Anyone

di Keitharper
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Note traduttrice:
Questo lavoro è una traduzione dell'omonima fanfiction di Gentrychild, che potete trovare su Archive of Our Own.
Questi sono i link:
https://archiveofourown.org/users/Gentrychild/pseuds/Gentrychild
 
https://archiveofourown.org/works/18266738/chapters/43226114

Come fanfiction è ancora in corso, quindi aggiornerò ogni due settimane circa finché non mi metterò in pari con l'originale.
 

 

 
 
 Un giorno, la fantasia divenne realtà, e il mondo precipitò nel caos.
 
Finché il governo non intervenne, portando ordine e controllo sulle nuove leggi della realtà. 
Eroi della giustizia, determinati a proteggere gli innocenti e a combattere i villain.
 
Solo gli eroi avevano il diritto di usare i loro quirk.
 
Solo i rigorosamente innocenti sarebbero stati protetti.
 
E ai villain non sarebbe stata mostrata alcuna pietà.
 
 
 
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Le persone non nascono tutte uguali
 
 
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La mattina dell’ultimo giorno della settimana degli esami di Izuku, il ragazzino quattordicenne si svegliò prima che suonasse la sveglia, intontito per la mancanza di sonno ma incapace di tornare al suo dolce sonnecchiare. Si stiracchiò. Sbadigliò. E controllò il cellulare e il Clamor server di cui era moderatore.
 
Uno dei tanti sul web, ma questo qui era leggermente differente. Era iniziato come gruppo di sostegno, un luogo virtuale dove la gente poteva sfogarsi, parlare dei propri problemi o successi, e scambiarsi consigli o almeno un qualche supporto. Ormai da un anno, era diventato qualcos’altro. 
 
Izuku scorse velocemente attraverso l’attività del server, per poi concentrarsi sulla richiesta che aveva ricevuto. 
L’utente, Harker222, era nel bel mezzo di un divorzio e sua moglie avrebbe dovuto tenere i bambini perché i loro quirk erano simili.
Di conseguenza, si applicava la Legge sui Minori Dotati di Quirk e sarebbero andati con l’adulto che dovrebbe aiutarli a sviluppare i loro quirk.
 
Era la terza volta che qualcuno chiedeva aiuto a causa di questa legge. Non c’era molto che potesse fare se l’individuo in questione non era inadatto a fare da genitore, ma se così non fosse, avrebbe dovuto contattare Gwen Defendersofthebrave, la prima per svolgere un controllo intensivo sul passato di Harker222, l’altra perché era l’ avvocatessa che aveva aiutato con i casi precedenti.
 
Izuku mandò un messaggio a Gwen. Lei era perfettamente in grado di scoprire l’identità di Harker222 e assicurare che fosse legittima. 
Non aveva mai amato correre rischi.
 
Poi, con una forza di volontà sconfinante nell’eroico, si trascinò fuori dal letto, non abituato ad alzarsi così presto. Questo era uno dei vantaggi di studiare come privatista: aveva il suo proprio orario.
 
Come sempre, la casa era silenziosa e priva di qualsiasi attività, così andò in soggiorno, accese la TV per avere un po’ di rumore, e incominciò a prepararsi.
 
La mamma di Izuku era una Chef, e una maledettamente brava per di più, attualmente a New York. Doveva viaggiare tutt’ intorno al mondo per il suo lavoro, che era grandioso ed entusiasmante – e pagava bene, cosa di cui a un certo punto avevano avuto un disperato bisogno- ma per la maggior parte del tempo stava molto lontana da casa. A Izuku lei mancava, ma sapeva che era un sacrificio necessario e quando avrebbe finito la scuola superiore, nulla gli impediva di seguirla.
 
Comunque non era nemmeno così solo.
 
Izuku indossò una maglietta bianca e dei pantaloni neri, per poi cambiarsi quando cominciò a sentirsi a disagio per la cicatrice sulla sua schiena. Una figura di Lichtenberg che iniziava dalla spalla destra e gli copriva un po’ più di un quarto della schiena, e che si poteva scorgere se uno aveva gli occhi acuti e se lui indossava qualcosa di bianco.
 
Di solito non sarebbe stato un problema. Ma solitamente Izuku evitava la sua ex scuola media come la peste, e non voleva che nessuno fosse ricordato del perché aveva lasciato.
Non che le cose sarebbero state fantastiche in ogni caso.
 
Pur avendo studiato a casa per due anni, Izuku ancora doveva recarsi alla sua vecchia scuola per svolgere gli esami, e quella era per lui l’attività meno preferita in assoluto, perché tutti là dentro sapevano che era quirkless. 
 
Le prese in giro erano interminabili.
 
 
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Izuku aveva dodici anni la prima volta che mentì riguardo il suo quirk.
Aveva smesso di andare a scuola da due mesi, smesso di nascondersi nel suo appartamento da uno, e aveva iniziato a frequentare un centro sportivo, del genere che provvedeva tutti i generi di attività fisica e allenamento per quirk.
 
Aveva avuto bisogno del movimento. All’inizio, era stato terribile. Aveva continuato ad andare perché era un allenamento necessario per essere un eroe. E poco a poco, aveva imparato ad apprezzare l’attività fisica.
 
Ma più di ogni altra cosa, aveva bisogno di relazionarsi con altri esseri umani. Stare da solo lo stava divorando vivo.
 
E ovviamente, i suoi nuovi amici avevano chiesto del suo quirk. 
 
Non era riuscito a dir loro la verità. Il “ho un analisi quirk”  gli era uscito dalle labbra prima che avesse avuto il tempo di pensarci. Nessuno era rimasto sorpreso.
 
Era una cosa stupida. Non era come se potesse cambiare qualcosa nel registro dei quirk, a meno che non lo dimostrasse . E se i suoi nuovi amici avessero incontrato qualcuno dal suo passato, il gatto sarebbe uscito dal sacco.
 
Ma il cambiamento era stato immediato. Nessuno aveva pensato che fosse inutile o debole. 
La gente gli aveva chiesto come migliorare il proprio quirk. Erano stati ad ascoltarlo a scapito della sua giovane età. E lui li aveva aiutati, iniziando la sua attività di consulente per quirk, ma quella è una storia per un altro giorno.
 
 
 
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Teste si voltarono nella sua direzione mentre Izuku camminava lungo i corridoi della scuola media, ma poiché era l’unico senza divisa, non era sorprendente, e Izuku li ignorò.
 
Dato che Izuku aveva avuto il tempo di disabituarcisi, i suoi occhi continuavano a indugiare sui manifesti colorati appesi ai muri della scuola.
 
La strada giusta per il giusto quirk.
 
Forza, mente, quirk.
 
Unisciti agli Esemplari.
 
L’ultimo, uno dei pochi manifesti che non conteneva la parola “quirk”, era un po’ ingannevole, perché bisognava essere invitati dalla Commissione degli Eroi per entrare nel Corpo.
 
Tutte quelle strade aperte, a seconda del quirk che hai.
 
Online esistevano gruppi di sostegno per persone con quirk da villain, o con quirk semplici, ma niente per le persone quirkless. Era come se il gruppo di Izuku non esistesse. 
Quando le persone quirkless erano menzionate, era o in film dove morivano e l’eroe che non era riuscito a salvarli avrebbe pianto di quanto impotente era stato, o- il suo preferito- si scopriva che quello quirkless aveva avuto per tutto il tempo un quirk incredibilmente potente di cui non sapeva l’esistenza. Ed era un fatto comunemente ammesso che i quirkless fossero una specie morente.
 
In un mondo dove i quirk dettavano la tua strada, nessuno sapeva cosa farci dei quirkless.
 
Ciò significava che non avendo un quirk che potesse indirizzarlo verso una predeterminata strada, con sufficiente impegno poteva camminare lungo qualsiasi sentiero. Poteva scegliere.
 
E Izuku desiderava essere un eroe.
 
Quando entrò nell’aula che gli era stata assegnata, la sua vecchia classe tra parentesi, tutti erano già ai loro posti e il suo ex coordinatore di classe era davvero preoccupato per come Izuku fosse quasi in ritardo e come dovesse stare più attento, e così via.
 
Kacchan era in prima fila e quando lanciò uno sguardo furioso a Izuku, quest’ultimo subito si guardò i piedi. Con l’ex amico d’infanzia la regola era essere invisibili, ma pure quello non avrebbe salvato nessuno dalla sua collera.
 
Tuttavia il suo quirk era Explosion e tutti sapevano che era destinato a diventare un eroe. Eccezioni dovevano essere fatte per persone speciali come lui.
 
Iniziò il compito e Izuku lo svolse facilmente. La quantità dei suoi appunti era salita alle stelle da quando aveva iniziato a studiare da solo, e aveva smesso di essere nervoso durante gli esami.
 
E come sempre, finì mezz’ora in anticipo.
 
Consegnò il proprio compito all’insegnante e tornò alla sua sedia e al piccolo banco in fondo alla classe, quaderno degli appunti in mano. In realtà non gli era permesso lasciare l’aula prima della fine degli esami, ma non gli piaceva perdere tempo in quel posto.
Non voleva assolutamente avere il tempo di pensare quando si trovava in un luogo dov’era stato…beh, un luogo a cui non era mai veramente appartenuto.
 
Izuku ignorò come fosse accuratamente consapevole della cicatrice sulla propria schiena, e iniziò a lavorare sul quirk  modificatore della temperatura di cui gli erano stati dati i particolari.
Nel suo server, come SmallMight1541, la gente veniva da lui per chiedergli come migliorare i propri quirk, e lo pagavano pure, il che era un bel bonus.
 
Era riuscito a lavorare per dieci minuti quando il suo ex insegnante si avvicinò, fermandosi davanti al banco di Izuku.
 
“Midoriya…” sussurrò, o almeno quella doveva essere l’intenzione. “Mi stavo chiedendo dove avessi intenzione di andare l’anno prossimo?”
 
Perché? Perché mi stai parlando proprio qui e ora? Non sei più il mio insegnante. Dimenticati di me.  
Per favore. Ti prego. Con una ciliegina sulla torta.
 
Tristemente non ricevette il messaggio e attese la sua risposta. Oh, cosa Izuku avrebbe dato per un quirk telepatico o cancella memoria.
“Ho intenzione di provare l’esame d’ammissione alla UA” disse Izuku chiudendo il quaderno.
 
Un lampo di sorpresa attraversò il viso dell’adulto. La UA era una scuola eccellente, ma conosciuta soprattutto per un corso in particolare.
“Oh, il Corso Ordinario o quello di Management?”
 
“Il corso per eroi”.
 
Lo aveva sussurrato, ma nel silenzio interrotto solamente dal rumore di penne che scrivono sulla carta non aveva altra scelta che essere udito, e diversi studenti voltarono il capo nella sua direzione, ma almeno furono discreti, malgrado l’incredulità sulle loro facce.
Cosa non discreta fu Kacchan che girava la testa verso di lui, come un gufo pazzo, per poi lanciare a Izuku uno sguardo furioso che elevò il suo girare il collo a qualcosa che avrebbe richiesto diversi esorcisti per occuparsene. 
 
L’insegnante si limitò a sorridere goffamente, imbarazzato, e se ne andò come se non avesse appena esposto Izuku davanti al resto della classe.
 
Appena finì l’esame e gli studenti iniziarono a consegnare le proprie schede, Izuku afferrò il suo zaino e iniziò a squagliarsela, ma Kacchan e i suoi amici subito si precipitarono su di lui mettendolo con le spalle al muro.
 
Kacchan sorrise. L’espressione era innaturale e vagamente terrificante, e per aggiungere al danno la beffa, l’insegnante scelse quel preciso istante per lasciare la stanza.
 
“Ehi, Deku! Ti ho appena sentito dire che andrai alla UA?”
 
Un giorno, Izuku avrebbe scoperto perché la sua mera presenza innervosiva Kacchan. Quel giorno non doveva per forza essere oggi.
 
“Sì” ammise guardandosi intorno, ma non c’era alcuna via di fuga.
 
Kacchan sospirò: “Perché ti ostini a farmi incazzare?”
 
Ma tutto ti fa incazzare.
 
“Non so neanche cosa ho fatto” gli ricordò Izuku.
 
Non stava parlando solamente di oggi. Un tempo, Kacchan e Izuku erano sempre l’uno con all’altro, anche dopo che lui fu dichiarato quirkless. E un giorno, il suo amico d’infanzia aveva iniziato a disprezzare la sua sola vista.
 
Kacchan mostrò i denti, emanando onde di puro disprezzo. “Sei un nessuno che respira la mia stessa aria. Sei inutile e non sei neanche in grado di gestire la scuola media. Perché cazzo pensi che sopravvivresti vicino a una scuola superiore per eroi?”.
 
Izuku non rispose. Si limitò a guardarlo, pronto a scattare qualora Kacchan avesse usato il suo quirk. Sarebbe sembrato ridicolo e avrebbero riso di lui, ma se poteva evitare dei petardi sulla pelle, non gli importava. 
E il suo un tempo amico quasi immediatamente gli diede ragione…
 
Il braccio di Kacchan fendette l’aria e anche se Izuku quasi schizzò fuori dalla propria pelle, non era lui il bersaglio. Kacchan agguantò il quaderno che era ancora sopra il banco, i suoi appunti e analisi, e le pagine scricchiolarono mentre i petardi iniziavano a distruggerlo.
 
Izuku poté solo fissare cosa stava facendo.
 
Prima che fosse fatto un danno irrimediabile, Kacchan si gettò il suo lavoro alle spalle senza guardare. “Se vuoi così tanto essere un eroe, perché non ti butti giù dal tetto e preghi di avere un quirk nella tua prossima vita?”
 
Un silenzio incredibile calò sulla classe, così pesante da essere quasi fisico. Gli studenti fissavano Bakugou e si guardavano tra di loro, gli occhi spalancati, disagio scritto nel linguaggio del corpo di ognuno.
 
A nessuno nella stanza piaceva Izuku, ma ognuno di loro si rese conto che Kacchan aveva appena superato un limite, ed era come se tutti stessero trattenendo il respiro.
 
Ma nessuno disse nulla.
 
Né lo fece Izuku. Raccolse quel che rimaneva del suo quaderno e lo zaino, e se ne andò senza dire una parola.
 
Vide il suo insegnate mentre usciva. L’adulto guardò il quaderno rovinato, poi i suoi stessi piedi, chiaramente a disagio, ma non disse nulla.
 
La cosa non sorprese Izuku.
 
 
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A prova che la vita aveva un senso dell’umorismo e Izuku era la battuta finale, stava ritornando al suo appartamento quando un villain cercò di ucciderlo. Ricordò di star annegando. Ricordò di aver cercato di lottare per la propria vita. 
 
E di aver fallito.
 
Poi, All Might apparve in quello che chiaramente era un sogno febbrile creato da un cervello privato troppo a lungo di ossigeno.
 
Tranne che non lo era.
 
 
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Le cose che imparò quel giorno.
 
 
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“Sono quirkless. Pensi…pensi che possa essere un eroe?”
 
Era una domanda stupida questa. Izuku ne era consapevole ancora prima di porla, ma non poteva farci niente. Era patetico, ma aveva bisogno di validazione. Aveva bisogno che qualcuno gli dicesse che sì, i suoi sogni non erano insensati. Che poteva fare qualcosa. 
 
All Might prese un respiro profondo, scuotendo leggermente la testa da destra a sinistra, e Izuku sapeva cosa avrebbe detto, perché il suo linguaggio del corpo aveva già risposto.
La speranza morì in lui prima ancora che All Might pronunciasse nulla e si preparò ad ascoltare le attuali parole.
 
“Senza potere, si può diventare un eroe? No, penso di no”.
 
Era come se tutta l’aria fosse scomparsa dai polmoni di Izuku. Anche se lo sapeva. Anche se si era preparato a sentirlo.
 
“Se desideri aiutare le persone, diventare un agente di polizia è sempre un’opzione” continuò All Might. “ E’ un lavoro ammirabile”.
 
Questo effettivamente aiutò Izuku ad ancorarsi di nuovo alla realtà.
 
A causa dell’assoluta stupidità di questo suggerimento.
 
La polizia discriminava sui quirk. Non che li usassero veramente, ma volevano che i loro membri li avessero pronti se c’era un problema, e esisteva un progetto di legge che avrebbe impedito a persone con certi quirk di arruolarsi, perciò una persona quirkless non avrebbe mai potuto avvicinarsi a quel posto di lavoro.
 
“Non è sbagliato sognare. Tuttavia, devi essere realistico, ragazzo”.
 
Fu in quel momento che Izuku realizzò cosa stava accadendo.
 
All Might non capiva. Non poteva. All Might aveva un quirk. Aveva il quirk più incredibile di cui Izuku avesse mai sentito parlare. Non poteva rendersi conto della differenza tra le loro vite. 
 
Non viviamo nello stesso mondo.
 
Dopo che se ne andò All Might, Izuku rimase a lungo sul tetto. A pensare soltanto, appoggiato al corrimano.
 
 
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Le esplosioni facevano tremare il suolo mentre Bakugou lottava per difendersi, cercando disperatamente di respirare mentre il villain di fango lo avvolgeva e tentava di entrargli dentro, e Izuku era terrorizzato perché sapeva. Sapeva intimamente cosa stava accadendo, come stava lottando per l’aria, come era impossibile combattere contro questo villain.
 
Ed era colpa sua, perché aveva accidentalmente permesso al villain di fuggire quando aveva afferrato All Might. 
 
Il corpo di Izuku si mosse da solo.
 
Stava guardando gli eroi, domandandosi cosa diamine stessero combinando mentre qualcuno veniva annegato sulla terraferma, ma poi vide quanto spaventato fosse Kacchan, e un attimo dopo era già in movimento.
 
Le sue gambe lo sostennero, e attraversò il luogo prima che qualcuno avesse il tempo di trattenerlo. A meno che non avessero uno Speed quirk, non lo avrebbero raggiunto, non quando correva ogni giorno a tutta velocità.
 
Non che Izuku avesse un piano. Sapeva solo che gli occhi del villain restavano immutati non importa quale forma assumesse, perciò li graffiò, facendolo urlare, e per un attimo Bakugou poté espirare.
 
E poi il villain di fango balzò verso Izuku, determinato a finire cosa aveva iniziato prima quel giorno.
 
Izuku sapeva di essere morto.
 
Ma All Might apparve dal nulla. Lo salvò ancora una volta, dando un pugno all’aria per colpire il villain di fango. E poi, scomparve. Senza dubbio si stava avvicinando al suo limite di tempo.
 
Scomparve lasciando Izuku da solo con Kacchan, che per una volta era silenzioso, e una dozzina di eroi che si congratulò con lui per il suo quirk e di come poteva con facilità diventare un eroe. Alcuni incoraggiarono anche Izuku, dicendogli che era stato coraggioso.
 
Almeno finché non si resero conto che Izuku era quirkless.
 
 
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“Saresti potuto rimanere ucciso!”
 
“Incosciente…”
 
“Stupido.”
 
“Fortunato a essere vivo.”
 
“Sii realistico.”
 
Era il bel mezzo della notte e Izuku stava consultando il cellulare sul tetto della sua vecchia scuola media. Entrare lì dentro era stato ridicolmente semplice, più di quanto si fosse aspettato.
 
Aveva voluto essere lontano da tutto, e da qualche parte di silenzioso, ma non il silenzio del suo appartamento. Aveva preso in considerazione il luogo dove All Might l’aveva accidentalmente portato, ma non poteva accederci, perciò la scuola senza studenti era la seconda miglior cosa. 
Ed eccolo qui, sul suo cellulare, a finire il lavoro che aveva come amministratore. Gwen aveva già svolto la sua richiesta, così contattò Defendersofthebraveper chiederle se era disposta ad aiutareHarker222. Ora Izuku stava aspettando la sua risposta.
 
Izuku stava pensando di abbandonare il server. Non avevano bisogno di lui. Gwen avrebbe probabilmente fatto un lavoro assai migliore. E non era come se le persone che conosceva nel server fossero amici veri.
 
Non era come se Izuku avesse degli amici. O altro.
 
Izuku doveva solo completare questa cosa. Doveva solamente completare questa richiesta. Poi, avrebbe potuto smettere.
 
Il piano era quello. Un ultimo lavoro. Dopo avrebbe smesso e avrebbe finito con tutto questo. Ma qualcuno si mise in contatto con lui attraverso il server. Qualcuno che non voleva parlare con l’amministratore del server, ma con SmallMight1541.
 
Izuku aveva iniziato a chattare con Snowdriftcirca un anno prima, prima perché a entrambi piaceva All Might. Poi, avevano condiviso sempre più cose. E questa volta, Snowdriftaveva davvero bisogno di parlare con qualcuno, e onestamente, a Izuku serviva una distrazione.
 
Chattarono a lungo.
 
Due ore dopo, Izuku lasciò il tetto senza guardarsi indietro. Aveva deciso di non cancellare il suo account circa dieci minuti dopo l’inizio della conversazione.
 
 
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Izuku espanse il suo network. Aiutava chiunque aveva un problema, a condizione che non volessero far del male ad altri. Un favore per un favore, e iniziò a utilizzarli, conoscendo sempre più gente, ovunque.
 
Sempre più persone lo trovavano. Sempre più persone che avevano problemi perché non avevano il giusto quirk, o perché qualcun altro ne aveva uno più interessante e per quelli leggi e regole tendevano a piegarsi.
 
La maggior parte del tempo, Izuku si limitava a mettere in contatto le persone.
Facilitava scambi di servizi o transazioni. Svolgeva ricerche grazie a Gwenin modo da sapere con chi aveva a che fare e per essere certo di non star facendo del male a nessuno. Questo era il suo server, perciò era una sua responsabilità.
 
Ma non andavano da Smallmight1541, ovviamente.
Smallmight1541era un utente capace di analizzare quirk.
 
No, loro andavano dall’amministratore del server.
 
Nome utente: Anyone.
 
 
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Il giorno del diploma, Kacchan ricevette il suo invito per gli Esemplari davanti a tutta la scuola, consegnato dal preside in persona, che lo congratulò per il suo comportamento eroico. Sembrava che Kacchan volesse fare a pezzi la lettera con i denti.
 
E Izuku era lì, perché in veste di studente istruito a casa, questa scuola era dove avrebbe dovuto ricevere il suo certificato. Batté pure le mani con tutti gli altri per complimentare Kacchan. Gli Esemplari erano l’élite del corso per eroi, giovani con quirk pregevoli che mostravano talento e una forza d’animo eroica. Potevano andare in qualsiasi scuola volessero e una volta diplomati, avrebbero avuto accesso alla cima della Classifica degli Eroi. 
Scelti dalla Commissione degli Eroi.
 
E circa dieci minuti dopo che Kacchan ebbe ricevuto questo grande onore, seguì Izuku in un posto isolato.
 
“Deku…” ringhiò, avvicinandosi a lui.
 
“Congratulazioni, Kacchan” disse Izuku educatamente.
 
Cercò di afferrare Izuku per il bavero.
 
Forse per spingerlo contro il muro. Forse per fargli saltare in aria la faccia.
 
Izuku non gli lasciò mai il tempo per provarci.
 
Schivò, afferrando il polso di Kacchan, e gli calciò il ginocchio, l’articolazione che fece il suono quasi di uno schiocco sotto il suo piede. Sbilanciato, Kacchan si schiantò al suolo, e prima che potesse saltare di nuovo alla gola di Izuku, il ragazzo dai capelli verdi gli posò il piede sul polso, ma senza metterci sopra tutto il suo peso.
 
Kacchan rimase completamente immobile, e Izuku, il cuore che gli batteva fortissimo nelle orecchie, aveva il controllo completo. Lo avrebbe capito anche se il viso di Kacchan non avesse tradito quanto scioccato fosse che Izuku si stesse difendendo. Perché questo non sarebbe dovuto accadere. Kacchan era il simbolo della vittoria mentre Izuku era quirkless. Malgrado l’allenamento del ragazzo dai capelli verdi, i due stavano un mondo a parte e Izuku avrebbe dovuto essere indifeso.
 
Ma ora che Izuku si era reso conto che non aveva niente da perdere, le cose erano più semplici.
 
E con il piede sul polso di Kacchan, il suo amico d’infanzia stava diventando consapevole che c’era molto che non poteva rischiare.
 
Izuku si vide rompergli il polso. Poteva quasi udire lo scricchiolio che l’osso avrebbe fatto rompendosi, come con altri due calci, Kacchan non sarebbe mai stato in grado di usare di nuovo il suo quirk senza atroce dolore.
 
Ma Izuku non lo fece.
 
“Addio, Kacchan” disse semplicemente Izuku.
 
 
 
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Esisteva un circolo specializzato nel fornire alle persone nuove identità. Come un Programma di Protezione Testimoni per persone nate con le carte sbagliate, come l’essere imparentati con un villain, l’avere un quirk debole o da villain, ecc.
 
Izuku  ci aveva pensato a lungo. Con tutta sincerità, Midoriya Izuku non aveva futuro. Non in questo paese. Le persone quirkless non avevano lavori interessanti.
 
Midoriya Izuku, quirkless e praticamente inutile, scomparve.
 
Akatani Mikumo, ragazzo dai capelli bianchi con un analisi quirk, prese il suo posto.
 
 
 
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Cinque scuole avevano ammesso Izuku, a parte il fatto che in realtà aveva accettato Akatani Mikumo, che aveva un’analisi quirk e gli stessi voti di Midoriya Izuku. Si chiese brevemente se sarebbe stato ammesso senza un quirk, ma si astenne dall’andare oltre. Non c’era ragione.
 
Una delle scuole che lo ammise era la UA.
 
La prese in considerazione, ma non per molto. Kacchan sarebbe andato lì e se c’era una persona che poteva riconoscerlo, era il pomeranian arrabbiato camuffato da adolescente. Così scelse la Kohaku.Scuola pregevole, non lontana, programma eccellente. Inoltre c’erano un sacco di lezioni online, perciò Izuku poteva continuare a studiare da casa e godersi il suo tempo libero.
 
E lavorare come Anyone.
 
Poi, un folle piano nacque nella mente di Izuku. Qualcosa che non era basato su niente di tangibile, ma era un’opportunità. Ci pensò. Lo ponderò.
 
Poi, siccome si rese conto che non sarebbe stato in grado di portarlo a termine da solo, decise che avrebbe abbandonato l’idea se quelli che potevano aiutarlo si rifiutavano.
 
 
 
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Anyone: 
 
          | Devo avvertirvi che alcune parti di questo progetto potrebbero essere motivate da pura meschinità. |
 
 
 
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Gli essere umani sono condizionati a ignorare i rischi. Potrebbero saperlo, potrebbero prendere precauzioni per evitarli, ma non li temono finché le conseguenze non sono mature e sul punto di prenderli a pugni in faccia. 
 
Toshinori sapeva di avere sempre meno tempo con One for All, non a causa del quirk in sé, ma perché il suo corpo non riusciva a sopportare lo stress e si fermava appena raggiunti i propri limiti. Non c’era modo di eludere la cosa, così era costretto a controllare il suo tempo ancora e ancora, e a badare di non andare oltre, il che era alquanto ironico.
 
Ma funzionava. Aveva sempre funzionato.
 
Così in qualche modo, Toshinori era riuscito a convincersi che avrebbe funzionato sempre.
 
All’inizio ci fu l’incidente d’auto. Poi, qualcuno cadde dentro un fiume.
C’era stato un incidente lungo la strada perciò Toshinori fu costretto a portare lui stesso la vittima all’ospedale, perché non c’era nessun dottore sul posto. Poi una rapina in banca. Un inseguimento in auto. Persino per Tokyo, incidenti e misfatti erano ovunque in questo giorno specifico.
 
Toshinori sapeva di star impiegando troppo tempo, tempo che non aveva. Sapeva anche che c’erano altri eroi in grado di gestire tali situazioni.
 
Ma non riuscì a rallentare. Non poteva correre il rischio che qualcuno rimanesse ferito perché non era abbastanza veloce. Perché cosa sarebbe accaduto se l’eroe che doveva rispondere alla situazione non aveva il giusto quirk? E se qualcuno moriva cercando di aiutare?
 
Era nel mezzo di un cantiere chiuso quando una barra di metallo quasi gli cadde in testa, e onestamente, non era il peggio che gli fosse capitato oggi.
 
Fino a quando qualcosa non gli fece perdere l’equilibrio.
 
Era così semplice, ma quando accadde, fu come se One for All lo avesse abbandonato completamente. Si schiantò al suolo, e tutto divenne nero. Quando aprì di nuovo gli occhi, era disteso a terra, intrappolato sotto un mucchio di metallo.
 
Toshinori provò a liberarsene, ma non aveva nulla. Niente forza, niente energia, solamente un freddo intenso che non lasciava spazio a nient’altro.
 
Tranne che per la paura, ovviamente. L’ultima volta che il suo corpo era venuto meno era quasi morto.
 
“C’è nessuno lì?” chiamò qualcuno di giovane.
 
Toshinori non osò dire nulla. Era troppo spaventato per chiamare aiuto. Era lui quello che avrebbe dovuto salvare le persone, non il contrario. Ciononostante, guardò nella direzione della voce, e vide chi stava correndo verso di lui.
 
E Toshinori lo riconobbe. Giovane, capelli verdi, grandi occhi color smeraldo, e pure indossando una felpa di All Might.
 
Il ragazzo raggelò quando lo vide.
 
Diventò estremamente pallido quando guardò cosa Toshinori non poteva vedere del suo corpo da dietro i tubi di metallo.
 
Confermando ciò che le intense sensazioni di intorpidimento e dolore avevano cercato di dire a Toshinori per tutto il tempo.
 
Non so il suo nome, si rese conto Toshinori. Non aveva mai chiesto. Persino dopo il secondo attacco del villain di fango, si era aspettato di apprendere il suo nome dai notiziari, ma non era mai stato nominato. Aveva avuto intenzione di svolgere qualche ricerca, ma era stato troppo impegnato per farlo.
 
Il ragazzo guardò il disastro di metallo e tubi. Sembrava terrorizzato, probabilmente perché il suo eroe si stava avvicinando alla propria fine, e nessuno di loro poteva fare qualcosa a riguardo. Il ragazzo tirò fuori il cellulare in un secondo, chiamando aiuto. Bei riflessi, ma sembrava che fosse troppo tardi.
 
“Avvicinati, per favore” chiese Toshinori, sentendo sempre più freddo, la forza che lo lasciava.
 
E il ragazzo lo fece, sembrando ancora spaventato ma cercando di nasconderlo. Ragazzo coraggioso.
 
Ma Toshinori quello già lo sapeva. Solo qualcuno di coraggioso avrebbe corso verso un villain per salvare qualcun’altro. Perché non gli aveva parlato quel giorno? Avrebbe dovuto dire qualcosa.
 
“Mi dispiace, giovanotto. Mi dispiace averti detto che non potevi diventare un eroe”.
 
Il giovanotto sembrava sconvolto. “Dimenticatelo. Va bene così”.
 
“No, non va bene” lo corresse Toshinori. “Ero spaventato. Per te. Cosa significava per me. Ma adesso, ho bisogno del tuo aiuto. Il mio tempo è finito”.
 
E non stava parlando solamente del suo quirk.
 
“Il mio quirk…il mio quirk è chiamato One for All. Non comparve con me, capisci, ma mi è stato tramandato, come una torcia di fuoco eterno. Ho ereditato l’abilità di trasferire potere”.
 
Gli occhi del ragazzo si ingrandirono comicamente.
 
“Cosa?”
 
Ovviamente non poteva crederci.  Nessuno aveva mai sentito parlare di un quirk che potesse essere trasferito. Ma All Might aveva una responsabilità in quanto portatore di One for All, una persino più importante del combattere All for One o essere il simbolo della Pace.
 
“Trova Gran Torino. Ti aiuterà. Ti spiegherà tutto”.
 
“Non dire così. Starai bene!”
 
Toshinori non aveva tempo per confortarlo, perciò si strappò un capello dal capo e lo mise in mano al ragazzo. E’ un ragazzino, davvero un ragazzino. Addirittura più giovane di me quando ho perso Nana.Il ragazzo dai capelli verdi lo guardò senza capire.
 
“Per ereditare il mio quirk, devi consumare un pezzo del mio DNA” spiegò Toshinori.
 
La faccia del ragazzo divenne di colpo priva d’espressione.
 
“Fallo!” ringhiò Toshinori.
 
Il ragazzo si portò la mano al viso così in fretta che praticamente si schiaffeggiò sulla bocca e inghiottì il capello.
 
Toshinori chiuse gli occhi, sereno perché sapeva che One for All non sarebbe morto con lui. L’avrebbe gestito Gran Torino. L’aveva già fatto una volta. Sarebbe andato tutto bene.
 
E quando li riaprì, non c’era nessun metallo, né tubi,  e anche se il terreno era freddo sotto di lui, come se fosse mezzo congelato, All Might si sentiva perfettamente bene. 
 
E il suo quirk era svanito.
 
 
___________________________
 
 
 
Izuku corse, si rimise il berretto e la maschera per nascondersi il volto, evitò le telecamere, prese due autobus, e poi, allora e solo allora, inviò il segnale in modo che tutti smettessero di usare i loro quirk. 
 
Aveva bisogno di tanta distanza quanta fosse umanamente possibile tra lui e All Might quando quest’ultimo avrebbe realizzato cos’era appena accaduto, se qualcosa era accaduto davvero.
Oltre ad essere stranito per aver inghiottito un capello, Izuku non riusciva a sentire niente di diverso.
 
One for All. Una voce che pochi potevano scovare e ancor meno erano in grado di ascoltare.
 
Niente di tutto questo sarebbe accaduto senza Anyone. La massiccia operazione era stata una combinazione di quirk ed erano stati chiamati un sacco di favori. Il peggio era stato far correre in giro All Might e stremare il suo quirk in modo che fosse più facile ingannarlo. Izuku aveva scelto gli innocenti da salvare di All Might specificamente in base ai loro quirk, per essere sicuro che non fossero in reale pericolo.
 
Izuku si strofinò le braccia, cercando di riscaldarsi un po’. Aveva avuto così freddo laggiù, al fianco di All Might, ma non poteva mostrarlo perché l’eroe doveva credere che il freddo fosse dovuto alle sue ferite e non ad un ice quirk. Combinato con diversi quirk debilitanti, uno illusorio, un quirk confondi mente e una moltitudine di persone che avevano usato i propri poteri per far credere all’eroe numero 1 che stava veramente diventando più debole. Implementati da un colpo in testa quando era scivolato e caduto sul ghiaccio.
 
Quando Izuku si sentì abbastanza lontano, controllò il cellulare, e confermò con il suo teleporter per la giornata che ognuno fosse tornato a casa senza problemi, incluso Snowdrift.
 
Izuku sospirò di sollievo. Si era assicurato l’assistenza di questo teleporter perché non voleva che nessuno disposto ad aiutarlo rischiasse di subire l’ira di All Might.
 
Sì, sei tu quello che dovrà prendersi la responsabilità, lo derise una vocina nella sua testa.
 
Izuku allontanò il pensiero. Aveva appena eseguito un piano folle, era ancora vivo, e ora avrebbe volato basso per un po’.
 
Mezzo secondo dopo, una bambina piccola urtò contro la gamba di Izuku, ma poiché esistevano dei criceti più grandi di lei, Izuku non perse l’equilibrio e lei cadde, gli occhi pieni di lacrime che lo mandarono immediatamente nel panico.
 
“Stai bene?”
 
Lei sussultò quando provò a porle la mano per aiutarla a rimettersi in piedi, e Izuku rimase pietrificato, perché questa reazione era solo una goccia in un mare di allarmi. La bambina aveva forse cinque anni- Izuku non conosceva abbastanza bambini da indovinare correttamente- con capelli bianchi, occhi rossi, e un corno sulla fronte. Stava indossando quella che sembrava una camicia da notte grigiastra, insufficiente a proteggerla dal vento pungente, le sue braccia e gambe erano coperte da bendaggi, ed era scalza.
 
E sembrava terrorizzata.
 
Izuku si accovacciò lentamente, facendosi più piccolo e meno spaventoso.
 
“Hai bisogno di aiuto?” le chiese.
 
I suoi occhi rossi, come quelli di un cucciolo di coniglio, si ingrandirono e lei si guardò intorno, come se avesse paura qualcuno sentisse Izuku.
 
Sfortunatamente, aveva ragione a essere spaventata.
 
“Eri!” qualcuno chiamò dall’oscurità del vicolo, palesemente scontento.
 
Izuku si alzò giusto mentre un uomo con una maschera d’uccello usciva dal vicolo. Lanciò un’occhiata alla bambina - Eri - che era ancora a terra e Izuku si rese conto di non poterla lasciar andare via insieme a lui.
“Guarda cos’hai fatto, causare così tanto disturbo a uno sconosciuto. Torna indietro, Eri”.
 
Non era la maschera. Molte persone le indossavano in un’epoca dove le mutazioni erano comuni. Era l’assoluta mancanza di interesse nei suoi occhi. Solitamente, quando qualcuno guarda un bambino, hanno un certo calore negli occhi, una traccia che quella persona sta effettivamente vedendo qualcosa di piccolo e carino che appartiene alla sua stessa specie. Ma non in questo caso.
 
Eri si voltò verso l’uomo con la maschera d’uccello e esitò, palesemente non volendo andare con lui. Guardò Izuku, ma poi abbassò subito lo sguardo e pensò furiosamente. Non si aspettava che l’aiutasse. 
 
E non si aspettava che Izuku le arruffasse con gentilezza i capelli. Guardò in alto verso di lui, i suoi grandi occhi pieni di interrogativi e un po’ di sfiducia, ma Izuku non le lasciò vedere quanto fosse disorientato dalla situazione. Invece, rimase calmo. La guardò.
 
Sono qui. Andrà tutto bene.
 
Ed eccola lì. Speranza.
 
Bene. Almeno una persona crede che possa trovare una via d’uscita da questo casino.
 
“La conosce?” chiese Izuku, sorridendo come se non stesse valutando il gridare a squarciagola per allertare un eroe nelle vicinanze. Diamine, pure All Might se era necessario.
 
“E’ mia figlia” rispose l’uomo mascherato rimuovendosi un guanto. Sembrava annoiato. Senza dubbio non era appassionato dalla conversazione. “Ha un’età difficile. Scusi il disturbo”.
 
“Non le assomiglia”.
 
L’uomo mascherato lo guardò ed era come se la temperatura calasse all’improvviso.  Lo guardò come se la vita di Izuku non valesse nulla. Come se fosse un insetto, fastidioso e innocuo, e che schiacciarlo sotto il piede all’uomo non avrebbe dato problemi. L’avrebbe semplicemente fatto e sarebbe andato avanti con la sua vita senza nemmeno soffermarsi sulla sua esistenza.
 
“Muoviti, moccioso” disse l’uomo mascherato, un ultimo avvertimento, un’ ultima occasione per Izuku di cogliere il suggerimento e correre per salvarsi la pelle.
 
Mi ucciderà.
 
“Non...non penso di poterlo fare” disse Izuku debolmente.
 
Non aveva niente con lui. Certo, sapeva lottare se necessario, ma l’uomo si era appena rimosso il guanto, perciò il suo quirk era basato sul contatto e Izuku non voleva lasciargli l’occasione di mettergli la mano addosso. E c’era la piccola. Poteva darsela a gambe ma sarebbe stato abbastanza veloce se la stava portando con se?
 
Ma l’adulto era stanco di aspettare.
 
“Eri?” la chiamò, facendola trasalire. “Ricordati che questo è colpa tua”.
 
Fece un affondo verso Izuku.
 
Puro terrore riempì l’adolescente e sollevò il pugno, reagendo d’istinto perché sapeva che quest’uomo stava per ucciderlo.
 
E poi, il mondo fu annegato in un mare di dolore.
 
 
 
___________________________
 
 
 
Qualcuno bussò alla porta di Ao nel bel mezzo della notte e lei andò ad accoglierlo con una mazza da baseball. Non che il suo inaspettato e sgradito ospite non l’avesse avvisata del suo arrivo, ma nondimeno, c’era un determinato protocollo da seguire quando qualcuno osava svegliarla.
 
Sapeva che era Akatani. Sapeva che era accompagnato da un bambino, una piccolina con lunghi capelli bianchi e occhi rossi, come un cucciolo di coniglio.
 
 Ma si era ovviamente dimenticato di menzionare il suo braccio: completamente viola, irrimediabilmente rotto se quirk come il suo non fossero esistiti. Akatani stava respirando lentamente, come se stesse cercando di trattenere in gola un ben guadagnato urlo di dolore. Era pallido come la morte e c’erano gocce di sudore sulla sua fronte, rendendogli pesanti i ricci verdi, ma a parte quello, niente avrebbe indicato che il suo braccio era un disastro di ossa rotte.
 
“Ao?” chiese, e la sua voce era quasi calma, seppur affaticata. “Mi dispiace chiedertelo, ma penso di aver bisogno d’aiuto”.
 
 
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In una cella oscura del Tartaro, circondato da mitragliatrici, le onde cerebrali monitorate e legato a un letto con delle cinghie, l’ombra di un uomo aveva trovato rifugio dentro la propria mente. A detta di tutti, dovrebbe essere morto. Il Simbolo della Pace gli aveva strappato le braccia, distrutto il viso, e quando i suoi compagni erano a riusciti a mala pena a strapparlo all’ Aldilà, il Simbolo della Pace lo aveva trovato di nuovo, e gettato in questo purgatorio senza mostragli la misericordia di ucciderlo per sempre.
 
Non sapeva per quanto tempo era stato lì. All’inizio, era stato sedato. Quasi costantemente. Un po’ alla volta, aveva combattuto gli effetti, iniziando ad artigliarsi la via del ritorno fino alla terra del risveglio. Potrebbe essere un anno o due. Quattro al massimo. La guardia che si prendeva cura di lui e che continuava a parlare anche se il prigioniero né rispondeva né dava segni di riconoscerlo non era sembrata cambiare molto.
 
La solitudine era una tortura. Una delle cose che lo stava mantenendo sano erano le sue guardie, che tendevano a chiacchierare davanti a lui, inconsapevoli di come si stava nutrendo di ogni distrazione.
L’altra era quanto a fondo potesse immergersi nella propria mente. Come poteva quasi toccare residui provenienti da altre epoche.
 
E, in quel preciso momento, dato che era così in profondità nella propria mente, lo sentì. Il momento in cui il suo quirk, il quirk che aveva dato al suo fratellino, trovò un nuovo portatore.
 
Il nono.
 
 
 
 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 Tempo prima
 
 
Quando a Shouto arrivò la lettera dagli Esemplari, nessuno in casa Todoroki ne fu sorpreso.
In quanto figlio dell’eroe Numero 2, andare alla UA era solo una formalità. Endeavor disse qualcosa che Shouto non ascoltò su come questa lettera fosse il primo passo su una strada gloriosa. Fuyumi si congratulò con lui. Natsuo spedì una mail piena di punti esclamativi.
 
Ed Endeavor divenne sempre più insistente sul fatto che Shouto avesse un destino da compiere, dovesse percorrere la stessa strada di suo padre, e che la sua ribellione infantile dovesse finire o gli altri Esemplari lo avrebbero fatto a pezzi, anche se per qualche motivo Shouto era superiore a loro perché figlio di Endeavor. Pazienza. Come al solito non aveva senso.
 
Shouto aveva imparato in giovane età a ignorare le parole del suo vecchio, ma non questa volta. Perché il vecchio aveva - e non riusciva a credere di averlo ammesso- ragione. Andare alla UA era il primo passo per diventare come Endeavor. Senza dubbio la Commissione degli Eroi era già entusiasta all’idea di avere un altro eroe con tale potere offensivo.
 
Non poteva soffocare il fuoco del suo vecchio. Per quanto ci provasse, assomigliava a lui. Sempre più spesso, poteva avvertire la stessa rabbia dentro di sé.
 
Anche se Shouto non avesse usato le sue fiamme, anche se non fosse stato arruolato nell’Agenzia di Endeavor, ci sarebbe sempre stato il rischio di diventare come lui. Sempre.
 
Così decise di scappare di casa.
 
 
______________________________
 
 
 
Shouto non avvertì Fuyumi perché anche se amava teneramente la sorella, e lei gli voleva bene di rimando, avrebbe avvisato il loro vecchio in un secondo. Così un giorno preparò in segreto una borsa con un po’ di contanti e abbastanza vestiti per una settimana e uscì come per andare a scuola. Si cambiò appena poté in una palestra e non si voltò indietro, sapendo che aveva il resto della giornata prima che la sua famiglia realizzasse che non sarebbe tornato.
 
Mai si preoccupò di cosa ne sarebbe stato di lui . Aveva un quirk potente. Avrebbe sempre avuto un modo per sopravvivere in ogni situazione.
 
La prima sosta di Shouto fu in una biblioteca, perché la sua fuga era stata una decisione affrettata e aveva bisogno di un luogo dove pensare a cosa fare dopo, e una connessione al web che il suo vecchio non potesse controllare. Il suo cellulare era spento, in modo da non essere rintracciato e affinché nessuno fosse in grado di contattarlo. Se avesse sentito un messaggio di Fuyumi che lo implorava di tornare a casa…non era sicuro che non sarebbe crollato. 
 
Appena ebbe accesso a un computer, cercò l’unica persona che capiva cosa Shouto stesse cercando di fare: Todoroki Touya.
Suo fratello maggiore, il gemello di Fuyumi, aveva lasciato la casa quando aveva sedici anni, e questo era tutto ciò che Shouto si ricordava di lui. La sua infanzia era una macchia confusa sin da quando era stato isolato dai suoi fratelli, sempre ad allenarsi per essere plasmato nella creazione perfetta di Endeavor, e non aveva tante memorie quante ne hanno la maggior parte delle persone.
 
Perciò, non aveva modo di sapere se Touya lo volesse incontrare. Shouto sapeva che Fuyumi non aveva nessun contatto con lui, ed era quella col legame più stretto con il loro fratello maggiore.
E inoltre se n’era andato dopo che Shouto aveva manifestato il suo quirk e un po’ prima che la faccia gli venisse sfregiata.
 
Per quanto ne sapeva, avrebbe potuto incolpare Shouto per essere stato il catalizzatore del punto di rottura della loro famiglia. Le sue ricerche non portarono a nulla, e non è che poteva andare a cercare tutti quelli con un quirk di pirocinesi e un odio per Endeavor, ma si rese conto che Touya potrebbe aver voluto cambiare il nome Todoroki, così cercò uno Yukimura, il cognome da nubile di sua madre. 
 
Ora, Shouto non trovò uno Yukimura Touya.
 
Trovò invece uno Yukimura Shizuya e una Yukimura Fuyume. Con capelli bianchi e occhi grigi, vivevano a Kyoto. Anziani, anche se la loro pelle non lo mostrava granché – il che non era bizzarro con certi quirk- e ridevano e sorridevano, entrambi indossando degli abiti tradizionali.
 
Avevano un aspetto familiare anche se Shouto non li aveva mai visti.
 
Non ebbe bisogno di cercare a lungo per confermare che avevano una figlia di nome Rei.
 
Sembravano felici.
 
Lo sanno? Sanno cos’è successo a loro figlia?
 
Sanno di noi?
 
Shouto non sapeva cosa pensare a riguardo, così distolse lo sguardo. Prese e controllò il cellulare.
 
Fortunatamente, né il vecchio né Fuyumi avevano ancora chiamato. Probabilmente la scuola non li aveva ancora avvertiti, e visto che avrebbero contattato prima Fuyumi, aveva ancora tempo.
 
Dopo una breve esitazione, aprì la solita app.
 
Shouto aveva trovato il Clamor server mentre cercava dei modi per migliorare il suo ghiaccio. Si era tenuto lontano da conversazioni personali, ed era semplicemente passato da meta quirk a meta quirk senza interferire, finché non aveva finalmente accettato di esporre l’unico lato del suo quirk a cui era interessato.
Poco alla volta aveva scavato sempre più a fondo, fino a che si era reso conto di chi fosse l’amministratore e di cosa potesse fare.
 
Anyone trattava in favori. Se qualcuno poteva aiutarlo a trovare Touya, o addirittura una situazione migliore, era lui.
 
Ma alla fine Shouto non chiese aiuto. Invece, andò da qualcuno con cui aveva parlato molto, all’inizio di come minimizzare gli svantaggi del suo ghiaccio (e ricordava di essere rimasto stupefatto quando gli venne chiesto perché non usava una giacca calda e impermeabile), in seguito altre cose, più personali.
 
Era strano pensare che Smallmight1541era la persona più vicina a Shouto pur non avendolo mai incontrato.
 
Iniziò a digitare prima d’aver avuto il tempo di pensarci.
 
Snowdrift:
 
     [Potrebbe sembrarti improvviso, ma mi piacerebbe incontrarti.]
 
Shouto fissò il puntino verde che indicava che Smallmight1541era online e si rese conto di cosa stava chiedendo, così cancellò immediatamente il messaggio.
 
Ma il suo amico l’aveva visto comunque.
 
Smallmight1541:
 
      [ Quando?]
 
Shouto esitò per un paio di secondi. Quindi digitò di nuovo.
 
Snowdrift:
 
     [Il prima possibile.]
 
Smallmight1541:
 
     [Manda due tue foto, una che mostra due dita, l’altra che ne mostra tre.]
 
Shouto aggrottò le sopracciglia. Condividere foto era già qualcosa che non si faceva mai su quel server, visto che tutti preferivano rimanere anonimi, ma le condizioni extra erano strane e basta.
 
Snowdrift:
 
    [Perché?]
 
Smallmight1541:
 
    [Controllo che tu non sia un pedofilo.]
 
Sembra giusto.
 
 
______________________________________
 
 
 
Cinque giorni prima dell’esame d’ammissione e un intero giorno dopo essere scappato di casa, Shouto entrò in un centro commerciale, cercando in giro Smallmight1541, e quando lo trovò esitò per un attimo.
 
Smallmight1541non stava guardando nella direzione delle porte, ma era voltato leggermente, osservando gli schermi dietro una vetrina, e Shouto non fu sorpreso dal vedere che stava venendo trasmessa una delle ultime gesta di All Might.
 
Lui…non era proprio come nelle foto che aveva mandato.
 
Era la stessa persona, ma sembrava diversa.
Shouto aveva visto un nervoso ragazzo della sua età e adesso, questo stesso ragazzo era più calmo, a proprio agio, e aveva un aria malinconica mentre osservava All Might.
Smallmight1541si girò verso di lui, forse sentendo lo sguardo di Shouto, e appena i loro occhi si incontrarono, si irrigidì e tornò il goffo ragazzino che Shouto aveva visto.
 
Beh, non posso tirarmi indietro adesso.
 
Gli disse che il suo nome era Midoriya Izuku.
 
Cinque secondi di conversazione dopo, Shouto si rese conto di quanto fosse imbarazzante la situazione e che venire lì era stato un errore.
 
Mezz’ora dopo, stavano entrambi mangiando del gelato, Shouto gli aveva detto di essere scappato di casa e di non aver bisogno di nessun aiuto, e Midoriya Izuku aveva un quaderno aperto davanti a sé mentre creava un piano affinché Shouto avesse un progetto che andava oltre “fuggire dalla casa di quel bastardo”.
 
Qualche ora dopo, stavano ancora parlando.
 
E Shouto si era reso conto di dover tornare a casa. Che doveva usare ciò che gli era dato, fosse la UA, la possibilità di avere una licenza per usare il suo quirk, e una vera educazione. Doveva anche tornare da Fuyumi.
 
Chiese comunque a Midoriya perché fosse disposto ad aiutarlo fino a quel punto. Questo ragazzo era già pronto a incassare favori e ad aiutarlo con tutto ciò che aveva a sua disposizione, e si erano solo appena incontrati nella vita vera.
 
Midoriya esitò. “ Ti ricordi, circa cinque mesi fa, quando mi mandasti un messaggio perché non ti sentivi bene, e parlammo tutta la notte? Abbiamo insultato Endeavor insieme”.
 
Shouto ricordava perfettamente perché era stato il giorno in cui aveva incenerito il volantino della UA lasciato nella sua stanza. A quel tempo aveva già fatto il giuramento di non usare il suo lato sinistro, ma quando aveva realizzato che Endeavor era entrato in camera sua, invadendo l’unico luogo che gli apparteneva, aveva visto rosso e prima ancora di pensarci, le sue fiamme si erano risvegliate.
 
Lo aveva disturbato sapere che la sua risolutezza era così debole.
 
“Sì, perché?”
 
Midoriya si limitò a sorridere, ma non c’era gioia in questa espressione. Gentilezza nei suoi occhi, e qualcosa che Shouto non riuscì a riconoscere.
 
Infine, non rispose e disse invece: “Prenditi cura di te”.
 
 
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Endeavor era furioso e sollevato allo stesso tempo quando Shouto tornò a casa. Lo fece restare nella sua stanza fino al giorno dell’esame di ammissione.
 
Shouto si scusò.
 
Ma solo con Fuyumi.
 
 
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Dopo quella volta continuarono a incontrarsi. Mangiavano insieme. Andavano a guardare film. Qualche volta si allenavano nel combattimento, anche se Midoriya aveva deciso di non fare domanda per una scuola per eroi. 
 
Un peccato, per quanto riguardava Shouto.
 
Stavano parlando del server e Anyonequando Shouto gli raccontò tutto sulla sua famiglia, facendo strozzare Midoriya col suo tè. Gli rivelò chi fosse realmente. Gli riferì l’obbiettivo di Endeavor. Come ciò aveva distrutto sua madre. Di come non si ricordava molto della sua infanzia e di come non era solo di recente che aveva iniziato a chiedersi dove fosse suo fratello maggiore.
 
“Ho pensato di chiedere aiuto a Anyone, ma ancora non so abbastanza su di lui per chiedere un favore”, spiegò Shouto, lasciando all’amico il tempo per metabolizzare tutte queste nuove informazioni.
 
“Avresti potuto chiedere” disse infine Midoriya con cautela.
“Sarebbe stato felice di aiutarti”.
 
“Come lo sai?”.
 
“Perchéiosono Anyone”.
 
Oh.
 
 
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Alla fine Shouto non chiese a Midoriya di aiutarlo a cercare suo fratello. 
 
In definitiva, non pensava che Touya volesse avere qualcosa a che fare con lui.
 
 
 
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Quando Izuku si vide con Todoroki dopo essersi tinto i capelli di bianco, quasi argento, l’amico era visibilmente turbato dal suo nuovo colore di capelli e allungò la mano due volte come se volesse toccargli i riccioli, ma si bloccò in tempo. Sarebbe stato divertente se Izuku non fosse stato così stressato che la sua gamba si contraeva.
 
Era appena diventato Akatani Mikumo e aveva bisogno di parlare col suo amico. Todoroki non era stato altro che onesto con lui, e si sarebbe sentito in colpa fintanto che avrebbe continuato a ingannarlo.
 
E poi si tirò indietro.
 
C’erano un sacco di ragioni per farlo. Todoroki era l’unica persona che potesse chiamare amico. Inoltre aveva un quirk degno di un eroe, perciò Izuku non era certo che potesse comprendere completamente cosa Izuku voleva spiegare. C’era anche il fatto che appena aveva scoperto di non avere un quirk e che non ne avrebbe mai avuto uno, i suoi amici erano scappati a gambe levate e quelli rimasti avevano cercato di “correggere” il suo comportamento.
 
Izuku non voleva proprio correre il rischio di perdere il suo unico amico. Così decise di continuare a vivere nella menzogna, e di godersi un buon film pieno di quirk improbabili con il suo amico.
 
Tristemente, Todoroki aveva un paio di occhi funzionanti.
 
“Midoriya?” lo chiamò mentre Izuku sprofondava nei suoi cupi pensieri. “Sembri distratto. Vuoi dirmi qualcosa?”
 
Izuku deglutì a vuoto, ma fece finta di niente. “Perché dici?”
 
“Persisti a bere il tuo milkshake anche se è vuoto da dieci minuti”.
 
Argh.Izuku gettò il bicchiere vuoto in un cestino.
 
“Midoriya?” domandò di nuovo Todoroki, non particolarmente sorpreso dallo strano comportamento di Izuku.
 
Il ragazzo dai capelli verdi aveva fatto di peggio davanti a lui. E non stava neanche parlando dei suoi concitati discorsi sui quirk, che Todoroki ascoltava con la pazienza di un santo.
 
Fallo. Lo vuoi dire e se non funziona, significa che questa non è un amicizia che vuoi mantenere, solo una da cui sei dipendente.
 
Le parole non gli sfuggirono dalle labbra. Al contrario, Izuku dovette spingerle fuori, e furono scagliate nell’aria, cadendo l’una sull’altra.
 
“Sono quirkless, Todoroki”.
 
Qualunque cosa Todoroki si aspettasse di sentire, non era quella.
Per un breve momento guardò Izuku come se non potesse crederci, poi la sorpresa scomparve, sostituita dall’usuale stoicismo.
 
“Pensavo che avessi un quirk d’analisi” disse con cautela.
 
Tu e tutti gli altri.
 
“No, analizzare i quirk è solo qualcosa che mi piace fare”. Izuku sorrise. “Ho sempre avuto difficoltà a farmi degli amici. Mi controllo quando sono con te, ma sono abbastanza strano. Ero solito spaventare le persone quando borbottavo sui quirk.”
 
Questa era una conversazione che richiedeva un posto tranquillo e nessun contatto visivo, così trovarono una panchina in un parco nelle vicinanze, e Izuku si autoconvinse a non fuggire via. Era combattuto tra il desiderio di raccontare la sua storia, quella stupida e ridicola storia, e il desiderio che nessuno sapesse di come non era riuscito ad adattarsi.
 
Todoroki attese in silenzio, lasciandogli il tempo di prendere la sua decisione. Probabilmente fu per questo che Izuku parlò.
 
“Quando avevo dodici anni, una ragazza si stancò del mio continuo borbottare sui quirk e mi fulminò davanti ai miei compagni di classe. Nessuno fece nulla.”
 
Poteva ancora ricordare l’aspettare che qualcuno intervenisse. Dicesse qualcosa.
 
Ma proprio come Izuku non aveva reagito, come aveva aspettato che qualcun altro facesse qualcosa, tutti i suoi compagni avevano fatto lo stesso. Apatia dello spettatore ai suoi massimi livelli.
 
Avrebbe dovuto essere Izuku a dire qualcosa.
 
“Non faceva male al tempo. Quello me lo ricordo. Mi ricordo la violenza della scarica, ma fece male solo in seguito. Almeno alcuni di loro mi chiesero se stavo bene, ma ero un po’ troppo stordito per rispondere”. Troppo tardi, quando lei se n’era già andata, ma perlomeno lo chiesero. “Svenni più tardi, sulla strada, e fortunatamente qualcuno mi portò all’ospedale. Saltò fuori che venire fulminati fa schifo”.
 
“Venne arrestata?” chiese Todoroki.
 
Che carino.
 
“Certo che no”, sorrise Izuku. “La scuola mise tutto a tacere. Stringemmo un patto coi suoi genitori per essere indennizzati, lei lasciò la scuola, io feci lo stesso perché…beh, studio meglio per conto mio”.
 
“Non è giusto”.
 
Izuku si strinse nelle spalle. “Questa è la vita. Un processo sarebbe stato inutile in ogni caso. Si sa che le persone quirkless sono più fragili, e all’epoca avevamo un disperato bisogno di quei soldi. Era tutt’altro che un cattivo affare”.
 
All’epoca, i soldi lasciati loro dal padre di Izuku erano quasi inesistenti. Sua madre era stata fuori dal mondo del lavoro per un bel po’, e grazie a quei soldi, era riuscita a respirare abbastanza a lungo da diventare una chef.
 
Divertente come a volte si risolvono le cose.
 
“Ma comunque, volevo che una persona lo sapesse”, spiegò Izuku sebbene non fosse certo che Todoroki avrebbe capito.
“Almeno una”.
 
Ben presto, nessuno avrebbe saputo chi era Midoriya Izuku. Quelli che si sarebbero ricordati di lui, avrebbero rammentato un ragazzino quirkless che fuggì da scuola, fuggì dalle avversità, e che non sarebbe mai ammontato a nulla.
 
Un’occhiata veloce gli fece notare quanto impassibile fosse rimasto Todoroki, eccetto per i pugni serrati, le nocche bianche.
 
Ma quando parlò di nuovo, la sua voce non tradì le intense emozioni che ribollivano dentro di lui.
 
“Non importa se non hai un quirk. Sei una persona incredibile e sono grato di conoscerti”.
 
Izuku ricominciò a respirare.
 
Non si era reso conto di star trattenendo il fiato fino a quel momento.
 
 
 
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Allenarsi con Todoroki era brutale. Izuku aveva imparato a combattere in classe, con persone che erano lì per divertirsi. Izuku era appena stato scagliato accidentalmente contro un muro quando decisero di fare una pausa, il che probabilmente motivò la decisione di menzionare a Todoroki il suo piano giusto mentre quest’ultimo beveva dell’acqua.
 
Quando finalmente Todoroki smise di tossire, Izuku stava controllando il cellulare.
Quando era diventato amministratore del server non aveva realizzato quanto avrebbe dovuto lavorare, ma supponeva che in questo caso la colpa fosse sua.
 
“E’ una follia”, disse finalmente Todoroki, fradicio d’acqua.
 
“Forse”, concesse Izuku.
 
La sanità mentale era sopravvalutata in ogni caso.
 
“Ti aiuterò”, decise Todoroki.
 
E pare che la follia sia contagiosa.
 
Izuku mise via il cellulare e alzò un sopracciglio al figlio di Endeavor, estremamente famoso pur non essendo ancora alla UA. “Non puoi aiutarmi. Presto sarai uno studente della UA. Un futuro eroe. Non puoi correre il rischio”.
 
A Izuku pareva ovvio.
 
Eppure…
 
“Ricordi quando ti incontrai”, domandò Todoroki, “il giorno che provai a scappare di casa, e dissi che mi stavo comportando in modo avventato e impulsivo?”
 
L’adolescente dai capelli verdi aggrottò la fronte. “Non l’ho detto…”
 
In verità Izuku ricordava di essere stato disponibile e assai logico a riguardo.
 
“Questo è ciò che ho sentito”, disse Todoroki. “Ma mi hai anche detto che se avessi avuto bisogno d’aiuto, ci saresti stato per me. Perciò è questo che ho intenzione di fare. E’ una spettacolare cattiva idea, e mi assicurerò che tu sopravviva ad essa”.
 
C’erano un sacco di cose che Izuku avrebbe voluto dire, ma qualche volta non esistevano le parole giuste. Come poteva trasmettere che avere Todoroki a coprirgli le spalle significava il mondo per lui? Che era così grato di averlo incontrato, un amico che si fidava di lui, qualcuno a cui poter stare vicino?
 
Invece si prese un intero minuto per riprendere il controllo della sua espressione, perché non esisteva forza nell’universo che potesse impedirgli di sorridere, e stava per mettersi a piangere.
 
“Semplicemente non ti dirò quando ho intenzione di farlo”, disse infine Izuku.
 
Todoroki non sembrò apprezzare il suo buon senso e gli svuotò sulla testa quel che rimaneva della sua bottiglietta d’acqua.
 
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Al giorno d’oggi
 
 
All Might aveva vissuto a lungo, collezionando nuove esperienze, belle o brutte, e invecchiando aveva scoperto che le reazioni emotive alle nuove esperienze variavano soltanto d’intensità.
 
Ma quando si alzò in quel campo deserto, One for All svanito, provò qualcosa dinuovo. Qualcosa che lo soffocò. Era un senso di colpa e vergogna innovativo. Era un fallimento assoluto, perché era riuscito a farsi indurre a dare via il quirk più potente del mondo, il lascito del suo maestro.
 
Era come essere schiacciato vivo.
 
Corse, riuscendo ad attivare i tizzoni rimasti di One for All solo grazie a pura furia, perché doveva ritrovare il ragazzo. Doveva fargli comprendere quanto questo fosse grave. Toshinori non sapeva cosa gli avrebbe fatto per ottenere il suo permesso e aveva paura di scoprirlo, ma lo avrebbe fatto in ogni caso.
 
Come fa a saperlo? One for All è un segreto ben custodito.
 
Toshinori corse, avvertendo che stava andando oltre i propri limiti, che il suo corpo gliela avrebbe fatta pagare più tardi. Aveva visto il ragazzo correre verso il villain di fango. Era atletico e poteva essere fuggito in qualsiasi direzione.
 
Come.
 
La gente rimase sbigottita quando scorse una macchia confusa cercare qualcuno freneticamente, ma Toshinori non rallentò. Non riusciva a trovarlo.
Non sapeva neppure il suo nome. Soltanto che era quirkless. L’archivio dei quirk.
 
Fa.
 
Ma questo dopo. Avrebbe usato l’archivio dei quirk se non lo avesse trovato e doveva rintracciarlo subito.
Toshinori doveva correggere il suo errore il prima possibile.
 
A.
 
Un rivolo di sangue fuoriuscì dalla bocca di Toshinori, e One for All iniziò a dissolversi, percependo che il suo corpo era al limite. Non aveva altra scelta che fermarsi.
 
Saperlo?
 
All Might urlò, un suono animalesco che non sembrava appartenere a una gola umana, e Toshinori riapparve, il fantasma del Simbolo della Pace fintanto che One for All era disperso.
 
 
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C’era un solo luogo dove andare in seguito a un tale disastro, e Toshinori era terrorizzato all’idea di ammettere cos’era appena accaduto, cosa aveva permesso che accadesse, ma pure lui sapeva riconoscere quando si trovava in guai più grandi di lui.
 
Quando Gran Torino lo vide arrivare alla sua porta, scarmigliato, terrorizzato e col suo vero aspetto, non fece nessun commento sarcastico né lo prese in giro, le sue solite modalità di comunicazione. Al contrario, il suo vecchio mentore lo lasciò entrare, una mano sul braccio di Toshinori come per confortarlo.
 
Gran Torino non era mai stato così premuroso con Toshinori prima d’allora, salvo quando Nana…beh, tutto questo per dire che Toshinori avrebbe preferito le solite frecciatine.
 
E quando Toshinori gli raccontò cos’era appena successo, come era stato ingannato così facilmente, come aveva perso One for All, il suo vecchio mentore dovette sedersi, apparendo improvvisamente fragile e preoccupato. Perché Toshinori aveva fallito così completamente la sua missione.
 
Era lui ad aver causato ciò. Era tutta colpa sua.
 
“Gli ho detto che non poteva diventare un eroe senza un quirk”  ricordò. “E’ colpa mia? Se avessi…avevo intenzione di parlargli. Dopo il villain di fango…”
 
Non riusciva a ricordare perché non l’avesse fatto. Era rimasto impressionato. Aveva voluto ricaricare One for All per un po’, e poi era rimasto nei meandri della sua mente. Ci aveva pensato, ma credeva di avere tempo. E c’era sempre qualcun altro da salvare, qualche altro villain da sconfiggere.
 
“Gli ho raccontato tutto quanto” realizzò, il respiro improvvisamente rumoroso nelle sue orecchie.
 
Non riusciva a evitarlo. Era come se non ci fosse abbastanza aria nella stanza, mentre il cuore gli martellava nel petto, minacciando di scappargli dalla gabbia toracica.
 
Finché una mano fredda gli afferrò il braccio, forte nonostante l’età del suo proprietario.
 
“Toshinori, concentrati”, disse Gran Torino, e in qualche modo, funzionò.
La sua voce era reale, e Toshinori riuscì ad aggrapparcisi. Ad usarla per ancorarsi nuovamente alla realtà.
“Stai andando nel panico. Il che è una reazione logica ma non quello di cui abbiamo bisogno.
Dobbiamo trovarlo. Subito”.
 
E in un modo o nell’altro, rendersene conto riuscì a dissipare la nebbia che accecava Toshinori.
 
Perché aveva ancora un lavoro da fare.
 
Lui e Gran Torino si misero subito all’opera, conducendo l’indagine dal salotto di Gran Torino, incassando ogni favore, tutto l’aiuto di cui potevano far uso senza rivelare la situazione.
 
L’archivio dei quirk non rivelò nulla.
 
Mi ha mentito?
 
No, Toshinori credeva di no. C’era stato un genere particolare di impotenza che non poteva essere simulato quando aveva domandato se poteva diventare un eroe anche senza un quirk.
 
Ma Tsukauchi gli riferì di un incidente avvenuto non molto tempo prima nel quale era stata coinvolta una forza simile a quella di All Might, 
Per quando la polizia era arrivata sulla scena, non c’era traccia delle persone coinvolte, ma un vicolo era stato quasi distrutto.
 
Proprio quando Toshinori pensava che la situazione non potesse essere più preoccupante.
 
“Mi stai dicendo che ha usato One for All mezz’ora dopo averlo rubato?” domandò Toshinori.
 
E se la prossima volta lo usasse contro una persona?
 
Un villain con il mio quirk.
 
Neanche All for One era riuscito a mettere le mani su One for All, e All Might aveva consegnato il quirk più potente del mondo a un fantasma.
 
“Forse voleva testarlo. E questo significa che dev’essere stato in un mare di dolore una volta  fermatosi”, notò Gran Torino con un sorriso terrificante. “Dobbiamo controllare gli ospedali e tutti i dottori. Poi ci basta farglielo sputare”.
 
Toshinori si strofinò le tempie. Un mal di testa mostruoso aveva iniziato a formarglisi nel cranio. Quello, o tutti precedenti portatori di One for All stavano urlando quanto fosse un fallimento. “Volerà basso. Se è abbastanza intelligente da mettere insieme un piano del genere, sa che potrei spaccarlo in due anche mentre opero con le braci del mio quirk”.
 
Lui e Gran Torino esaminarono tutto quello che Toshinori ricordava. E non era granché. Rammentava che il ragazzino era quasi morto. Ricordava il suo zaino giallo e i quaderni pieni di appunti sugli eroi al suo interno, ma all’epoca non aveva trovato nessuna carta d’identità. Non stava neppure indossando una divisa.
 
“L’ho incontrato mentre cercava di salvare qualcuno” rammentò infine Toshinori. “Un amico, forse. Lui, lo posso trovare”.
 
Bakugou. Era quasi certo che il suo nome fosse Bakugou. I media l’avevano ripetuto per settimane dato che il giovanotto venne più volte complimentato per il suo valoroso sforzo contro il villain.
 
Nel frattempo l’altro ragazzo era stato ignorato, sarebbe rimasto sconosciuto se il villain di fango non avesse rivelato la sua esistenza, cosa aveva provato a fare.
 
“E’ un inizio”, annuì Gran Torino.
 
Adesso cosa Toshinori avrebbe voluto fare era marciare su quella scuola, scovare il giovane Bakugou e domandargli del suo amico, in modo da arrivare a casa del ladro e riprendersi il suo quirk.
 
Non lo fece per due ragioni. La prima era che non voleva diffondere il panico. Non voleva che la gente vedesse All Might affannarsi in giro freneticamente. Il Simbolo della Pace poteva mostrare soltanto il suo sorriso.
 
L’altra ragione era che si sentiva stremato. Al momento non poteva usare One for All, mentre il ragazzo aveva pieno, seppur difficoltoso, accesso al quirk. Se adesso appariva di fronte a lui, se il ragazzo andava nel panico e sceglieva di combattere, Toshinori non avrebbe avuto la forza di prevenire i danni collaterali.
 
Nonostante il suo istinto gli gridasse di correre e trovarlo subito, era meglio aspettare, in modo che il ragazzo non fosse avvertito del suo arrivo. Doveva essere rapido e scaltro.
 
Perciò lui e Gran Torino pianificarono e complottarono, e quasi venne loro un infarto quando qualcuno bussò alla porta. Ma Gran Torino imprecò, il suo modo per dire a Toshinori che stava effettivamente aspettando visite, e che gli era sfuggito di mente a causa di questa catastrofe.
 
C’era una sola persona che avrebbe visitato Gran Torino a quest’ora del giorno.
 
“C’è qualcuno?” domandò una giovane voce, piena di luce, come se la vita non l’avesse mai ferito.
 
Non era vero, ma nonostante ciò, Tenko proseguiva per la sua strada godendosi ogni secondo della sua vita, inconsapevolmente dando speranza a Toshinori e Gran Torino.
 
Si affannarono immediatamente a nascondere tutti i piani di lenente retribuzione e mentre Gran Torino andava ad aprire la porta, Toshinori si assicurò di avere il controllo dei propri lineamenti, non volendo preoccupare il nipote del suo maestro.
 
Shimura Tenko era un giovanotto di diciannove anni con capelli color grigio chiaro e occhi rossi che salutò Gran Torino appena fu fatto entrare, liberandosi dei guanti da tiro con l’arco che indossava all’esterno per bloccare il suo quirk.
 
Non che Tenko non avesse un controllo perfetto del suo quirk. Erano passati anni da quando aveva disintegrato qualcosa per sbaglio, ma era ancora obbligato a indossare dei guanti in luoghi pubblici, una cosa che lo infastidiva parecchio, poiché riteneva che neutralizzare il suo quirk fosse il modo migliore per perdere la padronanza di esso. 
 
Esitò quando vide Toshinori nella sua vera forma, sorpresa gli apparve sul viso, poi un sorriso che avrebbe potuto illuminare la notte.
 
“Yagi” esclamò, le braccia già sollevate, come se il suo corpo stesse già aspettando automaticamente l’abbraccio da orso.
 
Non che avesse torto. Toshinori pressoché si slanciò verso il nipote del suo maestro, abbracciandolo il più velocemente possibile. Questa velocità potrebbe avere qualcosa a che fare con il bisogno di nascondere il viso e darsi il tempo di celare la vergogna rimanente.
 
Toshinori aveva per breve tempo, molto breve, considerato Tenko come suo successore. Ma Tenko non voleva essere un eroe e Nana stessa sarebbe probabilmente tornata indietro a perseguitare sia lui che Gran Torino se avessero coinvolto suo nipote in quel percorso.
 
L’eroe non lo lasciò andare per un bel po’ perché aveva bisogno dell’abbraccio.
 
 
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Alla fine dell’anno scolastico, Katsuki fu chiamato fuori dalla classe, la vice preside che lo scortava e teneva d’occhio come un falco. Un eroe professionista lo stava aspettando nel ufficio del preside, e la vice preside non era solo andata a chiamarlo, ma si era anche assicurata di avvertirlo.
 
Niente avrebbe potuto prepararlo a vedere All Might , in carne e ossa, aspettarlo insieme al chiaramente turbato preside di quella scuola di merda. Katsuki l’aveva visto solo una volta prima d’allora, ma era stato velocissimo, il villain di fango era stato tutto intorno a lui- soffocandolo vivo- e tutto era accaduto troppo in fretta per comprendere cosa stava succedendo.
 
Ma All Might non era lì per lui.
 
Katsuki non riusciva a credere a cosa stava accadendo mentre gli mostravano il filmato di Deku, in lacrime, che correva in suo aiuto contro il villain fangoso.
 
“Sto cercando di trovare questo giovanotto” spiegò All Might, “ma non conosco il suo nome e non stava indossando né una divisa né qualcosa che possa permettermi di trovarlo di nuovo. Ma ha provato ad aiutarti…”
 
Dietro a All Might, le facce del preside e della vice preside erano completamente prive d’espressione, non mostrando nulla. Dovevano avere le migliori facce da poker del mondo.
 
“Perciò, speravo che potessi conoscerlo? E dirmi dove si trova?”
 
Anche ora che Katsuki era un Esemplare, Deku riusciva a rovinarglielo.
 
Questo piagnucolone che conosceva da sempre.
 
Katsuki prese un respiro profondo, le parole pronunciate dalla vice preside incise nella sua mente.
 
Bakugou-kun, devi capire quanto orgogliosa è la scuola di annoverare un Esemplare tra i suoi studenti. Sarebbe un peccato se alcuni comportamenti immaturi venissero alla luce. Comprometterebbe la tua futura carriera.
 
E nessuno di noi lo vuole.
 
“No” mentì al suo idolo. All’uomo che voleva essere. O avrebbe perso ogni cosa. “Non ho mai saputo chi fosse”.
 
 
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Un mese dopo aver ricevuto il suo quirk e due settimane dopo aver trovato un modo per evitare di rompersi le ossa e strisciare da Ao cosicché lo guarisse, Izuku si stava occupando delle richieste sul suo computer quando ne ricevette una nuova, il che non lo sorprese.
Anyone stava diventando sempre più popolare e doveva occuparsene in ordine di priorità per non rimanerne schiacciato.
 
Ebbe una brutta sensazione quando vide che proveniva dai genitori adottivi di Eri. Izuku stava tenendo d’occhio l’intera famiglia perché, essendo colui che aveva soccorso Eri, si sarebbe sempre assicurato che fosse al sicuro, e aveva confermato che si trovava in una famiglia amorevole e che non le mancava niente.
Non gli avrebbero scritto a meno che non avessero bisogno d’aiuto.
 
Una preghiera disperata dopo, Izuku si rese conto che “aiuto” era un eufemismo.
 
Tre giorni prima, degli individui del Governo erano venuti a ritirare Eri mentre era a scuola, con l’intenzione di integrarla nel progetto Paragon a causa del suo quirk intrigante. L’insegnante li aveva lasciati prendere la piccola e poiinformato i genitori, perché ovviamente, quale motivo c’era per non fidarsi ciecamente del governo?
 
I genitori non avevano avuto indietro loro figlia.
 
Uomini in nero si rifiutarono di fargliela vedere. Denaro fu offerto in compensazione, abbastanza da renderli ricchi. Loro in sostanza risposero di infilarsi quel denaro dove non batte il sole e convinsero- corruppero- qualcuno per scoprire dov’era la figlia, perché la polizia non stava aiutando, e anzi aveva spiegato loro che dovevano far riferimento alla stessa Commissione di Eroi che aveva preso Eri.
 
E ora stavano andando nel panico, farfugliando, dicendo che Eri era in pericolo, e non potevano lasciarla lì.
 
Anyone:
 
           [Cosa intendi? Dove si trova?]
 
La risposta fece gelare a Izuku il sangue nelle vene.
 
Izushi:
 
         [Eri-chan è nel Tartaro.]

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