Solo al mondo

di Emaluck
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Dolce morte o ardua sopravvivenza? ***
Capitolo 2: *** Pericolo scampato e nuove prospettive ***
Capitolo 3: *** Preparativi (1) ***
Capitolo 4: *** Preparativi (2) ***



Capitolo 1
*** Dolce morte o ardua sopravvivenza? ***


Suona la sveglia, guardo il soffitto, sono sopravvissuto un altro giorno.

Mi alzo dal letto e cerco il pavimento con i piedi, la superficie fredda del parquet sveglia i miei sensi intorpiditi; vado in bagno e mi lavo la faccia, alzo la testa e come ogni mattina mi guardo allo specchio: l’immagine riflessa della mia faccia smunta e bianchiccia ed i capelli arruffati testimoniano che l’incubo non è ancora finito. 

Non sono mai stato un tipo socievole, anzi mi ritengo abbastanza cinico e schivo ma ora non so cosa darei per parlare anche col mio peggior nemico; molte volte a causa di litigi ed incomprensioni con amici e conoscenti ho desiderato rimanere solo al mondo, però ora che sono davvero l’unico essere umano sulla Terra vorrei rimangiarmi tutto.

Mi lavo i denti e nel rimettere a posto lo spazzolino e il dentifricio il mio sguardo cade sullo scaffale vicino al lavandino. Vedo la lametta di mio padre.

Ormai sono cinque giorni che va avanti così: nessuno con cui giocare, nessuno con cui chattare, nessuno con cui parlare, nessuno per cui vivere. Voglio scappare da tutto questo, voglio tornare indietro… so bene che è impossibile ma vorrei almeno andarmene da qui, andare in un posto dove non c’è questa freddissima solitudine, qualsiasi luogo abitato da altri esseri umani… ritorno in me e mi accorgo di avere la lametta in mano. E’ un biglietto di sola andata per l’aldilà ma forse lì potrò rivedere la mia famiglia ed i miei amici.

Tremando avvicino lentamente la lametta al polso, penso tra me e me:” forse così riuscirò a liberarmi”.

 

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Capitolo 2
*** Pericolo scampato e nuove prospettive ***


Ho chiuso gli occhi, sono calmo. Tutto intorno a me sta per spegnersi insieme al mio corpo; penso:” ecco, ora potrò finalmente riposarmi”, ma un attimo prima di muovere il braccio che impugna il rasoio sento una lieve vibrazione che riconosco subito: è quella del mio cellulare. Che abbia ricevuto un messaggio!? Che qualcuno mi abbia scritto!? Butto il rasoio nel lavandino e scatto verso la stanza da letto… nessun messaggio. Il telefono è scarico ed ha vibrato solo per segnalarlo. Cerco invano nel mio zainetto il caricabatterie, ricordavo di averlo messo lì ma a quanto pare non c’è; scendo al piano di sotto per cercarlo, inizio a rovistare dappertutto: nel divano, vicino al mobile su cui poggia il tv, nel bagno di servizio. Niente da fare, non si trova. Mentre penso a dove potrei averlo lasciato mi preparo un caffè. Dopo qualche minuto sento che il bricco gorgoglia perciò prendo la macchina ma il manico bollente mi scotta la mano, così distrattamente lascio cadere il caffè sul piano cottura. Pulisco, asciugo il pasticcio e provo rifarne un altro però quando accendo il fornello non esce la fiamma. Questa non ci voleva, io non so nulla né di gas né di elettricità e devo trovare una soluzione altrimenti le riserve di cibo in scatola finiranno subito. Provando ad accendere gli altri fornelli ottengo sempre lo stesso risultato. 

Non so cosa fare e sto iniziando a provare una forte ansia, mi devo rilassare per riuscire a pensare. Decido di mettere su un vinile di papà, ne scelgo uno a caso, non me ne intendo molto di jazz, so solo che ascoltarlo mi rilassa un po’. Dal mucchio tiro fuori Chet Baker in Tokyo e lo posiziono sul piatto, a questo punto accendo il giradischi e… il piatto non gira. Sono ufficialmente nella merda, non riesco a pensare a nulla e la situazione è appena sfuggita di mano. Devo concentrarmi e trovare una soluzione, se va avanti così morirò di freddo o di fame tra qualche settimana. Pensavo che l’elettricità non mi sarebbe mai mancata grazie ai pannelli che fece installare papà ma mi sbagliavo. 

A questo punto preferisco una morte veloce mentre traffico con i cavi piuttosto che una lenta agonia causata da fame o freddo. 

Apro lo scaffale sotto la cucina, noto una spina attaccata ad una presa a muro. Magari è quella presa che fa scattare la scintilla che sviluppa la fiamma. Non ne sono sicuro perciò mi alzo, apro il gas di un fornello e inizio a sentire la puzza del gas. Ciò significa che sicuramente il gas esce da qualche parte quindi il problema sarà l’innesco, la scintilla. Avrebbe senso perché anche tutti gli altri apparecchi che hanno bisogno di elettricità non funzionano. Su due piedi penso che potrebbe essere successo qualcosa al generatore e corro in garage. Alzo la saracinesca e con grande sollievo vedo che il generatore lavora a pieno regime facendo come al solito un bel po’ di rumore, mi guardo intorno sovrappensiero e noto che sul tavolo da lavoro c’è il caricabatterie che stavo cercando (ora completamente inutile). Mio padre era un portento col fai da te ed i lavori di casa, probabilmente il problema che sto avendo ora l’avrebbe risolto in cinque minuti con qualche attrezzo di quelli attaccati al muro a cui è accostato il banco. Sospiro un po’ e prendo l’aggeggio dal tavolo, mentre me ne sto andando però noto una cosa strana: vicino agli attrezzi a muro c’è qualcosa... sembra come uno di quei cassettini che in caso d'incendio bisogna rompere per attivare l’allarme, solo più grande. Ha una forma rettangolare, è poco spesso ed è incassato nel muro; il suo sportello è trasparente e si intravedono piccole leve e pulsanti. Ricordo che papà veniva qui quando andava via luce e trafficava con qualche leva per farla tornare. Apro lo sportello e noto che quella che sembra la leva generale dell’impianto è abbassata, la alzo e torno in casa. Il 33 giri prende a girare e dalle casse risuona Almost Blue. Provo ad accendere il fornello e dopo un piccolo sibilo e Prometeo si svela agli uomini (o forse dovrei dire all’uomo). Tiro un sospiro di sollievo e faccio il caffè. Con la voce di Baker ed un caffè caldo mi metto a riflettere sulla mattinata difficile che ho avuto: forse uscire da questa situazione è possibile, ma per farlo dovrò trovare altre persone. Finora ho solo vagato per la città, ma mi dovrò organizzare per uscire dal centro abitato e cercare altra gente. D’altronde non mi costa niente almeno provarci. Domattina studierò un piano per uscire da quest’incubo.

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Capitolo 3
*** Preparativi (1) ***


Apro gli occhi e mi ritrovo con lo sguardo rivolto verso la finestra di camera mia, dalle tende filtra luce sotto forma di pulviscolo. Mi alzo dal letto e lentamente mi avvicino alla finestra, apro le tende ed osservo il panorama fantastico e malinconico che si staglia davanti ai miei occhi: il sole sta sorgendo, i raggi pian piano iniziano ad illuminare il vialone su cui si affaccia casa mia, l’alba segna l’inizio di un nuovo giorno.

Scendo al piano di sotto per fare colazione e decido di prepararmi un pasto abbondante: metto la padella sul fuoco e ci verso un filo d’olio, poi prendo due uova dal frigo e lascio cadere albume e tuorlo in padella; mentre bevo un po’ d’acqua il mio sguardo cade sullo scaffale dei vinili, mi avvicino al mobile e, incuriosito dagli ideogrammi e dal colore rosso scuro della copertina, scelgo Scenery di Ryo Fukui. Ripongo ciò che c’era prima sul piatto (Chet Baker in Tokyo) per dar spazio al vinile appena preso e inizia a risuonare per tutto il soggiorno il piano di Fukui; nel frattempo lo scoppiettare delle uova sul fuoco mi dice che sono quasi pronte, sfrutto il tempo di cottura rimasto per spalmare della cioccolata sul pancarré, poi metto le uova nel piatto ed inizio a fare colazione.

Mentre mangio rifletto sul da farsi: prima di tutto mi serve un mezzo con cui spostarmi, andare in bicicletta è fuori questione perché ho intenzione di coprire grandi distanze, dovrà essere per forza o una macchina o una moto; è probabile che prima di trovare qualcuno debba percorrere centinaia se non migliaia di chilometri perciò dovrò dotarmi di una tenda, di un piccolo fornello a gas e di una borraccia abbastanza capiente; costruirò una radio con cui ricevere messaggi da altre persone, andrò in biblioteca per trovare materiale interessante su come progettare una scheda che capti le FM ma  prima sarà meglio occuparsi di ciò che è immediato.

Mi vesto, esco di casa e mi dirigo verso un negozio che vende articoli da campeggio. Prendo un mattone da un cantiere lì vicino, sfondo la vetrina, entro nel negozio e rubo in fretta tutto ciò che mi serve.

Durante il ritorno a casa allungo il percorso per prendere qualcosa in un supermercato vicino, sulla strada però faccio caso ad un concessionario di motociclette: l’edificio essenzialmente è costituito da un grande monolocale che ospita vari modelli di moto al suo interno e sul retro c’è un piccolo percorso per provare i veicoli, tra l’edificio del concessionario e il cancello che chiude la proprietà c’è un piccolo spiazzo adibito a parcheggio. Nonostante la lontananza ed i vetri appannati dalla polvere riesco a riconoscere distintamente un modello di moto “custom” che un ragazzino come me non si potrebbe mai permettere: la “Bonneville Bobber” della Triumph, il prezzo di listino era di circa 12.000$ ed io posso averla gratis. Pensavo che in occasioni simili la mia morale si sarebbe fatta sentire, mi avrebbe detto cose tipo: “dovresti prendere in prestito solo ciò che è strettamente necessario!” o “quella moto non te la sei guadagnata, c’è chi si è fatto il culo per averla!”, purtroppo prima ancora di riuscire ad elaborare uno solo di questi pensieri sono già in un negozio di fai da te cercando una scala abbastanza alta; trovata la scala adatta ci ho messo poco a spaccare il vetro ed entrare nel concessionario, trovo il  comando per aprire il cancello ed in un batter d’occhio sono fuori dal parcheggio in sella alla Triumph. 

Porto il carrello fino a casa e torno a prendere la moto. 

Mentre mi dirigo verso la biblioteca della città penso alla prossima sfida, costruire una radio che riesca a captare le frequenze FM: prima di venire trascinato in quest’incubo ero uno studente ad un liceo di lingue, non so niente di circuiti e tecnologia, sto andando in biblioteca per prendere qualche libro che mi possa aiutare a costruirla ma penso comunque che ci dovrò lavorare a tempo pieno per qualche settimana; il più grande problema di quest’impresa è che non potrò testarla perché non c’è nessun segnale da ricevere in questa città.

Arrivato in biblioteca arraffo qualche manuale di elettrotecnica ed un libro di progetti di ricevitori radio. Dopo vado a fare rifornimento da un benzinaio: col fedele mattone entro nella stazione e mi rifornisco di due taniche. Al che mi rimetto in sella e torno a casa.

I preparativi sono quasi pronti, ora manca solo la radio.

 

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Capitolo 4
*** Preparativi (2) ***


Questa cazzo di sveglia non è mai stata così assordante. Scendendo dal letto rischio quasi di cadere, mi lavo la faccia e scendo a fare colazione. Magari del Jazz può aiutare a svegliarmi, prendo un disco a caso dallo scaffale, penso fosse di Gil Evans ma in quel momento non capivo nulla: ieri sera sono andato a letto alle 3 cercando di capire come funziona il ricevitore… invano! So che devo costruire quella roba ma il mio problema è che non so nemmeno da dove iniziare. 

Sorseggiando il caffè mi metto a leggere qualche pagina:

 

Ricevitori base di onde radio, I° capitolo

 

“Un ricevitore opera sempre in maniera duale ovvero opposta o inversa a quanto fa il trasmettitore in modo da ripristinare l'informazione contenuta nella sorgente informativa iniziale depurando il segnale ricevuto dalle operazioni di elaborazione messe in atto dal trasmettitore e necessarie per la trasmissione efficiente sul canale come la modulazione e la codifica di sorgente e di canale”

 

Neanche a dirlo mi passa la voglia di studiare molto velocemente, non ci sto capendo nulla. Decido di prendere una pausa, l’orologio segna le 12: è quasi ora di mangiare. 

Se pranzo ancora una volta con pasta al tonno potrei svegliarmi a nuotare nel mare di Trapani. Purtroppo il cibo in scatola è l’unica cosa che posso mangiare, tutto ciò che scade sarà già marcito da un sacco di tempo nei supermercati, cosa darei per avere qualcosa di fresco… l’unica soluzione a questo problema è andare nei terreni fuori città a raccogliere qualcosa, mio padre ne ha uno ma io non me ne sono mai interessato, lui è l’unico col pollice verde in famiglia.

Vado in moto nella campagna di papà, arrivato lì raccolgo qualche verdura dall’orto e un po’ d’uva dal vigneto.

Sulla via del ritorno passo da un negozio della ditta Bose a prendere lo speaker per il ricevitore: rompo la porta vetri con nonchalance (ormai sono uno scassinatore esperto) ed entro nell’edificio; questo negozio per me è un mondo del tutto nuovo, fa un certo effetto vedere che i libroni con cui cerco di studiare gli elementi principali di cui sono costituiti questi aggeggi si traducano in componenti e dispositivi a volte non più grandi di un pollice; l’immenso spazio in cui mi muovo è diviso in vari reparti, all’inizio di ogni reparto pende dal soffitto un enorme cartello con su scritto il nome della sezione: è come se tutto il negozio fosse un gigantesco mobile composto da piccoli cassetti allineati uno accanto all’altro. Quando trovo il reparto audio mi metto a cercare gli speaker, purtroppo senza successo. A questo punto mi balena in mente l’idea di andare a controllare in magazzino, dopo aver trovato l’uscita che da sul retro oltrepassandola vedo una porta a vetri di un piccolo ufficio lasciata aperta: dall’esterno si può intravedere un bancone con sopra disposti in maniera ordinata dei componenti elettronici, entro nell’ufficio ed avvicinandomi al banco vedo che nella parte inferiore c’è una radio in manutenzione. Sembra che il commesso che ci stava lavorando avesse quasi finito di ripararla, resta da montare solo il pannello che copre i circuiti, una bazzecola rispetto ad assemblare una radio da zero. Dopo aver messo a posto il pannello la accendo non so per quale motivo e l’entusiasmo di un attimo fa svanisce nel rumore sordo del fruscio di fondo.

Torno a casa con la refurtiva nelle borse della moto. Decido di prepararmi qualcosa da mangiare con quello che ho raccolto e, in un gesto violento e quanto mai liberatorio, faccio cadere i libri dal tavolo.

Successivamente sparecchio e metto in ordine, il resto della giornata lo dedicherò a fare i bagagli e a preparare tutto per la partenza.

Domani sveglia all’alba. è il grande giorno!

 

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