Una medicina per il Cuore

di WhiteDespair
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo : Tornare a Respirare ***
Capitolo 2: *** Svegliarsi al Crepuscolo ***
Capitolo 3: *** Una nuova identità ***



Capitolo 1
*** Prologo : Tornare a Respirare ***


Fa freddo, eppure, ti abbraccia.

Non vedi niente, eppure, ti guida.

Non la senti parlare, eppure, ti sussurra.

-Ce la farò, dottore?-

-Finché ci sarò io, farò in modo che ce la facciate tutti-

Ricordi distanti che riafforano come cicatrici che si riaprono.

Voci sconosciute di cuori distanti che si richiamano e risuonano senza dover parlare, senza davvero dover dire nulla.

-Loro?Loro ce la faranno?-

-Si, sono sicuro che i discepoli del Maestro Ezakichiel sapranno potreggerci-

Una volta la odiavi, eppure, ora ti sorregge, ti da forza, ti consente di muovere le labbra, gli anulari.

-Cosa sono quelle...Ombre-

-Nulla di cui tu debba preoccuparti. Quando usciremo da qui, quando saremmo fuori da questo posto, mi raccomando, segui la luce.-

-Lo farò, L...-

Un nome tagliato via dalla tua memoria, un vuoto, un buco nero che si fa sempre più grande e ingordo, un abisso che, anziché richiudersi, continua a mangiare e a consumare, facendo sparire, in pochi attimi, qualsiasi barlume distante della tua personalità.

Chi sei?Dove ti trovi?Che ore sono?Da quanto sei via?.

Nessuna risposta, solo oscurità.

Li senti in lontananza?No, non parlo dei cinguettii degli uccelli, neanche dei ronzii delle cicale, ma di suoni ben più forti, ben più impetuosi: i rintocchi pesanti delle campane.

Hai esalato il tuo ultimo respiro tanto tempo fa, ed ora, riprenderai a respirare sotto una nuova forma, sotto una nuova identità, sotto nuove vesti.
Le senti le campane?Ti stanno chiamando, ti stanno svegliando, è ora di tornare a respirare L...

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Capitolo 2
*** Svegliarsi al Crepuscolo ***


Inspira, Espira, Inspira, Espira.

Nulla batte, eppure, il suo petto si gonfia, si contrae, si contorce prima indietro e poi in avanti, diffondendo, per ogni appendice, per ogni pezzo di pelle del suo corpo, una forte sensazione, un brivido, una scossa.

Era vivo.

Le mani serrate contro il terreno erboso si aprono dolcemente, come fiori che sbocciano. Gli occhi, non più abituati al caldo tocco della luce, si aprono, piano piano, poco a poco, rivelando le timide iridi brune. Gli arti riprendono a muoversi, scordinati, indolensiti, ma comunque a muoversi, facendolo, lentamente, strusciare contro l'erba sotto di se.

La pupilla nera come la pece si espande, mettendo a fuoco la nuova realtà che si para davanti ai suoi occhi, per poi, alzarsi con tediosa lentezza, come se stesse compiendo movimenti nuovi ogni volta, come un bambino che impara a camminare. 
Foglie verdi come smeraldi tingono il cielo sopra di lui, permettendo, alla luce, di filtrare soltanto fiocamente, andando a formare, contro il terreno, buffe figure indefinite.

Usando le mani come perno e sentendo i muscoli delle braccia svegliarsi, ecco che, con una rapida e sofferta spinta, ritorna in piedi, aiutandosi, piegate contro il terreno, con le ginocchia nude. In postura eretta inizia a sentire le prime vertigini, le quali, lo costringono a chiudere gli occhi e a portare la mano destra alla testa, mentre, con la sinistra, si appoggia alla ruvida corteccia di un arbusto lì vicino.

Dove era?Come ci era arrivato lì?Da quanto tempo giaceva nudo su quel prato?.

Altre domande destinate a non trovare una risposta, per ora.

Intorno a lui un bosco, soltanto quello, ma non uno di quelli fitti, no, a giudicare dalle foglie spostate, anzi, era addirittura attraversato da un piccolo percorso, il quale, terminava davanti il grosso cancello di un qualche tipo di villa, chiuso, stranamente, da un grosso lucchetto stretto da altrettanto grosse catene.
Chiusa una porta si apre un portone, letteralmente, visto che, facendo qualche passo nella direzione inversa, vi era collocata l'entrata del piccolo percorso: una grossa botola spalancata, dalla quale, fuoriusciva un odore nauseabondo.
Tralasciando un grosso muro di recinzione, impossibile da scalare ed alto diversi metri più di lui, la fatiscente botola sembrava proprio il percorso da seguire.

-Chissà se è pulita...- Questo fu il primo pensiero ad affiorargli alla mente, uno dei pochi che decise di esprimere ad alta voce.

Esitò ad entrare, quasi come se un angolo recondito della sua mente si rifiutasse di approcciare un posto così fatiscente, eppure, fu proprio la sua titubanza ed aiutarlo.
Qualcosa di veloce, di molto veloce, gli sfrecciò poco vicino la testa, per poi, sparire così come era comparso, lasciando, dietro di se, una scia di piume nere, eteree, inconsistenti.

Quando il ragazzo riaprì gli occhi tutto era tornato normale, tranne per il fatto che, nelle mani strette a causa dell'avvenimento improvviso, ora vi era racchiuso un bigliettino: un vecchio pezzo di carta ingiallito, strappato, probabilmente, da un taccuino a righe.

- "Nixal" - lesse, sbattendo le palpebre.

La sua mente era alla disperata ricerca di un'identità, di un punto solido da poter stabilire, e presentatasi l'occasione, di certo, non se la sarebbe lasciata sfuggire. Assottigliò quindi lo sguardo, guardandosi attorno per cogliere anche i dettagli più improbabili come indizzi, per poi, adocchiare una strada di fogliettini di carta, vuoti, gialli, che si inoltravano nella puzzolente botola.

- Si, dovrà essere pulita. Lo spero, almeno - Si disse, come a confortarsi da solo, accompagnando quelle parole ad uno scocciato sospiro. - Va bene quindi, andiamo -

Dette quelle parole, quindi, dopo un profondo respiro, varcò le ante aperte della botola, per poi, assicurarsi di chiuderle dietro di se.

A giudicare dall'odore e dal colore dell'acqua quella era una fogna, lui, invece, era nudo.

- Oh no...non è igenico per niente- Pensò subito, limitandosi a deglutire e a camminare come se fosse circondato da trappole.

Quei condotti fognari si espandevano come uno stomaco sotto terra: stessa forma e stesso odore, compresi, i liquidi di dubbia origine dal coloriccio verde. 
Percorrere quel complesso fognario fu una vera angoscia per lui, una lenta e schifosa tortura, la quale, però, gli regalò una sorpresa.

- Wow... - Esclamò a polmoni vuoti, strabuzzando gli occhi.

Uscito dalle fogne, dalla loro entrata, si trovò davanti un vicolo cieco, il quale, però, gli era facilmente aggirabile grazie a degli scatoloni di legno impilati, fortuitamente, uno sopra all'altro. Si sbrigò, quindi, ad uscire dal tunnel fognario e fece qualche passo in avanti, fino, a superare una sontuosa arcata.

Arriviamo, quindi, allo stupore, alla gioia.

Davanti gli occhi bruni del ragazzo vi era...il crepuscolo, l'incrocio tra luce ed oscurità, il perfetto equilibrio.

Deglutì, per poi, poggiarsi una mano al cuore, stringendo, contro la carne nuda, con i polpastrelli. Quella visione, quel tramonto, lo facevano sentire vivo, caldo, al sicuro: ci si rivedeva, ci si indentificava.

- Ora va molto meglio - si limitò a constatare, sorridendo lievemente a quel bel paesaggio crepuscolare.

Le gioie del giovane, però, vennero interrotte dal rintocco delle campane, il quale, lo riportò subito alla realtà, subito rigido e teso. Alzò quindi gli occhi al cielo, alla ricerca della fonte di quel suono, trovandosi, dopo qualche svelto passo, nel bel mezzo di una piazza, enorme, vuota, divisa, ogni tanto, dal passaggio di un tram.

- Eccoti... - si limitò a sussurrare.

Finalmente la vedeva, e vedeva anche il sentiero che vi ci conduceva.

Una grossa torre dell'orologio collocata sopra a quella che sembrava essere una stazione dei treni.

Quello era il suo obbiettivo, quella era la sua speranza.

Il rintocco delle campane guidò le sue pupille, ma non solo, anche la silhouette di una figura seduta destò la sua attenzione: una sagoma irriconoscibile dalla lontananza, che, muta, strappava qualcosa e la gettava al vento, in continuazione, senza fermarsi.

Vide volare uno di questi frammenti strappati verso di se e lo accolse sul palmo della mano: un fogliettino di carta, vuoto, giallo.



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Capitolo 3
*** Una nuova identità ***


Le strade di quella città, di quel posto, gli riportavano alla mente una tranquillità ormai abbandonata da tempo, un senso di quiete che sapeva di voler riavere, ma che, nell'intimo, non sentiva il bisogno di rispettare.

Ora che ci rifletteva, ora che stava provando ad esprimersi, parlando goffamente da solo, si era ben presto accorto che non sentiva nulla, tutto ciò che lo portava a colmare quella vuotezza era un senso di pura nostalgia, ricordi offuscati legati a qualcuno o qualcosa che lo portavano a muoversi e a parlare in determinati modi, come, un burattino alla mercé delle sue stringhe.
Quella apatia, quella amnesia, che stesse male?che fosse un sogno?Che fosse morto?Non lo sapeva per certo, eppure, la sua condizione lo spavanteva, o almeno, lo confondeva: ecco, si, la confusione era ciò che la sua psiche sentiva più fortemente, per non dire, che fosse l'unica cosa che sentiva in generale.

Come se il suo corpo e la sua mente fossero entità sconnesse, prima che potesse accorgersene, fece un passo nel vuoto, nel cielo, in un baratro. Qualcosa, o per meglio dire, qualcuno, per sua fortuna, fu in grado, con una certa velocità, di afferrarlo per la spalla, limitandosi, a costringergli il corpo nudo fermo sul posto.

- Pensi un po' troppo per quelli della nostra risma, non trovi? - La voce dell'individuo che l'aveva appena salvato era decisamente grave e pacata, quasi come se ogni cosa che dicesse fosse stata impregnata dall'essenza stessa della saccenza.

- Chi sei? - Chiese spento il ragazzo, come se, anche la paura, non gli appartenesse più.

- Un amico - Affermò l'individuo di fianco a lui, per poi, trascinarlo lentamente all'indietro.

Ora che non rischiava la vita, ora che poteva guardarsi intorno, finalmente aveva capito dove si trovava : era sulla cima della torre con le campane, la stessa, che aveva visto dalla lontana piazza, stesso luogo, che ora riusciva a riconoscere nella distanza a quella altezza.

Come ci era arrivato lì?

Deglutì, più per abitudine che per altro, per poi, girare il volto verso quello del suo nuovo interlocutore.

- Mi sembrate confuso, Dottor Nixal - affermò l'individuo, andando a sedersi sul bordo della torre.

- è così che mi chiamo? - chiese perplesso il giovane, sedendosi vicino a lui.

- Oh...non te lo ricordi proprio quindi? - chiese la misteriosa voce maschile, spostando, confuso, il busto all'indietro.

- No - si limitò a rispondere secco il giovane.

- Bene... - affermò l'uomo, per poi, percorrere il corpo spoglio del giovane davanti a lui con le iridi - Tieni, indossa questo -

La strana voce maschile che lo aveva approcciato era completamente nascosta da una lunga tunica nera, decorata, da un paio di guanti in pelle e dei lunghi stivali, questo stesso outfit, ora, gli stava venendo offerto dal misterioso individuo, il quale, si era limitato a tirare fuori quegli oggetti da uno strano varco nero che si era aperto, vicino a lui, nel cielo.

- Si...grazie - si limitò a rispondere il ragazzo dagli occhi bruni.

Una volta che ebbe indossato quello strano vestiario, facendo uso dell'esiguo ma sufficiente spazio nel quale potevano muoversi, tornò seduto vicino alla voce misteriosa, limitandosi, ad abbassare il cappuccio e a sistemarsi i guanti.

- Allora, facciamo le presentazioni - continuò poi lo sconosciuto, girando il volto verso di lui - Io sono Xenmo, tu, invece, sei il noto...dottor Nixal- gli spiegò.

- E come fai a saperlo? - Chieste stoico.

A quel punto, lo strano figuro incappucciato e dal volto completamente oscurato, si fece marmoreo sul posto, per poi, tirare fuori, dall'interno della lunga tunica, un diario, o meglio, un taccuino. 

Aprì velocemente la piccola agenda, sfogliandone le pagine gialle e vuote, per poi, fermarsi più o meno nel mezzo di quel blocco di fogli, indicandogli, con l'indice, il nome "Nixal" cerchiato da una penna rossa.

- Qualcuno, qualcuno lo sa - Si limitò a dire Xenmo, rimettendo, poi, via il taccuino.

- E come mai ti fidi tanto di quel taccuino?Per quanto mi riguarda potresti averlo scritto tu -

- Perché mi ha descritto chi avrei incontrato in questo mondo dormiente - Gli disse, squadrandolo  di nuovo con lo sguardo - Occhi bruni, capelli castani racchiusi in un codino, pelle come porcellana...ci sei -

A quella spiegazione, a quella accurata descrizione, Nixal non poté far altro che annuire, per poi, abbassare il volto verso il baratro sotto le loro gambe.

- E...come mai ci troviamo qui? -

- Perché i nostri cuori sono stati rubati, dottore - affermò secco Xenmo, sbuffando sonoramente.

- Secondo quel che dici...dovremmo essere morti -constatò perplesso Nixal, portando la mano al petto di riflesso.

- Infatti lo siamo, io e te... - gli disse, puntandogli il petto con l'indice - Siamo dei Nessuno, dei gusci vuoti. - continuò, per poi, indicarsi da solo.

- Quindi...quella sensazione di smarrimento...-

-Si, è la mancanza di un cuore a provocarla -

- Beh...dimmi dove possiamo riprenderci i nostri cuori, allora -

- Non lo so, non so dove si trovano - concluse sconsolato Xenmo, chiudendo il discorso con quelle parole amare.

Tra i due cadde il silenzio, un velo pietoso sulla loro morente speranza.

Nixal non ricordava nulla, eppure, dal profondo della sua psiche, del suo essere, sentiva la mancanza di tutto ciò che aveva provato, di tutto ciò che aveva fatto, di tutti coloro che conosceva : sentiva perfettamente la nostalgia di una identità persa, qualcosa che, istintivamente, lo portò a raccogliere il tessuto sopra alla zona del cuore tra i polpastrelli, come, a racchiudere una ferita aperta contro il palmo.

- Ah, una cosa - Si limitò a dire Nixal, interrompendo quel silenzio tombale.

- Dimmi - Ribatté secco Xenmo, girando il volto verso di lui.

- Perché...siamo soli?Nel senso, non ho visto nessun altro venendo qui -

- Beh, caro dottore, questo mondo è in una brutta situazione al momento -

- Che intendi? -

- Mh...vedi - Iniziò, puntando il crepuscolo con l'indice ricoperto dal guanto in pelle. - Questo mondo, questa esistenza, è sorretta sia da oscurità che da luce, questo, ovviamente, lo rende un posto molto speciale -

- Però? - Chiese prontamente il giovane, girando anche lui gli in occhi in direzione dell'orizzonte.

- Però vaga su una sottile linea che divide oscurità e luce, un equilibrio che, ultimamente, ha iniziato a vacillare, facendolo cadere in una sorta di...sonno -

- E i suoi abitanti? -

- Beh i loro cuori si trovano nella stessa situazione: la loro essenza sta combattendo per tenersi lontana dalle tenebre ma anche per non sparire nella luce -

- Capisco... - Si limitò a tagliare corto Nixal, prendendo un profondo respiro. - C'è qualcosa che possiamo fare? - continuò.

- E che dovremmo fare? - gli rispose Xenmo, lasciandosi sfuggire una risata. - Lasceremo che siano i custodi del keyblade ad occuparsi della cosa -

- I custodi del Keyblade... - Si ripete tra se e se Nixal, abbassando gli occhi sulle punte dei propri piedi.

- Se sei curioso, puoi andare a controllare - Gli disse Xenmo.

Il giovane, attratto dalla propria ritrovata curiosità, non poté che guardare perplesso l'uomo vicino a se, non avendo, effettivamente, la più pallida idea di come avrebbero fatto.

Xenmo, notando la perplessità di Nixal, si lasciò sfuggire un ghigno, per poi, tornare in piedi, perfettamente, in bilico sul bordo della torre. Il figuro incappucciato stese il braccio davanti  a se, prendendo un profondo respiro, e poi lo trascinò lentamente verso destra con un gesto lento e scorrevole della mano.
Per qualche secondo non successe nulla, ma poi, quando Xenmo impose la mano, contraendo le dita verso l'interno, lo spazio davanti a lui sembro contorcersi, per poi, dopo essersi crepato come un pezzo di vetro, aprirsi perfettamente a metà, lasciando, uscire dal varco nero appena creato, un vento gelido ed un rumore rimbombante. 

- Oh...come funziona? - Chiese Nixal, mettendosi in piedi vicino a lui.

- è un varco, ti basta attraversarlo - Gli rispose Xenmo, per poi, farsi da parte.

- Ok...allora vado? -

- Devi dirmelo tu - Rispose divertito l'uomo, mettendo le braccia conserte.

- Una cosa -

- Dimmi -

- Se volessi contattarti... -

- Tranquillo per quello, ho i miei mezzi -

Tra i due cadde il silenzio.

Nixal spostò un'ultima volta gli occhi su Xenmo, mimandogli un deciso gesto del capo, il quale, venne ricambiato dal Nessuno davanti a lui seduta stante.
A quel punto, il giovane dottore riprese a guardare il portale, o meglio, il varco davanti a se, limitandosi, a deglutire e a stringere i pugni delle mani.

-Ricordati soltanto di farti guidare dall'oscurità, Nixal. -

E a quelle parole, il giovane si gettò nel varco: non sapeva dove era diretto, non sapeva chi stava cercando, eppure, come gli aveva detto Xenmo, il caldo abbraccio dell'oscurità sembrava guidarlo tra il buio della sua mente, stesso buio, nel quale il barlume di un ricordo stava iniziando a nascere, nel particolare, memorie malinconiche di un posto ben preciso.

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