L'ultimo distintivo

di Evie_Frost
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Lui ***
Capitolo 2: *** Mai Stati Solo Amici ***
Capitolo 3: *** Scout ***
Capitolo 4: *** Centrale ***
Capitolo 5: *** Salsa di soia ***
Capitolo 6: *** Vice versa ***
Capitolo 7: *** Kintsugi ***
Capitolo 8: *** Solletico ***
Capitolo 9: *** Torta ***
Capitolo 10: *** Brioche ***
Capitolo 11: *** Lost ***
Capitolo 12: *** Nemeton ***
Capitolo 13: *** Nei ***
Capitolo 14: *** Mary ***
Capitolo 15: *** Pioggia e mare ***
Capitolo 16: *** Sorridi ***
Capitolo 17: *** Distintivo ***
Capitolo 18: *** Ancora lui ***
Capitolo 19: *** Extra ***



Capitolo 1
*** Lui ***


“Siamo qui riuniti per celebrare la perdita del nostro caro fratello Noah Stilinski. Un uomo prodigo al suo lavoro, di rara dedizione ed estremamente affabile”. Suppongo che non possa esistere un inizio migliore per una storia, se non quello che include una fine. Si dice che le vostre vite non siano realmente delle semirette giacenti su di un piano: non esistono semplicemente un punto di origine ed uno di fine, ma che le nostre anime siano in tutt’uno con la natura che ci circonda. In cuor mio sapevo che mio padre non avrebbe terminato la sua esistenza in una fredda tomba: sicuramente sarebbe giunto in paradiso, si sarebbe fatto il suo solito goccio di whisky e poi si sarebbe messo alle dipendenze del nuovo capo, beh…un capo supremo per così dire. Perfino il mio unico sarcasmo si era affievolito da quando lui era venuto a mancare, ma come biasimarmi? Avevamo vissuto una vita in due noi: padre e figlio erano letteralmente inseparabili, tant’è che quando rincasai per la sua malattia, scoprii che nella sua auto teneva ancora quel porta bibite che avevo ottenuto collezionando punti al fast food. Scott mi mise una mano sulla spalla, riscuotendomi dal turbinio dei miei pensieri e solo allora mi accorsi che anche il cielo doveva aver appreso la morte di mio padre, dato che era scoppiato un terribile temporale. Oltre a proteggermi le spalle in varie occasioni, il mio migliore amico mi stava tutelando dalle gocce di pioggia, aprendo un immenso ombrello di colore nero. Quasi mi venne da ridere, Scott era davvero un illuso: credeva davvero che in quella circostanza mi sarebbe potuto importare se mi fossi bagnato il completo di raso? Per quanto mi riguarda quelle vesti le avrei arse appena giunto a casa. Non avrei mai potuto sopportare di aprire le ante dell’armadio e di trovare uno accanto all’altro, gli abiti che avevo indossato ai funerali dei miei rispettivi genitori. Perché io, Stiles Stilinski, ero ufficialmente solo. E’ cosa giusta, secondo lo scorrere del tempo, che i genitori incontrino la terra prima dei propri figli ma quando sperimenti certe emozioni, comprendi che una parte di te è andata completamente persa per loro. Mi rimanevano i ricordi, questo è certo: pile di VHS che immortalavano ore di registrazioni tra ricorrenze e compleanni vari, fotografie, quadri, oggetti. Ciò nonostante il mio dolore non era in grado di affievolirsi poiché ero consapevole che di lì a poco tempo il suo odore sarebbe scomparso dalla federa del suo cuscino e che la sua divisa sarebbe stata custodita in una teca, perdendo il solito tepore che la caratterizzava, dato che l’aveva costantemente indosso. Lo sceriffo si era congedato alcuni giorni prima, depositando il suo distintivo sulla scrivania. “Sono ufficialmente in pensione” mi aveva detto, senza prendersi la briga di nascondere quel velo di malinconia che appannava la sua voce. “Finalmente potrai riposarti” gli risposi premuroso, stringendogli maggiormente la mano, prima che le infermiere mi facessero uscire dalla sua stanza per le abituali visite di controllo. Poi tutto fu buio. I macchinari vennero spenti, il suo letto venne svuotato, il suo petto smise di corrispondere al movimento tipico della respirazione. Ne avevo visti molti di cadaveri a causa della mia carriera come criminologo ma quando fui richiamato per assistere alla deposizione di mio padre, non mi trattenni dal singhiozzare. Mi rifiutavo di crederci poiché pareva dormisse, come se da un’instante all’altro potesse svegliarsi e rimproverarmi come al suo solito perché lo chiamavo alle ore più disparate, non tenendo conto del fuso orario. Sognavo spesso di tornare a Beacon Hills e di fare una rimpatriata con i miei amici ma, certamente, non immaginavo sarebbe stato questo il pretesto. Lydia era avvolta tra le braccia di Parrish, suo marito. Scott mi teneva accanto a sé mentre l’altra mano era stretta in quella di Malia. C’erano anche Liam, Theo, Deaton, Mason, Corey e gli altri poliziotti della caserma. Ero sollevato dal fatto di averli accanto ma certamente non immaginavo che sollevando lo sguardo, tra le lapidi in lontananza avrei visto lui. Non immaginavo avrei rivisto Derek Hale.

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Capitolo 2
*** Mai Stati Solo Amici ***


Terminata la cerimonia gran parte della folla abbandonò il cimitero, passeggiando tra le lapidi e raggiungendo l’uscita. Molti altri invece preferirono concedersi qualche istante per rinnovare le condoglianze ma onestamente…non ricordo onestamente le parole che dissero, avevo la mente altrove. Chiesi di restare solo quando Scott mi disse che sarebbe stato meglio andarsene, mettendomi seduto difronte alle tombe dei miei genitori. Ci sarebbero state così tante cose che avrei voluto dirgli ancora, come ad esempio il fatto che grazie ai miei studi sarei stato assunto dalla centrale e sarei tornato a vivere finalmente a Beacon Hills, o come il fatto che avessi deciso di accettare l’offerta di diventare il nuovo sceriffo della città, sicuro che, sotto lo sguardo costante di papà, non avrei mai fallito. D’improvviso mi ricordai di Derek, di quell’immagine scura in lontananza dovuta a quella stupida giacca di pelle che portava sempre. Mi mancava da morire e ,se da ragazzo mi ritrovavo ad imputare la colpa al fatto che mi fossi abituato alla sua presenza, ora che avevo fatto i conti con la mia sessualità compresi che quello che provavo non era altro se non amore. Lo stesso amore che mi aveva alimentato a sopravvivere tutte quelle volte in cui mi sentivo perso. Ci fu un episodio particolarmente terribile dove fui costretto ad indagare sulla morte di una bambina ed il mio primo pensiero fu Derek, sicuro che se mi fossi rifugiato nei miei ricordi quell’orribile immagine di un corpicino martoriato, sarebbe sparita. Proprio quando credetti che fosse tutto uno scherzo escogitato dalla mia mente per ovattare il dolore, una mano si posò saldamente sulla mia spalla. Immediatamente riconobbi quella inconfondibile fragranza di boscaglia e pioggia che caratterizzava una sola persona sul pianeta. “So cosa stai provando” il mio cuore perse un battito. Quella voce… quella voce a cui avrei concesso il mio cuore, era esattamente come la ricordavo. “Derek…” sussurrai incredulo, guardandolo meglio quando si inginocchiò accanto a me: non era cambiato di molto dal nostro ultimo incontro, era divenuto semplicemente più uomo. “Ciao Stiles” mi sorrise, mantenendo comunque un certo contegno data la situazione. I suoi occhi erano ancora più belli ora che non erano oscurati da nessuna espressione rancorosa. “Sei tornato” lui annuì. “Perché proprio ora? Non che io non sia felice di vederti, ma perché oggi? Perch-“. “Sono lieto di vedere che sei rimasto lo stesso ragazzino logorroico che avevo lasciato” mormorò, rivolgendo poi uno sguardo alle lapidi difronte a noi. “Sono tornato perché ne sentivo il bisogno, in qualche modo avevo capito che fosse accaduto qualcosa alla città ma non credevo…questa disgrazia. Mi dispiace Stiles, ti porgo le mie condoglianze” avrei solo voluto gettarmi tra le sue braccia e lasciarmi avvolgere, ma mi limitai ad annuire. “Ho anche saputo che sarai il nuovo sceriffo” ed ecco il Derek Hale che conoscevo e l’immancabile espressività che caratterizzava le sue sopracciglia, che si sollevarono. “A quanto pare” mi limitai a rispondere. “Spero sarai felice di sapere che mi avrai tra i piedi: ho accettato la cattedra di letteratura disponibile al qui, al liceo” sgranai gli occhi: avevo la possibilità di vedere Derek a mio piacimento. “Sei tornato per restare?” domandai leggermente incerto: non ero certo di potermi permettere più quel grado di confidenza con lui, dopotutto erano trascorsi anni dalla nostra ultima conversazione. “La mia famiglia si è presa cura di questa città per anni e sento il bisogno di proseguire questo incarico” disse e compresi immediatamente in che direzione stesse rivolgendo lo sguardo: verso la cappella dedicata alla famiglia Hale. “Ora sei anche tu uno sceriffo” rise leggermente, scuotendo il capo. “Penso che quel ruolo sia adatto solamente a te, Stiles. Io mi occuperò del soprannaturale e penso proprio sia impossibile pretendere che tu rimanga fuori dalle mie ricerche” ovviamente, aggiunsi io. Per alcuni istanti cadde il silenzio tra noi. “Mi dispiace di non averti rivolto un ultimo saluto Noah, eri un brav’uomo” lo osservai conversare con mio padre come lui fosse ancora presente, la cosa mi fece commuovere ulteriormente. Solamente chi aveva sperimentato un dolore del genere poteva essere dotato di una certa sensibilità e, nonostante le mani di Derek fossero dotate di artigli, mantenevano comunque una certa sensibilità. “Ricordo quella volta che in centrale portarono un pacco bomba ed io gli feci da scudo con il mio corpo” annuii vigorosamente. “Non fece altro che parlarne per giorni. ‘Quell’Hale è cambiato tanto da quando era ragazzino. Proprio un bravo ragazzo. Ti ricordi quando lo avevamo arrestato’?” cercai di imitare la voce di mio padre ma ovviamente il risultato fu semplicemente un incremento di lacrime nel mio pianto. “Oh lo ricordo bene. Quella mattina mi ero svegliato con dieci poliziotti in casa e con tuo padre che mi sbatté nella volante. Allora avevi paura di me” roteai gli occhi e solo allora mi resi conto che stesse ancora diluviando e dunque eravamo fradici. “Non ti temevo in quanto lupo ma semplicemente perché io e Scott eravamo piombati nella tua proprietà per cercare il suo inalatore. Se avessi voluto regolare i conti con la forza non avremmo avuto scampo” Derek ne sembrò in qualche modo lusingato. “Claudia, hai un figlio proprio tonto” disse rivolgendosi a mia madre, sollevando le spalle del tutto arreso. “Ma come ti permetti? Mamma digli il contrario. Sono sempre stato un figlio perfetto io!” gli diedi un pugno sulla spalla che ovviamente non lo ferì. “Si infatti erano sempre tue le idee di dove farmi nascondere in camera tua così che tuo padre non lo scoprisse…com’è che mi avevi soprannominato? Cugino Miguel?” una forte nostalgia ci colpì entrambi, sembravamo vecchi amici che si incontravano nuovamente dopo anni… ma noi solo amici non lo eravamo mai stati. “Sei stato il sogno proibito di Danny per anni” lo misi al corrente, lui si passò una mano tra i capelli sconvolto. “Penso sia meglio andare, tra poco chiuderanno e tu hai bisogno di una doccia” disse Derek alzandosi e tendendomi una mano per aiutarmi a reggermi in piedi. “Derek…non voglio tornare a casa” non mi resi nemmeno conto di aver detto quelle parole, che sfuggirono totalmente al mio controllo. “Lo capisco” passeggiammo uno accanto all’altro. “Tu dove abiti?” chiesi per cambiare discorso. Prima di rispondere Derek si infilò le mani nelle tasche della giacca. “Non ho ancora acquistato una casa ed essere onesto. Ho sempre vissuto nelle rovine o in quale hotel” ammise. “Vieni a dormire da me” ancora una volta il filtro mente-cuore si era interrotto. “Non voglio disturbare, Stiles”. “Non voglio restare solo. Ti prego, vieni da me…anche solo per una notte” mi guardò negli occhi e leggendovi il più sincero dei sentimenti, annuì  

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Capitolo 3
*** Scout ***


Una folata di vento gelido mi investì non appena spalancai l’uscio di casa ma ben presto mi resi conto che dovesse essere causata semplicemente dalla mia suggestione, poiché il mannaro non si scompose in alcun modo. Ci sfilammo le scarpe, poiché le suole erano completamente inzuppate di fango, ed io ebbi cura di sistemare al meglio quelle di Derek affinché non si sciupassero. “Purtroppo qui non ci sono due bagno, quindi dovremo lavarci a turni. Vai pure prima tu, qui ho delle cose da sistemare” mi rivolsi al mio nuovo inquilino, alludendo al fatto che dovessi in qualche modo preparargli un letto caldo dove dormire e una cena degna di essere chiamata tale. “Stiles, sono un lupo mannaro. Non mi posso ammalare, mi basterà un asciugamano per tamponarmi i capelli. Quello che ha bisogno di una doccia calda qui sei tu” effettivamente aveva ragione: erano giorni che non facevo altro che scorrazzare da una parte dell’altra della città per ordinare i fiori, prenotare la cerimonia ed allestire un ritrovo per tutti coloro che sarebbero venuti a vegliare su mio padre. Una punta di imbarazzo mi colse all’improvviso: dovevo essere uno straccio e sicuramente il mio aspetto non era da considerarsi una carta vincente per poter conquistare il cuore di Derek, eternamente bello e impossibile. Da ragazzino mi ero convinto che la sua bellezza eterea dovesse essere frutto di qualche beneficio dovuto al suo essere soprannaturale, ma non riscontrando la medesima evoluzione in Scott, mi convinsi che dovesse essere tutto merito di sua madre Talia. “Ma sei mio ospite e si sa che gli ospiti sono sacri” provai ad insistere, cercando di rassettare la cucina. Prontamente Derek mi afferrò un polso: fu un gesto deciso quanto delicato. “Stiles, dico sul serio. Sembra che tu stia per crollare da un momento all’altro. Qui posso benissimo fare io, hai bisogno di lavare via tutta la tensione accumulata” per assicurarsi che il suo discorso facesse breccia nella mia cocciuta mente, incatenò il suo sguardo con il mio. Le ginocchia mi cedettero difronte a quello spettacolo smeraldino e, quasi sotto ipnosi, eseguii il suo ordine. Non appena feci il mio ingresso nel box doccia, mi resi conto di quanto le parole del mannaro fossero veritiere: i miei muscoli parvero sospirare di sollievo non appena l’acqua calda li investì, provocando un massaggio efficace. Mi insaponai riflettendo su quanto la mia vita fosse un susseguirsi di successi e fallimenti: avevo appena perso mio padre e ritrovato il ragazzo di cui ero perdutamente innamorato, in una sola giornata. Probabilmente è reale quel detto che recita che tutto accade per una ragione, ma allora quale motivazione aveva Derek di piombare dal nulla in casa mia? Una volta terminato mi avvolsi nell’accappatoio, sfregandomi il più rapidamente possibile, arrossando così la mia pelle. Sbadatamente diedi una gomitata al porta spazzolini che giaceva sul ripiano del lavandino, facendo rovesciare il suo contenuto a terra. Mi inginocchiai a raccogliere il tutto e quando feci per rialzarmi, sbattei la testa contro la ceramica del sanitario. Potevo anche essere cresciuto ma rimanevo lo stesso sbadato di sempre e forse, per la prima volta, in queste giornate ero realmente giustificato per avere la testa tra le nuvole. “Ahio…” massaggiai il nascente bernoccolo, quando Derek bussò alla porta del bagno. “Va tutto bene? E’ quasi un’ora che sei lì dentro” sussultai: ero convinto che non mi fossi trattenuto sotto la doccia non più di dieci minuti, ma la posizione delle lancette dell’orologio era una prova inconfutabile a favore del mannaro. “Si, perdonami. Devo aver perso la cognizione del tempo. Mi rivesto e sono da te” mi infilai rapidamente dei pantaloni della tuta e una vecchia maglia dell’F.B.I, raggiungendolo. “Derek…” fu tutto quello che riuscii a dire quando vidi quanto si fosse dato da fare: la cucina brillava e sulla tavola vi erano due cartoni di pizza. “Spero che i tuoi gusti non siano cambiati: ho ordinato prosciutto e patatine come gradivi una volta” sorrisi, sciogliendomi difronte al fatto che non se ne fosse dimenticato. “Derek io non so come ringraziarti. Hai perfino tirato a lucido la cucina… Devo per forza ricompensare in qualche modo” dissi leggermente a disagio. “Beh mi hai offerto vitto e alloggio, ero io quello in difetto. Ora mangia prima che si freddi, davvero incredibile che quella pizzeria sia ancora aperta” ridacchiammo assieme. “Non sono cambiate poi molte cose da quando abbiamo lasciato questa città” lui annuì mentre addentava la sua fetta di pizza. “Forse quelli ad essere cambiati siamo noi” ed eccolo qui il reale super potere di Derek Hale: se ne stava silenzioso per la maggior parte del tempo, ma quando parlava era in grado di dire il numero esatto di parole (e soprattutto di sceglierne le più incisive) per farti perdere un battito cardiaco. “Che cosa hai fatto in questi anni? Braiden come sta?” domandai prendendo un sorso di birra. “Abbiamo perso i contatti immediatamente, avevamo strade differenti” raccontò con tono piuttosto freddo. “Mi dispiace, non avrei dovuto chiedere” dentro di me stavo esultando come un tifoso accanito di qualche squadra di baseball. Uno a zero per me, cara mercenaria. “A me no. Non fraintendermi ma ho avuto bisogno di ritrovare me stesso e non avrei potuto farlo se ci fosse stato qualcuno ad ostacolarmi…beh, qualcuno lo avrei anche voluto al mio fianco ma certamente non lei” quest’ultima frase la pronunciò volutamente con un tono di voce più basso, nascondendola tra i morsi che dava alla nostra cena. “Sei riuscito a completare il tuo percorso?” scosse il capo. “Ho capito come trasformarmi completamente in lupo a mio piacimento ma c’è ancora un pezzo della mia vita che è incompleto” spiegò guardandomi nuovamente negli occhi. Feci finta di tossire per cambiare discorso. “A te com’è andata all’F.B.I.?” mi trovai abbastanza impreparato. “Né troppo bene, né troppo male. Parte della mia carriera la conosci, quando tentai di comunicare con te che le forze dell’ordine ti stessero considerando come una minaccia per l’umanità” lui rise per il mio sarcasmo, al contrario di me che ricordai come avessi sputato l’acqua della borraccia per tutta l’aula quando presi conoscenza del fatto che fossero sulle sue tracce. “Alcune mattine mi svegliavo carico: ero pronto a risolvere qualsiasi caso mi fosse sottoposto. Altre mattine sentivo nostalgia di casa, specialmente quando erano coinvolti bambini nelle indagini o altri dettagli che mi facevano salire un tappo doloroso in gola” raccontai, lui annuì comprensivo. La cena si concluse in silenzio, sparecchiammo la tavola e salimmo al secondo piano. “Derek, non vorrei risultare scortese ma preferirei che la camera dei miei genitori non venisse utilizzata” spiegai, lanciando un’occhiata struggente alla porta chiusa a chiave, al termine del corridoio. “Ti cedo volentieri la mia vecchia camera, dormirò io sul divano” stavo per avviarmi verso il soggiorno, quando Derek mi bloccò per la seconda volta in quella serata. “Il letto è il tuo. Dormirò io sul divano” no, era fuori discussione. “Der non è il caso di mettersi a fare una gara di gentilezze, riposa pure qui” in tutta risposta fece brillare gli occhi di un blu elettrico: ciò significava che non era stato un alpha durante la mia assenza. “Tu. Dormirai. Qui” scandì come se fosse una minaccia, più che un invito. “Quel divano è scomodo, non riuscirai nemmeno a riposare” tentai di convincerlo. “Perfetto allora: dato che è inutilizzabile per dormire, nessuno di noi ci passerà la notte” sorrise avendola avuta vinta. Derek Hale sorrise. “Per quanto mi riguarda posso dormire anche per terra” non gli diedi tempo di concludere la sua iniziativa che tirai fuori dall’armadio un sacco a pelo. “Questo può essere una soluzione migliore?” Derek lo prese tra le mani, lo annusò. Fece un gesto che non compresi: sembrava quasi…felice? Era felice di poter dormire in un mio vecchio sacco a pelo malandato. Mi si strinse il cuore: se era felice di dormire in quell’affare, chissà dove era stato costretto a passare la notte. “Se vuoi te lo regalo” gli dissi mentre lo sistemava ai piedi del mio letto, in fondo ai piedi. “Quando ho detto che dormivo in ‘qualche hotel’ durante il mio pellegrinaggio, non intendevo bettole ma località a cinque stelle” perché diamine allora era così entusiasta di passare la notte sul pavimento?. “Ma ti ringrazio. I regali vanno sempre accettati” ne fui comunque soddisfatto. Mi misi sotto le coperte e, sdraiato com’ero, non avevo alcuna visuale su di lui. “Posso tenere la luce accesa?” chiesi, sentendomi un bambino di cinque anni che ha paura di dormire al buio. “Stiles fai come preferisci” biascicò già mezzo addormentato. Trascorsero alcuni minuti ed in quel silenzio le mie paure presero il sopravvento. Provai a chiudere gli occhi ma rividi mio padre intubato in terapia intensiva, i suoi respiri ridotti ad ansimi e le mie preghiere. “D-Derek?” la mia voce risultò rotta nonostante feci appello a tutto il mio autocontrollo. “Potresti dormire con il sacco a pelo accanto al letto?” mi diedi dell’idiota. “Intendi…che vuoi che io dorma disteso accanto a te?” risposi di sì, pregando che capisse le motivazioni. Mi aspettavo una risata amara o un rifiuto elargito con tono aggressivo, invece il lupo esaudì il mio desiderio. “Se devi scendere per andare al bagno, non calpestarmi però” lo rassicurai sul fatto che non sarebbe accaduto. “Buonanotte Der” lo guardai sistemarsi meglio in quell’affare, ridendo sotto i baffi. “Perché ridi?” mi domandò, infatti. “Sembri un ibrido tra uno scout e un bruco” spiegai, lui sembrò rifletterci sopra. “Odio entrambe le cose” ammise con una tale sincerità che mi fece ridere ulteriormente. “Buonanotte Stiles” replicò dopo poco. Con Derek accanto prendere sonno fu più facile, come più facile ancora fu immergermi in una serie di incubi. Confusi realtà e fantasia: non riuscivo più a comprendere se le lacrime che mi stavano bagnando il viso fossero reali o meno. La tempesta che avevo dentro trovò pace solamente quando due salde braccia mi strinsero in un antro caldo e sicuro.

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Capitolo 4
*** Centrale ***


Durante una delle mie innumerevoli pause pranzo in accademia, mi ero intrattenuto leggendo alcuni articoli scientifici, giusto per assecondare la sua continua sete di curiosità. Alcuni colleghi, frequentanti il mio stesso corso, sostenevano che avessi bisogno di una pausa ogni tanto, di staccare la mente dall’assimilazione di continue informazioni. Probabilmente, e quasi sicuramente, lo dicevano in buona fede vedendo come non fossi stato in grado di stringere nessun’amicizia solida all’interno del campus, ma non gliene facevo una colpa: certo non potevano immaginare che la mia attenzione dovesse essere costantemente sollecitata per non ricordare spiacevoli eventi passati. Come sostiene il buon vecchio detto:’ il lupo perde il pelo e non il vizio’  e dunque, anche se ormai non ero più un ragazzino, la mia iperattività sembrava avere costantemente il predominio sulle mie azioni. Una volta lessi che sorridere, seppur possa parere un’azione estremamente facile, può richiedere il coinvolgimento di circa dodici muscoli. Avrei tanto voluto saper quantificare lo sforzo fisico impiegato per sollevare le palpebre al mattino. Sul serio, quando poteva essere snervante dover constatare di aver dormito in preda ad incubi per tutta la notte e non avere più tempo per riposare?. Ricacciai indietro la voglia di restare a letto per l’intera giornata, dando uno sgangherato benvenuto al nuovo giorno. La prima cosa che notai fu che le lenzuola del mio letto emanavano uno strano tempore: impossibile che lo avessi emanato durante la notte o a quest’ora avrei avuto la febbre, oltre al fatto che erano parecchio stropicciate. Feci per sollevarmi e controllare la situazione, quando qualcosa mi trattenne dal farlo: la mia mano era caduta oltre il bordo del letto durante il mio movimentato sonno ed ora se ne stava bella stretta tra quella di Derek. Singhiozzai tanto ne ero sorpreso, augurandomi con tutto il cuore che il licantropo stesse ancora dormendo. Come era potuto accadere? Ero sicuro che quando ci eravamo coricati, la sera precedente, il lupastro fosse avvolto nel sacco a pelo come un bebè in fasce, mentre ora riposava completamente scomposto. Tentai di svincolarmi da quella presa, dato che avevo urgenza di recarmi al bagno, ma quel movimento evidentemente non fu gradito di Derek che si mosse fino a quando la mia mano non fu completamente immersa nei suoi capelli corvini…che desiderasse dei grattini come il più tenero dei cuccioli?. Imputai la colpa di quell’esigenza di affetto al suo subconscio lupesco e lentamente feci scorrere le dita in quel soffice mare d’inchiostro. Derek riposava sereno ma aveva sul volto sempre quel cipiglio che non rendeva giustizia alla perfezione dei suoi lineamenti. Avrei dato l’anima per vederlo dormire tranquillo, lottando contro le sue paure. Dato che il ragazzo non pareva essere disturbato da quelle attenzioni, percorsi con l’indice la mascella ben definita ed accarezzai con il palmo della mano la soffice coltre di barba che ricopriva le sue guance. Probabilmente stavo ancora sognando, altrimenti non mi spiegavo come un tale fortuna potesse essermi capitata. Temendo che potesse svegliarsi da un momento all’altro, in punta di piedi, mi diressi al bagno per la toeletta mattutina; dopodiché mi diressi in cucina per preparare la colazione. Dimenticai quando fosse stato alto mio padre, dato che feci fatica a raggiungere lo zucchero riposto sullo scaffale più in alto. Mi si raggelò il sangue quando vidi il barattolo barcollare oltre il ripiano della mensola, pensando a quanto tempo avrei dovuto spendere per ripulire il tutto, ma un’ombra lo afferrò prontamente. “Perché non mi hai svegliato?” oh ciao anche a te Derek, io avrei anche voluto darti il buongiorno ma sono rimasto a coccolarti e guardarti dormire come un emerito cretino…no, era escluso che gli dessi questa spiegazione. “Immagino che il viaggio per arrivare qui sia stato lungo, volevo lasciarti riposare” risposi girando le fette di beacon nella padella, affinché non si bruciassero. “Stiles…non era necessario preparare la colazione, sul serio. Non dopo la nottata che hai passato” lo guardai storto. “Sensi da lupo” tagliò corto, sedendosi al tavolo. “Mi dispiace averti disturbato così tanto, Der. Se tu mi avessi dato ascolto avrei dormito sul divano” servii la colazione ad entrambi e feci fatica a non sorridere quando lo guardai: aveva l’aria assonnata mentre cercava di identificare le pietanze che avevo impiattato, ma nonostante questo era comunque un degno candidato per entrare a far parte del duo dei Bronzi di Riace. Calò un’imbarazzante silenzio: masticavo lentamente per produrre meno rumore possibile per non infastidire l’udito super sensibile del mio inquilino. “Stiles” mi voltai verso la sua direzione. “Posso…chiederti una cosa?” se voglio sposarti? Ovvio. “Dimmi” risposi semplicemente. “Temo di avere affrettato le cose accettando la cattedra di letteratura che il liceo mi ha offerto. Non ho ancora un’abitazione stabile e ci vorrà parecchio tempo per poter firmare il contratto…” iniziò a raccontare, compresi immediatamente quali fossero le sue preoccupazioni. “Puoi restare tutto il tempo che vuoi, sul serio. Per me è solamente un piacere non rimanere da solo e poi ci siamo aiutati a vicenda molte volte in passato” lui annuì con sguardo basso. “Non vorrei essere di troppo” scossi il capo convinto della mia decisione. “Derek sono felice tu sia tornato e la letteratura è sempre stata una tua passione. Se temi che vivere con me significhi acquisire il mio fantastico sarcasmo… beh, mi dispiace è solo una mia dote” risi ma immediatamente mi bloccai quando realizzai che cosa avessi appena detto –vivere con me-. Il lupo si chiuse nuovamente in una riflessione, che terminò con un “d’accordo”. “D’accordo, che cosa?” incrociai le dita sotto al tavolo. “Approfitterò della tua ospitalità fino a quando non avrò trovato un’altra sistemazione. Mi occuperò io della spesa, così non ti graverò in alcun modo” non potevo esserne più felice. “Credo che l’unico che continua a chiedere favori all’altro qui sia io. Prima di lasciare la città avevo dato in custodia la mia jeep a Scott. Sono anni che è ferma nel garage di casa Mcall e l’ho portata dal meccanico per una revisione. Mi daresti uno strappo in centrale?” la risposta fu positiva e schizzai al piano superiore per infilarmi la divisa da sceriffo e solo allora realizzai che sarebbe stato il mio giorno. Strofinai per bene la stellina, appuntandomela al petto. Ripensai a quando scelsi questo oggetto come lasciapassare per tornare alla realtà, quel qualcosa a cui aggrapparmi per uscire dal coma indotto dalle forze del Nemeton e tornare ad abbracciare mio padre. Ma ora? Che avrei dovuto fare? Ero solo e questo significava che probabilmente eventuali forze del male avrebbero avuto la meglio su di me…dico probabilmente semplicemente per non essere costretto ad ammettere a me stesso che sarei tornato solo per potermi specchiare un’altra volta nelle iridi smeraldine di Derek. Lo stesso licantropo che ora mi fissava, mentre scendevo le scale. “Lo so, sono ridicolo. Non la merito nemmeno questa divisa” mi grattai il collo imbarazzato. “Non dire sciocchezze. Sei un degno successore…ti sta bene” borbottò voltandosi verso l’uscio di casa. La Camaro era rimasta parcheggiata nel posteggio accanto al cimitero e quando vi salii fui immediatamente avvolto dall’odore di Derek. Fu come immergersi totalmente nel suo profumo, estremamente virile e con una nota di selvaggio: dopotutto ero nella tana di un lupo. “Non fare caso al caos sui sedili posteriori. Dato che ora abbiamo questo accordo, lascerò le mie cose in un angolo della tua stanza, sempre che tu voglia” peccato che il mio cervello in quel momento fosse assorbito in tutt’altra attività: ammirare Derek Hale seduto alla postazione di guida, una mano sul volante e l’altra sulle marce. Sono gay, pensai. Sono irrecuperabilmente gay, ma come darmi torto se il mio cuore batteva come un forsennato quando lui mi era accanto? Oh no, il mio battito cardiaco… era aumentato e sicuramente lui lo aveva avvertito. Iniziai a sudare e freddo e a giocare con le mani. Come si esce da una situazione del genere? Santo Nemeton che sfigato. “Stiles” ecco che ora mi azzanna la gola. Forza lupone, sii rapido e indolore. “Stai tranquillo, se questo ti crea così tanta agitazione posso lasciare i miei vestiti dove sono” i vestitit…certo… “Cos-no...no! niente affatto! Ero solo preoccupato del fatto che rivedrai tutte le maglie da adolescente che non ho avuto il coraggio di buttare” lui mise in moto l’auto. Un Dio, un Dio che guidava il suo carro alato non sarebbe stato alla sua altezza. “Non potranno essere più terribili di quella maglia arancio e blu che mi avevi costretto a mettere, non mi sarebbe andata nemmeno se avessi trattenuto il respiro” ridacchiammo assieme. “Non giudicare il cugino Miguel” lo rimproverai. Il resto del tragitto lo passai appisolandomi: i sedili in pelle erano così confortevoli e la sola presenza di Derek mi metteva pace, tanto che speravo che durante la notte la centrale fosse stata spostata dall’altra parte della città. Il licantropo accostò a lato della strada, a quanto pare non potevo scampare al mio destino. “Passo a prenderti oggi pomeriggio d’accordo?” annuii afferrando la maniglia della portiera: non ero pronto a fare questo grande passo. “Ehi ragazzino, andrà tutto bene. Non lo deluderai” mi commossi: aveva compreso perfettamente il problema. “Non far diventare matti quei poveri studenti o ti vengo ad arrestare” stemperai la tensione. Una volta entrato alla centrale fui sommerso dalle faccende burocratiche e dai saluti dei nuovi cadetti. Fortunatamente potevo contare sull’aiuto di Parrish, che mi diede qualche dritta per fare in modo che la mattinata scorresse nel migliore dei modi possibili. Quando finalmente ebbi un po' di respiro, l’orologio segnava le tre in punto. Mi chiusi nel mio ufficio, dovendo necessariamente prendere un po’ di tempo per me stesso dato quello che stavo per fare: sedermi alla scrivania dello sceriffo. Accarezzai la superficie di legno ruvido, ripensando a quante volte da bambino mio padre mi avesse concesso di sedermi sulle sue gambe, mentre lui risolveva i vari casi. ‘Guardami papà! Sono anche io un detective!’ gli ripetevo entusiasta quando rubavo il cappello di qualche malcapitato poliziotto. Non trattenni una quando vidi che non aveva nemmeno cancellato tutti quei disegni fatti con i pennarelli, quando mi annoiavo. Diedi l’ordine di non rimuovere nemmeno la targa con il suo cognome, non mi importava se la lettera puntata del nome fosse sbagliata, volevo tenerla al suo posto come cimelio. Mi passai le mani sul viso, tentando di darmi un contegno, quando Parrish bussò alla mia porta. “Sembra che tu abbia visite” e dall’antro della porta sbucò Derek. “Non mi ero nemmeno reso conto che fosse già ora di staccare” mi giustificai. “Sono stato così impegnato che non ho avuto nemmeno il tempo di sistemare l’ufficio” lo seguii con lo sguardo mentre si accomodava al di là della scrivania. “Ho qui i test di ingresso di correggere. Possiamo trattenerci ancora per un po’” lo ringraziai di cuore. Se ne stava a capo chino a leggere e scarabocchiare i vari fogli con la penna rossa mentre io rassettavo l’ambiente. “Ecco fatto, ora dovrebbe essere tutto in ordine” mi lasciai cadere sulla sedia. “Avresti una penna blu?” mi domandò, aprii un cassetto della scrivania per cercarne una. “D-Derek…”. “Cosa?”. “C’è una lettera”. “Avranno dimenticato di svuotare i cassetti dagli averi dello sceriffo.” “Der è una lettera scritta da mio padre…per me”.

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Capitolo 5
*** Salsa di soia ***


Esistono davvero poche sensazioni che gli esseri umani non sia in grado di saper spiegare: il frastuono di un sogno che si infrange o l’immensità di un amore corrisposto…ma a mio parere non esisteva nulla di più inaffabile di un attacco di panico. Sono imprevedibili e questo dettaglio gioca irreparabilmente a loro favore, come quando, navigando, la barca su cui si trova perde improvvisamente velocità proprio mentre si sta attraversando un tratto di mare particolarmente profondo. E’ colpa del motore in avaria? Di una cordinata calcolata in modo erraneo sul decumano? Nessuno lo può sapere. L’unica certezza è che quella piccola imbarcazione potrebbe essere inghiottita nella voragine marina sottostante, se solo le onde del mare provassero un certo languorino. Era da parecchi mesi che non ne avevo uno: l’ultima volta era accaduto prima di un esame particolarmente importante ed in quel caso dovetti cavarmela da solo. Le mani mi tremavano in modo forsennato, come se fossi stato improvvisamente gettato nella neve gelida mentre gli occhi si annebbiarono di lacrime. Fu questione di istanti e persi completamente il controllo. Il mio corpo avrebbe impattato con il duro pavimento, se solo Derek non mi avesse afferrato. Lo sentivo chiamarmi con tutta l’aria che aveva nei polmoni ed io, rinchiuso in quella prigione, rispondevo a gran voce…peccato che le mie labbra non si mossero di un millimetro. Gli altri agenti della stazione, allarmati dalle urla, corsero a vedere che cosa stesse accadendo ma il loro accalcarsi ebbe il solo esito di agitarmi ulteriormente. “Lasciateci soli” ordinò Parrish, istruendo Derek su come adagiare il mio corpo in una posizione che mi permettesse di respirare al meglio. Non avevano capito che tutto ciò di cui necessitavo era del semplice contatto fisico ma fortunatamente il sourwolf parve intuirlo. Le iridi dei miei occhi si rovesciarono all’indietro e Derek si arpionò al mio corpo nel disperato tentativo di estorcervi più dolore possibile. Era chino su di me, il suo profumo lo faceva sembrare più vicino di quanto già non fosse. “Respira con me” disse, cercando di scandire un ritmo che fosse adatto ed entrambi. Mi lasciai completamente guidare dalla sua voce: stavamo soffrendo assieme, ed insieme ne saremmo usciti. “Bene cosi Stiles, riesci a sollevarti?” mi domandò con estrema gentilezza. Senza rispondermi mi sforzai di sollevarmi, non ci sarei riuscito se le sue mani non mi avessero aiutato. “Ci sei riuscito, lo hai controllato” mi resi conto che ci stavamo abbracciando, solamente quando aumentai la sua stretta attorno al collo. Stavo implorando mentalmente affinché non mi lasciasse andare, non solo in questa situazione ma per sempre. “Parrish è tutto sotto controllo. Me ne occupo io” il segugio infernale si accovacciò per darmi un’ultima occhiata. Era sempre stato premuroso nei miei confronti, suppongo mi considerasse una sorta di fratello minore. Più volte avevamo scherzato sul fatto di adottarci vicendevolmente e dopo la scomparsa di mio padre, avvertiva il bisogno di prendersi cura di me ulteriormente. Ovviamente lui e Lydia furono i primi a sapere del decesso dello sceriffo, anche perché erano accanto a me al suo capezzale. Prima di chiudere gli occhi per sempre, mio padre aveva sussurrato qualche parola al vicesceriffo, che subito dopo mi rivolse uno sguardo. Lo sguardo di chi sapeva che avrebbe tenuto sotto la sua ala per tutto il tempo che ne avessi avuto necessità, o per meglio dire…sotto la sua zampa infernale. “L’hai trovata, non è vero?” non c’era nemmeno bisogno di specificare a cosa si stesse riferendo, immaginavo che fosse stato merito suo se la lettera fosse rimasta in quel cassetto. Annuii, tenendo il capo poggiato sul petto di Derek. “D’accordo, vi lascio soli. Qualcuno deve pur gestire la centrale. Se avete bisogno di aiuto non esitate a chiamarmi” detto questo, richiuse la porta del mio ufficio. “Sono un fallimento” furono le prime parole che pronunciai, non appena riacquisii la facoltà di parlare. “Non so nemmeno che cosa contenga quella lettera, che mi sono fatto prendere dal panico. Potrebbe esserci dentro lo scontrino di qualche saldo non pagato al nostro fastfood preferito per quanto ne so” ero così frustrato: dalla faccenda del Noghitsune io mio autocontrollo era notevolmente peggiorato. Il licantropo non disse nulla per svariati minuti, semplicemente fissava un punto indefinito della mia divisa, essendo completamente assorto nel captare con i suoi sensi ogni minimo battito del mio cuore. “Quando persi la mia famiglia trascorsi mesi dormendo nella tana di qualche animale. Mi sentivo così sporco: infrangevo tutta la sacralità della tana di un altro animale perché non avevo il coraggio di tornare alla mia. Sporcavo i loro antri scavati con fatica del mio odore, così che non vi sarebbero mai più tornati” i nostri guardi si incontrarono a metà strada. “Riuscii a rimettere piede nella villa non per una questione legata all’elaborazione del lutto, credo che quella non sia mai avvenuta, semplicemente perché avevo una banda di ragazzini ai miei piedi” sollevai un angolo della bocca in un sorriso piuttosto mal riuscito. “Il giorno in cui io e Scott siamo venuti a cercare il solo inalatore…” “Ero appena tornato, si” sospirai rumorosamente, lasciandomi avvolgere maggiormente dalle sue braccia, anche se in quel momento quello che necessitava di conforto era lui…Mi diedi dell’egoista: erano anni che Derek sopportava questo macigno, ed io pretendevo pure le sue attenzioni. “Mi dispiace” mi affrettai a dire, guardandomi la stellina appuntata sul petto, pur di non specchiarmi nei suoi occhi. “Va tutto bene, Stiles. Ora vediamo di affrontare la questione” mi adagiò sulla sedia, restandomi accanto. “Preferisci che ti lasci un po’ di privacy?” scossi il capo, tirando la manica della sua maglia come avrebbe fatto un bambino. “No, resta per favore” lui semplicemente rimase in piedi alle mie spalle. Presi un respiro e strappai la busta, iniziando a leggere: “Figliolo, questa lettera è per te. Immagino che quando la leggerai, io mi sarò già spento. Non voglio che tu ti disperi per me, perché sappi che la morte non è altro che un modo per ricongiungermi a tua madre. Claudia, non hai idea di quanto mi sia mancata in questi anni, soprattutto perché la rivedevo in ogni tuo gesto e in quei tuoi occhi grandi e sinceri. Avrei tanto voluto salutarti in modo più dignitoso Stiles, ma sai perfettamente che tipo di uomo sono: tutto azione e niente parole. Avrei dovuto farti tanti di quei discorsi durante questo tempo, ma mi sono sempre limitato a dimostrarti con i gesti quanto io ti ami. Avrei dovuto dirti di non sfrecciare ad alta velocità con la jeep, di non ripararla con dell’industriale nastro adesivo. Avrei dovuto vietarti di seguirmi nei boschi, mettendoti a cercare cadaveri. Avrei anche dovuto dirti che tuo padre non è affatto l’eroe che dipingevi sempre da bambino. La verità è che sono sempre stato solo e soltanto un codardo. Erano anni che indagavo sulle attività paranormali di Beacon Hills ma avevo timore di aprire gli occhi e di accettare l’esistenza di qualcosa di così diverso dal quella che chiamiamo normalità. La verità è che se mi fossi trovato al tuo posto, non sarei riuscito a risolvere tutti quei casi che tu hai brillantemente districato. Sei stato il mio orgoglio e non voglio che le tue fatiche siano vane. Devi sapere che Beacon Hills nasconde più misteri di quelli tu credi di aver dedotto: questa centrale ne è un esempio. Eichen House non è l’unico edificio riconvertito dopo la fine della seconda guerra mondiale. Sotto la centrale è presente un passaggio segreto che conduce “la lettera si interruppe in quel punto a causa di una sbavatura dell’inchiostro. Forse del succo di limone sarebbe stato utile per eliminare quella macchia, anche se oramai aveva oltrepassato il foglio da parte a parte. “Per accedervi devi prelevare il fascicolo delle falde acquifere di Beacon, quello che sta nella libreria accanto alla finestra, nel mio ufficio. Trovai una maniglia, tirala. Segui il tuo istinto. Papà”. Presi la testa tra le mani, bombardato dall’elevato numero di informazioni che avevo acquisito. Se mio padre era a conoscenza del soprannaturale, perché si era dimostrato così sorpreso di sapere che Scott, Derek e Peter fossero lupi mannari? Aveva finto per tutto questo tempo? Cosa significava che la centrale non fosse in realtà solamente l’edificio di ritrovo della polizia di Beacon?. Voltai il capo nella direzione del mannaro, visibilmente sconvolto. “Tuo padre sapeva ogni cosa a quanto pare” mormorò. “Se riuscissimo ad avere tutto il materiale che ha accumulato negli anni probabilmente riusciremmo ad aiutare molti altri membri del soprannaturale, a risolvere i vuoti che ci sono stati nelle nostre indagini. Alcuni anni fa avevamo recuperato dall’archivio delle sue documentazioni ma credo che ormai, un po’ per il tempo trascorso e un po’ a causa del suo decesso, siano state eliminate” riflettei ad alta voce. “E se il passaggio sotterraneo conducesse ai suoi studi?” Derek poteva avere ragione: avevamo una pista plausibile. “Forza, cerchiamo il fascicolo che ha citato nella lettera e risolviamo questo caso” ancora un po’ barcollante, mi lanciai nelle ricerche. “Trovato” disse il lupo, lasciandomi l’onore di sollevarlo, raggiungendo la maniglia. La tirai con forza: probabilmente il meccanismo doveva essersi ossidato nel tempo. “Sembra che non accada null-“ la lingua del lupo venne arrestata da un leggero scalpitio di sottofondo: l’intera parete retrostante alla scrivania si scardinò dalla sua struttura, ruotando sui cardini e rivelando delle scale a chiocciola che si estendevano in profondità. “Se Mason fosse qui, direbbe che tutto questo è molto intenso” ridacchiai, avvertendo quella solita febbricciola che mi accaldava quando sentivo di avere per le mani un caso particolarmente ambizioso. “Non vorrai mica addentrarti là sotto” il lato protettivo di Derek mi fece sciogliere. “Questa lettera è l’eredità che mi ha lasciato mio padre, Der. Devo per forza scoprire cosa si cela là sotto” tentai di farlo ragionare mentre afferravo due torce. “Vuoi che io venga con te?” mi chiese, scettico sull’afferrare o meno l’oggetto che gli stavo porgendo. “Pensi di non riuscire a passare nella fessura della parete?” ridacchiai. “Ho bisogno di te. Non mi sono ancora totalmente ripreso dall’attacco, inoltre la tua vista super sviluppata può essere d’aiuto” lui annuì. “Lo faccio solo perché ho un conto in sospeso con lo sceriffo”. “E quale sarebbe?” chiesi mentre iniziavo a percorrere i primi gradini. “Non mi ha arrestato tutte le volte che sono entrato in camera tua, passando dalla finestra” quelli si che erano bei tempi. Sarei caduto minimo tre volte se solo Derek non mi avesse afferrato, mio eroe. Una volta giunti al termine della scala, ci trovammo difronte ad una cancellata di ferro, tenuto chiuso da due lucchetti, posti in corrispondenza dei cardini. I lucchetti non avevano numeri, bensì lettere. “Ora cosa facciamo?” domandò Derek. “Non saprei…Che la lettera nascondi più risoluzioni agli indizi di quanti crediamo?” il licantropo provò a sfondare la porta con la sua super forza, senza muoverla di un millimetro. “I lucchetti sono sporchi di sorbo, la mia forza non può nulla”. “Direi che è meglio se torniamo indietro. Torniamo a casa, sistemiamo i tuoi vestititi e cerchiamo di interpretare il messaggio”. Risalimmo in superficie e l’apertura si richiuse alle nostre spalle. “Pensi che le parole debbano essere scomposte?” mi domandò Derek, mentre ripiegava i suoi abiti nell’armadio. Una volta arrivati a casa, mi ero premurato di liberare dello spazio per lui e per rendere più confortevole il suo soggiorno, ponemmo accanto al mio letto il divano-letto del soggiorno. “Non credo” masticai il tappo della penna che tenevo tra le mani, guardando la mia fidata lagna che avevo rispolverato così come i miei fili di lana colorati: per adesso stavo adoperando solo del rosso, poiché era un caso irrisolto ed in corso. Lo stomaco di Derek ruppe il silenzio. “Ordiniamo cinese?”. “Cinese sia” risi di cuore. Mentre cenammo, continuai a rigirarmi tra le mani la lettera. “Devi mangiare per poter pensare” disse a bocca piena Derek. “Oh si, certo. Mangerò quando imparerai ad usare le bacchette” lo presi amorevolmente in giro. “Questi affari sono impossibili” si lamentò, indicando le asticelle di legno ormai spezzate, sul tavolo. “Guardami Der, sono un tricheco” mi infilai le bacchette nella bocca, per simulare i denti di quegli animali. Il lupo mi diede uno spintone per farmi smettere, non riuscendo a nascondere un sorriso. Mentre lottavamo a suoni di solletico e colpetti, la salsa di soia si rovesciò sul tavolo, macchiando la lettera. Cacciai un urlo, tentando di salvarla…ma fu tutto inutile. “Cazzo perdonami Stiles, non avrei dovuto punzecchiarti” Derek era in paranoia per l’accaduto. Sollevai il capo dalla lettera, sorridendo soddisfatto. “Non hai nulla da incolparti, hai appena risolto il primo mistero” sollevai il foglio inzaccherato di salsa di soia: erano comparse delle lettere.

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Capitolo 6
*** Vice versa ***


“Buongiorno Beacon Hills, sono esattamente le 6:00 del mattino. Non possiedo la certezza che il sole là fuori stia brillando ma mi auguro di sì. Alzati in piedi Stiles, devi prepararti per andare a scuola…hahaha sto dicendo a me stesso del futuro di non essere pigro. Comunque sarebbe proprio il caso che tu ti svegliassi.” Esisteva una tacita lista di cose che avrebbero potuto far iniziare una giornata con il piede giusto: il cinguettio di qualche passerotto fuori dalla finestra, il profumo invitante della colazione oppure il bacio del buongiorno. Peccato che, essendo io Stiles Stilinski, non potessi certamente aspettarmi tale trattamento. Fortunatamente in questi giorni mi ero svegliato prima dell’orario preimpostato dalla mia vecchia sveglia, disattivandola prima che quest’ultima potesse ricordarmi che genere di suoneria avesse impostato il vecchio me. Apparentemente a sedici anni mi era parsa davvero una grande idea registrare un messaggio vocale per me stesso, peccato che con il passare del tempo il mio umorismo fosse decisamente cambiato…Per meglio dire: era piacevole sapere che per lo meno tenessi a rispettare orari fissi per il risveglio, ma il fatto che Derek lo avesse sentito mi mise in imbarazzo. Mi avrebbe considerato ancora di più uno sfigato. Andiamo: sedici anni è l’età prestabilita per le prime esperienze amorose e solamente un nerd come me poteva auto incitarsi a lasciare le coperte, mentre i miei coetanei vi ci si buttavano con le loro nuove fiamme. Stropicciai gli occhi, trovando il coraggio di aprirli. Come previsto Derek era sveglio e rivolto nella mia direzione. Probabilmente durante la notte, a causa del suo solito sonno disturbato, il divano-letto doveva essersi involontariamente accostato al mio materasso, generando una sorta di letto a tre piazze. “Buongiorno” mormorò con voce roca ed improvvisamente, come se fosse stato causato da una qualche nuova legge di gravità, ogni singola goccia di sangue del mio corpo confluì verso un punto in particolare. Quel ragazzo aveva la capacità di farmi tremare come una foglia con il semplice utilizzo della voce e soprattutto, senza una apparente volontà di eccitarmi di proposito. “’Giorno” gli sorrisi quando notai lo stato dei suoi capelli: avevano lo stesso aspetto del pelo di un cucciolo che aveva appena terminato il bagnetto. “Bella sveglia” ecco, perfetto Derek, tutto il mio entusiasmo era appena finito sotto le ruote di un tir. “P-posso spiegare” ridacchiai nervoso, rigirandomi tra le lenzuola in modo da essere disteso sulla schiena. Puntai gli occhi al soffitto poiché, secondo una strana convinzione che mi frullava nella mente, se io non avessi potuto vedere le espressioni del mannaro, lui non avrebbe certamente potuto vedere me. “Da ragazzino mi sembrava una buona idea. Spesso mio padre non poteva ricordarmi di andare a scuola perché ancora in servizio, oppure perché non era ancora rincasato dal turno di notte. Perciò mi costringevo a non essere il solito nullafacente” spiegai, voltandomi nella sua direzione solamente dopo aver concluso. Derek non fiatò. “Mi sembra un’idea utile. Sempre più utile di mio zio che per una settimana mi venne a svegliare con un secchio acqua gelida. Dormivo direttamente a terra perché tanto sapevo che il materasso ci avrebbe impiegato mesi ad asciugarsi per bene” mentre raccontava si accoccolò meglio sotto al lenzuolo e trovai quel gesto veramente adorabile. “Poi ha perfino il coraggio di lamentarsi se lo soprannominano ‘diavolo con lo scollo a V’” il licantropo scosse la testa. “Per lui è sempre stato un vanto quel nomignolo” rotai gli occhi: tipico di Peter. “Che turno hai oggi?” mi chiese. Mi sforzai di ricordare. “Ho solamente il pomeriggio libero, poi ho sia la mattinata che la notte in servizio” sperai vivamente di essere stato capace di celare quel velo di malinconia che mi strinse la gola: non volevo restare lontano da lui per così tanto tempo. “Vorrà dire che allora verrò in centrale per pranzare con te, poi mi attendono pile di temi da correggere” perfino le sue sopracciglia parvero contrariate. “Sono studenti così terribili?” Derek fece l’espressione più esasperata che gli vidi assumere in tutto l’arco della nostra conoscenza. “Un ragazzino sostiene che l’America sia stata scoperta nel 1942” scoppiai a ridere. “Andiamo lupone, si sarà confuso” più ridevo e più Derek raccontava. Più io sorridevo e più i nostri corpi si stavano lentamente avvicinando. “Oh certo, quel tipo deve essere nato confuso però. Per lui il danese è una varietà di cibo ed ha confuso i meridiani per i paralleli” ora eravamo praticamente faccia a faccia. “Però quel tipetto mi ricorda tanto te” confessò. “Ah si?”, mi misi comodo poiché desideravo più dettagli. “Non si siede mai tra le prime file, nonostante sia tra i più svegli della classe…soffre semplicemente di deficit dell’attenzione. E’ parecchio iperattivo”. “Così mi lusinghi, Der”. “Lasciami finire. Il test d’ingresso che ho somministrato loro consisteva in svariate domande di logica e lui le ha risolte tutte brillantemente, trovando soluzioni alle quali nemmeno io avevo pensato. Quando si è trattato invece di rispondere a qualche quesito nozionistico, ha scritto un mucchio di fandonie”. “Trova noioso studiare quello che gli è facile”. “Già credo sia così. Senza contare che avete lo stesso naso a punta” con l’indice picchiettò sul mio naso. Ridacchiai a quel gesto ma smisi immediatamente quando Derek vi lasciò una carezza e compresi immediatamente perché si fosse improvvisamente accigliato tanto. “Der…”. “Quando ti sei fatto questa cicatrice? ”. Non fu facile per me ricordare, ma lui meritava spiegazioni. “Ero in Pakistan quando è successo. Tralasciando la motivazione della missione, sono stato investito. Sono rimasto sei…otto settimane forse, in riabilitazione. Ecco perché ora ho i capelli leggermente più lunghi, mi sono abitato a questo look forzato. La cicatrice sul naso è impossibile da nascondere ma ne ho altre sotto la barba” Derek mi avvolse il viso nel palmo calloso della sua mano, tentando di individuarle. Penso che fosse questo il reale superpotere di Derek: curarmi l’anima senza una parola. “Sempre che di barba io possa parlare a confronto della tua” sdrammatizzai. “Mi dispiace, non ero a conoscenza dell’accaduto” lessi un vero e proprio rimpianto nel suo sguardo. “Ehi, va tutto bene. Non ti libererai facilmente di me” ora fui io quello che instaurò un contatto fisico con l’altro, attorcigliandogli le dita tra i capelli. “Come sono stati i tuoi anni di lontananza?” lui sembrò risentito da quella domanda ma parve trovare conforto dalla mia vicinanza. “Terribili ad essere onesto ma sapevo che fosse un male necessario” una morsa si impossessò del mio cuore. “In compenso ora posso trasformarmi quando lo desidero” tentai di smorzare l’ombra che era calata sulla nostra conversazione, sfoderando la mia vecchia arma di punta: il sarcasmo. “Ora puoi diventare un cucciolone eh?” ed eccola lì, la sua espressione da: ‘Stiles ti apro la gola con le mie zanne’. Seriamente: Derek avrebbe dovuto prendere in considerazione una carriera nel mondo del poker, avrebbe avuto successo grazie alle sue folte sopracciglia. “Come siamo simpatici questa mattina, sceriffo” stette al gioco, marcando l’ultima parola. “Esatto e dato che come tu hai ben detto, sono la rappresentanza umana delle autorità, il comando di questa casa appartiene a me” specificai alzandomi e dirigendomi al piano terra. “Oh ma certo. Sei così responsabile che a momenti l’altra mattina non avresti spento il gas dopo averci cucinato la colazione” avrei dovuto comprare una museruola, era una faccenda in più da svolgere da aggiungere alla mia lista quotidiana. Dopo aver riempito a sazietà i nostri stomaci ed esserci preparati per la giornata, Derek mi accompagnò in centrale, per poi tenere cattedra al liceo. Nonostante la mia curiosità di esplorare i sotterrai mi stesse letteralmente logorando, come la fame attanaglia un naufrago, tentai di distrarmi. Non mi allettava molto l’idea di spingermi nell’ignoto senza avere Derek al mio fianco. Tenere la mente occupata non fu puoi una grande impresa: la centrale pullulava di problematiche e ad ogni minuto che scorreva, sembrava se ne aggiunsero sempre di nuove. Un tentativo di furto al fruttivendolo in centro, delle richieste di consenso per la ristrutturazione di una villa e la denuncia di smarrimento dei documenti di un’anziana, per farne un esempio. Più trascorrevo il tempo in quella centrale e più comprendevo il perché mio padre gli avesse dedicato anima e corpo: tra i colleghi scorreva un rapporto solido, quasi parentale ed il livello di confidenza era certamente elevato. Erano tutti parecchio attenti alle mie esigenze, non mancando di domandarmi come mi sentissi. Poiché ero cresciuto in quell’ambiente, conoscevo parecchie informazioni personali di ognuna delle reclute e per questo mi permisi di chiedere a Leon come stesse sua figlia e a Claire se suo fratello si fosse definitivamente trasferito in Polonia. Durante il turno non mancarono certo i messaggi di Derek. Quando mi aveva mostrato il suo cellulare mi era sfuggito un sorriso: non si poteva certo dire che fosse un modello all’ultimo grido ma per lo meno aveva la funzione touchsceen e non un sistema di chiusura a conchiglia. Il blocco schermo era stato gentilmente offerto dall’azienda che lo aveva prodotto, il licantropo non si era nemmeno preoccupato di sostituirlo con un’immagine personale. Era un cellulare piuttosto asettico e , a prima vista, pareva che fosse appena uscito dalla casa madre. Gli unici dettagli che facevano intuire una, seppur impercettibile, usura erano qualche foto raccolta nella galleria e due numeri di telefono. Per puro caso mi ero ritrovato il dispositivo del lupo tra le mani mentre lui era occupato al bagno, prima di coricarsi a letto. Sempre per puro caso vi avevo dato un’occhiatina veloce: la galleria era pressoché piena di istantanee di paesaggi ed una ragazza… stavo già per perdere le staffe per la gelosia, quando guardando meglio riconobbi Cora. Caspita se era cambiata: aveva mantenuto i lineamenti del viso piuttosto dolci ma ora era senz’altro molto più donna. Trovai tenero il fatto che Derek avesse voluto scattarle una foto, dato che non si trattava di un selfie, che trovai scorrendo con l’indice. Era stata chiaramente opera di Cora, che sorrideva smagliante mentre Derek le stava baciando una guancia. Mi sciolsi come un budino: praticamente stavo guardando due cuccioli di lupo coccolarsi tra loro. I numeri memorizzati nella rubrica erano due: uno apparteneva alla sorella mentre l’altro era stato salvato con il nome di ‘Argent’ quindi Chris, immagino per avere la costante sicurezza che Kate non lo potesse più scovare. Se proprio ci tenete a saperlo, il cellulare in questione venne lanciato dal sottoscritto tra i cuscini del divano quando Derek uscì all’improvviso dal bagno. ‘E’ appena iniziato l’intervallo. Sono in pausa, come stanno andando le cose li?’. “Perché stai sorridendo al cellulare come farebbe una ragazzina innamorata?” tipico di Parrish spuntare nel momento più inappropriato. “Nessuna motivazione vicesceriffo” tossicchiai per levare il rossore dalle guance. “Certo..certo…come non c’è nessuna motivazione dietro al fatto che hai salvato il nome di Derek accanto ad un cuore rosso” ero a tanto così da infilargli la stellina in gola. “Non puoi andare ad arrostirti da qualche parte? Non lo so…fai un barbeque per i ragazzi” rise scuotendo il capo. “Lui ti piace” era evidente come il sole, tanto che mi chiedessi come avesse fatto Derek a non capirlo. “Dire che mi piace è perfino riduttivo” ammisi sia al mio detective personale che a me stesso. “Spero che non ti dispiaccia ma ieri ho riferito a Lydia del suo ritorno. Lydia che ha poi contattato Scott ed il resto del branco per una cena, ovviamente siete invitati anche voi due” quella banshee aveva il potere di diffondere il gossip con le sue urla più che di avvertire l’imminente morte del malcapitato di turno. “Non saprei, devo prima sapere se lui se la sente”. “Oh certo. Avvisa il tuo fidanzatino e fammi sapere” fortunatamente per lui, uscì dal mio ufficio prima che potessi tirargli contro la mia targhetta. ‘Scusami se non mi sono fatto vivo ma sono stato sommerso di impegni. Der, devo chiederti una cosa’ quando vidi che le spunte si fecero immediatamente blu e che il mio interlocutore era online, chiusi la chat dalla vergogna. Avrei perfino chiuso il cellulare nel cassetto della scrivania se solo Derek non mi avesse risposto a tempo di record. ‘Lo so, scusami. Non trovavo il mio accappatoio sta mattina e ho usato il tuo’. Mi ero strofinato il corpo con l’accappatoio che precedentemente il licantropo aveva usato per asciugare i suoi pettorali…addominali…bicipiti e seder…diamine Stiles! Sei in servizio!. ‘Non è un problema, figurati. Comunque volevo dirti che domani siamo invitati a cena a casa Martin per una cena/rimpatriata con il branco. Sempre che tu lo voglia’. ‘A te farebbe piacere?’ trovai strana quella domanda. ‘Beh è trascorso molto tempo da quando abbiamo fatto una cosa del genere, mi piacerebbe rivedere tutti. D’altra parte vorrei proseguire con le indagini’. ‘Stiles, non accadrà nulla se per una sera stacchi la testa da quella pista. Se ti può far piacere verrò anche io’. ‘D’accordo. Oh, quasi dimenticavo: ho domandato a Parrish la cortesia di duplicarmi le chiavi di casa, così non sei costretto ad aspettare me’. Derek mi rispose inviandomi una fotografia: era il ragazzino di cui mi aveva parlato questa mattina. ‘Sta trascinando il suo migliore amico nella ricerca delle risposte del test di matematica di domani. Dimmi ancora che non siete due gocce d’acqua” non vi era alcun dubbio: ero innamorato perso di questo ragazzo. ‘Ancora due ore e ti raggiungo in centrale, d’accordo? Non combinare guai’. ‘Stai attento anche tu a quei marmocchi’ subito dopo aggiunsi un ‘mi manchi’ che ebbi la premura di cancellare prima che venne visualizzato. Quando finalmente Derek mi raggiunse e la mia pausa ebbe inizio, sacrificai il mio pranzo per una lunga discesa per la scala a chiocciole. “Eccoci qui, a noi due cancello” passai al licantropo la mia torca, estraendo la lettera dalla tasca ed esponendola alla luce per metterne in risalto le lettere in questione. “Non costituiscono l’anagramma di alcuna parola, ieri sera ho tentato ogni combinazione possibile. Non sono nemmeno parte di un acronimo, nessuna ricerca ha dato qualche riscontro…deve esserci per forza dell’altro” mi grattai il collo innervosito dalla complessità dell’arcano. “Tuo padre ha detto che questa parte della centrale è molto antica, e se fosse una frase di qualche lingua morta?” buttò lì Derek. “In tal caso saremmo difronte ad un vicolo cieco dato che non ho dimestichezza con quelle”. Derek non parve abbattersi. “Fammi dare un’occhiata, se si tratta di latino sarà un gioco da ragazzi”. Lesse le varie lettere con attenzione: il suo sguardo silvestre saltellava da un capo all’altro di quel pezzo di carta maldestro. “Fiat lux!” esclamò con così tanta enfasi che la sua voce parve ripercorrere i gradini della scala a ritroso, echeggiando per le mura dell’atrio. “Non vorrei smorzare il tuo entusiasmo ma cosa significa?” mi sentii piuttosto ignorante. “Componi questa frase utilizzando i due lucchetti e lo scopriremo preso” feci scorrere i polpastrelli sui vari dischi rotanti dei lucchetti, selezionando le corrette lettere in bassorilievo per riprodurre la deduzione di Derek e come auspicato, caddero a terra. Diedi un colpetto incerto alla cancellata, spalancandola. Lo stridio dei giunchi oramai arrugginiti della porta furono il sottofondo dell’accensione di una carrellata di lampade a gas, che ebbero come scopo quello di rivelare ai nostri occhi il contenuto di quella stanza: si trattava di un lungo corridoio, molto simile ad una catacombe per stato di manutenzione. Io e Derek ci addentrammo a passo felpato, tentando di fare il meno rumore possibile. L’aria era carica di polvere tanto che respirare era parecchio difficoltoso: ad ogni respiro pareva che un sottile strato di acari si depositassero sul fondo dei polmoni. “Der, guarda” le pareti del lungo corridoio erano interrotte da una serie di absidi, ognuna delle quali custodiva una statua ustera e marmorea. La prima ad essere visibile raffigurava un uomo nella metamorfosi che lo avrebbe reso un licantropo. “Lupus in fabula” lessi l’incisione alla base della statua. “Il lupo nel racconto” tradusse immediatamente Derek, avvicinandosi. Il basamento dell’opera marmorea era occupato dalla cera di alcune candele ormai inutilizzabili: lo stoppino si era completamente fuso, accanto ad essere una serie di scartoffie e pergamene. Ne prelevai una dal muccio, non facendo preferenze: erano tutte apparentemente identiche. “Non conosco con dimestichezza il latino ma credo che sia descritto nei minimi dettagli il processo di trasformazione che avviene con le diverse fasi lunari” dedussi, agevolato dalla presenza di alcuni disegni sul materiale organico in esame. “Chi mai avrebbe potuto costruire un posto del genere? Soprattutto: perché? Mio padre lo deve aver scoperto quando ormai era in disuso” provai ad ipotizzare ma trattenendo la mia parlantina quando notai che il mio interlocutore non dava segno di avermi dato retta. Al contrario di me, Derek aveva preferito dare un’occhiata ai fogli che parevano essere più recenti, facendo una terribile scoperta. “Tuo padre stava indagando sull’identità della mia famiglia già tre anni prima che accadesse l’incendio alla villa” lesse i vari rapporti che lo sceriffo aveva scritto, preferendo custodirli invece di divulgarli. “Papà sapeva di te…” biascicai sconvolto. “Non esattamente. Qui c’è scritto che aveva registrato comportamenti sospetti ed una grande quantità di impronte di lupo nella riserva. Stava cercando di capire come i fatti potessero essere collegati. Immaginava che fossimo contrabbandieri di cuccioli o che avessimo un allevamento illegale” a quelle ultime parole, il licantropo sorride. “A quanto pare le soprese non sono finite”: nell’abside successivo si ergeva la statua di un essere umano con fattezze rettiliane. “Non nobis slum nati sumus” lessi e Derek tradusse: “Non siamo nati soltanto per noi stessi”, non si trattava di altro se non del Kanima. “D’accordo, supponendo che tuo padre sapesse più di quanto fosse disposto a confessare…queste statue sembrano essere qui, ad occhio e croce, da almeno cento anni a giudicare dallo stile. Chi poteva immaginare che questo sarebbe successo?” scossi il capo scettico. “Magari si tratta semplicemente di una combinazione di fatti. Quando deve aver scoperto questo posto mio padre deve aver ricondotto i vari casi irrisolti con le statue presenti” Derek sollevò un sopracciglio. “D’accordo Sherlock e quello come me lo spieghi?” nel terzo abside, alle nostre spalle, vi era la raffigurazione marmorea di una banshee nell’atto di gridare. “Ipse dixit” ovvero “Lo ha detto egli stesso” un chiaro riferimento alle liste di morte. Fu così anche per “Divide et impera” dedicato alla statua di Peter sotto forma di alpa; “Extrema ratio” per la statua di Deucalion; “Casus belli” per le chimere; “Vice versa” per il noghitsune; “Via crucis” per i dottori del terrore e “Ars aemula naturae” per l’Anuk-ite. Il lungo corridoio si chiudeva con una sorta di cappella. “Si vis pacem, para bellum” lessi per l’ultima volta. “Se vuoi la pace allora prepara la guerra” bisbigliò quasi Derek. Difronte al nostro sguardo vi era la statua di una donna a noi non particolarmente cara: Tamora Monroe. “Le pergamene la descrivono come la ‘donna dello strappo’: colei che porterà una frattura tra i due mondi e la sua creatura ne sarà l’artefice. A chi credi si riferiscano? A Geralt? Ormai è morto e sepolto” il lupo esaminò i fogli depositati da mio padre. “Noah aveva registrato l’acquisto di un tratto di riserva, a quanto pare illegale. La riserva di Beacon Hills è sotto la manutenzione del corpo forestale ma qui è citato uno scambio di denaro illegale per ordine di Taranee Monroe” si gelò il sangue nelle vene ad entrambi. “La M-Monroe aveva una figlia?” lessi il foglio che Derek mi porse. “Non sapevo fosse sposata e mi inquieta l’idea che l’abbia generata con Geralt, anche se a quest’ora sarebbe solo una ragazzina. Se le pergamene fossero esatte, il prossimo nemico che si abbatterebbe sulla città sarebbe lei. Ma perché? Che senso ha acquistare illegalmente un pezzo di riserva?” il lupo mi guardava come se aspettasse una mia illuminazione. “Der…lei non ha comprato un ettaro di foresta casuale”. “Che intendi dire?”. “Ha acquistato il terreno dove giace il Nemeton”. Lo sguardo che ci scambiammo fu eloquente. “Derek, vuole sradicare il Nemeton”.

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Capitolo 7
*** Kintsugi ***


Nonostante nella mia vita avessi dovuto fronteggiare le più svariate situazioni, mi reputavo comunque una persona abitudinaria ed il fatto di aver vissuto per lungo tempo a Beacon Hills, aveva reso gli imprevisti un dettaglio calcolabile delle mie giornate. Ogni volta che mettevo piede fuori dalla soglia di casa per svolgere commissioni fattibili in breve tempo come recarmi alla farmacia, inevitabilmente conteggiavo anche la plausibile caduta di un asteroide, il risveglio di una dozzina di mummie e…perché no? La scoperta di una pianta che avrebbe infestato l’intera superficie terrestre. Non che si potesse poi biasimarmi: quando dalla super strada si accedeva alla periferia di Beacon, il cartello stradale indicava il numero di abitanti, ognuno dotato di un potere soprannaturale mentre io ero l’unico umano rimasto. Il che non mi dispiaceva affatto, sia chiaro. Ero stato posseduto per breve tempo da un demone millenario e credevo, soprattutto speravo, che con il paranormale io avessi chiuso. Il fatto che mi piacesse avere dei punti di riferimento lo riconducevo mentalmente al fatto che di certezze non ne avevo mai possedute. Così trovavo una sorta di piace nel spingere con forza le marcie ormai usurate della mia jeep, girare tre volte a destra la manopola della doccia verso destra per ottenere la giusta temperatura per lavarmi e ricontare i nomi dei presidenti quando perdevo la calma. Per questo iniziai a borbottare come una cantilena :’ Washington…Adams…Jefferson’ stimolando una leggera risata in Derek. “Stiles, si può sapere perché sei cosi nervoso? D’accordo la situazione non è delle migliori ma non vorrei morire perché improvvisamente l’auto spicca il volo” disse e solo allora notai come avesse conficcato gli artigli nel sedile e alla maniglia appesa accanto al finestrino. “Non sono nervoso!” mi guardò storto: perfino le sue sopracciglia sembravano urlare ‘come no ragazzino’. “E’ solo che questa auto è difficile da guidare. Ero abitato alla mia jeep e non conosco parte di queste funzioni tecnologiche a disposizione delle volanti della polizia” indicai quell’insieme di pulsanti che occupavano il cruscotto, lampeggiando e pulsando. “Sei salito su di un cavallo della caccia selvaggia, quest’auto per te dovrebbe essere un gioco da ragazzi” tentò di rassicurarmi, poggiando una mano sul mio ginocchio. Era un gesto particolarmente intimo quanto ben voluto: nelle più sdolcinate delle commedie, a questo punto, i due amanti sfrecciano nella direzione di una meta sconosciuta guidati unicamente dal loro amore e dal loro istinto. A loro contrario, io e Derek avevamo appena imboccato la strada secondaria che avrebbe condotto alla riserva. Temevo che le ruote a contatto con la strada sterrata avrebbero perso il controllo, invece tutto andò per il meglio. Inutile dire che il merito aspettava solamente a Derek, che non aveva smesso di rassicurarmi e di infondermi fiducia. “Visto? Non è stato poi così difficile” sorrise, felice di essere ancora tutto intero. “Devi ammettere che con la guida sono migliorato parecchio. La prima volta che sei salito sulla jeep eri in fin di vita e puzzavi di…morte!” sbuffò sonoramente. “Come faccio a dimenticarmelo? Non hai nemmeno avuto il coraggio di segarmi un braccio quando te l’ho chiesto” un colato di nausea si arrampicò per la mia gola. “Ti prego, non ricordarmelo. Non so se mi ha più bloccato la crescita quello o la testata che mi avevi fatto dare al volante!” d’istinto mi massaggiai la fronte. “Tu sai perché l’ho fatto!” nonostante fossero trascorsi anni, non avevo ancora compreso la motivazione di quel gesto ma mi arresi alla constatazione che comprendere cosa frullasse nella mente di Derek Hale fosse impossibile. Tentare di interpretare i suoi ringhi era un po’ come giocare alla roulette russa. Ogni volta che credevi di aver capito le sue intenzioni, il rumore del grilletto di faceva immediatamente ricredere. Immagino che Kate non si fosse tirata certamente indietro nel tentativo di vincere questo folle gioco, finendo per rimanerne folgorata. Certe volte mi ritrovavo a riflettere sulle cause che hanno condotto il licantropo a costruirsi una corazza e più riflettevo, più mi convincevo che sotto la giacca di pelle dovesse nascondere un cuore d’oro. Derek era costantemente vittima delle circostanze, come se alla sua nascita il fato si fosse preso immediatamente di lui, gettandolo malamente dal monte Taigeto, come il più sfortunato degli spartani. Lui era certamente un combattente, un guerriero che si era involontariamente sporcato le mani a causa di un cattivo consiglio dello zio e di un palese fraintendimento del concetto di amore. Voleva solamente essere amato ma non aveva trovato nessuno disposto a prendersi cura di lui e fu allora che giurai che sarei stato io quella persona che avrebbe raccolto i suoi cocci, ignorando quanto fossero affilati. Chiacchierando con Kira venni a conoscenza di una pratica orientale molto d’ispirazione: il kintsugi. Secondo il pensiero giapponese, ogni avvenimento negativo che si abbatte sulle nostre esistenze come un vento gelido, non è motivo di disperazione quanto di crescita. Per questa motivazione quando un oggetto a loro caro si riduce in frantumi, lo ricompongono evidenziandone con dell’oro le crepe…ed in cuor mio immaginavo che Derek dovesse risplendere più del sole. Colto da questi pensieri non mi ero nemmeno accorto di essermi incantato nell’osservare il profilo del suo volto: una fronte spaziosa ma sempre corrugata dai tormenti, occhi più preziosi di due smeraldi, naso perfetto e labbra così morbide da mettere a dura prova il mio autocontrollo. “Stiles, guarda la strada” mi ammonì giustamente, mantenendo lo sguardo ostinatamente dritto difronte a sé. “Si…scusami, mi ero solo distratto” mormorai, tentando di ripristinare l’attenzione. “Sei distratto questa sera e non solo a causa della nostra scoperta” nonostante il tono duro, la sua mano lasciò una morbida carezza sulla mia gamba. “E’ solo che…” non potevo confessare la mia attrazione nei suoi confronti, non quando sapevo di non essere ricambiato. “Lasciamo perdere, ti va? Sono solo esausto” tagliai corto ma il lupo non parve soddisfatto. “Più invecchi e più somigli sempre più ad uno sourwolf” quel nomignolo…lui non l’aveva scordato. “Io non sono vecchio! E comunque sono sempre più giovane di te di ben cinque anni” gli feci notare. “Certo, come dici tu. Infatti questa mattina non ho affatto notato un capello bianco, spuntare nella tua chioma” vuoi giocare sporco lupone? D’accordo, ti accontento subito. “E quando lo avresti notato, sentiamo. Mentre mi accarezzavi una guancia o mentre ti facevo i grattini sulla testa?” lo ammutolii. Un punto per me licantropo dei miei stivali. Potevo anche essere invecchiato come sosteneva, cosa altamente improbabile io rimanevo bello e impossibile nonostante il tempo, ma l’arco delle mie frecciatine non era ancora stato appeso ad un chiodo. Fortunatamente ci pensò la vegetazione a dare una degna conclusione alla nostra conversazione: la volante non poteva proseguire oltre. “Caspita, non ero a conoscenza del fatto che la bella addormentata si fosse trasferita a Beacon Hills, guarda quanti rovi” tentai di spostarne qualcuno per avanzare, con l’unico risultato di pungermi. “Ehi Der, guarda. Mi sono punto come la madre di biancaneve. Non sai quanto vorrei un bambino con la mia pelle pallida e una spruzzata di nei” stranamente nessuna battutina impertinente provenne da parte sua, anzi si affrettò a constatare lo stato delle mie povere dita. “Dovresti stare più attento” borbottò premuroso, asciugando le gocce di sangue con la manica della sua giacca. “Non ho idea di come proseguire. L’ultima volta che avevo messo piede nella riserva sapevo che un gruppo di volontari si occupava della sua manutenzione, possibile che abbiano smesso?” il licantropo non ne parve convinto. “Credo di conoscere questi rovi, non sono opera della trascuratezza. Ammetto che la riserva è più trasandata di quanto ricordassi ma per quanto madre natura sia una perfezionista a volte, non mi spiego come possa essere nata una muraglia di rampicanti proprio nei pressi dell’ettaro acquistato dalla figlia di quella megera” Derek poteva avere ragione. “Forse potrei provare a sradicarli utilizzando l’auto” proposi. “Non credo sia una buona idea…” il lupo aveva infatti lanciato un grosso masso in direzione dei vegetali spintosi ma questi, al contrario di cadere a terra esanimi, inghiottirono letteralmente il minerale. “Allontanati” Derek mi spinse all’indietro, poggiando una mano sul mio petto. “Credo sia una buona idea portare un campione a Deaton. Nella volante dovrei avere una provetta per le urine, possiamo mettere là dentro un ramoscello” lo informai, avviandomi verso il cofano dell’auto. “Deaton è tornato in città?” Derek ne sembrava realmente felice. “Già, non sei l’unico ad essere ricomparso dopo una lunga vacanza. Ora si occupa principalmente di fare il veterinario a tempo pieno, anche se la sua curiosità è rimasta la stessa” il lupo mi fece il piacere di spezzare un piccolo campione di rampicante ed io lo sigillai con il tappo per stare certo che non potesse più ferire nessuno. “Accidenti Der, guarda come ti ha ridotto” non ebbi nemmeno il tempo di assimilare la mia apprensione, che la pelle del licantropo si era già ricostruita, lui mi rivolse un sorrisetto compiaciuto. “Ora come avanziamo?” arrendersi era ovviamente fuori questione. “Avrei un’idea ma ho bisogno del tuo aiuto” già temevo che dalla sua bocca uscisse l’idea più masochista possibile. “Voglio far fruttare tutti questi anni di allenamento: se mi trasformassi i miei sensi sarebbero ancora più sviluppati e potrei facilmente raggiungere il Nemeton” ovviamente acconsentii, anche perché una parte di me fremeva dalla voglia di vederlo con fattezze completamente lupesche. “Stiles, potresti…” le sue mani erano in procinto di slacciare la cintura dei pantaloni. “Oh cavolo!” mi voltai immediatamente anche se il pensiero di Derek completamente nudo alle mie spalle, non era facile da digerire. Mi sentii un completo stupido quando arrivai ad invidiare la visuale che doveva avere la luna di lui: di come i suoi raggi valorizzassero al meglio ogni curva scolpita del suo corpo. Derek non mi aveva ancora dato alcun segnale per potermi voltare, quindi rimasi in quella posizione fino a quando un enorme lupo non mi passò tra le gambe. “Der! Smettila!” ridacchiai quando mi leccò le mani, tutto scodinzolante. Era chiaro che in quel momento avessi difronte a me il lupo interiore del ragazzo, materializzato dopo chissà quante ore di meditazione per raggiungere un tale livello di autocontrollo. “Dove mi porti, cucciolone?” si mise ad annusare il terreno, uggiolando in direzione dei suoi vestiti. “Oh giusto, hai ragione. Meglio portarli con noi” mi inginocchiai per recuperare la sua giacca di pelle…la sua maglia attillata…i tuoi pantaloni e…i suoi boxer. Un bel paio di boxer a mio modesto parere, di marca Armani, il solito sfacciato ma con gusto. Il mio occhio non cadde affatto sulla taglia di quelle mutande…ma per chi mi avete preso? Per un ragazzino in calore? Chi voglio prendere in giro, la divisa divenne improvvisamente stretta sotto al bacino. Avevo paura di una possibile reazione da parte del lupo: sicuramente era al corrente di cosa stessi passando, ma lui era completamente immerso nel fiutare il terreno. Mi fece strada per angoli della riserva che non avevo mai visto prima: chi avrebbe immaginato l’esistenza di una dolce cascatella con tanto di stagno? Oppure di una piccola collina dove al centro sorgeva un alberello di prugne. Derek era come il lupo delle favole: era capace di piegarti al suo volere, mostrandoti le meraviglie che aveva da offrire…e che meraviglie. D’accordo, una volta arrivato a casa mi sarei dovuto fare una doccia fredda. Dopo circa un quarto d’ora di cammino, Derek iniziò ad ululare, correndo a perdifiato. Tentare di mantenere il suo passo era impensabile, così lo raggiunsi con il fiatone: aveva trovato il Nemeton. “Bravissimo” gli lasciai qualche meritato grattino dietro alle orecchie, guardandolo entrare in estasi. Fu solo quando mi domandò di lasciare i suoi vestiti dietro ad un cespuglio, che mi allontanai per concedergli altra privacy. “Non credevo che lo avremmo trovato così in frett-“ le parole mi morirono sulle labbra quando mi trovai avvolto tra le braccia del ragazzo, premuto contro il suo petto e con il suo viso nascosto nell’incavo tra la mia spalla ed il collo. “Ho bisogno di un odore umano per poter riprendere totalmente il controllo” si degnò di spiegare, strofinando il naso sulla mia pelle. Delle lacrime minacciavano di sgorgare, poiché mi ero illuso che quel gesto fosse dovuto ad un sentimento profondo, ma le ricacciai indietro: se potevo essergli utile in questo modo, sarei stata a sua completa disposizione. Molto probabilmente Derek fu particolarmente risentito della vampata improvvisa di tristezza che gli invase le narici, quindi prese a massaggiarmi delicatamente la schiena. “Non voglio approfittare di te come se fossi un oggetto, Stiles. Sei l’unico umano di cui mi fidi. Inoltre, sembri stare proprio simpatico al mio lupo. Scusami per la bava” ridacchiai, toccando il cielo con il dito. Grazie ad una improvvisa vena di coraggio, ricambiai l’abbraccio. Lo strinsi con tutte le mie forze, coccolandolo come avevo fatto solamente questa mattina. “Puoi prenderti tutto il tempo che ti serve. A natale Danny mi ha regalato un profumo costoso quanto orribile, fortuna che non lo utilizzo” lo sentii ridere a contatto con la mia pelle, che fremette dalla gioia. “Sei uno stupido” lo sentii a malapena sussurrare, rimanendo in quella posizione. Non ho idea di quanto tempo trascorse ma immaginavo che Derek avesse ripreso il controllo da molto tempo quando, per mia sfortuna, ci separammo. Distogliemmo entrambi lo sguardo, piuttosto imbarazzati. “A-allora…ecco qui il famoso Nemeton” iniziai a cercare ogni possibile indizio, così come fece il licantropo. “Stiles, guarda” mi porse una pipetta da laboratorio che recuperò tra le radici dell’albero. “Ci sono ancora alcune gocce del liquido che conservava, al suo interno” mi fece notare. “Che si tratti di qualche diserbante?”. “Non saprei ma di certo, qualsiasi liquido si tratti, non è certamente amico dell’ambiente” indicò come, attorno al luogo di ritrovamento dello strumento, perfino l’erba fosse marcia. “Temo che la situazione sia peggiore di quanto credessi. Se Taranee non volesse semplicemente sradicare il Nemeton ma fosse intenzionata ad avvelenarlo? Sono sicuro che ci sia una qualche relazione tra il suo potere di attirare creature soprannaturali e la loro salute” purtroppo per me, il lupo fu totalmente d’accordo con la mia ipotesi. “Questo albero non solo attrae creature come me ma possiede anche il compito di creare un ambiente favorevole alla crescita del loro poteri. Se venisse avvelenato, io potrei perfino perdere i miei poteri” la realtà dei fatti aveva superato nettamente le nostre più tenebrose aspettative. “C’è ancora una cosa che non mi è chiara” accarezzai i vari cerchi concentrici che caratterizzavano il corpo mozzato dell’albero. “La missione della Monroe era quella di eliminare dalla faccia della terra ogni possibile minaccia per gli esseri umani. La sua collaborazione con Geralt era nata per dichiarare morte certa al licantropi, ma poi allargò i suoi confini anche ai coyote, kanima, wendigo e banshee” Derek seguiva attentamente il mio ragionamento. “Che senso avrebbe eliminare totalmente i loro poteri?” il lupo mi guardò, come se non fosse abbastanza ovvio. “Io credo che tu ti stia sbagliando Derek. Per la Monroe, a quanto pare anche per sua figlia, non saremo mai tutti uguali. Anche se voi foste completamente indeboliti per loro rappresenterete sempre una minaccia. D’accordo, inizialmente si crogiolerebbero nella loro vittoria, ma hai idea di quanti Nemeton esistano nel mondo?” negli occhi del lupo lessi una scintilla. “Milioni…” “Corretto. Probabilmente quello a cui stiamo assistendo è semplicemente un esperimento da estendere su scala mondiale. Indebolire ogni membro del soprannaturale per ucciderlo” spiegai, Derek si passò una mano tra i capelli. “Ma come? Siamo troppi e, come hai detto tu, ci basterebbe trovare un altro Nemeton per riacquistare le forze” sospirai abbattuto. “Hai mai visto il film: ‘Il Padrino’?” lui fu quasi infastidito da quella domanda, quando la vita in gioco era la sua. “Stiles, che diamine centra ora con tutto questo?!”. “Michael Corleone disse: ‘tieniti stretti gli amici e ancora più stretti i nemici’. Io credo che loro vogliano trasformarvi in marionette sottomesse al loro volere, in modo da farvi combattere gli uni con gli altri fino all’estinzione e…nel peggiore dei casi…trattarvi come loro animali domestici. Per quanto ne sappiamo potrebbero avere dalla loro parte un aspirante alpha, disposto a tutto pur di rimanere l’ultimo della sua specie”. Silenzio. Fu tutto ciò che seguì in seguito all’esternazione dei miei pensieri. “Se fosse come dici tu, Beacon Hills sarebbe in pericolo” annuii. “Quando mai non è così. Quello che temo maggiormente è che ad essere in pericolo qui sia tu” ammisi a cuore aperto. “Facciamo così: ora tu torni in centrale. Domani pomeriggio porteremo il campione a Deaton e aspetteremo un riscontro. Intesi?” sembrò volermi consolare. “Intesi. Mi farò riaccompagnare a casa da Parrish” ripercorremmo a ritroso la strada verso l’auto. “Ti aspetterò sveglio, devo preparare la lezione per domani”. “Der, vai pure a dormire. Hai bisogno di riposo, lasciami la chiave di casa sotto al vaso accanto all’ingresso, Okey?” lui annuì. “L’unica cosa su cui dobbiamo concentrarci ora è la cena a casa Martin” lo disse con un tale tono arrendevole, che scoppiai a ridere. “Andrà bene vedrai. Buonanotte Der”. “’Notte ragazzino”.

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Capitolo 8
*** Solletico ***


Ero decisamente stressato. Stressato dal fatto di non aver chiuso occhio per colpa del turno massacrante che avevo appena concluso, stressato dalla minaccia che aleggiava sul Nemeton, stressato dal fatto di non avere ancora elaborato il lutto di mio padre…i miei nervi erano messi a dura prova da così tante piccole sottigliezze, che procastinate, si erano ingigantite. Si trattava del medesimo meccanismo che regolava il verificarsi di uno tsunami: goccia dopo goccia si veniva a creare un’onda dalle dimensioni inimmaginabili, impossibile da placare od arrestare. Beh, placare il mio stato d’animo burrascoso non era al di fuori della portata di chiunque, specialmente di un certo lupone che mi aspettava dentro casa. Trascinai con estrema fatica i piedi sul vialetto di casa, trovando la chiave sotto al vaso accanto alla porta: Derek aveva seguito le istruzioni che gli avevo lasciato poche ore prima. Aprii delicatamente l’uscio: dopotutto erano solamente le sei del mattino e non mi andava di disturbarlo. Derek si stava facendo in quattro per aiutarmi con la carriera e i pericoli provenienti dal soprannaturale, che non capivo come facesse al tempo stesso a badare ad una classe di adolescenti durante i pochi momenti in cui eravamo separati. Nemmeno mi ero reso conto di essere diventato completamente dipendente da lui, non per quanto riguarda il dividerci le preoccupazioni dovute al folle piano di Taranee, ma per quanto riguardava la sua semplice presenza. Amavo sentire il suo profumo ovunque: nella mia camera da letto, sugli asciugamano del bagno e sui cuscini del divano. Era una cosa piuttosto lupesca questa, me ne rendo conto, ma al cuor non si comanda dopo tutto. In punta di piedi mi diressi in bagno, mi lavai dalla tensione accumulata, per poi dare un’occhiata in direzione della camera da letto: Derek non c’era. Fui colto da un’insolita angoscia: che se ne fosse andato perché la prima presenza era troppo invasiva? Taranee lo aveva già scovato ed ucciso? Perché non mi aveva nemmeno lasciato un messaggio? Perch- “Per favore Stiles, come riesci a pensare così tanto di mattina presto? Il rumore dei tuoi pensieri è un ronzio continuo” afflosciai le spalle emettendo un sonoro sospiro di sollievo: Derek era giunto di soppiatto alle mie spalle, con ancora la sua tuta da casa in dosso. Senza pensarci troppo mi gettai tra le sue braccia. “Scusami, è stata una nottata difficile” tentai di giustificare quel gesto. Mentalmente iniziai un conto alla rovescia che mi avrebbe inevitabilmente portato a sbattere il sedere contro il pavimento, rigettato da un impulso di disgusto del licantropo. Ero già arrivato al numero cinque quando, con mia somma gioia, mi ritrovai corrisposto nella mia ricerca d’affetto: Derek avvolse un braccio attorno alla mia vita, mentre inspirava il mio odore dalla mia chioma. “Lo so, lo è stata per entrambi. Se solo si potesse pagare per poter eliminare per sempre ogni minaccia da Beacon Hills, darei fondo al mio patrimonio” ridacchiai e più ridevo, più mi sentivo il cuore leggero. “Avevo quasi dimenticato che condivido la mia umile dimora con un miliardario” lui iniziò a rilasciare qualche timida carezza. “Non ti preoccupare, ho già deciso che modifiche apportare per rendere più piacevole la mia permanenza”. “Der, non trasformerai questa casetta in un hotel a cinque stelle” il lupo ringhiò frustrato. “D’accordo, ma sappi che ho ordinato una nuova maniglia per la porta di camera nostra…in ottone, stile imperiale. Un vero affare, l’ho trovata su un sito che rivende oggetti vintage” raccontò tutto fiero del suo acquisto. -Camera nostra- due parole che fecero aprire i cancelli del mio personale paradiso. Sotto ai miei piedi, la moquette era scomparsa, lasciando spazio ad una confortante nuvoletta che mi avrebbe direttamente condotto al monte Olimpo. Derek, il più bello degli dei, mi avrebbe fatto stendere accanto a sé sul suo triclinio, bevendo ambrosia e… “Stiles? Mi stai ascoltando? Beh poco importa. Ho già pianificato di appendere un arazzo nel soggiorno” fui risvegliato dal mio sogno ad occhi aperti, trasalendo, come quando la puntina di un giradischi schizza via proprio durante il momento di massima estasi di una composizione di Beethoven. “Derek! Che stai dicendo!” lo inseguii mentre si dirigeva al piano inferiore. “Non lo farò davvero ma è servito a svegliarti. Temevo ti fossi addormentato spiaccicato a me e credimi: l’ho visto lo stato in cui hai ridotto il tuo povero cuscino” ridacchiò, versandosi del caffè. “Sei un ingrato!” urlai, fregandomene del sonno di bellezza in cui auspicavano i miei vicini. “E poi tu non sei messo tento meglio caro mio. Russi da far tremare le pareti” iniziammo una lotta di rimproveri degna di un asilo nido. “Io potrò anche russare ma almeno non costringo il mio inquilino a mettersi i braccioli per non annegare nella bava che rilascio mentre dormo. Sei un bruco da seta” come osava rivolgermi questo tono da saccente. “Come siamo cortesi oggi, professorino. Ti informo che mentre ti accarezzavo i capelli, hai iniziato a scalciare con un piede come il più tenero dei cuccioli” gli occhi di Derek si tinsero di un blu elettrico, dovevo averla fatta grossa. Posò con estrema lentezza la tazza di caffè sul tavolo, iniziando a correre. “Aiuto! Pietà Derek! Pietà!” urlai a squarcia gola, gettandomi a capofitto nella camera da letto e sbarrando la porta con tutto ciò che trovavo. Era giunta la mia ora: potevo non essere morto a causa di un demone millenario, della caccia selvaggia, di un branco di alpha… ma era impensabile sfuggire alla rabbia di Derek Hale. ‘Credo si sia arreso’ tentai di rassicurami, il cuore mi martellava nel petto. Feci appena in tempo a voltarmi che andai a sbattere contro il petto possente del licantropo, cacciando un urlo. “COME DIAVOLO SEI ENTRATO!” indietreggiai. “Hai lasciato la finestra aperta” rispose con un sorriso sornione sul volto. “Derek io stavo scherzando. Non sei un adorabile cucciolo, sei un grande e forte alpha!” mi giustificai, camminando all’indietro fino a quando la mia schiena non andò a sbattere contro la porta della stanza. Il lupo non frattempo non aveva smesso di avanzare, con quello sguardo da predatore ed i muscoli tesi. Ci ritrovammo nella stessa posizione in cui eravamo finiti anni addietro, una delle innumerevoli volte in cui mi aveva sbattuto contro una superficie per potermi minacciare. ‘Se dovrò nascondere un fuggitivo dentro casa mia, lo farò con le mie regole’ gli avevo intimato, convincendolo sorprendentemente. Ci eravamo aggiustati la giacca di pelle vicendevolmente ma poi il licantropo, giusto per rimarcare il suo ruolo da dominante, aveva fatto uno scatto improvviso nella mia direzione. ‘Oh, ma dai’ sbuffai, tornando alla mia postazione computer. Ora Derek era difronte a me, una manciata di centimetri si frapponeva tra i nostri volti. Il suo sguardo altalenava dai miei occhi alle mie labbra, come se fosse indeciso nella scelta della tortura da riservarmi. Dal canto mio ero totalmente rapito dai lineamenti del suo viso: ancora non mi spiegavo come degli zigomi così pronunciati potessero celare un sorriso tanto stupendo. Peccato che in tutti questi anni di conoscenza, avessi visto Derek sorridere solamente in modo sadico. Esattamente come fece in quel momento: le labbra rosee si aprirono in una smorfia divertita, lasciando che i canini pronunciati ne facessero capolino. Prima ancora che potessi cacciare un altro urlo estremamente virile, il licantropo mi aveva caricato sulla sua spalla, gettandomi sul letto ed iniziando a farmi il solletico. “Basta Der!” lo supplicavo, divincolandomi sotto le sue abiti dita, che compresero immediatamente i punti più sensibili della mia pelle. “Come un cucciolo, eh? Voglio vedere se avrai ancora il coraggio di chiamarmi così!” rideva mentre constatava la mia arrendevolezza, dato che dai miei occhi iniziarono a sgorgare piccole lacrime divertite. “S-sei tu…sei tu. Hai vinto. Mi arrendo” mormorai con il fiatone. Il licantropo ne sembrò convinto, arrestando la mia meritata esecuzione. Il verde silvestre delle sue iridi si perde in quello castano dei miei occhi, nemmeno ci eravamo resi conto di esserci persi in uno sguardo. Scrutava ogni dettaglio del mio viso quasi come se fosse la prima volta che ci incontrassimo: lo vidi percorrere con le pupille un percorso immaginario, volto a congiungere i neri che giacevano sulle mie guance arrossate. “Der…” sussurrai, come a volermi rendere conto che non fosse semplicemente frutto della mia immaginazione. Per la seconda volta, nell’arco di breve tempo, avevamo sentito entrambi l’esigenza di un contatto fisico diretto e, per quanto mi riguarda, non mi sarei mai tirato indietro. Come se risvegliato da uno stato di trance, il lupo si sollevò dal mio corpo. “E’ il caso che tu dorma per quelle poche ora che ci separano dall’apertura della clinica di Deaton. Ricordati di prendere il campione e di farti trovare pronto per la cena di questa sera, sempre che tu non abbia intenzione di evitarla…in tal caso ti seguirò a ruota” mi infilai sotto le lenzuola come suggerito, faticando improvvisamente a tenere gli occhi aperti. “Non possiamo” sbadiglio “scappare” altro sbadiglio “Lydia ci verrebbe a cercare ovunque” borbottai, avvertendo la testa appesantita dal sonno. Avevo accumulato un quantitativo di stanchezza tale da non prestare nemmeno attenzione al mio inquilino, mentre indossava abiti più formali per recarsi al liceo. L’ultima cosa che vidi fu la triscele tatuata sulla sua schiena e dopo poco, qualcuno che rimboccava le lenzuola del mio letto. “Grazie papà” furono le ultime parole che dissi prima di addormentarmi. - “Derek smettila di suonare quel dannato clacson!” urlai a squarcia gola ancora dentro casa, certo che con il suo super udito avrebbe ben recepito le mie lamentele. Se il quartiere avesse presentato una denuncia per disturbo della quiete pubblica, non avrei certamente insabbiato il caso anzi, sarei stato ben vieto di girare il dito nella piaga. “Sei in ritardo di mezz’ora” mi fece presente una volta aperta la portiera della Camaro. “Buon pomeriggio anche a te. Si, anche io sono felice di vederti e si, se ho fatto ritardo è solamente perché non trovavo la giacca che mi hai chiesto” gliela mostrai. “Peccato che non sia nemmeno quella. Questa è di pelle con le borchie, io avevo chiesto di pelle con il colletto alto” fu in quel momento che giurai gli avrei avvelenato il caffè con dello strozzalupo. “Grazie Stiles per aver perso tempo a cercare una giacca in mezzo alle altre venticinque che possiedo, tutte perfettamente e dannatamente identiche” gli puntai un indice accusatorio contro. “Non sono tutte identiche per tua informazione” si lamentò come se avessi appena criticato la sua famiglia. Per il resto del tragitto verso la clinica veterinaria, ci limitammo ad ascoltare le canzoni che venivano trasmesse alla radio, canticchiando. Per meglio dire: canticchiai, Derek si limitava ad assecondare il ritmo della musica ondulando il capo. “Non è cambiata per niente” constatò il lupo, una volta giunti difronte alla clinica veterinaria. La sala d’attesa era vuota e dalla stanza sul retro proveniva solamente la voce del medico, occupato a rassicurare un paziente particolarmente intimorito, a giudicare dal lamentio che attirò l’attenzione del licantropo. Diedi un leggero colpetto al campanello posto sulla scrivania della reception, per segnalare a Deaton il nostro arrivo. “Solo un secondo!” la sua risposta fu pronta. Lo sentimmo riporre il suo paziente peloso in una gabbietta, ricoprendolo di lodi per aver masticato delle pastiglie assieme al suo pranzo. “Come posso esservi utili?” non appena il medico sollevò lo sguardo, un’ondata di gioia gli rallegrò il volto. “Non ci posso credere, ragazzi…siete davvero voi?” ci venne incontro, abbracciandoci e dandoci pacche amichevoli sulle spalle. Non era affatto cambiato, se non per il fatto che si fosse abituato a portare la barba in modo più incolto e per via di qualche ruga che segnava, in modo poco simpatico, il passaggio del tempo. “Venite, accomodiamoci di là. Tranquillo Derek, ho eliminato la mia buona vecchia dose di sborbo dell’uccellatore sulla porta” ridacchiò tutto contento, come uno zio che rivede i nipoti dopo che questi si sono diplomati. Effettivamente era così, fatta eccezione per il fatto che non avessimo buone notizie da condividere. “Raccontatemi un po' come ve la passate. Non sapevo fossi tornato a Beacon, Derek. Fa sempre piacere avere un Hale tra i paraggi. Tu, Stiles? Come sta andando alla centrale?” non cessò di fare domande, porgendoci due tazze di chissà quale tisana rimediata durante uno dei suoi viaggi. “Sono tornato solamente da poco tempo. Sono ospite a casa sua” spiegò Derek, sempre di molte parole ma che alle orecchie del veterinario parvero preziosissime. “Già, il fatto che ora conviviamo ha reso il mio ritorno alla normalità più facile, se così si può dire. Non ho molto tempo libero da occupare con pensieri negativi, sono sempre di corsa” mi grattai il collo, consapevole che molto preso quel clima di buon umore sarebbe scomparso. “Deaton, noi siamo veramente felici di rivederti ma siamo qui per condividere con te un problema, sperando tu possa aiutarci” fortunatamente ci penso l’impulsività del licantropo a rimettere sulla giusta carreggiata la conversazione. Il volto del veterinario si incupì, annuendo. “Noi abbiamo trovato una pista…alla centrale” lanciai un’occhiata al licantropo: non che non mi fidassi di Deaton, ma preferivo che la faccenda dei sotterranei della centrale rimanesse una questione puramente personale. “Non ne abbiamo ancora la piena certezza, ma crediamo che il Nemeton sia in pericolo. L’ecosistema della riserva è stato manomesso e come tu ci hai sempre ripetuto, l’universo trova sempre un modo per riequilibrare le cose. Temiamo che questo possa condurre inevitabilmente ad una rovina del mondo del soprannaturale” il nostro interlocutore ebbe bisogno di sedersi per assimilare il tutto. “Avevo il sentore che qualcosa non andasse…” “Siamo nelle tue mani, Deaton. Ti abbiamo portato un campione dei rovi che stanno divorando la riserva, speriamo che tu possa darci qualche informazione maggiore” poggiai nei suoi palmi, la provetta contenete l’oggetto della nostra discussione. Il druido ci impiegò meno di una manciata di secondi per elargire la sua sentenza. “Si tratta di un esemplare di Taxus baccata, altrimenti chiamato Tasso o albero della morte. Le sue bacche sono letali: ora comprendo l’incremento di casi di avvelenamento qui alla clinica. Oltre al suo naturale livello di pericolosità, è stato manomesso geneticamente” spiegò con cura e dedizione. “Perfetto, ci troviamo difronte ad una ragazza che gioca a fare la scienziata” borbottò Derek. “Mi dispiace contraddirti amico mio, ma la scienza non è ancora pervenuta a livelli di manipolazione delle erbe di un tale complessità. Questa è opera di qualcuno interno al nostro sistema” sgranai gli occhi. “Intendi che un altro druido è presente in città?” il licantropo al mio fianco si concedette un ringhio di frustrazione, ricordando la sua passata e disastrosa relazione con Jennefer. “Onestamente penso che la fanciulla di cui parlate non abbia ancora completato la cerimonia di investitura al grado di druido, ma sta imparando ed anche velocemente a giudicare da quello che è riuscita a compiere. Quello che mi incute più timore è il fatto che abbia qualcuno dalla sua parte” perfetto, davvero una situazione con i fiocchi. “Intendi dire che questo livello di manipolazione delle piante non è roba da novellini?” avvertivo la rabbia di Derek montare ad ogni nuova scoperta venuta alla luce. “Esattamente. Questo genere di incantesimo lo appresi dopo diversi anni dal compimento della mia vita come druido. E’ un tale caos. Non sono si stanno sovverchiando le leggi della natura ma anche quelle che regolano il pensiero celtico. Ci stanno attaccando su tutti i fronti”. “Dividi et impera” mormorò Derek. “Vogliono dividerci per poterci opprimere. Sperano che tu ti allontani dal nostro branco per occuparti della riserva in modo da lasciarci soli. Tipico della Monroe. Non ha intenzione di sporcarsi le mani questa volta e per questo utilizza sua figlia. Non le ha permesso di convertirsi ad un credo pagano ma sta costringendo qualcuno ad insegnarle i segreti del mestiere” purtroppo per me, furono tutti concordi con la mia visione dei fatti. “Non siamo noi le uniche vittime in gioco. Promettetemi che salveremo anche mio fratello o sorella di culto. Siamo così pochi che ogni vita risulta preziosa doppiamente” ovviamente annuimmo. “Avrò bisogno di alcuni giorni per analizzare a fondo il campione di Tasso, vi chiamerò appena avrò degli sviluppi. Fate attenzione, avete nominato Monroe e le mie preoccupazioni non possono che essere giustificate. Gli altri lo sanno?” Derek lasciò a me il compito di rispondere. “No. Ad essere onesti non abbiamo ancora avuto modo di conversare tutti riuniti sotto un tetto da anni, ma non c’è da preoccuparsi: Lydia ha indetto una rimpatriata per cena” il veterinario sembrò comprendere la tensione che gravava sulle mie spalle. “Prima di condividere con loro quello che sta accadendo, preferirei comunque conoscere il tuo referto. C’è ancora una parte di me che spera che ci stiamo sbagliando” dissi l’ultima frase con un tono di voce troppo alto per sembrare convincente. Stavo per avviarmi verso l’auto quando il veterinario richiamò Derek. Non avrei dovuto, non avevo il diritto di immischiarmi nei suoi affari privati ma la curiosità ebbe il sopravvento. Così sostai nell’area della reception, una mano poggiata sulla maniglia della porta d’ingresso. “So perché sei tornato” Deaton pareva quasi compiaciuto. “E’ stato difficile ammetterlo a me stesso ma devo dire che da quando sono qui, è come se mi sentissi nuovamente a casa” non potei fare a meno di sorridere per lui. “Sai meglio di me che una casa non la fa il luogo ma le persone che ci vivono” che cosa voleva dire?. “Già, lui ancora non lo sa” io non sapevo cosa? Cosa mi stavi nascondendo Derek? Che saresti partito nuovamente spezzandomi il cuore? Che avevi una famiglia altrove?. “Potrebbe non averlo ancora capito lucidamente, Derek, ma il suo inconscio si” ridacchiò di cuore. “Quando sarà il momento lo verrà a sapere” udii i passi del lupo avvicinarsi e mi lanciai verso l’auto. “Credevo fossi già seduto” inarcò un sopracciglio. “Non ho artigli con cui rompere la portiera io, l’avevi chiusa a chiave” Derek così sbadato nei confronti della Camaro? Assurdo quasi quanto un calo d’affetto da parte mia per la jeep. “Andiamo a cena?”. “Andiamo”.

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Capitolo 9
*** Torta ***


“Derek smettila di ridere” borbottai offeso. Non avrei mai pensato che un giorno avrei pronunciato queste parole eppure ora le stavo perfino condendo con un bel muso, giusto per rimarcare il fatto che la mia età fisica non corrispondesse affatto a quella mentale. La colpa non era certamente da imputare a me, ma bensì a quella sottospecie di lupo spelacchiato che avevo difronte. Ovvio, combiniamo guai, tanto ci pensa sempre Stiles a rimediare! Il gravoso peccato commesso dal licantropo, consisteva nell’essersi trattenuto da Deaton ed aver accarezzato un cucciolo a pelo lungo. Pelo che era delicatamente svolazzato sulla sua giacca che ora assomigliava più ad un maglioncino di cachemie più che ad un indumento da motociclista. “Non posso non farlo quando sei palesemente sulle punte perché non riesci a raggiungere le mie spalle” rispose con quel ghigno da lupo cattivo che tanto gli si addiceva. Se solo fossi stata la sventurata cappuccetto rosso gli avrei volentieri tirato in fronte un vasetto di marmellata. Stavamo avendo questa conversazione sotto al porticato di casa Martin, ancora indecisi sul fatto di citofonare o meno. “Ci tengo che tu faccia una bella figura e come mi ripaghi? Ridendo di quei pochi centimetri che separano le nostre altezze” sottolineai, proseguendo nel mio minuzioso intento di levare tutti quei fastidiosi pelucchi. “Detto da un ‘diversamente alto’ la cosa risulta esilarante, concedimelo” scossi il capo oramai esasperato. “Cosa c’è? Ho usato perfino una parafrasi per risultare meno arrogante” provò a giustificarsi. “Mancano solo alcuni peli sul colletto e giuro che ho finito” mi sporsi verso di lui ma persi inavvertitamente l’equilibrio. Derek fu pronto a sostenermi, avvolgendomi la vita tra le sue braccia. “S-scusa” sussurrai, trovandomi improvvisamente così a stretto contatto con lui: una cosa era lasciarsi abbracci nella nostra stanza, di tutt’altra faccenda era stringersi in pubblico sotto il potenziale sguardo di chiunque…perfino di una vecchina che stava attraversando la strada…aguzzai la vista: diamine! Era la signora Jhonson!. Suo marito giaceva nella tomba accanto a quella dei miei genitori ed aveva fama in tutta Beacon Hills di non essere in grado di tenersi nemmeno un cecio in bocca. Se solo avesse raccontato gli ultimi pettegolezzi della città al defunto marito, sono certo che non si sarebbe lasciato scappare di avermi visto stretto ad un uomo misterioso, come ero certo che i miei avrebbero teso l’orecchio per sapere più dettagli possibili. Mi sentii in colpa ad auspicare che la sua cataratta fosse dalla mia parte, oscurandole parzialmente la vista. Andiamo, chi volevo prendere in giro? Non esisteva vista più acuta di quella di una donna in cerca di qualche scoop, più affinata di quella di un’aquila in procinto di acciuffare un topolino. Beh…in questa situazione il topo ero io, rimasto prigioniero tra le fauci di un lupo acido. Fui letteralmente attratto dal profumo del dopobarba di Derek tanto che strofinai, con un tocco leggero, il mio naso sul profilo del suo collo. “Stiles, hai fatto?” doveva sempre rovinare le cose sul più bello. “Si sourwolf, ma scordati che la prossima volta io ti faccia il bagnetto” lo rimproverai, pigiando il pollice sul campanello della villa. “Un bagno no, magari una doccia…” lo sentii biascicare alle mie spalle ma le mie gote non ebbero nemmeno il tempo di arrossirsi, che la porta venne aperta. Sia io che Derek ci eravamo mentalmente preparati ad essere investiti dalle chiacchiere della proprietaria di casa ma difronte a noi vi era letteralmente il nulla. “Probabilmente avrà aperto Scott, sarà nascosto dietro alla porta perché vuole farci uno dei suoi scherzi stupidi. Ricordati di fingerti spaventato quando griderà ‘bu’” avanzai per superare l’uscio ma impattai contro qualcosa…o qualcuno. Una risata cristallina anticipò la comparsa di Corey. “Buonasera ragazzi” disse divertito, abbracciandomi. “Ti hanno nominato come uscere questa sera?” domandai mentre ricambiavo il gesto d’affetto. “Assolutamente no, ma progettavo di farvi questo scherzo da quando ho saputo della cena” si limitò invece a scambiare una stretta di mano con Derek. Si fece da parte, annunciando al resto del branco il nostro ingresso. “Bro!” urlò dal fondo del corridoio Scott, investendomi con uno dei suoi soliti abbracci capaci di frantumarmi sempre qualche osso. “Ciao Scottino” ridacchiai felice: potevo benissimo immaginarlo mentre scodinzolava per via del mio arrivo. “Sono così felice di vedert-“ mi interruppi quando il mio interlocutore sparì dalle mie braccia. Mi voltai e lo vidi mentre si lanciava letteralmente addosso a Derek: se solo il lupo più anziano non lo avesse preso in braccio, Scott sarebbe finito a terra…chissà se la botta gli avrebbe raddrizzato la mascella. “Da quanto tempo, fratello” stringeva il mio coinquilino con una tale foga che sembrava non avesse aspettato altro per anni. Se l’odore che si sentiva non proveniva dalla cena, doveva essere sicuramente la fragranza di gelosia che stavo emettendo. D’accordo Scott era il mio migliore amico, d’accordo perfino per il fatto che fosse euforico per il ritorno di Derek ma solo io potevo invadere così tanto lo spazio vitale del lupo dagli occhi blu. “Ti sei fatto crescere la barba” constatò Derek, facendomi poggiare i piedi a terra. “Mi sto lentamente trasformando in una mini versione di te” sorrise il true alpha. “Si…bravi ragazzi davvero, sarà dura quest’anno scegliere chi tra voi due ingaggiare per recitare il ruolo di Giuseppe nel presepe vivente della città” la voce di Lydia anticipò il suo ingresso. Ero davvero felice di rivederla e, a quanto pare anche lei, dato che mi gettò le braccia al collo. “Ti vedo bene, Stiles. Sappi che ti ho tenuto sotto controllo con i miei poteri” eccolo qui il suo lato da aspirante madre. In realtà entrambi sapevamo a cosa si stesse riferendo: era stata una risorsa preziosissima per me quando ero confinato al capezzale di mio padre: i suoi sensi le permettevano di captare lo stato di salute dello sceriffo meglio dei medici. Mi ero giusto assentato per ordinare l’ennesimo caffè della giornata alle macchinette, quando le sue grida mi fecero sobbalzare e rovesciare la calda bevanda a terra. Non dimenticherò mai l’immagine che mi si presentò difronte: Lydia era riversa sul corpo esanime di mio padre, avendone avvertita l’imminente morte. Deglutii con estrema fatica il nodo che mi avvolgeva come una morsa la gola, ringraziandola. Fui sollevato dal sentire che non fossi l’unico geloso presente nella stanza: Derek aveva ringhiato sommessamente durante la mia conversazione con la ragazza dai capelli biondo fragola, ignorando il povero Scott che lo tempestava di domande. “Wow Der…non mi ricordavo quanto i tuoi incisivi assomigliassero a quelli di Sid, del cartone:’ Era glaciale’” scossi il capo divertito dalla scena. Ovviamente Derek non aveva la minima idea di cosa fosse un Sid, perciò mi lanciò uno sguardo disperato. “Derek è senza dubbio Diego, semmai sono io il bradipo del branco” mi intromisi nella loro conversazione, salvando il povero lupone confuso. “Oh si! E Liam è il nostro bambino” come se fosse stato effettivamente richiamato dal padre, il ragazzo fece la sua comparsa. “Ciao Stiles!” non era cambiato per nulla: quel ragazzo poteva invecchiare quanto voleva che avrebbe sempre mantenuto un volto da adolescente. “Perché ti hanno invitato? Questa è una serata da adulti. A mezzanotte tu devi andare a dormire” lo punzecchiai, facendogli sbuffare un sorriso. “Non mi sei affatto mancato, sai?” impossibile, ero troppo simpatico quando attaccavo con le mie battute da vecchio zio. Liam trascinò con sé per darci il benvenuto anche Theo…ci limitammo ad un cenno con il capo. “Solo una domanda” già mi preparavo a dover correre a casa a recuperare la mazza. “Chi di voi è l’attivo?” chiese passando lo sguardo tra me e Derek. “Scusa ma a te che importa? Nemmeno noi abbiamo deciso!” fortunatamente per noi, intervenne Liam che gli rifilò una sberla sul coppino. “Voi due state…” ero incredulo, anche se in un certo senso me lo aspettavo sarebbe finita così. “Già, lui è caduto in un buco…nel mio” grazie tante Theo: la galanteria ha appena abbandonato questa casa. Mason mi accolse raccontandomi di alcune ricerche che aveva condotto sulla città dove si era trasferito con Corey, era impressionante quanto ci assomigliassimo per via del nostro intuito. “Benvenuti ragazzi” Malia mi spezzò tre vertebre della schiena, prima di rivolgersi a Derek. “Cugino, non avrei immaginato di rivederti questa sera”. “Pensa, io immaginavo di non rivederti proprio” se prima potevo anche nutrirei dei dubbi, ora era certo: avrei utilizzato il nastro isolante che adoperavo per rattoppare i danni della jeep per tappagli quella dannata bocca. “Derek…” lo rimproverai quando tutti iniziarono una conversazione tra loro. “Che ho fatto?” ecco, bravo…sfodera quello sguardo da cucciolo innocente che ti conviene se vuoi salvarti la pelle. “Vedi di non fare il sourwolf, almeno per questa sera, oppure il tuo arazzo in salotto farà compagnia ad un tappeto di pelle di lupo” lui sbuffò sonoramente: era più infantile di me quando ci si metteva. “Se siete tutti d’accordo io direi di iniziare ad accomodarci. La cena è praticamente pronta” ci informò un Parrish in tenuta da cuoco, esilarante. Ci sedemmo ad un enorme tavolo di mogano, posto nel soggiorno. Io e Derek avevamo trovato posto l’uno accanto all’altro (non avevo certo dato una gomitata a Malia per potermi sedere vicino a lui, niente affatto), difronte a noi vi erano i padroni di casa, alla mia sinistra Mason e Corey, mentre alla destra di Derek vi era Scott ed il resto del branco. “Allora Derek, com’è stato tornare a Beacon Hills?” domandò Lydia, raggiante un po’ per via del suo sorriso e un po' a causa dello splendido abito che indossava. “Si Derek, raccontaci” lo pregò Scott: sul serio, che caspita ci faceva lui seduto accanto al mio Derek? Avremmo dovuto farlo accomodare ad un tavolo per bambini. “Calmo, ora vi racconto” rispose premuroso il lupo. “Non saprei nemmeno dove iniziare. Diciamo che la magia più potente di questo posto è quella di lasciarlo immutato nel corso del tempo. Temevo che una volta arrivo, avrei avuto difficoltà a trovare la strada per il centro, ma non è cambiato nulla. Perfino quella pompa di benzina abbandonata è identica a come l’avevo lasciata” Parrish annuì. “Stiles, so che non è il momento di discutere di lavoro ma dovremmo proprio pensare di fare un sopralluogo” Lydia intervenne risentita: “E’ una cena di famiglia, discuterete dopo di queste cose” ovviamente non osammo contraddirla. “E dove abiti?” Corey, non mi interessa se dovrò esporre un trofeo invisibile ma giuro che ti taglierò la lingua. “Ehm…Io abito a casa di Stiles, è una cosa provvisoria” disse Derek con non poco imbarazzo. “Avete già battezzato il divano?” si intromise Theo. “Non sono credenti” rispose al nostro posto Scott. “Sono abbastanza sicuro che per battezzare la casa devi chiamare il prete, davvero non lo sapevi?” Mason si schiaffò una mano in faccia: nessuno di noi si capacitava che fosse proprio lui il leggendario true alpha. “Come stai, Stiles? Ti piace il tuo lavoro da sbirro?” fu il turno di Liam. “Diciamo che il fatto di essere cresciuto in centrale mi ha aiutato parecchio e poi Parrish è sempre con me, non rischio di fare guai” ammisi riconoscente. “Anche se non è facile entrare nell’ufficio, ormai diventato mio, e non trovarci papà” avvertii una mano sulla mia gamba, una presa decisa che stava rilasciando qualche carezza: era Derek, ormai quel gesto era diventato abitudinario per noi. “Propongo un brindisi” acclamò il vicesceriffo. “A Noah” specificò guardandomi, mi commossi difronte a quel gesto. “A Noah” ripeterono in coro tutti gli altri, facendo tintinnare il bordo dei loro calici. “A papà” sussurrai, facendo appello al mio autocontrollo. In mezzo a quel frastuono l’unico che diede segno di avermi udito fu Derek: ora la sua grande mano si era spostata sulla mia, stringendola. Volendo essere sicuri che il nostro scambio di affetto non fosse recepito da occhi indiscreti, soprattutto occhi di una certa chimera, tenemmo le mani intrecciate sotto al tavolo. Sollevai lo sguardo per voltarmi verso il lupo che ce la stava mettendo tutta per montare la sua tipica maschera da indifferente. La cena proseguì tranquillamente: ognuno raccontò della propria carriera e dei piani per il futuro, fatta eccezione Malia che sbranò il suo brasato dimenticandosi di utilizzare le posate, civilmente. “Il motivo principale di questa cena era ovviamente per raccogliere nel branco Derek ma avrei un secondo annuncio da fare” prese parola Lydia. “Sono stufa degli sguardi che mi lanciate, si sto parlando con tutti voi licantropi…io sono incinta” per poco non sputai l’acqua che stavo sorseggiando. Inutile dire che l’euforia prese posto accanto a noi e la ragazza dai capelli biondo fragola, fu sommersa di abbracci e baci. “Caspita Parrish, prima il matrimonio, ora un bambino… ti sei sistemato” si complimentò Mason. Non seppi perché quell’affermazione provocò in me una sorta di dispiacere: il segugio infernale non era poi più anziano di me di qualche anno, eppure aveva già raggiunto tutti gli obbiettivi che solitamente ci si prefigge nella vita. Io cosa avevo? Un lavoro degno di nota certo ma non avevo nessuno al mio fianco, se solo Derek avesse potuto udire i miei pensieri… “Vi prometto che qualora dovesse succedervi qualcosa, mi prenderò cura del vostro bambino come se fosse mio” fece sapere Scott. I due coniugi si scambiarono uno sguardo allarmato: “Ti ringraziamo Scott, ma faremo in modo di restare in salute e lontano dai guai” Lydia fece ridere tutti. Lontano dai guai…era fin troppo un’utopia considerando che stavo nascondendo loro che un pericolo era alle porte. “Va tutto bene?” sussurrò al mio orecchio Derek. “Non ti preoccupare, è solo per quella cosa…che sappiamo solo noi due” risposi con lo stesso tono. “Stiles, hai fatto la morale a me quando tu sei il primo che non si sta godendo la serata” fu lui ora a sgridarmi in modo affettuoso. “Lo so è che non riesco a togliermi dalla testa ciò che ha detto Deaton” eravamo così vicini l’uno all’altro per mantenere intatto il nostro segreto, che non ci accorgemmo di quando quel gesto potesse essere fraintendibile. Infatti, non appena ci separammo, notammo come tutta a tavolata ci stesse fissando…Corey aveva perfino acceso la videocamera del telefono, ma siamo seri? Avrei fritto in padella quel camaleonte da due soldi. “Vi prego, prendetevi una camera” si massaggiò la fronte Theo, a disagio per noi. “Ci ha, fortunatamente, abbandonati Peter e già lo sostituisci?” lo interrogò Malia. “A proposito cugino, che fine ha fatto? E’ venuto a salutarmi mesi fa dicendo che sarebbe partito per spassarsela” Derek, che aveva ancora il volto nascosto accanto al mio, mormorò un’imprecazione. “E’ partito alla volta delle indie, dicendo che avesse bisogno di ritrovare sé stesso ma più che i templi, ha fatto visita a molte massaggiatrici” la mise al corrente, voltandosi. “Seguendo questa scia ormonale ore dovrebbe trovarsi a cuba. Ha imparato a ballare la salsa ed ha aperto un chioso sulla spiaggia. Serve unicamente ‘sex on the beach’ oltre a farlo”. “Caspita, ho sbagliato tutto nella vita. Quel tipo si che si gode la vita” commentò Liam. “Tu prova soltando a farti toccare da qualcuno che non sia io che facciamo i conti. Altro che giocare all’infermiera, mi trasformo in un dottore del terrore” lo mise in guarda Theo, poggiandosi allo schienale della seggiola. “Porto un piccolo segugio infernale nel mio ventre con un udito super sviluppato, non voglio che cresca ascoltando queste sciocchezze” Lydia si alzò. “Derek mi aiuteresti a tagliare la torta? Non riesco a raggiungere i patti per questa portata, sono sul ripiano più alto” ovviamente il licantropo acconsentì. Emisi un gemito di dispiacere quando le nostre mani sciolsero la presa che le teneva unite, per farsi perdonare Derek immerse il naso tra i miei capelli mentre si sollevava. “Allora fratello…” Scott si sedette accanto a me. “Ora che siamo solini soletti, rispondi a qualche nostra domanda” fece brillare le iridi di un rosso scarlatto. “Dove dorme Derek? Con te, non è vero?” mi sentivo tutti gli occhi puntati addosso. “B-beh, si. Lui sul divano letto e io sul mio materasso” risposi cercando di non lasciar trasparire troppi sentimenti. “E allora perché hai il suo odore impresso addosso?”. “Mh? Oh deve essere a causa del fatto che prima gli sono caduto addosso” questo dettaglio interessava anche a me, mi rendeva orgoglioso odorare come quel sourwolf. “No bro, non mi riferisco a quello. Ci sono parti di te che sanno di lui quando non dovrebbero…”. “Ma di che sai parlando?” Scott che mi metteva alle strette, questa era bella. “Intendo dire ehm…le tue parti intime” arrossii tanto da assumere lo stesso colore delle fiamme infernali. “Scott ma ti pare il caso di annusarmi le chiappe?!” per fortuna gli altri erano immersi in un altro discorso per prestare attenzione a noi due. “E’ una cosa da lupi! Non hai mai visto due cani incontrarsi per strada?” si giustificò. “Inizio a credere che qui quello che ha vissuto metà della sua vita come animale sia tu, non Malia” scappai da altri quesiti scomodi, rifugiandomi in cucina. “Oh Stiles, posso chiederti il favore di aiutare tu Derek? Mia madre ha appena chiamato e non vorrei riattaccare” ovviamente accettai senza pensarci due volte. Derek era di spalle, mentre allungava un braccio per afferrare i piatti posti sullo scaffale. Mi avvicinai a lui, cingendogli la vita ed appoggiando il capo sulla sua ampia schiena. “Scott, basta riempirmi la testa dei tuoi film Marvel. Non li conosco, ‘Iron Man’ per me potrebbe essere benissimo un ferro da stiro” ridacchiai aumentando la presa. “Sei tu” disse riconoscendomi dal tono di voce. “Ne sei dispiaciuto?” scorre il capo in modo negativo. “Non riesco a raggiungere gli ultimi tre piatti, aiutami” senza darmi modo di accettare verbalmente, mi prese in braccio. Se avessi potuto non avrei mai voluto scendere. “Li vedi?” mi domandò senza il minimo di fatica dovuta a quella posizione. “Si” mi allungai ulteriormente per porgerglieli. “D’accordo, fammi scendere” feci scalciare leggermente le gambe per dargli il segnale. “E se non mi andasse?” rimarcò il concetto con le sopracciglia. “Ehi! Dai sourwolf non prenderti gioco di me” lo misi in guardia, ticchettando con l’indice il centro della sua ampia fronte. “Smettila di essere triste e torna ad essere il solito umano logorroico che eri o ti lascio sopra al frigorifero” non potei fare a meno di poggiare le mani sulle sue spalle, sollevato: quello era il suo personale modo di dirmi che a me ci teneva. “Non sei corretto, fai le preferenze tra i vari membri del branco. Scott lo hai tenuto in braccio, io ti offro in tetto dove dormire e tu mi tratti così” il roteò lo sguardo. “Scott ha lo stesso quoziente dei ragazzini a cui insegno” ridemmo assieme. Il nostro momento fu interrotto da un rumore improvviso e da alcuni sussurri. “Cavolo Mason, devi essere per forza così sbadato?”. “Non è colpa mia” non appena il ragazzo lasciò la mano del fidanzato chimera, Mason e Corey apparirono nella cucina. Derek ringhiò in modo possessivo, stringendomi maggiormente a sé. “N-non volevamo ficcare il naso nei vostri affari, lo giuriamo! Theo ci ha pagato per venire a spiarvi!” tentarono di giustificarsi. Se fosse stato per il licantropo li avrebbe sbranati sul posto ma tentai di essere diplomatico. “Per farvi perdonare ci aiuterete a portare le fette di torta in soggiorno” Derek mi rimise a terra ed iniziammo a suddividere le porzioni. Scott aveva insistito per un sano torneo di videogiochi ed ovviamente nessuno di noi si era tirato indietro. Casa Martin non era esattamente ben fornita di materiale videoludico, quindi ci accontentammo di una partita a Mario Kart. Theo era vinto alcune partite solamente grazie alle banane che gettava a terra, Malia perché tamponava chiunque e Lydia perché beh… era Lydia Martin. “Dai fratello, gioca anche tu!” Scott aveva coinvolto Derek con la forza. “Questo fatto che il morso ci ha resi fratelli si sta rivelando contro producente” sbuffò il lupo più anziano, ma il più giovane non demorse. Si avvolse una coperta sulle spalle a modi mantello, curvando la schiena per assumere un’aria ancora più tetra. “Derek tu dimentichi che il morso è…un dono!” disse con tono teatrale da far ridere tutti i presenti, escluso il lupo in questione. “Dammi qua e facciamola finita” si lamentò afferrando il joystic. Tutti i personaggi vennero rapidamente selezionati, tanto che l’unica scelta di Derek fu di optare per un corridore decisamente poco adatto alle sue corde: la principessa Pitch. “Siete un branco di stronzi” li bacchettò: io mi limitai a fare da spettatore. Devo ammettere che fu dura non ridere difronte a quel lupone tutto muscoli e ringhi che si destreggiava con una principessa adorabilmente vestita di rosa confetto. “Ridete pure, intanto lei è l’unica che possiede una corona. Sa che sono io che comando qui” provò ad auto convincersi Derek, ma nessuno gli diede corda. Senza alcun pronostico il ragazzone riuscì a posizionarsi nei primi posti della classifica. “Guardate! A Stiles sono caduti i pantaloni!” gridò Lydia, riuscendo a distrarre Derek, vincendo, ed a farmi sprofondare tra i cuscini del divano. Ci fu una risata generale, prima che ci rendessimo conto delle ore che erano fatte. Aiutammo i padroni di casa a riordinare e mano a mano gli ospiti lasciarono la villa. “Ci si vede domani mattina in centrale, capo” mi salutò con un cenno del capo, Parrish. “Già, vedi di rimetterti in forze ora che puoi, poi dovrai badare ad bebè che strilla con la stessa potenza di una banshee” si portò istintivamente le mani a coprire le orecchie. “Passo a prenderti io se ti va” Derek comparse alle mie spalle. “No. Lo accompagno io.” Disse impassibile. “Non è un problema per me, tanto devo comunque andare in centr-“. “Ho.Detto.Che.Lo.Accompagno.Io” scandì questa volta il licantropo, trascinandomi verso l’auto. Una volta accomodati sui sedili, gli rivolsi uno sguardo divertito. “Cosa c’è? Non sono stato scortese, è lui che ha fatto l’insistente” risi, stampandogli un bacio sulla guancia coperta di barba. “Andiamo a casa sourwolf” e mise in moto.

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Capitolo 10
*** Brioche ***


Attenzione : il capitolo contiene scene un pochino piccanti ma sempre dolciose. Godetevi il racconto, un bacione) "Pronto?" ero così occupato nel decifrare alcune documentazioni che non mi presi nemmeno la briga di leggere il nome del mio interlocutore: avevo semplicemente premuto la cornetta verde sul display affinché quella fastidiosa vibrazione cessasse ed io potessi tornare ad occuparmi dei miei pensieri. "..." "Con chi sto parlando? Se si tratta di uno stupido scherzo telefonico mi dispiace per te, questo è il numero dello sceriffo" rimproverai colui o colei che era al di là della linea: certi momenti pareva che non avessi nemmeno il tempo di respirare, figuriamoci se potevo permettermi di sprecare il mio tempo assecondando un ragazzino attaccabrighe. "Stiles, sono io" quella voce, la stessa con cui mi ero abituato a convivere da parecchio tempo. "Derek! Perdonami, non mi ero reso conto fossi tu. Dimmi, ti serve qualcosa?" cambiai immediatamente tono, ora era morbido e accomodante perché avevo capito che se avessi voluto estorcere qualche informazione dal licantropo, questo era l'unica via. "In realtà ho chiamato per sapere se questa sera farai tardi" sorrisi come un ebete e un'ondata di calore mi invase il petto. Dalla fatidica cena a casa Martin era trascorso parecchio temo e la nostra convivenza andava a gonfie vele, nessuno di noi avrebbe mai auspicato che fosse possibile un risultato tanto positivo. Oltre ad essere cresciuta la confidenza, era anche incrementata la voglia e la necessità di trascorrere del tempo assieme. La jeep era stata finalmente riparata, con dispiacere di Derek che oramai si era abituato a darmi strappi per la città, ma questo non ci impediva di fare colazione nel nostro bar preferito. Già perché io e Derek avevamo perfino un bar preferito. Ad essere onesto prima del suo arrivo non ci avevo mai messo piede, nonostante fossi residente a Beacon Hills dalla nascita, e di fatti compresi che a rendere speciale quel luogo non erano le brioche ripiene di marmellata...ma bensì Derek. Era lui che mi faceva sorridere al mattino quando la schiuma del suo cappuccino gli inzaccherava la barba, era sempre lui che per vendetta mi stampava un bacio sulla fronte per macchiarmi; si perché oltre ad una serie innumerevole di vizi, come l'ordinare tassativamente la pizza il sabato sera, ora ci scambiavamo anche dei piccoli e fugaci baci. Inaugurai io questa tradizione la sera della cena con il resto del branco e da allora ne seguirono molti altri. La novità più assoluta, soprattutto più apprezzata dal sottoscritto, consisteva nel fatto che la notte non avrei più sofferto di freddo: dormire abbracciati era vantaggioso sotto numerosi punti di vista. Tutto era iniziato una sera quando, preso dalle indagini, non mi ero reso conto di essere incappato nel divano-letto utilizzato dal licantropo, inzuppandolo completamente di birra. Il problema si era risolto con un rapido lavaggio in lavatrice delle coperte, ma Derek sosteneva che il suo fiuto lupesco continuasse ad essere sollecitato da vampate di odore alcolico. Non discutemmo nemmeno sul da farsi: da quella notte iniziammo a condividere un unico lenzuolo. Prima di conoscere Derek e di constatare che il mio migliore amico fosse stato morso da un licantropo, avevo letto numerosi bestiari per assecondare la mia sete di curiosità, non sorprendendomi affatto di riscontrare un ritratto di quelle creature mitologiche estremamente violento e crudele. Gli autori di quei tesi probabilmente avrebbero volentieri gettato le loro ricerche dalla finestra se solo avessero conosciuto Derek Hale. Contro ogni pronostico, nonostante la nomea che lo anticipava, il licantropo era decisamente un gran coccolone. Inutile dire che Derek detestava quando lo definivo con quell'adorabile vezzeggiativo, continuando a negare quanto amasse essere accarezzato e vezzeggiato fino ad addormentarsi. Avevamo raggiunto un grado di complicità unico ma che ad entrambi piaceva riservare solamente a momenti d'intimità, se così si poteva chiamare dato che formalmente eravamo solo una coppia di amici molto affiatati. La mattina precedente Derek non aveva lezione al liceo ed io non dovevo prestare servizio, così cogliemmo l'occasione per una sana maratona di Star Wars. Obbligai il lupo a non sbattere troppe volte le palpebre per non perdersi nemmeno un istante di quel capolavoro ma gli concessi di poggiare il capo sulla mia spalla. Quel momento idilliaco venne interrotto dal suono del campanello dovuto al corriere: finalmente era arrivata la fantomatica maniglia vintage di cui tanto si vantava. Diciamo che Derek non apprezzò affatto quell'intrusione e nemmeno lo stesso postino, che fuggì non appena la porta venne aperta da un ragazzone con gli occhi di un blu cangiante. Come un bravo cagnolino mi aveva recapitato il pacchetto, pregandomi di rimettere in azione il film e sollevando la mia mano affinché ritornasse al suo legittimo posto: tra i suoi capelli. La mia vita stava finalmente avendo una svolta positiva ma tanti aspetti erano ancora irrisolti e come si sa, sono proprio le cose negative a soppesare più di quelle che ti rendono sereno. Deaton ci stava impiegando parecchio tempo con quel campione, dovendo contattare una commissione di druidi per confrontarsi sul verdetto, conducevo una estenuante ricerca su una possibile ubicazione di Taranee Monroe e la porta sul fondo del corridoio, quella dei miei genitori, rimaneva costantemente chiusa. Tentavo di godermi a pieno ogni secondo della mia vita con Derek, consapevole che, per quanto fosse una fiaba, non avrei mai avuto il mio lieto fine. Se ne sarebbe andato, avrebbe condotto una brillante carriera da insegnante e probabilmente si sarebbe innamorato di qualche docente...infondo era già accaduto. 'Non piangere perché è finita, sorridi perché è accaduto' fu la frase che trovai in un sorprendentemente azzeccato biscotto della fortuna che mi rifiutai di mangiare. Derek non mi mostrò il suo bigliettino, sostenendo che non credesse in questo genere di superstizioni ma lo vidi comunque infilarselo nella tasca dei pantaloni. Tornando a noi, strinsi con più enfasi il cellulare nel palmo della mia mano, come se così facendo potessi materializzarmi a casa con lui. "Il mio turno finisce verso le tre, Der. Non preoccuparti, cerca di riposare. Sono seduto alla scrivania a leggere alcuni rapporti" gli raccontai. "E' solo che..." sospirò. "Solo che cosa?" perché avevo la sensazione che stesse per dire qualcosa che o mi avrebbe spezzato il cuore o me lo avrebbe fatto sciogliere?. "E' solo che non riesco a dormire senza averti qui. Io...c-cioè il mio lupo, si è abituato al tuo profumo e ora è teso" strinsi gli occhi tentando di non farmi prendere in contropiede da una lacrima di commozione. "Di al mio lupo che anche lui mi manca molto" riposi: la stanchezza della giornata sembrava solo un brutto ricordo. "Perché mi sento il terzo incomodo?" lo sentii ridacchiare. "Perché è così, voglio molto più bene a lui che a te" risposi facendogli il verso. "Me ne ricorderò quando domani notte infilerai i tuoi dannatissimi piedi congelati tra i miei" lo immaginai sdraiato sul letto a fissare il soffitto. Come due perfetti bambini, quali eravamo, avevamo comprato delle stelline fluorescenti. Adoravo troppo punzecchiare Derek, chiedendogli perché non sentisse il bisogno di ululare a una luna di plastica. "Puoi prendere una delle mie giacche dall'armadio, so che i tuoi muscoli non ci sanno lì dentro ma puoi sempre annusarla" mi sembrava una buona idea, dopotutto. "D'accordo...grazie" mormorò. "C'è dell'altro non è vero?" avevo imparato a conoscerlo meglio di me stesso. "Mi man...mi manch...oh lascia perdere. Buon lavoro" riattaccò. Valli a capire i licantropi, o meglio, tentare di capire Derek Hale era come tentare di leggere una ricetta scritta dalla calligrafia di un medico. Decisi di rimettermi al lavoro: avevo rintracciato la ragazza in questione ed ora stavo elaborando un mandato per recarmi presso la sua abitazione ed effettuare una ispezione. Piombare nella sua abitazione senza alcuna motivazione era fuori discussione, perciò su suggerimento di Parrish, avevamo eletto come pretesto plausibile un controllo delle fondamenta: la casa della ragazza era situata nella periferia della città accanto ad una zona lagunare, perciò mi parve un'idea plausibile. "Capo, mi dispiace interrompere il suo lavoro ma temo che ci sia un problema nel parcheggio della centrale" Thomas entrò nel mio ufficio di colpo, facendomi sobbalzare. Afferrai pistola e fondina e corsi ad assistere al problema ma ritrassi immediatamente l'arma quando, tra le auto, scorsi un enorme lupo nero...'Derek mi dovrai un bel po' di spiegazioni' imprecai mentalmente. "D'accordo signori, non c'è bisogno di farsi prendere dal panico. Potete tornare alle vostre scrivanie, mi occuperò personalmente dell'intruso" dovetti essere particolarmente persuasivo poiché alcuni cadetti, fin troppo dediti al loro lavoro, insistettero per rimanere al mio fianco. 'Potrebbe morderla' sostenevano impauriti, al massimo quello che moriva dalla voglia di mordere la forma umana di quel lupo ero io, ma questa era una faccenda decisamente personale. "Derek, ti avevo detto di aspettarmi a casa" lo sgridai mettendoci tutto il mio impegno: come avrei potuto essere severo con lui se non faceva altro che scodinzolare e leccarmi. La notte fu a nostro vantaggio, il parcheggio era praticamente deserto, così potei concedermi di abbracciarlo e di impegnare per bene il mio odore sul suo pelo. "Non c'è verso che tu ora fai il bravo e torni a letto, non è vero?" i suoi occhioni furono sufficientemente eloquenti. Oramai era già giunta l'una e mezza e non sembravano esserci pericoli all'orizzonte, quindi mi concessi uno strappo alla regola e rincasai timbrando prima del minuto prestabilito il cartellino. Una volta riacquisite le sue fattezze umane, Derek provò a giustificarsi ammettendo di aver totalmente perso il controllo ma non si lamentò affatto di avermi nuovamente tra le sue braccia. Fu quando ricevetti il mio consueto bacio sulla fronte come augurio della buonanotte che capii quanto non potessi più fare a meno di lui, provavo dolore da tanto lo amavo e con una certa malinconia, chiusi gli occhi. La mattina venne, come sempre, troppo rapidamente. Me ne stavo comodo sotto le coperte, mentre il licantropo era uscito ad ordinare la colazione. Ogni singola cellula del mio corpo mi imponeva di rimanere disteso, avvolto nel calore che Derek aveva rilasciato sulle lenzuola. Scivolai nella sua parte di letto, sorridendo come un ebete quando affondai il volto nel cuscino dove, fino a pochi minuti prima, era poggiato il suo capo. Fu un richiamo primordiale a costringermi ad uscire da quel caldo abbraccio: la mia vescica non poteva attendere oltre. Tentai di rendermi il più presentabile possibile difronte alla specchiera del bagno, prima di tornare nella stanza da letto: se Derek si era preso la briga di uscire a prendere la colazione, potevamo benissimo concederci di consumarla a letto, come dovrebbe essere legge la domenica mattina. Stavo canticchiando euforico vista la mattinata particolarmente promettente, quando il mio sguardo cadde sulla scrivania. Erano giorni che non la rassettavo, anche perché per le indagini preferivo ricorrere alla mia fidata lavagna, perciò non mi diede alcun fastidio che Derek la utilizzasse per poggiarvi i suoi documenti. Vi erano compiti in classe corretti ed altri ancora da visionare, delle circolari circa dei colloqui casa-scuola e degli annunci immobiliari. Il mio cuore perse un battito: iniziai a leggere le varie ricerche condotte dal licantropo sulla sua futura abitazione ideale e morsi un labbro fino a farlo sanguinare quando lessi quanto fossero distanti da Beacon Hills. Cinquanta, venti, quindici minuti di distanza di avrebbero separati...come avrei potuto sopportare la lontananza da lui, quando mi sentivo impazzire già durante un semplice turno alla centrale? Poi, disgraziatamente, la vidi: la villa che Derek aveva prescelto come futura dimora. Aveva contrassegnato l'immobile in questione con del pennarello rosso, la cosa doveva essere decisa poiché accanto ai vari annunci vi era il numero telefonico di un agente. Stavo per perdere Derek per sempre e non avrei potuto fare alcunché per fermarlo. Che scusa mi sarei dovuto inventare? Che senza di lui non riuscivo a sintonizzare i canali della televisione, o avrei dovuto essere sincero ed ammettere che mi sarebbe mancato il respiro se non lo avessi avuto con me per sempre?. Avevo perso mia madre, mio padre ed ora perfino l'uomo che amavo. Non potei fare altro che scoppiare a piangere, singhiozzando con così tanta enfasi, da scuotere perfino le mie ossa. Colto da un raptus stracciai quella catasta di annunci, dovevo sbarazzarmene così che Derek avrebbe iniziato da capo la sua ricerca ed io avrei guadagnato tempo. Non mi preoccupavo nemmeno di asciugarmi le lacrime: ero furioso con me stesso per essere così fragile e stupido da essermi illuso che il licantropo potesse desiderarmi un briciolo di quanto io lo bramassi. D'un tratto sentii il rompo della Camaro preannunciare il suo ritorno, gettai i coriandoli che avevo prodotto nel cestino nascondendoli con altre cartacce, rigettandomi nel letto. Mi imposi di non voltarmi nemmeno quando fece il suo ingresso nella stanza, reggendo un caffè caldo ed una brioche che, in quel momento, il mio stomaco avrebbe preferito non assaggiare se non volevo rimetterli l'istante seguente. "Ehi dormiglione" rise Derek, sedendosi sul bordo del letto. Mi ostinai a dargli le spalle. "Stiles, che succede? Sembrava che andasse tutto a meraviglia quando sono uscito. Perché la stanza puzza così tanto di tristezza?" mise una mano sulla mia spalla, chiedendomi gentilmente di voltarmi. "Lasciami" risposi duro, rannicchiandomi maggiormente su me stesso. "No, voglio che tu mi parli e mi spieghi la situazione" negai con un gesto del capo, tirando le coperte in modo da essere completamente nascosto. "Stiles non capisco se tu stia scherzando o meno. E' per via di tuo padre? Lasciami solo controllare se stai bene fisicamente...E' successo qualcosa alla centrale? Diamine Stiles, esci da queste coperte" ringhiò strattonandole con forza. Il suo volto cercò il mio ma questa volta non accadde quella magia che ci avvolgeva ogni volta che ciò accadeva, ogni volta che il suo sguardo silvestre si tuffava nei miei occhi castani. Niente farfalle nello stomaco, niente battito accelerato, solo...dolore. "Vieni qui" tese le braccia per potermi stringere a sé, ma lo rifiutai. "Non è niente Derek. Non sono molto in forma oggi, lascia perdere" ogni parola malamente scandita dal labbro inferiore che tremava come fossi entrato in uno stato ipotermico. Il licantropo era visibilmente stordito dal turbinio di odori, apparentemente nauseabondi, che stavo emettendo. Si aggirava per la stanza nella disperata ricerca di un indizio che potesse spiegare il mio malumore e lo trovò fin troppo facilmente: nel cestino. "Che cosa significa tutto questo?" sollevò uno dei brandelli di carta che evidentemente non ero stato poi così tanto abile a nascondere. "Stiles, perché hai gettato quegli annunci? E' stato un incidente?" si avvicinò nuovamente al letto. Feci un segno negativo con il capo, la bocca incapace di parlare. "Se non è stato un incidente perché lo hai fatto? Non è il caso di starci così male comunque, posso sempre-". "Io ti amo!" urlai senza lasciargli il tempo di terminare il suo discorso. Come se fosse stato nuovamente colto dall'anuk-ite, si pietrificò. "Ti amo da morire Derek Hale e non posso concepire di perderti ancora una volta!" sbraitai: oramai avevo svuotato il sacco...tanto valeva che si arrabbiasse con me dopo aver scoperto la verità. "Mi sento fisicamente male durante quelle poche ore che ci separano quando siamo entrambi al lavoro, non posso pensare di averti chilometri da me. Di vederti costruire una vita in cui io non sia coinvolto. Sono un dannato egoista ma non posso sopportare di vederti innamorato di qualcuno che non sia io, di venire al tuo matrimonio e vederti allontanare da me ogni cazzo di giorno che passa!" ormai, preso dall'ira, mi ero avvicinato a lui e gli stavo prendendo letteralmente a pugni il petto. "Non mi sono lasciato morire solamente perché sei arrivato tu quel giorno al cimitero. Perché ci sei sempre stato tu al mio fianco e ti amo da quando ancora ero troppo confuso per ammetterlo" lo guardai in volto: era pari ad una statua di gesso. "Odiami pure Derek, urlami in faccia come sto facendo io ma ti prego...di qualcosa" singhiozzai disperato. "Sei un idiota" sollevai lo sguardo per incontrare il suo, altrettanto commosso. "Me lo ripeti da anni sourwolf" non rispose. Non rispose semplicemente perché le sue labbra si erano delicatamente poggiate sulle mie, in una tacita richiesta di concedergli del tempo per spiegarmi la sua visione dei fatti. Incorniciò il mio volto con le sue possenti mani: mani da guerriero che però mi stavano concedendo una delicatezza a dir poco sovrumana. "Sei un idiota semplicemente perché non hai compreso che anche io ricambio il sentimento che provi per me" sussultai. "Come hai fatto a non capirlo?" baciò ripetutamente il profilo della mia mascella, sorridendo tra le lacrime. "Ho impiegato anni a capire che tu eri l'uomo che desideravo al mio fianco per il resto della mia vita. Il mio lupo ti ha scelto come compagno dal primo momento che ti ho visto, quando avevi ancora i capelli rasati e cercavi quello stupido inalatore di Scott" raccontò e più parlava, più lo stringevo a me. "Perché non me lo hai mai detto?" domandai confuso. "Perché mi trattavi così male?". "Non è stato semplice per me starti accanto mentre tu desideravi Malia e Lydia. Mi sentivo letteralmente ammattire. Odiavo il fatto che la prima fosse mia cugina e che la seconda di ignorasse, spezzandoti il cuore" era possibile per un essere umano provare così tanto amore? Perché ero certo che il mio cuore sarebbe collassato da un momento all'altro. "Ho provato ad odiarti con il risultato di amarti ancora di più. Mi sentivo tremendamente sbagliato. Peter mi metteva pressione dicendo che oramai il legame tra di noi era avvenuto ma io non avevo idea di come spezzarlo o per lo meno allentarlo. Ho provato a distrarmi frequentando delle donne, ma non era quello che desideravo...mi sentivo sporco quando anche solo mi sfioravano". Gli accarezzai le guance, scacciando le lacrime dal suo bel volto. "Questo come ti fa sentire?" sussurrai. "Come se potessi morire dalla gioia" sospirammo all'unisono un sorriso che sapeva di amore incondizionato. "Derek...io non so cosa dire. Ero solo un ragazzino insicuro che non aveva ancora fatto i conti con la sua sessualità e imputavo ai miei ormoni impazziti il fatto di volerti costantemente stare attorno" lui riprese a baciarmi i nei. "Ho provato in ogni modo a marchiarti con il mio odore. La prima notte abbiamo dormito abbracciati, anche se non lo ricordi, perché il mio lupo desiderava solamente riunirsi al compagno. Non sono stato sbadato, gli accappatoi non li ho confusi non intenzionalmente e...oh mio dio Stiles" depositò un bacio dietro al mio orecchio. "Non hai idea di quante volte io abbia sognato questo momento" mormorò con voce roca. "Derek...fa l'amore con me" avevo bisogno di sentire che tutto questo fosse reale, che non avrei sollevato le palpebre ritrovandomi improvvisamente nel dormitorio delle reclute dell'F.B.I. "Non voglio metterti fretta, per me possiamo anche rimanere così per tutto il giorno" si ritrasse solamente per essere certo delle mie intenzioni. "Sono sicuro Der, voglio che tu sia il primo uomo a cui mi concedo e l'ultimo" mi misi sulle punte solo per sussurrargli un: "marchiami" che lo fece letteralmente andare fuori di testa. Mi sollevò per le anche, adagiandomi tra le coperte già sfatte, baciandomi ogni lembo di pelle scoperta. "Dio Stiles, i tuoi nei" biascicò mentre li vezzeggiava uno ad uno, lasciando a volte qualche morso per rimarcare il concetto che oramai fossi solamente suo. Sempre con estrema delicatezza mi invitò a sollevarmi per potermi sfilare la maglia, riprendendo l'istante successivo a leccarmi un capezzolo, iniziando a farmi gemere. Arpionai le dita tra i suoi capelli mentre torturava l'altro, sentendomi sempre di più verso il limite. "Sono riuscito a zittirti una buona volta", sfilandomi i pantaloni con un gesto fluido. "E' questo quello che intendevo quando dicevo di preferire il tuo lupo a te" risposi con gli occhi lucidi di eccitazione: era arrivando il mio turno di ricambiare. Salii a cavalcioni sulle sue gambe e finalmente mi concessi del tempo per apprezzare il fisico marmoreo del mio ragazzo: passai la lingua sui suoi addominali scolpiti, baciai fino a farmi formicolare le labbra i suoi pettorali e costellai il suo collo di succhiotti. Derek, dal canto suo, aveva iniziato a sfregare i nostri bacini ed ormai la quiete della nostra stanza era stata occupata da ansimi ed incitazioni colorite. "Qualcuno qui è leggermente possessivo" Dio, la roca risata che fuoriuscì dal ghigno del licantropo ebbe quasi la capacità di farmi venire nei boxer. "Sei solo mio Dere Hale, ricordatelo" lo minacciai, per nulla intenzionato a separarmi dalla sua pelle. Emisi un gridolino davvero poco maschile quando ribaltò le nostre posizioni, ritrovandomi sotto al suo peso. "Sono solo tuo" confermò gettando di slancio i suoi jeans chissà dove ed iniziando una lenta discesa verso il mio ventre. "Tuo" mormorava in seguito ad ogni bacio che lasciava sul mio petto, fino a giungere all'elastico dei boxer. "Sei stupendo" aveva detto prima di sfilarmeli solamente con l'utilizzo dei denti. Un briciolo di lucidità pervenne ai miei neuroni, permettendomi di comprendere a grandi linee la situazione dove ero finito e fui colto dall'imbarazzo: il corpo di Derek era l'incarnazione dei canoni della perfezione mentre io non ero altro che settanta chili di sarcasmo ed ossa fragili...ero davvero degno di essere amato da lui?. Istintivamente richiusi le gambe e portai le braccia al petto, in un tentativo quasi disperato di occultare la vista del mio corpo all'altro. "Che cosa succede? Non te la senti di farlo?" mi domandò con dolcezza Derek, scossi il capo. "I-io voglio farlo Der, davvero è solo che...non penso di essere alla tua altezza. Hai molta più esperienza di me e poi guardarmi, a momenti il mio petto è grande quanto un tuo pettorale" lui mi sorrise con solo amore nei suoi lineamenti. "Stiles, io vedo semplicemente il ragazzo che amo e con cui intendo unirmi. Non mi importa che non hai un fisico particolarmente allenato, quello che mi sta davvero a cuore è quello che c'è sotto. Senza contare il numero di volte che ho quasi fatto un incidente con la Camaro per guardarti il sedere mentre attraversavi la strada" ridemmo assieme. Ormai lo avevo capito: in quel letto non avrei solo perso la mia verginità ma l'avrei concessa a Derek tra una risata e l'altra, con il cuore leggero come non me lo sentivo da anni. "Ehm, amore mio...è possibile trovare del preservativo in questa casa?" chiese e questa volta fu lui ad essere leggermente a disagio. "Nel secondo cassetto del comodino" mormorai troppo occupato ad accarezzare lentamente la sua erezione per poter comprendere la lingua che stava parlando. Fortunatamente i preservativi non furono un problema poiché ne portava sempre una piccola scorta nel portafoglio. Il vero problema fu vederlo gironzolare nudo per la stanza, alla disperata ricerca dei pantaloni. "Penso che non dimenticherò mai la nostra prima volta" ridacchiai baciandolo con passione quando tornò a distendersi sopra di me. "Volevo essere il più romantico possibile e guarda com'è finita" si rimproverò. "Der sta andando tutto alla perfezione, mi fido di te e so che andrà tutto bene...quello che è successo beh, siamo compagni no? Ti ho trasmesso un po' della mia goffaggine" ora ero divenuto io quello sicuro della coppia e questa cosa mi conferiva un'estrema pace interiore: non c'erano ruoli di predominanza, semplicemente vi eravamo noi due con i nostri punti di forza e le nostre insicurezze. Derek mi preparò con estrema delicatezza, attendendo che fossi io a dargli il segnale su quando fossi stato effettivamente pronto. "Penso di averti graffiato perfino il tatuaggio" sorrisi in estasi, attendendo di sentirlo dentro di me. "Non che mi dispiaccia, pronto?" annuii tornando a sostenermi grazie alle sue poderose spalle. Sentirlo dentro di me fu una sensazione di puro benessere: finalmente eravamo riuniti in una sola entità. "No Der..." notai le vene del suo braccio tingersi di nero pece: mi stava sottraendo il dolore. "Non voglio che tu soffra a causa mia" si giustificò. "Lascia che io possa sentire ogni emozione che hai da regalarmi, per favore. Sono certo che sarai così bravo da farmi dimenticare ogni cosa" quella fu la goccia che fece traboccare il vaso: Derek iniziò a spingersi dentro di me, inizialmente in modo delicato, poi prendendo a martellare contro la mia prostata. Venimmo nello stesso momento, urlando il nome dell'altro e fu come essere in paradiso. Derek si distese sul materasso, facendomi sdraiare sul suo petto mentre riprendevamo fiato. "Dormi lupone?" domandai in un sussurro, baciandogli a stampo una guancia. "Sono fortemente tentato: sai, questa mattinata è stata particolarmente intensa" sorrise in modo furbesco. "Ah si? E perché mai?" stetti al suo gioco. "Beh perché ho detto che al ragazzo che amo di essere il suo compagno per la vita e di smetterla di farsi paranoie inutili quando anche io lo amo" mi accoccolai maggiormente a lui, tracciando con un dito il contorno del suo viso. "Ti amo Derek Hale". "Ti amo che io Mic...Michelaw...oh andiamo: ti amo anche io Stiles" risi divertito, ci sarebbe stato anche il tempo per qualche basilare lezione di polacco. "Ora che abbiamo chiarito ogni cosa, voglio che tu sappia che sarei pronto a trasferirmi qui con te per sempre. Quegli annunci li stavo considerando perché non avevo idea del fatto che tu mi contraccambiavi" specificò facendomi i grattini tra i capelli. "Voglio vivere con te Der, ma non in questa casa. Abbiamo bisogno di un posto dove vivere in pace con noi stessi, un luogo che non ci ricordi brutte esperienze. Detto questo, non vorrei abbandonare per sempre questo posto" mi stampò un bacio in fronte. "Possiamo sempre considerare questa casa come una tenuta per le vacanze" annuii concorde con il suo piano. "La colazione!" esclamai facendolo sussultare. "Non ho ancora mangiato" mi alzai recuperando i sacchetti che il licantropo aveva ritirato al bar. "Come fai ad essere così iperattivo dopo aver fatto l'amore?" mi domandò, ancora sdraiato e sfratto nel letto. Gli risposi ficcandogli in bocca una brioche. "Sono euforico grazie a te" ci scambiammo un bacio a stampo, non mi sarei mai stancato del sapore delle sue labbra. "Anche io sono felice Stiles...dopo anni sono tornato ad essere felice, per merito tuo" ed io fui gelatina

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Capitolo 11
*** Lost ***


Conoscete quella sensazione di euforia che si prova ogni volta che si abbandona una sala cinematografica dopo aver visto il film più romantico della vostra vita?. Quella sensazione di formicolio all’altezza dello stomaco che sembra sussurrarvi che il mondo è nelle vostre mani e che potrete realizzare qualsiasi cosa vuoi desideriate, se solo offrite un pizzico del vostro impegno alla causa?. Spero con tutto il cuore che la vostra affermazione sia positiva poiché solamente in questo modo avrete la possibilità di comprendere lo sfarfallio che si generava nel mio corpo ogni volta che Derek dimostrava quel lato dolce e premuroso che un po’ tutto il branco, infondo, sospettava avesse. I muri che ci separavano erano stati abbattuti ed ora non rimaneva che recuperare il tempo sprecato a coltivare inutili paranoie ed ansie. Sebbene fossi ancora leggermente addormentato, questo non mi impedì di sospirare come la più classica delle ragazzine, osservando Derek alle prese con i fornelli. Aveva insistito così tanto per occuparsi del pranzo che non me l’ero davvero sentita di discutere, soprattutto la favolosa domenica trascorsa assieme. Purtroppo, come accade anche per le favole più belle, quella giornata era giunta al termine ed il lunedì aveva fatto il suo ingresso nella settimana in modo strepitoso. Avrei iniziato ad odiare sempre meno questa giornata se avessi avuto l’occasione di essere costantemente viziato da quel mannaro del mio fidanzato. Avevamo trascorso entrambi la notte senza chiudere occhio, un po’ per via della contentezza generale dell’esserci finalmente riconosciuti come coppia e in parte a causa del fatto che avremmo finalmente conosciuto di persona la nostra rivale. La presunta ispezione presso la sua abitazione si sarebbe tenuta questo pomeriggio, in una fascia oraria durante la quale saremmo stati certi di trovarla a casa. Parrish aveva perfino messo a punto una sorta di copione da recitare per renderci più credibili: il costruttore degli immobili della zona lagunare avrebbe dichiarato di non aver utilizzato materiali idonei a quella tipologia di terreno, perciò un sopralluogo avrebbe certificato o meno la stabilità delle fondamenta. “Ecco qui, spero sia buono. Sono parecchio arrugginito in cucina” Derek poggiò sul tavolo due porzioni di spaghetti, ancora fumanti. “Sono certo che saranno sicuramente più commestibili del cibo che ci veniva servito in mensa all’F.B.I.. Assieme ad altri ragazzi di criminologia eravamo tentati di far partire un’indagine nei confronti della cuoca della mensa: non era umanamente possibile cucinare così male!” il lupo rise a causa dell’enfasi con cui stavo raccontando la vicenda, ammetto di avere leggermente amplificato il problema ma ne era valsa la pena se questo avrebbe procurato il buon umore di Derek. “Ti ricordi la cuoca della mensa del liceo?” nonostante avessimo frequentato la Beacon Hills High Scholl con parecchi anni di differenza, certe cose non cambiavano mai. Il corpo docenti era pressoché lo stesso, come le condizioni igieniche precarie delle cucine e gli armadietti ormai arrugginiti. “Intendi la signora Frye? Da giovane era simpatica. Finiti gli allenamenti di basket mi offriva sempre dei dolcetti avanzati dalla giornata” raccontò. Amavo quando Derek mi confidava aneddoti del suo passato in modo così spontaneo, senza una mia esplicita richiesta o costrizione. “Vuol dire che la vecchiaia l’ha peggiorata e di parecchio. Scott una volta stava parecchio male e dato che i bidelli erano occupati con l’allestimento del palco della festa di fine anno, si era fatta avanti la signora Frye. Inutile dire che il povero Scottino vomitò anche il pasto di pasqua dell’anno precedente quando lei gli si avvicinò con quell’orribile porro che ha accanto alle labbra”. “Non offendere quella povera donna, non è colpa sua se vuoi due siete campioni nel mettervi nei guai” mi bacchettò, mal celando un sorriso. “Se noi non fossimo una calamita vivente per disastri a quest’ora non ci saremmo nemmeno conosciuti, mio caro sourwolf” mi presi una piccola rivincita. “A quest’ora il mio lupo poteva aver trovato come compagno un giovane milionario. Sarei comodamente sdraiato su di una amaca, in un’isola deserta” sollevò le spalle, indifferente. “Osi perfino fantasticare su una vita diversa da questa, nonostante le innumerevoli volte che ti ho salvato la vita?” urlai, puntandogli la forchetta contro. “Stavo solo scherzando, rilassati” rise divertito, avvicinandosi per potermi baciare una guancia. “Non credo di aver capito bene, potresti ripetere? Sai questo ragazzo non è sufficientemente ricco da permettersi di compare un apparecchio acustico” feci un’espressione confusa. “Certe volte sei davvero insopportabile” borbottò al mio orecchio. “Ho detto che stavo solo scherzando. Non vorrei nessun’altro al tuo posto” mormorò mentre lo stringevo forte tra le mie braccia. “Essere un compagno estremamente perfetto è molto faticoso, cucinerai sempre tu il pranzo?” la situazione era estremamente dolce e romantica, il momento perfetto per fare richieste difficilmente esaudibili no?. “Ovvio che no amore mio. Ora mangia prima che si freddi” eccolo qui il suo lato da lupo protettivo. “Agli ordini mammina” roteò gli occhi, oramai arreso. Il pranzo proseguì in tutta calma e tranquillità, mentre ascoltavamo le varie notizie trasmesse dal quotidiano locale. “Der, guarda che spaghetto lungo ho trovato!” lo sollevai con la forchetta per mostrarglielo. “Facciamo la scena di ‘Lilly e il vagabondo’!” il suo sguardo perso fu una chiara risposta al mio entusiasmo. “Non hai idea di cosa io stia parlando, non è vero?” quel povero malcapitato del mio ragazzo, annuì. Afferrai il cellulare solamente per selezionare una melodia italiana come soffondo, nel mentre gli fornivo istruzioni su come comportarsi. “Devi tenere tra i denti l’altra estremità dello spaghetto mentre io inizierò a mangiare dall’altro capo, teoricamente dovremmo incontrarci a metà strada”. Iniziai a risucchiare il filo di pasta velocemente, lo sguardo fisso sulle labbra di Derek che imitavano i miei movimenti. Quando le nostre bocche furono sufficientemente vicine, masticai l’ultimo boccone prima di stampargli un bacio. “Finiva davvero così la scena di cui parli?! Domandò con voce roca, allontanandosi leggermente dalle mie labbra. “Dobbiamo seriamente fare una maratona di film Disney, Der. Ti sei perso troppe scene romantiche” non so come, mi ritrovai a cavalcioni sulle sue gambe. “Finché vorrai rimetterle in pratica tutte, non ho nulla da controbattere” mormorò, tornando a baciarmi. Le sue mani, deviando completamente dal copione originale del film, si intrufolarono sotto la mia divisa, tracciandomi sulla schiena dei cerchi immaginari. “Der, qualsiasi cosa la tua fame da lupo ti sta suggerendo, non abbiamo tempo. Devo farmi trovare pronto per l’arrivo di Parrish, ci vorrà parecchio prima di giungere all’abitazione di quella megera” dovetti metterlo al corrente, con estremo dispiacere. “Voglio venire anche io” scossi il capo. “E’ troppo pericoloso. E’ pur sempre figlia della Monroe, l’avrà allenata a fiutare pelo di lupo mannaro ovunque. Non voglio correre il rischio che ti ferisca all’istante. Nella peggiore delle ipotesi, poi, sua madre potrebbe essere in casa e nonostante sia passato parecchio tempo dal suo attacco a Beacon, scommetto che i nostri volti se le ricorda molto bene. Probabilmente nelle ante degli armadi ha appeso delle nostre foto ed ogni tanto ci gioca a freccette” Derek parve ugualmente irremovibile. “Non ho intenzione di restare a casa mentre tu sei là fuori con il nemico” lo trovai così dolce che d’istinto gli lasciai una carezza sulla guancia. “Ci sarà Parrish con me” tentai di tranquillizzarlo. “Esatto, sarai scortato da un segugio infernale…e da un lupo mannaro. Se deve scoprirci per lo meno non le faremo mancare di completare ogni singola voce dei bestiari” ridacchiai leggermente, scuotendo il capo: oramai mi aveva convinto. “D’accordo, potrai venire a patto di metterti una divisa. L’ispezione a sorpresa potrebbe generare fin troppa sorpresa, pensa quanta ne susciterebbe il ritrovarsi un professore e sue poliziotti alla porta” spensi la musica che proveniva dal mio telefono, scendendo dalle sue gambe. “Io non ho l’aria da professore. Per tua informazione sono uno dei docenti più amati al liceo perché estremamente giovane” mi fece notare, mentre mi seguiva verso l’armadio del soggiorno. “Tesoro, non che ci voglia molto. Escluso te il più giovane ha insegnato al presidente Kennedy” afferrai una delle divise di mio padre e gliela porsi. “Questa dovrebbe andarti” misurai l’ampiezza delle sue palle ad occhio e croce, come se non avessi passato un intero giorno a letto con lui. “Stiles, non posso accettarla. Era di tuo padre” mi commossi fronte a quell’attenzione, quasi riverenza, che riservò alla divisa stando attento a non stropicciarla. “Sono sicuro che lui avrebbe nulla in contrario, è per il bene di Beacon Hills” lo rassicurai. Fui totalmente incantato nell’osservare Derek nei panni del poliziotto: sembrava essere nato per difendere innocenti con quel suo fisico possente, capace di incutere terrore quanto sicurezza. “Che cosa c’è?” domandò notando come lo stesso letteralmente divorando con lo sguardo. “Nulla, sei semplicemente bellissimo ma ora andiamo, Parrish ci aspetta in centrale”. Saliti sulla volante di polizia, il viaggio fu decisamente più traumatico di quanto pensassi. “Allora…come va tra voi due?” domandò Parrish, notando come continuassi a lanciare occhiatine a Derek, seduto sui sedili posteriori. “A cosa ti riferisci?” risposi alla sua domanda con un altro quesito, sperando che la sua curiosità ne venisse ostacolata. “Non saprei, siete entrambi così silenziosi. D’accordo, non stiamo andando a fare la più divertente delle scampagnate ma fino ad ora è stato più di compagnia il navigatore che le vostre chiacchiere” la convivenza con Lydia lo aveva reso estremamente attento a captare ogni forma di gossip, quella bashee me l’avrebbe pagata. “E’ solo che non abbiamo riposato questa notte. Questo caso ci sta letteralmente prosciugando le forze” sorrisi, rilassandomi sul sedile. Parrish, attraverso lo specchietto retrovisore, osservò la reazione di Derek alla mia spiegazione. “D’accordo, quando è successo di preciso? Domenica non è vero?” sia io che il mannaro non cogliemmo il senso delle sue parole. “Oh andiamo, Derek quando gli avresti detto che è il tuo compagno?” ci mancò poco che il mannaro non gli fece sterzare l’auto. “E’ stato domenica mattina razza di un ficcanaso” borbottai indignato: era impossibile riuscire a mantenere un segreto in un branco del genere!. “E così ora siete ufficialmente una coppia, Lydia mi deve diedi dollari” ammise crogiolando nella sua vittoria. “Ma di che cosa stai parlando?!” esclamai voltandomi nella sua direzione. “Stiles, ti conosco da quando eri ragazzino e perfino con tuo padre contavamo i giorni che ci avrebbero separati dalla fatidica data dove avresti ammesso i tuoi sentimenti per Derek. Cavolo, chissà che risate si starà facendo in paradiso” ridacchiò: era mai possibile che la mia famiglia ce la mettesse tutta per farmi fare figuracce quando non ne ero io il diretto artefice?!. “Ehm, Stiles…” mi chiamò Derek. “A dire la verità non erano gli unici a scommettere sulla nostra relazione. Ieri pomeriggio, quando sei uscito a comprare gli ingredienti per la cena, ho chiamato Cora per informarla del fatto che ti avessi confessato di essere il mio compagno” mi schiaffai una mano sul viso. “Non è possibile”. “Aveva scommesso una parte del suo patrimonio!” aggiunse il lupo, con l’unico risultato di farmi maledire il fatto di avere una compagnia minuta di intuito e sensi ipersviluppati. A mio malgrado avrei ben presto rimpianto questa sensazione di disagio poiché, non appena giungemmo a destinazione, un alone di mistero e tensione calò nell’abitacolo della vettura. Inizialmente credetti di essere l’unico a sperimentare quella sensazione ed il che era perfettamente plausibile: avevo condotto il mio compagno ed un carissimo amico nella tana del nemico. La villetta si presentava piuttosto fatiscente: probabilmente alla facciata non veniva data una rinfrescata da molto tempo poiché l’intonaco si era scrostato in diversi punti. Perfino il portico aveva conosciuto periodi migliori, gli unici esseri che parevano giovare di quello stato di abbandono erano le termiti. Parrish non si prese nemmeno la briga di parcheggiare l’auto in modo particolarmente curato: imbroccò la strada sterrata che costeggiava l’abitazione e spense il motore quando gli pneumatici avevano iniziato ad incontrare una certa resistenza da parte delle erbe selvatiche. Raccolsi dal cruscotto delle documentazioni utili a sostenere la nostra causa: una ispezione in piena regola che non avrebbe dovuto generare sospetti od allarmismi. “Siamo sicuri che qui abiti effettivamente qualcuno?” domandò Derek, sollevando leggermente il capo per annusare ogni possibile traccia trasportata dal vento. “Se si dovesse trattare di una plausibile trappola per esseri soprannaturali, è meglio che vada avanti io. Sono armato perciò non avete nulla da temere” ma io forse si, mormorai a me stesso, estraendo dalla fondina la pistola. Dato che il sistema che azionava il campanello era non funzionante, dovetti accontentarmi di battere le nocche contro le assi che costituivano la porta d’ingresso. Fui colto da uno strano dejavu quando concentrai il mio sguardo su quella superfice: lo stato fatiscente del mogano non mi permetteva di possedere una chiara visione d’insieme ma potevo comunque scorgere una serie di segni al di sotto dello strato di vernice più recente. Grattai con le unghie quella soluzione oramai melmosa che mi impediva di delineare chiaramente i contorni dei disegni che erano stati dipinti e più mi facevo strada tra la vernice, più iniziavo a comprendere. Avevo già visto quel genere di simboli più volte nella vita, a mio malgrado, non si potevano certamente definire un presagio di un augurio: erano una chiara dichiarazione di vendetta da parte del mondo dei licantropi. Seguii con l’indice quell’enorme spirale che era stata stracciata, finendo con l’indicare, poco educatamente, la proprietaria di casa che aveva aperto l’uscio proprio in quel momento. La ragazza che mi trovavo difronte non aveva certo un aspetto particolarmente intimidatorio ma oramai avevo appreso, per merito di sua madre, quanto la cattiveria di un essere umano non trasparisse tanto dalla fisionomia quanto dalla mente del sospettato. Era una giovane piuttosto smunta, le guance erano così scavate da sembrare un prolungamento spigoloso degli zigomi, gli occhi grandi ma affossati dalle occhiaie. I capelli corti le ricadevano leggermente sul viso, facendolo apparire ancora più tenebroso sotto certi punti di vista. “Desidera?” sollevò un sopracciglio in modo spavaldo: giunsi alla conclusione che non fosse la prima volta che le forze dell’ordine si recavano alla sua abitazione e ben presto capii anche la motivazione, oltre le sue spalle avevo individuato due grandi casse adatte per emettere musica ad alto volume. “Salve, sono lo sceriffo Stilinski” mentalmente mi battei il cinque per essere riuscito a ricordare perfettamente la battuta di apertura, ora non mi restava che seguire le indicazioni fornite dalla voce della mia coscienza, una sorta di gobbo pronta a suggerirmi la prossima fandonia con cui riempirle la mente per riuscire ad abbindolarla. “Stilinski?” mi interruppe, d’accordo iniziavo già a provare una sorta di antipatia nei suoi confronti. “Lo sceriffo Stilinski non era un uomo anziano?” come si permetteva di mettere in discussione il mio ruolo? Estrassi dal taschino il mio distintivo, convinto che così facendo sarei riuscito finalmente a tapparle quella bocca. Evidentemente Derek doveva aver recepito il mio stato d’animo leggermente alterato a causa della nomina di mio padre da parte di quella bisbetica di una ragazza, infatti me lo ritrovai accanto senza avere nemmeno il bisogno di voltarmi nella sua direzione. “Puoi rimetterlo apposto. Non sapevo che lo sceriffo avesse un figlio. Quindi ora la centrale è tua? Forte” commentò agitando leggermente il capo. “Potrebbe gentilmente lasciare eventuali commenti personali alla fine della mia richiesta? Sono venuto perché è richiesta una ispezione della sua abitazione a causa di alcune denunce giunte al controllo di polizia, si tratta di pochi minuti mi creda. Dobbiamo semplicemente recarci nel seminterrato per visionare lo stato delle fondamenta” fortunatamente mi permise di completare il discorso, senza fiatare. “Si ricordi che non ha la possibilità di opporsi. Abbiamo un mandato ed in caso lei sia contraria, saremo ben lieti di ospitarla in centrale” aggiunse Parrish, passandole la documentazione del caso. Taranee osservò quella pila di fogli, poi passò lo sguardo tra i presenti. “D’accordo, non badate al disordine ma sono in piena sessione studio” si fece da parte per permetterci di entrare. “Aspettate un momento!” per un breve istante credetti che avesse scoperto il nostro piano. “Voi due siete due sbirri, avete le medaglie ed il resto del vostro correndo da soldatini. Lui chi sarebbe? Quello che lava i bagni della centrale?” chiese indicando Derek. Non seppi dire se fossi più infastidito dal fatto che avesse disprezzato la divisa di mio padre semplicemente perché non minuta di stellina o perché stesse cercando di umiliare il mio ragazzo. “Spiacente ragazzina, sono il loro consulente. Normalmente mi occupo di edilizia ma lo sceriffo mi ha domandato questo favore e sarebbe stata una scortesia non accettare” non potei fare a meno di sollevare un angolo della bocca: aveva trovato una scusa in tempi da record e non aveva perso la sua precaria calma. “Se vuole farmi strada, i miei colleghi effettueranno delle misurazioni anche alla facciata della nostra abitazione” mentre Parrish metteva al corrente Taranee di come si sarebbe svolta questa fantomatica ispezione, estrassi dalla tasca un metro e dei picchetti da misurazione. La ragazza non abbassò la guardia un solo istante, anticipando il vicesceriffo per le scale che conducevano al piano inferiore. “D’accordo, separiamoci e cerchiamo più informazioni possibili” Derek annuì e presto passammo in rassegna ogni angolo di quella catapecchia. Durante la mia carriera da studente dell’F.B.I avevo avuto modo di soggiornare in diverse abitazioni per universitari dove l’affitto ammontava a poco più che una miseria e dunque non ci si poteva pretendere che le norme igieniche venissero rispettate, ma nulla in confronto allo stato in cui pareva vivere questa ragazza. Il cibo nel frigorifero era scaduto da mesi, cumuli di polvere si estendevano su qualsiasi superfice e la corrente non attraversava i cavi di illuminazione da parecchio tempo: ogni singolo dettaglio lasciava intuire che quella casa fosse semplicemente una montatura. Doveva esserci per forza dell’altro, una pista che potesse permetterci di chiarire una volta per tutte le intenzioni della discepola della Monore. Nemmeno se avessi espresso un desiderio a riguardo, Derek mi chiamò dalla camera da letto: un enorme armadio occupava con la sua possenza la parete frontale al letto ed all’interno erano custodite diverse ampolle. “Deaton aveva ragione, questa non è semplice scienza…è sapere druido” mormorò il licantropo, annusando con cura ogni boccetta per tentare di decifrarne il contenuto. “Ha mappato l’intera riserva” strappai dal fondo del mobilio un foglio dove erano riportati i vari ettari di foresta. Cosa vorranno significare queste croci sui diversi lotti di terreno?” una illuminazione mi colse. “Le radici del Nemeton sono così profonde da estendersi per diversi chilometri, se consideriamo il fatto che non si tratta di un banale albero. L’ampolla di veleno che abbiamo rinvenuto quella notte è stato un tentativo fallimentare di avvelenarlo. Un errore da principiante devo dire: credeva che iniettando il siero direttamente nel tronco avrebbe innescato il processo ma ovviamente non è così, ecco perché è ancora in perfetta salute” Derek concordò ed iniziò a riempirsi le tasche di alcune provette. “Avevamo ragione…fin dall’inizio. L’unica incognita che rimane è comprendere chi sia il druido dietro a tutto questo” sussurrai, troppo preso dai miei pensieri per lasciare che sprecassi inutilmente parole. “Probabilmente la persona che cerchiamo si nasconde dietro a queste rune, purtroppo la mia conoscenza delle lingue antiche non è così approfondita” si scusò il licantropo. “Non è affatto un problema, ora le fotografo ed inoltro l’immagine a Deaton”. Eravamo così presi dalle nostre ricerche da non esserci resi conto che una serie di passi stava avanzando nella nostra direzione. “Signorina, cerchi di fidarsi delle forze dell’ordine. I miei colleghi non stanno in alcun modo rovinando la vostra abitazione” la voce di Parrish indicava che stesse ripercorrendo in senso opposto i gradini della scala. Derek fu semplicemente fulmineo nell’afferrarmi e rinchiuderci nell’armadio prima che la nostra copertura potesse saltare. “Se è come dici tu perché sono spariti dalla porta d’ingresso?” poggiai la fronte contro il petto di Derek, pregando che il segugio infernale fosse così abile da trovare una motivazione sufficientemente convincente. “Sono sul retro a completare le misurazioni. Si tratta di considerare il fatto che la vostra casa possa pendere pericolosamente da una direzione e anche il più allenato degli sguardi dovrebbe fare qualche passo indietro per avere una visione d’insieme” entrambi ci ritrovammo a sospirare sollevati dalla risposta del vicesceriffo. “Cerca di stare fermo, Der” sussurrai al mio compagno: lo spazio a nostra disposizione era piuttosto angusto e lui lo occupava quasi interamente con la sua massa di muscoli. “Ma se sono completamente immobile” rispose con tono basso. Il mio sguardo fu maliziosamente attirato verso il cavallo dei suoi pantaloni. “Beh, c’è una parte di te che la pensa diversamente” sorrisi, quel contatto non era una dura prova semplicemente per me a quanto pareva. Derek sbuffò imbarazzato. “D’accordo lupone, facciamo così allora” mi voltai dandogli la schiena, non considerando che in questo modo il suo intimo ed il mio fondoschiena sarebbero stati pericolosamente a contatto. “Stiles, così è ancora peggio” mormorò disperato. “Ti correggo amore mio, il peggio non è ancora arrivato”: Taranee aveva fatto il suo ingresso nella stanza. Scrutò ogni angolo della camera da letto, chinandosi e cercando la nostra presenza perfino sotto al suo materasso: pareva che fosse lei il segugio infernale della situazione e non Parrish, come credevamo. Molto probabilmente si convinse che l’ossigeno contenuto del suo armadio non sarebbe stato sufficiente per contenere due persone adulte e perciò evitò di spalancare le ante con furia inaudita e scovarci. Tutti i torni effettivamente non li aveva: quello spazio era così angusto che se si fossero ritrovati rinchiusi là dentro lo Stiles e il Derek di qualche anno fa, probabilmente ne sarebbero usciti feriti da morsi e graffi entrambi. Al contrario, benché la situazione non fosse delle migliori, non avevo potuto fare a meno di sorridere quando il licantropo mi aveva avvolto la vita con un braccio come a volermi proteggere. “Pare che sia tornata al piano terra” sussurrai, attendendo il via libera di Derek per spalancare le ante. “Non riesco più a fiutare alcune traccia del suo odore, possiamo andarcene di qui” mormorò con le labbra a contatto con la pelle del mio collo, che si fece improvvisamente incandescente. “Ho una picca dose di strozzalupo che avevo portato con me nel caso la ragazzina isterica ci avesse teso una trappola, non tentarmi sourwolf. Dobbiamo uscire da questo armadio ammuffito e salvare il vicesceriffo” lo bacchettai proprio come se fosse stato un cucciolo fin troppo goloso. Riprendemmo la nostra messa in scena, armeggiando con squadre e misurazioni, fino a quando i due non fecero ritorno. “Abbiamo raccolto i dati necessari per la messa in sicurezza della sua abitazione, ci scusiamo per il disturbo e la ringraziamo per l’ospitalità” tesi una mano nella sua direzione ma la ragazza mi negò una amichevole stretta. “Già…non posso dire la stessa cosa” aveva biascicato attraverso quella smorfia di disgusto che aveva assunto il suo viso. Stavo giusto per avviarmi verso l’uscio quando mi ricordai dell’ennesima questione in sospeso. “Un’ultima domanda” voltai i talloni nella sua direzione. “Ho consultato il catasto e pare che voi abbiate acquistato alcuni ettari della riserva di Beacon Hills, teoricamente si tratta di suolo pubblico” tentai di captare ogni possibile segnale di smarrimento o cedimento nel suo guardo, ma ciò non avvenne. “Probabilmente vi siete dimenticati del fatto che la guardia forestale aveva indetto un bando qualche tempo fa, era possibile avere per sé un pezzetto di foresta a patto che ci si sarebbe presi cura della flora e della fauna locali” impossibile, avevo setacciato ogni possibile traccia di concorsi simili a quello da lei citato ma negli ultimi anni questa pratica era caduta in disuso per via di alcuni teppisti che, sfruttando lo spazio incontaminato della riserva, avevano bivaccato ed appiccato diversi incendi dolosi. Si era tradita ed io avrei fatto di tutto per aprirmi una pista usufruendo di questo suo passo falso, ma ora non era il momento. Annuii fingendo di essere concorde con la sua versione dei fatti, percorrendo quei pochi passi che mi separavano dal portico dell’abitazione. “Lei mi sembra proprio una donna molto astuta per la sua età, ordinata nei suoi studi. Un vero peccato che abbia disseminato il Nemeton di indizi. Ho idea che ci rincontreremo presto, non è vero? Non criminale torna sempre sui suoi passi” lo stupore fu tangibile in Taranee, tanto che sgranò gli occhi. Probabilmente stava per controbattere ma fui più rapido io nel richiudere alle mie spalle la porta, raggiungendo così la volante della polizia. Attendemmo di essere sufficientemente lontani dal quartiere, prima di iniziare a condividere le informazioni che avevamo acquisito. Avvertii Derek del fatto che avessi messo al corrente il vicesceriffo solamente dei fatti riguardanti la compravendita illegale della riserva ma non della minaccia che aleggiava sul Nemeton. Molto spesso faticavo a prendere sonno per via dei sensi di colpa: prima o poi avrei dovuto mettere al corrente il branco della presenza di un nuovo nemico a Beacon Hills, ma preferivo riservarmi questo disturbo a quando avessi elaborato un piano d’attacco. I tempi erano cambiati, non eravamo più certo dei ragazzini e non era facile organizzarsi come un tempo per trascorrere del tempo assieme. Ognuno aveva la propria carriera a cui pensare, alla propria famiglia e alle proprie sfide quotidiane e, sinceramente parlando, non mi sentivo pronto a creare uno scompiglio del genere nelle loro quotidianità. Probabilmente io e Derek saremmo riusciti a cavarcela come ogni volta ed in breve tempo ci saremmo perfino scordati della tensione accumulata recentemente. Parrish rivelò di non aver individuato alcunché di sospetto nel seminterrato, fatta eccezione per un numero spropositato di vasi in terra cotta…doveva trattarsi delle vittime dei suoi esperimenti, dal mio punto di vista restava comunque un’assassina. Feci solamente in tempo ad ordinare un caffè alle macchinette della centrale, che il mio cellulare prese a suonare: si trattava di Deaton, aveva informazioni da comunicarci. “Che giornata” sbuffai seccato mentre ci dirigevamo allo studio veterinario del druido. “E’ quasi finita, cerca di tenere duro” Derek accarezzò il dorso della mia mano, posto sul cambio marce e gli fui parecchio grato di quella premura poiché ebbe il potere di risollevarmi il morale. La clinica era deserta e Deaton non attese un solo istante per farci accomodare nella saletta appartata di cui lo studio era munito. “Mi dispiace molto ragazzi ma non ho affatto buone notizie da comunicarvi” dovetti accomodarmi su una sedia, le mie gambe non avrebbero retto un aggravarsi ulteriore della situazione. “Come sospettavo, il rovo che mi avete portato si è rivelato essere stato sottoposto ad un trattamento druido, con lo scopo di renderlo invalicabile” questa notizia non mi soprese poi più di tanto. “Il peggio è iniziato quando ho ricevuto la fotografia che avevi scattato, Stiles. Fino a questo momento avevamo, erroneamente, dato per scontato che ci fosse una figura materiale ad affiancare la ragazza in questione ma le rune che avete trovato nella sua abitazione, dimostrano il contrario” feci scorrere la galleria del mio cellulare, proiettando l’immagine a cui il veterinario si stava riferendo. “Lo chiamano ‘Each-Uisge’, ‘lo spirito dell’albero’ o ancora ‘lo stallone nero’. Erano secoli che non veniva nominata la sua presenza nel mondo dei mortali perché solamente uno stolto potrebbe prendere la decisione di evocarlo. Secondo la mitologia possiede l’aspetto di un fiero cavallo dal manto corvino che si nutre della carne di coloro che osano destarlo dal suo sonno eterno. Si muove con il vento ed è inarrestabile a meno che non gli si prometta una ricompensa per il suo largo sapere” Derek si passò una mano sul volto, incapace di contenere la sua frustrazione. “Lasciami indovinare, le vittime sacrificali sarebbero tutte le creature soprannaturali del pianeta” a mio malgrado Deaton, annuì. “Avvelenare il Nemeton comporta un indebolimento generale delle creature, diventano una preda molto più facile da eliminare. Il cavallo mistico ha lo stomaco pieno e lei si ritrova il lavoro sporco compiuto ed un mondo da governare…certo che i giovani d’oggi sono piuttosto precoci nell’escogitare piani mortali” provai a stemperare la tensione emettendo una risata alquanto nervosa. “Ragazzi, in realtà avrei ancora una notizia da condividere con voi…” il suo sguardo si velò di una leggera commozione. “Derek, hai detto a Stiles che…”. Il licantropo mi avvolse le spalle con un braccio. “Sa di essere il mio compagno” rispose, istintivamente mi accostai a lui in una tacita richiesta di affetto. “Ad essere in pericolo non è solamente il Nemeton ma ogni singola creatura ad esso connessa. L’albero funziona come una sorta di calamita per il soprannaturale ma, come abbiamo già stabilito, nel caso di un possibile decesso i licantropi…kitzune…coyote mannari, ne uscirebbero semplicemente indeboliti. Questo non vale per tutte le creature, per lo meno ne sono escluse quelle che portano un’ombra oscura dentro di sé” i battiti del mio cuore iniziarono a rallentare: avevo intuito cosa volesse dire il druido. “S-Stiles tu sei fisicamente legato al Nemeton. Fino ad ora hai goduto di buona salute semplicemente perché la discendente della Monroe aveva distillato un diserbante poco potente ma soprattutto lo aveva iniettato lontano dalle radici, ovvero il punto più vulnerabile della pianta in questione” Derek iniziò ad emettere un lungo ringhio di disapprovazione. “Se il Nemeton non dovesse farcela, non sarebbe l’unico a…lasciarci” il licantropo, colto da un raptus di ira, gettò a terra la sedia che Deaton gli aveva precedentemente offerto. “Sono cazzate! Mi rifiuto di perdere il mio compagno perché una puttana intende annientare il mondo soprannaturale!” urlò, lasciando che i suoi occhi si tingessero di un blu elettrico. “Devi pur conoscere un modo per evitare tutto questo!” sbraitò in faccia al veterinario, incapace di trattenere le zanne. Dal canto mio non era proferita parola, mi sentivo tremendamente vulnerabile e vittima delle circostanze che se non ci fosse stata la spalliera della seggiola a reggermi, sicuramente ora giacerei al suolo. “Sono consapevole che la notizia vi abbia sconvolti ma devi cercare di contenerti Derek, faremo tutto il possibile per salvare Stiles. Nella stanza dedicata alle visite dei miei pazienti ho già collocato una vasca riempita di ghiaccio ed erbe apposite.”. “Dobbiamo ripercorrere il rituale che facemmo io, Scott e Allison?” Deaton annuì. “Per quanto vorrei poter concretamente fare qualcosa per evitarti questa condanna, Stiles, sei l’unico che ha il potere di dialogare con il Nemeton. Cerca un contatto, abbi fiducia in lui e domandagli come dobbiamo agire per poter rimandare l’inevitabile” la mia vita stava perdendo di senso così rapidamente. Chiesi al veterinario alcuni minuti da trascorrere solo con Derek, dove informammo la centrale e l’istituto scolastico della nostra assenza per alcuni giorni. Optammo per denunciare di aver contratto un ipotetico virus intestinale piuttosto potente, usufruendo così di una pausa dovuta alla malattia. “Derek…” il licantropo aveva ceduto i tratti del volto alla propria parte selvaggia. “Non dirlo nemmeno. Non dire che è altamente rischioso e che potrei perderti già solo a causa di questo rituale. Non dire nulla” lacrime amare gli sgorgarono dagli occhi. “Devi promettermi una cosa, Der” sussurrai, mentre mi stringeva a sé. “Promettimi che in qualsiasi modo andranno le cose, non smetterai di amare nuovamente. Promettimi che non alzerai nuovamente le pareti che ti anno tenuto prigioniero per anni, a causa del lutto della tua famiglia. Non farmi chiudere gli occhi con la consapevolezza che ti porterò solo che dolore” era questa la reale motivazione per la quale ero terrorizzato di non sopravvivere: che Derek non riuscisse ad affrontare la morte del proprio compagno. Tutti quei sorrisi che mi aveva riservato sarebbero scomparsi con me, li avrei portati via dalle sue belle labbra, così come un pezzo del suo cuore. Derek ora piangeva a dirotto, cullandoci leggermente nella sua presa. “Ho detto che non ti lascerò morire e così sarà” fu semplicemente la sua risposta, prima di lasciarmi un bacio lento e carico di quel sentimento che ormai era divenuta la nostra ancora. Raggiungemmo Deaton, già pronto per il rituale. “Hai scelto un’oggetto da portare con te quando sarai nell’altra dimensione?” annuii, mostrando le chiavi di casa…della casa che ormai era divenuta in possesso anche del mannaro. Entrai lentamente nella vasca, prendendomi del tempo per abituare le membra a quell’abbraccio gelido, lasciando per ultima l’immersione del capo. Guardai Derek e fu come dire addio a tutto il mio mondo. “Torna da me…ti aspetterò qui, d’accordo? Ricordati che ti amo” sussurrò posando le labbra sulle mie, accompagnandomi delicatamente in quell’ascesa verso il rallentamento progressivo del mio battito cardiaco. E poi fu buio.

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Capitolo 12
*** Nemeton ***


La struttura alare del calabrone, in relazione al suo peso, non è adatta al volo, ma lui non lo sa e vola lo stesso. Il libro di scienze e chimica che avevo utilizzato durante il mio percorso da liceale amava stupire i propri lettori con citazioni e frasi ad effetto, come se sperassero che con queste uscite particolarmente avvincenti, gli studenti risparmiassero le pagine dall’essere sommerse di sottolineature tracciate con un evidenziatore oppure imbrattate dai più classici scarabocchi. Ricordo perfettamente che lo sventurato capitolo della ‘riproduzione cellulare’ venne decorato dal sottoscritto con il nome di Derek, scritto a bordo pagina ed accompagnato dal più smielato dei cuori. Ero davvero un ragazzino ingenuo dato che, colto dall’imbarazzo che qualcuno potesse chiedermi in prestito quel volume, lo cancellai rapidamente da vero idiota. Vi chiederete la motivazione per cui io ora stia decantando nozioni di scienze naturali, come se non avessi mai rimediato una bella insufficienza in quella materia, beh semplicemente perché il primo essere che ebbi l’occasione di scorgere, sollevate le palpebre, fu proprio un insetto. L’offuscamento generale della mia mente mi portò a credere che quello fosse un calabrone realizzando solo successivamente, quando la vista si fece più nitida, che in realtà il corpicino di quell’animale non fosse decorato da fasce gialle e nere…ma bensì fosse dotato di una luce intermittente: era una lucciola. Sollevai il capo per seguire la sua traiettoria di volo e solo grazie a quel movimento mi resi conto di giacere inerme in un capo. L’erba che stava attutendo il mio corpo da un contatto diretto con la fredda terra era piuttosto alta ed incurata, il che mi fece dedurre che dovessi trovarmi in una sorta di foresta, poiché il cielo era completamente oscurato dal fogliame e dalle fronde di numerosi alberi. Mi misi seduto, constatando che dovessi trovarmi in una foresta sperduta di chissà quale angolo di mondo…o della mia mente. Nonostante le sensazioni che sollecitavano i miei sensi fossero le più realistiche: la leggera brezza che mi scompigliava i capelli, il fruscio dei rami e il luccichio delle lucciole, dovetti ricordare a me stesso che nulla di quel luogo fosse reale. Era solo frutto della mia immaginazione combinata a forze troppo arcane per essere spiegate da una semplice mente umana. Mi aggrappai con tutta la forza di volontà che mi scuoteva le membra per non cedere a quella costante sensazione soporifera che aleggiava nella mia mente e che mi incitava a dimenticare tutto: la cripta al di sotto della centrale, il pericolo rappresentato dalla famiglia Monroe e la paura di morire da un momento all’altro. Mi sarei aggrappato con tutte le mie forze al tempore e alla sensazione di casa che mi trasmettevano le chiavi che reggevo nella mano sinistra. Dato che Derek aveva il vizio di perderle costantemente, aveva il potere di smarrire contemporaneamente entrambi i mazzi, vi avevo attaccato un portachiavi a forma di volpe. Il licantropo aveva gradito il mio gesto poiché quel piccolo peluche, impregnato per bene del mio odore, gli rendeva più facili le ricerche. La caccia non durava poi molto dato che finivano eternamente tra i cuscini del divano o sotto al letto. Derek…chissà cosa stava facendo in quel momento. Mi mancava terribilmente e più di quanto io riuscissi ad ammettere: non si trattava di avvertire una sorta di distanziamento fisico, come quando lui era al liceo ed io in servizio, qui si stava parlando di una sofferenza causata dal fatto che ci trovassimo in dimensioni differenti. Dovevo fare in fretta: prima avrei dialogato con qualsiasi creatura mi avesse presentato il Nemeton e prima sarei uscito da lì. Fui colto da una leggera punta di terrore al solo pensiero che avrei potuto benissimo rincontrare il buon vecchio nogitsune, ma mi risposi che se ero stato in grado di affrontarlo una volta, avrei potuto benissimo vincere una seconda volta, magari sbattendogli su quel brutto muso la porta di cui parlava il suo famoso indovinello. Bene, se fossi rimasto in attesa di un segno non lo avrei certo ricevuto conoscendo le dinamiche di dialogo del mondo sovrannaturale, quindi presi la decisione di inseguire quel piccolo sciame di lucciole: l’unica fonte di luce in quel contesto, probabilmente era stata annunciata una tempesta. Camminai per quelli che credetti fossero alcuni minuti, non avevo un orologio stretto al polso, ritrovandomi in uno spiazzo circolare, una sorta di piazza naturale collocata nel cuore della foresta. Non ero solo: otto figure incappucciate erano disposte secondo un semicerchio immaginario. Era praticamente impossibile poter scorgere anche solo un dettaglio dei loro volti, poiché le tuniche di colore nero erano ben calate sulle loro teste. Sembravano mormorare delle parole in una lingua a me sconosciuta ma benché non fossi in grado di decifrare ciò che stavano proferendo, assodai per certo il fatto che stessi assistendo ad una cerimonia di tipo religioso. Improvvisamente dalla boscaglia emerse un’altra figura, differentemente dagli altri incappucciati le sue vesti erano bianche. Si fece largo tra la folla, avvicinandosi ad una sorta di altare di pietra posto difronte a lui. Iniziai a temere il peggio quando due di quelli, vi buttarono al di sopra, senza troppi riguardi, un sacco di liuta contenete probabilmente la vittima sacrificale preposta. Sciolsero i nodi che tenevano ben stretto il sacco ed io persi un battito: si trattava di un cucciolo di lupo. Un cucciolo di lupo dagli occhi azzurri. Quello che doveva essere il cerimoniere afferrò un coltello con entrambe le mani, la cui lama era decorata da simboli runici, portandoselo fin sopra al capo. Prima che potesse infierire il colpo decisivo al cucciolo indifeso, corsi a perdifiato nella loro direzione. Il presunto cerimoniere provocò un taglio profondo al dorso della mia mano ma in compenso avevo salvato il piccolo, stringendomelo al petto. Sarebbero dovuti passare sul mio cadavere se solo avessero desiderato riprenderselo. “Le nostre sensazioni non erano errate” una voce si fece largo tra quei lamenti, la trovai estremamente familiare. “Sei tu l’umano che è stato scelto come compagno di un lupo”. “Sei tu che dovrai riportare la pace tra i mondi” uno dopo l’altro, tutti i presenti si rivolsero a me con sentenze tutt’altro che chiare. “Tuo padre ci ha reso un danno. Ha rubato molto più dei nostri segreti, ha rubato il futuro del Nemeton”. Mio padre? Ma cosa stavano blaterando? Mio padre era lo sceriffo e diamine, non avrebbe mai rubato alcunché nemmeno volontariamente. “Calmati Stiles” il cerimoniere si avvicinò pericolosamente a me, facendo ringhiare il lupo. “Chi siete voi? E perché volete sacrificare questo lupo? Che genere di creatura siete?” domandai colto dal terrore: ero sicuramente in svantaggio numerico, non c’è che dire. Seguì un breve silenzio dove gli incappucciati discussero tra loro, poi con mio sommo stupore, rivelarono i loro volti. “Impossibile…” sussurrai incredulo: i loro visi corrispondevano a quelli di Lydia, Theo, Mason, Parrish e tutti gli altri. Ciò che però alimentò la mia sorpresa, tanto che non riuscii a mantenere più la mia mascella serata, fu il fatto che al di sotto del cappuccio bianco del cerimoniere vi fosse celato il volto di mia madre. La figura sorrise, i lineamenti del volto si addolcirono simultaneamente, mentre prendeva tra le sue la mia mano ancora grondante di sangue. “Mi dispiace recare così tanta sofferenza alla scintilla che ha acceso il tuo sguardo…” potevano trascorrere millenni ma la voce di colei che mi ha dato la vita, non l’avrei mai scordata. “Stiles, non sono realmente tua madre e loro…” si rivolse ai restanti membri della loro apparente confraternita, “Non sono realmente i tuoi amici. Vedi? Noi siamo puro spirito. Pura sostanza immateriale, un concetto fin troppo azzardato per la tua mente, che per non cedere alla follia, ci ha conferito non un’immagine umana qualsiasi, ma quella delle persone più care a te” spiegò con una calma propria solo ad una madre amorevole…come la mia. “Se è merito mio il fatto che voi assomigliate così tanto al mio branco, perché Derek non è qui?” come poteva essere assente dai miei pensieri la mia ragione di vita. Ero certo che anche se avessi perso la vista da un momento all’altro, non avrei mai dimenticato come le iridi di Derek si accendessero di colore quando sollevava le palpebre al mattino. “Chi credi che sia il cucciolo che stringi tra le braccia?” mi incalzò nuovamente la figura con le fattezze di mia madre. Reclinai il capo per osservare quel piccolo lupetto, che in tutta risposta mi leccò il naso. “Voi…volevate sacrificarlo” dissi ancora intimorito da quella scena, sicuramente sarebbe stato un ricordo di cui mi sarei sbarazzato dispendendo molte energie. “Era una prova Stiles” le mie sopracciglia furono più eloquenti di qualsiasi richiesta di chiarimento. “Dovevamo capire se fossi realmente intenzionato a tutelare il mondo soprannaturale, anche a tue spese” rispose la sosia di Lydia. “Era un tranello escogitato per comprendere se tu fossi realmente disposto ad accettare l’incarico che abbiamo intenzione di affidarti” prese parola il finto Corey. “Vedi ragazzo, nonostante tu sia l’unico umano del tuo branco sarai colui che li salverà tutti. Solo perché non possiedi alcun potere al di fuori delle capacità del genere umano, non significa che tu non possa essere di fondamentale importanza per la tutela dei due mondi” mi rassicurò mia madre. “Io non sono un eroe” risposi mal celando un senso di delusione nei miei confronti. Il cerimoniere mi fece cenno di seguirlo, mentre si addentrava nella foresta. “Abbiamo vegliato su di te per molti anni Stiles. Sappiamo bene quanto tu ti sia prodigato per la tutela del tuo branco e siamo grati del tuo impegno nel non rivelare ad altri umani l’esistenza di esseri superiori a loro per forza ma non sempre per astuzia” passeggiava tra gli alberi senza nemmeno prestare attenzione al sentiero, come se conoscesse quel posto come il palmo delle sue mani. La veste ricadeva sui fili d’erba che si appiattivano al suo passaggio, come se si inchinassero al suo passaggio, il cucciolo di lupo ogni tre passi la mordicchiava e tirava ma allo spirito non sembrava arrecare fastidio…o più semplicemente ero talmente catturato dalle sue parole e dalla somiglianza con mia madre da non prestare attenzione a certi dettagli futili. “Sembra quasi assurdo il pensiero che tutto ciò che siamo diventati, il branco che si è creato, le battaglie che abbiamo combattuto…le perdite che abbiamo subito…siano state tutte causate da…me!” la creatura sbuffò un sorriso. “Se quella notte d’autunno non avessi trascinato il mio migliore amico nella riserva alla ricerca della metà mancante del cadavere della sorella di Derek, Peter non lo avrebbe mai morso. Lydia non avrebbe mai esternato il suo potenziale da Banshee, Allison sarebbe ancora tra noi e…”. “E tu non avresti mai incontrato il tuo compagno, lasciando il mannaro con la triscele solo per la vita” completò lei. Mi ritagliai un momento per riflettere. “Stai cercando di dirmi che sono sempre stato desinato a diventare ciò che sono ora?” ero più confuso che mai. La creatura annuì pazientemente. “Ogni essere umano è uno ed irripetibile ma alcuni di loro crescono con un potenziale maggiore: uno scopo” continuammo a passeggiare tranquillamente, come fossimo stati realmente madre e figlio. “Per questa, ed altre motivazioni, abbiamo deciso di non intervenire per evitare la tua possessione da parte del nogitsune. Ha costituito una tappa fondamentale della tua crescita, per questa motivazione ci siamo limitati ad osservare. Sapevamo che entrambi i mondi non era in effettivo pericolo, diversamente da ora. Tutto questo ti ha aiutato ad acquisire un equilibrio mentale maggiore per fronteggiare…l’avvenire” mentre proferiva l’ultima parola il suo volto divenne improvvisamente cupo. “Ti riferisci al fatto che lo Stallone Nero sia stato evocato? Sono a conoscenza di questi rischi e del fatto che io, per primo, sia in pericolo” la creatura sospirò affranta. “Non hai ancora compreso chi sia io realmente, non è vero?” fui costretto a scuotere il capo in segno negativo. “Dimmi Stiles, sei certamente un ragazzo parecchio sveglio, pensi che tutti gli alberi nascano Nemeton?”. “Assolutamente no. Deaton, il druido del branco, mi ha raccontato che l’albero in questione deve essere selezionato con cura e già di per sé deve possedere particolari proprietà prima di essere reciso” la donna non ebbe nulla da controbattere. “E come credi sia stato generato il Nemeton di Beacon Hills?” sgranai gli occhi. “Voi…”. “Noi siamo i druidi che hanno generato questa calamita per creature sovrannaturali ormai moltissimi anni addietro. Eravamo un gruppo di ragazzi della tua età quando tutto è successo. Sai meglio di me che quando si è giovani si tende a sviare dalle norme con facilità ma questo Nemeton non è stato desiderato per semplice trasgressione. Un componente della nostra cerchia era terribilmente malato e l’unico modo per salvarlo era istituire un luogo sacro che potesse rigenerare le sue forze” stavo letteralmente pendendo dalle sue labbra. “Il caos si risolse nel migliore dei casi ma, oramai, era divenuto impossibile far regredire la potenza del Nemeton. Decidemmo che ne saremmo divenuti i guardiani finché ci sarebbe stata concessa la vita ma non ci limitammo semplicemente a questo”. “I sotterrai della centrale…” tentai. “Lo sapevo che eri un ragazzo perspicace. Prima di abbandonare per sempre il mondo terreno abbiamo predetto una serie di catastrofi che i nostri discendenti hanno voluto custodire, per potersi trovare pronti al momento opportuno, in una cripta che fosse celata ad occhi indiscreti” si voltò nella mia direzione. “Ora capisco perché mio padre non mi avesse confidato la sua scoperta, era venuto a conoscenza di qualcosa più grande di tutti noi” lo potevo benissimo comprendere. “Il fatto è che secondo le nostre previsioni una catastrofe è comunque inevitabile. La morte del Nemeton è decisa così come…”. “La mia” sbiancai leggermente. “Nulla è ancora deciso piccolo umano” posò una mano sulla mia spalla, un tocco leggero quanto rassicurante. “Il futuro che ci è stato concesso di vedere aveva presupposti differenti rispetto a quelli che caratterizzano la realtà di ora. Tu non eri stato informato da nessuno di noi, poiché non avevi compiuto il rituale su consiglio di Deaton. Eri solo e vittima delle circostanze” forse avevo ancora una speranza. “Perché mai non avrebbe dovuto consigliarmi di dialogare con il Nemeton?”. “Semplicemente perché in quella dimensione temporale tu non ti sei rivolto a lui in cerca di aiuto” mi rispose: dal suo tono di voce sembrava aver recuperato fiducia. “Cosa mi ha spinto a prendere le distanze da lui?” morivo dalla curiosità di sapere che errore avessi compiuto. “Non solo da lui. Dopo il funerale di tuo padre ti eri apparentemente riappacificato con Derek ma quanto venni a sapere della sua intenzione di trasferirti, il vostro dialogo sfociò presto in una discussione. Lui fuggì nuovamente da Beacon Hills. Non si compose così la coppia determinante per la riuscita di questa impresa” non potei fare a meno di sorridere: io e Derek eravamo destinati ad amarci e questo non era determinato solamente dai nostri sentimenti ma perfino dalla risoluzione di una imminente catastrofe. “Ascoltami bene Stiles, io e gli altri druidi faremo la nostra parte. Quando lo Stallone Nero si addentrerà nella foresta dovrete cercare di condurlo in direzione del Nemeton” arrestò improvvisamente il suo cammino, determinata a fornirmi istruzioni il più chiare possibili. “Come posso fare?”. “Le membra di quel cavallo sono fatte di ombre…”. “Basterà usare della luce!” annuì fiera della mia intuizione. “Dovrete utilizzare del fuoco nato dai rovi di particolari piante ma di questo non dovrai preoccupartene. Sarà Deaton a fornirtele. Dovrete disporle per la riserva in modo tale da creare un passaggio che conduca direttamente a noi. Una volta intrappolato tra le fiaccole, per lo Stallone non ci sarà più scampo. Nel frattempo dovrete occuparvi della ragazza” sorrisi amareggiato. “Se dovesse riuscire nel suo intento…Voi morireste, immagino che sia l’albero a mantenervi in vita ed anche io andrei incontro alla fine” dovevo impedirlo ad ogni costo. “Stiles, ricordati che per quanto il Nemeton sia potente, è pur sempre un dono di Madre Natura che, come tale, ovunque sia costretta a togliere, trova il modo per restituire. Quando tuo padre ha scoperto la cripta al di sotto della centrale ha trovato un’eredità ben più preziosa del denaro” le cose non smettevano di farsi interessanti. “Il tuo distintivo” mormorò…o forse ero io che non riuscivo a udire più le sue parole. Un anello di dolore mi avvolse il capo, costringendomi a strizzare gli occhi. “Stiles il tuo distintivo contiene la salvezza per tutti noi. Il tuo distintivo sarà l’ultimo…”. Abbassai le palpebre. Il sogno era finito. Un pizzicore insistente si estendeva nel mio torace: avevo bisogno di ossigeno e in fretta. Riemersi dalla vasca tirando un enorme sospiro, abbandonandomi completamente tra le braccia di Derek. “Derek…” fu la prima parola che dissi, nonché la più importante. Il licantropo mi stringeva a sé con una tale forza che se solo avesse posseduto l’intenzione, avrebbe potuto spezzarmi qualche costola. “Sei tornato” sussurrò al mio orecchio, prima di baciarmi una tempia. Allacciai le braccia al suo collo e lasciai che mi sollevasse per depositarmi sul lettino come da istruzioni di Deaton o meglio, lo avrebbe fatto, poiché preferì tenermi in braccio per godersi a pieno il nostro contatto. Raccontai ogni dettaglio di ciò che era accaduto al veterinario, spiegando nei dettagli con chi avessi avuto l’onore di conversare e di quali istruzioni avessi ricevuto. Deaton si immerse nella ricerca delle erbe prestabilite mentre Derek si precipitò per riportarmi a casa. Il lupo non volle sentire ragioni: mi obbligò immediatamente a cambiarmi d’abito e ad infilarmi sotto tre strati di coperte, sostenendo che il mio corpo fosse stato esposto al freddo per troppo tempo…esattamente quanto?. “Der?” il licantropo si era sdraiato accanto a me, non aveva scollato un solo istante lo sguardo dal mio cuore, immagino che tramite i suoi sensi sviluppati ne stesse monitorando il battito. “Mh?” mormorò, baciandomi i polpastrelli delle mie mani, ormai raggrinziti. “Quanto tempo ho trascorso in quella vasca?” a giudicare dalle sue occhiaie molto più di quanto immaginassi. “Tre giorni” rispose con un sorriso esausto. “Immagino che tu non abbia chiuso occhio un solo istante, non è così?” sussurrai, invitandolo a poggiare il capo sul mio petto così che potesse tranquillizzarsi avvertendo che fossi tornato tra le sue braccia. “Come potevo anche solo concedermi il lusso di riposare quando tu stavi mettendo a repentaglio la tua vita per tutti noi” affondai le dita tra i suoi capelli e solo allora mi resi conto di essere tornato a casa. “Immagino la contentezza dei tuoi studenti nel sapere della tua assenza” lo feci sorridere e questo mi bastava. “Pensi male, guarda che io sono un professore molto amato, tanto che i ragazzi mi hanno chiamato per augurarci una buona guarigione” gli stampai un bacio sulla fronte. “Augurarci?” domandai. “Gli ho detto di noi…potevo?” difronte a quegli occhi da cucciolo, come avrei potuto resistere? Depositai un altro bacio sulle sue labbra, ben più intenso di quello che ci eravamo rapidamente scambiati alla clinica. Sapeva di sicurezza, di amore di bentornato. “Mi era mancato il sapore delle tue labbra” ammise, arrossendo. “A me sei mancato tu” questa volta fu lui a travolgermi con uno scocco provocato dalle nostre bocche. “Stiles, il piano di cui hai parlato…non posso fare a meno di pensarci. Di pensare che ho perso tre giorni della mia vita ad osservarti in uno stato di apparente morte quando avremmo potuto spenderlo in altri modi, anche se tutto questo è necessario” i tratti del volto del suo viso assunsero una fattezza maggiormente lupesca. “C’è una speranza Der, aggrappiamoci a quella. In tutta questa storia non ho ancora compreso a cosa si riferisse il druido quando ha parlato del distintivo di mio padre. In qualche modo la salvezza deve essere connessa a quell’oggetto” una fitta provocata dal mal di testa mi costrinse a reclinare la testa sul cuscino. “Ora cerchiamo di non pensarci. Hai bisogno di dormire e di mangiare. Quando ti sveglierai ordineremo pizza, patatine, hamburger…”. “Felice di sapere che il mio compagno mi amerebbe anche se rotolassi” ridacchiai, seguito da Derek. “Ti amerò per sempre, lo sai” sorrisi più felice come non mai. “Vieni qui, cerca di riposare anche tu” lo tirai per un braccio in modo che ci stringessimo incastrandoci alla perfezione. “Stiles?” ebbi difficoltà a rispondere poiché il tempore del suo corpo ebbe un effetto soporifero su di me. “Gli altri sono venuti a conoscenza dell’accaduto. Deaton si era scordato di annullare un appuntamento con Scott e quando è entrato e ti ha visto in quella vasca ha capito ogni cosa, immagino abbia riferito anche agli altri” temevo potessero essersi offesi a causa di questa esclusione. “Non preoccuparti. Nessuno ti ha imputato come un bugiardo e non se la sono affatto presa. Ho spiegato loro le tue motivazioni ed hanno commentato con un ‘tipico di Stiles sobbarcarsi i problemi per non far preoccupare nessuno’” sospirai sollevato. “Quindi ora sanno della nostra relazione” lui annuì. “Ci fanno i complimenti e hanno iniziato a scambiarsi del denaro per le scommesse che avevano realizzato sulle nostre teste. Non avrebbero nemmeno potuto esprimere un commento negativo o gli avrei aperto al gola…”. “Con i denti” completai divertito. “Sono felice di essere tornato da te” iniziò ad accarezzarmi la schiena, solo allora mi resi conto di quanto mi dolesse e gli fui grato del suo intento di togliermi il dolore. “Non immagini quanto sia felice io”.

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Capitolo 13
*** Nei ***


“Cento venticinque, cento ventisei…cento ventisette”. “Centro ventisette?!”. “Cento ventisette, sono piuttosto sicuro di non aver tralasciato nessun neo. Nemmeno il più piccolo”. Non mi reputavo affatto un ragazzo particolarmente pigro, anzi tutt’altro, iperattivo come pochi. Ero sempre in movimento e cercavo di calcolare a mente quante ore di sonno sarebbero state sufficienti per riposare la mente, a patto che il sonno non ostacolasse i miei piani. Dai miei ricordi d’infanzia, nonostante ormai stessero progressivamente sbiadendo, ricordo che contrassi la febbre. Era così alta che mia madre fu costretta a farmi impacchi di giacchio sulla fronte ad ogni ora ma ciò fu tutto pressoché inutile, poiché mi affidarono alle cure di Melissa che mi rimise in piedi in una manciata di giorni. Mio padre mi raccontava sempre come la casa si fosse svuotata delle mie abituai urla a causa dei sonnellini che l’alta temperatura corporea mi costringeva a fare. Fu dunque estremamente strano per me considerare che il mio corpo fosse rimasto immobile a causa di uno stato vegetativo indotto per tre giorni, ed ora mi ritrovavo a giacere su di un letto dopo forse, il sonno più lungo della mia vita. Avevo posto fine al rituale verso le sei del pomeriggio, lo dedussi dal tramonto che tinse di aranciato i finestrini della Camaro, avevo poi risollevato le palpebre l’indomani mattina verso le dieci. Derek era rimasto al mio fianco durante questo tempo, recuperando anche lui le ore di sonno che aveva sacrificato per vegliarmi. Ci eravamo svegliati assieme probabilmente, del tutto casualmente, perché avevo iniziato a rotolarmi tra le lenzuola nella vana ricerca di scappare ad un raggio di sole, non gradito dal mio volto. Tra quelle lenzuola i problemi parvero momentaneamente sparire ma ciò non era certamente merito della morbidezza delle coperte o dalle comode molle del materasso: era merito di Derek se il mio petto si alleggerisse dalle preoccupazioni e riprendesse a respirare tranquillamente. Già perché quel licantropo possedeva la capacità di farmi tornare a vivere ed ebbi modo di constatare questa mia certezza, quando riflettevo sul fatto che tra le sue braccia il resto del mondo sembrava zittirsi…oppure era semplicemente a causa dei suoi muscoli che mi avvolgevano e stritolavano. Con il volto ancora scavato nel cuscino, ammirai comodamente la bellezza eterea del ragazzo che giaceva accanto a me. I capelli corvini leggermente scompigliati gli conferivano un aspetto decisamente buffo e poco appropriato ad un ragazzone della sua stazza. Allungai una mano nella direzione della sua guancia, accarezzandola con riverenza ed amore. Ridacchiai a causa della sensazione di formicolio che attraversò il mio palmo, dovuta alla sua barba ispida. Poi, ecco avverarsi il vero spettacolo della giornata: Derek aveva aperto gli occhi. Potevano anche essere gonfi a causa del sonno, arrossati e mezzi chiusi ma i suoi occhi restavano pur sempre la cosa più bella che avessi mai visto. Questo pensiero lo nutrivo perfino da ragazzino, quando ancora non ero certo dei sentimenti che nutrivo per lui. Ne ero rimasto folgorato durante uno dei nostri primi, ed estremamente burrascosi, incontri. Derek mi stava costringendo a segargli un braccio, credendo che in tale modo sarebbe riuscito nel suo intento di non diffondere l’aconito del proiettile che giaceva nel suo arto, nel resto del corpo. Il colpo lo aveva resto velocemente smunto e la sua carnagione olivastra aveva ceduto il posto ad un mal sano pallidume. Una serie di condizioni che fecero risaltare il suo sguardo affaticato ed incorniciato dalle occhiaie, lasciandomi pietrificato per alcuni istanti. Lo stesso licantropo aggressivo che ora si stava godendo con un sorrisetto compiaciuto, le attenzioni che gli stavo donando. Andava incontro ai movimenti della mia mano per ricevere ancora più calore e per un istante credetti perfino che stesse facendo le fusa. “Come siamo particolarmente coccolosi la mattina” sorrisi, incapace di provare altre emozioni che non fossero gioia o serenità…dopo così tanto tempo. “Non sono coccoloso” ribatté immediatamente, con un’espressione fintamente offesa. “Sembri un cucciolo di lupo, sappi però che mi rifiuto di leccarti il pelo per benino” continuai a stuzzicarlo, sentendomi completamente libero di farlo senza il timore di essere rimproverato o che la cosa non fosse gradita. “Tu non vorresti leccarmi?” a giudicare da dove le sue mani avevano preso ad esplorarmi, non si stava affatto riferendo all’immagine amorevole di una mamma lupo che si prende cura della propria prole, non che io ne fossi dispiaciuto. “Perché non vieni a scoprire se è davvero così” lo sfidai ricorrendo al suo stesso tono provocatorio. Inutile dire che fare l’amore con Derek dopo la terribile esperienza vissuta solamente il giorno prima, mi rimise al mondo. Il fatto di sentirmi un tutt’uno con lui, di fonderci in una sola entità, mi faceva sentire in pace con me stesso. Ora le coperte erano finite a terra e Derek, desiderando prolungare il nostro momento di intimità, si prese la briga di contare ogni singolo neo che fiero più che mai, giaceva sulla mia cute. Non si trattava di altro se non di una banalissima scusa per potermi lasciare altri morsi e baci, cosa ben gradita da parte del sottoscritto. Come suo compagno e in veste di essere umano marchiato dalla sua mandibola, rivendicavo una lunga lista di attenzioni che dovevano essere necessariamente soddisfatte. Derek poteva essere anche il grande lupo cattivo che aveva rivendicato il suo possesso su di me per mezzo della cicatrice che portavo della spalla dei suoi canini appuntiti, ma senza dubbio ero io il componente della coppia a dettare legge. Non si scherza con Stiles Stilinsky. “Perché sembri così sorpreso dal somigliare così tanto ai biscotti di nome ‘gocciole’?” domandò mordicchiandomi il naso. “Beh per quanto io sia flessibile non sono ancora in grado di raggiungere determinati punti e poi…non avevo concesso a nessuno prima di te di esaminare così a fondo ogni centimetro del mio corpo” gli occhi di Derek si tinsero di un blu elettrico. “Infatti nessuno potrà più toccarti” ci tenne a precisare: lupo gelosone. “Gelosia o meno credo sia meglio alzarci, oramai mancano pochi minuti a mezzo giorno e se non ricordo male mi avevi promesso un pranzetto con i fiocchi” mi trai a sedere tra le proteste del licantropo che non avrebbe voluto abbandonare quell’antro caldo. “D’accordo, passami il cellulare così possiamo ordinare online”. “Der se davvero comprassimo tutto quel ben di Dio via internet, consegna inclusa, spenderemmo un patrimonio. Possiamo benissimo cucinare noi, infondo sono un ottimo cuoco” cercai i miei vestiti sul pavimento della stanza ma mi accontentai di infilarmi un paio di boxer e la maglia di Derek. “Non se ne parla! Sei stato in coma per tre giorni, ogni genere di sforzo ti è severamente vietato” scattò in piedi, rivestendosi velocemente e porgendomi un braccio per accompagnarmi nella discesa delle scale. “Lo sai vero che tutto questo non è necessario? Posso camminare senza sforzo” era impossibile per me non trovarlo adorabile. “Lo immagino ma non voglio correre rischi. Sono serio Stiles, Lascia che sia io a prendermi cura di te”. Derek voleva prendersi cura di me. Quando è stata l’ultima volta che avevo concesso a qualcuno di prendersi cura di me? Probabilmente non era mai accaduto. Perfino da bambino non mi ero potuto permettere il lusso di fare i capricci, dovevo occuparmi della mamma quando il papà era in servizio. Ero cresciuto troppo in fretta e dovetti abbandonare i giocattoli per armeggiare con pasticche e siringhe da passare alla mamma per alleviarle almeno quel disturbo. Ricordo che le nostre giornate si svolgevano con un ritmo totalmente differente rispetto a quello dei miei compagni di classe: un susseguirsi di corse in ospedale e notti in bianco per aiutarla nel caso si fosse alzata per rimettere gli antidolorifici. Giocavamo spesso a nascondino: lei contava ed io correvo a nascondermi…ma erano più le volte in cui mi addormentavo sul fondo dell’armadio, piuttosto quelle in cui lei riusciva a camminare fino a scovarmi. Ci divertivamo anche nel momento in cui la mamma era costretta a trangugiare le sue sette pastiglie giornaliere: agli occhi del me bambino somigliavano a delle caramelle colorate e dunque ero io a scegliere l’ordine in cui avrebbe dovuto assumerle in base a quella che mi pareva più appetibile quel giorno. Ero cresciuto troppo in fretta anche quando dovetti rinunciare a tutti i pomeriggi con i miei coetanei, che si radunavano nel parco della città per trascorrere del tempo assieme, poiché dovevo occuparmi della salute di mio padre. Loro rincasavano da scuola e gettavano lo zaino in un angolo, gustandosi il pranzo pronto e caldo…io correvo per arrivare a casa prima di mio padre per fargli trovare il cibo pronto tra un turno e l’altro. Loro facevano le prime esperienze della vita, le prime cotte, le prime sbandate da adolescenti…io mi occupavo di scegliere al supermercato il detersivo più economico, che ci permettesse comunque di arrivare a fine mese senza rinunciare a troppe cose. Loro trangugiavano alcolici in discoteca…io bevevo antidolorifici per il mal di testa, dopo aver trovato i reclami della banca tra le bollette e gli annunci pubblicitari nella cassetta della posta. Ero cresciuto troppo in fretta ogni volta che vedevo Scott abbracciare Melissa, il cuore che mi si stringeva. Ero diventato grande senza accorgermene nemmeno quando il mio migliore amico era stato morsa da un lupo mannaro, quando Allison era morta a causa mia, quando uccisi volontariamente una chimera, quando vidi Derek uscire dalla mia vita pensando sarebbe stato per sempre. Colto da questi pensieri mi gettai tra le sue braccia, quasi cademmo dalle scale. Non avevo ancora riflettuto sul fatto che da quando Derek era comparso nuovamente nella mia esistenza, avevo automaticamente iniziato a fare affidamento su di lui. Non lo trattavo come gli altri membri del branco, per cui ero diventato una sorta di mamma chioccia, lo consideravo un mio pari…lo consideravo il mio compagno. Sembrò leggere nei miei pensieri quando mi prese in braccio, sollevandomi delicatamente fino a poggiarmi sul ripiano della cucina. “Sento il tuo cuore battere più rapidamente, stai per avere un attacco di panico? Qualcosa non va?” domandò, facendosi spazio tra le mie gambe per potermi guardare in volto. “Non è nulla Der, sai che a volte mi lascio sopraffare improvvisamente dai pensieri. Ora grazie al mio fantastico compagno, mi passerà alla svelta” gli fui grato del fatto che spostò leggermente il colletto della maglia che indossavo, per potermi baciare il marchio sulla spalla. “Quindi? Che cosa abbiamo intenzione di cucinare? Tanto oramai abbiamo sforato così tanto l’orario del pranzo che possiamo prenderci tutto il tempo che vogliamo” fui totalmente d’accordo e dunque ripiegammo su una pizza, mai scelta fu più disastrosa nella storia. Derek mi aveva dato il compito di leggere ingredienti e procedimento dalla ricetta, mentre lui avrebbe impastato e condito. Le premesse non furono già delle migliori. “Devi aggiungere trecento grammi di farina all’acqua che hai versato nella ciotola” lo istruii. “Come faccio a sapere quanta farina mettere? Senti sono dotato di sensi super sviluppati da licantropo, mi farò guidare dall’istinto” così dicendo afferrò il pacco di farina, gettandola a casaccio nella terrina. “No Der! Devi usare le bilancia!” lo sgridai calciando con le gambe, per farlo smettere. “La bilancia la usano gli umani. Non mi serve” cocciuto di un mannaro. “La bilancia la usano le persone che vogliono mangiare una pizza come si deve!” urlai, recuperando un po’ di quella polvere e lanciandogliela addosso…non lo avessi mai fatto. Derek ne afferrò una manciata sostanziosa, prima di lanciarmela tra i capelli, scoppiando a ridere. “Sei invecchiato improvvisamente!” si piegò in due a causa del divertimento che la mia immagine gli procurava. “Che cosa ridi razza di…” presi il cucchiaio sporco di passata di pomodoro e glielo passai sulla barba. “Questo look ti dona, dovresti pensare di tingerti i capelli e le sopracciglia di rosso!” urlai divertito, oramai era chiaro che ci fossimo dichiarati guerra. “Tu, razza di ragazzino impertinente!” mi minacciò, mettendomi un po’ di impasto nella maglietta. “Guarda che la maglietta è la tua! Ti stai auto attaccato teoricamente” gli feci la linguaccia. “Chiedimi scusa per come mi hai ridotto, ora. Oppure metterò te nel forno al posto della pizza” il suo tono di voce era tutt’altro che arrogante, il sorriso con cui mi stava guardando era sicuramente divertito tanto quanto il mio. “Oh che paura, sono proprio intimorito dai tuoi molari da castoro” cacciai un urlo quando mi morse giocosamente il collo. “Avanti, implora perdono sceriffo della camera da letto” risi per via di quel soprannome. “Stai ammettendo che ho il controllo anche in quei momenti? Mi fa piacere” sbuffò arreso. “Ti chiedo scusa mio sourwolf per aver irritato il mio lato da perfezionista con la tua delicatezza nella cucina degna di uno scaricatore di porto” allacciai le braccia al suo collo. “Che razza di dichiarazione. In tal caso ti chiedo scusa anche io Stiles per essere un fidanzato troppo perfetto da eguagliare” stavo giusto per dirgliene quattro quando mi tappò la bocca con un bacio. “Sai di pomodoro” mi leccai le labbra quando ci separammo, quel gesto catturò fin troppo la sua attenzione. Dovetti ricorrere al mestolo di legno per farlo concentrare sulla ricetta e non su di me. Alla fine la pizza fu veramente squisita ma questo non glielo dissi semplicemente per non farlo gongolare già più di quanto non facesse. “Prima di addormentarmi le parole di quel druido mi rimbombavano ancora nelle orecchie, come un eco. E’ stato impossibile per me non dargli peso. Questo mistero che rotea attorno al distintivo di mio padre non riesce a darmi pace” esternai le mie preoccupazione una volta che terminammo di pranzare, giocherellando con il cornicione avanzato. “Stiamo parlando del mondo soprannaturale, potrebbe riferirsi a qualsiasi cosa. Il distintivo è una stella, che sia coinvolto il Pentagono?” cercò di farmi ridere, ma la sua battuta non provocò in me alcun tipo di divertimento. “Sono serio Der, voglio andare a fondo di questione. Voglio ispezionare la camera dei miei genitori” il licantropo lasciò cadere le posate sul pavimento. “Stiles, non voglio che tu prenda decisioni affrettate solamente a causa della gravità della situazione. Certamente sono felice del fatto che tu voglia superare quella barriera ma non vorrei che tu potessi pentirtene in futuro per non esserti concesso sufficiente tempo per elaborare il tutto” mi strinse una mano. “Quando la mia famiglia è venuta a mancare mi allontanai dalla villa per alcuni giorni, avevo bisogno di sradicarmi completamente da quel luogo…da quegli odori. Per gli umani il senso più vulnerabile è sicuramente la vista ma per noi licantropi è l’olfatto. Sono stato debole ed ho ceduto all’esigenza di fiutare gli odori di Laura e di mamma che impregnavano le macerie ancora un’ultima volta, ma quando mi sono trovato sul luogo della loro morte me ne sono pentito. Il mio fiuto di suggeriva che loro fossero ancora lì, che le avrei trovate intente a spettegolare di un’amica di una piuttosto che dell’altra ma la verità è che di loro non rimaneva altro se non polvere” questi dettagli della sua sofferenza Derek non aveva mai averli condivisi con nessuno poiché sembrava si affaticasse a trovare le parole adatte per descrivere la sua pena. Istintivamente lo strinsi tra le mie braccia, cullandolo leggermente. “Essendo l’unico della famiglia ancora in vita, come ben sai Cora e Peter erano stati dichiarati scomparsi, venni chiamato da tuo padre per effettuare il riconoscimento del corpo di mia madre. Non scorderò mai il fatto che lo sceriffo si tolse il cappello difronte al mucchio di ossa che era Talia” qualche lacrima sfuggì dai suoi begli occhi. “In un certo senso siamo sempre stati legati ed è per questo che non posso fare questo grande passo senza di te” gliele asciugai con il dorso della mano. Per quanto Derek fosse distrutto all’interno, poneva sempre il mio benessere al primo posto. Eravamo entrambi troppo fragili per non affidarci a mani che non sapessero come maneggiarci, che non fossero quelle dell’altro. Riordinammo la cucina e salimmo al piano superiore. Avvolsi la maniglia della porta del palmo tremante della mano destra: era terribilmente fredda, il che mi ricordò quanto tempo fosse ormai trascorso dalla scomparsa di mio padre. Erano accadute così tante disgrazie da quel momento che non avevo ancora avuto l’occasione di andare a recargli visita, oppure semplicemente mi impediva di farlo lo stesso blocco mentale che mi vietava di oltrepassare quella porta. “Solo quando sarai pronto, intesi?” annuii, faticando a rispondere verbalmente. Accantonai le questioni personali riflettendo sul fatto che ad essere in pericolo vi era l’intero mondo soprannaturale. Spalancai la porta di getto, con un gesto rude ed istintivo. Solamente il pulviscolo mi accolse calorosamente, roteando nell’aria come a voler sottolineare la mancanza di entrambi i legittimi proprietari della stanza. Il tempo si era fermato, letteralmente dato che le batterie della sveglia di mio padre dovevano essersi esaurite con noi…non avevano più uno scopo poiché quell’uomo buono e dedito al lavoro non si sarebbe più svegliato all’alba…e nemmeno a qualsiasi altro orario. “Che cosa stiamo cercando, esattamente?” grazie a Dio Derek spezzò quel silenzio infernale che si era venuto a creare. “Qualsiasi indizio che possa ricondurre al distintivo. Direi di ispezionare quel comò e il comodino, il restante del mobilio contiene ancora gli oggetti di mia madre” apprezzai il fatto che il licantropo toccasse ogni cosa con timidezza ed accortezza, come se temesse di commettere il grave errore di sciuparle. “Ma guarda un po’, chi è questo bel bimbo?” il mio compagno ebbe la sfortuna di rintracciare una mia vecchia fotografia: ero un piccolo bambino paffuto di qualche mese, il pannolino era più grande di me. “Incredibile ma vero, non sono nato con le occhiaie” lo feci sorridere. Mio padre aveva accumulato una grande quantità di vecchie fotografie, che aveva conservato nel cassetto dei calzini. “Tua madre era stupenda” si lasciò sfuggire Derek, ammirando alcune foto dell’album di nozze dei miei genitori. “Non è affatto difficile capire perché mio padre fosse innamorato perso. Voglio farti vedere una cosa” sgattaiolai verso l’armadio, sapendo perfettamente che anta aprire. Non appena la spalancai, Derek spalancò la bocca: vi era custodito l’abito da sposa di mia mamma. “Posso?” annuii, invitandolo a toccarlo. Si portò una manica alle narici, inspirando rumorosamente. “Stiles?”. “Si?”. “N-niente, perdonami. Probabilmente non mi sarei dovuto permettere né di toccarlo né di annusarlo”. “Derek, ti scongiuro. Parla”. “Il suo odore…è rimasto impresso. E’ lo stesso odore che sento su quel peluche a forma di scimmia che hai in camera, quello dei cuscini della poltrona del soggiorno e del lenzuolo di questo letto matrimoniale. Sa di bucato e…” “Violette” dicemmo all’unisono. “Vorrei tanto poterlo sentire anche io” mormorai profondamente dispiaciuto per quella debolezza che comportava l’essere un semplice umano. “Hai certamente una cosa migliore: i ricordi” tentò di tirarmi su di morale Derek, baciandomi a scocco la fronte. Probabilmente aveva ragione, così riprendemmo le ricerche. Mi sedetti sul letto, svuotando il contenuto del comodino di mio padre. Medagliette per l’onore, vecchi calendari della centrale, delle targhette di riconoscimento ed un taccuino. Uno strano taccuino ad essere onesti, poiché nella pelle di cui era rilegata la copertina, era intagliata la medesima iscrizione che campeggiava sull’ingresso alla cripta: ‘Fiat Lux’. “Derek penso che potremmo esserci” ovviamente si precipitò accanto a me. “I druidi con i quali ho avuto modo di parlare durante il rituale, mi hanno confessato il fatto che mio padre avesse rubato loro qualcosa che materialmente non doveva possedere lo stesso valore affettivo che loro gli attribuivano. Parlavano di una eredità che lui mi avrebbe riservato” spiegai rapidamente al licantropo, mentre slacciavo lo spago che teneva chiuso il piccolo quaderno. “Cosa avrebbe mai potuto rubare dalla cripta tuo padre? C’erano solo statue e delle sorta di lapidi. Nulla di così piccolo da poter attraversare la centrale senza essere notato da una quindicina di poliziotti” mi fece notare. “I druidi hanno sottolineato il fatto che la natura non è altro se non un cerchio: ovunque ci sia morte, trova sempre il modo di rinascere. Delle ceneri non sono mai la fine ma simboleggiando un nuovo inizio”. “Su questo non c’è dubbio” avvolse la mia vita con un braccio, non avrebbe permesso in alcun modo di morire senza lottare. Aprii la prima pagina del taccuino, trovandovi la calligrafia di mio padre. “Mio caro Stiles, sono certo che quando troverai questo mio piccolo quadernetto, sarai già giunto ad un buon punto nella risoluzione del più grande enigma che la città di Beacon Hills abbia mai offerto. Ho grande fiducia nel tuo intuito. Devo ammettere di essere piuttosto preoccupato del fatto che io abbia scritto questo messaggio introduttivo in un passato durante il quale, immaginavo che in futuro sarebbero accadute catastrofe tali da necessitare il tuo aiuto. Abbi cura di te figliolo, questo è il primo consiglio che mi sento di riservarti. Nelle pagine successive troverai una serie di appunti che ho raccolto nella cripta sottostante alla centrale, tentavo di comprendere quanto le predizioni fossero corrette e soprattutto di decifrare le date corrette delle prossime minacce da sventare. Non so chi abbia costruito quel luogo sacro e nemmeno il perché, ma scommetto che in questo momento tu sapresti rispondermi. Promettimi che userai il distintivo solamente in caso di reale pericolo poiché, anche se mi è oscuro il perché sia tanto unico, il suo contenuto deve pur essere significativo…altrimenti non si sarebbero presi la premura di nasconderlo tra le fauci del Kanima di pietra” lessi ad alta voce, Derek attento più che mai. Le ingiallite pagine seguenti vi erano raccolte numerose delle deduzioni di mio padre sul mondo sovrannaturale. “Combinazione per il distintivo” quasi urlai quando lessi quella dicitura, lanciando il taccuino tra le mani di Derek, mentre afferravo l’oggetto. “Ruotare tre volte la seconda punta del distintivo, verso destra. Ruotare verso sinistra la quarta punta, per sette volte Tirare indietro di una postazione la terza punta in modo che occupi la vecchia posizione della quarta. Fare una leggera pressione sul centro e lasciare che la placca si sollevi” lesse il lupo, mentre io eseguii i suoi ordini. Straordinariamente funzionò: non appena vedemmo il contenuto, tutto fu più chiaro. ~~~ Perdonate la mia intromissione nel racconto ma ci tenevo a ringraziarvi per questo risultato che siamo riusciti a raggiungere sabato. Dico 'riusciti' e non 'riuscita' perché il merito di tutto questo è solamente vostro, perciò grazie infinite ❤️ domando scusa per il formato dei testi ma non ho ancora imparato bene come si utilizza il programma 

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Capitolo 14
*** Mary ***


Mi era capitato spesso di arrovellarmi su questioni apparentemente futili, me ne rendevo conto. Era la mia iperattività a suggerirmi paranoie inutili ed alquanto sorvolabili ma proprio non potevo farne a meno di viaggiare con la mente, guidato dall’ansia. Tornato in centrale dopo la presunta malattia, i miei sottoposti si erano radunati in una corta di commiato di benvenuto, offrendomi la loro contentezza nel vedermi di nuovo in piena salute (un pizzico di sensi di colpa mi colpì gravemente al cuore) ed offrendomi delle ciambelle per festeggiare il lieto evento. Ora capisco perché mio padre amasse così tanto trascorrere del tempo con questi poliziotti un po’ scorbutici: oltre al suo accanimento per la giustizia e l’ordine, il vecchio sceriffo aveva anche una passione sfrenata per i dolci, dettaglio del suo carattere che il sottoscritto aveva cercato in ogni modo di estirpare. Mi facevo in quattro per cercare delle ricette a base di verdura che fossero appetibili non solo nel gusto ma anche nell’aspetto, altrimenti il buon vecchio Noah si sarebbe sentito eternamente ospite di una cucina ospedaliera, e lui si rimpinzava di cibo spazzatura non appena timbrava il cartellino della centrale. Probabilmente mi sarei dovuto arrabbiare, ma l’idea di tenerlo in riga mi divertiva e parecchio. Me lo immaginavo affamato come un procione di città che zizzaga tra i bidoni della pattumiera alla ricerca di qualcosa da mettere sotto ai denti, qualcosa di possibilmente poco sano ed estremamente zuccheroso. Ed eccomi qui, ed interrogarmi sul fatto se fosse appropriato o meno divorare la ciambella che Leon aveva fatto la cortesia di acquistarmi. Non si trattava di un dolce qualsiasi, poiché proveniva dalla pasticceria più succulenta della città. Bastava sollevare l’incarto per sprigionare un aroma paradisiaco, che avrebbe rimesso in piedi perfino una squadra di poliziotti scansafatiche come erano i ragazzi della mia squadra. Tra l’etichetta e la fame, prevalse lo stomaco e decisi di inghiottirla con un paio di bocconi. La mattinata era stata piuttosto frenetica e, sfortunatamente, non avevo avuto modo di trattenermi con Derek per consumare assieme la colazione. Le faccende del caso e del rituale lo avevano portato ad essere piuttosto arretrato con la correzione dei compiti dei suoi alunni e con la preparazione delle future lezioni, fu così costretto a ridursi a lavorare come un forsennato la notte scorsa. Giusto il tempo di qualche assonnato bacio, il licantropo era corso al liceo, con la promessa che sarei andato a recuperarlo la stessa sera dopo che avesse concluso i colloqui con alcuni genitori. La routine era una bestia maledetta: quando ne eri immerso per troppo tempo iniziavi ad odiarla, ma quando ne stavo lontano (anche per poco) iniziavi a sentirne la mancanza. Difronte alla notizia di una plausibile catastrofe del mondo sovrannaturale, una morte indotta e la scoperta di altri indizi raccolti da mio padre, sfido chiunque a non gioire nell’immergersi nuovamente in questioni umane apparentemente quotidiane che ora, dopo tutte quelle sfide che dovetti affrontare, mi parevano perfino da poco conto. Giusto qualche settimana prima, avevo maledetto apertamente la stampante del mio ufficio perché si inceppava ogni qualvolta che ero costretto a stampare delle documentazioni in tempi record, ora fischiettavo allegramente e quasi attendevo con trepidazione quel rumoraccio metallico che emetteva ogni volta che annunciava il malfunzionamento del sistema, così da poterla riparare con le mie, ormai, mani abili. Qualche settimana prima detestavo anche il fatto che il timbro della centrale perdesse la sua carica d’inchiostro ogni tre fogli, ora mi ero perfino permesso di timbrare la mano di Parrish quando era comparso con altre tre pile di documentazioni da approvare. Avevo annaffiato le piante del mio ufficio che dovevano aver sentito parecchio la mia mancanza dato che le loro foglie erano afflosciate in una chiara dichiarazione di sete. “Nessuno si è preso cura di voi piccole? Zio Parrish è proprio sbadato. Ora ci penso io e già che ci sono vi sposto difronte alla finestra, così potete recuperare tutto il sole che non avete assimilato” iniziai a parlare loro con un tono dolce: avevo letto su una delle riviste scientifiche di Derek quanto ai vegetali piacesse il suono della voce umana e della musica…chissà se avrebbe potuto funzionare anche con il Nemeton. Colto da un’improvvisa malinconia, mi accostai alla parete mobile che conduceva alla cripta, accostandovi un orecchio come a volermi assicurare che la situazione là sotto fosse immutata. Tutto ciò che riuscii a cogliere fu un leggero spiffero d’aria che parve rassicurarmi del fatto che i sotterranei odorassero ancora di polvere e muffa, esattamente come quando li avevo lasciati. “Stiles?” Parrish entrò nell’ufficio, richiudendo la porta alle sue spalle…poteva significare solo una cosa: guai in vista. “Dimmi pure. E’ stata recapitata un’altra denuncia di smarrimento di documenti da parte della signora Croft? In tal caso devi contattare il nipote. Li scorda sempre nel cassetto della camera da letto, il secondo per essere preciso, dove tiene anche il rosaio e l’acqua santa” tentai di anticipare le sue mosse, ma soprattutto di prepararmi ad una possibile cattiva notizia, sottraendogli tempo per parlare, una tecnica astuta dopo tutto…mi piedi una pacca sulla spalla mentalmente. “No capo, si tratta di una questione molto più grave. Vorrei metterti al corrente che anche io per ottenere questo distintivo ho fatto ben tre anni di psicologia e so perfettamente che vorresti evitare il discorso che ti sto per fare” si accomodò sulla sedia fronte alla mia scrivania, dove presi posto imitandolo. “Tre anni? Quanto diamine sei vecchio Parrish? Ora psicologia la si conclude in mezzo semestre. Andavi al college con i tirannosauri?” sfoderai un po’ del mio buon vecchio sarcasmo. La situazione di stallo assunse quasi i toni di uno scontro western: il vicesceriffo assottigliò lo sguardo, tentando di comprendere come anticipare le mosse, mettendo una mano sulla sua fondina. “Questa città è troppo piccola per tutti e due” mormorai, estraendo la mia fidata pistola carica di proiettili a base di ironia. “Sono più grande di te di soli quattro anni ma questo mi rende sufficientemente più esperto di te in questo settore cinematografico per sapere che il punto migliore a cui sparare l’avversario non è il petto, ma bensì i pantaloni” mentre parlava avvertivo la cinta farsi sempre più lenta e la parte inferiore della mia divisa piombare a terra. “Ma come hai fatto?!” domandai esterrefatto: dovevo assolutamente apprendere questo trucchetto per utilizzarlo non Derek, sicuramente non per scopi perversi. “Porti davvero dei boxer con la scritta ‘che la forza sia con te’? Credevo che li producessero solamente per bambini…a meno che le tue misure…”. “Sei a tanto così del farti licenziare caro vicesceriffo” lo minacciai richiudendomi la zip dei pantaloni. “Prima di procedere oltre ci tengo a sottolineare che questo meraviglioso capo di abbigliamento è stato acquistato dal sottoscritto da un rivenditore ufficiale che dispone anche di taglie oltre gli otto anni” precisai con una certa nota d’orgoglio. “E’ così che ora si chiama il Disneystore? Cavolo io ero rimasto a quando quella catena era soprattutto rivolta ai più piccoli” ridacchiò divertito. “Vuoi proseguire oltre o devo farti richiamare da Dart Fener?”. “Per carità, parlerò” alzò le mani in segno di resa. “Stiles, siamo venuti a sapere la gravità della cosa” fu appositamente reticente per evitare di coinvolgere le orecchie già sufficientemente tese di tutta la centrale. “Mi dispiace di avervi escluso ma temevo per la salute di tutti voi. Non siamo più dei ragazzini, ognuno di noi ha delle responsabilità a cui pensare e la mia, escluso il fatto che sarei andato a fondo della questione ugualmente, è quella di tenervi tutti al sicuro”. Parrish annuì consapevolmente. “Lo so, lo sappiamo ma questo non implica che tu sia costretto ad appesantirti di preoccupazioni di cui possiamo benissimo dividerci il peso. Erano giorni che Lydia era particolarmente irrequieta e non ne comprendeva il motivo. Ho provato a convincerla del fatto che si trattasse del bambino ma lei continuava a stare in uno stato di allerta, fino a quando non ha avuto una visione devastante” raccontava e mano a mano il suo sguardo si abbassava come…arrendevole. “La mia?”. “La tua” sospirò. “Ovviamente ci sembrava una follia, abbiamo contattato Scott ed il resto del branco per avere tue notizie ma nulla…fino a quando non ti abbiamo trovato in quella vasca di ghiaccio ed erbe con Derek che passeggiava nervoso per la clinica: sembrava una tigre in gabbia” non potei fare a meno di sorridere non appena pronunciò quel meraviglioso nome. “Che cosa faremo ora, Stiles? Come ne usciamo da questa situazione. Ovviamente sono preoccupato per la tua salute ma anche per quella del mio futuro bambino, dato che per certo non sarà umano né da parte di madre, tanto meno da parte di padre” iniziai a giocherellare con il tappo della penna per stemperare la tensione. “Non sono io l’alpha del branco, probabilmente non mi dovrei permettere di impartire ordini” lui ne parve risentito. “Stiles, Scott farebbe qualsiasi cosa per salvare la tua vita e sa perfettamente che le idee migliori le hai sempre avute tu. Stiamo letteralmente pendendo dalle tue labbra” presi coraggio e, difronte a questa dichiarazione, confessai ogni cosa…del piano elaborato dai druidi per eliminare lo Stallone Nero, del fatto che Deaton fosse già preso dalla cerica delle erbe adatte per ardere il fuoco che lo avrebbe scacciato e del piano di Taranee. “A proposito di quella ragazza: non è trascorso un singolo che giorno senza che lei non si fosse presentata in centrale chiedendo di te. Ha respinto con la cortesia di cui è dotata e che noi conosciamo fin troppo bene, ogni poliziotto della centrale, sostenendo di voler comunicare solamente con lo sceriffo il motivo della sua visita. Sono riuscito comunque a strappargli qualche parola di bocca ma…più che altro una manciata di monosillabi” questo dettaglio mi preoccupò e di parecchio. “Cosa ti ha detto?”. “Ha parlato di qualcosa riguardante la luna piena di questo mese, tra quattro giorni se non erro, affermando che sarebbe stata allora la resa dei conti. Ovviamente non sapendo cosa si celasse dietro a quelle parole le chiesi di essere più esplicita e lei mi ha consegnato questo” dalla tasca della camicia della divisa, estrasse un piccolo pacchettino rilegato con della carta di scarsa qualità…forse perfino carta vetrata. Con mani tremanti iniziai a scartarlo e quando lo sollevai ebbi l’istinto di rimettere: conteneva una zanna di licantropo. “Ci sbagliavamo a credere che con la Monroe avessimo toccato il fondo della crudeltà a disposizione di un essere umano. Non le è bastato sterminare un numero indecifrabile di creature soprannaturali ed aver scaturito una rivolta armata contro di loro che a fatica, con il tempo, si è placata…sua figlia è la combinazione della sua perversione per l’istigazione alla paura e…”. “L’odio per il diverso di Geralt” annuì amaramente. “Ecco perché non aveva ancora colpito. Attendeva che vi fosse la luna piena in modo tale che i licantropi fossero nel culmine del potere a loro a disposizione, cosicché lo Stallone raddoppiasse la sua potenza facendone il suo banchetto. Doppio sacrificio, doppia certezza di non essere lei il dessert di quel demone” il mio pensiero andò immediatamente a Derek, era impensabile istigare un processo inverso a quello che lo colpiva durante le notti di plenilunio, dunque era inevitabilmente in pericolo. “Quattro giorni per radunare il branco e ideare un piano d’accatto. Quattro giorni per capire come domare un demone così potente da custodire tutto il sapere druido ed infine quattro giorni per evitare che quella donna sradichi il Nemeton e ti conduca alla morte…” Parrish si passò le mani sul volto, come a volersi dare una rinfrescata da quel velo di freddo sudore che gli imperlava la fronte. “Sempre che Taranee non si sbarazzi del Nemeton nel tempo che ci separa dalla fine. Ordina immediatamente a tre poliziotti di recarsi nella riserva per vegliare su quel maledettissimo tronco. Inventati qualche stronzata che eviti il loro coinvolgimento a livello soprannaturale, non voglio che la famiglia Monroe si approfitti ancora una volta della paura umana. Ovviamente dovrai essere la loro guida in mezzo a quella foresta, non sarebbe facile spiegare loro che il Nemeton può essere trovato solamente se lo si cerca” lui ne fu completamente d’accordo. “Stipuleremo dei turni di veglia per mantenerli costantemente vigili e, per ultimo, ti fornirò delle indicazioni sul sentiero più rapido per la riserva. La nostra amica ha pensato bene di ostacolarci anche dalla possibilità di farci una bella scampagnata nel bosco” roteai gli occhi. Parrish prese nota e si affrettò a compiere i propri doveri. Gettai uno sguardo all’orologio accanto alla fotografia di mio padre, entrambi posti sulla scrivania: si stava inesorabilmente avvicinando la fine del mio turno di lavoro e, a differenza dei miei colleghi che spensierati rincasavano dalle loro famiglie, il mio servizio non si sarebbe interrotto con il semplice trascinamento del tesserino sull’apposito display. Mi accasciai sulla scrivania nella speranza di sembrare sufficientemente senza vita, funzionava così nella restante componente del mondo animale, no? La preda si finge morta affinché il cacciatore prosegui senza degnarla di uno sguardo…forse questa tecnica si sarebbe rivelata vincente anche con una certa ragazza sociopatica. Afferrai la cornice contenente la fotografia di mio padre, in cerca di conforto. Sorrideva pacifico dietro all’obbiettivo eppure, al momento dello scatto, doveva già essere a conoscenza della cripta e dei pericoli incombenti. Compresi sono in quell’istante il persistere delle violacee occhiaie sul suo volto, ormai scavate nella cute come se fossero parte integrante di quello sguardo malinconico e affranto che lo caratterizzava. “Vorrei tanto che tu fossi qui, papà. Sicuramente avresti già risolto questo mare di guai in cui mi sono cacciato. Saresti venuto a prendermi con una volante in mezzo alla riserva, afferrandomi per la maglia e rimproverandomi del fatto che a casa avremmo fatto i conti…cosa che non accadeva mai” mi lasciai andare ad una fiacca risata. “Sicuramente non saresti stato sorpreso da come si è evoluto il mio rapporto con Derek, anzi, lo avresti messo in guardia dalla mia parlantina e dal fatto che la notte non so stare fermo tra le lenzuola” accarezzai il vetro della cornice in corrispondenza della sua guancia paffuta. “Mi manchi così tanto. Mi manca sedermi accanto a te e ficcare il naso nei tuoi affari, magari versandoti qualche bicchierino di troppo per farti crollare e tentare di risolvere il caso al posto tuo, per sollevarti da quei pensieri che ti distraevano dal ricordare la mamma. Già, la mamma. Scommetto che in questo momento le stai raccontando di tutte le volte in cui ti ho disubbidito, quando mancava così poco che ti procurassi un esaurimento nervoso ma ti acquietavi quando nei miei occhi leggevi la stessa scintilla che animava quelli di mamma” ricordai tristemente. “A proposito di tuo cognato, sarà meglio che mi avvii verso il liceo o non farò mai in tempo a farmi trovare nel parcheggio quando avrà terminato con i colloqui” mi avviai verso la porta d’ingresso della centrale, quando una cupa figura mi venne incontro, urtandomi alla spalla. “Mi scusi” tentai di accertarmi che il malcapitato stesse bene, quando questo si liberò del cappuccio che aveva ben calato sulla testa: era Taranee. “Salve sceriffo, terminata la vacanza con l’ingegnere edile? O forse dovrei dire il vostro compagno? Oppure preferite licantropo?” lanciai uno sguardo al restante corpo di polizia: nessuno pareva aver ascoltato le parole della giovane, che afferrai per un braccio verso il retro dell’edificio. “Puoi anche smettere con questo teatrino. Sono a conoscenza del tuo piano. Non oso nemmeno immaginare come tu possieda tutte quelle informazioni su Derek ma se vengo a scoprire che lo hai pedinato o ferito nel tempo in cui io ero lontano da lui, giuro che ti pianto una pallottola dritta in fronte” la minacciai non pentendomi di una singola parola. “Non ti rendi nemmeno conto di quanto succulento materiale tu mi stia fornendo per sbatterti dietro alle sbarre. Prima il falso mandato per il sopralluogo alla mia abitazione, ah tra le altre cose mi auguro che il soggiorno nel mio armadio sia stato confortevole, ora un’esplicita minaccia” ebbe la cura di riservarmi un’occhiatina compiaciuta. “Vogliamo parlare del tuo acquisto illegale? Quell’appezzamento di riserva è suolo pubblico, senza considerare che potrei denunciarti già ora per i danni arrecati alla flora e fauna della foresta” le feci ammenda. “Palla al centro, sceriffo” era lecito odiare così tanto una persona. “Oh, intendo assegnare più punti possibili mia cara. Non vedo l’ora di mangiare bistecche di stallone, dicono che la carne di cavallo sia ricca di ferro” oramai avevo compreso il fatto che il vostro scontro più violento si sarebbe tenuto sul piano verbale. Nessuno dei due era particolarmente ben messo fisicamente, certamente saremmo stati abbastanza ridicoli a confrontarci in uno scontro corpo a corpo, non rientravamo nemmeno nella categoria dei pesi piuma…ma con le parole, signori miei, eravamo due leoni. Da leonessa quale che era, non stette certamente in silenzio. “Sfodera pure le tue doti sceriffo, sono in trepida attesa di vedere ogni singolo componente del tuo branco cadere nell’estremo tentativo di salvarti ma ricordati pure che il punto decisivo è a me che spetta” era il mio turno di ruggire. “Mio padre ha impiegato anni per rimediare ai disturbi mentali che tua madre aveva inflitto ai cittadini di Beacon Hills. L’ansia sociale, il terrorismo psicologico che aveva indotto nelle menti dei più deboli affinché si macchiassero le mani di sangue al suo posto. Perfino in questo si è rivelata una vipera senza coscienza. Non permetterò certo ad una ragazzina di far ripiombare questa città in un clima di terrore”. “Mia madre ha semplicemente fatto ciò che doveva ma su un minuscolo dettaglio ci troviamo d’accordo: non ha avuto il coraggio di utilizzare il nemico a suo vantaggio. Fortunatamente sono sempre stata fin da bambina appassionata alla carriera di mia madre ed ho appreso molto più di quanto io sia disposta a confessare” prese a passeggiarmi intorno, squadrandomi in ogni mio dettaglio. “Sai Stiles? Non siamo poi così diversi come credi. Vuoi onorare la memoria di tuo padre e, credimi, lo capisco dato che è un intento piuttosto nobile. Comprendo quel fuoco che ti arde dentro poiché è quello che scalda il mio petto alla sola idea di poter piantare un pugnale nel bel mezzo del cuore del tuo tenebroso compagno” istintivamente la spinsi contro i mattoni del muro della centrale. “Hahaha non ti scaldare troppo sceriffo. Quando Derek espirerà, credimi sulla parola che sarai già passato all’altro mondo da tempo” con tanto che avrei voluto spaccarle il naso a pugni, qualcuno alle mie spalle decise di intervenire, graffiandole il volto: era Scott. “Rivolgiti con questo tono a mio fratello ancora una volta e ti posso assicurare che la prossima volta non sarò così delicato” Taranee si coprì con una mano i graffi grondanti di sangue, tentando di allontanarsi. “Quattro giorni Stiles. Quattro giorni!” urlò mentre si addentrava nella periferia della città. Mi voltai verso Scott ancora tremante per la rabbia, immediatamente mi strinse in un abbraccio. “Immagino che tu sappia ogni cosa…” lo strinsi a mia volta. “Non sei mai stato particolarmente bravo con i segreti amico. Ho capito che eri innamorato di Derek quando vi ho trovati nella clinica: tu con un seghetto tra le mani e lui pallido e morente” ridacchiai felice di trovarmi in mezzo al calore di quell’abbraccio materno. “A cosa si riferiva la megera quando si riferiva al plenilunio?”. “Scotty, abbiamo molto di cui parlare. Raduna il branco, d’accordo? Ora che siete a conoscenza di tutta la storia devo assolutamente aggiornavi sul fatto che abbiamo pochissimo tempo per sventare l’inevitabile” lui annuì. “Ci vediamo a casa Martin. Corro a recuperare gli altri. Dove hai intenzione di andare ora?” parlavamo mentre ci dirigevamo alla jeep. “Vado a prendere Derek, oggi doveva sostenere dei colloqui scuola-famiglia, altrimenti sarebbe già qui” Scott si premurò di controllare che Taranee non mi avesse ferito fisicamente in alcun modo. “A dopo quindi” girai le chiavi nella serratura dell’auto. “A dopo…e Scott? Grazie per aver difeso me e Derek” lui sorrise fieramente, prima di sbrigare il suo compito. Sfrecciai alla velocità della luce verso il liceo di Beacon Hills, superando di gran lunga i limiti consentiti dal sistema stradale. Uno dei privilegi dell’essere lo sceriffo consisteva nel fatto che avrei potuto tranquillamente cestinare le fotografie scattate dall’autovelox alla targa della mia amata Jeep, senza che nessuno lo venisse a sapere…d’accordo, d’accordo non avrei mai preso il titolo di sceriffo dell’anno ma avrei preferito mantenere intatta la cittadina piuttosto che lucidare qualche trofeo polveroso, abbandonato in una vetrinetta da quattro soldi. Avrei dovuto aspettarlo in auto? E se si fosse trattenuto per parecchio tempo? Forse una sbirciatina mi sarebbe stata concessa: morivo letteralmente dalla voglia di vedere come Derek se la cavasse nel suo nuovo ambiente, sicuro che lui non potesse sospettare della mia presenza. “Dunque, vediamo…sono passati parecchi anni ma dovrei ancora ricordarmi dov’è collocata la prima” non incontrai alcuna resistenza all’ingresso dell’edificio poiché i bidelli, seriamente quanti anni dovevano avere? Secondo me erano una qualche creatura soprannaturale immortale, si ricordarono di me…per meglio dire del vecchio me: un ragazzino il cui nome faceva rima con disastri, si fa per dire. Passeggiai a passo felpato per i corridoi, venendo investito da un’ondata di ricordi: feci visita al mio vecchio armadietto, ora posseduto da una certa ‘Lucy’ che lo aveva decorato con gli adesivi di qualche boy band, un vero affronto, e a quello di Scott ovvero quello situato accanto. Sbirciai nell’aula dove si tenevano le lezioni di inglese durante il periodo in cui frequentai il liceo, la stanza dove per la prima volta conobbi Allison. Il laboratorio di chimica dove Lydia tentò di creare una bomba sufficientemente potente da rallentare la furia omicida di Peter, la piscina dove Jackson in veste di kanima aveva paralizzato Derek e la mensa dove fui abbagliato dal repentino cambiamento fisico di Erica e dove tentai di interloquire con Boyd. “Si signori, non dovete preoccuparvi in alcun modo. Vostro figlio è davvero intelligente anche se spesso a lezione sono costretto a richiamarlo per via degli schiamazzi che produce con i suoi amici” ed eccola quella voce di cui ero innamorato perso. Mi accostai all’uscio della classe, appoggiandomi con le spalle al muro e chiudendo gli occhi. “Luke è un ragazzino iperattivo, ci dispiace se alle volte perde il controllo” tentò di giustificarsi la madre. “Signora mi creda, non è un problema. A ben vedere richiamo molto più spesso certi suoi compagni ma volevo solo rassicurarla nel caso in cui vostro figlio dovesse mostrarvi qualche rimprovero sul diario. So cosa significa convivere con una persona che non sa stare con le mani in mano” calcò in particolar modo la voce mentre pronunciava l’ultima frase: maledetto odore, doveva avermi fatto venire allo scoperto. I genitori del ragazzino ci impiegarono un’altra manciata di minuti prima di lasciare libero il licantropo che rassettò la sua postazione, prima di richiudere l’aula. “Sai? Se proprio vuoi farmi una sorpresa ti consiglio vivamente di cambiare deodorante” ridacchiò, avvolgendomi i fianchi tra le sue braccia. “Come sei carino da professore diligente ed attento ai propri studenti” accarezzai dolcemente la porzione di collo che la sua camicia gli lasciava libera. “Se per questo tu mi fai impazzire in divisa” mormorò, baciandomi languidamente. “Non avevamo stabilito che mi avresti atteso in macchina?”. “Già hai detto bene, avevamo. Mi annoiavo e poi volevo spiarti mentre fingi di essere una persona seria sul luogo di lavoro” mordicchiai la punta del suo naso, facendolo ridere. “A differenza tua io sono sempre una persona seria” si fece pericolosamente vicino con tutto il corpo. “A differenza mia? Stai parlando con lo sceriffo mio caro. Dovresti portare rispetto per le autorità” lo ammonii. Lui annuì distrattamente, passando la lingua lungo la mia mascella, facendomi gemere. “D-der! Fermati immediatamente. Siamo in luogo pubblico per di più pieno di minori” mi allontanai dolorosamente di alcuni centimetri dal suo volto. “D’accordo, farò il bravo ma questo non significa che a casa ti lascerò scappare” fui grato del fatto che non fossi l’unico a fremere dall’esigenza di tornare tra le braccia dell’altro. “Temo che dovremo rimandare a dopo cena. Poco fa si è presentata alla centrale Taranee” immediatamente i suoi occhi si velarono di un cangiate blu elettrico, facendomi ridacchiare. “Calma lupone, c’era Scott con me. Non ho buone notizie, abbiamo solamente quattro giorni per elaborare un piano d’attacco. Quattro giorni dal plenilunio e dalla sua possibilità di riempire lo stomaco di quello Stallone di licantropi sotto l’effetto di steroidi” ci mancava poco che Derek non sfogasse la sua frustrazione distruggendo a pugni un banco. “Andrà tutto bene, Derek. Scott ha già radunato il branco, ci stanno aspettando a casa Martin mentre con Parrish mi sono già accordato per stabilire dei turni di controllo per il Nemeton” parve acquietarsi nei minimi possibili. “Quattro giorni sono così pochi” mormorò, lasciando che avvolgessi le mie braccia attorno al suo collo. “Abbiamo già fatto l’impossibile in passato, riusciremo a replicarci” fummo costretti ad interrompere la nostra conversazione privata poiché il corridoio iniziò ad animarsi nuovamente di genitori e docenti. “Ultimo bacio?” domandai con un tono forse fin troppo smielato. Derek sorride, esaudendo il mio desiderio ma non si limitò semplicemente a questo: mi strinse la mano mentre si avviava verso la segreteria dell’istituto per lasciarvi le chiavi dell’aula dove aveva tenuto i colloqui. Molti insegnanti si zittirono al nostro passaggio solamente per riprendere a spettegolare alle nostre spalle. Non mi sfuggirono i mormorii dispiaciuti di alcune professoresse che confidavano nella presunta eterosessualità di Derek, oppure di quelle che sostenevano che se avessimo avuto un figlio sarebbe stato un degno abitante dell’Olimpo, questo mi riempì d’orgoglio e non poco. Sicuramente anche Derek doveva aver ascoltato quei sussurri provenienti dalle sue colleghe, dato che mi rivolse uno sguardo innamorato cotto. “Quanto vorrei che mio marito mi guardasse ancora con così tanta cura”. “Ma quello è lo sceriffo. Beh cosa ci si poteva aspettare dall’Hale se non che si sarebbe messo con i piani alti”. “Oh mio Dio hanno uno il culo più sodo dell’altro” d’accordo a questa affermazione arrossii parecchio. Immaginai che l’intervallo della giornata seguente sarebbe stato occupato da chiacchiere sul nostro conto anche tra gli studenti del plesso: avrebbero avuto le bocche troppo piene di pettegolezzi piccanti per consumare i loro spuntini. “Mary? Mary è qui?” Derek mi trascinò oltre la scrivania della segreteria, alla ricerca della bidella di turno. “Sono alla stampante tesoro! Sto preparando i test di biologia per i ragazzi di 5B per domani” la paffuta vecchietta si illuminò non appena vide il volto sorridente del licantropo. “Volevo consegnarti di persona le chiavi dell’aula che ho utilizzato. Non è necessario che tu la pulisca nuovamente, sono stato attento a lasciarla immacolata” spiegò alla donna, troppo occupata a baciargli le guance e a sistemargli al meglio il colletto della camicia, come avrebbe fatto una mamma apprensiva. Il cuore mi si colmò di affetto nei confronti di quella bidella che stava dando prova di prendersi cura di Derek quando io ero assente, ero felice che non fosse mai solo e che avesse una figura materna di riferimento nel caso avesse avuto problemi. “Grazie caro. Sei il solito angelo. Lui è…?” mi indicò con l’indice tozzo. “Si Mary, lui è il famoso Stiles” ridacchiò il licantropo, quando la vecchina mi abbracciò come se fossi un nipote o un amico di lunga data. “Te lo sei scelto proprio bello, Derek. I tuoi racconti non rendono giustizia” arrossi violentemente. “Mi parla così tanto di te, sapessi solo come sospira innamorato quando mi racconta che resterebbe ore a guardarti quando sei immerso nei tuoi pensieri per via dei casi che ti affidano” raccontò orgogliosa. “Ah si?” Derek distolse lo sguardo, imbarazzato. “Certo! Per non parlare di quando muore dalla voglia di chiamarti al cellulare. Si è fatto riprendere dalla preside come il peggiore degli studenti e…”. “D’accordo Mary! Grazie per aver rivelato a Stiles che tradirlo non è nei miei intenti! Ci vediamo domani. Fa la brava” la salutò correndo via, prima che la signora potesse rivelarmi altri dettagli, che esigevo tra le altre cose. “Sei così tenero. Parli di me quando non ci sono” faticai a tenere il suo passo mentre ci dirigevamo verso la jeep. “Non sono tenero” borbottò, rosso pomodoro. “E’ vero, sei solo adorabile” ridacchiai ma la risata mi morì sulle labbra quando mi sbatté contro la portiera dell’auto, per lasciarmi l’ennesimo bacio. “Mi piacerebbe tanto scambiare due chiacchiere con Parrish per sapere quante ore al giorno emetti odore di eccitazione quando ricevi una mia telefonata” mi punzecchiò. “Tu, sourwolf, sei sleale” gli puntai un dito contro. “Ti correggo, noi siamo in ritardo per la riunione con il branco” avrei tanto voluto restare così: come due ragazzini a pomiciare sul cofano della Jeep, ma ci sarebbe stato tempo anche per quello…o almeno così speravo.

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Capitolo 15
*** Pioggia e mare ***


(Spero vivamente che questo capitolo vi piaccia, come sempre le mie insicurezze hanno il sopravvento) Casa Martin rappresentava senza dubbio una delle tappe turistiche più acclamate e rinomate di Beacon Hills, poiché quando si vive in una cittadina così intima e di limitati confini non ci si può certo aspettare di meglio. Da adolescente avevo supplicato la padrona di casa, decantando quanto gradevole fossero le sfumature dei suoi capelli biondo fragola quando il sole li colpiva, tecnica che mai ebbe successo. La prima volta che ebbi modo di rifarmi gli occhi in mezzo allo sfarzo dell’arredamento scelto dalla famiglia Martin, fu in occasione di una delle sue feste di compleanno: non avevo ancora potuto dare sfoggio al mio potenziale come titolare, ma essendo stata invitata l’intera squadra di Lacrosse, mi imbucai. Molte altre volte seguirono da quella serata ed ora potevo dire di conoscere alla perfezione la collocazione delle stanze ed alcuni particolari: una vecchia fotografia del branco che Lydia aveva avuto la cura di appendere nel soggiorno, oppure il fatto che il terzo gradino verso la cantina fosse pericolante. Avevo trascorso molti pomeriggi in compagnia dei miei amici in quella villa ed ora che avrei potuto costruire nuovi ricordi assieme a Derek, qualche decina di catastrofe aveva deciso di fare la sua comparsa. Mi ne stavo seduto su una delle seggiole del tavolo del soggiorno dove, sotto costruzione del true alpha, il branco si era riunito in una riunione. “Prima di tutto ci tengo a ringraziarvi per il tempismo con cui avete accettato di presentarvi, io stesso sono stato informato da Stiles della necessità di controbattere l’ennesimo nemico che ha preso di mira la nostra città” prese la parola Scott. “Come tutti però sappiamo, la questione questa volta non riguarda semplicemente la salvezza dell’intero mondo soprannaturale ma anche la protezione di Stiles da qualsiasi piano sia stato escogitato dalla figlia della Monroe, Taranee” i presenti annuirono comprensivi, ed io mi sentii tutti gli occhi addosso. “A questo proposito. Oggi deve essere la giornata delle sorprese dato che Danny mi ha inviato un messaggio dicendomi di essere tornato a Beacon per una faccenda burocratica riguardante i suoi genitori. Approfittando di un favore che mi chiese in passato, gli ho domandato se fosse in grado di hackerare il computer di Taranee” si intromise Lydia, andando a recuperare una cartelletta da ufficio, facendola scivolare sul tavolo in modo che finisse direttamente sotto al mio sguardo. “Le prime pagine puoi anche fare a meno di leggerle, le ho stampate per puro scrupolo. La certezza che la ragazza abbia dei problemi con la gestione della rabbia, inizia a farsi strada dalla pagina cinque in poi. Nel corso di un mese ha noleggiato articoli da giardinaggio ma non certamente adatti a praticare feng shui o per potare qualche bonsai” mentre la ragazza parlava, ispezionavo la cronologia delle sue ricerche e più facevo scorrere lo sguardo su quei fogli, più la preoccupazione mi suscitava brividi. “Ha noleggiato un caterpillar? Non dovrebbe disporre di una specifica patente per poter utilizzare macchine da una cilindrata così alta?” domandò Derek, leggermente confuso. L’unica certezza era che quegli strumenti sarebbero stati l’arma di estirpazione del Nemeton. “Ottima domanda Derek ma se questa ragazza non si è fatta alcuno scrupolo ad aggirare la legge ed acquistare un appezzamento di foresta, credi che si tiri indietro dal montare al volante di una di quelle auto edili?” fummo costretti ad annuire alle parole di Lydia. Prima che qualcun altro potesse esprimere la sua opinione o condividere informazioni di qualsiasi genere, il campanello strillò, facendoci sussultare all’unisono. Parrish corse ad accogliere l’ultima pedina del nostro variegato branco: Deaton. Doveva essere scoppiato un tremendo temporale all’esterno, da quando avevamo preso posto attorno a quella metaforica tavola rotonda, avevamo completamente smarrito la cognizione del tempo, complici anche il fitto tendaggio che oscurava le vetrate della villa. “Buonasera a tutti, perdonate il mio ritardo ma sono stato costretto a trattenermi alla clinica ben oltre l’orario di chiusura” strisciai con la sedia in modo che fossi più vicino a Derek, ritagliando lo spazio sufficiente affinché anche il druido potesse prendere parte alla riunione. “Immagino che Stiles vi abbia accennato la strategia che avevamo abbozzato per eliminare dai giochi lo Stallone Nero” Mason alzò la mano per chiedere parola. “Non vorrei fare l’uccellaccio del malaugurio ma sappiamo tutti benissimo che quando ci sono di mezzo creature così potenti, solitamente i piani A crollano come un castello di carta nel giro di una manciata di minuti. Ricorderete tutti la bestia che custodivo nella mia anima e sono certo del fatto che non sarà necessario spolverare le vostre memorie sul numero di tentativi che abbiamo impiegato per cacciarla” probabilmente era l’unico dei presenti che poteva condividere con me la terribile esperienza della possessione e dunque diedi enorme peso al suo contributo. “Mason ha ragione. Finché consideriamo come nemica Taranee, possiamo benissimo perfino permetterci di anticipare le sue mosse ma nel caso di una creatura così potente, non possiamo permetterci di escludere alcuna possibilità che essa si ribelli o che non segua ciò che noi la forzeremo a fare” mi rivolsi principalmente al veterinario, accanto a me. “Il piano principale prevede da disposizione di una serie di fiaccole, ovviamente predisposte a dovere secondo le leggi druide, in modo tale da creare una sorta di traiettoria che conduca lo Stallone direttamente al Nemeton. Non appena lo spirito poggerà gli zoccoli sul tronco mozzato, verrà intrappolato dall’aurea dell’albero” raccontò Deaton, poggiando nel portafrutta le erbe da ardere affinché la missione si realizzasse con successo. “Si tratta di uno stallone, di natura sono già irrequieti come animali…figuriamoci poi se si considera che quello in questione è un cavallo con una intelligenza superiore perfino a quella umana” Theo si grattò il collo, visibilmente innervosito dalla gravità della situazione. “Il piano B prevede di cavalcarlo? Perché in tal caso me la sono cavata con i destrieri della Caccia Selvaggia. Posso offrirmi volontario” propose Liam, in cerca di consenso. “Tu non vai da nessuna parte. Non ho intenzione di morire perché colpito da una zoccolata” lo rimproverò il fidanzato. “Mi dispiace deluderti Theo ma penso proprio che Liam abbia ragione. Pensare di domare quello stallone è fuori discussione ma possiamo tendergli una trappola” sentii Derek emettere un ringhio di nervosismo, così strinsi la sua mano nella mia. “Stiamo parlando di un essere ancora più pericoloso della bestia del gévaudan. Sono piuttosto contrariato all’idea di esporre un membro qualsiasi del branco” si intromise Parrish che, fino a quel momento, aveva tentato di tranquillizzare Lydia accarezzandole il ventre gonfio. Deaton annuì consapevole della pericolosità della proposta da lui escogitata. “Hai pienamente ragione vicesceriffo ed è per questo che mi offrirò io stesso come vittima” sussulti e parole di disapprovazione animarono il salotto di casa Martin. “Ragazzi, lasciatemi spiegare. Mi rincuora il fatto che vi preoccupiate tanto per la mia salute ma ho meditato molto sulle mie responsabilità in questa faccenda e sostengo non ci sia altro modo. Lo Stallone Nero è inevitabilmente attratto dalla carne delle creature soprannaturali ma lo è ancora di più dal sapere druido che brama” Scott ne parve risentito. “Non posso permettere che tu ti assuma un tale rischio” in qualità di capo branco il parere del mio amico valeva più dei nostri messi assieme. “Il ruolo da agnello sacrificale non mi si addice, lo ammetto” rise il druido. “Intendo semplicemente pormi difronte al percorso delle fiaccole nel quale intendiamo condurlo. Sarò un rapido topolino che fugge dalle grinfie dal gatto maledetto” avrebbe anche potuto funzionare, ammesso che il veterinario sarebbe stato sufficientemente abile da farsi inseguire fino al Nemeton, ovviamente sotto lo sguardo attento dei licantropi del branco. “Se non dovesse funzionare?” Corey espresse la sua preoccupazione, lasciando trapelare la sua agitazione dal tono di voce instabile. “In tal caso ricorreremo ad un’arma segreta” sorrise Deaton, compiaciuto del fatto di aver precedentemente prefigurato una domanda del genere. “Armi?” domandò Malia, fino a quel momento era rimasta in silenzio. “Ti correggo, tante armi. Ho chiamato un vecchio amico che in questo momento dovrebbe trovarsi sul volo che dalla Francia dovrebbe farlo sbarcare qui domani mattina” sulle mie labbra si dipinse un sorriso e Derek mi anticipò nel nominare colui che avrebbe rappresentato una nostra ipotetica salvezza. “Argent?”. “Esattamente ragazzo mio. Certamente rappresenterà un’indispensabile risorsa dato che conosce come il palmo della sua mano la foresta” non potei esserne più d’accordo, tanto che ricambiai la stretta di mano speranzosa che Derek mi diede. “D’accordo, una volta creato questo fantomatico percorso per imprigionare lo Stallone, stabiliremo anche secondo qualche schema ci disporremo. Ora pensiamo alla seconda minaccia: Taranee” proposi il seguente oggetto di discussione. “Oh, a questo proposito vorrei che visionassi i turni che ho stabilito per la ronda presso il Nemeton. Ho scelto personalmente gli uomini da ingaggiare per questo compito, cosicché anche se non dovessi essergli costantemente con il fiato sul collo, non rischieremmo una rivolta o un plausibile sabotaggio” lessi rapidamente i nomi che costituivano quel lungo elenco, trovandomi pienamente concorde con il lavoro svolto dal segugio infernale. “Quando siamo venuti a sapere che Stiles era particolarmente vulnerabile agli attacchi di quella ragazza, mi sono intromesso nuovamente nella sua abitazione” aggiunse Corey, sottolineando il fatto che avesse fatto ricorso ai suoi poteri. “Quello che ho visto…è stato orribile” bisbigliò il giovane, Mason lo abbracciò per dargli forza. “Ragazzi dobbiamo ad ogni costo difendere la vita di Stiles…i-io ho visto quella donna sfogliare una sorta di album fotografico di famiglia, dove erano illustrati i corpi di varie creature soprannaturali, martoriate nelle modalità più disparate. C’erano f-fotografie di licantropi sgozzati, coyote impiccati e perfino…perfino parti di corpi umani. Scott devi avvertire tua madre per dirle di conteggiare ogni giorno il numero di cadaveri custoditi all’obitorio. Taranee ha esultato di gioia quando ha individuato lo scatto che evidentemente stava cercando: si trattava di una pila di resti umani che intendeva utilizzare per soddisfare momentaneamente la fame dello Stallone” l’alpha sbuffò esasperato, provvedendo ad inviare un messaggio a Melissa. “E’ evidente che la notte del giudizio il branco sarà spaccato in due metà: chi si occuperà dello stallone e chi della ragazza. Suppongo che uno spirito di tali capacità debba essere fronteggiato con l’intelligenza, piuttosto che con la forza. Mason, Deaton, Theo e Lydia, voi vi occuperete del cavallo. Derek, Liam, Corey, Malia ed io ci occuperemo di mettere fuori gioco Taranee e i suoi giocattolini. Parrish, a te affido il compito di difendere Stiles ed il Nemeton, dopo tutto ne sei il guardiano” fui leggermente in disaccordo. “Nonostante io sia il bersaglio principale, non ho intenzione di starmene con le mani in mano. Voglio comunque partecipare” rivolsi il mio sguardo, carico di disapprovazione, soprattutto al capobranco. “Stiles, il tuo contributo è stato compiere il rituale e portare alla luce queste informazioni” rispose mio fratello, tentando di placare la mia sete d’azione. “No Scott, sento di essere in qualche modo responsabile di quanto sta accadendo. Questa è l’unica eredità che mio padre mi abbia lasciato e non intendo lasciare che la situazione mi sfugga di mano. Mi unirò al gruppo di Deaton per contribuire” furono costretti ad accettare le mie condizioni, ben consci del fatto che in un modo o nell’altro mi sarei imbucato. Lo stomaco si era chiuso a tutti i presenti, che preferirono rincasare piuttosto che trascorrere una serata nuovamente in compagnia del resto del branco. Anche io e Derek stavamo per lasciare la villa, quando Lydia mi afferrò un braccio, trascinandomi poco delicatamente in un corridoio appartato. “Stiles, sai che i poteri di una banshee non si limitano semplicemente a preannunciare la morte ma anche ad avvertirla, è un dono che non è concesso nemmeno al fiuto dei lupi mannari” fece una breve pausa, giusto il tempo di tentare di far cessare il tremolio delle sue mani. “Io…lo sento. Avverto la stessa aurea di morte che aleggiava su Allison prima che un one la trafiggesse, avverto la stessa maledizione che ti riempiva le ossa quando eri impossessato, la stessa sensazione che ha preannunciato la morte di Boyd ed Erica” non capii immediatamente perché me lo stesse dicendo, infondo ero ben conscio di quale sarebbe stato il mio destino, fino a quando non tese disperatamente la braccia al mio collo. “Non puoi lasciarci, Stiles. Non ho idea di come faremmo senza di te. Guardaci, le paure che nutrivi al liceo si sono avverate: lentamente avevamo iniziato a prendere le distanze gli uni dagli alti, ovviamente non per cattiveria ma per necessità. Poi sei ritornato a Beacon ed assieme a te, siamo tornati ad essere il branco compatto che eravamo anni fa. Non posso perderti nuovamente, non posso veder morire l’ennesimo migliore amico senza poter fare nulla, esattamente come è accaduto con Allison”. La gratitudine per il ruolo che mi aveva attribuito, come collante della nostra variegata e forse bizzarra famiglia, provocò in me un breve gioia, immediatamente sostituita dalla commozione che mi portò a stringerla. “Credevo di essere già morto quel giorno, al cimitero. Quando lessi i nomi di entrambi i miei genitori sulle lapidi, una parte di me ci ha abbandonati per sempre. Se non fosse stato per Derek probabilmente non avrei nemmeno avuto le forze per rialzarmi, ma stai sicura che le cose andranno per il verso giusto. Lo zio Stiles ci sarà quando il tuo piccolo chiederà per natale del nastro isolante” riuscii a farla sorridere. “E’ fuori discussione. Mio figlio o mia figlia non guideranno la tua jeep, non se ne parla. Piuttosto permetterò loro di fare un giro sulla Camaro di zio Derek” l’idea di un futuro del genere assieme al mio compagno mi allettava parecchio. Accompagnai Lydia a letto, aiutandola a distendersi fino a quando non la affidai alle cure del marito, raggiungendo Derek. Come previsto, il temporale che aveva inzaccherato gli abiti di Deaton non era ancora cessato, la nostra auto parcheggiata a qualche isolato di distanza. “Rimani pure sotto al portico, corro a prendere la macchina così non ti bagnerai” mi consigliò il licantropo, ma io scossi il capo. “Derek, voglio fare una follia” immediatamente lui sgranò gli occhi, ben conscio del fatto che dal sottoscritto ci si potesse aspettare di tutto. Mi voltai nella direzione, puntando il mio sguardo dritto nel suo. “Sai cosa mi distrugge di più di questa incertezza sul mio futuro? Il fatto che io avrei voluto così tanto viverti, Derek Hale. Avrei tanto voluto costruire una vita assieme a te, rincasare dopo un turno estenuante di lavoro e trovarti sul divano immerso in una delle tue letture”. “Stiles…” sussurrò visibilmente commosso, mentre poggiava la fronte sulla mia. “Avrei così tanto voluto donarti tutto l’amore che ho in corpo e che per anni ho inconsciamente nutrito per me. Avrei voluto così tanto fare l’amore per ore, per poi svegliarmi e trovarti addormentato accanto a me, perché lo sappiamo entrambi che anche se non si direbbe, quello più pigro tra noi due sei tu” il suo bel sorriso fu offuscato da alcune lacrime, le stesse che resero più fragile la mia voce. “Avrei voluto così tanto ripeterti ogni singola ora di ogni ora della mia vita ricordarti quanto io ti ami. Avrei voluto crescere assieme ed aiutarti a ricostruirti pezzo dopo pezzo, dopo tutta la sofferenza che hai dovuto patire in questi anni per colpa di un destino crudele” sentii che le braccia avvolgermi in modo possessivo la vita. “Ma ci rimangono solamente quattro giorni, amore mio. Poi nulla è certo. Beh, ad essere onesti ormai ne mancano solamente tre. Abbiamo circa settanta due ore per sfidare la sorte” afferrai saldamente la sua mano, prima di iniziare a correre sotto alla pioggia. Mi sentii così vivo mentre gocce fredde ricadevano sul mio viso, sui miei capelli e vestiti. Respirai a pieni polmoni quell’aria fredda e pungente, apprezzando il modo in cui sembrò rinfrescarmi dall’interno. Correvo per le strade di Beacon Hills come se fosse una cittadina sconosciuta, come se io e Derek fossimo stati i protagonisti di una vecchia pellicola cinematografica. Potevo quasi sentire in sottofondo una qualche colonna sonora romantica, che preannunciava un bacio tra i due protagonisti. “Tu hai guardato troppe volte il film:’ ballando sotto la pioggia’” rise Derek, mentre faticava a tenere il mio passo. Sembravamo due ragazzini alle prese con il loro primo amore e sinceramente non mi importava minimamente che i residenti del viale avessero spostato i tendaggi delle loro finestre per osservare da dove provenissero certi schiamazzi. Avvistai un lampione e mi ci lanciai a capofitto: afferrandolo saldamente feci una giravolta, finendo per ridere con il volto rivolto verso il cielo tetro, come a volerlo sfidare con la gioia che nessun demone mi avrebbe potuto portare via. Il licantropo ne fu divertito a tal punto che mi raggiunse facendo scivolare le suole delle scarpe sul liscio marciapiede, per poi afferrarmi tra le sue braccia per farci volteggiare. Stavamo ridendo in faccia al destino che aveva deciso, chissà in quale assurdo schema provvidenziale, di giocare con le vite di due giovani: il primo lo rese un ragazzone solitario e diffidente mentre al secondo tentò di togliere ogni fonte di speranza. “Ti amo Derek” gli dissi, baciandolo intensamente. “Gente di Beacon Hills! Io amo Derek Hale!” urlai a squarcia gola quando ci separammo. Il lupo dal canto suo tentava in ogni modo di non farci arrestare per disturbo alla quiete pubblica ma finì con il ridere, la risata da innamorato perso, nascondendo il volto nella mia maglia. Proseguimmo la nostra passeggiata fino a quando non salimmo in auto. Convinto che il nostro tragitto sarebbe durato giusto il tempo di rincasare, non mi preoccupai nemmeno di levarmi le scarpe inzaccherate. Oltre il finestrino le abitazioni della cittadina presero a scorrere rapidamente, fino a giungere al nostro quartiere. Slacciai la cintura quando la Camaro passò difronte al nostro giardino ma invece di rallentare, Derek accelerò. “Der? Quella che abbiamo appena superato era casa nostra” a rispondermi ci pensò il rombo del motore, che mi spinse a riallacciarmi la cintura il più rapidamente possibile. “Voglio fare una follia” disse finalmente il licantropo, quando fummo fermi ad un semaforo. “Voglio lasciarmi indietro ogni preoccupazione almeno per una notte e so perfettamente dove andare” sul mio volto comparve un sorriso gemello al suo. Ero in auto con la mia ragione di vita a notte inoltrata, la velocità e la pioggia erano le nostre uniche compagne. Premetti un bottone dalla pulsantiera del cruscotto, abbassando il finestrino per esporvi il viso. “Vorrei così tanto poter vivere questa sensazione ogni istante. Avvertire una sana adrenalina che mi faccia pompare il sangue nelle vene e che mi renda così euforico da gettare ogni cosa al vento e scappare assieme a te senza una meta” dissi, ammirando il profilo del lupo al volante. Se solo pensavo che poco tempo fa ero letteralmente sprofondato dalla vergogna a sedermi su questo stesso sedile per recarmi al mio primo giorno da sceriffo, mentre ora avevamo organizzato questa sorta di fuga romantica, mi pareva impossibile. Sicuramente non avrei mai creduto che i miei sogni, se pur in parte, si sarebbero avverati ma poiché non vivevo nel mondo delle favole, ero ben conscio del fatto che questa gioia esplosiva celava un fiume di lacrime che entrambi stavamo ricacciando a fatica con gridi e schiamazzi. E’ proprio quando ti rendi conto di avere così tanta voglia di vivere, che ormai l’attimo è già passato. Con questi pensieri nella testa mi appisolai, sicuro che Derek mi avrebbe condotto in un luogo sicuro. “Stiles?” “Stiles svegliati, siamo arrivati” in quello strano tepore causato dal dormiveglia, registrai due informazioni: la prima era che il mio compagno mi stesse chiamando insistentemente e la seconda consisteva nel percepire un rumore piuttosto estraneo in sottofondo. Sollevai lentamente le palpebre, ritrovandomi tra le braccia di Derek che, a modi sposa, mi stava trasportando. “Dove siamo?” domandai, stropicciandomi gli occhi. Dovevamo aver viaggiato per parecchio tempo o dovevamo esserci allontanati molto dalla città, poiché il cielo era terso di stelle brillanti, rese perfettamente visibili data l’assenza di nuvole. Giunti in un punto prestabilito dal licantropo, mi lasciò scivolare fino a che i miei piedi non toccarono terra…o forse, sabbia? Mossi giocosamente le dita, spostando leggermente alcuni chicchi di sabbia che finirono sulla mia carnagione pallida. Mi voltai lentamente, oramai avevo compreso perfettamente dove fossi finito: Derek mi aveva portato in riva al mare. “Tu sei completamente pazzo” ridacchiai, invitando il lupo ad immergersi fino alle caviglie nelle fredde acque. “Pazzo di te? Assolutamente si!” mi afferrò per la vita, solamente per gettarmi tra le onde. Non appena riemersi gli agguantai una caviglia, spingendolo ad immergersi sotto al mio peso. Eravamo ancora vestiti, completamente fradici e senza un luogo confortevole dove passare la notte…ma eravamo tremendamente euforici. Derek mi spinse nuovamente sotto al livello del mare, semplicemente per proseguire a punzecchiarmi mentre entrambi tentavamo di trattenere il respiro. Nuotai fino a raggiungerlo, posando le labbra sulle sue proprio mentre stavamo riemergendo. “Ti prego se tutto questo è semplicemente un meraviglioso sogno, ti scongiuro di non svegliarmi” il licantropo scoppiò a ridere, un suono di cui non mi sarei mai stancato. “Ricordi quella volta nelle piscine del liceo, quando Jackson trasformato in kanima mi aveva paralizzato?” domandò. “Come potrei dimenticarmelo? Avevo impiegato mesi ad accumulare il denaro sufficiente per comprarmi un cellulare nuovo ed il giorno dopo lo ritrovai sul fondo di una piscina. A quest’ora se avessi deciso di salvarlo invece che nuotare come un disperato da te, lo avrei potuto rivendere come oggetto vintage” Derek aggrottò le sopracciglia, indignato dal fatto che avessi potuto perfino pensare ad uno scenario alternativo del genere. “Non mi avrei qui con te” mormorò mentre lentamente ci avvicinavamo alla riva. “Non hai idea di quanto sarei perso senza il mio sourwolf” questa frase lo riempì sufficientemente d’orgoglio da nuotare più rapidamente. “Bene, ora che il nostro momento da Jack e Rose è terminato, puoi dirmi dove ci troviamo?” lui si guardò attorno. “Siamo in una spiaggia libera e apparentemente siamo gli unici due impavidi ad aver sfidato le rigide temperature autunnali”. “Beh, ti ricordo che il tuo compagno non è affetto da licantropia ed il freddo lo patisce, eccome” con una risata, Derek aprì il cofano dell’auto per poi abbassare i sedili. “Passeremo qui la notte, ho delle coperte sempre con me nell’automobile. Torneremo prima che sorga l’alba” mi spiegò, preparando un giaciglio abbastanza comodo per trascorrere la notte. Sdraiati come eravamo, potevamo comodamente osservare il mare, stando comodi nel nostro abbraccio. I vestiti furono abbandonati a favore di ricoprirci con ogni coperta a disposizione. “Certo che da un Hale mi sarei aspettato un soggiorno degno di un principe in un hotel a cinque stelle” sorrisi furbesco, mentre mi sistemavo meglio tra le sue braccia. “Sarò anche benestante ma sono pur sempre un licantropo, ritieniti fortunato che io non ti costringa a passare la notte in una tana” mi fece il solletico ad un piede, fermandosi immediatamente quando notò la cicatrice che vi campeggiava. “Te lo ricordi? Quel giorno soleggiato in Messico, quando con l’F.B.I. facemmo irruzione in un edificio, dove ti trovai. Il tuo ego è troppo grande da farti memoria del fatto che ti trascinai fuori da quel capannone mentre eri in fin di vita?” ed ecco la reazione che attendevo: Derek espresse immediatamente il suo disaccordo. “Vorrai dire quando io ti ho trascinato fuori da quella baraonda, reggendoti mentre piangevi disperato perché ti avevano sparato ad un piede” lo spintonai giocosamente. “Saremo mai d’accordo su qualcosa noi due?” chiesi in un sussurro, lui annuì. “Abbiamo deciso di trascorrere assieme la vita, no? Ti prometto che non ti accadrà nulla finché io avrò modo di difenderti e magari chissà, tra qualche anno torneremo su questa spiaggia con un mini Stiles che riconcorre un micro me” non potei fare a meno di stringerlo con più forza. “Sempre e solo con te” strofinai il mio naso contro il suo, prima di abbandonarmi in quel calore ed addormentarmi.

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Capitolo 16
*** Sorridi ***


Era accaduto in passato che io avessi smarrito il portafoglio. Un gran dramma penserete voi ma tutto sommato il danno fu rapidamente arginabile, mio padre, essendo lo sceriffo, aveva ricevuto la denuncia di smarrimento a carico di un ragazzo, il quale sosteneva che il suo portafoglio fosse estremamente prezioso non per il contenuto quando per l’oggetto di per sé. Avevo accumulato ben cinque paghette per potermi permettere un portamonete originale della ‘DC’, perciò…che importa della carta d’identità e svariati documenti, avrei potuto rifarli in qualsiasi momento ma quel dannatissimo portafoglio doveva assolutamente ritornare tra le mie mani. Forse questo secondo punto della denuncia di smarrimento aiutò mio padre a comprendere che lo smemorato fosse proprio suo figlio, questo ed il fatto che il documento di scomparsa era stato firmato da un ragazzino di quindi anni. Se in quel momento avessi smarrito il mio cellulare, molto probabilmente perfino il più vale intenzionato dei ladruncoli me lo avrebbe riportato scambiandolo per una camuffata bomba ad orologeria: come salva schermo avevo impostato il conto alla rovescia verso la fatidica notte di luna piena…questa notte per essere corretti. E’ proprio vero quel detto che sostiene che la vita sia quella cosa che accade mentre tu sei occupato nel creare dei piani, poiché mai nella storia del mondo, quattro giorni corsero con tale velocità. L’indomani della nottata trascorsa in riva al mare, fu occupato dall’arrivo di Argent e dei suoi tesori: armi di ogni genere e forma, tanto che mi chiesi come fosse stato possibile per lui un imbarco privo di fermi e di controlli. “Stiles, sono un Argent” fu la spiegazione che Chris mi diede, lasciandomi intuire che avesse conoscenze e metodi che sarebbero stati seppelliti nella sua tomba piuttosto che essere condivisi perfino con un buon amico come il sottoscritto. Non era nemmeno venuto a conoscenza della metà delle disgrazie che erano accadute in sua assenza che un odio viscerale si fece largo nei confronti di Taranee: a maggior ragione dei restanti componenti del branco, il cacciatore aveva pieno diritto di odiare quella ragazza, cresciuta dalla mente malata della madre e di quello sventurato di Geralt. Chris si rammaricò di non aver fermato il padre quando ancora aveva il controllo delle sue azioni, di aver offerto lui un antidoto al malore infertogli dal suo ego e dalla sua volontà di acquisire un potere illimitato. Ancora una volta dovette scusarsi per la mentalità retrograda, che fortunatamente non ereditò. “La bramosia di Geralt ha causato la distruzione della mia famiglia. Per colpa del suo insulso codice e del mio essere inizialmente restio e deviarlo, ho perso mia moglie. Per colpa dei suoi consigli ho perso mia figlia e mia sorella. Nonostante sia stato cresciuto con l’obbligo di manipolare il mio dolore, non credo che sopporterei anche la tua morte” mi aveva confessato, chiedendomi un momento per poterci confrontare senza la baraonda dei ragazzi come sottofondo. In questi anni era terribilmente invecchiato: gli anni appesantivano le sue spalle come se fossero trascorsi doppiamente rispetto al loro naturale corso, scavando i suoi occhi cristallini tra le rughe e le occhiaie dovute al suo mestiere. Lui e Deaton dovevano aver seguito la stessa corrente di moda, poiché anche il cacciatore lasciò crescere disordinatamente la barba, ora più bianca e rada. “Alla morte di Allison ho giurato che mi sarei preso cura di voi, perché scommetto che sarebbe stata questa la sua volontà e se dovessi fallire in questo compito, farei un torto ad entrambi. Senza considerare che se qualcosa dovesse accaderti, Derek mi farebbe letteralmente a brandelli” già, Derek, immagino quanto dovesse patire per colpa mia. Ancora una volta l’amore aveva la chiara intenzione di fargliela pagare, come se per lui le cose dovessero essere necessariamente più ardue da conquistare rispetto agli altri. Ora mi trovavo sul letto di casa, avere un fidanzato licantropo aveva i suoi vantaggi, ammirando il tramonto perché in un angolo remoto della mia mente pensavo che sarebbe stata la mia ultima occasione di godermi uno spettacolo del genere. Tentai di memorizzare le differenti gradazioni che il cielo assunse, quegli sprazzi variopinti di colore. Sembrava quasi che il sole, consapevole che lentamente sarebbe calato, concedeva al mondo il meglio di sé, come promessa che sarebbe tornato l’indomani. Il sole sperava di non essere dimenticato e così anche io: avevo dato ogni sorta di energia a mia disposizione affinché Beacon Hills, il mio piccolo mondo, mi avrebbe in qualche modo ricordato se il piano si sarebbe rivelato fallire miseramente (in modo positivo, auspicavo). Non restai a lungo nella mia solitudine, poiché dei passi esperti di mossero sulle tegole con disinvoltura, fino a che l’intruso non prese posto accanto a me, lasciando che le gambe gli penzolassero oltre la grondaia. “Buonasera sceriffo” ed eccolo lì: quel maledetto sorriso che Derek avrebbe fatto nascere sulle mie labbra, perfino pronunciando semplici parole come quelle. “Buonasera a lei professore di letteratura” sollevai lo sguardo dal suo fisico solamente per puntarlo nei suoi occhi, rimanendone impigliato: la luce del tramonto sembrava inchinarsi difronte alla bellezza delle iridi del mannaro limitandosi, come a voler non intoccare quel capolavoro, a valorizzarlo. Evidentemente Derek doveva pensare la stessa cosa del mio sguardo, poiché per alcuni istanti rimanemmo immersi l’uno nelle iridi dell’altro. “Questa convivenza con il sottoscritto di ha portato ad assumere una serie di vizi abbastanza licantropeschi” anche il suo volto si aprì in un sorriso. “Ma davvero?” domandai, poggiando il capo sulla sua robusta spalla. “Già, posso giurare di averti sentito ringhiare contro il barattolo del sale l’altra sera, perché non si levava. Hai rubato alcune delle mie maglie perché vi era impresso il mio odore ed ora…” passò delicatamente il naso tra i miei capelli. “Ed ora te ne stai qui sul tetto tutto da solo”. “Avevo bisogno di un po’ di solitudine, sai? La famosa quiete prima della tempesta” mormorai, lasciando che mi trasmettesse quel solito senso di protezione che emanava. “Preferisci che ti lasci solo?” scossi il capo. “Mi piace stare da solo con te” ridemmo flebilmente entrambi. “Der? Che cosa succederà dopo questa notte?” lui sospirò affranto. “Ci sono due opzioni possibili: vincere o perdere ma in entrambi i casi ho intenzione di seguirti” intrecciai le nostre dita. “Non voglio nemmeno pensare alla seconda opzione che hai considerato, intesi? Ho letto sufficienti libri sui mannari da sapere che la monogamia verrebbe a spezzarsi in caso della perdita di uno dei tuoi compagni. Vuoi davvero sprecare l’occasione di trovarti finalmente un ragazzo meno logorroico e sarcastico?” la vita di Derek non poteva finire così, per colpa mia. “Io voglio te” tre parole ed il mio cuore probabilmente avrebbe smesso di battere prima del previsto. Sollevai il capo per poter incontrare le sue labbra. “Non vedo l’ora che tutto questo sia finito. Di scegliere una casa con te dove trasferirci, di sentirti sbuffare mentre incarto con cura tutte le mie action figures, impiegandoci il doppio del tempo necessario. Di trascorrere lì il nostro primo natale come coppia e di costringerti ad onorare le tradizioni cucinando biscotti e disseminando vischio per casa. Poi, d’estate, andremo in vacanza in un posticino tranquillo, magari in una baita dispersa tra i monti così nessuno ci sentirà fare le cosacce” l’ultima parola lo fece ridacchiare. “Vuoi fare le cosacce con me?” sollevò un sopracciglio. Annuii con convinzione. “Oh, quasi dimenticavo, dovremmo anche imballare la maniglia che hai ordinato per la porta della camera da letto, oramai è diventata il simbolo della nostra convivenza” era chiaro che stessi occupando più tempo possibile per non pensare all’inevitabile. “Le coppie normali hanno come simbolo del loro eterno amore dei fiori o una scatola di cioccolatini, noi abbiamo una famiglia che la tua mania ossessiva compulsiva di ordine, ti ha fatto ordinare durante un raptus” ridacchiai, certo che eravamo strani. “Se per questo nelle coppie normali uno dei due non è una sorta di genio incompreso che tiene sotto al letto rotoli di scotch nero che teoricamente dovrebbe essere impiegato per l’edilizia, ma che puntualmente viene adoperato per riparare la jeep o il forno a microonde che sta in cucina” si sollevai di scatto dalle sue braccia: il signorino voleva fare l’impertinente? D’accordo, luci…motori…azione! Era arrivato giusto il tempo di una delle nostre quotidiane discussioni. “Io sarei quello strano? Io? Tu ogni tanto ti gratti con la gamba!”. “Non c’è nulla di male se uno ha prurito, è una reazione istantanea. Un riflesso, ecco”. “Der, tu utilizzi il piede per grattarti dietro alle orecchie!” il licantropo sbuffò seccato. “Io non lascio il tubetto del dentifricio senza il tappo. Quante volte te lo devo dire, Stiles? Si secca ed inoltre secondo uno studio scientifico i batteri che si sprigionano quando tiri lo sciacquone, hanno un raggio di circa tre metri in cui possono librarsi nell’aria. E’ anti igienica questa abitudine che hai!”. “Vogliamo parlare del fatto che tu non abbassi mai la tavolozza del water?”. “E’ certamente un male minore se consideriamo il fatto che quando fai la doccia, non asciughi mai le pareti di vetro smerigliato. E’ un materiale che si rovina ed è orribile da vedersi!”. “Tu rifai il letto scordandoti sempre del fatto che il copriletto vada ben lisciato. Odio le pieghe”. “Questo lo so bene visto che stropiccio i cuscini del divano ogni volta che tu stai per arrivare a casa” ecco perché erano sempre così soffici quando mi gettavo sopra di loro, a fine turno. “Se per questo io ti nascondo sempre nella borsa di pelle che utilizzi per le lezioni uno spuntino di metà mattina!” eravamo passati dal rinfacciarci le pecche peggiori dei nostri comportamenti dentro le mura di casa, al dirci quanto ci amavamo attraverso piccoli gesti quotidiani. Il tutto ovviamente in pieno stile ‘Stilinski e Hale’ ovvero ricorrendo ad un tono di voce alto e concitato. “Lo so e cazzo, amo questo genere di attenzioni che mi ritagli. Come quando mi addormento sulle verifiche che sto correggendo e tu mi copri le spalle con una coperta!” sbraitò il mannaro, le gote rosse sia per lo sforzo di proseguire quello scontro verbale, sia per l’argomento della discussione. “Non riesco a dormire senza di te” confessai, ora con tono più morbido. “Mi sono abituato all’idea che oramai gli incubi sono semplicemente un lontano ricordo. E’ necessario che io apra gli occhi per vedere le tue braccia che mi stringono, come se avessi avvertito quanto fossi irrequieto” dicendo ciò, tornai nella posizione iniziale che mi legava a lui. “Ed è così effettivamente. Non posso fare a meno di addormentarmi ascoltando il battito del tuo cuore, perciò mi è facile intuire che cosa stia passando per la tua mente, nonostante sia sempre particolarmente affollata di pensieri”. “Ora a cosa sto pensando?” Derek rispose a quella domanda, poggiando il capo sul mio petto. “Il tuo battito cardiaco manderebbe fuori di testa perfino il più paziente dei medici” borbottò cercando con l’udito, il luogo dove il pulsare fosse più facilmente percepibile. “Sei terribilmente teso” posò le labbra proprio in relazione al punto dove era situato il mio cuore. “Tuttavia lo avverto come tendi a rilassarti ogni volta che semplicemente tu sfioro. E’ stato abbastanza complesso per me agli inizi: quando stranamente eri rilassato ed io cercavo un contatto fisico, il tuo cuore iniziava a martellare. Ora che sei nervoso, i miei tocchi sembrano rallentare questo tamburellio continuo” strofinai il dorso della mano sulla sua guancia. “Si chiama essere innamorati, sourwolf” ridacchiai, Derek sembrò stringere maggiormente le braccia attorno al mio petto, come se volesse ascoltare la mia risata uscire direttamente dal mio petto. “Vorrei che il mio amore potesse salvarti dalla situazione dove ci siamo cacciati” avvolse il palmo caldo della sua mano attorno alla mia. “Lo farai Derek. Sono sicuro che mi salverai” sigillammo quella promessa con un bacio, intenso quanto rude, che non lasciasse fraintendere nemmeno una sfumatura di quella passione che l’uno provava verso l’altro: non avevamo tempo per ripensamenti o chiarimenti futuri. Il mio compagno era così rapido da quel gesto, da non rendersi nemmeno conto dell’arrivo di Scott che, con un balzo, ci raggiunse sul tetto. “O-oh perdonatemi ragazzi, dovevo immaginare che foste venuti quassù per avere un po’ di privacy” si grattò la nuca, visibilmente in imbarazzo. “Non preoccuparti fratello, accomodati pure. Ci sono sufficienti tegole per tutti e tre” il licantropo più giovane accettò di buon grado, accomodandosi accanto a noi. Mi fece estremamente piacere il fatto che Derek decise di non sciogliere l’abbraccio che ci stringeva, come faceva sempre nel caso in cui un terzo incomodo incombeva durante uno dei nostri momenti: considerava realmente Scott un fratello, forse lui aveva perfino più diritto di me nel considerarlo tale, per via di quella strana storia legata al morso. “Mi dispiace avervi interrotti ma sentivo il bisogno di staccarmi momentaneamente dal resto del gruppo. Per carità, è un onore essere il loro leader ma a volte è bello passare del tempo con voi ragazzi, mi avete sempre considerato vostro capo ma soprattutto vostro amico” sorrise calorosamente e non potei fare a meno di dargli un pugnetto affettuoso sulla spalla. “Se ci pensate, tutto è iniziato dalle azioni di noi tre” riflettei. “E’ vero, quella notte sono stato io a proporre a Scott di cercare il presunto cadavere scomparso nella riserva, ma se lui non avesse perso l’inalatore non ti avremmo incontrato” guardai Derek sorridermi. “Probabilmente Scott lo avrei comunque conosciuto ora che ci penso, ma noi non avremmo avuto modo di parlare”. “Per quelle poche battute che ci siamo detti” Scott si sdraiò sul tetto, intrecciando le braccia dietro alla testa. “Derek mi aveva gettato l’inalatore tra le mani, prima di gridare un ‘fuori dalla mia palude!’ degno del peggiore degli orchi” ridacchiammo al ricordo. “Prima di tutto siete voi due che avete infranto la legge. Quel terreno era ancora di proprietà della mia famiglia e senza preavviso mi sono ritrovato due ragazzini alla porta: uno con dei capelli altamente discutibili e l’altro con la testa rasata” caspita, quanti anni erano trascorsi dal nostro primo incontro, eppure tutti e tre lo ricordavamo alla perfezione. “I miei capelli non erano discutibili! Era la moda del momento!” ebbe da ridire Scott. “Che razza di licantropo andrebbe in giro con un casco di banane in testa!” ed eccoli qui i due mannari con i quali ero cresciuto. “Se offendi me, caro mio, offendi anche te stesso. Sei stato tu a dirmi che il morso ci aveva reso fratelli o sbaglio? Facciamo parte della stessa famiglia. Scott Hale e Derek Mcall” ridacchiai, essendo ormai divenuto lo spettatore del loro dialogo. “Il morso è un dono Scott, non devi scherzare con certe cose” ma il ragazzo rise ancora più forte. “Sembri una di quelle matrigne delle favole. La matrigna di Biancaneve per essere onesti e il morso è una mela avvelenata. Io sono la sventurata che ha morso e Stiles è il cacciatore” Derek ringhiò. “Se Stiles fosse stato realmente il cacciatore, lo avrei obbligato a portarmi il tuo cuore. Non mi sarei lasciato abbindolare da un presunto scambio con quello di un cerbiatto” sono certo che Scott avrebbe ribattuto, se solo io non li avessi stretti entrambi in un abbraccio. “Grazie per essere stati la mia famiglia. Mi rendo conto di non avervelo detto sufficientemente spesso quanto avreste meritato ma vi ringrazio per non avermi lasciato solo” le mie parole ebbero il potere di pietrificarli, solamente per poi farli sciogliere. “Siamo stati proprio un bel trio” commentò il licantropo più giovane. “Der, mi stai facendo le carezze al braccio” il mio compagno ritrasse immediatamente il braccio. “Bleah! Santo cielo credevo appartenesse a Stiles, non a te!”. “Come sarebbe a dire ‘bleah’ guarda che io mi lavo. Domanda a tua cugina” Derek si massaggiò le tempie. “Ti scongiuro non ricordarmi che siamo effettivamente legati da un patto famigliare” la conversazione venne interrotta da Liam, che sbucò solamente con il capo da oltre la grondaia. “Ecco dove eravate finiti tutti quanti! Quello era un abbraccio di gruppo? Mi unisco anche io” non ebbi nemmeno il tempo di concedergli il consenso che mi strinse. “A proposito dell’argomento famiglia, lui sarebbe perfetto come vostro figlio” Derek guardò male Scott. “Tuo figlio? Stiles si può sapere che hai fatto in mia assenza?” boccheggiai, in cerca di una spiegazione. “Mamma Stiles mi ha adottato. Sapessi come si preoccupava per me. Una volta sono caduto in un buco e mi ha ignorato, come punizione. Cercava di non coinvolgermi mai in missioni pericolose perché a mezza notte iniziava il coprifuoco…aspettate un momento: tu allora sei il mio papà!” non potei fare a meno di ridere, guardando come il licantropo più anziano cercasse di scappare dalla morsa del più piccolo. “A parte gli scherzi, sono venuto a dirvi che il branco ci sta attendendo. Sarà meglio farsi trovare pronti per l’arrivo della Monroe e del suo cavallo” Scott annuì, incitandolo a seguirlo in modo tale da concedermi ancora qualche istante in compagnia di Derek. “Pare che sia giunto il momento” lui annuì, assumendo improvvisamente un’espressione cupa. “Ricordati che ti amo, qualsiasi cosa accada”. “Tu ricorda che sarò sempre al tuo fianco in battaglia e comunque anche io ti amo” ci scambiammo un ultimo bacio. L’ultimo… Giunti sul terreno di scontro, vi trovammo Argent intento nel conficcare nel terreno le ultime fiaccole rimaste, al seguito di Deaton che si accertava che il loro fuoco risplendesse più vivido che mai, gettandovi sopra le erbe predisposte per questa tipologia di rituale. “Benvenuti ragazzi, secondo il mio schema dovrebbero mancare pochi minuti prima che la luna sia completamente visibile. Prendiamo posto?” accompagnato dalla sua immancabile cordialità, il druido ci invitò a predisporci secondo quanto prestabilito durante la riunione. Dovetti separarmi ma Derek e questo mi provocò non poco dolore: faticai, quasi come se forze superiori ce lo stessero impedendo, a lasciarlo andare. Dalla mia postazione, potevo tenerlo d’occhio ed infatti non mi lasciai scappare il sorriso di incoraggiamento che mi lanciò. “Non siamo soli” Argent scrutò all’orizzonte, ricorrendo a quella sana dose di intuito che gli aveva concesso di sopravvivere fino a quel momento. Nel cielo notturno le nubi erano state presto spazzare via, aprendo metaforicamente i sipari di un palcoscenico alla luna piena. Lo scalpitio tipico della flora e fauna della foresta, vennero interrotti da un silenzio assordante quanto asfissiante poiché anche l’aria parve essere risucchiata. Dal fondo della riserva il galoppare di zoccoli che avevano ben poco di naturale, fu un segnale più esplicito di un corno da battaglia: lo scontro aveva ufficialmente inizio e la cavalleria non si era certamente fatta attendere. In un moto di coraggio, Deaton, camminò fino al limitare della zona tutelata dal fuoco sacro, esponendosi pericolosamente ai pericoli. Nessuno di noi osò interferire con le sue azioni, poiché parvero estremamente calcolate e pianificate. Il druido raccolse un ramo da terra, con il quale tracciò una serie di cerchi concentrici a terra, sussurrando una serie di parole rese incomprensibili dalla lingua che le aveva coniate e dal frastuono che annunciava l’avvicinamento, sempre più rapido ed imprevedibile, del demone. “State indietro ragazzi, fate in modo che concentri la sua sete di morte solo su di me” fece appena in tempo ad istruirci Deaton, prima lo Stallone Nero comparse dalla boscaglia. Il cavallo fece il suo ingresso impennando sulle zampe anteriori, nitrendo con un suono talmente acuto da costringerci a coprirci le orecchie, in un vano tentativo di proteggere il nostro udito. Il suo sguardo, scarlatto come fiamme dell’inferno, si spostava freneticamente sui presenti al pari della criniera, sferzata dal vento notturno. Il druido catturò immediatamente la sua attenzione e da quel momento ebbe inizio il fatidico inseguimento. Accucciato tra le sterpaglie ed i cespugli, Argent iniziò a scoccare freneticamente una serie di frecce dalla punta infuocata che ebbero il potere di dissuadere lo Stallone dall’intraprendere un percorso che deviasse da quello prestabilito dalle fiaccole, mentre galoppava alle spalle del veterinario. Non appena il demone si posizionò sul sentiero illuminato dal fuoco consacrato dal druido, Theo e Mason gli furono accanto: l’uno lo attizzava tirandogli dei sassi, affinché l’equino infernale lo inseguisse per concedere un po’ di tregua alle gambe certamente poco allenate di Deaton; l’altro, aiutato dall’invisibile Corey, si occupava di richiudere il loro cammino conficcando nel terreno le frecce che Chris gli forniva, in modo tale da creare una sorta di barriera che impedisse plausibili ripensamenti da parte dello Stallone, evitando che tornasse sui suoi passi. Lydia ebbe la forza di gettare un urlo tale da creare un’onda d’urto che fece balzare il trotto dell’equino di qualche metro, evitando così che quest’ultimo si potesse cibare del povero Liam, accorso per aiutare i presenti ma sfortunatamente inciampato sul terreno. Giunto difronte al Nemeton, Lo Stallone Nero comprese di essere innocentemente caduto nella nostra trappola ed arrendevole, accettò il suo destino: con un balzo saltò sulla radice ed immediatamente fasci di luce (probabilmente uno sciame di lucciole) lo avvolsero, trascinandolo poi nelle interiora dell’albero. Tirai un enorme sospiro di sollievo: aveva funzionato, gli antichi druidi avevano fatto la loro parte, ora non rimaneva che affrontare la follia umana che aleggiava nella mente di Taranee. Come se l’avessi mentalmente richiamata all’ordine, la donna fece la sua comparsa assieme ad uno squadrone di uomini dotati di ruspe ed altre macchine da lavoro. Parrish, situato al mio fianco, singhiozzò dallo stupore: i braccianti sottoposti agli ordini della nostra rivale, erano gli stessi uomini che con premura e dedizione avevamo eletto come sostenitori della nostra causa. Taranee si gustò la scena, balzando a terra da una delle ruspe di cui si componeva la sua banda. “Sei sorpreso vicesceriffo? Sul serio ti aspettavi che il germe della paura innescato da mia madre fosse così facile da curare? L’intera Beacon Hills ha una doppia faccia nei confronti della gente come voi” ci additò con fare accusatorio. “Non ho nemmeno dovuto affaticarmi per cercare consensi, in una cittadina che non attendeva altro che un possibile riscatto nei confronti del terrore che il soprannaturale non ha fatto altro che alimentare. Prima di morire mia madre si era assicurata che parte del piano avesse atto: aveva suggerito ai residenti di questa sciagurata cittadina di ricollocare al legittimo posto lo sceriffo ed il suo vice, di professare una dottrina che suggerisse di amare il prossimo nonostante le zanne, squame o qualsiasi altro dettaglio vi renda minacciosi” guardò soprattutto Derek mentre esplicitava le sue intenzioni. “Doveva tutto sembrare tornato agli albori, quando ancora si credeva che il liceo fosse infestato nel peggiore dei casi da qualche adolescente deturpato dall’acne” camminò lentamente, fino a che fummo viso a viso. “Poi, sarei arrivata io a completare il lavoro di mammina e credimi, fremo dalla voglia di distruggere definitivamente quell’albero” così dicendo diede il segnale ai suoi uomini, che girarono le chiavi di accensioni dei loro automezzi ed iniziarono ad avanzare verso il Nemeton. Eravamo circondati, poiché anche alle nostre spalle glia alberi secolari della foresta iniziarono a scrocchiare e spezzarsi al di sotto delle pesanti pale e pneumatici delle ruspe. Il primo a scattare dalla rabbia fu Liam, che arrampicandosi fino all’abitacolo dell’automezzo più vicino a lui, sfondò il finestrino a pugni e scaraventò il conducente lontano dal volante, premurandosi poi di tranciare con gli artigli i cavi che permettevano il funzionamento di quell’affare. Seguendo il suo modello, Theo riuscì a mettere fuori gioco altri due membri della squadra nemica ma ben presto capimmo che tale rapidità non ci avrebbe comunque garantito un facile successo, poiché i restanti componenti della banda di Taranee erano muniti di fucili. Argent fece appena in tempo a trascinare con sé Deaton, prima che una scarica di proiettili si abbattesse sul ritaglio di foresta dove il veterinario stava osservando, allibito, la scena. Lydia venne immediatamente messa al sicuro ma nonostante questo non si tirò indietro alla possibilità di lanciare urla talmente potenti da deviare il corso di alcuni proiettili. Parrish si strappò la divisa, lasciando che la sua natura infernale prendesse il sopravvento, inducendo all’esplosione gli pneumatici di quei automezzi, aiutato da Scott e Derek che a forza di artigli e zanne, resero innocui gli avversari. Dal canto mio, mi ero offerto di fare da scudo umano alla banshee, in modo tale da tutelare il suo ventre reso particolarmente sensibile dalla gravidanza, indicandole i punti esatti dove sarebbe stato opportuno direzionare la propria voce. La foresta quella notte si animò di grida e scoppiettii che difficilmente gli abitanti di Beacon Hills avrebbero dimenticato, ma se i fatti stavano realmente alla versione della figlia della Monroe, nessuno sarebbe accorso in nostro aiuto. Avevano letteralmente messo in scena una mattanza, probabilmente perfino complimentandosi con loro stessi per essere stati degli assassini così premurosi da camuffare le loro vili intenzioni con la scusante di voler proteggere i loro figli. Ipotesi molto plausibile il fatto che in quel momento stessero rimboccando loro le lenzuola, mentre Derek gemeva a causa di un calcio nello stomaco. Avrebbero dato loro il bacio della buonanotte, mentre Argent veniva ferito alla testa. Gli avrebbero sussurrato che non avrebbero dovuto avere paura del frastuono in lontananza poiché si trattava di una tempesta in arrivo, mentre Scott urlava al proprio branco di restare uniti. Eravamo tremendamente soli e molto probabilmente lo saremmo stati ancora di più, una volta che questa storia fosse finita…molto presto a giudicare dal fatto che oramai le ruspe erano state rovesciate a terra, creando una sorta di trincea a difesa degli ultimi ed impoveriti uomini, che ancora avevano la forza di lottare. Taranee, degna di codardia quanto la madre, se ne stava in disparte incitando uomini a sacrificarsi per la loro causa e distrarre i mannari dal ridurla a brandelli. La fine dello scontro venne sancita da parte di un suono sdrucciolevole: Derek aveva spezzato il collo dell’ultimo uomo rimasto in vita, grazie ad un potente calcio. “E’ finita” Scott prese parola, volendo discutere con la leader della squadra oramai caduta. “E’ proprio vero che non si dovrebbe mai lasciare far fare a degli uomini il lavoro di una donna” quasi come se fosse stata calcolata la perdita di quell’ingente numero di uomini, Taranee estrasse dalla tasca dei pantaloni un oggetto. “Devo ammetterlo, mi avete piacevolmente sorpreso: credevo che lo Stallone avrebbe svolto al posto mio il compito più truce, sarebbe stato un vero onore per me scavarvi la fossa una volta arrivata” nonostante fosse in netto svantaggio, l’arroganza non aveva abbandonato né i lineamenti del suo volto né tanto meno la sua voce. “Cosa ne dici, Stiles? Non sarebbe ora di riunirsi ai tuoi amati genitori?” scattai nella sua direzione, tirandole un pugno con tale rabbia da farle perdere l’equilibrio. Derek le balzò sopra, ringhiandole a bocca aperta, lasciando che le zanne dell’arcata dentale superiore ed inferiore, inglobassero perfettamente il volto della donna. “Fammi il piacere, Derek” rise Taranee, alzando in aria un braccio: reggeva tra le mani un piccolo telecomando automatico che, azionato da un bottone, fece scattare una serie di bombe poste tra le radici del Nemeton. Ebbi giusto il tempo di registrare nella mente quanto fossimo stati innocenti a credere che non potesse essere sempre un passo avanti a noi, che una fitta lacerante mi colpì al petto. “Quanto stupidi potete essere stati nell’aver creduto che i miei uomini non mi avrebbero aperto il campo perfino da morti? Ho chiesto loro di piazzare delle bombe sotto il terreno e voi siete stati così cortesi da non occuparvene nemmeno. Parrish? Correggimi se baglio, ma non eri un artificiere?” rise a squarciagola, mentre lentamente faticavo sempre più a respirare. Derek si gettò immediatamente al mio fianco, sorreggendomi il capo affinché non stesse a contatto con il duro e freddo terreno. L’esplosione del Nemeton aveva causato il decesso delle anime che lo abitavano e alle quali era stato affidato il compito di mantenere soggiogato lo Stallone, che si liberò da quella morsa di energia con un nitrito trionfante. La guerra scorreva attorno a noi ma per me e Derek il tempo si era come fermato. “S-Stiles! Parla con me. Guardami. Non smettere di respirare” il mannaro mi stringeva a sé, cullandomi ad ogni singhiozzo straziante che il pianto lo spingeva ad emettere. “…Derek” sussurrai flebilmente, lui mi accarezzò il voltò e tentò di estrapolare il dolore dal mio corpo. Vidi lo smarrimento nei suoi occhi: non stava funzionando ed io sapevo perfettamente che questo indicava il fatto che fossi giunto ad un punto di non ritorno. Era giunta la mia ora. Scacciai con non poche difficoltà la sua mano dal mio fianco, constatando che le sue vene non si fossero nemmeno tinte di quel nero che indicava la riuscita di quel processo. Ostinatamente Derek ve la ripose ma  io lo scacciai nuovamente. “Permettimi di togliere il dolore” mi disse, ormai smarrito in quel mare di dolore. Mi maledissi. Mi maledissi poiché avevo illuso Derek che il nostro amore sarebbe stato quello vero, duraturo, quello che lo avrebbe portato a sbarazzarsi dai fantasmi del passato. Maledissi il mio intuito per aver fallito, per non aver nemmeno lontanamente dubitato del fatto che gli agenti potessero averci tradito. Maledissi Taranee per avermi strappato dalle braccia del vero amore. “Derek basta, non funziona” mormorai, avvicinando invece la sua mano al mio volto. “Fammi vedere per l’ultima volta un sorriso” lui inizialmente scorre il capo, le sue labbra forzatamente incurvate per assecondare le lacrime che stavano sgorgando dai suoi meravigliosi occhi. Mi dissi che quella sarebbe stata la mia vera morte, me lo promisi, che nessun dolore fisico mi avrebbe potuto piegare alla sofferenza quanto l’osservare il volto del mio amato perdere la gioia faticosamente conquistata. Non provavo alcun genere di dolore, nemmeno avrei avuto la piena certezza di stare abbandonando questo mondo, se solo il mio campo visivo non fosse stato occupato dallo strazio di Derek, che mi osservava quasi a volersi domandare come avessi fatto a non espirare ancora, date le emorragie interne che mi laceravano. Mi accorsi che lo Stallone stava avanzando nella nostra direzione, quando Chris scoccò una freccia direttamente al cuore dell’animale, facendolo scivolare il demone sull’erba, parallelamente a dove ero disteso mentre Taranee fuggiva verso un punto imprecisato della riserva. Per un istante ci guardammo negli occhi: non vi lessi la furia omicida che lo rese noto ma bensì compassione nei miei confronti, come se nella sua rapida prigionia nel Nemeton, fosse cambiato. Già il Nemeton, per meglio dire quello che ne rimaneva, brandelli sparsi tutti accanto a noi, sparsi come pioggia. “Non ho molto tempo, Derek” sputai del sangue. “Lo affido a te, il destino lo decidiamo noi, non ci viene assegnato. Non ero io il degno erede di questo fardello, sono stato semplicemente una pedina per affidare a te questo tesoro” posai delicatamente nella sua mano il distintivo di mio padre. “Sai cosa devi fare amore mio…” le palpebre iniziarono appesantirsi. “Stiles non mi lasciare! Deaton fa qualcosa cazzo! Aiutatelo!” stava disperatamente cercando di farmi un massaggio cardiaco, pur non sapendo che oramai il mio cuore aveva smesso di battere. Quando se ne accorse, sgranò gli occhi. “Non lasciarmi solo…” sussurrò, baciandomi la fronte. “Non lo sei, avrai sempre il branco dalla tua parte” vidi delle ombre avvicinarsi a noi. “Ora me lo fai un sorriso, sourwolf?” Derek accontentò la mia ultima volontà e fu proprio con questa visione che l’ultimo respiro abbandonò le mie membra. Da questo punto della mia sorta, sento il bisogno di essere sincero: poiché avevo abbandonato, prematuramente, la vita, quello che accadde dopo sono semplicemente supposizioni. Suppongo che Derek dovesse aver lanciato uno di quei ringhi capaci perfino di smuovere il terreno, capace di sovrastare perfino il grido rilasciato da Lydia. Semplicemente l’ultimo scherzo che la razionalità radicata nella mia mente volle lasciarmi come biglietto d’addio. Queste sono semplicemente supposizioni. La mia unica certezza? Ero morto. (Vi scongiuro non mi odiate, sono in depressione haha posso assicurarvi che non sarà l'ultimo capitolo. Grazie per aver letto fin qui ❤️).

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Capitolo 17
*** Distintivo ***


(Questo capitolo, per ovvi motivi, sarà narrato dal punto di vista di Derek). “Dovremmo fornire a quel ragazzino un supporto psicologico. Si, sono consapevole che non ha una famiglia alle spalle che possa coprirne il costo…E’ esattamente questo il motivo per cui vorrei evitare che stesse da solo! Li leggete i giornali? La notizia riguardante villa Hale è su tutte le prime pagine”. Il fischio insistente che assordava il mio udito, iniziò lentamente a venire meno e mi permise di origliare alcune delle conversazioni che la poliziotta che mi trovavo difronte stava sostenendo, animatamente, al cellulare. La ragazza, molto probabilmente la sua età doveva aggirarsi attorno a quella di mia sorella maggiore, il ché mi aiutò a mantenere la calma ed evitare così di affondare gli artigli nell’imbottitura del divanetto della centrale dove mi avevano invitato ad accomodarmi. Avevo appena perso per sempre la mia famiglia, la mia abitazione, ogni sorta di mio avere; eppure non potevo fare a meno di sentirmi oppresso da un terribile senso di colpa dovuto alle impronte di cenere che avevo lasciato per la stazione di polizia. Se ne occupò immediatamente un giovane cadetto che, armato di scopettone e di alcuni stracci umidi, ripulì quel disastro. Questa visione non fu esattamente un toccasana per la mia salute mentale, poiché il mio lupo interpretò quel gesto come uno scarso tentativo di occultare le prove quando ancora le macerie della villa scoppiettavano ed ardevano a causa di fiamme dolose. La giovane poliziotta dovette notarlo poiché si inginocchiò tra le mie gambe, sorridendomi e porgendomi una bottiglietta d’acqua. Chiaramente le forze dell’ordine avevano contattato un’ambulanza ma, non appena tentarono di caricarmi su di una barella, mi agitai così tanto da slegare le fasce che teoricamente mi avrebbero dovuto mantenere saldo durante il rapido tragitto verso l’ospedale. Ero fuggito da quel luogo di morte o, per meglio dire, ci sarei riuscito se solo non fossi impattato con un paio di pantaloni verde scuro. Caddi all’indietro e quando sollevai lo sguardo per poter rivolgere un bel ringhio a colui che ostacolava la mia corsa, il verso mi morì in gola: l’uomo in questione era lo sceriffo. “Tu devi essere il piccolo Derek Hale, non è vero?” era stato il primo che, in mezzo a quella baraonda e caos generale, aveva trovato il tempo di domandarmi come mi chiamassi. Ciò che mi colpì fu soprattutto il fatto che per interagire con me, si piegò leggermente con le ginocchia, in modo che i nostri sguardi fossero…alla pari. Annuii, riservandomi ugualmente di permettergli di ascoltare la mia voce, anche per la fuliggine mi impediva di comunicare, essendosi depositata come un soffice lenzuolo sulla mia trachea. Lo sceriffo osò tendere le braccia nella mia direzione, afferrarmi per un braccio, stringendomi al suo petto. Non ero certamente abituato al fatto che un estraneo mi riservasse così tanto affetto e gentilezza, così mi irrigidii all’istante; come avrei anche solo potuto immaginare che un giorno la mia famiglia sarebbe stata sterminata e che lo sceriffo della cittadina, a malapena lo avevo visto una manciata di volte durante delle ricorrenze pubbliche, mi avrebbe tranquillizzato? Non esistevano allenamenti mentali per prevenire lo shock dovuto a certi incidenti. Avvolse le mie spalle con una coperta dalla tinta abbagliante, ne avevo viste di questa tipologia in alcune scene dei telefilm polizieschi che mia madre amava guardare al sabato sera, non opposi resistenza sapendo che mi avrebbe aiutato a gestire lo stress poiché termica. Come previsto, un’ondata di calore si sprigionò e non opposi alcun genere di resistenza quando lo sceriffo mi accompagnò alla centrale, dopotutto dove avrebbe potuto lasciarmi in affido?. Ed eccomi lì, a specchiarmi nelle iridi azzurre di quell’agente che molto probabilmente doveva essere in contatto telefonico con degli assistenti sociali, un male assoluto, paragonabile probabilmente solamente alla reclusione in un canile. Dov’era finito Noah? Perché ci metteva tanto a tornare da me? Perché mi aveva assicurato di avere una rapida faccenda da sbrigare in ufficio, quando ormai era già trascorso più di un quarto d’ora? Che mi avesse abbandonato anche lui?. Tesi l’orecchio verso la porta della sua stanza, accorgendomi che non fosse solo. Stava parlando, con voce comprensiva simile a quella che aveva utilizzato poco prima per rivolgersi a me, con un interlocutore che emanava odori differenti: pastelli a cera e succo alla frutta…decisamente un bambino. Per un breve istante mi illusi che potesse trattarsi della mia sorellina, Cora, ma l’odore apparteneva quasi sicuramente a degli ormoni maschili non ancora sviluppati. Riuscii a far corrispondere a quell’aroma così infantile un volto, solamente quando un piccolo bambino saltellò fuori dall’ufficio del capo della centrale. Un bambino davvero singolare, dovetti ammetterlo, rimasi particolarmente colpito dai suoi grandi occhi e dalla quantità innumerevole di nei che gli ricoprivano le baffute guance. “Papà? Quello è ‘erek?” chiese al genitore, strattonandogli insistentemente i pantaloni per attirare la sua attenzione, focalizzata in quel momento su un mucchio di cartacce sul mio conto. “Si piccolo, lui è Derek e devi promettermi che non lo infastidirai finché resterai qui alla centrale. Alle quattro Melissa verrà a prenderti e farai merenda con Scott, intesi?” scompigliò i capelli del bambino, ormai famigliare in quell’ambiente, che canticchiando chissà quale canzoncina giunse ad occupare posto, accanto a me. “Ciao” mi disse. Ciao? Non gli hanno insegnato che non si parla con gli sconosciuti? Tentai di ignorarlo, non ero un poppante e non mi andava di intrattenere una conversazione con un marmocchio: avevo così tanto dolore e frustrazione dentro di me che scommetto non avrei scelto con accuratezza i termini più adatti per rivolgermi a lui, come di consuetudine si tende a fare con i più piccoli. Evitai perfino il contatto visivo ma una manina calda e umidiccia si posò sulla mia. “’erek? Tu sai la mia lingua? Che lingua parli? Io a scuola sto imparando anche lo spagnolo, sai che ‘no’ si pronuncia ‘no?” mi mostrò mettendo ben in evidenza il movimento della lingua, come si dovesse articolare correttamente quel suono. Era veramente buffo mentre tentava di non incastrarsi la piccola lingua tra i denti da latte. “La capisco la tua lingua” risposi, dopo un istante di esitazione. “Oh bene! Lo vuoi un succo? Papà mi compra questi alla frutta perché dice che sono più sani di quelli che contengono zuccheri artificiali…” ma quanto parla? Prende fiato ogni tanto? “…in più, vedi questo simbolo sulla confezione? Significa che sono bio, me lo ha detto la maestra” spiegò tutto infatuato da quelle conoscenze che non vedeva l’ora di condividere. “Ti ringrazio ma non ho sete” tagliai corto, ciò però non lo fece demordere. “Sei tutto sporco” la sua manina finì sulle mie guance ma stranamente il mio lupo non lo volle scacciare con ferocia ma bensì sembrava quasi intontito da quelle attenzioni che il piccoletto ci stava riservando. C’era qualcosa nel suo modo di fare che trovavo rassicurante, anche se non ne comprendevo con esattezza la motivazione. Probabilmente il mio lupo interiore se ne stava così mansueto poiché lo aveva riconosciuto come un plausibile piccoletto del branco. Lo stesso bambino che si affrettò a raggiungere una stanza al di fuori del mio raggio visivo, sgambettando poi nuovamente verso di me. “Ora ci penso io” con una salviettina umidificata mi levò dal volto i segni dell’incendio ma, mentre mi aveva parecchio infastidito come il cadetto avesse frettolosamente rimosso le mie impronte fuligginose dal pavimento, permisi al piccolo di ripulirmi con tutta calma. “Mi piacciono i tuoi occhi” mi sorrise, quando passò il panno anche su di essi. Come poteva trovarli così tanto graziosi da catturare la, abbastanza precaria, attenzione? Erano velati da una coltre di lacrime che minacciava costantemente di sgorgare ed avrei scommesso anche che fossero tinti di rosso per via del fumo che si era accumulato tra le macerie della villa, dove ero rimasto prigioniero. Non risposi. “Non parli molto” osservò, non sembrandone poi particolarmente infastidito, probabilmente apprezzava questo lato del mio carattere perché in tal modo avrebbe avuto più tempo per dimostrarmi ancora una volta quanto fosse logorroico. Non risposi nuovamente. “Sei simpatico ‘erek” si spostò con il sederino, in modo da essermi ancora più appicciato: oramai condividevamo lo stesso posto a sedere. “Lo so cosa provi” disse dopo un breve, ma ben gradito, istante di silenzio. “Come puoi saperlo?” domandai rude, sentendomi in colpa nello scaricare la mia frustrazione sull’innocenza di quel bambino. “Pochi anni fa ho perso la mia mamma” ‘maledizione a te, Derek! Sempre a fare supposizioni affrettate’. “Un pochino ti invidio, se così posso dire” questo dettaglio risvegliò la mia curiosità. “Hai perso la tua famiglia rapidamente, in una sola notte. Io ho visto il tracollo della mia mamma durare mesi, papà l’ha definito un ‘calvario’. Non sapevo che cosa volesse dire e quindi ho fatto una ricerca con il computer della biblioteca. Vuol dire che ha sofferto moltissimo prima di morire. Non metto in dubbio che la tua famiglia abbia sofferto ma puoi almeno pensare al fatto che non abbiano patito per giorni interi” ragionamento contorto per una persona della sua età, probabilmente non esattamente ciò di cui avevo bisogno di sentirmi dire, ma in fondo…molto in fondo…le sue parole nascondevano un velo di verità. “Mi dispiace per tua madre” lui scosse il piccolo capo con vigore. “Sono sicuro che adesso sta bene. Sono sicura che è stata lei ad accogliere la tua famiglia lassù, sai, ho ereditato da lei la mia parlantina” questa immagine mi fece sorridere. “Oh, guarda lì. Allora anche tu sai sorridere” si piegò in avanti per osservare meglio le mie labbra che subito tornarono in una posizione neutra. “Dai ‘erek! Fammi un sorriso! Si fa così” mise nuovamente le mani tozze sul mio volto, stirandomi le guance affinché facessi un sorriso forzato. Ormai totalmente arreso difronte quel piccolo concentrato di empatia, gli concessi un sorriso. Quel bambino mi aveva fatto sorridere, nonostante l’incidente avvenuto poche ore prima. Nonostante fossi palesemente rimasto solo. “Io sono Stiles, il mio papà mi ha parlato di te perché lo hanno chiamato proprio mentre mi stava leggendo la favola della buonanotte” si stropicciò gli occhi: era evidente che non avesse dormito, lo sceriffo non aveva trovato nessuno a cui affidarlo per la notte e così lo aveva portato con sé al lavoro, un posto troppo ‘da grandi’ per quella pulce con i nei. Si sistemò meglio in modo che il suo capo poggiasse sul mio braccio, visibilmente esausto. “’erek?” mi chiamò. “Mh?”. “Anche se chiudo gli occhi non sto davvero dormendo, non ci riesco qui in centrale perché scattano allarmi in ogni momento ma anche se non guardo, tu continua a sorridere, intesi?” non riuscii dal trattenermi dall’avvolgerlo sotto al mio braccio. “Te lo prometto, Stiles”. Non riuscii mai realmente a tenere fede alla promessa fatta, un po’ per via del fatto che quando strinsi quel patto non ero esattamente cosciente ed un po’ per via di questa merda di mondo dove ero costretto a vivere. Stiles aveva sempre rappresentato la mia ancora, ancora prima di comprendere effettivamente che fosse il mio compagno. Avevo discusso con lui ma quei brevi momenti di litigio avevano il potere di cambiare il mio umore, rendendo quel ragazzo un chiodo fisso per i miei pensieri. Avevo riso con lui per via della sua goffaggine, dei guai che combinava insistentemente. Avevo pianto con lui ed ora mi ritrovavo a singhiozzare per lui. Come se alla sua morte Stiles si fosse portato con sé le chiavi del mio cuore, non che io avessi qualcosa da controbattere, ero rapidamente tornato ad essere lo stesso irrequieto ragazzo che il branco aveva avuto la disgrazia di conoscere. Tentarono di strapparmi il suo corpo dalle braccia, ma opposi resistenza. Fui io a depositarlo lentamente sul tavolo dell’obitorio di Beacon Hills, accanto a me Melissa tentava di abbandonarsi ad un pianto disperato, tappandosi la bocca con una mano. Oramai, l’anziana donna, non svolgeva più attivamente il ruolo di infermiera che ricopriva un tempo, si limitava bensì ad occuparsi dell’accettazione dei pazienti alla reception, ma nessun collega osò protestare difronte alla sua richiesta di occuparsi personalmente del cadavere di Stiles, dopo l’impareggiabile servizio prestato. La madre dell’ true alpha allungò, tremante, una mano nella direzione del volto del ragazzo, singhiozzando quando ebbe modo di constatare quanto freddo fosse ormai divenuto il suo corpo. “Era come un secondo figlio per me…” i capelli folti e ricci mi impedivano di avere una chiara visione dell’espressione assunta dal suo volto, ma immagino che dovesse essere fisicamente distrutta, al pari del sottoscritto. “Qualche mese fa mi sono occupata di allestire la camera ardente per Noah, ora dovrò occuparmi di Stiles. Non so per quanto tempo il mio povero cuore sarà in grado di reggere” sospirai affranto, avevo pianto così tanto che perfino quella semplice azione mi affaticò doppiamente di quanto non avrebbe fatto normalmente. “Scott?” non lo avevo più viso da quando era svenuto sul campo di battaglia, esattamente nel momento in cui Lydia urlò dal dolore. “Si rifiuta di parlare con chiunque, perfino con Malia. Poche ore fa mi sono recata da Parrish e Lydia per assicurarmi che il fato non avesse subito danneggiamenti, fortunatamente è così” per lo meno non avremmo subito altre perdite. Come se la mia mente si rifiutasse di elaborare l’immagine di uno Stiles esanime, destinato al silenzio di quel maledettissimo obitorio, lo strinsi nuovamente tra le mie braccia. ‘Il suo cuore sta battendo, flebilmente ma sta battendo. Non c’è bisogno di seppellirlo’ mi ripetevo come fosse una cantilena, tentando di convincermi… la verità è che il suo battito cardiaco era cessato da ore. “Derek, per quanto io comprenda il tuo dolore, devi lasciarlo andare” Melissa posò delicatamente la mano sulla mia spalla, esercitando una lieve pressione, come a volermi rassicurare ma io la scacciai. “Non mi toccare” ringhiai, incapace di darmi un contegno. “Io non lo lascio. E’ inutile che tentiate in ogni modo di strapparmelo via. Ho detto che non lo lascerò mai andare” voltai il capo nella direzione dell’infermiera, senza preoccuparmi di celare il reale colore dei miei occhi. Non mi avrebbero separato dal mio compagno e avrebbero dovuto capirlo in fretta, altrimenti sarei ricorso alla forza. Le porte dell’obitorio si spalancarono e Chris fece il suo ingresso. “Derek, vieni con me. Avanti. Lascia che Melissa ripulisca il corpo di Stiles” ringhiai ancora più forte. “Mai!”. “Derek, lascia che Melissa lo ripulisca dalle tracce di sangue e ti concederemo altro tempo” ripeté, questa volta introducendo la possibilità di una contrattazione. Guardai Stiles, rilasciandolo nuovamente su quel lettino ed avvicinando le labbra al suo orecchio, come a volergli sussurrare che sarei tornato il prima possibile. Seguii il cacciatore nella sala d’aspetto adiacente, imitandolo quando si accomodò su di una delle seggiole. “Potresti anche aspettarlo mille anni, ma è morto” sarebbe stato questo il suo modo di consolarmi? Non avevo nemmeno cessato di versare lacrime che lui girava letteralmente il coltello nella piaga?. Sollevai un sopracciglio, come a volermi accertare che non fosse divenuto improvvisamente un pazzo suicida, sadico a tal punto da aizzarmi volontariamente contro di lui. “Hai perfettamente capito quello che ho detto. Osserva bene il labiale: Stiles è morto e la responsabile di tutto questo è ancora a piede libero mentre tu, razza di cucciolo lagnoso, non fai altro che piangere sul corpo del tuo fidanzatino” fui accecato dalla rabbia e, dando pieno sfogo ai miei istinti, strinsi gli artigli attorno al collo dell’uomo. “Non permetterti mai più di trattare in questo modo la memoria di Stiles o giuro che ti ucciderò con le mie stesse mani!” sbraitai, del tutto impassibile della possibile presenza di pazienti o medici. “Vuoi uccidere me o Taranee” sgranai gli occhi: ecco la motivazione di quell’atteggiamento duro nei miei confronti, Chris voleva che io reagissi e che incanalassi il mio odio e rancore nell’ottica di rivendicare Stiles, invece che piangerlo quando oramai il peggio era accaduto. Rilasciai immediatamente la morsa che stavo esercitando sul suo collo, permettendo all’uomo di respirare. “B-bravo il mio ragazzo. Sono quasi soffocato ma vedo che per lo meno hai afferrato il concetto” si massaggiò il rossore che gli avevo procurato, dandomi delle amichevoli pacche sulla spalla. “Mi dispiace è che lui era la motivazione del mio autocontrollo ed ora che l’ho perso per sempre, mi sento terribilmente in balia delle emozioni” in quel momento ci raggiunse anche Melissa. “Derek, ho già vissuto questa situazione in passato, seppur in un contesto differente. Ricorderai bene anche tu quanto fosse a pezzi Scott dopo che si era lasciato con Allison. Ragazzi, voi dovete capire che per quanto la vita vi conceda persone meravigliose su cui contare, dovete essere voi le vostre ancore personali” mi accarezzò amorevolmente i capelli. “Non ho idea di come potrei vivere senza di lui. Sono tornato ad essere solo”. “Hai perso l’amore della tua vita ma non la tua famiglia, noi saremo sempre qui per te” Chris tentò di offrirmi un bicchiere d’acqua ma nell’afferrarlo feci sbadatamente cadere a terra il distintivo che Stiles mi aveva donato. “Cosa è caduto?” domandò l’infermiera, inginocchiandosi per recuperare l’oggetto che era scivolato al di sotto della poltroncina dove ero accomodato. “Si tratta del distintivo che apparteneva a Noah in passato. Vedi? Porta ancora i segni delle martellate che Stiles gli aveva dato per tentare di fargli riacquisire la sua vecchia forma” sorrisi leggermente al ricordo. Il distintivo… Mi sollevai di scatto, facendo preoccupare entrambi i presenti. “Come ho potuto essere così stupido da perdere così tanto tempo!” mi passai una mano tra i capelli, tirandoli leggermente per via della tensione. “In tutto questo tempo avrei potuto agire se solo non fossi stato abbattuto dal dolore! Diamine, devo assolutamente parlare con Deaton!” mi guardai attorno alla ricerca della mia giacca in pelle, indossandola così rapidamente che, se solo Melissa non mi avesse aiutato, me la sarei perfino indossata al contrario. “Sei sicuro di sentirti bene, ragazzo?” Chris parve leggermente preoccupato dal mio repentino cambio di umore. “Starò meglio quando avrò parlato con Deaton. Melissa, ti prego. Devi fare in modo che Stiles non venga collocato in una di quelle celle frigorifere. Ti scongiuro, fa in modo che il suo corpo non venga toccato da nessun medico!” le urlai, correndo all’indietro. Superai a tutta velocità i corridoi dell’ospedale, quasi sbattevo contro una barella ed un paio di inservienti e mai come allora l’ascensore mi parve essere estremamente lento. Premetti con così tanta insistenza e numerose volte il pulsante che mi avrebbe condotto ad una discesa perso il piano terra, che temetti di aver mandato in corto circuito l’intero sistema. Schizzai in auto, facendo tappa a casa Mcall. Trovai Scott in lacrime sotto alle lenzuola ed incurante delle spiegazioni che mia cugina esigeva, lo trascinai nella Camaro. “Forse ho trovato il modo di riportare in vita Stiles” gli dissi, mentre arrendevole si allacciava la cintura di sicurezza. “Sei completamente uscito di senno o stai dicendo sul serio?” domandò, tenendosi saldamente al sedile per via dell’alta velocità con cui stavo percorrendo la strada che ci avrebbe condotti alla clinica veterinaria. “Starà a Deaton dirci quale delle due opzioni sarà vera” così dicendo spalancai le porte dello studio del druido. “Ragazzi! Non mi aspettavo di vedervi qui durante l’orario delle visite” ci accolse il veterinario, invitandoci a raggiungere la solita saletta sul retro. Aveva chiaramente passato la nottata in branco, non solo per via dell’adrenalina che gli scorreva in corpo, infondo era stato lui a scoccare la freccia che decretò la morte dello Stallone, ma anche perché tremendamente scocco dalla perdita di un caro amico. “Mi dispiace essere piombato qui senza alcun preavviso ma credo di aver appena intuito l’esistenza di una possibilità per riportare in vita Stiles” il druido mi guardò sbigottito, probabilmente anche lui stava dubitando della mia sanità mentale, a giudicare dallo sguardo che lanciò a Scott. “Non sono impazzito, ve lo posso assicurare. In questi mesi Stiles ha rinvenuto l’eredità che suo padre volesse trovasse unicamente lui. Si tratta di un oggetto prezioso in un certo senso ma non ne ho compreso a pieno l’utilizzo fino a quando non ho realizzato quanto possa rivelarsi indispensabile per salvare la vita del mio compagno” così dicendo depositai sul tavolo delle visite il distintivo appartenuto a Noah, e poi al mio ragazzo, facendo scattare il meccanismo che lo teneva sigillato. Un ‘click’ rivelò quanto la mia memoria fosse ferrea, non avendo scordato l’esatta combinazione per generare l’apertura del sistema, rivelando quanto fosse custodito: un piccolo seme. Deaton lo sollevò con delicatezza, depositandolo quasi con riverenza sul palmo della sua mano. “Al di sotto della centrale di polizia si trova un sotterraneo, edificato dai successori dei druidi che hanno eretto il vecchio Nemeton di Beacon. Quando Stiles eseguì il rituale per mettersi in contatto con quest’ultimi, gli venne rivelato che il padre avesse profanato quella sorta di tempio druido, avendo rubato un oggetto apparentemente superfluo quanto potente” misi al corrente il mio amico degli avvenimenti precedenti, affinché potesse condividere con me quell’improvviso stato emotivo di speranza. “Non si tratta di un seme qualunque. Quest’ultimo è stato sottoposto ad una serie di trattamenti antichi quanto la storia del mondo e di esclusiva conoscenza druida, tali da renderlo potenzialmente un futuro Nemeton” il sorriso che comparve sulle labbra di Deaton fu incoraggiante quanto una vincita alla lotteria. “La vita di Stiles era legata a quel Nemeton in particolare, avete considerato questo dettaglio?” propose Scott, il veterinario rispose positivamente. “Consideriamo l’ipotesi che questo seme riesca a gettare delle radici nel terreno, basterà piantarlo nella stessa collocazione del vecchio tronco affinché assorbi dal terreno le sostanze nutritive e soprannaturali che quest’ultimo deve aver rilasciato nel corso del tempo” quasi mi commossi mentre udivo quelle parole. “Dovete inoltre sapere che durante la notte ho avuto modo di esaminare il cadavere dello Stallone: raschiando i suoi zoccoli sono riuscito ad estrapolare i corpi delle lucciole che animavano il Nemeton. Utili come concime per il piccolo seme” con cura lo ripose all’interno del distintivo, una garanzia per evitare di smarrirlo. Non perdemmo altro tempo e ci recammo nello stesso luogo in cui, solamente poche ore prima, stringevo disperatamente a me Stiles…puntando lo sguardo verso le impronte che lasciammo la notte precedente, riuscii quasi a sentire la flebile voce del mio compagno, spronarmi a regalargli un ultimo sorriso. Il campo di battaglia era rimasto immutato rispetto a quando, distrutti ed affranti, lo avevamo lasciato: nessuno, nemmeno le famiglie dei defunti, si erano preoccupati di seppellire i corpi dei loro padri, fratelli o mariti. “Il luogo esatto dovrebbe essere questo” tutti e tre ci inginocchiammo ed io e Scott prestammo i nostri artigli affinché si venisse a creare una buca sufficientemente profonda, come da istruzione di Deaton. Depositò il seme sul fondo e non nascondo di essere stato particolarmente preoccupato dal fatto che, in mezzo al terriccio, lo avessi perso di vista. ‘Ora o mai più’ riflettei sul fatto che oramai non avessi più nulla da perdere, avendo già dovuto dire addio alla persona più importante della mia vita. Ricoprimmo accuratamente la fossa, lasciando che il druido consacrasse il terreno disegnandovi, ricorrendo a foglie e ramoscelli, alcune rune. “Sono simboli di protezione” ci spiegò Deaton, accorgendosi dello smarrimento nel mio sguardo e in quello del mio amico. “Il passaggio mancante affinché un semplice albero si tramuti in Nemeton, consiste in un sacrifico di sangue da parte di creature soprannaturali. Dopodiché, ragazzi miei, avremo fatto letteralmente il possibile” estrasse dalla sua valigetta medica un particolare pugnale di avorio. “Per Stiles” dissi, infliggendomi una ferita al palmo della mano tale che, quando la strinsi, riuscii a far gocciolare del sangue sul terriccio fresco. “Per Stiles” ripeté Scott, imitando il mio gesto. “Ora, cosa dovrebbe accadere esattamente? Dovremo attendere anni prima che l’albero cresca, prima di essere reciso e prima che Stiles torni da noi?” domandò il true alpha, condividendo parzialmente i miei dubbi. “Non è necessario. La cosa importante è che il rituale sia compiuto ed effettivamente lo abbiamo svolto secondo le istruzioni degli antichi maestri…purtroppo sui manuali, non è indicato il tempo di svolgimento del processo” si rammaricò il veterinario. ‘Questo significava che c’era una possibilità secondo la quale il corpo di Stiles non sarebbe rimasto intatto fino al compimento del rituale’ imprecai mentalmente, maledetto sapere druido e maledetti questi presunti maestri dai modi di fare criptici e altamente fraintendibili. Calò il tramonto e la situazione era rimasta invariata, se non per l’arrivo di Parrish, Lydia e Malia, che sacrificarono anch’essi parte del loro sangue. Stavo iniziando a perdere le speranze: dopo tutti gli indovinelli che Noah ci aveva tesi, doveva pur funzionare!. Sospirai affranto nello stesso momento il cui uno strano gorgoglio provenne dal terreno. “Ma cosa sta-?” il vice sceriffo non ebbe nemmeno il tempo di concludere la domanda che una scarica di energia si espanse, come epicentro il futuro Nemeton, con un raggio d’azione che investì l’intera foresta. Alberi, cespugli ed arbusti, dovettero lottare affinché i loro tronchi non venissero spezzati in malo modo, mentre noi venimmo scaraventati a terra. Ebbi la premura di avvolgere Lydia tra le mie braccia, evitandole il duro impatto e tutelando così la sua gravidanza, Parrish che finì a pochi metri di distanza, ne fu molto grato. “Ha funzionato!” urlò euforico Deaton, sia perché in tale modo aveva potuto constatare quanto ampia fosse la sua saggezza ma anche perché aveva assicurato la salvezza di Stiles. L’intero branco mi incitò affinché raggiungessi l’ospedale, corsi come mai feci nella mia vita. Ignorai la Camaro, assumendo la mia forma lupesca per schizzare alla velocità della luce nella direzione dell’obitorio. “C’è un lupo all’interno dell’edificio!” urlò un medico, scappando quando mi vide arrivare, chiaramente senza alcuna intenzione di rallentare. Mi premurai di assumere nuovamente fattezze umane, coprendo la mia nudità con degli abiti, solamente quando mi trovai difronte alle porte dell’obitorio: dalla fessura in vetro delle porte ad anta, potei scorgere Melissa richiudere la cerniera di una di quelle sacche a cui erano destinati i cadaveri. Vidi anche delle ciocche castane ostruire la chiusura del sacco… ‘Ho fallito’ pensai e mi odiai anche solo per quei brevi istanti di gioia che mi ero indotto a provare. Avevo fallito, avevo perso Stiles per sempre. Stavo per raggiungere le seggiole della sala d’attesa quando una voce alle mie spalle mi fece bloccare sul posto. “Mi scusi signore, ma credo proprio che quel posto sia riservato” non era possibile. Dovevo essere completamente impazzito, quella voce… Mi voltai lentamente, come a volermi risvegliare lentamente da quel sogno, quando lo vidi: vidi Stiles sul fondo del corridoio con le braccia spalancate, un tacito invito a gettarmici dentro. Era una visione celeste, resa ancora più mozza fiato dal fatto che stesse piangendo lacrime di gioia. “S-Stiles…” sussurrarono le mie labbra, in un movimento autonomo. “Sono qui Derek!” sorrise, avvicinandosi con passo incerto. “Stiles!” urlai, gettandomi su di lui con così tanto impeto che finimmo entrambi a terra. Il suo odore, la sua pelle soffice, il suo calore…il suo battito cardiaco: lui era realmente tra le mie braccia, lui era vivo. “Oh mio Dio” piansi per la prima volta in vita mia, dalla gioia, temendo che la sua salute non avrebbe retto. “Sei qui. Amore mio, sei davvero qui” sussurravo al suo petto, ridendo per scacciare la tensione che lentamente mi stava abbandonando. “Si Derek, mi hai salvato. Sourwolf mi salva sempre, sapevo che avresti trovato un modo” mi accarezzò la barba, strofinando i nostri volti in un gesto estremamente animalesco. “Ti amo” lo baciai sulle labbra. “Ti amo” gli baciai le guance. “Ti amo” baciai il suo adorabile nasino all’insù. “Ti amo” gli baciai la fronte. “Ti amo così tanto” mi lasciai sfuggire un guaito di gioia. Stiles rise e probabilmente fu quello il momento in cui vidi il paradiso. “Ti amo anche io e non ho intenzione di sperarmi da te mai più. Hai usato il distintivo, non è vero?” annuii, il volto ancora nascosto nel suo collo per inspirarne più odore possibile. “Ragazzi, non vorremmo interrompere la vostra gioia ma siete sul pavimento dell’ospedale e potreste bloccare il passaggio delle barelle. Cerchiamo un posto migliore dove poter parlare e degli abiti puliti da fornire a Stiles” Melissa ci invitò ad alzarci ma nulla poté separare il nostro abbraccio. Molte incognite riguardavano il nostro futuro. La mia unica certezza? Stiles era vivo.

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Capitolo 18
*** Ancora lui ***


Tra tutte le disparate marche di cioccolatini presenti sul mercato, nutrivo una particolare predizione per quelle che inserivano bigliettini filosofici (quanto estremamente banali) tra le pieghe degli incarti delle loro leccornie. Oltre alle svariate frasi romantiche che mi capitavano, spesso avevo la fortuna di trovare frasi sul senso della vita, come: ‘carpe diem’, ‘vivi come se fosse l’ultimo giorno’ oppure ‘goditi ogni istante’ e credetemi…non ne afferrai realmente il senso fino a quando non sperimentai la morte. Non mi ero mai sentito così pieno di voglia di vivere come quando ebbi la possibilità di svegliarmi dal sonno eterno e di trovare la mia famiglia stretta attorno a me. Derek non aveva cessato di stringermi tra le sue braccia mentre il resto del branco colmava i miei silenzi con mille domande. Volendosi accertare della mia salute, come potrei biasimarla? Fino a poche ore prima ero lacerato da emorragie interne, Melissa volle ospitarmi a casa Mcall. Purtroppo per lei, la mia convalescenza non si svolse nella pace più assoluta poiché i ragazzi diedero sfogo alle loro preoccupazioni, ponendomi i più disparati quesiti. Nonostante fossi ovviamente lieto delle loro premure, non fui altrettanto capace di narrare loro l’esperienza vissuta, mi domandavo quando mai effettivamente mi sarei sentito pronto ma se c’era una persona che aveva dimestichezza con la morte, beh quella era Lydia. Le domandai di poter discutere separatamente, domandando a Derek la cortesia di sorreggermi fino al sofà del salotto: avevo bisogno di parlare da solo con lei, questo implicava che il mannaro sarebbe potuto restare dato che il legame che ci connetteva era oltremodo indissolubile. “Non puoi capire la mia gioia nell’averti ancora qui tra noi” la ragazza sospirò di sollievo, stringendosi tra le mie braccia, leggermente ostacolata dall’ingombrante pancione. “Oh credimi, lo capisco eccome. Temevo davvero che me ne sarei andato senza a ver portato a termine questo caso e, a questo proposito, ho bisogno di un consulto da parte dei tuoi poteri da banshee” la rossa fu tutto orecchi. “Quando ho chiuso gli occhi ho immediatamente provato un enorme senso di vuoto ma poi ho visto la rinomata luce di cui tutti parlano…” Derek mi strinse maggiormente a sé “Ormai intuendo che non avrei più avuto scampo, decisi di seguirla. Mi ritrovai nel soggiorno della mia abitazione, precisamente il mobilio corrispondeva alla disposizione che i miei genitori aveva scelto durante la mia infanzia”. “Vuoi dire che c’erano anche loro?” annuii, assalito dalla commozione. “Mia madre aveva appena offerto a mio padre una tazza di latte caldo. Inizialmente credevo che nessuno di loro avesse avvertito la mia presenza ma mi sbagliavo. Mi fecero accomodare tra loro, non so spiegare con esattezza la sensazione che provai ma mi parve quasi possibile avvertire le carezze che mio padre mi stava lasciando sulla guancia” Lydia mise una mano sul mio ginocchio, cercando di confortarmi. “Quello che mi ha parecchio lasciato interdetto è il fatto che continuassero a ripetere che mi fossi unito a loro precocemente ma soprattutto che avevo ancora un conto in sospeso, immagino si riferissero a Taranee. Avete trovato delle tracce?” sia lei che Derek scossero il capo in segno negativo. “Ci siamo dedicati anima e corpo all’unico barlume di speranza che avrebbe potuto riportarti in vita. Nessuno di noi si è allontanato troppo, solamente Parrish si è occupato di recarsi alla centrale e di accampare delle scuse per la morte dei vostri colleghi”. “Già, un’altra questione da sbrigare. Ora che abbiamo acquisito una nuova prospettiva dei fatti, possiamo affermare che Taranee non è altro che una minuscola pedina degli scacchi della nostra città. Dobbiamo fornire un buon esempio affinché gli abitanti di Beacon Hills cessino di avere paura di noi” sentii Derek ringhiare ogni qualvolta nominavo il nome di quella ragazza. “Che cosa suggerisci?” chiese Lydia. “Mio padre mi raccontò un episodio alquanto particolare durante la mia visione. Sostenne che un poliziotto deve essere anche un buon politico e l’amico di cui i cittadini hanno bisogno. Spesso ricorreva a metafore per tentare di inculcarmi un po’ di cultura, per questo non mi stupì il fatto che nominò il personaggio di Pericle. Atene visse il periodo più glorioso sotto al suo controllo, perché si era dedicato anima e corpo nel tentativo di assottigliare le differenze tra le varie caste di cittadini”. “In parte è vero, come pensi di applicare le parole di tuo padre?”. “Intendo evitare il licenziamento di meno uomini possibili per dare l’esempio e per il resto devo ancora pensare a come instaurare un dialogo con Taranee, anche se prima dobbiamo capire dove si sia rifugiata” Lydia si accarezzò il ventre. “I morti trovano sempre il modo di comunicare con i vivi. Aprono sempre un canale ed io credo proprio che i tuoi genitori non abbiano mai cessato di vegliare su di te. Devi applicare le loro parole affinché questa guerra abbia fine, Stiles. Scott è stato il nostro leader per tutti questi anni ma ora come ora, solo tu puoi salvarci” riconobbi in quelle parole la profezia di una banshee, come immaginavo: durante la mia assenza anche lei doveva avere avuto numerose visioni. Annuii, abbandonandomi completamente contro il corpo del mio compagno. “Ringrazio di essere tornato in vita, altrimenti mi sarei perso la nascita del nuovo membro del branco” sorrisi osservando come la gravidanza di Lydia fosse ormai evidente. “Sarebbe stato un vero peccato non dover rimproverare il mio bambino perché lo zio gli ha insegnato a riparare ogni minima crepa con lo scotch meccanico” finalmente rise “anche se posso assicurarti che sarebbe stato un vero peccato perdervi entrambi a causa di uno stesso colpo”. Mi voltai verso Derek che, imbarazzato, aveva immediatamente distolto lo sguardo. “Proprio così, era tornato ad essere il lupo acido che era prima che tra voi due nascesse un sentimento” ridacchiò la rossa mentre il mannaro sbuffava sonoramente. “Non darle retta! E’ il bambino che la rende più sensibile” rispose seccatamente, non potei trovare tutto questo estremamente divertente. “Vi lascio un momento di intimità, da quando Stiles è tornato non avete ancora avuto modo di parlare” Lydia mi stampò un bacio sulla guancia, per poi dare un buffetto giocoso sulla spalla del licantropo. Ringraziai il fatto di poter discutere con lui separatamente, insomma ero appena tornato in vita…avevo bisogno di elaborare il tutto e non poteva esserci persona migliore per compiere questo compito, di Derek. Mi accomodai in modo che fossimo faccia a faccia, senza allontanarmi troppo però, le nostre dita sempre intrecciate. “Quindi a quanto pare sei tu il mio eroe” sul mio volto si aprì un enorme sorriso, adoravo metterlo in imbarazzo. “Non attribuirmi ogni merito, sei tu che mi hai dato istruzioni. Perfino in punto di morte non hai smesso di parlare” ridacchiammo all’unisono e non potei fare a meno di sporgermi per depositare un bacio sulle labbra. “Non vedo l’ora di tornare a casa. Sono così egoista se desidero passare del tempo da solo con te?” lui mi accarezzò una guancia. “Assolutamente no, anche io desidero averti il più vicino possibile per rendermi finalmente conto che sei tornato” come potevo non amarlo?. “Sei stato il mio unico pensiero” mormorò, gli occhi verdi sporcati da una leggera colorazione marrone. “Volevo onorare la promessa che ti feci, continuando a vivere ma mi sono reso presto conto che non sarebbe stato possibile” ora mi trovai ad asciugargli delle maledettissime lacrime che si concesse. “Sono riuscito a superare la perdita della mia famiglia solamente grazie alla presenza del mio compagno ma dubito avrei potuto farcela a sopportare la mancanza delle tue chiacchiere. Di tutti quei baci che mi rubi quando ci incrociamo nel corridoio o ti tutti i tuoi sorrisi un po’ storti perché hai ancora il volto nascosto tra i cuscini” Derek Hale in persona aveva appena superato quel muro tanto ostile che aveva posto a protezione del suo cuore, per me… “Der…” mi fiondai tra le sue braccia, stringendolo con ogni brandello di forza che fosse rimasto in quel corpo tanto debilitato che mi ritrovavo. “Stringimi” gli dissi, anche se effettivamente risultava superfluo considerando che le sue braccia avvolgevano oramai salvamente i miei fianchi. “Come compagno sono pessimo” ridacchiai, asciugandomi con la manica della maglia le lacrime che non ero riuscito a trattenere. “Prima sono scomparso per giorni per via di quel dannato rituale, ti ho fatto credere che il piano sarebbe funzionato alla perfezione ed infine sono morto”. “Grazie a Dio non hai mai perso la tua ironia e il tuo sarcasmo” mormorò, coinvolgendomi in un bacio che sapeva di amore, quanto di una rude richiesta di essere suo per sempre…cosa che infondo già ero, immensamente. “Interrompo qualcosa?” domandò Theo, facendo il suo ingresso nel salotto seguito dal resto del branco. A giudicare dal leggero sbuffo con cui ci voltammo nella sua direzione, la chimera lo colse come un chiaro sì. “Ragazzi, non vorrei risultare scortese in alcun modo. Sono estremamente grato del vostro aiuto e del supporto che ci avete dato ma avremmo bisogno di…” “Trascorrere del tempo privatamente, lo capiamo. E’ giusto così, il lupo di Derek deve ancora distendere i nervi, sei fortunato ad essere umano e non sentire la puzza di ansia e preoccupazione che sta emettendo anche tutt’ora” lo scherzò Scott, guadagnandosi una cuscinata. “Direi che tutti voi avete bisogno di una bella doccia. In quanto banshee il mio naso non è ipersviluppato ma il piccolo segugio che porto in grembo scalcia da matti quando qualcuno mi si avvicina” rise Lydia, portandosi istintivamente le mani a protezione del ventre. “Chiunque di voi recuperi informazioni su Taranee, non indugi a chiamare gli altri. Non può e non deve essere lontana” fornì le ultime istruzioni il capo branco, mentre Derek mi aiutava ad alzarmi. Zoppicando, con non poca fatica, raggiungemmo l’auto e con estrema delicatezza il mio compagno mi aiutò ad accomodarmi sul sedile del passeggero. “Toglimi una curiosità: la mia Jeep, non l’avete lasciata al limitare della riserva per tutto questo tempo, vero?” la mia piccola esposta alle intemperie…una follia. “Sta tranquillo. Chris è andato a recuperarla sotto mio consiglio. E’ nel nostro garage perfettamente sistemata. Gli ha persino coperto il parabrezza con dei teli in modo che le rigide temperature autunnali non rovinassero il motore…come se ci sia effettivamente qualcosa che si possa ancora rovinare di più quel catorcio che si regge a scotch e benzina” mi provocò, mal celando un sorrisetto di sfida. “Razza di sourwolf! Questa notte sarai tu a restare al freddo. Ti permetto di dormire sullo zerbino di casa. Vediamo poi chi sarà quello arrugginito!” urlai indignato, mi mise a tacere con un fugace bacio approfittando di un semaforo rosso…doveva ringraziare il cielo che io lo amassi così tanto. Girai la chiave nella serratura, inspirando a pieni polmoni il profumo di casa: era pressoché indescrivibile spiegare quanto mi fosse mancata. Gettai in un punto indefinito le scarpe, correndo a distendermi sul divano, attendendo che Derek mi raggiungesse per recuperare le effusioni che ancora mi spettavano ma il lupo non faceva altro che guardarsi attorno, un cipiglio indagatore sul suo viso. “Che cosa succede?” domandai, mettendomi seduto. “Non vuoi stenderti con me?” gli accarezzai un braccio: forse il responsabile era il suo lupo, come aveva detto Scott. “Stiles qui dentro è entrato qualcuno. Qualcuno è entrato in casa nostra mentre eravamo all’ospedale ma è trascorso del tempo e le tracce sono sbiadite. Credo che provengano dal primo piano” in men che non si dice afferrai la mazza di baseball che tenevo in soggiorno tra i trofei (non frutto del mio sudore) del baseball, seguendo a ruota il licantropo. Con un poderoso calcio, Derek, spalancò la porta della nostra stanza. Ringhiò ed estrasse gli artigli, entrando nella camera da letto accompagnato da un piccolo balzo, come se fosse servito ad intimidire un plausibile malvivente…ma lì dentro c’eravamo solo noi due. Stessa procedura per il bagno e, a meno che l’aggressore di turno non si fosse nascosto dietro la tendina della doccia come nel più banale degli scenari, anche quella camera era sgombera. Come un segugio da caccia, Derek puntò la stanza dei miei genitori: evidentemente doveva aver fiutato un odore particolarmente intenso, poiché perfino le pupille dei suoi occhi si dilatarono, sottraendo spazio al vivido verde che li caratterizzava. Entrò per primo e quando tentai di seguire le sue orme, me lo vietò. Quasi richiuse la porta di quella maledetta stanza sul mio naso. “Derek apri immediatamente la porta!”. “Derek che cosa c’è di tanto terribile! Non usare la scusa che lo fai per proteggermi perché sono già morto!” sbraitai con tutto il fiato che avevo in petto. Lottai a suon di pugni e di calci, fino a quando il mio compagno non mi permise di entrare nella camera da letto appartenuta ai miei genitori. Sul letto matrimoniale giacevano due corpi, dovevano essere due licantropi di mezza età, entrambi morti. Il loro sangue imbrattava le lenzuola dove erano distesi, oltre a questo occulto, al di sopra della testiera del letto vi era una scritta, le lettere tracciate con le mani inzuppate nel sangue delle vittime. “Il prossimo sei tu” lessi con voce tremante, Derek non disse nulla: fissava i due corpi come se fosse pietrificato. “Li conoscevi?” lui scosse il capo. “Suppongo che questo messaggio fosse rivolto a me. Taranee deve essersi recata qui dopo l’incidente del Nemeton, deve crederti ancora morto e vuole completare il suo piano, eliminandomi” sussurrò. Compresi che in quel momento Derek avesse bisogno del mio supporto, era arrivato il momento di ricambiare ogni sacrificio che aveva compiuto nei miei confronti. Lo coinvolsi in un abbraccio, uno di quelli in cui l’avrei stretto se avessero tentato di strapparmelo via…cosa che effettivamente sarebbe potuta accadere. “Ha violato i tuoi ricordi. Questa era la camera dei tuoi genitori, perfino da morto non ha avuto rispetto per la tua persona. Mi dispiace Stiles, avrei dovuto eliminarla quando ancora ne avevo l’occasione” era sconvolto, usò lo stesso tono di voce che lo assalì in seguito alla morte di Boyd. “E’ vero, questa stanza aveva per me un significato affettivo ma i miei genitori ora sono altrove. La loro casa è il cimitero e comunque mi auguro che le loro anime abbiano già lasciato questo ingiusto mondo. Non permettere alla tua mente di punirti, non credere che queste due morti siano a causa tua”. “Non è forse così? Questi licantropi sono serviti come un messaggio di morte indirizzato a me” gli accarezzai i capelli. “Der, quella donna è pazza e se vacilli ora, farai il suo gioco. Non è colpa tua, nulla di tutto questo è colpa tua. Ora cerchiamo di dargli una degna sepoltura, avviserò Parrish in modo che li depositi accanto al nuovo Nemeton. Nel frattempo ripuliremo questo disastro. D’accordo?” il vicesceriffo accorse in breve tempo, aiutandoci nell’arduo compito ed informandomi del fatto che il vociferare della centrale era oramai divenuto insostenibile. Derek mi invitò a farmi una doccia per distendere la tensione, promettendomi che mi avrebbe raggiunto il prima possibile, giusto il tempo di assicurarsi di non avrei tralasciato alcunché. Mi resi conto di aver trascorso più di una mezz’ora sotto il getto dell’acqua calda, quando il lupo mi posò un bacio sulla schiena. “Der?” mi voltai verso il lui, osservando come i suoi capelli si stessero inzuppando progressivamente. “Parrish?”. “E’ appena uscito. La camera è pulita, ci ho messo così tanto perché ho fatto uno strappo da Deaton. Gli ho domandato qualche erba o sostanza druida per eliminare le tracce di sangue. Ora l’intera casa profuma di lavanda e rosmarino” disse, mentre in un gesto ormai automatico, ci stringemmo l’uno all’altro. “Come ti senti, lupone?” lui indugiò leggermente. “Moralmente sono al contempo al settimo cielo perché sei fortunatamente ancora qui tra le mie braccia, fisicamente…sono distrutto” gli massaggiai dolcemente le spalle. “Stiles, sei appena tornato in vita. Quello che dovrebbe prendersi cura dell’altro qui sono io. Starò bene, vedrai” afferrò i miei polsi, tentando di allontanare le mie mani ma opposi resistenza. “Siamo una coppia ed è normale che l’uno di prenda cura dell’altro, ma cavolo Der! Tu mi hai letteralmente salvato. Permettimi di ricambiare in parte il favore” gli intimai affinché mi permettesse di lavarlo. Passai le mani sul suo corpo, come a volermi rendere conto che davvero eravamo ancora assieme. Davvero avrei condotto il resto della mia vita con l’uomo meraviglioso che mi stava difronte. Lo feci voltare solamente per poter baciare ogni spirale del suo tatuaggio, mormorandogli ripetutamente quanto infinitamente lo amassi. Infine mi sollevai sulle punte per poterlo baciare, la sua bocca già leggermente dischiusa permettendo alle nostre lingue di incontrarsi. Derek passò le dita tra i miei capelli, avvicinando il mio volto ancora di più al suo. Il bacio fu preso insufficiente, soprattutto quando il licantropo prese ad accarezzare la mia erezione. Poteva parere un gesto inappropriato in quella circostanza, se solo non avessi saputo che Derek nutriva l’unico desiderio di farmi provare benessere e sollievo, così ricambiai immediatamente. Sentivo i suoi gemiti essere amplificati tra le strette pareti della doccia mescolarsi con i miei: nemmeno avevamo bisogno di istruzioni dato che conoscevamo l’altro a memoria e le sue esigenze. Venimmo quasi nello stesso momento, urlando il nome altrui e fortunatamente Derek ebbe la prontezza di afferrarmi, poiché questo turbinio di emozioni mescolate alla precarietà del mio equilibrio, mi avrebbero fatto finire a terra. Mi aggrappai a lui mentre richiudeva il getto d’acqua ed anche quando mi avvolse in un morbido accappatoio per asciugarmi, facendomi sedere sul ripiano della lavatrice. “E’ il tuo” sorrisi, notando che l’accappatoio con i quale mi stava sfregando non appartenesse a me. Derek fece un sorrisetto compiaciuto. “Non c’è nulla di male nel ricordare agli altri che sei il compagno del lupo mannaro più forte che esista”. “Chi? Ti riferisci a Scott?” il muso che improvvisò fu così esilarante che non potei fare a meno di scoppiare a ridere, avvolgendolo tra le mie gambe in modo che non fuggisse via. “Sei uno stupido. Ti amo” gli dissi, baciandolo a stampo, Derek oppose una leggera resistenza portando all’indietro il capo. Mi sporsi in avanti tanto che quasi caddi dalla lavatrice, per poterlo stringere ed avere le sue labbra per me. “Ti amo Derek Hale. Ti amo” avevo un bisogno disperato di farglielo sapere, di comunicargli quanto fosse importante per me. “Ti amo così tanto che quasi non me ne capacito” a quel punto decise di approfondire nuovamente il bacio. “Ti amo che io Stiles e per la cronaca tu hai salvato me prima ancora che capissi ciò che provavi. Sono stato così ottuso da non capire che avevo trovato l’amore difronte a me, dove non credevo che farebbe stato” sorridemmo all’unisono, così felici di aver superato l’ennesimo ostacolo. Ci infilammo sotto alle lenzuola, la spalla di Derek mi faceva da cuscino, per sfogliare alcuni annunci immobiliari sul pc. Il mannaro indicava ville enormi e complete di piscina ma con un mutuo stratosferico, sostenendo che fosse il minimo degli impicci, mentre io desideravo un’abitazione più modesta e funzionale. “Che ne dici di questa?” gli indicai una villetta abbastanza rustica ma comunque elegante, posta poco lontano dalla riserva. Il lato nord dell’abitazione si affacciava sul bosco mentre quello sud dava alla città. Era ugualmente distante dalla centrale quanto dal liceo…un momento, il liceo!. “Der ma come farai con tutte queste giornate di insegnamento che hai perso?” mi sollevai dal suo calore di scatto. “Non voglio che tu perda questo lavoro a causa mia o delle catastrofi che si abbattono sul nostro branco” il mannaro nemmeno si scompose, invitandomi a tornare nella posizione iniziale. “Anche se la stanchezza ti illude sia trascorso molto tempo, in realtà sei stato nell’al di là nemmeno un giorno. Ho perso solamente la giornata del venerdì ma grazie ad uno sciopero studentesco, nessuno ha notato la mia presenza…dici a me di non additarmi colpe inesistenti e poi ti allarmi così?” non riuscì a trattenere una risata. “E’ tutto sotto controllo, Stiles. Non resta che occuparci di Taranee e comunque penso che quella casa sia perfetta per noi, quindi prenoto una visita” annuii, estremamente sollevato dalla cosa. “Ora cerca di dormire, d’accordo?” mi baciò una tempia, rimboccando le coperte. “Tu non vuoi riposare un po?” domandai mentre si distendeva su un fianco. “Sono abbastanza sicuro che ora che sei rilassato, il tuo corpo inizierà a rilasciare il dolore che hai continuato ad ignorare nell’arco della giornata e voglio assicurarmi che Taranee non si faccia viva”. “No Der. Hai già assorbito parte del mio dolore sotto alla doccia…non credere non lo abbia notato. Non te lo permetto” tentò di distrarmi accarezzandomi lentamente i capelli. “Non sei nella posizione per dare ordini” sussurrò divertito, le palpebre divennero sempre più pesanti. “Derek?”. “Dimmi”. “Resta qui”. “Sempre”. Trascorsero molte ore, tant’è che quando mi svegliai la sveglia elettronica (Derek ne aveva comprata una tutta sua) proiettava sul soffitto l’orario notturno: erano le 3:24. Qualcosa aveva interrotto il mio sonno, probabilmente la mancanza di Derek al mio fianco. Le lenzuola erano fredde dal suo lato del letto e questo mi spinse ad allarmarmi. “Derek?” iniziai a chiamarlo a gran voce, ispezionando ogni stanza della nostra abitazione…era sparito. Mi portai le mani sul volto, come a volermi svegliare dall’ennesimo incubo dove ero finito. Se davvero Taranee gli avesse teso una trappola?. Un brivido mi percorse la schiena ma non questa volta provocato dalla paura: la porta d’ingresso era spalancata. “Oh mio Dio…” afferrai rapidamente il cellulare, chiamando Scott e gli altri mentre mi infilavo rapidamente degli abiti che mi avrebbero evitato l’ipotermia. Fortunatamente Derek aveva lasciato dietro di sé alcuni brandelli dei suoi abiti: doveva essersi trasformato durante la corsa e questo mi permise mi addentrarmi fino al cuore della riserva. Nonostante avessi trascorso giornate all’intero di quella selva, percorsi un tratto a me nuovo: se non avessi rinvenuto l’ultimo straccio, una volta pezzo della maglia di Derek, appeso ad un cespuglio probabilmente nemmeno mi sarei accorto dell’esistenza di un piccolo antro nella terra. Scostai radici e fogliame, prima di addentrarmi. “Derek, ce ne hai messo di tempo per raggiungermi. Stavo quasi per addormentarmi” merda, quella era la voce di Taranee. Ruzzolai nella caverna fino a celarmi dietro ad un enorme masso: Taranee stava difronte a Derek, reggendo tra le mani quella che aveva tutta l’aria di essere la mia adorata felpa rossa. “Non ringhiarmi contro, per favore. Non sei nella posizione per attaccarmi. Io tuo adorato compagno è tra le mie mani e mi basta letteralmente un cenno per far sparire l’ultima traccia che hai di lui”. Ma di che stava parlando? Probabilmente davvero le sfuggiva il fatto che fossi tornato in vita ma allora perché Derek sembrava così agitato? Come poteva non avermi visto accanto a lui nel letto?. Poi capii: tra le mani di quell’arpia c’era un’ampolla ricolma di strozzalupo. Solo compresi a fondo il suo piano, avevo trovato così strano quel sacrificio dei due mannari: la stanza dei miei genitori doveva essere stata cosparsa di strozzalupo, momentaneamente gli effetti erano stati tenuti e bada dal sangue delle due vittime in modo da confondere il fiuto di Derek, così da farlo cadere solamente in uno stato confusionario. Una volta rimossi i corpi, a questo punto sospettavo che i due mannari fossero stati attirati lì dallo strozzalupo e che si fossero eliminati a vicenda, ed acceso quell’intruglio di erbe che Deaton aveva innocentemente prestato a Der, l’effetto doveva essersi amplificato. Inviai la posizione a Scott e agli altri tramite il GPS, avvicinandomi attentamente ai due: Taranee aveva una calibro nella tasca dei pantaloni. “Avanti Derek, vieni a prendere la felpa di Stiles. Non muori dalla voglia di ispirare il suo odore per l’ultima volta?” il lupo ringhiò così forte che provocò un eco tale da far cedere dei sassolini dal soffitto. “Facciamo così. Ora la poserò qui a terra e tu potrai prenderla se sarai più svelto di me” la megera si stava prendendo gioco dei sentimenti del mannaro e a quel punto non sopportai più quella scena. “Derek! Sono qui!” urlai uscendo dal mio nascondiglio. Il lupo si voltò nella mia direzione ma sembrò impassibile: lo stato di trance dove era finito gli rendeva impossibile riconoscermi come compagno. “Stiles! Che diamine…ti ho eliminato una volta, possibile che in questa città nessuno resti morto? Poco importa. Se ci sono riuscita la prima volta, non sarà un problema interromperti il battito anche questa volta” borbottò frustrata mentre caricava il colpo. “Aspetta un momento, ho avuto un’idea più geniale. Perché non ci divertiamo tutti assieme con una classica ed intramontabile roulette russa. Avanti Derek, se non riconosci Stiles come compagno prima che gli spari, sarò costretta ad eliminarvi entrambi” Scott dove diavolo sei finito? Mi domandai mentalmente, augurandomi che il mannaro tornasse presto in sé. Puntai il mio sguardo nel suo, sfidando la sorte e le sue zanne, avanzando di un passo. “Uno!” Taranee premette il grilletto ma il colpo andò a vuoto. “Avanti Derek, ehi…guardami. Sono qui. Mi hai salvato tu, ricordi?”. “Due!” secondo colpo andato a vuoto. “Derek, ti scongiuro torna da me. Avvicinati, annusami. Annusami come fai sempre, come quando nascondi il viso nel mio collo per addormentarti sicuro tra le mie braccia…” “Tre!” la fortuna stava iniziando a scarseggiare, il lupo ancora remissivo. “Ti prego, Derek. Non possiamo morire ora. Salvami come hai sempre fatto…”. “Quattr-“ prima che la ragazza potesse premere sul grilletto, il licantropo le si voltò contro per aggredirla. Derek la stava mordendo insistentemente ai polsi, in modo tale che fosse impossibilitata a recuperare l’arma che frettolosamente agguantai. In nostro soccorso giunse il branco che destabilizzò Taranee: approfittando dell’attimo in cui Derek assunse nuovamente fattezze umane, la giovane tentò la fuga ma Malia fu più rapida di nei nello sbatterla con le spalle al muro mentre Chris la ammanettava. “Non puoi fermarmi Stiles. Pensi davvero che mi basti gettarmi in cella per smettere di diffondere le mie idee, la mia visione di questo schifo di mondo che voi avete reso tale? Ti sbagli di grosso. Tutti gli uomini della tua centrale tramavano contro di te e tu nemmeno te ne sei reso conto. Io ucciderò chiunque tu abbia a cuore” continuò a ruggire, nonostante l’evidente posizione di svantaggio. “Chiuderti in cella non risolverebbe in alcun modo il problema che hai creato ma conosco una soluzione che potrebbe convenire ad entrambe le parti. Tua madre ti ha cresciuto coltivando questi folli ideali, ispirata dalla furia omicida di Geralt” mi voltai verso il figlio dell’uomo appena citato. “Chris, ti domando il favore di portare questa ragazza assieme a te in Francia. Le mostrerai come hai aperto gli occhi e se necessario l’addestrerai affinché aiuti a proteggere quelli come noi”. “Ma Stiles, stava provocando letteralmente un genocidio. Per non parlare del fatto che ti ha ucciso!” Malia dimostrò la sua contrarietà alla mia decisione. “Anche se sono rimasto solo, sono pur sempre lo sceriffo e questa è ciò che anche papà avrebbe voluto. Se noi la eliminassimo o ci vendicassimo, non saremmo certamente superiori a lei. Inoltre sono certo che gli ideali che l’hanno spinta a compiere l’inimmaginabile non siano suoi” la guardai negli occhi. “Sei sempre stata l’ombra di tua madre, non è così? Ti ha cresciuto a rimproveri e percosse…non sai nemmeno cosa sia l’amore e per questo eri così decisa a separarmi da Derek” la ragazza abbassò lo sguardo. “Non pretendo che tu diventi parte del branco. Abbi solo cura di te e ti prego di ricrederti sulle tue decisioni” dissi, prima che il cacciatore la scortasse fino alla sua auto. Mi voltai in direzione del mio compagno che stava malamente tentando di coprire la sua nudità con la mia felpa…non che la cosa mi creasse dispiacere dopotutto. “Mi dispiace di essere fuggito all’improvviso ma ero sotto l’effetto dello…” “Strozzalupo” lo interruppi. “Va tutto bene. Ce l’abbiamo fatta, davvero questa volta” sorrisi, meritandomi un bacio sulle labbra. “Questa è la fine?”. “No Der, è il nostro inizio”. Caro padre, molto è accaduto in questi mesi e molto ancora sono certo che accadrà. Stai pure tranquillo sul fatto che la cripta sia custodita nel migliore dei modi possibili: Deaton ha deciso di fondare una nuova società di druidi a sua protezione e questo ci garantirà anni di prosperità. Malia e Scott hanno deciso di seguire Taranee e Chris in Francia: volevano prendersi una vacanza, soprattutto perché Melissa moriva dalla voglia di trascorrere del tempo assieme ad Argent…tu l’hai sempre saputo che tra loro ci fosse del tenero. Lydia tra poche settimane avrà la sua prima ecografia, saprò finalmente se sarò zio di una bellissima o bellissimo segugio infernale! Il resto del branco se la passa bene, fin troppo secondo Derek che ha suggerito a tutti di iscriversi qualche mese in palestra in vista dei prossimi guai che accadranno a Beacon Hills. Volevo ringraziarti per i consigli che mi hai dato durante la mia visita e dì a mamma che le sue carezze mi erano mancate come l’aria. Mi sto prendendo cura della centrale con fermezza ma anche compassione: come avresti voluto, non ho licenziato nessuno dei nostri uomini ma ho dato loro la possibilità di restare e collaborare o di andarsene. Il mio intento è quello di sensibilizzare i cittadini di questa città per arrivare a una pacifica convivenza tra le parti. Per quanto riguarda me, beh, sono felice. Non ti sto mentendo papà, nonostante il novantanove percento delle mie frasi contenessero bugie…oggi mi sento di dirti che non ho pesi sul cuore. Cuore che è già abbastanza occupato a pensare ad un licantropo di tua conoscenza. Avrei tanto voluto starmene sul sofà in mezzo ai due uomini della mia vita, intenti a bisticciare per una partita di baseball ma so per certo che da lassù, tu e mamma, ci tenete sempre d’occhio. Mi raccomando, cercate di fare bella figura con gli Hale: Derek dice che sua sorella Laura amava i fiori, nel caso vi voleste presentare con un bel mazzo. Ci stiamo trasferendo ma ciò non implica che abbandonerò per sempre la nostra casa: abbiamo intenzione di trasformarla in una sorta di base per il branco e per i ritrovi annuali. Grazie per tutto l’amore che mi hai dato. Con affetto, il tuo Mieczysław. Depositai la lettera accanto alle tombe dei miei genitori, sollevando lo sguardo, tra le lapidi in lontananza vidi lui. Non immaginavo che in Derek Hale avrei visto la mia vita. Fine. Non posso credere che questa mia prima grande avventura da scrittrice sia giunta al termine. È stato un po' come aprire le ali e buttarmi in un mondo completamente nuovo che al tempo stesso sento mio. Certamente, momento incertezza doveroso, riguardando questa storia troverei errori o parti da riscrivere ma ora come ora non mi sento di cambiare nulla. Vorrei ringraziare Stiles e Derek per essersi prestati come personaggi, di cui ho già in mente una nuova storia, ma soprattutto tutti voi. Ogni commento. Ogni voto. Ognuno di voi che ha aggiunto la mia storia alle vostre raccolte. Grazie per questo viaggio condiviso e alla prossima (molto preso, giusto due capitoli extra) e alla prossima storia❤️

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Capitolo 19
*** Extra ***


“Der? Accendi la radio? Ho voglia di cantare” domando al mio compagno che, ovviamente, si rifiuta e anzi, mi schizza appositamente della vernice sulla maglia. Il trasloco nella nostra nuova abitazione era ufficialmente iniziato anche se, contro i pronostici di entrambi, avevamo impiegato molto più tempo del previsto. Derek mi incolpava per aver impiegato giorni e giorni a riporre nel pluriball le mie preziosissime action figures della saga cinematografica di Star Wars, certamente non ne comprendeva né il valore affettivo, né tanto meno quello economico. D’altro canto io lo incolpavo per aver perso tempo negli acquisti online: così ci vennero recapitati per posta prima dei sottobicchieri in stoffa, di utensili molto più urgenti come ad esempio posate e gli stessi bicchieri. La casa aveva trovato immediatamente una sorta di armonia negli arredi: Derek si era preso in carica la cucina, dopotutto era lui quello più abile ai fornelli ed io non ebbi nulla da controbattere. Optò per un piano a di cottura ad induzione, minimale e facile da pulire. Un tavolo moderno e delle seggiole altrettanto semplici, risaltavano grazie all’impianto di illuminazione che il licantropo aveva appositamente scelto. Per quanto riguarda il mio tocco d’artista negli arredi, mi occupai del soggiorno. Derek mi confessò immediatamente di non essere particolarmente a suo agio nel pensare ad un ambiente predisposto ad ospitare persone, dunque mi lasciò carta bianca nella decorazione. Scelsi delle tinte calde ed accoglienti, uno spazioso divano a più posti ed una televisione a schermo piatto (gentilmente regalata da Der). Al momento avevamo cancellato molte voci dalla lista delle cose da fare, rimaneva solamente da gettare una spennellata di pittura sulle pareti del bagno: ovviamente Derek si occupava del soffitto, mentre io delle rifiniture e degli angoli. “Derek! Non mi farò trascinare in un’altra battaglia di vernice. Abbiamo già dovuto ridipingere la camera da letto tre volte perché qualcuno, non faccio nomi per correttezza, mi ha gettato addosso metà secchio di vernice” borbottai, in sottofondo la risata mal celata del mannaro. “Oh no, non ti azzardare nemmeno a dare la colpa a me. Sei tu quello imbranato che ha messo il piede nel secchio, mentre indietreggiava per assicurarsi che il quadro che aveva appena appeso fosse dritto…tra parentesi no, è più storto di te quando stai al computer” mi rispose per le rime, scendendo dalla scala per immergere il rullo nella pittura, in modo tale che fosse sufficientemente imbevuto. “Ascoltami bene” mi avvicinai a lui con aria minacciosa, costretto a sollevarmi sulle punte per guardarlo negli occhi. “Non puoi giudicarmi quando tu, sourwolf, mi hai fatto gettare un intero rotolo di pluriball perché con quelle tue zampacce hai fatto scoppiare tutte le bollicine, guarda caso di fondamentale importanza per trasportare gli oggetti più fragili da una casa all’altra” in tutta risposta sollevò un impertinente sopracciglio. “E’ pur sempre colpa tua. Lo sai che il mio lupo adora quel genere di giocattolini” mi diede le spalle, proseguendo nelle sue mansioni. “Proprio questo è il problema, Der! Quello non era un gioco per tenere allenate le tue zanne!” inutile dire che discutere con i muri avrebbe portato a conclusioni più esaustive. “Vuoi la guerra? E guerra sia!” gli diedi una pennellata proprio sul sedere, approfittando del fatto che avesse risalito qualche gradino della scala e fosse a portata di mano. “Stiles questi pantaloni avevo intenzione di tenermeli!” urlò indignato, cercando di ripulirsi. “Oh ma che peccato” gongolai, infondo avevo ottenuto la sua piena attenzione…non lo avessi mai fatto. Derek si avvicinò lentamente, in volto un chiaro sguardo da predatore ed un ringhio di frustrazione a graffiargli la gola. “Der…no. Stai buono” lo minacciai con il pennello ma sfortunatamente lui fu più rapido di me e lo gettò nel lavandino. “Sei sleale perché io sono disarmato!” mi tolsi una scarpa per usarla come arma di difesa ma fu tutto praticamente inutile, poiché Derek mi sollevò di peso, facendomi delicatamente scivolare sui teloni che avevamo disposto a terra per evitare di dover spendere il doppio delle energie nelle pulizie. Il mannaro attuò la sua vendetta a suon di solletico e ben presto mi trovai sprovvisto della maglia e ricoperto da impronte di pittura. Lo implorai di concedermi una tregua, ormai rimasto senza fiato. “Ho vinto” esclamò entusiasta, non contento dello stato pietoso in cui mi aveva ridotto, pensò bene di sdraiarsi sul mio corpo. “Solo perché giochi sporco” mi lamentai, non potendo fare a meno di baciargli una tempia quando nascose il volto nel mio collo. “Hai idea del disastro che dovremo ripulire una volta che ci saremo alzati?” domandai, accarezzandogli lentamente i capelli: non per sporcarglieli ovviamente…figuriamoci. “Nessuno ha detto che dobbiamo per forza alzarci ora. E’ casa nostra questa, possiamo fare quello che ci pare” commentò, fu il suo turno di baciarmi la fronte. Mi concessi qualche istante per perdermi nei suoi occhi. “Tu credi che papà sarebbe felice della nostra sistemazione? Insomma, abbiamo fatto un enorme passo avanti nella nostra relazione e tutto prosegue a meraviglia ma…”. “Avresti voluto la sua approvazione” come sempre ebbe il potere di leggermi nella mente e non potei trattenermi dal sorridere dolcemente. Derek si sollevò appena, facendo leva sugli avambracci per potermi osservare meglio in volto. “Tuo padre sarebbe stato certamente fiero di te, Stiles. Certo, sicuramente ci avrebbe aiutato con il trasloco e avrebbe preteso di essere invitato qui ogni domenica, per guardare le partite sulla nostra televisione” un velo di malinconia mi appannò lo sguardo. “Ti avrebbe rimproverato perché sono ben tre giorni che ceniamo con cibo d’asporto, mentre tu lo costringevi a trangugiare verdure contro la sua volontà” ridacchiai a quelle parole. “Non è colpa nostra se gli addetti non sono ancora venuti a fare gli allacci e tu ti sei categoricamente rifiutato di farmi provare” il mannaro roteò gli occhi. “Ti amo Stiles ma preferirei che casa nostra non saltasse in aria prima ancora di trascorrerci un’intera giornata” gli rifilai un calcetto giocoso. “Tu che mi dici? La tua famiglia sarebbe felice per te?” domandai senza alcun imbarazzo o remora: Derek aveva ufficialmente sdoganato l’argomento ‘famiglia Hale’ ed oltre ad essere estremamente fiero del suo percorso, spesso mi ritrovavo a ridere per via dei divertenti aneddoti che mi raccontava. “Mia madre avrebbe messo becco letteralmente ovunque. Sarebbe stata perfino capace di discutere con i tuoi genitori perché questa casa non è adatta al figlio di Talia Hale. Poi mi avrebbe rimproverato per la mia carenza di stile e Laura avrebbe girato l’artiglio nella piaga, distribuendo volantini d’arredamento a tutti i presenti” raccontò, le sue belle labbra incurvate in un sorriso. “Se mi guardo indietro, mi sembra quasi irreale essere qui con te. Se ripenso a tutto ciò che abbiamo passato…”. “Shh, non pensarci nemmeno. Lo hai detto che tu: tutte le disgrazie che si sono abbattute sulla nostra vita fanno parte del passato. Ora ci siamo solo noi due e il nostro futuro” mormorò, tentando di rassicurarmi con qualche carezza sul viso. Improvvisamente fui colto da una illuminazione. “C’è una cosa che dobbiamo assolutamente fare, seguimi!” gridai, spronandolo a sollevarsi. Corsi fino alla porta d’ingresso, tentando di rivestirmi durante il tragitto. “Che vuoi fare Stiles? Sinceramente un brivido di paura mi attraversa la schiena ogni volta che una delle tue sorprendenti idee ti passa per la mente” se solo non lo avessi amato più della mia stessa vita, lo avrei costretto a dormire in una cuccia malandata. “Piuttosto che lamentarti in continuazione, vieni qui e porta con te anche quella rimanenza di pittura rossa che abbiamo usato per le decorazioni” lo pregai, particolarmente entusiasta. Derek eseguì il compito, posizionandosi accanto a me. Sollevai il coperchio del piccolo barattolo, immergendovi la mano prima di poggiare il palmo sul muro. Una volta sollevato, potemmo osservarne l’impronta. Il mannaro comprese immediatamente il perché di quel mio assurdo comportamento e rilasciò un’impronta accanto alla mia, con tanto di artigli. Recuperai un pennellino ed accanto scrissi in bella calligrafia i nostri nomi e la data del giorno corrente. “Immagina quando tra anni i nostri nipoti ci chiederanno di queste impronte. Oppure immagina i nostri bambini poggiare la loro manina sulle nostre per constatare quanto ancora devono crescere” gli occhi di Derek brillarono di commozione. “Ti piacerebbe avere una famiglia con me?” domandò, effettivamente non avevamo mai sollevato la questione. “Si Der, mi piacerebbe molto. Sento di provare così tanto amore per te che in futuro potremmo adottare dei bambini, sempre che tu lo voglia ovviamente” non ebbi il coraggio di guardarlo negli occhi, così mi voltai fingendo di dover rassettare la zona ingresso. Da parte sua non proferì parola…che avessi precorso i tempi? Che si sentisse forzato?. Voltandomi lo trovai in ginocchio, commosso. “Derek?” il respiro mi si mozzò. Lui mi prese una mano tra le sue, baciandole il palmo prima di stringerla con fermezza. “Non ho mai creduto al vero amore. Ho smesso di crederci da quando fui costretto a porre fine alla vita di Page, alle radici di quell’albero solitario…da quando mi sono condannato ad avere le iridi azzurre che conosci. Pensavo che non avrei mai più sperimentato un tale sentimento. Poi è entrata nella mia vita Kate, conosci quasi meglio di me quanto del mio carattere abbia calpestato. La maledico con tutto me stesso per aver portato via la parte migliore di me. Poi nella mia vita sei entrato tu e fin da subito, il nostro rapporto si è dimostrato…particolare” ci abbandonammo ad una risata entrambi. Ho trovato il mio compagno, oltre che vero amore. Secondo le leggende che mi narrava mia madre, i licantropi che hanno avuto la fortuna di veder coincidere questi ruoli in una sola persona, si possono contare sulle dita di una mano. Mi hai ridato vita, non limitandoti semplicemente a curarmi le ferite, mi hai anche reso una persona migliore. Vivo per i tuoi buongiorno, tra uno sbadiglio e l’altro. Per gli abbracci che mi lasci durante la giornata. Per i baci con cui cerchi di distrarmi quando combini qualche disastro…questo accade fin troppo spesso. Ti ho già perso una volta, letteralmente e non intendo lasciarti scappare mai più. Quindi Stiles Stilinski, vorresti farmi l’onore di sposare un sourwolf” ridacchiò per aver citato il soprannome che gli avevo affibiato “e diventare mio marito?”. Un pianto di gioia fece cedere le mie ginocchia, fortunatamente Derek mi strinse in un abbraccio prima che potessi cadere rovinosamente a terra. Strinsi così forte le braccia attorno al suo collo, che quasi riuscii a soffocarlo. “Si…si…si e ancora si” mormorai tra i singhiozzi, quasi pensai di darmi un pizzicotto per risvegliarmi da quell’incredibile sogno. “Lo voglio Derek, non vedo l’ora di prendere il tuo cognome” sigillammo quella promessa con un bacio intenso quanto dolce, non prima di scacciare con i pollici le lacrime che rigarono il suo viso. “Vuoi indossare l’anello?” mi domandò, estraendolo dalla tasca dei pantaloni: estremamente fine, poco appariscente ma di estremo valore. “Ho pensato che sulle fedi, scriveremo i nostri reciproci nomi ma comunque ho voluto dare un tocco personale a questo anello. Qualcosa che ci appartenesse, come una sorta di segreto” mi raccontò, mentre leggevo l’iscrizione al suo interno: ‘tuo, sourwolf’. “Derek io non so cosa dire” ammisi, sconvolto dalle palpitazioni. “Dimmi che mi ami” mormorò, stringendomi maggiormente a sé. “Te lo ripeterò ogni ora della nostra futura vita…marito”.

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