Non avere paura

di kibachan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** cap 1 ***
Capitolo 2: *** cap 2 ***
Capitolo 3: *** cap 3 ***
Capitolo 4: *** cap 4 ***
Capitolo 5: *** cap 5 ***
Capitolo 6: *** cap 6 ***
Capitolo 7: *** cap 7 ***
Capitolo 8: *** cap 8 ***
Capitolo 9: *** CAP 9 ***
Capitolo 10: *** cap 10 ***
Capitolo 11: *** cap 11 ***
Capitolo 12: *** cap 12 ***
Capitolo 13: *** cap 13 ***
Capitolo 14: *** cap 14 ***
Capitolo 15: *** cap 15 ***
Capitolo 16: *** cap 16 ***
Capitolo 17: *** cap 17 ***
Capitolo 18: *** cap 18 ***



Capitolo 1
*** cap 1 ***


NON AVERE PAURA

 

 

Fabio correva come non aveva mai corso. Quei bastardi della sicurezza gli avevano fatto parcheggiare il motorino praticamente a casa, e il resto della strada che lo separava dall'entrata del Pertini se la stava facendo come se fossero i 100 metri alle olimpiadi.

La notifica di quello che era successo gli era arrivata dai social. Come tutto d'altra parte. Qualsiasi notizia i social la sanno prima di te, e te la sbattono in faccia alle 6 di mattina senza premura di filtrarla. Senza premura di chi può saperla e chi no.

A lui la notizia che Brando aveva avuto un'overdose gli era arrivata sulla chat di classe. Subito dopo uno che chiedeva i compiti di algebra per lunedì.

 

Un'overdose. Ma allora succedeva davvero? Non era una cosa da star di Hollywood nelle camere d'albero? Poteva davvero capitare a uno che conoscevi? A uno a cui.... tenevi?

 

Mentre correva con il cuore in gola gli sembrava di averlo davanti agli occhi mentre incosciente lo portavano via, coi tubi nelle braccia e la mascherina dell'ossigeno. Gli sembrava di sentirlo il suono del defibrillatore che tentava di riportarlo indietro.

Probabilmente se al primo messaggio non fosse seguito il secondo, questa volta di Niccolò, dove c'era scritto che lo avevano riacchiappato per i capelli e che stava al Pertini, gli sarebbe venuto un infarto, al suono sordo del defibrillatore che gli batteva nelle orecchie.

Sentiva il suo cuore battere contro la cassa toracica e immaginava quello di Brando, che dopo non so quanti secondi ripartiva.

 

Lo sapeva che era stupido correre così. Che a quel punto arrivare un minuto prima o un minuto dopo non cambiava nulla. Ma era la stessa irrazionalità che l'aveva scaraventato fuori di casa quella mattina a farlo correre. Voleva solo vederlo, coi suoi occhi.

 

A due passi dall'ingresso rallentò di botto e si passò febbrilmente le mani sul viso e sulla testa per ridarsi una parvenza di lucidità. Con solo il ritmo assordante del suo cuore nelle orecchie cercò con gli occhi la reception e chiese informazioni. Ora che ci pensava non sapeva neanche in che reparto fosse.

Terapia intensiva? Rianimazione?

Magari nemmeno POTEVA vederlo. Magari era in prognosi riservata.

Vivo non vuol dire niente... magari aveva danni celebrali, magari era in coma..

 

Scosse la testa per scacciare questi pensieri orrendi e inghiottì a vuoto mentre la ragazza dietro il vetro digitava velocemente sul computer.

 

“non trovo nessun Brando De Santis...” disse dopo un po' “ma è arrivato stanotte?”

Fabio sgranò gli occhi annuendo. La ragazza pigiò ancora qualche tasto ma si capiva che lo faceva a vuoto.

“ma parli del ragazzino con i ricci? Quello che hanno portato con l'ambulanza?” esclamò dopo poco, come se avesse avuto un'illuminazione. Fabio annuì ancora, poi si schiarì la gola, non capendo perchè la sua voce aveva deciso di scioperare.

“ho capito, ho capito... sei fortunato che ero di turno anche stanotte e l'ho visto entrare... aspetta...” digitò ancora a tutta velocità “eccolo qui. Terapia riabilitativa, quarto piano. Orario di visita dalle 9 alle 11” Fabio gettò un'occhiata all'orologio alle spalle della ragazza: 8.45.

“un quarto d'ora e puoi entrare” gli stava dicendo infatti la receptionist “dai che se sta lì non se la passa tanto male” aggiunse facendogli un occhiolino che Fabio ricambiò con un mezzo sorriso, grato.

Respirando profondamente raggiunse una sedia da cui aveva una buona visuale dell'orologio, nonostante ce lo avesse anche al polso.

 

Allo scoccare esatto delle 9 si mosse per raggiungere l'ascensore. Non sapeva come fosse possibile che il suo cuore, anche se non correva ormai da un po', battesse ancor più veloce di prima.

L'ascensore parve metterci una vita, il corridoio gli sembrò il più lungo che avesse mai percorso.

Chiese informazioni, questa volta descrivendo la fisionomia di chi stava cercando, e gli indicarono una specie di stanzino in fondo all'androne. Gli dissero che era l'unica cosa che avevano potuto fare per tenerlo da solo, dato che aveva bisogno di assoluto riposo e terapia intensiva era piena.

 

Brando se ne stava semisdraiato sul lettino a guardare il soffitto nel chiarore asettico della stanza. Si sentiva la testa leggera e gli occhi pesanti. Non gli andava di dormire, così tentò di tenersi sveglio concentrandosi sul gocciolare dei fluidi dalla sacca alla flebo. Non ricordava granché delle ultime ore, ricordava meglio come era iniziata la sua serata: rabbia a pacchi, roba varia, bottiglie, gli occhi blu della prostituta che lo chiamava tesoro, ricordava anche il suo desiderio disperato di trovarla attraente. Poi le cose si facevano più confuse. Mescolate.

Il rumore della porta che si apriva lo fece voltare, ma fu mettere a fuoco chi c'era sulla soglia che lo spinse seduto di scatto. Il cerchio alla testa per la pressione bassa era nulla in confronto alla sorpresa di vederlo. Fabio.

 

Non ebbe neanche il tempo di farsi uscire il suo nome dalla bocca che se lo ritrovò addosso. Aveva percorso la distanza tra loro in due passi e lo aveva abbracciato così stretto da fargli salire il cuore in gola. Lo sentiva tremare.

“credevo non ti avrei più rivisto” lo sentì mormorare “sono quasi morto quando ho letto la notizia che avevi avuto un'overdose ed eri ricoverato. Sei un cazzo di pazzo! Ma quanta roba ti sei calato tutta insieme!? Giuro che se ti vedo in mano anche solo una sigaretta ti picchio personalmente, hai capito??”

A Brando venne da sorridere, poi subito dopo un nodo gli chiuse la gola e poggiò gli occhi sulla sua spalla, respirando a fondo per non piangere.

Fabio che lo sgridava, arrabbiato, ma che mentre lo faceva non aveva mai smesso di abbracciarlo... si rese conto che forse era tutto ciò di cui aveva sempre avuto bisogno, ciò che aveva in fondo desiderato. Sollevò le braccia, esitando un po' prima di ricambiare l'abbraccio, poi lo strinse forte a sua volta.

Fabio si staccò da lui quando gli sembrò che il respiro di Brando tremasse contro il suo collo “oh!” gli disse sorpreso “ma piangi?” gli chiese sentendosi in colpa, forse non avrebbe dovuto aggredirlo così, si era appena ripreso, tempo per le prediche ne avrebbe avuto anche dopo!

“No! Ma che stai a dì??” replicò lui strofinandosi gli occhi di fretta “saranno effetti della droga, mi sento ancora in botta...” Fabio nascose un sorrisino per la bugia un po' infantile del ragazzo approfittando di essersi voltato per recuperare una sedia.

Si sedette accanto al letto e i suoi occhi studiarono rapidamente il suo bel viso, i lineamenti da bambino, mascherati da duro col piglio dello sguardo e della mascella.

Era pallido. Aveva le occhiaie, le labbra un po' troppo chiare.

 

Di nuovo come quella mattina, mentre il vento gli tagliava la faccia in motorino, il tarlo del senso di colpa si affacciò alla sua mente. Ma a differenza di qualche ora prima non lo ricacciò indietro con pensieri più urgenti. Lo lasciò fluire invece. A fondo, a fare male... come era tanto ben abituato a fare.

 

Erano state le sue parole a spingerlo a fare ciò che aveva fatto?

 

Non riusciva ad impedirsi di pensarlo. Lui gli aveva chiesto aiuto il giorno prima. Semplicemente aiuto. E lui lo aveva respinto, sull'onda di un rancore che ora gli sembrava non avere senso. Non respinto come compagno, ma come persona. Sapeva quanto fosse difficile dire la verità su sé stessi. Lui stesso ci era passato. Sapeva quanto tempo lui stesso ci aveva messo a fregarsene degli altri. Eppure a Brando non aveva concesso neanche cinque minuti di esitazione. Perchè era arrabbiato. Era furioso con lui, in quel momento aveva voluto fargli del male, respingerlo con la stessa cattiva fermezza con cui lui gli aveva scandito in faccia “io non sono come te!” detto come se quel

-come te- fosse il peggiore degli insulti.

 

Aveva voluto rendergli pan per focaccia. Come quando aveva scritto sul muro della scuola, e come in quel caso si era pentito di ciò che aveva fatto. Solo che... questa volta aveva rischiato di non poter rimediare simbolicamente al suo gesto con un colpo di vernice spray.

 

“ti chiedo scusa...” si sentì dire in quel momento. Brando lo guardò senza capire “ti ho trattato davvero da cani ieri” spiegò senza avere coraggio di alzare gli occhi “mi sento una merda, tu...”

“ non è stata colpa tua” lo interruppe Brando sospirando e distogliendo anche lui lo sguardo, come se si vergognasse di quanto stava per dire “io volevo annientarmi” quelle tre parole si depositarono nella stanza come macigni “non avevo intenzioni di ammazzarmi...” corresse il tiro lui dopo una pausa “ma volevo far sparire quel me che detestavo. Quello che guardava le ragazze senza sentire niente di ciò che dicevano gli altri. Quello sbagliato. Quello che...” fece una pausa per lanciargli un'occhiata fugace “provava qualcosa per te” borbottò due toni più basso.

Fabio sentì una stretta al cuore a quelle parole e smorzò un sorriso triste, che comunque lui non vide.

“volevo provare a me stesso che quello non ero io. Che era stato uno scherzo. E che io potevo scoparmi chi dicevo io, se volevo.” riprese Brando “ma non ci sono riuscito neanche mandandomi quasi all'altro mondo. Che coglione eh?” concluse con una risatina finta. Fabio scosse la testa

“io ti chiedo scusa lo stesso. Ho preteso da te quello che anche io faccio ancora fatica a fare... avevi ragione, ero arrabbiato con te. L'ho fatto sapendo di chiederti troppo, per avere una scusa per trattarti male. Mi dispiace...” ammise con voce addolorata. Brando lo guardò un momento poi sospirò di nuovo “non fa niente. Sono uno stronzo... me lo merito di essere trattato male” Fabio scosse la testa “no invece”.

Brando gli rivolse una piccola occhiata e un mezzo sorriso, che ebbe il potere di fargli rivoltare le budella. A disagio per l'effetto devastante che quel bastardo ancora gli faceva, si tirò su a sedere più composto “visto che siamo in vena di confessioni...” disse con un tono più leggero “ho fatto io la scritta sul muro della scuola” ammise con una smorfia di vergogna. Brando trattenne uno sbuffo di risata, come se quello avesse ormai perso di ogni importanza “ si, lo so” disse con calma, e allo sguardo di interrogativo stupore di Fabio aggiunse “chiunque altro non avrebbe scritto gay, avrebbe scritto frocio” spiegò guardandolo con aria canzonatoria come a dire -la prossima volta che vuoi fare il bullo informati meglio- Fabio rise in imbarazzo e anche a Brando venne da sorridere, poi si poggiò con la schiena ai cuscini sul letto e sospirò. Il suo sguardo tornò di nuovo serio.

 

“glielo dirò, sai? A mio padre.. di... di me insomma” se ne uscì dopo un po'. Fabio lo guardò intensamente, notando come, riferito a sé stesso, ancora non riuscisse neanche a dirla la parola gay “tanto a lui non gliene frega un cazzo di me comunque” aggiunse con tono grave “dai, non dire così...” tentò Fabio, ma Brando lo interruppe sul nascere “sai qual è stata la prima cosa che mi ha detto quando mi sono svegliato?” disse a mo di spiegazione delle sue parole “ha detto: ti ho registrato col cognome di mamma. Così vediamo se riusciamo a non far finire sui giornali sto cazzo di casino che mi hai combinato” recitò con tono sprezzante “hai capito? Io sono quasi morto... e a lui gli ho fatto un casino di immagine.. che stronzo” Fabio non sapeva cosa dire davanti a queste parole, così allungò la mano e si limitò a stringere quella di Brando nella sua, forte. Brando non si voltò a guardarlo, preso da quel momento di rabbia verso suo padre, ma ricambio la stretta.

 

Erano fermi così da qualche minuto, a tenersi la mano senza dire niente quando a Fabio, nel guardare Brando, parve di vederlo impallidire di colpo ancora di più. Subito si mise in allarme

“hei! Cosa c'è? Stai male?” gli chiese con urgenza. L'altro scosse la testa inghiottendo acido “no...” si affrettò a dire lasciandogli la mano per agitarla un po', come a dire di non preoccuparsi “sono solo stanco” “ti lascio riposare allora, dai” esclamò Fabio alzandosi in piedi. Brando avrebbe voluto che restasse in realtà, ma non disse nulla.

“quando ti faranno uscire?” gli chiese indicando la stanza roteando il dito. Il moro fece un'alzata di spalle “mi hanno messo sotto flebo a stecca, il dottore ha detto che devo buttare fuori tutta la merda che mi sono preso” disse indicando con gli occhi e un cenno del capo la sacca del catetere “penso che appena smetto di pisciare radioattivo vado a casa.” Fabio sorrise, lanciandogli ancora un'occhiata di rimprovero “vabbè... allora vengo anche domani” disse con ovvietà.

Passò per un attimo il peso da un piede all'altro guardandolo, come a soppesare se era il caso di fare o meno qualcosa, poi con un gesto naturale si chinò e gli poggiò una mano dietro la testa stampandogli un rapido bacio sulla tempia, a mo di saluto. Brando stava per afferrargli la mano che aveva fatto scivolare via dai suoi capelli, quando bussarono alla porta ed entrambi si fecero istintivamente indietro l'uno dall'altro.

La zazzera bionda di Niccolò si affacciò nella stanza. L'espressione tirata che aveva su si distese quando vide Brando, seduto nel letto e tutto sommato messo manco male.

“oh fratè....” lo salutò sorridendogli “ma che hai combinato??” disse entrando e avvicinandosi per stringere la mano che Brando gli porgeva. I due si scambiarono una stretta vigorosa. Fabio si fece due passi indietro sentendosi di colpo di troppo.

Niccolò si voltò lanciandogli un'occhiata interrogativa “ciao...” biascicò in leggero imbarazzo.

L'ultima volta che aveva interagito con Fabio era per sbatterlo contro la parete del corridoio intimandogli di usare il bagno delle donne. Una roba di cui tutto sommato ancora si vergognava.

Lui ricambiò il saluto con un rapido gesto della mano e un mezzo sorriso

“beh io vado..” disse guardando solo Brando, che lo salutò solo con un cenno del capo, preda di un imbarazzo colossale.

 

Niccolò guardò la porta fino a che Fabio non l'ebbe richiusa dietro di se, poi sbuffò di sollievo “oh ma chi se crede de esse Fedeli? Madre Teresa? Che ti viene a trovare in ospedale nonostante quello che je fai tutti i giorni?” sbottò rivolgendo a Brando un'occhiata incredula “io ti giuro che mi danno sui nervi quelli così... che devono sempre fa vedè che loro so' meglio!”

 

Brando inghiottì acido di nuovo incassando la testa nelle spalle “lascialo in pace dai...” borbottò a mezza bocca, in un pallido tentativo di difesa. “si c'hai ragione...” ribattè Niccolò “che me frega de Fedeli, dimmi di te invece! Come stai??? ci hai fatto prendere un'accidente!” aggiunse interpretando erroneamente le parole di Brando.

Il ragazzo si mise a sedere più dritto, ostentando energie che non aveva “ma bene dai... mi sono solo fatto il trip più grosso della mia vita!” esclamò. Il biondo rise “i tuoi? Mezzi morti de paura?” gli chiese “ma che...” sbuffò Brando “te li vedi?” disse agitando le braccia ad indicare la stanza “mio padre quando mi sono ripreso mi ha pure cazziato. Ha detto che gli ho fatto danno di immagine... lo sai com'è” “che stronzo...” commentò Niccolò.

 

I due erano amici dalle elementari, e forse Niccolò era l'unico a sapere dei freddi rapporti che Brando aveva con il padre.

 

“e tu madre?” chiese ancora, sapendo che era una donna sì distratta, ma comunque affettuosa, lo sorprendeva non vederla lì al suo capezzale. Brando sbuffò di nuovo “mi sa che papà non gliel'ha neanche detto... pensa tipo che sto da te...” “annamo bene...” commentò Niccolò con un sorriso di rabbia, scuotendo la testa. Brando si concesse davanti all'amico un'espressione triste che il biondo consolò con un paio di pacche sulla gamba e un sorriso che diceva -sì, lo so-, poi bussarono alla porta ed entrambe rimisero su la solita maschera. Carlo e Filippo entrarono senza aspettare permesso “Bra!” esclamò Filippo “figlio di puttana che sei! La prossima volta invitaci almeno!” ribattè Carlo. Poi fu tutto un gran battersi il cinque e risate... anche se tutti e quattro lo sapevano che non c'era niente da ridere... ma è così che si deve fare tra amici no?

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Capitolo 2
*** cap 2 ***


Cap 2

 

DUE SETTIMANE DOPO

 

 

Brando aveva la testa che gli ronzava. Si rese conto che l'aveva detto davvero dall'espressione sul viso di suo padre, che era passata da un piccolo sorrisino impanicato, da quello che spera che ciò che ha sentito sia uno scherzo, ad un'espressione prima incredula e poi tesa.

“ma scherzi?” chiese comunque. Il silenzio imbarazzato di Brando gli confermò che no... non scherzava. Aveva appena detto davanti a lui, sua moglie e sua figlia... che era gay.

“papà...” lo sentì dire con un filo di voce passando il peso da un piede all'altro e subito lo sconcerto si tramutò in rabbia

“ma che papà... che papà!” esclamò alzandosi dal divano e andandogli incontro “queste so cose serie.. non si scherza sulla roba seria Bra!” tentò ancora. Lui inghiottì a vuoto e si forzò di sollevare gli occhi da terra per guardarlo in faccia “non è uno scherzo” disse tentando di mantenere la voce ferma. Gli era sempre difficile parlare con suo padre in generale, ma quando lo fissava con quella faccia, da quei venti centimetri di altezza in più, che aveva deciso di non condividere con lui, gli si impastava sempre la bocca.

“oh madonna mia...” imprecò Roberto passandosi una mano sulla fronte e voltandogli le spalle per fare due passi indietro verso il divano, dove sua moglie e sua figlia fissavano la scena basite.

“deve esse la botta che hai preso” esclamò battendo le mani come a dire che aveva trovato la giustificazione a tutto “si probabilmente è effetto della droga... mo ti passa”

“oh ma quale droga!” esclamò la madre saltando su dal divano “quale botta??” “zitta tu” la mise a tacere il marito mentre vedeva Brando scuotere la testa “no, non c'entra niente” diceva “era così già da prima, è così... da sempre” aggiunse a voce molto più bassa tornando a guardare per terra, quasi stesse confessando di aver ammazzato qualcuno.

Roberto allargò le braccia esasperato e poi si passò di nuovo le mani sulla faccia e sui capelli

“ma perchè.... perchè a me, perchè mi fai questo?” chiese senza realmente parlare con Brando “tu lo fai apposta!” esclamò a quel punto tornando ad avvicinarsi a lui che fece istintivamente un passo indietro “lo fai apposta perchè ci provi gusto a farmi a pezzi così vero???” lui non disse nulla, così Roberto si allontanò di nuovo, gli voltò le spalle, guardò il soffitto, poi le sue donne, cercando di calmarsi, ma non ci riuscì. Si girò di nuovo verso di lui “eppure mi sembrava di averti cresciuto come un uomo, non come un finocchio!” “tesoro!” tentò ancora sua moglie, ma come prima venne ignorata “ti ho dato sempre tutto quello che volevi! Perchè adesso mi devi fare questo? Io non me lo merito!” gli gridò “ti ho fatto vedere, da subito, dove dovevi guardare! Mi sembra di averti sempre dato un certo esempio!” aggiunse indicando se stesso.

“cr..credimi... che ci ho provato” balbettò Brando non staccando gli occhi da per terra. Sapeva che sarebbe stata dura, ma non immaginava di vedergli perdere il controllo così “ho fatto di tutto per.. non... ma non ci sono riuscito. Sono così” “sei così...” lo scimmiottò suo padre deridendolo “te lo dico io cosa sei! Sei un egoista!” sputò fuori spingendolo con quella parola a guardarlo incredulo “sì! Un egoista! Perchè se a te fosse fregato qualcosa della tua famiglia, come ogni tanto dici di fare, te la saresti tenuta per te questa merda! Avresti fatto quello che dovevi fare! Continuavi a fa' l'uomo, come hai fatto così bene finta di essere fino ad ora, ti trovavi una ragazzetta di quelle per bene che si possono fa vedè in giro, non come quella piccola troietta della figlia degli Altieri e te la sposavi. Poi, come ti dico sempre? Vizi privati e pubbliche virtù!” declamò puntando un dito in alto “facevi quello che dovevi fare per la famiglia e poi nel tuo privato di facevi sbattere da chi vuoi, esistono anche i prostituti maschi, o i trans o non so che merda schifosa ti piace, non lo voglio manco sapè” concluse agitando una mano davanti al viso a scacciare un'immagine disgustosa. Brando era impietrito. Anche la moglie e la figlia, scioccate dalle parole del padre non erano riuscite a commentare niente, e continuavano a fissare i due con occhi sgranati.

 

“e invece no” continuò Roberto “tu sei un egoista e i tuoi vizi ce li devi sbattere in faccia a noi! A tutti!” esclamò allargando le braccia e avvicinandosi di nuovo a Brando con aria minacciosa “beh non dici niente???” lo spronò prendendolo per un braccio e scrollandolo un po'. Poi lo lasciò andare guardandosi la mano disgustato, come se avesse toccato qualcosa di infetto “che schifo” disse “tu mi fai schifo!” gli scandì a pochi centimetri dal viso “ti giuro non ci posso pensare! A te che ti viene duro quando guardi i tuoi compagni di classe, Dio mio... te sarai guardato pure qualche filmino a buon bisogno, e ti ci sei fatto le seghe sopra” Brando strinse i pugni sentendo montar su una gran rabbia, mista a un groppo di lacrime in gola che non provava da quando era piccolo “no peggio!” continuò suo padre senza pietà, gli stava vicinissimo e gli urlava addosso ormai “magari te sei pure già fatto qualcuno! Alla faccia del fatto che c'hai provato a non esse frocio!” tirò su la testa alzando gli occhi al cielo “te prego dimme almeno che non sei tu quello che lo pija al culo tra i due perchè potrei morì!”

“papà io....” fu l'unica cosa che riuscì a dire.

 

Il primo colpo lo colse quasi di sorpresa. Brando si rese conto che non era uno schiaffo ma un pugno quello che aveva preso quando sentì il sapore del sangue venirgli in bocca dal labbro spaccato “non mi chiamare papà! Non mi chiamare papà, mi fai schifo!” gli urlava addosso Roberto. Lo afferrò per il collo della felpa. A quel pugno ne seguì un secondo e poi un terzo, naso, zigomo, poi ancora bocca.

Non era la prima volta che Brando si trovava con qualcuno che voleva picchiarlo, ma questo caso era diverso. Era suo padre quello che lo prendeva a pugni. Lui era sotto shock e non fece neanche niente per difendersi.

Lo colpì in tutto sei volte prima che sua madre si gettasse in mezzo per separarli urlando.

Si ritrovò seduto per terra con tutti i rumori della stanza che tornavano amplificati. Suo padre che ansimava, sua madre piangeva.

Si rialzò immediatamente piantandogli gli occhi in faccia, stranamente senza più paura adesso, ma con rabbia.

“vattene” sentenziò lapidario suo padre massaggiandosi le nocche “vattene. Io un figlio non ce l'ho più”

 

Brando respirò a fondo aggirando per un attimo lo sguardo sui presenti. Sua madre piangeva ma non aveva obbiettato nulla. Rimaneva stretta al braccio di suo marito dove si era appesa per fermarlo. Sua sorella lo guardava impietrita. Era dietro di loro. Anche lei non fece nulla.

Serrò la mascella con rabbia pulendosi il sangue che gli veniva giù dal naso con la manica, poi afferrò un giaccone qualsiasi dall'attaccapanni e uscì sbattendo la porta più forte che potè.

 

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Capitolo 3
*** cap 3 ***


Cap 3

 

3 GIORNI DOPO

 

Erano le 10 di sera. Fabio se ne stava pigramente sul divano del soggiorno facendo zapping alla tv senza realmente guardare nulla. Suo padre, seduto al tavolo dietro di lui, stava finendo di sbucciarsi una mela. Fabio sapeva che tra pochi secondi avrebbe brontolato per il suo continuo cambiare canale. “se devi solo consumare le pile del telecomando tanto vale che spegni” gli sembrò quasi di sentirglielo dire, tanto le sue reazioni gli erano ormai prevedibili.

 

Erano tornati a casa loro da un paio di giorni. A quanto pare la relazione tra suo padre e la madre di Ludovica non aveva funzionato.

 

Quando gli aveva chiesto spiegazioni lui si era limitato a dirgli che in quel momento Simonetta aveva delle questioni con Ludovica, per le quali non aveva voluto il tipo di aiuto che le aveva offerto. Lui allora aveva deciso che non l'avrebbe scavalcata, ma che nemmeno sarebbe rimasto lì a guardare.

 

Avevano fatto armi e bagagli e da un giorno all'altro era ritornati nella loro vecchia casa, che a Fabio piaceva dato che era quella in cui aveva i ricordi di sua madre, ma non si era spiegato bene COSA fosse accaduto di preciso.

Quando aveva chiesto a Ludovica, quella prima era arrossita all'inverosimile, poi si era arrabbiata da morire, gli aveva urlato che non aveva bisogno di nessun cavaliere senza macchia e senza paura e l'aveva buttato fuori dalla sua camera.

Fabio aveva sentito che piangeva da dietro la porta chiusa.

Le aveva mandato un messaggio quella sera: -non so andare a cavallo ma lo sai che se vuoi sono qui- lei non aveva ancora risposto.

 

Al telegiornale, in sovraimpressione, passavano le solite notizie sul degrado dei quartieri di Roma est a causa della prostituzione.

Chissà come gli venne in mente Brando.

 

Chissà come....

 

Il polverone che si era alzato dopo il suo ricovero si era spento in poco, alla televisione il fatto era passato come l'ennesima prova di quanto fosse marcia la periferia. Nulla aveva intoccato l'immagine della Roma bene. Il padre di Brando doveva esserne contento. Dopo qualche giorno lui era tornato a scuola e la vita era ricominciata noiosa come prima. Da quando era uscito non si erano più parlati. Anche se di tanto in tanto lui gli mandava su whatsup l'emoji di un cuoricino, forse a dire che lo stava pensando.

Ma Fabio era quasi sicuro che cancellasse la cronologia dei messaggi un'istante dopo l'invio.

Sospirò, cambiando di nuovo canale.

Erano tre giorni che Brando era assente. Non aveva voluto fare l'ansioso scrivendogli ma cominciava a serpeggiargli un po' di paura che avesse avuto una ricaduta. Si mosse a disagio sul divano a quel pensiero, e cambiò di nuovo canale.

 

“se devi solo consumare le pile del telecomando tanto vale che spegni” lo apostrofò in quel momento sul padre. Fabio soppresse uno sbuffo di risatina e spense la tv.

 

In quel momento bussarono alla porta. I due si lanciarono un'occhiata interrogativa. Chi poteva essere a quell'ora?

“vado io” disse Fabio alzandosi.

Quando aprì il piccolo portoncino e si avvicinò al cancello, il cuore gli fece una doppia capriola. Avrebbe riconosciuto quella testa riccia dappertutto. Brando aspettava sul vialetto passando il peso da un piede all'altro. Nonostante il buio non gli permettesse di mettere a fuoco i lineamenti del viso, Fabio non aveva dubbi che fosse lui: la postura, i capelli, il profilo quando si girava a vedere se passasse qualcuno... ma che ci faceva Brando sotto casa sua a quell'ora?

Le immagini del loro primo bacio, proprio lì, sotto casa sua, gli fecero diventare di colpo la bocca secca. Si schiarì la voce mentre si avvicinava.

 

Quando gli fu a un passo quello tirò su la testa e la domanda “che ci fai qui” gli morì in gola, insieme ai pensieri di prima. Fabio sgranò gli occhi. Brando aveva il labbro spaccato da un lato, con un crosta scura in via di rimarginazione, una ferita simile sul setto nasale e due grossi lividi, uno sullo zigomo sinistro e uno accanto all'occhio, dallo stesso lato.

“oh ma c'hai fatto???” gli chiese cercando il suo sguardo, che subito si era spostato di lato, in imbarazzo. Un sorrisino sardonico si dipinse sul suo viso

“queste dici?” rispose indicando la sua faccia “non si vede? Sono le medaglie che ho vinto per aver detto la verità!” Fabio sentì una stretta allo stomaco a quelle parole. L'aveva fatto sul serio?

“e a chi l'hai detta?” chiese avvicinando una mano al suo braccio, ma quello si scostò “ai miei”

“è stato tuo padre a conciarti così?!” esclamò esterrefatto Fabio. Brando non rispose, ma di nuovo voltò lo sguardo di lato, e serrò la mascella, in un misto di imbarazzo e rabbia

“si beh diciamo che non l'ha presa molto bene” borbottò. Fabio ebbe il forte istinto di abbracciarlo, ma si trattenne, visto il modo in cui lui aveva reagito anche alla sola idea che gli toccasse il braccio.

“senti...” riprese Brando “lui... si ecco insomma, non mi vuole più dentro casa” ammise con voce appena udibile “oddio...” si lasciò sfuggire Fabio alzando gli occhi al cielo e passandosi una mano sulla faccia “non è che... posso stare qui da te? Stanotte e basta...”

“ma quando è successo?” gli chiese Fabio “tre giorni fa...” “e fine e mo dove sei stato?” lo incalzò “in macchina...” ammise il ragazzo guardando in basso e torturandosi le mani in imbarazzo “è finita la benzina ora... e l'ho dovuta mollare da una parte... senti se è un problema per te io..” “cazzo ma che dici!” lo bloccò Fabio, resosi conto che non aveva ancora risposto alla sua richiesta “certo che puoi” gli disse poggiandogli per un attimo la mano sulla spalla e ritraendola subito dopo “solo... c'è mio padre, quindi..” Brando sgranò gli occhi “io glielo devo dire capisci? Perchè sei qui intendo, non può rimanere gente a dormire a caso, sopratutto ridotta come sei tu, e sperare che lui non faccia domande” il moro insaccò le mani nelle tasche facendo un passo indietro, come a valutare se non fosse il caso di andarsene “hei non ti preoccupare...” lo fermò allora Fabio prendendolo per un braccio. Poi cercò di nuovo i suoi occhi, che lui cercava di evitargli “hei!” lo spronò appena. Brando lo guardò “non c'è niente di cui ti devi vergognare hai capito?” gli disse Fabio “è lui che si dovrebbe vergognare..” aggiunse con tono duro, facendo un cenno del mento ad indicarlo.

Poi senza aspettare repliche lo tirò per la manica della giacca per farsi seguire e lo guidò fino in sala da pranzo dove suo padre stava raccogliendo i piatti della cena.

 

“Fa' si può sapere chi...” iniziò Giovanni Fedeli al rumore dei passi. Ma si bloccò quando alzando gli occhi si trovò davanti i due ragazzi. Rivolse una rapida occhiata sorpresa a entrambi “De Santis!” esclamò sorpreso, e poi guardandolo meglio aggiunse “che hai fatto alla faccia?”

“papà posso parlarti un secondo??” intervenne Fabio indicando con gesti eloquenti la cucina. Il padre annuì serio, avendo afferrato la gravità della situazione dall'atteggiamento di Brando che, seppur davanti a lui avesse sempre mostrato una costruita aria da agnellino ben educato (e sì... lui lo sapeva bene che era una finta), aveva su una postura imbarazzata da cane bastonato decisamente reale. Afferrò i piatti con una mano e i due bicchieri con l'altra e seguì il figlio in cucina.

Posate le stoviglie sul tavolo gli rivolse una delle sue migliori occhiate indagatrici, ma la spiegazione non si fece attendere

“papà senti... Brando.... ha fatto aouting con la sua famiglia” buttò lì, senza girarci troppo attorno. Ignorò il sopracciglio sollevato del padre e continuò “non l'hanno presa bene e l'hanno cacciato di casa” Giovanni sbuffò trattenendosi dall'imprecare. Non l'aveva mai fatto davanti a suo figlio “sta in macchina accampato da tre giorni” stava spiegando Fabio “possiamo...” “ma si ovvio che può stare qua” lo fermò il padre. Fabio tirò un sospiro di sollievo. Tutto sommato contava sul fatto che suo padre avrebbe acconsentito, sapeva che nonostante il suo sussiego pressocchè perenne, teneva ai suoi studenti “certo che gente...” stava commentando probabilmente riferito ai coniugi De Santis “non si può definire abbandono di minore, perchè Brando ha già compiuto 18 anni se non sbaglio... ma come si può mollare un figlio in mezza alla strada così?” chiese. Domanda retorica, alla quale Fabio si sentì comunque in dovere di rispondere scuotendo la testa con un'alzata di spalle.

“e le botte chi gliele ha date?” chiese a quel punto Giovanni abbassando il tono della voce. Stavolta Fabio si trattenne dal rispondere aprendo e poi richiudendo la bocca a vuoto, sapeva che probabilmente Brando non voleva si sapessero i dettagli di quella parte. Suo padre emise un breve verso simile a un ringhio di disapprovazione “lascia stare... ho capito...senti” disse poi battendo le mani come a creare un punto e a capo “tu fagli fare una doccia, che voi ragazzi non avete idea dell'odore che mandano i vostri vestiti dopo un giorno, figuriamoci tre” scherzò con fare pratico “io intanto vado giù a cercare la brandina, sarà ancora lì da qualche parte immagino” disse indicando simbolicamente con il pollice la cantina. Fabio annuì “eh... che fatica la vita...” sospirò Giovanni, poi aggiunse “certo che...si insomma, Brando De Santis, io proprio non avrei mai...” “cosa???” lo apostrofò a quel punto Fabio tra il serio e l'offeso “che proprio non ci sembra gay, vuoi dire??? e vai di luoghi comuni papà!” “no dicevo...” tentò in difficoltà “vabbè lascia perdere... piuttosto, dimmi la verità, è per lui che è finita con Alessandro?” chiese con un sorrisino malizioso che Fabio non gli aveva mai visto su “papà!!” esclamò arrossendo al parossismo. Giovanni alzò le mani in segno di resa “va bene, va bene... sto zitto, tengo le mie deduzioni per me” concluse prima di uscire dalla cucina.

Fabio si prese un momento per ricacciare indietro lo stupore di quella conversazione, strofinandosi un paio di volte le mani sulla faccia. Ma da quando suo padre era così scaltro su questo genere di faccende??? Poi si schiarì la gola e lo seguì. Arrivato in soggiorno si avvide che probabilmente suo padre aveva già detto a Brando che poteva restare dato che il ragazzo si era tolto il giaccone, nonostante ciò gli sentì dire, con il suo solito tono super remissivo che usava con gli adulti “signor preside, io però non voglio disturbare...” “sciocchezze, nessun disturbo” replicò suo padre “io e Fabio siamo qui da soli, c'è un sacco di spazio, e per favore niente signor preside che qui sono a casa mia ok? Chiamami Giovanni” disse, e poi aggiunse mentre Brando annuiva “vado in cantina a cercare il letto di scorta, a te ci pensa Fabio”

“ma no... posso stare sul divano...” tentò il ragazzo “quante sciocchezze dici tutte di seguito De Santis? Piantala un po'...” lo apostrofò con un tono fintamente severo Giovanni, che tuttavia ebbe il potere di zittirlo all'istante. L'uomo annuì tra sé e sé immaginando che per il momento era meglio se ci andava cauto con lui. Il ragazzo non se l'era passata bene ultimamente con le figure maschili di riferimento. Doveva tentare di contenere le sue rasoiate ironiche, al momento Brando gli sembrava un po' sotto shock e forse non in grado di coglierle per quello che erano.

Rivolse quindi un'eloquente occhiata a Fabio e lasciò la stanza.

 

Brando e Fabio si guardarono per un attimo. Fabio fece un piccolo sorriso per risultare rassicurante anche se in realtà si sentiva a disagio. Brando glielo aveva detto che probabilmente suo padre avrebbe reagito male alla notizia ma lui non immaginava certo COSI' TANTO male...

Brando invece non diceva niente e sembrava assorto nei suoi pensieri. Fabio si schiarì di nuovo la gola per darsi un contegno, quindi si avvicinò a lui “vuoi fare la doccia?” chiese arrossendo appena al pensiero di come suonava quella domanda nella sua testa, ma Brando parve non farci caso, annuì appena. Così Fabio lo tirò leggermente per la manica per farsi seguire e lo pilotò verso il bagno.

Entrarono e Fabio si mise a racimolare un po' di cose evitando di guardarlo in faccia per ostentare naturalezza, mentre invece tutta la faccenda di Brando che si doveva fare la doccia lo stava mandando parecchio in confusione. Si diede mentalmente dell'idiota maniaco. Non era quello il momento di pensare a certe cose!

Brando seguiva i suoi movimenti con lo sguardo e tuttavia con la testa altrove.

“allora..” disse Fabio a quel punto dopo un profondo respiro “lì c'è lo shampo, lì il bagnoschiuma” spiegò indicando dei flaconi poggiati sul piatto doccia “l'asciugamano...” aggiunse porgendogliene uno grande “è pulito... e il phon sta lì sotto, non so se lo usi” concluse poi infilandosi, non si sa bene a quale scopo, le mani nelle tasche, per poi ritirarle fuori un'istante dopo “ok fai con calma” buttò lì di corsa prima di uscire a chiudersi la porta alle spalle.

Fece un profondo sospiro, riflettendo per un attimo su quanto potesse essere imbarazzante da 1 a 10 che suo padre avesse detto la frase “fagli fare la doccia” a voce alta o che Brando si stesse effettivamente levando i vestiti di dosso a solo una porta di distanza da lui. Solo quando sentì il rumore dell'acqua che batteva contro il box doccia ricollegò improvvisamente la parola vestiti con il contesto e si battè la mano sulla fronte mordendosi poi per un istante il pugno: non gli aveva dato vestiti puliti!!

“Brando?” lo chiamò bussando brevemente alla porta. Niente. “Brando mi senti?!” provò più forte. Ma no, evidentemente non lo sentiva data la porta chiusa e lo scroscio dell'acqua sulla testa.

“maledizione, cazzo!” imprecò tra sé e sé.

Poteva lasciarglieli per terra fuori alla porta? Pareva brutto metterli in terra... decise di tenersi occupato andando intanto a prenderli.

Arraffò rapidamente dal suo armadio un pantalone di una tuta e una maglietta senza nessun disegno, poi perse un paio di minuti a fissare in imbarazzo il suo cassetto della biancheria. Quali potevano essere in assoluto le mutande più anonime e meno a portata di commento che aveva? Alla fine scrollò le spalle arraffando un boxer blu e si riavvicinò furtivo alla porta del bagno. Accostò l'orecchio. Ancora rumore di acqua. “Brando?” tentò di nuovo, ma ancora non ebbe nessuna risposta. Chiuse gli occhi forte, esasperato, poi buttò aria fuori dal naso decidendo. Fanculo sarebbe entrato e li avrebbe poggiati sul lavandino. Roba di due secondi, niente di più facile. In fondo gli aveva praticamente infilato le mani nei pantaloni nel bagno della scuola, non è che fossero propriamente due estranei in materia! Decise che alle brutte avrebbe potuto chiudere gli occhi. Magari ridicolo, ma decisamente rispettoso.

Spinse la maniglia giù il più silenziosamente possibile e aprì la porta, mise il braccio con i vestiti dentro e poi la testa aprendo la bocca per formulate delle scuse... e in quel momento si rese conto che Brando non si era nemmeno accorto che lui era entrato: stava con la testa completamente insaponata e gli occhi chiusi, probabilmente intento in qualche pensiero che lo distraeva. Fabio richiuse la bocca sentendosi un po' sciocco. Poggiò i vestiti sul lavandino e gli gettò una rapida occhiata generale che proprio non riuscì a impedirsi, sorrise appena, sentendo tirare leggermente la parte davanti dei jeans, poi uscì e richiuse la porta dietro di sé piano. Facendo un lungo respiro per calmarsi. Per come stava Brando aveva bisogno di averlo vicino in quel momento. probabilmente come amico, era ora che si desse una regolata.

 

 

Mezz'ora dopo circa, Brando se ne stava seduto sul letto di Fabio con l'aria un po' assente mentre lui era andato in cucina a prendere non so che. Quando rientrò teneva in mano un sacchetto di piselli surgelati che attirò la sua curiosità.

Fabio si avvicinò al letto, gettò un'occhiata prima a Brando e poi al sacchetto come a lasciargli intendere a cosa servisse, poi delicatamente glielo accostò allo zigomo livido.

“ahia...” si lamentò Brando tirandosi istintivamente indietro e rabbrividendo. Gli lanciò un'occhiataccia e Fabio ritentò facendo più piano. Questa volta, aspettandosi il fastidio, il ragazzo non si mosse “a che serve dopo tutto questo tempo?” chiese borbottando

“comunque ti sfiamma un po'..” spiegò mentre tentava di sistemare il sacchetto in modo tale da coprire entrambi i lividi “non so se ti sei visto allo specchio, ma hai due lividi enormi, proprio qui..” Brando ringhiò di disappunto ma si lasciò fare. Per tutto il tempo non staccò per un attimo gli occhi da quelli di Fabio che, chinato su di lui, si rese conto che gli stava decisamente troppo vicino per la salute delle sue coronarie. Inghiottì a vuoto.

Brando lo studiò ancora per qualche secondo. La doccia gli aveva fatto decisamente bene e, ora che era sicuro di avere un posto in cui passare la notte, pensava più lucidamente. Fabio gli piaceva, gli era sempre piaciuto, per questo stargli vicino era così difficile prima. Aveva delle labbra che lo chiamavano e la linea della sua mascella e del collo lo facevano impazzire. Ora averlo così vicino mandava al suo corpo segnali inequivocabili.

Lo vide arrossire sotto il suo sguardo così, dopo un fugace sorrisino, mise la mano sul sacchetto di piselli annuendo appena, come a dire che poteva pensarci da solo. Fabio fu grato di quella proposta e si tirò subito dritto allontanandosi di un paio di passi. Brando lo vide passarsi le mani sul viso mentre era di spalle, beandosi dell'effetto che gli faceva. Lo seguì con lo sguardo mentre si aggirava nella stanza, studiando il profilo del suo corpo sotto la maglietta leggera, con la stampa di un'onda, che portava. Era abituato a vederlo con la divisa della scuola, o con quei terribili maglioncini che probabilmente rubava dall'armadio di suo padre. Fabio non faceva sport, quindi non frequentava neanche lo spogliatoio o i campi, e lui moriva dalla voglia di vedere com'era sotto panni. Si interrogò per un attimo se tutta questa voglia che gli era venuta su non fosse una sorta di contorta vendetta contro suo padre... ma no... riflettè che quel maledetto gli aveva sempre fatto quell'effetto, per questo aveva passato i mesi precedenti al loro primo bacio altalenando tra stargli alla larga e trovare pretesti ridicoli per vederlo.

Cercò di incrociare il suo sguardo e notò che ce lo aveva abbastanza perso nel vuoto. Se ne stava con i reni poggiati alla scrivania pensando a chi sa che. Così a sorpresa gli tirò il sacchetto surgelato contro e scoppiò a ridere vedendolo sobbalzare e tentare di afferrarlo alla meglio quando ormai gli era praticamente finito in faccia.

“coglione...” borbottò Fabio valutando di ritirarglielo.

 

In quel momento dopo una poderosa bussata, probabilmente di schiena, Il signor Fedeli fece irruzione nella stanza trascinando una brandina di ferro piegata a metà come un sandwitch

“permesso..” si annunciò un po' troppo tardi. Fabio rinunciò a lanciare i piselli e Brando scattò in piedi. “oh... ecco qua” disse sganciando il perno di chiusura e premendo i due lembi per trasformare il sandwitch in un letto “non proprio nuovo fiammante...” commentò tastando il materasso con entrambe le mani “ma fa ancora bene il suo lavoro” e lanciandoci un coordinato celestino aggiunse “lenzuola, e siamo a posto”

“signor Fedeli, non so come ringraziarla, io...” iniziò Brando, m si bloccò vedendoselo arrivare a meno di dieci centimetri. Giovanni gli poggiò un dito sotto il mento girandogli un po' il viso per studiargli le ferite “Fabio, prendi un po' di ghiaccio per sta roba qui?” disse a suo figlio con fare perentorio. Fabio si limitò a sollevare il sacchetto di piselli che iniziava a sgocciolare “oh perfetto!” commentò soddisfatto Giovanni annuendo “pare che non servo più a niente allora.. beh buonanotte” disse avviandosi alla porta. Fabio lo accompagnò per sincerarsi che se ne andasse il più rapidamente possibile, Brando sembrava aver i capelli ancor più ricci di prima da quanto quel gesto dell'uomo l'avesse spiazzato.

“notte pa'...” disse Fabio iniziando a chiudere “notte. Oh Fabio senti..” aggiunse Giovanni trattenendo la porta con la spalla e fissando suo figlio con sguardo penetrante, anche se un po' canzonatorio “si beh insomma, io sono di là... fate i bravi eh??” Fabio arrossì fino alla radice dei capelli gridando “BUONANOTTE PAPA'” e chiudendogli quasi la porta in faccia. Si prese un istante per fissare la porta sospirando... suo padre doveva essere impazzito, non c'era altra spiegazione.

 

Fabio si voltò, e subito sentì il cuore salirgli in gola a fare cincin con le tonsille. Si ritrovò Brando a meno di due centimetri. Erano talmente vicini che girandosi gli sfiorò il naso col suo. Neanche il tempo di formulare un pensiero che il moro si chinò su di lui per baciarlo. Le loro labbra, tuttavia, si sfiorarono appena, perchè al primo contatto Fabio fece praticamente un salto indietro andando a sbattere la nuca contro la porta. Brando lo guardò sorpreso “che c'è?” chiese aggrottando le sopracciglia “ce l'hai ancora con me? Credevo...” “no!!” si affrettò a ritrovare l'uso della voce Fabio, che non voleva dargli l'impressione sbagliata “ma mio padre ha appena messo il piede fuori dalla stanza!” si giustificò spiaccicandosi quasi totalmente contro la porta. Brando fece un sorrisino rilassando le spalle “ e allora? Meglio no?” disse “così almeno è sicuro che per un po' non rientra” spiegò con ovvietà, poi senza aspettare oltre si chinò di nuovo, questa volta sul suo collo, iniziando a baciargli ogni centimetro di pelle dalla clavicola all'orecchio. Fabio imprecò mentalmente.

Così non vale.

Mettendo da parte ogni premura gli afferrò la mascella per costringerlo a tirarsi su da lì e si avventò sulla sua bocca, baciandolo con tutto il trasporto di cui fu capace. Brando, se avesse avuto il tempo di fermarsi, avrebbe esultato. Non desiderava nient'altro che quello, nient'altro che abbandonarsi completamente addosso a Fabio in quel momento. Gli serrò i lati del viso tra le mani e ricambiò il bacio con foga. Fabio gli affondò una mano tra i capelli. Entrambe premevano in avanti con la testa, quasi in una gara di supremazia a chi ci metteva più vigore. Di colpo Brando ebbe un piccolo sussulto trattenendo tra i denti un lamento di dolore. Fabio sentì sapore di sangue e capì che gli si era riaperta la ferita sul labbro “scusa..” boccheggiò “non importa” ribattè Brando quasi nello stesso momento, baciandolo di nuovo. L'altro non si fece pregare, tuttavia tentò di ridurre un po' la pressione che esercitava sulle sue labbra per cercare di non fargli male.

Brando si accorse in quel momento che i lievi tonfi che sentiva provenivano dalla testa di Fabio che, anche se piano, sbatteva di tanto in tanto contro lo porta alle sue spalle.

Decisamente troppo rumore.

Senza interrompere il bacio, lo afferrò saldamente per le braccia e praticamente lo spostò di peso, spingendolo verso il centro della stanza. Mentre scendeva ad accarezzargli i lati del collo, con incredibile delicatezza a dispetto dell'impeto che ci metteva nel baciarlo, Fabio fece aderire completamente i loro corpi e mentre con un braccio gli cingeva la vita con l'altra mano si insinuò sotto la sua maglietta. Il contatto delle sue dita contro la pelle nuda della sua schiena fu come una scarica elettrica per Brando. Se lo staccò di dosso quasi con violenza, allontanandolo quel tanto che bastava per guardarlo in faccia, mentre con uno scatto nervoso gli sfilava la maglietta da sopra la testa e, senza dargli quasi il tempo di toccare terra, faceva altrettanto con la sua. Fabio non si aspettava quella mossa, ma lui non lo fece neanche capacitare un attimo che lo attirò di nuovo contro di sé ricominciando a baciarlo.

L'impatto del suo torace con quello teso e definito di Brando gli provocò una scarica di adrenalina mai provata. Fabio non credeva che potesse eccitarsi di più di quanto già non fosse, gli faceva quasi male. Brando era poco più alto di lui e le loro erezioni premevano l'una contro l'altra in quella stretta danza di baci che avevano iniziato.

Di colpo a Fabio venne quasi paura. Stava succedendo tutto troppo velocemente, gli sembrava quasi di guardarsi da fuori in quel contesto. Così si staccò da Brando tirando indietro la testa “aspetta, aspetta” gli disse mentre lui aveva cercato, spingendo la testa avanti, di rimanergli attaccato, lo guardò con gli occhi liquidi, senza capire “sei sicuro che ti va bene così? Insomma... non è che lo fai perchè sei sconvolto per tuo padre o che so io?” Brando scosse la testa alzando gli occhi al cielo come se avesse sentito la più grande delle assurdità “Fedeli, cazzo... stai zitto che voglio baciarti” disse prima di avvicinarlo di nuovo a se tenendolo per il viso, ma Fabio non si lasciò baciare e lo trattenne di nuovo lontano spingendolo per le spalle “aspetta, aspetta aspetta!” Brando questa volta si rizzò dritto con la schiena, facendo un profondo respiro per calmarsi, avendo capito che qualcosa lo turbava sul serio “cosa c'è..” soffiò tentando di moderare il ritmo del suo respiro. Aveva gli occhi lucidi per l'eccitazione e le guance rosse. Fabio scosse la testa piano per rimanere calmo. Era bello da morire in quel momento “ascolta...” gli disse schiarendosi subito dopo la voce, che gli era uscita roca “se tu fai... così” disse agitandogli le mani davanti come a includere tutto quello che aveva fatto negli ultimi minuti, in primis togliersi la maglietta, “io non so per quanto riuscirò ancora a rispondere di me” spiegò provocandogli un vago sorrisino compiaciuto “voglio solo che tu sia sicuro di...” si fermò colto dall'imbarazzo e Brando ghignò di nuovo, poi sospirò “si Fabio, sono abbastanza sicuro di volerti sbattere come un tappeto” esclamò con tono canzonatorio “ora, per piacere, vuoi chiudere la bocca? O devo chiudertela io?” aggiunse con aria maliziosa e un sopracciglio sollevato, quell'espressione che faceva sempre quando voleva provocarlo e che a lui faceva impazzire. Fabio scosse la testa pensando che dopo quello non gli avrebbe permesso di tirarsi indietro nemmeno volendo. Brando gli infilò due dita nella cintola dei pantaloni, sfiorandogli, più o meno inavvertitamente, l'erezione che gli premeva contro la zip, e lo attirò a sé. Fabio smise di pensare, e lasciò che il suo bacio gli arrivasse fino alla punta dei piedi.

 

 

 

Ad alcuni metri da loro, nella tranquillità della sua stanza, Giovanni Fedeli ne stava seduto in poltrona contemplando il suo telefono cellulare di atavica generazione, decidendo se era o meno il caso di fare quella telefonata che gli prudeva per le mani. Buttò un'occhiata all'orologio. Le 23.00. Era tardi ma decise comunque per il sì. Così compose il numero copiandolo da un foglietto su cui se l'era appuntato poco prima e chiamò. Squillò solo un paio di volte prima che qualcuno rispondesse all'altro capo

“pronto?”

“buonasera signor De Santis, sono Giovanni Fedeli... il preside dell'istituto Collodi, mi scusi per l'ora tarda” buttò lì d'un fiato, con il suo tono professionale “si, si... Buonasera” ripetè allo stupito saluto dell'altro “la chiamavo per informarvi che potete stare tranquilli, Brando è a casa mia in questo momento, e rimarrà qui per qualche giorno” disse a quel punto, ostentando una magnifica aria da finto tonto, come se quella famiglia di fosse prodigata in ricerche disperate in quei giorni e lui volesse solo rassicurarli. Roberto De Santis grugnì qualcosa, poi si schiarì la voce “hem... sì, grazie” borbottò in evidente difficoltà “spero non la disturbi” aggiunse. Fedeli scosse la testa al vuoto della stanza, non credendo a quanto aveva appena sentito “se non c'è altro... le auguro la buonanotte” stava dicendo in quel momento l'uomo all'altro capo del telefono, così lui si affrettò a riprendere la parola, mandando all'aria i suoi propositi di mantenere la conversazione su toni neutri “a dire la verità una cosa ci tenevo a dirgliela” esclamò “trovo quello che gli ha fatto deplorevole” il silenziò inghiottì per un istante la conversazione, poi Roberto riprese la parola, questa volta però il tono affettato aveva lasciato il posto a uno distaccato e anche un po' minaccioso “con tutto il rispetto signor preside... non sono affari suoi come educo mio figlio” ma Giovanni non si fece certo intimidire “ah lei lo sta educando... a pugni in faccia...” lo incalzò. Silenzio ancora... un lungo e teso silenzio “e per la cronaca” aggiunse lui “l'ho immaginato da solo che fosse andata così, Brando non ha detto una parola contro di lei. È il suo stesso silenzio a darmi la conferma” Roberto continuò a tacere, anche se Giovanni sapeva fosse lì per via del respiro pesante che sentiva, probabilmente quell'uomo fumava di rabbia, ma lui continuò imperterrito “e mi dica, per sapere, quale crimine avrebbe commesso per meritarsi una sanzione simile? Voler bene a qualcuno che non le va a genio?”

Ci fu ancora un lungo istante di silenzio, poi dopo un profondo respiro Roberto riprese la parola “Signor Fedeli, Preside” disse con tono che a stento manteneva calmo “si renderà conto che tutta questa faccenda non la riguarda minimamente. È una questione interna della nostra famiglia in cui lei non può e non deve mettere bocca” ringhiava quasi “la ringrazio di essersi fatto carico di lui oggi, non era tenuto, Brando è maggiorenne per cui..” “è un ragazzino!” sbottò Fedeli “in ogni caso” replicò Roberto ignorandolo “le rinnovo l'invito a stare nel suo. So io come mi devo comportare con mio figlio” “ha detto bene” replicò a quel punto Giovanni “è SUO FIGLIO. Veda di non dimenticarselo. Buonanotte” e detto questo riagganciò senza aspettare risposta.

Poi lanciò con un gesto di stizza il telefono sul letto.

 

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Capitolo 4
*** cap 4 ***


Cap 4

 

La mattina dopo Fabio aprì gli occhi di colpo. Per un attimo incerto di dove si trovasse. Si mise seduto sul letto e si avvide che c'era Brando che dormiva pesantemente vicino a lui a pancia in sotto. Arrossì nel rendersi conto che tutto quello che ricordava era effettivamente successo.

Non erano arrivati fino in fondo a dirla tutta. Si erano solo masturbati a vicenda, e baciati fino a sfinirsi. Alla fine era andata bene così.

Lo guardò ancora, profondamente addormentato, e fece un piccolo sorriso. Poverino doveva essere esausto dopo tre giorni in macchina, era meglio lasciarlo riposare. Scivolò fuori da letto e gettò un'occhiata alla linea della sua schiena mentre si vestiva. A differenza sua, che aveva sempre fatto quel minimo di sport per rispettare il precetto preferito di suo padre -mens sana in corpore sano- Brando aveva un fisico allenato e, anche se non era particolarmente piazzato, aveva muscoli definiti. Cavolo se gli piaceva.

Notò la brandina, ancora con le lenzuola da mettere, dato che alla fine si erano addormentati vicini, nel suo letto, e gli venne quasi da ridere. Si affrettò a sistemarlo alla bene e meglio per dare l'impressione che fosse stato usato. Caso mai suo padre avesse avuto la bella idea di entrare in camera per qualsiasi motivo.

Poi uscì richiudendosi silenziosamente la porta alle spalle.

 

 

Se ne stava pigramente seduto davanti alla sua tazza di caffè, accanto a suo padre, in quella che sembrava una domenica mattina come tante altre. Quando Brando si palesò sulla soglia della cucina, con l'aria assonnata e un po' spaesata.

Fabio lo guardò e mancò poco che sputasse il caffè dappertutto, quando si rese conto che Brando portava, molto candidamente, la maglietta con disegnata l'onda che LUI indossava la sera prima. Giovanni gli lanciò un'occhiata di rimprovero per poi osservare il suo ospite con un sopracciglio sollevato. Fabio sprofondò la testa tra le braccia. Suo padre era uno attento ai dettagli, erano identici in questo.

“buongiorno ragazzo” disse lui facendo finta di nulla “vieni che c'è il caffè” Brando annuì borbottando un grazie e raggiunse la sedia vicino a Fabio, il quale gli rivolse un'eloquente occhiataccia. Davanti al libro aperto che Giovanni teneva davanti al naso, mentre con la mano libera andava a tentoni alla ricerca di un biscotto, Brando gli fece cenno con gli occhi per capire che volesse. Fabio indicò la maglietta coi denti stretti. Lui la guardò, capì cosa volesse dire, e fece spallucce. Fabio gli mollò un calcio sotto al tavolo.

“dunque” esordì a quel punto il signor Fedeli, abbassando il libro ma tenendo l'indice tra le pagine per mantenere il segno “ieri sera ho telefonato ai tuoi genitori” il cucchiaino schizzò vie dalle mani di Brando, per lo scatto nervoso che ebbero le sue dita, facendo un gran chiasso contro le tazze. Fabio rivolse uno sguardo esterrefatto a suo padre

“scusi...” borbottò il moro a bassa voce

“abbiamo parlato un po'” riprese Giovanni ignorando l'accaduto “e gli ho detto che starai qui da noi. Finchè... sarà necessario” concluse pesando attentamente le parole, nonostante il tono sereno e pratico che usava. I due ragazzi gli rivolsero un'identica occhiata stupefatta, anche se per motivi diversi.

Fu Brando il primo a ritrovare le facoltà di parole

“signor Fedeli davvero... io non posso disturbare così tanto, la ringrazio ma...” “e dove pensi di andare allora?” lo bloccò. Il ragazzo tacque in imbarazzo, rendendosi conto di non avere altre opzioni a parte la sua auto come appartamento e l'accattonaggio per sopravvivere “ecco appunto...” commentò Giovanni, non riuscendo a celare una vena del risentimento che provava per i parenti di Brando. Notò il suo viso rabbuiarsi e si affrettò a parlare ancora “Brando ascolta” gli disse poggiandogli una mano sulla spalla “non pensare che lo faccia solo perchè ormai sei qui e non ho altra scelta, se non avessi voluto tenerti qui non lo farei... ok?” si sincerò scuotendolo leggermente dato che non sembrava dar segni di vita. Il ragazzo gli gettò una rapida occhiata annuendo

“grazie...” soffiò in tono appena udibile.

Era grato davvero, non voleva fare il cafone, solo che in quel momento la voce proprio non gli usciva. Si sentiva un nodo alla gola e tutta la sensazione di angoscia, che la notte con Fabio era riuscita ad allontanare, era ritornata su come un rigurgito amaro. Non ce la faceva a parlare di più.

Ciononostante Giovanni annuì, come se avesse capito, e si rivolse a suo figlio

“dunque, Fabio... quando siete pronti bisogna che uscite e andate a comprare qualche necessità” gli spiegò mentre il figlio si schiariva la voce elaborando lentamente la notizia di poco prima “spazzolino da denti, un paio di asciugamani... due cose di spesa” spiegò mentre si alzava a poggiare le tazze nel lavandino, e poi gettando prima un'occhiata alla maglietta di Brando e poi un sorrisino a Fabio aggiunse “per i vestiti... mi sembra che tutto sommato gli stiano i tuoi” Fabio arrossì fino alla radice dei capelli e Giovanni lasciò la cucina ridacchiando tra sé e sé.

 

 

 

Metà giornata scorse senza che Fabio quasi se ne rendesse conto. Brando era stato taciturno quasi per tutto il tempo. Assorto in pensieri probabilmente poco felici. Lui non aveva osato fare domande e gli sembrava lontana anni luce l'intimità che avevano raggiunto la sera prima.

Pensò che, probabilmente, per lui l'idea di aver ricevuto quell'invito a rimanere rappresentasse, anche se da un lato un sollievo, anche una presa di coscienza del fatto che a casa sua non poteva più tornare.

Anche il pranzo fu piuttosto silenzioso. Non che non ci fosse abituato... parlava poco e niente con suo padre ormai da anni, o meglio, rispondeva solo se interrogato.

Si domandò per la prima volta perchè il loro rapporto si fosse ridotto solo a questo, e quanto tutto ciò fosse oggettivamente colpa sua, che aveva iniziato sempre di più a tagliarlo fuori dalla sua vita.

Eppure suo padre quando la sera prima gli aveva chiesto, senza dargli troppe spiegazioni, di farsi carico di un'altra persona in casa non aveva esitato un secondo ad aiutarlo.

Sentiva di averlo giudicato male tante volte... quando lo reputava quanto di più lontano da lui esistesse.

 

Brando rigirava le foglie d'insalata nel piatto cercando di stare seduto abbastanza dritto, in contrasto con il suo umore che lo spingeva a rannicchiarsi su sé stesso. Normalmente era bravo a fare conversazione con gli adulti. Quando andava a pranzo a casa di Niccolò o qualche altro, faceva sempre bella figura con i loro genitori perchè, a differenza dei figli, era bravo a far finta gli piacesse qualsiasi stupidaggine loro amassero discutere.

In quel momento no.

Non ne aveva nessuna voglia.

E comunque il preside Fedeli era più taciturno di loro... quindi era facile. Gli lanciò un'occhiata di sottecchi. Quasi non ci credeva che lo stesso uomo di cui aveva scritto cose per niente lusinghiere nei bagni, ora lo avesse accolto in casa sua. La vita era ironica...

Guardò anche Fabio. Non se l'era filato per tutto il giorno, dopo essergli praticamente saltato addosso la sera prima. Immaginò di sbuffare sonoramente. Era estremamente difficile far combaciare i suoi sentimenti con il suo carattere... che era stato plasmato fin da piccolo sulla parola d'ordine -pensa sempre prima a te-

Spostò la gamba sotto al tavolo andando a strusciare il suo ginocchio contro quello di Fabio. Quello si voltò a guardarlo e lui gli fece un piccolo sorriso. Fabio ricambiò il sorriso e spinse anche lui la gamba verso la sua.

Quando finirono di pranzare, mentre Giovanni sorseggiava il caffè con calma, Fabio si alzò per primo. Brando lo seguì in piedi e si voltò verso la porta, ma si fermò nel notare che lui invece stava raccogliendo i piatti e li metteva nel lavandino. Lo guardò interrogativo prima di rendersi conto che, a differenza di casa sua, non c'era nessuno che si occupava delle faccende.

“Hem...” disse Fabio quasi in imbarazzo “in genere papà cucina e io faccio i piatti” spiegò girando il miscelatore sull'acqua calda “tu vai, io ci metto poco” aggiunse iniziando a insaponare la spugnetta.

Brando lo guardò per un istante, con le mani in tasca, passando il peso da un piede all'altro. Poi si grattò il collo e si avvicinò titubante a lui accanto al lavandino. Gli gettò un'occhiata dopo averlo chiamato con una leggera gomitata al braccio, quindi si tirò su le maniche della felpa e afferrò un piatto e una spugna cercando di darsi un tono, anche se non aveva mai lavato un piatto in vita sua. Fabio gli sorrise scuotendo appena la testa

 

 

Giovanni sbirciò da dietro al libro i due ragazzi, di spalle, intenti a lavare i piatti mentre il lavandino si riempiva di schiuma in maniera allarmante. Li vide sorridersi fugacemente a un certo punto.

Roteò gli occhi sbuffando appena... diavolo! Li trovava dannatamente carini. Si era decisamente rammollito.

 

Quando vide mettere a posto il sapone sotto al lavello si alzò “Fabio fammi un favore” disse richiamando la sua attenzione “vai all'angolo a prendermi il giornale, da bravo, che oggi ancora non ho letto le notizie” il ragazzo trattenne uno sbuffo che sapeva non sarebbe stato gradito “lo sai che hanno inventato una cosa che si chiama skytg24?” gli disse “e tu lo sai che mi piace la carta no?” insistette l'uomo. Fabio annuì consapevole più che altro del fatto che fosse inutile insistere.

Brando si tirò giù le maniche della felpa e fece per seguirlo ma Giovanni lo bloccò trattenendolo per un braccio l'istante che bastava a fermarlo. Capendo che ancora non gradiva granchè essere toccato da lui “Brando aspetta, devo parlarti un attimo” lui lo guardò sorpreso e un po' guardingo mentre faceva cenno a suo figlio con la mano che poteva andare.

Giovanni aspettò di sentire la porta chiudersi prima di tornare a dare attenzione al ragazzo

“ascoltami bene” gli disse “voglio che ti sia chiara una cosa... in tutta questa faccenda tu non hai fatto niente di male, non hai sbagliato niente, hai capito? Questo” scandì roteando un dito ad indicare il suo viso, che ancora portava segni piuttosto evidenti “non te lo sei... meritato... o roba del genere... intesi?” Brando si voltò di lato, indurendo lo sguardo e serrando le mascelle. Sentiva tornare il nodo alla gola “è tuo padre che ha fatto lo stronzo, è chiaro?” disse ancora Giovanni, facendolo voltare di scatto a guardarlo, sorpreso che parlasse in quel modo. Giovanni addolcì lo sguardo davanti al suo stupore “ma credimi, non è detto che non ci ripensi” a queste parole Brando abbassò di nuovo gli occhi. Non ci credeva per niente... “dico sul serio!” insistette Giovanni interpretando i suoi pensieri e poggiandogli una mano tra viso e collo, facendolo tornare a guardare su “ai vecchi serve tempo per elaborare le cose... capito?” Brando annuì abbozzando un piccolo sorriso per mostrargli che aveva capito. Giovanni annuì vigorosamente e gli diede un paio di leggere pacche di incoraggiamento, lì dove aveva poggiato la mano “dai..” concluse facendogli cenno che poteva andare.

Incrociò le braccia respirando a fondo. Non ci credeva granchè in realtà, che quell'uomo odioso con cui aveva avuto il dispiacere di parlare la sera prima, sarebbe tornato sui suoi passi.... ma per ora gli interessava che il ragazzo non si sentisse in colpa, perchè era quella l'impressione che gli dava tutto il tempo.

 

 

Quando Fabio tornò dall'edicola entrò in camera e trovò Brando seduto per terra, con la schiena poggiata all'armadio e le gambe piegate. Con un discreto brivido di orrore notò il fumo che gli usciva dalle labbra.

“oh! Ma che stai fumando???” esclamò esterrefatto che si avvicinasse ancora a quella roba dopo ciò che gli era successo

“è solo una sigaretta” disse lui calmo, interpretando i suoi pensieri “che c'è... mi vuoi menà veramente?” scherzò facendo un altro tiro. Fabio arrossì scuotendo piano la testa, vergognandosi del discorso assurdo che gli aveva fatto in ospedale, e andò a sedersi accanto a lui per terra, ostentando noncuranza, sperando così di distrarlo dal sfotterlo ancora. Brando non sembrava di quella idea comunque. Prese un'altra profonda boccata di fumo e gli passò la sigaretta. Lui scosse la testa piano in segno di diniego.

Per un po' rimasero così in silenzio. Facendosi semplicemente compagnia nei loro pensieri pesanti. Fabio di tanto in tanto lo guardava di sottecchi, ispirare fumo e poi lasciarlo venir fuori piano. Sembrava rilassarlo veramente, quindi lo lasciò fare. Ma c'era un pensiero che premeva per saltargli fuori dal petto... e che presto non fu più in grado di trattenere

“mi dispiace... per tuo padre” l'aveva detto a voce bassa. Eppure si rese conto lui stesso di come ogni sillaba di quella pesante frase avesse riempito ogni angolo della stanza. Vide Brando abbassare lo sguardo e serrare le mascelle. Osservò il lividi, che aveva proprio sul lato del viso che gli mostrava. Stavano meglio anche se si vedevano ancora. Il labbro invece era ancora gonfio ma quello, pensò, tutto sommato era anche colpa sua “ti aveva già... picchiato altre volte?” insistette nonostante la sua palese reticenza all'argomento. Brando ispirò fumo forte

“non così...” rispose secco “ma comunque è stato peggio quello che mi ha detto”. Fabio sentì dolore allo stomaco “vuoi... parlarne?” chiese. Brando sospirò scuotendo la testa, e lui annuì... lo immaginava. Trattenne il secondo -mi dispiace- che aveva l'aria di suonare davvero patetico a quel punto. Sollevò una mano e la posò piano sulla coscia di Brando, alzando gli occhi al soffitto, prendendosela con non sapeva bene chi. Iniziò a accarezzarlo piano, in un tentativo consolatorio. Lui non reagì... ma lo lasciò fare.

 

Ci furono ancora diversi minuti di silenzio, prima che Brando parlasse di nuovo “tuo padre... che cosa ha fatto... intendo quando gli hai detto... si insomma.... gli hai detto di te” Fabio sospirò “è rimasto in silenzio, a fissarmi sorpreso per un po'...” rispose guardandolo “poi se ne è andato in camera sua. Non mi ha rivolto la parola... ne guardato in faccia... per un'intera settimana” abbozzò un lieve sorriso per smorzare la tensione “stavo impazzendo... non sapere cosa pensasse o quanto sarebbe durato questo sciopero mi stava mandando al manicomio” si fermò... sentendosi un attimo in colpa per star descrivendo la cosa come una tragedia quando Brando era stato buttato fuori di casa “e poi?” lo esortò lui guardandolo a sua volta. Fabio sospirò ancora “poi una mattina come se niente fosse mi sono alzato e mi ha detto -buongiorno-” spiegò “e da lì ha ricominciato a comportarsi più o meno come al solito. In realtà non ne abbiamo mai davvero parlato, anche se io mi sono sentito in dovere di dirglielo quando ho cominciato a frequentare Alessandro” Brando annuì “gli hai raccontato... anche di me?” chiese a quel punto. Fabio arrossì, per motivi che non gli erano ben chiari, come se ancora pensare a loro due insieme, proprio loro due, gli facesse strano “no” rispose secco “ma te lo dico... secondo me qualcosa ha capito adesso” si sentì in dovere di aggiungere.

Brando annuì di nuovo. Con gran sollievo di Fabio non sembrava che l'idea che suo padre sapesse di loro gli desse fastidio “lui...” riprese Brando dopo qualche istante “è stato... gentile con me” ammise con tono quasi sorpreso. Poi senza guardarlo aggiunse “credo che... forse stia tentando di fare con me quello che non ha fatto con te, quando ti serviva.” Fabio si mosse a disagio e si alzò in piedi. Non aveva considerato le cose da quel punto di vista.

 

Il flusso dei suoi pensieri venne interrotto proprio da suo padre che, come suo solito, bussò ed entrò quasi nello stesso momento, facendolo sobbalzare. Brando fece appena in tempo a nascondere la sigaretta dietro la schiena.

“oh allora...” esordì guadagnando il centro della stanza “Fabio volevo dirti...” si fermò di colpo aggirando lo sguardo nella stanza. Fabio capì al volo che aveva sentito odore di nicotina. Brando non si era preoccupato di aprire la finestra. L'espressione di Giovanni si congelò in quella austera che aveva a scuola, quando faceva il preside. Si avvicinò a Brando in due falcate e si chinò accanto a lui frugando a colpo sicuro dietro la sua schiena, gli afferrò il polso e lo portò davanti al suo viso prendendogli poi la sigaretta dalle dita. Brando arrossì, più che altro per essere stato beccato a nasconderla come uno scolaretto delle medie. Giovanni lo fulminò “ok questa è una regola fondamentale” scandì “non si fuma dentro casa, è chiaro? Su questo non transigo” disse in tono severo “e se smetti pure fuori ti fai un favore..” aggiunse “sissignore...” borbottò Brando, chiedendosi quando si sarebbe tolto da così vicino alla sua faccia.

“mi sorprendo che Fabio non te l'abbia detto..” stava commentando Giovanni mentre si rialzava, donando ora una delle sue migliori occhiatacce al figlio. Fabio sbuffò mentalmente. Ecco che ce n'era anche per lui. “Fabio perchè....” poi si fermò mentre un pensiero gli balenava nello sguardo “non è che stavi fumando anche tu vero???” esclamò avvicinandosi minaccioso “ma no papà che dici...” si schermì Fabio evitando di guardarlo in faccia e insaccando le mani nelle tasche. Brando si alzò in piedi “no signor Fedeli, glielo assicuro, Fabio non..” “tu zitto” lo bloccò Giovanni tornando subito dopo a minacciare suo figlio con lo sguardo “Fabio guarda, se scopro che fumi io..” “papà!” Stavolta fu Fabio a bloccarlo, poggiandogli anche le mani sulle braccia “ti ho detto di no. Ora smettila” il suo tono deciso convinse Giovanni. Anche perchè raramente mostrava davanti a lui qualcosa di diverso da un atteggiamento sottomesso. Lo fissò ancora per un momento, poi buttò aria fuori dalle narici e si allontanò di un passo “ok...” disse piano, incrociando poi le braccia al petto per ridarsi un tono pacato. Notava che Brando lo guardava perplesso “il fumo fa male... “ borbottò in difesa del suo scatto “comunque, ero venuto qui per un altro motivo.. Fabio, hai tirato fuori la tua divisa di riserva? Come ti avevo detto stamattina?” chiese. Tornando al suo solito modo di fare pratico. Il ragazzo roteò gli occhi al cielo “no, mi sono scordato, vado” “se non ti si sta dietro dietro come a un bambino siamo finiti eh?” brontolò suo padre facendolo arrossire mentre usciva dalla stanza

“divisa?” chiese Brando senza capire. Giovanni si voltò verso di lui donandogli un'occhiata perplessa con tanto di sopracciglio sollevato “sì” disse semplicemente “la divisa scolastica, come pensi di andarci domani a scuola sennò?” Brando spalancò gli occhi. La scuola???? non aveva minimamente considerato l'idea di tornarci! Giovannì ghignò interpretando bene il suo sgomento “Brando, guarda che domani si va a scuola, io non ti firmo un solo giorno di assenza in più hai capito?” esclamò mettendosi poi a ridere.

 

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Capitolo 5
*** cap 5 ***


Cap 5

 

Brando si stava facendo il nodo alla cravatta davanti allo specchio. Fabio lo guardava, seduto sul letto. Sospirò a vedergli fare, per l'ennesima volta, una mossa con le spalle per cercare di farsi spazio nella giacca. Con i vestiti normali non succedeva, anche perchè lui li portava un po' abbondanti, ma la divisa era quasi su misura e a Brando, che aveva le spalle più larghe delle sue, stava vistosamente stretta. Guardò in basso, anche i 3-4 centimetri che li separavano in altezza si vedevano sulle caviglie. Lo vide stringere la cinta dei pantaloni fino all'ultimo buco e sospirò più pesantemente

“si può sapere che c'è??” sbottò il moro voltandosi per meglio fulminarlo con lo sguardo

“mi dispiace...” rispose Fabio indicando con un gesto del dito l'insieme. Non è che fosse ridicolo, ma se ci facevi caso si notava che non erano i suoi panni. Brando grugnì un lamento “non è mica colpa tua” borbottò tornando a guardarsi allo specchio per tentare di dare almeno alla sua faccia l'aspetto di sempre. Non facile data la situazione in cui ancora vertevano il labbro e lo zigomo destro. Avesse avuto almeno a disposizione il fondotinta di sua sorella... scrollò le spalle rinunciandoci

“andiamo?” disse solo.

 

Giovanni era uscito quando loro si stavano a mala pena alzando, quindi lui si era incaricato di chiudere a chiave mentre Fabio recuperava il secondo casco del motorino. Brando lo guardò mettere in moto e poi fargli cenno di salire. Lui ne avrebbe fatto volentieri a meno, si guardò un attimo furtivamente intorno, a sincerarsi che non ci fosse nessuno, prima di poggiare le mani sulle sue spalle per aiutarsi a salire.

Da quella mattina aveva i capogiri dalla tensione. Gli sembrava che qualsiasi cosa producesse un contatto fisico tra lui e Fabio fosse altamente equivocabile, come se ogni cellula del loro corpo urlasse ciò che succedeva tra loro mentre erano soli. Si scostò col corpo indietro il più possibile per non sfiorarlo neanche, mentre si reggeva ai sostegni, poi partirono.

Lungo il tragitto si domandò come fosse possibile che, tra le mura di casa sua, trovasse così naturale toccare Fabio, accarezzarlo di tanto in tanto, baciarlo persino (anche se quello solo quando erano da soli) e ora che stavano nel mondo reale anche il solo fatto di farsi dare uno strappo in motorino gli faceva domandare se i passanti non pensassero male.

 

Era ancora assorto in questi pensieri quando notò che Fabio stava rallentando e poi accostando al marciapiede “che c'è? Ti sei scordato qualcosa?” gli chiese sporgendosi in avanti. Fabio per tutta risposta si fermò del tutto poggiando un piede a terra come sostegno. Si voltò di tre quarti per guardarlo in viso

“siamo a circa due-trecento metri da scuola” gli disse “ho pensato che, magari non volessi che tutti ti vedessero arrivare con me. Troppe domande no?” aggiunse con un piccolo sorriso. Brando sgranò gli occhi

“grazie...” soffiò estremamente sorpreso. Si sganciò il casco passandoglielo e scese dal motorino. Guardò in basso. Si sentiva un po' in imbarazzo nel provare così tanto sollievo dopo quel suo gesto. Avrebbe voluto avere il coraggio di dirgli che non gli importava di cosa avrebbero potuto pensare gli altri, ma si rese conto che non era così. Sollevò lo sguardo a studiarlo bene mentre si infilava il suo casco nel braccio e lo assicurava al gomito “stai tranquillo” gli disse Fabio “lo capisco che non si può fare tutto in un giorno ok? Va tutto bene” “grazie davvero” rispose Brando, cercando di mostrargli quanto più possibile quanto fosse sincera la sua gratitudine. Fabio abbozzò ancora un sorriso, anche se un po' triste, e poi sgasò rimettendo in marcia.

 

 

 

L'ingresso a scuola era stato meno traumatico del previsto. In fondo un'assenza di tre giorni nel mese di Febbraio non desta poi grande scompiglio. Brando si era quasi divertito ad inventare, per ogni persona che glielo chiedeva, una scusa diversa su come si fosse procurato quei lividi: una rissa sabato sera in un locale, un incidente con il motorino di un amico, caduto dal letto, attacco di sonnambulismo... la sua fervida immaginazione si era scatenata. Solo Niccolò, quando gli aveva raccontato di aver fatto una lezione di kick boxing alla palestra di suo cugino, gli aveva regalato un'occhiata scettica e indagatrice, ma non aveva fatto altre domande e lui gliene era stato grato.

 

Erano all'incirca a metà della terza ora quando aveva approfittato della prof di arte, che ti mandava in bagno anche 10 volte, dato che era completamente rimbambita, per andarsi a fare una passeggiatina nel corridoio.

Pochi metri fuori della classe si accorse di Monica che stava uscendo dalla presidenza con il suo solito passo deciso e masticò un'imprecazione cercando di fare dietro front. Detestava quella donna ed era già sufficientemente difficile far finta davanti agli altri di trovarla sexy come tutti loro, non voleva parlarci un minuto più del necessario, e cioè non prima dell'allenamento del martedì “Brando!” lo chiamò lei nonostante tutto. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo maledicendo qualcuno e si voltò tirando un sorriso “prof..” “ci sei mancato agli allenamenti venerdì” esordì la donna puntellandosi le mani sui fianchi “sei stato male?” Brando non fece in tempo a rispondere che lei aggiunse “che hai fatto al viso?” Brando mise su la sua migliore faccia da schiaffi “beh diciamo che ho avuto un sabato sera movimentato..” buttò li con un sorrisino. La donna nicchiò incrociando le braccia al petto “non abbastanza da venire a scuola comunque” commentò facendo trasformare il sorriso di Brando nel suo sguardo di puro odio. Monica fece finta di non badarci, abituata alle occhiatacce di fuoco che gli vedeva lanciare “vabbè, io devo andare in classe, per cui..” tentò Brando di scollarsela di dosso “certo...” annuì la donna “ah Brando?” lo chiamò di nuovo non appena lui aveva azzardato solo un passo indietro. Il ragazzo represse l'istinto omicida che aveva sentito venir su “come mai hai le scarpe da ginnastica oggi?” gli chiese lei facendo cenno con gli occhi alle sue nike bianche. Brando scrollò le spalle “ho preso una pozzanghera qualche giorno fa e non si sono ancora asciugate” buttò lì, fregandosene altamente se avesse piovuto nei giorni precedenti. Monica annuì di nuovo e poi gli fece uno sorriso complice “beh sta attento che se ti becca Fedeli sei fritto, lo sai che ci tiene a queste cose” spiegò battendogli una mano sulla spalla e voltandosi poi per andarsene. Brando immaginò di alzarle un bel dito medio. Oltre ad aver sprecato tutto il tempo della sua passeggiata lo aveva messo di pessimo umore, riproponendo alla sua attenzione la triste verità in cui si trovava: era ospite a casa del preside, non aveva praticamente più niente e la sua famiglia non lo voleva più.

 

 

Arrivato alla ricreazione non si era ripreso affatto e se ne stava poggiato con la spalla al muro a far finta di ascoltare Carlo e Filippo che raccontavano del loro fine settimana. Ogni tanto Niccolò si appoggiava con il braccio intorno alle sue spalle scoppiando a ridere, quindi immaginava si trattasse di qualcosa di divertente. Fu il primo a notare Fabio che attraversava il corridoio, probabilmente diretto ai bagni. Era normale non averlo mai incontrato da quella mattina, dato che avevano in comune solo due corsi e nessuno di lunedì. Lo fissò per qualche istante camminare, senza all'apparenza notarlo, beandosi del fatto che solo vederlo avesse il potere di tranquillizzarlo un po'.

“hei Bra! Ma mi stai ascoltando o no??” esclamò Carlo colpendolo con il palmo della mano sul torace, per richiamare la sua attenzione “oh ma che te sei incantato?” insistette quando finalmente si voltò dalla sua parte a guardarlo. Seguì la linea del suo sguardo e un sorrisetto malefico si dipinse sul suo viso nel notare Fabio “hei guardate chi c'è” disse facendo cenno col mento nella sua direzione. Brando si maledisse mentalmente per aver attirato la loro scomoda attenzione su di lui e si attaccò con le spalle al muro sperando di assimilarsi ad esso prima che... “hei Bra... ti vuoi divertì un po'?” gli chiese Filippo dandogli di gomito.

Che lo tirassero in mezzo... per l'appunto.

Brando masticò un'imprecazione

“no regà... non sono in vena... e poi che ve frega de Fedeli dai...” tentò

“oh dai! È divertente!” lo spronò Carlo

“hei Fedè!” lo chiamò ad alta voce Filippo facendolo girare di riflesso “hai fatto colazione stamattina?” gridò ancora, mimando poi molto platealmente il gesto di fare un pompino. Brando girò la faccia frustrato mentre Fabio si voltava riprendendo a camminare, seguito dalle risate sguaiate dei due ragazzi e dall'unica voce fuori da coro di Niccolò, che imbarazzato gli diceva “oh eddai, lasciatelo in pace, non vi siete ancora stufati?”

 

“guarda che si diverte anche lui!” disse Carlo a Niccolò quando ormai Fabio si era allontanato. Il biondino gli dedicò uno sguardo scettico, di leggero rimprovero. Brando si staccò dal muro e se ne andò via scrollando le spalle “che rottura di coglioni oh...” sputò fuori senza apparente connessione col discorso.

Era furioso.

Non sapeva se gli avevano dato più fastidio quei due, o il fatto che Niccolò fosse riuscito a dire qualcosa di perfettamente sensato in difesa di Fabio e lui neanche una sillaba.

Si sentiva completamente bloccato in quella situazione di limbo in cui galleggiava da quella mattina. Quella viscida sensazione che qualsiasi cosa dicesse o facesse lo potesse etichettare davanti al mondo come un frocio. Sentiva di stare sul punto di esplodere.

 

 

 

Dopo l'uscita Fabio si diresse con tutta calma al luogo dove si era dato appuntamento con Brando per tornare a casa. Con leggero stupore lo trovò già lì che lo aspettava, fumando nervosamente.

“hei” lo salutò tranquillamente iniziando ad aprire il bauletto “come è andata la giornata?”

“come è andata la giornata? Dico ma sei scemo?” proruppe il moro, senza capire bene perchè si stesse arrabbiando con lui, che infatti lo guardò sorpreso “cioè...” ritrattò “come mai fai tutto il tranquillo e il rilassato?? dopo quello che ti hanno detto oggi??” a Fabio passò per un paio di secondi la linea dell'encefalogramma piatto, poi un guizzo di comprensione gli attraversò lo sguardo “ah quello! Ma che vuoi che mi freghi... sono dei cretini” disse semplicemente, facendo spallucce. Brando rimase interdetto

“davvero non ti importa?” chiese incredulo dopo una manciata di secondi, che aveva speso a osservarlo stipare roba nel bauletto e allacciarsi il casco “no” rispose abbastanza sinceramente Fabio, porgendogli il suo casco. Brando lo afferrò ma non lo mise, lo studiò per un attimo prima di poggiarlo rumorosamente sulla sella sospirando forte. Fabio lo guardò sicuro di indovinare cosa pensasse. In realtà un po' gli era pesato non sentirgli dire neanche una parola quando quei coglioni lo avevano insultato, ma anche quello se lo aspettava. Non era certo così ingenuo da sperare che lui sconfiggesse tutti i suoi demoni in un giorno.

Aggirò il motorino per andare dal suo lato, voleva solo stargli più vicino, e si sorprese nel vederlo indietreggiare guardandosi furtivamente intorno, nel trovarselo a pochi centimetri. Provò a poggiargli una mano sulla spalla ma quello d'impulso lo scansò, evitando subito dopo il suo sguardo girando il viso di lato, colpevole.

Fabio sospirò

“senti ti va di non tornare subito a casa? Eh? Facciamo un giro” proruppe quindi, cambiando totalmente argomento. Brando rilassò le spalle e annuì, poi in silenzio si allacciò il casco e montò in sella dietro di lui, tenendo la solita distanza di sicurezza.

 

 

 

 

Dopo un tragitto di una mezz'ora stavano seduti sull'erba di una piazzola di sosta, mollemente adagiata sulla curva di un morbido tornante di collina. Da lì si vedeva tutta la città, anche se semi offuscata dalla cappa di smog che la contraddistingueva alle prime giornate calde. In compenso in giro non c'era nessuno, e non avevano incontrato gente nè a salire né a scendere per diversi minuti.

Stettero in silenzio a lungo. Fabio aspettò con pazienza di vedere lo sguardo di Brando distendersi finalmente. Una piccola e maliziosa parte del suo cervello constatò che lo trovava attraente in ogni sua versione, rilassata o incazzata che fosse. Gli piaceva ogni minuscolo dettaglio del suo viso, a suo parere gli stava bene persino l'apparecchio ai denti.

Brando emise un lungo sospiro, poi lo occhieggiò brevemente e allungò un braccio, prendendogli una mano tra le sue e portandosela in grembo per stringerla.

“ti rendi conto che siamo dovuti venire in culo ai lupi perchè tu te la sentissi anche solo di toccarmi la mano?” gli chiese Fabio dopo un po'. Il tono di leggerissimo rimprovero.

“scusa...” borbottò Brando senza guardarlo.

“si può sapere che hai?” si sentì chiedere. Percepiva che lo stava fissando preoccupato, sentiva il suo sguardo addosso

“tu...” iniziò continuando a tormentargli la mano che stringeva tra le sue “sei molto più forte di me” Fabio sollevò le sopracciglia sorpreso “se a me facessero quello che ti hanno... che ti abbiamo...” si corresse abbassando il tono di voce in imbarazzo “fatto noi nei bagni... io penso che mi sparerei” confessò amaramente. Fabio sospirò riprendendosi la mano. Non si sentiva certo un supereroe solo per aver rimesso piede a scuola dopo che lo avevano filmato con la faccia piena di rossetto, ma capiva ciò che lui volesse dire

“non lo sai quanto puoi essere forte..” recitò con solennità “finchè essere forte non è la sola scelta che hai” Brando represse una risatina “e questa dove l'hai letta? Sui baci Perugina?” “no, tipo su un libro di un tizio che soffocava..” rispose ridacchiando a sua volta Fabio. Brando scrollò le spalle inorridito “ottimo curriculum da testa di cazzo...” commentò facendolo sorride di nuovo

“però un po' credo sia vero...” riprese tornando serio e prendendogli lui la mano stavolta. Brando lo guardò solo per un attimo, poi tornò a dare attenzione al panorama davanti a loro “una cosa te la prometto” insistette Fabio “quando potrai essere te stesso, a prescindere ti sentirai meglio” Brando fece uno sbuffo di risata amara “me stesso...” ripetè scuotendo la testa “io nemmeno lo so più chi sono...” aggiunse amaramente, tornando a guardare davanti a sé.

Fabio lo guardò ancora per un lungo momento. Sapeva perfettamente cosa gli si agitava dentro. Immaginò di moltiplicarlo per 10, data la mentalità che l'aveva sempre circondato e il rifiuto ricevuto dalla sua famiglia.

“tu sei..” iniziò dopo un po' “Brando De Santis. Sei un discreto giocatore di calcio, ti piace disegnare... da quel che ricordo dalle medie” Brando si girò a guardarlo con un sopracciglio sollevato “sei creativo e incredibilmente cocciuto. Sei intelligente, molto intelligente.. un po' stronzo” concluse nicchiando con la testa, facendogli scappare un piccolo sbuffo di risata. Fabio sorrise e Brando scosse di nuovo la testa

“mi piacerebbe vedere le cose come le vedi tu..” sospirò. Poi il suo sguardo si incupì se possibile ancora di più “Fabio...” lo chiamò a voce bassissima “tu pensi mai... al fatto che... è vero che quello che facciamo, è contro natura?” Fabio lo guardò esterrefatto, ma che stava dicendo??? “si insomma... non possiamo farci niente... però in fondo è così... non è naturale che noi...” si fermò non riuscendo a proseguire la frase

“stai dicendo che siamo sbagliati?” la voce di Fabio era fredda adesso “io non lo so” sospirò Brando guardando tristemente le sue mani che ancora accarezzavano quella di Fabio “però... tutte le volte che ti bacio... io risento mio padre, che mi dice che gli faccio schifo” a Fabio si annodò lo stomaco a quelle parole, e Brando impietoso aggiunse “e delle volte mi faccio schifo pure io”.

 

Fabio sentì dolore al petto. Chi dice che il cuore che soffre per questioni emotive è solo una metafora... probabilmente non aveva mai provato nulla in vita sua.

Come avrebbe mai fatto Brando a vivere serenamente una storia tra loro, finchè lui stesso non si accettava fino a questo punto? Come poteva sperare che prima o poi lo amasse se disprezzava a tal modo se stesso?

Lentamente fece scivolare la mano via dalle sue e si alzò in piedi andando a riprendere il casco, senza dire una parola. Era furioso, umiliato persino. Non voleva esserlo, voleva sforzarsi di capirlo ma sentiva di non riuscire a reprimere quei sentimenti

“oh!” lo chiamò Brando, guardandolo allontanarsi senza capire. Lo seguì in piedi e lo raggiunse. Lo capì al volo dalla sua faccia che era nero “perchè sei arrabbiato? Guarda che io mica dicevo a te!” esclamò tentando di incontrare i suoi occhi che lo evitavano “io dicevo...”

“dicevi che ti fai schifo” lo interruppe Fabio piantandogli gli occhi in faccia di colpo “e nemmeno lo capisci che così dici che ti faccio schifo pure io” aggiunse scuotendo la testa davanti al suo stupore.

Gli fece cenno di salire e mise in moto quasi senza lasciargli il tempo di allacciarsi il casco.

 

Il tragitto verso casa servì a Fabio per sbollire per bene.

Come suo solito non appena passata la rabbia aveva iniziato a sentirsi in colpa. Era un po' il suo difetto... quello di colpevolizzarsi anche quando la sua rabbia era più che meritata. Così se da principio il saperlo lì dietro di lui, probabilmente a rodersi il fegato, gli provocava solo un leggero disagio, per quando raggiunsero le vie del suo quartiere la presenza di Brando alle sue spalle, così vicino da poterne quasi avvertire il calore, ma non abbastanza da sfiorarsi, era diventata a dir poco opprimente.

Parcheggiò e scese con gli occhi bassi, ancora indeciso fino all'ultimo se parlargli o battere in una rapida ritirata poco onorevole. Ma non appena ebbe poggiato entrambe i piedi a terra si sentì tirare per la manica della giacca fino a voltarsi dalla sua parte

“Fabio senti..” gli disse lui aggirando lo sguardo intorno “io c'ho una confusione in testa che non hai idea, in questo momento” “ascolta lo so... io” “fammi parlare” lo zittì Brando quando provò a scusarsi “l'unica cosa che so” riprese “è che tu mi piaci” ammise con una naturalezza disarmante “e questa cosa... è più forte dell'omofobia in cui sono cresciuto” abbassò gli occhi a fissare le nocche delle sue mani sbiancarsi per quanto ce le aveva tese “dammi... solo un po' di tempo ok?”

Fabio non pensò a se si sarebbe tirato di nuovo indietro. Poggiò il casco sulla sella del motorino, gli passò un braccio intorno alle spalle e uno intorno alla vita e lo tirò a sé stretto. Contro ogni previsione Brando lo lasciò fare e anzi, Fabio lo sentì sciogliere la tensione delle spalle nel suo abbraccio. Voleva dirgli tutto con quell'abbraccio. Voleva dirgli di non avere paura... che tutto sarebbe andato bene... che lui non lo avrebbe lasciato da solo.

Ma fu giusto un attimo. Poi il rumore di una macchina che si avvicinava fece tirare Brando indietro quasi di scatto. Lo guardò in imbarazzo per un attimo... poi lo precedette al cancello di casa.

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Capitolo 6
*** cap 6 ***


 

Cap 6 – una decina di giorni dopo

 

 

Brando ormai si era discretamente abituato alla sua nuova strana realtà: far parte, in un certo senso, della modesta famiglia di Fabio, così diversa dalla sua. La sera stessa del suo nuovo primo giorno di scuola, il signor Fedeli si era presentato a casa con una grossa busta di plastica con dentro una divisa della sua misura, spiegando che prendere cose gratis allo spaccio fosse uno dei pochi privilegi del preside. E così non aveva più dovuto strizzarsi nella divisa di Fabio, cosa che aveva decisamente migliorato il suo umore. Quell'uomo non era male come lo aveva sempre giudicato, tutto sommato. Li lasciava abbastanza liberi di entrare e uscire come volevano, anche se brontolava se la mattina faticavano ad alzarsi. Poi quando gli chiedeva come stavano dava l'impressione di ascoltare sul serio la risposta. Altra cosa per lui inedita. Si era abituato a dargli del tu. Si era abituato a lavare i piatti, non ancora a consumare poco sapone. Si era (quasi) abituato ai vestiti di Fabio.

E poi si era abituato ad essere abbastanza rilassato rispetto ai suoi sentimenti per lui. Completamente quando stavano in casa, solo quando erano soli... fuori casa.

Due volte alla settimana era andato persino da Niccolò, come faceva sempre prima, giusto per cazzeggiare e giocare alla playstation. D'altra parte anche Fabio aveva voluto andarsene in giro con quei patetici di Damiano e Chiara (che cosa ci trovava in loro per Brando era un mistero) quindi entrambi non se ne erano fatti un cruccio di non stare sempre insieme.

 

 

Quella mattina Giovanni Fedeli se ne stava tranquillamente in vestaglia a poltrire col suo giornale. Era venerdì, il giorno che aveva eletto a momento magico, in cui si prendeva la licenza di andare a scuola solo di pomeriggio. I ragazzi stavano fuori fino a tardi perchè uno aveva gli allenamenti di calcio e l'altro studiava in biblioteca per aspettarlo. Niente pranzo da preparare, silenzio... sì decisamente il venerdì era il suo giorno preferito.

 

“ancora sei lì dentro?????” urlò Fabio dal corridoio, davanti alla porta del bagno. Giovanni sospirò, peccato che quel venerdì non fosse ancora cominciato... i ragazzi erano ancora a casa, buttò un occhio all'orologio, ed erano le 7.45.

I due entrarono in cucina piuttosto rumorosamente, Brando avanti, seguito da suo figlio

“sei in ritardo!” gli disse Fabio tallonandolo

“tu sei più in ritardo di me” lo rimbeccò Brando aprendo i pensili alla ricerca di qualcosa “non ti sei neanche lavato i denti, e fidati che si sente” aggiunse sghignazzando. Fabio arrossì di botto “colpa tua che pianti le tende in bagno!”

“siete tutti e due in ritardo...” commentò Giovanni lanciandogli un'occhiataccia, ma venendo completamente ignorato. Alzò gli occhi al cielo. Era proprio vero quello che aveva sentito dire, che con i figli 1+1 fa 3!

 

“e comunque potresti anche evitare di raderti tutte le mattine” insistette Fabio “che in faccia c'hai tre peli per sbaglio” “sempre di più di quelli che c'hai tu sul cazzo” ribattè Brando

“Brando... linguaggio” intervenne in tono di stanco rimprovero Giovanni “scusa..” disse lui buttandogli un'occhiata e calmandosi un po'. Fabio buttò forte aria fuori dal naso mentre l'altro apriva il frigo e ci scavava un po' dentro. Ne estrasse un vasetto di yogurt e glielo porse “lo vuoi?” gli disse. Fabio annuì e poi notando che lui richiudeva il frigo aggiunse “no dai se è l'ultimo prendilo tu” “no tranquillo te lo lascio” rispose Brando sorridendo, come se quelli che si beccavano come galli da combattimento fino a un secondo prima fossero altre persone.

Giovanni roteò gli occhi il più vistosamente possibile.

 

Fabio poggiò il vasetto sul tavolo annunciando, lanciando un'occhiata in tralice a Brando, che prima si sarebbe lavato i denti. L'altro commentò che si andava a mettere le scarpe e entrambi lasciarono di nuovo la cucina.

Appena svoltato l'angolo del corridoio Brando afferrò Fabio per il bavero della giacca e lo sbattè molto poco delicatamente contro il muro

“hei vedi di fare meno lo stronzo, hai capito?” la voce era dura, lo sguardo in compenso non era serio per niente

“beh tu vedi di sbrigarti allora” ribattè Fabio guardandogli insistentemente gli occhi e le labbra “a prepararmi?” propose il moro con un sopracciglio alzato “no. A fare quello che devi fare adesso!” rispose lui. Brando fece un sorrisetto bastardo praticamente contro le sue labbra, poi spostò la mano dalla sua giacca alla sua nuca e lo coinvolse in un bacio tutt'altro che tenero. Fabio sprecò solo un momento a chiedersi se fosse vero che aveva l'alito cattivo o lo stesse solo sfottendo, poi gli poggiò le mani sulle guance e spinse la bocca contro la sua iniziando a ricambiare con la stessa passione.

Si divorarono le labbra a vicenda finchè non sentirono il rumore della sedia di Giovanni che scricchiolando li avvertiva che si stava alzando, quindi si separarono di scatto, all'unisono, e percorsero il resto del corridoio fino a dietro l'angolo che portava alle camere, spintonandosi e ridendo.

Questa volta fu Brando a finire schiena alla parete, Fabio poggiò entrambe le mani sul muro ai lati del suo viso e si sporse in avanti per origliare dietro l'angolo “dai gira, gira, gira...” esortò suo padre. Quando sentirono il rumore della porta del bagno chiudersi Brando sospirò “oh perfetto” per poi ridere con Fabio, prima che lui azzerasse di nuovo la distanza tra loro premendo la bocca sulla sua.

Si stavano ancora baciando quando sentì vibrare il cellulare nella tasca dietro dei pantaloni, una, due... tre volte. Senza interrompere quello che stava facendo, cercò a tentoni il cellulare nella tasca e lo tirò fuori, spostandolo di lato per tentare di guardare chi gli scrivesse. Fabio però evidentemente si accorse di un calo nel coinvolgimento perchè si staccò a guardarlo interrogativo

“ma sei serio???” lo apostrofò quando gli vide il telefono in mano. Poi notò che gli era cambiata anche l'espressione del viso, che si era fatta tesa e concentrata “chi è?” chiese preoccupato dalla sua espressione

“mia sorella...” rispose laconico Brando senza staccare gli occhi dal telefono. Fabio sentì un nodo allo stomaco formarsi velocissimo “scusa, arrivo subito... tu intanto finisciti di preparare” lo liquidò Brando staccando le spalle dalla parete e iniziando a digitare mentre si chiudeva in camera.

Fabio sospirò... quasi due settimane di silenzio e poi messaggini? Sperava solo che non lo mettesse di cattivo umore.

 

 

 

Ciao BiBi

 

come stai?

 

Tutto bene?

 

Benissimo

 

è vero che stai a casa del preside?

 

Si

 

ma calcola che se lo dici a qualcuno sei morta

 

nooooooo

 

papà ci ha vietato assolutamente di dirlo!

Lo ha detto solo a me e mamma

perchè lei stava sclerando

 

 

piange tutti i giorni lo sai?

 

Piange ma non fa neanche una telefonata

lo sai che fatica a andare contro a papà

 

 

Brando si morse il labbro forte, alzando gli occhi al cielo per proibire a qualsiasi stronzissima lacrima di scendere. Lui teoricamente era suo figlio... ma si vede che non era importante quanto il suo matrimonio economicamente vantaggioso.

 

BiBi...

perchè glielo hai dovuto dire per forza?

 

Brando provò l'istinto di lanciare il telefono contro il muro. Non rispose, e lei continuò

tanto facevi come ti pareva prima..

potevi scoparti chi volevi e loro non se ne

sarebbero mai accorti

 

ogni tanto se l'era chiesto anche lui, quindi non era giusto farne una colpa ad Angelica di quella domanda... eppure faceva male lo stesso

 

forse mi sono stufato di vivere dicendo cazzate

 

ma a te dà fastidio?

 

Si arrischiò a chiederle. Lei ci mise un tempo eterno a rispondere

 

beh un po' mi fa strano. Ti ho sempre visto circondato da ragazze...

 

però vabbè... alla fine per me puoi fare come ti pare

 

Brando chiuse gli occhi e incrociò le braccia sopra le ginocchia piegate. Ci poggiò la fronte sopra, ricacciando indietro il groppo che aveva in gola. Supponeva di doversi accontentare di quello per ora

 

mi manchi Topo Gigia...

 

vorrei dire che mi manchi anche tu...

ma non mi filavi per niente e non ci vedevamo quasi mai

da anni ormai..

 

Brando si sentì in colpa, non avendo mai considerato le cose in quel modo. Si chiamavano ancora con quei nomignoli che si erano dati da bambini... ma lei aveva ragione... non avevano più un vero rapporto da 5 anni almeno

 

ti voglio bene però :)

 

scusami

ti voglio bene anche io

 

Brando attese che lei scrivesse ancora qualcosa. Ma sotto il suo nome apparve la scritta -ultimo accesso oggi alle 7.58-

Immaginò che suo padre l'avesse chiamata per accompagnarla a scuola. Si domandò di cosa le parlasse mentre andavano, con che faccia le chiacchierasse di qualcosa mentre riteneva opportuno che suo fratello non vivesse più con loro. Si chiese se lei glielo avrebbe nascosto che gli aveva scritto.

Immaginò di sì.

 

 

 

ALCUNE ORE DOPO

 

Brando si guardò in giro con fare circospetto. Non scendeva al piano del ginnasio esattamente da quando lo aveva finito ed era salito al liceo.

E tanti cari saluti a tutti gli stronzi di professori che c'erano lì.

Angelica non gli aveva detto di venire a dire la verità.

Questo pensiero lo aveva un po' bloccato sulle prime. Ma poi aveva scrollato le spalle e aveva imboccato le scale. Fanculo a lui andava di vederla.

Era l'ora di ricreazione e il corridoio delle aule era affollato di ragazzini. Brando masticò insulti. Che seccatura.

Lo attraversò con passo sicuro. Notando con piacere che i primini si spostavano intimiditi quando gli passava vicino.

Bene, bene... state al vostro posto marmocchi.

Anche le occhiate che gli rivolgevano le ragazze, e le conseguenti risatine che si scambiavano, doveva ammettere, gli facevano piacere. Brando lo sapeva di essere bello e gli sguardi languidi delle femmine lo avevano sempre fatto sentire sicuro di sé. Anche se lui le aveva sempre considerate al di sotto di lui le ragazze, in generale.

 

Anche quello non era un lato di lui di cui vantarsi...

 

Percorse il corridoio finchè non raggiunse la classe di sua sorella, che stava parlando poco fuori dalla porta con due pischelle, fin troppo carine per essere minorenni, e un tizio pieno di brufoli.

L'amica di Angelica soffocò un urletto di sorpresa quando se lo ritrovò vicino. Sua sorella sbarrò gli occhi come un cervo davanti ai fari di un auto

“Brando..” soffiò incredula. Il ragazzo squadrò lei e il brufoloso che, ora che ci faceva caso, le teneva un braccio stretto intorno al gomito. Lo fulminò con lo sguardo

“beh... sparisci no??” disse in tono feroce all'indirizzo del ragazzetto che non se lo fece ripetere due volte. Poi tornò a dare attenzione a sua sorella. Si vedeva che moriva dalla voglia di abbracciarlo e si tratteneva a stento. Brando contrasse la mascella per impedire a un sorrisino di stamparsi sulla sua faccia.

“vieni un attimo” le ordinò facendo cenno alle scale antincendio.

“che palle... proprio adesso?” protestò lei roteando gli occhi e battendo la punta del piede a terra dal nervoso. Brando si sforzò di nuovo di non sorridere. Si capiva che recitava, ma il modo in cui si era imposta di salvare le apparenze lo rendeva in qualche modo fiero di lei. Era proprio sua sorella. Indurì lo sguardo per darsi un atteggiamento severo e le fece un cenno del mento che, sperò, non ammetteva repliche. La ragazzina sbuffò e lo seguì mentre le sue compagne alle loro spalle si davano di gomito ridacchiando e sventolandosi come se avessero avuto una gran botta di caldo.

 

Neanche il tempo di far richiudere la porta tagliafuoco che se la ritrovò incollata addosso. Le sue braccia sottili che lo stritolavano intorno alla vita. Si concesse un sorrisino dolce, dato che nessuno lo vedeva. Le avvolse le braccia attorno alle spalle stringendo un po', sentendola tremare.

“non è vero che non mi manchi, stavo mentendo! Non so perchè” stava dicendo con la faccia premuta contro la sua camicia.

Brando le poggiò la guancia sulla sommità della testa “non ritrattare, avevi ragione.... quello che mi hai detto è vero. Non ti filo da anni.”

“non vuol dire nulla! Se ti dico che mi sei mancato mi sei mancato, hai capito???” strillò lei senza staccarsi da lì

“ok capo..” ridacchiò Brando.

 

Dopo un po' si era staccata. Si era asciugata gli occhi e tirato fuori dal nulla uno specchietto per controllare lo stato del suo mascara. Brando, che normalmente non le dedicava più di 5 minuti scocciati, era rimasto lì a guardarla per tutto il tempo.

“Bibi... stai davvero bene lì dove sei ora?” gli chiese lei incrociando le braccia al petto. Brando scosse la testa accendendosi una sigaretta “parli di me come se fossi morto!” rise, e anche lei trattenne un sorriso “sto bene... davvero” aggiunse soffiando fumo in alto perchè sapeva che a lei dava fastidio. Lei si poggiò con i reni alla balaustra vicino a lui

“senti... ma i maschi ti piacciono... come piacciono a me?” chiese timidamente “cioè... proprio nello stesso modo in cui...”

“se ti riferisci a quando speravi che il tizio dei one-direction ti tenesse sulla prua del Titanic, NO” la interruppe lui con aria schifata “decisamente non come piacciono a te!” Lei lo colpì sul braccio con un pugno, e probabilmente era l'unica sulla terra a poterlo fare senza conseguenze “idiota..” commentò, scoppiando poi a ridere subito dopo.

 

“senti... devo tornare su per cui” le disse Brando tirando l'ultima boccata di fumo prima di gettare il mozzicone giù dal parapetto. Lei annuì e lo abbracciò di nuovo, questa volta solo per un attimo. Lui le fece un sorriso spettinandole i capelli con un gesto collaudato che la fece strillare di disappunto, poi si voltò per andarsene.

“BiBi” lo chiamò lei poco prima che toccasse la porta “posso venire a trovarti su? Ogni tanto?” Brando indurì lo sguardo “per vedere i miei compagni di classe allupati che ti sbavano addosso?” disse con tono schifato “no grazie..” e poi vedendo la delusione del suo viso aggiunse “vengo io giù” Angelica sorrise per un attimo poi il suo sguardo si velò di tristezza

“Brando... pensi che tornerai a casa?” soffiò a voce basse, per tentare di nascondere il sentore di pianto. Questa volta lui non si girò a guardarla

“non credo” disse altrettanto piano, prima di aprire la porta con uno scatto nervoso e lasciarla sola sulle scale.

 

 

 

 

QUELLA SERA

 

 

Brando si avvicinò a Fabio con aria minacciosa, con solo le braccia incastrate dentro le maniche della t-shirt e le mani ferme nel gesto di allargarne il collo

“oh! Piantala! Ti ho detto che non ho scelta!” ripetè per la centesima volta, cacciando poi la testa nella maglietta e finendo di infilarsela nervosamente.

“dico solo che tu VUOI andarci” insistette Fabio “non mi sembra ci sia nessuno che ti punti una pistola alla testa, sarebbe maturo se almeno lo ammettessi”. Brando lo fulminò con lo sguardo. Quando diceva che era immaturo gli avrebbe spaccato la faccia, metaforicamente.

“fai meno lo spiritoso” gli ringhiò a denti stretti a due centimetri dalla faccia “è la sua festa dei 18 anni, la organizza da mesi, non posso semplicemente non andarci, e non mi va di dirgli che sto male” “Carlo è uno stronzo” ribattè Fabio evitando il suo sguardo, lui si allontanò di un passo “beh anche a me Damiano stai sui coglioni, ma non mi sembra che ti chiedo di non vederlo” borbottò meno battagliero, dato che lo sapeva benissimo che Carlo era oggettivamente più stronzo di chiunque altro, e che sopratutto a Fabio lo trattava da cani.

L'altro scosse la testa iniziando a tenere le mani occupate piegando una maglietta “lo sai a che mi riferisco” gli disse. Brando roteò gli occhi, sì lo sapeva. “a parte tutto mi dispiace che ancora vai in giro con gente di merda come quella, che mi schifa così e...” non terminò la frase perchè non voleva offenderlo. Ma il continuo arrivo lo stesso a destinazione sotto forma di sotto inteso -e schiferebbero anche me se solo sapessero-

Brando abbassò gli occhi stringendo i pugni fino a sbiancarsi le nocche. Poi sbuffò e si diresse verso l'armadio spalancandolo di modo da non poter più vedere la sua faccia

“ti assicuro che non mi va granchè” gli disse piano “vado solo perchè devo...” Fabio fece un'espressione da -certo come no- che lui però non vide.

“senti” gli disse Brando con uno sbuffo esasperato dopo un po' “hai qualcosa che non sia...” cercò per un attimo le parole “in una qualche declinazione di verde????” Fabio lo spinse via da davanti all'armadio lanciandogli un'occhiataccia. Cercò per qualche secondo e ne estrasse una felpa completamente nera col cappuccio. Gliela tirò addosso e poi lo spinse con poca grazia fuori dalla porta della stanza aperta.

Brando masticò un paio di parolacce indossando la felpa e ricacciando indietro la sensazione piacevole che aveva provato nel sentire che aveva su l'odore di Fabio, poi uscì dal campo visivo della stanza senza salutarlo.

Fabio lo sentì scambiare due parole con suo padre, che gli raccomandò inutilmente di tornare presto, e poi sentì chiudersi il portoncino di casa. Solo allora uscì dalla stanza e si diresse di malavoglia in cucina.

Giovanni lo osservò di sottecchi sbattere i bicchieri sul tavolo con troppo convinzione

“perchè non sei andato anche tu?” chiese con semplicità “semplice pà..” rispose lui con un sorriso sarcastico “perchè non mi hanno invitato!” e detto ciò buttò i tovaglioli al centro del tavolo e andò a sbatacchiare i piatti fuori dalla credenza. Giovanni si concesse un'espressione perplessa

“ai miei tempi alle feste ci si imbucava... essere invitati era... com'è che dite voi ragazzi? Da sfigati!” Fabio gli rivolse uno sguardo scettico, cercando di non dargliela vinta e mettersi a ridere. Voleva stare arrabbiato ancora un po' “senza offesa papà, ma ai tuoi tempi forse gli inviti si perdevano perchè qualcuno sparava al piccione che li portava...” Giovanni ridacchiò appena, poi gli passò dietro mentre sistemava i piatti battendogli un paio di volte la mano tra le scapole

“dai che torna presto, su...”

Fabio avrebbe voluto potergli spiegare che il problema non era tanto che fosse uscito (non era mica una vecchia moglie di paese...) ma che scegliesse ancora di passare il suo tempo libero con quelle persone, che ancora gli importasse cosa pensavano di lui, che dovesse ancora mantenere questa apparenza di bulletto stronzo puttaniere quando era insieme a loro.

Lo immaginò a quella festa a ridere delle battute sguaiate di Filippo o a strusciarsi con qualche scema ubriaca... e l'appetito gli si azzerò del tutto.

 

 

Dormiva quando sentì il rumore della porta che cigolava aprendosi. Fabio si svegliò e aprì gli occhi sapendo di non essere visto, dato che era girato su un fianco rivolto verso il muro. Buttò uno sguardo all'orologio digitale da polso che vedeva bene da quella posizione.

Le 3:32

alla faccia..

Richiuse gli occhi ben deciso a far finta di dormire. Sentì il tonfo che fece la felpa quando cadeva a terra, poi udì il clangore metallico della fibbia della cinta mentre la slacciava. Deglutì...

maledizione... ma poteva mai essere eccitante solo il RUMORE di quello stronzo che si spogliava??

Con suo sommo stupore, un attimo dopo, sentì la coperta sollevarsi un po' dietro la schiena e Brando stendersi silenziosamente accanto a lui. Trattenne il respiro... beh questa era nuova. Un conto era se si addormentavano poco dopo aver fatto roba... ma altrimenti non era mai successo che si mettesse a dormire insieme a lui, solo per dormire!

 

Brando si era steso cercando di fare meno rumore possibile. Già la porta aveva scricchiolato e si era presa la sua dose di parolacce mentali. Ora non voleva far cigolare anche il letto... era tardi.

Per fortuna Fabio sembrava avere il sonno pesante.

Si sentiva nervoso. Quella festa, come aveva immaginato, era stata peggio di un gatto attaccato ai coglioni, e ora l'unica cosa di cui aveva bisogno era addormentarsi ascoltando il ritmo regolare del respiro di Fabio.

Si girò su un fianco anche lui, gli passò piano un braccio intorno alla vita, attaccandosi a lui quanto possibile e poi poggiò la fronte sulla sua nuca, rilassando ogni muscolo del corpo.

 

Fabio dal canto suo pensava che se non moriva per colpa di quello non sarebbe morto più.

 

Brando si accomodò un po' meglio, poi distrattamente prese a strofinare delicatamente la punta del naso sulla pelle sensibile dietro il collo di Fabio. Il suo respiro, lo percepiva, gli provocava dei leggeri brividi. Eppure lui non si muoveva. Non sapeva bene perchè lo stava facendo, si era detto di non volerlo svegliare... eppure oscillava tra la voglia di non disturbarlo e la speranza che invece si svegliasse. Continuò ancora per qualche minuto quella specie di tortura, poi vedendo che quella sera Fabio sembrava proprio entrato in letargo, deciso di rinunciare.

Poggiò meglio la testa sul cuscino, poi spostò la mano, che aveva lasciato abbandonata più o meno dalle parti del diaframma di Fabio, per spostarla sulla sua pancia. Un'altra cosa che non avrebbe mai detto a voce alta nemmeno sotto tortura, era che adorava che Fabio non fosse... palestrato tipo... la sua pancia morbida gli piaceva un casino e voleva proprio addormentarsi con la mano poggiata lì sopra. Solo che nel muoversi scese un po' troppo in basso, sotto l'ombelico, e andò a sbattere contro qualcosa di... decisamente sveglio. Fabio aveva un'erezione. Di scatto Brando si tirò su poggiato sul gomito e si affacciò per guardarlo in faccia

“aoh! Ma che stai a fa finta di dormire???” esclamò ridendo. Fabio si voltò a pancia in su aprendo gli occhi, felice che la penombra della stanza nascondesse quanto fosse arrossito per essere stato beccato, almeno lo sperava.

“no beh... diciamo che non mi andava di chiacchierare” buttò lì “speravo ti addormentassi prima o poi!” “roba da matti” commentò Brando ridendo ancora scoprendo la sua fila di denti bianchissimi rifilati dall'apparecchio “tra un po' mi dirai pure che c'hai mal di testa!” lo prese in giro ridacchiando. Fabio roteò gli occhi ma lo lasciò fare, in fondo se lo meritava... Brando finì di ridere con un lungo sospiro poi, con una naturalezza disarmante, si buttò giù con la testa sul suo petto, stringendogli un braccio attorno alla vita, rilassandosi di nuovo. Fabio rimase solo per un istante con le braccia sollevate, cercando di decidere velocemente dove era meglio metterle.

Paradossalmente aveva più idea di cosa fare con lui quando voleva saltargli addosso che quando faceva così.

Decise di poggiargliene una sulla schiena e l'altra lasciarla libera lungo il suo fianco.

 

Ma teoricamente non era arrabbiato con lui ora che ci pensava??

 

“come è andata la festa?” chiese senza in realtà alcuna voglia di saperlo.

“due palle...” fu la laconica risposta.

“talmente pallosa che sei tornato alle 3 e mezza” osservò Fabio cercando di abbassare gli occhi per guardarlo in viso, senza successo. Brando aprì un occhio infastidito

“scusa mamma...” lo sfottè. Per un po' regnò il silenzio, tanto che Fabio credette che si fosse addormentato, invece riprese a parlare, il tono più serio stavolta “so stato appresso a Niccolò fino a poco fa” spiegò “c'ha dei casini con Virginia... non mi ha voluto dire quali... però stava parecchio di merda, quindi penso roba seria” “mhn...” si limitò a commentare Fabio, al quale non fregava proprio nulla di Niccolò, ma giudicò comunque la cosa un motivo abbastanza valido per tardare.

“due ragazze hanno provato a baciarmi..” buttò lì Brando a quel punto, sentendo distintamente i muscoli di Fabio irrigidirsi “ma le ho schivate” aggiunse

“beh che voi l'applauso?” lo rimbeccò Fabio sopraffatto da una gelosia che forse non aveva mai provato

“ammazza ma che hai mangiato? Pane e aceto stasera???” replicò Brando con tono scocciato.

Calò il silenzio, e durò per diversi minuti.

Fabio sospirò, pensando che dovevano sembrare proprio due idioti a litigare abbracciati. Gli scappò un piccolo sorriso.

Nel silenzio della notte prese ad accarezzargli i capelli distrattamente, imbambolato a guardare il soffitto, indeciso se lasciarsi vincere o meno dal sonno. Andava matto per i suoi ricci e ora che lui non sembrava più tanto cosciente si prese tutta la libertà di toccarglieli come voleva. Perso nei suoi pensieri glieli prendeva uno ad uno attorcigliandoli delicatamente sul dito e poi lasciandoli andare di nuovo. Erano morbidi, forse una delle poche cose morbide di lui.

Sentì gradualmente il suo respiro farsi più pesante e la cosa fece crollare tutta la tensione anche a lui. Brando si riebbe in un piccolo fremito solo per un attimo

“posso....” biascicò un po' “posso rimanere qui?” gli chiese mentre praticamente già si riaddormentava “certo...” soffiò Fabio in tono dolce. Non lo avrebbe preso in giro... già dormiva.

 

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Capitolo 7
*** cap 7 ***


Cap 7 – una settimana dopo

 

Fabio aprì la porta del cubicolo del bagno e fece per uscire ma, neanche il tempo di mettere un piede fuori, che una mano lo afferrò per la giacca ritirandolo di nuovo dentro con uno strattone. Brando lo girò verso di sé mentre dava una manata alla porta per chiuderla e rincollò le labbra alle sue come pochi momenti prima. Fabio si staccò di nuovo e tentò di tenerlo un po' a distanza con una mano in mezzo al petto

“dai, basta che è tardi...” gli disse con un tono di dolce fermezza, e poi alzò gli occhi al cielo quando lui, facendo il finto sordo, gli poggiò una mano al lato del viso e, forzando per riavvicinarsi iniziò a baciargli il collo, risalendo piano fino al lato del mento... poi all'angolo della bocca...

 

ma che bastardo...

 

pensò Fabio arrendendosi e girando appena il viso per catturare la bocca di Brando con la sua e ricominciare a baciarlo.

Lo accontentò solo per altri 5 secondi però, poi si staccò di nuovo, spingendolo indietro in modo più deciso “dai!!!” gli disse “tanto ci vediamo dopo a casa..” Brando poggiò la schiena alla parete guardandolo con aria indolente “io avevo voglia adesso...” gli disse malizioso, Fabio lo fulminò “beh io avevo voglia durante l'ora di matematica, ma non mi sembra di esserti saltato addosso in classe” Brando fece scattare in alto le sopracciglia, facendo una smorfia per dargliela vinta.

Fabio si voltò di profilo e iniziò a rassettarsi alla meglio la camicia nei pantaloni, che si era di nuovo tutta scombinata “la ricreazione è finita da 5 minuti e io non ho neanche pisciato..” brontolò tra sé e sé “beh mo per un po' non pisci di sicuro!” esclamò Brando preso da un'improvvisa crisi di risate. Fabio gettò una rapida occhiata a lui e poi alla patta dei suoi pantaloni che lasciava ben intendere la colossale erezione che aveva. Arrossì fino alla punta dei capelli e gli mollò uno spintone

“guarda che pure tu non stai messo meglio!” ribattè “si ma almeno a me non scappa..” Fabio si beccò il punto partita di quella discussione con eleganza, lasciandolo continuare a ridere. Detestando il fatto che lo trovasse adorabile quando rideva, e al contempo sentendosi bene per essere uno dei pochi se non l'unico, a poterlo vedere ridere così tranquillamente.

 

Si sedette per terra, facendo un respiro profondo per calmare l'amico del piano di sotto prima di arrischiarsi ad uscire. Brando si sedette anche lui vicino. Lo guardò per un attimo, poi resistendo all'impulso di rimettersi a ridere, allungò le mani per schiacciargli alla bene e meglio i capelli in testa che stavano dritti in tutte le direzioni. A differenza dei suoi, i ricci di Fabio erano ispidi, se non li teneva a bada con taglio corto e pettine sembravano vivere di vita propria

“sei elettrico” gli disse in spiegazione del suo gesto “colpa tua...” replicò Fabio facendogli un sorriso tenero, cosa che fece sorridere appena anche Brando e sporgersi verso di lui per stampargli un bacino sulla guancia. Al secondo bacio Fabio chiuse gli occhi irrigidendo un po' le spalle “senti..” lo supplicò. Brando si staccò “ok ok capito... se no non piscerai ma più” ridacchiò alzandosi in piedi “io vado” gli disse insaccando le mani in tasca “tu...” “aspetto un minuto almeno e dopo esco... lo so” lo anticipò stancamente Fabio facendogli poi un gesto di saluto con la mano.

 

Il ragazzo aspettò di sentire il rumore della porta dei bagni chiudersi per concedersi un'espressione triste. Per quanto sarebbero andati ancora avanti con quel mare di segreti?

 

 

 

POMERIGGIO

 

Brando correva a ritmo leggero insieme ai suoi compagni di squadra durante il riscaldamento di calcio. Dovevano correre per 10 minuti consecutivi quindi nessuno aveva gran voglia di andare veloce. I suoi ricci saltavano su e giù ad ogni passo rimbalzandogli sul naso. Carlo gli si affiancò, cominciava ad avere un po' il fiato corto

“Bra che fine avevi fatto prima? Quando sei entrato credevo che la Serafini ti avrebbe spellato per quanto era nera..” gli disse ridacchiando. Brando roteò gli occhi... ma perchè non si faceva mai i cazzi suoi quello???

“quella avrebbe bisogno di una scopata, te lo dico io...” rispose eludendo la domanda “magari potresti pensarci tu” scherzò l'amico “di faccia è cessa ma c'ha un bel culo... una busta in testa...”

 

“Nobili! Se hai il fiato per chiacchierare corri più veloce!” gli urlò Monica facendoli girare un attimo a guardarla

 

“stronza...” sibilò Brando a denti stretti “magari pure a lei manca il cazzo” rispose Carlo in un sussurro “lei sì che è gnocca invece... mamma mia le seghe che mi faccio a pensarla” Brando si chiese come avrebbe reagito a sapere che Niccolò se l'era fatta per davvero. Erano tutti un gran parlare ma alla fine già tanto se si erano fatti dare mezzo bacino sul cazzo dalle loro ragazze di turno. In quel momento Filippo gli si affiancò dall'altro lato “Oh Bra! Dopo di te ho visto Fedeli che usciva dal bagno con una faccia!” esclamò “gli hai dato una ripassata??” aggiunse. Brando per poco non si strozzò con la saliva e si fermò per afferrare Filippo per la manica della maglietta e strattonarlo “oh ma che cazzo dici!” gli ringhiò in faccia fulminandolo con lo sguardo “si beh... per la roba... perchè non la vende più... non lo sai?” spiegò Filippo, squadrandolo perplesso dalla sua reazione “mi sa che non l'hai sbatacchiato tu allora” Brando deglutì rilassando le spalle, e cercando di recuperare un po' di autocontrollo dopo il colpo che si era preso.

 

Filippo non intendeva quello che aveva capito lui... Filippo ancora parlava di altro e non aveva capito a cosa aveva pensato lui... andava tutto bene.

 

Lo lasciò andare borbottando che non lo sapeva... che per un po' aveva pensato che era meglio non fumare dato che per poco ci rimaneva secco. Filippo riprese a correre raggiungendo il gruppo e neanche mezzo secondo dopo Brando si ritrovò Monica a due centimetri dall'orecchio

“stanco?” gli disse in tono duro. Lui si voltò ma lei non lo fece parlare “magari che dici, gli altri si fermano e tu ne fai altri 10 di giri di campo, che ne pensi?”

“oh dai! Ma stai scherzando???” esclamò dimenticando pure di dargli del lei “vogliamo fare 20??” replicò la donna avvicinandosi di un altro passo e guardandolo dritto negli occhi per ricordargli chi è che comandava lì

“no.. scusi” masticò Brando girandosi e ricominciando a correre.

 

Si era preso un'accidente non da poco prima. Riflettè mentre cercava di non pensare a quanto cominciasse a mancargli il fiato. Doveva essere più cauto da quel momento in poi quando si vedeva con Fabio, anzi forse era meglio che a scuola lasciavano proprio perdere.

Si sentì un po' un vigliacco a pensare a quelle cose, quando invece gli aveva promesso che si sarebbe fatto avanti anche con i ragazzi... prima o poi.

Solo che era più reticente a dirlo a loro di quanto lo era stato con suo padre. In fondo lì non si parlava di prendere botte (non si sarebbe mai fatto picchiare da loro, poco ma sicuro) ma di tutto il resto. Quello che dicevano e facevano a Fabio gli faceva venire la nausea solo a pensarci.

Lì guardò poco distante da lui sulla pista d'atletica. Stavano parlottando tra loro. Gli sembrò che a un certo punto lo guardassero...

Doveva fare qualcosa per distrarli. Assecondare un po' il loro atteggiamento cretino e i loro propositi così che continuassero a vederlo come uno di loro.

 

Ma alla fine era bello essere uno di loro?

 

 

PIU' TARDI

 

 

Fabio guardò per l'ennesima volta l'orologio, ponderando di nuovo l'idea di andarsene e poi scartandola come tutte le volte precedenti, non poteva lasciarlo lì. Cambiò l'incrocio della caviglie, appoggiato al motorino sbuffando forte aria fuori dalle narici.

Finalmente nel voltarsi a destra scorse la sagoma di Brando che si affrettava correndo nella sua direzione “ma guarda.. è ancora vivo allora...” brontolò tra sé e sé staccando con uno scatto nervoso il casco dal manubrio del motorino e iniziando a slacciarlo. Brando appena fu a portata di vista sollevò le braccia in segno di resa facendo una smorfia

“scusa scusa scusa.. lo so... scusa” si affrettò a dire “scusa un cazzo” ribattè Fabio lanciandogli un'occhiataccia “ma lo sai quanto tempo è che aspetto???” aggiunse andandogli sotto per fulminarlo meglio “ti ho chiamato tre volte! Ma che pensi che sono il tuo autista?” Brando si fece un passo indietro resistendo alla tentazione di alzare gli occhi al cielo. Non avrebbe gradito. “lo so che sei arrabbiato... davvero mi dispiace... ero coi ragazzi non potevo risponderti” si giustificò. Fabio però parve irritarsi ancora di più a quelle parole, resistette alla tentazione di dargli uno spintone solo perchè non voleva comportarsi come lui “e un messaggio ti costava??” insistette “stai tutto il giorno con quel cazzo di telefono in mano, chi lo vedeva che lo mandavi a me!! un po' di rispetto dai...” aggiunse scuotendo la testa e infilandosi il casco iniziando a levare il cavalletto al motorino. Brando rimase un istante in silenzio...

 

cazzo aveva ragione... perchè non ci aveva pensato

 

“hai ragione.. sono uno stronzo... scusa” gli disse piano, mordendosi un po' le labbra in difficoltà, aveva perso il conto di quante volte si era già scusato con lui da quando si frequentavano e questa cosa cominciava a dargli fastidio

“guarda che ammetterlo non ti giustifica” replicò Fabio in tono leggermente più pacato.

 

ok... forse un pochino quell'aria da cucciolo bastonato funzionava... ma solo un po'...

 

Gli fece cenno di salire e mise in moto. Quando partirono, dopo un po', Brando spostò il peso in avanti poggiando le mani sulle cosce e piegò un po' la testa mandando il davanti del suo casco a poggiarsi a quello di Fabio, ma lui scrollò le spalle in uno scatto nervoso, per farlo togliere.

Brando si spostò indietro per reggersi ai sostegni, alzando gli occhi al cielo.

Cazzo se era arrabbiato...

“che poi il problema di base è un altro” gli sentì dire dopo un po'. Ma parlava da solo o con lui?

“Non è neanche che mi schifi per stare con quegli stronzi.. devono piacere a te non a me” continuò Fabio buttando un'occhiata allo specchietto per vedere se poteva superare la nonnina con la Punto davanti a lui.

Gli era più semplice parlargli cosi, senza guardarlo. Non era neanche certo che lo sentisse dato il vento che si portava via le parole, ma paradossalmente quasi lo preferiva in quel momento “il punto è che quando siamo a scuola io per te non esisto” aggiunse in tono triste.

“questo non è vero” gli sentì dire dopo un po'. Deglutì... allora sentiva..
“lo so che è difficile ma potresti cominciare almeno a fare qualche passo nella mia direzione” decise di continuare “non dico mica che ci dobbiamo sbaciucchiare in mezzo al corridoio... però potresti, che ne so, salutarmi magari” buttò lì, inghiottendo poi una parolaccia quando proprio in quel momento il semaforo diventò rosso costringendolo a fermarsi. Poggiò il piede a terra. Il vento si fermò di colpo e ora poteva quasi sentirlo respirare.

“Fà io...” provò Brando, ma lui non aveva voglia in realtà di sentire cosa dicesse e gli parlò sopra “che poi guarda che i gay ce li possono pure avere degli amici eh??? Non è che se mi saluti di colpo diventi frocio” “ma mo onestamente” ribattè Brando che si stava irritando, più che altro per il fatto che quello che Fabio diceva avesse perfettamente senso e c'era ben poco da controbattere “ci vedi a due come noi a esse amici????”

Scattò il verde. Fabio ripartì sentendo dolore dalle parti dello stomaco “amico con il te che metti in mostra a scuola... no” disse più piano possibile, quasi sperando che lui non lo sentisse.

Forse non lo aveva sentito in effetti... perchè non disse più niente per un sacco di tempo, quasi fino a casa

“glielo dirò... te l'ho promesso e lo farò” gli sentì dire a un tratto. Talmente piano che si chiese se lo stesso immaginando. Mise la freccia per girare e approfittò di quel pretesto per voltarsi fugacemente a guardarlo. Lo stava fissando, quindi probabilmente lo aveva detto davvero. Scosse la testa “non lo capisci che non si tratta neanche più di questo...” sospirò. Come avrebbe mai potuto dire a quei bastardi la verità, se non aveva neanche il coraggio di rispondergli al telefono davanti a loro. Parcheggiò e spense il motorino scendendo subito dopo di lui, poi senza guardarlo si avviò ad aprire il cancelletto. Brando lo raggiunse e provò a toccargli il gomito ma di nuovo lui si ritrasse. Il moro sbuffò “sentì” disse alla sua schiena “ti ho detto che mi dispiace per aver fatto tardi, per non averti avvisato, posso aggiungerci pure un -non ricapiterà- poi se vuoi stà incazzato... che te devo dì... stai incazzato!” esclamò superandolo, dandogli una spallata nel passare.

 

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Capitolo 8
*** cap 8 ***


Cap 8 – 2 giorni dopo

 

 

Di quella lite non avevano più riparlato. Fabio come suo solito aveva sbollito da solo dopo un po' ma non aveva voluto rendergli le cose facili facendoglielo capire. In più, anche se Brando si era ben guardato da rinnovargli delle scuse o ritornare sull'argomento, era stato per un po' docile come un agnellino, comportandosi in maniera estremamente gentile e astenendosi dalle prese in giro, cosa che Fabio aveva trovato piuttosto divertente. Lui faceva finta di niente ma ogni tanto lo beccava a studiarlo come a cercare di capire se era ancora arrabbiato. Alla fine sabato notte non aveva resistito più, e all'ennesima occhiata furtiva si era messo a ridere. Un lampo di comprensione aveva attraversato gli occhi di Brando che gli aveva lanciato addosso il cuscino con tutta la forza commentando con un “che stronzo..”

 

La mattina dopo avevano trovato un biglietto sul tavolo da parte di Giovanni Fedeli con scritto semplicemente -torno stasera-. Brando aveva praticamente tirato fuori il pacchetto di sigarette mentre ancora leggeva e se ne era accesa una sbuffando fumo sulla sedia di Giovanni, facendo ridere Fabio, poi se ne era andato in camera.

Lui l'aveva raggiunto poco dopo

“pensavo...” esordì studiandolo mentre fumava seduto sul davanzale della finestra “davvero?? e che è sta novità...” lo interruppe Brando con una sorrisino bastardo stringendo la sigaretta tra le labbra. Fabio scosse la testa sorridendo a sua volta. Ecco che era tornato normale “dicevo... stavo pensando che oggi, potremo fare una cosa” il moro lo guardò sollevando un sopracciglio, incuriosito da tutti quei giri di parole “se è roba alla 50 sfumature di grigio ti avverto che non mi sento pronto” scherzò “vuoi stare zitto due secondi?” lo rimbeccò Fabio arrossendo “stavo dicendo, la macchina... la tua macchina” aggiunse “eh...” “ti ricordi dove l'hai lasciata?” Brando tirò l'ultima boccata di fumo e poi fermò il gesto di buttare la cicca dalla finestra perchè Fabio l'aveva fulminato con lo sguardo “sì” rispose “perchè?” “pensavo che oggi potremo andare a prenderla” buttò lì “ci portiamo una latta di benzina, vediamo se riparte”

Brando non voleva dargli troppo a vedere quanto quell'idea lo stuzzicasse, quindi scese dal davanzale con estrema lentezza “vediamo se ce sta ancora più che altro...” Fabio ne convenne “dovremo lasciare il motorino qui comunque” aggiunse “se c'è e riparte poi sennò diventa di troppo” spiegò. Brando sollevò di nuovo un sopracciglio “e come pensi di arrivarci alla Magliana scusa?” chiese. Fabio sorrise “mai sentito parlare di trasporto pubblico?”

 

 

Dopo un po' ondeggiavano sul terreno accidentato cittadino, a bordo di uno sgangherato 781 che decisamente aveva visto giorni migliori (forse nell'anteguerra). Non era particolarmente affollato, essendo la tarda mattina di domenica, giusto quel che bastava a costringerli tutti e due in piedi.

Brando si guardava intorno con aria un po' schifata, reggendosi con una mano al sostegno sopra la sua testa. Nonostante il suo impegno, non era facile tenersi in piedi su quel trabiccolo, in più le strade della periferia ovest di Roma sembravano una groviera. Guardò Fabio sembrare molto più a suo agio di lui. Probabilmente prima di approdare al motorino i mezzi li aveva presi spesso.

“che giro hai fatto per finire alla Magliana poi me lo devi spiegare...” gli stava dicendo in quel momento, buttando un'occhiata fuori dal finestrino allo spesso cielo grigio, gonfio di pioggia, che si stava addensando “ma che ne so.... giravo a vuoto...” borbottò “sto coso fa schifo” aggiunse a voce più bassa “prima volta su un autobus? Questo non è messo neanche male... si vede persino ancora attraverso i finestrini” commentò Fabio staccando una delle due mani per guardarsi intorno. In quel momento un sobbalzo un po' più brusco del precedenti lo fece sbilanciare e istintivamente portò la mano libera avanti per reggersi alla prima cosa a portata, nello specifico il petto di Brando, il quale però, altrettanto velocemente, si spostò di lato schivando il contatto. Fabio barcollò, essendo andato a vuoto, riuscendo a rimanere in piedi per miracolo. Si rimise dritto e gli donò un'occhiata stupefatta “ma che me fai cascà???” esclamò con uno sbuffo di risata incredula. Brando voltò di lato lo sguardo arrossendo un po' “pur di non farti toccare?” aggiunse a voce molto più bassa, tra i denti “tu stai fori de testa...” “scusa...” disse piano Brando evitando di guardarlo. Fabio si addolcì un po' vedendolo sinceramente contrito “sì però ti devi rilassare un po' eh..” gli disse “sul serio, non è che se due persone si toccano un momento allora per forza c'è qualcosa tra loro o che so io... “ aggiunse interpretando bene ciò che era appena successo. Brando alzò gli occhi al cielo per un attimo, esasperato “lo so! È che...” disse tra i denti, avvicinando poi il viso al suo per parlare più piano “mi sembra che mi guardino tutti!” spiegò “che cazzo si guardano”. Fabio fece un passo indietro squadrandolo con un sopracciglio sollevato “onestamente non mi sembrava ti dispiacesse essere guardato, fino a poco tempo fa” Brando insaccò la mano libera nella tasca della felpa. Certo, perchè sapeva che lo guardavano perchè era bello. Perchè ne avevano soggezione magari, perchè invidiavano lui o magari qualcuna delle belle ragazze con cui si faceva vedere in giro per far scena.

Quando era con Fabio invece... gli sembrava che tutti lo guardassero solo per chiedersi “ma staranno insieme quei due lì?” “beh perchè prima ero sicuro del PERCHE' mi guardassero” spiegò con fare altezzoso “ah si?” lo prese in giro Fabio “e perchè mai?” chiese pur sapendo bene la risposta “dico ma mi hai visto?” ribattè Brando quasi offeso, staccando tutte e due le mani dai sostegni per indicarsi. Fabio non fece in tempo ad intimargli di reggersi. Il 781, proprio in quel momento, fece una brusca frenata, Brando fu sospinto in avanti atterrando addosso a Fabio dandogli una formidabile craniata in piena fronte, sbatterono anche naso contro naso.

Fabio masticò un'imprecazione tirandoselo su di dosso e portando subito una mano a toccarsi la fronte, Brando fece più o meno lo stesso buttando giù un paio di santi ad alta voce “che cazzo di male, Dio!” Fabio dal canto suo, continuando a massaggiarsi la fronte, scoppiò a ridere “mmmhh che cazzo ti ridi???? mi sono fatto malissimo!” ringhiò Brando massaggiandosi la parte offesa ad occhi chiusi “sei tu che mi fai ridere! E dire che non volevi neanche toccarmi” balbettò tra una risata e l'altra. Brando lo mandò a quel paese e Fabio lo afferrò per il gomito “dai dai, mettiti seduto forza” lo esortò spingendolo verso un seggiolino tra due ambulanti che lo guardarono perplessi “dai che si è liberato un posto che la signora si è spostata” spiegò “gli avrai fatto paura...” sussurrò, per poi aggiungere a voce più alta all'indirizzo della donna “non si preoccupi signora! Le assicuro che è normale! È solo imbranato!” il moro si lasciò cadere sul seggiolino cercando di tirargli prima una manata, poi si portò entrambe le mani al naso emettendo un lamento “mamma mia ce l'hai fatta di pietra la testa???” mugugnò mentre Fabio era in preda a una crisi di risate “la vuoi smettere coglione!” gli intimò Brando a denti stretti mollandogli un calcio “ok ok...” esalò Fabio sospirando per smettere “scusa ma è stata davvero una scena ridicola... dovevi vedere la tua faccia...” gli disse trattenendo poi a viva forza una nuova sboccata di risate. Brando lo guardò in tralice continuando a sfregarsi la punta del naso. Sulla fronte stava apparendo una bella chiazza rossa. Fabio immaginò di essere nelle sue stesse condizioni.

I due ambulanti scesero alla fermata dopo, lanciando ai due ragazzi occhiate sdegnate.

“che c'è???” esclamò Brando all'indirizzo di Fabio, che non smetteva di guardarlo. Lui scosse la testa “niente, pensavo solo che è sempre lo stesso il motivo per cui ti guardano tutti” gli disse “perchè sei bello” aggiunse con semplicità, e Brando non si spiegò perchè detta da lui quella cosa, che sapeva già da sé in fondo, gli provocò una specie di pizzicore di piacere nello stomaco “oddio...” stava aggiungendo Fabio in quel momento, con una faccia molto meno seria “in questo preciso momento è possibile che ti guardino perchè hai fatto una caduta davvero ridicola ma...” si interruppe per mettersi di nuovo a ridere, e beccarsi un altro calcio.

 

 

La latta pesava, quasi sicuramente il benzinaio li aveva ladrati, ma almeno erano in vista della Mini rossa di Brando. Quando gli furono vicini il moro fece il giro del perimetro polveroso della macchina valutando i danni, e resistendo alla tentazione di abbracciare il cofano.

Non avevano rubato una Mini abbandonata 3 settimane alla Magliana! C'era da ritrovare fiducia nell'umanità! “ti hanno rotto un fanalino” commentò Fabio con una smorfia, poggiando la latta per terra “ma chi se ne frega!!” esclamò Brando allargando le braccia “c'è ancora! Non ci speravo per niente!” Fabio sorrise della sua felicità che sprizzava da tutti i pori poi gli disse “mi dispiace riportarti con i piedi per terra, ma prima di esultare controllerei se parte” gli disse facendo cenno alla macchina.

Brando la aprì e svitò il tappo del serbatoio della benzina, poi sollevò la latta e provò ad inclinarla delicatamente per far cadere la miscela dentro. Peccato che la conformazione della tanica non permetteva di avvicinare molto i due fori, per di più quello della latta era enorme, quindi il risultato fu che il fiotto di benzina cadde a metà tra per terra e le scarpe di Brando, che si affrettò a rimettere la latta dritta “ma porca puttana!!!” imprecò “perfetto...” borbottò ispezionandosi le scarpe “mo mi possono pure dare fuoco e addio...una manina???” aggiunse in tono irritato all'indirizzo di Fabio, che stava contemplando la situazione con occhio clinico da due passi di distanza. Prendersela con lui di colpo sembrava una buona idea per scaricare il nervoso “sì, sto pensando a come fare...” rispose calmo lui, senza raccogliere minimamente la sua provocazione, facendolo calmare a sua volta. Fabio si guardò un po' intorno alla ricerca di qualcosa, poi si fece il giro delle macchine parcheggiate lì intorno arraffando tutti i volantini plastificati che trovò. Brando lo studiò attentamente mentre li arrotolava e li plasmava per formare una specie di cono e li metteva uno dentro l'altro “sei un cazzo di genio...” commentò Brando aggrottando le sopracciglia quando si rese conto di cosa stava facendo “non capisco perchè quell'aria sorpresa!!” rise Fabio lanciandogli un'occhiata.

Quando ebbe finito infilò l'imbuto di fortuna nel buco del serbatoio, mentre Brando riafferrava la latta. Fabio trattenne quasi il respiro a vedere che funzionava, la benzina fluiva tranquilla tutta dove doveva andare e, insospettabilmente, la carta resse quasi fino alla fine.

Brando rimise il tappo e lanciò un'occhiata speranzosa a Fabio mentre saliva alla guida. Girò la chiave e sentì la batteria della macchina gemere per tentare di accendersi dopo tanto tempo. Il primo tentativo andò a vuoto. Brando provò ancora “dai dai dai... ti prego...” sussurrò girando la chiave più forte come se servisse. Poi la macchina emise una specie di singhiozzo e, con gran sollievo del suo pilota, si accese in un rombo sordo, facendo scattare in alto in segno di vittoria le braccia a Fabio “sì! Si si si si!” esclamò Brando picchiando il volante con un pugno, poi saltò fuori dalla macchina e abbracciò Fabio di slancio saltandogli quasi addosso. Fabio sorresse il suo peso per un paio di secondi prima che lui ritoccasse terra e diede un altro paio di colpetti affettuosi al tettuccio della macchina. Fabio sorrise scuotendo la testa, Brando era talmente contento che non si era neanche reso conto di averlo abbracciato in mezzo alla strada, davanti ai, seppur pochi, passanti.

“beh dove andiamo adesso?” gli disse. Brando riflettè per un paio di secondi poi disse “andiamo al mare?” Fabio lo guardò sorpreso e Brando arrossì appena girando il viso di lato “ho visto...” disse piano “si beh.. che hai una foto al mare attaccata in camera tua” spiegò incatenando a quel punto gli occhi ai suoi “è l'unica che c'è... perciò pensavo ti piacesse” Fabio arrossì passando il peso da un piede all'altro.

Cioè gli stava dicendo di andare lì per portarlo in un posto che gli piacesse????

arrossì ancora di più a questo pensiero “è così...” borbottò insaccando le mani in tasca. Brando fece un mezzo sorriso e salì in macchina, Fabio fece il giro per salire dall'altra parte.

 

 

Il cielo era plumbeo e pesante, sembravano averlo quasi in testa mentre avanzavano sulla sabbia fino a pochi passi dalla riva. Il vento soffiava impetuoso quel tanto che bastava a sollevare piccole onde. Il rumore del mare e del vento si mischiavano in qualcosa a metà tra una battaglia e un'armonia perfetta. Fabio ispirò a pieni polmoni sorridendo: il suo posto preferito in assoluto, sopratutto quando c'era brutto tempo. Si voltò a guardare Brando che, a differenza sua che stava serenamente in camicia, si stava calcando su il cappuccio della felpa per ripararsi dal vento. Fabio sorrise... e la sua persona preferita. Convenne guardandolo stringersi le braccia intorno al torace rabbrividendo appena.

Brando era freddoloso. Si copriva sempre con strati e strati di panni.

Si piegò a raccogliere un sasso da per terra e lo lanciò in acqua, cercando di mandarlo il più lontano possibile. Brando lo guardò commiserandolo un po' per il lancio appena fatto, raccolse anche lui un sassolino e lo lanciò, decisamente molto più lontano di lui. Fabio scrollò le spalle ignorando il suo sorrisino di derisione. Si guardò intorno, constatando che non c'era nessuno e gli si avvicinò per farsi sentire sopra al vento “sai a volte... venivo qui... se avevo bisogno di urlare, di sfogarmi... quando a casa non potevo neanche parlare” gli confessò. Lo sguardo di Brando si incupì appena “io non ho bisogno di sfogarmi..” gli disse facendosi un po' indietro, sulla difensiva “io dico di si invece...” insistette Fabio “prova, ti sentirai meglio” Brando però continuava a sembrare riluttante, quindi si allontanò di un paio di passi decidendo di dare l'esempio. Prese un respiro profondo e poi urlò, con tutto il fiato che aveva “Ludovica, che non mi parla da 3 settimane non so perchè... vaffanculo!!” Brando lo guardò sorpreso, facendogli un sorrisino divertito. Fabio lo guardò per un attimo poi si voltò di nuovo verso il mare “Carlo, vaffanculo!!” urlò forte, stavolta senza bisogno di spiegazioni. Brando guardò un attimo a terra e poi fece due passi avanti “ok sembra divertente dai, un po' patetico magari... ma divertente” commentò schiarendosi poi la voce “Monica, che non si fa mai i cazzi suoi, e intendo in segno letterale... vaffanculo!!” urlò. Fabio lo guardò e rise “che intendi?” “te lo spiego dopo...” lo liquidò Brando agitandogli una mano davanti “Chiara... vaffanculo!!” urlò di nuovo.

Fabio non gli chiese perchè ce l'aveva con Chiara, quella ragazza ormai non la riconosceva più, e poteva aver combinato di tutto.

Continuarono a mandare a quel paese gente a turno, ancora per un po', ridendo di tanto in tanto se nominavano qualcuno conosciuto da entrambi. Poi dopo qualche minuto Brando, ormai senza fiato, si fece di colpo serio, prese aria nei polmoni ancora una volta e gridò “papà, vaffanculo” aveva l'affanno dopo, forse quello era stato davvero liberatorio perchè nel riprendere fiato la voce gli tremò appena. Fabio gli si avvicinò, col fiatone anche lui, e gli battè un paio di volte la mano tra le scapole “visto... era facile..” gli disse prima di allontanarsi per andarsi a sedere su un tronco abbattuto, poco lontano. Brando alzò la testa a guardare il cielo, tirando su col naso e asciugandosi di fretta gli occhi con un gesto nervoso, poi li chiuse sospirando, e lasciando che il vento freddo imbevuto di iodio si portasse via ogni briciolo della sua tristezza.

 

Erano rimasti seduti su quel tronco in silenzio, a osservare i gabbiani che cercavano di prendere la giusta corrente d'aria per andare dove volevano, per diversi minuti, ognuno nei suoi pensieri. Tuttavia entrambi trovavano estremamente confortante la presenza dell'altro accanto.

A un certo punto Brando si spostò un po' più vicino a Fabio, lasciando che le loro gambe si sfiorassero appena. Lui fece un piccolo sorriso. Conoscendolo era il segnale di scampato pericolo, aveva sbollito.

“grazie” gli disse “per cosa?” gli chiese Brando confuso “per avermi portato qui..” rispose facendo un cenno della mano al mare “capirai...” commentò il moro scrollando le spalle

“grazie... per avermi fatto fare... qualsiasi cosa era quella di prima” aggiunse facendo per un attimo un'espressione ironica per poi tornare subito serio “mi serviva”.

Fabio sorrise e si avvicinò per poggiargli un piccolo bacio sul cappuccio, poi si ritrasse, notando alle sue spalle, anche se in lontananza, il vociare di alcune persone. Era l'ora di pranzo e la spiaggia non era più deserta. Sperò che Brando non si arrabbiasse. Ma lui al contrario si girò verso di lui e si avvicinò al suo viso, facendogli capire che magari quel bacio lo voleva da un'altra parte. Fabio sorrise e colmò la breve distanza tra loro premendo la bocca su quella di Brando. Lui tirò leggermente il bordo del cappuccio per celare un po' alla vista dei passanti ciò che era comunque abbastanza chiaro, ma stranamente in quel momento non gli importava.

I loro nasi si sfioravano mentre Fabio gli accarezzava la bocca con la sua in un bacio dolce.

Era felice. Quella era la primissima volta che Brando si faceva baciare da lui fuori casa, in pieno giorno e per di più con qualcuno nei paraggi.

 

 

 

QUALCHE ORA DOPO

 

 

Alla fine erano dovuti andar via di fretta perchè era iniziato a piovere. Il cielo non ce l'aveva fatta più e nel giro di pochi minuti era passato da gocciare appena a un vero e proprio diluvio. Fabio e Brando avevano fatto appena in tempo a raggiungere la macchina.

Quando rientrarono la casa era deserta e avvolta dalla semi oscurità a causa del cielo molto cupo. Giovanni non era ancora tornato.

Brando entrò in camera togliendosi la felpa umida, ma si voltò incuriosito quando sentì il rumore della chiave girare nella toppa. Si guardarono per un attimo. Il motivo per chiudere a chiave anche quando non c'era nessuno in casa non lasciava molto spazio all'immaginazione.

Fabio colmò la distanza tra loro con due passi, gli poggiò una mano al lato del viso, il pollice sull'orecchio, e lo attirò a se iniziando a baciarlo. Non era un bacio affamato come quelli che si davano di solito. Al contrario era calmo, lento, attento ad assaporarsi ogni dettaglio. Brando azzerò la distanza tra loro spingendolo contro di sé con una mano sui reni, l'altra andò ad accarezzargli il collo all'attaccatura dei capelli. Il silenzio nella stanza era irreale, lo scrosciare del temporale contro i vetri gli arrivava ovattato. Le loro lingue si mischiavano, le labbra si massaggiavano a vicenda. Fabio fece salire la mano dal viso ai capelli di Brando, affondando nei suoi riccioli soffici. Quasi non respirava, voleva sentire solo il suo di respiro, che in qualche modo stava facendo respirare anche lui. Si separarono dopo un po' e si guardarono. Brando sollevò le braccia e Fabio prese il bordo della sua maglietta facendogliela lentamente scivolare via dalla testa, gli accarezzò le spalle e le braccia mentre lui iniziava con lentezza a sbottonargli la camicia.

Brando sollevò per un attimo lo sguardo per rivolgergli un fugace sorriso mentre uno dopo l'altro i bottoni venivano via. Fabio lo studiò in ogni centimetro di pelle scoperta che vedeva mentre lavorava con cipiglio concentrato alla sua camicia, sentendo un gran caldo pervaderlo dappertutto. Finalmente gli fece scivolare la camicia giù dalle spalle, e si chinò di nuovo su di lui per baciarlo mentre mandava le mani a slacciargli, con mossa tutto sommato piuttosto sicura, la fibbia della cinta.

Non ci volle molto prima che tutti i vestiti si ritrovarono per terra.

Il bacio si era fatto via via più intenso, le carezze avevano lasciato il posto a uno strofinarsi le mani su tutto il corpo più energico, anche se sempre lento. Brando prese a baciargli il collo mentre Fabio si aggrappava a lui facendosi sfuggire dalla labbra un sospiro. Poi Brando lo spinse piano fino a farlo poggiare con la schiena alla finestra. Fabio rabbrividì per il contatto con il vetro gelido contro le spalle, gli afferrò il viso tra le mani e lo baciò con ancor più trasporto di prima mentre Brando si schiacciava contro di lui iniziando a strofinare la sua erezione sulla sua. Fabio gli afferrò le natiche premendoselo ancora più forte addosso mentre lui gli esplorava con le mani il torace, la schiena, i fianchi.

Non è che lo avessero programmato, avvenne da solo.

A un certo punto Brando si staccò un pelo dalle sua labbra e lo fissò per un momento, aveva le pupille dilatate, accese di desiderio. Fabio annuì impercettibilmente e dopo avergli dato ancora un bacio si voltò di schiena, poggiando una mano alla finestra. Brando gli baciò la nuca, poi il collo, poi scese a baciargli ogni centimetro della spina dorsale fino alla parte più bassa della schiena, provocandogli brividi di piacere in tutto il corpo. Si rialzò in piedi e rimase per attimo fermo contro di lui, per un istante incerto sul da farsi, poi lo baciò di nuovo al lato del viso, portò una mano sopra quella di Fabio poggiata alla finestra stringendola e con l'altra si aiutò a farsi spazio dentro di lui. Di primo impatto Fabio ebbe un sussulto di dolore lasciandosi scappare un “piano” dalle labbra. Brando si fermò e poi prese a scivolare più piano, spingendo appena e poi tornando indietro, per lasciar tempo al corpo di Fabio di abituarsi alla situazione.

Quando arrivò fino in fondo Fabio emise un sospiro, Brando lo strinse intorno al torace con il braccio libero e lasciò che il suo bacino facesse quello che istintivamente lo supplicava di fare da un bel po'. Iniziò a muoversi ritmicamente, ma con una frequenza molto lenta. Ad ogni spinta Fabio sentiva un'ondata di piacere andare man mano a prendere il posto del dolore, si poggiò con più forza alla finestra chiudendo gli occhi. Brando lo sentiva sospirare e si abbandonò anche lui alle sensazioni che provava. Accasciò la fronte contro i suoi capelli, cominciando a sentirsi sopraffatto.

Dopo poco Brando spostò la mano dal torace di Fabio verso il basso, in una energica carezza. Raggiunse la sua erezione e la strinse nella mano, iniziando a masturbarlo allo stesso ritmo delle sue spinte. Fabio trattenne un'imprecazione non pensando di poter provare più piacere di poco prima. Spinse istintivamente ancora di più il bacino contro Brando. Ormai avevano entrambe un respiro affannoso. Poi di colpo Fabio avvertì il corpo scosso da forti tremori, sentì il cervello andargli fuori servizio per un attimo e venne. Due secondi dopo sentì Brando schiacciare la bocca contro il suo collo per soffocare un verso simile a un brontolio. Era venuto anche lui. Lo sentì tremare ed ebbe per un attimo la sensazione di star reggendolo di peso. Così si voltò abbracciandolo stretto, per mischiare il respiro col suo e gli accarezzò la schiena sudata, mentre lui si aggrappava alle sue spalle stringendolo “mi tremano le gambe..” ammise in uno sbuffo di risata imbarazzata. Fabio girò appena il viso per stampargli un bacio sulla guancia continuando a stringerlo, mentre i loro respiri affannosi si regolarizzavano e il cuore riprendeva un ritmo più normale. Poi si sdraiarono sul letto e si addormentarono quasi immediatamente.

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Capitolo 9
*** CAP 9 ***


Cap 9

 

 

Avevano dormito poco più di un'ora forse. Quando si erano svegliati la casa era ancora tutta silenziosa quindi si erano dati pena giusto di infilarsi le mutande ed erano rimasti lì a oziare. Brando stava seduto in mezzo al letto e smanettava sul cellulare da dieci minuti buoni. Fabio se ne stava sdraiato con un braccio dietro la testa a fare da cuscino, il lenzuolo tirato su fino all'ombelico, a contemplare la pioggia che ancora batteva incessante sui vetri. Si stava decisamente rilassando.

Era assorto nei suoi pensieri quando il rumore artificiale dello smartphone di Brando, che scattava una foto, lo fece voltare a guardarlo con aria interrogativa. Un sorriso malefico capeggiava sul viso del ragazzo mentre il suo sguardo saettava da lui allo schermo del telefono

“ma che me l'hai fatta a me??” chiese Fabio tirandosi su a sedere. Brando ridacchiò annuendo e tornando a contemplare la foto “no dai!!” esclamò Fabio facendo scattare le mani avanti per strapparglielo. Brando con una mossa fulminea lo sottrasse dalle sue grinfie tirandosi indietro, poi gli si avvicinò di nuovo “guarda..” gli disse mostrandogli lo schermo ma tenendo il cellulare saldamente con due mani per non farselo prendere. Fabio gli lanciò un'occhiataccia fulminante, poi guardò lo schermo. Nella foto c'era lui, col suo braccio dietro la testa e la faccia (a suo parere da pesce lesso) che guardava di lato. Tentò un nuovo tentativo di acciuffare il telefono saltandogli praticamente addosso ma di nuovo Brando si fece indietro più veloce ridendo “cancellala dai! Ti prego” provò a impietosirlo, ben consapevole che era più facile cercare di far commuovere una pietra. Il ragazzo rise ancora più forte continuando a muovere il telefono per sventare i suoi tentativi di furto “Brando. Cancellala.” riprovò stavolta in un pallido tentativo di tono minaccioso, che infatti non sortì alcun effetto “non ci penso proprio! La tua espressione beata da post coito voglio conservarmela tutta la vita!” Fabio arrossì di botto “ma lo senti cosa ti esce dalla bocca!!!” “guarda che non sei venuto male...” commentò Brando tornando ad osservare la foto con un sopracciglio alzato. Fabio si rimise seduto, rendendosi conto di essergli ancora praticamente semi sdraiato sulle gambe “non è per quello...” borbottò. Un lampo di comprensione attraversò gli occhi di Brando “pensi davvero che potrei farla vedere a qualcuno?” gli chiese con un mezzo sorriso incredulo. Fabio si rabbuiò girando la testa di lato. Brando si morse il labbro inferiore “ok mi è uscita male...” tentò “non intendevo perchè mi vergogno di te o che so io..” Fabio gli donò un'occhiata scettica “intendevo che non te lo farei... di farla vedere in giro” aggiunse Brando serio. Fabio fece uno sbuffo di risata amara scuotendo la testa. In passato Brando aveva usato la fotocamera del suo telefono come una vera e propria arma di distruzione di massa.

“dici così adesso” gli disse guardandolo negli occhi, e cominciando a desiderare di non essere mezzo nudo in quel momento “magari tra due mesi ti incazzi con me e quella foto me la ritrovo su tutti gli armadietti della scuola” Brando aggrottò le sopracciglia tra il sorpreso e il contrariato “certo che hai davvero un'alta opinione di me” gli disse lanciandogli una frecciata, pur sapendo che c'erano tutte le ragioni del mondo per pensarla in quella maniera.

Gli dispiaceva che la pensasse così.

Fabio trattenne tra i denti le scuse che gli stavano venendo su spontanee e si limitò ad incrociare le braccia. Vide Brando annuire leccandosi le labbra come faceva sempre quand'era nervoso, poi lo vide poggiare il telefono e muoversi verso di lui “va bene facciamo così” esclamò scavalcandolo mentre si tirava indietro e agguantando il cellulare di Fabio da sopra il comodino.

Fabio si maledì di non aver inserito un codice di sblocco, non aveva mai custodito segreti inconfessabili sul telefono e gli era sempre sembrato superfluo.

Brando pigiò lo schermo velocemente “senza codice?” gli disse lanciandogli un sorrisino “come sei candido..” lo prese in giro facendogli un veloce buffetto su una guancia. Prima che Fabio potesse capire le sue intenzioni, in tre mosse mise la fotocamera frontale e inquadrò sia lui che Fabio portando il braccio in alto, concedendo poi alla fotocamera un bel sorriso idiota con tanto di apparecchio in bella mostra, poi passò il telefono a Fabio che gli gettò un'occhiata curiosa prima di guardare. La foto ritraeva loro due quasi interamente. Diciamo che si vedeva il letto, si vedeva persino che Brando era in mutande, era bello anche se aveva provato a fare la faccia da scemo, lui invece aveva la faccia da scemo a prescindere. Indubbiamente era comunque una foto moooolto più compromettente di quella che aveva Brando sul suo telefono “va bene così?” gli stava dicendo. Il tono era insospettabilmente dolce, come se cercasse di essere rassicurante. Fabio sorrise roteando gli occhi “e va bene tienitela..... quel cesso di foto” aggiunse arrossendo di nuovo un po' sotto il suo sorriso malizioso. Poi vedendo che continuava a fissarlo con quell'aria canzonatoria gli mollò una piccola spinta “oh che voi???” gli afferrò la testa stringendogli i ricci nel pugno e gli stampò un bacio a piena bocca con tanto di schiocco “piantala va...” gli disse dopo. Brando stava per sporgersi verso di lui ma fu interrotto dal rumore del pistone del chiavistello che usciva dalla toppa. I due ragazzi si rivolsero un identico sguardo di panico

“cazzo, papà” sibilò Fabio balzando giù dal letto mentre Brando scendeva dall'altro lato “ma non hai chiuso a chiave???” gli chiese con il suo stesso tono di voce “si ma non chiudo mai a chiave! Devo aprire!” ribattè Fabio infilandosi la maglietta di scatto e andando verso la porta “aspetta cazzo!!” si trattenne dal gridare Brando. L'ultima cosa che voleva era essere sorpreso dal padre di Fabio in quella situazione “ma dove cazzo sono i miei pantaloni????” stava chiedendo invece lui, ignorando le sue proteste e girando la chiave mentre i passi si avvicinavano nel corridoio. Brando fece appena in tempo ad arraffare da per terra i suoi vestiti e tuffarsi nel cono di apertura della porta che Giovanni entrò senza bussare come suo solito. Fabio, con addosso appena la maglietta e i boxer, era in piedi davanti a lui e stava tentando di assumere un'espressione indifferente. Brando, con ancora addosso solo le mutande e stringendo al petto i suoi vestiti, stava pregando che la cinta non facesse rumore. “pà... già a casa?” disse Fabio grattandosi la testa e continuando a cercare con gli occhi i pantaloni sul pavimento “non sai l'acqua che abbiamo preso, mi stavo cambiando proprio adesso” buttò lì, approfittando del diluvio che ancora imperversava fuori. Giovanni assunse un'espressione contrariata “beh immagino, c'è il finimondo fuori e voi ve ne sarete andati a spasso con quel cavolo di motorino...” borbottò. Fabio si fece un passo avanti per impedirgli di entrare più di così, congratulandosi mentalmente con suo padre per la sua innata capacità di infilarci un rimprovero anche quando la colpa era palesemente di madre natura “sai papà, dovresti cominciare a bussare” gli disse sorridendo “sciocchezze” ribattè il padre “sei mio figlio, niente che non abbia già visto” aggiunse roteando un dito all'indirizzo delle sue mutande “Brando?” gli chiese in quel momento a bruciapelo sollevando un sopracciglio. Fabio fece spallucce “in bagno credo..” buttò lì “si...” rispose scettico Giovanni buttando un occhio al corridoio dove la porta del bagno era aperta, e la luce spenta “ho capito” aggiunse. Di colpo aveva perso ogni voglia di entrare nella stanza, così fece un passo indietro “va bene, venite a darmi una mano dopo, che faccio le lasagne stasera” annunciò voltandosi. Fabio richiuse la porta un istante dopo. Giovanni fissò per un attimo la stanza chiusa cercando di cogliere ciò che i due ragazzi si stavano dicendo dentro. Sembrava stessero bisticciando a voce bassa. Scosse la testa “oh beh...” commentò tra sé e sé andando in camera sua a cambiarsi “almeno non mi devo preoccupare di diventare nonno prematuramente”.

 

 

DUE GIORNI DOPO

 

Fabio uscì dalla classe guardandosi intorno circospetto e vide Brando con le spalle poggiate alla parete poco distante e le braccia incrociate. Lo guardò interrogativo, lui gli fece un cenno del mento per dirgli di seguirlo.

Fabio accelerò il passo per affiancarlo mentre notava stupito che prendevano le scale. Lo vide avvicinare il telefono alla bocca per mandare un vocale “oh.. vieni fuori” intimò all'apparecchio con tono perentorio. “senti..” lo chiamò incerto “se devi menare qualcuno preferirei non assistere” buttò lì mentre scendevano le scale di corsa. Brando si fermò per rivolgergli un'occhiata incredula “eh??? ma che stai a dì?” Fabio fece spallucce arrossendo “no beh dicevo così...” nicchiò mentre il moro scuoteva la testa alzando gli occhi al cielo e ripartendo.

 

Non era mica tanto strano. Una volta al terzo anno Brando aveva litigato con un tizio che aveva avuto l'ardire di tirargli della roba addosso in mensa e per prenderlo a pizze si era portato dietro Niccolò e Filippo a fare un video.

Certo magari lui per una cosa così non se lo sarebbe portato.

 

Arrivarono al primo piano e rallentarono per cercare di non far risuonare troppo i loro passi nel corridoio deserto, poi Brando raggiunse la porta della scala antincendio e la aprì. Fabio stava per chiedergli di nuovo cosa ci facevano lì quando uscendo notò che fuori sulla scala c'era qualcuno, una ragazza. Aveva la stessa bellezza di Brando, i suoi stessi capelli neri. Ma i lineamenti erano più gentili, gli occhi grandi. Fabio trattenne per un attimo il respiro. Era Angelica, la sorella di Brando.

Il moro raggiunse la ragazza facendole un piccolo sorriso poi si pose tra loro due, insaccò le mani in tasca in un malcelato stato di imbarazzo e poi disse “Fabio, Angelica, Angelica, Fabio” facendo un rapido cenno della mano dall'uno all'altro. Fabio le tese la mano, la ragazzina invece guardò il fratello con un aria interrogativa “Brando cosa...” ma si fermò celando un piccolo urletto di comprensione dietro le mani “ho capito!” esclamò eccitata “è il tuo ragazzo, è così? Ho indovinato?” chiese saltellando, poi senza aspettare risposta emise un gridolino di contentezza e gli gettò le braccia al collo mentre quello rimaneva fermo e alzava gli occhi al cielo con la faccia più rossa che Fabio gli avesse mai visto. Sollevò un sopracciglio divertito.

 

Cioè tutta sta scena, gli voleva presentà la sorella?

 

“sono tanto fiera di te!” gli stava dicendo Angelica schioccandogli un rumoroso bacio sulla guancia, poi per balzare giù e ridare tutta la sua attenzione a Fabio “piacere! Sono Angelica, la sorella di Brando” gli disse tendendogli la mano con un bel sorriso aperto “scusa se ho fatto la cafona, non avevo capito niente!” si schermì “tranquilla, neanche io” rispose Fabio gettando a Brando un'occhiata divertita e stringendole la mano “sono Fabio Fedeli” Brando si morse l'interno della guancia a sentirglielo dire “Fedeli???” esclamò infatti Angelica “cioè... sei il figlio del preside?” chiese stupefatta “allora voi due vivete insieme! Oddio questa cosa è troppo bella!” saltellò facendo un piccolo applauso davanti al naso che fece arrossire anche Fabio. Brando si agitò spazientito “si beh, hem.... vabbè mo ce ne possiamo anche andare” disse arraffando Fabio per la manica della giacca. Ma Angelica si frappose tra loro spingendo via Brando “ma no!” esclamò stringendo Fabio sotto braccio “io e Fabio dobbiamo conoscerci meglio! Tu vai a farti un giro su! Sciò sciò” Fabio scoppiò a ridere a metà per l'intraprendenza di Angelica e metà per il fatto che Brando da lei si facesse mettere i piedi in testa come niente “ma sei impazzita???” le urlò lui “ma quale giro!” la ragazzina lo ignorò e si poggiò schiena alla balaustra tirandosi dietro Fabio per il gomito. Brando sbuffò rumorosamente incrociando le braccia. Buttò un occhio al punto in cui le braccia di sua sorella e Fabio si toccavano. Gli dava fastidio che lei si prendesse tutte quelle confidenze con Fabio e al contempo che lui le tenesse le mani addosso.

 

-sono un idiota- pensò. Ma come poteva essere geloso di tutti e due contemporaneamente???

 

“senti Fa, Brando fa ancora quel rumore strano mentre dorme?” gli stava chiedendo in quel momento Angelica, alla fine di una lunga serie di domande più o meno imbarazzanti “io non sto più in camera con lui da 10 anni però mi ricordo che...” “oh Angè hai rotto!” la interruppe Brando sgrovigliando le loro braccia e trascinando via Fabio per la mano “piantala o ti butto di sotto!” le urlò “va bene, ciao, alla prossima” ribattè lei pacatamente, per nulla impensierita dal suo tono “ciao Angelica, piacere di averti conosciuto” gli disse Fabio con un sorriso per poi far cenno a Brando con la testa e annuire in risposta alla sua domanda di prima. La ragazza nascose un sorrisino “anche per me!” disse “ciao BiBi!” aggiunse chiocciando all'indirizzo del fratello poco prima che scomparissero nella porta tagliafuoco. Brando si fermò dietro la porta sospirando e poi, rendendosi conto che stava ancora tenendo Fabio per mano gliela strappò via in un gesto di stizza.

“BiBi?” disse Fabio con un sopracciglio sollevato. Brando si mise una mano sugli occhi “non una parola per favore, abbi pietà di me almeno tu” l'altro scoppiò a ridere. Brando afferrò il cellulare e digitò velocissimo

 

 

sei una donna morta!!!!

 

:-P <3 <3 <3

 

 

Rinsaccò il cellulare in tasca e si rincamminò dietro a Fabio verso le scale, che nel frattempo per fortuna aveva smesso di ridersela.

Fabio sorrise un attimo al suo profilo imbronciato mentre camminavano. Aveva voluto che conoscesse sua sorella. Poteva sembrare poco, ma dato che era l'unico parente con cui ancora parlava... non lo era affatto. Fabio si morse il labbro per evitare al gigantesco sorriso che gli premeva di allargarsi sul suo viso, mentre sentiva le celeberrime farfalle agitarsi nello stomaco.

Arrivati davanti alla rampa si fermò e richiamò la sua attenzione con una leggera tirata alla spalla, per fermarlo a sua volta “faccio il giro e salgo dall'altra scala” gli annunciò. Quello annuì, capendo che era per non fare la strada insieme a rischio di incontrare qualcuno. Fabio gli sorrise e poi con una mossa fulminea gli rubò un bacio a stampo proprio là in mezzo al corridoio. Brando non fece in tempo né a togliersi né a ricambiare. Si guardò velocemente intorno un po' a disagio “a dopo” gli disse Fabio superandolo per rimboccare la strada da dove erano venuti.

“ci vediamo...” lo fermò Brando alzando appena la voce poco dopo “in bagno, alla sesta ora?” aggiunse con una meravigliosa aria maliziosa. Fabio gonfiò aria nelle guance “Bra... ho storia alla sesta ora” lo supplicò. Il professor Ascenzi non era famoso per la sua tolleranza. Ma Brando inclinò appena la testa da un lato sorridendo con quella faccia che sapeva fare solo lui. Un paio di riccioli scesero a coprirgli un occhio. “oh va bene maledizione!” imprecò Fabio girandosi poi per marciare verso l'altra rampa di scale.

 

 

 

SESTA ORA

 

Fabio buttò un'occhiata nervosa all'orologio del cellulare. Il professor Ascenzi come suo solito stava parlando ininterrottamente da quando era entrato. Seduto in cattedra, con il mento poggiato mollemente sul palmo della mano e l'espressione annoiata, blaterava con il suo soporifero tono monocorde su.... Fabio si era perso intorno alle vicende di un certo imperatore mongolo e non aveva più ritrovato il filo. Aveva la testa altrove. In bagno per la precisione. Si mosse sulla sedia a disagio. Pensare di interrompere Ascenzi nel suo monologo equivaleva a un suicidio, aveva un modo tutto suo di farti sentire una nullità ed era capace di far crollare la persona più preparata se voleva, in modi che Fabio non ci teneva assolutamente a sperimentare. Ma i minuti passavano e lui sapeva che Brando lo stava aspettando. Infatti proprio in quel momento lo schermo del telefono si illuminò:

 

aho! Te movi!!??

 

apparve sul display. Fabio alzò gli occhi al cielo. La sua gamba destra cominciò a muoversi incontrollatamente per il nervoso.

“Fedeli??” lo chiamò in quel momento Ascenzi. Fabio trasalì sgranando gli occhi mentre tutti si giravano a guardarlo “si?” disse riluttante “per l'amore del cielo! Cos'ha la tua gamba!” tuonò il professore infastidito. Il ragazzo buttò un'occhiata alla sua gamba che ballava in modo incontrollato sotto al banco, ci schiaffò una mano sopra arrossendo furiosamente “hemm... mi scusi.... è che devo andare in bagno” buttò lì scatenando un serie di risatine mal trattenute. Il professore sbuffò “beh se è così urgente vai..” borbottò facendo aria con la mano. Fabio si alzò non credendo alla sua fortuna insperata: Ascenzi che lo mandava in bagno di sua spontanea volontà nel bel mezzo di una spiegazione? E quando gli ricapitava?? Di colpo non gli importava più niente delle risatine dei suoi compagni. Sorrise non appena varcò la porta della classe.

 

Entrò nel bagno guardandosi intorno e immediatamente si sentì afferrare da dietro da due mani che gli coprirono gli occhi. “Bu!” sentì dire piano a Brando, vicino al suo orecchio. Sorrise.

Brando lo tirò facendolo piegare all'indietro, baciandolo sottosopra, con trasporto. Le loro lingue si accarezzarono per un attimo in quell'insolita posizione. Poi gli permise di tirarsi su e girarsi, sorridendo contro le sue labbra mentre Fabio lo spingeva nel cubicolo del bagno. Lo baciò ancora, questa volta solo a fior di labbra, per qualche istante. Poi si staccò e gli mollò una poco delicata pacca contro il torace “oh! Ma che baci la gente senza neanche guardarla in faccia??” lo apostrofò scherzando “guarda che lo sapevo che eri tu!” ribattè Fabio evitando di dire che lo riconosceva dall'odore “piuttosto” aggiunse mollandogli anche lui uno spintone di circostanza “che mi mandi quei messaggi perentori?? non sono mica il tuo cagnolino” lo sgridò per finta, andandogli di nuovo a un passo, gli poggiò una mano al lato del viso “mi sa che ti devo insegnare un po' di educazione” aggiunse guardandolo serio. Brando trattenne un sorriso divertito per quella sceneggiata che stava mettendo su, gli poggiò le mani dietro al collo e tentò di avvicinare il viso al suo, ma Fabio lo trattenne a distanza stringendo un po' la presa sulla sua mascella “no no no” gli disse sorridendo “adesso tu te ne stai fermo lì e mi lasci fare”. Si guardarono intensamente per un attimo. Fabio mosse il pollice ad accarezzargli le labbra e poi lo fermò sul suo mento stringendo appena. Senza staccargli gli occhi di dosso portò l'altra mano sul davanti dei suoi pantaloni iniziando ad accarezzarlo attraverso la stoffa. Brando chiuse gli occhi sospirando “ah matto...” soffiò sorridendo e provando di nuovo ad attirarlo verso di sé, ma Fabio glielo impedì di nuovo. Lo massaggiò con più decisione per un attimo, poi con una mossa rapida gli slacciò il bottone e la zip continuando la sua operazione pelle a pelle. Brando sospirò più forte aggrappandosi al suo collo, lasciò andare la testa in avanti ma Fabio gliela ritirò su spingendolo sul mento “fermo” gli intimò “voglio guardarti in faccia mentre vieni” cominciava ad avere il fiato corto anche lui. L'espressione di Brando stava facendo montare un'erezione da capogiro anche a lui.

Quella del ragazzo pulsava, la sentiva scottare nella mano mentre la massaggiava. Brando si lasciò sfuggire un gemito e Fabio spostò la mano rapidamente dal mento a sopra la sua bocca “shhh” gli disse dolce, sorridendo. Dopo qualche minuto Brando mosse il braccio per strapparsi la mano di Fabio dalla bocca “levati!” gli ordinò con tono talmente perentorio da non lasciar dubbi su cosa stesse per succedere. Fabio si scansò sorridendo e Brando si spostò per finire nel gabinetto, mordendosi il pugno per non emettere altro rumore.

 

 

Dopo qualche minuto Fabio osservava Brando sistemarsi i vestiti con la schiena poggiata alla parete del cubicolo. Sorrise alla sua nuca concentrata, rilassato, cercando di resistere alla tentazione di accarezzargli i riccioli per non fare lo sdolcinato. Brando si voltò per dirgli qualcosa quando la porta principale del bagno si spalancò facendoli sobbalzare di paura per un attimo. La voce di Niccolò che parlava con qualcuno mandò Brando nel panico.

“sì ho capito, sì stasera ne parliamo” stava dicendo, probabilmente era al telefono con quella figa di legno di Camilla “aspetta un attimo” aggiunse “Brando sei qui?” chiamò ad alta voce. Brando si mosse rapidissimo ma silenzioso, schiacciò Fabio contro la parete laterale spiaccicandosi completamente addosso a lui di modo da mettersi entrambe fuori dalla luce sotto la porta, gli premette una mano sulla bocca col naso a due millimetri dal suo intimandogli il silenzio con gli occhi. Fabio cercò di fargli cenno che faticava a respirare così, ma si rese conto in fretta come, adesso che lui non glielo permetteva, fosse praticamente impossibile smuoverlo, era molto più forte di lui.

Come aveva previsto Brando, Niccolò si chinò per terra per controllare se nei cubicoli chiusi ci fosse qualcuno, dicendo “oh se te stai a fa na canna senza di me sei uno stronzo!” Loro però erano troppo addossati al muro e non li vide.

“no niente” gli sentirono dire di nuovo al telefono dopo qualche secondo “sto a cercà Brando... sì sì.. a più tardi”.

Un istante dopo i due ragazzi sentirono la porta del bagno richiudersi e rilassarono contemporaneamente le spalle. Brando sbuffò un sospiro di sollievo, si staccò di dosso a Fabio e poi lo lasciò andare. Notò che aveva le labbra rosse, maltrattate dalla sua mano. Si chinò per poggiargli in rapida successione tre piccoli bacetti sulla bocca, a mò di scuse. Fabio riprese fiato e gli accarezzò una guancia, poi i capelli al lato del viso, come per tranquillizzarlo che il pericolo era scampato. In effetti non ci teneva neanche lui a far sapere COSI' a Niccolò di loro due.

“uff... c'è mancato un pelo” commentò sorridendo e aprendo circospetto la porta del bagno. Nessuno in vista “puoi dirlo forte” sbuffò Brando cercando di nascondere il nervosismo, poi lo guardò con un sorrisino bastardo incrociando le braccia dietro la testa “oh beh... la tua parte la rimandiamo a stasera va... che mo è tardi” disse camminando all'indietro fino alla porta, prima di sparire nell'uscio. Fabio sbattè le braccia lungo i fianchi incredulo “ma sentitelo!” disse alle pareti “ma se ha insistito lui!!”

 

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Capitolo 10
*** cap 10 ***


cap 10 – 3 giorni dopo

 

 

Era stata questione di un'inezia. Una scintilla appena visibile, che si era trasformata in un incendio.

Brando era nell'androne principale della scuola, insieme a quasi tutta la squadra di calcio, quando Fabio era entrato e si era avviato allo scalone. Gli aveva rivolto un'occhiata fugace e poi era tornato a ridere di quello che stava dicendo Vittorio. Stavano in cerchio, proprio accanto alle scale.

Fabio aveva salito due gradini... e aveva urtato leggermente lo spallaccio dello zaino di Filippo, facendoglielo scivolare dalla spalla. Lui lo aveva fermato prima che toccasse terra.

 

Un'inezia.

 

Ma le inezie a quelli come Fabio raramente vengono perdonate.

“hei!” gli urlò rabbioso Filippo “scusa..” borbottò a bassa voce Fabio facendo per rincamminarsi sulle scale, ma a lui non era bastato “scusa un cazzo Fedeli” aveva ringhiato afferrandolo per la giacca e tirandolo giù dalle scale davanti a lui, subito altri tre o quattro ragazzi della squadra li avevano accerchiati, neanche fossero stati chiamati. Brando serrò le mascelle provando subito un senso di nausea. “quella borsa costa più di te, Fedeli, potevi rovinarla” gli disse Filippo a due centimetri dal naso, poi fece un sorrisino bastardo davanti alla sua espressione allarmata, gli prese lo zaino, lo aprì e rovesciò l'intero contenuto sul pavimento in un gran fracasso di libri e penne. Gli altri, compreso Niccolò, compreso qualche altro studente nelle vicinanze, scoppiarono a ridere. Fabio guardò Filippo buttare a terra anche il suo zaino con una gran voglia di sbuffare “ecco, ora siamo pari” gli stava dicendo dandosi di gomito con Carlo.

Fabio represse la rabbia e si inginocchiò per terra a raccogliere le sue cose tra le risatine dei presenti.

Brando strinse i pugni, rimanendo più indietro.

Proprio mentre Fabio si allungava per recuperare un quaderno di appunti però, Filippo ridendo mollò un calcio all'oggetto mandandolo qualche metro lontano.

E fu qui che accadde qualcosa di imprevisto.

Fabio scattò in piedi come una molla e spinse Filippo con tutta la forza che aveva facendolo barcollare all'indietro.

Era la prima volta che reagiva.

In un attimo si sollevò un polverone, Carlo e Vittorio afferrarono Fabio per le braccia tirandolo via da Filippo che imprecava e gli si rifaceva addosso. Tutti intorno cominciarono a vociare, chi si allontanava, chi chiamava qualcun altro, chi già prendeva in mano il telefono

“oh! Ma come ti permetti finocchio!” gli urlò Filippo in faccia “tu non mi devi toccare! Mi fa schifo che mi tocchi, hai capito???” gridò afferrandogli la faccia con una mano e stringendo. Niccolò gli si precipitò attaccato al braccio cercando di calmarlo “fratè sta buono, siamo in mezzo all'androne” gli soffiò nell'orecchio a denti stretti, ma Filippo se lo scrollò di dosso.

Brando nel frattempo era come paralizzato. Quelle erano le stesse cose che gli aveva detto suo padre quel giorno, le stesse identiche parole.

“mi sa che meriti una lezione, finocchio” disse ridendo Filippo all'indirizzo di Fabio, poi si voltò passando il cellulare a Niccolò “chi vuole vedere di che colore ha le mutande Fedeli??” urlò per farsi sentire. Parecchia gente iniziò a ridere e fischiare. Carlo e Vittorio anche se erano impegnati a tenere fermo Fabio ridevano sguaiatamente

“per me ha un tanga!”

“per me mutandine di pizzo!”

Fabio spalancò gli occhi terrorizzato quando vide Filippo avvicinarsi, cercò per un attimo lo sguardo di Brando, che ancora se ne stava a un paio di metri immobile come una statua con l'aria atterrita, poi iniziò a cercare di divincolarsi con tutta la forza che aveva. Carlo e Vittorio faticavano a tenerlo, ma comunque non riuscì a liberarsi. Quando Filippo gli toccò la fibbia della cinta sentì un moto di disgusto venirgli su e gli occhi pizzicare per il bisogno di mettersi a piangere dalla frustrazione, dall'impotenza.

“Filì...” sentì dire a Niccolò, e poi siccome non ricevette risposta lo vide mettere via il telefono. Ma non importava, ce ne saranno stati altri dieci nelle vicinanze con quel cavolo di schermo puntato su di lui. Fabio mosse di nuovo le spalle nella stretta d'acciaio dei due, sentiva dolore là dove lo stavano stringendo, sentì Filippo slacciargli la cintura e capì che stava per succedere, stava per essere spogliato davanti a tutti. In un moto disperato usò le braccia di Carlo e Vittorio come supporto per sollevare le gambe e mettesi a scalciare come un matto. Con un piede riuscì a colpire Filippo allo stomaco che si piegò in due per un attimo con un lamento. Neanche il tempo di realizzare che sentì un dolore intenso sprigionarsi dalla sua bocca mentre la faccia gli girava di scatto di lato. Filippo gli aveva mollato un pugno, forte, Fabio sentì sapore di sangue in bocca.

 

Brando sgranò gli occhi e i suoi muscoli si irrigidirono, ma proprio un istante prima che si muovesse Damiano gli sfrecciò accanto e si avventò su Filippo come una furia. Lo strappò da vicino a Fabio e urlando iniziò a spintonare sia Carlo che Vittorio che subito mollarono la presa e si fecero indietro. Fabio cadde seduto per terra mentre veloci come mosche la piccola folla di persone che si era radunata si disperdeva velocemente “siete delle merde!” urlava Damiano infuriato a tutti i presenti “siete delle merde tutti quanti!” si avvicinò a Fabio e lo aiutò con mala grazia ad alzarsi in piedi e inspirò aria rabbioso quando gli vide la bocca sporca di sangue. Si girò ad avventarsi contro Filippo puntandogli un dito in faccia “tu! Azzardati ancora a toccare Fabio con un dito e te sfonno hai capito???” gli disse minaccioso “non lo devi neanche guardare!” “ma che cazzo vuoi Quarticciolo??” ribattè Filippo con altrettanta rabbia. Damiano gli si fece contro, ma Niccolò si mise davanti a Filippo sollevando le mani in segno di resa “ha capito Damià, ha capito” disse in tono calmo e aggiunse “lascialo perde è un coglione” Damiano sbuffò facendosi indietro e fulminando Niccolò con lo sguardo, come a dire -attento a te- mentre Filippo si aggrappava alle spalle del biondo dicendogli “oh ma che stai a dì???” “mi sembra ovvio, ti salvo la pelle scemo” gli soffiò.

 

“hei!” esclamò a quel punto il professor Rivelli affacciandosi dalla cima delle scale. Era stato richiamato dal gran trambusto “ma che succede lì giù??” chiese. I ragazzi recuperarono la calma a tempo di record. Niccolò gettò un'occhiata a Fabio che ancora sanguinava.

“niente Prof...” disse debolmente Fabio, fulminando Filippo con lo sguardo “sono caduto dalle scale, pare sia stata una cosa piuttosto comica” buttò lì. Il professore rivolse al gruppetto un'occhiata scettica, poi decise di soprassedere “beh... ti sei fatto male? Serve che venga giù?” disse, palesando nel suo tono che non aveva proprio nessuna voglia di scendere giù a controllare lo stato del suo naso. Fabio scosse la testa “sto bene” disse cercando di risultare più calmo possibile, anche se aveva ancora i nervi talmente a fior di pelle da avere l'impressione che volessero saltargli fuori.

Il prof rientrò in classe dopo avergli raccomandato di fare altrettanto.

Nell'androne calò il silenzio, erano rimasti solo loro.

Damiano, dopo aver rivolto un'altra occhiataccia al gruppetto, si girò verso Fabio ma appena provò a sfiorargli il braccio quello si ritrasse con uno scatto nervoso. Non aveva voglia di essere accudito, nè consolato, né niente. Era furioso, umiliato, l'unica cosa che voleva fare era mettersi a piangere ma non avrebbe mai permesso che succedesse. Si riallacciò i pantaloni con quanta più dignità fu in grado di recuperare, poi rivolse a Brando una rovente occhiata di rabbia e marciò via dall'androne.

Damiano scosse la testa all'indirizzo dei tre rimasti “siete delle vere merde” ribadì prima di andarsene.

 

Niccolò aspettò di vedere Damiano girare l'angolo prima di mollare uno spintone e un'occhiataccia di rimprovero a Filippo “che c'è???” gli disse lui allargando le braccia “c'è che sei un coglione!!” rispose Niccolò puntandogli un dito contro. Filippo iniziò a giustificarsi. Niccolò girò la faccia risentito mentre lui gli parlava. Guardò Brando. Sembrava distrutto, e non riusciva a staccare gli occhi dal punto in cui Fabio era andato via.

 

Brando aveva trovato Fabio sul tetto della scuola. Immaginava fosse lì.

Ora se ne stavano seduti uno di fronte all'altro sul parapetto. Fabio aveva lo sguardo assente, sembrava fissare il brecciolino del pavimento con l'intenzione di contarlo. Aveva una gamba che penzolava fuori, le braccia abbandonate in mezzo alle gambe.

Brando aveva rimediato un pacchetto di fazzoletti e una bottiglia d'acqua. Si avvicinò di più mentre imbeveva d'acqua un fazzoletto e poi, cercando di essere delicato, glielo poggiava vicino alla bocca, per pulirgli via il sangue. Lo spiò cercando i suoi occhi, distogliendo per un attimo lo sguardo dalla ferita. Non poteva immaginare cosa gli ronzasse in testa in quel momento. Gli tamponò il labbro premendo un po', doveva fargli male ma non mosse un solo muscolo. Quando ebbe finito richiuse la bottiglia e lo fissò, mentre ancora non lo guardava.

Si sentiva discretamente uno schifo.

Allungò una mano per fargli una carezza, ma non appena gli sfiorò la guancia Fabio gliela allontanò con uno schiaffo “come???” esclamò “ce l'hai con me??” disse incredulo “io non ho fatto niente!” aggiunse. Fabio lo trapassò con lo sguardo “appunto!” gli urlò in faccia “non hai fatto niente!!! sei rimasto lì a guardare!!” proruppe alzandosi in piedi di scatto, spingendolo a fare altrettanto per difesa. Fabio gli strinse i bordi della giacca scuotendolo “sei rimasto lì fermo mentre quegli stronzi quasi mi levavano i pantaloni in mezzo all'androne!” si fermò perchè la voce gli si era un po' incrinata. Brando strinse i denti e girò il viso di lato per vergogna. Avrebbe voluto dirgli che stava per farlo, che proprio quando Damiano era arrivato stava per scattare, era la verità. Ma gli sarebbero sembrate solo scuse, non ci avrebbe creduto. Quindi non disse niente, prendendosi tutta la sua rabbia in pieno.

“mi dispiace” disse solo “sai che ci puoi fare col tuo mi dispiace?????” ribattè Fabio lasciandolo andare con uno strattone “io.. sono ancora bloccato... questa cosa, non riesco..” tentò “qui non si tratta di fare outing o no!” lo interruppe Fabio allargando le braccia “non c'entra essere etero o gay, Damiano è la persona più eterosessuale che conosca eppure mi ha difeso mi sembra no???” urlò “qui si tratta di decidere che tipo di persona vuoi essere Brando! Se una che condanna lo schifo che mi hanno fatto oggi, o una che si gira dall'altra parte!” gli si avvicinò andandogli vicino col viso e facendolo indietreggiare un po' “lo capisci?” gli chiese in tono quasi dolce. Brando girò il viso di lato. Lui aveva ragione, lo sapeva benissimo che aveva ragione. E sinceramente era già da un po' che aveva cominciato a considerare il comportamento dei suoi amici ripugnante, e allora perchè gli si paralizzava tutto il corpo quando succedevano cose così, perchè non riusciva a fare niente per difendere la persona a cui voleva bene? Era davvero così codardo?

“lo so questo” gli disse tornando a guardarlo “ma a me questo segreto in cui stiamo vivendo mi paralizza, non riesco..” “beh allora forse è il caso di darci un taglio” intervenne Fabio incrociando le braccia per impedire alle sue mani di tremare mentre diceva quella frase. Brando sbarrò gli occhi e lo afferrò per le braccia “io non ho detto questo” scandì guardandolo dritto in faccia, con una fermezza che fece vacillare la sicurezza della rabbia di Fabio. Brando lo scosse per un attimo “io non ti voglio lasciare, non voglio assolutamente che tu mi lasci, hai capito?” gli disse perforandolo con lo sguardo, poi mollò la presa “solo non posso continuare a mentire” Fabio incrociò di nuovo le braccia “beh questo dipende da te, non da me... “ sentenziò. Brando sospirò.... aveva ragione. Fabio guardò di lato, verso l'orizzonte lontano.

“lo dirò a Niccolò” esclamò Brando dopo un paio di secondi “oggi” aggiunse facendolo girare a guardarlo.

“dici sul serio?” chiese scettico Fabio con un sopracciglio sollevato “si” annuì convinto Brando, tremando internamente solo all'idea, ma non volendosi tirare indietro.

Fabio lo stava ancora fissando per valutare se era il caso di crederci o meno quando Damiano spalancò la porta del terrazzo chiamandolo. Si girarono entrambi a guardarlo. Fabio vide il mezzo sorriso rassicurante che aveva su mutare velocissimo in un'espressione di tesa rabbia nel riconoscere Brando vicino a lui. “che cazzo ci fai qui????” lo apostrofò Damiano, e gli si fiondò addosso afferrandolo per il davanti della giacca con aria minacciosa. Brando si preparò mentalmente a dire addio al suo bel naso dritto “no Damià niente” intervenne Fabio con voce talmente calma da fermarlo “è venuto a vedere come stavo” Damiano guardò Fabio con un sopracciglio sollevato e poi di nuovo Brando “sul serio?” gli chiese stupito ma con tono feroce, sfidandolo a prenderlo per il culo. Brando gli mise una mano sulle sue che lo stringevano spingendo per invitarlo a lasciare la presa “sì maciste è così... ora mi molli?” Damiano lo fulminò ancora per un attimo, poi lo lasciò andare con quanta meno grazia potè. Brando si rassettò la giacca guardandolo male.

Damiano gli rivolse ancora un ultima occhiataccia prima di girarsi per dare attenzione a Fabio “oh stai bene?” gli disse a bassa voce, chinandosi un po' su di lui per ispezionargli la ferita. Fabio annuì facendo schioccare un paio di volte i denti per mostrargli che li aveva ancora tutti al loro posto. Damiano sorrise e gli passò un braccio intorno alle spalle strofinandogli la mano all'altezza del gomito per un paio di volte, per poi lasciarlo andare subito dopo.

Brando sentì lo stomaco accartocciarsi e si morse il labbro per rabbia, in un moto inspiegabile di gelosia. Si accorse di quanto ormai considerasse Fabio a tutti gli effetti roba sua, gli faceva quasi paura quello che provava “beh me ne vado” sentenziò con un ringhio superandoli poi velocemente, non mancando di fulminare per attimo Damiano con lo sguardo “ciao Fà...” disse prima di voltarsi.

“ciao...” disse debolmente Fabio alla sua schiena, prima di vederlo sparire oltre la porta d'acciaio.

Damiano sbuffò “ma che gli prende??” chiese insaccando le mani in tasca “forse un rimorso di coscienza” scherzò Fabio “mi sorprendo addirittura che ne abbia una...” commentò Damiano con una vena d'odio nella voce. Fabio abbassò gli occhi, triste, e non disse nulla.

 

 

ALCUNE ORE DOPO

 

Brando camminava accanto a Niccolò sullo sterrato che portava ai campi. Era stato di malumore tutto il giorno ma non era niente paragonato al senso di malessere che lo pervadeva in quel momento. Stavano andando agli allenamenti di calcio, dopo di quello la giornata scolastica sarebbe finita, erano da soli. Decisamente non poteva esserci momento più indicato per fare quello che aveva promesso a Fabio. Alla sola idea gli parve che qualcuno gli avesse dato un pugno nello stomaco. Guardò Niccolò camminare tranquillo col borsone poggiato su una spalla.

Fanculo ora o mai più.

“Fratè senti...” lo chiamò schiarendosi poi la voce perchè si era accorto che gli tremava “ti devo parlà di una cosa” Niccolò lo guardò tranquillamente “vabbè... mo mentre ci cambiamo mi dici” rispose con ovvietà. Brando scosse la testa... decisamente affrontare quell'argomento in mutande era un po' troppo per lui “no beh... se possiamo, fermarci un attimo prima di entrare preferisco” Il biondo gli donò uno sguardo sorpreso, poi si fermò buttando il borsone per terra “va bene.... ok roba seria, ho capito” commentò “allora intanto mi fumo una siga” aggiunse accendendola a tempo di record, porse il pacchetto a Brando ma quello fece cenno di no con la testa, poi vedendo che lui aspettava sospirò gonfiando le guance e cominciò a guardarsi intorno, dondolando il peso avanti e indietro, in difficoltà “beh ecco...” iniziò “noi siamo amici, perciò... volevo dirlo prima a te” Niccolò annuì per fargli capire che poteva smettere di girarci intorno e vuotare il sacco. Brando invece si mise una mano sulla bocca sentendo sudori freddi dappertutto “non è facile, mi vergogno” ammise, il biondo fece uno sbuffo di risata “de me fratè?” disse “ti ho visto nelle situazioni peggiori, vai tranquillo che non mi stupisco più di niente” Brando smorzò un sorriso nervoso, a pensare a quanto si sbagliava.

Cominciò a giocherellare con la chiave dell'armadietto della palestra “vedi io...” provò di nuovo, ma il fiato proprio non gli usciva.

 

Oh ma che stava avendo un attacco di panico???

 

Proprio mentre stava per racimolare le energie necessarie a sputare fuori la maledetta frase, Niccolò prese una boccata di fumo, espirò e battendogli una mano sulla spalla spazientito esclamò “dai Brà, piantala de fa il frocio... che c'è”

Era stata una frase semplice. Poco più di una battuta per Niccolò, niente di importante, ma ebbe il potere di spazzare via da Brando ogni voglia di continuare quella conversazione. Lo fissò per un attimo, poi ridacchiò nervoso allontanandosi di un passo “no... niente... ho... problemi con mio padre” buttò lì “problemi grossi ultimamente, non ci capiamo proprio più” proruppe in un fiume di parole a sostegno di quella via di fuga che aveva trovato. Niccolò annuì con aria grave “erano cazzate quelle che hai raccontato in giro ve?” gli disse “è lui che t'ha conciato per bene qualche settimana fa vero?” aggiunse. Brando lo guardò sorpreso. Si vedeva che Niccolò lo conosceva meglio di quanto lui stesso pensasse. Abbassò gli occhi annuendo. Il biondo scosse la testa arrabbiato “è veramente una merda guarda, non te offende...” commentò, poi gli diede una pacca sulla schiena per scuoterlo un po' “oh non te devi vergogna di parlà con me de ste cose, hai capito?” Brando annuì facendogli un mezzo sorriso, sentendosi invece un vero schifo, per aver mentito ancora.

 

Ok tecnicamente non aveva proprio mentito. Ma non era certo quello che doveva dirgli.

 

Niccolò finì la sigaretta gettandola lontano “vuoi venì a sta un po' da me?” propose facendolo voltare “magari non ve vedete per un po'... gli passa allo stronzo... tanto lo sai che mia madre ti adora” Brando scosse la testa “no fratè grazie... sto bene” buttò lì. Niccolò annuì poi gli circondò le spalle con un braccio strapazzandolo un po' “dai coraggio, che tra qualche mese te ne vai a studià in qualche università all'estero, possibilmente in un paese pieno di figa, tipo l'Olanda, e lo mandi proprio a fanculo quello” Brando rise. Era una risata amara... ma l'amico non se ne accorse.

 

Poggiò la fronte all'armadietto chiudendo per un attimo gli occhi.

Fabio lo avrebbe ammazzato stavolta.

 

 

QUELLA SERA

 

Brando aveva sputato fuori il rospo subito. Non si era nemmeno levato la divisa, voleva togliersi il dente. Come aveva immaginato Fabio era nero. Gli sembrava quasi di vederglielo il fumo che usciva dalle orecchie. Lo vide scuotere la testa “perchè non sono sorpreso???” esclamò con tono di scherno “senti, stavo per farlo ti giuro...” provò a spiegarsi Brando “poi lui però se ne è uscito dicendo..” “non me ne frega niente” lo interruppe Fabio con rabbia, poi gli andò contro “tu prometti e non mantieni mai un cazzo di quello che dici!” Brando girò la testa di lato “sai qual è la verità??” lo incalzò Fabio “la verità è che tu non hai le palle! Di affrontare le conseguenze di questa cosa!” Brando si voltò verso di lui di scatto, colpito sul vivo, lo spinse un passo indietro “affrontare le conseguenze????” gli urlò “scusa te lo devo ricordare quello che è successo con mio padre??? Non mi sembra che non ho affrontato le conseguenze!” aggiunse spingendolo di nuovo. Fabio lo fulminò “non. Spingermi.” scandì con rabbia “mi fai incazzare!” gridò ancora Brando “sono già stato rifiutato dalla mia famiglia! Scusa tanto se non ho voglia di essere rifiutato anche dai miei amici!” Fabio fece uno sbuffo di risata esasperata “sono settimane che qualsiasi cosa combini usi come scusa il rifiuto della tua famiglia, hai pure mezzo rotto i coglioni” commentò, mordendosi poi la lingua un istante dopo, davanti all'espressione ferita di Brando “sei veramente uno stronzo...” commentò scuotendo la testa, ma Fabio ormai era troppo arrabbiato per fermarsi “bell'amico del cazzo Niccolò tra l'altro..” aggiunse. Brando lo fulminò con lo sguardo “tu non sai un emerito cazzo di Niccolò, quindi stai zitto” “mamma mia che paura” lo prese in giro Fabio agitando le mani in aria, il moro si avvicinò con la sua solita aria minacciosa afferrandolo per la maglietta “non mi sfottere Fedeli, che non ti conviene” gli ringhiò a due centimetri dal naso, ma Fabio non staccò neanche per un secondo gli occhi dai suoi, sostenendo il suo sguardo furioso “è inutile che fai così” sentenziò “io non ho più paura di te Brando De Santis, neanche un po'...” lui lo guardò ancora per un attimo, poi lo lasciò andare di mala grazia. Fabio gli voltò le spalle, arrabbiato ma esausto. Lo sentì sospirare pesantemente. Rimasero in silenzio per qualche istante “Niccolò mi ha invitato a stare da lui oggi...” gli sentì dire dopo un po'... con voce fredda, ma straordinariamente calma. Fabio sentì lo stomaco accartocciarsi a quelle parole “forse dovrei andarci” continuò Brando “sono stanco di litigare con te ogni giorno”.

Fabio si sentì morire a quelle parole, e lottò strenuamente contro l'istinto che ebbe di girarsi ed abbracciarlo, dirgli di non farlo. “forse dovresti...” disse invece. Senza voltarsi. Con la voce incrinata.

Brando inspirò a fondo, sentendosi mancare il fiato da quanto gli faceva male lo stomaco.

Fabio sentì la sua presenza bruciare alle sue spalle ancora per qualche attimo, come se stesse sperando che lo fermasse. Poi udì la porta della stanza che sbatteva. Si coprì gli occhi con una mano, cercando ancora una volta di non piangere.

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Capitolo 11
*** cap 11 ***


Cap 11

 

Fabio sbadigliò mentre usciva di casa. Non aveva chiuso occhio neanche un minuto la notte prima. La giornata era partita davvero di merda se si pensava che era in piedi da poco più di un'ora e aveva già dovuto subirsi il letto di Brando vuoto vicino al suo, il cellulare completamente privo di un qualsiasi suo contatto e per finire sul padre che, convinto che Brando fosse semplicemente rimasto a dormire da Niccolò senza avvisarlo, l'aveva rimproverato di aver sempre la faccia lunga.

Fabio sapeva che se le cose non cambiavano avrebbe dovuto dirgli la verità, e la cosa gli dava letteralmente la nausea. Deciso a rimandare l'incombenza alla sera aveva messo in moto e si era avviato a scuola.

Da un lato era certo di essere nel giusto ad essersi arrabbiato, dall'altro non poteva credere di avergli detto in faccia che aveva rotto le scatole a lamentarsi perchè la sua famiglia lo aveva rifiutato... ma come gli era venuta in mente una cattiveria simile???

 

 

Arrivato a scuola notò Niccolò che chiacchierava con Virginia in un angolo del corridoio. Brando non era nei paraggi. Pensò che tutto sommato poteva chiedergli come stesse... era una domanda normale... no? Inghiottì a vuoto, sperando vivamente che non lo aspettasse un'altra scarica di botte. Gli altri del branco non erano lì vicino, forse poteva cavarsela. Si schiarì la voce e si avvicinò al ragazzo fingendo il più possibile disinvoltura

“Niccolò..” lo chiamò attirando la sua curiosa attenzione. Il biondo lo squadrò dai suoi considerevoli centimetri di altezza in più “ecco Brando... volevo sapere, se sta bene” buttò lì. Virginia scoppiò a ridere “ti droghi Fedeli???” esclamò coprendosi il sorriso cavallino con la mano. Niccolò lo guardò come si poteva guardare un povero animaletto idiota “scusa ma a te che te ne frega...” gli disse con un sorrisino e poi aggiunse “e poi comunque non lo so, ancora non è arrivato stamattina” Fabio sgranò gli occhi archiviando momentaneamente le occhiate e il tono di scherno nel dimenticatoio “come..? ma io credevo..” balbettò

 

ma non aveva detto che andava a dormire da lui??? dove cavolo si era cacciato??

 

“stai bene Fedè? Sei bianco...” gli stava dicendo Niccolò con una lievissima nota di sincera apprensione nella voce.

 

Proprio in quel momento Brando fece la sua comparsa in corridoio. Vedendo Niccolò alzare un braccio in segno di saluto Fabio si voltò e lo vide. Aveva un po' gli occhi segnati. La giacca della divisa era spiegazzata, come se dal giorno prima non se la fosse proprio tolta. Lo vide aggirare lo sguardo nel corridoio gremito di gente per poi incatenare gli occhi ai suoi non appena li individuò. Lo vide marciare a passo di carica proprio verso di lui.

Non appena gli fu a portata, Brando lanciò una breve occhiata a Niccolò e poi afferrò Fabio per la manica della giacca iniziando praticamente a trascinarlo via. Lo tirò con forza per qualche passo fino al centro del corridoio. Fabio incespicò coi piedi un paio di volte rischiando di cadere

“si può sapere che ti prende????” gli disse tra i denti, più confuso che arrabbiato “ti faccio vedere che ho le palle” sentenziò lui senza neanche guardarlo. Poi non appena ebbe raggiunto il punto prescelto lo mollò girandosi verso di lui e senza dargli tempo di replicare gli serrò la testa tra le mani, attirandolo a sé con una strattone, e premette senza alcuna possibilità di difesa la bocca sulla sua. Fabio sgranò gli occhi, mentre tutti intorno a loro, dopo un momento di sconcertato silenzio, iniziavano a ridere e fischiare. Brando gli massaggiò le labbra con le sue, abbastanza intensamente da non poter pensare che stesse pagando una scommessa, ma per un tempo sufficientemente breve a non dare il tempo a nessuno di tirare fuori il cellulare. Poi si staccò da lui, facendo scivolare piano le mani via dal suo collo, cercando di guardare solo i suoi occhi. Fabio lo guardò sconvolto arrossendo furiosamente

“Bra ma sei pazzo???” gli disse incredulo “di te” rispose solo lui, con un piccolo sorrisino dolce.

Fabio sentì il cuore come se stesse sparando fuochi d'artificio.

Poi di colpo tra le risatine generali si levò la voce di Carlo, che casualmente era a pochi passi da loro e aveva assistito alla scena da una posizione privilegiata

“hei Brando! Lo sapevo che eri un frocio di merda!” urlò ridendo, lanciandogli contemporaneamente contro una bottiglietta d'acqua, centrandolo in testa. Brando si portò di fretta una mano sulla parte offesa e si voltò per incenerirlo con lo sguardo. Non era chiaro se colpirlo fosse effettivamente l'intenzione di Carlo, fatto sta che un secondo dopo si ritrovò Brando addosso che lo afferrò per il davanti della giacca e gli piantò una craniata in piena fronte, scatenando un vero e proprio parapiglia di urla, confusione e braccia che cercavano di separarli. Un paio di professori avevano fatto irruzione nel corridoio e si erano trovati a far fronte a una vera e propria rissa.

 

 

POCO DOPO

 

Brando stava seduto di fronte alla scrivania del preside con un'espressione feroce e la schiena poggiata allo schienale, come a voler far intendere che non era intimorito neanche un po'. Giovanni lo scrutava dall'altro lato del tavolo con le mani incrociate davanti al viso, con cipiglio severo, senza distogliere lo sguardo da lui. Per qualche minuto rimasero così, in una sorta di battaglia a chi abbassava prima gli occhi. Ma nessuno dei due sembrava intenzionato a darla vinta all'altro.

“certo che potevi anche evitare di dargli una testata sui denti in mezzo al corridoio, davanti a tutti” proruppe a una certo punto Giovanni, faticando a nascondere la rabbia “cosa pensi che dovrei fare io adesso??” aggiunse poggiando le mani sul tavolo e facendosi un po' avanti per fulminarlo meglio.

Brando staccò la schiena dallo schienale per fare altrettanto “quello mi ha chiamato frocio di merda!” urlò “e mi ha tirato una bottiglia in testa! Piena!!” aggiunse indicandosi un punto sopra l'orecchio destro “la sua è un'aggressione con l'aggravante dell'omofobia!” Giovanni sollevò un sopracciglio “ma sentitelo... ha fatto outing da 5 minuti e già è un attivista per i diritti LGBT” lo prese in giro. Brando serrò la mascella imbarazzato ripoggiando la schiena indietro e lui continuò “innanzi tutto, modera il tono della voce De Santis, che stai parlando col preside, ti ricordo” precisò con tono infinitamente più calmo, ma glaciale “e poi non bisogna mai rispondere alla violenza con altra violenza” aggiunse scandendo bene le parole “altrimenti non si esce più da una spirale così” Brando distolse lo sguardo facendo uno sbuffo di risata “e come bisogna rispondere allora?” chiese in tono amaro “almeno lo sai cosa hanno fatto a Fabio l'altro giorno?” Giovanni rimase zitto “no che non lo sai, perchè lui non dice mai niente!” proruppe di nuovo Brando “beh te lo dico io, nell'ordine l'hanno umiliato, picchiato e quasi spogliato davanti a tutti” elencò numerando con le dita “e voi insegnanti non lo avete neanche visto, siccome lui non reagisce mai!” aggiunse “io non mi farò trattare così... “ borbottò tra sé e sé mentre Giovanni cercava di digerire la notizia senza lasciar trasparire al ragazzo nessuna emozione “e tu, dov'eri mentre succedeva tutto questo?” gli chiese a bassa voce. Brando gli gettò una rapida occhiata sentendo lo stomaco accartocciarsi a quelle parole. Maledetto... aveva centrato in un secondo il nocciolo della questione.

“da adesso in poi non farò trattare così neanche lui...” sussurrò appena, senza guardarlo.

Giovanni cercò di recuperare un tono autorevole “inutile dire che indagherò su questa cosa” iniziò prendendo un appunto mentale di parlare con il figlio quella sera stessa “ma adesso siamo qui per parlare di te, non di Fabio” aggiunse facendolo tornare a guardarlo, anche se di sbieco, con mento e bocca poggiati su un pugno.

Il preside lo fissò per un lungo momento, lasciandolo lì a friggere su quale sarebbe stata la sua sorte ancora per un po'. Poi abbassò gli occhi iniziando a scrivere velocemente sopra a un foglio

“sei sospeso Brando” sentenziò di colpo “cosa????” esclamò lui scattando in piedi “sì, solo per un giorno, ringraziami” aggiunse lanciandogli una rapida occhiataccia. Il ragazzo sbottò fuori aria allargando le braccia e facendole ricadere lungo i fianchi “e Carlo invece???” insistette cercando di convincerlo a guardarlo con la sola potenza del suo sguardo sulla nuca, ma Giovanni non sembrava intenzionato a concedergli questa cosa

“stai tranquillo che appena esci tu entra lui” si sentì dire in tono pratico “e ora fuori di qui, sparisci su...” lo esortò, poi, rendendosi di colpo conto che forse quella frase gliel'aveva detta con troppa freddezza, tenendo conto del contesto in cui se l'era sentita dire l'ultima volta, lo chiamò un attimo prima che uscisse “oh Brando” quello si voltò a guardarlo “ci vediamo a casa... va bene?” gli disse, questa volta in tono dolce. Brando rilassò lo sguardo, permettendo per un attimo ai suoi lineamenti da bambino di venir fuori. Annuì debolmente, e uscì.

 

Congelò di nuovo lo sguardo un'istante dopo, vedendo Carlo che aspettava seduto accanto alla porta. Lo superò senza degnarlo della minima attenzione, ma godendo segretamente del segno violaceo che gli si stava allargando al centro della fronte. Lo sentì mugugnare qualcosa alle sue spalle mentre si allontanava, ma lo ignorò. Prese il cellulare. C'erano 3 chiamate di Fabio e un messaggio:

 

-quello stronzo di Ascenzi non mi fa uscire! Come stai?-

 

Ricacciò indietro il sorrisino che aveva minacciato di uscire, a sentirlo preoccuparsi per lui, e digitò velocemente

 

-sto bene. Ci vediamo a casa però.... che voglio camminare-

 

Aprì Istagram e storse la bocca a vedere che un breve video di lui che afferrava Fabio e lo baciava stava già rimbalzando da un profilo all'altro. Lo guardò e mise su un piccolo broncio. Fabio aveva su una faccia manco stesse abusando di lui, quel deficiente. Notò che tra parecchie risatine qualcuno aveva commentato anche con dei cuoricini. Sollevò un sopracciglio sorpreso, poi ricacciò in tasca il telefono sospirando e si diresse alla scala antincendio. Sicuro in classe non ci tornava per oggi.

Non appena fuori, il vento freddo lo fece rabbrividire, ma si sentì comunque meglio. Raggiunse il parapetto e inspirò a fondo chiudendo gli occhi.

Era fatta.

Ormai era fatta.

Da un lato gli veniva da vomitare dall'altro si sentiva più leggero.

Oh beh... di sicuro Carlo non poteva più annoverarlo tra le sue amicizie, ma stranamente la cosa non gli risultava poi così insopportabile.

Pescò in tasca il pacchetto ciancicato di sigarette. Ce n'era solo una ancora intera, probabilmente ci si era addormentato sopra quando aveva dormito in macchina la notte prima. Sbuffò e la guardò facendo spallucce. Meglio che niente. La accese coprendo alla meglio la punta con la coppa delle mani per non farsela spegnere dal vento e poi ispirò una lunga boccata di fumo, che venne portata via veloce dalla brezza, fissando poi davanti a sé.

Mentre faceva un altro tiro sentì il cigolio della porta dietro di lui e gettò un'occhiata alle sue spalle, rigirandosi di nuovo di fretta verso il panorama davanti a lui, quando si rese conto che era Niccolò.

Ecco.

Il suo giudizio lo temeva invece.

Lo temeva eccome.

Finse noncuranza mentre lo sentiva avvicinarsi un po', perchè in realtà non aveva coraggio di guardarlo in faccia. Aveva il terrore di vedere disgusto nella sua espressione, così non si girò, continuando a fumare come se niente fosse.

 

Niccolò si fermò a un paio di passi da lui, deciso a parlarci ma allo stesso tempo sentendosi a disagio. Insaccò le mani in tasca, stringendosi nelle spalle per il freddo

“era di questo che volevi parlarmi l'altro giorno...” proruppe dopo un po'. Non era una domanda “non è vero?” aggiunse. Brando non disse niente e lui continuò “perchè non me l'hai detto?”

Brando a quel punto fece uno sbuffo di risata amara voltandosi di tre quarti per guardarlo “non lo immagini?” gli disse freddo “guarda che lo so... tu cosa pensi” aggiunse girandosi di nuovo. Niccolò scosse la testa sbattendo le braccia lungo i fianchi esasperato. Sapeva a cosa si riferisse, alla battuta sul non fare il frocio, ma... lui non diceva sul serio! Cioè non ci aveva dato nessun peso a quella frase “Bra io... frocio è solo una parola!” tentò “e non l'avrei mai detta se avessi saputo che...” “cosa?” lo interruppe Brando con astio nella voce “che io lo ero?” lo incalzò continuando a non guardarlo perchè sentiva pizzicare gli occhi. Niccolò si coprì gli occhi con una mano sospirando “senti” gli disse mettendo le mani avanti “io non dico di no... mi hai sentito mille volte prendere in giro.... i gay” buttò lì “o usare parole come frocio e finocchio come insulti” aggiunse “e non ti sto nemmeno a raccontare che non lo trovi strano, sì insomma, pensare a te con.... Fedeli... oddio fratè.. ma sul serio Fedeli???” esclamò, sperando quasi di farlo ridere, ma senza successo, allora tornò serio “però... tu sei mio amico Bra, io ti voglio bene, e sono disposto a seppellire qualsiasi pregiudizio per te” concluse.

 

Brando non si mosse, ma sorrise al panorama freddo del parcheggio sotto di lui. Poi piano si voltò a guardarlo, permettendogli di vedere il suo sorrisino ironico “vabbè ho capito fratè...” gli disse “mo smettila de fa er frocio però eh? Che sono impegnato” scherzò. Niccolò allargò un apertissimo sorriso e gli si affiancò. Sollevò un braccio, reprimendo la piccola vocina nella sua testa che gli chiedeva se Brando si sarebbe eccitato se lo avesse fatto, e glielo strinse intorno alle spalle strapazzandolo un po' come faceva sempre.

“era vero di mio padre però” gli disse Brando dopo un po' “non erano cazzate quelle che ti ho detto, stiamo a minimi storici” “per sta cosa?” chiese Niccolò lasciandolo andare e poggiando gli avambracci alla balaustra accanto a lui. Il moro annuì “non vivo neanche più a casa, lui non mi vuole” ammise, rendendosi conto di come ora, passato un po' di tempo, non fosse più così insopportabile parlarne, di quella cosa “sto da Fabio” aggiunse. Niccolò sgranò gli occhi tornando dritto “stai da lui??? a casa sua??? ma da quanto tempo???” esclamò stupefatto. Brando si girò per guardarlo in faccia “un... mese... tipo” buttò lì facendo spallucce. Niccolò rise “cioè tu è un mese che stai a casa di Fedeli e io non mi sono accorto di niente??? ma sono proprio rincoglionito allora!!” “beh che eri un coglione si sapeva” rise Brando, prendendolo affettuosamente in giro “madonna un incubo vive col preside” commentò Niccolò rabbrividendo solo all'idea. Brando fece di nuovo spallucce “a casa non è tanto male, sempre meglio del mio di padre comunque” aggiunse facendo smettere il biondo di ridere quasi istantaneamente.

Rimasero in silenzio per un po', accarezzati dalla brezza. L'uno assaporando finalmente la sensazione di dolore allo stomaco che lo accompagnava da giorni, sciogliersi, l'altro apprezzando il fatto che tutto sommato non era diverso parlare con Brando. Poi ad un tratto si voltò verso di lui e si schiarì la voce “allora...” iniziò “sul serio... tu e Fedeli..” il moro lo guardò con un sopracciglio sollevato sfidandolo a proseguire la frase, Niccolò arrossì “intendevo! Con tutta la gente che c'è in giro proprio lui?” Brando tornò a guardare davanti a sé “che vuoi che ti dica... al cuor non si comanda, pare... e al cazzo nemmeno” rise poi, Niccolò storse il naso “oh beh deve avere proprio delle doti nascoste!” esclamò ben deciso a non farsi imbarazzare da lui “altrimenti non si spiega! Io penso che mi addormenterei dopo mezz'ora nella stessa stanza con lui” Brando rise forte. Era un pezzo che non ridevano così.

 

PIU' TARDI

 

Fabio aveva quasi imprecato quando uscendo dalla classe, dopo la seconda ora, aveva appreso che Brando aveva levato le tende. Era stato decisamente orribile dover aspettare fino all'una per potersene andare (dato che non poteva ancora firmarsi giustificazioni da solo), stava letteralmente friggendo, e non aveva proprio badato alle occhiate e alle risatine che, oggi più del solito, lo avevano seguito per tutto il giorno.

Aveva evitato Damiano con l'abilità di un ninja, schivato Ludovica e direttamente mandato via Camilla, e al suono della campanella era volato fuori da scuola alla velocità della luce.

Aveva aperto la porta di casa col cuore in gola, sperando di trovarlo lì, e si era fiondato in camera. Sulla soglia lo aveva visto e lo stomaco gli aveva fatto una doppia capriola “hei..” soffiò richiamando la sua attenzione, e vedendo dalla sua espressione che doveva avere lo stomaco messo più o meno come il suo. Si fissarono per un momento, poi Fabio colmò la distanza tra loro in pochi passi e gli gettò le braccia al collo abbracciandolo più stretto di quanto avesse mai fatto. Brando rimase fermò per un attimo, quasi sorpreso, poi gli avvolse la schiena con le braccia e chiuse gli occhi lasciando cadere la fronte nell'incavo del suo collo.

Quello era il suo posto. Non c'era dubbio.

Fabio sorrise appena sentendosi stringere e fece salire una mano sulla sua testa, affondandogli le dita nei ricci e accarezzandolo con dolcezza.

Si separarono dopo poco

“senti mi dispiace..” esclamarono nello stesso momento, ridacchiando poi imbarazzati. Fu Fabio il primo a tornare serio “davvero Bra, mi dispiace, ti ho detto delle cose che... e poi non avrei mai dovuto lasciarti andar via” ammise contrito. Brando stava scuotendo la testa “no, mi è servito invece, stare da solo per un po'...” gli disse “non sono andato da Nic a proposito” aggiunse “l'ho saputo...” commentò ancor più in imbarazzo Fabio “io non sono riuscito a chiudere occhio” riprese Brando “non facevo che ripensare a quello che ti avevano fatto, e non riuscivo a credere di essere rimasto lì a guardare” Fabio girò lo sguardo di lato, non poteva negare che quell'episodio ancora gli facesse male “e ho pensato che non volevo nascondermi più” aggiunse il moro facendolo voltare di nuovo e fare un sorrisino “eh quello l'ho notato” commentò “certo che tu sei matto come un cavallo, le mezze misure mai eh? Hai visto quante visualizzazioni abbiamo già?” scherzò. Brando fece spallucce “almeno mo lo sanno tutti e ciao. Il cerotto va tolto con 'no strappo” Fabio ne convenne con una smorfia. Tornò a guardare Brando, che aveva ripreso a fissarlo serio “davvero mi dispiace, per ieri” gli disse, poi gli prese il viso tra le mani e lo guardò così intensamente che Fabio credette di essere sul punto di sciogliersi “non permetterò più a nessuno di toccarti” Fabio arrossì completamente, fissandogli in rapida successione gli occhi e le labbra “sì però..” gli disse con la voce bassa “se mi guardi in questo modo non finirà bene, ti prendo e ti scopo qui sul pavimento” Brando lo lasciò andare sorridendo “guarda che io sono serio” gli disse incrociando le braccia “oh fidati che anche io” ribattè Fabio facendolo ridere. Poi si abbracciarono di nuovo.

Quando si separarono si sentivano entrambi decisamente meglio, si sorrisero per un attimo, poi il sorriso di Fabio cambiò leggermente in un'espressione ironica, incrociò le braccia “allora...” iniziò “e così sei pazzo di me eh?” gli disse in tono canzonatorio “eh???” esclamò Brando piantandogli di scatto gli occhi in faccia “è così che hai detto stamattina” ripetè Fabio sghignazzando “che sei pazzo di me” Brando arrossì di botto, ricordandosi il momento, e distolse lo sguardo in imbarazzo “oh senti non cominciare...” borbottò, continuando invece a sentirsi gli occhi di Fabio puntati addosso che lo fissavano divertiti “oh piantala!” gli urlò cercando di risultare minaccioso, con il solo risultato di farlo ghignare ancor più sfacciatamente. Afferrò un cuscino da sopra al letto e glielo sbattè addosso più forte che potè “finiscila di gongolare cretino” gli urlò ridendo. Fabio rise e si armò pure lui di cuscino cominciando a colpirlo alla cieca. La battaglia continuò per qualche minuto tra risate e qualche insulto scherzoso quando si colpivano un po' troppo forte. Brando mollò il cuscino e afferrò Fabio per le spalle piegandolo in avanti per meglio strofinargli le nocche al centro della testa “sei piccoletto ti sottometto quando mi pare!” rise. Fabio gli serrò la vita con le braccia e lo spinse facendolo finire schiena sul letto, poi prima che potesse reagire gli salì a cavalcioni sopra serrandogli i fianchi con le gambe “mo che fai??” gli disse ridendo. Brando lasciò andare il collo, rilassando la testa sul cuscino e alzò le mani, in segno di resa, ai lati del viso. Fabio lo guardò per un attimo, da quella posizione, che lo fissava con quell'aria da bimbo malizioso che sapeva fare. Era bello da morire. Buttò il cuscino, che ancora stringeva tra le mani, per terra e si chinò su di lui baciandolo con trasporto. Ogni cellula del suo corpo si mise ad esultare per quel contatto tanto desiderato. Brando ricambiò il bacio con altrettanto entusiasmo, gli mise una mano dietro al collo per trattenerlo attaccato a sé, anche se non ce n'era alcun bisogno, e con l'altra gli sollevò la camicia iniziando ad accarezzargli la pancia e la schiena. Fabio gli si sdraiò sopra senza smettere un secondo di baciarlo, mise gli avambracci sul materasso ai lati della sua testa, per sorreggere un po' il suo peso. Brando spostò la mano dalla sua schiena, si insinuò con le dita sotto l'elastico dei boxer e lo accarezzò un momento prima di premerlo più forte contro di sé. Fabio sospirò staccandosi un istante mentre Brando gli faceva pressione sul collo per riprenderlo. Si portò una mano velocemente a slacciare la zip dei pantaloni che stava iniziando a fargli male, poi si tirò un po' su, lasciando lì la mano e mandandola ad accarezzare Brando attraverso la tuta. Il moro contrasse gli addominali tirandosi su quel che bastava per rubargli un bacio di prepotenza, sulla bocca e sulle guance, poi fece ricadere la testa sul cuscino sospirando “Fà, chiudi” gli ordinò “chiudi la porta”. Fabio sorrise “si, capo” rispose alzandosi un momento per girare la chiave nella toppa. Brando lo seguì con lo sguardo approfittando per riprendere un attimo fiato.

Sì ok era ufficiale. Era pazzo di lui.

 

 

 

Brando inzuppò l'ennesima macina nella tazza mentre Fabio scorreva col pollice la bacheca di istagram sul cellulare. Gli era venuta una fame tossica.

“hanno fatto pure un paio di memes..” brontolò Fabio buttando il telefono da un lato “ce n'è uno pure di quando do la capocciata a Carlo?” chiese Brando con noncuranza. L'altro scosse la testa “no. Ed è un vero peccato è stata una scena davvero bellissima” ammise senza vergogna. Il moro rise “tuo padre era incazzato nero!” disse agitando una mano. Fabio si incupì leggermente “a proposito... ho saputo che ti ha sospeso... che stronzo...” esclamò. Brando fece una smorfia “senti, sicuro è inutile he, però se vuoi provo a dirgli qualcosa io..” tentò Fabio, ma già mentre parlava l'altro stava scuotendo la testa “no” disse secco “e poi dai, non è che poteva far finta di niente no? Ci son voluti due professori per separarci me e quel coglione” e poi aggiunse a bassa voce “non è uno stronzo tuo padre...” Fabio annuì sorpreso.. e rimase a guardarlo per un paio di secondi prima di allungare di nuovo una mano verso la busta per pescarci dentro.

 

Quando Giovanni rientrò, intorno alle 19, li trovò tutti e due seduti al tavolo della cucina che avevano fatto fuori quasi un intero pacco di biscotti col latte. “oh ma dai ragazzi!” esclamò “sono le sette passate!” borbottò agitando un po' il pacchetto per constatare con un brontolio che ne erano rimasti due o tre al massimo. “ho capito che avete il metabolismo a tremila ma a questo punto è inutile che preparo la cena...” aggiunse. I due si guardarono sghignazzando sotto i baffi.

“te come stai?” chiese a quel punto Giovanni avvicinandosi a Brando che si tirò indietro di riflesso “ti fa male la testa?” “eh? no...” rispose sorpreso, ricollegando poi che Giovanni si riferiva alla bottigliata che aveva preso. Nemmeno se la ricordava più lui...

L'uomo annuì approvando la cosa, poi si dedicò a stipare nel frigo della frutta che tirò fuori da un sacchetto di carta. Brando lo guardò per un attimo lottando per trasformare il sorriso che voleva uscirgli in una smorfia, che poi coprì prontamente con la tazza. Si sentiva bene in quella casa. Ai suoi occhi Giovanni era proprio l'esempio di quello che si può definire un papà. Anche quando si era comportato in maniera pessima, si era arrabbiato certo, ma non si era mai sentito rifiutato da lui.

 

Niente a che vedere con il suo di padre invece... pensò incupendosi leggermente.

 

In quel momento bussarono alla porta. Giovanni andò ad aprire dopo aver intimato ai due ragazzi di far sparire quelle tazze. Aprì e sollevò un sopracciglio sorpreso nel trovarsi davanti una ragazzetta minuta, che lo guardava dondolando sul posto con le braccia dietro la schiena. Gli sembrava di conoscerla in effetti.

“buonasera signor preside, mi scusi per l'ora” pigolò. Giovanni rispose al saluto meccanicamente cercando di capire chi fosse dai suoi lineamenti, una studentessa della scuola senza dubbio “sei..” disse in un lampo di comprensione “sei De Santis! Junior...” aggiunse “che ci fai qui?” “Angelica, signore” si schiarì la voce lei impettendosi un po' in tutti i suoi 155 centimetri di altezza “volevo, vedere mio fratello se possibile, se non vi disturbo”

L'uomo tossicchiò imbarazzato per averla lasciata lì impalata sulla porta e si spostò di lato “certo, entra” le disse. La ragazza sorrise e lo superò.

Giovanni la seguì mentre, man mano che marciava nel corridoio il suo passo si faceva sempre più marziale, quando entrò in cucina la vide puntare un dito contro al ragazzo e urlare “Brando De Santis! Ma come ti è venuto in mente di fare una rissa a scuola sei impazzito????” lo sgridò. Il ragazzo rimase interdetto di trovarsela davanti così all'improvviso, Fabio sembrava stupefatto almeno quanto lui. Giovanni si appoggiò allo stipite della porta incrociando le braccia “accidenti, sottoscrivo e firmo ogni singola parola” commentò, e poi indicando la ragazza e guardando Brando aggiunse “mi piace lei!” Il moro guardò male tutti e due e poi mise su un'aria di sufficienza “ma che voi Ange? Non te ce mette pure tu..” la ragazza si puntò le mani sui fianchi fulminandolo con lo sguardo, poi si distrasse un attimo per rivolgere un sorriso radioso a Fabio e andando ad abbracciargli la testa, dato che lui stava ancora seduto “ciao Fabietto, neanche ti ho salutato!” cinguettò facendolo arrossire al parossismo mentre Brando li guardava sconvolto e Giovanni si metteva una mano davanti alla bocca per non ridere.

Quella ragazzina era una furia!

Angelica lasciò andare Fabio che sospirò ringraziando il cielo e si avvicinò a suo fratello “lo sai che hanno fatto anche dei video? Li ha visti tutta la mia classe” gli disse “un paio di mie compagne sono quasi morte quando ti hanno visto baciare Fabio” ghignò a voce più bassa. Brando arrossì afferrandola con forza per entrambe le braccia “adesso basta” gli ringhiò a due centimetri dalla faccia “piantala o te gonfio!” la minacciò “sto morendo di paura...” lo prese in giro lei “video? che video?” si intromise Giavanni avvicinandosi “vedere, vedere... mi hanno chiamato a cose finite”

“papà non credo che...” tentò Fabio seppellendo la faccia tra le mani mentre Angelica, con mossa fulminea, scartava suo fratello e passava il cellulare al preside. Brando le mollò uno schiaffetto dietro la testa “Brando, mani a posto” gli intimò Giovanni mettendosi gli occhiali per guardare il piccolo schermo.

Giovanni guardò il video nel silenzio dei presenti “Fabio, figliolo, tu sembri uno stoccafisso...” commentò a un certo punto lanciandogli una rapida occhiata, probabilmente davanti al momento in cui Brando lo aveva baciato davanti a tutti. Il ragazzo nascose il viso tra le mani di nuovo, con un lamento, facendo sghignazzare gli altri due. Poi videro Giovanni fare una smorfia e scuotere la testa “ora capisco perchè Nobili aveva quel bozzo in fronte...” borbottò. Poi chiuse il telefono e lo porse alla ragazza che se lo infilò subito nella tasca dei jeans facendo una linguaccia a Brando. Giovanni si avvicinò a lui, che resistette alla tentazione di fare un passo indietro “vabbè...” commentò battendogli un paio di volte la mano sulla spalla, stringendolo un po' “sei stato coraggioso devo dire.. per la prima parte, non la seconda” si corresse davanti al suo sguardo sorpreso, e poi mollandolo per raggiungere il lavandino aggiunse “magari un pochino stupido.... ma coraggioso”

“Angelica vuoi restare a cena?” chiese poi all'indirizzo della ragazza mentre Brando rivolgeva a Fabio, che dopo gli ultimi commenti di sua padre, non era ancora riuscito ad alzarsi dalla sedia, un sorrisino dolce.

 

 

 

Dopo la cena, mentre Angelica continuava a punzecchiare Brando, sghignazzando su quanto fosse diventato bravo a sparecchiare, Giovanni gettò un'occhiata a Fabio, che rideva insieme alla ragazza.

Studiò il suo viso alla ricerca di qualche segno di quanto gli fosse capitato il giorno prima. Brando aveva detto che era stato picchiato, ma non aveva ferite evidenti. Poi sembrava così rilassato. Sembrava stare così.... bene.

A che diavolo di cose si era abituato in quei mesi, per non mostrare all'esterno alcun indizio del loro avvenimento? O peggio.... quanto bravo era diventato a nasconderle?

“bene” esclamò attirando l'attenzione dei ragazzi “detesto rovinare la festa, ma è tardi, domani avete tutti scuola” Angelica diligentemente si alzò in piedi, sorridendo come un timido agnellino “Grazie signor preside della cena, sono stata davvero bene” chiocciò. Brando la guardò di traverso per un attimo, per la sua rapidissima trasformazione in angioletto.

“è stato un piacere averti qui, anzi torna quando vuoi” le disse in tono affettuoso l'uomo, e poi aggiunse “Brando, la accompagni sì?” propose facendo aria con la mano. Il ragazzo annuì con ovvietà e si asciugò le mani ancora bagnate sui pantaloni. “Vai, finisco io” gli disse Fabio con un sorriso avvicinandosi al lavandino “ci vediamo dopo” gli rispose lui, mosse appena la testa, perchè istintivamente voleva dargli un bacio, poi si ricordò di Angelica a un passo da lui, si voltò e vide che lo guardava con un sorriso a 150 denti. Scrollò le spalle sbuffando “andiamo nana...” le disse passandole un braccio intorno alle spalle e iniziando a pilotarla verso l'uscita “hei!” protestò lei, senza però riuscire ad opporsi “ciao Fabio! Buonasera preside!” aggiunse ad alta voce mentre il fratello la trascinava via.

 

“mamma mia che terremoto...” commentò Fabio con un sorrisetto, quando li sentì uscire. Sorriso che gli morì sul viso quando si avvide di suo padre in piedi vicino a lui con un espressione molto seria. Di quelle che da bambino gli facevano tremare le ginocchia.

“parliamo un attimo Fà” gli disse. Non era una domanda. Fabio sollevò un sopracciglio perplesso “sono nei guai?” gli chiese scherzando... ma neanche troppo “no” rispose stupito Giovanni “perchè?” “che ne so...” rispose il ragazzo scrollando le spalle “in genere quando c'hai sta faccia..” spiegò riandandosi a sedere al tavolo. Il padre lo raggiunse e lo fissò per qualche istante cercando le parole per affrontare l'argomento. Poi decise per un approccio diretto “ho saputo che ti è successo qualcosa ieri a scuola” buttò lì facendogli sgranare gli occhi “hai voglia di dirmi cosa?” Fabio aggirò lo sguardo nella stanza sbuffando pesantemente, anche se sapeva che al padre non piaceva “è stato Brando a dirtelo, vero?” chiese in tono arrabbiato “non ha importanza come l'ho saputo” ribattè Giovanni “perchè non mi hai detto niente?” insistette. Fabio fece uno sbuffo di risata amara “pà... tu sei il preside, ci manca solo che vengo a piangere da te e poi la testa nel cesso ce l'ho assicurata.... gabinetto, sì sì giusto... gabinetto” si corresse alla spontanea occhiataccia del padre. Giovanni chiuse gli occhi, sospirando per calmarsi. Fabio fremette sulla sedia, combattendo tra il suo desiderio di andarsene e il senso del dovere che sentiva sempre verso suo padre, di non mancargli di rispetto. Iniziò a mordicchiarsi un'unghia per il nervoso. “Fabio... voglio sapere cosa è successo” scandì in tono calmo ma perentorio “e va bene lo vuoi sapere?” sbottò il ragazzo iniziando a sbottonarsi con rabbia la camicia “ecco! Te lo faccio vedere!” esclamò strappandosela via dalle spalle, rimanendo in canottiera, e rivelando quindi i grossi lividi che gli erano usciti sulle braccia dove l'avevano stretto “ecco” aggiunse tirandosi leggermente il labbro per mostrare la ferita che si era fatto con denti per via del pugno “più tentativo di spogliarmi in corridoio, offese, annessi e connessi” concluse ricacciandosi la camicia sulle spalle senza allacciarla “sei contento mo??” il padre era basito. Indurì lo sguardo con rabbia “dimmi chi è stato” ordinò “no” rispose secco Fabio guardandolo dritto negli occhi “Fabio...” tentò ancora Giovanni in tono severo “non capisci che...” “no sei tu che non capisci!” lo interruppe il ragazzo, che ora come mai stava andando a ruota libera “qualsiasi provvedimento prenderai non cambierà il loro atteggiamento verso di me, che è così sempre! Ieri è stato solo più plateale! Perchè loro sono così, la pensano così su quelli come me! E lo faranno sempre! Perchè credi che Brando abbia reagito a quel modo oggi!” Ormai Fabio era un fiume in piena “a me non frega niente di quello che pensano, e credo neanche a te” tentò Giovanni cercando di incrociare i suoi occhi che invece lo evitavano “ma questo non deve risuccedere” aggiunse indicandolo, come a intendere ciò che gli aveva mostrato. Fabio sospirò “non preoccuparti pà... che sopravvivo” gli disse accennando un sorriso “me la cavo da solo” concluse tornando a non guardarlo. Giovanni sospirò.... guardandolo poi con un sorriso triste “lo so questo” gli disse dopo qualche istante di silenzio, con un tono dolce ora “lo so che te la cavi da solo... sono anni che non hai bisogno di me, per niente... e io te l'ho lasciato fare” ammise con una nota di dolore nella voce, che spinse il figlio a lanciargli un'occhiata “ma... Fabio” lo chiamò con una mano sulla spalla “io non sono il preside... sono tuo padre, vorrei solo capissi... che sono dalla tua parte” Fabio sospirò abbandonando le spalle sullo schienale della sedia. Era decisamente insolito se non inedito che gli si rivolgesse con quel tono, che gli dicesse cose del genere... e lui capì lo sforzo che stava facendo “papà, ma lo so...” disse piano, con tono infinitamente più calmo “non ti preoccupare... tu hai già fatto tanto, ad accontentarti di me anche così... guarda il padre di Brando.. io... davvero lo apprezzo” aggiunse facendogli un breve sorriso. Giovanni invece aveva sgranato gli occhi, non credendo a cosa avesse appena sentito “Fà... ma che vuol dire... -anche così-” sbottò facendolo guardare sorpreso dalla sua reazione. Giovanni gli si avvicinò di nuovo afferrandolo per una spalla per costringerlo a guardarlo in faccia “Fà tu sei sempre tu” gli scandì chiaro “io non mi sono accontentato! L'amore che provo per te non è cambiato di una virgola rispetto a prima! È chiaro?” chiese di nuovo, quasi scuotendolo. Fabio lo fissò sinceramente sorpreso, e di nuovo vagamente pervaso dal desiderio di mettersi a piangere. Questa volta però.. non per rabbia. Giovanni lo guardò ancora per un attimo, il suo ragazzo, poi lo attirò a sé e lo abbracciò stretto, sentendolo per un attimo irrigidirsi di sorpresa, prima di ricambiare “mi dispiace..se non ero riuscito a fartelo capire” gli disse facendogli una carezza sulla testa, domandandosi quanto tempo era che non lo abbracciava più. Fabio rilassò le spalle e sorrise, della piega che quella strana serata aveva preso.

 

 

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Capitolo 12
*** cap 12 ***


Cap 12

 

Brando si svegliò per via di un raggio di sole prepotente che, infilandosi tra le persiane di prima mattina, aveva deciso di posizionarsi proprio sulla sua faccia. Aprì un occhio tenendo l'altro ben serrato, infastidito dalla luce. Si girò da un lato afferrando il telefono sul comodino: le 6:07. Grugnì di disappunto. Si rese conto di essere relegato a un quarto del materasso proprio sul bordo. Fabio si era preso tutto il letto e dormiva beato a pancia in sotto. Gli lanciò un'occhiataccia e si mise seduto, valutando per un attimo l'idea di mettersi sul suo di letto e rimettersi a dormire (non che lo usasse spesso a dire la verità). Poi scosse la testa come a scacciare l'idea. Non ne valeva la pena, la sveglia sarebbe suonata tra circa mezz'ora. Si guardò intorno sul pavimento, poi sollevò il lenzuolo alla ricerca di qualcosa da mettersi addosso. Recuperò i boxer e poi si alzò per dare la caccia agli altri vestiti che portava la sera prima. Prese dallo schienale della sedia la felpa di Fabio (che era più ordinato di lui anche poco prima di scopare) e se la infilò, tirandosi su il cappuccio perchè gli piaceva sentire il suo profumo addosso. Gli gettò un'occhiata. Dormiva ancora a pancia in sotto, ed era nudo. Brando sorrise mordendosi per attimo il labbro inferiore per non ridere della sua espressione beata. Poi scosse la testa e si avvicinò per tirargli un po' il lenzuolo sopra, dato che aveva la pelle d'oca.

 

Raggiunse la cucina deserta. Buttò un'occhiata alla porta della camera di Giovanni nel corridoio, era ancora chiusa. Si guardò intorno indeciso sul da farsi, poi arraffò la moka da sopra al lavello e si mise a rovistare negli scaffali alla ricerca del caffè.

Aveva imparato a prepararlo così a 11 anni, quando per atteggiarsi lui e i suoi amichetti avevano iniziato a bere caffè a litri, per sentirsi grandi. Non potevano usare le cialde altrimenti sua mamma, che era una maniaca del caffè, se ne sarebbe accorta che mancavano, così si era fatto insegnare da suo nonno a usare la Moka.

Il nonno gli mancava... era l'unico dei suoi parenti stretti a filarselo veramente quando era piccolo.

Scacciò il pensiero triste e premette il dorso del cucchiaio sulla polvere prima di chiudere la macchinetta.

 

Giovanni entrò in cucina a passo svelto, attirato dal rumore del fischio della caffettiera, e si fermò sulla soglia sorpreso di trovare Brando che contemplava la moka con le mani in tasca, tranquillamente, come se sapesse esattamente cosa fare. Lo vide tirare sul il coperchio per controllare e poi spegnere il fornello. Si girò verso di lui nell'avvertire la sua presenza “giorno..” disse.

“buongiorno Brando... già sveglio a quest'ora?” gli chiese con un sorriso. Il ragazzo lo guardò di sottecchi per studiare il suo linguaggio del corpo, non sapendo se aspettarsi un'altra sgridata, o un'altra presa in giro... come la sera prima “si beh... volevo... fare qualcosa” borbottò “per te” aggiunse a un tono appena percettibile “però so fare solo il caffè, per cui...” concluse facendo spallucce e tirando via la moka dai fornelli con una presina.

“oh beh è fantastico...” commentò Giovanni cercando un tono di voce il più rassicurante possibile, dato che lo aveva visto sulla difensiva “non hai idea di quanto tempo è che non mi svegliavo e il caffè era già fatto” spiegò prendendo posto alla sua solita sedia “saranno almeno...” si incupì leggermente “beh davvero troppi anni per contarli” concluse sorridendo “quindi grazie” Brando fece un rapidissimo sorriso e si sedette anche lui, spalle alla porta, versando il caffè a Giovanni.

Lo sorseggiarono in un rilassato silenzio finchè Fabio non si palesò con un'aria più allucinata che assonnata, sulla porta. Brando si voltò a rivolgergli un'occhiata di saluto.

Fabio arrossì nel vedergli la felpa che aveva lui la sera prima. Era certo che non si sarebbe mai abituato allo spettacolo che era vederlo con addosso i suoi vestiti che faceva amabilmente colazione con suo padre.

Quando ci si focalizzava gli sembrava ancora impossibile che vivessero insieme, e facessero.... tutto quello che facevano insieme.

“Fabio” la voce perentoria di suo padre lo riconnesse alla realtà “ho per caso cambiato posto al pettine senza avvisarti?” il ragazzo fece per un attimo un'espressione stranita “no, perchè?” L'uomo fece spallucce “mi sembrava l'unica spiegazione possibile per farti presentare in cucina in quello stato, ti sei almeno guardato allo specchio mentre ti lavavi la faccia? Ammesso che tu lo abbia fatto” lo redarguì con un'occhiataccia prima di tornare a dare attenzione alla sua tazza. Fabio arrossì di botto cominciando a sistemarsi freneticamente i ricci crespi, facendo sghignazzare Brando “dai vieni, che Brando ha fatto il caffè” stava dicendo ora suo padre, abbandonato il tono minaccioso.

Fabio si sedette approfittando che Giovanni non lo guardava per lanciargli un'occhiataccia, poi accarezzò per un istante la mano di Brando a mò di saluto.

 

“allora” iniziò Giovanni dopo un po' mentre i ragazzi stavano finendo la colazione “tu Brando, stai a casa oggi, non è vero?” gli disse con un'eloquente occhiata, invitandolo con lo sguardo a risparmiarsi l'umiliazione di essere messo formalmente in punizione “si.. certo” borbottò lui in imbarazzo. Giovanni annuì soddisfatto “quanto a te” riprese rivolto al figlio “non farti passare neanche per l'anticamera del cervello di non andare a scuola per stare con lui” gli disse in tono severo facendogli scattare le sopracciglia verso l'alto “guarda che se non ti trovo a scuola, ti accompagnerò fino in classe ogni giorno fino alla fine dell'anno” lo minacciò. Brando scoppiò a ridere in una pernacchia nel tentativo di trattenersi. Fabio aveva aperto la bocca per replicare qualcosa ma poi l'aveva richiusa, esterrefatto dalla durezza di quella predica immeritata.

“ah Brando” riprese Giovanni girandosi di nuovo verso l'altro, facendolo smettere all'istante di ridere “dato che stai a casa fai un paio di lavatrici oggi, voi ragazzi sporcate una quantità di roba incredibile” Fabio si pizzicò forte la radice del naso per non scoppiare a ridere a sua volta. L'espressione attonita di Brando era davvero ridicola!

Giovanni annuì soddisfatto e si alzò “beh buona giornata ragazzi” concluse mollando una spettinata a tutti e due che fece rizzare a Brando i peli del collo.

 

 

 

PIU' TARDI

 

Brando se ne stava in piedi davanti alla lavatrice, contemplandola come se fosse stato un alligatore particolarmente affamato. Passando il peso da un piede all'altro scrollava l'elenco dei video youtube alla voce “videotutorial lavatrice”.

-per prima cosa separa i capi bianchi dai colorati, separa anche i capi scuri e capi rossi che tendono a stingere- lesse mentre nel video delle mani separavano da una cesta magliette tutte uguali perfettamente monocromatiche.

Gettò un'occhiata al cesto traboccante della biancheria, iniziando a tirare fuori qualche vestito. I primi tre che prese furono: una maglietta di Fabio a righe bianche e rosse (andava nei bianchi o nei rossi?) una camicia azzurra di Giovanni (era da considerare scura o colorata?) e un calzino di cui fu impossibile reperire il compagno. Masticò una parolaccia e buttò tutto per terra rimettendo mano al telefono. Il tutorial continuava -scegli un programma adatto per il tipo di tessuto che devi lavare e usa la temperatura massimo a 40 gradi- Brando guardò il display della lavatrice “oh beh almeno la temperatura è facile” borbottò selezionando 40° “ma che cazzo ne so di che tessuti sono??? e che cazzo vogliono dì sti simboli????” imprecò mollando un calcio alla cesta.

“fanculo... non credevo fosse così difficile” imprecò tra i denti. Guardò la cesta. Fu come se si fosse reso conto solo in quel momento di quanto, effettivamente, non sapesse fare niente. Di colpo pensò al futuro. Che avrebbe fatto di lì a pochi mesi? Quando si sarebbe diplomato?

Non si era mai posto quella domanda prima, il suo futuro non era mai stato un mistero, suo padre gli aveva sempre detto che avrebbe lavorato nell'azienda di famiglia, così da prendere il suo posto un giorno. Gli avrebbe fatto studiare economia gestionale, e poi gli avrebbe insegnato cosa c'era da sapere per essere un vero squalo della finanza, come lui.

Lui non si era mai fatto domande. Non si era mai chiesto se gli andasse bene così. Non gli interessava a dire la verità. Il suo futuro era scritto e non opinabile. Lui si era dedicato a divertirsi, su quell'argomento non c'era da fantasticare.

Ma adesso le cose erano diverse.

Tra poco meno di tre mesi si sarebbe diplomato... e poi?

Non c'era più l'azienda di suo padre ad aspettarlo. Il suo futuro noioso ma chiaro. E lui... che non sapeva neanche separare capi bianchi da colorati, che più che un caffè non era in grado di mettere su un fornello... che avrebbe fatto? Giovanni era stato gentile con lui, ma di sicuro si aspettava che se ne andasse al più presto, che si trovasse un lavoro in modo da non doverlo più mantenere e che, sì insomma, andasse per la sua strada... ma lui non sapeva fare assolutamente niente!

Una sensazione di vuoto simile a un buco nero si impossessò del suo stomaco, minacciando di inghiottirlo dall'interno. Brando sentì mancargli l'aria. Arraffò di fretta un po' di vestiti dalla cesta, che gli sembravano più o meno scuri, e li gettò con forza nel cestello come fosse colpa loro. Buttò il detersivo, che Giovanni gli aveva lasciato in vista, nella vaschetta e fece partire un programma a caso.

Fanculo come veniva veniva.

La sensazione di vuoto non scemava. Si calcò il cappuccio della felpa sulla testa e uscì.

 

 

A SCUOLA

 

Fabio trovò Damiano che praticamente lo aspettava sul cancello, fumando nervosamente. Quando lo vide spuntare buttò la cicca a terra, salutò Chiara con un bacio e si diresse verso di lui. Fabio conficcò le unghie nello spallaccio dello zaino. Aveva ignorato i suoi messaggi e ben 2 telefonate. Sapeva che Damiano gli voleva bene, ma gli aveva sempre suscitato comunque un po' di paura, e quella sensazione non se ne andava mai del tutto.

“ciao” gli disse piantandosi le mani in tasca quando gli fu davanti, sembrava calmo ma non lo era per niente “ciao...” rispose Fabio guardando da un'altra parte, in difficoltà. Rimasero lì fermi a fissarsi per un po' (o meglio Damiano fissava Fabio, lui stava temporeggiando sperando che una voragine si aprisse nella strada per inghiottirlo). Nel frattempo gli altri studenti cominciavano a sciamare verso l'interno. Fabio sospirò vedendo che il ragazzo non schiodava, si tolse lo zaino dalle spalle e si sedette per terra sul primo scalino “cosa c'è?” chiese esasperato. Damiano si sedette vicino a lui per non opprimerlo troppo, in fondo lo aveva aspettato fuori principalmente per assicurarsi che nessuno gli desse fastidio, dopo la sparata di Brando del giorno prima, poi vabbè... voleva anche togliersi qualche metaforico sassolino dalla scarpa “di un po'... ti è passato di mente di dirmelo? Ce l'avevi sulla lista delle cose da fare?” iniziò dopo qualche istante, il tono risentito. Fabio guardò le sue mani “lui non voleva.. ancora” si giustificò. Aveva sempre raccontato tutto a Damiano, era anche uno dei due a sapere che tra lui e Brando c'era stato qualcosa prima di allora. Gli dispiaceva averlo tenuto fuori. “e quello che vuoi tu non conta?” lo incalzò lui arrabbiato, temeva che Fabio si facesse mettere i piedi in testa “non è così..” rispose subito lui “non era ancora pronto... e io l'ho rispettato” spiegò girandosi a guardarlo negli occhi per dar forza alle sue parole. Damiano sbuffò aria fuori dal naso “io ho solo paura che ti faccia del male..” gli disse in tono più dolce “ti sei scordato quello che ti ha fatto passare qualche mese fa? Non mi sembra una persona in grado di voler bene a qualcuno..” “tu non lo conosci” lo interruppe Fabio in tono duro mosso dal desiderio di difenderlo, poi ancora girò lo sguardo davanti a sé “nessuno lo conosce in realtà” aggiunse più piano. Damiano alzò le mani in segno di resa, convinto dalla sua risolutezza “vabbè..” nicchiò sorridendo “tu lo sai... sei felice?” gli chiese a bruciapelo. Fabio sorrise, al solo pensare a Brando “ok non dire niente” disse Damiano “questo conta come risposta... a me sta bene... accidenti, sei davvero cotto..” lo prese in giro prendendosi poi una leggera spinta da Fabio “solo..” aggiunse Damiano rovistando in tasca per cercare le sigarette “non pensà che siccome te lo scopi tu mi sta meno sul cazzo eh... qui mi sta...” aggiunse toccandosi il sotto della gola con un dito. Fabio avvampò di botto “ma!!” esclamò ridendo di imbarazzo. L'altro gli scoccò un'occhiata divertita tenendo la sigaretta in bilico tra le labbra “ancora non ci siete arrivati?” chiese candidamente. Fabio sprofondò la faccia tra le mani e la testa in mezzo alle ginocchia “e invece sì...” commentò ridacchiando Damiano e beccandosi una seconda gomitata nelle costole.

 

 

A CASA

 

 

Giovanni rincasò poco dopo l'ora di pranzo. Il giorno dopo avrebbe avuto una riunione fino a sera e si era preso la licenza di un pomeriggio libero.

Trovò Brando in cucina, seduto per terra davanti alla lavatrice che ronzava quieta, che smanettava sul cellulare “ragazzo.. guarda che non devi mica farle la guardia sai?” lo salutò divertito. Brando si alzò in piedi subito ma rimase lì dov'era per darsi un contegno. Giovanni gli allungò una busta “per te” gli disse. Brando ci guardò dentro incuriosito e sgranò gli occhi nel riconoscere alcuni dei suoi vestiti. Proprio i suoi suoi! C'era persino un cappello con la visiera “tua madre è passata a scuola stamattina, a portarli” gli disse l'uomo facendolo incupire immediatamente “tranquillo, non le ho detto perchè non c'eri” aggiunse mentre Brando richiudeva il sacchetto buttandolo per terra stizzito “le manchi, Brando” tentò Giovanni avvicinandosi per tentare di guardarlo negli occhi. Lui fece uno sbuffo di risata “così tanto che non mi ha mai chiamato in queste settimane” disse brusco “e ora viene a scuola per portare dei vestiti? Come se io fossi in villeggiatura? Fanculo i vestiti” sputò fuori. Giovanni fece una smorfia, glissando sul suo linguaggio “magari si sta pentendo...” gli disse. Brando sollevò la testa per piantargli gli occhi scuri in faccia “magari è tardi..” disse freddo, girando poi la testa tirando su col naso, per strofinarsi un attimo gli occhi con un gesto stizzito. L'uomo lo guardò intenerito per un attimo, poi lo sguardo gli cadde sul top della lavatrice, che ancora vibrava leggermente dietro al reni di Brando. C'erano abbandonati un paio di giornaletti di offerte di lavoro: giovani e lavoro, Roma lavoro.. notò incuriosito delle orecchie alle pagine.

“e questi cosa sono?” chiese arraffandoli velocemente prima che il ragazzo potesse reagire. Brando fece lo stesso un tentativo di prenderli, che andò a vuoto perchè Giovanni si girò di scatto proteggendo il maltolto. Il ragazzo ripoggiò la schiena alla lavatrice coprendosi gli occhi con una mano mentre lui li sfogliava “ti sei messo a cercare lavoro Brando?” lo canzonò ridacchiando Giovanni “sorvoliamo sul fatto che eri in punizione e non potevi uscire... vediamo un po' cosa hai trovato...” aggiunse stringendo gli occhi per leggere i piccolissimi caratteri della testata “dunque, cameriere...” cominciò, e poi donandogli un'occhiata scettica commentò “direi di no... l'altra sera quando hai provato a tirar su tutti e tre i bicchieri insieme per poco non fai una strage” girò un paio di pagine mentre l'altro arrossiva furiosamente “centralinista!” lesse ad alta voce “beh si hai la lingua sciolta, ma col carattere che ti ritrovi” scosse la testa “non hai pazienza per assecondare vecchie signore che chiamano il servizio di assistenza per chiacchierare, le manderesti a quel paese dopo due minuti” girò ancora un pagina e rise “idraulico??? ok che c'è scritto apprendista ma non penso affiderei mai i tubi dei miei lavandini a uno che controlla una lavatrice” “va bene ho capito!” sbottò Brando ad alta voce a quel punto “ho capito! Grazie per aver reso così chiara la mia totale inettitudine, sei stato cristallino!” e fece per andarsene ma Giovanni lo bloccò per un braccio “hei! Non fare così” lo fermò “non intendevo che non sai fare niente, non ti volevo offendere dai, scusa” quest'ultima parola, detta da lui, ebbe il potere di frenarlo. Buttò aria fuori dal naso e si fece un passo indietro incrociando le braccia al petto in segno di difesa “dicevo solo che questi non mi sembrano lavori adatti a te” spiegò Giovanni, cercando di non ridere per non farlo infuriare, sarebbe stato controproducente “sei un ragazzo intelligente, un po' sprecato a fare il centralinista o il cameriere no?” Brando gli rivolse una rapida occhiata “beh che altro potrei fare solo col diploma...” borbottò. L'uomo sollevò un sopracciglio, sinceramente perplesso “che vuoi dire?” il ragazzo sbuffò nervoso “beh oggi pensavo... che mancano solo 3 mesi alla fine della scuola” iniziò evitando di guardarlo in faccia “ho pensato che ora che non sto più con la mia famiglia mi serviva un piano alternativo no? Cioè... devo togliere il disturbo prima o poi. Ho pensato che posso vendere la macchina per coprire qualche rata di un affitto, ma devo trovarmi un lavoro” Giovanni lo guardò stupefatto mentre si arrotolava in un mare di parole a cascata “però non so fare un accidenti, quindi avevo segnato quelli, perchè magari posso impararli, non è che non sia in grado di migliorare neanche un po' eh???” esclamò senza nemmeno guardarlo e ripartendo subito dopo “ho pensato che se cercassi qualcosa già da luglio magari a settembre potrei..” “Bra... frena un momento” lo interruppe l'uomo mettendogli entrambe le mani sulle spalle, e chiamandolo in quel modo per la prima volta “ma si può sapere che accidenti stai farneticando?” gli chiese sinceramente sorpreso. Il ragazzo lo guardò stranito e Giovanni sbuffò pizzicandosi con due dita la radice nel naso “mmmm è stata colpa mia, non avrei dovuto lasciarti da solo a casa tutto il giorno, guarda che seghe mentali ti sei fatto” disse più a sé stesso che al ragazzo, poi tornò a dargli attenzione “ascolta... forse le cose non ti sono chiare, perchè non ne avevamo mai parlato, anche se non credevo servisse” iniziò incrociando le braccia al petto “ma cosa credi? Che questo sia un bed and breakfast?” gli disse in tono severo, facendogli sollevare un sopracciglio dalla sorpresa “che quando arriva il momento del check out ti butto fuori dalla stanza alle 10 di mattina, facendo al massimo il guarda valigie??” Brando lo guardò senza capire “quando ho detto che avrei pensato io a te finchè fosse stato necessario, ero serio... finchè sarà necessario!” esclamò “tu hai un'intelligenza fuori dalla media, sei sveglio, se pensi che ti permetterò di buttare tutto alle ortiche facendo il cameriere ti sbagli di grosso! Tu devi studiare, laurearti, in che bisogna vedere... ma di sicuro laurearti” concluse in un tono che non ammetteva repliche. Brando non riusciva a credere alla proprie orecchie, ma era serio?

“cioè... tu stai dicendo che mi pagheresti l'università?” chiese per maggior chiarezza “beh mi sembra ovvio no? Se stai con me stai con me” rispose l'uomo allargando le braccia per sottolineare quanto ritenne tutto ciò scontato. Brando aprì la bocca e la richiuse senza dire niente, arrossendo e abbassando lo sguardo, mentre si grattava la nuca in imbarazzo. Gli venne da dire grazie ma si sentì stupido a farlo e non disse niente. Giovanni gli si avvicinò di nuovo, comprendendo il motivo del suo imbarazzo “Brando non fare così.. come ti ho detto il primo giorno che sei stato qui, se non VOLESSI farlo non lo farei” gli disse a bassa voce, e poi sperando di farlo ridere aggiunse “e poi come insegnante mi sentirei di tradire il mio mestiere, il professor Mallio mi dice che sei una mente in matematica” e guardando il soffitto aggiunse in tono rassegnato “ce l'avesse Fabio una testa così..” Brando alzò la testa di scatto, indurendo lo sguardo di riflesso “Fabio è una persona migliore di me..” disse in tono secco. Giovanni sorrise che avesse tirato su la testa, colpito che fosse stato per difendere suo figlio che si era smosso “oh lo so questo...” disse sicuro “Fabio è una persona migliore di un sacco di gente, me compreso” aggiunse vedendo che rilassava le spalle “ma non stavamo parlando di questo no?” gli chiese sollevando un sopracciglio e sorridendogli.

“cosa ti piacerebbe studiare ci hai pensato?” gli chiese a bruciapelo, con un tono più leggero, prima che potesse iniziare a dire qualsiasi frase di ringraziamento o roba simile, che proprio non voleva sentire. Brando cambiò l'incrocio delle gambe abbracciandosi i gomiti “hem...” disse in difficoltà “in realtà non ci ho mai pensato.. mio padre voleva facessi economia gestionale... ma” “ma a te non frega nulla di come si gestisce un'azienda” finì la frase al posto suo Giovanni “già” ammise Brando. L'uomo si passò pollice e indice sul mento riflettendo rumorosamente per qualche istante “ok mi è venuta un'idea, mettiti la giacca” esclamò dirigendosi alla porta di casa. Brando era rimasto lì impalato “ti muovi o no? Vieni!!” lo esortò mentre si infilava la sua. Il ragazzo soppesò per un attimo cosa potesse avere in mente con un filino di apprensione, poi gettò un'occhiata al sacchetto di panni che ancora giaceva sul pavimento. Lo afferrò, si calcò il cappello in testa e raggiunse Giovanni.

 

 

 

 

“oh...” commentò soddisfatto Giovanni avanzando nel viale di ingresso del campus “questa è l'università Tor Vergata, l'avrai sentita nominare immagino” gli disse “è la seconda università pubblica di Roma” “perchè siamo venuti?” gli chiese Brando guardandosi attorno, quel posto era immenso! “beh perchè questa settimana fanno l'orientamento universitario” spiegò “hanno portato dei volantini a scuola ma nessuno li ha considerati... io invece penso che le università pubbliche italiane siano meglio delle private” aggiunse “non siamo mica in America”

Brando in realtà si sentiva un po' in imbarazzo a girare da quelle parti in compagnia di un palese.... vecchio era brutto? Si rilassò un pochino quando, entrando nel grosso padiglione mobile che avevano installato al centro dell'androne, vide che c'erano tantissimi ragazzi della sua età, parecchi accompagnati da gente adulta, genitori o forse nonni.

C'erano stand dappertutto, intitolati alle varie facoltà, e ognuno distribuiva opuscoli e materiale informativo, moduli d'iscrizione e piccoli gadget, dei ragazzi (probabilmente studenti) rispondevano a domande e dubbi.

“allora” gli disse Giovanni afferrandolo un attimo con un braccio intorno alle spalle “facciamoci un giro... e magari ti fai qualche idea eh?” Brando si scostò dal suo abbraccio il più educatamente possibile “hem.. proprio non saprei da dove cominciare” ammise.

Era sempre stato uno sicuro di sé, di principio, ma in quella situazione si sentiva un bambino spaesato. C'era talmente tanta gente, e così variegata. “beh giriamoli tutti” propose Giovanni dirigendosi allo stand del tutoraggio matricole. Brando lo seguì.

Quando arrivò nel pressi del ragazzo dietro al banco, quello aveva appena finito di dare a Giovanni un mazzetto di fogli. Brando lo studiò: aveva forse un paio d'anni più di lui, i capelli a spazzola e una maglietta bianca con su scritto STUM. Appena lo vide gli rivolse un apertissimo sorriso “ciao” lo salutò “appena arrivato?” Brando annuì cercando di darsi un tono. Quello iniziò a parlare a macchinetta “allora a destra ci sono le facoltà umanistiche, a sinistra quelle scientifiche, in fondo all'androne trovi le cose strane (tipo informatica, autocad e video, tecniche cinematografiche... chi la capisce quella roba, io studio lettere)” aggiunse ridacchiando “la macchinetta del caffè è laggiù, informazione vitale” disse indicando un punto alle spalle di Brando che si voltò per un istante a seguire il dito “e se ti serve altro sono qui tutto il pomeriggio” concluse. Poi gli allungò un portachiavi con il logo dell'università e disse “la cartina degli stand l'ho già data a tuo padre” “non è mio padre” intervenne Brando in tono secco, quasi duro... non seppe bene perchè. Tant'è che quello lo guardò un po' sorpreso della sua reazione “è... il padre del mio ragazzo” buttò lì Brando irrigidendosi un po' per testare la sua reazione. Contro ogni previsione il ragazzo sorrise tranquillamente non dando adito che quella rivelazione l'avesse sconvolto o che “oh beh beato te” gli disse “il padre della mia ragazza se potesse mi ficcherebbe sotto con la macchina, sei fortunato” aggiunse abbassando il tono della voce e avvicinandosi come se gli stesse raccontando un segreto. Poi lo salutò. Brando gli gettò un'occhiata prima di andarsene, per controllare se lo stesse prendendo in giro.

No.

Raggiunse Giovanni piacevolmente stranito. Decisamente gli sembrava un ambiente molto diverso dalla sua scuola.

 

 

Dopo un'oretta avevano una busta piena di depliant e all'uomo cominciava a girare un po' la testa per tutti i piani di studio diversi che aveva letto negli ultimi 15 minuti “allora? Qualche idea?” chiese a Brando “mha... per adesso mi sembra solo di capire che le facoltà umanistiche sono una palla” commentò ricacciando l'opuscolo che aveva in mano nella busta “senza offesa” aggiunse ricordandosi che Giovanni una volta faceva il professore di italiano.

“vabbè... allora facoltà scientifiche... è già qualcosa..” commentò con un sospiro “scusami...” gli disse Brando facendo una smorfia di disagio “non ti preoccupare, capisco la confusione, io non ci sto capendo più niente” rispose Giovanni agitando una mano davanti al viso come a scacciare il pensiero negativo “ci sediamo un attimo? Ti va? Sono vecchio” scherzò. Brando annuì e lo seguì fuori dall'androne in un corridoio, sentendolo borbottare “ci sarà una panchina in questo posto o gli studenti vivono in piedi come i cavalli?”

Camminando notò la porta di un aula semi aperta, da dentro si udiva la voce tonante di un professore che spiegava qualcosa, amplificata da un microfono “oh! Brando vieni entriamo qui” gli disse facendogli cenno di avvicinarsi “eh!? Ma non possiamo!” protestò lui “sì che possiamo” ribattè Giovanni “le lezioni all'università sono pubbliche chiunque può assistere, dai almeno ci sediamo un momento, vediamo che dice questo qui” poi senza aspettare risposta entrò “no.. Giovanni!!” lo chiamò a denti stretti Brando impanicandosi quando lo vide sparire oltre la soglia. Poi sbuffò e lo seguì.

L'aula a degradare era in una leggera penombra, dato che il professore stava facendo lezione proiettando delle slide. Vide Giovanni seduto in ultima fila che gli faceva cenno di avvicinarsi. Si sedette accanto a lui dispensandogli un'occhiataccia, poi guardò il professore, sul fondo opposto dell'aula. Parlava con un tono accattivante ed entusiasta, si capiva che amava l'argomento che trattava. Sul proiettore scorrevano, a ritmo scandito dal docente, immagini di gigantesche infrastrutture. Senza rendersene conto Brando si mise a seguire il discorso.

Dopo un quarto d'ora Giovanni si passò una mano su un occhio, tentando di farlo rimanere aperto. Quella lezione gli sembrava davvero noiosa. In più la penombra non aiutava, ormai le sue gambe si erano riposate. Si voltò verso Brando per dirgli che potevano andare, e in quel momento notò che lui invece era incredibilmente assorto. Stava poggiato in avanti sul lungo banco e faceva scattare vicendevolmente lo sguardo dal professore alle immagini proiettate, alla lavagna dove l'uomo scribacchiava dei calcoli di tanto in tanto. Sorrise sollevando un sopracciglio, sorpreso. Non gli aveva mai visto su quell'espressione, così non disse niente e si rimise comodo contro lo schienale, lasciandolo ascoltare.

Dopo un bel po' di tempo il professore esclamò “bene, dopo tutto questo discorso spero che vi sia chiaro che, progettare un edificio che deve essere costruito in un luogo caldo, e uno che deve essere costruito in un luogo freddo, siano cose COMPLETAMENTE diverse no? Per esempio... se devo tirar su un grattacielo a Dubai devo tener conto dei 50° a mezzogiorno e del tasso di umidità pari a zero. Ora..” disse “sapendo che è fondamentale che i grattacieli, in impercettibile misura, oscillino al vento, e che a Dubai le raffiche possono toccare i 51 km/h, come posso prevenire che la dilatazione del metallo per via del caldo renda impossibile l'oscillazione e quindi pericoloso il grattacielo?” chiese alla classe “nessuno??” esortò dopo alcuni secondi di profondo silenzio “vediamo un po'...” disse il professore armandosi del puntatore laser dietro la penna che aveva “lei” chiamò puntando la lucina rossa in fondo alla classe “che suggerisce?” Brando sbiancò vedendosi il puntatore del laser che gli ballava sulla maglietta, gli si asciugò la bocca di colpo “hem” “oh no professore” intervenne Giovanni con tono calmo accanto a lui “siamo qui solo come auditori, non è uno studente, si deve ancora diplomare” spiegò con un sorriso. Il professore annuì sorridendo, ma poco prima che potesse voltarsi Brando disse “forse...” l'uomo tornò a dargli attenzione “oh vuole provare a rispondere? Splendido! Coraggio...” lo esortò. Brando si schiarì la voce ignorando i ragazzi davanti a lui che si erano girati a guardarlo incuriositi “forse... se tra i pilatri di metallo, si mettesse una guaina di un materiale flessibile e termo isolante... hem... e magari si lasciasse una piccola intercapedine in cui l'aria può raffreddarsi” spiegò facendo su e giù con un dito per sottolineare cosa intendesse “magari.. il metallo non si.. dilaterebbe troppo?” tentò. Il professore fece scattare per un attimo le sopracciglia verso l'alto, sorpreso, poi fece un mezzo sorriso per non concedere troppo “sì... sì può essere un'idea” nicchiò “non male per uno che ha ascoltato mezza lezione” commentò rivolgendo una rapida occhiata di bonario rimprovero alla sua classe “ci pensi a ingegneria meccanica quando dovrà iscriversi da qualche parte” concluse il professore con un sorriso, prima di tornare a dare attenzione a tutta l'aula.

Giovanni rivolse a Brando una smorfia che più o meno voleva dire “me cojoni” vedendolo sorridere di soddisfazione. Poi gli fece cenno con la testa che era ora di di andare.

“accidenti l'hai steso eh!” gli disse mollandogli una pacca in mezzo alla schiena mentre stavano andando via “lascia perde che m'è quasi venuto un infarto quando m'ha puntato con quella pennina!” esclamò il ragazzo portandosi una mano al petto, facendolo ridere.

 

“grazie” gli disse a bruciapelo Brando quando raggiunsero la macchina “e di che, è stato divertente” rispose Giovanni per un attimo dimentico della situazione “no intendevo...” lo fermò Brando abbassando un po' la voce “sì insomma, in modo più generale” Giovanni sorrise capendo che si riferisse più che altro a quello che gli aveva detto a casa. Gli strinse per un attimo la spalla con la mano, con affetto, poi fece il giro intorno all'auto per salire “levati quel cappello va, che mi sembri uno scemo” gli disse scherzando.

 

 

 

QUELLA SERA

 

Tornati a casa avevano trovato Fabio talmente sommerso da appunti e libri di analisi e matematica che a stento gli aveva chiesto dove fossero stati.

“a fare la spesa” aveva risposto vagamente Giovanni. Lui poveraccio era talmente preso dalla raggiunta consapevolezza della sua insipienza alla vigilia del test, che non aveva neanche fatto caso che non avevano in mano buste, e si era ributtato sui libri.

 

Brando si offrì di aiutarlo, ma il livello della sua confusione era davvero alle stelle. Non si era mai reso conto che fosse così indietro, probabilmente perchè avevano sempre accuratamente occupato i banchi più distanti possibili l'uno dall'altro.

All'improvviso un urlo di disperazione di Giovanni spezzò la concentrazione “la mia camicia! Ma che è successo dentro 'sta lavatrice!” Fabio gettò un'occhiata perplessa a Brando “l'hai messo l'ammorbidente Bra?” “che??” rispose lui. Giovanni nell'altra stanza sembrava stesse piangendo “oh cazzo..” commentò Brando grattandosi la testa.

Era stato l'unico momento di interruzione di quella serata di studio.

 

Alle 23.30 ci avevano rinunciato. Brando ero cotto. Fabio non lo sapeva ma era stata una giornata piuttosto pesante la sua. Stava sdraiato a pancia in sotto con le braccia sotto il cuscino in stato semi comatoso. Fabio era sdraiato accanto a lui a pancia in su, con un piede che penzolava fuori e lo sguardo vitreo rivolto al soffitto. Aveva spento la luce ma non riusciva a prendere sonno. Nella sua testa si accavallavano limiti e funzioni in un gran mischio di confusione. Ma perchè non aveva chiesto a Brando di dargli una mano un po' prima?????

 

-semplice- rispose una vocina maliziosa nella sua testa -perchè hai preferito farci altro piuttosto che matematica-

 

Si portò una mano sugli occhi per cacciar via il pensiero del tutto inappropriato alla situazione.

Gettò un'occhiata a Brando, che cominciava a respirare più lentamente vicino a lui.

“Bra... dormi?” lo sentì emettere un debole lamento

“questa è la segreteria di Brando De Santis, lasciate un messaggio” disse senza neanche aprire gli occhi. Fabio giocherellò nervoso con i laccetti della felpa “non riesco a dormire” disse. Dall'altra parte ricevette solo silenzio “ho un buco allo stomaco per l'ansia, non so un cavolo, il test domani andrà malissimo” si lamentò. Per tutta risposta Brando iniziò a simulare un forte russare. “oh che stronzo che sei!” esclamò Fabio mollandogli uno schiaffo forte sul sedere, che tuttavia non lo smosse neanche di un millimetro. Sbuffò. Poi dopo un altro momento di insofferenza si girò contro di lui, mettendoglisi semi sdraiato sopra, con la testa sulla spalla, abbracciandolo stretto. “Fa...” lo supplicò Brando “te lo passo io domani il compito va bene??? Mo me lasci dormì????” chiese in tono esasperato, che convinse Fabio che forse stava esagerando, si tolse da sopra di lui “va bene scusa..” soffiò sinceramente rammaricato, sdraiandosi poi accanto a lui di nuovo, ma senza neanche sfiorarlo. Brando aprì un occhio dopo un paio di secondi che non lo sentiva più. Imprecò mentalmente. Ok forse lo stava schifando un po'. Si girò a pancia in su guardandolo “dai vieni qui” gli disse con un cenno della testa. Gli passò un braccio sotto il collo e lo tirò contro di sé. Fabio sorrise, un po' sorpreso da quel gesto, poi rilassò la testa contro il suo collo “mò dormi però eh” gli disse Brando in tono dolce “notte Bra..” rispose Fabio, sentendo l'ansia sciogliersi un po' tra le sue braccia “notte” si sentì rispondere con un soffio di voce appena.

 

 

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Capitolo 13
*** cap 13 ***


 

Cap 13

 

 

Brando fissò con sguardo torvo l'ingresso del Collodi davanti a lui, mentre Fabio legava la catena al motorino. Aveva lo stomaco chiuso per l'ansia. Non aveva riflettuto sul fatto che tornare a scuola significava affrontare le conseguenze sociali di quello che aveva fatto due giorni prima.

Al pensiero quasi ringraziò Giovanni per avergli concesso un po' di tempo per far scemare l'interesse per la sua rivelazione, anche se dubitava sarebbe stata una cosa indolore.

“oh tutto a posto?” gli chiese Fabio battendogli un colpetto sulla spalla “sei pallido...” Brando sussultò appena per essere stato strappato alle sue elucubrazioni “si si..” borbottò con una scrollata di spalle. Fulminò con lo sguardo un paio di ragazzi, forse del secondo anno, che passandogli accanto avevano ridacchiato guardandoli.

In quel momento uno del corso di francese li superò, e nel farlo diede una molto poco casuale spallata a Fabio facendolo sbilanciare un po' in avanti. L'amico del tizio soppresse una risata

“hei!” gli urlò dietro Brando “che cazzo fai???!” “Bra!” lo chiamò ad alta voce Fabio afferrandolo per un braccio “lascia perdere” gli disse secco cercando, tirandolo, di convincerlo a girarsi verso di lui. Lo guardò, aveva su quell'aria assassina che per fortuna a lui non rivolgeva da un po' “oh!” lo chiamò strattonandolo un po'. Brando si girò a guardarlo “davvero. Lascia perdere. Non me ne frega un cazzo di quello”. Il moro mantenne per un attimo il cipiglio aggressivo poi sbuffò “vabbè ma non siamo neanche entrati..” masticò “cominciamo bene!” Fabio gli sorrise “facevano così con me pure prima, non c'entri tu” gli disse “pensi che questo mi faccia star meglio?” ribattè Brando sollevano un sopracciglio. A Fabio invece veniva da sorridere a vederlo incazzarsi così per lui, si leccò le labbra e poi le morse per non far uscire il sorriso “dai” gli disse “a me non importa, non deve importare neanche a te, 'ste cose da poco fattele scivolare addosso ok?” “è una parola...” borbottò Brando conoscendosi. Girò lo sguardo di lato e notò Damiano e Ludovica che li guardavano. Lei aveva su un sorrisetto odioso. “c'è l'amico tuo...” disse a Fabio cambiando argomento “io vado... che non c'ho voglia di avere a che fare con lui” Fabio fece un cenno di saluto ai due poi tornò a dare attenzione a Brando “ci vediamo alla quinta.... se non mi viene un infarto prima” Brando scosse la testa. Alla quinta ora c'era il compito di matematica “statte calmo...” gli disse. Fabio si guardò rapidamente attorno per valutare se fosse il caso o meno di dargli un bacio.

Troppa gente.

Gli strinse per un attimo la mano nella sua “a dopo” lo salutò.

Brando guardò di nuovo l'ingresso e sbuffò incamminandosi. Sarebbe stata una lunga giornata.

 

Arrivato al corridoio del suo piano, a parte qualche occhiata curiosa, tutto bene. Notò Niccolò davanti alla porta del bagno insieme a qualche altro ragazzo del gruppo. Titubò per un attimo finchè non fu lui a notarlo, sorridergli e venirgli incontro “ammerda...” lo salutò “come è andata la giornata agli arresti domiciliari?” sghignazzò. Brando gli rivolse una finta occhiataccia “chiedilo a tu sorella...” scherzò. Niccolò rise e si rincamminò verso gli altri come se ne niente fosse, sicuro che lo avrebbe seguito. Brando esitò solo un attimo e lo fece. Il gruppetto stava ridendo per qualcosa che stava raccontando Vittorio, fu impossibile non notarlo, non appena lui li raggiunse ammutolirono e iniziarono a guardarsi con aria imbarazzata. Brando annuì forte mordendosi il labbro per il nervoso “ok ho capito...” disse girandosi e andandosene a passo di carica. Niccolò lo raggiunse e lo afferrò per una spalla “dai Bra non fa così” gli disse. Il moro si voltò piantandogli gli occhi neri in faccia, sfidandolo a dire qualcosa “senti..” gli disse Niccolò guardandolo come a dire che non gli faceva paura per niente “non è che ti hanno voluto schifare... Vittorio stava parlando di quello che ha fatto con una tipa al locale l'altra sera, delle cazzate che gli ha detto per scoparsela... credono che discorsi simili possano.. urtare la tua sensibilità” Brando spalancò occhi e bocca dalla sorpresa “ma che cazz...” esclamò “non è che mi sono trasformato da un giorno all'altro in una fighetta!” protestò “ma io lo so!!” tentò Nic “se scopa so contento, sai che me ne frega come e con chi???” insistette Brando tra i denti. Il biondo alzò gli occhi al cielo “Bra cazzo! Lo so!!” gli ringhiò a sua volta “ma loro no, dagli un po' di tempo ok? Io ti conosco da una vita!!” “e loro da 5 anni... mica è poco!” Niccolò sbuffò forte “beh devi fa tu quello maturo per primo si vede... ce la fai? O te sto a chiede troppo??” lo sfottè. Brando buttò aria fuori dal naso e mandò giù le spalle, segno che si era arreso “alleluya” commentò il biondo passandogli un braccio intorno alle spalle e cominciando a trascinarlo verso dove stavano prima. Non fecero neanche un passo però, che Filippo gli si parò davanti, sorridendo. Brando lo guardò male e Niccolò si morse l'interno della guancia maledicendo la sfiga. Lasciò andare l'amico e si fece un passo indietro facendo segno con gli occhi a Filippo di darci un taglio, qualsiasi cosa avesse in mente.

Ovviamente quello non gli diede retta.

“oi Bra” gli disse facendoglisi sotto “senti io ti volevo chiedere scusa per l'altro giorno” chiocciò ironico “se avessi saputo che te lo scopavi, te li avrei fatti levare a te i pantaloni a Fedeli!” rise “magari da te se lo faceva pure fare vero???” Niccolò vide le pupille di Brando ridursi a uno spillo dalla rabbia. Il moro si scagliò contro Filippo spintonandolo con violenza. L'amico fece appena in tempo ad afferrarlo e strapparglielo di dosso prima che iniziassero a picchiarsi. Vittorio e un altro fecero lo stesso con Filippo. Intorno si sollevò una gran confusione.

Niccolò si mise davanti a Brando per impedirgli fisicamente di riandargli sotto “datti una calmata sei matto??? ti hanno riammesso oggi a scuola” gli soffiò tra i denti, cercando di evitare che incrociassero di nuovo lo sguardo “Nic lasciami, che lo sfonno a quel cojone” protestò Brando “stai buono!” gli urlò il biondo spingendolo un passo indietro. Poi lo afferrò saldamente per le spalle iniziando a trascinarlo. Si voltò verso Filippo, che anche lui veniva trattenuto, per dirgli “sì però pure tu sei nammerda!” “lui è unammerda!!” ribattè Filippo liberandosi con uno strattone dalla presa dei suoi compagni, ma rimanendo fermo dov'era “per colpa sua Carlo s'è preso 3 giorni di sospensione! Nemmeno lo aveva fatto apposta a colpirlo con quella bottiglia!” gli gridò “mo l'ammissione alla Bocconi se la può scordare con quella nota sulla scheda! Sei contento finocchio??” continuò all'indirizzo di Brando. Lui fece un nuovo tentativo di andargli contro, bloccato di nuovo da Niccolò “tanto cretino com'è non entrava comunque!” gridò a Filippo, lasciandosi poi portare via dall'amico, che ancora lo teneva saldamente per le spalle.

 

Niccolò lo trascinò sulla scala antincendio e aspettò di aver richiuso la porta prima di mollarlo. Brando si sistemò la giacca con uno scatto nervoso, facendo un paio di vasche del ballatoio su e giù, come un leone in gabbia. Si premette le mani in faccia ringhiando e poi le lasciò scorrere forte sui capelli, tirandoli indietro e sbuffando per calmarsi.

Il biondo aspettò pazientemente di vederlo sbollire. Tirò fuori una canna e l'accese. Neanche il tempo di fare un tiro che Brando gliela strappò dalle mani, inspirò con rabbia facendo brillare la brace della cicca per lo sforzo, e trattenne il fumo dentro per qualche istante, prima di buttarlo fuori ripassandogli la sigaretta. Niccolò soppresse una risatina stringendo le labbra l'una contro l'altra

“meglio?” gli chiese prendendo una boccata di fumo. Brando annuì, anche se per un attimo di nuovo gli era passato un lampo di rabbia negli occhi a ripensarci. Allungò la mano supplicando con le dita un altro tiro. Il biondo gliela passò.

 

“senti..” gli disse Brando dopo qualche minuto che si era calmato “tu però vai non preoccuparti, non voglio che scazzi con tutti per colpa mia” Niccolò agitò una mano davanti al viso “Filippo è uno stronzo...” disse per confermare la sua posizione “puoi dirlo forte...” commentò il moro incrociando le braccia e poggiando i reni alla balaustra.

“senti so e 12..” gli disse Niccolò buttando un occhio all'orologio che aveva al polso “che facciamo andiamo a biologia o saltiamo?” “andiamo andiamo...” disse Brando tirandosi su e spegnendo la cicca con la scarpa da ginnastica.

 

 

 

 

 

PIU' TARDI

 

Un gruppo di studenti si riversò mollemente fuori dall'aula quando suonò la campanella. Il test di matematica era finito. Il professor Mallio salutò bonariamente i ragazzi che incrociava sulla porta non spiegandosi il motivo di tanto malumore.

Fabio sbuffò strofinandosi le mani sul viso esasperato e andò a poggiarsi con la schiena alla parete del corridoio dietro l'angolo. Brando lo seguì.

“non so che cazzo c'ho scritto su quel compito, giuro” si lamentò Fabio lasciando che la parete sorreggesse tutto il suo peso

“perchè sei scemo... io volevo passartelo ma tu... no!” ribattè Brando facendogli il verso sulla parola -no- Fabio fece spallucce “che vuoi farci sono un tipo onesto” “sì, onesto... e bocciato” commentò Brando ridacchiando mentre l'altro gli mollava una pacca sulla pancia.

Un gruppetto di ragazze gli passò davanti in quel momento, li indicarono ridacchiando, una di loro li guardò schioccando le labbra più volte a simulare dei baci, le sue amiche scoppiarono a ridere

“eh!” esclamò Brando guardandola male “te invece sei talmente cessa che non ti bacia neanche tua madre!” le disse in tono aggressivo, quella fece una faccia offesa girandosi e allontanandosi. Fabio lo tirò per un braccio “Bra, non puoi fa così” gli disse calmo mentre quello ancora non smetteva di fulminare il gruppetto di ragazze “non puoi passare il tempo ad azzuffarti con tutti” “vuoi scommettere?” ribattè lui girandosi per guardarlo in faccia. Fabio sospirò della sua espressione tesa e Brando lo fulminò con lo sguardo “se non mi lasciano in pace perchè mi rispettano, beh allora lo faranno perchè sanno che sennò gli spacco la faccia” gli spiegò tra i denti. Fabio lo guardo tristemente “hai fatto così tutto il giorno vero?” gli chiese dolcemente vedendogli poi evitare il suo sguardo.

Colpito e affondato.

“Bra in maggior parte li devi ignorare sennò è un inferno, capito?” gli disse “non puoi farti venire un attacco di bile ogni cinque minuti” insistette. Brando lo guardò con espressione poco convinta e Fabio gli sorrise “dai che tra qualche giorno non faremo più notizia e ci lasceranno in pace.. mo devo andare” aggiunse buttando un occhio all'orologio “Chiara e Damiano mi aspettano, per pranzo” L'espressione di Brando alla notizia era quantomeno disgustata e Fabio ridacchiò “ci vediamo dopo l'allenamento?” chiese “posso... venire a prenderti?” il moro sollevò un sopracciglio “sei sicuro?” disse scettico, Fabio scrollò le spalle “no. In effetti... troppo testosterone tutto insieme, me la rischio” scherzò “ci vediamo al motorino allora” e detto questo si sporse verso di lui per baciarlo, ma Brando evitò il contatto girando la testa con un mezzo passo indietro. Aveva ancora un'espressione dura e incazzata dipinta sul viso. Fabio lo fissò per un attimo e poi sospirò triste “vabbè... ciao” gli dissi voltandosi per andarsene. Brando lo riafferrò subito per la mano girandolo di nuovo verso di lui “non ce l'ho con te..” gli disse in tono esausto, continuando a stringergli la mano e accarezzandola col pollice, guardando il basso. Fabio gli sorrise “tranquillo, lo so” disse in tono dolce, facendogli una breve carezza sulla guancia prima di andarsene.

Brando rimase a guardarlo per qualche secondo, prima di sbuffare rumorosamente e andare a recuperare il suo borsone nell'armadietto.

 

Era ancora concentrato a rimuginare sugli eventi della mattinata quando raggiunse lo spogliatoio. Si fermò a pochi passi dalla soglia. Di colpo la consapevolezza di chi c'era lì dentro e di cosa poteva succedere lo folgorò. Immaginò cosa avrebbero fatto in passato, se Fabio si fosse azzardato ad entrare in quello spogliatoio. Immaginò che lo facessero a lui. Li aveva visti tante volte agire, tutti insieme, che si caricavano a vicenda, in quel modo orrendo, che presi singolarmente non sarebbero stati in grado di ripetere. Lo sapeva perchè c'era anche lui in mezzo a loro.

Immaginò cosa potevano dire, ancora peggio di quel che potevano fare.

Sentì un brivido attraversargli la schiena.

Si morse il labbro frustrato.

Poi, sentendosi il primo dei vigliacchi, girò a sinistra e si diresse direttamente ai campi.

Era un debole lo sapeva, ma non ce la faceva proprio ad affrontarli in quel momento.

Gettò il borsone a terra vicino alla panchina ospiti e, con quanta più disinvoltura fu in grado di reperire, iniziò a spogliarsi lì.

 

Monica gettò un'occhiata all'orologio, per vedere quando fosse opportuno andare a dare un'energica bussata alla porta dello spogliatoio dei ragazzi.

Ok, tecnicamente mancavano ancora cinque minuti.

Girò lo sguardo e notò che c'era qualcuno seduto sulla panchina ospiti. Avvicinandosi capì che era Brando.

Gli arrivò fino a due passi, lo vide sollevare un momento gli occhi e notarla, ma la ignorò. Guardò per un attimo la sommità della sua testa riccia mentre si slacciava i bottoni della camicia, sotto aveva solo i boxer.

“che stai facendo?” gli chiese sommessamente, in tono dolce

“non si vede?” fu la sarcastica risposta

“sono stati gli altri che ti hanno mandato fuori?” indagò, ma senza cambiare tono di voce. Brando fece uno sbuffo di risata “ma non scherziamo...” borbottò alzandosi in piedi, aveva slacciato anche l'ultimo bottone. Monica incrociò le braccia guardandolo con una sorta di compassione negli occhi che al ragazzo fece solo venire su il veleno.

Il suo coming out era stato talmente plateale che ormai era di dominio pubblico, anche tutto il corpo docente lo sapeva, compresa lei. Intuiva che fosse turbato, anche se faceva il duro.

“beh potresti anche girarti” le disse Brando con un sorrisino malizioso che la fece ridere, si vede che cercava di sdrammatizzare “tu ti spogli in mezzo al campo e pretendi pure che mi giri? Non credo proprio..” scherzò a sua volta “come vuole coach” disse lui, togliendosi la camicia e poi anche la maglietta che aveva sotto senza mai staccarle gli occhi di dosso, per vedere se riusciva ad imbarazzarla.

No, non ci riuscì.

Si finì di rivestire in fretta con la t-shirt e i pantaloncini da allenamento. Monica lo guardò sedersi per allacciarsi le scarpe e poi rialzarsi in piedi, con una certa tenerezza.

“hai fatto bene a fare quello che hai fatto” gli disse a bruciapelo, volendo essere in qualche modo di incoraggiamento, voleva che si sentisse supportato, almeno da qualcuno. Brando invece indurì lo sguardo a tempo di record “non bisogna mai vergognarsi di chi si ama” aggiunse lei. Il ragazzo girò lo sguardo facendo uno sbuffo di risata, detestando che si immischiasse nelle sue cose “ma senti da che pulpito” sputò fuori in tono duro. Monica sgranò gli occhi, interdetta da quel rapido cambiamento “che vuoi dire?” chiese sinceramente spaesata. Brando le si fece più vicino col viso, arrabbiato “guarda che lo so che ti sei scopata Niccolò” le disse a denti stretti “e chissà quanti alt..” non finì la parola. Monica gli aveva tirato uno schiaffo. Non forte da fargli male ma abbastanza da zittirlo. La guardò sorpreso quasi. La vide portarsi immediatamente entrambe le mani sulla bocca con un espressione di panico “oddio!” esclamò lei “ma che ho fatto?? scusami! Scusami non volevo, non l'ho fatto apposta, davvero” proruppe, poggiandogli per un attimo una mano sulla guancia, quasi volesse cancellare il suo gesto di poco prima “davvero mi dispiace, non dirlo a nessuno ok?” Brando sollevò un sopracciglio quasi divertito da tutta quell'agitazione, e per un attimo considerò l'idea di minacciarla un po', ma poi accantonò l'idea dato che gli sembrava davvero sconvolta. Monica chiuse gli occhi poggiandoci per un attimo la mano sopra “scusa, non avrei dovuto” disse piano “è solo che tu...” “le levo dalle mani, lo so... lo diceva sempre pure mio padre” scherzò Brando, facendole capire che poteva smettere di preoccuparsi. Monica fece un cenno di sorriso e poi ritornò seria “Brando ascolta” gli disse poggiandogli una mano sul braccio “quello che ho fatto io, con Niccolò, è stato un errore, per tanti motivi, e fidati che lo so bene” e poi aggiunse “ma il tuo caso è diverso. Non devi vergognarti con gli altri di quello che provi, per quel ragazzo, perchè non è sbagliato” Brando le fece per la prima volta un piccolo sorriso sincero “lo so..” Monica lo guardò intensamente “ti prego non raccontare a nessuno di me e...” “sono bravo a tenere i segreti” la interruppe lui in tono deciso. Lei gli sorrise accarezzandogli per un istante il braccio “lo so... ho visto” sussurrò in tono triste. Poi lo superò diretta allo spogliatoio “tiri fuori i cerchi intanto???” gli gridò da lontano, tornando rapidamente in modalità prof.

 

 

 

L'allenamento era finito. Brando si sfilò la fascetta lasciando ricadere i ricci sulla fronte al loro posto e spinse un po' la caviglia di Niccolò, che stava aiutando a fare stretching.

“ancora un minuto e facciamo a cambio” gli disse lui rilassando la testa nell'erba umida sotto di lui. Brando gli lasciò andare la caviglia e gli fece cenno di tirare su l'altra gamba “non ti preoccupare” rispose.

Dopo poco il biondo abbassò entrambe le gambe e si diede la spinta con gli addominali per mettersi prima seduto e poi in piedi. Brando si sedette sull'erba e allargò le gambe allungando il busto in avanti per stretchare la schiena. Niccolò gli si poggiò con tutto il peso sulla schiena per aiutarlo ad allungarsi “hai visto che doppio passo che gli ho fatto a Bigi? Sembravo Cristiano Ronaldo” gli disse ridacchiando “sì, quando sta uscendo dal campo per infortunio!” lo sfottè Brando ridendo, facendo poi un'esclamazione di dolore quando l'amico gli premette molto più forte sulla schiena, per poi scoppiare a ridere.

“occhio Nic, che s'eccita!” Gli urlò in quel momento Umberto, scatenando l'ilarità generale e un rimprovero, caduto completamente nel vuoto, da parte di Monica “tua madre sempre!” rispose Niccolò più veloce di qualsiasi reazione di Brando. La squadra rise ancora più forte, e Brando rilassò le spalle ghignando a sua volta.

Forse, col giusto supporto, poteva pure scherzarci su.

Si alzarono in piedi poco dopo, finito lo stretching e, insieme a tutti gli altri si avviarono agli spogliatoi.

Brando si irrigidì per un attimo, ricordando che la sua roba stava fuori. Niccolò lo vide rallentare nei pressi della panchina e lo seguì con lo sguardo. Notò il borsone e i suoi vestiti buttati lì e gli venne la pelle d'oca dall'irritazione a capire come mai non lo avesse visto nello spogliatoio prima.

“è uno scherzo???” gli disse avvicinandosi con l'aria tra l'arrabbiato e l'incredulo. Brando non rispose arrossendo leggermente “oh ma per piacere!” sbottò sbuffando. Lo spinse di lato,arraffando tutta la sua roba e schiaffandogliela in mano “muovi il culo, vai dentro” gli ordinò “che se qualcuno ha problemi gli spiego io due cose volentieri” aggiunse facendogli un sorrisino prima di iniziare a spingerlo “va bene, va bene! Piantala de fa l'isterico però!” rise Brando lasciandosi spingere.

In realtà gli era grato. Molto. Ma tra uomini non si fanno smancerie.

 

3 GIORNI DOPO

 

Fabio girò la chiave nella toppa e entrò in casa ancora col fiatone. Brando dietro di lui, con la maglietta sudata ma tutto sommato messo molto meglio.

“io so a pezzi...” commentò Fabio facendo un respiro profondo e asciugandosi la fronte con la spalla “tu sei una schiappa, è diverso” lo canzonò Brando ridacchiando. L'altro si girò a lanciargli un'esausta occhiataccia “non avevo mai corso prima di oggi!” si lamentò “e tu mi hai fatto fare 20 minuti di seguito, sei fortunato che non sia morto!” Brando alzò gli occhi al cielo divertito dal melodramma “ma io se faccio meno di 20 minuti neanche sudo...” spiegò. Fabio gli passò davanti raggiungendo la cucina “che potrebbe avere comunque i suoi vantaggi, visto l'odore che mandi ora!” lo prese in giro ad alta voce dall'altra stanza. Brando entrò in cucina e lo vide che svuotava una bottiglietta d'acqua. Fabio gli gettò un'occhiata, riempì la bottiglia sotto al rubinetto e gliela passò “forse devi trovarti qualcuno più in forma di me per andare a correre” gli disse mentre lui beveva “ma io voglio andarci con te” protestò aggrottando le sopracciglia “non fare il pesa culo” aggiunse gettando la bottiglia vuota nel cestino e lasciando la cucina, diretto al bagno “la prossima volta facciamo 25 minuti” gli annunciò dato che avvertiva la sua presenza alle spalle. Fabio sgranò gli occhi seguendolo fin dentro al bagno “ma non possiamo restare a 20 minuti finchè non riesco a farli senza morire??” lo supplicò, vedendogli subito fare di no con il dito “no, altrimenti non ci alleniamo” Fabio sbuffò “sei un tiranno” sentenziò poggiandosi con la schiena al lavandino incrociando le braccia “lo so” confermò Brando tirando un sorriso da schiaffi, poi aggiunse “ora fuori dalle palle che devo farmi la doccia” Fabio inarcò un sopracciglio non schiodando di un millimetro “beh anche io devo farmi la doccia, dove sta scritto che devi farla prima tu???”.

A quel punto, di colpo, Brando assunse un'espressione completamente diversa “sai che penso Fedè...” gli disse in tono malizioso “che casa tua ha davvero una doccia grande” Fabio si rizzò in piedi di riflesso, messo in allarme dal suo tono “che intendi?” gli chiese spalancando gli occhi. Brando gli si avvicinò di un passo lentamente “che secondo me ci stiamo anche in due” rispose facendogli scorrere un dito sul braccio, dal polso al gomito. A Fabio si seccò la bocca all'istante e indietreggiò arrossendo “non so se è il caso...” balbettò leggermente “non ti va?” lo provocò il moro con un ghigno argentato “non ho detto questo!” ribattè lui “ma mio padre potrebbe tornare da un momento all'altro” aggiunse a spiegazione delle sue perplessità. Brando non sembrava minimamente impensierito dalla cosa. Si avvicinò ancora di due passi, facendolo indietreggiare fino a che Fabio non fu spalle alla porta. Poi si sporse un po' allungando una mano al lato del suo fianco. Fabio sbattè piano la tasta alla porta nel tentativo di indietreggiare ancora per l'imbarazzo, poi sentì la chiave che girava nella toppa tra le dita di Brando, e poi lui ritrarre la mano “problema risolto” disse. Poi, senza aspettare un attimo di più gli afferrò il davanti della maglietta e lo strattonò con forza verso di sé, gli stampò un rapido bacio sulle labbra e poi gli strappò via la maglietta dalla testa senza troppi complimenti. Afferrò la sua per dietro la schiena e se la sfilò velocemente, attirando poi di nuovo Fabio a sé per un polso e baciandolo con trasporto. Lui rispose subito al bacio, non nascondendo a sé stesso che quel po' di irruenza gli piaceva. Lo sentì trafficare coi suoi pantaloni della tuta mentre si succhiavano le labbra a vicenda, poi avvertì le sue dita che si insinuavano dentro l'elastico dei suoi boxer e scivolavano giù per spogliarlo.

Quando furono entrambe completamente senza vestiti, si separarono e si guardarono con il respiro un po' pesante. Fabio arrossì appena sotto lo sguardo di Brando, che stava letteralmente divorando con gli occhi ogni centimetro del suo corpo “Bra..se mi guardi così mi metti in imbarazzo” confessò sorridendo nervosamente “sei uno spettacolo” ammise sinceramente il moro, facendolo arrossire ancora di più “non scherzare, dai” nicchiò Fabio stringendosi le braccia intorno al petto imbarazzato “non sto scherzando” ribattè Brando serio “mi piaci da matti” aggiunse sorridendogli. Fabio lo guardò negli occhi per un attimo, poi colmò la distanza tra loro e lo baciò di nuovo, mettendogli una mano dietro al collo.

A tentoni trovarono la porta del box doccia ed entrarono senza smettere un secondo di baciarsi. Fabio si staccò solo per controllare come apriva l'acqua, per non farla uscire nè gelida né bollente. Il getto della doccia si frappose tra loro, schizzandoli leggermente entrambi. Brando fece un passo avanti per lasciarsi bagnare la testa. Col peso dell'acqua i ricci gli si afflosciarono tutti sugli occhi e lui, tenendoli chiusi, si passò una mano a tirarli indietro mentre l'acqua gli inondava il viso. Fabio sentì una botta allo stomaco, vederlo fare quel gesto fu sufficiente a causargli un'erezione da capogiro. Mentre lui continuava a fissarlo Brando gettò un'occhiata in basso “ti piace quello che vedi Fedeli?” lo prese in giro con un sorrisino bastardo “cazzo si..” ammise lui senza vergogna, afferrandogli il viso tra le mani per baciarlo un'altra volta. Brando gli si fece più addosso approfondendo il bacio lentamente. Afferrò il soffione della doccia e lo direzionò dritto sopra le loro teste, mandando entrambi quasi in apnea mentre si baciavano. Tutti gli altri rumori a parte l'acqua erano spariti. Dopo qualche secondo Fabio spinse leggermente Brando indietro, di modo che potessero riprendere fiato. Gli accarezzò il collo e gli strinse il fianco con una mano, mentre l'altro lo stringeva a se accarezzandogli la schiena resa ancor più liscia dall'acqua. Si separarono di nuovo e Brando pescò un flacone di bagnoschiuma dal porta sapone e, con un sorrisetto, se ne mise una generosa dose sul palmo della mano, poi lo diede anche a Fabio.

“quando ho comprato questo bagnoschiuma non pensavo l'avrei usato in questo modo” scherzò Fabio mentre si iniziavano a strofinare a vicenda le mani addosso, creando una schiuma densa e chiara sui loro corpi. Brando rise “secondo me neanche il bagnoschiuma se lo aspettava” disse facendo ridere anche Fabio. Il piccolo spazio si riempì dell'aroma tenue di vaniglia del sapone. Fabio accarezzò con le mani insaponate le spalle, il collo, il torace teso di Brando, mentre lui faceva scendere una mano a massaggiargli la pancia, poi di lato ai fianchi, dietro la schiena, risalendo su dai reni fino in mezzo alle scapole. Lo attirò di più verso di sé nel fare questo, i loro bacini si sfiorarono mandando a entrambe una scarica elettrica lungo la spina dorsale. Brando lo fissò di nuovo con aria maliziosa “che mi guardi così eh??” scherzò Fabio con un tono basso e provocante “come faccio a non guardarti, sei proprio qui davanti a me!” ribattè Brando “che devo fare girarmi?” aggiunse. Fabio sospirò, capendo che Brando non si era neanche reso conto di cosa avesse appena detto “non mi tentare De Santis” gli disse malizioso “che non sono mica fatto di legno” aggiunse facendolo ridere di imbarazzo, ora che aveva capito l'allusione. Brando gli passò una mano insaponata dietro la nuca baciandolo con trasporto mentre con l'altra mano scivolava giù lungo la sua schiena afferrandogli il sedere e spingendolo con decisione contro di sé. Fabio sospirò tra le sue labbra e lo sentì spostarsi a baciargli tutto l'angolo della mascella e poi scendere sul collo. Lo afferrò per i fianchi premendoselo forte addosso. I loro corpi aderivano perfettamente l'uno all'altro. Fabio iniziò a muoversi lentamente per strofinare la sua erezione su quella di Brando, lo sentì sospirare forte. La schiuma era stata quasi tutta portata via dall'acqua. Brando lo afferrò per una spalla staccandosi da lui quel tanto che bastava a far passare la sua mano sul davanti. La lasciò scorrere per tutta la lunghezza del torace di Fabio fin giù, dove iniziò ad accarezzarlo energicamente facendogli trattenere tra i denti un'esclamazione di piacere. Strinse le dita intorno alla sua erezione facendo scivolare la mano su e giù, godendo del rossore che era esploso di colpo sul suo viso. Lo vide chiudere gli occhi sospirando.

Fabio lo lasciò fare per qualche istante, poi allontanò quasi in modo brusco la sua mano e, sorprendendo un tantino il ragazzo, si abbassò davanti a lui, piegando le ginocchia.

“oh porca troia” si lasciò sfuggire Brando quando sentì il tocco delle labbra di Fabio sulla pelle del suo punto più sensibile. Fabio iniziò a posare piccoli baci umidi per tutta la lunghezza della sua erezione, dall'attaccatura alla punta. Brando sospirò forte e gli accarezzò la testa stringendogli un po' i capelli, lottando contro l'istinto di premergli la testa contro di sé, sentiva di stare per arrivare al limite dell'eccitazione.

“Fà...” lo chiamò dopo poco “non ce la faccio più” e nel dire questo gli strinse una spalla, tirando su per convincerlo ad alzarsi, e lo girò con forza, spingendolo di mala grazia contro la parete di piastrelle della doccia facendo aderire tutto il corpo al suo poi, rendendosi conto di essere stato brusco, si forzò a calmarsi per entrare dentro di lui con delicatezza. Lo sentì sospirare forte. Gli passò un braccio intorno alle spalle, vicino al collo, e l'altro sotto il braccio sinistro, afferrandogli la spalla e stringendolo contro di sé. Fabio si sorresse con tutte e due le mani sul muro mentre Brando faceva aderire completamente il torace con la sua schiena. Iniziò a muoversi ritmicamente, sprofondando il viso nel suo collo, posando piccoli baci nel punto in cui poggiava le labbra. Entrambi sospiravano forte, il vetro del box doccia cominciava ad appannarsi. Fabio sentiva il piacere farsi sempre più intenso, i suoi sensi erano occupati interamente dal rumore dell'acqua e dal respiro caldo di Brando sul collo. Inarcò un po' la schiena portando la testa indietro per cercare le sue labbra mentre le spinte si facevano via via più decise e frequenti. Brando spostò la testa di lato a sua volta, per baciarlo sulla bocca mentre lui gli affondava una mano nei ricci, tirandoglieli.

D'un tratto lo sentì tremare, facendo un verso soffocato, e abbandonando per un attimo tutto il peso tra le sue braccia. Era venuto. “Fà... dì il mio nome” esalò contro la sua guancia “dì il mio nome” “Brando...” lo chiamò lui in un sospiro affannoso. Tanto bastò per fare arrivare all'apice del piacere anche lui. Lo tenne stretto ancora per un attimo, prima di staccarsi da lui piano, permettendogli di girarsi. Fabio gli afferrò il viso tra le mani baciandogli in rapida successione guance, occhi, fronte e naso, poi lo lasciò andare e si dedicò anche lui a riprendere fiato.

 

Fabio si strofinò un asciugamano sulla testa guardando Brando che si spruzzava il deodorante. Si erano dovuti rilavare da capo quando avevano finito, e ora tra la corsa e il resto si sentiva davvero esausto. Percorse con lo sguardo ogni centimetro della sua schiena, non capacitandosi di quanto adorasse ogni suo piccolo dettaglio, non solo del corpo oggettivamente bello, ma di tutto quello che lui era, nel bene e nel male: gli piaceva la sua voce bassa, con l'accento marcato, il suo sguardo duro che sorrideva solo quando guardava lui. Gli piaceva il suo tenerlo sempre sulla corda, con rasoiate ironiche, e le attenzioni improvvise che aveva per lui. Il suo mettersi la felpa anche ad agosto, il sorriso d'argento per via dell'apparecchio, le labbra screpolate dai morsi che si dava di continuo, il modo in cui le sue mani lo toccavano.

“è sempre bello fare l'amore con te” si lasciò scappare, anche se era quasi un sussurro. Brando non disse niente e Fabio si fece attento, incuriosito dal fatto che non avesse risposto neanche per sfotterlo “che c'è?” gli chiese avvicinandosi, quando scorse attraverso lo specchio uno sguardo triste “vorrei che al mondo ci fossi solo tu” disse piano, forse neanche rendendosi conto di averlo detto ad alta voce. Fabio sollevò un sopracciglio perplesso da uno slancio simile, poi capì cosa intendeva

“ti danno ancora fastidio?” gli chiese poggiandogli il mento sulla spalla e accarezzandogli il braccio con la punta delle dita. Lui non rispose, ma il suo silenzio era piuttosto eloquente. Brando si morse il labbro inferiore dal nervoso. Quando stava solo con Fabio aveva la sensazione di essere esattamente dove doveva essere, ogni gesto sembrava il più giusto del mondo, si sentiva a posto, e detestava che di tanto in tanto ci fosse ancora qualcuno che, con uno sguardo o una parola, riuscisse a farlo sentire uno schifo “dai che tra qualche mese siamo fuori di lì” gli disse Fabio in quel momento, alludendo al Collodi, poi gli stampò un bacio sulla tempia afferrandolo per il lato opposto della testa. Brando fece un piccolo sorriso e girò il viso per accarezzargli la guancia con la punta del suo naso affilato, poi le sue labbra si arricciarono in un ghignetto bastardo “sì, comunque l'ho notato che ti piace come ti scopo, mi sa che l'hanno notato pure i tuoi vicini” rise. Fabio si staccò di lui tirando indietro la testa e scuotendola “bentornato, stronzo” gli disse mollandogli un leggero schiaffetto prima di uscire dal bagno, fintamente offeso “oh... cazzo.. Brando si” lo prese in giro ad alta voce lui “vaffanculo!” gli urlò Fabio da fuori,ridendo. Brando scoppiò a ridere a sua volta “ti voglio bene anch'io!”

 

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Capitolo 14
*** cap 14 ***


cap 14 – DUE SETTIMANE DOPO

 

 

I ragazzi uscirono di casa senza fretta quella mattina, miracolosamente non erano in ritardo.

“dammi le chiavi che intanto tolgo la catena” disse Brando con un movimento della mano mentre Fabio chiudeva il portoncino.

Quando lo raggiunse lo vide che molto tranquillamente si era seduto al posto di guida, aveva anche tolto il cavalletto. Si avvicinò scuotendo un dito “bella battuta” gli disse facendogli alzare un sopracciglio sorpreso “motorino mio guido io” aggiunse Fabio afferrando il volante sotto le mani di Brando e sedendoglisi di prepotenza davanti, spingendolo dietro sul sedile con la schiena. Brando rise alzando le mani “va bene va bene” cantilenò “lo so che ti piace quando ti sto dietro” aggiunse con un sorrisino bastardo sfottendolo. Fabio scosse la testa mettendo in moto, cercando di non dargliela vinta ridendo “una volta o l'altra mi ci metto io dietro, poi vediamo se ridi” la risata di Brando fu coperta dal rumore del motore che sgasava.

Appena fuori dal vialetto il moro, con molta naturalezza, si sporse in avanti poggiando le spalle sue quelle di Fabio, e le mani sulle sue cosce. Fabio gettò una rapida occhiata giù, a valutare la posizione delle mani dell'altro che, per quanto piacevole, giudicava un po' troppo vicina al suo inguine date le circostanze. Tuttavia Brando sembrava essere rilassato, le teneva semplicemente lì, e Fabio non voleva allontanarlo, dato quanto ci aveva messo ad accettare un contatto intimo tra loro fuori casa.

Neanche il tempo di fare due semafori che si pentì della sua decisione.

Di colpo avvertì le dita di Brando irrigidirsi, segno che tramava qualcosa, Fabio deglutì, gli sembrava quasi di vederlo il sorriso bastardo che si allargava sul suo viso “Bra, non ci pensare nemmeno” gli intimò alla cieca “non fare il coglione, che ci fai ammazzare”

Non servì a niente. Un istante dopo, lesto come cobra, Brando si mosse e strizzò per un attimo le parti basse di Fabio nella mano, facendolo sobbalzare dal male. Il motorino fece una svisata paurosa, una Panda verde bottiglia gli suonò il clacson più forte che potè addosso, frenando per non prenderli. Brando rise forte mentre Fabio snocciolava tutto il corollario di parolacce che conosceva “MA SEI SCEMO????” gli urlò Fabio quasi contemporaneamente al conducente della Panda “ma li mortacci vostra!!!!” imprecò l'uomo sbracciando dal finestrino “pischelli di merda!!” Brando si girò per alzargli un dito medio continuando a ridere come un cretino. “tu sei tutto matto” gli stava dicendo Fabio cercando di ricomporsi “che cazzo te ridi che per poco non famo er botto!” “va bene scusa, scusa” ridacchiò lui “m'hai fatto pure male...” borbottò Fabio a voce più bassa “povero amore mio” chiocciò Brando sfottendolo “dopo ti do un bacino sulla bua” e scoppiò di nuovo a ridere “ridi su sto cazzo...” Brando tossì per smettere di sbellicarsi, quando Fabio diceva troppe parolacce voleva dire che stava passando la misura “va bene, basta la smetto, scusa” gli disse calmo “faccio il bravo adesso” aggiunse riavvicinandosi di nuovo e stavolta abbracciandogli la vita, incrociando le mani sulla sua pancia “eh sarà meglio..” sbuffò Fabio in tono di rimprovero ma non scansandolo, segno che non se l'era presa sul serio.

 

 

Arrivati davanti al Collodi, Fabio si fermò ai parcheggi dei motorini. Stava ancora brontolando.

“oh dai!” lo spronò Brando togliendosi il casco e mettendolo nel bauletto “era solo uno scherzetto innocente” Fabio gli donò un'occhiataccia e poi prese ad ignorarlo mentre sistemava casco e catena. Brando fece il giro del motorino per andargli accanto mentre armeggiava col bauletto. Lo guardò fisso facendo un mezzo sorriso da cucciolo. Fabio fece finta di niente. Allora gli poggiò la fronte sul lato della testa iniziando a dargli delle lievissime capocciate. “è inutile che fai il gatto” gli disse l'altro secco “non attacca”. Brando sollevò gli occhi sempre rimanendo in quella posizione e vide l'angolo della sua bocca tendersi in un sorriso, mentre alzava gli occhi al cielo. Ghignò bastardo.

Attaccava. Attaccava eccome.

Si ritirò su dritto e Fabio si voltò a guardarlo.

Tra loro era così quasi sempre, e tutto quel punzecchiarsi piaceva a tutti e due.

 

Niccolò li vide mentre si avvicinava all'ingresso. Vide Brando toccare con la fronte la testa di Fabio e lui girarsi a sorridergli. Sollevò le sopracciglia. Sorpreso da quel gesto così intimo. In genere a scuola tenevano ancora i contatti ridotti all'osso, poteva anche capire perchè.

“bella fratè” lo salutò appena fu a portata di orecchio. Brando si voltò sorridendogli, battendogli una mano sulla spalla a mò di saluto “ciao Fa..” aggiunse il biondo insaccando le mani in tasca, ostentando più disinvoltura di quanta ne avesse in realtà. Continuava ancora a sentirsi a disagio con Fabio, per come lo aveva sempre trattato in passato. Lui rispose con un tono altrettanto imbarazzato. “le hai fatte le domande di filosofia?” gli chiese Niccolò, in un tentativo di conversazione, approfittando di quell'unica lezione che condividevano, per di più senza Brando. Fabio annuì “hai bisogno di...” gli disse torturando lo spallaccio dello zaino per tenere le mani occupate “sì insomma, se te ne manca qualcuna..” “eh? No!” si affrettò a dire Niccolò “no, no, le ho fatte, era solo per.. chiedere” concluse tirando poi un sorriso imbarazzato e voltando lo sguardo di lato. Brando sollevò un sopracciglio “oookey...” disse dardeggiando lo sguardo da uno all'altro “che atmosfera rilassata..” commentò ridacchiando “vogliamo andà Nic?” propose, e poi girandosi verso Fabio aggiunse “ci vediamo alla terza ora” Fabio annuì sorridendo e Brando lo fissò per un momento “oh! Fate come se in non ci fossi eh?” esclamò Niccolò in quel momento gesticolando. Entrambi lo guardarono straniti “si insomma, non fatevi problemi perchè ci sono io, se volete.. baciarvi tipo” buttò lì. Fabio arrossì ridendo e Brando gli rivolse uno sguardo impossibile, poi si voltò verso Fabio e gli disse “vabbè lo porto dentro prima che dice qualche altra stronzata va...” lo afferrò con un braccio intorno alle spalle e lo pilotò verso le scale.

“Ma che sei ubriaco fratè?” gli disse dopo poco “che ne so” disse il biondo scrollando le spalle “mi sembravate in vena stamattina, era per dire che per me non è un problema” Brando gli mollò uno spintone affettuoso, per mascherare il fatto che fosse arrossito “piantala va...” borbottò.

 

 

Fabio li osservò divertito mentre si allontanavano.

“occhio Fedeli, che De Santis te mette le corna!” gli urlò in quel momento il cretino di turno, da un gruppetto di gente alla sua destra. Il ragazzo lo guardò sbuffando “sì guarda me lo ha detto che ci hai provato con lui, ma tanto non gli piaci, rinunciaci” gli rimbeccò a voce alta, facendo sghignazzare quelli che erano con lui “boooooo! Abbozza fratè” lo prese in giro il ragazzo che gli stava più vicino. Quello guardò male Fabio per un attimo, ma poi rinunciò a qualsiasi proposito quando vide Damiano Younes avvicinarsi a lui. Sbuffò e si girò a trascinare via i suoi amici borbottando un “non ne vale la pena” degno della favola -la volpe e l'uva-

“oh” salutò Damiano tranquillamente stringendo per un attimo la spalla di Fabio, non si era accorto del siparietto di poco prima “oh..” rispose Fabio sorridendo “m'hai salvato mi sa” scherzò “in che senso?” gli chiese il ragazzo aggrottando le sopracciglia “niente niente.... Chiara?” buttò lì per cambiare argomento. Damiano si incupì leggermente “ma che ne so... sta sempre impicciata co Ludovica... ha detto che ci raggiunge dopo” masticò evidentemente infastidito dalla cosa. Fabio annuì con aria grave “hai voglia di parlarne?” gli chiese sollevando le spalle, ma l'altro stava già scuotendo la testa “no, niente posta del cuore stamattina. Dai accompagnami a fumare” buttò lì mollandogli una poderosa pacca sulla schiena. Fabio resistette alla tentazione di massaggiarsi il punto colpito, per non fare figuracce, e lo seguì.

 

 

 

 

Nel frattempo Brando e Niccolò stavano salendo le scale chiacchierando. Di tanto in tanto qualcuno li salutava e loro rispondevano con un gesto della mano o una parola. Di fronte alla porta della loro classe Vittorio e un altro gruppetto di ragazzi della squadra discuteva animatamente. “a stronzi!” li salutò uno di loro con un gran sorriso, andandogli incontro per battergli il palmo sulla mano prima di stringergliela. Si avvicinarono agli altri “oh ragazzi” disse Vittorio entusiasta “ci venite sabato al Macro? Fanno una specie di evento, suonano pure” “c'è pure l'open bar! Si paga solo l'ingresso” gli fece eco il ragazzo biondino vicino a lui. “sicuro” annuì Niccolò “si, certo” confermò il moro facendo schioccare la lingua sull'apparecchio “oh Bra...” gli disse Vittorio a quel punto “se vuoi... ecco, portati pure Fabio..” buttò lì, un po' in imbarazzo. Le labbra di Brando fremettero un attimo per trattenere il sorriso che minacciava di uscirgli “glielo dico.. ma non credo verrà, non gli piacciono molto 'ste cose” disse

 

-e poi voi je state tutti sur cazzo- aggiunse mentalmente

 

Nonostante, dopo le sue parole, un'espressione di sollievo fosse comparsa sul viso di Vittorio, Brando apprezzava lo sforzo che stavano facendo per lui. Non ci avrebbe scommesso neanche un euro qualche settimana prima, ma capiva pure perchè Fabio non volesse saperne di loro, dopo anni di vessazioni.

“mi scappa da fumare” sentenziò Niccolò a quel punto, cominciando a frugarsi nelle tasche “c'abbiamo tempo me sa” rispose Brando scuotendo un attimo il braccio in alto per scoprire l'orologio. Si incamminarono verso l'uscita d'emergenza.

Davanti alla porta della prima aula Carlo e Filippo stavano chiacchierando. Carlo vide Brando per primo, dato che era di fronte, i due si lanciarono una breve occhiata, tornando poi ad ignorarsi. Filippo seguì lo sguardo dell'amico voltandosi e i suoi lineamenti si indurirono nel riconoscere il riccio. Lui gli restituì lo stesso sguardo rancoroso. Paradossalmente gli stava più sul cazzo lui di Carlo. Non se lo levava dalla testa quello che aveva fatto a Fabio quel giorno.

Filippo ghignò e gli fece cenno di leccare una penna che aveva in mano. Brando sollevò un sopracciglio e gli fece un dito medio, guardandolo come a dire -idiota-

“ah Bra! Te lo succhia bene Fedeli?” gli disse lui mentre Carlo rideva, questa volta però Brando non perse la testa “madonna sei fissato col mio uccello Filì! Non è che niente niente ti piaccio?” lo sfottè facendo ridere stavolta un po' tutti i presenti. Filippo grugnì di disappunto mentre Carlo lo afferrava per la giacca e cominciava a tirarlo via.

Niccolò rise mentre invece Brando si incupiva.

Raggiunsero l'uscita per la scala antincendio e uscirono sul ballatoio di metallo.

“oh ammazza l'hai fucilato là” gli disse il biondo mettendo le mani a coppa per accendersi la sigaretta. Brando sbuffò e afferrò anche lui una sigaretta dal pacchetto “che stronzo... ce l'ha sempre in bocca Fabio, mi fa proprio rode er culo” borbottò accendendo la cicca e tirando una lunga boccata di fumo con la mano poggiata sulle labbra. Si poggiò coi gomiti alla balaustra e si affacciò fuori espirando il fumo. Niccolò gli andò vicino “lascialo perde, è un deficiente... finchè non gli mette le mani addosso ignoralo” sentenziò scrollando le spalle. Brando irrigidì le spalle al solo pensiero “ce deve solo provà a rifallo” disse secco. Poi di colpo il suo sguardo si fece attento, notando qualcosa proprio sotto di loro, in strada.

“Fratè... ma questa qua sotto non è la macchina di Filippo?” gli chiese mentre un sorrisino malefico gli si dipingeva in faccia. Niccolò si affacciò anche lui dalla balaustra “me sa de si...” disse e poi stringendo gli occhi per un attimo aggiunse “anzi leva il me sa... è la sua, riconosco quei cazzo de dadi rossi di peluche appesi allo specchietto” si girò a guardare il moro che aveva su quell'espressione bastarda di quando architettava qualcosa “oh oh... che voi fa Bra?” chiese ridacchiando, ma ciccando la sigaretta proprio sul cofano della macchina sottostante, a sottolineare che qualsiasi nefandezza pensasse gli andava bene. Brando lo guardò e sorrise, scoprendo tutto il filo metallico del suo apparecchio, poi tirò fuori dalla tasca le chiavi della macchina, che si portava sempre appresso “hai voglia di saltare la prima ora?”

 

 

Fabio gonfiò le guance per trattenere uno sbadiglio, ed esultò mentalmente quando vide la prof chiudere il libro e alzarsi “per la prossima volta finite il capitolo e rispondete alle domande in fondo alla pagina” intimò puntando un dito verso la classe, che tuttavia aveva già cominciato ad ignorarla. Fabio si stiracchiò sul banco e iniziò a raccogliere le proprie cose per spostarsi nell'aula di filosofia.

Damiano e Chiara si avvicinarono, notò che si tenevano per mano, quindi immaginò che qualsiasi questione ci fosse fino a quella mattina si fosse risolta.

“io, Chiara e Ludovica andiamo al cinema domenica” buttò lì Damiano “voi venì?” “certo!” esclamò Fabio sistemando le penne nell'astuccio “a vedere che?” chiese rivolgendosi a Chiara, mentre si incamminavano fuori dalla classe. Il corridoio era invaso di studenti. “Damiano e Ludo vogliono vedè uno di quegli splatteroni indecenti” spiegò lei, schivando con la spalla uno che andava nella direzione opposta, berciando con i suoi amici “ti prego non mi lasciare sola..” chiocciò sorridendogli amichevolmente. Fabio ricambiò il sorriso e poi, una volta in classe, affrettò il passo per occupare uno dei banchi in fondo “certo, sì, vengo volentieri” disse piantando lo zaino sul tavolo “portati pure Brando” sentenziò a quel punto Damiano, facendolo voltare di scatto a guardarlo “sei sicuro?” gli chiese infatti lui con un sopracciglio sollevato. Quello fece una smorfia ironica “ma sì, tanto lì è buio e non lo devo vede in faccia” scherzò. Fabio ridacchiò e poi tornò a guardare Chiara , che insieme a Damiano aveva preso il banco davanti al suo “va bene per te?” le chiese in tono premuroso. La ragazza ci mise un secondo di troppo a rispondere, tanto che Damiano le mollò una leggera gomitata “ma sì, ovvio” disse quindi, facendo un sorriso di palese circostanza, prima di girarsi.

Fabio annuì mentre il professor Rivelli guadagnava la cattedra.

 

 

A fine lezione si stava prendendo un paio di minuti per chiacchierare prima di muoversi. Ludovica, seduta con le gambe accavallate sul suo banco, stava raccontando di un locale con luce ultravioletta in cui l'aveva portata un suo amico, quando con la coda dell'occhio notò Brando entrare in classe guardandosi intorno. La terza ora ce l'avevano nell'aula in cui lui stava già, teoricamente..

 

ma che era venuto a fare?

 

Lo vide notarlo e avvicinarsi dopo un accenno di sorriso. Ludovica divenne muta non appena se lo ritrovò di fronte, anche Chiara lo guardò da sotto in su

“hei” disse lui rivolto a Fabio “ragazze...” aggiunse tirando un sorriso finto e facendo scattare per un attimo le sopracciglia in su. Ludovica gli rivolse uno sguardo di fuoco scendendo dal banco e superandolo diretta all'uscita “hem... ciao” buttò lì Chiara con un sorrisino tirato un attimo prima di correre dietro all'amica “Fabio ci vediamo dopo!!” esclamò da lontano. Il ragazzo sospirò mentre Brando le guardava andar via con un sopracciglio sollevato “che dici, quella farà così per sempre ogni volta che mi vede?” chiese tra l'ironico e il seccato accennando con il mento al punto in cui Ludovica era sparita. Fabio si alzò raffazzonando le penne nell'astuccio “considerando quello che le hai fatto, è già tanto che non ti sputa” commentò lanciandogli un'occhiata di rimprovero. Brando fece una smorfia per concordare “che sei venuto a fare a proposito?” gli stava chiedendo Fabio mentre chiudeva la zip dello zaino “non siamo in aula 2?” “ti so venuto a prende, non arrivavi” ammise candidamente lui con un sorriso, facendogli un buffetto, con il dorso del dito indice, sul naso. Fabio si incamminò precedendolo, per non fargli vedere che era arrossito di piacere a quelle parole.

“Sabato gli altri vogliono andà al Macro” buttò lì Brando mentre varcavano la soglia “hanno detto sei voi venì..” Fabio lo guardò ispirando a fondo e sollevando le sopracciglia al massimo “tu vuoi che venga?” chiese, facendogli capire che lo avrebbe fatto solo per lui. Brando scosse la testa “gliel'ho detto che sti posti non te piacciono” disse mentre percorrevano il corridoio “oh grazie a dio...” commentò Fabio facendolo ridere.

“domenica ti va di andà al cinema invece?” gli chiese quindi a bruciapelo, cambiando argomento. Brando capì dal nervosismo nella sua voce che non sarebbero stati soli “co l'amiche tue??” chiese scettico aggrottando la fronte “guarda che me l'hanno detto loro! Di invitarti...” specificò, glissando sul fatto che in realtà era stato Damiano, e che non era nemmeno certo che Ludovica LO SAPESSE. Brando sbuffò, non facendo i salti di gioia all'idea “a vedè che?” chiese “mi pare che si chiama -la confraternita- tipo” rispose Fabio gettandogli un'occhiata. Il viso del moro si illuminò scoprendo un sorriso a 3000 denti “quello trashissimo???? vengo” “sul serio?” chiese l'altro, sorpreso di quella repentina botta d'entusiasmo “certo! Adoro queste schifezze!” ammise Brando, e poi prendendolo per il gomito e avvicinandosi al suo orecchio aggiunse “dai cosa c'è di più bello di un paio di tette rifatte giganti, che vengono pugnalate e scoppiano!” Brando rise forte, stringendogli di più il gomito, mentre Fabio con gli occhi chiusi e la faccia nel palmo della mano, scuoteva la testa ridendo e appoggiandoglisi un po' addosso.

 

 

 

TERZA ORA

 

La lezione della Bellardini era uno degli unici due corsi che seguivano insieme. Italiano.

Poi c'era matematica con Il professor Mallio, all'ultima ora di quel giorno.

Fabio occhieggiò Brando che, seduto alla sua sinistra scarabocchiava ghirigori sull'angolo del quaderno, profondamente annoiato. Gli faceva ancora strano averlo come compagno di banco dato quanto si erano tenuti a debita distanza in passato. Lui perchè, diciamoci la verità, aveva un po' timore di lui una volta. Brando... forse, pensò un piccolo lato vanitoso del suo cervello, magari perchè gli piaceva già e stare nel suo stesso metro quadro lo avrebbe messo a disagio.

Un angolo della bocca gli fremette per curvarsi in un sorriso a quel pensiero, e lottò per trattenerlo.

Lo guardò di nuovo.

Era così bello poterlo avere tanto vicino mentre erano a scuola, davanti a tutti quanti. A Fabio sembrava quasi di ostentarlo in quel modo, che sì, stavano insieme, non si vede?

Dopo averlo tenuto nascosto per tanto tempo.

Certo indubbiamente era stato eccitante lanciarsi sguardi di fuoco da lontano, o incontrarsi di straforo nei bagni o in qualche altro posto appartato, però tutto sommato quello continuavano a farlo, la cosa impagabile per lui era averlo seduto lì a fianco, come fosse la cosa più normale, durante la lezione. Indugiò un attimo con lo sguardo sul ricciolo che gli scendeva sopra al naso in quella posizione china, fremendo dalla voglia di spostarglielo dal viso con una carezza, ma trattenendosi di forza.

“ora” esclamò la professoressa alzandosi per puntare la penna elettronica sulla LIM “se guardate questa raffigurazione cinquecentesca dell'inferno di Dante, potrete notare delle differenze” spiegò. Tutta la classe, compreso Fabio, alzò il viso dal quaderno per osservare il disegno.

Fu allora che sentì un tocco leggero alla mano sinistra, che ancora teneva poggiata sul banco. Guardò in basso e vide che Brando aveva avvicinato la mano che stringeva la penna alla sua e, fingendo di interessarsi alla lezione, gli stava accarezzando il dorso della mano con il mignolo. Fabio si morse il labbro sentendo le farfalle nello stomaco per quel piccolo gesto che ancora, lì in quell'ambiente, sapeva di proibito. Brando si voltò appena per lanciargli un'occhiata e un accenno di sorriso mentre continuava ad accarezzargli la mano. Poi riportò lo sguardo sulla lavagna e, fingendo indifferenza, spostò la penna sul quaderno di Fabio, iniziando a disegnare qualcosa a memoria.

A Brando sembrò quasi di vederlo il sorriso che si allargava sul viso di Fabio. Gli stava riempiendo l'angolo del quaderno di immagini di caramelle.

Dopo qualche istante sentì la mano di Fabio stringere forte per un attimo la sua, come a dirgli di fermarsi “va bene, va bene, ho capito” gli sibilò tra i denti ridacchiando sommessamente. Soddisfatto ritrasse la mano.

 

Quando la lezione terminò lo vide alzarsi e uscire dalla classe. Lui rimase seduto, aspettando che il grosso degli studenti sciamasse fuori. Benedì il clima caldo, stavano migrando tutti in cortile per la ricreazione. Tre banchi davanti a lui Niccolò stava infilando la lingua in gola a Virginia.

Bene, non lo avrebbe cercato per un po'.

“Esci Brà?” gli disse un compagno della squadra passandogli accanto “mo vengo... devo andà al bagno” gli rispose mostrando ancora indolenza nell'alzarsi.

La classe non era ancora abbastanza vuota.

Quando giudicò le voci fuori abbastanza lontane, uscì dalla classe e si diresse a passo sicuro verso il bagno. Senza rendersene conto affrettò pure il passo nel corridoio sgombro, aveva una voglia matta di vederlo. Con sua sorpresa lo trovò poco fuori dal bagno “bhè?” gli chiese sollevando le sopracciglia “mi hanno trattenuto” fu la secca risposta. Fabio entrò per primo e Brando lo seguì con un sorrisino.

Lo vide esplorare accuratamente ogni cubicolo per controllare che fosse tutto vuoto.

L'ultima volta che non lo aveva fatto era finita piuttosto male per lui. Immaginava che ora non sarebbe più successo, dato come le cose erano cambiate tra loro, ma meglio non rischiare. Brando lo seguì con gli occhi per un po', poi spazientito da tanta scrupolosità, gli si avvicinò alle spalle mentre ancora si affacciava all'ultima porta.

Fabio si fermò percependo la presenza del moro alle sue spalle, gli era così vicino da poterne quasi avvertire il calore corporeo. Brando gli poggiò le mani sui fianchi e le lasciò scorrere lentamente verso l'alto fin sopra la vita e poi di nuovo giù. Fabio sentì una scarica di brividi che seguivano esattamente ogni centimetro dove Brando posava le mani. Era quasi spaventoso l'effetto che gli faceva il suo tocco. Brando fece scivolare le mani avanti sulla sua pancia, incrociando le braccia per stringerlo. Fece aderire completamente il torace alla sua schiena e lo abbracciò stretto, incurvando anche un po' le spalle in dentro, quasi ad abbracciarlo anche con quelle.

Si chiese come fosse possibile che in sole tre ore gli fosse mancato. Si era davvero rincoglionito.

Lo tenne così per un attimo prima di girare il viso per stampargli un bacino all'attaccatura della mandibola. Fabio sorrise, avvertendo i suoi ricci scuri solleticargli le tempie

“sei in vena di coccole noto..” gli disse girando un po' gli occhi per tentare di guardarlo. Lo sentì ghignare “perchè invece tu che avevi in mente, pervertito?” Fabio allargò un sorriso che gli scoprì i denti appoggiandosi ancor di più a lui e godendosi per qualche attimo quei bacetti leggeri che stava continuando a dargli tra collo e guancia. Poi irrigidì un po' i muscoli per spostarsi, ma Brando non glielo permise, serrando le braccia e continuando a tenerlo in quella posizione

“Bra, ci vedono qui” gli sussurrò Fabio portando le mani sulle sue braccia per tentare di sganciarle “non me ne frega un accidenti” fu la secca risposta seguita, questa volta, da un bacio decisamente più prepotente sul lato del collo. Fabio lo sentì fare il vuoto con le labbra sulla sua pelle e succhiare leggermente. Avvertì un leggero dolore insieme alla scarica elettrica che quel gesto gli provocò. Si mosse di nuovo, questa volta Brando allentò la presa per lasciarlo andare se voleva, ma Fabio non intendeva affatto spostarsi, si girò nel suo abbraccio afferrandogli il viso per le guance e fece combaciare la bocca con la sua, iniziando un bacio lento e passionale, solo con le labbra, che Brando ricambiò immediatamente. Incrociò le dita delle mani sulla parte più bassa della sua schiena e si concentrò solo su quello che stava facendo con la bocca.

“ma quanto ti piace baciarmi?” lo prese in giro Fabio sorridendo, dopo un po' “eh perchè a te invece no ve?” ribattè lui contro le sue labbra. Fabio si tirò un po' con la testa indietro, guardandolo divertito fare subito la mossa per riprenderlo. Si lasciò baciare di nuovo senza opporre ulteriore resistenza, avendo palesemente vinto quel contrasto. In un attimo le sue mani passarono dalle sue guance ai ricci bruni del ragazzo. Ci affondò le dita dentro accarezzandolo dolcemente. Brando lo strinse con un braccio per tenerlo il più possibile stretto a sé mentre con l'altra mano lo afferrava per la nuca per non permettergli assolutamente più di spostarsi.

Si stavano ancora baciando quando un forte rumore di bussata, contro la porta principale del bagno, li fece sobbalzare e separare talmente di scatto che le loro labbra fecero uno schiocco

“oh che dite posso annà a piscià????” la voce bassa di Damiano, che suonava decisamente più divertita che scocciata, li raggiunse da fuori. Si guardarono. Con gli occhi spalancati. Fabio andò ad aprire la porta mentre Brando si passava istintivamente il dorso della mano sulle labbra arrossendo furiosamente. Damiano entrò spingendo Fabio di lato non appena avvertì toccare la maniglia “oh, io ve volevo lascià in pace ma siete stati capaci di baciarvi per 10 minuti consecutivi!” sbraitò “dio...” aggiunse in qualità di commento schifato. Fabio si massaggiò gli occhi con pollice e indice della mano “fammi capire... sono 10 minuti che sei lì fuori?” gli chiese incredulo mentre Brando se ne stava semi seduto su uno dei lavandini con la faccia rossa e gli occhi che fissavano il soffitto. Damiano gli gettò un'occhiata divertita “rilassati De Santis, prima che te viene un colpo” quello abbassò gli occhi solo per rifilargli un'occhiataccia risentita “tanto non è più un segreto me sembra no?” aggiunse Damiano rivolgendo i palmi delle mani in su con ovvietà, poi sparì in uno dei cubicoli. Fabio si avvicinò a Brando che lo incenerì con lo sguardo, tanto per gradire “ma tu non eri quello a cui non fregava un accidenti?” gli disse Fabio stringendo poi le labbra per non ridere “te stai zitto??” lo rimbeccò il moro “ci vediamo dopo” lo salutò Fabio con tranquillità, certo che non fosse veramente arrabbiato. Infatti quando si sporse e gli diede un bacio a stampo, Brando lo riafferrò immediatamente per la manica della giacca, per lasciargliene uno a sua volta. Poi si alzò dal lavandino e lo precedette all'uscita, non avendo nessuna intenzione di rivedere la faccia di Damiano almeno fino al giorno dopo.

 

Fabio attese qualche secondo e poi uscì dal bagno. La ricreazione era quasi finita e il corridoio si stava ripopolando.

Nonostante ciò, urla e schiamazzi disumani sembravano ancora provenire dal cortile. Troppi per una normale ricreazione. Fabio, incuriosito, si avvicinò a una delle finestre del corridoio, ma neanche il tempo di affacciarsi che una pioggia di notifiche sul cellulare gli fece vibrare ripetutamente la coscia. Tirò fuori il telefono, mentre la quasi totalità dei presenti intorno a lui faceva lo stesso, attirati dal medesimo richiamo. Qualcuno più veloce già cominciava a ridere guardando lo schermo.

Fabio aprì instagram e una direct intitolata “ragazzo sclera in un parcheggio” poppò fuori in automatico, insieme a una cascata di commenti. Il video mostrava Filippo (lui sotto ogni punto di vista) che imprecava sfuriando e menando calci all'aria davanti alla sua auto. Fabio sgranò gli occhi nel rendersi conto che dal video, e in stereo da cortile, proveniva la stessa sequela di fantasioso turpiloquio. Si affacciò di getto per ammirare il ragazzo che si disperava, circondato dall'ilarità generale. Dall'alto si vedeva benissimo la scritta -SONO UNO STRONZO- risaltare sul nero della carrozzeria. L'artista si era preso anche la briga di ripassare tutto con un ombreggiatura di grassetto. Fabio scoppiò a ridere, scorrendo il pollice sullo schermo per aggiungere un cuoricino alla miriade di commenti al video. La voce del bidello, che dalla finestra stava vedendo afferrare Filippo per sotto le braccia nel tentativo di fermarlo, lo raggiunse dal telefono “Aò!! ebbasta! Te voi calmà??? è na machina, mica tu madre!”

 

 

PIU' TARDI

 

Era l'una e mezza. Erano passati a casa per togliersi la divisa, prima di riuscire. Brando sopratutto ne aveva solo una e bisognava preservarla pulita il più a lungo possibile, era ancora giovedì.

“si vabbè però sbrighiamoci” sentenziò il moro cacciando la testa nella maglietta “che io comunque alle 6 c'ho gli allenamenti, e ti devo pure riportà a casa prima” “guarda che posso pure venire con te e mettermi a studiare sulle gradinate” replicò Fabio con ovvietà, saltellando su un piede solo per convincere il piede a passare nel buco stretto della gamba del jeans. Brando gli lanciò un'occhiata maliziosa, con un sopracciglio alzato, mentre cercava il foro della testa della felpa “sicuro che non ti distrai?” gli chiese, inumidendosi le labbra con la lingua. Fabio lo squadrò da capo a piedi “fanno quasi 25 gradi...” gli fece notare indicando la sua felpa, e cambiando prontamente argomento “il parco è umido” troncò lì Brando superandolo per uscire dalla stanza, sapendo pure lui quanto fosse strano avere freddo in pieno Aprile, con quelle temperature.

“sì, però io ho fame” lo bloccò Fabio mentre già stava scavando nella ciotola della chiavi. Brando lo guardò “beh mangiate i biscotti, o attaccati al barattolo della nutella” gli disse scrollando le spalle. Fabio scosse la testa , guardandolo male, non riuscendo a capire come potesse avere il fisico che aveva con quel suo comportamento alimentare a dir poco tossico “dai Bra... è l'una e mezza... non possiamo andà avanti a biscotti, facciamoci almeno la pasta” il moro buttò un'occhiata all'orologio e poi annuì “e va bene...” disse togliendosi il cappello e marciando verso la cucina “però facciamo la carbonara, che tempo de fa andà il sugo proprio non ce l'abbiamo” sentenziò. Fabio lo seguì fino in cucina con le sopracciglia talmente sollevate a semicerchio che quasi si confondevano con l'attaccatura dei capelli “ma perchè, tu la sai fare?” ridacchiò scettico. Brando si voltò un attimo per fulminarlo “e che ci vorrà mai!” esclamò “mettiti seduto che ci penso io”. Fabio sorrise alla sua nuca per un attimo, di quello strano modo scontroso che aveva, di prendersi cura di lui. Sorriso che dissimulò all'istante quando lui si girò di botto “'ndo sta la pentola?” gli chiese a bruciapelo. Fabio si chinò a recuperarla da un cassetto sotto al lavello “dai ti aiuto, così facciamo prima” offrì.

Brando recuperò gli ingredienti dal frigo e li stipò sul piano accanto ai fornelli, mentre Fabio riempiva la pentola d'acqua di rubinetto.

Si soffermò ad osservare il riccio che iniziava a tagliare il guanciale con un coltello dalle dimensioni preoccupanti, mentre l'acqua scrosciava nell'acciaio della pentola. Lo vide tagliare un paio di fette, poi ritirare indietro la mano con uno scatto e un'esclamazione di spavento, che lo fecero sobbalzare. Si rilassò quando lo sentì borbottare “c'è mancato poco...” ispezionandosi la mano sinistra.

Chiuse il rubinetto, accese la fiamma sotto la pentola e afferrò il gratta-formaggio iniziando a lavorare lo spicchio di parmigiano che Brando aveva tirato fuori.

Lui nel frattempo stava rompendo le uova in una ciotola. Lo guardò divertito mentre sfracellava la seconda, stretta troppo forte e, masticando parolacce, recuperava i pezzi di guscio da dentro la ciotola.

Brando era un po' goffo in certe cose, a dispetto della manualità che aveva a disegnare, o della coordinazione in ambito sportivo. In cucina era decisamente imbranato. Era una di quelle piccolezze che Fabio aveva scoperto vivendoci insieme, e che amava tenere gelosamente per sé, nel pacchetto di cose di Brando che erano solo sue.

“che me guardi..?” gli chiese lui sorridendo sornione, strappandolo ai suoi pensieri “che te sei imbambolato?” Fabio arrossì, voltandosi e grattando più energicamente “hai finito?” gli chiese stavolta in tono più pratico il moro, traendolo d'impaccio senza volere “sì” sentenziò lui rovesciando il parmigiano nelle uova sbattute, poi ci buttò il sale e il pepe recuperandoli da sopra una mensola. L'occhio gli cadde sul guanciale, tagliato e ancora abbandonato sul tagliere

“quello lo devi cuoce Bra...” gli disse indicandolo “ah, dici?” gli chiese lui perplesso. Fabio trattenne una risata “eh si, dico...”. Brando si grattò per un'istante la nuca, come faceva spesso per dissimulare l'imbarazzo, quindi prese una padella piccola e ci buttò di mala grazia il guanciale mettendola sul fornello più piccolo. Allungò una mano, decidendo di mescolarlo con il cucchiaio d'acciaio che Fabio aveva incastrato tra le pentola dell'acqua e il suo coperchio, ma non appena lo afferrò lo lasciò cadere quasi lanciandolo sul piano da lavoro, in un istintivo riflesso di dolore “porca troia!!!” urlò portandosi subito la parte centrale delle dita sulla bocca per stemperare il bruciore con la saliva. Il cucchiaio col vapore dell'acqua si era arroventato. “ma che cazz..” masticò Fabio afferrandogli all'istante il polso, e strappandogli la mano dalla bocca. Lo tirò verso il lavandino e gli aprì subito l'acqua ghiacciata sulla mano. Brando sospirò di sollievo “vabbè però sei una piaga!” lo sgridò stancamente, concentrato a vedere se la pelle gli si stesse arrossando “quando ne fai una giusta sparate Bra...” borbottò volendo risultare arrabbiato, quando in realtà, mentre gliela teneva sotto l'acqua, gli stava accarezzando col il pollice il polso, come per alleviargli in quel modo un po' il dolore.

Brando osservò il suo profilo, mentre era intento in questa operazione, e il labbro inferiore gli fremette nel tentativo di sopprimere il sorrisino che voleva uscire fuori. Gli piaceva quando si prendeva cura di lui, anche se ostentava tutto il tempo che gran seccatura fosse, ci metteva una dolcezza che lo facevano sempre sentire a posto.

“ecco” disse in quel momento Fabio asciugandogli la mano con il canovaccio “come nuovo” dichiarò stampandogli un bacino scherzoso sulle dita arrossate dalla bruciatura. Brando gli sorrise “grazie..” soffiò chinandosi appena per lasciargli un bacio a stampo sulle labbra, e poi allontanandosi solo di qualche centimetro aggiunse “a proposito di baci dove ti fa male... io ti avevo promesso qualcosa mi sembra..” sussurrò con aria maliziosa girandolo di più verso di sé con una mano sulla vita. Si avvicinò di nuovo alla sua bocca ma si ritrovò a baciare il palmo della mano di Fabio, che aveva intromesso tra le loro labbra. Quello gli sorrise, divertito della sua espressione contrariata “non adesso Bra” gli disse in tono sicuro allontanandosi poi di un passo indietro “che qua si brucia tutto!” aggiunse indicando il guanciale che cominciava a fischiare, scoppiettando. Brando si affrettò a spegnere il gas e poi tornò a guardare male Fabio “vabbè, va a mette i piatti va...” commentò in tono offeso, facendo aria con la mano come a scacciarlo.

Fabio sorrise divertito e gli passò dietro per raggiungere la credenza “stai tranquillo che più tardi vengo a riscuotere!” e nel dire questo gli mollò una scherzosa pacca sul sedere “no beh ma fai eh! Accomodati pure!!” esclamò ad alta voce Brando, in tono sarcastico “ah davvero?” ribattè Fabio ridendo “beh grazie” aggiunse dandogli un'altra pacca, e stavolta lasciando pure lì la mano, a strizzargli la parte “la vuoi piantare!!!!” rise Brando voltandosi , proprio mentre Fabio gli si avvicinava di slancio, baciandogli il sorriso che stava facendo. Il moro ricambiò il bacio approfondendolo subito, e stavolta Fabio lo lasciò fare. Ma fu Brando a staccarsi dopo pochi secondi “dai levati” gli intimò spingendolo lontano da sé con un gomito “vatte a mette seduto”.

Fabio si sedette dopo aver apparecchiato e lanciò uno sguardo affettuoso alla sua testa riccia.

Gli andava di andare alla villa eh... ma con lui sarebbe stato bene pure in una fogna.

 

 

Dopo qualche minuto erano seduti a tavola. Fabio osservò perplesso il piatto di pasta che aveva davanti, con dentro del guanciale semi carbonizzato e quelle che avevano tutta l'aria di essere palline di polistirolo espanso gialline. Prese una forchettata e se la infilò in bocca.

“beh dai...” commentò masticando “si lascia mangiare....” disse lanciandogli un'occhiata. Brando lo fulminò “Fà... fa cagare... lo puoi dire..” affermò secco “ma no dai...” tentò ancora il ragazzo, mandando giù un'altra forchettata. Il moro sollevò un sopracciglio “non capisco se fai così perchè ti faccio pena o se mi stai proprio perculando apertamente” Fabio scosse la testa masticando “vabbè, ma no... la pasta l'hai tirata su al dente, dai” sentenziò facendolo ridere “Fabio Fedeli” esclamò “trova il lato positivo pure sulla mmerda!” rise “concima...” ribattè Fabio. Brando scoppiò a ridere mettendo una mano sugli occhi, poi lasciò andare un sospiro per calmarsi “beh d'altra parte... hai visto qualcosa di salvabile pure su di me..” aggiunse diventando un filino più serio. Ma l'altro non sembrava intenzionato ad abbandonare la modalità spara cazzate che aveva inserito “beh te è facile.. hai quelle belle chiappe..” commentò “Fedè la smettiamo di parlare del mio culo???” questa volta fu Fabio a mettersi a ridere. Intanto stavano comunque vuotando i piatti.

Ogni ilarità venne soppressa dal rumore delle chiavi nella toppa. Era rientrato Giovanni. Fabio espirò lungamente aria guardando il soffitto per frenare la crisi di risate che gli era presa, mentre Brando provò a trattenersi, ma il risultato fu una pernacchia nel tentativo di soffocare la risata. Sghignazzò.

“piantala!” gli disse Fabio tirandogli un calcio sotto al tavolo “che sennò riattacco pure io!”

Dovevano calmarsi, probabilmente, dopo il casino che si era sollevato a scuola per via della macchina di Filippo, Giovanni aveva passato una mattinata non proprio piacevole a scuola, erano arrivati anche i genitori del ragazzo sul piede di guerra. L'uomo non doveva essere affatto di buon umore.

Riuscirono a ricomporsi proprio mentre i suoi passi, dopo essersi affacciati in camera, si avvicinavano alla cucina. Quando Giovanni entrò li trovò seduti a tavola coi piatti vuoti. Brando giocherellava con la forchetta, come se avesse appena finito di usarla, Fabio si stava versando dell'acqua.

“ciao papà” lo salutò con tranquillità, venendo però ignorato. Giovanni si avvicinò e afferrò il bordo della pentola sbirciandoci dentro. Grugnì di disappunto nel trovarla perfettamente vuota “certo che potevate pensare anche a me eh” borbottò “io cucino per voi tutti i giorni..” aggiunse in tono risentito, sfogando sul finto bersaglio fame il suo nervosismo. Fabio si rammaricò sul serio “scusa pà... non sapevamo tornassi per pranzo” ammise dispiaciuto alzandosi per sparecchiare. Brando lo seguì in piedi, più che altro perchè stare più in basso di Giovanni quando era arrabbiato lo metteva a disagio “non ti sei perso niente comunque... ho fatto una schifezza” aggiunse.

L'uomo aggirò lo sguardo in cucina, annusando rumorosamente “c'è odore di bruciato?” chiese in tono indagatore “probabilmente è la mano di Brando...” scherzò Fabio beccandosi senza fiatare la sberla al braccio che gli rifilò l'interessato. Ma il padre non sembrava in vena di scherzare “eh, Brando, tu piuttosto” lo puntò con quel suo cipiglio che ti inchiodava al muro “c'entri qualcosa con quello che è capitato alla macchina di Filippo Zenna?” Fabio sentì sudore freddo sulla schiena anche se il padre non ce l'aveva con lui, quando usava quel tono era terrificante. Brando invece, pensando che la miglior difesa fosse l'attacco, si esibì nella sua miglior espressione oltraggiata “e certo! Adesso dopo la scaramuccia che ho avuto con Carlo qualsiasi cosa deve essere colpa mia dentro quella scuola!” proruppe. Giovanni sollevò le sopracciglia, sorpreso dalla sua reazione “perchè dai per scontato che sia stato io? Perchè non hai chiesto niente a Fabio per esempio?” continuò lui sbracciando, mentre Fabio impallidiva per essere stato tirato in mezzo “beh, bella fiducia che hai in me eh?” stava dicendo ancora Brando incrociando le braccia e girando il viso di lato come se non volesse più guardarlo in faccia. Giovanni chiuse gli occhi e cominciò ad agitare le mani come a dirgli di smetterla “va bene, va bene... d'accordo” esalò “hai ragione scusa, sono saltato a conclusioni, non c'è bisogno che ti scaldi cosi” aggiunse pizzicandosi la radice del naso con due dita, come a dire che ora non aveva proprio energie per gestire la sua sensibilità maltrattata. Si avvicinò ai due ragazzi, donandogli un buffetto affettuoso a testa “sono solo stanco al pensiero di tutte le grane che mi porterà questa cosa” spiegò guardando Brando, che annuì sorridendogli, come a dire che capiva e che non se l'era presa. Giovanni si voltò e si avviò fuori dalla cucina “vado a stendermi un po' va, ci penserò dopo, voi non fate casino” sentenziò “sì” si affrettò a rispondere Fabio “tanto stavamo uscendo” aggiunse. L'uomo sollevò un braccio in segno di approvazione mentre spariva nel vano della porta “bene, prima pulite qui eh” disse in tono stanco. I due ragazzi annuirono anche se Giovanni non poteva vederli.

Fabio si voltò a guardare Brando con un sopracciglio sollevato, non appena il padre si fu allontanato “sei stato tu, vero?” gli chiese lapidario “ovvio che sono stato io” ammise Brando con un sorrisetto malefico. Fabio sbuffò scuotendo la testa ad occhi chiusi con un sorriso “sento che dovrei rimproverarti...” disse gettandogli un'occhiata che l'altro ricambiò con un ghigno “ma sarei poco credibile, visto quanto ho goduto a vederlo sclerare” ammise Fabio ridacchiando a sua volta.

 

 

 

VILLA BORGHESE

 

Il sole filtrava a sprazzi tra i pini altissimi. Il cielo era di un azzurro quasi brutale. In quel periodo dell'anno villa Borghese era carica di gente, in cerca di un primo assaggio di bella stagione, ma era sufficientemente grande da dare a tutti il proprio fazzoletto d'erba privato.

Fabio e Brando avevano lasciato il motorino all'ingresso e stavano percorrendo il marciapiede della porzione di muro torto interna alla villa, in cerca del punto giusto per superare la siepe e addentrarsi in uno dei prati. Camminavano fianco a fianco, chiacchierando di una serie tv assurda che avevano visto la sera prima. Fabio si era portato la reflex e di tanto in tanto si fermava a fotografare qualcosa.

“secondo me è tutto un sogno” ipotizzò mentre puntava l'obbiettivo verso l'alto, tra i rami del pino sopra di loro “macchè! Dimensione parallela ti dico..” ribattè Brando scuotendo la testa. Poi gli si affiancò guardando in alto a sua volta “si può sapere COSA stai fotografando?” gli chiese strizzando gli occhi “il sole” rispose Fabio ruotando leggermente l'obbiettivo per cambiare il fuoco. Brando sporse il labbro in fuori facendo spallucce, non capendo cosa ci trovasse di così interessante “ne avrai fatte 30 tutte uguali” borbottò quasi geloso. Fabio abbassò il capo, e poi la reflex fin sulla pancia, lanciandogli un'occhiata, prima di inquadrarlo “sorridi” gli ordinò in tono dolce, chiudendo un occhio per sbirciare nel mirino della fotocamera. Brando sollevò per un istante le sopracciglia, sorpreso, poi sorrise scoprendo il filo metallico dell'apparecchio, e Fabio scattò. Il riccio si avvicinò per sbirciare il risultato “oh” commentò in segno di approvazione “meglio io no?” scherzò.

Mentre camminavano di tanto in tanto le loro mani si sfioravano sul dorso, se uno dei due deviava appena dal camminare dritto. Ad un tratto, all'ennesimo contatto tra le loro mani, Fabio gliela trattenne nella sua, facendo poi intrecciare le loro dita. Si scambiarono un'occhiata, e Fabio gli sorrise brevemente, quasi in imbarazzo all'idea che lui si scansasse. Ma non lo fece. Lo sentì rinsaldare la presa sulla sua mano mentre continuavano a camminare “io te l'ho detto da quando compare l'orso bianco... non sono più sulla terra” disse riprendendo il discorso sulla serie tv. Fabio scosse la testa sorridendo “sarebbe banale” replicò con poca convinzione. Era troppo concentrato su quanto fosse bello passeggiare mano nella mano con lui, per accanirsi a difendere le sue teorie. Brando gli lanciò un'altra occhiata, mentre lui interrompeva il discorso per aguzzare la vista lontano, in cerca di un posto adatto. Indossava una t-shirt a maniche corte grigia scuro, con una stampa gialla, pure piuttosto striminzita. Il venticello primaverile, che a lui faceva venire la pelle d'oca sul collo, non sembrava aver alcun effetto su Fabio, che dava l'impressione di essere perfettamente a suo agio, così poco vestito. Sorrise di quanto fossero diversi.

In quel momento un motorino che passava in strada rallentò leggermente nel superarli, il conducente, un ragazzo che guidava con le ginocchia larghe e il casco a scodella slacciato , fischiò forte “ah froci!!!” gridò indicandoli ridendo. Brando liberò la mano da quella di Fabio per indicare il tipo con tutto il braccio “guarda avanti cojone! Che vai a sbatte!” gli urlò dietro, fulminandolo con lo sguardo mentre sgommava via ridendo. Poi sbuffò, riafferrando la mano di Fabio e intrecciando di nuovo le dita con le sue “che razza di coglione” ribadì, senza darci sul serio troppo peso. Fabio sorrise, del fatto che gli avesse preso di nuovo la mano, e lo tirò verso la siepe “tagliamo qui” sentenziò passando in un piccolo pertugio tra le foglie.

 

Poco dopo si erano accomodati. Brando se ne stava a pancia in su, sdraiato per metà sull'erba verde e umida e per metà sul torace di Fabio, di traverso rispetto a lui. Stava finendo la seconda sigaretta da quando si erano stesi. Fabio teneva un braccio a fargli da cuscino sotto la testa e l'altra mano poggiata sul petto di Brando, che gliela teneva stretta accarezzandogli il dorso col pollice.

Si stavano decisamente rilassando.

Fabio inspirò e espirò a fondo, facendo sollevare lentamente la testa di Brando poggiata su di lui, e desiderando che le 17:30 arrivassero il più tardi possibile. Spostò la mano che aveva sotto la testa e la mandò ad accarezzare i ricci soffici del ragazzo. Chiuse gli occhi. Ecco così poteva pure addormentarsi per quanto stava bene.

Brando invece, per quanto doveva ammettere che il tocco leggere di Fabio sui capelli gli stesse trasformando in budino ogni muscolo del corpo, era piuttosto vigile. Concentrato sul movimento rapido delle piccole nuvole nel cielo, rimuginava su varie questioni. Prese l'ultima boccata di fumo, tenendo il mozzicone di sigaretta tra pollice e indice.

“Fà...” lo chiamò dopo un po', senza distogliere lo sguardo dal cielo “uhn...” rispose Fabio ad occhi chiusi “che farai dopo?” gli chiese a bruciapelo “quando finiremo il liceo intendo.. che vuoi fare?” precisò. Fabio aprì gli occhi stranito, domandandosi se suo padre non fosse saltato fuori all'improvviso a rovinargli la siesta, poi fece un accenno di alzata di spalle, quanto glielo permetteva la posizione “a me piace fare le foto..” buttò lì, e poi lasciandosi per un attimo trasportare dalla bellezza di quel sogno aggiunse “mi piacerebbe girare il mondo, fare foto per i report di viaggi, o national geographic... ma figurati se a mio padre starebbe bene” il tono si era fatto un po' amaro sul finale “dovresti dirglielo” affermò secco Brando, ma Fabio non sembrò contagiato dal suo tono “è inutile. Lo so già che vuole che mi laurei, è stato più volte chiaro su questo” spiegò togliendo per un attimo la mano dai capelli di Brando, per fare il gesto di qualcosa che va dritto per dritto. Il moro gli strinse di più la mano nella sua “potresti iscriverti a montaggio video e fotografia, a Tor vergata c'è” buttò lì in tono sicuro. Talmente sicuro che Fabio sollevò la testa per lanciargli un'occhiata “e tu che ne sai scusa?” gli chiese divertito. Brando si mosse a disagio, non avendo voglia di raccontargli la giornata di orientamento a cui aveva partecipato. Non gli aveva detto niente il giorno stesso e non aveva voglia di farlo neanche adesso. In un certo senso aveva voluto tenere quella giornata, che aveva passato lì con Giovanni, come qualcosa di solo suo. “hem... hanno lasciato dei volantini a scuola, non li hai visti?” ribattè, recuperando forza nella voce man mano che la balla si faceva plausibile. Quei volantini esistevano davvero, ricordava che Giovanni glieli aveva nominati.

Fabio ridacchiò “accidenti De Santis, ti leggi gli opuscoli universitari? Ma che me stai a diventà una persona seria?” lo prese in giro bonariamente. Brando lo lasciò fare roteando gli occhi, sapeva che avrebbe smesso presto comunque “e tu invece? Tu hai pensato a che farai?” gli chiese infatti poco dopo, tornando serio. Brando tornò a guardare le nuvole, ripensando a quella lezione a cui aveva assistito, agli occhi infervorati di passione che aveva quel professore “voglio costruire qualcosa” disse quindi “progettare intendo... strade... ponti... stazioni magari..” spiegò meglio “grandi infrastrutture insomma” sottolineò Fabio, come a dire che aveva capito. Brando annuì “si qualcosa del genere” Fabio gli accarezzò di nuovo i capelli, stavolta solo un paio di volte, più energicamente “ti ci vedo” sentenziò con incredibile sicurezza, facendo ridacchiare Brando. Fabio portò di nuovo il braccio a fare da cuscino, dopo aver dato un'ultima carezza alla fronte del riccio, come a dirgli che ora voleva smetterla con quei discorsi. Brando rimase fermo ancora per un attimo prima di spostarsi la mano di Fabio dal petto e rotolare sulla pancia, poggiato sui gomiti, a pochi centimetri dal viso del ragazzo.

Lo osservò approfittando dei suoi occhi chiusi, studiando ogni centimetro del suo viso rilassato. Gli piaceva sotto ogni punto di vista, ogni suo particolare. Adorava le sue labbra piene e gli occhi grandi e scuri che aveva. Gli piaceva come arrossiva quando lo guardava troppo fisso, la sua timidezza, che faceva a pugni con il lato passionale che tirava fuori quando facevano l'amore. Adorava la sua pancia morbida e le mani grandi che sapeva muovere dannatamente bene. Gli piaceva come si prendeva cura di lui, la pazienza che aveva certe volte, e il modo in cui riusciva a fargliela perdere. Da quando stava con Fabio aveva provato una sensazione strana. Era come se si fosse reso conto di avere il cuore fermo prima, e solo da quando stava con lui aveva ripreso a battere. Gli sembrava che fossero due metà complementari, perfette da far incastrare insieme.

Sempre più spesso aveva iniziato a sentire un certo concetto formularsi nella sua mente... ma supponeva che sarebbe morto di vecchiaia prima di dirglielo.... sopratutto non per primo!

Sorrise appena al suo profilo, e si sporse per poggiargli un bacio un po' più lungo di un secondo all'angolo della bocca. Fabio aprì un occhio e girò un po' il viso sorridendogli. Gli fece un impercettibile cenno con la testa, per invitarlo ad avvicinarsi di nuovo. Brando non se lo fece ripetere e si avvicinò di nuovo per baciarlo. Un bacio lento, solo di labbra che fece agitare le farfalle nello stomaco di Fabio “wow..” disse staccandosi dopo un po'. Brando rise “lo so, sono bravo” scherzò “no! Cioè sì.. anche... ma non era quello che intendevo” si corresse Fabio, talmente serio da farlo smettere di prenderlo in giro “intendevo... un bel cambiamento rispetto a quando per poco mi facevi sbattere la faccia per terra sull'autobus, pur di non toccarmi” spiegò girandosi su fianco per guardarlo meglio. Brando ridacchiò imbarazzato, spostandosi per stargli precisamente di fronte, poggiandosi sul fianco destro. Fabio lo guardava ancora intensamente “Brà dimmi una cosa” gli disse serio, come colto da un pensiero improvviso “ti capita ancora di pensare... che sei sbagliato? Che io e te lo siamo?” Brando abbassò gli occhi, lasciando che le sue ciglia scure gli nascondessero lo sguardo per un attimo, ricordava il momento in cui glielo aveva detto, due giorni dopo essere arrivato a casa sua. Scosse la testa in segno di diniego, e Fabio sorrise . Un sorriso di autentica felicità. Allungò un braccio per farglici poggiare la testa e con l'altra mano lo attirò a sé per la nuca, facendo combaciare le loro bocche, che sembravano fatte apposta per incastrarsi insieme. Lo baciò con dolcezza, accarezzandogli piano le labbra con le sue. Brando ricambiò il bacio stringendogli una mano sul fianco con fare possessivo e insinuò la lingua nella sua bocca accarezzandogli con quella il labbro superiore. Fabio sospirò contro le sue labbra. Tolse la mano dai suoi capelli e con lentezza iniziò a lavorare sul davanti della sua maglia per infilare le dita sotto. Sollevò appena la felpa, la maglietta e poi la canottiera “ma quanti cazzo di strati c'hai addosso...” borbottò ridendo sentendo anche gli angoli della sua bocca tendersi per un attimo in un sorriso, mentre finalmente raggiungeva la sua pelle e iniziava ad accarezzargli la pancia piatta e definita. Brando aveva l'impressione che Fabio avesse il fuoco sotto le dita, tanto era l'effetto che gli faceva il suo tocco, approfondì il bacio ancora di più per un attimo, prima di staccarsi tirando la testa indietro “ok improvvisamente vorrei essere a casa, o almeno essere venuto con la macchina” esclamò facendolo ridere. Gli bloccò la mano e gli poggiò la fronte sulla sua “meglio che ci fermiamo Fedeli, sennò è la volta buona che ci arrestato per atti osceni in luogo pubblico” Fabio rise di nuovo togliendo la mano da sotto la sua maglia e facendo leva sull'altro braccio per mettersi seduto “hai ragione” disse facendo un profondo respiro mentre l'altro anche si rialzava. Brando guardò l'orologio “eh... me sa che dobbiamo anche muoverci sennò faccio tardi” commentò facendo per mettersi in piedi. Fabio però lo trattenne seduto con uno strattone, mentre ancora faceva dei respiri profondi poi, davanti allo sguardo perplesso del ragazzo, si indicò le parti basse, per fargli capire che ancora per un minuto almeno non poteva alzarsi. Brando scoppiò a ridere rotolandosi indietro “eh sì, me sa che bacio proprio bene” rise facendolo arrossire e mollargli un paio di pugni alla coscia.

 

 

 

 

ORE 22.00 – A CASA

 

“domani la Bellardini interroga” sentenziò Brando avvicinandosi allo specchio del bagno, scoprendo i denti per ispezionarsi l'apparecchio. Fabio, vicino a lui, fece spallucce mentre metteva il dentifricio sullo spazzolino “a me ha interrogato la settimana scorsa” ribattè, come a dire che per una volta poteva andare a scuola tranquillo. Brando annuì nello specchio “aha.. gà...” le parole gli uscirono strane dato che era indaffarato con il filo interdentale.

Fabio lo guardò a sua volta, sempre attraverso lo specchio, mascherando un sorrisino allargando lo spazzolino nella guancia. Era buffo, ma anche intimo in un certo qual modo, che avessero preso abitudine di lavarsi i denti in contemporanea.

Brando fece scivolare via il filo dalle faccette dell'apparecchio e sputò la saliva nel lavandino “non vedo l'ora di togliere questo coso” borbottò afferrando lo spazzolino. Fabio non commentò niente. Ripeteva la stessa cosa ogni sera.

“non è che non le so quelle quattro cazzate che ha spiegato eh..” precisò il riccio tornando a parlare della prof di lettere “è che proprio nun me va de esse interrogato..” aggiunse iniziando con indolenza a spazzolarsi i molari di sotto. Fabio si stava dedicando a quelli di sopra “ti capisco..” riuscì appena a dire, da quanta schiuma aveva in bocca. Si chinò per depositarla in un angolo del lavandino senza sputare troppo vistosamente. Brando si portò una mano dietro ai reni sulla sinistra strizzando un occhio dal male “ahio...” si lamentò massaggiandosi “oggi quel cretino di Luca Bigi mi è entrato con tutti e due gli scarpini nella schiena... coglione..” Fabio gli lanciò un'occhiata “ci dovrebbe essere la crema al voltaren da qualche parte, la vuoi?” chiese “naa.. non è niente” ribattè Brando scacciando l'idea con un gesto della mano e ridando poi attenzione ai suoi denti nello specchio. Fabio gli sbirciò la schiena e sollevò piano con un dito un lembo della maglietta del ragazzo per controllare la situazione “beh niente il cavolo..” commentò “hai un livido grande così” aggiunse facendogli cenno tramite lo specchio di qualcosa grande quanto un limone “sto bene ti ho detto...” cantilenò Brando girandosi per lanciargli un'occhiata intenerita della sua preoccupazione. Fabio roteò gli occhi per la sua testardaggine, si tolse lo spazzolino dai denti per dire qualcosa, e nella distrazione mandò giù la schiuma di dentifricio che aveva in bocca.

 

 

Giovanni passò davanti alla porta del bagno notando che fosse socchiusa “che schifo! Lo hai ingoiato!” sentì dire a Brando da dentro il bagno. I peli del collo gli si drizzarono di ribrezzo e, mosso da non si sa quale istinto suicida, spalancò la porta facendo praticamente irruzione nel bagno.

Fabio e Brando, entrambi con lo spazzolino fermo in bocca, gli restituirono due identiche espressioni perplesse. Giovanni li fissò per un attimo e poi arrossì di botto fino alla radice dei capelli bianchi, rendendosi conto della portata del suo fraintendimento di quanto stesse accadendo lì dentro “hem beh...” balbettò coprendosi poi gli occhi con una mano “no scusate..” farfugliò richiudendo la porta di scatto. I due ragazzi fissarono ancora per un'istante la porta per poi scambiarsi un'occhiata interrogativa “ma che j'è preso oh?” sbottò Brando ridacchiando “ma che ne so... diventa sempre più strano quello lì” ribattè Fabio scrollando le spalle “comunque dobbiamo andà a dormì presto stasera” aggiunse prima di sciacquarsi la bocca, scegliendo accuratamente l'espressione andare a dormire e non andare a letto, visto quanto i doppi sensi stuzzicavano la voglia di Brando di sfotterlo. Il ragazzo annuì asciugandosi il viso, preso stranamente in modalità seria.

 

Arrivati in camera Fabio spense la luce principale lasciando solo quella del comodino e, mentre Brando si liberava dei jeans, cominciò a cercare qualcosa accovacciato per terra vicino al letto

“Bra.. hai visto il mio caricabatterie?” chiese aggirando lo sguardo intorno. Un lampo di panico attraversò lo sguardo del riccio mentre le sue sopracciglia scattavano verso l'alto. Senza dar l'impressione di affrettarsi, agguantò il suo borsone d'allenamento e iniziò a frugarci dentro, dando le spalle a Fabio, che intanto aveva cominciato a guardarlo con sospetto “Brando....” lo chiamò in tono serio. Il ragazzo mollò la sacca per terra e si grattò la base del collo, prendendosi un momento prima di sentirlo sbraitare

 

-mo se incazza...- pensò

 

“potrei averlo lasciato nello spogliatoio... ai campi” confessò girandosi per fargli un sorrisino tirato “COSA???” esclamò Fabio ad alta voce, facendogli chiudere gli occhi per un attimo.

 

-ecco appunto-

 

“Bra!!” si lamentò il ragazzo facendo crollare le spalle e guardandolo con aria disperata “era l'unico che avevamo in due! Ma allora sei deficiente!” “vabbè me dispiace, mica l'ho fatto apposta!” replicò piccato per l'offesa “eh ma se c'hai il cervello liscio almeno non te lo portà appresso no?” ribattè Fabio voltandogli poi le spalle e battendosi le mani ai lati delle cosce scuotendo la testa. Brando roteò gli occhi approfittando che non poteva vederlo “dai non la fa tanto lunga, domani lo riprendo” gli disse. Fabio si voltò per fulminarlo con lo sguardo “e certo.. tre ce ne ritrovi...” lo rimbeccò sottolineando il concetto mostrandogli tre dita. Brando gli si avvicinò facendoglisi sotto con la testa “oh fenomeno... guarda che siamo stati gli ultimi a annà via! Là sta!” esclamò a due centimetri dal suo naso “domani la prima cosa che faccio te vado a riprende il cavetto va bene? Problema risolto” aggiunse mostrando i palmi delle mani in su, a sottolineare l'ovvio. Fabio assottigliò gli occhi guardandolo di traverso e poi sbuffò “il punto è che te perdi tutto!” insistette “bisogna statte dietro dietro come a un bambino” aggiunse superandolo e andandosi a sfilare la polo che indossava per mettersi in pigiama. Brando lo seguì con lo sguardo “se non c'avessi la testa attaccata al collo pure quella te saresti perso...” continuava a borbottare Fabio. Brando roteò di nuovo gli occhi e andò a sedersi sul letto di Fabio, con le braccia poggiate indietro a sostenere il peso del corpo, lo osservò mentre si preparava, sorbendosi tutta la ramanzina che gli stava facendo nel mentre “ecco... mo io c'ho il telefono al 3% il tuo è morto proprio... io non lo so quando cresci Bra...”

Poi a un certo punto tacque, e Brando lo seguì con gli occhi mentre in silenzio, e ancora un po' accigliato, preparava lo zaino per il giorno dopo. Ci vollero alcuni minuti.

Quando ebbe finito si avvicinò al letto. Il moro finse indifferenza ma non si mosse di un millimetro. Se addirittura voleva farlo dormire da solo, sul letto da campeggio, avrebbe dovuto dirglielo in faccia, lui non ci sarebbe certo andato da solo. Fabio stava in piedi davanti a lui, gli faceva ombra coprendo parzialmente la luce del comodino. Lo sentì sospirare e fare un passo avanti sistemandosi tra le sue gambe leggermente aperte. Gli mise una mano tra i ricci e glieli strinse un po' nel pugno, tirandoglieli appena e facendogli fare un paio di rotazioni con la testa, ma senza fargli male “mannaggia a sta testa...” sussurrò in tono stavolta tutt'altro che arrabbiato, poi gli tirò i ricci indietro facendolo guardare in su verso di lui, e si chinò in avanti poggiandogli un piccolo bacio sul labbro inferiore, poi uno su quello superiore. Brando sollevò entrambe le sopracciglia, sorpreso ma tutt'altro che contrariato. Si prese, senza muoversi, la serie di baci a stampo uno sopra l'altro che Fabio gli stava dando, mentre ancora gli tirava un po' i capelli, come per trattenerlo in quella posizione. Quando Fabio si tirò indietro per guardarlo gli fece un sorrisetto da schiaffi, che tuttavia non riusciva a nascondere quanto fosse contento “credevo che ce l'avessi con me..” disse aggrottando la fronte, fintamente confuso. Fabio scosse la testa sorridendo a sua volta “io ce l'ho sempre con te” rispose prima di chinarsi di nuovo su di lui per baciarlo. Gli dischiuse la bocca con la sua, approfondendo il bacio mentre lo spingeva a stendersi sul materasso. Brando gli poggiò le mani sui fianchi, ma non appena lo toccò Fabio gli afferrò le mani strappandosele di dosso e imprigionandogliele strette nelle sue sopra la testa. Il moro sorrise contro le sue labbra, capendo che quella sera voleva essere lui a guidare le danze, e rilassò la schiena lasciandolo fare. Fabio si staccò dalle sue labbra, spingendosi più su per andare a lasciargli una scia di baci dal polso all'avambraccio fino al bicipite, seguendo ogni centimetro di pelle lasciata scoperta dalla maglietta, per poi dedicarsi al suo collo e alla mascella. Brando stava ad occhi chiusi, godendosi quella piacevole tortura che gli stava somministrando, dato che gli aveva chiaramente fatto capire che non voleva si muovesse. Fabio, col ginocchio, gli divaricò ancora di più le gambe e finalmente si sdraiò sopra di lui facendo combaciare perfettamente i loro corpi. Brando sentì l'erezione di Fabio premere contro la sua e sorrise di nuovo.

E anche oggi si va a letto presto domani.

 

 

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Capitolo 15
*** cap 15 ***


Cap 15

 

 

DOMENICA

 

 

Fabio si svegliò spontaneamente intorno alle 10. Tirò su una mano a stropicciarsi gli occhi e, riprendendo contatto col proprio corpo, si rese conto della striscia di calore che gli premeva sull'addome. Guardò giù. Era il braccio di Brando a provocargli quella piacevole sensazione di peso. Il ragazzo stava a pancia in sotto ancora profondamente addormentato. Fabio fece un sorrisino alla sua espressione rilassata, sprofondata nel cuscino. Si girò piano nel suo inconsapevole abbraccio per recuperare il telefono dal comodino. Lo stacco dal caricabatterie

 

(sì, quel fortunello lo aveva ritrovato nello spogliatoio proprio dove lo aveva lasciato)

 

constatò l'ora e decise che era arrivato il momento di alzarsi. Scostò piano il braccio di Brando dalla sua pancia e sollevò appena la coperta per scendere dal letto. Nel farlo scoprì appena il ragazzo e notò la spalla nuda che usciva dalla coperta. Aggrottò le sopracciglia. Sollevò appena la coperta per sbirciare sotto. Solo i boxer.

Era strano, freddoloso com'era almeno la maglietta se la teneva sempre. Fece spallucce e si chinò su di lui per poggiargli un bacio sui capelli, poi uno sulla fronte. Lo vide strizzare gli occhi, e gliene diede un altro piccolino sulla guancia. Brando emise una specie di lamento.

“buongiorno raggio di sole eh..” ridacchiò Fabio seduto in mezzo al letto “so le 10” precisò. Vedendo che non dava segni di vita si avvicinò e gli accarezzò un attimo la guancia col naso prima di stamparli un altro bacio “dai Bra...” “ancora 5 minuti...” biascicò il moro con gli occhi ancora ben serrati. Data la vicinanza Fabio non potè fare a meno di sentire la zaffata di alcol che veniva dal suo respiro. Storse il naso infastidito da quell'odore “ma quanto hai bevuto?” gli chiese facendosi aria davanti al naso con la mano. Brando fece un verso sofferente, racimolando tutta la sua determinazione per mettersi seduto e si strinse la tempie tra pollice e medio della mano destra. Sul dorso aveva ancora stampato il timbro con il logo del Macro. Fabio soppresse una risatina per la sua espressione allucinata “seratona ieri eh?” lo prese in giro “potresti non urlare? Ho un mal di testa da record...” piagnucolò Brando lottando ancora per spiccicare gli occhi “non sto urlando” ridacchio Fabio. Dopo un minuto il riccio fu in grado se non altro di aprire gli occhi e di guardarlo con aria sofferente. Si passò le mani sulla faccia un paio di volte “ma i vestiti? Perchè sono senza vestiti?” chiese guardandosi addosso “ah se non lo sai tu..” commentò Fabio incrociando le braccia al petto e poi, decidendo che Brando non era nelle condizioni di subire scherzi, aggiunse “fino ad arrivare a casa ce li avevi, sono sul pavimento”. Il moro grugnì d'approvazione.

“quanto hai bevuto?” gli chiese di nuovo Fabio, questa volta con una piccola nota di rimprovero nella voce “open bar...” fu la laconica risposta. L'altro roteò gli occhi “allora mi sorprendo che tu sia stato in grado di ritrovare la strada di casa” scherzò... anche se un po' lo preoccupava l'idea di lui ubriaco fradicio alla guida.

“senti..” gli stava dicendo lui in quel momento, probabilmente cogliendo la sua disapprovazione “o bevevo o rimorchiavo, che preferisci?” gli disse ironico, cominciando a svegliarsi “preferisco aiutarti a vomitare nel dopo sbornia” rispose forse un po' troppo di fretta Fabio, facendo sogghignare Brando “ecco..” commentò continuando a massaggiarsi la fronte e poi aggiunse “tranquillo che non vomito comunque, non mi succede quasi mai, mo mi riprendo” Fabio annuì “vado a farti un caffè va, di quelli tripli, così ti snebbia il cervello” annunciò alzandosi dal letto “te lo porto qui?” aggiunse quasi sulla porta. Brando sfoderò un sorriso “oddio ti amerò per sempre se lo fai” esclamò lasciandosi ricadere di nuovo a pancia in sotto sul cuscino. Fabio ridacchiò “è una dichiarazione Bra?” il ragazzo lo guardò con l'unico occhio che sporgeva dalle braccia, messe a mo di cuscino “può essere..” ironizzò facendogli un mezzo sorriso dei suoi, che fece arrossire Fabio, suo malgrado.

 

 

 

Poco dopo stavano seduti tutti e due in cucina a fare colazione, con Giovanni che leggeva il giornale al suo solito posto. Fabio occhieggiò Brando. Si era ripreso in maniera incredibilmente repentina, doveva ammetterlo. Sembrava quasi normale anche se, a lui che lo sapeva, non sfuggiva che, ogni volta che suo padre poggiava il cucchiaino nella tazza, per Brando il rumore doveva assomigliare a un colpo di pistola alle sue tempie dolenti. Nascose il viso nella tazza di caffèlatte per non far vedere che gli veniva da ridere.

“allora ragazzi” esordì l'uomo senza tuttavia staccare gli occhi dal giornale “avete pensato all'argomento per la tesina d'esame? Ormai non manca molto..” Brando sollevò la testa guardandolo esterrefatto “wo wo wo! Così di botto? Prima del caffè? Che cattiveria..” commentò. Giovanni gli donò un'occhiata di rimprovero, con un sopracciglio sollevato “Brando, ne hai già presi due di caffè” replicò con calma “io sì, ci ho pensato” intervenne Fabio, più che altro con l'intento di toglierle l'altro d'impiccio. Il padre lo guardò piacevolmente sorpreso “ah si? Sentiamo..” gli disse. Fabio arrossì visibilmente “beh tipo... l'iconografia, per raccontare momenti storici importanti” borbottò a bassa voce, non staccando per tutto il tempo gli occhi dal contenuto della sua tazza “dalle incisioni rupestri fino alla.... fotografia” l'ultima parola la disse a volume appena udibile. Brando gli gettò un'occhiata affettuosa per l'imbarazzo con cui parlava di quello che gli piaceva, mentre Giovanni sollevava lo sguardo al soffitto soppesando l'argomento “beh non male” commentò “originale” Fabio fece un incredulo sorriso “sai che Fabio gli piacerebbe fare fotografie di mestiere?” buttò lì Brando a quel punto, a bruciapelo. Fabio per poco non si strozzò e, sotto lo sguardo sorpreso del padre, gli mollò un calcio sotto al tavolo, fulminandolo con lo sguardo “così ti impari a fare il secchione” gli sibilò Brando tra i denti “io sì, ci ho pensato” ripetè facendogli il verso della voce.

 

In realtà lo aveva detto per aiutarlo, perchè sapeva che ancora aveva parecchia soggezione di suo padre, ma la sua reputazione da stronzo prima di tutto.

 

Giovanni li guardò divertito “Vabbè Fabio, poi ne parliamo” tagliò corto. Fabio lo fissò, sorpreso che non avesse archiviato la faccenda con un secco -non se ne parla- incassò la testa nelle spalle. I discorsi (o meglio i monologhi) padre/figlio per lui erano sempre stati particolarmente temuti e ansiogeni, ma forse per una volta poteva pensarci con un pizzichino di speranza.

Giovanni tornò a dare attenzione all'altro ragazzo “stanotte sei tornato alle 4...” gli disse trapassandolo con un'occhiataccia. Il ragazzo corrucciò la fronte “ma tu non dormi mai?” gli chiese sorpreso, e poi guardando Fabio aggiunse “non dorme mai tu' padre..” Fabio rise e Giovanni ravvivò il giornale scuotendo la testa “e chi dorme quando siete fuori casa..” commentò, e poi immergendo di nuovo il naso nelle notizie aggiunse “se un giorno avrete figli mi capirete..” borbottò.

I ragazzi si rivolsero un'identica occhiata perplessa, poi Brando, mimando platealmente il gesto di -che palle- si alzò e iniziò a togliere le tazza dal tavolo, dopo essersi dato una sistemata al cavallo dei pantaloni. Fabio lo seguì in piedi e si stiracchiò mentre l'altro raggiungeva il lavandino. Afferrò i due pacchi di biscotti e il sacchetto del muesli di suo padre e si avviò agli scaffali pensili di fronte al lavandino, alle spalle di Brando.

“permesso..” gli disse poggiandogli una mano sulla parte bassa della schiena per spingerlo lievemente avanti per passare, nella strettoia tra lui e i pensili. Brando si voltò chiudendo il rubinetto e si addossò appena al lavandino per fargli spazio. Lo osservò alzarsi un secondo sulle punte per mettere la roba nello scaffale più in alto e poi girarsi, sorridendo di trovarselo a così pochi centimetri. Brando gli sorrise a sua volta e lo tirò a sé per i laccetti della felpa, chinandosi su di lui per poggiargli un bacio leggero e morbido sulle labbra. Fabio lo guardò per un attimo e poi si avvicinò di nuovo per restituirgli il bacio a stampo.

 

Giovanni si voltò un istante a lanciargli uno sguardo, rigirandosi poi subito dopo, scuotendo la testa sorridendo. Mamma mia che appiccicosi!

 

Brando afferrò Fabio per una spalla per trattenerselo vicino quando tirò indietro la testa, e lo coinvolse in un bacio più lungo e approfondito, anche se ancora solo con le labbra. Fabio gli serrò la vita tra le mani, premendo la bocca contro quella di Brando. Ormai il suo respiro sapeva quasi solo di caffè, con solo un vago sentore di alcol. E comunque, pensò, adorava baciarlo in qualsiasi situazione si trovasse .

 

Giovanni abbassò il giornale sentendo il sommesso rumore di baci alle sue spalle.

1-2-3-4-5-6......10-11....15 secondi consecutivi “oh ragazzi!” sbottò a quel punto facendoli separare di botto “e andatevene un po' di là!!” esclamò ridacchiando. Fabio si passò di fretta una mano sulla bocca, completamente rosso in faccia, si era quasi dimenticato che c'era anche suo padre, pensò mentre Brando rideva accanto a lui.

 

 

 

POCO DOPO

 

Giovanni guardò l'orologio facendosi due conti, mentre intascava rapidamente le chiavi della macchina e quelle di casa, dalla ciotola accanto alla porta. Toccò la maniglia e poi tornò indietro, improvvisamente resosi conto che non li stava neanche avvertendo che usciva, tanto era preso dalle sue intenzioni.

Attraversò il corridoio fino alla camera di suo figlio e si affacciò alla soglia della porta aperta. Aprì la bocca per parlare ma la richiuse subito dopo, rendendosi conto che i ragazzi non lo avevano sentito arrivare ed erano immersi ognuno nei propri pensieri. Si prese un momento per guardarli. Brando stava seduto sul letto, con la schiena curva a scrutare lo schermo del suo telefono. Teneva una gamba giù, fuori dal letto e una ripiegata sopra al materasso a fare da cuscino a Fabio, che invece stava steso completamente, le caviglie accavallate, gli occhi chiusi e le cuffie della musica nelle orecchie. Brando teneva la mano non occupata dal telefono abbandonata intorno al suo collo, col pollice gli accarezzava distrattamente l'angolo della mascella.

Lo sguardo di Giovanni si intenerì per un istante. Gli sembrava non ci fosse niente di più naturale di loro due così, rilassati in una pigra mattina di Aprile. Lasciò andare un sospiro grave, mentre si incupiva leggermente, conscio della difficoltà di ciò che si apprestava a fare. Il riccio alzò la testa, accorgendosi della sua presenza, donandogli uno sguardo interrogativo

“devo uscire” gli disse Giovanni a voce bassa, non seppe perchè “non so bene quando torno, tanto voi per pranzo vi arrangiate no?” Brando annuì aggrottando le sopracciglia, come a dire di non preoccuparsi. L'uomo assentì soddisfatto “ci vediamo più tardi” lo salutò “oh, fate pure i compiti, se non li avete fatti ieri, intesi?” aggiunse poi per circostanza, andandosene poi senza aspettare risposta.

 

 

 

 

Giovanni gettò un'occhiata all'imponente e signorile palazzina bifamiliare che aveva di fronte. Con la facciata gialla ocra e panna, tipiche di quella zona, e gli stucchi floreali agli angoli.

Aveva rimediato l'indirizzo negli elenchi della scuola. Niente di più facile. Certo non era molto educato da parte sua presentarsi lì senza invito, e senza essersi annunciato prima, di domenica. Ma aveva ritenuto che in quel frangente l'effetto sorpresa fosse fondamentale. Sperò solo di aver avuto ragione, quando aveva immaginato che in un giorno festivo lui sarebbe stato in casa.

Il cancelletto del cortile interno lo aveva trovato aperto, ora si trattava solo di trovare il citofono, lì accanto al grosso portone di ottone e legno.

Semplicissimo anche quello, c'era un solo nome, la palazzina era tutta loro.

“De Santis” lesse a mente Giovanni sul campanello, un attimo prima di bussare.

Una donna minuta con folti capelli neri, morbidamente acconciati, venne ad aprirgli. Giovanni la riconobbe, era la madre di Brando, si erano visti quando era passata a scuola a lasciare i vestiti. L'uomo notò, cosa a cui la volta precedente non aveva fatto caso, che il ragazzo somigliava a lei, esteticamente. Il sorriso che aveva le si smorzò non appena lo riconobbe, in un'espressione apprensiva “signor preside!” esclamò sorpresa “è successo qualcosa? Brando sta bene?” chiese facendo un passo avanti per sfiorargli un braccio a questa domanda “sì, sì! Tutto bene, stia tranquilla” si affrettò a rispondere Giovanni, per placare la sua preoccupazione “anzi mi dispiace essere piombato qui senza avvisare” aggiunse “ma avrei bisogno di parlare con suo marito, è in casa?” chiese educatamente. La donna fece un sospiro di sollievo portandosi per un istante la mano al petto, poi si scostò leggermente “ma sì, naturalmente, prego entri” gli disse precedendolo dentro casa “glielo chiamo subito, è nello studio, come sempre d'altronde” si arrotolò in un susseguirsi di affermazioni di questo tipo mentre si addentrava nell'appartamento. Si voltò un attimo prima di imboccare dalla sala il corridoio che portava alle stanze da letto “senta..” lo bloccò con sguardo supplice, come se non riuscisse più a trattenersi “Brando... lui sta bene.. non è vero?” gli chiese di nuovo, torturandosi le dita delle mani. Giovanni si sforzò di farle il sorriso più rassicurante che potè “ma certo signora, sta bene, stia tranquilla” le disse in tono dolce, anche se in realtà quella donna gli faceva rabbia. Forse di più ancora di quanta gliene facesse suo marito.

Se era così in pena perchè non chiamarlo? Perchè non andare da lui?

Ricacciò questi sentimenti indietro mentre la signora De Santis scompariva nel corridoio, lasciandolo lì in piedi ad aspettare. Non era venuto lì per fare la guerra, e intendeva tener fede al suo proposito.

 

Poco dopo era stato fatto accomodare su una morbida poltrona, in salotto. Il signor De Santis era seduto di fronte a lui, separati solo dal basso tavolino da thè. Se ne stava lì a fissarlo, nella sua veste da camera lentamente allacciata sul davanti, con sguardo nervoso. Giovanni lo studiò per qualche istante, abituato com'era a interrogare adolescenti su questioni di vario genere, non era certo intimidito da un po' di silenzio pesante. Roberto De Santis era un uomo imponente anche se longilineo, probabilmente sfiorava i due metri. Brando decisamente non aveva ripreso da lui, anche se riconosceva la forma lunga e affusolata del naso e la durezza che entrambe sapevano mettere nello sguardo.

“Signor De Santis” esordì di botto facendolo quasi trasalire “innanzi tutto voglio scusarmi per essermi presentato a casa sua di domenica mattina, senza invito” gli disse in tono cordiale “ma avevo davvero bisogno di parlarle, e temevo che chiedendole formalmente un incontro, avrebbe rifiutato, visto come ci siamo lasciati l'ultima volta al telefono” aggiunse lanciandogli un'occhiata eloquente. Roberto gli fece cenno di proseguire. Giovanni si schiarì la voce “ci tengo a precisare che Brando neanche sa che sono qui, era proprio una mia esigenza avere un confronto con lei, da padre a padre. Ho un ragazzo anch'io dell'età di Brando, si chiama Fabio” si sentì in dovere di precisare a quel punto, dato che gli balenò in mente che quell'uomo poteva tranquillamente non sapere dell'esistenza di suo figlio. Roberto cambiò l'incrocio delle gambe “mi dica, l'ascolto” concesse poggiando poi il mento su una mano.

Giovanni si guardò per un attimo le mani, chiedendosi da dove cominciare, poi sollevò la testa per incontrare i suoi occhi “lei lo sa... come mai Brando è venuto proprio da me, a casa mia?” buttò lì corrugando la fronte. L'uomo scosse appena la testa chiudendo e riaprendo molto lentamente gli occhi “perchè è un bravo insegnante?” propose in evidente tono di scherno. Giovanni smorzò un mezzo sorriso, non raccogliendo la provocazione “no, non lo sa... beh io anche l'ho scoperto solo quella sera, vede Brando e mio figlio stanno... com'è che dicono i ragazzi... insieme, tipo” Roberto sgranò gli occhi, distogliendo poi lo sguardo di lato e poggiandosi indietro sullo schienale della poltrona “non so quanto fosse una cosa seria prima” aggiunse Giovanni tornando a guardarsi le mani “ma credo lo sia diventata parecchio, negli ultimi mesi” L'uomo davanti a lui fece uno sbuffo di risata scuotendo di nuovo la testa “mamma mia... è un'epidemia! Si sparge a macchia d'olio!” commentò tra i denti. Giovanni si morse l'interno della guancia per tentare di mantenere la calma “a me Fabio l'ha detto all'incirca un anno fa” si sentì di precisare “e la avverto che se fa una sola battuta squallida, del tipo che il mio ha infettato il suo, mi alzo e me ne vado, si vede che non abbiamo più niente da dirci” aggiunse in tono duro per un attimo. Roberto tacque, e Giovanni lasciò che il silenzio accarezzasse ogni angolo della stanza per un po', non staccando neanche per un istante gli occhi da quelli del suo interlocutore. Poi rilassò le spalle, lasciando andare un sospiro “signor De Santis, il motivo per cui le dico questo, è che vorrei lei capisse che non sono qui per ergermi sopra di lei” gli disse pacato “a farle vedere quanto sono stato bravo io... e lei no... sono qui per dirle che io la capisco, semplicemente perchè ci sono passato prima, sono solo qualche passo tempistico avanti” spiegò smorzando un sorriso dolce. L'uomo lo guardò con curiosità, dopo quelle parole “quando Fabio mi ha detto di essere gay, lo scorso anno” iniziò a raccontare Giovanni, questa volta con lo sguardo fisso sulle sue mani “io non ho reagito bene. Sono rimasto di stucco. Credo di non avergli rivolto parola o sguardo per giorni” ammise, e poi alzando gli occhi al cielo aggiunse con un sospiro “dio solo sa cosa gli è passato per la testa in quel periodo, ancora me ne vergogno di quanto in quel momento sono riuscito ad essere egoista” lo guardò “eh sì, perchè in quel momento siamo concentrati su noi stessi anziché su di loro, non è vero?” gli chiese in tono complice quasi “mi frullavano in testa mille domande” disse ancora “la più ricorrente era, dove ho sbagliato? Sa, mia moglie è morta che Fabio era piccolo, l'ho cresciuto da solo, quindi mi sono cominciato ad arrovellare: sarò stato troppo severo forse? Troppo duro? L'ho inibito in qualche modo? O forse troppo chiuso? Non abbiamo mai parlato di sentimenti in casa.. e tutte altre cose così. In quel periodo non riuscivo neanche a toccarlo, mi sembrava un estraneo” ammise tristemente. Roberto rilassò le spalle a quelle parole, per la prima volta da quando si erano seduti. Sentendosi compreso per la prima volta da quando quella storia era iniziata “la capisco..” disse, interrompendolo senza volere, poi vedendo che Giovanni stava zitto continuò “me lo sono chiesto anche io mille volte, cosa ho fatto per farlo diventare così... troppo duro, troppo morbido certe volte, troppo assente...” “ed è qui che la volevo!” esclamò Giovanni puntandogli per un attimo un dito contro “il punto sta tutto qui, signor De Santis, io ci ho messo del tempo ma l'ho capito, non sono DIVENTATI così... loro SONO così, lo sono sempre stati” e poi poggiando gli avambracci sulle gambe per avvicinarsi virtualmente a lui aggiunse “sa io a un certo punto ho smesso di arrovellarmi.. e ho iniziato a guardarlo, mio figlio, a osservarlo, e sa che ho visto?” chiese in modo retorico “che non era diverso dal ragazzino che avevo cresciuto e con cui avevo sempre identificato Fabio, non si era... trasformato in qualcos'altro, era sempre lui. Niente di quello che la mia mente prevenuta aveva immaginato di vedergli dire o fare da quel momento in poi, era successo, era sempre... mio figlio” e poi ripensandoci meglio aggiunse “ecco, forse giusto un po' più sereno di prima” Roberto lasciò andare un lungo sospiro a questo punto, strofinandosi la mano sui capelli avanti e indietro arruffandoseli senza ritegno “eh vabbè... capisco che vuole dire... ma ciò non cambia la sostanza...” disse stringendo a aprendo il pugno come a tentare di afferrare qualcosa “non è normale che si... piacciano... tra loro, tra maschi” spiegò sputando fuori la parola piacciano come un insulto “certe cose di noi uomini piacciono alle donne, e viceversa... è da deviati sennò! Non è naturale” Giovanni scosse la testa guardandolo ora quasi tristemente, della sua ottusità “se li avesse visti stamattina, come li vedo io, non potrebbe mai pensare che c'è qualcosa di innaturale” mormorò, piano, quasi a sé stesso, dubitando di poter spiegare a parole cosa intendesse.

Roberto ancora si torturava la faccia strofinandoci una mano sopra “io davvero, credevo di aver tirato su un uomo, non una femminuccia” borbottò tra sé e sé. Giovanni trattenne malamente una risata a quel punto, facendolo voltare a guardarlo “mi creda, Brando è la cosa più lontana da una femminuccia che io abbia mai visto, glielo assicuro!” esclamò “eh ma comunque non è un uomo!” ribattè Roberto allargando le braccia “certo che non lo è!” replicò Giovanni ridendo ancora “ha 18 anni, è un ragazzino!.... ma crescerà” si infervorò appena “i suoi sentimenti, per chi li prova, non sono quelli che lo qualificano o meno come uomo... ” e poi tornando serio aggiunse “la prego... lo guardi” lo supplicò quasi “solo questo le dico, lo guardi e basta” Roberto si girò verso di lui iniziando poi, molto poco signorilmente, a mordicchiarsi l'unghia del pollice “io...” iniziò con voce quasi strozzata “io gli ho detto... e fatto... delle cose...” ammise schiarendosi la voce “di cui si vergogna immagino, anzi spero... fa bene nel caso” lo interruppe Giovanni in tono un po' brusco, ma poi si addolcì di nuovo “ma vede signor De Santis, i figli sono fatti apposta per disattendere le nostre aspettative, è vero, ma sono anche in grado di perdonarci l'impossibile, quindi non abbia paura” Roberto sospirò a lungo, gettando un'occhiata al mobiletto in cui teneva i superalcolici con bramosia. Non appena il preside avesse levato le tende avrebbe decisamente avuto bisogno del conforto di un goccetto.

“che poi..” gli disse facendo una mezza risatina “sarà una banalità eh... ma avevo sempre immaginato che sarei diventato nonno... un giorno..” buttò lì. Giovanni abbassò gli occhi sorridendo “mai dire mai...” commentò facendo spallucce “il mondo cambia in maniera così veloce signor De Santis, che non possiamo immaginare cosa sarà possibile fare nel nostro paese domani. Io e lei siamo dei fossili praticamente” scherzò “chissà... magari nonni lo diventeremo insieme” buttò lì ridacchiando. Roberto non sembrava in vena di scherzare però. Giovanni lo osservò semi sprofondato nella sua poltrona con un'espressione di profondo e meditabondo malumore. Sospirò alzandosi poi in piedi, decidendo che la sua visita fosse durata anche troppo. Roberto si alzò a sua volta e lo accompagnò alla porta, sollevato che volesse andarsene “la ringrazio di avermi ascoltato” lo salutò Giovanni stringendogli vigorosamente la mano sulla soglia della porta “e io la ringrazio di essere venuto” rispose formalmente l'uomo, ricambiando la stretta. Il preside gli trattenne la mano nella sua per un attimo fissandolo intensamente “signor De Santis.... Roberto.... la prego, ci pensi almeno, a tutto quello che le ho detto” gli intimò “e badi bene che non glielo sto dicendo per me, Brando non mi da nessun fastidio a casa, anzi. E non lo dico nemmeno per lui” aggiunse “che in qualche modo se la caverà comunque. Io lo sto dicendo per lei... e per sua moglie” aggiunse facendo cenno con la testa all'interno della casa, dove la donna si era rifugiata non appena gli aveva accompagnato davanti il marito. Roberto non mosse un muscolo ma lo guardò intensamente.

Sua moglie, seppur non protestando apertamente, non dormiva con lui da settimane ormai.

Solo quando la porta si richiuse alle spalle di Giovanni si concesse di sprofondare il viso nel palmo della mano, sospirando pesantemente, con un lieve tremore nella voce.

 

 

 

 

LA SERA

 

Fabio guardò suo padre di sottecchi mentre si allacciava le scarpe, con un piede tirato sulla seduta di una delle sedie della cucina. Non si era ancora alzato da tavola, a stento aveva toccato cibo. Già solo il fatto che non stesse brontolando perchè appoggiava il piede sulla sedia, rappresentava un campanello d'allarme.

C'era qualcosa che non andava.

 

Era rincasato nel pomeriggio mentre loro stavano studiando, ma non gli aveva quasi rivolto parola. Era rimasto per un po' a fissarli sulla soglia della camera, poggiato mollemente allo stipite, con aria pensierosa, tanto che sulle prime Fabio, che stava ripetendo a Brando storia, si era sentito a disagio perchè aveva creduto che si fosse messo lì per ascoltare.

Poi invece a un certo punto se ne era andato senza commentare nulla, con un'espressione vacua, persa su qualcosa di molto lontano da lì.

 

Brando gli si affiancò, lanciando le chiavi della macchina di poco sopra il suo naso e riacchiappandole al volo. Fabio gli fece cenno con la testa verso Giovanni. Il moro si girò a guardarlo. Stava seduto anche piuttosto scomposto, con la testa china in avanti, lo sguardo fisso sulle mani e le gambe distese lunghe sotto al tavolo.

 

Giovanni era di pessimo umore. Era uscito dalla proprietà dei De Santis con un tale peso sul petto che aveva dovuto fare una passeggiata di ore, solo per far sbollire la tensione che gli camminava sotto pelle. Poi aveva stancamente ripreso la macchina.

Nonostante il pomeriggio tranquillo trascorso, tra un libro e un giornale di sudoku, continuava a rimuginare sulla conversazione che aveva avuto con Roberto. Mettere a nudo le proprie mancanze davanti a un uomo simile era stato spossante, per di più continuava ad essere aggredito dai ricordi delle sue uscite squallide e del suo bigottismo becero.

In qualche modo era in pena per i ragazzi, toccare con mano l'esistenza di persone che la pensavano così era spaventoso.....sconsolante perfino.

 

“hem... noi papà, andiamo ok?” si schiarì la voce Fabio in quel momento, passando il peso da un piede all'altro sulla soglia della cucina “andiamo in macchina, tanto il The Space ha il parcheggio” aggiunse, senza tuttavia fare neanche un passo verso l'uscita, continuando ad essere impensierito dal suo atteggiamento.

“ok.. non fate tardi” rispose debolmente lui senza neanche girarsi. Brando gettò una rapida occhiata all'uomo e poi all'espressione preoccupata di Fabio “Giovà.. ma non ti senti bene?” buttò lì. A queste parole l'uomo si voltò a guardarli incuriosito, notando solo in quel momento l'apprensione sul viso di suo figlio “ma no, sto bene” rispose con un sorriso stanco passandosi un paio di volte la mano sui capelli, arruffandoli e poi sistemandoli di nuovo. Fabio non sembrava convinto “sicuro?” lo incalzò “guarda che non dobbiamo uscire per forza... se vuoi.... restiamo a casa eh?” propose occhieggiando Brando in cerca di approvazione che, dopo un attimo di esitazione, stava annuendo. Giovanni a quel punto scosse la testa e agitò una mano davanti al viso “ma no!” esclamò alzandosi in piedi e sforzando un sorriso, non voleva farli preoccupare “siete carini, ma davvero sto bene, sono solo stanco” spiegò avvicinandosi “è tutto a posto” aggiunse. E nel dire questo, spinto da un moto d'affetto verso di loro, li abbracciò intorno al collo tutti e due stampandogli un bacio sulla sommità della testa a ciascuno, come fossero stati due bambini. Quasi rise dell'espressione da gatto arruffato che soffia che venne a Brando, a quel suo gesto decisamente oltre la sua soglia. Fabio invece aveva su un'aria più preoccupata di prima. Non ricordava che suo padre lo baciasse da quando aveva.... 4 o 5 anni? “papà...” lo chiamò “stai per morire per caso? No perchè se sei malato vorrei saperlo..” disse in tono decisamente troppo serio “ma!” esclamò a quel punto Giovanni ridendo, e mollandogli subito dopo una sberla dietro la testa. Fabio si massaggiò la parte colpita sorpreso, mentre il padre rideva scuotendo la testa “come ti viene in mente! Roba da matti, uno sta un po' giù di tono e questi già gli scavano la fossa!” poi si voltò verso Brando con un sorrisino sornione. Quello sgranò gli occhi “hei! Guarda che io non ho detto niente, stai lontano da me!” intimò ridacchiando nervosamente mentre Giovanni, abbandonata definitivamente ogni malinconia, gli si avvicinava provando ad acchiapparlo. Brando si mise dietro a Fabio spingendolo in avanti verso Giovanni “hei!” protestò lui puntando i piedi. L'uomo rise di nuovo e si sporse afferrando il moro per un gomito “su, prendile da uomo” gli disse tirandolo verso di sé e dando anche a lui un leggerissimo schiaffetto dietro al collo. Brando lo guardò male mentre Fabio ridacchiava sotto i baffi “ragazzi” disse a quel punto Giovanni tornando serio “davvero sto bene. Scherzi a parte, grazie di esservi preoccupati. Su andatevene. Buona serata” gli intimò indicandogli la porta e sparendo subito dopo in corridoio.

 

L'uomo attese di sentire la porta chiudersi, poi alzò gli occhi al cielo, gonfiando d'aria le guance e sbuffando pesantemente.

Era ora di mandar via i brutti pensieri. Malinconico così non era di nessun aiuto. Era ora di sciacquarsi metaforicamente la faccia e ripartire. Ai ragazzi serviva qualcuno che li supportasse... non qualcuno che si piangesse addosso.

 

CINEMA THE SPACE

 

Il The Space assomigliava più a las Vegas che a un centro commerciale, con tutti quei localini prefabbricati, strapieni di luci al neon colorate. Pacchiano da morire. Ma il cinema aveva delle sale nuovissime, poltrone enormi e audio di ultima generazione. A Brando piaceva andarci, sin da ragazzino eppure, si rese conto, era davvero tanto che mancava da quel posto. Gettò un'occhiata alla schiena di Fabio, pochi passi avanti a lui, illuminata dai neon rossi del sushi bar, mentre percorrevano il vialetto di ingresso. Il sorriso che gli era venuto su spontaneo venne spazzato via dalla solita espressione dura quando riconobbe sul piazzale le sagome di Damiano, Chiara e Ludovica. Lasciò che fosse Fabio ad avvicinarsi per primo.

Damiano, non appena vide l'amico, sfoderò un sorriso e gli andò incontro “ah bello..” lo salutò mollandogli una pacca sulla spalla, prima di dare attenzione a lui “Bra...” disse facendogli un cenno di saluto col mento “ciao...” rispose lui meccanicamente, gettando un'occhiata a Chiara che baciava Fabio sulle guance, seguita subito dopo da Ludovica. Brando roteò gli occhi ingoiando un paio di parolacce.

 

Non so.... se lo voleva sbaciucchiare qualcun altro???

 

Chiara gli si avvicinò e gli sfiorò le guance con le sue brevemente, sussurrando un -ciao- freddo come lo zero assoluto.

Damiano si posizionò una sigaretta tra le labbra senza accenderla “vado a prende i biglietti” annunciò facendo ballare su e giù la sigaretta “so 10 euro a testa” “10 euro???” esclamò Ludovica corrucciando le sopracciglia “me lo regalano il film, me lo porto a casa” scherzò cominciando a scavare nella microscopica borsa di perline che portava a tracolla, facendo sogghignare Damiano.

Fabio notò Chiara mettere mano alla borsa e subito Damiano scuotere la testa “lascia faccio io...” le disse a bassa voce, con semplicità.

Chinò gli occhi sul suo portafogli, muovendo un dito su e giù tra i foglietti di carta e le banconote, domandandosi se non fosse una cosa carina che anche lui offrisse il biglietto a Brando, non seppe perchè ma arrossì imbarazzato

 

e se a lui invece avesse dato fastidio?

O se gli altri in qualche modo avessero giudicato male la cosa? Lui già non gli piaceva...

 

Era ancora concentrato sul questa sega mentale quando vide Brando tirare fuori dalla tasca un pezzo da venti e darlo a Damiano senza pensarci troppo su. Aprì la bocca per dire qualcosa ma l'amico aveva già annuito soddisfatto “accompagname va...” aveva sentenziato battendo un paio di volte la mano sul braccio di Brando per farsi seguire.

Fabio sprofondò il viso nel palmo della mano dandosi mentalmente del cretino mentre si allontanavano.

Splendido.

Così invece era sembrato che lui perdesse tempo per non tirare fuori i soldi! Che figura di merda!!

Pensò in imbarazzo, mentre raggiungeva le due ragazze vicino al cartellone con la locandina del film. Si posizionò tra loro due, squadrando con aria perplessa il tizio mascherato, con un'evidente sproporzione fisica e un machete in mano, che torreggiava sul titolo sanguinolento della pellicola.

“ma a voi davvero piace sta' roba?” chiese sollevando un sopracciglio “non guardare me, i fissati con gli sbudellamenti sono lei e Damiano” ridacchiò Chiara appoggiandosi al suo gomito e indicando l'amica “ma si!” esclamò la moretta “è divertente proprio perchè è eccessivo!” spiegò. Fabio fece spallucce “già.. pure Brando adora questo genere, era tutto felice quando gli ho detto cosa venivamo a vedere” commentò donando una nuova occhiata perplessa al cartellone. Chiara e Ludovica si scambiarono uno sguardo, poi la mora lo prese sottobraccio addossandoglisi con un sorrisino “ancora mi fa strano pensare che state insieme, lo sai?” gli confessò, mentre Chiara annuiva aggiungendo“si comporta bene con te vero?” Fabio le rivolse un'occhiata divertita “certo che si comporta bene!” ribattè “voi piuttosto, ve lo devo dire... potreste pure schifarlo un po' meno apertamente, lo so che è stato una carogna con voi in passato, però..” le rimproverò, anche se in tono dolce, guardando prima l'una e poi l'altra. Ludovica si mise una mano in mezzo al petto con un'espressione fintamente oltraggiata “schifarlo io? Ma quando mai!” esclamò “ah Ludovì!” replicò Fabio incrociando le braccia al petto con una smorfia “se le occhiate potessero uccidere ti assicuro che il mio ragazzo sarebbe cenere a questo punto!” Chiara scoppiò a ridere mentre Ludovica sfoderava un sorriso sornione appiccicandosi di nuovo al suo fianco “ma sentilo quanto gli piace dì sta parola! Il mio ragazzo!” lo prese in giro premendogli un paio di volte un dito nella guancia, facendolo arrossire di botto “sei proprio cotto Fa..” le fece eco Chiara stringendolo dall'altro lato.

 

Il massacro psicologico venne interrotto da Damiano “aho! 'namo che comincia!” urlò facendogli cenno di avvicinarsi, da qualche metro di distanza. Fabio lo benedì mentalmente, tirando un sospiro di sollievo. Vide Brando avvicinarsi a lui, mentre Chiara raggiungeva il suo ragazzo e si incamminava prendendogli la mano.

“oh c'hai na faccia... che è successo?” gli chiese il riccio sollevando un sopracciglio. Fabio scosse la testa passandogli un braccio intorno alla vita e tirandoselo un po' più vicino mentre camminavano “niente niente... fai bene tu a non avere amiche femmine” borbottò, e poi lanciandogli una breve occhiata colpevole aggiunse “senti... per la faccenda del biglietto... non vorrei pensassi ci stessi marciando sopra eh” gli spiegò in imbarazzo “stavo solo..” “stai tranquillo” lo interruppe Brando mettendogli un braccio intorno alle spalle e stringendolo a sé “dopo da mangiare lo offri tu” spiegò e poi con un sorrisino bastardo aggiunse “e non t'è convenuto, lo sai che dopo mezzanotte me viene una fame assassina!” scherzò facendolo ridere.

Ludovica li sbirciò, qualche passo dietro a loro. Vide Brando che abbracciava Fabio e gli diceva qualcosa, per poi rivolgergli uno sguardo dolce quando lui sorrise. Lo vide dargli una leggera toccatina con la fronte alla tempia. Sorrise.... a lei non l'aveva mai guardata in quel modo per il poco tempo che erano stati insieme, si capiva che con Fabio era un'altra cosa.

 

 

 

Il film era il classico horror talmente stupido da fare il giro e risultare divertente. Con tutti i clichè del caso. Un alternarsi di tiepida tensione e scene gore, con squartamenti assurdamente fantasiosi.

Fabio storse il naso appiccicando la testa allo schienale della poltrona, davanti a una scena in cui l'assassino mascherato usava le budella di un tizio per calarsi giù da una finestra. Brando sghignazzò sommessamente e poi gli gettò un'occhiata. Lo vide fare una smorfia e poi mettersi una mano sugli occhi, aprendo leggermente le dita per sbirciare attraverso. Sorrise e si sporse verso di lui “oh ma che c'hai paura?” gli sussurrò all'orecchio in tono di scherno, mettendo la mano a coppa davanti alla bocca. Fabio si mosse a disagio sulla poltrona “schifo più che altro” rispose, senza riuscire tuttavia a staccare gli occhi dallo schermo. Brando buttò uno sguardo a Damiano, piuttosto assorto, seduto accanto a Fabio. Vicino a lui invece non c'era nessuno “hai bisogno di distrarti per caso?” disse ancora, nello stesso modo di prima. Poi, senza aspettare risposta gli baciò delicatamente il lobo dell'orecchio mordendoglielo appena “Bra...” sospirò Fabio a bassa voce, come se volesse supplicarlo di smettere, e tuttavia piegando un po' la testa di lato per permettergli di baciargli anche il collo. Brando gli girò il viso verso di sé con due dita sullo spigolo della mascella “guarda me se il film non ti piace” gli disse con aria maliziosa prima di catturargli la bocca con la sua. Si baciarono solo con le labbra per qualche istante, poi Fabio si girò leggermente anche col busto e i fianchi verso di lui e insinuò la lingua nella sua bocca poggiandogli una mano sulla coscia. Brando ricambiò il bacio con altrettanto entusiasmo, accarezzando il collo di Fabio e premendolo di più contro di sé.

Damiano si voltò, notandoli, e storse il naso. Allungò una mano e spinse con mala grazia la testa di Fabio in avanti facendogli sbattere i denti su quelli di Brando “oh avete rotto er cazzo!” sussurrò ridacchiando. Brando subito masticò un'imprecazione di dolore tirandosi indietro. Fabio si voltò a guardare Damiano stupefatto, con una mano sulla bocca. Sentiva pure sapore di sangue perchè si era tagliato il labbro contro l'apparecchio di Brando

“siete venuti pe guardà il film o pe limonà!” gli disse sfottendolo davanti alla sua espressione interrogativa “sei un coglione, me so fatto male!” replicò Fabio a quel punto, mollandogli una spinta e arrossendo, mentre Brando si sporgeva davanti alle sue gambe “ah Younes ma te fai i cazzi tua!” gli sibilò tra l'arrabbiato e il divertito. Damiano gli alzò un dito medio, scherzando (all'80%) “sai dove te poi mette quel dito??” ribattè il riccio.

“shhhh!!!” esclamò all'unisono la coppia sulla settantina seduta davanti a loro, girandosi a fulminarli con lo sguardo. I due ammutolirono all'istante, più che altro per la sorpresa. Chiara scoppiò a ridere silenziosamente, contorcendosi sulla poltrona accanto a Damiano “oh ve siete fatti sgridà pure dai nonnetti!” li prese in giro, pizzicando il fianco del ragazzo che si scansò sorridendo, fintamente offeso.

Si rimisero a guardare il film. L'assassino stava continuando a sterminare allegramente ogni cosa si trovasse davanti. Nella scena corrente entrava nella stanza alle spalle di una coppia intenta in un rapporto orale, e decapitava in un colpo la ragazza la quale, per uno spasmo improbabile, amputava con i denti il membro del suo compagno, in un tripudio di urla e schizzi di sangue, la scena fece portare istintivamente la mano sul cavallo dei pantaloni a tutti e tre i maschietti del gruppo, in un sospiro di empatia per il malcapitato. Ludovica invece scoppiò a ridere fortissimo facendo crollare la testa sul collo di Chiara, che pure rise della reazione dei ragazzi.

 

Tornato il clima di pallida tensione nel film, Fabio occhieggiò Brando. Incantato per un momento dal suo profilo marcato. Definito dalla penombra della sala. I suoi ricci, che adorava, il naso dritto e lungo, la piega della labbra. Si girò di nuovo verso lo schermo, facendo scivolare la mano delicatamente sulla sua gamba, iniziando a disegnare piccoli cerchietti col dito sulla coscia. Lo notò con la coda dell'occhio che guardava un attimo in basso a vedere che faceva la sua mano.

Brando fece un breve sorriso, poi si addossò al suo lato della poltrona e gli passò un braccio dietro al collo iniziando poi a fargli grattini sulla spalla dove la sua mano era finita, rilassando la schiena e godendosi quelle coccole.

Dopo qualche minuto gettò un'occhiata a Damiano, per vedere se avesse ancora qualcosa da ridire, e aprì per un attimo la bocca dalla sorpresa, ingoiando a stento un'imprecazione, quando lo vide intento a infilare la lingua nella bocca di Chiara. Si tirò seduto togliendo il braccio dalle spalle di Fabio, che lo guardò stupito “guarda quell'infame” gli disse a bassa voce facendo cenno col mento alla sua sinistra “loro possono e noi no?” chiese mentre l'altro si avvedeva di quale fosse il problema “tiragli una pizza” aggiunse secco “cosa??? no!” protestò Fabio corrucciando la fronte tornando a guardarlo “shhhh!!!” si girò di nuovo la signora davanti a Brando “scusi..” sussurrò lui alzando un attimo la mano e poi dando di nuovo attenzione a Fabio “eddai! Io non c'arrivo! Fallo tu!” “SHHHH!! Ma insomma!!” protestò ancora la donna “eh signora mi dia tregua però!” protestò a quel punto Brando “non è che se sta a guardà Kubrick eh????” aggiunse facendola voltare con aria oltraggiata e ridacchiare Fabio. Brando non perse un altro secondo, si alzò per metà, allungandosi poggiato alla spalla di Fabio e schiaffeggiò anche con poca delicatezza la testa di Damiano, ripiombando subito seduto prima che si girasse. Damiano lanciò un 'occhiata di fuoco a tutti e due e Brando ebbe pure il coraggio di indicare Fabio, il quale sussultò impanicato per l'accusa e gli mollò una sberla al braccio. Poi tutti e tre trattennero malamente una risatina, Brando facendo una mezza pernacchia nel palmo della mano.

Nel frattempo il killer aveva fatto fuori tutti i componenti della confraternita che con il rito satanico l'aveva evocato, e ora si apprestava ad uscire dal campus, andando ad incontrare la vera protagonista della storia: una giovane prostituta d'alto bordo che, scambiandolo al citofono per un cliente, lo faceva entrare nella casa chiusa, e poi avrebbe passato la successiva ora ad urlare nascondendosi da lui in ogni modo possibile.

La ragazza aveva lunghi capelli biondi e un viso innocente, apparentemente irrealistica in quel ruolo. Brando gettò un'occhiata fugace a Chiara, che a quanto pare sembrava aver fatto il suo stesso parallelismo, data l'espressione tesa che aveva su in quel momento. Il divertimento era stato spazzato via dal suo viso.

 

Quando la sala si illuminò di botto per il fine primo tempo, Ludovica si stiracchio soddisfatta e gettò un'occhiata curiosa a Chiara, che invece era schizzata in piedi.

“vado in bagno” sentenziò la bionda “vuoi che venga con te?” propose l'amica afferrando già la borsetta, ma Chiara la bloccò con un cenno della mano “no, ci metto un attimo” e detto ciò scavalcò le sue gambe affrettandosi sulle scale.

Brando chiamò Fabio con un tocco sul braccio, mentre era intento a chiacchierare con Damiano, e gli mimò il gesto di fumare con due dita davanti alla bocca, quando quello si voltò a guardarlo. Fabio annuì e Brando si alzò in piedi iniziando a tastarsi le tasche alla ricerca del pacchetto di sigarette. Uscì dalla sala, posizionandosi la sigaretta spenta tra le labbra, e si avvicinò alla porta antipanico, che dava sulle scale antincendio.

Si fermò per un attimo sorpreso sulla soglia, quando notò Chiara in fondo al ballatoio, immobile a guardare la sfilza infinita di macchine nel parcheggio.

 

Ma non era andata in bagno?

 

Ponderò per un attimo l'idea di cercarsi un altro posto, poi scosse la testa scartando questa opzione, e si avvicinò circospetto. Si tolse la sigaretta dalle labbra tenendola tra due dita della mano destra, quando le arrivò a fianco. La sbirciò per un attimo. Si abbracciava il busto infreddolita e alzò gli occhi al cielo scuro della notte quando si avvide della sua presenza.

“che sei venuto a fare?” gli chiese in tono brusco. Urtata che l'avesse quasi sorpresa a piangere

“fumare” rispose Brando semplicemente, poi con tono ironico aggiunse “tu piuttosto, non sapevo avessi imparato a pisciare in piedi...” Chiara scosse la testa con una mezza risata scocciata “idiota...” borbottò. “t'ha dato fastidio? La scena della puttana perseguitata?” le chiese lui a bruciapelo, ignorando la sua reticenza. La ragazza si voltò a lanciargli un'occhiata, un misto tra infastidita dalla parola puttana.... e colpita che avesse capito così facilmente cosa la turbasse.

“beh non verrò certo a confidarmi con te” replicò nonostante tutto, tornando a guardare dritto avanti, sperando che se ne andasse. Brando invece tirò fuori dalla tasca l'accendino e si accese la sigaretta, come a lasciar intendere che non aveva alcuna intenzione di schiodare “però sono l'unico a sapere perchè... ti turba così tanto” insistette girandosi verso di lei “o sbaglio?” aggiunse con tono indagatore. Chiara gli rivolse ancora un breve sguardo “sì... è così...” confermò debolmente, detestando dargliela vinta, ma contemporaneamente desiderando proteggere Ludovica dalla sua scomoda attenzione. Lui non sapeva che c'era anche lei in quel giro. E le cose dovevano ASSOLUTAMENTE rimanere così.

“è una paura che un po' ho sempre” confessò con riluttanza “ quella che un giorno arrivi uno squilibrato che chissà che vuole farmi..” Brando annuì, facendo un tiro e poggiando gli avambracci alla balaustra. Lasciò andare lentamente il fumo via dalla labbra, guardando di sotto, contando distrattamente le macchine del parcheggio. Il familiare senso di disagio, che aveva sempre nei confronti di Chiara dai loro ultimi trascorsi, si fece sentire più martellante dopo quelle parole.

 

Era stato lui lo squilibrato di cui avere paura quella volta?

 

“ascolta...io ci tenevo a dirti una cosa” disse dopo qualche istante che passavano in silenzio, facendola girare di nuovo col viso verso di lui “volevo chiederti.... scusa... per quella sera là... a casa di Carlo” stavolta era lui a non guardarla però. Si contemplava le mani. Chiara distolse lo sguardo di nuovo facendo spallucce, per niente impressionata dalle sue parole “mi sembrava ti fossi già scusato...” commentò ironica “beh questa volta sono scuse sentite” ribattè Brando tirandosi su e guardandola “e questo che significa? Che sono tenuta ad accettarle per forza??” lo fronteggiò lei piantandogli gli occhi chiari nei suoi. Brando girò il viso, lasciando andare un sospiro “no. Immagino di no” sussurrò facendo un passo indietro e tornando a poggiarsi sul corrimano. La sentì sbuffare pesantemente mentre poggiava i reni alla balaustra, con le braccia ancora incrociate davanti, come se quella posizione potesse difenderla persino dalla frustrazione che provava. Prese ancora una boccata di fumo, ciccando di sotto, con i polsi accavallati.

Chiara gli rivolse una fugace occhiata, sbuffando di nuovo. La irritava il fatto di cogliere che fosse realmente dispiaciuto, la irritava rendersi conto, da come vedeva Fabio felice da quando stava con lui, che doveva esserci altro dietro la corazza da stronzo che si era costruito. Avrebbe voluto essere arrabbiata con lui per tutta la vita, ma sentiva che non ce l'avrebbe fatta dopotutto.

Si staccò dal corrimano con un colpo di reni e si avviò alla porta antincendio per rientrare

“Brando...” lo chiamò quando già aveva toccato il maniglione antipanico. Lui si girò dalla sua parte “ti perdono” disse solo la ragazza, un attimo prima di sparire nel vano della porta. Lasciandolo lì con un espressione sorpresa dipinta in viso.

 

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Capitolo 16
*** cap 16 ***


Cap 16

 

QUALCHE GIORNO DOPO

 

 

Roberto fece un respiro profondo, mentre cambiava marcia poco dopo essere ripartito a un semaforo. A lavoro aveva detto che stava male e non c'era andato. Considerando che normalmente non si assentava neanche con 40 di febbre, la sua segretaria doveva aver pensato che stesse per rimettere l'anima a dio. Era uno stacanovista.

Ma quel giorno aveva altri progetti. Strinse il volante con entrambe le mani, quando notò che gli tremavano. Rivolse loro uno sguardo di rabbia. Detestava mostrare debolezza, anche a sé stesso.

 

Arrivato in vista del grosso edificio del liceo Collodi, rallentò e si appostò in doppia fila dall'altro lato della strada. La sua grossa station wagon nera sarebbe spiccata troppo in mezzo al mare di motorini e macchinette modificate, piene di adesivi, che affollavano il parcheggio della scuola, e lui voleva assolutamente evitare sguardi curiosi.

Spense il motore e inforcò gli occhiali da sole graduati che teneva nel cruscotto, iniziando a scrutare la folla di ragazzi, vestiti tutti uguali nelle loro divise, che si accalcavano davanti al cancello.

Da quando il preside Fedeli era andato a trovarlo, non era riuscito a togliersi dalla testa le sue parole. In particolar modo quel “lo guardi” che gli aveva intimato, più come una supplica che come un ordine.

Beh era lì per quello.

Era impazienza quella che provava?

Agitazione?

Ansia?

Non seppe dargli un nome... almeno finchè non lo vide.

Di colpo lo riconobbe in mezzo a tante facce, suo figlio. I capelli ricci, uguali a quelli di sua moglie quando l'aveva conosciuta, le spalle ampie, un po' curve, il naso lungo e dritto come il suo.

Ebbe la sensazione di ricevere un pugno dritto nello stomaco.

Non aveva realizzato quanto gli mancasse finchè non se lo era ritrovato sotto gli occhi. Quanto tempo aveva lasciato passare? 2... 3 mesi forse?

Scrutò il suo viso. Non mostrava più alcun segno di quello che lui gli aveva fatto, era normale, era passato molto tempo, eppure a lui sembrava ancora di vederlo così, col sangue che gli scorreva dal labbro e dal naso, coi segni delle botte sul lato del viso. Probabilmente la sua coscienza non gli avrebbe mai permesso di dimenticarselo.

Ma che gli aveva fatto? Che gli era preso?

Anche sforzandosi aveva ricordi confusi di quel pomeriggio, quando ci pensava gli sembrava di infilarsi nei ricordi di un altro.

Cosa gli avevo detto?

Aveva solo dei flash.

La parola schifo..... e.. non sei più mio figlio.... erano le uniche cose che gli martellavano in testa... eppure sentiva che c'era stato anche dell'altro, come se non fosse già abbastanza quello, a renderlo disgustoso.

Non era mai stato un padre affettuoso, né particolarmente presente, lo riconosceva, eppure gli voleva bene. Sentiva di volergliene come mai prima d'ora. Come aveva fatto a dire e fare cose del genere al suo ragazzo? Chi era quello là che lo aveva picchiato e insultato a quel modo? Che aveva detto con freddezza che non gli importava che fine facesse.... gli sembrava assurdo che potesse essere lui.

 

Lo studiò, mentre chiacchierava con i suoi compagni. Riconobbe il figlio dei Rossi. Era stato a casa loro diverse volte, gli altri gli sembrarono più o meno tutti ragazzi della squadra di calcio. Guardò ancora Brando: movimenti, postura, gesti, modo di parlare. Sembrava in tutto identico a come se lo ricordava, anzi forse un po' più spaccone di come si mostrava a casa. Davanti a lui aveva sempre avuto un atteggiamento remissivo e sottomesso, cosa che in passato gli aveva fatto anche piacere. Gli sembrava che suo figlio lo rispettasse facendo così.

In ogni caso, ora come ora, non gli sembrava di veder nessun atteggiamento che avrebbe immaginato su un frocio, gli pareva il Brando di sempre. La cosa in qualche modo lo sorprese. La sera prima aveva gentilmente torchiato la sua figlia minore, Angelica, e alla fine dopo svariate promesse e giuramenti con mano sul cuore che non avrebbe fatto niente di brutto con quell'informazione, lei gli aveva rivelato che a scuola ormai lo sapevano tutti... di Brando.

Quindi non aveva alcun motivo di fingere no?

Si concentrò sugli altri ragazzi. Si domandò se Fabio fosse uno di quelli. Brando non sembrava particolarmente in confidenza con nessuno di loro, in più non gli pareva di scorgere alcuna somiglianza con il preside Fedeli.

Ma d'altra parte neanche lui e Brando si somigliavano granchè.

Avrebbe voluto sapere chi fosse. Vederli insieme forse... o forse no.... su questo non era molto sicuro.

Di colpo vide i ragazzi radunarsi agli altri studenti e iniziare a convergere verso l'ingresso della scuola. Guardò l'orologio, erano le 8 in punto.

Attese di vedere l'ultimo ritardatario sparire oltre il cancello prima di scendere dalla macchina e respirare forte, quasi fosse stato in apnea fino a quel momento. Si poggiò con la schiena allo sportello arruffandosi i capelli e poi cercando di ridargli una sistemata.

Era giovedì.

Quel giorno, se non ricordava male, c'erano gli allenamenti di calcio.

Lui voleva guardarlo ancora.

Non aveva avuto coraggio di avvicinarsi e non ce lo avrebbe avuto neanche dopo.

Ma voleva vederlo... un altro po'.

Avrebbe aspettato.

Si era preso il giorno libero apposta, in fondo.

 

 

ORE 18.15

 

Roberto salì guardingo sulle gradinate. Gli allenamenti erano iniziati e lui aveva aspettato ancora un po' prima di scendere dalla macchina, per essere sicuro che i ragazzi fossero tutti in campo.

Non era facile per un uomo di 2 metri come lui passare inosservato, ma per fortuna non c'era quasi nessuno sugli spalti.

Sulla pista d'atletica intorno al campo delle ragazze stavano correndo. I ragazzi della squadra di calcio erano divisi a coppie e stavano facendo passaggi di riscaldamento.

Riconobbe Brando, con la fascetta che gli tirava via i capelli dalla faccia, che si scambiava il pallone con Niccolò Rossi. Aveva su una fantastica aria scocciata e a lui quasi venne da sorridere a quel punto, gli piaceva giocare, non allenarsi, fosse stato per lui avrebbe fatto solo partite.

Si ricordò di quando glielo diceva che era piccolino. Riconoscere, per qualche verso, un dettaglio di quel bambino che conosceva bene, prima che diventassero poco più di due estranei, in qualche modo gli fece piacere.

Si sistemò su uno dei gradini più in alto, a debita distanza dall'unica altra persona presente. Un ragazzo con la divisa della scuola e un auricolare solo, che leggeva un grosso manuale di qualcosa.

Gli riservò appena un'occhiata.

 

Era assorto a guardare l'allenamento quando, durante un esercizio sui corner, proprio sotto la porta dal loro lato, un ragazzino biondiccio tirò uno svarione sgraziato mandando il pallone sulle gradinate dove stava lui.

Il pallone rimbalzò contro lo scalino sotto i piedi di Roberto e poi rotolò di fianco al ragazzo che leggeva. Alla sua sinistra in basso.

Il biondino si avvicinò di corsa, era grondante di sudore.

Roberto quasi si strozzò con la saliva quando lo sentì parlare

 

“oh Fedeli!!! passa!!” urlò facendo ampi segni con le braccia all'indirizzo del ragazzo.

 

Roberto fece dardeggiare su di lui uno sguardo stupefatto. Fedeli??? come il preside?? cioè quello era Fabio??

Il ragazzo si alzò, raccogliendo il pallone che era rotolato di un altro paio di gradini più in basso, e lo lanciò (con gesto tutt'altro che atletico) al biondino “grazie Fabiè” gli disse lui, prima di voltarsi e correre dagli altri.

 

L'uomo non riusciva a staccargli gli occhi di dosso. Sperò che non si girasse a notarlo perchè sarebbe stato alquanto sconveniente, dato il modo in cui lo fissava.

Era per forza lui.

Il cognome era quello e il biondino l'aveva chiamato “Fabiè” che di sicuro stava per Fabio.

Roberto lo studiò da capo a piedi, sorprendendosi del suo aspetto.... incredibilmente ordinario.

Se lo avesse incontrato 100 volte prima di allora non sarebbe stato in grado di riconoscerlo, era proprio uno di quei tipi anonimi che passano inosservati.

Distolse lo sguardo e arrossì, vergognandosi del suo stupore.

Che cosa si aspettava in fondo?

Tacchi a spillo e boa di struzzo?

Non lo sapeva nemmeno lui....

 

Fabio era un ragazzo assolutamente.... normale. Aveva capelli corti, con un taglio preciso e netto. Niente orecchini, niente tatuaggi o roba simile. Anche la sua postura era.... normale.

Ormai quasi si imbarazzava a pensare a quella parola.

Niente gambe accavallate, o sopracciglia disegnate. Anzi, se ne stava a gambe divaricate e la schiena curva, con le braccia poggiate ai gomiti e il libro appeso tra le ginocchia, quasi pesasse troppo per tenerlo meglio, si mordicchiava le unghie, grattandosi la fronte quando..... gli sembrava.... non capiva cosa stesse leggendo.

 

I ragazzi nel frattempo erano stati divisi in due squadre, distinte dal fatto che una delle due ora indossava dei fratini verde evidenziatore. Era iniziata una specie di partitella d'allenamento.

Roberto notò che ci mettevano pure troppo impegno per essere solo quello.

Gli venne da sghignazzare. Dividi un gruppo di maschi in due e subito avrai una guerra senza esclusione di colpi, non importa se normalmente fanno parte della stessa squadra.

Brando correva su e giù sulla fascia sinistra del campo, anche se ogni tanto la coach gli urlava contro di rimanere dietro.

Di colpo lo vide accentrarsi con la palla al piede per provare a smarcare il suo attaccante ma, un secondo dopo aver passato il pallone, il terzino della squadra avversaria gli si avventò contro in scivolata con entrambe le gambe tese, arpionandogli le caviglie e scaraventandolo per terra. I compagni vociarono e la coach fischiò il fallo. Ciononostante Roberto vide suo figlio rialzarsi come una furia e avventarsi contro l'altro ragazzo, che evidentemente non aspettava altro. Finirono a incenerirsi con lo sguardo, fronte contro fronte, finchè gli altri non si lanciarono a separarli.

Roberto fece un mezzo sorriso. Brando era sempre stato uno che non le mandava a dire.

Occhieggiò Fabio che si era distratto dal libro e ora guardava anche lui la scena con le sopracciglia aggrottate, giusto per qualche istante. Poi lo vide fare spallucce, scuotere la testa e rimettersi a leggere.

Probabilmente era abituato a vederlo attaccar briga con la gente.

 

Sentì il ragazzo con cui Brando aveva avuto lo scontro urlare “finocchio!” talmente forte che la voce arrivò fino a lui. Vide Brando liberarsi dalla stretta di Niccolò intorno alle braccia e rifiondarglisi addosso, afferrandolo per la maglietta. Ma vennero separati di nuovo. La coach si mise a urlare qualcosa e li spedì tutti e due seduti sulla panchina.

Roberto aggrottò la fronte. Sorprendendosi a non trovare giusto che fosse stato buttato fuori dal campo anche suo figlio, che era quello che aveva ricevuto gli insulti.

 

Insulti che lui stesso gli aveva fatto.... tra l'altro.... che vergogna.

 

Dopo circa un quarto d'ora la coach si avvicinò alla panchina e parlò con tutti e due, che avevano entrambi l'aria di volerla mandare a quel paese. Lei gli ordinò qualcosa e poi si mise a braccia incrociate ad aspettare.

Roberto vide Brando alzare gli occhi al cielo, poi tutte e due i ragazzi si mossero in contemporanea e si scambiarono, da un debita distanza, la stretta di mano più falsa della storia. Soddisfatta la coach gli permise di riunirsi al gruppo.

L'uomo guardò l'orologio. Dovevano aver quasi finito. Si alzò e si affrettò a scendere dalle gradinate per raggiungere la sua auto.

 

 

Era rimasto in macchina a lungo a pensare a quanto aveva visto quel giorno. Non riuscendo bene a mettere insieme il turbinio di sensazioni che gli si agitava dentro in quel momento.

L'unica cosa certa che sentiva era la mancanza di suo figlio.

Ma cosa avrebbe dovuto fare adesso?

Era capace di accettare tutto di lui? Anche quell'aspetto che gli faceva così paura, quasi? Che non comprendeva... che non condivideva?

Doveva forse provare a far finta di niente? Come se quella parte di lui non esistesse?

Era giusto..... ancor di più... era possibile... fare questo?

E lui? Lui avrebbe accettato di rivolgergli ancora la parola dopo quello che era successo?

 

Troppe domande. Troppa confusione. Nessuna risposta.

 

Stava per mettere in moto, per andare via da lì. Per allontanarsi e tentare di schiarirsi le idee, quando notò Fabio uscire proprio dalla stessa porta da cui era uscito lui poco prima. Si bloccò.

Era dall'altro lato della strada, dentro la macchina, non poteva vederlo.

Lo vide buttare un occhio all'orologio che aveva al polso, guardare prima a sinistra e poi a destra, poi di nuovo a sinistra e sorridere... quando notò Brando farglisi incontro.

Roberto sentì lo stomaco stringersi quando vide suo figlio avvicinarsi a Fabio. Per un attimo ebbe il forte impulso di scappare. Accendere l'auto di fretta e sgommare via.... aveva terrore di vederli insieme, vicini, occupare lo stesso metro quadro, guardarsi... toccarsi.

Ma si trattenne.

Vide Brando sfoderare un sorriso enorme quando se lo trovò davanti, si interrogò sul fatto se lo avesse mai visto sorridere così.

Poi Fabio gli disse qualcosa che lo fece imbronciare per attimo, probabilmente riferito allo scontro che aveva avuto con quel compagno di squadra prima. Vide suo figlio parlare per un minuto, come se gli stesse raccontando come fossero andate le cose, l'altro scuotere la testa, ma non sembrava avercela con lui, più che altro con quell'altro tipo. Infatti gli sorrise quando lo vide fare spallucce, come a dire “chi se ne frega”. Vide Brando sorridergli a sua volta, e poi guardarsi rapidamente intorno e dietro, come a controllare che non ci fosse nessuno poi, prima che Roberto potesse intuire qualcosa, gli vide passare una mano dietro la nuca di Fabio e attirarlo verso di sé, inclinando la testa per baciarlo con un certo trasporto.

Roberto voltò la testa di lato di scatto. Travolto da un misto di imbarazzo e disgusto. Non era pronto a vedere una cosa del genere.

Tuttavia si forzò a guardarli di nuovo. Se era lì per osservare doveva farlo fino alla fine, suppose.

Si girò con riluttanza. Li guardò baciarsi per diversi secondi. Fabio gli aveva afferrato il viso tra le mani e Brando lo teneva stretto a sé con un braccio intorno alla vita. In un certo senso entrambi baciavano.... da maschi... per così dire. Roberto girò di nuovo lo sguardo sopraffatto dall'imbarazzo, mise in moto e si allontanò velocemente dal piazzale, con la testa più in confusione che avesse mai avuto.

 

 

 

25 APRILE – PONTE MILVIO

 

 

L'aria era fredda, frizzante, nella notte primaverile. Il ponte era semi deserto nonostante non fosse particolarmente tardi. Fabio e Brando se ne stavano seduti sul cornicione, spalle al fiume, a contemplare il panorama incastonato di lampioni, che con la loro luce calda tingevano di arancio le pietre antiche del parapetto e della torretta. Un mare di lucchetti appesantiva la catena su cui Brando poggiava i piedi, dondolandoli lentamente. Il cielo era terso, di un nero violento. Troppa luce perchè si potessero vedere le stelle, ma il profilo della città era già bellissimo così.

Fabio guardò l'orologio che aveva al polso per l'ennesima volta, e fece un profondo respiro incassando le testa nelle spalle

“23.55” annunciò “ancora 5 minuti e avrò 18 anni” aggiunse in tono teso, mentre il vento gli scompigliava un po' i capelli. Brando sogghignò scuotendo la testa “non ci starai mettendo troppa enfasi?” chiese in tono canzonatorio. A lui, a parte per la faccenda di poter guidare la macchina, di fare 18 anni non gliene era importato granchè. Fabio lo ignorò. “hai pensato a come festeggerai?” insistette il riccio, più che altro per tentare di strappargli quell'espressione agitata dalla faccia. L'altro fece spallucce “Camilla si è offerta di prestarmi casa sua... se volessi fare una festa con tutti” buttò lì “ma onestamente non me ne frega niente” Brando annuì. Immaginava... a Fabio non piaceva mettersi in mostra. Lo vide alzare gli occhi al cielo come se stesse immaginando qualcosa “ti dirò, mi basterebbe uscire a prendere qualcosa con Chiara, Damiano e Ludo... non ho esigenza di festeggiare in grande” disse. Brando sollevò un sopracciglio costruendo una finta espressione offesa “beh grazie tante per avermi incluso eh” buttò lì incrociando le braccia. Fabio fece uno sbuffo di risata “idiota... tu sei sottinteso” esclamò mollandogli una leggera spinta “in ogni caso...” aggiunse a volume molto più basso, tornando a guardarsi le mani.

Brando guardò il suo orologio e sorrise “oook... mezzanotte e 1” scandì “da un minuto, sei ufficialmente maggiorenne, contento?” Fabio ridacchiò imbarazzato. Contento lo era, senza dubbio, ma dubitava c'entrassero i 18 anni, pensò squadrando il profilo del ragazzo seduto accanto a lui, che si era chinato in avanti per raccogliere il suo zaino da terra.

“chiudi gli occhi” gli ordinò Brando in quel momento, strappandolo alle sue riflessioni “eh??” esclamò Fabio di riflesso, spalancandoli invece “ti ho detto, chiudi gli occhi, su” lo esortò lui con un gesto della mano. Fabio ridacchiò “me possa fidà?” chiese scherzando... ma neanche troppo. Brando sbuffò “Fedeli piantala de rompe er cazzo e chiudili!” sbottò prendendogli una mano e spingendogliela sulla faccia. Fabio ubbidì mettendosi il palmo sugli occhi “jawhol my fuhrer!” esclamò ridendo, per prenderlo in giro. Era un po' incuriosito da tutto quel mistero a dire la verità, e anche un filino preoccupato.

“Non sbirciare....” lo sentì cantilenare, mentre armeggiava con la zip del suo zaino, anche se lui non lo stava facendo. Il suo tono era più tranquillo ora.

Brando trafficò ancora per qualche secondo poi gli disse “ok, apri” Fabio si tolse la mano dagli occhi e il suo sguardo venne catturato dalla fioca luce della candelina che gli ballava davanti al viso. Brando gliel'aveva messa su un cupcake che, Fabio immaginò, avesse tirato fuori dalla scatolina di carta che giaceva per terra, e gliela teneva davanti “buon compleanno” disse semplicemente. Fabio prese in mano il piccolo dolce e lanciò uno sguardo stupito al ragazzo, “accidenti, che cosa tenera” commentò aggrottando le sopracciglia, con tono canzonatorio, era decisamente incredulo. Brando si rizzò più dritto con la schiena, preso in contropiede dalla sua reazione “non capisco perchè quell'aria sorpresa” commentò sollevando un sopracciglio divertito, e poi incrociando le braccia e alzando il naso per aria aggiunse “io sono un tipo tenero” “sì, come il granito!” ribattè immediatamente Fabio scoppiando a ridere. Brando gli lanciò un'occhiataccia e mise su un broncio adorabile, girando lo sguardo di lato “che stronzo...” commentò, e Fabio sorrise mordendosi subito dopo il labbro per smettere, rendendosi conto che aveva reagito così più per imbarazzo che per reale desiderio di prenderlo in giro.

Solo che era stato così carino da coglierlo completamente alla sprovvista!

Studiò per un attimo il suo profilo duro, quel neo sullo zigomo sinistro che lui trovava così sexy. Pensò che probabilmente lo amava. Era amore quello che sentiva per lui. Era da sempre stato amore.

Gli diede un piccolo buffetto sulla guancia per richiamare la sua attenzione, e poi posò un bacio nello stesso identico punto “sto scherzando Bra...” gli disse col tono come se stesse spiegando l'ironia ad un bambino, e poi quando lui si girò a guardarlo aggiunse serio “per me tu sei perfetto”

Brando roteò gli occhi arrossendo leggermente “vabbè... te sei salvato in corner va...” concesse sorridendo, facendolo ridere. Fabio soffiò sulla candela spegnendola di botto, poi la tolse e se la ripose con cura in tasca. Divise più o meno a metà il dolce e ne avvicinò una delle due alla bocca di Brando. Il riccio né mangiò un piccolo pezzo dalla sua mano e poi prese il resto così che Fabio potesse assaggiare la sua metà.

“sai ripensandosi” disse Fabio dopo aver succhiato via la panna che gli era scivolata su un dito “non riesco a immaginare un altro modo in cui vorrei passare il mio compleanno, se non qui con te” Brando sogghignò “troppo zucchero in corpo Fedè?” gli disse facendogli scuotere la testa e alzare gli occhi al cielo. Ecco che gli restituiva la presa in giro, probabilmente con gli interessi.

Lo vide armeggiare di nuovo con lo zaino che si era portato dietro e, con sua grande sorpresa, tirarne fuori una specie di involto di carta regalo, stropicciato e tenuto insieme alla meglio da un nastrino “tò” gli disse porgendoglielo “si vabbè... ignora il pacchetto” si sentì in dovere di precisare davanti alla sua espressione perplessa. Fabio gli rivolse di nuovo un'occhiata sorpresa

“ma dai, mi hai fatto pure un regalo? Ma non dovevi..” Brando pensò che era già sufficientemente in imbarazzo senza che lui facesse quello sguardo da cagnolino felice “cos'è?” gli stava chiedendo rigirandosi il pacco tra le mani, e scuotendolo un po' come a sentire se facesse rumore.

“e apri!” lo esortò lui.

Fabio iniziò a staccare lo scotch con cautela. Brando si strofinò una mano sul collo per stemperare l'ondata di imbarazzo che gli era venuta su, mentre lo apriva. Lo vide immobilizzarsi, e poi sollevare entrambe le sopracciglia, mentre fissava il contenuto del pacco: una felpa rossa. Brando si schiarì la voce, un po' a disagio “è... mia... ce l'avevo addosso la sera che..”

“che ci siamo baciati. La prima volta. Lo so.” lo interruppe Fabio di slancio, girandosi a guardarlo negli occhi, mentre stringeva la felpa tra le mani come fosse stato qualcosa di prezioso “te lo ricordi?” gli chiese Brando sorpreso. Fabio rise a quel punto “certo che me lo ricordo!” proruppe “se vuoi ti dico pure di che colore avevi il cappello, i pantaloni, e che dopobarba ti eri messo! Mi ricordo tutto di quella sera, m'ha cambiato la vita” spiegò in tono dolce, facendo arrossire Brando fino alla radice dei capelli, preso in contropiede da quello slancio. Fabio rise di nuovo. Era forse la prima volta che lo faceva imbarazzare così, poteva pure segnarsela sul calendario quella data.

Brando abbassò lo sguardo sulle sue mani che aveva iniziato a stropicciarsi “lo so che è una cosa un po' così... come regalo” borbottò “ma non ho una lira, per cui” “Bra” lo bloccò di nuovo Fabio mettendogli una mano sul braccio “è meglio questo di qualsiasi altra cosa, te lo garantisco” disse in tono sicuro, riuscendo a strappargli un sorriso rilassato. Soddisfatto Fabio si fece un po' indietro e spiegò la felpa, infilandosela poi velocemente, sopra la camicia leggera che indossava “come mi sta?” chiese tirandosi un po' su le maniche all'altezza del gomito. Brando gli fece un sorrisetto ironico a questo punto “grande” confessò “ma non importa” aggiunse un istante dopo. Fabio mise tutte e due le gambe su, sul cornicione, per girarsi completamente dalla sua parte, mentre lui anche ci si metteva a cavalcioni. Si avvicinò il più possibile a lui, scavalcandogli le gambe con le sue per poggiare i piedi oltre la sua schiena

“beh immagino.. di doverti ringraziare adesso” scherzò facendogli uno sguardo malizioso, mentre Brando lo squadrava da sotto in su, umettandosi rapidamente le labbra “eh sarebbe anche ora” rispose ironicamente aggrottando le sopracciglia. Fabio sorrise e assottigliò ancora di più la distanza tra loro, avvicinandosi più che poteva col bacino al suo. Gli poggiò una mano sul collo spingendo poi la bocca sulla sua, iniziando a divorargli le labbra di baci. Brando approfondì il bacio subito, insinuando la lingua nella sua bocca e accarezzandogli con essa la sua. Dopo qualche secondo lo afferrò saldamente per i fianchi e se lo tirò addosso, con un'unica mossa secca, facendoselo sedere sulle gambe. Fabio gli afferrò i ricci nel pugno e gli tirò la testa indietro, per guardarlo un attimo da quella posizione leggermente sopraelevata, sprofondando nei suoi occhi scuri. Brando gli fece un sorriso intrigante “oh, molto bene Fedeli, mo finalmente tutto quello che ti voglio fare è diventato legale” lo provocò facendolo ridere, un attimo prima di ricominciare a baciarlo.

 

 

PIU' TARDI

 

Fabio scrollò febbrilmente il mazzo di chiavi alla ricerca di quella giusta, nella penombra del vialetto, mentre le mani di Brando gli percorrevano con fare possessivo fianchi, pancia e torace, stringendo di tanto in tanto il punto in cui si posavano, con desiderio, quasi avesse potuto farlo suo solo con la pressione delle dita sul suo corpo. Deglutì mentre il moro gli baciava con forza la guancia e il collo, al punto da costringerlo a piegare un po' la testa per assecondarlo

“te voi sbrigà???” lo sentì soffiargli tra un bacio e l'altro con voce roca. Fabio chiuse un istante gli occhi quando lui gli strinse per un attimo tra le labbra il lobo dell'orecchio “è una parola...” confessò sentendo i tremiti dell'eccitazione pervaderlo, e sbatacchiando di nuovo le chiavi “mi tremano le mani” ridacchiò. Brando non sembrò farsi impietosire dalla cosa, gli si addossò ancora di più facendo aderire completamente il torace alla sua schiena “guarda che se non te movi faccio peggio” lo minacciò scherzosamente mandando una mano su ad accarezzarlo sulla gola e l'altra alla cintola del pantaloni. Fece scivolare un dito sotto l'elastico dei boxer e gli accarezzò con delicatezza la pelle sensibile poco sopra l'inguine.

 

Bastardo, appena trovo sta chiave vedi...

 

pensò Fabio mordendosi il labbro inferiore, eccitato al parossismo alla sola idea di cosa poteva fargli quella mano se scendeva anche di un solo centimetro più in basso. Sentì la sua erezione premergli contro. Lo faceva impazzire il saperlo così eccitato.

Finalmente spinse la chiave nella serratura e la girò con furia, poi si voltò verso di lui, lo afferrò per il collo della felpa e si avventò sulle sue labbra baciandolo con foga mentre apriva la porta con la schiena, indietreggiando.

Brando la richiuse alle loro spalle con la gamba mentre Fabio buttava a tentoni le chiavi nella ciotola di metallo all'ingresso, facendo un gran baccano. “shhhhh!!” gli disse il riccio ridacchiando contro le sue labbra “fai piano scemo” gli sussurrò in tono affettuoso mentre gli bloccava il viso tra le mani e approfondiva di nuovo il bacio, nel buio pesto del corridoio. Fabio gli tolse il cappello con uno scatto, lanciandolo poi da qualche parte alle sue spalle e gli affondò le mani nei capelli, godendosi ogni maledetto riccio. Brando lo spinse piano contro il muro del corridoio e poi lo bloccò lì col peso del suo corpo per impedirgli qualsiasi tentativo di fuga, anche se non ce n'era alcun bisogno. Gli baciò famelico il collo, la gola, la piccola parte di clavicola lasciata scoperta dalla camicia, mentre gli stringeva la vita tra le mani. Fabio girò appena la testa, ad occhi chiusi per sussurrargli nell'orecchio “arriviamo in camera”. Brando si scostò appena e Fabio lo precedette dentro la stanza. Accese la luce, perchè voleva guardarlo, vederlo bene per tutto il tempo. Il moro chiuse la porta, si sfilò la felpa e serrò di nuovo il viso di Fabio tra le mani, incollando la bocca alla sua. Lui si lasciò baciare per qualche secondo, poi se lo staccò di dosso e gli mollò un poco delicato spintone mandandolo seduto sul letto poi, prima che potesse reagire, un altro, sempre in mezzo al petto, che lo fece finire semi sdraiato coi gomiti poggiati al materasso. Brando sorrise, perchè si divertiva quando faceva così. Fabio, invece di salire sul letto si fece un passo indietro e iniziò a sbottonarsi lentamente la camicia, accennando subito dopo qualche passo di danza come se stesse facendo uno spogliarello. Brando si portò una mano sugli occhi scoppiando a ridere “Fedeli guarda che non c'è alcun bisogno che mi eccito più di così” esclamò ridacchiando, mentre anche lui rideva e finiva di togliersi la camicia in fretta, rimanendo solo con i jeans. Brando gli rivolse una squadrata generale facendo poi un sorrisino malizioso “vieni qua se c'hai coraggio” lo sfidò invitandolo ad avvicinarsi con un cenno del mento. Fabio non se lo fece ripetere. Salì sul letto in ginocchio, mentre lui anche si metteva nella stessa posizione, gli mise una mano dietro il collo e lo baciò di nuovo. Un bacio affamato ed esigente. Brando gli morse il labbro inferiore e poi subito dopo riniziò a baciarlo con dolcezza. Lo strinse a sé con un braccio mentre con l'altra mano gli slacciava il bottone e la zip dei pantaloni. Fabio percorse con le mani tutto il suo torace sui due fianchi per poi afferrare il bordo della maglietta e sfilargliela. Premevano con la testa uno contro l'altro, come se quel bacio fosse una battaglia di supremazia. Lo fece stendere sotto di sé e gli montò a cavalcioni sopra, facendolo ghignare di soddisfazione, mentre con le mani vagava sul suo torace liscio e teso. Si chinò su di lui, semi sdraiato sopra, iniziando a baciargli ogni centimetro di pelle scoperta che riusciva a raggiungere. Brando chiuse gli occhi, lasciando andare un sospiro, mentre Fabio poggiava le labbra in un punto poco sotto la clavicola e faceva il vuoto, succhiando la sua pelle, e compiacendosi poi nel constatare che gli aveva lasciato un piccolo segno. Continuò a baciarlo dappertutto. Pensò che avrebbe potuto mangiarlo per quanto gli piaceva il sapore della sua pelle. Smise di accarezzargli il busto e portò le mani in basso, slacciandogli i pantaloni. Brando sollevò un po' il bacino per farseli togliere, e Fabio lo fece, mentre gli dava un altro bacio a risucchio sugli addominali, proprio sopra l'ombelico. Il riccio gli prese il viso tra le mani e lo tirò verso di sé, gli baciò in rapida successione la bocca e le guance e poi contrasse gli addominali tirando su seduti tutti e due “mo tocca a me” gli disse con aria maliziosa a due centimetri dal naso, ribaltando poi le posizioni di prima con una mossa fulminea che fece ridere Fabio. Gli si sdraiò sopra, immobilizzandogli le mani ai lati del viso e avventandosi poi sulle sue labbra, in un bacio frenetico ma dolce, di qualche attimo, per poi scendere giù, lasciandogli una scia infuocata di baci umidi dalla gola fino a sotto l'ombelico. Le mani che assecondavano la discesa accarezzandogli nel mentre dai polsi alle braccia, ai fianchi. Fabio sollevò la testa di scatto, a controllare cosa stesse facendo, quando sentì le sue mani afferrargli i lati dei boxer, sotto i pantaloni. Brando glieli tolse entrambi contemporaneamente, in un gesto rapido, mandandoli da qualche parte sul pavimento, e Fabio ributtò la testa indietro con un sospiro, quando sentì le labbra del ragazzo poggiarsi sulla punta della sua erezione “oh cazzo” si lasciò sfuggire afferrando un cuscino e mordendolo per soffocare il gemito che aveva sentito venirgli su. Brando ghignò divertito, sentendolo imprecare, e riprese l'opera che stava facendo, godendosi i sospiri che gli provocava. Fabio lanciò via il cuscino, che ora sembrava togliergli aria, e si morse il labbro inarcando un pizzico la schiena, gli accarezzò i capelli cercando di non essere troppo brusco, trasportato dall'eccitazione.

“porca troia Bra” sospirò chiudendo gli occhi “potresti insegnarlo come si fanno, giuro” si lasciò scappare. Brando si staccò da lui fulminandolo con lo sguardo “Fedeli, un'altra parola di questo tipo e ti mordo!” lo minacciò tra il serio e l'ironico. Fabio rise portandosi una mano sugli occhi imbarazzato per poi trattenere il respiro di botto, quando il moro ricominciò a baciarlo lì “oddio...” sospirò di nuovo forte.

Lo lasciò fare ancora per qualche secondo poi, con un non indifferente sforzo di volontà, gli afferrò la testa tra le mani e lo staccò da sé “basta..” esclamò quasi senza fiato. Brando gli rivolse un'occhiata interrogativa passandosi per un attimo il dorso della mano sulla bocca “voglio venire insieme a te, non adesso” spiegò Fabio ancora ansimando, facendolo sorridere stavolta. Brando si riavvicinò al suo viso, sdraiandosi vicino a lui, tenendosi appena su con un gomito, lo avvolse per un attimo con l'altro braccio intorno alla vita e lo baciò con dolcezza ma di fretta, come a voler prendere tutto quello che poteva finchè ne aveva l'occasione, poi si accostò al suo orecchio “girati, amore” gli sussurrò dandogli un altro bacino sulla guancia “no” rispose secco Fabio, guardandolo negli occhi, e sorridendo un po' dell'espressione confusa che fece Brando a quel punto, con la testa già un po' annebbiata dall'eccitazione, pensava di aver capito male “voglio provare a farlo in modo diverso” gli spiegò mettendosi seduto e spingendo lui a tirarsi su in ginocchio sul letto “da davanti, così posso guardarti negli occhi” aggiunse, vergognandosi un po' del fatto che magari a lui non importava granchè la cosa, in quei momenti. Brando sorrise invece “ok..” rispose calmo “dimmi cosa devo fare” Fabio arrossì di piacere a sentire come si fidava di lui, senza fargli nessuna domanda.

“scendi dal letto” gli ordinò. Lui obbedì senza fiatare e lo guardò incuriosito mentre si spostava a sua volta seduto fin sul bordo del materasso, di fronte a lui, poi si sdraiava, con le ginocchia piegate in su, le gambe semi aperte. In quella posizione i loro inguini erano praticamente alla stessa altezza. “beh mo vedi tu, improvvisa” scherzò Fabio, dato che non c'era più tanto lasciato all'immaginazione. Anche Brando rise per un attimo, poi senza staccare gli occhi da suoi per un secondo, si afferrò l'elastico dei boxer facendoli scivolare fino a terra. Fabio si prese un istante per divorarlo con lo sguardo, gli piaceva da impazzire.

Brando gli poggiò le mani sulle ginocchia, accarezzandogliele per un attimo, poi gliele divaricò leggermente sistemandosi tra le sue gambe. Allungò una mano e gli sfiorò con un dito le labbra, facendolo poi scorrere brevemente dentro il suo labbro inferiore. Fabio glielo succhiò per un istante, poi Brando spostò la mano e la mandò in basso, tra le gambe del ragazzo, accarezzandolo col dito umido per lubrificare la zona. Gli afferrò i fianchi e entrò dentro di lui con un'unica spinta decisa. Vide Fabio spalancare un attimo gli occhi e sospirare come se gli si fosse mozzato il fiato “ti faccio male?” gli chiese subito corrucciando le sopracciglia, tra il sorpreso e il preoccupato. L'altro scosse la testa “cazzo dici... viè qua” esclamò allungando le braccia per afferrargli il viso per le guance e tirarlo verso di sé, coinvolgendolo in un bacio affamato. Brando sorrise per un attimo contro le sue labbra, si sorresse con i gomiti sul materasso e iniziò a muoversi a un ritmo lento e regolare, continuando a baciare la sua bocca come se non ci fosse altro da fare nella vita. Ad ogni spinta sentiva un'ondata di piacere spargersi dal bacino fin a tutto il corpo. Il suo torace sfiorava su e giù contro quello di Fabio e quel lieve contatto non faceva che aumentare i brividi che pervadevano entrambi. Sentì le mani del ragazzo scivolare via dalle sue guance e sparire dal suo campo visivo. Si staccò appena per guardare in basso e notò che Fabio aveva iniziato a toccarsi da solo. Staccò il braccio sinistro dal letto, sorreggendosi solo col destro e con un gesto repentino gliele tolse da lì “impiegale meglio quelle mani” gli soffiò praticamente in bocca, senza smettere di muoversi e iniziando a muovere la sua di mano su e giù sull'erezione del ragazzo. Fabio gli afferrò la schiena chiudendo per un attimo gli occhi mentre un'imprecazione gli sfuggiva dalle labbra, e cominciò a fargli una leggera pressione contro le spalle come ad accompagnare i suoi movimenti. Brando con una spinta un po' più a fondo delle altre fece combaciare di nuovo la bocca con la sua, con tale impeto da fargli inarcare il collo indietro, in un bacio di labbra, lingua e denti.

Cavolo era troppo bello baciarlo per tutto il tempo.

Le mani di Fabio vagavano sulla schiena, il sedere, i fianchi di Brando, accarezzando con dolcezza i lati del suo torace quasi a contare una per una tutte le costole, mentre le spinte si facevano via via più decise e veloci. Fabio credette di impazzire quando con la mano lui raggiunse lo stesso ritmo che teneva col bacino.

Brando, sopraffatto dal piacere, a un certo punto non ce la fece più né a toccarlo né a baciarlo coerentemente, lo sovrastava di qualche centimetro col busto e ad ogni spinta si sfioravano appena la punta del naso, mentre i loro respiri si mischiavano l'uno nella bocca dell'altro. Fabio chiuse gli occhi e Brando fece crollare un attimo la testa avanti, andando a sfiorare il viso dell'altro coi ricci, mentre venivano, stavolta nello stesso momento.

 

 

Dopo qualche minuto se ne stavano sdraiati tutti e due nel piccolo letto, col lenzuolo a coprirli appena fino alla vita. Fabio stava girato di lato, contro il fianco di Brando, la testa sulla spalla, la gamba sinistra intrecciata con le sue, guardava il vuoto, rilassato, mentre Brando gli accarezzava distrattamente la schiena, con la punta delle dita del braccio che gli teneva intorno alle spalle. Con la mano destra fumava, lo sguardo perso sul soffitto.

“se mio padre sente puzza di fumo t'ammazza Bra” disse con voce un po' impastata Fabio a un certo punto. Quello fece spallucce prendendo un'altra boccata “dopo apro la finestra” sentenziò pigramente e poi aggiunse “tanto se c'ho freddo m'appiccico a te” facendolo sorridere, e pensare ridicolmente che se lo sarebbe volentieri tenuto appiccicato per sempre.

“comunque... che botta...” commentò a quel punto il riccio con una smorfia d'approvazione “ma dove l'hai vista quella roba che abbiamo fatto prima?” gli chiese a quel punto curioso, temendo in un angolino sciocco del cervello che lo avesse sperimentato col suo ex, di cui felicemente non aveva mai voluto sapere niente. Fabio si mosse nel suo abbraccio in lieve imbarazzo “su internet” confessò arrossendo. Brando a quel punto fu colto da una crisi di ridarella “s-sei un... pervertito” boccheggiò ridacchiando e mollandogli un paio di schiaffetti leggeri sulla guancia che gli offriva da quella posizione “oh senti eh...” protestò lui, scoppiando poi a ridere a sua volta “però bravo” gli disse a quel punto Brando riprendendosi “m'è proprio piaciuto” ammise senza vergogna, facendo invece scoppiare Fabio a ridere di nuovo.

 

“sbaglio o prima a un certo punto m'hai chiamato amore?” gli chiese Fabio dopo un po', tirando gli occhi in su per spiare la sua reazione. Lo vide prendere un altro tiro di fumo e arrossire leggermente

“può essere” concesse, e poi aggiunse subito dopo “ma non te montà la testa, lo sai che per scoparti direi qualsiasi cosa”. Cercava di darsi un tono, perchè si vergognava, ma Fabio non ci cascò. Lo conosceva troppo bene ormai “no, non è vero” replicò con una tranquillità disarmante “no.... non è vero” confermò Brando a quel punto, sorridendo leggermente.

Passò ancora qualche minuto di silenzio. Fabio aveva preso ad accarezzare la pancia di Brando, con lentezza, osservando rilassato il leggero solco che gli divideva gli addominali muoversi lentamente su e giù ad ogni respiro “amore mio” soffiò, quasi senza pensarci. Si accorse di averlo detto a voce alta quando sentì Brando dire “che c'è?” Aveva risposto con una tale tranquillità e naturalezza da fargli sembrare quel suo slancio quasi normale. Si sistemò meglio vicino a lui “niente” disse con calma “stavo solo provando a chiamarti così” ammise “e....?” lo esortò il riccio a quel punto, prendendo l'ultima boccata di fumo. Fabio fece un'alzata di spalle “troppo sdolcinato” sentenziò con una leggera smorfia “lo riserverei solo alle occasioni speciali” aggiunse. Brando gli lanciò un'occhiata “ok....” concordò piano, per poi parlare di nuovo dopo appena due secondi “amore mio” lo chiamò. Fabio si sentì male, detto dalla sua voce bassa e profonda quella cosa gli aveva fatto agitare un mare di farfalle nello stomaco, e si pentì di avergli appena detto di non chiamarsi così

“eh...” riuscì solo a dire in risposta “auguri” gli disse semplicemente lui, girando poi il viso per stampargli un bacino sulla fronte. Fabio sorrise, felice. Sì, decisamente non c'era modo di migliore di festeggiare il compleanno.

 

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Capitolo 17
*** cap 17 ***


CAP 17

 

UNA SETTIMANA DOPO

 

Brando strofinò forte le mani tra loro, coperte di un impasto farinoso e appiccicoso, nel tentativo di pulirsele un po'.

“è troppo secco Fa... praticamente so briciole” sentenziò. Fabio si grattò la testa constatando che avesse ragione “che ci mettiamo?” chiese rivolto a Giovanni che, con una improbabile parannanza a fiori, stava girando il ragù in una pentola di coccio. L'uomo si sporse per sbirciare dentro la ciotola davanti a Brando mentre il figlio gli diceva “olio? Latte? Acqua?” osservò il misto slegato di patate schiacciate e farina “direi acqua..” asserì “ma non lo so, non li ho mai fatti” aggiunse prima di ridare attenzione alla pentola.

Fabio prese un bicchiere d'acqua dal rubinetto, lasciandola scorrere un attimo calda, e poi lo versò senza un minimo di grazia nell'impasto “pocaaaaaa” gli urlò troppo tardi Brando “a Fa!!” lo fulminò il riccio con lo sguardo “che ne so...” si difese lui, cercando di non ridere per la sua espressione furiosa “avevi detto che era secco” “e mo è troppo moscio!” lo rimbeccò lui cercando di dare un senso alla ben e meglio all'impasto che aveva davanti, con il risultato che quasi metà rimase attaccato alle sue mani “che cazzo di schifo!” si lamentò “Brando....” lo rimproverò cantilenando Giovanni, che non aveva voglia di essere severo perchè si stava divertendo a cucinare tutti e tre insieme, ma le parolacce proprio non le sopportava. Il ragazzo alzò gli occhi al cielo, mentre cercava di spiccicarsi le mani da quella specie di colla “sì, sì, ok... che schifo terribile! Va meglio?” lo sfottè palesemente. Fabio ridacchiò mentre Giovanni invece non raccolse la provocazione “si grazie” disse, e poi rivolgendosi al figlio aggiunse “se è appiccicoso ora metteteci un po' di farina, però poca per volta eh?” Fabio annuì e Brando gli rivolse un'occhiataccia come a dire -vedi? Come avevo detto io- sbuffò di nuovo “vado a lavarmi le mani, continua un po' tu” gli intimò avvicinando la ciotola dal suo lato del tavolo.

Quando ritornò gli sembrò che la situazione fosse un po' migliorata. Ok, Fabio era sporco di farina fino ai gomiti, però l'impasto sembrava star prendendo effettivamente la forma di una palla come diceva il video. “me ne metti ancora un pochino?” chiese Fabio facendo un cenno della testa al sacchetto della farina. Brando lo prese, resistette strenuamente alla tentazione di fare il bambino e buttarcene dentro una badilata, così tanto per restituirgli il favore, ne prese una manciata e la buttò nella ciotola. “grazie” gli disse Fabio facendogli un sorriso dolce, che ebbe il potere di spazzare via tutta la sua voglia di brontolare. Si sedette lì vicino ad osservarlo poggiando un gomito sul tavolo e il mento sulla mano.

“mamma mia che fatica...” si lamentò Fabio dopo un po' cercando di togliersi la farina, che sentiva solleticargli il naso, con la spalla “ma di chi è stata l'idea di provare a fare gli gnocchi???” insistette tornando a impastare “tua figliolo” rispose tranquillamente Giovanni senza girarsi “chi è causa del suo mal...” snocciolò un bel proverbio, così per gradire. Fabio si voltò per trapassargli la schiena con un'occhiataccia mentre Brando sghignazzava “beh se tu non avessi comprato, per qualche motivo, 5 kg di patate! Che stavano per andare a male!” ribattè, cercando comunque di non alzare la voce per non indispettirlo “che poi” intervenne Brando mentre disegnava delle formine sulla farina sparsa sul tavolo “che l'hai prese a fa che in questa casa le patate manco ci piacciono” buttò lì in tono malizioso. Fabio si strozzò con la saliva per la portata della battutaccia. Giovanni invece rimase impassibile “beh parla per te, Brando” ribattè ridacchiando. Questa volta fu il turno di Brando di strozzarsi mentre Fabio esclamava “papà!!” esterrefatto “che c'è?” chiese lui tranquillo “sono vecchio, mica morto” aggiunse facendo scoppiare il riccio a ridere così forte che iniziò a contorcersi sulla sedia.

In quel momento suonò il campanello.

“aspettate qualcuno?” chiese Giovanni. I due ragazzi scossero la testa “accidenti, io qua non posso mollare..” commentò l'uomo. Brando si alzò in piedi, dato che Fabio aveva le mani sporche di impasto “vado io” sentenziò uscendo dalla cucina.

 

L'ospite doveva aver trovato il cancelletto aperto, perchè lo sentì suonare di nuovo, questa volta al campanello del portoncino. Non si prese la briga di chiedere chi era, afferrò la maniglia e aprì la porta.

La sensazione fu quella di ricevere un pugno dritto nello stomaco, lo sguardo gli si congelò all'istante nell'incrociare gli occhi della persona davanti a lui.

“ciao Brando...” lo salutò a bassa voce Roberto, osservando il suo sguardo duro in imbarazzo, ma non sorpreso. Non si aspettava niente di diverso da lui, nel ritrovarselo davanti.

Brando rimase a fissarlo zitto, e rigido. Quasi non respirava. L'uomo si mise le mani in tasca, perché istintivamente avrebbe voluto toccarlo, ma immaginò che non avrebbe gradito “mi fai entrare?” propose abbozzando un sorriso, ma il ragazzo non si mosse di un millimetro. Fortunatamente Giovanni sopraggiunse alle sue spalle un istante dopo. Era venuto a controllare dato che non tornava.

“Brando chi....” anche a lui si mozzò la frase a metà nel riconoscere l'uomo sulla porta, sollevò le sopracciglia sorpreso “signor De Santis!” lo salutò con tono stupito ma non ostile “prego..” aggiunse. E poi, vedendo che Brando non accennava a spostarsi, lo prese delicatamente per il gomito tirandolo un po' verso di sé per liberare il vano della porta “su vieni...” gli disse a voce bassa senza lasciarlo, perchè l'aveva sentito tremare.

 

 

Se ne stavano tutti e quattro nel salotto. Brando e Giovanni stavano su delle sedie, Fabio divideva il divano con l'ospite. In casa non c'era più traccia dell'atmosfera tranquilla di quella mattina. Anzi per tutto il tempo che Roberto De Santis aveva parlato, nell'ultima mezz'ora, una tensione palpabile aveva riempito ogni angolo della stanza. Fabio non gli aveva staccato gli occhi di dosso, studiandolo a braccia incrociate sul davanti, con sguardo critico, suo malgrado. Brando invece non aveva alzato neanche per un attimo gli occhi da per terra. Stava seduto a gambe larghe e si torturava le mani, buttate tra le ginocchia. Solo Giovanni aveva tentato di interagire con l'uomo, mentre si era lanciato in un monologo il cui succo era che fosse lì per riportare Brando a casa con lui. Fabio aveva sentito lo stomaco accartocciarsi quando lo aveva detto.

“Brando...” Roberto si rivolse per la prima volta al figlio da quando aveva iniziato. Il ragazzo fece dardeggiare su di lui appena uno sguardo “ti chiedo scusa” gli disse l'uomo, sinceramente. Lui gli rivolse un'altra occhiata mentre il suo ginocchio aveva iniziato a muoversi compulsivamente su e giù per scaricare lo stress. L'uomo sospirò e aggiunse rivolgendosi stavolta a Giovanni “e a lei volevo dire grazie, signor Fedeli, se quel giorno non fosse venuto a parlami, non sarei qui adesso.”

Giovanni chiuse gli occhi. Brando invece li spalancò.

 

Cioè.... lo aveva chiamato lui?

 

Fu come ricevere una pugnalata. Non resistette più, si alzò in piedi di scatto e marciò via dalla stanza come una furia. Fabio fece per alzarsi e seguirlo ma Giovanni allungò una mano avanti per fermarlo, senza staccare gli occhi dal punto in cui Brando era andato via “vado io” disse in tono talmente risoluto da convincerlo.

Quindi si alzò iniziando a chiamarlo prima ancora di essere uscito dalla stanza.

Fabio e Roberto si rivolsero un'occhiata imbarazzata dai due lati opposti del divano. Il ragazzo prese un respiro. Provando a non detestarlo con ogni fibra del corpo. In fondo era il padre del suo ragazzo, e sembrava venuto lì per seppellire l'ascia di guerra

“sono Fabio, comunque” si presentò tendendogli la mano. L'uomo guardò la sua mano e poi lui in un moto di imbarazzo “sì..” rispose debolmente voltandosi a guardare per terra “lo so chi sei” aggiunse senza ricambiare la stretta.

 

Giovanni raggiunse Brando in fondo al corridoio, davanti alla porta della stanza, da cui usciva dopo essersi messo le scarpe. Probabilmente voleva uscire

“Brando...” tentò allungando le mani verso di lui per poggiargliele sulle spalle, ma lui si divincolò ancora prima che lo sfiorasse allontanandole da se con uno schiaffo “no!” disse solo “non fare così, ascoltami un attimo...” insistette l'uomo, provando di nuovo a fermarlo fisicamente, ma Brando lo spinse indietro “non mi toccare!” gli gridò e poi partendo in quarta gli vomitò addosso un fiume di parole “avevi detto che potevo restare! Io ci avevo creduto! Invece vuoi mandarmi via! L'hai chiamato per farmi portare via!” gli urlò spingendolo di nuovo, con la voce che gli si incrinava sull'ultima frase. Lottò per non mettersi a piangere, dato che si accorse di star già facendo una scenata da ragazzino “non l'ho chiamato io!” gli urlò di rimando Giovanni “lui ha detto così!” ribattè a voce ancora più alta Brando, fulminandolo con lo sguardo “ha detto che sei andato a parlarci!” Giovanni lasciò andare una boccata d'aria di botto alzando gli occhi al cielo “sì! Ma non gli ho mai detto di venire a riprenderti!” insistette. Brando girò il viso, arrabbiato, e tentò di nuovo di farsi spazio per passare con la spalla, ma Giovanni lo afferrò, stavolta saldamente, per tutte e due le braccia e lo scrollò forte, come per tentare di mandare via di forza la rabbia che lo accecava “Brando ragiona!” gli intimò in tono duro ma basso, costringendolo a guardarlo in faccia “tuo padre è il tipo che si fa comandare da me? Che sarebbe venuto solo perchè io gliel'ho detto?” lo incalzò “dopo che ti ha mollato in mezzo alla strada ti riporta a casa solo perchè io gliel'ho chiesto??” insistette. Si guardarono per qualche istante negli occhi, insistentemente. Poi Giovanni sentì la tensione abbandonare lentamente le spalle di Brando. Il ragazzo abbassò gli occhi per primo “no” disse debolmente, convinto dalle sue parole. Giovanni soddisfatto lo lasciò andare e entrambe ripresero fiato per un attimo.

“sono andato a parlarci, è vero” confessò l'uomo a voce molto più bassa e calma “ma te lo giuro, non per dirgli di venire a prenderti” si passò una mano nei capelli “volevo solo convincerlo a vederti, almeno. Parlarti magari” aggiunse facendolo ritornare a guardarlo “ed era andata, a mio avviso, talmente male che neanche te l'ho detto che c'ero andato” continuò “credevo fosse stata una perdita di tempo” “e allora che diavolo ci fa qua???” chiese Brando a denti stretti indicando con tutto il braccio in direzione del salotto “non lo so!” ribattè Giovanni “sono sorpreso quanto te!” aggiunse incrociando le braccia al petto e girando gli occhi al soffitto ragionando “forse l'ha convinto tua madre?” tentò, ma Brando scosse la testa con decisione “impossibile” sentenziò secco “non ha il potere neanche di convincerlo ad ordinare una cosa diversa a ristorante, figuriamoci questo... e poi comunque non si oppone mai alle sue decisioni” aggiunse amaramente, guardando per un attimo di nuovo a terra. Giovanni fece un lungo sospiro per calmarsi meglio “beh... in ogni caso quel che conta è che sia qui no?” gli disse poggiandogli per un secondo le mani sulle spalle per farsi guardare di nuovo, e poi aggiunse “mi sembra una cosa molto positiva no?” Brando si abbracciò il busto con entrambe le mani passando il peso da un piede all'altro, nervoso “tu pensi che dovrei andare con lui?” stavolta non c'era alcun tono di accusa nella sua voce, solo paura. Tanta paura. Giovanni scosse la testa piano, guardandolo “tu Brando, non DEVI fare niente” gli disse con tono infinitamente più dolce “la stessa ragione che non lo obbligava a tenerti a casa con lui prima, non obbliga te a seguirlo: sei maggiorenne” spiegò “devi fare quello che vuoi” e poi aggiunse “anzi, sai che ti dico? Se tu non vuoi, andiamo di là e io lo mando via subito, ok?” gli fece un sorriso, guardandolo negli occhi quasi stesse parlando ad un bambino. Brando si rilassò a sentirglielo dire. Paradossalmente la sola idea di avere una scelta, di non doversi sentire obbligato, ebbe il potere di tranquillizzarlo. Si morse il labbro inferiore riflettendo, sotto lo sguardo attento dell'uomo, che sorrise impercettibilmente nel non vedergli dire un secco -non voglio-

“Brando ascolta” gli disse piano “io sono contento se tu stai qui” lo guardò dritto negli occhi per convincerlo della sua sincerità “però” aggiunse “loro sono i tuoi genitori, io lo so che ti mancano” il ragazzo si guardò per un attimo le scarpe passandosi stizzito il dorso della mano sotto l'occhio. Non ebbe il coraggio di negare e Giovanni continuò “e credimi, certi strappi se non li ricuci faranno male per tutta la vita” gli disse con dolcezza “io penso che non sia il caso di sprecare questa occasione, e tu?” Brando ci mise un tempo che sembrò eterno a rialzare lo sguardo da terra, ma quando lo fece annuì, anche se piano. Giovanni gli sorrise “male che va, puoi sempre ritornare, ok?” gli disse allungando una mano per poggiargliela tra collo e guancia “questa sarà sempre casa tua” sentenziò in tono dolce. Poi, vedendolo annuire di nuovo, gli sorrise e gli battè un paio di colpetti leggeri lì dove posava la mano, come per esortarlo a muoversi “dai..” gli disse accennando col capo al salotto. Ma Brando invece, senza preavviso, gli buttò le braccia al collo e lo abbracciò strettissimo, quasi con disperazione. Giovanni rimase per un attimo interdetto, con le braccia leggermente sollevate, sorpreso oltre modo da quel suo gesto. Già in generale gli abbracci di un adolescente sono cosa rara, ma Brando in particolare aveva sempre mostrato più che altro fastidio all'idea di essere toccato da lui, e ora lo stava praticamente stritolando. Gli avvolse la schiena con le braccia per un attimo, alzando gli occhi al cielo e battendogli un paio di pacche tra le scapole.

Quando si staccò da lui lo guardò e lo vide arrossire di imbarazzo. Così decise di far finta di niente. Sfoderò un sorriso sornione “dai andiamo a salvare Fabio” buttò lì con un cenno del capo “l'abbiamo lasciato da solo col suocero pure troppo” scherzò facendo fare uno sbuffo di risata anche al ragazzo.

 

 

POMERIGGIO

 

Giovanni aveva insistito perchè Roberto si fermasse a pranzo con loro. Aveva voluto disperatamente che gli animi si rilassassero un po' prima che Brando tornasse a casa. Non voleva che la cosa somigliasse a una deportazione, ma qualcosa di naturale. Più serena, in un certo qual modo.

A tavola si era parlato un po' di tutto e di niente. Brando e suo padre non avevano interagito quasi per nulla tra loro, a dire la verità. Ma era sembrato a tutti normale, e nessuno aveva fatto qualcosa per forzare in tal senso.

Gli gnocchi erano venuti duri. Troppa farina.

Fabio, che all'inizio aveva guardato suo padre esterrefatto quando gli aveva sentito invitare Roberto a fermarsi, si era dovuto ricredere.

Avere qualche ora per abituarsi all'idea aveva fatto bene a Brando. Adesso gli sembrava abbastanza tranquillo, non entusiasta magari, ma tranquillo.

Per il momento non si era interrogato su cosa significasse per lui il fatto che Brando se ne andasse da casa sua. Aveva voluto concentrarsi su di lui, sentiva che ne aveva bisogno.

 

“Fà, perchè non dai una mano a Brando a portare le sue cose in macchina?” propose Giovanni quando ormai avevano finito di preparasi. Il ragazzo annuì, rivolgendo poi un breve sorriso al riccio, vicino a lui.

Quando i due ragazzi uscirono Giovanni si accostò a Roberto, trapassandolo con uno sguardo penetrante che ebbe il potere di metterlo a disagio. Lo guardò per un lungo momento prima di parlargli di una cosa che riteneva urgente. Gli era sembrato fin troppo rilassato e non voleva che desse per scontato quello che stava succedendo

“signor De Santis” esordì poggiandogli una mano sulla spalla “io spero lei si renda conto di quanto è fortunato, suo figlio le sta dando un'altra possibilità, dopo che lei si è comportato in modo che chiunque definirebbe imperdonabile. Veda di non sprecarla ok?” l'uomo evitò il suo sguardo per un attimo, ma poi annuì “lo ascolti” continuò Giovanni usando un tono più calmo ora “qualsiasi cosa vorrà dirgli, Brando è un ragazzo chiuso, già normalmente, perciò qualora voglia parlarle di qualcosa, anche sul futuro magari, lei si faccia trovare pronto e lo ascolti. Avete tanta strada da fare” commentò con un sorriso e poi aggiunse “questo è il consiglio che le do... e poi l'avverto” e nel dire questo il suo tono mutò nuovamente, in uno di calcolata minaccia “se lei di nuovo si azzarderà ad usargli violenza, fisica... o peggio psicologica, io non glielo ridarò mai più indietro” scandì fissandolo negli occhi quasi avesse potuto incenerirlo con la sola potenza del suo sguardo. Roberto abbassò gli occhi, nonostante i suoi considerevoli centimetri di altezza in più, e annuì debolmente

“grazie” disse solo, strappandogli questa volta un sorriso.

 

 

“incredibile” sentenziò Brando osservando il bagagliaio della macchina di suo padre, in cui avevano stipato una busta con i pochi vestiti personali che aveva e lo zaino con le cose della scuola “tre mesi di vita in due buste?” chiese divertito lanciando un'occhiata a Fabio “che tristezza...” commentò facendolo ridere per un secondo.

Spazzolino e un altro paio di cose avevano deciso di lasciarle. Così, tanto per mettere in chiaro con l'universo che comunque poteva andare lì quando voleva.

Brando rivolse un sorrisino a Fabio, che aveva su un'aria sconsolata adorabile “non fare quella faccia” gli intimò colpendogli con due nocche il braccio per convincerlo a guardarlo “guarda che non ci stiamo mica lasciando!” aggiunse ridacchiando “lo so!” ribattè subito Fabio, mascherando il suo imbarazzo insaccando le mani in tasca “è solo che...” aggiunse guardando un attimo di lato e poi di nuovo lui, negli occhi “mi mancherà dormire con te ogni notte” ammise candidamente, avvicinandosi di un passo. Brando gli sorrise, annuendo “e a me mancherà vederti coi capelli dritti ogni mattina” rispose, con un pizzico di ironia che fece sorridere Fabio, e fargli istintivamente portare una mano a toccarsi i capelli, quasi a controllare che fossero in ordine.

“vabbè comunque puoi venire quando ti pare, no?” insistette Fabio, come se ne avesse bisogno più lui di Brando, di avere conferma di quella cosa. Il riccio annuì di nuovo, poggiandosi per un attimo al tettuccio della macchina “chi lo sa” nicchiò guardando di lato “magari tra un po' di tempo potrai venire anche tu a casa mia..” propose tamburellando le dita sul metallo della carrozzeria. Al momento quell'ipotesi gli sembrava assurda in realtà... ma mai dire mai “magari...” ne convenne l'altro con un sorriso “ma io parlavo... sì insomma... di rimanere a dormire” aggiunse grattandosi la testa e arrossendo leggermente, per quanto era palese che intendesse altro. Brando scoppiò a ridere “oh quello per forza” esclamò “lo sai che non mi ci trovo a farlo in macchina” aggiunse facendo ridere anche Fabio. Le loro risate, che si erano mischiate per un attimo, si spensero lentamente dopo poco, lasciando il posto a un'espressione un po' tesa.... triste... sul viso di entrambi. Fabio colmò la distanza che li separava per primo. Gli passò un braccio intorno alle spalle e uno intorno alla vita e lo abbracciò stretto stretto a sé. Brando ricambiò l'abbraccio subito, poggiando gli occhi sulla sua spalla e lasciandosi coccolare per un attimo. Fabio lo strinse più forte un secondo prima di lasciarlo. Si stampò un sorriso rassicurante sul viso e gli fece una carezza veloce, mentre gli diceva “andrà tutto bene Bra” “ci credi veramente?” gli chiese lui, con un'espressione da bimbo che gli fece sciogliere il cuore “si” rispose secco, con quanta più sicurezza fu in grado di riprodurre “ok allora...” commentò Brando cercando di rilassarsi. Fabio gli sorrise e poi avvicinò il viso al suo per dargli un bacio. Impattò con la fronte contro la visiera del suo cappello e allargò di più il sorriso, divertito, mentre gli rivolgeva uno sguardo tenero. Gli prese il cappellino dalla visiera e glielo girò al contrario, facendolo sorridere a sua volta, prima di avvicinarsi e catturargli le labbra tra le sue. Gli accarezzò la bocca con la sua, mentre Brando incrociava le braccia dietro la sua schiena iniziando a rispondere al bacio con la stessa dolcezza. Si sarebbero mancati, in alcuni momenti, ma erano sempre insieme, ed era questo quello che contava.

 

 

Giovanni andò a sbattere contro lo schiena di Roberto, che si era paralizzato di colpo mentre uscivano dal portoncino. Sbirciò oltre la sua spalla, spostandosi di lato, e comprese il motivo, nel vedere i ragazzi che si baciavano davanti alla macchina. Fece un breve sbuffo di risata e battè un paio di pacche in mezzo alla schiena dell'uomo “si beh...” gli disse con aria complice notando il suo imbarazzo “veda di farci l'abitudine perchè lo fanno di continuo” scherzò facendo un ampio gesto della mano ad accompagnare le sue parole. Roberto cercò di ridarsi un contegno allentandosi un po' il nodo della cravatta, mentre i due ragazzi, sentita la voce di Giovanni, si separarono di botto allontanandosi di un passo l'uno dall'altro. Fabio si mosse verso suo padre velocemente, nascondendosi quasi dietro di lui, dopo aver rivolto al signor De Santis una rapidissima occhiata imbarazzata. Roberto guardò Brando, che invece era rimasto fermo vicino alla macchina, solo girato completamente col viso dalla parte opposta alla sua, che si teneva una mano sulla bocca come se si vergognasse a morte. Si avvicinò a lui, sentendosi di nuovo in difficoltà per come evidentemente era capace di farlo sentire. Gli poggiò, quasi in imbarazzo, dei colpetti leggeri su una spalla “Bra.. è tutto a posto” gli disse a voce bassa “stai tranquillo ok?” aggiunse tentando di risultare rassicurante, anche se doveva convincere innanzi tutto sé stesso. Lui si voltò a lanciargli un'occhiata un po' stranita ma, Roberto notò, rilassandosi un pochino “dai, sali” lo esortò, prima di fare il giro della macchina e rivolgere un cenno di saluto col capo a Giovanni. Brando guardò sia lui che Fabio mentre saliva in macchina e si sforzò di ricambiare il sorriso che Fabio gli stava facendo, mentre suo padre metteva in moto e partiva.

 

Fabio e Giovanni rimasero lì sull'ingresso di casa finchè la macchina non fu sparita oltre il vialetto. Fabio, con le braccia strette intorno al busto per contenere la tensione accumulata fino a quel momento, si voltò verso suo padre, non riuscendo a evitare di dispensargli un'occhiataccia rancorosa. L'uomo lo guardò a sua volta, per nulla sorpreso “ce l'hai con me. Lo so” sentenziò calmo, facendolo voltare dall'altra parte infastidito dal suo atteggiamento misurato “pensi che non avrei dovuto lasciarglielo fare... vero?” lo incalzò Giovanni incrociando le braccia a sua volta “no! Infatti!” sbottò Fabio a quel punto girandosi completamente dalla sua parte, guardandolo con rabbia, e gli occhi lucidi “quell'uomo lo ha distrutto!” urlò “quando è arrivato da noi era l'ombra di sé stesso! Ci sono volute settimane per rimettere insieme i pezzi” “lo so questo!” gli urlò a quel punto di rimando sul padre “c'ero anch'io! Te ne sei dimenticato???” lo sgridò facendolo tacere di riflesso e girare il viso di lato per non guardarlo, poi lo afferrò per le spalle e gli piantò gli occhi dritti in faccia “ma quelli sono i suoi genitori Fà...” aggiunse con tono tra il dolce e il disperato che non lo capisse “se c'è anche una sola possibilità che possa recuperare un rapporto con la sua famiglia bisogna provarci!” gli spiegò “è giusto così, lo capisci?” Fabio lo guardò per un lungo momento, mandando giù di forza il groppo di lacrime che sentiva in gola, poi abbassò gli occhi annuendo. Suo padre aveva ragione, lo sapeva, lui era solo preoccupato. Non voleva per nessuno motivo vedere Brando stare male, mai più.

Giovanni gli sorrise attirandolo a sé per le spalle che ancora gli teneva strette, e lo abbracciò per un lungo momento “adesso devi stargli vicino. Più di prima.” gli disse piano “vedrai che andrà tutto bene” aggiunse, ripetendo inconsapevolmente le stesse parole che suo figlio poco prima aveva detto al ragazzo. Fabio si lasciò abbracciare rimanendo però fermo.

Sarebbe andato tutto bene, doveva andare bene. Bisognava solo impegnarsi perchè accadesse.

 

 

Brando si fissava le mani, incrociate sulla sua pancia, mentre il padre guidava verso casa.

“mamma sarà felicissima di vederti” tentò l'uomo ad un certo punto abbozzando un sorriso imbarazzato. Lui non disse nulla. “non parliamo di tua sorella poi... sei pronto sì? Ad avercela attaccata al collo per almeno un paio di giorni” provò a scherzare, ma il ragazzo non gli diede alcuna soddisfazione continuando a rimanere in silenzio. Roberto sospirò, gettandogli una rapida occhiata prima di ridare attenzione alla strada. Non era uno stupido, non si era mai illuso che sarebbe stata una cosa facile ... per entrambi. Lo guardò di nuovo, con una sola unica domanda che gli martellava in testa “Brando...” lo chiamò, con un tono talmente diverso da prima da convincerlo ad alzare la testa per guardarlo “potrai mai perdonarmi?” gli chiese a bruciapelo, con un tono di autentica sofferenza nella voce. Il ragazzo sospirò, inghiottendo dolorosamente il sasso che gli sembrava di avere bloccato in gola, indeciso su cosa rispondere. Alla fine decise per la verità “non lo so” disse debolmente, voltandosi verso il finestrino. Inghiottì a vuoto di nuovo. Non era stato facile rinunciare a vivere in una casa in cui ormai si sentiva completamente a suo agio, per un salto nel vuoto così, per la sua famiglia. Ma Giovanni gli aveva detto che, anche se sarebbe stata dura, ne sarebbe valsa la pena. E Brando si fidava di lui. Forse era l'unico adulto di cui si fidava.

Sentì un leggero vibrare all'altezza della coscia e estrasse con un gesto meccanico il cellulare dalla tasca. Sul display comparve un messaggio di Fabio

 

 

Sono lì con te <3

 

 

Semplice e diretto come era sempre lui. Sorrise brevemente stringendosi il telefono vicino al petto. Poi abbassò il finestrino al massimo e poggiò un gomito nel vano aperto sporgendo la testa fuori. Chiuse gli occhi mentre il vento forte gli spazzava via i capelli dalla faccia.

Non voleva pensare ora a tutto quello che lo aspettava nelle prossime settimane. Lo avrebbe affrontato con calma, un po' per volta, così come veniva. Ora voleva solo sentire il vento addosso, attraversarlo forte, come se potesse portarsi via con lui ogni paura che aveva.

 

 

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Capitolo 18
*** cap 18 ***


Cap 18 – EPILOGO

 

 

5 MESI DOPO, 30 SETTEMBRE 2020

 

 

Brando si accomodò meglio contro lo schienale del sedile posteriore dell'auto, scrollò col pollice la bacheca instagram sul cellulare, così giusto per tenersi occupato “non era necessario che mi accompagnassi comunque eh...” disse rivolto a suo padre, al posto di guida. Il tono era secco, ma non ostile.

“scherzi?! Il mio primo figlio che fa il test di ingresso all'università!” esclamò Roberto occhieggiandolo per un attimo dallo specchietto retrovisore “Io voglio accompagnarti, mi fa piacere” aggiunse sorridendo mentre tornava a concentrarsi sulla guida.

“ehm... io invece la ringrazio, un passaggio mi fa proprio comodo” intervenne Fabio, seduto accanto a lui sul sedile passeggero “fino a Tor Vergata col motorino arrivavo frullato” “figurati” rispose subito l'uomo “non mi fa nessuna fatica, hai dormito da noi” aggiunse con un sorriso.

“si... dormito... come no..” commentò a volume appena udibile Angelica, seduta accanto a Brando, sghignazzando subito dopo. Lui sbarrò gli occhi e le rifilò un pizzico sulla coscia. La ragazzina fece una muta smorfia di dolore, ritraendo la gamba e mollandogli uno schiaffo sul braccio. Lui gliene restituì un altro, leggero, sulla fronte.

Roberto ignorò i suoi figli che bisticciavano come bambini sui sedili posteriori, ridando di nuovo attenzione a Fabio “allora, nervoso?” gli chiese. Il ragazzo fece spallucce “un po'...” rispose facendo una smorfia imbarazzata.

 

In realtà stava letteralmente consumandosi dall'ansia, ma dettagli.

 

“lei perchè ce la siamo portata invece?” intervenne a quel punto Brando, riferendosi alla sorella, che gli rivolse una linguaccia. Roberto mise la freccia prima di incanalarsi per svoltare a sinistra “Perchè le diamo un passaggio a scuola, prima di andare, tanto voi avete tempo” rispose in tono calmo, per poi aggiungere, divertito “stamattina faccio il tassista!”

Fabio tirò fuori il cellulare dalla tasca, che aveva vibrato un paio di volte “papà ti manda in bocca al lupo per il test, Bra” disse leggendo velocemente i messaggi sullo schermo “digli che dopo lo chiamo” rispose tranquillamente il riccio.

Roberto lanciò di nuovo un'occhiata a suo figlio, approfittando dello specchietto. In quei mesi avevano fatto il possibile per tentare di recuperare rapporti perlomeno civili. Gli sembrava che le cose andassero meglio, in generale, tuttavia si scopriva di tanto in tanto a sentirsi quasi geloso del padre di Fabio, del legame invisibile ma palpabile che Brando aveva con lui, e che nei suoi confronti sembrava invece qualcosa di inarrivabile. Sospirò, sollevando gli occhi a controllare se il semaforo fosse scattato.

 

Fabio non gli dispiaceva. Era un bravo ragazzo, educato e tutto il resto. Certo delle volte si sorprendeva a far finta con sé stesso che fosse solo un buon amico di Brando, complice anche il fatto che non si scambiavano mai effusioni in sua presenza, e di questo gli era grato. Sapeva che le cose stavano diversamente, e a ben pensarci bastava far caso a come si guardassero per capirlo. Da un lato gli dispiaceva sapere che non si sentissero abbastanza a loro agio con lui da esternarlo, ma era dura per lui, ancora, digerire proprio tutto tutto di quella situazione.

Sperava che potesse bastare a Brando, per adesso, il suo muto assenso a quella relazione, e il suo appoggio in tutto il resto comunque.

 

Parcheggiò di fronte al Collodi e mise in folle senza spegnere il motore “ciao tesoro” disse all'indirizzo della sua figlia minore, porgendo la guancia indietro per chiedere un bacio, che non si fece attendere. Angelica si sporse in avanti, in piedi, chinata tra i due sedili anteriori, per baciare il padre sul naso “ciao papà!” lo salutò allegramente, per poi girarsi e afferrare Fabio per una guancia “ciao Fabietto!” disse stampando un rumoroso bacio anche a lui. Brando approfittò di quella sua posizione per mollargli una pacca sul fondoschiena “oh te ne voi annà!” esclamò ridacchiando per poi prendersi in pieno la sua arrabbiata reazione ridendo “Brando sei un cavolo di maniaco!!” gli urlò lei poggiando un ginocchio sul sedile e avventarglisi contro, iniziando una specie di braccio di ferro con tutte e due le mani per tentare di picchiarlo.

“ragazzi eddai...” supplicò Roberto mentre Fabio ridacchiava.

Angelica rinunciò dopo qualche secondo, mollandogli le mani in uno scatto nervoso “vedi di farmi sapere come è andata stronzo!” gli urlò di nuovo, prima di scendere dalla macchina come una furia.

 

Dopo una quarantina di minuti Roberto fermò la macchina nell'ampio parcheggio del campus di Tor Vergata e i due ragazzi scesero dalla macchina “grazie signor De Santis” disse Fabio con un sorriso facendo un cenno della mano, che l'uomo ricambiò, poi si rivolse al figlio “Bra, fammi sapere eh?” il riccio annuì, sganciandogli un sorriso “sì, sì... stasera ti racconto” gli disse “grazie papà” aggiunse salutandolo con la mano.

Fabio gli vide rilassare del tutto lo sguardo solo quando il padre si fu allontanato con la macchina. Beato lui.... lui stava corrodendosi lo stomaco dalla paura...

Si incamminarono vicini e si unirono al resto di ragazzi e ragazze assembrati attorno alla bacheca degli annunci per le matricole, per vedere dove dovevano andare.

Miravano a due corsi molto diversi, quindi ovviamente il test non lo avrebbero svolto insieme.

 

“ok, io sto in aula F” disse Brando strizzando gli occhi per mettere a fuoco il suo nome nel mare di scrittine su quel foglio “io in aula T” gli fece eco Fabio, che era riuscito ad avvicinarsi un po' di più e scorreva un dito sulla bacheca per tenere il segno “dall'aula A alla M sono là” aggiunse indicando a destra “tutte le altre a sinistra” Brando fece uno sbuffo di risata “perfetto, ai due angoli opposti, me sa che ce vediamo dopo” Fabio fece un lungo sospiro mentre si spostavano un po' per non stare in mezzo alla calca di gente, scosse le mani e le braccia come a volersi scrollare di dosso la tensione “te devi dà una calmata” gli dissi Brando studiandolo con un sopracciglio sollevato “di questo passo svieni prima di iniziarlo il test” aggiunse in tono di scherno “è una parola...” commentò Fabio mettendosi una mano sullo stomaco, senza offendersi per la presa in giro. Brando gli sorrise, un po' intenerito da tutta quella agitazione.

 

Lui, non sapeva bene perchè, non era in ansia per niente.

 

“su su..” gli disse attirandolo a sé per le braccia e stringendolo per un momento appena, battendogli le mani sulla schiena “sei troppo teso, è solo un test a crocette e tu sei preparato” Fabio sorrise per un attimo a sentirsi abbracciare, anche se solo per un istante, davanti a tutta quella gente. Lo vide lanciargli un'occhiata quando si separarono e poi aggirare lo sguardo intorno, con un sorriso contento e un sospiro lungo

“non mi sembra vero che tra meno di un mese ci trasferiamo qui, alla casa in affitto. Non vedo l'ora di vivere di nuovo insieme a te” ammise candidamente. Fabio arrossì ma cercò di non farsi trasportare da quel suo slancio affettuoso

“mi dispiace riportarti coi piedi per terra” gli disse “ma TU vieni a vivere qui di sicuro” ricordò “a me mio padre mi permette di trasferirmi solo se ha senso perchè studio qui, e da casa mia sono 30 km... se non passo il test” aggiunse facendo un gesto della mano “a casa con papà” Brando corrucciò la fronte per il suo pessimismo cosmico “potresti almeno tentare di essere un po' più positivo? Mi stai facendo venire l'ansia pure a me” lo rimproverò. Fabio incrociò le braccia al petto “io sono sconvolto che tu non lo sia per niente! Siete in 5000 per quanti? 300 posti?” lo incalzò. Brando sbuffò “ho studiato come un pazzo per sto co cazzo di test” ribattè, come se l'impegno da solo dovesse giustificare una sicura promozione. Fabio fece un sbuffo di risata “vorrei avere un decimo della tua fiducia in te stesso” commentò sorridendogli, e Brando gli sorrise di rimando, teneramente stavolta. Non si rendeva neanche conto che tutta la fiducia in sé stesso che aveva, gliela aveva passata lui, un pochino per volta.

Guardò l'orologio. L'ora dell'inizio si avvicinava. 50 minuti davanti a uno schermo e poi il calcolatore automatico avrebbe comunicato immediatamente chi era stato promosso e chi no. Fece un paio di passi avanti, per arrivargli a pochi centimetri, e gli prese delicatamente tutte e due le mani nelle sue

“se passi l'esame ti devo dire una cosa” gli disse a bassa voce “che cosa?” gli chiese Fabio incuriosito, e un filino agitato. Brando rise scuotendo la testa “no, no, solo se vieni promosso!” ribattè con un sorrisino bastardo. Fabio liberò le mani dalle sue sospirando esasperato “Bra così mi ammazzi però!” esclamò “io già ho ansia per il test! Ma è una cosa brutta?” indagò “no è una cosa bella” si affrettò a rispondere lui “almeno credo...” aggiunse girando lo sguardo di lato, questa volta un pizzico in imbarazzo. Fabio lo guardò ancor più incuriosito, ma Brando a quel punto guardò di nuovo l'orologio e si fece un passo indietro “vabbè, dobbiamo andare, c'abbiamo l'appello tra 5 minuti, ci vediamo qui tra un'ora?” gli disse in tono pratico “sì... ma...” tentò Fabio, incerto se volesse far cadere il discorso nel vuoto così, ma il riccio non gli diede possibilità di replicare “ok, in bocca al lupo, ciao” gli disse di fretta, chinandosi per lasciargli un velocissimo bacetto a stampo sulle labbra, prima di incamminarsi nella direzione opposta senza voltarsi più.

Fabio rimase per un secondo lì interdetto, prima di grattarsi la testa, scrollare le spalle per tentare di tornare concentrato, e dirigersi anche lui verso la sua aula.

 

 

UN'ORA DOPO

 

Fabio affrettò il passo verso il luogo dell'appuntamento, nei pressi della bacheca, ormai erano le 11 e il sole gli scottava sulle spalle, in quella giornata incredibilmente tersa di Settembre. Sentì una stretta allo stomaco, non spiacevole, nel vederlo lì, già arrivato, che lo aspettava. Si morse le labbra per non sorridere in maniera troppo evidente quando incrociarono lo sguardo, ancora a qualche metro di distanza. Parlò solo quando gli fu arrivato di fronte

“sono..” iniziò, ma Brando a quel punto gli parlò sopra senza farlo finire “ti amo” disse secco, guardandolo negli occhi. Fabio si bloccò sgranando gli occhi “che hai detto???” chiese di riflesso, quasi non potendo credere alle sue orecchie. Brando evitò il suo sguardo per un attimo, sorridendo imbarazzato, poi di nuovo gli piantò gli occhi scuri nei suoi “che non me ne frega un cazzo se hai passato l'esame o no” scandì “te lo dico uguale, ti amo” ripetè. Fabio sentì le farfalle che abitavano il suo stomaco iniziare praticamente una festa da ballo, arrossì completamente, facendolo ridacchiare, doveva essere piuttosto evidente “ti amo anch'io” riuscì a farsi uscire, anche se la voce gli tremava “amo tutto di te” aggiunse, prima di afferrargli il viso tra le mani e iniziare a baciarlo senza ritegno, di dove fossero e di chi poteva vederli. Brando si irrigidì solo per un attimo, preso in contropiede, poi gli mise a sua volta una mano sulla guancia, ricambiando il suo bacio con la stessa intensità, le labbra che si massaggiavano frenetiche, quasi senza darsi il tempo di respirare.

Se l'erano detto già centinaia di volte in realtà, quanto si amavano. Se lo dicevano con gli occhi, con le braccia, le mani, con i baci, già da un sacco di tempo. Ma per Fabio sentirlo dire dalla sua voce, bassa e profonda, col suo tono che adorava, sentirselo dire da Brando insomma, era una sensazione troppo bella da spiegare.

Si separarono dopo un minuto circa, ma senza allontanarsi, si tenevano ancora stretti, la fronte poggiata l'una contro l'altra, il respiro un po' pesante

“oh comunque” disse Fabio tra un respiro e l'altro “l'ho passato l'esame eh..” Brando fece un sbuffo di risata “sì, pure io” ribattè in tono ovvio, facendo ridere anche Fabio.

 

 

 

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