La falena senza occhi

di Aliasor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La falena ***
Capitolo 2: *** Presentazione ***
Capitolo 3: *** Telefonata ***
Capitolo 4: *** Clausola ***



Capitolo 1
*** La falena ***


Quando suo zio gli disse del trasferimento lo accettò, nulla di più, non era la prima volta che viaggiavano in qualche altro paese. Era un pezzo che non vedeva nemmeno la sua patria.
Solitamente lo facevano fare scuola a casa o con qualche figlio di diplomatici, una fidanzata una volta forse, ma nulla di più.
Così girava il mondo. Bastava farci l’abitudine.
Ma qualcosa, per una volta, fece cambiare idea al tutore legale. Accennò a come sarebbero rimasti almeno tre anni a Parigi e che non poteva farlo stare per sempre in casa, avrebbe dovuti integrarsi almeno un pochino.
Abbastanza che qualcuno si impegnasse a salvarlo se fosse caduto da una rampa di scale. Cosa abbastanza certa conoscendolo.
Aveva un po’ di paura nell’andare in una scuola pubblica, non era uno di quei figli di papà con la puzza sotto il naso, aveva solo... paura. Il suo aspetto era troppo inusuale per gli standard comuni, sembrava quasi uscito da un fumetto.
Eppure quei capelli bianchi erano sintomi di una malattia: la sindrome di Maria Antonietta. Si dice che la regina ebbe per prima tale sbiancamento quando fu ritrovata durante un tentativo di fuga in carrozza per evitare la gogna.
Il dottore accennò che era già tanto che non soffrisse di disturbo post-traumatico da stress dopo quello che aveva passato. Una giornata pessima quella, davvero pessima.
Appoggiò il bastone da passeggio sulle gambe, non era abituato a muoversi tanto. Aveva già il fiatone dopo pochi chilometri e solo tre rampe di scale.
<< Ce la fai, Endrick? Vuoi una mano?>> Chiese educatamente al docente in cima alla rampa.
<< No, ci riesco.>>
Riuscì ad arrivare in aula con le sue ultime forze, sperava che almeno gli avrebbero fatto saltare le lezioni di ginnastica. Aveva abbastanza giustificazioni per almeno un anno.
La classe era di ampie dimensioni, doveva starci un numero abbastanza ampio di studenti e, a giudicare dal vociare, doveva essere piena.
<< Ah sei arrivato! Avanti, entra!>> Lo chiamò la professoressa che, intanto, lo aveva anticipato di pochi metri.
Salì il gradino e si fermò accanto alla cattedra, posando la punta del bastone per terra. Fece un sorriso, doveva iniziare bene, era il suo primo giorno infondo.
<< Lui è un nuovo studente, si è trasferito oggi. La sua famiglia si è trasferita a Parigi per motivi di lavoro. Sono certa che lo tratterete bene, forza, presentati.>>
<< Sono Enrick Axelle.>> Disse aggiustando gli occhiali da sole che portava sui capelli dall’anormale colore bianco. Quando era in classe gli sembrava maleducazione portarli abbassati. << Piacere di conoscervi.>>
<< Perché porta quel bastone. Cioè, non ha nemmeno uno zaino, solo una borsa da palmare. Parliamo poi degli occhiali?>> Oh ottimo inizio, una lamentela. << Non dovrebbe portarsi dei libri?>>
Una ragazza dai capelli blu avrebbe voluto riprenderla, così come un biondino e la professoressa, anche per il fatto che lei stessa portava degli occhiali da sole in classe, ma furono anticipati dal nuovo arrivato.
<< Hai ragione, volevo portare un libro. È il mio preferito, si intitola: “Come insegnare a leggere un libro a un cieco in quindici comode lezioni”, ma poi ho scoperto che non era in braille. Che sfortuna, eh? Questo succede quando li compri senza leggere la descrizione.>>
Chiuse la bocca immediatamente.
Si dispiacque di aver dovuto rispondere in tal modo, non era nella sua natura essere maleducato con le donne. E dalla voce sembrava anche carina, almeno secondo i suoi standard personali. Le nozioni di bello cambiano quando non hai mai visto ciò che i comuni mortali definiscono tale.
<< Ti serve una mano per raggiungere il posto?>>
<< Basta che mi dica fila e se sono a destra o sinistra. Il resto non è un problema. Ho un bastone e un sonar interno!>> Esclamò soddisfatto, aveva poco di cui vantarsi, ma quel poco di decente valeva.
Salì la scalinata, un po’ scomodo per lui che fosse un’aula a livelli, più comodo per chi doveva seguire e leggere alla lavagna. Lui si limitava a registrare.
Con un po’ di impegno raggiunse il suo nuovo posto, solitamente gli studenti erano sempre pari quindi erano divisi in banchi da due, ma questa volta si doveva fare un’eccezione alla regola. l’unico senza compagno occupava abbondantemente entrambi i posti.
Sperava di non disturbare, i banchi erano larghi, ma esisteva da sempre il concetto di terzo incomodo. Poggiò bastone accanto al banco e porse la mano per presentarsi, sperando di non averla porta a un muro.
<< Piacere di conoscervi.>>
<< Enrick, giusto? Io sono Nino, lui è Adrien, piacere.>>
<< Salve.>> Si aggiunse il biondino di cui aveva accennato prima.
Le cose stavano migliorando, loro sembravano simpatici e differenza della tizia di prima.
Ottenne diverse informazioni su di lei, si chiamava Chloé Bourgeois, figlia dell’eterno sindaco di Parigi e proprietario dell’hotel più grande della città. Si confermava una figlia di papà che andava sempre in giro con la sua gregaria/lecchina Sabrina Raincomprix. Un classico, se ne trova una in ogni città.
Due se sei sfortunato in modo particolare.
Erano due tipi molto simpatici, erano anche molto gentili a non fare domande inopportune sulla sua vista come invece molti erano propensi a fare. Non era cattiveria, ma il discorso usciva spesso.
Quando fu il momento dell'uscita si alzò per ultimo, non voleva creare molti problemi.
<< Vuoi una mano?>>
<< No, ce la faccio. E poi dalla tua voce sento che sei di fretta, Adrien.>>
<< Eh? Come te ne sei accorto?>>
<< Non lo sanno in molti, ma la voce da molte informazioni. Si può stabilire età, sesso, peso altezza, stato psicologico e di salute. Ci vuole molto allenamento, ma ho avuto otto anni per farlo.>> Commentò con una risatina. Se non prendeva la situazione con ironia allora sarebbe finito male anni prima.
Con attenzione scese scalino dopo scalino sino ad arrivare al fondo. Una volta che avesse imparato a memoria la struttura, tutto sarebbe diventato più semplice.
Lo avete capito, le scale sono la sua nemesi. Il suo arcinemico.
Uscì dall’istituto con tutta la calma e alzò lo sguardo al cielo. Doveva essere davvero bello, almeno così gli dicevano. Era un pezzo che si era scordato quale fosse il suo aspetto.
Gli suonò il telefono all’improvviso facendolo sobbalzare, si era dimenticato di aver attivato la sveglia. Sentire a tutto volume la sigla di boss un videogioco avrebbe fatto trasalire chiunque.
Aveva un breve compito, una cosa di nemmeno dieci minuti.
Mise le cuffie e azionò il navigatore del telefono in modo da non perdersi. A dirla così sembra facile, un po’ meno quando le mappe non sono aggiornate e finisci per ritrovarti davanti a un muro di pietra molto solido.
E a sbatterci il naso.
<< Tu… sei Enrick, giusto? Tutto bene?>>
Si girò verso la voce. << Eh? Uh? Sì, mi sono solo perso. Cercavo la panetteria, ma tu sei…?>>
<< Ah, Marinette. Siamo in classe insieme, prima fila.>>
<< Ah sì, la ragazza di Adrien!>>
<< Chi cosa cosa dove quando perché?!>> Okay, era imbarazzata, non c’era bisogno di tutti i sensi per capirlo.
<< Beh, Nino ti ha definita così.>>
<< E… ecco! Non stanno proprio così le cose! La panetteria sì, la panetteria! Ti ci porto io! Ci abito! Abitò lì! Cioè, abito sopra la panetteria! La panetteria è mia. Cioè dei miei genitori!>>
Registrato, Adrien x Marinette è tabù, ma è lei è palesemente innamorata. Storia classica, finché non finiva alla “Romeo e Giulietta” non era un problema.
Quando arrivarono nel negozio sentì il suono del campanello alla porta, adorava quando qualcuno lo metteva. Era un bel suono.
Ricevette un benvenuto caloroso, due voci. Uomo, alto, abbastanza grosso che con un abbraccio poteva stendere una persona normale. Conosceva il tipo. Donna, bassa, accento orientale, Cina. Toni di entrambi gentili.
<< Oh Marinette, hai portato un amico?>>
<< Lui è un mio nuovo compagno di classe, cercava la panetteria e si era perso. È appena arrivato a Parigi da… non lo hai detto.>>
<< Al momento vengo dalla Corea del Sud, abito con mio zio che fa il diplomatico per il nostro paese natale, la Germania, e ci spostiamo spesso.>>
<< Diplomatico...>>
<< Noto un po’ di fastidio. Qualche problema?>> Domandò curioso. c’era qualche problema?
<< No, è che una nostra compagna di classe, Lila, ha la madre diplomatica e non è che siamo proprio amiche.>>
<< … Dimmi che non è Lila Rossi, ti prego.>> Domandò stringendosi la fronte tra pollice ed indice.
<< La conosci?>>
<< Purtroppo sì, ho una mancanza di pazienza per lei. Ammetto di averle fatto spesso lo sgambetto con il bastone e li ho fatti passare per un incidente.>>
Oh un’amicizia nata dall’odio per Lila Rossi. Allora era vero: dal letame nascono i fiori.
Passarono circa dieci minuti a raccontarsi tutte le infamate causate da quella ragazza, a quanto pareva era peggio persino di quella Chloé. Almeno quest'ultima aveva una morale per quanto incasinata e sapeva, più o meno, distinguere tra il bene e il male.
Alla fine comprò anche il pane che desiderava insieme ad alcuni biscotti. Erano di una forma strana, erano quelle di gattini, coccinelle, api, volpi e tartarughine. Ne aveva viste di forme inusitate durante i viaggi, ma mai così.
A quanto gli aveva spiegato erano in onore degli eroi di Parigi, capitanati da Ladybug e Chat Noir, che anni prima sconfissero Papillon e le sue vittime akumizzate e tutt’oggi difendevano la città dai pericoli minori e aiutavano vecchine con la spesa.
Erano piuttosto carini.
Ora si sarebbe dovuto dirigere verso casa, salutare lo zio appena tornato, mangiare qualcosa insieme, farsi una doccia, sedersi alla scrivania e studiare, ma fece qualcos’altro.
Aveva ottenuto l’indirizzo di una vecchia zona della città piena di vecchi capannoni industriali che ormai nessuno usava, erano lasciati a sé stessi e ormai il degrado e l’erba ne facevano da padroni infestando tutto.il suo contatto era un uomo molto sveglio.
Molto più di una persona normale.
Entrò dentro uno dei capannoni e col bastone scacciò gli oggetti più fastidiosi che aveva davanti.
<< Puoi uscire adesso. Siamo da soli.>>
In un lampo viola, una strana creaturina gli apparve davanti uscendo da sotto la sua giacca marrone chiara. Sembrava quasi una fatina seppur in versione superdeformed.
<< Buon… buongiorno, signore.>>
<< Ti ho già detto che non c’è bisogno che mi chiami “signore”.>> Si sedette su una cassa di ferro infilando le mani nella busta di carta che conteneva i prodotti da poco acquistati.
<< Ti piacciono i biscotti, no? Prendine quanti ne vuoi. Li ho presi per te.>>
Si avvicinò svolazzando e ne prese uno con le “zampette”.
<< Lei, signore… cioè…>> Aveva un po’ di paura, aveva ancora con un trauma del suo precedente possessore. << Perché vuole farlo? Non è una persona cattiva.>>
<< Lo sono invece. Molto più di quella Chloé o di Lila. Sono il più cattivo.>> Attese che finisse il biscotto, per fortuna non poteva guardare i suoi piccoli occhi, erano lucidi, come se volesse piangere. << Nooro, per favore, trasformami!>>
La creaturina ritornò da dove era venuta facendolo illuminare tutto il corpo del suo contraente.
La trasformazione con il Kwami stava avvenendo.
Il suo abbigliamento studentesco era scomparso, lasciando che il suo posto venisse preso da un completo violaceo e grigio, il retro della giacca cadeva lunga come se fossero le ali di una farfalla, sembrava quasi uno di quei vestiti tipici dei camerieri. Il volto venne coperto da una maschera che mostrava solo la bocca, gli occhi erano coperti da un motivo nero a farfalla, dopotutto non erano utili.
Con in mano il bastone si abbassò toccando una delle farfalle che vivevano lì selvagge. Le avvolse con un manto violaceo, ma luminoso.
Il suo contatto lo aveva istruito a puntino, sapeva cosa fare col suo nuovo potere. Si sentiva un personaggio stereotipato ed O.P.
<< Vola da lei, mia piccola Tenshi. E ottenebra il suo cuore!>>


 

Il primo capitolo è quasi uguale all'originale, ma ci sono alcune differenze. La prima è che Endrick non è nato cieco, ma lo è diventato otto anni prima. La seconda il suo parere su Chloé è un po' diverso.
Se volete lasciate pure una recensione, potrò rispondervi, ma per motivi di tempo non potrò rispondere a risposte alle mie rispote(che scioglilingua...)

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Capitolo 2
*** Presentazione ***


<< Vola da lei, mia piccola Tenshi. E ottenebra il suo cuore.>>
La farfalla, con i suoi nuovi colori, svolazzò via pigramente mentre lui restava appoggiato al suo nuovo scettro come affaticato.
<< … E ora che dovrei fare, Nooro?>>
<< Normalmente il signore restava ad aspettare, dare informazioni, inventava il nome dei cattivi e urlava contro la vetrata una volta sconfitto. Cose come “L’acqua è bagnata” per intenderci.>> Disse, con leggero imbarazzo, la voce nella sua testa. Non avrebbe mai detto una cosa del genere a Gabriel. Non ad alta voce.
Contattare Nooro telepaticamente era davvero comodo. La cosa atipica era che gli altri contraenti non erano in grado di farlo, non si trattava semplicemente del legame, era qualcosa di diverso. Si trattava forse del trattamento fatto dal suo “contatto”? “Contatto” forse non era il termine corretto da usare per il loro rapporto, erano soci alla pari in quel piano, mente e braccio.
Forse era sempre causa sua se gli altri non ci riuscivano, non era una persona normale. Non era nemmeno una “persona” nel senso stretto del termine.
Ma non era il momento di farsi troppi film mentali.
<< Intanto ti vanno dei biscotti, Nooro? Potrei infilarli nella spilla.>>
<< Sto bene...>>
<< Dimmi, Nooro, sai perché ho chiamato Tenshi queste nuove “Akuma”? Come saprai in alcune culture gli insetti hanno un nuovo importante con i morti. Le mosche sarebbero rimasugli terreni delle anime umane, le farfalle sarebbero le loro guide nel mondo dei morti. Qualunque persona se dovesse scegliere rifiuterebbe di certo di andare mano nella mano con un demone, ma un angelo?>>
Osservò, si fa per dire, il vuoto dinanzi a sé. Non poteva vedere cosa osservava la Tenshi, ma poteva percepirlo.
Ed era una sensazione magnifica, poteva sentire il vento sulla sua pelle, la sensazione di leggerezza, di librarsi alto nel cielo.
Era così bello, dolce, un vero senso di libertà.
<< Chi vuole colpire?>>
<< Nessuno, Nooro.>>
<< Ma le sue parole...>>
<< Il loro cuore si oscurerà col tempo. La visione della farfalla insieme alla mia comparsa sarà l’inizio di tutto.>>
La sua idea era paragonabile al meticoloso lavoro di un contadino, le sue farfalle sarebbero state i semi da piantare nel cuore degli uomini per preparare il futuro raccolto.
Per quale motivo raccogliere un singolo frutto alla volta quando poteva attendere per avere prodotti migliori? Senza contare che le locuste avevano vita più facile se si trattava di rovinare un singolo prodotto invece dell’intero raccolto.
Ciò non significava che non avrebbe creato criminali, ma si sarebbe limitato a risultati scadenti giusto per distrarli un po’. Come nascondere le pepite dipinte tra i pezzi di carbone, uno specchietto per le allodole. O per i gatti e le coccinelle.
Era riuscito ad ottenere da quella persona il kwami della farfalla, non poteva sprecarlo così. Avrebbe agito con calma serafica, degna del migliore degli strateghi. Non avrebbe bruciato tutto per un impeto di rabbia e passione. Erano anni che aspettava un’occasione del genere.

La creatura si fece notare senza problemi dai parigini, due milioni di persone che cominciavano a coltivare la paura dentro di sé. Un disturbo da stress post-traumatico non avrebbe potuto fare di meglio.
Due milioni di possibilità senza contare le migliaia di turisti che ogni giorno arrivavano per visitare la città. Ognuno di loro era un possibile obiettivo.
Ma non quel giorno. Quel giorno era quello della sua presentazione agli eroi di Parigi.
Il giorno in cui si apriva il teatro per il suo spettacolo.
“Il mondo è un teatro e gli uomini e le donne sono i suoi attori.”
Che entrino i protagonisti.
Non ci volle molto a far accorrere i due eroi, erano stati sin troppo tranquilli sino a quel momento. Ormai si limitavano a cose come far scendere  gattini dagli alberi, aiutare i vecchietti ad attraversare la strada, fermare scippi, impedire che il preside del liceo si mettesse nei guai. Non si erano accorti che qualcuno che conoscevano era improvvisamente scomparso? Sparito nel nulla senza un fiato?
Che distratti.
<< Milady, sono io o quella è una Akuma?>> La domanda del gatto era legittima, non le vedevano da anni.
<< Aspetta, ma non è fisicamente possibile. Il Miraculous della farfalla è al sicuro.>>
In teoria, ma alle volte la pratica è assai diversa.
La creaturina si avvicinò di pochi centimetri verso di loro solo per ricoprirsi di una sostanza gelatinosa grigio-violacea, spuntata dal nulla, che la fece crescere in maniera anormale sino ad una forma umanoide. Dalla forma solo vagamente coerente si evolse sino ad essere una copia perfetta, per quanto simile  un fluido non newtoniano, del suo padrone.
Si stiracchiò un po’, non abituato a quell’avatar che gli permetteva di muoversi a distanza.
Poi, si mise a parlare.
<< Salve, Ladybug e Chat Noir, io sono Le Papillon.>>
Arretrarono di qualche passo.
<< State tranquilli, non ho intenzioni malevole. Non oggi.>>
<< Come fai ad avere il Miraculous della farfalla? Come sta Nooro?>>
L’eroina in rosso non perdeva tempo, eh? La voce era familiare, ma distorta dalla distanza e dal contatto telepatico inesperto con la farfalla.
Alzò le mani per calmarla.
<< Nooro sta bene, al massimo potrebbe presto avere un indigestione da biscotti. Non tratto male un mio socio. Ma andiamo dritti al punto, prestatemi i vostri Miraculous, ve li restituirò entro quarantotto ore, avete la mia parola d’onore.>>
<< Okay, questa è nuova.>> Aggiunse il felino. << Questo ce li sta chiedendo in prestito invece di rubarceli. Sono Purrr-plesso.>>
<< Non è questo il momento della tue battute!>>
Papillon rise senza ritegno. << Non sto cercando di fare il FARFALL-one, ma era davvero carina.>>
Almeno era un tipo piuttosto alla mano, meno stoico del suo predecessore. Forse era possibile trovare un dialogo costruttivo con lui?
Valeva la pena fare un tentativo.
<< Prima rispondi alle nostre domande. Come hai ottenuto il Miracoulus?>>
<< Me lo ha dato una certa persona.>>
<< Chi?>>
<< Non posso dirlo.>>
<< Per cosa useresti i nostri Miraculous?>>
<< Non posso dirlo.>>
<< Sai che per esaudire il desiderio dovrai far pagare il prezzo a qualcuno?>>
<< Tu credi forse che farei tutto questo se non conoscessi pro e contro della situazione? Ti prego, coccinella. Per il mio desiderio l’intera Francia è sacrificabile! E poi diciamocela, c’è molta spazzatura inutile che non meriterebbe altro che una orrenda fine! Quanti sono quelli che scrivono in rete “sarebbe meglio se morisse!” o “l’umanità fa schifo!”, “Siamo un virus”? Si tratta solo di esaudire la loro richiesta, magari iniziando da loro. l’uomo è fragile, delicato. Un coltello, uno di quelli che si trovano sulle nostre tavole, basta a ucciderli. Persino un unghia affilata può essere un’arma.>>
Okay, questo era abbastanza inquietante, quasi quanto il suo sguardo che la melma accennava sotto la maschera aderente. Sembrava quasi spiritato, come se fosse posseduto da qualcosa.
Era ovvio che non stesse bene con la testa, era raggelante. Era disturbato.
O forse era sin troppo sano.
<< Credo che sappiamo tutti e tre la risposta.>>
<< Immaginavo, ma volevo provarci. Almeno non avrei avuto rimpianti.>>
Si liquefò nuovamente e aumentando dimensioni, similmente a un onda anomala, si lanciò sui due giovani solo per dividersi un istante prima di colpirli, come fossero Mosè davanti al Mar Rosso, trasformandosi nuovamente in una farfalla.
Questo il precedente Papillon decisamente non sapeva farlo.
Esistevano alcune possibilità allora: questo Papillon era più esperto di Gabriel, questo potere era dato dalla volontà di Nooro e terza possibilità, questo Papillon era diverso dagli utilizzatori normali.
Era meglio correre dal maestro Fu.
Endrick si ritrasformò, era stato davvero stressante compiere una trasformazione e tutte quelle cose strane con la sua Tenshi.
Cade a terra tossendo, era come se avesse un groppo in gola.
Questo quella persona non lo aveva detto.
<< Sta bene, signore?>>
<< Sì, Nooro. Come ti sono sembrato?>>
<< Convincente.>> Disse amareggiato. << Vuole tornare a casa?>>
Il giovane annuì e, appoggiandosi sul bastone, si diresse verso la sua dimora.

Il sole pomeridiano restava placido in cielo mentre lui entrava nella sua dimora. Lo zio, visto che sarebbero rimasti in terra francese per almeno cinque anni, aveva deciso di acquistare una vecchia villetta dismessa.
“Villetta”, era abbastanza grande da far invidia a casa di Gabriel Agreste.
<< Sono a casa, zio.>>
Un uomo orientale con un paio di occhiali squadrati scese velocemente dalle scale, finendo quasi per ruzzolare brutalmente addosso al nipote. La sua chioma castana era tutta scompigliata.
<< Ehilà, Endrick! Stavo venendo a cercarti! Credevo di fossi perso!>>
<< Mi ero fermato a comprare del pane, zio.>>
L’uomo si asciugò il sudore con un fazzoletto di stoffa, si preoccupava sempre quando uno dei suoi nipoti facevano tardi. Sopratutto oggi che si erano trasferiti in una nuova città come Parigi.
Niàn Shòu Axelle-Feng, zio del ragazzo e suo tutore legale dal comportamento comicamente protettivo. Era il minimo che potesse fare alla fine.
Era una brava persona, era entrato in politica con un programma ecologico, nelle varie sedute insisteva sempre sul puntare proposte ecosostenibili. Se un qualcosa avrebbe potuto inquinare anche solo lontanamente, lui bocciava.
Senza se e senza ma.
Andava persino d’accordo con la madre di Lila, nonostante i loro giovincelli si vedessero come una serpe e una mangusta. Non che ne fossero accorti, vedevano il tutto come gli scherzi di due amici.
<< Tua sorella ora è uscita, ha deciso di farsi un giro.>>
<< Oh, è un peccato.>> Si guardò la spilla di Nooro. << Avevo una sorpresa per lei.>>

L’uomo rimase in piedi oltre le sbarre di ferro con uno sguardo di sfida. Era divertito dal fatto di essere lui quello al potere per una volta.
<< Dimmi, il vitto ti piace? Stai comodo? Spero di no.>> Commentò sarcastico.
L’anziano lo guardò da dentro la sua prigione di pietra senza paura. Non lo temeva.
Non lo aveva mai temuto.
<< Sei invecchiato, Wang Fu. O preferisci Chan? O vuoi che usi uno degli altri tuoi pseudonimi? Il tempo non è stato gentile con te, solo centoottantasei anni e guarda come ti sei ridotto. Non che prima fossi un grande eroe, sei tu che hai perso due Miraculous ed è stato al causa della scomparsa del tempio. Un triste, patetico, bimbo affamato.>>
<< Cosa hai fatto a Nooro?>>
Rise di gusto.
<< Nooro segue i miei piani, non vuole che succeda qualcosa di male a te o ai suoi amichetti. Non è stato difficile convincerlo, è bastato “buttare via” uno dei suoi amici.>>
Il vecchio cinese rabbrividì a quelle parole, non poteva averlo fatto per davvero.
Buon Dio! Non era vero.
Buttò oltre le sbarre un piccolo oggettino annerito, quasi fosse carbonizzato. Era freddo. Triste.
Il maestro Fu lo prese tra le mani con le lacrime agli occhi.
<< Povero, povero Longg.>> Asserì fintamente triste. << Se fosse stato tranquillo non avrebbe fatto questa fine. Ma stai tranquillo, se tutto andrà perfettamente lo riporterò alla normalità. Forse.>>
Riprese a ridere.
<< I decenni ti hanno peggiorato e reso mostruoso più di quanto non fossi prima, Chìmaira.>>
<< Gabriel Agreste si è rivelato spazzatura, ma questo ragazzino che ho preso con me sembra promettere bene. Vuoi fare una scommessa, Wang Fu? Chi vincerà questo scontro? I tuoi discepoli o i miei? Sono pronto persino a mettere in palio il mio Miraculous della chimera.>>

 

E anche il secondo capitolo è praticamente identico al precedente, ma dal prossimo le cose cambieranno. Purtroppo sono impegnato con i racconti seri e col webcomic.
Se volete dare un'occhiata sto pubblicando aperiodicamente qui su efp una ff non canonica dei miei stessi racconti intitolati "Ogni sua giornata", il primo capitolo dedicato allo psicopatico Victor.

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Capitolo 3
*** Telefonata ***


Endrick sbadigliò con forza stiracchiandosi sul letto, era stanco morto. Non era abituato ad usare quei poteri.
Normalmente i Kwami non creavano nessun rinculo sul possessore, ma con tutta probabilità lo sblocco delle abilità di Nooroo da parte del suo socio in affari aveva cambiato anche altre cose.
Gli dava fastidio che gli avesse rivelato l’identità di papillon, ma non quello di LadyBug e Chat Noir. Non ne aveva bisogno, disse.
Il gioco non sarebbe stato abbastanza divertente, disse.
Gioco, per lui era un gioco. Ma finché poteva esprimere un desiderio non aveva problemi col suo punto di vista.
Non gli aveva detto perché lo aveva reclutato, poteva scegliere molti altri al suo posto, semplicemente si era presentato e gli aveva porto la sua mano metallica.
Il telefono iniziò a suonare, distogliendolo dai suoi pensieri esistenziali.
<< Buongiorno, Endrick caro. Vorrei che venissi da me un minuto. Se non ti disturba troppo, ovviamente.>> La voce era educata, ma con un fastidioso rimbombo, come se qualcuno lo dicesse dentro una campana.
Ma in ogni caso non era una proposta, lo sembrava soltanto. Era una vecchia abitudine dei grandi leader; far sembrare un ordine una cortesia.

Aprì il pesante portone di legno, il suo socio aveva affittato quella villetta per restare in tranquillità. Nessuno bussava, né venditori né testimoni di Geova, qualcosa gli faceva capire che dovevano starsene alla larga.
Dio non aveva giurisdizione oltre quel cancello.
<< Mio padre l’aspetta, Endrick.>>
Un giovane elegante lo accolse gentile. Il suo aspetto era lievemente ridicolo… tutto blu. Capelli corti blu, occhi blu, abiti blu e guanti blu. Gli dava l’idea di un puffo gigante.
<< Perdoni se non mi sono presentato, sono Elem. Mio padre mi ha creato appena giunti a Parigi.>> Commentò facendo strada.
Onestamente non capiva cosa intendesse con “creato” o da quale buco fosse uscito. Non lo sapeva e non lo voleva sapere. Forse ci sono cose che devono restare nascoste.
Il corridoio era stato arredato in modo elegante, ma si notava che era stato fatto in fretta e furia. I segni di bruciatura e rottura dei muri erano nascosti a malapena, doveva essere solo un vezzo del padrone di casa.
Elem aprì la porta che dava sul salone e lì, seduto a capotavola, stava sorseggiando qualcosa attraverso la pesante maschera di ferro. Aveva desiderio di chiamarlo “Vostra Altezza”.
Posò la tazza su un sottobicchiere, non gli andava di rovinare il tavolo buono.
<< Endrick, sei arrivato in fretta. Felice di vederti. Hai già conosciuto mi figlio Elem, vedo. Se te lo chiedi, lui  un homunculus, l’ho plasmato io stesso con tutto il mio impegno. Certo, il procurargli sangue per vivere non è facile, ma non muore nessuno, tranquillo.>> L’ultima frase sembrò aggiunta quasi per non farsi fare una predica che non voleva sentire.
“Homunculus” l’uomo artificiale ipotizzato da Paracelso nei suoi scritti. Il più famoso di queste creature era probabilmente il Mostro di Frankenstein, più vicino ad essi che ad uno zombie come veniva spesso fatto erroneamente.
Il cieco si chiedeva da quale cavalo avesse preso il luogo di coltura, non poteva credere che ne avesse comprato uno solo per asportargli un organo.
Vabbè, era meglio chiedergli qualcosa di vagamente importante.
<< Cosa desideri?>>
<< Dritto al sodo, eh? Ti ho chiamato per proporti un’idea. Riflettendoci su, ho capito che non è giusto che affronti Ladybug e Chat Noir da solo. Questo è quel che si dice uno scontro impari.>> Accavallò le gambe, erano coperte da una serie di piastre metalliche. << Potresti akumizzar… tenshizzare qualcuno, ma solo il tuo scherzetto di presentazione ti ha messo k.o. figuriamoci riuscire a gestire un sottoposto e te stesso nel medesimo tempo. Non scherziamo.>>
Questa era cattiva.
<< Vuoi che faccia coppia con Elem?>>
<< Per carità, no. Non per offendere mio figlio, ma lui è più vicino a  un maggiordomo che a un soldato. Er l’occasione sto generando un nuovo homunculus. Sarà pronto per stasera, quindi cerca di sgattaiolare fuori di casa per venire da me. Non vedo l’ora di presentartelo.>>

<< Quindi il nuovo Papillon sa fare qualche giochetto in più del precedente.>> Commentò la ragazza sospirando, non avevano calcolato che una cosa del genere potesse accadere.
<< Il maestro Fu? Non si trova, milady?>>
<< Scomparso nel nulla più totale, non un biglietto o un appunto.>>
<< Hai chiesto ai vecchi al cantiere?>>
<< Non è il momento di scherzare! Nooroo è in pericolo e ho paura che non sia il solo. Chiamalo sesto senso. Però ho una strana impressione su di lui, mi sembra diverso da Gabriel Agreste… sembra... più… spaventato.>>
<< Spaventato? Dopo il giochetto di ieri?>>
L’eroina annuì. Non lo capiva, ma gli sembrava  meno determinato, dubbioso, come se sperasse in un’altra soluzione. 

<< Padre, mi permette un’osservazione?>>
Il padre spostò lo sguardo su Elem e annuì, ogni suggerimento interessante era ben accettato. Se fosse stato stupido lo avrebbe punito senza remore.
<< Perché ha scelto quel ragazzino cieco? È piuttosto ridicolo come persona. Avrebbe potuto generare un altro homunculus, no?>>
Il mascherato rise di gusto, quella domanda era divertente. Bene, era permessa.
<< Perché è un piccolo essere umano con una grossa brama. I più stupidi e manipolabili della loro razza, basta dargli un filo e aspettare che gli si aggrappino.>>

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Capitolo 4
*** Clausola ***


Endrick aveva passato al notte in bianco, non era fisicamente in forma per una giornata di studio o sport; infatti dopo meno di cento metri di riscaldamento in palestra cadde a terra senza fiato.
Signore e signori, questo è il villain che terrorizza Parigi con le sue farfalle.
Fu aiutato a sedersi negli spogliatoi da alcuni compagni e lasciato, sotto sua richiesta, da solo.
<< Stai bene?>>
<< Sì, più o meno. Dovrò ringraziare Chimaira per avermi procurato tutto questo stress. Ho più capelli bianchi di prima.>>
<< Ma come fai a dirlo, non ci vedi.>>
<< … Era una metafora, Nooroo. Una metafora.>> Rispose facendo un profondo sospiro. Quel piccoletto era rimasto con troppo tempo con Gabriel, altrimenti non si spiegava la sua mancanza di senso dell’umorismo.
Quella storia era frustrante sotto diversi punti di vista, ma avevano preso un accordo e non poteva rifiutare di fare la sua parte.
Era un buon patto, lui avrebbe avuto i Miraculous con annesso desiderio e Chimaira la sua vendetta su Fu. Voleva semplicemente umiliare i suoi discepoli, una storia incredibilmente banale e triste. Anche troppo.
Era un tipo così logico e freddo che era assurdo che avesse preso una decisione come scegliere un umano per farsi aiutare, sopratutto se poteva produrre degli homunculi a suo piacimento. E poi, come aveva scelto proprio lui tra tante persone? Sarebbe stato più logico scegliere qualcuno che vivesse a Parigi già da molti anni, pensare di indagare sui nuovi arrivati sarebbe stato l’azione più intelligente per trovare chi aveva un profilo associabile al colpevole.
Probabilmente il loro capo della polizia era un imbranato.
Alzò le spalle e pensò ad una piccola, magnifica, cosa.
Poteva rispettare il patto, ma inserire, per così dire, una piccola clausola in caso si fosse trovato con le spalle al muro. Un qualcosa che potesse aiutarlo ad uscire dai guai per così dire.
Una clausola rescissoria.
<< Nooroo, ho una domanda. Tu quanto puoi dire di me ai Kwami di Ladybug e Chat Noir?>>
La piccola creaturina lo guardò. << Cosa hai in mente?>>
<< Diciamo che ho in programma di vincere in ogni caso.> Rispose con un sorrisino malevolo mentre appoggiava la testa sul bastone.




Tagliò la bistecca con educazione, ma al primo boccone si trovò costretto a pulirsi al bocca col vino che teneva accanto aperto. Sperava avesse un sapore migliore dopo averla fatta marcire, ma la carne di vacca restava sempre carne di vacca.
Di seconda scelta.
I conati di vomito e desiderio di sputare quel materiale molliccio con vaghe tracce di sangue erano sempre più forti.
Purtroppo non poteva andare in giro ad uccidere civili e a mangiarne le carni, doveva mantenere un basso profilo per il momento. Basso al punto da manipolare un Kwami leggermente sopra la media e un moccioso cieco. Tutto perché quello stupido stilista di quarto ordine non si era dimostrato all’altezza dei suoi piani.
Quello punta sui suoi sentimenti, sull’amore per la moglie e il figlio e manda oltre due anni di pianificazione al diavolo!
Lasciò i soldi del conto sul tavolo con una consistente mancia dirigendosi verso il parcheggio. Durante quel periodo aveva preso l’identità di un uomo d’affari pieno di soldi, aveva seguito il detto “Chi possiede denaro possiede il potere” e si era rivelata una buona scelta.
<< Mi scusi.>> Si rivolse all’addetto del parcheggio interrato. << Dovrei riprendere la mia auto, è una spider.>>
<< Il suo nome?>>
<< Robert Prince.>> Concluse con un sorriso mentre l’altro gli dava le spalle.
Si leccò le labbra.
Oh, beh, forse stavolta poteva fare un’eccezione.





Era un bel pezzo che non aggiornavo e sono tornato con qualcosa di livello abbastanza basso e breve, ma non ho idee manco per le cose di lavoro.
In ogni caso in attesa del prossimo capitolo vi consiglio di leggervi i miei altri lavori: "Proscenium" e "La Principessa e la Formica"

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