The North Remembers

di RedelNord
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Il Sole Bianco ***
Capitolo 3: *** L'unica speranza ***
Capitolo 4: *** Prima delle Torri Gemelle ***
Capitolo 5: *** Le nozze rosse ***
Capitolo 6: *** Ritorno a Karhold parte 1 ***
Capitolo 7: *** Ritorno a Karhold parte 2 ***
Capitolo 8: *** La strada da seguire ***
Capitolo 9: *** La meta raggiunta ***
Capitolo 10: *** Il Fuoco della Ribellione ***
Capitolo 11: *** La Ragazza Lupo ***
Capitolo 12: *** La notte in cui la morte danzò tra le fiamme ***
Capitolo 13: *** Alba e Tramonto ***
Capitolo 15: *** The North Remembers ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


~~  Mik fu scaraventato giù dal letto da migliaia di grida, grida selvagge cariche di furia e di dissenso. Stava succedendo qualcosa, qualcosa di brutto e Mik sentiva che la cosa in qualche modo lo riguardava. Le grida si fecero più forti, il ragazzo si vestì più in fretta che poté, cosa non del tutto facile in quanto la sua stanza era quasi completamente all'oscuro. Quando ebbe finito uscì.
Salì e scese scale. Ma non trovò nessuno allora chiamo a gran voce Ross, Harry e suo zio ma nessuno rispose. Attraversò sale, corridoi ma non trovò nessuno. Perso nei meandri di Delta delle Acque Mik era confuso e non riusciva a capire da dove venissero quelle voci. Entrò poi nella Sala Grande era vuota anche quella, sentì le voci più vicine allora raggiunse una delle grande finestre che davano sul Parco degli Dei. Guardò fuori: era ancora buio ma la luce sarebbe arrivata presto era mattina nascente, Mik guardò il cielo dietro a quelle nuvole c'era un timido sole indeciso se bagnare o no con la sua luce le Terre dei Fiumi quel giorno. Pensando al sole Mik non poté fare a meno di pensare alla sua famiglia, di pensare al sole gagliardo che decorava il suo scudo da battaglia, di pensare al soprannome che i soldati gli avevano dato: “Il Sole Bianco”. Pensò a Karhold: il suo castello, castello che aveva lasciato quando si era unito alla causa del Re, causa a cui peraltro aveva sempre creduto. Mik abbassò lo sguardo, ecco dove sono! Pensò guardando in basso: una folla grande si era riunita nel Parco degli Dei, Mik osservò la scena: il Re stava davanti alla folla rivolto verso di essa con la spada sguainata; sembrava quasi che stesse aspettando qualcosa e infatti era così: due uomini stavano passando in mezzo alla folla tenendo un terzo uomo molto più vecchio di loro. Quando Mik capì di chi si trattava ebbe quasi un conato di vomito: non è lui! Pensò : non può essere lui! Il ragazzo si precipitò nel Parco degli Dei ed ebbe la certezza di ciò che aveva visto. Il prigioniero stava per raggiungere il suo carnefice. Mik allora cominciò a farsi strada tra la gente, arrancando per avanzare sentiva un peso sullo stomaco e gli sembrava di sprofondare in mezzo a quel' ammucchiamento. Iniziò a piovere, Mik si stava avvicinando, ma certe volte non sapeva neanche lui se effettivamente volesse arrivare in fondo. Sapeva che non gli sarebbe piaciuto ciò che avrebbe visto ma d'altro canto non voleva nemmeno restare lì. Una volta raggiunte le prime file l'ansia di Mik si accrebbe di cento volte, perché ora gli sembrava che quella gente gli si stringesse addosso, gli sembrava quasi di affogare nella pioggia <>
Disse, non sapendo neanche lui se l'avesse urlato o bisbigliato tanto in mezzo a quella confusione non si sarebbe sentito ne un urlo ne tanto meno un bisbiglio. Senti un peso insopportabile sulla spalla destra, si rese conto in quel momento che si era anche preso la spada. Ormai lo faceva spontaneamente, la portava come un indumento da quando suo padre l'aveva donata a lui. Gli era arrivate con il nome di “Furia di Karhold”, ora Mik l'aveva ribattezzata come “Artiglio Guerriero”. Era una spada molto lunga ma non gli era mai pesata, fino a quel momento, la portava in un fodero infilato in una cinghia che teneva a tracolla, anzi che in vita, gli era sempre sembrato un punto più comodo. Insieme alla spada infilato nella cinghia c'era un secondo fodero: per la daga, ed essendoci anche quella ogni volta che “indossava” la spada portava con sé anche la daga. Mik era quasi arrivato, sudava voleva impedire tutto questo continuò a farsi strada, doveva arrivare in tempo. Si avvicinò, un grido : <> Una lama calò... Poi calò il silenzio.  

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Capitolo 2
*** Il Sole Bianco ***


~~“Dimmi chi è che come me combatterà con lealtà”
- Spirit-   “Spirit cavallo selvaggio”

 

 

 


Mik era logorato: dopo la morte di suo zio L'esercito di Karhold aveva abbandonato il Re, rimaneva solo il suo reparto. Il 3° fanteria leggera : seimila uomini. Li aveva radunati in uno dei tanti cortili che riempivano di vegetazione rigogliosa Delta delle Acque. Non era nemmeno sicuro che sarebbero venuti tutti. Lui d'altronde non sapevo se il momento che i suoi soldati avessero potuto dedicargli, se fossero venuti, sarebbe potuto servire a qualcosa. Ad ogni modo lui li aveva chiamati lo stesso, non poteva perdere il loro sostegno. Era concorde più che mai con la causa del suo Re ed avrebbe fatto di tutto pur di avere il loro appoggio. Il giardino in cui si trovavano era di una bellezza incantevole: Mik era seduto su un ceppo ed osservava il luogo. Il giardino era piccolo, rettangolare e soleggiato; ai bordi tutte aiuole decorate con i fiori più belli e colorati che Mik avesse mai visto. Lui era nato a Karhold nel nord e quella per lui non era una visione nella norma: la sua terra era fredda, spoglia, sassosa, desolata e ciò che vedeva lì lo incantava e non poco.
Karhold,in qualche modo, assomigliava a Grande Inverno anche se era molto più piccola e le sue mura forse la metà di quelle di Grande Inverno. In ogni caso quello era un luogo che non si poteva trovare ne a Karhold ne a Grande Inverno.
In mezzo al giardino si trovava un grande albero, un sicomoro, che si ergeva in tutto il suo splendore verso il cielo; era davvero stupendo. Mik non sapeva perché si stesse facendo ammaliare dalla bellezza di quel posto, si sentiva quasi un bambino: che vede il bello in ogni cosa. Egli però era convinto che ammirare un po' le bellezze di quel giardino gli facesse bene quasi per distaccarsi da ciò che era stato il suo vivere fino a quel momento. Da quando era partito per la guerra non era passato un giorno senza che avesse visto almeno una persona morire, d'altronde in guerra si muore sempre per qualcosa. Incominciarono ad arrivare le prime persone: Ross, Harry ed alcuni soldati, Mik sorrise non importa ciò che avrebbe potuto decidere, dove sarebbe andato o cosa avrebbe fatto; lui in ogni caso sapeva che i suoi amici l'avrebbero sempre seguito. Ross era figlio di uno dei tanti stallieri di Karhold ed aveva lui avuto l'incarico di occuparsi del cavallo di Mik prima di entrare nell'esercito. Era basso portava i capelli, dritti, neri e corti, in modo ordinato e accurato,Mik sapeva che ci teneva molto a quell'intonsa chioma fluente. Subito dietro a Ross avanzava verso di lui Harry. Harry era figlio di un generale di cavalleria, quindi un uomo con la guerra nel sangue. Era molto alto e bello e si vantava più volte con Mik e Ross di come lui avesse un dono naturale in fatto di donne e come queste cadevano ai suoi piedi dopo un semplice sguardo suadente. Mik rise a quel pensiero, ma le sue labbra non si inclinarono molto e comunque non molto a lungo, ma questo è l'effetto che fa la guerra alle persone: toglie dalle loro facce il sorriso e comunque fosse Mik non era mai stato uno che ride molto, il fatto è che Harry rideva anche per Ross e lui. Passarono poche ore e arrivò tutto il plotone. Mik non poteva essere più fiero dei suoi uomini; tutti erano arrivati, o meglio: tutti quelli rimasti.
Mik era pronto, non avrebbe indugiato oltre: era deciso a far rimanere quegli uomini li avrebbe convinti a continuare a combattere per il Re. L'uomo prese posizione sempre su quel ceppo, questa volta in piedi però. Mik guardò la folla e attese: il silenzio era assoluto, gli sembrò che persino gli uccelli avessero cessato di cantare per ascoltarlo. ”Soldati!” Iniziò, ”non serve che vi spieghi ciò che è successo, e ciò che ne è conseguito.” Non era un granché come inizio dopotutto ma Mik sapeva ciò che doveva dire perciò non si impressionò: ”per prima cosa vi vorrei ringraziare per essere venuti e per avermi concesso qualche momento del vostro tempo.” Il ragazzo proseguì: ”io non obbligo nessuno a fare ciò che non vuole , perché è meglio evitare di fare una cosa piuttosto che farla senza volerlo.” Mik poteva leggere gli sguardi dei soldati: molti sembravano chiedersi dove volesse andare a parare.  “Quando mi sono unito all'esercito di Robb e alla sua causa, l'ho fatto perché onestamente ci ho sempre creduto.” Ora tutti gli uomini avevano lo sguardo fisso su Mik nessuno bisbigliava, nessuno guardava il compagno, nessuno si muoveva impazientemente. Tutti gli occhi erano puntanti sul nipote di lord Rickard Karstark. ”So che molti di voi vorrebbero andarsene, certi di fare la cosa giusta rinnegando la causa per salvare la dignità.” Mik proseguì: ”Un nord libero, un nord indipendente. Queste parole sono le parole a cui io ho giurato fedeltà, sono parole il cui significato intrinseco è la libertà del popolo. La libertà mia e vostra, di tutti!” Mik non poté fare a meno di notare come tutti fossero interessati dalle sue parole: ”Io non vi biasimo se desiderate tornare. Dopotutto vi capisco, siete stanchi e affamati e volete solo che tutto questo finisca.” ”Be voglio dirvi una cosa: anch'io voglio che la guerra finisca.” “Mi manca mia moglie, mio figlio sta per nascere ed io non sono con lui. Ho tanti motivi quanti voi per ritornare. Allora perché non lo faccio?” Mik guardò il suo pubblico: alcuni di loro sembravano proprio chiedersi questo. ”Ciò che mi fa rimanere è l'amore. L'amore per loro.” In quel momento il ragazzo poté sentire un generale ed informe mormorio ma non ci bado:”Io amo la mia famiglia e ciò che desiderò è la loro felicità; è la loro sicurezza. Ed è per questo che continuo a combattere.” Mik si rese conto che il suo tono di voce era aumentato:  “Perché non è ignorando il nemico che lo sconfigge, è combattendolo!” L'uomo continuò: ”Non vi rendete conto che in questo modo fate il gioco del nemico?” “Andandovene, arrendendovi gli fate un favore! Perché sarà ad un passo in meno dall'imporsi su noi!” Mik ora stava urlando e sapeva anche di star andando a toccare gli animi di quelle persone. ”Loro non vogliono solo che voi molliate le armi. Loro vogliono che rinneghiate voi stessi, perché abbandonando il fronte voi abbandonate ciò per cui avete lottato finora, ciò per cui avete visto un amico morire, ciò per cui avete abbandonato le vostre case, le vostre famiglie.” ” Se noi però resteremo saldi nelle nostre convinzioni niente ci potrà fermare! E lo so che ci saranno momenti bui e che a volte ci verrà voglia di smettere di combattere ma se resteremo fedeli non ci faremo spaventare. Continueremo a lottare, magari fino alla morte ma sapremo di aver fatto la cosa giusta perché quando saremo lì abbandonati, soli e morenti saremo felici!” ”Felici perché abbiamo vissuto bene la vita che ci è stata offerta. E ognuno di noi se vuole può scrivere la storia del nord e dei Sette Regni. Perché ognuno di noi che sarà morto combattendo o sopravvissuto a guerra vinta potrà dire: “io non ho abbandonato la mia famiglia. Io non ho abbandonato il mio popolo, io non ho abbandonato la mia identità. Ma soprattutto  io non ho abbandonato la mia libertà.”  Mik poteva sentire l'assenso e l'entusiasmo dei suoi uomini crescere, allora sorrise:”allora ditemi uomini...” ”Volete vedere un leone dorato torreggiare su Grande Inverno?” Mik lo aveva chiesto urlando per spronare i suoi uomini, gli rispose un grido unanime : ”No!” ”Volete quella merda di Joffrey Lannister come re?” ”No!!” ”Volete che lo sterminatore di re venga a stuprare le vostre mogli?” Stavoltea il grido fu più forte: ”No!!!” Mik aggiunse, sempre gridando: ”Hurrà per re Robb!” I soldati allora risposero:”hurrà hurrà hurrà!” L'aria mattutina era piuttosto calda e Mik non riuscì a spiegarsi come mai avesse sentito un vendo gelido scorrergli lungo la schiena.        

 

 

 

   Salve ragazzi sono io: il vostro RedelNord. Mi spiace di essermi fatto attendere ma finalmente ci siamo, ecco a voi un nuovo capitolo. Spero possa piacervi e noi ci vediamo prestissimo con un nuovo capitolo ciao Ciao!

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Capitolo 3
*** L'unica speranza ***


~~
 “Siamo desolati di violare il tuo lutto, ma ritieni di poterci concedere udienza questa sera?”Azzardò Lothar Frey. “Con piacere” disse Robb. “Non è mai stato mio desiderio creare inimicizia tra noi.” “Né è mai stato mio intendimento esserne la causa” aggiunse la regina Talisa.  -Né è mai stata mia intenzione tagliare il collo a tuo padre!- Mik non poté fare a meno di pensarlo, quanto avrebbe voluto uccidere quel vecchio bastardo! Se Walder aveva mandato quel' inutile insetto a trattare con loro era chiaro che non aveva preso troppo bene la decisione di Robb di sposare un'altra donna. A Mik non piacevano i Frey ma non poteva negare che erano stati molto utili alla causa fino a quel momento e che sarebbero potuti ancora servire, perciò conveniva tenerseli amici. Anche se dover apparire servile non era mai stato nella sua natura, almeno con chi lui non voleva apparirlo e o esserlo. Altre persone poi si fecero avanti per porre le loro condoglianze al Re del nord finché questi non congedò anche sua moglie. Robb si voltò, erano rimasti solo Mik e lady Catelyn. Poco dopo Mik si ritrovò a camminare con il re e la madre di questi nel parco degli dei. “Vi sono grato per la lealtà che mi avete dimostrato ser Karstark.” Il ragazzo si sentì lusingato e disse: “potete pure chiamarmi Mik vostra maestà. In ogni caso io non tradirò la causa in cui credo. Io non vi abbandonerò sire.” Il re gli rivolse uno sguardo pieno di gratitudine e poi aggiunse: “sarete odiato da tutta la vostra famiglia per questo, Mik.” Il nipote di lord Rickard lo sapeva ma non gli importava, era sicuro di aver fatto la cosa giusta. “Se per ottenere ciò che voglio è il solo prezzo da pagare allora non mi preoccupo.” Robb proseguì rivolgendosi a tutti e due i suoi ascoltatori: “Lothar sembra ben disposto, e questo è un segno di speranza. Abbiamo bisogno dei Frey.” Stavolta fu lady Tully a rispondere: “questo non vuol dire che torneranno con noi.” Mik annuì e il re lo imitò. Le cose non stavano andando bene per niente: i Lannister erano riusciti a creare un' alleanza con i Tyrell, una con i Martell e loro non riuscivano nemmeno a mantenere una promessa fatta con un vecchio bavoso e tirchio. Inoltre anche i Karstark, tranne ovviamente le truppe di Mik, avevano abbandonato il re. “Avrei dovuto scambiare Sansa con lo Sterminatore di re, proprio come mi avevi suggerito” disse Robb rivolgendosi alla madre. “Il tuo pensiero era rivolto alle battaglie, e giustamente. Nemmeno un re è in grado di pensare a tutto.” Rispose lei.
“Battaglie” mugugnò Robb mentre si dirigevano tra i grandi alberi del parco degli dei. “Ho vinto tutte le battaglie che ho combattuto, eppure sto perdendo la guerra.” Mik fu terrorizzato da quelle parole ma esse dicevano la verità, ciò che serviva era una svolta favorevole; e riallacciare i legami con i Frey era già un passo importante. Anche se tutt'altro che una svolta decisiva. Robb continuò: “Gli uomini di ferro tengono Grande Inverno ed il Moat Cailin. Mio padre è morto, come Bran e Rickon e forse anche Arya. Mik allora intervenne dicendo: “signore lasciate che mi occupi io degli uomini di ferro, riconquisterò Grande Inverno per voi!” Robb lo guardò ma dal suo sguardo non trapelava neanche un briciolo di assenso. “No Mik ho bisogno più che mai di te, qui e ora. Non posso affrontare tutte queste cose da solo.” Mik comprese e si zittì, anche se dentro di se covava un profondo rancore verso gli uomini di ferro. Lo aveva sempre covato ma ora era ancora più elevato. Il re continuò: “Madre, c'è qualcos'altro che devi sapere.” “E devi saperlo anche tu.” Disse poi rivolgendosi a Mik. Lady Catelyn chiese: “si tratta dello Sterminatore di re?” “ No di Sansa.” Il nipote di lord Rickard non poté fare a meno di notare che la madre del re aveva uno sguardo pieno di incredulità mista a terrore, e lui aveva già capito cosa stesse pensando e ne ebbe la conferma quando lei chiese a Robb: “Lei se n'è... andata, Robb?” “Andata?” Lui parve scosso. “Morta?Oh, madre, no, non è questo. Non le hanno fatto del male, solo che... un corvo messaggero è arrivato l'altra notte. E io... non ho trovato la forza di dirtelo, non fino a quando tuo padre non avesse raggiunto il suo riposo.” Robb le prese una mano. “L'hanno fatta sposare a Tyrion Lannister.” Calò un silenzio che presto si rivelò breve: “Tyrion aveva giurato di scambiarla con il fratello “ disse Catelyn annientata. “Sansa e Arya, tutt'e due. Le avremmo riavute se in cambio gli avessimo ridato il loro prezioso Jaime... Il  Folletto aveva giurato davanti a tutta la corte. Come ha potuto sposarla, dopo aver detto ciò che ha detto al cospetto degli dei e degli uomini?” Mik scosse piano la testa, come era possibile che lady Catelyn si fosse fidata di un Lannister? Non gli piacque ammetterlo ma era vero ciò che si diceva: gli Stark sono veramente degli ingenui. Eroici e coraggiosi senza dubbio ma degli eroi ingenui comunque. Robb disse: “Tyrion Lannister rimane fratello dello Sterminatore di re. Infrangere giuramenti è qualcosa che i Lannister hanno nel sangue.” Lady Catelyn aggiunse: “avrei dovuto lasciare che Lysa scaraventasse giù quel piccolo mostro dalla Porta della luna. Povera Sansa... perché hanno voluto farle una cosa simile?” “Per Grande Inverno.” Robb aveva risposto senza esitazione. “Adesso che Bran e Rickon sono morti, la mia erede diretta è Sansa. E se dovesse accadere qualcosa a me...”
“Non ti accadrà nulla!” Lady Catelyn strinse la mano di suo figlio. “Non potrei sopportarlo. Mi hanno portato via Ned e i tuoi cari fratelli. Ora Sansa è sposata, Arya è perduta, mio padre è morto... Se dovesse succederti qualcosa, io impazzirei, Robb. Tu sei tutto ciò che mi rimane. Sei tutto ciò che rimane del Nord.” Il re rivolse un veloce ma eloquente sguardo a Mik poi si rivolse di nuovo alla madre: “Non sono ancora morto madre.” Di colpo, la lady di Delta delle Acque fu in preda al terrore. “Non è necessario combattere le guerre fino all'ultimo sangue. Non saresti il primo re a fare atto di sottomissione, e nemmeno il primo Stark. Thorren Stark si sottomise a Aegon il conquistatore per preservare la sua gente dal fuoco dei draghi.” “Aegon aveva forse ucciso il padre di Thorren?” Robb ritirò la sua mano da quella della madre. “Io non mi piegherò a Joffry Lannister.” Mik notò che il re era risoluto e fermo nelle sue convinzioni ed era questo che contava. “Ho il permesso di ritirarmi?” Chiese Lady Catelyn. Robb annuì e lei si allontanò. Mik allora si rivolse al re, mentre guardava ancora la madre di questi andarsene, e disse: “forse lo scambio di prigionieri con i Lannister ci avrebbe permesso di chiudere un fronte. Anzi ne sono più che sicuro.” Robb lo guardò: “No.” Disse, “i Lannister non avrebbero barattato il Nord con lo Sterminatore di re, inoltre ho intenzione di marciare su Grande Inverno quanto prima.” Mik si girò verso il suo sovrano e chiese: “davvero?” “Si” rispose questi, “una volta recuperati i Frey torneremo a Nord e ci riprenderemo le nostre terre.” Mik allora disse: “signore potremmo trattare con gli uomini di ferro. Potremmo dare loro ciò che vogliono in cambio di un'alleanza militare, se tutto ciò che vogliono è la Costa Pietrosa potremmo concedergliela.” Robb lo guardò storto, “loro mi hanno tradito, non vogliono solo la Costa Pietrosa, e inoltre è infruttuoso ragionare con loro. L'unica cosa che capiscono è il ferro. -Noi non seminiamo.- No infatti perché sarò io a seminare, seminerò la terra dei loro cadaveri. Ma Theon no!” “Oh no, ho in mente qualcosa di più divertente per lui, qualcosa al livello di ciò che ha fatto. Lo farò scuoiare vivo e appenderò la sua pelle marcia ad uno stendardo e la porterò come vessillo.” Mik vide una rabbia incontrollata nello sguardo del re qualcosa di inumano. Poi accadde qualcosa che lui non si aspettava: Robb crollò sulle sue ginocchia e cominciò a piangere coprendosi la faccia con le mani. Mik capì che era il momento di andarsene, e fece così.

Quella sera al desco se Robb appariva distaccato, Edmure affranto e Mik pensieroso. Lothar lo Storpio fece da contraltare a tutti e tre. Fu molto cortese: porgendo a Catelyn delle delicate condoglianze per la perdita del padre e dei due figli minori, lodando la vittoria di Edmure al Mulina di Pietra, quella di Robb ad Hoxcross e porgendo i complimenti a Mik per il modo in cui aveva risollevato il morale dei suoi soldati e li aveva convinti a proseguire la guerra. Quando ebbero finito di cenare Lothar disse che prima di passare alla questione alleanza,  bisognava affrontare un'altra questione non meno importante: raccontò di come Grande Inverno fosse stata saccheggiata e bruciata, Mik notò che il re era sconvolto; chiese molte volte se si sapesse qualcosa su Theon ma niente era certo. Almeno stando al resoconto di Lothar, inoltre ora i superstiti erano al sicuro a Forte Terrore. Mik dubitò grandemente di questa cosa, se c'era una cosa di cui fosse sicuro era l'inaffidabilità dei Bolton. Non perché fossero degli incapaci, al contrario, perché erano fin troppo svegli. Abbastanza da tradire senza farsi scoprire. Erano furbi, oltre che orgogliosi e sanguinari e vivere sotto Ramsay Snow, almeno secondo Mik, non è ciò che si può definire vivere tranquilli. Ad ogni modo una volta finito anche questo racconto Lothar,  sotto grande pressione di re Robb,  passò al problema matrimonio: “il lord mio padre rinnoverà il giuramento di fedeltà al re del Nord, a condizione che sua maestà porga le sue scuse di persona... faccia a faccia.” A Mik balenò subito un pensiero e si affrettò a ribattere: “un momento, io non sono d'accordo!” disse alzandosi dalla sedia posta al lato sinistro del re. “Perché lord Frey vuole che sia il re a venire a scusarsi. Non gli basta una lettera?” Lothar parve indignato, lady Catelyn si giro verso Robb, il suo sguardo era privo di espressione ma Mik avrebbe giurato che lei fosse d'accordo con lui. Fu il re a rompere il silenzio: “ser Mik, lord Walder ci sta offrendo delle condizioni accettabilissime. Inoltre è a me che spetta la decisione.” Mik fece per rispondere ma le cose de voleva dire non poteva dirle in presenza di Lothar ed in ogni caso non lì. Così si sedette. “Non ho mai avuto intenzione di creare inimicizia tra noi.” Disse il re rivolgendosi a Frey, “I Frey hanno combattuto valorosamente  al mio fianco ed io desidero averli ancora con me.”

-Già per farne fuori quanti più possibile-  pensò Mik sistemandosi gli ondulati capelli castani sopra la fronte e lisciandosi la sua corta barba da ventenne. “La tua cortesia mi lusinga, maestà. Il lord mio padre ha posto i seguenti termini: l'unione di lord Tully con mia sorella Roslin: una fanciulla di sedici anni. Disse Lothar.”  Edmure si agitò sullo scranno. “Non sarebbe meglio se prima la incontrassi?” Lo sguardo di Mik si spostava a seconda di chi parlava, voleva tenere d'occhio Frey. Era sicuro che dietro questa svenevole manifestazione di cortesia ci fosse qualcosa di oscuro e letale pronto a scagliarsi sul suo re. “Mi spiace mio lord ma è desiderio del lord mio padre che questo matrimonio avvenga immediatamente.” proprio mentre Edmure stava per replicare intervenne Catelyn: “mio fratello ha appena perso il padre. Ha bisogno di tempo per il lutto.” “Roslin è una fanciulla luminosa,” insistette Lothar. “Potrebbe rivelarsi proprio ciò di cui Edmure ha bisogno per superare il dolore.” “Lasciaci riflettere qualche istante.” Disse Robb. Lothar allora chino il capo e uscì dalla sala. Edmure era furibondo: “Quello che ha detto non ha alcun senso. Perché dovrei lasciare che sia quel vecchio bavoso a scegliere la mia sposa? Io sono il suo lord è lui che deve obbedirmi!” “Sai che è un uomo orgoglioso” disse Catelyn. “E noi lo abbiamo ferito.” -Già e purtroppo non è ancora morto- pensò Mik. Guardando Robb si rese conto di come fosse frustrato, stressato: stava osservando il tavolo con uno sguardo perso, mentre sua madre e sue zio discutevano. “Non accetterò di essere coperto di vergogna nel mio stesso castello. La mia risposta è no.” Robb allora prese la parole e lanciò a suo zio un'occhiata cauta: “non ti darò alcun ordine zio.” Lo sguardo di Robb era eloquente: aveva bisogno dei Frey, non poteva permettersi di perdere anche loro. “Ma se rifiuti, lord Frey lo prenderà come un insulto. E ogni speranza di riallacciare i nostri legami con i Frey sarà perduta. “Questo tu non puoi saperlo.” Ribatté Edmure. “ Frey ha sempre voluto darmi in sposa una delle sue figlie. Non ha alcuna intenzione di lasciarsi sfuggire un'occasione come questa. Quando Lothar gli porterà la nostra risposta allora vedrai che starà alle nostre condizioni.”  “Non c'è il tempo materiale per tutte queste trattative.” Disse Mik, anche se era riuscito a capire che il discorso di Edmure non poteva funzionare non lo disse subito e preferì non aggiungere altro. “Io devo tornare al Nord.” Le mani di Robb si serrarono a pugno. “I miei fratelli sono morti, Grande Inverno distrutta, la mia gente sterminata. Non posso restare qui seduto ad aspettare un matrimonio che potrebbe avere o non avere luogo.” “ Deve avere luogo” disse Catelyn. “Edmure, ti garantisco che non sono più disposta di te a sopportare le lamentele di Walder Frey. Al tempo stesso vedo ben poca scelta. Senza questo matrimonio la causa di Robb è perduta. Fratello... noi dobbiamo accettare.” Edmure sentendosi gli sguardi di tutti addosso alzò le braccia al cielo e disse: “che gli Estranei vi portino alla dannazione! E va bene, la sposo quella ragazza, la sposo. Per fare ammenda.” Fuori dalla sala Robb si diresse verso Mik e disse bisbigliando: “Ti devo parlare.” “Esattamente tra mezz'ora nei miei appartamenti, mia moglie non ci sarà.” Mik notò che era visibilmente stressato e stanco. Il re fece per andarsene ma si fermò dopo aver fatto due passi e si girò di nuovo verso di lui. “Assicurati di non essere seguito. Va bene?” Mik annuì, annuì anche Robb e poi se ne andò.

Dopo poco tempo passato solamente a fissare la clessidra della mezz'ora Mik uscì dai suoi alloggi per recarsi a quelli del re. La stanza di questi si trovava più in alto di quella di Mik perciò l'erede di Kharold dovette salire molti gradini prima di arrivare agli alloggi di Robb. Quando fu davanti alla porta della stanza alzò la mano come per bussare ma la porta si aprì prima ancora che lui potesse battere anche solo un colpo. Il volto del re non era molto visibile, nella stanza l'unica fonte di luce proveniva da un paio di candelabri appena distinguibili, in mezzo all'oscurità, posti sopra una mensola al di sopra del caminetto. “Entra” disse Robb.  Mik entrò cautamente e si mise a sedere su una poltrona vicino al caminetto. Si guardò introno: la stanza era piuttosto piccola, non il genere di stanza che si addice ad un re. Dietro la poltrona di Mik si trovava un tavolo con sopra una mappa dei sette regni e attorno delle sedie, davanti a lui invece c'era un'altra poltrona su cui stava seduto il re, esattamente dietro di esso si trovava il letto ed al suo interno: la regina. “avevate detto che saremo stati soli” disse Mik indicando con la testa la regina distesa sul letto. Robb si girò per guardarla ma poi si rivolse di nuovo a Mik: “ora dorme, non ci può sentire.” Forse era vero ma a Mik non piaceva troppo parlare in privato con una persona non compresa nella conversazione. Robb si mise ad armeggiare con il caminetto e di lì a poco tempo riuscì ad accendere il fuoco. Ora con la luce del fuoco Mik riuscì a distinguere meglio le forme degli oggetti in quella stanza, notò anche che dietro la poltrona del re a sinistra del letto si trovava un'altra porta, Mik pensò che desse su una specie di balcone piccolo, dopotutto quasi tutte le stanze lo avevano. Riuscì a vedere anche cosa indossava il re: portava solo una vestaglia chiusa da una corda del medesimo colore, i piedi nudi sul tappeto nero che ricopriva il pavimento di tutta la stanza. Mik invece indossava un farsetto nero attillato, che gli metteva in mostra la muscolatura possente, imbottito di pelo di lupo tinto di bianco, delle brache larghe grige e degli stivali corti neri. Il re era impassibile e fissava il fuoco: nei suoi occhi si poteva leggere un grande concentrato di emozioni, ma era visibilmente: triste, preoccupato, stressato e stanco. “Che c'è maestà?” Chiese Mik. Robb si girò verso di lui: gli occhi sbarrati ed il corpo rigido, afferrò un rotolo di pergamena che si trovava sulla mensola del caminetto e lo porse a Mik che lo lesse, le ultime parole erano queste : è indubbiamente la massima potenza del continente orientale.            Mik alzò gli occhi dalla pergamena e non riuscì a credere a ciò che aveva appena letto. Robb stava ancora fissando le fiamme nel caminetto. Ci fu un silenzio piuttosto duraturo che venne poi rotto dal re: “lei è la nostra unica speranza.” Disse continuando a fissare il fuoco. Mik non riusciva a crederci, dei draghi, draghi veri. Certo avere un drago alla testa del proprio esercito significherebbe essere invincibili. Ma un pensiero lo colse: “perché dovrebbe accettare di allearsi con noi? Noi non abbiamo niente da offrirle.” Robb allora rivolse lo sguardo verso Mik: uno sguardo carico di divertito disaccordo: “Daenerys ha a sua disposizione un'imponente esercito è vero. Ma per arrivare fin qui le serve una flotta, cosa di cui al momento è sprovvista.” Mik allora capì, capì ciò che il re voleva offrire a Daenerys. “Dunque volete fornirgli una passerella fino al Trono di Spade in cambio del suo appoggio militare?” Robb continuò a guardarlo e disse: “Daenerys non riesce a gestire al meglio la sua situazione come dominatrice dell'est, perciò sarà più propensa a venire qui a governare. Del resto rimane questo il suo sogno.” A Mik sovvennero alcune perplessità: “ma se Daenerys non è in grado di tenere l'est e lei lo sa, allora perché dovrebbe accettare di venire?” Robb si limitò a sospirare. E dopo essersi messo meglio a sedere rispose: “hai ragione. Hai ragione.” “Ma Daenerys sa che sta perdendo il suo tempo la ad Essos, e sa inoltre che è meglio sfruttare questa occasione ora che si trova al massimo della sua potenza. Perché un giorno potrebbe perdere tutto, e allora sarebbe troppo tardi per una riconquista del trono.” Si fermò per riprendere fiato. Poi rivolse il suo sguardo al tavolino che si trovava tra la sua poltrona e quella di Mik, afferrò la caraffa che vi si trovava sopra e riempì i due bicchieri di vetro, che si trovavano lì con la caraffa, con ottimo vino di Arbor. O così, almeno lo presentò a Mik prima di porgerglielo. Robb scossa leggermente la testa poi bevve un sorso, dopo parlò: “inoltre, se qualcuno dovesse aiutarla a riconquistare il trono quel qualcuno potrebbe ottenere un compenso per i suoi meriti.” Mik bevve un sorso di vino, poi parlò: “dunque volete aiutarla a massacrare i Lannister in cambio di un posto come Primo Cavaliere?” Robb tolse il bicchiere dalle labbra: “No.” Disse con un'espressione indignata, “io voglio fornirle i mezzi per detronizzare i Lannister ma non la voglio obbligare a nominarmi Primo  Cavaliere.” Mik riscontrò delle piccole incongruenze che ebbe l'ardire di far notare al re: “possiamo anche offrire a Daenerys il nostro appoggio ma non siamo sicuri che potrà mai delegarvi Primo Cavaliere.” Robb non si scompose, si limitò a versare altro vino nella sua coppa. Mik allora gli porse anche la sua. “Daenerys sa di non essere una sovrana esperta. E di conseguenza potrebbe essere più propensa ad affidare metà del potere a qualcuno che di continente occidentale se ne intende. Qualcuno di cui si fida. Qualcuno che la aiutata a realizzare il suo sogno.” Dopo aver detto questo il re si porto la coppa alle labbra e bevve ancora. “Dunque siete certo che Daenerys affiderà il potere a voi?” Robb bevve tutto il vino che era presente nel suo bicchiere, poi mentre se ne versava ancora rispose: “più che certo.”  “Ma non sono io ad ambire a questo titolo.” Mik bevve il suo vino poi posò il bicchiere sul tavolino e chiese con aria perplessa: “e allora chi?” Robb era in procinto di versare altro vino nel suo bicchiere ma la caraffa era vuota, allora poso la coppa sul tavolino e disse: “tu.”
“Servirai come primo cavaliere della regina.” Mik era confuso e non riusciva a capire: “ma signore, lei affiderà la carica a qualcuno di cui si fida.” “Infatti.” Rispose Robb: “Sarai tu ad offrire la nostra flotta a Daenerys, sarai tu a trattare con lei. E così lei affiderà il potere a te a guerra finita.” Il re sembrava molto sicuro di se, Mik al contrario era perplesso e preoccupato. Tentò di riaprire la conversazione ma il re lo batté sul tempo. “Puoi ritirarti Mik, ho finito.” Mik si alzò chino il capo per salutare il re e uscì dalla stanza. Raggiunta la sua camera guardo fuori dalla finestra: stava piovendo. Pioveva sul maniero ma nessuno poteva sentire. Si le piogge erano sopra di loro ma non c'era un'anima che potesse sentire.

 


Un grandissimo ciao fans di Game of  Throns! Sono il vostro RedelNord, ed ecco a voi un nuovo capitolo. So di essermi fatto attendere, e chiedo perdono a tutti. Comunque ecco a voi il capitolo 3. Spero vi piaccia e ci vediamo presto con un nuovo capitolo... Ciao! 

P.S. Ho detto “capitolo” un po' troppe volte.       

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Capitolo 4
*** Prima delle Torri Gemelle ***


~~“Sei stranamente quieto, lord Tully. Come ti senti?” “Più o meno come mi sentivo al Mulino di Pietra appena prima che i corni da guerra si mettessero a suonare”. Edmure aveva risposto senza esitazione a Lothar. Questi si fece una risata e disse: “speriamo che il tuo matrimonio abbia lo stesso felice esito, mio lord.”  “E che gli dèi ci proteggano se non dovesse essere così.” Disse lady Catelyn.

 - No. Che gli dei ci proteggano se dovesse essere così - pensò Mik tra se e se. Era convinto che ci fosse qualcosa sotto la trattativa con i Frey, qualcosa di pericoloso. Mik si allontanò da quel piccolo gruppo con cui aveva cavalcato dalla partenza da Delta delle Acque, e si diresse verso il re. Robb Stark stava cavalcando solo, in mezzo alla colonna di uomini, cavalli e carri che aveva lasciato la roccaforte di casa Tully, con lui solo Vento Grigio. “Il morale dei soldati non è dei migliori maestà”. Azzardò Mik, “una volta ricongiunta l'alleanza con i Frey, le cose torneranno a posto.” Disse Robb con aria distaccata, come perso nella sua mente in chissà quali pensieri. “Credete che sia stata una buona idea dividersi da Roose Bolton e lasciarlo proseguire per una strada più rapida?” Chiese Mik.  “Siamo in molti comunque, non dobbiamo temere attacchi.” Disse Robb sicuro di se sempre con lo sguardo rivolto in avanti.  “Non intendevo questo signore” disse allora Mik.  Robb si girò la testa verso di lui e gli lanciò un'occhiata interrogativa: “cosa allora?”  “Vi ho già espresso la mia opinione su lord Bolton vero?” Robb rivolse di nuovo il suo sguardo in avanti e disse: “si lo hai fatto. Perciò non serve che me lo ripeti.”  Mik allora si zittì. Il sole era coperto dalle nuvole ma la sua chiara luce illuminava comunque quella placida mattina autunnale. La colonna stava seguendo il corso del Forca Blu quando Ross si avvicinò a Mik.  “Allora che ti ha detto?” Mik sapeva di chi stava parlando il suo amico: “lui ha completa fiducia nella riuscita di questa missione.” Mik abbassò lo sguardo senza aggiungere parola, “ma tu no, non è così?” Chiese Ross sbilanciandosi dalla sella un tantino in avanti per avvicinarsi di più a Mik. “No” disse questi: “so per certo che i Frey hanno un piano, e qualunque cosa sia noi tutti faremo meglio a stare in guardia.” Ross parve perplesso: “perché i Frey dovrebbero tramare contro il re?” Mik lo guardò
ma fu Ross a parlare ancora: “i Frey non potrebbero mai rinunciare a questa alleanza, perché rinunciare al dominare sulle Terre dei Fiumi. Cosa gli importa di che donna dovrà sposare Edmure?, di far avvenire le nozze al più presto?, di ospitarci?, cosa gliene importa?” Mik stava per ribattere ma Ross continuò: “perché rischiare un rifiuto di lord Edmure portando la trattativa a questi punti?” Mik rifletté subito su quelle parole ma più ci pensava e più trovava da pensarci sopra. Ross allora parlo: “Mik ti senti bene?” L'uomo annuì piano ma in cuor suo non stava affatto bene.


Raggiunsero Vecchie Pietre dopo altri otto giorni di pioggia quasi ininterrotta, e posero l'accampamento sulla collina da cui si dominava il Forca Blu, all'interno di una fortezza in rovina degli antichi re dei Fiumi. Le fondazioni si ostivano a spuntare dalle erbacce, vestigia di sale e manieri, ma da molto tempo le genti del posto portavano via quelle pietre per costruire stalle, templi e torri di guardia. Eppure, al centro di quello che un tempo era stato il cortile di una fortezza, seminascosto  dall'erba scura alta fino al petto di un uomo a da alberi di frassino, torreggiava ancora un grande sepolcro istoriato.
Sul coperchio della tomba erano state scolpite le sembianze dell'uomo che giaceva all'interno. Nulla di ciò che poteva essere stato riconoscibile allora era riconoscibile ora: quell'uomo era stato corroso dal tempo, dalle piogge e dai venti. Nulla rimaneva di quell'uomo, nemmeno la memoria. Fu là che Mik trovò Robb, immobile e austero nelle tenebre incombenti, con Vento Grigio al suo fianco. La pioggia era cessata. Il giovane re del Nord era a capo scoperto.

 “Chi giaceva qui?” Chiese a Mik. Passarono parecchi istanti : “Non lo so” rispose questi; “a Karhold le tombe hanno un nome.” Calò il silenzio.

 Mik poteva sentire i rumori dell'accampamento. Gli uomini parlavo tra loro radunati intorno ai falò, i cavalli nitrivano irrequieti e pestavano gli zoccoli, i mastri ferrai sistemavano le armi: affilandole, pulendole, lucidandole e temprandole. Passarono alcuni secondi che a Mik parvero secoli, un pensiero lo assillava quel giorno, ma non ebbe il tempo di rifletterci sopra:

 “Cosa sono io Mik?” Chiese il re del nord con aria distaccata,  quasi persa.  Mik si girò verso di lui: il re gli dava le spalle così Mik si avvicinò e gli si affiancò. Robb Stark era stretto a se stesso e fissava la tomba con uno sguardo vacuo.  “Siamo stati creati a immagine degli dèi Mik, vuol dire... Che anche loro combattono l'uno contro l'altro?” Una brezza leggera passo lì e Mik la sentì percorrergli la schiena facendogli rizzare i capelli.

Robb proseguì senza scomporsi: “Perché siamo qui? Qual'è il nostro scopo? Noi possiamo essere di più? O siamo semplici, inutili e insignificanti esseri?” Calò il silenzio, adesso non si sentivano più neanche i rumori dell'accampamento, un'ombra si mosse dietro Mik, questi si voltò: era Vento Grigio. Il metalupo avanzò verso il suo padrone. Gli si avvicinò, e cercò di richiamare la sua attenzione guaendo ma il re del nord non mosse un muscolo. Restò esattamente dov'era. Allora Vento Grigio gli si sedette a fianco, aspettando. “Ogni uomo può essere un dio Mik.”

Il giovane Karstark guardò con aria sconcertata il re: “come?” chiese. “Possiamo dare e togliere la vita esattamente come loro.” “Possiamo creare e distruggere esattamente come loro.”  Robb Stark raccolse un insetto che stava camminando tra l'erba: lo tenne tra il pollice e l'indice della mano sinistra e disse: “e possiamo provare sentimenti.”

Mik cercò di capire cosa centrasse l'insetto, ma anche cosa centrasse quella conversazione in un contesto come quello. “A volte la dignità degli uomini è più bassa di quella di un insetto. Allora perché gli dèi ci hanno dato la capacità di provare emozioni, di creare, di distruggere, di dare, o togliere. Se molto spesso la nostra dignità è più bassa di quella di un insetto.” Il re del nord si girò verso Mik e lo guardò con aria interrogativa. Mik fece un profondo respiro e poi parlo: “sono domande a cui nessuno sa dare risposta signore.”  Robb allora lasciò cadere l'insetto e chiese: “non esiste alcun dio Mik. E ogni giorno me ne convinco sempre di più. Siamo solo degli insetti più grandi e più intelligenti.” Di nuovo ci fu silenzio. Mik non era d'accordo con quello che aveva detto il re ma non gli interessava minimamente farglielo sapere.

“Nessuno sa chi ha potere.” Il re del nord aveva detto questa frase con un'intonazione di voce diversa: più grave del normale e decisamente più bassa. “Il potere è qualcosa di strano Mik. Il potere è un'invenzione, il re... O la regina. Chi ha stabilito che loro hanno potere?

Chi ha stabilito che deve essere il principe ad ereditare il trono? Chi ha stabilito che la parola del re è legge?” Mik ebbe moto di riflettere abbastanza a lungo su quelle parole, e doveva dire che l'avevano toccato nel profondo. Allora tutto era relativo, le cose hanno un loro significato perché gli uomini glielo attribuiscono. Tuttavia era una cosa pericolosa farlo sapere alla gente.  Vero che così la gente avrebbe potuto ribellarsi al Trono di Spade, dopotutto loro erano molti e i seguaci di Joffrey pochi e quando i molti smettono di temere i pochi...

Però in quel modo la gente avrebbe potuto pensare che anche Robb non aveva alcuna autorità per governare. “Questo non va fatto sapere alla gente.” Disse Mik con decisione. Robb Stark si girò verso di lui: aveva uno sguardo rilassato, privo di emozioni: “anarchia?” chiese sollevando un sopracciglio ma rimanendo sempre impassibile; non era una domanda da uno che non sa la risposta e tenta a caso,il re sapeva già che la risposta era quella. “Si” disse Mik incisivamente. Robb rivolse lo sguardo verso il suo metalupo: gli gratto piano l'orecchio e disse sempre rivolto verso l'animale:  “ ed è così male?”

Mik non volle rispondere e se anche avesse voluto non ebbe il tempo perché il re se ne andò, scendendo l'altura verso l'accampamento.  Scese anche Mik e si diresse verso un ammucchiamento di soldati che si trovavano nella zona dei Cerwyn. Erano intorno ad un tavolo e stavano giocando a braccio di ferro, tra di loro c'era anche Harry che stava organizzando delle scommesse sugli incontri. Mik gli si avvicinò: “hai guadagnato già qualcosa?” Harry lo guardò: era visibilmente ubriaco fradicio: “no abbiamo appena cominciato!” Disse gridando. “Perché non partecipi anche tu?”

Mik sorrise e scosse la testa: “la forza me la tengo per lo Sterminatore di re.” Tutti gli uomini che stavano attorno ad Harry si misero a ridere, ma lui li fece tacere e gridò ancora più forte: “amici! Sta sera Mik Karstark ci farà l'onore di partecipare.” Tutti i soldati incitavano Mik che era frastornato ma nel contempo divertito: Harry era sempre riuscito a farlo ridere. “Lo so, lo so che sembra meno forte di una puttanella Dorniana.” Questa esclamazione fece letteralmente rotolare dalle risate i soldati, anche loro ubriachi. “Ma io l'ho visto combattere.” Harry sembrava davvero voglioso di far partecipare Mik a qualche incontro, lui tutto sommato l'avrebbe anche fatto ma non quella sera.


“Vi assicuro che fa fuori Mostro al primo colpo!” Mik si girò verso Harry che lo teneva amichevolmente con una mano sulla spalla: “Harry io non ho tempo...” Ma non fece in tempo a finire la frase che venne preso ,da tutti gli uomini, e portato al tavolo degli incontri. Venne fatto sedere e attendere: “forza Mik vogliamo vederti rompere il braccio a quello schifoso!” Gridò Harry poi il suo tono si addolcì in una supplica: “Andiamo amico... Un incontro solo.” Mik allora sorrise, dopotutto perché spezzare così il cuore dell'amico. Harry continuava a guardarlo supplichevole, Mik allora sorrise divertito e disse: “e va bene. Ma uno solo.” Harry gridò di gioia e saltò indietro ma nel farlo colpì un altro soldato, Mik non riuscì a trattenere una fragorosa risata. Guardò meglio dove si trovava: era la zona Cerwyn e quindi l'ascia nera adornava tutti gli scudi, i vessilli e le divise che si trovavano lì ovviamente c'era anche qualche intruso tra loro ma dopotutto gli uomini si muovevano. Sul tavolo dove si tenevano gli incontri non c'era assolutamente nulla, tranne due paia di vecchi e sgualciti guanti di cuoio probabilmente usati in caso di mani troppo scivolose.

Mik si girò indietro e, sempre rimanendo seduto chiese ad Harry, che intanto aveva appena finito di raccogliere le scommesse, “Chi è il mio avversario?” Harry si alzò da terra con in mano la pergamena delle quote e dei nomi, fece per rispondere a Mik quando la sua attenzione fu catturata da un movimento in mezzo a dei cespugli vicino alla tenda della cucina da campo. Mik allora si girò e vide un uomo alto e muscoloso: a torso nudo e con una lunga barba bionda raccolta in due trecce che gli scendevano fino ai capezzoli. Harry si avvicinò a Mik, che era rimasto pietrificato, e sussurrò: “quello.”

Mik si girò verso il suo amico per ribattere, ma Harry fu più svelto: “ho scommesso dieci cervi d'argento su di te. E contro tutti. E hanno scommesso in dodici, quindi ne vincerei centododici. E contando che tu sei dato dieci a uno ne vinco milleduecento. In conclusione se lo fai fuori accumulo una fortuna che Tywin  Lannister è un poveraccio a confronto. Detto questo diede due colpetti sulla spalla dell'amico e indietreggiò: “avete scommesso tutti? Nessuno rilancia?” Mostro squadrò Mik da testa a piedi poi si sedette e mise il braccio destro appoggiato  sul tavolo pronto per l'incontro. Mik deglutì e fece lo stesso ma con molta meno disinvoltura. Mostro prese la mano di Mik pronto a cominciare l'incontro.

E lì fu tutto più rapido di quanto chiunque non si sarebbe mai aspettato: Mostro stava spingendo al massimo, Mik allora sentendosi urlare incitamenti di ogni sorta da Harry sfoderò il suo asso nella manica, o meglio il suo ago nella manica. L'aveva lasciato lì quando si era ricucito la giacca e così lo lasciò scorrere giù dal suo polso, se lo infilò tra le dita e lo conficcò nel palmo della mano destra di Mostro che urlò dal dolore e dovette cedere alla poca ma comunque sufficiente forza di Mik.

Harry fece i salti di gioia corse verso il suo amico, lo abbracciò e lo baciò sulla guancia ripetutamente. Per tutta quella sera Harry e Mik si divertirono assieme: nella zona degli Umber parteciparono alla gara della birra e ne bevvero così tanta che non solo vinsero ma ne vomitarono metà.

Nella zona Karstark: Mik fu portato in trionfo dai suoi uomini e si divertì cantando e  ballando con loro. Nella zona Manderly combatté nel torneo di pugilato e vinse anche quello.  Nella zona Glover invece si teneva la gara di tiro con l'arco. Mik con tutto quello che aveva bevuto ci vedeva storto ma in ogni caso non era mai stato bravo al tiro con l'arco. Infatti conficco una freccia nelle natiche di un cavallo. Era la diciassettesima, le altre sedici le aveva tirate o in cielo o per terra. Fatto sta che si ritrovò a scappare da un cavallo ferito ed inferocito con il suo padrone sopra, ancora più inferocito. Alla fine ormai spolpo si buttò con Harry su un cumulo di fieno lì si addormentò e sognò.

Era a casa. Si stava muovendo tra corridoi e stanze ma conosceva quel posto, quella era Karhold, era a casa. Continuò a muoversi, e a forza di camminare si ritrovò in una stanza piccola ma solata ed accogliente. C'era una grande tavola ovale, le sedie erano vuote e lui si trovava sulla porta alla destra infondo, di che vede la stanza dal posto del patriarca. E sopra di esso eccolo: il ritratto della famiglia, il loro ritratto. Al centro era raffigurato un uomo alto austero e inflessibile, alla sua sinistra: sua moglie, avvolta in un mantello bianco e con uno sguardo malinconico. Poi al lato destro dell'uomo i suoi tre figli.

 Il più anziano. Era una copia più giovane di suo padre: anche lui alto con il volto serio e la spada sotto le mani poste l'una sopra l'altra ed entrambe sopra il piccolo sole di ferro che adornava il fondo dell'impugnatura.

Brandon Karstark. Morto a causa di un'epidemia dieci anni prima.

Il secondo figlio. Tale e quale alla madre era il più bello nella sua pregiata pelliccia di orso. Sotto il fratello maggiore e con un'aria da principino viziato di qualche storiella popolare.

Rudolf Karstark. Morto durante un'insurrezione dei contadini di quelle zone. Tassati all'inverosimile in quel periodo.

Il terzo figlio. Un ragazzino di poco più di dieci anni sorridente con la sua piccola spada di legno in mano. Eccolo lì. Sottovalutato da suo padre, mal considerato dalla madre. E ignorato dai fratelli. Eppure lui sorrideva. Forse perché era certo che un giorno sarebbe stato lui ad onorare il nome della sua famiglia.

Mikarion Karstark. Unico della sua famiglia rimasto fedele al re del nord. Ora in guerra in una terra straniera.   

Mik si svegliò e si ritrovò appoggiato su un cumulo di fieno nel mezzo della zona Mormot. Non sapeva nemmeno come c'era finito lì, in realtà ricordava pochissimo della sera prima. Accanto a lui appoggiato al cumulo c'era Harry che russava rumorosamente, Mik non lo svegliò e si alzò pian piano. Era sporco di vino, vomito, cibo e sterco di cavallo, puzzava in modo schifoso e si accorse che anche Harry era nelle stesse condizioni; anzi lui presentava anche parecchi lividi e tutti visibili visto che era completamente nudo. Mik allora lo prese, se lo caricò sulla spalla e tornò nella Ufficiali: dove si trovava la sua tenda. Li fece svegliare Harry che notando subito di essere a nudo non solo di vestiti ma anche di soldi si disperò. Fecero un bagno e Mik diede ad Harry alcuni suoi vestiti. Il figlio di Arthor Karstark indossò l'abito che era stato di suo fratello Brandon, ovvero la giacca nera imbottita di pelo di pantera ombra, le brache nere di lana, il mantello nero bordato di pelliccia anche questa tinta di nero e i guanti in cuoio: corti  neri. Lo si sarebbe potuto scambiare per un Guardiano della Notte se non ci fosse stato un grande sole bianco  ad adornare la sua giacca sul petto.

Mentre si stava allacciando il fodero della spada che teneva sempre sulla schiena entrò qualcuno nella tenda. “Siete voi Mikarion Karstark?” Aveva parlato un uomo basso che teneva una lettera in mano. “Si!” Disse Mik avvicinandosi a lui. “Questa è per me?” Chiese indicando la lettera. “Si” rispose l'uomo che gliela porse e se ne andò subito dopo. Mik la aprì togliendo il sigillo bianco con il sole dei Karstark in ceralacca posto per chiudere la busta. La lettera diceva così:

Non passa giorno senza che ti pensi amore. Qui la vita è monotona e a me non piace stare qui ad aspettare che ti accada qualcosa. Harrion è irrequieto e non fa che chiedere di te, vuole parlarti così come lo voglio io. Alys è solo spaventata. Non per la guerra ma per suo fratello, si confida con me: dice che Harrion non sta bene e che si comporta in modo strano. Teme anche per suo zio: ormai suo unico riferimento. Tuo padre Arthor diventa sempre più paranoico ogni giorno che passa. Ti prego Mik fai attenzione, non voglio perderti. Non voglio più svegliarmi alla mattina e non vederti accanto a me. Mi manchi amore, mi mancano le tue carezze, la tua voce, la tua presenza. Se deve andare così io non lo accetto e sono pronta a prendere le armi ed a seguirti in guerra. O meglio lo avrei fatto se non fossi già madre.

Hai un figlio Mik e voglio che sia tu a scegliere il nome. Non ho mai visto niente di più bello, è un maschio e diventerà bello e forte come te. Ti prego amore torna. Torna per me, torna per lui, torna per noi.

Anne Forrester Karstark

Era come se Mik non avesse nemmeno letto le cose sulla paranoia su suo padre su suo cugino. Era padre! Era felicissimo e si sarebbe messo a gridare come un matto se l'uomo di prima no fosse venuto a disturbarlo ancora. “Il re vuole vedervi signore.”

Mik raggiante come non mai si recò alla tenda del re con un sorriso che tutti notarono.

Una volta entrato vide Robb seduto al suo tavolo. “Come mai così splendente Sole Bianco?” “Sono padre sire!” Disse Mik contenuto ma non troppo. Robb Stark sorrise “be allora mi complimento con te, come si chiama l'avete deciso?” “Robb!” Gridò Mik. Il re del nord lo guardò perplesso: “si?” “No, no no” si affrettò a correggere Mik .

“Il bambino si chiama Robb, voglio chiamarlo così.” Il re allora chino il capo piano: “te ne sono grato Mik.” “ Cosa posso fare per voi sire?” Chiese Mik dopo aver recuperato la sua nota serietà.

“Di a tutti che ci rimettiamo in marcia per Torri Gemelle. E tu...”
“ Io cosa signore?”
“Quando avremo finito con i Frey tu partirai per Essos” e detto questo gli consegnò la lettera da dare a Daenerys. Mik uscì ma fuori si sentì male: la gioia che aveva in corpo era sparita... Sentiva dei dardi sibilare nell'aria ma nessuno ne stava scoccando. Sentì dei cani latrare forte ma non ce n'erano nelle vicinanze. E sentì un bambino piangere ma lì di bambini non ce n'erano.

 

 


Eccoci qua con l'episodio 4!!! Allora prima di tutto vi ringrazio per la vostra immensa pazienza e fatemi dire che ne avete proprio tanta! Insomma volevo ringraziare tutti voi per il supporto, per i commenti le visualizzazioni e tutto il resto. Un ringraziamento speciale a: Beliver98. A HssDimples. E a Mary Raven.

The North Remembers però non finisce qui io vi aspetto. Non preoccupatevi di scrivermi se volete insultarmi fatelo pure e noi ci vediamo.... presto? Eh si perché per Natale vi farò una sorpresa ciao ciao!!!     

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Capitolo 5
*** Le nozze rosse ***


~~ -Non mangerete, ne berrete. Occupatevi solo di sparare al primo sospetto- (Per un pugno di dollari)

 

 


 Con l'approssimarsi delle Torri Gemelle, Robb si mise in testa la corona e convocò Catelyn e Mik perché cavalcassero al suo fianco. Mentre il vessillo reale veniva innalzato da Ser Raynald Westerling, il meta-lupo di casa Stark: grigio in campo bianco.
Le Torri emersero dalla pioggia simili a spettri, apparizioni di un grigio sfumato che si facevano sempre più solide ad ogni passo. Il maniero dei Frey era formato da due fortezze identiche fatte di pietra bagnata, che si ergevano sulle rive opposte del Tridente, collegate da un unico grande ponte ad arcata singola. Al di là della bruma Mik scorse svariate migliaia di uomini accampati all'esterno del castello orientale, i loro vessilli pendevano flosci appesi alle lance davanti alle tende, simili a stracci bagnati messi ad asciugare all'aria.

“Sii cauto Robb” lady  Catelyn mise in guardia il figlio. “Lord Walder ha il guscio fragile e la lingua avvelenata. Non devi accettare le sue provocazioni.”

“So chi sono i Frey, madre. Sono consapevole del torto che ho fatto loro, e anche di quanto ho bisogno di loro. Sarò soave come un septon.”Replicò il re del nord.


“ Non dovevate cacciare i Karstark signore. Erano troppo importanti per voi.” Mik non poté e nemmeno volle trattenersi, se si trovavano in quella situazione, a dir poco imbarazzante era solo colpa di Robb. E ora Mik aveva più che mai paura della morte, perché non aveva mai avuto così tanto da perdere.
Il re girò la testa lentamente verso Mik, ma lui non incrociò lo sguardo.
Catelyn proseguì fingendo di ignorare l'intervento di Mik: “Se al nostro arrivo ci verranno offerti dei rinfreschi, non rifiutare a nessun costo...” “No!” Si intromise Mik. Catelyn gli scoccò un'occhiata di rimprovero, e così Robb ma lui proseguì: “dovete fare forza della vostra autorità signore. Non dovete essere docile, altrimenti i Frey potranno ritenervi un debole e quindi essere più propensi a dettare strette condizioni e ,magari, essere più pretenziosi e arroganti in futuro.” Robb rivolse lo sguardo avanti e disse: “continuate madre.” Mik si irritò a tal punto da serrare i denti prima, e sputare a terra poi. “Prendi quello che ti viene presentato, mangia e bevi e che tutti ti vedano. Se invece nulla ti verrà offerto, chiedi che tu pane, formaggio e vino.”

“Sono più fradicio che affamato”.
“ Robb, dammi ascolto. Una volta che avrai mangiato il suo pane e il suo sale, sarai un ospite di diritto, e sotto il suo tetto avrai la legge dell'ospitalità a proteggerti.”  Mik scosse la testa e si insinuò di nuovo nella conversazione: “ospitalità? Mia lady siamo in guerra, non ci possiamo fidare di nessuno ci vuole la guardia reale, e Vento Grigio!” Robb stavolta parlò, forse stanco degli interventi di Mik o forse concordava con lui: “Mik, il dono della parola lo possiedo anch'io. Inoltre non ricordo di aver istituito una guardia reale.” Disse questo, e poi si voltò a guardare Mik con un'espressione tra il compatimento e la stizza.

Si rivolse di nuovo a lady Catelyn: “Ho un intero esercito a proteggermi, madre, non ho bisogno ne del pane, ne del sale. Ma se lord Walder mi farà servire stufato di corvo in salsa di vermi, non solo lo mangerò di gusto ma chiederò anche una seconda porzione.”

Mik scosse piano la testa ma nessuno lo notò. Continuava a pensare a sua moglie: là a Karhold, tutta sola. Sola, con quel pazzo di suo cugino Harrion e suo padre Arthor. Non passava giorno senza che Mik pensasse a lei, sola e circondata da pericoli in quella grigia fortezza... Quella dannata guerra, stava distruggendo lui e tutto ciò che amava. E poi quei latrati... Quei terrificanti latrati, avevano un significato; lui lo sapeva ma non riusciva a capire quale fosse. Inoltre quei latrati erano sempre seguiti da grida: le grida di un bimbo.

“Mik!” Sentendosi chiamare, l'uomo ritornò alla realtà. Era stato Robb a chiamarlo, il re ora lo stava guardando con sguardo interlocutorio. “Sto bene, non è niente.” Disse Mik, ancora arrabbiato per le reazioni del re ai suoi interventi.


Quattro Frey, avviluppati in pesanti mantelli di spessa lana grigia, uscirono a cavallo dal torrione occidentale. Si fermarono, lasciarono che i loro ospiti si avvicinassero. Il vessillo di Robb, completamente inzuppato, penzolava inerte in cima all'asta. Lo scroscio costante della pioggia si fondeva con il fragore del rigonfio Forca Verde alla loro destra. Vento Grigio avanzò un po', la coda ritta, gli occhi dorati ridotti a due fessure,intenti a scrutare. Quando i Frey furono a una ventina di passi di distanza, Mik udì il meta-lupo ringhiare, un ringhio basso che pareva fondersi al fragore del fiume.
Robb fu di colpo sul chi vive. “Vento Grigio, da me. Da me!”
L'animale parve udire a stento quei richiami e tenne snudati i denti.
'Ha capito che qualcosa che non va'. Pensò Mik, che istintivamente portò la mano destra al fianco sinistro, a toccare il manico della spada: infilata nel fodero della sella. I Frey li raggiunsero. “Ebbene, è così che gli Stark fanno ammenda? Aizzandoci contro bestie mitologiche? Dunque è questa la ragione che vi porta qui?” Disse Walder il nero, che era a capo di quella combriccola.

“Mi porta il desiderio di scusarmi per il torto fatto alla vostra Casa e per presenziare alle nozze di mio zio.”

  La conversazione continuò, indirizzata sulla questione alloggi. Quando fu risolta suddetta questione, Mik si mise in marcia con gli altri verso la fortezza.

Si tenne in disparte, Walder il nero stava parlando con Robb; indicandogli dove si sarebbero sistemati i soldati, e le torri di difesa che erano state erette intorno all'accampamento. Lady Catelyn affiancò Mik: “sembri più teso del solito lord Karstark.” Mik la guardò, la sua espressione era un misto tra apprensione e interrogazione. “Non ho mai avuto così tanto da perdere mia signora.” Mik guardò in basso, non voleva parlare oltre ma solo dopo pochi istanti si accorse che lo sguardo di lady Stark era ancora su di lui. “Ho un brutto presentimento, riguardo a questa faccenda.” Respirò a fondo e poi aggiunse: “mia moglie. Sento la sua mancanza, e vorrei vedere mio figlio, anche solo per un istante. Non chiedo molto, solo di vedere la mia famiglia... Un'ultima volta.”

Lo sguardo di lady Catelyn si fece perplesso, “che vuoi dire?” Mik guardò il cielo grigio: aveva smesso di piovere ma ciò non toglieva che la giornata fosse comunque fredda e malinconica. “Robb ha perso la guerra quando ha sposato quella donna.”

 Lady Catelyn lo fisso sconvolta, ma lui continuò: “e uccidere mio zio è stato un altro grande errore. Bastava tenerlo in ostaggio, prigioniero. E i Karstark avrebbero continuato a combattere, quantomeno per riaverlo; e ora non saremo qui a chiedere l'elemosina ad un vecchio balordo e vile!”
Lady Strak non replicò, e il silenzio si protrasse fino all'arrivo alla fortezza.

Mik non fu ammesso all'incontro con lord Walder, forse perché tutti sospettavano che non si sarebbe trattenuto dal prenderlo a pugni. Fu invece scortato subito nella sua stanza dove trovò un bagno caldo e dei vestiti puliti ad attenderlo. Quando si immerse nell'acqua bollente, chiuse piano gli occhi e si addormentò: sognò Karhold: con lui ad aggirarsi per i corridoi c'era anche Robb, Mik percorse la fortezza in lungo e in largo ma più girava più tutto attorno si scuriva. Allora si girò verso Robb per chiedergli dove dovessero andare ma sussultò non appena vide che sulle spalle del re del nord non si trovava la sua testa, bensì quella di un lupo! Mik corse via, tutto si rabbuiò, poi i latrati! Poi le grida di un bambino!

Mik si svegliò di soprassalto, si accorse di essere ancora nella vasca. Guardò fuori: il cielo era già nero come la pece, allora si asciugò e si vesti in fretta e furia: stivali corti marroni, brache di stoffa grigia scuro, farsetto di cuoio nero con sul petto il sole bianco dei Karstark e mantello, bordato di pelliccia, nero.

Uscì dalla sua stanza con la spada al fianco. Nei corridoi trovò una ragazza: bassa, capelli castano chiaro che le ricadevano morbidi sulle spalle, occhi grandi e marroni, pelle bianca e graziosa, naso piccolo e leggermente all'insù. Mik ebbe un moto di stupore misto ad attrazione. Lei gli chiese: “sei tu Mikarion Karstark?” Mik non ci pensò su troppo: “si. Tu sei Roslin?” Lei annuì piano poi aggiunse: “ti aspettano negli alloggi del re.” E  detto questo indicò una stanza in fondo al corridoio in cui si trovavano. Mik fece per andare ma si accorse che la ragazza piangeva, allora le si avvicinò; non poteva avere più di diciotto anni. “Perché piangi?” le chiese. “ Piango di gioia” disse lei. Mik scosse la testa e le si avvicinò ancora un po', assomigliava incredibilmente a sua moglie Anne. “ Queste non sono lacrime di gioia.” Disse Mikarion asciugandole il viso con le mani. Lei lo guardò negli occhi, come desiderosa di perdersi nella loro profondità e abbandonare ogni pensiero. “Il tuo tocco è leggero mio lord.” Disse lei avvicinandoglisi ancora di più. Il viso di Mik era ad appena un dito di distanza da quello di Roslin, le si avvicinò ancora abbassando un poco la schiena. Aveva pronunciato quelle parole in modo così caldo e appassionato che Mik si accorse di quanto assomigliasse alla moglie, anche nel parlare.

“Spero che tu sia felice con lord Tully.” Detto questo le diede un bacio sulle labbra, e si rese conto di quanto fossero calde e morbide. Lei allora ricambiò e lo baciò a sua volta. Mik le prese le spalle e la spinse piano verso un muro dove iniziò ,con lei, a far danzare le labbra l'una sull'altra. Mentre la baciava provò un moto di invidia nei confronti di lord Edmure. Le abbasso piano il vestito fino a scoprirle le spalle, allora iniziò a baciarla anche al collo e dietro le orecchie, mentre le sue mani toccavano quelle lisce e rosee spalle. Le abbassò ancora il vestito fino alla vita e appoggiò le sue mani intorno ad essa. Roslin continuava a piangere, Mik allora si fermò di colpo,si allontanò di qualche spanna e sgranò gli occhi.

“Perdonami, Anne” disse piano. Si sentirono dei passi in lontananza, Roslin si tirò su il vestito e si ricoprì. Un uomo spuntò da dietro l'angolo del corridoio: “Roslin. Dobbiamo andare.” Questa si rivolse verso Mik: “vattene.” Bisbigliò. “Vattene ora.” “Andiamo, muoviti!” Gridò l'uomo, poi se ne andarono. Mik era ancora sconvolto. Si diresse lentamente verso gli alloggi di sua maestà, ma quando vi entrò si accorse che erano vuoti. “Abbiamo già finito.” Mik si girò, era stato Roose Bolton a parlare: il suo sguardo era sprezzante. “Non ti biasimo ragazzo. La vita bisogna godersela, finché la si possiede.” Detto questo se ne andò. Mik si guardò intorno e vide che dal corridoio da cui se ne era andato Rosse Bolton stava arrivando Robb. “Mik, entra dobbiamo parlare.” Disse, quando lo raggiunse, senza pensare troppo. Entrarono e si sedettero l'uno d'avanti all'altro proprio come quella sera a Delta delle Acque. “Tieni.” Disse Robb passando a Mik una pergamena non ancora firmata e senza sigillo. Mik la lesse e quando ebbe finito alzo gli occhi da essa e li rivolse verso il re: “e se non dovesse accettare?” azzardò. “Lo farà.” Rispose il re, “lo farà. Non abbandonerà la sua famiglia, non in mano al nemico.” Mik fece per rispondere ma Robb lo precedette: “non posso agire diversamente. Jon dovrà succedermi come re del nord, o tutto ciò per cui abbiamo lottato e sanguinato morirà con me.”
“Dunque se tutto dovesse finire male, toccherà a me fargli avere questa lettera? E dopo che lui avrà recuperato il controllo contatterò anche la regina dei draghi?”
Robb abbassò lo sguardo: “tu sei l'unico di cui io mi fidi. Senza di te, la guerra è persa.” Mik sentì la rabbia ribollire e non fu capace di placarla: “voi, avete perso questa guerra quando sposato quella donna!” Disse piano ma con la voce carica d'ira: “uccidendo mio zio, avete distrutto tutto ciò per cui la famiglia Karstasrk, e il nord, avevano combattuto. Esponendoci maggiormente al nemico. Voi, avete mentito ai Frey, avete mentito a tutti!” “Avete illuso il nord con false speranze! Avente anteposto i vostri capricci al bene di tutto il paese!”
“E che ricompensa ne hanno tenuto le mogli? Dei soldati che sono morti. Che ricompensa?”
“Nulla.” “Solo la morte.” “La schiavitù, l'oppressione.” “Io credo a ciò per cui combatto. Ma la domanda è... Voi ci credete?”

Mik ridiede la pergamena al re che: subito la guardò, poi cadde sulle sue ginocchia e scoppiò in lacrime: “io, non volevo tutto questo.” Disse singhiozzando, “non l'ho mai voluto. Hai ragione: sono un pessimo re.” Mik fu colto da un moto di compassione. “Vi ho deluso tutti.”  “Non sono pronto. Non sono pronto.” Mik provò pena per il suo re: quel re che in battaglia era tanto forte e temuto, ora era lì in ginocchio in lacrime a flagellarsi. Mikarion prese la pergamena, che era caduta, e la porse al re: “non può essere valida se non viene firmata.” Disse con un sorriso poi porse una mano al re, che si tirò su. Robb rimase a guardarlo con gli occhi umidi poi lo abbracciò. Mik ricambiò quel gesto stringendo il suo re... Il suo amico. “Aiutami a riparare ai miei errori amico.” Disse Robb. Dopo prese la penna, la intinse nell'inchiostro e firmò la pergamena. Le impose il sigillo bianco degli Stark e la consegnò a Mik che uscì dalla stanza.

 


I tamburi martellavano, martellavano. Anche la testa di Mikarion Karstark martellava. Pifferi e flauti suonavano dalla galleria dei musicanti sul fondo della sala. Archi stridevano, corni soffiavano, cornamuse intonavano un ritmo intenso, ma erano i tamburi a guidare la cadenza. La musica rimbalzava contro le pareti, echeggiando verso il basso, nella sala della fortezza, dove gli ospiti mangiavano, bevevano e gridavano gli uni agli altri. Mik era seduto su una delle tante panche intorno ai due grandi tavoli rettangolari. Teneva la spada sulle ginocchia, pronto a sguainarla in caso di pericolo. Lui stesso aveva detto ai suoi uomini: “vi sarà offerto cibo e vino. Ma ricordate, siamo in guerra e per sopravvivere in guerra bisogna sempre restare all'erta. Perciò voi siederete con loro e parlerete con loro, ma non siete dei loro. Non mangerete, ne berrete.
Occupatevi solo di sguainare le spade al primo sospetto.”

E così pensava anche per lui. Non era stato ammesso alla piattaforma dei nobili, lui era in mezzo ai cavalieri ed ai parenti dei lord. Lui, un Karstark; legittimo erede di Karhold. Alla morte di suo cugino e di suo padre, certo ma un Karstark ciò non di meno. 

Mik non rivolgeva molte occhiate al tavolo dei nobili, se non per fissare per interminabili secondi la futura lady Tully. Lui la guardava, e lei cercava di ricambiarlo ogni qual volta, lord Edmure non fosse rivolto verso di lei. Erano pochi istanti ma erano istanti intensi, Mik sorrideva nel guardarla ma ogni volta che le rivolgeva un sorriso lei abbassava lo sguardo e socchiudeva gli occhi.

Mik cercava di capire cosa le passava per la testa, e perché gli aveva detto di andarsene. Apparentemente non sembrava esserci nulla di anomalo in quella situazione. Almeno fino ad allora.
Rivolgendo il suo sguardo sulla piattaforma, Mik ebbe modo di incrociare lo sguardo anche con il re. Gli ritornò in mente la loro discussione negli alloggi reali  e di come il re era sembrato così piccolo e fragile mentre stava inginocchiato per terra a singhiozzare.  In tutta quella appena percepibile aria festosa Mik si guardò intorno per vedere dove fosse Vento  Grigio. Solo dopo si ricordò che Walder Frey aveva insistito che non fosse ammesso alle nozze. Diceva che non ci si poteva fidare di bestie simili. A detta di Mik far restar fuori il meta-lupo era stato un altro mastodontico errore, ma ormai l'atto era compiuto.
Mik stava ancora lì ad osservare lo scorrimento degli eventi, forse si era preoccupato troppo. Si chiese come stessero passando la serata Harry e Ross. La fuori all'accampamento. Molto probabilmente Harry era intento ad organizzare incontri di braccio di ferro, ubriaco come sempre, mentre Ross forse stavo vivendo la serata esattamente come Mik. Rivolgendo un altro sguardo verso la piattaforma, si accorse che qualcuno lo stava fissando: Roose Bolton! Mik, aveva sempre avuto poco a che fare con quell'uomo ma non gli piaceva, e tutta la crudeltà, smorzata  ed attenuata in Roose, sembrava scatenarsi a pieno in Ramsay.  Mik rabbrividì a pensare alle pratiche adottate da Ramsay contro i suoi nemici: scorticamento da vivi, letteralmente caccia all'uomo e pasto ai cani. Mik sentì di nuovo quei latrati nella testa e fu preso dal panico. L'attenzione di Mik fu però richiamata dal battere l'una sull'altra delle raggrinzite mani del lord del Guado.

“Maestà.” Esordì lord Walder rivolto a Robb. “Rituali precisi sono stati seguiti, preghiere sono state recitate ma non sono ancora marito e moglie. Ogni matrimonio ha la sua messa a letto. Che dice il mio sovrano? Giunto, è il momento di metterli a letto?”

L'orda di figli e nipoti Frey cominciarono a picchiare le coppe sui tavoli: “a letto! A letto!” Mik guardò Roslin ma lei era rivolta verso suo marito. Mik ri ricordò della sua cerimonia di messa letto: le dame e le ragazze di Karhold non avevano fatto che scambiargli vivaci sorrisini durante il banchetto, per poi avventarsi su di lui e lasciarlo completamente nudo. Anne era tremante quando lui la raggiunse nel letto, solo dopo ,quando lui prima di compiere l'atto le parlò in modo caldo e cortese, smise di tremare e si lasciò andare. Nonostante la sua condizione, e il fatto che lui amava Anne, sentiva l'invidia montargli addosso mentre guardava lord Edmure e Roslin uscire dalla sala, pronti a raggiungersi in camera da letto.

Erano rimasti in pochi. Il re, Mik, lady Catelyn, lord Walder e altri uomini: alcuni Frey altri del nord. Mik su guardò intorno: c'era del movimento nelle stanze sopra di loro, e si poteva vedere un girare informe, di uomini per i balconcini che circondavano la sala. La musica cambiò, Mik riconobbe il ritmo de: Le piogge di Castamere. Era strano: la canzone dei Lannister, suonata davanti al re del nord. Un uomo si alzò dal tavolo e si diresse verso le porte e una dopo l'altra le chiuse ermeticamente. Mik sentì l'ansia crescere, il via vai sui balconcini, la chiusura delle porte, Le piogge di Castamere. Qualcosa non andava. Tutto a un tratto lady Catelyn si alzò dal tavolo, si erse su Roose Bolton
e lo schiaffeggiò. Robb si alzò ma un dardo lo colpì al fianco appena sotto la spalla. Mik si alzò e sguainò la spada, tre uomini armati gli corsero addosso, Mik cercò di ignorarli e di correre verso Robb, ma mentre gli si avvicinava sentì un dolore lancinante alla coscia destra: guardò e vide che un dardo l'aveva colpito dal fianco. Si girò uno degli uomini si fece avanti menò un fendente rivolto alla testa, Mik si abbassò e colpì a sua volta, ma il soldato blocco il colpo: parando con la spada. Mik allora gli si avvicinò, allontanò la sua spada e si portò sotto la guardia. L'uomo era sbilanciato, Mik gli rifilò un calcio sulle costole e l'uomo cadde a terra. Un altro arrivò da dietro, Mik schivò la sua carica, si abbassò e cominciò a menare colpi in successione, tutti parati.

Allora si avvicinò al suo avversario gli avvolse il braccio intorno al suo e gli rifilò una gomitata nelle costole, poi una ginocchiata sulle mani. L'avversario perse la spada e Mik gli conficcò la sua nel cuore. Un altro arrivò da dietro: Mik si inginocchiò e con un colpo secco gli tagliò di netto le gambe dalle ginocchia in giù. L'uomo urlò di dolore e Mik lo finì con un colpo alla gola. Si rialzò ma un dardo lo colpi al fianco da dietro. Mik crollò sulle ginocchia. Si guardò attorno: Walder Frey stava bevendo e sorrideva alla vista di quel massacro, lady Catelyn era nascosta sotto al tavolo Robb era a terra con ben tre dardi nel petto, e si trascinava a terra, i musici stavano ancora suonando la canzone dei Lannister. No. Mik non avrebbe ceduto, non si sarebbe arreso, sarebbe morto piuttosto.

Mik si alzò di nuovo e raggiunse l'altra sponda del tavolo, un uomo gli corse addosso, Mik gli tagliò la testa appena gli passò vicino, un altro soldato Frey
era a terra. Mik lo uccise subito. Ad un tratto, i dardi smisero de sibilare, e la musica di echeggiare. “Ecco il re del nord che si erge su di noi.” Disse Walder Frey con la voce ricca di scherno, mentre Robb cercava in qualche modo di rimettersi in piedi. Mik era ormai a pochi passi dal re, fece per muoversi ma un altro dardo lo colpì alla spalla sinistra, da dietro. Mikarion stramazzò al suolo lungo disteso.

Guardò la scena: lady Catelyn stava trascinando la moglie di lord Frey fuori da sotto il tavolo, e le teneva un coltello alla gola. “Lord Walder!” E tenne più stretta la ragazza: “lasciaci andare! Lasciaci andare e ti giuro che dimenticheremo tutto, non cercheremo alcuna vendetta.” L'espressione di lord Frey era tutto tranne che preoccupata. “Prendi me! Prendi tutti quanti noi! Ma lascia andare Robb.” “Robb!” Disse rivolgendosi al figlio: “esci! Vattene! Ti prego. Ti prego!” Seguitò un'istante di silenzio: “e perché dovrei permetterglielo?” Azzardò lord Frey.  “Sul mio onore di Tully. Sul mio onore di Stark! Se non lo lascerai andare, taglierò la gola di tua moglie!” E detto questo avvicinò ancora di più il coltello alla gola della ragazza. Mikarion sapeva che lord Walder non avrebbe mai lasciato andare Robb così tentò di alzarsi ma il dolore lo tenne bloccato a terra. “Ne troverò un'altra.” Concluse lord Frey.

Roose Bolton si pose davanti a Robb a spada sguainata: “i Lannister ti mandano i loro saluti.” E conficcò la spada nel cuore di Robb. Il corpo del re si accasciò al suolo, Mik sentiva le sue forze e la sua vita abbandonarlo sempre di più. Poi un grido lancinante, poi il mondo di Mikarion Karstark divenne buio.

 

 

 

Buon Natale a tutti voi!! Ogni promessa è debito, e infatti ecco il nuovo capitolo. Un saluto cordiale va a chi non manca mai di farmi sapere cosa ne pensa dei miei capitoli. Amici cari per me “The North Remembers” finisce qui.
Ma per voi non lo so. Perciò fatemi sapere con un commento se volete che la storia prosegui oppure no. Alla prossima!!

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Capitolo 6
*** Ritorno a Karhold parte 1 ***


~~
  “Aspetta. Mettiamolo giù, gli è caduta una cosa dalla tasca.” Lo misero per terra sull'erba bagnata. Poteva sentire l'umidità di quest'ultima sulla schiena, sentiva anche dei dolori indescrivibili nei punti colpiti dai dardi. Notò anche che quest'ultimi erano stati tutti spezzati, quindi conficcate nel suo corpo c'erano ancora le punte, ma dalle ferite sanguinolente che queste gli avevano provocato: spuntavano solo corti corpi di legno. Non sapeva perché avessero accorciato i dardi, forse per portarlo meglio fin lì. A proposito, dov'era?
Restò steso a terra ma si guardò intorno: la vegetazione era costituita per lo più da cespugli, erba alta e arbusti. Il cielo era nero, privo di stelle, e una leggera brezza autunnale faceva piegare l'erba e gli muoveva i capelli. A pochi passi da lui sentiva scorrere il fiume: impetuoso e freddo. Guardò anche i tizi che l'avevano portato fin lì: stavano camminando nell'erba e stavano con la schiena piegata e le braccia che spostavano i ciuffi d'erba, come se cercassero qualcosa. Ad un tratto sentì gridare: “l'ho trovata!” Guardò di nuovo i due tizi e vide che uno stringeva una piccola pergamena ancora chiusa e sigillata. I due tornarono verso di lui: “che cos'è?” Chiese uno. “Dev'essere un dispaccio nemico.” Disse l'altro. “Come fai a sapere che è nemico?” Chiese ancora il primo; “perché porta il sigillo degli Stark.” Rispose l'altro e detto questo porse il foglietto al suo compare che lo esaminò con attenzione e poi disse: “si non ci sono dubbi, e non è nemmeno stato aperto. Probabilmente questo qui doveva portarlo a qualcuno, ma a quanto pare non ha fatto in tempo.”

Mik respirò piano: i due erano a qualche coda di volpe da lui e quindi non voleva che si accorgessero che era ancora vivo, notò anche che quello che aveva appena finito di parlare portava -Artiglio Guerriero- in un fodero appeso alla cintura sul fianco destro.
“Che cosa ne farai?” Chiese questo all'altro soldato: quello che aveva raccolto il foglietto. “Lo porterò al mio signore.” Rispose senza esitazione,  “non vuoi vedere cosa c'è scritto?” Gli chiese l'altro.

“Se lo apro, lo leggo e poi lo porto a milord lui noterà che l'ho aperto e mi punirà, ma se invece glielo porto chiuso riceverò un encomio.” Il suo compare annuì: “sì, anche questo è vero.” Subito dopo disse: “Hai visto qui?” Indicando la spada che aveva appesa alla cintura, “era del tipo steso qui.” Disse. “Bellissima davvero” rispose l'altro, “pensi di tenerla?” Gli chiese poi. “Ovvio che la terrò, tanto a lui non serve più dico bene?” E lì i due si lasciarono andare ad una breve ma rumorosa risata. “Sai per caso chi è?” Chiese uno dei due all'altro, “no. Non lo so davvero, dal simbolo sul petto si direbbe un Karstark.”

L'altro disse: “Io credevo che i Karstark avessero abbandonato il Giovane Lupo.” Il suo compare alzò spalle: “ e che importa, Karstark o no per noi è un cadavere qualunque.” L'altro annuì: “forza allora buttiamolo nel fiume con gli altri!” Mik fece appello a tutte le sue forze ed aspettò. I due lo presero: uno per le spalle, l'altro per i piedi.


Si stavano avvicinando sempre di più al fiume, ormai mancavano pochi passi. Fu allora che Mik rifilò una testata nei testicoli a quello che aveva con se la sua spada, l'uomo urlò dal dolore e lasciò cadere Mik che da terra sferrò un calcio all'altro, che lo teneva ancora per i piedi, e lo fece cadere. Allora si rialzò ed estrasse la sua spada dal fodero dell'uomo che stava ancora in ginocchio con le mani sui genitali. Mik gli tagliò la testa di netto, l'altro soldato partì alla carica a spada sguainata; Mik si abbassò e gli inferse un lungo taglio sulla pancia. L'uomo stramazzò a terra, Mik gli si avvicinò e notò che sulla casacca portava il simbolo di casa Bolton, mentre l'altro portava quello dei Frey. L'uomo stava supino e respirava affannosamente, Mik lo sovrastò e lo guardò: “ti prego non uccidermi.” Bisbigliò il soldato, “farò quello che vorrai: vuoi che porti un messaggio?”


Mik ci pensò un po' su, poi rispose: “sono io che ho un messaggio per te, e per Roose Bolton.”  “Dimmi tutto.” Disse l'uomo soffocando i singhiozzi. Mik alzò la spada tenendola puntata in basso...  “L'inverno è arrivato...” E detto questo conficcò la spada nel cuore del soldato.


Il cielo si era già tinto di grigio,  Mik non sapeva che momento della giornata fosse ma di una cosa era sicuro: non avrebbe camminato ancora per molto. Si era addentrato nella foresta, sempre seguendo il fiume, e aveva camminato per qualche ora. Il rumore dell'acqua era  costante e forte, ma nonostante questo Mik sentiva pungergli addosso la stanchezza, la tristezza e tre dardi.

Mik respirava affannosamente arrancando nella selva, cercò di tenersi lontano dalla sponda del fiume, per non caderci dentro se mai avesse perso i sensi. Continuò a camminare ancora per un bel po', senza sapere effettivamente dove stesse andando. Ad un tratto si fermo: sentiva che non poteva farcela, non con tre mezzi dardi conficcati nella pelle comunque.

Allora si sedette, e cominciò l'operazione di rimozione dei dardi: prese delle foglie, che si trovavano per terra, e le arrotolò l'una sull'altra; poi se le mise in bocca a mo' di mordicchio. Attese qualche istante, poi afferrò il corpo troncato del dardo che gli era stato conficcato nel fianco destro. Tirò con tutta la sua forza: il dolore era insopportabile, morse le foglie talmente forte da pensare di essersi rotto la mandibola, scosse violentemente la testa, ma riuscì ad estrarre il dardo. Lo guardò: la punta era tutta insanguinata.


Mik bagnò alcune foglie e le mise sopra la ferita, per tamponarla. Poi si tolse la cintura che gli teneva la daga, ne tolse il fodero e se la legò intorno alla vita; per tenere ferme quelle bende improvvisate. Fece lo stesso per il dardo nella gamba, ma quando dovette estrarre quello della spalla; si sentì mancare. Sentiva dei passi avvicinarsi, e più i passi si avvicinavano più Mik si sentiva venire meno. Il suo mondo divenne sfocato, gli alberi e il cielo erano una cosa sola. Stramazzò a terra e vide un uomo, in piedi sopra di lui ma non riuscì a riconoscerlo. Sentì anche che parlava, ma non capì. Poi chiuse gli occhi. 


Si svegliò piano, si guardò intorno e si accorse di essere su una branda in una specie di baracca di legno piuttosto piccola. Era sdraiato, e aveva parecchia fame. Si mise a sedere e guardò le ferite: erano tutte medicate e coperte da fasciature, non sentiva più tanto dolore.
Si guardò meglio intorno: la baracca era notevolmente stretta, tra l'altro poco confortevole, accanto alla sua branda  c'erano: erbe medicinali, bende e ciotole in legno vuote. Mik si pose meglio a sedere e cercò di guardare fuori dalla piccola finestrella che era posta al di sopra dell'entrata della baracca, ma non riuscì a vedere nulla, allora si lasciò cadere di peso sulla branda. La sua mente si perse in mille e più pensieri: riviveva le nozze rosse, il momento in cui aveva visto il re trafitto al cuore, quei latrati... Li sentiva ancora ma non ci fece caso, riviveva il momento in cui aveva estratto le frecce dal suo corpo: una dopo l'altra... Riviveva l'attimo in cui il re gli aveva dato la lettera da dare a Jon Snow, e di come era crollato sulle sue ginocchia scoppiando a piangere.


Improvvisate un uomo irruppe nella baracca con in mano una ciotola, e nel vedere Mik sveglio lasciò cadere questa e corse fuori dalla baracca veloce come il vento.
Mik fu assalito da domande, domande a cui non trovava una risposta, si alzò a sedere e aspettò che quel tipo tornasse. Passarono pochi istanti e sulla soglia della stanza comparve Harry che strabuzzò gli occhi prima, poi corse verso Mik e lo abbracciò forte, Mik rispose a quell'abbraccio con altrettanta forza. “Amico! Non sai quanto sono felice che ti sia svegliato.” Disse Harry che stava letteralmente esplodendo di gioia, “mi fa piacere rivederti Harry” rispose Mik. Harry smise di stringerlo e si alzò, si rivolse all'uomo che era con lui, che era sempre quello della ciotola,  “fai portare dei vestiti per il mio amico, e preparagli un bagno.”   “Sissignore!”  Harry si avvicinò di più a Mik, che era ancora seduto, “amico ho molte cose da raccontarti, ma ne parleremo quando ti sarai ripulito e avremo cenato.” 


Mik ci mise un bel po', ma alla fine riuscì ad alzarsi. Uscì dalla baracca e per poco non gli venne un colpo quando si accorse dove questa era situata. Guardò davanti a lui: la baracca era collegata a molte altre di queste, la particolarità di queste bizzarre installazioni era che si  trovavano sugli alberi, ed erano collegate l'una all'altra tramite dei ponti di assi di legno, erano veramente molte: le baracche ed i ponti che visti dall'alto sarebbero potuti sembrare una ragnatela gigante, Mik notò inoltre il grande via vai di persone sui ponti e sulle scale, non aveva idea di come Harry e gli altri fossero riusciti a costruire tutto quell'impianto ma una cosa era certa doveva per forza essere stato un lavoro lungo. E lui?  Mentre questi uomini costruivano un villaggio sugli alberi, lui dov'era stato?


Mik si fece un bagno e si vestì: stivali corti di cuoio, brache marroni strette di pelle, giacca in pelle tinta di marrone, mantello di pelliccia di pantera ombra. Quando finì di vestirsi si rese conto che gli mancava qualcosa: la spada! La sua spada, chissà dov'era finita. Non poteva certo permettersi di lasciare impuniti gli assassini del suo re, perciò sarebbe stata la prima cosa che avrebbe chiesto ad Harry.


Mik non aveva mai avuto fame come in quel momento. Si trovava con Harry ed altri soldati nella baracca 14: una delle tante adibite alla mensa. Mik trangugiò il suo spezzatino di cinghiale e bevve parecchia acqua per mandarlo giù. “Sono felice di vederti così sano amico” disse Harry, “ Mentre eri in quello strano sonno tra la morte e la vita abbiamo dovuto nutrirti imboccandoti e spingendo giù il cibo.” E dopo aver detto questo fece un'espressione schifata. “Mi dispiace di esservi stato di peso” disse Mik.


“Aah non importa sai, non avrei mai potuto ,in ogni caso, permettere che il mio amico morisse.  Ma devo dire che ci hai spaventati parecchio.” Mik riusciva a sentire bene il suo amico nonostante il vocio presente nella baracca, gli altri soldati non erano interessati alla loro conversazione. “Per quanto ho dormito?” Chiese Mik dimenticando la fame. Harry si portò una mano al mento con fare pensieroso: “Ormai saranno passati... due, forse tre mesi.”
Mik sbarrò gli occhi: non riusciva a crederci, aveva dormito tutto quel tempo; per tutto quel tempo era stato inutile, solo una bocca da sfamare. Anzi: una bocca a cui dare più riguardi ed attenzioni. “Scusa non mi sento bene.” Disse Mik, e detto questo prese la via per l'uscita. Fuori il cielo era nero, il via vai era terminato e le luci delle lanterne illuminavano quella fredda notte autunnale. Mik stava in piedi sul ponte di assi a fissare l'orizzonte invisibile. Poco dopo uscì anche Harry, che lentamente lo raggiunse. “Qui non ci possono vedere...” Disse questi riferendosi ai nemici, che per molto tempo li avevano cercati non ottenendo risultato alcuno. Mik lo interruppe : “come li hai convinti?
A seguirti, come li hai convinti?” Harry gli si affiancò: “molto semplicemente sanno che o qui, o a Nord la morte è assicurata. A Nord ora sono i Bolton che comandano, e tutti coloro che sono contro di loro finiscono... Be... Scuoiati vivi.” Mik si coprì il volto con le mani, letteralmente disperato. “Coraggio amico” Harry lo avvolse con il braccio: “ne parliamo da soli.”


Detto questo, seguendo un lungo e contorto percorso lo condusse alla baracca 21, ovvero la sua. Harry entrò e accese tutte le lanterne che poteva. La baracca era molto piccola, giusto per una persona: ad appena un passo dall'entrata c'era la scrivania con una caraffa d'acqua, una mappa dei sette regni e del pane muffito. Poco più a destra invece si trovava la branda ed un pitale non troppo grande.

 
“Be, non c'è che dire ti tratti bene amico.” Disse Mik.  Harry lo guardò e poi si sedette alla scrivania: “dopo il massacro delle Torri Gemelle siamo venuti qui, io e gli altri della nostra truppa, abbiamo costruito questi rifugi e da allora vi abitiamo, molti però se ne sono andati e tanti altri ancora... Morti.” Harry abbassò lo sguardo, poi Mik parlò: “e la situazione la fuori?” Harry rialzò la testa: “Be, i Bolton sono diventati i protettori del nord, i Frey mantengono sotto il loro controllo le terre dei fiumi e per quello che riguarda Sansa Stark...” “Sì lo so.” Lo interruppe Mik, “questo lo s...” “No. Non puoi saperlo, non è quello che credi.” Disse allora Harry, “Non molto dopo le nozze rosse, si sarebbe dovuto celebrare il matrimonio tra Joffrey e Margaery.” “Sì lo so” confermò Mik, “Quello che tu non sai però,” riprese Harry, “È che le nozze di re Joffrey non sono andate tanto meglio di quelle di Robb.  È stato avvelenato, e Sansa è fuggita.” Qulla notizia colpì in pieno Mik, se Sansa era fuggita dove sarebbe potuta andare se non a nord? Sempre ammesso e non concesso che non fosse già morta.


“Lady Sansa non mi da l'idea di una che se la sa cavare là fuori” azzardò il giovane Karstark,  Harry annuì e rispose: “in ogni caso, se anche riuscisse ad arrivare a Grande Inverno la sua condizione resta sempre quella: lei è sempre lady Lannister. Inoltre sono convinto che qualcuno l'abbia fatta fuggire, e che l'abbia fatto per trarne un vantaggio personale. Una sorta di ostaggio per capirsi, comunque una cosa è certa: non troverà alleati per la strada... Del resto come noi.” E concluse con aria di sgomento.

“Dov'è Ross?” Chiese Mik, Harry guardò in basso e non disse nulla. Mik allora si sedette sulla branda. “Io devo tornare a Karhold.” Disse Mik con tono inflessibile. Harry lo guardò stupito: “come? No! Tu non puoi andartene, tu servi qui con noi!” Mik scosse la testa: “mi dispiace Harry, ma ho parecchie domande ora, domande che richiedono risposte. E non le troverò qui.”


“Devo sapere cos'è successo alla mia famiglia.” E detto questo uscì dalla baracca. Mik camminò per un breve tratto sul ponte, poi vide una scala di corda arrotolata sopra di esso, la srotolò e si apprestò a scendere. “Aspetta Mik!” Mik si girò e vide Harry che gli correva incontro. “Non cercare di fermarmi” disse Mikarion. “Non sono venuto per fermarti.” Disse Harry, che aveva il fiatone, “voglio solo darti questo.” E gli porse una bisaccia con cibo e acqua. “E questa.” E gli porse Artiglio Guerriero nel suo fodero, pronta per tornare a combattere impugnata dal giovane Karstark.  Mik prese quei doni, li pose a terra e abbracciò forte il suo amico, che ricambiò con altrettanta forza.

“Mi mancherai amico.” Disse Harry con gli occhi visibilmente lucidi. “Questo non è un addio.” Disse poi Mik. E detto questo prese la bisaccia, se la mise in spalla e si legò la spada alla cintura. Scese la scala e si avviò per la foresta nella notte. Dopo pochi passi si girò e rivolse un ultimo cenno al suo amico, che lo ricambiò dall'alto del ponte sospeso.

Il giovane Karstark sapeva che non sarebbe stato un viaggio facile ma non poteva abbandonare la sua famiglia. Sarebbe però tornato da Harry e sapeva che quando ne avrebbe avuto più bisogno il suo amico avrebbe saputo come trovarlo e non avrebbe esitato a combattere di nuovo al suo fianco, come aveva fatto in passato.

Mik aveva perso il suo re, la sua gloria e Ross, ma ciò che ancora non aveva perso era la sua volontà. Sarebbe andato fino in fondo.  Robb non c'era più, ma il suo spirito di libertà ed indipendenza aleggiava ancora sulla sua gente, e su Mikarion in particolare. Avrebbe riportato gli Stark sul trono del nord, non sapeva come, ma in qualche modo era convinto che ce l'avrebbe fatta, con l'aiuto della fortuna e della sua fedele spada.

Camminò per molto, ma alla fine uscì dalla foresta. Fece un respiro profondo che portò la fredda aria notturna a pervadergli il corpo, e quando saturo di questa energia disse: “godetevi questi brevi attimi di trionfo nemici del nord.

Il nord ricorda... E l'inverno è arrivato anche per voi!”

E detto questo si incamminò nella notte. Verso Nord! 

 


Ed Eccoci qua amici, The North Remembers ritorna!!!
Fatemi esprimere le mie più sentite scuse per tutto questo tempo di niente. Ci mancava poco che lo pubblicavo a Pasqua questo capitolo. Praticamente pubblico solo alle festività   Ma apparte gli scherzi, vi ringrazio per la pazienza e vi auguro Buona Pasqua!

               

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Capitolo 7
*** Ritorno a Karhold parte 2 ***


Cavalcò ancora verso nord, raggiunse Grande Inverno e quando la vide gli diede l'idea di una città morta, una città un tempo potente ormai decaduta.

Mik proseguì verso nord-est, e tenendosi a debita distanza da Forte Terrore riuscì a raggiungere Karhold. Attraversò campi, prati, foreste, villaggi... E sempre in ciascuno di questi lo assalivano i dubbi e i ripensamenti.
Fu parecchie volte sul punto di tornare indietro da Harry, o meglio ancora di ritirarsi in uno di quei villaggi e passare il resto della sua vita da allevatore o da contadino libero. Ma ogni volta la sua forza di volontà aveva la meglio, e di questo Mik era sempre felice.

Poi un giorno la raggiunse... Casa sua!  Mik la guardava dalla strada che attraverso la foresta collegava Karhold al centro Nord, verso Forte Terrore e Grande Inverno.

Mik si incappucciò e si preparò ad entrare. Si diresse verso la scala principale: che l'avrebbe portato all'interno della città. Suo padre quando non lo insultava gli raccontava la storia della loro casata e della loro roccaforte: Karhold era stata costruita sopra una base molto alta, che le consentiva di avere una visione sopraelevata e conseguentemente un maggior controllo del territorio.

Il modo per raggiungere la Porta  di Karlon era una scala che la collegava al suolo. Era una scala parecchio lunga e ripida. Inoltre sul suo fianco sinistro, destro per chi la saliva, si innalzava la Torre del Sole: una torre alta, imponente e nel contempo inquietante che sorvegliava: le terre dei Karstark, il loro castello, ed il Mare dei Brividi.

Mik era riuscito ad unirsi ad una compagnia di vagabondi, guidati da un Guardiano della Notte che cercava di raccogliere quante più persone da portare al Castello Nero.

Mik si era fatto ingaggiare apposta quando aveva sentito che prima di tornare alla Barriera la compagnia avrebbe fatto tappa a Karhold. Grazie a loro sarebbe potuto entrare ed avrebbe potuto agire indisturbato. Ed ora si trovava lì: a  salire la scala protetto da quel cappuccio e insieme a quei diseredati mentre raggiungeva con loro la Porta di Karlon.  Mentre camminava sentì l'ansia crescergli dentro,  quel giorno a Karhold faceva più freddo del solito, il vento era piuttosto violento e le nuvole lasciavano cadere i primi fiocchi di neve.
Mik continuava a salire. Quando la compagnia passò sotto alla Torre del Sole Mik alzò la sguardo e vide con orrore misto a tristezza e rammarico che il Sole Bianco non sventolava da solo, ma era affiancato dall'Uomo Scuoiato.

Che cosa era successo alla sua famiglia? A sua moglie, a suo figlio...
Mik durante il viaggio si era fermato a riposare quasi tutte le notti, e in quelle in cui riusciva a prendere sonno sentiva sempre quei latrati infernali e quelle grida strazianti. Era venuto a Karhold anche per quello: voleva risposte, quante più possibili.

Raggiunsero la porta e vennero fatti entrare. Mik ora poteva sgattaiolare via, del resto conosceva quella città meglio di chiunque altro. Quando era bambino lui e i suoi fratelli giocavano  spesso a scappa e nasconditi, e lui essendo  agile riusciva a scappare  meglio di Brandon e Rudolf, ed essendo piccolo riusciva a nascondersi dove loro mai lo trovavano. Per contro quando giocavano alla guerra, lui, essendo gracile perdeva sempre. Però i suoi fratelli erano morti e lui era l'ultimo Karstark fedele agli Stark.
Non aveva la minima idea di che fine avesse fatto Alys Karstark la giovane figlia di suo zio, ma in ogni caso non avrebbe potuto ottenere niente: era Harrion il lord di Karhold ora.

Mik riuscì a distaccarsi dalla compagnia, quando attraversarono il mercato. Aveva già smesso di nevicare ma le nuvole si ostinavano a coprire il cielo come una coltre grigia. Era quasi sicuro che prima di sera avrebbe piovuto.
Il giovane Karstark girò per la zona abitata per qualche ora: ogni tanto chiedeva a qualche passante dove fosse lord Harrion, ma questi non gli rispondevano. Passò per case, locande, bordelli, mercatini, vicoli; ma in nessuno di questi ci fu qualcuno che si degnò di rispondergli.

Mik arrivò poi alla casa di una famiglia umile, bussò alla porta e attese.
Venne ad aprirgli una donna, e gli chiese cosa voleva. “Sto cercando lord Karstark, ho bisogno di parlargli. Mi sai dire se posso trovarlo al castello?”  La donna guardò Mik dall'alto in basso e rimase immobile. Il giovane capì che  era intimorita dalla spada, Mik allora si slacciò il budriere che portava il fodero con Artiglio Guerriero e lo porse alla donna: “tieni, non voglio farti del male ma se non ti fidi puoi tenere la mia arma.”

La donna prese la spada e fece cenno a Mik di entrare. La casa era molto piccola: due stanze: una con un braciere e qualche cassa  di viveri, perlopiù verdura e pane, l'altra con qualche sedia, un tavolo e tre brande. Il giovane Karstark rimase sconvolto da cotanta povertà e miseria, e si chiedeva come fosse possibile che certe persone potessero vivere in condizioni così umili.

Lui era nuovo a tutto quello, del resto lui era cresciuto come figlio di un lord, nella casa di un lord, aveva mangiato il cibo che si conviene a dei nobili, la sera si addormentava su morbidi letti al caldo. E aveva avuto anche coraggio di lamentarsi della sua vita, che ingrato!

Ad ogni modo la donna, che non doveva avere più di trent'anni, posò la spada sul tavolo e si alzò per attizzare un po' il fuoco sul braciere. “Cosa vuoi da lord Karstark?” Gli chiese mentre con un bastoncino sistemava le braci. Mik si sedette su una sedia: “Sono un Guardiano della Notte, sono qui per parlare con lord Karstark e reclutare gente da portare al Castello Nero.” Mentre era con la compagnia Mik si era fatto dare dal Guardiano della Notte una divisa come la sua. L'uomo gliela aveva data, perciò Mik aveva l'aspetto di un Guardiano della Notte, ed in questo modo poteva aggirarsi armato senza che nessuno sospettasse qualcosa. “Lord Harrion non è qui, ma tornerà la sera. Quindi se vuoi parlargli dovrai aspettare sta sera.”

Mik annuì, non aveva idea di dove fosse andato suo cugino ma l'avrebbe aspettato.
Fu sul punto di chiedere alla donna anche della sua famiglia: di sua moglie Anne e di suo figlio Robb, ma qualcosa lo trattenne.

“Potrei restare qui ad aspettarlo?” Azzardò Mik che non voleva tornare la fuori, d'altronde il cielo era già buio, quindi suo cugino non avrebbe tardato.
“Mio marito è partito per la guerra a fianco di Mikarion Karstark...
Non è tornato.”  Il giovane Karstark fu preso da un senso impellente di disagio e tristezza, forse l'uomo non era morto, forse era con Harry al villaggio nella foresta.
Tuttavia ovunque fosse non era lì, lì dove sarebbe dovuto essere. Tutto a causa della guerra. “Potrei ripagare la tua ospitalità con il lavoro. Non ho denaro.” Disse Mik che aveva visto fuori dalla casupola della legna da tagliare.

“Potresti tagliare la legna.” Disse la donna, “di solito quel lavoro lo faceva mio marito ma ora che non c'è più...”  Mik annuì e si mise al lavoro...


Passò qualche ora e Mik era stanco morto, ma se quello era un modo per non tornare fuori e farsi scoprire allora lo accettava. La porta del retro della casa si aperse e la donna comparve sulla soglia: “Vieni dentro.” Gridò a Mik, che la seguì.

In casa ora c'erano anche due bambini: maschio e femmina. Lui portava un piccione appena ammazzato, lei del pane ed un secchio d'acqua. Probabilmente cibo rubato, o piccoli premi offerti a quei marmocchi per qualche lavoretto fatto per un commerciante. Mik non lo chiese. I bambini si erano seduti a tavola e guardavano fisso Mik. Che ricambiava i lori sguardi, la donna preparò la cena in poco tempo: cosse il piccione e lo servì con del pane e qualche verdura.

Quando anche lei si sedette a tavola il bambino disse: “mamma chi è lui?”
Indicando il loro ospite, “è un Guardiano della Notte, è qui per parlare con lord Harrion.”  Rispose la madre.  Il bambino guardò storto Mik ma riprese a mangiare. “Lord Harrion è arrivato, mamma. È arrivato mentre noi stavamo tornando.” Disse la bambina.

Mik che fino a quel momento era stato in silenzio parlò: “devo andare.” E fece per alzarsi. La donna lo tenne per il braccio: “almeno aspetta che finiamo di mangiare.” Disse, il figlio di lord Arthor si sedette e finì il suo pasto.


Poco dopo la madre mise i figli a letto ma essi pretesero un canzone prima di addormentarsi, Mik si sedette ed aspettò. La madre intonò un canto che chiamava:
“Il bastardo e la giovane lady”

C'era una volta un lord
che partì per la guerra con il re del nord
La sua giovane lady lasciò
fino al giorno in cui il bastardo arrivò

Combatté per terre sconosciute
contro un re che nemmeno vedeva
Ma non cambiò mai le sue vedute
la libertà dar al Nord voleva

C'era una volta un lord
che partì per la guerra con il re del nord
La sua giovane lady lasciò
fino al giorno in cui il bastardo  arrivò

Con la lama i traditori colpì
fino a che anche il suo re perì
la gola al ragazzo tagliarono
e i macellai il nord conquistarono

C'era una volta un lord
che partì per la guerra con il re del nord
La sua giovane lady lasciò
fino al giorno in cui il bastardo  arrivò

Ed il demone raggiunse il castello
e di rosso lordò le sue mani
vide la donna con il bambinello
e su loro gettò i suoi cani

C'era una volta un lord
che partì per la guerra con il re del nord
La sua giovane lady lasciò
fino al giorno in cui il bastardo  arrivò

La giovane lady proteggé gli infanti
contro i mostri sbavanti e latranti
Divorarono il pargolo tra le loro fauci rosse
e il bastardo la cotenna alla ragazza rimosse

C'era una volta un lord
che partì per la guerra con il re del nord
La sua giovane lady lasciò
fino al giorno in cui il bastardo  arrivò


Mik era già corso fuori all'ultima strofa, la testa gli girava e gli martellava. La pioggia cadeva incessante e fitta, Mikarion non si era mai sentito così: era come se gli fosse stata strappata via l'anima.

Corse a perdifiato per tutta la città, dove stava andando? Nemmeno lui lo sapeva.

Il cuore gli batteva all'impazzata, sudava freddo e respirava affannosamente, le immagini erano tutte distorte, quei latrati! Ancora quei maledetti latrati!

Lo terrorizzavano e disgustavano ancora di più ora, ora che sapeva cosa significavano, correva ancora senza meta ne posa, aveva preso la spada ma non sapeva se per gettarla via o per gettarcisi sopra...

Il suo re, sua moglie e anche suo figlio, il suo piccolo Robb. Non riusciva a crederci, non voleva crederci... 

Mik si fermò poi in un campo di cui ignorava totalmente lo scopo. Era un campo vuoto, con la pioggia il terreno era tutto fangoso.

Si inginocchiò, cadde bocconi, sputando, piangendo, stritolando il terreno con le mani
poi guardò in alto e gridò. Gridò così forte che l'avrebbero sentito persino alla Barriera.

Poi estrasse la spada e con una furia tale da poter affrontare un intero esercito e vincerlo conficcò la spada nel terreno.

Dopodiché scoppiò a piangere a testa bassa.


Restò in quella posizione per parecchio tempo, non sapeva se per un'ora o una notte ma poi si alzò, non pioveva più, il cielo era sempre buio ma il mattino non avrebbe tardato ad arrivare. Mik estrasse la spada dal terreno e se la mise nel fodero sulle spalle. Fece dei lunghi respiri profondi e si mise in cammino... Verso il castello!

Camminò fino a raggiungere il portone principale, “Chi va là?!” Udi pronunciare dalle sentinelle, “sono ser Kirian. Dei Guardiani della Notte!”

La porta si aprì ed una guardia uscì e andò incontro a Mik con una torcia in mano.
“Mostrami il lascia passare. Chiunque può fingersi un corvo con una cappa nera sopra, ma se hai il lascia passare sei veramente un corvo, e posso farti entrare.”
Mik mostrò il lascia passare che aveva rubato al vero ser Kirian. La guardia controllò, poi fece cenno a Mikarion di entrare.

Il giovane Karstark seguì il soldato per i meandri di Karhold. Quanti ricordi che ora affioravano nella sua mente, passarono la sala delle riunioni familiari, il grande salone, poi passarono ai piani superiori dove si trovavano i solarium. Mik si fermò un attimo davanti al suo, la porta era chiusa. Lui la aprì e guardò la sua stanza rimanendo comunque sulla soglia, era più piccola di come la ricordava.
“Ehi!” Gli gridò la guardia, “non si curiosa nella stanze dei padroni chiaro?” Mik annuì, chiuse la porta del suo solarium e proseguì dietro al soldato.

Ricordava la prima notte di nozze, ricordava Anne e cercava di immaginarsi come fosse Robb ma ogni volta che lo faceva sentiva le sue grida disperate. Allora smetteva di pensarci e si concentrava sulla missione. “Di chi era quella stanza?” Chiese Mikarion cercando di sondare il terreno. “Apparteneva a Mikarion Karstark” disse il soldato. “E dove si trova ora?” Chiese il finto ser Kirian cercando di ottenere quante più informazioni. “È morto! Era partito per la guerra al fianco di Robb Strak. Poi alle nozze rosse hanno sgozzato pure lui.” Detto questo il soldato rise con voce gutturale.

“Perché ridete?” Chiese Mik, “perché il giovane Mikarion poteva sopravvivere alla guerra, sarebbe bastato scegliere la parte giusta e andarsene insieme agli altri Karstark anziché continuare a combattere per Robb Stark e così morire.”

Mik non parlò più e continuò a camminare. Alla fine raggiunsero gli alloggi di Harrion, “be eccoci arrivati” disse il soldato. “Ti ringrazio per avermi accompagnato.” Disse Mik, poi bussò alla porta. “Avanti.” Sentì pronunciare dalla stanza, allora entrò.

Si pose in piedi davanti a suo cugino che stava sdraiato a letto con una ragazza molto più giovane di lui. “Salute lord Karstark” lo salutò da sotto il suo cappuccio. Harrion si alzò dal letto e indosso una camicia e un paio di pantaloni, “cosa vuoi?” Disse con un tono che lasciava intendere: - dì in fretta quello che vuoi e vattene al più presto- .
  
Mik gli si avvicinò sovrastandolo: “chi è venuto qui? Cos'è successo dopo le nozze rosse? Che hanno fatto i Bolton?” Lo disse con voce bassa e rauca quasi da sembrare uno spettro. Harrion indietreggiò e si sedette sul letto con fare spaventato, “chi sei tu demone nero?” Chiese.
Mik si tolse il cappuccio. Harrion sgranò gli occhi e restò a bocca aperta: “Mikarion.”

Il falso corvo annuì, poi controllò che la ragazza stesse dormendo: non voleva orecchie ne occhi indiscreti in quella stanza. “Ti credevo morto...” Disse Harrion sempre più stravolto, Mik estrasse la spada e la punto alla gola del cugino. Non aveva mai avuto simpatia per i suoi cugini, tranne che per Alys: l'unica con cui si trovava bene. “Dove sei stato oggi Harrion?” Chiese Mik con tono inflessibile. Il cugino scosse la testa e agitò le braccia: “dobbiamo fare quello che dice, dobbiamo farlo o moriremo...” E intanto singhiozzava, “Quando è morto Stark i Bolton hanno giurato fedeltà al Trono di Spade, e così facendo sono diventati i protettori del nord, non possiamo ribellarci, se lo facessimo ci ucciderebbero tutti lo capisci o no?”

Mik rimase scosso. Harrion proseguì: “hanno punito tutti i traditori, li hanno uccisi tutti... Tutti scuoiati vivi... Uomini, donne, bambini...” Harrion si mise a piangere e si coprì la testa con le mani. “Hanno ucciso tuo padre, Mik. Mi hanno costretto a rinchiudere Alys nelle segrete o avrebbero scuoiato anche lei...”

“Poi arrivò lui... liberò i suoi cani, e uccise tutti.” Harrion piangeva amaramente, “la ragazza stringeva ancora il piccolo tra le braccia... I cani lo sbranarono... Lui stuprò lei e poi la scuoiò” Il cugino si abbandonò a singhiozzi lunghi e rumorosi. Mik si sentiva distrutto, annientato ma non si poteva fermare. No! Lo doveva ad Anne e suo figlio. “Chi è -lui- Harrion?” Chiese Mik, Harrion scosse la testa e non rispose...

“Chi è !?” Gridò Mik. “Ramsay!” Rispose il cugino: “Ramsay Bolton.” Pronunciò quel nome come quello di un demone. “Comanda lui ora e mi ucciderebbe se sapesse che sei qui...” A quelle parole Harrion si interruppe e guardò Mik negli occhi.

“Mi ricompenserebbe immensamente se ti consegnassi a lui...” Mik fu assalito da un terribile presentimento: “non farlo” disse.  “Gua...” Prima che Harrion potesse finire di gridare Mik lo aveva già infilzato da parte a parte, Harrion sputò sangue. Mik lo depose sul letto e uscì dalla finestra.

Mentre scalava la parete scendendo sentì uno strillo, la ragazza doveva essersi svegliata. Mik si tenne basso quando toccò terra, i soldati si muovevano in modo confuso e correvano di qua e di là in cerca del misterioso assassino del lord di Karhold. Mik avrebbe voluto liberare Alys ma con il trambusto che si era creato non poteva rischiare di essere scoperto. 

Conosceva tutti i passaggi segreti della fortezza, ne scelse uno: quello che portava allo scarico fognario, passò per le fognature e poco tempo dopo si ritrovò in città dove risalì lo scarico e uscì fuori dalla fognatura. Le guardie erano dispiegate anche in città, avevano fatto sbarrare le porte ed avevano messo sentinelle ovunque.

Riuscì a ricongiungersi con la compagnia di futuri corvi, che in realtà era andata per le case a reclutare persone, rimise il lascia passare nella tasca di ser Kirian e salì sul carretto che portava i viveri.

Alla porta furono però fermati, e il lascia passare di ser Kirian non valse a farli andare via, per ordine del generale nessuno doveva lasciare la città. Mik era solo, sul carro del cibo, le porte stavano per essere chiuse. Il giovane Karstark, frustò i cavalli e li lanciò a tutta velocità verso la porta, i soldati tentarono di fermarlo ma Mik riuscì ad oltrepassare le porte. I soldati allora montarono a cavallo e lo inseguirono, Mik si infilò nella foresta.

 Con il carretto appresso era difficile manovrare ma lui conosceva bene i sentieri della foresta.

I soldati gli tennero dietro ma a lungo andare furono dimezzati. Alcuni si perdettero, altri caddero da cavallo, altri ancora se ne andarono. Solo il comandante e tre soldati gli stavano ancora alle calcagna Mik arrivò in una radura, un soldato gli stava davanti , lui lanciò il cavallo in una corsa dall'altra parte ma anche lì un soldato. Mik si trovò circondato, un soldato lo caricò a lancia tesa. Il finto corvo sguainò la spada si abbassò e quindi schivò il colpo, poi colpì il soldato tagliandolo a metà.

Gli altri gli balzarono addosso insieme: Mik prese la lancia del soldato morto, la lanciò e colpì il comandante che cadde a terra , gli altri lo attaccarono con le spade: Mik parò ogni fendente, stando sul carretto, e li uccise entrambi.

 

Il sole stava sorgendo sul nord, Mikarion Karstark conduceva il suo carro verso nord, verso il Castello Nero. Lì avrebbe potuto incontrare Jon Snow e convincerlo a prendere in mano la causa del fratello. Sotto un nuovo re il nord avrebbe potuto unirsi e distruggere i Bolton.

Il suo re era morto, anche sua moglie e suo figlio... Lui però era ancora lì e li avrebbe vendicati, non importa quanto gli sarebbe costato.

Li avrebbe vendicati!

 

 

 

Ciao a tutti amici! Ecco a voi la parte 2 di “Ritorno a Karhold” Credetemi, sono felice di pubblicare questo episodio e spero proprio che vi piaccia, commentate cosa ne pensate, e ci vediamo prestissimo per un nuovo episodio. Ciao Ciao!! 
 

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Capitolo 8
*** La strada da seguire ***


La stanza è ampia, tetra ed illuminata scarsamente dalla pallida luce che entra

dalla grande finestra a sinistra della scrivania. Sono piuttosto nervoso, mio padre ancora non ha distolto lo sguardo dalle pergamene sulla scrivania. Lo fa apposta, sa che sono nervoso e che non sono paziente, lo fa apposta a farmi aspettare. Per farmi innervosire e costringermi a tradirmi con le parole. Come ogni volta mi da l'aria di chi sa già cosa gli stiano per dire, mi chiedo allora che ci faccio qui.

 

Mio padre sta ancora leggendo le lettere, non so se le stia leggendo veramente o se stia semplicemente fingendo solo per tenermi in ansia. Sono troppo nervoso, mi metto a camminare avanti e indietro per sala sperando di attirare la sua attenzione, o quanto meno di dargli abbastanza fastidio da costringerlo a parlare.

 

È molto bravo a mantenere il controllo dei nervi, non ho assolutamente preso da lui in questo. Torno nella mia vecchia posizione, ovvero: in piedi di fronte alla scrivania leggermente spostato alla mia destra cioè alla sua sinistra.

Sto perdendo la pazienza, ho voglia di ammazzare qualcuno. Mi schiarisco la voce e tossisco sperando di attirare la sua attenzione. Da quando sono entrato non fa che fissare quelle fottute carte! E io lo so che continuerà ancora per un bel po', finché non gli implorerò di ascoltarmi. Ma se vuole che cada sulle mie ginocchia e lo preghi di ascoltarmi si sbaglia di grosso.

 

Raschio il pavimento con il piede, sempre più nervoso e irritato. Ultimamente mi ignora troppo per i miei gusti e non posso continuare a tollerarlo, a quanto pare mi ritiene irrequieto, instabile e pericoloso per me stesso. E quando lo dice intende che tendo a farmi troppi nemici, ma per me non è un problema. Io i miei nemici li uccido, non ho paura di loro. Non sono le lettere o i giuramenti che mantengono il potere, è la paura! La paura e il sangue!

 

“Se preferisci che me vada basta dirlo.” Azzardo rompendo il tetro silenzio della sala.

 

“Come preferisci.” Risponde lui non scomponendosi minimamente e continuando a guardare una pergamena. Scuoto piano il capo innervosito sia per la risposta che per il modo in cui è stata data.

 

Mi volto e mi avvio verso l'uscita, con ritmo rapido. “Dunque come procede la caccia?” Mi fermo e resto lì immobile dove sono. Ha vinto lui, voleva esasperarmi a tal punto da farmi andare via e poi chiedermi il resoconto. A lui piacciono questi giochetti psicologici, torturare la propria vittima, esasperarla fino a farla impazzire tanto che questa desideri di porre fine alle proprie sofferenze.

 

Devo riconoscerlo: molto astuto. Forse ho preso da lui più di quanto io pensi. Lui indubbiamente è uno stratega migliore ma io sono dieci volte più feroce.

Mi volto e lentamente torno alla mia vecchia posizione. “ Ho inviato più di due plotoni. E i miei migliori mastini.” Dico con tono incisivo, anche se in effetti non ho più notizie di quegli uomini da troppo tempo. Detesto non avere le cose sotto controllo! “Anche i Frey ci hanno messo parecchi uomini, e con il loro aiuto staneremo i ribelli.”

Mio padre continua a leggere, o fingere di leggere, una lettera piuttosto piccola ed ingiallita. Vorrei proprio sapere a cosa sta pensando. “Sembra che a Karhold si sia scatenato il caos. Lord Harrion è stato assassinato, e la città è ridotta ad un focolaio di tumulti. Il generale è convinto che ci sia un Guardiano della Notte dietro tutto questo.” Mi sembra incredibile crederlo, dopotutto i Guardiani non dovrebbero interferire con le faccende di stato, inoltre che interesse potrebbe mai avere un Guardiano della Notte ad attaccare una roccaforte, uccidere il lord e far scoppiare una guerra civile. “Deve essere per forza stato uno do quei ribelli, a quanto pare i loro atti terroristici si sono spostati anche nel nord.” Affermo. Sono più che convinto che sia così e mio padre sarà costretto a darmi ragione. “Se perdiamo i Karstark saremo solo ad un passo dalla rovina. E non possiamo permetterlo.” Afferma mio padre sempre guardando quelle carte, e parlando con quel suo solito tono pacato.

 

“Dunque cosa proponi di fare?” Chiedo con tutto il garbo che mi è possibile. Lui alza lo sguardo verso di me, poi sospira e si alza dalla sedia: “i Karstark potranno rimanere nostri alleati se avranno qualcuno dei loro a comandarli, qualcuno che conoscono e di cui si fidano.” Cerco di capire dove voglia andare a parare, ma più mi avvicino alla risoluzione più spero che sia sbagliata. “I Karstark sono tutti morti padre.” Dico allargando le braccia e guardandomi intorno per fargli capire che è una cosa ovvia e risaputa.

 

Lui sospira ancora e scuote la testa guardando verso il basso. Lo odio quando fa così!

Mi considera un'incapace avventato ed impulsivo, ma non sa che posso essere anche molto astuto. Mi sottovaluta, e io non lo tollero. Comincio a pensare che non dovrei continuare a farlo... “Alys Karstark.” Dice lui con tono calmo e nel contempo deciso. Il classico tono di chi si impone sugli altri ma senza il bisogno di alzare la voce.

 

“Tu non sei sposato figlio mio, e un matrimonio con la legittima erede di Karhold ci aiuterà a mantenere l'alleanza con i Karstark.” Io non credo che sia l'unico modo per riallacciare i nostri rapporti di alleanza, di nuovo allargo le braccia e faccio una smorfia di velato dissenso: “non serve che mi sposi. Basta che vada a Karhold e la conquisti.” Taglio corto, “mi basta dar fuoco alla città, placare la rivolta e tutto sarà sistemato. Non sei d'accordo?” Ho proprio voglia di tornare a Karhold. Non ci vado da quando ho fatto sbranare alle mie ragazze quel piccolo sgorbio urlante. Solo a pensarci a stento trattengo le risa. E sua madre era davvero molto bella, sarebbe stato un peccato ucciderla e basta.

 

“Attaccare la roccaforte dei nostri alleati numero uno?! Provocando una reazione di sdegno in tutto il nord?! Aumentando il numero di quei sporchi ribelli?! Minacciando l'esistenza stessa della nostra casata?!” Mio padre, è davvero su tutte le furie. Ed è incredibile come anche da arrabbiato riesca a mantenere lo status quo. “Se ti crei la fama di essere un cane rabbioso, sarai trattato come un cane rabbioso. Sarai preso ucciso e dato in pasto ai maiali.” Non faccio in tempo a replicare, che la porta dietro di noi si apre.

 

Il gran maestro Walkn compare sulla soglia con un largo sorriso disegnato in volto, compie qualche passo e poi si ferma guardando mio padre.

“ Miei signori.” Introduce, “Lady Walda ha partorito...” Nel momento stesso in cui pronuncia quelle parole mi sento avvampare, -non deve essere un maschio, non deve essere un maschio, non un maschio, non un maschio.- Spero e prego che non sia un maschio, o il mio posto come lord di Grande Inverno sarà definitivamente compromesso.

 

Per interminabili secondi aspetto la risposta del maestro... Eccola! “Un bel maschietto. Con guance rosse e sano.”

 

Sento come se stessi sprofondando, le mie peggiori paure si sono concretizzate. No! Non lo posso più tollerare, devo riprendere il controllo della situazione!

“Congratulazioni mio lord.” Conclude il maestro con aria soddisfatta e compiaciuta.

 

Roose Bolton si volta verso di me guardandomi negli occhi. I suoi occhi grigi sono sempre inespressivi, ma questa volta riesco a comprendere il messaggio. Si aspetta le mie felicitazioni, bene allora le avrà. Eccome se le avrà!

 

Mi avvicino a lui e lo stringo in un abbraccio forzato, ma abbastanza credibile. “Congratulazioni padre.” Mi sciolgo dalla sua stretta: “desidero vedere il mio nuovo fratello.” È incredibile che sia costretto a farlo, non ho mai voluto. Non è mai stata mia intenzione. “Tu sarai sempre il mio primogenito.” Afferma Roose Bolton, sempre guardandomi negli occhi.

 

“Grazie padre. Questo significa molto per me.” Forse non mi avrebbe mai sostituito ma non posso permettermi di lasciarlo vivere...

 

 

 

Cammino velocemente verso la massiccia figura di lady Walda, che sta coccolando il pargolo, nel centro del cortile principale. Bene allora il gran maestro mi ha obbedito.

 

Arrivo davanti a loro: “eccolo qui.” È tutto quello che mi viene in mente, in effetti è un bene che muoiano anche loro; così mi sarà più facile elaborare la morte di mio padre. Lui aveva fatto il suo corso, era reliquia del passato ma era pur sempre mio padre. È parte di me. E non devo dimenticarlo. “Non è bellissimo!?” Esclama Walda mostrandomelo meglio, ma sempre tenendolo in braccio. “Posso prenderlo?” Domando con velata timidezza. Quel tono che non è tono da ordine, ma riesce ad impietosire l'interlocutore, a tal punto che sarà costretto ad obbedire.

 

Lady Walda sembra alquanto riluttante, ma poi accetta e mi porge il piccolo. È un peccato che debba fare una così brutta fine, ma o me o lui.

 

“Fratellino.”

 

 

Non è stato difficile convincere lady Walda a seguirmi, si fida. Anche se non so fino a che punto. Solo un idiota non si accorgerebbe che questo non è il genere di posto dove il tetro e quieto lord Roose Bolton chiederebbe una riunione di famiglia al completo.

 

Le gabbie sono tutte aperte, le mie povere ragazze hanno fame. E direi che gli è andata bene, sarà un pasto alquanto sostanzioso. La donna continua a supplicare, ma ora è diverso: non supplica più per se stessa, ma per suo figlio. No, non posso continuare a sentirla implorare sono stufo.

 

“Ti prego Ramsay...” Detesto che mi si preghi! Tuttavia il fatto che mi si prega spesso potrebbe suggerire di me una natura divina. Che non sarebbe affatto male... Sì potrei essere un dio... Oppure un demone...

 

“Ramsay... È tuo fratello...” Il mio sguardo è fisso sulla mia prenda, come un segugio a caccia. Prima visualizza la sua preda, poi la costringe a mettersi in trappola e quando questa lo ha fatto la uccide, ma solo dopo averla fatta disperare atrocemente.

 

“Preferisco essere figlio unico...”

 

 

 

 

Il carro procedeva lentamente sulla strada coperta dalle piante che negli anni l'avevano invasa conquistandola. Le ruote schiacciavano i rametti secchi causando quei piccoli -crac- che andavano a tempo con il passo del cavallo.

 

Il cielo era grigio il giorno e nero la notte, i viveri erano abbastanza considerando che il viaggio, comunque, non sarebbe stato troppo lungo.

 

L'uomo che portava il carro agiva e basta, le sue giornate erano tutte uguali. A vederlo sarebbe sembrato un corpo senza anima, mosso da chissà quale forza mistica verso la sua meta.

 

La sua anima era stata fatta a brandelli, ed ogni giorno non poteva fare a meno di pensare a ciò che aveva perso. E più ci pensava più si rendeva conto che l'avventura che aveva intrapreso lo aveva portato solo a perdere, e mai una volta a vincere.

 

Quando era partito era sicuro delle sue intenzioni e di ciò che voleva fare, ma ora non sapeva più nemmeno lui cosa voleva. Ammesso e non concesso che volesse ancora qualcosa... Restando solo qualche giorno aveva avuto occasione di pensare, di pensare al suo retaggio, alla sua esperienza. E si era visto costretto ad ammettere che aveva fallito. Aveva fallito nel proteggere il suo re, nel proteggere la sua famiglia, nel proteggere i suoi compagni, i suoi amici... La sua casa. -Perché lo sto facendo?-

Si domandava di continuo, e la risposta che si dava era sempre quella: -che altro mi resta da fare!?- Che in realtà era quasi più una domanda che una vera risposta.

 

Non aveva nessun posto dove andare, o qualcuno da cui ritornare. Tornare da Harry? Ci aveva pensato ma anche l'avesse fatto? Come sarebbe evoluta la sua vita? Cosa avrebbe potuto fare, continuare a combattere? E per cosa...? Per chi...?

 

Ora guardava quella lettera: la lettera che aveva preso da quel soldato morto alle Torri Gemelle. La lettera che il suo re gli aveva dato da dare a Jon Snow.

 

Mik ricordava Jon, lo aveva visto qualche volta quando con la sua famiglia si era recato a Grande Inverno, da Eddard Stark in persona.

 

L'ultima volta che aveva visto Jon era stato la sera in cui Robert Baratheon si era recato a Grande Inverno per chiedere a lord Stark di seguirlo ad Approdo del Re, e prendere l'incarico di Primo Cavaliere. Lo ricordava bene: seduto al tavolo dei dimenticati, con lo sguardo imbronciato. In un certo senso Mik notava una certa somiglianza tra loro.

 

Mik era sempre stato un ragazzo incline al riso, sempre con la battuta pronta. Poi si era trasformato in un ragazzo taciturno e perennemente imbronciato. Erano stati i suoi fratelli, e suo padre a ridurlo così.

 

Sì. E ora dov'erano loro, con tutta la loro furbizia!? Loro che si erano sempre creduti migliori, dov'erano!? Erano a marcire sotto terra, mentre Mik era ancora vivo.

 

In realtà dentro di se il giovane Karstark li invidiava. Lui era ancora lì, in quel mondo di merda. A subire gli eventi, e a tentare di ribaltarli. Venendo sempre sbalzato indietro. E continuava quel suo viaggio, che più che un viaggio verso nord era un viaggio verso se stesso per Mik. Un viaggio per riflettere, per autocommiserarsi e chissà forse anche, per dimenticare.

 

 

 

Una notte Mik si fermò, come tutte le notti. Accese il fuoco per scaldarsi, ma si sentiva lo stomaco chiuso. E quindi non mangiò niente. Era vicino ad una foresta, non sapeva nemmeno lui quale. Seduto su una roccia davanti al fuoco rimirava la foresta, che nonostante il suo nero aspetto tetro gli suggeriva sicurezza e quiete.

 

Come avrebbe voluto addentrarsi in quella foresta e perdervisi dentro. Senza preoccupazioni ne pensieri. In pace... Finalmente.

 

All'improvviso sentì un rumore, si alzò e sguainò la spada piuttosto rapidamente. Poi attese, il vento soffiava tra gli alberi e gli uccelli notturni emettevano i loro versi bizzarri. Mik attese, un altro rumore! Questo era stato più forte, come se la creatura che lo provocava si facesse sempre più vicina. Mik si mise in guardia, avanzò di qualche passo e si preparò a colpire. Una figura si stava avvicinando a lui, e man mano che si avvicinava si faceva più vivida e riconoscibile, sembrava... No! Era... Un lupo!

 

 

Mik restò immobile, il lupo uscì dalla vegetazione e avanzò verso Mik. Vento Grigio! Fu subito il pensiero di Mik, ma poco dopo l'uomo ci ripensò: -no, non è Vento Grigio, ma è un Metalupo. E i Metalupi a sud della Barriera sono solo quelli...-

 

Mik lasciò cadere la spada e cadde sulle sue ginocchia, non aveva idea di chi fosse quel Metalupo, ma aveva una paura indescrivibile che fosse venuto a punirlo. A punirlo per aver pensato di andarsene e di tradire gli Stark. Come uno spirito, lo spirito di Robb venuto per castigarlo...

 

L'animale si avvicinò fino ad arrivare muso a faccia con Mik. L'uomo guardava la bestia e la bestia ricambiava il suo sguardo, i suoi occhi neri erano fermi e penetranti, sembrava quasi che stessero leggendo l'anima dell'uomo e che lo stessero giudicando.

 

Mik guardava il Metalupo, ma nei suoi occhi leggeva solo delusione. Non poteva abbandonare tutto quello, tutto ciò per cui aveva combattuto, sofferto, pianto. La morte di Robb non doveva essere la fine, ma un nuovo inizio. Il Nord non poteva essere lasciato solo...

Condannato ad un'eternità di terrore. Tutte quelle povere persone non ne potevano portare il peso... Ma Mik poteva, era per quello che era sopravvissuto, era per quello che stava andando al Castello Nero.

 

Non si poteva fermare, o tutti i sacrifici di quelle persone sarebbero stati vani... Robb, Anne, suo figlio, non potevano morire invano, non poteva lasciare che i loro assassini restassero impuniti!

 

Il discorso che Mik aveva fatto alle sue truppe... Ora era a se stesso che lo stava facendo. Il giovane Karstark sentì una voce dentro di se che gli diceva di andarsene e di arrendersi... No! Ora era tempo di colpire veramente, ora era tempo di scatenare la vendetta di Robb Stark! Perché il nord ricorda... Il nord non dimentica!

 

Lentamente si alzò in piedi e sentì una nuova energia crescergli dentro, “vieni con me.” Disse al Metalupo, poi salì sul carretto e riprese la marcia verso nord. Si voltò indietro, il lupo non c'era più. Si voltò ancora in avanti, e lo vide lì! La luna era alta nel cielo, il lupo ululò: Mik lo sentì: quell'ululato, era l'ululato del nord... Il nord si era risvegliato, e reclamava vendetta. Mik proseguì, e il lupo gli venne dietro.

 

 

Una mattina: gelida e pallida eccolo all'orizzonte... Il Castello Nero! Mik sorrise e diede ordine al cavallo di proseguire. Il carretto era sempre affiancato dal meta lupo.

Mik giunse al portone, e lì fu accolto dal classico ma sempre valido: “chi va là!?”

 

“Vengo da Karhold. Porto acqua e viveri per il Castello Nero.” Il giovane Karstark sorrise, i Guardiani della Notte erano così morti di fame che non si sarebbero fatti problemi ad aprire agli Estranei se questi fossero stati in possesso di un po' di carne di manzo.

 

Il portone si aprì. Un Guardiano venne incontro a Mik, “Beh, che hai portato? Chi sei?” Mik non fece in tempo a rispondere che il tizio si diresse dietro il carretto, per vedere cosa conteneva. Vi entrò, e poco dopo vi uscì lamentandosi che la carne non era ben conservata, e comunque poca.

 

Solo dopo si accorse dell'animale, e quando lo vide chiamò altri suoi compagni.

In poco tempo Mik fu assalito da domande come: “ma è tuo? Dove l'hai preso? Sei un Guardiano della Notte? Come si chiama il lupo? È maschio o femmina?”

 

Mik non rispose e cercò invano di zittire quei curiosi, e rispose alle loro domande con un'altra domanda: “dove si trova il lord comandate?” Quella domanda ebbe lo stesso effetto che può avere vedere qualcuno morire: zittì tutti.

 

Il Guardiano che aveva accolto Mik si impose: “il lord comandante non può vedere nessuno, quindi ora ci aiuti a scaricare i viveri e poi te ne vai.” Mik sentì l'ira crescergli dentro a dismisura e ribatté allontanando quel tizio dal carretto spingendolo : “sta a sentire, io non ho: preso tre dardi in corpo, ucciso mio cugino, sfidato un'intera guarnigione, attraversato il nord per arrivare fin qui. Solo per scambiare quattro chiacchiere con un miserabile attendente. Chiaro!?”

 

L'uomo lo guardò, subito sembrava intimorito ma poi si mise davanti a Mik guardandolo come un ufficiale superiore guarda un soldato disobbediente: “farai quello che ti ho detto... Chiaro?” Aggiunse con tono di sfida. D'un tratto il meta lupo iniziò a ringhiare rivolto verso l'uomo in nero, che indietreggiò piano.

 

“Tienimi lontano quell'animale o sarà peggio per te!” Mik fu sul punto di sguainare la spada... “Ed!” S'impose una voce sulle altre, tutti alzarono lo sguardo. Il lord comandante era lì: dietro il parapetto del corridoio esterno alla sua camera. Guardava i suoi uomini con il classico sguardo da comandante. Sembrava che il meta lupo attirasse particolarmente la sua attenzione ma solo un occhio abile se ne sarebbe accorto.

 

“Lascialo passare.” Disse il lord comandante. Il guardiano della notte, che a quanto Mik aveva capito si chiamava Ed, si fece da parte e lo lasciò passare.

Mik si mosse e il lupo e gli tenne dietro. Raggiunse il lord comandante e gli si affiancò, questi si rivolse nuovamente ai suoi uomini, nel cortile. “Scaricate i viveri da quel carro e stivateli.” Gli uomini si misero al lavoro mentre il comandante faceva un cenno a Mik indicandogli di entrare nei suoi alloggi.

 

Mik entrò, ed entrò anche il meta lupo. Un altro meta lupo era nella stanza: il suo pelo, bianco come neve, i suoi occhi di un rosso acceso, aveva decisamente l'aspetto di un fantasma. Le due bestie si fissarono per qualche istante, poi corsero l'una incontro all'altra, e quando si raggiunsero si salutarono con mille e più effusioni. Era da parecchio tempo che non si vedevano, e ora finalmente ritrovati: fratello e sorella erano felici come mai in vita loro. “Quella è Nymeria.” Disse il lord comandante, “c'è anche Arya con te?” Chiese, poi con tono curioso e nel contempo preoccupato. “No signore” disse Mik, “L'ho trovata mentre venivo qui. Anzi in realtà... È stata lei a trovarmi.” I due interlocutori posero ancora gli occhi sui meta lupi, che ora si erano sdraiati in un angolo a scambiare leccate affettuose. “Chiamami Jon. E siediti pure.” Disse il lord comandante indicando una sedia davanti alla sua scrivania. Mik si sedette e così anche Jon: dietro la scrivania, davanti a Mik. “Allora” esordì Jon, “a cosa devo questa visita?” Mik si sistemò meglio a sedere e parlò: “mi conosci vero?” Chiese per essere sicuro che non ci fossero problemi di quel genere. Jon annuì: “sei Mikarion Karstark, figlio di Arthor Karstark, i tuoi fratelli si chiamavano: Brandon e Rudolf.” Mik rimase parecchio sorpreso, “venivate spesso a Grande Inverno presso mio padre, io mi ricordo tutto.” Concluse poi Jon. Mik annuì ed introdusse: “Jon, vengo per conto di tuo fratello...” L'espressione di Jon Snow cambiò: sembrava decisamente più attratto ed interessato dalla conversazione. “Avrai saputo quello che è successo...” Continuò Mik cercando di avere più tatto possibile. Jon annuì piano, la sua espressione era cambiata, ora lasciava trapelare tristezza e sgomento. “Poco tempo prima di morire, tuo fratello mi disse di consegnarti questa.” Disse Mik porgendogli la lettera che Robb gli aveva dato alle Torri Gemelle.

 

Jon la prese ed iniziò a leggerla, Mik si guardò intorno: la stanza era piccola ma abbastanza confortevole, almeno per gli standard del Castello Nero, solo un letto, un tavolo da lavoro, ed un mobile come una mensola.

 

Mik vide una caraffa sul tavolo, la indicò chiedendo a Jon se poteva bere, questi annuì non staccando lo sguardo dal foglio, che sembrava averlo ipnotizzato.

Mik si verso un po' di birra nel boccale, ne mandò giù due sorsi e poi la sputò sul pavimento... Jon sorrise: “Tutti questi anni, e i Guardiani della Notte ancora non sanno fare una birra decente.” Mik sorrise e risistemò il boccale e la caraffa. Jon smise di leggere. Rimase con lo sguardo fissato il pavimento, Mik era immobile in attesa di un responso, anche i meta lupi erano fermi come se avessero capito cosa stava accadendo. Jon esitava ancora, la tensione era palpabile, Mik era proteso in avanti come per incoraggiare il lord comandante a parlare... Jon esitò ancora... Poi parlò: “Non posso...” Mik ritornò nella vecchia posizione rialzandosi, “come sarebbe a dire?”Chiese incredulo, e deluso. Jon respirò profondamente, “sono stato nominato da poco, ho appena preso il comando, i Guardiani della Notte hanno bisogno di una guida. Mi dispiace... Ma non c'è niente che possa fare.” E detto questo si alzò e uscì dalla stanza. Mik gli andò dietro, “Jon! Non puoi abbandonarci.” Il lord comandante stava uscendo per coordinare le operazioni del castello, Mik non sapeva se lo stesse facendo perché effettivamente era una cosa che andava fatta, o se lo stesse facendo solo per evitare lui.

 

“Jon! Hai una vaga idea di cosa ho rischiato per venire qui!?” Disse Mik, mentre il giovane guardiano dava disposizioni precise ai lavoratori che stavano costruendo delle difese supplementari sulle mura. Jon si voltò verso Mik: “questa non è la mia battaglia.” Disse piano, poi alzò il tono della voce, “Era la battaglia di Robb ma lui l'ha persa, e tutti quelli che combattevano con lui ora hanno perso. Non siete riusciti a salvarvi e ora rimproveri me perché non faccio quello che mi è stato chiesto da una autorità ormai estinta!? Perché non mi getto a capofitto in una causa persa!?”

 

Mik rimase impassibile: “nessuna causa è persa finché ci sarà anche un solo folle a combattere per essa.”

 

Jon annuì: “continua a raccontartela.” Poi si rivolse ad Ed: “Ed, fai avere al nostro ospite una camera.” Poi guardò Mik, e sempre rivolgendosi ad Ed disse: “ci ha aiutati... È giusto che gli ricambiamo il favore.” Poi se ne andò.

 

 

 

Mik era veramente stanco, si tolse la spada ed il mantello e si gettò di peso sulla branda della piccola stanza che i Guardiani gli avevano preparato. Non aveva mangiato niente a cena, aveva provato in tutti i modi a convincere Jon ma questi sosteneva che non aveva importanza quella guerra. Anzi che nessuna guerra ora aveva più importanza. Sosteneva che era in arrivo un nemico ben peggiore, un flagello per l'umanità, e che Mik, Harry, il re, Ramsay. Erano solo bambini che litigavano fra loro.

Mik stava lì sdraiato a pensare a cosa potesse essere questo nemico. Aveva sentito delle storie, storie che gli raccontava la sua nutrice per spaventarlo. Storie di Estranei, non morti, e altre bestie, che avevano seminato il terrore e la morte durante la lunga notte, e che sarebbero tornati più numerosi. Pronti per portare l'eterna notte... L'eterno inverno sui regni degli uomini.

Mik con il tempo aveva cessato di credere a quelle storie. E Jon Snow usava quelle favolette per giustificare la sua codardia. No! Mik non l'avrebbe tollerato.

 

Si alzò in fretta, tanto non riusciva a prendere sonno, si vestì prese la spada, se la mise a tracolla e si avviò verso la torre del Lord Comandante. La maggior parte dei Guardiani stava a dormire, fuori si trovavano solo le sentinelle. La notte era caratterizzata da un silenzio spettrale. Mik non riusciva a sentire altro che i suoi passi, mentre procedeva verso la sua meta.

Ci arrivò. Bussò alla porta, “avanti” sentì, fece un respiro profondo e poi entrò. Chiuse la porta e si pose davanti a Jon. Il giovane guardiano alzò gli occhi su di lui: “so perché sei qui. Ma io non cambierò idea.” Chiarì Jon. Mik esitò un'istante, poi parlò: “Avevo una famiglia... Un tempo.” Il silenzio era assoluto, addirittura spaventoso, “avevo una moglie, un figlio.” Mik guardò in basso e scosse la testa, “sono morti ora.” Di nuovo silenzio, “spariti. Sai, le persone, per la guerra, non sono niente. Un morto in più, uno in meno; non importa.” “Quando fanno il conto dei morti in una battaglia, guardano sempre i numeri: sono morti mille soldati, ne sono morti duemila, diecimila!” Mik mantenne lo sguardo fisso sul lord comandante. “Ma cosa è peggio? Morire? O vivere con la morte costantemente al fianco?” Mik non aveva formulato quella domanda pretendendo una risposta. “La verità è,” proseguì, “che non contano mai il numero di famiglie cui la guerra ha portato via qualcosa: mogli che perdono i mariti, madri che perdono figli, fratelli che perdono fratelli...

 

No... A quelli non pensa mai nessuno.” “Ho visto di persona come la guerra riduce la gente... Quelle persone, sono stanche della guerra. E lo sono anch'io. Ma devo proseguire perché ho giurato a tuo fratello, alla mia famiglia, che li avrei vendicati. Che avrei portato la pace a nord. Intendo mantenere la mia parola.” “ E con o senza il tuo aiuto lo farò!” Detto questo rimase immobile ad aspettare la replica di Jon.

Passò qualche minuto, Spettro e Nymeria iniziarono a ringhiare e ad agitarsi, Mik non aveva idea di cosa avessero. Jon li ignorò.

 

Poi si sporse più in avanti e scosse la testa: “non capisci... Quando i morti verranno a cercarci di notte... Credi che importerà qualcosa chi siede sul Trono di Spade!?”

 

D'improvviso un grido. Mik si girò di scatto e corse fuori seguito da Jon. Quello che vide lo fece restare paralizzato: “Ma che diavolo...” “Uomini! Armatevi! Al cortile principale! Le armi in vetro di drago! Muoversi!!” Jon Snow gridava come un ossesso, i guardiani erano visibilmente traumatizzati da quella vista, e riuscivano a stento ad eseguire gli ordini del comandante. Mik vide due cose sfrecciare verso il nemico: erano Spettro e Nymeria. Ecco perché ringhiavano prima: avevano capito che qualcosa non andava.

I guardiani della notte convogliarono tutti in un punto del cortile, di fronte alla truppa nemica. Mik sguainò la spada e si pose a fianco di Jon. Anche i meta lupi si erano disposti: Spettro al fianco sinistro di Jon e Nymeria al fianco destro di Mik.

 

Il lord comandante diede l'ordine: “All'attacco uomini!!”

 

Mik corse verso l'orda di non morti! Non riusciva a crederci stava per scontrarsi contro una leggenda, contro qualcosa a cui non credeva. Ma non era il momento di pensare. I non morti si schiantarono contro i vivi. Mik ne attaccò uno e con un fendente lo colpì al collo troncandogli di netto la testa, un altro nemico lo attaccò da dietro Mik si girò abbassandosi, poi lo colpì al corpo, il nemico parò il colpo, Mik continuò a colpire, prima di punta poi di taglio ma sempre il non morto riusciva a parare o a schivare, Mik provò un affondo, il non morto lo deviò, Mik allora si spostò piroettando prima a destra poi a sinistra, riuscì a trovare un angolo scoperto e lo colpì, uccidendo il nemico. Cercò Jon e lo vide impegnato contro uno di quei mostri, mentre un altro lo stava per colpire da dietro, “Jon dietro di te!” Gridò Mik, il lord comandante fece appena in tempo voltarsi per colpire a morte il suo assalitore. “Grazie Mik” Gridò Jon. Mik riprese la sua danza di guerra con la morte, la sua spada sembrava come un prolungamento del suo arto. La faceva roteare colpendo a morte chiunque gli si avvicinasse. Vide Nymeria azzannare un non morto, strappandogli un braccio. Spettro invece combatteva a fianco del suo padrone.

 

Mik si gettò di nuovo nella mischia, fu attaccato da un non morto: parò colpo dopo colpo ma fu spinto a terra. La creatura stava per infilzarlo, Mik rotolò di lato, il suo avversario piantò la spada nel terreno, Mik allora conficcò la sua nel collo del mostro. Il giovane Karstark si rialzò, la confusione era incredibile: i guardiani della notte erano in superiorità numerica, ma i loro nemici erano più spietati, più veloci e senza ombra di dubbio più terrificanti. Mik corse verso un nemico e lo colpì roteando con un calcio saltato. Poi lo trafisse, moltissimi altri caddero sotto i suoi colpi. Raggiunse Jon e i due si misero schiena contro schiena, insieme uccisero tutti i non morti che si avvicinavano loro.

 

Uno arrivò correndo menando un fendente alla testa, Mik si abbassò e lo colpì al petto di taglio. Jon stava combattendo contro un altro, che portava addosso un mantello nero: strappato ma ancora riconoscibile. Il comandante parò un colpo dopo l'altro, poi attaccò lui ed anche il nemico parò i suoi colpi. Ne menò uno alla testa, un altro al ventre, un altro ancora alla gola: tutti parati. Si abbassò, schivò e contrattaccò finché non lo trafisse al petto.

 

Ne uccisero altri ancora, finché non ce ne furono più. Jon era furibondo: come era possibile che i non morti avessero raggiunto il Castello Nero senza che nessuno se ne fosse accorto!? Mik respirava affannosamente, aveva visto i non morti, le leggende erano vere, Jon aveva ragione. Era così affranto, non gli aveva creduto. Doveva scusarsi assolutamente. Ma per tutto il resto della notte non fu in grado di parlargli, il lord comandante era troppo impegnato a ripulire quel macello. Così Mik tornò nella sua stanza accompagnato da Nymeria, ma non riuscì a prendere sonno.

 

“Quindi hai deciso di partire?” Chiese Jon, con tono di chi fa una domanda di cui conosce la risposta. Mik respirò a fondo: “Sì. Ho fatto una promessa.” Jon annuì, si girò verso spettro e gli grattò piano l'orecchio, “ È un peccato. Potresti esserci utile, combatti bene.” “Avevi ragione Jon. C'è una sola guerra che conta: la grande guerra... Ed è arrivata!” “Ed è per questo che devo riprendere il nord per gli Stark, i Bolton non ti aiuteranno.” Detto questo Mik uscì dall'alloggio del lord comandante e si avviò al cortile principale, sempre seguito da Nymeria.

 

Il suo cavallo era già stato preparato, aveva deciso: doveva riconquistare il nord. E una volta fatto sarebbe tornato alla Barriera per combattere la grande guerra.

Stava sistemando la borsa con l'acqua e i viveri sul cavallo quando sentì: “Dove andrai ora?” Si voltò: Jon lo aveva raggiunto, e con lui c'era anche Spettro. “Ci deve essere sempre uno Stark a Grande Inverno. Se Nymeria mi ha trovato è segno che voleva che facessi qualcosa.” Detto questo si chinò e accarezzò la femmina di meta lupo. Poi si alzò e rivolto a Jon disse: “mi guiderà da tua sorella.” Jon replicò: “ammesso e non concesso che Arya sia ancora viva e che tu riesca a trovarla, come convincerai i lord del nord a schierarsi con lei?”

 

Mik sorrise fiducioso: “non lo farò io, ma lei. E poi ho degli amici a sud. Mi aiuteranno anche loro.” E strizzò l'occhio a Jon. Questi annuì poco convinto, “non ti fermerò, spero che tu riesca a trovarla.” E detto questo porse la mano a Mik, “Jon, quando avremo riconquistato il nord torneremo qui e combatteremo di nuovo insieme. Fianco a fianco.” Replicò Mik mentre gli stringeva la mano. “Mik, mi dispiace per la tua famiglia.” Disse Jon con tono di sincero rammarico. “Anche a me.” Rispose il giovane Karstark.

 

Poi montò a cavallo e si avviò verso il portone, ma prima di varcare la soglia si girò verso Jon... Il suo amico. “Sei un brav'uomo Jon Snow. Tuo fratello lo diceva sempre.” Jon sorrise e salutò Mik con la mano: “A ddio Mikarion!” “Arrivederci Jon!” E detto questo proseguì cavalcando verso l'alba!

 

 

 

 

Riesco a sentire i rumori della gente che mi sta attorno, non li posso vedere ma provo ad immaginarmi dove possono andare e le attività in cui si cimentino. Il mondo è totalmente diverso, percepito con quattro sensi. Le giornate non sono un granché ma potrebbero essere peggio. Una ragazzina cieca agli angoli delle strade fa sempre un certo effetto alle persone. E riesco ad accorgermi quando qualcuno si avviccina a me con l'intenzione di rubarmi qualche moneta.

 

 

“Se una ragazza dirà il suo nome, quest'uomo le darà da mangiare.” Rispondo senza esitare: “una ragazza non ha nome.” “Se una ragazza dirà il suo nome, quest'uomo le darà un posto per dormire.” Di nuovo non esito: “una ragazza non ha nome.”

 

“Se una ragazza dirà il suo nome, quest'uomo le ridarà i suoi occhi.” Rimango immobile e non rispondo, so che finalmente potrei rivedere ma ho deciso di intraprendere questo cammino. Lo devo portare a termine! “ Una ragazza non ha nome.” Rispondo

 

 

Valar Morghulis ragazzi, e bentornati per un nuovo episodio. La storia continua, gli scenari cambiano, nuovi personaggi vengono introdotti. The North Remembers prosegue. Vi ringrazio e vi saluto!!

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Capitolo 9
*** La meta raggiunta ***


 

Casa sua non era molto grande, ma il prato era veramente esteso. Sua madre lo lasciava libero di scorrazzare per il campo tutti i giorni quando era piccolo. Crescendo ,invece, pretendeva che la aiutasse nei campi, e lui lo faceva, comunque. Voleva bene a sua madre tutto sommato. Quando era bambino amava girare per i campi a primavera. Gli alberi erano sempre verdi e pieni di vita, nel fosso poteva vedere i pesci che nuotavano. Il raccolto prosperava e gli uccelli riempivano l'aria con i loro canti celestiali. Quel posto sarebbe potuto sembrare un paradiso, era tutto fantastico. Non fosse che a Ben mancava un amico. Aveva tutto quello, ma nessuno con cui condividerlo.

 

A volte sognava che un ragazzo come lui veniva a trovarlo, e insieme andavano a scoprire il mondo, fianco a fianco. Felici e spensierati. Poi però Ben apriva gli occhi e si rendeva conto che era solo un sogno. Quando si svegliava andava a chiedere a sua madre: “Non posso andare a cercare qualcuno con cui giocare?” Sua madre era una brava donna ma non aveva tempo di pensare ai piccoli capricci di suo figlio. E quindi gli rispondeva che sarebbe dovuto andare a giocare da solo. Ma che avrebbe trovato presto qualcuno. E Ben per un po' di tempo aveva pensato davvero che qualcuno sarebbe venuto. Ma non venne mai nessuno, e con il passare del tempo l'arrivo di un amico sembrava sempre di più il sogno di un bambino.

 

Crescendo Ben divenne scontroso e taciturno. Ma con il diventare grande arrivò anche una svolta per lui, ciò che aspettava da anni... Un amico!

Era un tipo anziano, diceva di venire per conto di suo padre, diceva che suo padre voleva prepararlo a diventare qualcuno... Un lord. Ben rimase sconvolto: non sapeva di avere nobili origini, chiese più volte al suo maestro chi fosse suo padre ma questi non gli rispose mai. In compenso gli insegnò a tirare di spada ed a tirare con l'arco.

 

In quest'ultima attività Ben era veramente strabiliante. Diventava ogni giorno più bravo, passò dai bersagli fermi, a quelli in movimento: si appostava alla finestra del mulino e da lì tirava alle volpi ed hai gatti selvatici che capitavano da quelle parti.

 

Faceva di tutto per compiacere il suo maestro: lui era l'amico che Ben aveva sempre sognato, ora era lì e non se lo sarebbe fatto scappare. Qualsiasi cosa il maestro dicesse era una verità innegabile per Ben. Il suo amico gli diceva sempre che il suo trionfo non era lontano... Un giorno suo padre sarebbe arrivato lì e lo avrebbe preso con se, portandolo verso la gloria. Gli anni passarono e il ragazzo divenne sempre più cupo e risoluto nella sua missione. Imparò ad uccidere.... A torturare.... A mentire.

 

Faceva tutto parte dell'addestramento per diventare ciò che era nato per essere. Così diceva sempre il maestro.

 

Un giorno un gruppo di uomini a cavallo passarono per la fattoria. Ben stava aiutando sua madre nei campi, li vide e riconobbe tra loro il maestro... Corse verso di loro e lo salutò. Egli disse all'uomo che era capo della truppa: “È lui...” Rivolgendosi al giovane. L'uomo guardò il ragazzo ed il ragazzo guardò l'uomo. Fu uno scambio di sguardi breve ma intenso, gli occhi grigi dell'uomo penetrarono quelli del ragazzo... “Come ti chiami figliolo?” Chiese l'uomo. Il ragazzo rimase immobile per qualche momento, guardò il maestro: questi annuì. “M mi chiamo Ben... Signore.” Ci fu qualche esitazione, poi l'uomo annui... “Seguimi... Ben.”

 

Mentre se ne andarono in gruppo, il maestro affiancò il ragazzo e gli disse: “ora sei solo ad un passo dal tuo trionfo. Ma ricordati: se vuoi regnare devi essere pronto a compiere scelte difficili.”

Tuttavia un'abitudine che sempre lo aveva caratterizzato non lo abbandonava ancora... La sera Ben, prima di coricarsi rivolgeva sempre uno sguardo al cielo, ed era in quei momenti che si sentiva libero e sereno: poteva vagare fra le stelle, senza che nessuno lo disturbasse, fra le stelle la sua vita era diversa: era felice... Quasi sempre gli scendeva una lacrima in quei momenti. Quell'abitudine, Ben l'aveva ancora ma non l'avrebbe mai confessato a nessuno...

 

 

Fisso la città dalla finestra del solarium del lord della roccaforte. Osservo impassibile ed inespressivo il massacro. La rovina e la distruzione si sono abbattute su questa gente e sulla loro città. Il Sole Bianco è stato ammainato... Casa Karstark è ormai solo un ricordo. Come l'uomo che prese con se quel ragazzo tanti anni fa...

 

La porta alle mie spalle si apre: “Signore... La guarnigione si è arresa.” Pronuncia il comandante ansimando. “Molto bene comandante, arrivo subito.” Lui annuisce e se ne va.

Non so cosa mi prende, di solito sono sempre in prima fila per spargimenti di sangue e massacri. Ora il nord è sotto il mio completo controllo, come il maestro mi diceva sempre sarebbe stato. Mio padre non è qui a vedermi... Ho fatto una scelta. Ora devo andare avanti senza di lui...

 

“Se vuoi regnare devi imparare a compiere scelte difficili.” Quanto avevi ragione... Reek!

 

 

 

 

 

La pioggia cadeva lieve, il cielo era grigio e nuvoloso, la brezza muoveva la bandiera, che ondulava piano mettendo in mostra due torri grige perfettamente uguali in campo azzurro.

 

La ragazzina avanzava piano in mezzo a quella coda. Ogni tanto si sporgeva o a destra o a sinistra per vedere il centro della piazza, ma era troppo bassa, e le persone che aveva davanti le impedivano di vedere.

 

Non che lei non sapesse cosa stava accadendo. Voleva solo vederlo con i suoi occhi. Non riusciva a vedere sua madre. Era in un altro punto della coda. La ragazzina non poteva fermarsi tanto a lungo perché le persone davanti camminavano tirando la catena che teneva i suoi ceppi costringendola a sbilanciarsi in avanti.

 

Si guardò attorno ancora: le guardie erano ovunque, sugli spalti di legno ,allestiti per l'occasione, il figlio del lord del guado stava guardando lo svolgersi della questione. Insieme a lui c'era gran parte della sua famiglia.

 

La famiglia della bambina invece, era stata divisa: Sua madre e lei stavano percorrendo la loro ultima strada. Suo padre era stato portato in un campo di prigionia nel nord. Mentre suo fratello maggiore era già morto. Dal centro della piazza ogni tanto arrivavano carri pieni di cadaveri che andavano poi verso il fondo della coda. La ragazzina non aveva idea di dove andassero a finire, ma sapeva però di averlo visto. Aveva visto suo fratello stramazzato in cima agli altri cadaveri sul carro. Tremava...

 

 

Aveva freddo, paura e voglia di andarsene. Voleva andare via con sua madre e suo padre. Non sapeva in che campo avessero portato il padre, ma anche se l'avesse saputo non sarebbe importato... Da lì nessuno se ne sarebbe andato. Se non su uno di quei carri.

 

Ad un tratto una voce parlò, una voce su qualsiasi altro rumore. Un'unica voce per tutte quelle orecchie.

 

“Allo scopo di porre un provvidenziale arresto al deteriorarsi delle condizioni... E per garantire il bene comune.”

 

“In queste terre viene dichiarato lo stato d'emergenza!”

 

La ragazzina non vedeva chi stava parlando, avanzava tremando per il freddo e la paura, indossava una veste leggerissima e umile. D'altronde la sua famiglia era del volgo. Teneva la testa bassa e avanzava a piedi nudi verso la sua fine...

 

“Per decreto di lord Walder Frey. Legittimo rappresentante di sua maestà re Tommen della casa Baratheon.”

 

“Secondo quanto previsto dalla legge marziale. I seguenti istituti sono temporaneamente emendati.”

 

La ragazzina non sapeva cosa quella voce stesse dicendo. E poi la sua attenzione era stata catturata... Da -lei-! Si ergeva davanti ai prigionieri come un sovrano si erge sui propri sudditi. -Lei- dominava quel momento più di qualsiasi araldo blaterante.

 

“Diritto di adunanza... Prescritto!” La ragazzina a quel punto lo sentì, sentì quel rumore: Il rumore delle catene che oscillavano, le persone che prima erano in piedi sulla piattaforma non si vedevano più, si erano abbassati fino a sparire.

 

La coda continuava a muoversi in avanti, la ragazzina vedeva la morte sempre più vicina. La paura la attanagliò, per un momento era convinta che sarebbe morta lì, senza neanche dover essere eseguita.

 

La voce proseguì: “Diritto di sostegno legale... Prescritto!” Di nuovo quel rumore. La ragazzina si coprì le orecchie, basta! Non voleva! Non voleva morire. Rimase a orecchie tappate finché non toccò al suo gruppo.

 

I prigionieri venivano eseguiti a gruppi di cinque. La voce parlò ancora: “Per decreto: qualsiasi persona condannata per tradimento, o che assista una persona condannata per tradimento, o che si accompagni a una persona condannata per tradimento... Sarà appesa per il collo finché morte non sopraggiunga.”

 

La ragazzina non sapeva neanche con quale forza lo stava facendo. Pian piano salì le scale, e si mise sotto il suo cappio.

 

La catena teneva i cinque tutti uniti, il boia vedendo che la bambina non arrivava al cappio sistemò un barilotto sotto di esso, prese la bambina e ce la mise sopra. Poi le sistemò la corda al collo.

 

 

La ragazzina non tremava più. E nemmeno piangeva, era colma solo di rassegnazione, guardò il carro arrivare: pronto per prelevare lei e gli altri quattro una volta morti. La catena li teneva tutti uniti come un collana: la collana della morte!

 

La ragazzina guardò gli altri condannati: uno era un vecchio piccolo e tremante, un'altra era una donna più o meno sui quarant'anni; probabilmente anch'essa una madre. Gli altri due erano dei ragazzi, vent'anni o qualche anno di meno. In genere i giovani venivano portati nei campi, ma quelli malati o storpi o comunque in condizioni non idonee ai lavori forzati venivano uccisi. Quei due infatti erano piuttosto malaticci.

 

La ragazzina non conosceva nessuno di loro, ma sentiva come se li conoscesse da sempre. Davanti alla morte si è tutti uguali... Tutti impotenti.

 

 

 

 

La ragazzina guardò la folla sotto di lei ma non riuscì a vedere sua madre. Sarebbe morta lontano dalla sua famiglia. D'un tratto le venne in mente suo padre, lui le diceva sempre che non bisognava avere paura della morte. Perché la morte è solo una tappa in un percorso più grande.

 

 

 

Il boia si avvicinò alla leva... La ragazzina chiuse gli occhi.

 

 

 

Erano passati parecchi giorni da quando Mik aveva attraversato l'incollatura lasciandosi così il nord alle spalle. Non aveva la minima idea di dove Arya Stark sarebbe potuta essere, per lo più si affidava a Nymeria. Lei d'altro canto non aveva seguito alcuna pista, col fiuto, negli ultimi giorni. Aveva semplicemente guidato il passo, e Mik le era andato dietro.

 

Camminarono ancora per alcuni giorni finché non raggiunsero un piccolo villaggio nelle terre dei fiumi. Il paesaggio era veramente incantevole: il piccolo villaggio era immerso nel verde in una zona pianeggiante circondata da alture cosparse di alberi, Mik credette di vivere un sogno: non vedeva un luogo del genere da talmente tanto tempo che si chiese se in effetti avesse mai visto luoghi simili. Mik guardò il villaggio dall'altura su cui si trovava: le persone lavoravano tranquillamente, stavano mettendo in piedi una struttura che completata avrebbe dovuto essere una casa, almeno così pensò Mik.

 

Lentamente, il giovane Karstark, scese la collina verso il villaggio, sempre seguendo Nymeria. Quando arrivarono giù entrarono nel villaggio e fu lì che Nymeria si sedette e non si mosse più. Mik la chiamò più volte, scese da cavallo e provò anche a spingerla e ad alzarla, ma lei non si mosse affatto.

 

Ad un tratto Mik sentì una voce alle sue spalle: “i sette siano con te amico mio.” Il giovane si girò e vide un uomo in piedi davanti a lui che sorrideva, era vestito come un umile contadino ma Mik notò che portava al collo la collana dell'ordine dei septon.

 

“Ne avrei bisogno davvero, in effetti.” Rispose Mik mentre continuava a spingere Nymeria. “Come posso aiutarti?” Si propose l'uomo, Mik smise di spingere il meta lupo, perché tanto aveva capito che da lì non si sarebbe mosso. Si girò verso l'uomo e rispose: “sto cercando una persona, e finora ho seguito lei,” disse indicando la femmina di meta lupo, “ma ora si è fermata come se...” Mik ci pensò su... “Come se quello che stessi cercando si trovasse qui.” Disse poi, con aria di chi ha finalmente trovato ciò che cerca. “Amico, stiamo per sederci insieme a mangiare. Puoi unirti a noi. Se la persona che stai cercando si trova qui allora la vedrai a pranzo.”

 

Mik esitò, non si fidava a pieno e l'uomo lo aveva capito facilmente.

“Non ti fidi di me. Non è così? Probabilmente non ti fidi di nessuno.” Introdusse. Mik guardò in basso ed esitò un poco: “l'ultima volta che sono stato invitato a mangiare da qualcuno, non è finita molto bene.” Disse con tono di rancore riferendosi alle nozze rosse. “Probabilmente chi ti ospitato non era un tipo molto cordiale, ma ti posso assicurare che nessuno ti farà del male. Qui non abbiamo armi.” Concluse il septon.

 

Mik esitò ancora, poi guardò Nymeria, lei ricambio il suo sguardo. D'altronde se veramente la femmina di meta lupo si era fermata perché avevano trovato Arya non poteva non andare. Quindi accettò; fu accompagnato dal septon ad un tavolo in legno in mezzo al piccolo villaggio immerso nel verde, mentre passava tutti guardavano Nymeria e si scambiavano commenti assortiti su di lei e lui.

 

Mik prese un posto a tavola e si guardò intorno: non vedeva Arya, le persone erano tutte vestite molto umilmente, le case erano tutte costruite in legno, quelle persone vivevano di ciò che coltivavano e allevavano. -Gente semplice- pensò Mik, sembravano completamente estranei alla guerra e a tutto ciò che accadeva attorno a loro. Prima di mettersi a mangiare pregarono insieme, Mik non lo fece ma li osservò: e fu allora che vide un uomo prendere la sua reazione di cibo ed appartarsi vicino ad una roccia lontano dal tavolo. Mik allora si alzò e andò verso di lui, gli uomini di quel villaggio erano tutti abbastanza piccoli ma quello era veramente massiccio.

 

Mik si girò per vedere dove fosse andata Nymeria, non la vide. Probabilmente era a caccia nei boschi sulle colline. Il giovane tornò alla questione: -straniero-. Si avvicinò a quell'uomo finché non gli si pose davanti. Questi alzò lo sguardo dal piatto e guardò Mik negli occhi: “che cazzo vuoi!?” Chiese senza girarci troppo attorno, il ragazzo ci rifletté un attimo, poi capì: quel volto mezzo bruciato, la stazza, il carattere... Ma certo! Quell'uomo era il Mastino! Sandor Clegane in persona! Ma che diavolo ci faceva lì? Pensò Mik. “Tu sei Sandor Clegane.” Disse.

 

Questi non alzò gli occhi dal suo pasto: “e allora?” chiese non curante, “come ha fatto la guardia personale del re finire in un villaggio sperduto come questo?” Chiese Mik sedendosi vicino al Mastino. Questi sembrava estremamente seccato dalla presenza del giovane Karstark, e quindi non rispose. Mik fece per parlare di nuovo ma fu interrotto, “L'ho trovato io.” Il ragazzo si girò e davanti a lui vide il septon ritto davanti a loro: “quando l'ho trovato era ridotto male: ferite ovunque e l'osso gli schizzava fuori dalla gamba. Ho pensato che fosse morto... Poi quando ho provato a spostarlo ha tossito.” Rise, con sincero divertimento, “ti giuro che me la sono fatta sotto.” E rise ancora, Mik gli fece eco, Clegane continuava a mangiare. Il septon proseguì: “Allora l'ho caricato su un carretto e l'ho portato qui.” Mik annuì: “chi l'aveva ridotto così?” Chiese poi, stavolta Clegane alzò lo sguardo; e guardò proprio Mik.

 

“Una ragazza.” Rispose il septon. “A sentire lui.” Aggiunse poi. Mik sorrise di nuovo.

 

“Dimmi amico. La tua bestia è pericolosa?” Chiese il vecchio, “Chi Nymeria? No. Non vi farà del male, almeno finché ci sarò io.” Rispose il ragazzo. “Senti che ne diresti di farci un piccolo favore?” Chiese l'uomo rivolto a Mik, questi sentiva che era moralmente obbligato ad aiutarli in cambio della loro accoglienza. “Di cosa hai bisogno?” Chiese il giovane Karstark, “Ci sarebbe da falciare il grano, magari ci puoi aiutare?”

 

Mik annuì e se ne andò lasciando un: “ci vediamo” ad entrambi gli interlocutori. Che rimasero lì a parlare.

 

 

Mik falciò il grano per tutto il pomeriggio pensando al da farsi: chissà perché diavolo Nymeria l'aveva fatto andare lì. Lì dove non c'era niente, a parte gente strana e grano da falciare. Era rimasto a torso nudo per via del caldo, attirando così l'attenzione di molte contadine che lavoravano con lui. Mik era pensieroso: dove sarebbe andato a cercare Arya? Nymeria non ne voleva sapere di andarsene, e Mik dal canto suo, non voleva proseguire senza di lei. Sembrava quasi che lei stesse aspettando che lui capisse qualcosa in quel villaggio ma Mik non aveva speranze di questo genere.

 

“Quelle cicatrici sono roba seria.” Mik alzò lo sguardo: il septon era lì davanti a lui. Quell'uomo aveva la capacità di comparire quando uno meno se lo aspettava, come in quel caso. “Davvero!?” Disse Mik. Riprendendo a falciare, “Tu sei un soldato, vero ?” Chiese l'uomo con tatto. Mik smise di falciare e guardò il vecchio: “lo sono stato.” Concluse brusco. “E ora cosa sei?” Chiese l'uomo con sincera curiosità.

Mik esitò qualche momento, respirava affannosamente per via degli sforzi.

Restò lì, fissando il suo interlocutore, non sapeva cosa dire. Per una volta nella sua vita non aveva di che ribattere... “Non lo so...” Concluse, riprendendo poi a falciare. “Capisco come ti senti...” Introdusse il vecchio, “Per favore!” Sbottò Mik mollando la falce a terra, “tu sei un septon! Cosa puoi sapere di cosa si prova ad essere un soldato!? Di cosa si prova a vedere un tuo amico morire davanti a te...

 

Tu parli di compassione, di misericordia ma ti sei guardato attorno!? Il mondo va a puttane, e l'unica cosa che ti salva è uccidere! Io non lo voglio, nessuno lo vuole, ma dobbiamo accettare che è così che funziona.” Mik si mise a gridare ancora più forte: “come puoi capirmi, hai mai ucciso tanti di quegli uomini da perdere il conto!? continuando a ripeterti che sei nel giusto!? Anche quando il tuo re ti delude, la tua gente è oppressa... E tua moglie viene scuoiata viva e tuo figlio sbranato dai cani!” Disse le ultime frasi con le lacrime agli occhi prima di lasciarsi cadere per terra e darsi ad un pianto incontrollato. L'unico altro rumore era quello del vento che passava fra gli alberi e scuoteva il grano.

 

“Non l'ho mai visto... Non l'ho nemmeno mai visto...” Ripeteva singhiozzando. Il septon allora si sedette per terra, vicino a Mik. Ci furono parecchi attimi di silenzio, poi si decise a parlare: “sai una volta ero un soldato anch'io...” Introdusse, “io e la mia compagnia raggiungemmo un villaggio. Dovevamo prelevare dei ragazzi... Prenderli e ucciderli, perché non si ribellassero e combattessero contro di noi. Ricordo che raggiungemmo la casa di una vedova...

 

Prendemmo e uccidemmo suo figlio...

 

Sono gli ordini, mi ripetevo, è la cosa giusta da fare, va fatta! Quella sera però, non mangiai e nemmeno dormì; perché le uniche cose che sentivo, erano le grida di quella donna. Che ci malediceva mentre le portavamo via il suo unico figlio...” Mik rimase a fissare il vecchio, con sguardo attonito e stupito. Respirò a pieni polmoni: la natura intorno a loro era viva più che mai, il grano ondeggiava accarezzato da quella brezza autunnale, il tramonto davanti a loro era uno spettacolo afrodisiaco, nel cielo si stava svolgendo una battaglia tra l'azzurro e il rosa per il dominio di quel momento. Dietro di loro, i rumori smorzati del piccolo villaggio. E davanti un paesaggio sconfinato e bellissimo...

 

Mik avrebbe voluto parlare, ma sinceramente non sapeva cosa dire; la replica del vecchio septon al suo breve monologo lo aveva spiazzato. Il silenzio fu rotto dal suono del campanaccio che indicava l'ora di cena.

Il vecchio si alzò, si stiracchiò un poco e poi si girò verso Mik: “vieni?” Chiese inarcando un sopracciglio. Vedendo che non arrivava risposta, si voltò e si incamminò. Mik rimase seduto ancora qualche istante poi si alzò e seguì quello strano individuo. Raccolse la falce e la riportò alla baracca degli attrezzi, dove aveva lasciato anche la camicia e il piccolo gilet di cuoio coi lacci. Mentre si vestiva si sentiva osservato: si voltò e vide che tre ragazze lo stavano fissando e si scambiavano sguardi imbarazzati, il tutto accompagnato da qualche risolino. Mik sorrise loro, poi chiuse la porta della baracca e si avviò verso il grande tavolo. Una delle ragazze gli si avvicinò sorridendo e si mise a camminare al suo fianco: “ciao” lo salutò, “io mi chiamo Lindsay. Tu?” Chiese lei, sempre sorridendo. Mik la guardò meglio: era magra, capelli lunghi, lisci e neri come la notte, naso piccolo e affusolato, qualche lentiggine e occhi marroni. Era bella, e non perdeva occasione per mettere in mostra il suo bel sorriso. “Mi chiamo Mik.” Disse lui con tono profondo: quella voce da uomo vissuto che alle ragazzine piace. “Ti fermerai con noi Mik?” Chiese lei con sguardo incuriosito. “Veramente sono solo di passaggio” replicò lui schietto. Lindsay guardò per terra, come dispiaciuta della notizia ricevuta, poi però la curiosità si riaccese...

 

Mik e Lindsay parlarono tutta la sera, prima di cena, durante e anche dopo.

Mik le raccontò le sue avventure, la battaglia del Bosco dei Sussurri, il ritorno a Karhold, le nozze rosse, Jon Snow, i non morti...

 

Lei lo ascoltava affascinata, a tratti incredula: per una ragazza che non aveva mai messo piede fuori dal suo piccolo villaggio quelle erano storie incredibili, storie che le ricordavano le gesta degli eroi di cui le narravano da bambina. Per tutta la sera aveva guardato Mik con occhi sognanti, e non solo per le storie che raccontava.

 

 

I giorni successivi Mik non vide Nymeria: era arrivato perfino a pensare che fosse scappata chissà dove, che si fosse persa era piuttosto improbabile. Tuttavia a lui non importava più di tanto: i villici gli avevano dato una casa, e lui ripagava falciando il grano. Passava gran parte della giornata in compagnia di Lindsay ed era felice. Per una volta nella sua vita si sentiva libero, soddisfatto, senza pressioni ne pensieri... Era finalmente felice. Chi invece non lo era affatto, o se lo era non lo esternava per niente era di sicuro il Mastino. Mik lo vedeva andare sulla collina con l'ascia in spalla ogni mattina e ridiscenderne la sera, carico di legna. Il giovane Karstark aveva provato a parlarci, ma senza successo. Con il passare del tempo si rassegnò, o meglio perse qualsiasi interesse per la questione: -Mastino-

anche la ricerca della giovane Stark era stata volontariamente dimenticata, il suo unico interesse ora, era Lindsay.

 

Una sera dopo cena, Mik e Lindsay, come al solito, si concessero una passeggiata al chiaro di luna. Quando raggiunsero la baracca di Mik sentirono un rumore: il ragazzo guardò dietro di lui, dall'oscurità apparve Nymeria. Il meta lupo si avvicinò a lui camminando piano, il giovane Karstark si chinò e salutò Nymeria accarezzandola e grattandole la testa. Lindsay si era ritratta, visibilmente spaventata, Mik allora la fece abbassare sulle ginocchia, le prese una mano e pian piano la portò vicino alla testa di Nymeria.

 

La ragazza tendeva a richiamare il braccio ma Mik la teneva, e dolcemente la aiutava a vincere la paura. Lindsay toccò Nymeria sulla testa, sorrise ed iniziò ad accarezzarla, Mik le lasciò il braccio e la guardò sorridendo, anche la ragazza sorrise.

 

Poi entrambi si alzarono, il ragazzo si avviò verso la porta della sua baracca, poi si girò: “Perché non entri?” Chiese a Lindsay, con un sussurro.

Lei entrò, Mik accese subito la candela che si trovava sul tavolo, poi fece sedere la ragazza, si sedette anche lui e la guardò. Lei si stava guardando attorno come per chiedersi quanto era piccolo quel posto, Mik invece guardava solo lei: il suo volto era illuminato dalla fioca luce della candela, che pian piano stava riempiendo l'ambiente. Mik accese tutte le candele che aveva in casa, sempre assicurandosi che fossero protette e che potessero durare.

 

Poi si sedette sul letto, aspettò: Lindsay lo raggiunse. Lo guardò per parecchi istanti e poi ruppe quel fin troppo prolungato silenzio: “che ci facciamo qui?” Chiese sussurrando e scuotendo la testa. Mik la fissò per qualche secondo: era veramente bellissima, inoltre quelle luci tenue provocavano un effetto chiaroscuro sul suo volto che la rendeva ancora più bella...

“Dimmelo tu...” E detto questo la baciò sulle labbra. Lei ricambiò con gusto, il ragazzo si lasciò cadere sul letto, lei sopra di lui continuava a deliziarlo con i suoi sapori, intanto cominciarono a spogliarsi a vicenda.

 

La passione li travolse come cavalli in piena corsa, Mik continuava a far correre le sue mani sul corpo di Lindsay, questa dal canto suo seguitava a muoversi avanti e indietro strofinandosi sul corpo di lui. Il giovane Karstark sentiva Nymeria ,fuori dalla capanna, camminare avanti e indietro come per sorvegliarli e difenderli. Mik prese Lindsay e la mise sdraiata sul letto, sotto di lui e mentre si poneva su di lei, le riempiva il collo di baci caldi ed appassionati... Lei mugolava di piacere, e lui si sentiva felice. “Ti amo.” Sussurrò lei.

Continuarono ancora per molto finché non fu tutto finito, allora Mik si sdraiò e respirò a pieni polmoni. Lindsay gli si strinse accanto e lo cinse in un abbraccio appassionato. Lui la avvolse con il braccio sinistro... La piccola abitazione era ormai del tutto illuminata da quelle brevi luci, fuori non si sentiva alcun rumore. Anche Nymeria si era fermata. L'aria era calda dentro la capanna e Mik si sentiva come fluttuare; era tantissimo tempo che non provava sensazioni simili.

“anch'io...” Disse alla fine lui...

 

 

 

 

 

Buon Natale a tutti ragazzi!!! Spero che stiate bene. Fatemi dire che è passato veramente tanto tempo, infatti vorrei presentarvi le mie scuse per la lunga attesa. Comunque eccoci qui con un altro capitolo di: “The North Remembers.” Ora Mik ha trovato una sistemazione, ma funzionerà? O sarà di nuovo catapultato nella sua vita raminga? Per sapere questo bisognerà aspettare, prometto di essere più veloce... Il vostro RedelNord vi augura Buon Natale e Buon Anno!!!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 10
*** Il Fuoco della Ribellione ***


Mik si guardò attorno: si trovava in una sala piuttosto grande, vi erano quattro lunghe tavolate al centro. Su una piattaforma rialzata era presente un altro tavolo. Un tavolo d'onore, per gli ospiti speciali. In quella sala non c'era nessuno... Mik provò a ricordare dove avesse visto quel salone, ma più ci pensava più la testa gli doleva.

Provò ad andarsene ma le porte erano state chiuse ermeticamente, Mik le prese a calci... Niente. Si disperò, iniziò a correre, a gridare a sbattere ovunque, gridò ancora poi cadde sulle ginocchia.

 

Restò lì, in attesa di capire che diavolo ci faceva in quella sala... Ad un tratto, una voce... “Mik.” Chiamò. Il ragazzo si alzò e vide che sulla piattaforma, al posto padronale stava seduto Robb Stark in persona. Era tale e quale a quando era vivo, solo che aveva due dardi conficcati in corpo. Mik fu semi disgustato da quella visione. Il giovane lupo si alzò in piedi, le ferite continuavano a sanguinare copiosamente. Improvvisamente Mik ricordò dove si trovava: quella era la sala grande alle Torri Gemelle. Il luogo dove il suo re aveva trovato la morte, a per poco anche lui. Robb parlò di nuovo: “vergognati Mik!” Disse con tono di rimprovero, “mi hai tradito, ci hai traditi tutti.”

 

Mik si sentì accaldato, la vista gli si annebbiava, sudava e la testa gli faceva un male incredibile, “N no... Io...” Fu tutto quello che riuscì a dire. Il pavimento iniziò a riempirsi di sangue, i tamburi martellavano. “Vergogna!” Le Piogge di Castamere gli rimbombava nella testa, all'improvviso si ritrovò circondato da un'armata di non morti. “Vergogna!” I cani abbaiavano, suo figlio gridava e piangeva, vide anche Anne,

ma era terribilmente sfigurata: teneva in mano la sua pelle appena scuoiata. “Vergogna!”

 

Mik si girò ma si vide circondato, vide Jon che lo guardava con sguardo vacuo, Mik notò che aveva quattro coltelli conficcati nel petto. Si voltò verso Robb che stava venendo verso si lui, camminando lentamente. Mik provò ad indietreggiare ma i non morti e Jon lo chiudevano da dietro, provò a destra e a sinistra; ma da una parte c'era Anne con i cani, dall'altra Harry con una spada nel cuore. Mik era sul punto di vomitare, il sangue gli era arrivato alle ginocchia e Robb era ormai davanti a lui...

 

“Tt ti prego...” Pianse il ragazzo. Robb lo guardò dritto negli occhi... “Vergogna!” “Vergogna!” Ripetevano gli altri in continuazione, mentre Le piogge di Castamere facevano sottofondo a tutto quello. Mik si coprì le orecchie e gridò.

 

Tutto si fermò... Mik rialzò la testa e si riasciugò le lacrime, era tutto sparito: la stanza, Robb, sua moglie, i cani, i non morti, tutto. Era tutto sparito. Ora si trovava in una stanza buia con una sola finestra posta molto in alto sulla parete alle sue spalle, davanti a lui invece c'era una porta, una porta aperta che dava su una rampa di scale molto vicina all'entrata. Mik sentì un rumore di passi provenire dalla scala, grazie alla luce che entrava dalla finestra vide con chiarezza che qualcuno stava scendendo la scala, vide gli stivali appoggiare sui gradini, poi vide fino alle ginocchia, poi fino alla vita, poi fino al collo...

Ma dove avrebbe dovuto esserci la testa, Mik non vide nulla. La sagoma scese del tutto, ed era in effetti decapitata!

Mik ebbe un conato di vomito, dalla scala rotolò giù qualcosa, che arrivò ai suoi piedi. Il ragazzo vide che era una testa: la testa di Robb.

Che subito si girò verso di lui e aprì la bocca come per gridare, Mik indietreggiò e cadde, il corpo si mosse e raccolse la testa. Questa iniziò a muovere la bocca in modo velocissimo, di tutte le parole che sputava Mik ne riconobbe solo alcune: “l'inverno sta arrivando! Fuoco e sangue! Casa Frey! Vendicaci! Morirete tutti! La lunga notte! Il re della notte! Per la confraternita! L'unica speranza! Il re del nord! I Lannister vi mandano i loro saluti! Il bastardo! Scuoiata! Il Mastino! Tre draghi! Il corvo a tre occhi! Nymeria! Codardo! Casa Bolton! Stannis Baratheon! Vendicaci...!” Quest'ultima la disse urlando. Mik urlò a sua volta... Poi si svegliò...

 

 

Si ritrovò seduto sul letto, sudato fradicio, respirava convulsamente. La luce pallida del sole entrava dalle finestre e dalle fessure della porta in legno della capanna. Lindsay si alzò, puntellandosi sulle braccia per reggere il busto, e si girò verso Mik.

“Che cos'hai?” Chiese curiosa, lui si calmò pian piano. Il respiro era tornato regolare, “un incubo...” Disse lui continuando a guardare avanti, con l'immagine del suo re decapitato e ritto di fronte a lui, ancora in testa. “Solo un incubo.” Detto questo si alzò, e si avviò verso la porta. La aperse, Nymeria era seduta sulla soglia, e appena lo vide gli si avvicinò e iniziò a fargli le feste. Mik la accarezzò un poco, ma non si sentiva bene, quell'incubo era stato terribile, le immagini erano vivide nella sua mente. Guardò la collina: il Mastino stava salendo con l'ascia sulle spalle, come ogni mattina. L'aria era fresca e Mik si rese conto di essere nudo, si vestì in fretta e furia e con Lindsay andò a fare colazione.

Per tutto il giorno si sentì male, si sentì strano. L'incubo rimaneva vivido nella sua mente e le domande turbinavano senza sosta: forse il suo re era adirato perché Mik si era stabilito nel villaggio e aveva per un attimo dimenticato la vendetta? Perché Jon aveva quattro coltelli conficcati nel petto?

 

 

 

Mik era stanco di tutto quello...

Lasciò cadere la falce e si mise a correre lontano dal campo di grano, corse e continuò a correre, il paesaggio intorno a lui cambiava e lui continuava a correre, era stufo dei tormenti, voleva solo sentire il vento passargli sopra, nient'altro, voleva sentirsi libero... Per un attimo. Sentiva sempre il peso del mondo su di lui, ed era stufo, aveva trovato la pace e voleva mantenerla. In un momento... In un momento voleva lasciarsi alle spalle una vita...

Pianse mentre correva e gridò, gridò con tutto il fiato che aveva in corpo, voleva liberarsi: dimenticare tutto: la guerra, Robb, i non morti. Tutto. Non sapeva se Lindsay avesse notato la sua partenza improvvisa, ma non gli importava, in quel momento voleva restare solo...

 

Arrivò ai piedi della collina continuando a correre. Iniziò a scalarla: superò ostacoli, sassi, ciottoli, radici, alberi, e poi la raggiunse: la cima! Arrivato lì iniziò a gridare rivolto verso il cielo e la valle che si estendeva sotto di lui: “Ora basta!” Gridò: “Mi sentite fantasmi!? Lasciatemi in pace! Ora sono felice, lasciatemi così! Avete capito!? Andatevene!” Prolungò quell'ultimo grido fino allo sfinimento. Mik lasciò cadere le braccia che prima teneva alzate, ritorno la quiete, e fu proprio in quel momento: quando Mik stava respirando a pieni polmoni per assaporare la sua libertà che sentì: “che cazzo urli?”

Si girò e vide: il Mastino ritto davanti a lui. Il ragazzo balbettò qualcosa ma l'uomo non ci bado e tornò subito al suo lavoro. Mik diede un altro sguardo al sole morente, poi si voltò verso Clegane: “ti serve aiuto con quella legna?” Domandò. Non sapeva che fare: non voleva tornare subito al villaggio, ma non voleva nemmeno restare con le mani in mano. Clegane alzò lo sguardo da quel ceppo che lo stava facendo impazzire. Guardò il ragazzo con sguardo penetrante come di chi legge nell'anima, Mik si chiese se fosse riuscito a leggere il suo stato tormentato. Il Mastino grugnì in malo modo, Mik interpretò quella curiosa risposta come un sì. E così si mise a lavorare a fianco del più improbabile compagno di lavoro che si possa pensare.

 

 

Tagliarono e sistemarono la legna per tutta la sera, parlarono un po' anche, certo il Mastino non era tipo da conversazione, infatti era Mik che parlava ma in qualche modo si sentiva più sereno. Ebbe anche modo di pensare a Lindsay e a come l'aveva lasciata così in malo modo scappando dal campo, ma poi si consolava pensando che sarebbe tornato al villaggio di lì a poco e che non se ne sarebbe più andato. Sarebbe rimasto lì per sempre, con il suo amore. Quindi a cosa serviva farsi tanti problemi per un attimo, quando aveva una vita da trascorrere con la ragazza che amava, davanti a se.

 

“Mi spieghi come mai sei venuto qui?” Chiese Clegane rompendo stranamente il silenzio, quel silenzio che vedeva nel Mastino il suo più accanito sostenitore. Mik fu spiazzato ma rispose: “ero venuto in cerca di una persona, per una vecchia promessa che avevo fatto.” In quel momento si rese conto di quanto era stato importante per lui portare a termine la sua missione, d'un tratto gli ritornò in mente Jon, e i non morti, e la grande guerra che presto tutti avrebbero dovuto affrontare. Si sentì male, sentì la gravità della sua scelta premergli addosso. “Chi cercavi?” Chiese con larga curiosità Sandor che ora più che mai era interessato all'ormai non così nuovo arrivato.

 

Mik ora era pensieroso, quell'immane peso che credeva d'essersi tolto era ritornato, più prepotente di prima: “Cercavo Arya Stark.” Disse abbassando l'ascia e guardando Clegane dritto negli occhi, come per intimarlo a chiudere al più presto quella conversazione. La reazione dell'uomo lasciò il giovane Karstark di stucco.

 

“Io so dove è andata.” Disse guardando Mik negli occhi. Il ragazzo si sentì combattuto: da una parte voleva solo dimenticare quella storia, finire di lavorare e tornare da Lindsay, ma un'altra fece riaffiorare il ricordo della promessa, la sete di vendetta e il senso del dovere.

 

Mik non seppe perché lo chiese, aveva optato per la prima scelta ma voleva comunque sapere... Forse solo per togliersi una curiosità... Nemmeno lui lo sapeva.

 

 

Quando la luna fu alta Mik si rese conto di quanto fosse stanco e di come fosse tardi. Dovevano assolutamente tornare. Il Mastino si trovò d'accordo con lui, ed entrambi iniziarono la discesa con la legna in spalle. Dopo poco tempo dopo sentirono delle grida e videro una luce oltre gli alberi, Mik si sporse... E lo vide... Il villaggio stava bruciando e i contadini scappavano in tutte le direzioni, quel villaggio come torcia luminosa nella notte: come luna di fuoco in terra. Il giovane Karstark sentì una paura smisurata crescergli dentro: Lindsay! Doveva fare qualcosa, mollò la legna e si mise a correre giù per la collina. Sentì Clegane che gli gridava di fermarsi ma non lo ascoltò, pensò in fretta a cosa fare: in teoria la sua spada era a casa sua, l'avrebbe presa e avrebbe ucciso quei bastardi. Si ricordò dei tre cavalieri che erano venuti quella mattina. Solo che quella mattina era frastornato e non ci aveva dato troppo peso. E ora la sua Lindsay si trovava in mezzo alle fiamme e lui non era con lei. Corse a perdifiato, la luna su di lui, il fuoco sotto. La natura si stava agitando, era come se potesse esternare ciò che il giovane Karstark provava. Si malediceva ripetutamente per essersene andato quel pomeriggio. In qualche modo si sentiva colpevole per ciò che stava accadendo: quei maledetti erano solo in tre, e una buona spada come lui avrebbe potuti eliminarli senza scomporsi troppo, ma quei contadini non avevano alcuna speranza da soli. Gli unici uomini che sapevano combattere erano lui e Clegane e in quel momento al villaggio non era presente nessuno dei due.

 

Corse senza posa... Inciampò e cadde battendo la testa.

 

Le ultime cose che udì prima che i suoi occhi poterono chiudersi furono: i latrati dei cani di Ramsay e le grida di suo figlio, come al solito, ma stavolta sentì qualcos'altro: un altro grido: il grido di una donna... Ma non era sua moglie...

 

 

 

 

 

 

 

 

Sam si tenne basso mentre prendeva la mira: incoccare, tendere e scoccare fu questione di un'istante. La sentinella cadde senza fare troppo rumore, Sam agitò le braccia verso i cespugli. Alcuni uomini si palesarono alla luce della luna, si avvicinarono alla palizzata del campo e lanciarono i rampini. Sam raggiunse il gruppo principale, “bel lavoro ragazzo.” Si complimentò il generale con lui dandogli un pugno amichevole sul petto. Il giovane arciere era felice del contributo che aveva dato, si guardò intorno per incrociare lo sguardo del fratello, nella speranza di vederlo orgoglioso di lui, ma Steve non c'era. Era nel gruppo degli scalatori.

 

Sam si mise a fianco del generale e attese: Ad un tratto il segnale: la torcia si agitava sulla torretta di sorveglianza, la porta si stava aprendo. Il generale sguainò la spada: “Carica!!” Gridò. Tutti sguainarono le armi e si gettarono, correndo, verso il portone del campo. Sam corse verso esso con la spada in mano, si sentiva forte e vigoroso più che mai. Iniziò lo scontro: le guardie del campo furono colte alla sprovvista: tentarono invano di difendersi ma furono sopraffatte in poco tempo, in mezzo alla battaglia Sam si mise a cercare Steve: corse tra i soldati che si scontravano l'uno contro l'altro, la luna illuminava il consumarsi del massacro, il sangue volava a fiotti, ovunque. Un soldato gli balzò addosso e menò un colpo che Sam schivò, la spada del nemico fendette l'aria, il soldato non si perse d'animo e continuò a colpire per uccidere.

 

Sam stava sulla difensiva e aspettava il momento più opportuno per contrattaccare. Arrivò: il soldato fece partire un altro colpo dall'alto verso il basso: Sam si tirò indietro e il suo nemico colpì il vuoto davanti a lui. Il giovane ribelle allora con la sua spada spostò quella dell'avversario, che fu così sbilanciato. Sam ne approfittò e lo trafisse al collo. La sua spada era leggera e manovrabile: il ribelle la comandava con una mano sola.

 

Dopo altri scontri, da cui usciva sempre vincitore, trovò Steve: stava combattendo con un soldato, ma un altro stava per colpirlo alle spalle, Sam allora corse più veloce e gridò: il soldato si voltò e si preparò a combattere, il giovane ribelle lanciò la sua spada contro il nemico, che: in un primo momento fu sorpreso, ma poi riuscì a parare l'arma volante. Tuttavia questo lo distrasse e diede il tempo a Sam di balzargli addosso e di finirlo a coltellate.

 

Sam rimase a fissare quell'uomo che tentava invano di salvarsi, mettendo la mano su quella ferita alla gola. Steve prese il fratello per il bavero e lo tirò su. Lo ringraziò e gli raccolse la spada. I due fratelli combatterono fianco a fianco.

 

 

 

Harry prese con se gli uomini con le torce. Steve e Sam si fecero strada verso le prigioni. Harry corse per il campo con una torcia in mano, arrivò ad una baracca: ci sbirciò dentro, non c'era nessuno. Il generale ribelle, allora, gettò la torcia nella baracca: che prese fuoco. Tutti gli uomini che erano lui diedero fuoco alle baracche del campo, le guardie correvano terrorizzate. Steve e Sam raggiunsero le prigioni, armati fino ai denti. Uccisero i secondini e aprirono le celle. Mentre i prigionieri festanti uscivano, i due ribelli distribuivano loro le armi ausiliari che si erano portati dietro.

 

I prigionieri uscirono e cominciarono a combattere a fianco dei ribelli. Il campo era quasi completamente in fiamme. I soldati nemici si erano arresi e i ribelli li avevano radunati nel centro del campo. Tutti i seguaci di Harry si misero in cerchio ad attendere il loro capo e la sua sentenza. Harry arrivò, sporco di sangue e sudato. Tutti iniziarono ad acclamarlo gridando il suo nome e le sue gesta. Il generale ribelle arrivò, guardò prima i sopravvissuti, poi i suoi uomini, poi parlò. “ Lasciateli andare, che raccontino a lord Bolton cosa è successo.” Iniziò a camminare avanti e indietro, come per voler ottenere il supporto dei suoi seguaci. Indicò con la spada il saccheggio: “che gli dicano che è così che gli giuriamo fedeltà!” I ribelli cominciarono a gridare inneggiando al loro generale, “che gli dicano che la ribellione ha raggiunto il nord, e che colpirà anche qui! Che gli dicano che non è più al sicuro!” Tutti gridavano e applaudivano, Harry indicò di nuovo il campo che bruciava intorno a loro: “ e che gli dicano che questa è la fine che farà, ogni! Singolo! Campo! Di prigionia!!” Il boato fu assordante, tutti battevano le mani, e chi non batteva le mani batteva le armi l'una sull'altra. La notte ora era illuminata dalle fiamme, quelle fiamme accese dalla miccia della rivolta. Harry era venuto nel nord con alcuni dei suoi ribelli, per aiutare la popolazione, sollevarla contro i Bolton e ovviamente per raccogliere accoliti. E fino a quel momento c'era riuscito egregiamente. Sam si era unito alla ribellione dopo il saccheggio di Karhold, suo fratello era partito per la guerra dei cinque re diverso tempo prima, lui si era unito ai rivoltosi dopo che i Bolton avevano ucciso la sua famiglia, durante il massacro della roccaforte di casa Karstark. Ora era lì e voleva spendere la sua vita per la libertà della sua terra.

Guardava i suoi compagni festanti. “C'è un villaggio qui vicino, e siccome la plebe è tutta dalla nostra, che ne dite se andiamo a festeggiare con loro?” Era stato il generale a parlare. La sua proposta venne accolta con un “hurrà” di proporzioni mastodontiche.

Erano tutti stufi di combattere, un po' di svago ci voleva proprio.

 

 

 

 

 

 

 

L'inchiostro nero in cielo

e il sangue sulla terra

Quando risuona il corno

il nemico per noi trema

 

Le urla squarcian l'aria

Le spade fendono

Cavalli nella notte

e i nemici scappano

 

La speranza ribelle

Che mai morirà

Coraggio miei compagni

La notte non durerà

 

Amore devo andare

Non so se tornerò

Non stare ad aspettare

Se in battaglia morirò

 

 

I ribelli stavano cantando quella nuova canzone: 'Speranza Ribelle'. Mentre Steve stava in piedi a sorseggiare il suo boccale di birra. Sam invece stava ballando intorno al fuoco con gli altri. Intanto erano uscite anche le ragazze del villaggio che si misero a cantare e danzare con i soldati. Tutti festeggiavano le vittorie del generale Harry. La sete di rivalsa e lo spirito di libertà aveva raggiunto anche il nord ora. Le Terre dei Fiumi erano diventate ormai un focolaio di tumulti, e presto la scintilla della rivolta avrebbe bruciato anche il vessillo dell'uomo scuoiato.

 

Questo almeno era quello che tutti speravano. In tutti i villaggi Harry e i suoi seguaci trovavano sempre gente nuova per la sommossa. E ora si stavano godendo la momentanea vittoria. Steve non aveva mai visto suo fratello così euforico: la ragazza con cui stava ballando lo stava sfiancando, ma lui era colmo di adrenalina... E di vino. Steve non poté trattenere una risata: era felice di vedere il giovane fratello così sollevato. Da quando erano morti i loro genitori Sam non sorrideva più, e al fratello questo dispiaceva perché era sempre stato Sam quello più allegro.

 

Questi si allontanò dal fuoco e si avvicinò barcollando al fratello, gli si appoggiò tremando. Steve ne ebbe la definitiva conferma: suo fratello era ubriaco. “Coraggio fratello, vieni a ballare!” Questi sorrise e scosse la testa senza aggiungere parola. Sam fece un mezzo broncio: “andiamo, le ragazze ti reclamano.” Disse indicando queste, “non servo io, quando hanno te.” Rispose Steve sorridendo e dando una pacca sulla spalla al fratello. La canzone cambiò, ora riecheggiava: 'Il giovane generale'. La canzone che i ribelli avevano composto in onore di Harry. Sam fu come rinvigorito e salutato il fratello si ributtò nella mischia: “forza, ballate!” Gridava a chiunque avesse intorno, “coraggio ragazze!”

 

Steve rise nuovamente, era bello spassarsela un po' dopo tutte quelle battaglie. Harry affiancò il ribelle e parlò: “tuo fratello è piuttosto euforico stasera.” Disse indicando Sam con il boccale che teneva nella mano. Steve rise ed annuì, Harry proseguì: “Steve, possiamo scambiare due parole?” Disse facendo un cenno con la testa, come per indicare al giovane ribelle di seguirlo. Questi annuì e seguì il generale, che entrò all'interno di una abitazione.

 

 

La musica, i canti e le risate si sentivano ancora, ma erano decisamente più soffuse.

La casa era piccola e buia. Harry accese qualche candela e invitò Steve a sedersi al tavolo. Tavolo su cui era appoggiata la mappa dei sette regni. “Allora” introdusse Harry, “Da quando Ramsay ha saputo che siamo qui ha sguinzagliato i suoi mastini, e non parlo solo dei quadrupedi.” L'attenzione di Harry era dedicata al nord, infatti stava indicando la zona di Grande Inverno, con il dito. “Le rastrellate si fanno sempre più frequenti, sopratutto nelle zone di: Grande Inverno, Forte Terrore e Karhold.” “Queste tre roccaforti sono i pilastri del dominio nel nord. Se i Bolton dovessero perderne anche solo una...” Scosse la testa e si alzò in piedi, “la loro egemonia sarebbe compromessa.” Concluse, indicando la mappa con tutta la mano, forte della sua dichiarazione.

 

Steve annuì, era un'impresa difficile per non dire impossibile, quelle roccaforti erano impenetrabili e l'esercito dei Bolton era dannatamente più numeroso di loro.

“Allora qual'è la prossima mossa?” Domandò poi. Harry sembrò rifletterci, ma non troppo a lungo, difatti aveva già preso la sua decisione. “Torniamo nelle terre dei fiumi. Ci torneremo a gruppi separati, così da non dare troppo nell'occhio. Raggiungeremo il campo con i nuovi arruolati e lì ci organizzeremo per colpire... Karhold.” Steve alzò lo sguardo verso il generale, “Karhold?” Chiese con sincera curiosità, “Sì, la ex roccaforte dei Karstark.” Rispose Harry allargando le braccia, “non intendevo quello, intendevo: perché Karhold?” Replicò Steve.

 

“Perché è quella meno rinforzata, inoltre Mik tornerà presto. Lui conosce Karhold meglio di chiunque altro e potrà aiutarci ad entrare.” Concluse Harry con tono e sguardo fiducioso.

 

Steve non nutriva speranze sul ritorno di Karstark ma si era unito ai ribelli perché si fidava del generale, perciò era pronto ad obbedire agli ordini. “D'accordo signore.” Disse annuendo. “Ti nomino comandante, Steve. Questi qui fuori sono i tuoi uomini adesso: guidali tu.” Steve fu spiazzato ma riuscì a bloccare il generale prima che uscisse dalla casa. “E voi dove andrete?” Chiese con tono curioso e sguardo preoccupato. “Non preoccuparti per me, prenderò un'altra squadra e mi metterò in marcia, ci rivedremo alla base tra cinque giorni. Mi raccomando Steve... Mi fido di te.”

 

Detto questo uscì dalla casa lasciando il nuovo comandante con una squadra, un ordine e una pacca sulla spalla.

 

 

 

Mentre usciva dalla casa e si recava verso il suo cavallo, un uomo gli corse incontro. Era affannato, ma sollevato; come se avesse cercato Harry tutto il tempo. “Signore, voglio venire con voi.” Disse l'uomo con il fiatone, appoggiandosi alla spalla di Harry. “Lieto di averti fra noi, come mai così agitato?” Chiese il generale, “devo assolutamente tornare alle Torri Gemelle: la mia famiglia è rimasta lì e io devo tornare da loro.” Rispose lo sconosciuto colmo di preoccupazione. Harry annuì e montò a cavallo: “come ti chiami amico?” “William signore.” “Sei fortunato William, resta con questa compagnia: obbedisci a Steve, il tuo nuovo comandante. Torneremo nelle terre dei fiumi tra pochi giorni.” E detto questo il generale voltò il cavallo come per andarsene ma prima si rivolse nuovamente al neo reclutato: “congratulazioni William... Sei un ribelle adesso!”

 

Il nuovo ribelle si sentì rinvigorito e rimase a guardare il suo generale fino a che non lo vide sparire al galoppo, nella notte.

 

 

 

 

 

 

 

 

Il suo risveglio fu lento e doloroso... Sopra di lui il cielo era grigio, la pioggia cadeva leggera e fredda sulla sua faccia. Mik si alzò da terra traballando. Era tutto indolenzito e infreddolito, la sottile camicia da contadino che portava lasciava passare tutta l'aria. Passò alcuni istanti a prendere coscienza, poi lo vide: il villaggio distrutto!

 

Le case erano state incendiate e ora le colonne di fumo si innalzavano al cielo, la valle era tappezzata di cadaveri e macerie.

 

Il ragazzo ridiscese la collina e arrivò alle rovine del villaggio. La miseria era ovunque, la tragedia della guerra aveva colpito anche quelle innocenti persone.

 

D'un tratto a Mik venne in mente lei... Iniziò a correre per il villaggio chiamandola, la cercò affannato, la chiamò ancora... Nessuna risposta. Non sembravano esserci sopravvissuti. Al giovane Karstark comparvero le prime lacrime, poi udì un latrato, si voltò: Nymeria! Il meta lupo era a una dozzina di passi di distanza e stava chiamando il ragazzo.

Mik corse verso di lei, e notò che presentava diverse ferite su tutto il corpo, la accarezzò con gli occhi pieni di lacrime. La femmina di meta lupo si avviò verso una baracca distrutta, Mik la seguì. Lei si fermò davanti a un cadavere steso sulla pancia.

Mik sentì il cuore accelerare il battito, iniziò a singhiozzare, le lacrime scendevano copiose. Il giovane Karstark si inginocchiò e con uno sforzo ,emotivo, disumano girò quel corpo sulla schiena...

 

 

 

...La prese...

 

La tenne stretta fra le braccia e la baciò, più volte. Pianse lacrime amare su di lei, la chiamava, le parlava e intanto continuava a piangere... Lei stava lì: tra le braccia di lui, con gli occhi sbarrati, la pelle carbonizzata e la gola tagliata da un orecchio all'altro... I vestiti erano distrutti e il sangue si era rappreso assumendo un colorito nerastro.

 

Nymeria strofinava la testa sul braccio del suo amico, e lo guardava con gli occhi colmi di compassione e tristezza. Tutt'intorno era la rovina più totale, e in quell'ambiente di dolore e tormento, in mezzo a tutta quella morte ora c'era un vivo...

Ultimo rimasto... Unico superstite dell'implacabile forza dell'odio...

 

 

Ancora si chiedeva, perché!? Perché ogni volta lui doveva sopravvivere!? Costretto ad assistere a migliaia di scenari come quello, ma mai parte di uno di questi.

 

 

Mik si alzò. Nymeria non c'era più. Non poteva lasciare tutti quei corpi alle mosche.

Sistemò una pira al centro del campo. Prima però dovette aspettare che finisse di piovere, la legna invece l'aveva presa dal magazzino che per un'inaspettata fortuna era rimasto intatto. I carnefici l'avevano svuotato ma la legna era rimasta lì, asciutta.

In poco tempo il fuoco fu acceso, e i corpi furono tutti adagiati al di sopra della pira.

Per ultimo, Mik sistemò il corpo Lindsay, violato dalle lame e dalle fiamme.

 

 

Rimase lì... a guardare il fuoco che divorava quei corpi, come i corvi divorano la carne putrefatta. Non pensava più a niente, solo guardava, i suoi occhi erano come lo specchio della sua anima torturata e ormai vuota... Sola...

 

Malediva se stesso per essere venuto in quel luogo, si malediva per non essere rimasto con loro quando era avvenuto il massacro, si malediva per non aver salvato Lindsay, per non aver salvato la sua famiglia, il suo re... Si malediva per aver pensato di dimenticare la promessa... Si malediva per tutto.

 

 

A un certo punto udì un guaito, si voltò. Nymeria era dietro di lui e teneva in bocca la sua spada. Mik, in un primo momento fu colmo di tristezza, poi di compassione.

 

Poi avvertì una nuova energia...

Sentì la rabbia rodergli dentro, prese la spada e diede un buffetto a Nymeria. Si allacciò la cinghia a tracolla e diede le spalle alla pira. Si sentiva più forte... Rinvigorito dal furore, doveva punirli... Punirli tutti, s'incamminò lontano da quel luogo a passo svelto. Il suo sguardo era diventato privo di sentimenti, la sua bocca era dritta. La testa gli pulsava, la parola che lo tormentava era sola una: vendetta! Giustizia sommaria per tutti coloro che gli avevano fatto del male!

 

Il giovane Karstark era stato provato troppo dal dolore, ora avrebbero potuto fargli di tutto e non ne avrebbe sofferto.

 

Il dolore che un uomo può sopportare ha un limite: come una spugna, che se imbevuta completamente può anche essere gettata in mare senza assorbire una sola goccia d'acqua in più.

 

Mik percorse diversa strada verso Est, verso il porto di cui Clegane gli aveva parlato, verso Arya. A vederlo avrebbe fatto paura a chiunque, era pronto ad uccidere. Qualsiasi uomo o donna o bambino che avesse cercato di fermarlo.

 

 

 

Raggiunse il porto che il sole era tramontato da poco, Nymeria era sempre al suo fianco. La barca stava per partire, i passeggeri erano pochissimi. Mik arrivò dal capitano e chiese di salire, questi chiese un pagamento e il giovane Karstark gli rispose che non aveva di che pagare. Il capitano ordinò ai suoi uomini di allontanare Mik. Questi si vide circondato, ma non aveva nessuna intenzione di tornare indietro.

Gli uomini del capitano erano armati, ma anche Mik lo era. Con calma estrasse Artiglio Guerriero dal fodero. I marinai gli si fecero più vicini, Mik allora iniziò a far danzare la spada, menava colpi ben precisi i marinai erano atterriti dalla velocità con cui Mik faceva roteare la sua arma.

 

Ne uccise uno, poi un altro, uno gli venne addosso, lui si abbassò e gli conficcò la spada nel cuore, ad un altro tagliò la testa. Il capitano era visibilmente terrorizzato, i suoi uomini stavano cadendo uno dopo l'altro sotto i colpi di quell'empia furia infernale. Anche Nymeria aiutava il suo padrone.

 

In poco tempo i marinai furono tutti uccisi. Mik salì sulla barca pulendo la spada sui suoi pantaloni. I passeggeri erano impietriti, il giovane Karstark raggiunse il capitano, gli puntò la spada alla gola: “dove si va?” Gli chiese, “B Braavos.” Balbettò l'altro. “Braavos.” Gli fece eco Mik. Poi rinfoderò la spada, si mise a prua della nave a braccia conserte ad osservare l'orizzonte con Nymeria seduta accanto a lui.

“Sto arrivando Arya...”

 

 

 

 

 

 

 

Un uomo avanzava nell'immensa sala buia, le uniche luci provenivano dalle piccole candele che circondavano le colonne alla base. L'aria era satura di odore di carne... Carne umana. L'uomo seguì le tracce di sangue sul pavimento, e vide che conducevano alla nicchia di una colonna, una nicchia un tempo vuota, ora riempita con un volto... Un volto posto lì di fresco, tanto da essere ancora sanguinante. Una ragazza avanzava nell'ombra, si avvicinò: “le hai detto di uccidermi?” Chiese all'uomo mentre gli puntava la sua spada alla schiena. L'uomo si voltò molto lentamente, poi rispose: “sì... Ma tu sei qui, e guarda lei dov'è.” Rispose indicando con il capo, il nuovo volto che si aggiungeva a quella macabra collezione. Poi aggiunse: “finalmente... Una ragazza è nessuno.” Mentre ghignava fiero di ammettere a se stesso di aver portato a termine perfettamente l'addestramento di lei.

 

Ci furono alcuni istanti d'esitazione, poi una risposta: “una ragazza, è Arya Stark di Grande Inverno... E sto tornando a casa...”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Rieccoci qui amici e amiche... The North Remembers iiiiss back!!!! Nuovo episodio, vecchia storia. Immagino che alcuni di voi saranno chiusi in casa per la maggior parte del tempo visto lo stato delle cose. È una situazione veramente incresciosa, e quale modo migliore per distrarsi se non con una bella storia. Io spero che possa piacervi. Detto questo, ecco il capitolo 10! Buona lettura, scrivetemi cosa ne pensate... E ci vediamo prestissimo con un nuovo capitolo! Riguardatevi e ricordate: “Ciò che è morto non muoia mai!”

 

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Capitolo 11
*** La Ragazza Lupo ***


Non mi sono mosso da qui neanche per mangiare da quando lui è stato ucciso, sono rimasto a vegliare su di lui giorno e notte da quando lo hanno assassinato. Ho provato a chiamarlo, niente. È morto. Morto e non si risveglierà più. Non è facile pensare ad altro, anzi in realtà è impossibile pensare ad altro. Potrei uscire, ma poi che farei? Dove andrei? Lui era tutta la mia vita, potrei andare a cercare mia sorella, magari solo per rivederla un'altra volta, ma a quel punto? Non mi importa ciò che lei ha intenzione di fare, non mi importa il perché sia scappata con quell'uomo, non mi importa più nulla.

 

 

Il fuoco brucia timido nel caminetto, quella donna e gli altri se ne sono già andati, hanno fatto qualcosa, qualcosa a lui. Non so esattamente cosa, ma qualsiasi cosa fosse credo che non sia andata a buon fine, io non mi sono mosso da qui, sono rimasto a guardare cosa gli facevano, senza intervenire. Rimarrò con lui anche questa notte, come ogni notte. Forse lo porteranno via, sì è molto probabile. Quando lo faranno penso che me ne andrò: non ho tanti motivi per restare qui, credo che scapperò verso nord, cercherò altri come me e mi unirò a loro.

Mi sdraio cercando di dormire, per quanto nelle notte precedenti non ci sia riuscito molto, e in ogni caso non ne abbia avuto modo.

 

Mentre chiudo gli occhi sento un rumore, è strano non ho sentito la porta aprirsi... Mi chiedo se non sia possibile che... Mi alzo da terra e vedo il suo petto muoversi, non riesco a crederci, sta respirando! Mi alzo in piedi, resto lì a guardarlo, a guardarlo respirare, non ci sto credendo! Lui si volta verso di me, è ancora sconvolto, mi avvicino a lui e gli lecco la mano. È ancora freddo. Ma è vivo, mi siedo accanto a lui e resto così per tutta la notte... Bentornato Jon!

 

 

 

 

 

 

Il bastardo era frenetico, in quelle settimane si stava combattendo una lotta senza esclusione di colpi, e lui era fin troppo seccato degli scarsi successi che ottenevano le sue truppe. Ora stava camminando rapidamente verso le segrete, il ribelle che avevano catturato lo stava aspettando legato ai pali. Se fosse riuscito a stanare il covo di quei traditori, la guerra civile sarebbe finita. E lui ne aveva fin sopra i capelli di quella guerra. Arrivò alla cella, e vi entrò senza troppe cerimonie. Il ribelle era, a volto coperto legato ai pali, Ramsay gli si avvicinò e gli tolse il cappuccio dalla testa.

 

“Ma buongiorno!” Lo salutò sorridendo, il ribelle non sorrideva per niente, anzi, aveva un volto spento e smorto. “Oh, non fare così, sto cercando di essere cordiale” lo incalzò Ramsay, “siccome odio i convenevoli, e in ogni caso non ho tempo da perdere, arriviamo subito al sodo: dove si trova la base ribelle?” Gli chiese poi concludendo la frase con un largo sorriso. Il ribelle non parlò, ne fece qualsiasi movimento con la testa, rimaneva lì a sguardo basso. “Ho capito.” Concluse il bastardo, e detto questo si avvicinò pericolosamente al prigioniero, prendondegli per un'istante la faccia con la mano. “Ti va se facciamo un gioco? Questo gioco si chiama: quale parte del corpo ti è meno necessaria?” Il ribelle nuovamente non rispose, non avrebbe dato al suo carceriere questa soddisfazione.

Il sorriso sul volto dell'aguzzino scomparve repentinamente: “stai cominciando ad annoiarmi...” Disse al prigioniero con un'espressione di totale odio sul volto. “E io odio, le cose noiose...” Ramsay estrasse il coltello e iniziò a tagliare la pelle del prigioniero all'altezza della spalla.

Contro ogni aspettativa da parte del carceriere, il ribelle non gridò, strinse i denti, il volto si contrasse in un'espressione di dolore immenso, pianse... Ma non gridò...

Non aprì bocca.

 

 

Ramsay inarcò la bocca in un'espressione mista tra la rabbia e la delusione, allora con più foga esercitò un taglio profondissimo al prigioniero, un taglio che andava dalla spalla al palmo della mano. Il bastardo fu ben attendo ad esercitare quel taglio con molta calma, così da far soffrire ancora di più il suo prigioniero che nuovamente non emise alcun grido. Il carceriere stava per dare di matto, prese a picchiare il detenuto con una rabbia quasi infantile. Lo coprì di schiaffi sul volto e di tagli sul torace gridando come un ossesso.

 

Nuovamente il ribelle non gridò. Ramsay allora rinfoderò il coltello: “sei forte, te lo concedo. Le tue qualità non meritano di essere perdute, saresti sprecato da morto. Perché non ti unisci a noi? Ci potresti essere utile. Sì, tu mi dici dove si trova la base ribelle e io ti libero, ti prometto una florida carriera nell'esercito e garantisco la libertà alla tua famiglia? È un affare? Non trovi?” La proposta di Ramsay sarebbe stata allettante per chiunque, ma quell'uomo si era unito alla ribellione proprio perché la sua famiglia era stata uccisa, e non avrebbe mai lavorato per l'uomo che li aveva fatti uccidere. Vedendo che non arrivava risposta il giovane lord protettore del nord assunse di nuovo quell'espressione carica d'odio.

 

Uscì dalla cella: “torturalo finché non parla... O muore.” Ordinò alla guardia, che annuì silenziosa.

In normali circostanze Ramsay non si sarebbe negato quel divertimento, ma la situazione corrente non prevedeva eccessive perdite di tempo, e questo rendeva lord Bolton ancora più iroso.

 

Tornò nella sala grande dove lo attendeva il consiglio di guerra. Ramsay prese posto al grande tavolo e guardò ad uno ad uno i membri del consiglio. “Mio signore” introdusse lord Umber, “sono felice di annunciarvi che le ultime sacche di resistenza nel nord, sono state eliminante.” Concluse gongolando. La mappa dei sette regni era aperta sopra il tavolo, sbiadita e rovinata. Ramsay guardò lord Umber con un'espressione mista tra la rabbia, l'interrogazione e il disgusto, “il nord!? È nelle Terre dei Fiumi che si annida la ribellione! È lì che dovete intervenire!” Gridò di rimando Ramsay, facendo sobbalzare quasi tutti i presenti e conficcando sul tavolo il pugnale insanguinato, che perforò la mappa all'altezza delle Torri Gemelle

 

 

“Abbiamo perso i nostri campi di prigionia, abbiamo impiegato centinaia di soldati per cacciare gli uomini di ferro dal nord, ne abbiamo persi ad altrettante centinaia per domare le sommosse a Karhold e Porto Bianco, sempre più soldati disertano e sempre più persone si uniscono alla ribellione! Quindi dimmi... Lord Umber, che motivi possiamo avere di essere felici?”

 

Il silenzio calò sulla sala, nessuno osava contraddire il lord protettore anche perché non era un'impresa facile, effettivamente le cose stavano proprio come lui aveva detto. Inoltre erano venuti a conoscenza anche del fatto che Brynden Tully aveva riconquistato Delta delle Acque e che la teneva a suo nome. I Frey non riuscivano a gestire la situazione e questo agevolava in maniera esponenziale la ribellione.

 

 

“Ora ascoltatemi...” Introdusse Ramsay con tono profondo e deciso: “ Lord Umber. Guida le nostre truppe al di là dell'incollatura, raggiungerete le Terre dei Fiumi in quattro giorni, riprendete Delta delle Acque, e a quel punto ordina a lord Frey di concederti altri uomini, ovviamente dovrai occupare Delta delle Acque, così ti obbedirà senza fare storie. Quando sarete affiancati anche dall'esercito dei Frey, voglio che eseguiate la più ampia rastrellata di tutti i tempi, non mi importa fin dove vi dovrete spingere, fosse anche fino a Dorne... Stanate i ribelli e uccideteli tutti.”

 

 

 

 

 

 

Il viaggio non durò molto. Il giovane passeggero lo passò quasi tutto dormendo, non sognò nulla, era troppo stanco anche per sognare. Si svegliò solo quando udì la campana segnalare l'arrivo a Braavos. Nymeria si agitava sul ponte della nave, era come se fosse impaziente di scendere e cercare la sua padrona.

Mik al contrario era calmo ed imperturbabile, sapeva che nessuno gli si sarebbe avvicinato dopo quello che aveva fatto ai marinai, perciò riposava tranquillo.

Quando la campana suonò, la barca stava passando sotto la mastodontica statua del titano di Braavos. Mik dovette riconoscerlo: suggestiva al punto giusto. Iniziò a vestirsi: indossò una camicia nuova, che trovò sulla nave visto che quella che aveva prima era troppo rovinata, arrotolò le maniche di questa fino ai gomiti per via del caldo, si sistemò due bracciali di cuoio ai polsi, si mise dei pantaloni marroni stretti che infilò ,all'estremità, negli stivali. Dopodiché si allacciò a tracolla la cinghia che portava il fodero di: Artiglio Guerriero, la cui elsa faceva capolino dalla spalla destra del giovane Karstark.

 

La nave approdò al Porto di Chequy. Era il porto più sicuro di tutta la città, ben sorvegliato e in una posizione favorevole. Mik si chiese se il capitano non avesse fatto apposta ad attraccare proprio lì, per consegnare il suo non troppo amato nuovo passeggero alle autorità. Il dubbio gli venne per davvero quando vide il capitano andare a parlare con una guardia del porto. Nymeria scese dalla barca e cominciò a correre, Mik allora salto giù dalla nave e le corse dietro, sentì un ormai sommesso: “fermati!” Alle sue spalle e così i suoi motivi per correre raddoppiarono.

Nymeria sfrecciava fra la gente negli stretti vicoli della città mentre Mikarion cercava di starle dietro.

 

A un certo punto il meta lupo imboccò una via più ampia, ma piena zeppa di persone, una via che conduceva ad una piazza dove si stava svolgendo un'asta. Mik, non vedendo altre soluzioni, scalò la parete di una casa, aiutandosi, salendo su alcune bancarelle di legno. Si mise a correre sui tetti delle abitazioni cercando di accorciare la strada per arrivare da Nymeria.

 

Corse sulle case attirando lo sguardo di tutti, e i commenti volavano: “chi è quello?” “Che sta facendo?”

 

Mik riuscì a vedere dove era diretta Nymeria, e la seguì saltando da un tetto all'altro, si ricordò di quando era bambino, e di quante volte si arrampicava sulle torri di Karhold saltando da una guglia all'altra, ricordò anche di come Bran Stark si cimentasse in quella attività, e non poté fare a meno di pensare al triste destino che il fato gli aveva riservato.

 

Non vedeva Bran da quando era andato a rinnovare il giuramento di fedeltà a Robb Strak prima di partire per la guerra. Il fatto era che ora il giovane Stark poteva essere morto e Mik non lo avrebbe saputo nemmeno. Ma ora era sua sorella che doveva trovare, e non ci stava riuscendo un granché bene visto che gli era scappata anche la femmina di meta lupo.

 

Nymeria proseguì fino ad una via stretta a sinistra della piazza del mercato, poi sparì dietro ad un angolo. Mik saltò giù da quella bizzarra strada alternativa e seguì il meta lupo, quando girò l'angolo la visione che gli si palesò davanti agli occhi era incredibile: non sembrava il ritrovo di un'animale da compagnia perduto, quanto il tanto atteso rincontro tra sorelle. Nymeria ansimava, il ragazzo non sapeva se per la corsa o per la felicità. La ragazza non smetteva di sorridere e di accarezzare la femmina di meta lupo, sembrava come se il rivederla l'avesse portata indietro nel tempo, indietro ad un'epoca che sembrava lontanissima, un'epoca della sua vita in cui era felice, in cui le uniche disgrazie erano i frequenti bisticci con la sorella maggiore.

Arya alzò lo sguardo... Il sorriso scomparve, si alzò in piedi e si avvicinò allo sconosciuto, lo squadrò da capo a piedi e gli chiese: “Chi sei? Che cosa vuoi?” Inclinando leggermente la testa, con aria incuriosita.

 

Mik era rimasto immobile a fissare quegli occhi: la giovane Stark sembrava una persona così diversa dalla ragazzina che lui aveva conosciuto durante le sue visite a Grande Inverno. Non sapeva se il cambiamento di Arya era dovuto esclusivamente a quella città, ma quasi certamente non era così.

Era strano, lo guardava come se gli stesse leggendo l'anima, come se potesse capire le sue intenzioni dai semplici movimenti degli occhi.

 

“Arya... Serve un posto meno affollato.” Disse il giovane Karstark guardandosi attorno. In effetti c'era della gente per strada, non troppa, ma quanto bastava per essere indiscreta, gente che tra l'altro era rimasta a guardarli da dopo l'arrivo della creatura mitologica, che se nel nord scatenava stupore, in quelle terre era vero e proprio terrore...

 

Anche la giovane Stark sembrò rendersi conto di questa ovvietà, così fece cenno a Mikarion di seguirla, imboccò una stradina buia e stretta. Mik la seguì ma ad un certo punto la perse di vista, proseguì per il vicolo finché non sentì qualcosa di freddo e metallico puntato sul suo collo. “Dimmi chi sei, e che cosa vuoi!” Ordinò Arya con tono deciso e fermo. “Arya, se Nymeria non mi ha ancora dilaniato vuol dire che vengo nel tuo interesse.” Ribatté Mik, comunque non troppo scosso per la reazione della giovane. Doveva averne passate di cotte di crude e quindi era più che comprensibile che non si fidasse di nessuno.

 

“Ascoltami, Nymeria voleva che ti trovassi, tu sei la nostra unica speranza, devi venire con me e riconquistare il nord per gli Stark.” Disse Mik tutto d'un fiato, ben attento a non trascurare le informazioni più importanti.

Arya rimosse la lama dalla gola dello sconosciuto, che ebbe così modo di girarsi verso di lei. “Chi sei?” Chiese la ragazza, con molta più calma di come aveva posto le altre domande. Mik si massaggiò il collo: “il mio nome è Mikarion Karstark. Conoscevo tuo fratello, Robb. Quando lo hanno ucciso io ho giurato a me stesso che lo avrei vendicato, perciò ho chiesto a tuo fratello Jon di riconquistare il nord ma lui ha rifiutato. Non gliene faccio una colpa, lui è un brav'uomo e fa il suo dovere, dopo il suo rifiuto ti ho cercata... E finalmente eccoti qui.”

 

Concluse Mik, sui cui occhi era calato un velo di tristezza ripensando a tutte le morti che lo avevano portato a quel momento, cercava di scacciarle ed evitava di chiedersi quanti altri sarebbero dovuti morire prima che tutta quella faccenda potesse dirsi conclusa.

 

La risposta della sorella di Robb si fece attendere, attesa che fu condita dall'ansia di ricevere un ennesimo rifiuto. Se avesse rifiutato anche lei, Mik si disse che sarebbe andato da solo a riprendersi Grande Inverno ma a suo nome. Mikarion Karstark: lord di Grande Inverno e protettore del nord, suonava bene. Per quanto in realtà Mik non fosse per niente allettato da quel ruolo.

 

“Sai Mikarion...” Introdusse la giovane, rompendo quel non completo silenzio, quel tipo di silenzio che si può avere nel vicolo di una città di migliaia di abitanti. “Se mi avessi fatto questa proposta mesi fa... Ti avrei risposto categoricamente no. Ma per tua fortuna... Ero diretta al porto.” Mik si sentì eccitato, non aveva nemmeno avuto bisogno di convincerla, aveva già deciso, “ho solo una domanda...” Proseguì Arya, Mik annuì come per incoraggiarla a parlare. “Quando si parte?”

 

 

 

Sconvolto non è la parola che userei, la parola più adatta sarebbe... Be, ad essere sinceri non so se esiste una parola per descrivere ciò che sento... Non riesco a capacitarmene, non riesco a capire... Perché? Perché...? Dovrei essere morto, e invece...

 

“Ho fatto ciò che ritenevo giusto... E per questo mi hanno assassinato, ora sono tornato.... Perché?” Chiedo disperatamente a ser Davos guardandolo con occhi colmi di dubbi. Ser Davos non è un certo un sacerdote rosso e nemmeno un veggente, ma forse è la sua anzianità, la sua esperienza che gli permette di essere un uomo a cui aggrapparti quando hai dei dubbi.

 

“Non lo so...” Replica lui con, per niente discussa, sincerità. “Forse non lo sapremo mai, ma che importa!? Tu vai avanti.”

 

“Lotterai finché ne avrai le forze, e combatterai il male fino a che ci riuscirai.”

Dovrebbero essere parole di conforto, ma non riesco a coglierle. Non perché non le capisco, ma perché non sono più tanto sicuro di me. “Non saprei come riuscirci... Credevo di saperlo ma...” Esito, scuoto il capo rivalutando tutto il mio operato fino alla mia dipartita. Non sono stato abbastanza forte, non sono stato abbastanza accorto... “Ho fallito.” Concludo guardando ser Davos con rassegnazione.

 

“Bene” replica lui, “va e fallisci di nuovo.”

 

 

 

 

 

 

La cabina era piccola, poco illuminata ma confortevole tutto sommato. Nymeria si era sdraiata a terra e sembrava essersi addormentata. Mik ed Arya erano seduti al tavolino e stavano parlando. Il rumore del mare si poteva percepire bene dalla piccola finestrella, da cui entravano ogni tanto alcuni piccoli schizzi d'acqua. “Come hai fatto a sopravvivere in quella città disgustosa?” Ebbe l'ardire di chiedere Mik alla giovane Stark. Era proprio curioso di saperlo, inoltre il viaggio sarebbe durato ancora un bel po, e lì non si poteva far altro se non parlare. E per fortuna di entrambi, entrambi avevano straordinarie storie da raccontarsi a vicenda.

 

“Hai mai sentito parlare degli uomini senza volto, lord Karstark?” Domandò Arya inarcando un sopracciglio. “In effetti sì, mia signora. E chiamami Mik.” “E allora tu chiamami Arya.” Dopo essersi chiariti su come chiamarsi a vicenda, la giovane Stark raccontò la sua esperienza, ciò che aveva imparato, ciò che aveva vissuto. E le abilità che aveva acquisito. Il tutto condito da: espressioni incredule di Mik, scricchiolii del legno della nave ed il russare sommesso di Nymeria.

Poi fu il turno del giovane Karstark, di raccontare la propria storia. Mik si sistemò sulla panca che dava le spalle ad una delle pareti di legno della cabina, quella a sinistra dell'entrata. Cambiò la candela e iniziò a narrare: “quando tuo fratello Robb convocò i vessilli a Grande Inverno, ci spiegò le sue intenzioni, la mia famiglia ha servito gli Stark per secoli e l'avrebbe fatto ancora...” Si fermò un istante per ripensare a quell'avvenimento, gli sembrava passata una vita, Robb gli mancava, lui non era solo il suo re era un suo amico. “Sai tuo fratello era il miglior stratega di guerra di tutto il nord, era un abile combattente, ed un caro... Caro amico.” Disse mentre il suo sguardo si perdeva nel buio della cabina. Con un atteggiamento quasi da anziano narratore, come un nonno che racconta le sue avventure alla nipote.

 

“Seguì, Robb in tutte le sue battaglie, fino alla sua morte... Credimi ho provato a salvarlo... Non ne ho avuto la forza.” Pronunciò, sempre guardando il vuoto, davanti ai suoi occhi ora stavano ripassando immagini del passato, non era lì. Non in quella stanza. Nella sua mente poteva udire ancora il sibilare dei dardi, i lamenti di lady Catelyn, il corpo di Robb accasciarsi a terra... I cani di Ramsay abbaiare.

 

“Qualche giorno prima della sua morte, tuo fratello mi disse che era conveniente allearsi con la Regina dei Draghi... Voleva che io portassi a termine questa missione.” Arya lo fissava incredula: “la Regina dei Draghi?” Chiese con sincero stupore. Mik si voltò verso di lei: “Daenerys Targaryen, sì. L'ultima del suo nome, Robb pensava che avrebbe potuto aiutarci. Ma... Non ho mai fatto in tempo a trattare con lei.”

 

“Dopo la morte di Robb, ho pensato molte volte di ritirarmi, di arrendermi...”

“Ma non lo hai fatto.” Concluse Arya, attirando nuovamente lo sguardo del suo interlocutore. “No.” Replicò lui. “Perché?” Chiese nuovamente Arya.

Mik tornò a fissare il vuoto, era come se per ricordare il passato doveva per forza staccarsi dal presente, “tuo fratello aveva qualcosa di diverso Arya... Lui amava la sua gente, voleva dare al nord la libertà che merita... E lo volevo anch'io, e lo voglio ancora. È per questo che non mi sono tirato indietro.”

 

Si voltò verso Arya per concludere: “e non intendo farlo adesso.” La giovane Stark annuì, “qual'è il tuo piano?” Chiese, come se si fosse ricordata che uno fosse necessario per riconquistare il nord. “Sono contento che tu me l'abbia chiesto, era proprio ciò di cui ti volevo parlare.”

Disse Mik, chiudendo un discorso e, così facendo, aprendone uno nuovo.

 

 

 

Steve stava ancora appeso lì, il sangue gli colava dalle ferite infertegli dal bastardo.

Ma lui non avrebbe parlato, piuttosto la morte. Faceva freddo, e Steve era a torso nudo, tuttavia lui c'era abituato: era nato a Karhold, che era molto più a nord di Grande Inverno, il freddo non gli faceva alcun effetto negativo. Si chiedeva che fine avesse fatto suo fratello, non vedeva Sam da quando quella pattuglia dei Bolton era piombata loro addosso. Grazie agli dei erano riusciti a catturare solo lui, che non avrebbe ma parlato. Tuttavia non poteva fare a meno di preoccuparsi per suo fratello. Ne era responsabile.

 

D'un tratto la porta della cella si aprì, sulla soglia comparve Ramsay: “toc toc.” Esclamò buffamente mentre entrava seguito da una guardia che teneva una corda fra le mani. La corda era tesa e finiva fuori dalla stanza, Steve non aveva idea di chi fosse legato all'altro capo. “Come sta il mio ribelle preferito oggi?” Chiese il bastardo con tono limpido e allegro, Steve non rispose. Ramsay allora iniziò a camminare avanti e indietro per la cella: “lo sai, la tua resistenza è a dir poco eroica. Sei sprezzante del dolore e della morte, è ammirevole. Piuttosto che tradire la ribellione ti faresti uccidere...” Steve cercava di capire dove volesse andare a parare quel folle, se parlava così, sicuro di se, voleva dire che aveva una asso nella manica, cosa che lo spaventava e non poco. “Lo sai... Qualche giorno fa abbiamo trovato un giovane ribelle che vagava per queste zone da solo... Quando l'abbiamo preso ha ucciso due dei nostri, e non faceva altro che ripetere che voleva che gli restituissimo...” Detto questo si voltò e fece un cenno alla guardia, che tirò la fune. Il prigioniero fu costretto a camminare in avanti per non cadere, Steve lo vide... Sam!

 

“Suo fratello!” Concluse Ramsay voltandosi di scatto verso Steve con un sorriso beffardo. Steve fu percorso da un sentimento di angoscia... Non suo fratello... Non il suo Sam... Ramsay colse subito questo cambio di espressione sul viso del prigioniero legato ai pali. Sarebbe stato inutile per Steve negare qualsiasi contatto passato o presente con il nuovo prigioniero, Ormai Ramasy aveva capito, e quando notò il cambio di espressione sul volto del ribelle prigioniero, inarcò la bocca in un ghigno malefico.

 

Dopodiché fece un altro cenno alla guardia, che fece mettere Sam sulle ginocchia, e con la mano gli tirò indietro i capelli, così da esporre meglio il collo.

Ramsay estrasse il coltello che teneva in un fodero sulla parte inferiore della schiena, poi si avvicinò al prigioniero in ginocchio; “se non ti importa nulla della tua vita, forse della sua... Sì... Ti importa.” Disse guardando Sam, ma rivolgendosi a Steve.

Che del canto suo stava versando lacrime, non poteva tradire i suoi compagni, ma non poteva nemmeno lasciar torturare il suo giovane fratello. Il bastardo premette la lama sulla fronte del ragazzo, e poi ridiscese lentamente fino all'occhio sinistro. Le urla erano agghiaccianti, Steve distoglieva lo sguardo e cercava di resistere. Il bastardo allora portò il coltello sotto l'occhio destro del prigioniero in ginocchio, avvicinò pian piano la lama alla palpebra inferiore. Era chiaro... Voleva cavarglielo!

Era sempre più vicino, sempre più vicino... Sam gridava già, preparandosi al peggio...

“Basta!” Grido Steve, mentre piangeva, “basta, ti prego!” Non poteva vedere il fratello soffrire così, non aveva ancora vent'anni, la guerra poteva finire... Lui aveva una vita d'avanti.

Ramsay sorrise e si alzò, poi guardò Sam: “sai per un attimo ho pensato che mi avrebbe lasciato farlo.” Detto questo scompigliò i capelli del giovane ribelle in modo amichevole, poi si mosse verso Steve: “allora... Non provare a mentirmi, perché ti posso assicurare che me ne accorgerei, e se mi mentissi...” Rimase a metà frase indicando Sam: “non solo gli caverei gli occhi, ma anche il naso, le orecchie... E... Le palle!” Disse ridacchiando. “Perciò avanti... Parla.” Intimò a Steve, con sguardo che aveva perso tutto il divertimento che caratterizzava lo sguardo precedente.

Steve guardò Sam con le lacrime agli occhi, il giovane fratello aveva l'occhio sinistro sfregiato e chiuso, ma con l'altro poteva guardare Steve e scuotere la testa in segno di negazione. Steve con le lacrime agli occhi rispose: “si trovano nella foresta, a qualche ora di marcia dalle Torri Gemelle... Verso ovest.” Concluse abbassando lo sguardo, e ripromettendo a se stesso che non lo avrebbe più alzato. Ramsay accolse sulla sua bocca un largo sorriso, poi si voltò verso la guardia: “dite al piccolo Jon di fare armi e bagagli... Abbiamo l'ubicazione della base ribelle!”

Detto questo prese la mascella di Steve tra il pollice e le altre dita: “grazie infinite...” Poi si voltò e se ne andò ghignando malignamente...

 

 

 

 

 

Quando Mik ed Arya raggiunsero le Terre dei Fiumi, lui la guidò all'accampamento di Harry. Ci vollero quattro giorni per arrivarci, in questi quattro giorni Mik parlò molto con Arya, le raccontò quello che ancora non le aveva raccontato, ma evitò di menzionarle la sua famiglia, ed il massacro di Karhold. Non sapeva nemmeno lui perché, forse autoconservazione, ma perché, per cosa? Non lo sapeva, sta di fatto che omise completamente di parlarne. D'altra parte nemmeno lei si era aperta più di tanto, eppure, tuttavia era possibile notare una certa sintonia fra i due: due perfetti sconosciuti che in qualche modo si somigliavano, due sconosciuti che però si ritrovavano l'uno nell'altra. Era evidente che c'era una forte attrazione fisica tra loro, ma entrambi sembravano preoccuparsi più di come morire che di come vivere. Eppure stavano trattenendo qualcosa, era come se i sentimenti, acquietati in entrambi da tempo, stessero cercando di riaffiorare.

Ad ogni modo, quando raggiunsero la base ribelle, furono subito accolti dal generale.

 

 

“Sono così felice che sei tornato!” Esclamò Harry correndo ad abbracciare il suo amico, “ora che sei tornato possiamo muovere guerra ai Bolton, non dobbiamo più preoccuparci dei Frey.” Mik lo guardò incredulo, e Arya fece altrettanto.

Harry disse loro che se ne sarebbero occupati dopo cena. Cenarono nella baracca 14 ed Harry si diede da fare per far ridere Arya raccontandole divertenti aneddoti su Mik. Per esempio: le raccontò di quella volta che a Karhold, in occasione di un matrimonio di cui Harry non ricordava gli sposi, si ubriacarono talmente tanto che: lui si mise a rincorrere i maiali in un porcile a caso, mentre Mik prese sulle spalle la sposa e la portò da qualche parte, Arya rideva, mentre Harry chiedeva a Mik dove effettivamente avesse portato quella donna, Mik ridendo rispose che lei gli diede un pugno e fuggì poco dopo.

Fu una serata divertente tutto sommato. E tutti e tre, in effetti, si chiesero da quanto tempo non si divertivano così. Dopo la cena, il generale invitò gli ospiti nella sua baracca, per discutere il da farsi.

 

 

Raccontò di aver eseguito diversi atti di sabotaggio anche nel nord, accrescendo sempre di più le sue fila, il malcontento nei confronti dei Bolton era cresciuto, e questo soprattutto grazie alla ribellione; che ormai da mesi metteva in difficoltà l'alleanza Bolton- Frey.

 

Visto che i suoi ospiti erano increduli di fronte a quella affermazione Harry si spiegò meglio: “sì, il Pesce Nero ha riconquistato Delta delle Acque, e così tiene impegnato l'esercito dei Frey.” Mentre Mik, tutto eccitato, diceva ad Harry di preparare le truppe a partire, Arya sembrava persa in mille e più riflessioni... Sembrava che stesse rimuginando sulla faccenda: 'Frey'. Mentre Mik ed Harry discutevano sul da farsi, lei li interruppe: “forse potremmo avere anche l'appoggio dei Tully.”

 

Questa affermazione fece ammutolire gli altri due, la piccola baracca del generale ribelle fu immersa nel silenzio. Il buio era già calato nelle Terre dei Fiumi, e gli unici rumori che si sentivano erano provocati dagli uomini che si muovevano avanti ed indietro sui ponti di legno che collegavano le baracche tra loro.

“Cosa vuoi dire Arya?” Chiese Mik cercando di capire le intenzioni della giovane Stark. “Voi preparate gli uomini, io mi occuperò dei Frey, al mio ritorno avremo anche l'esercito dei Tully, e allora attaccheremo i Bolton.” Detto questo, Arya abbandonò la baracca dirigendosi fuori.

 

Mik le corse dietro, “Arya!” La chiamò, “Arya aspetta!” Gridò mentre la seguiva sul ponte di legno, “non cercare di fermarmi.” Replicò lei senza voltarsi, “non voglio fermarti...” Disse Mik, intanto Arya si voltò come se avesse capito che la frase non finiva lì, e fece una faccia come per dire: 'dì quello che devi dire, non metterci troppo.'

 

Ma la replica di Mik la lasciò di stucco: “voglio venire con te.” Concluse egli, ancora con il fiatone per la corsa. Arya rimase a guardarlo, certo lei e Mik, in quei giorni, avevano avuto modo di conoscersi meglio, di diventare quasi amici, ma non si sarebbe mai aspettata tanta devozione. “Non puoi Mik. Il tuo posto è qui, con la tua gente.” Disse lei con sguardo comprensivo, uno sguardo a cui ormai non era più abituata, ma anche questo doveva ammettere del suo nuovo amico: in quei giorni era riuscito a ridarle leggerezza, sì certo: i problemi c'erano e con lui ne discuteva, ma lui riusciva sempre a tranquillizzarla quando era agitata, nonostante tutti quei problemi, Mik riusciva a farla vivere quasi normalmente. “Non ce la puoi fare da sola contro i Frey, ti uccideranno.” Rispose il giovane Karstark con aria preoccupata e...

 

Protettiva? Arya non lo capì troppo bene, ed era strano: lei ora riusciva a capire tutti i pensieri di una persona anche solo guardandola, ma quel ragazzo... Quel ragazzo era un groviglio di emozioni contrastanti ed enigmatiche. Un mistero... Per lei. Ma un mistero di cui si fidava. “Tu non hai idea di cosa sono capace, non potranno fermarmi.” Concluse Arya gonfiando il petto, per mostrarsi forte e sicura di sé. “Non dubito di te, ma ho già perso troppo e il pensiero di perdere anche a te...” Mik sembrava in balìa delle emozioni, era come se stesse sprigionando tutto quello che sentiva, come se le emozioni: abituate ad essere trattenute e messe a tacere, si stessero liberando, toccando nel profondo la ragazza lupo. Arya fu sorpresa, ma nel contempo felice di quello che aveva sentito, tuttavia si chiese come mai: quell'uomo che sembrava così chiuso a tutto quello che poteva essere il mondo delle emozioni e dei sentimenti, ora si stava aprendo così, ora si rendeva fragile. E perché farlo, se non per il fatto che aveva cieca fiducia in lei?

 

Mik si avvicinò e prese le mani di Arya fra le sue, lei sentì qualcosa: si sentì... Tremare? No. Non era possibile, non lei. Era convinta di aver dimenticato cosa voleva dire avere sentimenti, così come lui, ma ora sentiva di non poterli trattenere... Quello che provava era forte, non sapeva nemmeno lei cos'era, ma era sicura di averlo sentito anche la prima volta che aveva visto il ragazzo.

 

Lui d'altro canto, aveva deciso di abbandonare le emozioni. Lo avevano portare solo alla sofferenza, ma ora non poteva controllarsi, si odiava per questo. Non riusciva a mettere a tacere i sentimenti, avrebbe sofferto lo sapeva, ma ormai non aveva più controllo. Arya si sentì avvampare, e sentì il cuore accelerare il battito, rimaneva lì a fissare quei profondi e suadenti occhi marroni, in attesa che lui parlasse. “Arya...”

 

“Sì Mik?” Chiese lei, mentre le mani del ragazzo si spostavano dalle mani di lei, ai suoi fianchi, Arya guardò quelle braccia che la tenevano, e non ebbe il coraggio di muoversi, non ne aveva nemmeno voglia in ogni caso. Quelle braccia la facevano sentire sicura... Sicura? Non si capacitava nemmeno di quello che pensava, da quando aveva bisogno degli altri per essere al sicuro? Da mai, ma da quando aveva conosciuto Mik tutto era cambiato.

 

Il ragazzo non perse altro tempo: “sei sicura di potercela fare?” Chiese inarcando le sopracciglia in un'espressione tra: la preoccupazione e il dubbio. Arya non credeva alle sue orecchie, e nemmeno a quello che sentiva: quei giorni passati con Mik, riaffiorarono nella sua mente e li vide da una prospettiva diversa. Aveva sempre sentito quello che sentiva ora, ma non lo aveva mai esternato, perché esattamente come per Mik, i sentimenti l'avevano portata a soffrire di più. Ma sembrava che il ragazzo volesse tirare fuori tutto in quel momento, perché cominciava a capire che forse non avrebbe più rivisto la ragazza lupo, e se anche i sentimenti lo avevano portato a soffrire, gli avevano dato uno scopo, una ragione di vivere. Sentiva di nuovo la paura della morte, la sentiva solo quando sapeva di avere qualcosa da perdere. E ora ce l'aveva. “Non mi accadrà nulla Mik.” Lo rassicurò Arya, prendendogli il viso fra le mani con delicatezza. Il ragazzo sentì il cuore che gli usciva dal petto, e pensò che fosse giunto il momento, perciò si sporse in avanti velocemente inarcando la schiena per raggiungere la giovane Stark ed imprimerle sulle labbra un bacio fin troppo trattenuto. Arya ricambiò e gli appoggiò le braccia alle spalle, mentre lui la sollevava prendendola dal bacino.

 

La portò nella baracca che Harry gli aveva riservato, e lì la adagiò sulla piccola branda. Dopodiché , lasciò che fosse la passione a guidarlo. Esplorò quell'inaspettata compagna di battaglie avvenire per tutta la notte. Mentre lo facevano Arya gli confessò di non averlo mai fatto prima, Mik allora le rispose di lasciarsi andare, avrebbe fatto tutto lui. Arya si concesse allora al suo giovane amante, lasciando che fosse lui ad istruirla.

 

L'erede di Karhold e la giovane Stark passarono la notte insieme, e alla loro avventura, che sarebbe potuta essere narrata solo dalle pareti della baracca, fece sottofondo la foresta e il fiume...

 

 

 

 

La mattina seguente Mikarion si risvegliò nella sua baracca. Era solo, si alzò e vide che sul tavolino vi era un foglietto di carta piegato in quattro, e vicino un calamaio con la penna infilata dentro. Tutto materiale che si trovava all'interno della baracca.

Sul foglietto vi era scritto: -Preparate le truppe, attendete il mio ritorno, e allora potremo marciare su Grande Inverno, con l'appoggio dei Tully e con i Frey fuori gioco per sempre-

 

Mik rimase a fissare quel foglietto per minuti interi, aveva fiducia in lei, ma era comunque preoccupato. Si vestì ed uscì per avvertire Harry, ma mentre percorreva la strada per arrivare alla baracca del generale, vide questi corrergli incontro trafelato e sudante. Mik lo guardò incredulo mentre arrivava, “Mik, è arrivato un messaggero dal nord, abbiamo intercettato un dispaccio nemico: l'esercito dei Bolton è diretto qui! Sanno dove siamo, e verranno con migliaia di uomini!”

 

 

Il giovane Karstark era stravolto, come avevano fatto a capire dov'erano? Non c'era tempo da perdere: “raduna tutti i soldati Harry, manda dei corvi a tutti i capisaldi ribelli, dobbiamo convogliare qui e prepararci alla battaglia.” Detto questo, Mik si allontanò e tornò sui suoi passi, dovevano preparare le difese, l'esercito nemico sarebbe stato più numeroso, ma loro avevano la foresta; li avrebbero colti di sorpresa. Inoltre il giovane Karstark sperava con tutto se stesso che anche Ramasay Bolton Prendesse parte alla spedizione... Poteva succedere tutto, potevano vincere o perdere, il trono del nord poteva anche essere di Arya... Ma Ramsay... Era suo!

 

 

 

 

“Il signore della luce voleva che ti riportassi in vita Jon Snow.” Introdusse e concluse la donna rossa. “Perché?” Chiese nuovamente il lord comandante, Melisandre esitò nuovamente, rivolgendo il suo sguardo alle fiamme, come persa in quelli che gli altri chiamavano deliri, ma che lei chiamava segni. “Perché ho visto il tuo destino, tu ci guiderai nella lunga notte, e sarai fondamentale per la lotta contro i non morti.” Jon Snow chinò il capo, domandandosi in che modo poteva essere determinante contro il re della notte, se nemmeno riusciva a mantenere il suo ruolo di lord comandante. Non troppo soddisfatto dalla risposta fece per andarsene, ma non prima che Melisandre pronunciasse queste parole: “Ho visto qualcun altro nelle fiamme...” Poi si alzò e guardo Jon dritto negli occhi: “una diade, tu e qualcun altro... Combattere insieme e salvate il mondo dei vivi.” Jon Snow era incredulo: “e chi è questa persona, lo sai?” Chiese impaziente, “No. Ma so che solo se lotterete insieme potrete vincere... Se non lo farete... Nessuno ci potrà salvare.”

 

 

 

 

 

 

Valar Morghulis a voi amici ed amiche di The North Remembers!! Ecco a voi il capitolo 11! Spero stiate bene e spero che il racconto possa appassionarvi, io inoltre avevo un'idea: scrivere la storia di Ramsay Bolton. Avevo pensato di farlo in The North Remembers, ma poi, risultava troppo lungo ed ingombrante, perciò ditemi se volete che scriva uno spin off solo per lui. Detto questo vi saluto e vi ringrazio.

 

 

 

 

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Capitolo 12
*** La notte in cui la morte danzò tra le fiamme ***


Se qualcuno gli fosse stato vicino in quel momento, probabilmente si sarebbe accorto che egli era piuttosto strano.

Il vocio era consistente e sommesso, gli uomini nella grande sala bevevano e discutevano animatamente. L'anziano lord scrutava l'area davanti a lui, gli occhi ridotti a due fessure, concentrati, come quelli di un'aquila. Stava contando? Cosa? I presenti? Possibile, ma nessuno lo poteva sapere con certezza. Dalle panche di legno si levavano risate di festa, ma nel contempo anche diverse domande: “Perché, secondo te lord Walder ci ha convocati qui, ora, tutti quanti?”

Ovviamente le domande non erano state proferite con toni preoccupati, tutti in quella sala erano tranquilli, e si godevano il buon vino.

Ad un tratto, la certa, ma non troppo insistente, impazienza di sentir parlare il vecchio lord fu appagata. Due colpi risuonarono nella sala, poi il lord si alzò attirando su di se gli sguardi di tutti i presenti.

“Vi starete chiedendo, come mai vi ho fatto convocare tutti qui.” Esordì il lord delle terre dei fiumi. Non abbiamo una guerra civile da affrontare?” Il silenzio calò nella sala, tutti sapevano qual'era lo stato delle cose, e quella domanda ora riecheggiava nella testa di ognuno dei presenti. “Be, i ribelli hanno saputo che i Bolton sono arrivati e quindi hanno pensato bene, da quei vigliacchi che sono, di darsela a gambe.” Questa affermazione fece piovere un gran riso generale in tutta la sala, lord Walder proseguì: “e per quanto riguarda il pesce nero, be, ora che i ribelli sono scappati e i nostri alleati del nord sono arrivati, non penso che avrà una vita ancora lunga.” Concluse, tutti annuirono e chi non annuì rise. Lord Walder fece un cenno a una coppiera che si trovava ad un lato della stanza, questa si mosse per portare delle caraffe di vino ai tavoli, altre ragazze la imitarono. “Ho voluto convocarvi qui, perché voglio discutere con voi i miei piani per questa grande casa, ora che... L'inverno è arrivato.” Probabilmente ad un Frey sobrio questa frase sarebbe parsa un po' strana, ma per fortuna di chi si celava sotto la pelle di lord Walder, nessun Frey lì era sobrio.

“Prima però, un brindisi! Basta con quella specie di: piscio di cavallo dorniano, questo è puro nettare di Arbor, un vino per eroi!” Il discorso di lord Frey, stava prendendo una piega eccitante, per tutti coloro che lo ascoltavano...

E per lui in particolare...

 

“Uniti ci ergiamo!” Esclamò a gran voce lord Walder tenendo in mano la sua coppa, “Uniti ci ergiamo!” Gli fece eco il resto della sala. Ciò che seguì il grido del motto di casa Frey, fu un silenzioso trangugiare collettivo. Lord Frey non bevve ma controllò che tutti i suoi parenti lo facessero... Non gliene sfuggì neppure uno...

La giovane moglie di lord Walder raccolse la sua coppa, ma il vecchio lord le intimò di non bere, aggiungendo che non era disposto a sprecare quel vino per lei.

 

Quando tutti ebbero bevuto lord Frey parlò di nuovo: “sono fiero di tutti voi... Siete la mia famiglia.” Il discorso stava diventando tenero? “ Siete coloro che mi hanno aiutato a massacrare, gli Stark alle nozze rosse!” Era una punta di rabbia quella che un orecchio attento e sobrio avrebbe potuto catturare? Possibile, ma orecchi attenti e sobri lì non ve n'erano.

Anzi c'erano molti orecchi sciocchi, i cui padroni risero forte dopo l'ultima frase di lord Walder. “Sì... Gioite uomini valorosi, tutti voi. Avete ucciso l'uomo che avete chiamato re... Sgozzato una madre, di cinque figli!” Il silenzio era ripiombato nella sala, non sembrava proprio che il vecchio lord si stesse complimentando, e questo sembrarono capirlo anche gli ubriaconi lì presenti. “Trucidato i vostri ospiti dopo averli invitati a stare sotto il vostro tetto...” Alcuni Frey iniziarono a tossire, “ma... Non è vero che avete massacrato fino all'ultimo Stark...” Ora tossivano quasi tutti, alcuni iniziarono a barcollare, altri rigurgitavano il vino... “Avreste dovuto estirparli tutti, fino alla radice...” Proseguì il lord del guado, per niente toccato da ciò che accadeva intorno a lui. “Lasciate anche solo un lupo vivo... E le pecore... Non saranno mai al sicuro.” Concluse godendosi il massacro che stava avvenendo davanti ai suoi occhi...

 

 

 

Una ragazza rimosse quel volto dal suo, osservò compiaciuta la desolazione nella sala, notò che la giovane moglie di lord Frey la osservava impietrita. “Quando ti chiederanno cos'è successo qui, di loro che: il nord non dimentica... E che l'inverno, è arrivato per casa Frey...”

 

Una ragazza scese dalla pedana, se ne andò tranquillamente... Camminando in mezzo alla strage. Se la morte, quel giorno avesse voluto un volto umano per manifestarsi...

Avrebbe scelto il suo.

 

 

 

 

 

 

La fredda brezza mattutina scompigliava i capelli e metteva i brividi a Mikarion Karstark, che nonostante il mantello di pelliccia, avvertiva il freddo fin dentro le ossa. Gli uomini si muovevano veloci per i ponti e le baracche, mentre gli uccellini, il fiume e il vento facevano sottofondo a tutto. Sotto il campo, altri soldati stavano scavando delle trincee, trincee che formavano un perfetto perimetro contornato da alberi e cespugli. Mik era rimasto a pensare ad una soluzione per un giorno intero, l'esercito dei Bolton sarebbe stato almeno il doppio più numeroso del loro, uno scontro in campo aperto sarebbe stato una strage per i suoi uomini. Poi, proprio mentre la disperazione sembrava aver preso il sopravvento, si ricordò di una cosa curiosa e ,nel contempo, interessante che aveva visto qualche giorno prima, mentre attraversava la foresta con Arya. All'inizio gli era sembrato un semplice bastoncino, uno stecco e nient'altro. Poi però, l'aveva guardato meglio, non si ricordava perché, probabilmente si annoiava, fatto sta, che aveva visto qualcosa su quello stecco, qualcos'altro: un insetto. Un insetto che si camuffava perfettamente con l'ambiente, celando la sua presenza ai predatori. Mik ripensò a quel piccolo animale che, gli aveva dato una grande idea: un camuffamento militare: avrebbe fatto mimetizzare il campo con l'ambiente, attirandovi dentro i Bolton, solo che: sarebbe stato lui il predatore!

 

 

Da quel pomeriggio Mik aveva fatto lavorare gli uomini senza tregua, per preparare il campo alla battaglia, tutti i ribelli disseminati per le terre dei fiumi erano convogliati lì, erano passati tre giorni da quando Arya se n'era andata, Mik cominciava a preoccuparsi sul serio, ma si era ripromesso di non distrarsi, e che la battaglia rimaneva la priorità assoluta.

 

Nonostante nulla fosse ancora stato deciso il giovane Karstark non poteva fare a meno di pensare ai non morti: quella era la vera guerra, e doveva ancora cominciare. Si chiedeva come se la stesse cavando Jon Snow, e pensava anche al fatto che: se anche Arya avesse ripreso il controllo del nord, la corona avrebbe preteso un giuramento di fedeltà, un giuramento utopico che avrebbe causato un'altra guerra... L'ennesima, era incredibile: quella battaglia, che sarebbe dovuta essere la fine di una questione forse la chiudeva anche, ma ne apriva tante altre, di gran lunga peggiori.

 

 

 

 

Il giovane Karstark si ritrovò a pensare al suo percorso: si chiese se aveva agito bene fino a quel punto, o se certe cose sarebbero potute essere fatte meglio. Si disse che su questo non c'erano dubbi, ma ormai il passato era passato. E per quanto il futuro non apparisse roseo, era a quello che bisognava tendere.

 

Pensò anche a Karhold, non sapeva che fine avesse fatto sua cugina Alys, ma sperava con tutto se stesso che fosse ancora viva. Lo sperò non solo perché lo voleva per lei, ma anche perché probabilmente lei sarebbe dovuta rimanere a Karhold come lady. Forse lui ed Arya si sarebbero sposati e lui sarebbe diventato... Re del Nord?

 

No, non poteva essere, il nord non avrebbe mai accettato un Karstark come re, indipendentemente da qualsiasi cosa avesse fatto per loro. Tuttavia la giovane Stark sarebbe diventata regina del nord, e lui? Che ne sarebbe stato di lui? Una voce dentro la sua testa però ebbe l'ardire di protestare: - tu hai seguito Robb, tu hai combattuto per la tua gente come nessun altro avrebbe fatto... Che importa del nome! Se qualcuno merita il trono quello sei tu!- Mik in parte si trovò d'accordo con quella vocina impertinente, ma dall'altra parte ricordava a se stesso che non bramava il trono. Forse no, ma poteva essere la miglior soluzione, del resto non se ne sarebbe stato a Karhold da solo, con Arya a Grande Inverno. Comunque non importava cosa sarebbe accaduto in seguito, Mik aveva una battaglia da affrontare e doveva farlo a mente lucida.

 

 

 

 

 

La sera calò in molto meno tempo del solito. Il via vai sui ponti rimaneva comunque intenso, la natura stava cambiando intorno al campo: gli animali diurni lasciavano il posto a quelli notturni, il vento si muoveva tra gli alberi: all'inizio piano, poi sempre più agitato, come se anche lui avvertisse l'imminente scontro...

 

Gli uomini nelle trincee sottostanti al campo avevano preso posto, ed erano pronti ad accerchiare il nemico una volta che fosse entrato nel campo. Harry era con loro, mentre Mik avrebbe avuto il comando degli arcieri sui ponti. Le baracche erano state nascoste da frasche e rami, le trincee erano state coperte da erba e fogliame. Il campo fantasma era pronto ad accogliere i Bolton a braccia aperte. Gli arcieri si stavano posizionando sui ponti, i segnali erano stati ridotti ai gesti: bisognava che emettessero meno rumore possibile. L'esploratore era tornato poche ore prima rivelando che i Bolton sarebbero giunti di lì a qualche ora. Mik era nervoso: era passato molto tempo dalla sua ultima battaglia, e la situazione era completamente diversa: ora era lui al comando, le vite di quegli uomini erano a suo carico. Il giovane Karstark si vestì da battaglia: corazza pettorale che lo proteggeva dalle spalle fino alla vita, para ginocchi e gambali. La corazza, sul petto presentava diverse scanalature, che andavano a disegnare un fisico atletico e muscoloso, come il fisico di Mikarion. Portava: Artiglio Guerriero alla cintura, in battaglia la portava lì perché gli era più comoda.

 

 

Guardò in basso: Harry agitò il braccio sinistro, Mik annuì. Era il segnale, tutti gli uomini nelle trincee erano armati e pronti! Il giovane Karstark, dopo aver rivolto uno sguardo alla baracca 9: ovvero la sua baracca, si voltò verso i suoi uomini, e si ritrovò spaesato quando si accorse che tutti lo stavano fissando, come se si aspettassero di sentirlo parlare...

 

Mik li guardò stranito, ma poi raccolse il coraggio e parlò: “uomini.” Introdusse con coraggio e fiducia nelle sue parole, “ so che non c'è un solo codardo fra di voi, e so che siete ansiosi di battervi quanto lo sono io, ma aspetteremo che entrino tutti nel perimetro, prima di far scattare la trappola. Questo richiede sangue freddo, e la disciplina conterà quanto il coraggio.” E queste erano le informazioni tecniche, doverose in ogni caso, “i Bolton sono un osso duro,” proseguì rimanendo fermo, fisso ed impettito, questo gli consentiva un aria sicura e da leader, “sono ben armati, e molto più numerosi... E venderanno cara la pelle.” Quest'ultima osservazione fece calare una comune espressione dubbiosa sui volti dei soldati in ascolto. Mik non si fermò: “fanti.” Introdusse rivolgendosi al piccolo gruppo di fanteria, che di lì a breve sarebbe sceso nelle trincee per comunicare le ultime disposizioni del comandante. “Quando la freccia di fuoco sarà scoccata e avrà raggiunto il sicomoro, allora uscirete dalle trincee, questo ci consentirà di accerchiarli e prenderli di sorpresa.” I fanti annuirono a turno, con gli occhi fissi sul comandante, occhi che lasciavano trapelare attenzione mista ad ammirazione.

 

“Arcieri. Abbiamo poche munizioni a disposizione, questo comporta che ogni singolo colpo dev'essere portato a segno con la massima precisione, incoccate la freccia e tendetela in tutta fretta, è necessario che scocchiate a turno, così da consentire una pioggia costante e uno sbarramento a qualsivoglia reazione.” Concluse annuendo, come per infondere coraggio nei suoi uomini, che lo guardavano attenti.

 

Il giovane Karstark proseguì sempre rivolto agli arcieri: “non scoccate se non siete sicuri di colpire. Mirate ai punti deboli... La vostra precisione sarà essenziale.” Di nuovo, i soldati annuirono e strinsero più forte il loro arco, come per prenderne sempre più confidenza, e arrivare così a combattere non con un'arma ma con una vera e propria creatura.

 

“Quell'esercito...” La voce di Mikarion sovrastò anche i rumori della natura, non tanto per il volume, quanto per l'intensità del discorso, e di quella parola in particolare. “Anche se mutilato, sarà sempre pericoloso. Come una belva ferita.”

Tornò il velo del dubbio, ma questa volta fu presto scacciato dalla sicurezza e dall'ardore che ora sembrava essersi impossessato di quegli uomini.

 

 

“Quando avremo finito le frecce, scenderemo e daremo supporto alla fanteria. Così le forze saranno equilibrate.” E detto questo, il giovane Karstark sorrise, non seppe spiegarsi il perché. Forse perché si era reso conto che il suo era un buon piano, forse per infondere coraggio nei suoi soldati, o forse per infonderlo in se; ad ogni modo anche gli altri sorrisero. E questo stabilizzò Mik. “Loro ci credono una ricca preda...”

Il riso volò rapido sulle bocche dei soldati in ascolto, che avevano decisamente acquistato maggior fiducia e coraggio. “Ma quello che troveranno sarà un predatore, molto affamato.” E fece seguire la frase da un ghigno sprezzante, ma durò poco, infatti tornò serio subito dopo: “molti di voi sono qui per motivi differenti: chi combatte al mio fianco dalla guerra di Robb Stark” e detto questo fece un sorriso ad un soldato Karstark che aveva riconosciuto, “ c'è chi risponde a casa Tully e si ribella ai Frey. Non importa cosa ci ha spinti a diventare ribelli... Quello che importa: è che la nostra oppressione finisce oggi. E che coloro che ci hanno fatto dal male... A noi, o a dei nostri cari, oggi pagano per tutto quanto.” L'assenso era palpabile, nonostante il silenzio. Mik annuì, ed incurvò le labbra in una smorfia di: fierezza mista a preoccupazione: “ciascuno al proprio posto, a pronto comando pronta risposta.” Dopo quella frase assunse un'aria quasi, provocatoria: “quando avremo finito potremo andare da Ramsay Bolton e dirgli: ' tutta la gente che ti odia, ti manda i suoi saluti!'”

 

Una fragorosa risata scoppiò tra le fila di soldati adiacenti alla baracca 9. Non tanto perché la battuta fosse divertente, quanto per il fatto che tutti i ribelli stavano pregustando la vittoria, e questo era un bene: un esercito ben motivato, anche se piccolo è pericoloso. Infatti di lì a poco scoppiò un fragoroso: “hurrà, hurrà, hurrà...”

Mentre Mik prendeva il suo posto sul ponte di giunzione tra le baracche 9 e 10.

 

 

 

Fred e Marty ridiscesero dalla scala e raggiunsero i loro posti in trincea, riferirono le ultime disposizioni al comandante Harry e attesero tutta la sera.

 

La notte era arrivata: calata su di loro come un falco sulla preda, la luna rischiarava molto, ma era il buio a dominare quel momento. Lentamente un banco di nebbia discese sul campo, Marty era sempre stato superstizioso, e l'improvviso arrivo di quel nebbione lo aveva spaventato e non poco, un presagio... Un presagio infausto. I soldati nelle trincee erano seduti o appoggiati alle pareti, c'era chi beveva freneticamente, c'era chi pregava, chi sguainava e rinfoderava la spada in modo nervoso. Fred stava torturando con le mani un rametto caduto da una sequoia, mentre Marty rigirava fra le dita un piccolo amuleto.

 

 

Mik era in piedi sul ponte, il respiro si era fatto visibile fino a quel momento, ma la nebbia copriva tutto ora. Silenziosamente Mik la stava maledicendo, non si sarebbe visto niente con quella nebbia davanti...

 

 

 

 

Il piccolo Jon fermò le truppe con un gesto della mano. Gerald si sentì avvampare, 'avevano già raggiunto la base ribelle?' si chiese il giovane soldato. Il piccolo Jon si voltò, aveva l'ingresso della foresta alle spalle, e i vessilli del nord davanti: “Oltre questi alberi si annida la feccia ribelle, ebbene io dico: annientiamola!” E detto questo sguainò la spada, tutti si unirono a lui nel grido di battaglia più insicuro della storia.

 

Gerald sentì il cuore in gola, mentre si addentrava in quella foresta maledetta.

 

 

Mik restava impassibile, non aveva idea di che ora fosse, in testa avevo fisso un pensiero: vincere! “Signore come facciamo a sapere che verranno proprio qui?” Ebbe l'ardire di domandare un arciere proprio a fianco a Mik. “Abbiamo lasciato tracce che li conducano a questo posto.” Rispose rapido il giovane Karstark, che non aveva distolto gli occhi dall'entrata del campo.

 

 

 

 

 

Gerald ora stava entrando in una zona strana, come una radura, una radura immersa nella nebbia, le tracce conducevano a quel luogo, ma i ribelli non c'erano. Marty spiava da uno spiraglio fra quelle frasche poste al di sopra della trincea per camuffarla, un suo gesto con la mano fece capire agli altri ribelli che i Bolton erano entrati nel campo! Seguirono diverse reazioni: molti soldati sguainarono le armi, altri accelerarono il loro respiro spuntando nuvolette di vapore dalla bocca, Marty tornò a trastullarsi con quel suo talismano, i soldati guardavano Harry, ed Harry guardava i soldati, l'ora della verità era giunta...

 

Mik non riusciva a vedere bene i soldati nemici, a causa della nebbia. Tuttavia poteva sentirli muoversi al di sotto di lui. Erano tanti, erano davvero tanti...

 

 

“Incoccare.” Bisbigliò Mik, ben attento che i nemici non lo sentissero, bastò vedere che l'arciere che aveva a fianco incoccava la freccia, e tutti gli altri arcieri lo imitarono.

 

 

I Bolton erano ormai entrati tutti nel perimetro, non ci sarebbe voluto molto prima che si accorgessero delle trincee. Mik respirava rapido, ogni secondo era prezioso, e la precisione doveva essere assoluta... Gli arcieri sembravano impazienti, Harry fremeva dal desiderio di attaccare, Marty continuava a girare quell'amuleto, Fred stringeva la sua spada, Gerald si sentiva male... Qualcosa non andava... Poi un grido...

 

 

“Ora!” Gerald si guardò attorno, le frecce piovevano su di loro inesorabili, non erano molte ma erano costanti, Gerald provò ad allontanarsi ma non vide va di fuga. Mik dall'alto osservava lo svolgersi dello sbarramento, gli arcieri scagliavano frecce in progressione, mantenendo un martellamento costante sui nemici. La nebbia era fitta e la morte vi si aggirava dentro, famelica.

 

I soldati nelle trincee assistevano allo svolgersi del piano, fermi in attesa di vedere la freccia di fuoco.

Gerald cercava di mettersi in salvo, ma l'ingresso ora era stato sbarrato, alcuni ribelli si erano posti dietro di loro, e li spingevano verso la pioggia di frecce, Gerald cercava di incrociare lo sguardo dei suoi superiori per capire cosa dovesse fare, ma sembravano tutti atterriti. Il piccolo Jon spuntò dalla massa di soldati Bolton, sguainò la spada e si gettò sui ribelli dello sbarramento, Gerald lo seguì, e lo seguirono tutti gli altri.

 

 

Marty rimaneva lì, con la lancia puntata in avanti, mentre i nemici gli si schiantavano addosso, arrivavano svelti, e gli saltavano addosso. Uno lo caricò, con la spada sguainata, Marty alzò la lancia che andò a conficcarsi all'altezza dell'addome di quell'uomo. Il ribelle gettò la lancia ed attaccò i nemici con la spada.

 

 

Gerald stava chinato su un ribelle e gli conficcava ripetutamente la spada nel cuore, poi si spostò barcollando e vide che un ribelle era di schiena, Gerlad non attese e lo infilzò da dietro. Poi ingaggiò un altro duello uomo a uomo.

 

Marty si faceva strada sull'ormai consistente tappeto di morti, la freccia di fuoco non era ancora stata scagliata, e questo voleva dire che dalle trincee laterali non si sarebbe ancora mosso nessuno. Marty non sapeva per quanto sarebbe potuto durare, il sangue lo ricopriva dalla testa ai piedi.

 

La testa gli martellava, il sudore gli correva giù dalla fronte. Un nemico gli balzò addosso, Marty cadde e sentì i pugni piovergli in faccia, poi niente. Si alzò e vide che il nemico lo fissava con gli occhi sbarrati, sangue gli usciva dalla bocca e una freccia spuntava dalla sua schiena. Marty si rialzò e raccolse la spada.

 

 

 

Gerald vide Thomas accasciarsi a terra colpito da una freccia, c'era un ribelle vicino a lui, il giovane soldato di Forte Terrore, si mosse verso quel ribelle. Un altro gli venne addosso ma Gerlad con solo fendente gli tagliò la testa. Il ribelle rimaneva lì immobile, Gerald gridò e gli saltò addosso...

 

 

Marty si voltò: un soldato gli stava per balzare addosso, così lui si sposto e parò il colpo.

 

 

Gerald continuò a menare fendenti non troppo precisi, il ribelle parò tutti i colpi e rispose mettendo in difficoltà il giovane soldato Bolton.

 

Marty cercava di far arretrare quel nemico, ma doveva riconoscere che era uno in gamba.

 

Gerald, vedendo che il ribelle resisteva, girò su se stesso lasciandosi cadere ed allungando una gamba. Il ribelle cadde e perse la spada. Gerald allora non perse tempo e colpì a morte il caduto.

 

 

Harry rimaneva nella trincea est, moriva di impazienza. I Bolton erano molti di più, i ribelli non avrebbero resistito a lungo. Il generale allora uscì dalla sua trincea, “Mik!” Gridò, come per incalzare il giovane Karstark a dare l'ordine. Mik dal canto suo era rimasto fermo, gli occhi sbarrati, la bocca serrata. Ancora non era il momento.

 

 

Marty rimaneva lì disteso, la ferita al di sotto dello stomaco bruciava e faceva schizzare sangue a fiotti, il ribelle provò a trascinarsi verso la trincea sperando di ricevere soccorso...

 

 

Gerlad ne aveva ucciso un altro quando vide una freccia infuocata conficcarsi su un sicomoro poco distante. Notò che lo sbarramento di frecce era diminuito, a quanto pareva quei maledetti stavano finendo le munizioni. La mezza gioia di Gerlad fu rotta da un grido di battaglia nemico maledettamente vicino.

 

 

Harry si alzò dalla trincea: “Per la ribellione!” Gridò con tutto il fiato che aveva, mentre guidava i suoi uomini contro i nemici. Mik si preparava a scendere per dare supporto ad Harry.

 

 

Gerald vide i ribelli spuntare dalla nebbia come spettri, molti soldati arretrarono, molti inciampavano sui cadaveri che ormai ricoprivano gran parte del terreno.

 

Fred attaccò un nemico e dopo pochi colpi riuscì ad ucciderlo, cercava Marty, ma non lo vedeva.

 

Il piccolo Jon si gettò sui nuovi ribelli gridando ai suoi uomini: “di chi è il nord!?” E ricevendo un sonoro: “nostro!” Come risposta.

 

Mik e gli arcieri ridiscesero dalle baracche e sguainarono le spade, “per il nord, per le terre dei fiumi e per il bottino!” La battaglia si fece più viva che mai. Molti Bolton erano morti, e il loro esercito era stato sfoltito per bene. Nonostante questo rimanevano comunque più numerosi dei ribelli.

 

Fred abbatté un nemico dopo l'altro, il sangue volava ovunque e il ragazzo era sporco di fango, colpì molti nemici alle spalle muovendosi nella nebbia. La notte era buia e la luna era poco per illuminarla, dei deboli raggi filtravano dai rami ma non rischiaravano molto. Ad un tratto un albero prese fuoco, probabilmente il sicomoro su cui era stata lanciata la freccia di fuoco. Quelle fiamme illuminavano molto di più di qualsiasi luna svogliata. In poco tempo la foresta attorno prese fuoco.

 

Mik si aggirava per quell'inferno colpendo un nemico dopo l'altro, si avvicinò ad Harry e i due si misero schiena contro schiena e si muovevano così eliminando chiunque sul loro passaggio. Il piccolo Jon li vide e fu loro addosso in poco tempo.

 

Harry lo attaccò per primo, i due combattenti si scambiavano parecchi buoni colpi. Mik affiancò il suo amico e scatenò sul nemico la sua furia, e la sua indiscussa bravura.

 

 

Tutt'intorno era il fuoco e il sangue! Molti soldati stavano scappando, ma la fuga era sempre interrotta, o da qualche cadente ramo infuocato o da una lama. Fred ne uccise un altro, poi lo vide... Marty si trascinava esanime, Fred gli si avvicinò e cercò di sollevarlo. Marty provò a parlare ma dalla sua bocca uscì solo sangue, Fred ricacciò indietro le lacrime, pregò l'amico di rialzarsi, di sopravvivere, ma non ci fu niente da fare...

 

 

Gerald vide il ribelle in ginocchio, allora gli si lanciò contro...

 

Fred vide un nemico corrergli addosso, allora si alzò e si preparò a respingere l'attacco...

 

 

Gerald colpì il ribelle con notevole foga, il sudore gli solcava la fronte e il sangue gli ricopriva la corazza, i due si scambiarono parecchi colpi.

 

Fred rispondeva botta su botta al giovane soldato nemico, ma la stanchezza si stava facendo sentire, ogni colpo gli costava parecchia fatica. Non sapeva per quanto ce l'avrebbe fatta, indietreggiò per sbilanciare l'avversario.

 

 

Gerald fu costretto ad avanzare, roteò la spada con molta più rabbia...

 

 

La natura aveva voluto quella notte placida, silenziosa, oscura e nebbiosa. Ma l'uomo l'aveva resa caotica, calda di sangue, infuocata ed infernale. L'adrenalina viaggiava a mille tra i soldati, che si ammazzavano, si pestavano... Il suolo era coperto di morti e di feriti che, agonizzanti, si trascinavano al suolo alla ricerca di un qualche appiglio, molti gattonavano, implorando che quel dolore avesse fine, altri ancora cercavano di tenere all'interno del proprio corpo il sangue e non solo...

 

 

Gerald mise male il piede, inciampò e cadde perdendo la spada...

 

Fred approfittò della caduta del suo nemico per colpirlo a morte al collo... Ancora e ancora e ancora...

 

 

Harry manteneva sempre più a fatica il ritmo del piccolo Jon, per sua fortuna Mik combatteva al suo fianco, garantendogli sicurezza e mettendo in difficoltà l'avversario...

 

Il piccolo Jon però non cedeva terreno, i tre raggiunsero una piccola altura un po' lontana dal terreno di scontro.

Jon Umber sferrò un calcio a Mik, che rotolò giù dalla collinetta, Harry rimase a combattere, ma ormai era stanco e si vedeva.

 

I duellanti non si risparmiavano, Harry attaccava per porre fine al combattimento, il piccolo Jon difendeva e contrattaccava con colpi pesanti e molto precisi, Mik rimase sdraiato a terra. Harry cominciava a subire l'iniziativa del suo avversario, parò più colpi che poté... Poi cedette...

 

Il piccolo Jon lo costrinse ad arretrare sempre di più, Harry mantenne l'equilibrio in modo precario, l'avversario lo sovrastava...

Il giovane ribelle cadde in ginocchio, ma continuò a combattere, l'avversario lo aveva quasi in pugno... Harry provò ad alzarsi, il piccolo Jon lo colpì nuovamente ferendolo alla mano sinistra, Harry cadde e si trascinò a terra, l'avversario lo colpì di nuovo, Harry parò e provò a risollevarsi ma la stanchezza e le ferite gli gravavano addosso togliendogli il fiato.

 

 

Umber colpì e continuò a colpire il suo avversario, che ormai resisteva per pura forza di volontà, i colpi si fecero più frequenti e più insistenti, costringendo il giovane ribelle a scoprirsi e a rendersi vulnerabile...

 

 

Harry si rimise in piedi tentando un'ultima resistenza, provò ad attaccare per portare a segno l'ultimo colpo... Non sapeva che avrebbe fatto se questo non avesse avuto buon esito...

 

Harry fece appello a tutte le sue forze e, a fatica si rimise in piedi...

 

Il fuoco bruciava tutt'intorno a loro, il piccolo Jon Umber con alle spalle le fiamme e sul volto il sangue di tutti quei giovani ribelli, aveva l'aspetto di un demone...

 

Harry gli si gettò contro e provò a passare sotto la sua guardia, voleva avvicinarsi in modo da neutralizzare il suo allungo. Così fece, per un po' l'avversario fu disorientato ma poi capì le intenzioni del generale ribelle e chiuse gli spazi contrattaccando violentemente e ferendo Harry anche al braccio destro...

 

Il giovane soldato sentì le sue forze venire meno, parò qualche colpo, ma non si accorse della spada che passandogli sotto la guardia gli perforava l'addome...

 

 

 

 

Provo ad alzarmi, le gambe mi fanno troppo male, cerco di chiamare aiuto ma arriva un nemico che mi taglia la gola...

 

Sono disorientato e cammino a caso cercando di orientarmi, i Bolton ci stanno facendo arretrare, provo a scappare ma sento un dolore terribile al fianco, e poi un suono liquido e viscido. Il sangue mi sgorga a fiotti dal fianco, una spada me lo ha perforato, il soldato è ancora dietro di me, provo a reagire ma lui mi colpisce nuovamente...

 

 

 

Jon Umber stava per dare il colpo di grazia al generale in ginocchio, quando sentì un grido provenire da destra: Mik si era ripreso e stava correndo verso di lui con la spada in pugno. Il piccolo Jon si voltò e si preparò allo scontro...

 

Mikarion Karstark fu rapido e furioso, dentro di se si stava maledicendo per non essere rinvenuto prima e aver potuto aiutare Harry, ma il suo amico era ancora vivo e lui non l'avrebbe abbandonato, la spada si muoveva come un'altra parte del corpo del giovane Karstark che era sempre stato uno spadaccino eccezionale, forse uno dei migliori a Westeros in quel momento. Il piccolo Jon non resistette a lungo, Mik con una messa lesta gli tagliò la mano che teneva la spada, poi spingendolo verso la foresta in fiamme lo trafisse da parte a parte, in mezzo al fuoco!

 

Il sudore si mescolava con il sangue sul volto di Mik...

 

 

Il giovane Karstark si rialzò e corse dai suoi uomini...

 

I ribelli stavano per essere soppressi, ma quando videro Mik con loro riacquistarono coraggio. Sapevano che non cambiava nulla, ma almeno il loro comandante era con loro...

 

Mik radunò tutti nel contro del campo e incitandoli a lottare con lui per l'ultima volta si gettò nuovamente sui nemici, gli altri ribelli rinvigoriti dal suo arrivo corsero a loro volta sul nemico... Un'ultima volta...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Capitolo 13
*** Alba e Tramonto ***


 

“Non è finita uomini... Siamo ancora in piedi...” “Resistiamo!” Con queste parole Mik cercava di spingere fino alla fine i suoi soldati, ma in quel momento si ritrovò a riflettere...

 

Aveva fallito... Era arrivato fin lì solo per morire... Da quando aveva conosciuto Arya non pensava più a come morire alla fine, ma a come sopravvivere... Ma ora era finita, Arya se ne era andata chissà dove e loro erano perduti.

 

Gli passò davanti agli occhi tutta la sua vita, nel momento in cui i Bolton gli furono addosso. Mik combatté ancora con molta ferocia, nonostante fosse ben consapevole di non aver potuto resistere a lungo. I nemici furono loro addosso rapidi... li sovrastavano letteralmente, alcuni ribelli si stavano lanciando in una fuga disperata, altri strisciavano a terra con i Bolton che passavano loro sopra, come i cavalli sulle strade.

 

Mik fu spinto a terra dopo aver abbattuto un altro nemico, stivali da soldato lo pestavano e lo schiacciavano a terra... Nessuno si era accorto di lui, e quindi nessuno si prese la briga di finire quel miserabile... La luce del sole cominciava ad intravedersi ,fra gli alberi in fiamme, oltre le colline...

 

Mik sentì il respiro mancargli mentre un peso indescrivibile gli gravava sul petto... Pensò a tutto: a Robb, a sua moglie, a suo figlio, alla sua Lindsay, a Nymeria che era andata con Arya chissà dove, pensò a Jon e a come lo avrebbe deluso non tornando più a nord. Forse qualcuno glielo avrebbe detto, ma comunque non avrebbe più rivisto un amico: un amico che gli mancava... Pensò ad Harry, a Ross... E ad Arya... Fu il suo ultimo pensiero mentre sentiva la testa presa a calci, e la vita abbandonarlo...

 

 

 

 

 

 

Fred non sapeva che fare: i Bolton li stavano schiacciando, il comandante era scomparso e anche il generale Harry. Il ribelle si vide perduto... quando all'improvviso si udì il suono di un corno in lontananza...

 

Un unico suono che fece ammutolire il caos della battaglia... Una nuova nota risuonò nella gelida aria mattutina. Fred rabbrividì, chi stava arrivando? I Frey? Se era così, erano davvero perduti...

 

Ma dagli alberi in fiamme si palesò una figura diversa: un lupo, ma molto più grande... I Bolton si erano voltati tutti all'entrata del campo, dietro al lupo si stavano palesando tra gli alberi diverse figure, di uomini armati. I Bolton rimasero atterriti... Dagli alberi in fiamme spuntò anche la figura di una ragazza...

 

I ribelli rimasero increduli, il nuovo esercito si mosse per avanzare, e si palesò in tutto il suo numero... Gli stendardi della trota di Delta delle Acque spiccavano sulle lunghe aste, la ragazza ghignò e sguainò la spada, il meta lupo ululò con tutto il fiato che aveva... I Bolton si spaventarono e cominciarono ad indietreggiare...

 

“Ribelli!” Gridò la giovane Stark, rivolgendosi a tutti... I ribelli si sentirono forti di una nuova energia e si rialzarono pronti a combattere di nuovo...

Il meta lupo smise di ululare e si preparò a combattere...

 

“Uniti.” Concluse la ragazza.

 

La nuova armata si mise a correre verso gli ormai sparpagliati e terrorizzati nemici.

La battaglia, che sembrava dover avere fine ebbe invece un nuovo inizio...

 

Ma in un'ottica totalmente differente: i ribelli avevano riacquistato coraggio, e ora avevano loro la superiorità numerica. Il campo era ricoperto di morti, e i Bolton che cercavano di fuggire si ritrovavano ad inciampare sui loro stessi compagni morti.

I Tully ormai avevano occupato tutta l'area del campo fornendo supporto ai ribelli sopravvissuti.

 

La giovane Stark correva a fianco della sua lupa, molti erano i nemici che cadevano sotto i colpi di entrambe. Arya non combatteva con Ago, ma con una spada molto più grossolana ma decisamente più utile in un'occasione come quella.

 

I Bolton fuggivano nel vedere la femmina di meta lupo, lo dicevano: era Robb Stark, tornato in forma di lupo per vendicarsi.

 

L'impatto psicologico fu enormemente utile per i ribelli, che passarono da perdenti a vincitori in pochissimo tempo.

 

Arya cercava Mik, guardava ovunque ma non lo vedeva, ogni momento che passava, diventava sempre agitata. -Non Mik- si diceva, non lui.

 

Lo cercò ancora ma non lo vide... Allora si concentrò sul vincere la battaglia: quella era la priorità, poi avrebbe cercato Mik.

 

I Bolton che rimanevano stavano tentando una disperata resistenza, invano. La ritirata fu l'opzione a cui i tutti loro aderirono. Così fu la rotta: i soldati lasciavano dacere le armi e fuggivano senza posa, senza metà. Alcuni a terra incrociavano le braccia a copertura del viso e pregavano di essere risparmiati. Non furono molti i prigionieri, in quella battaglia.

 

 

L'alba stava sorgendo su quel nuovo giorno. Un giorno di vittoria.

 

I nemici della ribellione uscivano dalla foresta correndo senza posa, mentre le grida di vittoria dei ribelli si alzavano da quel massacro di fuoco e sangue.

 

 

Un uomo si alzò da quel tappeto di giovani vite, così presto troncate... La vista gli si era annebbiata, vedeva delle forme non identificate correre avanti e indietro...

Lui aveva in mente una sola cosa: trovare il suo amico.

 

La morte dominava quell'inferno di fumo, più di quanto la vittoria avesse mai potuto fare...

 

I sopravvissuti smisero in fretta di gioire e cominciarono a piangere inginocchiati sui cadaveri...

 

L'uomo avanzava, guidato dalla memoria... Si guardò attorno: sembrava che avessero vinto, come era possibile? Non riusciva a spiegarselo, si ripeteva solo che doveva trovare il suo amico...

 

Altri lo guardavano, l'uomo non seppe identificare quegli sguardi, perché la sua vista era scarsa, e anche se non lo fosse stata non gli sarebbe importato identificare gli sguardi altrui...

 

 

Trovò il suo amico. Era sdraiato a terra, gli occhi spalancati, la bocca semiaperta, la pelle pallida, dove non era coperta di sangue. Nonostante quello stato, la bellezza del giovane steso a terra rimaneva innegabile...

 

Gli occhi azzurri, ormai vitrei e privi di vita...

 

I bei capelli castani e ricci, aggrovigliati e coperti di sangue e fango...

 

Dai buchi nella corazza era uscito sangue, fino a quel momento. Esso ormai si era raggrumato e aveva assunto un colorito nerastro.

 

L'uomo che stava inginocchio prese tra le braccia quell'ennesimo cadavere e vi pianse sopra... Come aveva fatto molte altre volte che gli altri cadaveri che avevano attraversato il corso della sua vita. Pianse, le lacrime bagnarono il volto dell'amico caduto in battaglia, mentre il ragazzo sopravvissuto gli appoggiava la testa sulla fronte e si abbandonava a numerosi singhiozzi strozzati...

Ora la vista gli era tornata, gli era tornata proprio quando non lo avrebbe voluto...

Il ragazzo ora sentiva il sangue scaturirgli dalle numerose ferite che portava sul petto.

 

Si sentì mancare, ma volle andarsene alle sue condizioni. Così, si sistemò accanto al suo amico, gli chiuse gli occhi e la bocca. Poi si sdraio al suo fianco, e anch'egli chiuse gli occhi... Abbandonandosi al lungo e lento sonno della morte...

 

 

 

Ciò che accadde nei giorni successivi, è solo ciò che può essere visto ampiamente...

 

Da qualche parte, una bandiera recante due torri grigie identiche in campo azzurro veniva ammainata, e al suo posto veniva innalzato lo stendardo recante la trota argentea in campo rosso e blu.

 

Da un altra parte, più a sud, una donna... La prima nella storia, veniva incoronata regina dei sette regni, degli Andali, dei primi uomini e protettrice del reame.

 

 

Altrove, a nord invece, un uomo osservava il tramonto di quel giorno da una finestra del suo castello, chiedendosi se mai avesse avuto notizie del suo esercito partito tempo or sono... Gli occhi di quell'uomo, carichi di rabbia, la sua bocca serrata in un espressione di stizza e disgusto... Lasciavano trapelare l'animo tormentato e arido di quell'uomo... La creatura che l'uomo aveva accanto era silenziosa e manteneva la testa chinata...

 

 

In una rocca tra nuvole e segreti, una ragazza attendeva... Che cosa? Nemmeno lei lo sapeva, ma l'uomo accanto a lei aveva ben chiare le sue idee... Lui, seduto sul trono di spade... Con lei al suo fianco.

 

 

 

Ormai vicini alla loro meta, alcuni soldati percorrevano una strada... Una ragazza li guidava cavalcando fieramente verso il suo destino... Mentre il sole tramontava alle sue spalle...

 

 

 

Molto più a nord, un uomo si preparava per la più grande sfida che il mondo dei viventi sarebbe stato costretto ad affrontare, e dentro di se si chiedeva se avrebbe mai rivisto il suo amico...

 

 

 

 

Molti cuori guardavano a quel tramonto quel giorno... Il medesimo sole... Significati diversi...

 

Ma a tutti trasmetteva qualcosa...

 

 

La ragazza lupo guidava il suo esercito, la meta era ormai in vista. Il bastardo si sentiva più che mai debole, aveva il castello a proteggerlo ma sapeva che sarebbe servito a poco, se i suoi uomini avessero visto i ribelli arrivare spavaldi dalla strada del re...

 

 

Il lord comandante non riceveva tregua dai pensieri che lo assillavano. Quel sole gli suggeriva solo un futuro rosso... Rosso del sangue di migliaia di innocenti... Chinava la testa e cercava di conservare la fede... L'anziano marinaio gli era sempre accanto e questo lo confortava, e per quanto riguardava la donna rossa... Non sapeva cosa pensare... Un'altra persona. Una diade nelle fiamme...

 

 

 

La ragazza nella rocca sulle montagne osservava il tramonto, con... Speranza? Non ne era sicura, la speranza era un sentimento che per lei era sempre più difficile da trovare. Ma tutto sommato aveva bisogno di credere di poter cambiare qualcosa, e quel sole le conciliava le riflessioni...

 

 

La nuova regina osservava quel tramonto con gli occhi colmi di lacrime, le aveva potute liberare una volta sola... Suo figlio... L'ultimo...

 

E la cosa che più la faceva soffrire era il fatto che non aveva nemmeno il tempo per piangerlo, il suo regno era in pericolo... Quel sole era solo un bello spettacolo, spettacolo di cui forse, un cuore disperato aveva bisogno...

 

Il tempio stava ancora fumando in lontananza, mentre il sole illuminava di una acceso arancione le bianche case della capitale...

Suo fratello era lontano, e la regina ne sentiva la mancanza. Era sola, circondata da nemici...

 

 

 

Il bastardo rientrò nelle sue stanze. Diede l'ordine di far uccidere tutti i prigionieri, non sapeva neanche lui perché... Aveva paura di perdere il castello? O semplicemente si annoiava? Probabilmente entrambe...

 

 

Molti guardarono quel tramonto... E nessuno dormì quella notte...

 

 

 

 

 

 

Salve a tutti cari lettori. Allora ecco a voi il capitolo 13, ovvero il penultimo capitolo della saga del sottoscritto. Ho preparato qualcosa di speciale per il finale, quindi non mancate, perché lo pubblicherò esattamente il 14/09/2020. In vista del secondo anniversario di questa storia. Non mancate, ora un po' di mare per me, e poi il tanto atteso finale. A presto amici!

 

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Capitolo 15
*** The North Remembers ***


 

I cavalli pestavano la strada di pietra bianca, e il rumore del carretto che procedeva scricchiolando aveva fatto svegliare l'addormentato che vi era a bordo. Il ragazzo si sentiva piuttosto debole e malconcio, tuttavia riuscì a mettersi seduto sulla piccola branda ne carro.

 

 

La ragazza che era seduta accanto a lui, vedendo che si era svegliato sorrise e lo abbracciò, “Mik... Finalmente ti sei svegliato.” Disse mentre lo stringeva in modo energico. Il giovane Karstark ricambiò l'abbraccio con aria perplessa.

 

“Che cosa è successo Arya?” Chiese con un'espressione di reale stupore disegnata sul volto.

“Ho fatto quello che avevo detto, e sono arrivata con l'armata dei Tully, in questo modo siamo riusciti a sconfiggere i Bolton.” Concluse con aria soddisfatta la giovane Stark.

 

Mik sospirò sollevato, “allora abbiamo...” “Abbiamo vinto.” Completò Arya annuendo soddisfatta. La gioia dal volto di Mik sparì in maniera rapidissima, come un ridente e soleggiato paesaggio dell'Altopiano oscurato da un'improvviso nuvolone deprimente. “Harry...” Esordì Mik, con l'intenzione di farsi raccontare i dettagli dalla sua ospite del carretto dei feriti. Lei gli prese la mano, “abbiamo dato degna sepoltura a tutti i nostri uomini, e abbiamo eretto una lapide nella foresta. E in mezzo a quei nomi di giovani eroi ribelli vi è anche Harry... Il più valoroso di tutti noi.” Concluse fissando il giovane Karstark negli occhi, come per infondergli sicurezza e per fargli sentire la sua vicinanza.

 

“Il più valoroso...” Le fece eco ritardato, Mik. Il cui sguardo si era perso fra le pieghe delle tende del carretto.

 

 

 

 

 

La stanza era cupa, cupa quasi come il morale del giovane lord che se ne stava seduto al tavolo, ascoltando il tragico resoconto che gli stava pervenendo all'orecchio.

Esso era riportato da un soldato, ferito, sudato e trafelato, che probabilmente era tornato a Grande Inverno solo perché non aveva altro luogo ove scappare.

 

“Saranno qui... Be, forse tra un giorno, anche meno, ormai incombono.” Concluse il soldato che era senza fiato, aveva avuto tempo per fuggire, dato che i ribelli si erano attardati a seppellire i morti, era andato a cavallo, cavallo che era stramazzato al suolo a metà strada, data l'assenza di soste.

 

Quindi il resto della strada, il soldato, se l'era dovuta fare a piedi, alternando ad ogni due passi uno sguardo dietro, con il costante terrore di veder comparire quel lupo...

Egli aveva ancora negli occhi, la tragica fine che i suoi compagni avevano trovato, in quella maledetta foresta...

 

Il lord rimaneva seduto: i pugni serrati, sul volto un'espressione di rabbia incontrollabile e tuttavia repressa, questo comportava la smorfia sul suo viso. Alla sua destra il maestro Wolkan, e alla sua sinistra il comandante della guarnigione. Non v'era più nessun lord a Grande Inverno.

 

“Vorrà dire che li attenderemo qui” esordì lord Bolton alzandosi in piedi, “comandante, di quanti soldati disponiamo al momento?” Chiese con espressione di chi fa una domanda e fa capire all'interlocutore che tipo di risposta si aspetta, un atteggiamento classico di lord Bolton, che metteva sempre in difficoltà gli altri nelle conversazioni. Il comandante lanciò uno sguardo al soldato, poi al maestro, come se cercasse appoggio, appoggio che in realtà nessuno poteva dargli, un po come chiedere del cibo a dei denutriti.

 

“Ehm, circa un centinaio signore.” Non lo sapeva con esattezza, ma la verità era che non potevano essere più di duecento, era andati tutti nelle Terre dei Fiumi. Infatti il tono del comandante era insicuro, cosa che fece innervosire lord Bolton. “Comunque ci sono le mura a proteggerci, non possiedono i mezzi per un assedio, possiamo sconfiggerli. Comandante voglio parlare con lord Manderly.” Concluse Ramsay ponendosi di fronte alla finestra con le mani dietro la schiena, mentre scrutava l'orizzonte, nel cielo pallido del Nord.

 

“Signore lord Manderly ha cacciato le nostre forze da Porto Bianco... Non risponderà, appoggia la causa dei ribelli.” Il comandante temette in maniera esponenziale nel dover riferire queste notizie a lord Bolton, il quale rimase immobile e zitto per troppo tempo prima di replicare: “perché... Cosa centrano i Manderly con i ribelli, noi siamo i loro protettori, e loro è così che ci ripagano!?” Gridò Ramsay, sferrando una manata alla finestra, facendo sobbalzare il maestro.

 

“Signore temo che le cose siano cambiate, si è sparsa la voce: alla guida dell'esercito ribelle sembra ci sia...” Il comandante non proseguì, troppa era l'insicurezza in quel momento, sapeva che una parola storta poteva far infuriare il lord protettore ancora di più, perciò pesava la parole come non aveva mai fatto prima. “Chi?” Chiese con sguardo penetrante Ramsay, avvicinandosi al comandante. “Forse è solo una diceria...” “Chi!?” Gridò, lord Bolton la cui pazienza ormai aveva superato di gran lunga il limite, ammesso e non concesso che questo ci fosse mai stato.

 

“Arya Stark, dicono, signore, credo sia proprio così, e l'erede di Karhold al suo fianco, un meta lupo, e...” Ramsay gettò giù dal tavolo la coppa e la caraffa, gridando. Il comandante distolse lo sguardo, lord Bolton, riacquistò compostezza: “maestro Wolkan mandate un corvo a lord Glover, deve venire in soccorso del suo lord, immediatamente.” Sentenziò, ancora convinto di avere in pugno tutto il nord, quando la verità era che il suo fragile impero stava scricchiolando in ogni dove.

 

Nessuno si mosse, “Non vorrei doverlo chiedere due volte.” Aggiunse lord Bolton, con tono stizzito, “posso farlo mio signore, ma anche se lord Glover volesse aiutarci non arriverebbe mai in tempo, i ribelli incombono.” La voce del maestro era tremante, temeva per ciò che aveva detto, ma non voleva gettarsi a capofitto in una causa che sembrava già persa. Ramsay gli puntò il dito contro: “ti avverto vecchio, se non fai ciò che dico ti farò giustiziare come traditore del tuo signore!” Sentenziò lord Bolton, che non poteva più di sentire negazioni e rifiuti. Prima che il maestro potesse alzarsi intervenne il comandante: “signore temo non servirà nulla, i miei soldati non vorranno combattere una volta visto il numero dei nemici... Dobbiamo arrenderci...”

 

Quel 'dobbiamo arrenderci' ebbe lo stesso effetto che può avere veder morire qualcuno: toglie le parole da qualsiasi bocca, anche la più larga, e getta un'innaturale ombra su tutto. Lord Ramsay Bolton si voltò molto lentamente verso colui che aveva appena proferito la soluzione. Il silenzio era inquietante e non poco, ognuno in quella sala poteva percepire i battiti del proprio cuore, e uno di loro sentiva che i suoi stavano aumentando a dismisura.

 

“Dobbiamo... Arrenderci, dici?” Chiese Ramsay fin troppo calmo, mentre si avvicinava al comandante, il quale non rispose e si malediva per ciò che aveva detto, ma il lord di Grande Inverno stava veramente considerando quell'opzione. “Dobbiamo arrenderci, è giusto, è proprio il da farsi.” Aggiunse Ramsay mentre si avvicinava al comandante, con la mano destra dietro la schiena, e la sinistra con il dito indice dritto, mentre la muoveva come gesto di assenso, il tipico gesto che si fa quando si è d'accordo con qualcuno e lo si fa capire senza parlare.

 

Tutti erano increduli, certo arrendersi era la soluzione migliore, ma a nessuno sembrava che lord Bolton la stesse sul serio, anche minimamente considerando.

Ramsay si pose davanti all'uomo, appoggiò la sua mano sinistra alla guancia di questi, poi la portò dietro la nuca, “ci hai preso” il comandante provò a sorridere, poi un braccio scattò velocissimo andando a conficcare un pugnale nel collo di un uomo che si tenne a colui che lo aveva pugnalato, il quale aggiunse, mentre il corpo dell'ucciso si accasciava al suolo... “Se vuoi ottenere qualcosa...” Si interruppe per pulire il pugnale e poi infilarlo nel fodero che teneva dietro la schiena, “fai da solo.” Detto questo alzò le sopracciglia e sorrise soddisfatto, mentre un piano gli balenava in mente.

 

 

 

 

Il corteo procedeva a passo spedito. Ora l'erede di Karhold cavalcava a fianco della ragazza lupo, mentre la comune amica a quattro zampe, passeggiava al loro fianco. Sarebbero stati in vista di Grande Inverno di lì a qualche ora. Mentre il suo cavallo avanzava sulla strada sotto il cielo che si stava sempre più scurendo, il giovane Karstark aveva uno sguardo spento, gli occhi erano vuoti, sembrava quasi un morto su un cavallo, che lo traghettava in chissà quale regno di morte e oblio. Erano infinite le immagini di morte che lo accompagnavano al castello, mentre la giovane Stark si chiedeva cosa sentisse. Sentiva il gravare di tutte quelle morti, nonostante avessero vinto si sentiva sconfitto, il suo migliore amico era perito, così come la sua famiglia, il suo re, Lindsay, e davanti a se vedeva solo una lunga notte, anche più carica di terrori e distruzione.

 

Pensò che sarebbe stato meglio morire, ma poi scacciò subito il pensiero. Jon aveva bisogno di lui, e lui aveva fatto una promessa. “Mik? Ti senti bene?” Chiese Arya, sinceramente preoccupata, lui annuì senza dire nulla, a testa bassa, e sguardo fisso. “Mik a me non puoi mentire, e con quell'atteggiamento, sinceramente non ti crederebbe nemmeno un idiota.” Replicò la giovane Stark, che voleva saperne di più, e non aveva la minima intenzione di arrivare a Grande Inverno senza ancora aver scoperto cosa attanagliava, l'uomo per cui provava un certo interesse.

 

Lui non rispose e lei decidette che era meglio non insistere. Ma prima o poi glielo avrebbe fatto sputare.

 

 

 

 

La notte era calata su di loro, ma la vista di Grande Inverno fu comunque possibile, data la luna pallida, e la grande torcia della stessa città! Arya era incredula, Mik sbarrò gli occhi... Basta fiamme!

 

La città ardeva come una torcia, mentre una schiera di persone sostava davanti alle porte principali. I soldati ribelli si posero a circa un miglio dalla schiera non ancora identificata.

Lo spettacolo era agghiacciante: la città ardeva, e la schiera era formata da civili, in ginocchio, tenuti a catena mentre i soldati li sorvegliavano, e un uomo a cavallo si teneva davanti a loro mentre dei cani affamati venivano tenuti a catena, ringhiavano e sbavano, ansiosi di consumare il loro pasto. Una madre voleva tenere il figlio fra le braccia, ma le catene li tenevano distanti, lui piangeva e gridava, e lei cercava di consolarlo, agitò le braccia, morse le catene, gridò, ma a nulla servirono i suoi sforzi.

 

La tragedia si consumava di fronte agli occhi di Mikarion, convinto di vivere uno dei suoi incubi, ed Arya, sconvolta da ciò che gli usurpatori avevano fatto alla sua casa.

Un piccolo gruppo Bolton venne loro incontro, a cavallo recando i vessilli e le torce. Mik lo vide... Lui, venirgli incontro con un ghigno disegnato in volto, il giovane Karstark sentì i latrati, ed iniziò a tremare, le grida di un bambino... Suo figlio!? Di una donna... Sua moglie!?

 

Le lacrime cominciarono a scendergli dal viso. “Mik, che cos'hai?” Chiese Arya, che ormai non attenuava più la sua preoccupazione. “Robb... Anne...” Sussurrò Mikarion mentre le lacrime gli sgorgavano a fiotti, e lui provava a ricacciarle indietro.

 

I Bolton giunsero: “Allora è vero” disse Ramsay soffermando il suo sguardo su Arya, la quale lo ricambiava, carica di disprezzo, “bentornata a casa mia signora, avrei voluto accoglierti meglio, ma... Temo di aver bruciato la cena...” Concluse ridacchiando indicando la città in fiamme.

Mik smise di piangere ed iniziò a stringere le redini con tanta forza da ferirsi, mentre l'odio avvampava facendogli ribollire il sangue.

 

“Io ti ucciderò.” Sentenziò Arya, con tono straripante d'odio. “Be ci potete provare, ma temo che ogni vostra mossa contro di me... Possa comportare una spiacevole rappresaglia su queste, povere persone.” Rispose Ramsay facendo una smorfia di finta pietà mentre indicava le persone prigioniere.

 

“No, no fare loro del male.” Disse Arya, la quale aveva assunto un atteggiamento di completa sottomissione, che Mik non si sarebbe mai aspettato di vedere in lei.

Ramsay ghignò e fece un cenno ad un soldato che era con lui, il quale gli porse un fagotto, contente... “Guardatelo un po', non è bellissimo?” Chiese indicando il neonato che giaceva in quel fagotto di stracci, Mik si sentì avvampare e il cuore gli batté all'impazzata, Arya scuoteva la testa sconvolta ed impotente.

 

“Non mi credete?” Chiese Ramsay, il quale si era allontanato, avvicinandosi alla schiera, prese il pupo per una gamba e lo tenne a testa in giù, questi iniziò a strillare in maniera atroce, “no, no, ti crediamo! Faremo quello che vuoi! Ce ne andremo, lo giuro, ma non fargli del male!” Rispose Arya, a cui cominciava a scendere qualche lacrima, mentre osservava lo svolgersi degli eventi.

 

“Lo giuri?” Chiese Ramsay, tenendo ancora il bambino, cui sotto stavano i mastini, che non vedevano l'ora di mangiare qualcosa, “lo giuro su tutto ciò che vuoi... Su mio padre, sulla mia famiglia, sul mio nome, sul Nord, ma ti prego non fargli del male!” Gridò Arya, ormai bagnata dalle lacrime, fino al mento.

 

 

Qualcun altro osservava lo svolgersi della scena in quel momento; una creatura silenziosa, deforme e asservita, che osservava tutto quello, e ci era avvezza ormai da tempo, ma ora sentiva qualcosa crescere dentro di se, mentre si voltava a contemplare la lenta distruzione della città che lo aveva cresciuto e accudito come un figlio, e che lui aveva tradito e consegnato ai suoi nemici. In un certo qual modo, era stato lui a darle fuoco, a raggruppare metà del popolo di sotto, e l'altra metà nelle prigioni, era lui che teneva la gamba di quel bimbo ora, era lui che condannava il Nord alla schiavitù. Sentì un'altra persona farsi strada al suo interno, quella che prima era solo un'ombra, solo un ricordo, ora diventava padrona e combatteva contro la bestia, l'uomo cercava di tornare in possesso di quel corpo ormai solo macchina, per chi lo potesse dominare, che sia dentro esso, o fuori...

 

 

“Bene...” Rispose Ramsay, che fece per rimettere l'infante in fasce tra le sue braccia.

 

Ma poi si fermò...

 

“Però...vedete ho promesso alle mie ragazze un antipasto... E io sono un uomo di parola...” Concluse il bastardo mollando il pargolo, che cadde con un tonfo sordo, e gridò dal dolore... Era ancora vivo! La sua rovina esserlo, dato che i mastini gli si avventarono contro facendone brandelli sanguinolenti da diversi e gustare a fondo.

 

“No!” Gridò la giovane Stark, pervasa dalle lacrime, Mik rimaneva immobile come una statua, sembrava quasi non gli importasse di ciò che era successo. Ma dentro di se era in corso una rivolta.

 

 

Ramsay ghignò e ritornò nel castello, mentre rivolgeva un ultimo sguardo ai suoi nemici, come per ammonirli della sorte che sarebbe toccata a tutti gli abitanti, qualora la tregua non fosse stata rispettata.

 

 

 

 

I due comandanti ribelli tornarono al loro campo, mentre Theon tornava in possesso di se stesso, e in mezzo alle fiamme ed ai detriti della sua città, si recava nelle prigioni, ormai deciso a portare a termine il suo compito.

 

 

“Non vorrai startene qui a guardare?” Chiese Arya, furibonda. I due, si trovavano vicino ad un carro, all'aperto, a discutere. Mik non rispose neanche quella volta, “Vuoi ascoltarmi!?” Gridò lei, rifilandogli uno schiaffo rabbioso, “si può sapere che diavolo ti prende!?” Aggiunse con ancora più foga, lui allora parlò:

 

“Vuoi sapere cosa mi prende? Vuoi che te lo dica? Bene, ho delle notizie per te, milady: è finita! Capito finita! Ha ucciso quel bambino, esattamente come ha ucciso mio figlio, come credi che mi senta!? Ho perso la mia famiglia, il mio re, i miei amici... Tutto! E per ottenere cosa? Altre guerre, evviva! Avanti con le guerre! Perché lo sai mia cara, non è finita qui... No, no, magari, anche se riconquistassimo Grande Inverno dovremo combattere i non morti, oh sì, altra guerra... Evviva! E non basta, no no, perché anche nel caso impossibile in cui vincessimo, non sarebbe finita, il Trono di Spade? L'hai dimenticato? Pretenderanno fedeltà, cosa che non gli concederai, e quindi altra guerra! Bene, perché non ce ne sono state abbastanza, grandioso! Vuoi sapere che facciamo? Niente! Ecco cosa facciamo, io me ne vado. Sono stufo di tutto questo, è chiaro, sono...”

 

Mik, non poté nemmeno concludere che uno dei soldati li raggiunse: “miei signori” introdusse con il fiatone, “i portoni sono aperti, è scoppiata una rivolta!”

 

 

 

Theon Greyjoy, corse più che poteva, diretto verso le prigioni, non incontrò molta resistenza, infatti riuscì a prendere le chiavi e a liberare i prigionieri. “Presto, i ribelli sono qui, armatevi, andiamo ad aprire le porte.

 

Ramsay si era rintanato nel solarium, sicuro dei luoghi che bruciavano,e che ormai i ribelli se ne fossero andanti da un pezzo. Era tranquillo e leggeva un libro, seduto su un divanetto. Quando il suo sguardo fu catturato dall'esterno: i prigionieri erano liberi e stavano massacrando le sue guardie... Stavano aprendo il portone! Ramsay chiuse il libro: “per i sette inferi!”

 

 

Theon agitò una torcia come per dare un segnale, a qualcuno, che egli sperava fosse ancora lì. I prigionieri attaccarono le guardie che si trovavano fuori, e liberarono gli ostaggi.

“Carica!” Gridò Arya, che stava arrivando a cavallo con il suo seguito, i Bolton erano atterriti, ma tentarono una minima resistenza. I ribelli entrarono in città, i cavalli correvano, e i cavalieri abbattevano i nemici, mentre gli ostaggi alzavano le braccia ansiosi di essere liberati dai ceppi. “Dobbiamo spegnere l'incendio, svelti!” Gridò la giovane Stark, mentre i ribelli si davano da fare.

 

 

La battaglia con i soldati era conclusa ma quella con le fiamme era appena iniziata! Una freccia colpì un ribelle che cadde morto. Anche Mik ora era entrato, “ben fatto signore” disse un cavaliere al suo fianco prima che una freccia gli perforasse la fronte, uccidendolo sul colpo.

 

Mik lo vide: Ramsay stava su una torre e colpiva i nemici con l'arco. Mik vide la sua occasione, e scese da cavallo, iniziò a correre verso la torre interessata, le grida della battaglia erano concluse, ma le fiamme erano incontrollabile, le nuvole coprirono il cielo, e qualche tuono iniziò a farsi sentire. Mik correva, ormai aveva raggiunto la base della torre, vi entrò ed iniziò a salire le scale, la foga cresceva in lui, come non era mai successo. Un altro tuono, essi accompagnavano la sua corsa verso colui, che più odiava in quel mondo!

 

 

Mik raggiunse la sommità della torre, e il suo arrivo fu notato, Ramsay si voltò, un lampo alle sue spalle e nei suoi occhi, poi un tuono feroce e rimbombante, quasi come se la rabbia di Mik si fosse liberata e avesse gridato ai sette regni la sua grandezza e il suo odio. Fu un lampo dopo, Mik piovve su Ramsay, come la pioggia iniziò a scendere. Fu una tempesta, sì, ma di odio materiale sul volto del bastardo, che restava a terra, mentre i pugni gli frantumavano la faccia, e il sangue gli ricopriva il volto come una maschera lugubre.

Il temporale si scatenò quella notte, calando il suo umido manto, sul massacro. E furono i tuoni a dichiarare la conclusione della guerra.

 

 

 

 

 

 

 

 

Ormai nella grande sala, si attendava solo il suo arrivo, tutti rimanevano seduti ed attendevano, forse non con troppa impazienza, come tutti d'altronde, per arrivare lì, anche lui volle prendersela comoda.

 

Poi entrò, una volta che sentì pronunciare il suo nome, dalla voce di lei. Si fermò sulla soglia ed osservò il consesso, che sembrava averlo eletto a protagonista del giorno, “Mikarion Karstark, è senza dubbio l'uomo che merita di guidarvi, io sono stata lontana troppo tempo, ho perso di vista quelle che sono le nostre esigenze, ma lui c'è sempre stato, dalla guerra dei cinque re, fino a quella notte, in cui abbiamo riconquistato la nostra casa, ciò che stato è stato, miei lord, ora i giuramenti sono stati rinnovati, ora le casate hanno un proprio leader.” Disse Arya facendo un cenno ad Eddard Umber e Alys Karstark, entrambi, ora signori della propria casata, “nessuno conosce i bisogni del nord meglio di Mik, lui non ha mai smesso di lottare, non ha mai smesso di credere. Robb credeva in lui, io credo in lui, e aldilà del nome, lui merita di essere la vostra guida. Non è re del nord chi porta un certo nome... È re del nord chi dimostra di meritarlo.” Concluse Arya che alternava lo sguardo, dalla platea a Mikarion. La giovane Stark si pose davanti a tutti, sguainò la spada e gridò: “il Re del Nord!” Nessuno metteva in dubbio le dichiarazioni della giovane Stark, nessuno negava i meriti di Mik, forse a parecchi non andava a genio il nome, ma la maggior parte si diceva, che ciò che conta sono i fatti. “Il Re del Nord! Il Re del Nord! Il Re del Nord!” Fece eco la sala grande, acclamando il nuovo re, il re del nord, il cui nome è Karstark.

 

 

 

 

 

 

 

Mentre le grida di festa, risuonavano a Grande Inverno, e il banchetto in onore dell'incoronazione stava allietando i commensali, ormai abituati solo a scontri ed intrighi, una figura avviluppata in un mantello scendeva nelle prigioni. Cosa andava a fare? A vedere un vecchio amico.

 

 

La fiaccola fu accesa e posta nell'anello sporgente dal muro, poteva illuminare il prigioniero, rendendolo ben visibile all'altro, mentre questi dato che la luce era alle spalle del nuovo arrivato, poteva distinguerne solo la sagoma.

 

Il prigioniero era legato ad una sedia, il sangue rappreso ricopriva la faccia e le mani, mentre la lingua bagnava le labbra di tanto in tanto. “Oh, sua maestà suppongo?” Chiese il prigioniero con voce grave e impastata, data l'assenza di saliva, nella sua bocca. “Devo ammettere che la parlantina non è un dono che condividono con te, i tuoi uomini.” Di nuovo, la figura non parlò.

 

“Allora, avete intenzione di tenermi qui ancora per molto? Sono stato così cattivo?” Ridacchiò un poco, dopo la seconda domanda. Ancora attesa, era come se il nuovo arrivato avesse pensato che le frasi acquistano maggior importanza quando le si divide da un lungo lasso di tempo.

 

“Ricordi Karhold? Bastardo!” Disse l'uomo oltre le sbarre rimanendo fermo, il detenuto inarco la testa e fece una smorfia, di pensiero, “si, posticino carino quando non si ribella a te” e detto quello rise ancora, tossendo poi. “Ricordi la donna e il bambino e che hai massacrato quella notte?” Chiese ancora la sagoma, che sembrava impaziente.

 

“Oh, certo... Sua maestà ha bisogno di chiacchierare, prego allora cosa vuoi sapere? Come si governa? Da quale torre il tramonto è più bello? Forse qualche consiglio con le amanti?” Di nuovo una risatina a bocca chiusa. “Sei condannato, bastardo... Non hai più nulla da nascondere, dimmi... Ti ricordi, quella donna e quel bambino che hai massacrato?” Chiese nuovamente la sagoma, che aveva cambiato tono, un misto di tristezza e rabbia. “Di donne e bambini ne ho massacrati tanti” Rispose il prigioniero allargando le mani per quanto possibile, come a dire: 'chi si ricorda, è passato del tempo.'

Rise ancora, “è della mia famiglia che parlo! Maledetto! Hai ucciso la mia famiglia, Karhold, devi ricordare!” Gridò la figura scuotendo le sbarre. “Ma se sai tutto allora perché me lo chiedi?” Chiese sinceramente l'uomo legato. Il silenzio calò sulla cella, e dintorni, non si sentiva nulla, nemmeno i rumori della festa.

 

“Voglio sapere perché. Non erano pericolosi, non erano una minaccia, voglio sapere: perché li hai uccisi?”

 

 

Il bastardo esitò, per un po' non rispose, poi parlò: “sai, non tutto deve avere un perché Karstark...” “Non credo che durerai molto come re del nord, con quel nome, vedi non è facile governare... La lealtà delle persone è volubile, cambia come il vento. Per loro tu non sei un re, sei solo un mostro, come me... Ora gli servi, ma quando potranno ottenere tutto quello che vogliono, ti elimineranno, come me.”

 

“Ti hanno eliminato perché tu sei un folle sanguinario.” Replicò la sagoma oscura, “davvero? Eppure non hanno esitato ad eliminare il tuo Robb, era anche lui un folle? Tutti si inginocchiavano, lo chiamavano re del nord, ma poi, quando hanno ottenuto tutto quello che potevano, lo hanno tradito, e ucciso. Credi che a loro importi chi li comandi? Nah, finché andrai bene ti terranno, poi...” Rise di nuovo, e poi scosse la testa, “regole, giuramenti, sono solo finzioni, poi ognuno fa ciò che vuole, vedi io questo l'ho capito... Quando le cose vanno bene sono tutti contenti e ti acclamano, ma quando vanno male, il primo capro espiatorio sei sempre tu... Quindi perché farsi troppi problemi di accontentare la gente, si governa, con i fatti amico mio, l'unico modo di vivere è senza regole, e conseguentemente anche di governare. Io non sono un pazzo... Sono più avanti di tutti” Concluse il bastardo, accompagnando il tutto con una risata, una di quelle che salgono dal diaframma e provocano quel suono stridulo.

 

 

Se la sagoma fosse stata dentro la cella, lo avrebbe preso a pugni un'altra volta, “si governa uccidendo bambini?” Chiese gridando e scuotendo le sbarre, più forte.

 

“Si governa! Fottendosene di tutto e tutti! Perché tanto la fine che si fa è sempre una, allora tanto vale... L'ingiustizia ci sarà sempre, l'oppressione ci sarà sempre, e in qualche modo sono sempre i più forti ad opprimere i più deboli... Ecco perché il caos... Il caos, è tutto ciò a cui io posso dire di aver trovato un senso di appartenenza, sono più giusto del tuo Robb... E sai qual'è il bello del caos? È per tutti...” Concluse Ramsay appoggiandosi alla sua sedia di legno. Sorridendo e chiudendo gli occhi, in atto di rilassamento.

 

 

“Non ha importanza... Perché tu da sta notte non parlerai più di assurdità con nessuno.” Detto questo Mik fischiò piano. I mastini uscirono della gabbie poste ai lati della sedia, nella cella.

 

“I miei mastini, non mi faranno nulla. Sono bestie leali. ” Disse sicuro, il prigioniero, che cercava di convincere più se stesso che altri. “Sì, è vero, quando non sono affamati.” Rispose Mik, impassibile. I cani iniziarono a girare attorno alla sedia, ma contro ogni aspettativa, il prigioniero non si preoccupò, anzi: si mise a ridere, prima piano ,poi, man mano che i cani si avvicinavano, sempre più forte.

“Che cosa c'è da ridere?” Chiese Mikarion, sinceramente sconvolto da quell'atteggiamento, Ramsay non rispose e continuò a ridere a bocca larga, facendo un gran baccano, “Che cosa c'è da ridere!?” Gridò Mik scuotendo con gran forza le sbarre.

 

“Ora ricordo, ah ah ah ah ah, tua moglie era proprio una bella donna sai, ah ah, ma tuo figlio gridava troppo... Ho dovuto farlo smettere in qualche modo...” E di nuovo rise sguaiatamente, senza peli sulla lingua, si chinò in avanti per quel che era possibile, dato il gran ridere. Sembrava la risata di un demone...

Mik scosse la testa, “smettila” sussurrò.

 

I cani si avventarono sul prigioniero, che ancora non smetteva di ridere, “smettila” disse più forte il giovane Karstark.

Ramsay rideva ancora, il sangue ormai lo ricopriva dalla testa ai piedi, ma lui rideva ancora, era come se fosse la sua anima a ridere, non più legata al corpo, ormai libera di ridere quanto voleva. Le risate si mescolavano alle urla, formando il perfetto profilo di un folle che ancora riempiva la cella con le sue grasse risate.

 

“Smettila di ridere!” Gridò Mik, che fu esaudito, dato il cessare delle risa. L'ultima espressione con cui Ramsay Bolton lasciò la vita fu un largo sorriso a bocca aperta...

 

 

 

 

La brezza notturna di Grande Inverno, lasciava presagire l'arrivo di pesanti nevicate, la bandiera recante il meta lupo degli Stark sventolava fiera, mentre il giovane Karstark tirava un cavallo per le redini. Aprì i portoni, montò a cavallo e lo mandò avanti al passo. L'oscurità lo avvolgeva, come un mantello invernale. Il ragazzo sentì un guaito, si voltò: Nymeria gli stava dietro e lo guardava come per chiedergli dove volesse andare. Mikarion sorrise, la femmina di meta lupo gli era veramente fedele, lo aveva seguito in molte avventure, ma lui dal loro primo incontro, aveva avuto la sensazione che lei lo avesse seguito solo per aiutarlo a portare a termine la sua missione, mantenendo la sua promessa. Ora lei doveva rimanere.

Mik scese dal cavallo e si chinò per guardare negli occhi la sua amica: “Nymeria, tu devi restare.” Disse, mentre dentro di se sentiva un'immensa tristezza nel dover salutare l'amica. Lei gli toccò la mano con il muso, come per insistere, voleva venire anche lei, o forse voleva chiedergli di restare. In ogni caso lui non avrebbe potuto esaudirla: “Nymeria, no. Arya ha bisogno di te, più di quanto ne abbia io. Tu devi restare, devi restare e prenderti cura di lei... D'accordo?” Chiese Mik, con gli occhi lucidi, mentre pensava a cosa stava facendo, e cercava di scacciare il pensiero di Arya, che ora probabilmente lo cercava, chissà dove.

 

Nymeria si sedette. Mik salì nuovamente a cavallo. Rivolse un ultimo sguardo a Grande Inverno, poi diede di speroni e si allontanò nella notte. Nymeria rimase lì, fin quando non vide il suo amico sparire nell'oscurità. Poi un ululato lungo e melodioso, nella sua natura fredda e lugubre.

 

 

 

Arya, tornò nelle sue stanze, stava cercando Mik ma non riusciva a trovarlo. Ad un certo punto entrò la femmina di meta lupo, “oh, sei qui Nymeria, aiutami a trovare Mik.” Chiese la ragazza, ignorante della verità. Nymeria indicò con il muso il letto, la giovane Stark notò una lettera chiusa, la aperse:

 

“Arya, ti scrivo questa lettera come mio personale saluto. Non so se ci rivedremo ancora, ma spero tanto di sì. Mi dispiace ma non posso rimanere, non posso essere ciò che mi chiedi: io non sono nato per essere re, ma tu sei la figlia di Eddard Stark, Grande Inverno è tua. Di ai lord che non ero la persona giusta, e che dovranno prendere ordini da te.

Io so fare solo una cosa Arya: combattere, e vado dove hanno bisogno di me, in questo momento non hanno bisogno di me a Grande Inverno. Vado a nord, devo onorare la promessa che ho fatto, ad un vecchio amico.

 

Inoltre credo che un po' di distanza mi potrà farà bene....

Provo dei sentimenti forti per te Arya, ma non è un bene: accadono cose orribili alle persone che amo, e il pensiero che possa accaderti qualcosa mi fa star male.

Non voglio nasconderti niente Arya: la guerra che ci apprestiamo ad affrontare è quanto di più pericoloso e terribile tu possa aver mai affrontato, dovremo essere pronti per quanto arriverà. Se avrai bisogno di me, potrai reperirmi al Castello Nero.

 

 

Credimi, è meglio per entrambi, sarei inutile, lì. È possibile che ora che sei Lady di Grande Inverno, Sansa vorrà tornare, ovunque sia. Vi auguro di ritrovarvi, e ti auguro il meglio.

Abbi cura di Nymeria... E abbi cura di te.”

 

 

 

Mikarion.

 

 

 

 

La fine di quella lettera, fu: essere serrata in un pugno carico di diverse emozioni contrastanti. Mentre il mittente della stessa, cavalcava nel buio verso nord, ma prima si voltava a rivolgere un ultimo sguardo a quella città.

 

Pensò a tutto, dalla chiamata alle armi di re Robb, alla riconquista. E a tutto quello che c'era stato in mezzo. Ebbe un accenno di ripensamenti, ma li cacciò via, convincendosi che tutto quello che aveva fatto, lo aveva fatto per la sua gente, e per il bene del nord.

 

 

 

 

Il nord lo avrebbe ricordato?

 

Mik non se ne curava, dopotutto non era ancora finita, ma la verità è che il nord...

 

 

 

 

 

Non dimentica nessuno!

 

 

 

 

 

 

 

 

Miei cari amici lettori, esattamente come Mikarion, anche io ora mi congedo da voi. Per sempre? No! The North Remembers è conclusa, ma: Il Torno di Spade è ben lungi dall'esserlo. I nostri personaggi: amati o odiati torneranno nel sequel che intendo iniziare a breve. In cui porto a termine la storia, sul filone di questa fanfiction. Ebbene sì vedrete un finale diverso della saga. E ce la metterò tutta per renderlo migliore di quel finale deludente che difficilmente dimenticheremo.

 

Ringrazio tutti per l'attenzione, è veramente motivo d'orgoglio poter dire di contare più di mille visualizzazioni, e ne aspetto ancora, mi raccomando.

Un ringraziamento speciale a tutti quelli che hanno recensito, nella speranza di poterli rivedere per quando comincerò il sequel. Buon futuro a tutti, vi auguro il meglio e citando un grande film: “Mi duole annunciare che questa è la fine... Vi saluto dal più profondo del cuore. Addio.”

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