La scelta

di Romanova
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La paura di morire ***
Capitolo 2: *** Acqua e zucchero ***
Capitolo 3: *** Annunci, caffè e un funerale. ***
Capitolo 4: *** Come difendersi in una rissa da bar ***
Capitolo 5: *** Ribaltare il tavolo ***
Capitolo 6: *** Meccanismi evolutivi ***
Capitolo 7: *** Il tour inizia ***
Capitolo 8: *** Note e rossetto ***



Capitolo 1
*** La paura di morire ***


Si sono trascinati a fatica fino alla Cornucopia e ci sono saliti sopra: la situazione negli ultimi due giorni è precipitata velocemente: Peeta si è ammalato e le sue condizioni si sono aggravate, Katniss ha dovuto fare una fatica incredibile per ricordare i consigli di sua madre sui veleni, antidoti e altre nozioni che non ha mai imparato appieno e ora odia ancora di più perché non riesce a richiamarle alla memoria.
Mellark sembra in grado di stare in piedi, ma Cato, silenzioso e coperto di sangue, gli compare alle spalle e inizia a stritolarne il collo in una morsa ferrea mormorando qualcosa sul voler morire, riducendosi a implorare una morte indolore perché a guardarlo sembra davvero svuotato da ogni forza che non sia  la disperazione pura e semplice, provato oltre i limiti che l’uomo non dovrebbe violare mai.
Ovviamente l’arciera ha già incoccato da diversi secondi la freccia, l’impennaggio le solletica gentilmente il labbro screpolato  ma il cervello non vuole saperne di connettersi e il suo rivale non agisce contro di lei.
Nel frattempo il sangue e il fango, misti a una pioggia sicuramente artificiale contribuiscono a rendere scivolosa la superficie metallica su cui i tre poggiano i piedi.
Il volto del panettiere ha uno spasmo e la bocca gli si distorce diventando segno d’un dolore interno forte e non ignorabile, il sangue gli cola dal naso e le guance si gonfiano e il vomito gli sfugge dalle labbra macchiando il loro avversario, che ora piange silenziosamente ignorando l’odore acre sparso nell’aria.
Gli ibridi sotto di loro ruggiscono in attesa di un pasto.
La freccia parte, precisa e inesorabile, conficcandosi in un occhio del ragazzo del dodici che viene spinto di sotto dal giovane del due, che però nel farlo si sbilancia e resta aggrappato alla coda dell’oggetto metallico.
E’ spacciato, l’istinto l’ha fatta agire al posto del suo cuore scegliendo l’avversario con meno possibilità di sopravvivere.
Le pare di muoversi in un mare di melassa mentre guarda una scena terribile come la fine di Peeta.
Osserva per una manciata di secondi in cui il cervello le si disconnette la caduta di Cato.
Sono questi i momenti in cui Katniss Everdeen si odia maggiormente: quelli in cui le lacrime le pungono gli occhi, quelli in cui il respiro le si azzera e sopraggiunge l’adrenalina a guidarla verso una scelta dagli esiti nefasti .
Scatta in avanti anche se sa di non essere abbastanza forte, scatta in avanti disobbedendo a ogni legge della logica e del buon senso che le suggeriva una facile vittoria.
E’ pur sempre un’umana, sola e abbandonata a sé stessa ragazzina di diciotto anni.
Punta un piede sulla base liscia della Cornucopia, in un punto della coda in pendenza e porge una bretella del suo zaino zuppo al coetaneo.
“Tirati su, maledizione!” ringhia iniziando a fare del suo meglio per ignorare la palese stupidità dei suoi gesti.
“Sono spacciato, Ragazza in Fiamme, lasciami qui”.
Una voce pacata, un mormorio gentile come un gorgoglio di ruscello .
“Col cazzo! Tu hai cercato me per tutti i maledetti giochi e ora sono qui! Non so nemmeno perché lo faccio e…” sbuffa, è paonazza per lo sforzo e il suo corpo grida pietà con ogni singola fibra, le dita le sanguinano persino “Se io, Katniss Everdeen, dico che torneremo a casa lo faremo! Sono la Ragazza in Fiamme e …” altra pausa, ha bisogno di fiato pregando che la follia le suggerisca le giuste parole  mentre sente meno fatica, probabilmente Cato ha puntato i piedi contro il metallo tentando di tirarsi su “NON TI LASCIO MORIRE!” sbraita e quando sente il corpo massiccio del diciottenne precipitarle addosso per poco non scoppia a piangere anch’ella.
Lo stare insieme è la loro unica speranza, ormai il ragazzo del Due è coinvolto nel suo personale finale di quegli strani giochi.
Sono soli, si sentono piccoli e sconvolti, tremano sotto la pioggia.
Lo stringe, lo stritola forte e lui ricambia, hanno bisogno entrambi di qualcosa di solido a cui aggrapparsi per arrivare alla fine e cosa c’è di meglio di un corpo in carne e ossa?
Hanno creato con un’immane sciocchezza un legame dalla portata che non possono nemmeno immaginare: sono vivi, hanno dato uno spettacolo che sperano sia sufficiente per gli Strateghi e sanno di aver creato un maledetto caos nella Capitale, sanno che la gente ama quel genere di cose ma hanno ancora la mente troppo offuscata dal sollievo per riflettere lucidamente.
Singhiozzano senza preoccuparsi di nulla per diversi minuti.
Si sono smarriti in quell’Arena, ora sono persone diverse e devono capire fino a che punto sono cambiati.
“Due idioti, ecco cosa siamo” mormora il biondo con il viso nei capelli dell’altra “Suvvia, chi pensava a questo finale?”balbetta asciugandosi le lacrime con voce strozzata, da nevrastenico.
La pioggia si interrompe.
Si staccano respirando forte, sono stanchi e deboli.
“Dovremo morire, Ragazza in Fiamme?”
“Non ditemi che il grande guerriero del due ha paura.”

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Capitolo 2
*** Acqua e zucchero ***


“Credo di doverti ringraziare, Ragazza” brontola lui seduto poco distante dalla coetanea.
Alla mora tange poco dei ringraziamenti, gioca con la punta di una freccia.
“Penso che potremmo anche andare d’accordo” acconsente la Everdeen “Siamo diversi, ora: siamo soli, siamo solo noi” mormora prima che l’altoparlante gracchi una notizia che alle orecchie di entrambi giunge come una benedizione.
Vengono trasportati sull’hovercraft che li riporta a Capitol senza provare a opporre alcuna resistenza e la Girl On Fire passa le ore successive sotto le cure esperte dei medici della Capitale.
Quando ne esce sono ormai nel Theatre dove vengono trasmessi i giochi, entrambi pallidi,stanchi ma vestiti di tutto punto e in coordinato.
Poco prima di salire sul palco davanti a una folla osannante Katniss viene bruscamente riportata alla realtà dal suo mentore, premuroso e delicato come sempre.
“Sai che cazzo di casino hai fatto, Dolcezza?”
“Anche Cinna mi ha fatto la lezione sul ribellarmi, la prudenza e le conseguenze della mia impulsività: serve altro?” domanda stancamente la giovane con uno sguardo spento che preoccupa l’uomo davanti a lei.
“Voglio che tu stia attenta, dolcezza: non posso rimpiazzarti”.
Il vago sorriso che illumina il volto della ragazza del Dodici riesce a ridonare un po’ di vita anche ai suoi occhi: è pur sempre Haymitch quello con cui sta parlando e lei, malgrado tutto e tutti, ci è affezionata.
Lo abbraccia e quando viene ricambiata, seppur con un po’ di impaccio  il calore che  sente nelle vene la ristora piacevolmente.
E’ bello essere parte di quella squadra e sapere che lui non la odia per non aver salvato Mellark.
Tornare al dodici sarà un trauma vero e proprio, un secchio d’acqua gelata in una giornata d’inverno.
“Ora fai quell’intervista, dolcezza e poi torniamo a casa”.
“E’ ciò che temo” confessa lei per poi salire sul palco.
Millan accoglie la coppia di vincitori facendo suonare l’inno di Panem e sfoggiando il suo miglior sorriso da pubblicità.
“I vincitori dei 74° Hunger Games!”
La folla esulta, sono sommersi dalle grida di entusiasmo di persone che credono il loro un semplice gioco, come se non morisse nessuno di importante, come se sottrarre un bambino alla famiglia non sia tragico.
Le domande si susseguono in un flusso ininterrotto che i due recepiscono vagamente e altrettanto vagamente si sentono rispondere con balbettii confusi, arrossamenti di guance e slogan appresi dai loro mentori.
Il momento peggiore arriva alla rievocazione dell’abbraccio che ha messo in subbuglio un paese, entrambi vorrebbero solo dimenticare ma quel gesto li ha esposti ad attenzioni decisamente non gradite come quelle presidenziali.
“Katniss, allora! Il tuo eroismo ti ha portata fin qui e ora, come immaginiamo, sarai felice di sapere che ti trasferirai presso il Villaggio Dei Vincitori del Distretto Due! Un applauso!”
Il primo pensiero che le passa per la testa è che vogliono controllarla meglio e basta, impedirle di agire direttamente in caso che la sua famiglia venga messa, come è molto probabile, in pericolo.
La seconda cosa a cui pensa è all’accoglienza che potrebbero riservarle i cittadini del due, ma non li teme troppo se non li ha di fronte.
Stringe compulsivamente la mano del compagno e con l’altra manda un bacio alla folla.
“Partirai appena terminata la trasmissione, ci auguriamo che la sistemazione, dopo tutte le fatiche patite, sarà di tuo gradimento…”
“Ovviamente non potrei chiedere di meglio rispetto a ciò che Panem sarà così generosa da offrirmi” pronuncia la mora salutando le folle e terminata l’intervista corre da Effie e Haymitch.
“Voi lo sapevate?” strepita.
“No, dolcezza, ma anche se lo avessimo saputo, secondo te come avremmo potuto impedirlo?” domanda pazientemente Abernathy.
“Saluterai mia madre, Gale e mia sorella?” chiede in affanno.
Ovviamente lo farà, tanto è pur sempre una scusa per uscire a comprare alcolici di cui ha bisogno.
“Aiutale, ti prego!” lo implora prima di seguire i Pacificatori su una navetta dall’aria sterile quanto una camera operatoria.
Sedersi vicino a Cato le ricorda che ora deve diventare un’altra persona, sta per trasferirsi in un posto dove non dovrà più procacciarsi il pane illegalmente, un luogo senza boschi e senza volti noti e amici, un contesto nuovo in cui dovrà trovare un impiego per il proprio tempo diverso da quello che faceva nel dodici.
Casa sua non c’è più.
Pane è una parola che le riempie di bile la bocca secca.
Inspira ed espira lentamente tre o quattro volte per riacquistare il controllo, stringe le mani a pugno.
Sente che dovrebbe dire qualcosa, ma le palpebre le si abbassano quasi subito.
Percepisce una mano tirarla e scorrere velocemente sul braccio, è sudata, ha freddo e ha le guance bagnate.
Riapre gli occhi respirando forte, la mano è ovviamente quella del Vincitore.
Peeta è morto,sta per essere trasferita in un distretto a lei del tutto sconosciuto, resettare il cervello sarà difficile ma ricordando quanto avvenuto nell’Arena sente lucidamente di non rimpiangere nulla e di non avere niente di cui pentirsi.
Però teme gli incubi che l’assilleranno appena abbasserà di nuovo le palpebre e l’attacco di panico che ha appena avuto le fa capire quanto sia precaria la sua situazione.

Arriva subito un membro dell’equipe medica che le somministra un leggero calmante e le fa bere acqua e zucchero in modo che riprenda un po’ di energie.
Come se un bicchiere d'acqua avrebbe potuto prepararla a ciò che la attendeva.

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Capitolo 3
*** Annunci, caffè e un funerale. ***


L’atterraggio è facile, veloce e l’accoglienza è indubitabilmente quella che si riserva a due eroi di ritorno dalla guerra.
Si sforzano di stirare le labbra, di salutare con gentilezza e di stringere i denti fino all’ingresso nella loro nuova casa, che si presenta come un luogo abbastanza asettico ma pulito, profumato e ricco di comodità che al Dodici non ci sono come un frigorifero, una doccia, dei libri da leggere che vengono studiati con aria critica dalla Ghiandaia.
Cato lo nota.
“Sono libri, quelli non mordono”.
“Non ne capisco almeno la metà” commenta la mora lasciandosi poi cadere pesantemente sul divano dopo essersi allontanata dallo scaffale.
“Mi rallegra sapere che sei comoda, ma posso almeno slacciarmi le scarpe?” domanda il diciottenne notando che il capo della Ragazza in Fiamme è mollemente appoggiato sul suo grembo.
Ovviamente le conversazioni sono senza colore e vivacità, le mani stropicciano gli occhi truccati, i vestiti si spiegazzano ad ogni movimento sull’ampio pezzo d’arredo.
Ritornare rilassati e abbassare la guardia è difficile, tanto che si addormentano ancora vestiti.
Il primo ad aprire gli occhi è il biondo che si sposta facendo attenzione, per quanto possibile, a non svegliare la coinquilina che viene riportata nel mondo dei vivi grazie a un robusto aroma di caffè.
“Che odore è?” chiede perplessa la giovane mettendosi seduta.
“Non sai cos’è il caffè?” replica stupito  il coetaneo porgendogliene una tazza “Guarda che è amaro e bollente” la avvisa poco prima che l’intero liquido finisse sputato sul pavimento immacolato della stanza.
“Credo di doverci andare più piano” mormora appoggiando la tazza sul tavolino davanti a lei e alzandosi per andare a prepararsi.
Catnip è già nel bagno da alcuni minuti e le manca solo la treccia quando sente un suono che la allarma: il rompersi di qualcosa.
Coi capelli ancora sciolti si fionda giù per le scale che portano al piano terra e trova il tributo pallido che fissa inespressivo i cocci davanti a lui.
Trema e la Ghiandaia gli si avvicina prudentemente studiando la situazione per capirci qualcosa, ma l’unico dettaglio che coglie è un involto di stoffa verde che giace abbandonato sul ripiano della cucina.
“In quel pacchetto c’era qualcosa di strano?” domanda la ragazza terminando di aggiustarsi i capelli e non osando muoversi.
“Me lo ha mandato la famiglia di Clove”riesce a dire l’altro con enorme sforzo, ridestandosi dalla trance in cui sembrava piombato “Era...”
“Non sei obbligato a dirmelo” attacca subito la Everdeen:”Nel frattempo ripulisco qui” brontola prendendo subito la scopa e raccogliendo i frammenti di vetro e ceramica sparsi per il pavimento.
Sa che non ha il diritto di infilarsi negli affari del suo coinquilino, lei per prima ritiene la propria privacy inviolabile e non ama confidarsi con chicchessia.
Anche perché si potrebbe dire che l’unica sua amica, Madge, l’ha lasciata in un posto che ancora non riesce a nominare col giusto distacco.
“Il primo regalo di compleanno che Clove mi aveva comperato prima di entrare in accademia, ci conoscevamo da quando avevo otto anni” sussurra flebile “Lo avrei dovuto..” prosegue sospirando “Lo avrei dovuto deporre nella sua f-f-fossa il giorno della restituzione del suo corpo alla fami-famig-famigli, ma l’ho rotto e non so nemmeno cosa dire ai suoi, ora.” Chiude allontanandosi dalla coetanea come avrebbe fatto da un oggetto bollente.
Katniss butta i frammenti di quello che presume essere un portafotografie e raccoglie l’immagine che avrebbe dovuto contenere osservandola curiosa.
Le pizzicano immediatamente gli occhi.
Anche gli altri tributi hanno avuto famiglie, amici e persino amori che li hanno spinti a lottare nell’Arena in modo che potessero tornare a riabbracciarli, ma fino ad ora non ne era pienamente consapevole: chissà quante cose non conosce del ragazzo con cui divide la casa…
Ora che ci riflette con attenzione, qualcosa di lui ha visto: il dinamico adolescente che è entrato nei Giochi, un tributo praticamente imbattibile e pericolosissimo, un essere umano spezzato e radicalmente cambiato quando lo ha tirato su alla Cornucopia (gesto per cui le dolgono ancora le ferite se ci ripensa), il disperato che ha pianto insieme a lei e addosso  a lei, il giovane uomo che non avrebbe mai più ferito nessuno per il dolore che ha provato sulla sua pelle e le ha fatto assaggiare il caffè.
Sussulta a ogni tonfo che risuona nell’aria ma si impone di salire solo nel momento in cui saranno cessati.
Apre la porta in legno chiaro e fa sentire i propri passi per le scale.
“Posso entrare?” dice senza nemmeno bussare.
“No, ho quasi sfondato la porta,è pieno di schegge di legno e sangue” risponde in tono incolore l’altro ragazzo.
La mora entra nella camera dopo aver preso con sé un kit per il pronto soccorso, studia preoccupata le nocche del coinquilino e gliele fa immergere in una bacinella d’acqua in modo da pulirle del sangue.
Non si parlano  e non ne sentono il bisogno mentre Catnip  con piccoli movimenti circolari sul dorso delle mani lo aiuta a rilassarsi.
Le schegge vengono estratte dalle nocche con una procedura abbastanza lenta ma necessaria e alcune escoriazioni vengono disinfettate.
Cato si sporge in avanti e abbraccia Katniss, che ricambia un po’ goffamente il gesto.
“Ci rimetteremo in forma e combatteremo, con calma” sussurra all’orecchio del biondo che si limita a respirare in silenzio.
“Ora prendiamoci il nostro tempo”.
Che cose stupide, che banalità da dire, ma lei non è mai stata brava a consolare qualcuno, quello era Peeta.
“Allora domani ti faccio fare il giro del Distretto, ti va?” brontola il diciottenne quando si separano senza guardarsi negli occhi “Intanto preparo qualcosa da mangiare” propone uscendo.
Un laconico “ok” è tutto quello che la Vincitrice riesce a dire prima di seguirlo al piano inferiore.
Figurarsi la vita in quel distretto non è semplice: rientri dalla fabbrica, hai un pasto caldo in tavola, hai dei soldi, poche famiglie devono avere la necessità di ricorrere alle tessere, i loro figli son istruiti meglio e formati al solo scopo di combattere.
Al Dodici sei fortunato se sopravvivi con un pugno di erba e frutti di bosco.
Sospira accendendo la tv, pare ci sia un annuncio da Capitol City che non promette nulla di buono.
Quando il ragazzo le serve un piatto di frittata lei arriccia il naso .
“Ci sono buone notizie?”
La mora scuote il capo.
“Da Capitol non lo sono mai” risponde cupamente.
Il ragazzo si siede accanto a lei studiando con attenzione lo schermo: inizia il consueto saluto d’apertura, una breve rievocazione delle precedenti Edizioni della Memoria e si materializza un Ceasar Flickermann in forma smagliante che annuncia novità sorprendenti.
Le parole rimbombano senza sforzo in quella casa troppo silenziosa.
L’imprecazione che rompe la quiete che segue l’annuncio della Capitale è brutalmente spezzata dallo spavento del tributo del due che sente piombargli un peso addosso: Katniss è svenuta.
“Sono aboliti restrizioni d’età e i tributi saranno mietuti fra i familiari dei vincitori delle ultime cinque edizioni dei nostri graditissimi Giochi “ sente gracchiare la tv  “Panem oggi, Panem domani, Panem per sempre”.
 

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Capitolo 4
*** Come difendersi in una rissa da bar ***


Ringrazio chi di voi sta seguendo la storia, l'ha messa fra le preferite, le seguite o le ricordate o<".
 

La risveglia con una sberla ben assestata.
“Non farmi più una cosa del genere!” la rimprovera “Sembravi un cadavere!”
La Everdeen fa fatica a controllare il proprio respiro.
“Mia madre si offrirà volontaria, mia madre si offrirà volontaria…” riesce solo a farfugliare mentre spalanca una finestra sperando di ottenere sollievo dal cambio d’aria della stanza:”Non permetterà che mietano Prim, non lo farà” si ripete.
Il diciottenne la segue senza dire una parola fino a quando non l’afferra per le spalle bloccandone la marcia e le riflessioni/fiume.
“Prim è tua sorella?”
La mora annuisce tornando a sedersi sul divano.
“Ok, quanti anni ha?”
“Nove anni” risponde la ragazza cercando di riacquistare il self-control.
“Vuoi chiamare la tua famiglia? Ieri mi è sembrato di vedere un telefono, al piano di sopra”.
La capisce benissimo, sarebbe impazzito pure lui se avessero fatto del male a una persona che ama e lo hanno già fatto, per cui ha ogni ragione e diritto di soffrire, ha cicatrici che bruciano quanto quelle della Ragazza in Fiamme.
“Non ho il loro numero” brontola la giovane con un vago accenno di imbarazzo.
“Vediamo se Panem è così gentile da lasciare qualche indirizzo utile in rubrica” attacca subito l’altro sfogliando un quadernetto in modo febbrile.
“Prova a comporre questo numero” le dice indicandole la terza riga.
Il telefono squilla e la diciottenne porta la cornetta all’orecchio.
“Katniss?”
E’ la voce di Gale a risponderle.
“Gale!” sorride nel pronunciare quel nome e il suo coinquilino non manca di notarlo, ma si concentra per non fare smorfie rivelatrici.
“Ti vogliamo tutti nel dodici, tua sorella, Posy e tutta la mia famiglia non vediamo l’ora di vederti”
Il calore del suo migliore amico la conforta.
“Come state?” chiede con un soffio di voce.
“Abbiamo sentito l’annuncio, non preoccuparti” risponde l’altro “Ora ti passo tua madre, qui al Villaggio dei Vincitori sta molto meglio e sembra che si stia riprendendo”.
L’idea di risentire sua madre la fa dubitare per un secondo della correttezza della sua decisione.
“Mamma?” domanda esitante, non essendo proprio sicura di voler avere un colloquio, seppur filtrato, con la donna che ha lasciato per entrare nell’Arena.
“Sono qui” risponde la bionda dall’altro capo del filo.
“Ricordati di proteggere Prim, so che ce la farai” le raccomanda “Io arriverò solo per il Tour e non avremo tempo di vederci, in nessun modo”.
“Lo so, qui facciamo da sempre tutto il possibile per difenderci”.
La telefonata si concluse con dei vaghi saluti e la Vincitrice è pallida e angosciata, ma non dimostra il suo stato emotivo.
“Se vuoi puoi uscire a fare due passi, magari ti rilassa” propone il biondo sconfortato dal non saper come reagire.
Katniss è uscita a passo di marcia, come fa sempre quando deve riflettere su qualcosa: cerca l’aria aperta, gli spazi ampi.
Cato le corre dietro non potendo nemmeno chiudere la porta per la velocità con cui la Ragazza In Fiamme è scappata.
Per fortuna ha delle buone gambe ed è un buon scattista, la ritrova dopo pochi metri seduta su una panchina a fissare il vuoto , le si avvicina con prudenza quasi fosse un animale intrappolato che potrebbe diventare aggressivo.
“Ehy…”
Ha entrambi i piedi appoggiati sul legno, una mano a pugno che le regge una guancia e lo sguardo basso.
“Non saresti dovuto venirmi a cercare, non eri obbligato”.
“Ti ho sempre cercata, non avrei saputo far diversamente pur non essendo abile con le parole” spiega il biondo tentando di ignorare una sensazione a lui non certo familiare: l’imbarazzo dato dal non sapere cosa fare:”Penso di esprimermi meglio a gesti”.
Gli fa cenno di avvicinarsi e sedersi.
“Lo vedo” commenta dolcemente :”Non volevo spaventarti” prosegue.
Il diciottenne sospira accomodandosi come la coetanea.
“Non è quello il problema, è che stiamo cominciando una cosa difficile e dobbiamo supportarci, lo dicevi tu”.
Cenno di conferma, lei allunga una mano verso le spalle di lui, si abbracciano.
“Andrà tutto a posto”.
“Sì, ora andiamo a cenare” propone il biondo staccandosi dopo aver respirato la fragranza forte di Katniss.
Quante piccole bugie ci si deve raccontare per andare avanti senza impazzire.
Il pasto è veloce e vanno poco dopo a passeggiare, hanno bisogno di nuovo di aria fresca e respirabile, di chiarirsi.
“Non mi piace stare in quella casa più del necessario”.
“Anche a me” conferma la Everdeen.
La prende per mano nonostante le piaghe e le ferite facciano ancora male, lei sente il sangue affluire alle guance ma non vi dà troppo peso.
“Domani ci hanno chiesto un’intervista, dopo i funerali di Clove” dice la ragazza mostrando una lettera, mezzo piuttosto inusuale per chi comunica nella Capitale, ma ancora abbastanza riservato e occultabile.
“E’ di Flickermann?”
“Sì, andremo in onda mentre scambiamo le condoglianze con le famiglie, o almeno così dicono”.
Silenzio.
“Ho voglia di vomitare, sul serio” sibila il biondo aumentando il passo.
Come dargli torto?
“Me lo aspettavo diverso, qui” sussurra Katniss piegando e allungando le dita per tentare di risolvere la tensione muscolare che sente insieme al dolore per le cicatrici non ancora assorbite.
“Più cemento?” chiede il ragazzo emettendo un suono simile ad un risolino.
Il loro pigro tentativo di crearsi un rapporto pare funzioni nonostante i Giochi e nonostante la Capitale.
“Qualcosa del genere, sì” confessa lei piegando le labbra nell’ombra dei sorrisi che faceva un tempo a Peeta.
“Non avrai tutti i tuoi boschi, ma qui puoi di sicuro girare in libertà per le zone interne verdi” commenta il biondo indicandole gli alberi dalle alte cime.
Katniss scompare per le quattro ore successive, con grosso dispiacere di Cato che si ritrova immerso nel silenzio e vorrebbe gridare, ma le ferite sulle sue mani lo fanno esitare persino nell’aprire il pomello della porta.
Chissà come han fatto gli altri vincitori a sopravvivere, chissà quante parti di sé stessi hanno sacrificato prima di smettere di emettere urla angosciate nel buio di una stanza chiusa dopo una cerimonia falsamente pomposa e piena di un chiasso che nessuno ha chiesto.
Quanti han mai sorriso, a Capitol? Che prezzo devi pagare per essere chi vorresti essere? Perché ora capisce che anche ventuno vite umane sono troppe.
Troppe per qualunque premio.

Se abbassa le palpebre rivede Katniss che lo salva slanciandosi verso la Cornucopia e le lacrime che hanno versato, il suo attacco di panico sull’Hovercraft e il breve discorso sul caffè.
Ecco, quello doveva essere la vita che tutti avrebbero dovuto avere, non c’è nulla di male nel caffè.
Che pensiero stupido.
Decide di entrare nell’Accademia dove si è addestrato come un asceta sperando di evitare Enobaria, la sua maestra, che lo avrebbe volentieri ucciso.
Lui è un fallito a tutti gli effetti agli occhi della sua maestra e ora la teme, ma sono pari da quel momento: due Vincitori, nessuno si permetterebbe di toccarli.
Ma… se lei lo uccidesse?
“Smettila di pensare e cerca Katniss!” gli sbraita la coscienza con un ringhio disgustosamente simile al modo di parlare della donna dai denti di squalo.
Si concentra e prende un respiro profondo nemmeno stesse per immergersi in una piscina: Katniss uguale parchi, verde, aria aperta e solitudine.
Dove portano quegli elementi?
Facile: al parco più periferico, nella zona delle fabbriche.
Quando entra si prende tempo per girarlo tutto, tentando di capire cosa affascinasse esattamente la sua ex avversaria dei boschi, aldilà della sopravvivenza: il silenzio? La pace?
Inciampa,distratto, in un ramo, e una freccia gli sfiora l’orecchio: reagì d’istinto, bloccandola miracolosamente al volo.
Riprende fiato e si rialza, notandola solo in quel momento che gli sorrideva, stranamente allegra, da un ramo.
"Vieni giù, Ragazza in Fiamme, stavolta sono disarmato!" la richiamò Cato guardando nella direzione da cui proveniva la freccia:"Sai che non sono capace di arrampicarmi".
"Basta scegliere il ramo giusto, Cato!"
"Non è il mio campo, lo sai!"
"Infatti è il mio".Stavano parlando come bambini, come se nulla fosse accaduto.
Che fosse quella la vera magia dei boschi? La possibilità di purificarsi da tutte le maschere che si è costretti a indossare durante il giorno, fuori.
Ora si stavano confrontando alla pari, senza nessuno scopo se non il far passare il tempo, come semplici infanti.
Quanto possono davvero condividere prima di tornare nel mondo reale, quello fatto di carne e sangue che ha macchiato anche le loro mani?
Katniss ha gli occhi duri, come le pietre minerali e il carbone.
Ha gli occhi chiari come la cenere e i capelli scuri come i tronchi degli alberi.
Chissà come lo vede lei, dall’alto del suo ramo, della sicurezza che le dà l’albero e la sua capacità di arrampicarsi su quasi qualunque cosa.
“Sul serio, scendi, immagino che fra poco arriveranno a prepararci per il funerale”.
“Riesci a dirlo in modo molto distante” commenta la Everdeen.
“Sono molto bravo a nascondermi” ammette il biondo non senza una punta di amarezza.
La bruna scende e atterra con un saltello che spezza un ramoscello e fa crepitare una foglia facendo sobbalzare entrambi.
Abitudini di chi non è uscito del tutto vivo da un’Arena.
Non si parlano fino a quando non rientrano a casa e trovano, sul divano, dei vestiti ad attenderli: un completo scuro e dal taglio raffinato per Cato, un vestito grigio perla con coprispalle nero per la Ragazza in Fiamme.
“Cosa vogliono farci sembrare davvero?” domanda Katniss studiando neutra i capi di vestiario.
“Perché è importante?”
“Perché abbiamo una parte da recitare, fuori di qui” spiega un po’ infastidita “come la avevamo quando siamo usciti dall’Arena”.
Cato annuisce, ha capito.
“Sembrano piuttosto inspidi, come stile”.
La diciottenne annuisce.
Provano quanto hanno trovato e si guardano allo specchio: ovviamente sono abiti discreti, eleganti, abbinati e perfettamente adatti a un funerale nel Distretto Due, molto più solenne delle celebrative sepolture offerte dal Dodici.
“Ci vogliono far sembrare più adulti” afferma la Vincitrice studiando come il vestito le fasciava i punti giusti facendola apparire più slanciata e come le illuminava il viso quella particolare tonalità di grigio.
“No, più puliti, più ingenui” la corregge il ragazzo studiandosi con una certa perplessità “suppongo sia per l’abbraccio che ci siamo scambiati nell’Arena”.
La giovane però continua a sentire un certo nervosismo:” Come dovremmo comportarci, quindi?” chiede perplessa.
Si spalanca la porta e fa il suo ingresso una Effie farsescamente truccata e con una pesante gabbia nera fra i capelli ora color pece, probabilmente già pronti per il rito funebre.
“Sono qui per questo, Katniss!” la saluta la Trinkett baciandole le guance con affetto per poi lasciarla completamente frastornata.
Il biondo inarca un sopracciglio:”Lei è la tua mentore?” chiede dubbioso.
“Sì, Effie Trinkett” spiega la ragazza “no, in realtà sarebbe Haymitch, ma Haymitch non serve se non devi sapere come difenderti da una rissa in un bar”.
Cato studia il trio: sembrano davvero improbabili, ma se quel miscuglio strano di personalità e individui ha tirato fuori una vincitrice forse c'è da fidarsi. Non che sia troppo convinto.
Non che si sia mai fidato di qualcuno a parte Clove e loro sono stati avversari. Ma ora, Katniss è la sua sola scelta, la sua sola speranza.
E non si sarebbe sottratto a quella prova.
 

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Capitolo 5
*** Ribaltare il tavolo ***


Ringrazio come sempre tutti quelli che leggono e tutti quelli che recensiranno <3.
 
La donna ride allegramente e si avvicina alla coppia con civetteria prendendo sottobraccio entrambi:”Voi due vi presenterete come giovane coppia pura, casta e soprattutto ingenua, acqua e sapone” inizia “vi farete vedere come partecipanti attivi e interessati della vita del Distretto” rimarca la parola –distretto- con un certo dubbio “e soprattutto, coppia intima ma non troppo, unita ma mai volgare e senza nulla da nascondere”.
“Quindi cosa nascondiamo?”
Cato non conosce le mezze misure, la diciottenne avrebbe dovuto appuntarselo da qualche parte per le occasioni future.
“Tutto il nostro disprezzo per i volgarotti capitolini che vi intervisteranno e per tutto ciò che succederà dopo” riassume la quarantenne “ma voi sorriderete, -vi- sorriderete, vi terrete per mano e cose del genere, e tu, ragazzo, abbraccerai Katniss in favore di telecamera”.
Katniss non è proprio d’accordo, anche se meno tocca e meno parla, per ora, con un coinquilino di cui poco sa e poco si fida, meglio sta.
E’ ancora confusa, come lo è lui, ma hanno dubbi diversi a tormentare le loro giovani menti, ad esclusione di questo: come si comporta una coppia virginalmente perfetta dal candido romanticismo richiesto da Effie?
“Haymitch verrà?”
“Se non sarà abbastanza sbronzo, verrà” risponde Trinkett per poi salutarli “domani mattina verranno le truccatrici, parrucchiere e Cinna, che vi spiegherà meglio come comportarvi e l’etichetta da seguire” fa per chiudere la porta, quando si gira verso la bruna “Katniss? Attieniti al copione”.
Il ragazzo del due è piuttosto confuso, ma va a cambiarsi e scende, così fa la giovane.
Si ritrovano sul divano, di nuovo, col Sole che tramonta fuori e nessuno che sappia cosa dire esattamente.
Dopo alcuni minuti di silenzio Cato decide:”Preparo la cena”.
“Non ho troppa fame”.
Traduzione di: sono preoccupata e con lo stomaco annodato.
“Andrai bene, sono io quello che farà figure improponibili” le assicura il ragazzo mentre fa saltare in padella delle verdure miste e vi aggiunge del pomodoro.
Quella dote del Tributo di capire certe cose al volo non è sfuggita, alla bruna.
Gli è grata, non sa bene come esprimersi davvero e il fatto che sia lui a parlare è liberatorio: chissà che si possa costruire una sorta di routine, fra loro.
“Vuoi che cucini io? Abbiamo entrambi le mani ancora ferite, se stai troppo a contatto coi manici caldi delle pentole…”
Lo sente imprecare mollando repentinamente una padella.
“Offerta accettata” sbotta bagnando la mano che ha ripreso a sanguinare.
Katniss spegne il fornello e gli pulisce la ferita riaperta con uno straccio senza dire nulla: non sa se le piace toccare Cato, sa che le dà sicurezza e non dovrebbe –come è successo nei Giochi, quando è scoppiata a piangere non appena lo ha sentito ricambiare la sua stretta tremante e incerta- ma è consapevole del fatto che lottare col suo cervello, come il discorso dei rimpianti e degli attacchi d’ansia –sono bastate le mani di Cato a riportarla indietro- è perfettamente inutile, specie se sta male.
La vede dubbiosa anche se non fa una mossa coi muscoli del viso, ma preferisce tacere sino al momento in cui gli rifà la medicazione.
“Tutto bene?”
“Tutto bene” afferma in un sommesso bisbiglio la Everdeen staccandosi subito da lui “sei strano”.
“Anche tu, sei molto diversa dalla Ragazza in Fiamme” sostiene il diciottenne “ogni tanto sorridi”.
Si becca un calcio su uno stinco.
“Sei diverso da come pensavo, lo concedo” si morde un labbro, dubbiosa e indecisa su come proseguire”sei un ottimo cuoco”.
Meglio non sbilanciarsi.
La ragazza distribuisce le verdure nei piatti e ripone la padella nella lavastoviglie, sul piano più alto.
Quando fa partire l’elettrodomestico si accorge di qualcuno che la sta abbracciando da dietro.
“Non lo dire a nessuno, ma ho paura”.
Perché deve toccare a lei il compito di tirarli fuori da tutto, di salvare entrambi? E’ solo Katniss, Katniss ha solo diciotto anni e viene dal Distretto Dodici, ha vinto la sua edizione dei Giochi e ha fatto una scelta.
Non sa se è sbagliata.
Di cosa ha bisogno Cato? Cosa avrebbe fatto Peeta? Peeta è il suo lato umano, lo è sempre stato e ora le manca.
Tutta quella fragilità improvvisa non è da lei e nemmeno da lui.
Prende delicatamente le mani del coinquilino fra le proprie, alla ricerca di un’idea, delle parole giuste.
“Domani sarà la nostra prima, piccola, importante battaglia e noi la vinceremo” inizia “noi siamo guerrieri,  e se crolliamo lo possiamo fare solo qui, fuori non è ammesso il fallimento”.
“Lo so”.
Si gira e lo abbraccia.
Che quell’abbraccio, similmente a quello frenetico e nervoso che si sono scambiati nell’Arena dopo il salvataggio del diciottenne dalla morte, sia la vera scintilla della ribellione?
Si può dare inizio alla rivoluzione col più universale gesto di pace del mondo? Lo avrebbero scoperto presto, i giorni successivi non sarebbero stati certo facili per nessuno dei due.
Mangiano in silenzio, persi nelle loro riflessioni e si separano per la notte.
Vengono bruscamente svegliati da Effie che ha la misteriosa capacità di entrare ovunque col massimo del rumore possibile, specie in casa loro.
I Vincitori si vestono velocemente e passano per le mani di truccatori e parrucchieri, le cui capacità come sempre hanno dello stupefacente dati i risultati prodotti: Katniss ha il viso fresco come una rosa,pulito, senza occhiaie o segni particolari, le sopracciglia sono leggere e ben disegnate, i capelli sono raccolti nella sua treccia acconciata poi in uno chignon rigido, potrebbe avere tre anni in meno.
Cato è stato alleggerito dai segni della stanchezza e del nervosismo, le mani di entrambi sono state medicate con i migliori farmaci della Capitale e le cicatrici sono sparite tutte, dai loro corpi, come se qualcuno ci avesse passato una gomma sopra.
Si guardano allo specchio.
“Fai strada” dice solo la Everdeen stringendo la mano del ragazzo.
Il cimitero del Distretto è un posto ben curato e verdeggiante, con siepi ordinate e alberi potati regolarmente.
Le tombe sono segnate da lapidi bianche e pulite con sopra una foto del caro defunto, il suo nome, la sua mansione, data di nascita e morte, numero di tessera e un epitaffio.
Poi c’è il cimitero dei caduti nella gloria degli Hunger Games, un mausoleo unicamente per loro che conta un numero decisamente troppo alto di tombe e loro devono entrare lì superando un cancello dipinto nei colori di Panem.
 Aprono il corteo i genitori di Clove mentre un cerimoniere canta alcune litanie funebri e le lamentazioni, i Vincitori seguono poco dopo.
Non è ammessa tristezza per una ragazza che verrà seppellita da eroina, ma nessuno riesce ad applaudire con convinzione quando viene ricordato il suo glorioso sacrificio che Panem non dimenticherà mai.
La bara bianca della giovane vittima viene calata nella fossa mentre i genitori si stringono l’uno all’altra per farsi forza, provando a mostrare un viso convinto alle telecamere che di lì a poco avrebbero trasformato la cerimonia in una farsa televisiva da pochi soldi.
“Siete orgogliosi di come vostra figlia si è comportata nei suoi Giochi?”
Ecco, Katniss vorrebbe spaccare la faccia a quel giornalista capitolino, ma sa che con Cato che la trattiene non è prudente.
Si morde a sangue l’interno della bocca, ne sente il sapore metallico sulla lingua.
Deve assistere impotente a quello scempio: a lei Clove non piaceva, l’ha considerata solo come un ostacolo che la separava da casa sua e la ragazza contraccambiava di cuore.
Poi hanno impiantato i suoi occhi su un Ibrido.
Deglutisce tentando di scacciare il ricordo e vede il ragazzo accanto a lei tremare un solo e impercettibile attimo, poi si ricompone.
Nessuno ha voglia di dire troppo, finché le telecamere toccano agli altri i due Vincitori sono amaramente felici di concederle.
I due si guardano un attimo, sono circondati da Pacificatori.
“Verrai a trovarla?”domanda la Ragazza in Fiamme.
“Il meno possibile” risponde l’altro con la bocca secca “tu andrai a trovare Il Ragazzo del Pane?”
La mora si gratta il capo rischiando di rovinare l’acconciatura: non le sarebbe stato permesso comunque se non come operazione di propaganda.
Hanno ribaltato il tavolo e ora devono assumersene i rischi.

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Capitolo 6
*** Meccanismi evolutivi ***


“No, nemmeno se potrò” si sente rispondere “è…passato”.
Le fa male dirlo, sente qualcosa che le annoda la gola appena finisce la frase.
Fa improvvisamente freddo nonostante il sole che illumina la giornata.
“Ti va di parlarmi di lei?” chiede di getto la Everdeen.
“Dopo” risponde il biondo “stanno arrivando per noi” le indica i cameraman.
“Allora, i nostri Vincitori che partecipano al funerale di una vittima, immagino quanto sia grande il vostro cordoglio…” inizia il giornalista.
“Così grande che non esistono parole per descriverlo” ribatte pacatamente Cato “Clove era la mia migliore amica e voglio ricordarla felice e sana”.
“Era malata?”
“Si è ammalata durante l’addestramento qui in Accademia, purtroppo a volte la nostra anima viene colpita da dolori peggiori di quelli che affliggono un corpo, che sono decisamente più curabili” chiarisce il ragazzo “si è persa molto prima dell’Arena” conclude sperando che bastasse a soddisfare il giornalista.
“E tu, Ragazza in Fiamme, cosa ci dici di Clove, tua temibile avversaria?”
Eh, una buona domanda.
“Clove era… un’ottima avversaria, ma soprattutto una ragazza che io non ho avuto il piacere di conoscere e penso che saremmo potute anche essere amiche, se questa follia non avesse diviso tutti noi”.
Sta esagerando, Cato avvisato da Haymitch tenta di farle capire che è consigliabile essere maggiormente prudenti con un’occhiataccia.
“Bene, grazie per le tue parole, Katniss, sempre dure e taglienti come l’ostinazione che ti ha portata alla vittoria!” disse allegro il giornalista passando a Cato “tu eri molto legato alla povera vittima che ricordiamo qui oggi” disse l’uomo “di sicuro sei uno di quelli che soffrono di più…vuoi offrirci un ricordo a te particolarmente caro della nostra caduta da trasmettere al paese,o una frase ad epitaffio?”
La Everdeen si sentì stringere rigidamente la mano, ma il volto del ragazzo non sta facendo una piega per mostrare soltanto pacato dolore e nient’altro.
Quelle domande però sono disgustose e senza nessun genere di tatto, nemmeno nei confronti dei genitori che hanno perso una figlia.
Dovrebbero esserci momenti in cui le telecamere si spengono davanti al dolore, davanti alla fine di una vita.
E invece no, la bara viene calata nella fossa e loro devono guardarla sorridendo.
La mora non riesce a fare di più che sfoggiare un’espressione cupamente neutrale e abbracciò il biondo a favore di telecamera, come richiesto.
Fischia le sue note che si diffondono nel silenzio.
Il diciottenne, con sua sorpresa, le riprende.
Clove non è una sua amica, ma è una vittima di qualcosa di più grande, plagiata a scegliere la morte per qualcosa di inesistente e senza nessuno scopo se non la maggior gloria di un gruppo di folli ricchi.
Ora ai suoi occhi è una ragazzina, robusta, forte, agile, astuta e sadica. Ma in una tomba indifesa.
Sono cose che ti confondono il cervello.
I due si riscuotono solo quando si accorsero di essere rientrati nella casa loro assegnata da Panem e Capitol City.
Cato la abbraccia di nuovo e la stringe a sé con bisogno di qualcosa di vagamente simile all’affetto.
Ha imparato presto a sopravvivere da solo, ha imparato a non aver bisogno di nessuno e a disprezzare chi ne ha, dopo aver capito a suon di botte all’Accademia del suo Distretto, a suon di delusioni date ai suoi genitori e a forza di torture che non c’è tempo per fidarsi degli altri o avere voglia di far qualcosa di differente dal morire.
Ha detto a quattordici anni ai suoi che non sarebbe entrato in una di quelle puzzolenti fabbriche di operai che morivano di malattie polmonari per i materiali che lavorano o diventavano ciechi per aver maneggiato incautamente uno strumento.
L’alternativa ovviamente è stata l’addestramento da Pacificatore oppure gli Hunger Games e ha compiuto presto la sua scelta.
L’incontro con Katniss ha cambiato molto nella sua vita e  l’incontro con la morte ha modificato radicalmente le sue prospettive, non sa nemmeno come spiegarlo esattamente, sente semplicemente di essere appena diventato una terza persona nuova tutta da conoscere da capo.
Prima o poi saprà raccontarglielo, saprà mostrarle cosa vuol dire vivere tanto vicino al controllo malato di Snow.
Entrano Haymitch e Effie.
“Molto teatrale, dolcezza, ma non pensare di poterlo rifare durante il tour della Vittoria se non vuoi farci ammazzare tutti”.
Katniss gli rifila un’occhiata stanca: si sente come uno straccio abbandonato alla corrente di un fiume impetuoso, deve trovare il modo di reagire e lo sa.
“No, non lo farò Haymitch”.
“Ehy, non ci sei solo tu in questo gioco, ok?” ringhia il mentore “ci andiamo di mezzo tutti quando tu fai qualcosa, vedi di ficcartelo bene in quella tua testa di ragazzina impulsiva e imbecille!”.
Effie gli mette una mano sulla spalla:”Haymitch, è una giornata difficile per tutti, torna sul treno che di sicuro ti daranno qualcosa da bere, io arrivo!” gli dice con la vocina irritante tipica sua che gli dà sempre il mal di testa peggio di una sbornia con liquore a basso costo.
“Scusa, Effie” replica solo la Everdeen “stava diventando troppo per… la mia pazienza”.
“Che non hai, lo sappiamo” sospira teatrale la donna” sei uguale a Haymitch, tu” prosegue gesticolando con il suo modo affettato da capitolina “non fate altri colpi di testa sino alla partenza del tour, e ho sentito gli annunci, mi dispiace” batte una mano sulla spalla della diciottenne “ne riparliamo in treno”.
Esce.
Non esiste qualcosa che viene da Capitol e fa bene a chi ne è coinvolto.
Si siedono sul divano e lasciano che sia il silenzio a parlare per loro.
Qualcuno bussa alla porta.
Apre Cato e tenta di sorridere a una donna anziana sopra i sessanta, dai capelli color della neve, gli occhi piccoli, scuri e vivaci e le mani consumate dal lavoro.
Si abbracciano velocemente.
“Ragazza in Fiamme, lei è mia nonna, Olga” la presenta il suo coinquilino.
La diciottenne allunga la mano verso di lei e la sente presa in una stretta vigorosa.
“E così voi siete i nuovi Vincitori, ragazza?”
Annuisce.
“Non siete ben visti in questo Villaggio e nemmeno in questo distretto, dimostrarvi amicizia pare non sia di moda”.
Chissà perché, la giovane se lo aspettava.
“Eppure lo fanno” dice “almeno apparentemente”.
“I genitori delle vittime più vecchie di sicuro sì, i famigliari dei Vincitori e i Vincitori stessi non vi vedono abbastanza feroci e temibili, chi non risponde a queste caratteristiche qui viene eliminato alla nascita” spiega Olga come se fosse il meccanismo più normale del mondo.
Effettivamente la selezione naturale lo è, ma gli esseri umani avrebbero dovuto in qualche migliaio di anni superare lo stadio barbaro e aver già da tempo soddisfatto le necessità di sopravvivenza.
Probabilmente non è così esatto che a un determinato arco di tempo corrisponda una serie di progressi in senso oggettivo.
Panem è nata facendo soffrire i suoi figli, strappandoli alle madri quando poco più che in grado di capire che sta succedendo e non sarebbe cambiato quel perverso meccanismo.
Non subito.
 

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Capitolo 7
*** Il tour inizia ***


“Noi ce la faremo” assicura Katniss “e concluderemo il tour della Vittoria pensando già ai prossimi Giochi”.
“Per cui vi puniranno per aver trasgredito prendendosela con tutti noi e ciò vi isolerà ancora di più, attenti” si raccomanda prima di uscire.
Non è un bell’inizio, ma non si aspettano niente di diverso.
“Carina mia nonna,eh?” ironizza Cato.
“Quantomeno è sincera” commenta la ragazza e tenne aperta la porta alla signora anziana,che esce silenziosamente “cosa ci aspetta al Tour, secondo te?”
Il biondo allarga le braccia.
“Non so cosa dire, perché ci toccherà seguire qualsiasi cosa ci dicano i tuoi mentori, dato che la mia immagino abbia disertato per evitare il disonore di presentare qualcuno che ha dovuto farsi salvare”.
Il viso della mora si incupisce:”Sono sicura che Effie ti darà una mano” gli assicura “e non c’è stato niente di disonorevole in quello che è successo nella finale” gli prende il viso fra le mani costringendolo a guardarla negli occhi chiari “tu hai combattuto fino alla conclusione e ti impedirò di rimproverarti qualunque cosa tu pensi di doverti rimproverare”.
La guarda.
Le crede.
“Farò lo stesso per te”.
Lo promette istintivamente e credendoci, senza pensare di dover dire altro, perché sa che la sua coinquilina capisce, che afferra senza troppe parole e che le parole a loro hanno sempre e solo dato dolore.
Devono programmare la partenza, devono andarsene e devono iniziare quel giro che porterà solo altro male e altri incubi nelle loro vite.
In un silenzio di tomba preparano pochi bagagli e li caricano sul treno con l’aiuto di alcuni facchini, ogni operazione avviene sotto gli occhi freddi e sterili, distanti, dei Pacificatori che non muovono un dito e chiudono le porte del mezzo alle loro spalle.
Ovviamente Effie e Haymitch li attendono davanti a un abbondante pasto che si spartiscono senza dire una parola.
“Dobbiamo informarvi che la prossima Mietitura si terrà fra una settimana, hanno deciso di accorciare di molto i tempi per quel che han visto al funerale di Clove e che a Capitol non è piaciuto affatto, specie per il vostro fischio”inizia Effie”comunque per ora approdiamo ai Distretti tre e quattro, il Due non è contemplato come tappa”.
“Cosa ci aspetta?”chiede Cato immediatamente.
“Un discorso e una cena con gli altri vincitori, ovvero Finnick Odair e Annie Cresta, la vecchia Mags”elenca”mangiate, per favore e senza sbriciolare che fra poco scendiamo”.
Ah, una cosa meno dolorosamente imbarazzante no? La gente non ha dimenticato cosa han rischiato nei Giochi, non ha scordato il funerale.
Nessuno si fida di loro, nemmeno i due mentori, ma i due mentori si fidano troppo di Katniss e del fatto che farà sicuramente qualche sciocchezza per dare altre indicazioni prima dell’arrivo.
Cato e Katniss si guardano dai lati opposti del tavolo, non sentono nemmeno la morbidezza e la comodità dei sedili, per dire, su cui sono seduti.
“Siamo davvero sicuri di quello che stiamo facendo?Sei sicuro di quello che ti sto chiedendo di fare?”chiede al ragazzo.
“Non è che ho una scelta, è semplicemente giusto” concede il biondo”è … necessario che io condivida questo, no? “gioca col tovagliolo”voglio dire, non ci sono opzioni, e… ti credo, penso che ti seguirò fino alla fine di questa storia,in qualsiasi modo finisca, perché non ho scelta”.
“Quindi siamo dalla stessa parte?” domanda la mora”perché… è giusto?”
Il ventenne sospira:”Mettiamola così: se ti ho insegnato cos’è il caffè, tu magari puoi insegnarmi cos’è la giustizia, che ne pensi?”.
“Sono una pessima maestra”.
“Ma un ottimo esempio, non ti lascerò sola”promette” mangiamo qualcosa, probabilmente non avremo per molti altri giorni l’occasione di farlo decentemente”riflette servendosi della frutta e del formaggio.
Piove.
“Non è una buona giornata per tenere discorsi” sentenzia Katniss e si serve della verdura”mangia più piano, io dovrei essere quella che muore di fame”.
Istintivamente il ragazzo scoppia a ridere e lei lo segue, in un silenzio irreale.
Si spostano su un sedile diverso, vuoto, i finestrini sono appannati, sono seduti vicini con le gambe rannicchiate sul sedile.
Il suo coinquilino le mette un braccio intorno alle spalle, forse con un po’ di esitazione.
Sorpresa, quello con famigliarità a quel tipo di situazioni non è lui! Non è proprio una sorpresa per lei, che lascia andare il capo contro la sua spalla.
Intrecciano le mani e le tengono mollemente unite sulle gambe.
Si abbracciano ancora.
Il treno frena bruscamente riportandoli alla realtà.

 

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Capitolo 8
*** Note e rossetto ***


Rimbalzo capitolo 8 Questa fanfiction riapre ufficialmente i battenti: non prometto una data di pubblicazione regolare dei capitoli, ma vi assicuro che ci saranno tutti quanti, dal primo all'ultimo. 
Mentre sto preparando il nono capitolo gli altri saranno progressivamente revisionati e ripuliti da eventuali errori o aspetti problematici per la storia e il suo sviluppo sino a un finale che spero sia degno.
Ringrazio chiunque si fermerà a leggere, ringrazio chi recensirà o chi vorrà salvare la mia storia in modo da rimanere aggiornato e chi mi ha tenuto fra gli autori preferiti fino ad ora.


Il rumore ripetitivo delle rotaie, dei meccanismi del treno e dell’aria attorno alla carrozza che sfreccia, cullano la mente dei due vincitori svuotandola da ogni pensiero troppo impegnativo, ma la frenata… quello stridore si aggrappa ai loro nervi come sgradevole monito.
Katniss tenta di fare mente locale: un discorso e poi il pranzo? La voce di Effie le risuona nella testa mentre ne rievoca le parole.
Effie avrebbe scritto loro qualche cosa di molto stereotipato e poco sentito, probabilmente.
Tutti quei nomi sono a lei completamente sconosciuti, forse per Cato potevano essere facce più famigliari, di sicuro qualcuno avrebbe potuto parlargli dei vincitori precedenti e proporglieli, era un ambiente decisamente più suo che da figlia di minatori e erboristi.
Sospira e tenta di produrre un pensiero coerente dopo essersi alzata.
“E’ ora di scendere”.
Progressi zero, eh?
Cato la guarda, lo sa..
Tengono le loro mani ben strette. Ingenuità, purezza, solidità erano le parole che dovevano trasmettere anche in quel momento particolare.
Katniss realizza di non avere idea dell’argomento di cui avrebbe dovuto parlare e che non aveva ricevuto alcuna indicazione di un programma oltre quel pranzo che pare oltretutto improvvisato.
“Hey… perché non c’è un programma che va oltre il party?” domanda con la gola stretta da una morsa ben conosciuta all'unico Vincitore del 12 prima di lei.
L’uomo la guarda per qualche istante mentre camminano lungo la banchina per raggiungere il Distretto Tre, le sopracciglia ispide modellate in un vago disinteresse per tutto quanto lo circonda.
“Perché non c’è”.
Anche Cato sente quelle parole che pesano come macigni sul suo petto: Mietitura anticipata significava zero allenamento, zero contatti con le famiglie, zero comunicazione se non qualsiasi cosa si sarebbe potuta dire durante quella ridicola festicciola e ora ne ha la conferma definitiva, ma deve essere concentrato sul suo obiettivo.
Aveva ben impresso un nome nella mente: Odair.
All’Accademia gliene hanno spesso fatto menzione, giravano voci -girano sempre voci su chi vince- ma di lui si sapeva che era in possesso di segreti, di …conoscenze.
“Attenta a Odair” dice solo il biondo” sul serio, non è uno che va preso sottogamba”.
Devono condividere informazioni, è la sola speranza che hanno di sopravvivere in quel tempo sempre più contratto che veniva loro strappato di mano un brandello alla volta.
“Conosci i Vincitori?”
“Meglio di te sicuramente” risponde aspro il giovane mentre venivano vestiti e truccati per l’ennesima volta “non sono persone da sottovalutare, sono stati vicini alla Capitale per tanto, specie Odair, da quello che si sa”.
Katniss emette un gemito di protesta all’ennesima depilazione delle sue nocche assolutamente non richiesta e per la spazzola che le disciplina i ricci scuri.
E’ vero: lui li conosce sicuramente meglio perciò deve digerire quel rospo e ascoltare.
“Cosa facciamo quando saranno nell’Arena?” chiese Katniss dando voce al suo timore più grande” mieteranno la gente e in una manciata di ore, ma … i Vincitori mi preoccupano ugualmente”.
“Fai bene a preoccuparti, splendore” si inserisce Haymitch ancora odoroso di alcool scadente “non hanno vinto con la simpatia, ma con il cervello e vi valuteranno come vermi sull’amo e no, non sarà per nulla piacevole specie con quelli che arriveranno dai primi distretti”.
La ragazza deglutisce a vuoto e stringe i pugni.
“Ok… di cosa dovremo parlare qui al Tre? ”chiede.
Cato è pronto ad annotare mentalmente le risposte che sente, sa che il suo ruolo può cominciare ora, davvero, fuori dall’Arena e sarebbe stato un percorso non piacevole.
Effie porge loro dei cartoncini.
“Il valore degli Hunger Games, di come fortificano le famiglie” rispose la Trinkett “e dei caduti, ne han radunato le famiglie e altri per un pubblico”.
Di nuovo la morte che bussa alla porta.
Cato sente un momento mancargli la terra sotto i piedi: deve parlare di nuovo di Clove.
Katniss sente la presa alla gola rinsaldarsi: ancora nessuno le fa incontrare la sua famiglia,Snow la terrà lontano, è certamente un piano per vendicarsi, renderla impotente.
Si guarda con Cato, due paia di occhi foschi si incontravano in un muto scambio di informazioni, conclusioni erratiche su troppe informazioni che si rincorrono da una discussione all'altra.
Il palco arriva sotto i loro piedi, per quanto erano distanti dalla realtà in quel momento, la folla giunge loro come un ovattato ronzio di vespe.
Sono circondati da Pacificatori, di certo non era un pubblico spontaneo, il loro ed è difficile guardarli negli occhi: c’è troppa gente radunata lì da diverse aree per mantenere una impressione di normalità, ci sono perfino delle persone del distretto di Faccia di Volpe, persone che appaiono a lei del tutto ignote, ma ammassate lì in silenzio con gli occhi vuoti e i visi incavati.
Non riconosce nessuno da casa.
Forse il non sapere è la cosa che più logora, più del tempo che passa.
La Ragazza in Fiamme vomita, più che pronunciare le parole del foglietto che ha in mano.
-non sapevo- -non ho mai voluto- - il sangue dei vostri fratelli renderà più fertile questa bella terr…-
Non riesce a finire la frase, le sue parole sfumano in un mormorio indistinto, atono e le sue pupille si sgranano quando una donna in mezzo alla piazza, una donna dal viso mal squadrato, bionda, dagli abiti lerci, prende un respiro e gonfia le guance.
La bocca si muove prima perfino del cervello.
“SIGNORA MELLARK NO!” .
Le note risuonano ancora.
Il nome le esce spontaneo, non avrebbe mai potuto dimenticare la madre del suo migliore amico, del suo salvatore quando stava per morire di fame, di solitudine, con sua madre depressa e inadatta che non sapeva come stesse conducendo le cose.
Cato porta via Katniss dal palco, aiutato da Haymitch e Portia: la Everdeen scalcia, piange mentre la donna veniva portata via, urla sentendo i polmoni bruciare.
Evidentemente la sua considerazione iniziale è sbagliata: qualcuno del 12 c’era.
Appunto, al passato.
Lei e la madre di Peeta non erano mai state in buoni rapporti, o in qualunque, rapporto, se non quando veniva a farsi curare le ustioni del forno da sua madre.
Sua madre forse la aveva conosciuta meglio, si trova a pensare quando rinviene con una flebo nel braccio, di nuovo sul treno, la scena nella testa e una espressione truce in viso.
Cinque ore di viaggio per Capitol.
“La conoscevi?” chiede il ragazzo del Due sedendosi sul divanetto davanti a lei.
“Cosa sta succedendo?” si sente rispondere da una voce gracchiante e spezzata “Cosa succede al 12? Dobbiamo tornare a casa mia!” implora.
“Non possiamo”.
La risposta secca esce dalla bocca del ragazzo.
“Non possiamo” ripete la mora “perché no?”
Haymitch le indica una telecamera puntata sistematicamente su di loro.
Katniss da un pugno al vetro accanto a sé, mossa puramente dalla rabbia e dal dolore.
“Beh, io ho gin, bourbon e vodka ad attendermi” commenta il Mentore e li lascia soli.
Katniss rimane a osservare il paesaggio sfilare nella totale indifferenza.
Respira un paio di volte dilatando le narici.
“Il tuo mentore ne sa” inizia Cato e le scioglie i capelli dalla fintamente sciatta-ma-sufficientemente-impegnativa- acconciatura elaborata per il tour, uno chignon di trecce minuscole e grandi a creare una ulteriore reticella sotto gli elastici.
 La ragazza non fa resistenza: stanno sviluppando modi e modi di comunicare, si sente implodere il cranio come un dolce che collassa nel forno, come il pane bruciato.
Un tremito la scuote, ingestibile e segno di una profonda battaglia interiore fra molti pensieri a cui non riesce a dare un nome, troppi sentimenti che conosce bene ma non sa esprimere.
Cato la stringe nel suo corpo, contro il suo torace massiccio.
La guarda disorientato, impaurito.
Entra Effie che pareva aver sostenuto una discussione con il collega e gli stylist per quanto le sue labbra sono tirate, ma il volto dietro il cerone bianco cambia in una espressione di preoccupazione intensa quando nota la giovane sconvolta.
Si avvicina subito a Katniss e le dà una coperta togliendole la flebo col calmante mentre borbotta qualcosa sull’insensibilità del personale e il sangue che macchia il mogano.
Il ventenne la prende e la avvolge attorno al corpo tremante contro il proprio, avevano già visto troppo e ora in cinque ore devono risorgere di nuovo dal tunnel buio della fobia, dell’ansia, del trauma.
Lasciandosi sfuggire la signora Mellark Capitol City ha fatto un brutto, bruttissimo passo falso e loro devono respirare a fondo ed essere pronti a cogliere il rimbalzo della palla per tentare di segnare un punto e non perdere terreno: il pranzo di gala a Capitol City.
Se la signora è giunta fino a loro di sicuro ha avuto una motivazione precisa e specifica: chiaramente non può più comunicarla, ma nel suo fischio ci deve essere un messaggio, nella sua presenza un significato ulteriore.
"Perchè è stata lì?"
Il biondo la guarda:"Penso potresti dirmelo più facilmente tu".
"Devo andare in bagno" scandisce la bruna indicando all'altro la toilette con lo sguardo: Cato la sostiene e accompagna.
Quello è uno dei posti sicuri, lontano da tutto o quasi, finchè sono sui treni.
"Sapete quello che state facendo, vero?"domanda a gesti una volta che si son chiusi la porta alle spalle.
La giovane Everdeen scuote il capo.
"Perchè?"scrive lei prendendo un rossetto di Effie .
"Non lo so, quindi conosci quella donna".
Un cenno rapido, Everdeen sa come comportarsi quando si è predatore tanto quanto conosce i comportamenti prudenti per una preda.
Si muovono su un filo sottile.
Finge di vomitare quando sente un ronzio vicino al wc, lui le sostiene il capo, tira lo sciaquone e prosegue la scrittura.
"Sta succedendo" scrive Cato dentro la tazza, con l'acqua che lava via la loro conversazione invisibile ai radar "è cominciata".
La mora lo guarda in attesa che scriva altro, poi la solleva e la accompagna al finestrino., ha notato qualcosa di anomalo nella galleria.
Si abbracciano.
Una ghiandaia imitatrice.
La rivoluzione è cominciata.


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