Il coraggio dei bambini - le ali della libertà

di lmpaoli94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Aria di odio - dove la luce non arriva nei cuori dei bambini ***
Capitolo 2: *** Sorrisi inesistenti ***
Capitolo 3: *** Un sogno, un desiderio ***
Capitolo 4: *** Verità dolorose ***
Capitolo 5: *** Gli incubi dei bambini ***
Capitolo 6: *** Un carattere molto difficile ***
Capitolo 7: *** Negli occhi della bontà ***
Capitolo 8: *** Un regalo di natale inaspettato ***
Capitolo 9: *** La casa sull'albero ***
Capitolo 10: *** Nel nome della coppia, dei figli prossimi e dei bambini in procinto di crescere ***



Capitolo 1
*** Aria di odio - dove la luce non arriva nei cuori dei bambini ***


Prefazione


Sì può parlare di un mondo di bambini che soffre senza l’amore dei propri cari?
Eppure la situazione che verrà narrata in questa storia parla di un gruppo di loro che grazie all’aiuto di un loro maestro, riusciranno a riassaporare il sapore di una vita che non è solo macchiata dall’odio, dalla paura e dalla tristezza di un futuro così imminente nelle loro esistenze.
Sì parlerà di dolori e di rinascite, senza però dimenticarsi i sorrisi di bambini che vogliono fare la voce grossa in un mondo che sembra aver dimenticato.
Dobbiamo sapere che non siamo tutti fortunati come i nostri protagonisti.
Magari qualcuno di noi ha perso un genitore in giovane età e sente che il suo spirito non l’ha mai abbandonato.
Ma non voglio deprimervi in ricordi che potrebbero fare male a chiunque.
Pensiamo al sorriso e al bene che possiamo fare ad alcuni di loro.
Pensiamo che posiamo cambiare tutti insieme.
Pensiamo soprattutto che c’è posto anche per loro e che la felicità non deve essere mascherata in nessun modo.


Eppure il giovane Lamberto non poteva immaginarsi di essere trasferito in un piccolo orfanotrofio di una città così bella ma che mantiene le sue radici nelle origini più pure.
La gente sembrava felice in quella via alberata mentre la primavera riempiva di verde tutto il territorio.
Eppure sentiva che c’era qualcosa che non andava nelle vicinanze in cui si trovava lui.
Oltrepassando il cancello di un vecchio edificio, sentiva che la tristezza vagava anche nell’aria, anche se non riusciva ad udire i pianti dei bambini.
Eppure lui era così vicini a conoscere delle nuove vite, cercando di fargli capire il sapore della vita con i sui insegnamenti.
Perché essere orfano non vuol dire che sei abbandonato: ci sarà sempre qualcuno che pensa a te.
E questo è quello che doveva fare il giovane maestro, dimenticando le sue radici di bravo ragazzo romano spensierato per inseguire il suo sogno di dare la vita ai bambini bisognosi.
Non si trattava di andare a fare il missionario in Africa o in altri luoghi poveri del mondo.
Doveva cercare di imprimere nelle menti di quei bambini così soli la felicità che avevano dimenticato.
Ma doveva farlo da solo perché la rettrice dell’orfanotrofio, la Signora Guarini, non era dello stesso avviso del giovane professore.
< Professor Rodari, si accomodi pure. >
Anche se era il suo primo giorno di lavoro, Lamberto si sentiva elettrizzato come se fosse tornato a scuola.
< Prima d’incominciare a conoscerci, vorrei sapere perché ha scelto la città di Lucca per professare il suo nuovo lavoro. Che cosa ci trova di bello in questa città? >
< Sinceramente da quando ho trovato alloggio in un piccolo appartamento non troppo lontano da qui, mi sono detto che la città di Lucca ha il posto adatto per me. Non è una città caotica come Roma e qui saprò sentirmi a mio agio. >
< Dalle sue referenze curriculari ho dedotto che lei è imparentato con alcuni lucchesi. È giusto? >
< Sì. Mia zia, la sorella di mia madre, è lucchese. Naturalmente prima di emigrare in America cercando di trovare fortuna. Purtroppo ha sofferto la fame per molto tempo e non ne voleva sapere di rimanere in Italia. >
< Anche se siamo cresciuti economicamente, molti di noi non riescono a trovare un lavoro adeguato. Chissà per quanto tempo potrà andare avanti l’emigrazione italiana del mondo. Ma del resto, noi italiani siamo famosi per essere un popolo migratore. >
< Su questo ha assolutamente ragione, Signora Guarini. Ma io preferisco rimanere qui in Italia cercando di crescere professionalmente. >
< E’ la prima volta che esce dalla città di Roma. >
< Sì, Signora. Prima dei trent’anni non ho mai avuto il coraggio di cambiare vita. Ma quando ho scoperto grazie ad amici che ho incontrato durante la leva militare, mi hanno parlato di questo posto e della città di Lucca. >
< Dove ha fatto il militare, Signor Rodari? >
< Sulle Alpi Apuane. Ma ormai sono passati decenni e quella parte della mia vita l’ho accantonata per sempre. Non sono mai stato adatto nel fare il militare. >
< Spero allora che sia adatto nell’insegnare ad un gruppetto di bambini la disciplina e l’educazione. Per incominciare si occuperà di cinque bambini di otto anni… Ma l’avverto: non hanno un carattere per niente semplice. Molti di loro hanno perso i genitori in circostanze macabre e misteriose e i loro rispettivi parenti non ne volevano sapere di loro. Sono stati dimenticati da tutti, ma non da noi. Purtroppo questo edificio ospita più di un centinaio di bambini e le nostre finanze sono ormai agli sgoccioli. Se il governo italiano non ci manda i soldi necessari per andare avanti, molti di loro si ritroveranno in strada senza un riparo. >
< Cosa? Ma questo è davvero terribile. >
< Purtroppo è la cruda realtà, Signor Rodari. Ma lei cerchi di pensare al futuro dei nostri bambini. Perché oltre ad essere i loro insegnanti, saranno il nostro futuro un domani. >
< I bambini sono tutto per me. Vedrà che non la deluderò. >
< Lei è sposato, Signor Rodari? >
< Non ancora. Troppo impegnato a pensare a me stesso e agli studi che non sono riuscito a trovare la mia anima gemella. >
< Che peccato. Un giovanotto così bello come lei che non si è ancora sposato. Non è che per caso ha delle amanti nascoste? Qui a Lucca non sono viste di buon occhio. >
< Certo che no, Signora Guarini. Per chi mi ha preso? >
< Signor Rodari, io ho più di sessant0anni mentre lei è ancora molto giovane. Devo capire che cosa passa per la mente dei miei docenti, non trova? Anche se dovrò fare delle domande molto impertinenti. La prego di non volermene. >
< Le confesserò che non sono mai stato attratto dalle ragazze. Per me sono solo una distrazione incomprensibili. Ho sempre voluto fare questo tipo di lavoro. Per me i bambini abbandonati dal mondo sono l’unico motivo per cui vivo. Non potrei stare lontano da loro. >
< Signor Rodari, non vorrei essere ancora puntigliosa, ma sarebbe consigliabile che lei non legasse così tanto con loro. >
< Perché no? C’è forse qualche problema che non mi ha detto oltre alla loro difficile situazione di abbandono? >
< Diciamo che sono molto scapestrati per i miei gusti. Se riuscirà a domarli il prima possibile, avrà conquistato tutta la mia totale fiducia. >
< Sono bambini, Signora Guarini. Hanno bisogno di sfogarsi e di giocare. >
< La disciplina è tutto in questo istituto. Si ricordi che posto hanno qua dentro e non le inculchi strane idee rivoluzionarie come è successo nel ’68. >
< Signora Guarini, credo che quei bambini di otto anni siano ancora molto giovani per capire un mondo così complicato. >
< Non si sa mai. Lei mi sembra più il tipo della Beat generation. Anche se dai suoi capelli sembra un ragazzo ordinato e corretto. >
< Infatti lo sono, Signora Guarini. Vedrà che le darò una bella impressione. >
< Lo spero tanto. >
Una volta che nella piccola aula non molto lontana dall’uficcio della rettrice, Lamberto fu molto sorpreso nel vedere quel gruppo di sei bambini così tristi e seri mentre stavano ascoltando la loro maestra.
Il giovane maestro, intravedendo nei loro occhi tutta la tristezza e la vita che sembrava essersi perduta per sempre, non aveva nessuna intenzione di continuare a guardare quei poveri bambini.
< Signora Guarini, che cos’hanno questi bambini che non va’? >
< Sono disciplinati, Signor Rodari. Non vede? >
< Ed io che credevo di trovare una classe di scalmanati. Qui siamo al livello di militare. Tutto questo religioso silenzio mi fa’ venire la pelle d’oca. >
< Signor Rodari, se questi bambini vogliono aver un futuro serio e allo stesso tempo roseo, devono portare dei voti eccezionali. Non hanno il tempo per distrarsi o per penare come tutti i bambini che hanno i genitori. >
< Sì, ma dove sta la felicità? Il sorriso di seguire una lezione? Che cos’hanno questi bambini che non va’? >
< Gliel’ho detto prima: sono disciplinati. >
< Disciplina non vuol dire essere dei piccoli soldatini. Non è questo che ho in mente per loro. >
< Signor Rodari, spero che non inculchi nella mente di quelle povere creature pensieri frivoli e privi di significato. >
< Impareranno a crescere con le buone maniere e alla fine dell’anno vedrà che avrò fatto un ottimo lavoro su di loro. >
< A meno che non verranno adottati… E comunque le consiglio di non stravolgere i nostro programmi, Signor Rodari. Potrebbe essere lei richiamato all’ordine e questo sarebbe un fatto spiacevole. >
< Mi sta forse minacciando, Signora Guarini? >
< Voglio solo farle capire come deve comportarsi, visto che lei è appena un adulto. >
< Un adulto che crede in un mondo migliore. E dovrò farlo cominciando da questi bambini. >
< Sì limiti a fare il maestro di italiano. Lo psicologo lo faccia fare a qualcun altro… Adesso, parlando di altro, le voglio presentare i bambini di questa classe. >

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Capitolo 2
*** Sorrisi inesistenti ***


Entrando nella classe dei bambini, Lamberto sentiva dentro di sé tutta la paura e la serietà che albergava in quei bambini.
Fissando il loro sguardo privo di emozioni, i bambini non riuscivano a capire perché quell’uomo si potesse comportare in quel modo.
< Signor Rodari? Va tutto bene? > gli domandò la Signora Guarini riportandolo alla realtà.
< Sì… credo di sì. >
Lamberto, dal canto suo, non riusciva a sopportare quella tristezza così reale e così insistente.
Sembrava che la voglia di vita di questi bambini fosse scomparsa per sempre e le loro più profonde emozioni come la felicità e la spensieratezza non potessero esistere.
< Signor Rodari, prima le vorrei presentare la Signorina Vicini, docente di matematica del nostro istituto. >
< Molto piacere > disse subito la donna < Lei è nuovo di qui, giusto? >
< Sì, esatto. Sono il nuovo insegnante di italiano: Lamberto Rodari. >
< Rodari mi fa’ venire il mente il poeta Gianni Rodari. Per caso siete parenti? >
< Che io sappia no > rispose l’uomo divertito senza dimenticare le preoccupazioni di poco fa’ < Magari siamo due fratelli separati dalla nascita. Chi lo sa. >
< Avrete modo di conoscervi meglio nella ricreazione > li interruppe la rettrice Guarini con tono fermo < L’ora si sta quasi concludendo, Signorina Vicini. Che ne dice di lasciare questi ultimi minuti al Signor Rodari per conoscere meglio questi bambini di belle speranze? >
Nel sentire quella domanda, Lamberto non riusciva a credere che la rettrice potesse fare finta di niente.
Quei bambini erano tremendamente infelici e nessuno faceva niente per risollevargli il morale.
Lamberto non riusciva a sopportare quegli sguardi persi nel vuoto, volendo sapere perché quelle innocenti creature erano così tristi.
Davvero era legato tutto alla perdita dei loro cari? O c’era qualcos’altro che il giovane maestro non sapeva.
< Prima di incominciare la mia lezione, vorrei scambiare qualche parola con la docente Vicini. >
La Signora Guarini, non capendo dove il docente di italiano volesse andare a parare, gli comuncicò che poteva parlare con la docente di matematica più tardi.
< E’ molto urgente, rettrice Guarini. Non ci metterò molto. >
Uscendo dall’aula con la Signorina Vicini, lo sguardo di Lamberto divenne improvvisamente scuro e serio.
< Signor Rodari, va tutto bene? >
< Mi parli brevemente di questa classe. Sono sempre così tristi i bambini? >
< Ecco, diciamo che sono molto attenti alla lezione. >
< Quante ore rimane insieme a loro nel corso della settimana. >
< Circa dieci ore. >
< E sono sempre di questo umore? >
La maestra, fissando lo sguardo indagatore dell’uomo, tagliò corto la conversazione dicendogli che era contenta di avere degli studenti modelli.
< Non chiedo di meglio a questa classe. Sono i migliori alunni che una docente come me può avere. >
< Sembrano soldatini in attesa di entrare in guerra. Non c’è entusiasmo nei loro occhi. >
< Signor Rodari, ma lei vuole fare l’insegnante o il pagliaccio? >
Quella domanda così rude e spinosa mise a tacere il giovane Lamberto per evitare spiacevoli discussioni già il primo giorno.
< Questa classe ha bisogno di ritrovare spensieratezza e serenità. E le giuro, signorina Vicini, che farò di tutto per cambiare i loro sguardi e le loro menti. >
< Signor Rodari, non faccia mosse azzardate. C’è voluto tempo per insegnargli la disciplina. Lei non può venire qui e pensare di cambiare tutto… >
< Non sopporto di vedere i bambini così afflitti. È più forte di me… Grazie per le sue parole, Signora Vicini. >
< Signorina, prego. >
< Per me fa’ lo stesso > ribatté divertito e allo stesso tempo riluttante il giovane insegnante prima di tornare dalla rettrice.
< Signor Rodari, tutto bene? >
< Credo di sì. Le farò sapere più avanti… Adesso, se non le dispiace, vorrei rimanere da solo con la mia classe. >
< Certo. Faccia pure. Ha tutto il tempo per conoscere i bambini. >
< E non vedo l’ora. >
 
 
Ma una volta che Lamberto si ritrovò da solo in mezzo a quei pochi bambini, sentì il suo cuore stringersi in un dolore che non aveva mai visto prima.
Non riusciva a intravedere quel sorriso che contraddistingueva quelle povere creature innocenti e non riusciva a trovare qualcosa che poteva farli sentire felici.
Avanzando verso uno di lo9ro, Lamberto decise di conoscere bene un bambino timido e introverso che si nascondeva in fondo alla classe dietro alcuni suoi compagni.
< Ehi, ciao. >
Il primo approccio di Lamberto fu un totale fallimento visto che il bambino non riusciva nemmeno a guardarlo.
< Che succede? Hai forse paura di me? >
Scuotendo la testa con un no, era come se il piccolo bambino si stesse apprestando a piangere.
< Intanto perché non mi dici come ti chiami? Io sono Lamberto e fino alla fine dell’anno sarò il vostro insegnante di italiano. Spero che riusciremo ad andare d’accordo, anche se vedo che hai deciso bene di non parlarmi. Se posso davvero aiutarti… >
< Nessuno può farlo > lo interruppe il bambino con voce decisa.
Lamberto, scosso da tale rivelazione, voleva arrivare in fondo a quella storia così snervante quanto misteriosa.
< Perché dici così? Che succede qua dentro? >
< Noi bambini non possiamo essere felici. Perché non abbiamo nessuno che possa insegnarci questo sentimento. >
< La felicità sta dentro ognuno di noi. Basta ricercarlo. >
Si guardi intorno > rispose un altro bambino < Lei crede che essere felici possa appartener ead ognuno di noi? >
< Certo che sì. E lo sapete perchè? Ogni bambino merita di essere felice. E lo sarete anche voi. >
Non volendo rispondere alla speranza del maestro, i bambini presero il loro libro di italiano leggendolo in silenzio.
< Che cosa state facendo? >
< Vorremmo fare lezione. È questo che si faceva prima di lei, maestro. >
< Il mio predecessore era un uomo severo che vi rendeva la vita impossibile? >
< DI questo non possiamo parlare > rispose il bambino in fondo al banco < La rettrice ci punirebbe. >
< Cosa? ma questo è assurdo. >
< Nessuno di noi vuole assaggiare le punizioni della rettrice Guarini. Lei non sopporta i bambini e rende la vita possibile ad ognuno di noi, facendoci sentire sempre più soli. Sempre più dimenticati. >
Lamberto, che non riusciva a credere dove potesse essere finito, capiva molto velocemente che l’orfanotrofio dove aveva accettato di lavorare era come una prigione, dove la felicità e la libertà sono stati preclusi a questi poveri bambini.
< Parlerò io con la rettrice. La deve smettere di tormentarvi. >
< Ci hanno già provati altri maestri prima di lei… Ma tutti hanno fallito. >
< Bambino, posso sapere il tuo nome? >
< Lucio. Lucio Giannini. >
< Ebbene Lucio, prometto a te e alla classe che molto presto le cose cambieranno. Non è possibile che voi trascorriate la vostra infanzia come se foste stati puniti per reati che non vi appartengono. In fondo che cosa potreste fare voi di male? >
< Esistere, maestro. Questa è la nostra condanna. >
< Lucio, non puoi dire così… >
< Le cose non cambieranno mai, maestro. Mettiamo subito le cose in chiaro… Adesso, se non le dispiace, vorrei fare lezione di italiano. Abbiamo bisogno di imparare qualcosa per evitare che un domani… >
< Imparerete qualcosa. Ma le mie lezioni vere e proprie cominceranno domani. Ma prima… >
Nel mentre Lamberto si apprestava a fare un discorsetto alla classe, la campanella dell’istituto iniziò a suonare mentre tutti i bambini si riversavano nel corridoio per fare la ricreazione.
Il giovane maestro, che non riusciva a credere alla tirannia della rettrice, avrebbe fatto di tutto per proteggere i suoi nuovi alunni.
“Non si meritano una vita del genere” pensò il giovane uomo “Hanno perso tutto. Non possono perdere anche i loro sogni. Combatterò per loro… Fosse l’ultima cosa che faccio.”
Una promessa molto difficile e ardua da mantenere, soprattutto quando le sensazioni oscure che prevalgono nell’istituto sono più reali e indistruttibili di quello che poteva credere.

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Capitolo 3
*** Un sogno, un desiderio ***


Volendo parlare a tutti i costi con la rettrice Guarini, Lamberto era disposto ad attendere la fine dei suoi colloqui telefonici e di tutti i suoi impegni.
Voleva altre spiegazioni e li voleva subito, per mettere in chiaro le cose una volta per tutte.
Ma le difficoltà per il giovane maestro erano solo all’inizio.
< Signora rettrice? > fece l’uomo cercando di attirare l’attenzione della donna correndo per i corridoi come se fosse un forsennato < Signora! Aspetti. >
Ma la donna, senza mostrare un vivo interesse verso il giovane maestro, cercò di ignorarlo come poté.
Arrivò nel suo ufficio, Lamberto vide che era impegnata ad archiviare e a trascrivere gli ultimi arrivati dell’orfanotrofio.
< Signor Rodari, mi sta forse spiando? >
< Assolutamente no, signora. Volevo solo parlare con lei. >
< Prima di parlare con me, dovrebbe mostrare un minimo di rispetto in questo luogo. >
< Cioè? >
< Non può correre per i corridoi come se niente fosse. Ai bambini non è permesso, di conseguenza nemmeno a lei. >
< Volevo solo attirare la sua attenzione > si giustificò l’uomo.
< Signor Rodari, lei è molto insistente in fatto di fare domande. Cosa c’è che la turba? >
< L’umore dei bambini, signora. Hanno paura a rimanere qui. Sono estremamente terrorizzati. >
La donna, mostrando uno sguardo serio e molto duro, cercò di essere il più diretto possibile con Lamberto.
< Signor RodarI, né, IO, Né lei, né tutti gli altri docenti sappiamo cosa vuol dire rimanere senza genitori.
La loro infelicità è il nostro principale problema. Ma in certi casi, come ad esempio la sua classe, portare la felicità a quei poveri ragazzi può essere molto più ardua del solito. >
< E se il principale problema fossimo noi, Signora? >
< Che cosa vuole dire? >
< Insomma, noi non riusciamo a mettere a proprio agio quei poveri bambini. Anche se hanno un tetto sulla testa per dormire, tre pasti al giorno e un istruzione adeguata, queste povere creature si sentono più afflitte che mai. Lei come me lo spiega? >
< Non devo spiegarle niente, Signor Rodari. Lei sta cercando problemi che non esistono minimamente. >
< Che cosa? >
Capendo che voleva sviare il problema, Lamberto non avrebbe mai trovato l’aiuto della rettrice.
E se fosse davvero lei il problema dell’infelicità di tutti quei bambini?
< Signora rettrice, si rende conto… >
< Rodari, per adesso abbiamo finito > tagliò corto la donna < Perché non usa le sue ore libere per studiare i fascicoli dei suoi alunni? Le potrebbe servire per conoscerli meglio. >
< Non mi servono i fascicoli. Ho bisogno delle risposte da lei. >
< Tutto quello che deve sapere sulla sua classe, lo deve scoprire lei. >
< Ma cosa vuol dire tutto questo?! >
< Adesso basta insistere! Lei è venuto qui per fare l’insegnante e non lo psicologo. Si impegni a fare quello che gli è stato rich9iesto, altrimenti ritornerà a Roma molto presto. >
> Mi sta forse minacciando? >
< La sto mettendo in guardia, Signor Rodari. Questo orfanotrofio è molto rispettato in tutta Italia. Lei non può venire qui e stravolgere la vita dei bambini e i programmi di noi docenti. >
> Voglio solo mettere le cose in chiaro e cercare di cambiare le cose sbagliate. >
> Per lei l’infelicità è così sbagliata? >
< Quando vedo un bambino soffrire, mi piange molto il cuore. >
< Anche se lei non l’ha ancora capito, stiamo lavorando per il loro bene. Punto e basta. >
> Vuole sapere una cosa? Secondo me lei non sta facendo abbastanza. Lei come tutti gli altri docenti. >
Capendo di aver finito le parole sui problemi degli alunni, la rettrice lo mise in guardia una seconda volta.
< Lei si sta facendo troppi nemici, Signor Rodari. E la cosa sensazionale è che è appena arrivato. Perché rovinarsi l’esistenza per così poco? >
< Io non mi rovino l’esistenza… Siete voi che la rovinate agli altri. >
< Ma come si permette?! >
< La faccenda non finisce qui, Signora rettrice. Ci aggiorneremo molto presto sul programma che ha riservato a quelle povere creature. E se vedrò che non ci saranno miglioramenti, dichiarerò lei come la principale indiziata. >
< Sta parlando proprio come un poliziotto > rispose la donna con ghigno malefico < Se ha finito con le minacce e con gli avvertimenti, può tornare benissimo da dov’è venuto. >
< La lascio alle sue scartoffie. A risentirci molto presto. >
< Spero tanto di no… E la prego di chiudere la porta, Signor Rodari. Non voglio essere più disturbata. >
< Non si preoccupi. Ho capito che se non ci sono io a darti dei grattacapi, non c’è nessuno che può disturbarla. >
< Lamberto Rodari, si limiti a stare al suo posto. Non glielo dirò una seconda volta. >
< Si figuri. Risparmi pure il fiato… Sa meglio di me che non lo farò. >
 
 
Mentre Lamberto passeggiava indisturbato per il cortile dell’orfanotrofio fissando i bambini giocare, vide uno dei suoi alunni fissare un’immensa quercia che sovrastava una piccola collinetta non lontano dall’edificio.
Incuriosito per quello che stava pensando il bambino, Lamberto si avvicinò verso di lui per attirare la sua attenzione.
< Ciao. Sei Lucio, vero? >
< Perché le interessa sapere il mio nome? > domandò duramente il bambino.
< Perché devo imparare il tuo nome e di tutti gli altri compagni. Mi sembra il minimo per un maestro alle prime armi come me. >
< Sapevo che lei era ancora giovane ed inesperto… Ma addirittura cercare di entrare nelle nostre menti… >
< Lucio, io non sono uno psicologo… >
< Allora ascolti le parole della rettrice: non si impicci in affari che non la riguardano. >
Fissando sconcertato il piccolo Lucio, Lamberto capiva di sentirsi sempre più solo.
< Io voglio aiutarti. Tu e tutti i tuoi compagni. >
< Nessuno può farlo, maestro. Noi ci limitiamo ad imparare qualcosa per non rimanere ignoranti, ma quando arriveremo alla maggiore età ed usciremo da questo istituto, secondo lei che cosa potrebbe mai cambiare? Davvero il mondo potrà accogliere degli orfani come noi? >
< Certo che sì. Perché non dovrebbe farlo? >
< Perché noi siamo i diversi. Nessuno vorrà mai avere a che fare con noi. >
< Lucio, non devi dire così… >
< Ho appena compiuto otto anni e il mondo non è tutto rosa e fiori come si può pensare. Noi non potremmo mai essere felici e spensierati. La vita per noi sarà sempre dura e sofferente. >
< Ma questo lo è per tutti i noi… Ma vediamo i lati positivi nelle cose… >
< Signor maestro, lasci perdere. >
< Non lo farò > replicò duramente il giovane insegnante fissando gli occhi senza emozioni del piccolo bambini < E tu non dovresti parlarmi così. HAI OTTO ANNI MA PARLI COME UN ADULTO. E QUESTO NON MI PIACE. >
> Qui siamo trattati così. Perché comportarsi da bambini se non possiamo essere gioiosi? È questa la nostra vita. >
< Questo orfanotrofio, invece che essere un luogo per bambini, mi sembra una scuola militare. >
< Sapevo che lei non era così stupido come ci vuole far credere la rettrice. >
< Perché? Che cosa vi ha detto sul mio conto? >
< Che non durerà nemmeno un mese. Cercherà di ribellarsi alle riforme indette proprio da lei… E lei maestro, fuggirà da questo orfanotrofio come uno sconfitto. >
< Non voglio fare il superiore, ma nessuno mi ha mai sconfitto su questo campo. >
< C’è sempre una prima volta, non crede? >
< E ti prometto che non sarà questa, Lucio. Da questo momento tu e tutti gli altri bambini vedrete il mondo sotto una prospettiva diversa. A cominciare dalle lezioni. >
< Allora non vedo l’ora di vederla all’opera domani con le sue lezioni. >
< Anch’io!... Cambiando radicalmente discorso, che cosa ci fai qui tutto solo? Perché fissi questa quercia? >
< Per combattere le mie paure> spiegò semplicemente il giovane ragazzo.
< Questa quercia ti fa’ così tanta paura? >
< Me la sogno ogni notte mentre cercò di trovare un sonno lieve… Ma le mie agitazioni e i miei incubi più profondi, sono scanditi da questo luogo che reputo maledetto… Non so mai come comportarmi dinanzi alle mie paure. Ma so che devo affrontarle. >
< Vedrai che è una cosa passeggerà, Lucio. Non devi temere. >
< E’ qui che si sbaglia, maestro: qui niente è passeggero. Se hai paura, la paura rimane. Se hai il terrore di qualcosa, devi fare di tutto per combatterlo, altrimenti la tua esistenza è destinata ad essere più sofferente. Perché noi non combattiamo solo le sofferenze della vita reale, ma anche quelle della nostra mente e del nostro subconscio interiore. >
Lamberto, che non aveva mai ascoltato simili parole da un bambino di otto anni prima d’ora, fu affascinato nel poter capire e nel poter conoscere un bambino così colto e intelligente.
< Lucio, ho capito una cosa di te: forse le tue paure sono molto forti, ma credo che un giorno riuscirai a trovare la tua felicità. E vuoi sapere come? Vedendo questa quercia non come un incubo, ma come un luogo magico che tu e tutti gli altri bambini potete scoprire. >
< Che cosa c’è di quello in questa quercia immensa, maestro? A parte la sua altezza , ovviamente. >
< Questo non so ancora dirtelo con certezza. Ma vedrai che potremmo scoprirlo insieme. >
< Lei è un uomo che non si arrende molto facilmente, vero? Mi sta davvero piacendo. >
< Ti ringrazio. È bello sentirtelo dire. >
Mentre il suono della campanella avvertiva il maestro, Lucio e tutti gli altri bambini della fine della ricreazione, Lamberto si alzò di scatto mentre veniva seguito dal suo giovane alunno.
< Sai quale è un mio piccolo desiderio, Lucio? Portare te e la tua classe a fare un giro per le meravigliose mura di Lucca. >
< Maestro, forse lei non lo sa, ma non è permesso a noi bambini uscire da questo edificio. Noi riponiamo la speranza che un giorno verremo adottati da una famiglia per bene. Ma più il tempo passa, più la speranza scompare dentro i nostri cuori e dentro la nostra mente. >
< Bisogna avere sempre speranza, Lucio. Perché quella non muore mai. >
< Io sapevo che la speranza è l’ultima a morire. >
< Secondo me invece non è così… Vedila sotto un’altra prospettiva. >
< E come devo fare? >
< Chiudi gli occhi e immaginati qualcosa di bello. Prova ad immaginare una coppia di genitori che vuole adottare un bambino intelligente come te. >
< Mi dispiace maestro, ma non so come sì fa’. >
< Che cosa state facendo qui fuori voi due? Domandò duramente la rettrice Guarini < Le lezioni si già incominciate e voi due siete in ritardo. >
< Ci scusi, Signora rettrice. Non succederà più > rispose Lucio chinando la testa come segno di vergogna.
< Vai in classe, Lucio. La tua maestra di storia ha già incominciato la lezione. >
Inorridito per come aveva trattata il bambino, Lamberto prese le sue difese cercando di fare la voce grossa.
< Non cerchi di giustificarsi e di giustificarlo. Le cose qui succedono in una certa maniera, Signor Rodari. Veda di non andare contro le nostre regole, altrimenti per lei ci saranno solo problemi. >
< Eviti di essere ripetitiva, Signora Guarini. >
< E lei veda di ascoltare le mie parole e smetta di fare il ribelle. Ci siamo intesi? >
< Adesso devo andare in classe > tagliò corto l’uomo < I miei alunni mi stanno aspettando. >

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Capitolo 4
*** Verità dolorose ***


Finite le lezioni, i docenti si apprestavano a tornare a casa.
Una lunga giornata di lavoro era finalmente arrivata a termine, ma Lamberto non era soddisfatto del suo operato.
Non aveva intenzione di lasciare i suoi poveri alunni tristi alla loro sorte mentre la rettrice e tutti gli altri docenti non vedevano l’ora di andarsene.
Scatenando ancora l’ira dei suoi colleghi per i suoi modi non troppo consoni, Lamberto si espresse dicendo che non se ne sarebbe andato subito.
< Signor Rodari, le lezioni sono finite > replicò seria la rettrice < Perché vuole rimanere qua? Altri nostri colleghi prenderanno il nostro posto fino a domani mattina. Lei non si deve preoccupare per i suoi studenti. >
< Ho intenzione di conoscerli meglio. Oggi non ho avuto molto tempo a disposizione. >
< Signor Rodari, non ha nessun diritto di rimanere più del tempo dovuto qui. Lo vuole capire? >
< Ci sono forse problemi nella mia decisione? >
Infuriata per i continui cambiamenti del giovane uomo, alla fine la rettrice acconsentì al suo desiderio.
< Veda di non rimanerci anche a dormire, altrimenti i miei collaboratori me lo riferiranno immediatamente. >
< Non credo che farei qualcosa di male > rispose Lamberto facendo spallucce.
< Lei Rodari continua a sfidare la mia pazienza. Deve stare attento, altrimenti… >
< Questi battibecchi non fanno bene ai nostri alunni, non vi pare? >
All’improvviso, un uomo molto alto di circa sessant’anni, si avvicinò ai due docenti con fare serio.
< Preside Morotti, noi non volevamo… >
< Rettrice, perché non mi presenta questo giovanotto? >
< Lamberto Rodari > fece l’uomo con entusiasmo < Felice di conoscerla. >
< Alfredo Morotti, preside di questo istituto da quasi vent’anni. >
< Pensavo che fosse la Rettrice Guarini colei che manda avanti la baracca > scherzò l’uomo.
< Dati i miei impegno in tutta la provincia, non posso rimanere qui per molto tempo. Perciò la Rettrice Guarini prende sempre il mio posto. >
< Un vero peccato, Signor Preside. Sono convinto che lei sarebbe un docente migliore. >
< Adesso basta! Ne ho abbastanza di queste infamie! >
Sbottando come non aveva mai fatto prima, la rettrice Guarini fu riportata immediatamente all’ordine mentre Lamberto stava ridendo sotto i baffi.
< Non è educato urlare come una donnetta qualunque, Signora Guarini > rispose il preside con compostezza.
< Ma il Signor Rodari… >
< Il Signor Rodari non ha detto niente di male, Signora Guarini. Ha solo espresso un’opinione. >
< Ma non avrebbe dovuto! >
< Signora, vuole continuare ad urlare come una donnetta? Le vorrei ricordare che qui ci sono degli alunni. >
Non potendo fare niente per prevalre la sua ragione, la donna se ne andò indignata sotto lo sguardo divertito dei due uomini.
< Finalmente si è tolta di mezzo > fece il preside con tono fermo < Non mi sorprende che nessuno riesce a tollerarla. >
< Da quello che ho visto da quando sono qui, ha tutto il rispetto degli altri docenti > gli confessò Lamberto.
< Ne è sicuro, Rodari? Magari è solo apparenza. I docenti che lavorano in quest’istituto sono spaventati dai modi della rettrice. Per questo molti di loro nascondono il loro disappunto e i loro veri risentimenti. Ma non si può dire lo stesso di lei. >
< Signor Preside, lei deve sapere che la Rettrice Guerini tratta gli alunni come dei prigionieri. Questi bambini hanno diritto ad avere un futuro felice. >
< Signor Rodari, le voglio confessare che lei non è il primo a dirmi queste cose > mormorò con tristezza il preside < Altri docenti prima di lei hanno cercato in tutti i modi di cambiare le regole di questo istituto, fallendo però miseramente.
Ricordo ancora un vecchio docente che è rimasto qui solo tre mesi. Aveva cinquant’anni e aveva la voglia di cambiare il mondo come sta facendo lei.
Peccato che il suo carattere e la voglia di guadagnare qualcosa per vivere, l’hanno spinto lontano dai suoi ideali prima che la Rettrice Guerini lo potesse licenziare.
Ebbene, era riuscito ad incastrarlo molto bene facendogli delle accuse molto gravi. >
< Di quali accuse sta parlando?>
< Furto, maltrattamenti e altre cose del genere… In quel periodo io mi trovavo a Firenze e quando la Rettrice Guerini mi ha avvertito di questo fatto, sono dovuto tornare qui a Lucca per mettere in chiaro questa assurda situazione.
Purtroppo quel povero uomo aveva le mani legate e non ha fatto nulla per portare la verità alla luce.
Solo cinque anni più tardi si è scoperto che l’uomo ha voluto fare di tutto per incriminarsi e fuggire per sempre da questo istituto che gli aveva tolto la serenità:
Da quel momento i miei rapporti con la Rettrice si sono incrinati per sempre, ma non ho nessun potere nel mandarla via.
Purtroppo ogni anno quella donna spende milioni di lire per mandare avanti questo orfanotrofio.
Senza i suoi soldi, questi bambini non avrebbero un posto dove stare. >
< Praticamente noi docenti e i bambini devono sopportare le sue angherie all’infinito. >
< A meno che lei non conosca un altro benefattore che può mandare avanti questa baracca… Spero che non le dispiaccia se uso la sua battuta di prima. >
< Ovvio che no, Preside > rispose Lamberto ritrovando subito il sorriso < E che cosa mi dice delle coppie che vogliono adottare un figlio? >
< Anche di questo si occupa la Rettrice Guerini. Vedendo l’archivio dei bambini adottati, purtroppo cala ogni anno. Forse perché questo istituto si è fatto una brutta reputazione per l’educazione ferrea di questi bambini. Qualche volta quando capito qui, vedo alcuni genitori che fissano gli sguardi tristi e soli dei nostri bambini.
E non sono sguardi perché non hanno avuto niente nella vita, ma perché non riescono ad essere felice e  questo spaventa i novelli genitori. >
< E’ davvero terribile. Allora nessuno di loro potrà mai avere qualcuno che possa prendersi cura di loro. Che cosa succede quando arrivano alla maggiore età? >
< Noi dell’istituto cerchiamo di trovargli un lavoro degno. Ma alcuni di loro finiscono di diventare criminali, o peggio ancora venire uccisi… Purtroppo questa è la realtà delle cose e data la mia elevata età, non ho la forza necessaria per proteggere questi bambini. >
Lamberto, dispiaciuto di queste parole, era ancora più determinato a cambiare i destini dei suoi alunni.
< Signor Preside, questo istituto non deve essere riconosciuto per le sue difficoltà o i suoi lati oscuri… Questi bambini meritano di meglio dalla vita, ma non posso fare niente da solo. Ho bisogno del suo aiuto. >
< Vuole un mio aiuto? Trovi un benefattore adeguato che possa aiutarci nella nostra causa. Solo così potremmo togliere di mezzo la Rettrice Guarini. Purtroppo non ci sono altre possibilità. >
< No, non è possibile… >
< Ora però veda di pensare ai suoi alunni, Signor Rodari. Alle faccende finanziarie dell’istituto ci penso io. Almeno per quanto le mie energie possano fare. >
< Vuole una verità, Signor Preside? Secondo me lei non sta facendo abbastanza. >
< Lo so bene, Signor Rodari. Ma non posso fare di meglio. Mi dispiace… Tornando agli alunni, lei ha espresso il desiderio di conoscerli meglio. Si limiti a pensare a loro. Almeno per queste settimane. Poi magari con il passare del tempo, le cose potrebbero cambiare. >
< Lo spero bene, Signor Preside. Grazie lo stesso per le sue parole. >
< Si figuri. È stato un piacere. >

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Capitolo 5
*** Gli incubi dei bambini ***


Lamberto fissava gli sguardi dei bambini come se un groppo al cuore potesse arrivare dritto nella sua mente.
La tristezza paradossale mischiata alla perdita di persone care, rendevano l’esistenza di quei bambini un supplizio che sembrava non avere fine.
Avvicinandosi al alcune bambine che stavano giocando tra di loro, intravide un sorriso nascosto e mascherato che sapeva di una flebile speranza di un destino che lì ha colpiti in maniera ignobile.
< Ciao piccoline > fece Lamberto con tono felice e spensierato < Che cosa state facendo? >
< Stiamo giocando alle bambole > rispose una di loro < Bello. E come si chiamano? >
< Non gli abbiamo dato nessun nome. Anzi, non riescono nemmeno a parlare. >
< E allora come fanno a capirsi? >
< Non si capiscono. Passano le loro giornate insieme senza mai parlarsi. Come facciamo noi, del resto. >
Nel sentire simili parole, Lamberto non poteva credere che nemmeno tra di loro potessero parlarsi.
< E’ la rettrice che vi ha detto di non parlarvi? >
Ma le bambine, che avevano uno sguardo spaventato, evitarono di rispondere.
< State tranquille. A me potete dirlo. >
< Abbiamo troppa paura di lei e di quello che potrebbe farci. Noi cerchiamo di rispettare le sue regole, ma talvolta è molto difficile. >
< Che cosa vi dice di fare? Ditemelo. >
Lamberto, che sentiva il suo nervosismo crescere all’interno della sua mente, non poteva credere che gli anni di terrore della Rettrice potessero durare in maniera incondizionata.
< Perché tu e gli altri bambini non provate a conoscervi meglio? >
< Perché non è una buona idea, maestro. >
< Io invece penso che non dovreste preoccuparvi di lei… Anzi, facciamo così: sono io a darvi il permesso per conoscervi meglio. >
Ma le bambine, fissandosi a vicenda con sguardo smarrito, sembrava non avere intenzione di ascoltare le parole del loro maestro.
< Noi veramente… >
< Vi prometto che la Rettrice Guarini non verrà mai a conoscenza di questo. Questo sarà il nostro segreto. >
< Davvero riuscirà a farlo? >
< Certo. Avete la mia parola. >
Intravedendo ancora quel sorriso mascherato, questa volta Lamberto si sentiva più sollevato che mai.
Aver aiutato due bambini nel conoscere meglio i loro compagni era il primo passo vers una felicità che se inizialmente era impossibile, adesso poteva essere alla portata di chiunque.
 
 
Ma tra di loro c’era un bambino che di essere felice non ne voleva sapere.
Se ne stava la maggio parte del tempo a fissare quella quercia secolare che stava nel grade giardino dell’orfanotrofio.
Appena una di quelle bambine si avvicinò a Lucio, il bambino in questione non aveva nessuna intenzione di conoscerle meglio.
< Ciao. Come ti chiami? >
< Lucio. >
< Piacere, Lucio. Io mi chiamo Arianna. >
< Perché mi stai parlando? Non ti è bastato la ramanzina che la Rettrice ci ha fatto qualche mese fa’? >
< Il maestro ci ha detto… >
< Di quale ramanzina stai parlando, Lucio? >
Vedendo che il maestro li aveva ascoltati per tutto il tempo, Lucio tornò a quello che stava facendo prima.
< Lasciatemi in pace. Ho bisogno di stare da solo. >
< Lucio, perché tratti così male Arianna? Lei è stata così gentile con te. >
< E con questo? Nessuno gli ha chiesto di farlo. >
Vedendo che la bambina era rimasta ferita dalle parole del suo compagno, Lamberto cercò di sistemare la situazione dicendogli di andare a conoscere gli altri suoi compagni.
< Ma se anche gli altri mi trattano così male come Lucio? >
< Lucio è triste perché nessuno riesce a comprenderlo. Vedrai che con gli altri tuoi compagni sarà molto diverso. >
< Lo pensa davvero? >
< Hai la mia parola. >
Prima che la bambina se ne potesse andare, ringraziò i finitamente il suo maestro per tutto il coraggio che era riuscito ad imprimere nella sua mente.
< Sei una bambina molto coraggiosa, Arianna. Vedrai che non sarà un problema farti molti amici. >
< Lo pensa davvero, maestro? >
< Ne sono estremamente certo. >
< Urrà! >
< Adesso vai dai tuoi compagni e dirgli di abbandonare i loro sguardi tristi. La vita è troppo breve per essere infelici. >
< Vedrò cosa posso fare. >
Il primo sorriso sincero di quella bambina sembrava un sintomo di rinascita per Lamberto.
In quel momento aveva capito che era impossibile che un bambino di quell’età potesse essere infelice per sempre.
Aveva solo bisogno delle giuste motivazioni, grazie anche all’aiuto di un maestro che con i bambini ci sapeva fare.
Ma appena tornò a concentrarsi sull’irascibilità di Lucio, Lamberto sapeva che con lui era molto più complicato farlo ragionare.
< Pensi che rimanere a fissare quella quercia possa cambiare qualcosa? >
< Devo esorcizzare le mie paure, maestro. Per questo ho bisogno di essere lasciato da solo. >
< E come pensi di fare rimanendo a fissare questo albero? Vuoi affrontare le tue paure? Perché non ti porti un tuo compagno e rimanere qui al fresco cercando di pensare ad altro? >
< Perché voglio farlo da solo. Senza l’aiuto di nessuno. >
< Non capisco perché vuoi fare l’irriverente solitario… >
< Perché sono nato da solo e morirò da solo! È questo il mio destino. >
Sentendo lo sfogo di quel bambino, Lamberto capì che la solitudine lo stava distruggendo molto velocemente.
< Lucio, se ti fai aiutare dai tuoi compagni o da me, vedrai che forse… >
< Mi lasci in pace maestro, altrimenti dirò tutto alla Rettrice. >
< Hai intenzione di minacciarmi? >
< Non vorrei mai arrivare a questo, ma se me ne da’ l’occasione… >
< D’accordo, ti lascerò in pace. Ma ricordati una cosa: non sarai mai da solo. C’è sempre q2ualcuno che in questo mondo ti aiuterà. Devi solo cogliere l’attimo. Non fare attendere l’imprevedibile > disse infine il maestro prima di andare a giocare con gli altri bambini.
 
 
Non riuscendo a capire perché Lucio rimaneva sempre in disparte, alla fine Lamberto aveva deciso di controllarlo di nascosto.
Non avrebbe mai voluto arrivare a tanto ma per aiutare i suoi alunni avrebbe fatto qualsiasi cosa.
< Maestro, perché Lucio non vuole venire a giocare con me e gli altri bambini? >
L’innocenza della piccola Arianna era disarmante per il giovane maestro.
< Non lo so, Arianna. Forse gli è accaduto qualcosa di grave che si sta tenendo dentro… >
< Tutti noi siamo tristi. Ma se ci facciamo forza l’un l’altro, ne potremmo uscire assieme. Perché lucio invece vuole continuare ad essere triste? >
< Non riesco a capirlo… E’ forse colpa della rettrice? Ha subito delle sgridate che hanno intaccato il suo animo buono e gentile? >
< No. non ha ricevuto nessun trattamento… Ma è successa una cosa molto strana qualche sera fa’. >
< Sul serio? Di che si tratta? >
Arianna, che da sorriso sincero e tranquillo si era trasformato in serio e lugubre, non aveva nessuna intenzione di confessare un segreto tanto scottante che avrebbe potuto cambiare le sorti del rapporto tra Lucio e il suo maestro.
< Arianna, devi parlarmene. Solo così potrò aiutare il povero Lucio. >
< Sono gli incubi che l’attanagliano ogni notte. Alcuni ragazzi che dormono con lui mi hanno detto che urla nel sonno senza un apparente motivo. Ma sembra che alla fine non sembrano solo dei comuni incubi… C’è qualcosa in questo edificio che lo spaventa molto. >
Venendogli in mente l’immensa quercia che sovrastava il giardino, Lamberto sapeva che non poteva rimanere in disparte e fare finta di nulla.
< Gli altri bambini ti hanno detto che cosa dice Lucio nel sonno? >
< No, non ne hanno voluto parlare. Ma credo che sia qualcosa di terribile se quel bambino si comporta così > replicò Arianna con tono flebile.
< Va bene. Vedrò che posso fare per lui. >
> Maestro la prego: non gli dica che ho parlato di questa cosa. Lucio ci rimarrebbe molto male. >
< Tranquilla, piccolina. Il nostro segreto è al sicuro > replicò il maestro facendo il solletico alla piccolina.
< Dai! La smetta! >
< Che ne dici se ti spingo un po’ sull’altalena? >
< Mi piacerebbe. Ma ho paura di cadere. >
< Non devi avere paura. Basta che tu ti regga alle corde e io non ti spingerò molto forte. Ti fidi di me? >
Fissando il sorriso sincero del suo maestro, alla fine Arianna voleva fidarsi d. domani lui perché sapeva che era una persona diversa.
Era una persona molto speciale per tutti quei bambini.
< Maestro, lei è un dono dal cielo, non è così? >
< Lo sai quale è il mio più grande desiderio? Vedervi tutti felici. Perché la felicità di un bambino e tutto nell’infanzia, soprattutto perché in questo modo riuscirete a lasciarvi alle spalle dei brutti momenti che hanno condizionato la vostra vita. >
< Oltre ad essere molto intelligente, lei sa anche usare le parole giuste. Non vedo l’ora di assistere alle sue lezioni. >
< Non dovrai aspettare molto, Arianna > rispose il maestro mentre teneva per mano colei che era stata prima a dare fiducia a quello sconosciuto che agli occhi dei bambinoi era il salvatore delle loro anime.

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Capitolo 6
*** Un carattere molto difficile ***


Il giorno dopo, Lamberto si sentiva più sollevato nel vedere i suoi alunni più felici e spensierati.
Se continuava di quel passo, presto avrebbe visto un grande miglioramento nei suoi bambini.
La tristezza e la delusione di vite molto difficoltose sembravano essere un lontano miraggio quella mattina di fine settembre.
Eppure c’era sempre tra di loro chi era ancora molto triste.
< Signor Rodari, buongiorno > fece la Rettrice Guarini con tono serio e ghigno malefico < Come si sente questa mattina? >
< Molto bene, Signora. E lei? >
< Non c’è male… A che ora è andato via ieri sera? >
< Non molto tardi. Non ho avuto la possibilità di mangiare con i miei alunni perché avevo delle questioni urgenti da fare nel mio nuovo appartamento. Ma sono convinto che ci saranno altre occasioni per rimanere insieme a loro anche dopo la giornata scolastica. >
< Signor Rodari, lei capisci che non è di assoluta importanza che lei rimanga insieme a loro? >
< Invece credo di sì, Signora. Perché anche se sono un semplice insegnante, devo capire cosa bazzica nelle menti dei miei bambini. Loro hanno bisogno d’aiuto e in questo momento sono l’unico che posso darlo. >
Quelle parole, che sembravano un cenno di sfida, non fecero per niente piacere alla donna.
Non volendo più entrare nel discorso, si limitò ad augurargli una buona giornata mentre la donna continuava ad essere immersa nelle sue scartoffie.
< Veda di non scatenare altri litigi, Signor Rodari. Io e gli altri suoi colleghi vorremmo lavorare in santa pace. Altrimenti chi ci arriva a fine giornata? >
< Cercherò di non dare altri problemi se non se ne presenteranno altri. >
< Che intende dire? >
< Niente di particolare > tagliò corto l’uomo < Adesso me ne vado in classe. I miei alunni mi stanno aspettando. >
< Vada pure. Non vorrei che faccia tardi per colpa mia. >
< Assolutamente no. >
Ma una volta spalancata la porta della sua aula, vide che una confusione che non si aspettava di trovare.
Orde di fogli strappati e di libri di testo volavano per la stanza come se fosse neve che cade dal cielo.
ma tutto ciò non era possibile se non fosse a causa di qualcuno.
Lucio, che stava spaventando gli altri bambini, si stava “divertendo” fin troppo sopra le righe.
Lamberto, sorpreso da tale situazione, cerc di riportare l’ordine alzando la voce.
< Che cosa sta succedendo qui? >
I bambini, che avevano puntando gli occhi verso il loro maestro, non ebbero la forza di rispondere.
< Lucio, vuoi essere tu a dirmi che cosa… >
< Stavamo facendo il gioco del tiro al piattello. Con la mia fionda volevo distruggere lacuni di questi libri molto vecchi e ingialliti. Soprattutto quelli più noiosi. >
< E perché staresti facendo una cosa del genere? I libri scolastici sono un bene di questa scuola. Tu non hai il permesso di distruggerli. >
Ma Lucio, che credeva di non aver fatto nientre di male, si limitò a fare spallucce e a tornare al suo banco.
< Lucio, sei stato tu a fare tutta questa confusione? > gli domandò severamente il maestro.
< No, maestro Rodari. Siamo stati tutti noi. >
Ma gli altri bambini, che non avevano intenzione di dire qualcosa, sembravano terrorizzati alle sue parole e ai suoi sguardi lascivi e rabbiosi.
Avvicinandosi ad alcuni di loro, Lamberto squadrò le loro facce innocenti e senza colpa.
< Arianna, me ne vuoi parlare tu? >
< Non deve dire niente, maestro. Al colpa è di tutti noi > li interruppe Lucio < Che cosa vuole farci? Punire? Tanto non servirebbe a niente. >
< Lucio, smettila di fare il maleducato. Così non aiuto la tua classe. >
< Ma io non voglio aiutare nessuno, professore. Perché imparare qualcosa quando in questo mondo saremmo sempre degli emarginati? È solo una perdita di tempo imparare qualcosa. >
< Ah, davvero? È così che la pensi? >
< Certi. Lo vedo dagli altri maestri come ci insegnano durante le lezioni. Non riusciamo ad imparare niente. E non per colpa nostra, ma solo perché noi siamo quelli diversi… Ed è sempre brutto quando te lo senti dire, non le pare anche a lei maestro? >
Sconvolto ancora da tali dichiarazioni, il maestro Rodari cercò di chiudere la faccenda il prima possibile.
< Dirlo a tutti gli altri docenti non è consigliabile, maestro. Soprattutto quando lei ha tutti gli occhi contro. Lei ci vuole arrivare a fine giugno oppure no? >
< Non credevo che anche tu arrivassi a minacciarmi, Lucio. Ti ho fatto forse qualcosa di male a parte aiutarti? >
< No. La stavo solo mettendo in guardia. >
< Non ce n’è bisogno. Ma grazie lo stesso… E adesso per favore, mi vuoi dire com’è cominciato tutto questo? >
Ma Lucio, che non aveva nessuna intenzione di parlare, continuava a fregarsene della situazione.
< Lucio! Rispondimi quando ti parlo! >
< Maestro, lei sta sprecando inutilmente le energie. Lasci perdere, ok? >
< Io non lascio perdere proprio niente! O tu mi dici cos’è successo, o finirete tutti in punizione. >
< Faccia pure. Tanto ormai ci siamo abituati. >
Ma Arianna, che era la più coraggiosa tra tutti i presenti, alla fine confessò che cosa aveva fatto il piccolo bambino.
< Ci voleva costringere a distruggere la classe, maestro Rodari. Solo per farle un dispetto. Ma tutti insieme gli abbiamo detto di no e ci siamo messi da parte spaventati senza fare niente. È così che è andata. >
< Non è vero! E’ una bugiarda, Arianna > gridò Lucio inviperito.
Lamberto, capendo che il problema diventava sempre pi grave, non aveva nessuna intenzione di punire i bambini, nemmeno Lucio.
< Lucio, per quest’oggi non sarai in punizione. Ma se accadrà un’altra cosa del genere, dovrò prendere dei seri provvedimenti nei suoi confronti. >
< Perché non lo fa adesso? Tanto so molto bene che lei mi odia! Mi odiano tutti in questo orfanotrofio. Solo perché i miei genitori erano dei criminali assassini della peggior specie, questo significa che anch’io sono come loro. Mi punisca! >
< Ti ho detto di no! >
Vedendo come stava soffrendo il piccolo bambino, Lamberto decise che era giunta di finirla
< Lucio, perché non vieni alla cattedra insieme a me e parliamo un po’ dei tuoi problemi? Io voglio solo… >
< Non ho bisogno di lei! Non ho bisogno di nessuno! Come glielo devo dire?! >
Con le lacrime che gli sgorgavano sul viso, il piccolo bambino, si alzò dal suo banco fuggendo dalla classe sotto lo sguardo attonito dei suoi compagni e del suo maestro.
< Maestro Rodari, non c’è nessuna speranza per Lucio perché diventi buono? >
L’innocenza incontrastata della piccola Arianna gli facevano capire che il mondo non era tutto oscuro e crudele come Lucio poteva pensare.
In fondo la speranza era sempre flebile, anche nel cuore di quel bambino.
Aveva solo bisogno di ritrovarsi.
Di trovare una famiglia felice che lo avrebbe per sempre trasformato in una persona migliore.

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Capitolo 7
*** Negli occhi della bontà ***


Uscendo fuori dall’istituto, la Rettrice Guarini e il Preside Morotti fermarono il giovane Lamberto per saperne di più di quello che era accaduto poche ore prima.
< Un ottimo inizio, signor Rodari. Non c’è che dire > fece la Rettrice con ghigno soddisfatto cercando di mettere in cattiva luce il giovane insegnante.
Mentre il maestro cercava di lasciare l’edificio, il preside Morotti calmò l’animo agitato e soddisfatto della donna squadrandola malamente.
< Va bene che lei e il maestro Rodari non andate d’accordo, ma veda di tenersi tali opinioni per sé. >
< Non ho detto niente di male, Signor Preside > rispose la donna con tono innocente < Ho solo detto le cose come stanno. Il maestro Rodari è appena arrivato nel nostro istituto e ha già combinato un sacco di danni. >
< Ad esempio? >
< Farsi gli affari dei giovani studenti. Lui non è uno psicologo, ma un maestro di italiano. E tale deve rimanere. >
< Non credo che questo siano affari suoi, Rettrice Guarini. Il Signor Rodari può conoscere i suoi studenti come meglio crede. >
< Ma io… >
< E non accetto che venga preso in giro o deriso in nessun modo da lei o dagli altri docenti. Mi sono spiegato? >
Volendo passare subito al contrattacco, la Rettrice Guarini minacciò il preside di bloccare subito i fondi se avesse ricevuto un’altra ramanzina del genere.
< Eviti di fare le dovute minacce, Signora Guarini. Non vorrà mica affondare la nave di sua spontanea volontà. Sarebbe un gran peccato. >
< Allora veda di portarmi rispetto, Signor Preside. E si ricordi chi è il vero capitano di questa nave. >
< Non me lo scordo, Signora Guarini. >
< Lo spero bene… Tornando alla faccenda del giovane maestro Rodari, se verrò a sapere altri disordini nella sua classe, sarò costretto a prendere dei seri provvedimenti. Mi sono spiegata? >
Non avendo la forza di rispondere, il Preside Morotti decise di andare verso il maestro Rodari per cercarlo di tranquillizzare.
< Signor Rodari, non dia ascolto alle parole della Signora Guarini. Sta solo cercando di destabilizzarla. >
< Peccato che in questo caso abbia assolutamente ragione > rispose Lamberto con tono rammaricato < Sto fallendo come uomo e come maestro, Signor Preside. Se andrò incontro a problemi irrimediabili, sarò il primo ad andarmene. >
< Non dica così, la prego. Lei è il migliore insegnante che abbiamo mai avuto. >
< Siamo solo ai primi giorni… >
< Ma io ho già capito tutto di lei. Veda di non andarsene, altrimenti sarò io che dovrò cercare di fermarla. Sono stato chiaro? >
Ma se le parole del Preside Morotti non avevano sortito alcun effetto nell’animo di Lamberto, ci pensò la piccola Arianna a risollevargli il morale.
< Questo è un disegno che ho fatto per lei, maestro. Raffigura noi due mentre passeggiamo nel giardino dell’orfanotrofio. >
< E’ davvero bellissimo > replicò entusiasta il givane maestro < Sei davvero molto brava sai? >
< Non è che quando uscirà di qua lo butterà nel primo cestino che trova, ver0? >
< Assolutamente no. Che ti viene in mente? >
< Lo faceva spesso la Rettrice Guarini quando gli davo i miei disegni. Un giorno ho visto come lo strappava con irruenza nel suo ufficio e da quale momento la mia tristezza è aumentata sempre di più. >
< La sua opinione e i suoi brutti modi di fare non devono intaccarti in nessun modo, Arianna. Tu sei una bambina molto speciale. >
< Anche lei è un maestro speciale. Quindi veda di non essere così triste, d’accordo? >
< Ci proverò > mormorò l’uomo ritrovando il sorriso.
< Molto bene… Oltre ad avergli portato questo disegno, volevo fargli una richiesta molto inusuale: che ne dice di venire a fare una passeggiata con me sulle mura di Lucca. Ho sempre sognato di camminarci sopra ma non ho mai avuto la possibilità di farlo. Lei lo farebbe per me? La prego. >
Guardando in maniera stralunata il Preside accanto a lui, gli domandò se fosse possibile una richiesta del genere.
< In altre occasioni non sarebbe possibile… Ma come possiamo dire di no a questa bambina? >
< Davvero?! La ringrazio infinitamente, Signor Preside > rispose la bambina sorridente prima di abbracciarlo < Allora Signor Maestro, possiamo andare? Oppure lei ha altri impegni? >
< Non ci sono impegni per me quando si tratta di rimanere con i miei studenti > rispose l’uomo ritrovando definitivamente il sorriso.
 
 
Camminando mano nella mano come se fossero padre e figlia, Lamberto non avrebbe mai creduto come potesse aver fatto felice una bambina per così poco.
< Sembriamo una coppia felice. Non le pare anche a lei, maestro? >
Una coppia felice.
Quelle parole avevano fatto capire al giovane uomo che l’amore per i bambini gli avevano fatto dimenticare la sua vita privata.
Era stato fidanzato solo un paio di volte e le storie passate con alcune donne non avevano avuto nessun seguito.
L’ultima giovane donna che aveva avuto era prima di essere trasferito nella città lucchese, e inseguendo il suo sogno di fare l’insegnante, aveva cambiato radicalmente vita.
< Maestro Rodari, davvero lei non è di qui? >
< Sì, Arianna. Io sono di Roma. >
< Roma? E dove si trova? È qui vicino? >
> Diciamo che si trova a più di 200 km di distanza. >
< Quindi è molto lontano. >
< Non troppo, per me. >
< Ma perché ha deciso di venire fin qui? Cosa l’ha spinta ad andare così… >
< Volevo fare il maestro e uomini più potenti di me mi hanno detto che c’era un posto disponibile qui a Lucca. >
< Ma se ci fosse l’occasione, lei tornerebbe a Roma? >
Vedendo con quanta tristezza gli aveva fatto quella domanda, Lamberto confessò alla piccolina che non se ne sarebbe mai andato via da lei.
< Non è vero. Lei mio sta dicendo parole false. >
< Rimarrò molto tempo qui con te e tutti i tuoi compagni. Non ti devi preoccupare.>
< La Rettrice Guarini è una donna molto cattiva. Secondo me farà di tutto per sbarazzarsi di lei. >
< Che lo faccia pure. Ma sono convinto che posso contare con alleati molto potenti. >
< Ad esempio? >
> Credo di stare simpatico al Preside Morotti. È già un buon inizio, non ti pare? >
< Sì. Ma non è abbastanza… Scusi se mi faccio gli affari suoi, ma lei non ha una fidanzata? Oppure è sposato? >
< No. Sono single per scelta. >
< Ma come? Se io avessi la sua età, mi fidanzerei subito con lei > rispose divertita Arianna.
< Avrai tempo per pensare a tutto questo. >
Ma nel mentre stavano continuando la loro passeggiata, Lamberto non si era accorto che era andato a sbattere contro una signorina che stava camminando proprio nelle loro vicinanze.  
< Oh, mi scusi! Non l’avevo vista. >
Guardandola dritta nei suoi occhi, Lamberto non si era reso conto di tal bellezza e sorriso.
Il suo sguardo magnetico e le sue belle maniere, avevano reso quell’incontro casuale un segno del destino e di un amore che poteva nascere improvvisamente.
< Spero di non averle fatto del male. Mi dispiacerebbe molto, soprattutto per il suo bellissimo vestito. >
< Non si preoccupi. È tutto apposto. >
< Meno male. >
< Mi chiamo Elena. Elena Rambaldi. E lei? >
< Lamberto Rodari. >
< Rodari? Per caso è parente del famoso… >
< No. non ho nessun legame con lui > rispose divertito l’uomo.
< Capisco. Le sue poesie mi piacciono molto. Riesce a farci ridere per così poco. Lei ha letto alcune sue poesie? >
< Certo. Ne leggo alcune durante le lezioni ai miei alunni. >
< Davvero? Lei è un insegnante? > domandò la donna incuriosita.
< Insegno all’orfanotrofio di Lucca ed è il più bel lavoro che potessi mai avere dalla vita. >
Vedendo tutta quella passione che il giovane uomo faceva per i suoi alunni, la giovane donna era rimasta profondamente colpita.
Non avrebbe mai immaginato di incorrere in un giovane uomo così colto e molto intelligente, per non parlare della bellissima bambina che fissava la giovane donna con sguardo incuriosito.
< Ciao, piccolina. Che ne dici se adesso mi parli un po’ di te? >
Ma Arianna, essendo una creatura molto timida, si nascose dietro il suo maestro distogliendo lo sguardo dalla donna.
< Ahahah ma non voglio farti del male. Voglio solo conoscerti meglio. >
< Il mio nome è Arianna, signorina. >
< Piacere di fare la tua conoscenza, Arianna. Questo è il tuo papà? >
< No. è il mio maestro di italiano. >
< Davvero? Quindi lei… >
< Ho portato la piccolina a fare un giro lontano dall’orfanotrofio. Non è mai stata fiori dalle mura di quell’edificio. Ormai non riesce a ricordarsi i momenti trascorsi con la sua famiglia. >
< Purtroppo i miei genitori sono morti quando avevo un solo anno di età > replicò la bambina con tono flebile e sincero.
< Oh, mi dispiace molto. Dev’essere stato molto duro per te. >
< I momenti brutti ormai sono alle spalle. Grazie anche la maestro Rodari che ci insegna ad amare la vita e a prenderla di pieno petto. >
< Il tuo maestro deve essere molto intelligente e direi… interessante. >
< Lo è, signorina. Perché voi due non vi prendete un po’ di tempo per conoscervi meglio? >
< Arianna! Ma cosa stai dicendo? > la redarguì subito l’uomo < Io e la signorina ci siamo appena conosciuti! >
< E con questo? Secondo me fareste una bella coppia. >
< Adesso smettila, Arianna. >
Mentre la giovane Elena Rambaldi stava ridendo sommessamente, Lamberto si scusò immediatamente con lei per la sfacciataggine della sua bambina.
< La piccolina è molto diretta, Signor Rodari. Per questo voi due fate una bella coppia. >
< Già. Ma non dovrebbe essere così diretta. Soprattutto per una giovane signorina come lei. >
Attratta dalle sue parole e dal suo modo di fare, Elena replicò che non c’era niente per cui preoccuparsi.
< Maestro Rodari, perché non gli domanda di uscire? >
< Non ora, Arianna. Io… >
< Non la facevo così timido, sa? >
< Adesso smettila. Stai esagerando. >
< Lasci stare, Arianna. Credo che io e il tuo maestro ci potremmo rincontrare molto presto. In fondo Lucca è una piccola e graziosa città, non trova? >
< Sicuro. E poi non sono ancora pratico visto che mi sono trasferito qui da Roma da poche settimane. Devo ancora ambientarmi. >
< Lo farà sicuramente. È stato bello far la sua conoscenza, Signor Rodari. >
< La stessa cosa vale per me, Signorina Rambaldi. Spero davvero di non averla importunata. >
< Assolutamente no. La conversazione avuta con lei è stata davvero interessante… Ciao anche a te, Arianna. E mi raccomando: vedi sempre di dire la verità. Non è una cosa che tutte le persone adulte come noi possiedono. >
< Cercherò sempre di ricordarmelo, signorina. >
< Bravissima. È così che ti voglio. >
Dopo essersi congedata da quella graziosa donna tanto bella quanto affascinante, Lamberto non era affatto arrabbiato con la piccola Arianna per essere stata diretta in alcune sue parole.
< Signor Maestro? Sta bene? >
< Io… Credo che sdia venuto il momento di tornare indietro. >
< Ma come? Così presto? >
< Tra poco sarà ora di cena. Non possiamo tardare. Altrimenti chi la sente la Rettrice? >
< Ancora una passeggiata sulle mura. Non siamo ancora arrivati a metà. >
< E va bene. Ancora per pochi minuti e poi torniamo indietro, d’accordo? >
< Grazie mille, maestro. >
 
 
Una volta tornati in orfanotrofio, Lamberto non si era mai sentito così stanco prima d’ora.
Non era più abituato a fare delle grandi camminante e come se non bastasse, la piccola Arianna non sembrava per niente stanca.
< Ho bisogno di riprendere fiato > fece l’uomo con tono flebile < Non avrei mai creduto che una simile camminata mi avrebbe tolto quasi tutte le energie. >
< Adesso veda di non esagerare, maestro. Siamo stati via nemmeno due ore. >
< Sì, ma sono stati momenti molto faticosi. >
Mentre il giovane maestro cercava di assetarsi sotto lo sguardo attento della piccola Arianna, riuscì a scorgere la Rettrice Guarini mentre stava parlando con il Preside Morotti e una giovane don a che gli stava dando le spalle.
Incuriosito per quello che si stavano dicendo, riuscì a capire solo il nervosismo che la vecchia donna riusciva a trapelare tra le sue parole.
< Non potete farlo! non avete nessun diritto! >
< Signora Guarini, veda di calmarsi. Agitarsi non serve a nulla > rispose il Preside Morotti con tono composto.
< Avete intenzione di farmi fuori, non è vero? Io ho servito quest’istituto per molto tempo. Non avete nessun diritto nel darmi il ben servito. >
< Nessuno vuole cacciarla, Signora Guarini. Ma la signorina qui presente vuole solo contribuire come sta facendo lei. >
< Veda di non prendermi in giro, Preside Morotti. So quello che avete intenzione di fare. E vi avverto: non rimarrò qui senza prima combattere. Questo istituto è la mia vita e voi non riuscirete a togliermela. >
Cercando di schivare la furia irascibile della Signora Guarini, appena Lamberto vide che il nuovo benefattore non era altro che Elena Rambaldi, il suo cuore mancò un battito.
< Buonasera, Signor Rodari. Già di ritorno dalla sua passeggiata. >
< Signorina Rambaldi… >
< Voi vi conoscete? > domandò il preside.
< Vagamento. Ci siamo incontrati sulle mura > spiegò la donna < Gliel’avevo detto che ci saremmo rincontrati, Signor Rodari. >
< E non avrei mai pensato in una simile circostanza… Anzi, mi piacerebbe sapere il motivo della sua visita. >
< Credo che l’abbia capito mentre stava origliando > rispose decisa la donna < Ma non si preoccupi, Signor Rodari. Presto qui le cose cambieranno solo in meglio. >

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Capitolo 8
*** Un regalo di natale inaspettato ***


Con il passare dei mesi, la Rettrice Guarini si sentiva più sola e isolata da tutti.
Sapere che molto presto una nuova benefattrice avrebbe preso il suo posto, la rendeva più nervosa e irascibile del solito.
< Signora Guarini, posso disturbarla? >
L’entrata del Preside nel suo ufficio destava nella mente della donna un profondo senso di rancore.
< Signora Guarini, so che sta attraversando un momento m0olto diffici9le, ma l’arrivo della Signorina Rambaldi… >
< Non aggiunga altro, Preside Morotti. Dopo molti anni è riuscito a darmi il ben servito. Ma i mii soldi sono sempre tornati utili alla causa di questo orfanotrofio. Non crede anche elei? >
< Mi permetta di dirle che un cambiamento in questo istituto non può che fare bene. Lo vediamo dal Maestro Rodari e dai suoi bambini. La sua classe sta facendo un ottimo lavoro. >
< Certo, come biasimarlo. Lei e tutti gli altri docenti non riuscite a vedere in lui che lo sta facendo solo per farmi un dispetto. >
< Signora Guarini, la prego… >
< Vuole insegnare a me come si educano dei bambini?! Ci vogliono disciplina! E rispetto! Il mondo che attraverseranno una volta che se ne andranno da qui, sarà cruento e spietato. Quei bambini non potranno vedere la loro esistenza tutta rosa e fiori e questo il maestro Rodari non riesce a capirlo. >
< Signora, lei sa meglio di me che i suoi metodi poco ortodossi hanno gettato un’ombra infinita su questo istituto. >
< Ma quali ombre! Non è di certo colpa mia se nessun genitore vuole adottare questi bambini. Il mondo sta cambiando e anche le nostre vite. Non se lo scordi. >
< Le vorrei ricordare che abbiamo una brutta reputazione al seguito. In alcune occasioni siamo pure finiti sul giornale per l’accusa di maltrattamenti verso alcuni9 dei nostri alunni. E io non potevo sopportare tutto questo. >
< Sono solo sciocchezze! > gridò la donna.
< Sono congetture che hanno un fondo di verità. >
< Lei sta solo difendendo i suoi principi morali. Non pensa ai bambini! >
< Ah no?! allora cosa mi dice di quei misteriosi graffi che Lucio aveva sul suo viso e sulla sua schiena proprio l’anno scorso di questo periodo? Non vorrà mica dirmi che se li è procurati da solo. >
< Quel bambino piantagrane è stato un grande problema da quando è giunto fin qui. Capiamo tutti i suoi problemi, ma se ha ricevuto o si è fatto tali scoriature, non è certo colpa mia. >
< Però le sta insinuando che se l’è meritato, vero? >
< Assolutamente sì. Così imparerà la prossima volta a fare il furbo. >
< Se il mastro Rodari dovesse venire a conoscenza di questo fatto… >
< Glielo dica pure. Gli dica che sono io la cagione di tutto questo. I guai di quei bambini sono anche i miei guai. Peccato che lei non riesca a capirlo. >
< Si doveva comportare diversamente… >
< Voi senza di me non riuscireste ad andare avanti per un solo mese! Ci pensi bene, Preside Morotti. Lei vuole il bene di questo istituto? Oppure il suo orgoglio le suggerisce di fare scelte coraggiose al limite della stupidità? >
< La signorina Rambaldi ama molto i bambini. Più di quanto le ami lei. >
< Bambini o no, qui si tratta di una questione finanziaria. Lasci stare quelle dannate creature. La bontà e la pietà sono per i deboli come lei. Non riuscirà mai a capire che cosa significa veramente la vita. La mia durezza è mascherata solo al fine che giustifica i mezzi. Non ho fatto mai mancare niente ai miei alunni… Ma lei può dire lo stesso? Le vorrei ricordare che cos’è successo poco prima che io entrassi in questo istituto. >
< E’ inutile rivangare il passato > tagliò corto il preside < Ormai quello che è fatto è fatto. >
< Ne è sicuro? Allora vorrei ricordarle che dopo la fine della seconda guerra mondiale, sono stata io a risollevare le sorti di questo dannato edificio. Lei era completamente senza soldi e aveva un assoluto bisogno di fondi per ricominciare da capo. Per non parlare di tutti i bambini che aveva al suo seguito. Senza di me non sarebbe mai riuscito a sfamarli e sarebbero tutti morti di fame… Ora i miei soldi non le tornano più comodo? >
< Lei sarebbe sempre la benvenuta qui > s’intromise il giovane Lamberto irrompendo nella stanza della Rettrice < Peccato che i suoi scopi la precedano. Perché tanto astio verso questi piccoletti? Non le piacciono i bambini? >
< Lei che cosa ci fa qui? Se ne vada immediatamente! Questa è una conversazione privata. >
< Privata o no, la sorte di questi bambini riguarda anche me. Lei ha salvato questo istituto, non c’è che dire. Ma i suoi efferati scopi hanno rovinato questo orfanotrofio negli anni passati. Ed ora è giunta l’ora di riuscire a voltare pagine. >
Mentre la Signora Guarini fissava con odio il giovane maestro, sapeva che tra di lui e la Signorina Rambaldi c’era del tenero.
< La sua unione con quella donna non cambierà le sorti dei suoi alunni. Quando usciranno da questo istituto dopo che avranno raggiunto la maggiore età, si ritroveranno soli e senza un lavoro. a quel punto lei cosa potrebbe mai fare? >
< Riuscirei a proteggerli. Anche se fossero lontano da me. >
< Ahahah. Non faccia promesse che non può mantenere, Signor Rodari… Per me questo è l’ultimo giorno. Le assicuro a lei e al Preside Morotti che non mi rivedrete mai più e che numerose disgrazie si abbatteranno su questo edificio. Avete la mia parola.- >
Ma Lamberto, che non voleva credere alle minacce di quella donna, evitò di ascoltarla.
< Signora Guarini, non renda le cose ancora più difficili… >
< Ora lasciatemi in pace. Ho bisogno di finire il mio lavoro prima di lasciare questo posto per sempre. >
< Signora Guarini, se possiamo fare qualcosa per lei… >
< Avete già fatto abbastanza tutti e due, Signor Preside. Adesso fuori di qui! Ora! >
Mentre i due uomini venivano cacciati malamente, la signorina Elena passò proprio nelle vicinanze dell’ufficio della Signora Guarini mentre era accompagnata da Arianna.
< Va tutto bene, signori? >
< Sì, certo. Solo un piccolo diverbio con la vecchia rettrice. Niente di ché > tagliò corto il Preside < Adesso, s volete scusarmi… >
< Una piccola cortesia, Signor Preside. >
< Cosa posso far per lei, Signorina Rambaldi? >
< Ho bisogno di parlare in provato con il Signor Rodari. Porterebbe la piccola Arianna nel suo alloggio. >
< Ma Signorina, dobbiamo ancora finire il nostro giro > protestò la piccolina.
< Lo finiremo più avanti. Te lo prometto. >
Mentre un broncio triste e rabbioso inondò il volto della piccolina, il Preside la prese per mano prima di allontanarsi definitivamente.
Mentre gli sguardi dei due giovani diventavano sempre più insistenti e pieni di significato, la giovane donna si sentiva come una persona nuova in compagnia di Lamberto-.
Il loro amor segreto e sincero era un toccasana per loro e per i bambini.
Anche se non si erano ancora baciati, sapevano che il loro destino dipendevano da loro.
< Che cosa posso fare per lei, Signorina Rambaldi? >
< Ti prego, Lamberto. Puoi chiamarmi Elena. >
< Certo, Elena. Ma nessuno deve sapere la confidenza che noi due… >
< Nessuno lo saprà. Devi stare tranquillo. >
< Ok. >
Mentre la tristezza stava veleggiando sul volto della donna, Lamberto non riusciva a capire perché si sentiva così afflitta.
< Elena, che cosa succede? >
< Si tratta di Lucio, Lamberto. Non vuole più parlare con nessuno. Rimane tutto il tempo rinchiuso nella sua stanza mangiando e bevendo a stento. >
Anche se erano passati alcuni mesi dal suo arrivo, Lamberto non era ancora riuscito a fare breccia nel cuore di quel bambino problematico.
Più il giovane mastro tentava di avvicinarsi a lui, più quest’ultimo si allontanava e si richiudeva in sé stesso.
< Le ho provate tutte con lui. Ma non c’è modo di vederlo felice. >
Mentre la giovane donna stava facendo un respiro profondo, prese per mano il giovane maestro per condurlo dritto nella sua stanza.
< Che succede? Perché siamo qui? >
< Ho paura che quello che starò per dire potrà destabilizzar definitivamente il bambino. Per questo ho bisogno di te. >
< Che vuoi dire? >
< Ha bisogno di essere adottato. E solo noi due potremmo farlo? >
Rimasto scosso per le parole di poco fa’, Lamberto non poteva credere che la donna potesse dire sul serio.
< No, Elena. Noi non siamo una coppia e non siamo nemmeno sposati. >
< Ma potremmo coronare il nostro sogno d’amore molto presto.  E il primo passo per farlo è adottar quel bambino. Con i genitori accanto… >
< No, Elena. Non puoi chiedermi questo. >
< Io voglio solamente che Lucio sia felice. >
< Lo voglio anch’io. Ma non così! >
< Allora come pensi di fare? >
Con la testa confusa e con pensieri lascivi che inondavano la sua mente, Lamberto poteva solo avvicinarsi al bambino in un solo modo: un piccolo regalo sincero e amorevole.
 
 
Giunti nel giorno di natale, Lamberto non aveva nessuna intenzione di lasciare da soli i suoi bambini.
Rimaner da solo nel suo piccolo appartamento non avrebbe fatto altro che deprimerlo ancora di più.
Per trascorrere quella giornata special e piena di significato, Lamberto aspettava quell’incontro da molte settimane ormai.
Mentre tutti i bambini stavano scartando i loro regali che la Rettrice Guarini gli aveva procurato, Lamberto dcis che sarebbe stato lui a fargli personalmente il regalo.
Rimasto solo dinanzi al fuoco di uno di saloni dell’orfanotrofio, Lamberto si avvicinò a lui distraendolo dai suoi pensieri.
< Lucio, posso disturbarti? >
< Ormai l’ha già fatto, professore > tagliò corto il bambino con volata sincerità.
< Volevo consegnarti questo. È il mio regalo di Natal per te. >
Nl mentre una sorpresa piena di felicità lo stava avvolgendo, Lucio si ricordò che non aveva mai ricevuto un vero regalo da qualcuno prima d’ora.
< Avanti. Scartalo. >
Con grande curiosità, il piccolo bambino cambiò d’umore improvvisamente, mentre la felicità lo stava ricoprendo.
< Che cos’è? >
< E’ un disegno, Lucio. Questo qui al centro se tu, mentre gli altri due… >
< Sono i mii genitori. Vero? >
< E non sono semplici genitori… Elena? Puoi avvicinarti? >
Sentendo quel richiamo, il sorriso contagioso di Elena colpì il cuor di quel bambino.
< Sai che non ti dvi mai sentire solo, vero? Io e Elena faremo qualsiasi cosa per te. qualsiasi cosa succeda. >
< Ma io… non capisco… Avete deciso di adottarmi? >
< Vedici come una giovane coppia che sta accanto al suo bambino preferito. Così non ti sentiresti meglio? >
< Io… sinceramente… non so che dire… >
< Spero che il nostro pensiero di Natale ti piaccia e che tu un giorno di questi torni a sorridere. >
Mentre Lucio continuava a guardare il bellissimo disegno che Lamberto e Elena avevano fatto incorniciare, la sua felicità fu talmente grande che riuscì ad esprimerla con un abbraccio.
Lamberto e Elena, contenti di quel calore, avevano capito che erano riusciti a fare qualcosa di grande per quel povero bambino.
Adesso non si sentiva più solo: aveva una famiglia che lo avrebbe protetto malgrado tutte le avversità.

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Capitolo 9
*** La casa sull'albero ***


Mentre anche il giorno di Natale se ne stava andando, la Signora Guarini rimaneva nel suo ufficio a finire il suo operato.
Essendo una donna sola e senza famiglia, il lavoro all’orfanotrofio era tutto quello che aveva.
Ma adesso che non avevano più bisogno di lei dopo una serie di motivi, non gli restava altro che abbandonare.
Nel firmare le ultime carte, un senso di nostalgia le pervase il suo corpo.
Delle piccole lacrime gli caddero dai suoi occhi azzurri mentre i sensi di colpa la stavano attanagliando.
“In fondo mi merito una fine così. Quei ragazzini non avrebbero dovuto soffrire come ho sofferto io in gioventù. È stato molto ingiusto ed egoista da parte mia… Ma dopo tutto quello che ho raccolto in questi anni, la mia tempesta è solo all’inizio.”
Immersa nei suoi più profondi pensieri, la donna vide che erano trascorse le undici di sera.
Non aveva mangiato in tutto il giorno e la stanchezza stava per prendere il sopravvento.
Ma prima che potesse lasciare definitivamente l’ufficio, il maestro Rodari entrò di soppiatto con sguardo serio e velamente rammaricato.
< Signor Rodari > fece la donna con ton o sorpreso < Che cosa ci fa’ qua? Credevo che fosse con i suoi alunni o con la sua dolce metà. >
< Sono in soggiorno che stanno giocando a frutta e verdura, un gioco che aiuta molto la mente di un bambino. >
< Sì, l’ho presente > tagliò corto la Signora Guarini < Adesso, se vuole scusarmi, devo tornarmene a casa. La mia famiglia mi sta aspettando. >
Lamberto, capendo che stava mentendo, insistette che la donna rimanesse all’orfanotrofio per tutto il tempo che voleva.
< Perché mi sta facendo una simile proposta? Lei, il Preside e altri suoi colleghi non vedete l’ora che io mi tolga di mezzo. Perché rimanere? >
< Perché lei è l’anima di questo istituto. E malgrado tutte le brutte cose che ha fatto, abbiamo profondamente bisogno di lei. >
Non credendo a quelle parole, la Signora Guarini confessò al giovane maestro che ormai era troppo tardi per tornare indietro.
< Il mio tempo è finito qui, Signor Rodari. Ormai nessuno ha più bisogno di me. >
< Si sbaglia… >
< La prego di lasciarmi andare. Ho avuto una giornata molto faticosa e non intendo rimanere qui un solo minuto di più. >
Non capendo perché stava scappando come una volgare ladra, Lamberto fece di tutto per fare breccia nel suo cuore.
< Se lei se ne andrà come se niente fosse, verrà presto a ricriminare. Questo lavoro è tutta la sua vita e lei non può farne a meno. Lei sotto sotto adora i bambini come me, però è troppo orgogliosa nel confessarlo. Perché? >
< La smetta, Signor Rodari! Nessuno mi vuole qui! Nemmeno i bambini! >
Sentendo quel litigio che molto presto avrebbe potuto degenerare, Lucio e Arianna si fecero avanti nel cercare di convincere la Rettrice a rimanere.
< Stiamo facendo un gioco molto divertente > mormorò la piccola < Perché non rimane anche lei? Sono sicura che le farà molto piacere. >
< In verità io… >
< La prego, Signora Guarini. Abbiamo bisogno di lei. Non se ne vada. >
Le parole tristi e sincere del piccolo Lucio suscitarono nella donna un profondo senso avverso e recriminatorio.
< Lucio… pensavo che tu non mi avessi mai rivolto la parola… >
< Non posso farlo ad un membro della mia famiglia… zia Teresa. >
Appena Lamberto capì di averla chiamata zia, il suo stupire divenne innegabile.
< Ma quindi lei e il piccolo Lucio… >
< Nessuno doveva sapere del nostro piccolo segreto > confessò la donna < Io ho protetto questo bambino per tutti questi anni. Le lamentele e le prese di posizione verso di lui sono state fatte per farlo crescere come un bambino educato e responsabile. Capisco di essere stata molto dura… Ma nel sapere che io e lui adesso non ci rivedremo più… >
< No, Signora Guarini. Tutto ciò non succederà mai. >
Sentendo la voce forte e dirompente del Preside Morotti e della Signorina Rambaldi, la vecchia donna sapeva che non era del tutto sola.
< Preside, anche lei qui? >
< Ci faccia compagnia nel nostro gioco. Basta lavorare. È Natale. >
< Ma io veramente… >
< Io, come tutti gli altri docenti di questo posto, saremo molto felici che lei rimanesse a tempo determinato in questo istituto. Abbiamo molto bisogno di lei, Signora Guarini. I bambini la amano, nonostante il suo comportamento severo. La prego di non lasciarci proprio adesso. >
Sentendo il calore dei suoi colleghi e dei bambini, la Signora Guarini non poteva sottrarsi a tale desiderio.
Con le lacrime che gli continuavano a sgorgare dal suo viso, alla fine decidette che era giusto rimanere.
< Sono molto felice della sua scelta > confessò il Preside < Adesso andiamo a giocare tutti assieme. Venite, bambini. >
< Sììì! >
Mentre un forte entusiasmo si levò in quella serata fredda mentre la neve stava cadendo sopra le loro teste, il Preside Morotti ringraziò la donna per la decisione e per tutti i regali che aveva fatto ai bambini dell’orfanotrofio.
< Come sa che io… >
< Signora Guarini, sotto lo scudo duro e imperturbabile di una donna ferrea, si nasconde la bontà di una persona che ha sempre fatto di tutto per questi bambini. Non è stato difficile capire che era stata proprio lei a fare tutto questo. >
Mentre un sorriso velato si levava dal viso della donna, Teresa rimase alcuni secondi impassibile a fissare la neve che cadeva.
< Era da molti anni che qui a Lucca non abbiamo un bianco Natale. Un momento davvero magico, non trova anche lei? >
< Esattamente. Ma adesso è venuto il momento per scaldarci. La stanno aspettando cioccolate calde, biscotti e l’amore per i bambini. >
< Ed io non vedo l’ora di essere tra di voi. >
 
 
Mentre l’inverno stava facendo spazio alla primavera, i mesi con i bambini trascorrevano veloci e gentili.
Finalmente dopo tanto tempo si poteva andare nell’immenso giardino dell’orfanotrofio per giocare all’aria aperta e correre tutti assieme.
Ma c’era un altro grande desiderio nella mente del piccolo Lucio che aveva bisogno di essere espresso.
Rimanendo talvolta da solo a fissare l’immensa quercia, credeva che l’unico modo per combattere le sue paura era entrare all’interno dell’anima di tale albero.
< Lucio, che cosa ci fai qui? >
Sentendo il richiamo del maestro, Lucio gli confessò che cosa avrebbe visto nel futuro di quel meraviglioso e gigantesco albero.
< Una piccola casetta per noi bambini sarebbe un mio grande desiderio. Credo che l’unico modo per combattere le mie paure e i miei incubi è diventare l’alleato di questo mostro. Lei che cosa crede? >
Ascoltando la richiesta del bambino, Lamberto non riuscì a capire perché non c’aveva pensato prima.
< Sai una cosa, Lucio? Hai assolutamente ragione… E devo dire che io e te abbiamo avuto la stessa idea. >
< Sul serio? >
< Esatto. Infatti io e gli altri bambini costruiremo la più bella casa sull’albero di tutto il mondo. >
< Grande! E quando cominciamo? >
< Cominciamo adesso.
Mentre tutti gli altri bambini si erano armati di tavole in legno e di una voglia pazzesca di fare qualcosa di buono, il maestro Rodari intonò una canzone che tutti i bambini avrebbero cantato tutti assieme:


Le cose di ogni giorno raccontano segreti
A chi le sa guardare ed ascoltare
Per fare un tavolo ci vuole il legno
Per fare il legno ci vuole l'albero
Per fare l'albero ci vuole il seme
Per fare il seme ci vuole il frutto
Per fare il frutto ci vuole il fiore
Ci vuole un fiore, ci vuole un fiore
Per fare un tavolo ci vuole un fiore
Per fare un tavolo ci vuole il legno
Per fare il legno ci vuole l'albero
Per fare l'albero ci vuole il seme
Per fare il seme ci vuole il frutto
Per fare il frutto ci vuole il fiore
Ci vuole un fiore, ci vuole un fiore
Per fare un tavolo ci vuole un fiore
Per fare un fiore ci vuole un ramo
Per fare il ramo ci vuole l'albero
Per fare l'albero ci vuole il bosco
Per fare il bosco ci vuole il monte
Per fare il monte ci vuol la terra
Per far la terra ci vuole un fiore
Per fare tutto ci vuole un fiore
Per fare un fiore ci vuole un ramo
Per fare il ramo ci vuole l'albero
Per fare l'albero ci vuole il bosco
Per fare il bosco ci vuole il monte
Per fare il monte ci vuol la terra
Per far la terra ci vuole un fiore
Per fare tutto ci vuole un fiore
Per fare un tavolo ci vuole il legno
Per fare il legno ci vuole l'albero
Per fare l'albero ci vuole il seme
Per fare il seme ci vuole il frutto
Per fare il frutto ci vuole il fiore
Ci vuole un fiore, ci vuole un fiore
Per fare tutto ci vuole un fiore
Per fare tutto ci vuole un fiore
Per fare tutto ci vuole un fiore
Per fare tutto ci vuole un fiore
Per fare tutto ci vuole un fiore
Per fare tutto ci vuole un fiore...



In un solo pomeriggio, la piccola casetta sull’albero fu completata, un record invidiabile che sarebbe rimasto nei ricordi di tutti i presenti.
< Adesso abbiamo un nostro preciso sogno, Signor maestro. La voglia di essere libero e spensierati. E questo sarà il nostro rifugio dalla vita che non ci vuole. >
< La vita saprà accogliervi come meglio vi meritate > rispose il maestro con tono sincero < Però dovete promettermi una cosa: non vi scordate mai di essere bambini. >
< Non si preoccupi, Signor Maestro. Non lo faremo. >

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Capitolo 10
*** Nel nome della coppia, dei figli prossimi e dei bambini in procinto di crescere ***


Mentre la felicità e la serenità sembrava essere tornata in quell’orfanotrofio triste e pieno di odio, Lamberto si apprestava a concludere l’anno scolastico tra la tristezza dei bambini.
Infatti i membri della classe del maestro Rodari avevano scoperto che era stato chiamato ad occupare una classe nella sua città romana, lontano dai loros ogni e dia loro desideri.
< Maestro Rodari, la prego di non lasciarci. Non sapremmo che cosa fare senza di lei. >
Lamberto non avrebbe volito che potesse succedere tutto questo.
Era stato il loro padre adottivo negli ultimi nove mesi e lasciarli ad un destino diverso lo faceva stare molto male.
< Non ho ancora preso la mia decisione, bambini. Ma sappiate che la prenderò per il bene di tutti. >
< L’unica cosa che ci potrebbe fare felici è che lei rimanesse con noi. >
La voce dirompente di Lucio echeggiò in tutto il corridoio mentre il Preside Morotti chiamava l’ordine.
< Lucio, non hai nessun diritto di urlare in questo modo. >
< Invece ce l’ho eccome! Il maestro Rodari ci sta lasciando! E questo non deve accadere! >
< Lucio, nella vita di noi adulti arrivano decisioni molto difficili da prendere. >
< Perché deve andarsene via? Per caso non ci vuole più bene? >
< Assolutamente no. Non devi dire così. >
< Allora non ha nessun motivo per andarsene… E finché non sarà tornato sui suoi passi, non mi deve rivolgere mai più la parola. >
La tristezza e l’odio di Lucio sembravano aver avvolto di nuovo la sua anima.
I momenti trascorsi con il suo professore ormai erano un lontano ricordo e per cercare di non dimenticare tutti i suoi buoni propositi, decise di rifugiarsi nella casa sull’albero rinchiudendosi sotto lo sguardo attonito dei suoi compagni.
< Maestro Lamberto, perché Lucio non vuole scendere dall’albero? > domandò un bambino della sua casse.
< Perché è molto arrabbiato con me, Tiziano. >
< Ma com’è possibile? Nessuno riuscirebbe ad essere arrabbiato con lei, maestro. >
< Tranne per il fatto che ci vuole lasciare. >
La voce seria e decisa di Arianna riecheggiò nelle orecchie dei bambini come se fosse una bomba pronta ad esplodere.
< Maestro, è vero quello che dice Arianna? >
Tirando un sospiro di sollievo, il maestro Rodari si alzò in piedi prima di guardare la sua classe cresciuta e fiera di lui.
< Sono passati nove mesi da quando ci siamo incontrati. Ricordo quando i vostri sguardi tristi occuparono la mia mente vogliosa e spensierata.
dal primo momento che vi ho visto mi sono domandato: perché questi bambini si comportano così? Perché sono così tristi?
Non riuscendo a capire che cosa potesse essere successo, ho deciso di indagare fino in fondo.
Alla fine, dopo aver scoperto che era colpa di una donna che finalmente ha deciso di redimersi, ho capito che la vostra felicità e il vostro futuro lieto e spensierato non era così un’utopia.
Siamo cresciuti insieme e abbiamo capito che cosa significa vivere la vita a otto anni di età.
Voi mi avete cambiato radicalmente e questo non potrò mai dimenticarlo.
ma nel mondo ci sono bambini come voi che hanno bisogno di me e del mio operato ed è per questo che ho deciso di riflettere su una possibilità che può ricondurmi a casa.
Lucca è una città bellissima e mi sono trovato davvero benissimo qua in mezzo a tutti voi.
Vi prometto che non vi dimenticherò mai e che sarete per sempre nei miei cuori. >
Mentre un velo di commozione invase gli occhi dei piccoli bambini, il Preside Morotti si levò con un bellissimo applauso dopo le belle parole che aveva dichiarato ai piccoletti della sua classe.
< Quindi queste sono parole di addio? > domandò Arianna.
< Non è ancora detta l’ultima parola, Arianna. Lamberto è ancora qui con noi. Quindi io consiglierei di pensare solo ed esclusivamente al presente… Ma prima vorrei poter parlare con lui. Da uomo a uomo. >
< Farete dei discorsi da adulti molto violenti? >
< Assolutamente no > rispose frettolosamente il Preside < Sotanto che dobbiamo mettere in chiaro una cosa. Potete lasciarci soli? >
< Va bene. Ma vedete di non metterci troppo, ok? Andiamo bambini. >
Mentre la classe del maestro si disperse per tutto il grande giardino, il Preside Morotti si sentiva ancora molto affranto dopo il bel discorso di poco fa’.
< Se lei ci dovesse lasciare, sappia che ci sarà sempre posto qui per lei. Non la dimenticheremo mai, Maestro Rodari. >
< Sono felice di sentirglielo dire, Preside Morotti. Ciò vuol dire che nella mia vita ho fatto qualcosa di buono. >
< Perché? Ha forse pensato il contrario? >
< Certe volte ho pensato che non ho mai preso le decisione adatte nel corso della mia vita. Come ad esempio abbandonare i miei cari e tutti i miei amici che avevo a Roma solo per incorrere in un’avventura in una piccola città che fino ad un anno fa’ credevo non potesse esistere. Ma adesso sembra tutto diverso nella mia vita… Mi sento molto più maturo grazie ai mezzi che lei e tutti gli altri docenti avete fatto in modo che io potessi avere. Senza il vostro aiuto, i bambini non avrebbero mai ritrovato la serenità che cercavano da soli. >
< Non sia modesto, Signor Rodari. Lei ha cambiato il nostro modo di vivere. Senza di lei, questo posto sarebbe caduto in disgrazia… E credo anche che non potremmo fare a meno di lei. Quindi, da Preside dell’istituto e da uomo che ha ancora il coraggio di capire i bambini, le chiedo di rimanere qui con noi. Ma non come maestro, ma come una luce di speranza per noi e per tutti i bambini che verranno accolti nel nostro istituto. >
< Preside Morotti, lei mi sta dicendo di rimanere a vita qua da voi? >
< E’ riuscito a cambiare la vita di tutti noi, anche della Rettrice Guarini. Non l’ho mai vista così felice e fiera del suo lavoro. Nemmeno quando era giovane come lei. La prego: se deciderà di lasciarci definitivamente, è molto probabile che gli sforzi che ha fatto in questi nove mesi, risulteranno vani. >
< Non dica così, Preside. Ora sapete quale è la vostra retta vita. Io ho solo fatto il mio dovere. >
< Ne è sicuro? Eppure sembra di essere tornati al passato… >
< Perché pensa questo? >
Perché ho visto Lucio tornare ad essere il bambino riservato di un tempo. Sa meglio di me che questa solitudine potrebbe portarlo alla distruzione. >
< Lucio deve capire che nella vita ci sono scelte molto difficili come questa. Io non potrò mai rimanere accanto a lui per tutta la vita. Sono solo il suo insegnante. >
< Non è un semplice insegnante per lui: lei è il padre che non ha mai avuto. >
Quelle ultime parole, quelle parole piene di commozione e di riflessione, avevano fatto capire a Lamberto che il suo ciclo nell’orfanotrofio di Lucca era solo all’inizio.
Concluderlo in così poco tempo poteva costare molto caro al futuro degli adulti e dei suoi alunni.
< Signor Rodari, mi sta ascoltando? >
< Prenderò la mia decisione definitiva questa notte e domani mattina saprà la mia risposta > tagliò corto il giovane maestro evitando di guardare negli occhi il Preside < Adesso, se vuole scusarmi, devo andare a prendere le mie cose in classe. >
< Vada pure e pensi a quello che gli ho detto. >
< Senz’altro. >
Nel mentre il giovane maestro pensava ai momenti trascorsi con i suoi bambini, non poteva dimenticare della giovane benefattrice di cui si era innamorato proprio alcuni mesi fa’.
Per rispetto, o per timidezza, il giovane uomo non era riuscito ad andare oltre l’amicizia profonda che legava lui e la signorina Rambaldi.
Ma era davvero paura? O aveva timore di ricevere l’ennesima delusione d0amore della sua vita che non aveva mai riuscito a confessare a nessuno.
< Allora è vero, Lamberto. Presto te ne andrai. >
Nel vederla davanti alla porta della sua aula, Lamberto rimase fermo a fissarla imbambolato.
< Non riesci a dirmi niente? >
< Elena, ti prego. Non ho ancora preso la decisione definitiva. >
< Lamberto, non voglio forzarti nella tua decisione, ma se tu lascerai questo istituto, te ne pentirai amaramente. >
< Perché dici così? Noi potremmo continuare a frequentarci. >
< Quale è lo scopo della tua vita? Rendere felici i bambini. Ora che ci sei riuscito, perché vuoi fare un passo indietro? È solo per la tua carriera? O cosa c’è che non va’ in te? >
< Non c’è niente che non va in me. Te lo giuro. >
< Davvero? Allora perché dopo quasi otto mesi che ci conosciamo non hai avuto il coraggio di baciarmi? Eppure vedo dai tuoi occhi quanto stravedi per me. Tu mi adori e mi rispetti, Lamberto Rodari. Perché non riesci a fare la decisione che può cambiare la tua vita. >
< Perché in molte occasioni, ho dovuto soffrire tali decisioni. La mia ultima ragazza mi ha tradito con un altro e non sono ancora riuscito a sopportare tale perdita… Questo è stato uno dei principali motivi che mi hanno spinto a cambiare vita. Ma dopo che ho trovato te, tutto mi è tornato difficile… Non volevo continuare a soffrire e la tua vicinanza era ancora più insistente.
Quando ho scoperto che era la nova benefattrice dell’istituto, ho pensato di andarmene.
Ma non potevo lasciare i bambini solo perché avevo paura dell’amore.
Tu non volevi insistere con me e ho pensato che rimanere amici era la decisione adatta… Ma adesso non è più così. >
< Lamberto Rodari, dimmi che cosa provi per me. Adesso. >
< Elena, io… >
< Ti piaccio? Mi vedi solo come un’amica? Parla! Non ho più voglia di aspettarti. >
sentendo dentro la sua mente una moltitudine di pensieri confusi che attanagliavano la sua anima, decise di piombare verso di lei per stringerla forte a sé.
Quel tocco sincero l’aveva ancora cambiato e vedere gli occhi sinceri e trasparenti della sua amata, gli avevano fatto capire che lei non era la donna come tutte le altre.
< Elena, vorrei dirti un sacco di cose. Ma per la prima volta non riesco a trovare le parole adatte. >
< C’è solo un modo per dirmi tutto. Adesso devi affrontare il tuo coraggio senza riuscire a tirarti indietro. Credi di riuscirci? >
Capendo a cosa si stava riferendo, Lamberto appoggiò le sue labbra verso quelle della giovane donna mentre la paura dell’amore sembrava scomparso per sempre.
Dopo aver riaperto gli occhi, Lamberto si sentiva più libero e felice che mai.
Dopo una vita spesa per i bambini e lo studio, finalmente poteva contare su una dolce metà che lo avrebbe condotto nelle difficili scelte della vita.
< Sapevo che voi due eravate una bella coppia > fece Lucio che li avevaspiati per tutto il tempo < Voi due siete i genitori che non hp mai avuto. >
< Lucio… che cosa ci fai qua? >
< Volevo guardare le vostre carinerie. Non ho mai visto due adulti che si amano come voi. Non è poi così male, vero? >
Non riuscendo a dire niente a causa dell’imbarazzo, alla fine nell’aula irruppero tutti gli altri bambini9 accompagnati dal Preside Morotti e dalla Rettrice Guarini.
< Adesso che è riuscito a trovare l’amore, è ancora deciso ad andarsene? > gli domandò la Signora Guarini mentre Lamberto aveva tutti gli occhi addosso.
Mentre il suo sguardo si era spostato verso un sorriso fiero e sincero di Elena, alla fine prese la decisione che tutti avrebbero voluto ascoltare.
< Mi avete fatto capire che faccio parte di una grande famiglia che non posso in nessun caso abbandonare… Per questo ho deciso di rimanere con voi.
Perché siete la mia nuova famiglia ed io non posso fare a meno di tutti voi. >
Mentre un urlo di gioia echeggiò in tutto l’istituto, tutti gli alunni del giovane maestro lo circondarono per dimostrargli ancora quell’affetto che negli ultimi mesi aveva ripagato con i fatti e con le bellissime parole.
Perché in fondo il giovane maestro aveva insegnato come poter volare in una vita difficile e che le ali della libertà e un coraggio smisurato, erano gli unici modi per guardare la vita in maniera diversa.

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