Under the spotlights

di Supercorp99
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 Capitolo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** 1 Capitolo ***


Supergirl atterra sul tettuccio della macchina, gli stivali rossi quasi affondano nel metallo mentre si ricompone, schiena dritta e sguardo truce verso i malviventi. Gli uomini la riconoscono, mostrano paura, si scambiano occhiate.
«E’ Supergirl» sussurrano. «Come fa ad essere ancora viva?» chiedono alcuni al capo che per tutta risposta urla un «Sparatele» ma prima ancora che uno di loro possa imbracciare le armi ecco che lei attacca. Piomba su di loro, disarmandoli e facendoli volare uno dopo l’altro. Sparano su quell’indistinta figura rossa e blu ma le pallottole non scalfiscono minimamente la pelle dell’eroina che con un sorriso strafottente li affronta tutti senza problemi. Sono tanti, un bel gruppetto di uomini ben armati fino ai denti, ma niente può fermarla.
«Supergirl!» Urla il capo della gang. Lei si volta pronta a prendere a ceffoni anche lui ma si blocca nel vederlo tenere in mano il detonatore di un esplosivo. Lo riconosce fin troppo bene. «Non fare un altro passo, Supergirl, o tutta la città salterà in aria» minaccia l’uomo. 
Il capobanda fa un cenno brusco e Supergirl indietreggia, alzando le mani in segno di resa, cercando di calmarlo. Quante persone sono a rischio? Quante persone potrebbero morire per mano di quella bomba? Non può permetterselo. L’uomo si volta, forse per sollevare da terra un suo sottoposto, ed è allora che Supergirl decide.
Apre gli occhi, punta il braccio la cui mano mantiene l’ordigno e….«STOP! Buona!» 

Gli uomini si alzarono da terra, togliendosi di dosso la polvere e sistemandosi i vestiti. Kara Danvers si fermò, rilassandosi, tirò un sospiro e si asciugò con il dorso della mano il sudore dalla fronte. Con qualche rapido passo uscì fuori dal set, afferrando al volo la bottiglia d’acqua che la sorella le offriva. 
«Non smetterò mai di odiare Winn per questo costume. Prude tantissimo e mi fa sudare come una fontana» 
Alex ridacchiò. «Dai sorellina, ormai le riprese delle scene d’azione sono quasi finite. Presto potrai toglierti quel costume.»
«Speriamo.» Con un tonfo si accasciò su una sedia, continuando a bere mentre sua sorella le si mise al fianco a braccia incrociate.
Sul set tutti sembravano abbastanza soddisfatti, il regista discuteva di alcune modifiche riguardo la luce o rimproverava alcune comparse per non essere cadute in maniera credibile per i suoi gusti. In tutto quello Kara sperò solo di non dover ripetere la scena per l’ennesima volta in quella settimana. Le riprese scorrevano veloci ma c’erano lamentele ai piani alti, alcuni membri del cast e lo sceneggiatore sembravano cane e gatto, litigando su dettagli della sceneggiatura che ad uno o all’altro parevano troppo forzati o senza senso.
Anche lei aveva qualcosina da ridire riguardo alle scene ma ormai era al suo secondo film e aveva imparato da tempo che con certe persone è meglio non discutere troppo. Alzando lo sguardo da terra notò che Alex teneva in mano il suo copione e se lo stava leggendo con un certo interesse. 
«Quindi Supergirl usa il raggio laser per tagliare il braccio al mafioso? Decisamente...cruento. Per un film di supereroi.» commentò.
«Quelli degli effetti speciali faranno in modo che sia più family friendly. Dovrebbe vedersi giusto per pochi secondi. O forse neanche si vedrà. Dipende da quei due immagino.» Indicò i responsabili e si tirò indietro sulla sedia. «Stasera pizza e Game Of Thrones?»


Alex le sorrise dispiaciuta. «Stasera no. Esco con Maggie, ma se vuoi unirti a noi sei la benvenuta.»

«Invitala da noi»

«Meglio di no. Maggie ha visto l’ultima stagione senza di me e ha passato l’ultimo mese a lamentarsi di quanto fosse deludente. E poi dai, è una vita che non usciamo assieme.»

Kara trattenne un sospiro. Ci rimuginò sopra per qualche istante. Ai piani alti non volevano che si mostrasse troppo in pubblico. Per una qualche strana manovra di marketing cercavano di non far alcun accenno alla trama e solo pochissime scene erano state mostrate nei trailer assieme ad altri piccoli dettagli per aumentare ancor di più la fame degli spettatori. Una manovra che aveva funzionato decisamente bene. Ma lei era stanca di starsene rinchiusa come un animale in gabbia.
«Sai che ti dico? Usciamo. Una serata tranquilla mi farà bene»

Niente Supergirl, niente manrovesci ai criminali e niente bombe in procinto di esplodere. Solo una serata tranquilla per Kara Danvers. Che mai sarebbe potuto succedere di male in una sola sera?



 
9:30 AM del giorno dopo

Dlin, Dlon.

Kara aprì gli occhi e sollevò la faccia dal cuscino. Dove si trovava? Si passò una mano sul viso e mise a fuoco la stanza: era camera sua. Una camera abbastanza scarna per un'attrice come lei se vogliamo mettere i puntini sulle i. La luce del sole filtrava attraverso le tende della finestra spalancata, vento fresco le scompigliava i capelli.

Dlin, Dlon.


"Accidenti, che mal di testa."

Si toccò le tempie dolorante, le sembrava di avere una campana nel cervello ed un piccolo omino maligno che continuava a bussarci contro. Mise piede per terra e si accorse di avere la testa che le girava. Dovette appoggiarsi contro l’armadio per non cadere a terra. Restò ferma il tempo necessario per riprendere l’equilibrio e imparare di nuovo come si cammina prima di lasciarlo andare.

Dlin, Dlon.

«Sto arrivando. Un minuto» urlò incamminandosi verso la porta. Solo allora si accorse di star in mutande e di avere una sola pantofola al piede. Afferrò al volo un paio di pantaloncini ed una maglietta, senza farsi domande, semplicemente desiderando arrivare alla porta per fermare lo scocciatore dal suonare una quarta volta. Spalancò la porta proprio quando si stava per completare l’ennesimo rintocco.

Dlin…

«Che c’è!» Sbraitò con i capelli che le formavano una criniera selvaggia e scompigliata sulla testa. Sua sorella Alex entrò in casa agitatissima.

«Ma che hai combinato?» Lo sguardo di Alex era in modalità rimprovero. «Cosa ti è saltato in testa?»

«Ma di che parli?» Le rispose Kara toccandosi la tempia quando una fitta la colpì in pieno. «Oh, la mia testa.»

«Niente scuse Kara. Ieri sera sei uscita di testa. Hai idea di che…»

Kara la bloccò sul nascere. «Alex, non ho idea di cosa tu stia parlando. Smettila di rimproverarmi e dimmi che è successo»

Alex la squadrò, cercando di capire se stesse fingendo o meno. «Non ti ricordi?»
 Lei fece cenno di no. La sorella sospirò con un espressione incredula. Si infilò una mano in tasca, armeggiando con il telefono. «Ieri sera hai bevuto...parecchio. Ti sei ubriacata e hai fatto alcune cose.»

«Che genere di cose?» Oh, cavoli se era spaventata. Era già di per sé essere ubriachi un problema ma aver fatto cose da ubriachi e non ricordarsene era un gravissimo problema. Che cosa aveva fatto di così grave? E se era così tanto grave in quanti avevano visto? La sua carriera ne avrebbe risentito? Doveva sapere. «Diamine, Alex, dimmi tutto subito. Mi sto preoccupando da morire.»

Alex le mostrò il cellulare. C’erano delle foto. Si aspettava il peggio ma quello che vide la lasciò confusa. Nella foto c’era lei con addosso il costume di Supergirl in una posa eroica. 
«Non mi sembra male» Alex non rispose e cambiò foto. 
Sempre lei con il vestito da Supergirl in una posa eroica. Un momento.
Era il set? Si, la macchina dove lei atterrava era la stessa. Si era fatta foto sul set? 
Le foto la ritraevano per la maggior parte in pose eroiche, in una si copriva parzialmente il volto con il mantello rosso sembrando quasi l’eroina di un altro film, in un’altra ancora teneva sollevata una macchina (ovviamente finta per scene del genere) ed in un altra…
“E quella chi sarebbe?” C’era una ragazza nella foto, una ragazza dai capelli neri che Kara non conosceva.Nelle foto seguenti la ragazza appariva da sola ma c’era un enorme problema: era sul set. Era in quasi ogni scena, negli uffici, nel corridoio finto dell’aeroporto, praticamente in ogni scenografia c’era lei in una qualche posa. Le foto era agitate, mosse, come se chi avesse fatto le foto avesse preso spezzoni sbagliati dai video. O che era ubriaco.
“Ero io ad essere ubriaca. Oh, no, non ci posso credere.” L’ultima foto ritraeva Supergirl, ovviamente, ma stavolta c’era anche la ragazza, sorretta tra le braccia di Supergirl come se l’avesse appena soccorsa. Fine delle foto.
Kara si sentì la bocca parecchio secca, e sentì la nausea ribollire per l’agitazione. O forse era solo il post-sbornia. Non se ne intendeva di sbornie dopotutto.
«Alex, queste foto…»

«Sono on-line.» Disse Alex lapidaria. «E non è tutto. C’è di peggio.»
Di peggio? Cosa poteva esserci di peggio di aver fatto entrare una sconosciuta sul set e aver scattato delle fotografie al riguardo e averle postate in rete? Alex le diede il telefono. Lo prese tra le mani e iniziò a leggere. C’erano dozzine di post dove si commentavano le foto, dove si teorizzava la natura del personaggio di quell’attrice misteriosa, teorie sulla trama del film in risposta alle foto. 

«Non è possibile. E’ successo ieri sera, come possono esserci già così tante…»

«Le notizie corrono veloci in rete, Supergirl. La gente si aspetta di vedere un personaggio che non esiste nel film. E credimi se ti dico che parecchi nello staff non sono contenti di quello che hai combinato.»

Quasi a farla apposta il telefono di Alex suonò. Rispose e parlò sottovoce per un attimo. Si girò e glielo porse con un'espressione seria in volto.
«E’ Cat. Ti vuole parlare.»

Kara degludì. Prese il telefono e se lo mise all’orecchio.

«Pronto?»




 
Post-Credit

Quale modo migliore di chiudere qui il primo capitolo della nostra storia?
Era anche ora che pubblicassi una fanfiction a tema Supercorp o avrei dovuto cambiare nick u.u

Grazie per essere arrivati fin qui. Spero di non aver allungato troppo ma temo che più andiamo avanti più la cosa peggiorerà. Siete avvisati siori e siore. 
Vi è piaciuto il primo capitolo? Non vi è piaciuto? Spero vi sia piaciuto e vi abbia intrigato, ma in ogni caso se volete lasciare una recensione/commento è cosa molto gradita :)
Detto questo ci vediamo al prossimo capitolo che spero pubblicherò settimana prossima.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Kara era dovuta scappare via di casa, dopo la telefonata di Cat Grant, così Alex era rimasta lì da sola. Poco prima di uscire aveva promesso alla sorella che avrebbe trovato informazioni riguardo la sera precedente. Anche se non c’era bisogno che fosse la sorella a chiederglielo. Già Cat Grant le aveva chiesto di fare una cosa del genere: indagare sulla ragazza misteriosa. 

 

«Ok, vediamo cosa posso fare» In passato Alex aveva pensato di entrar a far parte del corpo di polizia, o addiritura di arruolarsi, ma poi quei progetti erano sfumati. Trovava quindi, tutta la situazione creatasi abbastanza ironica. 

Si sedette al computer e aprì le foto incriminanti.
In una situazione «normale» avrebbe chiesto a Maggie, a qualcuno del locale, cosa già fatta la sera precedente. Anche se avesse disturbato la sua fidanzata, cosa che non voleva fare, dubitava avrebbe ricavato granchè. L’unica cosa su cui poteva lavorare erano le foto.

Le studiò. Una per una.
Alla ricerca di qualche dettaglio.
Scartò quelle con Kara protagonista, volendo concentrarsi maggiormente su quelle con la ragazza dai capelli corvini. La prima foto con lei come soggetto la inquadrava seduta ad un tavolino, uno di quelli per la scena nel ristorante di lusso. Il portamento, il sorriso, il vestito, il modo in cui si era legata i capelli in una coda, tutto sembrava dire: sono una donna di classe. Era un’attrice o qualcuno di importante? Alex tendeva ad avere occhio per le persone e questa ragazza aveva un nonsochè di particolare.
Se era famosa lei non se la ricordava proprio.
Altra foto su cui Alex si scervellò maggiormente si rivelò l’ultima, quella dove la ragazza era sorretta da Supergirl in una posa molto da damigella in pericolo. Più che la posa in sè, si domandò come avessero fatto quella foto. Kara era ubriaca, la ragazza idem (o almeno ipotizzava), quindi chi aveva sorretto il telefono per compiere lo scatto? Era troppo ben inquadrata per essere stata fatta con un auto scatto. C’era qualcuno con loro? 
Si alzò e si fece del caffè prima di tornare a guardare tutte le foto per la seconda volta, stavolta anche quelle solo con Kara. Cercò un riflesso, un oggetto fuoriposto, qualsiasi cosa che potesse indicare la presenza di una terza persona sul set. Non trovò nulla.
Quando mandò giù il caffè questi era amaro come il suo umore.

Non sapeva proprio che pesci prendere.
Come era entrata Kara? Chi era di turno ieri sera? Non potevano essere entrate da sole no? Qualcuno doveva averle dato l’accesso. Provò a ricordarsi chi era di turno la sera precedente ma il nome le sfuggì.
Si stiracchiò sulla sedia, affogando il sonno con un altro sorso di caffè. Non si era riposata molto. Dopo aver perso di vista Kara si era preoccupata da morire e, assieme a Maggie, l’avevano cercata per tutto il locale. Era stata in ansia per tutto il tempo.
A National City giravano folli e criminali, certo non come in altre città ma c’erano comunque. Se qualche maniaco avesse aggredito o rapito Kara? Se giaceva in qualche bagliaio o in un vicolo? Se fosse ferita? Se si fosse sentita male? Erano state domande che le avevano tenuto serrato lo stomaco in una morsa. Fino a quando non era apparsa la prima foto sul profilo social della sorella. La foto di Supergirl. Era passata dalla paura, al sollievo, alla confusione, alla rabbia, in meno di un minuto. La prima foto era stata caricata intorno all’una di notte. L’ultima era stata caricata alle quattro del mattino.
Le si accese una mini-lampadina nella testa.
C’era troppa discrepanza tra l’orario di caricamento. Anche perchè lei si era fiondata, dopo la prima foto, sul set e non aveva trovato nessuno. Ben, ecco come si chiamava la guardia di turno, aveva detto di non aver visto nessuno di sospetto e di non aver visto entrare o uscire Kara. Mentiva o diceva la verità?

Alex chiuse gli occhi, affondando con la memoria a diverse ore prima. Era scesa dall’auto prima che Maggie potesse parcheggiare, si era messa a correre in direzione dello studio, aveva rischiato di essere investita da una macchina, per poco non aveva buttato a terra Ben per passare, aveva cercato…

Un momento. Illuminazione. Una macchina?
Chi era che, così tardi, se ne stava andando in tutta fretta dagli studios? Non era Cat Grant nè John, ne avrebbe riconosciuto immediatamente l’appartenenza. Allora chi?
E le venne in mente un’altra domanda.
Kara non aveva una macchina, quindi come era tornata a casa e come era arrivata allo studio? Era stata la ragazza misteriosa?
«No, un momento, io quella macchina l’ho già vista.» Pensò ad alta voce. Era di qualcuno del set. Si, ricordava l’ammaccatura. Non il colore, era troppo buio, nè la targa. Ma ricordava quel segno. Di chi era?
Udì una vibrazione. Si tastò le tasche ma non era il suo telefono. Veniva dal divano. Sua sorella aveva dimenticato il suo cellulare? Non impossibile, dopotutto era Kara. Una nuova vibrazione ma non lo vide. Cercò sotto i cuscini, sollevò e infine trovò un cellulare infilato nelle pieghe del divano. Un telefono che non aveva mai visto.
Prontamente lo afferrò e lesse il numero. Il numero era segnato come “Fratello”.
Rispose senza pensarci.

«Pronto. Chi parla?» Chiese una volta accettata la chiamata.

«Uhm, salve. Ieri sera ho perso il mio cellulare e stavo impazzendo. Lei è?»

«Sono Alex. In realtà…» Si bloccò. Era una voce femminile. Poteva essere? «Scusi, come si chiama?»

«Sono Lena. Perchè?»





 

Kara non era una persona che sapesse dissimulare troppo le emozioni. Era un’attrice, è vero, ma quando era particolarmente sotto stress le risultava difficile mantenere l’espressione sicura alla Supergirl. Si era vestita il più rapidamente possibile e si era data una sistemata a quel disastro che aveva per capelli, prima di correre, dritta dritta nell’ufficio di Cat Grant.
Proprio mentre stava per entrare la porta si era aperta e qualcuno era uscito, furibondo e con l’aria di chi avrebbe voluto dar fuoco alla prima cosa capitata a tiro. Quando era entrata nell’ufficio di Cat Grant si era aspettata di sentire una voce gelida come il ghiaccio, un po’ come quella che aveva sentito al telefono, ordinandole di venire subito da lei per parlare a quattr’occhi. Pensava di trovarsi il suo capo guardarla con uno sguardo pietrificante, di quelli che ti lascia inchiodato al muro, di quelli che ti potrebbe rifilare un genitore arrabbiato o un capo in collera. Di essere accolta con la stessa rabbia con cui era andato via l’uomo.
Invece Cat Grant la accolse con un sorriso quando la vide. «Oh, eccoti qui, finalmente. Non stare lì sulla porta, prego, accomodati»

 

Si sedette ad una poltroncina ed osservò la donna dietro la scrivania. Cat Grant le ricordava vagamente una sua professoressa di matematica del liceo...se quella professoressa si fosse potuta permettere un parrucchiere da celebrità ed un outfit costoso quanto una casa. Elegante era il primo aggettivo che veniva in mente guardando Cat, i capelli biondi curati alla perfezione, nessuna traccia di rughe sul viso, avrebbe potuto benissimo competere come modella se lo avesse voluto. 

 

«Voleva vedermi, signora Grant?»

 

«Si, Kala. Volevo vedere proprio te.» Cat afferrò il tablet e iniziò a scorrere il dito sullo schermo. Non ci voleva chissà quale intuito per capire che stava sfogliando le foto. Kara ignorò il nome sbagliato con cui l’aveva appellata la donna. Ci era abituata.

 

«Signora Grant..posso spiegare…»

Le sue parole furono bloccate sul nascere quando la donna alzò una mano, facendole segno di non continuare. «Non c’è bisogno di spiegazioni. In verità ti ho chiamata per ringraziarti.»

 

«Ringraziarmi? E per cosa?» Kara era decisamente confusa. 

 

«Per la pubblicità, ragazza mia. Il tuo..agire sconsiderato è stato malvisto da molti. Alcuni penserebbero che per questo potrei licenziarti o peggio. Si lamentano con me per la cattiva pubblicità.» Sbuffò infastidita. «Non esiste pubblicità negativa o positiva, solo pubblicità. Tu mi hai dato il genere migliore: quella gratuita.» Scrollò pagine sul tablet. Forum dove si commentava il personaggio misterioso, pagine social dove si condividevano le foto, ovunque sembrava si parlasse solo di quello che era successo la sera prima.
Cat fece un gesto con la mano come per scansare un insetto «I soliti piagnistei, le solite lamentele, qualunque cosa tu faccia ci sarà sempre qualcuno in disaccordo con te. Non puoi accontentare tutti. Per questo sono io al comando.»

 

Kara restò in silenzio, cercando di capire cosa passasse per la mente di Cat Grant. Fece per aprir bocca ma le vibrò il cellulare. La vibrazione venne ignorata.

«Ho intenzione di cambiare la sceneggiatura, rigirare la maggior parte delle scene, mantenendo solo quelle che riterrò adatte ad essere lasciate così come sono. Ma prima di tutto ciò devi portarmi qui la ragazza delle foto. Ho riferito la mia idea ed è stata presa meglio di quanto mi aspettassi»

L'uomo che aveva visto uscire dall’ufficio poco prima non sembrava tanto entusiasta ma questo Kara evitò di dirlo. Cambiare la sceneggiatura? Rifare le scene? Avrebbe richiesto parecchio tempo. Non era sicura di come l’avrebbero presa gli altri. Il telefono vibrò per la seconda volta. Un messaggio che rimase nuovamente ignorato.

 

«Signora, quella ragazza...io non...non so se riuscirò a trovarla. E anche se la trovassi, cosa le fa pensare che voglia avere a che fare col film?»

 

«Tutti vogliono apparire in un film.»

 

«Ma se non volesse?» Insistette Kara.

 

Cat scrollò le spalle. «In quel caso continueremo con il progetto originale.» Prese il suo caffè con entrambe le mani e vi soffiò sopra per raffreddarlo. «Dopodichè, finite le riprese, verrai sbattuta fuori» 

 

Kara impallidì, aprì bocca nello stesso istante in cui il telefono di Cat Grant iniziò a suonare. L’attenzione della donna verso l’attrice sparì, appoggiò l’apparecchio al telefono e rispose con un tono squillante. L’ultimo gesto che Cat le rivolse fu un colpo di mano per farle segno di sparire. Chiuse la porta dietro di sè evitando di emettere anche solo un suono.
E ora? Come trovava una ragazza di cui neanche conosceva il nome? Il telefono vibrò per la terza volta.
Mise mano in tasca e rispose, immaginando di sapere chi vi fosse dall’altro capo.

 

«Dammi buone notizie. Ti prego.»

 

«Non buone, ottime. Ho trovato la ragazza.» Kara spalancò gli occhi, Alex finì prima che potesse aggiungere qualcosa. «Passo a prenderti»


Alex arrivò dopo cinque minuti. Dal finestrino le lanciò un cappellino, un berretto che Kara usava sempre quando doveva uscire in pubblico. Un cappellino che, ovviamente, per la fretta si era scordata. Se lo infilò in testa, nascondendo la sua chioma, e cercando di apparire quanto meno possibile. Non c’era gente in giro, almeno non gente che l’avesse riconosciuta. Aprì la portiera e si fiondò in macchina.
Alex ripartì. National City era grande, Kara ci era cresciuta ma non era mai stata in grado di vederla tutta, per cui non si stupì quando la sorella la portò in una zona a lei non conosciuta. O meglio, la conosceva, ma non l’aveva visitata. Palazzi enormi, sedi di aziende ed hotel di lusso. Uno fra tutti spiccava. Una “L” grigia sembrava dominare su tutto il resto. “L Corporation” diceva l’insegna.
Era lì che si trovava la ragazza misteriosa? Alex parcheggiò e le fece segno di seguirla.

La sorella andò per prima, come se fosse la sua guardia del corpo o il suo agente, si recò alla reception e parlò con una donna seduta dietro. Kara intanto si guardava attorno. Nessuno la degnava troppo di uno sguardo, anche se con quel cappellino e gli occhiali da sole, non passava tanto inosservata come poteva passare in mezzo ad una strada. Con un rapido gesto si tolse il cappello e gli occhiali da sole, sostituendo quest’ultimi con quelli che usava di solito. Le lenti a contatto la infastidivano, preferiva gli occhiali.
Con una mano Alex le fece segno di avvicinarsi ed insieme entrarono in un ascensore.
Mentre saliva la tensione le saliva assieme ad esso. Sia perchè stava per incontrare la ragazza che poteva decidere il futuro della sua carriera sia perchè, dannazione, l’ascensore saliva davvero in alto!

«Come sei riuscita a trovarla?»
 

«Il suo telefono era in mezzo ai cuscini del divano.» Pausa. Alex le rifilò una mezza occhiata. «L’hai invitata in casa?»

 

«No…» O forse si? «Non me lo ricordo.» Disse infine. Cosa cavolo aveva bevuto per non avere memoria della sera precedente?
Le porte dell’ascensore si aprirono lentamente. Percorse un corridoio bianco come la neve, arrivando davanti ad una porta nera. Alex bussò tre volte ed una voce maschile rispose con un «Avanti»
L’ufficio era, beh un ufficio. C’era una lunga scrivania bianca, sopra di essa diversi documenti ed un computer portatile, dietro di essa c’era una poltrona scura e dietro ancora c’era un balcone che dava sulla città. Anche solo l’idea di trovarsi così tanto in alto le diede un lieve senso di vertigine. Era in momenti simili che invidiava Supergirl.
Alle pareti spiccavano quadri dai disegni elaborati, in un angolo intravide una statua dalle forme indefinite, qualche lampada, in una parte della stanza c’era anche un comodo divanetto con un tavolino.
In piedi vicino la scrivania c’era un uomo, vestito in giacca e cravatta, senza capelli, con in mano un foglio. L’uomo aveva lo sguardo rivolto verso loro due, sorrise per buona educazione. «Buongiorno»
Kara sorrise a sua volta, poi lo sguardo cadde sulla poltrona. Sulla persona che sedeva sulla poltrona per essere precisi. Una donna elegante, capelli corvini che le ricadevano morbidamente sulle spalle, un sorriso sulle labbra rosee. La donna si alzò in piedi quando le due entrarono e, quel suo sorriso sembrò allargarsi.
«Buongiorno» Disse anche lei e girò la scrivania. Kara rispose al saluto con un nuovo sorriso. 

 

«Buongiorno, sono Kara Danvers.» Allungò una mano.

 

La donna sorrise e gliela strinse. «Piacere, Lena Luthor.»




 

Post credit-scene



Ma salve a tutti voi che siete arrivati fino a qui.
E anche oggi il capitolo è concluso (mi faccio i complimenti per aver fatto una settimana precisa precisa).
Molte domande. Lo so. Pensavo di allungare questo capitolo, doveva venire molto più lungo in origine, ma alla fine ho optato per tagliare qualche particina di troppo. Qualcosa di più si vedrà nel terzo capitolo.
Ci vediamo settimana prossima.

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