva mai smesso di anelare a qualcosa di più. Eliza le aveva permesso di non affogare fra i sensi di colpa e le catene del passato. L’aveva liberata. Aveva anelato al nulla e, alla fine, aveva trovato tutto. Una lacrima salata le bagnò le labbra. Cinse Eliza in un abbraccio. La baciò.
«Sono già a casa.».

 

 

Angolo del disagio

È finita davvero, stento a crederci. Non so se vi aspettavate questa partenza un po’ agrodolce. Quando mi è venuta in mente, ho pensato fosse giusto così. In fin dei conti, Alycia ha trovato Eliza, ma Rachel non ha ancora capito bene cosa vuole. Come dice, però, ora sa di avere un punto d’appoggio, un posto in cui tornare in ogni caso. È quello che auguro a voi e a me. 
E ora è arrivato il momento dei ringraziamenti. 
Innanzitutto, un grazie a Elycia88, Olimpia71, Annalosie e Feragina, le vostre recensioni mi hanno spronata a continuare la pubblicazione dei capitoli. 
In secondo luogo, grazie a chi ha inserito la storia nei preferiti: Daniciccia98, Elilex, giuliaredfield, marta_napo, Orion 88;
nelle ricordate: Bo65, Denyland 54321, emanuela cutuli, Lexabadass;
nelle seguite: Aly982, Daniciccia98, Elkie12, emanuelacutuli, LadyTsuki, marta_napo, Sery000, Tamara79, tuty98, WarriorBard_Wanheda.
Un grazie anche a tutti i lettori silenziosi, che hanno letto questa storia.
Spero che vi sia piaciuta e che vi abbia lasciato qualcosa. Non è una storia perfetta e credo che avrei potuto fare di meglio, ma scriverla mi ha aiutata ad affrontare molte cose e molti aspetti di me e vorrei che leggerla vi avesse dato altrettanto. Spero che vi sia piaciuta anche la scelta delle canzoni e che le abbiate trovate azzeccate.
Ricordo, ovviamente, che nessuno dei personaggi mi appartiene.
Venerdì metterò il primo capito della nuova storia. Sarà sempre un’Elycia, ma completamente diversa.

May we meet again!

 

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