All I Ever Wanted

di SweetLuna
(/viewuser.php?uid=584830)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Epilogo ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


All I Ever Wanted


PROLOGO

 
Renesmee
L’estate dei miei diciotto anni non poteva che iniziare nel peggiore dei modi. A fine luglio sarei dovuta partire con i miei amici per la nostra prima vacanza tutti insieme, dopo il diploma. Peccato che i miei genitori avessero deciso di far saltare tutti i miei piani. 
‒ Renesmee, dobbiamo dirti una cosa – mi dissero una sera, facendomi preoccupare.
‒ Che cosa…? – domandai, sperando che non fosse accaduto nulla di grave.
‒ Nonno Charlie e Sue si sposano ‒ mi rispose papà, rivolgendomi un sorriso colpevole. ‒ Il 19 luglio siamo tutti invitati al suo matrimonio. – Nonno Charlie è il mio nonno materno, e Sue era la sua compagna da molti anni. Non credevo che si sarebbero sposati, dopo tutto quel tempo.
‒ Nonno Charlie si sposa?! – risposi, facendo una smorfia. – E… a luglio? La mia vacanza, dannazione! Ho messo da parte i miei risparmi per mesi per poter andare a Los Angeles! – Sbuffai, volevo bene a nonno Charlie ma non potevano farmi questo. Il viaggio a Los Angeles stava andando letteralmente a farsi fottere.  
‒ Ness, mi dispiace tanto ma abbiamo promesso al nonno che ci saremmo stati tutti quanti – mi riprese mamma, prima che io potessi aggiungere altro. ‒ Passeremo due settimane a Forks. Ti conviene avvisare subito i tuoi amici, magari siete ancora in tempo a posticipare il viaggio ‒ proseguì a dire, cercando di rassicurarmi.
Non mi sarei messa di certo a fare scenate da bambina, ma non potevo negare che ci fossi rimasta molto male. Con quale faccia l’avrei detto ai miei amici?
Volevo davvero bene alla mia famiglia, ma l’ultima volta che avevo messo piede a Forks avrò avuto massimo quattordici o quindici anni. In genere sono sempre stati i nonni a venirci a trovare a Jacksonville, e l’unica cosa che ricordavo di quel posto era che pioveva sempre e che c’erano troppi alberi. I miei nonni - Charlie, il padre di mia madre; Carlisle ed Esme, i genitori di papà - sono gli unici della famiglia ad essere rimasti legati a quel posto, che a me non è mai andato particolarmente a genio. Io, mamma e papà vivevamo a Jacksonville, vicino a nonna Renée. La famiglia di papà, invece, i miei zii, avevano preso tutti strade diverse.
Quando sono nata, i miei genitori avevano soltanto diciotto anni. Non mi hanno mai definita in questo modo, ma di fatto sono stata un “incidente di percorso”. Eppure, mi hanno amata e desiderata fin da subito, nonostante la loro giovanissima età. Mamma conobbe papà al Liceo di Forks, dopo essersi trasferita momentaneamente da nonno Charlie. Nonna Renée voleva seguire Phil, il suo secondo marito nonché mio nonno acquisito, nelle sue trasferte di lavoro. Phil era un giocatore di baseball, e volevo molto bene anche a lui. Comprendevo benissimo la scelta fatta da Renée, che quando si separò da Charlie volle portare Bella, mia madre, lontana da Forks.
Quanto a me, ricordavo ben poco il mio primo anno di vita a Forks. Poco tempo dopo la mia nascita, mia madre volle trasferirsi a Jacksonville per ricongiungersi con nonna Renée, e mio padre accettò di buon grado di trasferirsi per amore. Si iscrisse al college e prese una laurea in Medicina, mentre la mamma, anche con l’aiuto di nonna che la aiutava a badare a me, si iscrisse alla facoltà di Lettere ed oggi insegna in un liceo di Jacksonville. Sono molto legata a nonna Renée, ma anche alla mia nonna paterna Esme: il mio strano nome, unico al mondo, nasceva proprio dall’unione dei loro nomi.
Quella sera me ne tornai in camera e andai a dormire tardi, cercando di distrarmi il più possibile. Telefonai a Christina, una delle mie più care amiche, sperando di essere rassicurata sulla possibilità di posticipare il viaggio: se proprio sarei dovuta andare a Forks per il matrimonio del nonno, volevo almeno avvisare per tempo i miei amici e cercare di risolvere quella situazione. 
 
Sabato, il giorno della partenza, la sveglia suonò alle sei del mattino. Dovevamo essere in aeroporto entro due ore, se non volevamo perdere il volo. Mi svegliai con un forte senso di nausea e mal di testa, cosa che accadeva ogni volta che dovevo prendere un aereo.
Papà aprì piano la porta della mia camera per accertarsi che io fossi sveglia, e mi chiese se me la sentissi di fare colazione.
‒ No papà, ho lo stomaco completamente chiuso ‒ risposi, alzandomi dal letto.
‒ Siamo proprio sicuri che si tratti soltanto dell'aereo, Renesmee? ‒ se ne uscì, di punto di bianco. A volte papà sembrava quasi leggermi nel pensiero, o forse ero io ad essere un libro aperto.
‒ E' impossibile nasconderti qualcosa, vero? ‒ gli domandai, rassegnata.
‒ Esatto ‒ rispose papà. Nei miei occhi si poteva ancora leggere la delusione per il mio viaggio mancato, nonostante i miei amici fossero stati più che comprensivi con me. Mi avevano detto che avrebbero provato a spostare la nostra vacanza verso la metà di agosto, e sperai con tutto il cuore che fosse possibile.
‒ Be'... sono felice di rivedere i nonni, ma sono ancora arrabbiata per il viaggio. E poi Forks è un posto davvero… noioso. ‒ Mio padre accostò la porta, e venne a sedersi per un attimo sul letto. Mi sedetti di nuovo accanto a lui, avevo un’espressione rassegnata.
‒ Mi dispiace, Ness ‒ mi rispose papà, chiamandomi con il mio diminutivo. ‒ Forks a suo modo è un bel posto, e sicuramente ora sarà più… moderna – disse, poco convinto.
‒ Più moderna? Sono passati pochi anni papà, ne dubito fortemente. ‒ Quando avevo quattordici anni, Forks mi sembrava tutto fuorché divertente e moderna. Le uniche persone con cui mi trovavo a mio agio erano Seth e Leah, i figli di Sue. Che erano comunque molto più grande di me…
‒ Vi raggiungo lunedì, okay? ‒ aggiunse papà. Di slancio, mi avvicinai a lui e mi lasciai stringere.
‒ Dai, ora vado a prepararmi. ‒ Papà mi stropicciò i capelli ed io corsi subito in bagno, l'acqua fresca mi fece sentire meglio. Quella sera stessa sarei stata a Forks, e dovevo farmene una ragione.


INTRODUZIONE
La storia, attualmente (3/9/2020) è già stata quasi pubblicata interamente sul mio account Wattpad @Greta_SweetLuna.

Benvenuti! Alcuni di voi mi conosceranno già per essere l'autrice di "Eternity" e "Forever Dawn - Cullen-Black's Chronicles", il mio personale seguito della Saga incentrato su Renesmee e Jacob.
Sono molto legata a questa ship, e dopo diversi anni ho trovato l'ispirazione per riprendere in mano questa fanfiction che avevo lasciato in una cartella del pc, e della quale avevo abbozzato solo qualche idea.
Come ho già specificato nella presentazione, in questa storia i personaggi di Twilight sono tutti umani.
Sarà una storia breve, perciò non aspettatevi chissà quanti capitoli.
Contemporaneamente a questa storia è da alcuni anni che sto lavorando alla stesura di un romanzo originale, un romanzo che publicherò su Amazon una volta concluso, e che richiede molto lavoro. 
Tuttavia penso che l'ispirazione sia come una bolla di sapone, quando c'è va presa al volo prima che scappi via... Ed io l'ho fatto con questa storia.
Spero che apprezzerete l'idea, e che mi lascerete qualche recensione.

P.S. La storia sta avendo un ottimo riscontro su Wattpad, e sono stata a lungo indecisa se pubblicarla o meno anche su Efp. Questo sito è stato l'inizio di tutto, ma mi ha dato anche molte delusioni: lettrici che credevo essere mie amiche e che poi non si sono comportate esattamente nel migliore dei modi, una persona che si è fatta un profilo falso per recensirmi negativamente una storia per dispetto, una ex lettrice che da un giorno all'altro mi ha bloccata su Facebook e ha rimosso tutte le mie storie dalle sue preferite, a sfregio... Sono cose che fanno male.
Perciò vi chiedo un favore, qualora la votra recensione non sia da bandierina verde esprimete la vostra opinione in modo delicato, non fatemi pentire della decisione di pubblicare anche su Efp. Ricordate sempre che dietro lo schermo c'è una persona, non un robot.

Un abbraccio, 
Greta

Importante: aggiornerò una volta a settimana, ricordatevi di inserire la storia tra le seguite. Mi scuso in anticipo per la presenza di eventuali errori, sviste o ripetizioni, segnalatemeli e li correggerò.

Cover realizzata da me per Wattpad

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


CAPITOLO 1
 
‒ Preso tutto? Sicura di non aver dimenticato niente? ‒ mi domandò mamma, prima di salire in macchina. Papà aveva caricato le nostre due valigie nel portabagagli, mentre Milla - il nostro cane, una meticcia - era seduta tranquilla sul sedile posteriore.
‒ Sì, mamma... Ora sono pronta. ‒ Chiusi lo sportello e vidi la mia casa allontanarsi. In fondo erano solo due settimane, l’avrei rivista presto. Mi infilai le cuffiette e feci partire la musica, mentre gli alberi del viale che portava a casa si facevano sempre più lontani, e l'aeroporto sempre più vicino.
Una volta arrivati al gate, papà diede a mamma un leggero bacio sulle labbra, poi abbracciò me. Milla cominciò ad abbaiare, ma si calmò non appena papà le accarezzò la testa.
‒ Appena arrivate pretendo una chiamata, okay? ‒ si raccomandò papà.
‒ Certo, Edward ‒ gli rispose mamma. Si guardavano in un modo che a volte mi metteva imbarazzo, dopo tanti anni insieme erano ancora innamorati come il primo giorno. Ero una ragazza fortunata e ne ero consapevole, ma spesso mi ritrovavo a pensare che io non avrei mai provato per un ragazzo ciò che la mamma provava per papà. 
Scacciai quel pensiero e controllai di aver messo nella borsa tutto il necessario, per sicurezza. Era arrivato il momento di andare.
In aereo mamma ed io avevamo due posti riservati, senza altre persone vicino. La hostess ci disse di spegnere i cellulari, entro pochi minuti saremmo stati in fase di decollo.
Prima di spegnere il cellulare trovai diversi messaggi sul gruppo dei miei amici, e su quello della mia famiglia. Al matrimonio ci sarebbero stati anche zia Alice, zio Jasper, zia Rose e zio Emmett. Ero terribilmente felice di rivedere i miei zii ed anche i loro figli, i miei cuginetti.
La mia è una famiglia piuttosto particolare: papà, zia Alice e zio Emmett sono i figli naturali dei miei nonni, mentre zio Jasper e zia Rosalie erano stati presi in affido. Il destino ha voluto che Jasper si innamorasse di Alice, e che Rosalie si innamorasse di Emmett.
Il mio cuore perse qualche battito quando l'aereo iniziò a decollare, e strinsi la mano di mamma fin quasi a stritolarla. Strizzai gli occhi, ma quando li riaprii per guardare dal finestrino ciò che vidi mi lasciò senza parole. Tutto sembrava incredibilmente lontano, e le nuvole sembravano fatte di zucchero filato arancione. Mi sentii subito meglio.
‒ Sei stanca, ti sveglio quando arriviamo ‒ mi disse mamma. E nel giro di qualche minuto sprofondai nuovamente nel mondo dei sogni...
 
Mamma mi svegliò dieci minuti prima del nostro arrivo, appena in tempo perché potessi realizzare che ero su un aereo e che eravamo quasi arrivate.
In aeroporto, nonno Charlie ci era praticamente corso incontro non appena ci aveva viste. Non gli sembrava vero di vedermi finalmente lì nella sua amata Forks, per una volta ero io ad andarlo a trovare e non il contrario. Per fortuna aveva avuto il buon gusto di venirci a prendere con l’auto di Sue, e non con l’automobile della polizia. Nonno era poliziotto, a Forks lo conoscevano tutti come “Ispettore Capo Swan”.
Una volta arrivati a casa, anche Sue venne a salutarci. Sperai ci fossero anche Seth e Leah, ma poi mi ricordai che ormai abitavano entrambi per conto proprio.
‒ Seth sarà qui tra poco, voleva venire a salutarti ‒ mi disse Sue, al che mi sentii subito sollevata. Almeno, avrei rivisto un volto amico. Seth mi era sempre piaciuto, quando ero più piccola avevo anche una specie di cotta per lui. Per un attimo mi domandai che effetto mi avrebbe fatto rivederlo…
Sue e nonno Charlie ci fecero subito posare le valigie: mamma avrebbe alloggiato nella sua vecchia stanza, mentre io nella stanza degli ospiti, che in passato era stata anche la stanza di Seth. Lui e sua sorella erano rimasti orfani di padre: Harry Clearwater morì anni prima d’infarto, e questo portò Sue Clearwater, con il tempo, a legarsi sentimentalmente a nonno Charlie. Anche Harry era un Quileute, proprio come Sue. Da quel che mi aveva detto nonno Charlie in macchina, nel tragitto dall’aeroporto a casa, entrambi i ragazzi erano tornati a vivere alla Riserva.
 
Dopo essermi riposata ed aver mangiato un po’, vidi una macchina parcheggiare davanti casa: era arrivato Seth!
Mi precipitai subito alla porta, e non appena Seth mi vide mi rivolse un sorriso raggiante.
‒ Renesmee! Sei cresciuta tantissimo, da quant’è che non ci vediamo di persona? ‒ Lo abbracciai, per poi rispondergli.
‒ Credo che siano passati ben quattro anni, Seth. Anche tu mi sei mancato, sai? ‒ Seth era davvero un bel ragazzo, e dimostrava meno dei suoi trentadue anni. La cotta mi era passata, ma dovevo ammettere a me stessa di avere un debole per i ragazzi della Riserva.
‒ Senti Renesmee, stasera pensavo di portarti ad una festa a La Push. Ti va di venire? Charlie mi ha detto che sei incazzata a morte, che hai rinunciato ad un viaggio a Los Angeles per venire al suo matrimonio. ‒ Sorrisi. La prospettiva di una festa a La Push non era affatto malvagia, grazie a Seth la mia vacanza forzata si sarebbe trasformata in qualcosa di almeno vagamente piacevole.
‒ Be’, non sono incazzata a morte, ma… sono dispiaciuta, sì. E verrò volentieri alla festa, ho proprio bisogno di divertirmi. Ho diciotto anni, ormai. ‒ Provai ad assumere un’espressione ammiccante, ormai non ero più una ragazzina. E poi, mamma e nonno Charlie si fidavano ciecamente di Seth Clearwater. Non ero mai stata quel genere di ragazza che dava grattacapi ai suoi genitori, avevo sempre dimostrato di avere la testa sulle spalle.
‒ Hai diciotto anni, ma non farai sciocchezze! Ti terrò d’occhio, l’ho promesso a Charlie e a Bella. ‒ Sorrisi. Avrei accettato quel piccolo compromesso.
All’improvviso mi sentii euforica, non vedevo l’ora che fosse sera per poter andare alla festa nella Riserva dei Quileutes.
 
‒ Sì papà, sto bene. Ho rivisto Seth, stasera mi porta con lui a La Push. No, non preoccuparti! Sì, tranquillo, niente sbronze. Okay papà, buonanotte. ‒ Terminai la telefonata con papà, rassicurandolo sul fatto che non avrei fatto sciocchezze. Nonostante papà ed io avessimo soltanto diciotto anni di differenza, non era affatto diverso dai padri delle mie amiche. Sempre attento e premuroso nei miei confronti, desiderava solo il meglio per me. E quando mamma aveva provato a farmi il discorso, ero stata io a rassicurarla. Non sarei rimasta incinta a diciotto anni, sarei stata attenta e responsabile. E poi… non avevo mai avuto un ragazzo. Semplicemente non mi era mai capitato, nessuno mi piaceva abbastanza. Ero stufa di sentirmi in difetto per via degli stupidi stereotipi imposti dalla società, non avrei dato il mio primo bacio a qualcuno solo per poter dire di averlo fatto. E non mi importava di essere ancora vergine, era la società ad essere sbagliata. Non io. Non c’erano altre Renesmee al mondo, io ero unica in tutto per tutto.
Guardai l’ora sul display del mio cellulare, notando che si erano fatte già le sette di sera. Entro un’ora sarebbe venuto a prendermi Seth, e non volevo farmi trovare in ritardo. Era una serata in spiaggia, così decisi di indossare un vestitino nero e un paio di sandali. Presi anche un golf dello stesso colore, certa che più tardi avrei avuto freddo. Decisi di lasciare i miei capelli sciolti, e poi misi un po’ di trucco: rossetto rosso, matita, mascara e un filo di eyeliner.
‒ Come sei bella, Ness ‒ mi disse mamma, entrando in camera mentre mi stavo truccando. ‒ Vuoi fare colpo sui ragazzi della Riserva? ‒ proseguì a domandarmi.
‒ Voglio fare colpo su me stessa ‒ risposi, facendola sorridere. Ed era vero, mi consideravo bella e mi piaceva vedermi a posto. Somigliavo molto a entrambi i miei genitori, ma avevo sempre desiderato gli occhi verdi di papà. Invece, mi erano toccati in sorte gli occhi castani di mamma.
‒ Ottima risposta, tesoro. Non fare tardi, okay?
‒ Tranquilla, mamma. Seth è una persona responsabile, ricordi? E si dà il caso che lo sia anch’io ‒ mi affrettai a rispondere.
‒ Hai ragione… ‒ Mamma sembrava pensierosa, così le chiesi quale fosse il motivo.
‒ Conoscevo un ragazzo della Riserva, più piccolo di me… Gli spezzai il cuore, perché ero innamorata persa di tuo padre ‒ mi disse. Non me ne aveva mai parlato.
‒ Lo conosco? ‒ le domandai.
‒ No, non lo conosci… E’ il figlio di un caro amico di nonno Charlie. Be’, magari poi te ne parlerò, credo che verrà al matrimonio. ‒ Mi accorsi che quello era un tasto dolente, ero curiosa di saperne di più.
‒ Certo, mamma. Finisco di prepararmi, o farò tardi. ‒ Mamma prese la mia spazzola dal comò e cominciò a spazzolarmi i capelli. Erano davvero lunghissimi ormai; ondulati e dello stesso castano bronzeo di quelli di papà. Mi arrivavano ai fianchi, ma non avevo alcuna intenzione di tagliarli.
‒ Che c’è, sono ancora impicciati? ‒ domandai a mia madre.
‒ No, Renesmee... Sei stupenda, sei proprio una piccola donna ormai. ‒ Ci sorridemmo a vicenda, dopodiché mamma uscì dalla stanza. Dal piano di sotto, Charlie le disse che era pronta la cena.
Esattamente un quarto d’ora dopo, Seth venne a prendermi. A breve avrei scoperto se il mio soggiorno a Forks avrebbe preso una piega migliore o se sarebbe stato un completo disastro.

NOTA DELL'AUTRICE
Ciao! Avevo detto che avrei aggiornato una volta a settimana, ma ho voluto pubblicare subito anche il Capitolo 1 per darvi modo di farvi un'idea più precisa della storia. Dalla prossima volta in poi, aggiornerò ogni lunedì. Spero di ricevere qualche recensione, alla prossima :)
Greta

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


CAPITOLO 2
 
Dopo aver salutato la mamma, il nonno e Sue, Seth ed io ci avviammo verso la sua auto. Faceva piuttosto freddo per essere luglio, Forks non faceva decisamente per me. L’umidità avrebbe senza dubbio rovinato i miei capelli, facendoli somigliare ad una specie di procione stecchito. Sperai che a La Push la temperatura fosse leggermente migliore, ma ne dubitavo fortemente.
‒ Allora, pronta per la serata? ‒ mi disse Seth, rivolgendomi un sorriso. ‒ Esci con quelli più grandi!
‒ Ti svelo un segreto, Seth: mi sono sempre trovata meglio con chi è più grande di me ‒ risposi, sorridendo a mia volta. Era vero, raramente mi capitava di trovarmi bene con i miei coetanei. Seth accese la radio su una stazione di musica rock, e visto che lì le strade erano praticamente deserte, alzò il volume e ci mettemmo a cantare. Con Seth non mi sentivo affatto in imbarazzo, lo consideravo davvero un amico. Non ci vedevamo da qualche anno, ma eravamo comunque rimasti in contatto telefonicamente.
Sapevo bene che Seth mi vedeva ancora come una bambina, e che non avrei dovuto assecondare le mie fantasie adolescenziali su di lui. Mi aveva detto che ero molto elegante, ma senza alcuna malizia. Forse era meglio così, perché assecondare una cotta per il figlio della moglie di nonno Charlie era decisamente una pessima idea.
‒ Allora, chi ci sarà stasera? Qualcuno che conosco? Tua sorella? ‒ domandai, approfittando della pausa pubblicitaria alla radio.
‒ Be’, forse li conosci di vista, ma credo che i loro nomi non ti diranno nulla. Sono i miei amici, abbiamo anche una band ‒ mi disse Seth. La cosa si faceva interessante.
‒ Una band? E’ fantastico! ‒ risposi entusiasta. ‒ Forza, dimmi i loro nomi. E voglio anche sapere come si chiama la vostra band.
‒ Ci chiamiamo Black Wolves. E i miei amici sono Embry, Quil, Paul, Jacob, Sam e Jared. ‒ I loro nomi non mi dicevano nulla, fatta eccezione per Sam. Sam Uley, il ragazzo di Leah.
‒ Siamo solo noi o ci sono anche altre persone? ‒ domandai.
‒ Anche altre persone della Riserva. E’ il momento di svelarti la sorpresa, ti porto ad un falò in spiaggia! ‒ Seth sembrava quasi più entusiasta di me, a momenti.
‒ Che mi dici di Sam e Leah? ‒ domandai.
‒ Anche questa doveva essere una sorpresa, ma te lo dico lo stesso: Leah è incinta, sto per diventare zio ‒ mi rispose Seth.
‒ Ma dai! E’ una splendida notizia! ‒ Ero davvero felice per Leah, ma in quell’istante mi sentii ancora più piccola dei miei diciotto anni.
 
Una volta arrivati in spiaggia, mi strinsi nelle spalle e decisi di infilarmi il golf che avevo portato con me. Per un attimo mi sentii intimidita, ero rimasta accanto a Seth e mi guardavo attorno, in cerca di qualche volto familiare. Alcuni ragazzi erano seduti in cerchio su dei vecchi tronchi d’albero, e c’era della musica che proveniva da poco lontano. C’era un sacco di gente, e ben presto mi accorsi che gli amici di Seth erano solo una minima parte. Seth mi indicò una piccola costruzione situata vicino alla spiaggia, spiegandomi che si trattava di una specie di pub-discoteca: un ritrovo per tutti i giovani di La Push. Poi mi condusse verso uno di quei gruppetti, presentandomi ai suoi amici. Gli avevo chiesto di non rivelare la mia età, e anche di non dire agli altri che ero la nipote di Charlie Swan. Seth aveva capito, e acconsentì senza battere ciglio. Gli avevo detto chiaramente che non volevo che i suoi amici pensassero che mi aveva portato solo per far contento Charlie, o qualcosa di simile.
‒ Ragazzi, lei è Renesmee. Una mia amica, si tratterrà a Forks solo per due settimane ‒ disse Seth.
‒ Piacere di conoscerti, Renes…mee? ‒ domandò Embry, uno dei suoi amici.
‒ Ho un nome particolare, lo so… Renesmee, lo hai detto bene. Ma va bene anche Ness ‒ gli risposi, amichevole. Erano tutti molto educati, al contrario di certi ragazzi di Jacksonville.
‒ Questa sera ascolterai alcune nostre leggende, che ne dici Renesmee? ‒ mi disse Quil. Aveva pronunciato correttamente il mio nome, e mi sentii lusingata.
‒ Sono molto curiosa ‒ risposi. Seth intervenne per aggiungere che avrei anche ascoltato i Black Wolves in azione, e ne fui felice. Alcuni minuti dopo, mi accorsi che stava arrivando anche Leah, accompagnata da Sam.
‒ Renesmee, che bello rivederti! Seth mi aveva detto che saresti venuta ‒ mi disse. Il suo fisico snello era appena arrotondato dalla gravidanza, e lei era raggiante.
‒ Ho chiesto a Seth un favore, e lo chiedo anche a te. Per ora non voglio che si sappia che sono la nipote di Charlie. ‒ Le spiegai il motivo, e anche lei fu d’accordo nel mantenere il mio piccolo segreto. Poi le domandai della gravidanza, mi disse di essere al quinto mese e che sarebbe stato un maschietto. Si sarebbe chiamato Harry, come suo padre.
Alcuni minuti dopo, Sam iniziò a raccontare le vecchie leggende del popolo Quileute. Erano storie affascinanti, che parlavano di vampiri e lupi: in quel momento capii come mai i ragazzi avessero scelto proprio il nome “Black Wolves” per la loro band. Secondo la leggenda, gli antenati dei Quileutes avevano la capacità di trasformarsi in lupi, di mutare forma. I lupi combattevano “I Freddi”, ovvero i vampiri, salvando gli umani dalla loro sete di sangue. Rimasi ad ascoltare con grande interesse, ma ben presto mi accorsi che uno dei ragazzi che Seth mi aveva nominato non era presente. Il ragazzo in questione si chiamava Jacob.
Poi all’improvviso, lo vidi arrivare. Sarebbe stato impossibile non notarlo.
‒ Sempre in ritardo, Jake! ‒ lo canzonò Seth, mentre mi accorsi che lo stavo fissando con un’espressione da pesce lesso. Jacob era il più bel ragazzo che avessi mai visto: ad occhio, doveva essere più alto di un metro e novanta. Aveva la pelle ambrata come gli altri ragazzi della Riserva, i capelli neri e corti, lisci, e gli occhi castani, con un taglio molto particolare. Le labbra carnose. Quando sorrise, mi accorsi che aveva anche un sorriso abbagliante. Quel ragazzo era il sole.
‒ Ecco, lui è Jacob Black ‒ mi disse Seth. ‒ E’ il fratello di Rachel, la ragazza di Paul ‒ mi spiegò.
‒ Quanti anni ha? ‒ domandai, curiosa.
‒ Trentaquattro ‒ mi disse Seth. Oh, merda… Non potevo proprio permettermi di prendermi una sbandata per un ragazzo che aveva sedici anni più di me. Sedici… aveva solo due anni meno di mamma e papà. Assurdo, no? ‒ Perché sei così curiosa? ‒ proseguì a domandare Seth.
‒ Così… Per sapere ‒ risposi, prontamente.
‒ E’ uno dei miei più cari amici, ma a volte ha un caratteraccio. Ha un sacco di ragazze che gli ronzano attorno, ma nessuna sembra fatta per lui ‒ aggiunse Seth.
‒ Forse gli piacciono i ragazzi ‒ domandai. Ero curiosa, volevo saperne di più.
‒ No, Jake non è gay. E’ semplicemente di gusti difficili ‒ mi rispose Seth. Di bene in meglio, Jacob Black era decisamente fuori dalla mia portata. Io ero una diciottenne senza alcuna esperienza in fatto relazioni sentimentali e affini; lui era un bellissimo trentaquattrenne ancora single e pieno di ragazze ai suoi piedi.
Tutto d’un tratto, Jacob mi notò nel gruppetto e rimase imbambolato a guardarmi, per almeno cinque secondi. Abbassai lo sguardo, avevo paura di essere arrossita.
‒ Chi è la viso pallido? ‒ domandò.
‒ Sono un’amica di Seth ‒ mi affrettai a rispondere, infastidita per l’appellativo che mi aveva dato. Viso pallido. ‒ E non sono affatto una viso pallido, ormai conosco le vostre leggende! ‒ Provai a fare la spavalda.
‒ Be’, piacere di conoscerti. Gli amici di Seth sono i benvenuti qui, e ora che conosci le nostre leggende sei una ragazza lupo. Comunque, io sono Jacob. ‒ Si avvicinò con fare amichevole, pronto a stringermi la mano.
‒ Renesmee ‒ risposi, ancora mezza imbambolata.
‒ Renesmee? Non ne conosco molte, sai? ‒ Mi sorrise ancora, e mi sentii di nuovo le gambe molli. Maledetti ormoni. Sperai che il mio strano nome non fosse riconducibile al fatto che ero la nipote di Charlie, forse avrei dovuto dirgli “Ness” e basta. Ness poteva anche essere il diminutivo di Vanessa, in fondo…
Ad un certo punto, mi alzai per rispondere al cellulare: era mamma, voleva sapere se mi stavo divertendo e se era tutto okay. La rassicurai, e quando terminai la chiamata mi accorsi che Jacob mi aveva raggiunta. Tenevo le scarpe in mano, volevo bagnarmi i piedi nell’oceano. Era decisamente freddo.
‒ Ehi, spero che tu non te la sia presa per la “viso pallido”. Non volevo offenderti. ‒ Sembrava sinceramente dispiaciuto.
‒ Oh, no, non preoccuparti. Non me la prendo per così poco ‒ gli risposi. Jacob mi sorrise, ed io lo imitai. Altroché se era bello… Fino ad allora, gli unici colpi di fulmine che avevo avuto erano stati per attori e cantanti. Jacob, invece, era esattamente di fronte a me. Era un ragazzo reale, era single e non era gay. Pensai a nonna Renée, e a mia madre: entrambe si erano innamorate a Forks, non volevo ritrovarmi nella stessa situazione. Non volevo nemmeno avere una di quelle stupide storielle estive, ma proprio non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso. Presi coraggio, chiedendogli di farmi compagnia. La mia scusa era che conoscevo soltanto Seth, e non volevo stargli troppo addosso.
‒ Volentieri, Renesmee ‒ mi rispose. ‒ Allora, che mi dici di te? Che cosa ti rende felice? ‒ mi domandò. Rimasi stupefatta, la sua domanda mi era piaciuta. Non era il fastidiosissimo “che cosa fai nelle vita”, Jacob voleva sapere cosa mi rendesse felice.
‒ Mi piace cantare. Seth mi ha detto che avete una band, sono curiosa di ascoltarvi. E poi… mi piace leggere, guardare le serie TV, andare al cinema, disegnare… Sono una ragazza dalle mille risorse. ‒ Mi pavoneggiai un po’.
‒ Puoi dirlo forte! E così ti piace cantare… ‒ Quella risposta lo aveva incuriosito.
‒ E tu, Jacob? Cosa ti rende felice? ‒ domandai.
‒ Le macchine, le moto, la musica… fare lavori manuali… Ma non disdegno la lettura, e il cinema. Sono un tipo curioso, lo sono per natura. Se ti sto annoiando dimmelo, non voglio essere invadente. Seth ci starà sorvegliando ‒ scherzò Jacob, guardando in direzione del falò.
‒ Non ho bisogno di essere sorvegliata, non sono una ragazzina. ‒ In quel momento, inciampai su una pietra. Stavo per cadere, ma Jacob mi prese in tempo.
‒ Come non detto ‒ dissi; sarei voluta sprofondare sotto terra. Ero proprio come la mamma, pronta a inciampare ovunque.
‒ E’ tutto okay? ‒ mi chiese Jacob, tenendomi ancora tra le sue braccia.
‒ Sì… grazie. Sono proprio un disastro. ‒ Sorrisi, per poi guardarlo di nuovo negli occhi.
‒ No, non lo sei invece. ‒ Silenzio di tomba. Sembrava esserci una strana sintonia tra me e quel ragazzo, sarei rimasta volentieri a parlare con lui per il resto della serata. Ma sarebbe stato difficile evitare l’argomento “Perché sei qui”, prima o poi il matrimonio di nonno Charlie sarebbe saltato fuori. A togliermi dall’imbarazzo, la voce di qualcuno che reclamava la presenza di Jacob.
Imprecai mentalmente, avrei voluto restare da sola con lui ancora un po’… Avrei trovato senz’altro un modo per sbrogliarmi dal discorso sul perché fossi in vacanza in quel posto sperduto.
‒ Jacob, Renesmee, venite! Andiamo al pub per suonare qualcosa! ‒ disse Embry. Dunque, avrebbero suonato al pub?
‒ Arriviamo ‒ rispose Jacob, che sembrava infastidito almeno quanto lo ero io.
‒ Comunque, puoi chiamarmi Jake ‒ mi disse. ‒ E sappi che ora hai un altro amico, oltre a Seth.
‒ E tu puoi chiamarmi Ness, anche se preferisco il mio nome per intero ‒ risposi, sorridendo ancora.
‒ Poi mi spiegherai da dove nasce il tuo strano nome. Strano e bellissimo.
‒ Poi… ma non stasera. Mi sei simpatico, e mi farebbe…
‒ Mi farebbe piacere rivederti. ‒ Ci mettemmo a ridere, perché avevamo detto la stessa cosa. E nello stesso momento. Che stregoneria era quella?
 ‒ Resto qui per due settimane, dobbiamo approfittarne ‒ gli spiegai. Avevo preso coraggio, sperai di non dovermi pentire di quelle parole. In fondo, eravamo entrambi adulti ed io avevo sempre avuto un debole per i ragazzi più grandi. Perché mai avrei dovuto mettere a tacere le mie sensazioni?
‒ Che ne dici di domani? E’ domenica, io non lavoro e tu… sei in vacanza, giusto?
‒ Giusto. ‒ Ormai eravamo tornati dai ragazzi, avremmo dovuto trovare un altro momento per metterci d’accordo. Però mi sentii felice, Jacob sembrava davvero interessato ad uscire con me.
Mi sentivo le farfalle nello stomaco, forse per la prima volta in vita mia.
 
Poco dopo, raggiungemmo il pub. Seth mi prese un attimo da parte, prima di andare dai suoi amici e prepararsi per l’esibizione della band.
‒ E così hai fatto subito amicizia con Jake ‒ mi disse, anche se intuivo che avrebbe voluto aggiungere qualcos’altro.
‒ E’ simpatico, e mi ha messo a mio agio. C’è qualche… problema? ‒ domandai, sulla difensiva.
‒ Dovrei dirti una cosa, ma… ‒ Lo interruppi.
‒ Aspetta, aspetta: hai parlato con Charlie, sicuramente ti ha detto di farmi da babysitter. E so cosa stai per dirmi, vuoi scoraggiarmi dall’uscire con Jacob mettendo su qualche stupida scusa, del tipo che i ragazzi dell’età di Jacob pensano solo al sesso, e…
‒ Be’, non è di questo che volevo parlarti… Ma forse farei meglio a farmi gli affari miei ‒ mi rispose. ‒ E per quanto riguarda ciò che hai detto, devo comunque metterti in guardia. Se ti metti nei guai, Charlie mi sparerà con il suo fucile. E non in senso metaforico. ‒ Seth sorrideva, ma percepivo che dietro la sua ironia si celava un autentico avvertimento.
‒ Seth, per favore. La cosa non ti riguarda, sono maggiorenne e sono tutt’altro che sprovveduta. Sai com’è, mia madre mi ha avuta a diciotto anni e non intendo… non intendo imitarla, ecco. ‒ Alzai le mani.
‒ Okay, okay… ‒ Seth sembrava vagamente in imbarazzo.
‒ Allora, mi aiuterai? Domani uscirò con Jacob, e avrò bisogno di un complice. ‒ Gli offrii la mano, e lui la strinse.
‒ Affare fatto. Non farmi pentire della fiducia che ti sto dando.
‒ Non ce ne sarà bisogno.

***
Un ringraziamento speciale a paride, per aver aggiunto la storia alla lista delle preferite e per aver recensito.
A lunedì prossimo! 
Greta

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


CAPITOLO 3
 
Una volta entrata nel pub, mi accorsi che c’era un piccolo palco allestito con degli strumenti musicali. Sapevo che Seth se ne intendeva di musica, ma non ricordavo se mi avesse mai parlato dei Black Wolves.
Mi voltai nuovamente in cerca di Jacob, che mi raggiunse all’istante. Desiderai che mi mettesse un braccio attorno alle spalle, ma non lo fece: forse voleva capire meglio quali fossero le mie intenzioni, senza fare mosse azzardate di fronte ai suoi amici. E, quasi sicuramente, Jacob aveva capito che dovevo essere molto più piccola di lui. Ero certa che avrebbe chiesto a Seth quale fosse la mia età.
‒ Perché vi chiamate Black Wolves? ‒ domandai a Jake. ‒ Cioè… Wolves è per le leggende sui lupi, ma Black? E’ il tuo cognome, no?
‒ Be’, siamo stati Seth ed io a mettere su la band. Ma sai com’è, “Clearwater Wolves” suonava davvero male, e così abbiamo optato per Black. Sono il cantante, e suono anche la chitarra. La classica e quella elettrica. Ecco perché prima sono rimasto molto sorpreso quando mi hai detto che ti piace cantare ‒ mi rispose. In effetti, ero sorpresa anch’io: lo conoscevo da poche ore, eppure avevo già scoperto di avere una passione in comune con lui.
‒ Se hai qualche canzone da propormi, domani pomeriggio potremmo provarle insieme ‒ mi disse. ‒ Ti va? ‒ Certo che mi andava. E nonostante non avessi esattamente i gusti tipici di una qualunque diciottenne, non ero certa che Jacob conoscesse i miei artisti preferiti.
‒ Sarebbe bello. Conosci Spotify? Posso passarti le mie playlist.
‒ Ehi, certo che lo conosco. Vivo nella Riserva, non su Marte! ‒ Sorrise e mi fece l’occhiolino, dopodiché fu richiamato dai ragazzi. Non tutti suonavano, perché Sam era rimasto accanto a Leah. Anche Paul e Jared erano rimasti con noi, li raggiunsi. Sul palco, a quel punto, c’erano solo Seth, Jake, Quil ed Embry.
‒ Che genere di musica fanno? ‒ domandai a Leah.
‒ Rock, per lo più. Ma potrebbero sorprenderti… Fanno sia brani originali che cover. ‒ Quando iniziarono l’esibizione, mi accorsi che stavano suonando un brano originale rock. Jacob, dal palco, mi lanciava delle occhiate… ed io ricambiavo quegli sguardi. Non credevo nel colpo di fulmine, prima di quella sera. Sperai che la differenza di età non fosse un ostacolo insormontabile, in fondo non ero più minorenne. Mi stavo decisamente facendo dei film mentali, dei film degni di un Premio Oscar. Mi ero sempre detta che non mi sarei mai messa nelle condizioni di avere una storia a distanza, eppure la voglia di conoscere Jacob era più forte di qualunque cosa.
 
Seth mi riaccompagnò a casa intorno alle due di notte, avevo passato una serata magnifica. Dopo l’esibizione dei ragazzi restammo a ballare per un po’, e trovai il tempo di stare ancora da sola con Jacob. Avevo bevuto solo un drink, e ballare mi piaceva. In materia di feste e divertimento ero molto diversa dalla mamma, papà si metteva sempre a ridere quando mi raccontava che per portarla al ballo della scuola aveva dovuto insistere svariate volte. Mamma non amava particolarmente le feste, mentre per me a fare la differenza c’erano essenzialmente due cose: la musica e la compagnia.
‒ Seth, ricordati l’ora e… la scusa, per domani ‒ gli dissi. Mi ero messa d’accordo con lui per poter uscire con Jake in tranquillità, tanto sapevo che gli zii sarebbero arrivati lunedì, insieme a papà, e che quel giorno sarebbe stato tutto dedicato a nonno Carlisle e nonna Esme. Per non parlare degli ultimi preparativi del matrimonio… Conoscendo zia Alice, avrebbe senza ombra di dubbio provato a coinvolgermi.
‒ Certo… ‒ mi rispose Seth. ‒ All’una, per un pomeriggio in spiaggia a La Push. A proposito, Jake mi ha chiesto la tua età ‒ aggiunse. Ero certa che lo avrebbe fatto.
‒ Che c’è, si è spaventato? ‒ Mi misi a ridere.
‒ E’ rimasto un tantino sconvolto, credeva che fossi più grande. Ma vuole comunque uscire con te ‒ mi rassicurò.
‒ Sei un ottimo complice, Seth. Ti adoro. Allora buonanotte, ci vediamo domani.
‒ Buonanotte, Ness. ‒ Lo salutai con un bacio sulla guancia ed entrai in casa. Nonno Charlie era ancora sveglio, mi disse che la mamma era molto stanca e che era andata a dormire. Meglio così, per il momento non volevo dirle che avevo effettivamente fatto colpo su uno dei ragazzi della Riserva.
‒ Ehi tesoro, ti sei divertita a La Push? ‒ mi domandò il nonno. Dalla sua espressione intuii che aveva davvero parlato con Seth, sicuramente gli aveva chiesto di tenermi d’occhio affinché non facessi sciocchezze. In fondo, mia madre alla mia età gli aveva dato diversi grattacapi…
‒ Molto, nonno. Scusami se ti sono sembrata arrabbiata, non lo sono più. Sono stata bene con gli amici di Seth, e con i ragazzi della Riserva.
‒ Spero che tu riesca comunque a posticipare il tuo viaggio, Ness.
‒ Nei prossimi giorni, i miei amici mi faranno sapere. Grazie nonno, Buonanotte… Ora vado, sono molto stanca anch’io. ‒ Salutai il nonno e andai nella mia stanza, la stanza degli ospiti.
Mi buttai sul letto a peso morto, con il cellulare in mano. Jake ed io ci eravamo scambiati il numero, e quando guardai i messaggi mi accorsi che mi aveva scritto qualcosa su WhatsApp:
Buonanotte Renesmee, conoscerti è stato bellissimo. Non vedo l’ora che sia domani.
 
Gli risposi: Lo stesso vale per me, Jake. Buonanotte, a domani.
 
Ero troppo su di giri per rispondere ai messaggi dei miei amici, avevo bisogno di starmene un po’ per fatti miei. Dopo essermi lavata e messa il pigiama, provai ad addormentarmi.
 
***
 
Il mattino dopo, la mamma venne a svegliarmi. Mi aveva portato del latte con il cioccolato in polvere, proprio come piaceva a me.
‒ Sveglia, dormigliona ‒ mi disse, sedendosi al bordo del letto. Mi stropicciai gli occhi.
‒ Ehi, mamma. Grazie per la colazione. ‒ Le presi la tazza dalle mani, iniziando a bere.
‒ Allora… non hai niente da raccontarmi? Sei stata bene ieri sera a La Push? ‒ mi domandò. Decisi che per il momento non le avrei detto di Jake, in fondo non era successo nulla. Il fatto di avere un segreto riguardante un ragazzo mi fece sentire più grande.
‒ Sì, benissimo. Gli amici di Seth sono simpatici, c’erano anche delle persone della mia età. Ho rivisto anche Leah… Lei e Sam stanno per avere un bambino, lo sapevi?
‒ Sì, Charlie me lo aveva detto. Leah ha rischiato di perdere il bimbo, ecco perché non voleva che si sapesse.
‒ Ora Leah sta bene, mamma. Comunque, volevo dirti che oggi pomeriggio torno alla Riserva. C’è il sole, stranamente… e Seth mi porta in spiaggia. ‒ Provai a non tradire alcuna emozione.
‒ Renesmee… Non è che per caso… ti piace Seth? ‒ mi domandò la mamma, sorridendo.
‒ Ma no mamma, che cosa vai a pensare! Siamo quasi parenti ‒ risposi stizzita.
‒ Sto scherzando! Ricordati che domani vengono papà e gli zii, perciò non prendere altri impegni con Seth.
‒ Sì sì, non preoccuparti ‒ mi affrettai a rispondere. Bevvi un altro sorso di latte, per nascondere la mia espressione.
‒ Ormai sei maggiorenne, ed è giusto che tu abbia i tuoi spazi. Te lo devo, visto che ho stravolto i tuoi piani… Ma ricordati una cosa. Qualsiasi cosa tu faccia, stai attenta. Non sono affari miei, ma stai attenta. ‒ Sapevo a cosa si riferiva. Non voleva diventare nonna a trentasei anni, e, dal canto mio, io non volevo diventare mamma a diciotto. Mamma era una persona dalla mente aperta, complice il fatto che avessimo soltanto pochi anni di differenza. Mi aveva sempre detto di amarmi più della sua stessa vita, ma mi aveva anche detto che non avrei dovuto bruciare le tappe come avevano fatto lei e papà.
Avevo conosciuto Jacob soltanto la sera prima, non ci sarei andata a letto. Ma speravo che quell’appuntamento avesse dei risvolti positivi…
‒ Mamma, non serve che tu mi faccia di nuovo questo discorso. Davvero, non serve. ‒ Non volevo entrare nel dettaglio, ma sperai che la mamma avesse capito.
‒ Va bene, Renesmee. E in ogni caso, sappi che puoi parlarmi di qualunque cosa. Okay?
‒ Okay. ‒ Le diedi un bacio sulla guancia, dopodiché sgattaiolai in bagno per farmi una doccia.
 
All’una, Seth si fece trovare puntuale davanti casa di nonno Charlie. Mi ero messa il costume da bagno, visto che ufficialmente sarei andata in spiaggia. Non sapevo dove volesse portarmi Jake, ma non volevo far insospettire nessuno.
Il fatto che Jake fosse uno dei migliori amici di Seth era rassicurante. Ero una persona diffidente per natura, e gli uomini della mia famiglia avevano alzato fin troppo le mie aspettative sui ragazzi. Papà e nonno Carlisle sembravano uomini d’altri tempi, a volte. E se Jake e Seth erano così amici, potevo escludere il fatto che il ragazzo con cui sarei uscita fosse un maniaco o un serial killer. Forse, Forks non era il massimo… ma i ragazzi erano decisamente migliori della maggior parte dei miei compagni di scuola.
‒ Torno per l’ora di cena ‒ dissi, prima di uscire. Mamma si era organizzata per rivedere alcuni suoi vecchi amici del liceo.
Seth si fermò a salutare sua madre, dopodiché salimmo in macchina. Sembrava pensieroso.
‒ Che c’è, Seth?
‒ Nulla, Renesmee. E’ che mi sembra di essere tornato ai tempi del liceo, in pratica ti sto aiutando ad uscire con un ragazzo senza che la tua famiglia lo sappia. Sto tradendo la fiducia del vecchio Charlie. ‒ Si mise a ridere, ma sembrava piuttosto nervoso. Non volevo rovinarmi la giornata, ma presto avrei indagato meglio su quale fosse il problema.
Una volta arrivati a La Push, Seth si fermò in un piazzale: riconobbi all’istante Jacob, era venuto a prendermi con una moto. Aveva un casco in più, che ovviamente doveva essere per me. Scendemmo dalla macchina, salutai Seth e Jake mi porse il casco.
‒ Ness, Jake, fatevi trovare qui alle diciotto e quaranta ‒ ci disse Seth. Lui e Jake si lanciarono uno sguardo, era come se Seth gli avesse dato un avvertimento. Ero stufa di essere trattata come una ragazzina da proteggere, ero stata piuttosto chiara con Seth la sera precedente: non mi sarei messa nei guai. Seth ripartì immediatamente, e a quel punto mi ritrovai da sola con Jake.
Si era vestito in maniera molto semplice, con una maglietta nera e un paio di bermuda. Era bellissimo, e mi fece lo stesso effetto della sera precedente.
‒ Ciao, Jake ‒ gli dissi, avvicinandomi alla moto.
‒ Ciao, Ness. ‒ Si chinò per darmi un bacio sulla guancia, ed io mi sentii avvampare. Abbassai lo sguardo, e poi sorrisi come un’ebete. ‒ Salta su, ti porto in spiaggia. Abbiamo un sacco di tempo. ‒ Salii sulla moto, allacciando le braccia attorno alla sua vita. Lo strinsi forte.
‒ Allora, che programmi hai? ‒ gli domandai, prima che mettesse in moto.
‒ Spiaggia e poi scegli tu… Ho dato un’occhiata alla tua playlist, è molto bella. Potremmo cantare qualcosa insieme.
‒ Sì Jake, volentieri. ‒ Mise in modo, il rombo mi ricordava quello delle fusa di un gatto. Quella moto era un gioiellino. Mi accoccolai contro la sua schiena, ma Jake guidava in modo prudente e non eccessivamente veloce. Mi ritrovai a pensare che aveva un buon odore, e questo non aiutava affatto i miei poveri ormoni, già del tutto impazziti. Il vento in faccia era leggero e piacevole, sfrecciavamo su quelle strade circondate da alberi. Non avevo mai apprezzato la bellezza di quei luoghi, ma in quel momento mi sembrava di essere in un film. C’era qualcosa di magico, in quell’atmosfera.
Arrivammo in spiaggia, in un posticino riservato. C’era ancora il sole, e decisi che avrei provato a farmi il bagno. Mi ero anche portata un cambio, nel caso in cui avessi avuto freddo.
‒ Dimmi un po’, ci sono davvero i lupi qui? ‒ domandai, mentre poggiavo la borsa a terra e Jake mi aiutava a stendere il telo da mare.
‒ Sì, certo che ci sono… ma non vicino ai centri abitati, puoi stare tranquilla. Non ti avrei mai portata in un posto pericoloso. ‒ Jake, poi, si tolse la maglietta e i bermuda. Forse stavo sbavando e non me ne rendevo neanche conto… Più lo guardavo, più mi ritrovavo a pensare al fatto che fosse bellissimo. Aveva chiaramente il fisico di uno sportivo, con i muscoli ben definiti…
‒ Renesmee, mi stai ascoltando?
‒ Sì… sì, scusami. Ero soprappensiero. ‒ Mi tolsi anch’io la maglietta e i pantaloncini, riponendoli nella borsa. Ero bianchissima, non mi era mai piaciuto prendere il sole. Avevo ereditato la pelle chiara di mia madre e di nonna Renée, mi piaceva dire di avere un “pallore nobiliare”. Legai i miei capelli in una coda, dopodiché tirai fuori dalla borsa la crema solare.
‒ Mi aiuteresti a metterla? ‒ domandai a Jake con una certa sfacciataggine. ‒ Sì, lo so che sembro una specie di vampiro, ma devo metterla o rischio di prendere una scottatura. ‒ Jake rise.
‒ E così, io sarei un lupo e tu una vampira ‒ disse, continuando a sorridere.
‒ Secondo le tue leggende, dovremmo odiarci ‒ commentai, facendo una smorfia. ‒ Tutti mi dicono che dovrei farmi una lampada, è snervante.
‒ Sei… perfetta così come sei, Ness ‒ mi disse. ‒ Prese un po’ di crema tra le mani e le poggiò sulla mia schiena, facendo bene attenzione a mettere la crema dappertutto. Chiusi gli occhi, il mio corpo aveva avuto un sussulto non appena le sue mani si erano posate sulla mia pelle. C’era una certa tensione tra noi, ed era inutile negarlo. ‒ Ieri sera, quando ho chiesto a Seth la tua età, mi sono sentito in colpa ‒ mi disse.
‒ Be’… sono maggiorenne, non c’è nulla di male ad uscire insieme. Seth ne ha trentadue, non cambia molto. No? 
‒ Forse hai ragione. Non hai pensato male di me, vero? Di solito non chiedo di uscire alle ragazze della tua età.
‒ Jake, se… se non avessi voluto uscire con te, ti assicuro che lo avresti capito ‒ lo rassicurai. Si sentiva davvero in colpa, e la cosa mi faceva sorridere. Eravamo giovani entrambi, non stavo mica uscendo con un cinquantenne.
Dopo qualche minuto, mi feci coraggio e andai di corsa verso l’oceano, bagnandomi i piedi. Jake mi raggiunse, cingendomi finalmente le spalle con il braccio. Mi sentivo minuscola, accanto a lui.
‒ E’ gelido, Jake. Come fate a farvi il bagno qui?
‒ Non sei costretta ‒ mi rispose. ‒ Io ci sono abituato, ma non voglio che tu ti prenda un raffreddore.
‒ Non mi prenderò un raffreddore. Forza, andiamo! ‒ Mi buttai in acqua, senza pensarci. Cazzo se era fredda! Sarei uscita all’istante, ma poi Jake mi raggiunse riemergendo proprio accanto a me. E, di nuovo, mi incantai a guardarlo. I capelli bagnati, gettati all’indietro. Le gocce d’acqua su quel corpo perfetto. Sì, credo che gli sarei volentieri saltata addosso, in quell’istante. Spalancò le braccia, e mi ci buttai a capofitto.
‒ Okay, usciamo. Sto gelando ‒ gli dissi. Mi strinse più forte a sé, per poi prendermi in braccio.
‒ Be’, sei stata coraggiosa. ‒ Uscì dall’acqua con me ancora in braccio, stretta nella sua morsa d’acciaio. Mi adagiò sul telo, per poi poggiarmene un altro sulle spalle e stringermi a sé. Jake emanava calore, avevo una scusa per restarmene in quella posizione.
‒ Ho bisogno di farmi una doccia, Jake. Ho i capelli pieni di sabbia ‒ gli dissi non appena mi fui asciugata un minimo. ‒ Vivi da solo? ‒ gli domandai.
‒ Vivo con papà, ma oggi è andato a pranzo da mia sorella e da Paul ‒ mi disse. ‒ Ti fidi o…
‒ Certo che mi fido, scemo. ‒ Ormai ero entrata in confidenza, e parlare con lui mi riusciva sempre più facile.
Restammo ancora un po’ sdraiati al sole, a parlare.
‒ Insomma, perché sei così misteriosa? ‒ insistette Jake. ‒ Non vuoi proprio dirmi nulla di te…
‒ Abbiamo due settimane di tempo, ricordi? Non sappiamo molto l’uno dell’altra, eppure… mi sembra di conoscerti da sempre ‒ gli dissi, di slancio.
‒ Come fai? ‒ mi domandò.
‒ A fare cosa?
‒ A dire le stesse cose che ti direi anch’io. ‒ Sorrisi, per poi abbassare di nuovo lo sguardo.
‒ Promettimi che continueremo a sentirci, quando tornerò a casa ‒ gli dissi. ‒ Raramente mi capita di stare… così bene con qualcuno.
‒ Con qualcuno o… con un ragazzo? ‒ mi provocò.
‒ La seconda… ‒ A quel punto, Jake si alzò dal telo da mare e mi porse la mano, aiutandomi ad alzarmi. Ormai era tutto così palese, e anche se mi ero ripromessa che non avrei mai baciato un ragazzo al primo appuntamento, desideravo con tutta me stessa che Jake si facesse avanti.
‒ Andiamo? Non voglio sprecare neanche un minuto del nostro tempo, e tu devi farti una doccia. ‒ Aveva sviato il discorso, ancora una volta. Doveva seriamente sentirsi in colpa per quella faccenda dell’età, ma ormai era troppo tardi per tornare indietro.
Troppo tardi per fingere che saremmo stati soltanto amici.

***
Ciao! Rinnovo il mio invito a farmi conoscere le vostre opinioni, e vi aspetto lunedì prossimo!
Greta

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


CAPITOLO 4
 
La casa in cui Jacob viveva era decisamente carina e accogliente, le pareti esterne erano dipinte di un rosso tenue. Era una di quelle tipiche costruzioni della Riserva, circondata dal verde.
‒ Questa è la mia umile dimora ‒ mi aveva detto scherzando, dopo aver parcheggiato la moto.
‒ E’ molto carina ‒ risposi, sinceramente. Probabilmente, se Jake avesse visto la casa dei miei nonni Esme e Carlisle, avrebbe pensato che ero una di quelle ragazze con la puzza sotto il naso. Ero di famiglia ricca, visto che nonno Carlisle e papà avevano intrapreso entrambi la carriera di medico chirurgo. Motivo per cui papà sarebbe arrivato lunedì, era davvero indaffarato con il lavoro. Ma io volevo che Jake mi conoscesse per la persona che ero, e non per il mio status sociale.
‒ Quello è il mio garage ‒ proseguì a dire, indicandomelo. ‒ Embry ed io abbiamo un’officina, ma spesso mi porto il lavoro a casa. La mia moto l’ho riparata tutta da solo, salvandola da uno sfasciacarrozze. ‒ Feci mente locale, Embry era uno dei ragazzi che avevo conosciuto la sera precedente e che faceva parte dei Black Wolves. Seth mi aveva detto che era fidanzato con Emily, la cugina sua e di Leah. I ragazzi Quileute erano come una grande famiglia.
‒ I miei complimenti, meccanico provetto. Che cosa stai riparando ora? ‒ gli domandai.
‒ Sto riparando una auto, una Volvo V40 ‒ mi rispose. ‒ Non voglio annoiarti con questa roba, Renesmee ‒ si affrettò ad aggiungere.
‒ Non mi annoi affatto. Anzi, saresti molto sorpreso di sapere che me ne intendo di motori… Conosco quel modello. ‒ Jake sembrava davvero sorpreso. Non volevo uscirmene con il fatto che le auto (specie se di lusso) erano una… passione della famiglia Cullen. E che mio padre aveva una Volvo XC60, che Jake avrebbe senza dubbio apprezzato. Per non parlare delle auto di zia Alice e zia Rosalie, degli autentici gioiellini. A me, per il momento, era toccata un’utilitaria: mamma e papà non mi avevano mai fatto crescere come una bambina viziata, e avevo sempre imparato a dare il giusto valore al denaro.
‒ Sei una continua sorpresa, lo sai? ‒ mi disse Jake, non appena gli nominai alcuni modelli di auto che mi piacevano particolarmente. ‒ Ora vado a prenderti un asciugamano, così puoi farti la doccia ‒ aggiunse. Entrammo in casa, e aspettai che Jake tornasse dalla sua stanza con l’asciugamano che avrei utilizzato dopo la doccia.
In salotto notai che c’erano diverse fotografie di famiglia appese alle pareti, e mi soffermai sulle prime che catturarono la mia attenzione: Jake, con due ragazze molto somiglianti a lui e un uomo sulla sedia a rotelle. Riconobbi Rachel, mentre l’altra ragazza non sapevo chi fosse, anche se le somigliava molto. L’uomo sulla sedia a rotelle aveva un viso familiare, e capii che doveva essere il padre. In alcune foto era in piedi, quindi l’istinto mi suggeriva che probabilmente era rimasto paralizzato per colpa di un incidente. In un’altra foto, c’era una bellissima donna con lo stesso sorriso di Jake. E ancora, una foto del padre di Jake con… nonno Charlie?! Be’, il posto era piccolo e il nonno conosceva molte persone della Riserva. E se conosceva il padre di Jake, andava da sé che conoscesse anche lui… e che Jake sarebbe venuto al matrimonio. Decisi che era giunto il momento di finirla con la storia del mistero, era giusto che sapesse che ero la nipote di Charlie Swan.
‒ Tieni, Ness. Non metterci troppo ‒ mi disse cogliendomi di sorpresa, mentre mi porgeva un grosso asciugamano bianco. ‒ Se ti stai chiedendo chi è l’altra ragazza nella foto, è mia sorella Rebecca. La gemella di Rachel ‒ mi spiegò. ‒ Vive alle Hawaii con suo marito Solomon. E quello è Billy, mio padre. Ah… nell’altra foto c’è Sarah, mia madre. ‒ Si rabbuiò nel nominare sua madre, doveva esserle successo qualcosa di spiacevole. Ripensai a Billy, e sperai che Jake non avesse perso sua madre nello stesso incidente in cui Billy aveva perso l’uso delle gambe. Non volevo essere invadente, perciò al momento non gli avrei chiesto nulla. ‒ Ti dirò qualcos’altro sulla mia famiglia quando smetterai di essere la ragazza del mistero ‒ mi provocò, facendomi tornare il sorriso.
‒ Siete tutti molto belli ‒ risposi, soprappensiero. Era la verità. ‒ Be’, ora corro a farmi la doccia. Ne farei a meno, ma sai com’è… I capelli lunghi si riempiono di sabbia, e se non li sciacquo mi ritroverò con una massa informe sulla testa. ‒ Lo feci sorridere, e mi incantai di nuovo a fissare quel sorriso. Denti bianchissimi, come quelli di sua madre nella foto appesa alla parete. Avvertii di nuovo un brivido, e mi ritrovai a provare un senso di frustrazione. Pensavo di aver superato da un bel po’ la fase delle tempeste ormonali, ma a quanto pareva… non era affatto così.
 
Nel giro di dieci minuti, avevo già finito di farmi la doccia. Avevo riconosciuto l’odore del bagnoschiuma, lo stesso odore dolce della pelle di Jake, e mi ero riempita i capelli di balsamo nella speranza di riuscire a spicciarli prima. Quando uscii, notai con piacere che i miei capelli - la massa informe - erano finalmente tornati ad essere presentabili. Afferrai subito l’asciugamano che Jake mi aveva dato e mi ci avvolsi, per poi accorgermi che avevo lasciato la mia borsa in salotto. Niente vestiti. Fantastico, pensai sarcasticamente. Dovetti farmi coraggio e uscire dal bagno in quelle condizioni, probabilmente Jake avrebbe pensato che stavo facendo di tutto per provocarlo. Non che mi dispiacesse, a dirla tutta… Ma che diavolo mi prendeva?!
Uscendo dal bagno, mi accorsi che Jake si era messo a suonare la chitarra. Cantava, e la melodia mi era familiare: era una delle canzoni della mia playlist. Senza farmene accorgere, rimasi imbambolata ad ascoltarlo per alcuni minuti. Aveva una bellissima voce, cosa che avevo già constatato durante l’esibizione dei Black Wolves la sera precedente.
Lo raggiunsi sul divano e mi sedetti accanto a lui, facendolo sobbalzare. Ero stata talmente veloce e silenziosa che non mi aveva sentita arrivare, e, non appena vide che avevo indosso solo l’asciugamano, distolse lo sguardo e smise di suonare.
‒ Non ti ho sentita arrivare, Ness. Hai già fatto? ‒ mi domandò, continuando a fissare le corde della sua chitarra.
‒ Sì… e ho dimenticato qui in salotto la borsa con i vestiti ‒ gli spiegai.
‒ L’ho notato ‒ mi rispose, in imbarazzo. Non sapevo da dove venisse tutta quella sfacciataggine da parte mia, ma non mi sentivo per nulla in imbarazzo. Volevo che mi guardasse, e il fatto di fargli quell’effetto mi faceva sentire totalmente su di giri.
‒ Hai davvero dato un’occhiata alla mia playlist, vedo ‒ gli dissi, cambiando argomento.
‒ Più di un’occhiata ‒ mi confessò.
‒ Perché non cantiamo qualcosa insieme? ‒ gli proposi. Il suo volto si illuminò in un sorriso, di nuovo quel maledetto sorriso.
‒ Perché prima non ti vesti, piccolo diavolo tentatore? ‒ mi rispose, facendomi sorridere e arrossire per l’ennesima volta. Dunque, io ero una tentazione. Mi trovava bella, non mi considerava una ragazzina.
‒ Be’, ho i capelli ancora bagnati. Non voglio bagnare la maglietta, l’umidità mi dà fastidio. Sai, la cervicale… ‒ In fondo era vero, non stavo accampando nessuna scusa. Mi sarei vestita dopo aver cantato almeno una canzone con lui.  
Jake iniziò a suonare la chitarra, e poi attaccammo a cantare. Ne approfittai per avvicinarmi di più, osservando i movimenti delle sue mani sulle corde. Le nostre voci, sorprendentemente, sembravano fatte apposta per un duetto. Mentre cantavamo, ci guardammo svariate volte negli occhi… Finché Jake non smise di cantare, per dirmi che avevo una voce bellissima. Posò delicatamente la chitarra a terra e avvicinò il suo volto al mio, permettendomi di sentire il suo respiro accelerato soffiare delicato sulla mia pelle. D’istinto, gli allacciai le braccia attorno al collo e premetti le mie labbra sulle sue, accorgendomi che avevo desiderato farlo fin da quando i miei occhi si erano posati su di lui la sera precedente. Volevo di più, e Jake mi diede il permesso di baciarlo con maggiore impeto. Nel giro di pochi attimi, mi ritrovai a pensare che tutto ciò che desideravo in quel momento era divorarlo di baci. Lo desideravo sulle mie labbra, nei miei pensieri, volevo che in quel momento il mio universo diventasse lui.
Era il mio primo bacio. Non lo avevo mai fatto, eppure tutto mi venne estremamente naturale, spontaneo. Ero certa che con qualsiasi altro ragazzo, non sarebbe mai stato così.
Alcune mie amiche mi avevano persino detto che il loro primo bacio era stato orribile, mentre io sarei rimasta con le mie labbra tra le sue per un tempo indefinito… Era la sensazione più dolce che avessi mai provato in vita mia, e lo era perché con me c’era Lui.
Jacob Black.
Quel ragazzo che avevo conosciuto soltanto la sera prima, e che all’improvviso desideravo come l’ossigeno.
Mi spostai leggermente per sedermi addosso a Jake, allacciandogli le gambe attorno alla vita. Lui mi aveva messo le mani sui fianchi, e li stringeva con vigore. Mi baciò la spalla destra, per poi risalire di nuovo verso il collo e riprendere possesso delle mie labbra.
E poi… mi accorsi che l’asciugamano mi stava scivolando di dosso, e che nel giro di qualche secondo sarei rimasta completamente nuda. Era decisamente sconveniente, chissà quale idea si sarebbe fatto Jake di me…  
In quel momento, avevo due voci nella mia testa: Ness, fermati! Lo conosci da un giorno! UN SOLO GIORNO! Non puoi andare oltre! E non l’hai mai fatto!
E l’altra: Ness, lasciati andare. E’ lui. E’ sempre stato lui.
Infine, un’altra voce. Quella di mia madre: non sono affari miei, ma stai attenta. Stai attenta Renesmee, prendi precauzioni.
Fu Jake a fermarsi, le sue mani cercavano inutilmente di tenermi addosso l’asciugamano. La mia schiena era rimasta nuda; a coprirmi c’erano soltanto i miei lunghissimi capelli, ancora umidi.
Oh mio Dio. Ero mezza nuda, e gli stavo seduta addosso. Era il punto di non ritorno, o quasi. Mi aveva guardata, e sentivo che mi desiderava. Ma, apparentemente, quella ad essere in balìa degli ormoni ero io. Lui aveva un autocontrollo decisamente migliore del mio, e mi sorprese.
‒ Renesmee… dobbiamo fermarci ‒ mi disse, deciso. Mi spostò i capelli dietro le orecchie, guardandomi con i suoi occhi scuri che mi avevano fatto perdere la testa. In quel momento il suo respiro era veloce, come il mio.  
‒ Sì, Jake… ‒ dissi, poco convinta. Mi baciò di nuovo, ed io mi aggrappai ai suoi capelli neri. Sapeva ancora di salsedine, ma non mi dava affatto fastidio. L’asciugamano mi scivolò ancora una volta di dosso, e, di nuovo, Jake cercò di coprirmi.
‒ Ness… non andremo oltre i baci, non adesso. ‒ Nel dirlo, aveva usato il tono di voce più dolce al mondo.
Mi prese per i fianchi, per poi adagiarmi accanto a lui. Non avevo esperienza, ma non ero di certo una sprovveduta. Sapevo cosa accadeva ai ragazzi, e non volevo provocare Jake in quel modo per poi farmi indietro.
Diedi retta alla mia parte razionale, quella che mi diceva che non ero ancora pronta per spingermi oltre. Mi alzai dal divano e recuperai la borsa.
‒ Vado a vestirmi ‒ gli dissi, sgattaiolando di nuovo in bagno. Dovetti fare mente locale per ciò che era appena accaduto, era come se la mia testa fosse da un’altra parte. Dopo essermi vestita, mi bagnai di nuovo la fronte con l’acqua fredda. Mi sentii stupida, forse Jake avrebbe pensato che ero una maniaca sessuale. Presi un respiro profondo, e, dopo essermi resa presentabile, tornai da Jake. Lo trovai in cucina, stava bevendo del thè freddo alla pesca.
‒ Ne vuoi un po’? ‒ mi chiese, era ancora teso.
‒ Non adesso. ‒ Posò il bicchiere sul tavolo, e ci guardammo negli occhi. Poi, prese le mie mani tra le sue e le baciò.
‒ Jake, io… ‒ Mi bloccai, non sapevo più cosa dire.
‒ Nessie… Ieri sera, appena ti ho vista, mi sono sentito… non saprei neanche spiegartelo. Ma tra due settimane te ne andrai via da qui, e io non voglio… non voglio farti soffrire. ‒ Sorrisi per il modo in cui mi aveva chiamata: nessuno mi aveva mai dato quel nomignolo, prima di quel momento.
‒ Nessie? ‒ domandai. ‒ Come il mostro di Loch Ness? ‒ Avevo capito il suo intento, e non era di certo quello di paragonarmi al celebre mostro marino.
‒ Ness, scusami. Non so perché mi sia uscito così ‒ mi rispose. ‒ Ora penserai che io sia un idiota… Ho la ragazza più bella del mondo davanti a me e le do il soprannome di un mostro. ‒ Lo avevo fatto arrossire.
‒ E’ carino, invece ‒ gli risposi. ‒ Detto con il tuo accento, è carino. Potrebbe essere una cosa solo nostra. ‒ E lo pensavo davvero.
‒ Stai sviando il discorso ‒ insistette lui.
‒ Jake, l’unico modo in cui potresti farmi soffrire è… starmi lontano. Forse è l’incoscienza dei miei diciotto anni a parlare, ma troveremo senz’altro un modo.
‒ Ho trentaquattro anni, dovrei essere razionale. Eppure, ti guardo e non ci riesco.
‒ E allora non farlo ‒ gli risposi. Gli gettai di nuovo le braccia al collo, lasciando che mi sollevasse da terra e che mi baciasse di nuovo.
Poco dopo, anche Jake decise di farsi la doccia. Forse lo avevo provocato fin troppo, e aveva bisogno di schiarirsi le idee. Fu veloce, e quando tornò da me si era infilato dei vestiti puliti.
 
Sentimmo il rumore di una macchina, e ci voltammo subito in direzione della finestra.
‒ Mio padre è in anticipo ‒ bofonchiò Jake, nervoso.
‒ Be’, ora sono vestita. Ti dirà qualcosa se mi trova qui? Sei un uomo adulto, Jake.
‒ Sì, e non voglio che pensi qualcosa di sconveniente. “Jake, hai trentaquattro anni e ancora non metti su famiglia”. “Jake, non è possibile che non ti piaccia nessuna ragazza della Riserva” ‒ disse, cercando di imitare il tono di voce di suo padre.
‒ In effetti, io non sono una ragazza della Riserva ‒ gli risposi, prendendolo in giro. ‒ Avanti, gli diremo che sono una tua amica. Un’amica di Seth, che hai conosciuto ieri sera al falò in spiaggia ‒ lo rassicurai.
Pochi minuti dopo, Billy Black entrò in casa, aiutato da Paul e Rachel. Quest’ultima, spingeva la sedia a rotelle di suo padre. Jake ed io ci facemmo trovare sul divano, stavamo di nuovo cantando.
‒ Ehi, Jake ha portato un’amica! ‒ disse Paul, che mi aveva subito riconosciuta.
‒ Ciao, Ness! ‒ aggiunse Rachel.
‒ Ciao, ragazzi! ‒ Ricambiai il saluto. Billy mi squadrò da capo a piedi, come se mi conoscesse già. Nel frattempo, Jake era stato chiamato da Paul, che era andato in cucina.
‒ Hai un viso familiare. Non dirmi che sei… la piccola Renesmee! ‒ mi disse il padre di Jake.
‒ Proprio io, Billy.
‒ Tu probabilmente non ti ricorderai di me, ma io sì. Ci siamo conosciuti, quando eri più piccolina ‒ aggiunse. ‒ Charlie mi ha mostrato le tue foto, sei cresciuta tantissimo! Tuo nonno ti adora, parla sempre di te. ‒ A quanto sembrava, avevo fatto colpo anche sul padre di Jake.
‒ Non ho potuto fare a meno di notare la tua foto con nonno Charlie ‒ gli dissi. ‒ Sono qui per il matrimonio.
‒ Quanti anni hai adesso?
‒ Diciotto ‒ mi affrettai a rispondere, forse anche per fare un inconsapevole favore a Jake.
‒ Non sapevo che conoscessi mio figlio ‒ proseguì a dire Billy, sorpreso.
‒ Be’, ieri sera sono andata con Seth a La Push, e ho conosciuto Jacob ‒ gli spiegai, sentendomi leggermente in imbarazzo. Billy stava per aggiungere qualcos’altro, ma si fermò.
‒ Abbiamo entrambi la passione per la musica, stavamo… cantando qualcosa. ‒ Sì, e ho anche tentato più volte di saltare addosso a tuo figlio, aggiunse quella fastidiosa vocina della mia coscienza. La misi subito a tacere.
‒ Charlie sa che sei qui? ‒ Billy mi stava facendo il terzo grado, e non riuscivo proprio a capire il perché.
‒ Be’, prima ero in spiaggia con Seth e Jake. Seth ha avuto da fare, e così sono rimasta con Jake. ‒ Stavo inventando, sperando di non essere una pessima bugiarda. Per fortuna, Jake venne subito a salvarmi da quell’interrogatorio.
Salutammo Billy e prendemmo di nuovo la moto, accorgendoci che mancava ormai poco tempo alle diciotto e quaranta, l’orario che Seth ci aveva imposto di rispettare.
Avrei voluto dire che passammo il tempo che ci rimaneva a parlare, e che gli avevo detto di essere la nipote di Charlie… ma in verità lo passammo a baciarci.
Io, seduta sulla moto di Jake, con le gambe allacciate a lui.
Lui, che sembrava contemplarmi con ogni suo sguardo.
Avrei voluto congelare il tempo, ma la realtà era ben diversa. Non ci accorgemmo neanche dell’arrivo di Seth, che ci sorprese ancora l’uno tra le braccia dell’altra.
Vidi Seth lanciare a Jacob uno sguardo truce, prima di salutarlo. C’era qualcosa di strano nel comportamento del mio amico, e presto avrei scoperto quale fosse il motivo.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


CAPITOLO 5
 
Jacob
Quando Seth e Renesmee andarono via, decisi di tornare un po’ in spiaggia. Avevo bisogno di stare da solo, e di riflettere su ciò che era accaduto quel pomeriggio. Non avevo la benché minima voglia di tornarmene subito a casa, e di essere assalito dalle domande che papà mi avrebbe sicuramente fatto su Renesmee.
Presi un sasso, lanciandolo in acqua per vedere quanti salti avrebbe fatto prima di affondare. Poi, mi sedetti su un tronco d’albero e chiusi gli occhi. E vidi il suo viso.
Era possibile che mi sentissi ancora su di giri e che non riuscissi a smettere di pensare a lei? Se lo avessero saputo i miei amici, avrebbero sicuramente iniziato a prendermi per il culo chiamandomi “Jake il romanticone”, o qualcosa del genere. Ma era un dato di fatto, mi ero innamorato. Non pensavo a lei soltanto come a una bella ragazza, volevo conoscerla e passare il più tempo possibile con lei, prima che se ne andasse. Già, l’Universo era stato decisamente crudele con me: me l’aveva fatta conoscere, ma l’avrebbe anche allontanata presto da me. Due settimane, questo era il tempo che avevamo a disposizione. Due misere, fottute settimane.
Quella ragazza mi aveva fatto letteralmente perdere la testa, come un quindicenne alle prime armi. Peccato che io, di anni, ne avessi molti di più. Da quanto tempo non provavo quelle sensazioni? Forse da anni, se mai le avevo provate davvero. Anzi, ne ero più che sicuro: non mi ero mai sentito in quel modo. Di certo, mai per una ragazza che conoscevo da appena un giorno.
Mi ritrovai a pensare che in fin dei conti di lei non sapevo quasi nulla, eppure mi era pressoché impossibile ignorare il fatto che ne ero rimasto come… abbagliato. Sì, era quella la giusta definizione per descrivere la sensazione che avevo provato posando il mio sguardo su di lei. E probabilmente se ne sarebbe accorta, se non avessi provato a fare lo sbruffone chiamandola “viso pallido”. Ero stato davvero un cretino, ma lei mi aveva subito risposto a tono.
Era forse quello ciò che le persone chiamavano comunemente “colpo di fulmine”?
Era normale che in quel momento mi fossi sentito mancare la terra sotto i piedi, come se la forza di gravità si fosse tutto a un tratto spostata su di lei? No, certamente non lo era. Non lo era affatto.
Renesmee. Non conoscevo neanche il suo cognome… E non avevo mai conosciuto una ragazza che si chiamasse così, ma quello strano nome mi era sembrato incredibilmente melodioso. Aveva gli occhi marroni, i più belli che avessi mai visto, dello stesso colore del cioccolato al latte. Profondi, intensi… Per un attimo mi avevano ricordato gli occhi di una ragazza che conoscevo, ma in quel momento non prestai troppa attenzione a quella strana coincidenza. La sua pelle era chiarissima, in netto contrasto con la mia carnagione scura tipica dei Nativi Americani. E aveva i capelli lunghissimi, che l’avevano protetta dal mio sguardo quando era quasi rimasta nuda tra le mie braccia. Nel ripensarci, avvertii un fremito. Quello che ci eravamo scambiati quel pomeriggio era stato il suo primo bacio, lo avevo capito dal suo essere teneramente inesperta. Mi sentivo il ragazzo più fortunato al mondo, per aver avuto quel privilegio…
Avevo ancora il suo odore addosso e la dolcezza delle sue labbra sulle mie, e mi sentivo un completo idiota: innamorato di una ragazza conosciuta appena la sera prima, una ragazza che per giunta aveva appena diciotto anni. Ben sedici meno di me, forse troppi. Sei proprio messo male, Jake.
Era stato così difficile fermarla quando si era seduta su di me, con addosso solo quel dannato asciugamano. L’avevo guardata, non potevo negarlo. E mi ero sentito in colpa per i pensieri che mi aveva suscitato in quel momento. Ma non era stato solo il suo aspetto ad attrarmi, perché Ness aveva tutta l’aria di essere una che mi avrebbe tenuto testa. Una ragazza con il carattere forte, sempre con la risposta pronta.
 
Nessie? Come il mostro di Loch Ness? ... E’ carino, invece. Detto con il tuo accento è carino. Potrebbe essere una cosa solo nostra…
 
Sorrisi, nel ripensare a quel momento. Lanciai un altro sasso nell’oceano, che fece ancora più salti del precedente.
Non avevo mai desiderato una storia a distanza, ma tutto a un tratto mi ero ritrovato a fantasticare su noi due. Non sapevo neanche dove vivesse, e perché fosse in vacanza proprio a Forks, un posto dimenticato da Dio. Guardai il cellulare, si era fatto tardi. Trovai un messaggio di Seth, una specie di avvertimento: Jake, occhio a ciò che fai con Renesmee. Chiaro?
Mi aveva visto baciare Ness, e poco dopo mi aveva rivolto uno sguardo assassino.
Seth. Proprio lui, uno dei miei migliori amici, sembrava incazzato con me. Qual era il problema? Era stato lui a farmela conoscere, a rendersi complice di quell’uscita.
Non mi andava ancora di tornare a casa, mio padre mi avrebbe fatto il terzo grado. Mi voleva bene, ma pensava che fossi… be’, ecco… poco serio con le ragazze. I miei amici erano tutti fidanzati, sposati o con figli, o prossimi a farsi una famiglia… Tutti tranne me. Be’, mia sorella Rachel era più grande di me ma lei e Paul non avevano ancora avuto figli, perciò non capivo perché papà mi facesse tanta pressione. Desideravo una famiglia, ma non mi sarei di certo messo con qualcuna solo per far felice papà o per mettere a tacere le voci sul mio conto. Secondo la mentalità ultra moderna delle persone della Riserva ero ormai uno scapolo, non un ragazzo single. Un uomo che si divertiva ancora a fare il cascamorto con le ragazze, ma senza concludere nulla. Anche Seth stava uscendo con una ragazza, perciò il problema non poteva di certo essere che fosse anche lui interessato a Ness. Decisi di chiamarlo, e mi rispose quasi immediatamente.
Jake, che c’è? Sono a casa di mia madre e di Charlie. ‒ Sembrava nervoso, proprio come quando era passato a prendere Renesmee.
‒ Che significa quel messaggio che mi hai mandato? ‒ gli domandai.
Vi ho visti… Non ti sembra di correre un po’ troppo? L’hai conosciuta ieri sera, e ti ricordo che ha diciotto anni.
Per tua informazione non sono un maniaco, e Renesmee è in grado di decidere da sola ciò che vuole o non vuole fare. Proprio tu mi fai questi discorsi antiquati? Ma che diavolo ti prende, Seth? ‒ Mi stava facendo davvero innervosire.
Senti Jake, ora non posso parlare. Siamo a tavola, mi sono alzato per risponderti. Ci sono… ospiti ‒ mi disse, con riluttanza.
‒ Ospiti? ‒ risposi. Be’, Charlie e Sue si sarebbero sposati entro pochi giorni… e quindi…
‒ Seth, non dirmi che sei a cena con Bella Swan ‒ gli dissi. L’idea di rivedere Bella al matrimonio di Charlie non era il massimo… Ma era sua figlia, era ovvio che sarebbe venuta. Era stata la mia migliore amica, anni prima. E avevo sperato che quell’amicizia si sarebbe trasformata in qualcosa in più, visto che lei stessa sembrava provare dei sentimenti per me. Ma poi scelse lui, Edward Cullen. Il figlio del Dottor Carlisle. E mi spezzò il cuore, quando io avevo soltanto sedici anni.
‒ rispose Seth, a bassa voce. ‒ Ora devo andare, se vuoi ci sentiamo più tardi.
‒ Mi dici qual è il problema con Ness? ‒ insistetti. ‒ Non è la prima volta che mi presenti una tua amica, ma di solito non ti comporti da mamma chioccia con loro.
Ecco io… non posso dirtelo Jake, tradirei la sua fiducia. Scusami, ci sentiamo dopo. ‒ Mi attaccò il telefono in faccia, senza darmi tempo di aggiungere altro. Lo avrei richiamato più tardi, altroché.
C’era qualcosa che Renesmee non aveva voluto dirmi. Non ancora, almeno. E Seth era a cena con Bella… Forse con loro c’era anche Edward.
All’improvviso, fui travolto dai ricordi. Non avevo più voluto saperne nulla di Isabella Swan, quando mi fu chiaro che aveva scelto lui. Le mie speranze di poter avere un futuro con lei si erano definitivamente volatilizzate quando papà venne a dirmi che Bella era rimasta incinta di Edward, e che avrebbero tenuto il bambino. Papà e Charlie sono amici per la pelle, e non avevo permesso che quell’odiosa situazione che si era creata tra me e sua figlia rovinasse il loro rapporto. Così, mio padre non mi disse più nulla di lei, come gli avevo chiesto di fare. Un anno dopo la nascita della loro bambina, di cui non avevo neanche voluto sapere il nome, Bella e Edward si trasferirono a Jacksonville dalla madre di lei, e per me fu una liberazione. Lontano dagli occhi, lontano dal cuore. Uno stupido detto popolare che non sempre era valido. “Passerà, Jake. Tutti abbiamo avuto delle batoste in amore”, mi rassicurava mio padre. Ed era vero, ero andato avanti.
Insomma, papà aveva perso la mamma in un incidente stradale, io avrei potuto sopportare il fatto che Bella non ricambiasse i miei sentimenti. Tra noi c’era stato solo uno stupido bacio, in fondo. Avevo avuto delle storie più o meno serie, e crescendo mi ero accorto di piacere alle ragazze. Non ero più un sedicenne timido e impacciato, ma un uomo giovane e attraente. Le ragazze della Riserva (e non solo) avevano cominciato a guardarmi in maniera diversa. Persino quell’oca giuliva di Jessica Stanley, una ex compagna di scuola di Bella, si presentava all’officina con il chiaro intento di provarci con me. Tutto inutile, visto che non l’avevo mai calcolata di striscio.
Di fatto, ero stato con tante ragazze diverse… Eppure, nessuna di loro era riuscita a compensare il vuoto lasciato da lei, da Bella. Mi mancava la mia migliore amica, mi mancava la sua presenza accanto a me. I pomeriggi passati insieme mentre mi guardava riparare le moto, le nostre confidenze… Aveva mandato tutto all’aria per stare con Edward Cullen, e aveva rinunciato alla nostra amicizia. Quello non avevo potuto perdonarglielo.
Ma all’improvviso, mi accorsi che pensare a lei non mi provocava più alcun dolore. Non dopo aver conosciuto Renesmee.
Puff, tutto scomparso. Volatilizzato nel nulla.
 
Quando tornai a casa, mi accorsi che Paul e Rachel erano rimasti per cena. Sperai che non facessero commenti sul fatto di avermi trovato in compagnia di Renesmee, quel pomeriggio.
‒ Finalmente, Jake. Sei in ritardo ‒ mi rimproverò affettuosamente mia sorella. ‒ Dobbiamo dirti una cosa ‒ aggiunse, sembrava felice. Forse mi avrebbe salvato dal parlare di Renesmee.
Mi lavai le mani e mi accomodai a tavola, per cena c’erano delle ottime patate al forno ed io ero affamato.
‒ Allora, qual è la bella notizia? ‒ domandai. Papà già sapeva, perché guardava Paul e Rachel con una strana espressione.
‒ Jake ‒ mi disse Paul, prendendo la mano di mia sorella. ‒ Stai per diventare zio!
‒ Aspettiamo un bambino! ‒ si affrettarono subito a dire insieme, raggianti.
‒ E’ una notizia bellissima! ‒ commentai, alzandomi da tavola per abbracciare Paul e mia sorella. Rachel era stata ben più di una sorella maggiore, era stata quasi una mamma. Rebecca, compiuti i diciotto anni, se ne andò alle Hawaii per fuggire da La Push e da tutti i ricordi dolorosi. Per le mie sorelle, la perdita di mia madre fu molto più difficile di quanto lo fu per me, che allora ero solo un bambino. Le disgrazie per la mia famiglia non erano ancora finite, perché quando mio padre finì in carrozzella per colpa delle complicazioni dovute al diabete, Rachel era stata ancora una volta una sorella, un’amica, una spalla su cui piangere. Papà aveva temuto che anche lei prima o poi se ne sarebbe andata da La Push, se non fosse che con Paul era stata fin da subito una cosa seria.
‒ Jake, ora tocca a te darmi un nipote! ‒ se ne uscì all’improvviso papà. Anche Rebecca aveva un figlio, il piccolo Billy Junior.
‒ E dai, papà! Ho tempo, sono giovane ‒ risposi, scherzando.
‒ Be’, intanto oggi ha portato a casa una ragazza. Dai Jake, quando l’hai vista sei rimasto imbambolato! Ti brillavano gli occhi ‒ mi disse Paul, mentre io abbassavo lo sguardo sulla mia cena.
‒ Dai Paul, non lo vedi che lo metti in imbarazzo? ‒ lo riprese subito quella santa di mia sorella.
Ci mettemmo a ridere, ma poi notai la strana espressione di mio padre. Restammo tutti in silenzio, silenzio interrotto solo dal rumore del televisore in sottofondo.
‒ Jacob ‒ disse papà, con un tono di voce fin troppo serio. ‒ Tu sai chi è quella ragazza? ‒ mi domandò.
Chi era Renesmee? Una strega, un vampiro? Che diavolo voleva dirmi papà?
‒ Che intendi dire, papà? Si chiama Renesmee, è un’amica di Seth… Ci siamo conosciuti ieri sera al falò in spiaggia. Non le hai già chiesto vita, morte e miracoli quando mi sono allontanato due minuti in cucina con Paul? ‒ risposi, sarcastico.
‒ Billy, qual è il problema? ‒ aggiunse Paul.
‒ Papà, Renesmee è davvero carina ‒ disse Rachel, cercando di appoggiarmi.
‒ Ma insomma, papà! Vuoi dirmi che succede? ‒ Ero stufo. Nulla di ciò che avrebbe provato a dirmi sul conto di Renesmee mi avrebbe fatto cambiare idea su di lei.
‒ Jake, cerca di mantenere la calma ‒ mi disse mio padre, con uno sguardo indecifrabile. Poi, riprese a parlare. ‒ Io conosco quella ragazza, Jake… Renesmee è la nipote di Charlie. Di Charlie Swan. Mi mostra spesso le sue foto, non appena l’ho vista l’ho riconosciuta immediatamente. ‒ Dovetti rifletterci su per più di un secondo. Charlie aveva un’unica figlia, perciò Renesmee non poteva che essere… cazzo, era la figlia di Bella. Di Bella e Edward!
Occhi marroni, diciotto anni... Come diavolo avevo fatto a non pensarci prima? Ecco perché somigliava stranamente a Bella… era sua figlia! Fanculo, fanculo tutto!
‒ Papà, mi stai dicendo che… che è la figlia di Bella e Edward?! E’ uno scherzo, vero? ‒ Non volevo crederci. Non potevo essere così sfortunato, talmente sfortunato da innamorarmi della figlia della ragazza che mi aveva spezzato il cuore e del ragazzo che me l’aveva portata via.
Ripensai di nuovo alla somiglianza tra gli occhi di Renesmee e quelli di Bella, all’improvviso tutto aveva un senso.
‒ Non è uno scherzo, Jake ‒ aggiunse mio padre, cercando di rassicurami. ‒ E, per la cronaca, non ho nulla in contrario sul fatto che tu e lei siate usciti insieme. Ma credo che Bella non lo sappia… e che neanche Renesmee sappia che tu e sua madre vi conoscete. ‒ Mi alzai da tavola, passandomi le mani tra i capelli. Era una storia surreale, che se non mi avesse riguardato personalmente mi avrebbe persino fatto ridere.
Eppure, di Renesmee mi fidavo. Dubitavo che sapesse, che mi avesse volutamente tenuto nascosta la verità. Certo, era anche vero che non aveva voluto dirmi molto sul suo conto. Ma poi mi ricordai delle sue parole: “Abbiamo due settimane, ricordi?”. Provai persino a mettermi nei suoi panni, forse aveva visto la foto di mio padre e Charlie insieme e aveva avuto paura che la cosa si sapesse in giro.
Lei aveva diciotto anni, ma io no. E non potevo avercela con lei per qualcosa di cui non aveva colpa. Lei non esisteva neanche, quando io ero un ragazzino innamorato di Bella.
Avrebbe più voluto vedermi, una volta saputa la verità?

***
Ciao! Ora posso svelarvi che ogni cinque capitoli ci sarà anche il punto di vista di Jacob.
Ringrazio le persone che hanno già inserito la storia tra le seguite/preferite. Rinnovo il mio invito a recensire, e vi aspetto come sempre lunedì prossimo. 
Greta

 

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


CAPITOLO 6
 
Renesmee
Avevo ancora la testa fra le nuvole, mi sentivo euforica. Avevo baciato Jacob, e forse era successo tutto troppo velocemente... Eppure, nemmeno per un istante ebbi il rimpianto di averlo fatto. Forse, se lui non mi avesse fermata, mi sarei addirittura spinta oltre, e non escludevo che in quelle due settimane non potesse accadere. In fin dei conti ero sufficientemente matura per decidere da sola della mia vita sentimentale e... sessuale, se lo avessi voluto. Arrossii, e ringraziai il cielo che in quel momento Seth stesse guidando e non potesse vedere la mia faccia. Era venuto a prendermi per riportarmi a casa all'ora di cena, e aveva guardato Jake in un modo strano. Ero decisa a scoprire quale fosse il motivo, non poteva trattarmi come se avessi ancora quindici anni.
‒ Seth, posso chiederti una cosa? ‒ gli domandai, per tastare il terreno.
‒ Dimmi, Ness ‒ rispose lui, continuando a tenere lo sguardo fisso sulla strada. 
‒ Perché prima hai guardato Jacob come se avessi voluto ucciderlo? ‒ gli chiesi, sfacciatamente.
‒ Ma no, che dici? ‒ Alzò il volume della radio e si mise a canticchiare, sperando di sfuggire alle mie domande. ‒ E' stata solo una tua impressione... ‒ insistette, ma sembrava poco convinto.
‒ Lo so che ci hai visti ‒ gli risposi, ‒ ma che ti aspettavi, che avremmo... giocato a scacchi? Jake mi piace, ed io piaccio a lui... e siamo entrambi adulti. Ci siamo solo baciati, sono sufficientemente grande per baciare un ragazzo ‒ gli dissi, senza troppi giri di parole. 
‒ Hai ragione, e non sono affari miei ‒ rispose. ‒ E' solo che... ecco, non vorrei che ci stessi male, quando tornerai a casa. Non mi sembri il genere di ragazza da storielle usa e getta ‒ proseguì a dire. 
Aveva ragione, non lo ero. Fino a quel momento ero stata quella che alcune mie compagne di scuola avrebbero definito "una sfigata". Piacevo a ragazzi che non piacevano a me, non mi era mai capitato di trovarmi nelle condizioni di avere una storia d'amore o qualcosa di vagamente simile. Che cosa c'era di strano? Nulla, perché pensavo che ognuno dovesse avere i suoi tempi. E il fatto di non aver avuto un ragazzo fino ad allora, ai miei occhi non mi rendeva affatto una sfigata. Stavo bene da sola, e non volevo accontentarmi. Avevo tanti interessi e pensavo che nella vita ci fossero cose ben più importanti prima dell'avere un fidanzato. Avevo imparato a farmi bella prima di tutto per me stessa, e non per gli altri... Ma ovviamente non potevo negare che ci fosse voluto un po' di tempo per vederla così, e che avevo avuto anch'io quei momenti di sconforto nei quali una "sfigata" mi ci ero sentita davvero.
"Perché capita agli altri e non a me?", mi domandavo spesso. E ancora: "Mamma alla mia età già conosceva papà". Avevo anche messo in dubbio il mio orientamento sessuale. Mi piacevano le ragazze? Mi piacevano sia i ragazzi che le ragazze? No, neanche quella era la risposta... Avevo capito ben presto che le ragazze non potevano interessarmi, non in quel senso. Semplicemente, non avevo mai avuto un ragazzo perché... be', perché non avevo mai conosciuto qualcuno di veramente speciale. Qualcuno come Jacob.
‒ Esiste la tecnologia, Seth ‒ dissi, rispondendo alla sua domanda. ‒ E avrò una scusa per venire a Forks un po' più spesso, non sei contento? ‒ Volevo che capisse di avere a che fare con una persona matura, non con una ragazzina. Forse ero presuntuosa a pensarlo, ma mi ritenevo più matura della maggior parte delle mie coetanee. 
‒ Ma sentila ‒ mi canzonò Seth, ‒ prima non ti fai vedere per quattro anni e poi non vedi l'ora di tornare a Forks. O meglio, a La Push! ‒ Si mise a ridere, voleva prendermi in giro ma in maniera affettuosa. Era fatto così, Seth era un giocherellone.
‒ Che c'è, sei geloso di Jake? ‒ ribattei; sapevo tenergli testa. ‒ Ah, Seth... devo dirti una cosa. Ho incontrato Billy a casa di Jake, e lui mi ha riconosciuta. Dici che lo dirà a nonno Charlie? ‒ gli domandai, cercando di non apparire troppo preoccupata.
‒ Non credo, Billy non è un impiccione ‒ rispose. Con me un po' lo era stato, ma decisi di tenere quel commento per me. ‒ Quindi... Jacob sa che sei la nipote di Charlie? ‒ proseguì a domandare.
‒ In realtà no... ‒ gli confessai. ‒ Dovrei dirglielo, lo so... Spero che non sia un problema, a quanto pare Billy e il nonno sono grandi amici. Perché non me lo hai detto prima? ‒ Seth sembrava di nuovo preoccupato, e mi rispose solo dopo alcuni secondi. 
‒ Be', ecco... ‒ Stava prendendo tempo, lo avevo capito.
‒ Seth, così mi fai preoccupare ‒ lo incalzai. ‒ Se c'è qualcosa che dovrei sapere, dimmela subito.
‒ Non è niente, okay? E' solo che... be', vedi... Jake e tua madre... si conoscono ‒ mi disse Seth.
‒ Che cosa?! ‒ Iniziai ad agitarmi. E se si fossero visti? E se Jake avesse detto a mia madre che aveva conosciuto una ragazza? Una ragazza di nome Renesmee. Tipico nome americano, pensai sarcasticamente. Dovevo mettere in chiaro le cose con Jacob, non volevo che tutta Forks e La Push si facessero gli affari nostri... E non volevo che mia madre iniziasse a pensare male di me, chissà che cosa mi avrebbe detto se avesse saputo che mi ero presa una bella sbandata per un suo conoscente di trentaquattro anni. Se le cose fossero andate come speravo, avrei dovuto dirglielo... Ma non era ancora il momento.
‒ Perché non me lo hai detto prima? ‒ proseguii a domandare. 
‒ Non pensavo che avreste... fatto amicizia così presto. Te l'ho detto, Jake è di gusti difficili e tu sei molto più giovane di lui, perciò... ‒ Lo interruppi. 
‒ Mettiamo le cose in chiaro, Seth. Per me non cambia nulla, e non sarebbe cambiato nulla nemmeno se lo avessi saputo prima. Ma almeno avrei evitato di fare la misteriosa, e di metterlo in una situazione scomoda con Billy. Tra l'altro Billy non si è presentato, ed io l'ho chiamato subito per nome... Credo che sarà lui a dire a Jacob chi sono, prima che possa farlo io. E probabilmente Billy penserà che sono una maleducata... ‒ Stavo andando leggermente in panico. ‒ Ne parlerà con nonno, questo è sicuro. Non credo che terrà la bocca chiusa, sono pur sempre la nipote del suo migliore amico.
‒ Renesmee, cerca di stare tranquilla. Jake è grande, e Billy si fa gli affari suoi. Sì, magari fa qualche battutina a Jake sul fatto che ancora non si è fidanzato, ma ti assicuro che la cosa finisce lì. Sai, è la mentalità delle persone della Riserva, non farci troppo caso. A breve sarò considerato anch'io uno scapolo d'oro, se non metto l'anello al dito a una ragazza. ‒ Si mise a ridere, trovava la cosa divertente. In effetti, era una mentalità piuttosto antiquata. 
Non sapevo se Seth mi stesse dicendo tutto quello per rassicurarmi, o perché effettivamente era vero. Sperai che fosse valida la seconda opzione, che Billy non si impicciasse troppo della vita del figlio.
‒ Un'ultima cosa, Seth... Ti prego di non farne parola con mia madre ‒ aggiunsi, sperando di aver chiarito, almeno un minimo, la situazione.
‒ Non dirò nulla a Bella, puoi stare tranquilla... Mi hai giurato che non ti metterai nei guai, perciò il mio dovere l'ho fatto. ‒ Di nuovo quel discorso. 
‒ Per l'ultima volta, Seth... Ci ha già pensato la mamma a farmi la testa come un pallone con questa storia. E ti ha preceduto di parecchi anni, con il discorso sulle api e i fiori! ‒ Ci mettemmo a ridere entrambi.
‒ Scusami Ness, non tirerò più fuori questo argomento.
‒ E non serve che ti dica di non parlare di Jacob neanche a mio padre, visto che arriverà domani. Jake conosce anche papà? ‒ domandai, sempre più curiosa.
‒ Be'... sì, Jacob e tuo padre si conoscono. Non ti dirò altro, perché ripeto: non sono affari miei. ‒ Seth sembrava un po' scocciato, a quel punto. L'argomento si esaurì da sé, alla radio passarono Time is Running Out dei Muse e ci mettemmo a cantare. 
Seth aveva ragione, se c'era qualcuno con cui avrei dovuto chiarire la situazione, quello era proprio Jake.
 
 
Poco dopo
 
Quando giungemmo a casa, mamma venne subito a dirmi che a breve sarebbe arrivata una sorpresa. Inoltre, Seth mi aveva detto che sarebbe rimasto con noi a cena.
‒ Renesmee, vai a farti una doccia e cambiati ‒ mi disse mamma. ‒ E fai in fretta, okay? 
‒ Certo, mamma. ‒ Una sorpresa. Che poteva essere? Forse avevano invitato nonna Esme e nonno Carlisle a cena, ero felice di rivederli. In quei due giorni mi ero comportata da nipote degenere, facendomi ampiamente gli affari miei. Mi diedi della stupida per non aver trovato il tempo di andare a salutarli, ma ne era valsa decisamente la pena... Dovevo sbrigarmi, ma volevo mandare un messaggio a Jake e anche alle mie amiche. Volevo dire a Christina e Stella che era successo qualcosa con il ragazzo fantastico conosciuto al falò in spiaggia.
Christina era fidanzata con Thomas, un ragazzo del nostro gruppo di amici. Mentre Stella era single, come me. O meglio, come me fino a una sera prima... 
Ma che vai a pensare, mi rimproverai. Un bacio non significava nulla, Jake ed io non eravamo fidanzati. Ma speravo vivamente che potessimo diventarlo, al diavolo gli ostacoli dell'età e della distanza. Presi il cellulare, e scrissi un messaggio a Chris e a Stella.
 
Renesmee: Novità con il ragazzo del falò...
 
Aggiunsi due emoticon. La faccina gialla con gli occhi a cuoricino e la scimmietta che si copre gli occhi. Mi sentii una cretina, ma in fin dei conti non potevo mascherare la mia felicità. 
Poi, mi feci coraggio e scrissi anche a Jake: Ehi, oggi sono stata benissimo con te... Non vedo l'ora di rivederti. E posso anche smetterla con la storia della ragazza del mistero, ci avrà già pensato tuo padre a dirtelo. Sono la nipote di Charlie Swan... Spero che non sia una notizia troppo sconvolgente :)
Come avrebbe preso la notizia che ero la nipote di Charlie? A giudicare dalla chiacchierata con Seth, non sarebbe stato un grosso problema. Ma a preoccuparmi di più non era nonno Charlie, bensì il fatto che Jake conoscesse i miei genitori. Qual era il loro rapporto? Amici, conoscenti? Non ricordavo che mamma mi avesse mai parlato di un Jacob, perciò probabilmente erano soltanto conoscenti. La tentazione di fare delle domande a mia madre era forte, ma a quel punto avrebbe capito tutto. Insomma, non è che potessi uscirmene con un "Ehi, mamma! Esco con un ragazzo che ha due anni meno di te!". Immaginai la scena, e mi venne da ridere. 
Mi chiusi in bagno, avevo già fatto la doccia a casa di Jake ma non volevo dirlo in giro. Mi tirai su i capelli e feci un'altra doccia, giusto per togliere ogni traccia del profumo da uomo di Jake e non destare sospetti. Subito dopo, mi infilai un paio di pantaloncini jeans e una canottiera nera con il logo dei Nirvana, una delle mie band preferite. Poi, come di consueto, feci un trucco leggero. La matita nera nell'interno occhi era una dritta che mi aveva dato mamma, in quel modo i miei occhi marroni sembravano magicamente più chiari. 
Guardai di nuovo il cellulare, lui mi aveva già risposto... E, ancora una volta, il mio cuore spiccò il volo. Cavolo, ero davvero messa male se un semplice messaggio su WhatsApp mi faceva sentire in quel modo.
 
Jacob: Nessie, anch'io non vedo l'ora di rivederti... E no, non è una notizia sconvolgente, ma devo parlarti di una cosa importante. Se non hai impegni, possiamo vederci anche domani sera, dimmi tu. Spero che vorrai ancora vedermi dopo che te ne avrò parlato...
 
Mi aveva chiamata di nuovo Nessie, quello era un buon segno. Ma aveva anche detto di dovermi parlare di qualcosa, qualcosa che lo preoccupava molto. Perché mai non avrei più voluto vederlo? 
In quel momento, avvertii il rumore di una macchina che parcheggiava nel vialetto di casa Swan, e subito dopo fui chiamata da mia madre.
 
Renesmee: Nulla di ciò che potresti dirmi mi farebbe desiderare di non vederti. Se dipendesse da me, vorrei rivederti già adesso. O stanotte. Non riuscirò a dormire per colpa tua...
 
‒ Renesmee, scendi! ‒ Inviai velocemente il messaggio a Jake e aggiunsi un cuore, prima che potessi rifletterci troppo e pentirmene. Dove era finita tutta la sfacciataggine di quel pomeriggio, quando mi ero seduta letteralmente addosso a Jake mezza nuda?
‒ Arrivo, mamma! ‒ Recuperai dal comò i miei braccialetti, una spruzzata veloce di profumo ed ero pronta.
Una volta scesa al piano di sotto, vidi che Sue era andata ad aprire la porta di casa. Mi precipitai all'ingresso per vedere chi fosse venuto a farci visita, e vidi entrare nonna Esme, nonno Carlisle e... zia Alice e zio Jasper, con il mio cuginetto David di appena tre anni. Mi precipitai subito a salutare tutti, era davvero una bellissima sorpresa. Teoricamente sarebbero dovuti arrivare il giorno seguente, con papà, zia Rose e zio Emmett. I miei zii vivevano tutti a Seattle, a sole tre ore di distanza da Forks.
Salutai subito i miei nonni, che mi strinsero in un abbraccio. Subito dopo andai da zio Jasper, che, nel salutarmi, mi sollevò da terra.
‒ Come stai tesoro? Ci sei mancata tanto ‒ disse zio Jasper. ‒ Ah, bella maglietta! ‒ Gli sorrisi.
‒ Sto bene, zio. Non so se potrò posticipare il mio viaggio a Los Angeles, ma a parte questo sto benissimo. ‒ Subito dopo andai da zia Alice, che era stata circondata dalle donne di casa. In braccio a lei c'era il mio cuginetto. Riccioli biondi come zio Jasper e occhi tra il verde e il grigio, un mix tra il colore degli occhi dei miei zii: il piccolo Dave era un bambino bellissimo. Non appena mi avvicinai a zia Alice per salutarla, Dave allungò le sue manine verso di me, chiamandomi "Nene". Non sapeva ancora dire il mio nome, perciò mi chiamava così... Ormai avevo perso il conto dei miei soprannomi. 
Quando finimmo di salutarci, mi sedetti sul divano con zia Alice e il mio cuginetto, che stava tranquillo in braccio a me e giocava con il suo gattino di peluche. Non avevo mai amato in maniera particolare i bambini, ma Dave e la figlia di zia Rose e zio Emmett mi avevano fatto decisamente cambiare idea. 
Mentre aspettavamo la consegna delle pizze, accesi la TV su una stazione di cartoni animati e mi misi a chiacchierare con zia Alice. Nonno Charlie stravedeva per lei, e in quei giorni avrebbe anche dato una mano per gli ultimi preparativi delle nozze. In fondo era il suo mestiere, era un'organizzatrice di matrimoni professionista.
‒ Allora Ness, che mi racconti? ‒ mi domandò. ‒ Sei ancora arrabbiata per il viaggio? Edward mi ha raccontato tutto. 
‒ No, non sono arrabbiata... Be', ovviamente spero di poter posticipare il viaggio. Mi darebbe fastidio perdere i miei risparmi ‒ le spiegai. ‒ E poi, ci tenevo moltissimo.
‒ Lo capisco, tesoro... E poi lo so che non ami molto venire a Forks ‒ mi disse. Mi venne da sorridere, perché le cose erano decisamente cambiate. 
‒ Ehi, perché stai sorridendo? 
‒ Non sto sorridendo, zia... ‒ Poi, all'improvviso, il genio: con la sua vocina da folletto, la zia mi fece esattamente la domanda che aspettavo. 
‒ Hai conosciuto un ragazzo... Non provare a negare, ti si legge in faccia! ‒ disse entusiasta, anche se a bassa voce. 
‒ Uffa, zia... non ti si può nascondere nulla! ‒ Ci mettemmo a ridere. Zia Alice era una specie di sensitiva, spesso faceva dei sogni premonitori o semplicemente ci prendeva sulle cose. Io ero una delle poche a saperlo, perché molti non le avrebbero creduto o avrebbero pensato che era un po' fuori di testa. Mi piaceva sapere che c'era un fondo di verità nelle leggende sul soprannaturale... 
Chissà, forse era vero che gli antenati di Jake si trasformavano in lupi. 
‒ Esatto, Renesmee. Hai detto bene, non mi si può nascondere nulla ‒ rispose, felice di avere ragione. ‒ Sai, tempo fa ho fatto sogno in cui mi dicevi di esserti fidanzata. 
‒ Davvero? E che altro hai visto? 
‒ Non te lo dirò, non voglio condizionarti! Piuttosto, parlami di lui. 
‒ Stai bene con i capelli più lunghi, zia! 
‒ Grazie, ma non cambiare discorso ‒ insistette lei, imperterrita.
‒ Okay, va bene... A te posso dirlo: è un ragazzo di La Push. Ieri sera Seth mi ha portato ad un falò in spiaggia, ed è lì che l'ho conosciuto. Era bello come il sole, ho avuto una specie di... colpo di fulmine ‒ le confessai. 
‒ Ti vedo tesa, Ness. C'è qualche problema? 
‒ Be', ecco... lui ha trentaquattro anni. E mi piace davvero tanto, zia. Ma tra due settimane tornerò a casa, non può funzionare. Siamo troppo lontani... ‒ Mi rabbuiai. Zia Alice mi venne più vicina e mi abbracciò.
‒ Tesoro mio, non essere così pessimista. L'hai appena conosciuto, se è destino troverete un modo. E ora dimmi, come si chiama? 
‒ Si chiama Jacob. Seth mi ha detto che lui e mamma si conoscevano... Anche questo sarà un bel problema. ‒ Vidi la zia sbiancare, per poi ricomporsi.
Volevo farle ulteriori domande, ma Dave richiamò l'attenzione della mamma.
‒ Mamma, mamma! Ho fame, quando mangiamo? 
‒ Tra poco, cucciolo. 
‒ Ne parliamo dopo, zia. ‒ Mi alzai dal divano, e subito dopo arrivò il fattorino con le pizze. 
Perché zia Alice aveva di colpo cambiato espressione? C'era qualcosa che ancora non sapevo, qualcosa che Jake mi avrebbe detto presto. Ripensai al suo "se vorrai ancora vedermi", e ricacciai indietro una lacrima. Cosa poteva essere di così terribile? 
Venni travolta dall'odore inebriante della pizza, ma all'improvviso non avevo più fame. 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


CAPITOLO 7
 
A cena, cercai di comportarmi come al mio solito. Mangiai la pizza, ascoltai i discorsi della mia famiglia partecipando attivamente alla conversazione e cercai di distrarmi. L’argomento principale, con zia Alice nei paraggi, era ovviamente l’imminente matrimonio di Sue e nonno Charlie. Ormai mancavano davvero pochi giorni. Va tutto bene, mi ripetevo. Non è successo nulla e non accadrà nulla di male. E poi, l’attimo dopo mi ritrovavo a pensare a Jacob. Anzi, Jake. Era come se lo conoscessi da tanto tempo anziché da due giorni, che cosa assurda. Ma perché tutti sembravano volermi nascondere qualcosa, Jake compreso?
Avevamo finito di cenare, ed io ero andata in bagno per controllare i messaggi sul cellulare senza sembrare disinteressata nei confronti dei nonni e degli zii. Non che lo fossi, ovviamente, ma mi sentivo strana e avevo bisogno di stare cinque minuti da sola.
 
Christina: Oh mio Dio, il tuo primo bacio!!! Vogliamo vedere la foto di questo figo pazzesco, ora siamo davvero curiose!
 
Stella: La prossima volta portami a Forks con te, voglio conoscere gli amici di Jake!
 
I messaggi delle mie amiche erano seguiti da un numero spropositato di emoticon, e mi strapparono più di un sorriso. Leggendo il messaggio di Chris pensai anche al fatto che non avevo ancora una foto in compagnia di Jake. Mi venne l’idea di cercarlo sui social network, più tardi lo avrei fatto. Ma al momento, dovevo solo farmi coraggio e controllare che cosa mi avesse risposto.
 
Jacob: Invece dovresti dormire, Ness… Ma ti prometto che se lo vorrai ancora, non ti libererai di me tanto facilmente ;)
 
“Se lo vorrai ancora”. Quel non sapere mi irritava da morire, così sfoderai ancora una volta il mio sarcasmo: Sei un serial killer? Se la risposta è no, sarai tu a non liberarti di me tanto facilmente!
Uscii dal bagno, soddisfatta della risposta che gli avevo dato. Rimasi accanto alla finestra, al piano di sopra. Continuavo a sentirmi addosso una fastidiosa sensazione d’ansia, ed ero certa che non se ne sarebbe andata finché non avessi scoperto tutta la verità. A costo di andare a La Push nel cuore della notte fregando le chiavi della macchina di Sue o del nonno. Io, che non avevo mai fatto gesti scellerati per un ragazzo…
‒ Renesmee, va tutto bene? ‒ mi chiese Seth, riscuotendomi dai miei dialoghi interiori.
‒ Sì e no ‒ gli risposi, rivolgendogli appena l’ombra di un sorriso. ‒ Che fai, mi segui?
‒ E’ solo che mi preoccupo per te, Ness. Non riesci a nascondere le tue emozioni… Su questo, sei tale e quale a quando eri più piccola ‒ mi rispose.
‒ Anche mamma me lo dice... ‒ E dopo averlo detto, pensai al fatto che presto mi sarei dovuta aspettare qualche domanda da parte sua. Poi, proseguii a parlare con Seth.
‒ Sai ‒ gli dissi, ‒ prima ho accennato di Jacob a zia Alice, e non appena ha sentito il suo nome ha fatto una faccia strana, come se sapesse qualcosa. Volevo chiederle altro, ma poi Dave ha iniziato a dirle che aveva fame… C’è qualcosa che mi state nascondendo tutti, riguardo a Jake. Tutti sanno, ma nessuno parla. ‒ D’altronde era un dato di fatto, Jacob nascondeva - ancora per poco - un’informazione che forse mi avrebbe sconvolto, o fatto cambiare idea su di lui.
‒ Seth, non ce l’ho con te. Scusami ‒ mi affrettai ad aggiungere, visto che la mia risposta poteva sembrare un tantino brusca.
‒ Ness, io… ecco, io so di cosa vuole parlarti Jacob. E so anche perché Alice ha fatto una strana espressione quando le hai accennato di lui. Mentre tu eri su a prepararti, Jake mi ha telefonato… Gli ho detto di essere già a cena e gli ho praticamente chiuso il telefono in faccia ‒ mi disse.
‒ Perché? ‒ domandai.
‒ Ecco… hai presente lo sguardo assassino che gli ho rivolto? Voleva sapere quale fosse il problema. Il fatto è che fin da subito si sono creati una serie di equivoci, fin da quando hai chiesto a me e a Leah di non rivelare che fossi la nipote di Charlie. ‒ Ancora non capivo, o forse era il mio cervello a rifiutarsi di capire.
‒ Jake mi ha detto che non c’è alcun problema con il fatto che io sia la nipote di Charlie ‒ risposi.
‒ Ma non ti ha detto il resto. E giuro che se non lo farà domani, a quel punto sarò io a dirti tutto. ‒ Mi offrì la mano, ancora una volta. Quello era il secondo patto che stringevamo in due giorni.
‒ Affare fatto, Seth. ‒ Mi avvicinai per abbracciarlo. Non ero mai stata una persona particolarmente espansiva, ma le cose cambiavano se la persona con cui mi ritrovavo a parlare mi era simpatica. Avevo capito il punto di vista di Seth, e giurai a me stessa che qualunque cosa avessi scoperto, non me la sarei presa con lui. Non si era voluto immischiare, e così doveva continuare ad essere.
 
***
 
Prima di andare a dormire, ripensai al messaggio di Christina e provai a cercare Jake sui social network. Andai su Facebook, e digitai il nome “Jacob Black”. Mi apparve subito il suo profilo, perché risultava che avesse Seth e Leah come amici in comune. Scaricai sul mio cellulare la sua foto del profilo e la mandai alle mie amiche, per poi incantarmi a guardarla. Era molto fotogenico, e dimostrava meno dei suoi trentaquattro anni. Decisi di inviargli la richiesta di amicizia, in fondo non avevo più nulla da nascondere.
Subito dopo lo cercai su Instagram, tra i contatti seguiti da Seth. Non aveva un profilo personale, ma in compenso c’era un account dedicato ai Black Wolves in cui c’erano diverse sue foto e anche qualche video. La mia attenzione fu subito catturata da un video in particolare, quello in cui Jake cantava una cover accompagnato da Seth, Embry e Quil agli strumenti. La canzone in questione era Enjoy The Silence dei Depeche Mode, un’altra delle mie band preferite. Avevamo molte cose in comune, e neanche lo sapevamo. Riuscii ad allontanare i cattivi pensieri e mi addormentai, pensando a lui…
 
… Mi ritrovai nel garage di Jacob. Era il crepuscolo, e qualche lieve sprazzo di sole era ancora visibile sotto la perenne coltre di nubi che sovrastava il cielo di Forks. Non sapevo come ci fossi finita, non ricordavo nemmeno se Seth mi avesse accompagnata o se fossi venuta per conto mio.
Vidi Jake armeggiare con degli attrezzi, sdraiato sotto a una macchina. Indossava un paio di vecchi jeans e una maglietta bianca, tutta sporca di grasso.
‒ Jake? ‒ Lo chiamai, e nel sentire la mia voce si alzò subito da terra e si voltò nella mia direzione. Mi sentii di nuovo mancare la terra sotto ai piedi.
‒ Renesmee, che bella sorpresa! ‒ mi disse entusiasta, ‒ non mi aspettavo di trovarti qui! ‒ Si tolse i guanti che aveva utilizzato per non sporcarsi le mani, poggiandoli accanto agli attrezzi. Riusciva ad essere bello anche in quel modo, con un’orribile maglietta sporca di grasso di automobile e un paio di jeans logori.
‒ Ecco, Jake… in teoria sono qui per chiederti qualcosa, ma non ricordo più bene cosa. ‒ Non ero neanche infastidita, forse non era nulla di importante.
‒ Volevi che ti parlassi di me ‒ mi rispose lui, ma lo zittii.
‒ Sì, ma… dopo. Non mi interessa sapere che cosa mi nascondi, io mi sono innamorata di te! ‒ gli dissi, tutto d’un fiato. ‒ Cioè, io… Tu mi piaci, e tanto. ‒ Forse avevo esagerato, lo avrei spaventato.
‒ Ness, non fare passi indietro ‒ mi disse, prendendomi il mento tra le mani. ‒ Perché è esattamente quel che provo anch’io. E al diavolo tutto il resto, perché non mi interessa se ci conosciamo da pochi giorni. Anch’io mi sono innamorato di te, e se per te è lo stesso io sono l’uomo più felice dell’universo. ‒ Mi prese per mano, portandomi vicino all’automobile che stava riparando. Un vecchio pick-up rosso, che mi sembrava in qualche modo familiare.
‒ Jake, mi dispiace non averti detto che sono la nipote di Charlie ‒ gli dissi, abbassando lo sguardo. Mi sentivo come se fossi stata scorretta nei suoi confronti.
‒ Non importa, Nessie. L’unica cosa di cui mi importa è che sei qui… ‒ Mi sollevò da terra, poggiandomi sul cofano dell’automobile. Gli strinsi le gambe attorno alla vita e gli sfilai la maglietta, sfiorando la sua pelle ambrata. Nel giro di pochi attimi mi ritrovai sdraiata sul cofano, con lui che mi sovrastava… All’improvviso le nuvole erano scomparse, e il cielo là fuori iniziò a tingersi di azzurro, con qualche sprazzo di blu. Era strano, sembrava irreale.
‒ Jake, io… ti voglio ‒ gli dissi. Era eccitato, lo era palesemente. Le sue braccia bloccarono le mie, impedendomi di alzarmi o di cambiare posizione, e alcuni istanti dopo le sue labbra erano di nuovo sulle mie. L’attimo dopo ancora, la sua lingua cercava impaziente la mia e se ne impossessava. Lo desideravo da impazzire.
‒ Ne sei sicura, Nessie? ‒ mi domandò, ancora incerto. Annuii, a quel punto mi abbassò le spalline della canottiera che avevo addosso e iniziò a baciarmi prima sul collo, poi sempre più giù… Sentii il suo bacino contro il mio, e a quel punto mi sembrava come di aver perso il controllo. Volevo che mi rendesse sua, non mi interessava del resto. Qualunque cosa fosse.
‒ Nessie, io… non posso, non posso proprio farlo ‒ mi disse all’improvviso, lasciandomi un bacio sulla fronte e mollando la presa sulle mie mani. Si allontanò da me, e a quel punto mi alzai per raggiungerlo. ‒ Scusami ‒ insistette, desolato.
‒ Perché, Jake? ‒ Mi venne da piangere, come una stupida ragazzina.
‒ Perché non conosci il mio segreto ‒ mi rispose. ‒ Chiedilo a Bella…
 
E mi svegliai, con le lacrime agli occhi. Inquieta, confusa e… vagamente eccitata, perché avevo appena fatto una specie di sogno erotico con Jake. Un sogno che era finito decisamente in malo modo, ma che mi aveva dato uno spunto di riflessione. “Chiedilo a Bella”, mi aveva detto lui nel sogno. E all’improvviso, tutto mi fu mi chiaro. Ripensai alle parole di mamma, di quando mi aveva detto di aver spezzato il cuore a un ragazzo della Riserva. Me lo aveva detto prima che andassi con Seth al falò, prima che conoscessi Jake e che cambiasse tutto. Il mio sogno era stato piuttosto surreale, ma una cosa era vera: quella non era una semplice cotta, io ero innamorata di lui. Non sapevo come diavolo fosse possibile visto che lo conoscevo a malapena, ma era così… E c’era anche la possibilità che fosse lo stesso ragazzo al quale mia madre aveva spezzato il cuore.
Non dare di matto, Renesmee. Mantieni la calma, mi dissi. Presi un respiro profondo, e poi bevvi un sorso d’acqua dalla bottiglietta che tenevo sopra il comodino.
Ero finita in una puntata di Beautiful, ecco che cosa mi stavano nascondendo tutti quanti… Se avessi avuto ragione, avrebbe significato una sola cosa: che mi ero innamorata di qualcuno che era stato una specie di ex di mia madre, o qualcosa del genere. Ma in fin dei conti, me ne importava qualcosa? Avere la conferma, eventualmente, che la mia teoria fosse vera, mi avrebbe davvero allontanata da Jake? Conoscevo la risposta, e quella risposta era “No”. Glielo avevo anche detto nel mio stupido messaggio, quello che gli avevo mandato la sera precedente. E poiché le possibilità che Jake fosse un serial killer erano dello zero virgola novantanove percento, non ci sarebbe stato nient’altro che mi avrebbe fatto cambiare idea su di lui. Nient’altro e nessun altro.
Neanche i miei genitori.
 
Dopo essermi lavata e aver cambiato i miei vestiti, scesi a fare colazione.
‒ Ciao, mamma ‒ le dissi, dandole il buongiorno. Cercai di non apparire strana, visto che era semplice leggere i miei stati d’animo. Secondo lei ero brava a “mostrare”, a volte anche senza che proferissi parola. E Seth me ne aveva dato la conferma.
‒ Renesmee, buongiorno ‒ mi disse, rivolgendomi un sorriso. Lei preferiva sempre chiamarmi con il mio nome completo, raramente mi chiamava Ness. Da piccola, a scuola, avevano anche provato a prendermi in giro, dicendomi che avevo un “nome strano e inesistente”. Fu allora che iniziai a tirare fuori il mio caratterino, dopo che papà mi disse che nessuno doveva permettersi di trattare male la sua piccola principessa.
‒ Vuoi che ti prepari io la colazione? ‒ proseguì a dire mamma.
‒ Sì, grazie mamma… Latte al cioccolato, come al solito ‒ risposi.
‒ Oggi finalmente arrivano papà, zia Rose e zio Emmett con tua cugina. Pranzeremo da nonna Esme e nonno Carlisle ‒ mi informò. Vidi subito dipingersi sul suo volto un sorriso, era palesemente felice di rivedere papà. Anche se quel giorno era lunedì e lei non vedeva papà da sabato.
Me lo sentivo, a breve mi avrebbe fatto delle domande. Ed io stavo valutando se negare, dire una mezza verità o fare in modo che finissimo a parlare del ragazzo Quileute a cui aveva spezzato il cuore da ragazzina. Mentre ci riflettevo, mamma mi mise davanti agli occhi una tazza di latte al cioccolato e il pacchetto dei biscotti.
‒ Come sei silenziosa ‒ mi disse, come sospettavo. ‒ E’ successo qualcosa? ‒ domandò.
‒ Be’, mamma… stasera se non ti dispiace vorrei tornare a La Push ‒ le dissi. Era vero, perché volevo parlare con Jake e chiarire una volta per tutte quella situazione.
‒ Okay, non c’è problema ‒ rispose, ‒ ma viene di nuovo Seth a prenderti? ‒ Conoscevo quello sguardo, lo sguardo da detective. Lo stesso sguardo di nonno Charlie quando voleva estorcerti qualche informazione.
‒ Ecco, io… non vorrei disturbare Seth a fare avanti e indietro, perciò mi chiedevo se fosse una cattiva idea chiedere a Sue se mi presta la sua auto ‒ le dissi. Il vecchio pick-up Chevy della mamma era ormai stato rottamato. In quel momento ricordai un particolare del sogno che avevo fatto quella notte, nel quale Jake stava riparando proprio quel vecchio pick-up. Mi sentii in imbarazzo, nel ripensare a cosa era quasi successo in quel sogno…
‒ Sei in grado di arrivare in macchina da sola fino a La Push? ‒ proseguì a domandare. Ecco che sfoderava il suo lato apprensivo.
‒ Certo che so arrivarci. E poi le strade sono semideserte, e se avrò qualche problema userò il navigatore sul cellulare ‒ la rassicurai.
‒ Puoi sempre prendere in prestito l’auto di nonna Esme, potrai chiederglielo oggi a pranzo. ‒ L’auto di nonna Esme non era altro che una Volvo C30 color grigio metallizzato, che in passato era appartenuta a papà.
‒ Dici che nonna Esme mi presterebbe la sua auto? ‒ domandai.
‒ Ma certo, perché non dovrebbe. Hai la patente da due anni, nonna si fida. ‒ Sicuramente papà non sarebbe stato dello stesso avviso… In fondo andavo a La Push a fare chissà cosa, e… be’, papà era papà, ed era geloso della sua unica figlia femmina.
‒ Okay, ci penserò su ‒ risposi.
‒ Renesmee, posso farti un’altra domanda? Sii sincera con me, perché sai che non è mia intenzione giudicarti. ‒ Ecco, lo sapevo che sarebbe arrivata quella domanda. Con riluttanza, mi decisi a rispondere.
‒ Così non vale, mamma. Se devi farmi una domanda, fammela e basta. Poi, sta a me valutare se rispondere o meno. ‒ Sfoderai un sorriso furbetto, quello stesso sorriso che secondo lei somigliava a quello di papà.
‒ Sabato sera sei andata al falò in spiaggia con Seth. Ieri sei stata fuori tutto il pomeriggio per tornare a La Push, e stasera vuoi andarci di nuovo… Mi sembra piuttosto chiaro che c’è qualcuno che ti interessa. Dai, a me puoi dirlo… e lo sai. ‒ Mamma era anche un’amica, e fino ad allora non avevo mai avuto grossi problemi a confidarmi con lei. Anche perché non avevo molto da raccontare in materia di ragazzi, visto che non mi era mai interessato nessuno. In compenso però, si era sorbita svariate volte tutte le mie paranoie sul fatto che a volte mi mancasse avere un ragazzo, e che non avrei mai trovato qualcuno che fosse intelligente e bello come papà. I miei genitori stavano insieme da molti anni, eppure bastava guardarli per capire che erano innamorati l’uno dell’altra come se il tempo non fosse mai passato. Erano come due calamite, mamma mi raccontò che glielo disse anche nonna Renée quando erano fidanzati. Molti miei compagni di scuola avevano i genitori divorziati, ed io mi ritenevo molto fortunata ad avere una famiglia bella e unita… Eppure, anche se forse era un pensiero piuttosto infantile, invidiavo i miei genitori. Non in senso cattivo, ma solo perché a poco a poco mi ero convinta che il ragazzo giusto per me non esistesse e basta.
‒ Sì, mamma ‒ risposi. ‒ Ho conosciuto un ragazzo… Ma al momento non ti dirò altro. ‒ Finii di bere il latte, e in quel momento squillò il cellulare di mamma. Era papà, che la avvisava di essere appena arrivato all’aeroporto e che era già in compagnia di zia Rosalie, zio Emmett e mia cugina Caroline.
Per il momento ero salva, ma quel discorso non sarebbe di certo finito lì…

***
Ciao! Spero che la storia vi stia piacendo, e ne approfitto per ringraziare le 7 persone che l'hanno inserita tra le preferite/seguite.
Vi informo che la storia sarà composta da 22 capitoli, epilogo incluso. Mi farebbe piacere conoscere le vostre opinioni, non siate timidi :)
A lunedì prossimo,
Greta

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


CAPITOLO 8
 
Per pranzo, io, mamma, nonno Charlie e Sue andammo tutti quanti a casa di nonno Carlisle e nonna Esme. Era una bellissima villa immersa nel verde, spaziosa e di classe. Anche se Forks non era nella lista dei miei posti preferiti al mondo, solo uno stupido avrebbe potuto negare la bellezza di quei luoghi. Il panorama che si poteva ammirare dalla casa dei miei nonni paterni era pazzesco, anche se quel giorno aveva deciso di piovere a dirotto. Sperai che avrebbe smesso nel corso della giornata, o con quel tempaccio mamma non mi avrebbe mai permesso di andare in macchina fino a La Push con il solo aiuto del navigatore. Figuriamoci papà, pensai con sarcasmo. Non che la pioggia mi desse particolarmente fastidio, ma quando avevo degli impegni mi innervosiva parecchio. 
Inutile raccontarsi storie, morivo dalla voglia di rivedere Jake... Indipendentemente dal fatto che rivederlo avrebbe forse significato avere la conferma della mia teoria su lui e mia madre. 
E se fossero andati a letto insieme prima che lei si mettesse con papà? Ricacciai indietro quel pensiero prima che mi venisse la nausea, e un istante dopo realizzai che non poteva essere possibile: mamma mi aveva raccontato che papà era stato il primo e unico ragazzo con cui era stata, e che era rimasta incinta per via della loro inesperienza. Io e mamma non avevamo molti tabù, così mi aveva anche detto che lei e papà avevano provato a stare attenti, ma che non aveva funzionato: per farla breve, non avevano usato precauzioni... e io avevo promesso a me stessa che non avrei commesso lo stesso errore. Sì, avrei voluto dei figli, ma quando fossi stata più grande. Molto più grande, e non di certo a diciott'anni. 
‒ Edward e gli altri sono appena arrivati ‒ ci disse mamma mentre eravamo in macchina, a guidare era nonno Charlie. 
‒ Hanno fatto presto! ‒ commentò il nonno. ‒ Non guideranno come spericolati con la bambina in macchina, vero?
‒ Papà, no! Non hanno trovato traffico, e il fatto che abbiano una macchina veloce non significa che guidino come dei pazzi ‒ gli rispose mamma. Gli zii guidavano benissimo, ma nonno Charlie era diventato particolarmente apprensivo. Be'... anche se Caroline per lui era una nipotina acquisita, si comportava da nonno.
 
Quando arrivammo a villa Cullen, il resto della mia famiglia venne subito ad accoglierci. C'erano anche zia Alice, zio Jasper e David, che ovviamente erano rimasti a dormire lì. Non appena papà mi vide entrare in casa, venne subito a salutarmi: nonostante fossero passati pochi giorni, gli ero mancata e riuscivo a vederlo nel suo sguardo. 
‒ Renesmee, ehi! ‒ mi salutò, abbracciandomi. ‒ Allora, te la sei cavata bene a Forks in questi giorni? ‒ proseguì a domandare. Subito dopo mi sorrise, spostandomi una ciocca di capelli dietro l'orecchio destro. Altroché se me l'ero cavata bene... Poi ripensai alla mia teoria su Jake e mia madre, e abbassai lo sguardo.
‒ Papà... certo, sono uscita con Seth e i suoi amici. ‒ Lanciai il sasso, per vedere se avrebbe fatto anche lui una faccia strana come quella di zia Alice la sera precedente. Ma non lo fece... ‒ E tu? ‒ proseguii a domandargli. 
‒ Io sono stato chiuso in ospedale, ho avuto diversi interventi. Mi fa piacere vederti con il sorriso, Ness... I tuoi amici ti hanno detto se potrete posticipare il viaggio?
‒ Non ancora, tra domani e dopodomani Christina me lo farà sapere. Come sta Milla? ‒ Mi mancava la mia cagnolina, ma per fortuna sapevo che era in buone mani... Non mi piaceva affatto stare lontana da lei. Inoltre, la sera precedente avevo cercato di convincere Sue a prendere un animale domestico: non ne avevano più presi da quando era morto Max, l'amato pastore tedesco di nonno Charlie. E anche con mamma avevo dovuto insistere parecchio per adottare Milla... Mi aveva raccontato che da bambina le sue esperienze con gli animali domestici non erano state delle migliori, ma papà ed io sappiamo essere molto persuasivi. E così, appena poche ore dopo aver portato Milla a casa, mamma era già pazza di lei. 
‒ Milla sta benone ‒ mi disse papà, rassicurandomi. ‒ Non ha fatto storie quando l'ho lasciata da nonna Renée. La nonna ha detto che puoi farle una videochiamata, così puoi vederla. 
‒ Nonna Renée sa fare le videochiamate? ‒ Ridacchiai, la nonna e la tecnologia non erano esattamente migliori amiche.
‒ Per quello devi ringraziare nonno Phil ‒ mi rispose papà, sorridendo a sua volta.
Subito dopo papà andò a salutare mamma, e poiché non volevo sorbirmi le smancerie tra i miei genitori, andai subito a salutare zia Rose, zio Emmett e la mia cuginetta Caroline, di sei anni.
‒ Renesmee, fatti abbracciare! ‒ mi disse zio Emmett, non appena mi vide andare verso di lui. Gli corsi incontro e lo abbracciai, lasciando che anche lui mi sollevasse da terra. Zio Emmett è il più alto della famiglia, e vicino a lui mi sentivo davvero minuscola.
‒ Zio, dovete venire più spesso a Jacksonville! ‒ lo rimproverai.
‒ E tu a Forks, tesoro! O da noi a Seattle ‒ mi punzecchiò zia Rose. 
‒ Ehi, zia! ‒ Abbracciai anche lei. Non avevo una preferenza tra zia Rose e zia Alice, adoravo entrambe e mi dispiaceva che abitassero lontane da me. Ma con zia Rose c'era un legame speciale, perché fu la prima a sapere quando mamma rimase incinta di me e a starle vicina. Zia Rose ha sempre avuto uno spiccato senso materno, ed ero convinta che presto lei e zio Emmett avrebbero deciso di allargare la famiglia.
‒ Ci sei mancata tanto, Ness ‒ mi disse, a nome di entrambi. Poi chiamò Caroline, che era seduta sul divano a guardare i cartoni animati, in compagnia di zia Alice e del piccolo Dave. Stavano giocando con il gatto di casa, una bellissima siamese di nome Rory. 
‒ Caroline, vieni a salutare Renesmee! ‒ La mia cuginetta si alzò dal divano e corse verso di me, abbracciandomi. 
‒ Ciao, Renesmee! ‒ mi disse con la sua vocina squillante, felicissima di vedermi. Caroline era una bambina bellissima: capelli color castano chiaro e occhi azzurri, se fosse stata bionda sarebbe stata la fotocopia in miniatura di zia Rose. E non era fastidiosa come la maggior parte dei bambini piccoli, semmai il contrario. Non sapevo se i miei genitori avrebbero deciso di avere un altro figlio, io ero arrivata troppo presto e adesso che ero grande loro erano ancora giovani... Hanno solo due anni più di Jake! mi ricordò ancora una volta la voce della mia coscienza. In ogni caso, se fosse arrivato un fratello o una sorella, speravo che crescendo fosse come Caroline. Mi ero sempre sentita inadeguata in mezzo agli altri bambini, e rivedevo nella mia cuginetta molti lati del mio carattere della me bambina. Mi chinai alla sua altezza, per farmi abbracciare meglio. 
‒ Come sta la mia cuginetta? ‒ le domandai.
‒ Sto leggendo il libro che mi hai regalato al compleanno! E' bellissimo, avevi ragione tu! ‒ Altroché se era sveglia! Aveva imparato a leggere ben prima di andare a scuola, proprio come la sottoscritta. E le avevo regalato il primo libro di Harry Potter.
 
Poco dopo nonna Esme ci disse che era pronto in tavola, così ci accomodammo in sala da pranzo. Caroline si mise seduta a tavola accanto a me, ovviamente.
‒ Nonna, che cosa hai preparato? ‒ domandò la bambina.
‒ Lasagne! Sei contenta? ‒ rispose nonna Esme, portando una grossa teglia a tavola. Aveva un profumino ottimo, e mi venne una gran fame. Mi sarei finita volentieri tutta la teglia, se dovevo essere sincera!
‒ Sì nonna! ‒ rispose, dando voce ai miei pensieri.
Cominciammo a mangiare, mentre fuori il temporale era sempre più forte e si sentivano dei tuoni fortissimi. Avevo il cellulare poggiato sul tavolo, e l'arrivo di una notifica un po' troppo rumorosa mi fece andare il boccone di traverso. Senza farmene accorgere, presi il telefono e controllai di cosa si trattasse. Era una notifica di Facebook.
 
Jacob Black ha accettato la tua richiesta di amicizia.
 
Sorrisi. Ero seduta accanto a mio padre, e non volevo che sbirciasse... Mi aveva scritto anche un nuovo messaggio, e volevo assolutamente leggerlo.
‒ Renesmee togli il cellulare, siamo a tavola ‒ mi rimproverò papà sottovoce, ma mamma lo sentì e lo riprese. 
‒ Dai, Edward! ‒ Mamma lo fulminò affettuosamente con lo sguardo.
‒ Scusa papà, lo tolgo subito... ‒ In quel momento si sentì un altro tuono, più forte degli altri. 
‒ Cavolo, abbiamo fatto bene a prenotare un posto al chiuso ‒ disse nonno Charlie. ‒ Spero che per venerdì il tempo sia migliore ‒ aggiunse. Quel venerdì, il 19 luglio 2024, sarebbe stato il giorno del matrimonio tra nonno Charlie e Sue. Inizialmente sarebbe dovuto essere di sabato, ma il locale era già stato prenotato. La mia famiglia aveva messo a disposizione villa Cullen, ma nonno Charlie e Sue avevano deciso di non approfittare della gentilezza di nonno Carlisle e nonna Esme. La loro casa era stata già teatro di altri matrimoni, quelli dei miei zii e quello dei miei genitori. Si sposarono molto giovani, a venticinque anni. Io avevo sette anni e portai loro le fedi, lo ricordavo come un giorno felice. Zia Alice si era occupata dell'organizzazione, e aveva fatto davvero un lavoro impeccabile.
‒ Venerdì sarà bel tempo, Charlie ‒ gli rispose zia Alice con un sorriso soddisfatto. Probabilmente lo aveva previsto, e mi venne da sorridere. Sperai che avesse ragione. ‒ Giovedì vi accompagnerò al ristorante per assicurami che sia tutto perfetto ‒ aggiunse subito dopo. 
‒ Grazie Alice, sei davvero un angelo ‒ le rispose Sue. 
‒ Lo è davvero! ‒ aggiunse nonno Charlie, facendola sorridere. Poi parlarono dei vestiti, del buffet e infine... l'argomento si spostò su di me. 
‒ Ehi, signorina ‒ mi disse zia Alice. ‒ Un uccellino mi ha detto che hai ripreso a suonare il pianoforte, sbaglio? ‒ Quella domanda mi colse totalmente alla sprovvista. L'uccellino era sicuramente papà, o forse mamma. Lei e zia Alice si adoravano, tranne quando la zia la portava a fare shopping per giornate intere. 
Da piccola, papà mi aveva insegnato a suonare il piano: ce n'era uno lì, a casa di nonno Carlisle e nonna Esme, e ne avevamo uno anche a casa nostra a Jacksonville. In un periodo di ribellione adolescenziale avevo deciso che non volevo più suonare il piano, ma che volevo prendere solo le lezioni di canto. Avevo quindici anni, ero una ragazzina e a volte mi comportavo come tale, facevo cose stupide... Ma poi me ne ero pentita: di recente mi era tornata la voglia di riprendere le lezioni di piano, e di verificare se avessi dimenticato tutto o se il mio livello di preparazione fosse ancora buono. Per mia fortuna avevo una buona memoria, e con un po' di pratica sarei senza dubbio migliorata. Ecco perché non ne avevo parlato a Jake, mi vergognavo di dirgli che avevo smesso di suonare il piano per fare un dispetto a mio padre, e che avevo ripreso solo di recente. Papà era sempre impegnato con il lavoro, e da sola avevo deciso di lasciar perdere i brani di musica classica per cimentarmi in qualche cover di canzoni moderne. 
‒ Zia, che cosa hai in mente? ‒ le domandai, sulla difensiva.
‒ Pensavo, Renesmee... che potresti suonare un brano al pianoforte al ricevimento del matrimonio di nonno Charlie. ‒ Nonno, entusiasta, le andò dietro.
‒ Ma è un'idea fantastica! Coraggio, Ness... fai questo regalo a tuo nonno. ‒ Mi sentii accerchiata: è vero, sarebbe stato un pensiero carino, ma avevo paura di combinare un disastro. Davanti a tutti gli invitati, poi... Ci sarebbe stato anche Jake. Oh, merda.
‒ Be', posso provarci. Ma non vi prometto niente, okay? E la canzone la scelgo io! ‒ Nonno Carlisle mi sorrise. 
‒ Ci fidiamo, Ness. Non è vero? ‒ Guardò il resto della mia famiglia. 
‒ Sì!!! ‒ rispose la mia cuginetta, pronta ad appoggiarmi.
 
Finito di pranzare, mi avvicinai a nonna Esme per chiederle di prestarmi la sua macchina.
‒ Certo, tesoro, non c'è alcun problema. ‒ La abbracciai, adoravo nonna Esme. E poi, avevo la fortuna di avere tutti i nonni giovani. Nonno Charlie e nonna Renée avevano avuto mia madre molto presto, e non avevano neanche sessant'anni. Mentre nonno Carlisle e nonna Esme erano un po' più grandi di loro, ma solo di pochi anni. 
‒ Senti, nonna... Dici che papà farà storie se vado da sola a La Push? ‒ le domandai. ‒ Vado a trovare Seth e i suoi amici, mi sono trovata bene con loro ‒ aggiunsi, quasi come a giustificarmi.
‒ Non credo che farà storie, che cosa mai potrebbe succederti a La Push? Tuo padre adora Seth, non ci sarà alcun problema. 
‒ Ti ringrazio, nonna. Speriamo che smetta di piovere! ‒ Mi sorrise, con uno sguardo davvero dolce e amorevole. 
Andai in salone, e mi sedetti per un attimo sul divano per controllare i messaggi.
 
Jacob: Allora, stasera avrò l'onore di rivederti?
 
Renesmee: Buone notizie, mia nonna mi presta la sua macchina e posso venire da te senza disturbare Seth. Speriamo che smetta di piovere, voglio vederti...
 
Rimisi il cellulare nella tasca dei jeans, sorridendo come un'ebete. Poi il mio sguardo si posò proprio sul bellissimo pianoforte a coda nel salone dei nonni. Papà non era l'unico in famiglia a saperlo suonare.
Mi sedetti, approfittando dell'attimo di solitudine, e iniziai a suonare qualche brano che conoscevo a memoria. Iniziai con Debussy, Clair de Lune. Me lo aveva insegnato proprio papà, perché era uno dei suoi preferiti. 
‒ Sei bravissima, lo sapevo che non te lo saresti dimenticato. ‒ La voce di papà... Mi voltai ed era lì, pronto a raggiungermi. 
‒ Grazie, papà. Vieni a suonare anche tu, dai ‒ lo incalzai. Si sedette accanto a me, aspettando il prossimo brano. 
‒ Ora verranno anche gli altri, vero? Mi sentirò accerchiata e non riuscirò a suonare... 
‒ No, Renesmee. Ho detto loro di lasciarci da soli. ‒ Mi sorrise. A quel punto mi rilassai, e iniziai con il secondo brano: Bella's Lullaby, una composizione originale che mio padre aveva scritto apposta per mia madre. Ecco perché le mie aspettative sui ragazzi erano così alte...
Papà iniziò a suonare con me, poggiando le sue dita sui tasti bianchi e neri del pianoforte. Mi accorsi che dietro di noi c'era Caroline, che era rimasta incantata a guardarci. 
‒ Lei ha il permesso di ascoltarci ‒ mi disse papà. La invitai a sedersi accanto a me.
‒ Ness, canti qualcosa? ‒ mi chiese la mia cuginetta. Annuii, sapevo quale brano avrei suonato... La sera precedente avevo dato un'occhiata alla pagina Instagram dei Black Wolves, ed ero rimasta colpita da una cover. Jake ne aveva fatto una versione più "rock", con la chitarra elettrica. 
‒ Papà, dici che questa andrà bene per il matrimonio di nonno? ‒ gli domandai. Avevo scelto Enjoy The Silence dei Depeche Mode, certa che anche Jake ne sarebbe rimasto colpito. E poi, era una delle mie preferite e già sapevo suonarla e cantarla a memoria, il che non guastava affatto.
‒ Sì Ness, penso che piacerà molto a tutti. Sei proprio mia figlia, ti ho educata bene in fatto di musica! ‒ Mi appoggiai alla sua spalla, sorridendo insieme a lui.
 
***
 
Alla fine, la fortuna fu dalla mia parte e smise di piovere. Papà non fece storie quando gli dissi che nonna Esme mi aveva prestato la sua auto e che sarei uscita con gli amici di Seth, il fatto di essere sempre stata una ragazza responsabile mi aveva concesso una certa libertà. Non avevo mai fatto sciocchezze e mai le avrei fatte... O almeno, non avrei fatto nulla di irrimediabile. 
Impostai il navigatore all'indirizzo che mi aveva dato Jake, quello di un ristorante a La Push. Mi aveva anche detto che se avessi avuto problemi sarebbe venuto a prendermi, ma volevo cavarmela da sola. 
La strada era semplice, e tirai un sospiro di sollievo quando mi accorsi di essere già arrivata nel parcheggio del ristorante. Visto il brutto tempo, anche Jake si era presentato in macchina, lo riconobbi subito. Mi guardai nello specchietto, poi scesi dall'auto e la chiusi a chiave. Quando mi voltai, lui era già lì. 
‒ Jake, mi hai fatto prendere un colpo! ‒ gli dissi. 
‒ Scusa, Ness... Allora, hai avuto difficoltà con la strada? ‒ mi chiese, con tono apprensivo.
‒ No, affatto. ‒ Restai appoggiata allo sportello della macchina, e ci guardammo negli occhi per alcuni istanti. Volevo baciarlo di nuovo, al diavolo ciò che avrei scoperto.
‒ Ehi, vogliamo andare? Non so te, ma io sto morendo di fame ‒ mi disse, sorridendomi. Eccolo di nuovo, il sorriso abbagliante a trentadue denti.
‒ Sì, anch'io. ‒ Non era vero, ma non mi andava di dirgli che a pranzo avevo mangiato come un maiale. Feci un gesto avventato, e lo presi per mano. Lo sentii sussultare. 
‒ Ness, forse è meglio di no. Non prima che io ti abbia detto tutto. ‒ Era teso, e si sentiva in colpa. 
‒ Jake, credo di aver già capito. E sai una cosa? Non mi interessa. ‒ Lo vidi assumere un'espressione sbalordita. ‒ Allora, andiamo? ‒ insistetti.
‒ Sì. ‒ Strinse le mie dita tra le sue, e ci incamminammo verso il ristorante. Nell'esatto momento in cui avevo incontrato di nuovo il suo sguardo, ne avevo avuto la conferma: volevo che Jake facesse parte della mia vita.

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


CAPITOLO 9
 
Jacob era preoccupato, me ne ero accorta immediatamente. Non vedevo l'ora di dirgli che non aveva motivo di continuare ad esserlo, e che avremmo affrontato ogni cosa insieme. Ad essere onesta, mi preoccupava di più il fatto che a breve saremmo stati lontani, e quel pensiero mi faceva stare davvero male... Perciò lo scacciai, concentrandomi solo sul presente. Non gli avevo detto apertamente di essere la figlia di Bella, ma dedussi che se davvero Jake era lo stesso ragazzo che aveva avuto una specie di storia con mia madre, lui lo avrebbe capito da solo. Nonno Charlie non aveva altri figli, perciò era pressoché impossibile che Jake non avesse tratto le proprie conclusioni. Non dovevo preoccuparmi del fatto che uno di noi quella sera avrebbe dato di matto, ed era già qualcosa... Ma forse lui non era dello stesso avviso, e pensava che da un momento all'altro sarei fuggita e lo avrei mandato al diavolo. Be', forse una qualsiasi ragazza di diciotto anni avrebbe reagito così, ma non io. Mi ero ripromessa di comportarmi da persona matura, come avevo fatto fino a quel momento.
Quando entrammo nel ristorante, mi guardai attorno: il posto sembrava carino e non c'erano molte altre persone, e ciò stava a significare che avremmo potuto parlare in tutta tranquillità. Jake lasciò la mia mano e mi cinse le spalle, approfittando del fatto di essere molto più alto di me. Io sono alta un metro e sessantacinque, lui supera il metro e novanta: quel semplice dettaglio mi faceva impazzire, accanto a lui avevo la sensazione di sentirmi protetta, circondata dalla sua presenza. Quella sera avevo le spalle nude, perché indossavo una canottiera senza spalline. Non appena sentii le sue mani sulla mia pelle, avvertii di nuovo un brivido di eccitazione. I miei ormoni erano definitivamente partiti per la tangente, come mai mi era accaduto prima d'allora per un ragazzo che conoscevo di persona, e non per qualcuno di famoso.
‒ Buonasera, un tavolo per due? ‒ ci disse una cameriera, accogliendoci all'ingresso del locale. Era una ragazza Quileute, ovviamente; una bella ragazza con i capelli lunghi e neri, e guardò Jacob con fin troppo interesse. Mi diede quasi fastidio, segno che provavo già una sorta di piccola gelosia per lui.
‒ Buonasera. Sì, un tavolo per due, grazie ‒ rispose Jake, facendomi strada. Ci accomodammo ad un tavolo piuttosto appartato, lontano dalle altre persone. Guardandomi attorno, mi accorsi che appese alle pareti, dipinte di un caldo color giallo/arancio, c'erano diverse foto di Nativi Americani vestiti con gli abiti tipici, e vari disegni e fotografie raffiguranti dei lupi.
Quando ci sedemmo, fui io a prendere la parola. Sfogliavo distrattamente il menu, ma in realtà avevo la testa da un'altra parte.
‒ Il posto è molto carino ‒ gli dissi. ‒ Ma non voglio passare tutta la serata al ristorante, all'una dovrò tornare a casa. Sai, la macchina... e il fatto che io non conosca bene la strada ‒ gli spiegai.
‒ Posso farti strada io, non è un problema ‒ mi rispose, sorridendomi. ‒ E in ogni caso, neanche io avevo in mente di passare tutta la serata qui. ‒ Abbassò repentinamente lo sguardo, segno che probabilmente aveva pensato a qualcosa che lo metteva in imbarazzo. A quanto sembrava, non ero l'unica ad avere gli ormoni impazziti... ‒ Be', sempre se non vorrai fuggire subito a casa, una volta che ti avrò detto una certa cosa ‒ aggiunse. Mi venne da ridere, era serio mentre lo diceva. Aveva davvero paura della mia reazione. 
‒ Smettila, Jake. Sono una persona di parola, ricordi cosa ti ho scritto in quel messaggio?
‒ Che l'unico motivo per il quale non vorresti più vedermi, è scoprire che sono un serial killer. ‒ Sorrise, quel messaggio doveva averlo fatto ridere parecchio.
‒ Se lo fossi non me lo diresti, ma sono certa che non sei né un serial killer né un maniaco ‒ gli risposi, più seria di quanto avrei dovuto essere. 
‒ Ne sono onorato, Ness. Significa che mi sono guadagnato un po' della tua fiducia ‒ mi rispose, divertendosi a prendermi un po' in giro.
‒ Sì Jake, te la sei guadagnata. E vorrei che la smettessi di essere così teso, dico davvero ‒ ribattei. A quel punto, Jake allungò una mano verso la mia, sfiorandola. 
‒ Renesmee... ‒ Fummo interrotti, era di nuovo la cameriera di prima.
‒ Ragazzi, avete già deciso cosa ordinare? ‒ ci domandò, soffermandosi di nuovo su Jake. 
‒ Intanto, dell'acqua liscia ‒ disse Jake. ‒ E tu, Ness? Vuoi altro da bere?
‒ No, va bene dell'acqua liscia anche per me ‒ risposi. Eravamo d'accordo anche sulle piccole cose. Poi ordinammo entrambi da mangiare, Jake prese dei ravioli ripieni mentre io ordinai soltanto delle bruschette. Un po' perché ero ancora sazia grazie alle lasagne di nonna Esme, e un po' perché la presenza di Jake mi rendeva inquieta. Avevo un altro tipo di fame, in quel momento... Bramavo i suoi baci, e le sue mani sulla mia pelle...
‒ Terra chiama Ness ‒ mi riprese lui, vedendomi soprappensiero. ‒ A cosa pensavi di tanto interessante? Rendimi partecipe, se posso. ‒ Arrossii, maledicendo la mia carnagione bianca come la luna, che nel giro di pochi attimi avrebbe trasformato il mio viso in un peperone.
‒ Be', ecco... ‒ iniziai a dire, per prendere tempo. Forza, diglielo e basta. Il mio lato coraggioso mi venne in soccorso, e decisi di dargli ascolto. ‒ Stavo pensando al fatto che... non ci siamo salutati come avrei voluto. Perché non ti avvicini un attimo? ‒ gli dissi, con una certa sfacciataggine. ‒ Voglio baciarti, Jake. ‒ Lo lasciai senza parole, non si aspettava quel tiro mancino. 
‒ Sei tremenda, Renesmee ‒ mi rispose, scandendo bene il mio nome. ‒ Ho promesso che non ti avrei più baciata prima di dirti la verità ‒ insistette. ‒ Lo faccio perché ti rispetto, non farei mai nulla contro la tua volontà. E poiché potresti rimanere turbata da quel che ti dirò...
‒ A chi lo avresti promesso? ‒ domandai.
‒ A me stesso. Sono un uomo di trentaquattro anni, sai com'è. Non è più il momento di fare il cretino con le ragazze.
‒ Vorrà dire che mi assumerò io la responsabilità della mia richiesta ‒ gli risposi, decisa. Lo guardai con gli occhi da cucciolo, sbattendo le ciglia. A quel punto Jake non si fece pregare due volte, avvicinò la sua sedia alla mia e mi guardò intensamente. Avvicinai il mio volto al suo, lasciando che le sue labbra si poggiassero sulle mie. Non c'era nessuno che potesse guardarci, così lo baciai in modo decisamente poco casto, stringendo i suoi capelli tra le mie mani e assaporando quel bacio, la sua lingua che incontrava la mia. Anche se non avevo esperienza, a quel punto mi sembrò di compiere un gesto automatico, come se lo avessi già fatto molte altre volte. Gli morsi il labbro inferiore, prima di separarmi da lui. Non ne avevo la minima voglia. 
‒ Ness, tu mi farai impazzire ‒ disse, continuando a guardarmi negli occhi.
‒ Penso di averlo fatto già ‒ risposi, soddisfatta. Dov'era finita la Renesmee di sempre? Quella ragazza timida, che non si era mai fatta avanti con un ragazzo? Jake mi sorrise, annuendo alla mia affermazione.
‒ E comunque, Jake, prima mi stavi dicendo qualcosa ‒ proseguii a dire, riprendendo il discorso che era stato interrotto dall'arrivo della cameriera. Jake si passò entrambe le mani sulla fronte, spostandosi un ciuffo di capelli liscissimi e neri più lungo degli altri. Poi, prese un respiro profondo e tornò a parlare. 
‒ Sai perché sono così teso? ‒ mi domandò.
‒ Non si risponde a una domanda con un'altra domanda ‒ gli feci notare, strappandogli un altro sorriso. ‒ Sei teso perché hai paura di come io possa reagire. So che hai parlato con Seth ‒ gli risposi. 
‒ Sì... Seth mi ha detto che sai tutto, del fatto che io conoscessi tua madre ‒ proseguì a dire, con riluttanza. ‒ E voglio che tu sappia una cosa. Sabato sera, quando ci siamo conosciuti, non avevo la più pallida idea del fatto che tu fossi la nipote di Charlie. Non ti ho mai mentito, neanche per un solo istante. 
‒ Non l'ho mai pensato, Jake ‒ gli risposi. ‒ Sono io ad aver sbagliato, semmai. Ma ho comunque una cosa da chiederti.
‒ Dimmi. 
‒ Tuo padre e mio nonno sono migliori amici, giusto? Perciò... come facevi a non sapere che io fossi proprio la nipote di Charlie e la figlia di Bella? ‒ Nel sentire il nome di mia madre, vidi Jake abbassare lo sguardo. 
‒ E' una lunga storia, Ness. E probabilmente non ti piacerà ‒ mi rispose. 
‒ Raccontamela... Potrei anche sorprenderti ‒ gli dissi, con uno sguardo di sfida.
‒ Procediamo per gradi, che ne dici? Parlami di te, ed io ti parlerò di me... Non lasciamo che ciò che sto per dirti cambi ciò che sta nascendo tra noi. 
‒ Sono felice che lo pensi ‒ gli dissi. 
‒ Certo che lo penso. Altrimenti non ti avrei baciata. ‒ In quel momento arrivò la cameriera con le nostre ordinazioni, che sicuramente aveva sentito almeno l'ultima parte della frase detta da Jake. 
‒ Gradite altro? ‒ domandò, poggiando i piatti in tavola.
‒ Per ora siamo a posto ‒ rispose Jake per me, dopodiché la cameriera se ne andò via. 
‒ Stai arrossendo di nuovo ‒ mi fece notare, poggiandomi una mano sulla guancia e sfiorandola delicatamente. ‒ Sei... così bella, quando lo fai.
‒ Maledetta carnagione da vampiro ‒ borbottai, assecondando quel breve contatto. ‒ Va bene, Jake. Conosciamoci meglio, vista la mia geniale idea di giocare a fare la ragazza del mistero. 
‒ Seth mi ha detto perché non volevi che si sapesse che sei la nipote di Charlie Swan: non volevi che qualcuno di noi pensasse che ti aveva portato con lui solo per far contento Charlie.
‒ E' così ‒ risposi. 
‒ Non lo avremmo mai pensato. E poi, puoi passare benissimo per un ragazza più grande ‒ mi rispose.
‒ Ma se mi danno ancora diciassette anni ‒ ribattei, ed era vero.
‒ Quando ti ho sentita parlare, ho pensato che ne avessi almeno venti. E poi, che importa? L'unica cosa che mi spaventa è che potremmo avere dei desideri diversi, ma a parte questo... 
‒ Tra le mie cotte per uomini famosi - parlo di attori e cantanti che mi piacciono - è pieno di uomini che hanno anche trenta o quarant'anni più di me. Perciò, credo proprio di avere un problema con i miei coetanei ‒ gli confessai. Era vero, in fondo... Se contiamo anche la mia cottarella adolescenziale per Seth, di cui non gli avrei detto nulla.
‒ Non ne sono sorpreso. Non mi sembri affatto una ragazzina, anche adesso che stiamo parlando. ‒ Iniziò a mangiare, e mi decisi anch'io ad addentare una delle mie bruschette. Erano buone, e finalmente mi venne un po' di appetito.
‒ Buona? ‒ domandò Jake.
‒ Sì. ‒ Subito dopo, mi offrì uno dei suoi ravioli, prendendolo con la forchetta e avvicinandolo alla mia bocca. Assecondai quel gesto, un gesto da fidanzati
‒ Allora, ti piace? ‒ mi chiese subito dopo.
‒ Cavolo, sì! Cucinano davvero bene, in questo posto ‒ commentai, per poi bere un sorso d'acqua.
‒ Comunque ‒ proseguii a dire, ‒ ci sono tante cose che non ti ho detto di me. Mi sembra il momento giusto per farlo.
‒ Renesmee Carlie Cullen... non mi avevi detto di avere un secondo nome, ad esempio ‒ mi rispose Jacob. Era vero, non glielo avevo detto. Lo aveva scoperto dal mio profilo Facebook.
‒ Be', mia madre ha unito i nomi dei miei nonni. Renesmee sta per Renée e Esme. Renée è la mia nonna materna, Esme è la mia nonna paterna. E Carlie è l'unione di Carlisle e Charlie ‒ gli spiegai.
‒ E' originale ‒ mi rispose, sorridendo.
‒ Originale o ridicolo? Sii sincero ‒ gli domandai. ‒ Mio padre dovette litigare con il tizio dell'anagrafe, per farmi mettere il nome Renesmee. E a scuola mi hanno preso in giro tante di quelle volte per il fatto che fosse strano, che ho perso il conto. A me è sempre piaciuto, mi rende unica.
‒ E’ bellissimo, e lo penso davvero. Ha un non so che di musicale. E chi ti ha preso in giro era senz'altro un coglione ‒ mi disse. 
‒ Grazie, Jake. ‒ Diedi un altro morso alla mia bruschetta, e poi proseguii a parlare. ‒ Sai, quando sono nata i miei genitori avevano soltanto diciotto anni. Hanno fatto una scelta coraggiosa, probabilmente se capitasse a me non me la sentirei di stravolgere la mia vita. E ogni volta che mia madre sospetta che io abbia un ragazzo, mi fa il discorso.
‒ Chissà quanti ragazzi avrai intorno ‒ mi rispose, con una punta di gelosia.
‒ Ti riferisci ai casi umani sui social network o ai coglioni della mia scuola? Sono decisamente una vasta scelta, Jake. ‒ Mi venne da ridere, e lui mi seguì a ruota. 
‒ Sai, Ness ‒ mi rispose. ‒ Ieri pomeriggio, quando ci siamo baciati... io ho capito di essere il primo. ‒ Arrossii per l'ennesima volta.
‒ Sono stata così pessima? ‒ domandai. ‒ Da cosa lo hai capito? 
‒ Non saprei, l'ho capito e basta. Inizialmente eri inesperta, ma poi ti sei lasciata andare. Ti sei fidata di me, e credimi... non mi sarei fermato, se non avessi capito che per te era tutto nuovo ‒ mi confessò. Cambiai discorso, perché iniziai letteralmente a sentire caldo.
‒ C'è un'altra cosa che non ti ho detto, Jake: suono il piano, ho ripreso da poco a farlo. E questa mattina, mia zia Alice mi ha fatto una richiesta particolare. 
‒ Quale? 
‒ Quella di suonare il piano al matrimonio di Charlie. Visto che sono sua nipote, sarebbe una cosa carina. E così, ho scelto il brano di testa mia. ‒ Vidi Jake soprappensiero.
‒ Sarò presente anch'io al matrimonio di Charlie e Sue ‒ mi disse.
‒ Lo immaginavo, Jake. 
‒ Allora, quale brano hai scelto? Non vedo l'ora di vederti suonare ‒ mi rispose, incuriosito. 
‒ Non solo suonerò, ma canterò anche. Non te lo dico, lo scoprirai il giorno del matrimonio ‒ lo provocai.
‒ Sei piena di qualità, Ness. Sei una persona speciale, ecco perché sono teso. Perché non voglio perderti ‒ mi rispose.
‒ Neanche io voglio perderti. Dai, ora parlami un po' della tua famiglia... Sai, ieri ho visto le foto di tua madre appese alle pareti, e quando hai nominato il suo nome ti ho visto cambiare espressione. Cosa è successo con lei? ‒ Ripensai alla mia ipotesi, quella dell'incidente stradale in cui anche Billy era rimasto coinvolto. Forse ero stata scortese e insensibile a fargli quella domanda, e me ne pentii subito dopo. ‒ Non sei costretto a rispondere, scusami.
‒ Non scusarti. Vedi... mia madre è morta quando ero piccolo, ecco perché mi hai visto cambiare espressione. Mamma ebbe un incidente stradale, per colpa di un  ubriaco del cazzo, alla guida di un camion. Forse è anche per questo che ho sviluppato un interesse per le auto, le ho promesso che sarei stato talmente bravo a guidare che non mi sarebbe mai accaduto nulla di male. Magari è stupido, ma mi ha aiutato.
‒ Oh, Jake... Scusami, non volevo farti intristire. E non c'è proprio nulla di stupido. Tua madre è sicuramente orgogliosa di te, ovunque sia adesso. ‒  Jake mi regalò uno stupendo sorriso.
‒ Chiedimi tutto quello che vuoi, okay? Purtroppo non ricordo molto di mia madre, le mie sorelle erano più grandi e per loro fu più difficile elaborare il lutto. Rachel e Rebecca sono gemelle, e quindi avevano la stessa età quando mamma ebbe l'incidente. Rebecca, quando compì diciotto anni, se ne andò a vivere alle Hawaii. La Push per lei era piena di ricordi dolorosi. Sono felice per lei, suo marito è una brava persona e mio nipote è un bambino adorabile.
‒ Hai un nipote? ‒ gli domandai.
‒ Sì, William. Billy Junior... Come papà. E non dirlo a nessuno, ma anche Rachel e Paul stanno per rendermi zio ‒ mi confessò.
‒ E' una bella notizia, no? Tu e Rachel mi sembrate molto legati ‒ gli dissi, da ciò che avevo percepito vedendoli insieme.
‒ Lo siamo, lei è stata quasi una mamma per me. Sai, mio padre è finito in sedia a rotelle per le complicazioni del diabete, e lei mi è stata molto vicina anche in quel periodo. Per fortuna, papà è un uomo forte. Gli voglio un gran bene. ‒ Avvicinai di nuovo la mia mano alla sua, lasciando che Jake la stringesse.
‒ Credevo che tuo padre avesse perso l'uso delle gambe nell'incidente ‒ gli dissi. ‒ Mi dispiace che tu abbia sofferto, e tuo padre mi sembra davvero una brava persona. Sono felice che lui e Charlie siano amici.
‒ No, mamma era da sola in macchina quando ebbe l'incidente...
‒ Ora basta parlare di cose tristi, okay? ‒ gli dissi. Fui io ad avvicinare la sedia a lui, spostando anche il mio piatto e le posate per stargli più vicina. Appoggiai il mio viso alla sua spalla. 
‒ Che bel panorama, Jake. ‒ Guardai dalla finestra, il cielo era ormai di un bel blu scuro e le nuvole erano scomparse. Si vedevano tante piccole luci in lontananza. 
‒ Ti piace la notte? ‒ mi domandò.
‒ Sì, mi piace. Senza il buio non vedremmo le stelle. ‒ Era una frase che ripeteva spesso papà, e con la quale mi trovavo d'accordo. 
‒ Hai proprio ragione ‒ mi rispose. Avevamo finito di mangiare, e Jake mi chiese se volessi ordinare un dolce. Preferii aspettare.
‒ Be', ora che sappiamo molte più cose l'uno dell'altra, è giunto il momento ‒ mi disse, abbassando per un attimo lo sguardo. 
‒ Sì, Jake. Sai, prima di andare al falò, sabato sera, mia madre mi ha detto che anni prima aveva spezzato il cuore ad un ragazzo della Riserva. Poi ho messo insieme i pezzi, e ho pensato che potessi essere tu ‒ gli rivelai. 
‒ E questo che effetto ti fa? ‒ mi domandò.
‒ All'inizio, è stato strano. Ma ora, se tu mi confermassi questa ipotesi, tra noi non cambierebbe assolutamente nulla. Perché mi piaci, Jake, e non mi importa del resto. ‒ Lo guardai, incantandomi a contemplare la bellezza del suo viso. Il colore ambrato della sua pelle, che trasmetteva calore. E i suoi occhi, due carboni ardenti. Cioccolato fondente fuso. 
‒ Sono io quel ragazzo, Renesmee ‒ mi rispose, confermando le mie teorie. 
‒ Va bene, Jake. Dico davvero, non cambia nulla. 
‒ Hai gli stessi occhi di Bella, lo sai? Le ho sempre voluto bene, anche se non ci siamo più parlati. Non so neanche come ci comporteremo il giorno del matrimonio di Charlie e Sue ‒ mi disse, scuotendo la testa.
‒ Be'... sono passati diciotto anni. Se le vuoi bene è ora di mettere da parte le vostre incomprensioni. Mi stupisco di mia madre, non è da lei comportarsi in questo modo. 
‒ Non è stata Bella a non volermi più vedere, sono stato io. E' stata colpa mia. Avevo sedici anni, ero un ragazzino immaturo. Poi Bella e Edward si sono trasferiti a Jacksonville, e così io e tua madre non abbiamo mai appianato le nostre divergenze. Sei sicura di voler conoscere tutta la storia? ‒ mi chiese. ‒ Forse Bella non ne sarebbe felice. Così come non sarebbe felice di sapere che stiamo uscendo insieme.
‒ Sono maggiorenne, a settembre compirò diciannove anni. So ragionare con la mia testa, e so che sei una brava persona. Voglio sapere cosa è accaduto tra voi, Jake. Tra noi non è cambiato niente, visto? ‒ lo rassicurai. Avvicinai di nuovo il mio volto al suo, dandogli un bacio leggero sulle labbra. In quel momento capii una cosa: il problema non era aver avuto la conferma che Jake e mia madre un tempo erano stati più che amici. Ma come avrebbero reagito i miei quando avrebbero capito che tra noi stava nascendo qualcosa?

***
Ciao! Ho notato che le persone che hanno inserito la storia tra le seguite e le preferite sono aumentate ancora, mi fa piacere! 
La frase "Mi piace la notte. Senza il buio non vedremmo mai le stelle", in Twilight viene pronunciata da Bella. Capirete più avanti perché qui Renesmee dice di averla sentita da Edward.
Mi farebbe piacere conoscere le vostre opinioni, rinnovo l'invito a lasciarmi una recensione. 
Alla prossima settimana ;)
Greta

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


CAPITOLO 10
 
Jacob
Mi sentivo bene, come se mi fossi liberato di un peso. Avevo detto la verità a Renesmee, e lei non mi aveva voltato le spalle. Era già qualcosa, anche se avevo la sensazione che i problemi fossero appena cominciati. Renesmee si era dimostrata molto matura per avere soltanto diciotto anni e mezzo, e mi diedi mentalmente dello stupido per aver pensato che mi avrebbe fatto una scenata. I problemi sarebbero sorti dopo, quando Bella e Edward avrebbero scoperto che tra me e la loro figlia era nata una simpatia. Sì, proprio una simpatia... chi volevo prendere in giro? Quel venerdì, al matrimonio di Charlie e Sue, ci saremmo ritrovati tutti e quattro nello stesso posto: Bella, Edward, Renesmee ed io. Forse era il caso di incominciare a preoccuparmi.
Ness ed io ci eravamo baciati di nuovo, ed ero pronto a raccontarle la storia di come erano andate le cose tra me e Bella. Dovevo farlo senza mettere in cattiva luce quelli che erano i suoi genitori, compreso suo padre. Dopo tutti quegli anni mi ero reso conto che il mio modo di vedere le cose era cambiato, avevo finalmente capito di aver sbagliato a non voler più avere nulla a che fare con Bella. L'avevo sicuramente fatta soffrire. E' vero, lei aveva fatto una scelta tra amicizia e amore, ma ero stato io a metterla di fronte a quella decisione così drastica. Possibile che fossi così idiota a sedici anni? Il fatto che dopo tutti quegli anni stessero ancora insieme, era la prova che Edward era davvero l'amore della sua vita. 
Lasciai un attimo da parte i miei pensieri per voltarmi verso Renesmee, che aveva avvicinato la sua sedia alla mia e che aveva visibilmente voglia di starmi accanto il più possibile. Avevamo deciso di prendere un dolce, dopodiché saremmo usciti dal ristorante per andare da un'altra parte. Ci eravamo presi una pausa dal discorso Bella, parlando di cose più frivole. Ness mi aveva raccontato che per venire a Forks per il matrimonio di suo nonno aveva dovuto rinunciare ad un viaggio a Los Angeles con gli amici, e che il giorno seguente le avrebbero comunicato ufficialmente se era stato possibile posticiparlo o no. E poi mi aveva detto un'altra cosa, che mi aveva fatto sciogliere: che quando mi aveva conosciuto, era stata felice di essere a Forks. Felice perché aveva conosciuto me. Mi sentii come un adolescente, per l'ennesima volta in soli tre giorni. Mi sembrava di essere finito in una di quelle sciocche commedie nelle quali i protagonisti avevano a disposizione un lasso di tempo limitato per innamorarsi e stare insieme. Eppure, ero certo che neanche la lontananza avrebbe fatto svanire le sensazioni che Renesmee mi provocava... Sentivo di poter essere totalmente me stesso, quando ero con lei. Non come con le ragazze che avevo conosciuto in quegli stupidi appuntamenti combinati che mi organizzavano i miei amici.
‒ Ne vuoi un po'? ‒ mi chiese Renesmee, distraendomi ancora dai miei pensieri. Aveva ordinato un gelato con cioccolato, caramello e panna, e me ne offrì un cucchiaino. 
‒ Se non ti schifi, volentieri ‒ le risposi, facendola sorridere. In cambio, le offrii un pezzo della mia crostata ai mirtilli.
Per la prima volta, mi resi davvero conto di quanto somigliasse a Bella: aveva le sue stesse espressioni e alcuni tratti del viso molto simili ai suoi, somiglianze che fino al giorno precedente mi sarei rifiutato di notare. Gli occhi, quegli occhi marroni così caldi e intensi, erano stati l'unico indizio che mi aveva ricondotto a Bella.
Mi ritrovai anche a pensare al fatto che Renesmee aveva più o meno la stessa età di Bella quando io mi ero innamorato di lei. E poi, l'ennesima riflessione: alla sua età, Bella era già madre. Quel pensiero mi fece sentire di nuovo in colpa, Ness era così giovane... 
‒ A cosa pensi? ‒ mi domandò ad un certo punto, rivolgendomi un sorriso sghembo. Quello, decisamente, non era tipico di Bella. Era impossibile non notare il fatto che somigliasse molto anche a suo padre, i suoi lunghi capelli mossi erano dello stesso castano bronzeo che aveva quel Cullen. Edward, mi corressi mentalmente. Era il padre di Renesmee, e non potevo continuare a considerarlo come il mio ex rivale in amore. E poi, il fatto che lei sapesse suonare il piano mi fece immediatamente pensare al fatto che doveva aver ereditato quella passione proprio dal padre. Era assurdo, non mi sarei mai sognato in vita mia che un giorno sarei stato felice del fatto che Bella avesse scelto Edward, invece che me. Che, se l'Universo non avesse fatto in modo che quei due si scegliessero, se Bella non fosse rimasta incinta... quella sera non sarei stato in compagnia della ragazza straordinariamente intelligente e bella che era Renesmee. 
Che lei avrebbe potuto avere la pelle ambrata come la mia, chiamarsi con un nome diverso ed essere... mia figlia. La figlia mia e di Bella.
Dovevo assolutamente smettere di pensarci, prima che lei si accorgesse che stavo pensando a qualcosa che mi aveva turbato.
‒ Non hai idea di quanto tu mi abbia reso felice. Ecco a cosa penso ‒ le risposi. Era la verità, anche se in quel momento non avevo potuto dirle quali erano stati i miei veri pensieri. Ness mi si avvicinò di nuovo, accoccolandosi addosso alla mia spalla. Mi voltai per guardare ancora quegli occhi color cioccolato, incredibilmente dolci ma anche furbi e indagatori.
‒ Anche tu, Jake. Credimi, sono davvero sollevata. Ora il problema sarà dire ai miei genitori che noi due ci conosciamo... Non voglio dirgli niente, per ora ‒ mi disse, preoccupata.
‒ Tempo al tempo, Ness. Non è il caso di correre troppo, ci penseremo quando sarà il momento. ‒ Renesmee annuì, tranquillizzandosi. Le cinsi di nuovo le spalle nude, coperte solo dai suoi capelli lunghissimi. Si era messa una canottiera verde acqua senza spalline, un paio di pantaloncini neri e degli stivaletti estivi con le borchie. Era poco più alta di Bella, altro tratto che le accomunava. Ma aveva un modo di vestire molto diverso da quello di sua madre, sembrava piuttosto sicura di sé e della sua bellezza, e faceva bene ad esserlo. Eppure, quando ci eravamo conosciuti al falò in spiaggia mi era sembrata anche piuttosto timida, proprio come lo era Bella. E quella frase sul buio e le stelle che mi aveva detto poco prima l'avevo sentita dire anni prima proprio da Bella, l'aveva scritta anche sul suo diario di scuola.  Chissà se Ness lo sapeva. 
‒ Jake, scusa se insisto, ma non hai ancora risposto alla domanda che ti ho fatto prima: come facevi a non sapere chi fossi, se Billy e mio nonno sono amici? ‒ Ecco, quella domanda mi preoccupava parecchio. Ma non potevo e non volevo nasconderle le cose. 
‒ Be', probabilmente mi darai dell'idiota ‒ le risposi, prima di dirle qual era il motivo.
‒ Tutti siamo stati idioti, almeno una volta nella vita ‒ mi rispose, e a quel punto mi decisi a parlare. Sperai che non si sentisse offesa da ciò che stavo per raccontarle.
‒ Vedi, Ness... Quando scoprii che Bella era rimasta incinta, ero ancora... ‒ Non volevo dire innamorato, così feci un giro di parole. ‒ Speravo ancora che tra noi sarebbe potuto nascere qualcosa. Ma quella notizia, fece andare in fumo tutte le mie speranze ‒ le spiegai. ‒ Sicura che non ti metta a disagio parlarne?
‒ No, Jake... Non posso essere gelosa per qualcosa che è accaduto prima della mia nascita ‒ mi rispose, dimostrandosi ancora una volta più matura di me. 
‒ Be', sta di fatto che chiesi a mio padre un favore: quello di non parlarmi più di Bella, anche se lui veniva a sapere le cose da Charlie. Ma il posto è piccolo, e le voci corrono.
Così, quando seppi che Bella aveva partorito, inizialmente non ho voluto sapere neanche se il bambino fosse maschio o femmina, né tanto meno come si chiamasse. E' stato un comportamento dannatamente infantile, lo so. Poi, un anno dopo la tua nascita, Bella e Edward ti portarono a Jacksonville, e per certi versi ne fui sollevato. Era un'occasione per andare avanti, per smetterla di pensare a Bella. Ormai aveva una famiglia, continuare a starci male sarebbe stato sbagliato. ‒ Renesmee mi guardò negli occhi, leggendovi dentro il senso di colpa. 
‒ Non odiavi me, ma l'idea di averla persa... Quanto ci hai messo per dimenticarla? ‒ mi domandò.
‒ Un bel po' di tempo, Ness. Ciò che mi diede fastidio è che lei non fece nulla per risolvere le cose tra noi, ma io avevo innalzato un muro e non avevo reso affatto le cose semplici. Mio padre provò tante volte a dirmi che stavo sbagliando, ma come ti ho detto prima... ero ancora un ragazzino, stupido e immaturo. 
‒ Non voglio giudicarti ‒ mi rispose Renesmee. ‒ Sai, in realtà posso anche capirlo il tuo comportamento, e il tuo atteggiamento di chiusura... Forse reagirei così anch'io, se mi capitasse la stessa cosa. Mettiamo l'ipotesi che quando io sarò tornata a Jacksonville, tu conosca un'altra ragazza. Mettiamo anche che lei resti incinta, e che io lo venissi a sapere tramite Seth o Leah. Credo che mi sentirei da schifo, e che sarei arrabbiata. Non frequenterai un'altra ragazza, quando sarò tornata a casa... vero? ‒ mi punzecchiò. 
‒ No, Renesmee. Piuttosto che uscire con un'altra ragazza che non sia tu, preferirei farmi prete ‒ le risposi, ridendo. Mi sorrise lusingata, offrendomi un altro cucchiaino di gelato. Io avevo già finito, e anche a lei mancava poco. 
‒ Comunque, il bambino di Bella - me - rappresentava l'aver perduto la ragazza per cui provavi dei sentimenti. E in ogni caso, anche se avessi sentito per sbaglio il mio nome, te ne saresti di certo dimenticato. Come ti ho detto, molti non sanno pronunciarlo, e se ne dimenticano. ‒ Forse aveva ragione, magari lo avevo sentito ma senza farci troppo caso. 
‒ Ed io lo pronuncio bene? Puoi correggermi ‒ le dissi, mentre finiva di mangiare il suo gelato. 
‒ Tu sì, lo pronunci bene. E in fondo non è difficile, si legge come si scrive. Tranne la doppia e, quella non si legge. Come nel nome Renée. ‒ Bevve un sorso d'acqua.
‒ In realtà, credo che se lo avessi sentito da qualcuno, me lo sarei ricordato ‒ le risposi. ‒ Un nome unico per una persona speciale... Ho riversato la mia frustrazione su una bambina che non aveva colpe, e che oggi è una ragazza straordinaria. Detta così, non ti merito. ‒ Le feci storcere il naso.
‒ Sei troppo severo con te stesso, Jake ‒  mi tranquillizzò, sporgendosi verso di me. Dopo alcuni minuti chiedemmo il conto. Ness tirò fuori il suo portafogli, ma la fermai subito e le offrii la cena. Aveva come una certa fretta di uscire fuori dal ristorante e di rimanere sola con me, ma in realtà c'era una cosa che volevo evitare: quella di mettermi in situazioni equivoche con lei. Era troppo presto per lasciare che andassimo oltre i baci, lo era per svariati motivi. 
Primo, perché lei non aveva esperienza. Aveva dato il suo primo bacio proprio al sottoscritto, il giorno precedente.
Secondo, perché non volevo accelerare le cose, non volevo che poi potesse pentirsene. 
Terzo, perché sarebbe stato difficile dirle di no... E se per puro caso Edward fosse venuto a saperlo, le mie possibilità di continuare a frequentare Renesmee si sarebbero azzerate. Certo, lei era maggiorenne, ma io ero il ragazzo che, a suo tempo, aveva provato a portargli via Bella. Il mio curriculum era già macchiato, e Edward, da quel che ricordavo, era un tipo molto protettivo. Immaginai che lo fosse anche con sua figlia, motivo di più che Ness era bellissima e piena di qualità.
 
Quando uscimmo dal ristorante, le dissi che saremmo tornati più tardi a riprendere la sua auto - la Volvo di sua nonna Esme - e al momento avremmo preso la mia.
‒ Prego, signorina ‒ le dissi, aprendole la portiera. Volevo trattare Renesmee come una principessa, certi gesti mi venivano del tutto spontanei. Non li facevo soltanto per farmi bello ai suoi occhi.
‒ Dove mi porti? ‒ mi chiese. 
‒ Dobbiamo finire di parlare, Ness. E dopo, mi dirai che cosa hai voglia di fare.
‒ Okay, Jake. ‒ Mi sorrise. Guardando l'orario sul cruscotto, fui felice di scoprire che era ancora presto e che quindi avevamo ancora diverse ore da passare insieme. Accesi la radio, e Renesmee fu contenta nel notare che era sintonizzata sulla stessa stazione di musica rock che ascoltava abitualmente. Ad un certo punto, passarono una canzone dei Muse. Nonostante mi piacessero, mi ricordavano Bella: non li avevo più ascoltati a cuor leggero per un lungo periodo di tempo, salvo poi capire che associare la musica a una persona era infantile.
‒ Ti piacciono i Muse? ‒ mi domandò Renesmee. 
‒ Sì, anche se per un periodo non li ho più ascoltati. Mi facevano pensare a una persona.
‒ A mia madre ‒ rispose Ness, ‒ ho indovinato? Lei li adora, siamo andate anche insieme a diversi loro concerti.
‒ E' così, Ness. O meglio, era così. Poi mi è passata, ho fatto anche delle cover ‒ le dissi.
‒ Lo so ‒ mi rispose, con l'aria di chi la sapeva lunga. ‒ Dal profilo Instagram di Seth, sono risalita alla pagina dei Black Wolves. Le vostre cover sono davvero belle.
‒ Sono felice che tu le abbia trovate belle. Sono proprio curioso di vederti cantare e suonare il piano al matrimonio di Charlie ‒ le risposi. 
Dopo poco tempo, ci fermammo in uno spiazzo davanti alla spiaggia. Scendemmo dalla macchina, e ci andammo a sedere sopra ad un muretto. Eravamo solo noi due, anche se, ogni tanto, alcuni ragazzi si fermavano a guardare il panorama dell'oceano illuminato dalla luce della luna. 
‒ Come vi siete conosciuti tu e mia madre? ‒ mi domandò Ness, senza mostrare più alcun imbarazzo. Ormai aveva accettato la cosa, e voleva dimostrarmi che parlarne non le provocava alcun fastidio. Sperai che non lo stesse facendo solo per me.
‒ Be', come sai tua madre venne a vivere a Forks quando aveva diciassette anni. Io ne avevo quindici, ero proprio un ragazzino ‒ le risposi. ‒ Sai perché venne a Forks?
‒ Certo, mia nonna Renée in quel periodo seguiva nonno Phil in trasferta. Phil giocava a baseball, ora è in pensione ‒ mi spiegò, ricordavo vagamente quel particolare.
‒ Verranno al matrimonio di Charlie? ‒ le domandai, stupidamente.
‒ No Jake. Però nonno Charlie e nonna Renée sono rimasti in buoni rapporti. 
‒ C'è qualcosa che mi sono perso in questi anni? Bella ha fratelli? ‒ le domandai, ricordando che Renée era molto giovane. 
‒ Vuoi sapere se Renée e Phil hanno avuto un figlio? ‒ mi rispose. ‒ Sì, si chiama Robert. Ha un anno meno di me, lo considero più un cugino che uno zio. E' in vacanza studio, adesso. ‒ Cavolo, Bella aveva un fratello più piccolo di sua figlia ed io non ne sapevo nulla... Mi ero perso davvero molte cose, in quegli anni.
‒ Ne sei sorpreso? ‒ mi domandò, ed io non potei che annuire. ‒ Se te lo stai chiedendo, io invece sono figlia unica. ‒ In effetti, me lo ero chiesto.
‒ Tornando al nostro discorso, Ness... Quando Bella venne a Forks, Charlie le regalò un'auto. Ricordi il vecchio pick-up Chevy rosso? Lo avevo riparato io, e mio padre lo vendette a Charlie facendogli una buona offerta. ‒ Vidi Renesmee abbassare lo sguardo, chissà quale ricordo le aveva evocato il pick-up.
‒ Sì, me lo ricordo ‒ si limitò a rispondere. 
‒ Un giorno Bella venne a First Beach, qui a La Push, con i suoi compagni di scuola. Ci incontrammo per caso, e con l'occasione le dissi che era stato mio padre a vendere la macchina a Charlie. Facemmo amicizia, Bella conosceva le mie sorelle e da piccola giocava con loro. A volte giocava anche con me, potevamo dire di essere amici d’infanzia. Da quel giorno, continuammo ad essere amici. 
‒ E... in tutto ciò, lei ha conosciuto mio padre e le cose tra voi sono cambiate ‒ mi rispose. ‒ E' così?
‒ Non proprio, lei e tuo padre si erano già conosciuti a scuola ‒ le spiegai. ‒ Per Bella ero un amico, mentre per me lei era qualcosa in più. Ma Bella era innamorata di Edward, era innamorata persa. Le cose cambiarono quando tuo padre lasciò tua madre ‒ proseguii a dirle, sperando che Bella le avesse raccontato la sua storia. Non volevo pensare che era stata bugiarda con sua figlia.
‒ Di questo so tutto. Papà ha sbagliato. Litigarono per questioni legate al college, per il fatto che li avrebbe portati a stare lontani. In quel periodo offrirono un posto di lavoro come primario a nonno Carlisle in un ospedale di New York, e papà decise di seguirlo durante il periodo di prova. Pensava che lasciando mamma avrebbe fatto la cosa giusta per lei. ‒ La vidi sbuffare.
‒ Fu in quei mesi che io e Bella ci avvicinammo molto ‒ le spiegai. ‒ Poi Carlisle si trovò male, e decise che sarebbe tornato a Forks. Così, quando tornò Edward, tua madre scelse lui.
‒ E dopo poco tempo, scoprì di aspettare me ‒ rispose Renesmee. ‒ Non ha incastrato papà, se te lo stai chiedendo. 
‒ Non l'ho mai pensato ‒ le dissi. ‒ E in ogni caso, sono felice di come siano andate le cose... Altrimenti oggi non saresti qui. ‒ Renesmee mi sorrise. 
‒ Sono cresciuta con l'avvertimento di prendere tutte le precauzioni possibili, per non rimanere incinta a diciotto anni ‒ mi spiegò. ‒ Ammiro mia madre per avermi tenuta, ma come ti ho già detto credo che io farei una scelta diversa. 
‒ Non posso biasimarti, Ness. Sei molto giovane, e i tempi sono cambiati.
‒ Sei sicuro che la differenza di età non sia un problema, per te? ‒ mi domandò, preoccupata. ‒ Mi sembra di capire che tuo padre si aspetta che tu metta su famiglia, che ti sposi... Ed io non avevo mai baciato nessuno prima di te, sono ancora una ragazzina. ‒ Si rabbuiò. 
‒ Non mi importa ‒ le risposi. ‒ Se due persone desiderano stare insieme, supereranno ogni ostacolo. Non ho fretta, né di sposarmi e né di avere figli. E se i tuoi genitori non mi uccideranno, niente e nessuno potrà allontanarmi da te. ‒ Renesmee mi venne più vicina, lasciando che la abbracciassi. 
‒ Sia chiara una cosa, Renesmee: non mi piaci perché mi ricordi Bella, mi piaci perché sei tu. Non pensare mai il contrario. ‒ La vidi sorridere.
‒ Non lo avrei mai pensato, Jake. ‒
In quel momento mi sentii leggero, e misi da parte tutte le preoccupazioni.
 
Quando tornammo in macchina, ormai non c'era più nessuno nei paraggi. Ci fu un attimo di silenzio, dopodiché Renesmee venne a sedersi in braccio a me. Ci baciammo di nuovo, e mi accorsi che lo stava facendo in modo molto meno composto di quando eravamo al ristorante. Le sue labbra si spostarono sul lobo del mio orecchio destro, dopodiché scese a baciarmi il collo, slacciandomi il primo bottone della camicia. Era totalmente a suo agio con me, tanto da sorprendermi. 
‒ Nessie ‒ sussurrai, chiamandola con il soprannome che utilizzavo soltanto io, ‒ che cosa stai facendo?
‒ Jake... che domande fai? ‒ mi rispose, guidando le mie mani sulla sua schiena. Il gancetto del suo reggiseno era a portata di mano, avrei potuto sganciarglielo nel giro di un secondo, ma mi limitai ad accarezzarle la schiena.
‒ Non ancora ‒ le risposi, poggiando la mia fronte sulla sua. Renesmee si mise più comoda, mettendo sempre più a dura prova il mio autocontrollo. Aveva diciotto anni, era normale che i suoi ormoni a volte prendessero un po' il sopravvento. In quel caso, dovevo essere io quello maturo e responsabile.
‒ Il sesso è un passo importante, Renesmee. La tua prima volta sarà qualcosa che ricorderai per sempre. ‒ Cercai di dissuaderla.
‒ Non c'è nessun altro con cui vorrei farlo, accadrà comunque ‒ ribatté.
‒ Accadrà comunque, e sarà speciale. Ma non qui e non oggi. Non in un parcheggio ‒ insistetti.
‒ Concedimi solo... qualcosa in più di un bacio ‒ mi disse, a quel punto. Era esattamente la situazione che volevo evitare. La desideravo, ma mi ero fatto una promessa. E al tempo stesso, non volevo che pensasse che la stavo rifiutando. 
‒ Qualcosa in più di un bacio... nulla di più ‒ le risposi. Le slacciai il reggiseno, sfiorando con le mie mani quella pelle di luna, le sue rotondità. Vi poggiai le labbra, e la sentii sospirare. Renesmee chiuse gli occhi e prese un respiro profondo, dopodiché la strinsi forte a me e la baciai tra i capelli.
‒ Basta così ‒ le dissi. ‒ Non serve andare di fretta, giusto?
‒ Sì ‒ mi rispose. 
La abbracciai, sempre più convinto di non voler lasciarla andare.
A costo di farmi uccidere da Edward Cullen.

***
P.S. Robert, figlio di Renée e Phil, è un personaggio di mia invenzione che ho introdotto nella fanfiction "Eternity", il mio seguito della Saga di Twilight incentrato sempre su Renesmee e Jacob (ma nell'universo canon della saga). 

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


CAPITOLO 11
 
Renesmee
Passarono i giorni, e in un batter d'occhio mi ritrovai a giovedì. Il giorno seguente ci sarebbe stato il matrimonio di nonno Charlie, ed io ero agitata per il fatto che i miei genitori e Jacob si sarebbero ritrovati nello stesso posto. Con me presente.
Alcuni giorni prima lui ed io avevamo messo in chiaro le cose, avevo scoperto che era proprio Jake il ragazzo di cui mi aveva accennato mia madre, quello a cui lei aveva spezzato il cuore anni prima. Le mie supposizioni erano state corrette, ma ciò non aveva minimamente intaccato il fatto che Jake mi piacesse. Lo stesso valeva per lui, nessuno di noi ne aveva fatto un dramma.
Nel frattempo, Christina mi aveva anche comunicato una fantastica notizia: il nostro viaggio a Los Angeles era stato spostato al 7 di agosto. Sarei partita con Chris, Stella, Thomas ed altri nostri amici, sia ragazzi che ragazze. Ovviamente tra loro non c'era nessuno che mi piacesse in quel senso, e mi ero ritrovata a pensare al fatto che sarebbe stato bello invitare Jake. Sogno che sarebbe rimasto irrealizzato, visto che lui aveva un lavoro e che si sarebbe sentito in imbarazzo in mezzo ad altri ragazzi della mia età. 
Ripensai a ciò che era accaduto quel lunedì, quando avevo lasciato che Jake mi sfilasse la maglietta e mi togliesse il reggiseno. Avevo permesso che le sue mani e le sue labbra si posassero sulla mia pelle, con il desiderio di andare oltre... Ci eravamo visti ancora, ma lui era stato piuttosto chiaro: era troppo presto per il sesso, e a mente lucida dovevo ammettere che aveva ragione. Che io stessa non ero pronta a spingermi oltre, perché erano passati solo pochi giorni. Pochi giorni in un cui la mia vita era stata stravolta da sensazioni e sentimenti che per me erano del tutto nuovi. 
Pensai di nuovo alla distanza che ci avrebbe divisi, e ancora una volta quel pensiero mi provocò una sensazione di malessere: non sopportavo l'idea di stargli lontano, e non sapevo come avrei fatto i conti con tutto ciò.
Avevo chiesto ai miei genitori un anno sabbatico, un anno in cui mi sarei schiarita le idee e avrei cercato un lavoretto. I miei amici - non tutti - sarebbero andati al college, ma ad essere sincera con me stessa il college non era in cima alla lista dei miei desideri. Non volevo fare il medico come papà o l'insegnate come mamma, volevo continuare a studiare musica. Il rinnovato interesse per il pianoforte mi aveva aperto gli occhi, ma ero quasi sicura che in parte avrei deluso papà. Nonostante l'apparenza, era comunque un padre vecchio stampo... Come avrebbe reagito quando gli avrei detto che una laurea non era tra le mie priorità? Che un pezzo di carta non mi avrebbe resa migliore o... più colta? Di me non si poteva di certo dire che fossi ignorante o superficiale, e la scuola non mi aveva mai dato grossi problemi, se si escludevano la matematica e le odiose partite di pallavolo durante educazione fisica. 
Tutti si aspettavano che avrei scelto il college, ma più ci pensavo e più non avevo voglia di tornare con la testa tra i libri per un numero indefinito di anni. 
Be', per farla breve la mia vita aveva un futuro incerto, e in tutto ciò io volevo includerci un ragazzo... Anzi, un uomo. Più grande di me di sedici anni, con un lavoro stabile e un hobby, quello della band, che gli offriva anche un guadagno extra. Un uomo che probabilmente alla sua età avrebbe voluto una relazione stabile, una convivenza e forse un figlio, e non qualcosa di incerto e complicato con una ragazzina che al momento non voleva saperne nulla di famiglia e affini. Jake mi aveva detto che matrimonio e figli non rientravano nei suoi desideri a breve termine, e che quando si ama una persona si è disposti anche a rispettare i suoi tempi. Forse stavo andando troppo oltre, perché avevo sempre avuto la pessima inclinazione a pensare troppo. Eppure, non riuscivo a smettere di fare supposizioni e di immaginare il mio futuro accanto a Jake. Quando io avrei avuto trent'anni, forse sarei stata pronta per sposarmi e avere un figlio. Forse. E lui di anni, ne avrebbe avuti... quarantasei. Cavolo, sarebbe stato davvero disposto ad aspettarmi tanto a lungo, per formare una famiglia? Inoltre non avrei mai potuto chiedergli di trasferirsi a Jacksonville e di allontanarsi da suo padre, che nonostante avesse Rachel accanto aveva sicuramente sofferto quando Rebecca se n'era andata alle Hawaii. 
Un padre che, tra l'altro, era l'unico genitore che gli era rimasto. 
In quel momento mi sentii totalmente sopraffatta dalle sensazioni negative, e scoppiai a piangere. Rimasi a letto ancora un po', anche se a breve mi sarei dovuta alzare per fare colazione con la mia famiglia... Ma non me la sentivo affatto di farmi vedere in quelle condizioni da mamma, papà, nonno e Sue: a quel punto mi avrebbero sicuramente fatto delle domande. 
In che situazione mi ero cacciata? Ogni cosa sembrava remarci contro, eppure Jake non poteva essere soltanto una stupida avventura estiva: ormai mi era entrato nel cervello, nel cuore, nella pelle. Perché il solo pensare a lui mi provocava una miriade di sensazioni diverse.
Sono esagerata o stupida? mi domandai, ma conoscevo bene la vera risposta: ero soltanto... innamorata. Non è da tutti far innamorare una ragazza in così pochi giorni, ma lui c'era riuscito. 
Se lo avessi detto alle mie amiche mi avrebbero presa per pazza, ma a me stessa non potevo mentire.
 
Pochi minuti dopo, qualcuno bussò alla porta.
‒ Renesmee, posso entrare? ‒ Era papà. Mi asciugai in fretta le lacrime, e mi schiarii la voce.
‒ Sì papà, entra. ‒ Sperai che non si notasse troppo il rossore sul mio viso. Papà entrò con un vassoio in mano, mi aveva portato la colazione. Ero sempre la sua piccola principessa, anche alla soglia dei diciannove anni. Tutto a un tratto, non vedevo l'ora di avere un anno in più.
‒ Buongiorno, tesoro. Visto che non scendevi, la colazione è venuta da te ‒ mi disse, con un tono di voce amorevole e rassicurante. Poggiò il vassoio sul comodino, e si sedette al bordo del letto. 
‒ Grazie papà, buongiorno ‒ bofonchiai, sforzandomi di fare un sorriso. Probabilmente avevo fatto una smorfia, altro che sorriso... 
‒ Ness, hai pianto? Che cosa succede? ‒ Come al solito, sembrava che papà leggesse nel pensiero. Ci ero quasi abituata, e, con rassegnazione, gli risposi.
‒ E' vero, ho pianto... ma si tratta di cose personali, e non mi va di parlarne ‒ tagliai corto.
‒ Se mia figlia piange, non me ne starò con le mani in mano facendo finta di niente. Oggi sarà una giornata impegnativa, non voglio vederti con quella faccia triste. Riguarda il viaggio? Verrà qualcuno che ti sta antipatico? ‒ Mi sollevò il mento con la mano destra, guardandomi dritto negli occhi. 
Eh già, una giornata impegnativa... Zia Alice avrebbe fatto provare un'ultima volta a noi ragazze gli abiti che avremo indossato alla cerimonia, ed io sarei andata di nuovo da nonno Carlisle e nonna Esme per esercitarmi con la mia esibizione al pianoforte. E, se avessi avuto ancora tempo, sarei scappata anche solo mezz'ora a trovare Jake. Ebbene sì, dopo quel lunedì avevamo continuato a vederci per tutta la settimana, consci del poco tempo che ci rimaneva da passare insieme. Mi intristii di nuovo. 
‒ No, il viaggio non c'entra ‒ risposi a mio padre.
‒ Lo immaginavo ‒ mi disse lui, pensieroso.
‒ Be', vedi, papà... Hai avuto anche tu diciott'anni. Dicevi proprio tutto ai tuoi genitori? ‒ gli domandai. No, sicuramente non diceva proprio tutto a nonno Carlisle e nonna Esme, e poi lui a diciott'anni aveva avuto me. I nonni sono le persone più comprensive al mondo, ma immaginai che all'epoca la notizia li avesse sconvolti.
Mio padre invece, cosa poteva rimproverare a me? Assolutamente nulla. Avevo tutto il diritto di mantenere la mia privacy.
‒ No, non gli dicevo tutto, hai ragione. Ma questo non c'entra con il mio discorso, Renesmee: mi fido di te, so che sei una ragazza con la testa sulle spalle, e lo sa anche tua madre. Il fatto è che credo di sapere quale sia il problema, e perché tu non me ne voglia parlare. 
‒ Hai parlato con mamma ‒ insinuai.
‒ La mamma non c'entra. Ci sono arrivato da solo ‒ mi rispose. A quel punto, mi agitai. Papà si alzò di nuovo per porgermi il vassoio con la colazione, dopodiché proseguì il discorso. ‒ Sabato sera sei andata con Seth ad una festa in spiaggia, no? 
‒ Sì, un falò ‒ risposi, bevendo un po' di latte e caffè.
‒ E questa settimana sei uscita quasi tutti i giorni, a volte la sera. E' chiaro che c'è di mezzo un ragazzo, non sono nato ieri. ‒ Iniziai a fare a pezzi la brioche che papà mi aveva portato, mangiandola a piccoli morsi. 
‒ Okay papà... in effetti hai ragione, ma ti ripeto che non ho voglia di parlarne. In genere questi sono discorsi che le figlie preferiscono affrontare con le mamme ‒ insistetti.
‒ Ehi, guarda che lo capisco. E non sono qui per riprendere discorsi che la mamma ti avrà già fatto fin troppe volte, ma lascia che ti dia un consiglio: tu e questo ragazzo siete troppo distanti, e... insomma, a te Forks neanche piace. Non voglio che tu soffra, o che prenda decisioni sulla base di qualcosa che non può funzionare. 
‒ Non serve che sia tu a dirmelo, papà. Sono maggiorenne, cerca di fartene una ragione. E sono in grado di decidere da sola cosa è meglio per me. ‒ Mi stavo innervosendo.
‒ Lo so, non voglio sminuirti. Ti sto solo dicendo di non cacciarti in situazioni più grandi di te. Come pensi di poter continuare questa... conoscenza, se tu vivi a Jacksonville e questo ragazzo vive qui? ‒ Sbuffai. 
‒ E invece tu sì che hai sempre fatto la scelta giusta, non è vero papà? Ad esempio quando lasciasti mamma perché pensavi di fare la cosa giusta per lei. Avevi diciassette anni, e ti sei preso la briga di decidere che mamma sarebbe stata più felice senza di te, per poi tornare sui tuoi passi. ‒ Lo lasciai per un attimo senza parole, avevo colto nel segno. ‒ Scusa, non volevo essere cattiva con te. Voglio solo che tu capisca che lui... questo ragazzo... mi piace davvero. ‒ Abbassai lo sguardo. Mio padre prese un bel respiro, prima di continuare a parlare. 
‒ Sei caparbia, proprio come tua madre ‒ mi rispose, strappandomi un mezzo sorriso.
‒ Dimmi solo una cosa ‒ insistette. ‒ Lo conosco? E' un amico di Seth o qualcosa del genere, no? ‒ Feci di sì con la testa.
‒ Non ti dirò come si chiama, è inutile. So soltanto che appena l'ho visto ho pensato che avrei voluto conoscerlo. E quando abbiamo parlato, mi è sembrato di conoscerlo da sempre. Hai presente?
‒ Sì, altroché ‒ mi rispose papà, con la faccia di chi la sapeva lunga. ‒ E' stato così, quando ho conosciuto Bella al liceo. 
‒ E allora, se mi capisci, non provare a farmi cambiare idea ‒ mi limitai a rispondere.
‒ Va bene, Ness. Mi sto solo... comportando da papà ‒ ribatté. ‒ Non voglio che tu soffra, tutto qui. Desidero che tu vada al college, e non voglio che una sbandata per un ragazzo che conosci da neanche una settimana ti faccia fare colpi di testa. ‒ Aveva assunto un tono autoritario, un tono che stonava sul suo viso da giovane uomo che dimostrava anche meno dei suoi trentasei anni.
‒ Papà, calmati. Stai correndo troppo, entrambi abbiamo questo brutto vizio. Non ho detto di volermi trasferire a Forks domani, ho solo detto che non mi interessa né della distanza e né delle altre scuse che inventerai per scoraggiarmi. E non so neanche se voglio andarci, al college. 
‒ Come sarebbe a dire? ‒ mi rispose, interdetto.
‒ Hai capito bene, papà. Io... vorrei tanto continuare a studiare musica. ‒ Ormai, non potevo rimangiarmi quelle parole.
‒ Ness, quello potrai comunque farlo come hobby. Sii realista, sai quanto è complicato il mondo della musica. 
‒ Non ti sto dicendo che voglio diventare la nuova Lady Gaga, papà! So bene che è un mondo complicato, ho solo detto che voglio continuare a studiare musica e canto. Il resto si vedrà. E comunque, adesso non voglio parlarne! ‒ Alzai la voce. Mamma non mi avrebbe mai fatto un discorso come quello, lei ed io avevamo un rapporto da madre e figlia amiche. Speravo che le cose non sarebbero cambiate quando avrebbe scoperto che quel ragazzo di cui mi ero innamorata era proprio Jacob.
‒ Okay, Renesmee. Ne riparleremo. Voglio solo che tu non ti faccia influenzare da nessuno, che sia una tua amica o che sia un ragazzo. 
‒ Sono tua figlia. Mi conosci, no? Non metterei mai da parte me stessa e i miei desideri per un ragazzo. E non lascerò che il college sia causa di litigi, come fu per te e la mamma. ‒ Lo zittii, a quel punto papà non poteva controbattere. 
‒ Voglio fidarmi di te, come ho sempre fatto ‒ mi rispose. ‒ Ma, ad una condizione. 
‒ Lo sapevo che c'era il trucco ‒ sbuffai.
‒ Lasciami finire: voglio conoscere questo ragazzo, se hai intenzione di continuare a sentirlo anche quando saremo tornati a casa. Mia figlia non esce con il primo che capita. ‒ A quel punto, il mio cuore prese a battere più veloce. Mi ero cacciata in un bel guaio.
‒ Okay, gliene parlerò ‒ risposi, mostrandomi più convinta di quel che ero. 
Io papà lo capivo, dico davvero. Con tutte quelle brutte cose che si sentivano al telegiornale, era ovvio che volesse assicurarsi che non mi mettessi nei guai. Io stessa ero sempre stata piuttosto diffidente, con i ragazzi e con le persone in generale. 
Ma di Jake mi fidavo, e speravo che papà avrebbe accettato la situazione.
Jake sapeva bene a cosa andava incontro, e non era tanto lui a preoccuparmi, quanto la reazione di mamma e papà. Quando mi figurai la scena del loro incontro nella mia mente, sperai vivamente che non si sarebbe trasformato in uno spargimento di sangue. Tendevo ad essere un po' melodrammatica, e sapevo benissimo da chi avevo ereditato quel lato del carattere: proprio da mio padre.
 
Dopo la colazione, presi la macchina e dissi alla mia famiglia che sarei andata a prendermi un gelato con zia Alice, prima del pomeriggio impegnativo che ci aspettava. Non era del tutto vero, ma lei aveva accettato di coprirmi; nonostante inizialmente fosse rimasta sconvolta dal fatto che stessi uscendo con Jacob. Zia Alice era davvero fantastica, e mi aveva concesso la sua fiducia. Ma, di fatto, stavo dicendo fin troppe bugie alla mia famiglia.
Sì, mi ero messa decisamente nei casini, dire tutte quelle bugie non era affatto da me. Ma volevo tutelarmi, e volevo tutelare Jake. Volevo prendermi il mio tempo per sistemare le cose, in fondo non stavo facendo nulla di male. 
Ancora una volta mi aiutai con il navigatore, impostandolo all'indirizzo dell'officina di Jake e Embry. Fu più semplice orientarmi, visto che Jake mi aveva già mostrato la strada. Non volevo fargli perdere tempo al lavoro, ma morivo dalla voglia di vederlo anche solo per poco. 
Quando arrivai, venni accolta da una ragazza: era Emily, cugina di Seth e Leah e fidanzata di Embry, che avevo conosciuto al falò il sabato precedente. Si occupava del lavoro di ufficio e segreteria, e in quel momento era impegnata a compilare una ricevuta a una cliente. 
‒ Ciao, Renesmee. Un attimo e sono da te ‒ mi disse Emily. Nel sentire il mio nome, la cliente si voltò nella mia direzione.
‒ Renesmee! Sei la figlia di Bella, non è vero? ‒ mi disse, con una voce da snob. ‒ Sono Jessica, io e tua madre andavamo a scuola insieme ‒ aggiunse. In quel momento collegai il volto alle foto del periodo scolastico che mi aveva mostrato mia madre. Jessica faceva parte del gruppo di amiche del liceo di mamma, ma non avevano mai legato in maniera particolare.
‒ Piacere di conoscerti, Jessica ‒ le risposi, con tono amichevole.
‒ Che bella ragazza, e quanto somigli ai tuoi genitori! Sei qui per il matrimonio di Charlie, immagino. ‒ Annuii, ma fui subito travolta da una marea di domande: "Che fai nella vita?", "Ce l'hai il fidanzato?", "Andrai al college?". Per fortuna, l'intervento di Emily mi salvò.
‒ Jessica, la tua ricevuta è pronta ‒ disse. 
‒ Grazie Emily, ora vado a salutare i ragazzi. Ciao anche a te, Renesmee! ‒ Ringraziai mentalmente Emily per avermi salvato dal terzo grado di Jessica, ma in quel momento Jake fece capolino nell'ufficio.
‒ Ness, che bella sorpresa! ‒ esclamò, sotto lo sguardo indagatore di Jessica. Jake non l'aveva neanche notata.
‒ Vi conoscete voi due? ‒ esclamò quest'ultima, e mi colse totalmente in contropiede. Jessica aveva tutta l'aria di essere una pettegola seriale, e se non inventavo subito una buona scusa rischiavo che la voce giungesse ai miei genitori prima che fossi io a dirglielo. 
I miei guai erano appena iniziati...

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


CAPITOLO 12
 
‒ Sì, Jacob ed io ci conosciamo ‒ risposi a Jessica, senza tradire le mie emozioni. ‒ Mia nonna Esme mi ha prestato la sua auto, e siccome ho avuto un piccolo problema, Seth Clearwater mi ha detto di andare dai suoi amici meccanici. Spero di risolvere in giornata, altrimenti mio padre chi lo sente! ‒ Sfoderai un sorriso di circostanza, sperando che la mia risposte fosse stata sufficiente a soddisfare la strana curiosità che avevo visto negli occhi di Jessica. Probabilmente si era già immaginata di correre da mia madre a raccontarle tutto, perciò il segreto stava nel mantenere la calma. Dovevo darle l'impressione che fosse tutto normale e alla luce del sole.
‒ Oh... capisco ‒ rispose Jessica, sorpresa dalla mia parlantina. ‒ Quindi è stato il figlio di Sue a dirti di venire qui. Ti ha consigliato bene, Jacob ed Embry sono i meccanici migliori della zona. Vedrai che risolverai subito il problema con l'auto di tua nonna! Sai Renesmee, Jacob e tua madre erano molto amici ai tempi della scuola ‒ proseguì a dire, cercando inutilmente di sconvolgermi. Sembrava gelosa di Jake, e stava cercando di capire quanto lui ed io sapessimo l'uno dell'altra. Forse sbagliavo ad essere così malfidata a soli diciotto anni, ma se non altro evitavo di farmi fregare dalle persone. 
‒ Sì, so anche questo ‒ risposi, continuando a sorridere. Dovevo averla irritata parecchio, a giudicare dall'espressione che aveva assunto. Si stava facendo prendere gioco da una ragazzina. 
‒ Jacob, e tu sapevi che Renesmee è la figlia di Bella e Edward? ‒ gli domandò, voltandosi verso di lui.
‒ Certo, e poi somiglia talmente tanto ai suoi genitori che sarebbe impossibile non notarlo ‒ rispose Jake, sfoderando anche lui uno dei suoi migliori sorrisi. Poi, si rivolse a me. ‒ Renesmee, perché non mi raggiungi di là e mi dici che problema ha la macchina? Vediamo di risolvere al più presto, okay? ‒ Annuii, felice di essermi tolta di torno quell'impicciona e le sue domande. ‒ Buona giornata, Jessica ‒ aggiunse, con il tono più amichevole possibile, nel quale io avevo notato però anche una punta di esasperazione.
‒ Arrivo subito, Jacob. Allora... piacere di averti conosciuto, Jessica. Porterò a mia madre i tuoi saluti ‒ proseguii a dire, con un tono affabile. 
‒ Grazie, cara. Salutami anche tuo padre, mi raccomando! ‒ aggiunse.
‒ Lo farò senz'altro. Buona giornata! ‒ Detto questo, Emily distrasse nuovamente Jessica con la scusa del pagamento, ed io seguii Jake nel retro dell'officina, dove c'erano varie macchine e moto parcheggiate. Per recitare bene la mia parte, andai a recuperare la macchina e la parcheggiai lì. Quando scesi, sbuffai.
‒ Mio Dio, che impicciona! ‒ dissi, rivolgendomi a Jake. ‒ Dimmi un po', la conosci? Sembrava piuttosto interessata a te ‒ aggiunsi, con una punta di fastidio. Ovviamente, se avevo imparato almeno in minima parte a conoscere Jake, dovevo sapere che una tipa del genere non gli sarebbe mai potuta interessare. 
‒ Se la conosco? Be', si dà il caso che Jessica Stanley ci provi con me da anni. Quella donna mi esaspera, dico sul serio ‒ mi rispose, facendo una smorfia. ‒ Porta la sua macchina qui per ogni minimo problema. 
‒ Da anni? E non si è ancora rassegnata? ‒ gli risposi, continuando a ridere. Non che l'idea di un amore non corrisposto mi facesse ridere, ma non riuscivo proprio a figurarmi Jessica nel ruolo della dolce ragazza rifiutata dal ragazzo che le piace. Ricordavo quando era capitato a me in seconda superiore, e non era stata affatto una bella esperienza. Non che mi fossi mai fatta avanti, a dire il vero, ero troppo orgogliosa per sopportare l'umiliazione di un rifiuto. Ma quello stupido di Zach, della classe a fianco alla mia, faceva finta di non capire i segnali. Finché non venni a sapere da terzi che non gli interessavo, perché ai suoi occhi sembravo ancora una ragazzina di tredici anni. Be', poi sono cresciuta, ho smesso di sembrare una ragazzina di tredici anni e mi sono presa la mia rivincita, ma questa è un'altra storia.
‒ E' tenace ‒ aggiunse Jake, ‒ questo devo riconoscerglielo. Comunque, spero che non vada a spifferare tutto ai tuoi ‒ proseguì a dire, ‒ non so in che tipo di rapporti siano rimaste lei e Bella. Ma ho notato che ha cambiato tono di voce, quando ha capito che noi due ci conosciamo. 
‒ Ed io che ero venuta qui per salutarti, e invece ti ho creato un problema. Anzi, ho messo nei casini sia te che me ‒ risposi, nuovamente preoccupata. Chi mi assicurava che Jessica non avrebbe fatto un colpo di telefono a mamma per dirle di avermi vista all'officina di Jake? Giusto per mettere un po' di zizzania tra madre e figlia e proteggere Jake dalle grinfie di una potenziale rivale... 
‒ Siamo nei guai. Non so se sono stata una brava attrice ‒ realizzai, dopo pochi secondi. ‒ Tu lo sei stato.
‒ Anche tu lo sei stata, molto più di me. Vieni qui, Nessie ‒ mi disse lui in risposta, e sapevo bene cosa accadeva quando mi chiamava così: a breve, mi avrebbe baciata... 
Mentre lavorava, Jake aveva la buona abitudine di indossare dei guanti, così sporcava soltanto i vestiti da lavoro ma le mani restavano pulite.
Facendo attenzione a non sporcare i miei vestiti con i suoi, mi prese il viso tra le mani e mi diede un bacio piuttosto appassionato. Un unico bacio, ma che ne valeva almeno dieci. Fu sufficiente a mandarmi su di giri, e a far sì che i miei ormoni prendessero il comando del mio cervello. Nei momenti in cui Jake mi baciava, tornava a ronzarmi in testa il pensiero del sesso: non mi importava quanto avrei dovuto aspettare, ero certa al cento per cento che lo avrei fatto con lui... e che non me ne sarei mai pentita. 
‒ Quanto vorrei fuggire da qui per qualche ora e stare con te ‒ mi disse subito dopo, ‒ ma dobbiamo pensare a cosa dirai a Bella e Edward nel caso in cui Jessica dovesse fare la spia. Dici che verrà al matrimonio, domani?
‒ Non ne ho la più pallida idea, Jake. So soltanto che alcuni giorni fa mia madre ha rivisto i suoi amici del liceo, ma non so dirti se ci fosse anche Jessica. Mi ha parlato di una certa Angela, ma non riesco proprio a ricordare gli altri nomi. Ora che ci penso, a casa i miei mi hanno mostrato le foto del liceo. Mamma mi ha detto che lei e Jessica frequentavano lo stesso gruppo di amici, ma non era di certo una delle sue amiche più care. Papà invece mi ha detto che Jessica lo chiamava "Bei Capelli", e che ci provò con lui... ‒ Mi venne da sorridere.
‒ Be', si stancherà di me, prima o poi. E si metterà con Newton prima che le sue amiche pettegole inizino a chiamarla "zitella" ‒ rispose Jake. 
‒ Newton? ‒ domandai, quel nome mi era familiare.
‒ Mike Newton. Bella te ne ha mai parlato? ‒ mi rispose Jake.
‒ Sì, ho capito chi è. Un biondino con gli occhi chiari. ‒ Jake annuì. 
‒ Ho un aneddoto su di lui, ma questa è una storia che ti racconterò un'altra volta ‒ mi disse, lasciandomi con la curiosità. ‒ In conclusione, credi che sia piuttosto improbabile che Jessica parli con i tuoi, è così? ‒ Era come se Jake cercasse di essere rassicurato, ma non sapevo davvero cosa dire.
‒ Lo spero. In caso contrario, dirò ai miei soltanto la verità. Che ci siamo conosciuti sabato sera. ‒ Jake sospirò.
‒ E che siamo... amici? Conoscenti? ‒ rispose, interdetto.
‒ Sì... conoscenti, per ora può bastare. ‒ Non mi andava di dirgli che avevo discusso con mio padre, che aveva capito che stavo uscendo con un ragazzo e che mi aveva detto di volerlo conoscere prima del nostro ritorno a Jacksonville. Che nonostante avesse solo trentasei anni, si comportava allo stesso modo dei padri cinquantenni delle mie amiche. 
‒ Sicura che vada tutto bene, Ness? ‒ insistette. 
‒ Sì, e ora se quella pettegola se n'è andata ti lascio al tuo lavoro. "Che fai nella vita?" ‒ dissi, imitando il tono di voce stridulo di Jessica. ‒ Odio quella domanda! Non so neanche che cosa mangerò per cena, figuriamoci se so cosa farò nella vita. ‒ Jake si mise a ridere.
‒ Abituati, sarà una di quelle domande scomode che ti rivolgeranno spesso ‒ mi rispose.
‒ Tu non me lo hai chiesto, Jake.
‒ A me interessa chi sei, non che cosa fai. ‒ Da tanti piccoli dettagli, mi convincevo sempre di più del fatto che Jake fosse diverso dagli altri.
‒ Okay, ti ho già rubato abbastanza tempo... Embry si arrabbierà se lasci tutto il lavoro a lui. E per quanto mi riguarda, mi aspetta una giornata impegnativa: l'ultima prova dell'abito da damigella, e altre cose divertenti. ‒ Alzai le spalle. In quel momento entrò Embry. 
‒ Jake, Jessica se n'è andata. Hai campo libero. Ciao Renesmee, non ti avevo vista! ‒ disse, sorpreso.
‒ Ciao Embry, ora te lo restituisco ‒ gli risposi, indicando Jake.
‒ Se n'è andata? Grazie a Dio, non hai idea di quanto sei fortunato a non averla sempre tra i piedi! ‒ gli rispose quest'ultimo. 
‒ E' solo perché c'è Emily. Sbrigati a fidanzarti, Jacob... Magari Jessica la smetterà di ronzarti intorno! ‒ Embry mi guardò. Arrossii, e Jake si passò nervosamente una mano tra i capelli. Era evidente che avessero parlato tra loro, che Jake si fosse confidato con Embry e forse anche con gli altri suoi amici, Seth compreso. Ormai lo sapevano tutti, fatta eccezione per la mia famiglia. Be'... parte della mia famiglia, se escludevo zia Alice.
Diedi un ultimo bacio a Jake, e lo salutai. 
‒ Ci sentiamo più tardi... Ciao, Jake. E ci vediamo domani. ‒ Lui mi sorrise, nervosamente. Non avrebbe rivisto soltanto me, ma anche i miei... e la cosa, inevitabilmente, lo faceva agitare. 
‒ Ciao, Ness. ‒ Mi prese per mano e la baciò, un gesto incredibilmente dolce e galante. Mi decisi ad andare e salutai Emily, ringraziandola per avermi tolto dalle scatole Jessica e il suo interrogatorio. Emily era simpatica, ma parlando con Jake ero venuta a conoscenza di un retroscena che riguardava lei, Sam e Leah: anni prima, quando Emily non era ancora fidanzata con Embry, Sam si prese una sbandata per lei è lasciò Leah, per poi accorgersi di esserne ancora innamorato. Emily si fece subito da parte per rispetto nei confronti di sua cugina, ma Leah ci mise ben due anni ad accettare il perdono di Sam e ad assicurarsi che non ci sarebbero stati altri colpi di testa come quello. Sam e Leah erano felici, in attesa del primo figlio, e non avrei mai potuto immaginare che la loro storia non fosse stata sempre tutta rose e fiori.
Ma così andavano la vita e l'amore, perché l'amore è tutt'altro che semplice. Se volevo che Jake diventasse il mio fidanzato, dovevo esserne consapevole. 
Fidanzato. Mi faceva uno strano effetto pensare a quella parola...
 
Tornai in macchina, e accesi la radio. Mi ero data appuntamento con zia Alice, il gelato insieme non era stata una vera e propria bugia. Le mandai un messaggio, scrivendole che l'avrei raggiunta nel posto che mi aveva indicato. Guidare a Forks era piuttosto semplice, dopo alcuni giorni ormai sapevo orientarmi piuttosto bene. 
Quando parcheggiai la macchina, vidi in lontananza la figura esile della zia, che mi stava aspettando davanti al bar. Alzò la mano per salutarmi, mi aveva riconosciuta già da lontano. 
‒ Ehi, zia. Grazie ‒ le dissi, quando la salutai. Mi diede un bacio sulla guancia, per poi prendermi a braccetto. ‒ Dove lo hai lasciato David? ‒ proseguii a domandarle, chiedendole del mio cuginetto.
‒ Dave è con Jasper. Credo che tuo cugino sia troppo piccolo per mantenere un segreto ‒ mi rispose con ovvietà, rivolgendomi un sorriso furbo.
‒ Credo che tu abbia ragione, zia! Spero di non averti fatto aspettare troppo ‒ le risposi.
‒ Non preoccuparti. Solo... non farmene pentire, Renesmee ‒ mi disse, apprensiva. Prendemmo i nostri gelati e ci sedemmo, riprendendo subito il discorso. 
‒ Tuo padre mi ucciderà. Tua madre, anche. Tra tanti ragazzi, proprio Jacob Black... è mai possibile? ‒ disse zia Alice. 
‒ A quanto pare... ‒ risposi, con un'alzata di spalle. ‒ Senti zia, so che probabilmente hai delle riserve su di lui, ma ti assicuro che è un bravo ragazzo. E’ uno dei migliori amici di Seth, e questo dovrebbe bastare per chiarire ogni dubbio. E poi, suo padre è uno dei migliori amici di nonno Charlie. 
‒ Però ha fatto soffrire molto tua madre, in passato ‒ mi rispose. ‒ Anche se sono trascorsi tanti anni, è bene che tu lo sappia.
‒ Questo lo so, lui non mi ha nascosto nulla. E gli dispiace di averla fatta soffrire, ha capito i suoi errori. Dai, zia, aveva sedici anni. A sedici anni spesso si è stupidi, si fanno cose di cui poi ci si pente. Spero che domani lui e mamma si parlino ‒ dissi, cercando di non far colare il gelato dal cono. Mi aiutai con il cucchiaino, cercando di non tradire le mie emozioni. Pensare a Jake e i miei genitori nello stesso posto mi faceva agitare, di solito le altre ragazze avevano più tempo per presentare i propri ragazzi. A me invece, era andata decisamente male: Jake non era ancora il mio ragazzo, ma a breve tra noi ci sarebbero stati chilometri di distanza e mio padre voleva assicurarsi che non mi fossi presa una cotta per un mascalzone. Mi sembrava passato almeno un mese, e invece il tutto era accaduto in pochi giorni.
‒ Lo spero per te, tesoro ‒ mi rispose zia Alice. ‒ Ti brillano gli occhi, da come ne parli. ‒ Zia sembrava piuttosto sorpresa. ‒ Non c'è nessuno a Jacksonville che ti piace? Sei davvero sicura che con... Jacob non sia soltanto una cotta passeggera? ‒ insistette, poco convinta.
‒ Te l'ho detto, non c'è nessun altro. Non ho mai avuto un ragazzo, e non avevo neanche mai baciato nessuno, prima di Jake. ‒ Ops. Forse mi ero lasciata scappare qualcosa di troppo.
‒ TI HA BACIATA?! ‒ esclamò, e non riuscivo a capire se fosse arrabbiata o felice per me. 
‒ Va tutto bene, zia? ‒ Presi un tovagliolo e glielo sventolai davanti al viso.
‒ E' solo che non vorrei che tu corressi troppo, Ness! Sii paziente, non spingerti oltre prima del tempo. Di solito sono la tua zia-amica e compagna di shopping, ma visto che con me puoi confidarti su tutto, è mio dovere anche darti i miei migliori consigli. ‒ Zia Alice si toglieva soltanto un anno con mamma e papà, aveva trentacinque anni. E chi meglio di lei poteva darmi consigli su un ragazzo che era praticamente un suo coetaneo?
‒ Puoi stare tranquilla, non ho intenzione di affrettare le cose. A che età hai dato il tuo primo bacio? ‒ le domandai.
‒ Be'... avevo quindici anni ‒ mi rispose.
‒ Ecco, io ne ho diciotto. Non mi si può recriminare nulla, sono una figlia e una nipote modello ‒ scherzai. 
‒ Hai sempre la risposta pronta, spero che Jacob sappia tenerti testa!
‒ Forse è per questo che non avevo mai avuto un ragazzo, e che per alcune delle mie ex compagne di scuola ero una "sfigata" ‒ le risposi. ‒ E' per il mio caratteraccio. 
‒ Chi ha osato chiamarti sfigata? ‒ Zia Alice sembrò innervosirsi. ‒ Insomma, guardati: sei bella, sei intelligente, hai tanti interessi... Non ti manca nulla. 
‒ Ti ricordi di Terry e la sua amica Sharon? ‒ Zia Alice annuì. ‒ Non potendo prendermi in giro per il mio aspetto fisico, si sono appigliate a qualcos'altro. Al mio carattere chiuso. 
‒ Ti piace dedicarti ai tuoi interessi, e non sei una ragazza superficiale. Bella era molto simile a te. Non hai un caratteraccio ‒ puntualizzò zia Alice.
‒ Mi sento un'incompresa, a volte... Non sono nemmeno brava a fare amicizia. Quindi sì, per gli altri ho un caratteraccio. Ma per Jacob, evidentemente non è così. ‒ Sorrisi, nel pensare a quanto era stato semplice e naturale fare amicizia con lui. 
‒ Mi rimangio tutto, non è una cotta passeggera. Ma dimmi, cos'ha di tanto speciale? Che è un bel ragazzo lo so già, ma quando era amico di Bella era piuttosto immaturo ‒ mi rispose.
‒ Be', ora ha trent'anni passati ed è tutt'altro che immaturo. E' un ragazzo intelligente, sensibile, e ho scoperto che abbiamo molte cose in comune. 
‒ Tipo? ‒ domandò.
‒ La musica. Lui e i suoi amici hanno una band, Jacob canta e suona anche la chitarra classica e quella elettrica. Ti faccio vedere una cosa. ‒ Presi il cellulare e le mostrai la pagina Instagram della band di Jake. Le feci vedere qualche video, e notai che la zia ne era rimasta piacevolmente sorpresa. 
‒ Però, sono bravi! Non ricordo che Jacob si interessasse di musica... Bella me lo avrebbe detto ‒ mi disse.
‒ Mamma ti parlava di Jacob? ‒ le domandai, sorpresa. 
‒ Be', c'è stato un periodo in cui tuo padre si è comportato da perfetto idiota. E anche se si trattava di mio fratello, ho cercato di farlo ragionare. Non ho permesso che i suoi errori rovinassero la mia amicizia con Bella ‒ mi spiegò.
‒ Parli di quando papà seguì nonno Carlisle a New York, non è vero? ‒ Zia Alice annuì.
‒ Se non fosse tornato da solo, avevo persino proposto a tua madre di accompagnarla a New York e convincerlo a tornare. Eravamo ragazzine, ma io lo avevo capito che non avrebbero potuto stare separati. E tornando al discorso "musica", c'è qualcosa di ironico in tutta questa faccenda. ‒ Zia Alice mi sorrise, e avevo capito dove volesse andare a parare: la musica era anche una grande passione di papà, che a sua volta aveva trasmesso a me. Sua figlia. Jacob e papà, per certi versi, erano simili.
‒ Lo so zia, è una curiosa coincidenza. E per rispondere alla tua domanda, la passione per la musica è arrivata dopo. Secondo te, mamma e papà accetteranno il fatto che io e Jacob...? ‒ Zia Alice stava per rispondermi, ma fummo distratte dall'arrivo di zia Rosalie. Come mai era lì?
‒ Ehi, ragazze. Alice, Jasper mi ha detto di portarti questo, lo hai dimenticato a casa. ‒ Zia Rose le consegnò il portafoglio.
‒ Grazie Rose, che sbadata! ‒ le rispose zia Alice. La invitammo a sedersi con noi, ma la domanda che mi rivolse poco dopo colse entrambe in contropiede: ‒ Chi è Jacob?

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


CAPITOLO 13
 
Mi schiarii la voce, cercando una risposta adeguata da dare a zia Rosalie. Avevo la sensazione di dovermi giustificare, ma riflettendoci sopra era una cosa sbagliata. In fondo, che cosa c'era di strano? Avevo conosciuto un ragazzo, lui piaceva a me ed io piacevo a lui. Non avevo mica commesso un crimine, non c'era nulla di cui giustificarsi. Ma al tempo stesso non potevo neanche fingere che la situazione fosse del tutto normale, perché non lo era affatto... Di solito, non ti innamori del ragazzo che corteggiava tua madre ai tempi del liceo. Alle persone normali non succede...
‒ Jacob... è un ragazzo ‒ risposi, dandomi mentalmente della stupida. Ovvio che fosse un ragazzo, non poteva mica essere un unicorno. Semmai un lupo, se avessi voluto prendere in considerazione le leggende del popolo Quileute. ‒ Un ragazzo che... conosco. ‒ Anche se mi ci fossi impegnata, non avrei potuto dare una risposta più stupida. Come avrei fatto a dirlo a mamma e papà, se avevo timore a parlarne con zia Rosalie? La zia che mi aveva sempre supportata e che era come una seconda mamma?
‒ Lo conosci di persona, eh? Ed io che credevo fosse un attore, un cantante o un personaggio di qualche film o serie TV! ‒ mi rispose lei, scherzosamente. 
‒ Rose, forse Renesmee non vuole parlarne ‒ intervenne zia Alice, vedendo che esitavo. Ma io non volevo comportarmi da bambina, dovevo decidermi ad affrontare la realtà. Se Jacob fosse diventato il mio ragazzo lo avrebbero saputo tutti, e qualcuno avrebbe sicuramente pensato che avevo qualche rotella fuori posto, ma a me non importava... Ero disposta a correre il rischio. Sapevo che non avrei potuto avere il benestare di tutti, e mi andava anche bene così. La vita non è una fiaba in cui tutto fila sempre liscio.
‒ Invece voglio parlarne ‒ risposi, rivolgendomi ad entrambe le mie zie. ‒ Zia Alice... se tu non lo avessi saputo per caso, avrei avuto problemi a dirlo anche a te. Zia Rose, non avevo intenzione di nasconderti le cose, voglio solo che questa faccenda resti tra noi. Almeno per il momento.
‒ Ormai sei un'adulta, Renesmee, non ci saremmo mai immischiate. E poi, sappi che a noi potrai sempre raccontare tutto ‒ rispose zia Rose.
‒ Ti appoggeremo sempre... Be', tranne nel caso in cui tu decidessi di commettere un omicidio, o rapinare una banca! ‒ aggiunse zia Alice, strappandomi un sorriso. 
‒ Omicidi e rapine non sono decisamente nei miei piani ‒ risposi, continuando a sorridere. Poi, tornai seria e mi rivolsi a zia Rose. ‒ Comunque, tornando a noi... L'ho conosciuto sabato sera, quando sono andata ad un falò in spiaggia con Seth. ‒ Ripensai a poco prima, quando Embry mi aveva guardata e aveva fatto quella battutina a Jake, sul fatto che se si fosse fidanzato forse Jessica lo avrebbe lasciato un po' in pace. Jake ed io eravamo andati in giro insieme a La Push, e tutti i suoi amici sapevano che lui ed io stavamo uscendo insieme. Agli amici di Jake dovevo aggiungere suo padre, sua sorella Rachel, zia Alice... e c'era anche il rischio che quella pettegola di Jessica lo dicesse a mia madre prima che potessi farlo io. Zia Alice lo aveva scoperto perché le avevo detto di Jacob quando ancora non conoscevo la verità, e lei, dopo l'iniziale shock, si era mostrata molto comprensiva e pronta ad ascoltarmi. Sperai che zia Rose avrebbe fatto altrettanto, ero decisa a raccontarle tutto. A lungo andare, certi segreti portano solo guai. 
Abbassai lo sguardo, ormai avevo finito di mangiare il mio gelato e mi fissavo le unghie. Le avevo fatte allungare, ma erano senza smalto. In quel momento pensai che per il matrimonio avrei dovuto metterne uno abbinato al colore del vestito. 
‒ Ah, è un ragazzo di qui... Ora capisco perché vuoi che resti un segreto ‒ commentò zia Rose. 
‒ Mi sento una stupida.... Sto vedendo un ragazzo e ne sto facendo un affare di stato. ‒ Sbuffai. ‒ E' solo che... ecco, è la prima volta che mi capita, e già ci sono dei problemi. Mi spaventa la distanza, ma vorrei davvero che le cose funzionassero. E volete sapere un'altra cosa? Papà mi ha già fatto il discorso di volerlo conoscere, se voglio continuare a sentirlo quando sarò tornata a Jacksonville. ‒ Zia Rose mi interruppe.
‒ Edward lo sa?! ‒ mi domandò, sorpresa. ‒ Non doveva essere un segreto, al momento?
‒ Lo ha capito da solo, zia. E a dire il vero, lo ha capito anche mamma. Io che esco a Forks tutti i giorni, non è che ci volesse un genio per capirlo. Prima di partire ero solo nervosa per il fatto di dover rinunciare al mio viaggio a Los Angeles, e poi tutto a un tratto ero super felice di essere a Forks. ‒ Più facevo il punto della situazione, più mi rendevo conto di essermi cacciata in una situazione più grande di me. Che brutta cosa, i sentimenti... Io, Renesmee Cullen, che andavo in crisi per un ragazzo. Se me lo avessero detto un anno prima, mi sarei messa a ridere. 
‒ Be', alla fine il tuo viaggio è stato solo posticipato, Ness. Non avevi più motivo di essere arrabbiata ‒ mi fece notare zia Rose.
‒ Questo è vero, ma considerando il fatto che gli unici amici che avessi a Forks fossero Seth e Leah, a mamma è sembrato subito strano che io sia uscita tutti i giorni. Mi ha persino chiesto se non mi fossi presa una cotta per Seth... ‒ Povera mamma, mi sentivo davvero in colpa a doverle nascondere di Jacob. 
‒ Vuole già conoscerlo? Mio fratello è troppo all'antica, a volte mi viene il dubbio che non sia la reincarnazione di un uomo nato nei primi del Novecento ‒ disse zia Alice, meravigliandosi del fatto che papà volesse conoscere il ragazzo con cui ero uscita. Be', era vero che su certe cose papà fosse un po' all'antica, ma mi aveva sempre protetta ed era ciò che aveva intenzione di continuare a fare. Ai suoi occhi sarei stata sempre la sua bambina. 
‒ Zia, non credo che papà lo faccia perché mi considera immatura o perché voglia controllarmi... Lo fa perché vuole assicurarsi che io non mi sia presa una cotta per qualcuno di poco raccomandabile. Con i tempi che corrono, non ne sono sorpresa ‒ risposi. ‒ Lo so che forse mi prenderete per matta, e che lo conosco da talmente poco tempo che non dovrei trarre conclusioni affrettate. Non so neanche come sia potuto accadere, ma questo ragazzo... mi piace davvero tanto. E con davvero, intendo dire che penso di essermi presa ben più di una semplice cotta... ‒ Bevvi un sorso d'acqua, prima di proseguire a parlare. 
‒ L'idea di dover tornare a Jacksonville e non poterlo più frequentare mi fa stare male. Anzi, malissimo... Vorrei tornare a casa e poi godermi il mio viaggio a Los Angeles, ma... non riesco a pensare ad altro... ‒ Le parole mi uscirono di getto, era evidente che avessi bisogno di sfogarmi. Peccato che avessi omesso la parte peggiore, ovvero che Jacob fosse una vecchia conoscenza della mamma. 
‒ Ness... ‒ Zia Rose mi rivolse uno sguardo rassicurante. ‒ Avete diciotto anni, alla vostra età non dovreste farvi tutti questi problemi. Oggi esistono le videochiamate, messaggi illimitati, i social, tutte cose che quando Alice ed io avevamo la tua età erano appena all'inizio. Tu e questo ragazzo potrete continuare a sentirvi, e avrai una scusa per venire a trovare i nonni un po' più spesso. ‒ Io ho diciotto annima lui no, pensai. Zia Rose aveva dato per scontato il fatto che fosse un mio coetaneo, e, al contrario di zia Alice, il nome di Jacob non le aveva risvegliato alcun ricordo. 
‒ Be', ecco... ‒ risposi, titubante. ‒ Lui non ha esattamente la mia età... ‒ Abbassai di nuovo lo sguardo.
‒ E' più grande di te? ‒ proseguì a domandare zia Rose. 
‒ Zia, Jacob ha... lui ha trentaquattro anni, okay? ‒ Volevo sprofondare. A breve, ci sarebbe arrivata da sola...
‒ Oh mio Dio ‒ rispose, sorpresa. ‒ E' più vicino alla nostra età che alla tua... Inizio a comprendere le ragioni di Edward. 
‒ Papà non lo sa ‒ ribattei. Nel giro di pochi attimi, vidi zia Rose cambiare espressione. A quel punto ero sicura che avesse capito tutto.
‒ Aspetta... si chiama Jacob, ha trentaquattro anni ed è di La Push? ‒ Più che una domanda, era un'affermazione. ‒ Jacob Black, il figlio di Billy Black... E' di lui che parli?
‒ Sì zia, è lui. Prima che tu possa pensare che mi ha nascosto qualcosa, so già che conosceva la mamma. E che aveva una specie di... cotta per lei. Ma parliamo di una storia successa quando io ancora non ero nata ‒ risposi, mettendo le mani avanti. Zia Rose era rimasta spiazzata, ed iniziai a preoccuparmi.
‒ Allora saprai anche che si è comportato in modo pessimo con tua madre ‒ mi rispose duramente. ‒ Bella gli voleva un gran bene, ma lui non ha più voluto vederla. Le chiese di scegliere tra lui e Edward. ‒ A quel punto, zia Alice intervenne.
‒ Rose, non essere così dura con Renesmee. Jacob è stato sincero con lei, e sono passati tanti anni. Promettimi che non racconterai nulla a Edward e Bella, ora che sai tutto ‒ disse. 
‒ Non lo farò. Renesmee si sta confidando con me, non ho motivo di fare la spia ‒ rispose, per poi guardarmi dritta negli occhi. ‒ Sto solo... cercando di capire. Che cosa ci trovi in lui? Un bel viso e un bel fisico non sono dei presupposti sufficienti per una relazione, Renesmee. E da come ne parli tu, invece, sembri... innamorata. E lo conosci da quanto, neanche una settimana?
‒ Zia Rose, permettimi di raccontarti come stanno le cose ‒ le risposi. ‒ Ti prego. Non sono così superficiale da basarmi solo sull'aspetto fisico. 
‒ Rose, ascoltala. Ero sconvolta anch'io, finché Renesmee non mi ha spiegato tutto ‒ insistette zia Alice. Ero felice che avesse preso le mie difese, sapere che almeno una persona della mia famiglia era dalla mia parte mi confortava.
‒ Ti ascolto, Renesmee. Non penso che tu sia stupida, e posso anche credere al fatto che Jacob con il tempo si sia pentito. In fondo quanti anni aveva allora, sedici? 
‒ Sì, sedici ‒ confermai. ‒ Zia, io... Come te lo spiego? Mi crederesti se ti dicessi che mi sembra di conoscerlo da una vita? Che mi piace come non mi è mai piaciuto nessun altro? Che è pieno di qualità, e che abbiamo tanto in comune? Ciò che è accaduto tra lui e mia madre, rimane tra lui e mia madre. Vuole chiederle scusa, non prova più alcun risentimento verso i miei genitori... ed io gli credo. Se mi avesse presa in giro o detto una bugia, me ne sarei accorta subito ‒ le dissi, con gli occhi lucidi. ‒ Lo sai che rapporto ho con mia madre. Lei è... la mia migliore amica. Non potrei mai stare con qualcuno che la odia. 
‒ Renesmee, io voglio crederti. E non voglio che tu pianga, ti sto solo dicendo di fare attenzione. Ti direi la stessa cosa anche se il ragazzo in questione non fosse Jacob. ‒ Allungò una mano in direzione della mia, stringendola. ‒ Spero che Bella accetti le sue scuse, ma forse ci vorrà del tempo. E per quanto riguarda Edward, non so come la prenderà.
‒ Jacob ha allontanato la mamma perché allora il fatto che avesse scelto un altro lo faceva stare male. Credeva che non gli sarebbe passata, se non lo avesse fatto. Poi mamma è rimasta incinta, e lui che cosa avrebbe dovuto fare?
‒ Chiederle scusa, Renesmee. Bella avrebbe voluto accanto a sé il suo amico, ma il suo amico se n'era andato. Non si è fatto scrupoli nemmeno del bambino... di te. ‒ Zia Rose aveva ragione, ma Jacob ed io ne avevamo già parlato. Non riuscivo a giudicarlo, né tanto meno a condannarlo. Mi ero messa nei suoi panni, giudicare era sbagliato. 
‒ Rose ‒ disse zia Alice. ‒ Domani c'è il matrimonio di Charlie, vuoi che Renesmee ci vada in lacrime? Per tua informazione, Jacob domani sarà alla cerimonia e al ricevimento. E ciò che Ness ed io speriamo, è che sia un'occasione di chiarimento con Bella... e perché no, anche con Edward. ‒ Zia Alice aveva preso di nuovo le mie difese, detestavo che lei e zia Rose stessero discutendo a causa mia. 
‒ Ora basta ‒ sentenziai, senza alzare la voce. ‒ Zia Rose... Vorrei tanto che tu fossi dalla mia parte, ma se pensi che io mi sia presa una stupida cotta per la persona sbagliata, lo capirò ‒ risposi. ‒ Questo non cambia il fatto che continuerò a vedere Jacob, finché sarò qui a Forks. E che continuerò a sentirlo quando sarò tornata a casa. Sei libera di credere o non credere a ciò che ti ho detto. ‒ Il mio tono era stato duro, deciso. Avevo ricacciato indietro le lacrime, avevo già pianto quella mattina stessa e non volevo ricascarci. Anche se le parole di zia Rose mi avevano ferita, ed io con zia Rose non avevo mai litigato in vita mia. Mi alzai dalla sedia, prendendo in mano le chiavi della macchina.
‒ Zia Alice, grazie del gelato. Credo che andrò a farmi un giro, prima che sia l'ora di pranzo. ‒ Feci il gesto di andarmene, ma zia Rose mi bloccò.
‒ No, Renesmee. Fermati. Io ti credo, e mi fido di te... Lascia che ti dica una cosa, sei molto più matura e giudiziosa di quanto lo fossero i tuoi genitori alla tua età. E sono passati anni, perciò credo anche al fatto che Jacob sia dispiaciuto per aver fatto soffrire Bella. Ti prego di scusarmi, se sono stata troppo dura con te. ‒ La guardai, ed era sinceramente dispiaciuta. 
‒ Scuse accettate, zia... Ti fidi davvero delle mie parole? ‒ le domandai. 
‒ Ma certo, Ness. 
‒ Mi permetti di raccontarti come stanno le cose? ‒ le domandai. Lei annuì, avvicinandosi a me e cingendomi le spalle con un braccio. 
‒ Torna a sederti con noi, adesso ‒ mi disse. Mi sentii sollevata... Le zie, al contrario di papà, non mi consideravano più una bambina. 
Potevo sbagliare anch'io, ovviamente, ma su Jacob ci avrei messo la mano sul fuoco: era sincero, e si stava innamorando di me. Non mi stava ingannando. 
‒ Quanto tempo abbiamo? ‒ domandai.
‒ Ancora mezz'ora ‒ mi rispose zia Alice, guardando l'orologio che aveva al polso.
‒ Zia Rose, prenditi un gelato anche tu e ti racconterò tutto ‒ dissi, a quel punto. 
Restammo in quel bar giusto il tempo che zia Rose mangiasse il suo gelato, e le raccontai brevemente di come erano andate le cose tra me e Jacob. Nonostante non fosse stato semplice, avevo le mie zie dalla mia parte, e mi sentii sollevata. Al momento, andava bene così.
 
***
 
Trascorsi il pomeriggio a casa di nonno Carlisle e nonna Esme. Provai un'ultima volta l'abito da damigella, nonna Esme mi aiutò a mettere lo smalto e mi esercitai con la mia esibizione al pianoforte. 
La sera tardi, prima di andare a dormire, mi accorsi che nonno Charlie era al telefono con il padre di Jake. Non avrei dovuto origliare, ma la curiosità ebbe la meglio...
‒ Sì Billy, lo spero anch'io... Sarebbe anche ora... No, non credo che Bella porti rancore a tuo figlio. Come dici?
Ah sì, Renesmee... E' una curiosa coincidenza, no? ... Be', non te lo so dire. Non voglio che lei sappia che io ne sono a conoscenza. No no, io non ho nulla in contrario. ‒ Oh mio Dio. Se avevo capito bene, ed ero abbastanza sicura che fosse così, nonno Charlie sapeva di me e Jacob. 
‒ Scusami un attimo, Billy. ‒ Non feci in tempo a sgattaiolare via, e nonno Charlie mi vide.
‒ Renesmee, stavi ascoltando? ‒ Rimasi a bocca aperta, senza sapere cosa dire. 
Di una cosa ero del tutto certa: avevo un talento naturale nel cacciarmi nei guai.

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


CAPITOLO 14
 
‒ Nonno, io... veramente ero venuta in cucina perché mi è venuta fame, e... poi ho sentito che c'eri tu al telefono, e non volevo interromperti ‒ gli risposi. Nonno Charlie smise di tenere il broncio, e riprese in mano il telefono.
‒ Buonanotte, Billy... Sì, è tutto a posto... Okay, a domani. ‒ Terminò la chiamata, poi mi rivolse un sorriso. Ero confusa, non era arrabbiato con me perché avevo ascoltato la sua telefonata?
‒ Billy Black ti saluta ‒ mi disse. 
‒ Billy... mi saluta? ‒ ripetei, confusa.
‒ Ness, non fare quella faccia. E' tutto a posto ‒ mi rassicurò. ‒ Piuttosto, non è una buona abitudine mangiare a quest'ora di notte... Ma per oggi, faremo un'eccezione. ‒ Ricambiai il sorriso.
‒ Solo per oggi. Domani ti sposi, sarai emozionato ‒ gli dissi, cercando i biscotti nella credenza. 
‒ Lo sono, ma non cambiare discorso ‒ ribatté. Impossibile fregare un nonno poliziotto. 
Mi sedetti al tavolo della cucina, e lui si mise seduto accanto a me. Nonostante qualche capello grigio, dimostrava meno della sua età ed era un tipo molto giovanile. 
‒ Ness... Posso chiederti che cosa hai sentito? ‒ mi domandò. 
‒ Be', ho sentito che parlavi di mamma e... di me ‒ gli risposi. 
‒ Ti ricordavi di Billy? ‒ proseguì a domandare, tranquillo. ‒ Sono tanti anni che non lo vedi... ‒ Capii che il nonno mi stava mettendo alla prova.
‒ Be', ad essere sincera non mi ricordavo di lui. Ma l'ho incontrato a La Push con suo figlio, che è amico di Seth.
‒ Vi siete incontrati perché eri in compagnia di Jacob ‒ rispose. 
‒ Sei arrabbiato con me, vero? ‒ domandai. ‒ Dovrei esserlo io, perché Billy ha fatto la spia ‒ aggiunsi, infastidita. Eppure dovevo aspettarmelo, ero pur sempre la nipote del suo amico di vecchia data. E la figlia di Bella, colei che aveva fatto soffrire suo figlio. 
‒ Non sono arrabbiato con te, Ness. E Billy non lo ha fatto perché ti facessi la ramanzina... Se tu e Jacob in questi giorni avete fatto amicizia e siete usciti insieme, per me e per Billy non è assolutamente un problema. E' vero, Jacob è più grande, ma solo poco più di Seth ‒ mi rispose, con ovvietà. Ero sorpresa, ed io che credevo di essermi cacciata nell'ennesimo guaio... Non immaginavo che nonno Charlie fosse così di mente aperta, tanto da approvare che uscissi con un ragazzo che aveva sedici anni più di me. Addentai un biscotto, mi sentivo già più tranquilla.
‒ Jacob è un bravo ragazzo ‒ aggiunse. ‒ Ma c'è qualcun altro a cui questa storia potrebbe dare fastidio, anche se ormai mi sembra assurdo.
‒ Mamma e papà, lo so. Jacob mi ha raccontato tutto ‒ gli risposi. 
‒ Tutto...? ‒ proseguì a domandare il nonno. Annuii, per poi riprendere il discorso. ‒ So che lui e mamma erano amici, ma Jacob aveva una cotta per lei. E questo ha rovinato la loro amicizia, perché mamma scelse papà. ‒ Nonno sembrava sorpreso, non si aspettava che conoscessi tutta la storia.
‒ E' stato lui a stare accanto a Bella quando tuo padre andò a New York con tuo nonno Carlisle. In quei mesi, tua madre si svegliava durante la notte per gli incubi... ma grazie a Jacob, a poco a poco l'ho vista stare meglio. 
‒ Di' la verità, nonno... Preferivi Jacob a papà ‒ dissi, assumendo una smorfia. Jacob sarebbe potuto essere mio padre, e quel pensiero mi fece passare la fame. 
‒ Be', non ho detto questo... Ma quando Edward è tornato, non mi andava a genio. Aveva fatto soffrire mia figlia, e ha dovuto riconquistare la mia fiducia.
‒ E poi mamma è rimasta incinta... ‒ Mi venne da sorridere. ‒ Scommetto che quando lo hai scoperto hai desiderato picchiarlo.
‒ Be', diciotto anni non sono l'età migliore per avere dei figli, Ness. Ma tu sei un raggio di sole, e ad oggi sono contento che le cose siano andate in questo modo. ‒ Lo vidi intenerirsi, per poi tornare sulle sue. ‒ Ovviamente non desidero che tu... segua le orme dei tuoi genitori. Suppongo che Bella ti abbia già fatto questo discorso...
‒ Svariate volte, nonno ‒ risposi. 
‒ Comunque non dovremmo parlare di certe cose, Ness. E' vero, Bella mi ha fatto prendere un colpo e avrei voluto picchiare Edward, ma stiamo parlando pur sempre dei tuoi genitori. Di tuo padre... e di mia figlia ‒ aggiunse, facendosi serio.
‒ Non c'è niente di cui io possa scandalizzarmi, mamma e papà non mi hanno mai nascosto nulla ‒ risposi. ‒ Cambiando discorso, nonno... Come mai hai deciso di risposarti dopo tutti questi anni? ‒ gli domandai. 
‒ A tua nonna Renée il secondo tentativo è andato a meraviglia, no? ‒ mi disse, senza alcun rancore. Sapeva che consideravo Phil al pari di un nonno, e non aveva nulla in contrario. ‒ Vedi, tesoro... Sue ed io ci abbiamo pensato molti anni. Harry, il papà di Seth e Leah, era un mio carissimo amico. Non volevamo che i ragazzi potessero prenderla a male... Ma ormai sono adulti, so che mi vogliono bene e che sanno che non era mia intenzione prendere il posto di Harry. Forse è stupido risposarsi a sessant'anni, ma volevo che Sue sapesse quanto io la ami. ‒ Nonno Charlie sembrava quasi commosso. 
‒ E' bello sentirti parlare così, nonno. Io non sogno il matrimonio, ma se a chiedermelo fosse qualcuno che mi fa brillare gli occhi in questo modo, allora forse accetterei... C'è ancora questo luogo comune per cui le ragazze debbano sognare un anello al dito e l'abito bianco, come se noi donne potessimo aspirare soltanto a questo. Ma non è affatto così... ‒ dissi. ‒ E poi, penso che l'amore sia... complicato. Può farti soffrire, a volte. Anzi, direi spesso. Perciò bisogna sposarsi solo per qualcuno per cui vale davvero la pena. Come mamma e papà, o come te e Sue.
‒ Sei fin troppo matura per la tua età, Ness. ‒ Mi sorrise. ‒ E sei molto più chiacchierona di Bella ‒ aggiunse.
‒ Con i nipoti è diverso ‒ risposi. ‒ E... Tornando a Jacob... credi che lui e mamma faranno pace? ‒ gli domandai.
‒ Ho sempre pensato che prima o poi si sarebbero perdonati a vicenda. In ogni caso, domani Jacob sarà al matrimonio... e Billy è il mio testimone di nozze. E' di questo che parlavamo al telefono, stavo dicendo a Billy che il fatto che tu e Jacob vi siate conosciuti è una curiosa coincidenza. 
‒ Spero tanto che sia come dici tu, nonno... Che mamma e Jacob facciano pace. ‒ Abbassai lo sguardo, iniziando ad arricciarmi i capelli attorno al dito indice.
‒ Di' la verità, Ness... Jacob ti piace ‒ mi disse, facendomi arrossire.
‒ Jacob... be', mi sta simpatico. Siamo... amici. 
‒ Okay, okay... Stai balbettando, non ne vuoi parlare. Ma voglio che tu sappia una cosa, tesoro: sono dalla tua parte. ‒ Lo abbracciai.
‒ Ti voglio bene, nonno. 
‒ Anche io, Ness. Ora vai a dormire, domani ci aspetta una giornata impegnativa! ‒ Gli sorrisi e salii le scale, sentendomi più leggera. Se dirlo a zia Rose era stato complicato, nonno Charlie mi aveva assolutamente sorpresa.
 
***
 
Il giorno dopo
 
‒ Charlie e Sue, io vi dichiaro marito e moglie. Charlie, puoi baciare la sposa! ‒ In quel momento, mi emozionai. Nonno Charlie baciò Sue, ed io mi scambiai uno sguardo fugace con mamma, anche lei commossa. Indossavamo entrambe un bellissimo abito color blu accesso, l'abito delle damigelle. La location scelta per le nozze era ovviamente La Push, e zia Alice aveva fatto come sempre un ottimo lavoro. Seduto tra le panche notai Jacob, che subito incrociò il mio sguardo e mi sorrise. Poi, vidi i suoi occhi spostarsi su mia madre, e cambiare subito direzione. In quel momento, cominciai a sentirmi agitata. 
Per il ricevimento ci spostammo tutti nel ristorante scelto da nonno e da Sue con il benestare di zia Alice, che si trovava sempre a La Push. Come previsto dalla zia, il tempo quel giorno aveva deciso di essere clemente, così il ricevimento si svolse per lo più in giardino. Gettai un'occhiata al pianoforte, lo stesso a cui mi sarei seduta poco dopo per il mio "regalo speciale" agli sposi. 
Nonno e Sue non avevano voluto una cerimonia con tanti fronzoli, e zia Alice era riuscita a fare le cose in grande senza però esagerare. Il ristorante scelto per il ricevimento era molto elegante, e con un meraviglioso giardino. C'era anche una fontana, che catturò subito la mia attenzione. Mi sedetti da sola al bordo della fontana, osservando i pesci che vi erano all'interno: delle piccole carpe koi, di diversi colori, che spuntavano da sotto le ninfee. 
‒ Che ci fai qui tutta sola? ‒ sentii dire da una voce familiare: era Seth, che era venuto a farmi compagnia. 
‒ Ehi, Seth. Sei molto elegante! ‒ gli dissi, notando il suo completo. 
‒ Anche tu, Ness.
‒ Comunque, sto guardando i pesci... Sono carini ‒ risposi, mentre si sedeva accanto a me. 
‒ Quello laggiù ha dei bellissimi colori ‒ mi disse, osservando un pesce che aveva delle sfumature color oro.
‒ Allora... Hai avuto modo di salutare Jake? ‒ mi domandò. 
‒ Non ancora... E' brutto dover fare finta di non conoscerlo, ma non voglio in alcun modo rovinare la festa al nonno ‒ dissi.
‒ Be'... Jake è mio amico, perciò quando vuoi venire a salutarlo fammi un fischio e sarò da te ‒ mi disse in risposta. ‒ Io e Leah saremo i tuoi complici. Anche Embry, Emily, Rachel, Paul, Quil e Sam sono dalla tua parte.
‒ Lo sanno proprio tutti, eh? Altro che segreto ‒ constatai. ‒ Lo sa persino nonno Charlie. Glielo ha detto Billy ‒ raccontai a Seth.
‒ E' per questo che sei così pensierosa? Charlie non l'ha presa bene? ‒ mi domandò.
‒ Tutt'altro... E' stato più difficile dirlo a zia Rosalie.
‒ Ness, conosco Jacob da tanti anni e non l'ho mai visto così preso... Qui siamo tutti dalla vostra parte. ‒ Avrei voluto rispondergli che la situazione era complicata, e che la distanza sarebbe stata un grosso ostacolo. Ma quel giorno non volevo pensarci.
‒ Grazie, Seth... ‒ mi limitai a dire. ‒ Saresti così gentile da scattarmi anche una foto? ‒ gli dissi, porgendogli il mio cellulare. 
‒ La foto da mettere su Instagram, eh? ‒ mi prese in giro, facendomi sorridere. Gli feci la linguaccia, ma subito mi misi in posa per la foto. 
‒ Ecco fatto ‒ mi disse, tornando accanto a me. Ci scattammo anche una foto insieme, dopodiché postai una delle foto su Instagram e Facebook, scrivendo la prima frase che mi passava per la mente: "Damigella per un giorno". 
‒ Ness, se mi cerchi sono laggiù, okay? ‒ mi disse Seth, prima di raggiungere i suoi amici. 
‒ Okay, Seth. Grazie per tutto. ‒ Dopo aver postato la foto, aprii WhatsApp e mi accorsi che tra i messaggi ce n'era anche uno proveniente da un numero sconosciuto.
 
Ciao Renesmee, sono Trevor, un amico di Ethan. Non ci conosciamo di persona, ma era da tanto che volevo scriverti... Ethan mi ha dato il tuo numero. Sei una bellissima ragazza e mi piacerebbe molto conoscerti meglio. Se ti va, quando torni a Jacksonville ci possiamo vedere...
 
Per finire, c'era l'emoticon di un cuore. Sbuffai, nervosa. Era lo stesso ragazzo che, da un po' di tempo, mi spiava su Instagram. Ethan era un mio compagno di scuola, con cui andavo piuttosto d'accordo. Però, senza chiedermi il permesso aveva dato il mio numero a quel Trevor. Mi sentii tremendamente infastidita da quel gesto, così decisi di tagliare corto.
 
Ciao Trevor, spero di non offenderti, ma non mi sembra il caso di sentirci... Sono fidanzata e non sto cercando nuove amicizie. Buona fortuna per tutto.
 
Misi via il telefono, e in quel momento mi si avvicinò Leah. Anche lei indossava l'abito blu da damigella, ed era raggiante. Avevo sempre pensato che fosse bellissima, e la ammiravo per il suo carattere forte. 
‒ E' tutto okay, Renesmee? ‒ mi disse, premurosa. 
‒ Sì, se escludiamo il fatto che un mio compagno di scuola ha dato il mio numero ad un suo amico, che ora mi ha scritto un messaggio in cui dice di volermi conoscere... ‒ Leah sbuffò. 
‒ Almeno è carino? ‒ mi rispose, facendomi sorridere.
‒ Non voglio essere cattiva, ma... no, non è per niente carino. Ha l'espressione da maniaco. ‒ Ci mettemmo a ridere. 
‒ Lascia perdere i casi umani. Piuttosto, vieni con me... Ti porto da Jacob. Mi ha mandata qui in qualità di messaggera, visto che non vi siete ancora salutati ‒ mi disse. Sentii il telefono vibrare di nuovo, e dando un'occhiata fugace mi accorsi che era di nuovo quel Trevor, che mi aveva risposto alla velocità della luce. Forse avrei dovuto bloccarlo...
‒ Ehi, Ness... dico sul serio, lascia perdere il cellulare. Se tu non vuoi conoscere faccia da maniaco, lui non può e non deve insistere. Vuoi che gli risponda io? ‒ mi disse Leah.
‒ Sei gentile, Leah, ma purtroppo devo sbrigarmela da sola. Spero che capisca con le buone.
‒ Jacob è là dietro ‒ aggiunse pochi istanti dopo, quando ci ritrovammo davanti ad una piccola costruzione in legno che doveva essere una specie di ripostiglio.
‒ Vi lascio da soli ‒ mi disse Leah, rivolgendomi un sorriso. 
‒ Tu stai bene? ‒ le domandai, ‒ non vorrei che ti affaticassi.
‒ Sto benissimo, Ness. Sono solo incinta, posso sopportare dei tacchi di cinque centimetri ‒ mi rassicurò.
Si allontanò di poco, per permettere a me e a Jake di stare qualche minuto da soli. Finalmente potei godere a pieno della sua bellezza, mi venne incontro rivolgendomi il più radioso dei sorrisi. Era bellissimo, e dovevo ammettere che lo era tanto in smoking quanto con i vestiti sporchi di grasso di automobile che usava al lavoro. 
‒ Nessie, sei stupenda ‒ mi disse, mentre mi soffermavo su ogni dettaglio. Indossava un completo con pantaloni blu scuri e camicia bianca, e teneva la giacca in mano. La camicia, appena slacciata, lo rendeva ancora più sexy. Si era messo un po' di gel sui capelli, quel poco che bastava a tenere a bada il ciuffo ribelle che di solito gli ricadeva sulla fronte. 
‒ Sei tu ad esserlo, spero che Jessica non sia nei paraggi! ‒ scherzai, sperando davvero di non ritrovarmela davanti. 
‒ Fai poco la spiritosa! ‒ mi rispose, spalancando le braccia. Mi ci gettai senza pensarci due volte, lasciando che mi sollevasse da terra. 
‒ Fare finta di non conoscerti è una vera tortura ‒ dissi, avvicinando il mio volto al suo. 
‒ Anche per me, credimi... Posso baciarti? ‒ mi domandò. ‒ Non voglio toglierti il rossetto...
‒ Al diavolo il rossetto, ce l'ho in borsa insieme alle salviette struccanti. 
‒ Sei un genio del male! Come fa ad entrare tutta quella roba lì dentro? ‒ mi domandò notando le dimensioni della mia borsetta, rigorosamente abbinata al vestito. 
‒ Basta fare domande, okay? ‒ Le mie labbra incontrarono di nuovo le sue, e cercai di contenermi solo per non lasciargli il segno del rossetto. Era uno di quelli a lunga tenuta, che mi aveva consigliato zia Rose.
‒ "Damigella per un giorno", eh? ‒ mi disse, dopo avermi baciata.
‒ Vedo che sei andato subito a controllare il mio profilo ‒ gli risposi, lusingata.
‒ Senti, Ness... Sto aspettando il momento giusto per avvicinarmi a Bella ‒ mi disse a quel punto, tornando serio. ‒ Augurami buona fortuna, ne avrò bisogno. Sempre che tuo padre non mi uccida prima. ‒ Feci una smorfia.
‒ Buona fortuna, Jake. Spero che tu riesca a non scannarti con mio padre ‒ dissi, scherzando. 
‒ Sei di grande incoraggiamento, Ness ‒ mi rispose, ed entrambi ci mettemmo a ridere. Ma ero ancora tesa, stavo ripensando al messaggio di Faccia da Maniaco. Jake lo notò. ‒ E' successo qualcosa? ‒ mi chiese.
‒ No, non è niente ‒ mentii. Non volevo utilizzare Jacob per togliermi Trevor dai piedi. ‒ Sono solo nervosa per questa cosa di te e mamma, e anche perché tra poco suonerò e canterò davanti a tutti...
‒ Andrà bene, ne sono certo. Non vuoi proprio dirmi in anteprima che cosa canterai? ‒ mi domandò. 
‒ Aspetta... Ti do un indizio. La conosci ‒ gli dissi. Dalla mia borsetta, tirai fuori una penna. ‒ Dammi il braccio.
‒ Che vuoi fare? ‒ mi domandò, tirandosi su una manica della camicia.
"All I Ever Wanted" (tutto ciò che ho sempre voluto), scrissi, con la mia calligrafia ordinata.
‒ E' una frase della canzone... Penserò a te mentre la canto, mi aiuterà ‒ gli dissi. Posai la penna e intrecciai le mie dita tra le sue, avvicinando di nuovo le mie labbra al suo viso. 
‒ Adesso vai, o si chiederanno che fine hai fatto ‒ mi disse Jake, sfiorandomi appena le labbra con un bacio sfuggente e delicato.
Mentre mi allontanavo con Leah, mi voltai di nuovo a guardarlo. 
Aveva capito, glielo leggevo negli occhi. Si sfiorava la pelle del braccio, lì dove avevo scritto con la penna, e aveva capito
.


***
Ciao! Ringrazio le nuove persone che hanno aggiunto la storia alle preferite/seguite/ricordate, ma mi piacerebbe ricevere anche qualche recensione... E' piuttosto frustrante pubblicare un capitolo e non avere alcun riscontro, pur sapendo che la storia è seguita. Spero di poter conoscere le vostre opinioni, la storia è già completa e la sto postando una volta a settimana per permettervi di leggerla con calma. Non deludetemi!
P.S. Dalla prossima settimana aggiornerò tra sabato e domenica, non più di lunedì. 
A presto, 
Greta

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


CAPITOLO 15
 
Jacob
Osservai di nuovo la frase che Renesmee mi aveva scritto sulla pelle del braccio, e la sfiorai con le dita. Non volevo cancellarla. Quella non era soltanto la frase di una canzone, ma un chiaro messaggio rivolto a me... una vera e propria dichiarazione d'amore. Era come se avesse voluto dirmi: "Tutto ciò che ho sempre voluto sei tu, Jake". In quell'istante mi sentii il ragazzo più fortunato del mondo, ma c'era ancora qualcosa che mi impediva di essere felice. Sapevo bene che per noi non sarebbe stato semplice, ma non era quello il vero problema. 
"Jacob, ricordati che vive in Florida e che ha soltanto diciotto anni. A quell'età si cambia idea tante di quelle volte...", mi aveva ammonito mio padre. Ne ero consapevole, eppure la distanza e la differenza di età non mi sembravano più degli ostacoli così insormontabili. Renesmee non era quel genere di ragazza che cambia idea (o ragazzo) ogni settimana, ed ero convinto che l'unico vero problema riguardasse me e Bella. Se non avessi fatto un passo avanti nei suoi confronti, avrei rischiato di rovinare il rapporto tra Renesmee e i suoi genitori. Non potevo permettermelo, perché non me lo sarei mai perdonato. Non io, che avevo perso mia madre da bambino. E al tempo stesso non volevo scusarmi con Bella soltanto per alleggerirmi la coscienza e per poter stare con Renesmee, ma volevo farlo perché mi ero finalmente reso conto dei miei errori. E, in parte, lo avevo fatto proprio grazie a lei. 
‒ Jake, vieni. Leah ci ha detto che fra poco Renesmee si esibirà al pianoforte ‒ mi disse Embry, venuto a chiamarmi. Accanto a lui c'era Quil.
‒ Arrivo subito ‒ risposi. ‒ Comunque, dopo andrò a parlare con Bella e Edward. Ormai ho deciso ‒ comunicai ai miei amici.
‒ Quindi... lo fai per Renesmee? ‒ mi domandò Quil. Scossi la testa, prima di rispondere. 
‒ In realtà, Quil... non lo faccio solo per lei. Lo faccio perché Bella non meritava che io la trattassi in quel modo, e ho aspettato fin troppo tempo per chiederle scusa. 
‒ L'importante è che tu sia davvero sicuro di quel che fai, Jake ‒ aggiunse Embry, ‒ perché poi non si torna indietro. ‒ Sapevo perché i miei amici si stessero comportando in quel modo. Con quella frase, Embry aveva voluto farmi intendere che c'era la possibilità che Bella non accettasse le mie scuse. E che se avesse scoperto di me e Renesmee avrebbe dato di matto, forse sarebbe ripartita per Jacksonville con il primo volo disponibile, portandosi dietro sua figlia... Non volevo pensarci.
I miei amici non mi avevano mai visto così coinvolto, neanche quando avevo avuto delle relazioni che credevo potessero diventare serie e che poi erano andate a rotoli. Embry, Quil e soprattutto Seth erano stati piuttosto schietti nel chiedermi se con Renesmee non si trattasse solo di attrazione fisica, ed io a quel punto mi ero innervosito. Ness era bellissima, ma non si trattava solo di quello. Lei era molto, molto di più... E quella scossa, quella strana e meravigliosa sensazione che avevo provato quella sera al falò, non capita di certo tutti i giorni. Loro lo avevano capito, ed erano dalla mia parte. Ma si preoccupavano per me, sapendo che di mezzo c'era Bella e le nostre questioni irrisolte. Se Bella non mi avesse perdonato, sarebbe stato tutto più difficile...
‒ Ragazzi... So che quel faccio ‒ risposi, lapidario. 
‒ Non vogliamo più vederti star male a causa di Bella ‒ mi disse Embry. ‒ Anche lei avrebbe potuto fare un passo avanti, in tutti questi anni...
‒ Sentite, non voglio che si parli di Bella come se la stronza fosse lei ‒ risposi, stufo di girare sempre attorno ai soliti discorsi.
‒ Dai Embry, non rompere le palle ‒ intervenne Quil.
‒ Bella era mia amica, ed è la madre della ragazza che amo. Sì, perché io la amo... E non mi interessa sapere se per voi è stupido dire di essere innamorati dopo soli sei giorni, perché fino a una settimana fa la pensavo esattamente come voi ‒ dissi, sfogandomi. ‒ Sono disposto a correre il rischio di essere mandato a fanculo da Bella e anche da Edward, perché me lo meriterei. Ma non mi arrenderò, e non lo farà neanche Renesmee ‒ risposi, fermo nelle mie decisioni. Quil mi diede una pacca sulla spalla, ed Embry mi strinse in un abbraccio maldestro.
‒ Scusaci se siamo stati un po' bruschi, Jake ‒ mi disse.
Ero felice di avere l'appoggio dei miei amici, e ormai niente e nessuno mi avrebbe fatto cambiare idea.
 
Alcuni minuti dopo raggiungemmo gli altri invitati, seduti ai tavoli disposti in giardino.
‒ Jake, va tutto bene? ‒ mi domandò mio padre, sollevando lo sguardo su di me. Mi sedetti accanto a lui, e attesi qualche secondo prima di rispondere. Sapevo benissimo che lui e Charlie avevano parlato ancora una volta di me e di Bella, e che speravano in una nostra riappacificazione. 
‒ Sì, papà. Dopo parlerò con Bella, è deciso. ‒ Papà mi strinse forte la mano, per poi rivolgermi un sorriso di incoraggiamento. Come immaginavo, da parte sua nulla da ridire. Aveva sempre detestato il fatto che mi fossi comportato in quel modo con la figlia del suo migliore amico.
‒ Che cosa le dirai? ‒ proseguì a domandare. 
‒ Le chiederò scusa, papà.
‒ Quindi, non le dirai di Renesmee ‒ rispose, curioso.
‒ Le dirò che ci conosciamo. Al momento, direi che può bastare. ‒ Non ebbi modo di aggiungere altro, perché era giunto il momento dei discorsi. Quello che, ad essere sincero, mi annoiava di più dei matrimoni. Ma in quell'occasione non fu così, anche perché Charlie e Sue non erano più dei ragazzini ed ero certo che sarebbero rimasti insieme per sempre. Charlie era stato solo per anni, e Sue aveva perso Harry: entrambi meritavano di essere felici. Anche Bella prese la parola, augurando tanta felicità a suo padre e alla sposa. Bella era cambiata, più sicura di sé nel modo di parlare, ma tutto sommato non era molto diversa da quando aveva diciassette anni. Aveva ancora i capelli castani e lunghi, appena raccolti ai lati da alcuni fermagli gioiello. Indossava anche lei l'abito blu delle damigelle, lo stesso di Renesmee, che accentuava la somiglianza con sua figlia. Avevano persino lo stesso smalto sulle unghie. Fu proprio lei, insieme alla sorella di Edward - Alice, la piccoletta che aveva organizzato il matrimonio - ad introdurre l'esibizione al pianoforte di sua figlia. Vidi Edward accompagnarla davanti al piano e rivolgerle un sorriso, dopodiché Renesmee iniziò a parlare. Era emozionata, e sperai che ciò non le giocasse brutti scherzi.
‒ La mia è... ecco, direi che è una dedica un po' speciale agli sposi. Zia Alice, grazie per avermi incoraggiata a fare questo regalo speciale. Canterò e suonerò al piano un brano che per me significa molto, Enjoy The Silence dei Depeche Mode. Non è di certo il classico brano che si suona ai matrimoni... ma ora capirete perché l'ho scelto. ‒ Sorrise, prima di riprendere a parlare. Era talmente bella che smettere di guardarla era impossibile. 
‒ "All I ever wanted (Tutto ciò che ho sempre voluto)
All I ever needed (Tutto ciò di cui ho sempre avuto bisogno) 
Is here, in my arms... (E' qui, tra le mie braccia...)" ‒ disse, ripetendone alcune frasi. ‒ Nonno Charlie, Sue, vi voglio bene, e spero che queste parole possano accompagnarvi sempre. Ma ora basta chiacchiere, sarà la musica a parlare per me... ‒ Quella frase mi colpì molto, anche per me la musica era diventato un modo per esprimere me stesso. Era ironico il fatto che fosse anche una passione di Edward, Ness mi aveva confermato ciò che già avevo immaginato, ovvero che era stato proprio lui ad insegnarle a suonare il piano. 
Quando Renesmee posò le sue dita affusolate sui tasti del piano, potei subito notare quanto fosse brava. L'avevo già sentita cantare, ma quella fu la prima occasione in cui la sentii suonare. Con i ragazzi avevo realizzato una cover di quel brano, e rimasi ancora una volta sorpreso dal fatto che lei lo stesse suonando senza avere alcuno spartito. Era tutto nella sua testa, parole e musica. E mi guardò, anche se solo per un istante, ripetendo quelle stesse parole che mi aveva scritto sulla pelle. Fu un attimo di pura magia, in cui smisi di pensare e mi concentrai solo su di lei e sulla musica. 
Quando Renesmee terminò l'esibizione, tutti quanti applaudimmo. Sentii Charlie gridare a gran voce un "Sei grande, Ness!". Aveva gli occhi lucidi, e andò subito dalla nipote per stringerla in un affettuoso abbraccio, seguito da Sue. 
Dovevo ammettere che Bella e Edward, nonostante la loro giovane età, avevano fatto un ottimo lavoro come genitori. Avevano cresciuto una ragazza fantastica... Determinata, intelligente, brillante, piena di sogni e di passioni. Unica, come il nome che Bella le aveva dato.
Terminati i discorsi, Seth e Leah mi presero da parte.
‒ Tutto bene, Jake? ‒ mi chiese Seth.
‒ Più o meno ‒ risposi. 
‒ Bella è da sola, è il momento giusto ‒ mi disse Leah. ‒ E' lì alla fontana ‒ aggiunse, indicandomela con la coda dell'occhio. Ormai era acqua passata, anche perché Leah stravedeva per Renesmee e l'affetto era reciproco; ma anni prima, Leah non era stata esattamente la fan numero uno di Bella. Diceva che dovevo farmi passare quella "stupida cotta", e che Bella mi aveva "usato" nel periodo in cui Edward se n'era andato a New York. Be', non era stato così, Bella non mi aveva usato. Aveva semplicemente creduto che potesse amarmi, ma era un amore diverso da quello che la legava a Edward. Ormai Leah e Bella si volevano bene, e Leah non pensava più quelle cose.
‒ Hai già deciso se dirle o no che tu e Renesmee vi conoscete? ‒ mi domandò Seth.
‒ Sì, e le dirò la verità... Le dirò che ho conosciuto Renesmee al falò di sabato scorso. E poi, Bella sa benissimo che voi due siete miei amici. Renesmee in questi giorni è uscita spesso con Seth, va da sé che c'era la possibilità che noi due ci conoscessimo. ‒ Seth mi poggiò una mano sulla spalla.
‒ Buona fortuna ‒ mi disse. ‒ Ti terrò d'occhio, e sono pronto ad intervenire. In fondo sono stato io a far sì che vi conosceste. Se Bella vuole incazzarsi con qualcuno, che lo facesse anche con me.
‒ Apprezzo davvero ciò che state facendo, ragazzi. E non lo faccio solo per poter uscire con Renesmee senza avere problemi, lo faccio perché voglio davvero chiedere scusa a Bella per tutti questi anni di silenzio. E forse, il fatto che io abbia conosciuto sua figlia è un segno del destino... 
‒ Sei diventato troppo romantico Jake, ora credi anche al destino? ‒ mi prese in giro Leah.
‒ Forse sì... Non mi piace l'idea che sia tutto già scritto, credo semplicemente che alcune cose siano... destinate ad essere. ‒ Non avevo più chiesto scusa a Bella, ma ecco che il destino - l'Universo, Dio, o chissà cos'altro - aveva fatto in modo che io potessi porre rimedio ai miei errori. 
Finalmente tutto aveva un senso.
 
Lasciai i ragazzi e andai da Bella, sperando di trovarla ancora da sola. Di sfuggita, vidi Renesmee giocare con una bambina, quella che Seth mi aveva detto essere la figlia di Rosalie, sorella acquisita di Edward e moglie di suo fratello Emmett. Renesmee adorava le sue zie, ed io ero felice che qualcuno della famiglia Cullen fosse pronto ad appoggiarci. 
Leah e Seth raggiunsero Sam, Quil e gli altri, e a quel punto notai che Bella stava parlando al cellulare. Aspettai che finisse la telefonata, dopodiché mi avvicinai a lei. Non appena mi vide, capii di averla colta un po' alla sprovvista. Eppure, ero convinto che sapesse che ci sarei stato anch'io al ricevimento...
‒ Jac... Jacob! ‒ balbettò, sorpresa. Presi un respiro profondo, e le rivolsi un sorriso. Non volevo apparire con la faccia da cane bastonato, io avevo sbagliato ed io dovevo pagarne le conseguenze.
‒ Ciao, Bella ‒ dissi, guardandola dritta nei suoi occhi marroni. Gli stessi occhi di Renesmee.
‒ E' passato tanto tempo dall'ultima volta che ci siamo visti ‒ rispose, per poi rimanere un attimo in silenzio. Non capivo se fosse sarcastica o no.
‒ Troppo tempo ‒ risposi, ‒ e per colpa mia. ‒ Si voltò per guardare le piccole carpe nella fontana, prendendo un respiro profondo. A quel punto, incrociò di nuovo il mio sguardo. 
‒ Vuoi sapere una cosa, Jacob? Dovrei odiarti, ma la verità è che... non ci riesco. Ti guardo, e vedo ancora il mio migliore amico. ‒ Quelle parole mi fecero sciogliere, e capii che l'affetto che avevo per lei non era affatto cambiato. Avevo cercato di nasconderlo in un angolo remoto del mio cuore, ma era ancora lì. Intatto.
‒ Sono stato uno stronzo, Bella... e avresti tutto il diritto di odiarmi.
‒ Jacob, la psicologia inversa non funziona con me. Sì, sei stato uno stronzo. E il fatto che io ti voglia bene, non mi impedisce di dirti quel che penso ‒ mi rispose, duramente. ‒ ... Cazzo, Jacob, potevi pensarci prima! E invece vieni a chiedermi scusa soltanto oggi, perché mio padre si sposa e ai matrimoni deve essere tutto perfetto... ‒ La fermai.
‒ Non ho giustificazioni, Bella. E non mi aspetto niente da questo incontro, ma volevo dirtelo. Volevo solo che tu lo sapessi. Che ti voglio bene, e che non avrei mai dovuto comportarmi in quel modo. Ho rovinato tutto. 
‒ Questo lo apprezzo, Jacob. E spero anche che tu abbia... voltato pagina ‒ mi rispose. 
‒ L'ho fatto, Bella. E non ti porto alcun rancore per la scelta che hai fatto... Siete ancora insieme, hai fatto la scelta giusta. Edward ti ama, e tu ami lui. Mi basta guardarvi ‒ le dissi. ‒ In fondo, un'eclissi non può oscurare il vero amore. ‒ Bella fece una smorfia.
‒ Un'eclissi? ‒ ribatté. ‒ Perché fai questo paragone?
‒ Perché forse, se Edward non fosse esistito, tra noi sarebbe andata diversamente. Ma tu hai sempre amato Edward, e quando lui ti lasciò eri confusa, e stavi male. Hai creduto che il mio amore potesse sostituire il suo, io stesso me ne sono illuso... Quel che voglio dire, Bella, è che non avrei mai dovuto chiederti di fare una scelta del genere. Una scelta tra il tuo migliore amico e il tuo amore. Ero solo un coglione, e un ragazzino di sedici anni testardo e immaturo. ‒ Bella mi guardò, sorpresa. 
‒ Sei cambiato davvero, Jake. Lo sento da come parli. Mi ci vorrà del tempo per... elaborare le tue scuse, ma sono felice che tu abbia deciso di farlo. ‒ Era andata meglio di quanto sperassi, e a quel punto pensai che il vero problema sarebbe stato Edward. Che mi avrebbe odiato davvero, quando avrebbe scoperto di me e sua figlia. Prima Bella, poi Renesmee. Avrebbe pensato che ero una piaga, e forse al suo posto lo avrei pensato anch'io.
‒ Vieni, voglio presentarti mia figlia ‒ mi disse Bella. ‒ La amo più della mia vita, e avrei tanto voluto averti accanto quando ho scoperto di aspettarla ‒ mi disse, alzandosi in piedi e abbassando di nuovo lo sguardo. 
Forza Jake, diglielo. Dille che tu e Renesmee vi conoscete già. 
Non feci in tempo a formulare una frase di senso compiuto, che vidi Edward avvicinarsi a noi proprio con Renesmee. Lei sembrava piuttosto tranquilla, al contrario di me.
‒ Jacob Black ‒ disse Edward. ‒ Quanto tempo... ‒ proseguì a dire. Bella si avvicinò a suo marito, dopodiché proseguì a parlare. Avevo come la sensazione che Edward e Bella avessero già discusso tra loro della possibilità che ci saremmo incontrati. Renesmee iniziò a giocare nervosamente con una ciocca di capelli, e si schiarì la voce.
‒ Jacob, lei è nostra figlia Renesmee ‒ disse Bella. Renesmee mi guardò, dopodiché mi sorrise.
‒ Renesmee, lui è Jacob. Un mio vecchio amico, di quando vivevo a Forks. Jacob, prima che tu me lo chieda... l'ho chiamata così perché ho unito il nome di mia madre a quello della madre di Edward. Renée e Esme ‒ aggiunse Bella. A quel punto, fu proprio Renesmee a prendere la parola. 
‒ Mamma, papà, io e Jacob ci conosciamo già... E gli ho già raccontato anche la storia del mio nome ‒ disse. ‒ Quando esco con Seth, a volte c'è anche lui. ‒ Bella sembrava sorpresa, ma rimase composta.
‒ Sì, Nessie ed io ci siamo conosciuti sabato sera, al falò in spiaggia ‒ risposi, cercando di mantenere la calma. Meglio essere sinceri fin da subito. 
‒ Nessie? ‒ esclamò Bella. ‒ Hai dato a mia figlia... il soprannome del mostro di Loch Ness?! ‒ proseguì a dire, stizzita. Edward sembrava quasi divertito dalla situazione, e Renesmee si mise a ridere con lui.
‒ Mamma, dai, è solo un soprannome! ‒ disse. ‒ Non è così diverso da "Ness", non credi? ‒ aggiunse. Poi, si rivolse a suo padre. Forse mi aveva visto in difficoltà, e voleva togliermi dall'imbarazzo. 
‒ Papà, vieni... Perché non suoniamo qualcosa al piano insieme? A nonno Charlie farà piacere ‒ disse subito dopo. 
‒ Sì, è un'ottima idea, Ness ‒ rispose Edward, prendendo sua figlia a braccetto. Nel vederli l'uno accanto all'altra, mi accorsi dell'incredibile somiglianza fisica tra lei e suo padre, forse ancora più evidente di quella con Bella. 
‒ Allora ci si vede in giro, Jacob. Immagino che tu e Bella abbiate molte cose da raccontarvi ‒ disse, lasciando intendere molto di più. Edward ci aveva provato a dirmi che Bella sentiva la mia mancanza, ma io non gli avevo dato ascolto. Ero stato una vera merda, e non potevo pensare di risolvere il tutto in dieci minuti.
Mi guardò, e poi guardò Renesmee. Ebbi l'impressione che avesse già capito tutto, semplicemente dai nostri sguardi e da poche parole. Sembrò lanciarmi un avvertimento, era come se Edward avesse voluto dirmi con lo sguardo: "ti tengo d'occhio, Jacob".

***
Ciao! Ringrazio le persone che la volta scorsa hanno recensito, spero che continuerete a farmi conoscere le vostre opinioni! Continuerò ad aggiornare sempre tra sabato e domenica, vi aspetto al prossimo capitolo ;)
Greta

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


CAPITOLO 16
 
Renesmee
Era l'una di notte, e nonostante fossi piuttosto stanca, non riuscivo ancora a prendere sonno. Dopo essermi fatta una doccia veloce, mi infilai il pigiama e mi buttai sul letto, mentre mille pensieri si affollavano nella mia mente...
Mamma e Jacob si erano finalmente parlati, dopo ben diciotto anni di silenzi. E un po', il merito, era anche mio. Era un passo avanti notevole, no? 
Sì, era anche vero che mamma gli aveva dato dello stronzo, e che una piccola discussione c'era stata... Ma lo aveva perdonato, era quella la cosa importante. Mamma non era mai stata capace di portare rancore alle persone a cui voleva bene, e nonostante tutti quegli anni l'affetto reciproco era rimasto intatto.
Un giorno avrebbe capito, se la storia tra Jake e me fosse andata avanti...
Ma certo che andrà avanti, scema!
Mi rifiutavo categoricamente di pensare il contrario. E comunque, nonno Charlie e il padre di Jake ci avevano davvero visto lungo. Mi sarebbe piaciuto parlarne con il nonno, ma lui e Sue erano partiti per il fine settimana: una sorta di mini viaggio di nozze, visto che il nonno voleva passare il più tempo possibile con me e mia madre, prima che tornassimo a Jacksonville.
Per quanto riguardava papà, invece, non sapevo bene cosa pensare... Vedendo lui e Jake insieme, avevo avuto l'impressione che papà provasse ancora un certo astio nei suoi confronti, e la cosa mi preoccupava. Per evitare di mettere in imbarazzo Jake avevo fatto allontanare papà con una scusa, e da quel che Jake mi aveva raccontato, durante la giornata non avevano più avuto modo di restare da soli. 
Nelle ultime ore, avevo preso una decisione importante: per la mia sanità mentale, avrei parlato di me e Jake a mamma e papà soltanto dopo il mio ritorno dal viaggio a Los Angeles. Se non altro, qualche ora d'aereo avrebbe materialmente impedito a papà di andare da Jacob e incazzarsi con lui...
In quel preciso istante, la notifica di un nuovo messaggio mi fece distrarre dai miei pensieri.
 
Jacob: Ti ho chiamata Nessie di fronte ai tuoi, secondo te hanno capito qualcosa? Che figura di merda! Avranno sicuramente pensato che siamo abbastanza in confidenza... Ti prego di scusarmi!
 
In effetti, per poco non mi era preso un colpo, quando Jake se n'era uscito con quel "Nessie" davanti ai miei. Quando eravamo rimasti da soli, papà aveva provato a farmi qualche strana domanda, sulla quale ero stata piuttosto evasiva: "Sì, Jacob è simpatico", "Tutti gli amici di Seth lo sono", e cose così. Non aveva insistito troppo, raccontandomi solo del fatto che lui e Jacob si conoscevano poco, perché era un'amico d'infanzia di mamma. Ma conoscevo bene mio padre, e avevo la vaga sensazione che, vedendoci insieme, avesse avuto qualche sospetto sul fatto che Jake ed io fossimo usciti da soli. Senza Seth e gli altri. In fondo, sapeva già che in quei giorni ero uscita con un ragazzo, e papà non era di certo uno stupido... Inoltre, non aveva più tirato in ballo l'assurda storia del voler conoscere il ragazzo con cui stavo uscendo, e forse c'era stato lo zampino di mamma o delle zie. Oppure... gli era bastato vedere Jake e me insieme per capire ogni cosa. Sperai nella prima opzione, perché non ero affatto pronta ad affrontare un putiferio. Ero certa che, almeno inizialmente, papà non l'avrebbe presa bene. Neanche mamma probabilmente, ma con papà sarebbe stato decisamente peggio.
Non sapevo proprio come uscirne indenne, qualcuno avrebbe sofferto inevitabilmente.
 
Renesmee: Mamma ha fatto quel commento sul soprannome del mostro di Loch Ness, perciò non credo che abbia capito! Papà non lo so... Io dico sempre, per scherzare, che secondo me sa leggere nel pensiero...
 
Jake mi rispose subito: Bella ha avuto la tua stessa reazione, questo mi ha fatto sorridere... Giuro, non ti avrei mai dato volontariamente il soprannome del mostro :( ♡
 
Sorrisi al cellulare, come una scema. Ero proprio cotta a puntino.
 
Renesmee: Ma dai smettila, lo sai che Nessie mi piace :) E invece non hai niente da dire sul fatto che mio padre legga nel pensiero?
 
Attesi qualche secondo, mettendomi più comoda.
 
Jacob: A dire la verità, ora ho seriamente paura! 
Scherzi a parte, ti prometto che farò tutto il possibile per farmi accettare da Edward. Se mi metto nei suoi panni, non deve essere affatto semplice... Ma mi sono innamorato di te, e sono pronto a tutto pur di stare con te.
"All I Ever Wanted"... Questa frase vale anche per me, Renesmee.
 
Non sapevo più cosa dire, avevo il cuore che mi batteva a mille. Jacob era una di quelle persone che, se si ha la fortuna, si incontra una sola volta nella vita. Ero stata incredibilmente fortunata, perché si era innamorato proprio di me...
 
Renesmee: Ed io farò tutto il possibile per stare con te, Jake. Te lo prometto... E sono una che mantiene sempre le proprie promesse ;)
 
Poco dopo, ci demmo la buonanotte. Stavo per uscire da WhatsApp, ma mi ritrovai a guardare di nuovo l'ultimo messaggio di quel Trevor. Trevor Faccia da Maniaco, soprannome con il quale avrei continuato a chiamarlo se avesse insistito con delle avances inopportune: Non ci credo che sei fidanzata, su Instagram non hai neanche una foto con lui... Dillo che ti sto antipatico! Comunque non voglio assillarti, se ne riparla quando torni a Jacksonville. Non mollo...
E quindi, l'essere fidanzati o single lo si poteva dedurre dalle foto postate su un social network? Bella considerazione che dava alle relazioni, considerando che potrei avere avuto centinaia di motivi per non esporre il mio fidanzato. O quasi fidanzato. In primis, un padre iper apprensivo come il mio...
Feci una mossa azzardata, perché detestavo che Trevor avesse avuto l'ultima parola. Mi dava fastidio "utilizzare" Jacob per togliermi Trevor dai piedi, ma non sapevo cos'altro fare. Scelsi dalla galleria del cellulare una delle foto che in quei giorni avevo fatto con Jake, una foto scattata in spiaggia in cui ci davamo un bacio sulle labbra. E la inviai a quello stupido di Trevor.
 
Renesmee: Questo è il mio ragazzo. Visto che mi dai della bugiarda, ecco qui... ora ci credi?
 
Nonostante il fuso orario, Trevor visualizzò subito il messaggio e mi rispose: Sarà un tuo amico o il tuo ex, non sono mica scemo :) C'è n'è vuole di tempo per corteggiarvi, voi ragazze siete tremende...
Di bene in meglio... Aveva scritto "c'è n'è vuole" al posto di "ce ne vuole", il che stava a significare che era anche ignorante. I ragazzi che fanno errori di grammatica nei messaggi mi irritavano come poche cose al mondo.
 
Renesmee: pensala come vuoi, non ti conosco e non devo di certo dare conto della mia vita a te. Impara ad accettare i no, e magari dai una ripassata al libro di grammatica ;)
 
Detto questo, decisi che non gli avrei più risposto. Avrei aspettato che visualizzasse, e, più tardi, avrei anche bloccato il numero. Sapevo che non era una soluzione permanente, ma se non altro non avrebbe potuto scrivermi ancora su WhatsApp.
Decisi di mandare un messaggio alle mie amiche Christina e Stella, a Jacksonville erano le dieci di sera e pensai che sicuramente dovevano essere sveglie.
Chris non era online, ma dopo alcuni minuti Stella mi chiamò direttamente.
Ehi Ness, allora? Com'è andata oggi? ‒ mi disse, salutandomi. ‒ Ho visto la foto con il vestito blu, stavi benissimo! 
‒ Grazie, Stella... Comunque, Jake ha parlato con mamma. E anche con papà, più o meno ‒ le raccontai. 
Oddio, e com'è andata? Che cosa si sono detti? 
‒ Jake le ha chiesto scusa, e sembra che mia madre abbia accettato. Papà invece era strano, non sono così ottimista... ‒ Sbuffai.
Non posso dire che sia una situazione semplice, ma è assolutamente risolvibile. Tu non hai colpa, Jacob nemmeno. E' stata una coincidenza, vi siete conosciuti e piaciuti. E conoscendo i tuoi gusti, Ness, anche se non conosco Jacob sono sicura che è speciale ‒ mi rispose. ‒ Dai tempo ai tuoi, lo capiranno. 
‒ Ti ringrazio per il tuo ottimismo, ne ho davvero bisogno. Sono... un po' nervosa, anche per via di un altro problema ‒ le confidai.
Che tipo di problema? ‒ mi domandò. ‒ Riguarda sempre Jacob e i tuoi, o c'è dell'altro? 
‒ In realtà, c'è dell'altro. Oggi mi sono ritrovata un messaggio da parte di un numero sconosciuto, un ragazzo. Mi ha detto di chiamarsi Trevor, e di essere un amico di Ethan. Vuole conoscermi, e nonostante io gli abbia detto chiaramente di non essere interessata, mi ha scritto - testuali parole - "Non mollo". ‒ Forse era una cosa stupida, ma mi aveva messo agitazione.
Cavolo, Ness... Non credo di conoscerlo, il nome non mi dice nulla. Mi sembra strano che Ethan gli abbia dato il tuo numero, sai? Non è da lui comportarsi così... Se vuoi, domani posso scrivere a Ethan e chiedergli qualcosa. Potremmo dirlo a Thomas, che ne dici? ‒ Thomas era il ragazzo di Chris. Stella stava solo cercando di rassicurarmi, e gliene ero grata... ma al tempo stesso non volevo mettere in mezzo troppe persone in quella stupida faccenda.
‒ No, lascia stare. Gli scrivo io, oppure ci penserò quando torno a casa. Bloccherò il numero su WhatsApp, per ora. 
Vedrai che si stancherà ‒ mi disse. ‒ Se non gli sono bastati i messaggi, allora vorrà dire che resterà deluso anche di persona. Io e Chris sappiamo essere molto stronze con i ragazzi che si accollano. ‒ Sorrisi.
‒ Credo che si stancherà da solo, e non sarà necessario ‒ risposi, tenendo per me la considerazione che Trevor mi aveva trasmesso una strana sensazione di inquietudine... E se fosse stato davvero uno stalker? 
Non fasciarti la testa prima del tempo, mi dissi.
Restammo al telefono per un'altro po', e prima di terminare la chiamata Stella mi disse anche un'altra cosa. 
Comunque, ci vieni alla festa di Ray Mason?
‒ Chi? ‒ domandai.
Dai, Renesmee! Quel ragazzo della classe accanto alla nostra. Viene anche Julian, quello che mi piace... 
‒ Mi stai proponendo di imbucarci? ‒ domandai, tenendola sulle spine per qualche secondo. ‒ ... Be', sai che ti dico? Se ci siete voi, ci sono anch'io! ‒ risposi. ‒ Ma... Se è una di quelle feste di merda in cui la gente si ubriaca e poi vomita ovunque, ce ne andiamo via. Okay?
Ci sto, Ness! Da te sarà tardi, ora ti lascio dormire... Aggiornami su Jacob, soprattutto se ci sono novità scottanti! ‒ mi disse, facendomi ridere. Non volevo dirle che Jake era stato categorico... Lui diceva che era troppo presto per il sesso, e che lo faceva per me. Ma io credevo che a frenarlo fosse anche il senso di colpa del dover nascondere la nostra storia ai miei. Brutto o no, dovevo accettare che il fatto di essere la figlia di Bella e Edward lo mettesse a disagio. 
Diedi la buonanotte alla mia amica, dopodiché provai a dormire...
 
***
 
Il giorno dopo, mi svegliai stranamente presto. Avevo fatto un brutto sogno e non volevo riaddormentarmi, così aspettai le nove e a quel punto decisi di scendere in cucina per fare colazione. Nell'incubo, Trevor mi diceva che Jacob non era quello giusto per me, e che aveva parlato con i miei. Papà e mamma lo adoravano. C'erano anche i miei genitori che litigavano con Jake... Scacciai quelle fastidiose immagini dalla mente, provando a pensare ad altro.
Ero sola in casa di nonno Charlie con mamma e papà, e sperai che tutto quel tempo a disposizione per stare insieme non li avrebbe portati a farmi altre domande sul "ragazzo misterioso" con cui ero uscita. Ero quasi sul punto di scendere in cucina, quando sentii le loro voci. 
‒ Bella, non so cosa pensare. ‒ La voce di papà. Non volevo origliare di nuovo, ma fu inevitabile...
‒ Tu dici che c'è qualcosa di strano? ‒ rispose mamma. ‒ Edward, ti rendi conto di quello che stai dicendo? Nostra figlia e Jacob? ‒ proseguì a dire. Mi coprii la bocca con le mani, a quel punto volevo sapere. Rimasi accucciata sulle scale, pronta a fuggire via.
‒ Sì, Bella. Me ne rendo conto perfettamente... Com'è che l'ha chiamata? Nessie? ‒ Sembrava piuttosto nervoso. 
‒ Nessie, Ness, non c'è molta differenza ‒ rispose mamma. 
‒ Fidati, Bella. Secondo me c'è qualcosa sotto. Davvero ti fidi di qualcuno che non si è più fatto sentire per diciotto anni? ‒ Merda, papà sembrava davvero arrabbiato. Iniziai a preoccuparmi, e mi venne la tipica nausea ansiosa. 
‒ Calmati, Edward. Credi che per me sia stato semplice accettare le sue scuse, o anche solo rivederlo? Eppure, penso che non lo sia stato neanche per lui. Era più che consapevole di aver sbagliato, gli si leggeva negli occhi.
‒ A me quel tipo non è mai piaciuto, Bella. ‒ Quella frase fu come una coltellata nel petto. "Quel tipo"... Papà aveva davvero chiamato Jake "quel tipo". ‒ E' inutile rivangare il passato, no? O devo ricordarti del fatto che quando eri incinta sono andato da lui per dirgli che ti mancava il tuo migliore amico? Che anche se tu non me ne parlavi, vedevo quanto ci stessi male? ‒ Senza accorgermene, mi ritrovai con il viso bagnato dalle lacrime. Le parole di mio padre erano cariche di risentimento. 
‒ Edward, basta. Lui ha sbagliato, ma ho sbagliato anch'io... Gli ho detto di amarlo, e il giorno dopo mi è bastato sapere che eri tornato per cancellare tutto! Sono sparita per giorni, perché sapevo che gli avrei spezzato il cuore. ‒ Mamma aveva alzato la voce. E quindi, lei gli aveva detto di amarlo... Jacob non me ne aveva parlato. Perché non me lo aveva detto? Forse aveva avuto paura di mettermi a disagio...
‒ Tu sei sparita per qualche giorno, ma lui è sparito per diciotto anni. Ti ha detto di scegliere tra me e lui. E in ogni caso i tuoi sbagli non lo autorizzano a girare intorno a nostra figlia. Renesmee ha diciotto anni, e lui ne ha sedici più di lei. Sedici, non due. Ness è una ragazzina, lui è un uomo. E' folle, lo capisci? ‒ disse mio padre. 
‒ Proverò a parlarne con Renesmee, okay? ‒ rispose mia madre. 
‒ Okay, Bella. Tanto con me non vorrà farlo... ‒ A quel punto, mamma cambiò velocemente discorso. Una piccola parte di me sperava che almeno lei avrebbe capito, per quanto assurdo potesse essere.
‒ Comunque Ed, sai chi mi ha scritto? ‒ disse. ‒ Jessica. Le farebbe piacere vedermi, ti va di venire? Ha detto di aver incontrato Renesmee, ma lei non mi ha detto nulla. 
‒ Jessica? Quella che mi chiamava "Bei capelli"? ‒ commentò papà. ‒ Forse Ness non te lo ha detto perché sa che non ti andava a genio.
‒ Proprio lei ‒ rispose mamma. 
Avevo ascoltato abbastanza. Sarei andata anche io all'appuntamento con Jessica, così quella pettegola ci avrebbe pensato due volte prima di raccontare a mia madre di avermi vista all'officina di Jake. 
Ero delusa dalle parole dei miei genitori, ma non ne ero sorpresa. Sarebbe stato difficile, ma non mi sarei arresa per nessun motivo al mondo.

***
Ciao! Ci tengo a ringraziare di nuovo le ragazze che mi hanno lasciato delle recensioni, e come sempre spero che continuerete a farmi conoscere le vostre impressioni e le vostre supposizioni.
Guai in vista per Renesmee, nonostante Edward in questo universo sia umano ha capito molte cose... 
Alla prossima settimana!
Greta

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


CAPITOLO 17
 
Il giorno dopo, trascorsi la giornata in compagnia della mia famiglia. Avevamo programmato una gita al Lake Crescent, un lago situato all'interno del Parco Nazionale Olimpico, che distava all'incirca quaranta minuti di macchina da Forks. Ci ero stata da bambina, e avevo dei vaghi ricordi di quel posto soltanto grazie alle fotografie. 
Partimmo la mattina presto, per poter tornare a casa nel tardo pomeriggio. Durante il viaggio in macchina avevo ancora sonno, così cercai di riposarmi. Papà aveva acceso la radio a basso volume, e provai a chiudere gli occhi. 
A volte mi capitava di soffrire il mal d'auto, ma mio padre guidava talmente bene che mi rilassai totalmente... o quasi. Ero ancora nervosa per quello che era accaduto il giorno precedente, tra ciò che avevo sentito dire dai miei genitori a proposito di me e Jacob e il disastroso appuntamento alla tavola calda con Jessica. Si era presentata in compagnia di Mike, un altro ex compagno di scuola di mamma, ma ciò non era bastato a frenare la sua lingua lunga: Jessica aveva raccontato ai miei genitori, nei pochi minuti durante i quali ero andata in bagno, di avermi incontrata all'officina di Jacob e Embry. A quel punto, per limitare i danni, avevo dovuto raccontare anche a loro la piccola bugia bianca sul problema che avevo avuto con l'auto di nonna Esme, un problema che in realtà non era mai esistito. 
La sera precedente avevo deciso di non uscire, ma non volevo sprecare altro tempo prezioso che avrei potuto trascorrere con Jake. Così, per quella sera, mi ero organizzata di nuovo con Seth. Mi avrebbe coperto di nuovo con i miei, e non lo avrei mai ringraziato abbastanza per la sua infinita pazienza.
E a proposito di ciò che avevo sentito dire dai miei genitori, la sera precedente mamma aveva provato ad "estorcermi" qualche informazione in più sul ragazzo che mi piaceva. Le avevo ribadito che gliene avrei parlato io stessa quando mi sarei sentita pronta a farlo, e lei non aveva insistito. A quel punto, mi aspettavo un ulteriore passo avanti da parte di papà: se davvero aveva capito che si trattava di Jacob, mi avrebbe sicuramente fatto delle altre domande. E poi, c'era anche il problema di quel Trevor... Non avevo ancora acceso la connessione dati sul cellulare, per paura di ritrovarmi un suo messaggio da qualche parte. Su Instagram o forse su Facebook, visto che su WhatsApp non poteva più scrivermi... 
Non avevo più sonno, così decisi che quello era il momento adatto per dire ai miei genitori della festa di Ray Mason, quella a cui sarei andata con Stella e Christina. 
‒ Papà, mamma ‒ dissi, facendo capolino tra i due sedili anteriori. 
‒ Tutto okay, tesoro? ‒ mi domandò mio padre. ‒ Se hai il mal d'auto ci fermiamo alla prossima area di servizio, non è un problema. ‒ Come poteva essere al tempo stesso così dolce e dire quelle brutte cose su Jacob?
‒ No, niente mal d'auto ‒ risposi. ‒ Volevo solo dirvi che il 30 luglio sera non ci sono, vado a una festa con Christina e Stella ‒ risposi. ‒ Forse viene anche Robert ‒ aggiunsi, certa che papà sarebbe stato più tranquillo se ci fosse stato il fratello di mamma. Robert aveva solo un anno meno di me, frequentavamo la stessa scuola e avevamo anche alcune amicizie in comune. Nonostante i suoi diciassette anni era un ragazzo con la testa sulle spalle, che spesso mi aveva anche tirato fuori da situazioni sgradite a scuola. 
Mamma era stata figlia unica per ben diciannove anni, e voleva molto bene a quel fratello che non avrebbe mai pensato di avere. 
‒ Una festa... Sei davvero sicura di essere figlia di Bella? ‒ disse papà, ridacchiando. Lei gli diede un buffetto sulla spalla. 
‒ Edward! ‒ gli rispose. ‒ Smettila. 
‒ Che c'è, è vero! ‒ ribatté lui.
Era bello vederli ridere e scherzare tra loro: erano uno dei motivi per cui credevo nell'esistenza del vero amore, quello destinato a durare per sempre. Finalmente, dopo aver conosciuto Jake, riuscivo davvero a comprendere il legame di totale complicità tra i miei genitori, che prima di allora per me era sempre rimasto una specie di mistero.
‒ Papà ha ragione ‒ commentai. ‒ Dai, mamma, non puoi dire che tutte le feste siano brutte. ‒ Mamma si voltò verso di me, mentre papà teneva lo sguardo fisso sulla strada.
‒ Okay... Diciamo che detestavo le tipiche feste adolescenziali piene di gente sbronza. Così va meglio?
‒ Va molto meglio ‒ risposi. 
‒ E anche i balli della scuola ‒ aggiunse lei. 
‒ Sui balli della scuola siamo totalmente d'accordo, mamma. 
‒ Ness, posso sapere di chi è questa festa? ‒ domandò papà a quel punto. ‒ Come mai una festa di martedì sera? ‒ Eccolo in modalità detective. 
‒ Non lo conosci, non eravamo in classe insieme. Si chiama Ray Mason... Ci va un amico di Stella, per questo ci andiamo anche noi. E siamo a fine luglio, papà, non c'è un giorno più o meno adatto per organizzare feste. Viviamo a Jacksonville, siamo vicini all'oceano. Non è come... Forks. ‒ Papà ridacchiò di nuovo, per poi rispondermi. 
‒ Eppure, mi sembra che tu ti stia divertendo anche qui a Forks... Finalmente potremmo andare a trovare i nonni un po' più spesso. ‒ I nonni e Jake, dissi mentalmente. Sulle mie labbra, nacque spontaneamente un sorriso. 
‒ Direi di sì, papà ‒ risposi, vaga. ‒ E a proposito di questo... Esco anche stasera, sempre con gli amici di Seth. ‒ Colsi la palla al balzo. 
‒ Da quanti giorni è che vai in giro con la macchina di nonna Esme? ‒ mi domandò. ‒ Visto che vai con Seth, potreste usare una sola auto. ‒ Mi ci mancava anche quello... Jessica, con la sua spifferata, mi aveva proprio fatto un gran bel favore. Papà aveva detto a nonna del fantomatico problema che aveva avuto la macchina, dovevo trovare il modo di dirle la verità.
‒ Embry e Jacob l'hanno controllata, non corro alcun rischio di restare per strada ‒ risposi, stavolta senza trattenere il mio nervosismo. ‒ E poi non voglio fare la principessina che si fa sempre accompagnare, mi dispiace che Seth debba fare tutta quella strada in più. Ormai so orientarmi bene tra Forks e La Push, perciò... non vedo quale sia il problema ‒ mi lamentai.
‒ Va bene, va bene... Dopotutto hai quasi diciannove anni, non posso essere io a dirti cosa devi o non devi fare. Lo sai già, le raccomandazioni sono sempre le stesse ‒ rispose. 
‒ Certo che lo so, papà. E so anche che per te è difficile, ma sono un'adulta ormai. 
‒ Così adulta che esci con persone di trent'anni passati... Chi altro c'è a parte Seth? ‒ mi rispose sarcastico, con una punta di fastidio nella voce.
‒ Edward, Seth è praticamente di famiglia... che cosa vuoi insinuare? I suoi amici li conosco anch'io ‒ lo riprese mia madre. Si guardarono per un istante, e papà sembrò rasserenarsi. Si era reso conto che stava esagerando. 
Sembrava quasi che mamma fosse dalla mia parte, eppure la vidi cambiare di colpo espressione non appena nominai di nuovo Jake. 
Jacob. Chiamalo Jacob, niente diminutivi. 
‒ Chi vuoi che ci sia, papà... Quil, Embry, Paul... Rachel, Jacob... Emily... ‒ Mi sforzai di non tradire alcuna emozione. 
‒ Okay... non fare troppo tardi, intesi? Non mi piace che guidi da sola di notte, le strade sono deserte ‒ rispose.
‒ E' vero, Renesmee. Su questo ha ragione papà, non è prudente andare in giro da sola di notte su quelle strade in mezzo ai boschi ‒ aggiunse mamma, dandogli manforte. Che in realtà suonava come un "torna accompagnata da Seth, così avrai meno tempo a disposizione per stare con Jacob". 
La discussione terminò lì, perché a quel punto eravamo arrivati a destinazione.
 
Parcheggiammo la macchina accanto a quella dei nonni, che erano venuti con zia Rose, zio Emmett e Caroline, e a quella di zia Alice e zio Jasper. Il piccolo Dave dormiva beatamente sul seggiolino, e zia Alice, nel prenderlo in braccio per metterlo nel passeggino, cercò di non svegliarlo.
Era una bella giornata, e il panorama era davvero mozzafiato. Presi un respiro profondo riempiendomi i polmoni di aria fresca, e mi sentii subito meglio.
Mi allontanai un attimo dalla mia famiglia per controllare il cellulare, al diavolo la minaccia di Trevor Faccia da Maniaco. Aspettavo cose ben più importanti... il messaggio di Jake, ad esempio.
 
Jacob: Ehi Nessie, stasera ci vediamo alle 9... Andiamo a suonare al locale e poi stiamo un po' insieme, ok?
 
Dopo avergli dato la conferma per quella sera, mi feci coraggio e controllai le altre chat. Mi aveva scritto Robert, e ne fui felice: Ness, ho saputo che vieni anche tu alla festa di Ray :) 
Ti aspetto a casa... Milla sente tanto la tua mancanza, e anche noi! Salutami tutti, anche da parte di mamma e papà.
Mi aveva mandato una foto della mia cagnolina insieme a nonna Renée e a nonno Phil. Milla mi mancava, così come mi mancava Jacksonville, anche se il pensiero di separarmi da Jake era ancora difficile da mandare giù. 
Risposi a Rob, dopodiché notai che Trevor mi aveva scritto su Instagram. Quel ragazzo era davvero prevedibile, non potevo di certo fingere di esserne sorpresa.
 
Buongiorno Renesmee, chissà perché mi aspettavo di essere bloccato su WhatsApp... Conquistarti è sempre di più una sfida  Lo devi sapere.
 
"Lo devi sapere". Se si riferiva al fatto di essere un idiota patentato, lo sapevo già. Ignorai il messaggio, se lo avessi bloccato anche lì sarebbe stato decisamente peggio. "L'indifferenza è l'arma migliore", mi aveva suggerito Leah. 
‒ Renesmee, vieni! Che fai lì da sola? ‒ mi chiamò zio Emmett. Tornai dalla mia famiglia, quel messaggio mi aveva innervosito e sperai che non se ne accorgessero tutti quanti. Per quale motivo quel ragazzo mi metteva così tanta ansia addosso?
‒ E' tutto a posto? ‒ mi disse zio Emmett, prendendomi un attimo da parte. Ci sedemmo su una panchina, e mi soffermai a guardare alcune persone che facevano il bagno al lago. Il sole aveva deciso di restare al suo posto, non si era ancora nascosto tra le nuvole. 
‒ Non proprio, zio... Sono un po' nervosa ‒ risposi, abbassando lo sguardo sulle mie unghie. Notai con piacere che lo smalto blu che avevo messo per il matrimonio resisteva ancora. 
‒ Ne vuoi parlare? Credevo fossi felice per il viaggio a Los Angeles, ormai manca poco ‒ mi disse.
Zio Emmett era il classico zio fico e simpatico, e non avevo alcuna ragione per non rivelargli almeno uno dei motivi del mio nervosismo.
‒ Lo sono, è stata una vera fortuna riuscire a spostare il viaggio... E abbiamo evitato la partenza a ridosso di Ferragosto, altrimenti il prezzo sarebbe aumentato.
‒ Ho capito, il problema non ha a che vedere con il viaggio ‒ rispose.
‒ I problemi sono due, ma non sono sicura di poterti parlare del secondo...
‒ Scommetto che Rose lo sa. ‒ Fece un sorrisetto, ed io annuii. ‒ Dai, allora parlami del primo problema. Vediamo di risolverlo, che ne dici? ‒ Guardai i suoi occhi azzurro verde, simili a quelli di nonno Carlisle. Zia Rose a volte lo chiamava "scimmione", perché Emmett dava l'idea di essere un ragazzo super protettivo. 
‒ Be'... c'è questo ragazzo, a Jacksonville, che insiste nel volermi conoscere ‒ iniziai a raccontare. ‒ Non ho ben capito come abbia fatto ad avere il mio numero, ma comunque ho dovuto bloccarlo su WhatsApp. Stamattina, però, mi ha scritto da un'altra parte. Lo so che è una stronzata, ma... ho uno strano presentimento. Sai quelle cose che senti a pelle? ‒ Zio Emmett mi rivolse uno sguardo preoccupato, mentre il leggero venticello gli spettinava i riccioli neri. 
‒ Non è una stronzata, Ness... Purtroppo non a tutti i ragazzi viene insegnato il fatto che se una ragazza dice "no", è effettivamente un no. E non vanno giustificati, sai? Pensano che sia una sfida, e tu ti senti a disagio perché non sai come sbrogliarti da questa situazione. So che sei una ragazza in gamba e che sai cavartela da sola, ma promettimi che se dovesse continuare a darti fastidio lo dirai a Edward. 
‒ Lo farò, zio. Promesso. ‒ Gli sorrisi. Non era una cattiva idea, papà gli avrebbe sicuramente fatto passare la voglia di infastidirmi. Ma il mio orgoglio femminile continuava a suggerirmi di dovermela sbrigare per conto mio.
‒ Di solito è Jasper quello che riesce a tranquillizzare le persone, io sono solo quello che le fa ridere! ‒ mi rispose. 
‒ Ehi, perché parlate di me alle mie spalle? ‒ disse zio Jasper, che ci aveva raggiunti con Dave in braccio.
‒ Voglio andare da Nene! ‒ disse il bimbo, allungando le manine nella mia direzione. Zio Jasper mi guardò, desolato.
‒ Non preoccuparti, zio. Vieni qui, Dave ‒ dissi, rivolgendo un sorriso  al mio cuginetto. Non appena lo presi in braccio si tranquillizzò, e ripresi a parlare con zio Jasper.
‒ Stavo parlando a zio Emmett di un ragazzo che mi infastidisce ‒ gli raccontai.
‒ Emmett, è il caso di fare una visitina a Jacksonville... Non credi? ‒  I miei zii si guardarono negli occhi. 
‒ Voi due mi fate paura... Penso che lo fareste fuggire all'istante ‒ risposi, scherzando.
‒ Nessuno deve dare fastidio a Nene ‒ disse Dave con la sua vocina, facendomi sciogliere.
‒ Nessuno mi darà fastidio, Dave ‒ lo rassicurai. Era un bimbo davvero intelligente.
Raccontai dell'accaduto anche a zio Jasper, e con le sue parole riuscì a tranquillizzarmi. Forse era una delle tante stranezze della mia famiglia, ma se papà era un "leggi pensiero" e zia Alice prevedeva il futuro, zio Jasper era in grado di far sparire le preoccupazioni anche solo con la sua presenza.
 
Poco dopo, nonna Esme venne a chiamarci: a breve ci saremmo incamminati sul sentiero diretto alle cascate Marymare. Sperai di non stancarmi troppo, visto che avremmo camminato per un bel po'. Se mi fossi sentita stanca avrei bevuto una doppia razione di caffè, non volevo presentarmi in stato catatonico alla serata con Jake e i ragazzi.
In quelle ore riuscii a rilassarmi, mettendo da parte le mie preoccupazioni. Parlai con le mie zie, giocai con Caroline e Dave e mi bagnai i piedi nelle acque blu del lago. Faceva troppo freddo per il bagno, non ero così temeraria... E non avevo tempo per farmi una doccia e lavare anche i capelli.
Dopo aver pranzato, decidemmo di noleggiare delle piccole barche a remi. Io decisi di andare in compagnia dei nonni, così avrei avuto modo di spiegargli la faccenda della macchina.
Salimmo tutti e tre sulla barca, e il nonno iniziò a remare. Ovviamente non potevamo allontanarci troppo, dovevamo rimanere nell'area riservata al noleggio delle barche per i visitatori.
‒ Posso provare? ‒ gli domandai, indicando i remi.
‒ Certo, tesoro. ‒ Nonno mi passò i remi, e notai con piacere che non erano troppo pesanti.
‒ Non vi faccio rovesciare la barca, promesso! ‒ Ci mettemmo a ridere. A volte ero un po' maldestra, ma non a tal punto. 
‒ Renesmee, posso farti una domanda? ‒ mi chiese la nonna.
‒ Sì, certo. ‒ Sicuramente, voleva parlarmi della macchina...
‒ Edward mi ha detto che alcuni giorni fa sei andata dal meccanico. Che problema ha avuto la mia auto? Spero che tu non ti sia spaventata, tesoro. ‒ Ecco, appunto... La mia fortuna era che, conoscendo nonna Esme, non mi avrebbe mai rimproverato per una cosa del genere. 
‒ Nonna, nonno, promettete di non dirlo a papà... La macchina non ha avuto alcun problema. Ho dovuto inventare una scusa per non farlo preoccupare... E anche per non far preoccupare mamma, a dire il vero... ‒ Ero ancora indecisa se andare fino in fondo alla questione. Nonno Charlie era stato comprensivo... Perché non tentare la sorte anche con loro?
‒ Non gli diremo nulla ‒ mi rispose nonna Esme, ‒ a patto che tu sia sincera con noi. ‒ Sospirai. Non volevo accampare scuse anche con loro, così mi feci coraggio.
‒ Ieri, a pranzo, siamo usciti con una ex compagna di scuola di mamma. Una certa Jessica, forse la conoscete. L'ho incontrata all'officina di Jacob Black e Embry Call a La Push, e lei lo ha detto a mamma e papà. Ora vi chiederete che cosa ci facessi all'officina di Jacob... ‒ Posai i remi, e restammo fermi in quel punto. Lontani dalla barca su cui erano saliti mamma e papà.
‒ Ness, non fa bene tenersi tutto dentro ‒ disse nonno Carlisle. ‒ E' da stamattina che ti vediamo tesa, e ci dispiace vederti così. Lo sai che a noi puoi raccontare ogni cosa, vero? Edward è nostro figlio, e sappiamo bene che tende a preoccuparsi un po' troppo, quando si tratta di te. E' il suo carattere. ‒ Nonno aveva perfettamente ragione.
‒ Promettetemi che non vi arrabbierete ‒ dissi ai nonni. Nonna Esme mi sorrise, cingendomi le spalle. Nonno Carlisle mi rivolse uno sguardo rassicurante con i suoi occhi chiari, e sentii di potermi fidare.
‒ Jacob mi piace. E la cosa è reciproca, ma temo che mamma e papà la prenderanno malissimo ‒ dissi, tutto d'un fiato. 
‒ Lo avevamo immaginato, Ness ‒ mi disse nonno Carlisle. 
‒ Non capisco... Come...?
‒ Venerdì, al matrimonio. Vi abbiamo visti insieme, ma non abbiamo detto nulla a nessuno. Jacob è un bravo ragazzo, ma conosciamo i trascorsi tra lui, Bella e Edward ‒ proseguì a dire. 
‒ Davvero non siete arrabbiati con me? ‒ domandai, incredula. 
‒ Non c'è alcun motivo per cui dovremmo esserlo, stai tranquilla ‒ mi rassicurò nonna Esme.
‒ Come devo comportarmi con mamma e papà? Non so cosa fare, sto inventando una marea di bugie e mi sento... in colpa, per questo.
‒ Parlagliene, Renesmee. Fallo prima che lo scoprano da soli, o sarà peggio. ‒ Avrei dovuto ascoltare quel consiglio, ma... non fu così.
Non ero più la figlia modello che aveva un ottimo rapporto con i suoi genitori, mi ero trasformata in una bugiarda. E la cosa, mi si sarebbe inevitabilmente ritorta contro...

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


CAPITOLO 18
 
I nonni non avevano tutti i torti, più restavo in silenzio e più correvo il rischio che i miei genitori venissero a scoprire di me e Jacob da altri. Con Jessica, ci ero andata molto vicina... 
Dovevo ridimensionare il problema, e comportarmi di meno da drama queen. Ma come potevo farlo, se il primo a comportarsi in quel modo era proprio mio padre? La mia paura era fondata, dopo ciò che gli avevo sentito dire riguardo a Jake.
‒ Allora io vado, sono pronta... Non serve che mi aspettate svegli ‒ dissi ai miei, prima di uscire di casa. Papà mi guardò, aggrottando le sopracciglia. Poi mi sorrise, come se avessi detto qualcosa di divertente.
‒ Scherzi, Renesmee? Quando stai per tornare, chiamaci ‒ disse. ‒ E finché non torni, saremo svegli. A mezzanotte e mezza a casa.
‒ Ma papà, mi riaccompagna Seth... Che cosa cambia se torno all'una? ‒ protestai.
‒ Okay... ma non più tardi ‒ ribatté.
‒ Ehi, non bisticciate... Renesmee, chiamaci solo se fai più tardi dell'una, altrimenti basta un messaggio ‒ disse mamma. Annuii, sollevata. Lei, al contrario di papà, non mi stava con il fiato sul collo.
‒ Va bene... Allora a dopo, non farò tardi. ‒ Controllai di aver preso il cellulare e uscii di casa. Salutai la mamma con un bacio sulla guancia, ma non feci lo stesso con papà: non avevo ancora digerito le sue affermazioni negative su Jake, tra le altre cose.
‒ Renesmee, aspetta. ‒ Mio padre mi aveva raggiunto sulla soglia di casa, mentre Seth era già in macchina ad aspettarmi. 
‒ Che c'è, papà? ‒ domandai. ‒ Sei strano in questi giorni, mi tratti come una ragazzina di dodici anni. Ti ricordo che a breve farò un viaggio a Los Angeles, e che questa sera sto solo uscendo con Seth e i suoi amici a La Push. ‒ Gli sorrisi, sapendo di avere ragione.
‒ E' solo che... ecco, questa faccenda del ragazzo mi ha colto proprio alla sprovvista ‒ ammise, in imbarazzo. 
‒ Molte ragazze che conosco avevano un ragazzo già a tredici o quattordici anni. Con me ti è andata bene, papà... sono sufficientemente adulta per non fare sciocchezze. E se sono abbastanza adulta per un viaggio a Los Angeles con gli amici, lo sono anche per avere un ragazzo. 
‒ Sì... hai perfettamente ragione. E' che non voglio che tu faccia mosse azzardate. Insomma, io... ‒ Sbuffai.
‒ Sono vergine ‒ dissi.
‒ Cosa?
‒ Papà, io sono vergine. Meglio?
‒ Okay, sì... Vai, non è carino far aspettare Seth! ‒ Papà era rosso come un pomodoro. La carta dell'imbarazzo aveva funzionato!
‒ A più tardi, papà ‒ dissi, sgattaiolando via. Salutò Seth con la mano, dopodiché tornò in casa. 
‒ Ehi, Ness! ‒ mi disse Seth, non appena entrai in macchina. ‒ Edward non ti lasciava andare, eh? ‒ La radio, come al solito, era sintonizzata sulla mia stazione preferita, e a breve avrei rivisto Jake. Il mio umore cambiò nel giro di pochi attimi.
‒ Ciao, Seth! ‒ risposi. ‒ Sì, scusa se ti ho fatto aspettare... ma come hai potuto vedere, mio padre ha deciso di comportarsi da gendarme ‒ aggiunsi, infastidita. 
‒ Dai, non essere esagerata!Conosciamo tutti il lato un po' melodrammatico di Edward, no?
‒ Solo un po' melodrammatico, Seth? E poi anche tu credevi che mi sarei ficcata nei pasticci, perciò tu e lui siete sulla stessa lunghezza d'onda.
‒ Ecco perché ti offro i miei passaggi, per scusarmi di essere stato così scemo! ‒ scherzò lui. Gli raccontai del consiglio che mi avevano dato i nonni, e lui concordò con loro. 
‒ Pensaci bene ‒ mi disse. ‒ Se glielo dirai quando sarete a Jacksonville, sarai da sola. Qui invece hai un sacco di persone pronte a supportarti. Persone che conoscono Jake, e che possono far ragionare Edward. Non so come potrebbe prenderla Bella, ma al limite se la prenderà solo con Jake.
‒ Confortante, Seth... E comunque glielo dirò domani, tornano anche Charlie e Sue. Il nonno è dalla mia parte, mi aiuterà ‒ dissi, decisa.
‒ E dimentichi che Edward mi adora, perciò... vedi un po' cosa ti conviene fare, piccola Nessie.
‒ E tu vedi di non ripetere quel soprannome davanti ai miei, o ricominceranno con la storia del mostro di Loch Ness. ‒ Seth mi rassicurò. 
‒ Con me puoi stare tranquilla, te l'ho già detto. ‒ Sbadigliai, ero stanca per la giornata trascorsa al lago. ‒ Che c'è, hai sonno? ‒ proseguì a domandare Seth.
‒ Abbiamo camminato un bel po' al lago, e mi sono alzata presto... Ma tutto sommato sto bene ‒ risposi.
‒ Al pub sono veloci a servire le ordinazioni, e dopo se avrai ancora sonno potrai prenderti del caffè... Comunque non dovrei dirtelo, ma Jake ha fatto una piccola pazzia per te; ne resterai sorpresa! 
‒ Un momento... di che si tratta? ‒ domandai. Ero talmente curiosa che volevo saperlo, a costo di rovinarmi la sorpresa.
‒ Non te lo dico, altrimenti che sorpresa sarebbe?
 
Quando arrivammo al pub, notai Jake e gli altri ragazzi seduti ad un tavolo all'esterno. C'erano solo lui, Quil ed Embry, perché il giorno seguente sarebbe stato lunedì e nonostante fossimo quasi ad agosto non tutti erano in ferie. Ennesima bugia detta ai miei, che credevano che ci sarebbe stata anche Emily, Rachel o un'altra delle ragazze. Invece, quella sera, ero l'unica ragazza presente. 
Non appena Jake vide me e Seth venire verso di loro, si alzò e ci raggiunse. 
‒ Ehi! ‒ mi disse, dandomi subito un bacio sulla guancia.
‒ Ciao, Jake ‒ risposi, imbarazzata: i loro amici ci stavano guardando, finché Embry non disse qualcosa a Quil e lui si voltò.
‒ Seth, vuoi scusarci un secondo? Torniamo da voi tra poco ‒ disse, prendendomi subito per mano. Seth annuì, dopodiché Jake mi trascinò verso il parcheggio. 
‒ Jake. Jake... che stai facendo? ‒ domandai, vedendo che mi stava portando verso la sua auto. ‒ Non vorremmo mica andarcene così, vero?
‒ Ma no sciocchina, siediti ‒ mi disse, aprendo la portiera.
‒ "Sciocchina" ‒ ripetei, sorridendo. ‒ Perché dovrei sed... ‒ Mi interruppe.
‒ Fidati di me. ‒ Feci come diceva, e mi sedetti in macchina. A quel punto, Jake si arrotolò la manica della camicia e mi mostrò il braccio. 
‒ Non arrabbiarti ‒ mi disse. 
Una piccola area di pelle era avvolta dalla pellicola trasparente, e sotto riconobbi una scritta. La mia scritta, la mia calligrafia... "All I Ever Wanted".
‒ Oh mio Dio, Jake... Te lo sei fatto tatuare, tu sei completamente pazzo! ‒ gli dissi, restando a bocca aperta. ‒ Davvero hai creduto che mi sarei arrabbiata?! ‒ protestai.
‒ Non voglio che pensi che sono inquietante... E credimi, non pensavo che avrei mai fatto una cosa del genere in vita mia.
‒ Ma quale inquietante... E' un gesto meraviglioso. E mi viene da piangere, ma non posso. O mi colerà tutto il mascara, e sembrerò un panda... ‒ Si piegò alla mia altezza, mi sfiorò la fronte con il naso e poi raggiunse le mie labbra, baciandole con dolcezza... Era terribilmente frustrante pensare che non mi avrebbe concesso altro che quei baci. Più tardi avrei affrontato il discorso con lui, volevo scoprire una volta per tutte perché ci tenesse tanto ad aspettare. Forse lo intimoriva il fatto che fossi vergine? Che fossi totalmente inesperta? 
‒ Se mi lascerai, potrai fare un cover-up ‒ gli dissi, per scherzare. ‒ Sai, quei tatuaggi che si fanno per coprirne altri... ‒ proseguii a dire, ridacchiando.
‒ Questo non accadrà mai ‒ mi rispose. 
‒ Io... Io ti amo, Jake. ‒ Oh mio Dio, l'avevo detto. Avevo detto quelle tre fatidiche parole, dalle quali non si tornava indietro. Lo vidi spalancare i suoi grandi occhi color cioccolato fondente, lo avevo lasciato esterrefatto e sperai di non aver esagerato. Lo pensavo davvero, io lo amavo. Così come si ama a diciott'anni, forse con incoscienza e senza pensare troppo al domani, e non mi aspettavo che me lo dicesse anche lui. Non volevo che si sentisse in obbligo, soltanto perché glielo avevo detto io per prima. Non doveva dimostrarmi niente, perché i suoi occhi parlavano chiaro. 
‒ Renesmee ‒ disse, ‒ forse sono pazzo, ma non mi importa. Così come non mi importa del fatto che fino a una decina di giorni fa non ti conoscevo nemmeno. Ti amo anch'io, e per me è importante che tu lo sappia. ‒ Mi guardò di nuovo, intensamente. 
‒ Tutto ciò che ho sempre desiderato, tutto ciò di cui ho sempre avuto bisogno, è qui, tra le mie braccia ‒ disse, stringendomi a sé... E proprio come recitava la canzone, in quel momento le parole non erano necessarie. Sapevamo entrambi, e ci amavamo entrambi.
Sapevo bene che avremmo dovuto affrontare mille difficoltà, ma in quel momento niente di tutto ciò era importante. Tra le sue braccia, tutto era perfetto.
 
Tornammo dai ragazzi, cercando di non dare l'impressione di essere con la mente da un'altra parte. Ma io lo ero, ero sulla luna...
‒ Ness, vuoi mangiare qualcosa? ‒ mi chiese Embry, facendomi tornare sul pianeta Terra. ‒ Jake ci ha detto che stamattina sei andata al lago con la tua famiglia, sarai stanca.
‒ E affamata ‒ aggiunse Quil.
‒ Lo sono... Ho voglia di un bel panino e di patatine fritte, si possono ordinare? 
‒ Ma certo ‒ disse Seth, mentre Jake mi osservava senza lasciarsi sfuggire neanche un mio gesto.
‒ Tra poco conoscerai la ragazza di Seth ‒ disse, ‒ e mentre noi andremo a suonare, starai con lei.
‒ In realtà non è ancora la mia ragazza... Ma ci sto lavorando ‒ rispose Seth, scherzando.
Quando mi portarono l'ordinazione, mi accorsi di essere davvero affamata. Jake si era sciolto, e con gli altri ragazzi parlai come se fossimo amici da sempre. Non mi sentivo affatto un'intrusa, ed era una bella sensazione.
Raccontai ai ragazzi anche dell'incontro con Jessica e Mike, e di quanto lei fosse stata pettegola. 
‒ Io mi domando una cosa, ma perché quei due non la smettono di mollarsi e riprendersi? ‒ disse Quil.
‒ Ma chi, Jessica e Mike? ‒ domandai.
‒ Sì, è una storia che va avanti da anni e anni ‒ rispose Jake.
‒ La risposta è molto semplice ‒ disse Embry. ‒ Jessica vuole scoparsi Jake, ormai l'ha presa come una sfida. ‒ Gli diede una pacca sulla spalla, mentre Jake fece il gesto di alzare gli occhi al cielo.
‒ Ma dai, povero Jake! ‒ scherzò Seth, e ci mettemmo tutti a ridere. Non ero gelosa di Jessica, il fatto che Jake l'avesse rifiutata mi divertiva. Ben le stava, visto come si era comportata con me.
‒ Jake, non dovevi raccontarmi un aneddoto su quel Mike? ‒ domandai, ricordandomi di una cosa che mi aveva detto proprio quando Jessica mi aveva beccata in officina.
‒ Oh, giusto! Bella e Jessica avevano organizzato un'uscita tra amici per andare a vedere un film di cui parlavano tutti. Un horror, che in realtà era più uno splatter.
‒ Da quando in qua a mia madre piacciono i film splatter? ‒ domandai, curiosa.
‒ Diciamo che in quel momento non era... in vena di film romantici ‒ si limitò a rispondere Jake. Intuii che quell'episodio doveva essere accaduto nei mesi in cui papà era andato via da Forks, e non chiesi altri particolari.
‒ Jessica e gli altri ebbero un contrattempo, e visto che Bella aveva invitato anche me, quella sera mi ritrovai al cinema con lei e Mike. Lui le andava palesemente dietro, era insopportabile. Continuava a darmi del ragazzino, perché io allora avevo sedici anni e il film era vietato ai minori, e continuammo a lanciarci frecciatine per tutta la serata. Per farla breve, il film faceva davvero schifo; Mike continuava a coprirsi gli occhi e a un certo punto se ne uscì con qualcosa del tipo: "devo andare a vomitare!". Vedendo che non tornava in sala, Bella ed io andammo a vedere che fine avesse fatto. Io, lo ammetto, mi comportai un po' da stronzo e iniziai a prenderlo in giro, ma Bella si mise in mezzo e si offrì di riaccompagnarlo a casa. Andammo via prima della fine del film... E questo è quanto. ‒ Mi venne da ridere, e mi si accese una lampadina: mia madre mi aveva raccontato questo episodio, ne ero più che certa. Però, aveva omesso il nome di Jake.
Ad un certo punto, i ragazzi si alzarono da tavola e mi dissero di seguirli all'interno, dove mi rimediarono un altro posto libero. Sarebbero stati sul palco solo una ventina di minuti, dopodiché me ne sarei andata con Jake. Sarebbe stato lui a riaccompagnarmi, perché Seth gli avrebbe prestato la sua macchina. Un piano infallibile per non far sospettare nulla a mio padre. 
Seth, Jake, Embry e Quil salirono sul palco, e notai una ragazza appena entrata nel locale salutare Seth con la mano. Era una bella ragazza con i capelli lunghi e castani, ma non una Quileute. 
‒ Ehi, ti dispiace se mi siedo qui? ‒ mi chiese, sorridendomi amichevolmente. Doveva essere lei, la quasi-ragazza di Seth.
‒ Fai pure ‒ risposi. ‒ Sei per caso l'amica di Seth? ‒ domandai.
‒ Proprio io ‒ mi rispose. ‒ Non sei di qui, vero? 
‒ Esatto... Vengo dalla Florida, sono qui in vacanza. Ci vivono i mei nonni ‒ risposi. 
‒ Comunque sono Bree, scusa se non mi sono presentata. Sono di Seattle, ma appena posso vengo a trovare Seth! ‒ Mi strinse la mano.
‒ Ed io sono Renesmee. Se preferisci, Ness.
‒ No, Renesmee è bello! E' la prima volta che lo sento. 
‒ Credo di essere l'unica al mondo, in effetti! ‒ Feci spallucce. Con la scusa del mio nome, continuammo a parlare. Bree era una ragazza molto amichevole, e ci scambiammo anche il contatto di Instagram.
 
bree_tanner ha iniziato a seguirti.
 
Aprendo Instagram, notai che Trevor mi aveva scritto ancora, ma non volevo rovinarmi la serata.
Fui distratta da Jake, che dal palco iniziò a chiamarmi.
‒ Credo che Jacob voglia che tu salga sul palco ‒ mi disse Bree. ‒ Sai cantare?
‒ Ehm... Sì ‒ risposi. ‒ Ma... oddio, mi vedranno tutti! Mi vergogno, non posso farlo...
‒ Vai, non essere timida! ‒ mi incoraggiò Bree. Salii sul palco, e Jake mi fu subito accanto. 
‒ Cantiamo qualcosa? Ieri con i ragazzi abbiamo provato Starlight dei Muse, la sai?
‒ Sì... e so anche che sto per fare una colossale figura di merda, me lo sento! ‒ risposi. Jake iniziò a presentarmi, ma ero così tesa che non prestai attenzione alle sue parole.
‒ ... Questa ragazza ha una voce fantastica, e stasera ci concederà l'onore di cantare con noi! ‒ Gettai uno sguardo verso Bree, che ad occhio e croce aveva iniziato a fare un video. Le avrei chiesto di mandarmelo, più tardi. A quel punto, Jake mi prese di nuovo per mano e iniziammo a cantare...
 
... Alla fine, mi convinse a cantare ben tre cover, tra cui quella che ormai era diventata la nostra canzone. Ero elettrizzata, e non avevo più sonno... Mi sentivo carica di adrenalina, era una bella sensazione!
Salutammo Bree e i ragazzi, dopodiché Seth e Jake si scambiarono le chiavi delle loro rispettive macchine. Jake mi disse che a casa sua c'era Billy, così gli proposi di fare un giro in spiaggia.
Trovammo un posticino appartato, e decidemmo di fermarci lì. Non avevo decisamente voglia di camminare, e Jake adagiò sulla sabbia un telo da mare che aveva preso dalla sua auto.
Parlammo a ruota libera, di tutto... E infine gli dissi che avevo preso una decisione, e che il giorno seguente volevo raccontare ai miei come stavano le cose. 
Eravamo sdraiati, ed io feci un gesto avventato. Mi sedetti addosso a lui, e iniziai a baciarlo. Jake mi poggiò le mani sui fianchi, ricambiando quel gesto. Finché... mi fermò. Come accadeva sempre. 
‒ Ness... Dimmi qualcosa di triste o noioso. O di schifoso, va bene anche quello ‒ disse.
‒ Perché Jake? Okay, sei eccitato... ma perché dovrebbe essere un problema?
‒ E' frustrante ‒ insistette. Mi allontanai, mettendomi di nuovo sdraiata accanto a lui.
‒ Prima ho detto a papà di essere ancora vergine. Credo che sia ancora convinto che possa mettermi nei casini ‒ dissi.
‒ Deve essere stato imbarazzante, ma mi hai fatto un favore... Almeno non penserà che mi sono approfittato di te ‒ rispose Jake, ridacchiando.
‒ Ma quale "approfittato"... Sei tu che non vuoi ancora andare oltre, non io... ‒ Jake non mi fece nemmeno terminare la frase.
‒ Non sei d'aiuto, così.
‒ Okay... Pensa alle cavallette. Le cavallette sono davvero orribili ‒ dissi, facendolo sorridere.
‒ Renesmee, io ti desidero da impazzire... non voglio che tu ti senta rifiutata da me.
‒ Lo so, il tuo corpo non può mentire. Ma allora perché ti tiri indietro? Voglio saperlo, una volta per tutte.
‒ Vuoi saperlo, Ness? Non voglio, in nessun modo possibile, essere causa di litigio tra te e i tuoi genitori. Non ti metterò mai di fronte a una scelta tra loro e me, mai.
‒ Ho capito ‒ risposi, ‒ vuoi l'approvazione dei miei. 
‒ Voglio che mi conoscano per come sono ora, e non per il ragazzino che ero a sedici anni. Ti ho promesso che supereremo gli ostacoli, ma ora non mi sembra il caso di metterne in mezzo altri. Io ho trentaquattro anni, e tu quasi diciannove. E tuo padre mi odia, visti i nostri trascorsi. Fare l'amore con te, adesso, agli occhi dei tuoi genitori significherebbe essere un maiale. Accadrà, Nessie, ma prima risolviamo questa faccenda. ‒ Ero felice che Jake fosse stato sincero, e potevo comprendere il suo punto di vista. Tuttavia, sentire quelle parole - "tuo padre mi odia" - era doloroso come ricevere un calcio dritto in pancia.
 
***
 
Il giorno dopo, tutto il mio coraggio era andato a farsi benedire. Prima voglio chiedere il parere di nonno Charlie, pensavo. Volevo prendere tempo, cercare una soluzione alternativa. Mi stavo comportando da codarda, questa era la verità. Perché sapevo benissimo che i miei genitori se la sarebbero presa con Jake, più che con me. 
Nonno Charlie e Sue erano di nuovo a casa, e stavo aspettando il momento giusto per farmi una chiacchierata con lui. Era quasi l'ora di pranzo, e papà era in salone: stava parlando al telefono, per questioni di lavoro.
Papà, dovrei parlarti di una cosa. Non era difficile, no? Forse, avrei dovuto dirlo prima alla mamma. Ma ero convinta che non ne avrebbe fatto una tragedia, in fin dei conti lei a Jake voleva bene...
Quando papà terminò la chiamata, lo vidi controllare qualcosa al cellulare e sbuffare. Sembrava infastidito.
‒ Che succede? ‒ domandai.
‒ Continuano ad inviarmi e-mail di spam. E' davvero fastidioso ‒ disse.
‒ Di che si tratta stavolta? ‒ domandai. 
‒ Non lo so, Ness. Il nome non mi dice niente ‒ rispose. Nel giro di pochi attimi, lo vidi sbiancare e spalancare gli occhi.
‒ Ehi papà, è tutto okay?
‒ Leggi tu stessa ‒ mi disse.
 
Salve Dottor Cullen, lei non mi conosce ma sua figlia le nasconde qualcosa... Controlli il suo profilo Instagram, questa foto lì non c'è.
Chissà come mai...
 
In allegato, la foto mia e di Jake. Quella che avevo mandato a... Trevor Faccia da Maniaco.
Che stupida, cazzo! Come avevo potuto essere così ingenua?! 
‒ Allora, Renesmee? Credo che tu debba darmi delle spiegazioni ‒insistette papà, rigido come una statua di ghiaccio.
Avevo incasinato tutto, e la colpa era soltanto mia...

***
Ciao! Alcune di voi ci avevano visto lungo su Trevor, Renesmee è stata ingenua a mandargli la sua foto con Jacob. Spero che abbiate apprezzato l'inserimento del personaggio di Bree Tanner, mi è sempre dispiaciuto per la fine che nella saga originale le hanno fatto fare i Volturi :( Lascio a voi gli altri commenti, rinnovando il mio invito a recensire. 
Alla prossima settimana!
Greta

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


CAPITOLO 19
 
‒ E' lui ‒ dissi a mio padre. 
‒ "E' lui" cosa? ‒ mi rispose, mettendosi a braccia conserte.
‒ Il ragazzo con cui sto uscendo, papà... Volevo parlarne con te e con mamma, non avevo intenzione di nascondervelo...
‒ E allora perché un indirizzo e-mail sconosciuto mi ha appena inviato questa foto? A chi l'avevi mandata, Renesmee?!
‒ Ecco... a Jacksonville c'è un tipo che mi infastidisce. Gliel'ho mandata per dirgli che... che deve lasciarmi in pace. La scusa del "sono fidanzata" funziona sempre... ‒ Mi schiarii la voce.
‒ Sei stata un'ingenua, lo sai?
‒ Lo so...
‒ Non hai altro da dire? Stai uscendo con un uomo di trentaquattro anni, te ne rendi conto? ‒ Apparentemente era calmo, ma in realtà la sua voce era carica di nervosismo.
‒ E quindi? Ho quasi diciannove anni, qual è il problema?
‒ Qual è il problema, Renesmee? Hai finito la scuola qualche mese fa, e pensi di metterti con un ragazzo che ha quasi la stessa età mia e di tua madre? ‒ disse, alzando la voce. Mi venne da ridere, ma era una risata nervosa.
‒ Dimentichi un piccolo particolare, papà: tu ed io abbiamo diciotto anni di differenza, potremmo essere fratelli ‒ risposi, sprezzante. ‒ Il vero problema è che sei ancora geloso di Jacob, ma non vuoi... ‒ Papà non mi fece nemmeno finire di parlare, e in quel momento arrivò anche mamma.
‒ Che cosa c'entra Jacob? Che sta succedendo? ‒ disse, assumendo un'espressione sconvolta. Ripetei anche a lei ciò che avevo detto a papà, e più la guardavo e più mi sembrava incredula.
‒ Te lo avevo detto, Bella ‒ le disse papà. ‒ Non c'era da fidarsi di Jacob Black... Prima ha provato a portarmi via te, e ora mette gli occhi su nostra figlia. Che cos'è, ha per caso una qualche strana fissazione per le donne della famiglia Swan? ‒ Ogni singola parola pronunciata dai miei genitori contro Jacob, mi faceva stare terribilmente male. Pensavano forse di poter scegliere al posto mio con chi dovessi o non dovessi stare? Non avevo mai dato problemi, non meritavo di essere trattata così... E non lo meritavo per un motivo ben preciso: perché Jacob era un ragazzo fantastico, e ciò che era successo tra lui e i miei genitori nel lontano 2005/2006 era ormai acqua passata. In un modo o nell'altro avevano sbagliato tutti e tre, era questa la verità. Con la piccola differenza che Jacob non portava più alcun rancore ai miei genitori, mentre loro due sì. 
‒ Ora capisco perché non hai voluto parlarmene! ‒ disse mia madre, rincarando la dose. I miei occhi si riempirono di lacrime, ma mi trattenni. ‒ Tralasciando per un attimo il discorso della differenza di età, Jacob ti ha raccontato che cosa è accaduto diciotto anni fa? Forse, se lo sapessi...
‒ So tutto, mamma. Jacob non è un bugiardo! Ti ha chiesto scusa, questo non ti basta più? E di cosa dovremmo sentirci in colpa lui ed io? Non sapevamo niente l'uno dell'altra quando ci siamo conosciuti, lui non sapeva neanche chi fossi! E in ogni caso, anche se lo avessimo saputo prima non sarebbe cambiato niente. Volevo dirvelo, speravo che avreste capito... E invece no, devo sentirmi in colpa come se avessi commesso un delitto! La volete sapere una cosa? Diciotto anni fa, ciascuno di voi ha commesso degli sbagli. Tu, papà e Jacob. Ma non sarò di certo io a pagarne la colpa, adesso! ‒ A quel punto, non riuscii più a trattenermi e scoppiai a piangere.
‒ Renesmee, aspetta! ‒ disse mio padre, ma mia madre lo trattenne.
‒ Lascia stare, ora non ha senso continuare a discutere ‒ la sentii dire in lontananza, mentre correvo verso la porta di casa.
In giardino, mi sedetti sotto ad un albero e diedi libero sfogo alle mie lacrime, piangere mi aiutava a lasciar andare tutta la tensione che avevo accumulato. Come mi ero potuta illudere che i miei genitori avrebbero accettato la cosa?
Volevo chiamare Trevor, mandarlo al diavolo per essersi permesso di intromettersi tra me e la mia famiglia. Doveva essere stato semplice per lui rintracciare l'indirizzo e-mail del Dottor Edward Cullen, visto che si poteva trovare tranquillamente in rete.
Ci riflettei per qualche istante, cercai di calmarmi e per prima cosa decisi di provare a chiamare Ethan. Se davvero si era permesso di dare il mio numero a Trevor, volevo dirgliene quattro.
‒ ... Renesmee, ciao! Mi fa piacere sentirti, come stai?
‒ Ciao Ethan, senti... hai dato tu il mio numero a un certo Trevor Miller? ‒ domandai.
‒ Scherzi? Non mi permetterei mai, e poi non sento più Trevor da febbraio ‒ mi rispose.
‒ Davvero? Che cosa è successo?
‒ Ha fatto lo stronzo con una mia amica, lasciamo stare. Ha pubblicato delle sue foto in costume, prese dal suo profilo Instagram, in un gruppo di pervertiti. Uno di quei gruppi segreti che sono stati intercettati dalla polizia, hai presente?
‒ Sì... E' terribile ‒ commentai, mentre un brivido mi percorreva la schiena.
‒ Lo ha fatto perché lei lo aveva rifiutato... Non posso credere di essere stato amico di una persona del genere. Purtroppo non abbiamo potuto dimostrare alla polizia che era stato lui a mandare quelle foto, ma da allora non voglio più averci nulla a che fare. ‒ E quindi... Trevor Faccia da Maniaco era davvero un maniaco. Provai subito un forte senso di schifo, oltre che di dispiacere per quella povera ragazza.
‒ Ethan, mi dispiace tanto per la tua amica... E' possibile quindi che Trevor abbia preso il mio numero dal tuo cellulare senza dirtelo?
‒ Da quanto tempo ti infastidisce? E' probabile che mi abbia spiato il cellulare, ma ti assicuro che io non gli ho dato un bel niente.
‒ Mi spia su Instagram da febbraio, in effetti... 
‒ Cazzo, allora lo ha preso proprio dal mio cellulare... Scusami, Ness, spero che non ti abbia dato troppo fastidio. Bloccalo ovunque. ‒ Decisi di non raccontargli ciò che era accaduto, ma dopo aver saputo dell'amica di Ethan, non volevo assolutamente che Trevor avesse ancora accesso alle mie foto.
Pochi minuti dopo, vidi Sue venire verso di me.
‒ Tesoro ‒ mi disse, ‒ Charlie sta parlando con Bella e Edward, si sono calmati un po'. ‒ Mi porse un un fazzoletto, avevo ancora il viso inumidito dalle lacrime.
‒ Grazie, Sue ‒ le risposi. ‒ Tu lo sapevi...? 
‒ Di te e Jacob? ‒ Annuii. ‒ Sì, Charlie lo aveva intuito e si è permesso di parlarmene... Aveva paura proprio di questo, di come avrebbero reagito i tuoi genitori ‒ mi disse. ‒ Jacob è davvero un ragazzo d'oro, non troverai una sola persona che potrebbe parlarti male di lui. Lascia che ti dia un consiglio, Renesmee: anche se ora sei arrabbiata, cerca di non essere troppo dura con i tuoi genitori. Scusati con loro per aver esagerato con le parole, non è con i litigi che gli farai capire quanto Jacob sia importante per te. 
‒ Mi sono sentita come se dovessi vergognarmi ‒ le risposi. ‒ In certi casi è giusto che i genitori intervengano, una mia compagna di scuola stava con un ragazzo che le diceva persino come doveva vestirsi, o con quali amici potesse uscire. Jacob non mi farebbe mai una cosa del genere... ‒ Sue mi abbracciò.
‒ Si sistemerà tutto, ne sono convinta. Forse ci vorrà un po' di tempo, ma andrà tutto bene. Ti fidi di nonno Charlie?
‒ Sì che mi fido... Grazie Sue, ora va meglio. Più tardi mi scuserò con mamma e papà per la scenata, ho sbagliato anch'io. ‒ Quando tornò in casa, presi tutte le precauzioni del caso: bloccai Faccia da Maniaco - non volevo nemmeno più chiamarlo per nome - su tutti i miei social. Non volevo più commettere errori stupidi, dopo quello di inviargli la mia foto con Jake... Ma non volevo neanche rimanere in silenzio e dargliela vinta. Avrei chiesto consiglio a nonno Charlie, chi meglio di un poliziotto avrebbe saputo aiutarmi?
 
Il giorno dopo, la situazione sembrava essersi leggermente calmata. Io mi ero scusata con i miei per alcune cose dette durante la discussione, e lo stesso avevano fatto loro con me. Gli avevo fatto giurare di non mettere Seth in mezzo alla faccenda, ma non potevo di certo impedirgli di andare a parlare con Jacob. 
Ancora una volta, mi sentii trattata come una ragazzina: era della mia vita che si parlava, eppure i miei genitori si erano presi il diritto di dirmi che "non potevo definirmi innamorata dopo così poco tempo", e che Jacob era "troppo grande per me". Tutte scuse. E Jake, per non farmi star male, non aveva voluto dirmi nulla a proposito di ciò che si erano detti lui e i miei. 
Parlai a nonno Charlie e ai miei genitori di Trevor, e mi sentii sollevata: se avesse insistito, lo avrei denunciato per stalking.
Nei giorni successivi non accadde nulla di eclatante, di fatto i miei non potevano impedirmi di uscire di casa. Sapevano che vedevo Jacob, ma non potevano farci nulla se non accettare la cosa. Così, il giorno prima del mio ritorno a Jacksonville, Jake ed io ci incontrammo al tramonto sulla spiaggia di La Push. Faceva fresco per essere quasi agosto, quel giorno mi ero messa un maglioncino leggero e un paio di jeans lunghi. Jake, invece, indossava una maglietta nera a maniche corte e dei bermuda. Non aveva mai freddo, Jake era come il sole. Il mio, sole.
Quando avevo detto ai miei della festa di Ray Mason, avevo fatto uno sciocco paragone tra Jacksonville e Forks, ma in realtà stavo imparando a vedere quei luoghi sotto una luce diversa: anche se l'oceano che si affacciava sulla Riserva dei Quileutes era gelido in confronto a quello che costeggiava Jacksonville, Forks e La Push iniziavano a piacermi davvero. 
Jake ed io ci togliemmo le scarpe, la sensazione dei piedi nudi sulla sabbia fresca era piacevole. Ci sedemmo su un vecchio tronco d'albero, lo stesso della sera in cui ci eravamo conosciuti. Jake mi sfiorò dolcemente la guancia con una mano, spostandomi dal viso i capelli sciolti leggermente smossi dal vento.
‒ Hanno bisogno di tempo, Ness. Te lo avevo detto ‒ mi rassicurò.
‒ Sono troppo arrabbiata, al momento. A settembre compirò diciannove anni, è assurdo che pensino ancora di poter decidere della mia vita. ‒ Jake mi guardò, sembrava triste per via di ciò che stavo dicendo a proposito dei miei genitori. Non voleva che ce l'avessi con loro. 
‒ Settembre... Che giorno? ‒ mi domandò, ignorando la mia considerazione.
‒ L'undici... Impossibile da dimenticare, visto che è l'anniversario dell'attentato alle Torri Gemelle. ‒ Sbuffai. ‒ Un giorno triste, adatto a un disastro come me... Credevo di essere una maniaca del controllo, invece mi sono fatta fregare da un idiota che ho soprannominato "Faccia da Maniaco". 
‒ Tu non sei affatto un disastro, Nessie. E vorrà dire che quando penserò all'undici settembre, da ora in poi non sarà più soltanto un giorno triste. ‒ Gli sorrisi.
‒ Non voglio perderti, Jake. Non sarò un'esperta di relazioni - cioè, non lo sono affatto -, ma non riesco a immaginare l'amore se non... così. Tu ed io. ‒ Mi alzai, andandomi a sedere in braccio a lui. ‒ Scusami per non averti parlato di Trevor ‒ aggiunsi, ancora desolata.
‒ Non hai niente di cui scusarti, e poi la nostra foto era del tutto innocente ‒ mi rassicurò. ‒ E in ogni caso, tu non potevi di certo immaginare che sarebbe finita nelle mani di Edward. Non mi perderai, Renesmee. Non mi perderai mai. ‒ Entrambi avremmo fatto tutto il possibile per mantenere quella promessa.
 
***
 
Alcuni giorni dopo
 
Ero tornata a Jacksonville da ormai alcuni giorni, e continuavo a ripensare a ciò che mi aveva detto Jake: prima di salutarci, si era lasciato sfuggire che a breve mi avrebbe fatto una sorpresa.
La mattina del 30 luglio, finalmente, scoprii di cosa si trattava: Jake era appena atterrato a Jacksonville! Era venuto con Seth, e quella sera sarebbero venuti con me alla festa. Ero incredibilmente felice, ma anche preoccupata: se Jake era venuto a Jacksonville, lo aveva fatto anche per affrontare una volta per tutte i miei genitori e i loro pregiudizi sulla nostra storia.
Quel giorno nonna Renée, nonno Phil e Robert rimasero a pranzo da noi. Mi ero subito confidata con la nonna e con Robert, che mi avevano detto la stessa cosa che avevano detto tutti quanti: con il tempo, Jake avrebbe dimostrato a mamma e papà che non avevano nulla di cui preoccuparsi. Ero in giardino con loro, e ovviamente con Milla. Da quando ero tornata a casa, la mia cagnolina non mi perdeva mai di vista.
‒ Fammi capire ‒ disse Robert. ‒ Secondo questo tizio, se tu non pubblichi le foto su Instagram con il tuo ragazzo, significa che non sei davvero fidanzata? ‒ Rob fece una smorfia e lanciò un giocattolo a Milla, che nonostante il caldo aveva voglia di giocare.
‒ Esatto ‒ risposi. Non volevo ancora cantare vittoria, ma Faccia da Maniaco non aveva più cercato di contattarmi dal giorno della e-mail.
‒ E quindi ‒ si intromise nonna Renée, ‒ secondo questo ragionamento, la tua cara compagna di scuola Terry dovrebbe mettere ogni settimana una foto con un ragazzo diverso. Sbaglio? ‒ Ci mettemmo tutti e tre a ridere.
‒ Nonna, ma tu lo hai conosciuto Jacob? ‒ le domandai.
‒ Sì, credo di averlo visto quando andai a trovare Bella a Forks, i primi tempi ‒ mi rispose.
‒ Be'... mi ha fatto una sorpresa, è qui a Jacksonville. Stamattina mi ha detto di essere in aeroporto ‒ dissi. ‒ Al momento, mamma e papà non devono saperne nulla... Gli ho chiesto di venire alla festa, stasera.
‒ Oh, bene... Così Rob potrà confermarmi se è così fantastico come dici ‒ rispose, rivolgendosi al figlio. Nonna Renée e Robert si sorrisero a vicenda, e in quel momento arrivò anche Phil. Lui e Robert fisicamente si somigliavano molto: capelli chiari e occhi celesti, l'opposto di mamma: lei aveva preso dagli Swan.
‒ Rob, a che ora andate? ‒ domandò Phil ad entrambi.
‒ Non lo so papà, abbiamo appuntamento con gli amici di Ness ‒ rispose.
‒ Andiamo alle nove, nonno ‒ aggiunsi. 
‒ Mi raccomando la macchina, Rob. Non fare danni ‒ scherzò Phil, visto che Robert aveva la patente da poco.
 
Alle sette di sera iniziai a prepararmi, ero eccitata all'idea di rivedere Jake ma non volevo mostrare troppo entusiasmo: avrei fatto insospettire mamma, e soprattutto papà. Quel martedì il suo turno in ospedale finiva proprio a quell'ora, giusto in tempo per passare a casa e salutare me e Robert.
Indossai un vestito blu e delle scarpe con la zeppa, truccandomi come al mio solito. Raccolsi i capelli in una coda, avevo troppo caldo per lasciarli sciolti. Non volevo essere troppo appariscente, e a dire il vero ero ancora piuttosto scettica sulla festa: Ray mi dava l'impressione di essere il classico riccone viziato, e non era neanche sicuro che ci avrebbero fatto entrare. 
Avevo mandato a Jake la posizione della villa, sperando che non avesse problemi a muoversi in taxi. Chissà quanto gli era costato quel viaggio lampo per venire a Jacksonville, mi sentivo persino in colpa. Seth era stato davvero carino ad accompagnarlo, sicuramente si erano divisi le spese.
‒ Alle due a casa, ragazzi. E chiamateci quando state per tornare ‒ disse mamma, guardando prima me e poi Robert.
‒ Non prendo ordini da mia sorella! ‒ scherzò Rob, facendo ridere mamma.
‒ Allora te lo ripeto io, Robert. E tieni d'occhio Renesmee, comportati da zio! ‒ rispose papà, facendomi innervosire di nuovo.
 
Quando uscimmo di casa, sbuffai.
‒ "Tieni d'occhio Renesmee" ‒ ripetei, imitando in malo modo il tono di voce di papà.
‒ Dai, stava solo scherzando. Se questo Jacob tiene davvero a te, sono certo che Edward e mia sorella cambieranno idea. ‒ Robert era davvero carino con me, ed ero felice che fosse dalla mia parte. Non aveva storto il naso neanche quando gli avevo rivelato che Jacob era una vecchia conoscenza di mia madre, e che all'inizio la cosa aveva sconvolto sia me che Jake.
Quando arrivammo alla villa, salutammo i miei amici e quelli di Robert, e ci avvicinammo al cancello. Ray Mason aveva assunto un buttafuori, e a giudicare dalle tante macchine parcheggiate nelle vicinanze ero certa che ci fossero parecchi imbucati.
Riuscimmo ad entrare grazie al fatto che Robert conoscesse il fratello di Ray, anche lui presente alla festa. 
‒ Grande, Robert! ‒ esclamò Christina. Stella lo prese a braccetto, dicendogli che se non fosse stato per lui non saremmo mai entrati.
Avevo chiesto a Robert di tenere il cellulare a portata di mano: quando sarebbero arrivati Jake e Seth, avrebbero avuto bisogno del suo aiuto per riuscire ad entrare. Robert seguì i suoi amici, mentre io restai in compagnia di Chris e Stella. 
La villa era davvero bella, non potevo negarlo, e c'era persino una piscina. Ovunque c'era gente che ballava, gente che si divertiva e anche gente che faceva il bagno. Ogni tanto, riconoscevo qualche volto noto: tutta gente della mia ormai ex scuola. Faceva ancora uno strano effetto pensare che non sarei più tornata tra quei banchi...
‒ Quando arriva Jacob? ‒ mi domandò Stella, ci eravamo sedute nelle vicinanze della piscina.
‒ Tra mezz'ora, mi ha scritto poco fa. Tra l'altro c'è anche un suo amico, il figlio della moglie di mio nonno Charlie ‒ risposi.
‒ Ah, il famoso Seth! ‒ disse Chris. ‒ Sono proprio curiosa di conoscerli entrambi... ‒ Stella la riprese.
‒ Ti ricordo che sei fidanzata, Christina. Anche se voglio proprio vedere se questi ragazzi Quileute sono belli come in foto! ‒ Sorrisi all'affermazione delle mie amiche. Ci buttammo in mezzo alla folla e iniziammo a ballare, Thomas raggiunse Chris ed io mi misi a ballare con Stella.
‒ Se qualcuno viene a romperci le scatole, io e te siamo fidanzate ‒ le dissi. Ci abbracciamo, mettendoci a ridere di nuovo. Il DJ - sì, Ray non si era fatto mancare nulla - aveva messo Scream & Shout di Britney Spears e Will.i.am, un brano uscito una decina di anni prima ma che alle feste non mancava mai. 
Ci lasciammo un po' prendere la mano, bevendo qualche drink alcolico. Tanto, avrebbe guidato Robert... 
Mi stavo divertendo, ed ero certa che quando sarebbero arrivati Jake e Seth mi sarei divertita ancora di più. Era tutto perfetto, se escludevo il piccolo particolare che avevo di nuovo mentito ai miei genitori.
‒ Ehi, guarda chi c'è laggiù! ‒ dissi a Stella, ad un certo punto. ‒ Julian! ‒ Lo indicai. ‒ Dai, vai a salutarlo! ‒ la incoraggiai. 
‒ Ma... da sola mi vergogno, Ness! Vieni con me? Ti prego...
‒ E va bene ‒ risposi, prendendola a braccetto. Iniziava a girarmi la testa, non avrei più bevuto nient'altro che non fosse acqua o Coca-Cola.
‒ Come hai fatto ad avvicinarti a Jacob e... a fare colpo su di lui? ‒ mi domandò. ‒ Insomma... neanche tu hai esperienza con i ragazzi. ‒ Sorrisi. In effetti, con Jake era stato tutto estremamente spontaneo. Era come se, in fondo, ci conoscessimo già.
‒ In realtà, non ho fatto nulla di particolare. Sono stata me stessa, tutto qui... E sono persino inciampata, quella sera. Gli stavo per cadere addosso, in riva al mare... ‒ Ci mettemmo a ridere. 
‒ Augurami buona fortuna! Non ho intenzione di cadere in piscina per attirare la sua attenzione!
‒ Buona fortuna! Ricorda, sii te stessa. Se è destino, tutto andrà da sé! ‒ Mi allontanai un attimo, iniziavo ad avere fame e avevo adocchiato un tavolo con del cibo.
Un ragazzo mi offrì una fetta di torta, lo ringraziai e ne mangiai subito un pezzetto. Cercai un angolo appartato per controllare se Jake avesse chiamato, per poi accorgermi che qualcuno veniva verso di me: Trevor. 
Che ci faceva anche lui alla festa?! Era una vera persecuzione!
‒ Renesmee, che sorpresa! Hai letto la bella e-mail che ho mandato a tuo padre? ‒ mi disse. Di persona, la sua faccia era ancora più antipatica di quanto non lo fosse in foto.
‒ Tu hai dei seri problemi, Travis.
‒ Trevor ‒ mi corresse. Avevo sbagliato il suo nome apposta per infastidirlo.
‒ Trevor, "Coso", non mi importa. Il punto è che ti diverti a importunare qualsiasi ragazza che non voglia avere a che fare con te. Pensi che con questi squallidi mezzucci troverai mai una ragazza? ‒ Dovetti seriamente trattenermi, con le parole. Non volevo abbassarmi al suo livello.
‒ Mamma mia, che caratteraccio... Ci si vede in giro, Cullen. E comunque non mollo. ‒ Non gli risposi. Iniziai a sentirmi strana, ma sul momento diedi la colpa all'alcol e al fatto di essermi innervosita. Tornai dai miei amici e da Robert, e con mia grande sorpresa vidi che c'erano anche Jake e Seth. 
‒ Ehi, Renesmee, dove ti eri cacciata? ‒ disse Robert. 
‒ Avevo fame ‒ risposi, dopodiché salutai Seth e poi Jake. Mi lanciai letteralmente tra le sue braccia, stringendolo forte. 
Sarei dovuta rimanere accanto a lui, a Robert e alle mie amiche, ma mi accorsi di essermi persa un braccialetto. Ci tenevo molto, era un regalo di zia Alice... Dove poteva essermi caduto? Mi allontanai da loro senza neanche avvertirli, presa dal panico. Se lo avessi perso, non me lo sarei mai perdonato...
Tornai dove poco prima avevo incontrato Trevor, e mi misi a cercare per terra.
‒ Serve una mano? ‒ disse un ragazzo, era lo stesso che mi aveva offerto la torta poco prima.
‒ Sì, grazie... Ho perso un braccialetto, dieci minuti fa.
‒ Per caso è questo? ‒ mi disse, pochi istanti dopo. 
‒ Sì! ‒ Il ragazzo me lo restituì, ma quando provai ad alzarmi ebbi un forte giramento di testa.
‒ Vieni con me, ti accompagno in bagno. ‒ Non capivo bene cosa mi stesse succedendo, così lo seguii all'interno della villa. 
Che cosa cavolo stavo facendo? In che guaio mi stavo cacciando? E perché iniziavo a vedere doppio, e avevo come la sensazione che stessi per svenire?

***
Ciao, ne approfitto per augurarvi buon anno nuovo!
Vi informo che i prossimi due capitoli saranno gli ultimi della storia, perciò soprattutto ora spero di conoscere le vostre opinioni. Aspetto la prima recensione del 2021, non deludetemi :)
Alla prossima settimana!
Greta

 

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


CAPITOLO 20
 
Jacob
Quando Renesmee tornò a Jacksonville, la consapevolezza di non sapere quando l'avrei rivista fu qualcosa di incredibilmente frustrante. Anzi, frustrante era riduttivo. Era qualcosa di doloroso, quasi... violento. Starle lontano, ormai, era diventato qualcosa di innaturale. Due settimane, tanto era bastato a Renesmee Cullen per stravolgere la mia vita. E pensare che all'amore neanche ci credevo più, eppure riuscivo a sentire con assoluta certezza che quel sentimento ormai aveva messo le radici nella parte più profonda del mio cuore. 
Bella e Edward avevano voluto vedermi, ma ci eravamo giurati che ciò che ci saremmo detti sarebbe rimasto tra noi. Su una sola cosa eravamo d'accordo: non volevamo che Renesmee soffrisse.
Bella sembrava... delusa? Triste? Arrabbiata? Non saprei dirlo con certezza; eppure, nei suoi occhi, riuscivo ancora a scorgere un barlume dell'affetto che aveva provato un tempo per me e che, come aveva ammesso lei stessa, provava ancora.
"E' mia figlia, e non ha neanche vent'anni!", mi aveva urlato contro, accusandomi. 
Già, la differenza di età... Persino Seth, all'inizio, mi aveva fatto quel discorso. "Seriamente, Jake? Esci con una del 2006?". Lo aveva detto per scherzare, eppure sapevo benissimo che alla Riserva questa storia sarebbe stata oggetto di chiacchiere, quando si sarebbe sparsa la voce. Sue aveva rassicurato Renesmee, le aveva detto che Edward e Bella con il tempo avrebbero capito. Che ero, a detta di tutti, "un ragazzo d'oro". Be', non era del tutto vero... Per alcuni, complici i falsi pettegolezzi che Jessica metteva in giro per ripicca al mio disinteresse nei suoi confronti, non ero affatto un tipo da relazioni serie. Come se il non riuscire a trovare la persona giusta fosse una colpa... Che idiozia.
Ciò che avevo provato per altre ragazze, non era neanche lontanamente paragonabile a ciò che provavo in quel momento per lei. Persino ciò che avevo provato per Bella finalmente mi era del tutto chiaro: ne ero stato fortemente attratto e le volevo bene, ma era qualcosa di totalmente diverso dal sentimento per Renesmee. 
Edward era stato più piccato, nel dirmi ciò che pensava: aveva semplicemente ammesso che il problema non era tanto la differenza di età, quanto il fatto che secondo lui io rivedessi Bella in Renesmee. Un'idea malsana e totalmente lontana dalla realtà, visto che scoprire il legame di parentela tra Bella, Edward e Renesmee era stata una vera e propria doccia fredda. 
Volevo risolvere la questione, una volta per tutte. Così avevo fatto la follia di acquistare dei biglietti aerei per Jacksonville, e Seth si era offerto di accompagnarmi. Sostegno morale e spese divise, si era comportato da vero amico. D'altronde era stato lui a farci conoscere, e faceva il tifo per noi.
... E così, ero finito ad una festa di liceali a Jacksonville; una festa che si era poi trasformata in un totale disastro. Il solo pensiero che quei due avessero potuto farle del male... No, non riuscivo neanche a pensarci senza sentirmi ribollire il sangue nelle vene. La guardai, ancora addormentata in un letto d'ospedale. Il suo volto era sereno, le guance erano tornate rosee. La mia Nessie stava bene, ed era stata davvero coraggiosa.
Sentii la porta della stanza aprirsi, e mi voltai. Dietro di me apparvero Bella e suo marito, accompagnati da Robert. Volevo già bene a quel ragazzo, Renesmee gli era molto legata e la cosa non mi sorprese più di tanto. Erano cresciuti insieme.
‒ Vi lascio soli ‒ disse il fratello di Bella, facendosi da parte. Quando uscì dalla stanza, ci fu un lunghissimo istante in cui Edward, Bella ed io ci guardammo. Che cosa gli aveva detto Robert? A giudicare dalle loro espressioni, trovarmi lì non era stata affatto una sorpresa.
‒ Jacob, Robert ci ha raccontato tutto ‒ esordì Edward. 
‒ Come sta Renesmee? ‒ domandò Bella, puntandomi contro i suoi grandi occhi castani. Era preoccupata, così come lo era Edward: non c'era alcuna traccia di risentimento nei loro volti, né tantomeno nelle loro voci.
‒ Sta dormendo. Ha dato di stomaco e poi si è addormentata, ma il dottore ha detto che sta bene. ‒ Continuai ad accarezzarle la mano, delicatamente, mentre la stringevo tra le mie. ‒ L'ho portata qui solo per farle fare degli accertamenti ‒ spiegai. 
‒ Sì, Robert ce lo ha detto. Le hanno trovato nel sangue tracce di alcol e di droghe sintetiche ‒ rispose Edward. Aveva lo stesso sguardo di mio padre quando si preoccupava per me e per le mie sorelle. Edward era un buon padre, bastava guardarlo negli occhi per capirlo. 
‒ Chi è stato a farle questo? ‒ domandò Bella, mentre Edward la stringeva a sé. Era furiosa, come una leonessa pronta a difendere il proprio cucciolo. 
‒ E' stato Trevor, il ragazzo che ha mandato a Edward la famosa e-mail con la foto mia e di Ness. E un suo amico, un certo Caleb. Sono in una delle stanze qui a fianco, la polizia li sta interrogando. Non la passeranno liscia... ‒ Non potevo pensarci. Non ero mai stato un tipo violento, ma se non ci fossero stati Seth e Robert a trattenermi, non so cosa avrebbe potuto fermarmi dal mettere le mani addosso a quei due.
Spiegai a Bella e Edward come erano andate le cose, e del momento in cui l'avevo trovata. Era stato l'istinto a guidarmi, era una cosa strana da spiegare. A loro raccontai che era stato un caso che l'avessi trovata io prima di Robert, ma in realtà sentivo che era stato qualcos'altro a guidarmi. C'era qualcosa di straordinario nel legame con Renesmee, come se un milione di cavi di acciaio mi tenessero in connessione con lei. 
‒ Jake ‒ mi rispose Bella, dopo quelle spiegazioni. ‒ Edward ed io vorremmo scusarci, per tutto. Per aver ostacolato te e Renesmee, ed aver reagito in quel modo assurdo ‒ proseguì a dire, avvicinandosi di più a me. ‒ Dovrò abituarmi all'idea di te e mia figlia insieme, ma... ho esagerato. Questa volta sono io a chiederti scusa; mettiamo da parte il passato, una volta per tutte. ‒ Le sorrisi, e la vidi tutto a un tratto con gli occhi lucidi. Anche Edward venne verso di me, e mi diede una pacca sulla spalla. Un gesto... fraterno. 
‒ Jacob, voglio chiederti scusa anch'io. Tu e Renesmee avete la mia benedizione, e non saremmo mai dovuti arrivare a quel punto. ‒ Ero d'accordo con le parole di Edward, anche se avrei preferito imparare a farmi volere bene da lui e di nuovo bene da Bella con il tempo, e non di certo in quel modo. 
Quando Renesmee aprì gli occhi, fu sorpresa di trovarci tutti e tre nella stessa stanza, e vidi le sue labbra curvarsi in un enorme sorriso quando capì che da quel momento in poi la nostra storia sarebbe stata alla luce del sole. Non sapevo cosa ci avrebbe riservato il futuro, se io avrei lasciato La Push o se lei avrebbe lasciato Jacksonville, ma non era importante. Volevo essere per lei un amico, un fratello, il suo difensore, il suo amore. Qualunque cosa di cui lei avesse bisogno. 
Si era chiuso un cerchio, una questione rimasta in sospeso per diciotto lunghi anni. Non sapevo se ci fosse di mezzo il destino, una qualche divinità o una forza superiore, sapevo soltanto che ogni cosa era finalmente al suo posto. 
Mi sfiorai il tatuaggio che avevo sul braccio, la frase che mi legava a Renesmee: tutto ciò che avevo sempre desiderato era lei, e lo sarebbe stato per sempre.
 
~~~
 
Renesmee
 
Alcune ore prima
 
‒ Vieni con me, ti accompagno in bagno ‒ mi aveva detto. Qualcosa mi diceva che non dovevo fidarmi di quel ragazzo, e che dovevo dare ascolto al mio intuito.
Anche se era dannatamente difficile, dovevo sforzarmi di rimanere lucida. Avevo bevuto solo un paio di drink, e allora per quale motivo mi sentivo così male? Mi fermai, cercando di restare calma. 
Respira, Renesmee. Non essere rigida.
‒ Senti... ‒ dissi al ragazzo.
‒ Caleb. 
‒ Okay, Caleb. Sei stato davvero molto gentile ad aiutarmi a trovare il bracciale, ma mi sento già meglio. E qui da qualche parte ci sono i miei amici e il mio ragazzo, perciò ora se non ti dispiace vorrei tornare da loro ‒ gli risposi, guardandolo negli occhi. Volevo essere convincente, e non fargli capire di essere già in ansia. 
‒ A dire il vero, mi dispiacerebbe molto se te ne tornassi proprio ora dai tuoi amici. Che poi io ti conosco, non sei amica di Christina Bennett? Ti chiami... Rebecca, vero? ‒ Quella frase mi fece storcere il naso, volevo togliermelo dai piedi il prima possibile. Perché conosceva Christina?
‒ No, non Rebecca. Renesmee ‒ risposi, ma stranamente non mi domandò per quale motivo avessi un nome tanto particolare. ‒ E come ti ho detto ‒ proseguii a dire, ‒ qui c'è il mio ragazzo. Non sono... ‒ Fui interrotta, e mentre lui parlava valutai due possibili opzioni: scappare, con il rischio di cadere per terra e slogarmi una caviglia, o restare lì ad accampare scuse. Mi sentivo la testa pesante, e se avessi provato a fuggire sarei caduta senza alcun dubbio...
‒ ... Sei carina, Renesmee. Ma sei un po' ubriaca, e dico davvero: voglio solo accompagnarti in bagno. ‒ Non mi fidavo di quel ragazzo, e nonostante tutte quelle premesse iniziavo seriamente a pensare che nella torta che mi aveva offerto ci fosse qualcosa di strano. Ero stata una stupida, ma il tavolo da buffet era pieno di cibo e di diversi tipi di dolci. Possibile che l'unica a mangiare quella torta fossi stata io? Chiaramente no... 
Diedi la colpa all'alcol: mai accettare cibo dagli sconosciuti, ma in quell'atmosfera di festa era stato l'ultimo dei miei pensieri.
Sperai che qualcuno - Jake, Seth, Rob o le mie amiche - venisse a cercarmi il prima possibile. 
Il ragazzo mi prese per un braccio, e a quel punto ebbi di nuovo una bruttissima sensazione. Per quanto tempo sarei rimasta lucida, se mi avevano... drogata? Eravamo lontani dagli altri, non potevo neanche chiedere aiuto. Ero agitata, e sapevo che se Caleb se ne fosse accorto avrei senza dubbio peggiorato la situazione. Mi sarei chiusa in bagno e da lì avrei chiamato Jake, ecco la soluzione.
‒ Va bene, andiamo ‒ dissi, poco convinta. ‒ Devo vomitare, quella torta che mi hai dato... deve avermi dato fastidio ‒ risposi, e come sospettavo lui abbassò lo sguardo. 
All'interno della villa, c'era un gruppo di persone che sembravano totalmente ubriache o sotto effetto di stupefacenti, e tra questi c'era Thomas, il ragazzo di Christina. Come ci era finito lì? Forse anche lui aveva mangiato quella torta, o qualcosa di simile? 
Caleb mi accompagnò fino alla porta del bagno, e quando andai a chiuderla notai che non c'era alcuna chiave. Qualcuno l'aveva fatta sparire, fantastico. Come avrei fatto a togliermi da quella situazione?! Imprecai mentalmente, a malapena riuscivo a reggermi in piedi. Mi appoggiai alla porta del bagno, facendo finta di tossire. Cercai il cellulare nella mia borsa, e andai accanto alla finestra per chiamare qualcuno. Non c'era campo, così provai a telefonare tramite WhatsApp. Qualcuno tra Jake, Rob, Seth, Stella e Chris mi avrebbe risposto...
‒ Hai fatto, Renesmee?? ‒ mi sentii chiamare insistentemente da Caleb. Jake aveva risposto, ma colta dal panico avevo premuto il tasto per terminare la chiamata. 
Per prendere altro tempo, tirai lo sciacquone; dovevo scrivergli un messaggio.
 
Renesmee: Jake, sono dentro la villa. Vieni a cercarmi, dopo ti spiego... Fai in fretta
 
‒ Ma questa ci è caduta, in bagno? ‒ sentii borbottare da qualcuno fuori dalla porta. 
Mi accorsi che Caleb se ne stava attaccato alla porta, e parlava con qualcuno. Conoscevo quella voce, e stavo cercando di capire se non fosse stata solo una mia suggestione. Era la voce di Trevor. E se quel Caleb era un suo amico, potevo stare certa di essere davvero nei guai.
A quel punto, il mio cuore batteva a mille: non mi ero mai ritrovata in una situazione del genere, e nonostante stessi davvero male, non potevo permettermi di farmi prendere dal panico. Aprii il rubinetto e mi bagnai la fronte con l'acqua fredda, anche se probabilmente non sarebbe servito a nulla. Ne bevvi un sorso.
Ragiona, Ness. Fai qualcosa, mi dicevo. Jacob arriverà presto, vedrai.
Che altro potevo fare, per prendere tempo? Volevo incastrarli, non volevo che la passassero liscia. Accesi il registratore, stavo cercando di capire cosa si stessero dicendo Trevor e Caleb.
"Adesso la facciamo bere un altro po', e poi è tutta tua". Era stato Caleb a parlare. 
"Veramente, io pensavo a qualcosa di meglio", rispose la voce ovattata di quel viscido di Trevor. "... Thomas è fatto come una pigna, la facciamo baciare con lui. Tu li riprendi con il cellulare e poi la ricattiamoSe non esce con me, metteremo in giro la voce che Renesmee è una troia che ci prova con i ragazzi delle amiche, e metteremo il video in cui si bacia con Thomas in rete...". Si mise a ridere. Per me era una situazione surreale, e notai che il cellulare era di nuovo senza campo. 
Non ero riuscita a sentire altro, ma li avevo registrati. Ero spaventata, e non avevo più la forza di rimanere lucida. Sentii svariate imprecazioni rivolte a me, visto che stavo occupando il bagno da una decina di minuti, così Caleb mi fece uscire a forza.
Non saprei raccontare con esattezza cosa accadde dopo, perché i miei ricordi erano confusi. Ma ad un certo punto sentii una voce, una voce familiare. E riconobbi il suo odore...
 
... Aprii gli occhi, e li sentii bruciare alla vista inaspettata delle luci al neon. C'era puzza di ospedale... Ero, in ospedale.
Mi sentivo ancora un gran mal di testa, ma stavo decisamente meglio. Sollevai lo sguardo, e vidi Jake parlare a bassa voce con... mamma e papà. Ero ancora sotto effetto di qualche sostanza stupefacente o stava accadendo davvero? Iniziai a ricordare cosa era accaduto, avevo vomitato e poi ero svenuta. Jake mi aveva portata in ospedale... Ero rimasta vigile fin troppo a lungo, finché non avevo perso completamente il lume della ragione. Che cosa era accaduto in quel lasso di tempo? Thomas stava bene? Ma c'era una cosa che, più di tutte, mi preoccupava... Le parole di Trevor e del suo amico mi tornarono in mente con la violenza di uno schiaffo. Parlavano di un video con cui ricattarmi... e temevo che mi avessero anche messo le mani addosso. Provai di nuovo l'impulso di dover vomitare. Avevo richiuso gli occhi, tanto che nessuno si era accorto del fatto che mi fossi svegliata. Ma volevo conoscere la verità, una volta per tutte. Provai a mettermi seduta, mugugnando qualcosa. 
‒ Ehi, tesoro, come ti senti? ‒ mi disse papà, avvicinandosi immediatamente. 
‒ Sto meglio ‒ risposi, soffermandomi con lo sguardo su Jake. I miei genitori non sembravano arrabbiati con lui...
‒ Voi tre... voi tre non state litigando ‒ constatai, e il mio tono di voce apparve più sorpreso del previsto.
Mamma sorrise appena, per poi guardare papà.
‒ Niente più litigi ‒ disse.
‒ Già... ‒ confermò Jake. ‒ Bella, Edward ed io abbiamo avuto modo di fare una lunga chiacchierata. E' tutto risolto.
‒ Non mi state prendendo in giro, vero? ‒ scherzai, indicando Jake.
‒ No, Renesmee. Abbiamo esagerato, tu e Jacob avete tutto il diritto di vivere la vostra storia. Il passato è passato, e abbiamo ripensato alle parole di Charlie ‒ rispose papà. Ero felice di sentirmelo dire, e speravo che non fosse tutto dovuto al fatto che Jake mi aveva tirato fuori da quella brutta situazione.
Quando anche Robert entrò nella stanza, lui e Jake mi raccontarono cosa era accaduto, e a quel punto iniziai a ricordare. Thomas e Stella erano state due delle altre vittime della torta - in realtà ce n'era più di una -, che al suo interno conteneva droghe sintetiche. 
‒ Dove sono Stella e Thomas? ‒ domandai, preoccupata.
‒ Sono nella stanza a fianco, c'è Christina con loro ‒ mi rispose Robert. ‒ Mentre Seth sta parlando con i poliziotti... Vorrebbero parlare anche con te, appena te la senti.
‒ Devi denunciarli, Ness. Tutti e due ‒ mi incoraggiò Jacob. 
‒ Mi hanno... Mi hanno fatto qualcosa, oltre ad avermi drogata? ‒ balbettai, con gli occhi lucidi.
‒ No, Ness. Niente, te lo posso assicurare ‒ mi rispose. ‒ Guardami negli occhi. Non ti direi una bugia, no? Sono arrivato in tempo. ‒ Mi sentii meglio, anche se continuavo a darmi la colpa. Come ero potuta essere così ingenua?
‒ Ho chiesto al fratello di Ray Mason, quei due non erano nemmeno stati invitati alla festa ‒ mi disse Robert.
‒ Tecnicamente, neanche io... ‒ risposi. 
‒ Tu eri con me. E comunque non è importante... il punto è che quei due idioti vogliono far ricadere la colpa della droga su Ray. Oltre ai messaggi che ti ha mandato Trevor, non abbiamo altre prove. ‒ Rob era desolato. A quel punto, sfoderai un sorriso soddisfatto...
‒ Voi non avete prove, ma io sì! Li ho registrati con il cellulare, mentre ero in bagno. Trevor e Caleb volevano farmi un video con cui potermi ricattare: a quel punto, sarei dovuta uscire con Trevor ‒ spiegai.
‒ Ma è una cosa orribile! ‒ disse mamma, indignata. 
‒ Lo è. Ma ora finalmente la pagheranno. 
‒ Sei un genio, Nessie! ‒ esclamò Jake, venendo ad abbracciarmi.
Da quella brutta faccenda ne era uscito qualcosa di buono: Trevor non mi avrebbe più dato fastidio, e finalmente mamma e papà avevano potuto constatare che Jake a me ci teneva davvero. 
Quelle due settimane a Forks avevano cambiato la mia vita, e Jacob avrebbe continuato a farne parte.
 
***
 
Alcuni mesi dopo
 
Durante le vacanze di Natale, tornai a Forks. Avevo chiesto due biglietti aerei per andare a trovare Jake come regalo di Natale, rivederlo e passare del tempo con lui era l'unica cosa che desiderassi davvero. 
A settembre avevo compiuto diciannove anni, e mi faceva uno strano effetto pensare a quante cose erano cambiate nel corso di quell'anno che stava quasi per concludersi. Dopo quel brutto episodio, avevo ottenuto un'ordinanza restrittiva nei confronti di Trevor e Caleb. Lo raccontai a Ethan, e riuscimmo a dimostrare che Trevor era colpevole anche di aver rubato le foto della sua amica. Ero soddisfatta, anche se me l'ero vista davvero brutta e ripensarci mi faceva stare male.
Prima di partire per il mio viaggio a Los Angeles, mamma e papà mi fecero mille raccomandazioni, e non potevo di certo biasimarli. Avevo imparato la lezione, mai allontanarsi dai propri amici ad una festa piena di sconosciuti. Credevo di essere più matura delle mie coetanee, ma quella volta ero stata davvero ingenua e avevo rischiato di perdere la fiducia che i miei avevano sempre riposto in me. In fondo ero umana, e come tutti gli umani non ero immune dal commettere sbagli... 
In quei mesi, c'era stata anche un'altra novità: Billy si era trasferito da Paul e Rachel, che avevano una casa più grande, e Jake ora viveva da solo. La gravidanza di Rachel procedeva bene, e avevano scoperto che il bambino sarebbe stato un maschietto. Il figlio di Leah e Sam, invece - il piccolo Harry - era già nato, e lo avrei conosciuto nei giorni seguenti. 
La sera stessa del mio arrivo, Sue mi prestò la sua auto e guidai fino a casa di Jake. Lo trovai nel suo garage, stava aggiustando una macchina. C'era la musica ad alto volume, e lui canticchiava allegramente. Nonostante il freddo di dicembre, aveva addosso una semplice maglia a maniche corte, ed era così preso dal suo lavoro che non mi aveva neanche sentita arrivare. Lo chiamai, e la vibrazione del telefono catturò la sua attenzione.
‒ Ness, che bello sentirti! ‒ mi rispose. ‒ Sto riparando un'auto, ti piacerebbe da matti. 
‒ E' una Mercedes... Grigia metallizzata ‒ risposi.
‒ Che fai, leggi nel pensiero? ‒ scherzò Jake.
‒ No... Penso che dovresti voltarti. ‒ Terminai la chiamata, e non appena Jake mi vide lasciò il telefono per terra e mi corse incontro. Si tolse i guanti, e rimase a guardarmi.
‒ La mia maglietta è sporca, se ti abbraccio ti sporcherai i vestiti ‒ disse, desolato.
‒ Toglila. Togli la maglietta e abbracciami ‒ gli suggerii, avvicinandomi di più e afferrandone un lembo. Si tolse la maglietta e mi strinse forte a sé, tanto che mi sentii travolgere dal suo profumo.
‒ Perché non mi hai detto nulla? Non hai la minima idea di quanto mi sei mancata ‒ mi disse, dandomi subito un bacio particolarmente intenso. Mi prese il volto tra le mani, contemplandolo per alcuni istanti.
‒ Volevo farti una sorpresa... Venire qui è stato il mio regalo di Natale anticipato ‒ risposi. Mi divincolai dalle sue mani e mi avvicinai all'auto, sfiorandola con le dita. 
‒ Di chi è la macchina? E' davvero bella ‒ domandai. 
‒ Se riesco a sistemarla, è mia ‒ mi rispose, soddisfatto. 
‒ E' appariscente... Ti stai trasformando in un Cullen ‒ scherzai.
Jake mi si era avvicinato di nuovo, ed io mi ero appoggiata all'auto. Mi ritrovai imprigionata tra lui e la macchina, e non avevo alcuna intenzione di sfuggirgli. Poggiò entrambe le mani sul cofano della macchina, trascinandomi giù con sé. 
Gli allacciai una gamba attorno alla vita per tenermi in equilibrio, stargli così vicina mi faceva letteralmente perdere la ragione.
Il fatto che fosse senza maglietta complicava le cose, perché non riuscivo a smettere di baciarlo... Avvertii la sua eccitazione, e provai la stessa necessità impellente di fare l'amore con lui. Le cose erano ben diverse da com'erano state mesi prima, e sapevo che Jake stavolta avrebbe assecondato il mio desiderio. Ne avevamo parlato, e ovviamente avremmo preso le giuste precauzioni. 
‒ Jake... ‒ dissi. ‒ Voglio fare l'amore con te. 
‒ Anch'io, Nessie ‒ mi ripeté, sollevandomi e stringendomi tra le sue braccia. Raggiungemmo immediatamente la camera da letto, e mi accorsi che Jake era teso come una corda di violino. Impaziente, felice, nei suoi occhi potevo leggere un turbinio di emozioni contrastanti.
‒ Sei agitato perché per me è una cosa nuova, vero? ‒ gli domandai mentre eravamo sdraiati l'uno accanto all'altra, finalmente senza il fastidio dei vestiti a dividerci. 
‒ Non voglio farti male ‒ ammise, accarezzandomi la fronte. Si morse il labbro, ed io gli sorrisi. 
‒ Sei sicura di essere pronta? ‒ disse, speranzoso.
‒ Sì, Jake. Non mi farai male, e sai perché? Perché ti amo, e non c'è nessun altro al mondo con cui vorrei compiere questo passo ‒ lo rassicurai. Non gli diedi il tempo di replicare, ricominciai subito a baciarlo. Lasciai che le sue braccia forti mi guidassero nei movimenti. Un passo alla volta... 
Le mie mani non riuscivano a smettere di accarezzare la sua schiena, le sue spalle larghe e perfette. Fu dolce, paziente, e quell'attesa mi spinse al limite. Ogni suo tocco mi avvicinava verso il momento in cui saremmo stati una cosa sola. La mia pelle chiara e la sua pelle ambrata, come il sole e la luna che si incontrano durante un'eclissi. 
E quando accadde, il dolore fu talmente breve che l'attimo dopo pensai di essermelo immaginato. 
Con le caviglie allacciate ai suoi fianchi, mi abbandonai totalmente a lui. Perché lo amavo, perché sapevo di potermi fidare. Perché lo desideravo con ogni fibra del mio essere...
 
I nostri corpi erano ancora intrecciati l'uno all'altro, e Jake mi poggiò il volto nell'incavo del collo. 
Avevo i capelli sparsi sul cuscino, e accarezzavo i suoi. La quiete dopo la tempesta... 
Sollevò il mento, puntandomi contro i suoi occhi di cioccolato fondente.
‒ Perché mi guardi così? ‒ gli domandai, sorridendogli. Lui mi mostrò il suo sorriso migliore, quello capace di abbagliare quanto la luce del sole, e allungò una mano per sfiorarmi le labbra. Le dischiusi leggermente, avvertendo un nuovo brivido. 
‒ Non è ovvio? ‒ mi rispose. ‒ Sono felice, Renesmee. ‒ Eravamo... come dire... compatibili anche da quel punto di vista. Non avevo termini di paragone, ma dubitavo che la prima volta potesse essere meglio di così. Jake sembrava conoscermi, o avere un qualche talento speciale che gli permetteva di sapere sempre cosa fosse giusto per me.
Avevo paura che tutto ciò un giorno potesse finire, la natura umana era così instabile. Ci si stanca di un vestito, di una persona, di un amore... Perché io mi sentivo tanto diversa?
‒ Aspetta ‒ dissi, alzandomi dal letto e recuperando da terra il mio maglioncino. Cercai in borsa una penna, e la consegnai a Jake.
‒ Che stai facendo, Ness? ‒ mi chiese, confuso. ‒ Okay, ho capito... Ora ho capito. ‒ Gli offrii il braccio, lasciando che mi scrivesse sulla pelle quelle stesse parole che io avevo scritto sulla sua.
‒ Tutto ciò che ho sempre desiderato sei tu, Renesmee.
‒ Tutto ciò che ho sempre desiderato sei tu, Jacob. ‒ Era una promessa.

***
Ciao! Vi aspetto la prossima settimana (tra sabato e domenica) con l'ultimo capitolo della storia, ma nel frattempo rinnovo il mio invito a recensire. E' da un po' che non ricevo vostre notizie, e almeno su questi ultimi capitoli ci terrei particolarmente a ricevere un vostro commento. Dai, non fatevi pregare, lo vedo che mi leggete :)
Greta

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** Epilogo ***


EPILOGO


 
Alcuni anni dopo...
 
Lanciarsi in una storia d'amore è come fare un salto nell'oscurità della notte: puoi vedere le stelle o perderti nel buio.
Jacob ed io abbiamo affrontato molti ostacoli, ma neanche per un solo istante ho pensato che non ne valesse la pena. Lui è stato esattamente la mia stella, quella persona con cui sono passata dall'essere una ragazza un po' insicura all'essere una donna adulta. Spesso ho pensato di non meritarmelo, di non avere nulla di speciale. Perché tendiamo sempre a svilirci così tanto? 
Anche mia madre, a suo tempo, si era sentita in questo modo. Ma la verità è che nessuno è perfetto, non lo è mio padre e non lo è neanche Jacob. Lui è perfetto per me, così come papà è perfetto per la mamma. Insieme funzioniamo, come un meccanismo in cui ogni ingranaggio è esattamente al suo posto.
Una volta papà mi disse che a lui non piaceva il buio, che la notte era troppo prevedibile e pericolosa. Ma poi era arrivata la mamma, e attraverso i suoi occhi ne aveva scoperto la bellezza. Ecco perché ripeteva spesso quella frase sull'oscurità e le stelle, perché l'aveva sentita da lei e l'aveva resa sua. Una metafora, per spiegare con poche parole che vale sempre la pena fare quel salto nel buio, anche quando gli ostacoli sembrano insormontabili. Se trovi quella persona che ti ama e ti rispetta, vale sempre la pena tentare.
Avevo paura che prima o poi la distanza avrebbe diviso me e Jake, ma così non è stato... 
Le note della musica si diffondono nel salone, insieme al dolce profumo di autunno e di casa. 
Delle piccole dita disegnano delle forme immaginarie nell'aria, seguendo il ritmo delle note. Resto ferma, in silenzio, e mi soffermo per alcuni istanti a guardarli: il mio Jake; la mia Sarah. Nostra figlia, un piccolo essere umano in cui rivedo me stessa e lui. I suoi capelli color castano scuro, mossi come le onde del mare, danzano insieme a lei. Ha la pelle del colore del caffelatte e un sorriso che illumina chi lo guarda, esattamente come quello di suo padre. Sarah solleva il suo sguardo curioso verso l'alto, gli occhi verdi che - inaspettatamente - ha ereditato da mio padre, e mi sorride.
‒ Papà, è tornata mamma! ‒ esclama felice, chiamando Jake.
‒ Che cosa stavate combinando, voi due? ‒ domando a Jake, che viene subito a salutarmi e prende Sarah in braccio. 
‒ Ci stavamo divertendo senza di te, Ness! ‒ mi risponde, scherzando. 
E' un papà straordinario, e ho sempre saputo che lo sarebbe stato. Non ho mai desiderato particolarmente il matrimonio, e non so se un giorno Jake ed io ci sposeremo. Ma di una cosa ero sempre stata sicura, volevo formare una famiglia con lui. Mi piacerebbe che Sarah un giorno avesse un fratellino...
‒ Mamma, lo sai che papà mi ha comprato un vestito da strega per la festa di Halloween? ‒ mi dice la bimba, sorridendo. ‒ Tu e papà da cosa vi travestite? ‒ ci domanda.
‒ Io mi travesto da vampira ‒ le rispondo.
‒ E io da lupo ‒ aggiunge Jake. In nome delle vecchie leggende Quileute.
‒ Da lupo? Come mai, papà? ‒ prosegue a domandare nostra figlia.
‒ Be', Sarah... lo sai che noi Quileutes discendiamo direttamente dai lupi? ‒ inizia a raccontare.
‒ Davvero?! ‒ esclama lei, con una voce carica di stupore e meraviglia.
Mentre Jake prosegue il suo racconto, lei viene a mettersi seduta sul divano in braccio a me. Jake si siede accanto a noi, e nel frattempo Sarah osserva il suo papà con uno sguardo sognante, rapita dalle sue parole...
 
‒ Una bambina... una piccola Nessie. Non riesco ancora a crederci! ‒ aveva esclamato Jake, il giorno in cui avevamo scoperto che sarebbe arrivata una femminuccia. 
‒ Sei felice? ‒ mi chiese. Strinse le mie mani tra le sue, per poi guardarmi negli occhi. 
‒ Certo che lo sono... Ho sempre desiderato avere una bambina! ‒ Mi poggiò le mani sulla pancia, e la sentimmo scalciare. ‒ Ora che sappiamo che sarà una femmina, posso finalmente parlarti della mia idea sul nome... ‒ gli dissi, misteriosa.
‒ Sentiamo.
‒ Pensavo di chiamarla... Sarah ‒ risposi. ‒ E' un nome che mi è sempre piaciuto, e mi piace il suo significato: "principessa". Ma solo se sei d'accordo, Jake. ‒ Era il nome di sua madre, e non potevo sapere se per lui fosse troppo doloroso darlo a nostra figlia. Mi diede un bacio sulla fronte, per poi mostrarmi uno sguardo commosso.
‒ Sì, Renesmee. Sì che sono d'accordo, non me lo aspettavo... Ma a questo punto credo sia giusto darle anche un secondo nome ‒ aggiunse.
‒ Sarah Isabella Black ‒ esclamammo insiemeci venne naturale pensarlo. Il nome di sua madre e della mia, un po' come era stato per me.
‒ Suona bene, no? ‒ domandai.
‒ E' semplicemente perfetto ‒ mi rispose Jake, per poi abbracciarmi. Si mise in ginocchio, rivolgendosi al mio pancione.
‒ Non vedo l'ora di conoscerti, piccola principessa...
 
E adesso Sarah ha sei anni, ed è incredibilmente sveglia, curiosa e intelligente. Ma anche introversa e riflessiva, un lato del carattere che mi ricorda tanto me stessa da bambina.
E pensare che avevo detto di non volere figli prima dei trent'anni, e invece avevo avuto Sarah a venticinque... E' così sciocco fare delle previsioni! Anni fa non avrei mai pensato di andare via da Jacksonville, ma ho capito che se avessi lasciato che fosse Jake a trasferirsi, sarei stata davvero egoista: io avevo due genitori giovani che potevo andare a trovare ogni volta che lo desideravo e che potevano fare altrettanto, mentre Jake aveva soltanto suo padre. Un padre anziano, che meritava di avere suo figlio vicino. Quando i miei genitori hanno saputo che ero incinta, hanno preso la decisione di trasferirsi anche loro a Forks. 
Ciò che mi manca di più di Jacksonville, il posto in cui sono cresciuta, è la famiglia di nonna Renée e i miei amici. Una delle mie migliori amiche, Stella, si è fidanzata con Robert. Christina e Thomas invece non stanno più insieme, ma sono rimasti amici. 
Ho trovato un buon compromesso per gestire questa distanza, e con Jake e i miei genitori vado spesso a Jacksonville. Anche Sarah adora Robert, nonna Renée e Phil. La mia bambina è davvero fortunata ad avere tanti nonni - e bisnonni - che stravedono per lei!
Quando ero adolescente, prima di conoscere Jake, mi ero sempre detta che avrei combattuto per inseguire i miei sogni: e così, dopo il diploma, ho continuato a dedicarmi alle mie passioni: la musica, il canto, il disegno... Qualunque forma d'arte che mi permettesse di esprimere me stessa. La cosa curiosa è che anche la mamma di Jake era un'artista, le piaceva dipingere. La piccola Sarah dimostra già di apprezzare la musica e il disegno, vederla crescere e scoprire i lati in comune con me, con suo padre e con le altre persone della nostra famiglia è qualcosa di straordinario.
I Black Wolves - la band di Jake - esistono ancora, e spesso partecipo anch'io ai loro spettacoli. Grazie ad Internet siamo riusciti a farci conoscere, e ci esibiamo spesso di fronte a un pubblico sempre più numeroso.
La promessa che ci eravamo fatti Jake ed io anni fa, incisa sulla nostra pelle, è stata mantenuta. 
E sarà così per sempre, ne sono sicura.
 
Fine

 

***
NOTA FINALE DELL’AUTRICE


Ciao a tutti! Mentre scrivo queste ultime righe, la mia lettura corrente è proprio "Midnight Sun", e sono felice di constatare che l'amore per la Saga di Twilight è più vivo che mai. Non so se Stephenie Meyer scriverà mai qualcosa su Renesmee e Jacob - stando alle ultime dichiarazioni lo farà, e a dire il vero la cosa mi destabilizza un po' -, ma io rimarrò sempre e comunque legata alla mia versione di Renesmee. Ho iniziato a scrivere storie parlando di lei nella fanfiction "Eternity", e l'assenza di materiale ufficiale mi ha permesso di utilizzare la mia fantasia per delineare il suo carattere da adolescente e da adulta. Dopo "Eternity" e il suo seguito "Forever Dawn" mi era sempre rimasto questo cruccio di scrivere qualcosa che si svolgesse in un universo parallelo in cui i personaggi fossero tutti umani, e finalmente ci sono riuscita. Renesmee è leggermente diversa da com'era in "Eternity", e questo perché in questa storia è una normalissima diciottenne e non una mezza vampira divenuta adulta in sette anni. Con l'assenza del soprannaturale ho dovuto apportare qualche piccola modifica, ma senza stravolgere tutto. Spero che abbiate colto i numerosi riferimenti alla Saga di Twilight e che abbiate apprezzato le piccole modifiche necessarie per adattare i personaggi al mondo umano (ad esempio, la band "Black Wolves" al posto del branco di lupi).
Il titolo, come avrete già letto all'interno della storia, è un verso della canzone Enjoy The Silence dei Depeche Mode, che sono un'altra mia grande passione insieme a quella per Twilight. Passione iniziata proprio nel 2014, anno in cui ho scritto "Eternity". Tutto torna!

P.S. Il personaggio di Robert, inventato da me, fa la sua comparsa proprio nella fanfiction "Eternity" ed è interpretato dall'attore americano Jeremy Sumpter. 


 
La foto a inizio capitolo invece è opera mia, e ovviamente Jacob e Renesmee hanno il volto dei loro interpreti originali Taylor Lautner e Mackenzie Foy.

Detto questo, dovete sapere che ora che ho terminato questa storia mi dedicherò totalmente a portare a termine anche il mio romanzo inedito, che come avevo già detto non avrà nulla a che vedere con Efp e Wattpad ma sarà messo in vendita su Amazon. Spesso sono scoraggiata dalla mia lentezza, mi mancano solo una decina di capitoli e mi auguro davvero di riuscire a portarli a termine in tempi non troppo lunghi. 
Insomma, vedrò di non metterci dodici anni come la Meyer con "Midnight Sun".
😂
Non escludo però di tornare anche su Efp e Wattpad con delle one shot, se dovessi avere nuove idee.
Se volete farmi delle domande o avete delle curiosità riguardo alla storia, sono qui per rispondervi.
Inizio io?
• Perché Leah e Sam in questa storia sono ancora una coppia?
Risposta: Non mi è mai piaciuto, nella Saga di Twilight, il fatto che l'imprinting potesse distruggere anche coppie consolidate. Nella saga originale non nutro molta simpatia per Sam, ma in questo universo lui ha avuto soltanto un periodo di "sbandamento" per Emily, che si è fatta da parte per rispetto verso sua cugina Leah.

Siamo proprio giunti alla fine... Ammetto di essere un po' delusa dalla mancanza di recensioni negli ultimi capitoli, spero tanto di ricevere almeno un giudizio finale sulla storia. Mi sono impegnata a portarla a termine e a pubblicare con regolarità, cosa non da tutti visto che c'è gente che ha delle storie in sospeso dal 2011 e non si è nemmeno degnata di avvisare i lettori che non le avrebbero continuate. Mi spiace se sembro dura, ma poiché ho visto che la storia è seguita, ci terrei moltissimo ad avere una recensione conclusiva. Intanto, ringrazio di cuore le persone che hanno inserito la storia tra le preferite, ricordate e seguite, e le ragazze che hanno recensito i capitoli precedenti. Vi aspetto, mi raccomando!
Un abbraccio virtuale a tutti, 
Greta

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3931727