Road to Atlanta

di _miichelaaa
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Giorno 1 ***
Capitolo 2: *** Giorno 2 ***
Capitolo 3: *** Giorno 3 ***
Capitolo 4: *** Giorno 4 ***
Capitolo 5: *** Giorno 5 ***



Capitolo 1
*** Giorno 1 ***


Regina avrebbe fatto di tutto pur di non ritrovarsi in una situazione di quel genere, lo giurava. Inizialmente si era convinta di poterlo fare da sola, sapeva bene di essere forte anche senza i propri poteri; anche se, a dire il vero, era doveroso ammettere che lei non sapesse poi un granché di come funzionassero le cose al di fuori di Storybrooke e, volente o nolente, si era presto resa conto che non sarebbe mai potuta andare chissà quanto lontano da sola. Per questo il suo secondo pensiero era stato quello di far affrontare tutto ad Emma, l’unica persona ad essere mai uscita da quella cittadina. Anche quell’idea, però, era stata subito sotterrata da numerose considerazioni. Come avrebbe fatto Emma a fare tutto da sola? Neanche lei sarebbe andata poi tanto lontano se accompagnata solo dalla propria sbadataggine. Infine, dopo lunghe discussioni e numerosissime spinte da parte di Mary Margaret, si era vista costretta a cedere. Perciò ora si ritrovava lì. Lì in quel piccolo maggiolino giallo, premendo con forza il pulsante per far abbassare il più in fretta possibile il finestrino e prendere un po’ d’aria.

-Dov’è che dobbiamo andare?- Emma lanciò un’occhiata fugace al navigatore del cellulare traballante per le buche dell’asfalto.

-Atlanta-

-E quanto ci vuole?- Altra occhiata.

-Circa venti ore se non ci fermiamo-

-Il tempo necessario per iniziare a soffrire di claustrofobia in questo aggeggio infernale color canarino- borbottò la bruna posando il gomito sotto il finestrino ormai del tutto abbassato e massaggiandosi la fronte. Lo sceriffo scosse la testa tenendo lo sguardo attento sulla strada.

-Ti piace proprio insultare la mia macchina, eh?- 

-Sì, molto- rispose prontamente il sindaco; il tempo di un sospiro e riprese

-Dico solo che avremmo potuto benissimo usare la mia macchina invece di rischiare la pelle con questa cosa- La bionda sorrise e si volse di nuovo, per un solo istante, questa volta a guardare Regina che, intanto, teneva lo sguardo fisso sulle collinette alla loro destra.

-Questo gioiello non mi ha mai abbandonata e di sicuro non lo farà ora. Sai cosa ti servirebbe? Un cambio di prospettiva. Prova a vedere questo viaggio come una vacanza, perché non provi a rilassarti un po’? - Regina incurvò le sopracciglia e premette tra loro le labbra.

-Una vacanza? Swan vorrei ricordarti che Storybrooke è in pericolo e noi stiamo girovagando alla cieca nella speranza di trovare un mago che possa aiutarci- Emma roteò gli occhi.

-Come se fosse la prima volta che la città finisce sotto un sortilegio. Te lo dico io come andrà: domani sera arriveremo ad Atlanta, dopo domani ci metteremo alla ricerca del mago, appena lo troveremo lo convinceremo a darci quello che ci serve e quando torneremo a casa sistemeremo tutto, come sempre. Lo sai anche tu- Ma Regina non l’avrebbe mai ammesso ad alta voce. Quello che fece, dopo qualche minuto, fu, invece, chiedere alla bionda

-Quindi? Questa cosa di rilassarsi?- Emma rise

-Si direbbe che non sei mai stata in vacanza…- Il silenzio della bruna, insieme al suo volto contratto, risultò abbastanza esplicativo allo sceriffo che decise quindi di passare direttamente all’azione. Il tempo di accendere la radio che il cd inserito qualche giorno prima si avviò lasciando che i Guns N' Roses animassero il maggiolino, accompagnati poco dopo dalla voce meno armoniosa di Emma. Fu in quel momento che per la prima volta dall’inizio del viaggio Regina si decise a voltarsi per guardare la bionda.

-Che fai?!- 

-Canto. Su, non dirmi che non conosci Sweet Child O' Mine! Sappi che potrei offendermi- Regina alzò gli occhi al cielo ignorando quella stupida esclamazione. Un conto era vivere in una cittadina sperduta, un altro vivere completamente distaccati dalla realtà. Piuttosto le chiese

-Mi stai dicendo che sarò costretta a sorbirmi le tue pessime doti canore per le prossime ore?- Emma sembrò pensarci qualche secondo.

-Eh- valutò -esiste la possibilità- Regina sbuffò sonoramente e si accasciò di nuovo vicino al finestrino. La bionda sorrise, divertita dalla tragicità regale del sindaco, e alzò di nuovo il volume della radio, giusto in tempo per cantare l’ultimo ritornello a squarciagola. Regina si volse di nuovo. Osservò Emma cantare con innaturale stonatura e profonda convinzione allo stesso tempo e si sforzò di trattenere un sorriso, così come si sforzò, questa volta invano, di non pensare che il viaggio non sarebbe poi stato così terribile.

***

Alle 20:13 Regina Mills storse il naso.

-Che fai? Perché ti fermi?- Emma rallentò con la macchina fino a parcheggiare di fronte ad un motel nel mezzo del nulla.

-A meno che tu non voglia fare un incidente perché mi addormento alla guida, temo dovrai accettare il fatto che ho bisogno di riposarmi-  La bruna non ribatté ma aprì la portiera scocciata. Voleva che quel viaggio finisse al più presto; voleva tornare a casa e dimenticarsi di tutta quella faccenda. Afferrando le due valigie, entrambe osservarono la struttura malandata. Non aveva l’aria di essere molto curata né in alcun modo rassicurante ma era tutto ciò che Emma era riuscita a trovare quella sera così andarono in silenzio a fare il check in. L’anziana signora che le accolse s’illuminò vedendole entrare ed Emma si chiese quanto spesso le capitasse che qualcuno si fermasse lì per la notte. Al momento, oltre al suo maggiolino giallo, vedeva parcheggiate solo una macchina e una bicicletta.

-Desiderate una stanza do- La signora era già girata di spalle, pronta a concludere la frase e subito prendere una delle tante chiavi attaccate al muro dietro di lei, quando Regina s’intromise bruscamente

-Due- ed evitando lo sguardo rivoltole da Emma, aggiunse -due stanze singole- 

-Ma sì, certo!- esclamò l’anziana donna  posando due chiavi sul bancone e rivolgendo a entrambe un grande sorriso. E la bionda al suo fianco avrebbe voluto chiedere a Regina qualche spiegazione sul perché si rifiutasse di condividere una stanza con lei per una sola notte, ma non le sembrò il momento adatto. Piuttosto prestò attenzione alla signora dietro il bancone dandole i soldi dovuti e ringraziandola, per poi dirigersi verso le stanze con il bagaglio sotto mano. Solo quando fu uscita da quell’ufficio ed ebbe sentito il forte rumore del bagaglio di Regina scendere il gradino e atterrare pesantemente sull’asfalto, si rivolse alla bruna

-Ti do una mano- ma Regina si stranì

-Come scusa?-

-La valigia, è pesante. Ti aiuto a portarla- si chiarì Emma e si fece avanti, pronta a sfilare il manico dalla presa del sindaco. Questa però la serrò più forte e s’irrigidì.

-So portare una valigia Swan- così la bionda fece un passo dietro.

-Lo so, volevo solo essere gentile- Regina non disse nulla e si limitò a prendere un gran respiro, doveva calmarsi. Anche Emma, che ora la stava osservando, si era accorta di quanto fosse tesa e si chiese se non fosse colpa sua. Sì, per forza. D’altronde era l’unica persona con cui aveva avuto la possibilità di interagire per tutta la giornata e, magari, non aveva ben inteso quanto potesse risultare insopportabile agli occhi della bruna. Aveva sempre saputo di infastidire Regina ma ogni tanto le sembrava che fosse diverso, il fastidio, che per Regina fosse un fastidio piacevole; evidentemente si sbagliava. 

-Scusa- accennò con voce inaspettatamente timida, tanto da stupire e quasi intenerire la bruna che si apprestò a dire

-No, tu non- e questa volta fu lei a essere interrotta, dagli squilli del cellulare dello sceriffo.

-È Killian- mormorò Emma leggendo il nome del pirata sullo schermo del telefono. Si chiese se fosse meglio mettere il silenzioso e lasciarlo squillare a vuoto per poter ascoltare le parole di Regina o rispondere al suo fidanzato, ma fu la bruna che sciolse ogni dubbio sorpassandola velocemente e chiudendosi nella propria stanza, se possibile, ancora più nervosa di prima.

***

Dopo aver riattaccato, Emma decise di farsi una doccia per rinfrescarsi. Era rimasta al telefono pochi minuti, giusto il tempo di ascoltare Killian raccontarle tutte le novità che aveva intenzione di apportare alla sua splendida nave e rendersi conto che lo scopo di quella chiamata non era affatto assicurarsi che lei stesse bene. Al momento, però, aveva altri pensieri per la testa: Regina Mills. 

Si ricordava benissimo di aver visto qualcosa nei suoi occhi addolcirsi quando le aveva chiesto scusa, e quel qualcosa l’aveva inizialmente convinta di essersi sbagliata, che forse aveva capito male e la sua compagnia non doveva essere così tanto terribile. Poi però, in un istante, era sparito tutto. Come se Regina si fosse arrabbiata con lei perché Killian l’aveva chiamata. Non aveva alcun senso. E sì, proprio non la capiva quella donna. Un attimo prima sembrava andasse tutto per il meglio e quello dopo sembrava volesse polverizzarla all'istante. 

Una volta indossato il pigiama si sedette sul bordo del letto e si chiese cosa stesse facendo Regina nella stanza accanto. Da come le era sembrato di capire non era mai uscita da Storybrooke e, di conseguenza, non era mai stata lontana da tutto ciò che conosceva e… Henry. Non voleva che si sentisse sola. A distoglierla da quei pensieri fu il proprio stomaco che iniziò a brontolare, non mangiava da ore, e, inaspettatamente, le venne un’idea.

***

Regina era appena uscita dal bagno che sentì bussare alla porta. Era sicura che fosse Emma; ciò su cui non era sicura, invece, era se si sentisse infastidita o felice dalla sua presenza. Solo dopo che sentì le nocche della bionda contro il legno per la terza volta decise di mettere da parte quei pensieri e andare ad aprirle. La trovò con un sorriso incoraggiante in volto, i capelli legati in una crocchia disordinata e con addosso una vecchia maglia extralarge e dei pantaloncini corti da tuta; infine, tra le mani teneva due sacchetti di carta. Mormorò

-Swan- come per chiederle delle spiegazioni ma Emma prima decise di entrare e di posare i sacchetti di carta sul letto.

-Non abbiamo ancora cenato così ho pensato di ordinare qualcosa- Regina alzò un sopracciglio ma non ribatté alla vista della bionda entrare senza il suo invito e sedersi sul suo letto come se fosse la sua di stanza. Si sarebbe lamentata, ma una parte piccolissima del suo cuore era riconoscente allo sceriffo per aver pensato che potesse avere fame e aver rimediato. Comunque sia, non l’avrebbe ringraziata. 

La osservò in silenzio aprire i sacchetti simili a quelli del Granny’s e tirare fuori degli hamburger incartati.

-Vedo che conosci i miei gusti- affermò con una nota di sarcasmo nella voce e fu solo allora che Emma, voltandosi per controbattere che non aveva avuto poi molta scelta in quel luogo sperduto, prestò davvero attenzione all’aspetto del sindaco. Regina era in piedi davanti a lei con addosso nient’altro che un grande asciugamano avvolto attorno al corpo e un paio di pantofole. Osservò i suoi capelli scuri ancora bagnati e leggermente ondulati che gocciolavano sulle sue spalle nude; il volto, per la prima volta, senza un filo di trucco; poi scese e i suoi occhi si posarono sulle gambe nude in gran parte scoperte che le fecero dimenticare quanto stava per dire. 

Fu il colpo di tosse volontario di Regina che le fece alzare di scatto la testa e sentire le sue gote andare a fuoco. Anche la bruna sembrava sentirsi a disagio.

-Io… devo cambiarmi- ed Emma ci mise qualche istante a capire che quelle parole costituivano un chiaro invito a girarsi.

-Sì, certo- Regina camminò verso la fine della stanza, dove stava un grande comò, e si chinò per afferrare qualcosa dalla propria valigia ancora a terra. Emma intanto si volse dal lato opposto, rendendosi inaspettatamente conto della presenza di uno specchio, proprio di fronte a lei, che le avrebbe permesso di continuare a vedere Regina. Infatti, quando questa si rialzò, Emma non potè staccare gli occhi dal riflesso della bruna, dai suoi capelli ancora gocciolanti e dall’asciugamano bianco; poi vide le sue mani alzarsi per sciogliere il nodo dell’asciugamano e sfilarlo via ma si trattenne giusto un secondo per guardare la sua schiena nuda che si girò di scatto, volgendo ora lo sguardo al muro contro cui era posata la testata del letto. Non l’avrebbe guardata, sicuramente non senza il suo permesso, e allora perché le era risultato tanto difficile staccarle gli occhi di dosso? 

Regina era una bella donna, questo doveva ammetterlo, ma Emma si chiese se fosse solo quello il motivo, che Regina fosse oggettivamente una bella donna e basta.

-Allora?- le chiese Regina infilandosi l’intimo per interrompere quel silenzio imbarazzante. 

-Cosa?-

-Perché ti ha chiamato il tuo fidanzato? Voleva assicurarsi che io non avessi colto l’occasione di essere lontane da Storybrooke per ucciderti?- Emma ghignò giocando con la carta che aveva contenuto i loro hamburger fino a un minuto prima.

-Non proprio. Mi ha parlato delle modifiche che sta preparando per la sua barca- Regina incurvò le sopracciglia tirando fuori una camicia da notte grigia dalla propria valigia e mormorò sarcastica

-Interessante- La bionda accennò un sorriso pur sapendo che il sindaco non potesse vederlo

-Già- e alzò lo sguardo solo quando sentì il materasso affossarsi accanto a lei. 

-Mangiamo? Sto morendo di fame- le chiese e, vedendo la bruna annuire, le passò un hamburger. Entrambe li scartarono e presero un morso ma tutte e due mandarono giù il boccone a stento. Regina, con faccia schifata, ripose il panino sulla carta 

-In confronto quelli del Granny’s sembrano… buoni- Emma osservò il panino che aveva tra le mani e che sapeva di cartone, non aveva mai assaggiato qualcosa di tanto terribile.

-Detto da te poi…- e aggiunse -Non ho trovato nessun altro che consegnasse fino a qui- Nonostante ciò provarono a dare qualche altro morso, d’altronde la fame si faceva sentire, cercando di alternarli ad una chiacchierata. Non avevano mai avuto l’occasione di parlare molto ed Emma pensò che quel viaggio le avrebbe potuto dare l’opportunità di conoscere meglio la bruna e forse, ma solo forse, provare a farsi odiare leggermente di meno. Alla fine però, se lo sceriffo riuscì a finire tutto il suo hamburger, Regina lo lasciò appena a metà, decisamente più presa dalla piega che il discorso intrattenuto con la bionda stava andando a prendere

-Era questo che facevi per divertirti? Rubare nei supermercati?- le chiese confusa, sedendosi accanto ad Emma per poter poggiare la schiena contro la testata del letto. 

-Ero un’adolescente e a quell’età si cerca di essere ribelli!- si giustificò la bionda di fronte all’espressione quasi divertita di Regina. 

-Non dirmi che tu non hai mai fatto qualcosa che non avresti assolutamente dovuto fare. Insomma, qualcosa che nella Foresta Incantata equivarrebbe a derubare un supermercato- rise Emma e guardò la bruna pensarci qualche istante. 

-Beh… quando mia madre non c’era saltavo le lezioni che mi imponeva per vedermi con Daniel- Alla vista della bionda confusa, Regina le spiegò

-Era il mio stalliere e mia madre non avrebbe mai approvato, per nulla al mondo- Gli occhi dello sceriffo s’illuminarono

-Wow- Da circa mezz’ora Emma continuava a scivolare verso il basso con la schiena, tanto che ora era quasi del tutto sdraiata e Regina, sentendosi strana a guardare la donna al suo fianco così dall’alto, si abbassò alla sua stessa altezza, alzando un sopracciglio e domandandole

-Cosa?- Emma alzò le spalle.

-È solo che trovo difficile immaginare Regina Mills da adolescente ribelle che infrange le regole- 

-Ci sono tante cose che non sai di me- La bruna la guardò negli occhi ed Emma riuscì a stento a non distogliere lo sguardo, quasi come le mancasse il coraggio di rendersi conto dell’immensità negli occhi scuri di Regina. Con un filo di voce le chiese -Dimmele- e il sindaco sorrise

-Cosa vuoi sapere?- Emma ricambiò il sorriso.

-Non so… che musica ascolti, qual è il tuo piatto preferito, un film che non ti stancheresti mai di guardare… cose così- Regina sembrò esitare qualche secondo e in quell’istante il cellulare della bionda vibrò e si accese annunciando l’arrivo di un nuovo messaggio. E allora Regina si accorse che era tardi, che lei ed Emma erano sdraiate su un unico letto a confidarsi e che non era così che sarebbero dovute andare le cose, e si alzò a sedere.

-Dovresti andare, è tardi- il tono inaspettatamente gelido della bruna fece rabbrividire Emma che valutò di insistere per convincerla a farla restare, le piaceva parlare in quel modo con lei, ma si rese conto di conoscerla fin troppo bene da sapere che insistere per farle cambiare idea non sarebbe servito a molto se non a farla innervosire ancora di più. Allora si limitò ad alzarsi dal letto e a lanciarle un’occhiata.

-Sì, buonanotte- ma Regina, che evitava il suo sguardo, non le rispose neanche ed Emma uscì dalla stanza, insultando sottovoce quel suo maledetto telefono.

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Capitolo 2
*** Giorno 2 ***


Emma evitò accuratamente di lamentarsi quando Regina, salendo sul suo maggiolino, sbatté la portiera con forza inaudita. 

-Fermati al primo bar o tavola calda che vedi- le chiese la bruna, o meglio, le ordinò. Lo sceriffo alzò le sopracciglia.

-Buongiorno anche a te. Ti sei svegliata male?- ma quasi si pentì di averglielo chiesto quando Regina si volse a guardarla. Non poteva vederla bene negli occhi perché la donna indossava degli occhiali da sole scuri ma bastò immaginarsi lo sguardo che le rivolse per rabbrividire.

-Ti prendi gioco di me Swan?- il suo tono di voce, poi, non lasciava presagire nulla di buono così Emma preferì sospirare un -no- in risposta e mettere in moto la macchina. Era cosciente del fatto che sarebbero dovute rimanere chiuse in quel piccolo spazio per le prossime dieci ore e una discussione non era di certo il modo migliore di iniziare la giornata. E, in fondo, questo lo sapeva anche Regina che si limitò a lasciar perdere e a concentrarsi sulla strada di fronte a lei. Era stanca. La sera prima ci aveva messo ore ad addormentarsi, cercando di togliersi dalla testa quei due pensieri che non le permettevano di rilassarsi a dovere. Il primo pensiero era che aveva sbagliato tutto. Aveva sbagliato a lasciarsi convincere da Mary Margaret a intraprendere quel viaggio di cinque giorni sola con Emma; aveva sbagliato a pensare che poi non sarebbe stato tanto male quando la bionda si era messa a cantare a squarciagola al suo fianco; aveva sbagliato a provare quell’orribile fastidio sulla bocca dello stomaco quando stava per confidarsi con lei e il pirata le aveva interrotte; aveva sbagliato a farla entrare nella sua stanza, ad arrossire quando l’aveva guardata in quel modo, a sdraiarsi al suo fianco e raccontarle della sua infanzia. 

Il secondo pensiero, decisamente più contrastante, era che le era piaciuto. Le era piaciuto sentire la presenza di Emma al suo fianco per tutto il tempo e l’idea che sarebbe stato così anche per i prossimi giorni; le era piaciuta la sua spontaneità; le era piaciuto quando si era offerta di aiutarla con la valigia e quando le aveva portato quella schifosa cena in camera; e le era terribilmente piaciuto il modo in cui gli occhi della bionda si erano posati sul suo corpo e poter parlare liberamente con lei senza la costante, e assillante, presenza di Killian, Mary Margaret e compagnia bella. Ma proprio per questo, proprio perché tutto ciò le era piaciuto, era sbagliato. In più non aveva neanche fatto colazione. 

-Eccolo! Contenta?- Annunciò entusiasta Emma, perché lei sì che era contenta e sperava che dopo quella tappa la tensione accumulatasi nel suo povero maggiolino potesse lentamente dissolversi. Regina non rispose, semplicemente aprì la portiera ed entrò nella tavola calda seguita a ruota dalla bionda. Questa ordinò dei pancake con tanto sciroppo d’acero e una spremuta d’arancia e si sentì sollevata nel constatare che, dopo aver dato un morso al suo muffin ai mirtilli e aver bevuto un sorso del suo amato caffè nero, Regina apparve visibilmente più rilassata. Dopo qualche minuto si tolse persino gli occhiali, anche se non ne volle comunque sapere di iniziare una conversazione con lo sceriffo. E lo sceriffo non l’avrebbe obbligata in nessun modo, soprattutto alla vista delle occhiaie marcate della bruna che pensò, imbarazzandosi, non avevano per nulla intaccato la sua bellezza. 

***

Le rivolse la parola solo un’oretta più tardi mentre guidava quando, con la coda dell’occhio, vide Regina agitarsi di scatto sul sedile.

-Tutto bene?- Il sindaco si passò una mano sui capelli e strizzò forte gli occhi più volte

-Sì, mi ero addormentata un attimo- evidentemente, pensò, il caffè non era stato forte abbastanza. 

-Puoi dormire se vuoi, manca ancora qualche ora- ma la donna al suo fianco scosse la testa decisa, quasi schifata dalla proposta.

-No- Emma sorrise ascoltando quel tono e le lanciò un’occhiata veloce

-Perché?- Regina esitò e la bionda pensò che stesse pensando a che risposta dare, senza sapere che Regina, in realtà, già conosceva il motivo ma non glielo avrebbe detto. Piuttosto le disse 

-Sono piacevolmente sorpresa di vedere che questo aggeggio infernale funzioni ancora- A quelle parole lo sceriffo alzò il mento e sorrise orgogliosa

-Vedi? Te l’avevo detto, il mio maggiolino va che è una bomba- ma la bruna si affrettò a obbiettare 

-Non cantare vittoria troppo presto Swan, fossi in te non sarei tanto sicura che riuscirà anche a riportarci a casa- Emma alzò gli occhi al cielo divertita.

-Beh in questo caso saremmo costrette a restare ad Atlanta più del dovuto e non so quanto l’idea ti alletti- poi fermò la macchina per fare rifornimento. Regina la osservò scendere

-Pensi che per me sarebbe tanto terribile l’idea di restare con te ad Atlanta qualche giorno in più?- Un minuto dopo la bionda tornò, con un’espressione spavalda in viso

-Tu ed io qualche giorno in un’altra città, sole, senza uno stregone da cercare o Storybrooke da salvare, per rilassarci e fare tutto quello che vogliamo. Non sarebbe tanto male, potrebbe essere la nostra prima vacanza insieme- Regina però raddrizzò la schiena e tornò seria in un istante

-Ripensandoci sì, sarebbe terribile- poi aggiunse in tono leggermente sprezzante 

-Inoltre non penso vorresti far soffrire il tuo fidanzato per la tua assenza- ma lo sceriffo fece spallucce.

-Io invece non penso che gli mancherei poi così tanto- La bruna alzò un sopracciglio guardandola rimettere in moto l’auto.

-Non mi ha neanche salutata. Ieri mattina ancora dormiva e la sera prima era troppo impegnato a guardare la partita con i suoi amici per rivolgermi la parola- Allora Regina, sarcastica, le rispose

-Che gusti fantastici che hai Swan- ed Emma controbatté, sarcastica anche lei

-Divertente…- ma finì lì il discorso. La bruna non si sarebbe mai esposta a tal punto da dirle che avrebbe dovuto avere una persona al suo fianco che l’amasse sul serio, che le stesse sempre accanto e riconoscesse il suo valore, qualcuno come lei, perché sapeva che sarebbe stato semplicemente impossibile. Emma non l’avrebbe mai vista in quel modo.

 

***

Emma Swan aveva acceso la radio da circa mezz’ora. Non ce la faceva più a stare alla guida, non era abituata a percorrere così tanti chilometri e sognava trepidante il momento in cui avrebbe potuto spengere il motore e andare a rilassarsi in una camera d’hotel; ma le mancavano ancora un po’ di ore e aveva pensato che della musica in sottofondo l’avrebbe aiutata a distrarsi. L’aveva comunque lasciata a basso volume non volendo peggiorare il mal di testa della bruna. Tutto questo fino a quando Emma non vide con la coda dell’occhio Regina muoversi. Si volse per un istante, per non perdere di vista l’autostrada, e vide il sindaco darle le spalle. Aveva la testa poggiata sullo schienale ma leggermente piegata in avanti e di conseguenza alcune ciocche ora le coprivano il volto. 

-Regina?- ma la donna non rispose. Emma guardò la strada davanti a sé poi di nuovo la figura girata del sindaco e riprovò

-Regina stai dormendo?- quando anche questa volta non arrivò nessuna risposta la bionda sorrise, pensando ironicamente al no tanto deciso di Regina poco prima. 

Perché infatti Regina non avrebbe voluto per nulla al mondo addormentarsi in macchina con Emma. Sarebbe stato imbarazzante per lei farsi vedere in quello stato, così naturale, così vera. Poi, però, si era resa conto che quei sedili tanto scomodi iniziavano a esserlo sempre meno, che la musica in sottofondo era piacevole, che i campi verdi che vedeva dal finestrino le trasmettevano un senso di quiete e che sentire Emma lì, al suo fianco, con la sua aura, era rilassante. Non l’avrebbe voluto per nulla al mondo, ma iniziò a sentirsi come se la presenza di Emma la rassicurasse, come se lì dentro, accanto a lei, non le sarebbe potuto succedere nulla, e finì per addormentarsi.

 

***

Si svegliò qualche ora più tardi. Sentendosi avvolta in un calore confortante, aprì gli occhi e si rese conto di avere una morbida coperta grigia addosso, Emma stava ancora guidando. Strizzò gli occhi un paio di volte per mettere a fuoco la vista, si tirò indietro i capelli e si sedette dritta.

-Quanto ho dormito?-

-Quattro ore circa- La bruna annuì ed esitante mormorò

-Grazie… per la coperta- Emma sorrise.

-Ti ho anche preso qualcosa da mangiare visto che non hai pranzato- e le indicò un sacchetto con dentro un tramezzino, poi subito aggiunse

-Lo so che non è molto per pranzo ma non conosco bene i tuoi gusti. Se vuoi possiamo fermarci da qualche parte e scegli tu cosa prendere- Regina si chinò in avanti afferrando il sacchetto bianco di carta e tirò fuori il tramezzino farcito con tonno e pomodori osservandolo per qualche istante

-Se non è come gli hamburger di ieri sera andrà più che bene- Diede un morso e fu ben contenta di ammettere che, sì, era decisamente più commestibile. Si guardò intorno e chiese 

-Quanto manca ancora?-

-Tre ore al massimo- La bruna sospirò, non ce la faceva più a stare chiusa in quella macchinetta, le mancavano tutti i confort di casa e, sebbene nutrisse un amore incondizionato nei confronti del suo maggiolino, anche Emma era della stessa opinione.

-Magari se parliamo di qualcosa il tempo passa più in fretta- 

-E di cosa vorresti parlare?- Emma ci pensò qualche istante.

-Non so… qualsiasi cosa. Qual è il tuo colore preferito?- Regina le lanciò uno sguardo accigliato e ironica le rispose

-Interessante spunto di conversazione Swan- provocando un sorriso alla bionda. Entrambe rimasero in silenzio per un minuto buono poi, d’un tratto, Regina la chiamò

-Emma-

-Sì?-

-Mi racconti com’è stata la gravidanza di Henry?- Emma rimase interdetta, non aspettandosi una richiesta del genere.

-Cosa vuoi sapere esattamente?- la bruna alzò le spalle.

-Tutto. Se scalciava, se ti faceva male, che sensazione era; com’era sapere di avere un bambino che cresceva dentro di te- Regina abbassò lo sguardo sulla sua pancia posandoci una mano sopra e la sua voce divenne inaspettatamente più bassa e delicata

-Mi sono sempre chiesta come ci si sentisse- Così Emma le raccontò per la prima volta della sua gravidanza. Raccontò di come l’avesse scoperto, della prima volta che l’aveva sentito muoversi, di quando lo sentiva scalciare, di tutti i dolori e di tutte le emozioni provate. Le disse anche i più intimi dettagli, cose mai dette a nessuno, e Regina l’ascoltò per tutto il tempo, a volte anche con gli occhi lucidi. Erano state tante le volte in cui aveva provato a immaginarselo, come sarebbe stato per lei, ma sapeva che non sarebbe mai stato possibile; e comunque aveva Henry, che amava più di qualsiasi altra cosa al mondo. 

 

***

Erano le 18:20 quando il maggiolino si fermò a pochi passi da un hotel. Emma e Regina, dopo esser scese dalla macchina e aver apprezzato l’asfalto sotto ai piedi, entrarono a prenotare una camera. Questa volta la donna alla reception era molto più giovane ma il sorriso era lo stesso. Lo sceriffo lanciò un’occhiata alla bruna poi disse

-Due camere singole, per favore- La donna dietro al bancone controllò qualcosa al computer poi scosse la testa sconsolata.

-Sono terminate, mi spiace. Vi potrebbe andare bene una camera matrimoniale?- Emma esitò, guardando di nuovo Regina. A lei non infastidiva affatto dormire accanto alla bruna ma sentiva uno strano imbarazzo nel dire di sì in modo così tempestivo e poi, il vero problema, era il sindaco; perché si ricordava di come aveva insistito per due camere separate e per rispedirla al proprio letto solo il giorno prima. Alla fine la bruna, seppur titubante, mormorò

-Se non si possono avere due camere…- così la receptionist, con un grande sorriso, le porse le chiavi della stanza. 

Una volta entrate Emma non esitò ad abbandonare la propria valigia a terra e buttarsi a capofitto sul letto. Ora sì che stava bene. 

Regina alzò un sopracciglio osservando la bionda sdraiata sul grande letto con le braccia spalancate, i capelli sparsi sul lenzuolo e un’espressione soddisfatta in volto.

-Sei proprio una bambina- Emma si alzò sui gomiti e incurvò di poco la testa.

-Non giudicarmi. So che anche tu muori dalla voglia di sdraiarti su un letto decente- Poi con la mano picchiettò sul materasso, come per invitarla. Regina in un primo momento sembrò riluttante ma poi raggiunse la bionda e, anche se con meno euforia, si sdraiò al suo fianco. Respirò profondamente, godendosi la sensazione della sua schiena posata su quel morbido materasso, e anche lo sceriffo riappoggiò la testa sulle coperte per poi voltarla e guardare il sindaco, soffermandosi sul profilo del suo naso. Regina si volse, sentendosi osservata, incontrò gli occhi verdi di Emma, la vide sorridere e non riuscì a trattenere un mezzo sorriso anche lei. Emma lo pensò di nuovo, che fosse bellissima, e fu tentata di alzare la mano e segnare con il dito il profilo del suo naso quando, d’un tratto, lo sguardo della bruna si fece più scuro, quasi sofferente, e Regina si alzò velocemente.

-Io… vado a farmi la doccia-

 

Mezz’ora dopo Regina uscì dal bagno con addosso un pigiama in raso a due pezzi e un asciugamano premuto sulle punte dei capelli per asciugarli. Appena sentì la voce di suo figlio rivolse uno sguardo ad Emma e, vedendola in videochiamata, corse a sedersi al suo fianco.

-Ciao Henry, come stai?- 

-Bene mamma, tu?- Regina sorrise, poteva sembrare esagerata ma le era mancata da morire la voce di suo figlio in quei due giorni.

-Bene anche se mi manchi tanto- poi, quando si aggiunse la voce della bionda al suo fianco, il sindaco distolse gli occhi da Henry e si rese conto che non era solo. Dietro di lui stavano David e Mary Margaret, quest’ultima particolarmente euforica.

-Come sta andando lì il sortilegio? Noi cerchiamo di tornare il prima possibile- E a quella domanda fu Snow infatti a rispondere

-Oh bene, cioè non che sia cosa gradita ma per ora non ci sono morti. Voi fate con calma, prendetevi tutto il tempo che vi serve- Emma esitò a rispondere, non sapendo bene come interpretare quelle parole, e si scambiò un’occhiata confusa con Regina poi David aggiunse

-Comunque ci mancate tanto, non vediamo l’ora che torniate- continuarono a parlare per una decina di minuti raccontandosi le ultime vicende avvenute in città e come fosse andato il viaggio fino ad allora, quando David annunciò che avrebbero dovuto iniziare a preparare la cena e quindi si salutarono. Mary Margaret mormorò -divertitevi- facendo loro l’occhiolino e, quando chiuse la chiamata, Emma si rivolse a Regina

-Era strana mia madre, non trovi?- 

-Decisamente ma, d’altronde, c’è mai stato un giorno in cui non lo fosse?- domandò la bruna retorica e la bionda roteò gli occhi divertita.

-Ti va se ordiniamo il servizio in camera per cena? Così mentre mangiamo possiamo iniziare a pensare da dove partire domani- e Regina annuì. Dopo aver chiamato e ordinato la cena Emma andò a darsi una rinfrescata e intanto la bruna iniziò a guardare la mappa. Avrebbero dovuto pensare a dove potesse trovarsi lo stregone per avere una pista da seguire domani.

Alle 20:45 Emma e Regina si sedettero entrambe sul letto, alternando un boccone della loro cena allo studio della mappa della città.

Alle 21:22 Regina rise dopo che Emma, alla vista di un parco segnato sulla mappa, lo prese come pretesto per raccontarle di quando da adolescente, andando sullo skate, per evitare di andare addosso a un bambino, girò di scatto per poi sbattere malamente sulla ringhiera di un lago, capovolgersi e quasi annegare in mezzo alle papere.

Alle 21:23 Emma pensò per l’ennesima volta che Regina fosse bellissima e decise di mettere da parte il lavoro per guardare un film in tv.

Alle 21:37 Regina posò la propria mano su quella di Emma. -Lascia, questo film mi piace- e ad Emma vennero i brividi.

Alle 22:15 Emma versò un po’ di vino bianco nel calice di Regina e nel proprio, e Regina poggiò la testa sulla sua spalla mentre Carol scorreva in tv.

Alle 22:50 Tutte e due si addormentarono.

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Capitolo 3
*** Giorno 3 ***


Già dalle prime luci dell’alba si sarebbe potuto prevedere come quella sarebbe stata una delle giornate più insolite degli ultimi tempi per Emma e Regina. E difatti, la situazione in quella camera d’hotel era ciò che di meno solito potesse esistere. La bionda, ancora nel mondo dei sogni, era sdraiata sotto le coperte e poggiava il proprio mento sulla testa della bruna, anche lei addormentata, con la guancia premuta contro il petto dello sceriffo, un braccio intorno al suo fianco e la propria gamba sinistra sopra la sua. 

Probabilmente fu perché erano giorni che non riposavano su un materasso decente e il vino bianco era stato particolarmente buono e forte, ma quell’insolita situazione si scosse solo verso tarda mattinata quando Regina, ancora intorpidita dal sonno, mosse piano la testa accorgendosi di non poggiarla su un cuscino. Quando realizzò di trovarsi appiccicata ad Emma aprì gli occhi e con uno scatto si tirò a sedere. La bionda, dal suo canto, si strofinò la faccia, per niente contenta di quel brusco risveglio.

-Che diamine fai?!- Lo sceriffo guardò Regina, confusa da quel tono e incurvò le sopracciglia. 

-Boh- La bruna sbuffò sonoramente, si tirò indietro i capelli e lanciò uno sguardo fugace fuori dalla finestra. 

-Buongiorno anche a te- mormorò sarcastica Emma e, non l’avesse mai fatto, il volto del sindaco si scurì dalla rabbia.

-Non puoi fare così!- 

-Non ho ancora capito cos’è che faccio di tanto eclatante da farti saltare i nervi!- Regina esitò. Cos’è che faceva Emma? Le stava vicina, era gentile, sorrideva, la guardava in quel modo ma nient’altro. Era questo il problema. Emma non faceva nient’altro, eppure lei non riusciva a staccarsi. 

Si diceva di non dover pensare alla bionda e partiva per un viaggio di cinque giorni con lei.

Si diceva di starle lontana e la faceva entrare nella sua stanza per poi spogliarsi vicino a lei e trascorrere la serata insieme.

Si diceva che era tutto sbagliato per poi passare la notte tra le sue braccia. 

Emma non faceva niente.

-Lascia perdere- ma non fu così semplice perché ora quella nervosa era la bionda.

-No, non lascio perdere perché non è normale che ogni mattina tu te la debba prendere con me! Qual è il tuo problema?- 

-Sei tu, tu sei il mio problema- e Regina lo pensò davvero, non sopportando il modo in cui Emma nel frattempo era scesa dal letto e ora la raggiungeva con quel suo fastidioso passo spavaldo; e, mentre ad ogni passo della bionda la distanza tra le due diminuiva, il sindaco continuò

-Sei insopportabile Swan. Non avrei mai dovuto ascoltare tua madre e seguirti fin qui- intanto la rabbia in Emma cominciava a crescere

-Non puoi parlarmi come se tu fossi la persona più amichevole del mondo Regina- La bruna la guardò in un modo tale che Emma iniziò ad avere vagamente paura ma non si scompose e continuò a tenere gli occhi fissi su quelli scuri di fronte a lei.

-Bene Swan, perché non ho nessuna intenzione di comportarmi amichevolmente con te- Lo sceriffo alzò un sopracciglio

-Beh non l’avrei detto stanotte mentre mi abbracciavi- Regina esitò. Le sue guance si tinsero di rosso ed Emma inizialmente non seppe dire con sicurezza se fosse per l’imbarazzo o per la rabbia ma poi, dato lo sguardo di ghiaccio che le rivolse, si convinse che fosse la seconda. La bruna si volse e, dirigendosi verso il bagno, le disse

-Tra dieci minuti usciamo. Voglio tornare a Storybrooke e non vederti più- per poi chiudersi la porta alle spalle. Emma si sedette sul bordo del letto sbuffando e guardò la porta. Le parole della bruna l’avevano ferita, non si aspettava che le dicesse di non volerla vedere mai più. Non credeva di certo che la discussione sarebbe finita in quel modo, doveva essere lei ad arrabbiarsi; era stata Regina a comportarsi male con lei, non il contrario. Ed ora era arrabbiata, sì, ma anche terribilmente ferita.

Dieci minuti dopo erano fuori dall’hotel. 


***

Per tutta la mattinata si misero alla ricerca dello stregone che, presumibilmente, avrebbe potuto aiutarle a sistemare le cose a Storybrooke. Non avevano chissà quanti indizi, solo diverse piste da seguire, ma furono fortunate poiché la terza si rivelò quella giusta e lo stregone neanche troppo indisponente, tanto che le aiutò volentieri. Per questo nel primo pomeriggio, rientrando in macchina, Emma si chiese cosa fosse meglio fare. Non si erano più rivolte la parola da quel brusco risveglio, Regina neanche la guardava, e la bionda si sentiva uno schifo. All’inizio aveva pensato che quel viaggio sarebbe potuto essere un’opportunità per legare di più con il sindaco, non aveva messo in conto che Regina potesse non essere della stessa opinione. E ora pensò che forse avrebbe dovuto mettere in moto il maggiolino, tornare in hotel a raccogliere le loro cose e rimettersi in viaggio per Storybrooke. D’altronde era questo ciò che Regina voleva, no? Fece per dirglielo, che sarebbero tornate a casa prima del previsto, quando ci pensò la bruna a interrompere il silenzio.

-Non è vero che non voglio più vederti- sussurrò, tenendo lo sguardo fisso sulle proprie mani. Perché Regina, in realtà, si sentiva in colpa per quella mattinata, e anche per quella prima. Inizialmente, presa dall’orgoglio, aveva sperato che Emma lasciasse perdere e che le cose si risolvessero da sole ma poi, lanciandole qualche sguardo quando la bionda non se ne sarebbe potuta accorgere, si era resa conto che no, questa volta non avrebbe fatto un passo indietro. Emma la osservò e le chiese

-Allora perché l’hai detto?- Regina rimase in silenzio. Pensò di averglielo detto perché in realtà era il contrario: lei voleva vedere Emma, eccome se voleva. Più dettagliatamente voleva vedere Emma ogni mattina da appena sveglia, a lavoro, a pranzo e a cena, e anche prima di dormire; e, poiché tutto ciò le faceva una paura assurda, aveva preferito dirle di non volerla vedere affatto. Non che tutto ciò avesse un senso, sapeva di aver sbagliato.

Di fronte al silenzio di Regina, la bionda decise di non insistere oltre. Era già tanto che si fosse esposta in quel modo e, sperando che la bruna non volesse davvero ripartire subito, propose

-Stasera usciamo- Regina la guardò e in quello sguardo Emma non seppe perché ma si imbarazzò e si affrettò a chiarire

-Non come un appuntamento. Più… un’uscita tra amiche- La bruna annuì abbassando lo sguardo

-Certo-

***

È un’uscita tra amiche. Se l’erano ripetuto tutto il pomeriggio e anche la sera, sedendosi al tavolo di quel pub che Emma aveva trovato tramite un’accurata ricerca su Google. Aveva cercato di ripeterselo Regina osservando quanto la bionda fosse bella con quella camicia bianca, quei jeans a vita alta e quei luminosi capelli biondi ondulati. Emma, invece, aveva smesso di ripeterselo da un po’; più precisamente da quando aveva visto la bruna uscire dal bagno della loro camera d’hotel con quel top a bretelle e quella gonna a tubino che, accompagnati alla bellezza del suo fisico, creavano una visione da mozzare il fiato. Bevendo un sorso del suo cocktail, domandò

-Quindi?- Regina incurvò le sopracciglia confusa e fece ruotare la propria cannuccia all’interno del bicchiere di vetro, lo sceriffo si spiegò meglio

-Credo di averti raccontato tutto sulla mia gravidanza, ora tocca a te: che mi dici di prima che me lo ritrovassi davanti alla porta di casa?- La bruna sembrò pensarci per qualche secondo 

-Beh ora è più tranquillo ma fino ai dieci anni è stato un piccolo tornado, combinava sempre guai. In effetti, mi sarei dovuta aspettare che un possibile ritorno della sua madre biologica mi avrebbe creato non pochi problemi- Emma si finse offesa ma in realtà era divertita

-Però ora è passato tanto tempo, non lo faccio più- provò a mostrare un’espressione da cucciolo ma Regina non ci cascò e scosse la testa

-Swan tu mi crei più problemi di quanto immagini- 

-Tipo?- La bruna fermò la cannuccia e bevve un sorso.

-Tipo… un problema è che non ti accorgi di tutti i problemi che mi crei- ma Emma non badò più di tanto al senso della frase e, già brilla, rise

-Cos’è? Uno scioglilingua?- Regina sorrise e riprese a raccontare di henry, finì di parlare solo quando i bicchieri di entrambe si svuotarono ed Emma si sbrigò per farne arrivare altri due così, dopo poco, anche Regina si dimenticò che quella, in teoria, non era altro che un’uscita tra amiche.

-Ho un dubbio che mi assale Swan- ad un certo punto disse, quando anche quel secondo cocktail era vicino al fondo.

-Sì?-

-Mi spieghi come hai fatto a metterti con il pirata?- La bionda fissò gli occhi sul bicchiere che teneva tra le mani e, quasi potesse trovare la risposta al suo interno, bevve un lungo sorso ed esclamò

-Io lo amo- poi la sua espressione, insieme a quella del sindaco, s’incrinò e aggiunse 

-credo- 

Regina alzò un sopracciglio e, sarcastica, rispose

-Questo sì che sembra un buon presupposto per il Vero Amore-

-Ma io lo voglio! Il Vero Amore. Passo ogni giornata subendo quello dei miei genitori, come faccio a non volerlo anch’io? Anche solo per dimostrare loro che ci sono riuscita- 

-E pensi di riuscire a trovarlo in Killian?- Emma alzò le spalle

-In chi altro potrei trovarlo?- e in quel momento, una parte remotissima del cuore della bionda, le fece sperare che Regina la guardasse, le sorridesse e le dicesse che avrebbe potuto trovarlo in lei. Questo però non accadde. La bruna si limitò ad abbassare lo sguardo e a finire anche il secondo cocktail, lasciando le parole dello sceriffo sospese nell’aria. Emma si diede della stupida. Come poteva venirle in mente una cosa del genere? 

Non cercò una risposta, come non l’aveva cercata quando una parte di lei si era trattenuta a osservarla più del dovuto la prima sera né tutte le volte che si era chiesta come Regina potesse essere tanto bella o quando, vedendola addormentata sulla sua spalla, l’aveva stretta di più a sé e si era addormentata così. Sarebbe stato troppo complicato e preferì dare la colpa all’alcol. 

E si sentì sollevata quando, dopo aver bevuto anche uno shottino, ormai ubriaca, non si sentì in imbarazzo nel chiedere

-Posso farti una domanda Regina?- La bruna, dopo aver bevuto il suo, di shottino, strizzò gli occhi e fece segno di sì con la testa. Emma si mosse sulla sua sedia.

-È un po’ personale- esitò non volendo far sentire a disagio il sindaco, senza sapere che anche Regina, seppur meno di lei, fosse già abbastanza ubriaca. 

-Su dimmi- Emma la osservò in silenzio, la bruna ricambiò il suo sguardo e allora si convinse che sì, doveva saperlo

-Ti ricordi il periodo in cui Malefica è tornata umana ed è rimasta a Storybrooke per un po’?- 

-Sì, perché?- Nel frattempo arrivarono altri due shottini.

-Ecco… ho sempre notato una certa chimica tra di voi così mi sono chiesta se…- La bionda distolse gli occhi dal sindaco.

-Se tra di voi, ecco…- Emma esitò di nuovo ma inaspettatamente ci pensò Regina a chiarire ogni suo dubbio

-C’è mai stata una relazione?- 

-Okay. È una domanda stupida, lo so-

-Trovi stupido che io possa aver avuto una relazione con una donna?- La bionda arrossì. 

-No- Se l’era chiesto più di una volta, se Regina fosse in quel modo. Sapeva che non le sarebbe dovuto interessare. Lei pensava che Regina fosse bella, anche sexy, si era chiesta più volte come sarebbe stato baciarla, ma non era in quel modo; era solo curiosa. 

Il sindaco bevve il suo shottino.

-Sì, c’è stato qualcosa- Emma provò a immaginarsela, con una donna, e a quel pensiero 

sentì un calore avvolgerla che provò a stemperare bevendo.

-Ed è stato- aggiunse poi la bruna -come dire, molto focoso- e allora Emma scoppiò in una fragorosa risata, seguita da Regina. Sì, erano decisamente ubriache, ed era tardi. 

-Forse dovremmo andare- sospirò ad un certo punto il sindaco, guardando l’ora dal cellulare.

-No, dai. Mi piace stare qui con te- La bruna trattenne un sorriso

-Sì?-

-Sì- rispose Emma con sicurezza -Sei bellissima e divertente e non voglio andarmene-

-E tu sei ubriaca- 

Venti minuti dopo entrambe scesero dal taxi e salirono fino alla loro stanza d’hotel. Emma aprì la porta e Regina si sedette sul bordo del letto. La bionda la seguì e le si sedette accanto

-Ci siamo divertite- si sorrisero e Regina pensò che sì, era tanto che non si divertiva così ed era tutto grazie ad Emma e allo splendido sorriso che le rivolgeva ora. E forse fu per l’alcol ma la bruna posò gli occhi sulle labbra dello sceriffo e non riuscì a trovare la forza necessaria per tirarsi indietro e non baciarla, cosa che fece. In un primo momento Emma rimase immobile, non si aspettava di poter baciare Regina, di sapere davvero come fosse baciarla e, soprattutto, non si aspettava che potesse essere la bruna a fare il primo passo. Poi si rese conto che era tutto troppo perfetto e ricambiò. In quel momento il sindaco si scansò si alzò, quasi come avesse appena ricevuto una scossa in grado di riportarla alla realtà.

-Scusa, non posso- La bionda la guardò dal basso, guardò il suo fisico perfetto e le sue labbra morbide e pensò che non poteva assolutamente lasciare che le cose finissero in quel modo. Si alzò anche lei.

-Perché?- 

-Siamo ubriache- Emma prese la bruna per i fianchi

-Io so cosa voglio, Regina. Voglio te. Tu non mi vuoi?- la strinse ancora di più e l’avvicinò a sé. Regina non rispose, la guardò negli occhi e lottò con tutta se stessa per posare le mani sulle sue spalle e allontanarsi di qualche centimetro. Cercò disperatamente nella propria testa un appiglio, un qualsiasi motivo che la spingesse a pensare razionalmente e tirarsi indietro.

-Sei fidanzata. Non posso, non voglio soffrire- ma la risposta di Emma fu inaspettata 

-Lo lascio- Regina la guardò, ci mise un po’ a rendersi conto di quelle parole ma, quando Emma riprese a baciarla, mandò tutto all’aria. Era inutile, almeno in quel momento, cercare di tirarsi indietro. Lo voleva da morire, l’aveva sempre voluto, e ora sapeva di volerlo anche Emma; per una sera si sarebbe potuta lasciar andare. 

Un minuto dopo Emma la spinse contro il letto e si mise sopra di lei.

 

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Capitolo 4
*** Giorno 4 ***


Emma aprì gli occhi ma la luce del sole fu così accecante che li richiuse subito e si girò dall’altra parte. Si prese qualche minuto per provare a riaddormentarsi, le faceva male la testa e aveva bisogno di dormire un altro po’, poi si ricordò degli avvenimenti della sera prima e aprì di nuovo gli occhi. Vide Regina, o meglio, la sua schiena nuda e i suoi capelli scuri. Era sdraiata a pancia in giù con il viso rivolto verso la porta della stanza e con le braccia teneva stretto il cuscino sotto la testa. Sorrise. Se non fosse stata nuda e se non ci fosse stata la figura del sindaco al suo fianco, anch’essa nuda, avrebbe stentato a credere a ciò che era successo. Eppure tutto era vero. L’aveva baciata, l’aveva accarezzata e toccata, aveva potuto sentire il suo corpo contro il proprio, l’aveva sentita sospirare e gemere ed era stato tutto mille volte meglio di come se l’era sempre immaginato. Perché sì, era capitato che qualche volta Emma se lo immaginasse, come durante le riunioni municipali quando si annoiava, si accorgeva di quanto fosse sexy Regina e allora la sua mente iniziava a vagare; ma nulla sarebbe mai stato paragonabile alla scorsa notte. Quando anche il sindaco iniziò a muoversi, giusto un minuto più tardi, un lieve accenno di panico l’avvolse. Si chiese se sarebbe stato come le altre mattine, se Regina si sarebbe svegliata incazzata, o se si sarebbe pentita di aver fatto sesso con lei. In fondo erano ubriache, l’aveva ammesso lei stessa prima che andassero a letto, e sarebbe stato del tutto prevedibile che ora si fosse svegliata rendendosi conto di aver fatto una gran cazzata. La testa della bruna si mosse ed Emma chiuse gli occhi di scatto fingendo di dormire. Attese qualche secondo, aspettandosi di sentire il materasso affossarsi e tornare normale, segno che Regina si fosse seduta e poi alzata, o comunque di sentire la sua voce; ciò che sentì, invece, fu la sua stretta attorno al braccio e il profumo dei suoi capelli sotto il proprio naso. Forse non se n’era pentita. Aprì piano gli occhi e si accorse che, nonostante la notte passata, sentirla tanto vicina le faceva ancora mancare il respiro.

-Buongiorno sindaco- Regina tenne gli occhi chiusi e avvicinò il volto all’incavo del collo della bionda

-Buongiorno sceriffo- La mano di Emma scese fino alla sua schiena nuda e iniziò a farle i grattini. Rimasero in quella posizione per qualche minuto quando Regina si volse e, tenendosi il lenzuolo all’altezza del petto, cercò le proprie pantofole. Emma storse il naso

-Che fai?-

-Mi alzo, cosa che dovresti fare anche tu se vuoi tornare a Storybrooke- la bionda si alzò, tenendosi con il gomito piantato sul cuscino

-Se ti dicessi che non ci voglio tornare a Storybrooke?- Regina continuò a darle la schiena ma volse la testa per guardarla negli occhi. Neanche lei voleva tornarci a Storybrooke. Se fosse stato per lei sarebbe rimasta lì, in quel letto, con Emma Swan, per chissà ancora quanto tempo, senza dover affrontare le ripercussioni che quella notte avrebbe scatenato; ma non era da lei scappare dai problemi. 

-Insomma, cinque giorni per una vacanza sono un po’ pochi, non trovi?- continuò Emma.

-Vuoi rifarlo? Come dici tu… senza Storybrooke da salvare ecc? Solo noi due- C’era una scintilla negli occhi di Regina, qualcosa che la bionda trovò estremamente sexy. Scese con gli occhi fino a trovare il lenzuolo a privarla di quella meravigliosa vista. Allungò la mano e ne afferrò un’estremità.

-Perché ti copri?- Regina afferrò l’altra estremità e sfilò il lenzuolo dalla presa di Emma alzando un sopracciglio

-Perché so bene che sarebbe una distrazione per te- Detto ciò, finì di avvolgersi il lenzuolo attorno al corpo e si alzò dal letto. Emma si morse il labbro e la osservò chinarsi sulla propria valigia per afferrare dei vestiti.

-Preparati Emma, voglio fare colazione prima di ripartire- disse la bruna ad alta voce e, chiusasi la porta del bagno alle spalle, Emma si ributtò a capofitto sul letto. 

 

***

 

Dopo aver fatto un’ abbondante colazione si rimisero in viaggio. Partirono che era ormai quasi ora di pranzo ma non si fermarono di nuovo per mangiare. L’aria che si respirava in quel maggiolino era completamente diversa da qualche giorno prima, quando avevano iniziato quel viaggio. Ora Regina teneva il finestrino semi aperto e guardava il paesaggio più rilassata mentre Emma teneva la radio ad alto volume e ogni tanto canticchiava qualche verso. C’erano tante cose di cui avrebbero dovuto parlare, ne erano entrambe consapevoli, ma preferirono rimanere in silenzio. Quella sensazione era troppo piacevole, e tutte e due erano troppo spaventate dalle conseguenze che un chiarimento avrebbe potuto trascinare, per rompere quell’armonia. Emma, semplicemente, ignorava del tutto la questione; Regina, invece, continuava a ripetersi che fosse meglio rimandare. Ciò, quindi, permise che in quel maggiolino continuasse ad alleggiare un clima sereno e di questo se ne accorsero anche Snow, David ed Henry, quando le chiamarono per degli aggiornamenti. 

Emma disse loro che tutto era filato liscio e che stavano già tornando a casa e Mary Margaret insistette affinché restassero ad Atlanta qualche giorno in più. La situazione non è delle più piacevoli, disse, ma possiamo resistere, in fondo sono morte solo due persone. David la interruppe ed Emma, seppur non capendo il perché di quelle parole, rise guardando Regina. La bruna le sorrise di rimando e allora Snow si calmò e ammise che comunque gli mancavano; poi Henry chiese loro

-Com’è Atlanta?- ed Emma gli rispose

-Molto carina, anche se in realtà non l’abbiamo visitata tanto. Eravamo più concentrate sul cercare lo stregone- e il ragazzo allora sospirò

-Uffa, anch’io voglio uscire da Storybrooke per una volta. Perché non facciamo una vacanza di famiglia?- La bionda esitò, lanciò uno sguardo a Regina come per valutare cosa dire ma la vide rossa dall’imbarazzo così rispose

-Magari un giorno ragazzino- e, nel dirlo, la sua mano si mosse fino a posarsi sulla coscia della bruna e accarezzarla piano; si sforzò di trattenere un sorriso quando la bruna, tesa, scacciò la sua mano accavallando le gambe. Continuarono a parlare per un’altra decina di minuti poi si salutarono e lo sceriffo ricominciò a concentrarsi sulla strada. Qualche minuto più tardi, quando vide che Regina aveva abbassato la gamba, riposò la mano sulla sua coscia. Il sindaco la guardò

-Non riesci a proprio a tenere le mani a posto, eh?- La bionda accennò un ghigno e strinse leggermente di più la sua presa, pur continuando a tenere gli occhi sull’autostrada

-Perché, ti dà fastidio?- Regina roteò gli occhi e riprese a osservare i campi verdi fuori dal finestrino. No, non le dava per niente fastidio; anzi, una parte di lei voleva addirittura che quella mano salisse ed Emma evidentemente interpretò quel silenzio nel modo giusto quando fece salire la propria mano di qualche centimetro. Ma, nonostante il battito accelerato, Regina l’ammonì

-Swan- e la bionda si sbrigò a tornare indietro senza, però, azzardarsi ad allontanare del tutto la mano. Invece, le chiese

-Ti è piaciuto ieri?- Regina alzò un sopracciglio 

-Non è stato male- Emma corrucciò lo sguardo mentre un mix di ansia e agitazione iniziava a farsi strada dentro di lei balbettando

-Era la prima volta che lo facevo con… una donna-  e la bruna accennò un piccolo sorriso

-Lo so, scherzavo. È stato fantastico. Spero che anche per te sia stato lo stesso- così Emma annuì con forza, più rilassata 

-Sì, è stato fantastico e tu sei perfetta- Regina prese un gran respiro

-Lo so- 

 

***

 

Emma si fermò davanti allo stesso motel di alcuni giorni prima, l’unico che riuscì a trovare nel raggio di chilometri. Dopo aver aiutato la bruna a sfilare via la valigia dal bagagliaio, prese la propria e seguì il sindaco verso l’entrata. Dietro al bancone si trovava la stessa donna della prima sera che, con lo stesso sorriso, diede loro le spalle e, valutando quali chiavi prendere, mormorò

-Due stanze, se non ricordo male- ma quando la sua mano era già alzata, pronta ad afferrarne una, la voce di Regina s’intromise

-Va bene anche una sola- L’anziana signora esitò poi ne prese un’altra e si voltò verso le due donne.

-Perfetto- 

Quando tutte e due entrarono nella stanza con il letto matrimoniale Regina seguì con lo sguardo tutto il perimetro della camera

-Leggermente meglio di quello schifo dell’ultima volta- 

-Sei contenta?- le chiese Emma dall’altra parte della stanza, mentre apriva la propria valigia e cercava qualcosa al suo interno. La bruna incrociò le braccia al petto

-Ora non esageriamo- Lo sceriffo si alzò, scuotendo la testa e sorridendo a Regina per poi raggiungerla.

-Tanto restiamo solo una notte. Domani torniamo a casa- Regina però non ricambiò quel sorriso.

-Sì- si strinse più forte le braccia al petto e si ripetè nella mente le parole della bionda. Sarebbero tornate a Storybrooke, sì, ma in due case diverse. Lei a casa con suo figlio ed Emma con Killian. Si chiese se le parole della scorsa sera fossero sincere o solo dettate dall’alcol. In quel momento, quando la bionda le aveva detto che avrebbe lasciato il pirata, lei ci aveva creduto, senza alcun dubbio, o comunque una grande parte di lei aveva voluto crederci. Ora non ne era più tanto sicura. Era possibile che non lo pensasse sul serio o che giunte a Storybrooke si rendesse conto di non volere che le cose andassero in quel modo. Stare a così tanti chilometri di distanza, da sole per giorni, aveva fatto in modo che si creasse una realtà che non avrebbe mai rispecchiato quella di Storybrooke. E Regina ne era consapevole, che in quel momento era tutto troppo perfetto e che tornate a casa si sarebbe interrotto tutto. Così rimandò ancora.

-Sì, hai ragione- e forzò un sorriso. 

 

***

 

A cena furono più fortunate dell’altra volta. Prima di arrivare al motel si erano prese la briga di fermarsi a comprare due panini che ebbero la sorpresa di rivelarsi molto più buoni dei precedenti. Così, dopo essersi fatte tutte e due una doccia ed essersi messe un pigiama, Emma una vecchia maglia larga con dei pantaloncini da ginnastica e Regina una vestaglia da notte in seta, mangiarono i panini sul letto, attente a non far cadere briciole. Il sindaco parlò un po’ di tutto il lavoro arretrato degli ultimi giorni che avrebbe dovuto recuperare e ammonì lo sceriffo sul fatto che avrebbe dovuto fare la stessa cosa anche lei. Era tutto diverso, non era come tornare a Storybrooke da una vacanza, come piaceva pensare ad Emma, ma tornavano per sistemare una situazione di crisi e Regina non avrebbe permesso che passasse il tempo a giocare freccette e dormire. La bionda annuì tutto il tempo ma non parlò molto, aveva altri pensieri per la testa e di questo se ne accorse anche Regina che, quando arrivò il momento di andare a dormire, si chiese se la scelta di un solo letto fosse stata la migliore. Avevano già dormito insieme, certo, ma accidentalmente; ed Emma quella sera sembrava molto sulle sue, forse avrebbe preferito stare da sola. Alzò il lenzuolo e si infilò sotto le coperte, dal lato opposto a quello della bionda. Guardò Emma fare lo stesso. Una parte di lei avrebbe voluto avvicinarsi, lasciarle un bacio a stampo e addormentarsi tra le sue braccia; un’altra, però, continuava a trattenerla, sarebbe stata Emma ad avvicinarsi se avesse voluto. Ma la bionda non lo fece. Infilatasi anche lei sotto le coperte mormorò

-Buonanotte Regina- e spense la luce. E forse fu un bene che non si degnò neanche di guardarla in faccia perché, nonostante gli sforzi, la bruna questa volta non riuscì a nascondere la delusione nei suoi occhi. Quella mattina andava tutto bene. Ora, invece, Emma sembrava comportarsi come se si conoscessero a malapena, come se si fosse pentita di tutto e cercasse di mettere le distanze. 

-Notte- Anche Regina si sdraiò, dandole le spalle, e strinse forte il cuscino sotto la testa. Sentiva il cuore batterle forte e non riuscì a dormire. Il battito si calmò solo quando, dopo una decina di minuti o qualcosa di più, due braccia familiari l’avvolsero da dietro ed Emma le lasciò un bacio alla base del collo. Allora Regina afferrò un braccio della bionda, l’avvicinò ancora di più a sé e si addormentò.

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Capitolo 5
*** Giorno 5 ***


LEGGETE LE NOTE ALLA FINE ;)



Quando Regina aprì gli occhi non trovò Emma ad abbracciarla. Si volse per controllare se si fosse spostata durante la notte ma non era a letto e, si accorse, neanche dentro la stanza. Si alzò a sedere, si prese qualche secondo per tirarsi indietro i capelli e strofinarsi gli occhi poi si rese conto del rumore dell’acqua proveniente dal bagno e intuì che la bionda si stesse facendo la doccia. Appena un minuto dopo quel rumore s’interruppe, Regina sbadigliò, si stiracchiò e si alzò dal letto. Si chiese quanto avesse dormito per potersi svegliare dopo Emma, così tanto dopo. Raggiunse lo specchio, attaccato al muro sopra il vecchio comò di legno, e osservò il proprio riflesso. Quando Emma uscì dal bagno, vestita ma con i capelli fradici, si fermò allo stipite della porta. Sorrise notando la concentrazione del sindaco con cui si scrutava il volto alla ricerca di imperfezioni che non aveva. Fu tentata di dirglielo, che poteva anche smetterla di osservarsi allo specchio, che il suo viso era perfetto e non avrebbe trovato nulla, ma non poteva. Avrebbe reso tutto più difficile.

-Regina- La bruna si allontanò velocemente dallo specchio, come colta in flagrante, e si girò verso Emma; il piccolo sorriso scomparve quando incontrò i suoi occhi.

-Dobbiamo parlare- Regina annuì dopo un’istante d’esitazione. Non voleva, aveva paura, ma doveva. E il fatto che fosse stata Emma, a farsi avanti per prima, le faceva intuire di aver rimandato fin troppo. Lanciò uno sguardo al letto come un invito per sedercisi sopra e la bionda l’accolse. Sedute sul bordo, lo sceriffo rimase in silenzio. Prese le mani di Regina tra le proprie e le accarezzò delicatamente come se potessero in qualche modo suggerirle la maniera migliore di affrontare quel discorso.

-Ciò che è successo tra di noi- Emma strinse le mani della bruna e Regina, alla parola noi sentì il proprio cuore accelerare.

-Non… io non posso- il battito aumentò, ma questa volta non per l’emozione. Con uno scatto Regina sfilò le proprie mani dalla presa della bionda e, cercando di mantenere un tono neutro, disse

-Spiegati meglio Swan- Emma guardò le mani del sindaco ritrarsi poi incontrò i suoi occhi scuri e le sopracciglia si incurvarono in un’espressione afflitta, come se non avesse mai detto nulla di più complicato.

-È stato bello Regina, non fraintendermi, ma oggi torneremo a Storybrooke e c’è Killian  e- Regina s’intromise prima che la bionda potesse concludere la frase, con un tono che di neutro non aveva nulla.

-Mi hai detto che lo avresti lasciato- L’agitazione nella sua voce fece sentire ancora peggio Emma che, accorgendosi di come lo sguardo della bruna si fosse scurito, si sentì costretta a distogliere il proprio.

-Non posso farlo. Io… non sono così, provo qualcosa per lui- e Regina dovette alzarsi e darle le spalle per fare in modo che Emma non notasse quanto quelle parole la fecero soffrire. Se lo immaginava, che sarebbe andata così, che non avrebbe mai occupato un posto nel suo cuore, ma sentirselo dire le fece estremamente male. 

-Esci- sussurrò incrociando le braccia al petto. Anche lo sceriffo si alzò, cercando di afferrare il braccio della bruna

-Non voglio che tu soffra Regina- Ed era vero. L’ultima cosa al mondo che avrebbe voluto Emma, fosse che Regina soffrisse. Se fosse tornata indietro avrebbe fatto le cose in modo diverso ma quella sera, quando l’aveva vista con quel vestito ed era più bella che mai, aveva pensato che fosse giusto. Non aveva messo in conto la paura che sarebbe arrivata dopo, la paura di mettere in discussione se stessa e il rapporto con il pirata. Il sindaco si scansò con forza dalla presa di Emma e, con gli occhi lucidi per le lacrime, la guardò in faccia

-Pretenzioso da parte tua, non trovi?- Il braccio di Emma, sospeso a mezz’aria, si riabbassò sul fianco.

-Insomma, ti prendi gioco di me, dei miei sentimenti. Mi menti, per cosa? Per provare una nuova esperienza? È per questo che l’hai fatto? Perché eri curiosa?-  La bionda fece un passo verso di lei ma Regina ne fece un altro indietro

-No, non è come pensi. Ero ubriaca ed è stato un errore-

-Anch’io ero ubriaca. Ma te l’ho detto, che eri, sei fidanzata, che non volevo soffrire e tu te ne sei fregata. Per te, forse- S’interruppe e prese un respiro profondo, sforzandosi di impedire alle lacrime di scendere. Non l’avrebbe fatto per nulla al mondo, non avrebbe pianto davanti a lei. Poi aggiunse

-Per me non è stato un errore- Guardò Emma mordersi il labbro inferiore e pensò che l’aveva fatto, si era dichiarata. Aveva fatto quello che si era ripromessa più volte che non avrebbe mai fatto, e in un modo che non si sarebbe mai aspettata.

-Regina- Si volse di nuovo 

-Esci- ma questa volta sembrò più una supplica, ed Emma uscì.

Le ultime ore di viaggio furono colme di tensione. All’interno del maggiolino regnava il silenzio, la radio era spenta ed Emma non riusciva a pensare a nient’altro che alla strada davanti a sé. Quando aveva visto Regina uscire dalla stanza del motel con i suoi occhiali scuri in viso le si era spezzato il cuore. Ora continuava a ripetersi che una volta tornate a Storybrooke si sarebbe sistemato tutto. Non sapeva come, ma aveva bisogno di crederci. Regina, invece, continuò ad alternare lo sguardo tra il paesaggio fuori dal finestrino e il suo cellulare, intenta ad avvisare tutti i diretti interessati che quello stesso pomeriggio si sarebbe tenuta una riunione d’emergenza in Municipio per far fronte alle varie problematiche scatenatesi negli ultimi giorni. In quel momento ringraziò il cielo che a Storybrooke fosse stato lanciato quel sortilegio, le avrebbe dato l’occasione di riempirsi di lavoro e di conseguenza avrebbe potuto cercare di ignorare il più possibile quel sentimento d’umiliazione che continuava a farsi strada dentro di lei. Si era esposta, per la prima volta dopo anni aveva lasciato che il cuore avesse la meglio sulla ragione, e queste ne erano state le conseguenze. Regina lo sapeva che sarebbe finita in questo modo, con il cuore spezzato, eppure aveva voluto provarci lo stesso, e per questo non si sarebbe mai perdonata. 

Passarono il confine verso il primo pomeriggio. Trovarono Henry, Snow, David e Killian ad aspettarle sul margine della strada. Emma fermò il maggiolino e, per la prima volta da quando erano partite quella mattina, si volse a guardare Regina. La bruna, però, aprì alla svelta la portiera dell’auto e uscì andando in contro a suo figlio. La vide stringerlo forte e scompigliargli i capelli quando delle nocche sbatterono contro il vetro del suo finestrino e trovò Killian. Forzò un sorriso, uscì dalla macchina e si lasciò abbracciare.

 

Ciao a tutti! La fanfiction finisce qui :(  So che è un po’ corta e finisce un po’ male ma se volete potrò fare una specie di sequel. È la prima che scrivo qui su EFP e mi farebbe un sacco piacere se mi faceste sapere cosa ne pensate e in cosa posso migliorare :* Ne approfitto per ringraziare tutti quelli che hanno seguito la mia storia e l’hanno apprezzata, love u all xx

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