Strega per amore.

di Funlove96
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo uno: Incontro. ***
Capitolo 2: *** Capitolo due: Casa. ***
Capitolo 3: *** Capitolo tre: Libertà - Parte 1. ***
Capitolo 4: *** Capitolo quattro: Libertà - Parte 2. ***
Capitolo 5: *** Capitolo cinque: E adesso? ***



Capitolo 1
*** Capitolo uno: Incontro. ***


Capitolo uno: Incontro.



Camminava da ore il rosato, iniziando anche a pensare che sarebbe morto su quella stessa isola. Se solo il motore dell'aereo non si fosse guastato, non si sarebbe ritrovato sotto il sole, sudato e stanco, a petto nudo -la maglia era di troppo con quel caldo, finendo relegata a mero straccio adibito ad asciugarsi il sudore dietro il collo- in mezzo alla sabbia, con la compagnia solo di qualche palma e il rumore placido e costante delle onde, a cercare nemmeno lui sapeva bene cosa.

Si sedette in riva al mare, portandosi le ginocchia al petto, guardando il sole ormai quasi tramontato, quando nell'acqua qualcosa si agitò, portandolo a posarvi lo sguardo non appena sentì il leggero rumore che il movimento causava.

Era bravo ad avvertire ogni più piccola cosa, si era allenato per ogni evenienza -tranne, evidentemente, un motore guasto- e anche grazie a questo aveva raggiunto il suo obbiettivo, quello di seguire le orme di suo padre Igneel, pilota esperto, iniziando anche a lavorare per una delle compagnie più famose di tutta Fiore. Quanto avrebbe dato per rivedere la sua amata Magnolia in quel momento. I colleghi lo prendevano in giro, approfittando del fatto di essere anche amici nella vita, sul fatto che le sue Domeniche il rosato preferisse passarle a sorvolare il Pacifico, a bordo dell'aereo che era solito noleggiare. Come se non gli bastasse passare la maggior parte delle sue ore durante la settimana a bordo degli aerei di linea. Eppure lui, di volare tra le nuvole, non era mai sazio. Peccato che quella Domenica fosse incappato in quel guasto, ed era stata una fortuna che avesse i nervi abbastanza saldi, e avesse anche il dono di ricordare le mappe così bene, per effettuare un atterraggio d'emergenza senza rischiare di rimanerci secco.

Il rumore dell'acqua, agitata da quello strano oggetto, lo risvegliò dai suoi pensieri, facendolo alzare e avvicinarsi per vedere meglio quella macchia violacea dalla forma strana. Si fece coraggio, immergendo le mani nell'acqua salata fino a toccarlo, intuendo che, dalla forma, doveva essere una specie di bottiglia. La estrasse osservandola meglio, mentre essa non si agitava già più da quando era nelle sue mani. La bottiglia aveva una forma particolare, così come le decorazioni che l'adornavano. Era viola con delle decorazioni dorate, larga sul fondo, che andava a stringersi fino al collo, laddove alloggiava un tappo del medesimo colore a sigillarla. Sembrava uno di quegli oggetti preziosi con cui i Maharaja indiani erano soliti abbellire le proprie dimore. Incuriosito, tolse il tappo, che venne via non prima di qualche tentativo e un bel po' di sforzi, per vedere cosa vi si celasse. Pessima mossa, si disse il ragazzo dai capelli Sakura, mentre dalla bottiglia iniziò ad uscire una nuvola rosa, che andò a concentrarsi di fronte a lui, dissolvendosi dopo poco, e facendogli strabuzzare gli occhi verde scuro.

Di fronte al pilota apparve una donna vestita da odalisca, e beh, quelle vesti lasciavano decisamente poco all'immaginazione. Aveva un top rosa confetto, legato dietro al collo, che si fermava poco sotto il seno, andando ad annodarsi dietro la schiena, lasciata nuda escludendo quelle due parti a reggere la stoffa. I pantaloni, larghi alle caviglie, andavano a stringersi man mano che si saliva, allacciandosi all'altezza delle anche. I capelli lunghi, biondi come il grano appena maturo, pronto per essere raccolto, erano legati in una coda al lato destro, tenuti da un fiocco, del medesimo colore del vestito, e scendevano, ondeggiando appena a causa del leggero vento che si era alzato, lungo il corpo formoso -il ragazzo non poté evitare di notarlo che si, era davvero bella- mentre le scarpe basse, rosa anch'esse, le fasciavano i piedi, immersi appena nell'acqua del mare. E fu quando la ragazza gli rivolse due grandi pozze marroni, con quello sguardo irresistibile da cerbiatta, che Natsu smise per qualche secondo di pensare alla situazione in cui si era ritrovato.

"مرحبا سيد"*

Pronunciò la bionda, risvegliandolo dai suoi pensieri, che erano per lo più vietati ad un pubblico di minori. Era un uomo anche lui, e come tale, non poteva rimanere indifferente a tale bellezza. Scosse la testa, cercando di guardarla negli occhi e non da altre parti, che attiravano decisamente la sua attenzione, non tanto però, quanto gli occhi color cioccolato. "C-Come? I-Io?" Conosceva abbastanza la lingua araba -aveva viaggiato molto, nonostante la giovane età, appena venticinque anni- per capire quelle poche parole che lo spiazzarono. Non era certo l'appellativo con cui si aspettava di essere chiamato.

"ماذا تريد سيد؟"**

Gli domandò, e il ragazzo, un po' per scherzo -aveva bisogno di spezzare lo scombussolamento che gli dava la situazione- si ritrovò a risponderle con un sarcastico "Che parlassimo la stessa lingua".
E fu lì che, se non era svenuto fino a quel momento, rischiò davvero di farlo quando, dopo aver fatto schioccare medio e pollice della mano destra, la bionda gli rivolse un sorriso, per poi domandare "Va bene così padrone?"

Cosa accidenti stava succedendo?



*Salve padrone.
**Cosa desideri padrone?
Chiedo perdono per eventuali errori di traduzione, spero di non aver scritto cavolate.



Angolo autrice.
Eccomi ad imbarcarmi in una nuova avventura! Si, sono completamente pazza ad iniziare tutto da una fanart, questa, ma hey, ne approfitto finché non mi mettono la camicia di forza. Quindi partiamo!
Grazie per aver letto.
❤️Ciao❤️

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Capitolo 2
*** Capitolo due: Casa. ***


Capitolo due: Casa.



"... Ed eccomi qui." Aveva spiegato la biondina ad un Natsu che ancora a stento si capacitava della situazione. Il sole finiva di tramontare, mentre il rosato si era ripreso, più o meno, dallo shock, quanto bastava per riuscire a chiederle di raccontargli come mai era finita lì. Insomma, una bottiglia abbandonata così, in riva al mare, su un'isola che, ormai se ne era fatto una ragione, contava solo lui e la ragazza che aveva di fronte, non era certo comune.

Lucy, così si chiamava la bella odalisca, era.... un genio della lampada. Ebbene si, un vero genio, di quelli che si vedevano solo nei film, tipo Aladin. Era ben diversa da come si era sempre immaginato quel tipo di entità, che nella sua testa non poteva essere altro che un omone barbuto di colore blu. Gli occhi però non lo ingannavano, a meno che non avesse le visioni -e in quel caso, non era certo di volere che finissero- e quella di fronte a lui in quel momento non era un energumeno. Le uniche cose ad abbondare lì erano le curve, e lui non poteva che essere grato a qualsiasi Kami esistente per averne fatto generosamente dono alla biondina.

Così come non poteva nemmeno evitare un moto di rabbia verso quelli che erano stati i suoi precedenti padroni. Quelli, ne era certo da come gliene aveva parlato, probabilmente senza neanche capire il vero motivo del loro interesse, erano solo dei pervertiti, pronti a buttarla via non riuscendo a raggiungere i loro veri intenti. Già si immaginava la scena, un particolare desiderio che la biondina non era riuscita ad esaudire, forse non comprendendone appieno la reale malizia, e via, spedita chissà dove insieme a quella che, aveva capito, era la sua casa. Che importava se finiva nelle mani di un altro malintenzionato? La storia si sarebbe semplicemente ripetuta. Che rabbia! Quanto avrebbe voluto spaccargli la faccia!

Aveva ascoltato il suo racconto con la bile a corrodergli il fegato, annotandosi mentalmente tutti i nomi di quei maiali. Semmai ne avesse incontrato anche solo uno, gli avrebbe fatto vedere come si tratta davvero una donna. Perché Lucy, genio o meno, era una donna, una delle più belle che avesse mai visto. E in quel momento, nel realizzare quel pensiero, lui stesso si sentì un verme. Era fidanzato da due anni, e si sarebbe dovuto sposare presto, circa tre mesi, con Lisanna, eppure mai come in quel momento era convinto di star facendo la cosa sbagliata. Era una bellissima donna, e una delle cose che lo aveva attratto di lei era il suo modo di fare, sempre gentile e schietto. Sapeva farsi amare Lisanna Strauss, anche da lui, che prima non conosceva nulla dell'amore, impegnato com'era solo ed esclusivamente con la sua passione per il volo, quella che gli aveva trasmesso suo padre, quando nei week-end estivi lo portava a sorvolare le spiaggie di Magnolia, città che non poteva che vantarsi della purezza cristallina delle sue acque, purezza che gli piaceva ammirare dall'alto del cielo azzurro. Glielo aveva insegnato lei cosa significava essere innamorati. A lui, che adesso invece, non ne capiva bene il motivo, pensava mancasse qualcosa nella sua vita. Non lo aveva mai provato, anzi, da quando l'aveva incontrata si era sentito completo, sensazione che ora sembrava dispersa più di lui su quell'isola in mezzo al Pacifico. Era strano e straziante, l'albina non meritava di essere trattata così, eppure il rosato non riusciva a non sentirsi triste. Ma forse, pensò, era solo la singolare situazione a fargli quell'effetto, era su un'isola sperduta con un genio uscito da una lampada... bottiglia... quello che era.... poteva capitare che fosse ancora intontito dal tutto... no?

Si, gli sarebbe bastato tornare a casa e sarebbe tornato tutto a posto. L'unico problema era il come, non poteva contattare nessuno dato che tutti i comandi erano andati, anche la radio. Ecco, ora tornava a pensare che ci avrebbe passato i suoi ultimi giorni lì.

"Come faccio?" Sussurrò guardando il cielo al quale si erano affacciate le prime stelle, quasi chiedesse a loro la soluzione, e Lucy non poté far altro che emularlo, alzando anche lei il capo per osservare quei puntini luminosi nel cielo, ancora un po' azzurrognolo, che presto si sarebbe scurito ancora di più. Non capiva il motivo di quel silenzio prolungato, ma non aveva azzardato una sola parola, anche per timore di infastidire il suo nuovo padrone.

Padrone...

Quante volte aveva detto quella parola? Quella era la sua natura, o meglio, il suo dovere. Servire chiunque trovasse la sua casa, la sua prigione, destinata ad esaurire ogni suo desiderio finché egli non avesse deciso di liberarla, o di liberarsi di lei.
"Puoi aiutarmi?" Sussultò, riportando subito lo sguardo sul volto abbronzato del ragazzo dalla strana capigliatura, ritrovandolo a guardarla. Le aveva fatto una domanda, come poco prima, quando lo aveva visto per la prima volta. Gli aveva sorriso d'istinto, appena esaudito il suo desiderio -non lo aveva mai fatto prima, con nessuno degli altri, benché all'inizio nessuno di loro avesse l'aria di volerle fare del male, all'inizio...- notando quanto la luce del sole non gli rendesse la giustizia che meritava, quel corpo sembrava fosse stato disegnato dal più capace degli artisti. I muscoli del petto erano ben delineati, e lo strano tatuaggio sulla spalla destra, del colore intenso del fuoco, aveva attirato la sua attenzione, non aveva però dato fiato alla propria curiosità, temendo che avrebbe potuto arrabbiarsi per tanta confidenza. E poi i pantaloni, il blu gli stava davvero bene, gli fasciavano le gambe che, a giudicare da quanto vedeva dalla stoffa aderente, non erano da meno dei bicipiti.

Era bello il suo nuovo padrone, come alcuni dei precedenti, ma molto diverso tutti gli altri, se ne era accorta da come le aveva chiesto di raccontarsi, cosa che mai le era successa. In genere bastava che spiegasse come funzionava, che avrebbe esaudito ogni desiderio del fortunato finché egli l'avesse tenuta, e voluta, al suo servizio, perché iniziassero subito a chiedere qualunque cosa gli passasse per la testa al momento -ricordava di aver fatto apparire un elefante verde una volta, esaudendo un desidero portato dall'incredulità del proprio interlocutore- ma mai qualcuno le aveva domandato di lei. Non riuscì ad impedire alle gote di colorarsi leggermente, divenendo come gli abiti che indossava, mentre tornava a guardarlo bene negli occhi smeraldini. "Allora? Mi puoi aiutare a tornare a casa?" Sbatté appena le palpebre per darsi un contegno, la situazione per lui non doveva essere facile, anche se non capiva perché fosse tanto agitato, pure lei era lì, ed era stata in mille altri luoghi, ma mai aveva sentito la necessità di tornare in qualche posto particolare -tanto nessuno di solito la voleva più dopo essersi liberato di quella bottiglia- e poi, quella spiaggia era così bella... ma si affrettò a rispondere, anche per non spazientirlo. Lo guardò bene, nonostante l'oscurità che iniziava già a sfocare tutto intorno a loro, eppure quelle due pozze verdi sembravano risplendere ancora di più, rispondendo con un semplice "Si", rimanendo poi stupefatta dallo splendore dei candidi canini ch'egli le mostrò nel sorridere. Si, il suo nuovo padrone era davvero bello... ma doveva pensare a fare il suo dovere. "Prendimi la mano" gli disse, benché non ve ne fosse la necessità, le bastava schioccare le dita pensando a cosa voler fare -non che le convenisse pensare a ciò che voleva davvero in quel momento, sarebbe andata ben oltre i suoi doveri, e questo non le era concesso- ed era fatta, ma aveva bisogno di quel contatto, non capiva perché, ma sapeva che fosse così, e il cuore quasi perse un battuto quando il palmo abbronzato si posò su quello roseo di lei. Schioccò le dita, pensando di riportare a casa il suo padrone, e un turbine di sabbia si alzò a causa del vento causato dal gesto, costringendoli a chiudere gli occhi. Pochissimi attimi e il turbinìo attorno a loro cessò, facendo riaprire le palpebre ai due, per accorgersi che la spiaggia era sparita. Al suo posto vi era una stanza dalle pareti di un azzurro molto chiaro, c'era un divano a due posti color verde-acqua, di fronte ad esso, un grande televisore, e in mezzo un tavolino di vetro trasparente. Ma la cosa che attirò di più l'attenzione della bionda, ancora stranita dagli strani oggetti che vedeva sugli scaffali attaccati alle pareti -ne aveva viste di cose così, ninnoli di varie forme e dimensioni, ma non aveva mai capito a cosa servissero- era una grande vetrata che dava su un giardino meraviglioso, dove facevano bella mostra di se fiori di ogni forma e colore. Si staccò dal rosato, non notando la delusione nel suo volto per la perdita di quel contatto -anche lui ne aveva bisogno- e si avvicinò ad ammirarne lo splendore, aiutata dalla luce fioca del lampioncino che svettava al centro del giardino, permettendole di distinguere abbastanza bene alcune specie.

Si guardò intorno il rosato, felice di essere a casa, anche se la sabbia era entrata in posti che nemmeno credeva di avere. Avrebbe dovuto fare un bagno, e anche la sua ospite, talmente presa dalla vista del giardino, che non si era accorta di lasciare delle piccole quantità di sabbia sul pavimento ad ogni passo che faceva, man mano che le succinte vesti, insieme ai capelli, in cui quei granelli erano andati, infimi, ad infilarsi, si muovevano, assecondando in una melodiosa armonia il lento ancheggiare dei fianchi pieni.

Si... aveva bisogno di un bagno o non avrebbe risposto di se, e non era certo il caso.

"Senti..." sussurrò, abbastanza forte perché lei lo sentisse, mentre era ancora lì, con un particolare -e bellissimo, lo aveva notato nel riflesso del vetro- splendore negli occhi. Ma come dirglielo? Sarebbe stato scortese se avesse usato il suo solito modo di fare, senza peli sulla lingua. Se doveva dire qualcosa non esitava a farlo e senza pensare prima alle parole -se lo avesse fatto non avrebbe avuto diversi problemi come il farsi cacciare a pedate dal bar, quello dove era solito andare il Venerdì sera con gli amici, per qualche scazzottata fuori programma, ma se fosse stato il contrario, quegli amici non li avrebbe ne avuti, ne tantomeno incontrati probabilmente- stavolta però, con Lucy, era diverso. Sentiva il bisogno di misurare ogni singola parola prima di lasciarla uscire dalle labbra. E lui non lo aveva mai fatto, nemmeno con Lisanna.

"Si padrone?" Si era girata verso di lui nel sentirlo parlare, per poi avvicinarsi di qualche passo mentre pronunciava quelle parole, quella parola. E presto fu la fine, al diavolo la sabbia, non la sopportava proprio, ancora meno da quando aveva saputo della sua storia. Quelle sette lettere lo facevano impazzire...
Buffo, pensò il rosato nel guardarla fare quei piccoli passi, ricominciando a spargere i granelli dorati sul pavimento. Quello era il numero che più ricorreva nella sua vita, tanto da pensare che gli portasse fortuna. In fondo, la Domenica era il settimo giorno della settimana, non era anche quello un buon motivo per considerarlo tale? Questo però non toglieva che avrebbe volentieri spaccato tutto ora che l'aveva sentita... di nuovo.
"Ascolta, non sono il tuo.... padrone... ok? Mi chiamo Natsu, potresti usare il mio nome?" cercava di essere il più gentile possibile, seppure quello era il sentimento che meno aleggiava nel suo animo in quel momento. "Ma tu sei il mio padrone, devo esaudire ogni tuo desiderio fin quando mi vorrai al tuo servizio." Rispose la bionda perplessa, dando voce, per l'ennesima volta, a quella cantilena che ripeteva ormai da tempo immemore. Non comprendeva il motivo per il quale il ragazzo sembrava così infastidito, eppure era semplice no? "Non voglio che mi chiami così... ascoltami...." prese un bel respiro, cercando di trovare le parole giuste da usare -si, con lei era proprio diverso- e la guardò dritta negli occhi, anche per evitare di avventarsi su quelle labbra... doveva darsi una calmata! "... ti ringrazio molto per avermi aiutato ma... io... io non posso essere il tuo...." quanto era difficile dirlo "... padrone... e non ti voglio al mio servizio... capito?"
Gli occhi cioccolato lo guardarono straniti mentre la ragazza si fermava di fronte a lui, a pochi passi, e per un momento rischiò di mandare all'aria ogni buon proposito del rosato di rimanere calmo con quello che le uscì dalle labbra. "Ma padro-" frenò la lingua appena in tempo vedendo l'espressione indurita nei lineamenti del ragazzo, si era stancato di lei così in fretta?
Non ti voglio al mio servizio aveva detto, e un fremito le attraversò la schiena. Che anche lui volesse liberarsi di lei?
Cercò nella mente il momento esatto in cui potesse aver fatto qualcosa per farlo arrabbiare. Prima o poi succedeva sempre, tutto per il suo essere così imbranata nel non riuscire a compiere quello che era il suo dovere. Lo sguardo finì distrattamente sul pavimento, e solo in quel momento la bionda notò quei granelli adagiati sul parquet scuro, era dunque per questo.... "M-Mi dispiace..." sussurrò con la voce che già le tremava per via delle lacrime che le pungevano gli occhi, non immaginando nemmeno l'effetto che sortì nell'animo, già poco sereno, del rosato.

No, quello era un colpo basso al suo già poco autocontrollo, sarebbe esploso molto presto... nel migliore dei casi.
"Lucy..." stava andando tutto bene. Perché, seppur sforzandosi di evitarlo, era finito per farla piangere?

In un attimo, un battito di ciglia o forse meno, due braccia muscolose la cinsero dolcemente, e Lucy, nonostante la patina umida che le offuscava la vista, riuscì a distinguere la spalla del ragazzo, quella con quel simbolo così particolare, ritrovandosi a poggiare le esili mani sul petto ancora nudo di lui. Nemmeno questo le era mai capitato, che qualcuno la stringesse con così tanta delicatezza, come avesse paura di farle male. E mai le era successo di desiderare qualcosa, come invece faceva in quell'istante, che potesse durare di più, magari per sempre.

Si, lo desiderava. Lei, che i desideri doveva esaudirli, non esprimerli.

Peccato però che il tempo non si fermi, soprattutto se lo desideri, e che il mondo ti ricordi la realtà nel momento in cui vuoi solo dimenticarla. E per Natsu quella realtà tornò a farsi largo nella mente, oltre che nelle orecchie.
"Na-Natsu..." una voce che conosceva fin troppo bene gli fece spezzare l'abbraccio, procurandogli brividi di freddo, che non era certo fossero dovuti alla leggera frescura che aveva accompagnato la sera di quel 13 Giugno. Non poté esserne certo, ma forse per la biondina era lo stesso, dato che ella si portò le mani sugli avambracci, sfregandole su di essi in cerca del calore mancato all'improvviso. Ma non poté preoccuparsene in quel momento, e a malincuore distolse lo sguardo da lei, per portarlo sulla figura che ancora reggeva la maniglia della porta. L'albina era lì... con le lacrime agli occhi.... perchè riusciva a farle piangere tutte quella sera?
"Lisanna... io... noi...." come dire alla tua ragazza che stavi abbracciando una sconosciuta incontrata su un'isola deserta solo per farla smettere di piangere?
Infatti non ve ne fu bisogno, perché la ragazza si voltò e corse via, chissà dove, senza che lui avesse anche solo la forza di muovere quelle dannate gambe per seguirla, per spiegarle. Ma come poteva spiegare a qualcuno qualcosa che nemmeno lui si sapeva spiegare?

Senza neanche capire come, in poche ore il ragazzo vide la sua vita stravolta.
E non immaginava, in quel momento, che quello sarebbe stato solo l'inizio...



Angolo autrice.
Ma salve! Capitolo lunghetto eh?😅 Sono meravigliata anch'io, mi faccio paura da sola😳
E ora che è entrata in scena Lisanna chissà cosa succederà, di sicuro non sarà facile per nessuno, soprattutto per Natsu, che già si sente in colpa per com'è già cambiato grazie a Lucy. E anche perché farne piangere due in una sola serata... genio lui, altro che Lucy! Come si comporterà? Risolverà la storia del "padrone"? E soprattutto, riusciranno a farsi sto benedetto bagno? La sabbia è fastidiosissima, si insinua dappertutto😣😣
Vabbè, è il momento dei saluti.
Grazie infinite per aver letto, e grazie per belle recensioni del capitolo precedente, vi voglio bene *^*
❤️Ciao❤️

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Capitolo 3
*** Capitolo tre: Libertà - Parte 1. ***


Capitolo tre: Libertà - parte 1.



Era corsa via d'istinto, fermandosi dopo chissà quanto tempo, accorgendosi solo in quell'istante di dove si trovava. Il parco di Magnolia era il più conosciuto in tutta Fiore, questo grazie alla vastità di piante che vi si potevano trovare, nonché ai famosi ciliegi, protagonisti, nemmeno poche settimane prima, del tradizionale Hanami. Anche nella leggera oscurità portata dalla sera, i petali Sakura erano sovrani indiscussi della vista che si stagliava di fronte agli occhi color cielo, ostacolati in parte dall'umidore che li ricopriva, dell'albina e il cuore non sapeva se soffrirne o esserne lieto. Da un lato adorava quella vista, ma dall'altro, quei petali rosei le ricordavano la causa del suo malessere. Si sedette sotto uno dei ciliegi, il più antico, che per la sua grandezza spiccava tra quelli presenti, e alzò gli occhi verso quelle stelle, quasi a chiedere loro consiglio, qualcosa che aiutasse a cessare il dolore di quella crepa dolorosa che si era aperta nel petto, nell'esatto istante in cui i suoi occhi si erano posati su quell'immagine. Natsu, il suo Natsu, quello che sarebbe diventato suo marito tra pochi mesi, abbracciato ad un'altra ragazza. Era normale in fondo, la bionda, di cui le era ancora sconosciuto il nome, aveva gli occhi lucidi, e Natsu non era il tipo di lasciar piangere qualcuno senza far nulla, a maggior ragione essendo presente. Lo sapeva, sarebbe stato infantile prendersela per un semplice abbraccio, e Lisanna Strauss non era mai stata infantile. Era fatto così lui, e la ragazza per un momento sorrise nel ricordare tutte le volte che l'aveva consolata, dalla scena strappalacrime di un film d'amore, fino alla perdita dei suoi genitori -il sorriso le si allargò, si erano messi insieme poco tempo dopo- e tutte le volte il rosato non si era risparmiato pur di vederla sorridere ancora, riuscendo nel suo intento.
Non era mai stato il classico macho man Natsu Dragneel, e sapeva essere un vero uomo, come diceva sempre suo fratello Elfman, anche attraverso la dolcezza...
Ma quell'abbraccio... quello sguardo.... quelli erano chiari segni che era finita, e Lisanna vedeva realizzarsi la sua più grande paura, scoperta tale solo pochi minuti prima, in cui aveva visto per la prima volta gli occhi verdi del ragazzo in quel modo. Faceva male, un male cane, ripensare a quegli occhi così... così pieni di dolcezza... così pieni, si, doveva ammetterlo, d'amore.
Era forse azzardato dirlo, ma lei lo aveva sempre capito quello che provava il rosato, semplicemente guardandolo negli occhi. Adesso, quell'arma a doppio taglio stava facendole sentire quanto sapeva far male quella parte mai scoperta prima, infilzandosi in quel muscolo al centro del petto, facendolo torcere dal dolore, finendo col farlo sanguinare copioso. Non aveva dubbi -ironia della sorte, nemmeno in quel momento di sofferenza quella certezza vacillava- sul fatto che, in quei due anni d'amore, Natsu le avesse dato tutto, che l'avesse amata davvero, come lei d'altronde. Ma quello sguardo... quello non glielo aveva mai dedicato, forse neanche Natsu si era accorto di avere quella luce negli occhi mentre guardava la bionda che si, era molto bella, ma capiva non fosse per quello che il rosato la guardava così.

Poteva lottare, tenersi quello che era il suo uomo, ma a che pro? Quello sguardo non lo aveva mai avuto -e ne aveva avuti tanti di sguardi colmi d'amore da parte sua- e non era certa che sarebbe stato diverso dopo quella sera. Ma il punto era se ne fosse stata lei la destinataria o meno... Le lacrime continuavano a scendere copiose man mano che la consapevolezza di quella che era, inevitabilmente, la fine si spandeva spietata nella mente. Il suo cuore però sapeva che non poteva arrendersi così facilmente, e di Lisanna Strauss non si poteva dire che non lottasse per ciò a cui teneva. Dentro di lei c'era ancora qualcosa che la spingeva a tornare da Natsu e farsi spiegare cosa stava succedendo, così da poter tornare a sorridere insieme. Ci doveva essere una spiegazione plausibile no? E bastava parlarsi per risolvere tutto... no?
Mentre i due pensieri si davano battaglia nella mente e nel cuore della ragazza, ella capiva che c'era una sola cosa da fare, e la fece, recuperando il telefono dalla pochette verde-acqua -pensare che si era vestita carina sperando di fargli una sorpresa, e invece, la sorpresa, l'aveva ricevuta lei....- e aprendo la rubrica.
Ripescò in fretta il numero, e digitò velocemente il messaggio. Doveva chiarire in quel momento, una volta e per tutte...

"Sono al parco centrale di Magnolia, quello dei ciliegi. Puoi venire a prendermi?"


E dopo aver premuto invio il messaggio partì, diretto al destinatario, mentre l'albina guardava la scritta apparsa, messaggio inviato, pensò che si, era l'ora. Era l'ora di una scelta, e chissà se era quella giusta, ma doveva farlo, per lei, per Natsu, per loro...

Per quanto fosse ferita, i sentimenti che l'avevano legata a lui erano ancora forti, troppo per essere ignorati, e non poteva... non poteva proprio evitare di amare Natsu Dragneel. Frugò ancora nella pochette, prendendo una penna e un foglio dal quadernino che, da persona precisa e organizzata com'era lei, portava sempre con se. Non arrivi ad avere la conduzione di uno dei programmi di punta della rete più vista di Fiore se non hai ciò che serve al momento giusto. Lo aveva imparato dopo anni passati a portare caffè e scartoffie in giro per gli studi, salendo pian piano, fino a diventare la segretaria di uno delle editrici più famosi di Magnolia, e forse anche di Fiore, e fu proprio in una delle occasioni in cui l'assisteva, sprovvista di alcuni documenti che, ricordava, aveva riposto lei stessa poco prima tra alcuni faldoni in archivio, che si era fatta notare, senza nemmeno averne l'intenzione, per il suo essere così dolce e disponibile. Era perfetta per quel programma che avrebbe dovuto dare il buongiorno a tutta Fiore, spaziando tra gossip, cronaca nera, e ospiti prestigiosi. Questo aveva pensato Elsa Scarlett, vedendo come lavorasse bene la ragazza, e risolvendo il problema che l'attanagliava da settimane, anche grazie alla pressione dei suoi capi, e l'albina era una manna dal cielo.
Da allora era una irrinunciabile abitudine quella di portarsi dietro tutto ciò che pensava potesse servirle, anche per quella che doveva essere una cena a sorpresa -per lui- col fidanzato. Man mano che passava il tempo si convinceva che quella era l'unica soluzione possibile per risolvere le cose. Inoltre, dopo avergli mandato quel messaggio, non poteva certo tirarsi indietro...

~~~~



Era ancora immobile, incapace di correre, con le gambe che gli imponevano di stare lì come un idiota a fissare la porta, dimenticandosi quasi della presenza alle sue spalle, che intanto assumeva in volto un'espressione sempre più confusa. Cosa stesse accadendo non le era chiaro, sapeva solo che stava bene in quell'abbraccio, e mai avrebbe voluto doversi staccare da lui, sebbene un peso sul cuore le facesse sentire che era sbagliato, che non doveva desiderarlo.
Eppure...

"Padro- N-Natsu..." esordì la flebile voce che lo indusse a voltarsi, già coi sensi di colpa a mille per quel tono da bambina indifesa. Forse era da codardi starsene lì mentre la sua ragazza era corsa via piangendo, e avrebbe dovuto correrle dietro. Un bravo fidanzato, e presto futuro marito, lo avrebbe fatto. E no, Natsu Dragneel non era mai stato un codardo, lottava sempre per ciò a cui teneva, ma stavolta si sentiva... svuotato. Privato del suo normale modo di fare, quello di difendere ciò che amava ricorrendo alla propria testardaggine. Non importava quanto potesse essere impossibile, a detta degli altri, una qualsiasi cosa, lui si lanciava, tutto un fuoco, come diceva sempre lui -e quel mantra gli era valso il soprannome di Salamander da parte Gray, suo amico e rivale dalle medie, e usato tutt'ora da tutti coloro che lo conoscevano- carico al massimo e pronto a godersi la soddisfazione del proprio successo, resa ancora più gustosa dalle difficoltà incontrate lungo il tragitto. Glielo aveva insegnato suo padre, e sebbene Igneel Dragneel non avesse legami di sangue con lui, lo amava come se avesse davvero contribuito alla sua nascita. In fondo, era stato lui ad insegnargli a vivere, era stato un po' un "averlo messo al mondo" dandogli gli strumenti per vivere la vita che no, non faceva sconti a nessuno, e il rosato lo sapeva molto bene.

Si, era decisamente un codardo al momento, ma scosse la testa, decidendo di sorvolare -al momento- sulla cosa, andando ad incrociare ancora, non senza subirne gli effetti sotto pelle, lo sguardo cioccolato della biondina.
"S-Si?" l'aveva sentito? Non lo sapeva, capiva solo di aver tirato fuori si e no un sussurro dalle labbra, ancora incapace di realizzare la situazione in cui si era trovato, anzi, quella di cui era l'artefice.
Non gli piaceva la cosa, se si era messo con Lisanna era perché l'amava e, anche se sapeva che l'abbraccio non voleva dire granché -aveva abbracciato tante persone prima, ma non significava che provasse qualcosa che andasse oltre l'amicizia- e, benché ancora gli sfuggisse il motivo per cui faceva tutto quello con una sconosciuta, non voleva comunque allontanarsi da quel salotto, divenuto asfissiante, e non per la calura estiva.
Aveva ferito la ragazza che, grazie ai suoi grandi occhi azzurri, gli aveva fatto conoscere la parola amore. Quello c'era -o forse, per la sua stupidità che lo spingeva a cose insensate quella sera, c'era stato- tra loro due, amore, puro e sincero. Gli occhi smeraldini che si ritrovava, dono di un padre che non lo aveva voluto, non sapevano mentire. Non lo avevano fatto quando la conobbe da bambino, sotto quell'enorme ciliegio che catturava gli occhi di entrambi, dando inizio alla loro amicizia, non lo avevano fatto quando li aveva aperti, nemmeno tre anni prima, su quel sentimento ancora quasi del tutto sconosciuto -salvo poi aspettare come un idiota il momento giusto, arrivando a fare una dichiarazione ridicola al McDonald's, e giurò di aver visto una Mira sognante tenere un Elfman pronto ad ucciderlo, sfortunatamente per lui, troppo vicini al loro tavolo... o forse urlare a Lisanna di essere innamorato di lei in mezzo alla sala, a causa dell'agitazione che gli mettevano tali parole, non era proprio stata una genialata- e non lo avevano fatto nemmeno quando Igneel era scomparso. Ancora adesso, a venticinque anni, con una carriera decolatta, letteralmente, abbastanza in fretta, anche e soprattutto grazie alla passione che ci metteva nel fare il suo lavoro, soffriva di quella mancanza, e spesso capitava che crollasse, potendo sempre contare sul supporto della ragazza. Ragazza a cui aveva spezzato il cuore, da bravo verme, codardo, e idiota, quale effettivamente era, glielo ripeteva la parte più coscienziosa di lui, in accordo, forse per la prima volta, con quella più sconsiderata e infantile, quella che lo contraddistingueva maggiormente. Riportò l'attenzione sulla ragazza, che però adesso sembrava tentennare, come avesse paura di farlo arrabbiare. Forse era ancora dispiaciuta per il parquet...
"Q-Quella.... ragazza... è..." non aveva il coraggio di continuare, sebbene la gola bruciasse nella trepidante attesa di lasciar andare quelle parole. Non era del tutto ingenua, sapeva bene che i rapporti tra le persone potevano essere diversi, e potevano anche includere relazioni che andavano ben oltre il rapporto di semplice conoscenza. Ma a spaventarla da ciò che voleva chiedergli era proprio quella possibiltà... la possibilità che potesse essere come immaginava, come temeva....

E infatti non vi fu il bisogno di continuare, perché un suono interruppe il contatto visivo, facendo sussultare il rosato che, a malincuore, dovette abbassare lo sguardo, lasciando andare quell'intreccio tra cioccolato e smeraldo, per recuperare il cellulare dalla tasca dei pantaloni. Non lo mollava mai quell'aggeggio, glielo dicevano anche i suoi amici, ma per fortuna non avevano chiuso le indagini sulla scomparsa di suo padre -fortuna che portava il nome del capo della polizia di Magnolia, Gildarts Clive, vecchio amico di Igneel- e aveva sempre il telefono con se, in attesa anche della più piccola notizia, illudendosi qualche volta, quando lo mettevano al corrente di un qualunque avvistamento, rivelatosi poi una falsa pista. Ma, appena il suo sguardo si posò sullo schermo, non visualizzò il nome che desiderava.

Il senso di colpa tornò prepotente nell'istante i cui si ritrovò a leggere il nome della sua ragazza, lasciando che un'espressione combattuta comparisse sul bel volto abbronzato -e cavoli se Lucy arrossì nel sorprendersi a pensare che era bello anche in quel modo- tornando poi a guardare l'odalisca con un'unica domanda per la mente. Cosa fare con Lucy? "C-Che.... che succede N-Natsu?" si era ripresa dallo stupore dei suoi stessi pensieri, ma un leggero rossore continuava ad imporporarle le gote, non immaginando neanche quanto stesse mettendo, ancora di più se possibile, in seria difficoltà l'uomo che le stava di fronte.
"I-Io... dovrei.... è..." balbettò, lo faceva di rado e mai con un estraneo, perciò si stupì di se stesso più di quanto non avesse fatto fino a quel momento. "È... lei?" si sentì più leggero -e più codardo- quando fu lei a finire per lui. Anche se, non è che la bionda fosse la sua amante o altro, perché agitarsi tanto?
Eppure si sentiva come se fosse squillato il telefono mentre era a letto con un'altra, ritrovandosi ad inventare una scusa qualsiasi per giustificarsi con la fidanzata che interrompeva il suo tradimento. Una cosa era certa, non avrebbe mai avuto la stoffa del fedifrago, si sarebbe fatto beccare all'istante.
"Non dovresti stare qui padro- ehm, Natsu..." sussultò il rosato, mentre guardava la bionda, ora a testa bassa, non comprendendo cosa volesse dire. Fino a prova contraria, quella era casa sua. "Dovresti andare da lei, stava male. Dovresti andare a parlarle. In fondo..." era così difficile per lei dirlo accidenti "... state.... insieme..." concluse a fatica, col groppo in gola e il cuore che probabilmente, dalla fitta che sentì, doveva aver perso qualche battito.
"Tu..." le portò indice e medio della mano destra, quella che non era occupata a rimettere in tasca il cellulare, sotto il mento, esercitando una leggera pressione per farle alzare il viso. "Resterai qui? Finché non torno intendo." Era quello che gli premeva, al pari di raggiungere Lisanna, che restasse lì, in fondo, avevano ancora delle cose da chiarire. "Ovviamente!" gli rispose l'odalisca, non poteva certo andarsene liberamente in giro in sua assenza, il suo vincolo la legava a lui, e se lui le diceva di restare, lei doveva farlo.
Era sempre stato così, e stavolta, nonostante quelle strane sensazioni, del tutto nuove per lei, non faceva eccezione.
Lo vide tentennare, per poi far scivolare via dal mento le dita "Va bene, cercherò di tornare il più in fretta possibile..." disse voltandosi e dirigendosi verso la porta, tornando a guardarla non appena posò la mano sulla maniglia. "Fa come se fossi a casa tua" la frase fatta più stupida che potesse tirare fuori... quasi non si riconosceva Natsu quella sera.
Annuì la biondina, e lui uscì, rassicurato in parte, dal fatto che fino a che fosse stata lì non le sarebbe successo nulla. Quello strano istinto di protezione tornava prepotente più e più volte in quelle ore, sempre nei confronti di quella strana ragazza che si era ritrovato a veder uscire da una bottiglia nel tardo pomeriggio di quel giorno.
Attraversò il corridoio, afferrando le chiavi dal cassetto del mobile dietro la porta, e uscendo veloce. Si ricordò solo in quel momento che la maggior parte delle sue cose era rimasta chiusa nell'armadietto dell'aerodromo. Si appuntò mentalmente di tornarci il prima possibile, e di inventare una scusa plausibile per essere tornato senza l'aereo. Avrebbe dovuto pagare una penale, ma in quel momento doveva pensare solo a raggiungere Lisanna, e magari cercare di aggiustare le cose. Lo sperava vivamente...



Era arrivato e, dopo una corsa estenuante, aveva raggiunto finalmente il parco. La trovò lì, dopo aver girato in lungo e in largo, prima di provare sotto il ciliegio più antico, quello che lei aveva amato da sempre, col viso arrossato per il pianto, e le lacrime a bagnarle ancora gli occhi azzurri. Quegli occhi che lo avevano fatto innamorare...
E fu lì che ebbe la conferma definitiva di quanto fosse stato stupido....





Angolo autrice.
Ed eccomi tornata, finalmente direi, con un nuovo aggiornamento!
E per farmi perdonare, vi ho lasciato una piccola anticipazione del prossimo capitolo, il cui titolo credo sia abbastanza intuibile😂
Cosa succederà tra Lisanna e Natsu? E come risolverà quest'ultimo con la nostra Lucy?
Beh, dobbiamo aspettare il prossimo capitolo per saperlo. Grazie ancora a chi legge e a chi recensisce. Davvero, grazie per le belle parole, mi sto emozionando🤧
Ci si legge al prossimo capitolo!
Ciao❤️

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Capitolo 4
*** Capitolo quattro: Libertà - Parte 2. ***


Capitolo quattro: Libertà - parte 2.



Era arrivato, dopo una corsa estenuante, e aveva raggiunto finalmente il parco. La trovò lì, dopo aver girato in lungo e in largo, prima di provare sotto il ciliegio più antico, quello che lei aveva amato da sempre, col viso arrossato per il pianto, e le lacrime a bagnarle ancora gli occhi azzurri. Quegli occhi che lo avevano fatto innamorare...



Si passò una mano tra le ciocche, strattonandole appena per la frustrazione, mentre si avvicinava a lei, che a sua volta si era alzata per raggiungerlo. "Lizzy..." sussurrò quel nomignolo che le aveva affibbiato da piccoli non appena lo coinvolse in un abbraccio, senza preoccuparsi di nascondere l'angoscia, quella che lo aveva accompagnato durante tutto il tragitto, che gli riempiva la voce. Forse avrebbe dovuto, ma le sue forze erano canalizzate a porgerle tutto il sostegno di cui aveva bisogno, proprio come avrebbe fatto un vero amico.
E lui lo era.... giusto?

Non lo era invece, non lo era mai stato!

Perché la verità era che Bixlow Justine non era un vero amico, non per Lisanna almeno. Erano cresciuti insieme, e con loro anche i sentimenti del ragazzo, che ben presto oltrepassarono l'amicizia. E si trovò così, senza che potesse rendersene conto e tantomeno impedirlo, ad essere innamorato della sua migliore amica. Si diede dello stupido nello scoprirsi a bearsi di quell'abbraccio, quasi come non fosse di fronte ad una donna fidanzata, prossima alle nozze, e che per una ragione a lui ancora sconosciuta piangeva da chissà quanto tempo.
Il messaggio parlava chiaro "Sono al parco di Magnolia, quello dei ciliegi. Mi vieni a prendere?" era abbastanza ovvio che fosse successo qualcosa con Natsu, avrebbe chiamato lui altrimenti. Era o non era il suo ragazzo? Quello stesso ragazzo al quale, grazie alla propria codardia, aveva permesso di portare via da lui l'amore della sua vita. Perché, quando fai il dongiovanni, e ti risvegli nel letto con donne bellissime e sempre diverse, dopo notti di fuoco tra le lenzuola, ma il tuo primo pensiero ti riporta sempre a quella ragazza dai capelli albini e gli occhi più azzurri del cielo stesso, quello è l'amore. Quello che hai cercato di seppellire sotto mille e più avventure, ricordandoti che ha già donato il cuore ad un altro, e sperando di riuscire a soffrire di meno. Ma è quello che alla fine ritorna a farsi sentire più di prima e, con una ferocia devastante, anche il fatto che non potrai mai viverlo. Era questo per lui Lisanna, quell'amore da non poter mai vivere, ma senza il quale non sarebbe riuscito a sopravvivere. Aveva anche preso in considerazione l'idea di andarsene, ma vano fu il suo unico tentativo di fuga, che lo aveva portato a pensare a lei anche quell'anno e mezzo in cui era stato nella capitale, approfittando della scusa dei corsi di barman. Aveva il sogno di aprire un locale tutto suo, e anche in questo si era ritrovato l'appoggio incontrastato dell'albina.
La strinse forte mentre con lente carezze le saggiava la pelle della schiena, lasciata scoperta dal vestito. Si era vestita così per Natsu certamente, lei non era il tipo da andare in giro scollata per farsi guardare, a meno che non avesse voluto che un certo qualcuno lo facesse, e beh, è normale voler farsi guardare dalla persona che ami.
Quest'ultimo pensiero fece male, e lo scacciò con la stessa violenza con cui era arrivato, ma ciò non toglieva il fatto che Lisanna fosse già impegnata, e che lo fosse perché provava dei sentimenti e si, faceva male. Carezzò la schiena, sconquassata dagli spasmi del pianto, lentamente, imponendosi di non andare oltre, non poteva permetterselo, non era suo diritto.
"Vieni dai." riuscì solo a sussurrarle, per poi condurla verso la sua moto. Aveva bisogno di piangere ancora, e quella casa che lei stessa aveva aiutato a trovare e poi arredare -se qualcuno doveva mettere mano all'arredamento di casa sua, preferiva fosse lei, soltanto lei. Aveva anche avuto brevi relazioni, che finivano però nel momento in cui si parlava di convivenza. Avrebbe dovuto togliere quelle chincaglierie con cui l'albina si era sbizzarrita a riempirgli casa, e questo era assolutamente fuori discussione- e dove, prima che si impegnasse con Natsu, passavano il Sabato sera a guardare film horror sul divano. Incredibilmente era sempre lui, nonostante la sua passione per quel genere, come per l'occulto in generale -aveva anche una discreta collezione di strane bamboline, piccole riproduzioni di totem a cui, secondo internet, erano legati strani sortilegi- ad essere spaventato dalle scene più cruente, ed era lei a mettere costantemente in pausa per aiutarlo a calmarsi, proponendo spesso di vedere altro, salvo poi tornare a guardare il film, tranquillizzata dall'atteggiamento da vero uomo, come diceva suo fratello, che il ragazzo sfoggiava. Non era capace di guardare un film di paura, figurarsi se poteva essere adatto a lei.
Era questo che pensava mentre, dopo essersi assicurato che indossasse anche lei il casco e che era salita in sella reggendosi a lui, dava gas alla Yamaha, diretto ad un unico indirizzo. Chissà che, una volta che fosse stata più calma, gli avrebbe raccontato cosa era successo, così che lui potesse andare a spaccare la faccia a quel vigliacco dai capelli rosa. Sarebbe corso a farlo già quando l'aveva vista piangere, ma la sua priorità era farla sentire meglio. In fondo, si era affidata a lui per questo, e questo era ciò che doveva fare un vero amico. Giusto? Mise finalmente in moto, allontanandola dalla fonte del suo turbamento, che invece si stava avvicinando dal lato opposto della strada, all'altra entrata del parco, vagando con gli occhi verdi in lungo e in largo per trovare la zazzera albina che conosceva bene...

Il cuore in gola, e la muta preghiera di trovarla in fretta accompagnavano la sua corsa. Fortunatamente il parco era abbastanza vicino a casa sua, e gli era bastato attraversare una manciata di vicoli senza bisogno dell'auto, che comunque non avrebbe usato, dato il suo piccolo problema coi mezzi. Era impensabile, quando era più piccolo, per lui salire tutti i giorni su un aereo, pilotandolo addirittura, ma il cielo lo aveva sempre affascinato, e volare tra le nuvole gli era sempre piaciuto, grazie soprattutto a suo padre, che lo aveva aiutato a far fronte alla sua chinetosi. Sulla terraferma però aveva ancora proemi, sebbene i mezzi non fossero più i suoi acerrimi nemici come qualche anno prima.

Era finalmente arrivato, il fiatone ancora a fargli da compagno, mentre i battiti accelerati prendevano a calmarsi, cercando di ristabilire una normale frequenza cardiaca. Si guardava intorno, senza però trovare traccia di chi stava cercando. Passavano davvero poche persone, tutte perché costrette ad attraversare il parco per arrivare dall'altra parte della strada, ma di Lisanna nessuna traccia. Eppure il messaggio era abbastanza esplicativo, quel Ho bisogno di dirti una cosa. Sono al parco dei ciliegi. parlava chiaro, e Magnolia non aveva nessun altro parco come quello. Ce ne erano tanti, questo si, la città era grande, quasi quanto la capitale di Crocus, ma quello era l'unico dove si potevano trovare i ciliegi, senza considerare che tanti ricordi li legavano entrambi a quel parco, era impossibile parlasse di un altro luogo. Eppure lei non c'era, nemmeno sotto il ciliegio più antico, quello posto più o meno al centro del parco, dove però qualcosa attirò la sua attenzione.
Un foglio se ne stava lì, a farsi cullare dalla leggera brezza che, birichina, si divertiva a farne svolazzare gli angoli, tenuto al suo posto da quel sasso grande almeno quanto la sua mano. Si avvicinò scrutando meglio, finché non lesse le ultime lettere del suo nome fare capolino dal punto in cui era posato il sasso, che alzò prendendo il foglio sottostante.
Per Natsu c'era scritto semplicemente sulla bianca carta a quadretti, con quella calligrafia a lui familiare, ordinata e ben comprensibile, sebbene fosse un po' tremante. Tremore che notò più volte, aprendo il foglio e iniziando a leggerne il contenuto, ripetersi in quelle poche righe che lei doveva aver scritto a fatica, e quelle chiazze che sbavavano l'inchiostro in più punti erano chiaro segno che stesse anche piangendo. Che stupido!
Era riuscito a ferire una delle poche persone che erano state in grado di farlo sorridere nella vita, e poteva soltanto starsene sotto quell'albero a leggere le poche righe con cui era stata messa la parola fine alla loro storia.

Caro Natsu.
Che inizio banale eh? Ammettiamolo, avrei potuto fare molto meglio... Ma non ti sto scrivendo queste parole per mostrarti quanto si possa essere banali in certi momenti, anzi, te le scrivo proprio perché non ho intenzione di esserlo. Potrei chiederti semplicemente cosa succede, e tu potresti rispondermi "Non è come credi" oppure "Non sei tu, sono io". Potrei fare la pazza isterica per casa, lanciandoti dietro di tutto, la lampada, i piatti, la chitarra, persino Happy... no lui no, povero micio. E nemmeno la tua preziosa chitarra, come faresti a suonare al Fairy Tail poi?
Oppure potrei semplicemente farmi spiegare che stavi consolando una sconosciuta, e sentirmi la donna più fortunata del mondo nell'averti accanto.
Ma non ho intenzione di fare nulla di tutto questo.
Andiamo, noi non siamo mai stati così, non ne abbiamo mai avuto bisogno, e di questo sono grata a qualunque cosa mi abbia permesso di avere qualcosa come questo, qualcuno come te accanto, qualcosa come noi due.
Il problema Natsu, è che molte cose belle sono destinate a finire.
Non mentirò dicendo che scriverti questo non mi fa male...

Dovette fermarsi Natsu, probabilmente come aveva dovuto fare Lisanna, date le sbavature d'inchiostro alla fine. L'ultima parola, quel "male" era appena visibile dall'alone che lo ricopriva. Respirò profondamente per darsi la forza di continuare, aveva intuito il succo del discorso, ma aveva ancora una flebile speranza di sbagliarsi.

Mi fa un gran male, solo il cielo sa quanto vorrei poter tornare da te, baciarti e continuare la nostra vita insieme. Ma solo il pensiero di rivedere quella nuova luce nei tuoi occhi mi fa paura, mi stringe il cuore in maniera atroce, e sembra che mi possa abbandonare da un momento all'altro. Fa male rendersi conto che, forse, almeno in piccola parte, non sei più il Natsu Dragneel che sei stato fin'ora. È atroce vedere che un'altra donna è riuscita in ciò in cui io ho fallito, senza neanche sapere che fosse possibile, e il tutto in così pochi attimi, a fronte degli anni che ci hanno visti da amici e poi fidanzati. È una sofferenza che mai avrei pensato di provare, e il peggio è che non ci sono colpevoli a cui imputarla per alleviarne almeno una parte. Mi dispiace se te lo dico così, ma so che non riuscirei a guardarti negli occhi sapendo che potrei cedere al pensiero di continuare come prima, pur consapevole che quella luce non potrò mai accenderla io. Natsu è molto meglio se non ci vediamo per un po', penserò io ad annullare tutti i preparativi, e tranquillo che parlerò coi miei fratelli, sono certa che non ti odieranno se sapranno che sono, in un certo senso, serena di questa scelta. Vorrei rimanessimo almeno amici, per non buttare via tutto quello che di bello c'è stato e, so che sono egoista a chiedertelo, ma vorrei che ti prendessi cura di quella ragazza, e un giorno mi piacerebbe diventare sua amica. Dev'essere una persona eccezionale se è stata in grado di accendere quella così bella luce nei tuoi occhi, ma ti prego, ti scongiuro Natsu, in nome di tutti i sorrisi che mi hai donato, fa sparire quell'alone di tristezza nei suoi di occhi. Sento che solo tu puoi riuscire in questo, e ti prego di prenderti cura di lei e farla sorridere come solo tu sai fare. Non cercarmi, ho bisogno di riprendermi, e posso farlo solo stando lontana da te, almeno per adesso. Scusa la mia codardia, arrivederci Natsu.



Era confuso, o forse arrabbiato. Non lo sapeva nemmeno lui, sentiva solo un grande vuoto e tante parole che avrebbe voluto dire. Parole che avrebbe però dovuto rimandare a se e quando avrebbe rivisto l'albina. Possibile che non fosse solo una sua impressione quel cambiamento che sentiva con la bionda? C'era davvero un qualcosa di nuovo che non era mai riuscito a tirare fuori, e l'istinto di proteggere quella ragazzina, incontrata in modo così strambo, era forse dovuto a quella sofferenza che Lisanna aveva colto così in fretta? A quelle domande rispose la coscienza, riportandogli alla mente quel passaggio appena letto.
In piccola parte non sei più il Natsu Dragneel che sei stato fin'ora ... fa sparire quell'alone di tristezza nei suoi di occhi.
Cosa poteva fare adesso, se non accettare il fatto compiuto, e fare almeno ciò che gli chiedeva Lisanna con tanto di lacrime, tutte stampate su quel foglio che aveva tra le mani, e che veniva ripiegato con cura e riposto in tasca? In fondo, Lucy non aveva nessun'altro posto dove andare, se non dove avrebbe trovato qualcun'altro pronto a sfruttarla. Ma nemmeno poteva andare avanti con la storia del padrone, non voleva essere come quei maledetti...
Poteva solo incamminarsi verso casa, laddove lo aspettava la genietta bionda, e risolvere almeno quel discorso rimasto in sospeso per troppo tempo.

~~~~



Aveva fermato la moto, togliendosi il casco e lasciando le ciocche bluastre libere di farsi coccolare dalla brezza della sera, sentendo l'abbraccio di Lisanna sciogliersi per emulare il suo gesto. Erano arrivati di fronte a quel piccolo palazzo dallo stucco cadente nei punti in cui si vedevano i mattoni arancioni. Era si e no di tre piani, ma il quartiere era tranquillo e i vicini sempre molto gentili. Aprì il portone e fece entrare l'albina, seguendola poi su per le scale, raggiungendo l'appartamento al primo piano, aprendo la porta ed entrando. Stava ancora chiudendo la porta quando due braccia sottili tornarono a congergli la vita. "C'è qualche problema Lizzy?" che idiota! L'aveva trovata al parco piangendo, ovvio che ci fosse qualcosa che non andava!
"Niente... solo... grazie... "non la sentiva più singhiozzare, ma sapeva avevano bisogno di starsene lì, magari sul divano, e di staccare da tutto per rinchiudersi in quei momenti che erano sempre stati solo loro, quelli che non andavano oltre l'amicizia, purtroppo per lui e il suo cuore destinato a soffrire...

~~~~



Era seduta sul comodo divano, godendosi l'accogliente atmosfera di quel salotto, non sapendo bene cosa fare. Gli aveva detto di correre da quella ragazza, e sentiva che era giusto così. Ma allora perché si sentiva così... così... strana...
Si, era una sensazione strana, e non riusciva a capire nulla di ciò che le succedeva. Ma proprio mentre stava per porsi per l'ennesima volta quella domanda, il rumore della porta che si apriva la fece scattare in piedi, quasi si rendesse conto che nessuno le aveva dato il permesso di sedersi, per vedere una capigliatura ormai conosciuta fare capolino.
"Lucy..." non disse altro, si sedette soltanto, guardandola con quegli occhi verdi così belli, ma così velati di tristezza. "Padr- N-Natsu.... stai bene?" domandò senza avere il coraggio di muoversi. Sentiva l'istinto di sedersi accanto a lui e abbracciarlo forte, proprio come aveva fatto lui poco tempo prima. Voleva aiutarlo, ma non aveva idea di cosa fare, così si inginocchiò per guardarlo meglio negli occhi, e fu lì che il cuore mancò un battito. Era stato velocissimo, e in un batter d'occhio la bionda si era ritrovata di nuovo avvolta nelle braccia muscolose del rosato, che nascose il viso nell'incavo del collo niveo, che sentì bagnarsi poco dopo. Stava piangendo Natsu, sapeva che piangere non lo rendeva automaticamente debole o, come dicevano tanti, una femminuccia, ma poche volte si era ritrovato a piangere e singhiozzare, e mai davanti a degli sconosciuti. Ma con Lucy era diverso, e ormai si era arreso all'idea che qualcosa era mutato in lui, e tutto grazie a quella biondina incontrata poco prima, che sentiva di proteggere, e che lo stringeva carezzandogli la schiena lentamente. Era stata istintiva lei, e si alzò appena per sedersi sul divano, senza sciogliere la loro stretta che, seppure era portata dal malessere del ragazzo, non riusciva a non trovare bellissima.

Quella sera tre persone innamorate soffrirono, e quello era forse il prezzo di una libertà della cui necessità non erano ancora a conoscenza per quelle pedine che qualcosa, forse il destino, aveva deciso di muovere per loro...



Il tempo delle lacrime era ormai finito, ma ancora una cosa rimaneva da fare, una cosa che avevano rimandato per molto, troppo, tempo.
Suo fratello non poteva negare di esserne risentito, ma in fondo era felice che fosse andata a finire in quel modo. Era la prima volta, dopo tanti anni, che lo vedeva così, magari stavolta sarebbe stata quella buona. Ci sperava lui, che aveva assistito ai suoi sfoghi e le sue lacrime.





Angolo autrice.
Salve!
Ancora una volta ho la dimostrazione che quando mi prefiggo un limite di tempo massimo... finisco con lo sforare, sempre! Ma ormai mi sono arresa a questa realtà, quindi bando alle ciance, o ciancio alle bande, o dancio alle ciande, come dir si voglia (ecco un altro tentativo di sembrare divertente, ovviamente fallito😑) passiamo al capitolo!

Dunque, pare che non si siano incontrati i nostri NaLi, e chissà se il tentativo di Lizzy di salvaguardare quello che c'è stato funzionerà, ma soprattutto, se entrambi riusciranno ad uscirne in fretta. Fatto sta che ora il nostro Natsu è libero come l'aria, ma sarà pronto ad esaudire la richiesta della sua ormai ex fidanzata? E se si, sarà solo per quello che si prenderà cura di Lucy?👀
Lo scopriremo solo nel prossimo capitolo!
Come nel capitolo precedente, vi lascio con una piccola anticipazione, sperando di avervi incuriosito.

Grazie per la pazienza nello stare appresso a questa fic🥺 e grazie infinite per le belle parole che leggo nelle recensioni, vi adoro❤️

Volevo inoltre augurare un buon rientro sui libri a tutti voi che tornerete a studiare e affronterete questo anno scolastico così particolare per la nostra storia. In bocca al lupo ragazzi!💪
Ringraziando anche chi è solo passato per dare una sbirciatina, vi saluto e vi do appuntamento al prossimo capitolo con Strega per amore, e al 20 Settembre con la raccolta total red rating, sempre sulla NaLu, che spero non vi deluda nel caso le diate un'occhiata (ANSIAAAA!)
Ciao❤️

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Capitolo 5
*** Capitolo cinque: E adesso? ***


Capitolo cinque: E adesso?



La osservava attentamente con le iridi purpuree, incapace di credere a ciò che le proprie orecchie gli avevano concesso di sentire...
No, non poteva essere. Non era la sua Lizzy -perché, in un certo senso, egoisticamente forse, era sua. Ache se lei non ne era consapevole, era sempre stata sua e lui suo. Non c'era mai stata altra verità che questa- quella davanti che gli stava davanti... vero?

"Tu che hai fatto?" era stupito e si, anche arrabbiato. Con lei e con se stesso per essere stato uno stupido.
Bixlow guardava gli occhi ancora umidi di Lisanna, stupito di ciò che aveva appena sentito uscirle dalla bocca. Davvero reagiva così per una scemenza simile?

Si era calmata un po', e lui non aveva resistito a chiederle cosa fosse successo. Non aveva azzardato a farlo prima, convinto che non sarebbe stato il caso di forzarla a rivivere quello che l'aveva ferita così tanto. Doveva essere grave per averla fatta agire in quel modo, aveva pensato.
Ma mai avrebbe immaginato che lei potesse fare una cosa simile per un così futile motivo. Cosa stava facendo la sua Lizzy? Era davvero la ragazza di cui si era innamorato e per cui si era dannato negli anni, quella che aveva appena finito di piangere? Era davvero lei quella che, seduta sullo sgabello accanto all'isola della cucina del suo piccolo appartamento?
La conosceva fin troppo bene, così come conosceva bene le lacrime che aveva versato e le parole con cui lei pensava di averlo tranquillizzato, facendolo agitare però ancora di più. Avrebbe riconosciuto l'illusione e la falsità che vi si celavano a chilometri di distanza. Erano le stesse che lui si era ripetuto fin troppe volte davanti allo specchio, nella vana speranza che il cuore smettesse, almeno per un po', di sanguinare.
E infatti smetteva, almeno per un po', di farlo, riprendendo però quasi subito, e più dolorosamente di prima...

Mi serve solo del tempo, si diceva di fronte a quella superficie che rifletteva il suo volto, segnato dalle occhiaie per l'ennesima notte di follie e alcol, terminata con la ragazza di turno che andava via, appena barcollante, anche se non più ubriaca. Si era ripetuto quelle bugie più volte, cercando di trovare le parole giuste per dire la verità a quella ragazza che ora, di fronte a lui, si ostinava a ripetere che si sarebbe risolto tutto per il meglio, non rendendosi conto di quanto si stesse prendendo in giro da sola.
Che sciocca che era nel pensare che Natsu si sarebbe fatto fermare da un pezzo di carta, e che sciocco era stato lui a non farsi dire tutto e subito.
Non l'avrebbe mai portata via di lì se avesse saputo...

Bugiardo!
La coscienza glielo gridava e lui lo realizzava, minuto dopo minuto, mentre macinava a grandi falcate, avanti e indietro, il parquet della cucina, in attesa che la ragazza, seduta a pochi passi, dicesse qualcosa che non fosse una totale baggianata. Una piccola parte di lui aveva, infame, gioito della cosa, e questo il bluetto lo sapeva, e no, non era certo di essersene pentito di tutto il male che aveva pensato del rosato.
Vigliacco! Che razza di amico sei? gli ripeteva la coscienza, che ormai aveva compreso anche troppo bene cosa davvero lo avesse spinto ad agire così, e sapeva che quel qualcosa era la stessa che gli si insinuava nel cervello, forte di quel maligno pensiero.
Magari ha ragione lei.

Il cellulare era lì, muto. Era passato diverso tempo e lui di certo, se fosse stato davvero intenzionato a chiarire tutto, le avrebbe telefonato, o sarebbe andato a casa sua per fermarla. E in quel caso la coinquilina l'avrebbe almeno chiamata, ma nulla...
Era passata quasi un'ora e di certo lui quella lettera l'aveva letta. Eppure niente di niente. Non uno squillo, o anche solo messaggio.
Forse c'era davvero qualcosa sotto, e lui, da bravo traditore, troppo vigliacco per dire la verità, aveva preso la palla al balzo per liberarsi di una relazione che non voleva più vivere...

Infame! Altro che amico!
Continuava una piccola vocina in lui, forse l'unica parte sana che ragionava in quel momento.
Era un vigliacco infame, Bixlow Justine, perché un'altra parte di lui -quella più presente, martellante e si, doveva ammetterlo, decisamente più allettante da ascoltare, con tutte le immagini che faceva passare per la mente di lui finalmente felice con la donna che amava- pensava che niente di meglio poteva capitargli.
Quelle parole tenute a lungo segrete potevano essere lenitive per quel cuore così sofferente? Poteva lui, dicendole finalmente la verità, aiutarla a smettere soffrire per colui che stava dimostrando di non tenere a lei come un futuro marito -o come proprio il bluetto di fronte a lei, l'amico fedele che mai l'avrebbe fatta soffrire- dovrebbe fare?
È il momento giusto, gli ripeteva una vocina, presente, pressante, piacevole...
Troppo per non essere ascoltata...
Aveva ragione quella vocina, era il momento giusto, l'ccasione perfetta per uscire finalmente allo scoperto... con Natsu che, inconsciamente, lo aveva aiutato facendola soffrire così.
La stava facendo soffrire...
Era quello il punto...

La donna che diceva tanto di amare era lì, in lacrime, convinta di fare la scelta più giusta per tutti quando, evidentemente, non lo era e lui che faceva? Pensava ai vantaggi che quell'errore -perché era un errore, lo sapeva bene lui, che lo aveva perpetrato per anni, accorgendosi troppo tardi di ciò che aveva fatto, quando ormai non c'era più rimedio- poteva portargli!
Era proprio un vigliacco!
La stava tradendo, come amico e anche come innamorato. E per di più stava pensando male di Natsu che, era certo, mai e poi mai avrebbe fatto del male alla donna che amava. Che amavano.
Amici dai tempi delle medie, aveva imparato a conoscerlo come un ragazzo buono e soprattutto sincero con tutti, in special modo con Lisanna, per la quale aveva sempre avuto un occhio di riguardo rispetto ad altri, e col tempo si era capito il perché.
Natsu era stato forse -forse, perché se solo Bixlow avesse avuto più coraggio...- il meglio che lei potesse scegliere, ed era sempre stato certo che non l'avrebbe mai fatta soffrire.
Non com'era pronto a fare lui proprio in quel momento...

Paradossalmente mandava al diavolo l'unica parte di lui ancora abbastanza ragionevole, per prendersi quello che, egoisticamente, era suo e del suo cuore.

Il suo cuore ora cattivo, egoista e stupido...

~~~~



Stupido!
Era uno stupido, perché se ne restava lì seduto anziché correre dalla sua fidanzata, proprio come un bravo futuro marito avrebbe fatto. Come un vero uomo avrebbe fatto, tanto per parafrasare il suo futuro cognato.
Non capiva perché il cuore, oltre che farlo star male, non volesse proprio collaborare, spingendolo a correre per le strade buie e afose di Magnolia, fino a scorgere la zazzera albina, afferrarla per le spalle e farla ragionare, dimostrandole il proprio amore con uno di quei baci solo loro, quelli colmi di passione, in grado di bruciare loro anche l'anima...

Ma se ne stava lì, Natsu Dragneel, in silenzio a testa bassa, con un inspiegabile senso di colpa a gravargli addosso...
La bionda, che intanto era andata a prendergli dell'acqua -le aveva fatto giusto un segno con la testa, indicandole la direzione, facile da seguire dato che dopo qualche passo aveva iniziato a intravedere quello strano oggetto metallico da cui fuoriusciva l'acqua, per rispondere alla domanda che gli aveva fatto, l'unica che era riuscita a porgli in tutto quel tempo- era rimasta muta, timorosa di dire qualunque cosa, se non le poche parole per farsi guidare fino a destinazione, mentre rimuginava agli avvenimenti che li avevano coinvolti. Il ragazzo sentì alcuni rumori dalla stanza dove la bionda era appena entrata, ma non si mosse e non disse nulla, troppo assorto nel desiderio di voler prendere a testate il muro, intanto che la ragazza tornava con un bicchiere colmo d'acqua fresca, ripensando bene a tutto ciò che era stata capace di scatenare...
Cosa stava facendo?

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Cosa stava facendo lì?
Cosa ci faceva seduta lì l'albina? Invece di chiarire col rosato, l'uomo che avrebbe dovuto sposare a breve, se ne stava ancora a casa del suo migliore amico?
Non poteva permetterlo! In un attimo la parte più ragionevole e onesta -poteva definirla onesta quella che lo stava mettendo ancora al posto in cui si era accontentato di stare per anni, mentendo spudoratamente a sé stesso e a tutti?- riprese il controllo, facendogli prendere la decisione migliore per tutti.
Per tutti, tranne che per lui, ma che importava? Lisanna doveva stare bene, era quello l'importante...

"Lizzy!" disse all'improvviso facendo sussultare la ragazza sullo sgabello, interrompendola dal rigirarsi tra le mani il bicchiere, ormai svuotato dell'acqua che vi era dentro. "Sai anche tu cosa devi fare, e io non ti permetterò di scappare anche stavolta!" doveva essere duro. Sebbene con lei gli era sempre sembrato impossibile, doveva farlo, era disposto anche a prenderla di peso e riportarla da Natsu, ma non avrebbe permesso che lei attendesse oltre.
Rischiava di farsela sfuggire dalle mani, ancora una volta, quella occasione che, come altre mille in passato, gli si era presentata, ma non poteva lasciare che fosse lei a soffrire come aveva fatto lui per tanto, troppo tempo. Tanto ormai, lui alle lacrime ci era abituato...
Dovevano risolvere tutto in quello stesso momento!
Non importava cosa poteva succedere dopo, non importava se fosse finito col star male più tardi. Doveva fare tutto il possibile per farla stare bene. Si sarebbe strappato il cuore -lo aveva fatto mille volte e lo stava facendo ancora- pur di saperla felice, anche con un uomo che non era lui.
Lo stava facendo per lei, inconsapevole di ciò a cui la stava per sottoporre. Inconsapevole che sarebbe stato lui la causa di tutto. Che la colpa sarebbe stata sua, sua solamente...

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Era colpa sua. Tutta colpa sua!

Come al solito non era stata capace di controllarsi, costringendolo a tentare di calmarla, nel momento meno indicato per di più, e ora il ragazzo era seduto su quel divano a dannarsi per un errore non suo.
Poteva combinarne una giusta una volta tanto?

"Sono uno stupido..." esordì lui, che ancora non capiva perché quelle gambe non si erano lanciate in una corsa verso qualunque luogo dove poteva trovarla...
Forse casa sua, ma dubitava sarebbe andata lì, o sarebbe finita vittima di uno dei piani infallibili di Cana, comprendente diverse bottiglie di birra e una ubriacatura senza precedenti. L'albina non era mai stata una gran bevitrice e sarebbe soltanto peggiorato tutto.
Perché era così incapace di fare l'uomo quella sera? E perché il senso di colpa, oltre che la strana consapevolezza che quella fosse la punizione giusta per lui, non lo lasciava in pace?
Accettò il bicchiere d'acqua che la bionda gli porgeva, e solo mentre egli beveva ella aprì bocca. Sentiva di doverlo chiedere, di volerlo sapere, cosa fosse accaduto mentre era via. Non era nemmeno suo diritto, ma non era riuscita a frenarsi. Come al solito...
"Lo so... so che non sono affari miei... ma se ne vuoi parlare ecco... io sono qui. Cioè, se posso saperlo... c-cosa è successo esattamente?" trovò il coraggio di guardarlo per bene negli occhi smeraldini, che si erano appena alzati ad incrociare i suoi, sforzando un mezzo sorriso al quale la bionda non riuscì a non sentire le gambe molli. Fortuna che erano seduti sul divano...
"È successo che faccio pena come fidanzato e come uomo, ecco cosa è successo!" rispose il ragazzo, non nascondendo una punta di rabbia, non certo rivolta alla ragazza -che però ne aveva interpretato male il tono, chinando il capo per il senso di colpa- ma più a se stesso, così idiota e patetico da farsi pena da solo. Era vero accidenti!
Faceva pena sotto tutti i punti di vista, perché sentiva che voleva -idiota egoista, non ne aveva neanche il diritto- stare lì, seduto su quel divano, con quella ragazza accanto, e non dove doveva realmente stare...
Di fronte alla sua fidanzata, a spiegarle l'accaduto...
Cosa c'era da spiagare poi? Come se non avesse mai abbracciato qualcuno in vita sua. E si che sapeva come fosse fatto lui, non sopportava veder qualcuno piangere davanti ai propri occhi, e più di una volta era stato il sostegno morale per tanti loro amici nei momenti più duri.

"Scusami padrone..." era troppo stanco anche per protestare a quella parola, che comunque aveva ancora il potere di fargli andare il sangue al cervello per la frustrazione. Si alzò sbuffando dal divano, per avvicinarsi al tavolino di vetro, stringendo forte il bicchiere ormai vuoto tra le proprie mani. Era arrabbiato, e il senso di colpa non lo lasciava in pace, ricordandogli che tutto quel casino si era creato perché lui era troppo idiota e codardo per fare le cose per bene.
"Non hai da scusarti..." era difficile parlare senza lasciar trasparire la propria frustrazione, in gran parte scaricata sul bicchiere che ancora teneva tra le mani "Non è colpa tua. Non c'è nulla che tu abbia fatto di male. Casomai io sono l'unico colpevole... l'unico vero idiota della situazione, che non è capace di correre da- ahi!" sussultò a causa del dolore, non riuscendo a finire la frase.
Il vetro del bicchiere, inesistente a causa della forza con cui era riuscito a frantumarlo, si ritrovava ora sparso mentre la ragazza scattava in piedi avvicinandosi e prendendo la mano del ragazzo tra le proprie, esaminando le piccole ferite sparse per tutto il palmo, da cui iniziavano ad uscire le prime goccioline di sangue.
"Che idiota eh?" si schernì il rosato, mentre guardava il volto della ragazza, troppo assorta nel contemplare le ferite per accertarsi che non vi fossero schegge rimaste all'interno per accorgersi dello sguardo del ragazzo. Un altro guaio di cui era colpevole l'odalisca.
Una regola importante era quella di non permettere a nulla di far del male al proprio padrone, ed era riuscita ad infrangere anche quella, da brava inetta che era ...
"N-Non è niente..." cercava di sottrarsi alla stretta della ragazza, che però si stava dimostrando più forte di quanto pensasse. O forse era lui non aveva la forza di fare nulla. Come non l'aveva avuta quando doveva, perché avrebbe dovuto averla adesso?

"Non è niente, davvero..." ripeteva, senza però ricevere risposta dalla bionda, che continuava ad osservare le ferite, e solo dopo essersi accertata che nessuna scheggia fosse rimasta dentro, prese un lembo del proprio abito e cominciò a tamponare per fermare il sangue.
"Lucy posso pensarci da solo ok? Prima sarà meglio togliere i vetri..." guardò l'ordine sparso dei cocci cristallini che giacevano sul pavimento, muovendosi per raggiungere lo sgabuzzino e prendere una scopa, ma la bionda si era piantata sul posto, tenendo la sua mano così fermamente -stava attenta a non stringere troppo per non fargli male, e Natsu si stupì di come la presa fosse ferrea e delicata al contempo, permettendo a una parte di sé di bearsi un pochino di quella situazione- che non gli consentiva quasi di muoversi. Forse era anche lui che non voleva muoversi.
E allora decise di non farlo, capendo quanto la ragazza ci tenesse, e forse scorgendo solo adesso il vero sentimento che l'aveva afflitta da quando era rientrato. Solo adesso, perché prima troppo concentrato a darsi dell'idiota, tra il senso di colpa e le sue mille domande per capire che la ragazza si stava addossando le colpe che non le appartenevano.
Forse era meglio farsi trascinare dalle proprie sensazioni, tanto peggio di così di certo non poteva andare...
"Ho quasi fatto, penserò io a ripulire questo disastro..." le uniche parole che disse, ancora concentrata sulla sua mano, ebbero però il potere di sfatare quell'ultima speranza. "Risolverò tutto io..." continuò, e il rosato capì che forse non so riferiva solo all'arto di cui si stava prendendo cura. "Sistemerò la situazione e me ne tornerò da dove sono venuta... e scusa... scusami per averti messo nei guai..."

Peggio di così non poteva andare, vero?
Falso...

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Falso. Solo una falsa speranza, e ora lo capiva perfettamente...

Avrebbe dovuto intuirlo quando lo smartphone aveva iniziato a squillare a quell'ora insolita. Aveva posato lo spazzolino col quale si era appena lavato i denti ed era andato in camera, prendendo l'oggetto dal comodino e rispondendo alla chiamata dopo aver visualizzato il suo nome. "Dimmi tutto Bix!" a qualsiasi ora il verde avrebbe risposto e, da bravo fratello, non si sarebbe fatto attendere. Se aveva bisogno di lui, ci sarebbe sempre stato. Si volevano bene, anche se non erano fratelli di sangue, e se c'era una cosa che sapevano entrambi era che in qualunque momento ci sarebbero stati l'uno per l'altro. Era successo in passato, e sarebbe successo sempre.

"Freed io..." quel tono però gli spezzò qualcosa dentro. No, non poteva essere...
Tutto quel tempo che era passato, eppure quello non era cambiato di una sola virgola...

~~~~

Era appena rincasato, dopo l'ennesima giornata di lavoro nella piccola trattoria in cui lavorava. Era di proprietà del suo migliore amico, che gli aveva chiesto di dargli una mano per qualche tempo, finendo poi a lavorarci con tanto di contratto.
E anche quella sera, in cui il suo unico pensiero era quello di rilassarsi, era andata così. Lo aveva chiamato tardi Bixlow, poco dopo la mezzanotte, e lui sapeva quanto a quell'ora il ragazzo fosse impegnato, in genere con una donna, e a fare ben altro che una telefonata. Ma era ubriaco e Freed capì subito il motivo. Pochi giorni prima Lisanna e Natsu avevano ufficializzato la loro relazione, e lui aveva già avuto il sentore che suo fratello non l'avrebbe presa bene. Ed ora la riprova dei suoi timori era lì, sbiascicante e per niente lucida, mentre beveva quella che dedusse essere l'ennesima birra. Non aveva perso tempo a rivestirsi e correre a casa del bluetto, che trovò in procinto di uscire, seriamente intenzionato a fare una qualcosa che, col senno di poi, non avrebbe portato per niente bene...
Sarebbe andato da Lisanna se non lo avesse fermato, e anche se il blu non lo poteva ricordare in quel momento, aveva chiesto lui stesso al fratello di fermarlo dal fare qualunque sciocchezza se, come aveva temuto tempo prima -quando i due avevano cominciato ad uscire da soli più spesso, e il ragazzo gli aveva confidato la sua paura- fosse collassato.
Era stata una nottataccia, con suo fratello ridotto come uno straccio, e il timore di ciò che sarebbe potuto succedere da allora. Bixlow il mattino dopo si era ripreso, bene o male, dalla sbronza, lasciando il verde a dormire sul divanetto grigio, per andare a congratularsi con l'amica...
Doveva lasciarla andare -come fosse stata sempre sua, ma quando mai, almeno per lei, Bixlow Justine era mai stato più di un caro amico? Che idiota...- indossando ancora i panni del migliore amico, che mai aveva davvero svestito, troppo codardo e convinto che gli servisse solo un po' di tempo in più. Tempo che era servito a qualcun'altro per prendersi quel posto tanto desiderato accanto alla bella albina...


E ora, col telefono attaccato all'orecchio, stava rivivendo ogni cosa...
C'era stato anche un momento felice -tanto felice quanto effimero e menzognero per di più, ma felice per certi versi- per suo fratello, lo ricordava perfettamente, pochi anni prima...

Lisanna era corsa subito da lui, l'unico uomo -oltre suo fratello e il rosato- di cui si fidava ciecamente. Gli aveva telefonato, dicendogli di dovergli dire qualcosa di importante, e si era permesso di sperare Bixlow, un'altra volta, l'ennesima, che ci sarebbe riuscito.
Erano degli studentelli della Fairy Hills Higolschool, vicinissimi al diploma e con tanti sogni nel cassetto, ma ancora dei mocciosi petulanti per certi versi. Sapevano distinguere bene una cottarella dall'amore vero e profondo, e il bluetto più di tutti aveva capito la differenza ancora una volta in quegli anni.
Non stavano ancora insieme i due -quella notizia sarebbe arrivata poco tempo dopo, devastando il ragazzo- e quello era uno dei momenti in cui lui e l'albina potevano passare un po' di tempo lontani da tutto e da tutti. Quello stesso pomeriggio Bixlow si era messo in testa di dichiararsi, finalmente, e lo aveva comunicato a Freed poco dopo aver ricevuto la telefonata in cui la ragazza gli comunicava di avere qualcosa da dirgli.
Quale migliore occasione? Il tempo delle lacrime era ormai finito, ma ancora una cosa rimaneva da fare, una cosa che avevano rimandato per molto, troppo, tempo. Suo fratello non poteva negare di esserne risentito -nella vicinanza dell'albina e del rosato cominciava a vederci qualcosa di più della semplice amicizia, e avrebbe voluto che il bluetto non si illudesse troppo, forte del suo istinto che gli diceva di fermarlo dall'andare troppo in là con la fantasia- ma in fondo era felice che fosse andata a finire in quel modo. Bixlow lo aveva mollato per correre dall'amore della sua vita, certo che fosse la sua ennesima chance, quella che non avrebbe di certo sprecato. Era la prima volta, dopo tanti anni, che lo vedeva così, magari stavolta sarebbe stata quella buona. Volle convincersene a tutti i costi, relegando l'istinto che gli urlava dentro, per concentrarsi sulla speranza che sarebbe andata bene. Ci sperava lui, che aveva assistito ai suoi sfoghi e le sue lacrime. Eppure, quella sera stessa, ebbe la conferma che il suo istinto -accidenti a lui!- non si fosse sbagliato, e nel modo peggiore...


Era finito così, Bixlow, nella prima di una lunga serie di sbronze, atte a dimenticare il dolore costante al petto, almeno per quelle poche ore di buon sesso con la prima sconosciuta che capitava...
E ancora oggi era lì, nell'ennesimo locale, stavolta il Twilight Ogre, in cerca di alcol e dell'avventura di una notte, a telefonare a suo fratello dopo aver parcheggiato la moto. Non sapeva perché avesse cercato il numero di Freed in rubrica, e nemmeno perché avesse avviato la chiamata. Forse per avvertirlo che sarebbe tornato a casa in taxi, non senza una bella tipa al seguito, e dirgli di non preoccuparsi troppo se il giorno dopo non si fosse fatto sentire, finendo però per fare l'esatto opposto.
Negli anni tante cose erano cambiate, meno che quello...

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Non era cambiato di una virgola quello. No, non riusciva a concepire quella parola, ancora meno se rivolta a lui. Ed era ancora più inammissibile per il rosato che a pronunciarla fosse lei, che con quelli prima aveva imparato a ripeterla, quasi come se ella non valesse nulla in confronto a chi l'aveva solo sfruttata, per poi gettarla via, quando non erano riusciti, forse -lo sperava, ma lo uccideva il pensiero che qualcuno potesse aver raggiunto quello scopo, mettendola da parte una volta accontentato. Tanto bastava tappare la bottiglia e gettarla da qualche parte...- ad ottenerlo.

"Smettila..." ringhiò. Non l'aveva mai fatto, soprattutto con una sconosciuta, e ancora meno con una già a disagio di suo e con cui si era ripromesso di essere più gentile del solito. "La smetto, non preoccuparti..." le ferite cominciarono a bruciare, e osservando la sua stessa mano il ragazzo capì il perché. Piccole goccine cadevano dagli occhi della bionda, posandosi sulla pelle lacerata. "Risolverò tutto e ti lascerò in pace..." un singulto maltrattenuto, che non lo stupì affatto in verità, fece sobbalzare appena l'odalisca, che non aveva il coraggio di alzare lo sguardo, certa di trovarvi solo rimprovero in quegli occhi smeraldo.
Lo aveva visto tante volte, in tutte le persone che aveva servito negli anni, capendo che quella sbagliata era solo e soltanto lei. Ma sentiva che, per quanto una certa parte di lei ci fosse abituata, non sarebbe stata in grado di sopportarlo. Non stavolta. Non con lui.

"Scusa... mi dispiace tanto padro-" e fu solo un attimo, la ragazza si ritrovò schiacciata con la schiena a una delle pareti, alzando di poco il viso per lo stupore, e portando ad incastrare il cioccolato con quei due occhi verdi, che sembravano febbricitanti tanta era la rabbia che vi bruciava dentro.
"Ho detto smettila!" era un ordine per caso? Forse si, ma quella benedetta ragazza proprio non capiva, costringendolo a fare l'ultima cosa di cui sarebbe mai stato capace...

La teneva per le spalle, il volto pericolosamente vicino al suo, quegli occhi color speranza pericolosamente vicini a quelli cioccolato. Sembrava quasi che potessero scavarle nell'animo...
"Pa-Padro-" l'intensificarsi della stretta la frenò dal terminare quello che stava per dire, facendola tremare appena. Di paura certo, ma anche di... aspettativa?
Perché una parte di lei aveva gioito nel trovarselo così vicino non lo sapeva, di certo però, anche quella più intimorita era d'accordo col lasciarlo fare...

Il tremore però non passò inosservato al rosato, che lasciò la presa allontanandosi di qualche passo, a testa bassa per non mostrarle l'espressione sconvolta.
"Scusami... io... io non so che mi è preso..." era vero, cosa gli era preso? Cosa gli stava prendendo da quando era tornato da quell'isola?
Le passò il pollice sulle gote, scacciando delicatamente le lacrime cadute e accennandole un sorriso, ignaro di quanto anche solo quel gesto fosse in grado di scombussolare la ragazza di fronte a lui. E le stesse gote che, ormai sgombre dalle lacrime, si colorarono di rosso, attirarono lo sguardo assorto del ragazzo. Decise però di non pensarci, tante erano le cose da risolvere, che lui, solo lui, aveva incasinato in così poco tempo.
"Vado a prendere la scopa ok? Non muoverti per favore, rischi di farti male." si voltò dopo qualche secondo per dirigersi verso la sua meta, dove non arrivò mai, perché una palla di pelo grigiastra gli si avvicinò accoccolandosi sulla sua gamba.
"Happy... scusa amico, ti avevo proprio eclissato hehe" ridacchiò di fronte all'affetto che gli dimostrava il felino, che non finiva di strusciarsi sulla gamba del padrone ma, mentre si chinava per accoglierlo tra le braccia, purtroppo -o per fortuna, dato che altrimenti sarebbe potuto toccare al povero felino- finì col dorso della mano già ferita su uno dei cocci che, infame, si trovava così vicino al micio che avrebbe rischiato di fargli male se avesse fatto anche un solo movimento in più, finendo però per procurarsi una ferita ben più grossa e dolorosa delle precedenti.
"Accidenti!" scattò di nuovo in piedi, stavolta con un gemito di dolore bello forte. "Oh cielo Natsu!" si preoccupò la bionda, dimenticando -per la contentezza del rosato- di apostrofarlo con quel fastidioso aggettivo. E mentre il micio con qualche zampata si allontanava tranquillo, evitando ogni coccio presente sul pavimento, il ragazzo si diresse in bagno per disinfettare la ferita, non accorgendosi di essere seguito dalla bionda. E infatti si voltò solo quando udì la sua voce. "Ho detto che ci penso io!" rispose a quel suo Padrone masticato a mezza voce, voltandosi verso di lei con uno sguardo di fuoco. "Va via!" continuò, rompendo qualcosa nella bionda...

"S-Scusa..." no! Non doveva uscirsene così.
"Volevo dir- no Lu non piangere ti prego..." le disse quando vide quegli occhi cioccolato inumidirsi di nuovo. Perché doveva essere così difficile?
La prese per le spalle, stufo di tutta quella situazione, e deciso a porvi fine. Avrebbe risolto tutto, per prima cosa doveva fare un serio discorsetto alla ragazza di fronte a lui, e poi il tempo di rendersi presentabile per correre a cercare la sua ragazza e spiegarle tutto. Sarebbe tornato alla sua vita di tutti i giorni, doveva solo fermare quel fiume in piena, di lacrime e scuse sussurrate, che non lo aiutava affatto dato che non sapeva nemmeno da dove iniziare...

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Non sapeva da dove iniziare per ringraziarlo, restando lì a guardare la strada dove il ragazzo era sparito sulla sua moto, poco dopo averla fatta scendere di fronte a casa di Natsu.
Ancora una volta Bixlow si era rivelato l'amico migliore del mondo. Si domandava perché un ragazzo come lui preferisse evitare storie d'amore, qualunque donna sarebbe stata felice di avere un fidanzato così. Ma lui preferiva cambiarne una a sera, e lei più volte aveva cercato di capire il motivo di quella decisione, ed era capitato che gliene parlasse apertamente. Non erano affari suoi come egli viveva la sua vita certo, ma sapeva che c'era dell'altro. Bixlow non era il tipo usare qualcuno per qualche ora di buon sesso, e molte ragazze che erano passate dal suo letto, sapeva, le aveva sempre trattate bene, preferendo parlare chiaro quando qualcuna, rincontrata per caso, gli chiedeva il bis, cercando di essere sempre gentile nel far loro capire che non aveva intenzione di passare un'altra serata con loro. Voleva capire la ragazza, più volte alle superiori le aveva parlato dei suoi progetti per il futuro, e figuravano sempre una moglie e una famiglia felice, ma negli ultimi anni i suoi obbiettivi sembravano cambiati, e senza che ci fosse una precisa ragione. Magari doveva solo trovare la persona giusta, e la ragazza si augurava che succedesse al più presto. Magari avrebbero potuto organizzare qualche uscita a quattro con lei e Natsu.
Natsu...

Aveva lo stomaco in subbuglio l'albina, ancora timorosa, perché il suo istinto le diceva di non attraversare quel vialetto. Lo imputò all'agitazione che ancora resisteva nel ventre, laddove il timore regnava sovrano, non come nella mente, che si era finalmente decisa a farla tornare la Lisanna ragionevole che era sempre stata. C'era una spiegazione sensata e avrebbe ascoltato ogni parola che Natsu avrebbe potuto usare per spiegargliela.
Frugò nella borsa, non trovando però le chiavi, e ricordando solo in quel momento di averle lasciate sul mobiletto in corridoio, quando era entrata la prima volta. Che imbranata!

Le ci volle un po' per suonare il campanello, aspettando ancora di calmarsi e sperando che il ragazzo non fosse troppo offeso dal suo gesto precedente. Ne avrebbe avuti tutti i diritti, si era comportata da ragazzina, scappando al primo, stupido, fraintendimento, come sperava di affrontare la vita matrimoniale con lui se si comportava così?
Prese un ultimo respiro, aspettando che lui le aprisse, chissà cosa le avrebbe detto...

~~~~



Cosa le avrebbe detto?
Non lo sapeva Natsu. Così come non sapeva perché avesse incollato le labbra a quelle della bionda, piastrandola sulla porta del bagno e infilandole la lingua in gola. Lenti movimenti, timidi quelli di lei, che si era lasciata andare dopo un breve irrigidimento, più decisi, ma non per questo meno intenzionati a godersi -si, se lo stava godendo il rosato- la dolce danza tra le loro lingue, che sembravano non aver fatto altro per tutta la vita...

Gli aveva chiesto ancora scusa la ragazza, stavolta in un singulto maltrattenuto che quasi sfociò in un nuovo pianto, e lui non ci aveva più visto. Voleva che smettesse di chiedere perdono, voleva fermare quelle lacrime che quasi sentiva lui stesso bruciare sulla pelle, sentendosi più incandescente delle gote infuocate della ragazza, e aveva finito per posare le labbra sulle sue, perdendo completamente la ragione. O forse l'aveva persa ancora prima?
Sapevano di fragola quelle labbra, o magari era lui a immaginarlo, come ora immaginava la pelle della ragazza, ricoperta di brividi, gemelli dei suoi, che sentiva distintamente sulle mani posate sulle spalle mezze nude di lei, dove l'intralcio della stoffa semi-setosa era minimo. O forse quello che gli aveva mandato in pappa il cervello erano le diafane dita che si erano incastrate tra le ciocche rosa, stringendole appena e carezzando il cuoio capelluto, così lentamente che il ragazzo ebbe il tempo di visualizzare nella propria mente, limpido e cristallino, sentendone anche il tocco leggero sulla pelle, come sarebbe stato averle lungo tutto il corpo, magari nudo, e poco ci mancava che provasse a portare quella domanda nella realtà...

Ma il suono del campanello li aveva fatti separare, entrambi col fiatone e lui pentito solo di aver messo fine a quel momento...
Perché si, anni di fidanzamento, pochi mesi al matrimonio, e pochi secondi per distruggere tutto.
Ecco cos'era appena successo, e una parte di lui lo avrebbe rifatto dieci, cento, mille volte ancora, mentre l'altra si accaniva a chiedergli come avesse potuto...
Come aveva osato godere del sapore di un'altra? E come osava avere l'istinto di fiondarsi ancora su quelle labbra rosee, lasciate alle spalle per andare ad aprire quella dannata porta?
La parte più perversa e menefreghista di lui gli imponeva di cacciare malamente lo scocciatore e tornarsene da lei, godendosi il momento e rimandando tutto a dopo, e lui, ormai arreso ai propri istinti, decise di ascoltarla. Avrebbe liquidato l'idiota che si divertiva a disturbare la gente a quella tarda ora e sarebbe tornato da Lucy. Era deciso, e nulla gli avrebbe fatto cambiare idea!

Ma fu quando aprì l'uscio che la sua mente lo portò a riflettere seriamente sulla situazione, scacciando quella parte maligna con una mazzata tra capo e collo, di cui probabilmente tutta Magnolia aveva sentito il rumore talmente era stata forte...
Nel preciso istante in cui i suoi occhi smeraldini incontrarono quelli color cielo della sua ragazza, gonfi e arrossati, che lo guardavano imbarazzati -e forse, poteva azzardare, supplichevoli- il suo io più ragionevole fece capolino, lasciandogli comprendere bene quello che era successo in una manciata di secondi.

"Lisanna..." come c'era finito dal sentirsi in colpa per una scemenza a... a quello?
Si scostò per lasciarla entrare, quasi inconsciamente, con le labbra che sapevano ancora di quel tradimento, reale stavolta, che si era consumanto nel suo bagno, con l'arredo moderno in gress porcellanato come unico testimone...
C'era ancora una piccola voce, che fu proprio lui a reprimere, che gli diceva di inventarsi una scusa qualsiasi per liberarsi della ragazza e tornare dalla bionda. Ricordò tutto, dal momento in cui l'aveva vista correre via con gli occhi lucidi a quando aveva letto quella lettera. Tanto è finita. La vocetta malvagia continuava a sussurrarglelo per convincerlo che non stava facendo nulla di male, in fondo era un uomo libero, e proprio per volere dell'albina, che aveva appena fatto accomodare sul divano, frenandola con un gesto della mano dal porre domande sui cocci sparsi per il pavimento.
"Natsu..." arrossì abbassando lo sguardo. Cercò di non domandare cosa fosse accaduto, accontentandosi del gesto di lui che le chiedeva muto di sorvolare sulla cosa. D'altra parte, c'erano cose piuy importanti in quel momento a cui pensare...
"Credo che sappiamo entrambi perché sono qui." alzò finalmente gli occhi su di lui, inquadrando la figura slanciata del ragazzo, ancora fasciata negli abiti, ormai stropicciati e sudati, di poche ore prima.

E adesso?



Angolo autrice.
Ebbene si! Finalmente ho aggiornato!
E ora che succederà? Come la risolverà Natsu?👀
Stavolta c'è qualcosa di più che un semplice abbraccio, e credo che Natsu avrà un arduo compito. Vedremo come andrà a finire nel prossimo capitolo. Potrei dire qualche cosa di più, oltre che chiedere scusa per l'enorme attesa, ma credo che il capitolo sia già abbastanza lungo senza i miei sproloqui. Quindi grazie per aver letto. Alla prossima!
Ciao❤️

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