Duel Of Fates

di Keeper of Memories
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Crawl ***
Capitolo 2: *** Kuat ***
Capitolo 3: *** Fuga, Speranza e Dreadnought classe Eclipse ***
Capitolo 4: *** Esecuzione ***
Capitolo 5: *** Torna a casa ***
Capitolo 6: *** Vale la pena tentare? ***
Capitolo 7: *** Due Troni ***
Capitolo 8: *** Determinazione ***
Capitolo 9: *** Risolutezza ***
Capitolo 10: *** Fughe e vecchi maestri ***
Capitolo 11: *** Bonadan ***



Capitolo 1
*** Crawl ***



DUEL OF FATES


La morsa ferrea del Primo Ordine è 

  arrivata negli angoli più remoti della galassia.
Solo qualche pianeta isolato è rimasto 
libero e il tradimento è punito con la morte.

 
Deciso a soffocare qualunque malcontento,
il Leader Supremo Kylo Ren ha dato ordine 
di bloccare qualunque tipo di comunicazione
tra sistemi confinanti.
 

Guidati dal generale Leia Organa,
la Resistenza ha pianificato una missione
segreta per prevenire l’annientamento
e costruire la strada verso la libertà

 








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Note:
Benvenuto caro lettore! Questo che vedi è un tentativo d'imitazione del crawl che introduce ogni film di Star Wars.
Purtroppo, efp è malvagio e non mi lascia impostare il background nero, nè fare le animazioni. Un vero peccato, ma ci accontenteremo.
Prima di proseguire ti prego di leggere e rileggere più volte e con attenzione l'introduzione della storia e di ricordarti che questa è una fanfiction,
quindi prendila per quello che è!
Buona Lettura e che la Forza sia con te!

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Capitolo 2
*** Kuat ***


Sistema Kuat, luna del pianeta Kuat

 
Rose stava frugando tra ciò che restava di alcune vecchie armature da stormtrooper quando il suo comlink prese a suonare in un punto non precisato della stanza, sotto uno dei tanti cumuli di equipaggiamento imperiale impolverato. Si fece strada tra tutto quel ciarpame con discreta agilità, dovuta più all’abitudine che all’abilità, finché non trovò il dispositivo.

«BB8, sei dentro?»

Il droide rispose con un bip affermativo. Istintivamente, Rose guardò in alto, attraverso un foro nel soffitto. Un anello orbitale occupava buona parte del cielo, dove centinaia di Star Destroyer venivano assemblati per il Primo Ordine.

«Okay, ho bisogno del checkpoint.»

Dopo un secondo trillo affermativo, la griglia di un’holomonitor a pochi passi da lei si accese, l’immagine confusa sfarfallava impedendole di vedere alcunché.

«Bravo il mio ragazzo» mormorò tra sé e sé, mentre calava gli elettro-occhiali sul volto. Le ci vollero pochi secondi per migliorare l’immagine «Eccoli, finalmente!»
 

La navetta atterrò davanti al checkpoint della sicurezza, accuratamente allestito in un canyon della luna. Il portellone si aprì rivelando un folto gruppo di lavoratori proveniente da ogni angolo della galassia, ben presto ricoperto dalla polvere argentea che si sollevò dalle rocce bianche e blu che rivestivano la valle. I nuovi arrivati vennero circondati da qualche decina di stormtrooper armati di blaster pesante e con insistenza direzionati verso un metal detector, dedicato alla rilevazione di armi.

«Siamo al checkpoint. Mi raccomando, testa bassa» mormorò Finn, testa e bocca coperti da degli stracci e mai come allora grato di averli, a causa della puzza insopportabile del gamorreano alla sua destra. Alla sua sinistra Poe, vestito allo stesso modo, fece un cenno affermativo con il capo.

Passarono pochi minuti e la folla premeva presso il checkpoint, accalcandosi nel più stretto passaggio d’ingresso e provocando il malcontento tra i lavoratori. Violenti litigi esplosero nelle lingue più disparate. In particolare, un massiccio droviano grigio spintonò Finn, strappandogli parte degli stracci che lo nascondevano con i suoi artigli.

«Whoah, con calma! Non vogliamo problemi» disse Finn, una reazione che al droviano non piacque affatto. Con una zampa soltanto afferrò l’umano per il collo e lo sollevò a qualche centimetro da terra. «C’è un problema, un problema!»

«Calma, amico.»

Poe intervenne prontamente, porgendo all’alieno un pesce peckto, riconoscibile dai tre occhi sulla testa. Quello che nessuno vedeva era l’altra mano, istintivamente posata sul blaster sotto l’abito ampio. «Tieni, non riesco a finirlo.»

Il droviano fissò il pesce per qualche secondo, prima mollare la presa su Finn e mangiarselo.

«Grazie» disse Finn, rimettendosi in piedi e massaggiandosi il collo. Poe lanciò all’amico un’occhiata tesa.

«Quindi, come facciamo a sapere se BB8 ha hackerato il mainframe?»

« Lo sapremo…»

In quel momento, il metal detector suonò, ferendo le orecchie delle specie dall’udito più acuto. Sotto di esso, un rognoso gotal guardava i soldati preoccupato, indicandosi le corna. Tutti sapevano che le corna dei gotal contenevano ferro ed altri metalli ma gli stormtrooper decisero di non rischiare. Si sentì il rumore dei colpi di blaster e un solo gemito dolorante, poi una voce che gridò “il prossimo!”.

Finn e Poe si scambiarono un’occhiata preoccupata prima di fare qualche passo avanti, attraverso il dispositivo. Lo scanner emise un breve suono acuto poi, all’improvviso, si spense.

«Un calo di tensione. Attendete in fila » blaterò lo stormtrooper, la voce annoiata filtrata dal casco candido. Un altro, a fianco del primo, dimostrò di avere meno pazienza del collega: con un pugno colpì la console che gestiva lo scanner, riattivandolo.

Finn e Poe stavano trattenendo il fiato quando, con loro grande sollievo, capirono che BB8 aveva fatto il suo lavoro. A un gesto stizzito del trooper avanzarono, esibendosi in un sospiro di sollievo dopo essersi allontanati a sufficienza. Attraversarono un passaggio tra le alte mura del canyon e arrivarono all’insediamento dei lavoratori, file e file di abitazioni modulari ognuna dipinta di un colore e motivo diverso ad indicare il mondo di appartenenza dell’abitante, una tavolozza colorata sul terreno bianco-argenteo della luna. In lontananza, un enorme condotto energetico collegava l’anello orbitale alla superficie, dove vi si tuffava fino a raggiungere il nucleo da cui il carburante per le navi veniva estratto tingendo l’intera struttura di un intenso blu.

Poe si guardò attorno guardingo, finché non trovò chi stava cercando: un minuto Chadra-Fan, un alieno alto poco più di un metro e simile a un pipistrello, incrociò il suo sguardo. Alla loro vista mosse appena le orecchie appuntite, quindi si voltò imboccando una delle vie dell’insediamento.

«L’ho trovato» disse Poe a Finn, accennando all’alieno che si era appena immerso nella folla.

«Seguiamolo a debita distanza» rispose Finn e Poe annuì, trovandosi d’accordo.
 

Meno di mezz’ora dopo, Finn e Poe si trovavano a casa di Biss Kova e della sua famiglia. Li fece accomodare entrambi su degli sgabelli e sparì attraverso una porta coperta da una tenda di perline grigiastre, mentre sua moglie Dal trafficava ai fornelli e il figlio appena nato strillava in una culla.  Poe e Finn si erano appena seduti, quando dalla porta sbucò la testa di Rose, lo sguardo vispo e le guance coperte di polvere.

«Avevate detto due giorni. Sono qui da due settimane» disse, parandosi davanti a loro.

«Beh, non sembra tanto male questo posto» osservò Finn, sorridendo appena.

«Brava gente. Cibo pessimo. Ora…» disse, posando sul tavolo un’holoclip che mostrò la mappa tridimensionale del condotto energetico e dell’anello orbitale.
Finn e Poe si alzarono, l’attenzione totalmente catalizzata da Rose «questo è il nostro punto di accesso. Il condotto energetico trasporta il minerale grezzo all’anello orbitale. Una detonazione esattamente in questo punto e avremo una reazione a catena che…»

Rose indicò un punto nell’immagine olografica. Alcuni puntini luminosi apparvero, da cui si propagò una serie di esplosioni che investirono l’intera struttura.

«… distruggerà tutto» concluse Poe.

«Incluse le loro nuove navi» aggiunse Finn, gettando uno sguardo all’anello orbitale, visibile da una finestrella dell’abitazione.

«Come facciamo a sapere che non hanno riconosciuto la firma di BB8?» Poe si fece scuro in volto. Con nonchalance Rose prese un giocattolo da terra e iniziò a scuoterlo davanti al neonato in lacrime, lo sguardo esausto ed esasperato rivolto a Poe, che continuò «C’è troppo che non sappiamo. È per questo che avevo votato l’altro piano.»

«Seriamente?» sbottò Finn «vuoi mettere in discussione il piano, adesso? Davvero?»

«Possiamo distruggere la fonte di carburante dell’Impero ed essere ad anni luce di distanza prima che se ne accorgano. Ma dobbiamo farlo adesso» aggiunse Rose, troncando sul nascere qualunque discussione.

«Okay…» Poe si lasciò sfuggire un sospiro «facciamo saltare questa cosa e torniamo a casa.»
Rose passò il comlink a Poe, da cui uscirono un paio di bip apprensivi.

«BB8? Non preoccuparti sono vivo» disse il ribelle «Sblocca le porte del condotto energetico e prepara l’ascensore.»
Finn, Poe e Rose uscirono dall’abitazione, imboccando la strada che portava al condotto. Nessuno di loro però si accorse del tusken che, ormai dal loro arrivo, li stava tenendo d’occhio a debita distanza.
 

L’ingresso al condotto era sorvegliato da tre trooper, due semplici e uno corazzato, dotato di blaster FBMW-10, un blaster pesante totalmente automatico amorevolmente soprannominato “megablaster” per la sua dimensione e potenza di fuoco. Data la situazione, era evidente chi fosse il trooper malcapitato a dover cadere per primo.

Poe fece un cenno con la mano ai suoi compagni, quindi uscì silenziosamente dal suo nascondiglio dietro ad alcuni container e scivolò alle spalle del trooper corazzato. Un solo colpo preciso e ben assestato con l’impugnatura del blaster fu sufficiente. Gli altri due stormtrooper non fecero in tempo ad accorgersi del compagno caduto, che Rose e Finn li avevano già storditi con dei pungoli elettrici. I tre ribelli entrarono nella struttura indisturbati.
 

«Avremo venti secondi dalla detonazione» annunciò Poe richiamando l’attenzione dei suoi compagni momentaneamente ipnotizzati dalle particelle energetiche che risalivano il condotto nell’enorme tubo cilindrico al centro della struttura «prendere o lasciare.»

«Prendere o lasciare, cosa?» Rose afferrò al volo i detonatori termici che Poe passò a lei e a Finn.

«Quindi…» Finn stava per dire qualcosa quando Poe lanciò il suo detonatore nel flusso di particelle «ah quindi, adesso adesso?»

Dopo qualche secondo, anche Rose fece lo stesso con il suo detonatore. Finn li guardò strabuzzando gli occhi, prima di lanciare il suo come se fosse una granata e correre a perdifiato dalla parte opposta.

«BB8, le bombe sono fuori. Veniamo a prenderti al punto di relè» comunicò Poe al comlink, mentre lui e Rose seguivano l’amico, ricevendo una sequenza di bip come risposta.

La corsa terminò rapidamente. All’esterno della struttura, il trio della resistenza si trovò circondato da un plotone di stormtrooper e trooper corazzati.
 

Un’ufficiale del Primo Ordine entrò al centro di comando dell’anello orbitale a passo di marcia.
«Gli scudi hanno contenuto l’esplosione, Ammiraglio Vonn! I sistemi sono stabili.»
L’Ammiraglio Vonn guardò un monitor alla sua sinistra, dove un grafico gli confermò le parole dell’ufficiale. Spostò lo sguardo sulla superficie della luna, presso la base del condotto, incapace di trattenere una smorfia disgustata.
«Le loro tattiche antiquate mi fanno pena.»
 
 
«Gettate le armi!» ordinò uno stormtrooper, il blaster puntato contro i tre ribelli.
Istintivamente, Poe alzò lo sguardo verso l’anello orbitale, in attesa. Una piccola folla di lavoratori osservava la scena a qualche passo dal plotone, tra cui risaltava il copricapo di stracci di un predone tusken.

«Manca poco» mormorò Finn tra sé e sé.

«Molto poco» aggiunse Rose.

«Gettate le armi o facciamo fuoco!» continuò spazientito lo stesso stormtrooper.

Uno strillo acuto fece voltare l’intero plotone. Il tusken si era avvicinato e tre stormtrooper giacevano ai suoi piedi.
In mano reggeva una doppia spada laser azzurra. 






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Note:
Eccoci al primo capitolo, subito nel bel mezzo dell'azione! Non ho cambiato molto rispetto allo script, solo qualche taglio e modifica dei dialoghi.
No, non ho creato nessun OC tusken jedi, sappiamo benissimo chi è, non è vero?
Grazie per essere arrivati fin qui, spero che questo capitolo sia riuscito almeno a incuriosirvi^^
Che la forza sia con voi!
 

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Capitolo 3
*** Fuga, Speranza e Dreadnought classe Eclipse ***


Kuat, Luna del pianeta Kuat
 
Gli stormtrooper fecero fuoco sul misterioso tusken, ma nemmeno un colpo dei loro blaster andò a segno. Nessuno probabilmente aveva spiegato loro che un blaster era totalmente inutile contro una spada laser, forse perché jedi e sith sembravano ormai una leggenda lontana, una storia che si racconta ai bambini prima di metterli a letto.
Tuttavia, il tusken sembrava ben consapevole delle capacità della sua arma. Con un balzo ridusse rapidamente la distanza che lo separava dai primi due soldati, che in un battito di ciglia caddero a terra, le corazze squarciate all’altezza del petto. Durante quello scatto però, la maschera del tusken cadde, rivelando il volto di una donna adulta, i capelli color nocciola raccolti dietro la testa, il viso roseo, gli occhi schietti. Ripresi dalla sorpresa, gli altri stormtrooper concentrarono di nuovo il fuoco sul nemico, invano.
Rey roteò la spada, mandando a terra i primi tre stormtrooper, sfruttando al meglio l’ampio raggio d’azione che l’arma a doppia lama le offriva. Gli ultimi due non fecero una fine migliore, spinti con la Forza contro una delle innumerevoli pile di casse non lontane da lì, sotto le quali rimasero senza dare cenni di vita.
«Cosa diavolo ci fai qui?!» gridò Finn.
«Un grazie è sufficiente» rispose lei con un mezzo sorriso.
«Non dovevi venire qui» ribadì Poe, raggiungendo Rey seguito a ruota da Rose.
«Preferivi morire?»
«Rey, è importante che tu non muoia. Noi siamo solo noi, ma tu sei l’unica che può sconfiggere…»
«Tutti voi siete importanti» lo interruppe con tono serio, mentre uno per uno guardava negli occhi i suoi amici.
«Ne parleremo dopo, dobbiamo andarcene da qui!» disse Rose. Altri stormtrooper infatti erano arrivati a dare supporto, molti altri, tutti fermi e con le armi puntate su di loro a una decina di metri di distanza. Uno di loro mosse qualche passo in avanti.
«Arrendetevi, feccia…» iniziò, ma non finì mai quella frase. Un bambino, un twi’lek dalla pelle color cobalto, si buttò su di lui, in un goffo tentativo di ostacolarne l’avanzata.
«Jedi! Jedi!» gridava sovrastando il frastuono della folla, un grido di guerra, una miccia che si accende, un segnale.
All’unisono, gli abitanti dell’insediamento si gettarono sugli stormtrooper, civili delle razze più disparate armati di pugni e di qualche attrezzo di fortuna, la fiamma della speranza accesa nei loro occhi mentre quella parola, “jedi”, si levava nell’aria, sopra il rumore dei blaster e degli ordini concitati dei comandanti.
«Rey! Dobbiamo andare!»
Rey stava fissando quel piccolo Twi’lek, quasi non si accorse delle parole di Finn. Voleva restare con loro e combattere, era stanca di restare nascosta in un pianeta sperduto a sentire la Forza che tremava, riempiendosi della disperazione di miliardi di innocenti.
Poe si avvicinò e la prese per un braccio. «Non qui. Non ora.»
Rey annuì appena. Poe aveva ragione e lo sapeva, dovevano andare o tutto sarebbe stato perduto. Con riluttanza e con il cuore pesante seguì i suoi amici all’interno del condotto.
Finn stava coprendo i suoi compagni mentre rientravano ed era ormai pronto a seguirli, quando uno stormtrooper a terra gli afferrò la caviglia con forza. D’istinto gli puntò il blaster contro, pronto a far a fuoco, ma qualcosa lo bloccò. Il casco dello stormtrooper era rotto, squarciato sulla parte frontale, rivelando gli occhi color ghiaccio di qualcuno che conosceva molto bene, qualcuno che lo aveva riconosciuto e lo stava fissando con genuino stupore.
Con uno strattone, Finn si liberò dalla presa e seguì i suoi compagni, turbato.
 
«Ci siamo quasi!» In testa al gruppo, Rose entrò nell’ascensore della manutenzione, seguita dagli altri.
«BB8, cambio di piano! Stiamo venendo da te» disse Poe al commlink, ricevendo una sequenza di bip sorpresi. «Aspetta cosa? Okay, ti veniamo a prendere.»
«Quindi?» Rose lanciò un’occhiata preoccupata a Poe.
«BB8 è su un guscio di salvataggio, diretto al punto di rendez-vous. Ci serve un’altra nave.»
Le porte dell’ascensore si aprirono su un lungo corridoio, dove delle ampie finestre a vetro permettevano di ammirare le immense navi del Primo Ordine. Gli occhi di Poe erano fissati su una in particolare.
«Non puoi essere serio» osservò Rey, non appena capì cosa l’amico stesse guardando.
«Quello è uno Star Dreadnought classe Eclipse!» sbottò Finn «Non puoi far volare-»
«Oh no, io posso far volare qualunque cosa» rispose, avvicinandosi a Rose, già intenta ad hackerare il turboascensore.
«Ci siamo» annunciò Rose dopo pochi minuti, le porte dell’ascensore aperte davanti a loro «Non farmene pentire.»
 
Le porte del turboascensore si aprirono, facendo uscire quattro ribelli scompigliati e leggermente nauseati dal viaggio. Davanti a loro, oltre un corridoio a vetri, lo Star Dreadnought occupava l’intero panorama in tutta la sua corazzata magnificenza.
«Disciassette chilometri e mezzo, cinquecentocinquanta cannoni laser, cinquecento turbolaser, settantacinque cannoni a ioni. Abbastanza spazio per seicento caccia TIE, novantacinque bombardieri e cento camminatori AT-AT, oltre ad un trasporto massimo di centocinquantamila uomini» snocciolò Finn a memoria, gli occhi puntati sulla nave.
«Poe, sei sicuro?» chiese Rey, guardando di sottecchi il ribelle.
«No. Ma se ce la facciamo sarà un bel colpo, no?»
«Su Raxus Prime abbiamo avuto maggiori probabilità di successo» osservò Rose con uno sbuffo.
«Rose, ti prego, non dirmi le probabilità. Andiamo» disse, salendo sul trasporto che portava equipaggio e addetti ai lavori all'interno dello Star Dreadnaught.
 
Un giovane ufficiale entrò a passo di marcia al centro di comando dell’anello orbitale.
«Cosa sta succedendo là sotto?» chiese l’Ammiraglio Vonn, non appena gli fu sufficientemente vicino.
«Signore!» rispose questo, mettendosi sull’attenti «L’ultimo jedi è con loro, signore!»
A quelle parole, l’Ammiraglio Vonn sbiancò, ogni briciolo di sicurezza sparito assieme al colorito sul suo volto.
«Allertate immediatamente i Cavalieri di Ren. Subito!» sbottò, faticando a mantenere il suo solito contegno davanti al suo sottoposto, che uscì immediatamente con aria trafelata.
Vonn prese a camminare avanti e indietro, pensieroso. Chiamare i Cavalieri di Ren era un rischio, ma non poteva fare altrimenti, un jedi non poteva essere eliminato da semplici troopers. D’altro canto, se l’ultimo jedi fosse fuggito e Cavalieri di Ren fossero stati presenti…
Si fermò davanti alla finestra del centro di comando, da cui poteva ammirare buona parte parco navale in costruzione della Kuat Drive Yards. Era solo un minuscolo ingranaggio, realizzò, un ingranaggio di quella grande macchina che era il Primo Ordine, così minuscolo da poter essere facilmente sostituito alla prima incrinatura. Un ingranaggio che stava invecchiando, così come testimoniavano i capelli grigi e il volto scavato della persona che gli restituiva quello sguardo gelido nel riflesso del vetro.
Qualcosa in quel momento attirò il suo sguardo, dei movimenti ai bordi del suo campo visivo. Fu allora che vide i ribelli e la jedi salire su un trasporto, diretti verso uno dei più recenti Star Dreadnought. In pochi secondi, le loro intenzioni gli furono chiare.
«Quante persone sono rimaste a bordo di quella nave?» chiese al tecnico più vicino.
«Solo l’equipaggio sul ponte, signore! Il resto è in congedo.»
 
Circa sessanta persone, staff tecnico principalmente, si trovavano sul ponte dello Star Dreadnought, tutti impegnati nelle operazioni di routine finché un colpo di blaster rimbombò aldilà della porta d’accesso, catturando la loro attenzione. La porta si aprì.
«Chi è il capo qui?» esordì Poe, entrando con passo sicuro.
«I-Io…» rispose un ufficiale piuttosto giovane, muovendo qualche passo incerto verso i nuovi arrivati.
«Fantastico. Sono il nuovo pilota. Dove si siede il pilota?»
L’ufficiale non ebbe modo di rispondere che una spazientita Rey s’interpose tra lui e Poe.
«Devi impostare la rotta per il Sistema Nirauan» gli disse, passandogli rapidamente una mano davanti al volto.
«Impostate la rotta per il Sistema Nirauan!» ordinò l’ufficiale a gran voce e tutti i membri dell’equipaggio, che fino a pochi attimi prima stavano fissando preoccupati i nuovi arrivati, si sedettero rapidamente alle loro postazioni.
«Come… tutti loro?» osservò Poe incredulo.
«Sono seguaci provetti del Primo Ordine, con anni di indottrinamento alle spalle. Non è stato così difficile.»
«Capisco» rispose dubbioso, decidendo di tornare a fare quello che sapeva far meglio, ai comandi della nave.
«Mmmm… I motori sono freddi» osservò Rose.
«Possiamo fare comunque il salto nell’Iperspazio se surriscaldiamo la trasmissione dei cannoni laser» propose Rey.
«Ma certo, così sverserà nel sistema di propulsione!» esclamò Poe, negli occhi la luce di chi ha sentito la notizia migliore della giornata.
«Non so cosa abbiate detto, ma avrò bisogno di istruzioni molto precise» disse Finn, sedendosi ad una console.
«Okay, gli scudi sono alzati» annunciò Rose dalla sua postazione al navicomputer «inizio il calcolo per il salto nell’iperspazio.»
«Su, andiamo!» disse Poe, prendendo il posto del pilota.
«Non mettermi fretta! Se sbaglio qui, finiamo tutti nel nucleo di una stella!»
Motori accesi, l’Eclipse si stacco dalla banchina ma non senza graffi e striature provocati da qualunque struttura di manutenzione la nave fosse attaccata. Nonostante i cigolii preoccupanti e i cannoni laser montati sull’anello che avevano iniziato a fare fuoco, il pilota non perse la concentrazione.
«Qualcuno però dovrà spiegarmi chi è il genio che ha installato una cloche a controllo invertito» sbuffò Poe, provando i comandi.
«Poe, non abbiamo molto tempo!» disse Finn, che aveva appena steso con il calcio del blaster un tecnico tornato in sè. In quell’istante l’Eclipse fece retromarcia, scivolando all’interno dell’anello orbitale in uno schianto che fece vibrare ogni centimetro cubo della nave.
«Maledizione Poe, lo vedi quel grosso spazio nero?» sbottò Rey, indicando lo spazio davanti a loro «È là che dobbiamo andare!»
«Ci sto provando! È tutto al contrario!» rispose Poe con lo stesso tono, mentre l’Eclipse lentamente scivolava verso il pianeta.
«… io posso far volare qualunque cosa!» disse Finn, facendo il verso all’amico.
Dopo alcuni attimi di puro terrore Poe riprese il controllo sulla traiettoria della nave, riuscendo a dirigerla verso lo spazio con successo.
«Ok ci siamo» disse Poe, totalmente concentrato sui comandi «ma dov’è BB8?»







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Note finali:
Eccoci al secondo capitolo! Ho dovuto cambiare molti dialoghi e modificare delle scene che sarebbero state perfette al cinema ma qui, non molto.

Nel caso vi steste chiedendo quanto è grande uno Star Dreadnought classe Eclipse, ecco a voi un confronto con il più noto Star Destroyer Imperiale

Che la forza sia con voi!

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Capitolo 4
*** Esecuzione ***


Kuat, Anello Orbitale

Rey riusciva a vedere dai vetri dell’Eclipse la navetta di manutenzione con BB-8 a bordo, colpita da uno dei cannoni della stazione e ora in fiamme.
«Poe, devi avvicinarti!»
«Ci sto provando!» rispose il pilota della resistenza.
Con uno scatto improvviso, la nave si mosse in avanti verso lo spazio, facendo cadere chiunque in quel momento si trovasse in piedi, inclusa Rey che ora aveva la faccia schiacciata contro il vetro.
«Scusate! Scusate…»
Con un movimento più fluido, la nave avanzò finché uno degli hangar posteriori del dreadnought non fu abbastanza vicino alla navetta in fiamme.
«Ora BB-8!» disse Rey al commlink, guardando il piccolo droide eiettarsi dalla navetta e coprire quei quindici metri che lo separavano dall’hangar grazie alla pura inerzia. Una sequenza di bip allegri le fece tirare un sospiro di sollievo. «Ce l’abbiamo!»
«Pronti per l’iperluce!» annunciò Rose. Poe abbassò di scatto la leva.
Le stelle si fecero più brillanti, per poi allungarsi nei ben noti tratti luminosi e, in pochi istanti, furono nell’iperspazio.
 
L’ammiraglio Vonn imprecò a denti stretti non appena il dreadnought svanì, sotto gli occhi turbati di tutti i suoi sottoposti.
«Gli ordini, ammiraglio?» chiese uno dei tecnici al suo fianco.
«Li abbiamo persi del tutto?»
«No signore» confermò un altro tecnico, dall’altra parte della stanza «Siamo riusciti a caricare un cifrario nascosto sul droide.»
«Molto bene» osservò, mentre sotto il suo dguardo preoccupato atterrava la Knife 9 la nave dei Cavalieri di Ren dall’inconfondibile forma a punta di freccia, come se fosse appena stata sbozzata nella roccia vulcanica.
L’ammiraglio Vonn deglutì e mentalmente pregò i suoi antenati di proteggerlo, cercando di darsi il contegno che ci si aspetta da un membro dell’esercito. Fece cenno ai due tecnici di seguirlo e uscì dal centro a passo di marcia.
 
I quattro cavalieri di Ren scesero dal loro trasporto, silenziosi come fantasmi. Nemmeno il frusciare dei mantelli neri si sentì, quando si voltarono all’unisono verso la porta che si apriva.
«Miei Signori» esordì il vecchio ammiraglio, facendo un inchino.
«Lei non è qui» disse Hattaska Ren, avanzando verso il vecchio.
«No, miei Signori, ma abbiamo caricato un cifrario nascosto sul droide. Manderà un segnale appena sarà abbastanza vicino a una boa.»
Hattaska Ren non disse nulla. Poteva vedere il sudore prendere forma sulla fonte rugosa dell’ammiraglio mentre questo invano cercava di comprendere la sua espressione dietro la maschera. Inutile.
Ci fu un lampo, poi la testa dell’Ammiraglio che rotola a terra e una spada laser nera stretta nella mano guantata di Hattaska Ren. I due tecnici rimasero pietrificati, immobili mentre i Cavalieri rientravano sulla loro nave e lasciavano l’hangar.
 
Coruscant 

Coruscant è ormai diventato la magnifica capitale, nonché baluardo del Primo Ordine. Negli ultimi due anni, migliaia e migliaia di splendidi edifici erano stati costruiti sopra i precedenti, tutti della stessa forma quadrangolare, tutti dello stesso colore grigio scuro, e ora si ergevano alti e imponenti contro l’orizzonte dell’immenso pianeta-città proprio come il Primo Ordine s’imponeva nella vita dei suoi abitanti.
Dade aveva dodici anni e viveva a Coruscant da sempre. All’inizio abitava in un tugurio con i suoi genitori, nei livelli più bassi della città. Entrambi avevano deciso di diventare stormtrooper per lui, o così avevano detto: con i soldi che guadagnavano avrebbero potuto comprare una casa più bella, avere sempre del cibo in tavola e perfino mandare Dade a scuola. Uscirono di casa tre anni prima e da allora Dade non li aveva più rivisti.
L’unica persona che venne a trovarlo fu un ufficiale del Primo Ordine dalla divisa impeccabile e i capelli pettinati, che gli disse di andarsene, poiché quella non era più casa sua. Da allora, Dade vagava per i vicoli dei livelli inferiori, ma non era solo, tanti altri come lui vivevano per le strade, e si aiutavano tra loro come meglio potevano.
Qualche volta, qualche alieno più vecchio raccontava storie incredibili, bisbigli dispersi nella notte e nel vento, storie di un periodo in cui il Primo Ordine non c’era su Coruscant, di quando gli stormtrooper non esistevano e i bambini non venivano separati dalle loro famiglie e costretti a vivere per strada. Dade non sapeva se crederci, ma gli stormtrooper non gli piacevano, questo era sicuro, così come non piacevano a quasi tutti i suoi amici.
Dade sgattaiolò rapido tra i detriti, invisibile grazie alle nubi grigie che oscuravano il sole e minacciavano una pioggia imminente. Da dietro un muro spiò la strada, scoprendo la sorgente del rumore che l’aveva portato fin lì, cioè l’esplosione tipica di un blaster.
Tre stormtrooper avevano circondato uno dei suoi amici, Zeec, un rodiano che aveva dodici anni come lui ma a cui non funzionava una gamba. Gli avevano sparato alla gamba buona e ora lo stavano prendendo a calci con i loro stivali rinforzati, ridendo sguaiatamente quando li implorava di smettere.
Dade non perse tempo e raccolse un pezzo dei detriti che cascavano dai vecchi edifici e lo lanciò contro gli stormtrooper, colpendone uno alla testa. Sentì un “ehi” rivolto verso di lui e tre paia di occhi che cercavano di individuarlo tra i detriti. Era il momento.
Dade scattò e corse verso la strada, in mezzo alla folla, i passi dei tre stormtrooper dietro di lui che sbraitavano, intimando alla gente di farli passare. La folla però si fece sempre più fitta e ben presto riuscì a seminarli, imboccando una serie di vicoli che ormai conosceva come le sue tasche.
Zigzagando per le strade giunse alla piazza, dove si ergeva l’edificio che era diventato la sede del governo del Primo Ordine, grigio scuro, frastagliato, che a causa della strana forma a piramide rovesciata lui e i suoi avevano iniziato a chiamare “la trottola”.
Il suono di un corno di bantha riempì l’aria, un segnale che tutti gli abitanti di Coruscant conoscevano bene. Tutti si fermarono, immobili, in attesa, l’aria fattasi improvvisamente pesante. Migliaia di olomonitor si accesero in tutto il pianeta e proiezioni del Cancelliere Hux apparvero sui muri scuri degli edifici. Era in piedi, dritto nella sua postura militare, circondato da stormtrooper. Due di loro reggevano per le braccia un minuscolo chadra-fan dal caratteristico aspetto da pipistrello, ferito e sanguinante.
«Cittadini del Primo Ordine! Quest’oggi, un altro cospiratore si trova davanti a voi con l’accusa di tradimento.»
I due stormtrooper avanzarono e uno di loro alzò la testa dell’alieno, affinché tutti potessero vederlo. Gli mancava un occhio e aveva numerosi tagli in tutto il muso.
«Nonostante il supporto alla sua causa sia tutt’altro che svanito, che questo giorno vi sia da monito, cittadini, affinché tutti sappiate cosa succede a chi tenta di contrastare il nostro Leader Supremo.»
Gli stormtrooper costrinsero a terra il chadra-fan, mentre un terzo si avvicinò a passo di marcia, l’armatura nera e l’elettroascia stretta tra entrambe le mani. Il Cancelliere continuò a parlare.
«Tuttavia, anche il Supremo Leader Kylo Ren sa mostrarsi pietoso. Per questa ragione, il qui presente Biss Kova sarà perdonato, se rivelerà la posizione della base ribelle!»
Ci fu un attimo di interminabile silenzio, poi il chadra-fan parlò, l’espressione impassibile, priva di alcuna traccia di paura. Le sue parole erano nella sua lingua, ma l’espressione irritata del Cancelliere non lasciava alcun dubbio sul contenuto.
«Così sia.»
Lo stormtrooper sollevò l’elettroascia.
Un suono attirò l’attenzione di Dade, il sommesso singhiozzare di una donna che gli fece distogliere lo sguardo dall’esecuzione. Era una chadra-fan, le orecchie abbassate e il pelo scompigliato, un neonato stretto tra le braccia tremanti. La guardò attentamente, mentre Biss Kova continuava a ripetere le stesse parole, in una monotona cantilena. Fu quando questa cantilena si spezzò di colpo che Dade capì. Dal sussulto che fece la chadra-fan e da come si stringeva il bambino a sé in maniera spasmodica, capì chi fosse.
Gli olomonitor si spensero, i muri di Coruscant tornarono grigi, fatta eccezione per gli occasionali poster di propaganda, e tutti tornarono alle loro faccende, come se il tempo avesse ripreso a scorrere all’improvviso. Fu allora che Dade si avvicinò alla donna, che non aveva mai smesso di piangere, e le sfiorò il braccio.
«Vai ai livelli inferiori e dì a chiunque trovi lì che ti manda Dade. Ci prenderemo cura di te» le disse a bassa voce, non appena questa alzò lo sguardo. Sembrava confusa dalle sue parole ma Dade non aveva tempo di spiegare, non con gli stormtrooper che pattugliavano fittamente la città.
Con la stessa agilità con cui si era intrufolato nella piazza, Dade sparì tra i vicoli.
 
 
 
 
Note: eccoci qua con il terzo capitolo!
Una delle cose che adoro in assoluto è come viene mostrato e gestito il Primo Ordine in questo script. È spietato come lo era l’Impero ma sotto certi versi, grazie anche all’avanzamento tecnologico, molto più efficiente del suo predecessore e penso che in queste scene si possa intuire molto bene.
Per quanto riguarda il personaggio di Dade, ci tenevo a precisare che è un bambino umano, in quanto solo gli umani possono arruolarsi per diventare stormtrooper, come hanno fatto i suoi genitori appunto (non ha molto senso a mio parere, ma tant’è).
Piccola precisazione: esiste solo una Darksaber nell’universo di Star Wars e sì, è quella che Huttaska Ren sta reggendo, proprio quella.
Grazie per essere arrivati fin qua con la lettura e alla prossima!
Che la forza sia con voi!

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Capitolo 5
*** Torna a casa ***


Coruscant, Nucleo
 
Il Cancelliere Hux indugiò sul tetto dell’edificio, facendo vagare lo sguardo sull’affollata piazza della capitale. Sembravano tutti così piccoli e insignificanti da quell’altezza, tante piccole formiche da poter prendere e schiacciare tra le dita.
Lo schiocco di un paio di stivali che si mettevano sull’attenti interruppe quei pensieri.
«Comandante Sellik?» disse senza voltarsi, riconoscendo il passo del suo sottoposto.
«Cancelliere! Sono arrivati.»
Hux fece un profondo ma silenzioso respiro, prima di seguire Sellik all’interno dell’edificio.
 
Lord Gherlid si stava gustando una prelibata coscia di Shaak quando il Cancelliere entrò nella stanza, provocando un moto di gioia nel pau’an, che sorrise scoprendo i denti appuntiti. I suoi commensali si voltarono a loro volta verso la porta, ammutolendo, mentre indaffarati camerieri servivano loro altre gustose pietanze.
«Cancelliere! Prego, s’accomodi. La stavamo aspettando» disse Gherlid, aggiustandosi il lussuoso e inutilmente pacchiano soprabito adornato da gemme preziose.
«Vi assicuro che lo Star Destroyer rubato tornerà in mano nostra. I nostri droidi sonda lo stanno cercando in questo esatto istante» disse il giovane Cancelliere, storcendo il naso non appena il cattivo odore che alcuni dei Signori della Guerra lì presenti emettevano raggiunse le sue narici.
«Vi siete fatto sfuggire una nave da guerra classe Dreadnoaught, Hux» lo incalzò Gherlid, con il sorriso da predatore stampato in volto «le vostre parole non ispirano fiducia.»
«Un segnale singolo non sarà difficile da trovare» rispose Hux, esibendosi in uno dei suoi sorrisi più falsi «il nostro blocco ha silenziato milioni di sistemi.»
«Puoi silenziare pianeti Hux, non persone. Ci sono state sommosse. Non possiamo permettere al seme della Ribellione di mettere radici.»
«Il Primo Ordine punirà coloro che si oppongono al vostro dominio. Cedeteci i vostri giovani per il ricondizionamento, insegneranno agli anziani a rispettare la legge.»
«Loro credono in Skywalker, non nella legge» osservò Jor Nult, un weequay dalle dita fin troppo ingioiellate che tentennarono, quando batté il pugno sul tavolo «e nella sua apprendista, quella ragazza, quella Jedi. È diventata un simbolo di speranza.»
«Nult ha ragione» osservò Raykar, un imponente Harch dal pelo candido «La gente pensa che possa distruggerti, Hux. Te e il tuo maestro.»
«Kylo Ren non è il maestro di nessuno e soprattutto non il mio» sottolineò Hux, cercando di contenere l’irritazione.
«Dobbiamo uccidere l’ultimo Jedi» aggiunse nella sua lingua Uggmot, un giovane Hutt seduto a fianco di Lord Gherlid.
«I Cavalieri di Ren sono già sulle sue tracce con il preciso compito di eliminarla.»
«Quindi, il nostro destino e nelle mani di un branco di fanatici?» osservò irritato Gherlid «Ci chiedete fiducia, eppure non fate assolutamente nulla per ispirarla! Dov’è Kylo Ren?»
«Il Supremo Leader tornerà appena avrà trovato la conoscenza che sta cercando.»
I Signori della Guerra si guardarono tra loro. Era evidente che le parole del Cancelliere non li avevano convinti.
«Quando?» chiese Nult.
«Presto.»
 
Mustafar, Orlo Esterno
 
Kylo Ren si guardò intorno, cogliendo appena i lineamenti del suo volto sul riflesso della nera e lucida pietra vulcanica. La barba di qualche giorno iniziava a intrappolare una discreta quantità di cenere vulcanica e il terreno lavico aveva bruciacchiato le sue vesti in più punti, ma tutto questo non gl’importava.
Alzò gli occhi al cielo, usando le stelle per orientarsi, conscio di essere sulla strada giusta. Con rinnovata grinta, si arrampicò su un’altura di ossidiana e finalmente trovò la sua destinazione ergersi tra i fiumi di lava: la fortezza di suo nonno.
 
Senza attendere, corse lungo il pendio, zigzagando rapido tra i rivoli di lava, i polmoni pieni di aria calda che minacciavano di esplodere per lo sforzo.
L’aveva trovato.
Il luogo dove suo nonno esercitava il dominio sulla Galassia, dove teneva i suoi più oscuri segreti era davanti a lui, quasi del tutto distrutto, ma ancora vibrante nel lato oscuro della Forza. Si concesse alcuni istanti per ammirarlo dall’esterno, prima di entrare.
Aveva appena varcato la soglia e mosso alcuni passi, quando refolo d’aria insolitamente gelida gli accarezzò il volto.
«Lasciami stare» disse ad alta voce. Sapeva di non essere solo.
«Questo è dove conduce la via per il lato oscuro. Una tomba vuota.»
Il fantasma di forza del suo vecchio maestro era dietro di lui e lo guardava con occhi limpidi. Il giovane però non si voltò.
«E dimmi, dove ti ha portato il lato chiaro? Sei un fantasma.»
«So cosa stai cercando Ben» disse Luke con voce pacata «Il tuo maestro ti ha promesso il potere, ma ti senti vuoto.»
«Presto sarò più potente di qualunque jedi. Persino di te.»
«Ne sei sicuro?»
Con un singolo fluido movimento, Kylo Ren accese la sua spada e piroettò, colpendo il nulla alle sue spalle. Un grugnito frustato gli sfuggì, mentre una seconda folata gelida gli lambiva il viso e la luce rossastra della sua lama illuminava il nulla.
Torna a casa, Ben. Torna a casa da Leia.
Quelle ultime parole gli avevano fatto più effetto di quanto si aspettasse, le mani gli stavano tremando e sentiva il cuore esplodergli nel petto.
Lentamente si voltò, illuminando il fondo del fatiscente salone in cui si trovava. Su un altare, c’era il manufatto che stava cercando.
È troppo tardi, pensò mentre riduceva la distanza tra sé e quell’oggetto a grandi falcate. Non posso più tornare indietro.
Prese tra le mani l’oggetto e s’inginocchiò con riverenza. Era di forma piramidale e un bagliore rosso percorreva gli spigoli.
Sebbene Kylo Ren non avesse mai visto un holocron sith, sapeva di averne tra le mani uno. Chiuse gli occhi e si concentrò per incanalare la forza in esso.
La luce rossastra che spirava dall’holocron aumentò d’intensità e le facce si staccarono, rivelando una luce pulsante all’interno che ben presto prese le sembianze dell’Imperatore.
Lord Vader. Presto il giovane Skywalker sarà nostro, l’ho previsto. Tuttavia, dobbiamo prepararci per ogni imprevisto. Se dovesse abbattermi, dovrai condurlo al Sistema Remnicore. Lì troverai Tor Valum, Maestro dei Sith che in passato m’istruì.
L’immagine svanì per qualche istante, lasciando solo la voce di Palpatine a proseguire, poi il bip di uno scanner e una flebile luce bluastra scansionò Kylo Ren da capo a piedi.
Qui il figlio di Skywalker acquisirà un enorme potere, ben oltre a qualunque abilità tu possa apprendere nel tuo stato danneggiato. Così, egli controllerà l’intoccabile potere di Mortis. Alla fine, capiremo-
La voce dell’Imperatore venne interrotta, sostituita da una metallica. Intruso rilevato.
Fulmini rossi uscirono dall’holocron, che colpirono Kylo Ren al volto prima che riuscisse a riporlo sull’altare. Grida di profondo dolore rimbombarono a lungo nella sala della fortezza sith.
 
Sistema Nirauan, Orlo Esterno
 
Leia aprì gli occhi di scatto.
«Ben.»
Con fatica si mise a sedere sul letto della sua minuscola stanza, ancora scossa dall’incubo, le mani tremanti alla ricerca del bicchiere d’acqua che aveva posato sul comodino prima di coricarsi. Bevve qualche sorso, osservando il suo riflesso sul pelo dell’acqua mentre cercava di calmarsi con profondi respiri.
Non ironicamente, notò di essere invecchiata. I capelli erano ormai grigi e le rughe sul suo volto si erano fatte profonde. La sua famiglia su Alderaan, suo marito Han, suo fratello Luke: quelle morti erano incise sul suo viso, assieme al peso del comando, alla responsabilità di guidare la Ribellione e alla paura di una madre di dover assistere alla morte del proprio figlio.
Per un lungo attimo si sentì profondamente sola. Le mancava la sua famiglia, ma sapeva di non potersi permettere il lusso di cedere al dolore. Quell’attimo finì e tornò ad essere il Generale Leia Organa Solo, leader della Ribellione, ultima speranza della Galassia.
La porta alle sue spalle si aprì. Chewbecca si annunciò con un ruggito ed entrò con passo pesante, seguito dal tenente Connix.
«Parlate.»
«Sono tornati, Generale.»
«Missione compiuta?»
«Non esattamente…» Connix guardò fuori dalla finestra e Leia seguì il suo sguardo, nel punto in cui apparve il Dreadnaught classe Eclipse del Primo Ordine.

















Note: eccomi qua con un nuovo capitolo! Che dire, ho apprezzato molto questo Hux che cerca di fare sbrogliare gli affari del PO con la malavita, passa un pò per galoppino di Kylo Ren e questo avrà delle conseguenze sullo sviluppo del personaggio davvero interessanti.
Leia è una roccia come sempre, nonostante il suo nemico sia il suo stesso figlio. Mi è piaciuto interpretare i gesti che secondo lo script doveva compiere per dare uno scorcio sui suoi pensieri e sulla sua forza interiore. Spero di aver reso onore a quello che è uno dei personaggi migliori della saga, nonchè il mio prefrito.
Infine Ben Solo, alla ricerca del potere per riempire quel vuoto che da sempre porta con sè... c'è tanto da dire su di lui, quindi preferisco lasciar parlare la storia stessa. Fortunatamente, i dialoghi che lo riguardano, partendo proprio da questo con il fantasma di Luke, sono davvero ben fatti in questo script e mi permettono un'ottima introspezione del personaggio.
Vi lascio alcuni link con le specie apparse nella storia, per completezza:

Pau'an
Weequay
Harch
Grazie di essere arrivati fin qua con la lettura e alla prossima!

Che la forza sia con voi!
 

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Capitolo 6
*** Vale la pena tentare? ***


Sistema Nirauan, orlo esterno
 

«Questa è una chiara violazione degli Accordi Corelliani!» blaterò un ufficiale del Primo Ordine, mentre Poe lo ammanettava. Da quando erano arrivati, il ponte principale dello Star Dreadnaught classe Eclipse era diventato un viavai di soldati affaccendati, abbastanza da far passare l’arrivo del Generale Organa del tutto inosservato.
«Beh, puoi metterlo sul mio curriculum» rispose il ribelle, strappando l’ID dall’uniforme dell’ufficiale.
«Ti dispiace?» chiese Rose, indicando a Poe l’ID «le colleziono.»
«Generale, che ne facciamo di tutti loro?» chiese Connix a Leia, palesando la loro presenza ai due ribelli. Quest’ultima guardò silenziosamente le persone ammanettate uscire dal ponte per alcuni istanti prima di rispondere.
«Preparate la cena. Sembrano affamati.»
«La punizione per il vostro atto di ribellione sarà…» riprese lo stesso ufficiale di prima, ma la porta del ponte interruppe le sue parole chiudendosi di scatto.
«Scansiona l’intera nave, potrebbe essere piena di truppe nemiche» ordinò a Connix, prima di rivolgersi a Poe «i nostri eroi ribelli qui presenti però non ci hanno pensato, vero?»
«Suvvia… non ditemi che non avete mai desiderato una di queste!»
L’occhiata che Leia lanciò a Poe era piuttosto eloquente «Preparatevi per l’evacuazione. Ce ne andiamo.»
«Cosa? Perché?» sbottò Poe stupefatto.
«Avete rubato uno star Destroyer» fu la risposta pacata del generale.
«Ho disattivato la boa di trasmissione! Siamo al sicuro» aggiunse Rose, contrariata tanto quanto l’amico.
«Abbastanza da scommettere la vostra vita?»
Rose e Poe ammutolirono sotto lo sguardo severo di Leia, colpiti più da quest’ultimo che dalle sue parole. Avrebbero messo in gioco le loro vite e quelle di tutta la ribellione per una nave? La risposta era no. Leia non aggiunse altro, uscì semplicemente dal ponte principale della nave, in silenzio.
Appena fuori dal ponte, Finn scrutava qualcosa in lontananza, turbato, tanto da non accorgersi dell’arrivo della donna. Seguendo il suo sguardo Leia arrivò fino a Rey, seduta su una cassa con lo sguardo perso fisso a terra.
«Come sta?» chiese al giovane, facendolo trasalire leggermente per la sorpresa.
«Difficile a dirsi… magari potreste parlarle?»
«Non ha bisogno di un maestro, ma di un amico. Va da lei.»
Finn annuì.

 
«Tutto ok?» la voce di Finn interruppe il filo dei pensieri di Rey.
«Ho fallito» bisbigliò, le nocche bianche strette a pugno.
«Non dire così. Semplicemente ormai hanno imparato le nostre tattiche-»
«Quelle persone» lo interruppe «i bambini… ho visto la speranza nei loro occhi.»
«Perché credono in te. Tutti noi crediamo in te.»
«Non posso essere quello che mi chiedono di essere, Finn» si voltò verso l’amico, la stanchezza evidente tanto nella voce quanto nelle spalle abbassate e nel volto scavato «Non sono abbastanza forte.»
«Ma non è vero…»
Rey riportò lo sguardo in basso, sulle mani callose e screpolate che aveva sciolto dai pugni e ora riposavano sulle sue vesti scure ancora impolverate dalla sabbia candida della luna di Kuat. Finn non capiva, forse nessuno di loro avrebbe capito.
«Ogni notte mi sveglio urlando per l’ennesimo incubo» disse, cercando di mettere in parole quel groviglio di emozioni, ma le parole successive gli morirono in gola.
«È lui?»
«C’è qualcosa tra di noi, io…»
La mente di Rey viaggiò a quella sera di qualche anno prima su Ahch-To, quando lei e Ben avevano parlato davanti al fuoco, quando le loro mani si erano sfiorate in quel lungo, interminabile istante, quando forse per la prima volta in vita sua si era sentita compresa, accettata, connessa con qualcuno. Se non riusciva a spiegare a Finn ciò che essere la speranza dell’intera galassia comportava, come poteva fargli capire la complessità del legame che aveva con quello che agli occhi di tutti era un mostro? Nessuno prova empatia per un mostro, tranne forse lei.
«Non so come spiegarlo.»
«Devi togliertelo dalla testa. So cosa pensi, ma non può cambiare, è troppo tardi.»
«Non è mai troppo tardi per cambiare» guardò l’amico con un accenno di sorriso in volto «Me l’hai insegnato tu, dopotutto.»
Il ruggito vittorioso di Chewbecca interruppe la loro conversazione. Rey e Finn scattarono verso di lui, trovandosi davanti a una porta di spesso metallo sfondata dall’esplosivo. Sotto di loro, si apriva un arsenale: caccia TIE, camminatori, veicoli di trasporto truppe e tanto altro che i loro occhi non erano in grado di raggiungere.
«Abbiamo abbastanza potenza di fuoco per conquistare la capitale!» Gli occhi di Finn brillavano di gioia «Poe, Rose! Venite a vedere!»
«Vedi! Quando mai sono tornato a casa a mani vuote?» sogghignò Poe non appena attraversò la soglia, assestando poi una sonora pacca sulla spalla all’amico «Questo era il piano.»
«Questo, eh?» rispose sarcasticamente Rose, sollevando un sopracciglio.
«Abbiamo navi e armi, ci manca solo un esercito» osservò Finn.
«Come? Nessuno può sentirci. Siamo tagliati fuori…» le parole di Poe incupirono i giovani ribelli, tranne Rey a cui quelle parole richiamarono dei ricordi molto nitidi.
«Non dobbiamo esserlo per forza» disse, attirando lo sguardo dei suoi amici «andiamo al Falcon, forse ho un’idea.»
 

Il Millenium Falcon era certamente invecchiato, l’ammaccata scocca esterna era la prova più evidente, ma Chewbecca si era impegnato molto per mantenere l’interno come era sempre stato, in quello che era il suo particolare modo di ricordare un caro vecchio amico che l’aveva lasciato prima del previsto. La stiva in particolare era rimasta immutata, con il suo tavolino rotondo e gli holoscacchi perfettamente funzionanti nonostante le botte wookie prese in passato.
Proprio attorno a quel tavolo, i tre ribelli scrutavano Rey in attesa, mentre questa raccoglieva un libro polveroso da uno scomparto sotto un pannello nel pavimento della stiva e rapidamente lo sfogliava.
«Ai tempi della Vecchia Repubblica, i Jedi avevano un sistema di comunicazione. Era alimentato da un sistema che si trova sotto il tempio» disse, mostrando alcune pagine ai suoi amici «è uno dei libri che ho salvato da Ahch-To.»
Rose guardò attentamente le immagini schematizzate del vecchio tempio jedi, della torre centrale soprattutto, al centro della quale una un’insolita spirale era stata disegnata con un inchiostro differente. Si fermò a leggere le note a lato.
«Un trasmettitore progettato per chiamare i sistemi più lontani attraverso la Forza» continuò Rey.
«Figurati se dopo tutto questo tempo funziona ancora…» osservò Finn scettico.
«La tecnologia della Vecchia Repubblica non è come la spazzatura che abbiamo oggi» disse Poe, anche lui chino sul libro.
«Sono d’accordo, guarda» aggiunse Rose, indicando alcune sezioni più dettagliate nell’angolo di una pagina «questo sistema è mille anni più avanti della tecnologia imperiale. Il Primo Ordine non riuscirà ad interferire con il segnale.»
«Vale la pena tentare…» ammise Finn, affiancando Rose nella lettura.
«A questo punto, vale la pena tentare qualunque cosa» sottolineò Poe alzandosi, attirando lo sguardo di tutti. Sapeva che lo consideravano loro leader e leggeva abbastanza determinazione negli sguardi di Rose e Finn da sapere che l’avrebbero seguito; il ruggito di Chewbecca, inoltre non lasciava dubbi. Tuttavia, non gli sfuggì l’esitazione di Rey; la giovane sembrava assente, come se nemmeno l’avesse sentito.
«Rey?»
«La speranza è tutto ciò che abbiamo.»








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Note: eccoci qui, con questo nuovo capitolo! Era giunto il momento di dare un pò di spazio ai ribelli e così è stato, con una Rey che sente fin troppo il peso della galassia sulle sue spalle e una piccola scintilla di speranza per la Resistenza. Una doverosa precisazione: quando si parla di Vecchia Repubblica non fa riferimento alla repubblica preimperiale, ma a quella di più di 3000 anni prima, apparsa solitamente in media non canonici come videogiochi e alcune serie a fumetti (molto prima della regola dei due, per intenderci). Evidentemente, alcuni eventi e tecnologie legends volevano essere resi canonici. 
Grazie per essere arrivai fin qui con la lettura e a presto!
Che la forza sia con voi!

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Capitolo 7
*** Due Troni ***


Sistema Nirauan, Orlo Esterno
 
Rey sistemò il nodo della benda che portava sugli occhi, stringendolo meglio affinché non finisse a terra durante l’allenamento. Fece un respiro profondo e si mise in posizione di guardia.
Con la punta del bastone batté una volta sola sul manichino d’allenamento, il rumore sordo del legno contro legno aleggiò a lungo in quel dojo improvvisato. Sentì lo scatto del manichino che si attivava e i suoi bracci lignei iniziare a roteare.
Il primo arrivò alla testa. Con un movimento fluido sollevò il bastone, intercettando il colpo appena in tempo per percepire quello alle gambe.
Un salto, e il terzo braccio minacciò di colpirla al ventre se non fosse stato per i suoi riflessi pronti, che le suggerirono di abbassare il bastone per difendersi.
I bracci del manichino iniziarono a roteare colpi più rapidamente, poi a muoversi attorno a lei, cercando di colpirla alle spalle, e per lunghi minuti, Rey non fece altro che saltare, schivare e parare con la sola Forza a guidare i suoi movimenti.
Bastò una disattenzione, una frazione di secondo di troppo e, nonostante avesse percepito quell’attacco, Rey cadde a terra, prona, la schiena dolorante.
«Il tuo dolore è un’illusione» disse una voce familiare, riverberando nella sala quasi vuota.
«Io non direi…»
Rey si rialzò, prese una breve rincorsa e spiccò un breve salto, colpendo il manichino con un calcio e schivando i due colpi in arrivo con un salto all’indietro. Lo schiocco del manichino che si disattivava, le fece capire immediatamente che ce l’aveva fatta.
I suoi piedi non avevano ancora toccato terra però, che una dolorosa fitta al volto la fece trasalire, trasformando il suo atterraggio in una caduta. Il dolore al volto non accennava a diminuire anzi, si espandeva sul suo viso come una scarica elettrica, lungo il collo e fino al petto, lasciandola a terra boccheggiante, annaspante.
Si stese a terra, alla ricerca di un po' di sollievo nel contatto con la fredda roccia del pavimento, quando la consapevolezza di ciò che le stava accadendo la colpì con altrettanta ferocia.
«Ben» mormorò a denti stretti, gli occhi socchiusi, mentre le immagini di un luogo distante prendevano forma tra le sue palpebre.

 
Coruscant, Nucleo Galattico
 

Il portellone del TIE Silencer si aprì con uno schiocco, rivelando la figura semi svenuta del Supremo Leader Kylo Ren. Un nutrito gruppo di ugnaught si avvicinò rapidamente al caccia, seguiti a ruota dal droide sonda che lo accompagnava e da un droide medico.
Nel suo stato di semi-incoscienza, Kylo Ren capì solo di essere tornato su Coruscant, aveva riconosciuto la vaga forma dell’edificio da cui lui e il Primo Ordine tutto dominava sulla galassia mentre atterrava e il soffitto dell’attrezzata infermeria militare mentre veniva trasportato rapidamente dagli addetti allo spazioporto a lui riservato. Il dolore al volto era lancinante, soffocante quasi, poiché più inalava aria più sentiva che questa non bastava; i polmoni in fiamme ne reclamavano di più, ma sempre meno ne trovavano, lasciandolo stordito e bruciante, tanto da non avere nemmeno più le forze per urlare. Sentiva le forze mancargli e che stava perdendo conoscenza, mentre immagini sconnesse che non riconosceva prendevano forma.
 
Una montagna innevata, avvolta da un’implacabile tempesta.
Le grigie rovine di un tempio intagliate nella pietra, così antico da non sembrare nemmeno un tempio jedi. Forse non lo è affatto.
Entrambi si trovano lì, in una sala antica, dove il tempo si è fatto beffe delle elaborate decorazioni murarie e delle statue solenni, rovinando e sgretolando ogni cosa.
Sono fianco a fianco, le spade laser sguainate mentre osservano la luce emanare dal pozzo ai loro piedi, che quasi sembra chiamarli con la sua luce pulsante.
Dietro il pozzo, due troni in pietra.
Due troni per due persone.
Due troni per una diade.
Due troni per loro.
Per un breve istante i loro occhi si incontrarono.
 

Sistema Nirauan, Orlo Esterno

La visione terminò, ma il dolore al viso non abbandonò Rey. Sebbene fosse diventato più sopportabile, migliaia di minuscole punture avevano iniziato a pizzicarle il volto, come sottili aghi piantati nella sua carne. Con un gesto stizzito si tolse la benda e si mise a sedere sul freddo pavimento del dojo, massaggiandosi il viso.
«Che cosa hai visto?»
La voce di Luke arrivò perentoria alle sue orecchie, pur rimanendo gentile. Alzò lo sguardo sul fantasma di forza del suo vecchio maestro, seduto su una cassa. Era preoccupato, glielo lesse in volto solo grazie a un fugace tremolio dello sguardo che intaccò brevemente la sua compostezza da jedi.
«Una montagna. Due troni di pietra. Kylo Ren era… cambiato.»
Era durato pochi istanti, ma non riusciva a togliersi dalla mente il volto di Ben, sfigurato e bruciato, gli occhi infiammati dall’ira e dall’odio come se fossero ciechi a qualunque altra emozione. Sapeva che erano sentimenti che albergavano da molto nel suo cuore, ma mai li aveva percepiti con quella intensità, nemmeno quando le loro menti e cuori si erano toccati in passato su Ach-Too.
«Hai visto il futuro, Rey.»
«Anche Kylo l’ha visto. Lo sentivo come se fosse vicino a me.»
«Dove?»
«Mortis» rispose brevemente, richiamando alla mente il contenuto dei vecchi tomi che aveva salvato. Vide Luke incupirsi, stropicciarsi le mani nel tentativo di mantenere la calma. Il vecchio maestro si alzò in piedi e fece qualche passo, avanti e indietro, prima di fermarsi a guardare Rey.
«Che cosa sai di Mortis?»
«È un luogo antico. Risale a tempi antecedenti ai jedi e ai sith… Due troni per due potenti creature, una di luce e una d’oscurità. Insieme portano l’equilibrio. Ma… è solo un mito, vero?»
Luke ridacchiò nervosamente. «Dicevano lo stesso di me, sai?»
«Al di sotto del tempio di Mortis vi è un potere senza precedenti, aldilà di qualunque cosa i jedi abbiano mai conosciuto» aggiunse Luke, rimettendosi seduto «Se Kylo raggiunge quel tempio, tutto ciò per cui ci siamo battuti andrà perso. Devi affrontarlo, Rey.»
«Tu… tu vuoi che uccida il figlio di Leia?»
Rey sentì la rabbia attanagliarle lo stomaco, le unghie piantarsi nei palmi mentre stringeva le dita a pugno, in un vano tentativo di contenere il tremore che le aveva invase.
«La Forza ci guida verso l’equilibrio. Non sempre ci fa vedere quello che vorremmo vedere.»
Rey scattò in piedi, una smorfia sarcastica dipinta in volto. «Tsk, “Equilibrio”. L’oscurità soffoca la luce e la luce soffoca l’oscurità, poi ancora l’oscurità reprime la luce e di nuovo la luce prende il sopravvento. E così ancora, e ancora. Sempre e solo così. In che modo questo dovrebbe essere “equilibrio”, uh?»
«Conosco quella rabbia. È stata parte di me, come lo è stata di mio padre.»
«Così dice il mio Maestro! E il suo Maestro prima di lui! E migliaia di altri Maestri che non vedono l’ora di dirci come dobbiamo vivere!»
Luke non disse nulla, limitandosi a guardare Rey mentre quell’impeto di rabbia abbandonava il suo corpo sfinito e coperto di lividi. Rey si posò contro il muro, sbirciando da una crepa nell’edificio il viavai affaccendato dei soldati della Resistenza. Vide Chewbecca lavorare al Falcon, Finn e Rose concentrati sulle calibrazioni delle armi, Poe e BB-8 sulla loro nuovissima e fiammeggiante Ala-X.
«Per tutta la vita ho desiderato una famiglia e ora ne ho una. Non li abbandonerò» disse, lo sguardo fisso sui suoi amici.
«La Forza ti sta parlando, Rey.»
«Forse non sono chi crede che io sia.»
«Chi sei, Rey?»
«Nessuno.»
«Se è questo che pensi, allora l’ultimo jedi è morto.»
«Probabilmente lo è.»
Coruscant, Nucleo Galattico
 
 
Un droide medico porse uno specchio a Kylo Ren. Del lucido beskar splendeva dove un tempo si trovavano la sua guancia destra e il suo mento, per proseguire giù fino alla gola. Se non fosse stato per il dolore che ancora lo opprimeva, avrebbe riso, poiché la persona che gli stava restituendo lo sguardo in quella lucida superficie aveva l'aspetto di un mostro. Colui che tutti da sempre temevano diventasse era lì, era lui.
«Concludete.»
Il droide medico riprese lo specchio e fece qualche passo indietro, mentre due bracci meccanici fecero calare sul suo volto un elmetto, che con uno schiocco si adattò ai suoi nuovi supporti in beskar.
Il droide medico si avvicinò, controllando brevemente che ogni cosa fosse al suo posto.
«Potete respirare» annunciò il droide con voce atona.
Molto lentamente, Kylo Ren inspirò ed espirò. Un suono basso uscì dal suo elmetto, simile a quello di colui che un tempo fu il braccio destro dell’Imperatore, ma molto più profondo, gutturale, come quello di una bestia ringhiante. Sotto l’elmetto, la parte sinistra del volto di Kylo Ren si mutò, per quanto possibile, in una smorfia divertita.






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Note: salve a tutti! Rieccomi dopo tanto tempo con questa long! La pandemia ha avuto un brutto effetto sulla mia creatività, ma pian piano sto riprendendo tutto ciò che ho lasciato in sospeso, quindi non temete. Quella di questo capitolo è una delle parti che preferisco dello script "buttato", con Kylo Ren che diventa un villain vero e proprio (ma senza imitare suo nonno come poteva sembrare nei primi due capitoli della trilogia) e Rey che beh, non vuole fare il Jedi (e anzi, credo tiri fuori un certo pensiero comune che abbiamo tutti noi nei confronti dei jedi stessi... o sbaglio?). Grazie per aver deciso di continuare a leggere questa storia, nonostante la mia assenza.
Che la Forza sia con voi!

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Capitolo 8
*** Determinazione ***


Coruscant, Nucleo Galattico
 
La porta circolare si aprì senza emettere alcun suono, permettendo finalmente al Cancelliere Hux di raggiungere la sua stanza privata e chiudersi il resto della galassia alle spalle.
Ripose con cura il suo impermeabile e si lasciò cadere sulla sua poltrona, posando distrattamente lo sguardo stanco e disgustato sul mondo di minuscole e insignificanti formiche che si affaccendavano aldilà della finestra. Era così stanco di dover continuamente dare spiegazioni sull’operato del Primo Ordine, sul suo operato, a delle creature così patetiche e inferiori come quei fetenti Signori della Guerra. Se fosse dipeso da lui, li avrebbe eliminati e basta, dal primo all’ultimo, senza permettere loro di aprire bocca o qualunque altra cavità utilizzassero per parlare. Li avrebbe eliminati e avrebbe requisito le loro ricchezze, tutto per il Primo Ordine.
Si alzò, muovendo qualche passo nella lucida stanza di marmo chiaro. Abituato alla semplicità e austerità dell’arredamento militare imperiale, Hux aveva chiesto espressamente che i suoi alloggi fossero essenziali allo stesso modo, con una piccola e zampillante fontana da interno come unica vera e propria decorazione di quella stanza. Tuttavia, i materiali utilizzati per comporre la stanza e l’arredamento erano di eccellente qualità, come si confà al Cancelliere del Primo Ordine dopotutto.
Il suo riflesso pensieroso nello specchio catturò brevemente la sua attenzione. La fronte era aggrottata, la rete di rughe d’espressione sempre più fitta e una ciocca grigia faceva capolino sulla tiratissima chioma rossa, eludendo i suoi tentativi di nasconderla. Odiava quella ciocca grigia, gli ricordava il passare del tempo e di come non avesse ancora raggiunto i suoi obiettivi. Sentiva che il tempo a sua disposizione si assottigliava, sentiva l’invisibile sguardo di rimprovero di suo padre negli angoli del subconscio ogni volta che quei pensieri gli sfioravano la mente.
Stizzito, spostò la sua attenzione sulla teca vicino allo specchio, accuratamente posizionata su un piedistallo. Rimase a lungo a osservarne il contenuto, una spada laser, un oggetto da collezione che aveva ottenuto con grande fatica e al costo di molti crediti.
Desiderava usarla. No, non era la spada in sé che desiderava, ma il potere che gli conferiva brandirla, il potere della Forza. Sentiva con ogni fibra del suo corpo che lui era il migliore, che lui meritava quel potere, nessuno meglio di lui sarebbe stato in grado di sfruttarlo per compiere il destino del Primo Ordine, portando pace, disciplina e ordine nella galassia.
Prese alcune monete dalla tasca della divisa, le posò sulla teca e si allontanò di qualche passo. Allungò la mano, pensando, pretendendo, che quelle monete fluttuassero immediatamente verso la sua mano. Dovevano farlo, se lo facevano per Kylo, perché non per lui? Lui era migliore di quel ragazzino isterico troppo cresciuto, lui meritava il titolo di Leader Supremo, lui meritava di dominare la galassia.
«È andato tutto bene in mia assenza?»
Hux sussultò, la mano subito nascosta dietro la schiena, l’espressione indurita per nascondere l’imbarazzo. Kylo Ren lo osservava silenzioso dall’ombra sulla soglia della sua stanza.
«Leader Supremo, siete tornato. Se avessi saputo…»
«Non ho bisogno di parate o grandi manifestazioni. O titoli, Cancelliere…»
Kylo Ren mosse qualche passo verso Hux, uscendo dall’ombra, preceduto dalla sua voce spaventosamente distorta. La maschera del Leader Supremo era cambiata, ricordava vagamente quella che portava in passato ma era più lucida e affilata, come se fosse stata scolpita nella roccia vulcanica.
«I miei cavalieri mi hanno riferito che la ragazza era alla tua portata.»
«A quanto pare, i tuoi cavalieri hanno deciso di gestire di loro iniziativa il fallimento del mio Generale.»
Kylo Ren si avvicinò alla finestra, dando le spalle a Hux mentre osservava Coruscant dall’alto.
«E come dovrei io gestire il vostro fallimento, Cancelliere?»
Hux sbiancò, indietreggiando istintivamente. «Cosa-»
«Tutti la amano, non è così?» lo interruppe.
«La fede è il conforto dei pezzenti. La gente è attaccata al folklore, ma è il Primo Ordine che teme» rispose Hux, confuso dall’improvviso cambio di registro di Ren.
«La gente teme me. Presto comanderò la Forza in modi sconosciuti perfino agli antichi utilizzatori della Forza.»
«Il potere descritto negli antichi testi sith… l’avete trovato?»
«È alla mia portata. Presto, il potere di distruggere un pianeta sembrerà… insignificante.»
«Quali sono i vostri ordini?»
«Trova la Resistenza. Spazzala via.»
«E la ragazza?»
«Lasciatela a me.»
 
Sistema Nirauan, Orlo Esterno
 
I preparativi per l’evacuazione della base della Resistenza erano quasi completati e ora i suoi membri affollavano la sala briefing, svuotata da qualunque tipo di attrezzatura utile. Poe si trovava al centro di essa, davanti alla mappa olografica della superficie di Coruscant.
«Come sapete tutti, il Primo Ordine ha silenziato le comunicazioni tra i sistemi. La fonte si trova qui» disse, mentre la mappa zoomava sulla “trottola”, l’edificio da cui il Primo Ordine governava la galassia. Un puntino rosso si accese al centro di esso «Questa è la sorgente delle interferenze. È tecnologia avanzata e fin’ora non siamo stati in grado di trovare punti deboli. Nessuno scarico, nessun oscillatore… i bastardi hanno imparato dagli errori del passato.»
Non lontano dalla mappa, Leia osservava attentamente Poe, incapace di non notare quanto il ragazzino scapestrato e sconsiderato che conosceva da sempre fosse diventato un uomo maturo e un abile leader. Ogni giorno che passava gli ricordava sempre più sua madre Shara, un pensiero che le provocò una fitta al cuore per fin troppe ragioni.
«Le nostre forze non sono sufficienti per un assalto diretto, ma c’è un altro modo» continuò Poe, mentre la trottola svaniva dall’oloproiettore per lasciare il posto alla mappa tridimensionale del Tempio Jedi, con quattro delle cinque torri crollate e vari cedimenti strutturali «un sistema analogo risalente alla Vecchia Repubblica, alimentato da cristalli Kyber.»
All’interno del Tempio, una serie di linee rosse si accesero, delineando le sagome di un intricato sistema sotterraneo alimentato da una qualche sorta di macchina al centro di esso.
«Una squadra di dimensioni ridotte attiverà il segnale e chiamerà l’intera galassia alla guerra. Quando accadrà, saremo pronti.» concluse Poe, scorrendo rapidamente lo sguardo sui presenti.
Finn immediatamente fece un passo avanti, lo sguardo determinato puntato su Leia. «Lasciatemi guidare la squadra, Generale.»
«Lasciate guidare a me la squadra, Generale» intervenne Rose, affiancandosi a Finn «Ma gli lascerò credere che lo stia facendo lui.»
«Rey?» Leia guardò la giovane, preoccupata dal suo silenzio.
«Mi stanno cercando, è già abbastanza pericoloso così» rispose Rey, abbassando lo sguardo, mortificata «Non posso venire con voi.»
«Molto bene» tagliò corto Leia, interrompendo un contrariato Poe che sembrava voler protestare «preparatevi all’evacuazione.»
I membri della Resistenza uscirono dalla sala briefing, tornando ai loro posti. Prima che Rey facesse lo stesso, Poe la raggiunse.
«Che ti prende?» le chiese, afferrandole il braccio.
«Devo porre fine a tutto questo. Devo affrontarlo» fu la risposta atona della giovane.
Poe la strattonò leggermente, quel tanto che bastava per costringerla a guardarlo negli occhi. C’erano paura e sensi di colpa in quello sguardo, riusciva a leggerli nonostante il tentativo di impassibilità della sua amica.
«Affrontarlo, uh? Non sembrano parole tue.»
«Sono parole da jedi. Ci devo ancora fare l’abitudine.» Rey distolse lo sguardo,
«Okay, verremo con te.»
«No. Devo andarci da sola.»
«Ah, sì? Pure quello è nei tuoi libri jedi? E dove diavolo dovreste mai affrontarvi?»
«Mortis, nelle Regioni Ignote.»
«Mortis è una leggenda.»
«No, non lo è. L’ho visto»
«Ma davvero? E come intendi arrivarci?» Poe sollevò un sopracciglio, scettico.
Rey rimase in silenzio per alcuni istanti, evidentemente in imbarazzo.
«Mi inventerò qualcosa» disse infine, liberandosi dalla presa dell’amico e più che mai decisa ad andarsene da quel luogo.
«Ehi!» Poe la raggiunse, adattando il passo al suo per starle a fianco «Senti, Maestra Jedi…»
«Non chiamarmi così…»
«Okay, allora, so che per quel che riguarda la tua missione sono utile quanto un bantha su Kamino, ma il punto è che conosco qualcuno che forse può esserti d’aiuto…»
«Chi? Un altro tuo amico dell’Accademia?»
«Ehi, i ragazzi dell’Accademia sono fantastici!»
«Ma ti prego, dire che sono inaffidabili è riduttivo…»
«Comunque, no, non è una di loro…»
«E chi sarebbe?»
«Vive su Bonadan ed è sensibile alla forza come te.»
«Cosa?» Rey sgranò gli occhi per la sorpresa.
«Non esattamente come te, meno. I contrabbandieri la pagano per trovare spezie negli asteroidi.»
«E ti fidi di lei?»
«È un po' fuori di testa, ma se quel posto esiste lei sa dove trovarlo.»
Rey si lasciò andare in un lungo sospiro. «Grazie, Poe.»
«Senti… posso solo vagamente immaginare cosa significhi essere l’unica speranza della galassia, ok? Le mie responsabilità sono minuscole in confronto alle tue. Però, per favore, non caricarti il peso dell’intera galassia sulle tue spalle.»
Rey si fermò all’improvviso, costringendo anche Poe a fare lo stesso. Questa volta lo guardò volutamente negli occhi, uno sguardo stanco e sconsolato.
«Ma io ho il peso dell’intera galassia sulle mie spalle, Poe.»
«Ma non sei la sola a portarlo. Tutta la Resistenza lo sta facendo…» rispose il ribelle, facendo un ampio gesto con il braccio per indicare l’esterno dell’edificio, dove il viavai degli affaccendati membri della Resistenza era ripreso più frenetico di prima.
«Quello che volevo dire è… se ti trovi in difficoltà, parlane con me, o con Rose, Finn o con chiunque pensi ti possa aiutare. Permettici di aiutarti, per quel poco che possiamo fare» aggiunse Poe.
«Grazie, Poe. Lo farò.»
Poe la salutò con un leggero buffetto sulla spalla, prima di immergersi nuovamente tra la folla.
Le labbra di Rey si incurvarono in un leggero sorriso. Era da sempre abituata a badare a sé stessa, chiedere aiuto non le veniva poi così naturale. Per quella sua nuova famiglia, però, era disposta a fare un tentativo.

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Capitolo 9
*** Risolutezza ***


Coruscant, Nucleo Galattico
 
La notte era finalmente sopraggiunta anche in quella metà della superficie di Coruscant, coprendo il quartier generale del Primo Ordine con la sua gelida coperta stellata.
Kylo Ren sedeva immobile sul letto, tamburellando incessantemente le dita sulla morbida stoffa della coperta spiegazzata, agitato.
Non riuscendo a prendere sonno, si alzò e lentamente si avvicinò all’unica mensola della stanza, senza mai spostare lo sguardo da ciò che vi era posato sopra. La maschera di suo nonno sembrava fissarlo, apatica e crudele con quel suo ghigno distorto. Un tempo gli incuteva timore e rispetto, ma ora non gli sembrava che una scialba caricatura dell’uomo che l’aveva indossata.
«Ora ti capisco, sai?» mormorò, sfiorandone il lucido metallo nero con la punta delle dita, concedendo alla sua voce distorta dalla nuova maschera di echeggiare per qualche istante nella stanza «La tua debolezza, il tuo dolore… hai permesso all’amore di oscurare la tua capacità di giudizio.»
Kylo Ren prese ciò che restava della maschera di Darth Vader e con passo deciso si avvicinò alla finestra, che aprì di scatto. Miliardi di stelle costellavano il cielo quella notte, silenziose testimoni di quella decisione ferrea.
«Non commetterò i tuoi stessi errori» mormorò, prima di lasciar cadere la maschera nel vuoto, oltre il sottile strato di nuvole che parzialmente gli proteggeva lo sguardo dalla superficie, mentre il vento gelido si premurava di nascondere il suono della caduta con le sue sferzate.
Richiuse la finestra con un gesto stizzito e recuperò degli abiti puliti e un mantello nuovo dall’armadio. Doveva eliminare Rey, era l’unico modo per recidere ogni pericoloso ostacolo sulla strada che l’avrebbe portato al potere assoluto. Non doveva, non poteva concedersi alcun tipo di legame, o avrebbe fatto la fine di suo nonno.
Il suo droide astromeccanico emise alcuni bip sorpresi non appena la porta si aprì, risvegliandosi all’improvviso dal suo stato di stand-by.
«Imposta una rotta per il sistema Remnicore» disse Kylo, dirigendosi rapidamente verso il suo hangar personale «subito.»
Il droide emise un bip affermativo, attivando i suoi propulsori per superare Kylo Ren e precederlo all’interno dell’hangar, dove iniziò la preparazione del TIE Silencer.

 
La sala da guerra era silenziosa a quell’ora, priva dell’inutile chiacchiericcio di quei Signori della Guerra puzzolenti e insopportabili con cui Hux doveva trattare. Il Cancelliere osservava con attenzione i confini galattici del Primo Ordine sulla mappa galattica, dove poche e deboli cellule di ribellione locale a volte ancora prendevano vita.
Un bagliore ai lati del suo campo visivo attirò la sua attenzione, oltre la finestra: il TIE Silencer brillò leggermente, prima di compiere il salto nell’iperspazio. A Hux sfuggì un sorriso.
«…Addio Ren» mormorò tra sé e sé.
«Signore?» Sulla soglia della sala da guerra il Comandante Sellik, il suo secondo in comando, attendeva sull’attenti.
«Parla.»
«Una delle nostre sonde ha individuato il droide, Signore.»
«Prepara la mia nave. Voglio essere testimone della loro definitiva estinzione.»
«Devo informare il Supremo Leader Kylo Ren, Signore?»
«No.»
Istintivamente, Hux guardò fuori dalla finestra, nello stesso punto in cui poco prima era svanito il TIE Silencer.
«Lasciamo che Kylo e la ragazza adempiano alle vuote promesse della loro antica religione» proseguì, senza voltarsi «Alla fine, si uccideranno a vicenda, come jedi e sith hanno sempre fatto. Sarà allora che sorgeremo, forti, decisi. Pronti a portare il vero ordine nella galassia.»
Non appena fu sicuro che Hux non lo stesse guardando, Sellik alzò gli occhi al cielo. «Agli ordini, Signore.»
 

Sistema Nirauan, Orlo Esterno
 
Finn era accovacciato a terra e stava nervosamente stingendo un bullone allentato del Phantom Hawk, la nave che Rose aveva orgogliosamente assemblato a partire dai vecchi rottami di altre navi. Un clangore invase prepotentemente le sue orecchie, facendogli schizzare il cuore in gola.
«Accidenti!» esclamò Rose, raccogliendo gli attrezzi che le erano caduti dalle braccia, ma Finn non la sentì. Gli tremavano le mani e dovette chiudere gli occhi e fare profondi respiri per costringere il suo cuore a battere di nuovo regolarmente. Immagini del passato si stavano affollando nella sua mente, quando era solo un bambino vittima delle torture che il Primo Ordine chiamava condizionamento.
«Stai bene? È tutto ok…» Rose si era chinata su di lui e gli stava accarezzando la guancia con il dorso della mano, visibilmente preoccupata.
«Io… Pensavo a quello che è successo su Kuat» biascicò, non appena riuscì a riprendere il controllo delle sue emozioni.
«E…?» La mano di Rose si chiuse sulla sua e dopo pochi secondi smise di tremare.
«Uno degli stormtrooper su Kuat. Lo conoscevo, ci siamo allenati insieme fin da piccoli. Era spaventato. Mi ha ricordato...» Finn deglutì, incapace di concludere la frase, troppo impegnato a ricacciare indietro la paura.
«Non credo quei ricordi se ne andranno mai…» mormorò Rose, abbassando lo sguardo preoccupato.
«No… ma dobbiamo fermarli. Non posso permettere che altri diventino come me.» Finn strinse la mano di Rose, come per trasmetterle la sua determinazione.
«È per questo che lottiamo, dopotutto… Perché nessuno debba più vivere nella paura.»
Gli occhi di Finn si persero per qualche istante in quelli di Rose, come per attingere alla sua forza d’animo, sperando quasi lo contagiasse. Rose posò delicatamente la fronte sulla sua.
«A volte vorrei essere come te sai?» le disse.
«Come me?»
«Si… non avere paura. Mi sento un codardo.»
«Finn… ma io ho paura. Tutti abbiamo paura» Rose alzò la testa, ridendo debolmente, una risata triste, dolceamara «Ho solamente perso tutto Finn… la mia casa, la mia famiglia, i miei amici, il Primo Ordine li ha distrutti uno per uno. La Resistenza è tutto ciò che mi rimane, tutto ciò che rimane all’intera galassia. Non ho altro per cui lottare.»
«Hai ragione» Finn si alzò e porse il braccio a Rose, che lo afferrò lasciandosi aiutare.
«Se quella paura dovesse tornare… sarò al tuo fianco okay? Non preoccuparti» aggiunse Rose non appena furono entrambi in piedi, il sorriso più luminoso che Finn avesse mai visto dipinto in volto.
 

Il ruggito infastidito di Chewbecca riportò entrambi alla realtà. Il wookie sembrava seccato e, da quello che si riusciva a intravedere, l’iperguida del Millennium Falcon sembrava essere il problema. Rose accorse immediatamente in suo aiuto.  
Finn stava per salire sul Phantom Hawk quando notò Rey osservarli con aria incerta, come se qualcosa di invisibile la trattenesse dall’avvicinarsi ulteriormente.
Finn raggiunse l’amica, comprendo la distanza che li separava con ampie falcate.
«Ehi! Uhm… immagino che questo sia un addio, quindi?» disse, incespicando sulle parole senza sapere esattamente come affrontare l’argomento.
«Non dire così…» Rey gli rivolse un sorriso mesto.
«Ne hai fatta di strada dai tempi di Jakku» aggiunse Finn, sorridendo a sua volta.
«Anche tu… si fidano di te. Fanno bene a farlo» disse Rey, accennando con il mento ai membri della Resistenza che ancora si affaccendavano nel cortile.
Finn annuì appena, prima di stringere l’amica in un caloroso abbraccio, prontamente ricambiato. Sentimenti di nostalgia e di speranza affiorarono nei cuori di entrambi.
Poe li raggiunse pochi secondi dopo, reggendo una cassetta degli attrezzi.
«Ehi, ci sarebbe da-» disse loro, fermandosi improvvisamente appena capita la situazione «Uhm… passo più tardi.»
Prima che Poe potesse voltarsi per lasciarli soli, Finn allungò un braccio, intrappolando anche l’amico nell’abbraccio.
«Fate attenzione, voi due…» mormorò Rey.
«Anche tu!» esclamarono Poe e Finn quasi all’unisono.
Un po' a malincuore, i tre sciolsero l’abbraccio.
 

Ora che il Falcon sembrava funzionare nuovamente, Rose e Finn salirono sul Phantom Hawke, lasciando Poe e Chewbecca a caricare le ultime provviste sulla nave.
Rey si allontanò, dirigendosi verso uno degli edifici ormai quasi vuoti. Sulla soglia, Leia la stava osservando, aveva quasi percepito il suo sguardo mentre salutava i suoi amici.
«Leia, io…»
«Non serve che tu lo dica.»
Leia sorrise, un sorriso dolceamaro su un viso stanco. Rey tacque per alcuni istanti, incerta.
«Posso salvare tuo figlio» disse infine, chiamando a raccolta tutta la sicurezza di cui era capace.
«Un tempo lo credevo anch’io, proprio come te.»
Leia sembrava serena mentre diceva quelle esatte parole, ma Rey non poté non percepire il dolore e la rassegnazione che nascondevano. Non sapeva se fosse merito della Forza o se fossero solo emozioni condivise, sapeva però che le stava provando anche lei.
«C’è del buono in lui» ribadì.
«Come ce n’è in tutti noi. Ma il ragazzo che conoscevo ormai non c’è più.»
Rey non riuscì a ribattere, non ne aveva il coraggio e forse non ce n’era nemmeno bisogno. Strinse Leia in un forte abbraccio, lasciando che fosse quel gesto a parlare, parole mute di dolore e di coraggio. Leia fece lo stesso e le due rimasero così per alcuni lunghi istanti.
«Fai attenzione, Rey» disse infine, scostandosi quel tanto che bastava per guardare la giovane in volto.
«Il Maestro Luke mi ha addestrato bene» rispose Rey, accennando a un sorriso.
«Ci sono cose per cui non si può essere addestrati, mia cara.»
«Non credo di capire.»
«Per tutta la vita ho sentito una parola ripetersi: equilibrio. Non ne ho mai compreso veramente il significato, non fino a quando ti ho vista, per la prima volta. Ho sentito quella parola ancora, quasi come un sussurro alle mie orecchie. Equilibrio.»
Rey chinò leggermente il capo, dubbiosa. Sapeva che il Generale Organa era sensibile alla Forza, ma ancora non capiva cosa questa stesse provando a comunicarle.
«Tu non sei come mio padre,» continuò Leia, comprendendo la sua confusione, «e nemmeno come mio fratello. Sei qualcosa di totalmente nuovo. Qualunque cosa accada, ricordati: la Forza ha scelto te. La tua storia non verrà scritta da nessun’altro.»
Leia sembrò voler dire qualcos’altro, ma nessuna delle sue parole arrivarono alle orecchie di Rey. Ci fu un sibilo assordante e un’esplosione fece alzare gli occhi dell’intera Resistenza al cielo, ora costellato dagli Star Destroyer del Primo Ordine.






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Note: salve a tutti! Rieccomi dopo tanto tempo (e dopo una crisi mistica) con questa long! Assistiamo finalmente a un punto di svolta nel personaggio di Kylo Ren, ora più che mai deciso a uscire dall'ombra del nonno e a trovare la sua strada, a modo suo. La parte più avvincente, a mio parere, è forse quella dove Finn si confida con Rose sul suo passato, mostrando quanto è diventato forte il legame tra i due. Sospetto che il condizionamento a cui si fa riferimento sia il progetto segreto (credo si chiami "progetto resurrezione", stando all'inglese) che prevedeva l'indottrinamento di alcuni ragazzini rapiti per trasformarli negli stormtrooper perfetti e fedeli fino all'osso al Primo Ordine. Fatemi sapere cosa pensate della storia fino a qui! A presto.

Che la Forza sia con voi!

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Capitolo 10
*** Fughe e vecchi maestri ***


Pianeta Remnicore, Regioni Ignote
 
Il TIE Silencer atterrò sulla grigia e fredda superficie del pianeta, indisturbato. Banchi grigiognoli di lava solidificata ricoprivano il pianeta, interrotti solo dagli scuri solchi d’ossidiana, come una lontana memoria del passato incandescente del pianeta. Il vento gelido e il buio cielo notturno sarebbero stati un problema per qualunque viaggiatore che decidesse di atterrare in quel pianeta desolato, ma non per qualcuno guidato dalla Forza.
Kylo Ren si diresse con passo deciso verso nord, percependo distintamente una forma di vita in quel pianeta deceduto. Non impiegò molto a scorgere la sagoma di una fortezza fare capolino all’orizzonte.
Si trattava di una fortezza militare in pietra, molto solida e probabilmente un tempo ben armata. Non possedeva alcuno stralcio di vessillo, la fazione di appartenenza in passato era ignota, ma attorno ad esso vi erano ancora i resti dell’ultima battaglia di cui era stato testimone. Scheletri di enormi bestie da guerra, vesti a brandelli, scheletri e pesanti armature sia di jedi che di sith, ormai ritenuti una leggenda del passato, spuntavano tra le dune rocciose, quasi come una grottesca vegetazione.
Kylo Ren varcò i cancelli ormai distrutti, ritrovandosi in un ampio cortile circolare che versava nelle stesse condizioni dell’esterno. C’era qualcuno lì, lo sentiva.
«Mostrati» sussurrò una voce.
Kylo Ren si voltò di scatto, verso una grossa pila di rottami e scarti di metallo un tempo appartenuti a un caccia. D’istinto, accese la sua spada laser.
«Cerco il Maestro Sith Tor Valum» esordì.
«Io non sono un Maestro…»
La pila di rottami tremò mentre da sotto di essa sbucava la testa del suo interlocutore. Kylo Ren non sapeva dire quale fosse la razza di Tor Valum, il suo corpo coriaceo era simile a quello di un Hutt ma possedeva molti arti disposti attorno ad esso, che lo facevano sembrare più simile a un ragno che a un lumacone. Un’altra differenza sostanziale era la testa, che sormontava un collo piuttosto sottile e su cui otto sottili occhi rossi brillavano anche nella fioca luce notturna.
«…ma un tempo venivo chiamato Tor Valum.»
«Avete addestrato Darth Plagueis?» chiese Kylo Ren con voce sicura, avvicinandosi alla montagna di rottami.
«Quel nome non significa niente per me.»
«E che mi dite della vostra vita?» chiese ancora, puntando la spada laser sull’alieno. Tor Valum sorrise, rivelando dietro una sottile bocca senza labbra una fitta serie di denti aguzzi.
«Mi minacci di morte. Davvero divertente.»
«Tu sei debole, non sento nulla da te» aggiunse, sollevando la spada appena sotto al mento appuntito di Tor Valum.
«Tu stai sentendo quello che io ti permetto di sentire, ragazzino.» sibilò Tor Valum, alzando una sottile mano artigliata verso la maschera di Kylo Ren «Ora, mostrati.»
Dopo un attimo di esitazione, quest’ultimo eseguì.
Il volto di Kylo Ren era sfregiato, sottili venature nerastre solcavano la pelle a partire dall’impianto in beskar che sostituiva la sua guancia destra e parte del mento, estendendosi in tutto il viso. Un sorriso divertito piegò la bocca di Tor Valum.
«Quindi vuoi ottener il potere di coloro che vennero prima di te e prendere il tuo posto tra gli Dei di Mortis.»
«È così.»
«Vuoi ottenere il potere di dominare la galassia, senza eserciti né navi.»
«Si.»
«Eppure, temi la fragilità del tuo corpo. Hai bisogno di questo potere.»
Kylo Ren serrò la mascella e non rispose, annuì soltanto. Negare non sarebbe servito a nulla.
«Inchinati a me» gli ordinò Tor Valum e solo per questo lo odiava già, ma non gl’importava, fintanto che gli fosse stato possibile ottenere ciò che voleva. L’avrebbe ucciso in seguito. Per questa ragione, fece esattamente come gli era stato ordinato.
«Vuoi il potere dei Sith, ma i Sith sono spietati e privi di alcun rimorso. Tu invece sei perseguitato dal passato, la tua vera esistenza lo è.»
«Non ho alcun rimorso.»
«Menti. Finché non ti libererai dal passato, sarai destinato alla loro stessa fine» ribadì Tor Valum, indicando con un gesto i resti dei Jedi e dei Sith che li circondavano.
«La Forza è nutrimento. Più la consumi, più diventi potente. Prendere la vita è… ingannare la morte» aggiunse, alzando il suo mastodontico corpo con gli arti sottili. Gli occhi di Kylo Ren non si staccarono mai da lui mentre scendeva da quella pila di rottami, schiacciando sotto il suo peso le vestigia dei guerrieri del passato.
«Insegnatemi» disse soltanto. Tor Valum lo guardò sorridente.
 


Sistema Nirauan, Orlo Esterno

Hux guardava soddisfatto la superficie del pianeta dall’orbita, dal ponte della Finalizer. I potenti cannoni della nave erano armamenti all’avanguardia, capaci di disintegrare la crosta terrestre di interi pianeti; di tale potenza, stava dando prova a tutti i membri della Resistenza stanziati sul pianeta, ormai in fiamme. Si concesse un leggero sorriso.
«Caricate l’arma primaria» ordinò all’ufficiale più vicino «e decimate qualunque nave che lascia il pianeta.»
 
L’allarme della base iniziò a suonare e una voce metallica ripeté: “Evacuazione di Emergenza. Tutti i mezzi e il personale si dirigano al punto di rendezvous Crimson”.
Leia venne circondata da alcuni ufficiali della Resistenza, in attesa di ordini.
«Reindirizzate tutti i trasporti disarmati all’Eclipse, è la nostra unica possibilità» ordinò, senza mai staccare gli occhi da Rey.
Rey rimase immobile alcuni istanti. Chewbecca e Poe la stavano chiamando, ma li ignorò. Aveva una brutta sensazione, simile alla nostalgia, ma più intensa. In cuor suo sapeva che quello era un addio.
“Vai” mimò il Generale Organa con le labbra.
 
Rey e Poe si sedettero al posto dei piloti, situazione che non piacque affatto a Chewbecca. Poe fu costretto ad alzarsi, dopo un ruggito infastidito e una possente manata sulla scocca interna della nave, vicino a lui.
Il Falcon e il Phantom Hawke decollarono, cercando di uscire dall’orbita come molte altre navi, ma l’attacco del cannone primario della Finalizer fu più rapido. Un calore terrificante li investì, gli scudi termici delle due navi ressero appena. Lo stesso non si poteva dire per molti altri trasporti della Resistenza, che non ce la fecero a raggiungere l’Eclipse in tempo.
Sia l’Eclipse che il Phantom Hawke riuscirono a saltare nell’iperspazio.
Chewbecca ruggì il suo disappunto, non appena grossi pezzi di detriti fiammeggianti si pararono davanti alla sua nave.
«Non possiamo fare il salto con tutti questi detriti» osservò spazientito Poe.
«Abbiamo un problema più maggiore. Chewie, nascondi il nostro segnale!» urlò Rey notando i sensori, ma fu troppo tardi.
La Knife 9, la nave dei Cavalieri di Ren, si parò davanti al Falcon. Quest’ultimo venne subito attaccato, la nave si scosse violentemente e un allarme preoccupante iniziò a suonare. Poe corse alla postazione d’artiglieria.
«Schivate quella cosa mentre vi libero dai detriti!» urlò.
«Ci sto provando!» fu la risposta spazientita, accompagnata da un altro ruggito. Fin da subito non si dimostrò un compito semplice per nessuno dei due piloti, per ogni manovra acrobatica che Rey riusciva ad eseguire, pericolosamente vicina a schiantarsi contro un asteroide, i Cavalieri di Ren ne facevano almeno due, riuscendo a trovarsi sempre fastidiosamente vicini al Falcon.
Mancava un solo asteroide e la Knife non lasciava loro tregua.
«Non sparare ancora, ho un’idea» annunciò Rey, spingendo i motori più che poteva verso quell’asteroide. Stavano per schiantarsi, quando i due piloti fecero virare violentemente il Falcon, sorpassando l’asteroide.
«Ora!» urlò la ragazza e Poe sparò all’asteroide.
I Cavalieri di Ren riuscirono, come già avevano fatto, a non schiantarsi sull’asteroide, ma quello che non riuscirono ad evitare fu l’esplosione di detriti spaziali che investi la loro nave.
In un attimo, il Millenium Falcon sparì nell’Iperspazio.
 
Ripreso il controllo della nave, Jadec Ren si alzò dal sedile del pilota. Ott e Lorl, fecero lo stesso, alzandosi dalle due postazioni d’artiglieria su cui si trovavano. L’avevano persa, lo sentivano tutti e tre.
Lasciarono il ponte, marciando rapidamente verso l’infermeria.
«Fratello» disse Jadec, avvicinandosi all’enorme vasca di bacta. Hattaska Ren era immerso in essa con solo la maschera addosso, a sua volta collegata a svariati tubi per permettergli di respirare. Le sue vesti, come la Darksaber, erano accuratamente riposti non lontano da lì.
«Cosa vedi, fratello?» proseguì Jadec, posando una mano sulla vasca.
Hattaska lo imitò, sollevando una mano e posandola contro la sua, aldilà del vetro. Anche lui aveva sentito la fuga della ragazza, lo seppe immediatamente, ma non solo; sentì la Forza scorrere in Hattaska, sentì la sua percezione espandersi a tutta la Galassia. Passò poco meno di un’ora, ma Jadec non si accorse minimamente dello scorrere del tempo.
«Impostate una rotta per Bonadan» disse infine. Ott e Lorl uscirono dall’infermeria.




 
 
Note conclusive.
Pare proprio che in questa Galassia qualcuno abbia sentito la storia di Darth Plagueis il Saggio! Questo qualcuno, molto meno saggio di Plagueis, sta anche per ottenere un potere a dir poco sbalorditivo che, fuori dal canon, ha creato una delle piaghe più durevoli della galassia lontana lontana (lascio a voi la curiosità di scoprire chi è l’Imperatore Darth Vitiate, detto anche “il divoratore di mondi”).
I nomi dei cavalieri di Ren sono differenti rispetto al canone e un po' mi piange il cuore non sapere perché Hattaska Ren è in quelle condizioni o perché possieda la Darksaber. La nota positiva è che saranno personaggi attivi in questa storia e beh, ne vedremo delle belle!
Grazie per essere arrivati fin qui con la lettura. Che la Forza sia con voi!
 
 
 

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Capitolo 11
*** Bonadan ***


Bonadan, Orlo Esterno
 
Il Millennium Falcon iniziò lentamente la sua discesa lungo una valle tra due catene di alti monti cilindrici. Si avvicinò allo spazioporto, un’alta torre di piattaforme circolari che alla luce rosata dell’eterno tramonto della sottile fascia abitabile del pianeta ricordava molto una sottile ninfea che si libra al di sopra delle acque scure del fiume sottostante. Fu su una di queste piattaforme che Chewbecca fece atterrare il Falcon.
 
«Lo so che è una fregata corelliana, ma in quel bel registro voi scriverete che è un incrociatore di Praddor» bisbigliò Poe ai due Ugnaught addetti allo spazioporto. I due alieni iniziarono a battibeccare animatamente nella loro lingua.
«Okay, chi di voi due comanda qui? Perché da dove vengo io sareste entrambi della taglia di un bambino» aggiunse, provocando grugniti ancora più accesi tra i due.
Rey uscì dalla nave, seguita dal wookie, ma non poté fare che pochi passi prima di essere fermata dal pilota della Resistenza.
«Ehi eh ehi, dove pensi di andare così conciata?» le chiese Poe, squadrandola da capo a piedi.
«Così come?» rispose lei, guardando brevemente i suoi scuri abiti da combattimento.
«Da jedi!» sussurrò Poe, facendo in modo che solo Rey e Chewbecca lo sentissero, «Dobbiamo trovare un travestimento. Chewbe, potresti convincere tu questi gentili signori?»
Chewbecca si avvicinò ai due ugnaught e terminò bruscamente la loro discussione con un rumoroso ruggito. Poe e Rey si avvicinarono a una bancarella di stoffe colorate e vestiti locali dello spazioporto.
«Tieni, questo dovrebbe andare» disse Poe, porgendole una stoffa arancione brillante.
«Grazie» rispose, gli occhi che brillavano per la meraviglia.
Rey legò la stoffa in vita a mo’ di gonna, in modo da coprire la parte inferiore della sua divisa “troppo jedi”, quindi fece passare una estremità attorno alla testa e alle spalle, cercando di imitare gli abiti che i locali indossavano. Poe invece acquistò una tunica ocra che gli arrivava alle ginocchia e che indossò sopra i suoi abiti, dovendo a malincuore rinunciare alla giacca nuova che aveva acquistato in sostituzione a quella regalata a Finn.
«Hai convinto i gentili signori dello spazioporto?» chiese Poe al wookie. Un ruggito affermativo e un’occhiata ai due sconquassati ugnaught furono abbastanza per convincere il pilota.
«Bene, dobbiamo solo mantenere un basso profilo. E stare molto calmi» disse Poe, entrando nel turboascensore assieme a Rey.
«Non sembri molto calmo» osservò la ragazza, guardando il ribelle di sottecchi.
«Te l’hanno detto i tuoi poteri da jedi?»
«Non ne ho avuto bisogno. Quel discorso che mi hai fatto poche ore fa alla base, sul parlare delle mie difficoltà, vale anche per te sai?»
Poe sospirò. «Al momento dell’attacco ero sul Falcon. BB8 e la mia ala X erano troppo lontani, non sono riuscito a raggiungerli. Spero stia bene. Spero stiano tutti bene.»
Rey sollevò una mano e la posò sulla spalla di Poe, stringendola leggermente.
«C’è ancora speranza, Poe» disse, sostenendo con decisione il suo sguardo quando i loro occhi s’incontrarono. Non ne era convinta, anzi, più il tempo passava più sentiva la sua sicurezza erodersi, lentamente e inesorabilmente come una roccia troppo esposta al vento. Poe le restituì uno sguardo mesto, ma Rey poté leggere lo sforzo nel suo stentato sorriso rassicurante.
«Voglio crederti, Rey.»
 
L’ascensore terminò la sua corsa portando i due a valle, presso le sponde del fiume. L’odore pungente di spezie investì le loro narici non appena misero piede fuori dal mezzo; bancarelle colorate, illuminate e decorate a festa si estendevano a perdita d’occhio tra i bassi edifici color terracotta, dove chiassosi mercati locali mettevano in vendita gli oggetti più disparati.
«Venite! Venite a vedere l’occhio schiumoso di Loyyil Karn» urlava lo strillone davanti allo stand del circo, mentre Rey e Poe si facevano strada tra saltimbanchi, acrobati e rumorosi artisti di strada.
«Mi ero dimenticato del festival» ammise Poe con un mezzo sorriso.
«Sei già stato qui?»
«Molte volte, con mio nonno. Prendevamo una barca, proprio in quel punto là» rispose, indicando un porticciolo che dava sul fiume.
«Non voglio sembrare invadente, ma, ehm, per curiosità… ricordi qualcosa? Dei tuoi genitori. Non credo di avertelo mai chiesto.»
Rey lasciò vagare lo sguardo per qualche istante, alla ricerca dei suoi pochi ricordi tra le merci e i volti alieni.
«Mio padre intagliava delle piccole navi spaziali nel legno» rispose infine, abbozzando un sorriso nostalgico «stavano sul palmo della mia mano.»
«Nient’altro?»
«Ricordo il loro amore. È per questo che ho aspettato così a lungo.»
Come era arrivato, il sorriso di Rey svanì, velato dal dubbio.
«Forse me lo sono immaginato. In fondo, non erano nessuno» aggiunse, dando voce al suo sconforto.
«Sciocchezze. Nessuno è nessuno.»
 
I passi cadenzati di un manipolo di stormtrooper pesantemente armato interruppe quella conversazione. Fingendo nonchalance, i due ribelli s’immersero nel viavai festoso, cercando il più rapidamente possibile di distanziare le truppe del Primo Ordine.
«Dannazione, stanno seguendo proprio noi» bisbigliò Rey, dopo che un’occhiata alle sue spalle le rivelò la loro posizione.
«Si, lo so. Seguimi, ho un’idea.»
Poe entrò in una grossa tenda, dove un’anziana utai mescolava una zuppa dall’odore pungente all’interno di un pentolone scuro. Non appena li vide entrare, gracchiò qualcosa nella sua lingua in direzione di Poe, quindi, riempì una ciotola con la zuppa e la porse al ribelle.
«Grazie, Signora Sokko!» disse Poe, prendendo la ciotola e sgusciando fuori dalla tenda da un’apertura alle spalle dell’aliena, seguito a ruota da Rey. Non ebbero tempo di sentire cosa la vecchia Sokko rispose, ma non sembrava nulla di carino, non nei confronti di Poe se non altro.
«Manca molto?» chiese Rey. Non sentiva gli stormtrooper alle loro spalle, ma l’ansia le stringeva la bocca dello stomaco, si sentiva quasi soffocare. Il piano non poteva andare storto, non ora.
«È laggiù.»
L’ edificio che Poe stava indicando era molto più grande di quelli che avevano visto finora, seppure avesse solo un piano. Sebbene l’esterno fosse abbastanza anonimo rispetto agli standard dell’isola, lo stesso non si poteva dire dell’interno: le mura e il pavimento erano di marmo candido e pregiati drappeggi colorati decoravano le pareti e il soffitto della stanza circolare, fungendo anche da separé agli avventori del luogo, che molto pigramente conversavano o fumavano lunghe pipe comodamente seduti in giacigli di velluto.
Al centro della stanza, una minuscola Lannik dalla pelle ambrata e dalle flosce orecchie a punta sedeva su una pila di cuscini, immersa in una discussione con dei locali. Aveva un ingannevole aspetto fanciullesco, gioviale, come tutti quelli della sua razza, ma lo sguardo fermo e il tono di voce pacato tradivano un’età molto più matura, ricordando ai presenti la sua longevità millenaria.
Poe afferrò Rey per il braccio prima che questa potesse avvicinarsi troppo.
«Vacci piano con i dettagli. Non ha bisogno di sapere chi o perché. Solo il come» bisbigliò, guardandosi attorno circospetto. Rey annuì.
I due ribelli si avvicinarono, non appena la coppia davanti a loro si alzò, prendendo posto sui due cuscini purpurei.
«Una jedi! L’ultima Jedi» trillò la Lannik non appena si sedettero, gli occhi limpidi fissi su Rey.
«Come non detto. Ciao ciao, discrezione» disse Poe, alzando gli occhi al cielo seccato «Lei è Nomi, comunque. Gestisce la baracca.»
«Tu cerchi un luogo» continuò Nomi, ignorando totalmente Poe.
«Un pianeta» disse Rey. Da quando si era seduta, una profonda sensazione di pace l’aveva avvolta come una coperta, sciogliendo quella morsa ferrea che sentiva allo stomaco e rallentando i battiti impazziti del suo cuore. Era come se le sue preoccupazioni fossero rimaste fuori da quel locale, come se la galassia si fosse fermata e potesse finalmente respirare. Rey realizzò con un certo stupore che era Nomi la fonte di quella tranquillità, stava usando la Forza per metterla a proprio agio.
«Mortis è il luogo» disse Nomi. La lannik prese diverse biglie scure dalle variopinte vesti dei colori del tramonto e le posò a terra, davanti a Rey.
«Si, l’ho visto in-» iniziò a spiegare Rey, ma venne quasi immediatamente interrotta.
«La lingua della jedi si ferma e la mente crea l’immagine! La Forza rivela la destinazione.»
Rey chiuse gli occhi e fece un profondo respiro. Le piccole biglie posate a terra si sollevarono lentamente, disponendosi attorno a loro. Una tenue luce azzurra le avvolse e in pochi istanti i tre vennero circondati da una mappa dettagliata della galassia.
«La destinazione è molto antica» continuò Nomi, gli occhi chiusi in meditazione «La prima a conoscere la Forza. La prima in cui si è fatto il bene. La prima in cui si è fatto il male.»
«Quale?» chiese Rey, dopo aver aperto gli occhi.
«La destinazione è dentro…»
«Senti, andiamo di fretta e-» s’intromise Poe, senza successo.
«L’uomo non parla» lo zittì Nomi, quindi si rivolse nuovamente a Rey «Gli occhi si chiudono. Solo la jedi conosce la strada.»
Rey chiuse di nuovo gli occhi mentre nuove immagini presero forma dietro alle sue palpebre.
Alte montagne innevate si stagliavano sull’orizzonte, ma la valle era dipinta con gli splendidi colori dell’autunno.
«Loro si incontreranno qui, attratti dalla Forza.» La voce di Nomi arrivava ovattata alle orecchie di Rey.
Rey si voltò, verso il salone del tempio. I due troni di pietra erano ancora lì, dietro il pozzo di intensa luce pulsante.
«Il lato oscuro e il lato chiaro.»
Rey si voltò lentamente. Lui era ancora al suo fianco, un lampo rosso entrò nel suo campo visivo quando sguainò la sua spada laser.
«Qui lei sacrificherà sé stessa.»
Lui scattò in avanti, verso di lei. Rey non riusciva a muoversi, era paralizzata dal terrore o forse dal dolore.
Kylo Ren calò la spada laser sulla sua testa.
 
Rey aprì gli occhi di scatto. Sentiva una fitta allo stomaco e i polmoni doloranti che reclamavano violentemente l’aria.
«Aspetta, cosa? Cosa significa “sacrificherà sé stessa.”?» Lo sguardo di Poe guizzava rapidamente tra Rey e Nomi.
Quest’ultima aprì gli occhi e, senza il minimo segno di turbamento, allungò il minuto braccio verso una delle biglie fluttuanti. Un minuscolo droide astroscrivano le si avvicinò e prese la biglia dalle dita con un altrettanto minuscolo braccio meccanico.
«La jedi deve andare. Da sola» fu la risposta.
Il droide ritirò il suo braccio meccanico e accese il proiettore olografico che aveva sulla schiena. Le coordinate del pianeta che cercavano apparvero pochi istanti dopo.
«Ho capito ma è veramente necessario? Possiamo tutti fermarci un attimo e discuterne, vero?»
Poe scattò in piedi non appena vide Rey allungarsi verso l’olodisco che il piccolo droide le porgeva.
«Grazie di tutto» disse Rey, la voce priva di qualunque emozione.
«Aspetta, cos’hai visto? Cosa avete visto?»
«La jedi viaggerà. Il viaggio risponderà alla domanda.»
«Quale domanda? Di cosa diavolo state parlando?» chiese con insistenza Poe, la voce alterata dal panico.
Rey si era alzata ed era ormai davanti alla porta, stava dando loro le spalle. Si fermò solo un attimo, per porre una domanda.
«C’è un’altra via?»
Nomi non rispose immediatamente, chiuse gli occhi per qualche istante.
«C’è sempre un’altra via.»
 
 
 




 
Note conclusive
Per ragioni di trama, Rey e Poe interagiscono molto poco nei primi due capitoli dell’ultima trilogia. Questo script prevedeva addirittura che diventassero una coppia, ma ho preferito modificare questa parte. Un’eroina può essere interessante senza dover per forza avere un interesse romantico, dopotutto Luke non ne aveva uno nella trilogia che lo vede protagonista. Non ho creduto necessario creare qualcosa di così artificioso in questa storia, ecco. Hanno entrambi bisogno di un amico, invece, questo si. Rey e Ben sono molto più affini, per ovvi motivi, ma questa coppia non avrà un lieto fine, non in questo universo.
Grazie per essere arrivati fin qui con la lettura, spero che questa storia vi stia intrattenendo. Che la Forza sia con voi!

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