Rin No Yami

di La Fra
(/viewuser.php?uid=1105467)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Questa storia è scritta in collaborazione con Exeregen, che ha avuto l'idea di stenderla e ha provveduto alla prima stesura. Potete trovare questa storia e altri suoi lavori su wattpad: https://www.wattpad.com/user/Exeregen


 

Obito!

 

Vai via! Rin, Kakashi, andate!

 

Rin si rivegliò sudata e con il respiro affannato. Aveva fatto di nuovo quel sogno.

Una luce calda entrava dalla finestra, passando attraverso la spessa tenda. Era già giorno. Un altro. Ne erano passati duecentoventisei; duecentoventisette, forse. Stava perdendo il conto.

 

Non posso continuare così.

 

Lo pensava ogni mattina, subito dopo essersi svegliata dallo stesso incubo.

Era un dolore che non l'avrebbe mai lasciata andare. Un senso di colpa che l'avrebbe accompagnata per tutta la vita. Si tolse di dosso le coperte umide e si mise seduta sul bordo del letto. Le mani le tremavano. Se le asciugò sulla maglietta.

 

Sono debole.

Non l'ho salvato.

Non ho capito i suoi veri sentimenti.

 

Con un grande sforzo, Rin si alzò e si incamminò per la stanza. Inciampò come al solito in qualche vestito lasciato lì a terra da troppo tempo. Avrebbe sistemato un'altra volta.

Riluttante, entrò in bagno e si guardò allo specchio. Aveva un'espressione smunta in volto, ormai troppo famigliare. I capelli spettinati e due occhiaie profonde.

Da quanto non dormiva bene? Da tantissimo tempo ormai, ma... avrebbe comunque dovuto apparire al meglio. Per Kakashi.

Non nel modo che avrebbe pensato una volta. Non per fare colpo sul ragazzo che le piaceva. Avrebbe dovuto mascherare quel suo aspetto sofferente per fargli credere di stare bene. Che fosse tutto a posto. Come se fosse davvero possibile farglielo credere...

 

Sorridi.

Sorridi.

Sorridi.

 

Se lo ripeteva sempre, davanti allo specchio. Non era difficile sfoggiare il suo migliore sorriso. È solo una questione di muscoli. Sollevi gli angoli della bocca, ed è fatta.

Ogni tanto, mentre faceva le prove davanti al lavandino, le sembra di vedere Obito nel riflesso. La fisso alle sue spalle, con un'espressione serena. Ogni volta che le sembrava di scorgerlo, si girava di scatto, solo per ritrovarsi a fissare la stanza vuota come una povera stupida.

Anche questa volta si ritrovò a battere le palpebre al muro. Ed il sorriso che si era creata così facilmente per affrontare la giornata si trasformò in un istante un pianto straziante. In un dolore allo stomaco e un forte vomito che riversò nel tazza del bagno.

Anche oggi, avrebbe dovuto ricominciare tutto da capo: asciugarsi le lacrime e ritrovare il suo "finto" sorriso migliore. Un'altra volta.

 

Rin prese qualcosa al volo per la colazione e senza voltarsi si chiuse la porta dell'appartamento alle spalle. Fuori, l'aria era già calda, e la strada affollata. Fece un bel respiro profondo, sollevò ancora un po' gli angoli della bocca e si incamminò a passo svelto per la via.

Dopo solo qualche passo, si imbatté in una figura nota. Provò a ignorarla, ma l'anziana signora si avvicinò a lei con quel fare sempre gentile.

"Rin ..." La chiamò sommessamente. La ragazza si arrestò e piegò leggermente la testa in segno di rispetto. Non disse nulla, ma cercò di non guardarla in viso. "Ti stavo portato dei biscotti e delle caramelle, ma forse stai andando in missione.." Era sempre così gentile, non avrebbe mai potuto farle scorgere il dolore sul suo viso. Sorrise e rassicurò l’anziana signora.

"Non mi hanno ancora chiamato... non si preoccupi, la ringrazio."

Rin allungò le mani per accettare le buste di carta, ma un istante prima che potesse afferrarle la signora si lasciò sfuggire una frase. "Erano le preferite di Obito" Disse con un tono completamente diverso. Al suono del suo nome, Rin sussultò e ritrasse la mano. Tutte le caramelle per terra.

"Oh no , mi dispiace!" Disse chinandosi per raccoglierle. Le prese una ad una e le ripose nelle buste, poi le arrotolò per sigillarle con cura. "Io... non so che cosa mi ha preso..." Quando sollevò lo sguardo, la vecchia non c'era più. Era già sparita fra la folla del mercato mattutino.

La nonna di Obito stava passando un momentaccio e molto spesso non era facile capire che cosa le passasse per la mente. Probabilmente, vederla e portarle quei dolcetti era l'unica cosa che riusciva a sollevarle un po' il morale.

Rin appoggiò i due pacchetti vicino all'entrata della casa, osservandoli con malinconia.

Li avrebbe ripresi più tardi, quando sarebbe tornata a casa.

Fece per allontanarsi, quando notò qualcosa a terra. Era una di quelle caramelle infilate su un bastoncino. Lo zucchero rosso scintillava nel sole. Era ancora avvolta da una sottile plastica trasparente. Senza nemmeno pensarci, Rin la raccolse e la scartò. La osservò ancora qualche istante. Lo zucchero non fa bene a uno shinobi. Fa ingrassare e cariare i denti. La caramella però, sulla sua lingua, aveva un buon sapore; di fragola o qualcosa del genere. La tenne fra le labbra e si incamminò di nuovo per la strada.

Gli incontri non sarebbero finiti lì, e lo sapeva bene: era impossibile evitare tutti.

Da qualche tempo non aveva più la forza per affrontare nessuno, aveva un peso nel petto che cresceva sempre di più e rendeva insostenibile ogni conversazione.

 

Se non si tratta di "lui", non ci parlare.

 

Una voce nella testa le continuava a ripetere le stesse cose; una voce che aveva cominciato a sentire subito dopo la missione che le aveva strappato il compagno di squadra.

Essendo un ninja medico, Rin sapeva benissimo che alcuni traumi possono avere conseguenze gravi. Possono portare a disturbi e effetti collaterali. A lei era toccato questo: una voce nella testa che non sembrava volerla lasciare mai in pace.

Provava a non darle peso, a ignorarla. A volte però semplicemente non ci riusciva. Succedeva che cedesse, all'improvviso, in mezzo alla folla. In quel caso nascondeva l'imbarazzato starnutendo, strofinandosi un occhio, solo per far credere a quelli intorno a lei che soffrisse di una qualche allergia, che avesse un semplice raffreddore. Con alcuni avrebbe anche potuto funzionare... ma con altri... beh...

 

"Rin!"

 

Una voce alle sue spalle la chiamò decisa e dura. L'avrebbe riconosciuto ovunque quel tono, quel brivido sulla pelle che provava ogni volta che la sentiva. Senza una ragione, Rin decise di ignorarlo e continuò a camminare a testa bassa. Rigirò la caramella sulla lingua nervosamente. Sussultò però quando qualcuno le toccò una spalla.

Quando si voltò, il suo sguardo andò subito all'occhio del suo compagno di squadra. Non il compagno che aveva di fronte.

"Kakashi ... non ti avevo sentito..." Disse con un sorriso vuoto.

 

Non parlarci.

Non è lui.

 

Il ragazzo rimase impalato e si infilò le mani in tasca. "Tutto bene?" Chiese guardandosi intorno.

"Che domanda stupida..." Rin si rese conto troppo tardi della sua risposta d'impulso. Per sua fortuna, Kakashi non sembrava stesse davvero ascoltando. Si guardava intorno, assente come sempre. Si schiarì la voce e ci riprovò, con tono più deciso.

 

"Sto benissimo!" Disse. Questa volta il ragazzo si voltò per guardarla con diffidenza.

 

Non esagerare ora. Benissimo?!

Certo che fai pena a recitare, ecco perché dovresti stare da sola.

Vai a parlare con lui piuttosto.

 

Kakashi sembrò pensarci su un attimo. Poi decise di fare ciò per il quale era più portato: parlare della missione.

 

"Il Terzo Hokage ci ha convocati, dobbiamo andare." Disse.

"Va bene, ti seguo."

 

La strada verso la magione dell'Hokage non era mai sembrata così lunga e Rin usò la scusa di accelerare il passo per arrivare il prima possibile. Non le andava di rimanere troppo tempo da sola con lui. Tanto meno di parlare.

"Rin" Iniziò lui all'improvviso. Lo sguardo sempre da un'altra parte. "Non mi serve lo Sharingan per vederti dentro."

 

Rin si fermò in mezzo alla strada e con un sorriso si girò in direzione di Kakashi.

La stava fissando con so con uno sguardo freddo.

"Che vuoi dire?" Chiese facendo la finta tonta. "Io sto bene, Kakashi..."

 

Non è vero.

Perché non gli dici di andare all'inferno?

Diglielo.

Ti sei proprio innamorata di quello sbagliato, eh?

Anzi, ti eri innamorata... ora non c'è più spazio per queste cose. In quel cuoricino minuscolo che ti ritrovi c'è solo veleno.

 

Non vedendo una reazione, Rin si fece seria. "Sto bene, Kakashi." Ripeté. "Dico sul serio.

Sono solo un po' scombussolata, sai com'è..." Lo guardò dritto negli occhi e non riuscì a frenare la strana rabbia che le salì dentro. "Obito è morto." Si sentì subito in colpa per il tono grave che aveva usato. Ma ormai era tardi. Kakashi fece scendere lo sguardo sulla sua bocca e aggrottò le sopracciglia. Prima che potesse dire una parola, Rin afferrò la caramella e la gettò a terra.

"Lo so." Disse. "Non si mangia in missione."

Rin non si pentì di nulla, nemmeno del tono acido nell'ultima frase.

Almeno così, forse, Kakashi avrebbe finalmente smesso di assillarla.

Ripresero a camminare e arrivarono presto a destinazione.

Ogni scalino su per la torre era un ostacolo insormontabile, ogni passo la disgustava. Senza rendersene conto, si ritrovò nella stanza dell'Hokage.

Come sempre, Sarutobi aveva la pipa in bocca. La fumava come se non gli importasse nulla se non di impartire ordini.

"Grazie per essere qui" Disse guardando prima uno poi l'altra. "So di avervi congedati per un po' di tempo dalle missioni. È grazie a voi se abbiamo potuto tirare un sospiro di sollievo, dopo la distruzione del Ponte Kannabi. Però questo è un periodo delicato.

Mi dispiace assegnarvi una nuova missione-"

Kakashi si guardò intorno ed interruppe il Terzo.

"Il maestro Minato ... dov'è?"

L'Hokage soffiò il fumo dalle narici e posò la pipa sulla scrivania.

"Il vostro maestro è occupato in un altra missione al momento."

Rin dovette trattenere un sospiro.

 

E quando mai.

Non c'è mai quando serve.

Solo ai funerali. Forse nemmeno lì.

 

"Smettila..." Rin bisbigliò senza farsi notare, parlando con sé stessa.

I primi tempi, parlare con quella voce che aveva nella testa l'aveva fatta stare male. Però lei era un ninja medico e sapeva bene di cosa si trattava. Sapeva che se ne sarebbe andata via da sola, con il tempo. Certo, sarebbe anche potuto peggiorare; sarebbe potuta impazzire. Aveva voluto scartare la seconda possibilità.

Un medico non dovrebbe mai farsi una diagnosi da solo. Soprattutto se il problema sta nella sua testa. Eppure Rin aveva tirato le sue conclusioni: quella voce che la assillava anche ora, nell'ufficio del'Hokage, era l'oscurità del suo cuore. La parte della sua coscienza che non voleva lasciare andare Obito.

Certo, era meglio dirla così piuttosto che autodefinirsi "caso clinico".

 

"La vostra missione..." La voce del Terzo Hokage destò Rin dai suoi pensieri oscuri. "... è rimediare delle particolari erbe mediche." Sarutobi fece una pausa per guardarla, e Rin raddrizzò la schiena e fece un lieve sorriso. "Chi meglio di un ninja medico le sa riconoscere? In condizioni normali questo genere di compito spetta a team specifici, ma siamo davvero a corto di personale"

Kakashi rispose solo con un: "Si , signore"

Rin non disse nulla e chinò la testa, incamminandosi verso la porta sotto agli occhi vigili del Terzo.

Quando la porta si chiuse, tirò un sospiro di sollievo.

"Kakashi, ci vediamo tra un po' alle porte del villaggio. Prima io devo ... raccogliere alcune cose."

Kakashi si limitò a un cenno con la testa e si incamminò lento verso il cuore del villaggio.

Il vento le fece andare i capelli davanti al viso, e Rin li scostò senza togliere lo sguardo dalla schiena curva del ragazzo che spariva nella folla. Anche lui stava portando un peso. Forse, se avesse trovato le parole giuste... forse, se gli avesse aperto il cuore e avesse fatto uscire quell'oscurità, avrebbero potuto portarlo insieme.

I capelli le si appiccicarono al viso, ora umido. Scosse la testa e si voltò, incamminandosi per la strada.

 

Il lungo muro di mattoni del cimitero le segnava la strada. Ogni anno dovevano allargarlo un po' di più, per farci stare le vittime della guerra. Rin si chiese per quanti anni avrebbe vissuto ancora, quanto avrebbe dovuto camminare per raggiungere l'entrata un giorno. Una volta giunta al cancello, cominciò a vagare per le tombe identiche. I nomi incisi sulle pietre erano troppo familiari. Alcuni erano amici dell'Accademia.

Il nome della ragazza che le offriva sempre dei dolci, di un ragazzo che si complimentava sempre dei suoi voti, di due gemelli che facevano sempre baccano. Sorpassata la ricezione e il piccolo boschetto arrivò di fronte al monumento ai caduti. Fra quella miriade di nomi, anche il suo: Obito Uchiha.

C'erano dei fiori appassiti. Nessuno passava più di lì, nemmeno la nonna di Obito, che ormai non ci stava più con la testa. E Kakashi... lui rimandava sempre.

Rin si chinò, osservando la tomba del ragazzo con uno sguardo vuoto.

 

"Proprio tu dovevi morire, eh?" Gli disse. "Fra noi tre... doveva morire l'eroe; quello che sognava di essere Hokage. Ti ricordi cosa dicevo? 'Salvare te è come salvare il mondo intero'. Ora che sei morto... anche questo mondo lo è. " La voce le si spezzò, ma si sforzò per continuare. "Sento la tua voce, Obito. Ti sento che mi riprendi e mi dici di non fare così. Ma tu che ne sai di come sto? Di come dovrei sentirmi? Tu sei morto. È comodo parlare per te..."

Rin strinse i pugni e lentamente poggiò la fronte alla pietra fredda. Stava piangendo a dirotto e non voleva che nessuno la vedesse. Ora se la stava prendendo anche con lui... ma cosa le passava per la testa?

"Non mi riconosco più, Obito." Sussurrò al silenzio. "Qualcosa mi divora da dentro. Kakashi peggiora la mia solitudine invece di colmarla.

So che non è colpa sua, ma da quando non ci sei più... non ho più la forza, non ho più un perché. Forse non ho mai avuto nessuna delle due cose, ma con te al mio fianco ... non mi servivano." Si sollevò e asciugò le lacrime. Il cielo era sereno, il sole alto. Eppure l'oscurità regnava su ogni cosa: nessuno sarebbe mai riuscito a consolarla, o ad aiutarla. Nessuno, ora che lui non c'era più. "Questo mondo è diventato così reale da quando non ci sei... mi mancano il tuo ottimismo , il tuo essere imbranato... e il tuo gran cuore"

Una mano le sfiorò la schiena delicatamente. Rin sussultò, colta alla sprovvista. Quando alzò il viso, incrociò lo sguardo di Kushina. La bellissima kunoichi era sbucata dal nulla. Non disse nulla, ma le sorrise gentile e comprensiva, accucciandosi al suo fianco. Poi attese un istante.

Rin non piangeva mai davanti a nessuno, ma sentiva in cuor suo che lei non l'avrebbe giudicata. Non avrebbe pensato che fosse debole. Cercò di trattenere un singhiozzo, ma quando la donna aprì le braccia non riuscì più a frenarsi ed affondò nel suo abbraccio. La strinse forte e pianse come non aveva mai fatto in tutti quei mesi.

Solo quando non ebbe più lacrime e l'ultimo fremito le uscì dai polmoni, Rin si districò imbarazzata dalla rassicurante presa di Kushina.

La guardò interrogativa, e la donna fece un cenno con la testa, rispondendo alla silenziosa domanda.

"Minato mi ha detto di tenerti d'occhio, ma l'avrei fatto anche senza la sua richiesta.” Parlò con un tono addolorato.

“Si incolpa da mattina a sera per essere un maestro assente. Lui l'ha visto, sai?

Il dolore che stai provando.” La donna si sollevò in piedi, e gli occhi le andarono un istante sul piccolo nome inciso fra altri mille.

“Ma sai com'è Minato... tace , non dice nulla. Non sa come affrontare certe cose e rimane li a guardarti come uno stoccafisso. Ti prego... non odiarlo come lui odia se stesso.

E non odiare te stessa Rin, non farlo ..."

 

Nessuna delle due sapeva che intanto Kakashi stava assistendo alla scena, nascosto dietro un albero. Le parole che si stavano scambiando lo raggiungevano anche da quella distanza. Non sentiva tutto, ma non gli serviva per comprendere.

"Obito” Disse fra sé e sé con lo sguardo fisso sulle due donne. “Avrò anche il tuo occhio, ma non riesco a vedere un bel niente.”

Rin si sollevò e abbracciò ancora Kushina, affondando il viso nel suo petto. La donna le mise una mano sulla testa, ed abbassò lo sguardo di nuovo. “Lei soffre e io mi limito a fissarla senza dire nulla. Vorrei solo poter fare qualcosa per lei... ma non sono capace. Io non sono come te..."

 

Kakashi fece passare lo sguardo lungo il campo fino a una piccola tomba, la più famigliare di tutte per lui. Anche dall'ombra della foresta riusciva a riconoscerla. Sapeva a quanti metri di distanza dall'ingresso si trovava. Li aveva misurati ogni volta con i suoi lunghi passi. In quell'istante, ripensò alle parole che suo padre gli aveva detto tanti anni prima.

 

Non si può guarire del tutto l'anima di una persona. Nessuno sa mai da dove iniziare, semplicemente perché non esiste un metodo efficace. Ma sai cosa conta? Provarci.

E' sempre meglio che non fare nulla. Parole di tua madre ... me le disse una volta, quando mi sentii in colpa per non esserle stato d'aiuto nei momenti più duri."

 

Kakashi sentì un brivido di paura. Si nascose, anche se nessuno poteva vederlo e appoggiò la schiena al tronco di un albero. Prese un bel respiro e fece un cenno deciso con la testa.

“Provarci...” Ripeté prima di incamminarsi verso le porte del villaggio.

 

Come se niente fosse, Rin e Kakashi si incontrarono al punto prestabilito.

I loro occhi si incrociarono per un momento, ma Rin non avrebbe mai potuto sostenere quello sguardo rosso sangue troppo a lungo. Si voltò e fece per uscire dal villaggio, quando Kakashi le afferrò una mano.

"Rin...” Iniziò titubante. La ragazza si girò con occhi sbarrati. Anche lui li aveva; sembrava non sapesse nemmeno lui che cosa stesse facendo. “Senti io... se hai bisogno di qualcosa...” Disse indeciso. “Di qualsiasi cosa... voglio che tu sappia che io ci sono."

Rin lo guardò dalla testa ai piedi. Non sapeva dire il motivo, ma qualcosa dentro di lei si era alleggerito. Lui la lasciò andare delicatamente e si incamminò. "Grazie" Fu l'unica risposta che riuscì a dargli.

 

Varcarono insieme l'enorme porta del villaggio. A salutarli, non c'era nessuno. Entrambi erano diventati due solitari, e non avevano molti amici all'Accademia. E poi, diciamolo: a chi interessano due shinobi che partono per una banale missione di recupero materie? Rin si voltò in istante per osservare le mura del villaggio, la torre e le case, e il monumento scolpito sulla roccia. Anche questa piccola missione avrebbe riempito di gioia ed entusiasmo Obito. Lui partiva sempre con i saluti di tutti, con un sorriso sul volto; perché ogni missione era un passo verso la sua meta. Verso il suo sogno di proteggere quelle mura di legno e quelle piccole case. Se solo anche lei avesse avuto quella forza e quella determinazione... L'unica cosa che poteva sperare quando lasciava il villaggio era il tornare a casa senza un fardello in più. A volte aveva anche sperato di non tornarci affatto, e si era vergognata. Cosa avrebbe detto Obito? Sicuramente le avrebbe ricordato quanto la sua vita fosse preziosa. Quanto tutto il villaggio e ogni shinobi lo fosse.

Adesso che l'aveva perso, avrebbe dovuto capirlo anche lei.

Mentre il sole li scaldava e illuminava sempre più, Rin seguì Kakashi per la strada che li avrebbe condotti alla loro prossima missione. Tutto era luminoso e bello intorno a loro; eppure le sapeva bene che tutta quella luce non era altro che un'illusione. Che l'oscurità si annidava ovunque, dentro di lei e dentro al villaggio che scompariva alle sue spalle.

 

Quello che non sapeva però era che c'era qualcuno che stava tramando nell'ombra, sotto i loro piedi. Qualcuno che quell'oscurità la bramava, la coltivava e moltiplicava.

Giù, nelle viscere della terra, oltre le radici degli alberi, sepolto sotto strati e strati di umida roccia.

"Ma quel vecchiaccio pisciasotto dorme sempre?"

Obito incrociò le braccia e si imbronciò. Quel “pisciasotto” al quale si riferiva era Madara Uchiha, leggendario shinobi del suo clan. Beh, leggendario... forse una volta.

Si era distratto ad osservare il vecchio, seduto con le gambe incrociate, e un pugno lo colpì dritto in faccia. Si era dimenticato di essere nel bel mezzo di un allenamento con Zetsu. Obito si sollevò da terra usando il braccio buono. Il suo avversario sorrise compiaciuto.

"Deve risparmiare energie...” Spiegò. “Piuttosto pensa a rinforzare la nuova parte del tuo corpo"

Il ragazzo sorrise con aria di sfida e scattò di nuovo verso di lui.

Nel frattempo, nel silenzio della grotta scandito solo dai colpi che i due si scambiavano, uno degli Zetsu stava comunicando telepaticamente con Madara. “Le cose stanno andando secondo i piani.” L'espressione del vecchio rimase impassibile, tanto da sembrare addormentato. “Alcuni uomini del villaggio della Nebbia erano partiti alla ricerca di Rin Nohara. Sono convinti che la ragazza possa essere un perfetto Jinchuuriki.

Per far girare la voce c'è voluto qualche mese, ma fragili come sono è stato facile manipolarli. Quelli desiderano così tanto schiacciare il villaggio della Foglia che farebbero di tutto, ma per sicurezza ho messo in alcuni di loro uno di quei sigilli mentali per controllarli. Se qualcosa dovesse andare storto, ho provveduto a fornire ad alcuni di quelli sotto il controllo mentale il "jutsu che mi hai detto"... mi appresto a tornare alla base"

 

Madara, dormiente, accennò un sorriso compiaciuto.

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Sono cresciuta senza genitori. Mia madre era stata stroncata da una brutta malattia quando ero molto piccola. Avevo provato a trovare un lato positivo in quella tragedia, e spesso mi ripetevo che in fondo dovevo a quell'evento il proposito di diventare un ninja medico.

Anche mio padre era morto troppo presto. Era successo dopo, durante la Seconda Guerra Ninja. Avevo provato a trovare un lato positivo anche in quello. Tutti dicevano che era stato "uno shinobi valoroso”, come se la cosa potesse in qualche modo alleggerire il mio dolore. Avevo scelto di crederci e ne avevo tratto conforto. Spesso avevo parlato di lui a testa alta, con orgoglio.

Oggi però non sono più una bambina e vedo le cose in modo molto diverso; a volte, quando sento qualcuno parlare di lui, vorrei correggerlo.

Vorrei dirgli: “non è morto come un eroe, è morto come un ninja qualunque.”

In quegli anni, tutti i caduti in guerra erano chiamati come ninja valorosi, eroi. Quindi cosa rendeva mio padre speciale? Qual era il lato positivo della sua morte?

Spesso pensavo ai miei genitori durante le lezioni. Al sorriso di mia madre, alla mano di mio padre che mi sfiorava i capelli. E mi intristivo.

Ricordo che un giorno di primavera, proprio nell'anniversario della morte di mia madre, Obito lo notò. Non gli si poteva nascondere nulla. Mi fissò per lungo tempo, poi si fece coraggio e si avvicinò. Mi disse che dopo le lezioni mi avrebbe portato in un posto speciale. Io accettai.

Al calare del sole ci arrampicammo su per la ripida scala che conduceva al monumento di Konoha, oltre le luci del villaggio, dove il vento soffiava freddo e impetuoso. Quando feci l'ultimo gradino, gli chiesi cosa fossimo andati a fare lassù. Lui mi sorrise (con quel sorriso che riservava solo a me) e indicò il cielo.

Mi disse che le stelle gli facevano compagnia quando si sentiva triste. Che gli piaceva pensare che due di quei puntini nel cielo fossero sua madre e suo padre. Che vegliassero su di lui.

"Nessuno è davvero solo." Mi disse."Sicuramente, tu non lo sarai mai... e poi... ci sarò io con te..."

Che stupida ero. Non ho memoria di molte cose di quel periodo, ma ricordo chiaramente che quella sera non dissi nulla; non lo ringraziai nemmeno. Mi limitai ad annuire e sedermi ad osservare il cielo.

Negli anni successivi, non pensai più a quelle parole; ero troppo concentrata sugli studi, scombussolata dalla cotta che mi ero presa per Kakashi.

Però, io e Obito continuammo a incontrarci al tramonto alla panchina. E poi a salire sulla montagna la sera. Sono io, lui... e le stelle.

Una volta, qualche tempo prima della sua morte, gli dissi una cosa. Non so perché, forse per sdebitarmi per tutto quello che aveva sempre fatto per me.

"Proteggere te è come proteggere il mondo intero".

Ero sincera. Non avrei voluto che suonasse così romantico, ma ero stata onesta. Razionale. Un ninja medico farebbe qualsiasi cosa per il suo team. Il suo unico scopo è assicurarsi che i compagni tornino a casa sani e salvi, a qualsiasi costo.

Obito... se solo potessi tornare indietro. Se solo potessi dare la mia vita per salvarti. Io lo farei.

Molte volte ho provato ad andare su quella roccia da sola; ho provato a guardare le stelle e trovare un lato positivo anche nella tua morte. Ma non ci riesco più. Qualcosa dentro di me si è rotto ormai. E quelle stelle... non riesco a guardarle con i tuoi stessi occhi; più le fisso e più mi sembrano solo puntini, freddi e lontani.

 

Svegliati... non senti che ti sta chiamando?

 

Rin si ritrovò in un luogo umido e buio. Era stato un sussurro a ridestarla, un ruggito che non aveva mai sentito prima e che sembrava venire da dentro la sua mente.

La prima cosa che percepì quando fu completamente sveglia, fu un peso nel petto. Una sensazione spiacevole che le fece salire un conato. Poi, una voce famigliare. Kakashi era di fronte a lei, e la chiamava insistentemente. Avrebbe dovuto vedere la sua faccia: era disperato, e non gli si addiceva affatto.

Rin provò a muovere le braccia, ma si ritrovò a lottare contro una spessa corda che la tratteneva. Mentre gli occhi si abituavano all'oscurità, mise a fuoco le sagome intorno a loro: diversi corpi di Ninja della Nebbia giacevano immobili a terra. Nell'aria, l'odore inconfondibile dello zolfo. Prima che potesse guardarlo in faccia, Kakashi si chinò su di lei e le liberò i polsi.

 

Non opporre resistenza, renderai tutto più facile a entrambi.

 

Di nuovo quella voce rombante. Una presenza che l'avvolgeva in una morsa invisibile.

 

Chi sei? Pensò fra sé e sé senza riuscire a parlare.

 

Io e te siamo una cosa sola adesso. Fu la risposta

 

Kakashi la sollevò e le mise il braccio intorno al collo. Cosa ci facevano lì? Cos'era successo?

I ricordi le tornarono alla mente frammentati e confusi; solo dei dettagli in mezzo al caos dei pensieri. Erano partiti alla ricerca di erbe mediche. Erano finiti in un'imboscata.

Kakashi aveva lottato, ma i nemici erano troppi, e non volevano lui. L'avevano distratto mentre l'avevano portata via. Ricordava il dolore, la paura... e la vergogna. Aveva urlato. “Non venire! Vai via, Kakashi! Non venire!”

Lui però faceva sempre di testa sua. In questo, non era cambiato. Nemmeno dopo Kannabi.

La testa le faceva male, più del solito. La voce maligna della sua mente continuava a parlarle, ma era incomprensibile. Le parole si sovrapponevano una sull'altra come se qualcuno stesse tenendo una conversazione da sola, senza renderla partecipe.

 

Hai capito ora?

Sei inutile.

Ti fai sempre rapire e qualcuno deve venire a soccorrerti.

Lui è morto per salvarti. Tocca a Kakashi stavolta?

Ma perché non la fai finita una volta per tutte?

 

La voce aveva ragione. Rin ora doveva concentrarsi e sforzarsi per parlare, per dire qualcosa. Avrebbe dovuto alzarsi, impugnare il suo kunai e...

Prima di rendersene conto, Rin si ritrovò all'aria aperta, sotto alla luna piena. Kakashi correva fra le fronde degli alberi, silenzioso e veloce. Rin si strinse forte alle sue spalle. Almeno, avrebbe usato le sue ultime forze per evitare di svenire e cadere di sotto.

Si appoggiò esausta alla sua schiena e chiuse gli occhi. Solo allora, un ricordo le riaffiorò alla mente, vivido e estraneo allo stesso tempo.

Fu solo un flash, ma vide le candele, un sigillo e una luce calda che le attraversava il corpo.

“Kakashi...” L'orrore le fece trovare la forza di parlare.

Il ragazzo la issò un po' sulla schiena e corse più in fretta. “Va tutto bene.” Disse. “Adesso ce ne andiamo da qui.”

Rin si voltò alle loro spalle. La foresta era immobile e silenziosa. “Non ci seguono.” Disse con un filo di voce.

Kakashi saltò giù da un ramo e raggiunse il terreno. Poi, finalmente, si fermò.

“Forse li abbiamo seminati.” Disse con il fiatone.
Persino il ninja più esperto e più intelligente può sbagliarsi quando vuole negare all'evidenza.

"Kakashi...” Ripeté Rin mentre lui la aiutava a mettersi seduta contro un tronco. “Non mi sento bene... io... qualcuno... c'è qualcosa che non va."

Rin conosceva bene il suo corpo, conosceva il suo chakra. Era sempre stata brava a controllarlo, a farlo fluire attraverso il corpo a suo piacimento. Adesso però, dentro di lei c'era una tempesta; un vortice che non riusciva a controllare. Era strano che Kakashi non dicesse nulla. Con quell'occhio se ne era sicuramente accorto.

Il ragazzo abbassò lo sguardo un istante e poi la sollevò di nuovo. “Quando torneremo al villaggio ti guariranno.” Disse facendo per caricarsela di nuovo sulle spalle. Rin però si divincolò dalla sua presa, forse con troppa forza. "No!” Sbraitò. “No, io... c'è qualcosa dentro di me. Riesco a sentirlo..."

Era proprio lì, che si annidava da qualche parte. Sentiva la sua presa stringersi sempre più nelle sue viscere, la mente appannarsi. Persino la voce che le sussurrava sempre maligna era smorzata dal ruggito di qualcosa di oscuro.

“Vai via prima che sia troppo tardi. Non voglio che succeda qualcosa anche a te.”

Kakashi la stava ancora fissando senza comprendere. "Rin” Iniziò guardandosi intorno. I rumori del nemico iniziavano a delinearsi in lontananza. Un leggero fremito del terreno sotto i loro piedi. Il suo disagio era ben distinguibile nonostante la maschera. “So che non ne abbiamo mai parlato, e mi dispiace. Avrei dovuto... so che stai male per quello che è successo a Obito, ma non è colpa tua. Anche io..." Si interruppe per fare un breve sospiro, poi le afferrò il polso con forza.

“Hai sentito cosa mi ha chiesto?” Disse con tono più duro. “Di proteggerti. Ed è quello che farò.”

Rin avrebbe voluto rispondere. Avrebbe voluto dirgli che non era quello il punto, che ormai per lei non c'era più nulla da fare. Un flash le mostrò di nuovo quelle immagini. Un ninja che disegnava una spirale con un pennello. Una luce, un ruggito feroce e un dolore lancinante.

Cosa le avevano fatto?

“Hanno provato a compiere un... una specie di rituale su di me." Disse con le lacrime agli occhi. Cercò di opporre resistenza, ma Kakashi la tirò con sé e si mise a correre. Le voci dei nemici si alzavano sparse per la foresta. Erano tutti intorno a loro. Rin non riuscì ad opporsi e corse insieme a lui.

Un piccolo gruppo di uomini gli sbarrò la strada, ma Kakashi li annientò con facilità. “Di qua!” Urlò trascinandola di nuovo.

Rin sentì un dolore lancinante allo stomaco, poi di nuovo un ruggito.

 

Ti ho detto di non opporti... renderai solo le cose più difficili...

 

Questa volta, riuscì a vedere chiaramente il proprietario di quella voce. Era un mostro, forse un demone. La fissava con un unico grande occhio e parlava muovendo gigantesche zanne. La sua reazione naturale fu quella di scalciare e dimenarsi. Quando cadde a terra, Kakashi si arrestò di nuovo.

“Cosa c'è?” Chiese nervoso.

Quando Rin batté le palpebre, la creatura sparì. Solo allora capì che quello che aveva visto non era davanti a loro. Quel mostro era dentro di lei. Non poteva essere solo un'allucinazione: sentiva tutto il suo peso... tutto il suo potere scorrerle dentro.

Con grande sforzo cercò di sollevarsi e rimettersi in piedi. In cuor suo, sapeva già che non ci sarebbe stato modo di fermarlo.

"Kakashi... non posso tornare al Villaggio della Foglia." I suoi occhi andarono al kunai caduto nel fango con una nuova consapevolezza. Se lo avesse afferrato e se lo fosse infilato nel giusto punto del torace, quella sofferenza sarebbe finita per sempre. Solo un momento di dolore, e poi più niente.

 

Fallo... ammazzati!

 

E lo avrebbe fatto, se solo avesse potuto. Possibile fosse così codarda da non riuscire a muoversi? Avrebbe tanto voluto farla finita, ma la mano non riusciva a raggiungere la lama. Era come se vi fosse una volontà estranea a fermarla. Le dita le fremettero, ma una forza invisibile le impedì di stringerle intorno al kunai. Che terribile tecnica avevano usato su di lei? Farla soffrire, mettere a rischio tutti quelli che amava e impedirle di uccidersi. Non avrebbe potuto convivere con una sola altra vita sulla coscienza, figuriamoci con un villaggio intero.

 

Fallo fare a lui... scommetto che non vede l'ora.

 

La sua mente era sempre un passo avanti a lei. Rin cercò di non ascoltarla, perché conosceva quelle parole infide troppo bene. Erano le stesse che le avevano tenuto compagnia nelle notti insonni degli ultimi mesi. Questa volta però, avrebbe dovuto darle retta. Era l'unico modo.

"Mi stanno usando...” Disse alzandosi in piedi. Guardò Kakashi nell'occhio, rosso fiammeggiante e sbarrato. Ogni tanto, gli ricordava lo sguardo con il quale la guardava lui. Osservandolo, sentì un pizzico di felicità.

 

“Devi uccidermi!" Disse risoluta.

 

La voce nella sua mente fremette di gioia.

 

Finalmente mi dai ascolto!

Quante volte ti ho suggerito di ricongiungerti a lui? Intendevo proprio questo: ammazzarti o farti ammazzare!

Rivedrai Obito, non sei contenta?
Ma anche nella morte sarai penosa... farti ammazzare da Kakashi... vuoi renderlo pazzo come te?

 

"Ma cosa stai dicendo?” Kakashi questa volta suonò rabbioso. “Ti avranno anche fatto qualcosa, ma risolveremo tutto. Dobbiamo solo arrivare a Konoha e troveranno una cura.”

Rin si raddrizzò con la schiena. Non se ne sarebbe andata da lì. Mai più. Per un momento, si sentì un'ipocrita. Qualsiasi cosa la Nebbia le avesse fatto era stato terribile, ma doveva ammettere di essere felice di aver trovato l'occasione per lasciare questo mondo una volta per tutte. Quella risolutezza nel morire non era quella di un guerriero nobile, ma di un'egoista. Ma che importava? Avrebbero chiamato anche lei “eroe”, “ninja valoroso” una volta che il suo nome fosse stato inciso sulla pietra.

La distesa intorno a loro era immobile. La luna si rifletteva in un lago placido. Le ombre danzanti dei nemici vorticavano intorno a loro.

Kakashi le afferrò le spalle e la scosse. “Stai ferma qui. Sistemerò tutto, te lo prometto.” La sua voce diceva il contrario. “Ti riporterò a casa a qualsiasi costo.” Si scagliò sui nemici come un fulmine.

Rin osservò la sua schiena mentre annientava un nemico dopo l'altro. Le lacrime le scendevano calde sulle guance. Continuò a stringere il kunai sperando di trovare la forza, di riuscire a contrastare il sigillo che le impediva di affondarlo nella carne. Dopo un ultimo sforzo, l'arma le cadde di mano.

Le esplosioni illuminavano la notte come lampi per tutto il campo di battaglia. Rin si alzò in piedi con le ultime forze rimaste e fece un passo avanti.

 

Fallo! Fatti uccidere! Le gridava la voce nella testa.

No, così ci ammazzerai entrambi! Ruggiva il demone

 

Rin alzò gli occhi al cielo e guardò le stelle. Si vedevano bene quella sera. Cercò con lo sguardo quella con la quale aveva parlato negli ultimi mesi e sorrise.

 

Sai Obito, riesco a vedere il lato positivo della mia morte. Tornerò con te, e non sapremo più soli.

 

Attese di sentire il suono stridente dell'elettricità di Kakashi, poi strinse i pugni e con un veloce slancio si buttò in mezzo al fumo creatosi dalle bombe carta.

 

Mi dispiace, Kakashi, ma non c'è altra scelta.

Spero che potrai perdonarmi.

 

Il Raikiri di Kakashi era così vicino che poteva già sentirne il calore. Rin non aveva paura. Voleva solo che le voci nella sua testa tacessero per sempre. Un istante che potesse raggiungere la sua meta, la luce scomparve e la ragazza si ritrovò teletrasportata fuori dal campo di battaglia. Per un momento fu convinta si trattasse di un'altra tecnica nemica, che le avrebbe impedito di morire ad ogni costo. Sentì il panico salire. La presa salda che la sorreggeva però le trasmetteva una sensazione completamente diversa. Ci mise un attimo prima di accorgersi di trovarsi fra le braccia di qualcuno che l'aveva messa in salvo.

 

"Maestro...?"

 

Minato sdraiò delicatamente Rin a terra e le rivolse si rivolse con quel tono gentile che usava sempre, anche nelle situazioni peggiori. “Scusami se ci ho messo tanto...”

Il sorriso del Lampo Giallo non era mai stato così poco convincente. La bocca solo lievemente piegata, le sopracciglia corrucciate. Anche se la stava guardando, Rin sapeva che il maestro aveva un occhio vigile su Kakashi, ancora nel pieno del combattimento. Non avrebbe più permesso che succedesse qualcosa a uno dei suoi allievi. Anche se il dolore e la paura stavano continuando a scuoterla, Rin sentì un immenso sollievo guardando quel ninja. Per lo meno, avrebbe potuto evitare a Kakashi il peso di doverci pensare da solo.

"Maestro... hanno fatto un rituale su di me.” Disse a fiato corto. “Se torno a Konoha, per il villaggio sarà la fine. Deve uccidermi! Ora!"

Minato non sembrò per niente stupido da quelle parole. Scosse la testa lentamente e raccolse il pugnale dal fango. Poi, le afferrò la mano con delicatezza. "Non permetterò che ti accada nulla." E un istante dopo, sparì.

Le esplosioni e le grida rendevano difficile concentrarsi. Rin però ce la mise tutta per guardare un'altra volta il cielo. Fece passare lo sguardo su ogni singolo puntino luminoso, fino a quando non scorse quella più luminosa di tutte.


Obito... mi dispiace tanto... non riesco a venire da te...

 

Chiuse gli occhi per lasciar scendere le lacrime e perse i sensi.

 

L'odore del sangue e del fuoco aveva riempito l'aria. Poteva persino sentire il calore delle fiamme, il freddo del fango che le faceva da letto. Riaprì gli occhi stanchi per cercare di nuovo la stella il cielo, ma le nuvole le avevano ormai oscurate. Si sollevò fino a mettersi seduta e osservò la scena. Un ultimo nemico cadde sotto al Kunai di Minato, infrangendo le placide acque del lago.

 

Allora non era un sogno... il maestro è qui...

 

Il silenzio si alzò pesante in tutta la pianura.

Lentamente, nella flebile luce della luna, percepì la famigliare presenza di qualcuno al suo fianco. Si voltò e trasalì sotto lo sguardo che la osservava: per un momento pensò di aver fallito, di non essere riuscita a morire e aver liberato quel demone. Poi però, si rese conto che a fissarla era uno sharingan. Era così vicino che poté scorgere ogni dettaglio, perdersi dentro ai suoi disegni infuocati e sentire il mondo girare tutto intorno a lei. “Kakashi...” Sussurrò delirante. La sagoma scosse leggermente la testa, ma non si mosse di un centimetro. Rin strizzò gli occhi e rivolse lo sguardo di nuovo al lago. Kakashi era in piedi fra i cadaveri dei nemici. Stava bene, non era ferito, ma la fissava da lontano. Il suo occhio brillava nel buio della notte, rosso incandescente come non lo era mai stato.

Il ragazzo lasciò andare la sua arma e cadde con le ginocchia a terra. Forse fu il delirio, un'allucinazione, ma Rin poté giurare di aver visto una lacrima scendergli per la guancia. Con improvviso terrore, comprese che lo sconosciuto al suo fianco le aveva afferrato la mano. Un viso sfregiato e ricoperto di sangue era incorniciato da capelli selvaggi. Avrebbe voluto scappare, allontanarsi il più possibile, ma il suo tocco era caldo e stranamente gentile.

 

“Rin”

 

La chiamò per nome, e l'orrore e la meraviglia le annebbiarono i pensieri. Non poteva essere. Forse era morta, o stava solo sognando. Forse, era all'inferno.

 

"Sei tu..." Disse senza nemmeno rendersene conto. “Sei... venuto da me.”

Il ragazzo fece un piccolo sorriso, che le levò ogni dubbio. Mentre il mondo intorno a lei si sfocava, Rin riuscì ad afferrargli la mano. E mentre la sua mente cercava ancora una spiegazione razionale a quello che era appena accaduto, il suo cuore decise, per una volta, di non ascoltare quello che le voci nella sua testa avevano da dire.

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Quando Obito gli aveva racconto quello che aveva passato in quei mesi, Minato non ci aveva potuto credere. Eppure, seguendo le sue indicazioni, era riuscito a raggiungere la grande grotta sotterranea della quale gli aveva parlato.

Madara Uchiha, il temuto e rispettato membro del prestigioso clan, era seduto in carne e ossa su un decadente trono, un'aria stantia e marcescenti riempiva l'antro. Una serie di creature arboree, bianche e nodose si erano disposte di fronte a lui, come per fargli da scudo.

Minato non era tipo da lasciarsi intimorire, e avanzò deciso verso quel dimenticato re di nulla.

 

"Tu...” Disse, e la sua voce rimbombò fra le pareti vuote. “Non dovresti essere vivo. Fai parte di uno scomodo passato da dimenticare. Non sei altro che un fantasma che non appartiene più a questo mondo.”
Madara lo fissò immobile, senza dire una parola. “Ti eri preparato un bel piano, ma arrenditi: oggi è fallito."

 

Minato si chiese se il vecchio si fosse già accorto delle bombe che aveva piazzato tutt'intorno alla grotta. Probabilmente sì, ma non sembrava per niente scosso; forse non aveva più nemmeno le forze per muoversi.

 

Il vecchio aprì la bocca ed esalò un debole respiro. "Le cose non sono andate come avrebbero dovuto, non dovresti essere qui.” Disse con voce rauca. “Chi sei tu?"

 

Minato gli si avvicinò ancora, abbastanza perché Madara potesse vederlo bene in viso. Avrebbe potuto presentarsi a lui in tanti modi, e tutti gli avrebbero fatto comprendere all'istante che per lui ormai non si sarebbe stata più nessuna speranza. La voce del Maestro Jiraiya gli risuonò nella mente, un ricordo indelebile delle sue parole.

 

Finalmente posso smettere di vagare per questo mondo. Ti ho trovato... sei tu quello che stavo cercando... tu sei...”

 

"Io sono il ragazzo della profezia." Disse a testa alta.

 

Il vecchio socchiuse gli occhi e annuì leggermente. Non si oppose quando Minato lo raggiunse, estrasse il kunai e recise i cordoni che collegavano il corpo del vecchio. Non ricevendo nessun ordine, le creature intorno a loro non si mossero; i loro sguardi vuoti erano fissi sul vecchio che rantolava agonizzante a terra.

 

Minato non riuscì a provare pietà per lui. Si chinò su di lui e attaccò alcune carte bomba sul suo esile corpo. "Scusa, ma devo accertarmi di non sbagliare." Disse con tono gelido sollevandosi in piedi. Mentre camminava verso l'uscita, la voce di Madara si alzava come un lieve soffio di vento.

"Tu vuoi vivere in un mondo di vincitori e vinti...! Ti sta bene così?! Tu dovevi essere un perdente... DOVEVI esserlo, e io dovevo vincere. Cos'ho sbagliato? Perché sei venuto qui?!"

 

Minato non si fermò e non si guardò indietro mentre le esplosioni cancellavano per sempre Madara Uchiha e il suo esercito di creature ripugnanti.

 

-

 

Nell'alta torre dell'Hokage, fra Danzo e Sarutobi era calato un silenzio teso. Discutere del destino di Rin Nohara non era certo cosa semplice.

“Per adesso la ragazza è tenuta rinchiusa in una cella, ma non appena saremo sicuri che sia innocua, la trasferiremo in una camera di ospedale.” Disse l'Hokage con una calma glaciale.

"Sarutobi!” Sbraitò il consigliere girando intorno alla scrivania. “La tua indulgenza ci porterà alla distruzione prima o poi. E sarò io a dover raccogliere i cocci quando te ne sarai andato!”

L'Hokage fece un triste sorriso. A volte non riusciva a riconoscere il suo vecchio compagno di squadra. “Sei proprio fissato col volermi spodestare. Senza dubbio andrò in pensione prima o poi, ma ho già trovato un successore, quindi puoi stare tranquillo."

Danzo sui ricompose per non mostrare la sua indignazione. "Certo... Minato Namikaze,” Disse con una vena di sdegno. “È un abile shinobi, ma anche uno sprovveduto. Ha portato di sua iniziativa due Jinchuuriki al villaggio! Due bombe pronte ad esplodere.”

Sarutobi mantenne lo sguardo fisso fuori dalla finestra, verso la prigione.

“Persino Kushina Uzumaki non si rende conto della gravità della situazione. Eppure lei dovrebbe capirlo bene! I sigilli applicati a Rin Nohara non sono resistenti come quelli del suo clan. Come ha osato rivolgersi così a me questa mattina?” Si fermò, in attesa di una risposta, ma Sarutobi si limitò a sospirare. Quando Kushina era entrata nell'ufficio e aveva dato a Danzo del criminale per aver incatenato una tredicenne, aveva dovuto trattenere una risata.

Danzo si mise fra lui e il vetro per attirare di nuovo la sua attenzione. “Vogliamo parlare poi dell'instabilità mentale della ragazza? Non possiamo ignorarlo."

 

Il Terzo Hokage scostò la pipa dalla bocca e soffiò altro denso fumo nella stanza.

 

"Quella ragazzina è sotto la mia protezione. E se qualcosa andrà storto, darò la vita per il mio villaggio..."

 

Danzo strinse un pugno e digrignò i denti.

 

"Finisce sempre così! Una bella frase a effetto da eroe decaduto... le belle parole non portano da nessuna parte, servono fatti! Non ci sarà nessun villaggio da difendere se quella bestia verrà liberata!"

 

Il Terzo Hokage raggiunse la scrivania e si mise seduto. Era chiaro volesse cambiare discorso. "Non posso ancora credere che Madara Uchiha fosse vivo. Quell'uomo stava lavorando sulle cellule del Primo Hokage... le stesse impiantate in Obito Uchiha."

 

Danzo assunse un ghigno sul suo volto.

 

"Ho visto con i miei occhi il corpo di quel ragazzo; è sensazionale. Può essere la svolta per il villaggio che-"

Sarutobi alzò una mano per farlo tacere. "Frena, frena, Danzo.” Disse secco. “Il team di sviluppo sta valutando la loro utilità e gli effetti collaterali, ma se saranno dannose... distruggeremo tutto."

 

Danzo strinse i pugni per trattenere l'ira. Furioso, sputò e a terra e se ne andò sbattendo la porta.

Il Terzo Hokage aveva ancora lo sguardo fisso alla finestra, ma invece che osservare l'edificio lontano, guardò il suo riflesso dritto negli occhi. Nella sua espressione stanca c'era una vena di rimprovero, come se lo stesse accusando di qualcosa di terribile.

 

-

 

Rin si svegliò al suono dell'acqua che cadeva dal soffitto. Non riusciva a muoversi a causa della camicia di forza e delle catene. Un sigillo incandescente le bruciava sull'addome. Le avevano detto che sarebbe servito a mantenere il Tre Code dentro di lei, ma ogni tanto lo sentiva fremere e contorcersi. Non molto rassicurante.

 

Non aveva visto nessuno in quei giorni. Forse, non permettevano a nessuno di farle visita. Kakashi non si era fatto vivo e Obito... Rin non aveva potuto chiedere nulla. Aveva troppa paura di aver solo immaginato il suo compagno di squadra, di averlo sognato nel delirio prima di perdere i sensi.

A farle compagnia nelle ultime ore c'era stato solo lui. Il più insospettabile di tutti; il mostro con il quale ora condivideva corpo e mente. Isobu.

Quando Rin chiudeva gli occhi, si ritrovava spesso in una dimensione strana. Uno specchio d'acqua e una distesa buia, solo un gocciolio perpetuo. La bestia la fissava con il suo enorme occhio, e le parlava.

"Ragazzina, il legame tra il Jinchuuriki e il Bijuu è una storia vecchia come il mondo, e io la conosco a memoria.” Aveva detto la sua voce tonante. “Non aver paura, io non sono tuo nemico... non siamo tutti ostili come Kurama il Nove Code... che rimanga fra noi, ma quello è sempre arrabbiato e ricolmo di odio.”

Rin all'inizio aveva creduto di essere impazzita. Poi, aveva dovuto affrontare la realtà dei fatti. “Cosa devo fare?” Aveva chiesto con le lacrime agli occhi.

“Se hai dei veri amici, delle persone su cui contare e che ti vogliono bene, ce la farai."

 

Rin sentì un tintinnio e aprì gli occhi. La porta della cella si aprì lentamente e Rin sentì la bocca piegarsi in un lieve sorriso.

“Kakashi...” Disse con la bocca secca.

Il ragazzo si avvicinò e si inginocchiò davanti a lei. Rin fremette quando le sfiorò la mano.

"Come stai?” Le chiese. “Il maestro conosceva i sigilli che ti avevano messo e li ha rimossi. L'Hokage ha detto che puoi uscire. Andrà tutto bene, vedrai.”

La ragazza sentì gli occhi inumidirsi e annuì. “Kakashi, io...” Disse cercando di trattenere le lacrime. “L'altra sera io, ho visto... ma credo di aver solo sognato.”

Non riuscì nemmeno a finire la frase, che Kakashi si spostò di lato e lasciò apparire l'immagine sfocata di un secondo visitatore. Se ne stava in piedi sulla soglia, una chioma di capelli neri e un occhio fisso su di lei. “Rin” Disse la stessa voce che l'aveva chiamata quella sera.

"Obito!" Il nome le uscì prima che potesse trattenersi.

Il ragazzo fu subito su di lei. Le afferrò la mano, strofinando delicatamente il pollice sul suo palmo.

"Come è possibile... Obito? Io e Kakashi credevamo..."

“Shhh” Le fece un sorriso che Rin avrebbe riconosciuto fra mille. “Non importa più: sono tornato. Scusami solo per averci messo così tanto.”

Kakashi sorrise. “Abbiamo una seconda occasione per rendere le cose migliori. Tutti quanti.”

 

Le risate di Obito e Kakashi si sovrapposero e le lacrime le scesero per le guance.

 

Prima che potesse rendersene conto, le catene smisero di trattenerla e i due la avvolsero in un caldo abbraccio.

"Ragazzi..." Disse affondando il viso nelle loro spalle.

Kakashi e Obito si ritrassero per guardarla. Le afferrarono le mani e le strinsero forte. Rin conosceva bene quella sensazione: era sempre stata lei il legame che li teneva uniti, era sempre stata la prima ad afferrare le loro mani per spronarli a correre insieme. Stavolta però era diverso: era lei ad aver bisogno di loro.

"Mi potreste portare a casa?" Chiese con un filo di voce. I loro occhi erano spaiati, ma la guardavano con lo stesso affetto. I due giovani ninja si scambiarono uno sguardo d'intesa e annuirono. Si alzarono in piedi e la aiutarono a fare qualche passo.

Tutti e tre insieme si incamminò giù per la scala della prigione e poi fuori, nel cortile, verso un viale di ciliegi. Persino i petali leggeri sembrarono danzare tutti intorno a loro per dargli il bentornato.

 

FINE...

 

...o solo l'inizio?



Grazie per aver letto. Se vi piacerebbe leggere un sequel, lasciateci un commento!

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3935021