Fiore Dorato

di CedroContento
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cavalieri di Rohan ***
Capitolo 2: *** Fosso di Helm ***
Capitolo 3: *** Sentieri dei Morti ***
Capitolo 4: *** Campo di Cormallen ***
Capitolo 5: *** Minas Tirith ***



Capitolo 1
*** Cavalieri di Rohan ***


Nota personaggio: Elanor è nata da una relazione extraconiugale tra Elrohir (figlio di Elrond) e Gilraen (la madre di Aragorn) è quindi una mezzelfo con sangue Dúnedain. Elanor ha circa 80 anni. É molto legata al fratellastro Aragorn decide di seguirlo, come ha spesso già fatto, nella sua avventura. In ultimo: essendo questo personaggio di mia invenzione vi pregherei di non riutilizzarlo.
 
I cavalieri di Rohan
 
30 Febbraio 3019 T.E.

“Sai Aragorn credo che dopotutto non sia stata una grande idea” disse Elanor osservando i cavalieri dalle armature sfavillanti cavalcare verso di loro, attraverso le radure verdeggianti di Rohan. Più si avvicinavano e più le sembravano minacciosi.
Con un quel brutto presentimento cucito addosso si lasciò cadere a terra sfinita, giocherellò distratta con l’erba ancora bagnata dalla rugiada mattutina, era già verde e morbida nonostante la primavera fosse appena all’inizio. Ebbe la tentazione di togliersi gli stivali per fare qualche passo scalza sul prato fresco, sentiva i piedi a pezzi dopo tutti quei giorni di marcia forzata, ma non avrebbe avuto il tempo di farlo perché i Rohirrim di cui Aragorn aveva richiamato l’attenzione erano ormai vicini.
Legolas le allungò una mano per aiutarla ad alzarsi.
“Hannon le Legolas” lo ringraziò con un sospiro, chiedendosi come fosse possibile che l’elfo non desse mai segni di cedimento, non era neanche spettinato, mentre lei sentiva che l’elaborata treccia che le avevano fatto a Lothlorien cominciava cedere.
Quando la compagnia di cavalieri li accerchiò, puntando loro contro gli archi tesi pronti a colpire e le loro lance appuntite, Aragorn si voltò verso la sorella con un piccolo sorriso impertinente, per incassare il suo silenzioso te- lo- avevo- detto, che senza deluderlo puntualmente arrivò.
Il condottiero alto e fiero dei cavalieri si fece avanti imponente, quando si tolse l’elmo si rivelò essere un uomo attraente.
“Chi siete e cosa fate in queste terre?” chiese con voce limpida ma dal tono arrogante, puntando la sua spada al petto di Aragorn, egli però non si mosse di un centimetro.
“Il mio nome è Grampasso, io e i miei compagni siamo da giorni sulle tracce di un gruppo di orchetti, hanno preso in ostaggio due dei nostri” spiegò il Ramingo.
“Ho creduto foste voi stessi degli orchetti” disse il cavaliere diffidente.
“Beh allora avete bisogno di un bel paio di occhiali” borbottò Elanor, stanca com’era non si sentiva affatto incline a sopportare la scortesia di quel uomo, per bello che fosse.
Aragorn la fulminò, più per il contenuto della frase che per il tono.
“Cosa avete detto?!” il cavaliere la scrutò con sospetto, ma Aragorn si spostò fra i due, allora l'uomo proseguì rivolto a lui senza perdere l’aria circospetta.
“Parlate in modo strano ed è un nome strano anche Grampasso, da dove venite, siete forse elfi?” chiese esaminando i loro mantelli.
“Due di noi si, Legolas di Bosco Atro e Elanor di Gran Burrone. Le nostre vesti vengono da Lothlorien”
Sentendo nominare il Bosco d'Oro il cavaliere se possibile si fece ancora più indisponente.
“Terre dimorate da perfide streghe e maghi infidi” e menzionando le streghe scoccò un'occhiata malfidata ad Elanor, che fece per rispondergli a tono, ma fu fermata ancora una volta da Aragorn.
“E perché voi non parlate?” chiese prepotente il cavaliere a Legolas e Gimli.
“Dimmi il tuo nome e io ti dirò il mio, e altre cose ancora” ribatté fiero il nano.
“Tocca allo straniero presentarsi per primo ma ti dirò che sono Éomer figlio di Éomund, terzo Maresciallo del Riddermark” rispose Éomer ergendosi ancora più alto di quanto già non fosse.
“E io sono Gimli figlio di Glóin e ti consiglio di guardarti bene dal parlar male delle meraviglie che popolano il bosco dell'incantevole dama bianca, ma forse è solo la poca intelligenza a guidare le tue parole!”
Cogliendo l’insulto Éomer scattò rabbioso verso Gimli e lo minacciò di tagliargli la testa. Legolas lo ebbe prontamente sotto tiro costringendolo a fermarsi.
“Egli non è solo, moriresti prima di vibrare il colpo” disse calmo l'elfo.
Elanor però la calma l'aveva persa da un pezzo, aveva già perso troppi amici a cui era affezionata, con una fitta al cuore ricordò chi era rimasto indietro nella loro spedizione, non avrebbe guardato impotente distruggere ciò che rimaneva della loro compagnia.  
“Voi siete una brutta testa di rapa non osate...”
“Come mi avete chiamato!?” la interruppe Éomer tra l'arrabbiato e lo sbalordito, spostando la sua attenzione su di lei.
“Scommetto che questo l’avete capito” lo sfidò lei di rimando.
“Éla basta!” Aragorn cercò ancora una volta di mitigarli. Si rivolse ad Éomer, sapeva che con sua sorella sarebbe servito a poco cercare di farla ragionare.
“Perdona, siamo tutti scossi per la perdita di alcuni cari amici”.
Éomer sostenendo ancora lo sguardo di sfida di Elanor rinfoderò la spada.
“Fareste bene a essere meno altezzosi! E voi ringraziate di essere una donna” disse Éomer ricomponendosi, mentre la mano di Aragorn scattava verso la bocca della sorella per zittirla.
Il maresciallo del Mark decise di ascoltare la loro storia. Una volta chiarito che erano dalla stessa parte, Aragorn palesò la propria identità e udendo chi fosse realmente, Éomer fu molto più collaborativo e rispettoso soprattutto nei confronti dell'erede di Isildur. Disse loro che gli orchetti che seguivano erano stati sconfitti e trucidati da loro nella notte.
“Erano numerosi e ben armati, sareste passati da cacciatori a facili prede”.
“Ma c'erano degli Hobbit li avete visti?” chiese Gimli speranzoso.
“Non so cosa siano questi Hobbit di cui parli”.
“Loro li chiamano Mezzuomini” intervenne Elanor ancora arrabbiata, senza rivolgersi direttamente a quel maleducato.
Vide con la coda dell’occhio che lui la stava osservando con attenzione, ma non riuscì a decifrarne lo sguardo.
Aragorn ed Éomer conversarono a lungo della difficile situazione in cui versava il regno di Rohan, Éomer lo pregò di unirsi a lui. Elanor colse nella sua voce e nel suo sguardo una grande solitudine sotto la corazza di prepotenza, se ormai non avesse deciso che le era antipatico avrebbe voluto dimostrargli la sua solidarietà.
Giunto il momento di ripartire con la promessa che lo avrebbero raggiunto a Edoras, Éomer mise a loro disposizione tre cavalli che avevano perso i loro cavalieri nella battaglia.
“Che non si dica che Éomer figlio di Éomund sia uomo da lasciare a piedi una signora in mezzo alle praterie!” rispose alle proteste dei suoi uomini, e nessuno poté più ribattere a quell’argomentazione.
Éomer tese le redini di un fiero destriero grigio ad Aragorn.
“Questo è Hasufel, possa servirti bene è molto coraggioso e ...” non poté finire perché il cavallo si era diretto da Elanor, prese ad annusarle affettuosamente la testa. Lei per niente infastidita le mormorò parole elfiche accarezzandogli il muso.
“... e come vedete è molto intelligente perché ha scelto la signora” disse scuotendo la testa scocciato per la figura che gli stava facendo fare quel dannato ronzino.
“Perdonatemi se ho insinuato foste una strega” aggiunse poi avvicinandosi per tenere le redini di Hasufel, mentre Elanor montava in sella.
Nel farlo un meraviglioso fiore giallo, fresco come appena colto, le cadde dai capelli intrecciati. Éomer lo raccolse, ma non lo restituì alla proprietaria, Elanor non se ne accorse impegnata com’era ad ignorare la sua esistenza.
“Se fossi stata una strega, Éomer figlio di Éomund, a quest'ora voi stareste gracidando e saltellando qua e là all’inseguimento di una mosca in qualche stagno di Rohan” fece acida.
“Un rospo dunque, che fine indegna per un cavaliere del Mark, però forse me lo sono meritato” rispose lui rassegnato.
Gimli rise forte sinceramente divertito. “Quando ci incontreremo ancora vi insegnerò come si parla con gentilezza ad una signora sotto gli amorevoli colpi della mia ascia!” gli promise.
 
Elanor, accanto al fratello, guardò all’orizzonte innanzi a sé i cavalieri di Rohan cavalcare lontano nelle praterie. Aragorn le puntò addosso uno sguardo di rimprovero.
“Cosa ci ha detto Gandalf?!”
Aveva sempre disapprovato l’eccessivo interesse della sorella per quel mondo in cui erano stati in missione per conto di Gandalf e che chiamavano Diciannovesimo Secolo, riferendosi semplicemente all’epoca in cui vivevano le persone di quella terra secondo il loro conto degli anni.
“E andiamo mi è scappato!” ribatté Elanor per niente rammaricata.
“Hai passato troppo tempo lì, devi smetterla di andarci, ma poi Gandalf lo sa che sai usare il portale?”
Elanor non rispose e Aragorn capì che la risposta era no.
“Lo sai che lì il 30 Febbraio non esiste, non è pazzesco?!” disse la sorella mentre il volto le si illuminava.
Aragorn scosse la testa sconsolato, per il momento lasciò cadere la questione. La sua espressione cambiò e un sorriso furbo gli increspò le labbra.
“Allora ti piace eh?”
Elanor lo guardò sbalordita “Vorrai scherzare! Abbiamo appena conosciuto l’uomo più antipatico del pianeta!”
“Sarà. Almeno ci ha lasciato dei cavalli, che galante…” la prese in giro.
“Stai zitto Aragorn!” lo spintonò la sorella, mentre lui sghignazzava come se fossero ancora due ragazzini.
Senza indugiare oltre montarono in sella, qualche tempo dopo avrebbero seguito le orme dei cavalieri verso Edoras, onorando la parola data, ma prima la foresta di Fangorn li attendeva.
 
Angolino dell’autrice:
Bentrovati! Come premesso questo è il prequel di una fiction a cui sto lavorando. La storia la conoscete tutti e (nonostante io sia sicura del fatto che come me non vi stufereste mai di sentirla) vi risparmio il racconto di come per l’ennesima volta la compagnia sia partita da Gran Burrone con il solito decimo membro aggiuntivo. Mi limito quindi a riportare in piccoli flash gli eventi che mi interessano.
Ho cercato di essere più precisa possibile, come sapete però l’universo di Tolkien è veramente intricato quindi doveste trovare qualche incongruenza fatemelo sapere.
In ultimo vi ricordo che un commento è sempre gradito e se proprio non avete voglia o non siete tipi da lasciare commenti ci sono sempre le liste per farmi sapere se la storia vi piace o no. 

 

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Capitolo 2
*** Fosso di Helm ***


Nota: Nonostante io cerchi di riferirmi preferibilmente ai libri la trama di questo capitolo in particolare si basa sugli eventi del film, si adattavano meglio. Non è quindi Erkenbrand a giungere in soccorso, ma Éomer e Gandalf.
 
Fosso di Helm
 
3 Marzo 3019 T.E.

La battaglia era nel pieno della sua furia. Elanor lanciò uno sguardo dietro di sé, si stava allontanando sempre di più dalle mura, ora interrotte da un enorme squarcio.
“Dannazione” imprecò. Il crollo aveva spinto lei e un manipolo di uomini in mezzo alla ressa nemica. Se poco prima non fosse arrivato Gandalf a capo di una compagnia numerosa di cavalieri, gli orchetti li avrebbero sopraffatti da un pezzo.
Elanor puntò un grosso uruk-hai che stava facendo strage attorno a sé, infischiandosene se qualche volta travolgeva anche alcuni dei suoi.
Elanor gli scagliò centrandolo la sua ultima freccia, aveva mirato ad uno degli enormi polpacci per destabilizzarlo, prese la rincorsa e gli balzò sulla schiena infilzandogli la nuca scoperta con la spada.
L'uruk-hai moribondo cominciò a sbilanciarsi cadendo in avanti, ma lo stivale di Elanor era rimasto incastrato nel suo elmo e lei prese a cadere con lui. All'ultimo riuscì a liberarsi ma l'atterraggio non fu dei migliori. Toccata terra perse l’equilibrio, cadde travolgendo un cavaliere che aveva cercato gentilmente di prenderla al volo.
I due rotolarono sul terreno in pendenza, quando la caduta si arrestò Elanor si ritrovò cavalcioni sull'uomo.
“Ah siete voi, la testa di rapa!” esclamò riconoscendo Éomer.
Al suono di una voce femminile Éomer si accigliò ma non ebbe tempo di rispondere, qualcosa lo aveva allarmato alle spalle di Elanor. Rotolò su un fianco evitando che venissero schiacciati dal corpo di un altro uruk-hai abbattuto, ora era lui ad esserle sopra e riconoscendola le chiese “Cosa ci fate voi qui?”
Rapido si rialzò aiutandola a fare altrettanto, dandole la schiena le fece scudo con il suo corpo.
“Non temete vi proteggo io!” disse impavido, frapponendosi tra lei e il nemico.
Alcuni orchetti si accorsero che erano rimasti isolati, convinti fossero una facile preda, presero ad accerchiarli.
“Molto cortese, sono commossa, ma credo che vi darò una mano. Voi a sinistra io a destra!” gli disse scavalcandolo di corsa.
Agilmente cominciò a battersi abbattendo diversi nemici. Éomer la fissò colto alla sprovvista, ma si riscosse quasi subito e cominciò a trucidare orchetti dal lato che gli era stato assegnato.
Combatterono così coprendosi le spalle a vicenda, ammucchiando carcasse intorno a loro, finché gli orchetti, persuasi della loro sicura letalità, non presero ad aggirare la zona. Éomer la guardò con aria complice.
“Finalmente riesco a trovare una certa intesa con voi” constatò soddisfatto.
Elanor stava per rispondergli per le rime, ma in quel momento vide un ragazzo, che in piedi in mezzo al fervore della battaglia, era rimasto come pietrificato.
“Éomer copritemi!” disse, affrettandosi a raggiungere il giovane, prima che un orchetto decidesse di passarlo a fil di spada.
Arrivò appena in tempo per infilzarne uno che stava giusto caricando un colpo per decapitarlo.
Elanor si tolse l'elmo e lo cacciò in testa al giovane. Era poco più che un bambino e pareva aver perso tutta la sua attrezzatura, oltre il ricordo dell'uso delle gambe. Aragorn aveva avuto ragione a dire che era una follia, mandare in battaglia indiscriminatamente chiunque fosse in grado di reggere una spada, Elanor gli aveva dato ragione ma non avevano potuto fare nulla per evitarlo.
Éomer dietro di lei abbatté un nemico. Elanor ne raccolse lo scudo e, consegnato anche quello al giovane, lo afferrò per le spalle cercando di riscuoterlo. Gli urlò di nascondersi dietro a dei massi, cercando di sovrastare il frastuono attorno a loro.
Intanto, alla loro sinistra, gli uomini di Éomer erano riusciti a recuperare terreno.
“Si stanno ritirando” disse lui.
Emise un fischio e Zoccofuoco lo raggiunse con un nitrito, Éomer gli saltò in sella e le tese una mano.
“No, andate voi saremmo troppo pesanti”.
Éomer la scrutò velocemente, per un attimo esitò, ma non discusse, guidò i suoi cavalieri all'inseguimento degli orchetti che battevano in ritirata.
Elanor lo guardò allontanarsi, dopotutto cominciava a piacerle quel Maresciallo del Mark, dopo aver saputo cosa aveva dovuto passare, aveva dovuto riconoscergli un punto d’onore.
Nonostante fosse stato trattato ingiustamente, era tornato comunque in soccorso della sua gente, senza esitare. Elanor si chiese se fosse valorosa lealtà o infinita cocciutaggine, probabilmente entrambe. Scosse la testa per scacciare quei pensieri, doveva concentrarsi.
Chiamò a sé gli uomini che non avevano un cavallo e li guidò all'inseguimento degli orchetti che erano rimasti indietro, fino a quando la battaglia pian piano si quietò.
Non perse tempo, se c’era una cosa che aveva imparato da Aragorn e nel Diciannovesimo Secolo era qualche nozione di primo soccorso, e quello andava prestato il più tempestivamente possibile.
In mezzo ai lamenti, che ora cominciavano a sentirsi più nitidi dopo la fine della battaglia, cominciò lei stessa a scavare tra i corpi, alla ricerca dei sopravvissuti, separando orchetti da uomini.
Medicò improvvisando coloro che poteva aiutare subito e chiuse gli occhi a chi non ce l'aveva fatta.
“Mia signora...” disse piano una voce alle sue spalle.
Elanor sobbalzò, la voce di un bambino era terribilmente fuori posto in quella situazione. Si girò di scatto e subito si diede della stupida, aveva completamente dimenticato il ragazzo che aveva salvato in battaglia. Lui le si avvicinò timidamente, indeciso sul da farsi, mentre si guardava attorno sconvolto. Lei doveva essere il suo unico punto di riferimento, le fece una gran tenerezza.
“Va a cercare la tua famiglia, ormai saranno usciti dalle caverne. Non fermarti, ma stai attento a dove metti i piedi” gli disse dolcemente.
“Va su!” lo sollecitò con più slancio vedendo che esitava.
Quando il ragazzo finalmente si decise a correre via, riprese il suo triste compito.
Cominciava a sentire la stanchezza e l'angoscia per quella che era la parte peggiore di ogni scontro, la conta delle vittime.
Non sapeva da quanto tempo fosse lì, si inginocchiò accanto all’ennesimo corpo, era di un uomo che era stato giovane e bello. Lì fu del tutto incapace di rimettersi in piedi. Sentiva le lacrime pizzicarle gli occhi, li tenne chiusi, per cercare di ritrovare il proprio equilibrio in quell'orrore.
In quel momento avvertì il tocco sconosciuto di una mano sulla spalla.
“Ora fermatevi Elanor” riconobbe la voce di Éomer.
Senza aggiungere altro, la aiutò a rialzarsi e la condusse a distanza dal massacro. Éomer dovette vedere le lacrime, ma non disse nulla, cosa di cui gli fu infinitamente grata. Si limitò a porle una borraccia senza fare domande.
“È la parte peggiore questa” mormorò lei dopo un po', evitando accuratamente il suo sguardo. Piccata pensò che non voleva fare la parte della fragile damigella da consolare.
Éomer annuì serio “Anche per me” rispose lui guardandola con interesse.
“Vi siete battuta bene, sono impressionato” concesse poi.
“E senza stregoneria!” lo canzonò lei, ma non riuscì a mettere allegria nella voce.
“Sì, sapevo me lo avreste rinfacciato prima o poi” disse Éomer incassando il colpo, ancora la guardava intensamente costringendo Elanor a non poterlo più ignorare.
“Non ditemi che ho qualcosa in faccia” gli disse.
Lui scosse la testa sorridendo impertinente, ma finalmente smise di fissarla.
“A parte il fatto che avete il viso così nero che potrei scambiarvi per un orchetto” le disse un po’ sovrappensiero.
Elanor ci pensò. “Mi avete appena dato dell'orchetto per la seconda volta da quando ci conosciamo. Sono così brutta eh?” chiese cupa.
“No, non intendevo dire quello! Non siete brutta anzi, siete bellissima voi...” cominciò a dire mortificato, ma si fermò.
Elanor non era riuscita a rimanere seria.
“… voi mi prendete in giro” ne concluse lui sorridendo a sua volta, beffato ma compiaciuto di essere riuscito a farla tornare a ridere.
“Sapete cosa, comincio a capire perché vi abbiano esiliato, non ero mai stata offesa tante volte in così poco tempo!” disse lei stizzita e divertita.
“Pare proprio che non me ne venga una giusta. Perdonatemi” la pregò senza metterci il minimo impegno.
“No, non vi perdonerò mai!” disse Elanor restituendogli la borraccia in malo modo, ma scoccandogli al contempo un'occhiata di simpatia sottecchi. Cercò di non pensare a quanto cominciasse a sembrarle attraente.
Mentre avevano questa conversazione videro Gandalf che cavalcava Ombromanto nella loro direzione.
“Ah vedo che vi siete conosciuti!” disse lo stregone, cogliendo l'ombra dei sorrisi che si erano scambiati.
“Elanor, Aragorn ti cerca e temo cominci ad essere un po’ allarmato”.
“Allora sarà il caso di affrettarsi perché altrimenti mi farà una bella lavata di capo”.
 
I tre si avviarono a piedi verso ciò che era stato l'interno delle mura della fortezza.
Elanor, in lontananza, riconobbe Legolas e Gimli, comodamente adagiati sulle macerie che si riprendevano dalle fatiche della battaglia facendo la conta dei nemici abbattuti. Individuò anche Aragorn e gli corse incontro, lasciandosi Éomer e Gandalf alle spalle.
Il mago si fermò. “Una ragazza singolare vero? Così non se ne incontrano tutti i giorni” disse allusivamente ad Éomer, guardandolo furbescamente con la coda dell’occhio.
“Infatti di solito donne così sono già impegnate.”
“Ah!” annuì Gandalf intuendo il malinteso. “Nel nostro caso però Aragorn e Elanor sono fratello e sorella, non ricordavo se te lo avevo accennato, ma te lo dico ora” e riprese a camminare verso il gruppo, lanciando ad Éomer un’ultima occhiata, soddisfatto del suo operato da cupido.
 
“Mi hai fatto preoccupare” stava dicendo intanto Aragorn alla sorella.
“Mi spiace, sono finita all'esterno delle mura e non sono riuscita a rientrare, tu sei tutto intero? Hai un aspetto orribile” constatò Elanor, arricciando il naso, fingendo di essere disgustata.
“Io? Ti sei vista in faccia?” disse passandole un dito sul naso per poi mostrarle quanto fosse diventato nero.
“Ma veramente ti ci metti anche tu?”
Al che Aragorn la guardò interrogativo.
“Avrei desiderato sguainare la mia spada affianco a voi ma vi confesso che vostra sorella mi ha dato del filo da torcere” arrivò la voce di Éomer, che intanto li aveva raggiunti. Aragorn si girò cordiale nella sua direzione.
“Sono sollevato di sapere che era al vostro fianco, vi ringrazio amico mio” gli disse grato, abbracciandolo rapidamente con una pacca sulla spalla.
“Come sarebbe a dire grazie a lui?!” protestò Elanor incredula.
“Non credere che io non sappia che qualche volta sei fin troppo audace in battaglia” sorrise Aragorn, lieto di trovare un pretesto per stuzzicarla.
Lei gli rivolse un'occhiataccia. “Beh se avete finito di dire sciocchezze io vado a lavarmi prima che Legolas si sbagli e mi infili una freccia in fronte!” sentenziò infastidita.
“Io non sbaglio mai!” saltò su fiero e risentito l'elfo, facendo ridere i presenti, il sarcasmo non era il suo forte.
Elanor scosse la testa e si avviò verso il Trombatorrione.
“Diventa sempre più strana parola mia! Ma che intendeva?” chiese Gimli.
“Temo che la colpa sia mia, devo averle dato involontariamente dell'orchetto, di nuovo” ammise Éomer.
Aragorn rise e gli diede una pacca sulla spalla “E sei ancora qui per raccontarlo!”
Il nano invece scosse la testa “Tu hai urgente bisogno delle mie lezioni di galanteria te l'ho detto!”

 

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Capitolo 3
*** Sentieri dei Morti ***


Sentieri dei Morti
 
6 Marzo 3019 T.E.
 
“Scappi?”
Elanor lo sentì, ma non si voltò, fingendo di sistemare una cinghia della sella. Aveva rimandato più che poteva quell'addio, temeva che la sua determinazione potesse venire meno.
Éomer le si avvicinò, cercando insistente lo sguardo che lei cercava di nascondergli.
“Devo andare con Aragorn” disse evitando ancora di guardare quei meravigliosi occhi chiari, che le facevano battere il cuore.
“Dove?” fece lui con crescente fastidio nella voce.
“Hai presente il sentiero sinistro che si addentra nella montagna malvagia da cui nessuno ha mai fatto ritorno di cui parlavi prima? Ecco andiamo di là” provò a scherzare Elanor lanciando di sfuggita un’occhiata nella sua direzione. Come aveva sospettato Éomer la guardava severo e accigliato.
“Cosa?! No che non ci vai!” protestò infatti, ora era arrabbiato.
Elanor, per niente intimorita, si voltò a guardarlo con dolcezza. Da una parte le piaceva che lui cercasse di tenerla al sicuro, nonostante gli avesse dimostrato che non ce n'era affatto bisogno.
“Non ti sto chiedendo il permesso” disse pacata, ma risoluta.
“E pretendi che non cerchi di fermarti? Cosa pensavi ti avrei detto?”
Elanor alzò le spalle. “Speravo in qualcosa tipo stai attenta, ci vediamo a Gondor, ti amo”
Avvertì Éomer trattenere il fiato, colto alla sprovvista, sulle ultime due parole, Elanor stessa si sorprese del fatto che le fossero uscite.
“Questo lo dici tu a me o vuoi che lo dica io a te?”
“Un po’ entrambi” rispose Elanor con il cuore stretto, chiedendosi se non fosse folle essere così sicuri di provare quel sentimento, in fondo si conoscevano da pochi giorni, eppure.
Éomer contro la sua natura cedette, alzò l'indice tra loro in segno di ammonimento. “Mi raccomando fai attenzione. Sarà meglio per te che ti ritrovi tutta intera a Minas Tirith...e ti amo anch'io”
Elanor gli sorrise, stupita e felice insieme, se non si era espettata di riuscire a dirgli cosa provava, la dichiarazione di Éomer l’aveva trovata del tutto impreparata, alla fine forse erano folli entrambi ad essersi innamorati così.
Trafficò con la catenina che aveva al collo per aprirla, la mise in mano ad Éomer avvolgendogli con le dita il pugno chiuso sul suo ciondolo portafortuna.
“Me lo ridarai dopo la battaglia” promise.
Lui l'attirò a sé. “Ripensaci ti prego” le sussurrò.
Elanor tra le sue braccia guardò in alto, memorizzando il suo bel volto, avrebbe voluto di chiedergli di unirsi loro, di andare con lei, ma Éomer non poteva seguirli, lo sapeva.
Si issò sulle punte dei piedi per posare delicatamente le labbra sulle sue.
Éomer la strinse a sé, insoddisfatto di quel casto bacio, le schiuse la bocca per baciarla con passione. Elanor sentì lo stomaco annodarsi, desiderò che quelle braccia non la lasciassero più andare. Ma i loro destini per il momento avrebbero dovuto prendere due direzioni diverse.
Montò in sella ad Hasufel. Éomer lo accarezzò, ricordando il loro primo incontro, da quel momento il cavallo le era rimasto fedele.
“Bada a lei mi raccomando” disse all’animale.
Non poté fare altro che guardare Elanor allontanarsi assieme ai suoi compagni sui Sentieri dei Morti.

 

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Capitolo 4
*** Campo di Cormallen ***


Campo di Cormallen 
                          
25 Marzo 3019 T.E.

Éomer, seduto con i gomiti appoggiati sulle ginocchia, non riusciva distogliere lo sguardo dalle proprie mani insanguinate, il sangue di Elanor, lo aveva ovunque.
Continuava a rivedere quell'immagine. La battaglia finita, le urla di giubilo, Mordor era caduta.
Il suo unico pensiero era stato per Elanor, l’aveva cercata tra i soldati esultanti, l'aveva trovata, i loro occhi si erano incontrati colmi di gioia nel ritrovarsi entrambi ancora vivi e illesi, nonostante la speranza fosse stata già praticamente nulla in partenza. Aveva cominciato ad andarle incontro… e poi lei era crollata a terra e non si era più mossa.
“Ce la farà...” Éomer trasalì, non si era accorto dell'arrivo di Gandalf.
“È affidata alle cure del Re di Gondor, non ci sono mani da guaritore migliori”.
Éomer, stringendo i pugni scossi da un tremito, contrasse la mascella per la rabbia. Aveva pregato Aragorn di impedire a Elanor di unirsi a quella spedizione suicida, dopo che le sue suppliche avevano fallito con lei. Lo aveva pregato ma lui e Elrohir l'avevano lasciata venire comunque.
“Non ce la farà con quella gamba lo sai!” aveva detto frustrato al Ramingo.
La ferita che Elanor aveva riportato dopo la battaglia dei Campi del Pelennor non era grave, ma bastava a farla zoppicare, il suo vantaggio era sempre stata l’agilità non potendo compensare con la forza sarebbe stata penalizzata, vulnerabile. Éomer non voleva perdere anche lei, non dopo la morte di suo zio, e aver rischiato di vedere la stessa sorte abbattersi sulla sorella.
“Elanor se la caverà Éomer, si allena ogni giorno con Legolas e Gimli, se lei vuole venire sai meglio di me che lo farà in ogni caso, non voglio rischiare lo faccia di nascosto, come ha fatto Éowin” Aragorn lo aveva guardato dispiaciuto di essersi fatto sfuggire quelle parole, tirandogli involontariamente un colpo basso.
“E poi l’ultima decisione spetta ad Elrohir” sospirò “ti prometto che la terremo d'occhio” aggiunse cercando di rimediare.
Éomer non poteva credere a quelle parole, se fosse dipeso da lui l'avrebbe rinchiusa in una cella e buttato via la chiave pur di impedire che prendesse parte a quell'impresa disperata, si rammaricò di non avere nessuna autorità su di lei.
“La lasci venire perché tu hai bisogno che ci sia non per rispettare la sua volontà!” gli aveva ringhiato incollerito.
Aragorn gli rivolse tutt’a un tratto un’espressione severa. “Non posso chiederle di guardare tutti quelli che ama marciare verso la morte, io stesso mi rifiuterei di rimanere indietro dopo tutto quello che abbiamo passato!” aveva risposto infervorandosi davanti alla testardaggine del Re di Rohan.
 
Éomer si prese la testa fra le mani, le ultime parole che le aveva rivolto lo tormentavano.
“Se vieni Elanor per me sei morta…” le aveva detto al colmo della rabbia e della disperazione alla vigilia della partenza, durante l’ultima delle numerose discussioni che avevano avuto. Doveva tentare il tutto per tutto pur di saperla al sicuro, anche se avesse voluto dire spezzarle il cuore.
Elanor era indietreggiata come se l’avesse colpita con un pugno, forse in quel caso le avrebbe fatto anche meno male. Ma Éomer aveva subito capito di aver osato troppo, avrebbe voluto rimangiarsi immediatamente la frase, quando Elanor fece per andarsene ferita, d’istinto la trattene.
Aveva visto lo schiaffo arrivare, avrebbe potuto evitarlo, fermarlo, ma si lasciò colpire rammaricandosi solo che Elanor non fosse così forte da riuscire a fargli più male, per cancellare con il dolore il senso di colpa per ciò che aveva fatto. Da quel momento Elanor non lo aveva più neanche guardato.
 
“Éomer, cosa porti con te?”
Éomer alzò di poco la testa per guardare Gandalf.
“Sono giorni che avverto attorno a te una magia, non temere non ho indagato prima perché sento una forza positiva” aggiunse calmo il mago vedendo che Éomer si era allarmato.
Il re di Rohan ebbe un'illuminazione e si portò una mano al petto. Il ciondolo portafortuna di Elanor, lo aveva portato tutto quel tempo e se n'era dimenticato, lo estrasse per farlo vedere al mago.
Gandalf prese la collanina e guardò contrariato il ciondolo a forma di unicorno, aveva detto forse un centinaio di volte a Elanor di non portare nulla dal Diciannovesimo Secolo nella Terra di Mezzo, ma poi sorrise. Una collanina con appeso un unicorno di quel tipo era ancora inusuale da trovare anche nel 1849, una sola persona poteva aver donato quel ciondolo ad Elanor, un loro caro amico del Polo Nord (1).
Il cavallino impennato dalla criniera color arcobaleno era incastonato in una pietra elfica rosata, per questo la magia di Elanor risultava così efficace.
“Che mi venga un colpo è un incantesimo bello potente! Ma non mi stupisce, è stato mosso da una forza potentissima, amore. Questo te lo ha donato Elanor suppongo”.
Éomer annuì confuso e distratto dalla preoccupazione che gli serrava spietata il cuore.
“Un incantesimo di protezione ben eseguito, comincia ad essere la degna nipote di Elrond e Galadriel!” rise lo stregone.
“Elanor ha fatto una magia sulla collana?” chiese Éomer sovrappensiero.
“Ed egregiamente riuscita!” annuì Gandalf colpito “Ti sei sentito particolarmente fortunato in battaglia?”
Éomer guardò storto lo stregone, ci mancava solo che gli dicesse che era vivo grazie alla magia e non alla sua abilità di combattente.
“Posso suggerirti che ora forse è Elanor ad avere più bisogno del suo portafortuna?” azzardò il mago restituendo la collana ad Éomer che la fissò qualche secondo pensoso.
La prima volta che aveva incontrato Elanor le aveva dato della strega, il ricordo gli strappò un sorriso triste. Lei ovviamente non l’aveva presa bene, ma non gli aveva mai confessato che ci aveva visto giusto.
“Ecco a cosa si riferiva Saruman, lui lo sapeva non è così?” comprese.
Durante la loro visita alla torre di Orthanc, per stanare lo stregone bianco, Gandalf, tra l’incomprensione generale aveva vietato tassativamente ad Elanor di mettere piede ad Isengard, nessuno tranne Elanor stessa aveva protestato, spesso le azioni di Mithrandir non avevano una spiegazione rapida. La confusione di Éomer era aumentata quando dall’alto della nera torre scintillante, Saruman aveva espressamente chiesto ad Aragorn dove fosse sua sorella.
“Lei vale cento volte te Dúnadain!” gli aveva sibilato colmo di disprezzo dall’alto del suo rifugio. Il solo sentire il nome di Elanor nella bocca dello stregone aveva riempito Éomer di fastidio, aveva ringraziato mentalmente Gandalf per essere stato così risoluto nella sua decisione di lasciarla aspettare a distanza, decisione che, inutile dirlo, aveva appoggiato pienamente.
Quando avevano finito di interrogare l’ormai ex Capo del Bianco Consiglio, avevano trovato Elanor nella parte più esterna del Cerchio di Isengard allagato, che conversava tranquillamente con un Ent.
“Elanor conosce l’entese?” aveva chiesto uno dei Mezzuomini, Meriadoc.
“Io e Sveltolampo siamo amici di vecchia data” aveva spiegato lei lacunosamente più tardi, Aragorn aveva scosso la testa sorridendo.
“Sono cresciuto con lei eppure è in grado di sorprendermi sempre ancora!”.
Era stato forse lì che Éomer si era reso conto di essersi innamorato di lei.
Gandalf aveva ragione ad Elanor serviva il suo portafortuna, non che lui credesse a quelle sciocchezze magiche, ma non voleva sfidare la sorte quando in gioco c’era la vita della donna che amava, che fosse una strega o meno.
 
Aragorn non disse nulla quando entrò nella tenda dove stava medicando concentrato la ferita di Elanor. Éomer cercò di evitare di guardare il punto in cui il Ramingo aveva strappato la stoffa per scoprire la pelle candida della sorella, ma involontariamente i suoi occhi scivolarono sulla ferita, il cuore nel petto si strinse ulteriormente quando si rese conto di quanto fosse grave.
Un profondo squarcio si estendeva orizzontalmente sul fianco partendo dalla schiena fino all’addome, la pelle attorno era livida, aveva sicuramente diverse costole rotte.
Si avvicinò al corpo privo di conoscenza, le legò la collanina al collo e le posò un delicato bacio sulla fronte, constatando con sconcerto che diventava sempre più pallida. Non riuscì più a trattenere le lacrime d’angoscia, crollò accanto a lei.
Le strinse una mano tra le sue e pianse senza alcun ritegno, indifferente della presenza di Re Elessar.
Aragorn finì di medicare la sorella e si lasciò cedere a sua volta sul pavimento della tenda, non riusciva a capacitarsi del fatto che Elanor fosse lì sdraiata, in lotta tra la vita e la morte.
Aveva fatto ciò che poteva, non rimaneva che aspettare che aprisse gli occhi, doveva assolutamente aprire gli occhi. Éomer aveva giurato che lo avrebbe ucciso con le sue stesse mani se fosse morta, sperò che avrebbe mantenuto la promessa perché non poteva sopportare una vita senza di lei, attanagliato dal senso di colpa. Perché era colpa sua, Éomer aveva avuto ragione, era lui ad avere più bisogno di lei tra i due.
Negli anni aveva fatto fatica ad accettare la sua stessa esistenza, la prova vivente del disonore di cui si era macchiata sua madre. Ma da quando Elanor aveva imparato a camminare lo seguiva ovunque, lo sguardo adorante, cocciuta nonostante Aragorn la respingesse in ogni modo, anche bruscamente.
Alla fine suo malgrado il Ramingo si era affezionato alla sorellina, non aveva più potuto fare a meno della sua presenza costante.
Per gioco, di nascosto, le aveva insegnato a battersi e a tirare con l’arco, arte in cui era diventata molto velocemente anche più brava di lui.
Elrond alla fine li aveva scoperti ovviamente, nulla di ciò che accadeva a Gran Burrone poteva sfuggirgli, si era arrabbiato non poco. Elanor era destinata a diventare una meravigliosa dama elfica, a seguire le orme di sua zia Arwen, non una guerriera, avrebbe dovuto dedicarsi a cose come la poesia, non di certo a tirare di scherma. Elrohir però era rimasto piacevolmente colpito dall’abilità della figlia. Assecondando la sua natura, aveva acconsentito a portarla con loro nei loro viaggi appena ne avesse avuto l’età, finché non si era fidato abbastanza da lasciare che i due fratelli vagabondassero anche senza la sua presenza.
Da ottant’anni Elanor era sua complice, la sua forza, la sua speranza nelle situazioni disperate, e quelle con i guai in cui riuscivano sempre a mettersi non erano mai mancate, come non mancavano mai di arrivare le ramanzine di Elrond.
Aragorn si avvicinò per poggiare per la seconda volta sulla fronte di Elanor un impacco di erbe che avrebbero dovuto aiutarla a riprendere conoscenza. Éomer non alzò la testa, ad occhi chiusi teneva le labbra poggiate sulla mano immobile di lei, mentre le lacrime non volevano saperne di fermarsi.
“Perché piange il Re di Rohan?” un sussurro lieve fece saltare su entrambi come una secchiata di acqua gelida. Elanor sentì la mano di Éomer carezzarle il viso, quando aprì del tutto gli occhi il suo volto pieno d’amore fu la prima cosa che vide.
“Piange per la sua amata” le rispose tra le lacrime che ora erano di sollievo.
Elanor sorrise e voltò impercettibilmente la testa cercando il fratello di cui avvertiva il familiare tocco sulla fronte. Una fitta di dolore le si propagò in tutto il corpo facendole sfuggire un lamento.
“Cerca di non muoverti Elanor. Bevi qui hai perso tanto sangue” disse Aragorn voltandosi a prendere un intruglio di erbe che aveva preparato.
“Elanor!” un urlo fuori dalla tenda fece sussultare tutti e tre, strappando ad Elanor un’altra smorfia.
Elrohir aprì di scatto la tenda e si fiondò dalla figlia.
“Si può sapere perché non sono stato avvisato subito?” chiese fuori di sé il figlio di Elrond, seguito con discrezione dal gemello.
Éomer ed Aragorn incrociarono lo sguardo colpevoli. Nella fretta di soccorrerla non avevano pensato ad avvisare suo padre.
Elrohir ancora segnato dalla battaglia, guardò incredulo le bende che si stavano già nuovamente macchiando di sangue. Il bel volto dell’elfo si alterò per la rabbia.
“Tu fuori!” disse furioso puntando il dito contro Éomer quasi fosse colpa sua.
“Elrohir, rimani lucido, non è sicuramente stato lui” cercò di farlo ragionare Elledan.
“Padre ti prego” disse piano Elanor, non aveva la forza per sentirli litigare ora, ancora.
Elrohir guardò sprezzante Éomer, quello sostenne il suo sguardo fieramente ma poi arrese si chinandosi su Elanor, lo fece solo per amor suo.
“Riposa, io torno più tardi” le disse guardandola affettuosamente.
Lei cercò di annuire ma non ci riuscì.
Sentiva gli occhi richiudersi, quel poco di tempo sveglia le era costato un mucchio di energia. Aragorn la costrinse a bere prima di lasciarla sprofondare nel sonno con la promessa che avrebbe vegliato su di lei, ma Elanor questo lo sapeva già, suo fratello era la persona di cui più si fidava al mondo.
 
  1. Chi ha letto le Lettere di Babbo Natale intenda, in ogni caso di questa piccola avventura vi racconterò a Dicembre.
 
Angolo dell’autrice:
Siamo quasi alla fine di questo prequel! Questo capitolo è un concentrato di informazioni e per questo abbastanza importante. Spero di avervi incuriositi abbastanza da voler sapere come va avanti la vicenda, fatemi sapere che ne pensate, sia in positivo che in negativo, non sono una persona permalosa. Vi anticipo che il prossimo capitolo che pubblicherò sarà l’ultimo di questa prima parte.
 

 

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Capitolo 5
*** Minas Tirith ***


Minas Tirith
 
 18 Luglio 3019 T.E.
 
Éomer rallentò il passo di Zoccofuoco al limitare della vasta radura che si estendeva verde e rigogliosa ai suoi piedi. Dopo tre giorni di cavallo, ecco stagliarsi finalmente all’orizzonte i contorni di Minas Tirith, la città quasi sembrava nascere dalle profondità del Monte Mindolluin.
Erano passati più di due mesi da quando aveva salutato Elanor sugli alti bastioni della Cittadella. Quei due mesi e mezzo in realtà erano passati in un battito di ciglia con tutto ciò che aveva impegnato il suo tempo, ma anche una sola ora lontano da Elanor risultava troppo lunga, le era mancata in ogni momento nonostante avesse questioni in abbondanza per impegnare la mente.
Per scacciare la nostalgia di lei si era gettato a capofitto nei suoi compiti. Aveva un reame di cui occuparsi, l’intera Rohan da riportare all’ordine, gli ultimi disordini da sedare, aveva anche grandi progetti per far prosperare il regno di cui voleva parlare con Aragorn. Per fortuna sua sorella lo aveva sostenuto e aiutato. Éowin aveva sempre fatto tanto per la sua gente, anche quando il compito le era sembrato pesante quanto l’intera Starkhorn. Éomer aveva sempre immaginato per lei un futuro da regina, ci era voluto qualche giorno per digerire la notizia che gli aveva dato cavalcando verso Meduseld, la sua intenzione di sposare il principe dell’Ithilien, Faramir. Ma alla fine il Re del Mark non aveva potuto che essere felice per la sorella, in fin dei conti aveva grande stima di Faramir e i due si amavano, questo era ciò che importava.
In ultimo ma non meno importanti c’erano i funerali di suo zio e predecessore Re Théoden da organizzare, le sue spoglie da recuperare e seppellire al loro posto accanto a Théodred, di modo che padre e figlio potessero riposare in pace accanto ai loro avi, circondati dal profumo dei bianchi Ricordasempre.
Il cuore gli si strinse mentre percorreva la strada selciata che risaliva sinuosa per la Cittadella. Sbirciò sulle alte mura, nella speranza forse di indovinare la figura della sua futura sposa che lo attendeva, così bella nelle eteree vesti elfiche, elegante e a suo agio avvolta dalle candide e leggere stoffe degli abiti Noldor come lo era in brache e armatura.
La prima volta che l’aveva vista vestita di tutto punto le era letteralmente crollato ai piedi, in ginocchio.
“Non fare l’idiota alzati!” lo aveva preso in giro lei, ricordandogli che rimaneva sempre la sua perfetta principessa guerriera, mentre un rossore però, aveva tradito il suo imbarazzo.
Sugli alti bastioni della città, Éomer l’aveva stretta e baciata a lungo, riluttante a partire, voleva portare via con sé, nei suoi ricordi, il più possibile. Aveva passato le mani tra i suoi capelli morbidi, acconcianti e puntellati di gemme la cui forma e colore ricordavano i gialli fiori di Lothlorien, da cui Elanor prendeva il nome. Éomer conservava ancora il fiore che aveva colto il giorno del loro primo incontro.
Non riusciva a smettere di ammirarla. Le vesti impalpabili quasi trasparenti, lasciavano sapientemente scoperta la pelle vellutata in alcuni punti, consentendogli di indovinare meglio le forme sensuali del suo corpo. Mentre faceva scorrere le mani sulla pelle nuda della sua schiena, Éomer l’aveva desiderata come non mai e ora finalmente il momento di averla per sé era vicino.
 
“Aragorn! È bello rivederti amico mio” disse abbracciando brevemente il Re di Gondor, una volta che la compagnia di Rohan venne calorosamente accolta nella roccaforte.
“Bentornato Éomer, Re del Mark” rispose Aragorn sinceramente felice di rivederlo, fu lì che Éomer però notò subito un’ombra passare sul volto del Numenoreano suggerendogli che qualcosa non andava.
Éomer guardò interrogativo l’amico, che sfuggiva il suo sguardo, a disagio. Lasciò da parte i convenevoli per fargli subito la domanda che gli premeva, mentre un timore si faceva strada subdolamente nella sua testa.
“Dimmi Aragorn, dov’è Elanor? Speravo mi sarebbe venuta incontro ma non sono riuscito neanche a trovarla” chiese Éomer cercando di scacciare la brutta sensazione che si stava impossessando di lui.
Quando vide l’espressione di Aragorn però si allarmò definitivamente, doveva essere accaduto qualcosa.
Ripensò alla ferita della futura sposa, che però gli era sembrata stesse guarendo bene, forse una ricaduta…
“Aragorn cosa succede? Te lo chiedo per l’ultima volta, dov’è Elanor? Dimmi che sta bene”.
Aragorn scosse la testa mortificato, evitando il suo sguardo.
“Elanor sta bene, credo… non c’è, se n’è andata” rispose infine.
Éomer del tutto confuso dal comportamento dell’amico lo incalzò ancora “Beh e dov’è andata? Quando tornerà?”
Aragorn scosse la testa e finalmente Éomer capì ciò che cerava di dirgli Re Elessar. “Non tornerà Éomer, non molto presto almeno. Mi dispiace” mormorò.
Ad Éomer sfuggì una risata nervosa, doveva essere uno scherzo, presto avrebbero dovuto sposarsi, non era possibile che Elanor avesse deciso di partire così all’improvviso, a meno che…
“Sta scappando da me” sussurrò mentre gli sembrava che l’intera città stesse per crollare sotto i suoi piedi. “Quando?” chiese valutando l’idea di mettersi sulle sue tracce.
“Una settimana fa, ma anche se fosse partita ieri Éomer, se Elanor non vuole essere trovata, non la troverai” lo avvertì Aragorn indovinando il piano.
Éomer contrasse la mascella. “Se n’è andata senza una spiegazione? Dimmi che ha lasciato detto qualcosa per me Aragorn…”
Ma quello scosse la testa.
“Ma avete parlato!” quasi urlò, non era una domanda, Éomer sapeva benissimo che Elanor si era sicuramente confidata con il fratello prima di prendere una decisone.
“Non so molto, solo… credo che non fosse pronta per diventare regina” ammise.
Livido di rabbia e profondamente ferito, Éomer prese a pugni la fredda e dura pietra bianca del parapetto, rompendosi una mano.
Elanor lo aveva lasciato, lui l’amava, non pensava altro che alle loro nozze e lei era scappata vigliaccamente senza una parola, senza neanche degnarsi di fornirgli un perché.

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