Pranzo a Vienna

di Yuphie_96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Benvenuti al Vienna ***
Capitolo 2: *** Ti Va di Conoscermi? ***
Capitolo 3: *** Mattinata in Compagnia per il Caro Kaiser ***
Capitolo 4: *** Gelosia, Portalo Via! ***
Capitolo 5: *** Adieu ***
Capitolo 6: *** Amore e Odio Racchiusi in una Fetta di Torta ***
Capitolo 7: *** Si Riprende con un Nuovo Inizio ***
Capitolo 8: *** Una Rossa allo Stadio ***
Capitolo 9: *** Non Sempre le Vacanze Iniziano Bene ***
Capitolo 10: *** Gesti che Parlano ***
Capitolo 11: *** La Nostra Vienna ***



Capitolo 1
*** Benvenuti al Vienna ***


Angolino della Robh: Oh buonasera! :3
E la Robh è tornata ancora... con una long principalmente het... roba da non credere, vero? xD
Lo so, non è da me, ma anch'io qualche volta pubblico etero e il Kaiser, ormai, me lo immagino in tutte le salse, het, yaoi, bisex, quello che volete, io Karl ce lo vedo u.u, è strano ma con certi personaggi mi capita xD.
Comunque, parliamo della storia, come sempre è già finita (era finita già a luglio, a dire il vero, ma non vi ho voluto rompere durante le vacanze xD) quindi gli aggiornamenti saranno regolari di giovedì sera, perchè di giovedì? Perchè è il giorno di Thor! U.U *Robh e Serè si battono il cinque* 
Dicevamo >.>''', non sarà tanto lunga, perchè mi sono accorta di non riuscire a scrivere capitoli 'perditempo' (passatemi il nome pls) solo per allungare il tutto, se avrete l'impressione che si svolga tutto un po' velocemente è anche per quello, mea culpa... ma è così, chiedo venia u.u'''.
Sarà ambientata dopo il World Youth, poco meno di un anno dopo e... niente, non credo di aver altri avvertimenti da specificare, stranamente O.o, spero solo che vi piaccia l'OC che ho creato, io mi ci sono affezzionata particolarmente ♥ .
Detto questo chiudo qui l'angolino e vi lascio alla storia, augurandovi buona fortuna ♥.


Ps: provate ad indovinare da chi ho preso spunto per la seconda OC che compare xD.



 

Un sorriso amorevole e una carezza tra i capelli biondi.
Karl Heinz Schneider tornava a casa dagli allenamenti sempre dopo aver ricevuto entrambi dal padre che, smettendo per qualche secondo di vestire i panni di allenatore del Bayern Monaco, ci teneva a dirgli – con i gesti – quanto fosse orgoglioso di lui e del suo impegno costante per la loro squadra.
Di solito quei gesti aiutavano a far scivolar via la stanchezza dalle spalle del Kaiser, riuscivano a farlo tornare a casa con un sorriso, e con la promessa che il giorno dopo avrebbe fatto ancora di più per non deludere Rudi e tutti i suoi compagni.

Di solito, ma non quella mattina.

Quella mattina, finiti gli allenamenti, nemmeno i gesti del padre riuscirono a sollevargli il morale, non sapeva cos’avesse di preciso, si era svegliato con ancora la stanchezza del giorno prima addosso e con la testa sovrappensiero, aveva fatto fatica a concentrarsi del tutto durante gli allenamenti e per questo era stato, giustamente, ripreso – era il figlio dell’allenatore, ma Rudi non aveva mai usato con lui un trattamento diverso da quello degli altri -, stare attento in macchina per evitare un incidente fu un’impresa quasi titanica e, quando giunse a casa, arrivò il colpo di grazia che segnò quella come giornata no.
Aveva finito gli avanzi che gli aveva portato la madre qualche giorno prima, nel frigo non c’era più niente di già pronto che potesse riscaldare senza combinare disastri.
Disastri, sì.
Perché lui non sapeva cucinare.
Alzò gli occhi al soffitto, sospirando con un grosso broncio, no, quella non era decisamente la sua giornata migliore.

Alla fine decise di uscire di nuovo, dopo aver preso portafoglio e occhiali da sole, e si diresse a passo svelto verso la sua – momentanea – fonte di salvezza: il ristorantino tipico bavarese vicino a casa sua, fosse lodato chi l’avesse aperto, aveva tutta la riconoscenza del suo stomaco.
L’aveva notato una sera, dopo una partita particolarmente stancante, e ci era entrato spinto dalla curiosità e dalla voglia di provare a mangiare qualcosa che non fosse il solito cibo d’asporto, era un locale piccolo, con al massimo una trentina di posti a sedere, i tavoli e le sedie erano tutte in legno – anche il bancone vicino alla cassa lo era -, i tavoli erano coperti da tovaglie bianche con qualche decorazione in pizzo, e così lo erano anche i tovaglioli e le tende – in quel periodo quasi sempre raccolte per far entrare la luce del sole -, non era niente di così bello o chissà che, ma aveva colpito Karl per tre cose.
La tranquillità, era un ristorante appartato e piccolo, quindi poteva andarci tutte le volte che voleva senza la paura di qualche paparazzo o fan in agguato.
Le pareti… piene di foto in bianco e nero e di cartoline, si era avvicinato per osservarle – una volta – e aveva visto nelle foto una cantante che sorrideva al suo pubblico e a chi le stava facendo lo scatto, mentre le cartoline provenivano da quasi tutto il mondo e alcune sembravano anche molto vecchie.
L’ultima cosa che aveva colpito il biondo Kaiser era il nome.
Il nome del ristorante era Vienna.
Come la capitale austriaca… e servivano piatti bavaresi… non dovevano avere tanto le idee chiare, ma Karl ci aveva mangiato bene e quindi aveva continuato ad andarci, soprattutto quando il suo frigo era desolatamente vuoto, come quel mezzogiorno.

Si sedette al bancone – che fungeva anche da piano bar – vicino alla cassa, al suo solito posto, isolato ma non troppo, e si tolse con un sospiro gli occhiali da sole.
“Birretta?”
Gli chiese, arrivando, la cameriera.
Ecco un’altra cosa che aveva colpito Schneider, la cameriera… o meglio, i capelli della cameriera… erano corti e… rosa, e non un rosa chiaro, no, era un rosa forte, accesso, che la ragazza sfoggiava con naturalezza, accompagnata da un sorriso malizioso che raggiungeva anche gli occhi azzurri, che lo osservavano – in quel momento – con un pizzico di curiosità.
“Meglio un thè freddo, grazie”
“Sicuro? La tua faccia urla che hai bisogno urgente di alcool”
“Sicuro”
Disse, sorridendole leggermente mentre lei gli faceva l’occhiolino.
“E thè freddo sia, allora, torno più tardi per l’ordinazione”
E se ne andò, ancheggiando con sinuosità i fianchi – ci scommetteva, Karl, che lo faceva per attirare la sua attenzione -, in perfetto equilibrio sui suoi tacchi alti.
La degnò di una leggera occhiata, il biondo, poi prese il menù posto sulla tovaglietta del bancone e prese a sfogliarlo, domandandosi quale piatto sarebbe riuscito sia a tirargli su il morale, sia a prepararlo per gli allenamenti che lo aspettavano nel pomeriggio.

“E’ tornato~”
Esclamò la rosa, tornando in cucina con un sorrisone che non finiva più.
“Davvero?!”
Urlò l’aiuto cuoco, distogliendo per un attimo l’attenzione dalle sue padelle.
“Ho mai detto una bugia, Axelino mio dolce?”
“Vuoi la lista intera o quella ridotta, Cordula… o meglio, Cordelia?”
“Chiamami ancora come la tizia dei cartoni e ti ficco il menù in un posto che potrebbe anche piacerti”
Minacciò Cordula, smettendo di restare nella sua posa ‘sognante’ – ovvero schiena inarcata e mano posata teatralmente sulla fronte – per sventolare un menù in direzione del castano con gli occhi verdi.
Axel la guardò male e la rosa ghignò, abbassando la piccola raccolta di fogli.
“Dico davvero, è seduto al bancone come sempre, per ora vuole un thè freddo, anche se la sua faccia urla ‘datemi dell’alcool o a fine giornata non ci arrivo!’”
“Questa settimana è già la terza volta che viene”
Commentò l’aiuto cuoco.
“Sarà rimasto folgorato dalla mia bellezza e continua a venire perché non riesce a confessarsi~”
“Ti piacerebbe, eh?”
“Più a te che a me scommetto, lo vedo come rodi che io posso parlargli e tu no!”
Si vantò la cameriera, ricevendo in risposta un gesto decisamente poco carino da parte del ragazzo.
“Non si offendono in questo modo le signorine!”
“Signorina? Non vedo nessuna signorina!”
Prima che Cordula potesse rispondergli per le rime – e l’avrebbe sicuramente steso con la sua risposta, come sempre succedeva -, una terza voce si mise in mezzo in quel ‘conflitto’.
“La zuppa per il tavolo 3 è pronta!”
Gli occhi azzurri di Cordula e quelli verdi di Axel si addolcirono, posandosi sulla terza persona presente in cucina, che non aveva fatto per nulla caso al loro discorso, non smettendo neanche per un attimo di cucinare, come sempre.
Era inutile, alla loro rossa non importava di avere un calciatore famoso – e non uno qualunque, ma addirittura il Kaiser, stella del Bayern Monaco – che mangiava i suoi piatti.


“Ci vediamo domani!”
“Uhm, a domani!”
Salutò Cordula, sorridendo ad Edmund - il ragazzo che andava ogni tanto ad aiutarla a servire i tavoli – intanto che lasciava il ristorante.
Avevano da poco finito il turno serale, il ristorante era finalmente chiuso e loro potevano godersi il meritato riposo dopo un’intensa giornata di lavoro tra padelle, piatti e tavoli.
“Ottimo lavoro anche oggi”
Commentò Axel, stiracchiandosi un poco la schiena.
“Hai bisogno di un passaggio a casa?”
Chiese, poi, rivolto alla cameriera.
“A cosa devo questa gentilezza improvvisa?”
“Io sono sempre gentile”
“E io sono miliardaria… comunque no, aspetto Saph che finisca”
“Posso aspettare anche lei, non ho fretta”
Mormorò Axel, un leggero rossore iniziò a diffondersi sulle gote coperte da leggere efelidi.
Cordula alzò un sopracciglio, scettica, incrociando le braccia sotto al seno prosperoso – che le piaceva evidenziare mettendo camice e magliette attillate -.
“A malapena senti la sveglia normalmente, figurati domani mattina se aspetti davvero che finisca, non se ne parla, sloggia a casa e riposa, tanto andate insieme al mercato”
“Non puoi darmi ordini, non sei mia madre”
“Tesoro, io sono meglio di tua madre, posso picchiarti senza avere i suoi sensi di colpa”
Ghignò Cordula, alzando leggermente la gamba per mettere in mostra uno dei suoi tacchi.
Da 12 cm.
Axel aveva ancora il segno di quello da 10…
“A domani”
Borbottò in maniera funebre, prendendo la via d’uscita del ristorante.
“A domani~♥”
Cinguettò la rosa, sventolando la mano.
“Bene, adesso occupiamoci della mia piccola rossa”
Mormorò - poi – una volta rimasta sola nella sala, dirigendosi verso il bancone/piano bar per prendere due birre, recuperate queste, andò verso il piccolo studio privato vicino alla cucina, trovandoci – come si aspettava – Saphira intenta a fare i conti della giornata.
Era lei, Saphira Heinrich - chiamata Saph da tutti -, la proprietaria del piccolo Vienna.
 Ed era anche la capo cuoca.
E la contabile.
L’idraulica, a volte, prima di far intervenire Axel.
E la donna delle pulizie.
Detta in parole povere, la ragazza dai capelli rossi si occupava praticamente di tutto lì dentro e Cordula aveva paura che, prima o poi, le sarebbe venuto un crollo nervoso se avesse continuato in quel modo, per questo cercava di alleggerirle il carico come meglio poteva, in quel caso con un po’ di compagnia e una bella birra da bere.
“Allora? Stiamo per fallire?”
Le domandò, sogghignando, mentre si sedeva con poca grazia sulla poltrona vicino alla sua.
Un paio di occhi azzurri simili ai suoi la guardarono allegri.
“Già, temo proprio che non potrai più permetterti i tuoi amati tacchi”
“Ouch! Saph, questo è un colpo al cuore!”
Risero insieme, e la rosa approfittò dello stacco per passarle la bottiglia.
“Sta andando bene, domani vado a pagare le ultime bollette, se continua così potrei riuscire a dare un piccolo aumento a te e Axel”
Rivelò il vero andamento, Saphira, dopo aver preso un sorso dell’alcolico ed essersi appoggiata allo schienale della poltrona.
“Yeah, più soldi per la mia pensione!”
“Ah, non per il tuo shopping?”
“Non giudicare, almeno morirò contenta e ben vestita”
Saph rise ancora, poggiando la bottiglia su un angolo libero del tavolo perennemente occupato dai fogli, e prendendo in mano qualcuno di questi.
“Sono le bollette?”
Domandò Cordula.
“Già, le ultime, pagate queste possiamo respirare per un po’”
Mormorò la rossa, sistemando i fogli con ordine.
“Posso andare io a pagarle, domani, ho anch’io la firma sul conto del ristorante in banca”
“Ma-“
“Saph”
La richiamò la rosa con tono serio.
“Allenta un po’ la presa, ci penso io alle bollette”
“… Va bene”
“Brava bimba ♥”

“Vedi di non fare troppo tardi”
Le disse Cordula, ancora una volta, prima di lasciare anche lei il ristorante.
Saphira la salutò sorridendo, ma quando la porta si chiuse, il sorriso si perse in un sospiro.
Forse aveva ragione la rosa, pensò scostandosi i lunghi capelli rossi dalle spalle e per massaggiarsele, forse doveva davvero allentare un po’ la presa, da quanto non andava per negozi insieme all’amica? Da quanto non faceva una delle sue famose maratone di film a casa? Da quanto non prendeva appuntamento dal parrucchiere? Da un bel po’, a giudicare dalla lunghezza che avevano raggiunto i suoi capelli – ormai sfioravano il fondoschiena – e dalle doppie punte, ma non poteva farci nulla, gestire un ristorante, pur se piccolo, non era una cosa facile e bisognava starci dietro in modo costante, bastava un secondo sbagliato per fallire, e lei non avrebbe mai permesso che succedesse una cosa del genere.
“Anche oggi è andata bene, nonno”
Mormorò, sorridendo piano ad una delle foto in bianco e nero, che mostrava un uomo davanti alle porte del ristorante.
Si perse ad osservarla con dolcezza per qualche istante, poi chiuse gli occhi azzurri e si girò, tornando nella sua cucina.
Tempo due minuti e della musica iniziò a risuonare nella stanza piena di fornelli e padelle.

Chiuso.
Il ristorante era desolatamente chiuso, così come il suo stomaco e il suo frigo erano vuoti.
“Dio, che giornata…”
Bisbigliò Karl, imprecando mentalmente.
Gli allenamenti del pomeriggio erano andati leggermente meglio – se non si contava quel pallone tirato per sbaglio in testa al povero Levin -, ma si erano prolungati molto più del previsto, dato che si era messo in testa di rimediare a quello che non aveva combinato la mattina, e così era rimasto anche oltre l’orario, finendo per essere l’ultimo a lasciare sia il campo che l’intera struttura.
Non si era reso subito conto di che ore fossero, quando aveva finito, solo una volta in macchina aveva gettato uno sguardo sul cruscotto e, scoprendo l’ora tarda, aveva premuto leggermente sull’acceleratore per tornare a casa, aveva parcheggiato anche in malo modo pur di fare in fretta… ma niente, era troppo tardi.
Il Vienna era chiuso.
E il suo stomaco vuoto.
Si stava per rassegnare a tornare a casa, per cercare di dimenticare quella giornata del piffero – e cercando, nel frattempo, d’ignorare la sua pancia che brontolava per la fame -, quando notò un piccolo bagliore provenire dall’interno del locale.
Avvicinò il viso alla piccola finestrella della porta in legno, anche se era coperta da una delle tende in pizzo, riuscì comunque a vedere che c’erano delle luci accese, segno che qualcuno – all’interno – dovesse esserci ancora, un qualcuno che, magari, avrebbe avuto pietà di un povero (?) cliente affamato… nel caso poteva sempre far leva sul suo fascino da calciatore famoso, non che gli piacesse farlo, ma era una questione di priorità, ormai.
Bussò, ma non ricevette risposta.
Provò una seconda volta, ma ancora niente.
Prese in mano la maniglia per appoggiarsi e bussare una terza volta in maniera più forte, ma la porta si aprì prima che lui potesse farlo.
Sbatté gli occhi sorpreso, chi era l’ingenuo che non chiudeva a chiave? Si domandò, per poi ritrovarsi a ringraziarlo, almeno così poteva entrare senza aspettare che qualcuno lo sentisse.
“C’è nessuno?”
Domandò a voce alta, dopo essersi chiuso la porta alle spalle.
Non ci teneva a fare la figura del ladro – anche se, pensandoci bene, la stava facendo eccome… ma lui aveva fame! -, quindi era meglio manifestare subito la sua presenza dentro il ristorante.
“C’è qualcuno?”
Chiese ancora.
Anche in quel caso non ricevette una risposta, ma sentì una leggera musica fuoriuscire dalla porta che portava alla cucina – era sicuro che fosse quella, ci vedeva sempre sparire dietro la cameriera dai capelli rosa -, così decise di andare a vedere lì.
Si trovò davanti agli occhi azzurri l’ennesima cosa bizzarra di quel ristorante.
Una ragazza dai lunghi capelli rossi legati in una treccia laterale, vestita con un maglioncino nero extralarge che le lasciava scoperta una spalla e un paio di jeans, stava sfornando una torta – dal profumo che emanava, doveva essere al cioccolato -.
Una torta.
A quell’ora.
… Gli sarebbe andata bene pure quella, vista la fame che aveva.
“Ah! Stavolta sembra avere proprio la giusta consistenza, forse è la volta buo-“
Esclamò felice la ragazza, bloccandosi a fine frase perché si girò per andare a posare la teglia… trovandosi davanti Karl… Karl che indossava una felpa bordeaux con il cappuccio tirato in testa, e gli occhiali da sole.
Gli occhiali da sole.
A quell’ora.
“UN LADRO!”
“Cos-?!”
Saphira lasciò cadere la teglia con la torta per terra, per correre a recuperare uno dei suoi fidati coltelli e puntarlo contro l’attaccante del Bayern.
“Un ladro! Cosa vuoi?! Non ci sono soldi qui, li ho già fatti depositare tutti in banca! Vattene via!”
“Asp- calmati! Non sono un ladro!”
“Mi prendi per scema?! Vestito in quel modo che cosa puoi essere?! Un fattorino?!”
In effetti… Karl, allora, decise di abbassare il cappuccio e togliersi gli occhiali, rivelando così il suo volto alla rossa.
“Adesso capisci perché ero imbacuccato in quel modo?!”
A giudicare dall’espressione perplessa che la ragazza assunse in viso… no, non capiva.
“Tu… non mi conosci?”
Domandò, sgranando gli occhi sorpreso, il Kaiser.
Com’era possibile? Era famoso in tutta la Germania, se non in tutto il mondo! Il suo volto era apparso più di una volta in televisione, per non parlare poi di tutti i manifesti pubblicitari, delle riviste sportive e altro!
“Sei seria?!”
“Chiedi a me se sono seria quando tu vuoi derubare il mio ristorante?!”
“Non voglio derubare il tuo ristorante, non sono un ladro! Come devo fartelo capire?!”
“Ah! Questa è una frase tipica dei ladri!”
“E tu come fai a sapere le frasi tipiche dei ladri?!”
Prima che Saph potesse rispondere con una frase campata per aria – tutto per prendere tempo per potersi avvicinare al telefono senza essere vista -, un rumore abbastanza forte da sovrastare la musica, che era continuata ad andare avanti, interruppe le loro urla.
Gli occhi azzurri della rossa – sgranandosi – passarono dal viso allo stomaco del biondo, il quale si ritrovò, forse per la prima volta in tutta la sua vita, ad arrossire furiosamente.
“Senti ma… non è che hai fame?”
Karl si calò  il cappuccio sulla testa, intanto che il suo stomaco rispondeva nuovamente per lui.

“Scusa non è molto, ma è troppo tardi per poter far qualcosa di più sostanzioso”
Spiegò Saph, poggiando il piatto davanti al ragazzo.
Era un semplice panino con della carne di manzo – riscaldata nel forno ancora caldo – e del cavolo, ma Karl lo apprezzò lo stesso, divorandolo in pochi, grossi morsi.
“Sì, avevi decisamente fame”
Ridacchiò la ragazza, prendendo nuovamente il suo coltello – lo aveva posato dopo che il biondo era finalmente riuscito a spiegarle com’era entrato dentro il locale, intanto che l’aiutava a ripulire dal disastro della torta – e tagliando a metà il suo di panino, porgendone poi una all’altro.
“Tranquilla, sono a posto”
Il suo stomaco non fu concorde e decise di dire la sua, facendolo vergognare a morte di nuovo.
“Scusa…”
Bisbigliò Schneider, prendendo la metà del panino.
“Non ti preoccupare, stuzzico spesso durante i turni per vedere se manca qualcosa ai piatti”
Spiegò Saphira, sorridendo piano.
Era una situazione strana e imbarazzante, pensarono entrambi, lei stupendosi di come stesse tenendo sotto controllo la voglia di scappare via gattonando per terra com’era solita fare – forse era merito della presenza dei suoi coltelli e dei tacchi di ricambio di Cordula… maneggiati bene potevano diventare delle armi anche quest’ultimi -, lui chiedendosi come fosse seriamente possibile non esser stato riconosciuto.
“Davvero non sai chi sono?”
Le chiese nuovamente, mentre lei prendeva un morso dal panino.
“Ancora con questa storia? Non ti ho mai visto in vita mia!”
Gli disse di nuovo la ragazza una volta che ebbe finito di masticare, alzando un sopracciglio perplessa.
“Non segui il calcio, eh…”
“Come fai a saperlo?... Aspetta, non dirmi che sei uno stalker!”
“No!... No, non sono uno stalker, ho solo tirato ad indovinare, te lo giuro”
Si affrettò a rassicurarla, Schneider, prima che scattasse di nuovo verso il coltello dannatamente affilato.
“Non sono uno stalker, sono… Karl, solo Karl”
“Non hai un cognome?”
Chiese la rossa, inclinando un poco la testa, confusa.
Il Kaiser le sorrise solamente, e forse questo avrebbe dovuto allarmarla… anzi, senza forse, però quegli occhi azzurri non le sembravano cattivi, non riusciva a leggerci dentro delle cattive intenzioni… forse poteva fidarsi… forse… nel caso, aveva coltelli e tacchi a portata di mano.
“Io sono Saphira Heinrich, ma tutti mi chiamano Saph”
Si presentò a sua volta, facendogli un piccolo sorriso, porgendogli la mano dopo essersela pulita con il tovagliolo.
“Piacere di conoscerti, allora, Saph”
Disse Karl, andando a stringergliela con la sua dopo aver fatto lo stesso.
Saphira aveva una mano piccola ma piena di calli, segno che maneggiava pentole e padelle da tanto tempo ormai, mentre Karl aveva una mano grande e liscia, ma soprattutto calda.
Si sorrisero un po’ più apertamente.

“Ti dispiace se vengo ancora oltre orario?”
Le chiese, intanto che la accompagnava alla sua macchina – meglio non farla girare da sola a quell’ora di notte, anche se solo per pochi metri -.
“Con il lavoro che faccio… sai, potrebbe capitare che faccio tardi”
“Basta che la prossima volta non mi fai perdere dieci anni di vita e sei il benvenuto”
Sorrise ironica Saph, reprimendo la voglia di chiedergli perché si fosse imbacuccato nuovamente come prima – chi è che indossava degli occhiali da sole di notte?! -.
“Passa dal retro, la sera non chiudo quasi mai la porta della cucina”
“Ah, allora è un vizio il tuo”
“Una svista! Stasera è stata solo una svista!”
Precisò la rossa, mentre il viso prendeva la colorazione dei suoi capelli.
Karl rise e le aprì galantemente la portiera della macchina, facendole aumentare il rossore.
“Alla prossima, Saph”
“Alla prossima… Karl”
Il Kaiser restò a guardare la macchina che partiva e si allontanava, chiedendosi per l’ennesima volta come fosse possibile che Saphira non lo conoscesse di fama o per sentito dire… a pensarci bene, però, la cosa non gli dispiaceva poi così tanto… prese la strada di casa con un grosso sorriso in volto.
E, soprattutto, con lo stomaco felicemente pieno.

 
 

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Capitolo 2
*** Ti Va di Conoscermi? ***


Angolino della Robh: Buonasera a tutti/e ♥.
Eccoci arrivati al secondo aggiornamento della mia Saph, vi dico già che se nel primo capitolo l'avete trovata stramba... in questo secondo tale pensiero si rafforzerà (!), perchè uscirà fuori una certa sua caratteristica che... niente spoiler, leggete u.u xD, spero - comunque e di nuovo - che possa piacervi ♥.
Su Karl invece... sappiate che in un certo momento, mentre stavo scrivendo... sono scoppiata a ridere, immaginandomi la sua faccia xD, ormai lo sapete che non sono contenta se non combino almeno qualcosina ai miei pargoletti u.u, voi provate ad indovinare in quale pezzo mi è successo xD.
Altro? Altro niente, non ho avvertimenti strani o precisioni su questo capitolo perchè è abbastanza tranquillo, s'iniziano a conoscere piano piano ecco ♥.
Buona lettura a tutti/e ♥.


Ps: Ma solo io faccio tutta questa fatica a trovare dei titoli decenti ai capitoli? No ditemelo, perchè ci sto uscendo pazza e mi sto portando dietro pure Serè ò.ò .




 

Edmund non era tanto grande, aveva solo sedici anni e andava ancora a scuola.
Era stato assunto part-time da Saphira l’estate prima, quando lui aveva avuto bisogno di un lavoretto per potersi mettere da parte qualcosa, così da poter andare in vacanza con gli amici senza l’aiuto dei genitori – che gli avevano tagliato i fondi dopo averlo beccato ubriaco una sera -, e quando lei aveva avuto bisogno di un paio di mani in più per aiutare quella povera anima pia di Cordula, d’estate anche un ristorante piccolo come lo era il Vienna si riempiva di turisti, e la rosa non riusciva a star dietro a tutti i tavoli da sola, era troppo anche per lei.
Si erano trovati e si erano aiutati.
Finita la stagione, Saph gli aveva detto che potevano provare ad allungare il contratto, adattando gli orari per i suoi impegni scolastici, e lui aveva accettato.
Non si era mai pentito di averlo fatto dato che così riusciva a mettersi sempre da parte qualche soldo, figurarsi poi quando il Kaiser aveva iniziato a frequentare il ristorante, quale dei suoi amici poteva vantarsi di poter osservare e servire la grande stella del Bayern Monaco da vicino?!

Ma fu proprio Karl a metterlo in difficoltà, quel mezzogiorno.

“C-Come?”
Chiese, balbettando un poco e sbattendo le palpebre sorpreso.
“Vorrei sapere cosa consiglia Saph oggi”
Ripeté Karl sorridendo tranquillo, con le braccia incrociate sul bancone.
Edmund boccheggiò un attimo.
Il Kaiser conosceva il nome del suo capo, la chiamava addirittura Saph!
Saph… Saphira! Quella che, quando c’era una partita in tv, si guardava un dvd!
Com’era possibile?! Che doveva fare?!
“Cordula!”
Urlò, richiamando la rosa, in preda al panico.
Sentendo il tono disperato del suo pulcino, la cameriera sorrise gentilmente al cliente davanti a lei e si congedò, promettendo di tornare dopo poco, per correre – o meglio, camminare velocemente,  dati i tacchi – da lui al bancone.
“Che succede pulcino?”
Gli chiese, mettendogli un braccio intorno al collo per rassicurarlo con la sua presenza.
“Ecco…”
“Gli ho chiesto cosa consiglia Saph dal menù oggi, tutto qui”
Disse di nuovo il calciatore, non più così tanto tranquillo come prima.
Era così strano che chiedesse il consiglio della cuoca?
Guardando gli occhi sgranati di Cordula – era la prima volta che vedeva la rosa con un’espressione diversa da quella maliziosa -, evidentemente sì.
“Saph”
Disse la rosa, facendolo annuire.
“Saph”
“Tu conosci Saph”
“Già”
“Lei conosce te?”
“Possiamo dire di sì”
I due camerieri si guardarono negli occhi, poi la rosa lasciò andare il suo pulcino per scattare verso la cucina, lasciando i due nuovamente da soli, a guardarsi negli occhi, uno – l’attaccante – perplesso e confuso, l’altro – il sedicenne – nel panico.
“Senti, ma-“
“Mi faresti l’autografo?”
Lo interruppe Edmund.
Doveva pur trovare un modo per dare del tempo a Cordula… che poi fosse un modo in cui ci guadagnava… beh, erano dettagli.

“Tu!”
Esclamò Cordula, entrando a passo di carica in cucina, facendo sobbalzare i due cuochi.
“Ti ho lasciata ieri notte che eri ancora una piccola e tenera ignorante, quindi, mi spieghi com’è possibile che oggi a mezzogiorno Karl Heinz Schneider mi viene a chiedere il tuo consiglio, dicendomi pure che vi conoscete?! Mi devi una proprio una bella spiegazione, signorinella!”
Urlò la rosa, puntando un dito indice verso la rossa e portando l’altra mano al fianco, entrando in modalità ‘mamma’.
Anche se non si vedeva, era più grande di Saphira ed Axel di un paio di anni, e quando succedeva qualcosa a uno di loro, prendeva subito in mano la situazione.
“Quindi il suo cognome è Schneider? Dici che non ha voluto dirmelo perché è parente di Romy*?!”
Chiese Saph, illuminandosi all’idea di aver conosciuto un parente della famosa attrice che aveva interpretato Sissi, smettendo d’impiattare per potersi girare verso l’amica.
Amica a cui caddero – letteralmente – le braccia, mentre l’aiuto cuoco sgranava gli occhi.
“E’ il capitano della nazionale tedesca Saph!”
Urlò Axel, distogliendo qualche secondo l’attenzione dalle pentole.
“Ma chi?”
Domandò la rossa, girandosi verso di lui, facendo una faccia buffa nel mentre che poneva la domanda.
No, Saphira non conosceva davvero Karl, come invece aveva detto il biondo poco prima.
Cordula giurò che gliel’avrebbe fatta pagare al calciatore per quella bugia, decidendo anche che era giunto il momento di tirare fuori la sua piccola rossa dall’ignoranza calcistica in cui versava praticamente da sempre.
Uscì dalla cucina, tornando subito dopo pochi minuti con in mano una rivista – presa dallo zaino di Axel, posto nell’ufficio insieme alle borse di Saph, Cordula ed allo zaino di Edmund –, che aprì davanti agli occhi azzurri della cuoca.
Sulla pagina spiccava una foto del ragazzo che aveva conosciuto la notte prima con indosso una maglia rossa e nera, sorriso in volto e braccio alzato al cielo.
“Questo è Karl…”
Iniziò Saph, non capendo dove stesse andando quel discorso.
“Heinz”
Continuò Axel, dietro di lei.
“Schneider”
Finì Cordula, girando pagina per poterle mostrare una nuova foto del biondo, stavolta con articolo affianco.
“Calciatore famoso”
Disse, poi, la rosa.
“Soprannominato il Kaiser”
Aggiunse il castano.
“Stella del Bayern Monaco”
Seguì Cordula.
“Capitano della nazionale tedesca”
Ripeté Axel.
“Karl Heinz Schneider”
Dissero – infine – in coro i due, per imprimere meglio il concetto alla rossa.
Rossa che, non appena finì di leggere l’articolo sul calciatore, lasciò la presa sulla padella che aveva in mano tanto era scioccata… adesso capiva come aveva fatto – Karl – ad indovinare che non seguisse il calcio…
Per fortuna, la padella venne recuperata prontamente da Cordula, che scattò, lanciando in aria la rivista, altrimenti il discorso ‘conosci il calciatore più famoso della Germania’ sarebbe stato messo in secondo piano da ‘muoviti Axel, dobbiamo rifare il gulasch’.
“Saph… ma tu cosa guardi in tv, quando ci sono i mondiali?”
Domandò l’aiuto cuoco con voce flebile, intanto che si riprendeva dall’infarto che lo aveva colto non appena aveva visto la padella iniziare a cadere.
“I dvd della Disney”
Rispose Saphira, con lo stesso tono.
“Beh, congratulazioni bimba, da adesso hai un buon motivo per seguire le partite”
Le disse la cameriera, dopo aver appoggiato al sicuro la pentola con il gulasch.
“Motivo che, vorrei ricordarti, sta ancora aspettando un tuo consiglio sul menù”
“Stai scherzando spero!”
Urlò rossa, riprendendosi tutto d’un botto.
“Potrei mai scherzare in un momento del genere?”
Le chiese – retoricamente – la rosa, alzando un sopracciglio.
“Fallo consigliare da Axel!”
Urlò, ancora, Saphira.
“Da lui?!”
“Ehi, cos’è quel tono schifato?! Guarda che lo conosco anch’io il menù!”
“Ahn ah, peccato che Schneider ha chiesto di Saph, non di te!”
Specificò Cordula, andando dietro l’amica per iniziare a spingerla verso la porta che collegava la cucina alla sala.
Era grande – a malapena un’anta -… scura – il legno aveva un tono molto più chiaro rispetto al bancone e ai tavoli -… cattiva – era una porta -… Saph l’aveva sempre considerata la porta per il suo piccolo paradiso, ma ora, in quel preciso momento… le sembrò l’entrata dell’inferno.
“No! No, non posso, no!”
Urlò, piantando i piedi per terra.
“Sì, che puoi!”
Insistette la rosa, spingendo aiutata dai tacchi.
“No! Non dopo quella figura, non posso, io non… Dio che imbarazzooooo!”
“Saphira Heinrich contegno! Non ti azzardare a- no, no, Saph torna subito qui!”
Urlò Cordula, ma ormai era troppo tardi.
La cuoca era sfuggita dalla sua presa e, rossa in volto tanto da poterlo confondere con i suoi capelli, si era chinata per terra ed aveva iniziato a gattonare via – come sempre faceva quando sentiva che la situazione stava diventando troppo imbarazzante per lei -, in direzione della dispensa.
“Aiutami a riprenderla!”
Urlò la rosa al castano, che boccheggiò qualche secondo.
“E chi cucina?!”

“Cos’è stato?”
Chiese Karl, girando il volto verso la porta della cucina e rovinando così il selfie che Edmund si stava facendo con lui.
Il ventesimo, per essere precisi… non era colpa del sedicenne, se le cose in cucina stavano andando per le lunghe…
“Cos’è stato cosa?”
Domandò Edmund, facendo lo gnorri e proteggendo Saph e gli altri – era la rossa che lo pagava, non poteva fare mica altrimenti! -.
Il Kaiser lo guardò come per chiedergli se lo stesse prendendo per scemo, andiamo, non era stato l’unico a sentire quel rumore, visto che anche gli altri clienti si erano girati a guardare la porta, non poteva davvero credere che sarebbe cascato in un trucco come quello.
Il ragazzo non ci credeva, ma ci sperava.
Prima che potesse inventarsi qualcos’altro, un nuovo urlo proveniente dalla cucina attirò tutta la loro attenzione.
“Fai la donna ed esci fuori di qui!”
Quella era decisamente la voce di Cordula, pensò Edmund, sospettando che si stesse rivolgendo al loro capo.
Questo dovette intuirlo anche Schneider che, stufo di quella situazione – ma anche affamato, se proprio vogliamo dire la verità -, si alzò e si diresse verso la cucina, ignorando i tentativi di richiamo da parte del cameriere.
Il Vienna – appena entrò nella stanza - gli riservò una nuova scena bizzarra.
Saphira era per terra, aggrappata disperatamente alle gambe di un ragazzo con i capelli castani e gli occhi verdi che ancora non conosceva, e la cameriera era in equilibrio precario mentre la stava tirando per la vita nel tentativo di staccarla da esse.
“… Tutto bene?”
Chiese, non sapendo bene cos’altro dire o chiedere.
“No!”
“Sì!”
Urlarono in coro i tre, le due del ‘no’ disperate – Saph – e incavolate – Cordula -, quello del sì in brodo di giuggiole e con gli occhi a cuoricino – non si capiva che Axel era tifoso del Bayern e di Karl, proprio no -.
“Posso aiutare in qualche modo?”
Si azzardò a domandare, il biondo, facendo qualche passo verso il trio.
“Potevi farlo dicendo chiaramente chi eri alla nostra cuoca”
Gli rinfacciò Cordula, guardandolo male.
Gli avrebbe fatto assaggiare la punta dei suoi tacchi per quella bugia, una volta finito con la rossa, anche a rischio di venir denunciata dalla società del Bayern Monaco per aver rovinato la loro punta di diamante.
“E’ un problema?”
Chiese – allora – Karl, concentrando la sua attenzione tutta sulla cuoca, che si ritrovò ad arrossire ancora di più sotto quello sguardo azzurro.
“No! No, ovviamente… no!”
Lo rassicurò Saphira, nascondendosi – però – un po’ di più dietro alle gambe di Axel.
“Ne sei sicura?”
Domandò il calciatore, alzando un sopracciglio perplesso.
“Sì! Perché, non si vede?!”
“Meglio per te non sapere la risposta”
Rispose Cordula, facendo ridacchiare il biondo – la cameriera si girò a guardare scioccata l’aiuto cuoco, aveva sentito male lei o aveva sospirato guardando il Kaiser ridere?! -.
L’attaccante del Bayern avanzò a passo deciso verso il trio, arrivato davanti a loro si chinò e porse la mano alla rossa che, dopo aver tentennato qualche secondo, l’afferrò, lasciandosi tirare nuovamente in piedi.
“Scusa se non te l’ho detto ma… beh, all’inizio pensavo non ce ne fosse bisogno”
“Chi è che non conosce il grande Kaiser”
Mormorò Axel, guardando incantato il suo mito, guadagnandosi un colpo di tacco sul piede da parte di Cordula.
“Eh già… chi è il cretino che non ti conosce…”
Bisbigliò Saph, intanto che il castano iniziava a saltare per il dolore, puntando lo sguardo per terra, sentendosi una stupida ignorante.
Karl, davanti a quegli occhi dispiaciuti, le strinse la mano che ancora non aveva lasciato andare e le sorrise, una volta che i loro sguardi limpidi s’incrociarono ancora – le due ragazze pensarono in contemporanea che assomigliasse ad un angelo, con quel sorriso, gli occhi azzurri e i capelli biondi -.
“Adesso che lo sai, che ne dici di venire a vedere la mia prossima partita? Sai, per ringraziarti della cena fuori orario di ieri”
Le propose, dando una nuova stretta a quella mano molto più piccola e veloce della sua.
Saphira sussultò, riprendendo il colore dei suoi capelli in volto e sgranando gli occhi per la sorpresa, la vide – Schneider – pensarci velocemente ed aprire la bocca per rispondergli mentre lui allargava il sorriso, sicuro di quello che stava per udire.


Rifiutato.
Era stato rifiutato.
Saph gli aveva detto di no, non sarebbe andata a vederlo alla prossima partita del Bayern Monaco.
Non gli capitava spesso di essere rifiutato dalle donne, anzi, ad essere sinceri non capitava praticamente mai – non era presunzione la sua, era una semplice verità -, quella era una delle prime volte… che aveva fatto, per farla capitare?
Si chiedeva, guardando crucciato il pallone con cui stava facendo dei palleggi.
Non l’aveva trattata male, di questo ne era più che sicuro, e di certo non l’aveva offesa in qualche modo, al contrario, aveva anche cercato di consolarla quando l’aveva vista incupirsi dopo l’uscita dell’aiuto cuoco, quindi… perché non voleva andare a vederlo? Che odiasse così visceralmente il calcio da non voler mettere piede neanche allo stadio?... Che in quell’odio fosse finito anche lui, ora che sapeva chi era davvero?
Ma, esattamente, cosa gliene importava alla fine? La conosceva da neanche un giorno! Lei non voleva venire? Amen! Ci sarebbe stato un fan del Bayern al suo posto, che problema c’era?
“Troppo facile così!”
Urlò una voce che gli era, ormai, diventata famigliare.
Il pallone gli sparì – improvvisamente – da davanti gli occhi e lui si ritrovò con solo il piede alzato, in una posa che doveva essere estremamente comica visto i risolini che lanciò Levin, arrivatogli vicino insieme a Sho – colui che gli aveva rubato il pallone -.
“Quando sei distratto o sovrappensiero, la palla non la vedi neanche!”
Rise quest’ultimo, iniziando a palleggiare come aveva fatto lui fino a poco prima.
Ecco, qual era il problema.
Non riusciva a smettere di pensare a quel rifiuto e, arrovellandosi su quello, aveva finito per non prestare attenzione agli allenamenti per il secondo giorno di fila, una cosa imperdonabile per lui che era il figlio dell’allenatore e regista della squadra.
“Mi disp-“
“Va tutto bene?”
Le sue scuse – pensava che fosse doveroso farle – furono interrotte dalla domanda che gli fece il biondo svedese.
Si bloccò, preso in contropiede da quella e anche dal sorriso leggero che indossò Levin, e sussultò quando sentì il braccio di Sho abbracciargli le spalle.
“Siamo compagni di squadra, se c’è qualcosa che possiamo fare per te, non esitare a chiedere”
Gli disse il cinese, facendogli un occhiolino.
Era da un po’ che quei due gli si erano avvicinati, avevano iniziato a farlo dopo la famosa partita contro l’Amburgo dove Kaltz gli aveva sputato addosso tutto il suo rancore - e dove Wakabayashi aveva fatto di testa sua, contro il parere del mister -, al principio erano state piccole cose e accortezze, ma poi Sho aveva iniziato ad insistere per uscire delle sere solo loro tre, in modo da rafforzare la loro intesa per quando sarebbero scesi in campo, e il Kaiser aveva dovuto capitolare davanti alla sua insistenza.
Doveva ammettere, Karl, di non essersi mai pentito di averlo fatto… a parte quando Shunko aveva deciso di far ubriacare Stefan, vedere lo svedese iniziare a spogliarsi, convinto di essere in una sauna, lo aveva quasi fatto strozzare con la birra, e il cinese non era stato d’aiuto visto che, invece di frenarlo, lo aveva incoraggiato urlando allo spogliarello – menomale che avevano deciso di passare la serata da Sho -.
Quella non era stata decisamente una serata all’insegna del… come dire, contegno (?)… ma era stata divertente, lo doveva ammettere… da allora, comunque, aveva vietato all’altro biondo di andare oltre alle due birre – minacciava il cinese di non farlo giocare nelle partite, quando lo vedeva che tentava di allungargli la terza -.
Ricordando quella famosa serata, la sua attenzione si concentrò tutta sul cavaliere del sole di mezzanotte.
Levin era stato insieme alla sua fidanzata per tanto tempo, prima che questa morisse tragicamente, quindi doveva conoscere – almeno un pochino – il modo di ragionare delle donne, forse poteva spiegargli il motivo del rifiuto di Saphira… però avrebbe potuto ferire il compagno, con quella domanda che poteva diventare indelicata e inopportuna, dato il dolore che Stefan provava al ricordo di Karen e dei momenti passati insieme a lei.
Che fare? Continuare a rodersi dentro per capire il motivo del rifiuto o rischiare di ferire quello che era diventato – a tutti gli effetti – un suo caro amico?
Guardando il sorriso dello svedese, decise di giocarsela.
“Posso chiederti un parere, Levin?”

Non era andata male, il biondo non si era perso in ricordi dolorosi come aveva avuto paura che facesse, lo aveva ascoltato e gli aveva risposto sinceramente, dandogli il suo consiglio.
Consiglio che era quello di…
“Parlale, non avere paura di chiedergli perché non vuole venire, la sincerità viene sempre ripagata in un rapporto”
Ma quale rapporto?! Erano al massimo al livello di semplici conoscenti!
Quando l’aveva fatto presente ai due, questi erano scoppiati a ridere, ‘Il Kaiser che si cruccia per un rifiuto di una semplice conoscente?’ gli aveva chiesto Sho, scompigliandogli i capelli.
Eppure era quello che erano lui e Saph, semplici conoscenti, un cliente e una cuoca, nulla di più e nulla di meno, che fosse per quello che la rossa lo aveva rifiutato? Perché non erano in confidenza? Perché lei non voleva entrare in confidenza con lui, non voleva conoscerlo? Se doveva dire la verità, Karl avrebbe voluto conoscerla di più, lo incuriosiva quella stramba ragazza dai capelli rossi - proprietaria di un ristorante altrettanto strambo – che cucinava dei piatti davvero deliziosi.
Per questo si ritrovò di nuovo fuori dal Vienna dopo l'orario di chiusura… anche per cenare, ma questo poteva passare in secondo piano, se il suo stomaco collaborava.
Stavolta, come suggeritogli dalla cuoca, andò sul retro e passò dalla porta della cucina per entrare… ma trovò la stanza vuota, buia, senza neanche una traccia di Saph, decise – allora – di andare a dare un’occhiata in sala, e lì trovò la ragazza.
Che puliva.
Cantando.
Niente di male, anche sua sorella Marie a volte sentiva la musica con gli auricolari mentre puliva la sua stanza, se non fosse stato per il testo della canzone che la rossa stava cantando.

~ This is what I wanna do
   Let's have some fun
   What I want is me and you
   Boom boom boom boom
   I want you in my room
   Let's spend the night together
   From now until forever ~*

Karl scoppiò a ridere, mettendosi una mano davanti alla bocca per non farsi sentire o notare da Saph, la canzone sembrava un vero e proprio invito a una notte di passione, ma lei la stava cantando in un modo così buffo – agitando lo straccio e i fianchi a ritmo – che faticava a trattenere le risate.
Decise di farle uno scherzo – doveva farglielo vista la colonna sonora (?!) -
Si avvicinò di soppiatto, attento ai suoi movimenti, e si posizionò dietro di lei, mosse velocemente la mano e le tolse un auricolare dall’orecchio, scostandole un poco anche i lunghi capelli rossi.
“E’ per caso un invito questo, Saph?”
Le sussurrò all’orecchio maliziosamente, ovviamente scherzando, il suo intento era solo farla ridere, anche se si aspettava che arrossisse come infatti fece.
… Non si aspettava che, dopo essersi girata a guardarlo sconvolta e bordeaux in viso, gli svenisse davanti agli occhi…
“Saphira!”

“Grazie per avermi presa al volo…”
Bisbigliò Saph, accettando volentieri il bicchiere d’acqua che il biondo le porse.
Dopo averla presa tra le braccia, Karl l’aveva portata in cucina e l’aveva posta su una sedia, aveva pensato di chiamare l’ambulanza, stava per prendere il cellulare per farlo, quando la rossa si era ripresa da sola e glielo aveva impedito.
“Sicura che non vuoi andare in ospedale? Svenire così all’improvviso non è normale!”
Si preoccupò Karl, accucciandosi vicino a lei per osservarla bene, cercando di captare un qualcosa che non andasse.
“Ti farà strano, ma mi capita molto più di quanto pensi”
Ridacchiò nervosamente la rossa, rigirandosi il bicchiere tra le mani dopo aver bevuto.
All’occhiata interrogativa di Schneider, lei alzò le spalle, sorridendogli piano.
“Non riesco a gestire l’imbarazzo, quando è troppo… svengo, ma solo per poco”
“Oh”
“Già, bell’affare eh?”
“Scusa, ad averlo saputo non avrei fatto quell’uscita”
Mormorò il Kaiser, passandosi una mano sulla nuca, dispiaciuto di quello che aveva combinato.
Non ne faceva una giusta in quei giorni, sia agli allenamenti, sia nella vita privata.
“Come potevi saperlo, visto che non ci conosciamo?”
Lo riprese, gentilmente, Saph.
“E poi, volevi farmi solo uno scherzo no? L’intento era buono, sono io che sono fatta strana”
Rise per far ridere anche lui, ma Karl stava pensando ad altro.
Non volendo, la rossa aveva fatto la domanda giusta al momento giusto, e lui poteva approfittarne.
“A te va di conoscerci?”
Le chiese, facendo incrociare i loro occhi azzurri.
Guardandoli da vicina distanza, notò che quelli della cuoca avevano una tonalità leggermente più scura dei suoi, risaltavano sul viso circondato dai capelli rossi – una strana tonalità per una ragazza tedesca -.
“Non ti avrei detto di poter continuare a venire oltre orario, altrimenti”
Bisbigliò lei, resistendo dall’interrompere il contatto, ma il volto le si stava nuovamente arrossando.
“Allora, perché non vuoi venire a vedermi giocare?”
“Perché non so niente di calcio!”
Esclamò Saphira, infiammandosi e mettendosi in piedi di scatto.
“Immaginati la scena! Non conosco il calcio, non conosco le sue regole, non conosco i giocatori, so a malapena com’è fatto il pallone, il fatto di sapere chi sei si può definire un vero e proprio miracolo e tutto dovuto a Cordula, perché se fosse stato solo per me non ti avrei mai riconosciuto, come faccio a venire allo stadio? In mezzo a tutti quei tifosi?! Sverrei all’istante per la vergogna, non avrei via d’uscita, sarebbe la mia morte!”
Mentre lei rabbrividiva al solo pensarci, l’attaccante si sforzò di trattenere le risate – intanto che si rimetteva in piedi -.
Dunque era quello il motivo? Si era fatto tutti quei fumi mentali… per niente?
“Guarda che ti vedo che stai ridendo, non c’è niente da ridere! Pensa anche alla figura che faresti tu! Inviti allo stadio una che non sa niente di calcio! Sarebbe una figura mica da poco per il… il… com’è il tuo soprannome?”
“Kaiser, mi chiamano Kaiser”
Le rispose, sempre ridendo.
“Uhm… preferisco chiamarti Karl”
Borbottò Saph, andando a lavare velocemente il bicchiere usato.
Quel soprannome le sembrava freddo, impersonale, poteva essere adatto al giocatore, ma non al ragazzo che aveva davanti, quello che voleva conoscere, che aveva destato la sua attenzione entrando di colpo nella sua bolla fatta di pentole e piatti.
Voleva conoscere Karl, non il Kaiser.
Schneider smise di ridere per sorriderle, quella ragazza era davvero stramba… ma le piaceva.
“Allora… che mi cucini di buono stasera?”
Le chiese, cambiando argomento e andandole vicino.
Saphira s’illuminò e corse a prendere un vecchio ricettario vicino ai fornelli, accarezzò la copertina con delicatezza e poi lo aprì, iniziando ad elencargli i suoi patti preferiti che poteva fargli.
“Comunque, io non mi vergognerei mai, se tu venissi a vedermi allo stadio”
“Perché non mi hai mai vista gattonare via, fatti mostrare le foto da Cordula e poi ne riparliamo”


Il giorno dopo, Karl fu servito direttamente da Saph, la ragazza gli aveva preparato un piatto speciale del ricettario e glielo stava spiegando – sorridendo – intanto che lui mangiava ed ascoltava.
Il tutto si svolgeva sotto gli occhi attenti e maliziosi di Cordula, che osservava la scena appoggiata contro lo stipite della porta aperta della cucina.
“Sento odore di qualcosa di nuovo ~♥”
Cantilenò, rigirandosi una ciocca rosa tra le dita.
“Soffiati il naso per stapparlo, io sento solo l’odore del cavolo”
“Che delicatezza!”
Axel non ascoltò il rimprovero e continuò a concentrarsi sull’impiattamento, questo fece sbuffare la rosa – non c’era gusto a stuzzicarlo, se non le dava troppo corda – che tornò a guardare i due in sala.
“Sono davvero carini insieme”
Commentò, sorridendo dolcemente intanto che osservava la sua piccola rossa.
Il castano sbatté la pentola sui fornelli, quando la sentì.
A lui non sembrava.




 


*
Per chi non la conoscesse... e credo che siate in tanti O.o... Romy Schneider è stata un'attrice che ha interpretato il ruolo di Sissi nei film 'La Principessa Sissi', 'Sissi - La Giovane Imperatrice' e 'Sissi - Il Destino di un' Imperatrice', sappiate che ogni volta che in tv capita uno di questi tre film io e mia madre siamo sempre sedute in prima linea con tanto di poc corn perchè è/era una delle nostre attrici preferite ♥.
*
La canzone è 'Boom Boom Boom Boom' dei Vengaboys ^^.

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Capitolo 3
*** Mattinata in Compagnia per il Caro Kaiser ***


Angolino della Robh: Buona sera! ♥
Eccomi tornata ad aggiornare la mia adorata Saph in questo nuovo giovedì, vi sono mancata? Sospetto di no, ma faccio finta di sì u.u'''.
Dunque dunque dunque... anche questo è un capitolo abbastanza tranquillo, non succedono cose particolari se non che... entrano in scena (o meglio, uno entra in scena mentre l'altro viene solo menzionato alla fine) due personaggi che alla fine si riveleranno molto importanti, ma non vi dico chi, perchè sennò non leggereste eh u.u, dico solo che s'inizia ad aprire uno spiraglio sulla vita della rossa al di fuori del ristorante ♥.
... Sì, lo so che vi avevo appena scritto che non vi dicevo niente, ma se non vi lascio qualche indizio io non sono contenta, quindi abbiate pietà, ormai sapete come sono fatta >.>'''.
Finito con gli avvertimenti che alla fine avvertimenti non sono, vi auguro una buona lettura ♥.


Ps: ci sono due accenni a due tra i miei anime preferiti, chi li scopre vince una stellina nella risposta alla recensione u.u .





 

Il sole aveva iniziato a sorgere da poco, illuminando pian piano le vie della città ancora dormiente di Monaco, presto si sarebbe alzato del tutto e la gente sarebbe uscita di casa, chi spinta dalla bella giornata, chi dal lavoro e chi dalla scuola, ma per quell’ora il Kaiser sarebbe già tornato dentro le sue mura domestiche.
Aveva da sempre – Karl – l’abitudine di andare a correre molto presto, ad un orario più consono sarebbe stato difficile non essere fermato dalla gente, o non essere beccato a tradimento da qualche paparazzo, e lui che voleva fare la sua corsa tranquillo si era quindi adattato ad uscire prima del sorgere del sole per evitare questi due problemi.
Correre lo aiutava a scaricare la tensione, a schiarirsi i pensieri e a riflettere con calma su situazioni che voleva analizzare, era per questo che era uscito a fare una corsa anche quella mattina di riposo, il giorno prima la sua squadra aveva avuto una partita contro lo Stoccarda di Muller, nonostante la strenua difesa del portiere fantasma, alla fine l’aveva spuntata il Bayern di Karl, ma c’erano stati dei tentennamenti che non era riuscito a togliersi dalla testa neanche durante la notte.
Si appoggiò alle ginocchia con il fiatone, inspirando profondamente per calmare il battito cardiaco, aveva pensato a delle soluzioni, ne avrebbe parlato il giorno dopo con il padre – sempre che non lo chiamasse prima – e con il capitano prima degli allenamenti, non erano dei tentennamenti tali da richiedere cambiamenti drastici, ma se volevano mantenere la prima posizione in classifica allora avrebbero dovuto eliminarli.
Prendendo un ultimo grosso respiro, tornò in posizione eretta e si mise ad osservare il cielo che stava diventando  man mano  sempre più chiaro, prospettava di diventare una bella giornata di sole, quella.
Abbassò lo sguardo con un sospiro, decidendo che avrebbe fatto ancora qualche giro prima di tornare a casa sua, ma all’improvviso si rese conto di dov’era arrivato correndo, grazie anche a dei capelli rossi che attirarono subito l’attenzione dei suoi occhi azzurri.
Sorrise, vedendo Saphira seduta davanti alle porte chiuse del Vienna – stava con le gambe tirate al petto -, chissà cosa ci faceva lì a quell’ora, sicuramente qualunque cosa stesse facendo o dovesse fare riguardava il ristorante, per quel motivo decise solo di salutarla da lontano – si sarebbero comunque visti meglio a pranzo, visto che Karl aveva preso a frequentare il locale ogni giorno da quando avevano deciso di conoscersi -… ma cambiò idea, non appena notò l’espressione mogia che indossava la rossa, che stava nel frattempo parlando al cellulare.
Doveva esserci qualcosa che non andava.
Si avvicinò, per capire cosa fosse.

“Axel sta male?”
Le domandò sorpreso, accucciato davanti a lei.
“Già…”
Bisbigliò Saph tormentandosi delle ciocche rosse, non sapendo bene cosa fare.
Quella mattina doveva andare al mercato per prendere le scorte del ristorante, ci andava sempre un giorno sì e un giorno no per avere degli alimenti freschi da servire ai suoi clienti, e ci andava sempre accompagnata dal suo aiuto cuoco, che possedeva un furgoncino abbastanza grande da poter contenere tutti gli acquisti delle loro liste.
A quanto pare – quel giorno – avrebbe dovuto farne a meno.
Il castano quella notte era stato male, e l’idea di farlo uscire di casa non era neanche proponibile.
“Come farai per il servizio?”
Le chiese Karl, preoccupato.
Non avendo l’aiuto in cucina, la rossa avrebbe tenuto chiuso quel giorno? Non avrebbero potuto passare del tempo insieme, come ormai erano soliti fare?
Era quella la sua preoccupazione più importante, con buona pace della salute del povero Axel.
“Per quello non c’è problema, in questo giorno della settimana non viene mai molta gente e quindi posso arrangiarmi anche da sola, caso contrario mi ammazzerò dietro ai fornelli”
Scherzò Saphira, facendo sorridere il biondo – ora sicuro che non avrebbero perso quel giorno -.
“Il problema sta nell’andare al mercato senza di lui, quando siamo in due possiamo dividerci i compiti e facciamo anche abbastanza in fretta, da sola ci metterei il doppio del tempo, senza contare il fatto che non so se la mia macchina è abbastanza grande da poterci mettere dentro tutti gli ingredienti che devo prendere, di solito usiamo il suo furgoncino”
Spiegò – poi – lei, alzandosi in piedi e togliendosi la polvere dal retro dei jeans.
“Mah… in qualche modo mi arrangerò, sempre se Cordula non mi uccide per averla svegliata a quest’ora”
“Vuoi chiedere a lei di accompagnarti?”
Le chiese Schneider, alzandosi anche lui.
Saph s’imbronciò un poco, quando erano seduti erano allo stesso livello, ma quando si alzavano si notava tutta la differenza che stava nelle loro altezza, gli arrivava a malapena alle spalle, centimetro più, centimetro meno… forse avrebbe dovuto iniziare a mettere i tacchi come faceva la rosa, abbandonando finalmente le sue comode ballerine, come gli suggeriva di fare da tempo l’amica – una volta, Cordula, era arrivata a minacciare di entrare in casa sua di nascosto per bruciargliele -.
“Non vedo chi al-“
“Posso venire io”
La interruppe Karl, sorridendo.
Mentre la rossa era impegnata a maledire la sua altezza – a suo dire ingiusta ed esagerata -, gli ingranaggi del cervello del Kaiser avevano iniziato a girare freneticamente, andare con lei ed aiutarla significava passare più tempo insieme, perché non approfittarne?
Sicuramente anche Krüger – lui e Cordula avevano preso a chiamarsi scherzosamente per cognome – non avrebbe avuto niente da ridere, anzi magari lo avrebbe pure ringraziato per averle risparmiato la levataccia.
“… Ripeti un po’”
Mormorò Saph, sbattendo gli occhi sorpresa e presa in contropiede.
“Posso venire io al posto suo, tanto questo è il mio giorno di riposo… o non ti fidi?”
Le chiese scherzosamente, alzando un sopracciglio biondo.
“No, no, mi fido ma… ne sei sicuro? Insomma… non credo che tu sia mai stato ad un mercato alimentare, o mi sbaglio?”
Le aveva raccontato – una delle volte che era andato al ristorante dopo la chiusura – delle rare e fallimentari occasioni in cui aveva provato a mettersi ai fornelli da solo, Saphira si era fatta promettere che - prima di prendere anche solo una pentola - l’avrebbe chiamata, se mai gli fosse saltato in mente di provarci un’altra volta.
“Ammetto che non ti sbagli ma… puoi sempre scrivermi delle direttive, mi basta seguire quelle per andare sul sicuro, no?”
“Non è proprio così semplice…”
“Andiamo, quanto può essere difficile?”

Come si suol dire, quella pronunciate da Karl furono le ultime parole famose.

Non sapeva a cosa stava andando in contro - quello era vero -, aveva proposto l’idea solo per scopi personali - impossibile da negare -, ma era stato fiducioso quando erano partiti con la macchina di Saph alla volta del mercato, dopo essersi fermati un attimo a casa sua per farlo cambiare – alla battuta ‘in stile SGGK’ quando si era messo un cappellino, la rossa l’aveva guardato come se le avesse appena parlato in arabo antico -, e lo era rimasto fino a quando non parcheggiarono.
Lì, la sua sicurezza iniziò a vacillare, davanti a tutte quelle persone che urlavano dalle bancarelle, e la rossa lo notò.
“Senti, sei stato davvero gentile a proporti di aiutarmi ma non sei costretto a farlo, faccio ancora in tempo a passare da Cordula”
Karl la guardò, poi gettò un’occhiata veloce a quello che li stava aspettando e ghignò un poco, togliendosi gli occhiali da sole – messi per nascondere parte del volto -.
“Non mi sono mai tirato indietro davanti a una partita ostica”
“… Per curiosità, io chi dovrei essere in questa partita?”
“La mia allenatrice, ovviamente”
La cuoca lo guardò poco convinta, poteva anche andarle peggio… forse… non lo sapeva… gli avrebbe detto di smetterla con quei paragoni calcistici, se fosse sopravvissuto all’impresa in cui si era voluto mettere.
“Aspetto le mie direttive, mister”
Le sorrise Schneider, facendole l’occhiolino.
… O magari l’avrebbe lasciato continuare, pensò arrossendo un poco, intanto che tirava fuori i foglietti con sopra le indicazioni – scritti di fretta e furia mentre Karl si stava cambiando – dalla borsa.
“Allora, devi andare alle bancarelle delle verdure, mi raccomando non lasciarti fermare da chiunque, vai direttamente a quelle che ti ho segnato, sono quelle che hanno il prezzo e qualità migliore, ma non lasciar scegliere loro cosa darti, devi essere tu a farlo”
Gli disse, seria, lasciandogli in mano i foglietti.
“Osserva attentamente il colore, inspira profondamente il profumo, se possibile chiedi anche di assaggiare, potrebbero fare delle storie ma tu digli che ti mando io, te lo dovrebbero lasciar fare, analizza il sapore, somma le sensazioni che ti da a quelle che hai provato mentre l’osservavi e odoravi, se sono positive allora prendilo, se ne rimani confuso allora passa all’ingrediente dopo e aspetta il mio arrivo, va bene? Cercherò di fare il prima possibile”
“V-Va bene”
Mormorò Karl.
Stavolta toccò a lui arrossire, ma riuscì a nasconderlo grazie al cappellino che calò meglio sul viso – adesso capiva perché Genzo ne indossava uno praticamente sempre -, con la scusa di doversi coprire per non farsi riconoscere.
Era la prima volta che Saphira mostrava quel lato del suo carattere così serio ed autoritario, lui era abituato a vederla imbarazzata quando la beccava a cantare quando puliva, tranquilla e sorridente mentre gli spiegava il piatto che gli aveva preparato, e concentrata le rare volte che faceva incursione in cucina durante il servizio per nascondersi da fan invadenti, sembrava proprio un’allenatrice prima di una partita importante.
Era… interessante.
“Ah, stai attento quando pesano, qualche volta cercano di fare i furbi”
Si raccomandò Saph, prima di separarsi da lui e correre per le bancarelle.
Il Kaiser le annuì e poi si diresse alle sue dove cercò di fare il suo meglio, mise in pratica come meglio poté quello che gli aveva detto la rossa, osservò, odorò e assaggiò quello che doveva prendere, per alcune cose si fidò del suo istinto che gli suggeriva che andavano bene, ma per la maggior parte delle altre preferì aspettare l’arrivo della cuoca per evitare di farle spendere soldi per qualcosa che alla fine non sarebbe andato bene.
Saphira arrivò abbastanza in fretta – per fortuna -, come aveva promesso di fare, e Karl le lasciò volentieri il posto davanti al proprietario della bancarella.
“Non è andata poi tanto male per essere la prima volta, dai”
Gli sorrise incoraggiante la ragazza, quando andarono a sistemare le prime casse in macchina.
“Neanche mia madre mi ha costretto ad assaggiare così tante verdure in una volta sola”
Borbottò il biondo – aveva ancora in bocca il sapore amaragnolo di un certo tipo d’insalata, di cui alla fine non aveva neanche capito il nome -, facendola ridere.
“Pronto per il secondo round?”
Gli chiese lei, non appena finì di richiudere la macchina.
“Sono ai tuoi ordini”
Rise lui, mettendosi scherzosamente sull’attenti.
Tornarono di nuovo tra le bancarelle, stavolta insieme perché la rossa non poteva lasciarlo andare da solo a scegliere i pezzi di carne che le servivano, anche con tutto il buon impegno del mondo, Karl non avrebbe saputo dove sbattere la testa tra schiena, lombata e altro – e stava parlando solo della carne bovina -, il biondo concordò silenziosamente con lei e si limitò a farle da facchino ed ad osservarla mentre sceglieva e parlava.
Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso… aveva scoperto un suo nuovo lato, aveva fatto un passo in più nel conoscerla, se non si fosse proposto non sarebbe successo.
Sorrise soddisfatto, aveva avuto proprio un’ottima idea.
“Mi fa quasi strano vederti così”
Le confessò, quando tornarono alla macchina con le nuove casse.
“Così come? Aspetta, questo lo mettiamo qui”
Chiese Saph, iniziando a sistemare per far entrare tutto in macchina.
Forse Karl avrebbe dovuto tenere qualcosa in braccio, ma ci sarebbe stato tutto per un pelo.
“Così… seria, sapevi quello che lo volevi e lo chiedevi senza farti problemi”
“Bisogna fare così al mercato, devi avere tu il comando, se lo lasci a loro puoi uscire con le tasche vuote e con un prodotto non di qualità, me lo ha insegnato il precedente proprietario del Vienna”
“E’ stato gentile ad istruirti per bene, prima di vederti il locale”
“…In verità non me l’ha venduto… possiamo quasi dire che è sempre stato mio”
Confessò Saph, chiudendo il bagagliaio con un tonfo.
All’occhiata interrogativa di Schneider, la cuoca sorrise.
“Il precedente proprietario era mio nonno”


“Sul serio non sai cucinare i dolci?”
 Chiese Karl, scoppiando a ridere subito dopo, prendendo dalla macchina l’ultima cassa.
Ecco perché non l’aveva vista prendere gli ingredienti per quelli.
“Non voglio essere giudicata da chi ha fatto esplodere un microonde!”
Borbottò Saph arrossendo furiosamente, per nasconderlo corse dentro il ristorante.
“Ehi, io sono ancora ancora giustificabile-“
Iniziò il biondo, seguendola.
“Ma fammi il favore!”
“Tu no, visto che sei una cuoca!”
“Ma perché ti ho raccontato dei miei disastri con i dolci?”
Domandò – più a se stessa – la rossa, aprendogli la porta della cucina e tenendogliela aperta per farlo passare.
“Per ripagarmi del fatto che mi fai sudare anche quando sono a riposo”
Glielo disse sorridendogli furbo, e il rossore sul volto di lei aumentò ancora.
“Ti sei offerto tu, dannato… dannato…”
“Kaiser”
“Quel che è!”
Urlò lei, incrociando le braccia al petto, il viso ormai aveva raggiunto la tonalità dei capelli.
Karl scoppiò nuovamente a ridere -non era da lui ridere così tanto ma da quando aveva iniziato a frequentare Saphira e i suoi amici gli capitava spesso di farlo -, attirando l’attenzione della cuoca che si perse qualche istante ad osservarlo con i suoi occhi azzurri, incantandosi.
“A-a proposito…”
Mormorò riprendendosi, quando il biondo smise di ridere.
“Cordula, ieri, mi ha detto che avevi una partita, com’è andata?”
Non aveva iniziato a seguire il calcio, da quando avevano preso a conoscersi, ma aveva provato a seguire qualche partita insieme all’amica, quello sì, per provare a vedere come si trasformava il ragazzo quando era in campo, ma il risultato era sempre stato lo stesso, tutte le volte… lei e Cordula addormentate sul divano… così si era arresa, con buona pace dei suoi buoni propositi di fare dei passi verso il mondo di Karl.
Il Kaiser era a conoscenza di quei sforzi – la cameriera si divertiva a lasciargli informazioni qui e lì, mentre prendeva le sue ordinazioni – e li apprezzava, come apprezzava il fatto che nonostante non seguisse le partite, gli chiedesse comunque il risultato di esse.
“Bene, abbiamo vinto”
“Congratulazioni”
“Grazie”
Si sorrisero, incrociando per poco gli sguardi limpido e tempesta, ma quello di Saphira fu quasi subito attratto dall’orologio appeso al muro.
“Sono in ritardo!”
Urlò, sbiancando.
“Uhm?”
L’attaccante gettò un’occhiata all’orologio anche lui e notò che, al contrario, mancava ancora un pezzo all’orario di pranzo e glielo fece presente.
“Lo so, ma ho un altro appuntamento prima di aprire, sono in ritardo per quello”
Spiegò la cuoca, chiudendo di fretta e furia la dispensa.
“Oh…”
Bisbigliò il biondo, rimanendo sorpreso e… spiazzato?
Sì, spiazzato, lui aveva pensato – ingenuamente – che la vita di Saphira girasse interamente intorno al Vienna – complice anche il fatto che s’incontravano sempre lì -, adesso che la rossa gli aveva fatto presente che no, non era così, aveva una vita anche lei fuori dal piccolo ristorante, gli veniva da chiedersi com’era la ragazza una volta che si toglieva i panni di cuoca e proprietaria.
“Vuoi un passaggio in macchina?”
Chiese Saph, una volta che furono fuori entrambi dal locale chiuso.
“Posso venire con te?”
Domandò Karl di contro, facendole quasi cadere le chiavi di mano.
“Prego?”
“E’ il mio giorno di riposo, te l’ho detto, non ho molto fare se non andare a trovare i miei… sempre se non ti do fastidio…”
“Non è che mi dai fastidio ma-… che cosa stai facendo?”
Quando la rossa aveva iniziato la frase tentennando, il Kaiser aveva deciso immediatamente di approfittarne come faceva contro gli avversari in campo… certo a loro rubava la palla, non faceva mica gli occhioni dolci.
“Fai compagnia a un povero attaccante abbandonato a se stesso”
Mormorò con la stessa vocina che faceva ridere a crepapelle Marie, ottenendo lo stesso identico risultato con Saphira.
“E’ così che distrai gli avversari, durante le partite?”
“Mi avvalgo della facoltà di non rispondere”

“E’ musica classica?”
Chiese Karl, quando furono in macchina.
Alla fine, dopo averle fatto ancora un paio di volte quella vocina, l’aveva spuntata lui, avrebbe accompagnato la ragazza – che aveva rischiato il soffocamento per via delle risate, chi se lo immaginava che Karl, il serio, posato e tranquillo Karl era in grado di fare una vocina del genere?! – al suo appuntamento.
Saph annuì, restando concentrata sulla strada, per lei era un abitudine ascoltare della musica in ogni momento libero che aveva, ma quella classica la lasciava sempre per quel tragitto che stava facendo.
“Sono violini”
Osservò Schneider, e lei annuì ancora.
“E’ la primavera di Vivaldi”
Gli spiegò, distogliendo un secondo lo sguardo da davanti a lei per sorridergli.
“Ti piace?”
“Non rientra nella categoria che ascolto spesso ma è carina, suppongo che invece a te piaccia molto”
“Beccata, è uno dei miei brani preferiti”
L’attaccante l’osservò attento, appoggiando un gomito contro il finestrino e posando la guancia contro il pugno chiuso.
“Sai suonare il violino?”
Glielo chiese per curiosità come faceva sempre, per sapere un’altra cosa di lei, era per questo che si scambiavano spesso domande a vicenda, per conoscersi un po’ di più per volta.
Non si aspettava di vederla irrigidirsi d’un botto.
“… Sì… so suonarlo…”
Dal tono gelido che Saphira usò, il Kaiser capì che era meglio cambiare argomento.

“Mia nipote che viene a trovarmi accompagnata da un calciatore famoso, vuoi per caso far piovere sangue domani, Saphira cara?”
“Molto spiritosa, nonna…”
Sospirò la rossa e l’attaccante ridacchiò.
L’appuntamento della cuoca stava davanti a lui, in piedi in una delle tante stanze della casa di riposo - situata poco fuori il centro di Monaco - che avevano raggiunto, e si trattava di una donna anziana vestita con una vestaglia di seta rosso scuro, con i capelli raccolti in un rigido chignon e dal portamento serio ed elegante.
Con esso, si avvicinò a Karl ed allungò la mano, il dorso rivolto verso l’alto.
“Nonna!”
La riprese Saph, ma il biondo fece comunque il baciamano alla donna, come lei gli aveva silenziosamente richiesto.
“Il baciamano è il giusto saluto per le signore Saphira, te l’ho sempre detto, piacere comunque, io sono Aimée Lemaire, la nonna paterna di questa ragazza che ama riprendermi”
La ragazza in questione roteò gli occhi, facendo ridacchiare nuovamente il suo accompagnatore.
“Piacere, io sono Ka-“
“Karl Heinz Schneider, al contrario di mia nipote io il calcio lo seguo ogni tanto, congratulazioni per la partita di ieri, molto spettacolare l’ultimo tiro”
“Grazie”
Karl ci provò con tutto se stesso a non ridere, ma l’espressione della rossa – al nuovo rimprovero della parente – minò seriamente il suo autocontrollo.
“Che ci fate ancora in piedi? Sedetevi forza, Karl caro, perdona questo ambiente spoglio, ma ahimè non posso proporre di meglio ai miei rari ospiti”
“Ringrazia piuttosto che le infermiere non abbiano obiettato quando hai voluto per forza portarti dietro il tuo grammofono”
“Ci mancava solo che obiettassero, con tutti i soldi e il sangue che gli do ogni giorno”
“Nonna…”
“Niente nonna Saphira, mi hai voluto togliere la possibilità di morire nel letto di casa mia”
“Ancora con questo discorso?!”
“E’ mio diritto rinfacciartelo fino a quando non sarò nella tomba”
Schneider osservò quello scambio di battute con un sorriso in volto, lui non aveva mai conosciuto i suoi nonni, non aveva fatto in tempo visto che erano morti poco dopo che sua madre era rimasta incinta di lui, sembrava divertente litigarci così ‘amorevolmente’… almeno, a lui lo sembrava… la cuoca, forse, la pensava in tutt’altro modo.
Quello scambio, comunque, finì grazie al richiamo di un’infermiera che si affacciò sulla porta della camera, informando che la dottoressa che seguiva Aimée voleva parlare con Saph degli ultimi esami fatti fare all’anziana.
“Ci metterò poco”
Promise la rossa ad entrambi, alzandosi dalla sedia dove si era seduta a malapena qualche secondo prima.
“Non c’è problema”
Le sorrise Karl, facendole l’occhiolino.
La ragazza scappò via dalla stanza per non far vedere quanto fosse effettivamente arrossita e il biondo continuò ad osservarla fino a quando non l’ebbe più nel campo visivo, quando si rigirò, scoprì di essere tenuto anche lui ben sott’occhio ma dall’anziana signora che non smise di guardarlo quando fu scoperta a farlo, tutt’altro, continuò come se niente fosse.
Il Kaiser tossicchiò, agitandosi un poco sulla sedia, improvvisamente a disagio – cosa rara per lui - sotto lo sguardo ametista della donna.
“Dunque… l-lei non è tedesca, vero?”
Domandò per togliersi un po’ d’impiccio.
“Vero, sono nata in Francia… ho girovagato un po’, e alla fine mi sono fermata qua in Germania”
“Saph mi ha-“
“Saphira”
“Eh?”
“Il nome che le ha dato mio figlio è Saphira, si chiama così, non mi piace quando glielo diminuiscono”
“… Va bene”
Mormorò Schneider, sentendosi come se fosse stato appena ripreso per una qualche marachella…
D’improvviso, Aimée gli sorrise.
“Mia nipote mi ha accennato il vostro primo incontro qualche tempo fa, dimmi, la cucina di Saphira è buona?”
L’attaccante annuì, sorpreso di quella domanda – non aveva mai assaggiato la cucina della nipote? -, e il sorriso sul volto dell’anziana si allargò.
“E’ la stessa cucina di mio marito, Saphira-“
“Saphira l’ha imparata grazie al ricettario che gli ha lasciato suo marito, sì, me lo ha accennato circa un’oretta fa”
Fu il suo turno di sorridere, calcando per bene il nome esteso della cuoca.
Saph gli aveva parlato di Derek Heinrich, precedente proprietario del Vienna, mentre tornavano al ristorante dal mercato.
Gli aveva raccontato di come fosse andato in gioventù ad imparare il mestiere in Austria, a Vienna, dove ne aveva approfittato anche per imparare a cucinare la famosa torta Sacher – che la rossa tentava disperatamente di replicare - direttamente dal cuoco dell’hotel con cui aveva fatto amicizia, di come avesse aperto il locale  tra prestiti e sudore, e gli avesse dato il nome della città che lo aveva accolto con tanto calore, svelandogli infine il segreto del vecchio ricettario  su cui le aveva scritto tutte le sue ricette e consigli e che le aveva lasciato non appena era venuto a mancare.
Se l’intenzione di Aimée era quella di coglierlo di sorpresa, allora non ci sarebbe riuscita, non aveva mica sfacchinato tutta la mattina al mercato per non scoprire niente.
Al contrario di quello che si aspettava Karl, però, l’anziana continuò a sorridere.

Quando Saph tornò in stanza, ormai a fine orario delle visite, li trovò a conversare tranquillamente.
“Vedo che avete fatto amicizia”
Mormorò con tono cauto, sorridendo piano.
“Anche se sono anziana mi ricordo ancora come si tiene compagnia ad un ospite, Saphira cara”
“Non lo metto in dubbio, anzi è una delle cose che sai fare meglio”
Le disse, avvicinandosi a lei.
Prese dal letto il suo scialle e glielo avvolse intorno alle spalle, abbracciandola mentre le lasciava un bacio sulla fronte.
“Detesto quando usi questi metodi per nascondermi qualcosa”
Bisbigliò Aimée tra le braccia della nipote, mostrandole un sorriso identico al suo.
“Li ho imparati da te”
“Lo so, per questo li odio”
Le parenti continuarono a sorridersi, scambiandosi un’occhiata significativa, poi Saph si allontanò e andò vicino a Karl che nel frattempo si era alzato dalla sedia, capendo che era giunto il momento di ritornare al Vienna.
“Se hai bisogno di qualcosa, fammi chiamare”
“Come se mi ascoltassero, quelle arpie vestite da infermiere”
“Nonna…”
Aimée sbuffò sistemandosi meglio lo scialle, facendo alzare gli occhi al cielo alla nipote e ridere l’attaccante.
“Posso provare a parlarci io, con le arpie intendo, magari si addolciscono un po’”
Propose il Kaiser.
Saphira sgranò gli occhi azzurri, mentre quelli ametista dell’anziana s’illuminarono.
“Oh, mi faresti proprio un favore Karl caro, mi raccomando eh, torna a trovarmi anche senza questa brontolona, non vedo l’ora di cantarti nuovamente qualcosa”
“Ah, vedo che hai fatto sentire anche a lui il tuo vecchio repertorio da cantante lirica”
“Qualcuno dovrà pur ascoltarmi, Saphira cara, e osa ancora darmi della vecchia e ti tolgo dal testamento”

“Tua nonna è molto simpatica”
Le disse Karl, mentre uscivano dalla struttura e s’incamminavano verso il parcheggio.
“Lo so… è un suo talento naturale, attirare la gente a lei…”
Mormorò Saph, guardando per terra.
“I suoi esami non sono andati bene, vero?”
Le domandò il biondo, accigliandosi intanto che la guardava.
Da quando era tornata nella camera il suo atteggiamento era cambiato, e poche potevano esserne le cause.
Saphira non rispose e continuò a mantenere il silenzio fino a quando non furono di nuovo tra le pareti famigliari del suo ristorante.



 

*
Sappiate che per le indicazioni di Saph al mercato mi sono ispirata a Gordon Ramsay e Antonino Cannavacciuolo in 'Cucine da Incubo'... sperando di non aver scritto solo boiate visto che è uno dei miei programmi preferiti >.>''''.

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Capitolo 4
*** Gelosia, Portalo Via! ***


Angolino della Robh: buonaseraaaaaaa! ♥
Se vi state chiedendo perchè sono così euforica è perchè oggi è finalmente iniziato il mio mese preferito! ♥ E no, non c'entra niente che questo sia il mese del mio compleanno... o forse sì O.o ... ma perchè manca sempre meno ad Halloween! *-* Se invece non ve lo state chiedendo... eh vabbeh, abbiamo fatto quattro chiacchere anche questa sera u.u'''.
Passiamo all'argomento principale ovvero il capitolozzo di questa sera, dunque è un altro capitolo abbastanza tranquillo, non succede niente di così stravolgente MA!, eh c'è un ma u.u, non so se l'avete notato ma il secondo capitolo è finito in un certo modo... ebbene, questo è il seguito di quello che accade in quel finale, che volete farci, io adoro scrivere di persone gelose e come ogni volta prendo ad esempio quella gelosona di Serè mia ♥ *Serè si sente in qualche modo offesa e le manda foto della notp*.
Oh, a mia discolpa funziona sempre >.>''''''.
Finito il pippone, vi auguro buona lettura e vi avviso che ci rivedremo molto prima di quello che pensate, perchè Halloween non è il solo motivo che rende ottobre il mio mese preferito :3 ♥.
Capirete poi xD.


Ps: Forse i due accenni erano più complicati di quello che pensassi io O.o, comunque visto che non li ha scoperti nessuno ve li rivelo io, ordunque i due accenni ai due anime non sono altro che i cognomi di Saphira e Cordula xD.
Heinrich viene da FullMetal Alchemist - Il conquistatore di Shamballa (il film seguito/finale della serie del 2003 per intenderci).
Krüger invece viene da Shingeki no Kyojin.
Due tra i miei anime preferiti, se non li avete ancora visti ve li consiglio vivamente ♥.




 

Quel giorno non c’era molta gente al servizio del pranzo, Saphira ed Axel stavano cucinando tranquilli, prendendosi anche una pausa ogni tanto visto le poche ordinazioni che avevano da smaltire, così come faceva Cordula – la sola in sala, dato che quello per Edmund era giorno di scuola -, che si rifugiava in cucina non appena poteva.
Alla nuova incursione, però, non si presentò da sola.
“Guardate un po’ chi vi ha portato la zia Cordula? ~”
Domandò retoricamente la rosa, facendo una pericolosa – quel giorno si era data ai 15 cm di tacco - giravolta su se stessa, mentre dietro di lei compariva la famigliare zazzera bionda del Kaiser.
“Karl!”
Esclamò Saph, sorridendo apertamente.
“Ciao”
La salutò il calciatore, ricambiando il sorriso.
“Che ci fa dentro la cucina? Non ci sono fan del Bayern oggi in sala, anzi non c’è quasi nessuno, poteva mangiare lì, questo non è mica un parco giochi che si può entrare ed uscire senza il permesso!”
Disse Axel con tono infastidito, non distogliendo lo sguardo dalle sue padelle.
Karl lo fissò alzo un sopracciglio perplesso e leggermente irritato da quella uscita, mentre la cuoca accanto a lui gli pungolò il fianco con il gomito.
“Guarda che il mio permesso lo ha”
“E comunque della compagnia nuova ci vuole ogni tanto, vedere sempre e solo le vostre facce mi sta venendo a noia… anzi, anzi… Schneider! Zia Cordula ha bisogno di conoscere qualcuno di nuovo, presentami qualche tuo amico calciatore!”
Urlò la cameriera, sbattendo un tacco per terra come a dire ‘pretendo tu lo faccia in questo stesso istante’.
“Magari la prossima volta, eh Krüger?”
“Crudele, se morirò triste e sola sarà solo colpa tua”
“Me ne farò una ragione”
“E se te lo chiedesse Saph di farmi conoscere un tuo amichetto? ~”
Sussurrò Cordula, abbassando il tono di voce in modo da farsi sentire solo dal biondo accanto a lei, a cui regalò anche un’occhiata maliziosa delle sue.
“Cambierebbe qualcosa, non è vero? ~”
“Chissà”
Mormorò Schneider sibillino, alzando le spalle, allontanandosi da lei per poter andare vicino proprio alla rossa.
“Ti do fastidio se sto un po’ qui?”
Le chiese, osservandola smettere di ridere pian piano.
Rideva sempre quando Cordula se ne usciva con quella richiesta a Karl, il che capitava anche spesso.
“No, tanto ho quasi finito”
Si sorrisero e Karl si appoggiò con noncuranza ai fornelli, iniziando a parlare con lei e ignorando gli altri, una non volutamente mentre l’altro sì, e proprio quest’ultimo sbuffò.
“Saph, faccio una pausa sigaretta”
Disse in modo scocciato Axel, allontanandosi dai due.
“Va bene, gli ultimi piatti sono pochi comunque e posso pensarci da sola, non preoccuparti a stare fuori un po’ di più”
Saphira gli sorrise in un modo così dolce, che l’animo dell’aiuto cuoco si placò quasi istantaneamente.
A rovinargli il momento, però, ci pensò ovviamente Cordula.
“Già, non preoccuparti a stare fuori un po’ di più, tanto ha altra compagnia la piccola cuoca ~”
Prima di uscire sul retro sbattendo la porta, il castano le fece un gesto poco carino con un dito in particolare.

Sbuffò ancora, Axel, appoggiandosi al muro e tirando fuori dalla tasca dei jeans il suo fidato pacchetto di sigarette, non che fumasse tanto dato che era consapevole che facesse male, ma quando era particolarmente nervoso quelle diventano la sua salvezza.
E in quei giorni, nervoso, lo era quasi sempre.
All’inizio era rimasto entusiasta di avere al ristorante il suo calciatore preferito, una cosa del genere non capitava tutti i giorni, e lui, fan del Bayern Monaco fin da quando era bambino, si sentiva una specie di privilegiato o qualcosa di simile ad avere quell’occasione… poi aveva notato come il grande Kaiser guardasse la sua Saph… non che fosse sua davvero, ma quando era solo pensava a lei sempre in quel modo.
Non gli era andato giù il fatto che fosse andata con lui al mercato il giorno in cui era stato male, non gli piaceva il modo in cui la guardava teneramente, lo irritava che avesse sia Cordula che Aimée – perché sì, alla fine Karl era tornato a trovare l’anziana cantante anche senza la nipote – dalla sua parte, odiava che Saphira prendesse in mano il suo prezioso ricettario per fargli scegliere una nuova pietanza che non aveva ancora assaggiato direttamente da lì, a lui ci erano voluti mesi, MESI, per potersi anche solo avvicinare a quel libro , ed era l’aiuto cuoco!
Per tutte quelle ragioni, Axel Werner era passato da idolatrare Karl Heinz Schneider ad odiarlo in maniera viscerale.
Era fermamente convinto che uno come l’attaccante – una celebrità, arrogante e fredda – non fosse adatto alla cuoca – molto più timida e semplice -, lui invece lo era, i loro caratteri s’incastravano meglio e, cosa non da sottovalutare, avevano la stessa passione per la cucina.
Karl cosa poteva vantare di avere in comune con Saph? Gli occhi azzurri?
Sorrise ironico, Axel, guardando le nuvole bianche del cielo di Monaco, e rilassandosi grazie alla nicotina che gli stava entrando in circolo.
Ci avrebbe pensato lui ad interrompere quella conoscenza prima che la rossa potesse rimanere ferita, perché era sicuro che sarebbe stata male, prima o poi, se avesse continuato a star dietro al Kaiser , e sapeva già anche come fare…

“Non sei da sola”
Mormorò Karl sgranando leggermente gli occhi limpidi, mentre si bloccava sulla porta che collegava la cucina alla sala.
Quella sera era andato nuovamente a far visita alla rossa dopo l’orario di chiusura, il loro era diventato un appuntamento fisso con Karl che cenava e con Saph che tentava di preparare una torta Sacher decente –  gli veniva quasi da piangere quando la cuoca buttava i resti comunque mangiabili dei suoi disastri -, per questo si era parecchio stranito quando aveva trovato la cucina al buio, aveva deciso poi di provare a vedere se Saphira fosse in sala e l’aveva trovata lì, seduta ad un tavolo pieno di fogli, tra cui in mezzo spiccava il ricettario di Derek.
In compagnia di Axel.
“E’ già così tardi?”
Si domandò la ragazza, prendendo il cellulare sul tavolo per controllare l’ora.
“Quando ci si diverte il tempo vola”
Disse il castano, fissando invece il nuovo arrivato, ovviamente con mal celato astio.
Schneider ricambiò l’occhiata con una gelida delle sue, sapeva far rabbrividire parecchi avversari con quelle, e non poté nascondere di goderci quando vide Axel distogliere lo sguardo e agitarsi un poco sulla sedia.
Non sapeva che problema avesse Werner – chiamava per cognome anche lui, ma se con Cordula lo faceva come una sorta di presa in giro reciproca, con l’aiuto cuoco era per far capire quanto poco gli andasse a genio – con la sua persona, anche se più di una volta gli era venuto in mente un certo perché, ma non gliene importava molto a dirla tutta, non andava mica al ristorante per lui.
“Stavamo scegliendo i nuovi piatti da proporre nel nuovo menù”
Spiegò Saph, la persona per cui andava al ristorante ogni giorno, rispondendo all’occhiata interrogativa che gli rivolse il Kaiser.
“Cambiate menù?”
“Bisogna farlo ogni tanto, sempre con i soliti piatti non si attirano clienti nuovi”
Sorrise la rossa, facendogli l’occhiolino e alzandosi.
“Vuoi che me ne vado?”
Le domandò Karl, guardandola attentamente.
Non che gli facesse piacere porre quella domanda, figurarsi poi lasciarla da sola con Axel, ma non voleva intralciare il suo lavoro per il Vienna con la sua presenza non richiesta, lo faceva già andando sempre più spesso in cucina durante i servizi, e qualche volta doveva ammettere che se ne pentiva... ma solo qualche volta.
“Certo che no!... Insomma… magari potresti aiutarci, ci serve un parere esterno alla cucina e visto che non c’è Cordula…”
Saphira si stava palesemente arrampicando sugli specchi, ne era consapevole lei stessa, ma non poteva certo confessare di fronte a quei due che voleva che il calciatore rimanesse perché ci teneva al loro appuntamento, se ci fosse stato solo l’attaccante ancora ancora… no, anche in quel caso avrebbe inventato una scusa, finendo poi molto probabilmente per gattonare via.
Quando Schneider le sorrise dolcemente, rincuorato dal suo diniego, la rossa iniziò a sentire il viso arrossarsi.
“Vado a prepararti qualcosa e a stampare i resoconti sul pc!”
Esclamò, scappando alla svelta dalla sala per mascherare il suo solito imbarazzo, almeno non aveva utilizzato il solito metodo di fuga, si poteva definire una fuga vittoriosa quella (?).
Facendo così, però, Saphira lasciò i due ragazzi da soli.
“E’ davvero una brava cuoca Saph, vero?”
Domandò Axel, accavallando le gambe mentre Karl si sedeva davanti a lui, nel posto prima occupato dalla ragazza.
“Bravissima, direi”
Rispose il biondo incrociando le braccia al petto.
Il loro linguaggio del corpo era chiaro, erano entrambi chiusi e prevenuti l’uno nei confronti dell’altro, lo sapevano tutti e due, e tutti e due non avevano intenzione di cambiare idea tanto facilmente.
“I coltelli che usa erano di suo nonno, sai? Maneggiarli bene era il requisito per essere assunti qui al Vienna, solo io ci sono riuscito, da allora me li fa toccare solo a me”
“Deve avere molta fiducia in te, allora-“
“Sono il suo aiuto cuoco, d’altronde, scelto e assunto direttamente da lei”
“Pensa che a me, invece, fa sfogliare il ricettario”
Disse Karl, ignorando la frecciatina dell’altro per scagliare la sua.
Sapevano entrambi che il ricettario era molto importante per Saph, non lo faceva toccare quasi mai da nessuno talmente gli era caro, e proprio per quello riuscire a sfogliarlo più di una volta era un privilegio che batteva l’usare i coltelli di Derek.
1 a 0 per il Kaiser.
“E’ anche una bella ragazza”
Aggiunse Werner, riprendendosi velocemente da quella stoccata, aveva ancora il suo asso nella manica dopotutto.
“Già… molto bella…”
Bisbigliò Schneider, addolcendo il tono senza rendersene conto.
Quando parlava con o della rossa gli capitava sempre di farlo.
Axel s’irritò a quella vista, ma s’impose di rimanere calmo, dopo quella notte non se lo sarebbe più ritrovato in mezzo a piedi.
“Peccato che sia lesbica, è anche innamorata di una ragazza che si fa vedere qui ogni tanto, da come si guardano credo che sia pure ricambiata, un vero peccato per tutti noi uomini, ma che ci vuoi fare? Se è omosessuale, c’è solo da mettersi l’anima in pace”
Stavolta toccò all’aiuto cuoco godere della vista degli occhi azzurri della stella del Bayern sgranarsi.

“Non sprecatevi in parole, mi raccomando”
Esclamò Saph stranita, quando tornò in sala con la cena e i resoconti e trovò i due ragazzi in silenzio.
“Va tutto bene?”
Chiese poi, poggiando il piatto davanti al biondo.
“Sì… tutto a meraviglia…”
Mormorò quest’ultimo, facendo preoccupare di più la rossa e sorridere il castano.
Stava uscendo vincente da una battaglia contro il Kaiser, mica male.

Come previsto da Axel, Karl non si fece più vedere al ristorante dopo quella notte.

Passata un’intera settimana dove del calciatore non si vide neanche l’ombra, Saphira iniziò a fare le peggiori congetture.
“Ha conosciuto una ragazza fan sfegatata del calcio e ha deciso di smettere di venire a trovarmi perché stufo della mia ignoranza sul suo mondo”
Bisbigliò - convinta - con voce funebre, mentre se ne stava accasciata sul bancone della sala.
“Ma per favore”
La rimproverò Cordula, finendo di sistemare i tavoli per il servizio serale che sarebbe iniziato da lì a poco.
“Dici che c’entra nonna?”
“Bimba, è impossibile che Aimée boicotti la sua stessa nipote”
“Allora sono i capelli rossi! Non gli piacciono, crede che portino sfortuna e quindi non vuole più vedermi!”
“… La maglia della sua squadra è rossa…”
“E se gli facesse schifo come cucino?!”
Sibilò la cuoca, raddrizzandosi all’improvviso, sbiancando e sgranando gli occhi.
“Saphira… ti rendi conto che veniva qui a mangiare pranzo e cena, sì? Neanche un cretino mangia qualcosa che gli fa schifo!”
“Allora perché non viene più?!”
“Chiamarlo per scoprirlo sembra brutto?!”
“…Sì”
Bisbiglio Saph, accasciandosi nuovamente.
Se Karl aveva smesso così all’improvviso di andare al Vienna un motivo sotto c’era, e lei non se la sentiva di chiamarlo o mandargli un messaggio per scoprirlo perché la cosa avrebbe potuto infastidirlo ancora di più… e perché aveva seriamente paura di scoprire che il motivo di tale assenze era veramente lei.
Magari lui si era davvero stufato di stare dietro a una che non capiva e non sapeva nulla di calcio, magari lei aveva fatto o detto qualcosa che lo aveva spinto a non presentarsi più, magari aveva notato che arrivava troppo tardi agli allenamenti e quindi preferiva non passare più al ristorante, o magari era stata fraintesa una situazione nei giorni prima alla sua ‘scomparsa’, potevano essere tutte queste le motivazioni o non poteva essere nessuna, Saph non lo sapeva, e per paura evitava di toccare il suo cellulare, preferendo sfogarsi con i suoi amici e dipendenti – li pagava anche per quello, infondo (?) -.
“Gli fanno senso i capelli rossi… sono sicura che è per questo…”
“Ancora con i capelli?!”
“Andiamo Saph, non farci troppo caso, con le celebrità funziona così, no? Un giorno gli interessi, il giorno dopo hanno un nuovo giocattolino a cui andar dietro, perché mai il Kaiser dovrebbe essere diverso? Anzi, è un bene che abbia smesso di venire, così noi due siamo anche più tranquilli in cucina”
Cercò di consolarla Axel, indossando la faccia di bronzo che portava da una settimana a quella parte, pattandole piano la testolina rossa e sorridendole.
“A me piaceva quando veniva in cucina…”
Borbottò la cuoca imbronciandosi.
E non le sembrava il tipo da trattare in quel modo le ragazze, ma quel pensiero lo tenne solo per se stessa per non risultare ancora più patetica agli occhi degli altri due.
“A proposito di cucina, non dovresti iniziare a preparare la linea? Ormai è quasi orario di apertura”
La informò la cameriera, guardandola seria e poggiando le mani sui fianchi.
“… Vado…”
Intrecciandosi mogiamente i capelli lunghi – lo faceva sempre quando doveva cucinare - la rossa lasciò la sala strisciando i piedi per terra, con una motivazione che non era mai stata così bassa da quando era diventata proprietaria.
“Vado ad aiutarla”
“O no signorino, io e te adesso facciamo un bel discorsetto”
Gli occhi verdi del castano incrociarono quelli azzurri della rosa, e ad Axel iniziarono a venire i brividi su per la schiena, niente sfuggiva a quello sguardo attento e furbo.
“Di cosa vuoi parlare? Tra poco apriamo!”
“Allora evita di farmi perdere tempo e confessa”
“Confessare cosa? Non ho niente da dire”
“Non prendermi per stupida Axel, non ti azzardare”
Sibilò Cordula, indurendo lo sguardo.
“E’ da una settima che osservo il tuo stupido teatrino per consolare Saphira, sia io che lei sappiamo che non ti sta propriamente simpatico Schneider, ma sei decisamente un po’ troppo felice che non venga più qui, direi che adesso è anche ora di finirla di mentire, almeno a me, avanti che gli hai detto? Che siete fidanzati?”
“Perché preferisci lui accanto a Saph invece che me? Credevo fossimo amici…”
Le chiese  di rimando l’aiuto cuoco, guardandola ferito.
La rosa sapeva bene i suoi sentimenti per la proprietaria, e non l’aveva mai incoraggiato come invece aveva fatto con il calciatore.
Litigavano spesso, Cordula lo prendeva in giro ogni giorno, ma si volevano bene come un fratello e una sorella, e quel ‘tradimento’ ad Axel faceva molto male.
“Perché tra voi non potrebbe mai funzionare”
“Come puoi esserne sicura?”
“Vi conosco bene entrambi Axel, Saphira non è la ragazza giusta per te, e sai anche tu che ho ragione altrimenti in questi anni avresti provato ad avvicinarti un po’ di più a lei, invece ti sei sempre limitato a farle d’amico”
“L’ho fatto perché non volevo sconvolgere la situazione qui al ristorante”
“Non essere codardo quando non lo sei”
Al rimprovero duro della cameriera, l’aiuto cuoco decise di troncare lì la conversazione per raggiungere la cucina.
Non era un codardo, era vero, ma faceva male quando veniva detta la verità e lui aveva bisogno di curarsi le ferite già troppo profonde per quella sera.
Rimasta da sola Cordula sospirò, voleva bene a quel castano pasticcione e se la sua piccola rossa avesse mai manifestato un qualcosa per lui l’avrebbe anche aiutato – pur sapendo che non sarebbe finita bene -, ma così non era stato e Axel doveva capire quando giungeva il momento di arrendersi, specialmente di fronte ai momenti di Karl e Saph insieme.
A tal proposito… come la metteva adesso?
Lei, al contrario della cuoca, non aveva il numero di telefono del Kaiser, come lo contattava per spiegargli che, qualunque cosa gli avesse detto Axel, era una bugia bella che buona, detta esclusivamente per stupida gelosia?
Chiedere il numero a Saphira era fuori discussione, avrebbe voluto sapere il motivo di tale richiesta e la rosa non voleva tradire il castano… anche se un po’ se lo meritava.
Massaggiandosi il retro del collo con una mano, Cordula decise che avrebbe pensato ad un piano dopo il servizio, adesso doveva concentrarsi sull’apertura.

Poco dopo questa, la cameriera ricevette una piacevole sorpresa… anzi, due.

“Guardate un po’ chi vi ha portato la zia Cordula? ~”
Era da tempo che la cameriera non entrava in quel modo plateale in cucina, precisamente da una settimana, e la cuoca si bloccò prima di accendere i fornelli, girandosi immediatamente verso di lei con il cuore che iniziò ad aumentare furiosamente i battiti nel petto, pregando che la persona entrata in cucina fosse esattamente chi sperava che fosse.
Le sue preghiere furono ascoltate.
“Karl!”
Urlò praticamente Saph, illuminandosi per la felicità di vederlo di nuovo.
“E Marie!”
Aggiunse Cordula, presentando anche la bionda più piccola vicino al calciatore.
“Mia sorella minore”
Specificò l’attaccante, sorridendo.
“Molto piacere di conoscerti, mio fratello parla spesso di te quando viene a trovarci”
“Mi fa piacere ma… stai bene, Marie?”
La biondina aveva la voce estremamente roca e il viso leggermente arrossato seminascosto in una grossa sciarpa bianca che, molto probabilmente, apparteneva al fratello.
“Ha fatto una settimana d’influenza e tosse, dovrebbe essere a casa per riprendersi del tutto ma la signorina era stufa di starsene buona buona in camera sua, così l’ho portata qui a mangiare qualcosa di buono, nutriente e caldo”
Spiegò Schneider, abbracciando la sorella per le spalle.
Un altro motivo per cui aveva portato lì Marie era che non riusciva più a stare lontano da Saphira, ma questo non l’avrebbe mai detto… almeno, non davanti a testimoni.
Saph invece capì  finalmente perché Karl non si era fatto vedere per quella settimana, non era lei il problema (!), semplicemente il ragazzo aveva voluto stare accanto alla sorellina malata  e prendersi cura di lei insieme ai genitori, erano una famiglia molto unita, era normale che succedesse una cosa del genere quando uno di loro stava male, gliene aveva anche parlato una sera, mentre cenavano insieme dopo la chiusura.
“Ti farò la zuppa più buona, nutriente e calda che tu abbia mai assaggiato, prometto che dopo questa starai molto meglio!”
Esclamò la rossa, tornando ad essere piena di energie dopo tanto.
“Posso restare qui a guardarti cucinare?”
“Marie…”
“Certo! Vieni qui accanto a me”
Ignorarono entrambe il richiamo di Karl, e si misero vicine davanti ai fornelli, facendolo sorridere bonariamente.
Una leggera pressione sul piede richiamò l’attenzione del biondo altrove, più precisamente sulla persona di Cordula che, un movimento impercettibile della testa, gli fece segno di seguirla.
Se ne andarono sotto lo sguardo spento di Axel, che era stato ignorato da entrambi.

“Certo che, però, potevi avvisare che non ti saresti fatto vedere per un po’”
Mormorò la rosa, appoggiandosi al tavolo del piccolo studio vicino alla cucina.
“Non volevo distrarla dal lavoro”
“Ci ha pensato da sola a distrarsi, facendosi non pochi fumi mentali sulla tua scomparsa, ha anche ipotizzato che ti avessero rapito ad un certo punto”
“Davvero?”
“Ti mentirei mai su Saph?”
Il regista del Bayern restò in silenzio per qualche istante e alla fine decretò che no, Cordula non gli avrebbe mai mentito su Saphira, per questo le pose la fatidica domanda che da una settimana tormentava le sue povere notti – già tormentate dalla sfilza di starnuti di Marie -.
“Saphira è davvero lesbica?”
Le chiese, facendole sgranare gli occhi.
“Oh mio- è questo che ti ha detto quel cretino?!”
Al cenno affermativo del Kaiser, la cameriera giurò vendetta contro l’aiuto cuoco, avrebbe assaggiato la punta dei suoi tacchi a spillo su un punto particolarmente sensibile, lo avrebbe fatto parlare con voce femminile per almeno un mese!
“E tu ci hai creduto?!”
“Dovrei?”
Domandò Karl, facendo sospirare Cordula.
Non le piaceva parlare dei fatti personali della sua piccola rossa, ma non era stata lei ad iniziare a farlo e doveva rimediare a quel disastro.
“Saph non è lesbica… è bisessuale, tempo fa, quando è andata a Vienna, ha avuto una storia importante con una ragazza, ma è finita quando è tornata qui a Monaco”
“Oh”
“Ti da fastidio che le piacciono entrambi i sessi?”
“No”
Disse il biondo, dopo averci pensato un attimo.
Era sorpreso sì, ma infastidito no, a lui Saph interessava così com’era, che fosse etero o bisessuale non aveva molta importanza.
“Non hai paura del confronto?”
Gli domandò Cordula sorridendo furba, incrociando le braccia sotto al seno.
“Non mi lascio intimidire tanto facilmente, Krüger”
Le rispose Karl, sorridendo alla stessa maniera.
Al contrario di quello che pensava Axel, quella sera non aveva vinto contro di lui, aveva solo pareggiato, la vera partita iniziava solo in quel momento e, adesso che sua sorella stava meglio e non doveva più preoccuparsi per lei, il Kaiser non era il tipo che si faceva battere così facilmente.
“Sappi comunque che la sola, unica e vera donna della vita di Saph sono io!”
… Tranne che da Cordula.
Ma vincere contro Cordula Krüger era una cosa quasi impossibile.

“State andando via?”
Chiese Saph all’attaccante appena entrato in cucina.
Attaccante che si guardò intorno per vedere se ci fosse in giro l’aiuto cuoco,  ghignò un poco quando non lo trovò – doveva essersi preso una pausa sigaretta -.
“Sì, domani Marie torna a scuola e non può stare fuori fino a tardi”
“Le è piaciuta la zuppa?”
“Decisamente, mi ha detto di dirti che neanche nostra madre la fa così buona, e mi ha fatto promettere di non dirlo mai a mamma”
La rossa rise, restando concentrata sulle padelle davanti a lei e non distogliendo lo sguardo azzurro da esse, per questo non si accorse dell’avvicinamento di Schneider.
Se ne accorse solo quando Karl le lasciò un piccolo bacio sull’angolo della bocca.
“Ci vediamo domani Saph”
 Le sussurrò all’orecchio, sorridendo nel vedere il suo viso prendere velocemente lo stesso colore dei suoi capelli.
Stavolta la rossa ritornò alle vecchie abitudini, e scappò via in dispensa gattonando per terra sotto lo sguardo divertito del Kaiser, che si beccò una bella sgridata dalla cameriera quando questa entrò per lasciare i nuovi ordini, per aver fatto fuggire la cuoca nel bel mezzo del servizio.

 

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Capitolo 5
*** Adieu ***


Angolino della Robh: Buonasera a tutti/e! ♥
Dunque... io lo so che per la maggior parte delle volte evitate questo mio angolino e non vi do torto perchè effettivamente faccio ogni volta un papirone che non invoglia per niente a leggere, ma stavolta fatelo perchè c'è un avvertimento importante! Mi raccomando! >.<
Allora, per non girarci troppo intorno, questo capitolo è triste... tanto triste... troppo triste forse... e lo sarà anche il prossimo ve lo dico già adesso, sinceramente non so perchè mi sono usciti così, di solito cerco di non scrivere mai cose tristi perchè sennò mi deprimo pure io che sto scrivendo, ma questa volta la storia me la sono immaginata così e così l'ho voluta lasciare, che vi devo dire... ero in una 'giornata no' quando ci pensavo >.>'''''.
Siccome avevo già lasciato qualche accenno di quello succederà in questo capitolo, credo che ormai abbiate capito cosa succederà... come avete visto però nei generi io non ho inserito quello 'triste', ho preso questa decisione perchè saranno solo questi due capitoli ad avere questo tono, e quindi non ho pensato fosse necessario metterlo ma se voi pensate il contrario fatemelo pure sapere tranquillamente e rimedierò ^^.
Spero che il capitolo possa piacere lo stesso e nel caso perdonatemi ç.ç, vi auguro buona lettura ♥.


Ps: Laura non so se stai leggendo, ma nel caso questo è il segnale che ti dicevo! Salta il capitolo! ç.ç




 

Sorrideva, il Kaiser, mentre parcheggiava la macchina vicino a casa sua.
Lasciò il borsone sui sedili posteriori e, invece che salire al suo appartamento, prese la strada che lo avrebbe condotto al Vienna, ormai la pausa pranzo la passava direttamente tutta lì, senza passare neanche un secondo da casa, tutto per stare dei minuti in più vicino a Saphira.
Si erano avvicinati di più, lui e la rossa, dopo la sua assenza di una settimana e questo gli aveva fatto immensamente piacere.
Gli piaceva poter entrare nella cucina e ricevere un sorriso dolce di benvenuto in cambio, gli piaceva mettersi tranquillo ad osservarla cucinare, gli piaceva guardarla accigliarsi mentre cercava di impiattare in maniera perfetta, gli piaceva far incrociare i loro occhi azzurri – limpidi i suoi, tempesta quelli di lei -, adorava vedere le sue gote prendere il colore dei suoi lunghi capelli rossi.
Gli piaceva Saph in pratica, e non vedeva l’ora di passare del tempo con lei ogni giorno.

Per quel pranzo, però, avrebbe dovuto farne a meno, a quanto pareva.

La cuoca non era presente né in cucina, né in sala e neanche nel piccolo studio.
“Ha ricevuto una chiamata improvvisa dalla dottoressa di Aimée poco prima di aprire, è dovuta correre lì, non so quanto ci metterà”
Lo informò Cordula, poggiandogli davanti la sua bottiglia d’acqua ordinata.
Gli faceva quasi strano, a Karl, tornare a pranzare al suo vecchio posto al bancone, ma se non c’era Saph era inutile andare in cucina, la vista di Axel gli avrebbe solo fatto perdere l’appetito.
Forse era antipatico da dire, ma dopo l’ultima volta meno lo vedeva o stava in contatto con lui, meglio stava.
“E’ successo qualcosa di grave ad Aimée?”
“Diciamo che non sta troppo bene”
Cercò di alleggerire la questione, la rosa, ma dall’espressione preoccupata che aveva in volto si poteva capire quanto in verità fosse grave.
A vederla, l’anziana cantante lirica sembrava sana come un pesce, Karl era andato parecchie volte a farle visita e non aveva mai visto in lei alcun cenno di nessuna malattia, eppure i suoi esami clinici continuavano ad andare male e a peggiorare di volta in volta.
Certe volte si chiedeva se per caso non si sforzasse, davanti a lui, di stare bene.
“Adesso però non pensiamoci, ti sgriderebbero entrambe se poi tu non riuscissi a concentrarti negli allenamenti pomeridiani a causa loro”
Sorrise piano Cordula, e Schneider concordò con lei.
“Allora mi affido a te per questo pranzo, cosa mi consigli Krüger?”
“Qualcosa di poco complicato e veloce, così posso stare in cucina con Axel mentre lo prepara e vedere se aggiunge del cianuro”

Finito di pranzare, al biondo non restava molto da fare al ristorante, ma decise di provare ad aspettare la rossa per il resto della sua pausa, se entro la fine di questa Saph non sarebbe tornata allora le avrebbe mandato un messaggio con il cellulare, prima di iniziare gli allenamenti.
Per scampare alla noia, si mise ad osservare le vecchie foto in bianco e nero di Aimée che riempivano le pareti del Vienna, era stata proprio l’anziana donna a rivelargli di essere lei quella cantante nelle foto la prima volta che era andata da lei con Saph, per il suo lavoro era stata quasi sempre in giro per il mondo e Derek aveva appeso tutte le sue foto per averla sempre sotto gli occhi e per sentirla più vicina, del vecchio proprietario – invece – c’era solo una foto vicino all’entrata, era sempre in bianco e nero, e lo mostrava sorridente davanti alle porte del suo piccolo ristorante, era stata Saphira ad appendere quella, appena diventata proprietaria.
Si chiese ancora una volta che tipo di uomo fosse Derek Heinrich.
Sicuramente era stato un gran lavoratore, su questo non aveva nessun dubbio dati i racconti della rossa, e di sicuro le aveva voluto un gran bene.
Sfogliando il ricettario, Karl una volta ci aveva trovato una dedica nascosta tra i consigli e le ricette  che Derek doveva averle scritto prima di morire, dove le diceva che era convinto che il suo ristorante sarebbe stato al sicuro nelle mani della sua ‘piccola pietra preziosa’- aveva chiesto informazioni ad Aimée riguardo quel soprannome, e la donna sorridendo malinconica gli aveva risposto che Derek chiamava così Saphira per i suoi capelli rossi che richiamavano alla mente le sfumature rosse di un rubino -, non aveva detto a Saph di averla letta, gli era sembrata una cosa troppo intima e  privata e si vergognato un poco di non aver rispettato la sua privacy, ma da allora quella domanda sul proprietario continuava a ronzargli in testa.
Gli sarebbe piaciuto conoscerlo…

Perso in quei pensieri, si accorse dell’arrivo della rossa solo quando questa gli poggiò la mano sulla spalla e lo scosse delicatamente.
“Saph!”
“Ehi, non eri costretto ad aspettarmi”
Il sorriso del Kaiser si spense, dopo aver osservato il viso stravolto e preoccupato della ragazza su cui spiccavano gli occhi rossi e gonfi.
“Saph… ma hai pianto?”
“Se ti dicessi di no non ci crederesti vero?”
Ridacchiò nervosamente la rossa, accarezzandosi un braccio.
“E’ stato solo un crollo per lo stress, tranquillo sto bene adesso, tornare in cucina mi aiuterà a migliorare l’umore”
“Ne sei sicura? Se c’è qualcosa che posso fa-“
“Beh sì, devi tornare agli allenamenti o mi sbaglio?”
Karl si girò verso l’orologio appeso sulla parete davanti al bancone e notò che, effettivamente, si era fatta l’ora di tornare al campo.
Quelli erano gli ultimi allenamenti prima della trasferta a Brema del giorno dopo, erano molto importanti e lui non poteva certo mancare in quanto regista della squadra… avrebbe voluto avere più tempo.
“Stasera ti chiamo, promesso”
Le disse serio, guardandola negli occhi.
Saphira gli sorrise un poco di più.

Sempre per via della trasferta, non avrebbe potuto andare al ristorante dopo l’orario di chiusura siccome doveva riposare bene per essere in forma per la partita del giorno dopo, ma nulla gli vietava di fare una chiamata e così mantenne la sua promessa non appena si mise comodo nel suo letto.
“Ehi”
Lo salutò Saph, rispondendo al telefono.
“Ehi, disturbo il servizio?”
Le chiese, sbirciando il comodino su cui teneva appoggiata la sveglia.
Il servizio serale doveva essere incominciato giusto da un paio di ore.
“Figurati, mi sono presa una piccola pausa e ho lasciato Axel in cucina, dovrebbe cavarsela ma preferisco non lasciarlo troppo da solo, da un paio di settimane mi sembra parecchio giù”
“Ah sì? Che strano”
Le disse, facendolo palesemente lo gnorri.
“Tu dove sei?”
Domandò la rossa, cercando di mascherare la risata che gli stava per sfuggire.
Erano comici quei due quando fingevano d’interessarsi a vicenda l’uno dell’altro, le rare poche eccezioni era sempre da parte di Werner ma solo se riguardavano tutta la squadra del Bayern Monaco.
“Spaparanzato sul letto in pigiama, pronto per una bella dormita”
“Ma non sono neanche le nove di sera!”
Si scandalizzò la rossa, insomma quando andava a trovarla stava alzato per molto più tempo.
“Che devo dirti, certi sacrifici bisogna farli per mantenere la prima posizione in classifica”
“Invece che krapfen, dovrebbero chiamarti gallina”
“E’ Kaiser, Saph, Kaiser”
“Quel che è”
Scoppiarono a ridere, godendosi uno il suono della risata dell’altra poi scese un leggero silenzio, interrotto solo dai loro respiri.
A spezzarlo del tutto fu Saphira.
“Karl?”
“Sì?”
“Ho un po’ paura di rimanere sola… a dire il vero ne ho tanta”
Confessò con la voce leggermente incrinata.
Aveva perso entrambi i genitori in un incidente automobilistico quando aveva a malapena due anni, da allora era stata affidata agli unici parenti ancora in vita che aveva ovvero i nonni paterni Aimée e Derek, quest’ultimo morì quando aveva 15 anni.
La nonna era l’ultima persona della sua famiglia rimastole, dopo la sua morte non avrebbe più avuto nessuno, sarebbe rimasta sola… la sola ipotesi di poter perdere anche Aimée e la paura di restare completamente sola l’avevano fatta crollare dopo l’incontro con la dottoressa.
“Vedrai che non succederà”
Cercò di rassicurarla Karl, stringendo la presa sul telefono.
Avrebbe voluto stringere lei, ma per il momento avrebbe dovuto aspettare e accontentarsi di poterla solamente rassicurare per telefono.
“Andrà tutto bene”
“Come fai a dirlo con certezza?”
“Perché ti starò vicino, qualunque cosa accada non rimarrai sola”
“…Karl?”
Chiamò – ancora – Saph, tirando su con il naso dopo qualche istante di silenzio.
“Dimmi”
“Grazie”
“Figurati bimba”
Sorrise rincuorato, quando la sentì ridacchiare al nomignolo con cui la chiamava sempre Cordula.
“Metticela tutta domani in campo, krapfen”
“Adesso mi spieghi come mai sei così ossessionata con i krapfen, e come fai a confondere il mio soprannome con questi”
“Perché caldi sono buonissimi e tu me li ricordi”
“… E’ un modo sottile per dirmi che sto ingrassando?”


Il Bayern Monaco sarebbe partito per la città di Brema nel primo pomeriggio ma per Saph quello era giorno di mercato, così Karl decise di sfruttare la mattinata libera che aveva per andare a fare una visita a sorpresa all’anziana cantante malata, che si lamentava sempre di non avere abbastanza visite dentro quella prigione, come continuava a chiamare la struttura che l’ospitava.
La trovò in piedi, davanti alla grande finestra vicino al letto, che guardava fuori con sguardo assorto, accarezzandosi leggermente le braccia che si stringeva intorno al corpo in un abbraccio solitario e malinconico.
Karl bussò piano alla porta aperta, manifestando la sua presenza per non spaventarla, ma Aimée non si mosse da quella posizione, l’unico cambiamento fu il leggero sorriso che comparve sul volto.
“Tu mi ricordi tanto Derek”
Iniziò a dire l’anziana, mentre il calciatore avanzava nella stanza.
“Anche lui aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri, e quando ti vedo giocare in tv non riesco a non pensare ‘ecco, quella è la stessa passione che aveva Derek per il ristorante!’… la stessa che poi ha ereditato Saphira”
Si girò parzialmente verso di lui – ormai seduto sulla sedia – e lo guardò dolcemente.
“Anch’io l’ho incontrato grazie alla sua cucina, al suo ristorante, entrai attirata da quel nome così buffo da dare in terra tedesca, e da quel momento l’amore per me assunse il sapore di una fetta di torta Sacher… per te cos’è stato?”
“Un panino con carne e cavolo”
“Decisamente poco romantico, Karl caro”
Il Kaiser rise ed annuì  concorde, e anche Aimée accennò un risata rigirandosi completamente verso la finestra.
Ci fu qualche minuto di silenzio, poi la donna sospirò piano ed iniziò a parlare con voce bassa ma abbastanza alta così che Karl potesse ascoltare.
“Sai, io non sono mai stata fatta per fare la madre, quando rimasi incinta di mio figlio avevo anche pensato di abortire ma… Derek lo voleva così tanto invece, decisi di accontentarlo visto che non mi aveva mai chiesto o imposto niente, glielo lasciai appena nato e continuai la mia carriera, girando il mondo con i concerti, lo vedevo solo quelle rare volte che tornavo a casa, ovviamente lui mi odiava per questo al contrario di suo padre ed io non potevo dargli torto, infatti non mi stupii quando non mi chiamò per il suo matrimonio o per la nascita di Saphira, fu Derek ad avvisarmi in entrambi in casi ma siccome sapevo di essere un’ospite sgradita non tornai nemmeno a casa, nonostante l’insistenza di mio marito… mi pentii di non averlo fatto proprio come la peggiore delle stupide quando morì insieme a sua moglie in un incidente, causato da un cretino ubriaco alla guida… al loro funerale vidi per la prima volta Saphira e decisi di fare nuovamente l’egoista, come sempre ero stata e come sono tutt’ora”
Le mani di Aimée tremarono, rafforzando la presa sulle sue braccia.
“La presi con me, gliela portai via, la strappai a Derek lasciandolo da solo a piangere la morte di nostro figlio mentre io e lei partivamo per un mio nuovo concerto… da quel momento iniziò il periodo più bello della mia vita, avevo Saphira accanto a me ma era come se avessi accanto anche mio figlio e mio marito, era magnifico abbassare lo sguardo mentre cantavo e trovarla lì, seduta in prima fila con indosso un bellissimo vestito simile al mio, a guardarmi ed ad ascoltarmi incantata, la sua espressione così presa mi faceva venire in mente ogni volta il viso di Derek, i suoi stupendi occhi azzurri che Saphira aveva ereditato… per la cronaca, i capelli rossi li ha presi da me”
Ridacchiò l’anziana, asciugandosi velocemente la lacrima che era riuscita a sfuggire dai suoi occhi viola.
Karl le sorrise piano.
“Ovviamente riuscii a farmi odiare anche da lei alla fine, vedevo come ogni volta che tornavamo a casa si buttasse tra le braccia di Derek, vedevo come si aggrappava quasi disperatamente a lui quando veniva l’ora di ripartire… ma io non la lasciai mai, e mi odiò… mi odia per questo, non le ho lasciato vivere il suo caro nonno che le preparava la torta Sacher più buona del mondo come avrebbe dovuto… non me lo perdonerà mai, me lo ha fatto intendere vendicandosi di quello che le avevo fatto partendo per Vienna subito dopo il funerale di Derek, aveva solo 15 anni ma prese comunque tutta la sua roba e partì, lasciandomi sola a piangere come io avevo lasciato solo mio marito… forse lui è stato l’unico della mia famiglia a non odiarmi mai”
“Saph non la o-“
“Oh, Karl caro”
Lo interruppe la cantante, girandosi verso di lui sorridendo ma con gli occhi pieni di lacrime a cui non permise di scendere.
“Grazie per aver ascoltato la storia di questa donna spregevole prossima alla morte, non so perché ma mi era venuta una gran voglia di parlare con qualcuno e menomale che sei arrivato tu, non mi sarebbe piaciuto confessarmi a una delle arpie, tu invece sei proprio un bravo ragazzo, sono contenta che Saphira ti abbia incontrato e sono sicura che riuscirai a prenderti cura di lei come si deve ora che io non ci sarò più, ci sono già Cordula ed Axel con lei ma quella ragazza ha tanto bisogno di quella famiglia che la sfortuna ed io non siamo riusciti a darle.. anche se ti consiglierei di cambiare il panino con carne e cavolo in qualcos’altro di più romantico quando racconterai ai vostri nipoti la storia di come vi siete conosciuti”
“Parla come se io e Saphira fossimo destinati a stare insieme fino ad avere dei nipoti”
“Non ti piacerebbe, forse?”
Sì, a Schneider sarebbe piaciuto eccome, il solo immaginarsi accanto alla rossa in modo romantico lo faceva sorridere e gli faceva battere un po’ più forte il cuore… ma per parlare di nipoti era comunque – e decisamente – troppo presto.
Adesso si doveva concentrare sulla nonna davanti a lui.
“Saphira non la odia, Aimée, ieri ha pianto per paura di perderla”
“Karl caro, credi davvero di riuscire a far cambiare idea a una testa dura come la mia? Nessuno ci riusciva quando ero giovane, con la vecchiaia non sono certo migliorata”
“Le partite più impegnative sono le mie preferite”
Rispose Karl, sorridendo furbo.
“Mi dispiace, credimi, ma questa partita sei destinato a perderla”
Gli sorrise bonariamente Aimée.
La donna si mosse dalla posizione da davanti alla finestra per andare a recuperare il piccolo baule posizionato sotto il letto, il biondo si alzò subito per aiutarla ma fu scacciato con una manata sul ginocchio.
“Non sono così anziana da non saper fare certe cose da sola”
Borbottò la cantante, posizionando il baule sul letto ed iniziando a frugarci dentro.
Tirò fuori il disco che cercava e lo andò posizionare sul suo grammofono, poco dopo della musica classica iniziò a risuonare nella stanza.
“Ho cantato talmente tanto su questo pezzo che ormai ho perso il conto delle volte, è stato quello con cui ho debuttato la prima volta su un palco”
Mormorò perdendosi nei ricordi, poi guardò Karl.
“Ti va di farmi ballare per l’ultima volta caro?”
“Sarebbe un onore se me lo concedesse”
Rispose Schneider, facendo un lieve inchino.
La prese tra le braccia dopo che Aimée fece una leggera riverenza, ed iniziarono a volteggiare lentamente per la piccola stanza.
La donna poggiò delicatamente la guancia contro la sua spalla e sospirò piano chiudendo gli occhi, immaginando  forse  di essere tra le braccia del marito, invece che in quelle dell’attaccante del Bayern.
“Sei proprio un pezzo di legno”
Lo riprese dopo un po’ ridendo.
“Non sono abituato a certi balli, lo ammetto, ma non potevo rifiutarmi quando mi è stato chiesto in modo così carino”
“Che ruffiano che sei… peccato non avere il tempo d’insegnarti qualche passo, a Saphira piacciono molto questi lenti, quando era piccola ballava sempre con Derek mentre io cantavo”
“Senta Aimée… è da quando sono arrivato che afferma che sta per… ma non può saperlo con certezza, quindi per favore la smetta di dirlo”
“Ho fatto tanti sbagli nella mia vita, Karl caro, ma difficilmente mi sbaglio quando sento che è arrivato il mio momento, che sia questo quello di salire su un palco, che quello della mia morte”
Dopo quelle parole ripresero a ballare in silenzio e lo fecero per tutto il resto dell’orario concesso per le visite, solo quando fu sulla porta  pronto per andarsene il Kaiser si azzardò a dirle che sperava di rivederla, una volta tornato dopo la partita.
Aimée gli rispose augurandogli buona fortuna per quest’ultima.


Un brivido freddo corse improvvisamente per la spina dorsale di Karl, facendolo deconcentrare all’ultimo secondo mentre stava per colpire la palla, e questa andò a finire contro la traversa.
Schneider sgranò leggermente gli occhi, ansimando.
Che diamine gli era successo, così all’improvviso?
“Non ci pensare dai, possiamo recuperare subito!”
Gli urlò Sho alla sua destra, correndo ad aiutare Levin che aveva recuperato la palla da un avversario.
“Sì… arrivo!”
Riprese a correre, di nuovo concentrato sulla partita.

La padella finì per terra con un tonfo e imbrattò tutto il pavimento con il suo contenuto.
“Saph…?”
Chiamò Axel sorpreso.
La rossa stette in silenzio con il cellulare ancora in chiamata appoggiato all’orecchio, per lei parlarono le lacrime che  veloci iniziarono a scorrerle sulle guance diventate pallide.
Il suo corpo iniziò a tremare incontrollato, le gambe le cedettero e il castano riuscì a prenderla al volo per chissà quale miracolo divino.
“Cordula!”
Urlò Werner, stringendo la cuoca contro il petto.
Quella sera, per la prima volta dalla sua apertura anni e anni prima, il ristorante fu costretto a chiudere prima.


“Frena, è qui! Frena!”
“Va bene, un attimo Karl, insomma figliolo calmati!”
Urlò Rudi, frenando la macchina – andavano sempre sul luogo d’incontro per la trasferta insieme, con una delle loro macchine – come gli diceva il figlio agitato.
Era dalla fine della partita della sera prima che suo figlio era nervoso, eppure la partita l’avevano vinta, nessuno aveva fatto degli errori particolari e lo schema che avevano provato negli allenamenti aveva funzionato alla perfezione, avrebbe dovuto essere felice e rilassato, lo era sempre dopo una vittoria… quella volta no.
Rudi pensò di non aver mai visto un’espressione del genere – terrorizzata e agitata insieme – sul volto di suo figlio quando lo vide scattare fuori dall’auto per raggiungere il ristorantino chiuso davanti a loro.
Non appena era finita la partita Karl aveva provato a chiamare Saph per sapere come stava andando il servizio quella sera ma il cellulare era squillato a vuoto, al momento non si era preoccupato troppo, dicendosi che doveva essere troppo occupata per rispondergli, così gli aveva lasciato un messaggio ed era andato a dormire un po’ nervoso, anche se non riusciva a spiegarsi il motivo.
La mattina dopo la rossa non gli aveva ancora risposto al messaggio, così riprovò a chiamarla sia prima di salire sull’aereo, sia dopo essere atterrato, sia in macchina con suo padre.
Niente, il cellulare di Saphira squillava a vuoto.
Da lì ebbe la certezza che doveva essere successo qualcosa, e quel qualcosa poteva essere…
Il Kaiser aveva pregato, sperato che non fosse davvero quello che pensava lui, insomma, chi poteva prevedere la sua morte? Non si poteva essere certi di una cosa del genere! Si poteva essere certi di tutto nella vita, tranne di poter sapere quando questa ti scivolerà via! Doveva essersi sbagliata, doveva!
… Invece no…
Il cartello appeso alle porte del ristorante fu come una pugnalata al cuore.
Chiuso per lutto, diceva.
Aimée non aveva sbagliato sul suo momento.
Si concesse qualche secondo per riprendersi dallo shock, poi corse sul retro dove trovò la porta stranamente chiusa ma quel particolare non lo fece arrendere, e prese a bussare impazzito con il pugno.
“Saph! Saph apri sono io, sono Karl! Apri!”
Non immaginava un altro posto dove la cuoca potesse sfogare il suo dolore, per lei il ristorante era tutto e lui gli aveva detto che non sarebbe stata da sola qualunque cosa fosse successa, non si sarebbe rimangiato la parola proprio in un momento del genere.
“Saphira o la apri da sola o giuro che la sfondo!”
Diede un calcio per dimostrare quanto fosse serio, e dopo poco la porta gli fu aperta.
Ma non da Saph, come immaginava lui.
Fu Cordula ad aprirgliela.
“Krüger”
Mormorò quasi incredulo di vedere quegli occhi azzurri sempre maliziosi, furbi e attenti, adesso rossi e gonfi a causa del pianto che la stava ancora scuotendo.
La rosa lo guardò tristemente, e scosse lentamente la testa.

Saph non si trovava stranamente al ristorante, la sua presenza era stata richiesta altrove per un ultimo saluto.





 

*
Giuro che è la prima volta che mi capita di far morire una oc... e prometto che dopo il prossimo capitolo torneranno i toni allegri! ç_ç

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Capitolo 6
*** Amore e Odio Racchiusi in una Fetta di Torta ***


Angolino della Robh: Buonasera! ♥
Come state bella gente? Io male... ho appena finito di risistemare questo e ammetto di aver pianto, ma mi sto riprendendo grazie a Serè che mi sta mandando in chat i suoi meme divertenti sulla coppia Tsubasa x Palla, è la mia migliore amica anche per questo sapete? ♥
Parliamo del capitolo, anche questo come quello scorso è triste... tanto triste... troppo triste, ma fortunatamente per voi e per me dal prossimo ritorniamo con i miei soliti toni allegri, quindi abbiate pazienza per questo e speranza per il prossimo, le mie cazzate ritorneranno in pompa magna! U_U
Piccola noticina più o meno importante che preferisco mettere per non urtare nessuno, allora... nel capitolo è presente un passaggio del funerale dove Karl fa certi pensieri, ecco quei pensieri che ho fatto pensare a lui in realtà sono cose che io penso davvero ma lì finiscono, non era e non è mia intenzione offendere o criticare chiunque avesse un pensiero diverso dal mio, nel caso qualcuno dovesse sentirsi comunque offeso in qualche modo... mi dispiace, ma appunto sono pensieri miei e basta.
Finito di fare questa piccola specificazione, vi auguro buona lettura ♥.



Ps: la Tsubasa x Palla mi sta minando seriamente la Genzo x Tsubasa, somebody send help! ò.ò




 

Il sole del primo pomeriggio splendeva alto nel cielo privo di nuvole di Monaco, inondava con i suoi raggi tutta la città facendo percepire il caldo che sarebbe iniziato con l’estate ormai prossima.
Sembrava un controsenso avere una giornata così bella e piena di vita per un funerale, pensò Karl, entrando nella chiesa dove si sarebbe svolta la cerimonia.
Aveva chiesto un giorno di riposo dagli allenamenti al padre per poterci partecipare, all’inizio non gli aveva detto il motivo per non farlo preoccupare, ma Rudi aveva insistito – era raro che suo figlio si prendesse una pausa di sua iniziativa – e così aveva confessato, e sul volto di Schneider senior era apparsa quella ruga di preoccupazione che il Kaiser conosceva molto bene, ma non si era intromesso di più, non gli aveva fatto l’interrogatorio, gli aveva posto solo una domanda.
‘Stai bene Karl?’
Per stare bene, lui stava bene, era molto triste… ma stava bene, al contrario della rossa che non gli aveva più risposto al telefono.
Saphira in quei giorni aveva ignorato sia le sue chiamate che i suoi messaggi, ma Karl non era arrabbiato con lei per esser stato ignorato, capiva che aveva altre priorità da gestire, gli dispiaceva solo non esserle stato vicino come le aveva detto, aveva – però – intenzione di rimediare a quello, partendo dal sedergli accanto durante la messa.
Cosa che risultò impossibile, visto che la chiesa era già piena di gente ed altra ne stava ancora arrivando.
Si guardò intorno sorpreso, chiedendosi se avrebbe dovuto assistere stando in piedi – non che fosse un problema alla fine -, ed individuò un posto a sedere non troppo lontano.
Vicino ad Axel.
Di solito, stare vicino al castano non gli avrebbe fatto piacere, tutt’altro, ma per quel giorno poteva fare uno strappo alla regola, erano due adulti grandi e vaccinati, ed erano ad un funerale di una persona che entrambi conoscevano, potevano andare d’accordo almeno per quella giornata.
“Ciao”
Mormorò Werner accennando un sorriso, quando gli sedette vicino.
Anche lui doveva aver avuto i suoi stessi pensieri e il biondo fu grato di questo, per una volta erano sulla stessa lunghezza d’onda.
“Tu sai come sta?”
Domandò il Kaiser dopo aver risposto al saluto con un cenno del capo.
“No, ma di sicuro non bene”
Sospirò Axel, passandosi una mano sul retro del collo per asciugarsi il sudore.
Era solo in camicia e stava comunque grondando a causa del caldo, come faceva Karl ad indossare pure la giacca lo sapeva solo lui… gliel’avrebbe fatta pagare in un secondo momento, per dimostrarsi così figo in qualunque situazione.
“Non sono riuscito a vederla dato che il ristorante è chiuso e lo rimarrà per non so quanto, è Cordula quella che è rimasta sempre con lei, da quel che so è rimasta anche a dormire da Saph per non lasciarla sola, io ho solo aiutato a chiamare tutta questa gente, anche in tre ci abbiamo messo parecchio”
“Erano tutti amici di Aimée?”
Non potevano essere parenti, Saphira gli aveva detto di non avere altri famigliari in vita all’infuori della nonna.
“Amici, conoscenti, ammiratori, non ne ho idea, so solo che sono troppi”
“E Saph è una sola”
Bisbigliò Schneider, abbassando lo sguardo.
“Già…”
Si chiusero nei loro pensieri  entrambi rivolti alla cuoca che ancora non si era fatta vedere, fino a quando il prete non richiamò l’attenzione di tutti chiedendo silenzio, Aimée stava per fare il suo ultimo ingresso.

Era tanto che Karl non partecipava ad una messa, l’ultima a cui era andato risaliva ai tempi delle elementari - non che fosse stato uno di quei bambini che si lamentava perché non aveva voglia di svegliarsi presto, semplicemente poi aveva iniziato gli allenamenti di calcio, il tempo libero era diminuito e lo usava per riposarsi e per la scuola -, ma ricordava perfettamente tutti i discorsi pomposi che faceva il prete di quel tempo… dovevano essere imparentati, lui e quello che stava svolgendo la messa del funerale in quel momento, visto che anche quel prete stava parlando in maniera… pomposa, non gli veniva altro aggettivo.
Parlava di Dio e fin lì non poteva dirgli niente, quello era il suo campo, ma gli veniva una leggera irritazione quando parlava della cantante, ne parlava come se l’avesse conosciuta, come se sapesse quali erano stati i suoi pensieri in quell’ultimo periodo, come se Aimée fosse stata davvero contenta di ricongiungersi a quel Signore in cui nemmeno credeva - ad una visita, Karl l’aveva beccata a cacciare via un prete che era stato chiamato dalla struttura, urlandogli contro che era atea e che si era sposata in municipio con un abito rosso, alla faccia della sposa candida e vergine che la chiesa voleva -, sapeva che quello era il suo lavoro, si era preparato il discorso a posta, basandosi magari su poche informazioni ricevute… ma lo irritava un po’, e a giudicare dal modo in cui Axel lo stava guardando, anche all’aiuto cuoco stava dando fastidio.
Per fortuna lasciò presto la parola a Cordula.
La rosa indossava una lunga gonna nera elegante e una camicia dello stesso colore, ai piedi gli immancabili tacchi stavolta però più bassi, prima di raggiungere il palchetto la videro accarezzare leggermente la bara.
“Ho conosciuto Aimée quando ero ancora una ragazzina, ero una delle tante che voleva scappare dai genitori troppo opprimenti, e lei mi diede tale opportunità facendomi lavorare, assumendomi al Vienna come cameriera, grazie a lei riuscii a guadagnare abbastanza per andarmene di casa quando non ero ancora maggiorenne, e quando le chiesi perché mi avesse aiutata in quel modo mi rispose ‘perché ognuno di noi deve essere libero, bisogna vivere la nostra vita con libertà, altrimenti non ci restano che rimpianti’, fu grazie a questa risposta che decisi di tingermi i capelli di rosa, sapete?… Non so se lei avesse dei rimpianti-“
Sì li aveva, pensò Karl, per questo aveva voluto raccontargli la sua storia prima di andarsene, per cercare di liberarsi di quel peso che doveva sentire da tutta una vita.
“Ma spero di no, spero che possa essersi spenta con il cuore in pace, ripensando alla sua vita vissuta a pieno in totale libertà, spero che…”
Cordula si fermò un attimo per asciugarsi le lacrime che avevano iniziato a solcarle il viso.
“Spero che abbia finalmente rincontrato Derek, lì dovunque la stesse aspettando, e che adesso lui stia cucinando una delle sue favolose torte Sacher intanto che lei gli canta qualcosa, spero che siano felici, e spero per me d’incontrare presto una donna straordinaria come lo era Aimée Lemaire… per mia fortuna, però, Aimée ci ha lasciato qui una stupenda nipote di nome Saphira, lascio a lei la parola adesso”
Finì la rosa, cercando di sorridere a tutti, poi scese dal palchetto.
Nello stesso istante che Cordula scendeva, Saph fece il suo ingresso da una porta laterale, indossava un vestito nero senza maniche che le sfiorava le ginocchia, il sopra le fasciava il seno in maniera morbida, si stringeva in vita e il sotto si apriva in morbido tulle, i lunghi capelli rossi erano stretti in un’alta e rigida coda.
La cameriera l’abbracciò forte quando arrivarono una di fronte all’altra, e le mormorò qualcosa all’orecchio che la cuoca parve non sentire, poi una andò a sedersi mentre l’altra si fermò davanti alla bara.
Saph la guardò intensamente quella bara, prima di chiudere gli occhi e mettersi in posizione con il violino che nessuno si era accorto che tenesse in mano, prese un paio di grossi respiri poi iniziò a suonare.
Quella musica il Kaiser l’aveva già sentita, era la stessa che aveva messo Aimée quella sera per il suo ultimo ballo con lui, era il pezzo che aveva cantato tante volte e con cui aveva fatto il suo debutto nel mondo dello spettacolo… solo infinitamente più triste.
Qualche donna scoppiò a piangere durante l’esecuzione, ad altri vennero semplicemente le lacrime agli occhi, Saphira invece rimase composta fino all’ultima nota, neanche quando fece la riverenza ebbe qualche segno di cedimento, mentre si stava riportando eretta i loro occhi azzurri s’incrociarono.
“Mi dispiace”
Sibilò Karl, sperando che riuscisse a leggergli almeno le labbra.
La rossa accennò un movimento con il capo, poi andò a sedersi vicino a Cordula, che se la strinse contro  tenendola per le spalle  per tutto il resto della messa.

Al cimitero Schneider aspettò fino a quando la bara non fu calata nella tomba di famiglia dove già riposavano Derek e i genitori della rossa, poi si avvicinò a Saph approfittando del fatto che la gente stesse iniziando a disperdersi e a lasciarla respirare.
Era indeciso se abbracciarla oppure meno, ma visto che forse lo era stata fin troppo da tutti gli altri, decise solamente di prenderle la mano e allontanarla di un paio di passi dalla tomba che stavano finendo di sistemare.
“Sei gelida”
Osservò, stringendole più forte la mano.
“Senti freddo?”
“Un po’”
Ammise la rossa, tenendo la testa bassa.
Il biondo allora le lasciò la mano e si tolse la giacca per potergliela posare sulle spalle, non poteva fare niente per il freddo che doveva sentire dentro, ma poteva almeno occuparsi di quello esteriore.
“Meglio?”
Le chiese, sfregandole le mani sulle braccia coperte per produrre calore.
La cuoca annuì piano, alzando di poco la testa per regalargli un accenno di sorriso come ringraziamento, sorriso che però non raggiunse gli occhi azzurri notò l’attaccante… gli tornò prepotente la voglia di abbracciarla per questo.
Avrebbe voluto nasconderla contro il suo petto, farle da scudo contro tutti quegli occhi sconosciuti e curiosi che continuavano ad osservarla con compassione e pena, cose di cui lei non aveva bisogno, avrebbe voluto… ma non sapeva se Saph volesse essere protetta da lui.
Prima che potesse chiederglielo, la rossa sussultò, gli occhi fissi nuovamente sulla tomba, a cui un uomo si era appena avvicinato.
“Che ci fa lui qui?”
Bisbigliò, e il calciatore la sentì irrigidirsi sotto le sue mani.
“Che ci fai tu qui?!”
Stavolta Saphira aveva urlato quella domanda.
Con uno scatto si era liberata dalle mani di Karl ed aveva raggiunto l’uomo che la guardava con espressione addolorata, questo aveva anche alzato le mani in segno di resa come a dirle che non era lì per litigare o altro, ma la rossa continuò comunque ad aggredirlo, iniziando anche a spingerlo per allontanarlo dalla tomba.
“Chi ti ha avvisato del funerale?! Vattene! Non dovresti essere qui, non hai alcun diritto di essere qui! Vattene! Vattene! VATTENE!”
Urlò Saph come una furia, con voce sempre più alta.
Se Karl ed Axel – accorso insieme a Cordula non appena erano iniziate le urla – non l’avessero bloccata, avrebbe iniziato sicuramente a prenderlo a pugni.
“Saphira calmati, calmati… respira”
Provò a dirle la rosa, ma la cuoca continuò ad agitarsi.
“Non deve stare qui, deve andarsene, deve andare via!”
“Sì, lo so, lo so, adesso ci penso io, guardami, ci penso io”
Cordula le prese il viso tra le mani e la fissò dritta negli occhi.
“Ti prometto che adesso ci penso io, va bene?”
“Fallo andare via… ti prego…”
Dalle urla Saph passò a bisbigliare, e questo causò una stretta dolorosa al cuore a tutti e tre.
“Lascia fare a me bimba, ti prometto che sistemerò tutto”
Promise ancora Cordula e stavolta la cuoca le annuì, chiudendo gli occhi come a dichiarare sconfitta.
La cameriera le lasciò un lungo bacio sulla fronte, poi si rivolse al biondo.
“Portala via di qui”


Un grosso attico che prendeva tutto l’ultimo piano di un palazzo.
Mobili antichi che probabilmente venivano tutti dalla Francia, a giudicare dal loro stile.
Karl sbatté le palpebre un paio di volte stupito davanti a tutto quello sfarzo, non che non fosse abituato al lusso – da quando era diventato giocatore del Bayern Monaco si era tolto un paio… parecchi sfizi -… ma quell’attico era perfino più grande del suo appartamento!
“Adesso capisco perché Aimée si lamentava della sua stanza alla struttura, non c’è proprio paragone”
Disse ironicamente il biondo in direzione della rossa per tentare di farla ridere o almeno parlare, ma la cuoca si limitò a slacciarsi i sandali neri con tacco e a calciarli via facendoli finire vicino a uno dei due divani, lasciando completamente scoperto il tatuaggio sulla caviglia sinistra a forma di ibisco rosso circondato da vari puntini e sfumature dello stesso colore che il biondo aveva già adocchiato alcune volte.
“Saph…”
La chiamò con tono basso Schneider, cercando di attirare la sua attenzione… fallendo nuovamente.
Era da quando lui ed Axel l’avevano trascinata, per fortuna docilmente, alla sua macchina che Saphira si era chiusa in un doloroso silenzio, durante il tragitto verso casa – strano ma vero, l’indirizzo gliel’aveva dato proprio il castano aiuto cuoco – aveva mantenuto lo sguardo fisso sul cruscotto, e non gli aveva detto niente neanche quando Karl aveva provato ad accendere della musica nella speranza di riuscire a beccare qualche sua canzone preferita.
La seguì nella cucina moderna per non lasciarla sola e per non rimanere da solo lui stesso, le prese la giacca dalle mani quando se la tolse e si sedette all’isola, guardandola iniziare a tirare fuori vari ingredienti e teglie dal frigo e dai mobili.
Era come se fossero tornati indietro di una settimana, Saphira cucinava e Karl la guardava, sembrava di essere tornati di nuovo dentro la calda e sicura cucina del Vienna… invece era tutto diverso, a partire dall’espressione che aveva la rossa.
Quando Saph cucinava lo faceva con gli occhi azzurri che brillavano dal buon umore e dall’entusiasmo, con sempre il sorriso ad illuminarle il volto, quella volta non c’era nessun sorriso, gli occhi tempesta erano freddi, e le mani che di solito accarezzavano tutti gli ingredienti si muovevano in modo meccanico, erano veloci e sicure di quello che stavano facendo sì, ma non si riusciva a vedere in quei movimenti la solita passione.
La rossa stessa non aveva la solita passione.
Il Kaiser avrebbe voluto fare di più per lei, voleva farla riuscire a sfogare in qualche modo, ma non sapeva come visto che le parole e i gesti non avevano funzionato... per il momento si sarebbe limitato a starle vicino, aspettando l’attimo giusto per poter fare qualcosa di più.
Aspettò mentre iniziava a mescolare insieme gli ingredienti, mentre infornava la teglia - la vide sedersi per terra per osservare con attenzione la cottura, intanto che aspettava anche lei il suono del timer -, mentre sfornava e tagliava la torta a metà, mentre spargeva la confettura di albicocche, mentre andava a preparare la ganache e mentre la spargeva sulla torta.
Doveva ammettere di essersi quasi addormentato, nell’aspettare che la togliesse fuori dal frigo dove l’aveva riposta per farla rassodare, ma si riprese all’istante quando gli fu posato davanti un piattino con sopra una fetta di torta.
Non era una torta qualunque, era una Sacher Torte.
“Quando mio nonno è andato a Vienna ha stretto amicizia con il cuoco che lavorava all’hotel Sacher, fu lui a svelargli i segreti per fare una Sacher degna di questo nome”
Mormorò Saph, facendo sospirare di sollievo il calciatore, finalmente stava iniziando a parlare.
“Mi ricordo che quando io e nonna tornavamo a casa non vedevo l’ora di mangiarla, e mi domandavo sempre quali fossero quei segreti che servivano per renderla così speciale… andai anch’io a Vienna per questo, per scoprire quei segreti…”
Bisbigliò, iniziando a tremare.
“…Volevo regalarle una Sacher buona quanto lo erano quelle del nonno… tutti qui, era l’unica cosa che volevo… farle assaggiare la mia torta…”
Karl prese in mano la forchettina e tagliò un pezzettino della fetta, se lo portò alla bocca e lo assaggiò, presto le sue papille gustative furono avvolte dal gusto intenso del cioccolato e della marmellata.
Si leccò le labbra.
Era come gli aveva detto Aimée, era una fetta di torta Sacher che aveva il sapore dell’amore.
“E’ davvero buona Saph”
La rossa scoppiò a piangere subito dopo quelle parole, e Schneider scattò a prenderla tra le braccia, stringendola fino a quasi farle male quando iniziò ad urlare disperata.

“Mi aveva detto che indossavi dei vestiti simili ai suoi, ma vederti in foto è tutt’altra cosa, sei molto…”
“Carina?”
“Avrei detto buffa, ma anche carina credo che vada bene per descriverti”
La cuoca arrossì, gonfiando un poco le guance e chiudendo l’album di fotografie per poterlo tirare contro il braccio del biondo ridacchiante.
Aveva pianto per quasi un’ora intera abbracciata a Karl prima di riuscire a calmarsi abbastanza da riuscire a fare della camomilla calda, con una bella tazza in mano si erano trasferiti nel grosso salone, e lì si erano seduti per terra sul tappeto davanti al camino spento, dove Saphira si era messa a guardare delle vecchie fotografie la sera addietro.
“Erano vestiti fatti su misura, non accetto altri commenti all’infuori di carina visto tutto il tempo che dovevo stare ferma per farmi prendere le misure”
“Con quest’espressione, dire che eri buffa è ancora un complimento”
Obiettò il Kaiser, prendendole l’album per ripescare la foto dove la rossa ancora bambina aveva le lacrime agli occhi e cercava di nascondersi accucciandosi dietro un violoncello.
Evidentemente aveva problemi con l’imbarazzo fin da quando era ancora piccola.
“Mi farò portare da Marie le tue foto più imbarazzanti, poi vedremo chi è il più buffo tra i due”
“Spiacente per te ma sono state già preventivamente bruciate ad Amburgo, quando feci venire a casa Kaltz e Wakabayashi la prima volta”
“Tua madre avrà sicuramente delle copie, le mamme le hanno sempre”
“Bruciate anche quelle”
“Dannato d’un krapfen”
“E’ sempre Kaiser”
“Quel che è”
Borbottò Saph, riappropriandosi del suo album per continuare a sfogliarlo.
La risata del biondo si perse in un sorriso, intanto che osservava le varie foto di Aimée con la nipotina prima e dopo i suoi concerti, quelle erano tutte a colori al contrario di quelle che erano appese al ristorante, Derek le aveva volute in bianco e nero perché diceva che si adattavano meglio al Vienna, gli aveva spiegato la cuoca.
“Era bellissima, vero?”
Mormorò la rossa, accarezzando il profilo della parente sulla foto con l’indice.
In quella foto indossava un elegante vestito viola, teneva i capelli  rossi sciolti all’indietro, le braccia spalancate verso il suo pubblico e gli occhi chiusi, probabilmente perché persa nelle note della canzone e degli strumenti di quello spettacolo.
Karl le annuì, concorde.
“Già… mi ha detto che quello è stato il periodo più bello della sua vita”
“Lo è stato anche per me, credo che i miei ricordi più felici risalgano tutti a quel tempo”
L’attaccante distolse lo sguardo limpido dalle foto per poterlo posare sulla ragazza seduta di fianco a lui, sorrideva con dolcezza e nostalgia ripensando ai viaggi fatti insieme alla nonna, e lui per questo tentennò un po’ prima di dirle quello che gli aveva confessato la cantante, ci aveva riflettuto tanto se dirglielo o meno ma era giusto che lo sapesse, anche se era ormai troppo tardi le due dovevano chiarire.
“Era sicura che tu la odiassi”
Le confessò, facendole perdere come aveva previsto  il sorriso.
“Le ho detto che era impossibile ma lei-“
“Aveva ragione”
Lo interruppe Saphira a sorpresa, prendendolo totalmente in contropiede e  facendogli sgranare gli occhi.
“…Odiavi tua nonna?”
Chiese Karl scioccato.
Le aveva viste insieme, aveva percepito quanto bene si volessero e non riusciva a capacitarsi che in passato Saph, la dolce e timida Saph, avesse potuto odiare l’amata parente.
“Per un certo periodo sì, l’ho odiata con tutto il cuore”
Continuò a dire la rossa con tono impassibile.
“Ma… perché?”
Invece che rispondere, Saph poggiò via l’album e andò a curiosare in una scatola contenente altre foto, trovata quella che cercava la mostrò al regista del Bayern.
“E’ l’uomo che hai quasi picchiato, quello davanti alla tomba”
Disse Karl, non capendo dove volesse arrivare.
Che era un conoscente di Aimée lo aveva già capito, altrimenti non si sarebbe fatto vedere al cimitero…
“Ioann, violinista russo”
Disse la rossa, dando un nome a quello sconosciuto.
“L’accompagnò per molti dei suoi concerti, non la lasciava mai da sola anche quando c’ero io o quando si ritirava nel suo camerino, insisteva sempre per provare insieme a lei anche se avrebbe dovuto farlo con gli altri musicisti, le faceva spesso visita perfino nella camera d’albergo… e lei non si rifiutava mai… non lo faceva nemmeno con tutti gli altri…”
“Dal tono che usi, immagino che non fossero solo cari amici”
Mormorò Karl, iniziando a capirci qualcosa.
“Immagini bene, erano tutti suoi amanti”
Confermò la cuoca, sospirando e mettendo da parte la foto, capovolgendola per non dover guardare più il volto del musicista.
“Credo che iniziò ad averne già da prima di conoscere nonno, e anche dopo averlo sposato non smise…”
“Credevo fosse felice con lui”
Aveva visto l’amore profondo e vero brillare negli occhi viola della cantante quando parlava del vecchio proprietario, e non aveva mai detto una sola parola scortese nei suoi riguardi.
“Lo era… all’inizio non capivo come mai lo tradisse, mi chiedevo continuamente perché quando mi mandava fuori dalla stanza per poter rimanere da sola con l’amante di turno…”
“Tuo nonno lo sapeva?”
“Oh sì, che lo sapeva”
“E non le ha mai detto nulla?”
“Assolutamente nulla”
L’attaccante rimase in silenzio mentre lei si  portava le mani sulle spalle, massaggiandosele piano.
“Non l’ho odiata per questo però, ero una bambina ma decisi comunque che quello che faceva nel privato non mi sarebbe toccato fintanto che non mi avesse coinvolta o non avesse intaccato quella poca famiglia che mi era rimasta… l’ho odiata perché un bel giorno decise di coinvolgermi, chiedendo a Ioann d’insegnarmi a suonare il violino… quando stavo con lui mi sembrava di star tradendo anch’io la fiducia di mio nonno e questo non riuscivo a sopportarlo, non volevo passare del tempo con lui quando con mio nonno non riuscivo a passarlo, una volta glielo dissi, cercai di farle capire quello che provavo e lei mi rispose semplicemente che voleva che imparassi a suonare dal migliore che conosceva, a prescindere dei legami che aveva con lui… non credo di aver mai odiato nessuno come quella volta, ma sopportai e da quel giorno m’impegnai costantemente nelle lezioni così da dover star con Ioann il meno possibile, quando se ne andò mi sembrò di diventare infinitamente più leggera”
Chiarì Saphira, chiudendo gli occhi stanca.
“Smisi di odiarla non appena la vidi piangere sulla tomba di nonno, sentendo la sua disperazione capii anche perché lo aveva continuato a tradire… mia nonna aveva avuto paura della solitudine in tutti quegli anni, per questo si era circondata di uomini e per questo mi aveva portata con lei, fu in quel momento che decisi di partire per Vienna… per poterle fare una torta Sacher che le avrebbe fatto capire che non sarebbe mai stata sola”
Bisbigliò la cuoca, socchiudendo gli occhi tempesta per poter andare a guardare il ragazzo che era rimasto in silenzio ad ascoltarla.
“Dovresti dirglielo, è stata convinta fino all’ultimo del contrario”
Gli suggerì piano quello, silenziosamente grato che anche lei come la parente avesse deciso di confidarsi con lui.
Forse ispirava più fiducia di quello che pensava.
“Lo farò in uno di questi giorni… credo che per un po’ farò spesso visita al cimitero, dato che ho del tempo libero”
Mormorò la rossa, alzandosi in piedi per riportare la tazza ormai vuota in cucina.
“Passerà Saph vedrai, e starai meglio”
Era una frase fatta e il Kaiser lo sapeva bene, ma ci credeva in quello che le aveva appena detto.
“Ti sbagli, Karl caro”
Rise tristemente la cuoca, tornando da lui che nel frattempo si era alzato in piedi, poggiando la fronte contro una sua spalla.
“Non passerà mai, si affievolirà soltanto… farà male per sempre”


“Vorrei poter restare ancora per un po’”
Confessò Schneider, fermandosi poco dopo l’uscio della porta.
“Per me puoi restare eccome, basta che non mi fate fare ancora la terza incomodo~”
Urlò Cordula – arrivata verso l’ora di cena – da dentro l’attico.
L’attaccante ridacchiò, mentre Saphira arrossì un poco, socchiudendo la porta d’ingresso.
“Ti ho già fatto fare abbastanza tardi direi, se resti ancora domani mattina non ti svegli più”
Mormorò quest’ultima, incrociando le braccia sotto al seno.
“Tanto ormai Levin ci ha fatto il callo alle mie pallonate in testa”
“Non so chi sia ma provo tanta pena per lui”
“Ehi, almeno non sono mai dei Fire Shoot”
Saphira alzò un sopracciglio perplessa da quello che le era appena stato detto, ma alla fine alzò le spalle, prima o poi si sarebbe fatta spiegare meglio… prima o poi… di sicuro, non quella notte.
“Grazie per essere rimasto con me oggi… e scusa, ti ho gettato addosso un sacco di cose”
Karl scosse piano la testa per farle capire che non gli aveva dato fastidio, poi le si avvicinò per baciarle la guancia.
Per quella volta poteva bastargli quello.

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Capitolo 7
*** Si Riprende con un Nuovo Inizio ***


Angolino della Robh: Di nuovo buonasera a voi! ♥
Un aggiornamento dietro l'altro, non mi aspettavo nemmeno io di farlo però eccomi qui. xD
Dunque, come annunciato, finalmente torniamo ai toni allegri, alle mie cazzate e a tutto quello che ne segue, evviva! (?)
Voi non potete capire come siano stati pesanti per me da scrivere quei due capitoli, ricorreggerli e poi pubblicarli, seriamente non sono per niente abituata a scrivere e a pubblicare dei testi così tristi, quindi ricorreggere e pubblicare questo capitolo mi rende più felice del solito! ♥
Questo, però, non è il solo motivo per cui sono così felice di pubblicare, eheh, c'è un altro piccolo motivo che coincide con quello che succede in questo capitolo... ma non vi spoilero niente! Per sapere dovete leggere, ecco u.u
Quindi adesso vi lascio al capitolo, buona lettura! ♥



Ps: Di certo nella realtà non succede nulla di quello che ho scritto io in un certo pezzo, ma non potete capire quanto mi sono divertita a metterlo giù! xD




 

Vestiti su vestiti… su altri vestiti.
Saphira sospirò, massaggiandosi lentamente le spalle, avevano appena finito di riempire due scatoloni ma la pigna di abiti sul letto matrimoniale era ancora bella alta.
“Non sembravano così tanti quando erano dentro l’armadio”
Borbottò Cordula, accasciandosi su una delle poltrone della stanza.
“Quelli dell’armadio li abbiamo già finiti, questi sono quelli della cabina”
“Quale delle due”
“La prima”
La cameriera sgranò gli occhi e si lasciò completamente andare sulla poltrona, dichiarando silenziosamente resa, la rossa avrebbe voluto fare altrettanto, ma se non si sbrigavano una sola settimana non sarebbe stata abbastanza per sistemare tutte le cose che erano appartenute ad Aimée.
Era passato qualche giorno dal funerale di quest’ultima, Saph li aveva passati andando al cimitero ogni mattina e pomeriggio, come aveva detto a Karl si era accucciata ogni volta sulla tomba di famiglia, dopo averla ripulita ed aver cambiato i fiori, ed aveva fatto delle lunghe discussioni con la nonna, cercando in qualche modo, con quelle azioni, di calmare il magone che sentiva sul petto che non la faceva dormire bene la notte.
Ovviamente, era stato tutto inutile.
Il dolore, l’ansia e la paura erano rimaste tutte lì, le sentiva anche in quel momento, mentre sistemava i vestiti della nonna e non sapeva per quanto ancora sarebbero rimaste… sperava per poco.
“Beata lei che in una sola vita ne ha potuti indossare così tanti”
Commentò Cordula, rialzandosi dalla poltrona per andare ad aiutare la sua piccola rossa.
“Alcuni li ha messi solo una volta”
Mormorò la cuoca, prendendone uno in mano per poterlo osservare meglio.
Era un lungo abito senza maniche, color champagne, che finiva con uno strascico.
“Questo è bellissimo, dovresti tenerlo”
Le consigliò la rosa andandole vicino.
“E’ troppo elegante… per cosa dovrei tenerlo? Per fare una sfilata in cucina?”
Un conto era tenere abiti più semplici come quello che aveva indossato al funerale, i vari scialli, maglioni e quant’altro, ma di abiti del genere, adatti solamente per un evento importante, lei cosa doveva farsene? A malapena era finalmente riuscita ad andare dal parrucchiere – grazie al cielo non aveva più le doppie punte -…
La cameriera se la ghignò un po’, poggiandole un braccio su una spalla.
“Sai, le ragazze dei calciatori famosi devono sempre farsi vedere vestite eleganti ~”
A Saph cadde il vestito di mano, guardò un attimo la sua migliore amica… poi,mentre il viso le prendeva velocemente la tonalità dei capelli, si abbassò d’un colpo ed iniziò a gattonare via in direzione della cabina armadio ancora piena.
“Oh, andiamo Saph!”
La riprese Cordula, seguendola.
“Non c’è niente di male ad ammetterlo, specialmente a me! ~”
“Non ho nulla da ammettere, nulla da dire e soprattutto nulla da nascondere, Karl non è il mio ragazzo, io non sono la ragazza di un calciatore famoso, io sono una cuoca e lui mi ricorda un krapfen!”
Urlò la rossa, andando a nascondersi dentro la gonna di un vestito.
“Saphira! Non credevo che potevi essere così pervertita, insomma se te lo vuoi mangiare caldo caldo potevi dirmelo tranqui-“
“Cordula!”
“Va bene, va bene”
Rise la rosa, sedendosi per terra vicino a lei.
“E’ palese, però, che ti piaccia”
“… Non lo nego”
Bisbigliò Saph, stringendosi meglio le gambe al petto.
Le piaceva vedere quel bel ragazzo biondo entrare nel suo ristorante con un leggero sorriso in volto, le piaceva averlo intorno in cucina mentre gli preparava da mangiare, le piaceva vederlo sovrappensiero per gli allenamenti che lo avrebbero aspettato nel pomeriggio o il giorno dopo, le piaceva vedere i suoi occhi limpidi illuminarsi quando gli chiedeva delle sue partite.
Le piaceva Karl.
“E cosa aspetti a dirglielo?”
Chiese la cameriera, sorridendole dolcemente anche se non vista.
Quella timida ragazza era una delle persone più preziose che aveva al mondo e le voleva un bene dell’anima… buffo pensare che all’inizio non fosse così… all’inizio, subito dopo la morte di Derek e quando la gestione del ristorante era ancora di Aimée, non sopportava Saphira, non l’aveva ancora mai vista, dato che la rossa era a Vienna in quel periodo, ma l’aveva subito etichettata come una ragazzina viziata, a cui piaceva sperperare i risparmi dei nonni, cambiò idea solamente quando la cuoca tornò a prendere finalmente in mano il ristorante e la trovò a dormire appoggiata a uno dei tavoli, segno che doveva aver passato tutta la notte al Vienna.
Da allora l’aveva presa sotto la sua ala protettiva, era diventata la sua bimba e aveva sperato che le accadesse solo il meglio.
Beh… in effetti Karl era il calciatore migliore della Germania, quindi si poteva dire che le sue speranze non erano state vane…
“Aspetto e basta”
Mormorò Saphira, nascondendo il viso tra le ginocchia.
Confessarsi adesso sarebbe significato dare al Kaiser il dubbio che lo affermasse solo perché ancora stravolta dalla morte di Aimée, e lei non voleva che pensasse che la sua dichiarazione fosse solo una scusa per non rimanere da sola, voleva che sapesse che lei e i suoi sentimenti erano sinceri.
Aspettare era la cosa migliore da fare.
… Non per la cameriera, però.
“Potresti dirglielo quando ti accompagnerà alla lettura del testamento ~”
Ricevendo in risposta solo del silenzio Cordula si accigliò, mica aveva fatto una delle sue solite uscite maliziose e con doppi sensi, era solo una proposta… se poi sarebbero finiti a farlo in macchina, beh… buon per loro.
“Bimba?”
“Non mi accompagnerà alla lettura del testamento… a dire il vero, neanche sa che ci sarà…”
Appena finito di pronunciare quella frase, Saph sentì un veloce fruscio, alzò di poco la testa e si ritrovò davanti il viso serio dell’amica – che aveva alzato la gonna del vestito per poterla guardare negli occhi -.
“Che significa che non ti accompagnerà lui”
“Quello che ho detto…”
“Ahn ah, peccato che tu mi abbia detto anche che non vuoi che io venga con te”
La riprese la rosa, indurendo lo sguardo.
“Ci andrò da sola”
“Scordatelo, o ti fai accompagnare da lui o vengo io, e al massimo possiamo chiamare Axel per farci accompagnare”
“E’ una cosa che devo fare da sola”
Disse Saphira seria.
“Mi avete già aiutata molto tutti e tre, e vi sono grata per essermi stata accanto, davvero, non so cos’avrei fatto senza te, Karl ed Axel in questi giorni, ma non posso coinvolgervi anche in questo, non posso gettarvi addosso altro peso che sono capace di portare da sola, soprattutto se questo peso non vi riguarda personalmente”
“Tu non ci riguardi? Perché non glielo dici al calciatore che ti sta mandando dei messaggi da cinque minuti buoni”
Il cellulare della rossa suonò ancora l’arrivo dell’ennesimo messaggio, come a dar man forte alle parole della rosa.
La cuoca se lo tirò fuori dalla tasca dei pantaloni e lesse velocemente quanto gli era stato scritto, gli sfuggì un sorriso dolce che lasciò sfumare in un sospiro.
“Torniamo a finire di là…”
Bisbigliò piano all’amica, chiedendo pace per quel momento.
Cordula gliela concesse solo dopo essersi presa il vestito color champagne.

“Una settimana?”
Chiese Karl per certezza, guardando preoccupato il proprio microonde che andava.
“Una settimana”
Rispose la voce di Saph, tramite il cellulare che il biondo teneva appoggiato a un orecchio.
In quei giorni, Schneider non aveva più potuto allontanarsi o assentarsi dagli allenamenti, la fine della stagione era sempre più vicina, il Bayern Monaco era la prima squadra della classifica ma non potevano permettersi comunque delle distrazioni - avevano iniziato in grande e avrebbero finito in grande -, però il biondo non aveva rinunciato al suo proposito di starle vicino il più possibile, i cellulari servivano anche a questo infondo.
“Sicura che sia abbastanza? Sei tu la proprietaria, puoi tenere chiuso il ristorante per quanto vuoi”
“Sei gentile a dirmi così, ma la versione del tuo stomaco qual è?”
“Te lo farò sapere dopo che avrà mangiato questo pollo surgelato, sempre se riuscirà a digerirlo”
“Dimmi che non lo stai cuocendo nel microonde”
“Se vuoi non te lo dico”
A quel punto il Kaiser si aspettava di sentire la risata della cuoca, era sempre scoppiata a ridere in quei giorni – Saph –  quando gli raccontava in diretta dei suoi tentativi di cucinarsi qualcosa da solo, ed erano sempre finiti con lei che tentava di consigliargli qualcosa per tentare di salvare il salvabile.
Le sue aspettative rimasero deluse quando invece ricevette solo uno sbuffo che doveva assomigliare a una risata, e la preoccupazione iniziò a farsi risentire.
“Va tutto bene?”
“Piuttosto che a me, chiedilo a quel povero pollo”
Cercò d’ironizzare la rossa, ma all’attaccante rimase la sensazione che ci fosse qualcosa che non andava.
“Posso raggiungerti se-“
“Come sono andati gli allenamenti?”
Quell’interruzione gli diede conferma che qualcosa non andava, ma per il momento decise di far finta di niente, quando l’avrebbe rivista faccia a faccia avrebbe approfondito meglio il discorso.

Non si aspettava mica che accadesse così presto, però.

Quando una guardia di sicurezza gli si era avvicinata poco dopo l’inizio degli allenamenti mattutini dicendogli che c’era una ragazza che chiedeva di lui, Karl aveva pensato istantaneamente a sua sorella che poteva essere scappata lì per sfuggire alla verifica di scienze per cui non si era preparata, invece sotto a gli occhi sorpresi di tutta la squadra – il primo a riprendersi fu Shunko, che iniziò a tirare delle leggere gomitate maliziose all’amico – comparve la proprietaria del Vienna con in braccio una grossa busta di cartone.
“Che ci fai qui?”
Le chiese non appena si fu avvicinato anche lui a bordo campo, dove si era fermata.
“Ciao anche a te”
Lo salutò ironicamente la rossa.
“Scusa, ciao… che ci fai qui Saph?”
“Passavo di qui per caso e mi sono detta ‘perché non andiamo a far imbarazzare il krapfen davanti ai suoi compagni?’, magari riesco a prendere anche un numero per Cordula”
Disse ammiccando un poco nel tentativo di imitare l’amica.
“Ti consiglio il portiere per lei”
“Ah sì? E come mai?”
“Perché usa più le mani dei piedi”
Scoppiarono a ridere entrambi, pensando alla rosa e ai suoi tacchi assassini, incuranti di quello che succedeva dietro di loro.
Alla vista di Karl che rideva così apertamente, tutto il resto della squadra iniziò a scambiarsi occhiatine significative, facendo ovviamente finta di niente, sicuri di non essere notati dal regista troppo impegnato… tranne Sho, che iniziò a fissarli apertamente peggio di una vecchia ciabattona impicciona.
“Ok, in verità stanotte non ho dormito pensando al tuo povero stomaco, non credo se la sia passata bene con il pollo di ieri sera, quindi sono venuta a salvarti almeno il pranzo di oggi”
Svelò Saph una volta finito di ridere, porgendogli la busta che teneva in braccio.
“E’ anche un modo per ringraziarti per tutto quello che hai fatto per me in questi giorni, sei stato un tesoro ad aiutarmi in quel modo”
“Non ho fatto poi tanto”
Minimizzò Schneider, prendendo la busta ed iniziando a curiosarci dentro.
Avrebbe voluto dirle che non era necessario preparargli addirittura un pranzo al sacco… ma in verità lo era eccome, visti i suoi ultimi pasti… il suo stomaco gorgogliò felice, quando gli giunse al naso un odorino niente male appena aperta la busta.
“Per me lo è stato… davvero, hai fatto tanto per me…”
L’attaccante rialzò lo sguardo limpido su di lei e notò che il suo sorriso era diventato un po’ malinconico, allora poggiò sull’erba la busta e si avvicinò ancora di più facendo sfiorare i loro corpi, prendendole delicatamente la mano per stringergliela… a quel punto il bomber cinese tirò a guardare insieme a lui pure il povero Levin, che sgranò gli occhi sorpreso e interessato.
“Stai bene Saph? Anche ieri sera eri strana, ho fatto finta di niente perché volevo parlarti di persona ma sai che per qualunque cosa ci sono”
“Sì, lo so e te ne sono grata… ma per stare bene, devo prima fare una cosa”
“Che cosa?”
“Te lo dirò più tardi”
Promettendo questo, Saphira si alzò sulle punte per lasciargli un piccolo bacio sull’angolo delle labbra, poi si staccò da lui, dandogli le spalle per allontanarsi nella direzione da cui era arrivata poco prima.
Karl rimase a guardarla fino a quando non fu del tutto sparita, sfiorandosi il punto baciato con le dita, decidendo che l’avrebbe chiamata per farselo dire subito gli allenamenti pomeridiani.
… Quando si girò per tornare in campo, trovò tutta la squadra – solo suo padre cercava di far finta di niente, ma tanto si sarebbe fatto spiegare poi in privato - ad osservarlo con sorrisini che non finivano più… provò l’istinto di darsi alla fuga nello stile della rossa appena andata via…


Saph parcheggiò davanti all’edificio in cui sarebbe dovuta entrare, ma invece che scendere dalla macchina, si appoggiò contro il volante stando attenta a non suonare il clackson, abbracciandolo, e si mise ad osservare l’entrata per qualche minuto.
“Com’è che era? ‘Ho superato partite più impegnative di questa’?”
Bisbigliò a se stessa, ripetendo le parole che spesso usava Karl quando doveva affrontare un problema, le aveva sentite parecchio quelle sere, quando il calciatore la chiamava poco prima di iniziare a ‘prepararsi’ qualcosa da mangiare.
Peccato che lei, di partite di calcio, non ne avesse mai giocate… ma poteva farcela lo stesso.
Andata come sarebbe andata, finalmente avrebbe messo un punto decisivo e quel magone nel petto le sarebbe sparito, dopo quell’incontro avrebbe potuto tornare alla sua tranquillità, magari si sarebbe anche vantata di essere giunta al suo personale fischio finale con il krapfen…
Un po’ rincuorata da quel pensiero, si fece ulteriore forza ed uscì dalla macchina per dirigersi verso l’entrata dell’ufficio dell’avvocato dove la stava aspettando l’ultima lettera che le aveva scritto Aimée, sapeva che ci sarebbe stata perché gliel’aveva detto proprio la cantante che gliene avrebbe lasciata una insieme al testamento.
Pianse quando la lesse? Oh sì, come una fontana e fece fuori un’intera scatola di fazzolettini.
Maledisse la nonna? Oh sì, urlò a gran voce che era un’idiota a non aver capito che l’aveva perdonata anni prima e che le voleva un bene infinito.
Si sentì finalmente sollevata? Oh sì, come aveva sperato il magone scomparve non appena mise alle dita i due anelli identici di metallo – solo il colore dei fiorellini cambiava, uno rosso e uno rosa antico – tenuti nascosti fino a quel momento, gli ultimi ricordi che quella stravagante donna aveva deciso di lasciarle per rappresentare lei e la madre di Saph.
Vinse la sua personale partita? Decisamente.
Uscì fuori dall’edificio con un grosso sorriso nonostante il viso ancora segnato dalle lacrime, finalmente si sentiva di nuovo bene e non vedeva l’ora di riferire al suo krapfen della sua vittoria.

Peccato che suddetto krapfen – o Kaiser, che dir si voglia – non la prese tanto bene, quando la chiamò come si era detto subito dopo essere uscito dallo spogliatoio a fine allenamenti pomeridiani.

“Sei andata da sola alla lettura del testamento?!”
Urlò il biondo al telefono, fermandosi in mezzo al corridoio.
Ecco spiegato il motivo del suo comportamento strano di quei due giorni, subito dopo essere andata da lui al campo, Saph era andata all’appuntamento per la lettura del testamento di Aimée.
Senza di lui.
Senza Cordula o Axel.
Completamente da sola.
“E sono sopravvissuta!”
Esultò la cuoca, probabilmente facendo il simbolo della vittoria.
“Perché non me lo hai detto prima?! Sarei potuto venire con te, avrei-“
“Avresti saltato degli allenamenti che non ti puoi permettere di saltare, non è vero, signor regista?... L’ho detto giusto, vero?”
“Sì ma... almeno potevi dirmelo”
Mormorò Schneider, andando ad appoggiarsi contro il muro del corridoio con la schiena.
Sentendo il suo tono diventare mogio, la rossa sospirò.
“E cosa sarebbe cambiato? Non sono una bambina Karl, apprezzo il fatto che vogliate proteggermi e starmi accanto, te l’ho detto, ti sono grata per tutto quello che hai fatto ma questa era una cosa che dovevo e volevo fare da sola”
Ma tu non sei sola.
Questo avrebbe voluto dirgli l’attaccante… se il suo cellulare non fosse stato rubato dal killer degli assi.
“Sho!”
Urlò Karl, guardandolo male.
Non gli aveva ancora perdonato il fatto che gli avesse rubato più di metà pranzo – che aveva condiviso pure con Stefan, tra l’altro  -, ed adesso gli faceva pure questo?! Voleva la guerra, per caso?!
“Ehi! Tu sei la ragazza di stamattina, vero? Ti va di cucinare qualcosa anche per me la prossima volta? Se rubo ancora qualcosa a Schneider, non mi farà più giocare nelle prossime partite!”
Rise Shunko, facendo ridere anche lo svedese che li aveva raggiunti, al contrario del tedesco che andò su tutte le furie, promettendogli che gliel’avrebbe fatta pagare cara.

Per fargliela pagare cara, Karl non intendeva mica fargli trovare un buon pranzo… evidentemente Saphira, al telefono il giorno prima, questo non lo aveva capito.

“Gli hai davvero dato retta?!”
Urlò scioccato il Kaiser, osservando la cuoca, la cameriera e l’aiuto cuoco del Vienna davanti a lui con delle buste in braccio.
“Beh… ho pensato che non è stato molto carino da parte mia, ieri, presentarmi con solo il pranzo per te”
“E per rimediare hai pensato bene di cucinare il pranzo per lui, oggi?!”
“Ti devo correggere, Karlino mio dolce, la nostra piccola cuoca ha cucinato per tutta la tua squadra”
S’intromise Cordula, togliendosi a malincuore i suoi amati tacchi per non rischiare di cadere sull’erba.
“Le altre buste sono sul mio furgoncino qui fuori”
Aggiunse Axel, cercando di mantenere almeno un po’ di contegno prima di iniziare a correre a chiedere autografi e foto a tutti… tranne che al biondo davanti a loro, era sottinteso.
“Sei seria Saph?!”
Urlò nuovamente il calciatore, riportando l’attenzione sulla rossa, la quale alzò le spalle arrossendo un poco.
“Tanto erano delle cose avanzate al ristorante, dovevo pur farci qualcosa prima che andassero a male”
“Sei-“
“Sei una grande!”
Esultò Sho comparendo a tradimento, facendo prendere mezzo coccolone ai quattro.
Fino a poco prima aveva pregato quasi in ginocchio Rudi per poter avere la pausa pranzo anticipata, e non appena aveva ricevuto l’agognato consenso era corso da loro per poter ringraziare in modo appropriato la rossa per quella graditissima sorpresa.
… L’abbracciò… senza sapere delle conseguenze che avrebbe causato.
“Sho aspet-“
Tentò di urlare Schneider per fermarlo, ma fu tutto inutile… in pochi secondi Saphira diventò bordeaux dalla punta delle mani fino a quelle dei piedi, ed alla fine svenne tra le braccia del cinese facendogli perdere parecchi anni di vita per lo spavento.
Beh… in qualche modo Karl si era vendicato, si poteva dire.

Dopo che la rossa si fu ripresa, la squadra del Bayern Monaco andò ad aiutare i tre a prendere le varie buste dal furgone e, tutti insieme, iniziarono a pranzare seduti sull’erba fresca del campo.
Era una cosa nuova per Schneider osservare Saph immergersi nel suo mondo, era molto buffa mentre distribuiva da mangiare sorridendo imbarazzata, facendosi suggerire i nomi dei vari giocatori dal castano accanto a lei - che, nel frattempo, ne approfittava per farsi fare gli autografi con tanto di dedica -, sì, davvero buffa… e tranquilla.
Era allegra, rilassata, imbarazzata certo, ma senza più quel velo di preoccupazione che le aveva offuscato gli occhi azzurri in quei giorni, adesso il suo sorriso, la sua risata, erano davvero tornati ad essere spensierati come lo erano prima che succedesse tutto.
Il Kaiser adorò vederla così proprio sul campo che considerava casa sua.
“Tieni e ringraziami, così almeno ti pulisci la bava”
Lo tirò fuori dai sogni ad occhi aperti, Cordula, porgendogli dei tovaglioli extra.
“E’ strano vederti così bassa”
“Che fai Schneider, sfotti?”
“Hai iniziato tu, Krüger”
Si scambiarono un ghigno amichevole, poi tornarono a guardare la cuoca in quel momento intenta a spiegare a Shunko che cosa gli avesse preparato.
“Sta meglio, vero?”
Chiese il biondo, e la rosa annuì sorridendo.
“E’ così da dopo l’appuntamento per il testamento”
“Tu sai che cos’è successo durante l’appuntamento?”
“Stranamente no, so solo che era preoccupata per una lettera che Aimée le aveva detto che le avrebbe lasciato, a quanto pare però c’era scritto qualcosa che l’ha aiutata a tirarsi su da sola”
“Meglio così”
Sorrise l’attaccante, facendo annuire nuovamente la cameriera.
“Credo che da stanotte potrò tornare a dormire a casa mia, anche se mi mancherà il suo letto morbido”
“Hai dormito con lei?”
“Ovviamente mio adorato Karlino, credevi forse che mi sarei messa sul divano? ~”
Domandò maliziosamente Cordula, lanciandogli un’occhiatina ed incrociando le braccia sotto al seno.
“Ammetto di averlo sperato”
“Te l’ho detto che l’unica donna della vita di Saph sono io, ma non devi essere geloso… vedi, mi sono appena resa conto che mi piacciono i biondi”
A quella frase Schneider sussultò, iniziando a sudare freddo mentre si girava lentamente a guardarla.
“Non fare quella faccia, tranquillo, intendevo altri biondi”
Specificò la rosa, continuando a fissare la sua preda che si era avvicinata alla cuoca per ascoltare anche lui le sue spiegazioni.
“Fa il bravo, Schneider mio caro, e rivela alla zia Cordula il nome di quel biondino niente male ~”
“Dammi un buon motivo per cui dovrei vendere l’anima di un mio compagno di squadra al diavolo in persona”
“Perché ti posso mandare una delle foto che ho fatto a Saph mentre indossava un babydoll ~”
“Stefan Levin”
Era una cosa ignobile e da pervertiti vendere un amico in quel modo per una semplice foto, ma anche il grande Kaiser aveva le sue debolezze da uomo, e Saphira era diventata da un po’ di tempo una di queste… specialmente con indosso un babydoll.
“Non suona tedesco”
“Infatti è svedese”
“Uh paesi freddi! Bene, bene, conosco un metodo perfetto per riscaldarlo ~♥”
Cordula assottigliò lo sguardo azzurro malizioso, si sistemò un attimo il seno prosperoso per metterlo più in evidenza ed iniziò ad ancheggiare – le veniva meglio con i tacchi, ma per quella volta si sarebbe adattata a stare senza - verso il cavaliere del sole di mezzanotte.
Karl sarebbe rimasto volentieri a guardarsi la scena per riprendersi la rivincita per il giorno prima, siccome era vero che Stefan era stato trascinato a guardare da Shunko, ma mica lo aveva rimproverato o altro… se non avesse dovuto correre a fermare il padre dall’avvicinarsi a Saphira.
Non voleva sentirlo porgere anche a lei la domanda dei futuri nipotini, proprio no.

L’intenzione di Saph era di andare a portare il pranzo al Bayern e poi tornare subito a casa per non disturbarli troppo, ma dovette per forza cambiare idea quando si ritrovò contro la sua migliore amica che per la prima volta usò la minaccia dei tacchi contro di lei se mai l’avesse portata via di lì prima che riuscisse a strappare il dannato numero di telefono a Levin – il quale continuava a nascondersi da lei dietro i compagni -, il suo fidato aiuto cuoco ormai con gli occhi perennemente a cuoricino, e addirittura l’allenatore della squadra che le chiese perfino se le andasse di rimanere ad assistere agli allenamenti, vide visto Karl spalmarsi una mano sulla fronte e tutti gli altri ridere dopo quella richiesta.
Insomma, fu costretta a rimanere al campo fino alla fine degli allenamenti pomeridiani, non che se ne lamentasse troppo, non ci aveva capito niente ed era vero, ma la bella vista fornitale dal Kaiser ricompensava tutto, ma anche quando questi finirono si ritrovò a non avere scelta.
“Ma-“
“Niente ma, sarai sicuramente stanca per aver cucinato tutta quella roba, quindi è meglio che vai subito a riposarti, le cose al ristorante le sistemiamo io e Axel”
Disse una scintillante Cordula con un sorriso che non finiva più grazie ai suoi tacchi finalmente di nuovo ai suoi piedi, e al nuovo numero che aveva nella rubrica del telefono – lo svedese si era arreso dopo che la rosa aveva fatto irruzione nello spogliatoio -.
“Fatti accompagnare da Schneider a casa, su, da brava bimba ~”
“Aspetta un po’, perché da Schneider?!”
Domandò Axel, riprendendosi tutto d’un botto dal suo stato di adorazione verso i suoi preziosi autografi.
“Posso accompagnarla i-AHIA!”
Urlò Werner, prendendosi tra le mani il povero piede pestato dalla cameriera.
“Ci sentiamo domani Saph ~♥”
La salutò angelicamente Cordula, iniziando a trascinare verso il furgoncino il povero aiuto cuoco dolorante.
“Allora… andiamo?”
Le chiese il biondo, fino a quel momento rimasto in silenzio per osservare la scena, sorridendole teneramente.
“Andiamo”
Rispose la rossa, sorridendogli nello stesso modo.
Si diressero alla macchina del biondo e, una volta seduti dentro, la ragazza si rilassò contro il sedile, perdendosi a guardare le luci del sole che stava tramontando.
“E’ stata davvero una bella giornata”
Bisbigliò, attirando l’attenzione del calciatore che si mise ad osservare il suo profilo illuminato dalle luci aranciate e rosse… sembrava quasi che i suoi capelli stessero andando a fuoco, talmente risplendevano.
“Suppongo che devo aggiungere anche questa alle cose per cui devo ringraziarti, magari ti faccio una nuova torta per sdebitarmi”
“Le cose che ho fatto, non le ho fatte per farti essere in debito con me”
Le sussurrò l’attaccante, guardandola incantato mentre si voltava per ricambiare il suo sguardo.
“Non pensare che io voglia farti sentire in debito, non scambiare quello che provo per pena o altro”
“E tu non scambiare quello che provo io per semplice riconoscenza o paura della solitudine”
Dopo quelle parole mormorate, i due presero ad avvicinare i volti fino a far entrare in contatto le fronti, i loro occhi non vedevano altro che l’azzurro dell’altro.
Tremando impercettibilmente, Saph alzò una mano e la portò ad accarezzare piano una guancia del Kaiser, che si appoggiò meglio contro il suo palmo per godersi appieno quel primo contatto, portando al contempo un paio di dita a sfiorarle il collo e la nuova catenina che sfoggiava con appesi tre anelli che non aveva mai visto.
Avrebbe voluto chiederle da dove provenissero ma lo avrebbe fatto un’altra volta.
Adesso, nella sua mente, c’era spazio solo per la labbra di Saphira che si poggiarono leggere sopra le sue.

Una volta, Derek aveva detto alla sua nipotina che i baci erano come le ciliegie, una volta che iniziavi entrambi era difficile smettere.
Stretta tra le braccia calde di Karl, nel suo letto, con le labbra che cercavano affamate le sue, Saph si ritrovò a dargli ragione.
Smettere era proprio difficile.





 

*
Come ce lo vedo Rudi chiedere ad ogni ragazza di Karl dei nipotini! xD

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Capitolo 8
*** Una Rossa allo Stadio ***


Angolino della Robh: Buonasera! ♥
Dunque, a dire il vero questa settimana l'aggiornamento di Saph sarebbe dovuto saltare siccome oggi è il mio compleanno e avevo fatto dei piani... piani che sono rimasti solo una teoria come avrete ben potuto capire xD, quindi eccomi a rompervi i palloni da calcio anche in questa serata che segna il mio invecchiamento! xD
Parliamo della storia adesso, anche questo capitolo è uno abbastanza tranquillo, non succede niente di abbastanza eclatante ma serve per descrivere un po' quella che è diventata la routine di Karl e Saph, quello che sarà un passo in più per loro e, soprattutto, qui si gettano le prime basi di un qualcosa che succederà nel prossimo, vi ho messo della curiosità? Spero di sì, così continuate a seguirmi fino alla fine *fa gli occhioni dolci alla Gatto con gli Stivali di Shrek*.
Adesso vi lascio al capitolo com'è giusto che sia, ed io vado a mangiarmi una nuova fetta di torta com'è giusto che sia. u.u
Buona lettura! ♥



Ps: Serè come regalo mi ha disegnato Saph così com'è alla fine di questo capitolo, non potete capire l'amore che sto provando per questa donna. ♥



 

Le pentole erano sul fuoco, il loro contenuto sobbolliva e veniva regolarmente mescolato e speziato.
I piatti erano in fila, pronti per essere riempiti dalle pietanze che stavano venendo cucinate.
I suoni, gli odori, i sapori si mescolavano e davano vita a un grosso sorriso sul volto del cliente non appena assaggiava il piatto che aveva ordinato.
Quelle cose costituivano la bolla di Saphira.
Stava bene, la rossa, nella sua bolla protettiva, non si era mai pentita di dedicare così tanto tempo della sua vita al suo ristorante e alla sua cucina, erano il prezioso lascito di suo nonno e lei se n’era sempre presa cura con il massimo delle sue capacità.
Quando Karl si era infiltrato in quella bolla Saph ne era rimasta contenta, il calciatore era entrato a piccoli passi e si era fatto strada con gentilezza, riuscendo a prendersi alla fine un posto speciale dentro di essa.
Quando, però, Karl le chiese di abbandonare la sua bolla non fu altrettanto contenta.
“Uhm…”
Mugugnò la cuoca, distogliendo qualche secondo lo sguardo dalla padella di cui si stava prendendo cura per poter guardare il biondo  che le stava di fianco, appoggiato ai fornelli.
“Dai, vieni a vedermi giocare”
Insistette quello sorridendole, portando una mano a sistemarle alcune ciocche rosse sfuggite dalla treccia laterale dietro l’orecchio.
“Abbiamo già fatto un discorso simile tempo fa, perché me lo richiedi se sai che la risposta non cambia?”
Chiese Saph arrossendo un poco quando la mano le andò a sfiorare un poco il collo.
“Perché l’altra volta era diverso, questa è l’ultima partita della stagione e voglio che la mia ragazza ci sia a vedermi vincere”
Rispose Schneider, tirandole leggermente la catenina e facendo tintinnare i tre anelli – insieme a quelli che rappresentavano sua nonna e sua madre aveva aggiunto anche quello di plastica ornato da fiorellini azzurri, il primo acquisto che aveva fatto a Vienna -, facendola arrossire di più quando l’apostrofò ‘la mia ragazza’.
Da quella sera dove si erano baciati per ore stesi sul letto di casa sua tutto era cambiato nuovamente, ma stavolta in meglio sia per Karl che per Saphira.
Adesso l’attaccante non appena entrava dentro la cucina andava a salutarla con un casto bacio sulle labbra, e la stuzzicava un po’ mentre cucinava per potergliene dare altri – la pause sigarette di Axel erano aumentate vertiginosamente per questo motivo -, la cuoca da canto suo aveva preso l’abitudine di rubargli le magliette e indossarle dopo che aveva passato la notte a dormire da lui; solo dormire, precisava sempre alla cameriera che le sorrideva maliziosa quando la vedeva arrivare da casa di Karl.
Di tanto in tanto durante il servizio si portava il collo della maglia fin sopra il naso per poter inspirare il profumo del biondo, che persisteva nonostante gli odori della cucina.
Erano ancora nella fase ‘luna di miele’, così l’aveva apostrofata Cordula perché tutta rosea, piena di fiori e dolcezza, e proprio su questo il Kaiser stava cercando di fare leva per convincerla ad andare allo stadio.
Sapeva che aveva ancora dei grossi problemi con il calcio – i nomi dei suoi compagni di squadra li aveva imparati tutti senza difficoltà, per i loro ruoli in campo… ci stavano ancora lavorando - ma non poteva farci niente, la voleva vicina in quella partita così importante, voleva che lo vedesse vincere, voleva festeggiare con lei la fine di quella stagione dove il Bayern aveva dominato indiscusso.
Era ingordo di attenzioni, Karl, ne voleva sempre di più e quella volta non si sarebbe arreso tanto facilmente.
“Uhm…”
Mugugnò nuovamente Saphira, allontanandosi da lui per poter andare ad impiattare.
“Andiamo Saph solo per questa volta, ti prometto che non sarà un’esperienza così traumatica”
“Ma non è per quello, figurati…”
“Sicura?”
La rossa annuì, ritornando ai fornelli con la padella ormai vuota.
“L’avevo già messo in conto che prima o poi sarei venuta a vederti allo stadio… magari più poi che prima… ma comunque, il mio problema adesso è un altro”
“Ovvero?”
“Ho riaperto il ristorante solo da due settimane Karl, non posso chiuderlo di nuovo anche se solo per una sera”
“Devi per forza chiudere per venirmi a vedere?”
Le chiese il calciatore tornando a sfiorarle il collo.
Saph sospirò pensando che no, non doveva chiudere per forza, ma l’idea di avere il ristorante aperto senza essere presente in cucina… un po’ la spaventava.
Significava non averlo sotto controllo, significava non esserci se qualcosa fosse andato storto, significava… uscire dalla sua bolla...
“Non voglio costringerti a scegliere me al posto del Vienna, non ti farei mai a fare una cosa simile”
Le mormorò Karl avvicinandosi un poco di più e abbassandosi per lasciarle un bacio sulla tempia che le fece chiudere gli occhi.
“Vorrei semplicemente che tu-“
“Ehi, si era detto niente sconcerie davanti ai fornelli, così rovinate da mangiare, se volete farle andate almeno nello studio e chiudetevi a chiave!”
Li riprese Cordula, entrata in cucina per poter prendere i piatti pronti da servire ai clienti in sala.
“Ma non stavo facendo niente”
Protestò il biondo sorridendole ironicamente mentre la rossa si portò una mano alla bocca per nascondere le risa.
“Ahn ah certo, e io sono Madre Cordula da Monaco”
“Oh, quindi con Levin sta andando così male?”
Insinuò, incrociando le braccia al petto.
In verità non era sicuro né di star dicendo il vero, né di aver appena detto una cavolata, aveva visto spesso Stefan attaccato al cellulare prima e dopo gli allenamenti, segno che la rosa si stava facendo sentire, ma il bel svedese non si era mai pronunciato su di lei e la cameriera aveva fatto stranamente lo stesso.
“No comment!”
Urlò di fatti Cordula, dando un colpo di fianchi alla porta che collegava sala e cucina per aprirla ed uscire.
Passarono pochi secondi che la videro sporgere la testa nuovamente dentro.
“Comunque, guarda che mica lo incendiamo il ristorante se per una sera non ci sei”
“Perché non mi sorprende che tu abbia origliato tutto?”
Domandò Saph, prendendo in mano un nuovo ordine dopo aver sistemato quello vecchio insieme agli altri foglietti completati.
“Perché mi conosci troppo bene e sai che adoro farmi gli affari vostri ~”
“Potresti ricambiare il favore e lasciare che io mi faccia i tuoi”
“Ti piacerebbe Kaiser, ti piacerebbe!”
“Cordula i piatti si raffreddano”
La riprese la cuoca, e la cameriera guardò male il calciatore come a dirgli ‘è colpa tua se la mia bimba mi rimprovera!’, prima di andare a servire però volle dire ancora come la pensava.
“E’ una sera soltanto Saph, non sarà la fine del mondo se per una volta stacchi e lasci fare a noi, io e Axel possiamo cavarcela benissimo, non è vero Axelino mio dolce?”
Domandò all’aiuto cuoco appena rientrato da una delle sue pause sigaretta.
Il castano guardò i tre spaesato, evitando però accuratamente di soffermarsi su quanto Karl fosse vicino a Saphira
“Mi sono perso qualcosa?”
Chiese, dando prova di non aver origliato niente al contrario della rosa.
“Tu prendilo per un sì!”
Ordinò quest’ultima, sparendo definitivamente per andare a svolgere il suo lavoro.
“Saph?”
Chiamò Werner per cercare di capirci qualcosa.
La rossa, però, aveva riportato l’attenzione sul suo ragazzo che la stava fissando attentamente negli occhi, cercando di trasmetterle tutto quello che stava pensando mentre i loro azzurri si fondevano.
Sospirò nuovamente, Saph, alla fine.
Karl era ingordo di attenzioni e lei non era brava a negargliele.

“Bene signorina Heinrich, potrebbe spiegarmi in cosa consiste il fuorigioco?”
“Il… fuorigioco?”
“Il fuorigioco sì- ah! Ferma lì!”
Urlò Cordula, battendo il cucchiaio di legno sulla copertina del libro che Saph aveva tentato di alzare senza farsi vedere.
Libro che parlava di calcio.
La rossa aveva ceduto alla richiesta del biondo alla fine, promettendogli che quella sera sarebbe andata a vedere la sua ultima partita, l’attaccante ne era stato entusiasta e le aveva dato tutta una serie di piccoli e veloci baci a stampo, insieme ovviamente al biglietto per lo stadio, prima di scappare via per gli ultimi preparativi che lo aspettavano.
Quei baci avevano fatto andare in brodo di giuggiole la cuoca, che si accorse di avere un grosso problema solo quando finì il servizio.
Sarebbe andata a vedere una partita di calcio… non sapendo niente di calcio.
Come detto al Kaiser aveva già messo in conto che prima o poi sarebbe andata a vederlo durante una partita, si era fidanzata con un calciatore famoso dopotutto, non gli poteva mica chiedere di evitare di parlare di calcio in sua presenza perché non ne capiva un accidente, voleva che si sentisse libero di esprimersi con lei del suo lavoro e della sua passione così come faceva Saphira con lui, voleva andare anche lei ad osservarlo mentre era immerso nel suo mondo come Karl andava ad osservarla cucinare ogni giorno al Vienna… non poteva nascondere, però, di aver sperato che quel momento arrivasse molto, molto più tardi, dopo che si fosse almeno preparata in modo decente.
L’imperatore capriccioso, invece, aveva voluto metterle fretta e lei era dovuta correre ai ripari, ovvero a comprare un paio di libri sul calcio che l’avrebbero preparata almeno un minimo per poter affrontare quella serata allo stadio senza fare figure barbine che avrebbero messo in imbarazzo sia lei, sia Schneider, era stata mezz'ora a cercare quelli più semplificati, tra l'altro.
Lo studio, però, si stava rivelando molto più difficile di quello che aveva previsto.
“Perché il calcio mi deve sembrare così complicato?!”
Sbraitò la rossa mettendosi le mani tra i capelli e accasciandosi sulla sedia.
Neanche quando da bambina aveva dovuto studiare da privatista cambiando insegnate privato ogni volta che Aimée si doveva muovere per un nuovo concerto aveva avuto così tanti problemi.
“E lo chiedi a me?”
Domandò retoricamente, Cordula, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso, li aveva messi per calarsi meglio nel ruolo di insegnante e, a giudicare dalle lamentele di Saph, la cosa le era riuscita alla perfezione.
“Tanti sforzi per un calciatore sciupafemmine, perché sì, vorrei ricordare ad entrambe che la maggior parte dei calciatori sono puttanieri!”
Borbottò Axel, chiudendo di scatto l’altro libro che teneva in mano.
Era rimasto al ristorante insieme alla rosa per poter aiutare con lei la loro piccola rossa, chi meglio di un fan sfegatato del Bayern Monaco come lui poteva farlo… ma vedere la cuoca impegnarsi tanto per quel dannato Kaiser non aveva giovato alla gelosia che ancora provava nei suoi confronti, nonostante si fosse messo l’anima in pace aveva promesso a Schneider che ne avrebbe approfittato all’istante se mai si fossero lasciati.
“Non Karl!”
“Non Stefan!”
Urlarono in coro le due ragazze, infiammandosi all’istante.
Ma sia l’arrabbiatura di Saph che la gelosia di Axel si calmarono in pochi secondi quando si resero conto di come aveva chiamato, la loro amica, il bel centrocampista svedese.
Stefan.
Non Levin.
Cordula aveva un grosso e smisurato orgoglio di cui andava più che fiera, per questo non scappò via alla maniera di Saphira, non appena quest’ultima e il castano iniziarono a guardarla maliziosamente – da quando si erano invertiti i ruoli? Era lei che li osservava così di solito! -.
Nossignore.
Lei usò la scusa di non poter lasciare andare la sua bimba allo stadio senza qualcosa del Bayern per defilarsi a gambe levate.


Tutto la squadra del Bayern Monaco, allenatore compreso, aveva notato il sorriso a trentadue denti che sfoggiava il Kaiser.
Svettava sul suo volto da quando era tornato dalla pausa pranzo e niente era riuscito a scalfirlo in nessuna maniera, non le battutine di Sho che si divertiva a chiedergli di Saph negli spogliatoi, non le raccomandazioni del padre per la partita, non gli occhi agguerriti dei giocatori del Lipsia quando le due squadre si riunirono nel tunnel prima di entrare in campo.
Karl si sentiva carico ed euforico come poche altre volte era stato, era pronto a far vedere alla sua rossa la miglior partita della sua vita.
… Peccato che Saphira non ci fosse.
Aveva lanciato parecchie e lunghe occhiate al posto che le aveva riservato - uno dei più vicini al campo, direttamente sopra la panchina dove stava suo padre, per far sì che potesse guardarlo tranquillamente - non appena era entrato in campo, e man mano che continuava a lanciarle il suo sorriso si spegnava per lasciare spazio a una sensazione che aveva già provato anni prima durante il suo primo mondiale.
Come a quei tempi aveva sperato di veder comparire i suoi genitori adesso sperava di vedere Saph, la delusione che provò quando l’arbitro suonò il fischio d’inizio senza che la cuoca si fosse fatta vedere era esattamente la stessa provata quando era più piccolo.
Non aveva tempo per pensarci, però, era appena iniziata l’ultima partita del campionato e lui era una delle colonne portanti della sua squadra, doveva concentrarsi sul pallone che stava ai suoi piedi… e che gli fu rubato poco dopo, quando un giocatore del Lipsia entrò su di lui malamente facendolo finire a terra.
L’arbitro fischiò, tirando fuori un cartellino giallo mentre Levin e Sho corsero dal loro amico.
“Tutto a posto Schneider?”
Chiese lo svedese, porgendogli una mano che Karl afferrò facendo una smorfia.
“Pochi minuti e già ti hanno preso di mira, eh?”
Sdrammatizzò invece il cinese, guardando un filino male l’avversario.
“E’ anche colpa mia, mi sono distratto e-“
“KARL!”
Quel potente urlo attirò non solo l’attenzione dei tre, ma anche di parecchi altri che iniziarono a cercare con lo sguardo chi avesse mai potuto lanciarlo.
I calciatori, però, sapevano già chi fosse, perché conoscevano bene quella voce, uno di loro soprattutto.
“Ma che ci fa negli spalti del Lipsia?!”
Domandò Shunko sgranando gli occhi fissi sulla cuoca del Vienna.
Saphira era in piedi e tremava, aveva gli occhi sgranati esattamente come loro ed in più era bianca come un lenzuolo.
La videro rilassarsi e riprendere colore in viso solo quando il Kaiser ritornò in piedi.
“Non ne ho idea, Schneider tu ne sai qualcosa?”
La domanda che pose il cavaliere del sole di mezzanotte non ebbe risposta, i due lasciarono perdere la rossa per guardare il loro amico e lo trovarono ad osservare la sua ragazza.
Osservare, però, non era il termine troppo giusto, Karl si stava più imprimendo nella mente l’immagine di Saph di quel momento.
Saph che indossava un leggero vestito bianco a maniche corte con il sopra ricoperto di pizzo, Saph che doveva aver messo dei tacchi visto che la trovava un po’ più alta del solito, Saph che aveva acconciato i capelli in una bassa coda laterale, Saph che non portava più la catenina perché gli anelli aveva deciso di portarli alle dita per quella sera, Saph il cui collo era circondato da una sciarpa del Bayern Monaco… una sciarpa… quando erano praticamente in estate…
Saph che era andato a vederlo proprio come gli aveva detto.
“Sai Levin, credo proprio che qualcuno qui abbia appena ritrovato la carica giusta per vincere”
Ghignò il killer degli assi, vedendo come il sorriso ritornava sul volto del loro attaccante.
“E noi non siamo da meno, no?”
Disse Stefan con lo sguardo determinato.
“Puoi scommetterci!”
Urlò il cinese, dando delle poderose pacche sulle spalle dei compagni.

La partita riprese e le tre punte del Bayern iniziarono a dare spettacolo con scambi veloci e precisi e goal segnati con grande potenza.
Il più esaltato era sicuramente il Kaiser che puntava l’indice verso la sua ragazza ogni volta dopo che aver segnato per dedicarle il tiro, sapeva bene che questo non avrebbe aiutato con il suo imbarazzo ma non riusciva a farne a meno, voleva farle sapere che stava dando il massimo quella sera non solo per la sua squadra, non solo per suo padre, ma anche e soprattutto per lei.
Per fortuna non la vide scappare via, o peggio ancora svenire, al contrario Saph gli applaudì ogni tiro, sorridendo entusiasta nonostante il rossore sul suo viso aumentasse di volta in volta.
Durante l’intervallo riuscirono anche a telefonarsi per pochi minuti, e Karl la fece andare a recuperare da qualcuno così che potesse finalmente andare a sedersi al posto giusto, era caduto per terra dal ridere, Sho, e Levin (!) aveva quasi fatto la stessa fine quando finalmente il mistero del perché si trovasse sugli spalti del Lipsia fu risolto… semplicemente si era persa ed era capitata lì.
Il secondo tempo seguì lo stesso filone del primo e, allo scadere dei novanta minuti regolari, il Bayern si portò a casa la vittoria della partita e del campionato con un punteggio di 7 a 2.
“Siamo i migliori!”
Esultò Shunko abbracciando i suoi amici biondi.
Karl e Stefan risero, stringendolo di rimando ed esultando con lui e con tutto il resto della squadra, intorno a loro si innalzavano i cori dei loro tifosi che chiamavano i loro nomi a gran voce, felici come e se non di più dei calciatori per averli visti trionfare in quella partita e nel campionato in generale.
In mezzo a quelle voci spiccò anche quella di Saphira, che urlò per il suo ragazzo sì, ma anche per lo svedese, per il cinese e per tutti gli altri del Bayern, perché se li meritavano tutti quanti quei complimenti per averle regalato una bellissima prima partita allo stadio… di cui non aveva capito manco un’azione, nonostante avesse passato tutto il pomeriggio a studiare quei dannati libri che in teoria avrebbero dovuto aiutarla a fare il contrario… ma questo non era necessario che lo sapesse nessuno.

Dopo la partita ci sarebbe dovuta essere la festa a cui avrebbero dovuto partecipare tutti.
Avrebbero.
Rudi decise di chiudere un occhio quando vide il figlio sgattaiolare via dagli spogliatoi prima degli altri per poter raggiungere la sua rossa che lo aspettava poco lontano da questi – gli aveva dato direttive precise per messaggio, per evitare che si perdesse ancora -, d’altronde quella che li aspettava era solo una noiosa festa dove avrebbero dovuto mostrarsi tutti seri e composti per i fotografi e i giornalisti, poteva anche assentarsi per quella volta.
Sospettava, comunque, che Karl avesse già festeggiato con i compagni dentro lo spogliatoio a giudicare dalle urla che provenivano da dentro questo.
Il sospetto divenne certezza quando, dopo aver aperto la porta, Rudi fu investito da un potente spruzzo di champagne proveniente dalla bottiglia che aveva agitato… Levin (?!).
Il silenzio calò dentro la stanza mentre lo svedese iniziava lentamente a sbiancare, Sho gli strappò via la bottiglia per cercare inutilmente di nascondere le prove ma, al contrario di quello che si aspettavano i ragazzi, il mister scoppiò a ridere.
“Perché vi siete fermati? Abbiamo appena vinto, bisogna festeggiare!”
E così Schneider senior prese il posto di Schneider junior in quei festeggiamenti.

“Siete stati spettacolari!”
Si complimentò Saph portando le braccia al collo dell’attaccante.
Allo stesso tempo Karl le cinse la vita e la sollevò di qualche centimetro da terra, iniziando poi a girare su se stesso tenendola stretta.
Rise, la rossa, alzando le braccia al cielo, e il biondo rise con lei mentre volteggiavano per il corridoio.
Erano contenti, una per aver fatto finalmente dei passi nel mondo del suo imperatore capriccioso, non molto concludenti era vero, ma erano comunque un inizio, l’altro per aver vinto e per averla avuta vicino durante quel momento.
“Promettimi che verrai ancora quando ricominceranno le partite”
Mormorò il Kaiser fermandosi ma non lasciandola andare.
La cuoca annuì riportando le braccia intorno al suo collo, promettendoglielo silenziosamente, avvicinando il volto per lasciargli un piccolo bacio a schiocco sul naso.
“Ho appena vinto il campionato e tu come regalo per la vittoria mi baci solamente sul naso?”
“Krapfen pretenzioso”
“Imparerai mai che è Kaiser?”
“Chissà”
Bisbigliò Saphira, avvicinandosi di nuovo per dargli il regalo che voleva.
Si erano già baciati tante altre volte in quelle prime settimane di relazione, ma il biondo continuava ad adorare come la cuoca iniziasse il bacio lentamente, lasciando che le loro labbra si sfiorassero in un lungo contatto, prima di approfondirlo con la lingua.
Gli piaceva lasciarle governare il bacio come voleva, però quella sera sentì crescere la voglia di prendere lui il comando.
Glielo tolse gentilmente, invadendole la bocca all’inizio con calma, poi con sempre maggiore desiderio che trasformò quel bacio in qualcosa di sempre più passionale, tanto che, quando si staccarono, avevano entrambi il fiato corto.
“Ti va di-“
“Sì”
Rispose la rossa, non lasciandogli il tempo di finire la frase.
Ma non ce n’era stato il bisogno, aveva già capito cosa volesse chiederle e la risposta non poteva che essere quella.
Il calciatore sorrise e la rimise con i piedi per terra.

Durante il tragitto dal corridoio alla macchina Karl usò la sciarpa del Bayern che Saphira aveva al collo per nasconderla agli occhi dei giornalisti.
“Perché proprio una sciarpa con questo caldo?”
“Chiedilo a Cordula”


Quando Saph si ritrovò appoggiata al suo petto nudo, con Karl che le accarezzava delicatamente la schiena altrettanto nuda, sfiorandole i lunghi capelli rossi e i contorni dell’acchiappasogni che aveva tatuato in alto a destra - il suo primo tatuaggio, fatto a Vienna con un documento falso per poter racchiudere e far suo il sogno che aveva condiviso con Derek, l’ibisco sulla caviglia invece se lo era fatta non appena aveva compiuto i diciotto anni per ricordare i genitori con quello che era stato il fiore preferito di sua madre -, pensò che alla fine non era poi così male uscire ogni tanto dalla sua bolla.

Tale pensiero fu rimangiato il giorno dopo quando andò ad aprire lei la porta di casa, siccome il calciatore non dava segno di volersi svegliare nonostante l’insistente suono del campanello, e si ritrovò davanti un ragazzo straniero con il cappellino.
Mai più.
Mai più avrebbe lasciato la sua rassicurante bolla e, soprattutto, mai più avrebbe aperto la porta scordandosi d’indossare solamente la maglia del Bayern Monaco di Karl.
Menomale che fu presa al volo dal  SGGK quando svenne.

 

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Capitolo 9
*** Non Sempre le Vacanze Iniziano Bene ***


Angolino della Robh: Buonasera! ♥
Ho due notizie per voi oggi, una buona e una cattiva, dunque quella buona è che questo è il penultimo capitolo, eh sì, il prossimo sarà l'ultimo capitolo e poi ci sarà un piccolo epilogo che concluderà la storia di Saphira e del Vienna, quella cattiva invece è che ho già pronta un'altra storia da pubblicare quindi non vi sbarazzerete tanto presto di me, arrendetevi. xD
Ma parliamo di questo penultimo capitolo, dunque (!) come avevo accennato nello scorso capitolo dove gettavo una sorta di base, in questo capitolo c'è un pezzo molto importante per me che riguarda Saph in particolare, è una sorta di pezzo autodescrittivo perchè quello che prova lei in quel momento io l'ho passato qualche anno fa e... niente, spero vi piaccia e che non mi/la prendiate per pazza, ecco. ^^'''
Nel finale abbiamo un colpo di scena perchè se io non complico le cose allora non sono contenta, Serè me lo dice spesso che sono una guastafeste in effetti O.o, ma vedrete che nel prossimo capitolo andrà tutto a posto... o forse no... chi lo sa, voi leggete questo intanto. xD ♥
Buona lettura! ♥




Ps: Un grazie speciale a Khrenek per tutti i consigli che mi ha dato, sei un vero tesoro! ♥




 

Karl Heinz Schneider era fermamente convinto che se facevi una cosa per la prima volta non sapendo nulla di come poteva essere il risultato finale e ti andava bene, allora doveva andare bene per forza anche la seconda volta.
Ne era sempre stato sicuro, anzi di più sicurissimo, perché i fatti gli avevano sempre dato ragione.
Si rivolse quindi alla sua fidanzata, quella sera, con un sorriso tranquillo in volto, credendo di sapere già la risposta che la rossa gli avrebbe dato, perché se alla fine Saph aveva accettato la sua richiesta ed era andata a vederlo allo stadio, lasciando il ristorante a Cordula ed Axel, allora avrebbe sicuramente accettato anche di andare in vacanza con lui.
Sicuramente.
… Sicuramente…
“Non potevi chiederglielo in un altro momento Kaiser della malora?!”
Urlò Cordula, riprendendo leggermente colore in viso.
L’attaccante si ritrovò ad ammettere che magari sì, avrebbe potuto chiederglielo in un secondo momento, magari quando sarebbe finito il servizio serale e fossero andati a casa della rossa… ma come poteva immaginare, lui,  che Saphira per lo shock di quella domanda avrebbe lasciato la presa sulla padella che aveva in mano?! E per fortuna Axel era riuscito a prenderla al volo dato che era vicino alla cuoca!
Lui, però, gli aveva fatto una semplice domanda!

Domanda che ebbe risposta solo quando si ritrovarono nella stanza della ragazza,  visto che erano stati minacciati entrambi con i tacchi dalla cameriera se solo avessero osato parlarne ancora in cucina, e che non fu ovviamente quella che Karl avrebbe voluto sentirsi dire, ma avrebbe dovuto immaginarselo questo dato che le risposte che gli dava Saph erano sempre il contrario di quelle che s’immaginava lui.
“E’ alta stagione Karl, non posso chiudere e partire quando questo è proprio il periodo più redditizio per il ristorante, ci sono un sacco di turisti qui a Monaco!”
Spiegò la rossa, mettendosi a sedere a cavalcioni sul suo bacino.
“Ho notato…”
Borbottò il Kaiser, sdraiato comodamente nel centro del suo letto.
Da quando era iniziato il periodo estivo la capitale bavarese si era riempita sempre più di turisti, e se la cosa negli anni precedenti non aveva mai fatto né caldo, né freddo, all’attaccante del Bayern, quell’anno invece aveva dovuto farci i conti dato che aveva iniziato una relazione con una cuoca di ristorante.
Anche se piccolo e appartato, il Vienna attirava i turisti esattamente come tutti gli altri ristoranti della città, e se questa era grande fortuna da una parte, dall’altra Karl non riusciva a pensare che fosse anche una sfortuna, visto come Saph – e Werner… ma lui difficilmente contava anche l’aiuto cuoco – si ammazzava ogni giorno in cucina.
Aveva deciso, la rossa, di posticipare l’orario di chiusura di entrambi i servizi, sia per poter sfruttare al massimo il viavai di persone e quindi avere frequenti ricambi ai tavoli, sia per poter avere più tempo per poter cucinare, ma non era servito a molto, lei e il castano erano comunque costretti a correre per poter preparare tutti i piatti richiesti, e così dovevano fare anche Cordula ed Edmund in sala per poterli servire senza far aspettare troppo.
Arrivavano sempre a fine serata tutti e quattro distrutti, ma il giorno dopo era altrettanto pronti per ricominciare tutto da capo.
“Ti servirebbe, però, un periodo di pausa”
Insistette Schneider poggiandole una mano sulla guancia e sfiorandole con il pollice le occhiaie scure che le si erano formate sotto gli occhi.
“Ti porterei anche in un bel posto tranquillo, così potresti riposare senza problemi”
“Karl…”
“Non voglio farti scegliere tra me e il ristorante, te l’ho già detto quella volta, sono solo preoccupato per te, ho notato che hai iniziato a prendere delle vitamine prima di cominciare a cucinare”
“Lo dici come se stessi assumendo dei farmaci strani, sono solo vitamine… le prendo ogni anno in questo periodo, non è una novità per me”
“Per me sì, invece”
Obbiettò il biondo, stringendo la presa che aveva sul suo fianco morbido.
“Voglio che tu stia bene”
Le mormorò, facendole sciogliere il cuore in brodo di giuggiole.
Saph gli sorrise dolcemente, prendendogli la mano che ancora teneva sulla sua guancia tra le sue e portandosela alle labbra per lasciarci sopra dei piccoli e lunghi baci.
Questo fece sorridere un poco anche il calciatore, che si alzò a sedere per poter sostituire la mano con le labbra.
“Vedi che ho ragione io a chiamarti krapfen? Sei incredibilmente dolce e buono”
Rise piano, la cuoca, sulle sue labbra.
“Ahn ah, quando e con chi voglio io, però, dovresti sentirti onorata di essere tra i pochi eletti che mi possono vedere così”
“Addirittura onorata, qui qualcuno dovrebbe lavorare un po’ sul suo ego o mi sbaglio?”
“Nah, sono semplicemente onesto”
Saphira alzò gli occhi tempesta al soffitto e Karl ne approfittò per rubarle un altro bacio, ridendo.
Sentendola staccarsi poco dopo, il Kaiser capì che non ce la faceva più a tenere gli occhi aperti e che quindi voleva mettersi a dormire, c’era da dire che era durata più della notte prima dove si era addormentata in macchina, ma per lui il discorso di poco prima non era ancora concluso.
“Almeno pensaci, fallo per me”
Fu sleale, da parte sua, usare gli occhioni dolci e la vocina, ma in guerra e in amore tutto era permesso, no?
“Questo te lo posso promettere”
Disse Saph, cercando di trattenere le risate.
“Ma non posso prometterti che la risposta sarà affermativa”
“Mi sta bene”
Le sorrise Schneider, avvicinandosi per darle l’ultimo bacio della buona notte.

“Ti sta bene sul serio?”
“Per niente”
“Lo sospettavo”
Ridacchiò Genzo, beccandosi un’occhiataccia dal biondo accanto a lui.
Quella mattina avrebbe avuto l’ultimo incontro con la società del Bayern Monaco, poi, a partire dalla nuova stagione calcistica, avrebbe fatto ufficialmente parte della squadra bavarese.
Non era stata una scelta facile, per il SGGK, lasciare la sua amata Amburgo, ma non aveva potuto fare altrimenti, non era nelle sue intenzioni passare il resto della sua carriera in panchina per quello che non considerava neanche un errore.
Per poter tornare a giocare tra i pali che tanto gli erano famigliari, aveva accettato la richiesta che gli aveva fatto tempo prima il Kaiser.
Kaiser che, in quel momento, se ne stava seduto al tavolino del bar, dove si erano fermati in attesa dell’orario dell’incontro, con un grosso broncio in bella vista.
“Ero e sono serio quando dico che non voglio farle scegliere tra me e il Vienna, sarebbe da carogne farlo sapendo quanto è importante per lei quel luogo, e sono altrettanto serio quando dico di essere preoccupato per la sua salute”
Precisò Karl ancora una volta.
“Ma?”
Insinuò Wakabayashi, prendendo un sorso del suo caffè.
Sapeva che c’era un ‘ma’, si conoscevano troppo bene.
“Ma… mi farebbe anche un po’ piacere averla tutta per me per un periodo”
“Solo un po’?”
Chiese il portiere, guardandolo da sopra la tazza.
Aveva detto che lo avrebbe accompagnato all’incontro per fargli compagnia, ma a giudicare da quello che stava succedendo, lo aveva fatto anche per avere qualcuno con cui sfogarsi.
“Ok, mi farebbe tanto piacere, pagherei qualunque cifra per avere del tempo per noi due da soli”
“Mi sembrava di aver capito che del tempo per voi ce lo avete eccome, dato che vai ogni giorno al ristorante e dormite insieme ogni notte”
“Al ristorante ha troppo da fare e non siamo mai davvero da soli, e certe volte la notte è troppo stanca anche solo per scambiare due parole”
Sospirò, l’attaccante, passandosi una mano tra i capelli biondi.
“Sarebbe solo una vacanza… mi chiedo cosa la freni così tanto, togliendo la questione del ristorante”
Perché doveva esserci sicuramente sotto anche qualcos’altro, non poteva essere davvero solo il Vienna a bloccarla ogni volta, si rifiutava di crederlo.
“Magari ha proprio paura di stare da sola con te”
Ipotizzò il giapponese.
“Che vuoi dire? E’ stata da sola con me altre volte”
“Sì, ma un conto è per un paio di ore o per una notte, un altro è l’idea di starci per giorni, forse l’imbarazzo le fa venire paura di cose o situazioni che potrebbero succedere e quindi preferisce evitarle”
“A questo non ci avevo pensato…”
Ammise Karl, abbassando lo sguardo.
Si era talmente abituato all’idea che ormai con lui potesse essere sempre a suo agio da non prendere nemmeno in considerazione l’ipotesi che avrebbero potuto trovarsi in situazioni imbarazzanti, almeno per Saphira, dove la ragazza sicuramente non avrebbe saputo come gestirle.
Un nuovo problema era appena venuto fuori.
Stupendo.
Maledisse il portiere davanti a lui per averlo tirato fuori… e poi lo benedisse, quando tale portiere propose anche una soluzione per il problema.
Ecco perché aveva insistito tanto per farlo andare a Monaco!

Saph sapeva che se Karl non si era arreso quando aveva voluto portarla allo stadio, allora non si sarebbe arreso neanche per la vacanza che le aveva proposto.
Per questo pensò seriamente a quella proposta fin da quando mise piede al ristorante dopo essere tornata dal giro al mercato con Axel, proprio come gli aveva promesso.
Per fortuna, aveva anche lei qualcuno che avrebbe ascoltato i suoi pensieri…
“Bimba, sei davvero una grande cretina”
… e che l’avrebbe insultata sempre in modo amorevole, ovviamente.
“Ma-“
“Ma un paio di scatole Saph, ti sembrano davvero domande da fare?”
Non appena Cordula si era stesa accanto a lei per terra, sotto il condizionatore posto all’entrata del locale – l’altro era stato sequestrato dall’aiuto cuoco, che si era rinchiuso in ufficio per riprendersi dalla calura che avevano sopportato al mercato -, la rossa le aveva chiesto se fosse una brava proprietaria.
“Ovvio che sei una brava proprietaria, anzi sei un’ottima proprietaria e questo te lo direbbe anche Derek se adesso non si stesse rivoltando nella tomba per la stronzata che hai appena chiesto, forza, adesso guarda quella foto e chiedigli scusa”
Ordinò la rosa, puntando un dito contro la foto del vecchio proprietario.
La cuoca la guardò davvero, ma invece che chiedergli scusa, pose un’altra domanda.
“Chiudere il ristorante per andare in ferie, secondo te equivarrebbe a tradirlo?”
“Oh mio- ma che razza di domande sono queste Saphira?!”
Urlò la cameriera, tirandosi a sedere per poterla guardare in viso.
“Me lo sto continuando a chiedere da ieri”
Confessò la minore, continuando ad osservare il volto sorridente del parente.
Al contrario di quello che aveva pensato Karl nello stesso momento, era davvero solo il Vienna a bloccare Saphira dall’andare in vacanza con lui, quello e la paura di deludere il nonno che le aveva lasciato il suo bene più prezioso.
Lo aveva lasciato a lei, e lei ne aveva fatto la sua bolla, la sua vita, non pentendosi di niente, continuando a cucinare e a prendersene cura ogni giorno.
Cordula addolcì lo sguardo e tornò a stendersi, prendendole una mano e stringendogliela forte.
“Bimba, sai perché sono stata felice fin dall’inizio quando tu e Schneider avete iniziato ad avvicinarvi?”
“No…”
“Perché finalmente era arrivato qualcuno che ti avrebbe portata fuori di qui”
La rossa sgranò gli occhi azzurri e li portò sul volto dell’amica, che la stava guardando a sua volta.
“Non pensare male Saph, io amo questo ristorante esattamente come lo ami tu e come lo amano Axel ed Edmund, ma il tuo rapporto con questo posto non è sano, questo lo penso io, lo pensava Aimée e lo avrebbe pensato anche Derek vedendoti”
Mormorò dolcemente la rosa, aumentando la stretta sulla mano.
“In questi anni hai dato letteralmente sangue, sudore e lacrime non staccandoti mai, e questo non va bene Saphira, non va bene per niente, parecchie volte ti ho detto di allentare la presa ma non hai mai voluto ascoltarmi, solo quando è arrivato Schneider hai iniziato lentamente a farlo”
Continuò Cordula, girandosi completamente verso di lei.
“Chiudi il ristorante e vai in ferie con lui, ti farà bene e il Vienna rimarrà qui ad aspettarti anche da chiuso”
La rossa annuì piano, tuffando a nascondersi poi contro il suo petto prosperoso per poter lasciare andare i singhiozzi che le stavano serrando la gola.
Quando Axel uscì finalmente dallo studio, poco prima dell’orario di apertura, le trovò ancora abbracciate per terra… la foto che fece avrebbero fatto rodere il Kaiser per anni, ne era strasicuro!

“Saph, piccola!”
Urlò Karl entusiasta, prendendola tra le braccia e alzandola da terra.
“Ehi, sono felice di vederti anch’io”
Rise la rossa, stringendogli le spalle forti.
Lo aveva chiamato alla fine del servizio per il pranzo e gli aveva detto di aver pensato alla proposta delle vacanze insieme, ma non era riuscita a comunicargli la sua decisione perché l’attaccante glielo aveva impedito, dandole frettolosamente appuntamento sotto casa sua prima di chiuderle in faccia la chiamata.
“Ti stavo dicendo al telefono-“
“Aspetta, prima voglio dirti io qualcosa e ti assicuro che sarà la soluzione a un tuo grosso problema!”
“Un mio grosso problema?”
Ripeté Saph perplessa.
“Sì! Vedi, stamattina ho parlato con Wakabayashi e lui mi ha fatto notare che, quando ti ho chiesto di venire con me, non ho pensato al tuo problema con l’imbarazzo”
“In effetti no ma-“
La cuoca fu nuovamente interrotta dal biondo, ormai un fiume in piena.
“Mi dispiace per non averci pensato, sono stato un vero idiota, ma Genzo oltre ad avermelo fatto notare mi ha proposto anche una soluzione, non siamo costretti ad andare in vacanza noi due da soli se ti imbarazza troppo, possiamo andare con lui e Tsubasa ad Ibiza!”
Saphira avrebbe voluto dirgli che no, non era un idiota.
Karl Heinz Schneider, in quel momento per lei, era l’uomo più dolce e premuroso dell’intero pianeta Terra, si era preoccupato per qualcosa a cui lei non aveva neanche mai pensato, e aiutato dall’amico aveva trovato una soluzione che l’avrebbe fatta stare meglio.
Come non andare in brodo di giuggiole?
Come non sentirsi una completa cretina per non essersi confidata con lui del vero problema?
“In verità Ka- hai detto Ibiza?”
Chiese però Saph, invece che confessare la verità come si era ripromessa giusto pochissimi secondi prima.
“Ibiza”
Confermò Schneider sorridendo.
“Ibiza in Spagna?”
“Ibiza in Spagna”
… Magari gli avrebbe confessato tutto quella sera quando sarebbero stati a letto, adesso era troppo occupata ad urlare dalla pazza gioia e a riempirgli il viso di baci.

“Cordula vado ad Ibi- ehi! Ma quella è una brochure di una crociera?”
Si bloccò la rossa dopo essere entrata nel ristorante tutta entusiasta e aver visto l’amica seduta ad un tavolo con in mano un volantino.
Si avvicinò a lei pensando che era ovvio che, così come lei andava in ferie ci sarebbero andati anche i suoi amici, ma non si aspettava che la rosa sapesse già dove e cosa fare.
“… Certo che no, non è assolutamente una brochure che parla di crociere in Svezia, proprio per niente bimba, te lo posso giurare”
Cercò di arrampicarsi sugli specchi, Cordula, nascondendo nel frattempo la brochure sotto al sedere.
“Io non ho mai nominato la Svezia”
Insinuò Saphira, incrociando le braccia sotto al seno e assottigliando lo sguardo maliziosa.
“Svezia? Chi ha mai parlato di Svezia?”
Chiese la cameriera, guardandosi intorno per fare la gnorri.
“Allora, la signora dell’agenzia mi ha chiesto se volevi fare dei tour, avere una guida e altre cose che non sapevo quindi mi sono fatto dare questi volantini, decidi tu poi che cavolo fare per il viaggio a Stoccolma”
Le interruppe Axel, entrando in quel momento nel ristorante con in mano i citati volantini che parlavano della città di Stoccolma.
Capitale della Svezia.
Città natale di un certo cavaliere del sole di mezzanotte.
“Non giudicare”
Sibilò la rosa, arrossendo furiosamente.
Saph non l’avrebbe giudicata, non lo faceva mai, ma quella sera avrebbe fatto chiamare Levin a Karl per poter sapere di più su quella ‘crociera’.


Una settimana più tardi il Vienna chiuse ufficialmente per ferie per la prima volta dopo anni, e tutti e quattro i custodi ne approfittarono per partire.
Edmund, grazie anche alla mancia extra che la cuoca ci tenne a dargli, andò nuovamente via con i suoi amici.
Axel scappò in montagna per cercare di sfuggire alla calura dell’estate.
Cordula, abbandonata l’idea della crociera, optò per il semplice viaggio a Stoccolma, non facendo richiesta di nessuna guida all’agenzia perché la sua guida personale la stava già aspettando.
Saphira partì insieme a Karl e Genzo alla volta di Barcellona, dove li stava aspettando il fidanzato di quest’ultimo, Tsubasa Ozora.
La rossa aveva avuto seriamente paura di incontrarlo, non perché credeva fosse una brutta persona o perché avesse qualche pregiudizio nei suoi confronti, no.
Saph aveva paura d’incontrare Tsubasa perché Tsubasa aveva fatto del calcio la sua vita… e lei, di calcio, sapeva giusto solo qualche ruolo… a voler essere gentili… come sarebbe riuscita a guardarlo negli occhi o a parlarci con tutte le sue lacune?!
Manifestò le sue paura agli altri due calciatori, e fu Genzo, con il quale aveva iniziato ad instaurare una bella conoscenza, da quando aveva iniziato ad accompagnare l’amico biondo al ristorante, a rassicurarla dopo aver riso, il centrocampista amava sì il calcio, era il suo sogno e il suo lavoro, ma non era il maniaco del pallone che tutti immaginavano fosse.
Nonostante queste parole, la rossa aveva passato il viaggio in aereo immaginandosi i peggiori scenari possibili e, quando arrivarono alla saletta privata dove Ozora li stava aspettando, fu tentata di gattonare via come mai aveva fatto, mandando al diavolo la vacanza.
Fortunatamente il sorriso con cui l’accolse Tsubasa e il braccio di Karl intorno alla sua vita la fermarono dal farlo per davvero, e poterono prendere l’aereo per Ibiza tranquillamente.

Appena arrivarono alla casa in riva al mare prenotata il portiere rapì il suo capitano e si rinchiuse con lui nella loro stanza matrimoniale, Karl ne approfittò subito per iniziare a prenderli in giro mentre Saph prima ispezionò la cucina dove avrebbe cucinato in quei giorni, poi corse in spiaggia, dove si tolse in fretta i sandali per poter immergere i piedi nell’acqua calda del pomeriggio.
Chiuse gli occhi e alzò il volto al cielo, godendosi sia quella sensazione, sia quella del leggero vento salmastro che le smuoveva delicatamente i capelli rossi sciolti.
“Sei felice?”
Le chiese Schneider abbracciandola da dietro dopo averla raggiunta.
Non che non si divertisse a prendere in giro il suo migliore amico intento a fare chissà cosa con il suo fidanzato, ma  il SGGK ad un certo punto aveva minacciato di fare lo stesso con lui e la cuoca quindi aveva saggiamente deciso di raggiungere in spiaggia la sua ragazza.
La rossa annuì solamente appoggiandosi al suo petto con la schiena, restando ad occhi chiusi per concentrarsi sul rumore e il profumo delle onde, si era quasi dimenticata quanto potessero essere rilassanti visto che erano anni che non li sentiva, e questo le fece apprezzare ancora di più la decisione di essere andata in vacanza con Karl.
Il biondo sorrise e le baciò piano una tempia, rafforzando la stretta sulla sua vita, iniziando a contemplare il paesaggio davanti a loro con lei.
Era tutto perfetto.
Era in vacanza con la sua compagna, lei era felice di essere lì con lui, stavano bene entrambi, era… semplicemente perfetto, niente poteva rovinare quel momento che andava, man mano, a imprimersi sempre di più nel cuore del Kaiser scaldandolo d’amore.
Amore.
Karl si ritrovò a riflettere che lui e Saph non si erano ancora espressi su quello, ma accantonò in fretta il pensiero per non rovinare tutto.
Sarebbe arrivato il momento perfetto anche per dirle che l’amava.

“Ma quanto ha bevuto?”
Chiese Wakabayashi, mentre portava l’attaccante ridente sul letto aiutato dal fidanzato.
Quella sera lui e Tsubasa erano rimasti a casa per potersene stare in panciolle tranquilli mentre Karl e Saphira avevano optato per uscire, sia per fare una passeggiata da soli, sia per lasciare la giusta privacy anche ai due giapponesi che non si vedevano da tanto e dovevano recuperare.
Durante la passeggiata ne avevano approfittato e si erano fermati in un bar a bere qualcosa, con un risultato che la rossa non avrebbe mai immaginato.
Ovvero un Kaiser ridente e traballante.
“A dire il vero solo un cocktail e mezzo, il resto gliel’ho bevuto io”
Confessò la cuoca, togliendosi finalmente i tacchi per poter andare a dare loro una mano.
Non era stato facile riportare a casa il biondo indossando quelli ma aveva voluto metterli per non deludere le aspettative che Cordula aveva riposto in lei, mai si sarebbe aspettata di dover rimpiangere i suoi sandali raso terra perché il suo fidanzato si era ubriacato, e menomale che era riuscita a far mantenere ad entrambi un buon equilibrio, sarebbe stato tragicomico sennò portare la stella del Bayern Monaco al pronto soccorso per una gamba rotta fuori dal campo di calcio.
“Non mi stupisce troppo, qui i cocktail sono forti e noi calciatori non abbiamo il fisico adatto a reggerli”
“Parla per te, figlio del calcio dei miei… dei miei palloni!”
Urlò l’attaccante a Tsubasa, per poi scoppiare a ridere da solo per quella  che a lui sembrò una battuta divertentissima.
Il capitano della nazionale giapponese e la cuoca si guardarono perplessi tra loro, intanto il SGGK tirò fuori il cellulare dalla tasca dei pantaloni.
“Saph ti offendi se faccio un video e lo mando a tutti quelli che conosce?”
“Beh mettiamola in questo modo, per offendere non mi offenderei, ma sarei una pessima fidanzata a lasciartelo fare”
“Allora una foto? Una piccina?”
“Buona notte Saphira”
Salutò il centrocampista, acchiappando il fidanzato per un braccio e trascinandolo fuori dalla stanza prima che potesse chiedere altro.
“Buona notte”
Salutò di rimando la rossa, andando a coprire la risata che stava per nascerle sul volto con la mano.
La porta si chiuse dietro ai due giapponesi, e i due tedeschi rimasero da soli.
“Buona notte!”
Esultò Karl, alzando le braccia al soffitto.
“Sì, in effetti tu hai proprio bisogno di una bella dormita”
Convenne la cuoca, andando a scostargli i capelli dalla fronte.
“Adesso ti aiuto a metterti sotto le coperte e dopo ti metti a dormire, ok? Una luuuuunga dormita ristoratrice”
“Uhm… tu starai con me, vero?”
Mugugnò Schneider avvicinandosi a lei, seduta sul bordo del letto.
“E dove vuoi che vada?”
Rise la rossa, iniziando ad accarezzare i capelli biondi del compagno non appena lui appoggiò la testa sulle sue gambe, lasciate scoperte dal leggero vestito blu che aveva indossato per la passeggiata serale.
“Non lasciarmi mai Saph… ti amo…”
Saphira non si sarebbe mai immaginata di chiudere la prima serata di vacanza con quella frase, a cui non seppe come rispondere.

 

 

*
In un modo o nell'altro io Gen e Tsu ce li devo infilare sempre.
SEMPRE! xD

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Capitolo 10
*** Gesti che Parlano ***


Angolino della Robh: Buonasera a tutt*! ♥
Eccoci arrivat* anche a questo giovedì con un nuovo aggiornamento, al contrario degli altri però questo è un aggiornamento molto, molto importante, eh sì... perchè? Perchè con questo capitolo la storia di Karl e Saph si chiude! xD Già, questo è tecnicamente il vero ultimo capitolo della loro storia, il prossimo sarà solo un epilogo per chiudere un po' il cerchio e mostrarveli dopo qualche anno, questo sarà il 'vero finale' diciamo, sorpres*? Tristi? Spero quest'ultima di sì perchè per quanto mi riguarda il solo pensare che il prossimo sarà l'ultimo giovedì della mia bimba dai capelli rossi mi fa venire i lacrimoni agli occhi! ç.ç *soffia nel fazzoletto che Serè le ha messo davanti al naso*
Dunque, nel precedente capitolo ci eravano lasciati con Karl mezzo collassato che si confessava... secondo voi, Saphira come risponderà in questo? Se vi aspettate la solita dichiarazione cuori e rose rosse... vi sbagliate di grosso! Ormai sapete che se non complico la vita ai miei pargoli io non mi diverto, quindi aspettatevi l'improbabile. xD
Adesso però non dico più niente sennò rovino tutto il divertimento, vi auguro solamente una buona lettura! ♥



Ps: Questo capitolo lo dedico a Serena perchè questa, insieme un po' al periodo, per lei è una serata un po' così.
Ti voglio tanto bene Serè! ♥



 

 Quella mattina il risveglio per Genzo e Tsubasa fu decisamente il migliore che ebbero da mesi.
Aprire gli occhi e ritrovarsi davanti il viso del proprio compagno fu un qualcosa di estremamente rilassante e bello che non capitava da molto, così decisero di godersi quell’intimità il più possibile restando a letto fino a quasi l’ora di pranzo, con il centrocampista che teneva il viso appoggiato alla spalla del portiere e una mano sopra al suo petto, muovendola e  divertendosi a disegnare dei piccoli ghirigori invisibili, mentre quest’ultimo circondava la vita del suo capitano con un braccio, tenendoselo stretto il più possibile.
Si alzarono portandosi dietro la tranquillità che avevano avuto nel letto e si diressero verso la cucina comune, convinti di trovare l’altra coppia nella medesima pace raggiunta da loro, forse rovinata solamente dai lamenti di Karl per il probabile mal di testa che avrebbe potuto avere.
Il Kaiser, però, non si stava lamentando, no.
Non aveva neanche l’espressione dolorante che Wakabayashi aveva sperato che avesse così da potergli fare quelle dannate foto imbarazzanti che non era riuscito a fargli la sera prima.
No, Schneider aveva l’espressione seccata, tipica di quando qualcosa non andava come voleva lui, ed entrambi i giapponesi la conoscevano bene visto che la vedevano spesso in campo, e si stava dilettando nello sbattere qualunque cosa gli capitasse sotto tiro, fosse questa una posata, un cassetto o una porta, facendo sussultare ogni volta la povera Saphira che, però, non staccava gli occhi tempesta dalla padella con cui stava cucinando il pranzo per guardarlo neanche un secondo.
Il capitano e il SGGK del Giappone guardarono prima lo scontroso attaccante del Bayern Monaco, poi la tesa cuoca e proprietaria del Vienna, infine i loro occhi neri e verdi s’incrociarono.
Avevano a malapena iniziato a recuperare il tempo assieme…

“Frena, frena, frena”
Fermò Genzo il fiume in piena dell’amico, alzando la mano che teneva la forchetta davanti al suo volto crucciato.
“Prendi un grosso respiro e ricomincia a dirmi, con calma questa volta, perché sei infuriato, se parli così velocemente non riesco a seguirti!”
“Non riesci o non vuoi perché stai mangiando?”
Gli rinfacciò Karl guardandolo sempre più male.
“Che pretendi?! E’ ora di pranzo!”
“Pranzo cucinato dalla mia ragazza!”
“Che, per nostra grande fortuna, fa la cuoca come lavoro!”
“Peccato che io l’abbia portata in vacanza per farla riposare e per stare con lei, non per farla cucinare pure qui, razza di scroccone che non sei altro!”
“Io non sono scroccone, precisiamo, al massimo ti concedo approfittatore!”
Volle precisare Wakabayashi prima di dare un’altra forchettata al suo piatto.
“E dove sta la differenza?”
Chiese Schneider, curioso di sapere cosa si sarebbe inventato per rispondergli.
“Sta nel fatto che qualcuno doveva pur mangiare quello che Saph ha preparato prima di essere portata via da Tsu”
Sorrise trionfante il portiere all’amico, che si ritrovò a chiedersi se il giapponese non gli avesse proposto di fare quella vacanza a quattro solo per approfittarne e mangiare i piatti della cuoca sia pranzo sia cena, e non per aiutarlo come gli aveva detto.
Era un dubbio più che legittimo, quello.
Prima che il biondo potesse risolverlo, Genzo ritornò sul discorso principale.
“Allora, ti ho lasciato ieri sera ubriaco e ridente, perché oggi ti ritrovo scontroso e con il broncio?”
“Non ero ubriaco”
“Ti prego non mi va di contraddirti anche su questo, è vero che mi diverto a farlo ma dopo un po’ diventa stancante”
“Non le avrei mai detto che la amo se fossi stato ubriaco!”
Wakabayashi bloccò la forchetta a mezz’aria.
“Tu… hai detto cosa?”
“Ho detto a Saph che la amo ieri sera, quando siamo rimasti da soli… e lei non mi ha risposto… mi ha aiutato a mettermi sotto il lenzuolo, si è cambiata, mi ha raggiunto, il tutto senza spiccicare neanche mezza parola, si è solamente messa a dormire, stamattina uguale, si è alzata e non mi ha neanche guardato in faccia”
Mormorò Karl, facendo trasparire nel suo tono di voce tutta la delusione che sentiva.
Può darsi che non l’avesse detto nel migliore dei momenti visto che era un po’ annebbiato dall’alcool, magari sarebbe stato meglio il pomeriggio in spiaggia, ma non si pentiva di averlo fatto, quello che provava per Saphira era amore e aveva creduto che fosse così anche per lei… almeno fino alla sera prima.
Dire che era rimasto deluso, era dire poco.
“Posso immaginare che non sia bello non ricevere una risposta dopo aver confessato i tuoi sentimenti…”
Iniziò a dire il portiere, lui si sarebbe sentito esattamente allo stesso modo, se non peggio, se Tsubasa non gli avesse risposto la prima volta che gli si era confessato.
“Ma cosa pretendi Schneider? Per Saph tu eri ubriaco, avrà pensato che l’hai detto tanto per dire sotto effetto della sbronza, per questo non ti avrà risposto”
“Ma stamattina avrebbe potuto riprendere il discorso!”
“Ti dimentichi sempre il piccolo particolare che è il problema dell’imbarazzo per Saphira”
“Cosa c’è d’imbarazzante nel confessarsi i propri sentimenti?!”
“Niente, ma ti ricordo che per lei li hai espressi da ubriaco, avrà pensato sicuramente che stamattina tu non ricordassi un accidente, quindi ha voluto evitare di finire dentro un discorso che sarebbe stato imbarazzante per chiunque, figurarsi per una come lei!”
Il discorso non faceva una piega, in effetti… pensò il biondo, sciogliendo l’espressione corrucciata in una colpevole.
Si era comportato da bambino, concentrandosi solamente su se stesso e quello che provava lui, dimenticandosi per la seconda volta del problema che aveva la sua ragazza siccome ormai era troppo abituato a vederla tranquilla.
“Appena torna glielo dirò di nuovo”
Decise il Kaiser, e il SGGK annuì, concorde su quella scelta.
“Genzo?”
“Sì? Non devi ringra-“
“Smettila di mangiarti tutto da solo, scroccone di un portiere!”

“Tieni”
Sorrise Tsubasa, porgendo la granita all’anguria alla rossa seduta sul muretto che divideva la strada dalla spiaggia.
Insieme a Wakabayashi, avevano deciso di separare i due piccioncini per poter capire cosa era successo, così mentre Genzo si era preso l’incarico di occuparsi del suo migliore amico, Tsubasa aveva preso la cuoca e l’aveva portata a mangiare fuori.
Era stato divertente vederla illuminarsi tutto d’un botto e farle da interprete quando volle chiedere a tutti i costi gli ingredienti al signore del banchetto dove si erano fermati, ma era arrivato il momento di farla confessare.
Cosa non semplice visto lo scarso livello di conoscenza e confidenza che avevano.
“Allora, cos’è successo con il Kaiser?”
Le chiese, sedendosi di fianco a lei con la sua granita alla menta.
La vide mettere il broncio, girando e rigirando il ghiaccio nel bicchiere di plastica, rise, attirando così la sua attenzione.
“Non ti piace quando lo chiamano in quel modo, vero?”
“… Si capisce così tanto?”
“Abbastanza”
Rivelò il centrocampista, iniziando poi a mangiare la sua granita prima che si sciogliesse.
Saph seguì il suo esempio ed iniziò anche lei a prendere le prime cucchiaiate dal bicchiere, con il ghiaccio e il sapore del frutto che le si scioglievano in bocca tentennò.
Di  solito… ovvero sempre… lei si confidava con Cordula, era la sua migliore amica, la conosceva meglio di chiunque altro e sapeva sia come prenderla, sia come risponderle in ogni situazione, in quel momento però la rosa molto probabilmente era a farsi una sudante e purificante sauna a Stoccolma, e non poteva andare a disturbarla chiamandola o mandandole messaggini disperati! Soprattutto se era in compagnia di Levin come sperava che fosse!
Non voleva e non poteva rovinarle le ferie, anche se aveva un estremo bisogno di lei!
Poteva farsi coraggio e rispondere alla domanda che gli aveva posto poco prima Ozora…
“E’ naturale per i fidanzati confessarsi a vicenda, vero?”
… prendendola alla larga, per evitare di mettersi in imbarazzo e svenire pure davanti a lui.
“Beh… sì”
Rispose Tsubasa, continuando a guardare la sua granita per non metterle pressione addosso, ma ascoltandola attentamente.
“Tu e Genzo lo fate spesso, per esempio”
“Sì”
Lo disse con un tale sorriso dolce ed innamorato, che la rossa per poco non si sciolse come stava facendo il ghiaccio dentro il suo bicchiere.
“Credi che sia strano, invece, non sentire il bisogno di doverli confessare?”
“Uhm… strano no, direi insolito piuttosto”
“Insolito?”
Il capitano della nazionale giapponese annuì.
“Di solito alle persone che si amano piace dire e sentirsi dire quello che provano, ma suppongo che ci possano essere sempre delle eccezioni perché siamo tutti diversi a questo mondo”
Iniziò a spiegare, portando finalmente gli occhi ossidiana a specchiarsi in quelli azzurri della ragazza.
“Per quanto mi riguarda io lo dico spesso a Gen perché non lo vedo tutti i giorni, e voglio che mi percepisca vicino anche se siamo quasi sempre lontani, ma altri al contrario mio, anche essendo nella mia stessa situazione, potrebbero non sentire il mio stesso bisogno, per questo non penso che sia strano”
Finì, facendo nascere un leggero sorriso sul volto di Saphira.
Non doveva sentirsi strana nel non sentire il bisogno di dire ‘ti amo’ a Karl, perfetto, già quello l’aiutava ad essere più tranquilla.
“Ti consiglio però di parlarne con Schneider, lui rientra decisamente nella prima categoria, e non so come potrebbe prendere il fatto che tu rientri nei secondi”.
Saph sapeva, invece, come l’avrebbe presa il Kaiser.
Male.
Decisamente male.
Magari non glielo avrebbe detto e avrebbe cercato di fare finta di niente, ma ci sarebbe rimasto molto male, e alla fine avrebbero sicuramente litigato come le era già successo con la sua fidanzata a Vienna.
Si erano lasciate non per colpa della distanza tra la capitale austriaca e quella bavarese che le avrebbe allontanate, ma perché la cuoca non aveva mai sentito il bisogno di esprimere i suoi sentimenti pur provandoli, a Katharina, la sua ragazza, questo non era mai andato giù, e aveva preferito troncare il rapporto pochi giorni prima che la rossa partisse per fare ritorno a Monaco.
Era andata a dormire e si era alzata, Saphira, provando la forte paura che Karl avrebbe potuto fare esattamente lo stesso.
“Tsubasa?”
“Sì?”
“Dici che se inizio a gattonare adesso, entro il tramonto lo raggiungo l’aeroporto?”
Alla risposta negativa del calciatore, la cuoca si buttò sulla granita.

“Pronta per tornare a casa?”
A giudicare dall’espressione funerea che aveva in viso… no, Saph non era per niente pronta a tornare a casa e ad affrontare Karl.
Lo sarebbe mai stata?
Probabilmente no dato che non era un discorso semplice quello che doveva intavolare con il Kaiser, e Tsubasa capiva perché volesse rimandarlo il più possibile, ma era anche vero che non potevano stare lontani per tutto il giorno, prima o poi i due calciatori del Bayern sarebbero andati a cercarli e la ragazza avrebbe potuto ritrovarsi ad iniziare quel discorso in mezzo alla strada… decisamente non il luogo adatto.
“Non è detto che debba finire per forza male”
Le disse cercando di tirarla su di morale in qualche modo, intanto che prendevano la strada che li avrebbe riportati a casa.
“Hai ragione… potrebbe finire peggio…”
“Non essere così negativa”
“Come faccio a non esserlo, ci sono già passata, so cosa mi aspetta!”
“Ma il Kai-“
“Karl, si chiama-!”
“Saphira!”
La rossa si bloccò, cambiando l’espressione da leggermente arrabbiata ad altamente perplessa, e la stessa fu indossata dal centrocampista, i due si guardarono giusto un attimo per capire se entrambi avessero sentito bene, ma al secondo richiamo fu chiaro che sì, qualcuno stava chiamando proprio la ragazza.
Purtroppo per lei, però, non era un qualcuno di gradito… aveva sperato per qualche secondo in Cordula o Axel, lo doveva ammettere…
“Tu!”
Urlò Saph, sgranando gli occhi posati sulla figura dell’uomo che si stava avvicinando a loro.
Ioann, il violinista russo.
Uno degli amanti di Aimée.
Quello che le aveva insegnato a suonare il violino da bambina.
“Allora è un tuo conoscente”
Disse Tsubasa, distogliendo qualche secondo lo sguardo dall’uomo per posarlo su di lei.
“Vorrei non lo fosse”
Bisbigliò la ragazza, un attimo prima di essere  raggiunti.
“Saphira”
Richiamò Ioann con un leggero sorriso.
“Avrei riconosciuto i tuoi capelli rossi dovunque…”
“Cosa vuoi?”
L’anziano non si stupì del tono duro che la cuoca usò con lui, per questo decise di non girarci troppo intorno, ma anche e soprattutto perché da quel giorno al cimitero non aveva avuto più occasione o possibilità di incontrare la rossa, quell’incontro si poteva quasi definire un miracolo e, siccome non sapeva se ne sarebbe capitato un altro, era meglio non sprecarlo.
“Voglio parlarti… da solo”
“Scordatelo, io non ho niente da dirti,  specialmente in privato”
“Per favore”
“Ti ho detto di no”
“Saphira, ti prego… ho bisogno di parlare con te, è per Ai-“
“Non pronunciare il suo nome!”
All’urlo della ragazza Tsubasa decise di intervenire mettendosi davanti a lei, sottraendola alla vista del russo.
“Saph non vuole parlare con lei, non insista per favore o sarò costretto a chiamare chi di dovere per allontanarla”
“Ma… io voglio solo parlarle, nient’altro”
“Lei però le ha ribadito che non vuole”
“Io ho bisogno di parlarle, devo farlo, è… sei l’unica che può capirmi, ti sto scongiurando Saphira, sarà il nostro primo ed ultimo discorso su di lei, te lo giuro, dopo non mi vedrai mai più”
Mormorò il violinista con la voce che andava incrinandosi.
“…Mai più?”
Chiese la rossa per conferma.
“Mai più”
“… Parliamo”
Si arrese, Saph, superando Ozora e avvicinandosi all’uomo che le sorrise piano.
“Io ti aspetto qui”
Le disse il centrocampista, facendo intendere ad entrambi che, se fosse successo qualcosa, qualsiasi cosa, non avrebbe perso tempo e sarebbe intervenuto nuovamente.
Prima di allontanarsi con Ioann, la rossa lo ringraziò con un sorriso.

Stranamente Saphira indossava un sorriso anche quando tornò da sola dal calciatore del Barcellona un’ora più tardi, era solo estremamente malinconico.
“Tutto bene?”
Domandò Tsubasa, mettendo via il cellulare  con cui si era messo a parlare con Genzo, ed alzandosi dal muretto dove si era seduto.
Prima di annuire, la cuoca fece un grosso sospiro.
“Quel tuo conoscente se n’è andato?”
“Sì, ha preso un taxi ed è andato via”
“Ok… torniamo a casa, adesso?”
Piuttosto che domandarle quello, avrebbe preferito chiederle se avesse bisogno di parlarne, ma sospettava che fosse meglio che si sfogasse con qualcuno che conosceva meglio la situazione dietro, tipo un certo attaccante che li stava aspettando facendo avanti e indietro per la casa – Wakabayashi gli aveva scritto che se non si fossero sbrigati, il Kaiser avrebbe fatto un buco nel pavimento -.
“Veramente… ti da fastidio se prima cerchiamo un altro posto?”
“A me no, ma-“
“Bene, allora andiamo!”
Beh… non sarebbe stato così semplice fare un buco in un pavimento di marmo, no?


Schneider aveva dovuto aspettare per tutto il pomeriggio prima di riavere a casa la propria ragazza.
Aveva aspettato, aveva camminato e aveva aspettato nuovamente.
Aveva camminato, aveva mandato a quel paese in un modo neanche tanto delicato il suo migliore amico che se la rideva sotto i baffi che non aveva, e aveva camminato ancora.
Alla fine Saphira e Tsubasa erano tornati a casa una paio d’ore prima di cena, quando ormai il biondo poteva dire di conoscere a menadito tutta quanta la casa affittata.
Appena aveva sentito la porta d’ingresso aprirsi,era corso verso di essa per poter riabbracciare finalmente la sua rossa… peccato che quella, invece che gettarsi tra le sue braccia come aveva immaginato, si era abbassata di scatto ed era gattonata via a velocità sostenuta, lasciando che le sue braccia abbracciassero l’aria.
Ci era rimasto giusto un filino male, Karl, ma aveva deciso di passarci sopra perché avevano ancora un discorso da chiarire loro due… almeno così la pensava lui, e lo pensava anche la cuoca in verità, ma continuò lo stesso a sfuggirgli per quanto le riuscisse, saltando per aria quando riusciva per caso a sfiorarla e non guardandolo mai in faccia.
Il Kaiser riuscì a bloccarla in camera loro solo dopo cena, passata tra l’altro a lanciare occhiatacce ai due giapponesi, uno perché stava di nuovo scroccando la cucina della sua cuoca, l’altro perché aveva preso il vizio del fidanzato e continuava a ridersela.
“Inutile che provi a filartela in bagno, ho già chiuso la porta e nascosto la chiave”
L’avvisò l’attaccante severo, poggiandosi le mani sui fianchi.
Saph sussultò, beccata in flagrante.
“N-Non me la stavo filando… piuttosto stavo solo rimandando”
“Beh, io non voglio più rimandare”
Chiarì Schneider, andandole davanti.
La sua espressione severa si sciolse davanti agli occhi tempesta leggermente impauriti, sorridendole piano le prese le mani, togliendogliele dalla maniglia della porta del bagno, e indietreggiò fino al letto portandola con lui, si sedette sul fondo del materasso e la fece fermare in mezzo alle sue gambe.
“Voglio parlare con te di ieri sera”
Iniziò a dirle, e la rossa annuì.
“Lo immaginavo…”
“So che pensi che io fossi ubriaco Saph, non è così… o meglio, lo ero solo leggermente, ma quello che ti ho detto lo provo davvero”
Disse Karl rafforzando la presa sulle sue mani.
“Io ti amo Saphira”
Le mormorò dolcemente, e stavolta fu lei a stringergli forte le mani.
“Karl io… io provo lo stesso ma…”
“Ma?”
Perché c’era un ‘ma’? Si chiese il calciatore, iniziando a preoccuparsi.
“Ma io sono quel tipo di persona che non sente il bisogno di dirlo… ho sentito dire quelle due parole tantissime volte quando ero più piccola, sempre rivolte a mia nonna ovviamente e da così tanti e disparati uomini… mi sembravano sempre così inutili, vuote, prive di un sentimento vero e sincero, dette solo per giustificare il perché di quei tradimenti… da allora ho cominciato a pensare che fosse più importante sentirle e provarle invece che dirle, perché nel comunicarle si sarebbero solo ridotte ad uno stereotipo…”
“E’ solo questo il problema? Per me va bene”
“Non mentirmi”
Lo pregò la rossa, sciogliendo la presa di una mano per portargliela alla guancia.
“So che questo ti ferisce”
“Posso farmelo andare bene comunque, l’importante è che tu provi lo stesso, no?”
“Adesso dici così ma prima o poi inizieremo a litigare, lo so, ci sono già passata e non è stato bello, credo che quelle litigate con la mia ex siano alcuni tra i ricordi più brutti che ho”
“E cosa dovremo fare, allora?... Lasciarci?”
Chiese il biondo, portando la mano sulla sua e premendosela contro la gota, dichiarandole silenziosamente che quella era l’ultima cosa che lui volesse.
Saphira si abbassò per lasciargli un bacio delicato sulla fronte, poi si liberò le mani, allontanandosi di un paio di passi.
“Ti ricordi di Ioann? L’uomo del cimitero”
“Sì, ma che c’entra lui adesso?”
“Oggi pomeriggio, quando ero con Tsubasa, l’ho rincontrato, è qui ad Ibiza per un concerto di un suo allievo, ha intravisto i miei capelli rossi dal finestrino del taxi e ha voluto parlarmi a tutti i costi, mi ha voluto dire di quanto gli manca la nonna, che l’ama ancora e mi ha raccontato alcuni dei ricordi che ha di lei”
“Saph, scusa, continuo a non capire cosa possa c’entrare con noi”
La cuoca accennò un sorriso e, iniziando ad arrossire , si tolse con gesti veloci la leggera maglietta rosa che indossava restando a petto nudo, facendo andare ancora più in confusione l’attaccante,  che si chiese perché una garza le stesse coprendo una porzione di pelle poco sotto il seno sinistro.
“Saph?”
“Una volta, prima della mia nascita e credo anche prima di quella di mio padre, sono andati insieme al Vienna, mio nonno li ha visti ovviamente, secondo Ioann ha capito subito quello che c’era tra di loro… ma non ha detto niente, lo ha completamente ignorato, mentre davanti a mia nonna ha lasciato una fetta di Sacher come faceva ogni volta che tornava a casa… anche mio nonno era così sai, preferiva parlare esprimendosi a gesti, e sono sicura che quella volta con quella fetta di torta volesse dirle ‘okay, va bene così, ti amo lo stesso anche se hai portato lui con te’… questo ricordo, questo momento tra loro mi ha fatto riflettere e sono giunta alla conclusione che non voglio ripetere l’esperienza che ho passato con Katharina e non voglio lasciarti, che come mio nonno si è espresso grazie ad una fetta delle sue torte per parlare con mia nonna, allora io posso esprimermi con qualcos’altro per parlare con te”
Intanto che diceva quelle parole, iniziò anche a togliersi delicatamente la garza che nascondeva sotto di essa l’inizio di un tatuaggio.
Non un tatuaggio qualunque, però, era una scritta.
Una scritta che circondata da piccole fiamme e che diceva ‘Fire Shoot’.
“Ammetto che a pensarci adesso sembra una cosa un po’ pacchiana e puoi tranquillamente ridere se vuoi, ma questo pomeriggio mi era sembrata un’idea carina perché dovevo farmi comunque un terzo tatuaggio e quindi ho pensato di dedicarlo a qualcosa di altrettanto importante come gli al-“
“Posso toccarlo?”
Domandò Karl, interrompendo quel fiume in piena che era diventata la ragazza.
“No, non ancora”
L’attaccante allora andò a sfiorare delicatamente la pelle sottostante, facendo andare a fuoco il viso della cuoca, che si mordicchiò il labbro nervosa.
“Non è ancora finito, la scritta deve essere riempita e la fiamme devono essere colorate… che ne dici?”
“E’ bello”
Rispose semplicemente il biondo con un leggero sorriso, continuando fissare incantato le linee dell’inchiostro nero e sfiorare la pelle candida sottostante.
“Però Saph… è per caso un modo per dirmi che ti farai un tatuaggio per ogni volta che ti dirò che ti amo?”
“Ora non esageriamo”
Schneider si alzò in piedi e la guardò, Saphira ebbe per qualche istante paura, ma si rilassò quando percepì le sue mani circondarle il volto.
“Mi hai chiesto che ne dico?”
“… Sì…”
“Beh Saph, dico che questo-“
S’interruppe un attimo per lasciarle un lungo e casto bacio sulle labbra, sorridendo mentre erano a contatto.
“Questo è il miglior modo in cui tu potessi rispondermi”


“Karl… amore mio…”
“Sì?”
“Se non mi togli la felpa da sopra la ragazza non può finire il tatuaggio… è la terza volta che te lo dico”
“Devo per forza toglierla? Non posso solo spostarla?”
“Direi di no”
S’intromise la tatuatrice cercando di trattenere le risate.
Il Kaiser borbottò qualcosa sottovoce, arrossendo leggermente per la vergogna ma facendo quello che gli era stato richiesto.
“Mi ha già vista nuda ieri, non ha senso coprirmi oggi”
Gli bisbigliò Saph, trattenendosi anche lei dal ridere per non disturbare il lavoro della ragazza.
“Non ricordarmelo… piuttosto, proprio lì dovevi fartelo? Un posto dove non sarebbe stato necessario farti spogliare non era meglio?”
“No”
“Perché?”
“Perché era il posto più vicino al mio cuore”
Con somma gioia della tatuatrice che poté finire il suo lavoro in tutta tranquillità, Karl Heinz Schneider passò il resto della seduta a gongolare come non aveva mai fatto, neanche quando aveva segnato un goal in una partita difficile.
E aveva appena iniziato, si sarebbe vantato con tutti del tatuaggio di Saphira non appena quest’ultima avrebbe potuto togliersi la garza.
Genzo e Tsubasa stavano già pensando a come riuscire a sopportarlo per il resto della vacanza senza doverlo per forza eliminare fisicamente.

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Capitolo 11
*** La Nostra Vienna ***


L'angolino lo troverete a fine epilogo. ♥
Per l'ultima volta, per questa storia, una buona lettura a tutt*. ♥





 

“Ehi! Quello era fallo!”
“No! Non lo era!”
Le due migliori amiche si guardarono male, poi la rossa si voltò di scatto verso la biondina seduta alla sua destra, perché era vero che ormai aveva capito come funzionava il gioco, ma meglio avere sempre qualcuno vicino che potesse confermare.
“Non era fallo, vero Marie?”
“L’arbitro non ha fischiato, quindi…”
“Ecco, non è fal-AHIA!”
Saphira sussultò sulla seduta, tirandosi al petto la gamba per poter vedere le condizioni del suo povero piede appena pestato dal tacco 10 cm di Cordula.
“Dicevi bimba? ~”
“Questo è un fallo”
Specificò Marie ridacchiando, sporgendosi per vedere il segno del tacco che iniziava a comparire sul piede della cuoca.
“Sì, e da cartellino rosso pure”
S’imbronciò la rossa guardando male l’amica, che fece palesemente la gnorri e continuò a guardare la partita.
Partita che corrispondeva alla semifinale del mondiale in corso.
Germania vs Svezia.
Se qualcuno avesse mai detto a Saph e Cordula, tre anni prima, che sarebbero andate a vedere dei mondiali di calcio in persona, si sarebbero messe a ridere e gli avrebbero dato del matto.
Invece, contro ogni aspettativa, eccole lì allo stadio, la prima con indosso la maglia con il numero del capitano della nazionale tedesca, la seconda con quella del capitano della nazionale svedese, a commentare pure le azioni dei loro fidanzati in campo.
Roba da non crederci.
“GOAL!”
Esultò la rossa, abbracciando la biondina accanto a lei altrettanto entusiasta per il tiro in porta appena compiuto dal fratello.
Stavolta toccò alla rosa imbronciarsi, guardando Levin dare una pacca consolatoria al suo portiere.
“SAPH!”
L’urlo del Kaiser riportò l’attenzione di tutte e tre le ragazze su di lui, che era corso vicino agli spalti dopo aver segnato e aver ricevuto gli abbracci dei compagni.
“Saph!”
La chiamò di nuovo sorridendo esaltato, subito ricambiato dalla fidanzata.
“Dimmi!”
“Sposami!”
 Il volto di Saphira, che si era sporta per riuscire a sentire meglio le parole del calciatore tra tutte le urla dei tifosi, iniziò a variare tonalità… da rosa chiaro passò a rosato acceso, poi a rosso, poi a scarlatto, e quando giunse al bordeaux accesso… cadde dalla seduta, sparendo alla vista dell’attaccante.
“E’ svenuta?!”
Si preoccupò quest’ultimo, ma la sorella e la cameriera negarono con la testa in contemporanea, ancora troppo scioccate per poter spiccicare parola.
Se loro due erano in quelle condizioni, figurarsi come poteva essere messa la cuoca…
Karl pensò che avrebbe dovuto aspettare la fine della partita per ricevere la risposta dato che il gioco doveva ricominciare, stava giusto per voltarsi quando con la coda dell’occhio azzurro vide spuntare un pollice alzato, rosso e tremolante.
“E’ un sì quello?!”
Di fianco al dito, spuntò anche metà viso infuocato della rossa che gli annuì.
Era un sì.
L’avrebbe sposato.
“Ha detto sì”
Mormorò Schneider, ritornando a sorridere.
“HA DETTO SÌ!”
Urlò poi  scoppiando dalla gioia, alzando i pugni al cielo.
“Quanto l’hai pagata per farglielo dire, eh Schneider?”
Chiese ridendo Kaltz, andando a dargli una pacca sulla schiena.
Stefan, invece, iniziò ad applaudirgli, subito seguito da tutti gli altri intorno a loro.
“La mia bimba si sposa!”
Urlò Cordula scoppiando in grossi singhiozzi, Marie accorse subito in suo aiuto passandole dei fazzoletti, ma anche la biondina aveva le lacrime di felicità agli occhi.
Così tra lacrime varie, applausi ed incitamenti, Saph si rialzò da terra e si sporse di più dal muretto per andare in contro al Kaiser, che preso dall’euforia aveva iniziato ad arrampicarsi per raggiungerla, sotto lo sguardo non propriamente contento dell’arbitro che stava per fischiare con il fidato fischietto un ammonimento per il capitano tedesco, ma fu presto rabbonito da Rudi, che gli chiese un’eccezione alle regole data la situazione.
Appena furono uno davanti all’altra, la rossa gli si gettò addosso abbracciandolo stretto, e il biondo l’alzò da terra, baciandola ripetutamente.
“Il pranzo di ricevimento lo faremo a Vienna”
Le sussurrò sulle labbra, facendola ridere.
“Quale Vienna?”
“La nostra”





 

Angolino della Robh: Buonasera a tutt*! ♥
E siamo giunti alla fine della storia di Saph... datemi qualche secondo che vado a togliermi una cosa dall'occhio... *palese bugia per nascondere le lacrime in stile cascate del Niagara*.
Dunque! Queste piccolo epilogo è solo un'aggiunta a dire il vero, come vi avevo già detto serve solo a chiudere il cerchio e farvi leggere cosa sarebbe successo tra Karl e Saphira dopo qualche anno, magari è un modo di chiudere un po' banale e pacchiano, non lo nego, ma per me non poteva esserci altro finale per loro, insieme e pronti a costruire una famiglia tutta loro, che vi devo dire, sono una romanticona io. u.u ♥
Passiamo alle conclusioni finali, come avrete potuto capire ho semplicemente adorato scrivere di Saph, è la mia prima OC in questo fandom e ho messo davvero tanto di me dentro lei, soprattutto nelle sue esperienze, mi è diventata cara in un modo che non credevo possibile perchè all'inizio era solo una delle mie tante idee bislacche e sfuocate, ma l'immaginarla scena dopo scena mi ha fatto innamorare com'è successo a Karl, e se devo dire la verità avrei anche pronta una scaletta per una raccolta su di lei e sul resto dei personaggi che la circondano, quindi ricordatevi che la mia adorabile rossa potrebbe sempre tornare e sì, è una minaccia!... Ma è fatta con il cuore. u.u ♥
E ora è il turno dei ringraziamenti, un grazie enorme a chi ha speso del tuo tempo per recensire o anche solo per leggere, e un grazie speciale a chi ha messo Saph nelle storie da ricordare e seguire, siete stati tutti semplicemente stupendi ed io vorrei ricoprirvi di bacini da capo e piedi perchè davvero mi avete fatto un sacco felice, GRAZIE! ç.ç ♥

Ho finito le cose da dire con vostra somma gioia, vi rinnovo solo ancora una volta i miei ringraziamenti a tutti quanti voi e per il momento vi saluto, ci leggiamo alla prossima storia! ♥
... Che arriverà molto prima di quanto possiate pensare >.>...

La vostra Yuphie ♥

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