L'ora della verità

di Magica Emy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Continuò ad allenarsi ancora a lungo, lanciando di tanto in tanto uno sguardo divertito in direzione di P-chan che, da un angolo della palestra, la osservava con aria pacifica. Si sentì grata del fatto che almeno lui, quella mattina, non l’avesse lasciata sola. Quell’adorabile porcellino nero, entrato nella sua vita così all’improvviso, faceva ormai parte della famiglia già da un po’. Un anno, per l’esattezza. Stesso periodo in cui anche Ranma era comparso in un giorno di primavera, scombussolandole di colpo l’esistenza e cambiando per sempre il suo destino. Un anno fatto di alti e bassi e talmente ricco di avvenimenti da far girare la testa a qualunque persona normale. Anche se, dopo la turbolenta conoscenza con Shampoo, guerriera della tribù delle amazzoni, e con Ukyo, regina delle Okonomiyaki, definitesi entrambe fidanzate di Ranma, in quella casa di normale pareva non essere rimasto più nulla. 

“Fidanzate di Ranma.”

Quel solo pensiero riusciva sempre a farle saltare i nervi e, quel che era peggio, lui sembrava non fare assolutamente nulla per scoraggiarle. Già, e come avrebbe potuto? In fondo erano molto più carine di lei. E poi…sì, era lui stesso a farle notare ogni volta quanto in realtà fosse lontana anni luce dall’essere la sua ragazza ideale. Cosa avrebbe potuto farsene di una come lei, conteso com’era sia dagli uomini che dalle donne?

“Non hai sex appeal, violenta, infantile, isterica, immatura, lunatica, stupida, maschiaccio, viziata, bastian contrario, demente, scema, deficiente. E guarda che non sei affatto carina!”

Persa com’era a ripensare con rabbia a tutti gli appellativi che era solito usare per definirla, Akane si ritrovò a colpire Ranma, che era intanto andato ad avvisarla che la colazione era in tavola, con un calcio ben assestato che di colpo lo fece stramazzare al suolo. 

«Stupido che non sei altro!» gridò fuori di sé. Il ragazzo si rialzò in piedi a fatica, massaggiandosi la nuca dolorante con entrambe le mani mentre esclamava, esterrefatto: «Si può sapere che diavolo ti prende, sei impazzita o cosa?»

Ma Akane aveva già lasciato la palestra.

Più tardi, durante le lezioni, la giovane tentò invano di scusarsi con Ranma. Tutte le volte che ci provava, infatti, lui la snobbava evitando accuratamente di rivolgerle la parola.  Cavolo, doveva proprio essersi arrabbiato sul serio, stavolta!

«Lanma, tesoro, ti ho trovato finalmente!»

La voce stridula di Shampoo interruppe di colpo il flusso dei suoi pensieri, avvampandola di rabbia. 

«Accidenti a lei, è sempre tra i piedi quella squinternata!» esclamò digrignando i denti e osservandola da lontano mentre, furtiva, si avvinghiava al ragazzo senza lasciargli via di scampo. Stavolta però c’era qualcosa di diverso, Ranma la lasciava fare, e quando l’antipatica rivale gli chiese di uscire con lei quel pomeriggio, la sua risposta le gelò il sangue nelle vene. 

«Sai, Shampoo, la trovo davvero un’ottima idea.»

Qualunque parola o insulto avvizzì sulle labbra di Akane, che divenne di colpo bianca come un lenzuolo. Non poteva credere che Ranma avesse davvero accettato di uscire con lei, era impossibile. Doveva aver sentito male. Quando li vide ridere insieme, però, capì che non c’erano dubbi. A quel punto la rabbia fu tale da sentirsi quasi svenire. Forse si era allenata troppo quella mattina e ora era stanca, forse il caldo opprimente le aveva tolto il respiro…o forse, il suo cuore si era appena irrimediabilmente spezzato…

-continua-

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Quando Ranma tornò a casa l’ora di cena era già passata da un pezzo, ma lui non aveva alcuna voglia di mangiare. In quel pomeriggio infernale appena trascorso era andato tutto storto. Primo: aveva accettato la compagnia di Shampoo solo per ripicca nei confronti di Akane. Le sarebbe servito di lezione per essersi divertita a colpirlo senza motivo. Inoltre l’aveva sorpresa a spiarli da lontano, nascosta tra i cespugli, cosa credeva? Secondo: Ukyo si era intromessa, trasformando quella, seppur noiosissima passeggiata, in una lotta all’ultimo sangue contro l’eterna rivale. Alla fine entrambe lo avevano colpito per sbaglio, facendolo cadere nel fiume. Accidenti a quelle due! Ora aveva solo bisogno di un bel bagno caldo per riprendersi e tornare finalmente a essere un ragazzo. 

Quando la notò era pigramente appollaiata sul tavolo in soggiorno, impegnata a fingere di non averlo sentito rincasare.

«Ehi, non c’è nessuno qui?» esordì, tentando di scuoterla in qualche modo e dimenticandosi completamente della promessa che aveva fatto a se stesso di non rivolgerle più la parola. Akane sollevò lo sguardo verso di lui.

«Io ti sembro nessuno? Certo che hai un bel coraggio!» disse risentita.

«Intendevo gli altri, non li vedo in casa. Possibile che ogni scusa per te sia buona per mettersi a litigare?»

«Sono andati in città. È arrivato il circo, perciò credo che non torneranno tanto presto. E, per tua informazione, non ho nessuna voglia di litigare, tantomeno con te. Sono stanca.»

«A chi lo dici.» rispose lui senza pensare e la vide piegare gli angoli della bocca in una smorfia infastidita.

«Già, immagino ti sia divertito un mondo in compagnia di quell’oca smorfiosa, non è vero?»

«Questi non sono affari tuoi. Mi serve un bagno caldo.»

Imboccò il corridoio a passo lento, voltandole così le spalle cercando disperatamente di mantenere la calma. Certo che Akane era proprio una stupida, parlava sempre a sproposito. Talmente concentrata a lanciare frecciatine da non chiedersi neppure perché si fosse trasformato in ragazza. Si lasciò andare a un lungo bagno ristoratore, riacquistando finalmente le sue vere sembianze. La maledizione che si portava addosso era sempre così umiliante. Chissà se sarebbe mai tornato a essere un ragazzo normale, prima o poi. 

Quando tornò in soggiorno si accorse che Akane non si era mossa da lì, e non sembrava di certo avere una bella cera. Prima, impegnato com’era a schivare il suo insopportabile sarcasmo, non si era neppure accorto di quanto fosse pallida.

«Ti senti bene?» le chiese.

«Questi non sono affari tuoi.» 

La sentì rispondere, rifacendogli il verso.

«Guarda che cercavo solo di essere gentile» obiettò, sulla difensiva «non sei affatto carina, lo sai?»

«Sì, e sono anche violenta, immatura, isterica e con il sex appeal di un cetriolo, giusto? Perché non te ne torni da Shampoo, lei sì che ha tutto ciò che cerchi in una ragazza!» esplose all’improvviso, furente.

«Vuoi darti una calmata e smetterla di dire stupidaggini? Tra me e Shampoo…»

«Non mi interessa, non voglio ascoltarti!»

Ranma la vide incespicare nei suoi stessi piedi e si precipitò a sorreggerla prima che cadesse, trovandosi di colpo a un centimetro dal suo viso, tanto da poterne sentire il respiro sulle guance. Sentì il cuore galoppargli nel petto mentre le tastava la fronte scottante.

«Ma tu hai la febbre. Devi aver preso il raffreddore.» mormorò sorpreso. Per tutta risposta Akane sollevò una mano per colpirlo con uno schiaffo, ma Ranma, pronto, chiuse le dita attorno al suo polso sottile , bloccandole il braccio a mezz’aria e fissandola così intensamente da costringerla a chiudere gli occhi. Sospirò con forza.

«Ti porto a letto, hai bisogno di stenderti.»

La sollevò tra le braccia, sentendola finalmente rilassarsi mentre la portava di peso fino alla sua camera. Lì le diede un’aspirina per abbassare la febbre, poi le rimboccò le coperte e fece per andarsene, ma la sua voce improvvisa lo fermò. 

«Ranma? Ti prego non andartene, resta con me finché non mi addormento.»

Si avvicinò di nuovo a lei, arrossendo violentemente quando la vide spostarsi piano per fargli spazio sul letto, invitandolo a sdraiarsi vicino a lei.

«Ecco, io…» balbettò senza avere il coraggio di proseguire, ma dopo un interminabile momento di imbarazzo decise di prendere posto vicino alla ragazza, distendendosi sopra le coperte e aspettando pazientemente che si addormentasse.

«Tra me e Shampoo non c’è niente, Akane.» sussurrò a quel punto. La osservò muoversi nel sonno, girandosi su un fianco fino a volgere il viso verso di lui che, rapito, contemplava le lunghe ciglia delle sue palpebre chiuse e le guance, rese ora violacee dalla febbre. D’un tratto le sembrò così diversa dalla ragazza irascibile e nervosa a cui era abituato, così dolce e indifesa da non riuscire quasi a resisterle. Le sfiorò i capelli con le dita, posandole un bacio leggero sulle labbra socchiuse.

«No, non potrà mai esserci niente tra me e Shampoo, perché non è lei la ragazza di cui sono innamorato.»

-continua-

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


«Mia dolce Akane, non so cosa darei per poter vedere ancora una volta il tuo bellissimo viso.» sussurrò Ryoga, ansante e sudato dopo aver trascorso la notte in mezzo al nulla, cercando disperatamente la via più breve per tornare a casa. Ora, stanco e sporco e con il pesante bagaglio che portava sulle spalle, era così concentrato a regalare i suoi pensieri alla ragazza che amava, da accorgersi di essere finito nel giardino di casa Tendo solo dopo averla vista comparire sulla soglia. Di spalle e con in mano uno dei piatti che aveva di certo preparato personalmente, era tutta intenta ad apparecchiare la tavola per la colazione. Ranma si trovava proprio vicino a lei, ma a differenza di Akane aveva subito notato la presenza del ragazzo, che seppur malandato lo fissava ora con occhi pieni di livore.

«Ehi Ryoga, si può sapere dove diavolo sei stato fino a ora? Ti eri perso di nuovo, non è così?» esclamò, e a quel punto accadde tutto in una frazione di secondo. Nel patetico tentativo di lanciarsi contro Ranma per dar vita all’ennesima sfida, il giovane viaggiatore incespicò nei suoi stessi piedi, barcollando e perdendo così l’equilibrio prima di finire direttamente nel laghetto con un tonfo che finalmente catturò l’attenzione di Akane.

«Dove lo vedi Ryoga, scemo, qui c’è solo il mio P-chan. Povero piccolo, ha l’aria esausta. Dov’eri, ti ho cercato dappertutto.»

Rivolse a quello che era ormai diventato un porcellino nero uno dei suoi più dolci sorrisi prima di vederlo correre, commosso, tra le sue braccia. Il tutto sotto lo sguardo furente di Ranma, che intanto gli lanciava occhiatacce di fuoco nella vana speranza che decidesse al più presto di allontanarsi dal seno di Akane su cui, grato, strofinava ora le piccole guance pelose. Accidenti a lui, gli faceva una rabbia!

«Venite a tavola, è pronto! Oggi ho contribuito a preparare la colazione, contenti?» disse poi la ragazza, ma l’espressione schifata dipinta sui visi dei componenti della famiglia che, pian piano prendevano posto a tavola, non lasciava certo dubbi all’immaginazione.

«Dimmi figliola, cos’è questa schif…ehm, insomma, quel…coso?» azzardò Soun, indicando quella che assomigliava tanto a una disgustosa poltiglia biancastra su un piatto da portata.

«Ma come, non si vede? Sono polpette di riso» rispose lei, fiera «Coraggio, non fate complimenti. Anche tu Ranma, vieni ad assaggiare.»

Vide il giovane fare un balzo indietro, sbiancando in volto. 

«Grazie, ma credo che passerò per oggi.»

Akane lo osservò sgomenta, ma fu solo un attimo, poi tornò a sorridere. Non aveva alcuna voglia di arrabbiarsi con lui, non oggi che era così felice. La febbre era completamente passata e si sentiva energica e forte come una roccia, e poi la notte scorsa…Sì, la notte scorsa c’era stato quel bellissimo sogno, così intenso, così reale. Ogni volta che chiudeva gli occhi, infatti, le pareva ancora di sentire il calore delle labbra di Ranma che si posavano leggere sulle sue…

Dio che emozione, quel solo pensiero la fece arrossire fino alla radice dei capelli.

«Che ti prende Akane, ti è venuta di nuovo la febbre per caso?»

Alle parole del ragazzo sembrò però riscuotersi di colpo, rispondendo in fretta: «No, in realtà credo di non essermi mai sentita meglio. Non importa se non vuoi mangiare quello che ho preparato, vorrà dire che lo farò assaggiare a P-chan. Tieni piccolo, senti com’è buono.»

Dopo aver ingoiato un po’ di quel disgustoso intruglio il povero porcellino stramazzò al suolo, divenendo di mille colori. 

«Poverino, adesso avrà bisogno di una lavanda gastrica.» osservò Ranma, sgranando gli occhi per la sorpresa.

«Smettila, stupido!» replicò la giovane e fece per colpirlo con un calcio che lui schivò velocemente, trovandosi con un balzo a pochi centimetri da lei. Akane arrossì di nuovo, allontanandosi di scatto mentre sentiva il cuore battere come un tamburo. Non ricordava nulla della notte scorsa per via della febbre alta, ma quel sogno, sì, quel bellissimo sogno era ancora vivido, scolpito nella sua memoria come un’istantanea. 

Se fosse stata più attenta, però, si sarebbe accorta che anche Ranma era arrossito. Avrebbe di certo notato la sua agitazione e, forse, sarebbe persino riuscita a percepire il galoppare impazzito del suo cuore. Già, se solo…

Ma Akane per sua fortuna non era mai stata molto sveglia, perciò non ebbe motivo di preoccuparsi quando, vedendola assumere l’atteggiamento di sempre, capì che in realtà non ricordava nulla di quanto era successo.  Ciò che Ranma ignorava però, era che neanche lui sembrava essere particolarmente perspicace quando si trattava di questioni di cuore…

-continua-

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Quel giorno Ranma era tornato a casa tardi, ma non l’aveva certo fatto apposta. Aveva passato gran parte del pomeriggio ad allenarsi nel suo luogo preferito: il nuovo parco della città. Lì, immerso nel verde e nei suoi pensieri, per la prima volta completamente solo, aveva finito per perdere la cognizione del tempo. Come aveva potuto perdere il controllo a quel modo con Akane, appena qualche sera prima? Fortuna che stava dormendo, ma…se si fosse svegliata? Se tutto a un tratto si fosse accorta che lui la stava baciando, come avrebbe potuto reagire? Aveva corso un grosso rischio e senza neppure rendersene conto. Reprimere a quel modo i suoi sentimenti per colei che le era stata imposta come fidanzata, stava diventando sempre più difficile per lui. 

«Ranma, si può sapere dove sei stato fino a ora? Ero in pensiero per te, tutti lo eravamo.»

La voce del padre, che lo aspettava sull’uscio di casa lo costrinse a tornare coi piedi per terra. 

«Non ce n’era alcun motivo, mi stavo allenando.» rispose semplicemente.

«Questo non ti dà certo il diritto di fare i tuoi comodi. Lo sai, in quanto fidanzato di Akane le devi rispetto e…»

«Piantala con queste stupidaggini» esclamò incalzandolo «fino a prova contraria sono libero di fare quel che mi pare. E poi non ho certo chiesto io questo inutile fidanzamento di cui, francamente, potevo benissimo fare a meno.»

Si rese conto di ciò che aveva detto solo quando si trovò davanti Akane. La ragazza, avendo solo per caso ascoltato quella spiacevole conversazione si ritrovò a sbarrargli la strada, impedendogli di fare un altro passo per colpirlo con un violento schiaffo in pieno viso. 

Ranma imprecò dal dolore, massaggiandosi la guancia dolorante mentre la sentiva urlargli addosso tutta la sua frustrazione.

«Mi dispiace che essere fidanzato con me ti dia tanto fastidio, se è così ti libero subito dell’incomodo. E io che mi ero tanto preoccupata per te, che stupida che sono!»

Poi corse a rifugiarsi sul tetto, l’unico posto dove avrebbe potuto starsene un po’ per conto suo. Se era così che Ranma la pensava, allora lei…

Sentì le lacrime pungerle le palpebre e con uno sforzo tremendo le ricacciò indietro. Non avrebbe di certo dato a quello stupido la soddisfazione di farla piangere.

«Akane, io…»

Il suo cuore sobbalzò per la sorpresa quando si accorse che il giovane l’aveva seguita e che ora, in piedi di fronte a lei, pareva sinceramente dispiaciuto. Lo sentì balbettare incomprensibili parole che avevano tanto l’aria di assomigliare a delle inutili scuse.

«Vattene via, non voglio ascoltarti.» disse di rimando, voltando la testa dall’altra parte per evitare di incrociare il suo sguardo colpevole.

«Mi dispiace, non pensavo davvero quello che ho detto.» insistette lui.

Akane si rialzò di scatto, puntando le mani sui fianchi in un’espressione risoluta che lo preoccupò non poco, preparandolo al peggio. 

«Ah, no? Stai dicendo quindi che le cose ti vanno bene così come stanno? Ok, dimostralo allora!» disse, sfidandolo con lo sguardo.

«Prego?»

«Sì, dimostrami che il fatto che io sia la tua fidanzata non rappresenti un’idea così orribile per te, perciò…sii uomo e baciami!»

Cavolo, lo aveva detto davvero? Ma cosa le era preso, non era proprio riuscita a trattenersi.

 Per un attimo credette di non aver sentito bene.

«Che…che cos’è che dovrei fare? Stai scherzando, spero!» balbettò, facendosi di mille colori. 

Si aspettava sul serio che se lo sarebbe rimangiato? Neanche per sogno, stavolta sarebbe stata lei a dettare le condizioni.

«No, affatto. Cos’è, non sono abbastanza attraente per te, l’idea di farlo ti ripugna così tanto?» replicò risentita.

Il ragazzo sospirò a lungo e con forza.

«Io non ho detto questo.»

«Allora hai paura.»

«Non ho paura! È per caso una sfida, questa?»

Akane sorrise con disprezzo.

«Pensala come ti pare, tanto lo so che non ne avresti mai il coraggio.»

Sì, era decisamente una sfida.

«E questo chi lo dice? Adesso smettila con queste scemenze, ti stai solo prendendo gioco di me e dei miei sentimenti! Pensi sul serio che bacerei una ragazza così, a cuor leggero, solo per dimostrarle qualcosa?» reagì, punto sul vivo.

Akane scoppiò a ridere, ma era una risata di scherno, poi proseguì sarcastica: «Sono convinta che se la proposta arrivasse da Shampoo, ad esempio, tu…»

«Io, cosa? Sei tanto sicura che potrei cedere così facilmente?Stupida che non sei altro, se quella tua testa vuota avesse un cervello funzionante ti ricorderesti sicuramente che ti ho già baciata!»

La incalzò, facendola ammutolire di colpo e pentendosi immediatamente di ciò che si era appena lasciato sfuggire. Maledizione.

-continua-

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Dopo l’iniziale smarrimento dovuto a quella scioccante rivelazione, Akane riuscì finalmente a riprendere la parola.

«Questa è la cosa più ridicola che abbia mai sentito, anche perché se fosse vero me ne ricorderei di certo!» gridò infatti, totalmente incredula.

«È stato quando hai avuto la febbre» sussurrò un Ranma in evidente imbarazzo, «mi hai chiesto di restare con te finché non ti fossi addormentata e, quando lo hai fatto, io…»

«Ma allora sei davvero un idiota!» lo interruppe la ragazza, fuori di sé «Come puoi pretendere che mi ricordi di qualcosa che è accaduto mentre dormivo? Un momento, questo vuol dire che ti sei approfittato di me quando ero malata e vulnerabile. Brutto depravato, vieni qui che ti sistemo io!»

Lo minacciò sferrando una serie di calci e pugni nella sua direzione, anche se Ranma era così veloce a schivarli che in realtà riusciva solo a colpire l’aria. Nonostante la rabbia, però, Akane non potè fare a meno di pensare che quello che aveva creduto essere solo un sogno, in realtà era accaduto davvero. Ranma l’aveva baciata, l’aveva baciata sul serio…

Tuttavia non avrebbe potuto perdonarlo tanto facilmente per il modo in cui era successo, perciò meritava una lezione. 

«Akane, controllati!» la scongiurò Ranma, ma lei non aveva alcuna intenzione di calmarsi. Anzi, aveva appena cominciato.

«Abbi almeno la decenza di stare zitto!»

«Fermati, ti prego!»

«Lascia che ti metta le mani addosso e vedrai!»

«Mi dispiace, io non…»

«Questa me la paghi!»

«Piantala adesso, accidenti a te! Lo vuoi capire che ti amo oppure no?»

A quelle parole la furia di Akane sembrò arrestarsi di colpo mentre, scompigliata e con le guance paonazze, tentava disperatamente di trovare un senso a ciò che aveva appena sentito. 

«Che…che cosa hai detto?» bofonchiò, sgomenta, incapace di muoversi.

«Ho detto che ti amo, razza di scema» ripetè lui. Negare, a quel punto, non avrebbe più avuto alcun senso. «Non mi fai mai finire un discorso.»

Fu allora che tutte le difese della giovane crollarono miseramente come un castello di carte, spingendola a scoppiare in un pianto dirotto che Ranma, annullando la breve distanza che ancora li separava, si affrettò a consolare.

«Ehi, no. Non volevo certo farti piangere. Vieni qui.» mormorò prendendola tra le braccia ma, per tutta risposta, Akane prese a singhiozzare più forte, disorientandolo completamente.

«Sei uno stupido, Ranma» disse tra le lacrime, stringendosi a lui «Sei proprio uno stupido, stupido, stupido…»

«Non ci credo che tu non sappia dire nient’altro.»

«Non hai idea di quanto abbia aspettato di sentirti dire queste parole, e ora che è successo io, io…»

«Non fare così, ti prego. Non sopporto di vederti piangere in questo modo.»

La scostò da sé quanto bastava per asciugarle le lacrime che, copiose, rigavano le sue guance infuocate, rivolgendole poi un sorriso disarmante che in un attimo le scaldò il cuore.

«Ti amo anch’io, non sai quanto.» disse, prima di offrirgli le labbra in un lungo e tanto atteso bacio chiarificatore che fece battere i loro cuori all’unisono, fugando ogni possibile dubbio.

«È il nostro primo bacio, questo.» mormorò Akane quando si staccarono, specchiandosi nei suoi occhi chiari.

«Beh, veramente credo sia il secondo.» replicò lui, il respiro corto.

«No, ora che ci penso forse è il terzo.»

«Ma che stai dicendo? Sei proprio smemorata!»

«E tu sei un cafone! Possibile che non te ne ricordi? È successo quella volta che sei diventato un gatto!»

«Non ricordo proprio niente di quel giorno, te l’ho detto centinaia di volte!» ribatté spazientito. Akane sollevò le sopracciglia.

«Il bacio che mi hai dato però vale lo stesso, anche se non ne hai memoria.» commentò storcendo la bocca. Ranma scosse la testa, esibendosi in un adorabile sorrisetto sghembo che fece fare l’ennesima capriola al cuore della fidanzata. Come avevano potuto perdere tanto tempo a negare ciò che avevano sempre provato l’uno per l’altra? 

«Allora siamo pari, nemmeno tu ti ricordi del bacio mentre avevi la febbre.»

«Pensavo si trattasse di un sogno.» disse, poi scoppiò a ridere. Il ragazzo la fissò senza capire.

«Che ti prende adesso?» chiese e Akane allargò le braccia, ricambiando il suo sguardo.

«Non vale più la pena pensarci a questo punto, tanto immagino che presto ne perderemo il conto.» disse.

«Il conto di che cosa?»

«Ma dei baci che ci daremo, stupido! A cominciare da adesso.»

Lo attirò audacemente a sé, gettandogli le braccia al collo prima di baciarlo con dolcezza. Lo sentì rilassarsi piano contro il suo petto mentre la stringeva forte, quasi avesse paura di vedersela sfuggire via da un momento all’altro. Sapeva però che non sarebbe mai accaduto, perché Akane era sua e sempre lo sarebbe stata. 

Le voci improvvise dei rispettivi genitori catturarono di colpo la loro attenzione.

«Ranma, ci stanno cercando.» sussurrò sulla sua bocca e lui sorrise.

«Allora lascia che cerchino ancora un po’.» disse prima di catturare nuovamente le sue labbra in un bacio pieno d’amore che, stavolta, nessuno dei due avrebbe mai potuto dimenticare.

-continua-

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Gli accarezzò piano i capelli sciolti sparsi disordinatamente sul cuscino e lui si mosse nel sonno, facendola sorridere. Adorava guardarlo dormire, si rese conto che avrebbe potuto passare intere ore a contemplare il suo bel viso addormentato vicino a lei. Sentiva il cuore batterle ancora all’impazzata ripensando al meraviglioso momento che avevano appena condiviso. Un momento che apparteneva solo a loro e che niente, ormai, avrebbe potuto cancellare.

«Ti amo.» bisbigliò, scoprendo con sorpresa quanto fosse semplice per lei pronunciare quelle parole, a dimostrazione del dolce sentimento che già da un po’ custodiva gelosamente nel cuore. Fu allora che Ranma riaprì lentamente gli occhi, lasciando che si specchiassero a lungo nei suoi mentre le accarezzava il viso, sorridendole appena.

«Che ci fai ancora sveglia?» le chiese a voce bassa.

«Ti guardavo dormire» rispose Akane «e stavo pensando che dovresti tornare in fretta in camera tua, se non vuoi che tuo padre si accorga che sei sgattaiolato via dal tuo letto per venire a infilarti nel mio.»

Il fidanzato scosse la testa, muovendosi piano contro di lei e scatenandole così dentro una ridda di emozioni difficili da contenere, ora che le era di nuovo così vicino.

«Non preoccuparti, mio padre non si accorgerebbe della mia assenza nemmeno se una pioggia di meteoriti gli piombasse addosso in questo preciso istante. Ha il sonno pesante, quello, fidati. E poi il tuo letto sembra molto più comodo del mio.»

Akane lo fissò, imbronciata.

«Ah, sì? Quindi è solo per questo che sei qui?»

«E per cos’altro avrei potuto scomodarmi ad alzarmi nel cuore della notte, altrimenti?»

«Stupido cafone che non sei altro, vattene subito.» gli intimò fingendosi mortalmente offesa e lui rise di gusto, spostandosi d’un tratto su di lei e aderendo completamente al suo corpo, schiacciandola sotto il suo peso. 

«Non sei affatto carina con me, lo sai?»

Poi la baciò senza neppure darle il tempo di replicare mentre la sentiva sfiorarle la schiena nuda con le dita, in una tenera carezza che lo fece rabbrividire di piacere.

«Finirai per consumarmi le labbra se continui così.»

«Anche tu consumerai le mie, perciò saremo pari.» rispose lui baciandola di nuovo, più a lungo stavolta, fin quasi a toglierle il respiro.

«Pensi che dovremmo dirlo agli altri? Che stiamo insieme, intendo.» mormorò la giovane, premendo la fronte contro la sua.

«Stai scherzando, conoscendoli non la finirebbero più con le battutine, e poi ne approfitterebbero subito per costringerci a sposarci.»

Si allungò pigramente su un fianco, puntando il gomito sul materasso e appoggiando la guancia alla mano.

«Sarebbe così terribile se ci sposassimo?»

Le parole le sfuggirono dalle labbra prima che potesse rendersene conto.

«Ehi, non ho mica detto questo Akane. Pensavo solo che siamo troppo giovani per prenderci un impegno del genere.» le rispose.

«E poi dobbiamo ancora finire gli studi.» gli fece eco lei, pensosa. Ranma annuì. 

«Giusto.»

La ragazza sospirò e nei suoi occhi passò un lampo di tristezza.

«Allora che proponi di fare? Continuare a comportarci come sempre di fronte agli altri, per poi vederci di nascosto ti sembra per caso la cosa più giusta? Vuoi approfittare della situazione Ranma, è a questo che miri?»

Lui la fissò esterrefatto.

«Ma che stai dicendo, ti sembro forse il tipo?»

Akane si voltò dandogli le spalle, desiderosa d’un tratto di mettere tra loro quanta più distanza possibile.

«Vattene.» disse, ma la sua voce tremava.

«Akane, non cominciare a…»

«Ti ho detto di andartene.» ripeté, risoluta.

«Fai sul serio, ma che ti prende? Credi davvero che potrei stare qui con te, adesso, se non ti volessi bene?»

«Non sono una bambola con cui puoi giocare a tuo piacimento» chiarì, senza neppure starlo a sentire «Io non sono…una di quelle.»

«Come ti salta in mente, non ho mai pensato una cosa del genere. Akane, guardami. Io ti amo, questo non ti basta?»

La costrinse a voltarsi per incrociare il suo sguardo, ma lei non rispose. Si tirò invece il lenzuolo fin sopra il viso, rannicchiandosi sotto le coperte.

«Accidenti, sei impossibile!» esclamò lui, dimenticandosi completamente di tenere la voce bassa per evitare che qualcuno potesse sentirlo. Sgattaiolò fuori dal letto, raccogliendo i suoi vestiti e affrettandosi a lasciare la stanza, richiudendosi la porta alle spalle senza voltarsi indietro mentre Akane soffocava i suoi singhiozzi sul cuscino, ormai intriso di lacrime.

-continua-

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Dopo quella spiacevole discussione Akane non era più riuscita a dormire, così, con gli occhi ancora arrossati dal pianto e la mente sconvolta si era alzata all’alba quella mattina. Si sedette in giardino, scarmigliata e confusa ad attendere il sorgere del sole, tentando disperatamente di placare il dolore che si portava dentro, e che pian piano sentì tramutarsi in rabbia. Si era donata a lui completamente, anima e corpo ma, a giudicare dalle sue parole, forse aveva commesso un errore. Come poteva essere stata così stupida da credere che Ranma facesse sul serio con lei? Si era limitato a prendere ciò che voleva, per poi pensare di poter continuare a comportarsi come al solito.

 Più tardi la raggiunsero anche gli altri. La ragazza li osservò mentre prendevano posto intorno alla tavola, totalmente ignari del tumulto di emozioni che si agitavano dentro al suo cuore ferito. Presto fu la volta di Ranma, che evitò accuratamente di sederle vicino così come di incrociare il suo sguardo, cosa che rese Akane ancora più furente.

«Ehi Nabiki, puoi dire ad Akane di passarmi il pan tostato che ha accanto?Anzi no, voglio prima una porzione di riso.»

Lo sentì dire. Nabiki, dal canto suo, lo fissò come se gli fossero improvvisamente spuntate due teste.

«Ma scusa, non puoi chiederglielo tu?» rispose saettando con lo sguardo ora all’una ora all’altro. La sorella spinse con un dito nella sua direzione una ciotola colma di riso, rifiutandosi silenziosamente di porgerne una anche al fidanzato.

«Nabiki, potresti per favore dire a quello stupido di Ranma di decidere una volta per tutte che cosa diavolo vuole?A un certo punto bisogna prendersi le proprie responsabilità, essere consapevole delle scelte che si fanno.»

Lo provocò con evidente sarcasmo.

«Scusate, ma stiamo ancora parlando del pan tostato?» domandò Nabiki, che a quel punto ci capiva sempre meno.

«Si può sapere che vi prende stamattina?» si intromise Kasumi, osservandoli attonita.

«Nabiki, di’ a quell’oca starnazzante di chiudere il becco!» esplose Ranma a quel punto, lasciando i presenti sempre più sconcertati.

«Oca starnazzante a chi, razza di idiota senza spina dorsale!»

«Io sarei senza spina dorsale? Come ti permetti, brutta vipera che non sei altro!»

«Preferisco essere una vipera che un mastodontico imbecille come te!» gridò Akane, rialzandosi in piedi di scatto per lasciare prontamente la stanza sotto gli sguardi preoccupati e sgomenti di Soun e Ghenma. Nabiki alzò gli occhi al cielo prima di voltarsi verso Ranma che, con le braccia incrociate e un’espressione indecifrabile dipinta sul viso, avrebbe certamente voluto correrle dietro per mettere finalmente fine a quell’ira furibonda e del tutto ingiustificata.

«Si può sapere cosa è successo? Voi due avete litigato di nuovo, per caso?» gli chiese a bruciapelo ma il ragazzo voltò la testa dall’altra parte, rifiutandosi di risponderle. Poteva anche sbagliarsi, ma aveva la netta sensazione che quello non fosse uno dei loro soliti bisticci senza importanza. Sì, stavolta doveva senz’altro esserci sotto qualcosa di grosso.

Fu proprio per capirne di più che quel giorno Nabiki aveva seguito la sorella in palestra. Sapeva bene che, non essendoci scuola, il suo allenamento quotidiano sarebbe durato più a lungo, perciò avrebbe certamente avuto maggiori possibilità di carpire informazioni. 

«Andiamo, perché non vuoi dirmi cos’è successo fra voi per essere così arrabbiati l’uno con l’altra? Non ti ho mai visto così sconvolta, Akane, sul serio.»

«Non è successo proprio niente, Nabiki. Adesso lasciami in pace, non vedi che mi sto allenando?» la riprese Akane, impegnata a colpire l’aria con una interminabile serie di calci che almeno l’aiutavano a mantenere la concentrazione, evitandole così di perdersi nei suoi pensieri. No, non doveva pensare a Ranma. A costo di continuare ad allenarsi per l’intera giornata, non doveva assolutamente pensare più a Ranma. Cosa piuttosto difficile, quando continuava a trovarselo davanti praticamente in ogni occasione. E infatti eccolo lì, anche lui in abiti da combattimento a varcare la soglia dell’accogliente stanza con aria fiera e sicura. Maledizione. Lo odiava con tutte le sue forze.

«La palestra è occupata.» disse freddamente, senza neppure osare guardarlo in faccia. Il giovane si voltò verso di lei, incapace di nascondere il suo disappunto.

«Mi sembra che qui dentro ci sia abbastanza spazio per tutti e due.» rispose. Avrebbe tenuto testa alla sua cocciutaggine a qualunque costo. Akane gli rivolse un sorriso sprezzante.

«Se vuoi usare la MIA palestra per allenarti, dovrai prima batterti.» 

Calcò apposta sulla parola “mia” mentre lo vedeva mutare lentamente espressione. Da quando lui e suo padre si erano trasferiti a casa Tendo, non era mai successo che Akane gli parlasse a quel modo. Cosa credeva di fare con quella precisazione? Lui non era mica un estraneo, ormai. Sorpreso e ferito da quelle parole che lo avevano investito come una doccia gelata, decise comunque di provare a mantenere la calma.

“Niente passi falsi Ranma, non lasciarti distrarre.”

«Dovrei lottare contro di te? Non se ne parla proprio.»

«Che c’è, hai paura di farti male, femminuccia? Sei solo un vigliacco!»

Ok, questo era decisamente troppo.

«Smettila di provocarmi, stupida» proruppe «non combatterò mai contro di te!»

«Accidenti, siete proprio insopportabili!» esclamò Nabiki, d’un tratto desiderosa di defilarsi quanto prima, lasciandoli soli. Cominciava proprio ad averne abbastanza di quei due matti.

«Allora vattene.» gli intimò Akane, che già da un pezzo aveva smesso di allenarsi e ora, in piedi di fronte a lui e con le braccia incrociate al petto, pareva volerlo fulminare con lo sguardo.

Era davvero questo ciò che voleva?

«Certo che me ne vado. Cosa credi, che non ne sia capace? Me ne vado subito.»

Poi lasciò la palestra con gli occhi bassi. Aveva proprio bisogno di cambiare aria.

Rimasta sola, ansante e visibilmente arrabbiata, la ragazza fece per recarsi in cucina alla ricerca di una bibita ghiacciata. Fu allora che notò in un angolo, probabilmente dimenticata da qualcuno, una piccola bottiglia d’acqua senza etichetta che in quel momento le sembrò perfetta per dissetarsi…

-continua-

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


«Cavolo, che faccia da funerale che hai! Cosa ti è successo!» esclamò Ukyo non appena se lo vide comparire davanti, invitandolo a prendere posto. Quel pomeriggio il locale era piuttosto tranquillo, una vera fortuna per la ragazza, che avrebbe così potuto dedicare maggiori attenzioni all’oggetto dei suoi desideri più nascosti.

«Diciamo che ho avuto giorni migliori.» tagliò corto Ranma. Aveva girovagato senza meta per ore e poi, senza sapere perché, si era ritrovato a entrare nel ristorante di Ukyo. Beh, non certo per mangiare. A dire il vero aveva lo stomaco chiuso. Forse per parlare un pò, distrarsi dai suoi problemi o magari raccontarglieli. In fondo la sua amica d’infanzia era una ragazza comprensiva e leale, avrebbe di certo trovato qualche utile consiglio da dargli. Già, come lasciar perdere Akane e sposare lei, ad esempio. Scosse la testa a quell’inquietante pensiero. Meglio evitare di metterla al corrente dei suoi guai con la fidanzata. Se così si poteva ancora definire.

Akane. 

Tutte le volte che pensava a lei sentiva come una stilettata al cuore, talmente dolorosa e insostenibile da farlo star male. Ma non sarebbe più tornato in quella casa, tranne per fare le valigie e raggiungere un altro posto, uno qualsiasi. Non importava dove, purché fosse il più lontano possibile da lei e i suoi isterismi. 

«Non preoccuparti, so perfettamente cosa ti ci vuole per rimetterti in sesto. Una bella okonomiyaki ai gamberetti ti farà di certo tornare il sorriso. 

Vide l’amica annuire con convinzione e sbuffò, aprendo le mani. 

«Se lo dici tu.»

Quella ragazza era fermamente convinta che ingozzarsi di cibo in ogni occasione fosse la soluzione ideale a tutti i problemi del mondo. Beh, chi era lui per togliergli dalla testa un’idea simile? La osservò mettersi in fretta all’opera, l’aria seria e concentrata e i lunghi capelli corvini legati in una coda di cavallo, ma quando ebbe finito Ranma sgranò gli occhi incredulo. Aveva appena cucinato una okonomiyaki a forma di cuore con su scritto a chiare lettere “ti amo”. Accidenti, l’ultima cosa di cui aveva bisogno in quel momento era sopportare anche le sue avances. Fissò quel delizioso piatto per alcuni secondi, senza decidersi a mangiarlo. Aveva detto ti amo a una sola ragazza in vita sua, e quella era Akane. Se avesse potuto prevedere come sarebbero andate le cose, però, si sarebbe comportato ben diversamente. Si era tenuto dentro quel sentimento, nascondendolo al mondo per così tanto tempo da sentirsene quasi sopraffatto, e lei lo aveva ripagato a quel modo. Come poteva pensare che non fosse sincero, che il suo unico intento fosse quello di approfittare della situazione? Sentì a malapena la voce di Ukyo che tentava di riportarlo alla realtà. 

«Che ti prende Ranma, non vuoi nemmeno assaggiarla? L’ho fatta per te con tutto il mio amore, non dovresti farla freddare così.»

Le sue ultime parole furono coperte dall’improvviso arrivo di Shampoo, che aveva pensato bene di introdursi nel locale a forza e senza neppure prendersi la briga di scendere dalla sua inseparabile bicicletta.

«Lanma, amore mio, un altro po’ e mi toccava cercarti per tutta la città! A casa mi hanno detto che non c’eri, anche se in effetti sembravano avere problemi ben peggiori che preoccuparsi della tua assenza.» esordì con un sorriso dolce come la melassa.

«Come? Che cosa vuoi dire con questo?» chiese il ragazzo, lanciando al suo indirizzo un’occhiata curiosa. 

«Oh, tesoro» continuò lei, come se non lo avesse neppure sentito «che ci fai in quest’orribile posto, si può sapere?»

«Che hai detto, sciacquetta? Prova a ripeterlo se ne hai il coraggio!» si intromise Ukyo, furiosa, ma Shampoo sembrò non badare neppure a lei.

«Ero venuta a cercarti per farti assaggiare i miei ravioli al vapore. È una nuova ricetta, sai? Vedrai, ti leccherai i baffi.» disse piantandogli sotto al naso il piatto fumante che teneva tra le mani, ma Ranma la ignorò.

«A cosa ti riferivi, Shampoo» insistette «che significa che avevano problemi peggiori che preoccuparsi di me. Rispondimi, dannazione!»

La prese per le braccia, agitato, scuotendola con forza.

«Lanma, così mi fai male! Ecco, credo che quella pazza di Akane si stesse divertendo a distruggere la palestra, tutto qui. Era irriconoscibile, avresti dovuto vederla, proprio una furia. Non sembrava nemmeno più lei. Dovreste farle fare l’antidoping, di tanto in tanto!»

Che cosa? Non poteva essere…

«Akane, no! Perché fai così, accidenti a te!» gridò incapace di trattenersi poi lasciò di corsa il ristorante, senza neppure curarsi delle due ragazze che gli intimavano intanto di fermarsi.

«Dove corri amore, non li assaggi i miei ravioli?»

«Fermati Ranma, si può sapere che ti è preso? Devi ancora mangiare la mia okonomiyaki!»

Shampoo la fulminò con lo sguardo.

«Se pensi che Ranma si abbassi a ingurgitare quella roba sei completamente fuori strada, mia cara.» la provocò.

«Chi ti ha interpellata, stupida principessina dei miei stivali? Vieni qui che ti faccio a fette!» esclamò l’altra, brandendo per aria la sua arma per lanciarsi come una furia sulla rivale e dar vita così a uno di quei soliti, inconcludenti litigi.

-continua-

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Quando Ranma varcò la soglia di casa un gran frastuono proveniente dalla palestra lo fece trasalire, tanto che si affrettò a raggiungerla col cuore in gola. In quel momento, lo spettacolo che gli si parò davanti lo lasciò letteralmente a bocca aperta. Dappertutto, vetri rotti e pareti distrutte regnavano sovrane in quello che ormai pareva essere un caos infernale. Sgomento, Ranma cercò Akane con lo sguardo e quando finalmente riuscì a individuarla non poté credere ai propri occhi. Il viso della ragazza era trasfigurato in una maschera di rabbia e due fiamme di un rosso acceso saettavano ardenti dentro ai suoi occhi. Armata di una porta rotta e appena staccata a forza dalla parete, ormai ridotta a un colabrodo, si impegnava a colpire qualsiasi cosa trovasse sul suo cammino. 

«Ranma, meno male che sei tornato, la mia povera bambina è completamente impazzita! Ti prego, pensaci tu.» piagnucolò Soun tirandolo per la manica e indietreggiando, terrorizzato a ogni rumore.

«Abbiamo provato a fermarla ma è tutto inutile, non ci dà retta. Sembra che non ci veda nemmeno.» aggiunse Nabiki, parandosi dietro la sorella maggiore che senza scomporsi sentenziò: «Se continua così ci ucciderà tutti.»

Happosai, che piccolo com’era aveva intanto trovato riparo in una crepa, annuì un paio di volte osservando pensoso quell’agghiacciante spettacolo.

«È incredibile l’effetto che ha avuto su di lei.» disse. Ranma gli lanciò un’occhiata nervosa. 

«Di che stai parlando, vecchiaccio?»

«Della mia acqua della forza. Akane deve averla bevuta per errore.» lo sentì rispondergli placidamente e a quel punto, avvilito, lo afferrò per il bavero urlando: «Che diavolo sarebbe questa roba? Scommetto che è un altro dei tuoi sporchi giochetti!»

L’anziano maestro si dimenava intanto tra le sue mani nel vano tentativo di liberarsi.

«Calmati Ranma, è inutile che te la prendi con me, non sono stato certo io a obbligarla a bere. L’ho solo poggiata in un angolo per qualche minuto, e quando sono tornato a prenderla la bottiglia era già vuota. È come una pozione che serve a triplicare la tua forza, ma se mentre la bevi sei già molto arrabbiato allora l’effetto sarà devastante. Ora capisci perché Akane sembra una furia scatenata?»

Maledizione, ci mancava solo questa!

«Come cavolo ti è saltato in mente di lasciarla incustodita? E poi cosa te ne facevi di una cosa del genere, si può sapere?» lo aggredì.

«Volevo usarla appunto come un ricostituente» spiegò, sulla difensiva «sai, gli spogliatoi delle ragazze oggigiorno sono sempre più inaccessibili. Con tutti i lucchetti che mettono è diventato davvero difficile aprirli, così…»

«Volevi triplicare la tua forza per rubare di nuovo la biancheria intima, non è forse così, vecchio maniaco? Dimmi subito come si fa a farla tornare normale, maledetto!» lo incalzò il ragazzo, sempre più furente.

Happosai fece spallucce.

«Ecco, io non lo so.»

«Come sarebbe a dire che non lo sai?»

«Ranma attento, dietro di te!» lo avvertì intanto Nabiki, ma ormai era troppo tardi. Akane lo colpì violentemente con la porta, facendolo crollare in ginocchio. Imprecò dal dolore, sollevando il viso verso di lei e respirando a fatica.

«Akane, no. Ti prego, guardami, sono io. Sono Ranma, non mi riconosci?»

Per tutta risposta la ragazza lo colpì di nuovo. Ranma si accasciò a terra, sofferente e ormai allo stremo. 

«Non…combatterò…contro di te. Non ti farei mai…del male. Per favore, torna in te.» sussurrò senza fiato, tentando faticosamente di rimettersi in piedi mentre, sempre più agguerrita, la vedeva avvicinarsi di nuovo pronta a sferrare il prossimo attacco.

«È tutta colpa mia. Sì, è colpa mia se ti trovi in questa situazione. Mi dispiace Akane, mi dispiace tantissimo di averti fatta arrabbiare spingendoti a pensare che non avessi intenzioni serie con te, ma ti prego di credere che non è mai stato così. Io ti amo, e voglio che tutti lo sappiano. Perché è vero, forse avrò avuto paura di affrontare i miei sentimenti, ma ti assicuro che ogni volta che ti guardo il mio cuore inizia a battere così forte che quasi mi manca il respiro, e io…io non so cosa ne sarebbe di me, se tu non tornassi più quella di prima.» disse con voce rotta dall’emozione, accasciandosi nuovamente al suolo e a quelle parole la furia cieca della ragazza sembrò arrestarsi pian piano, lasciando che le lacrime prendessero il sopravvento su di lei. Le fiamme scomparvero dai suoi occhi ora bagnati di pianto e Akane crollò in ginocchio accanto a lui, gettandosi tra le sue braccia.

«Oh Ranma, è a me che dispiace. Perdonami, ti prego, io non volevo colpirti ma non riuscivo proprio a controllarmi. Sentivo questa strana forza crescere dentro di me e volevo solo distruggere tutto. Ho avuto tanta paura.» singhiozzò.

«Beh, tutto è bene quel che finisce bene» osservò Nabiki, finalmente sollevata «ma adesso i danni chi li paga?»

«È tutto a posto Akane, ora è finita.» mormorò il giovane, gemendo di dolore non appena la fidanzata lo strinse più forte.

«Ehi, come stai? Ti fa molto male?» chiese preoccupata e lo vide scuotere la testa.

«Credo di avere una spalla lussata» rispose «ma, a parte questo, sto bene. Stai tranquilla.»

Akane gli scostò i capelli dal viso sofferente, accarezzandolo poi con gentilezza.

«Scusami tanto, amore mio. Anch’io ti amo, ti amo da morire.» bisbigliò posandogli un bacio sulle labbra, dimenticandosi completamente che non erano soli e che tutta la famiglia li osservava, commossa.

«Oh, voi due mi avete reso così felice!» proruppe Soun, asciugandosi le lacrime che gli rigavano le guance.

«A questo punto non vedo perché aspettare ancora, possiamo subito organizzare il matrimonio che sognavamo da tempo.» aggiunse Ghenma. I due ragazzi si rialzarono insieme, prendendosi per mano.

«No.» disse lei «Signor Ghenma, papà, ascoltateci per favore. Io e Ranma non abbiamo in programma di sposarci. Non subito, almeno. Vero?»

Volse lo sguardo verso di lui che annuì nella sua direzione, sorridendole e intrecciando le dita alle sue.

«Vogliamo prima finire gli studi» aggiunse «e goderci il sentimento che ci lega alla luce del sole, senza più negarlo né nasconderci. Tutto quello che verrà dopo sarà…»

«Una sorpresa.» 

Akane concluse la sua frase, ricambiandone il sorriso.

«Sì, una meravigliosa sorpresa che il destino vorrà riservarci.»

I genitori li osservarono a lungo con aria concentrata, poi Soun fu il primo a prendere la parola.

«Capisco, figlioli. Se questo è ciò che volete non ci opporremo, ma dopo questa splendida notizia non potrete certo impedirci di festeggiare. Kasumi, presto, prepara una cenetta degna di questa meravigliosa serata!»

La ragazza battè le mani dalla contentezza. 

«Subito papà!» disse, poi sparì in cucina. 

«Aspetta, ti do una mano.» propose Akane. A quell’idea Ranma assunse un’espressione inorridita.

«No, meglio di no.»

«Perché? Non vedo dove sia il problema.»

«Il problema è che qui nessuno ha voglia di morire avvelenato, quindi…»

«Come ti permetti, stupido cafone che non sei altro! Adesso ti faccio vedere io.» lo incalzò la fidanzata, affrettandosi a rincorrerlo tra le macerie. 

«Quei due non si smentiscono mai!» osservò Nabiki, storcendo la bocca con mesta rassegnazione.

«Vieni qui, che provvedo subito a lussarti l’altra spalla!»

«Ehi fermati, non ricominciare. Guarda che non sei affatto carina!»

 

Fine.

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