Le sette (sfere) e una notte

di Teo5Astor
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il destino in una lampada ***
Capitolo 2: *** Il diamante allo stato grezzo ***
Capitolo 3: *** Un principe venuto da lontano ***
Capitolo 4: *** La principessa Chichi ***
Capitolo 5: *** Prigione dorata ***
Capitolo 6: *** La fuga ***
Capitolo 7: *** In trappola ***
Capitolo 8: *** Ti fidi di me? ***
Capitolo 9: *** Intruso a palazzo ***
Capitolo 10: *** La Caverna delle Meraviglie ***
Capitolo 11: *** Il Genio-Drago ***
Capitolo 12: *** Il principe Kakaroth ***
Capitolo 13: *** Il nuovo pretendente ***
Capitolo 14: *** Imbarazzo a corte ***
Capitolo 15: *** Marionetta ballerina ***
Capitolo 16: *** La principessa dagli occhi di ghiaccio ***
Capitolo 17: *** Il lusso di essere sé stessi ***
Capitolo 18: *** Il mondo è mio ***
Capitolo 19: *** Sei così bella ***
Capitolo 20: *** Tra sogno e realtà ***
Capitolo 21: *** Il secondo desiderio ***
Capitolo 22: *** Nodi che vengono al pettine - Majin Vegeta ***
Capitolo 23: *** Tracollo ***
Capitolo 24: *** Il nuovo sultano ***
Capitolo 25: *** Ritorno ad Asgard ***
Capitolo 26: *** Il piano di Vegeta ***
Capitolo 27: *** Un bacio all'improvviso ***
Capitolo 28: *** L'ultimo desiderio di Freezer ***
Capitolo 29: *** Il prezzo del potere ***
Capitolo 30: *** Il destino in un desiderio ***
Capitolo 31: *** La libertà è un'avventura che non finisce mai ***



Capitolo 1
*** Il destino in una lampada ***


1 – Prologo: Il destino in una lampada
 
 
«Nelle notti d’orienteee! Tra le spezie e i bazaaarrr!»
Un uomo alto e muscoloso, vestito solo di un paio di pantaloni di lino chiari, cantava allegramente a squarciagola mentre stringeva tra le mani il timone dell’elegante imbarcazione a vela che stava guidando tra le acque cristalline del Golfo Persico. Scuoteva il capo lasciando ondeggiare i suoi folti e lunghi capelli neri e ancheggiava in modo teatrale seguendo il ritmo della canzone che stava intonando.
Era felice quel giorno, illuminato da un sole cocente e accarezzato dalla brezza marina. Erano sette anni in realtà che era felice ogni giorno, solo che ancora non ci aveva fatto l’abitudine. Per uno come lui, del resto, sette anni non erano nulla se rapportati ai secoli di vita che si era lasciato alle spalle.
Quanti anni aveva quest’uomo? È una domanda a cui nessuno era in grado di dare risposta, perché non la sapeva nemmeno lui. Era passato così tanto tempo da quando aveva visto il mondo per la prima volta che i suoi ricordi si erano ormai affievoliti al punto tale da sparire dalla sua memoria. Anche perché non erano ricordi degni di nota, in realtà. Se pensava al suo passato, quell’uomo non poteva fare a meno di sentire un senso di vuoto nel petto e vedere davanti a sé un buio così intenso che sembrava l’avesse inglobato al suo interno. Ricordava poi la sensazione opprimente di sentirsi in trappola, chiuso in gabbia. In una prigione minuscola. Gli mancava l’aria solo a ripensarci, e sentiva stringere più forte ai suoi polsi quei due grossi e pesanti bracciali dorati che erano sempre stati il simbolo della sua condanna. Quei bracciali che non indossava più ormai da sette anni, da quando aveva assaporato per la prima volta il dolce sapore della libertà. Era infatti felice ogni giorno da sette anni proprio perché erano sette anni che era libero.
Ma non era questo l’unico motivo a farlo sentire così, perché, oltre a quello della libertà, negli ultimi sette anni aveva scoperto anche un altro sapore, ancora più dolce e intenso. Un sapore che aveva dato un senso compiuto alla sua libertà.
Aveva scoperto l’amore quell’uomo, infatti, e sapeva benissimo che non avrebbe mai più saputo farne a meno. L’amore di una donna, il calore di una famiglia… tutte cose inconcepibili per un essere come quello che era sempre stato lui. Cose impossibili, desideri irrealizzabili e che andavano addirittura contro l’ordine naturale delle cose. Quell’uomo, infatti, non aveva sempre avuto quell’aspetto, così come il mondo che ora guardava mentre sorrideva era cambiato tanto intorno a lui nel corso della sua lunghissima esistenza. Lui era un essere destinato all’eternità e incapace di amare. Nato per servire un padrone, pronto ad esaudire qualunque desiderio facesse parte del suo bagaglio di conoscenze. Era sempre stato un essere invidiato e bramato da tutti, ma che portava dentro di sé una terribile condanna abbinata a un lancinante senso di vuoto. Aveva sempre avuto un cuore, non solo dei poteri sovrannaturali e un aspetto che suscitava timore in chiunque, solo che nessuno si era mai preso la briga di guardarlo abbastanza a lungo per scorgerlo, quel cuore.
Nessuno fino a sette anni prima, quando tutto era cambiato.
«Mammaaa! Il papà ha ricominciato a fare lo stupido!» piagnucolò all’improvviso una bambina di cinque anni vestita di un leggero vestitino azzurro. Si era piazzata a braccia conserte davanti all’uomo, lo guardava male.
Lui, suo padre, le sorrise dolcemente, perdendo i suoi occhi neri in quelli di ghiaccio della bambina. Gli stessi occhi di sua madre. Gli stessi capelli biondi e lisci che le cadevano sulle spalle. La stessa pelle nivea e delicata.
«Rad, ci stai dando fastidio» sibilò una ragazza vestita di un pareo blu velato e un reggiseno dello stesso colore adornato di pietre dorate. Aveva trent’anni, e la bambina, sua figlia, era praticamente la sua versione in miniatura, sia fisicamente che nei modi di fare.
«Non è verooo! Io voglio cantare col papà!» urlò a squarciagola un bambino che attraversò di corsa il ponte della barca e saltò in braccio all’uomo al timone, che lo prese al volo e se lo posizionò sulle spalle.
«Eccolo qui il mio campione! Sei l’unico che capisce le qualità del meraviglioso papà Radish!» rise l’uomo, mentre il bambino, la cui somiglianza col padre era marcata tanto quanto quella della bambina verso la madre, si divertiva a fare la linguaccia a sua sorella gemella.
«Mamma, mi prendono in giro!» si lamentò la bambina, correndo da sua madre e abbracciandola.
La donna si alzò e la prese per mano, sorridendole dolcemente. Le passò una mano tra i capelli e poi guardò suo marito e suo figlio sospirando.
«Tesoro, non ti prendono in giro, stanno solo facendo gli stupidi» le spiegò, prima di prenderla in braccio e avanzare verso il timone.
«E perché fanno gli stupidi? Loro fanno sempre gli stupidi…».
«Perché sono dei maschi e a loro piace fare gli stupidi quando sono felici. E poi, diciamocelo, sono davvero stupidi. Non sono come noi, sicuramente» rispose, incenerendo con lo sguardo l’uomo che amava ormai da sette anni. Anche la vita di quella donna era cambiata tanto da allora, da quando aveva deciso di chiudere per sempre col passato e di dare finalmente una possibilità al suo futuro. Era una principessa senza corona, una ragazza che aveva lasciato il suo regno perché non aveva mai avuto un luogo dove potersi sentire “a casa”. Ma fu il destino a volere che lei trovasse quello che nemmeno stava cercando proprio dall’altra parte del mondo, al termine di un lungo viaggio che non poteva avere ritorno.
«Dai Là, non fare così! Noi siamo dei geni!» rise l’uomo, Radish, sorridendo a sua moglie e facendo ridere il bambino che teneva sempre sulle spalle.
«Sì! Io sono un genio come il mio papà!» esultò il piccolo dai lunghi capelli neri, sollevando i pugni verso il cielo terso.
«Papà non è un genio!» intervenne spocchiosa la bambina, fissando con superiorità il fratello.
«Sì che lo è! E mi ha detto che è anche un drago!» rispose a gran voce il bambino, cominciando uno dei loro soliti bisticci.
«Diciamo che ero un drago, mentre sono ancora un genio!» precisò Radish, avvicinandosi alle due donne più importanti della sua vita senza smettere di sorridere.
«Sì, è un genio!» gridò il bambino.
«Ma non sa esaudire i desideri!» ribatté la sorella. «Vero mamma?!»
La donna fissò per un lungo istante gli occhi neri come la notte del marito e scosse leggermente la testa, accennando un sorriso.
«Oh, ma io esaudisco sempre i desideri della mamma, vero principessa Lazuli?!» alluse ammiccante Radish, sollevando delicatamente tra indice e pollice il volto della moglie e perdendosi in quegli occhi di ghiaccio che non si sarebbe mai stancato di contemplare.
«S-sei un cretino…» rispose lei con un filo di voce, arrossendo leggermente e distogliendo lo sguardo dal suo, senza che i bambini ci avessero in realtà capito molto.
«E che desideri sai esaudire?!» chiese sospettosa la bambina, guardando con aria indagatrice il padre.
«Faccio innamorare di me ogni giorno la donna più bella del mondo, ad esempio» rispose con spontaneità, sollevando ritmicamente le sopracciglia e lasciando la bambina a bocca aperta.
«Wow! È la mamma la più bella del mondo?!» domandò la piccola.
«Ovvio! È più bella anche delle stelle che guidano ogni notte il nostro cammino» ribatté, dando poi un bacio a fior di labbra a Lazuli e facendola arrossire ancora di più.
«S-smettila…» disse con un filo di voce. Si imbarazzava sempre per queste cose. Aveva un carattere duro solo in apparenza, perché in realtà, quando e con chi voleva, sapeva dimostrare una dolcezza straordinaria. «Però, ecco… grazie…».
«Bleah! L’hai baciata sulla bocca, papà!» intervenne il piccolo di casa, schifato.
«Vedrai che un giorno non dirai più così quando ti troverai davanti una bella ragazza!» rispose Radish ridendo, senza riuscire del tutto a convincere suo figlio.
«Non troverà mai nessuna ragazza quello lì» disse la bambina, guardando male suo fratello. «Il papà invece è così romanticooo!» aggiunse in un lungo sospiro, sbattendo ripetutamente le lunghe ciglia e facendo sorridere Lazuli, che osservava la scena divertita.
«Bah…» bofonchiò suo fratello, distogliendo lo sguardo da lei con aria di superiorità.
«Papi, io sono bella come la mamma?!» chiese con aria sognante la bambina, ormai rapita da Radish. Succedeva sempre così: provava a darsi un tono per imitare sua madre e comportarsi come lei, ma poi non vedeva l’ora di gettarsi tra le braccia del papà.
«Non lo sei! La mamma è più bella!» intervenne il bambino, giusto per fare un dispetto alla sorella.
«E tu sembri una scimmia!» ribatté lei, offesa.
«Allora stai dicendo che anche il papà è uno scimmione, visto che siamo uguali!»
«No, lui è bello!» gli fece la linguaccia lei, facendo ridere anche Radish.
«Basta così, tutti e due!» li sgridò Lazuli per mettere fine a quel bisticcio e riportare l’ordine. Si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, venendo subito imitata da sua figlia. «E tu non ridere quando li rimprovero, Rad!»
«Ok, ok… la mamma ha ragione, dovete fare i bravi!» disse Radish, che proprio non era capace di fare il duro coi suoi bambini. Fece scendere dalle sue spalle il figlio e lo posizionò accanto a sua sorella. Li guardò e sorrise, prima di accarezzare la testa a entrambi. Quando osservava suo figlio non poteva fare a meno di pensare che lui sarebbe stato esattamente così, se mai avesse avuto un’infanzia in passato. E quando guardava sua figlia c’era poco da fare: si scioglieva, proprio come quando si perdeva negli occhi di ghiaccio di sua moglie. Amava Lazuli e i suoi figli più di sé stesso. Era libero, aveva una famiglia, si sentiva amato. Aveva degli amici e un mondo immenso da scoprire. Aveva il corpo di un trentenne al cui interno convivevano lo spirito del bambino che non aveva mai potuto essere e un’anima millenaria. Un’anima non umana, ma che ormai lo era diventata da sette anni. Da quando tutto era cambiato. Per lui, per Lazuli e per molte altre persone.
Radish sollevò lo sguardo verso una vecchia lampada dorata appoggiata in un forziere insieme ad altri oggetti e scosse leggermente la testa. Cercò gli occhi di Lazuli e lei annuì. Si erano capiti senza nemmeno aver avuto bisogno di parlarsi, come succedeva sempre tra loro.
«Vedete, bambini, vostro padre avrà anche i modi di fare di uno scimmione, a volte, ma era davvero un drago, un tempo» disse Lazuli, mentre i figli la guardavano a bocca aperta.
«Sì! Lo sapevo!» esultò il bambino.
«Papi?! Ma è vero?!» domandò allibita la bambina.
«Vedi, piccola, non sempre le cose che vediamo sono quelle che sembrano» rispose lui, andando a raccogliere la lampada che aveva adocchiato. La strofinò fino a che diventò così lucida da potercisi specchiare sopra. Il suo cuore ebbe un sussulto.
Lui e Lazuli si erano detti che prima o poi avrebbero raccontato ai loro figli tutta la verità e, a quanto pare, quel momento era giunto. Finora Radish si era limitato a qualche battuta tra il serio e il faceto sull’essere un genio o sull’essere un drago, ma ora era tutto diverso. Ed era giusto così, i suoi figli erano abbastanza grandi e intelligenti adesso, meritavano di sapere tutto.
«Partendo dal presupposto che sono ancora un genio grazie alla mia intelligenza sopraffina, diciamo che fino a non molto tempo fa io ero ancora di più un genio!» esclamò Radish, sorridendo beffardo verso i suoi due piccoli interlocutori.
«Rad…» sbuffò Lazuli, incrociando le braccia sotto il seno e sbuffando esasperata.
«E va bene, Là… posso cantare almeno?! Questa è una storia che richiede delle canzoni!»
«Fai quello che vuoi… io non so più cosa fare con te…» sospirò. «Tanto mi fai sempre vergognare».
«E vai!» esultò Radish, dando il cinque a entrambi i suoi figli che saltellavano felici davanti a lui. Ormai pendevano dalle sue labbra. Anche la bambina, a cui non importava più darsi un tono per cercare di imitare sua madre. Lazuli sorrise di cuore nel vedere quella scena. Era felice, lo era davvero.
«Nelle notti d’orienteee, con la luna nel bluuu!» riprese a cantare Radish, con una mano rivolta verso il cielo. «Non farti abbagliar, potresti bruciar di passione anche tuuu!»
I bambini applaudirono, rapiti, e lui mostrò loro la lampada che stringeva tra le mani.
«Non fatevi ingannare dall’aspetto comune: come per tante cose, quello che conta non è quello che si vede, ma quello che c’è dentro» spiegò loro, aprendo il coperchio della lampada e mostrandogli sette piccole sfere arancioni incastonate al suo interno. Erano opache ormai, non riflettevano nemmeno la luce del sole, eppure si intravedevano al loro interno delle minuscole stelle rosse.
«Non è una lampada come le altre» intervenne Lazuli, sedendosi davanti a Radish e invitando i suoi figli a fare altrettanto. Si disposero accanto a lei, uno per lato, mentre aspettavano trepidanti che il loro papà andasse avanti con la storia.
«Già, questa lampada, sette anni fa, cambiò il destino di un giovane» riprese Radish in tono solenne e misterioso. «Cambiò il destino di molte persone, in realtà» aggiunse, guardando Lazuli negl’occhi e sorridendole dolcemente. «Questa lampada, allora, valeva molto di più di quanto apparisse, proprio come il giovane a cui cambiò la vita per primo. Questa lampada era un diamante allo stato grezzo, proprio come il protagonista di questa storia. Volete sentirla? Ne siete sicuri?»
«Sììì!» gridarono in coppia i bambini.
«Bene, questa è la storia di sette sfere, di un drago e di un destino che cambiò improvvisamente in una notte che sembrava essere come tante altre. Questa è la storia di Aladdin Goku».
 
 

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Capitolo 2
*** Il diamante allo stato grezzo ***


2 – Il diamante allo stato grezzo
 
 
Sette anni prima
 
Era una notte uguale a molte altre, quella in cui un uomo incappucciato in sella a un cavallo nero aspettava qualcuno in cima a una duna, nel deserto che si stagliava infinito appena fuori dalle mura del regno di Agraba. Il cavallo affondò uno zoccolo nella sabbia e sbuffò, imitato subito dopo da quell’uomo misterioso che aveva indossato un mantello nero per confondersi nell’oscurità e nascondere la sua identità. Era spazientito da quell’attesa, per di più si rendeva conto che anche il suo destriero cominciava a dimostrarsi insofferente. Lo sapeva, non era certo il mezzo più adatto per muoversi nel deserto, ma non riteneva un volgare cammello adatto alla nobiltà che si sentiva addosso. Lo usava solo se strettamente necessario, e quella notte sarebbe andato benissimo il suo cavallo nero vista la poca distanza che doveva percorrere. Sentì finalmente in lontananza lo scalpitio degli zoccoli di un altro cavallo e si voltò in quella direzione. La luna che quella notte era ridotta a una sottilissima falce e le poche stelle visibili illuminarono il volto di un uomo grasso e senza capelli che si avvicinava a lui con un ghigno spettrale dipinto sul volto, incurante del tremendo sforzo a cui stava sottoponendo il vecchio ronzino che stava cavalcando. La sua pelle era così rosa da sembrare innaturale, resa ancora più lucida dallo strato di sudore che aveva addosso. L’uomo sul cavallo nero storse il naso alla vista di quell’essere inferiore a lui così trasandato e anche maleodorante, a giudicare dal tanfo che gli toccava inalare ora che se lo ritrovava davanti. Afferrò un lembo del suo mantello nero e se lo portò fino al naso, inorridito e sempre più infastidito. Non avrebbe accettato un altro fallimento quella notte, e anche per questo voleva essere ottimista: un po’ di puzza e una visione così sgradevole poteva tollerarli quel poco che bastava a conseguire il suo scopo.
«Sei in ritardo» ringhiò l’uomo dal mantello nero, parlando lentamente e scandendo per bene le parole, mentre il suo interlocutore scendeva goffamente dal suo cavallo e si inchinava davanti a lui. In quel momento si posò sulla sua spalla un pappagallo blu con sfumature bianche che sapeva volare abilmente nell’oscurità come se fosse un rapace notturno. Aveva delle piume nere intorno alla testa puntate verso l’alto che gli conferivano una strana forma di fiamma, una caratteristica tipica degli esemplari della sua specie. Lui, però, era l’ultimo rappresentate di quella specie di pappagalli da quello che era stato detto al suo padrone dal mercante da cui l’aveva comprato tanti anni prima.
«Chiedo perdono, eccellentissimo Gran Visir Freezer Jafar» rispose l’uomo grasso e pelato, prima di risollevare la testa e sentirsi trafiggere dagli occhi rossi e fiammeggianti del suo interlocutore, che lo guardava con superiorità dall’alto del suo nobile cavallo. Quegli occhi facevano male e sembravano ardere ancora di più se paragonati al tremendo pallore del volto di quell’uomo.
«Non chiamarmi per nome! Potrebbe sentirti qualcuno, razza di incapace!» sibilò Freezer Jafar, l’uomo sul cavallo nero che era anche il Gran Visir di quel regno ricco e fiorente. «Come ti chiami?!»
«D-dodoria, signore!» balbettò l’uomo trasandato, che aveva tutta l’aria di essere un criminale.
«Non chiamarlo per nome! Non chiamarlo per nome! Tsk!» intervenne il pappagallo, fulminando Dodoria coi suoi occhi neri.
Era un pappagallo estremamente intelligente, in grado di esprimersi e pensare come un qualunque essere umano. Solo che non lo faceva davanti a chiunque, spesso preferiva che gli altri pensassero che fosse uno stupido e volgare pennuto come gli altri. Aveva un obiettivo, lui, ed era certo che prima o poi l’avrebbe raggiunto.
«Su, Vegeta, lascia perdere questo pezzente…» sorrise enigmatico Freezer, rivolgendosi al suo pappagallo, prima di tornare a guardare con disprezzo l’uomo che aveva davanti. «Dodoria, hai detto… spero che la persona che ti ho mandato ti abbia spiegato per bene quello che cerco, perché non ammetto fallimenti o perdite di tempo. L’hai preso?»
Sul volto di Dodoria si dipinse un ghigno soddisfatto nel sentire quelle parole.
«Ho dovuto tagliare un paio di gole, ma eccolo qua!» annunciò trionfante, tirando fuori dalla tasca la metà di uno scarabeo d’oro e mostrandola a Freezer, che subito allungò la mano per prenderla e farla sua. L’uomo ritrasse istintivamente il prezioso oggetto, sentiva di avere il coltello dalla parte del manico, ora, e voleva quanto gli era stato promesso. «Prima il tesoro» ghignò, allungando la mano in cui non stringeva il mezzo scarabeo, bramoso di ottenere la sua ricompensa.
«Tsk!» sbottò il pappagallo, prima di planare come un falco su quell’uomo, strappandogli di mano coi suoi artigli il prezioso cimelio per cui si erano presi la briga di aspettarlo nel deserto, quella notte. Lo lasciò cadere tra le mani del suo padrone e tornò a posarsi sulla sua spalla. Nonostante avesse un becco grosso e arcuato, sembrava davvero che stesse sorridendo follemente e in modo provocatorio.
«Fidati di me, o nauseabondo amico» disse Freezer, improvvisamente più gentile e di buon umore, cominciando a frugare all’interno del suo mantello. A Dodoria non sfuggì lo sfarzoso abito bianco con finiture viola e dettagli dorati che indossava sotto quel mantello che stava usando per non farsi riconoscere, così come non poté fare a meno di notare, e desiderare, tutti i preziosi gioielli che portava addosso. «Avrai quello che ti meriti» aggiunse, mostrandogli quello che stava cercando, cioè l’altra metà dello scarabeo d’oro che Vegeta gli aveva appena consegnato. Sorrise, soddisfatto, perché sentiva di avercela fatta. Non era stato un buco nell’acqua come le altre volte, stavolta i due pezzi combaciavano per davvero.
«Quello che ti meriti! Quello che ti meriti!» ripeté il pappagallo, beffardo e spettrale, proprio nel momento in cui lo scarabeo, ora ricomposto, si illuminò all’improvviso e volò via a gran velocità allontanandosi dalle mura e dirigendosi verso il deserto, lasciando alle sue spalle una scia dorata.
«Presto seguiamolo!» urlò Freezer, spronando il suo cavallo e lanciandosi all’inseguimento di quel bagliore che squarciava facilmente una notte così oscura. «Più veloce!» aggiunse, facendo nitrire il destriero, seguito a sua volta a fatica anche da Dodoria in groppa al povero ronzino che doveva tornare a reggere il suo peso.
Lo scarabeo interruppe il suo volo non appena giunse in prossimità di quella che aveva tutta l’aria di essere una duna come le altre, di piccole dimensioni tra l’altro. Si divise a metà, e le due parti dorate andarono ad incastonarsi nella sabbia a pochi centimetri l’una dall’altra in posizione orizzontale, prima di illuminarsi generando una luce accecante che obbligò Freezer e Dodoria a chiudere gli occhi. La terra cominciò a tremare, i cavalli indietreggiarono e nitrirono in preda al terrore. Il Gran Visir riaprì gli occhi a fatica e rimase a bocca aperta: davanti a sé quella piccola duna stava crescendo a dismisura, assumendo la forma della testa di un gigantesco drago di sabbia i cui occhi non erano altro che le due parti dello scarabeo dorato, aumentate anche loro di dimensione. Il drago spalancò la bocca proprio nel momento in cui Dodoria cadde rovinosamente dal suo cavallo ormai imbizzarrito a causa dello spavento per quell’incredibile visione e per la terra che non smetteva di tremare.
Freezer accennò un sorriso, affascinato, davanti a quella che aveva tutta l’aria di essere una caverna.
«L’ho cercata per tanti anni…» disse, scendendo da cavallo con la voce rotta dall’emozione. «La Caverna delle Meraviglie!»
«La Caverna delle Meraviglie! La Caverna delle Meraviglie!» ripeté Vegeta, tornando ad appollaiarsi sulla sua spalla.
«È… è assurdo…» sussurrò Dodoria, rialzandosi e fissando con occhi sgranati il drago di sabbia.
«E ora ricordati di portarmi la lampada!» sbottò Freezer, afferrando per il sudicio bavero il grasso e viscido criminale che aveva portato con sé per uno scopo preciso. «Il resto del tesoro è tuo… ma la lampada è mia!» sorrise in modo inquietante, fissandolo attraverso i suoi occhi rossi assottigliati in due piccole fessure. Nonostante fosse un uomo dall’aspetto minuto, sapeva infatti incutere terrore nei suoi interlocutori quando si spazientiva.
Lo spinse in malo modo verso l’entrata della caverna, ormai convinto che il suo sogno più grande stesse per realizzarsi. Voleva quella lampada che era diventata ormai la sua ossessione, non aveva bisogno di nient’altro.
«La lampada! La lampada!» urlò Vegeta, mentre Dodoria si avvicinava con fare baldanzoso a quella che era la bocca del drago vedendosi già ricco e immerso nell’oro. «Ma dove l’hai trovato quel morto di fame?!» aggiunse a bassa voce, parlando direttamente nell’orecchio di Freezer, che gli fece segno di stare in silenzio.
Dodoria, nel frattempo, superò i denti del drago e davanti a sé si creò come per magia una scalinata di sabbia che andava verso il basso e di cui non si vedeva la fine. Era luminoso l’interno della caverna, ma l’idea di addentrarsi nelle viscere della terra sotto quella montagna infinita di sabbia gli fece improvvisamente pentire di essere lì. Un soffio poderoso che arrivava direttamente dalle profondità della caverna lo respinse proprio in quel momento, facendolo cadere all’indietro e rotolare fuori.
«Chi osa disturbare il mio riposo?!» squarciò la notte con voce grave e solenne il drago. Il cuore di Dodoria si fermò per un istante nel vedere che quella caverna non solo aveva parlato, ma addirittura muoveva la sua bocca di sabbia per farlo.
«S-sono… sono io… Do-dodoria! Un umile ladro…» balbettò in tutta risposta, prostrandosi davanti a lui, mentre Freezer, più indietro, osservava affascinato e impaziente.
«Ti avverto: soltanto uno può entrare qui. Soltanto colui che cela in sé il proprio valore, proprio come un diamante allo stato grezzo» ribatté il drago di sabbia, prima di spalancare di nuovo le sue immense fauci e zittirsi.
Freezer si scambiò un’occhiata perplessa con Vegeta perché non riuscì a capire fino in fondo quelle enigmatiche parole. Dodoria si voltò verso di lui, intimorito e indeciso sul da farsi.
«Che cosa stai aspettando, razza di incapace! Su, vai!» gli gridò di rimando.
Dodoria entrò tremante e in punta di piedi nella caverna. C’era qualcosa che non andava, se lo sentiva, ma non poteva nemmeno scappare ormai. Il Gran Visir avrebbe di certo mandato qualcuno a ucciderlo nel giro di poche ore se non avesse obbedito. Cercò di pensare all’oro e ai gioielli che gli erano stati promessi per farsi forza. Cosa ci voleva a recuperare una stupida e vecchia lampada? Non doveva lasciarsi suggestionare da un drago di sabbia!
Scese il primo gradino lentamente e poi si bloccò, guardandosi intorno. Tirò un sospiro di sollievo, non accadde nulla. Ma, proprio nel momento in cui sentì che non c’era nulla di cui aver paura, la terra ricominciò a tremare come poco prima. Il drago ruggì e chiuse la bocca, coprendo anche le grida disperate di Dodoria, che venne inghiottito sotto un’immensa distesa di sabbia mentre la caverna sembrava liquefarsi davanti agli occhi di Frezeer fino a tornare all’aspetto della piccola duna che era con le due estremità dello scarabeo d’oro appoggiate sopra.
«Nooo!» sbraitò Freezer, che stava assistendo impotente al suo sogno andare in frantumi proprio ora che c’era arrivato così vicino.
«Ora vai, e trova il diamante allo stato grezzo!» gli disse la stessa voce solenne che fino a pochi secondi prima veniva emessa dal drago di sabbia. Le due metà dello scarabeo emisero un ultimo bagliore prima di tornare opache e rotolare come prive di vita giù dalla duna.
Freezer le raccolse e digrignò i denti fino a farli stridere. Strinse i pugni così forte da farsi male.
«Coff, coff» tossì Vegeta, sputando sabbia ed emergendo da un cumulo che l’aveva seppellito a causa dello spostamento d’aria. «’fanculo, inutile grassone! Tsk!» sibilò, scuotendo le ali per liberarsi della sabbia. «Non riusciremo mai a prendere quella stupida lampada di merda! Levatela dalla testa!» aggiunse, rivolto a Freezer, di cui conosceva benissimo il piano, come del resto conosceva benissimo il reale valore che celava in sé quella lampada inutile solo in apparenza. «Guarda! Guarda! Mi cadono le penne!» gridò, furioso, staccandosi delle piume blu con rabbia. «Tutta colpa dello stress, tsk!»
«Pazienza, Vegeta. Serve pazienza» rispose il Gran Visir, che aveva nel frattempo recuperato il suo aplomb e il suo nobile portamento. «Dodoria evidentemente non era all’altezza della situazione».
«Ma che sorpresa, eh! Non avrei mai detto che quel lurido coso non sarebbe stato all’altezza della situazione!» ribatté Vegeta, ironico e sprezzante. Né a lui, né al suo padrone, del resto, interessava la macabra fine che aveva appena fatto Dodoria. «E adesso?! Che cazzo facciamo ades…» aggiunse starnazzando, finché Freezer non reputò opportuno tappargli il becco premendolo con forza con una mano.
«Uno soltanto può entrare nella caverna… e io devo trovare questo diamante allo stato grezzo» sussurrò il Gran Visir, accennando un sorriso malefico.
 
«Fermati, brutto ladro!» gridò una guardia reale all’indirizzo di un giovane che stava scappando a tutta velocità tra le vie del mercato stringendo tra le mani una pagnotta che aveva appena rubato.
La guardia non era un soldato comune, bensì il capitano delle guardie reali, e prendeva ordini direttamente dal Gran Visir Freezer. Era vestito di viola e stringeva tra le mani una scimitarra, imitato a sua volta da quattro dei suoi uomini più fidati.
«Ti farò tagliare le mani una volta per tutte, straccione!» aggiunse con disprezzo, pregustando già il sapore della vittoria. Lui e i suoi uomini, infatti, erano riusciti a mettere in trappola quel ragazzo bloccando ogni via di fuga dal tetto dell’abitazione attraverso cui stava cercando di scappare. Quel ragazzo aveva vent’anni ed era un semplice ladruncolo che rubava lo stretto necessario che gli serviva a sopravvivere. Era conosciuto da tutti in città ed era inconfondibile con quei suoi capelli neri talmente scompigliati che avevano assunto la forma di una palma, una qualunque delle tantissime che si potevano scorgere tra le strade del regno di Agraba e nelle oasi circostanti. Indossava dei larghi pantaloni arancioni rattoppati e un leggero gilet blu, aveva un fisico atletico e muscoloso e non portava nemmeno le scarpe. Era ora di pranzo e, come sempre, il suo stomaco l’aveva spinto ad andare a cercare qualcosa da mettere sotto i denti. Non aveva mai fatto del male a nessuno, era solo un povero ladruncolo solo al mondo che lottava ogni giorno per sopravvivere in un mondo che sembrava non volerne sapere nulla di lui. Ma aveva imparato a sorridere fin da quando era bambino e si era ritrovato solo, non solo ad arrangiarsi. Era una persona che sapeva mantenere la sua positività persino in momenti in apparenza senza via d’uscita come quello che stava vivendo, ormai braccato da cinque guardie reali. Indietreggiò fino al limite di quel tetto e guardò fugacemente giù, notando dei fili tesi tra quell’abitazione e quella accanto su cui erano stesi dei panni ad asciugare, sfruttando il sole cocente di quella magnifica giornata.
«Prima di catturarti e tagliarti le mani, però, avrai il privilegio di poter assistere alla parata ufficiale della mia squadra!» aggiunse il capitano delle guardie, con il ragazzo che riprese a guardarlo, senza tuttavia riuscire a capire. «Pronti, ragazzi?!»
«Sììì!» urlarono in coro gli altri quattro, prima di disporsi in orizzontale uno accanto all’altro.
Davanti agli occhi esterrefatti del giovane ladro iniziano qualcosa che aveva tutta l’aria di essere un folle e frenetico balletto che li portava a incrociarsi e a scambiarsi di posizioni. Le cinque guardie interruppero all’improvviso quelle assurde movenze e ognuno di loro assunse una posa diversa.
«Rekoom, il migliore!» gridò il primo, un energumeno con la cresta rossiccia e la faccia da scemo non propriamente sveglia, mettendosi di lato in posa plastica.
«Butter!» esclamò un altro spilungone dalla pelle quasi bluastra e gli occhi rosso fuoco, sollevando una gamba e allargando le braccia.
«Jeeth!» urlò un soggetto un po’ più basso, con la pelle così bruciata dal sole da apparire rossa e i lunghi capelli bianchi, inginocchiandosi e portando in alto le braccia.
«Guldo!» disse un nanerottolo grassoccio e pelato dall’aspetto così malsano da apparire verdognolo, inginocchiandosi anche lui.
«Ginew!» sbraitò l’ultimo, il capitano, dando le spalle al giovane e guardandolo da sotto le proprie gambe divaricate. La sua pelle sembrava violacea come la divisa che indossava, i pochi capelli che aveva in testa formavano quasi due corna che lo rendevano ancora più buffo.
«Squadra Ginew, in azione!» urlarono i cinque in coro, interrompendo l’esibizione.
Il ragazzo li osservò perplesso, immobile, per alcuni secondi di imbarazzante silenzio rotto solo dal rumore di un flebile vento caldo che attraversava la città quel giorno. Persino lui, solitamente giocherellone, allegro e ingenuo, si sentì a disagio di fronte a quella scena.
«Ehm… urcaaa, sì, bravi!» li applaudì, decidendo al contempo di darsi una mossa e reputando che sia una buona idea andarsene di lì prima che sia troppo tardi. «Comunque, quante storie che fate per un pezzo di pane!» aggiunse, prima di lanciarsi nel vuoto alle sue spalle davanti agli occhi sgranati delle guardie.
Il ragazzo si aggrappò con una mano a una di quelle funi piene di vestiti stesi ad asciugare e cominciò a scivolare a folle velocità, incapace di fermarsi. Non vedeva nulla perché i panni gli coprivano la visuale e gli si accumulavano addosso. Finì col schiantarsi contro una finestra chiusa della casa accanto a quella da cui si era gettato e precipitare inesorabilmente verso terra insieme a un cumulo di vestiti che attutì il suo atterraggio, fortunatamente già rallentato dal tendone teso che faceva ombra all’ingresso di una bottega di spezie. Che sfondò, ovviamente, facendolo crollare intorno a lui. Non appena riuscì a togliersi dagli occhi un paio di pantaloni che gli si erano arrotolati intorno al collo durante la caduta, il giovane riuscì addirittura a prendere al volo la pagnotta che gli era sfuggita di mano qualche istante prima.
«Eccolo! È laggiù!» urlò Rekoom, sporgendosi dal tetto e indicandolo con la sua scimitarra.
«Non riuscirai a sfuggirci!» gridò subito dopo il capitano Ginew.
«Tu dici?!» li derise il ladruncolo, mostrando orgogliosamente la pagnotta come fosse un trofeo e facendo sorridere tre donne col volto velato che, passando casualmente di lì, avevano assistito alla scena. Non era certo una novità vedere quel ragazzo sorridente in fuga da qualche guaio.
«Eccolo, capo! Gli siamo addosso!» sbraitò Jeeth, che era già sceso in strada insieme a Butter e Guldo per continuare l’inseguimento. «Lo prenderemo!»
Il ragazzo si rialzò in fretta e furia, scalciando i vestiti che ancora lo intralciavano, tenendo però per sé un telo beige con cui si avvolse, coprendosi anche il capo. Dopodiché si avvicinò alle tre donne, visto che le conosceva e facevano parte di quegli abitanti del regno che non lo trattavano con disprezzo. A volte lo aiutavano, forse anche perché l’avevano visto crescere e sapevano che era una brava persona. Riscuoteva anche un discreto successo col genere femminile quel giovane, solo che era troppo ingenuo e aveva il cuore troppo puro per rendersene conto.
«Buongiorno!» le salutò allegramente, mentre le tre guardie correvano verso di lui con le spade sguainate.
«Già nei guai anche oggi, vero Aladdin Goku?» sospirò la più attempata delle tre donne, accennando un sorriso, rassegnata. Nulla che non avesse già visto centinaia di volte, in fondo.
«Nei guai?! Macché, uno è nei guai solo se lo prendono!» rise il ragazzo, che in realtà tutti chiamavano semplicemente Goku, se non gli davano con disprezzo l’appellativo di “straccione”, ovviamente.
«Preso!» sbottò Butter, che nel frattempo l’aveva raggiunto e afferrato per una spalla, trascinandolo con uno strattone verso di sé.
«Sì, come no!» gli rise in faccia Goku, voltandosi per guardarlo con fare beffardo
negl’occhi.
«E questa volta giuro che ti…» aggiunse la guardia, prima di venire interrotto bruscamente da una scimmietta dal pelo marrone che si era gettata da una finestra direttamente sulla sua testa, che cominciò a colpire e graffiare senza smettere di berciare.
«Perfetto tempismo, Bubbles! Come sempre!» gli sorrise Goku, che era il padrone di quella scimmia che indossava un gilet lilla dello stesso taglio del suo e portava sulla testa un elegante fez.
«Uh, uh, uh!» rispose Bubbles, drizzando la schiena e mettendosi in piedi, sempre sulla testa di un ormai stordito e dolorante Butter, togliendosi il cappello e inchinandosi davanti a Goku. Lui era un amico per quella scimmia, non solo il suo padrone. Erano compagni di scorribande da sempre e lo sarebbero stati per sempre, di quello ne erano certi.
«Andiamo, svelto! Via da qui!» ordinò Goku, cominciando a correre con Bubbles che nel frattempo gli era saltato su una spalla, finendo però con lo scontrarsi contro Guldo, che gli si era parato davanti.
La guardia provò a colpirlo con un fendente di scimitarra, ma Goku lo schivò abilmente. La lama si conficcò in una grossa botte che andò distrutta e da cui uscirono un cumulo di pesci maleodoranti che travolsero Guldo, visto che Goku gli aveva sfilato la cintura dei pantaloni lasciandolo in mutande e facendogli perdere l’equilibrio.
«È solo un pezzo di pane, io rubo solo quello che mi serve!» canticchiò il giovane, ridendo. «Via, ci sono le guardie! Certo, sono un vero ladro io!» continuò, riprendendo anche a scappare. Trovò un’altra botte lungo la via e la rovesciò dietro di sé, colpendo in pieno Jeeth che lo seguiva da vicino.
«Ladro!» sbraitò Jeeth, ricoperto del vino contenuto in quella botte.
«Cane!» aggiunse Ginew, che stava arrivando di gran carriera.
«Molla il pane!» ordinò Reekom.
«Solo uno spuntinooo!» intonò Goku, fermandosi e allargando le braccia in modo teatrale. Evitò per un pelo un paio di coltelli che gli vennero lanciati e reputò fosse meglio impegnarsi per scappare sul serio. «Io ho il mio amico Bubbles!» rise, saltando e afferrando le mani piccole ma forti della sua scimmia che si era arrampicata su un davanzale e grazie alla quale poté saltare agilmente all’interno di un edificio che, però, aveva tutta l’aria di essere un harem o un locale di danzatrici del ventre.
«Aladdin Goku, ora hai toccato il fondo!» gli soffiarono sensualmente addosso in coro tre ragazze vestite di rosa con una leggera gonna semitrasparente, un reggiseno e un velo davanti alla bocca, ballando e ancheggiando innanzi a lui. Due di loro gli fecero gli occhi dolci, mentre lui le guardava interdetto da quella situazione, mentre la terza lo spinse via, facendolo finire addosso a una vecchia e grossa donna che lo guardava in cagnesco. Doveva essere la padrona di quel posto e aveva tutta l’aria di non aver gradito quell’incursione, come non aveva gradito il fatto che Bubbles avesse approfittato del momento per fiondarsi su un cesto colmo di frutta fresca cominciando a ingozzarsi per strafogarsi il più in fretta possibile.
«È colpa di chi lo ha messo al mondo!» sibilò la donna, cercando di abbatterlo con una scopa.
Goku evitò il colpo e tornò a rifugiarsi tra le tre ballerine.
«Beh, se vuoi mangiare devi rubacchiare un po’, no?» sorrise a una di loro, facendola arrossire vistosamente, mentre un’altra lo spinse fuori dalla finestra posta dal lato opposto da quella da cui era entrato.
«Fuggo, senza paura!» rise Goku, di nuovo inseguito dalla squadra Ginew al completo, lanciandosi in mezzo a un gregge di pecore che ostruiva completamente la strada e guadagnando terreno sulle guardie, goffe e inferocite in mezzo a tutti quegli animali.
«Aaahhh!» urlò una donna che gestiva un banchetto di gioielli insieme al marito, non appena si accorse che Bubbles aveva approfittato del caos di quel momento per impossessarsi di una collana e di qualche anello che si era infilato nelle dita. Aveva imparato a rubare anche autonomamente quella scimmia, ormai, e, a differenza di Goku, subiva anche il fascino dei gioielli. Era più avida di ricchezza rispetto a lui, di cui a volte non capiva il motivo per il quale rubava solo lo stretto indispensabile. Non lo capiva a volte, ma lo rispettava sempre, perché era il suo unico amico e avrebbe fatto qualunque cosa per lui.
«Bubbles, non è il momento!» lo rimproverò Goku, tornando indietro a recuperarlo. Lo afferrò con una mano e se lo posizionò di nuovo sulla spalla, senza smettere di correre.
«Ne possiam parlare…» canticchiò Goku, guardandosi intorno indeciso sul da farsi e costretto a fermarsi perché improvvisamente circondato dalle guardie che lo avevano raggiunto. Indietreggiò fino all’ingresso di una casa, mentre Ginew e i suoi si avvicinavano minacciosi a scimitarre sguainate.
«Ma se vuoi tu puoi restare!» gridò maldestramente una donna imponente che aprì la porta di quell’abitazione e sollevò di peso Goku, stringendolo a sé e stampandogli un bacio sulla guancia. Il ragazzo si voltò a guardarla e sgranò gli occhi: non era decisamente il suo tipo.
«M-magari un’altra volta, eh…» balbettò, liberandosi in qualche modo dalle sue possenti braccia e, approfittando di un momento di distrazione delle guardie che si erano focalizzate sulla gigantesca donna, riuscì a rotolare tra i loro piedi ed eludere l’accerchiamento. «Io vado via! Ciao, ciao!» annunciò, riprendendo a correre in una delle vie centrali della città che in quel momento era piena di persone che stavano assistendo a spettacoli di vario genere da parte di diversi artisti di strada.
Le guardie urlarono di dolore quando si ritrovarono a correre sui carboni ardenti su cui stava camminando un fachiro seminudo e lanciarono dietro Goku una serie di imprecazioni che lo fecero ridere di gusto. Bubbles estrasse poi una scimitarra dalla bocca di un uomo che, con un trucco di magia, aveva finto di mangiarla davanti a un pubblico che lo guardava rapito, rischiando peraltro di sgozzarlo. Lo fece perché voleva affrontare le guardie, che non la smettevano di inseguirle.
«La scimmia ha una spada!» gridò terrorizzato Reekom, bloccandosi insieme a tutti gli altri, mentre Bubbles agitava la scimitarra maldestramente e berciava davanti a loro.
«Imbecille! Ce l’abbiamo anche noi la spada!» gridò Ginew, alzando al cielo la sua scimitarra e convincendo Bubbles a darsela di nuovo a gambe.
«Direi che è il momento di chiuderla qui!» annunciò Goku, correndo a perdifiato lungo la scalinata di un alto minareto, senza che tuttavia riuscisse a seminare i suoi inseguitori. «E va bene!» si disse, non appena raggiunse la cima di quella torre e si ritrovò per l’ennesima volta in trappola. Afferrò un tappeto che era arrotolato contro il muro e lo lanciò fuori dalla finestra, saltandoci poi sopra proprio nel momento in cui i cinque componenti della squadra Ginew si erano gettati a peso morto per afferrarlo. Lui riuscì in qualche modo a sedersi in ginocchio su quel comunissimo tappeto che sembrava magico in quel momento, come uno di quei tappeti volanti di cui narravano le leggende di quel regno. Lo afferrò con le mani e lo strinse, sfilandoselo da sotto le ginocchia e alzandolo verso il cielo allargando le braccia. Rese quel tappeto una sorta di paracadute a mano e, mentre scendeva dolcemente verso terra, si godette ridendo lo spettacolo delle guardie che volavano giù dalla finestra del minareto per finire direttamente dentro un carro carico di letame fumante che, quantomeno, rese morbida la loro caduta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: eccoci arrivati al termine del secondo capitolo, il primo vero e proprio che racconta i fatti che hanno cambiato il destino a Radish, Lazuli e chissà quanti altri personaggi. Ne abbiamo conosciuti alcuni, e spero vi siano piaciuti. Partiamo da Goku nel ruolo di Aladdin, come già anticipato, e Bubbles nel ruolo della scimmietta Abu. Non avevo mai usato la scimmia di Re Kaioh in una mia storia e questa era l’occasione perfetta, direi. Spero abbiate poi gradito il disagio garantito dalla Squadra Ginew, è stato bello per me poter tornare a scrivere di loro. Abbiamo poi visto soprattutto quello che sarà il villain principale di questa storia, cioè Freezer nei panni di Jafar. Vi ha convinto? Il povero e odioso Dodoria, invece, ci ha già salutato. In tutto questo, penso di avervi sorpreso con Vegeta nei panni di un pappagallo, stavolta il mio amato Prince ha fatto questa fine e forse non me lo perdonerà mai, però vi faccio notare che anche lui sta perseguendo il suo obiettivo, che non è detto sia lo stesso di Freezer, quindi vedremo un po’ cosa gli succederà e se sarà destinato per tutta la storia ad essere un pennuto. ;-)
 
Ringrazio tantissimo tutti voi che mi avete lasciato una recensione al termine del primo capitolo e in generale tutti voi che state dando fiducia a questa storia leggendola e inserendola nelle liste. Spero di sentire il vostro parere anche stavolta, sarebbe un vero onore per me!
 
Bene, settimana prossima il capitolo si intitola “Un principe venuto da lontano”, di chi si starà parlando? Conosceremo due personaggi nuovi che avranno un certo ruolo nella storia e rivedremo anche Lazuli, che torna a impreziosire questa long dopo che l’avevamo vista nel capitolo uno. Conosceremo meglio anche Goku e Bubbles, scopriremo qualcosa sulla famiglia del giovane ladro e rivedremo anche in scena la Squadra Ginew.
Ci vediamo mercoledì prossimo!
 
Teo
 
 

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Capitolo 3
*** Un principe venuto da lontano ***


3 – Un principe venuto da lontano
 
 
«E ora, eccellenza illustrissima, si mangia!» esclamò Goku, soddisfatto, dando il cinque a Bubbles che continuava a saltellare felice intorno a lui.
L’avevano scampata ancora una volta, infatti, e adesso potevano godersi il loro meritato pasto. Goku si sedette con la schiena appoggiata contro il muro di una vietta defilata, lontana dal via vai di mercanti e clienti del centro, e divise a metà la pagnotta che aveva rubato, porgendone una parte alla sua amica scimmia. Il suo stomaco brontolava, non vedeva decisamente l’ora di mangiare qualcosa. Ma, proprio nel momento in cui stava per addentare quel tozzo di pane per cui aveva rischiato la vita, notò una bambina rovistare tra l’immondizia accatastata in un contenitore fuori da una casa, evidentemente in cerca di cibo. Aveva l’espressione triste e spaventata, oltre che un aspetto trasandato, come del resto il bambino accanto a lei, probabilmente suo fratello minore. Il ragazzo osservò quei bambini e gli si chiuse all’improvviso lo stomaco. Era uno straccione, come diceva di lui la gente ignorante di quel regno, ma aveva un cuore d’oro. Il suo cuore era puro, e brillava molto più dei diamanti e gioielli che ostentavano i ricchi di quel luogo. Rivide sé stesso in quei bambini, si ricordò tutta la fatica che aveva dovuto fare per sopravvivere quando rimase solo al mondo a causa della partenza dei suoi genitori. Guardò di nuovo quei bambini, che adesso fissavano timidamente il pane che stringeva tra le mani, e, accanto alla tristezza che sentiva dentro, provò anche un forte senso di ingiustizia. Di rabbia. Di frustrazione. In quel regno non importava niente a nessuno dei poveri, degli emarginati, che erano tali solo perché avevano la colpa di non essere nati ricchi. Esistevano enormi differenze sociali in quel regno e nessuno sembrava interessarsene. Si era chiesto più volte perché il sultano non facesse nulla per risolvere questi problemi, si era anche domandato se sapesse davvero com’era la situazione nelle periferie visto che non usciva praticamente mai dal suo enorme e sontuoso palazzo. Si era detto più volte che, se avesse avuto la possibilità di diventare ricco o addirittura sultano, avrebbe provato a cambiare le cose, a trovare una soluzione. In fondo, a lui come a quei bambini, nessuno aveva mai dato una possibilità di cambiare la propria situazione. Una mano tesa, un lavoro, una possibilità di emancipazione sociale e realizzazione personale… niente di niente. Se nascevi straccione, morivi straccione. Dovevi solo lottare ogni giorno per poter vivere in qualche modo un giorno in più. Per tirare avanti.
Ma i suoi pensieri erano solo stupidi sogni: come avrebbe potuto uno come lui diventare ricco? Come poteva diventare il sultano di quel regno? In lui non scorreva sangue reale, poteva già ritenersi fortunato ad essere arrivato sano e forte all’età di vent’anni. Un traguardo che quei due bambini non avrebbero mai raggiunto se nessuno li avesse aiutati, a giudicare dalla scena straziante a cui stava assistendo. Guardò ancora i bambini e poi il suo tozzo di pane, prima di voltarsi verso Bubbles, che aveva già capito dove voleva andare a parare il suo padrone e non era assolutamente d’accordo con lui. Quella scimmietta, infatti, era di indole buona, ma l’essere cresciuta nella povertà e aver conosciuto i morsi della fame l’aveva anche resa avida e talvolta egoista. Grugnì in faccia a Goku e morse rabbiosamente un pezzo di pane della sua razione, masticando in faccia ai due bambini che osservavano la scena incapaci di staccare gli occhi da quel misero pasto che a loro sembrava un banchetto degno di un nobile. Goku sospirò e sorrise, alzandosi e avvicinandosi ai due. La bambina abbracciò istintivamente il fratellino, come a volerlo proteggere.
«Tieni» le sorrise il ragazzo, dandole il suo tozzo di pane. «Coraggio, prendilo!»
La bambina lo afferrò e rise, porgendone subito un pezzo a suo fratello. Goku le accarezzò la testa e se ne andò, passando davanti a Bubbles che, in quel momento, si sentì particolarmente in colpa. Inghiottì il boccone che stava ancora masticando e capì che il suo amico aveva ragione, in fondo. Si avvicinò ai bambini e porse loro anche il suo pezzo di pane, prima di dar loro le spalle e incrociare le braccia al petto, fingendosi arrabbiato. La bambina sorrise e gli fece dei grattini sulla testa in segno di ringraziamento, facendolo sorridere a sua volta e berciare di gioia. Anche lui, in realtà, aveva un cuore d’oro come Aladdin Goku, che, nel frattempo, aveva voltato l’angolo e si era mescolato alla folla che si stava accalcando ai lati della strada principale, senza capire il perché di tutta quell’agitazione. Bubbles salutò i bambini facendo un inchino e corse dietro al suo padrone, saltandogli poi in spalla, curioso anche lui di capire quello che stava succedendo.
«È diretto a palazzo, suppongo» disse un uomo accanto a Goku, rivolto a un suo conoscente, mentre entrambi osservavano un ragazzo dai lisci e lucidi capelli neri che gli ricadevano sulle spalle e gli occhi di ghiaccio passare davanti a loro su un cavallo bianco. Indossava un abito nero con finiture arancioni e tutta una serie di gioielli  che lasciavano a bocca aperta le persone che lo guardavano. Goku sorrise, affascinato, perché aveva già capito tutto.
«Un altro pretendente della principessa…» sbuffò l’altro uomo, allargando le braccia. In effetti, un sontuoso e spettacolare corteo guidato da un principe straniero non era certo una novità nell’ultimo periodo. Si diceva infatti che la principessa del regno di Agraba, la ventenne figlia dell’anziano sultano, sua unica erede, stesse cercando marito, ma anche che fosse incontentabile. La gente diceva che era viziata, altri che suo padre era troppo accondiscendente con lei e che doveva imporre lui chi sarebbe stato il nuovo sultano, facendoglielo sposare. Tutti concordavano sul fatto che fosse bellissima, ma in realtà in pochissimi potevano dire di averla vista almeno una volta, dato che non era mai uscita da palazzo nemmeno da quando era nata.
Goku osservava con aria sognante quel corteo perché sognava di poter essere lui quel principe misterioso dal sorriso enigmatico e l’aria naif. Lui e tutti gli altri al suo seguito avevano la pelle molto chiara e una sobrietà che raramente aveva visto nelle parate reali che si erano susseguite negli ultimi mesi. Tutti cavalcavano cavalli bianchi e avevano un’espressione austera, con scintillanti spade sottili che pendevano da cinturoni neri e dei cappelli bianchi che non aveva mai visto prima sulla testa. Si chiese da quale lontana nazione dovessero arrivare, non erano nemmeno tanti numericamente e non c’erano acrobati o danzatrici nel corteo, come invece solitamente accadeva. Alle spalle del principe c’era una ragazza bionda che aveva i suoi stessi occhi di ghiaccio e gli assomigliava straordinariamente. Aveva lo sguardo freddo e fisso davanti a sé, l’aria annoiata e allo stesso tempo un portamento nobile degno di una principessa. Indossava dei leggeri pantaloni azzurri e una fascia dello stesso colore a coprirle il seno, a cui era attaccato un velo semitrasparente che le arrivava in vita. Quella fascia era adornata da grosse pietre preziose che la facevano risplendere ancora di più in mezzo a quel corteo. Si doveva essere fermata in qualche bottega a comprare un abito tipico di Agraba, era l’unica infatti che indossava abiti tipici di quel regno. Era bella, molto bella, e la gente non faceva altro che mormorare su chi fosse, dato che era l’unica donna della comitiva. Ma anche il principe era un bel ragazzo e sembrava riscuotere successo, lo stesso Goku pensò che forse sarebbe stato un buon sultano. Era l’unico di tutto il suo gruppo che sorrideva, anche se il suo era un sorriso a tratti beffardo, ma il giovane ladro istintivamente provò simpatia per lui. Accanto alla ragazza c’era poi un uomo imponente dallo sguardo duro e intenso, che continuava a voltarsi a destra e sinistra per monitorare che non ci fosse nulla di anomalo tra la folla. Aveva una cresta di capelli rossi in testa, una capigliatura che nessuno aveva mai visto in quel regno. Goku dedusse che doveva essere il capo delle guardie o qualcosa di simile. E, a proposito di guardie, il giovane non poté non notare che ai lati del gruppo avanzavano anche Ginew e i suoi uomini. Evidentemente si erano lavati e cambiati apposta per fare da scorta al nuovo pretendente della principessa, dopo il loro imprevisto tuffo nel letame fresco.
Il capitano delle guardie reali di Agraba scorse Goku tra la folla e i suoi occhi si infiammarono. Avrebbe voluto sguainare la scimitarra e ucciderlo davanti a tutti, doveva pagare per l’umiliazione a cui l’aveva sottoposto. Ma non poteva, non sarebbe stato un comportamento che il Gran Visir e il sultano avrebbero gradito durante un corteo ufficiale. E non poteva nemmeno arrestarlo adesso, perché doveva prima condurre il principe dentro le mura del palazzo reale. Pensò però che poteva almeno umiliarlo davanti a tutti. Occhio per occhio, dente per dente. Abbandonò il suo posto nel corteo e si gettò all’improvviso tra la folla. Quando Goku se ne accorse era ormai troppo tardi, provò a scappare ma si era creata troppa ressa intorno a lui.
«Eccoti qui, lurido straccione!» sibilò Ginew, afferrandolo per il gilet e trascinandolo, davanti al corteo. Lo spinse con forza e lo gettò a terra in una pozza di fango sul ciglio della strada, a pochi metri dal principe che fece fermare il suo cavallo e tutto il resto della comitiva.
«Questo è quello che succede a chi non ha mai imparato le buone maniere, qui nel regno di Agraba!» gridò trionfante, mentre gran parte della folla derideva Aladdin Goku ricoperto di fango dalla testa ai piedi. I bambini che aveva appena aiutato corsero da lui insieme a Bubbles, aiutandolo a rialzarsi e sporcandosi a loro volta.
«Peccato che ti hanno lasciato seguire il corteo a piedi» ribatté Goku, ghignando. «Sarebbe piaciuto a tutti vedere un asino su un cavallo!».
Il principe sorrise, divertito da quella battuta. Persino la ragazza al suo fianco accennò un sorriso, posando il suo gelido sguardo su Goku e sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Tu non sei altro che uno straccione! Sei nato straccione e morirai straccione! E solo le tue pulci ti rimpiangeranno!» sbraitò Ginew, furibondo, mettendo mano alla scimitarra. «Uomini!» ordinò, chiamando a raccolta i suoi.
«Basta così» ordinò il principe, frapponendosi col suo cavallo tra lui e Goku. «Abbiamo un appuntamento e io non sono una persona che fa aspettare una signora».
«Ma… principe Lapis…» farfugliò Ginew, stringendo i pugni, irritato.
«E io non sopporto tutta questa confusione. Lo farò presente al sultano in persona, le nostre guardie non si sarebbero mai comportate così» aggiunse la ragazza, riprendendo a far camminare il suo cavallo e superando anche il principe, senza degnare di uno sguardo Ginew.
«Ecco… i-io, principessa…» balbettò il capitano delle guardie, improvvisamente docile. «La strada per il palazzo la conosciamo già, anche un cieco lo vedrebbe, grosso com’è. Andiamo per conto nostro, non ci serve la scorta di uno come te» lo interruppe, glaciale, facendo sorridere il principe.
«Avete sentito la mia sorellina, no?!» disse, rivolto ai suoi uomini. «Andiamo!» aggiunse, volgendo un sorriso a Goku, prima di voltarsi verso l’energumeno che fino a poco prima era accanto alla ragazza. «Sedici, pensaci tu a loro, per favore» ordinò, prima di dirigersi verso sua sorella, che stava per raggiungere da sola le altissime e impenetrabili mura che circondavano il palazzo reale.
«P-principe! Aspetti!» urlò Ginew, cominciando a correre, seguito dai suoi uomini.
«Tieni, ragazzo. Hai fegato» disse il gigantesco uomo venuto da chissà dove, porgendo una moneta d’oro a Goku. Ora che poteva vederlo da vicino, il giovane poté notare quanto fosse gentile il suo sguardo e pacato il tono della sua voce. «Anche voi, bambini. Comprate qualcosa di buono da mangiare» aggiunse, dando una moneta a testa anche a loro. «Tieni, scimmietta» disse poi, porgendo a Bubbles dei datteri che aveva comprato lungo il tragitto.
«Grazie!» esclamò Goku, passando subito però la sua moneta d’oro alla bambina. Sedici notò quel gesto e sorrise, mentre la gente assisteva stupita alla scena e mormorava alle loro spalle.
«Tu non sei uno straccione, ragazzo. Hai il cuore più puro di quello di quasi tutti i nobili e guerrieri che ho conosciuto nella mia vita. Non cambiare mai, il tuo aspetto esteriore non rispecchia il valore che hai dentro di te. Sei come un diamante allo stato grezzo» gli spiegò, prima di spronare il cavallo e raggiungere le mura del palazzo.
Quelle parole vennero anche udite da un uomo mescolato tra la folla, che nascondeva i suoi lineamenti dolci e quasi femminili dietro uno sguardo talmente tagliente che avrebbe potuto spaventare chiunque. Indossava una kefiah verde in testa da cui spuntava una treccia scura, oltre a un abito lungo celeste che quasi si abbinava alla sua carnagione talmente bianca da sembrare azzurrastra, seminascosto com’era nella penombra. Si diresse anch’egli verso le mura, silenziosamente e passando da un’entrata secondaria, seguito da un pappagallo che aveva assistito a sua volta a tutta la scena con grande attenzione. Era un uccello inconfondibile in realtà, con quelle piume nere sulla testa dritte verso l’alto a formare una strana forma a fiamma. Si trattava di Vegeta, infatti, il pappagallo del Gran Visir Freezer Jafar.
 
«Vieni Bubbles, andiamocene a casa» disse malinconicamente Goku, che sentì un improvviso peso sul cuore quando vide l’immenso portone delle mura reali chiudersi alle spalle di Sedici e del corteo del principe. Pensò che sarebbe stato felice se fosse stato davvero quel Lapis a diventare il nuovo sultano, ma si chiese se sarebbe cambiato qualcosa per lui e quelli come lui. In fondo, i ricchi diventavano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Era quello che aveva sempre visto nella sua vita. Era un sognatore, ma in quel momento si sentiva soprattutto un triste disilluso. Salutò i bambini con una carezza e si avviò verso il luogo in cui viveva, inoltrandosi nelle vie cittadine in silenzio seguito dalla sua scimmietta.
Le abitazioni eleganti e le botteghe avevano lasciato spazio a stradine strette, costellate di catapecchie e quelle che un tempo erano case e ora solo baracche abbandonate. Le mura del palazzo reale non si vedevano più, in compenso l’aria torrida che arrivava dal deserto vicino alla periferia faceva ondeggiare lentamente come spettri ciò che restava di vecchie tende sgualcite su alcune finestre mezze rotte. Voragini nei tetti, travi di legno marcio ben visibili e muri scrostati: erano questi i compagni di viaggio di Aladdin Goku ogni giorno. Di lui e di altre persone che condividevano la sua stessa sorte, quella di vivere in povertà, allietati solo dalla compagnia degli animali randagi che lì avevano trovato riparo. Era così che Goku e Bubbles si erano conosciuti, tanti anni prima. Bubbles era solo un cucciolo di scimmia, probabilmente scappato da qualche mercante o artista di strada, e Goku l’aveva trovato in una di quelle viette, affamato e in fin di vita. L’aveva salvato, l’aveva accudito e aveva capito che da quel giorno non sarebbe stato più solo. La stessa cosa di cui si rese conto Bubbles, che non sapeva da dove veniva, ma aveva capito subito che da quel momento in poi avrebbe avuto un posto in cui stare e un amico a cui voler bene. Lo stesso Goku, da quel giorno, cominciò a sentire un po’ meno la nostalgia dei genitori e trovò un prezioso complice per poter provare a rendere la sua vita più divertente, visto che non aveva mai smesso di sorridere. Aveva molti ricordi legati a sua mamma, ma la prima cosa che gli veniva in mente era che lei sorrideva sempre. Nonostante la povertà, nonostante una malattia che la stava portando via troppo presto e che aveva convinto il padre di Goku a intraprendere un viaggio nel deserto in cerca di un misterioso guaritore che si diceva fosse capace di miracoli. Si chiamava Dende, ma nessuno, né nei bassifondi, né tra la nobiltà, sapeva se esistesse davvero e dove vivesse. Alcuni dicevano che era uno stregone, secondo altri si trattava di un mago, altri ancora davano per certo che non esistesse. Di certo non era di Agraba, un regno che altro non era che una grande oasi sperduta in un immenso e letale deserto che appariva sconfinato. Goku ricordava bene quella notte in cui i suoi genitori partirono, dopo che suo padre aveva rubato un cammello e gli aveva severamente proibito di seguirli. Aveva dodici anni allora, ma suo padre gli parlò da uomo a uomo e gli disse la verità: quella era un’impresa disperata, un viaggio della speranza senza una meta e, soprattutto, senza ritorno, salvo miracoli. Ma Bardack, questo era il nome del papà di Goku, aveva smesso da tempo di credere nei miracoli. Era diventato un ladro per poter mantenere sua moglie e suo figlio, un criminale leggendario in tutto il regno che si era persino meritato l’appellativo di “Principe dei ladri”. Sua madre, Gine, era una brava persona cresciuta nella miseria, sempre sorridente e pronta ad aiutare il prossimo con quello che poteva offrire. Ma le condizioni in cui vivevano, un giorno, le fecero contrarre una malattia che nessun medico del regno seppe curare, nemmeno quello personale del sultano, rapito appositamente da Bardack in una notte senza luna. Fu allora che i genitori decisero di tentare il tutto per tutto partendo alla ricerca del misterioso guaritore Dende, lasciandosi guidare dalle stelle per allontanarsi nel deserto e cercare informazioni nei regni più vicini. Quella notte, fu l’unica volta in cui Goku vide sua madre piangere, mentre lo abbracciava, incapace di separarsi da quel ragazzino costretto a diventare un uomo prima del tempo.
Il ragazzo ripensava a tutto questo, camminando a testa bassa e scalciando distrattamente uno dei tanti sassi che ostruivano la strada. Un cane magro e spelacchiato uscì dal suo nascondiglio e gli mostrò i denti, con Bubbles che iniziò subito a berciare e allungò minaccioso un pugno chiuso verso di lui.
«Buono, Bubbles, non serve combattere se non ce n’è bisogno» accennò un sorriso, abbassandosi e porgendo al cane un pezzo di carne essiccata che aveva rubato mentre si dirigeva lì. Il quadrupede smise di ringhiare e si avvicinò piano, annusando con fare sospettoso, prima di mangiare avidamente quel boccone che probabilmente l’aveva salvato, almeno per quel giorno. Goku gli accarezzò la testa e lui gli leccò la mano, grato, scodinzolando felice. «Ci vediamo, Bee! Ti piace come nome? Noi torniamo a casa!» disse, riprendendo a camminare e facendosi di nuovo serio nell’osservare mestamente lo spettacolo decadente che gli si parava intorno.
«Non è giusto, non è vero… non sono uno straccione!» sibilò, stringendo i pugni. Le parole di Ginew l’avevano ferito, al di là di quello che poi gli aveva detto il capo della guardia personale del principe Lapis. «Sono… sono solo un poveraccio» aggiunse, saltando agilmente su ciò che restava del tetto di una piccola casetta diroccata. Da lì salì su una scala di legno pericolante appoggiata al muro di una costruzione più alta, finché non raggiunse anche la copertura piena di buchi di quella struttura e si infilò in una finestra di ciò che un tempo era un alto minareto ora ridotto esteriormente a un rudere scrostato. Era un ottimo rifugio per un ricercato come lui perché difficile da raggiungere. Ed era, soprattutto, casa sua.
All’interno quel luogo era però decisamente accogliente, seppur un po’ disordinato vista la gran quantità di oggetti vecchi e malridotti accatastati negl’angoli. Erano cose che Goku trovava per strada e portava a casa, nell’attesa che potessero servirgli a qualcosa. C’erano poi dei mobili un po’ vissuti, ma anche dei cuscini e dei teli piuttosto eleganti, cose che il giovane aveva recuperato o rubato nel corso del tempo per migliorare quella che era la sua abitazione e anche per aver almeno un posto decente in cui potessero dormire lui e la sua scimmietta. Il sole era tramontato ormai, quando Bubbles corse a sdraiarsi su un morbido cuscino di velluto rosso che gli faceva da letto, posto accanto a quello del suo padrone. Si sfilò il fez dalla testa e lo appoggiò con cura accanto a sé, prima di sorridere al suo amico. Gli era grato per quell’ennesima giornata passata insieme e per le avventure che avevano vissuto. Sognava la ricchezza, ma, anche se era una scimmia, era consapevole di quanto fosse un tesoro prezioso l’avere un amico fidato e una casa in cui tornare, seppur priva di tanti agi. Goku si avvicinò e gli sorrise a sua volta, accarezzandogli la testa delicatamente e coprendolo con un lenzuolo, prima di dirigersi verso una grossa finestra coperta da un pesante tendone blu scuro. Aveva qualche buco qua e là, ma tutto sommato era in buono stato. Era una tenda molto grossa, non era stato facile per lui procurarsela e montarla lì per mantenere fresca la casa durante il giorno riparandola dal sole, dato che quella finestra aveva le dimensioni dell’intera parete, più o meno. Quello era anche il posto preferito di Goku, il motivo per cui aveva scelto di stabilirsi proprio lì. Tirò la tenda e il panorama che gli si parò davanti gli tolse il fiato, benché fosse sempre lo stesso che vedeva da anni ogni giorno. Si sedette, appoggiando la schiena al muro e osservando con aria sognante il maestoso ed elegantissimo palazzo del sultano, illuminato e splendente anche di sera. Visto dall’alto era qualcosa di incredibile, non si sarebbe mai stancato di guardarlo con tutte quelle torri bianche di altezze diverse accanto al corpo centrale e quelle cupole dorate che sembravano brillare di luce propria. Era un gigante in mezzo alle case e alle botteghe del regno che lo circondavano, nulla poteva nemmeno lontanamente competere in quanto a sfarzo.
«Un giorno, Bubbles, le cose cambieranno» sospirò, con lo sguardo fisso sul palazzo reale, senza nemmeno rendersi conto che il suo amico stava già russando rumorosamente. «Saremo ricchi, vivremo in un palazzo. E non avremo un solo problema al mondo, te lo prometto».
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: un finale un po’ amaro e commovente, ma soprattutto anche profetico, in un certo senso.
Abbiamo conosciuto nuovi personaggi, scoperto qualcosa di più su Goku, Bubbles e la sua famiglia e ci siamo lasciati con qualche interrogativo. Spero che via sia piaciuto questo capitolo e vi ringrazio immensamente se avete deciso di seguirmi in questa nuova avventura, è ancora più bello sentire la vostra vicinanza e condividere una storia con voi in un periodo durissimo come questo che tutti noi stiamo attraversando nel mondo reale.
Allora, vi sono piaciuti Lazuli, Lapis e Sedici?
Per Bee, il cane randagio incontrato da Goku, ho usato il nome del cane di Mr Satan e Majin Bu come avevo già fatto in un paio di occasioni in passato, mi è piaciuto tornare a citarlo.
 
Ringrazio come sempre tutti voi che mi avete lasciato una recensione e che vi fate sentire vicini, una cosa fondamentale e non banale per noi autori, ve lo assicuro. Grazie anche a chi preferisce leggere in silenzio e a chi ha inserito la storia nelle varie liste, se volete farvi sentire per me sarà un piacere. E grazie poi a Summer Moon che ha realizzato il divertente fotomontaggio di Freezer e Vegeta che vi allego.
 
Bene, il prossimo capitolo si intitola “La principessa Chichi”, e finalmente direi che potremo conoscere la protagonista femminile di questa long, siete curiosi? Ne sapremo anche molto di più su Lapis e Lazuli, oltre al fatto che entreranno in scena altri due personaggi molto importanti, ossia Lunch e Bulma, con quest’ultima che avrà un ruolo a sorpresa. Avete qualche idea su di lei? E poi, dite che Lapis sta davvero andando a chiedere la mano di Chichi come aveva fatto il principe nella storia classica con Jasmine? E, infine, chi sarà stato l’uomo con la treccia che stava spiando la parata del principe Lapis e poi entra nel palazzo reale insieme a Vegeta?
Vi aspetto mercoledì prossimo per darvi alcune risposte, ci sarà da divertirsi nel prossimo capitolo! E poi vi ricordo che lunedì ho pubblicato una one shot a rating rosso su Bulma e Vegeta dal titolo "Dolce quarantena", se vi va ci sentiamo anche da quelle parti!
 
Teo

fotomontaggioassurdo

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Capitolo 4
*** La principessa Chichi ***


4 – La principessa Chichi
 
 
 
Il pomeriggio successivo alla parata per le strade cittadine era stato utile al principe Lapis e alla sua comitiva solo per ultimare le presentazioni ufficiali col sultano che li aveva accolti nel suo regno. Si trattava di cerimonie e lungaggini politico-burocratiche che il ragazzo odiava, e non faceva nulla per nasconderlo. Sua sorella, la principessa Lazuli, se ne era andata pochi minuti dopo l’inizio della cerimonia, annoiata. Non c’era nemmeno la famosa figlia del sultano per cui avevano intrapreso quel lungo viaggio, perché sarebbe dovuta restare anche lei a sorbirsi quell’inutile ostentazione di sfarzo e di finta gentilezza? La presenza del Gran Visir la irritava, aveva compreso subito quanto fosse una persona falsa e viscida, tutto il contrario del sultano, che sembrava invece un sempliciotto e un ingenuo. E anche questa cosa non le andava giù. Non era stupida, anche se aveva messo piede in quel regno per la prima volta aveva notato subito che c’erano delle cose che non andavano bene. Era una principessa, ma non aveva mai sopportato di vedere la miseria più infima accanto al lusso sfrenato. Pensò che quel vecchio e grasso sultano non fosse cattivo, ma non per questo riteneva la sua stupidità una giustificazione. Si rese subito conto che il Gran Visir era una sorta di sultano occulto, ufficioso, visto che l’ingenuo regnante si affidava in tutto a lui, sicuramente in buona fede, ma non per questo giustificabile ai suoi occhi. Doveva anche spezzare una lancia a suo favore, però: sembrava una persona buona e genuina, quel genere di padri che vogliono bene alle proprie figlie. Tutto il contrario del suo, in pratica, e il pensiero di suo padre la fece arrabbiare al punto tale da lasciare, appunto, la cerimonia.
Cerimonia che fu portata a termine dal principe Lapis, che non faceva altro che guardarsi in giro incuriosito, sia perché era curioso di natura, sia perché il generale Sedici della sua scorta personale si era raccomandato con lui di non sbadigliare in faccia ai suoi interlocutori, soprattutto se si trattava del Gran Visir o, addirittura, del sultano in persona. Fu dura per lui arrivare alla fine di quel pomeriggio, per giunta non c’era nemmeno la principessa con cui sperava di poter almeno scherzare un po’ per vincere la noia. E sì, magari provare a corteggiarla, visto che lui e la sua gente avevano intrapreso per lei un lunghissimo viaggio. Si chiedeva come fosse caratterialmente, che aspetto avesse, se era una stupida e volgare snob viziata come ne aveva conosciute molte. Era a conoscenza solo della sua età: vent’anni, ossia tre in meno di quanti ne avevano lui e sua sorella gemella. Arrivavano dal nord più estremo, da una terra immersa nei ghiacci su cui estendeva il suo dominio un regno in cui non esisteva la povertà, ma in cui il gelo perenne sembrava anche aver congelato i sentimenti dei suoi abitanti, in primis di suo padre, Re Gelo. Lapis e Lazuli arrivavano dal regno di Asgard, una terra che col tempo avevano imparato ad odiare, come odiavano profondamente loro padre, che non aveva mai avuto per loro un solo gesto d’affetto e li aveva sempre e solo trattati come degli strumenti utili ai suoi scopi. Dei mezzi per ampliare i suoi domini grazie a matrimoni d’interesse, ad esempio. Era da anni infatti che faceva pressione su quei due ragazzi, che però avevano ereditato il carattere forte e la sfrontatezza della madre riuscendo a opporsi a lui. Non lo temevano, ma lo disprezzavano.
L’unico svago che riuscì a trovare il principe Lapis quella sera fu quello di scambiarsi qualche occhiata fugace con una ragazza che sembrava molto diversa dalle ancelle e danzatrici che aveva visto da quando era giunto in quel regno così diverso da quello da cui proveniva lui. Si trattava di una ragazza dai lunghi capelli blu legati con un fiocco rosso sulla testa e un fisico niente male che se ne stava in disparte, osservando la scena da lontano con discrezione. Indossava un vestito tradizionale verde chiaro simile a quello che aveva comprato sua sorella che ricordava quello di un’odalisca. Aveva dovuto ammettere a sé stesso che quella ragazza l’aveva colpito. Ogni volta che incrociava il suo sguardo, lei abbassava timidamente i suoi dolci occhi castani e si stringeva nervosamente le mani. A un certo punto le sorrise senza farsi notare da nessuno, e lei divenne improvvisamente paonazza, prima di abbassare la testa e volgerla altrove, visibilmente a disagio. Era tenera quella ragazza misteriosa, dolcissima nella sua timidezza, e il principe Lapis pensò che non avrebbe mai potuto dimenticare quei lunghi capelli blu che non aveva mai visto nemmeno dalle sue parti. Sarebbe stato bello se fosse stata lei la principessa di Agraba, in quel caso avrebbe anche potuto considerare di rivedere il suo piano. Ma non era importante, forse una soluzione poteva trovarla lo stesso.
Quando quell’interminabile serata ebbe fine, il principe si congedò velocemente dal sultano e da quel Gran Visir che ai suoi occhi si salvava solo grazie al pappagallo che portava sempre con sé, lasciando a Sedici il compito di espletare le ultime funzioni ufficiali. Si diresse rapidamente verso la direzione in cui aveva visto sparire la ragazza dai capelli blu e la seguì, facendo perdere in men che non si dica le sue tracce ai servitori che avrebbero dovuto mostrargli la sua camera. Entrò in una stanza di soppiatto e trovò colei che stava cercando intenta a piegare dei vestiti che profumavano di fresco e d’oriente.
«E-ecco… i-io, principe! Deve… d-deve aver sbagliato strada e se vuole…» balbettò, lasciando cadere a terra una lunga gonna rossa e sgranando gli occhi.
«Non mi sono perso, sono esattamente nel posto in cui volevo essere» sorrise enigmatico Lapis, appoggiando una mano sulla parete accanto alla faccia della ragazza e avvicinandosi a lei. L’aveva messa in trappola, spalle al muro. Lei divenne rossa fiammante in faccia e abbassò lo sguardo.
«I-io… io non credo… che…».
«Come ti chiami?» la interruppe, prendendole delicatamente il mento tra indice e pollice per imporle di guardarlo negl’occhi. Quel tocco la fece rabbrividire, ma non di paura. Era un tocco gentile, rispettoso. E lui era bellissimo ai suoi occhi, era tutto quello che aveva sognato fin da bambina.
«L-lunch… mi chiamo Lunch, signor principe!»
«”Signor principe”…» rise. «Sì, sono un signore perché sono un gentiluomo… ma sono Lapis. Lapis e basta».
«Io… io devo tornare al lavoro…» cercò di divincolarsi Lunch. Le piaceva quel ragazzo, ma non avrebbe mai dovuto trovarsi lì con lui. Non lei. Non poteva, non era giusto.
«Ti va di scappare insieme a me? Non dovrai più lavorare a corte, avrai una vita piena di avventure» le disse, impedendole di passare e avvicinando pericolosamente la bocca alla sua.
Lei deglutì il nulla. Fissò per un istante di troppo le sue labbra, salvo riuscire a tornare a sé e avere anche uno slancio di determinazione, qualcosa che a volte sentiva esplodere dentro di sé accanto alla sua consueta timidezza.
«Io non posso andarmene da qui. La principessa mi ha salvato e io sono la sua ancella personale» rispose, improvvisamente decisa, spingendo via con forza il principe Lapis. «È come una sorella minore per me, e voi siete giunto fin qui per chiedere la sua mano» aggiunse, raccogliendo i panni puliti e dirigendosi verso la porta senza più voltarsi. «Certe cose dovreste dirle a lei, non a una semplice servitrice come me» concluse, lasciando solo nella stanza Lapis con un sorriso soddisfatto stampato sulle labbra.
Sì, gli piaceva decisamente quella ragazza. E il suo piano poteva cambiare ancora, sua sorella non avrebbe avuto niente in contrario.
 
Nella tarda mattinata del giorno seguente, il principe Lapis entrò nell’immenso e meraviglioso giardino posto all’interno del palazzo reale e ne restò affascinato. Non sembrava di essere in un regno in mezzo al deserto, lì dentro, pieno com’era di alti alberi verdi e non solo di palme come nel resto della città. La natura cresceva rigogliosa in quel magnifico giardino, così come ovunque c’erano fiori stupendi che non aveva mai visto prima. Tra le fronde degl’alberi vedeva volare uccelli esotici insieme ad insetti di cui aveva letto solo sui libri a proposito della loro esistenza. Riconobbe anche il pappagallo del Gran Visir che si aggirava solitario nel cielo terso, inconfondibile con le sue piume blu e bianche e quelle strane penne nere intorno alla testa. Era infatti un grande appassionato di animali, una passione che gli aveva trasmesso Sedici, il generale dell’esercito a cui suo padre aveva affidato il compito di crescere i suoi figli quando, ancora bambini, persero la madre durante una guerra voluta proprio dal Re Gelo per provare ad ampliare i confini del regno. Ma era stata una disfatta, i rivali l’avevano ricacciato fin dentro le mura di Asgard e la situazione stava volgendo al peggio. Fu proprio Sedici a trovare un accordo di pace col nemico, anche se ormai era troppo tardi per la regina, colpita durante uno dei primi attacchi. Era scesa in campo in prima persona per aiutare la sua gente, ma non aveva pensato che qualcosa potesse andare storto. Da quel giorno i suoi figli odiarono ancora di più loro padre. E reagirono in modo diverso al lutto: il cuore di Lazuli divenne freddo come il ghiaccio, rendendola quasi incapace di sorridere e di provare un reale interesse verso qualcosa o qualcuno. Lapis, invece, acuì il suo lato canzonatorio e disimpegnato, arrivando a non sopportare di dover essere proprio lui l’erede al trono. Voleva viaggiare, bramava una vita piena di avventure e non poteva immaginare di vedersi per sempre tra i ghiacci. Amava gli animali e ne avrebbe voluti conoscere sempre di più. Sedici, dal canto suo, divenne suo malgrado un eroe di guerra. Proprio lui, che odiava così tanto la guerra ed era entrato nell’esercito solo perché la sua era storicamente una famiglia di guerrieri preposti alla difesa di Asgard. Ed era forte, grazie al suo fisico imponente, la sua razionalità e la sua tecnica combattiva. Al termine di quella guerra assurda abbandonò tuttavia l’esercito per diventare una sorta di guardia del corpo, mentore e padre per i due principi, in cui scorse fin da subito un gran bisogno di affetto e la necessità di avere un punto di riferimento. Se non ci fosse stato lui, probabilmente quei due ragazzi sarebbero presto finiti sulla cattiva strada, finendo per autodistruggersi. Ma non era sufficiente quello che aveva fatto, anche se ce l’aveva messa tutta, perché si rendeva conto che non erano felici e non lo sarebbero mai stati, confinati tra quei ghiacci che li facevano soffrire. C’erano giorni in cui gli sembrava che avessero una bomba accanto al cuore, pronta a esplodere da un momento all’altro. Soprattutto la ragazza, nel cui sguardo gelido leggeva un disperato grido d’aiuto, un bisogno d’amore che però lei negava a sé stessa, probabilmente per paura di soffrire di nuovo. Sedici insegnò loro a combattere per difendersi in caso di necessità, li fece studiare e cercò di insegnare loro ad essere delle brave persone. Erano molto intelligenti, anche se il più delle volte svogliati. Ed erano anche razionali, più di lui sicuramente. Ma anche molto sensibili, benché Lapis lo dimostrasse quasi solo con gli animali e Lazuli con nessuno, in realtà. Ma Sedici sapeva che lei aveva un cuore grande, perché era uguale a sua madre e lui l’aveva conosciuta bene la regina. Sentiva che bisognava solo aspettare, ma anche che era inutile attendere oltre ad Asgard. Fu lui infatti che apprese la notizia che la principessa del regno di Agraba era in cerca di marito da mesi. Propose a Lapis questo viaggio e lui acconsentì subito con entusiasmo, prima di appartarsi con sua sorella  e parlare a lungo con lei. Non sapeva cosa si fossero detti, ma quello che contava era che anche lei acconsentì ad unirsi alla comitiva.
E ora erano lì, tutti e tre in quel gigantesco e lussureggiante giardino, dove li aveva accompagnati personalmente il sultano prima di lasciarli soli. Spiegò a Lapis che avrebbe potuto conoscere sua figlia, che lo stava aspettando nei pressi dell’enorme e sfarzosa fontana bianca posta al centro di quell’oasi in cui regnavano il silenzio e la pace.
Sedici si sedette subito sull’erba sorprendentemente verde e fresca di quel giardino, così diverso tanto dal deserto infinito che avevano attraversato, quanto dalla neve in mezzo alla quale era cresciuto. Un uccellino giallo e verde si andò subito a posare su un dito che lui protese verso l’alto, mentre un altro trovò rifugio su una sua spalla. Sorrise, tirando fuori dalla tasca dei semi e porgendoglieli. Lazuli sbuffò, allontanandosi di qualche metro per andare a sedersi su un’elegante panca di pietra immersa nei fiori. Aveva portato con sé un libro dalla biblioteca reale e si era anche cambiata: ora indossava una gonna corta azzurra che diventava poi semitrasparente per arrivarle alle caviglie. Portava poi un reggiseno azzurro tempestato di pietre preziose e delle scarpe anch’esse azzurre e piene di brillanti. Sedici la osservò senza farsi notare e ne fu fiero: quella che per lui sarebbe rimasta per sempre “la sua bambina”, era in realtà diventata una principessa incantevole. Ed era sempre felice quando la vedeva dimostrare interesse per qualcosa, in questo caso i libri e la moda, che erano passioni che aveva senza dubbio ereditato dalla madre.
Il principe Lapis, invece, si diresse da solo verso la zona centrale di quel piccolo paradiso che lo sorprendeva ad ogni angolo. Seguiva il rumore dell’acqua e non si stupì quando si ritrovò davanti un imponente fontana, un miracolo in quel luogo desertico. C’era una ragazza, seduta sul bordo ampio di quella splendida opera d’arte. Aveva dei lunghissimi e lucidi capelli neri fissati da una fascia blu impreziosita da un rubino rosso e una frangia che incorniciava un viso imbronciato e degli occhi neri che non promettevano nulla di buono. Indossava degli ampi e leggeri pantaloni blu bordati di prezioso filo rosso e una fascia dello stesso colore a metterne in risalto il seno. Non era semplicemente una principessa, ma era anche una splendida ragazza. Solo che non era il suo tipo, di quello era certo. La sua attenzione si diresse subito su un magnifico esemplare di tigre sdraiata accanto a lei, che si era alzata di scatto proprio nel momento in cui lui era arrivato lì, frapponendosi tra loro. Lo fissava con aria minacciosa attraverso due occhi straordinariamente azzurri, una rarità assoluta da quello che aveva letto il principe nei suoi libri, a proposito di quei grandi e meravigliosi predatori esotici. Sapeva anche quanto potesse essere letale una tigre e quanto fosse assurda l’idea di una tigre domestica come evidentemente era quella. Questo la rese ancora più affascinante ai suoi occhi, che non riusciva a distogliere dalle striature nere e arancioni che le coloravano il manto, rese lucide dal sole che batteva sopra di loro. Si inginocchiò davanti alla tigre e allungò una mano aperta verso di lei. Sorrise, anche perché si rese conto che, dietro un grosso tronco, c’era una persona che li stava osservando di nascosto. Era lontana e non poteva sentire quello che si sarebbero detti lui e la principessa, tuttavia non ebbe problemi a riconoscerla: si trattava di Lunch, la ragazza dai capelli blu che tanto l’aveva colpito la sera prima.
Tornò a guardare negl’occhi la tigre e vide che non gli mostrava più i denti, mentre la principessa aveva inarcato un sopracciglio, incredula.
«Ciao bella! Non ti mordo mica, eh» disse al felino, che guardò per un istante la sua padrona, indecisa sul da farsi. La principessa annuì e la tigre si avvicinò a Lapis, che le accarezzò la testa. I suoi occhi azzurri erano sorprendentemente espressivi.
«Si chiama Bulma» disse la ragazza, in tono piuttosto piccato, aprendo finalmente bocca.
«Bulma, eh… sei una tigre stupenda, non credevo che avrei mai avuto la possibilità di accarezzarne una» le sorrise Lapis, senza degnare di uno sguardo la ragazza, mentre il maestoso animale sembrava gradire le sue attenzioni e gli si strusciava addosso lentamente, come un'enorme gatta intenta a fare le fusa.
«Ehi, tu! Sei qui per me o per lei?! Guarda che non mi incanti, se questa è una tua tattica per conquistarmi!» sbottò la ragazza, incrociando le braccia sotto il seno.
«Scusa un attimo, devo andare a conoscere la tua padrona» sussurrò Lapis a Bulma, appoggiando la fronte contro la sua, prima di alzarsi per poi inginocchiarsi con reverenza davanti a quella che aveva dedotto fosse la figlia del sultano. E il motivo per cui lui si trovava lì, in fondo.
«La principessa Chichi Jasmine di Agraba, deduco» sibilò in tono enigmatico il principe, prendendole una mano, che lei non gli aveva allungato, e baciandogliela delicatamente. «Incantato».
«I-il principe Lapis di Asgard, immagino!» sbottò lei, arrossendo e ritraendo di scatto la mano, irritata. «Mi spiace, hai fatto un lungo viaggio a vuoto! Io non mi sposerò mai, non di certo con qualcuno che si è messo d’accordo prima con mio padre!»
«Ah, ma nemmeno io voglio sposarmi…» bisbigliò beffardo il principe, ottenendo l’attenzione di Chichi, che ora lo fissava stupita. «E non è stato un viaggio a vuoto. Mi affascina questo luogo e anche certe creature che lo abitano. Non mi riferisco solo agli straordinari animali che avete qui, sia ben chiaro».
«G-guarda che non mi incanti!» sibilò Chichi, di nuovo imbarazzata. Pensava che si stesse riferendo a lei, che stesse cercando di farle abbassare le difese. Era innegabile che quel ragazzo ci sapesse fare con le donne e, doveva ammetterlo, era anche di gran lunga il migliore dei pretendenti che le si erano presentati davanti negli ultimi mesi. Quanti erano stati? Non ne aveva idea, di sicuro troppi. Arroganti, spacconi, viziati, anche vecchi e brutti talvolta: Chichi diventava una furia al solo pensiero dei principi che le era toccato conoscere e respingere. Il fatto che questo andasse d’accordo con la sua tigre e non ne fosse nemmeno un po’ intimorito l’aveva colpita, doveva ammetterlo. Ma, non per questo, avrebbe mai accettato la sua corte.
«Ah, no? Avrei detto il contrario…» la provocò Lapis, rialzandosi e guardandola con occhi che lei non riuscì a decifrare fino in fondo.
«Ho saputo che sei svogliato, distratto e che, soprattutto, sei uno che ci prova con tutte!» ringhiò Chichi, alzandosi a sua volta e mettendosi sulla difensiva.
«Ah, sì? E te l’ha detto una ragazza, immagino…» ribatté sornione, senza scomporsi o distogliere i suoi occhi di ghiaccio da quelli di Chichi. Sapeva che c’era Lunch dietro tutto questo, e trovò la cosa molto divertente.
«Questi non sono affari tuoi!» sbottò la principessa, incrociando le braccia sotto il seno.
«Certo, certo…» le sorrise enigmatico. «E ti hanno detto anche qualcosa di più specifico? Sono scesi nei particolari?»
«No, mi bastava questo! C’è qualcosa che dovrei sapere?!» sibilò Chichi, a cui stavano sfuggendo dei dettagli e si stava irritando per questo. Lunch, infatti, non le aveva riportato quello che era successo tra lei e il principe. Era andata lì per spiarlo per conto suo, e di questo Lapis ne era ormai consapevole, tuttavia si era tenuta per sé quanto successo dopo la cerimonia ufficiale.
«Sì, una cosa ci sarebbe» rispose il ragazzo, accennando un sorriso e muovendo un passo verso Chichi. Con la coda dell’occhio gli sembrò di scorgere in lontananza Lunch conficcare le unghie nella corteccia dell’albero dietro il quale si nascondeva. «È vero, sono distratto e svogliato, odio gli inutili doveri di un principe. Ma per il resto, beh, non ci provo con tutte, ma solo con quelle che mi piacciono sul serio» aggiunse, rendendo la sua voce più roca e mettendo di nuovo a disagio la principessa, che distolse per un istante lo sguardo dal suo e arrossì leggermente.
Chichi ripensò a quello che le aveva detto Lunch, la sua amica più fidata, e quello che si era ripromessa a sé stessa, ovvero che non avrebbe sposato nessuno dei bellimbusti che si sarebbero presentati a palazzo perché voleva da sempre che il suo fosse un matrimonio dettato dall’amore. Ritrovò la determinazione e decise di tirar fuori la malizia e la sua sensualità che era capace di mostrare, se e con chi ne aveva voglia, per metterlo alla prova e, soprattutto, prendersi gioco di lui.
«E io ti piaccio, per caso?» domandò in un caldo e ovattato soffio diretto alle labbra di Lapis, al quale si era avvicinata camminando sinuosa, fino ad appoggiargli un dito sul petto e muoverlo distrattamente seguendo la linea dei suoi pettorali.
Bulma osservava la scena perplessa, arrivando a piegare la testa perché non aveva mai visto la sua padrona fare così. Lunch, che non poteva sentire quello che i due si stavano dicendo, uscì quasi completamente dal suo nascondiglio per riuscire a vedere meglio una scena che le sembrava assurda. Perché Chichi si comportava così?! E lui… lui davvero era uno senza scrupoli che voleva semplicemente portarsela a letto perché non sapeva fosse l’ancella personale della principessa?! E, nonostante questo, quel principe ci stava ugualmente provando con Chichi?! Era furiosa, ed era anche decisa ad intervenire, prima che accadde qualcosa che la convinse a fermarsi all’ultimo istante.
«Sei una bella ragazza, principessa» rispose Lapis, che non si era scomposto, sorridendo sornione e accarezzandole delicatamente una ciocca dei suoi lunghi, lucenti e profumati capelli neri. «Ma non ho mai avuto intenzione di chiedere sul serio la tua mano» spiegò, prima di voltarsi verso Lunch, che corse a nascondersi di nuovo, illudendosi di non essere stata vista, e poi riprendere a fare dei grattini in testa a Bulma, che sembrò gradire. «Il tuo manto è spettacolare, hai dei colori stupendi» disse, rivolto alla tigre che parve quasi sorridergli attraverso i suoi occhi azzurri come il cielo. Era un felino estremamente intelligente, nata in cattività e svezzata dagli umani, per poi crescere al fianco di Chichi che, ai tempi, era ancora una bambina. Capiva il linguaggio degli uomini e cercava di farsi capire a sua volta, anche se solo la sua padrona e amica sembrava in grado di farlo.
«Scusa?! Puoi ripetere?!» sbottò la principessa, con la bocca semiaperta e gli occhi sgranati, richiamando incredula l’attenzione del principe.
«Ah, sì, giusto» le sorrise Lapis, tornando a guardarla dritta negli occhi. «Facciamo così: io mi invento qualcosa con tuo padre e tu permetti a me e mia sorella di fermarci qui per un po’».
«Eh?! Non capisco?! Ma non volevi sposarmi?! Arrivi dall’altra parte del mondo!»
«Sì, sì… è una storia lunga, ora non ho voglia di raccontartela» allargò le braccia lui, senza che Chichi ci stesse in realtà capendo molto. Così come Lunch, che, a distanza, stava friggendo nella curiosità. «Non so dirti per quanto ci fermeremo, ma ti prometto che non ti daremo fastidio».
«Ecco, io… sì, ma non capisco…».
«Bene, dobbiamo inventarci qualcosa di credibile… sai, io sono troppo affascinante per essere rifiutato, no?» le fece l’occhiolino, facendola sorridere. Chichi aveva capito che stava scherzando, anche se non riusciva a comprendere nient’altro delle azioni di quello strano ragazzo venuto da lontano. Vide Lapis strattonarsi la manica che gli copriva l’avambraccio, come se stesse cercando di strapparsela via. «Anzi, no! Così sarà più divertente! Non vedo l’ora di vedere la faccia che faranno il sultano e il Gran Visir!» scoppiò a ridere il principe, mollando la presa sul suo avambraccio e afferrando un lembo di tessuto dei suoi pantaloni all’altezza del sedere. Se lo strappò con forza con un gesto secco, lasciando così ben visibili sul fondoschiena le mutande che indossava grazie allo squarcio che si era creato nei pantaloni.
«Ah! Ma cosa fai?!» gridò Chichi, voltandosi e coprendosi gli occhi con le mani, paonazza.
«Giusto, dimenticavo!» si illuminò Lapis, inginocchiandosi davanti alla principessa con fare solenne e prendendole di nuovo una mano, mentre con l’altra stringeva ancora il lembo di pantaloni che si era strappato. Chichi riprese a guardarlo, sgomenta. Pensò che aveva davanti a sé un pazzo o qualcosa di simile. «Vorresti tu, o splendida e magnifica principessa Chichi Jasmine, sposarmi e bla bla bla, perché io, lo splendente e mirabolante principe Lapis, ti amo da quando bla bla bla e poi ti renderò felice e bla bla bla. Fine» si interruppe, dopo aver parlato velocemente, con Chichi che lo fissava sconvolta. «No, giusto? Peccato… peccato, principessa. Ma è stato un piacere lo stesso» riprese, alzandosi e voltandosi verso Bulma, che lo guardava anche lei senza capirci molto e pensando che gli umani, a volte, erano davvero strani. Chichi si coprì di nuovo gli occhi con le mani, alla vista delle mutande di Lapis. «Belle vero?» la provocò il principe, che aveva percepito il suo imbarazzo, mentre si inginocchiava verso Bulma. «Alta sartoria di Asgard, bianca come la neve che scende perennemente dai nostri cieli. Candide come la mia anima» scherzò, prima di infilare tra le fauci della tigre il brandello di tessuto nero che si era strappato dai suoi pantaloni. «Bene, diremo a tuo padre che Bulma mi ha morso e quindi io mi sono offeso. Grazie per l’ospitalità principessa, ci vediamo» concluse, salutando con un gesto della mano Chichi, che non riuscì a dire nulla, e dando poi un’ultima carezza alla tigre, prima di avviarsi solitario e con uno squarcio nei pantaloni verso l’edificio principale del palazzo reale.
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: spero di avervi stupito in questo capitolo con quello che combina Lapis, mi auguro anche che vi sia piaciuta la sua personalità perché lui è uno dei miei personaggi preferiti di Dragon Ball e ci tenevo avesse più spazio in questa mia long rispetto a “Remember me”. Abbiamo conosciuto meglio anche Lazuli e Sedici, oltre ad aver saputo che anche stavolta quel viscido di Gelo ha fatto solo danni. Per Asgard mi sono ispirato ai Cavalieri dello Zodiaco, un’altra serie che amo. Abbiamo poi visto Lunch, che conosceremo meglio settimana prossima, e sembra scattare subito qualcosa di imprevisto tra lei e il principe. E poi il pezzo forte, anche se credo che alcuni di voi si aspettavano una Bulma tigre dopo essere stati sopresi dal Vegeta pappagallo. Anche per lei, vedremo cosa ci riserverà il futuro di questa storia! Conosciamo finalmente anche la principessa Chichi, spero vi sia piaciuta col suo caratterino, anche se avremo modo di saperne di più su di lei nel prossimo capitolo.
 
Ringrazio come sempre tutti voi che mi sostenete e che mi trasmettete il vostro entusiasmo, è sempre stupendo leggere il vostro parere! Grazie anche a chi legge in silenzio e inserisce la storia nelle liste, spero che questa long continui a piacervi! Ringrazio ancora anche Summer Moon per averci regalato un nuovo fotomontaggio, stavolta con Goku e Bubbles, dopo il successo di quello di settimana scorsa!
 
Il prossimo capitolo si intitola “Prigione dorata” e sarà molto incentrato su Chichi e i suoi sogni, sulle sue aspirazioni e le sue paure. Conosceremo più a fondo il suo rapporto con Lunch e anche quello con suo padre, il sultano. Ci sarà ovviamente Lapis e un bel ritorno per Freezer e Vegeta, scopriremo poi chi era il misterioso uomo che stava osservando la parata dei reali di Asgard al loro arrivo!
Grazie ancora di tutto, ci vediamo mercoledì!
 
Teo

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Capitolo 5
*** Prigione dorata ***


5 – Prigione dorata
 
 
«Non sono mai stato insultato così!» esclamò in modo teatrale Lapis, entrando nel palazzo e sbattendo la porta alle sue spalle. Sapeva che avrebbe trovato lì ad attenderlo il sultano in persona, quindi stava andando tutto come aveva previsto. E come aveva spiegato a Chichi.
«Prncipe Lapis!» accorse da lui il sovrano, tutto allarmato. Era un uomo imponente e decisamente grasso, dall’aspetto pacioso e con un’espressione perennemente gioconda dipinta sul suo volto paffuto caratterizzato da una folta barba castana. Si chiamava Giuma e, a prima vista, nessuno avrebbe scommesso una moneta d’oro sul fatto che fosse proprio lui il sultano di quel regno. Indossava un lungo abito bianco adornato con fili dorati e un turbante dello stesso colore tempestato di pietre preziose che rischiò di cadergli mentre rincorreva il principe, mostrando i suoi capelli arruffati e ancora castani nonostante avesse superato i sessant’anni di età. Non aveva un carattere autoritario, era una persona mite e di buon cuore. Tuttavia, era anche un uomo poco incline a pensare a quello che succedeva al di là delle mura del suo palazzo, sia perché preferiva delegare al suo uomo di fiducia e fidato consigliere Freezer, sia perché, sostanzialmente, non amava prendersi responsabilità.
«Non vorrete andarvene così presto, vero?!» aggiunse, mentre Lapis gli passò davanti con passo deciso e fare risoluto senza degnarlo di uno sguardo. Il sultano sgranò gli occhi quando si rese conto dello squarcio nei pantaloni del principe, che stava nel frattempo guadagnando l’uscita da quella stanza gigantesca.
«Auguri, se sperate di trovarle marito!» sbottò Lapis, fingendosi furibondo e agitando una mano verso l’alto. Si stava divertendo un mondo, doveva solo sforzarsi di non ridere.
«Sono costernato» disse il Gran Visir Freezer con fare solenne, accennando un lieve inchino mentre stringeva in una mano un lungo bastone d’oro che terminava con la testa di un cobra i cui occhi erano formati da due rubini purissimi, talmente rossi che sembravano ancora più brillanti di quanto già non fossero solitamente quelle pietre preziose.
«Costernato! Costernato!» ripeté Vegeta, che era già rientrato prima all’interno dell’edificio e si era appollaiato sulla spalla di Freezer.
«Per farvi perdonare questo affronto, dovrete ospitare qui me e mia sorella finché ne avremo voglia!» ribatté Lapis, fissando il Gran Visir in quei suoi occhi piccoli rossi che non gli erano piaciuti fin dalla prima volta in cui l’aveva visto, prima di uscire dal locale sbattendo di nuovo la porta.
«Aaahhh… Chichi…» sospirò il sultano, allargando le braccia e dirigendosi verso il giardino, dal quale stavano rientrando anche Sedici e Lazuli, che avevano visto Lapis e si erano decisi a seguirlo per capire cosa fosse successo. La principessa venuta dal nord aveva dedotto che suo fratello aveva dato via al loro piano, mentre il generale era all’oscuro di tutto.
«Mi dispiace molto per quello che è successo! Non so come scusarmi!» esclamò il sultano quando se li ritrovò davanti.
«Non preoccupatevi, maestà. Non è successo niente di grave» lo liquidò Sedici, accennando un sorriso e passando oltre, seguito da Lazuli, che non alzò lo sguardo nemmeno per un istante dal libro che stava leggendo e che, a quanto pare, la stava appassionando.
«Ma… p-principessa…» farfugliò Giuma, muovendo qualche passo al fianco di Lazuli.
«A me non interessa, è una cosa che riguarda mio fratello» sbuffò lei, senza nemmeno guardarlo, facendo spallucce e lasciando la stanza.
«Io non capirò mai le ragazze, Freezer!» piagnucolò Giuma, guardando disperato il Gran Visir, prima di uscire a passo di carica in giardino per affrontare sua figlia. O, almeno, per provare a farlo, visto che non riusciva a imporsi mai su di lei perché le voleva troppo bene e la considerava sempre la sua bambina.
«Hanno personalità complicate, è normale» lo rassicurò Freezer, sorridendo finché fu sicuro che il sultano non potesse più vederlo. Il suo sguardo, a quel punto, si tramutò in un’occhiata colma di disprezzo.
«Non è che non capisce sua figlia o le altre ragazzine, quello lì… il punto è che non capisce mai un cazzo, tsk!» sbottò Vegeta.
«Calma, calma. Abbiamo questioni più importanti a cui badare» ghignò Freezer, lasciando a sua volta la stanza e inoltrandosi all’interno del palazzo.
Raggiunse una delle sue stanze private e premette col suo regale bastone una particolare piastrella sulla parete che, a quel punto, ruotò silenziosamente su sé stessa dando accesso a una stretta scalinata buia che scendeva verso le profondità più oscure delle fondamenta del palazzo reale. Il Gran Visir strinse una fiaccola appesa al muro e cominciò a scendere per quelle scale, mentre la parete si richiudeva alle sue spalle.
 
«Chichiii! Chichi!» la chiamò a gran voce Giuma, finché vide la figlia seduta sul bordo della grande fontana bianca che troneggiava al centro del giardino. «Chichi…» ripeté, in tono stavolta più pacato, quando le fu vicino e notò che lei non si voltava nemmeno verso di lui.
«Grrr!» bofonchiò Bulma, che capì la situazione e si frappose minacciosa tra padre e figlia, stringendo tra i denti il brandello dei pantaloni del principe Lapis.
«Per dindirindina, Bulma!» la sgridò il sultano, che sapeva benissimo che quella tigre era in realtà innocua, avendola vista crescere al fianco di sua figlia, prima di afferrare un lembo del tessuto che stringeva tra i denti e tirare verso di sé, per toglierglielo dalla bocca. La tigre, tuttavia, oppose resistenza ed ebbe la meglio senza particolari problemi. Con uno strattone deciso fece cadere goffamente a terra Giuma e se ne andò al fianco della sua padrona, stringendo ancora tra le fauci con aria trionfale il pezzo di tessuto che le aveva messo in bocca il principe.
«Allora è per questo che il principe Lapis era così arrabbiato!» sbraitò il sultano, rialzandosi a fatica. Era paonazzo in faccia, a causa della rabbia e dello sforzo che aveva fatto.
«Oh, papà…» alzò gli occhi al cielo Chichi, che finalmente si voltò verso di lui per poi accarezzare dolcemente sulla testa la sua tigre. «Bulma voleva soltanto giocare!» disse con naturalezza, stando al gioco a cui aveva deciso di giocare Lapis, mentre la sua tigre le lasciò senza opporre resistenza ciò che restava del brandello di pantaloni che le aveva dato il principe. Chichi lo gettò via con noncuranza, prima di stringere con entrambe le mani il muso di Bulma e sorriderle, cominciando poi ad accarezzarglielo con maggiore forza e a schiacciarglielo intorno alla bocca, un gioco che amavano fare fin da quando erano entrambe piccole. «Vero che volevi soltanto giocare con quel damerino sputa sentenze del principe Lapis?! Vero?!» le chiese allegramente, prima di abbracciarla e scoppiare a ridere, mentre Bulma le faceva le fusa contro la sua testa e al sultano cadevano letteralmente le braccia. Era rassegnato, sentiva di non riuscire a capire fino in fondo sua figlia nonostante l’amasse con tutto sé stesso.
«Vedi, tesoro, dovresti smetterla di respingere ogni pretendente che arriva a palazzo» disse in tono paziente, avvicinandosi a lei. «La legge dice che devi...».
«… sposare un principe entro il mio prossimo compleanno…» sbuffò Chichi, alzando gli occhi al cielo e completando la frase che le ripeteva ogni volta suo padre.
Si diresse verso una grande gabbia piena di uccellini posta nei pressi della fontana e la aprì, permettendo a un piccolo volatile azzurro di posarsi su un suo dito.
«Quella legge è sbagliata, papà».
«Mancano solo tre giorni, lo sai!» ribatté Giuma, alzando il tono della voce per cercare di mostrarsi almeno un po’ più autoritario del solito. Impresa impossibile, però, e lo sapeva bene. Sua figlia, infatti, aveva un carattere molto più forte del suo. Era diversa dalle altre, e ne era sempre stato fiero. Solo che, in questo caso specifico, questo suo intestardirsi rischiava di creare un caso politico all’interno del regno. Lui tendeva a voler evitare ogni tipo di problema, se possibile, e non sapeva cosa sarebbe potuto succedere se proprio sua figlia avrebbe infranto questa legge secolare di Agraba. Quello che non riusciva a capire, purtroppo, era che stava mettendo tutto questo davanti alla felicità di Chichi, la persona che amava di più al mondo, soprattutto da quando era rimasto vedovo ormai otto anni prima. Il suo amore paterno era sincero, lui si era sempre dimostrato un buon padre in realtà. Solo che non riusciva proprio a fare quel passo in più verso sua figlia, un passo che l’avrebbe però allontanato da una legge che in cuor suo sentiva che fosse ormai superata e figlia di altri tempi. Temeva il giudizio del suo popolo, era questa la verità. Era il sultano, ma aveva paura di ricevere critiche o addirittura alimentare rivolte se non avesse presentato il suo erede alla gente prima che Chichi avesse compiuto vent’anni.
«Se mi sposerò, voglio che sia per amore» gli spiegò per l’ennesima volta Chichi, accarezzando delicatamente la testa dell’uccellino che accudiva tra le mani.
«Chichi… non è solo una questione di legge…» provò a sviare il discorso il sultano, sospirando. «Vedi, cara, io non ci sarò per sempre e beh… io voglio essere sicuro che non resterai sola…» aggiunse, prendendole dalle mani l’uccellino e rimettendolo in gabbia con gli altri, mentre Chichi si allontanava da lui stizzita. Avrebbe voluto urlare, avrebbe desiderato con tutta sé stessa scappare da quelle mura che vedeva ormai sempre più strette intorno a sé. Si sentì soffocare, proprio come dovevano sentirsi in certi momenti quei poveri uccelli che qualcuno aveva rinchiuso in quella voliera da cui si era appena allontanata. «Vorrei essere sicuro che tu abbia qualcuno accanto».
«Cerca di capire…» disse tra i denti la principessa, tornando a sedersi nervosamente sul bordo della fontana. «Non ho mai fatto niente da sola, non ho mai avuto nemmeno una vera amica, a parte Lunch!» si lamentò, suscitando un bofonchio offeso e un’occhiataccia da parte della sua tigre, che sollevò la testa e le mostrò addirittura un canino affilato. «E anche te, Bulma, ovviamente!» le sorrise, facendo tranquillizzare subito la sua fedelissima felina, che aveva capito tutto e non aveva preso bene l’essere stata esclusa poco prima. «Non sono mai neppure uscita dalle mura di questo palazzo!»
«Ma Chichi, tu sei una principessa!»
«Beh, allora forse non voglio più essere una principessa!» sbottò lei, colpendo con stizza la sua immagine riflessa nell’acqua della fontana e incrociando poi le braccia sotto il seno.
«Augurati di non avere mai figlie femmine!» sibilò Giuma a denti stretti, passando accanto a Bulma e guardandola negl’occhi. La tigre lo fissò con aria interrogativa mentre si allontanava irritato da Chichi per dirigersi verso il palazzo.
 
La principessa lo fissava con aria truce, si sentiva delusa e allo stesso tempo era inviperita dopo quell’ennesima discussione. Si sentiva male ogni volta che litigava con suo padre perché lei le voleva bene davvero, tuttavia, perché proprio lui doveva imporle una cosa del genere? E perché lei non poteva essere come tutti gli altri, che avevano la possibilità di uscire e conoscere il mondo? Vederlo coi propri occhi, toccarlo con le proprie mani. Cadere e rialzarsi, amare ed essere amati. Magari venire delusi, farsi male. Ma andare avanti lo stesso e scontrarsi con la realtà, senza l’inutile e fasulla protezione di una prigione dorata che toglieva il respiro e azzerava le emozioni. Il volto deluso di Chichi si posò di nuovo sulla gabbia piena di uccellini posta nei pressi della fontana e tutto accadde senza quasi nemmeno che avesse potuto rendersene conto. Sorrise e corse verso la voliera, aprendola di scatto e facendo uscire tutti gli uccellini intrappolati. Li guardò volare nel cielo, oltre le mura, verso la libertà che lei sognava con tutta sé stessa. Si sentì meglio in quel momento, provò empatia verso quei piccoli animali. Quell’empatia, però, che a quanto pare nessuno dimostrava con lei. Nessuno, a parte le sue uniche amiche.
Si sentì toccare la schiena delicatamente mentre Bulma le si strusciava con la testa contro la coscia, come a volerle dimostrare la sua vicinanza. Chichi la accarezzò e, quando si voltò, si trovò davanti Lunch, che era rimasta nel suo nascondiglio dietro l’albero per tutto il tempo e ora l’aveva raggiunta. Le sorrideva, come sempre, e i suoi occhi castani illuminati dal sole rasserenarono l’animo tormentato della principessa. Indossava ancora la mantella marrone che aveva usato per tentare di mimetizzarsi, anche se adesso la portava aperta e col cappuccio abbassato, mostrando il suo fisico tonico e atletico molto simile a quello della principessa. Notò il turbamento nei suoi occhi e l’abbracciò, mentre un leggero alito di vento torrido le smuoveva appena i lunghi capelli blu e quasi li intrecciava a quelli corvini della sua amica.
«Andrà tutto bene» le sussurrò, e Chichi appoggiò la fronte nell’incavo della spalla di quella che aveva sempre considerato sua sorella maggiore.
«Io non so più cosa pensare…» rispose, cercando di soffocare un singhiozzo colmo di dolore. «Nessuno mi capisce… nessuno…».
Lunch la strinse più forte a sé e cercò di non piangere a sua volta. Era la sorella maggiore e doveva mostrarsi forte, anche se non sempre era facile esserlo per lei, che in realtà era una semplice ancella e non aveva nessun legame di sangue con Chichi. Vivevano insieme da quando avevano ricordi, erano cresciute sul serio come sorelle, perché così aveva voluto la mamma di Chichi quasi una ventina di anni prima. La regina, infatti, aveva notato durante una parata ufficiale una bambina di due anni dagli insoliti capelli blu dietro al bancone di un vecchio mercante di tappeti che aveva fatto tappa ad Agraba proprio in quei giorni. Mandò un suo uomo di fiducia a informarsi, scoprendo che quel mercante l’aveva trovata per strada un anno prima, sola e in pessime condizioni, in una regione lontana in cui si era fermato per lavoro. Le aveva dato un nome e aveva provato ad accudirla, anche se l’età e gli affari che non andavano bene come una volta rendevano tutto molto difficile per lui. Il mercante, che si chiamava Muten ed era originario di una piccolissima isola che a malapena si poteva trovare segnata sulle mappe, aveva da sempre girato il mondo per affari e riteneva che quella fosse una vita pericolosa per una bambina così piccola. L’ultimo viaggio nel deserto, in particolare, l’aveva provata molto. La regina, una volta saputa l’intera storia, andò personalmente dal vecchio mercante, seppur in incognito, nascosta da un mantello che la rendeva irriconoscibile. Gli diede una grossa somma di denaro in cambio della piccola che, così aveva deciso, sarebbe diventata la sorella maggiore di sua figlia, che nel frattempo aveva compiuto da poco un anno. Il vecchio accettò con gioia, anche se la regina dovette insistere e, addirittura, imporre la sua autorità su di lui, per fargli accettare il denaro. A lui bastava che quella bambina che aveva trovato per strada dall’altra parte del mondo potesse diventare un giorno una donna e che non sarebbe rimasta più sola. Fu così che Lunch crebbe accanto a Chichi, che la considerava a tutti gli effetti una sorella e un’amica, benché sapesse la verità. Lunch, poi, crescendo, decise di iniziare a lavorare all’interno del palazzo reale come ancella personale della principessa, come a voler ripagare il debito di riconoscenza che sentiva di avere verso coloro che le avevano permesso di avere una vita migliore.
«Non dire così, Chichi. Non ti riconosco più… tu sei una che non molla mai, no? In qualche modo troveremo una soluzione, anche tua mamma ci diceva sempre di non perdere mai la speranza. E nemmeno il sorriso» provò a rassicurarla, scostandole leggermente dalla testa una fascia per capelli con incastonato al suo interno un grande e rarissimo diamante blu dal quale Chichi non si separava mai per darle un bacio. Lo portava sempre con sé perché era un regalo di sua madre, non certo per il suo valore economico.
«Sì, lei direbbe così!» si sforzò di sorridere, sollevando la testa e asciugandosi le lacrime. Bulma faceva le fusa contro la sua gamba per farle sentire a sua volta la sua vicinanza.
Chichi si sentì per davvero un po’ più felice in quel momento.
«Allora?! Era o non era uno stronzo come ti dicevo quel principino da quattro soldi?!» le domandò Lunch, per cambiare argomento e farla ridere. «Sai, non ho capito molto di quello che è successo!»
«Mi avevi detto che era stronzo, ma io l’ho trovato semplicemente strano…» sospirò Chichi, che in realtà era ancora confusa per quello che era successo con lui. «O pazzo, forse, visto che si è strappato i pantaloni proprio sul sedere per fingere che Bulma l’avesse morso!»
«Ecco cosa stava facendo! Ma perché l’ha fatto?! È scemo?!» sbottò l’ancella, in uno dei suoi scatti improvvisi che le facevano perdere la consueta timidezza e pacatezza. Nemmeno lei capiva quello che aveva etichettato come un semplice bellimbusto e donnaiolo.
«Dice che non è venuto fin qui per la mia mano e voleva aiutarmi a giustificare il mio rifiuto con mio padre. Boh, forse le piace un’altra, non capisco… anzi, non ci ho capito molto a dir la verità…».
«D-dici che le piace un’altra?!» avvampò Lunch, abbassando lo sguardo, a disagio. Cosa che non sfuggì a Chichi, e nemmeno a Bulma, che si scambiarono un’occhiata compiaciute.
«Non è che ti piace il principe Lapis, Lunch?» ghignò la principessa.
«Roarrr» bofonchiò la tigre, per darle manforte.
«S-smettetela… io… i-io sono una semplice ancella e lui un principe! E poi… poi non mi piace! È antipatico e strafottente! Anche immaturo!» provò a difendersi, paonazza.
«Avremo modo di conoscerlo meglio visto che si fermerà qui per un po’ con sua sorella, vero Bulma?»
«Roar!» annuì la tigre, felice per questa novità.
«C-come si ferma qui?!» sbottò Lunch.
«Ha detto che era questo che voleva. Non ho capito nulla di lui, se non che è un principe atipico, diverso dagli altri che avevo visto» ammise Chichi.
«Non è che piace a te?» la provocò Lunch, che in realtà cercava anche di indagare.
«È carino, in effetti, e poi ci sa fare con Bulma… però no, non è il mio tipo. E poi mi ha detto chiaramente lui che io non gli interesso!» rise di gusto, facendo ridere, anche se di sollievo in realtà, la sua amica ancella.
«Ecco, Chichi… io… io ieri però non ti ho detto una cosa…» sospirò Lunch, facendosi seria.
«Non mi hai detto che Lapis ci aveva provato con te?» le fece l’occhiolino Chichi, sorridendole. «Guarda che alla tua sorellina non sfugge niente, i tuoi occhi sono un libro aperto per me. E poi, scusa, guardati! Lo capisco eh, sei uno schianto!»
«S-smettila, mi fai vergognare!» avvampò ancora Lunch. «Però… però grazie, sei un tesoro! E scusami ancora…».
«Sono stupidate queste…» la rassicurò la principessa.
«E poi comunque magari voleva solo divertirsi con me… dopotutto io sono soltanto una serva ai suoi occhi» disse sconsolata la ragazza dai lunghi capelli blu, voltandosi verso il palazzo.
«Non è detto eh, dobbiamo cercare di conoscerlo meglio perché si comporta in modo strano. Però non mi sembra uno che si sofferma su certe cose o uno che sia in cerca di una principessa. Così come sua sorella non sembra una classica nobile. Penso che, più che la ricchezza, quei due siano alla disperata ricerca della libertà».
«Come l’hai capito?»
«Forse perché sono simile a quei due ragazzi… anch’io vorrei con tutta me stessa un po’ di libertà».
«Chichi… io credo che quando questo regno sarà tuo, tu potrai cambiare tante cose. Ma vorrei tanto anch’io che tu fossi più libera».
«A me andrebbe bene anche uscire ogni tanto dal palazzo, conoscere qualcuno di nuovo e che non venga per forza da questo ambiente che a volte… beh, che a volte mi sembra marcio» sospirò Chichi, guardando quelle mura che circondavano il giardino e che le sembravano insormontabili. «Ti invidio quando tu puoi uscire, lo sai?»
«Ma persino a me tuo padre non dà molte possibilità di uscire perché si preoccupa, lo sai anche tu!» sorrise Lunch, dandole una carezza. «Mi lascia uscire solo per le spese personali che ti riguardano, per di più con due guardie che hanno il compito di tenermi d’occhio. E non ho nemmeno troppo tempo a disposizione perché altrimenti tuo padre si preoccupa, è fin troppo apprensivo».
«Si preoccupa troppo per noi, Lunch. E da quando non c’è più la mamma è anche peggiorato…».
«Lo fa perché ci vuole bene, anche se fatica a capire quali siano le nostre esigenze. O che i tempi sono cambiati da quando aveva lui vent’anni, non lo so…» sospirò a sua volta Lunch.
«Sai, mi piacerebbe uscire come fai te almeno una volta, anche per poco tempo, giusto per vedere com’è il mondo fuori e respirare a pieni polmoni qualche boccata di libertà. L’avrei già fatto, se solo ogni accesso non fosse controllato da almeno una guardia!» sibilò Chichi, stringendo i pugni. «Non voglio scappare da mio padre perché ho paura che mi obblighi a sposarmi, ma voglio almeno fare qualcosa da sola, per una volta! Sento… sento che sto per impazzire!»
Lunch, guardando il volto provato della principessa e riflettendo sulle sue parole, pensò che aveva pienamente ragione. Aveva già ideato da tempo un piano per un momento come questo, ma non gliene aveva mai parlato prima perché non era sicura né che avrebbe funzionato, né tantomeno che sarebbe andato tutto bene. Ma si rese conto che Chichi era arrivata al limite e che si meritava di poter esaudire questo piccolo grande desiderio per cui solo lei poteva essere in grado di aiutarla. Era sua sorella maggiore e non sopportava di vederla così. Non avrebbe risolto il problema del matrimonio, ma almeno si sarebbe sentita meglio. Si sfilò la lunga mantella marrone e la porse alla principessa, che la guardava con aria interrogativa.
«Chichi, se prometti di fare come ti dico io, forse, so come fare per aiutarti».
 
Freezer, nel frattempo, era sceso lungo la stretta e buia scalinata segreta fino a raggiungere un luogo tetro e malsano posto sotto il palazzo reale. Era un ambiente immerso nelle tenebre, salvo per alcune torce appese ai freddi e umidi muri di pietra. Nell’aria riecheggiavano lamenti spettrali proveniente da piccole celle poste ai lati del corridoio centrale. L’odore di sangue, sudore e morte era talmente denso che lo stesso Gran Visir ebbe un conato di vomito non appena arrivò.
«Che schifo! Dovevamo proprio venire qui?!» sbottò Vegeta.
«Ehi, voi, razza di incapaci! Pulite la cella da cui proviene questo disgustoso odore e liberatevi di qualche prigioniero, c’è il rischio che il fetore raggiunga il palazzo!» ordinò il Gran Visir ai due uomini che aveva messo a guardia di quel luogo di cui solo lui e i suoi più fidati scagnozzi conoscevano l’esistenza. Era lì, infatti, che faceva rinchiudere chi non gli andava a genio o non gli ubbidiva, all’insaputa del sultano ovviamente. Ed era lì che molti innocenti venivano torturati o barbaramente uccisi. «E aprite la fossa dei cobra, muovetevi!» tuonò, prima che un lugubre suono di catene che venivano riavvolte da qualcuno e di pietra che scorreva sul pavimento fece dipingere automaticamente un ghigno sadico sul volto di Freezer, che sembrava ancora più pallido in quella penombra.
«Ah, ora capisco!» rise  Vegeta, compiaciuto.
«Zarbon, sei qui?! Muoviti, non ho tempo da perdere in un posto fetido come questo!»
«Sì, grande Freezer, eccomi!» rispose un uomo, uscendo dall’ombra e prostrandosi davanti al Gran Visir. Indossava un kefiah verde in testa da cui spuntava una treccia nera, proprio come quando aveva assistito insieme a Vegeta allo scambio di opinioni tra il capitano Ginew e uno straccione di nome Aladdin Goku durante la parata del principe Lapis del giorno precedente.
«Non ti ho fatto venire qui ieri perché ero impegnato per colpa di quell’inutile principe» cominciò Freezer, apparentemente calmo. «Hai seguito la sua parata? Hai notato tra la folla se c’era qualcuno con le caratteristiche che sto cercando?»
«Sì, il capitano Ginew mi ha detto che volete che cerchi qualcuno detto “diamante allo stato grezzo”».
«Già, non come quel lurido e inutile grassone che mi hai mandato due sere fa» sorrise macabro Freezer, avvicinandosi a lui di un passo e stringendo più forte il bastone dorato a forma di cobra.
«M-ma… Dodoria aveva l’oggetto che mi avevate detto di cercarvi! Quel mezzo scarabeo d’oro, sono certo che fosse lui!» sgranò gli occhi Zarbon, alzandosi terrorizzato e indietreggiando di un passo. Era andato lì convinto di ricevere dei complimenti e magari altro denaro da parte del Gran Visir, ma si rese subito conto che c’era qualcosa che non andava.
«Certo che era lui quello scarabeo, ma è inutile senza il “diamante allo stato grezzo”» sibilò Freezer, muovendo un altro passo in avanti.
«Inutile! Inutile!» gracchiò Vegeta.
«Io odio perdere tempo e quell’uomo che mi hai mandato me ne ha fatto perdere parecchio. Hai fallito, e io non sopporto gli incapaci come te!» gridò, afferrando per il collo Zarbon e stringendolo con tutte le sue forze. Le lunghe unghie tinte di viola gli si conficcarono nella carne facendo uscire anche qualche rivolo di sangue. L’uomo provò a dimenarsi per liberarsi, ma era sorprendentemente forte il Gran Visir nonostante la bassa statura e la cinquantina d’anni che aveva.
«A-aspetti… i-io… io ho visto… un… un ragazzo che… che hanno chiamato diamante allo… stato… coff coff» tossì Zarbon, sconvolto, convincendo Freezer ad allentare la presa per permettergli di parlare. «Io… io so chi è! Posso portarvelo! Il capitano… quello gigante col principe venuto dal nord, l’ha chiamato “diamante allo stato grezzo”!»
«Non ho capito nulla, mi stai facendo arrabbiare, razza di inetto!» abbaiò Freezer. «Chi è il diamante allo stato grezzo?! Il generale Sedici?!»
«No, no! È uno straccione! Un ladruncolo di nome Aladdin Goku! Io l’ho visto e posso portarvelo! Non vi deluderò!» urlò Zarbon, in preda al panico.
«Sta dicendo la verità, Vegeta?» indagò il Gran Visir.
«Sì».
«E sapresti riconoscerlo?»
«Ovviamente» ghignò il pappagallo, che decise che era il momento opportuno di gettare la maschera e mostrare a Zarbon le sue facoltà intellettive ben diverse da quelle di un semplice uccello. «Sai una cosa? Tu, la tua arroganza e quella tua treccina mi siete sempre stati sulle palle! Tsk!» aggiunse, lasciando impietrito il suo interlocutore, che riprese a guardare sconvolto Freezer, il quale, nel frattempo, aveva ripreso a stringergli il collo.
«I miei cobra devono avere fame» gli sorrise sadicamente, prima di gettarlo in una profonda fossa alle sue spalle. «Chiudetela, non sopporto le sue urla» ordinò poi mentre si dirigeva verso la scalinata da cui era arrivato, incurante delle grida e delle suppliche di Zarbon, presto coperte dai sibili di quei letali rettili e dal rumore della pietra che veniva chiusa su quella che sarebbe diventata la sua tomba.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: e così anche il caro Zarbon ce lo siamo levati di torno subito, proprio come Dodoria. Ok, a parte questo, direi che Freezer ha messo gli occhi addosso a Goku, quindi la storia sta per entrare nel vivo e ne vedremo presto delle belle. Spero che abbiate apprezzato la recita del principe Lapis e il momento tra Chichi e Lunch che ci permette di conoscerle meglio.
 
Grazie di cuore a chi mi lascia sempre una recensione e mi fa sentire il suo sostegno anche in questa nuova avventura in cui sto cercando di dare spazio a tanti personaggi, anche a quelli di contorno e non solo a Goku e Chichi. Spero che vi faccia piacere questo. Ringrazio poi chi continua a inserire la storia nelle liste e chi preferisce leggere in silenzio, non posso che augurarmi che questa rivisitazione continui a divertirvi.
 
Bene, settimana prossima il capitolo si intitola “La fuga” e vedremo di nuovo in scena Goku, oltre al duo Freezer & Vegeta. Scopriremo soprattutto il piano ideato da Lunch per far sì che Chichi possa scappare dal palazzo reale… dite che andrà tutto per il verso giusto? Faremo anche la conoscenza di tre nuove guardie reali, potete scatenarvi con le vostre ipotesi. Fatemi sapere cosa ne pensate, allora! Ci vediamo mercoledì!
 
Teo
 
 
 

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Capitolo 6
*** La fuga ***


6 – La fuga
 
 
«Allora, Vegeta, sei sicuro che il giovane di cui parlava quell’incapace di Zarbon sia il “diamante allo stato grezzo” che stiamo cercando?» sibilò Freezer, mentre si puliva le mani dal sangue dell’uomo che aveva appena deciso di uccidere nelle segrete del palazzo reale.
«Non avrei problemi a riconoscerlo, ma dubito che un simile pagliaccio possa essere l’unico in grado di entrare in quella caverna. È solo un poveraccio e non ha nemmeno la faccia tanto sveglia, tsk! Non lo sopporto!» sbottò il pappagallo, proprio nel momento in cui lui e il Gran Visir uscivano dal passaggio segreto in cui erano entrati poco prima.
«Allora adesso farò una verifica, sono stufo di perdere tempo» sorrise enigmatico Freezer, dirigendosi in una stanza in cui sapeva che avrebbe trovato il sultano. A quell’ora, infatti, di solito Giuma andava a giocare con una riproduzione del palazzo reale e dei soldatini che si era fatto preparare anni prima.
«Non so da chi abbia preso Chichi… non so più cosa fare con lei…» sospirò sconsolato il sovrano, spostando un soldato giocattolo al di sopra delle mura, proprio nel momento in cui Freezer arrivò in quella stanza e si fermò a un passo da lui, sorridente e rassicurante ai suoi occhi.
«Freezer! Mio esperto e fidato consigliere!» gli sorrise a sua volta. «Ho un bisogno disperato della tua saggezza!»
«Scopo della mia vita è servirla, mio signore» si inchinò in maniera teatrale il Gran Visir.
«È questa storia dei pretendenti! Chichi si rifiuta di scegliere un marito e io sono a corto di idee!» si sfogò, allargando le braccia e alzando gli occhi al cielo.
«A corto di idee! A corto di idee!» ripeté Vegeta, che doveva ogni tanto recitare la parte del bravo pappagallo per sforzarsi di compiacere anche lui il sultano, così come del resto faceva Freezer.
«Oh, lo vuoi un biscotto, mio bel pappagallino?!» sorrise divertito Giuma, che tirò fuori dalla tasca un biscottino tutto rinsecchito e decisamente posso, per poi cominciare ad agitarlo davanti agli occhi sgranati e terrorizzati di Vegeta, che cercò di scuotere la testa in segno di rifiuto e si sigillò il becco. «Certo che lo vuoi! Vuoi sempre il tuo bel biscottino, tu!» rise il sultano, cacciando a forza in bocca a Vegeta quel boccone tutt’altro che invitante.
«Sua Maestà sa prenderli per il verso giusto i nostri amici animali!» esclamò Freezer per compiacerlo, mentre Vegeta stava rischiando di soffocare sulla sua spalla e gli lanciava occhiate omicide. «Dunque, vediamo… forse io posso trovare una soluzione per questo spinoso problema» aggiunse, avvicinandosi al sultano e sollevando il suo bastone dorato a forma di cobra.
«Se c’è qualcuno che può farlo, quello sei tu!»
«Però, maestà, per farlo mi è necessario il mistico diamante blu» precisò il Gran Visir, posando lo sguardo sul meraviglioso anello al dito del sultano.
«Il mio anello?! Ma appartiene alla mia famiglia da sempre!»
«È indispensabile per trovare un marito alla principessa» rispose tranquillamente Freezer, prima di avvicinare la testa del cobra sul suo bastone alla faccia di Giuma. «Non vi preoccupate… tutto andrà a meraviglia…» disse in tono suadente, sorridendo sornione mentre i rubini rossi che facevano da occhi al cobra si illuminavano e provocavano un’evidente dilatazione delle pupille al sultano, che si bloccò, come in trance.
«Tutto andrà a meraviglia» ripeté atono Giuma.
«Il diamante» ordinò Freezer.
«Certo, prendi pure tutto quello che vuoi» rispose il sultano, ormai ipnotizzato, porgendogli l’anello.
«Siete molto gentile, mio sovrano» ribatté il Gran Visir, che conosceva alcune pratiche di stregoneria ed era solito sfruttarle per accrescere il suo potere e la sua ricchezza, mettendosi in tasca il diamante. «Ora tornate a giocare coi vostri soldatini» aggiunse, spingendo Giuma davanti al tavolo col modellino del palazzo e uscendo da quella stanza.
«Puah!» sputò Vegeta, non appena furono fuori, continuando a tossire briciole e pezzi di biscotto raffermo. «Io ne ho piene le palle! Se quel grassone si azzarda ancora a rifilarmi uno di quegli schifosi biscotti ammuffiti, ti giuro che lo ammazzo!» sbraitò, mentre Freezer, entrato furtivamente in un altro locale, tirava una cordina dorata che pendeva da una lampada aprendo un nuovo passaggio segreto con una scalinata che stavolta andava verso l’alto.
«Mantieni la calma, Vegeta» cercò di placarlo, salendo le scale a passo veloce.
«Io gli spacco la faccia con un pugno!»
«Presto sarò io il sultano, non quel vecchio rimbambito» ghignò il Gran Visir, tirando fuori dalla tasca l’anello e posandolo all’interno di una grande clessidra vuota appoggiata su un tavolino in una piccola stanza in cui erano nel frattempo arrivati.
«Glieli farò ingoiare io quei biscotti pidocchiosi!» continuò Vegeta, mentre Frezer metteva all’interno della clessidra anche le due parti in suo possesso dello scarabeo dorato con cui aveva potuto risvegliare la Caverna delle Meraviglie e un po’ di sabbia che aveva portato con sé dal deserto che arrivava dal punto esatto in cui si trovava, appunto, quella caverna magica.
«Bene, adesso che abbiamo un diamante allo stato grezzo, lo scarabeo e la sabbia di quel luogo magico, non credo che avrò problemi» sorrise soddisfatto Freezer, collegando alla clessidra con un lungo filo uno strano sistema di ruote di legno dentate che si incrociavano tra loro a formare uno strano meccanismo. «Devo solo recitare la formula e avere l’energia di un fulmine» aggiunse, legando l’estremità del filo intorno al corpo di Vegeta. «Forza, Vegeta, vola più veloce che puoi per la stanza e genera quell’energia!»
«Con tutto il rispetto, vostra putritudine, ma la prossima volta dovrai aspettare un vero temporale anche se siamo nel deserto! Tsk!» sbuffò il pappagallo, volando a fatica a causa della corda attaccata a tutte quelle serie che ruote che cominciarono a girare silenziosamente una dopo l’altra, sempre più velocemente.
«Risparmia il fiato, Vegeta! Più veloce!» ordinò, sgranando gli occhi alla vista della sabbia che cominciava a muoversi all’interno della clessidra. «Lo sai che ti tengo con me solo perché sei un uccello dotato di una forza e un’intelligenza che non hanno gli altri volatili! E che mi servi per creare questi incantesimi!»
«Tsk! ‘Fanculo… arriverà il giorno in cui il grande Vegeta non avrà più bisogno di un essere come te…» sussurrò il pappagallo, aumentando vertiginosamente la velocità del suo volo e di conseguenze di tutto il meccanismo a cui era collegato.
La stanza venne improvvisamente illuminata da alcune scintille, finché un raggio accecante generato da quell’energia colpì la clessidra e sembrò entrare al suo interno, sotto gli occhi folli e soddisfatti di Freezer.
«Dividevi sabbie del tempo! Rivelatemi colui che può avere accesso alla caverna! Mostratemi il “diamante allo stato grezzo”!» ordinò, con il vetro della clessidra che rifletteva l’immagine dei suoi sottili occhi rossi che sembravano brillare di una luce spettrale.
All’interno della clessidra si palesò improvvisamente l’immagine di Aladdin Goku, e il sorriso di Freezer si allargò a dismisura nel vedere finalmente coi propri occhi lo strumento attraverso il quale avrebbe realizzato il suo obiettivo di diventare sultano.
«Sì… sì… eccolo lì il mio diamante allo stato grezzo!» sibilò. «È questo lo straccione di cui parlava Zarbon?» domandò poi a Vegeta.
«Sì, e non posso crederci che sia quel pagliaccio l’eroe che stiamo cercando! Tsk!» sbottò, smettendo di volare e cominciando a dimenarsi con stizza per liberarsi della cordicella con cui Freezer l’aveva legato.
«Direi di mandargli le guardie per recapitargli un bell’invito a palazzo» ghignò, fregandosi le mani.
 
«Devi promettermi che tornerai, altrimenti non ti aiuto» disse nel frattempo Lunch a Chichi, che aveva indossato la mantella marrone che lei le aveva passato poco prima e si era anche infilata il cappuccio in testa.
«Roar!» aggiunse Bulma, che sembrava contrariata.
«Voglio solo uscire per chiarirmi le idee, anche se sarei tentata sul serio di scappare per fuggire dai miei problemi…» sorrise amaramente Chichi, voltandosi verso le mura. «Però non posso abbandonarvi qui. Se un giorno scapperemo, lo faremo insieme» aggiunse, girandosi di nuovo per dare una carezza sulla testa alla sua tigre e sorridere alla sua sorella adottiva.
«Dai, seguimi. E vedi di non cacciarti nei guai» sospirò Lunch, facendo strada verso l’angolo più estremo delle mura in fondo al giardino, dove sapeva che c’era una piccola uscita di servizio alla cui guardia c’era solo una persona. «Non dar retta agli sconosciuti perché potrebbero essere dei malintenzionati e non badare nemmeno a tutti quelli che proveranno a venderti qualcosa! E poi…».
«Sì, sì, ho capito!» rise Chichi, abbracciandola da dietro. Non stava più nella pelle, davvero sarebbe potuta uscire da quella prigione dorata?! E, per di più, da sola?!
«Scusami, ma ci tengo alla mia sorellina, lo sai!» arrossì Lunch, fermandosi all’improvviso dietro un grosso albero e cominciando a parlare poi a bassa voce. «Ecco, là c’è una piccola uscita e, come previsto, c’è di turno quella guardia che mi muore dietro».
«Chi è?! Ti piace?!» ghignò Chichi, cercando di sbirciare, imitata da Bulma.
«Ssshhh!» la zittì Lunch, paonazza. «È solo uno sbruffone che ultimamente ci prova con me quando mi vede, ma non mi piace. Però mi sembra un bravo ragazzo, con l’unico difetto di essere un donnaiolo. So come gestirlo, tu resta nascosta e preparati a uscire al momento giusto» le spiegò, voltandosi lei stessa a guardare in direzione di un ragazzo dai lunghi capelli neri e il volto solcato da un paio di cicatrici che sbadigliava con la schiena appoggiata al muro. «Faremo la stessa cosa tra due ore, io e Bulma saremo qui ad aspettarti. Cerca di lanciare un sasso o qualcosa di simile in questo punto del giardino, sarà il segnale che mi farà capire che devo farti aprire di nuovo quella porta».
«Ok, grazie per quello che fai per me!» le sorrise grata la principessa. I suoi occhi neri splendevano in quel momento per quanto era felice ed eccitata per l’avventura che sognava da sempre di vivere.
«Fai la brava, mi raccomando» sorrise a sua volta l’ancella con fare materno, prima di respirare profondamente e uscire dal suo nascondiglio.
Bulma prese in bocca delicatamente un lembo del mantello di Chichi e la tirò a sé, guardandola con occhi tristi. Si sentiva abbandonata dalla sua padrona, non voleva che se ne andasse perché temeva che non avrebbe più fatto ritorno, una volta assaporata la libertà.
«Non guardarmi così, Bulma… tornerò» cercò di rassicurarla, abbassandosi verso di lei.
«Toh, sono proprio fortunata oggi» disse Lunch con fare suadente, attirando l’attenzione di Chichi e, soprattutto, della guardia che si raddrizzò subito non appena la vide e si sistemò la divisa per darsi un tono.
«L-lunch?! Non mi aspettavo di vederti oggi!» sorrise il ragazzo, tutto impettito. «Perché ti senti fortunata? Perché hai incontrato me, per caso?» ammiccò, muovendo un passo verso di lei tenendo entrambe le mani sul cinturone a cui era appeso il fodero della sua scimitarra.
«Sì, stavo facendo due passi nel giardino e avevo proprio bisogno di una guardia gentile e carina come te» rispose l’ancella, ancheggiando e sfoggiando un tono civettuolo che lasciò basita Chichi. Da quando sapeva fingere così? Non sembrava nemmeno lei.
«Oh, allora sei nel posto giusto, mio raggio di sole! Yamcha, al vostro servizio, mia splendida principessa!» si inchinò lui, facendo ridere, stavolta di gusto, Lunch. Era un bravo ragazzo sul serio e non era male fisicamente, ma era un po’ troppo un farfallone per i suoi gusti.
«Uhm… ecco… vedi, Yamcha, mi stavo annoiando e pensavo che avrei avuto voglia di sbirciare un po’ la strada fuori…» sussurrò Lunch, arricciandosi una ciocca di capelli blu col dito e abbassando la testa, sforzandosi di fingersi imbarazzata. «Magari… magari tu puoi aiutarmi, ma non voglio arrecare disturbo a una guardia brava come te mentre svolge il suo lavoro…» aggiunse, muovendo leggermente il busto e stringendo le braccia per far emergere ancora di più il suo florido seno che così emergeva ancora di più dal suo vestito da odalisca.
Chichi e Bulma osservavano la scena di nascosto, basite. Da quando Lunch sapeva essere così audace con gli uomini?! Probabilmente si stava sforzando con tutta sé stessa solo per aiutarla, e di questo la principessa le fu profondamente grata. Certo che era bella davvero la sua ancella, e non aveva niente di meno di una principessa. Anzi, Chichi pensò che era molto più carina di lei, se doveva essere sincera.
«L-lunch! Ma certo… certo!» sorrise inebetito Yamcha, che ora non era più in grado di guardare negli occhi la ragazza che aveva davanti perché si era lasciato distrarre dalle sue grazie.
«Oh, davvero? Come sei gentile…» sussurrò Lunch, avvicinando la bocca a pochi centimetri da quella di lui e appoggiandosi il dito indice sulle labbra, come se fosse stupita.
Lui avvicinò la bocca alla sua e chiuse gli occhi, convinto che l’avrebbe baciata. Ma lei si spostò all’ultimo, mandandolo a vuoto, per poi prenderlo per mano e trascinarlo verso l’uscita che voleva farsi aprire. Yamcha la seguì barcollando, come ipnotizzato, con un sorrisino ebete stampato sul volto e due cuoricini al posto delle pupille.
«Mi puoi aprire, Yamcha? Solo per qualche secondo, per favoreee…» chiese l’ancella in un tono civettuolo che non le apparteneva, facendogli gli occhi dolci e inclinando la testa leggermente.
«Sì… c-certo… shì… sì…» bofonchiò goffamente la guardia, tirando fuori le chiavi dalla tasca e infilandole nella toppa di un pesante seppur piccolo portone posto nell’angolo del giardino che si affacciava direttamente su una via tranquilla posta sul retro del palazzo.
Lunch lanciò un’occhiata furtiva verso Chichi, facendole capire di tenersi pronta, poi prese per mano Yamcha e sbirciò fuori. Non c’era nessuno, meglio così.
«Aaahhh! Aiutami, Yamcha! Ho visto qualcuno armato lì!» sbraitò all’improvviso, fingendosi terrorizzata. Lo abbracciò forte, stringendolo a sé e facendogli dare le spalle all’uscita, dalla quale Chichi sgattaiolò fuori prontamente, rapida e silenziosa come un predone del deserto.
«C-cosa?! D-dove?! Stai bene?!» farfugliò Yamcha, confuso da quel contatto prolungato con Lunch e allo stesso tempo sufficientemente lucido dal ricordarsi di essere prima di tutto un soldato. La tenne stretta a sé con un braccio, mentre con l’altra mano estrasse la scimitarra dal fodero e si voltò verso l’uscita. «Qui nel giardino sei al sicuro, Lunch. Stai tranquilla, adesso vado a vedere io» aggiunse, improvvisamente serio e determinato, prima di allontanarsi dalla ragazza e uscire in strada, stando ben attento che non si trattasse di un agguato.
A Lunch un po’ dispiacque vederlo così, perché, a parte tutto, lui era una brava guardia e sapeva fare il suo lavoro, non era certo come Ginew e gli altri protetti dal Gran Visir che abusavano spesso e volentieri del loro potere.
«Non c’è nessuno, dev’essere scappato quel maledetto!» ringhiò Yamcha, rientrando nel giardino e chiudendo la porta alle sue spalle. «Non ti ha fatto del male, vero?!» si premurò, avvicinandosi all’ancella dai capelli blu.
«No, no… mi sono solo spaventata. Scusami, magari era solo un’ombra» accennò un sorriso lei, abbassando lo sguardo. Cominciava a metterla a disagio quella situazione costruita su un cumulo di bugie, perché non era da lei. «Però… grazie! Siamo tutti in buone mani con guardie come te» aggiunse, e stavolta era sincera.
«È… è solo il mio dovere!» ridacchiò la guardia, compiaciuto per quei complimenti, per di più detti da una ragazza che gli piaceva.
«Yamcha! Tutto bene?! Abbiamo sentito un urlo e siamo venuti a vedere se avevi bisogno!» gridò un ragazzo alto e calvo che stava correndo lungo le mura verso di loro. Era anche lui una guardia reale, con tanto di scimitarra già sguainata.
«Abbiamo visto una figura sospetta coperta da un mantello e un cappuccio correre verso la città!» aggiunse un’altra guardia, anch’essa pelata, decisamente più bassa e dalla voce molto infantile.
«Tensing! Riff!» li salutò Yamcha, riponendo la sua spada. «Tutto tranquillo, grazie! Lunch deve aver visto correre quella persona incappucciata e si è spaventata! Visto che non era un’ombra? Sei stata brava, saresti un’ottima sentinella» aggiunse, guardando prima i suoi colleghi e poi la ragazza al suo fianco, che arrossì per la piega che stavano prendendo gli eventi.
«Dobbiamo inseguire quella persona?! Potrebbe essere pericolosa!» chiese Tensing.
«Penso che sia una buona idea, non avevo mai visto Lunch così impaurita… io purtroppo non mi sono accorto di nulla, sono stato un buono a nulla!» rispose Yamcha.
«Non buttarti giù, tu fai sempre del tuo meglio, come noi del resto! E infatti lei sta bene!» lo rassicurò Riff, sorridendo.
«Io sto benissimo, anzi, vi ho arrecato fin troppo disturbo!» accennò un inchino Lunch, che doveva adesso fare in modo che nessuna guardia andasse a cercare la persona incappucciata, dato che era semplicemente Chichi. «Non è necessario che andiate a cercare quella persona che avete visto correre, è stata tutta colpa mia perché mi sono spaventata come una stupida» cercò di sorridere dolcemente. «Ora che ci penso, mi sembra di ricordare che fosse una ragazza che ha un banchetto di datteri al mercato, probabilmente stava correndo lì!».
«Uhm… guarda che non ci costa niente andare a verificare» disse Yamcha.
«No… no! Cioè, mi sento molto più tranquilla se so che voi tre state qui a pattugliare le nostre mura!» improvvisò, rendendosi conto di aver convinto le guardie. «Ora devo tornare ai miei doveri, scusatemi. Grazie e scusatemi ancora» accennò un inchino. «Magari più tardi passo ancora di qui, non lo so» sussurrò suadente a Yamcha, quando gli passò accanto, provocandogli quasi un mancamento. Si sentì in colpa anche per questo, ma non aveva scelta: il suo piano, infatti, prevedeva che Chichi sarebbe rientrata da lì sfruttando un escamotage simile a quello che aveva appena realizzato.
«Resta qui a fare la guardia, Bulma. Avvisami quando Chichi ci darà il segnale» disse poi sottovoce alla tigre, che era rimasta nascosta dietro alla grande pianta dove aveva trovato riparo prima anche la principessa.
Bulma annuì e si sdraiò a terra, con lo sguardo concentrato e fisso sulle mura, in attesa di eventuali segnali da parte della sua padrona. Era molto tesa, il suo istinto animale le diceva che non sarebbe andato tutto a gonfie vele come si erano immaginate Lunch e Chichi.
 
«Sei pronto, Bubbles?» bisbigliò Aladdin Goku, a carponi e in equilibrio precario sul tendone pendente che riparava dal sole un banco del mercato che vendeva frutta.
«Uh, uh, uh!» si mise sull’attenti la scimmia, prima di avvolgere la coda intorno a un montante di legno della tettoia della bancarella e lasciarsi cadere verso il basso.
«Ah! Uh, uh, uh, uh!» berciò apposta a gran voce, mentre afferrava un grosso mango e lo agitava trionfante tra le mani, continuando a ciondolare dall’alto verso il basso grazie alla sua coda.
«Ehi! Lascia stare la mia frutta! Maledetta scimmia!» sbraitò il titolare di quella bancarella, correndo verso Bubbles e cercando di strappargli di mano la merce che gli stava rubando.
La scimmia non mollò la presa finché non vide Goku calarsi dalla parte opposta ed arraffare qualche avocado, prima di sparire di nuovo sopra il tendone senza che nessuno si fosse accorto di lui. Non c’era più bisogno di un diversivo, così lasciò al venditore il suo prezioso mango e corse a raggiungere il suo amico per godersi con lui quel meritato spuntino.
«Bel colpo, Bubbles!» gli diede il cinque Goku. «Buon appetito!»
Proprio in quel momento, a una trentina di metri da loro, una ragazza incappucciata avanzava tra la folla del mercato e si guardava intorno freneticamente con gli occhi sgranati, allo stesso tempo affascinata e spaesata. Era Chichi, e tutti quei suoni, colori e profumi le riempivano il cuore di emozioni talmente forti e nuove che quasi le mancava il respiro. Persone, voci, oggetti e cibo di qualunque tipo ai lati della strada: era tutto nuovo per lei, ed era tutto meraviglioso ai suoi occhi.
«Abbiamo i più bei vasi d’ottone e d’argento!»
«Datteri! Datteri squisiti e fichi! Datteri squisiti e pistacchi!»
«La signora vuole una collana? Una bella collana per una bella signora?»
Le voci dei venditori che si rivolgevano a Chichi ad ogni suo passo si accavallavano nella sua testa, mentre non riusciva a smettere di sorridere, guardare la merce esposta e sognare quella libertà che non aveva mai conosciuto.
«Pesce! Pesce fresco! L’ho pescato con le mie mani, ne vuoi un po’?!» la principessa trasalì, colta di sorpresa dalla voce tonante di un uomo che aveva allungato un grosso pesce maleodorante verso di lei.
«N-no… grazie!» balbettò, indietreggiando verso il centro della strada finché non andò a sbattere con la schiena contro qualcosa.
«Oh!» esclamò, voltandosi di scatto e notando che era finita addosso a qualcuno, non a qualcosa. Era un fachiro mangiafuoco, a quanto pare, seminudo e con un turbante bianco in testa, che tossiva fumo mentre si colpiva con qualche pugno il petto. «Ehm… scusatemi!» aggiunse gentilmente, deducendo che per colpa sua quell’uomo doveva aver inghiottito il fiammifero acceso necessario al suo numero.
«Buuurppp!» digerì all’improvviso il fachiro, facendo uscire dalla sua bocca una fiammata degna di quei draghi di cui la principessa aveva sempre letto le gesta nelle storie che amava da bambina.
«Ah!» si spaventò Chichi, facendo un salto indietro. Il cappuccio le scivolò sulle spalle, liberando la sua meravigliosa chioma nera legata in una coda e la preziosa fascetta blu con un grosso rubino rosso al centro circondato da un anello dorato da cui non si separava mai. «Sono davvero desolata, signore!» esclamò, prima di riprendere a camminare lungo la via.
Quella fiammata improvvisa e la voce della ragazza, avevano attirato l’attenzione anche di Goku, che smise di mangiare e sgranò gli occhi, non riuscendo a smettere di guardarla. L’avocado mangiucchiato che stringeva in una mano gli scivolò sul tendone su cui era seduto. Si sentiva strano, non aveva mai provato le stesse sensazioni che in quel momento gli facevano battere il cuore così forte da stordirlo.
«Urcaaa… wow!» sussurrò, fissando Chichi a bocca aperta e protendendosi in avanti. Quella ragazza che si stava nel frattempo rimettendo in testa il cappuccio non l’aveva mai vista prima in città, da dove saltava fuori? Come poteva non aver mai notato una ragazza così bella?! Nessuna gli aveva mai fatto quell’effetto. Era questo uno di quei “colpi di fulmine” di cui sentiva ogni tanto parlare in giro? Si era davvero innamorato a prima vista di una ragazza sconosciuta?
«Uh?!» gli disse Bubbles, saltandogli sulla testa e agitando le mani davanti ai suoi occhi che fissavano inebetiti quella ragazza, come a controllare che il suo amico fosse sveglio.
Goku si limitò a sospirare con aria sognante. In quel momento vedeva solo lei, nient’altro che lei. E avrebbe tanto voluto conoscerla. Già, ma cosa poteva offrire uno come lui a una donna così bella?!
Lui, così come le altre persone presenti al mercato, non avevano capito che si trattasse della principessa nonostante l’avessero appena vista in faccia. Del resto, quella era la prima uscita pubblica di Chichi, di cui il popolo sapeva solo che era bellissima, oltre che capricciosa per via del fatto che non aveva ancora scelto un marito nonostante la lunghissima lista di nobili pretendenti.
«Oh! Devi essere affamato!» sorrise dolcemente Chichi a un bambino vestito di una tunica lesa e rattoppata che fissava con gli occhi lucidi il banchetto della frutta sopra al cui tendone c’era Goku, che non aveva mai smesso di fissarla dall’alto. «Prendi!» aggiunse, afferrando una mela in esposizione e porgendogliela, prima di dargli una carezza sulla testa e voltarsi, pronta a riprendere il suo cammino.
«Ehi! Guarda che devi pagarmela quella mela!» gridò minaccioso a Chichi il venditore, lo stesso energumeno con la barba che Goku e Bubbles avevano derubato poco prima, mentre il bambino correva via felice.
«Pagare?» lo guardò stupita la principessa, che davvero non capiva cosa avesse sbagliato. Non aveva mai pagato niente in vita sua, non era mai uscita dal palazzo reale e non aveva la minima idea di come funzionassero le cose nel mondo al di fuori di quella campana dorata. Aveva sentito più volte Lunch parlare di pagamenti dopo le sue spese al mercato, ma non ci si era mai soffermata molto perché non riusciva a immaginarsi con precisione che cosa intendesse.
«Nessuno ruba dalla mia bancarella!» sbraitò lui, afferrando con forza Chichi per un avambraccio e tirandola verso di sé.
«Ah!» urlò Chichi, sia per il dolore che per la sorpresa. «Chiedo scusa, signore! Io… non so come fare per pagare e …» cercò di spiegare gentilmente, mentre sentiva la paura crescere dentro di sé.
Aveva promesso a Lunch che non avrebbe attirato l’attenzione, che non si sarebbe cacciata nei guai, che sarebbe andato tutto bene. Come aveva fatto a cacciarsi in quella situazione?!
«Sei solo una ladra!» la interruppe il venditore, trascinandola con forza verso il suo banchetto. Era furibondo, e i suoi piccoli occhi era così colmi d’odio che Chichi ne ebbe paura.
«M-mi scusi… se… se mi lasciate tornare al palazzo, chiederò al sultano dei soldi per pagare…» farfugliò, spaventata, cercando di divincolarsi da quella morsa.
Ma, proprio in quel momento, l’uomo raccolse con la mano libera una grossa scimitarra che teneva nascosta sotto il bancone e la alzò minaccioso verso Chichi, che adesso era terrorizzata.
La gente che passava di lì guardava la scena con indifferenza, non ci faceva nemmeno troppo caso. Piccoli furti e vendette personali per difendere la propria merce erano all’ordine del giorno in quelle strade. Solo Goku si fece improvvisamente serio. Non sopportava quelle situazioni, e tutto era ancora più assurdo perché il problema era una semplice mela. Era necessaria tanta violenza per una dannatissima mela?! Non poteva abbandonare al suo destino quella ragazza, colpevole solo di essere stata gentile in un mondo in cui quasi nessuno sapeva esserlo. Si alzò, stringendo forte i pugni, in precario equilibrio sulla tenda. No, non l’avrebbe lasciata lì, e non solo perché era tremendamente attratto da lei, ma perché aiutarla era la cosa giusta da fare. Doveva trovare una soluzione, però, e doveva farlo in fretta. Altrimenti sarebbe stata spacciata.
«Il sultano, come no…» rise sprezzante il venditore, sollevando verso l’alto la scimitarra e costringendo Chichi ad appoggiare il braccio sopra un asse di legno della sua bancarella. «La sai qual è la punizione per chi ruba?! Tagliare la mano!»
«Nooo!» urlò Chichi, mentre la lama scendeva inesorabile verso di lei.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: un finale thrilling per un capitolo che spero vi sia piaciuto, anche perché finalmente i nostri protagonisti stanno per conoscersi. Goku resta subito colpito da Chichi pur non sapendo nulla di lei, vediamo se adesso riuscirà a salvarla e come reagirà la principessa.
Spero che vi abbia divertito anche la parte tra Lunch e il povero Yamcha, che è sempre sfigato anche se è un bravo soldato, come i suoi compagni Tensing e Riff. Loro sono guardie che non fanno parte dell’entourage di Freezer, quindi non saranno loro a dover andare a catturare Goku come abbiamo visto che ha ordinato il Gran Visir nella parte iniziale insieme a Vegeta, il quale tuttavia sembra non tollerare più il suo padrone.
 
Grazie infinite a chi mi lascia sempre il suo parere e a chi dimostra ogni settimana entusiasmo per questa rivisitazione, mi fa davvero piacere! Grazie poi a chi legge in silenzio e a chi ha inserito la long nelle liste, siete anche voi la mia forza, ricordatevelo! Grazie poi a Summer che ha realizzato un altro bellissimo fotomontaggio di Vegeta in versione pappagallo, che per qualche strano motivo sembra essere il personaggio più amato (o ridicolizzato?!) della storia. E, a proposito di personaggi amati o attesi, a chi mi chiedeva di Rad il Genio chiedo ancora un po’ di pazienza, si sta facendo attendere perché ama le entrate ad effetto! ;-)
 
Bene, settimana prossima il capitolo si intitola “In trappola” e vi dico subito che sarà molto interessante perché ci sarà molto spazio per Goku e Chichi (sempre che lui riesca a salvarla, voi cosa dite?), ma non solo. Rivedremo Lapis e Lazuli, sapremo di più su quello che hanno in mente. Colgo l’occasione per ringraziare chi ha apprezzato la loro presenza in questa storia e il loro ruolo un po’ enigmatico fino a questo momento. E poi finalmente vedremo insieme Bulma e Vegeta per la prima volta in questa long sotto le loro strane sembianze animalesche. Ringrazio ancora tutti voi che avete apprezzato la scelta insolita di renderli una tigre e un pappagallo per l’occasione. Ah già, conosceremo anche un altro scagnozzo di Freezer, non credo sia facile da indovinare, ma so che potete farcela se ci pensate un po’! ;-)
Ci vediamo mercoledì prossimo!
 
Teo

iagogeta

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Capitolo 7
*** In trappola ***


7 – In trappola
 
 
«Oh, grazie, gentile signore!» esclamò Goku, bloccando all’ultimo istante l’avambraccio del venditore di frutta e sfilandogli con disinvoltura con l’altra mano la scimitarra con cui stava per colpire Chichi. Era sgattaiolato giù dal tendone senza farsi notare e si era frapposto tra quella ragazza che l’aveva stregato e l’energumeno che voleva farsi giustizia da solo. «Meno male che l’avete trovata voi!» aggiunse, sorridendo con gratitudine a quell’uomo che lo fissava stranito, mentre gli stringeva la mano in segno di ringraziamento.
Goku fece passare dietro la schiena la scimitarra che aveva appena sfilato di mano al venditore e la passò a Chichi, che la afferrò senza ben capire cosa stesse succedendo e la nascose a sua volta dietro di sé.
«Ti ho cercata dappertutto, lo sai?!» sbottò Goku, improvvisamente serio, guardando male la principessa e avvicinandosi a lei. La spinse per allontanarla da lì, e il suo cuore perse un battito a causa di quell’improvvisa vicinanza con quella ragazza misteriosa e molto, molto, svampita ai suoi occhi, visto il guaio in cui si era appena cacciata.
«Ma cosa dici?!» gli sussurrò lei, non appena furono a contatto. Chi era quel ragazzo? Perché era intervenuto per salvarla?
«Stai al gioco!» rispose sottovoce il giovane, facendole l’occhiolino e accennando un sorriso che Chichi trovò dolcissimo. Non sapeva chi fosse e cosa avesse in mente, ma, improvvisamente, si sentì al sicuro. E, soprattutto, si sentì viva come non le accadeva da tanto, troppo tempo.
«Ehi, tu!» ringhiò il venditore, afferrando per una spalla Goku e tirandolo a sé, obbligandolo a voltarsi. «La conosci questa ragazza?!»
«Eh… purtroppo sì… è mia sorella!» sospirò il ragazzo in modo teatrale, appoggiando una mano sulla spalla dell’energumeno barbuto e alzando gli occhi al cielo.
Sorella?! Chichi sgranò gli occhi e trattenne a stento una risata. Quel ragazzo aveva fantasia da vendere, peccato solo che recitasse malissimo la sua parte. Si tenne quindi pronta ad intervenire, altrimenti sarebbero stati spacciati entrambi, probabilmente. «È pure un po’ matta!»
«Ehi!» sibilò la principessa, lanciando uno sguardo omicida a Goku. Come osava darle della pazza?! Gliel’avrebbe fatta pagare, anche se sapeva benissimo che stava solo recitando.
«Ha detto di conoscere il sultano!» gridò il venditore, senza badare a lei, afferrando per il gilet Goku e strattonandolo. Era furibondo, pensavano davvero che fosse così stupido?!
«Lei crede che la scimmia sia il sultano!» rise con naturalezza Goku, liberandosi dalla sua morsa e indicando Bubbles, che nel frattempo stava sfilando delle monete dalla sacca di un uomo che si era fermato per assistere alla scena.
«Uh!» sorrise a disagio la scimmia, che adesso aveva tutti gli occhi su di sé, raddrizzandosi e nascondendo a tutta velocità la refurtiva sotto il suo gilet, insieme alle altre cose che aveva rubato da quando Goku era entrato in scena per salvare quella ragazza.
«Oh, saggio sultano! In che modo posso servirla?» intervenne Chichi, prostrandosi davanti a Bubbles, fingendo di essere davvero fuori di testa.
«Uh, uh , uh! Uh, uh!» pontificò la scimmia, dando un paio di leggere pacche sulla testa chinata a terra di Chichi. Non ci stava capendo molto nemmeno lui, visto che era impegnato a rubare tutto quello che poteva durante il teatrino improvvisato da Goku, tuttavia adorava sentirsi il sultano e avere una persona prostrata ai suoi piedi.
«Una tragedia, vero?» sospirò Goku, che cingeva una spalla del venditore e, nel frattempo, con un piede afferrava una mela dal suo stesso banchetto. «Ma, per fortuna, non è successo niente! Ecco qui la vostra mela di prima!» aggiunse, lanciando all’uomo il frutto che in realtà era già di sua proprietà. «Su, vieni sorellina! Dobbiamo andare dal dottore!» esclamò, chinandosi per aiutare Chichi a rialzarsi e spingendola ad allontanarsi da lì, sotto lo sguardo poco convinto dell’uomo che voleva tagliarle una mano.
«Salve dottore! Come state?» disse Chichi a un cammello che stava passando di lì in quel momento, camminando con gli occhi sgranati e l’aria trasognata. Ci aveva preso gusto anche lei a recitare, decisamente.
«No, no, no, no! Non quello!» sospirò Goku, cingendola intorno alle spalle per allontanarla da quel cammello che continuò tranquillamente a masticare rumorosamente dell’erba che stava mangiando. «Andiamo sultano!» aggiunse, rivolto a Bubbles, il cui gilet chiuso era ormai spropositatamente gonfio.
«Uh, uh, uh!» esclamò la scimmia, che si era ormai calata nella parte e ci aveva preso gusto proprio come Chichi, inchinandosi in modo teatrale davanti alle persone che avevano assistito a tutta la scena. Non aveva però pensato alle conseguenze di quell’evitabilissimo inchino, dato che dalla parte superiore del gilet sgusciarono fuori alcune mele, monete e persino gioielli, riversandosi sulla strada accanto ai suoi piedi. «Oh, oh…» farfugliò, cercando freneticamente di raccogliere la refurtiva, mentre Goku scoppiò a ridere e prese per mano Chichi, cominciando a correre.
«Ehi, ma quella è la mia collana!»
«I miei soldi!»
«Quelle mele sono le mie!»
Le voci dei derubati si accavallano e allo stesso tempo giungevano sempre più distanti, mentre Bubbles raggiungeva in pochi balzi il suo amico in fuga e quella misteriosa e strana ragazza che teneva per mano.
«Tornate qui, brutti ladri!»
 
Nel frattempo, all’interno del palazzo reale, il principe Lapis era tornato in camera sua e aveva appena indossato un nuovo paio di pantaloni quando venne raggiunto da Sedici, seguito da Lazuli.
«Allora, sorellina, ti è piaciuta la mia interpretazione?» ghignò, cercando con lo sguardo la principessa, che sbuffò sonoramente a quelle parole dopo aver riaperto il libro che stava leggendo.
«Mi stavo divertendo a leggere, quindi gradirei non essere più disturbata per oggi» sibilò. «Comunque eri più ridicolo del solito con i pantaloni squarciati. Sei il solito pagliaccio».
«È adorabile come sempre, vero?» domandò Lapis a Sedici, ridendo.
«C’è qualcosa che dovrei sapere?» gli domandò il generale, serissimo. Aveva capito subito che il suo principe non si sarebbe mai lasciato mordere da una tigre.
«Sì, dovresti dire agli uomini che ci hanno scortato fin qui che sono liberi. Possono tornare nel nostro regno, se vogliono. In ogni caso non sono più alle mie dipendenze» sorrise sornione il principe. «E anche tu considerati libero, Sedici. Non sei più costretto a proteggerci, puoi tornare a casa anche tu o andartene dove preferisci. Io e mia sorella restiamo qui per un po’, di sicuro non torneremo da nostro padre».
Sedici accennò un sorriso, perché in fondo sperava che potesse cambiare qualcosa nella vita dei due fratelli che aveva cresciuto, grazie a quel viaggio. Non si stupì più di tanto, in cuor suo era convinto fin dalla partenza che nessuno di loro sarebbe più tornato indietro. Lui stesso aveva avuto tempo e modo per pensare a questa eventualità sebbene non avesse mai avuto particolari dubbi a riguardo.
«Riferirò agli uomini i tuoi ordini» ribatté, rivolgendosi prima a Lapis e poi a Lazuli, che aveva chiuso il libro e lo guardava a sua volta con occhi in cui intravide una malinconia che raramente traspariva dalla sua consueta indifferenza. Rivide i bambini che aveva cresciuto, e sentì un improvviso groppo salirgli alla gola. Sì, erano diventati grandi per davvero, ormai.
«Grazie per tutto quello che hai fatto per noi» gli sorrise Lapis, avvicinandosi e accennando un inchino. «Ma non sei più costretto a badare a noi, sapremo cavarcela anche da soli».
«G-grazie…» disse con un filo di voce Lazuli, distogliendo lo sguardo, imbarazzata.
«Nemmeno io ho un motivo valido per tornare nel nostro regno» ribatté con fierezza il generale, facendo sgranare gli occhi per la sorpresa ai due fratelli. «La mia è una famiglia di guerrieri, ma io ho deciso che non voglio più far parte dell’esercito, come sapete».
«Non devi per forza tornare a casa, puoi andare dove vuoi. Sei libero, non hai più vincoli di dipendenza dalla famiglia reale, ho il potere per decidere questo genere di cose in qualità di principe» spiegò Lapis.
«E io, in qualità di vostro tutore come avevo promesso a vostra madre, non me la sento di lasciarvi qui. Ma non perché non mi fidi di voi, ma perché non vorrei separarmi da voi due, se possibile».
«Sei un uomo libero, generale Sedici. Te l’ho detto, puoi fare quello che vuoi» accennò un sorriso Lapis. Si sentiva sollevato per quella decisione. Avrebbe sentito la sua mancanza, ne era certo. Ma non voleva imporgli una sua decisione, soprattutto nel momento in cui lui stava di fatto decidendo di abbandonare il suo regno e il suo titolo.
«Lazuli» si rivolse Sedici direttamente alla principessa. «Tu vuoi che resti con voi?»
«S-sì…» rispose in un sussurro, arrossendo leggermente e strappando un sorriso al generale, che la guardava, fiero e amorevole come dovrebbe essere un padre. Era tutta sua madre, ed era meraviglioso per lui vederla in quelle rare volte che lasciava trasparire la dolcezza che cercava sempre di nascondere dietro una corazza che sembrava inscalfibile. «Se ti va, sì».
«E a te fa piacere, Lapis?»
«Ma che domande fai?! È ovvio!» sorrise il principe, prima di abbracciarlo, cogliendolo di sorpresa. «Non mi chiedi perché vogliamo restare qui?»
«È una vostra scelta e la rispetto. Di sicuro avrai i tuoi buoni motivi».
«Una ragazza…» sbuffò Lazuli, lasciandosi cadere mollemente su un elegante poltrona e accavallando le gambe. Riaprì il libro e indossò di nuovo la sua maschera da dura. «Siamo venuti fin qui per la principessa, ma a lui piace un’ancella…».
«Dev’essere una ragazza speciale se ti ha spinto a prendere questa decisione» sorrise Sedici, camminando verso l’uscita della stanza, felice dentro di sé di iniziare questa nuova fase della sua vita ancora in compagnia dei due ragazzi che aveva cresciuto. «Vado a riportare i vostri ordini agli uomini, scriverò anche una lettera a vostro padre in cui gli spiego che non torneremo».
«Grazie, Sedici» disse Lapis, mentre il generale chiudeva la porta alle sue spalle. «“Lazuli, tu vuoi che resti con voi?” “S-sì”» aggiunse, volgendosi verso sua sorella e imitando prima con voce solenne le parole di Sedici e poi, con un tono esageratamente stridulo, quelle di Lazuli di poco prima.
«Non ti sopporto quando fai così, imbecille!» sbottò la principessa, visibilmente imbarazzata, lanciando uno sguardo omicida al fratello e uscendo dalla stanza sbattendo la porta. «Ah, spero che la tua ancellina dai capelli blu si trovi un ragazzo meno odioso e magari più intelligente di te. Anche se per l’intelligenza ci vuole poco!» aggiunse con rabbia, rientrando apposta nella camera del fratello per poi sbattere di nuovo la porta tra le risate di Lapis, che si divertiva sempre a bisticciare con lei come quando erano piccoli.
Bisticciavano, è vero, ma erano uniti: il loro piano per scappare dal loro regno stava andando come si erano immaginati prima di partire. Avevano bisogno solo di una scusa per andarsene e chiedere la mano alla principessa di Agraba era stata un’occasione perfetta. Avevano stabilito che avrebbero poi improvvisato la prossima tappa del loro viaggio una volta giunti in quel piccolo regno del deserto. Solo che la presenza di Lunch aveva scombussolato questa parte finale del loro piano, visto che Lapis aveva deciso di non lasciare nulla di intentato con lei e per questo aveva proposto alla sorella di fermarsi ancora lì, almeno per un po’. Lazuli non aveva avuto nulla da obiettare, del resto ormai erano dei viaggiatori senza una meta, dei principi senza corona, delle persone senza una casa in cui poter fare ritorno. E poi, tutto sommato, una voce dentro di lei le suggeriva che sarebbe stata una buona idea restare in quel regno ancora per un po’, anche se non sapeva perché.
Nemmeno Lazuli, in quel momento, poteva immaginare quanto sarebbe cambiata la sua vita e cosa il destino aveva in serbo per lei.
 
«Kiwi, vai dalla squadra Ginew e riferisci al capitano che gli ordino di arrestare subito lo straccione che ieri gli ha creato problemi durante la parata del principe venuto dal nord» ordinò Freezer a un soldato che faceva parte dei suoi uomini più fedeli all’interno del palazzo. Si trattava di un personaggio viscido e senza particolari qualità, non era nemmeno poi tanto abile in battaglia. Si era fatto strada semplicemente grazie alla sua cieca fedeltà al Gran Visir. «Lui capirà, digli anche che questo ha la priorità su tutto. Poi sarai tu a consegnarmi quell’inutile poveraccio e lo condurrai direttamente a me, senza dare nell’occhio».
«Agli ordini, mio sommo Freezer Jafar! Lasci fare a me!» ghignò Kiwi, che già si immaginava una promozione e una lauta ricompensa per un compito che sembrava davvero semplice ai suoi occhi.
«Ah, giusto. Lo voglio vivo» sibilò il Gran Visir, stringendo più forte il suo lungo bastone dorato a forma di cobra e ghignando in modo spaventoso. «E non ammetto fallimenti».
«Non ammetto fallimenti! Non ammetto fallimenti!» ripeté con voce stridula Vegeta, appollaiato sulla spalla di Freezer.
«N-non si preoccupi, mio signore… con permesso» rispose Kiwi, prima di correre verso l’uscita.
«Quello è un incapace. Mi è sempre stato sui coglioni» ringhiò Vegeta, che non aveva mai sopportato quel soldato. Ai suoi occhi era semplicemente un verme che aveva avuto il privilegio di avere un corpo umano in cui vivere. Un privilegio, ad esempio, che avrebbe voluto avere anche lui per poter rendere reali i suoi sogni di gloria e potenza, impossibili con quel suo fragile e piccolo corpo da pappagallo.
«Lo so, Vegeta. Lo so» sorrise in modo malefico il Gran Visir. «Infatti voglio che siano i miei uomini migliori ad occuparsi della cosa, ossia la squadra Ginew. Quell’inutile soldato dovrà solo fare da tramite, dovrebbe esserne in grado» aggiunse, non sapendo che Ginew e i suoi uomini avevano già avuto fin troppi problemi in passato nel cercare di acciuffare quel diamante allo stato grezzo che lui ora bramava, quando lo coglievano in flagrante durante i suoi consueti furti. «Quando mi hai spiegato che il capitano Ginew aveva avuto quello scambio di opinioni con lo straccione, mi sono reso conto che sarebbe stato ancora più facile raggiungere il mio obiettivo. Non c’è nemmeno bisogno che sia tu ad andare a cercarlo! Ah, ah, ah!» rise di gusto, immaginando già il suo trionfo.
«Sarà comunque meglio che vada a farmi un giro, ho idea che sarà una lunga attesa visto che i tuoi uomini migliori sono tutti degli stupidi incapaci, tsk!» rispose Vegeta, che non sopportava nemmeno la squadra Ginew, volando via dalla spalla del suo padrone e dirigendosi verso il giardino del palazzo reale.
 
«Ehi, tigre, cosa ci fai qui tutta sola? La tua padrona ti ha abbandonato?!» sibilò con superiorità Vegeta, appollaiandosi sul ramo più basso dell’albero sotto al quale Bulma stava facendo la guardia alle mura, in attesa di un segnale da parte di Chichi dall’esterno.
«Guarda che ce l’ho un nome, stupido pappagallo maleducato!» ringhiò lei in tutta risposta, lanciando un’occhiataccia al pennuto. «Tu, piuttosto? Non sei impegnato a fare il tirapiedi del Gran Visir, oggi?!»
«Io… io non sono il tirapiedi di nessuno! Sono il grande Vegeta, e prima o poi avrò il potere necessario per fare quello che mi pare!» sbottò lui, che era l’unico nel palazzo reale a riuscire a comprendere come parole i ruggiti di Bulma. Chichi intuiva quello che lei diceva, ma Vegeta invece sentiva distintamente la sua voce. E, anche per questo, lui aveva deciso già da anni di rivolgersi a lei non come un comune pappagallo, come faceva con tutti a parte Freezer, ma di mostrarle la sua vera essenza e la sua intelligenza fuori dal comune.
«Sì, sì… e come faresti a diventare più potente?! E comunque Chichi non mi ha abbandonato, mi andava semplicemente di stare qui» mentì, non volendogli rivelare che la principessa era uscita dal palazzo. «Lei, a differenza del tuo padrone, è una brava persona. Non mi abbandonerebbe mai, siamo amiche!»
«Tsk, non è il mio padrone quello lì… sto con lui perché mi fa comodo, te l’ho già detto!» si risentì Vegeta. «Come ti ho già spiegato, ho un piano per raggiungere i miei scopi».
La tigre e il pappagallo, infatti, nonostante battibeccassero spesso e volentieri soprattutto a causa del pessimo carattere di lui, passavano molto tempo insieme e si parlavano tutti i giorni. Erano gli unici esemplari della loro specie nel palazzo, gli unici animali ad avere per di più un’intelligenza paragonabile, se non superiore, a quella umana. La verità è che si sentivano un po’ meno soli quando erano insieme. Un po’ meno sbagliati, forse. A volte si lasciavano andare ai propri sogni, soprattutto Bulma, benché sembrassero più che altro utopie irrealizzabili. Vegeta non lo avrebbe mai ammesso, ma non avrebbe mai potuto fare a meno di quei momenti che trascorreva con Bulma e specchiare le sue piume negli occhi azzurri di lei aveva il potere di farlo sentire in pace con sé stesso almeno per un po’. Il suo animo era tormentato, colmo di rabbia e traboccante di orgoglio, ma, per qualche strano motivo, la presenza di quella tigre aveva il potere di farlo sentire più leggero, almeno per un po’.
«Spero che lo potrai realizzare, allora, questo tuo piano geniale» sorrise bonariamente Bulma, che non sembrava molto convinta dalle parole di Vegeta. Ai suoi occhi, infatti, sembravano solo una semplice illusione.
«Ce la farò di sicuro, tsk!» sbottò sprezzante il pappagallo, saltando giù dal ramo e camminando goffamente con le sue corte zampine sull’erba per avvicinarsi al muso di Bulma.
«Sai, oggi è uno di quei giorni in cui vorrei davvero essere un’umana…» sospirò la tigre, guardando il cielo sopra le mura del palazzo.
«Ti senti sola?»
«Sì, oggi sì…».
«Eppure mi sembrava che andasti d’accordo con quell’inutile principe venuto dal nord! Tsk!» alzò la voce Vegeta, che distolse lo sguardo da Bulma. Gli aveva dato terribilmente fastidio vedere Bulma lasciarsi accarezzare da Lapis, ma non l’avrebbe mai ammesso.
«Smettila di fare il geloso!» rise la tigre.
«Io… i-io non sono geloso!» si provò a difendere il pappagallo, che invece era stato abilmente smascherato.
«Comunque non vorrei diventare una donna per stare con lui…» lo rassicurò Bulma, sorridendo, prima di tornare seria. «Ma perché so già che non conoscerò mai un’altra tigre. Sono l’unico esemplare della mia specie, qui, ed è così da tutta la mia vita. Penso che sia la stessa cosa che provi tu, lo stesso motivo per cui anche tu vorresti essere un uomo».
«Bulma, non devi pensare alle altre tigri e nemmeno alle mie motivazioni» ribatté Vegeta, senza guardarla. «Ci penso io a stare con te. A farti… a farti compagnia quando ti sentirai sola, tsk!» aggiunse con un filo di voce, profondamente a disagio, prima di alzarsi in volo, incapace di incrociare gli occhi azzurri di lei e quel sorriso che immaginava avesse stampato in faccia ora, visto che alla fine aveva ceduto e l’aveva chiamata per nome. «Ora devo andare… è per il mio obiettivo che devo raggiungere».
«Grazie, Vegeta!» esclamò Bulma, seguendolo con lo sguardo mentre si allontanava da lei e faceva ritorno verso il palazzo reale.
 
«Ci siamo quasi!» sorrise Goku, prendendo per mano Chichi e aiutandola a raggiungerlo sul tetto di una bassa abitazione sul quale si era arrampicato. Erano riusciti a scappare dai loro inseguitori e a fare ritorno nel silenzioso e semideserto quartiere dove viveva lui.
La principessa, presa com’era dalla fuga e da tutte le emozioni che la stavano elettrizzando come mai le era successo prima, aveva solo potuto intravedere la miseria e la decadenza che regnava in quella parte di Agraba a lei sconosciuta. Non per questo ne rimase insensibile, però, e in cuor suo si domandava se fosse giusto che fuori dal palazzo reale esistesse anche una realtà come quella. Si sentiva triste all’idea che ci fossero persone che non potessero avere una vita dignitosa, e nella sua testa riapparve l’immagine del bambino affamato a cui lei aveva dato una mela poco prima, provocando poi tutto quello che era successo. Pensò che anche lui doveva vivere tra quelle baracche e case diroccate, ma soprattutto si rese conto che per quelli come lui doveva essere un’impresa sopravvivere ogni giorno. Distratta da questi pensieri, una volta arrivata anche lei sul tetto, inciampò e si ritrovò stretta tra le braccia di Goku, che la prese al volo impedendole di cadere. Chichi provò una strana sensazione di calore e di sicurezza in quel momento, qualcosa che non aveva mai provato prima. Si sentiva bene e, sebbene non sapesse nulla di quel ragazzo, desiderò che quel momento di serenità personale durasse per sempre. Chiuse gli occhi e affondò la testa nel petto di lui, stringendolo più di quanto fosse necessario ad evitare la caduta. Non sapeva nemmeno lei perché si stava comportando così, ma sentiva semplicemente il suo cuore battere forte e questo le bastava.
«Urcaaa!» esclamò Goku, posando le sue forti mani sulle spalle della principessa. «Ti sei fatta male?!»
Lei riaprì gli occhi e gli sorrise dolcemente, staccandosi quel tanto che bastava dal suo petto per poterlo guardare. Male?! Non era mai stata così bene, ma non poteva certo dirlo a uno sconosciuto. Non poteva certo dirgli che era bello stare tra le sue braccia e che non voleva tornare in un posto in cui suo padre voleva costringerla a sposarsi per fini politici. Non poteva nemmeno dirgli che, oltre alla sua presenza, a renderla felice era anche la sensazione di essere come fuori dalla realtà, sospesa nello spazio e nel tempo. Di vivere una realtà parallela alla sua, in un mondo in cui lei era finalmente libera.
«Io… io volevo ringraziarti per aver fermato quell’uomo» gli disse con un filo di voce, arrossendo leggermente e abbassando la testa, incapace di reggere oltre il contatto visivo coi vivaci occhi neri del ragazzo che aveva davanti. Perché si sentiva così? Perché il suo cuore batteva così forte?!
«Ah… figurati!» rispose lui, arretrando di un passo e grattandosi la nuca. Si sentiva improvvisamente a disagio. Non aveva mai visto una ragazza più bella di quella che aveva davanti e non si era nemmeno reso subito conto che l’aveva stretta tra le sue braccia. Aveva caldo, si sentiva strano. Ma era felice.
«Uh, uh?» lo chiamò Bubbles, lanciandogli una lunga asta di legno e saltando poi agilmente nel vuoto fino ad atterrare sul tetto della casa accanto, che distava solo pochi metri in teoria, ma non era collegata al tetto su cui si trovavano loro.
«Allora? È la prima volta che vieni al mercato, eh?» domandò Goku a Chichi, prima di prendere la rincorsa e spiccare un salto, facendo leva sull’asta di legno e atterrando senza problemi sull’altro tetto.
«Era così evidente?» sorrise la principessa, mettendosi le mani sui fianchi e osservando Goku che spostava una trave di legno e la appoggiava davanti ai suoi piedi, come a crearle un ponte.
«Beh, diciamo che sei una che si nota!» rispose con ingenuità lui, fissandola con aria sognante e facendola arrossire. «C-cioè, intendevo che sembra che tu non sappia quanto è pericolosa Agraba!» cercò di correggersi, imbarazzato, riprendendo a sistemare il ponte di legno improvvisato.
Chichi, invece, afferrò anche lei un’asta di legno sul tetto dove si trovava e fece lo stesso salto che aveva appena eseguito Goku, lasciando di sasso sia lui che Bubbles.
«Ma imparo in fretta!» ribatté lei, spavalda e decisamente sensuale agli occhi di Goku, lanciandogli la sua asta.
«Già…» sorrise il ragazzo, riprendendosi dal torpore e mollando in mano a Bubbles il lungo bastone di legno. La scimmia guardò male prima lui e poi lei, lasciando cadere l’asta e recuperando la frutta e gli oggetti che aveva appena rubato. Non gli andava a genio quella ragazza, anche se l’aveva aiutata volentieri. Perché non se ne tornava a casa?! Perché il suo amico sembrava in balia di lei?!
«Vieni! Da questa parte!» continuò Goku, prendendo per mano Chichi e conducendola nella scalinata interna malmessa e diroccata del minareto abbandonato in cui viveva. «Stai attenta alla testa! Anche qui!» aggiunse, facendole strada e abbassando la testa in prossimità di assi di legno sporgenti che spuntavano qua e là dalle mura e ostruivano il passaggio in quella buia scalinata.
«È qui che vivi?» domandò Chichi, guardandosi attorno affascinata, non appena raggiunsero il locale in cima alla torre che era diventato la casa di Goku da diversi anni.
«Indovinato! Siamo io e Bubbles! Andiamo e veniamo come e quando ci pare!» sorrise soddisfatto, senza smettere di tenerla per mano e conducendola verso il punto che lui più amava di quella casa, cioè l’immensa finestra panoramica che dava sulla città, la cui visuale era ancora coperta da un logoro e rattoppato tendone.
«Beati voi…» disse con aria sognante, guardandosi intorno. Quel posto le piaceva, la faceva sentire bene. Era povero e malridotto, certo, in un certo senso anche disordinato, ma era soprattutto accogliente e profumava di libertà.
«Non è un granché… però la vista è speciale!» sorrise Goku, scostando il tendone con aria soddisfatta e mostrandole quel panorama che lui amava ammirare da sempre. Guardò lo spettacolo del palazzo reale al tramonto in tutta la sua magnificenza e poi si voltò verso Chichi, desideroso di leggere lo stupore nei suoi incantevoli occhi. «Che spettacolo il palazzo, eh!»
«Oh… sì, è bellissimo» sibilò Chichi, poco convinta.
Si sedette, dando le spalle al panorama, imbronciata e indispettita. Il ragazzo non capiva perché avesse reagito così, tuttavia riprese ad ammirare di nuovo quel palazzo circondato da alte mura in cui aveva sempre sognato di poter vivere senza avere nessun problema a cui pensare.
«Hai mai pensato come dev’essere vivere lì? Avere servitori, camerieri…» disse con aria sognante, raggiunto in quel momento da Bubbles, che stringeva tra le mani due mele che aveva appena rubato e le appoggiò davanti a lui.
«Già… e avere gente che ti dice dove non devi andare, come ti devi vestire, con chi ti devi sposare…» sibilò stizzita la principessa.
«Beh, sempre meglio che vivere qui, ad arrabattarsi per un tozzo di pane con le guardie sempre alla calcagna» rise Goku, che non capiva se quella ragazza stesse scherzando o meno. Afferrò una mela e si diresse verso di lei.
«Senza mai poter fare le tue scelte!» continuò Chichi, che, persa nei suoi pensieri a cui voleva dare libero sfogo, non aveva nemmeno sentito le ultime parole del ragazzo che ora di era fermato a un paio di metri da lei, in piedi.
«Sai… a volte nella mia vita mi sento così… così…» aggiunse Goku, che stava a sua volta cercando di completare il suo discorso e non riusciva a comprendere fino in fondo perché quelle bellissima ragazza sembrasse improvvisamente così triste.
«… in trappola!» dissero all’unisono i due giovani, che tornarono entrambi alla realtà in quel momento e si guardarono intensamente negli occhi, incapaci di interrompere quel contatto visivo che sapeva di magia, di alchimia e di comprensione reciproca.
Quei due ragazzi non si conoscevano, non sapevano neppure i nomi l’uno dell’altra e non avrebbero potuto avere alle spalle delle vite più diverse. Eppure, in quel momento, in quel piccolo e povero angolo di mondo in cui si erano isolati e in cui nessun altro poteva avere accesso, erano uguali. Avevano nel cuore e negli occhi le stesse emozioni. E nell’anima lo stesso peso: si sentivano entrambi in trappola, ma per motivi diametralmente opposti. L’avrebbero scoperto molto presto, ma in quel momento non lo sapevano ancora.
Erano solo un ragazzo e una ragazza in cima a un minareto fatiscente che sentivano di aver trovato finalmente qualcuno in grado di capire ciò che avevano dentro. Una cosa che poteva capire solo qualcuno che si sentisse in trappola, proprio come loro due.
 
 
 
 
 
 
 
Note: un capitolo molto importante, secondo me, perché Goku e Chichi cominciano a conoscersi e perché abbiamo visto in parallelo anche Vegeta e Bulma finalmente insieme e chiarito quello che avevano in mente Lazuli e Lapis.
Spero che vi sia piaciuta la parte dedicata alla coppia principale di questa storia e che vi abbia divertito la loro fuga rocambolesca in compagnia di Bubbles. Abbiamo poi potuto conoscere meglio anche Bulma e Vegeta e saperne di più sui loro sogni e sull’obiettivo che sta inseguendo il pappagallo più famoso di efp. ;-)
Mi auguro anche che abbiate apprezzato la parte dedicata ai miei amici cyborg e al loro rapporto, sono davvero contento che vi stiano piacendo fino e che molti di voi si siano affezionati anche a Sedici, un personaggio fin troppo sottovalutato in Dragon Ball secondo me.
 
Ringrazio tantissimo tutti voi che mi sostenete e che mi lasciate una recensione ogni settimana, mi fa sempre tanto piacere. Un grazie di cuore anche a chi preferisce leggere in silenzio.
 
Il prossimo capitolo prosegue l’avventura di Goku e Chichi insieme e si intitola “Ti fidi di me?”, cioè quella che è forse la frase più celebre e bella dell’intera storia originale di Aladdin. Entrerà in scena anche la squadra Ginew, quindi potrebbe esserci un po’ di disagio in arrivo, inoltre rivedremo Lunch e chissà chi altri. Di sicuro succederanno tantissime cose, quindi vi aspetto mercoledì prossimo come sempre!
 
Teo

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Capitolo 8
*** Ti fidi di me? ***


8 – Ti fidi di me?
 
 
«Ehm… allora… da dove vieni?» domandò Goku a Chichi, schiarendosi la voce e fingendo disinvoltura sebbene avesse notato che si era creata una strana e meravigliosa atmosfera con quella ragazza.
Strappò di mano a Bubbles una mela e gliela lanciò sotto gli occhi contrariati della scimmia, cercando di cambiare discorso. Sapere che quella ragazza così bella e misteriosa si sentiva in trappola come lui e che sembrava star bene in sua compagnia lo faceva sentire bene, ma allo stesso tempo lo confondeva perché erano sensazioni del tutto nuove per lui. E anche lei gli era sembrata imbarazzata.
«Non importa da dove vengo…» sospirò la principessa, accarezzando la mela sotto lo sguardo interrogativo di Goku, che nel frattempo stava trangugiando la sua. «Sono scappata e non so nemmeno se voglio tornare davvero…».
«Uhm… e… e perché?!» farfugliò il ragazzo con la bocca ancora piena, prima di mollare in mano a Bubbles il torsolo e andare a sedersi accanto a lei.
La scimmia lo guardò male, prima di gettare via quell’avanzo sbocconcellato e avvicinarsi a sua volta a Chichi.
«Perché mio padre vuole convincermi a sposarmi…» rispose rassegnata, abbassando mestamente la testa.
Il cappuccio le scese lentamente verso le spalle, liberando i suoi lunghi e lucidi capelli neri e la preziosissima fascetta col grande diamante blu a cui era tanto affezionata, che attirò l’attenzione più di Bubbles che di Goku, stordito dalla bellezza celestiale che aveva ai suoi occhi quella ragazza ora che poteva osservarla meglio. Non sembrava povera, anzi. Che fosse una ricca mercante? Ma, in fondo, contava poco chi fosse, perché lui si sentiva felice al suo fianco e, soprattutto, avrebbe voluto trovare un modo per aiutarla.
«Ma… è terribile!» sbottò il ragazzo, sgranando gli occhi, mentre Bubbles aveva smesso di fissare il diamante blu e stava allungando lentamente la mano verso la mela che Chichi stringeva ancora. «E tua mamma? Come la pensa?!»
«Lei non c’è più da otto anni, ormai… sai, mi manca tanto…» sospirò malinconicamente la principessa.
«Ah! E-ecco… mi dispiace! Scusami, non volevo…» disse Goku, a disagio per quella domanda inopportuna.
«Non potevi saperlo, va tutto bene» gli sorrise Chichi, guardandolo nei suoi vivaci occhi neri. Era buffo con quell’espressione e quegli strani capelli corvini a forma di palma, e già solo guardarlo le fece tornare il buonumore. «Questa fascetta me l’aveva regalata lei».
«È molto bella, in effetti… e sembra anche preziosa!»
«A me non interessa il suo valore, non saprei nemmeno dargliene uno… la adoro solo per quello che rappresenta per me e per i ricordi che porta con sé».
«Già… comunque mi dispiace, si vede che le volevi bene. Hai avuto una brava mamma, ne sono certo!».
«E tu, invece? Hai una brava madre?»
«Sì… credo di sì…» sospirò lui, guardando verso il cielo di Agraba e accennando un sorriso.
«S-scusami tu, se ho detto qualcosa di sbagliato, io…» arrossì Chichi, che temette di essere stata a sua volta inopportuna.
«Shhh! Va tutto bene!» la zittì Goku, facendole l’occhiolino e appoggiandole istintivamente un dito sulle labbra.
Il tempo sembrò fermarsi per un istante che sapeva di infinito, prima che il ragazzo ritrasse bruscamente il braccio e la principessa si voltasse dall’altra parte. Erano entrambi paonazzi, ma, soprattutto, di una tenerezza disarmante. Bubbles li fissò con aria interrogativa, prima di riprendere ad armeggiare per soffiare la mela dalle mani di Chichi.
«I miei genitori sono partiti ormai otto anni fa per andare alla ricerca di un misterioso guaritore che potesse curare mia mamma. Nessun medico qui ha saputo aiutarla» riprese Goku. «Mi hanno detto di aspettarli qui, perché quel viaggio era troppo pericoloso. E poi non sapevano nemmeno se sarebbero mai riusciti a tornare, come non avevano nessuna certezza di poter trovare questo stregone».
«Anche mia mamma ha avuto una malattia e ci ha lasciato così… mi spiace per la tua…» tornò a guardarlo la principessa, che si sorprese nel vedere che lui stava sorridendo.
«Sai, io sono sicuro che i miei ce l’abbiano fatta e che un giorno torneranno!»
«Anche dopo così tanti anni?!»
«Sperare non costa niente, almeno quello è gratis! Così come sorridere! Me l’ha insegnato mia mamma quando ero piccolo!»
«Deve essere proprio una bella persona tua mamma, allora sono convinta anch’io che stia bene adesso!» sorrise a sua volta Chichi. «Come si chiamava quel guaritore?»
«Dende… ma nessuno sapeva se esistesse veramente».
«Hai detto Dende?!» esclamò la principessa. «Io… io ricordo che anche mio padre stava organizzando un viaggio per portare da lui mia mamma, solo che non fecero in tempo a partire. So solo che sembrava fosse davvero tanto lontano dai discorsi che sentivo…» aggiunse, con gli occhi che le diventarono lucidi.
«Urcaaa! Dici davvero?!» disse a gran voce il ragazzo, sorpreso e allo stesso tempo euforico nell’aver sentito qualcuno che sembrava confermare l’esistenza di quel fantomatico Dende. «Grazie! Grazie di cuore! Adesso ho un motivo in più per sperare, allora!»
«Grazie a te! Io non ho fatto niente!» esclamò Chichi, scoppiando a ridere nel vedere quel ragazzo che sembrava avere tante cose in comune con lei così felice. Si sentì sollevata, i tristi ricordi del passato e il suo terribile presente le sembravano un po’ meno pesanti in quel momento. E tutto grazie a lui e alla sua semplicità. Al suo entusiasmo spontaneo e genuino.
«Bubbles!» lo sgridò Goku, notando che stava per sottrarre la mela a Chichi sfruttando quel momento di gioia.
«Uh, uh, uh! Uh, uh, uh, uh, uh!» berciò furibonda la scimmia, saltando in piedi e puntando il dito minacciosa verso la ragazza che, dal suo punto di vista, le stava impedendo di mangiare la mela che aveva appena rubato con tanta fatica.
«Che cosa dice?» sorrise Chichi, guardando prima uno e poi l’altro.
«Bubbles dice…» ci rimuginò sopra Goku, il quale non voleva certo dirle i reali pensieri della scimmia, che continuava a fissarli furibonda con le braccia incrociate al petto. «… dice che non è giusto che qualcuno voglia obbligarti a sposarti!» concluse, riallacciandosi abilmente al terribile problema che lei aveva confessato di avere con suo padre.
«Ah, sì? Ha detto questo?» accennò un sorriso malizioso la principessa, che trovava davvero tenero il tentativo di quel ragazzo misterioso di farsi sentire vicino. Era una persona buona e sincera, sicuramente pura e anche un po’ ingenua, e sentiva che adorava queste sue caratteristiche. Bubbles, intanto, si era lasciato cadere le braccia lungo i fianchi, scuotendo la testa rassegnato e contrariato. «E… il tuo amico Bubbles ha altro da dire?» aggiunse, parlando molto lentamente e osservando Goku con occhi languidi, senza smettere di accarezzare la mela che stringeva ancora tra le mani. Voleva sentirsi dire di nuovo qualcosa di bello da lui. Sentirsi capita. Amata.
Erano così vicini che sarebbe bastato davvero poco per poterlo baciare. Per stringersi a lui come aveva fatto poco prima. Per sentirsi protetta e non pensare a nient’altro. Più passava il tempo in quella misera abitazione e più la principessa sentiva che non voleva più tornare a casa, nonostante le promesse fatte a Lunch e Bulma. Perché tutto doveva essere così complicato?
«Beh… v-vorrebbe fare qualcosa per aiutarti…» rispose Goku, grattandosi la nuca e accennando un sorriso goffo, mentre Chichi si avvicinava impercettibilmente e Bubbles emetteva un grugnito soffocato in segno di disapprovazione.
«Digli… che è molto…» sussurrò lei, avvicinando lentamente la bocca a quella di lui, che deglutì il nulla, incapace di distogliere lo sguardo dalle sue labbra sempre più vicine. Sentì il suo respiro caldo addosso, entrargli dentro e fargli quasi girare la testa. Il cuore di Goku batteva all’impazzata, così come quello della principessa, che aveva ormai deciso di fregarsene di tutto e di essere libera come aveva sempre sognato. «… che è molto gentile…» soffiò dolcemente, socchiudendo gli occhi, ormai a pochissimi centimetri dalla bocca di quel ragazzo che trovava adorabile e che stava per baciare.
Goku chiuse gli occhi a suo volta e si avvicinò, seppur muovendosi meccanicamente perché aveva paura di sbagliare qualcosa. Ma stava davvero per baciare quella ragazza che era entrata nei suoi sogni non appena l’aveva vista per la prima volta? Era tutto così bello… così perfetto e così giusto che non avrebbe voluto finisse mai quel momento.
«Ah! Eccoti qui!» sbraitò all’improvviso una voce che entrambi i giovani conoscevano bene, facendogli sgranare gli occhi proprio all’ultimo istante, rovinando la magia di quel bacio che stavano per vivere.
La guardia reale Butter aveva fatto irruzione nella casa, seguito dagli uomini della sua squadra che si trovavano ancora sulla scalinata malmessa del minareto.
«Ahia! La testa, cazzo…» imprecò Reekom, dopo aver dato una testata accidentale a una trave sporgente.
«Non perdete tempo!» gridò Jeeth, con la scimitarra sguainata.
«Cercano me!» esclamarono in coro Goku e Chichi, scattando in piedi.
«Cercano te?!» dissero ancora all’unisono, guardandosi senza capire.
«Devono avermi trovata!» urlò Chichi, rimettendosi in testa il cappuccio proprio mentre tutta la squadra Ginew faceva irruzione nell’abitazione. Si mise le mani in faccia, terrorizzata, mentre Goku e Bubbles si mossero senza indugiare oltre fino a raggiungere il davanzale della grande finestra panoramica alle loro spalle, quella tanto amata dal giovane perché consentiva una visuale privilegiata sul palazzo del sultano.
«Ti fidi di me?!» esclamò Goku, allungando una mano verso Chichi, paralizzata dalla paura.
«Eh?!» domandò lei, voltandosi con gli occhi sgranati , mentre le guardie correvano verso di loro con le spade pronte a colpire.
«Ti fidi di me?» ripeté lui, determinato, fissandola intensamente.
«S-sì» rispose Chichi, afferrando la sua mano e affidandosi a lui. Le urla degli uomini alle sue spalle sempre più vicine le mettevano ansia.
«Allora saltaaa!» gridò Goku, gettandosi nel vuoto mano nella mano con Chichi, imitato da Bubbles.
Fu un volo che alla ragazza sembrò infinito. Aveva paura, ma avrebbe voluto volare per sempre con quel ragazzo di cui non sapeva nemmeno il nome. Così, mano nella mano. Senza una meta, ma insieme. Liberi.
Un tendone malmesso e sudicio rallentò la loro caduta, collassando su sé stesso e facendoli atterrare dolcemente su un grosso cumulo di sabbia. Era una via di fuga che Goku si era preparato per ogni evenienza ed era servita al suo scopo.
Il giovane si rialzò di scatto, trascinando con sé la principessa a cui non aveva mai lasciato la mano. Cominciò a correre, guardando però lei per assicurarsi che stesse bene. Così facendo, però, non si accorse che c’era un ostacolo sul suo cammino. Un ostacolo contro cui fu inevitabile scontrarsi.
«Ma guarda un po’ com’è piccolo il mondo, non è vero straccione?!» lo derise il capitano Ginew, contro cui era andato a sbattere e che gli ostruiva il passaggio. Lo stava aspettando lì, si era fatto furbo e aveva immaginato che ci fosse una via di fuga da quella casa.
Lo afferrò per il collo e lo sollevò di peso, ghignando follemente mentre lo guardava negli occhi.
«Uuuhhh!» sbraitò Bubbles, piombando dall’alto direttamente sulla testa della guardia e cominciando a colpirla con tutte le sue forze.
«Corri!» gridò Goku, afferrando per una mano Chichi e tirandola verso di sé.
«Dove?!» urlò lei, nel panico, notando che l’unica via di fuga era bloccata da Guldo e da Kiwi, che si era aggiunto alla squadra Ginew a cui aveva riportato l’ordine diretto di Freezer.
«Forza! Andiamocene di qui!» la incitò Goku, cambiando direzione proprio nel momento in cui Ginew riusciva a liberarsi di Bubbles, scagliandolo violentemente dentro un grosso vaso mezzo rotto e impolverato.
«Dove credi di andare?!» sbottò il capitano, bloccando di nuovo Goku cingendogli in corsa il collo con un braccio e stringendo la morsa. «Adesso finisci dritto in prigione!» aggiunse, gettandolo tra le grinfie dei suoi uomini, che nel frattempo avevano riformato la squadra al completo.
«Lasciatemi stare!» provò a dimenarsi Goku, che veniva tenuto fermo da Reekom e Butter mentre Guldo e Jeeth lo colpivano vigliaccamente fino a stordirlo con calci e pugni. Kiwi, invece, si stava occupando di legargli i polsi per bloccarlo e condurlo a palazzo come gli era stato ordinato.
«Andateci piano. Lo vuole vivo» sibilò lo sgherro del Gran Visir alle altre guardie.
«Lascialo andare! Lascialo andare!» urlò disperata Chichi, afferrando un possente braccio di Ginew e cominciando a colpirlo con dei pugni che a lui facevano solo il solletico, mentre si godeva lo spettacolo del volto tumefatto di Goku che aveva appena sputato un rivolo di sangue.
«Ah, ah, ah! Guardate, ragazzi! Lo straccione ha un’amichetta!» rise sguaiatamente, suscitando l’ilarità scomposta dei suoi uomini. Afferrò Chichi per una braccio e la scagliò a terra in malo modo. «Hai trovato una fidanzatina stracciona?! Ah, ah, ah!»
«Nooo! Lei non c’entraaa!» emise un grido soffocato Goku, cercando di liberarsi e venendo in tutta risposta colpito alla nuca da Reekom.
«Liberatelo!» ordinò Chichi, rialzandosi subito in piedi. I suoi occhi erano pieni di collera. Ed erano fieri, soprattutto, non solo determinati. Goku aveva la vista annebbiata per via dei colpi ricevuti, eppure quella visione sembrò dargli nuova forza. Notò solo in quel momento una cosa che gli era sfuggita nel tempo che avevano passato insieme: il portamento nobile di quella ragazza.
«Ah, ah, ah!» le rise in faccia Ginew, imitato dagli altri.
«È la principessa che ve lo ordina!» aggiunse Chichi, abbassandosi il cappuccio e mostrando così il suo volto alle guardie che, ovviamente, la conoscevano molto bene.
Appoggiò le mani sui fianchi e guardò con disprezzo prima il capitano e poi i suoi uomini. Il tempo sembrò fermarsi in quel preciso istante: nessuno osava più ridere, tantomeno muoversi. Nessuno sembrava più respirare, da quanto risultava improvvisamente assordante il silenzio in mezzo ai quei ruderi insabbiati e pericolanti. Goku la fissava con la bocca aperta e gli occhi sgranati. Era davvero la principessa quella ragazza che lui sentiva di amare?! Com’era possibile che avessero vissuto insieme tutto quello che era successo nelle ultime ore?! Aveva sognato tutto?!
«Oh… p-principessa Chichi Jasmine!» si prostrò ai suoi piedi Ginew, improvvisamente servile, non appena riuscì a riprendersi dalla sorpresa e temendo per la sua stessa vita, considerando quello che aveva appena fatto.
«La principessa…» sussurrò Goku, spinto a inchinarsi anche lui da Reekom e Butter, imitati da Jeeth, Guldo e Kiwi.
Bubbles mise timidamente la testa fuori dal vaso in cui era stato scagliato e sgranò a sua volta gli occhi.
«Mi scusi, principessa… mi perdoni!» implorò Ginew, rialzandosi e muovendo un passo verso Chichi. «Ma cosa ci fate fuori dal palazzo reale, per di più in compagnia di questo straccione che…».
«La cosa non ti riguarda!» sbottò lei, fissandolo con occhi pieni di disprezzo. «Fa’ come ti ho ordinato! Liberalo!» aggiunse, dandogli uno schiaffo in faccia con tutte le sue forze.
«Io… io vorrei farlo, principessa…» provò a giustificarsi Ginew, che aveva incassato il colpo senza battere ciglio, esibendo un sorriso tirato e carico di disagio. «Ma l’ordine di catturarlo mi è arrivato direttamente da Freezer Jafar, dovreste parlarne con lui» aggiunse, inchinandosi di nuovo e cominciando a indietreggiare. «Ragazzi, dobbiamo scortare la principessa fino al palazzo! È pericoloso per lei girare da sola in queste strade. Kiwi, tu porta in prigione lo stracc-… ehm, il prigioniero» si corresse, fulminato da Chichi con lo sguardo. «Noi l’abbiamo preso come ci aveva ordinato, portarlo direttamente a lui era compito tuo, no?»
«S-sì… l’ha ordinato a me!» ribatté lo scagnozzo di Freezer, ancora sconvolto per quanto successo e intimorito dalla presenza della principessa. Perché era in compagnia di questo straccione così importante per il Gran Visir? Sarebbe stato punito dal sultano per colpa di Chichi? Scacciò questi pensieri riflettendo sul fatto che era molto più conveniente stare dalla parte del Gran Visir, come aveva sempre fatto, e già pregustava una ricompensa per un lavoro che, a torta finita, si era rivelato per lui facile.
«Kiwi, sappi che non dimenticherò questo affronto!» lo minacciò la principessa, facendogli gelare il sangue nelle vene e allentare la presa sulla fune con cui tratteneva Goku. Non era certo un valoroso, anzi.
Bubbles e Goku si lanciarono un’occhiata, con la scimmia che saltò fuori dal vaso e colpì Kiwi, facendolo cadere e consentendo al suo amico un’insperata fuga.
Il giovane si voltò un’ultima volta, mentre tutte le guardie urlavano e cominciavano a correre, incrociando lo sguardo della principessa.
Lei gli stava sorridendo, lui fece altrettanto.
Si domandò se l’avrebbe mai più rivista e si sentì morire al pensiero che quello sarebbe stato probabilmente il loro primo e ultimo incontro, mentre faceva perdere abilmente le sue tracce agli inseguitori.
 
«Come sarebbe a dire che è scappato?!» tuonò Freezer, battendo il bastone dorato a terra così forte da far quasi tremare gli umidi muri di pietra del carcere segreto sotterraneo in cui aveva dato appuntamento a Kiwi che, come Zarbon prima di lui, ne conosceva l’esistenza.
«E-ecco… m-mio signore, io l’avevo legato e lo stavo conducendo qui, poi la principessa mi ha minacciato e io…» farfugliò il soldato, prostrato sul freddo pavimento.
«Cosa c’entra la principessa?!» lo interruppe il Gran Visir. «Sorbet! Takoma! La fossa!» ordinò ai suoi due uomini incaricati di vegliare su quel luogo terribile e lugubre, che cominciarono ad azionare la grossa leva che faceva scivolare la pesante pietra che ostruiva il pozzo pieno di cobra, il cui sibilo incessante ora riecheggiava nell’aria malsana.
«N-no, io… cioè, la principessa era lì con lui! Non so perché… m-ma voleva che lo liberassimo e…».
«E sei un incapace! Ecco cosa sei!» sbraitò Freezer, sollevando di peso con un solo braccio Kiwi. Aveva gli occhi stralunati e il volto livido di rabbia. Era estremamente forte, soprattutto considerando la bassa statura e il fatto che fosse un uomo di mezza età. «Non mi interessa quello che dice quella ragazzina viziata, sono io che do gli ordini!» aggiunse, scaraventando l’uomo nella fossa e incamminandosi furente verso l’uscita, ignorando le urla agghiaccianti del soldato sulla cui testa veniva richiusa la pietra scorrevole.
«Vegeta! Vai a chiamare la squadra Ginew e portali da me, subito!»
«Tsk, mi stanno sul cazzo come quell’inutile soldato che hai appena dato in pasto ai cobra. Un altro falso e vigliacco che non sopportavo!» sibilò il pappagallo, che aveva ben inquadrato tutti gli scagnozzi di Freezer nel corso degl’anni e non ne salvava nemmeno uno.
«Ti ho detto di andare, non ho tempo da perdere! Sei solo un inutile uccello, impara a stare al tuo posto!» sbottò il Gran Visir, che raramente perdeva la pazienza anche col suo animale domestico. Vegeta sapeva bene che era al colmo dell’ira e, nonostante questo stesse rallentando anche il suo, di piano, non poté fare a meno di goderne almeno un po’.
«’fanculo, stronzo» sussurrò in un ghigno, per poi uscire da una finestra e volare nel cielo al tramonto di Agraba in cerca di quei cinque uomini che odiava con tutto sé stesso. «Un giorno me la pagherai, bastardo».
 
«Chichi, tesoro, mi hai fatto spaventare! Perché hai fatto una cosa simile?! È pericoloso là fuori!» gridò il sultano, commosso, correndo ad abbracciare Chichi non appena fece ritorno all’interno del palazzo reale scortato dai quattro componenti della squadra Ginew. Mancava proprio il capitano, che, avvisato da Vegeta, era tornato più velocemente per incontrarsi in gran segreto con Freezer. Il Gran Visir gli ordinò di stazionare a palazzo con la sua squadra per quella notte, perché si aspettava che lo straccione che Kiwi si era lasciato sfuggire avrebbe tentato un’incursione tra quelle mura per rivedere la principessa, con la quale doveva essere per forza successo qualcosa, altrimenti lei non avrebbe cercato di proteggerlo.
«Sto bene. Non sono più una bambina indifesa» sibilò lei, liberandosi frettolosamente dall’abbraccio del padre e facendo per dirigersi verso le sue stanze, seguita da Lunch e Bulma, che erano nel frattempo giunte lì attirate dal gran vociare che riecheggiava nel palazzo a causa di quanto era successo. «Dov’è Freezer?!» aggiunse, furente, guardandosi intorno.
«Sono qui, maestà. Ai vostri ordini» rispose il Gran Visir, uscendo da una stanza attigua insieme a Ginew e inchinandosi davanti a lei, fingendosi servile come sempre.
«Perché hai dato l’ordine di arrestare quel ragazzo?!»
«Principessa, è mio compito garantire la sicurezza e l’incolumità dei vostri sudditi. Quel giovane è un ladro e un pericoloso criminale, quindi…».
«Il mandato di cattura su di lui è annullato» lo interruppe Chichi, osservandolo con fierezza e disprezzo, prima di posare lo sguardo sul capitano Ginew, che provò un brivido di paura nell’incrociare i suoi occhi.
«Ma, maestà…».
«Questo è un ordine diretto della tua principessa! Osi disobbedire?!» lo interruppe di nuovo.
«Non mi permetterei mai» sibilò in tutta risposta il Gran Visir, a denti stretti. Pensò che quando avrebbe finalmente ottenuto l’oggetto del suo desiderio tutto sarebbe cambiato e cercò di calmarsi. Quando sarebbe diventato lui il sultano non avrebbe più dovuto rendere conto a nessuno. Si sarebbe vendicato su quella ragazzina che non aveva mai imparato a starsene al suo posto. Non sarebbe mai più stato secondo a nessuno, avrebbe anche ampliato i confini del regno, altro che comportarsi come quello stupido sultano a cui era costretto a sottomettersi.
«Un ragazzo?!» domandò ingenuamente Giuma, che non stava capendo di chi o cosa stessero parlando.
«È un mio amico. Sarò libera almeno di avere un amico, no?!» sbottò Chichi, fulminandolo con lo sguardo e lasciando la stanza, seguita da Lunch e Bulma.
«Ha un bel caratterino la principessina, eh?!» rise sotto i baffi il principe Lapis, che aveva assistito alla scena in disparte insieme alla sorella.
«A me sembra che le tue attenzioni fossero tutte per quell’ancella dai capelli blu, in realtà» ribatté Lazuli, riprendendo a leggere il libro che aveva preso dalla biblioteca del palazzo e che non smetteva di appassionarla.
«Freezer… io non capisco!» piagnucolò il sultano, avvicinandosi al suo fidato consigliere.
«È una ragazzina, sire, occorre avere pazienza» rispose a denti stretti, stritolando il bastone d’oro fino a farsi male. «Con permesso» aggiunse, andandosene da lì insieme a Vegeta. Era furioso. Come aveva osato quell’inutile donna umiliarlo davanti a tutti e dargli degl’ordini diretti? Si consolò pensando che presto tutto sarebbe cambiato. Ne era sicuro, gli serviva solo quel diamante allo stato grezzo di cui ormai aveva quantomeno scoperto il punto debole.
 
«Cos’hai combinato?! Non erano questi gli accordi!»
Lunch rimproverò Chichi non appena fecero ritorno nella sua stanza, ma la principessa adesso sembrava di ottimo umore mentre accarezzava una felicissima Bulma che le faceva la fusa e questo strappò un sorriso anche all’ancella.
«Scusami Lunch, ma sono successe tante cose là fuori… è stato tutto così bello…»  sospirò con aria sognante la principessa, lasciandosi cadere di schiena sul letto con le braccia spalancate e gli occhi chiusi. «Vorrei tornarci ancora… e ancora!»
«Guarda che non posso mica ammiccare tutti i giorni con il povero Yamcha, non voglio mica illuderlo più di quanto non abbia già fatto!» le sorrise dolcemente Lunch, che era davvero felice nel vedere così quella che considerava una sorella minore, nonostante l’avesse fatta preoccupare.
«Però eri talmente affascinante mentre cercavi di sedurlo che hai fatto innamorare anche me!» rise la principessa, alzandosi e abbracciandola forte, facendola arrossire. «Ti sarei saltata addosso, lo sai?»
«S-smettila! I-io sono una ragazza perbene!» protestò l’ancella, paonazza, allontanandola da sé. «Piuttosto… cos’è questa storia del ragazzo di cui parlavi?!»
«Oh, l’ho conosciuto al mercato! È bello, è un sognatore… buono e sensibile, dolce e allegro! Abbiamo tante cose in comune, ha anche una scimmia come amico e… e non so nemmeno il suo nome!»
«Hai fatto qualcosa con lui?! Non è che voleva approfittarsi di te perché sei la principessa?!»
«No, no! Ha scoperto chi fossi solo quando le guardie l’hanno arrestato! Io… io avrei voluto baciarlo, passare altro tempo con lui, conoscerlo meglio. È… è diverso da tutti quegli arroganti pretendenti che vogliono la mia mano e il mio regno!»
Lunch la guardò negl’occhi e scosse leggermente la testa, accennando un sorriso.
«Sei molto dolce, Chichi, ma forse anche un po’ ingenua. Sei sicura di poterti fidare di un ladro?»
«Ehi, non trattarmi come una bambina! E lui… lui non è una cattiva persona! Ruba per sopravvivere e basta! Là fuori… là fuori ci sono quartieri della città pieni di persone povere e bambini affamati e lui…».
«E lui immagino che per un bel po’ di tempo non sarà più affamato» la interruppe Lunch, accarezzandole la testa, prima di abbracciarla con gli occhi lucidi.
Chichi sgranò gli occhi e si portò a sua volta le mani sulla testa.
Era stata una stupida, aveva ragione Lunch.
Non c’era più. La fascia per capelli col diamante blu che le aveva regalato sua mamma prima di morire non c’era più.
Quel ragazzo senza nome era un ladro come tutti gli altri e lei era solo una sciocca sentimentale e un’ingenua.
Lunch si staccò da lei e lasciò la stanza, lasciandola libera di piangere lacrime miste di delusione e rabbia, mentre Bulma cercava di consolarla strusciando il suo grosso muso contro le sue gambe.
Com’era possibile che quel ragazzo così gentile e sorridente l’avesse tradita in un modo così vile dopo che lei le aveva raccontato la storia di sua madre e lui gli aveva parlato dei suoi genitori?!
Si era fidata di lui, ma, evidentemente, si era illusa e basta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: un finale amaro, al termine di un capitolo intenso dal punto di vista sentimentale e pieno d’azione. I nostri arrivano quasi a baciarsi, ma la squadra Ginew rovina tutto sul più bello… però, a sorpresa direi, Goku riesce a liberarsi e a scappare quando tutto ormai sembrava perduto. E, in tutto questo, Kiwi va a fare compagnia a Zarbon nella fossa grazie allo spietato Freezer. Tra l’altro abbiamo anche visto chi sono i due uomini del Gran Visir che lavorano in quel sudicio carcere segreto: ormai gli scagnozzi di DBZ latitavano e così ho attinto da Super per Sorbet e Takoma.
So che Lapis e Lazuli sono molto apprezzati in questa storia e vi ringrazio per questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto anche se compaiono con una misera battuta a testa con quel loro fare scanzonato e distaccato. So anche che aspettate con ansia Radish, e lo stesso vale per me: abbiate fiducia, non manca molto e la sua entrata in scena sarà travolgente. Abbiate pazienza, per lui e per vedere cosa ha in mente il sempre fine e dolce Vegeta. Mi mancano i momenti Rad & Veggy, lo sapete? ;-)
 
Un grazie gigante va come sempre a chi mi dà ogni settimana il suo parere e a chi mi trasmette tanto entusiasmo e la voglia di portare avanti questa rielaborazione, che è piuttosto impegnativa nel gestire le modifiche che ho fatto alla trama e per l’inserimento di tanti personaggi che spero continuerete a gradire. Grazie anche a chi legge in silenzio, se volete battere un colpo anche voi fatelo pure dove, come e quando volete, a me fa solo piacere! Grazie anche a chi realizzato la magnifica fan art a tema che allego.
 
Bene, tanta azione e tanto amore anche mercoledì prossimo, col capitolo che si intitola “Intruso a palazzo”. Cosa dite, sarà stato davvero Goku a rubare a Chichi la fascetta col diamante della madre? Avranno modo di rivedersi i due in qualche modo? Succederanno davvero tante cose e vedremo in scena molti dei personaggi visti finora, non ci sarà da annoiarsi, ve lo garantisco! Il capitolo conterrà le parole: “principe dei ladri”, “Beh, perché tu sei mia” e “disagio”. Ah già, potrebbe esserci anche un bacio, chissà! Ci vediamo mercoledì!
 
Teo
 
 

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Capitolo 9
*** Intruso a palazzo ***


9 – Intruso a palazzo
 
 
«Era davvero la principessa quella ragazza, Bubbles?!» domandò Goku alla sua scimmia, ancora incredulo, non appena furono riusciti a far perdere le proprie tracce da quelle guardie che ormai li avevano catturati e che invece erano stati poi distratti dall’intervento di Chichi. Era incredulo, tutto gli sembrava assurdo. Si era davvero innamorato della principessa? Stava sul serio per baciarla? Lui, un povero straccione? No, probabilmente si era illuso, doveva aver frainteso. Ma perché, allora, lei l’aveva aiutato? Solo perché lui l’aveva salvata da quel venditore al mercato che voleva tagliarle una mano?
«Uh, uh?» allargò le braccia Bubbles, inclinando leggermente la testa. Non ci vedeva niente di così strano, era solo una ragazza che non gli stava nemmeno troppo simpatica perché si era presa la sua mela, oltre che le attenzioni del suo amico.
«Penserà che sono uno stupido! E che sono solo un poveraccio!» sbottò il giovane, portandosi le mani tra i capelli.
«Uh, uh! Uh, uh!» gli saltellò allegramente davanti la scimmia, sorridendogli e indicando che aveva nascosto qualcosa sotto il suo gilet. Voleva tirar su di morale il suo amico.
«Cosa c’è Bubbles?»
«Uh, uh, uh!» rispose con fierezza, mostrando a Goku la fascetta per capelli di Chichi con incastonato al centro il diamante blu. Non avrebbero patito la fame per tanto tempo, questo doveva per forza tirarlo su di morale!
«M-ma… quella è la fascetta della principessa?! Gliel’hai rubata?!» sgranò gli occhi il giovane, alzando il tono della voce.
«Uh!» annuì la scimmia, che si aspettava tutt’altra reazione.
«Era un ricordo di sua mamma! Non hai sentito la sua storia?!» lo sgridò Goku, strappandogli di mano la fascetta e avvicinandosela al volto. Un delicato profumo di sandalo lo avvolse e gli riportò alla mente i meravigliosi occhi neri di Chichi, mentre Bubbles abbassava la testa e si stringeva nelle spalle, mortificato. Era una scimmia avida e bramosa di ricchezza perché era cresciuta nella povertà, ma soprattutto era intelligente e di buon cuore. Goku sapeva che non avrebbe mai fatto una cosa del genere se avesse ascoltato sul serio la storia della principessa, senza farsi distrarre dalla mela che lei teneva in mano e che voleva riprendersi.
«Dai, possiamo ancora sistemare questa cosa e tu mi darai una mano, ok?» sorrise Goku, abbassandosi e appoggiando una mano sulla spalla di Bubbles. «Tra poco scenderanno le tenebre e io farò irruzione nel palazzo reale di nascosto per restituirle la fascetta» aggiunse, mentre sentiva l’adrenalina cominciare a scorrergli dentro perché questa situazione inaspettata gli aveva dato il coraggio di tentare di rivedere la ragazza dei suoi sogni, pur consapevole che tutto quello che stava succedendo era, appunto, solo un sogno. Lui era un poveraccio e lei una principessa, non avrebbero mai potuto amarsi… tuttavia non voleva che lei lo considerasse un volgare ladro senza scrupoli o un bastardo che si era approfittato dei suoi sentimenti. Era un poveraccio, sì, ma era soprattutto una persona sincera e buona.
 
«Uh, uh, uh,! Uh, uh, uh, uh!» cominciò a sbraitare Bubbles in prossimità dell’angolo più remoto delle mura che cingevano il palazzo reale, all’esterno proprio della stessa uscita dalla quale era fuggita Chichi quel pomeriggio.
«Ehi, che succede!» gridò Yamcha, dall’interno.
«C’è qualcuno che si sta agitando in strada e continua a fare versi, ma non riesco a vedere bene con questo buio!» rispose Tensing, dall’alto, mentre svolgeva il suo ruolo di sentinella.
Era una serata particolarmente buia, soprattutto in quel momento, visto che la luce della luna era lievemente offuscata da una nuvola passeggera, una rarità nel cielo di Agraba. E fu quello il momento perfetto scelto da Goku per mettere in scena il suo piano. Col favore dell’oscurità si era già arrampicato sulle mura, rapido e agile come un gatto.
«Oh, Tensing! È solo una povera scimmietta! Forse ha fame!» disse Riff, aguzzando la vista.
«Tutto sotto controllo, Yamcha! È solo una scimmia, ora gli lancio una banana così magari si calma!» spiegò Tensing, gettando un frutto a Bubbles, che si zittì e lo mangiò avidamente. Era felice, il suo compito, infatti, l’aveva svolto alla perfezione.
«Perfetto! Allora riprendo il giro di ronda nel giardino! A dopo!» li salutò Yamcha, allontanandosi dalle mura senza potersi rendere conto che, nel frattempo, un intruso si era introdotto all’interno e ora si stava già arrampicando su una balconata, veloce e silenzioso come il vento.
«Quello che si sta arrampicando non è il ragazzo di ieri? Quello che quel soldato ha insultato durante la nostra parata?» disse Lazuli, seduta in giardino nei pressi della grande fontana, intenta a guardare le stelle. Le piaceva leggere e perdersi guardando le stelle, anche se nessuno sapeva a cosa pensasse in quei momenti. Nemmeno Lapis e Sedici, che erano lì con lei.
«Con quei capelli è inconfondibile. Non dirmi che ti piace, sorellina…» la provocò suo fratello, ghignando, mentre Sedici si era già alzato in piedi e aveva portato la mano alla spada.
«Non mi piacciono gli scimmioni come quello lì. E nemmeno i cretini come te» sibilò lei, incenerendolo per un istante con lo sguardo, prima di riprendere a osservare il cielo. Non gliene fregava nulla del motivo per cui quel giovane si fosse introdotto a palazzo. Non lo reputava una minaccia, l’aveva capito il giorno prima che era una brava persona e questo le bastava.
«Sai che novità… a te non piace nessuno» ribatté Lapis.
«Principe, vado ad avvisare le guardie o vado a fermarlo io personalmente? Si sta introducendo nel palazzo» intervenne Sedici, interrompendo quel battibecco.
«Lascialo fare, Sedici. Avrà un buon motivo per rischiare così tanto, no? E io apprezzo chi sa rischiare» sorrise. «L’hai detto proprio tu che quel tipo è un diamante allo stato grezzo, no? Ad ogni modo, io vado a farmi un giro…».
«Già, un diamante allo stato grezzo…» disse il generale venuto dal nord, voltandosi poi in direzione di Lazuli mentre Lapis camminava verso il palazzo. Voleva anche il suo parere, non amava fare distinzioni tra i due fratelli come invece tendevano sempre a fare tutti dando più importanza al principe, in quanto erede al trono. «Principessa?»
«Lascialo fare. È innocuo» stabilì la bionda, facendo spallucce.
 
«Si è messo in trappola da solo, il mio diamante allo stato grezzo. Tutto come previsto» ghignò Freezer da un’altra balconata, osservando Goku sparire all’interno del palazzo reale. «Vegeta, fai venire qui la squadra Ginew, muoviti! Dovrebbero essere qui fuori!»
«Tsk!» borbottò il pappagallo, alzandosi in volo di malavoglia dalla spalla del Gran Visir per raggiungere quei soldati che reputava incapaci e su cui non vedeva l’ora di potersi vendicare, un giorno, quando il suo piano si sarebbe finalmente realizzato. Non li sopportava perché lo schernivano sempre se non c’era Freezer nei paraggi, ma lui non aveva mai perso la calma. Non gli aveva mai mostrato la sua intelligenza superiore.
«Freezer vi vuole! Freezer vi vuole!» ripeté Vegeta, non appena trovò la squadra Ginew in uno degli ampi corridoi del palazzo reale, guardandoli con occhi fintamente inespressivi. Stavano provando delle coreografie e delle pose assurde per i balletti con cui amavano entrare in scena. Lui li odiava dal profondo del cuore anche per questo, ovviamente. Si vergognava per loro. «Tutti da Freezer! Tutti da Freezer!»
«Oh! È arrivato l’uccellino del capo! Ah, ah, ah!» scoppiò a ridere Ginew.
«Ciao, piccione viaggiatore!» lo derise Reekom.
«Lo vuoi un biscottino, eh?!» chiese Jeeth.
«Voglio il biscottino! Voglio il biscottino!» rispose Butter, imitando la voce atona da pappagallo di Vegeta e muovendo il collo come fosse un volatile, scatenando l’ilarità generale.
«Tienilo il biscottino, inutile e stupido uccello!» gridò Guldo, scagliandogli addosso un biscotto raffermo che, fortunatamente, Vegeta riuscì a schivare, riprendendo poi a volare verso la stanza di Freezer e distanziando i cinque soldati che lo seguivano senza smettere di prenderlo in giro e ridere, dandosi pacche sulle spalle a vicenda.
«La pagherete cara un giorno, bastardi. Io… io ve lo giuro! Nessuno si prende gioco del grande Vegeta!» sibilò, serrando il becco, mentre il sangue gli ribolliva nelle vene.
Già, un giorno lui sarebbe diventato un uomo, e poi avrebbe ottenuto il titolo di sultano. Oltre all’immortalità, ovviamente. Era tutto nella sua testa quel piano, sentiva anche sempre più vicino il momento in cui l’avrebbe concretizzato. E allora sì che si sarebbe divertito.
 
«Stanno arrivando, tsk!» sbottò Vegeta, appollaiandosi sulla spalla di Freezer dopo essere entrato dalla finestra, proprio mentre qualcuno bussava alla porta di quella stanza.
«Entrate!» disse il Gran Visir.
«Rekoom!» urlò il primo dei componenti della squadra Ginew, spalancando la porta e correndo all’interno, prima di bloccarsi all’improvviso, di lato rispetto a Freezer che lo osservava stranito, sollevando poi il braccio destro in diagonale verso l’alto.
«Butter!» gridò il secondo, entrato di corsa insieme agli altri, alzando una gamba e allargando entrambe le braccia.
«Jeeth!» esclamò il soldato dai lunghi capelli bianchi e il viso arrossato, inginocchiandosi e portando in alto le braccia.
«Guldo!» aggiunse il grassoccio pelato dalla carnagione verdastra, inginocchiandosi a sua volta davanti agli altri, con le braccia tese verso il basso.
«Ginew!» sbraitò il capitano, posizionandosi davanti a tutti e dando le spalle a Freezer, prima di divaricare le gambe e abbassarsi, per guardarlo da sotto.
«Squadra Ginew! In azione!» conclusero in coro, restando poi immobili per pochi ma interminabili secondi, nel silenzio imbarazzato rotto solo dal leggero vento serale che soffiava dal deserto e faceva capolino dalla finestra.
«Ehm…» si schiarì la voce Freezer, portandosi un pugno chiuso davanti alla bocca e tossendo leggermente. Sentiva il disagio crescere dentro di sé e faticava persino a trovare le parole. «Sì…» aggiunse, con un filo di voce, prima di schiarirsi di nuovo la voce.
«Teste di cazzo! Teste di cazzo!» ruppe il silenzio Vegeta, irritato, che pensò così di prendersi una piccola rivincita pur continuando a fingersi un semplice pappagallo, prima di volare via.
«Ehi! Maledetto pennuto! Io…» protestò Guldo.
«Silenzio!» urlò il Gran Visir, battendo il bastone dorato a terra e recuperando tutta la sua autorità. «Non ho tempo da perdere!»
«Lo scusi, capo» accennò un inchino Ginew, dopo aver dato una scappellotto sulla nuca al più basso dei suoi uomini.
Proprio in quel momento Vegeta passò sopra di loro e al momento giusto sganciò degli escrementi che colpirono Ginew su una spalla e Guldo in piena testa, per poi allontanarsi in volo con nonchalance.
«Lurido uccello!» sbraitò il capitano.
«Che schifo! Io… io ti ammazzo!» aggiunse il suo sottoposto, con un rivolo bianco e denso che gli colava lungo la testa pelata e cominciava a scendergli verso il collo.
«Vi ho detto di stare zitti! È un ordine! Non permettetevi di farmi perdere la pazienza!» gridò il Gran Visir, inferocito, riportando l’ordine.
«S-scusi!» balbettarono in coro le due guardie, improvvisamente docili.
«Lo straccione che vi avevo ordinato di arrestare è appena entrato a palazzo e si è diretto verso le stanze della principessa» spiegò Freezer. «Voglio che lo catturiate non appena uscirà di lì, con discrezione e senza attirare l’attenzione di nessuno, soprattutto di quella ragazzina. Chiaro?!»
«Sì! Andiamo, uomini!» rispose Ginew, correndo fuori dalla stanza seguito dalla sua squadra, mentre il Gran Visir sorrideva sadicamente e si avviava lui stesso, camminando, nella stessa direzione.
 
Goku, nel frattempo, era riuscito a entrare in un ampio e buio corridoio del palazzo e cercava di orientarsi in mezzo a tutto quello sfarzo: suppellettili dorati, vasi preziosi, dipinti giganteschi, drappi e tende realizzate dai migliori artigiani del regno e un lieve profumo d’incenso a riempire l’aria.
«Ehi! Ti sei perso? Aspetta… chi sei?!» domandò una ragazza dai lunghi capelli blu, uscita in quel momento da una stanza con in mano dei panni puliti e piegati.
Era Lunch, solo che lei e Goku non si erano mai visti. E, soprattutto, il giovane non poteva sapere che era arrivato casualmente proprio in prossimità del suo obiettivo.
«Shhh!» le disse lui, tappandogli la bocca con una mano e spingendola contro il muro, premendosi poi contro di lei per bloccarla, visto che continuava a dimenarsi e cercava di urlare.
«Non ho cattive intenzioni, davvero! Sto solo cercando la principessa! Puoi aiutarmi?» sussurrò Goku. Lunch annuì e smise di muoversi freneticamente, sgranando gli occhi e poi arrossendo vistosamente. Erano praticamente uno addosso all’altra contro il muro e si fissavano negli occhi. Lo sguardo di quel ragazzo non gli sembrava cattivo, tuttavia quella situazione la metteva terribilmente in imbarazzo.
«U-urcaaa! N-non volevo… io, scusa…» farfugliò Goku, allontanandosi di scatto da lei, visibilmente a disagio. «Non urlare, ti prego».
«Certo che ne hai di fegato per chiedermi di non urlare! Chi sei?! Cosa vuoi?!» sbottò Lunch, senza alzare troppo la voce, sistemandosi i vestiti e raccogliendo poi i panni che erano caduti a terra. Era ancora scossa da quel contatto. Non che le piacesse quel ragazzo, nonostante fosse carino e decisamente muscoloso. Preferiva il principe Lapis, se doveva proprio fare un paragone sugli ultimi due con cui si era cacciata, suo malgrado, in situazioni equivoche. E poi c’era anche Yamcha, volendo… ma perché tutti a lei, ultimamente?!
«Io oggi ho conosciuto la principessa in città, volevo parlarle, anche solo per qualche minuto!»
«Ah, tu devi essere il ragazzo del mercato!» sbottò l’ancella, mollando un ceffone sulla guancia di Goku. «L’hai illusa e poi derubata della cosa più cara che aveva! Come osi presentarti qui?!»
«Ahia, che male!» si lamentò il giovane, portandosi istintivamente le mani sul volto. «Sono qui per questo, guarda!» aggiunse, tirando fuori dalla tasca la fascia per capelli della principessa. «È stato tutto un equivoco, non gliel’avrei mai rubata!»
«Mi sembri sincero…» convenne Lunch, scrutandolo da capo a piedi. «In effetti, solo un folle entrerebbe a palazzo sperando di non essere scoperto da nessuno… vuoi davvero restituirglielo? O è una scusa per rubare altro?!»
«Io… io vorrei solo rubare il suo cuore, ma so anche da solo che è una cosa impossibile per un povero ladruncolo come me…» accennò un sorriso malinconico Goku, lasciando la fascia di Chichi tra le mani di Lunch. «Sei sua amica, vero? Daglielo tu… mi basta sapere che possa avere ancora con sé il ricordo di sua mamma».
«Io non sono solo una sua amica, sono piuttosto come una sorella maggiore per lei» sorrise l’ancella, colpita dalle parole di quel ragazzo spuntato fuori da chissà dove. Dentro di sé pensò che sarebbe stato perfetto se fosse stato un principe, che era lui quello giusto se non fosse mai esistita quella stupida legge a cui doveva attenersi Chichi. «Daglielo tu e spiegale tutto. Seguimi» aggiunse, camminando per qualche metro, prima di aprire un’elegante porta decorata di elegantissime finiture dorate e blu scuro. «Hai pochi minuti a disposizione, tra poco passeranno le guardie per la ronda. Vedi di fare in fretta e di non farti scoprire!» gli spiegò, per poi afferrarlo per un braccio e spingerlo in una sontuosa e profumatissima stanza, illuminata dalla luce di molte grosse candele e riempita di ricchezze assortite in ogni suo angolo.
Quando richiuse la porta e si voltò, si ritrovò davanti due occhi di ghiaccio e un sorriso beffardo che emergevano dall’oscurità, illuminati dalla luce della luna che era tornata a risplendere quella notte. Si lasciò sfuggire un urlo soffocato e sgranò gli occhi per lo stupore e lo spavento, con i panni che le sfuggirono di nuovo di mano.
«Ti faccio questo effetto?! Sono solo io» si avvicinò Lapis, facendo qualche passo verso di lei e raccogliendo lui stesso i panni dal pavimento, prima di appoggiarli su un mobiletto.
«P-principe… non deve! M-mi scusi… io, non…» balbettò lei, riprendendosi dalla sorpresa e andando verso di lui.
«Shhh… shhh…» la zittì Lapis, appoggiandole il dito indice sulle sue morbide e carnose labbra. «Non vorrai che ci scoprano» sibilò in un ghigno.
Il cuore di Lunch cominciò a palpitare più forte e il suo voltò arrossì di nuovo. Come aveva potuto cacciarsi di nuovo in una situazione equivoca con un uomo?! E il principe si era accorto del ragazzo del mercato?! L’aveva visto di sicuro… perché non aveva dato l’allarme, allora?
«Chiamami Lapis e dammi del tu. Te l’ho già detto, Lunch».
«S-sì…» annuì, distogliendo lo sguardo da quello di lui e afferrandogli delicatamente l’avambraccio per spostargli il dito dalla sua bocca. «Perché… perché sei qui?» disse con un filo di voce, sentendosi terribilmente a disagio nel porsi alla pari con una persona di un rango così diverso dal suo.
«Perché volevo controllare che quel ragazzo non fosse qui per te» sorrise enigmatico il principe, appoggiando una mano sul muro accanto al volto di Lunch, che si rese conto solo in quel momento di essere, appunto, ormai con le spalle contro la parete del corridoio. «Ma, a quanto pare, è solo un amichetto della principessa…».
«N-non… non dare l’allarme, per favore…».
«Oh, non ne ho nessuna intenzione» sorrise di nuovo, appoggiando anche l’altra mano contro la parete e bloccando così ogni via di fuga per l’ancella.
«G-grazie…» sospirò Lunch, deglutendo il nulla e perdendosi per un istante di troppo nello sguardo magnetico del principe. Cosa stava facendo? Perché gli stava dando corda? Perché, soprattutto, si sentiva così bene in quel momento? Era tutto un errore, probabilmente, ma non riusciva ad andarsene da lì. Non voleva.
«Perché volevi sapere se quel ragazzo era qui per me?» gli domandò tutta d’un fiato, stupendosi della sua stessa sfacciataggine, senza riuscire a distogliere gli occhi dai suoi.
«Beh, perché tu sei mia» ribatté Lapis, baciandola all’improvviso e togliendole il fiato.
Lunch sgranò gli occhi e si paralizzò con le braccia lungo e fianchi, ma dischiuse la bocca e lo lasciò fare. Il cuore le batteva come mai prima, mentre una piacevole sensazione di calore che non aveva mai sentito la avvolse da dentro. Chiuse gli occhi a sua volta e lo abbracciò, ricambiando quel bacio. Un bacio delicato eppure passionale. Un bacio che la sconvolse e la fece anche sentire una principessa. Un bacio che forse non avrebbe avuto un domani, ma che era troppo bello nel presente per non goderselo appieno. Quel principe non le aveva mentito: era davvero attratto da lei, non da Chichi. Non sapeva se era sincero fino in fondo con lei o se voleva solo divertirsi con un’ancella, non riusciva a capirlo, era una persona enigmatica e che conosceva troppo poco. Ma si sentiva bene, ed era questo ciò che contava.
«Sei mia, Lunch…» accennò un sorriso Lapis, staccandosi lentamente e a fatica da lei, che annuì, confusa e ancora scossa da quello che era successo, prima di sciogliersi a sua volta in un sorriso.
«Considera questo bacio un anticipo» continuò con un filo di voce, arretrando senza smettere di guardarla nei suoi occhi nocciola che aveva trovato irresistibili sin dalla prima volta in cui li aveva incrociati. «Ci rivedremo, se vorrai» aggiunse, sparendo silenzioso nell’oscurità.
 
Goku non aveva ancora finito di guardarsi intorno, affascinato e stupito dalla quantità di ricchezza ed eleganza che si trovava in quella stanza, quando un ruggito soffocato lo fece tornare alla realtà. Si voltò e si ritrovò faccia a faccia con un magnifico esemplare di tigre, molto più affascinante e maestoso di tutti quelli che aveva visto in vita sua da lontano nelle gabbie dei mercanti. Era una tigre stupenda, ma c’era solo un piccolissimo problema: gli mostrava i denti, mentre si avvicinava a passi lenti senza distogliere da lui quegli occhi azzurri che la rendevano ancora più elegante, coi muscoli tesi e il pelo striato straordinariamente lucido. Sembrava pronta a saltargli addosso da un momento all’altro, e non certo per giocare.
«Ehm… c-ciao!» balbettò Goku, intimorito. «I-io… io sono un amico della principessa e devo darle una cosa!» aggiunse, grattandosi i capelli sulla nuca e ridacchiando nervosamente. «Vieni… micio, micio, micio!» disse con un filo di voce, abbassandosi e allungando un braccio verso di lei. «Anzi, micia, micia micia! Direi che sei una gattona, con quegli occhioni azzurri che hai!»
Bulma fece un passo in avanti, guardandolo ancora con sospetto e fiutando l’aria intorno a sé. I suoi sensi superiori riuscivano a percepire la paura di quel ragazzo, ma anche e soprattutto la sua bontà d’animo e sincerità. Si avvicinò con un balzo repentino e strusciò la testa contro il suo ginocchio, lasciandosi accarezzare.
«Tutto bene, Bulma? Ho sentito un rumore e…» intervenne Chichi, facendo capolino da un angolo nascosto di quella gigantesca stanza. La spazzola con cui si stava pettinando i suoi lunghi capelli neri le cadde a terra per la sorpresa, sia per l’aver visto la sua tigre, solitamente diffidente, dare corda a uno sconosciuto, sia, ancora di più, nel vedere chi era quello sconosciuto. «E tu cosa ci fai qui?!» sbottò, avanzando a passo di carica verso Goku e dandogli anche lei una sberla in faccia.
«Ahia! Lasciami parlare almeno!» si lamentò il ragazzo, mentre Bulma si allontanava dai due e continuava a osservare la scena, incuriosita.
«Con che faccia ti presenti qui dopo quello che mi hai fatto ogg?i! Io mi sono anche esposta per te!»
«Sono qui per questo…» le sorrise Goku, tirando fuori dalla tasca la fascia col diamante e mettendola direttamente sulla testa di Chichi, sistemandogliela tra i capelli.
Lei lo lasciò fare, mentre tratteneva il respiro e sentiva il cuore batterle più forte. Non si sarebbe mai aspettata quel gesto, tantomeno quel contatto.
«A-ah… s-scusa!» si allontanò di un passo Goku, rendendosi conto solo in quel momento di quello che stava facendo. Il cuore gli martellava nel petto e stava sudando. Quella ragazza era così bella da confonderlo, lo faceva apparire più stupido di quanto già non si sentisse nell’illudersi che una come lei potesse amare davvero un povero ladro come lui. «T-tu sei la principessa e… e io non dovevo…».
«Non ricordarmi chi sono…» disse Chichi con un filo di voce, abbassando leggermente la testa e arrossendo. «Cioè, non c’entra nulla adesso il fatto che sono la principessa».
Goku la guardava come inebetito, stregato da quel suo lungo vestito blu con inserti velati che lasciavano intravedere la sua pelle abbronzata e tutte quelle decorazioni color bronzo che sembravano brillare al pari dei gioielli che indossava e dei suoi occhi. Non l’aveva mai vista coi capelli sciolti, e questo gli fece seccare la gola da quanto le piacesse anche così, nonostante l’avesse ammirata per la prima volta con una coda alta che adorava al pari di questa acconciatura.
«Ehm… stai bene coi capelli sciolti! Cioè, eri bellissima anche con la coda, non saprei scegliere! Eh, eh!» ridacchiò nervosamente Goku, facendola arrossire ancora di più. «Cioè, scusa, volevo dire che mi dispiace per la fascia che ti aveva regalato tua madre, è stato tutto un equivoco per colpa di Bubbles, mi scuso anche da parte sua e poi…».
«E poi va bene così…» gli sorrise Chichi, avvicinandosi all’improvviso e abbracciandolo. «Sono contenta che sei venuto qui. Che abbiamo chiarito questa cosa» aggiunse, stringendolo forte e facendogli deglutire il nulla, più volte.
Goku restò come paralizzato per qualche istante, prima di riuscire a tornare in sé e accarezzarle delicatamente quei morbidi capelli che emanavano un piacevole profumo di cocco.
«Un giorno sarai libera, vedrai. Troverai qualcuno che potrà aiutarti» le disse.
«Lo pensi davvero?»
«Sì, cerca di stare tranquilla e di avere fiducia. Ti fidi di me, giusto?»
«Sì!» sorrise Chichi, guardandolo negl’occhi.
«E allora ci rivedremo domani sera, parleremo con più calma. Tua sorella mi ha detto che avevo solo pochi minuti a disposizione stasera» disse Goku, allontanandosi da lei e dirigendosi verso l’ampia balconata di quella stanza.
Salì sulla balaustra e si voltò di nuovo, per guardarla un’altra volta. Sapeva che non sarebbe più riuscito ad andarsene da lì se fosse rimasto un minuto di più, gli piaceva troppo quella ragazza. Ma era tutto assurdo, tutto sbagliato. Lui era una straccione che non avrebbe mai dovuto trovarsi nella stanza di una principessa. E, proprio per questo, reputò ancora più folle quello che aveva appena fatto. Ma ne fu felice, perché non poteva fare altrimenti. Era il cuore a dirglielo, e lui non poteva fare altro che dargli retta.
«Domani?! Ma… ma è pericoloso qui! È pieno di guardie, e se ti trovassero?!» chiese Chichi, rincorrendolo. Non voleva che se andasse, anche se sapeva che era la cosa più giusta. E dentro di sé voleva invece con tutta sé stessa vederlo tornare lì da lei, pur sapendo che era una cosa sbagliata, assurda e rischiosa.
«È pericoloso solo se ti prendono, no?» le fece l’occhiolino il ragazzo, pronto a saltare.
«A-aspetta… non so nemmeno il tuo nome!»
«Mi chiamo Goku. Aladdin Goku, principessa. Per servirla» rispose lui, accennando un inchino per farla ridere.
«Dimmi una cosa, Aladdin Goku: perché vorresti ritornare domani sera?» gli domandò maliziosa, senza tuttavia riuscire a impedire a sé stessa di arrossire lievemente.
«Oggi sono venuto a ridarti la fascia, domani devo riportarti questo» sorrise Goku, tirando fuori dalla tasca un orecchino rosso con una grossa perla bianca come pendente.
«Ma… t-tu… quando?!» farfugliò Chichi, portandosi le mani tra i capelli e constatando che solo su una delle sue orecchie era rimasto l’orecchino gemello di quello che le aveva appena mostrato Goku.
«Sono il figlio di uomo che era detto “Il principe dei ladri”… forse sono anch’io un principe, nel mio campo» le fece l’occhiolino Goku. «Aspettami domani sera, quando la luna sarà alta sopra il minareto» aggiunse, saltando giù dalla balaustra.
La principessa corse a guardare, ma non trovò altro che tenebre e silenzio.
Col cuore che le martellava nel petto si lasciò cadere a pancia in giù sul letto, con la faccia sprofondata tra le lenzuola. Afferrò un cuscino e se lo premette sulla nuca, chiuse gli occhi e scalciò delicatamente prima con una gamba e poi con un’altra il soffice giaciglio su cui era distesa. Non era mai stata così felice, non si era mai sentita così viva. E. soprattutto, non era mai stata innamorata.
Nessuno poteva vedere il suo volto in quel momento. Né Bulma, che la osservava , né tantomeno Lunch, che era entrata in quel momento nella stanza. Ma non avevano bisogno di vederlo, perché la conoscevano benissimo: il suo volto stava sorridendo, come del resto il suo cuore.
 
 
 
 
 
 
 
Note: allora, ve lo aspettavate il bacio a sorpresa tra Lapis e Lunch? Vi è piaciuto? E di Goku e Chichi che sono riusciti a rivedersi cosa ne dite?
Un capitolo carico di emozioni e di amore direi, spero anche di risate grazie alla piccola vendetta che riesce a ritagliarsi Vegeta contro le angherie della Squadra Ginew.
Ai principi venuti dal nord, tra l’altro, sembra non sfuggire nulla di quello che succede a palazzo intorno a loro.
Goku è riuscito facilmente a eludere la sorveglianza di Yamcha e Tensing, ma non quella di Lazuli e, soprattutto, di Freezer, che lo stava aspettando. Riuscirà a uscire dal palazzo il nostro eroe? Potrà tornare da Chichi la sera dopo, come le ha promesso?
 
Ringrazio tantissimo come sempre tutti voi che mi sostenete ogni settimana e mi lasciate il vostro pensiero, siete la mia forza! Ci tengo a dirvi grazie a tutti stavolta. A Vale, Eevaa-chan e Summer, che adorano Vegeta in versione principe dei pappagalli, a Dark che ama i miei amatissimi cyborg (ti è piaciuto il regalo che ti ha fatto Lapis in questo capitolo?!), a Misato e Sapphir per i loro splendidi disegni, a Kiki e Hilary per aspettare con tanta trepidazione e pazienza il nostro amico Rad, a MyManga, Nala e Paige per le loro puntuali e precise riflessioni, a Moriko, Karen e Sana per tutto il loro entusiasmo, ad Alice “Zero Two” Liddel per il sostegno di sempre e a Il Corsaro Nero.
Grazie anche a Bunny, Chimera, DarkAngelMax, Lady Tsuki, a chi ha inserito la storia nelle liste e a chi continua a leggere in silenzio. Se volete battere un colpo ne sarò onorato.
 
Bene, settimana prossima entriamo davvero nel vivo della storia e un momento atteso da tanti di voi si avvicina sempre di più. Il titolo è “La Caverna delle Meraviglie” ed entreranno in scena un paio di personaggi nuovi in questa long, chissà chi saranno… se volete scoprirlo ci vediamo mercoledì prossimo, ci sarà anche uno strano travestimento, una ragazza tutta d’oro e una certa nuvola specialissima. Grazie ancora!
 
Teo
 

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Capitolo 10
*** La Caverna delle Meraviglie ***


10 – La Caverna delle Meraviglie
 
 
«Ti stavamo aspettando, straccione!» sibilò a denti stretti Ginew, emergendo all’improvviso dall’oscurità e colpendo con un pugno in pieno stomaco Goku, che era appena saltato giù dalla balconata di Chichi e mai si sarebbe aspettato di subire un simile agguato, anche perché non aveva percepito la presenza di nessuna guardia e pensava che sarebbe riuscito a scappare facilmente.
Il giovane crollò in avanti, senza fiato e con gli occhi sgranati.
«Ti sei divertito con la principessina?! È la tua fidanzatina?!» lo derise Rekoom, afferrandolo da dietro e imbavagliandolo.
«Muovetevi a legarlo. E non fate rumore, nessuno deve accorgersi di lui» stabilì Freezer con voce calma, facendo una passo in avanti e lasciandosi investire anche lui dalla flebile luce lunare che illuminava quella notte. «Lo voglio vivo».
«Uhmmm! Uhmmm!» provò a gridare Goku, dimenandosi, mentre veniva circondato da tutti e cinque i membri della squadra Ginew che stavano cercando di immobilizzarlo.
«Stai… stai fermo! Piantala di agitarti come una scimmia!» sbottò Jeeth, mentre Goku si liberava di Guldo con un calcio dritto in faccia e lo faceva cadere rovinosamente a terra.
«Sembri un gorilla! Smettila!» aggiunse Butter, provando a colpirlo con un pugno, che però riuscì a parare con l’avambraccio.
La forza di Goku era straordinaria, la sua tenacia ancora di più. Con una spallata riuscì a liberarsi di Ginew e a sgusciare via dalla morsa di Rekoom, prima di colpire Jeeth con una ginocchiata e provare a correre via.
«Adesso mi hai proprio stancato» sibilò Freezer, muovendo un altro passo in avanti e colpendolo con un pugno di una potenza devastante che lasciò senza fiato anche i componenti della squadra Ginew. Tutti sapevano che il Gran Visir aveva una forza strepitosa, non solo degli strani poteri da stregone o la forza che derivava dal suo ruolo politico, ma era raro vederlo all’opera.
Goku stramazzò a terra, perdendo i sensi. Aveva perso, era finita. L’avevano preso.
«Portatelo nella prigione del palazzo e fatelo mettere nella cella in fondo, quella più grossa» ordinò Freezer, ricomponendosi.
«Nella prigione “regolare”?» domandò Ginew, che sapeva anche dell’esistenza di quella segreta gestita direttamente dal Gran Visir.
«Sì. E assicuratevi che venga incatenato al muro».
 
«Ehi! Ehi, amico, svegliati!»
Una voce che non aveva mai sentito prima arrivò ovattata alle orecchie di Goku e gli rimbombò in testa fino a stordirlo, mentre cercava di mettere a fuoco e abituare i suoi occhi all’oscurità.
«Stai bene? Bevi un po’ d’acqua» disse la stessa voce, e il giovane si ritrovò a sorseggiare dell’acqua fresca che qualcuno gli stava versando direttamente in bocca con una bisaccia.
Si sentì improvvisamente meglio e cominciò a ricordare quello che era successo. Provò istintivamente a muovere le braccia, ma si rese conto che erano bloccate da grossi bracciali di ferro collegate a pesanti catene appese al muro di pietra contro il quale era appoggiato con la schiena.
«Aspetta, te la passo un po’ in faccia. Lasciati pulire via il sangue, almeno» propose sempre la stessa voce, prima di spruzzargli un po’ d’acqua sul volto e asciugarla delicatamente con un fazzoletto. «Va meglio?»
«S-sì…» rispose Goku, riuscendo finalmente a vedere che la persona che aveva davanti non era altri che un soldato di bassa statura con la testa rasata e un’espressione gentile dipinta sul volto. «Dove… dove sono?»
«Sei finito nella prigione del palazzo reale, amico. È stato un ordine diretto del Gran Visir quello di incatenarti, mi dispiace. Non posso farci niente, io sono solo una guardia carceraria».
«Sono in prigione?!» sbuffò Goku, che stava ritrovando lentamente la sua consueta energia.
«Già… e devi averla combinata grossa, è raro vedere il Gran Visir in persona da queste parti».
«Io… io oggi al mercato ho conosciuto la principessa e stanotte sono venuto qui solo per riportarle un suo oggetto personale che aveva perso…» sospirò il ladro, abbassando la testa, con le braccia sempre levate verso l’alto a causa della catene che lo bloccavano.
«C-cosa hai fatto?! E… e perché la principessa era…» farfugliò la guardia.
«È una storia lunga, ma io ti giuro che non volevo fare niente di male a nessuno, tantomeno a lei» accennò un sorriso Goku.
«Lo so, amico, si vede che sei sincero. Spero che ti lasceranno libero domani, i soldati che ti hanno portato qui hanno ordinato di tenere segreto il tuo arresto… sicuro che non ci sia altro dietro?»
«Non lo so, l’altro giorno mi hanno visto rubare un pezzo di pane e mentre cercavano di prendermi sono caduti tutti in un carretto che trainava del letame, sarà per quello?!»
«Ah, ah, ah! Non credo, dai!» rise di gusto la guardia carceraria al pensiero di quegli arroganti della squadra Ginew immersi da capo a piedi in una montagna fumante di escrementi. «Non so nemmeno perché il Gran Visir abbia voluto che ti mettessi in queste cella enorme, da solo» aggiunse, tornando serio.
Goku si guardò intorno e non capì effettivamente il motivo per il quale doveva essere da solo in una cella talmente grande che i suoi angoli erano del tutto avvolti dalle tenebre più profonde, ma non la ritenne neanche una cosa a cui dare molto peso. Stava già pensando a come uscire da lì, anche se c’era solo una piccola finestrella sbarrata a permettergli di intravedere il cielo buio.
«Aspetta, ti allento un po’ le catene, anche se non posso fare nient’altro per te» disse la guardia, inserendo una chiave in una serratura nel muro e permettendo a Goku di poter almeno abbassare le braccia, che tuttavia restavano incatenate.
«Grazie, non mi dimenticherò mai di te. Come ti chiami?» gli sorrise gioviale Goku.
«Mi chiamo Crilin. Non che ami questo lavoro, lo faccio solo per vivere… tu, invece?»
«Io sono Aladdin Goku. Ma puoi chiamarmi solo Goku!»
«Bene, Goku. Io devo andare perché il mio turno sta per finire. Hai bisogno di qualcosa?»
«Ecco… avrei un po’ fame! Eh, eh!» ridacchiò il giovane, con la pancia che rumoreggiò talmente forte da riecheggiare in tutta la prigione.
«Tieni, non è molto, ma è quello che ho adesso» rise Crilin, dandogli dei datteri e del cioccolato che tirò fuori dalla tasca. «Ti lascio anche l’acqua».
«Urcaaa! Grazie Crilin, sei un amico!»
«Spero di rivederti fuori da qui la prossima volta. Ciao Goku!» si congedò la guardia carceraria, uscendo dalla cella e chiudendo a chiave la porta alle sue spalle, prima di sparire a sua volta nell’oscurità di quel luogo così lugubre.
 
Uno strano scricchiolio e un rumore come di passi leggeri provenienti da uno degli angoli bui di quella grossa cella attirarono l’attenzione di Goku, che stava cercando, invano, di staccare le catene dal muro con tutta la forza che aveva nelle braccia.
«Uh, uh, uh!» sentì esclamare dalla finestra, verso la quale si voltò di scatto, dimenticando istantaneamente i rumori sinistri che aveva appena udito non appena si rese conto di chi era venuto a fargli visita.
«Bubbles! Vieni qui!» sorrise il giovane, con la scimmia che si lanciò agilmente all’interno della cella e lo raggiunse in pochi balzi. «Dai, liberami!»
«Uh! Uh, uh, uh!» ribatté Bubbles con fare polemico, guardando male Goku e puntandogli contro il dito dopo essergli salito sulle ginocchia. «Uh, uh!» aggiunse con durezza, saltando sul pavimento e cominciando ad ancheggiare facendo gli occhi dolci a Goku. Si era anche messo il gilet in testa, come se fosse una mantellina col cappuccio. «Uh, uh, uh! Uh, uh, uh!» cantilenò, addolcendo la voce per darle un tono femminile. Non ci voleva un genio per capire che stesse sgridando Goku perché si era messo nei guai a causa di Chichi, la cui imitazione strappò un altro sorriso al giovane ladro.
«Dai, non fare così! Ne valeva la pena…» disse con aria sognante, mentre la scimmia si arrampicava di nuovo su di lui scuotendo la testa, in cerca della serratura.
«Uh, uh…» sbuffò Bubbles, mentre armeggiava con la serratura delle catene usando un filo di ferro che portava sempre con sé nascosto all’interno del gilet per farsi trovare pronto nei casi di emergenza come questo. Era una scimmia intelligente e molto abile con le serrature, del resto.
«Comunque non preoccuparti, Bubbles… io sono uno straccione e lei è la principessa, lo sai anche tu che per legge lei può sposare solo un principe» sibilò sconsolato Goku, proprio mentre Bubbles riusciva a liberarlo dalle pesanti manette che lo tenevano incatenato ed esultava, felice per il proprio operato. «Pensavo di tornare da lei anche domani, ma la verità è che sono solo un povero illuso. E uno stupido, soprattutto…».
«Sei uno stupido solo se ti arrendi, figliolo…» si intromise all’improvviso una voce melliflua e allo stesso tempo gracchiante proveniente dall’angolo buio della cella dal quale poco prima Goku aveva sentito provenire degli strani rumori.
«E tu chi sei?!» esclamò Goku, mentre si massaggiava i polsi e cercava di scrutare meglio che poteva nell’oscurità.
Dalle tenebre emerse un vecchietto gobbo e zoppicante che avanzava su gambe sottili e malferme appoggiandosi a un bastone di legno consumato e bitorzoluto. Era molto esile e sembrava ancora più piccolo, curvo com’era. Era pelato e con una lunga barba bianca che gli si adagiava su una vecchia e corta veste grigia tutta consunta e strappata.
«Sono solo un prigioniero, proprio come te» rispose, avanzando verso di lui e accennando un sorriso inquietante e sdentato. Inquietante come i suoi sottili occhi rossi che pugnalavano le tenebre della cella. Occhi che Goku aveva già visto da qualche parte, solo che non riusciva a capire dove e quando.
«Mi avevano detto che ero solo in questa cella».
«Sono qui da troppi anni perché tutte le guardie si possano ricordare di me» spiegò in tono calmo, sorridendo ancora di più e facendo rabbrividire Bubbles, che si nascose dietro la schiena del suo amico. «Sono solo un povero vecchio, ma insieme abbiamo una possibilità».
«Cioè?»
«Conosco un posto che si chiama Caverna delle Meraviglie. Un luogo pieno di ricchezze e tesori» disse, sgranando gli occhi e tirando fuori dalla tasca tre grossi smeraldi verdi che sembravano rifulgere in quel luogo oscuro. Bubbles uscì dal suo nascondiglio come ipnotizzato e protese le mani verso quei gioielli da cui si sentiva tremendamente attratto. Anche Goku sorrise, estasiato da quella visione, prima che il vecchio chiudesse gli smeraldi nel pugno della sua mano e li rimettesse in tasca, dirigendosi poi con passo malfermo verso l’angolo da cui si era palesato. «Sono tesori che vanno al di là di ogni immaginazione. Scommetto che lascerebbero senza fiato anche la tua giovane principessa!»
«Freezer, ti vuoi muovere! Sto asfissiando qua sotto, cazzo!» sibilò con un filo di voce Vegeta, nascosto sotto la veste consunta del vecchio, appoggiato sulla sua schiena per fingere di essere la gobba che serviva per quel travestimento al Gran Visir in persona.
«Ma la legge dice che solo un principe può sposarla!» intervenne Goku, mentre Freezer colpiva con un pugno il suo pappagallo per zittirlo, fingendo di toccarsi una spalla dolorante.
«Allora non conosci la legge come la conosco io. Colui che ha l’oro, delle leggi se ne infischia!» ribatté il Gran Visir, nascosto sotto quel suo abile travestimento. Cominciava ad irritarsi e anche a spazientirsi, ma aveva voluto scendere in campo in prima persona perché non poteva tollerare altri errori.
«E perché dovresti dividere queste ricchezze con me?» domandò Goku, a cui qualcosa non tornava in tutta quella storia, alzandosi in piedi e stiracchiandosi.
«Perché mi servono due gambe giovani e una schiena robusta per portarle via da lì, da solo non potrei mai farcela» rispose mellifluo il vecchio. «Andiamo a prenderci il tesoro!»
«Ehm… c’è solo un problema: la caverna è fuori, noi siamo dentro» spiegò il ragazzo, che cominciava a pensare che a quel vecchio prigioniero mancasse in realtà qualche rotella.
«Non sempre le cose sono quelle che sembrano» sorrise enigmatico Freezer, che aveva raggiunto zoppicando l’angolo più buio della cella e aveva cominciato a spingere col bastone in un punto preciso alla base del muro di pietra.
Goku sgranò gli occhi e si avvicinò a sua volta, quindi vide spostarsi un blocco di pietre nel muro, spinte verso l’esterno senza difficoltà da quel vecchio. Gattonando, avrebbero trovato entrambi la libertà senza problemi dato che quella cella dava direttamente in un vicolo buio e deserto. Era per questo motivo che Freezer aveva fatto rinchiudere proprio lì Goku. Aveva già preparato quel passaggio da tempo, l’aveva anche usato per entrare poco prima, già travestito.
«Allora? Affare fatto?» sorrise a Goku, voltandosi verso di lui e fissandolo dai suoi piccoli e sottili occhi rossi che emergevano da un viso che gli mise i brividi per quanto era pallido.
«Affare fatto» rispose Goku, dopo essersi scambiato un’occhiata con Bubbles. Quella storia non lo convinceva, ma doveva pensare ad uscire da lì, prima di tutto. E poi, magari, quello poteva essere sul serio il momento che gli avrebbe cambiato la vita. E che gli avrebbe potuto dare una possibilità con quella principessa di cui sentiva di non poter più fare a meno.
 
«Chi osa disturbare il mio riposo!» domandò con voce solenne la gigantesca caverna a forma di testa di drago che si era formata nella sabbia davanti agli occhi attoniti di Goku e Bubbles, dopo che il vecchio aveva unito tra loro due estremità di uno scarabeo dorato che aveva tirato fuori da una tasca. Avevano raggiunto un punto preciso del deserto grazie a due cavalli neri che avevano trovato legati incustoditi non appena evasi di prigione e che avevano deciso di rubare. Goku non poteva certo sapere che li aveva preparati lì proprio Freezer, poco prima. Il piano del Gran Visir stava procedendo alla perfezione, così come quello segreto di Vegeta, sempre nascosto e insofferente sotto la sua veste.
«Sono io, Aladdin Goku!» rispose il ragazzo, mentre la sua scimmia si nascondeva intimorita sotto il suo gilet aperto.
«Puoi entrare» stabilì la caverna. «Non toccherai altro che la lampada!» aggiunse, prima di spalancare definitivamente la bocca e permettere a Goku di vedere una scalinata di sabbia che sembrava immergersi nelle viscere più profonde del deserto.
«Ricordati, figliolo, prima portami la lampada! E poi avrai la tua ricompensa!» esclamò Freezer alle sue spalle, fingendo una voce gracchiante, sebbene carica di eccitazione.
Goku si voltò appena a guardarlo, quel vecchio non lo convinceva per niente. Ma la curiosità era troppa per tirarsi indietro, per di più aveva dato la sua parola e lui era una persona che rispettava le promesse.
«Andiamo, Bubbles» sussurrò con determinazione alla sua scimmia, che non smetteva di tremare per la paura, cominciando a scendere una lunghissima scalinata illuminata da una sfolgorante luce. La sabbia sembrava mista a polvere d’oro, non aveva mai visto nulla di simile.
Arrivato in fondo alla scalinata, Goku si ritrovò in un enorme ambiente illuminato da una luce ancora più abbagliante, come se lì sotto splendesse il sole e allo stesso tempo qualcuno avesse acceso dei fuochi.
«Urcaaa! Guarda che roba!» gridò il ragazzo, sgranando gli occhi e paralizzandosi per un lungo istante.
Non credeva che avrebbe mai potuto vedere in vita sua un simile spettacolo: in quella zona gigantesca della caverna, infatti, si trovavano talmente tante monete d’oro che erano state accatastate a formare montagne alte fino a una decina di metri. E non era tutto, in mezzo a tutto quell’oro si trovavano anche gioielli, pietre preziose, oggetti dal valore inestimabile e chissà quali altre ricchezze.
«Una manciata di queste pietruzze basterebbe a farci diventare più ricchi del sultano!» rise, ancora paralizzato da quella visione.
Bubbles mise la testa fuori dal suo gilet per la prima volta e le sue pupille si dilatarono. Cacciò un urlo carico di gioia mista a eccitazione e saltò a terra, cominciando poi a correre come un ossesso verso il cumulo d’oro più vicino. Aveva perso il controllo, vedere tutto quel lusso gli aveva solo fatto pensare alla fine di tutti i loro problemi.
«Bubbles!» sbraitò Goku, rincorrendolo e riuscendo a bloccarlo con un tuffo proprio un attimo prima che si gettasse a peso morto dentro un forziere piene di rubini, diamanti e lapislazzuli. «Non toccare niente!» aggiunse, con la scimmia che finalmente recuperò il controllo di sé e abbasso la testa, mortificata.
Goku si rialzò insieme a Bubbles, colpendo inavvertitamente col tallone un pregiato tappeto persiano arrotolato che era appoggiato alla montagna d’oro più vicina, che cadde a terra emettendo un rumore sordo. Il ragazzo rabbrividì e chiuse gli occhi, temendo il peggio. Ma, con sua grande sorpresa, non successe nulla nonostante avesse toccato qualcosa di diverso dalla lampada.
«Non toccare niente, Bubbles. Ci è andata bene perché è un tappeto, probabilmente» tirò un sospirò di sollievo. «Seguimi, andiamo a prendere la lampada» ordinò, riprendendo a camminare.
«Uh, uh…» sbuffò Bubbles, seguendo i suoi passi, imbronciato perché riteneva una follia non poter rubare quelle ricchezze che lo circondavano e lo abbagliavano.
Alle sue spalle, tuttavia, quel tappeto che era caduto a terra cambiò forma e si tramutò in una nuvoletta gialla, cominciando a fluttuare silenziosa nell’aria e a seguire quei misteriosi visitatori della caverna.
Bubbles, dopo qualche passo, sentì una presenza alle sue spalle e si voltò di scatto, non vedendo altro però che un tappeto persiano disteso a terra. Era uguale a quello di prima e per di più non si era accorto di averci appena camminato sopra, tuttavia decise di non darci troppo peso e riprese a seguire Goku. Il tappeto, intanto, riprese la sua forma di nuvola e lo seguì cercando di non farsi notare.
Poco dopo, la scimmia sentì però di nuovo un rumore e si voltò con fare combattivo, ritrovandosi però ancora davanti lo stesso tappeto di prima, solo che stavolta era arrotolato e appoggiato a un cumulo d’oro. Possibile che ci fossero tre tappeti uguali là sotto?
«Uh, uh, uh!» berciò, raggiungendo Goku e strattonandolo per i pantaloni, indicandogli il tappeto e saltando.
«Bubbles, la vuoi piantare?! Lo prendiamo dopo la lampada, quell’oro!» si limitò a rispondere il ragazzo, senza fermarsi, facendo irritare ancora una volta la sua scimmia, che lo seguì indispettita.
Il tappeto riprese ancora una volta il suo aspetto di nuvola e fluttuò silenziosamente sopra quella scimmia imbronciata che la incuriosiva e che le stava simpatica senza un particolare motivo. Forse perché erano secoli che non vedeva nessuno da quelle parti, o magari perché non aveva mai visto un animale come quello spingersi a quelle profondità. Formò una sorta di mano modificando la sua forma esteriore e tirò leggermente la coda alla scimmia, per chiamarla.
«Uh!» urlò Bubbles, voltandosi di scatto senza rendersi conto di ciò che si trovava sopra la sua testa.
La nuvoletta afferrò il fez che portava in testa la scimmia e lo mise sopra di sé, come a volerlo imitare. Cercava di fare amicizia, pensava che quello fosse un modo per fargli i complimenti per il suo cappello.
Fu a quel punto che Bubbles sollevò la testa e vide quello che stava succedendo.
«Uuuhhh!» sbraitò con tutto il fiato che aveva in gola, terrorizzato, facendo spaventare a sua volta la nuvola che volò via, cercando riparo dietro a un cumulo d’oro.
«Uh, uh, uh! Uh, uh, uh!» urlò Bubbles, raggiungendo Goku e facendolo cadere a terra dalla foga con cui gli era saltato addosso. Prese il suo volto tra le mani per costringerlo a girare il collo per mostragli quella cosa assurda che aveva appena visto lui stesso.
«Bubbles! Ma sei matto!» si lamentò il ragazzo, prima di scorgere la nuvoletta e sgranare gli occhi, affascinato. Non aveva fatto in tempo a tramutarsi di nuovo in tappeto, probabilmente a causa dello spavento che lei stessa aveva provato. «Una nuvola magica!» sorrise, rialzandosi. Non aveva mai visto niente del genere, non l’aveva nemmeno mai immaginato. Nelle leggende che si tramandava il suo popolo da generazioni, infatti, al massimo si parlava di un leggendario tappeto volante, non certo di una nuvola gialla in grado di muoversi a suo piacimento e di provare emozioni.
«Coraggio! Su, fatti vedere! Non ti facciamo niente!» esclamò Goku in tono rassicurante, sempre più affascinato da quella nuvola che continuava a restare seminascosta dietro un cumulo di monete d’oro.
La nuvoletta, timidamente, lasciò il suo nascondiglio e raccolse il fez di Bubbles che era caduto a terra. Lo spolverò e si avvicinò, seppure titubante, porgendolo educatamente alla scimmia.
«Uh! Uh, uh, uh!» berciò Bubbles, inveendo contro la nuvola ed arrampicandosi sul corpo di Goku fino ad appollaiarsi sulla sua spalla.
«Tranquillo, Bubbles! Non morde mica!» cercò di rassicurarlo il ragazzo, che mosse poi un passo verso la nuvola e prese lui stesso in mano il fez. «Grazie» aggiunse, porgendolo poi alla sua scimmia, che se lo calcò in testa con un gesto di stizza.
«Uh, uh! Uh, uh, uh, uh! Uh!» sbraitò Bubbles, additando la nuvola e lanciandole contro i peggiori improperi che gli fossero noti nella sua lingua da primate.
La nuvola sembrò capire e ci restò male. Si voltò mestamente e abbassò idealmente la testa, riprendendo a volare con lentezza a pochi da centimetri da terra dalla direzione opposta a quella in cui si trovavano Goku e Bubbles.
«Ehi, aspetta un momento!» la chiamò il giovane, che provava per lei un’innata simpatia. «Non te ne andare… forse puoi aiutarci!»
Nel sentire quelle parole la nuvola si bloccò, come se non potesse credere a quello che aveva sentito. Qualcuno aveva bisogno davvero di lei? Erano secoli che viveva là sotto da sola, non le sembrava vero poter udire una cosa simile. Cominciò a volare vorticosamente per la caverna a velocità supersonica, in preda all’eccitazione. Non si era mai sentita così felice, o comunque non era in grado di ricordarsi quando fosse l’ultima volta in cui si aveva provato quello stato d’animo. Raggiunse Goku e gli volò intorno avvolgendolo, come se lo stesse abbracciando.
«Urcaaa!» rise il ragazzo, che quasi perse l’equilibrio. «Ecco… noi stiamo cercando una lampada!»
La nuvola si drizzò, come a fare intendere che sapeva benissimo dove trovare ciò che quei due stavano cercando. Gli fece cenno di seguirli e cominciò a volare verso l’uscita di quella stanza enorme e colma di ricchezze.
«Visto Bubbles? Lei sa dov’è!»
 
La nuvola li condusse in una caverna buia e fredda, piena di rocce sporgenti e acuminate, in fondo alla quale c’era un anfratto attraverso il quale ci si immetteva in un’altra caverna ancora più oscura. La nuvola saltellò e indicò qualcosa nelle tenebre, verso l’alto. Goku si rese conto che quell’ambiente era occupato da un lago sotterraneo, al centro del quale si trovava una sorta di scalinata, o di ponte, composto da pietre ammassate le une sopra le altre che si inerpicavano verso l’alto. Quella caverna era così alta che non si riusciva a vedere che cosa si trovasse in cima alla scalinata, a parte quello che aveva l’aria di essere un piccolo altare.
«Aspettatemi qui» disse Goku, lasciando sulla riva del lago Bubbles e la nuvola e saltellando agilmente su delle rocce che emergevano dall’acqua fino a raggiungere la scalinata al centro della grotta.
La nuvola lo osservava, trepidante e preoccupata, mentre l’attenzione di Bubbles venne catturata da un rubino grosso come una noce di cocco appoggiato tra le mani di una statua dorata che riproduceva una ragazza con le braccia protese. Era l’ultima tentazione della Caverna delle Meraviglie, ed emetteva una luce rossastra che inebriò la vista della scimmia e gli provocò una scossa a tutti gli altri sensi. Non aveva mai visto niente del genere e, per di più, quella ragazza dorata sembrava che gli stesse offrendo quella pietra preziosa. Mentre Goku saliva la buia scalinata correndo, Bubbles avanzava a passi lenti ma inesorabili e con gli occhi sgranati verso l’oggetto del suo desiderio, che gli aveva ormai condizionato la mente, forse grazie a un incantesimo, l’ultima prova da superare.
Il ragazzo raggiunse la cima di quella scalinata e si trovò davanti a un semplice, per non dire rozzo, altare di pietra illuminato da una flebile luce che proveniva dall’alto. Al centro di esso c’era una lampada dorata che sembrava vecchia e impolverata, come ne aveva viste a centinaia tra le bancherelle del mercato o nelle case della gente comune. Era davvero quello il motivo per cui era arrivato fin lì? Sollevò la lampada e la strinse tra le mani, facendola ruotare su stessa. Non sembrava avere niente di speciale, nulla per cui valesse la pena rischiare la vita. Ma perché quel vecchio misterioso la voleva a tutti i costi? Perché era disposto a lasciare a lui tutte le ricchezze che aveva dovuto ignorare lungo il cammino pur di tenersi la lampada?
In ogni caso, non era successo nulla intorno a sé, nonostante avesse toccato qualcosa all’interno della caverna: ciò significava che era davvero quella la lampada che stava cercando.
«Tutto qui?! È per questo che siamo venuti fin quaggiù?!» accennò un sorriso, scuotendo la testa e voltandosi per cominciare a scendere.
Quando si girò, però, gli si gelò il sangue nelle vene: Bubbles si trovava a pochi centimetri da un enorme rubino e stava cercando con tutte le sue forze di afferrarlo. Aveva le braccia protese, la bocca spalancata ed emetteva versi animaleschi che mai gli aveva sentito riprodurre. La nuvola, alle sue spalle, cercava di trattenerlo tirandogli la coda, ma i suoi sforzi sembravano ormai del tutto inutili.
«Bubbles! Nooo!» sbraitò Goku, cominciando a correre giù per la scalinata di pietra più veloce che poteva, proprio mentre la scimmia riusciva a liberarsi della nuvola e afferrava la pietra preziosa, stringendosela al petto.
«Avete toccato il tesoro proibito!» intervenne una voce tonante e solenne, che riecheggiò in tutta la caverna e fece tremare le pietre su cui stava correndo Goku e le pareti circostanti.
«Uh, uh…» tornò in sé Bubbles, mentre la nuvola alle sue spalle si disperava, osservando terrorizzato il rubino e riponendolo subito tra le mani dorate della statua. Ma era troppo tardi: la terrà tremo con una scossa devastante e il rubino si sciolse insieme alla statua d’oro davanti agli occhi sconvolti di Bubbles.
«Non vedrete mai più la luce del giorno!» stabilì la voce della Caverna delle Meraviglie, prima che l’altare dal quale Goku aveva preso la lampada lasciasse spazio a una fiammata che raggiunse il soffitto di quell’enorme grotta.
Enormi massi si staccavano dalle pareti, le scosse erano sempre più forti e nel lago l’acqua aveva lasciato spazio a una colata di lava incandescente.
Faceva un caldo atroce, l’aria stava diventando irrespirabile. Goku correva con la lampada nella tasca interna del suo gilet, cercando di evitare le rocce che piovevano dall’alto. Ma, all’improvviso, dopo l’ennesima fragorosa scossa, la scalinata si sgretolò sotto i suoi piedi e si ritrovò a precipitare nel lago di lava.
Il ragazzo chiuse gli occhi, ormai rassegnato al suo atroce destino, quando, all’ultimo istante si sentì atterrare su qualcosa di soffice e decisamente meno bollente della distesa infuocata che ribolliva a pochi centimetri da lui. Era stata la nuvola che aveva appena conosciuto a salvarlo, e lui adesso ci stava volando sopra, proprio come se fosse il tappeto volante delle leggende di cui aveva sempre sentito parlare fin da bambino.
Aveva il cuore in gola mentre volava a tutta velocità in mezzo a quella distesa di fuoco, cercando di evitare i massi e gli schizzi di lava e allo stesso tempo di guardandosi intono alla disperata ricerca di Bubbles. Dov’era finito?! Era caduto nella lava?! Era rimasto schiacciato sotto le macerie?!
«Bubbles!» sbraitò, non appena lo vide saltellare su una roccia che si stava sgretolando ed era ormai quasi del tutto immersa nella lava.
La nuvola si gettò in picchiata verso la scimmia, che miracolosamente riuscì ad aggrapparsi alla mano di Goku un attimo prima che il masso che l’aveva tenuto in vita fino a quel momento venisse sommerso del tutto.
«Via, via, via!» urlò il ragazzo, spronando la nuvola ad andare ancora più veloce per cercare di uscire da quell’inferno rovente.
Bubbles si strinse forte a Goku, mentre attraversavano l’anfratto da cui erano passati poco prima per percorrere a ritroso la strada che avevano fatto. Tutto intorno a loro crollava e si liquefaceva, la situazione era disperata, con la lava che aveva ormai riempito la grotta in cui si trovava la lampada e ora scorreva come un fiume impetuoso alle loro spalle.
«Uh, uh! Uh, uh!» gridava terrorizzato Bubbles, tirando i capelli a Goku e abbracciandolo con tutte le forze che aveva.
«Non è il momento di farsi prendere dal panico, Bubbles!» sbraitò Goku, cercando di farsi sentire in mezzo a tutto quel frastuono.
La nuvola schivò un masso che pioveva dall’alto e un altro ancora, zigzagando a velocità folle. Aveva appena trovato finalmente degli amici e non poteva perderli.
La lava era sempre più vicina, quando la nuvola si infilò in una crepa all’interno del muro e raggiunse la parte iniziale della caverna, quella piena di cumuli d’oro e di ogni sorta di ricchezza. Ma, anche qui, la situazione era apocalittica: le montagne di monete d’oro sembravano essere diventate dei piccoli vulcani che eruttavano fiammate, altra lava e gioielli incandescenti e mezzi fusi dal calore, mentre dalle pareti e dal soffitto continuavano a cadere massi e macerie.
All’esterno della caverna, Freezer e Vegeta osservavano con rabbia e trepidazione la testa di drago che continuava a ruggire e ad agitarsi, come impazzita, mentre i suoi grandi occhi rossi lampeggiavano follemente nella notte illuminando quell’angolo di deserto. L’energia emanata dal drago di sabbia e dalla caverna era talmente spaventosa e carica di magia che un improvviso e inspiegabile temporale si abbatté nel deserto, con tanto di vento, tuoni e fulmini.
Nel frattempo, Goku aveva raggiunto ciò che restava della scalinata di sabbia iniziale, quella che dall’esterno l’aveva condotto in quel posto incantato e allo stesso tempo letale che ora rischiava di diventare la sua tomba. Scorse finalmente l’uscita, che era sempre più vicina grazie alla velocità forsennata che aveva raggiunto ormai la nuvola. Intravide il cielo nero e tempestoso illuminato dai lampi e, insieme ad esso, la figura del vecchio che l’aveva condotto fin lì che si sporgeva per guardare verso il basso. I piccoli occhi rossi di Freezer brillarono e un ghigno si dipinse sul suo volto, quando vide comparire da quell’inferno rovente la figura di Goku. La scalinata crollò del tutto a causa di una scossa ancora più forte delle altre quando ormai il ragazzo sentiva che si sarebbe salvato perché l’imbocco della caverna distava ormai pochi metri. Ma, soprattutto, quella scossa così forte fece staccare degli enormi massi dal soffitto, massi che la nuvola non fu in grado di evitare, venendo trascinata verso il basso e schiacciata contro le altre macerie che continuavano a cadere.
«Nooo!» sbraitò Goku, lanciandosi in avanti con un tuffo disperato insieme a Bubbles, non appena sentì venir meno il sostegno della nuvola sotto di sé.
Riuscì ad aggrapparsi con una mano a una roccia sporgente proprio in prossimità dell’uscita, con la sua scimmia che era riuscita a restare attaccata alla sua schiena. Guardò istintivamente verso il basso in cerca della nuvoletta volante gialla, ma la vide schiacciata sotto un pesante masso dal quale stava cercando di liberarsi disperatamente. Si voltò allora verso l’alto, e vide il vecchio inginocchiato e proteso verso di lui, stando ben attento a non precipitare a sua volta nel vuoto.
«Aiutami!» gridò Goku, che sentiva venirgli meno le forze.
«Buttami la lampada!» rispose l’uomo, fissandolo con occhi spiritati.
«Non ce la faccio più!» lo implorò il ragazzo, allungando disperatamente un braccio, mentre la mano con cui si teneva aggrappato alla roccia tremava per lo sforzo che stava compiendo. Al vecchio sarebbe bastato allungare il braccio per afferrare la sua mano e aiutarlo, perché non lo faceva? «Dammi la mano!»
«Prima dammi la lampada!» ringhiò Freezer, convincendo Goku a frugare all’interno del suo gilet per dare a quel vecchio ciò che voleva e farsi poi salvare.
Estrasse la lampada e allungò il braccio più che poteva, venendo imitato dal vecchio, che gliela strappò letteralmente di mano con una foga tale che quasi lo fece precipitare. Goku lo osservò rialzarsi e arretrare, stringendo con entrambe le mani la lampada e fissandola con uno sguardo talmente stralunato che gli fece provare un brivido lungo la schiena, mentre si sforzava con tutto sé stesso di restare aggrappato alla roccia e non cadere nel vuoto.
«Sììì!» esultò Freezer, sollevando verso l’alto la lampada, mentre un lampo illuminava la sua figura in maniera spettrale. «Finalmente!» aggiunse, voltandosi poi verso l’entrata della caverna, avendo visto che Bubbles era riuscito ad arrampicarsi fin lì e stava aiutando Goku a issarsi. Lo colpì con un calcio, allontanandolo, per poi afferrare il ragazzo per un polso, stringendo la presa così forte da conficcargli le unghie nella carne.
«Cosa fai?!» urlò il ragazzo, fissando i suoi occhi carichi d’odio.
«Ti do la tua ricompensa!» ghignò con voce gracchiante il vecchio, sporgendosi ancora di più per allontanare Goku dal bordo del precipizio. Lo teneva sospeso nel vuoto. «La tua ricompensa è eterna!» aggiunse in tono solenne, parlando con la sua vera voce.
«Uh, uh!» berciò Bubbles, lanciandosi con tutte le sue forze contro Frezeer e mordendogli un braccio.
Freezer gridò di dolore, mentre la scimmia cominciava a colpirlo come poteva, e mollò la presa su Goku.
«Aaahhh!» urlò il ragazzo, precipitando nel vuoto, seguito subito da Bubbles, che Freezer aveva afferrato e poi scagliato in quella tomba di sabbia, pietra e lava che si stava ormai per chiudere su sé stessa.
Goku vide l’immagine del vecchio all’imbocco della caverna rimpicciolirsi fino a sparire. E, soprattutto, dopo un’ennesima scossa, non scorse più il cielo notturno sopra il deserto di Agraba illuminato dai lampi. L’uscita si era chiusa per sempre e lui stava precipitando nel vuoto insieme a Bubbles.
 
«È mia! È tutta miaaa!» gridò Freezer, strappandosi la barba finta, mentre l’entrata a forma di testa di drago della caverna collassava su sé stessa e tornava ad apparire come una semplice duna. Smise subito anche di piovere, quel luogo magico e allo stesso letale aveva placato la sua furia.
Vegeta, che aveva lasciato il suo nascondiglio non appena Goku era sceso nella caverna, si avvicinò volando silenziosamente. Freezer non sapeva che in quel momento anche il suo pappagallo sentiva di avercela ormai fatta e che il suo sogno si stava per concretizzare. Doveva solo stare attento e aspettare il momento giusto per impadronirsi lui stesso della lampada senza che il Gran Visir se ne accorgesse. A quel punto non avrebbe più avuto bisogno di lui. Non avrebbe più avuto bisogno di nessuno.
«Mia!» ripeté Freezer, con gli occhi sgranati e in preda all’eccitazione, cominciando a frugare sotto la sua veste in cerca della lampada. Di quello che era sempre stato il suo scopo, il mezzo per realizzare i suoi sogni di gloria e potenza eterna.
«Ma… m-ma… dove… dov’è?!» sbottò all’improvviso, cercando freneticamente, senza riuscire però a trovarla.
Il sangue gli si gelò nelle vene, e lo stesso successe a Vegeta, che si sentì morire dentro non appena si rese conto di quello che era successo. Volò via in silenzio, senza dare a vedere quello che provava. Non avrebbe mollato, quello era certo. Non era nel suo stile.
«Nooo!» sentì sbraitare Freezer. Si voltò e lo vide in ginocchio. Prendeva a pugni la sabbia e non la smetteva di urlare. Era disperato e fuori di sé, non l’aveva mai visto così.
«Tsk!» commentò il pappagallo, furioso a sua volta, riprendendo il suo volo solitario verso il palazzo di Agraba.
Era stato tutto inutile: la lampada non c’era più.
 
 
 
 
 
 
 
Note: un capitolo lungo e ricco di azione, spero anche bello per voi, anche se mi rendo conto di essermi comportato male settimana scorsa perché vi avevo illuso sull’entrata in scena di quello che mi sono ormai reso conto essere il personaggio più atteso di questa long. E sappiate che per me è una cosa straordinaria e una soddisfazione enorme, perché non avrei mai potuto immaginare un simile affetto per Radish quando l’anno scorso ho iniziato a scrivere Remember me e ho pensato di renderlo un protagonista assoluto di una storia. Quindi vi ringrazio immensamente per il vostro hype che mi avete sempre fatto percepire in questi nove capitoli in cui non è comparso, perché direi che è inutile girarci troppo intorno o provare a far finta di niente: ormai ci siamo, sta uscendo anche lui dalla quarantena e ci farà compagnia da settimana prossima fino alla fine! ;-)
Ma torniamo a questo capitolo e ai due nuovi personaggi che abbiamo conosciuto, cioè il buon Crilin e soprattutto la nuvola Speedy nei panni del tappeto volante. Vi è piaciuta come idea? Fatemelo sapere se vi va!
Per il resto, Freezer organizza un piano diabolico e Vegeta deve fingere di essere la sua gobba rischiando di soffocare. Ma il Gran Visir ha fatto male i suoi calcoli e la beffa finale è atroce per lui. Così come lo è per Vegeta, che deve rimandare i suoi sogni di gloria, ma non per questo demorde.
 
Ringrazio come sempre tutti voi che state seguendo questa long e mi date ogni settimana l’entusiasmo per portarla avanti al meglio. Ammetto che è molto più complicata da rivisitare questa storia classica per me di quanto non fosse stato ai tempi per Beauty and the Beast perché ho inserito tanti personaggi inediti e situazioni in più da incastrare nella trama principale, quindi ho davvero bisogno anche della vostra energia che mi lasciate attraverso le stupende recensioni che scrivete per provare a svilupparla nel migliore dei modi!
 
Benissimo, a questo punto dobbiamo porci alcune domande su questo capitolo. Che fine ha fatto la lampada? Goku, Bubbles e la nuvola Speedy sono ancora vivi? Come reagirà Chichi se il nostro giovane ladro non dovesse ripresentarsi da lei come promesso per ridarle il suo orecchino?
Se volete saperlo vi toccherà leggere il nuovo capitolo, dal titolo che lascia spazio a ben pochi dubbi: “Il Genio-Drago”. Allora, cosa ne dite? Siete pronti a dare il benvenuto all’eroe tanto atteso? E magari a ridere, cantare e ballare con lui?
Posso dirvi che ci sarà anche una bella chiacchierata tra tre ragazze, oltre a un one man show che spero vi toglierà il fiato!
Grazie mille, ci vediamo mercoledì prossimo!
 
Teo
 

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Capitolo 11
*** Il Genio-Drago ***


11 – Il Genio-Drago
 
 
«Credi ancora che possa arrivare anche stasera il ragazzo del mercato?» domandò Lunch a Chichi, avvicinandosi a lei e cingendola con un braccio intorno alla vita, prima di appoggiare la testa sulla sua spalla e osservare la luna ormai alta nel cielo.
«No, ormai è tardi… è passato troppo tempo dall’ora in cui mi aveva dato appuntamento» rispose con amarezza la principessa, toccando istintivamente l’unico orecchino che indossava, cioè il gemello di quello che gli aveva portato via Goku la sera precedente.
«Forse stavolta non è riuscito a entrare e ci ha rinunciato, sinceramente non so come abbia fatto ieri» la consolò l’ancella, accarezzandole dolcemente i suoi lunghi e lucidi capelli neri. «È troppo pericoloso entrare, è pieno di guardie. Potrebbe anche finire male questa storia, lo sai meglio di me».
«Già…» sospirò Chichi, sconsolata.
«Però… però non credo che ti abbia ingannata. Mi sembrava un ragazzo sincero» sorrise ancora Lunch, che voleva provare a consolare quella che considerava a tutti gli effetti la sua sorellina.
«Mi accarezzavi sempre così i capelli anche quando eravamo piccole, se ero giù di morale» accennò un sorriso anche Chichi, guardando gli occhi nocciola della sua amica più cara. «Anche quando la mamma ci ha lasciate, ti ricordi?» aggiunse, mentre Bulma uscì a sua volta sulla grande balconata della stanza della principessa e le accarezzò una gamba con la testa.
«Certo, sono pur sempre la sorella maggiore, no?» le fece l’occhiolino Lunch.
«Tu, piuttosto… sei sicura di star bene? Oggi mi sei sembrata un po’ strana» ribatté Chichi, che aveva notato diverse stranezze nei comportamenti della sua ancella nel corso di quella giornata, anche se inizialmente non ci aveva dato troppo peso.
Non sapeva nulla di quanto successo la sera prima tra lei e Lapis, così come non era a conoscenza che i suoi comportamenti insoliti di quel giorno erano semplicemente dovuti al fatto che aveva fatto in modo di non incrociare il principe. Tutto questo perché era confusa.
«E-ecco, io… no, niente, sto bene!» ridacchiò nervosamente l’ancella, arrossendo vistosamente.
«Lunch…» la scrutò più a fondo Chichi, a cui davvero non poteva nascondere niente.
«E va bene: ieri sera, mentre quel ragazzo era con te, io ho trovato per caso il principe Lapis qua fuori e ci siamo baciati!»
«Cosa?!»
«Roarrr!»
Chichi e Bulma sgranarono entrambe gli occhi dopo che Lunch ebbe detto tutto d’un fiato quelle parole.
«Non lo so, è successo tutto così in fretta! E poi… e poi ero così confusa e per quello non ti ho detto niente!»
«Dovevi dirmelo, stupida!» la abbracciò Chichi. «Ma a te piace?! Se vuoi che lo faccia sbattere fuori dal palazzo, dimmelo!»
«N-no! C-cioè, sì! Insomma, non cacciarlo!» bofonchiò Lunch. «A me… beh, a me piace, credo… solo che non ci sto capendo più niente» accennò un sorriso, senza smettere di arrossire. «Sentivo che volevo che mi baciasse, ma so anche che è tutto sbagliato…».
«Non è sbagliato solo perché lui è un principe e tu non sei una principessa… o, almeno, non dovrebbe esserlo» le sorrise Chichi, accarezzandole stavolta lei i suoi lunghi e mossi capelli blu. «Siamo sulla stessa barca, direi. Forse dovremmo fare una passeggiata in giardino, tanto io non ho per niente sonno. Ti va?»
«Sì… forse ci farà bene fare due passi» annuì l’ancella, avviandosi verso la porta della stanza insieme alla principessa, seguite da Bulma.
Si ritrovarono a passeggiare nel giardino reale, in silenzio, ognuna delle due immersa nei propri pensieri. Si stavano dirigendo verso l’immensa e sontuosa fontana bianca, il luogo centrale e più luminoso di quel parco, quando si resero conto di non essere sole. O meglio, che qualcuno aveva avuto la loro stessa idea. C’era una ragazza bionda vestita d’azzurro e argento seduta sul bordo della fontana, immersa nella lettura di un libro. Sollevò lo sguardo e puntò i suoi occhi di ghiaccio per un solo istante in quelli delle due ragazze, prima di sistemarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e riprendere a leggere.
«Ma quella non è la principessa Lazuli?!» bisbigliò Chichi.
«Sì, e preferisco tornarmene in camera mia» provò a fare dietrofront Lunch, che temeva potesse esserci Lapis in giro, oltre al fatto che si sentiva a disagio anche in presenza di sua sorella.
«Aspetta, sarebbe maleducato nei confronti di quella ragazza! Nemmeno la conosciamo!» ribatté la principessa, afferrando il polso della sua amica e costringendola a tornare sui suoi passi, sebbene la stesse seguendo di malavoglia e a testa bassa.
«Ehm… principessa Lazuli! Non avevamo ancora avuto il piacere di parlarci! Vi trovate bene qui?» domandò Chichi, avvicinandosi alla bionda.
«Ah, ciao. Sì, grazie per l’ospitalità» ribatté lei, sollevando appena lo sguardo dal libro. Sembrava non smaniasse dalla voglia di parlare, come sempre del resto.
«Ehi, ma almeno l’hai riconosciuta?! Lei è la principessa Chichi!» sbottò Lunch, che vinse improvvisamente ogni timidezza perché reputava che Lazuli non fosse stata sufficientemente educata nei confronti di Chichi.
«Dai, Lunch, va bene così!» sorrise la mora.
«Così ti chiami Lunch, eh» intervenne Lazuli, chiudendo il libro e fissando il suo sguardo gelido in quello dell’ancella, che arrossì di botto. «Sei tu la ragazza che piace a mio fratello, giusto?»
«E-ehm… e-ecco, io…» farfugliò Lunch, sempre più a disagio.
«Comunque a me non interessa» la interruppe la bionda. «Cioè, mi sembri una a posto» aggiunse, distogliendo lo sguardo e sentendosi a sua volta in imbarazzo nell’aver provato ad essere gentile.
«A-ah, grazie… e scusa per prima» disse tutto d’un fiato Lunch, accennando un inchino. «Tu sei una principessa e sei nostra ospite, non mi sarei dovuta permettere di…».
«Va bene così» la interruppe di nuovo Lazuli, accennando per la prima volta un sorriso, anche se era poco più di un sorriso spento. «Io non sono nessuno qui, mi interessa solo essere libera di fare quello che voglio».
A quelle parole Chichi sgranò impercettibilmente gli occhi.
«Cosa vorresti fare?» le domandò, incuriosita.
«Non lo so, di sicuro non voglio più avere gente che mi dica quello che devo fare e nemmeno avere un padre che mi imponga chi devo sposare solo per i suoi calcoli politici» ribatté, non riuscendo a nascondere una punta di disprezzo nelle sue parole. Chichi sgranò gli occhi ancora di più, non avrebbe mai detto che quella ragazza poteva essere così simile a lei. «Di sicuro voglio leggermi questo libro in santa pace e stare un po’ qui».
«Quel libro è tuo, se ti piace» le sorrise la mora, sedendosi accanto a lei. «E tu e tuo fratello potete restare qui finché vorrete».
«A-ah, grazie» sibilò Lazuli, abbassando istintivamente lo sguardo. Non era abituata alla gentilezza sincera da parte delle persone, aveva sempre dato per scontato che tutti la rispettassero solo grazie al suo status o per raggiungere un fine.
«Da cosa vorresti essere libera?» le chiese Lunch, sedendosi a sua volta accanto a lei. «Non sei l’unica principessa che desidererebbe una maggiore libertà» aggiunse, sorridendo e guardando Chichi.
«Ti capisco, spero che mio fratello non sia stato odioso con te» disse Lazuli, guardando anche lei la principessa di Agraba. «E soprattutto che non abbia creato problemi a te» continuò, voltandosi verso Lunch, che divenne subito paonazza.
«N-no, no… n-nessun problema! Anzi… c-cioè, no! Nessun problema!» farfugliò l’ancella, strappando un sorriso alla principessa venuta dal nord.
«È stato gentile anche con me e con Bulma, la mia tigre!» esclamò Chichi, intervenendo in aiuto di Lunch e indicando a Lazuli il grosso felino dagli occhi azzurri accucciato ai suoi piedi.
«A lui piacciono tanto gli animali, per di più quella tigre è davvero bella, oltre che molto intelligente» disse la bionda, osservando il felino.
«Roar!» ruggì debolmente Bulma, che mostrava di aver gradito i complimenti.
«In ogni caso, se mio fratello fa o dice delle stupidate, a volte, non dateci troppo peso. Lui è fatto così: è immaturo e stupido, ma è una brava persona. Gli piace fingersi snob perché ama giocare a confondere gli altri, a volte non lo capisco» riprese Lazuli.
«A me… a me piace!» esclamò Lunch, prima di diventare ancora più rossa e abbassare la testa. «Il suo carattere! Il suo carattere mi piace!»
«Sì, il suo carattere!» rise Chichi, prima di tornare a guardare Lazuli. «Tu stai scappando da qualcosa? Da quello che non ti rende libera?»
«Da leggi sbagliate e da convenzioni sociali fuori dal tempo e lontane da ogni logica» rispose la bionda, sollevando lo sguardo verso lo splendido cielo della notte di quel regno sconosciuto che l’aveva accolta.
«Già…» convenne Chichi, sospirando. «Vorrei avere anch’io il tuo coraggio».
Sedici accennò un sorriso e rientrò nel palazzo con il cuore più leggero. Stava tenendo d’occhio con discrezione Lazuli da una balconata buia senza che lei lo sapesse, perché non riusciva a fare a meno di preoccuparsi per quella ragazza che considerava al pari di una figlia. Non aveva mai avuto amiche, non aveva mai voluto nessuno al suo fianco, a parte il fratello. Vederla chiacchierare con quelle due ragazze aveva reso il generale felice, gli aveva dato la speranza che anche lei, così introversa e diffidente, potesse finalmente mettere la testa fuori dal guscio ed essere felice. Sentirsi libera.
Sì, era stata la decisione migliore quella di lasciarsi tutto alle spalle e di ricominciare da zero dall’altra parte del mondo. 
 
«Uh, uh!»
Bubbles cominciò a scuotere freneticamente Goku, sdraiato sopra la nuvola magica che era riuscita a liberarsi all’ultimo istante dei massi che l’avevano schiacciata e a salvare il ragazzo e la sua scimmia che precipitavano nel vuoto mentre l’entrata della caverna si chiudeva davanti ai loro occhi. L’atterraggio non era stato dei migliori, perché dall’alto era caduta insieme a loro una valanga di rocce. Entrambi avevano perso i sensi, ed era il male minore visto che senza l’aiuto della nuvola volante difficilmente sarebbero sopravvissuti. Era passato un intero giorno, ormai, quando Bubbles si svegliò per primo e cominciò a cercare di far riprendere conoscenza a Goku. La nuvola si commosse nel vedere che la scimmia stava bene, era molto sensibile e provava gli stessi sentimenti di un umano o un animale nonostante fosse un essere magico e unico nel suo genere. Era ancora molto preoccupata per Goku, anche se lo sentiva respirare profondamente.
«Ah, la mia testa… urcaaa, che botta!» borbottò il ragazzo, sollevando lentamente il busto e guardandosi intorno un po’ disorientato. «Ma quanto ho dormito?!»
«Uh, uh, uh!» lo abbracciò forte Bubbles, saltandogli addosso, mentre la nuvola si sfilava da sotto di lui e cominciava a volargli intorno freneticamente, come a volerlo abbracciare.
«Bubbles, stai bene?! Lo so che sei una scimmia forte come un leone!» rise Goku. «Nuvola! Ci hai salvato la vita! Grazie!» aggiunse, facendo imbarazzare la nuvola gialla, che smise di volare. Non era abituata a ricevere complimenti, non era nemmeno abituata ad avere amici soprattutto. Per questo era davvero felice che stessero bene.
«L’entrata della caverna si è chiusa…» constatò con amarezza il giovane, guardando verso l’alto. Quell’ambiente era immenso e freddo, ovunque c’erano solo rocce e macerie. «Tutta colpa di quel vigliacco di un traditore!» aggiunse, stringendo i pugni e ripensando al vecchio prigioniero che dalla cella all’interno del palazzo reale l’aveva condotto fin lì per poi provare ad ucciderlo.
«Uh, uh, uh!» digrignò i denti Bubbles, allungando con fare minaccioso il pugno chiuso verso l’alto, come a voler minacciare la persona che li aveva traditi e rinchiusi là sotto.
«Chiunque fosse quel figlio di uno sciacallo, ormai è sparito con la lampada…» sospirò Goku.
«Uh, uh!» esclamò la scimmia, raddrizzandosi e regalando al suo amico un sorriso a trentadue denti, prima di estrarre da sotto il suo gilet la lampada che aveva rubato a Freezer mentre lottava contro di lui, prima di cadere a sua volta nel vuoto insieme a Goku.
«Ah, ah! Bubbles, piccolo ladro che non sei altro!» si illuminò il ragazzo, prendendo l’oggetto dalle mani della scimmia e cominciando a scrutarlo con attenzione.
Perché quel vecchio era disposto ad ammazzare qualcuno pur di avere quella che a tutti gli effetti sembrava essere solo una vecchia lampada come tante altre? E perché si trovava così protetta in un luogo magico e allo stesso tempo fatale come quella caverna?
«Forse qui c’è scritto qualcosa… ma non si legge bene…» borbottò Goku, cominciando a lucidare col palmo della mano un punto di quella vecchia lampada senza valore su cui sembrava esserci un’incisione. «“Appari, drago Shenron”… ma che significa?!» si domandò, dopo essere riuscito finalmente a leggere.
La lampada improvvisamente cominciò a tremare e a scaldarsi tra le sue mani, divenne così lucente da sembrare ricoperta d’oro e il tappo che la chiudeva saltò via, facendo spaventare Bubbles. All’interno c’erano sette sfere arancioni lucide e semitrasparenti, ognuna delle quali aveva dentro di sé delle piccole stelle rosse in quantità diverse tra uno e sette. Le sfere lampeggiavano emettendo sempre più luce, mentre la lampada dorata non la smetteva di tremare tra le mani di un incredulo Goku.
Si sentì un lungo fischio, poi un rumore simile a un botto. Bubbles corse a nascondersi dietro un masso e anche la nuvola si allontanò da Goku, che si stava sforzando con tutto sé stesso per riuscire a tenere tra le mani la lampada mentre un denso fumo verde cominciava a fuoriuscire da essa e innalzarsi verso l’alto.
Di fronte allo sguardo attonito di Goku si palesò un gigantesco drago verde dagli occhi rossi simile a un lunghissimo ed enorme serpente, ma dotato di due braccia sottili rispetto al resto del corpo, eppure muscolose. Portava gli orecchini e dei grossi bracciali dorati attorno ai polsi. Nella sua faccia, il ragazzo riconobbe lo stesso aspetto che aveva l’ingresso della Caverna delle Mereviglie. Era talmente grosso che occupava con la sua mole tutto ciò che era rimasto di quella grotta.
«Esprimi i tuoi tre desideri!» stabilì con voce solenne il drago, mostrando delle lunghe e affilate zanne bianca che fecero gelare il sangue nelle vene ancora di più a Bubbles, tremante come una foglia. I suoi occhi rossi lampeggiavano, mentre Goku lo fissava come incantato. Non aveva paura di lui, ne era affascinato. Ma era soprattutto confuso, perché non ci stava capendo più nulla. Perché un drago?! E aveva detto davvero “tre desideri”?!
«Urcaaa!» esclamò il ragazzo, grattandosi la nuca, incapace di dire qualcosa di più sensato.
«E va bene. Assumerò una forma a te più comprensibile!» disse con voce tonante il drago, i cui occhi si illuminarono di nuovo, prima che il fumo, stavolta misteriosamente azzurro, riempisse di nuovo la caverna.
«Coff, coff» tossì Goku, mentre luci intermittenti simili a scintille brillavano in mezzo a tutto quel fumo che stava ora assumendo anche delle sfumature rosa.
Una luce abbagliante illuminò la caverna e il fumo si dissolse all’improvviso.
«Aaahhh! Era ora!» sbottò una voce roca.
Goku riaprì gli occhi e si ritrovò a fissare a bocca spalancata un ragazzo dalla pelle sorprendentemente azzurra e dai lunghi e folti capelli neri che gli ricoprivano tutta la schiena. Era a torso nudo ed era estremamente grosso e muscoloso. Portava orecchini e bracciali uguali a quelli che aveva visto addosso al drago poco prima, oltre a una fascia rossa come cintura che divideva il busto dalla parte inferiore del suo corpo formata da un denso fumo celeste che continuava a fuoriuscire dalla lampada.
Quello strano essere si fece scrocchiare il collo e si stiracchiò, prima di assumere improvvisamente dimensioni gigantesche e piegarsi in avanti, fissando Goku attraverso i suoi due grandi e intensi occhi neri.
«Sai com’è, dopo diecimila anni uno si sente tutto incriccato» gli spiegò, come se fosse la cosa più ovvia del mondo. «Che favola essere di nuovo fuori! Sono tornato, signore e signori!» esclamò, sollevando come se niente fosse Goku e scrutandolo. «Aspetta, scusa un attimo» aggiunse, appendendo il ragazzo a uno spuntone di roccia della parete della caverna a un’altezza vertiginosa.
«E-ehi! Ma… ma cosa… ?!» farfugliò Goku, mentre l’essere azzurro si staccava la testa e se la faceva ruotare tre volte tra le spalle, prima di incastrarsela di nuovo sopra il collo.
«Ecco, così va meglio! È una vera merda lì dentro, lo sai?» riprese, afferrando di nuovo Goku e rimettendolo delicatamente a terra.
Il giovane lo fissava con aria interrogativa e allo stesso tempo stralunata. Ma cosa stava succedendo?!
«Bene, diamo inizio allo spettacolo! Tu come ti chiami?» rise allegramente l’essere azzurro.
«G-goku… Aladdin Goku!»
«Aladdin Goku, eh?!» ripeté, mentre alle sue spalle compariva magicamente un telo luminoso con sopra scritto proprio quel nome. «Nome di battesimo o nome d’arte?! Posso chiamarti “Al”? Oppure “Din”? O magari “Go”?! No, perché mi sembra che “Ku” suoni un po’ male… sai, pensa se ti dicessi: “Vieni, Ku!”. La gente potrebbe fraintendere… no, no, “Ku” assomiglia troppo a “culo”!» concluse, pensieroso.
«Non è che ho sbattuto troppo forte la testa, vero?» chiese Goku guardando prima la nuvola gialla al suo fianco e poi Bubbles. Non ci stava capendo davvero nulla.
«Oh, ma abbiamo anche un primate! Ciao macaco, ti sei lavato bene il pelo stamattina? Non sopporto le pulci, sono un genio raffinato e bello, io!» rise, facendo inveire la scimmia, che cominciò a berciare furiosamente.
«Ma guarda chi abbiamo qui! Saranno millenni che non ci vediamo, Speedy!» gridò rivolto alla nuvola, con gli occhi che gli si illuminarono. «Dammi un cinque, grande! Ti diverti ancora a trasformarti in tappeto?! Ah, ah, ah! Questa nuvola è una simpaticona!» aggiunse, dando il cinque alla nuvola, che sembrava davvero felice di rivederlo.
«Ti chiami Speedy? E lo conosci?!» domandò Goku alla nuvola, che annuì.
«Ehi, aspetta un attimo… mi sembri più piccolo del mio ultimo padrone, o sbaglio?! O forse sei meno ricco?! Sai, di solito sono sempre tutti ricchi i miei padroni» esclamò l’essere azzurro, a cui Goku era parso di sentirsi definire “genio” nel suo delirio di parole.
Stava forse sognando? Il Genio della Lampada non esisteva solo nei libri e nelle leggende del suo popolo?!
«O magari sono io che sono diventato più grosso… dimmi, Gò: mi trovi grasso per caso? Sai, non faccio movimento da una vita…» continuò il gigantesco essere azzurro, mettendo in mostra dei muscoli e degli addominali estremamente definiti.
«Ehmmm… no?!» sbottò Goku. «Cioè, ma cosa diamine sta succedendo?! Tu sei il drago di prima?! Sei un genio?!»
«Esatto!» esultò l’altro, rimpicciolendo improvvisamente e abbracciando il giovane, riempiendolo di pacche sulle spalle. «Sei intelligente! Chi è il tuo maestro? L’orango?» aggiunse, indicando Bubbles, prima di tornare grosso. «Io sono un Genio-Drago, semplicemente. La mia vera forma è quella che hai visto prima, ma nel corso della mia lunghissima esistenza mi sono creato questo altro aspetto da genio per non spaventare troppo i miei padroni. Una volta uno ci è rimasto secco quando mi ha visto, non è stato un bello spettacolo!»
«Quindi il tuo nome è Sherlock?!» chiese ingenuamente Goku, che prima non aveva capito bene in mezzo a tutto il trambusto generato dall’apparizione del drago.
«Mi chiamo Shenron, che cazzo di nome è Sherlock?! Puoi chiamarci il tuo cammello così! Ah, ah, ah!» rise il genio, prima di tornare di nuovo serio. «Comunque, secoli fa, ho deciso di darmi un nuovo nome per quando assumo la mia forma da bellissimo genio umano, cioè Radish. Però puoi chiamarmi “Rad”! E, a proposito, qua sotto c’è un’illuminazione che fa schifo, la mia pelle è molto più azzurra di questo celeste sbiadito! Sembro malaticcio»
«Ma… quindi, fammi capire una cosa, Rad» disse Goku, sul cui volto si era dipinto un sorriso a trentadue denti. «Tu sei un genio e io… beh, io sono il tuo padrone?!»
«E vaiii! Ci è arrivato! Fagli un applauso, mandrillo!» applaudì Radish, imitato da Bubbles, mentre intorno a Goku comparivano e sparivano luci di tutti i colori e una folla invisibile sembrava lo stesse incitando.
«Io sono il genio più forte di tutti i tempi, sono una bestia!» gridò, gonfiando i muscoli all’inverosimile e diventando ancora più grosso. «E sono anche il più bello!» aggiunse in tono suadente, assumendo un’altezza umana e, soprattutto, uno strano aspetto da ragazza azzurra dai lunghissimi capelli neri e un seno contenuto a fatica dalla fascia dorata di uno striminzito costume da odalisca. «Anzi, la più bella! Nooo… troppe tette, sbaglio sempre quando faccio così il coglione!» sbottò, davanti allo sguardo confuso di Goku, tornando al suo solito aspetto. «Sono il più bello e basta, non mi trovi affascinante?» chiese, sollevando ritmicamente le sopracciglia e ammiccando.
«Ehmmm… veramente…» farfugliò il giovane.
«Comunque, sono il più potente!» lo interruppe il genio, duplicandosi all’improvviso in sette copie identiche a lui che circondarono Goku sorridendogli con aria soddisfatta, prima di svanire in una nube azzurra. «E tu hai a disposizione tre desideri, ragazzo!»
«Urcaaa! Ho tre desideri?! Davvero?!» urlò il giovane, in preda all’eccitazione.
«Sì, tre! E non di più!» rispose il genio, piegando il pollice e il mignolo della sua mano per mostrargli tre dita. «E se vuoi usarne uno per chiedere altri desideri, beh, puoi andare a farti fottere! Ah, ah, ah!» rise sguaiatamente, lasciando sollevato solo il dito medio. «E poi, una volta espresso un desiderio, non puoi cambiare idea o tornare indietro. Una volta usciti dal negozio, la merce non si cambia!» aggiunse, facendo comparire una bottega con la porta sbarrata piena di merce preziosa al suo interno in cui lui era il venditore che svanì dopo pochi istanti. «Ah già, non puoi nemmeno far esaudire altri tre desideri a persone che si sono messe d’accordo con te perché le conosci, sia ben chiaro!»
«Forse sto sognando…» sorrise Goku a Bubbles, che non credeva nemmeno lui alle sue orecchie.
«Padrone, anzi, Gò, forse non hai ancora ben realizzato quello che ti sta succedendo» sorrise con aria soddisfatta il genio, diventando improvvisamente più alto e puntando un dito contro Goku, sollevandolo con la forza del suo potere a distanza e facendolo accomodare con Bubbles e la nuvola Speedy su un elegante divano comparso dal nulla sotto di loro. «Lasciami cantare per illustrarti le mie possibilità! Sai, mi piace la musica e adoro anche ballare!» aggiunse, colmo di gioia, facendo una piroetta su sé stesso volando verso l’alto, mentre nell’aria cominciava a diffondersi un’allegra base musicale come se in quella caverna ci fosse una banda di suonatori.
«Nemmeno coi quaranta suoi ladron, Alì Babà è ricco quanto te!» cominciò a cantare Radish, mentre quaranta predoni del deserto apparsi dal nulla circondavano Goku, salvo poi trasformarsi in oro e poi dissolversi. «Il cielo ti ha aiutato, sai perché? La mia magia ha un certo non so che!» continuò, mentre la sua testa emergeva da sotto il gilet di Goku per posizionarsi accanto alla sua e insieme alle braccia del ragazzo comparivano anche le sue, enormi, azzurre e muscolose. «Adesso la tua forza è mitica, e se la vuoi la puoi adoperar! Saran finiti tutti i tuoi guai, se questa lampada vorrai sfregar!» andò avanti, facendo simulare a Goku un incontro di lotta con un energumeno e poi ricomparendo da una lampada improvvisamente grossa come un forziere, in una mare di luci, suoni e colori.
«E io dirò: “Bonjour Monsieur, che cosa scrive sul carnè? Chiedi pure tutto ciò che vuoi, perché hai un amico, amico come me!» continuò il Genio, travestendosi da cameriere e servendo un vassoio con sopra una versione di sé stesso in miniatura che ballava a Goku, seduto a una tavola apparecchiata. «La vita è un ristorante, è come un gran buffet! Perché tutto ciò che chiedi avrai, grazie a un amico come me!» aggiunse, prima di quadruplicarsi davanti a Goku, che vide sparire davanti a sé il tavolo e si ritrovo su una poltrona, i quattro Radish intenti a tagliarli i capelli, fargli la barba, il manicure e persino il pedicure. «Sono felice di servirvi, siete il boss, il re, lo scià! E dolci di ogni tipo assaggerai, gradisci ancora un po’ di baklava!» intonò, sommergendo Goku, Bubbles e la nuvola Speedy di dolcetti al miele e altre prelibatezze.
«Si vive in serie A, dimentica la B! Comanderai la servitù per dormire fino a mezzodì!» annunciò senza smettere di cantare, mentre una gigantesca colonna piena di ricchezze e frutta si ergeva sotto i piedi di Goku, proiettandolo incredulo fino alla cima di quella caverna, salvo poi sparire da sotto i suoi piedi. Il ragazzo atterrò su un grosso e morbidissimo cuscino rosso che Radish, gigantesco e sdraiato per terra, aveva fatto magicamente comparire. Il genio aprì poi la bocca e formò una scalinata con la sua lingua, dalla quale scese una versione più piccola di sé stesso vestito con estrema eleganza che non la smetteva di ballare.
«La mia leggiadria è la fantasia! È stregoneria! Questa è magia! Sta’ a guardare, son qui per te!» riprese a cantare, staccandosi la testa e triplicandosela, prima di mettersi a fare il giocoliere come fossero palline.
Si trasformò poi in un coniglietto rosa con gli orecchini e la sua inconfondibile chioma nera, per poi assumere la sua forma originaria di drago, solo più piccolo stavolta, e sputare tre fiammate dalla bocca che si trasformarono in tre bellissime ragazze seminude dai lunghi capelli azzurri, che cominciarono a ballare sensualmente e a strusciarsi contro Goku, immobile e rigido come un pezzo di legno, visibilmente a disagio. Erano identiche e portavano solo una microscopica fascia rossa semitrasparente che copriva a malapena il loro abbondante seno e un essenziale perizoma coperto solo da un pareo che non lasciava molto spazio all’immaginazione. Sulla fascia c’era ricamata col filo dorato la scritta “Marion” su tutte e tre le ragazze, identiche tra loro. La pelle di Radish, che aveva ripreso la sua forma semiumana di genio, era diventata rossa e dalla sua testa e dalle sue mani continuavano a fuoriuscire piccole fiammelle.
«Ma se dico “Abracadabra” spariranno tutte e tre!» riprese a cantare, con le tre misteriose ragazze che si dissolsero all’improvviso, permettendo a Goku di riprendere a respirare. «Avrete gli occhi che vi schizzan via per le soprese che io vi farò! Sono una polizza di garanzia, e i problemi tuoi mi accollerò!» continuò, cominciando a ballare con il suo padrone facendosi uscire e poi rientrare gli occhi nelle orbite, fino a fargli fare una piroetta staccandosi da lui. «Non vedo l’ora di aiutarti, scià! E tu chiedi tutto quello che si può! La lista lunga quanto lo vorrai, i desideri tuoi li esaudirò!»
Intorno a Goku si pararono improvvisamente una serie di uomini che si prostravano davanti a lui, come se fosse il sultano o una divinità, ma che all’improvviso scomparvero, lasciando spazio a una sola delle tre ragazze dai capelli azzurri comparse poco prima, che sia avvicinò suadente al ragazzo, premendo il seno contro il suo petto muscoloso e accarezzandogli il collo con la mano. Lo guardò intensamente attraverso i suoi grandi e luminosi occhi azzurri, dischiudendo leggermente le labbra carnose e avvicinando il suo volto a quello di Goku. Sembrava stesse per baciarlo, così il ragazzo, sempre immobile e con le braccia lungo i fianchi, oltre che col cuore a mille, chiuse gli occhi. Solo che non successe nulla, così li riaprì e si trovò davanti Radish, con le labbra protese e perfettamente truccato, con tanto di lunghe ciglia di donna, che gli sorrideva sghembo, prima di sparire in una nuvola azzurra.
«Oh, mister Goku, questo mondo è qui per te! E capirai che solo io, sono un grande amico tuo, sono il vero amico tuo, vero amico tuo!» riprese a cantare, facendo comparire degli elefanti e dei cammelli che ballavano come fossero persone, oltre a cumuli di ricchezze e di cibo in ogni angolo della caverna, verso le quali si gettò subito Bubbles con gli occhi sgranati, cominciando ad arraffare tutto quello che poteva. Comparvero ancora le tre ragazze dai capelli azzurri con la scritta “Marion” sul seno che ballavano in cima a un enorme narghilè, e una gran quantità di guardie che alzavano e abbassavano la scimitarra a ritmo di musica.
«Non c’è altro… amico… cooomeee mee!» cantò Radish a squarciagola, lanciandosi in scivolata in mezzo a tutto quello spettacolo che aveva creato, mentre gli elefanti avevano raggiunto Goku e l’avevano lanciato trionfalmente verso l’alto con le loro proboscidi.
«Un grande amico come me!» concluse il genio, mentre un vortice azzurro assorbiva tutto dentro di sé e spariva nella sua testa.
Radish sollevò un pugno verso l’alto e chiuse gli occhi, mentre la caverna aveva ormai ripreso il suo consueto aspetto e le luci e i suoni erano svaniti.
Il suo spettacolo era finito, ma lui dopo tanto, troppo, tempo si sentiva felice.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: allora, ne è valsa la pena aspettare per ben nove capitoli il ritorno tra queste pagine del genio della lampada?! Spero di sì, come spero che vi piacerà anche questa versione del mio Rad che molti di voi hanno già imparato ad amare grazie a Remember me e le altre storia in cui compare, spesso dominando la scena. Anche qui non sarà il protagonista, ma quasi, perché da adesso in poi ci terrà sempre compagnia e spero riuscirà a farvi ridere, emozionare e divertire. Io vi ringrazio ancora una volta tutti per l’hype che avete avuto per lui, mi avete lasciato senza parole in queste settimane.
Allora, cosa mi raccontate?! Avete cantato anche voi a squarciagola?! Qui Rad è stato un vero showman come quando gli avevo fatto cantare “Stia con noi” sotto forma di Lumiere in “Beauty and the Beast”, oggi come allora è stato impegnativo descrivere le scene che cambiavano durante la canzone ma spero vi sia piaciuto il risultato finale.
Vi è piaciuta questa cosa che il genio è anche un drago? Che Radish è anche Shenron?
Infine, spero che vi sia piaciuto anche il momento tra ragazze (più tigre), con la nostra Lazuli che comincia a sciogliersi un po’. Mi fa piacere che anche lei e Lapis continuino a riscuotere tanto successo tra di voi, mi rendete felice!
 
Come sempre ringrazio tutti voi che mi lasciate sempre un commento e mi date la forza per fare del mio meglio in questa storia! Grazie anche a chi legge in silenzio, fatemi sapere anche voi se vi è piaciuto a prima vista il mio amico Rad!
 
Benissimo, settimana prossima il titolo del capitolo contiene già un bello spoiler, infatti si intitola “Il principe Kakaroth”… secondo voi di chi si tratta? Di un nuovo personaggio forse? Mah… ;-)
Vedremo poi se i nostri amici riusciranno a uscire dalla caverna, prima di tutto, poi direi che sarà doveroso cominciare a conoscere meglio Radish tra una battutaccia e l’altra. Ci sarà anche spazio per Freezer e il suo nuovo piano, quale sarà secondo voi?
Vi ho fatto un sacco di domande stavolta, se volete avere qualche risposta ci vediamo mercoledì prossimo!
 
Teo

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Capitolo 12
*** Il principe Kakaroth ***


12 – Il principe Kakaroth
 
 
«Allora, padrone, cosa desideri?» domandò Radish, sdraiandosi mollemente accanto a Goku dopo il suo personalissimo spettacolo e guardandosi le unghie.
«Davvero posso chiederti tutto quello che voglio?!» ribatté il giovane, che ancora faticava a credere a quanto stava succedendo. Aveva davvero un genio a sua disposizione?!
«Ci sarebbe qualche piccola clausola… un paio di postille» rispose Radish, rialzandosi di scatto e cambiando aspetto, oltre che voce. Adesso sembrava un vecchio professore magrolino dai capelli bianchi pettinati col riportino e l’aria saccente.
«Cioè?!» rise Goku, che non riuscì a trattenere le risate nel vederlo conciato così.
«Regola numero uno: io non ammazzo» stabilì il genio, riacquisendo la sua solita forma e sedendosi accanto a Goku. Si passò il pollice sul collo riproducendo il rumore di una lama, staccandosi di netto la testa. «Quindi non chiedermelo» aggiunse, continuando a parlare senza problemi, nonostante avesse la testa appoggiata sul palmo della sua mano. «Credimi, ho conosciuto tante persone che mi stavano sulle palle negli ultimi millenni, eppure non ne ho fatta fuori nessuna. Anche molti dei miei padroni erano persone spregevoli, ma non ho potuto ucciderli, né ribellarmi a loro».
«Perché non hai potuto almeno ribellarti?»
«Sveglia, Gò! Ci sei?!» esclamò Radish, facendo oscillare davanti agli occhi di Goku i suoi polsi stretti da grossi e pesanti bracciali dorati. «Perché sono un genio, no?! Sono nato così, devo obbedire ai miei padroni e rispettare dei vincoli per i desideri. E così e basta… scusa, tu perché vai al cesso tutte le mattine?»
«Eh?! Ma che domanda è?!» ci pensò su il giovane. «Perché sono così… perché sono un umano!»
«Vedi, allora, che sei intelligente se fai funzionare il cervellino?! Tu sei un umano e quindi caghi tutti i giorni come un cavallo, io sono un genio e devo obbedire anche ai peggiori stronzi e vivere un’esistenza infinita in un posto grande come il buco del tuo cu…».
«Sì, sì… ti sei spiegato benissimo, Rad!» lo interruppe Goku, ridacchiando. «Quindi, la prima clausola è che tu non uccidi. E la seconda?»
«Non posso fare innamorare qualcuno di qualcun altro…. Muaaahhh!» rispose, facendo diventare la sua bocca gigantesca e schioccando un rumorosissimo bacio sulla guancia di Goku dopo averlo stritolato in un abbraccio particolarmente vigoroso.
«Bleah, che schifo…» biascicò il ragazzo, mentre Radish sorrideva e gli pizzicava la stessa guancia con le dita.
«Bello il mio romanticone! Ce l’hai la faccia da mandrillone, eh!» aggiunse il genio, prima di farsi serio e diventare improvvisamente verdognolo e maleodorante, con tanto di occhi gialli e la pelle che diventava sempre più putrida. «Regola numero tre: non posso far resuscitare i morti. A parte che non sono un bello spettacolo, in più devi sapere che mi fanno anche un po’ schifo!» sibilò con una voce che non era la sua e che sembrava arrivare direttamente dall’oltretomba.
«Quindi ci sono tutte queste limitazioni per i tuoi desideri, eh…» si finse pensieroso Goku, scambiandosi un’occhiata d’intesa con Bubbles, che capì subito l’intento del suo amico e rizzò il busto accanto a lui. «Bel genio che ci siamo trovati…» sbuffò il ragazzo, scuotendo la testa e fingendosi rassegnato.
«Uh, uh!» allargò le braccia la scimmia, scuotendo la testa a sua volta, mentre Radish sollevava un sopracciglio, visibilmente contrariato.
«Se questo presunto genio non sa nemmeno resuscitare i morti, scommetto che in realtà non sarà neanche capace di farci uscire da qui. Dai, Bubbles, diamoci da fare da soli o ci toccherà stare in questa caverna per sempre» riprese Goku, cominciando a camminare verso una parete di roccia. Anche la nuvola Speedy lo osservava con aria interrogativa.
«Scusa un attimo, temo di non aver capito bene. O forse non hai capito con chi hai l’onore di parlare, umano dal cervello microscopico!» gli sbarrò la strada Radish, fissandolo con aria minacciosa. «Sei tu che sei venuto a rompermi le palle, sei tu che hai strofinato quella stupida e dannatamente minuscola lampada, sei tu che mi hai svegliato! E adesso vuoi piantarmi in asso e andartene col tuo babbuino?! E no, caro mio! Io sono un cazzo di genio ed esaudisco i tuoi cazzo di desideri!» sbraitò furibondo, facendo poi un cenno con la mano alla nuvola Speedy e chiamandola a sé. «Seduto!» ordinò a Goku, che prese posto a bordo della nuvoletta gialla insieme a Bubbles.
Radish si sedette davanti a loro a gambe incrociate e gli regalò un sorriso sghembo.
«Adesso ti faccio vedere cosa sa fare un genio cazzuto come me! Si parteee!» urlò, con la nuvola Speedy che volò velocissima verso la parte superiore della caverna, sfondando le rocce e aprendosi magicamente un varco sotto la sabbia che li seppelliva, lasciandosi alle spalle una sfolgorante scia dorata.
Nel giro di un istante si ritrovarono nel cielo azzurro che avvolgeva il deserto di Agraba.  Goku dovette chiudere gli occhi, abbagliato dal sole cocente e ormai disabituato alla luce.
 
Nel frattempo, al palazzo reale, Freezer si era presentato di malavoglia al cospetto del sultano come di consueto, anche se faticava a reprimere la sua rabbia per aver perso forse definitivamente la lampada che aveva sognato di avere da tutta la vita per realizzare il suo obiettivo. Il suo umore peggiorò ulteriormente quando vide che insieme a Giuma c’era anche Chichi, che sembrava proprio lo stesse aspettando e lo fissava con uno sguardo colmo di odio e di rabbia.
«Vostra maestà. Principessa» chinò la testa, fingendo devozione.
«Dimmi subito se hai mandato ancora i tuoi uomini a cercare quel ragazzo! Se gli avete fatto qualcosa, giuro che io…» sbottò Chichi, che temeva per la vita di Goku, dato che non si era presentato all’appuntamento la sera precedente. Indossava ancora solo un orecchino, come se sperasse in cuor suo che lui sarebbe potuto ricomparire da un momento all’altro, sebbene fosse consapevole che si trattava di una semplice e vana illusione.
«Un ragazzo?» la interruppe il Gran Visir. «Credo di non capire, principessa».
«E invece sai benissimo di chi sto parlando! Gli avete fatto del male?! L’avete ucciso?!»
«I miei uomini non hanno arrestato nessun ragazzo, né tantomeno ucciso barbaramente qualcuno. Non lo permetterei mai, è compito del Gran Visir far rispettare la legge e quindi anche i diritti di chi è sospettato di averla infranta» rispose mellifluo.
«Freezer, sappi che da adesso in poi voglio essere messo al corrente dell’identità delle persone su cui emetti un mandato di cattura» intervenne con fare autoritario Giuma. «Non voglio più che si ripeta una scena come quella che mi ha descritto la mia Chichi l’altro giorno, chiaro? È un ordine!»
«Certo, vostra maestà» rispose a denti stretti il Gran Visir, abbassando la testa mentre ribolliva di rabbia e stringeva con tutte le sue forze il suo scettro dorato.
«E che sia chiara una cosa: voglio diventare regina anche solo per potermi finalmente sbarazzare di te!» sbraitò Chichi in faccia a Frezeer, prima di andarsene dalla stanza del trono, seguita dal padre che cercava di tranquillizzarla.
«Chichi, dobbiamo ancora parlare dei tuoi pretendenti…» mugugnò il sultano.
«Non sono dell’umore, papà!» sbottò lei, con la voce che si perse via via in lontananza.
«Per potermi finalmente sbarazzare di te!» sibilò Vegeta imitando la voce della principessa, appollaiato sulla spalla di Freezer, non appena rimasero soli. «Tsk, cazzo di gallina…».
Non capiva come una col carattere di Bulma potesse sopportare quella ragazzina. Lui si trovava bene quando era solo con Bulma, ma non aveva mai capito perché lei fosse così legata alla sua padrona. Lui non aveva mai avuto quel genere di rapporto con Freezer, anzi. E forse era anche questo a dargli fastidio. Oppure, più semplicemente, avrebbe voluto tutte per sé le attenzioni della tigre dagli occhi azzurro cielo.
«Se solo fossi riuscito ad avere la lampada…» ringhiò il Gran Visir, battendo il bastone sul pavimento.
«Dovrai leccare il culo a quel vecchio rimbambito per il resto dei tuoi giorni, invece. E a quella smorfiosa bisbetica di sua figlia, non dimenticarti di lei» girò il coltello nella piaga Vegeta.
Aveva perso anche lui la sua occasione, svanita sotto un cumulo di sabbia e macerie insieme a quel ragazzo che a pelle non aveva mai sopportato, tuttavia non era abituato a darsi per vinto. Avrebbe trovato comunque un modo per farcela a raggiungere il suo obiettivo, anche se in quel momento all’orizzonte non vedeva nulla di buono.
«No, Vegeta. Finché non troverà un rimbambito di marito, dato che poi mi farà bandire…» sospirò, irritato, uscendo sulla balconata che dava sul giardino interno del palazzo giusto in tempo per vedere Chichi che litigava con suo padre per via di tutti i principi che si ostinava a rifiutare.
Neanche Freezer, tuttavia, era un uomo abituato a perdersi d’animo. Era arrivato in alto grazie alle sue idee, alla sua forza, al suo essere senza cuore e privo di scrupoli... e fu proprio guardando con odio e disprezzo la principessa che i suoi occhi rossi improvvisamente brillarono e un sorriso inquietante si dipinse sul suo volto pallido.
«Vegeta, ho trovato: sarò io quel “rimbambito di marito”!»
«Sì, e lei sarà lì ad aspettarti a gambe aperte, giusto? Cos’ha quell’oca, trent’anni meno di te?! E in più ti odia, tsk!» scosse la testa Vegeta, convinto che il Gran Visir stesse ormai vaneggiando.
«Non me ne frega niente di quello che pensa quell’inutile e capricciosa ragazzina, tanto meno mi interessa come donna… per me conta solo il potere, dovresti saperlo! E io le cose, quando voglio, le ottengo sempre in qualche modo: io sposo quella lurida cagna e divento sultano! L’idea mi piace, ha un certo fascino» ghignò follemente, andando a sedersi sul maestoso trono dorato di Giuma.
«E che programmi avresti per l’amata mogliettina e l’adorato suocerino, a quel punto?»
«Devo ancora decidere: magari la fossa dei cobra per lei e un bel dirupo per lui!» rise sguaiatamente il Gran Visir.
 
«Ecco! Hai ancora qualcosa da ridire sui miei poteri, signor rompi coglioni?» domandò Radish, sorridendo compiaciuto e incrociando le braccia al petto davanti a Goku.
«Sì… niente male! Tornando ai miei tre desideri…».
«Che cosa?! Temo di non aver sentito bene. Sai com’è, dopo una vita dentro quella minuscola lampada uno può anche rincoglionirsi un po’» lo interruppe il genio, ingigantendo il suo dito indice e piazzandolo davanti alla faccia di Goku. «Tu hai già usato un desiderio!»
«Guarda che io non ho espresso il desiderio di uscire dalla caverna, hai fatto tutto da solo!» ghignò il giovane ladro, lasciando di sasso il genio dai lunghi capelli neri.
«Piccolo bastardo, mi hai fottuto! Ma adesso niente più extra! E tu non ridere, orango!»
«E va bene, va bene!» rise Goku, cominciando a camminare pensieroso nell’oasi verdeggiante in mezzo al deserto che si era creata intorno a loro grazie ai poteri di Radish, che nel frattempo aveva fatto comparire un comodo ed elegante lettino e stava sorseggiando una bibita fresca godendosi il sole.
«Guarda com’è bella azzurra e lucente la mia pelle, Gò! Sono proprio un figo!»
«Sì, sì…» lo compatì lui, che stava cercando di concentrarsi su come esprimere i suoi desideri. Camminava freneticamente avanti e indietro, seguito da Bubbles e dalla nuvola Speedy.
«Mi stai facendo venire il mal di mare, potresti stare fermo? Tra un po’ va a finire che sbocco e ci tengo a darti una notizia importante: anche il vomito di un genio-drago fa schifo, non è che sputerei fuoco o cazzate simili».
«Cerca di capirmi, Rad! Non so cosa desiderare… ci sono troppe cose che vorrei e tre richieste mi sembrano improvvisamente troppo poche, anche se è strano dirlo da uno che come me che non ha mai avuto niente…».
«Ti do un’altra notizia importante, padrone: i desideri, per quelli come te che si rivolgono a me, non sono mai abbastanza» intervenne Radish. «Anche se poteste averne dieci, di desideri, rimpiangereste sempre di non averne potuto avere almeno uno in più. Alla fine sembra sempre che sia un cazzo di desiderio in più o in meno a fare la differenza. È una cosa che ho imparato nei miei millemila anni di vita».
«Tu che cosa chiederesti?» domandò a bruciapelo Goku, con il genio che sgranò gli occhi, sorpreso da quella domanda che nessuno gli aveva mai fatto.
«Nessuno me l’aveva mia chiesto, forse perché tutti pensano che un genio possa avere qualunque cosa voglia» sorrise malinconicamente Radish, guardando prima i pesanti bracciali intorno ai suoi polsi e poi il cielo. «Lascia perdere…».
«Dai, dimmelo!»
«Tanto sarebbe inutile…».
«Dimmelo e basta! Daiii!»
«E va bene! Vorrei la libertà!» sbottò il genio. «Contento?! Sei fastidioso quando ti ci metti…».
«Sai, non sei l’unico che desidera la libertà» accennò un sorriso Goku, al quale tornò alla mente Chichi e ciò che gli aveva confidato.
«È un lavoro di merda quello del genio, lo sai?» sospirò Radish. «Fenomenali poteri cosmici!» gridò con voce tonante, riprendendo all’improvviso la sua gigantesca forma di drago e creando un cielo infuocato carico di energia intorno a sé. «In un minuscolo spazio vitale!» aggiunse con una flebile vocina, rimpicciolendosi fino a schiacciarsi all’interno della lampada. «Siccome qui c’era tantissimo spazio, chi mi ha creato ha pensato di metterci dentro pure sette sfere oltre a me. Immagina come cazzo passo la mia eternità… un giorno, credo duecentocinquantatre anni fa, mentre mi rigiravo per cambiare posizione, me ne stava per entrare una nel buco del cul…».
«Sì, sì, credo di aver capito, Rad!» lo interruppe Goku, grattandosi la nuca. «Comunque dev’essere terribile…».
«Comanda padrone! Comanda padrone! Comanda padrone!» ripeté in maniera ossessiva il genio, tenendo gli occhi sgranati e scuotendo il giovane ladro dopo avergli stretto le spalle in una morsa con le sue mani. «Questa è la mia vita… mi chiedo cosa si provi ad essere padrone di sé stesso» sorrise amaramente, per sollevare di nuovo lo sguardo verso il cielo. «Dev’essere più prezioso di tutte le magie e di tutti i tesori del mondo! Ma sto solo sognando, devo smetterla! Sveglia, Rad! È qualcosa che non si avvererà mai! Ah, ah, ah!» rise forzatamente.
«E perché non potrà mai avverarsi questa tua volontà?»
«L’unico che potrebbe liberarmi sarebbe uno dei miei padroni, esprimendo uno dei suoi desideri» allargò le braccia Radish. «”Genio, sei libero”. Basterebbero queste parole, ma immagina quante volte è successo…».
«Urcaaa! Ma allora è facile! Lo farò io!» sorrise Goku, che aveva il cuore grande e non poteva certo restare insensibile al grido d’aiuto del suo nuovo amico. «Ti darò la libertà!»
«Sì, come no!» rise Radish, che si fece allungare a dismisura il naso. «La prossima volta che mi racconti una bugia te lo faccio crescere a te il naso e poi te lo lascio così, eh! Dai, non prendermi per il culo».
«No, davvero! Te lo prometto! Userò i miei primi due desideri e terrò il terzo per te, te lo prometto!» esclamò Goku, allungando la mano verso il Genio, che la strinse e si commosse per le parole del suo giovane e nuovo padrone. Leggeva la sincerità e la purezza nei suoi occhi, era diverso da tutti gli altri che aveva conosciuto. Provò una sensazione più forte dell’affetto per quel ragazzo: lo percepì quasi come un fratello minore. Credette alle sue parole, per la prima volta nella sua infinita esistenza vedeva davanti a sé un futuro che non prevedesse le tenebre con cui era abituato a convivere nella lampada.
«Bene! Allora diamoci da fare!» urlò il genio, al settimo cielo, spalancando le braccia e proiettando intorno a sé una moltitudine di luci colorate. «Dimmi quello che vorresti di più!»
«Ecco, Rad… ci sarebbe una ragazza…» cominciò Goku, che si sentiva piuttosto a disagio e non sapeva nemmeno lui come esprimere quello che aveva dentro. «Vedi, lei mi piace, però…».
«Ooohhh!» lo interruppe Radish con voce melliflua, sbattendo in modo teatrale le palpebre e inclinando di lato la testa. Si era sdraiato a pancia in giù sul lettino e guardava il suo interlocutore con un’aria sognante esplicitamente sarcastica, con entrambe le mani che gli sorreggevano il mento. «Ti interrompo subito perché c’è un errore, mio bel mandrillone: non posso far innamorare nessuno, te ne sei dimenticato?! Ti toccherà tenere l’uccello in gabbia» aggiunse, facendosi serio.
«Dovresti vederla, Rad! Lei è intelligente, spiritosa, determinata… è dolce e…» sospirò Goku, a cui batteva forte il cuore al solo pensiero di Chichi.
«Gnocca?» suggerì il genio.
«Sì! È bellissima!» confermò il giovane ladro. «Ha due occhi che sembrano… boh! E i capelli! Urcaaa!»
«Ha un bel culo?» indagò Radish.
«Sì! Sì! E il sorriso, anche!»
«Ah, amour…» sospirò con fare vissuto il genio.
«Ma scusa, Rad! Perché non puoi farla innamorare di me?»
«Come ti ho già detto, esistono tre tipologie di desideri che non posso esprimere. Ed è così perché vanno al di là della mia stessa natura» spiegò, facendosi serio. «Non uccido e non faccio tornare in vita perché io sono un essere immortale, mi spiego? Nella mia natura non esiste la nascita e nemmeno la morte, perché io ci sono sempre stato da quello che ne so» aggiunse, fissando i suoi occhi neri come la pece in quelli di Goku. «E non faccio innamorare le persone perché io non sono in grado di amare. Non ho un cuore, non ho una forma definita… sono un drago, un genio con del fumo al posto delle gambe, un uomo o quello che voglio. Ma la verità è che non c’è nessun altro come me. Non posso amare nessuno perché nessuno potrebbe amare uno come me».
«Ecco… mi spiace…».
«Resto sempre troppo poco nel mondo degli umani per provare a capire quello che provano loro. Ho anche visto delle donne per cui ho provato attrazione in passato, ma ho sempre mantenuto la mia forma umana solo per pochi minuti o qualche ora, quando andava bene» continuò a spiegare Radish, diventando improvvisamente un ragazzo come tanti altri davanti agli occhi di Goku. Ora la sua pelle non era più azzurra e indossava un elegante abito colorato che lo faceva sembrare un ricco mercante, se non un nobile. Era più alto e possente del suo giovane padrone, con i capelli neri che gli coprivano l’intera schiena. «Il mio tempo è sempre limitato, qui. I miei padroni esaudiscono in fretta i desideri oppure vogliono che resti nascosto nella lampada, di solito. Come potrei anche solo pensare di provare ad amare qualcuno, sapendo che poi sparirò magari per secoli? A un genio mancano tre cose almeno: la libertà, la vita vera e l’amore».
«Ti prometto che cambierò tutto questo!» gli sorrise candidamente Goku.
«Comunque, sei sicuro di non piacere a questa ragazza?» cambiò discorso Radish, che aveva ritrovato il suo buon umore.
«Non lo so… forse pensa che sono uno stupido!»
«Quello lo penso anch’io, se proprio vuoi saperlo! Ma non ho certo mai avuto intenzione di farmi una scopata con te!» rise sguaiatamente Radish, dandosi il cinque con la nuvola Speedy. «Lei potrebbe amarti anche se tu sei, o ti senti, uno stupido».
«Non è solo questo, Rad… lei è una principessa e io… beh, io… guardami! Sono un poveraccio!»
«Uhmmm… è vero che voi umani avete queste strane abitudini: la principessa va con un principe…» rimuginò il genio, che voleva dare anche un suggerimento indiretto al suo nuovo amico.
«Urcaaa! Se io fossi un principe potrei avere una possibilità!» gridò Goku in preda all’eccitazione. «Rad, tu riusciresti a farmi diventare un principe?!»
«Saprei anche farti diventare una bella gnocca, per chi mi hai preso?! Che taglia vorresti per il seno?! Ti vedrei bene con le tette grandi e un bel culo a mandolino, Gò… ma sto divagando, adesso! Tu vuoi diventare un principe, e grazie a me diventerai il miglior principe di tutta la cazzo di storia dei principi!» proclamò Radish, sollevando un pugno chiuso verso l’alto. «Vedrai: faremo cadere la tua principessina ai tuoi piedi, non potrà resisterti! E tutto grazie a me, perché sono un genio! Hai capito la battuta, Gò?! Sono un genio, ma anche un genio! Ah,ah, ah! Un fottuto genio geniale!»
«Urcaaa! Sei un genio davvero!» rise Goku, che a volte faticava a star dietro alle uscite di Radish e ai suoi strani ragionamenti, ma che ormai si stava anche abituando al suo folle carattere.
«Uh, uh, uh!» esultò anche Bubbles, che era contenta nel vedere il suo padrone così felice.
«Questo è un desiderio serio, però. Quindi devi dire le parole magiche!»
«Genio Radish, voglio che tu mi faccia diventare un principe!»
«Agli ordiniii!» urlò il genio, dalle cui mani fuoriuscì una luce azzurra che avvolse Goku e lo abbagliò. «Taaac!» aggiunse, facendo comparire uno specchio davanti al ragazzo, che riaprì gli occhi a fatica, ancora stordito. Era davvero un principe?! Bastava così poco?!
«Eeehhh?!» sbottò Goku, quando vide la sua immagine riflessa, mentre Radish e Bubbles ridevano alle sue spalle. «M-ma… ma che roba è?!» aggiunse, voltandosi verso il genio, che per fargli uno scherzo l’aveva vestito come un’odalisca mezza nuda.
«Ah, ah, ah! Sei inguardabile, Gò! Credo che avrò gli incubi per i prossimi cinque secoli almeno!»
«Uh, uh, uh!» convenne Bubbles, con al fianco la nuvola Speedy che si rotolava nella sabbia.
«Molto… molto divertente!» sbuffò il giovane ladro, con i muscoli compressi a stento dentro quei velati e succinti abiti femminili.
«Tu prima mi hai preso il culo, mi dovevo vendicare! E sappi che è già tanto che non ti faccio andare in città conciato così, sarei curioso di sentire che cosa ne penserebbe la tua principessina!»
«E va bene! Scusa per prima!»
«Ok, ok… adesso ti faccio diventare un principe» promise Radish, asciugandosi le lacrime. «Et voilà. Guardati allo specchio».
Goku si voltò e stavolta rimase senza parole: davanti a sé non vedeva più l’immagine riflessa di un povero ladro, bensì quella di un regale e ricchissimo principe vestito di bianco con finiture d’oro. Indossava un mantello con ricami interni color lilla e un alto cappello bianco con incastonato sopra alla fronte un rubino e un piuma anch’essa lilla. Non era mai stato così elegante e si sentiva un po’ strano senza i suoi soliti vestiti, però la sensazione di essere un principe e di avere una possibilità con Chichi era impagabile.
«Urcaaa! È… è pazzesco, Rad!»
«Lo so, lo so… io sono pazzesco!» rise il genio, osservando compiaciuto il risultato del suo lavoro. «Però c’è ancora qualcosa che non mi convince. Ci serve un tocco finale, una ciliegina sulla torta…» aggiunse pensieroso, prima che gli si illuminarono gli occhi. «Ma certo! Ci vuole un mezzo di trasporto che attiri l’attenzione, che desti stupore! Che susciti ammirazione!»
Si voltò a fissare Bubbles con occhi spiritati e un sorriso folle dipinto sul volto. La scimmia capì subito che c’era sotto qualcosa e provò a scappare berciando.
«Vieni qui, orango! Avremo bisogno di te per un po’!» esclamò, investendo la scimmietta con un fascio di luce azzurra che la avvolse in un denso fumo che cresceva a vista d’occhio sotto lo sguardo allucinato di Goku.
Quando la nebbia si dissolse non c’era più una piccola scimmietta davanti a lui, bensì un maestoso elefante che indossava ancora il fez di Bubbles.
«Farai il tuo ingresso trionfale in città a bordo di un elefante!» proclamò in modo teatrale Radish, con Bubbles che barrì terrorizzato e cominciò a correre verso la palma più vicina, provando ad arrampicarsi come era abituata a fare col suo corpo da scimmia e finendo invece col crollare miseramente e goffamente sulla sabbia.
«Stai benissimo, Bubbles! Va tutto bene!» provò a rassicurarlo Goku, accarezzandogli la proboscide e ridendo. Il neo elefante in tutta risposta sbuffò, per niente convinto e soprattutto irritato.
«Benissimo, Gò: da adesso in poi tu sei il principe Kakaroth!» annunciò il genio, generando intorno a sé immaginarie urla di approvazione e applausi scroscianti.
«Kakaroth?! E perché?! Non mi piace quel nome!»
«Boh, avevo voglia di trasformarmi in coniglio e di mangiare una carota» rispose Radish, che nel frattempo aveva mutato la sua testa in quella di un coniglio e stava sgranocchiando amabilmente una carota. Era un inquietante uomo alto quasi due metri con una testa da coniglio bianca e grigia, dei folti capelli neri e due orecchini. «Che succede, amico? Non ti piaccio così?» aggiunse, davanti allo sguardo attonito di Goku. «Non temere, da adesso in poi resterò sempre nella mia bellissima forma umana, devo cominciare ad abituarmi a mantenere questo corpo, no?!» riprese, lanciando via ciò che restava della carota e ripensando alla promessa di libertà che gli aveva fatto il suo nuovo amico.
«Non posso essere il principe Goku?»
«È tassativo cambiare nome, come giustificheresti altrimenti la cosa alla tua amichetta?»
«Hai ragione…».
«Bene allora: da adesso in poi sei il principe Kakaroth, ti ho anche ricamato il nome sulle tue mutande!»
«Cosa?!» sbottò Goku, che controllò subito, abbassandosi i pantaloni. «Ma sei scemo?!»
«Preferivi che ci scrivevo sopra il mio, di nome? La tua principessa potrebbe equivocare se dovesse arrivare al punto di sfilartele!»
«Va bene, va bene! Ho capito, smettila!» arrossì il neo principe, che sentì il cuore battere all’impazzata al solo pensiero di un momento del genere vissuto con la ragazza che sentiva di amare.
«Allora è deciso: tu sei il principe Kakaroth del regno di Paoz, un posto sperduto da qualche parte su delle montagne lontanissime da qui».
«Paoz?!»
«Dai, non rompere le palle anche per questo nome, me lo sono appena inventato!»
«Ok: Kakaroth di Paoz!» ripeté Goku.
«Io invece sarò sempre al tuo fianco e sarò il gran cerimoniere di corte, nonché tuo fidato consigliere e collaboratore!» annunciò Radish, con gli occhi che brillavano. «E diremo anche che sono tuo fratello maggiore, solo che ho rinunciato al trono per rendere te l’erede!»
«Perché vuoi essere mio fratello? Mi piace come idea, però!»
«Non lo so, credo che sia bello avere una famiglia… e avere un fratello minore. Se avessi potuto avere un fratellino, credo che l’avrei voluto come te» sorrise il genio, che aveva subito percepito un legame con quel ragazzo, una sorta di fratellanza che la sua promessa di libertà non aveva fatto altro che cementare ancora di più. «Tu quanti anni hai?»
«Venti. E anche a me sarebbe piaciuto avere un fratellone come te!»
«Allora facciamo che io ho ventitre anni, dai» sorrise di nuovo Radish. «Per il resto, che sono molto più affascinante di te è un dato di fatto!» scoppiò a ridere. «Dovremmo anche ricantare la canzone di poco fa! E stavolta ti direi che tu non hai mai avuto un fratello grande come me!»
«A me basta che la principessa si innamori di me!» sospirò con aria sognante il giovane, con Radish che si rese conto che quella non era certo una cotta passeggera . «Magari anche tu ti innamorerai di qualcuna, chi può dirlo? Non si sa mai nella vita!»
Amore e vita. Concetti che andavano al di là della sua natura di genio solitario ed eterno, ma che effettivamente Radish avrebbe voluto approfondire in futuro, se ne avesse avuto la possibilità. Se fosse diventato libero.
«Per ora facciamo un passo alla volta, Gò. Devo ancora farti raggiungere il tuo obiettivo e poi ottenere la mia libertà» gli sorrise, cingendogli una spalla con il braccio e facendolo voltare insieme a lui verso Agraba, che era ancora un puntino lontano dall’oasi in cui si trovavano loro. «Preparati, fratello, e lascia fare a me: stai per diventare una star!»
 
 
 
 
 
 
 
Note: eccoci qui, con qualche ora di anticipo! Allora, vi sta piacendo questa parte della storia?! Abbiamo potuto conoscere più a fondo Radish e scoprire quali sono i suoi sogni, cosa c’è dietro tutte quelle battutacce, quell’esuberanze e quei sorrisi. C’è un grande vuoto, insomma, e nessun potere di cui dispone potrà mai colmarlo senza l’aiuto di qualcuno. Cosa dite, Goku manterrà la promessa o perderà di vista sé stesso nel corso della storia? E Radish saprà comprendere l’amore che provano gli umani?
Spero di avervi divertito con le follie che fa e dice Rad, per il resto cosa ne dite di principe Kakaroth di Paoz come nome?
In tutto questo, Rad e Gò diventano ufficialmente fratelli come molti di voi auspicavano!
E, non so voi, ma Goku vestito da sexy odalisca non voglio neanche immaginarmelo! ;-)
Ecco, piuttosto, posso dirvi subito che settimana prossima potrete vedere un magnifico disegno di Lazuli col suo look per questa long realizzato dalla bravissima Misatona. Siete curiosi di vederla?
 
Come sempre, un grazie gigante va a chi mi lascia sempre il suo parere, mi trasmette il suo entusiasmo e mi sprona a dare il meglio! Ringrazio anche chi legge in silenzio, sperando che l’entrata in scena di Rad sia stata cosa gradita e abbia saputo dare una scossa alla storia! fatemelo sapere, se vi va!
 
Settimana prossima, come molti di voi immagineranno, è già tempo i tornare a cantare insieme a Rad, quindi organizzatevi per avere in sottofondo il dvd o Youtube e preparatevi a cantare con lui fino a farvi sentire dai vicini, perché stavolta ha preparato uno show ancora più pazzesco di quello del capitolo precedente! A proposito, vi dico subito di stare attenti ai partecipanti allo show, perché potreste trovare alcuni Easter Eggs nascosti e sono curioso di vedere chi ne becca di più! Posso già anticiparvi che torna Marion come nello spettacolo all’interno della caverna, a tal proposito faccio i complimenti a Dark, Vale e Kiki per averla notata e “apprezzata”. Non so perché, ma Marion alla fin fine compare sempre qua e là nelle mie storie! Spero che vi divertirà questa caccia al tesoro.
Inoltre, vedremo anche Frezeer che tenta di attuare il suo nuovo piano e, soprattutto, torneranno in scena i nostri tre cyborg preferiti. Vi sono mancati in questi capitoli? Beh, posso dirvi che la macchina del destino comincia a muovere i suoi ingranaggi per uno di loro tre, finalmente: indovinate di chi sto parlando? ;-)
E con tutti questi interrogativi vi ringrazio e vi saluto, ci vediamo mercoledì con “Il nuovo pretendente”! Tenetevi forte che il principe Kakaroth e Rad stanno già marciando su Agraba!
 
Teo
 
 
 

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Capitolo 13
*** Il nuovo pretendente ***


13 – Il nuovo pretendente
 
 
«Sire! Ho trovato la soluzione al problema di vostra figlia!» gridò Freezer, entrando trafelato nella stanza in cui Giuma era intento a giocare coi suoi soldatini.
Stringeva tra le mani una pergamena e sbatté così forte la porta alle sue spalle da far cadere a terra i giocattoli del sultano, che quasi si spaventò nel vedere così su di giri il suo consigliere, di solito estremamente pacato ai suoi occhi.
«Al problema di vostra figlia! Al problema di vostra figlia!» starnazzò Vegeta, andandosi ad appollaiare sul tavolino accanto al sultano.
«Oh! Dici davvero?!» si illuminò Giuma, non appena realizzò che finalmente poteva risolvere l’annosa questione legata al matrimonio di Chichi. Mancavano solo un giorno ormai al suo compleanno ed era sempre più teso per il suo ostinarsi a rifiutare qualunque pretendente.
«È scritto tutto qui!» si finse stupito il Gran Visir, srotolando una lunghissima pergamena che arrivava ad adagiarsi fin sul pavimento ai suoi piedi. «Se la principessa non avrà scelto un pretendente entro il termine stabilito, dovrà essere il sultano a decidere per lei!»
«Chichi odiava tutti quei principi… come potrei scegliere qualcuno che lei odia?! So che la legge dice così, ma non me la sento di fare una cosa del genere alla mia amata figlia…» sospirò Giuma, che non voleva certo obbligare Chichi a sposarsi, ma allo stesso tempo temeva il giudizio del popolo se non avesse rispettato quella tradizione obsoleta e secolare.
Osservò Vegeta e sorrise, ritrovando subito il suo consueto buonumore: voleva bene a quel pappagallo e ingenuamente pensava che anche lui lo adorasse, soprattutto grazie ai biscottini che gli dava sempre. Frugò in tasca e estrasse uno di quei biscotti rinsecchiti ed enormi che Vegeta in realtà odiava tanto e glielo ficcò a forza nel becco. Il pappagallo imprecava mentalmente mentre rischiava di soffocare, con gli occhi sgranati e la rabbia e l’irritazione che crescevano a dismisura nel suo piccolo corpo. Perché era andato a posarsi proprio vicino al sultano?! Si ripromise che un giorno avrebbe riempito lui stesso quel vecchio grassone con tutti quei biscotti raffermi fino a farlo scoppiare.
«Non vi preoccupate, mio sovrano! State a sentire» riprese Freezer con fare ampolloso, attirando la sua attenzione. Vegeta ne approfittò per sputare e vomitare tutto quello che era stato costretto a ingerire e riprese a respirare, ringraziando tutte le divinità di cui era a conoscenza per aver salvato penne e piume ancora una volta. «Se non dovesse riuscire a trovare un principe adatto, la principessa dovrebbe andare in sposa a…» continuò a leggere, interrompendosi come se fosse stupito da quello che c’era scritto sulla pergamena. In realtà quel documento l’aveva appena falsificato lui stesso, ma sapeva recitare e mentire molto bene, quindi finse di essere rimasto senza parole, sollevando lo sguardo per fissarlo in quello del sultano, che ormai pendeva dalle sue labbra. «Uhm… interessante…».
«Continua! A chi?!» lo incalzò Giuma, impaziente.
«Al Gran Visir!» decretò Freezer, simulando ancora stupore e portandosi una mano sulla fronte. «Ma allora… allora si tratta… di me…» aggiunse con tono mellifluo, ritmando le parole con teatrale lentezza e accennando un sorriso.
«Io credevo che la legge dicesse che solo un principe può sposare la principessa!» rispose il sultano, afferrando la pergamena e cominciando a leggere a sua volta. «Anzi, ne sono sicurissimo e…».
«A mali estremi, estremi rimedi, mio signore» lo interruppe il Gran Visir, puntando il suo scettro dorato a forma di cobra negli occhi di Giuma, che si ritrovò ipnotizzato all’istante.
«Estremi… rimedi…» ripetè in tono meccanico, con lo sguardo vacuo e perso nel vuoto.
«Voi ordinerete alla principessa di sposare me» ordinò Freezer, assottigliando i suoi piccoli occhi rossi, così simili a quelli del cobra del suo scettro che ora emanavano una luce scarlatta e sinistra.
«Io ordinerò alla principessa di sposare…» ripeté Giuma, per poi interrompersi all’improvviso e cominciare a fissare il Gran Visir con sguardo confuso, di nuovo padrone di sé stesso. «Ma che dici?! Tu sei vecchio!»
Freezer digrignò i denti e strinse lo scettro così forte da farsi sbiancare le nocche. Avrebbe voluto spaccare il cranio al sultano, non avrebbe avuto nessuna difficoltà a farlo con quel pesante bastone, ma sarebbe stata una mossa stupida e affrettata. Non certo degna di lui e dei suoi piani che l’avevano portato così in alto a livello politico e sociale. Perché l’incantesimo si era sciolto? Cosa aveva distratto quel vecchio incapace?! Era troppo preso da quello che stava facendo per rendersi conto che alle sue spalle Vegeta si era alzato in volo e si era messo a sbattere freneticamente le ali per attirare l’attenzione di Giuma. Il pappagallo non sopportava il sultano a causa di quei biscotti che attentavano ogni volta alla sua vita e non gli andava di certo a genio quell’isterica della principessa, tuttavia trovava decisamente odioso il nuovo piano che aveva orchestrato Freezer.
«La principessa deve sposare me!» ruggì il Gran Visir, puntando di nuovo negl’occhi di Giuma il suo bastone dorato.
Lo sguardo del sultano si fece ancora una volta assente. Vegeta smise di volare, non poteva rischiare di farsi vedere altrimenti il suo padrone l’avrebbe ucciso, ma si guardò intorno nella speranza che entrasse qualcuno nella stanza o che succedesse qualcosa. Dalla finestra, grazie alla sua vista acuta da volatile, scorse in lontananza qualcosa che attirò la sua attenzione e lo lasciò allo stesso tempo di stucco: era davvero un elefante quello che stava entrando in città insieme a una moltitudine di persone?!
«La principessa deve… sposare…» sibilò atono il sultano, finché un improvviso squillo di tromba lo ridestò di nuovo. «Eh?! Cosa?!» farfugliò, alzandosi in piedi e correndo verso la balconata.
Si sentiva anche un rullo di tamburi e un rumore ritmato di passi che si avvicinavano sempre di più. Sembrava una marcia. E aveva tutta l’aria di essere un’ultima e insperata ancora di salvezza che il destino regalava a Giuma.
«Senti che musica! Freezer, corri! Vieni a vedere!»
Il Gran Visir camminò lentamente imprecando a denti stretti finché ebbe anche lui una visuale completa su quello che stava succedendo. Si conficcò le unghie nel palmo della mano per la rabbia e cercò di ricomporsi. Aveva capito benissimo anche lui cosa aveva appena mandato in fumo il suo nuovo piano, almeno per il momento.
«Chi è quel buffone?! Tsk!» sibilò Vegeta nell’orecchio di Freezer, dopo essersi posato sulla sua spalla.
Si riferiva a un uomo imponente e muscoloso che ballava in mezzo alla strada principale della città attirando su di sé gli sguardi della gente che si riversava sempre di più all’esterno delle proprie case e botteghe per poter ammirare quello che aveva tutta l’aria di essere uno spettacolo. L’uomo aveva dei lunghi e folti capelli neri che gli coprivano interamente la schiena e degli orecchini dorati, oltre a due grossi bracciali. Indossava una giacca color avorio con finiture dorate e la portava sbottonata, mettendo in risalto un fisico estremamente possente e definito. Non indossava maglie o altro, infatti, solo un paio di pantaloni aderenti color avorio e degli stivali d’oro che risplendevano sotto il sole cocente di Agraba.
Alle sue spalle c’erano almeno una quarantina di cammelli disposti in file ordinatissime che marciavano anch’essi al ritmo dei grossi tamburi suonati dagli uomini che li cavalcavano. Dietro di loro, altri uomini camminavano ostentando degli altissimi stendardi che riproducevano lo stemma di un drago verde scuro circondato da sette sfere arancioni, mentre altri agitavano bandiere e si intersecavano tra loro seguendo una precisa coreografia.
 
L’uomo che guidava il gruppo e che adesso faceva roteare con disarmante maestria un bastone infuocato davanti al suo volto che non smetteva di sorridere era ovviamente Radish, e quello alle sue spalle era il corteo del principe Kakaroth di Paoz. Solo che nessuno ne era a conoscenza, come nessuno poteva sapere che quel ragazzo dallo sguardo furbo e il sorriso sghembo che apriva la parata altri non era che il genio-drago della lampada, quello di cui parlavano le leggende e di cui si narravano le gesta anche in un libro famoso in tutto il regno. E nessuno, inoltre, poteva anche solo lontanamente sospettare che quel drago trasformato in uomo fosse un amante degli spettacoli in grande stile che interpretava in prima persona.
«Largo a sua maestà!» esordirono in coro con voce tonante degli uomini dai capelli neri arruffati che camminavano alle spalle degli sbandieratori suonando delle campanelle al fine di attirare l’attenzione e di affiancare il rullo dei tamburi. Erano imponenti, a torso nudo e con uno strano manto di pelo verdastro legato in vita che gli copriva le gambe.
«Largo al grande Kakaroth!» risposero sulla stessa melodia degli altri uomini dai lunghi capelli lilla legati in una coda che marciavano e lanciavano in aria le loro scimitarre, riprendendole poi al volo.
Intorno a loro ballavano e ancheggiavano con fare languido tantissime splendide ragazze dai lunghi capelli azzurri che si assomigliavano in maniera straordinaria agli occhi della gente che le ammirava, rapita dalla loro bellezza e dalla sensualità che esprimevano. Nessuno da quelle parti aveva mai visto delle ragazze con simili tratti somatici, da dove potevano provenire? E chi era il reale a cui veniva dedicata una parata così sontuosa?
Le danzatrici continuavano a muoversi e a lanciare dolci occhiate dai loro grandi e luminosi occhi azzurri alle persone che le osservavano e non smettevano di stiparsi ai bordi della strada. Erano vestite da odalische, agitavano nell’aria e strusciavano sul proprio corpo dei veli colorati. Il loro fisico non poteva che destare ammirazione, così come quello del gruppo di ragazzi acrobati seminudi che le seguiva compiendo capriole e balzi che lasciavano tutti a bocca aperta. C’erano anche delle scimmie identiche a Bubbles che suonavano abilmente la tromba, perfettamente a ritmo col resto di quella banda così insolita e stravagante.
«Voi, proprio voi, via da quel bazar!» cominciò a cantare Radish con voce roca, abbandonando il centro della strada per recarsi all’ingresso di una bottega e abbracciare delle persone che si stavano godendo la parata, senza smettere di maneggiare abilmente il suo bastone infuocato. Tra loro c’era anche un fachiro mangiafuoco, così il genio ne approfittò per infilargli in bocca il suo bastone e fargli magicamente produrre una fiammata degna di un drago. Rischiò anche di farlo soffocare, ma non se ne curò più di tanto, preso com’era dal suo personalissimo show. Cominciò a correre in mezzo alla gente, prendendo per mano alcune persone e facendole danzare insieme a lui. «Ehi tu, proprio tu, c’è una grande star! Se il fato vorrà il suo sguardo t’incontrerà!» aggiunse, mentre nell’aria intorno a lui volavano coriandoli e si alzavano grida di approvazione. Si avvicinò al grasso venditore di frutta che aveva cercato di tagliare la mano a Chichi e gli sorrise beffardo, prima di battere ritmicamente le sue mani sulla pronunciatissima pancia di lui come se fosse un tamburo. «Campane suonate, tamburi rullate! Guardate: è proprio là!»
Radish si zittì per un istante e indicò il gigantesco elefante che camminava in mezzo al corteo, cioè Bubbles nelle sue nuove vesti. Sulla sua schiena, seduto a gambe incrociate su un trono d’oro zecchino con morbidi e pregiati cuscini color porpora c’era Goku, che sorrideva alla gente e si guardava intorno in modo altezzoso e, dal suo punto di vista, nobile. Doveva comportarsi così un principe, no? Doveva apparire superiore e fiero? Goku non la sapeva, ma era troppo coinvolto in quel turbine di emozioni ed eventi che stava vivendo per riuscire a ragionare con fredda lucidità. Guardava dall’alto le persone che l’avevano sempre perseguitato, quelle che gli avevano voluto bene e i poveri come lui. Le rovine della periferia della città sembravano solo un ricordo lontano, mentre si avvicinava sempre di più alle mura reali facendosi largo tra due ali di folla che pendevano dalle sue labbra grazie al carisma e ai poteri di Radish.
«Grande Kak, principe Kak, principe Kakaroth!» riprese a cantare Radish, mentre Goku regalava a tutti un sorriso a trentadue denti, gonfiava il petto con orgoglio e metteva le braccia conserte. Bubbles si tolse il fez con la proboscide e sorrise a sua volta in modo elefantesco, felice di essere anche lui al centro dell’attenzione sebbene dovesse sopportare quell’assurdo corpo.
«Faccia in giù! Sempre più in giù, con umiltà!» continuò il genio, avvicinandosi alla squadra Ginew e colpendoli uno ad uno con vigorose pacche sulla schiena per farli inginocchiare. I soldati stavano infatti guardando interdetti la parata perché non si aspettavano visite ufficiali di quel genere ed erano disorientati. Non furono in grado di riconoscere Goku, così come tutte le altre persone che lo stavano guardando in quel momento: tutto merito degli effetti dell’incantesimo di Radish. «Se il posto non perderai, in prima fila sarai! È uno spettacolo che mai più tornerà!»
Al sultano, intanto, brillavano gli occhi, mentre assisteva a quello show. Teneva il tempo battendo le mani e sorrideva entusiasta, sentiva che forse questa era la volta buona e che sua figlia avrebbe dato il suo benestare a sposare quel principe misterioso che aveva tutta l’aria di essere una persona simpatica, così come il suo gran cerimoniere. Anche Vegeta sorrideva, o meglio ghignava, perché sentiva ribollire di rabbia Freezer, che gli lanciò un’occhiata di fuoco. Il pappagallo si fece di nuovo serio come nulla fosse, anche perché in realtà cominciavano a dargli sui nervi tutta quella musica e quegli schiamazzi. Per non parlare della faccia del principe, che gli faceva venire il voltastomaco, e quella del buffone che apriva la parata, che gli ispirava nient’altro che stupidità. Non poteva ancora sapere che quell’uomo dai lunghi capelli neri che si dimenava e cantava come un forsennato era la soluzione a tutti i suoi problemi e il mezzo per realizzare il piano che aveva sempre inseguito e sognato. Come non lo sapeva Freezer, che stringeva con forza con una mano la balaustra e con l’altra il suo bastone, cercando di nascondere tutta la rabbia che stava covando.
«Kakaroth… che nome di merda, tsk! Non oso immaginare come si potrà chiamare quell’altro pagliaccio…» commentò Vegeta in un sibilo.
Anche Chichi, nel frattempo, era uscita sulla balconata di camera sua, trascinata da Lunch, e stava assistendo allo spettacolo con le braccia incrociate sotto il seno e uno sguardo furibondo, dato che non aveva nessuna voglia di dar retta a un ennesimo pretendente uguale a tutti quelli che l’avevano preceduto. La sua ancella invece sembrava divertirsi, così come Bulma, che con un balzo aveva appoggiato le zampe anteriori sulla balaustra.
«Dozzinali e chiassosi» commentò Lapis in un ghigno, che stava osservando a sua volta tutta la scena da una grande finestra insieme a sua sorella e a Sedici. «Quello che canta e il principe sembrano due scimmioni, non trovi sorellina?»
Lazuli non rispose. I suoi occhi di ghiaccio si erano posati con insistenza sul ragazzo dai lunghi capelli neri che dirigeva con maestria quell’improbabile, eccessiva e assurda banda che lo seguiva. C’era qualcosa che sembrava sfuggirle, qualcosa che non tornava… solo che non riusciva a capire cosa. Sentiva solo che c’era qualcosa di strano in quel ragazzo, qualcosa di diverso. Rivolse lo sguardo verso il principe che cavalcava l’elefante e sgranò gli occhi: non era lo stesso ragazzo che era stato aggredito da una guardia durante la loro parata ufficiale appena arrivati ad Agraba? E non era lo stesso che era entrato furtivamente a palazzo due sere prima? Era lui, non aveva dubbi! Ma non era un povero ladruncolo?
«Tu lo conosci quel principe?» domandò in tutta risposta al fratello, tornando al contempo a fissare Radish.
«E come potrei conoscerlo?! Mi sarei ricordato di un principe con un nome così stupido!» rise di gusto Lapis. «Non è che ti piace, sorellina?! Anzi, mi sembra che tu abbia messo gli occhi addosso a quello che sembra avere più capelli che dignità!»
La principessa di Asgard non si scompose, continuava a guardare Radish e non capiva come suo fratello potesse non riconoscere quella persona che lui stesso aveva riconosciuto due sere prima. Non poteva ancora sapere che per qualche strano motivo, l’incantesimo di oblio attorno alla figura di Goku e alla sua relazione con Kakaroth non aveva avuto effetto su di lei.
«E tu, Sedici?» domandò poi al generale.
«No, principessa. Non so chi sia».
«Avevi mai visto un elefante?!» chiese invece Lapis, sorridendo entusiasta.
«No, ma mi piacciono molto gli animali che si trovano in questo regno» accennò un sorriso a sua volta Sedici.
Lazuli, intanto, incrociò per un istante lo sguardo di Radish e si sentì improvvisamente strana, come se fosse stata colpita da qualcosa che non sapeva definire nemmeno lei stessa. Anche lui sembrò bloccarsi per una frazione di secondo, come se fosse confuso dalla bellezza di quella ragazza e rapito dal suo sguardo glaciale. Ma fu un solo, impercettibile, momento. Stava esaudendo un desiderio per un suo padrone, doveva portare a termine il suo compito.
In quell’istante, tuttavia, Radish pensò che sarebbe stato terribile tornare di nuovo nella lampada. Pensò che se Goku non avesse più mantenuto la sua promessa, lui sarebbe tornato nell’oblio di nuovo, magari per secoli, e che quando sarebbe uscito non avrebbe mai più avuto l’occasione di incrociare quei due occhi di ghiaccio. Non sapeva nemmeno lui perché gli venivano in mente certe cose durante uno spettacolo strabiliante come quello che aveva messo in piedi, quindi cercò di relegare in un angolo tutti i pensieri che all’improvviso l’avevano invaso e di tornare a comportarsi come avrebbe fatto un genio-drago.
Lazuli percepì il dolore e il vuoto dietro quel sorriso e quelle parole cantate da quel ragazzo. Percepì una diversità, un’unicità. Sentì come se la magia scorresse in lui e si riversasse all’esterno. Pensò di essere stupida, di essersi fatta condizionare solo perché finalmente aveva visto qualcuno che fisicamente trovava carino. Ma non poteva mentire a sé stessa, perché sentiva che c’era qualcosa di strano in lui e in tutta quella situazione, così come era certa che il principe fosse la stessa persona che avevano già conosciuto sotto altre vesti. Ma perché allora neanche la gente assiepata in strada lo riconosceva? Doveva dirlo a suo fratello e a Sedici?
«L’abbiamo persa…» sospirò Lapis, dando di gomito a Sedici e osservando sua sorella con un sorriso beffardo dipinto sul volto. «Ha gli occhi a cuore».
«S-stai zitto, sei solo uno stupido!» ringhiò lei, lanciandogli una delle sue migliori occhiate omicide. «E pensa alla tua amichetta dai capelli blu! Io non ho bisogno di nessuno» aggiunse, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Godiamoci il resto della parata, dai. In lontananza si vedono altri animali» sorrise Sedici, appoggiando una mano sulla spalla di Lapis e l’altra su quella di Lazuli.
Si sentiva felice con loro, in quel regno così lontano da casa.
 
«Grande Kak, eccolo là, principe Kakaroth!» continuò a cantare Radish, mentre la gente acclamava con sempre maggiore enfasi Goku, che nel frattempo si era alzato in piedi e salutava la folla. «Muscoloso, meraviglioso, vale per tre!» aggiunse, facendo improvvisamente gonfiare ancor di più i già visibili muscoli del neo principe sotto il suo elegante vestito. Goku si lasciò scivolare sulla proboscide di Bubbles che lo sollevò a sua volta verso il cielo, tra le grida di stupore e ammirazione generali.
«Piace a sua signoria! È mitico alla follia! È un’altra categoria! È Kakaroth!» gridò il genio, mescolandosi tra la folla e cambiando repentinamente aspetto senza farsi notare. Assunse nel giro di pochi secondi le sembianze di un anziano che si sorreggeva a un bastone, di un bambino con in mano una spada di legno e di un pacioso e sorridente mercante.
«Sono d’oro i suoi mille cammelli!» cantarono in coro una moltitudine di uomini che alle spalle dell’elefante avanzavano sorreggendo su dei portantini delle grandi e pesanti statue a forma di cammello che avevano tutta l’aria di essere d’oro zecchino.
«E i pavoni color viola e blu!» cantarono dolcemente delle ragazze vestite da odalische dai lunghi capelli neri legati in due codini laterali, con gli occhi celesti rivolti verso una moltitudine di pavoni dai colori sgargianti mai visti prima ad Agraba, disposti insieme a loro su un enorme carro allegorico colorato che avanzava lungo la strada.
«Le sue bestie son veri gioielli» riprese con voce solenne Radish, mentre compariva un enorme gabbia dorata dotata di ruote e trainata da un gruppo di uomini alti e possenti, pelati e con un pizzetto nero a incorniciargli la bocca. All’interno c’erano una moltitudine di uccelli con piume lucenti e variopinte che nessuno aveva mai visto prima. Sembravano quasi esseri mitologici o ancestrali. Comparve dal nulla una bellissima ragazza dai lunghi e lucidi capelli neri vestita di verde scuro che reggeva tra le mani un arco. Chiuse un occhio sotto la sua impeccabile frangetta e scoccò una freccia che fece saltare la serratura della gabbia, facendo sì che tutti quei magnifici volatili potessero librarsi nel cielo.
«Che cos’è? Uno zoo?» canticchiò Radish, trasformandosi in uno strano gatto violaceo privo di peli in mezzo a un gruppo di bambini che continuavano a saltellare tutti eccitati. «Beh, io lo so! È un serraglio di sangue blu!» aggiunse, assumendo stavolta la forma di uno strano uomo alto e magro, dai corti capelli bianchi pettinati in un ordinato ciuffo e dalla pelle decisamente azzurrina.
«Guarda lì, che pedigree, principe Kakaroth!» continuò il genio, comparendo su una balconata piena di danzatrici del ventre che erano uscite dal loro locale. Lui stesso si era trasformato in una ragazza seminuda dai lunghissimi capelli neri e finse di svenire quando Goku sorrise in quella direzione, come se l’avesse sedotto.
«È proprio affascinante, a modo e proprio seducente!» cantarono le ragazze, mentre salutavano il principe e gli lanciavano occhiate languide. «Lo amiamo in modo travolgente! Il nostro cuore è proprio incandescente! Non esiste nessuno più attraente!» aggiunsero, rischiando di svenire per l’emozione come aveva finto di fare Radish quando Goku le salutò con la mano.
Chichi sollevò gli occhi al cielo e fece per rientrare stizzita nella sua stanza. Lunch le afferrò una mano e la costrinse a restare. Non sapeva perché, forse era grazie all’allegria che spigionava quello strano gruppo, ma fatto sta che aveva buone sensazioni stavolta per sua sorella adottiva. Forse quel principe era diverso dagli altri, magari le avrebbe saputo dare quella felicità che lei meritava.
«Le sue scimmie son cento e son bianche!» riprese a cantare Radish, che era tornato a guidare il plotone a cui nel frattempo si era aggiunto un gruppo di cento babbuini albini.
«Ci son le scimmie! Ci son le scimmie!» gridarono in coro tre strani uomini dalla pelle verde comparsi dal nulla accanto a lui. Avevano due piccole antenne in testa al posto dei capelli e indossavano una veste blu scuro. Sparirono nel nulla così come dal nulla erano apparsi, davanti agli occhi attoniti della gente che era sempre più strabiliata da quello spettacolo.
«Puoi vederle anche senza pagar!»
Radish, intanto, aveva fatto comparire tra le mani di Goku una cesta piena di monete d’oro e l’ex ladro cominciò a gettarle tra la folla, che lo osannava ancora di più mentre raccoglieva con foga quanto più denaro possibile.
Lungo la strada avanzavano altri uomini che sorreggevano vassoi colmi di gioielli, di prelibatezze culinarie e di stoffe pregiate.
 
Il corteo era ormai arrivato davanti alle mura reali e così Giuma abbandonò di corsa la balconata per dare ordini affinché venissero fatti entrare quegli ospiti inattesi. Ma non fece in tempo, o meglio, non fu necessario, dato che Bubbles con una zampata aprì senza problemi il portone e si diresse verso l’entrata vera e propria del palazzo, davanti alla quale era nel frattempo giunto il sultano, seguito da un sempre più irritato Freezer.
«Kakaroth! Kakaroth!» continuava a cantare Radish, imitato a gran voce dalla folla con continuava ad aizzare e incitare con ampi movimenti delle braccia, mentre Giuma tentava di aprire la porta personalmente, venendo però fermato dal Gran Visir.
Tuttavia, per Bubbles non fu un problema spalancarsi da solo anche quell’ingresso e fare un’entrata trionfale nel palazzo reale, facendo finire miseramente Freezer schiacciato dalla porta spalancata contro il muro, mentre Giuma scoppiava a ridere ritrovandosi circondato da danzatrici, acrobati, giocolieri, musica e coriandoli.
«Bello così c’è solo Kak! Lui lo sa che la sua sposa è già qua!» cantò Radish, lasciandosi scivolare dall’alto lungo la proboscide di Bubbles, al quale era saltato in groppa un istante prima, e atterrando davanti al sultano, che cinse con un braccio intorno alla spalla con fare amichevole, attirandosi subito le sue simpatie.
Freezer intanto spinse via con rabbia la porta che l’aveva compresso contro la parete così forte da lasciare delle crepe nell’intonaco intorno alla sua sagoma. Come avevano osato quegli inutili insetti? Un simile affronto ad uno come lui?! Li avrebbe voluto dare subito tutti in pasto ai cobra. Vegeta, dal canto suo, era riuscito ad alzarsi in volo e ad evitare l’impatto per un pelo. Si domandò che cosa pensasse Bulma di tutto quell’assurdo circo che avevano messo in piedi i nuovi arrivati e la cercò con lo sguardo, ma non c’era traccia di lei, come del resto di quell’isterica della principessa.
«Tsk!» sibilò stizzito, andandosi a posare su una finestra.
«Per questo viene da voi! Il più bello di tutti i playboy!» intonò il genio, mettendosi a ballare con il sultano.
«Con gli elefanti e poi lama fantastici! Struzzi, leoni e tromboni! Fachiri, poi cuochi e fornai! Tutti cantano in cor: Kakaroth!» concluse Radish, liberando Giuma dalla sua presa e lanciandosi in scivolata sulle ginocchia lungo il pavimento. Indicava in modo teatrale con il braccio teso l’elefante che troneggiava in mezzo alla stanza, dal quale volò giù Goku in piedi sulla nuvola Speedy, mentre Freezer spingeva fuori con forza dalla stanza tutte le persone che erano entrate al seguito del principe e del gran cerimoniere.
La nuvola si fermò davanti al sultano e Goku si inchinò, mentre il Gran Visir sbatteva la porta con rabbia e riportava il silenzio nel palazzo, prima di voltarsi con gli occhi iniettati di sangue verso quei due ragazzi sconosciuti che avevano osato umiliarlo a tal punto e rovinare il suo piano.
Giuma cominciò invece ad applaudire, incapace di smettere di sorridere.
«Splendido! Assolutamente meraviglioso!» esclamò.
Goku sollevò la testa e si sentì felice. Era strano essere lì, era tutto così assurdo e allo stesso tempo meraviglioso. Cercò con lo sguardo Radish, lanciandogli un’occhiata colma di gratitudine che non aveva bisogno di parole. Anche il genio era contento nel vedere felice quel suo padrone così diverso da tutti quelli che aveva avuto. Sentiva una sorta di reale fratellanza tra loro, era una cosa strana. Così come era strano quello che aveva provato quando aveva incrociato poco prima gli occhi di ghiaccio di quella ragazza bionda che aveva intravisto. Sapeva che non era stata solo la sua bellezza abbagliante a colpirlo, era come se anche lei fosse dotata in qualche modo di un potere. O, più semplicemente, era come se i suoi poteri di genio non avessero effetto su di lei. Chi era? Si guardò intorno, e la vide in un angolo della stanza con le braccia incrociate sotto il seno e la schiena appoggiata contro il muro. Deglutì il nulla e si sentì per un istante senza fiato. Accanto a lei c’erano un ragazzo che le assomigliava in maniera impressionante e un uomo più alto anche di lui. Scosse la testa con forza e cercò di concentrarsi sui suoi doveri di genio-drago. Non poteva lasciare Goku da solo proprio adesso, altrimenti avrebbe rischiato di combinare un disastro e non sarebbe riuscito a incontrare la sua principessa. Si voltò di nuovo verso di lui e lo vide sorridere inebetito e guardarsi intorno con aria sognante.
Goku non si sentiva più uno straccione adesso, ma un vero principe. Il giovane pensò che non avrebbe avuto più problemi, che i suoi sogni erano ormai tutti a portata di mano. Già: problemi e sogni riconducibili però all’amore, che era stata la molla che l’aveva spinto al punto da desiderare di tramutarsi in un principe.
Era stato un sogno d’amore a condurlo lì, ma ora, guardandosi intorno, si rese conto che c’era un problema: dov’era la principessa Chichi?
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: già, dov’è Chichi? Avrà apprezzato il sobrio e per nulla eccessivo show messo in piedi da Rad per introdurre a corte il principe Kakaroth? Ma, soprattutto, a voi è piaciuto? Avete cantato? Vi siete fatti maledire dai vicini?
Mi auguro di sì, ovviamente! ;-)
Ripartiamo con le domande, perché queste note autore sembrano un questionario oggi: allora, ditemi, quanti Easter Eggs avete riconosciuto durante la parata? Non erano pochi, anzi!
Benissimo, vediamo chi vince, e invito a giocare anche i miei amati lettori e lettrici solitamente silenziosi, mi farebbe piacere!
Abbiamo anche visto che il destino comincia a muovere i suoi ingranaggi per uno dei miei tre amatissimi cyborg: Là e Rad si guardano per la prima volta negl’occhi e io mi commuovo perché mi partono inconsciamente i feels di Remember me.
Ok, ricomponiamoci e pensiamo all’umorismo stile terza elementare di Lapis per farci due risate! Mi era mancato anche lui, come mi erano mancati i commenti fini ed educati di Vegeta. Spero vi siano piaciuti entrambi!
Certo che è strano che solo Lazuli riconosca Goku e si renda conto che Radish non sembra essere un uomo come gli altri… è davvero immune al potere del genio?
In tutto questo, last but not least, vorrei un vostro commento su Freezer schiacciato tra il muro e la porta così bene da lasciare la sagoma nella parete! :-)
Il suo piano, a quanto pare, va a monte un’altra volta e lui è felice come Vegeta quando il sultano lo ingozza di biscotti ammuffiti.
 
Un grazie speciale va anche oggi a chi mi lascia sempre il suo parere e mi dedica qualche minuto in più del suo tempo. Ringrazio poi chi legge in silenzio e vi invito di nuovo a partecipare al gioco del “trova i personaggi nascosti nella parata di Rad”.
Grazie poi a Misatona, che torna a regalarci un disegno di sublime bellezza che ritrae la nostra Lazuli col look arabeggiante che ho pensato per lei per questa long! Vi piace? Per me è stupenda!
Ovviamente, se volete inviarmi anche voi dei vostri disegni ispirati a quest’opera li pubblicherò volentieri!
 
Ok, il prossimo capitolo sarà lungo e decisamente comico. Il titolo è “Imbarazzo a corte” e vedremo Goku cercare di calarsi nelle vesti del principe Kakaroth. Secondo voi uno col suo cervello bacato sarà capace di comportarsi come un nobile? E Chichi come reagirà davanti a lui? Lo accoglierà a braccia aperte?
Ci sarà spazio anche per Lazuli e Lapis soprattutto, ma anche per Bulma e Vegeta. Ci saranno poi Lunch e Freezer, ovviamente. E soprattutto Rad, il mio quasi alter ego Rad, e non potete capire quanto mi abbia fatto piacere leggere tutto il vostro affetto per lui in questi capitoli in cui è apparso in pompa magna per dare la scossa di cui questa storia aveva bisogno!
Niente, se volete uno spoiler posso dirvi la parola “confetture”… se avete visto il live action di Aladdin capirete. ;-)
Grazie ancora e ricordatevi di dirmi i personaggi nascosti che avete beccato!
Ci vediamo mercoledì qui, ma già lunedì tornerò con una breve one shot dedicata a Mai e Trunks, spero di trovarvi anche lì!
 
Teo
 

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Capitolo 14
*** Imbarazzo a corte ***


14 – Imbarazzo a corte
 
 
Radish si schiarì la voce, cercando di attirare l’attenzione di Goku, immobile e immerso tra mille pensieri, sempre in piedi a bordo della nuvola Speedy. Ora che la musica era finita e che l’adrenalina stava scemando, si sentiva improvvisamente spaesato. Inoltre era confuso perché non vedeva Chichi da nessuna parte. Che non avesse visto nemmeno la parata? Eppure era stata così bella…
Si volse verso il genio e lui gli fece un cenno col capo, come a dirgli di muoversi, di dire qualcosa, magari di presentarsi in modo decente e più formale. Radish riuscì a fargli capire tutto questo con una sola occhiata, ma si rese anche conto che avrebbe dovuto prendere in mano la situazione quanto prima di nuovo lui in prima persona per evitare che il suo giovane padrone facesse danni dettati dalla sua ingenuità.
«Ehm…» esordì Goku, tossendo imbarazzato e saltando giù dalla nuvola. «Vostra… sua… serenissima! Sì, serenissima maestà! Sono il principe Go… ehm, Kakaroth di Paoz e poi ecco… io sono qui perché vorrei chiedere la mano di tua figlia! Cioè… di vostra figlia, urcaaa!»
«Oh, oh, oh! Che ragazzo simpatico, è un vero piacere!» rise il sultano. «Lui invece è Freezer Jafar, Gran Visir e mio fidato consigliere. È felice anche lui di conoscerti!» aggiunse, indicandolo.
«Estasiato» sibilò lui in tutta risposta, fulminando con lo sguardo Goku e fremendo di rabbia interiormente.
«Estasiato! Estasiato!» ripeté Vegeta, che era tornato a posarsi sulla sua spalla.
«Urcaaa! Ma è un pappagallo che parla?! Wow!» gridò il finto principe tutto felice.
«Tsk!» ribatté Vegeta, irritato dalla sua faccia e dalla sua voce, girando la testa dall’altra parte.
«No, è un raro esemplare di fenicottero nano blu!» intervenne Radish con fare ironico.
Alla parola “nano” Vegeta si stizzì e sbatté le ali, lanciando un’occhiataccia al genio che lo osservava senza smettere di sorridere.
«Urcaaa! Davvero?!» chiese ingenuamente Goku.
«Deficienti! Deficienti!» esclamò Vegeta, mentre il Gran Visir alzava gli occhi al cielo e cercava di mantenere un minimo di autocontrollo. Avrebbe voluto sfondare i crani di quei due impertinenti col suo bastone dorato, altro che fossa dei cobra.
«Ma da dove li hanno tirati fuori quei due scimmioni?» domandò a bassa voce Lapis, in disparte. «Certo che la personalità non gli manca, non mi dispiacciono!» rise sotto i baffi.
Lazuli invece non disse nulla, si limitava a scrutare con attenzione i due nuovi arrivati. Ora che lo poteva vedere anche da vicino non aveva più alcun dubbio: il principe era lo stesso ragazzo che aveva già visto due volte. E poi c’era quell’altro, quello che reggeva realmente le fila di tutto e che sembrava emanare uno strano potere. Si era accorta che lui l’aveva guardata e non aveva smesso di fissarlo nemmeno in quel momento. Dietro quegli occhi neri come il carbone le sembrò di scorgere qualcosa di simile all’eternità, ma non riusciva a capire nemmeno lei di cosa si trattasse. Sentiva fluire un grande potere in lui, ma anche un immenso vuoto.
«Comunque, principe Cagasott…» riprese la parola Freezer in tono mellifluo.
«Kakaroth!» sorrise ingenuamente Goku.
«Kakaroth, quello che è… non ci si può presentare a palazzo senza invito e…» cominciò a blaterare, salvo venire interrotto dalle grida di gioia del sultano, che si era chinato e stava toccando la nuvola Speedy.
«Che splendido marchingegno!» rise, affondando le mani nel morbido manto giallo della nuvola.
«Vuoi salirci?! Cioè, volete salirci, signor sultano?!» domandò con disarmante ingenuità Goku, con Giuma che non se lo fece ripetere due volte e saltò goffamente sulla nuvola magica.
«Ve lo sconsiglio caldamente, maestà» intervenne Freezer, inviperito.
«Dovresti imparare a divertirti un po’, Freezer!» gli rise in faccia il sultano. «Dai, pappagallino! Voliamo insieme! Se fai il bravo ti do anche un bel biscottino!» aggiunse, afferrando Vegeta e partendo a tutta velocità in volo a bordo della nuvola.
Il pappagallo lanciava grida e stridii mentre sbatteva le ali e cercava di liberarsi, solo che il sultano pensava facesse così perché aveva fame, così gli cacciò in bocca uno dei suoi soliti biscotti e lo zittì.
«Qualcuno dovrebbe porre fine alle sofferenze di quel povero uccello» commentò Lapis, mentre Giuma sfrecciava a folle velocità nell’immensa stanza e Vegeta tossiva briciole con gli occhi sgranati. «Però quella nuvola la voglio provare anch’io un giorno!»
«La guideresti peggio di quello lì» commentò acida Lazuli.
«E perché, sorellina?»
«Perché sei uno stupido senza cervello, no?!»
«Oh, noto che siamo di malumore!» ghignò Lapis. «Sei arrabbiata perché lo spilungone capellone non ti guarda più?!»
«S-stai zitto! Ti ho detto che non mi piace!» ringhiò lei, mentre Sedici sorrideva alle spalle dei gemelli.
«Scusate, da che paese avete detto che provenite, di grazia?» domandò con falsa gentilezza Freezer a Goku.
«Ah, è un paese troppo lontano perché possiate conoscerlo!» cercò di liquidarlo il giovane.
«Volete forse offendere la mia intelligenza?! Io conosco ogni…» ribatté a denti stretti il Gran Visir, salvo venire interrotto da Giuma che urlava felice e si dirigeva verso di loro in picchiata.
«Guarda che atterraggio, Freezer!» rise il sultano, saltando giù dalla nuvola e mollando la presa sul povero Vegeta, che barcollò camminando in un angolo e vomitò tutto quello che aveva mangiato da quando si era svegliato. Imprecava in tutte le lingue umane e animali che aveva imparato nella sua vita.
«È stato bellissimo, sono sempre stato portato per il volo!» aggiunse Giuma, mentre la nuvola Speedy andava a posarsi sulla schiena di Bubbles. «L’ho capito subito che sei un giovane straordinario! E sei anche un principe, non potevo chiedere di meglio!» disse poi, dando un amorevole pizzicotto a Goku sulla guancia e prendendo da parte Frezeer.
«Siamo fortunati! Quella legge sul Gran Visir che deve sposare la principessa risulta inutile a questo punto!» bisbigliò, dandogli di gomito e facendogli l’occhiolino.
«Non mi fido di lui, sire!»
«Ah, Freezer! Se c’è una cosa di cui vado fiero, è che so giudicare le persone con una sola occhiata!» lo liquidò Giuma.
«Certo, a quel coglione basta solo un’occhiata…» farfugliò Vegeta, tra un conato e l’altro. «Come con quel bastardo di Freezer che aspetta solo il momento giusto per ammazzarlo…».
«Vegeta, stai bene?!»
Un tenue ruggito lo fece voltare di scatto. Cercò di darsi un tono e di mettersi di nuovo in posizione eretta. Assunse il suo solito sguardo fiero e si lisciò le penne cercando di far finta di niente. Era infatti arrivata Bulma, che si era allontanata da Chichi e Lunch per avvicinarsi a lui.
«Certo che sto bene, perché?! Tsk!» rispose il pappagallo, ostentando superiorità.
«Niente, niente…» lo compatì la tigre, sorridendo interiormente. «Comunque guarda che il padre di Chichi fa così perché ti vuole bene. Non capisce che non sopporti certe cose, ma le fa a fin di bene».
«Farebbe meglio a starmi alla larga! Io sto bene da solo!»
«Quindi mi stai dicendo che ti dà fastidio la mia compagnia?!»
«N-non ho detto questo…» sibilò Vegeta, visibilmente imbarazzato.
Bulma sapeva sempre come prenderlo.
«Quindi ti fa piacere quando passo del tempo con te!» esultò la tigre, sdraiandosi davanti a lui e fissandolo attraverso i suoi grandi e vispi occhi azzurri.
«S-smettila, tsk!» distolse lo sguardo Vegeta, a disagio. «Piuttosto, cosa pensi di quei pagliacci?! Io staccherei il naso col mio becco a quello che sembra abbia in testa una palma! Pensava fossi un fenicottero! Cazzo, un fenicottero!»
«Non ti arrabbiare, Vegeta!» rise Bulma. «Mi sembra un ragazzo semplice e ingenuo, penso che si meriti almeno una chance con la mia padrona!»
«Ultimamente ti piacciono troppi ragazzi che passano da queste parti, tsk!» sibilò stizzito Vegeta, che si riferiva anche a Lapis.
«La smetti di fare il gelosone?!» lo prese in giro lei.
«Ti ho già detto che non sono geloso! Io sono il grande Vegeta!»
«Non lo metto in dubbio!» rispose Bulma, cercando di restare seria. «Comunque voglio tranquillizzarti: il principe Lapis ha una storia con Lunch!»
«Non me ne frega niente di quelli lì, tsk!»
«Invece i due nuovi arrivati sembrano avere le idee chiare: il principe vuole Chichi, mentre il bestione secondo me ha puntato Lazuli! Tra l’altro è carino anche lui, non trovi?» lo provocò apposta Bulma.
«Tsk! Io sarei molto più bello di lui se fossi un uomo! Anche più alto di quel buffone!»
«Sei geloso anche del capellone perché ti ho detto che lo trovo carino o perché vorresti avere tutta per te la principessa dagli occhi di ghiaccio?» lo provocò di nuovo Bulma, che si divertiva tremendamente a stuzzicare Vegeta quando riusciva a passare un po’ di tempo con lui.
«Non sono geloso, sei sorda! E poi non mi interessa niente di quella lì, credo che non le rivolgerò mai la parola perché non sa fare altro che lanciare sguardi omicidi a chiunque. Odia tutti lei, tsk!»
«Da che pulpito…» sospirò Bulma. «Io se fossi una donna potrei innamorarmi di Lazuli, lo sai? Cioè, ma l’hai vista bene, almeno?» aggiunse in tono malizioso, mettendo di nuovo a disagio Vegeta, che sgranò gli occhi allibito.
«Piantala di prendermi in giro, maledetta tigre!»
«Guarda che tu sei l’unico che sa farmi sempre ridere, anche se so che sei fatto a modo tuo!» gli disse Bulma.
Vegeta si sentì meglio dopo quelle parole, si sentì orgoglioso più di quanto già non fosse. Avrebbe voluto risponderle che anche per lui lei era “unica”. Che avrebbe voluto farla ridere ogni giorno, proteggerla. Che avrebbe voluto che loro fossero uguali. Ma non glielo disse, si limitò a guardarla dritta negli occhi per un istante per poi volare via.
 
«Chichi sarà entusiasta di te!» esclamò nel frattempo Giuma, che si era avvicinato di nuovo a Goku.
«Credo che anch’io sarò entusiasta di lei!» sorrise il giovane, che stava esplodendo di gioia perché sentiva di aver conquistato la simpatia del padre della ragazza che voleva conquistare e riteneva che potesse essere un passo avanti per coronare il suo sogno.
«No, sire, no!» si intromise tra i due, Freezer.
Nessuno dei tre uomini si era accorto che Chichi era entrata nella stanza e stava osservando la scena senza battere ciglio.
«Devo intervenire per il bene della principessa» spiegò il Gran Visir, spingendo via con una gomitata Goku e cercando di piazzare davanti agli occhi di Giuma la testa di cobra dorata del suo bastone per provare di nuovo il suo sortilegio. «Questo ragazzino non è diverso dagl’altri! Cosa le fa credere che sia degno di Chichi?!»
«Maestà, io sono il principe Kakaroth di Paoz!» ribatté Goku, determinato, sfidando con lo sguardo Freezer. «Lasciatemela incontrare e vedrete che saprò conquistarla!»
«Come vi permettete tutti quanti?!» sbottò Chichi, avanzando a pugni stretti di un paio di passi e lasciando i tre uomini senza parole. Li guardava con occhi pieni di rabbia, disprezzo e delusione. «Ve ne state lì a decidere del mio futuro! Io non sono un trofeo da vincere! Voi… voi non sapete niente di me!» aggiunse, prima di voltarsi e camminare a passo di carica verso l’uscita di quella stanza, inseguita da Lunch.
«Aspetta, Chichi!» provò a fermarla la sua ancella, afferrandole un polso proprio nel momento in cui stavano passando davanti ai reali di Asgard. «Dagli… dagli il tempo di parlare, magari si è espresso male!»
«Non mi interessa! Io non sono di nessuno!» sussurrò Chichi, stizzita. «Io… io vorrei solo poter stare con… no, lascia perdere…».
«Lo sai anche tu che il ragazzo del mercato non può fare per sempre avanti e indietro da qui di nascosto! Vuoi aspettare che le guardie lo uccidano, un giorno? Lo sai anche tu che stai inseguendo un’assurda chimera e che facendo così non farai altro che metterlo in pericolo!» ribatté Lunch, tirando fuori il lato più deciso del suo carattere per dire apertamente alla sua sorella adottiva quello che pensava davvero.
Lazuli sollevò un sopracciglio nel sentir parlare del “ragazzo del mercato” di cui evidentemente Chichi si era innamorata. Possibile che nemmeno lei avesse riconosciuto che quel principe e quel ragazzo erano la stessa persona? Cosa stava succedendo? Voleva vederci chiaro, su di lui e su quel misterioso capellone che aveva ripreso a guardarla. E poi doveva ammettere a sé stessa che Chichi e Lunch era le persone più simili a delle amiche che avesse mai avuto modo di conoscere nella sua vita, quindi si sentì in dovere di intervenire, nonostante odiasse intromettersi nelle faccende altrui.
«Credo che dovresti dare una possibilità a quel principe» sibilò, senza nemmeno guardare Chichi, che smise all’istante di cercare di liberarsi della presa di Lunch e la guardò perplessa. Anche Sedici sgranò impercettibilmente gli occhi: per lui era sempre una gioia vedere quella ragazza uscire dall’apatia in cui era solita rinchiudersi per proteggersi dal mondo. «Sembra essere un regno pieno di persone chiassose ed eccessive, ma anche allegre, forse speciali e piene di… non saprei, magia» aggiunse in tono enigmatico e volutamente a voce alta per farsi sentire da tutti i presenti. Fissò i suoi occhi di ghiaccio in quelli di Radish, cercando di studiare una sua possibile reazione. Il genio le sorrise e accennò un inchino con reverenza.
Lapis scosse la testa sorridendo soddisfatto e si incamminò verso Chichi e Lunch stiracchiandosi.
«Non vorrete certo deludere la mia sorellina e nemmeno la vostra incantevole ancella, non è vero, principessa?» disse con fare suadente, mettendosi in mezzo tra le due ragazze e prendendole a braccetto. Si voltò verso Lunch e le fece un occhiolino che la fece diventare, se possibile, ancora più paonazza di quanto già non fosse. «Io sono un principe e ho potuto avere una cerimonia ufficiale di presentazione l’altro giorno, quindi credo che abbiano diritto ad averne una anche i nostri nuovi amici del regno di Pazzo, così li potremo conoscere meglio».
«Paoz. Regno di Paoz» scandì Radish.
«Sì, sì, ho presente… ci sono stato un paio di volte, è un po’ sperduto, ma bellissimo come posto…» mentì Lapis, che camminava verso il sultano portando con sé a braccetto le due ragazze. «Era piaciuto anche alla principessa Lazuli, o mi sbaglio?» aggiunse, voltandosi con fare beffardo verso sua sorella, che arrossì visibilmente mentre distoglieva lo sguardo. Si vergognava di suo fratello quando esagerava con le sue pagliacciate.
«Ecco, cari amici, il vostro circo è stato entusiasmante e pirotecnico, però credo che adesso meritiate di avere la possibilità di mostrarci a tutti, e in particolare alla sontuosa e meravigliosa principessa Chichi Jasmine di Agraba, che siete dei reali dotati anche di finezza, eleganza e grazia. Proprio come me» spiegò in tono teatrale e beffardo.
Stava cercando di aiutarli per permettere a Goku di chiarirsi subito con Chichi, ma, come al solito, si stava facendo prendere dall’entusiasmo calandosi nella parte più del dovuto.
«Perché devo avere un fratello così stupido?!» sussurrò Lazuli a Sedici, portandosi una mano sulla fronte.
«Vedrai che convincerà la principessa» le sorrise Sedici, che era sempre orgoglioso dei suoi ragazzi.
«Allora, splendente principessa, potete esaudire questa richiesta del vostro caro amico principe Lapis di Asgard e permettere al simpatico principe di Pazzo e…» riprese Lapis, inginocchiandosi in maniera teatrale davanti a Chichi e prendendole una mano.
«Paoz» lo corresse ancora Radish, che faticava però a restare serio di fronte allo show che stava mettendo in piedi quell’insperato alleato.
«Giusto, Paoz. Allora, vi prego di consentire ai nuovi amici miei e della mia sorellina, il principe di Paoz e il suo carismatico gran cerimoniere, di poter presentare ufficialmente loro stessi, il paese che rappresentano con orgoglio e i doni che sicuramente avranno portato con sé» concluse, prima di baciarle la mano. «Credo di parlare anche a nome dell’ancella più bella del regno di Agraba e vostra fidata amica» aggiunse, afferrando all’improvviso anche la mano di Lunch e baciandola davanti agli sguardi stupiti di tutti.
«Io dopo lo ammazzo…» sibilò Lazuli, che si sentiva a disagio per Lunch.
La ragazza dai capelli blu divenne bordeaux e ritrasse la mano. Il sultano la guardò e sorrise a sua volta perché le voleva bene come se fosse sua figlia, inoltre quel Lapis le sembrava un ragazzo a posto, anche se un po’ strano.
«E sia…» concesse Chichi, sbuffando e ritraendo anche lei la mano. Si andò a posizionare in fondo alla stanza, dal lato opposto rispetto all’ingresso principale, come era solita fare nelle occasioni ufficiali dove doveva collocarsi alla sinistra del sultano. Lui la raggiunse subito insieme a Lunch, mentre Lapis tornò da sua sorella e Sedici per godersi in disparte la scena. Anche Bulma li raggiunse e si sdraiò ai loro piedi, mentre Vegeta era tornato a posarsi sulla spalla di Freezer.
«Magari facciamo uscire dalla stanza gli animali, non mi risulta che prendano parte anche loro alle cerimonie ufficiali» sibilò il Gran Visir, guardando con disprezzo Bubbles, che ricambiò l’occhiataccia.
Adesso che era grande e grosso avrebbe voluto dare una bella lezione a personaggi arroganti come quello, tuttavia si trattenne perché si rese conto che non era la cosa giusta da fare in quel momento.
«Ehi, ma anche tu hai un animale! Non vale!» rispose Goku, indicando Vegeta.
«Intendevo dire che i pachidermi devono uscire da questa stanza, forse non ero stato abbastanza preciso» ribatté a denti stretti Freezer. Parlava lentamente, scandendo per bene le parole. Stava per impazzire di rabbia, quella gente aveva la forza di mandarlo fuori di testa. Anche Vegeta fulminò con lo sguardo Goku.
«Urcaaa, capisco! Niente di personale, pappagallo! Mi piaci!» rise Goku, grattandosi la nuca e guadagnandosi un’altra occhiataccia da Vegeta.
«Bene, orango, hai sentito? Mi spiace, ma ti tocca uscire a prendere un po’ d’aria, altrimenti qui non ce la caviamo più» disse Radish a Bubbles.
Il genio batté le mani due volte e il portone si aprì, dopodiché sollevò un dito e nel giro di un istante Bubbles si ritrovò in giardino di fronte agli sguardi attoniti di tutti i presenti. Solo Lazuli rimase seria e non si stupì nemmeno troppo di quello che era successo. Aveva capito che era stato il capellone a fare tutto, anche se era abile a non farsi notare.
«Ebbene sì: a Paoz abbiamo gli elefanti più veloci del mondo! Pensate che organizziamo anche gare di corse di elefanti, quello del principe Kakaroth ha stabilito svariati record!» si inventò Radish, prima di battere le mani una sola volta e far sì che la porta alle sue spalle si chiudesse. «C’è gente che scommette sugli elefanti da noi, dovreste vedere che tifo che c’è allo stadio il giorno delle gare! Ma sto divagando, scusatemi… bene, direi che possiamo cominciare con le presentazioni ufficiali!» aggiunse, prendendo Goku e trascinandolo insieme a lui esattamente al centro della stanza.
Davanti a loro, distanti una decina di metri, erano schierati il sultano con al suo fianco Frezeer da una parte e Chichi dall’altra. Accanto alla principessa c’era poi Lunch, mentre i reali di Asgard erano ancora ai loro posti accanto alla parete, come prima.
 
Regnava improvvisamente il silenzio in quel locale enorme e Goku si sentì di nuovo teso, forse anche più di prima perché adesso aveva davanti Chichi e poi perché sentiva di dover rimediare a quello che era appena successo, dato che lei si era così arrabbiata. Aveva paura perché non aveva idea di cosa dovesse dire o fare un principe durante una cerimonia ufficiale, temeva di rovinare tutto e di passare ancora una volta per stupido agli occhi di Chichi. Notò solo in quel momento che la principessa indossava un solo orecchino… già, l’altro ce l’aveva lui e lo teneva nascosto in tasca anche adesso che indossava quei vestiti eleganti che cominciavano anche a dargli fastidio e a farlo soffocare. Provò a dirsi di stare tranquillo, che Chichi avrebbe per forza apprezzato maggiormente le attenzioni del principe Kakaroth piuttosto che quelle del povero ladruncolo Aladdin Goku. Pensò che Kakaroth avrebbe avuto quella possibilità che Goku non avrebbe mai potuto avere. Ma, proprio per questo, sentì ancora di più la pressione schiacciarlo da dentro e renderlo terribilmente nervoso.
«Cosa devo fare?! Cosa devo dire, Rad?!» sussurrò Goku.
«Calmati…» provò a rassicurarlo il genio, continuando a guardare fisso davanti a sé verso il sultano. «Guarda avanti, sono loro che devono parlare per primi!»
«È un piacere darvi il benvenuto ad Agraba, principe Kakaroth!» disse in tono solenne Giuma, che ora si era fatto serio.
Stava rispettando il protocollo di una cerimonia ufficiale adesso, e Goku si sentì ancora più agitato a questo punto perché non sapeva davvero nulla di questo genere di cose.
«A-ah…» farfugliò il falso principe, annuendo talmente freneticamente da far cadere il cappello a terra. «Ops! Scusate!» aggiunse, raccogliendolo di scatto e rimettendoselo goffamente in testa. Ora ce l’aveva tutto storto e sorrideva inebetito.
«Ma sei scemo?!» bisbigliò Radish. «E rispondigli qualcosa! Presumo che sia un piacere anche per te conoscerlo!»
«Ahhh… è… è un enorme piacere anche… anche per me, vostra altezza! Signore, sembrate davvero… davvero serenissimo, maestà!» bofonchiò Goku, prostrandosi a terra davanti al sultano, che sgranò gli occhi.
«Che cazzo fai, alzati! Pensi di essere uno schiavo nell’Antico Egitto davanti al Faraone?!» lo sgridò Radish cercando di non farsi sentire e cominciando a dubitare fortemente della sanità mentale del suo nuovo padrone.
«Temo di non aver mai sentito parlare di Paoz» intervenne con voce fredda Freezer, rompendo il silenzio.
«È… è lontano…» balbettò Goku, prima di guardare Radish in cerca di aiuto.
«Lontano quanto?» insistette il Gran Visir.
Goku corrucciò lo sguardo e si voltò ancora verso il genio, deglutendo il nulla.
«È a nord!» esclamò Radish.
«È a sud!» sbottò in contemporanea Goku.
I due si guardarono per un lungo istante, con il genio che avrebbe voluto strozzare il suo nuovo amico. Come poteva avere un padrone così stupido?! E come poteva sperare che uno con un simile cervello l’avrebbe sul serio liberato?!
«Al parallelo nord del lato sud!» disse tutto d’un fiato il falso principe, grattandosi la nuca e ridacchiando forzatamente.
«Intende che è abbastanza vicino…» provò a intervenire Radish. «Cioè, volendo potreste arrivarci facilmente anche da qui e…».
«E lo si trova! Se lo si cerca, lo si trova!» si sovrappose Goku con fare concitato. «Loro l’hanno trovato!» aggiunse, indicando i reali di Asgard e sentendosi un genio.
«Non pensavo che sarebbe stato così divertente, quei due sono uno spasso!» sorrise beffardo Lapis, parlando sottovoce.
«Mi irrita la stupidità nella gente…» sbuffò Lazuli, arrossendo lievemente e distogliendo lo sguardo.
«Basta cercarlo, in pratica! Eh, eh!» concluse Goku, continuando a grattarsi nervosamente la nuca.
«Non aggiungere altro, porca troia!» sibilò Radish.
«Vedi, Freezer, il mondo sta cambiando! Sembra che nasca un paese nuovo ogni giorno!» rise Giuma.
«Ah, ah, ah!» rise sguaiatamente Goku per compiacerlo, dando due pacche sulle spalle al genio.
«Smettila, sembriamo due coglioni!» gli intimò sottovoce.
«Sì… siete… siete molto saggio!» farfugliò meccanicamente il falso principe.
«Parlagli dei doni, ti prego» gli suggerì Radish, che iniziava a non poterne più. Non aveva mai avuto una spalla più goffa di Goku. Era imbarazzante persino per uno spudorato come lui.
«Sì, abbiamo portato dei doni! Delle… delle cose!» cercò di annunciare con voce solenne Goku, cercando di ricordare che cosa avevano portato in dono, visto che non se lo ricordava più. «Tanti… tanti doni! Bei doni!»
«Sembri una specie di Babbo Natale ubriaco, porca puttana!» ringhiò il genio, irritato, prima di battere le mani due volte e far sì che si spalancasse il portone alle sue spalle.
Subito si riversarono nella stanza uomini e donne che avevano fatto parte del corteo durante la parata, e così anche Goku poté tirare un sospiro di sollievo visto che poteva vedere che cosa stavano portando in offerta su vassoi argentatati e portantine dorate.
«Sì, ecco qui! Doni! Subito in arrivo!» riprese il giovane ladro, guardando freneticamente prima e destra e poi a sinistra. «Abbiamo spezie, cammelli dorati, cucchiai! Sì, piccoli cucchiai!»
«Oh, hanno i cucchiai!» ridacchiò Lunch, parlando nell’orecchio a Chichi, che accennò un sorriso di fronte all’ingenuità del ragazzo che gli ricordava qualcuno che conosceva bene.
Radish, dal canto suo, avrebbe voluto ammazzarlo: c’erano cuochi e fornai con vassoi pieni di cose da mangiare e preziosissime posate e quel bifolco notava solo i cucchiaini?!
«Sì, piccoli cucchiai! Li fanno così piccoli, sono belli! Abbiamo anche le confetture!» esclamò Goku, che ormai non aveva più nessuna idea di quello che stava dicendo.
«Confetture?!» domandò Freezer.
«Confetture! Confetture!» ripeté Vegeta, sconvolto dalla stupidità di quell’assurdo principe.
«Sì, fenicottero, confetture! Cioè, pappagallo, scusami!» gli rispose Goku, senza nemmeno calcolare Freezer. «Confetture di mele, di datteri… di fichi!»
«Wow, di fichi!» commentò Lunch, dando di gomito a Chichi.
«E senza semi! Squisite confetture… esotiche!» continuava nel frattempo a farfugliare il falso principe, che non sapeva più cosa dire.
«Potresti smarcarti dalle confetture, cazzo?!» sussurrò Radish, continuando a sorridere come se nulla fosse guardando davanti a sé.
«Di cosa parlo?!»
«Abbiamo i gioielli! Ti ho riempito d’oro!»
«Gioielli! Li abbiamo!» annunciò Goku dal nulla, a gran voce. «E quella!» aggiunse, indicando qualcosa che non sapeva cosa fosse, semplicemente perché era coperta da un telo bianco in mezzo a tutti i vassoi carichi di doni. «Quella… quella cosa! Coperta… per voi!»
«Non dire altro, ti prego…» lo supplicò il genio.
«Ta-dan! Per voi!» proclamò Goku in pompa magna, mentre due servitori toglievano il velo e rendevano visibile una scultura astratta dorata. «Eh… è per voi!»
«Sembra una ruota?!» bisbigliò Chichi a Lunch. «Vuole regalarmi una ruota?!»
«È…» aggiunse il falso principe, che stava cercando di definire quello strano oggetto. «È… molto dispendiosa!»
«E cosa pensate di ottenere con un simile dispendio?» intervenne Chichi apposta per metterlo in difficoltà, guardandolo di sbieco.
«Te! Cioè, voi… c-cioè, no!» se ne uscì Goku, che si rese subito conto dalla faccia sconvolta di Chichi e di tutti i presenti di quello che era uscito inavvertitamente dalla sua bocca.
«Però…» commentò Radish, che nutriva sempre più dubbi sulle effettive facoltà mentali del suo nuovo amico.
«No! No, no, no, no! Un momento! Un momento con voi, intendevo!» provò maldestramente a correggere il tiro il giovane ladro.
«Oh, cazzo…» sibilò il genio.
«Stai insinuando che io sia in vendita?!» domandò Chichi inviperita, decidendo di mettere da parte i formalismi tipici di una cerimonia ufficiale.
«Sì, certo!» rispose con disarmante ingenuità Goku, con un sorriso a trentadue denti stampato sul volto. Non stava capendo più nulla, il suo cervello ormai era totalmente disconnesso.
Lunch, accanto a Chichi, cercò di attirare la sua attenzione scuotendo visibilmente la testa e suggerendogli, ovviamente, di correggere il tiro ancora una volta. Radish, intanto, alzò gli occhi al cielo e pregò che quella tortura finisse il prima possibile. Non ci poteva credere.
«No! Certo che no! No!» gridò il falso principe all’improvviso, allargando le braccia e scuotendo la testa. Si era appena reso conto di quello che aveva detto, probabilmente perché Chichi lo stava incenerendo con lo sguardo e aveva la bocca semiaperta per lo stupore di aver udito simili parole. Stringeva anche i pugni con forza, avrebbe voluto saltargli addosso e picchiarlo.
«Fa freddo ed è buio nella lampada, ma me la stai facendo rimpiangere…» commentò Radish.
«Bene. Se volete scusarmi, io adesso vorrei andare» sorrise fintamente Chichi, cercando di ridarsi un tono e recuperare i formalismi con cui voleva chiudere quella presentazione. «Credo che andrò a cercare del pane» aggiunse in tono acido, prima di voltarsi con stizza e uscire dalla stanza.
«Intende che va a prendere del pane per assaggiare le vostre confetture! Con permesso!» provò a correggere il tiro Lunch, accennando un inchino davanti a nuovi ospiti prima di seguire la principessa.
«No, aspetta! N-no! Non è quello che intendevo! I-io…» farfugliò Goku, cercando di fermare Chichi, che tuttavia non si voltò nemmeno.
«Tranquillo! Sei stato grande!» gli disse Lunch prima di uscire, cercando di scandire le parole per permettergli di leggere il suo labiale senza farsi sentire dal sultano e da Freezer. Gli sorrise dolcemente e sollevò il pollice della mano in segno di assenso, prima di andarsene.
«Non darle retta, non sei stato grande. Anzi, hai fatto cagare» gli sussurrò Radish.
«Non ci posso credere, non mi sono mai divertito tanto in vita mia!» bisbigliò Lapis, che aveva le lacrime agl’occhi, mentre cercava di soffocare le risate.
«Io l’avrei già dato in pasto a lei…» sospirò Lazuli, indicando Bulma che si era accucciata ai loro piedi e proprio in quel momento si era alzata per seguire Chichi.
«È un bravo ragazzo, è solo agitato. Non è quello che sembra» disse Sedici.
«Oh, lo so bene che non è quello che sembra» accennò un sorriso la principessa venuta dal nord, sistemandosi una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio e riprendendo a fissare soprattutto Radish. Quel tremendo teatrino le aveva dato conferma che quel ragazzo impacciato e goffo non era certo un principe e che il capellone nascondeva qualcosa.
Lapis la guardò senza capire, ma sollevò le spalle e sorrise di nuovo, deciso a godersi la conclusione di quell’assurda cerimonia di presentazione.
«Lo so anch’io che è un bravo ragazzo, ho fatto proprio bene ad intervenire in suo aiuto. Anche se far parte della categoria “principi” insieme ad uno scimmione così stupido è piuttosto avvilente per una persona di classe come me» commentò beffardo, allargando le braccia e ghignando.
«Non preoccuparti, principe Kakaroth. Mia figlia ha un bel caratterino, ha preso da sua madre!» rise di gusto Giuma, cercando di rassicurare quel giovane che l’aveva tanto colpito e che aveva capito fosse semplicemente agitato dalla presenza della principessa. «Avrete di sicuro l’occasione di riparlarvi, magari in circostanze meno formali. A tal proposito, spero che vi unirete a noi stasera, daremo una grande festa nel giardino principale del palazzo reale!» aggiunse, prima di voltarsi per lasciare la stanza insieme a Freezer, che lanciò un’ultima occhiata di fuoco al giovane principe che gli aveva appena rovinato i piani.
«Urcaaa! Una festa! Ci sarà anche da mangiare?! Io ho fame!» esultò Goku, con Radish che gli diede una gomitata per fargli capire di salutare decentemente e in modo formale il sultano.
«C-certo! Verremo… di certo! Grazie, vostro… vostro serenissimo voi stesso!» concluse Goku, inchinandosi, mentre Giuma lasciava la stanza ridendo.
Una volta rimasti soli, Radish si voltò verso Goku e lo fissò negl’occhi per lunghi e interminabili secondi. Si lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e sospirò rassegnato.
«Negli ultimi diecimila anni non mi ero mai vergognato così tanto» gli spiegò.
«Era successo qualcosa di peggio diecimila anni fa?» chiese il giovane ladro, incuriosito.
«Vedi te: quello che aveva strofinato la lampada, non appena mi vide nella mia forma di drago, si pisciò e cagò addosso per lo spavento. Immagina l’odore e come potevo sentirmi io, che speravo di poter avere per una volta una bella e dolce padrona, magari» rispose il genio, allargando le braccia e sbuffando.
«Dici che è stato peggio di me oggi, quello lì?»
«Forse è stato più imbarazzante oggi, in effetti…» sbuffò Radish, mettendo un braccio intorno alla spalla di Goku e cominciando a camminare con lui. «Hai sentito, Cenerentola? Dobbiamo farti bello per il ballo, stasera!» aggiunse ridendo.
Prima di uscire dalla stanza cercò per un’ultima volta gli occhi di ghiaccio della principessa di Asgard e notò che lei lo stava già guardando. Serissima, con uno sguardo duro e impenetrabile. Le braccia incrociate sotto il seno e il fare annoiato. Lui le sorrise e sollevò ritmicamente le sopracciglia, prima di farle l’occhiolino. Lazuli arrossì visibilmente e si voltò stizzita, lasciando la stanza dall’uscita più vicina a dove si trovava lei.
Sarebbe venuta anche quella ragazza alla festa di quella sera? Radish si augurò con tutto sé stesso di sì.
«Sai, Gò, ’fanculo a tutte le figure di merda… in fondo sono felice di essere qui con te, adesso».
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: allora, siete pronti per la grande festa che verrà raccontata nel prossimo capitolo? Dite che scatterà qualche scintilla?
Ringrazio subito tantissimo chi mi lascia sempre il suo parere e chi ha partecipato al gioco dei personaggi nascosti nella parata di Radish del capitolo precedente! Alcuni erano facili, altri più complicati, e devo dire che siete stati tutti bravissimi perché ne avete beccati tanti! Erano dieci in totale, contando anche Shenron come stemma sulle bandiere, e colei che ne ha trovati di più è stata Moriko, che vince una statua a forma di cammello d’oro, una di quelle che il principe Kakaroth ha offerto a Chichi,. Ha trovato addirittura tre personaggi in più che nemmeno io mi ero reso conto di aver citato, è stata dunque una sua interpretazione che ci stava benissimo e mi ha fatto piacere. Questo bonus l’ha fatta prevalere al fotofinish su Dark e Summer, seconde a pari merito, e Vale, che chiude il podio. Un grazie a chi ha partecipato al gioco e a chi legge sempre in silenzio, vi invito a battere un colpo anche voi se e quando vi va!
Grazie anche a chi ha letto e commentato la storia che ho pubblicato l’altro ieri dedicata a Mai e Trunks dal titolo “Mai”. Loro sono la mia coppia canon preferita di Dragon Ball, se volete leggerla e dirmi cosa ne pensate ne sarò felice e onorato! Tra l’altro questa è la TruMai Week! ;-)
 
Quello di oggi è stato un capitolo principalmente comico, posso solo sperare di avervi strappato qualche risata grazie alle uscite di Goku, i commenti di Rad e gli interventi di Lapis, che decide di esporsi per dare una mano ai nuovi arrivati. Abbiamo visto anche Lazuli con le sue parole e i suoi pensieri su Radish e quello che sta succedendo, ma soprattutto Chichi, che non sembra essere dell’umore giusto per dare una chance al goffo pretendente sbucato fuori dal nulla. Non sarà facile con lei per il principe Kakaroth, questo è certo.
Inoltre, abbiamo rivisto un piccolo momento VegeBul, e spero vi abbia divertito e intenerito anche quello.
A proposito di Bulma, vi lascio un suo splendido disegno insieme a una Chichi rivisitata e stupenda, per cui ringrazio tanto l’autore.
 
Benissimo, il prossimo capitolo sarà dedicato alla festa serale e anche al post-festa, almeno per qualche personaggio. Vedremo in scena tutti, quindi preparatevi perché penso che ci sarà da divertirsi. Spero di riuscire a farvi sorridere e a emozionarvi, perché succederanno un sacco di cose. Posso dirvi in anticipo che Rad chiamerà “Lap” il principe Lapis, che parlerà anche con Vegeta e che si darà da fare pesantemente in prima persona per far sì che Chichi e Kakaroth si avvicinino. Per il resto ci sarà un finale di capitolo bomba che spero gradirete, posso dirvi che qualcuno andrà nella “tana del Lupo Cattivo”. Già, ma chi è il Lupo Cattivo? E cosa ci andranno a fare nella “tana”?
Il titolo sarà “Marionetta ballerina”, anche qui vi lascio immaginare a chi sia dedicato!
Ci vediamo mercoledì e grazie ancora!
 
Teo

20200529-104205

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Capitolo 15
*** Marionetta ballerina ***


15 – Marionetta ballerina
 
 
«Tranquillo Gò, se giochi bene le tue carte puoi ancora riuscire a colpire la principessa» sussurrò Radish a Goku, cercando di rassicurarlo, mentre si dirigevano alla festa organizzata dal sultano tra un fuoco d’artificio e l’altro che veniva sparato nel cielo buio e sereno di Agraba di quella serata. «Fai quello che faresti a una normale festa e andrà tutto bene».
«Non sono mai stato a una festa, Rad!»
«Se hai paura di una stupida festa puoi tornartene in camera tua» lo provocò il genio. «Io stasera ho intenzione di divertirmi, sono secoli che aspetto una cazzo di festa o qualcosa del genere!»
«Principe Kakaroth» sibilò Freezer, sbucando fuori dal nulla e sbarrando la strada ai due ragazzi.
Rimase in silenzio qualche istante senza smettere di fissare Goku attraverso i suoi piccoli occhi rossi malvagi, provocando un brivido lungo la schiena al giovane ladro.
«Vorrei parlare con voi. Da soli, senza la presenza del vostro… servo» scandì lentamente, posando gli occhi su Radish, disgustato.
«Ci tengo a precisare che non sono un servo, bensì suo fratello maggiore e gran cerimoniere di corte del fantasmagorico regno di Paoz» esclamò il genio, col sorriso stampato sulle labbra.
«E perché allora non siete voi l’erede al trono?!» domandò sospettoso il Gran Visir.
«Perché io sono un uomo di spettacolo, semplice. E mio fratello minore invece è nato con la stoffa per fare il sultano. Ha la faccia giusta, no?»
«Ha la faccia da pirla, altroché» commentò sprezzante Vegeta, appollaiato sulla spalla del suo padrone, stando ben attento a farsi sentire solo da lui.
«Non vedo nessuna faccia giusta. E io vedo molte cose, più di quante voi possiate anche solo lontanamente immaginare» ribatté Freezer.
«Convengo con voi, vostra egregia magnificenza, che non abbia certo una faccia intelligente. Ma ha la faccia di cui si innamorerà la principessa di Agraba!» rise Radish.
«Lasciateci soli!» rispose stizzito il Gran Visir.
«E va bene, va bene… io vado qui in disparte allora, solo soletto. Ehi, volatile chiacchierone, vuoi venire a farmi compagnia?! Ho una spalla più comoda, ampia e spaziosa di quella del tuo padrone, dovresti stare più largo qui!» rise di nuovo Radish, con Freezer che sgranò gli occhi per un attimo e batté sul pavimento il suo bastone dorato.
«Tsk!» borbottò Vegeta, al quale però veniva da ridere.
«Ho capito chi sei» disse il Gran Visir a Goku una volta rimasti soli, fissandolo negl’occhi e mettendo da parte ogni formalismo.
«Urcaaa! D-davvero?!» bofonchiò il giovane, convinto di essere stato riconosciuto.
«Sì, sei un uomo di grande ambizione, come me. E credo che dovremmo unire le forze, io e te. Dovresti seguirmi, adesso» spiegò con voce improvvisamente melliflua. Voleva convincere Goku a seguirlo per portarlo nella sua prigione segreta sotterranea ed eliminarlo, infatti.
«Ah!» tirò un sospiro di sollievo il giovane, che sorrise e diede una pacca sulla spalla a Freezer, che lo osservava irritato e schifato. «Magari un’altra volta, adesso non voglio far aspettare la principessa!»
«Forse non mi sono spiegato bene! Tu devi seguirmi adesso!» ringhiò a denti stretti il Gran Visir, bloccando Goku per un braccio e puntandogli negl’occhi l’impugnatura a forma di cobra del suo bastone.
Il ragazzo si bloccò subito e il suo sguardo si fece vacuo. Radish capì che stava succedendo qualcosa di strano e decise di intervenire.
«Dobbiamo andare, Kak!» esclamò, cingendo una spalla di Goku e scuotendolo. «Il sultano ci sta chiamando!» aggiunse, spintonandolo e facendolo ridestare.
«Aspettate!» provò a reagire Freezer, che mosse un passo in avanti e quasi rischiò di cadere a causa di una persona sbucata fuori dal nulla che gli aveva appena tagliato la strada e si era adesso fermata davanti a Goku.
«Ciao principe Kakaroth! Ma lo sai che sei davvero uno spasso?! Posso chiamarti Kaky?» rise Lapis, cingendo a sua volta Goku con un braccio sulla spalla lasciata libera da Radish.
Camminavano ciondolando stretti gli uni agli altri, formando un bizzarro trio.
«Prima mi hai fatto troppo ridere! Anche stasera ti inventerai qualche altra buffonata?! Vero?! Vero?!»
Freezer scosse la testa e se ne andò furibondo. Iniziava a esserci troppa gente in giro, il suo piano era naufragato.
«E-ecco, io… non lo so! Eh, eh!» ridacchiò Goku, grattandosi la nuca, mentre Radish cercava di guardarsi intorno, come se stesse cercando qualcuno.
«Tranquillo, bestione! Ho convinto anche mia sorella a venire stasera» sorrise beffardo Lapis, puntando il suo sguardo glaciale in quello del genio.
«Grazie per averci aiutato prima, principe Lapis di Asgard» sorrise a sua volta Radish. «Perché ti strusci su di noi e non sulla tua ancella preferita? Ti ha dato il due di picche stasera?» lo provocò, visto che aveva capito subito che aveva davanti una persona simpatica che sapeva stare al gioco. In qualche modo lo sentiva simile a lui, gli era piaciuto a pelle.
«Non preoccuparti per me, gran cerimoniere e giullare di corte del regno di Pazzo» stette al gioco Lapis, storpiando volutamente il nome del regno. «Come hai detto che ti chiami?»
«Radish, sono suo fratello maggiore, ma non avevo sbatta di ereditare io il regno. Puoi chiamarmi Rad».
«Mi piace la tua filosofia di vita, Rad! E dimmi, da quanto tempo non ti tagli i capelli? Hai visto come sono lucenti e curati i miei, invece?» chiese beffardo il principe di Asgard, accarezzandosi lentamente e in modo teatrale le punte dei suoi capelli neri che gli ricadevano sulle spalle.
«Non li taglio da millenni, letteralmente!» rise il genio. «E non ci tengo ad averli lucidi come i tuoi perché la mia è una bellezza più virile, quella che fa impazzire tutte le donne. Hai presente, Lap?»
«Lap?!» rise a sua volta il principe. «Mi piace, bravo! E dimmi un po’, con la tua bellezza “virile” che io definirei “da scimmione”, sei convinto di far cadere tra le tue braccia la mia sorellina?»
«So solo che vorrei conoscerla» ribatté Radish, improvvisamente serio.
Era ovvio che quella ragazza l’aveva fatto impazzire e l’aveva confuso fin dalla prima volta in cui l’aveva vista quel pomeriggio, ma c’era anche di più. Sentiva fluire qualcosa in lei, come se fosse diversa da tutte le altre e da tutti in generale. Era come se fosse in qualche modo come lui, legata a lui.
«Nel regno di Paoz il termine “conoscerla” è un sinonimo di “scoparsela”?» domandò Lapis, che si era fatto serio a sua volta.
«D-dai, ragazzi, suvvia, non è il caso di…» farfugliò Goku, che si trovava in mezzo e non capiva come all’improvviso l’aria tra quei due che sembravano così amici si fosse fatta tanto pesante.
«No, no, ha ragione. È giusto chiarire certe cose» lo interruppe Radish, fissando negl’occhi il principe di Asgard. «Vorrei saperne di più sulla principessa Lazuli, sulla ragazza che è, sul perché mi ha fatto un certo effetto oggi quando l’ho vista… e non intendo sul perché sono attratto da lei, perché è ovvio che mi piace fisicamente, non voglio mentirti. Parlo di qualcosa a livello di chimica, non so».
«Apprezzo la tua sincerità, Rad. Lo capisco quando la gente è sincera e voi due lo siete… forse siete un po’ troppo eccessivi e chiassosi, ma siete sinceri» sorrise di nuovo Lapis.
«Ti prometto che non insisterò se non vorrà parlarmi e che non le succederà nulla di male se e finché sarà in mia compagnia» spiegò il genio. «Parola di drago» aggiunse, alludendo alla sua vera natura.
«Parola di drago?! Certo che siete strani nel vostro regno di Pazzo, io avrei detto “parola di scimmia” ad essere in voi!» tornò a scherzare Lapis. «Comunque la mia sorellina non ha bisogno di me per difendersi, te ne accorgerai da solo, Rad. Però è ovvio che se qualcuno si dovesse permettere di torcerle un capello, io saprei diventare molto cattivo».
«Mi sembra giusto. Anch’io diventerei cattivo se qualcuno facesse del male alle persone che amo» disse Radish.
«Ascoltami, ti dico una cosa da amico, adesso: non restarci male se mia sorella farà la stronza o sarà fredda con te, dopo. Lei è fatta così, ma io so che è una ragazza diversa da quello che mostra agli altri» spiegò Lapis. «Tu forse sei la persona che potrebbe farle tirare fuori quello che ha dentro, anche se non so come. Ma sento che puoi farcela».
«Io voglio solo parlarle, non pretendo che si innamori di me» sorrise mestamente Radish. Non poteva dire a Lapis che non aveva mai pensato nella sua esistenza di innamorarsi di qualcuno perché sapeva benissimo che il suo tempo tra gli uomini era limitato.
 E se Goku non avesse mantenuto la promessa? Non poteva rischiare di spezzare il cuore a una ragazza, e tantomeno voleva fare del male a sé stesso. Però non poteva fare a meno di voler a tutti i costi conoscere Lazuli, sentiva che doveva farlo e basta.
«Uhm… ti facevo più presuntuoso e spaccone, bestione capellone!» rise Lapis.
«Beh, allora se vuoi provocarmi, posso dirti che è ovvio che tua sorella verrà sopraffatta dalla bellezza stordente del mio corpo» rise anche Radish. «Nel nostro regno sono conosciuto come “lo stallone di Paoz”, sappilo».
«Non voglio sapere altri dettagli, altrimenti mi fate passare l’appetito stasera, razza di scimmioni» sospirò Lapis, beffardo. «Adesso vado a cercare la mia bella Lunch, amici. E mi raccomando: tu, Rad, fai il bravo con mia sorella, e tu, Kak, fammi scompisciare dalle risate come prima, ti scongiuro!» aggiunse, prima di divincolarsi e sparire tra la folla che si dirigeva nel giardino reale.
«Certo che è un personaggio strano quel principe, lo sai che lui, sua sorella e lo spilungone che li segue sempre li avevo già conosciuti nelle vesti di Goku? È pazzesco come funziona bene la tua magia, non mi ha riconosciuto!» esclamò il giovane ladro.
«Ovvio che funziona bene, sono un fottuto genio io, il migliore sulla piazza e anche il più bello e cazzuto!» si beò Radish, gonfiando il petto e i muscoli. «Tra l’altro, ascolta una cosa: non stare più da solo con quel faccia da culo del Gran Visir, sono certo che sia stato lui ad abbandonarti nella Caverna delle Meraviglie. Certe cose, un genio le sa».
 
«Eccola lì! È la tua occasione!» esclamò Radish, indicando Chichi in lontananza e cominciando ad ancheggiare al ritmo della suadente musica arabeggiante che riecheggiava nel giardino del palazzo reale gremito di ospiti intenti a chiacchierare, bere, mangiare e ballare.
«C’è troppa gente! Come faccio?!» ribatté Goku, che nel vedere la principessa parlare insieme a Lunch si sentì all’improvviso nervoso e intimorito come durante la tragicomica cerimonia ufficiale in cui si era presentato a lei nel pomeriggio. «Non credo di farcela!»
«Andrai bene! Sarà facile» lo rassicurò il genio, afferrandogli un braccio e trascinandolo con sé verso Chichi, nei pressi della grande fontana bianca che troneggiava al centro del giardino. «Benissimo, è arrivata anche la principessa Lazuli!» aggiunse, notando in disparte la ragazza bionda che si guardava intorno con fare annoiato, accompagnata da Sedici. «Credo che andrò a prendermi qualcosa da bere e gliel’offrirò anche a lei, guarda e impara!»
«No! Non puoi lasciarmi qui da solo! Non so cosa fare! Mi scopriranno subito!» piagnucolò Goku, trattenendo Radish con forza.
«Andrà tutto bene, ti ho detto! Devi solo muovere il culo, andare lì da lei e parlarle!»
«Devo anche parlarle?!» domandò Goku, inebetito.
«Allora Gò, ascoltami: io vivo in una cazzo di lampada di merda. Hai presente? Piccola, fredda, buia, con dentro sette dannate sfere che mi spaccano la schiena, il collo e altre parti del mio regale corpo che mi sembra superfluo specificare» gli spiegò il genio, spazientito, scandendo per bene le parole. «Questa è una festa e a me piace fare baldoria! Per di più c’è là la ragazza più… più… non so nemmeno io più cosa che abbia mai visto dall’eternità a oggi, quindi non provare a rovinare tutto!» aggiunse, indicando Lazuli, che però, nel frattempo, se n’era andata. «Ecco! Non c’è più, contento?! Adesso vado a cercarla, tu vai dalla principessa e cerca di non fare il coglione! Corri da lei!» concluse, dandogli una pacca sul sedere.
«Certo!» sorrise Goku, che sembrava finalmente carico a dovere, facendo un respiro profondo e cominciando a camminare con decisione verso Chichi.
La principessa si voltò proprio in quel momento e i suoi occhi incrociarono quelli di Goku, che si sentì mancare per un istante.
«Oh, oh! Eccovi qui, splendente principessa Chichi Jasmine e lucente Lunch del mio cuore!» esclamò Lapis dalla direzione opposta a quella di Goku, attirando l’attenzione delle due ragazze, alla quali baciò le mani con estrema galanteria.
«C-ciao…» disse con un filo di voce l’ancella, avvampando, a testa bassa.
«Principe Lapis! Come trovi la festa?» gli sorrise Chichi.
«Adesso che vi ho trovate, direi che è bellissima» sorrise a sua volta, enigmatico, calcando la voce sulla parola “bellissima” mentre incatenava i suoi occhi di ghiaccio a quelli nocciola di Lunch, riuscendo a farla arrossire ancora di più.
«Sei un adulatore…» sbuffò Chichi, stando al gioco.
«Può darsi… posso rubarti la tua amica stasera?» domandò a bruciapelo, intrecciando le sue dita intorno a quelle della mano di Lunch, che lo lasciò fare.
«Solo se la tratti bene. Altrimenti ti faccio abbandonare in mezzo al deserto domani, chiaro? Lei è mia sorella maggiore, non è la mia ancella» precisò Chichi.
«Benché non mi dispiaccia l’idea di un’esperienza mistica in mezzo alla sabbia e ai cammelli, tratterò Lunch come una regina stasera».
«Non ti dispiace restare qui da sola?» le chiese la ragazza dai capelli blu, preoccupata.
«Non temere, non resterà a lungo da sola» sorrise Lapis con fare misterioso, prima di cingere Lunch intorno alla vita con un braccio e portarla via.
Aveva infatti notato che Goku si era seduto con nonchalance sul bordo della fontana non appena l’aveva visto parlare con le due ragazze. Con le dita giocherellava con l’acqua, immerso tra mille dubbi e pensieri che erano tornati ad attanagliarlo.
«Che cosa fai?» sbuffò Radish, palesandosi di nuovo davanti a Goku e porgendogli un bicchiere.
«Eh?! Ah, mi assicuro che l’acqua sia alla giusta temperatura!»
«Ma sei scemo?! Perché non sei da lei?!»
«Ma hai visto Lapis?! Si vede che lui è un principe, io… io farei solo un casino!»
«Ascoltami, Gò: non devi guardare gli altri, non devi pensare a cosa farebbe un principe. Devi concentrarti su quello che tu puoi offrirle!»
«E cosa posso offrirle, Rad?! La mia capacità di rubare, quella di scappare dalle guardie o quella di sapermi arrampicare dappertutto?!»
«Ti ho fatto sembrare un principe nell’aspetto, ma non ho cambiato niente dentro di te» disse Radish, puntando il dito contro il cuore di Goku. «Il principe Kakaroth ti ha portato fino alla porta, ma è Goku che la deve aprire».
«Visto? Al sultano piaccio!» replicò soddisfatto il giovane ladro, sollevando il bicchiere per ricambiare il saluto di un gioioso Giuma in lontananza.
«Ah, vai alla grande allora! Perché non sposi lui?!» lo prese in giro Radish, prima di andarsene.
Proprio in quel momento Lazuli si avvicinò a Chichi, che la salutò con affetto.
«Allora, ti piace la festa?» esclamò la principessa di Agraba.
«Sì, ma penso che me ne andrò tra poco. Sono stufa» sbuffò.
«Dai, resta a farmi compagnia almeno tu! Lunch se n’è già andata via!»
«Credo che non resterai sola ancora a lungo stasera» replicò la bionda, indicando con un cenno del capo Goku, ancora impegnato a salutare a distanza il sultano.
«Quello lì? È solo un altro principe più interessato a mio padre, che a me» ringhiò Chichi.
«Io penso che sia diverso da quello che sembra» si limitò a dire Lazuli. «Dagli una possibilità. Ci vediamo» aggiunse, prima di andarsene.
«Bene, si va in scena! L’attesa è finita!» stabilì in quel momento Radish, sorridendo beffardo a Goku e cominciando a muovere lentamente le dita di una mano.
«No! No, aspetta un attimo!» provò a lamentarsi Goku, mentre veniva inesorabilmente spinto dalla forza magica generata dal genio verso la principessa.
Immobile, scivolò sul pavimento finché non fu esattamente davanti a lei, che sgranò gli occhi sorpresa quando se lo trovò davanti dal nulla.
«E-ehm… ciao! Cioè, urcaaa! No, salve!» farfugliò Goku, in preda al panico.
«Diamoci del tu e basta, ok?» stabilì Chichi, guardandolo di sbieco.
«E-ecco… volevo scusarmi per prima. Io… vedi, per le confetture, per i gioielli, per il volerti comprare… Non ero io! Cioè, e-ero io! Ero io, non ho un gemello o altro, è solo che non intendevo quelle cose e…» balbettò il falso principe.
«… e vorrei ballare, sì! Volentieri!» concluse la principessa, afferrando il polso di un sempre più confuso Goku e trascinandolo verso il centro del giardino.
Ballare?! Goku non aveva la più pallida idea di quello che doveva fare. I principi ballano?! Cercò disperatamente con lo sguardo Radish, che si era fermato in disparte rinunciando momentaneamente a cercare Lazuli perché si era reso conto che da solo il suo amico non ce l’avrebbe mai fatta. Gli fece un segno d’assenso col pollice rivolto verso l’alto e cominciò ad ancheggiare lentamente al ritmo della musica che aveva ripreso a riecheggiare nell’aria, mentre Chichi si era disposta al centro di una fila di ragazze che, a quanto pare, stavano per dare al via a una danza tipica tra i nobili, o almeno fu questo che immaginò Goku. Distanti qualche metro, dietro alle donne, si erano schierati alcuni ragazzi, così Goku intuì che doveva mettersi in linea con la principessa visto che non c’era nessuno. Il cuore gli batteva a mille e dentro di sé avrebbe voluto scappare perché sapeva benissimo che si sarebbe coperto di ridicolo nuovamente e che a quel punto la principessa non avrebbe più voluto nemmeno guardarlo. Cercò ancora il genio e gli lanciò un’occhiata disperata, mentre Chichi, imitata dalle altre danzatrici, cominciava a muovere qualche passo in avanti seguendo il ritmo della musica. Radish sorrideva, sembrava tranquillo e allo stesso tempo eccitato per quello che stava per succedere. Mostrò a Goku entrambe le mani e poi indicò sé stesso, sillabandogli un “ci penso io” muovendo le labbra senza emettere suoni.
Il giovane ladro non capì, almeno finché non sentì il suo braccio destro alzarsi da solo verso l’alto. Si sbilanciò in avanti e quasi cadde, ma sentì ancora una forza misteriosa farlo tornare dritto con la schiena. Anche l’altro braccio si alzò all’improvviso senza che fosse stato lui a deciderlo. Provava a opporsi a quei movimenti involontari, ma non c’era nulla da fare, era come se i suoi arti venissero mossi da qualcuno attraverso dei fili. Si rese conto che gli altri uomini stavano facendo esattamente i suoi stessi gesti, sebbene con maggiore disinvoltura, visto che lui sembrava una marionetta inerme che veniva mosso a scatti da qualcuno che lo manovrava. Ma certo, una marionetta! Si voltò verso Radish e lo vide muovere le dita delle mani, e ad ogni suo movimento sentiva spostarsi una parte del corpo. Non c’era da preoccuparsi allora, era lui che lo stava manovrando e lo stava facendo ballare come gli altri!
Certo, sulle prime non era certo un bello spettacolo veder ballare Goku, dato che si muoveva a scatti e barcollava, sembrava un ubriaco sul punto di crollare a terra da un momento all’altro e aveva un’espressione sconvolta dipinta sul volto. Chichi lo osservava perplessa quando incrociava i suoi occhi, ma dovette ammettere a sé stessa che quel ragazzo sapeva farla ridere con la sua ingenuità. Pian piano il giovane ladro acquisì più dimestichezza, riuscendo a coordinarsi meglio coi movimenti imposti da Radish e assumendo anche un’espressione normale sul volto. Cominciò anche a divertirsi e a sentirsi più sicuro di sé. Il ballo lo portava ad avvicinarsi a Chichi, a sfiorarla, a giocare con lei con lo sguardo. Si creò una certa chimica tra loro, mentre lei danzava sensualmente e muoveva i fianchi e lui la seguiva a ritmo di musica. Lentamente le altre coppie lasciarono spazio alla principessa e al suo pretendente, che sembravano una vera coppia in quel momento. La loro mente era lontana da tutti i dubbi e le paure. Ballavano in mezzo alla gente, ma era come se fossero soli. Non gli importava nient’altro, si sentivano bene in mezzo alla musica e il mondo intorno a loro sembrava essersi fermato. Tutti li stavano guardando, anche Lazuli stava assistendo alla scena da lontano, così come Lapis e Lunch, che avevano smesso di baciarsi, nascosti dietro un grosso albero. Il sultano sorrideva, mentre Freezer ribolliva di rabbia. Radish si sentì fiero di sé e di quello che stava facendo, così decise di far fare a Goku quello che avrebbe voluto fare lui se fosse stato al suo posto: gli avrebbe regalato il centro della scena, gli applausi di tutti e l’ammirazione eterna della principessa grazie alla sua abilità estrema di ballerino e showman. Non lo sfiorò nemmeno lontanamente l’idea che forse avrebbe corso il rischio di calcare un po’ troppo la mano e di esagerare. Era felice anche lui, del resto, e si sentiva pieno di entusiasmo. E poi si vedeva che anche Goku ormai era a suo agio, era diventato una perfetta marionetta ballerina.
Il genio cominciò così a muovere più velocemente le dita, con il suo amico che si allontanò con una piroetta da Chichi e si portò a ritmo di musica al centro del giardino. Fece indicare al braccio di Goku la principessa e gli fece lanciare uno sguardo che, almeno nei suoi progetti, doveva essere seducente, dopodiché cominciò a farlo ballare a ritmo frenetico, con i piedi che si muovevano rapidissimi e perfettamente a tempo con la melodia e il resto del corpo. Iniziò a saltare e a fare giravolte, si muoveva agilissimo come un tigre, scattante come un serpente e leggiadro come una piuma. Intorno a lui si creò presto il vuoto, mentre crescevano le urla di ammirazione delle persone che stavano prendendo parte alla festa. Ormai non ballava più nessun altro e anche Chichi si era messa in disparte, osservando esterrefatta la scena.
Goku roteava sempre più veloce, anche con un ginocchio e una mano appoggiati a terra, sembrava instancabile e riusciva a star dietro al ritmo sempre più incalzante della musica. I suoi occhi incrociarono quelli di Chichi e lei sorrise, muovendo un passo verso di lui, decisa a riprendere a ballare insieme. Radish notò tutto, e così fece rialzare Goku e guidò la sua mano a sfiorare la guancia di Chichi, mentre le camminava intorno lentamente e la guardava con sguardo languido. Il genio decise che a quel punto non restava che giocarsi la sua carta migliore, cioè quella di una conclusione spettacolare del ballo in solitaria per stupire la principessa dando il colpo di grazia al suo cuore e poi far sì che Goku potesse riprendere a danzare romanticamente con lei.
Questo almeno fu quello che pensò Radish, quando fece allontanare Goku da Chichi e lo fece salire con un balzo sul bordo della fontana. Non si accorse dell’espressione contrariata della principessa, che voleva ballare con lui e si sentì offesa da quella che le parve un’inutile ostentazione di protagonismo, per di più in casa sua.
Il giovane ladro, intanto, ballava sul bordo di marmo bianco muovendosi abilmente con passi laterali e agitando le braccia, finché Radish gli fece indicare col dito ancora una volta Chichi, prima di far sì che saltasse giù dalla fontana spiccando un salto impressionante e atterrando alla perfezione solo dopo aver compiuto un’incredibile capriola volante. Tutti applaudivano e acclamavano il principe Kakaroth, persino i suonatori interruppero la loro musica. Goku era atterrato in ginocchio davanti a Chichi a braccia spalancate, con un sorriso soddisfatto dipinto sul volto. Radish aizzava la folla e acclamava a sua volta il suo amico, sentendosi un genio di nome e di fatto per quello spettacolo che si era inventato così su due piedi. Liberò Goku dagli invisibili fili magici con cui aveva guidato i suoi movimenti e pensò che ormai era fatta, ma fu solo in quel momento che si rese conto che Chichi sembrava tutto fuorché felice di quello che aveva appena visto.
Il giovane ladro si alzò mentre la gente continuava ad applaudire e le sorrise felice muovendo un passo verso di lei, che, in tutta risposta, gli concesse solo un flebile sorriso di circostanza e un’occhiata infuocata, prima di voltarsi con stizza e rientrare nel palazzo reale.
Goku si guardò intorno disorientato, finché non trovò lo sguardo di Radish, che sembrava perplesso per quello che era appena successo.
«C’è qualcosa che non mi convince in lui. Tenete d’occhio il principe Kakaroth» ordinò Freezer a Ginew, che l’aveva raggiunto e aveva assistito con lui a quello strano ballo.
«Il principe Kakaroth! Il principe Kakaroth! Tsk!» ripeté Vegeta. «Ginew! Testa di cazzo!» aggiunse.
«Ho deciso di parlare con lui il più presto possibile. In privato» aggiunse, mentre nella sua testa cominciava ad insinuarsi un tremendo sospetto. E se lo straccione che aveva lasciato morire nel deserto sotto cumuli di sabbia avesse in realtà utilizzato la lampada per salvarsi? Il Gran Visir non era in grado di riconoscere Goku perché funzionava anche su di lui l’incantesimo di Radish, tuttavia non poté fare a meno di vivere come una rivelazione questa supposizione.
«Agli ordini!» rispose il capitano, guardando male il pappagallo e dileguandosi poi tra la folla.
 
«Non posso crederci, ma quanto può essere stupido quel principe?! Però è troppo divertente!» rise Lapis, tenendo stretta a sé Lunch e trascinandola di nuovo dietro il grosso albero dietro il quale avevano trovato un po’ di privacy poco prima.
«Per me è un ragazzo genuino, mi sembra simpatico» disse Lunch.
«Cos’è, ti piace più di quanto ti piaccia io, forse?» gli domandò lui con fare provocatorio, prima di cominciare a baciarle il collo.
«S-smettila!» arrossì lei, mentre un brivido di piacere le saliva lungo la schiena.
«Se non mi dici quello che pensi davvero di quello scimmione me ne torno ad Asgard» la provocò di nuovo il principe, incastonando il suo sguardo glaciale in quello di lei.
«Penso che sia quello giusto per Chichi…» disse in un sussurro, senza smettere di guardare le labbra di Lapis, così vicine alle sue che poteva sentire il suo respiro accarezzargliele.
«E di me cosa pensi?» accennò un sorriso beffardo lui.
«Penso… p-penso che è tutto sbagliato quello che stiamo facendo…» soffiò lei. «I-io… io sono solo un’ancella e …».
«… e tu sei la mia regina, da adesso, se vuoi. Ho detto a tua sorella che ti avrei trattata come una regina» la interruppe Lapis, prima di azzerare le distanze tra loro e stringerla a sé.
«Oh, io… s-sì…» farfugliò lei, confusa.
«Allora vieni con me, adesso. Non te ne pentirai» sorrise Lapis, prendendola per mano e trascinandola verso l’entrata più vicina del palazzo.
«Dove andiamo?» chiese lei ingenuamente.
«Ti porto nella tana del lupo cattivo» le sorrise sghembo. «Ti va?»
«S-sì…» riuscì solo a rispondere Lunch, che lo seguiva come ammaliata dalla sua bellezza e della straordinarietà di tutto quello stava vivendo.
Si chiese se stava facendo la cosa giusta, se non era davvero tutto un errore. Se era giusto rischiare di farsi male, se aveva senso dare una possibilità a un sogno. Se valeva la pena provare a viverlo, quel sogno.
I suoi dubbi si dissiparono nel momento stesso in cui il principe chiuse alle loro spalle la porta della sua stanza e riprese a baciarla con foga. Le sue mani cercavano il suo corpo, le sue forme. Lui la bramava, la voleva. E per lei era lo stesso.
Gli sfilò la maglia e accarezzò i pettorali definiti del suo fisico asciutto e atletico. Provò un brivido mentre lui le tolse l’elegantissimo e leggero vestito verde velato che stava indossando. E si sentì in leggero imbarazzo quando si trovò nuda davanti a lui, che invece restò a bocca aperta, rapito dalla bellezza delle sue forme.
«Al lupo cattivo piace la sua preda, lo sai?» sorrise Lapis, enigmatico e famelico, prima di stringere Lunch tra le sue braccia e leccarle avidamente un seno, facendola gemere.
La fece distendere sul letto senza smettere di baciarla, mentre lei gli abbassava freneticamente i pantaloni.
Voleva che lui la facesse sua, lo voleva con tutta sé stessa.
«E… alla regina piace… il suo principe…» ansimò Lunch.
Lapis sorrise ed entrò in lei con un movimento deciso eppure delicato.
Lunch si strinse a lui, e prima di chiudere gli occhi si guardò di nuovo intorno soddisfatta.
Non era affatto male stare nella tana del lupo cattivo. Per niente.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: allora, cosa ne pensate del lupo cattivo? E la capriola finale di Goku? Dite che Rad ha esagerato?
Un capitolo di passaggio questo, con un botto finale che spero abbiate apprezzato e che fa da prologo ad alcuni capitoli che vedremo nelle prossime settimane che secondo me saranno molto belli a livello sentimentale. Non posso che sperare che li apprezzerete, così come spero che vi abbia divertito questo capitolo!
Vi è piaciuto il tridente Rad-Lap-Kak? Mi auguro di sì! Lapis si lascia andare a molte “lapisate”, come dice Dark! :-)
Rad coi suoi fili invisibili attaccati a Goku sembrava molto Do Flamingo di One Piece, se avete presente, non trovate? Lo so che Kiki ha presente Do Flamingo, scommetto che ci aveva già pensato! ;-)
 
Un grazie speciale va anche oggi a tutti voi che mi lasciate sempre un commento e mi strappate un sorriso, siete davvero importanti! Grazie anche a chi legge in silenzio e si fa sentire a modo suo! Mandatemi pure fan art a tema, se volete e vi piace disegnare, a me fa sempre piacere!
 
Benissimo (o forse no, visto che Chichi sembra essersi arrabbiata ancora), direi che settimana prossima arriva un momento credo tanto atteso di questa storia. Spero anche da voi e non solo da me, almeno! Il titolo sarà lo stesso di un capitolo della mia precedente long “Remember me” e non è un caso: “La principessa dagli occhi di ghiaccio”. Direi che è il momento di concedere anche a lei lo spazio che si merita, vediamo chi sarà a interagire con lei e in che modo! ;-)
Io spero di strapparvi qualche risata e qualche battito di cuore, secondo me inizia una fase molto bella della storia e mi auguro che potrà piacere anche a voi!
Ci vediamo mercoledì prossimo, a presto!
 
Teo
 
 

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Capitolo 16
*** La principessa dagli occhi di ghiaccio ***


16 – La principessa dagli occhi di ghiaccio
 
 
«Se n’è andata!» sbottò Goku allargando le braccia, dopo aver raggiunto Radish.
Camminava avanti e indietro nervosamente, non sapeva cosa stava sbagliando con lei. Perché le cose dovevano essere così complicate? Non sarebbe bastato essere un principe per poterla far innamorare di lui? Perché sembrava non volergli dare una possibilità?
«Riflettendoci bene, forse la capriola è stata un po’ troppo…» disse Radish, pensieroso, corrugando la fronte e guardando verso il cielo in cerca di una soluzione. «Però ammettilo: è stata una cazzo di figata! Sono questi gli show che piacciono a me! Tutti pendevano dalle tue labbra, li hai rapiti!»
«Sì… tutti, tranne la principessa…» sospirò il giovane ladro.
«Però quel ballo è stata una delle cose più belle che tu abbia mai fatto nella tua vita!»
«Hai ragione, Rad! In effetti sono stato bravo!» si compiacque Goku, ritrovando il sorriso.
«Sei stato bravo a fare la marionetta, Gò! Hai visto con che maestria muovevo i fili che ti avevo attaccato addosso!» rise il genio, dandogli una vigorosa pacca sulla spalla che quasi lo fece cadere a terra. «All’inizio sembravi un imbecille, eri un pezzo di legno!» continuò a deriderlo, imitando i movimenti meccanici e innaturali di Goku quando aveva iniziato a ballare.
«Molto divertente…» sbuffò il falso principe, prima di rivolgere lo sguardo verso la balconata della principessa. La intravide e si sentì a pezzi perché aveva sprecato un’altra occasione con lei. «Niente sembra colpirla…».
«Già, nemmeno le confetture!» rise Radish, ricordando la tragicomica cerimonia ufficiale di quel pomeriggio.
«Nemmeno i gioielli… e tutte quelle cose sfarzose che le abbiamo portato oggi…» si dannò Goku.
«Lo so cosa stai pensando: se non riesce a colpirla nemmeno un genio coi suoi poteri, chi potrebbe farcela?» gli domandò Radish.
«Mi chiedevo proprio questo…».
«Adesso ti darò un meraviglioso consiglio da fratello maggiore, e faresti bene a darmi retta» annunciò solennemente il genio, fissando i suoi occhi neri in quelli di Goku. «Prova a essere te stesso!»
«Ma come faccio?! Lei… lei ha bisogno di un principe!»
«No, lei ha bisogno di Aladdin Goku, non del principe Kakaroth che fingi di essere. Ha bisogno di quello che hai dentro, non di come appari fuori».
«Come puoi dirlo? Mica non sei capace di capire l’amore, tu?»
«Non mi era mai capitato di restare così tanto tempo nella mia forma umana» disse malinconicamente Rad. «Sai, è bello essere come voi… credo di capire i sentimenti che provate, perché forse provo qualcosa del genere anch’io».
«Per la principessa Lazuli?»
«No, per il sultano! Anzi, per il sultano e il Gran Visir insieme, così magari facciamo una cosa a tre!» sbottò ironicamente il genio. «Certo, per quella ragazza dagli occhi di ghiaccio! Non so, mi fa uno strano effetto quando la vedo… mi fa sentire anche come… come se non avessi del tutto il controllo dei miei poteri».
«Urcaaa! Dovresti andare a cercarla, non la vedo in giro…».
«È tutta la sera che le corro dietro! Ma, per colpa di qualcuno che ha bisogno della balia, non ho potuto nemmeno parlarle…».
«Certo, parlarle! Sei un genio, Rad! Devo provare subito a parlare ancora con Chichi!» si illuminò il giovane ladro.
«Gò, sii te stesso! Dille la verità e vedrai che le cose andranno per il verso giusto…» scosse la testa Radish, sorridendo bonariamente. Quello stupido non l’aveva nemmeno quasi ascoltato, preso com’era dalla sua principessa.
«Non posso dirle la verità, Rad! Ma sono sicuro che se avrò un’altra occasione di parlare con lei potrò farcela, stavolta!»
«Ascoltami per una volta, cazzo! L’ho osservata bene quella ragazza e ho capito che puoi rimorchiarla solo se le dirai la verità!»
«Ma sei matto?! Se le dicessi che sono solo un poveraccio da quattro soldi… Chichi riderebbe di me…» sospirò Goku a testa bassa, stringendo i pugni.
«Guarda che le donne adorano gli uomini che le fanno ridere. Queste sono le basi!» insistette Radish. «Scherzi a parte, devi essere te stesso. Se le dici che sei lo stesso ragazzo che aveva conosciuto al mercato, sono sicuro che cadrà tra le tue braccia. Vi ritroverete a rotolarvi da qualche parte, le sfilerai le mutandine e poi… poi lo sai cosa devi fare, vero?! O te lo devo insegnare?!»
«Piantala, Rad! Non sono mica scemo!» borbottò il giovane ladro. «E comunque basta così, essere me stesso è l’ultima cosa che voglio essere!»
Il genio sospirò sconsolato e osservò il suo amico. Proprio non voleva capire. Si chiese se per gli umani fosse sempre così complicato accettare sé stessi. Si rese conto che forse non poteva giudicare Goku, perché lui era il primo ad odiare la sua natura. Ad odiare essere un genio, passare l’eternità in una lampada, non avere affetti, non poter amare. Odiava essere visto esclusivamente come una sorta di macchina spara desideri proprio come in quel preciso istante Goku sembrava odiare il suo essere un povero ladro.
«Sarò garbato, audace, sicuro di me!» proclamò il falso principe, destandolo dai suoi malinconici pensieri. «Adesso vado da lei, ce la farò stavolta!»
Radish gli sorrise e si avvicinò a lui, per poi posargli la mano sulla fronte. Goku si sentì come percosso da una debole scossa e indietreggiò, spaventato.
«Cos’hai fatto?!»
«Ho idea che avrai ancora bisogno di me, quindi ho fatto in modo di poter vedere e sentire tutto quello che vedrai e sentirai tu. Così, se la principessa dovesse metterti in difficoltà in qualche modo, ed è sicuro che lo farà quella piccola vipera, parola di genio, io potrò aiutarti e farti capire cosa fare».
«Grazie Rad!» lo abbracciò Goku.
«Una cosa importante: nel momento in cui ti toccherai la fronte con la tua mano destra, il nostro collegamento verrà interrotto. Nel caso riuscissi a bombartela, non sarebbe male se ti ricordassi di toccarti prima la fronte» scoppiò a ridere il genio.
«T-tu credi davvero che io… che noi…» farfugliò il giovane ladro.
«Sì, penso che te la porterai a letto stanotte se giocherai bene le tue carte. E con “giocare bene le tue carte” intendo dire che te la farai di sicuro se le dirai chi sei» provò a tornare sull’argomento Radish. «In ogni caso muoviti ad andare da lei, ho anch’io una ragazza da andare a cercare e gradirei potermi concentrare su di lei e non su di te quando l’avrò trovata!»
«Allora vado! Userò la nuvola Speedy!» annunciò Goku, sorridente, dileguandosi tra gli alberi del giardino.
 
Radish, nel frattempo, cominciò a camminare per il giardino in cerca di Lazuli, senza tuttavia riuscire a trovarla. Le era sembrato di averla intravista rientrare anche lei nel palazzo dopo lo show che aveva fatto fare a Goku e si domandò se sarebbe stata una buona idea andare a cercarla direttamente nelle stanze che erano state destinate ai reali di Asgard.
Sentiva il bisogno di parlarle, di stare con lei anche se non la conosceva nemmeno. Non sapeva neanche lui perché, ma dal momento in cui aveva incrociato i suoi occhi per la prima volta non le era più uscita dalla testa.
Immerso nei suoi pensieri andò a sbattere contro qualcosa e si ridestò, scuotendo il capo. Si rese conto che aveva sbattuto contro qualcuno. Qualcuno di molto grosso che lo osservava, serio e impenetrabile.
«Scusa, ho la testa tra le nuvole a volte» gli sorrise Radish.
«Stai cercando la principessa Lazuli? Cosa vuoi da lei?» ribatté freddamente Sedici.
«Mi hai beccato… ma ho capito che voi tre siete persone speciali».
«È la ragazza più sensibile che abbia mai conosciuto, anche se nessuno la capisce perché non sa dimostrarlo» riprese il generale.
«E tu come lo sai?»
«Ho cresciuto io sia lei che il principe Lapis».
«Allora hai fatto un bel lavoro. Sono fortunati ad avere un riferimento come te, a non essere soli» gli sorrise il genio, dandogli una pacca sulla spalla che fece irrigidire ancora di più l’energumeno.
«Lazuli è in grado di difendersi da sola perché le ho insegnato io stesso a combattere, ma sappi che se le darai fastidio o lo farai soffrire dovrai vedertela prima di tutto con me».
«Stai tranquillo, sento solo il bisogno di conoscerla, di parlarle… vorrei farla sorridere» spiegò Radish in tono rassicurante.
«Vi ho osservato molto da quando siete arrivati, credo che siate dei bravi ragazzi tu e il principe Kakaroth» si sciolse finalmente Sedici, accennando un sorriso. «Però credo anche che siate diversi da quello che ci avete fatto vedere oggi».
«Hai ragione, siamo diversi da come appariamo. Siamo migliori» rispose il genio. «Forse è anche per questo che sento il bisogno di vedere la principessa Lazuli. Credo… credo che con lei potrei concedermi il lusso di essere me stesso».
«Lo so che siete migliori di quello che ci avete mostrato oggi. E posso dirti che Lazuli è una persona di poche parole, ma estremamente schietta. Se non sarai sincero con lei verrai subito respinto».
«Grazie generale, ora vorrei andare da lei, se non ti dispiace».
«È ancora in giardino, vai a cercarla» si voltò Sedici, rassicurato da quella conversazione. «E non dimenticarti di farla sorridere» aggiunse, prima di rientrare nel palazzo reale.
Radish riprese a camminare a sua volta e si allontanò dal luogo dove si era svolta la festa, cominciando a inoltrarsi in quel giardino meraviglioso illuminato dalla luce della luna che anche quella notte gli conferiva un’aura magica.
 
Radish si inoltrò in mezzo alle piante e ai fiori, allontanandosi sempre di più dal palazzo e dai rumori della gente che ancora stazionava lì. Tutto era pace in quell’angolo di mondo. Si godeva il silenzio e respirava il dolce profumo delle rose, spinto dalla leggera brezza serale fino al cuore del genio. E fu proprio il suo cuore a perdere un battito quando finalmente vide Lazuli, seduta su una panchina seminascosta da un grosso cespuglio intenta a leggere un libro. Indossava un leggero ed elegantissimo vestito azzurro pieno di finiture dorate e gioielli. Era bella, che dire “bella” non sarebbe mai stato abbastanza, in realtà, ai suoi occhi. Era incantevole, ora che la poteva vedere da più vicino. Aveva le gambe accavallate e la pelle candida come la luna che brillava nel cielo, un fisico che a lui appariva perfetto e una fierezza nel portamento che lo confusero. Rimase impalato a guardarla, anzi, ad ammirarla, per qualche secondo, incapace di dire o fare qualunque cosa. Non si era mai sentito così. Mai. Per la prima volta nella sua infinita esistenza si sentì umano, perché rivide in sé stesso la stessa agitazione che provava Goku davanti a Chichi. Che fossero gli effetti di tutte quelle ore passate in forma umana? Che fosse dovuto a quella ragazza? Cercò di scuotersi, di tornare in sé. Era un genio, cazzo! Era irriverente, spudorato, era uno che sapeva intrattenere la gente e farla divertire. Si incoraggiò, ripetendosi che era un essere ai limiti dell’onnipotenza, non poteva cagarsi addosso per parlare con una ragazza.
«Cerchi qualcuno?!» domandò all’improvviso Lazuli, senza nemmeno alzare lo sguardo dal libro e facendogli battere il cuore a mille.
«Cercavo te» rispose Radish, dopo aver fatto un respiro profondo per calmarsi. Doveva essere sé stesso. Sé stesso, cazzo!
«E perché?» ribatté lei con fare annoiato, girando una pagina.
«Perché è da tutto il giorno che ti guardo… e ho notato che tu hai fatto lo stesso».
«Io ti stavo tenendo d’occhio, è diverso» .
Gli occhi di ghiaccio di Lazuli si sollevarono finalmente dal libro e si fissarono gelidi in quelli di Radish, che sentì qualcosa di strano al petto risalirgli fino alla testa e fiaccargli le gambe. Non aveva mai visto degli occhi così. Mai, nemmeno una volta in tutti i millenni che poteva ricordare.
«Mi tenevi d’occhio perché ti ho rapito con la mia impareggiabile bellezza?» provò a scherzare, gonfiando i bicipiti e mettendosi in posa.
«No» rispose lei lapidaria.
«E allora perché?!» piagnucolò Radish.
«Di certo non per lo stesso motivo per cui tu mi guardavi» sbuffò Lazuli.
«E secondo te perché ti guardavo? Perché sono venuto a cercarti?»
«Perché sei un maiale, ecco perché» scosse la testa la principessa venuta dal nord, sistemandosi una ciocca di capelli biondi con un movimento sensuale e altezzoso che confuse ancora di più Radish. «E, se non ti dispiace, stavo leggendo, prima che arrivassi tu» provò a liquidarlo, riprendendo a guardare il suo libro.
«Ok, mi hai beccato: sono un maiale! Anzi, per essere precisi sarei un drago, ma per te posso essere qualunque cosa tu voglia che io sia» rise il genio, avvicinandosi.  «Cosa leggi di bello?» aggiunse, accucciandosi per sbirciare la copertina del libro. Vedere da così vicino le gambe nude di quella ragazza lo stordì, lasciandolo inebetito qualche secondo di troppo.
Fu una tremenda ginocchiata sul mento a ridestarlo da quel torpore.
«Ops! Scusa, non l’ho fatto apposta!» esclamò con fintissima ingenuità Lazuli, accavallando di nuovo le gambe. Aveva fatto finta di cambiare posizione solo per colpirlo, in fondo se l’era cercata. «Maiale».
«E va bene, va bene… scusa, colpa mia!» sorrise Radish, che probabilmente aveva ancora tutti i denti al loro posto solo grazie ai suoi poteri di genio. «Comunque ho visto che stai leggendo “Le Sette (sfere) e una Notte”, è il libro migliore di tutta Agraba! Anzi, che dico, di tutto questo fottuto mondo! E sai perché?!» aggiunse, particolarmente su di giri, sedendosi accanto a lei e cogliendola di sorpresa.
Quella ginocchiata doveva avergli fatto bene, l’aveva svegliato.
«No. E non mi interessa» ribatté lei, acida.
Radish non demorse, ci voleva molto di più che qualche frase da finta stronza per abbattere uno come lui. Anche perché lui sapeva che lei non era come appariva o come voleva farsi vedere. Quando l’aveva guardata negl’occhi, poco prima, ci aveva visto dentro il suo cuore e tutto il suo bisogno di sentirsi amata. Ci aveva visto dentro un’anima ancora più bella, se possibile, del corpo che la conteneva.
«Perché in questo libro si parla di me! Per questo è il migliore!» rise lui, che non stava mentendo, dato che la storia principale di quel libro raccontava la famosa leggenda del genio della lampada.
«Scusami, non me n’ero accorta. Non sono ancora arrivata alla storia dello scimmione che non sta zitto un attimo come un moccioso fastidioso» sbottò Lazuli.
«Questa è una battuta degna di me, Là!» scoppiò a ridere il genio. «Aspetta, ti posso chiamare “Là”, vero?!»
«No» sbuffò, chiudendo il libro. «Anzi, non dovresti chiamarmi proprio».
«Va bene, Là!» la provocò Radish, cercando il suo sguardo e regalandole un sorriso sghembo.
«Sei un irrispettoso, dopotutto io sono una principessa! E tu? Il buffone di corte di quel posto assurdo che mi sono dovuta inventare di aver visitato per tirare te e quell’altro fuori dai guai?! O un semplice pagliaccio?!»
«Non sono un pagliaccio, sono tutto il circo, principessa!» rispose solennemente lui, alzandosi in piedi per poi inchinarsi con reverenza davanti a lei.
«Ah, sì?» ribatté lei, guardandosi le unghie della mano con fare distaccato. «Allora mettiti in ginocchio e presentati come si deve. Non capita tutti i giorni di avere l’onore di parlare con la principessa Lazuli di Asgard».
«Così mi piaci, principessa» sorrise sghembo il genio, poggiando a terra un ginocchio e chinando la testa. «Sono Radish, detto Rad, gran cerimoniere di corte del regno di Paoz e uomo di spettacolo nel tempo libero, genio-drago della lampada a tempo pieno».
«”Radish detto Rad”, eh… sbaglio o hai due ginocchia?» disse in tono aspro Lazuli.
Non capiva nemmeno lei perché stava dando retta a quel pazzo, ma la verità è che, in fondo in fondo, si stava divertendo. Non era mai a suo agio con le persone, ma, per qualche assurdo motivo, lui le dava meno fastidio di altri. Anzi, probabilmente gradiva la sua compagnia, ma non riusciva ancora ad ammetterlo a sé stessa.
«Perché non sono entrambe a terra?! Sei davanti alla principessa!»
«Hai perfettamente ragione, mia regina e mia dea!» rispose solennemente Radish, prostrandosi del tutto sull’erba davanti a lei.
«Dunque saresti anche un genio-drago, come quello di cui si parla in questo libro…».
«L’unico e originale!» esclamò Radish, sollevando il capo.
«Giù la testa! Non ti ho dato il permesso di alzarla!» lo sgridò lei, guardandolo male, con il genio che ubbidì e stette al suo gioco. «Sai, avrei detto che un drago avesse più l’aspetto di un… drago… non credi?»
«Hai perfettamente ragione».
«Quindi mi reputi una stupida e ti senti in diritto di prenderti gioco di me?»
«Tutt’altro, principessa dagli occhi di ghiaccio e dal cuore ardente. Non potrei mai mentire a una donna incantevole come te».
«Bravo, “Radish detto Rad”. Hai vinto la possibilità di rialzare la testa per poter baciare i piedi alla tua regina» disse Lazuli, beffarda e provocante, allungando il piede della gamba accavallata verso il genio.
«Oh, sì! Non potevo chiedere di meglio!» esultò Radish, avventandosi sul piede e afferrandolo con entrambe le mani.
«Ehi, cosa fai?! S-smettila!» gridò Lazuli, tentando di ritrarre la gamba. «S-stavo scherzando, scemo!» aggiunse, mentre Radish non mollava la presa sul piede e faceva strani mugugni.
La guardò negl’occhi mentre si dimenava e sollevò ritmicamente le sopracciglia, prima di tentare di nuovo di baciarle il piede che aveva afferrato.
«P-piantala! Mi fai il solletico!» cominciò a ridere Lazuli, iniziando a scalciare con la gamba libera per provare a liberarsi.
Tutto quel movimento di gambe e la frenesia del momento fecero sì che la gonna velata che copriva la principessa si scostasse quel tanto che bastava a permettere al genio di poterle ammirare le mutandine. Uno spettacolo che lo paralizzò e gli fece dipingere sul volto un sorriso ebete, oltre a fargli battere il cuore all’impazzata e a provocargli un improvviso bollore in tutto il corpo.
Lazuli se ne rese conto e si coprì con un gesto repentino, per poi cominciare a riempirlo di pugni sulla testa.
«F-fai schifo! Sei un porco!» sbottò.
«Ahia, cazzo! S-scusa… ahia! Non ho… fatto… apposta!» provò a ripararsi il genio, che mollò la presa sul piede di lei e si gettò a terra, coprendosi a guscio con le braccia per proteggersi finché lei non smise di picchiarlo.
Quando Lazuli si fermò, Radish riaprì lentamente gli occhi e la cercò con lo sguardo. Lei era ancora lì e lo stava guardando con fare omicida. Gambe di nuovo accavallate, braccia incrociate sotto il seno e guance leggermente arrossate per l’imbarazzo.
«Comunque sei stata tu a sbattermela in faccia, io volevo solo farti il solletico» provò a giustificarsi Radish, sorridendole.
«Pfui» sbuffò lei, distogliendo lo sguardo con fare altezzoso. «Cretino».
«Devo dire che picchi forte, mi hai quasi spaccato la testa!»
«Sappi che mi sono trattenuta: se avessi voluto aprirti il cranio per vedere quello che c’è dentro, fidati che l’avrei già fatto!»
«E perché non me l’hai aperto?»
«Perché so che non ci troverei dentro nulla, scemo! Sarebbe fatica sprecata!»
«Giusto, quindi invece che aprirmi la testa, hai pensato di aprire tu le gambe… ottima idea, approvo! Lo puoi rifare se vuoi, è stato uno spettacolo pazzesco!»
«Ma quanto fai schifo?!» sibilò Lazuli, paonazza, alzandosi di scatto e riprendendo a colpire Radish sulla testa con una scarica di pugni, senza tuttavia riuscire a farlo smettere di ridere.
Il genio, proteggendosi con un braccio, la guardò negli occhi e la cinse per un fianco, sorridendole sghembo.
«Vuoi giocare a fare la lotta con un genio-drago come me?» le disse, prima di farle perdere l’equilibrio con una spinta secca eppure delicata.
La fece cadere tra le sue braccia, erano entrambi a terra adesso.
«L-lasciami! Maiale!» farfugliò Lazuli, colpendolo con uno schiaffo sulla guancia talmente forte da farlo finire disteso con la schiena sull’erba.
Radish, però, non mollò la presa e se la tirò dietro, ma fu proprio in quel momento che quella cosa a metà tra una lotta e un gioco si interruppe. La principessa, infatti, si zittì di colpo e smise di provare a colpirlo. Anche il genio si bloccò, perso negl’occhi di lei che lo scrutavano, irripetibili e indimenticabili.
Lazuli si trovava a cavalcioni sopra Radish e aveva il busto inclinato in avanti. I loro volti non erano mai stati così vicini. I capelli di lei accarezzavano il volto di lui e il suo respiro si posava sulle labbra di Radish, che deglutì il nulla e si sentì del tutto in suo potere. Era suo.
Per la prima volta nella sua vita capì distintamente quello che era l’amore di cui parlavano sempre gli umani, ma che era sempre andato al di là della sua comprensione. Lui era sempre stato un genio capace di provare attrazione, al massimo, ma non aveva mai capito cosa significasse amare. Adesso che era lì con quella ragazza introversa, schietta, spinosa e così bella da confonderlo, si rese conto che non era solo la semplice attrazione ad averlo spinto da lei. Capì che aveva imparato ad amare, ed era quella la ragazza che amava.
Lazuli era immobile sopra di lui, i suoi occhi di ghiaccio continuavano a guardare quelli di Radish e sembravano stessero cercando di scavargli dentro per saperne di più su di lui.
Le loro bocche erano vicine. Troppo vicine.
Eppure lei si sentiva bene. Si sentiva al centro del mondo. Una regina, proprio lei che era sempre stata una principessa senza corona. Si sentiva libera e anche leggera, tutto merito di quello strano ragazzo misterioso sbucato fuori dal nulla e che sembrava avere tutte le intenzioni di sconvolgerle la vita.
«I-io…» sussurrò Lazuli, senza sapere in realtà cosa dire.
Il suo sguardo si era abbassato impercettibilmente sulle labbra di Radish. Si rese conto che le voleva. E che voleva lui.
«Sai una cosa, Là? Sei molto meglio se sorridi» le disse dolcemente il genio, sistemandole delicatamente dietro l’orecchio una ciocca di capelli dorati.
Lazuli arrossì e accennò un sorriso.
«Prima è stato bello vederti ridere… eri… boh, eri qualcosa che non potrò mai dimenticare. Nemmeno tra milioni di anni» sorrise ancora Radish, la cui mano scese sulla guancia di lei per accarezzargliela.
Il suo viso era di una dolcezza disarmante in quel momento.
«Ti riempirei di botte se osassi dimenticarti di me, Rad» sorrise Lazuli, questa volta di più. Le sue dita scostarono un ciuffo di capelli neri dalla fronte del genio. Era la prima volta che lo chiamava per nome.
Radish avrebbe voluto baciarla, stringerla a sé e non lasciarla più andare. Ma ripensò anche a quel “milioni di anni” che era appena uscito dalla sua bocca… alla sua natura eterna, al suo destino legato alla lampada. E se Goku non avesse rispettato la promessa? Cosa ne sarebbe stato di lui? Di loro?
«Io mi farei picchiare sempre da te, mi piace. Ma non ti potrei mai dimenticare».
«Allora vedi che sei un maiale?! E anche uno stupido masochista…».
«Secondo me esageri, non sai ancora abbastanza cose su di me…» stette al gioco il genio.
«Va bene, quindi adesso ho deciso di saperne di più su di te» sorrise maliziosa la principessa. «Prima di tutto, vediamo se e quanto sei un maiale» aggiunse, prima di cominciare a muovere il bacino con lenti e sinuosi movimenti rotatori sopra quello di Radish.
«N-non credo che sia…» farfugliò il genio, che si sentì improvvisamente travolto dall’eccitazione e dalla voglia che già aveva di lei.
«Shhh» lo zittì lei, dandogli un bacio sul collo senza smettere di muoversi sopra di lui.
Il suo seno premeva contro il petto di Radish, che ormai non aveva più il controllo del suo corpo umano.
Era totalmente in balia di lei. Lui, un genio-drago millenario totalmente in balia di una ragazza poco più che ventenne. Sospirò, mentre sentiva la sua erezione ormai ingovernabile premere contro il bacino di quella maledetta ammaliatrice dallo sguardo glaciale.
«Direi che sei proprio un maiale, Rad» scosse la testa Lazuli, senza smettere di sorridere beffarda. «Fai proprio schifo, anche se ammetto che mi sarei offesa se non avessi avuto esattamente questa reazione» aggiunse, spostandosi da quella posizione e sdraiandosi sull’erba accanto a lui.
Avrebbe voluto baciarlo, in realtà. Andare oltre, proseguire quello che aveva iniziato. Ma non si era mai sentita sé stessa come in quel momento e voleva goderselo. Voleva giocare, farlo impazzire. Voleva amarlo e farsi amare, ma aveva bisogno di avere delle risposte prima, perché durante quella giornata aveva notato molte cose che non l’avevano convinta e sentiva che era arrivato il momento della resa dei conti.
«Sei cattiva» sorrise il genio, mentre lei appoggiava la testa sul suo petto e lui la cingeva con un braccio.
«Lo so» sorrise anche lei, intrecciando le sue dita intorno a quelle della mano di Radish. Non si era mai comportata così, non si riconosceva. Eppure si sentiva bene, era felice.
«Mi piace fare la psicopatica, a volte».
«Tu sei dolce e psicopatica, secondo me. Ti ho capita… e ti amo già solo per questo!» rise Radish, cogliendola di sorpresa con quel “ti amo” detto a metà tra il serio e il faceto.
Il cuore di Lazuli si fermò per un istante nel sentire quelle parole. Lei era fredda, distaccata, tendenzialmente odiava tutti… non avrebbe mai pensato che nella sua vita qualcuno avrebbe saputo amare una persona spregevole come cercava di apparire lei.
Il genio percepì l’imbarazzo della principessa e così pensò di uscirsene con una battutaccia delle sue, quelle che amava tanto fare.
«Temo che mi resterà duro per sempre» sospirò, guardando verso l’erezione che continuava a premergli imperterrita tra i pantaloni. Era fin troppo possente, in effetti, ma non aveva lesinato sulle dimensioni quando aveva creato il proprio corpo umano. «Tutta colpa tua, maledetta principessa!» aggiunse ridendo.
«Io non ho fatto proprio niente» rispose lei con falsa ingenuità. «È colpa tua che sei un porco senza speranza, quindi farai bene ad abituarti a tenertelo così per un po’».
«Per un po’? Uffa…» piagnucolò il genio, stando al suo gioco.
«Sì, per un po’, anche perché non stavo scherzando quando ho detto che volevo saperne di più su di te» rispose Lazuli, facendosi seria. «Credo che ci siano alcune cose di cui dobbiamo parlare».
«Ok, spara…» sospirò Radish, che si rese conto dal tono di voce di quella ragazza che era probabilmente arrivato anche per lui il momento di giocare a carte scoperte. Di concedersi il lusso di essere sé stesso fino in fondo, per una cazzo di volta nella sua infinita esistenza.
Capì che forse c’era un altro motivo per cui lei appariva così speciale ai suoi occhi. Ed era lo stesso motivo per cui lei l’aveva tenuto d’occhio tutto il giorno e per cui si era sentito strano nell’incrociare per la prima volta il suo sguardo. Certo, era amore, ma non solo.
Schioccò le dita e intorno a loro si creò una bolla invisibile che li isolava dal resto del mondo. Intorno a loro c’era ancora il giardino del palazzo reale, nulla era cambiato e Lazuli non avrebbe neanche dovuto accorgersene, in teoria. Nessuno dall’esterno di quella bolla poteva vederli o sentirli, adesso.
«Cos’hai fatto?!» esclamò la principessa, sollevando la testa dal petto di Radish, senza lasciargli però la mano.
Radish accennò un sorriso ed ebbe conferma dei suoi timori che gli erano martellati nella testa per tutto il giorno. Quella ragazza, in qualche modo, percepiva il suo potere. Probabilmente ne era anche immune. Era questo che la rendeva speciale, non è che semplicemente appariva speciale ai suoi occhi. Lo era e basta.
«Niente di che… nessuno può vederci o sentirci, adesso» ammise lui, accarezzandole i capelli e respirando profondamente il dolce profumo di albicocca che emanavano.
«Allora adesso posso chiedertelo senza troppi giri di parole» ribatté Lazuli, i suoi occhi di ghiaccio ardevano, incatenati a quelli neri come la notte di Radish. «Chi sei veramente?»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: allora, vi è piaciuto questo primo impatto tra i miei amati Rad e Là? Lui, in qualche modo, riesce a sciogliere le sue resistenze, anche se lei vuole saperne di più perché non le sfugge mai niente. C’è stato anche un “quasi bacio”, ma purtroppo il momento non era ancora quello giusto. Spero di avervi fatto sorridere e magari battere anche un po’ il cuore con loro due, mi sembrava di scrivere un capitolo di “Remember me” ed è stato bellissimo anche per questo dal mio punto di vista.
In tutto questo, abbiamo finalmente scoperto il titolo del libro che stava leggendo Lazuli da alcuni capitoli, ve l’aspettavate? Mi chiedo se sia una bella storia… voi cosa ne pensate? ;-)
Spero che vi sia piaciuto anche il confronto tra Rad e Sedici e la parte iniziale dedicata a Goku: riuscirà a conquistare Chichi presentandosi da lei a bordo della nuvola Speedy?
 
Ringrazio come sempre tutti voi che mi lasciate sempre il vostro parere, mi strappate una risata e mi trasmettete ogni volta tanto entusiasmo. Grazie anche a chi legge in silenzio, spero stia piacendo anche a voi questa parte romantica della long!
 
Mercoledì prossimo ripartiamo da dove ci siamo fermati oggi e vi dico subito che sarà un capitolo interamente radulicentrico perché succederanno davvero tante cose… per i fans di Goku e Chichi, invece, chiedo di avere pazienza un’altra settimana, sperando di accrescere un pochino il vostro hype. ;-)
Voi cosa dite per il prossimo capitolo? Avete idee a riguardo? Radish dirà a Lazuli la verità su chi è veramente? Succederà qualcosa di bello? Lei lo picchierà?
Io posso dirvi che potrebbe succedere un po’ di tutto… e non sto esagerando se vi dico (spoiler) che potremmo anche veder comparire la mia amata e fantasmagorica Harley Quinn, addirittura. Se vi state chiedendo se sono andato di testa, ovviamente la risposta è affermativa. Se invece vi state chiedendo cosa c’entra Harley con Lazuli e questa storia, allora non posso che darvi appuntamento con “Il lusso di essere sé stessi”!
Grazie ancora, a mercoledì!
 
Teo

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Capitolo 17
*** Il lusso di essere sé stessi ***


17 – Il lusso di essere sé stessi
 
 
«Vuoi sapere chi sono veramente?» disse Radish, accennando un sorriso a metà tra il malinconico e il sollevato.
Cosa doveva fare? Doveva dirle davvero la verità?
«Non so se ti convenga… non so neanche se è giusto che io sia qui con te…».
«Se sei ancora tutto intero dopo aver avuto a che fare con me, allora è la cosa giusta che tu sia qui» stabilì Lazuli.
«Già…» rise Radish. Trovava adorabile anche la sua ironia.
Voleva dirle che non avrebbe voluto essere da nessun’altra parte, in quel momento. E che non se ne sarebbe mai voluto andare via da lì. Non avrebbe voluto allontanarsi da lei, mai più.
Ma non glielo disse, perché si chiese se fosse giusto quello che stava facendo. Se non si sarebbero fatti male entrambi, giocando a quel gioco pericoloso. Lui poteva anche accettare di ferire sé stesso, ma non voleva far soffrire anche lei. Lui avrebbe imparato a convivere col dolore rinchiuso dentro quella dannata lampada che poteva inghiottirlo da un momento all’altro, ma non voleva coinvolgere i sentimenti di quella ragazza così speciale.
Perché l’aveva cercata a tutti i costi? Perché aveva fatto in modo che si avvicinasse così tanto a lui? E come aveva fatto a innamorarsi, lui che era un genio-drago? Poteva davvero fidarsi della promessa di Goku? No, non poteva, perché Goku era un essere umano come gli altri e la sua esperienza millenaria gli aveva insegnato molte cose sull’avidità e la brama degli uomini. Certo, il suo nuovo padrone era diverso, l’aveva capito subito. Buono e gentile, ingenuo e sorridente. Generoso, soprattutto. Ma stava cambiando senza nemmeno rendersene conto da quando era diventato un principe. Stava perdendo di vista sé stesso, era una chimera credere che si sarebbe ricordato di renderlo un uomo libero.
Era giusto amare Lazuli e cercare di farsi amare da lei, sapendo che avrebbe dovuto poi abbandonarla per sempre?
«Visto che hai perso la lingua, comincio io a dirti chi non sei» riprese Lazuli, distogliendolo dai suoi pensieri. «Tu non sei il gran cerimoniere di quel regno che non esiste. Come il tuo stupido amico non è un principe, anche se non capisco perché nessuno se ne sia accorto».
«Tu conoscevi Go… ehm, Kakaroth?!» domandò Radish, che voleva avere conferma dei suoi sospetti.
«Certo, l’ho visto due volte. È un ragazzo povero che tutti conoscono, anche Chichi» sibilò lei. «Anche mio fratello, Sedici, le guardie… eppure nessuno di loro sembra riconoscerlo. Ma io sono certa che sia lui».
Il genio accennò un sorriso, scuotendo la testa.
«E credo anche di sapere di chi è la colpa se nessuno lo riconosce» aggiunse, fissando i suoi occhi di ghiaccio in quelli di Radish, ancora sdraiato a terra. Anche lei era distesa, ma col busto leggermente sollevato «Tua. Sei tu che reggi le fila di tutto».
«Sei intelligente, Là» sorrise lui, accarezzandole i capelli delicatamente. «Anzi, sei speciale. Sei la persona più speciale che io abbia mai conosciuto nella mia lunghissima vita».
«Io… speciale?» arrossì la principessa, distogliendo lo sguardo.
«Sì, sei speciale» confermò il genio, afferrandole con dolcezza il mento tra indice e pollice,  costringendola a guardarlo di nuovo. Non era tanto per dire: lei era speciale, diversa da tutte e da tutti.
«Perché dici che hai avuto una lunghissima vita? Per fare lo scemo?»
«No, perché è la verità».
«Ti stai prendendo gioco di me, avrai più o meno la mia età!» sbuffò Lazuli, irritata. «Io ho ventitré anni, comunque».
«Anch’io ne ho ventitré, lo sai?» sorrise Radish. «O meglio, con questo corpo ho ventitré anni, dentro ne ho molti di più. Ho perso il conto, non saprei rispondere con precisione».
«Ho notato che facevi strane cose con le mani oggi pomeriggio. Mi è sembrato anche di aver visto che ti sei trasformato più volte, per non parlare del pietoso spettacolo di marionette che hai organizzato con quell’impostore di principe del tuo amico» sbuffò di nuovo la principessa, scocciata. «E, infine, questa specie di bolla che hai appena creato intorno a noi. Sei uno stregone?! Un mago?!»
Il genio rimase impietrito nel sentire quelle parole: lei aveva visto tutto, il suo potere non aveva davvero effetto su di lei, non poteva ingannarla. Non era mai successo niente di simile in passato, non credeva neanche fosse una cosa verosimile.
«Sono un mago. Il mago dell’amore, dolcezza» ribatté con voce roca, sollevando ritmicamente le sopracciglia.
«Smettila di prendermi in giro!» sbottò Lazuli, dando un pizzicotto sulla guancia a Radish e tirando con tutte le sue forze.
«Ahiaaa! Ok, ok… scusa!» si lamentò lui, convincendola a mollare la presa. «Non sono un mago, né niente di simile. Ti ho detto subito chi sono, sono stato sincero…» aggiunse, guardando malinconicamente il libro che la principessa stava leggendo nel momento in cui era arrivato lui.
«Tu… sei davvero il genio-drago della lampada?! Quello della storia?!» domandò lei, che temeva potesse essere un altro dei suoi scherzi. Certo, aveva dubbi da tutto il giorno su di lui, si era reso protagonista di troppi eventi inspiegabili... però, davvero poteva esistere una creatura leggendaria come quella descritta in quel libro? E perché era un uomo nell’aspetto? Perché, soprattutto, era lì con lei?
«Sì…» ammise Radish con un filo di voce, mettendosi a sedere. «E non dovrei essere qui».
«E perché no, scusa?!»
«Perché un genio non dovrebbe rivelare la sua vera natura a persone che non siano il suo attuale padrone».
«Il tuo padrone adesso è quel ragazzo? Ha espresso il desiderio di diventare un principe?»
«Già… lui ama la principessa di questo regno».
«Che stupido…» accennò un sorriso Lazuli. «Anche lei lo ama, solo che ama il ragazzo che conosceva prima, non quella penosa caricatura di sé stesso».
«Gli ho detto di dirle la verità, ma non vuole. Non posso obbligarlo».
«Tu… tu vivi davvero in una lampada?!»
«Sì, è una vera merda. Ci sono anche sette sfere dentro insieme a me» provò a scherzare Radish, che si sentiva invece pervadere dalla tristezza.
«E non puoi uscire per conto tuo?»
«No, solo se vengo evocato da una persona che a quel punto diventa il mio padrone finché non esprime i tre desideri che ha a disposizione».
«Puoi esaudire davvero qualunque cosa?»
«A parte che non posso ammazzare, resuscitare e far innamorare la gente, per il resto sì» sorrise Radish, che fece materializzare dal nulla nella sua mano una collanina dorata da cui pendeva un grosso e prezioso lapislazzuli. «Ricordati di me quando la indosserai, te la regalo» aggiunse, allacciandole quella collana intorno al collo. Adesso che la sua mano non era più stretta a quella di Lazuli come prima, però, sentì un improvviso vuoto nel petto e un atroce senso di malinconia schiacciarlo da dentro. «Ho scelto questa gemma perché mi ricorda il tuo nome e, soprattutto, i tuoi occhi. Non ne avevo mai visti come i tuoi negli ultimi milioni di anni. Sei speciale anche per questo, non solo perché su di te non hanno  effetto i miei incantesimi».
«I-io… grazie…» farfugliò la principessa, impietrita. «Ma quindi tu… sei davvero un genio?! Quel genio?!»
«Sì, il genio-drago della lampada. Quello originale. Diffida dalle imitazioni, Là!» provò a scherzare.
«Non è che te l’eri nascosta da qualche parte la collana?» domandò sospettosa.
«Posso darti altre dimostrazioni, tanto ormai mi sono sputtanato» rise, facendo comparire tra le mani di Lazuli uno specchietto. «Guarda il tuo meraviglioso riflesso adesso».
«E quindi? Vedo la mia faccia…».
«Certo, ma guarda adesso…» sorrise il genio, che le sfiorò i capelli con un dito, per poi ritrarre la mano.
«Ah! Cosa mi hai fatto?!» gridò la principessa, che fissava con gli occhi sgranati la sua immagine riflessa. Aveva i capelli legati in due codini laterali, uno rosa e uno azzurro. «Fammi tornare come prima, scemo!»
«E va bene, va bene!» rise lui, sfiorandole ancora i capelli e facendo poi sparire nel nulla lo specchio dalle sue mani.
«È incredibile… tu sei incredibile…».
«Modestamente» allargò le braccia, compiaciuto.
«La collanina me l’hai lasciata, però».
«Certo, ti ho detto che è un regalo. Per ricordarti di me, quando dovrò andarmene…».
Radish respirò profondamente e abbassò la testa, non voleva farle vedere quanto si sentiva triste a pensare a quella che riteneva un’inevitabile eventualità.
«Io… io non voglio che tu te ne vada…» sussurrò Lazuli.
Il genio sollevò la testa e vide che i suoi occhi di ghiaccio erano pieni di lacrime che si stava sforzando di trattenere. Quella visione straziò il cuore a Radish, che si sentì tremendamente in colpa per tutto quello che stava succedendo. Non doveva coinvolgere quella ragazza. Come aveva potuto?
«Scusami… non dipende da me…» disse con un filo di voce. «Io… io odio me stesso. Mi fa cagare essere un genio… non poter essere libero. È terribile vivere in una lampada… e sapere che magari per secoli non potrò uscire».
Si rese conto che avrebbe voluto piangere, che stava male. Che non si era mai sentito così.
«Ma… ci dev’essere un modo» obiettò Lazuli, avvicinandosi di più a lui.
I suoi occhi lucidi splendevano come cristalli di ghiaccio. Il suo viso regalava una purezza sconfinata, quella che nessuno aveva mai scorto in lei. Radish sentì un nodo stringergli la gola così forte che temette di soffocare.
«Aspetta! Basta che il tuo amico ti renda un uomo libero usando un suo desiderio, no?»
«Lui mi ha promesso che farà così, ma io ho imparato a non fidarmi dei miei padroni. Lui è diverso, è vero, è un bravo ragazzo, gli voglio bene, mi sembra quasi di avere sul serio un fratello minore come stiamo facendo finta che sia» sospirò Radish. «Ma le persone cambiano in peggio quando hanno la possibilità di avere qualcosa. Ricchezza, fama, potere… non ne hanno mai abbastanza. E anche Goku sta cambiando senza neanche rendersene conto. Non posso illudermi, sarebbe tremendo».
«Allora lo faccio io! Gli dirò di darmi la lampada quando avrà finito i suoi desideri, così sarò io a desiderare la tua libertà!» si illuminò la principessa.
«E lo faresti già col primo desiderio?»
«Certo, non desidero nient’altro. Solo la libertà, per me e per te» rispose Lazuli, arrossendo leggermente e distogliendo lo sguardo. Si sentiva a disagio ad aprirsi così, ma anche leggera nel poter essere così sincera con lui.
«Sarebbe fantastico, ma non è possibile… ti ho rivelato la mia natura di genio, per questo non potrai mai evocarmi. E sarebbe lo stesso se tu o Goku diceste a qualcun altro di evocarmi per esprimere questo desiderio. Non funziona così, purtroppo. Mi spiace…» spiegò mestamente Radish.
A Lazuli sembrò crollarle il mondo addosso in quel momento. Aveva appena trovato per la prima volta nella sua vita una persona che la capiva, un ragazzo che le piaceva, qualcuno con cui era in grado di essere sé stessa… perché doveva essere destinata a perderlo?! Non poteva accettarlo.
«Io… io obbligherò quel finto principe a mantenere la sua parola! Altrimenti… altrimenti io… io lo ammazzo, ne sarei capace… sono stata addestrata a combattere, sono forte!» sbottò la principessa, con la voce rotta dal pianto.
Abbracciò Radish e scoppiò a piangere. Non si trattenne, non voleva farlo. Si era resa conto che con lui poteva concedersi il lusso di essere sé stessa ed era una sensazione meravigliosa, anche se ora stava così male che le sembrava di impazzire.
«Scusami, Là… non volevo…».
«Sta’ zitto! Zitto!» urlò lei, colpendolo con deboli pugni sul petto.
Il genio le prese la testa tra le mani delicatamente e gliela fece sollevare, per guardarla negli occhi. Usò un dito per asciugarle le lacrime e sorrise dolcemente.
«Ti ricordi cosa ti ho detto prima? Sei molto meglio se sorridi… sei più bella, sei più tutto».
Lazuli accennò un sorriso, mentre il cuore le batteva forte e le sanguinava tremendamente.
«Credo che non sia vero che non sei capace di far innamorare le persone…» sussurrò, abbassando la testa, imbarazzata.
«Perché?»
Radish le accarezzò la testa e si sentì bene. Era bello stringerla tra le braccia, respirare il suo profumo. Sentire il suo calore.
«L’hai detto tu che su di me i tuoi poteri non hanno effetto… ma magari qualcosa mi fa effetto…» rispose goffamente Lazuli, che non riusciva a spiegarsi. O meglio, che non aveva paura di dire ad alta voce quello che sentiva dentro.
Radish capì, invece, e si sentì come mai prima. Stava vivendo un sogno, ma anche un incubo. Non avrebbe dovuto spingersi fino a quel punto con lei, la stava condannando a soffrire e si sentiva tremendamente in colpa per questo. Ma non poteva tacere o negare quello che provava.
«Ti amo anch’io, Là» si limitò a dire, sciogliendo l’abbraccio con cui stava stringendo Lazuli e indietreggiando di un passo.
La principessa sollevò la testa e sgranò gli occhi. Era arrossita, certo, ma non aveva vergogna a farsi vedere da lui adesso anche così. Sentì ogni difesa abbandonare il suo corpo. Era leggera e allo stesso tempo vulnerabile. Fece un passo in avanti e abbracciò di nuovo Radish. Gli mise la braccia intorno al collo e lo guardò per un istante prima di baciarlo.
Le loro labbra si sfiorarono e basta, perché il genio la spostò delicatamente da sé afferrandola per le spalle, prima di voltarsi, lasciandola impietrita.
Strinse i pugni così forte da farsi male e con tutta la forza di volontà che aveva si girò del tutto, dandole le spalle. Avrebbe voluto con tutto sé stesso baciarla e poi baciarla ancora. Prenderla lì, su quel prato, e chissà dove e per quante altre volte. Così, per sempre. Perdersi in lei, nei suoi occhi. Nel suo cuore.
Perché la amava, ma proprio per questo doveva andarsene prima di peggiorare ulteriormente le cose. Prima di rendere tutto più difficile di quanto già non fosse. Lui non aveva il diritto di essere felice, ma lei sì. Lui era un genio di merda, aveva poteri, ma non aveva nessun diritto. Lei era una donna, era libera, era speciale. Era perfetta.
E lui la stava ferendo perché era stato un coglione ad andare lì.
«Ti amo, Là. Non voglio rendere tutto più difficile… devo andare, tu non meriti di soffrire per colpa di un genio-drago del cazzo come me».
«Fammi vedere il tuo vero aspetto, Rad. Io ti ho mostrato la vera me stessa e ora tocca a te» ribatté Lazuli con un filo di voce. «Questo me lo devi, se mi ami davvero».
«Non credo che sia un bello spettacolo… sono un drago io, prima di tutto. E poi anche un genio, quindi ho due corpi, ma preferirei che ti ricordassi di me col mio aspetto umano».
«Lo decido io se e come voglio ricordarti!» sbottò lei, stringendo a sua volta i pugni. Avrebbe voluto urlare contro il cielo, maledire il suo destino. Avrebbe voluto non amare Radish e non essere amata da lui. Aveva paura di soffrire, per quello aveva creato quell’armatura intorno a sé nel corso della sua intera vita. Un’armatura che lui aveva sgretolato in un istante senza che lei se ne rendesse nemmeno conto… perché dovevano separarsi? Perché non poteva essere felice anche lei come le altre persone?
«E va bene… anch’io con te posso concedermi il lusso di essere me stesso» si voltò Radish, regalandole un sorriso che le fece battere il cuore, prima che il suo volto cominciasse a mutare davanti ai suoi occhi.
La principessa non batté ciglio quando vide i suoi occhi diventare rossi e ingrandirsi insieme a un volto che si allungava fino ad assumere le fattezze di quello di un drago. La bocca piena di zanne acuminate, le gambe che si ritrassero fino a venire inglobate da un corpo ricoperto di scaglie verdi. Era enorme, Radish. Un serpente immenso con due braccia e la testa di un drago. Così alto che sembrava sfiorare la vetta del cielo.
«Hai visto la mia vera natura. Sei soddisfatta?» domandò il drago, con voce tonante e solenne. Anche quella era cambiata.
«Sì» rispose Lazuli senza tradire emozioni.
«Hai paura di me?» domandò Radish, abbassando il suo gigantesco volto fino a sfiorare l’erba del giardino reale.
La fissava da un occhio fiammeggiante, lei che adesso era alta tanto quanto una delle sue zanne.
«No» accennò un sorriso la principessa, allungando una mano per accarezzare la testa piena di scaglie dure e acuminate del drago.
Radish respirò profondamente e per la prima volta nella sua vita non si sentì un mostro nella sua forma di drago. Ma, allo stesso tempo, si rese anche conto di non aver mai odiato così tanto il suo vero aspetto, visto che era così diverso da quello di lei. Chiuse gli occhi e si lasciò avvolgere da un denso fumo celeste, che quando si diradò lo fece riapparire davanti a Lazuli nel suo corpo di genio: faccia uguale a quella della sua forma umana, pelle azzurra, fisico possente, fumo al posto delle gambe e un cinturone, due bracciali e orecchini come unico indumento.
«Quando mi abbronzo divento blu» provò a scherzare, guardando gli occhi di ghiaccio di Lazuli che gli sorridevano.
La sua voce adesso era tornata quella di sempre. Ma per la principessa questo non era molto importante, perché l’anima all’interno dei tre corpi con cui aveva visto Radish in realtà era sempre la stessa. Ed era di quella che lei si era innamorata.
Gli passò delicatamente una mano tra i suoi folti capelli neri, senza smettere di guardarlo.
«Grazie» gli disse.
«Per cosa?»
«Per avermi mostrato il tuo vero aspetto. Per le cose che mi hai detto. Per quello che mi hai fatto provare» sillabò Lazuli.
«Non devi ringraziarmi. Dovresti odiarmi» rispose mestamente Radish. «Sarebbe stato meglio se non mi avessi conosciuto… addio, Là» aggiunse, voltandosi e cominciando ad allontanarsi fluttuando a pelo d’erba.
«Fermati!» ordinò Lazuli, afferrandogli un polso. Stringeva proprio uno dei suoi pesanti bracciali dorati, il simbolo della sua prigionia.
Lo strattonò con forza, lo obbligò a voltarsi verso di lei. E lo colpì con un tremendo schiaffo sulla guancia.
«Questo è perché non la smetti di dire sciocchezze! E perché non la pianti di dire cosa sarebbe stato meglio o peggio per me! Sono io che lo decido!» sbraitò con rabbia, prima di stringergli più forte il polso e tirarlo verso di sé. «Questo è perché non potrei mai odiarti! E nemmeno dimenticarti, razza di scemo!» aggiunse, per poi zittire ogni sua possibile risposta con un bacio, quel bacio che era rimasto in sospeso per fin troppo tempo tra loro.
Radish rimase di sasso per quel gesto che non si aspettava, mentre sentiva la lingua di lei accarezzare le sue labbra e insinuarsi con prepotenza nella sua bocca. Quando sentì il suo dolce sapore pervaderlo abbandonò ogni resistenza e smise di pensare a quello che poteva essere giusto o sbagliato. Non pensò più al futuro, al possibile dolore, a quanto fossero diversi. Chiuse gli occhi e la strinse forte a sé in un possente abbraccio. Ricambiò con foga quel bacio, sentiva che non ne avrebbe mai avuto abbastanza di lei. Di loro.
Quasi non si accorse che il suo corpo era tornato umano, preso com’era dalla foga di quel momento. Non era più un genio-drago in quel preciso istante, era solo un uomo che voleva con tutto sé stesso la ragazza più bella e speciale che avesse mai visto in milioni di anni di vita. Non gli interessava più niente del resto, era confuso. Pensava a lei, solo a lei. Il suo cuore batteva forte, le sue mani esploravano il corpo di Lazuli e lei faceva lo stesso col suo. Le loro lingue sembravano incapaci di separarsi, le loro labbra non facevano che trasmettere tutta la brama che avevano l’uno dell’altra.
Radish non si rese nemmeno conto che lei l’aveva fatto sdraiare a terra, con la schiena contro l’erba, mentre lo osservava soddisfatta seduta a cavalcioni sopra il suo bacino, proprio come prima.
«Avrai anche tutti i poteri che vuoi, ma qui comando io» sibilò maliziosa, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. «Anche prima eravamo così, e anche prima avrei voluto fare questo» aggiunse, prima di chinarsi e baciarlo di nuovo. «Vedo che gradisci, non vuoi più andartene adesso?» lo provocò in tono sensuale, sentendo la sua eccitazione premere contro di lei.
«Mi fai impazzire, cazzo…» sorrise sghembo Radish, sollevandosi sul busto e baciandola ancora con foga.
Lei lo lasciò fare, prima di respingerlo con entrambe le mani e obbligarlo a sdraiarsi di nuovo. Lo guardava dall’alto, incantevole e indimenticabile. Emanava un fascino travolgente Lazuli quella notte, i suoi occhi di ghiaccio splendevano più delle stelle che costellavano il cielo e che Radish nemmeno vedeva, preso com’era dal suo volto.
«Fammi vedere quello che sai fare» disse la principessa, slacciandosi il top tempestato di gioielli e lasciandolo cadere a terra.
Radish deglutì il nulla. La guardava come un uomo comune può ammirare una dea ed era una cosa strana considerando che era lui l’essere immortale tra i due. Ma non contava niente, lei era quello che lui aveva sempre cercato nel corso della sua esistenza senza nemmeno saperlo.
Le mordicchiò avidamente un seno e poi l’altro, stringendoli e godendosi fino in fondo le sue forme. Non poteva fare a meno di baciarla mentre si spogliavano freneticamente a vicenda perché sentiva di avere bisogno del suo sapore di donna, di volerlo con tutto sé stesso. Sapeva che non avrebbe saputo farne a meno mai più, che non voleva farne a meno mai più.
Erano nudi e avvinghiati l’uno all’altra. Si rotolavano nell’erba, ridevano, si dicevano mezze parole e non la smettevano di cercarsi in continuazione per baciarsi. Le loro mani e le loro bocche non smettevano di esplorarsi, di conoscersi, di darsi piacere.
Un genio nel corpo di un uomo dal cuore ardente e una donna dal cuore di ghiaccio, così diversi eppure così simili. Due cuori che battevano all’unisono, forti come la passione che li spingeva.
«Sei sicura che vuoi che ti faccia vedere quello che sa fare un genio?» le domandò roco Radish, leccandole lentamente il contorno della bocca. «A tuo rischio e pericolo, hai visto anche tu, no? Roba degna di un drago» aggiunse in tono scherzoso, alludendo alle dimensioni della sua possente erezione che lei non smetteva di massaggiargli.
«Per chi mi hai preso?!» stette al gioco lei, posando poi le sue morbidi labbra sulla sua eccitazione fino a farlo grugnire di piacere. «Sono la tua regina e la tua dea, o sbaglio? Ti ordino di darti da fare».
Il genio non se lo fece ripetere due volte: le sollevò delicatamente la testa e la baciò di nuovo, mentre la faceva sdraiare sull’erba fresca della notte e si metteva sopra di lei. Entrò in lei con una spinta decisa e vide i suoi occhi di ghiaccio spalancarsi e velarsi di piacere. La strinse a sé, si godeva i suoi gemiti. Erano una cosa sola finalmente, un unico corpo e un’unica anima.
Radish si rese conto che solo in quel preciso istante si era sentito per la prima volta un essere onnipotente, perché stava facendo godere la donna che amava e perché si sentiva amato a sua volta da lei. Perché si erano detti tutto guardandosi in faccia, perché avevano gettato via le maschere insieme ai vestiti. Perché erano loro stessi e lo sarebbero stati per sempre, se solo il destino glielo avesse concesso.
Le unghie di Lazuli si conficcavano nella schiena di Radish mentre gridava di piacere. Lui gemeva, la zittiva con baci avidi ed era confuso da quanto lei potesse apparirgli ancora più bella mentre facevano l’amore.
Vennero insieme, stretti l’uno all’altro, al centro di una bolla che li isolava dal resto del mondo. Dallo spazio e dal tempo, sdraiati sull’erba e con le stelle che splendevano nel cielo di Agraba come uniche testimoni.
E lo fecero ancora, e ancora. E poi di nuovo. Ora che si erano trovati non si sarebbero più voluti separare. Forse avevano anche paura ad allontanarsi l’uno dall’altra, il terrore che tutto potesse finire da un momento all’altro. Che lui potesse sparire per sempre come era scritto nel suo destino e che lei dovesse soffrire, incapace di essere felice e di sentirsi amata.
Ma, arrivati a quel punto, avrebbero lottato per rendere possibile l’impossibile. E l’avrebbero fatto insieme.
«Là, io non voglio andarmene. Non lasciarmi andare, ti prego» disse Radish dal nulla, mentre scrutava il cielo in cerca di risposte, sdraiato ancora nudo sul prato.
«Tu non vai da nessuna parte da solo» lo rassicurò Lazuli, sdraiata accanto a lui con la testa appoggiata sul suo petto. «Ho deciso che ti seguirò ovunque, in qualche modo, anche in quella lampada».
«Ma…» provò a ribattere il genio.
«Ma non ce ne sarà bisogno» lo interruppe la principessa, mettendosi di nuovo a cavalcioni sopra di lui, nuda e meravigliosa al chiaro di luna. I suoi occhi di ghiaccio ardevano, mentre si piegava in avanti verso Radish, pronta a riprendere quello avevano smesso di fare solo pochi minuti prima per l’ennesima volta. «Perché tu domani diventerai un uomo. E sarai libero, Rad» aggiunse, baciandolo avidamente per poi sorridere maliziosa.
«Libero di servire la tua regina e la tua dea, per sempre».
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: ebbene sì, Rad ha detto tutto e anche di più a Lazuli, che ha scelto a sua volta di essere sincera coi propri sentimenti che solitamente ama così tanto nascondere. Io non posso che sperare che questo capitolo un pochino vi abbia emozionato, vi abbia divertito e magari commosso in certi suoi passaggi. Spero poi di essere riuscito a trasmettere i sentimenti contrastanti che prova Rad per la situazione in sé e per quello che potrebbe succedere di negativo, così come il dolore e allo stesso tempo la determinazione di Lazuli nel rifiutarsi di accettare un destino deciso da altri che sembra già scritto.
Lo so, c’è molto Remember me anche qui, una scena in particolare poi è clamorosa come autocitazione, ma secondo me ci stava troppo bene. Vediamo se ve la ricordate ;-)
È stato anche svelato il mistero relativo alla mia adorata Harley Quinn, che non viene citata direttamente, ma Rad fa in modo che Là assuma le sue sembianze, almeno per quanto riguarda il look… spero abbiate apprezzato questa piccola follia, ma sappiate che tra un paio di capitoli ce ne sarà una ancora più grossa relativa al genio e la principessa di Asgard! Spero gradirete!
Comunque, tornando ad Harley, vi siete mai chiesti come sarebbe C18 in versione Harley Quinn?! Io sì, visto che stiamo parlando del mio personaggio preferito manga/anime e del mio personaggio preferito film/comics, e così, grazie alla fantasmagorica abilità di Misatona, che ringrazio ancora tantissimo, vi posso allegare due stupendi disegni di Lazuli in cosplay da Harley! C’è anche un’incantevole Nico Robin in versione Sailor Jupiter, anche se non c’entra nulla ve la lascio perché è troppo bella!
Tornando a Lazuli/Quinn, magari la prossima volta faremo il contrario, con Margot Robbie in cosplay da C18, sarebbe un’ottima idea e se qualcuno vuole cimentarsi mi faccia un fischio! :-)
 
Come sempre ringrazio tutti voi che mi lasciate sempre il vostro parere e mi date tanta forza, ci tengo a dirvi anche qui che adoro le vostre riflessioni quando riuscite a leggere qualcosa tra le righe o a trarre un messaggio da quello che dicono o fanno i personaggi. Grazie anche a chi legge in silenzio, mi auguro sia piaciuta anche a voi questa parte della storia!
 
Bene, finalmente ci siamo col capitolo che porta con sé la scena più iconica della storia di Aladdin e anche la canzone più famosa! Siete felici? Pronti a cantare?
Salutiamo per una settimana Rad e Là, ma anche gli altri personaggi, perché a questo punto si meritano un intero e  lungo capitolo i protagonisti principali della storia, cioè Goku e Chichi.
Farà ancora danni nei panni del principe Kakaroth il nostro eroe? Riuscirà a essere sincero? Vi ricordo che l’avevamo lasciato in procinto di raggiungere la principessa a bordo della nuvola Speedy, con Rad che aveva stabilito un contatto mentale con lui… avete buone sensazioni?
Il titolo è scontato, ovviamente: “Il mondo è mio”.
Ci vediamo mercoledì prossimo, a presto!
 
Teo

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Capitolo 18
*** Il mondo è mio ***


18 – Il mondo è mio
 
 
Poco prima, mentre Radish stava ancora camminando da solo nel giardino del palazzo reale alla ricerca di Lazuli, Goku aveva raggiunto in pochi istanti la balconata della stanza di Chichi. Il genio lo sapeva, perché, grazie all’incantesimo che aveva fatto, lui e il suo nuovo fratello minore erano collegati telepaticamente.
«Ehm… principessa Chichi! C’è nessuno?!» farfugliò goffamente Goku, in piedi sulla balaustra. Cercava di sbirciare all’interno della stanza, ma la visuale era ostruita da pregiatissime tende.
La principessa era sdraiata sul letto con le mani tra i capelli, presa a rimuginare malinconicamente su tutto quello che le stava succedendo. Aveva pensato per un attimo durante la festa che il principe Kakaroth potesse meritare di avere almeno una chance rispetto agli altri pretendenti, ma alla fine si era dimostrato solo uno stupido egocentrico. Sentire all’improvviso una voce così vicina e che proveniva dall’oscurità in cui era avvolta la balconata la riportò alla realtà e la fece trasalire. Bulma si alzò di scatto e si mise in posizione d’attacco, pronta a scattare in caso di pericolo.
«Chi è?!»
«Sono io! Go… ehm, il principe Kakaroth!» rischiò di tradirsi Goku, saltando giù dalla balaustra e atterrando sull’ampio terrazzo. «Il principe Kakaroth di Paoz!» aggiunse in tono solenne dopo essersi schiarito la voce, avvolgendosi nel mantello e cercando di darsi un aria regale.
«Vattene! Non voglio vederti!» sbuffò acida la principessa, mettendo la testa fuori dalle tende solo per fulminare con lo sguardo quel ragazzo così insistente che non faceva altro che irritarla.
«No, aspetta principessa!» la implorò Goku, facendo qualche passo in avanti per seguirla. «Dammi una possibilità!»
«Lasciami in pace o chiamo le guardie!» sbottò dall’interno della stanza Chichi.
«Roarrr!» ruggì Bulma, saltando fuori da dietro le tende e atterrando a pochi passi da Goku, al quale si gelò il sangue nelle vene alla vista di quegli occhi felini così azzurri e le fauci così in bella vista. Lui conosceva quella tigre, ma lei l’avrebbe riconosciuto? O l’avrebbe sbranato?
«Sei fottuto, fratello» lo derise Radish telepaticamente.
«B-buona… s-sì, vieni… micia, micia micia! Gattona!» farfugliò il falso principe, indietreggiando verso la balaustra.
Chichi nel sentire quelle parole fu attraversata da un fremito e il suo cuore cominciò a battere più forte. Erano infatti le stesse parole che aveva usato Goku quando si era presentato all’improvviso nella sua stanza per ridarle la fascetta di sua mamma. Era lui? Era tornato da lei e si era travestito?
«Aspetta!» esclamò la principessa, correndo fuori e accarezzando Bulma, che si calmò istantaneamente pur restando guardinga. «Ci siamo già visti da qualche parte?!»
«Ehm… n-no! Urcaaa! No di certo!» rise forzatamente Goku, grattandosi la nuca. Come aveva fatto a capirlo?! Cosa stava succedendo?!
«Tu mi ricordi una persona che ho conosciuto al mercato» riprese Chichi, scrutandolo con aria sospetta. Non lo convinceva per niente quel ragazzo.
«Al mercato, principessa?! Io ci mando i miei servitori al mercato! Anzi, ho persino dei servitori che vanno al mercato per i miei servitori!» si sforzò ancora di ridere Goku, che cercava goffamente di mostrarsi naturale.
Chichi e Bulma sbuffarono in contemporanea sentendo quelle parole e si guardarono negli occhi, rassegnate.
«Quindi non puoi avermi incontrato lì!»
«No, evidentemente no…» sospirò la principessa, voltandosi per rientrare nella sua stanza.
«Che cazzo stai facendo?! Parla di lei, non di te!» intervenne Radish, sgridando telepaticamente Goku e facendolo quasi spaventare. «Dille che è bella, intelligente, spiritosa! Parla dei suoi occhi, dei suoi capelli! Possibile che devo spiegarti tutto?! Dille che è una figa, muoviti!»
«Sei una fig… ah, no!» se ne uscì Goku a gran voce, ripetendo le ultime parole del genio e rendendosi subito dopo conto di quello che stava facendo.
«Ma lo fai apposta o sei scemo?!» rise Radish nella sua testa. «Questa un giorno la devo troppo raccontare a Lap!»
«Cos’hai detto?!» esclamò Chichi, che si voltò sbalordita. Aveva capito bene?
«Ehm… eccooo… che tu sei una figura esemplare di principessa!» cercò di correggere il tiro Goku. «Che sei… tu stessa, una principessa…» si impappinò, mentre lei lo guardava perplessa. Anche Bulma sembrava allibita. «Insomma, che sei bellissima!»
«Ci voleva tanto?! Bravo!» lo incoraggiò Radish.
Chichi scosse la testa e cominciò a sorridere maliziosa. Aveva deciso di prendersi gioco di quello stupido principe prima di dargli il benservito una volta per tutte.
«Non sono solo bellissima, sono anche ricca» disse in tono suadente, ancheggiando lentamente verso Goku e fissandolo con uno sguardo languido che lo mandò in estasi. Era ancora più bella del solito ai suoi occhi in quel momento. Qualcosa di assurdo che non riusciva nemmeno a definire. E si stava avvicinando a lui, significava che l’aveva colpita?! Che ce l’aveva fatta?!
«S-sì…» balbettò Goku, cercando tuttavia di mostrarsi sicuro di sé.
«Sono la figlia del sultano…».
«Lo so…».
«E sono un ottimo partito per qualsiasi principe, mi spiego?» disse dolcemente la principessa, fermandosi a un passo da Goku e allungando il suo viso verso quello di lui.
Il giovane ladro sudò freddo e sentì il cuore martellargli nel petto. Lei era così vicina, ed era così bella che quasi gli sembrava di impazzire. Il respiro di lei gli accarezzava le labbra, i suoi occhi erano più ammalianti delle montagne d’oro che aveva visto nella Caverna delle Meraviglie. Ripensò a un paio di giorni prima, quando stava per baciarla a casa sua senza sapere chi fosse. E si sentì felice, pensò di avercela fatta.
«C-certo! Un… un principe come me!» farfugliò. Era teso come un corda di violino. Non gli sembrava vero quello che stava vivendo.
«Sì… un principe come te» confermò Chichi, afferrandolo per il colletto della sua giacca regale con un mano e tirandolo verso di sé. Il suo seno era premuto contro il petto di Goku. Gli toccò con un dito il mento, il naso e infine la fronte, senza smettere di sorridere maliziosa. «E come tutti gli altri principi presuntuosi e arroganti che ho conosciuto!» gridò, improvvisamente furiosa, calcandogli con forza il cappello sulla testa fino a coprirgli gli occhi e avvolgendogli con uno strattone il mantello sulla faccia.
«Eh?! No! Aspetta!» provò a protestare Goku, mentre cercava di liberarsi.
«Vattene! Sparisci dalla mia vista!» ribadì Chichi, camminando a passo di carica verso l’interno della sua stanza.
«Ti ha fottuto, fratello!» commentò telepaticamente Radish, mentre anche Bulma indietreggiava verso la camera senza smettere di ringhiare.
«Basta!» gli rispose Goku con stizza, senza rendersi conto di aver parlato ad alta voce. Anzi, di aver urlato.
«Che cosa?!» sibilò la principessa, voltandosi ancora una volta. Stringeva tra le mani la tenda e aveva un piede già nella sua stanza.
«Sii te stesso! Te stesso!» gli suggerì il genio.
«Dicevo… basta! Nel senso, che hai ragione: basta così, non è giusto che tu debba essere considerata un trofeo da vincere…» disse mestamente Goku, abbassando la testa. «Dovresti essere libera di decidere da sola. Hai ragione, sparisco…» aggiunse, voltandosi verso la balaustra, senza nemmeno essersi reso conto dagli occhi di Chichi che quelle parole l’avevano colpita.
Aveva parlato col cuore e lei se ne era resa conto. Pensò che forse meritava almeno qualche minuto del suo tempo quel ragazzo. Faceva lo spaccone, ma in realtà era un imbranato. Magari non proprio una possibilità vera e propria, ma, appunto, qualche minuto in più. Non sapeva nemmeno lei perché, in quel momento, vedendolo voltarsi, si era sentita improvvisamente triste. Un po’ come quando aveva visto Goku andarsene due notti prima, non sapendo se avrebbe mai potuto rivederlo. C’era qualcosa di quel ragazzo che aveva conosciuto al mercato in questo principe, solo che non riusciva a vederci chiaro. E non riusciva a vedere chiaro nemmeno dentro sé stessa. Non capì se lo voleva trattenere con sé perché non voleva perderlo o perché si voleva prendere ancora gioco di lui. Doveva essere per forza la seconda opzione, e così decise di comportarsi di conseguenza.
«Aspetta! Perché sei venuto qui?» domandò Chichi, ostentando comunque freddezza.
«Beh, perché te ne sei andata all’improvviso dalla festa e quindi…».
«Piuttosto, come hai fatto ad arrivare sul balcone della mia stanza?!» lo interruppe la principessa. L’unico che ci era riuscito era stato Goku.
«Ho usato una nuvola magica…» sorrise ingenuamente il falso principe, mentre Chichi aggrottava la fronte, convinta che la stesse prendendo in giro o che fosse una battuta mal riuscita.
«Sarà… comunque in realtà mi ha fatto piacere vederti» disse lei, sorridendo con fare beffardo e camminando all’interno della sua stanza fino a raggiungere un tavolo pieno di libri e fogli sparsi.
«Urcaaa! Davvero?!» si illuse Goku.
«Sì, ho cercato il regno di Paoz dappertutto, ma sembra non sia presente sulle mie mappe» rispose, indicando una grossa cartina aperta sulla scrivania. «Saresti così gentile da mostrarmelo tu? Su, entra pure» aggiunse.
I suoi occhi brillavano. Aveva l’aria di chi sapeva di aver messo in trappola la sua preda. C’era qualcosa di strano in quel ragazzo e lei voleva assolutamente scoprirlo.
«Ehm… ah, sì, certo! V-volentieri!» farfugliò Goku, grattandosi la nuca e entrando con fare circospetto dalla porta finestra.
«Grrr!» ringhiò sommessamente Bulma, abbassando la schiena e cominciando a camminare lentamente verso Goku. Nessun estraneo poteva entrare nella stanza di Chichi se c’era lei a fare la guardia.
«Stai buona, Bulma! Non mangiare subito il principe Kakaroth, gli servono le gambe per ballare!» ghignò la principessa con fare polemico.
«Scusa… dici che ho esagerato con la capriola all’indietro?»
«Un po’…» si voltò Chichi, riprendendo a guardare la mappa.
«Stronzate! La capriola era una figata!» si lamentò telepaticamente Radish.
«Piuttosto, aiutami! Sono nei guai!» rispose Goku, mentre si avvicinava alla scrivania.
«Allora? Paoz?!» si spazientì Chichi, mollandogli in mano la carta.
«Ah… certo! Paoz!» prese tempo Goku, fissando quella mappa piena di confini, regni e località senza più sapere che pesci pigliare. La sollevò tendendo le braccia, in modo che Chichi non riuscisse a vedere i suoi occhi che vagavano disperatamente da un estremo all’altro di quel foglio, in attesa di un aiuto da parte del genio.
Quasi gli venne un colpo quando vide comparire sulla carta proprio Radish sotto forma di disegno che lo salutava e sorrideva. Appariva nel suo corpo azzurro di genio e sembrava decisamente divertito dal guaio in cui si era cacciato il suo giovane amico.
«Aiutami! Ti prego!» pensò Goku, con Radish che in tutta risposta gli indicò soddisfatto un punto preciso al centro della mappa dove era appena comparso uno stato chiamato “Rad Land”.
«Piantala! Aiutami!» lo implorò, mentre Radish faceva comparire a caratteri cubitali su quella mappa le parole “Sii te stesso, imbecille!”.
«No! No!» gli rispose Goku, sgranando gli occhi, disperato, mentre l’immagine del genio svolazzava allegramente da un angolo all’altro del foglio.
«Qualche problema? Hai perso il tuo regno?» chiese stizzita Chichi, strattonando la mappa e costringendo il giovane ladro a guardare di nuovo i suoi occhi indagatori.
«Il mio regno?! Ah, giusto, stavamo cercando il mio regno!» si sforzò di ridere Goku, mentre lei sollevava gli occhi al cielo. «È… è qui!» esclamò, chiudendo gli occhi e indicando un punto a caso in un angolo di quella mappa dettagliatissima.
«Io non credo proprio! L’ho cercato bene e…» sbottò Chichi, salvo interrompersi quando si rese conto che accanto al dito di Goku compariva il piccolo regno di Paoz con i suoi confini in bella mostra.
«È qui! Sì, è qui!» esultò il falso principe, ringraziando mentalmente Radish che aveva risolto ancora una volta tutto.
«Ma… come mai non lo vedevo?!» domandò Chichi, sbigottita.
«Ma sì, non è un problema! A cosa servono le mappe?!» rispose Goku ridendo, sfilando la cartina dalle mani di Chichi e arrotolandola. «Sono vecchie, inutili e… e non hanno valore pratico!»
«È solo grazie alle mappe che vedo il mondo…» sospirò lei. I suoi occhi si abbassarono e a Goku si spezzò il cuore nel vedere quanto erano diventati improvvisamente tristi.
Si ricordò di quello che gli aveva confidato quando l’aveva conosciuta e si sentì stupido per aver detto quelle cose, tuttavia non voleva tradirsi.
«Scusami… pensavo che una principessa potesse andare ovunque…».
«Non questa principessa» accennò un sorriso Chichi, guardando malinconicamente il cielo stellato fuori dalla finestra.
E fu osservando quel cielo che a Goku venne un’idea meravigliosa.
«E-ecco… a proposito… non è che… non è che vorresti per caso…» farfugliò goffamente il giovane ladro, indicando il cielo, ma rovesciando accidentalmente un vassoio pieno di mele dopo averle urtate col gomito. «Urcaaa! Scusa, le raccolgo subito!» aggiunse, chinandosi di scatto e cominciando a gattonare.
Quella scena fece sorridere la principessa. L’imbranataggine e l’ingenuità di quel ragazzo misterioso sapevano metterla di buon umore nonostante tutto. Si sentì meglio e fu felice di non averlo cacciato subito.
«L-le… le ho raccolte!» annunciò Goku, che si paralizzò e sgranò gli occhi non appena sollevò lo sguardo e si trovò il volto felino di Bulma a pochi centimetri dal suo.
«Bulma! No!» cercò di fermarla la principessa, che temeva sul serio il peggio a quel punto.
Gli occhi azzurri della tigre scrutavano quelli di Goku, mentre le sue narici cercavano di captare il suo odore e di ricordare dove l’avevano già sentito. E fu in quel momento che i lineamenti felini di Bulma si distesero. Allungò la testa verso il giovane ladro e si lasciò coccolare. L’aveva riconosciuto, in qualche modo.
«Brava gattona!» rise Goku, mentre Chichi osservava la scena basita.
«Sei sicuro che io e te non ci siamo già visti?!» gli chiese. Si sentiva confusa.
«Certo che ne sono sicuro! Eh, eh!» ridacchiò il falso principe, visibilmente a disagio, rialzandosi e camminando verso la balconata. «Stavo… stavo dicendo: dovresti vedere quei posti! Insomma, c’è tutto un mondo fuori dai libri, dalle mappe!»
«E da questo palazzo reale?!»
«Sì, fuori dai libri, dalle mappe e da questo palazzo…» confermò Goku, raggiungendo la balaustra e allargando le braccia. «Ti va?»
«Tutti gli ingressi sono sorvegliati…» sbuffò Chichi.
«Chi ha parlato di porte?!» arricciò il naso il giovane ladro, saltando agilmente sulla balaustra.
«Cosa fai?!» esclamò lei, preoccupata, correndo verso di lui
«Ogni tanto, principessa, bisogna rischiare!» sorrise Goku, lasciandosi cadere nel vuoto di schiena a braccia spalancate, fissando fino all’ultimo istante gli occhi sgranati di Chichi.
«No!» urlò lei, sporgendosi dalla balaustra.
Si ritrovò davanti il volto sorridente di Goku, che saliva verso l’alto e la guardava soddisfatto. Stava volando?! Com’era possibile?!
«Ma… cosa?!» farfugliò Chichi, indietreggiando spaventata.
Goku continuò a salire fino a raggiungere il livello della balconata, e fu il quel momento che la principessa si rese conto che era in piedi sopra a una nuvola gialla che galleggiava nell’aria.
«Nuvola magica, te l’avevo detto! Si chiama Speedy e dice che vorrebbe conoscerti!»
«È… è adorabile…» disse Chichi con un filo di voce colma di stupore, toccando la soffice nuvola, che si mosse e le fece un cenno d’assenso.
«Ti fidi di me?» le domandò Goku, allungando una mano verso di lei.
Il cuore di Chichi si fermò e ogni dubbio in lei a quel punto si dissipò.
«C-che cosa hai detto?!» gli domandò. Non poteva essere un caso che avesse usato le stesse parole abbinate allo stesso gesto di quel ragazzo che aveva conosciuto al mercato e che sentiva di amare. Perché le mentiva allora?
«Ti fidi di me?» ripeté Goku.
«Sì…» accennò un sorriso Chichi, stringendogli la mano e salendo a sua volta sulla nuvola.
Si sedette accanto a Goku, che le cinse la vita con la mano e la strinse a sé, mentre Bulma li osservava stupita.
«Bravo fratellino. Sii te stesso e comportati come farei io. Cantale qualcosa» disse telepaticamente Radish, che nel frattempo aveva trovato Lazuli intenta a leggere nel giardino del palazzo e si stava preparando a cercare di conoscerla.
«Grazie fratellone e buona fortuna con la tua principessa» rispose Goku, toccandosi la fronte e interrompendo il loro collegamento mentale.
E fu in quel momento che la nuvola Speedy prese il volo, librandosi leggera nella notte stellata di Agraba.
 
Goku ripensò per un attimo alle ultime parole che gli aveva detto Radish, mentre sentiva il cuore martellargli nel petto e teneva stretta a sé quella principessa che aveva amato fin dal primo istante in cui l’aveva vista. La nuvola volava sopra la città tra case illuminate e strade deserte, con Chichi che si guardava intorno con aria sognante. Non si era mai sentita così, e nemmeno Goku aveva mai provato simili sensazioni. Pensò a quello che avrebbe fatto Radish e così, senza nemmeno rendersene conto, si ritrovò a cantare. Non era molto da lui, forse, ma il suo istinto gli diceva che era la cosa giusta. Voleva provare anche ad essere sé stesso, nel limite del possibile e senza svelare come stavano davvero le cose.
«Ora vieni con me… in un mondo d’incanto! Principessa, è tanto che il tuo cuore aspetta un sì!» cominciò a cantare Goku, dimenticando presto l’imbarazzo che avrebbe pensato di provare.
La nuvola Speedy colse da un vaso su un davanzale un fiore bianco e glielo passò, così lui poté offrirlo a Chichi, che lo strinse tra le mani sorridendo. Era evidente che fosse felice, e vedere nei suoi occhi quella serenità fece sentire Goku più leggero delle nubi verso le quali si stavano adesso dirigendo.
«Quello che scoprirai è davvero importante, la nuvola volante ci accompagna proprio lì!» riprese, mentre Chichi guardava il palazzo reale e tutto il regno diventare sempre più piccoli fino a sparire.
Volarono in alto, sempre più in alto.
Oltre le nuvole, verso le stelle.
Cuori che battevano forti e teste piene di pensieri.
Superarono un muro di nubi e si ritrovarono illuminati da stelle che viste da così vicino sembravano più grandi di quanto non apparissero dal basso.
Intorno a loro non si sentiva più niente, solo il battito dei loro cuori e la vibrazione delle loro anime.
«Il mondo è tuooo! Con quelle stelle puoi giocar! Nessuno ti dirà che non si fa! È un mondo tuo per sempre!» cantò Goku, scoprendosi inaspettatamente poetico.
Forse non si era interrotto del tutto il suo collegamento col genio o magari aveva passato fin troppo tempo con lui. Ma non era importante in quel momento, perché per lui contava solo Chichi. Esisteva solo Chichi nel suo mondo, in quel mondo che avrebbe meritato sul serio di essere suo.
La principessa lo guardò intensamente negli occhi senza smettere di sorridere e di sognare. La luna si stagliava alle sue spalle, grande e luminosa, rendendola ancora più bella.
«Il mondo è miooo! È sorprendente accanto a te!» cominciò a cantare dolcemente anche lei. «Se salgo fin lassù, poi guardo in giù, che dolce sensazione nasce in meee!»
La nuvola Speedy raggiunse uno stormo di uccelli notturni, che si voltarono straniti verso i loro nuovi e insoliti compagni di volo.
«Ogni cosa che ho, anche quella più bella, no, non vale la stella che tra poco toccherò!» continuò Chichi, mettendosi in ginocchio e allargando le braccia come fossero ali, mentre salivano sempre più in alto.
«Il mondo è miooo!» intonò la principessa, mentre la nuvola si gettava in picchiata verso un fiume che nel frattempo avevano raggiunto.
Si trattava del Nilo, erano già arrivati in Egitto.
«Apri gli occhi e vedrai!» si intromise Goku, stringendola a sé come a volerla rassicurare, mentre Speedy volava sul pelo dell’acqua schivando fenicotteri addormentati e imbarcazioni ancorate.
«Tra mille diamanti volerò!» riprese lei.
«La tua notte più bella!» confermò lui.
«Con un po’ di follia e di magia tra le stelle comete volerò!» intonò la principessa, mentre si godeva i misteri immortali delle piramidi e delle sfingi di cui aveva sempre letto sui libri e che ora si trovavano davanti a lei. «Un corpo celeste sarò!»
«La nostra favola sarà!» continuò Goku, mentre la nuvola abbandonava il deserto e si dirigeva a tutta velocità oltre il Mediterraneo, con Chichi che continuava a guardarsi intorno elettrizzata da quello che stava vivendo.
«Non tornerò mai più! Mai più laggiù! È un mondo che appartiene a noiii!» cantarono in coro, mentre davanti a loro si stagliava il Partenone in tutta la sua divina magnificenza dall’alto dell’Acropoli, dandogli il benvenuto in Grecia.
Speedy volava bassa, e così Chichi poté accarezzare un cavallo che correva libero in un campo insieme al suo branco, mentre Goku ne approfittò per cogliere una mela da un albero e offrirgliela. In quel momento il cuore della principessa perse un battito, perché quel gesto e quella mela le riportarono per l’ennesima volta alla mente quel ragazzo che aveva conosciuto al mercato e di cui si era innamorata. No, non poteva essere un caso.
«Soltanto a noiii!» disse il falso principe.
«Per me e per te!» gli sorrise lei, mentre la nuvola cominciò a volare sul pelo dell’acqua di un bellissimo laghetto.
«Solo per noiii» intonò delicatamente Goku, sporgendosi per guardare la sua immagine riflessa nell’acqua.
Gli si illuminarono gli occhi quando vide comparire anche l’immagine riflessa di Chichi. Era incantevole, e stava appoggiando la testa sulla sua spalla mentre lo prendeva per mano.
«Se vuoi lo avraiii».
«È nostro ormaiii».
«Solo per noiii» ripeté la principessa in un dolcissimo sussurro.
«Per te… e per meee…» conclusero in coro.
Goku inclinò la testa e l’appoggiò su quella di Chichi. Il suo profumo lo invase, il suo calore lo fece sentire bene. Strinse la sua mano più forte e chiuse gli occhi, lasciando che la nuvola volasse per conto suo dove volesse.
Per lui era uguale, ogni posto sarebbe stato speciale finché avesse potuto avere al suo fianco Chichi come in quel momento.
Era felice, e sentiva che anche lei lo era.
Pensarono entrambi che avrebbero voluto volare così per sempre.
 
«È tutto così magico!» esclamò la principessa con aria sognante, quando più tardi la nuvola Speedy li fece scendere sul tetto di un palazzo di Agraba.
Non voleva tornare ancora tornare a casa. Non voleva che quella notte incantata avesse una fine.
«Già…» sorrise Goku, guardandola inebetito dalla sua bellezza e da tutto quello che stava accadendo tra loro.
La nuvola, intanto, si era sdraiata sul tetto accanto al giovane ladro, facendo il tifo per lui.
«Sai, di tutti i posti che mi hai mostrato, questo è di gran lunga il più bello» disse Chichi, guardando un gruppo di persone che stava facendo festa intorno a un falò in mezzo a uno dei quartieri poveri della città.
Bevevano, ballavano, ridevano. Sembravano felici. E liberi. Avevano poco, ma sapevano goderselo. Sapevano vivere, cosa che lei non aveva mai saputo fare.
«Già… a volte basta solo cambiare punto di vista» accennò un sorriso Goku, che vedeva in lontananza quella che era stata la sua casa e aveva anche riconosciuto alcune persone di quel gruppo che si stava divertendo e che sembrava così spensierato.
C’erano Cabba, Caulifla, Napa, Kale, Broly, Cheelai e molti altri che erano stati dei buoni amici per lui e Bubbles. Persone semplici, povere, con cui era cresciuto. Si ricordò da dov’era partito e chi era in realtà, ma cercò di scacciare quel pensiero. Ora era il principe Kakaroth, non c’era tempo e nemmeno spazio per Goku lo straccione.
«Sono loro a rendere speciale questo posto» riprese la principessa, indicando le persone che si divertivano con poco sotto di loro. «È il popolo. Il mio popolo… senza di lui, il mio regno non sarebbe quello che è. Il mio popolo è speciale e credo che meriti una guida che sappia dirglielo. E che possa risolvere molti dei loro problemi legati alla povertà».
«Dovresti essere tu quella guida» disse Goku.
«Lo pensi davvero? Io ho scoperto solo due giorni fa che certe cose non funzionano in alcuni quartieri del regno… ed è stato merito di un mio… amico…».
«Sono… sono sicuro che quel tuo… amico… ti direbbe che l’importante è che tu te ne sia resa conto, e che non era colpa tua» rispose Goku, accarezzandole dolcemente una ciocca di capelli. «Non importa quello che penso io… tu sei la guida giusta per questo regno, è così e basta».
A Chichi non sfuggì il suo tono improvvisamente malinconico e nemmeno la delicatezza della sua mano. Il cuore le batteva forte, quel principe le ricordava sempre di più il fantomatico “amico” che aveva appena nominato.
«Scommetto che anche Bubbles si sarebbe divertito stanotte!» disse con nonchalance, decisa a scoprire la vera identità di quel ragazzo anche a costo di tentare un tranello. Se lui si credeva furbo, beh, avrebbe scoperto che lei lo era di più. «Aspetta, non è là in mezzo anche lui?!»
«No, Bubbles odia volare! E poi non può essere in mezzo a quella gente perché lui…» rispose ingenuamente Goku, salvo interrompersi non appena si rese conto di essersi appena tradito.
La nuvola Speedy si posò una mano fumosa sulla fronte, stupita da come si era fatto raggirare facilmente il suo amico, anche se lei era d’accordo con Radish sul fatto che Goku dovesse raccontare la verità. Pensò che quella fosse l’occasione perfetta, ma non sapeva che il giovane ladro era di tutt’altro avviso. Temeva che sarebbe stata la fine se lei avesse scoperto tutto. Sarebbe stato sé stesso come voleva il genio, ma avrebbe fatto le cose a modo suo. Mentendo ancora un pochino, a fin di bene.
«Tu sei il ragazzo del mercato!» esclamò Chichi, togliendogli l’elegante cappello e sorridendo sodisfatta. Adesso che li vedeva bene, poteva riconoscere anche quegli assurdi capelli che ricordavano una palma che l’avevano subito colpita. «Lo sapevo! Perché mi hai mentito?!» aggiunse, indurendo lo sguardo e il tono della voce.
«Chichi, io… mi dispiace!»
«Mi hai preso per una stupida?! Credevi che non l’avrei capito?!»
«No! Cioè… speravo di no!»
«Insomma, chi sei veramente?! Dimmi la verità!»
«La verità?! Ehm… la verità è che… che a volte mi mescolo alla gente comune! Per sfuggire alle pressioni della vita di palazzo!» rispose, sentendosi un genio per la trovata che aveva avuto. «Ma in realtà sono un principe!»
La nuvola Speedy sospirò e scosse la testa, delusa. Non condivideva tutte quelle bugie, anche se voleva bene a Goku.
«Perché non me l’hai detto subito?!» ribatté la principessa, offesa.
«Beh… sai com’è… un principe che si traveste per andare in giro per la città potrebbe sembrare un po’ strano!» ridacchiò lui, guardando negli occhi Chichi, che finalmente accennò un sorriso.
In realtà era sollevata per aver fatto quella scoperta. Lei amava Goku, scoprire che era un principe e che era tornato da lei come le aveva promesso rendeva tutto più semplice. Era comunque arrabbiata, ma più guardava quegli occhi ingenui e quell’espressione gentile, meno riusciva a esserlo.
«Non è così tanto strano…» sospirò, appoggiando la testa sulla spalla di Goku e intrecciando le dita intorno alla sue.
Goku si sentì felice, sia perché l’aveva scampata, sia perché il contatto con lei lo mandava al settimo cielo. Tuttavia, cominciò anche a sentirsi in colpa. Avrebbe potuto essere davvero sé stesso, invece aveva deciso di aggiungere altre bugie al cumulo su cui aveva tentato maldestramente di costruire la loro relazione.
«Allora, quanti nomi hai, principe Goku? E chi è Kakaroth?»
«Sono io! Cioè… io sono Goku. Il principe Goku di Paoz…».
«Come facevi a conoscere la città così bene?»
«Sono arrivato qui qualche giorno prima di quando ci siamo conosciuti… perché… perché per conoscere un popolo devi prima vederlo coi tuoi occhi» provò a spiegarsi Goku, stupito da quel supplemento d’indagine da parte di Chichi.
Era un ragazza sveglia e intelligente, molto più di lui, e non era facile far combaciare tutte le bugie che le aveva raccontato e che continuava a raccontarle.
«Ma tu lo sai bene, perché sei come me! Anche tu giravi per la città di nascosto e travestita!» si sforzò di ridere il falso principe, sentendo un peso nel petto e un nodo stringergli la gola.
«Già…» rise anche Chichi, sempre appoggiata con la testa sulla sua spalla, avvicinandosi ancora di più a lui.
Forse quelle spiegazioni erano un po’ strane, le suonavano vagamente assurde, ma era troppo felice di aver ritrovato il ragazzo che sentiva di amare per volersi soffermare ancora su quello. Aveva ancora solo una cosa che non riusciva proprio a togliersi dalla testa.
«Un povero ladro di strada non avrebbe potuto avere una nuvola magica, i gioielli, gli elefanti e tutto il resto!» continuò Goku, non riuscendo però a distoglierla dai suoi pensieri.
«Perché allora non sono riuscita a riconoscerti? Avevi solo un cappello e dei vestiti eleganti…» domandò infine la principessa, che non riusciva a spiegarsi questa cosa.
Goku non sapeva cosa dire. Restò in silenzio qualche secondo e guardò i suoi amici che festeggiavano intorno al fuoco. Pensò che loro non avevano bisogno di mentire per essere felici. Anche lui, un tempo, non aveva bisogno di accumulare menzogne su menzogne per essere felice, anche se doveva lottare per un misero pezzo di pane ogni giorno.
«Nessuno… nessuno vede chi sei davvero quando sei… povero…» disse con un filo di voce.
«Mi dispiace» si scusò Chichi, non facendo altro che acuire il senso di colpa che stava torturando Goku.
Lui mentiva e lei si scusava. Si sentiva uno schifo, anche se era troppo bello essere così stretto a lei. Così bello sentire vicino anche il suo cuore.
«Chissà cosa pensi di me» sorrise la principessa. «Hai visto più tu Agraba in pochi giorni che io in tutta la mia vita».
Goku abbassò la testa, si sentiva triste, anche se cercava con tutto sé stesso di scacciare quelle sensazioni.
«Credo… credo che dovremmo tornare, adesso» disse in un flebile sussurro, stringendole più forte la mano.
 
La nuvola Speedy volava lentamente verso il palazzo reale nel silenzio della notte. Goku si voltò verso la principessa e fu in quel momento che si accorse che lei indossava solo un orecchino, oltre alla fascetta per capelli che le era tanto cara.
Il giovane ladro sorrise e si sentì improvvisamente meglio. Lei indossava l’orecchino gemello di quello che lui aveva ancora in tasca perché aveva voluto portarlo con sé nel momento in cui si era trasformato nel principe Kakaroth per darsi fiducia.
Chichi non aveva mai smesso di aspettarlo, se ne rese conto e si sentì in paradiso per questo. Non capì però che lei non aveva mai smesso di aspettare Goku, non il principe Goku o Kakaroth che fosse.
Non se ne rese conto, ma per lui in quel momento fu importante riuscire ad allontanare da sé quel senso di colpa che aveva cominciato a tormentarlo.
«Io mantengo sempre le promesse» disse, mettendo delicatamente l’orecchino all’orecchio di Chichi. «Scusa se ci ho messo un po’ a dartelo. E se sono arrivato in ritardo».
«Non importa» sorrise lei, appoggiando la testa sul suo petto. «L’unica cosa che conta è che tu sia tornato da me».
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: un capitolo magico che spero abbiate gradito, anche se si interrompe proprio sul più bello… per andare avanti da dove ci siamo fermati oggi dovrete aspettare infatti settimana prossima, vediamo un po’ cosa succederà adesso che Goku sta riaccompagnando a casa Chichi. Un finale con un tocco di amarezza a causa dei sensi di colpa di Goku, mitigato però dal famoso orecchino che lui le aveva rubato e adesso le ha restituito.
Abbiamo intravisto sei nuovi personaggi, tutti quelli che curiosamente in Remember me comparivano quasi solo nei capitoli legati al calcio… ci avete fatto caso?!
Per il resto, spero che vi siate divertiti nella parte iniziale dove compare telepaticamente anche Rad e, soprattutto, nell’iconico viaggio con tanto di canzone che mi auguro abbiate potuto cantare a squarciagola.
 
Ringrazio come sempre tutti voi che vi fate sempre sentire vicini e mi incoraggiate, ma anche voi che leggete in silenzio. Fatemi sapere cosa ne pensate di un capitolo così importante, se vi va. Un grazie va poi a Mercurionos per il bellissimo disegno della casa di Aladdin Goku con vista sul palazzo reale, e già vi anticipo che settimana prossima avremo un incantevole disegno di Sapphir Dream coi protagonisti di questa storia a bordo della nuvola Speedy.
 
Bene, settimana prossima scopriremo se Goku riuscirà ad essere sé stesso fino in fondo, se troverà il coraggio per dire la verità a Chichi… voi cosa prevedete?
Ma non finisce qui, perché ritroveremo anche i nostri Rad e Là, siete contenti? Li avevamo lasciati abbracciati nel giardino del palazzo reale, posso anticiparvi che ero particolarmente ispirato quando ho scritto questo capitolo e ho pensato a cose folli per loro. Mi direte, spero che vi piaceranno le mie idee… andranno in posti molto speciali, uno poi davvero imprevedibile e forse assurdo secondo me, ma sappiamo che Rad è eccessivo in tutto.
Il titolo sarà “Sei così bella”, non mi resta che ringraziarvi ancora e darvi appuntamento a mercoledì prossimo!
 
Teo
 
 

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Capitolo 19
*** Sei così bella ***


19 – Sei così bella
 
 
«Sbaglio, o quello è il tuo amico falsone con la principessa?» disse Lazuli, dopo aver visto passare nel cielo la nuvola Speedy con a bordo i due giovani che facevano ritorno verso la stanza di Chichi.
Lei e Radish erano ancora nel giardino del palazzo reale sdraiati sull’erba e abbracciati, protetti dalla loro bolla che li isolava da tutto e da tutti.
«Già, forse ce l’ha fatta quel piccolo bastardo a non fare casini con lei, per una volta» sorrise il genio, seguendo con lo sguardo le loro sagome finché sparirono dalla sua vista.
«Hai guardato un po’ troppo Chichi… cos’è, vorresti essere al posto del tuo amico scimmione senza cervello?!» sbottò all’improvviso Lazuli, conficcando le unghie nel dorso della mano del genio.
«A-ahia! Ma cosa dici, Là?!» farfugliò lui, che in realtà non aveva mai fatto nessun pensiero di quel tipo. Ma si rese conto che anche la sua principessa dagli occhi di ghiaccio lo sapeva benissimo, solo che stava giocando a fare la gelosa. E la trovava terribilmente adorabile.
«E di quell’ancella che se la fa con mio fratello? Cosa mi dici di lei? La preferisci a me?» aggiunse, dandogli una ginocchiata sulla coscia.
«M-ma, sei pazza?! Perché me lo chiedi?!» ridacchiò lui.
«Beh, perché sono la tua regina e la tua dea, no? E certe cose sono da mettere in chiaro subito» rispose, mettendosi poi a cavalcioni sopra Radish e fissandolo con un sorrisetto soddisfatto, allo stesso tempo incantevole e sinistro. «Sono la tua padrona, io, giusto?»
«Giustissimo!»
«E, a proposito di padrone donne… non è che ne hai avute altre, prima di me?» butto lì Lazuli con finta nonchalance, sorridendo amabilmente e passandogli la mano tra i suoi folti capelli. «Sai, qualche ragazza che aveva trovato la lampada… o qualcuna con cui hai fatto un po’ troppo il cretino in forma umana…».
«N-no! M-ma cosa ti viene in mente, Là?!» sudò freddo il genio.
La principessa si fece improvvisamente seria, il suo sguardo glaciale assunse nel breve volgere di un istante un connotato omicida. Strattonò con forza i capelli di Radish per fargli sollevare la testa e portarla a pochi centimetri dalla sua.
«Sarà meglio. Perché tu sei solo mio» spiegò, fissandolo dritto negl’occhi, per poi regalargli un bacio che tolse letteralmente il fiato al genio, ormai totalmente in balia di lei e di quel gioco. «Chiaro?!» aggiunse, spingendolo di nuovo a terra.
«Cristallino, padrona!» sorrise sghembo lui, perdendosi nell’ammirare l’immagine del corpo e del volto di Lazuli circondati dalle stelle che quella notte sembravano ancora più luminose.
Non tanto quanto lei e i suoi occhi di ghiaccio, comunque.
Vederla così lo confuse fin quasi a stordirlo. Probabilmente aveva un’espressione da ebete, ma non gli importava. Era felice, e lo era grazie a lei.
«Perché sei lì così imbambolato? Hai la faccia da scemo più del solito, o sbaglio? Stai ricordando qualche tua vecchia amichetta, per caso?!»
«In realtà… non riesco a fare a meno di pensare che sei così bella…» ammise Radish, parlando col cuore in mano.
Lazuli se ne rese conto e si fece seria, smettendola di giocare. Arrossì e distolse lo sguardo.
Era incredibile per Radish vederla cambiare così. Vederla più vulnerabile e dolce, all’improvviso. Era troppo bella per essere vera.
«D-davvero?»
«Più ti guardo e più mi accorgo che sei troppo bella per uno come me» rispose Radish, allungando una mano e sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Guarda che se diventerai un umano, dovrò segnare il territorio continuamente per tenere alla larga tutte le galline che ti ronzeranno di sicuro intorno» sorrise la principessa. «Non sottovalutarti, scemo».
«Anche tu non dovresti sottovalutarmi: ero sincero quando ti ho detto che una come te non l’ho mai vista neanche per sbaglio in milioni di anni. Non me ne frega niente delle altre» ribatté Radish, roco, avvicinando le labbra a quelle di lei e dandole un bacio che sapeva di dolcezza e di amore appena sbocciato. «Anche adesso, facci caso: invece di guardare le stelle, guardo te».
«Sei un maledetto adulatore, tu!» rise lei, spintonandolo.
«Guarda che non esagero! Non vedi anche tu che sei così bella che ogni stella si vergogna e smette di brillare?!» rispose Radish, tirando fuori tutta la sua vena poetica e indicando il meraviglioso cielo stellato sopra di loro.
«Uhm… secondo me sono belle anche queste stelle» disse Lazuli, col naso all’insù.
«Non brillano come i tuoi occhi di ghiaccio, stanotte, in ogni caso. E fidati che non sono niente di eccezionale, viste da vicino. Tu, invece, vista da vicino togli letteralmente il fiato».
«Non dirmi che tu le hai mai viste da vicino, le stelle!»
«Certo che le ho viste! Vuoi vederle anche tu?!»
«Cosa?! Mi stai prendendo in giro?!»
«Non scherzo! Vieni, ti porto a vedere di cosa è fatta la felicità!» sorrise Radish, alzandosi in piedi e prendendo in braccio Lazuli. «Ti va?» aggiunse, mentre lei stringeva le braccia intorno al suo collo e si accoccolava su di lui.
«Sì… ma… dove mi porti?»
«Lontano, lontano… dove finisce il cielo» gli fece l’occhiolino il genio. «Tieniti forte, Là!»
Nel volgere di un istante spiccò il volo, salendo a velocità supersonica verso l’alto. Andò oltre le nuvole, oltre qualunque cosa ci potesse essere al di là del cielo.
Si ritrovarono in un posto buio, freddo, vuoto. Nessun rumore. Solo alcuni agglomerati gassosi luminosi e sfere colorate che sembravano galleggiare e ruotare su sé stesse attorno a un’enorme palla infuocata.
«D-dove siamo?!» urlò Lazuli, stringendosi più forte a lui.
«In mezzo alle stelle, no? Le stesse che stavamo guardando insieme un attimo fa in giardino!» rise Radish, indicandole col capo. «Viste da vicino non sono niente di che, no? Tu, invece, vista da vicino sei una che non può essere dimenticata. Ma anche vista da lontano in realtà, sei una che lascia il segno. Io ho rischiato un collasso quando ti ho vista la prima volta!»
«S-siamo… siamo davvero nello spazio?! E come facciamo a respirare?!» esclamò lei, guardandosi intorno con gli occhi sgranati.
«Sono un fottuto genio, non dimenticartelo!»
«È… è davvero così quello che c’è intorno al mondo?»
«Già… dove finisce il cielo, inizia l’universo! Noi arriviamo da laggiù, per tua informazione» spiegò, indicando con un dito una piccola sfera blu e verde.
«Quella è la Terra?! E noi… noi siamo qui?!»
«Eh sì, e quello là è il sole! Ma lì fa troppo caldo, aspetta che ti porto da un’altra parte!»
Prima che Lazuli potesse rendersene conto si ritrovò sospesa a pochi metri d’altezza da una distesa brulla, sabbiosa, grigiastra e piena di crateri. «Et voilà, le presento la luna,  madame».
«La luna?! È… è davvero così?!» disse stupita Lazuli, guardandosi intorno. Ancora non riusciva a credere a quello che stava vivendo. Stava forse sognando? «Eppure è così luminosa… e magica vista dalla Terra».
«Ah, è un tutto un gioco di luce riflessa, quello…».
«Nel senso che la illumina il sole?»
«No, nel senso che la illumini tu quando la guardi» disse Radish, dandole un bacio a fior di labbra e facendola arrossire leggermente.
La principessa non si riconosceva più, era così diversa dal solito… eppure era felice come mai prima.
«Sai, un giorno di sicuro qualche uomo arriverà qui e sarà il primo a posare il suo piede qua sopra. Tutti diranno che è stato il suo il primo passo sulla luna e lui diventerà un eroe…» riprese Radish. «Ma nessuno saprà che in realtà è stata una donna, moltissimi anni prima, forse secoli, a farsi un giro da queste parti. E sei tu quella donna, Là» aggiunse, abbassandosi fino a pochi centimetri dal suolo.
Lazuli sciolse l’abbraccio che la legava al genio e posò senza timore il piede su quel terreno desertico. Quello fu il primo passo dell’umanità sulla luna, e nessuno avrebbe mai saputo che era stata un principessa senza corona in fuga dalla sua terra a farlo.
Appoggiò anche l’altro piede, sempre tenendo per mano Radish.
«Camminiamo insieme, Rad» gli disse. «Sembra di essere più leggeri qui».
«Io so solo che sono felice di fare una passeggiata sulla luna insieme a te… lontani da tutto e da tutti, dai casini…».
«E dalla lampada» sospirò Lazuli.
«Già, da quella lampada di merda» sorrise il genio, che non voleva pensare che tutto quello che stavano costruendo sarebbe potuto finire da un momento all’altro. «Ma non ci pensare adesso, non voglio vederti triste perché questa è la tua notte! Guarda che belle le tue impronte, le mie sembrano quelle di una bestia!»
«Per forza, sei uno scimmione!» rise anche lei, dandogli uno scappellotto sulla nuca.
«Vuoi andare da qualche altra parte, Là? Non so, su un altro pianeta?»
«Vorrei vedere il mare… sai, mi piace tanto il mare. Portami dove vuoi tu… non quello intorno ad Agraba perché l’ho visto quando siamo arrivati».
Agraba, infatti, era un regno immerso del deserto, ma non era distante da uno sbocco sul mare che contribuiva a renderlo particolarmente florido.
«Anche a me piace un casino. E va bene, ti porterò a vedere il mare!» annunciò Radish, prendendo di nuovo in braccio Lazuli e lanciandosi in picchiata verso la Terra.
La principessa chiuse gli occhi, e quando li riaprì si ritrovò in piedi su una spiaggia sabbiosa e bianca. Davanti a sé il mare era uno specchio placido blu notte illuminato dal chiarore della luna, alle sue spalle un alto promontorio chiudeva quel luogo incantevole in un’insenatura che sapeva di pace e profumava di sublime, non solo di salsedine.
«Dove siamo, Rad?» domandò con una voce sognante che quasi faticava lei stessa a riconoscere.
Nessuno abituato a vederla sempre apatica e scontrosa, del resto, avrebbe potuto riconoscerla in quel momento.
«Ti ho portato dove sei nata tu, mia dea».
«Ma… io sono nata ad Asgard! C’è giusto qualche iceberg in mezzo al nostro mare» rise lei.
«Certo, conosco bene la tua terra. L’ultima volta sono andato là mezzo nudo come al solito, sarà stato due o tre secoli fa… vabbè, sappi che ho beccato una bufera di neve che quasi mi ha congelato le palle» scoppiò a ridere.
La principessa sbuffò e gli pestò un piede.
«Piantala, cretino».
«V-va bene, scusa» farfugliò il genio, imprecando mentalmente per il dolore. «Comunque questa è l’isola di Milos, in Grecia».
«Io non sono mai stata qui… ma è stupenda!» disse Lazuli, facendo una giravolta su sé stessa dopo aver raggiunto il bagnasciuga fino a muovere qualche passo in acqua.
La brezza marina le mosse i capelli, mentre la luna si specchiava nei suoi occhi, non solo sul mare di quell’angolo di paradiso. Radish rimase a contemplarla con la bocca semiaperta. Pensò che non si sarebbe mai più tolto dalla mente l’immagine di lei in quel preciso istante.
Sembrava davvero una dea.
Si sentì fortunato. Appagato. E sì, anche decisamente eccitato.
«Tu sei la dea dell’amore e della bellezza, Là. E sei nata qui, su questa spiaggia, dalla spuma del mare» spiegò Radish, accennando un sorriso. «Tu sei la mia Venere e io ho avuto una cazzo di botta di culo a uscire dalla lampada proprio oggi, ad averti conosciuta».
La principessa smise in quel momento di camminare e fare giravolte sul pelo dell’acqua e si fece improvvisamente seria. Guardò Radish, fissando i suoi occhi neri come la notte che li avvolgeva e sembrava proteggerli. Si sistemò una ciocca di capelli dorati dietro l’orecchio e camminò verso di lui senza dire una parola.
Lo abbracciò, lo baciò di nuovo, a lungo, senza che nessuno dei due parlasse. Lo fece sdraiare a terra e si strinse a lui. Lo voleva. Lo voleva tremendamente.
Aveva voglia di lui, di nuovo.
I sensi di Radish annegarono nel suo sapore di donna e nel suo dolce profumo che si mescolava a quello del mare, il quale faceva da sottofondo con il suono ritmato e armonioso delle sue onde. Il calore della principessa e il suo corpo lo scaldavano fino a bruciarlo, per poi rigenerarlo in un ciclo continuo. Pensò che non sarebbe mai più stato in grado di vivere senza di lei.
E aveva voglia di lei, più di prima.
Fecero l’amore e lo fecero ancora, su quella spiaggia divina al chiaro di luna, finché non si addormentarono, ancora stretti l’uno all’altra, contando i battiti dei loro cuori.
 
Nel frattempo, ad Agraba, Goku stava aiutando Chichi a scendere dalla nuvola Speedy sulla balconata della sua stanza al palazzo reale.
Avevano appena volato nella notte stretti l’uno all’altra. I loro cuori battevano all’unisono.
La tenne per mano fino all’ultimo, finché lei non posò entrambi i piedi sulle eleganti piastrelle bianche di quell’immenso terrazzo. Bulma stava dormendo profondamente in un angolo raggomitolata su sé stessa. Aveva atteso a lungo il ritorno della sua padrona, ma alla fine era stata vinta dalla stanchezza.
Chichi sorrise a colui che aveva creduto essere il principe Kakaroth. I suoi occhi brillavano più dei gioielli che indossava. Era bella come mai era stata in vita sua, perché non si era mai sentita così radiosa e serena.
Goku aveva mentito perché l’amava e temeva di perderla. Non voleva scoprisse che era solo uno straccione reso principe da un Genio-Drago apparso grazie a sette sfere incantate. Le aveva detto solo il suo vero nome, non che in realtà non era mai stato un nobile.
Ma, in quel momento, in mezzo a tutte quelle stelle e quei battiti di cuore sempre più forti, il cumulo di menzogne che aveva costruito gli sembrava solo un ricordo lontano, qualcosa che non lo riguardava. Il senso di colpa che aveva provato aveva lasciato spazio al sogno incarnato da quella ragazza di cui si era innamorato sin dal primo istante senza nemmeno sapere che fosse la principessa. Quella stessa ragazza che lo guardava con occhi languidi e un dolce sorriso stampato sul suo meraviglioso viso, appoggiata coi gomiti alla balaustra da cui si sporgeva col busto. La nuvola Speedy, infatti, era scesa in volo sotto il livello della balconata per fare in modo che Goku, in piedi sopra di lei, e Chichi, potessero guardarsi negli occhi.
Entrambi provavano un senso di magia nei loro cuori, ma anche una profonda nostalgia da quando le loro mani si erano separate. Nessuno dei due voleva che quella notte finisse. Non in quel preciso istante, almeno. Era ancora troppo presto. C’era ancora tempo.
Ma nessuno dei due sapeva come esprimere quello che avevano dentro. Quanta voglia l’uno dell’altra stavano provando. Troppo imbranati, forse, o magari solo ingenui. L’unica cosa certa è che erano di una tenerezza disarmante. E che erano già follemente innamorati l’uno dell’altra, anche se non si erano mai dati neppure un bacio. E nonostante ci fossero ancora troppe cose non dette tra loro. Ma non contava, non sembrava qualcosa di così importante in quel preciso fotogramma della loro esistenza in cui si stavano guardando dolcemente in mezzo a una mare di stelle dopo aver girato il mondo a bordo di una nuvola.
«Buonanotte, mio bel principe» sussurrò Chichi, rompendo quel silenzio incantato.
«Sogni d’oro, principessa» rispose Goku, rapito da lei e da tutto quello che rappresentava per lui.
I loro volti erano vicini, così vicini che entrambi potevano sentire il respiro dell’altro arrivare dritto fino alla propria anima. Il loro amore era distante solo pochissimi centimetri in quel momento. Erano vicini, ma ancora troppo distanti.
La nuvola Speedy colmò all’improvviso la distanza che separava le bocche dei due giovani, sollevandosi quel tanto che bastava nell’aria e spingendo Goku verso Chichi.
Fu il bacio più magico della loro vita.
Lungo, intenso, dolce.
Goku chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dai sentimenti che provava. Il sapore di quel bacio, le labbra e la lingua della principessa, le sue mani tra i capelli… era tutto perfetto, meravigliosamente perfetto.
Chichi si sentiva al sicuro tra le mani forti di lui che le accarezzavano la nuca. Con la sua bocca che sembrava bramarla. Si sentiva in pace. Libera. Finalmente libera.
Si staccò a fatica da Goku e gli sorrise dolcemente, mentre lui la guardava con aria sognante. Gli diede le spalle, e il giovane ladro ci restò male.
La voleva ancora, sentiva che non ne avrebbe avuto mai abbastanza di lei. Ma restò immobile, imbambolato in piedi sulla nuvola magica e a stento capace di capire che quella che stava vivendo era la realtà, non solo un magnifico sogno.
La principessa camminò con estrema lentezza verso la porta finestra che dava accesso alla camera. Leggera e suadente, ancheggiando, sicura che lui stesse fissando quel corpo tonico e sensuale che si ritrovava. Scostò la tenda e si voltò, finalmente, sorridendo maliziosa e tirando verso di sé parte di quel prezioso tessuto color porpora e oro, coprendosi il seno.
Goku la osservava a bocca aperta, stregato dalla feroce bellezza delle sue movenze.
«Allora? Cosa aspetti?» sussurrò, accennando un sorriso furbo, mentre con la mano con cui non stava tirando la tenda cominciò a slacciarsi il top blu scuro tempestato di diamanti del suo meraviglioso vestito.
Lo sollevò verso l’alto, assicurandosi di attirare l’attenzione di Goku e lo lasciò cadere a terra senza smettere di sorridere. Con la tenda continuava a coprirsi il seno ormai nudo.
Goku sgranò gli occhi e deglutì il nulla. Doveva andare da lei?! Poteva davvero?! Le cose, per una volta, stavano andando sul serio nel verso giusto per lui?!
«Se preferisci stare lì sulla tua nuvola, allora io me ne vado a letto» lo provocò la principessa.
«N-no! Arrivo!» farfugliò Goku, saltando direttamente oltre la balaustra.
La frenesia e la goffaggine gli fecero però calcolare male le distanze. Inciampò e cadde rovinosamente lungo disteso sulla balconata. Bulma aprì un occhio, lo riconobbe e sbadigliò, girandosi dall’altra parte e riprendendo a dormire.
«Tsk! Razza di deficiente! Ho visto abbastanza… sono nauseato!» sibilò tre sé e sé un pappagallo, alzandosi in volo nella notte e dirigendosi verso le stanze di Freezer. Nessuno, infatti, aveva notato la presenza di Vegeta, nascosto tra le fronde di un albero del giardino. Aveva ricevuto l’ordine di tenere d’occhio i movimenti del principe Kakaroth.
«Urcaaa! Scusa!» esclamò allegramente Goku, rialzandosi di scatto e grattandosi la nuca.
Chichi scoppiò a ridere. Quel ragazzo le piaceva perché sapeva farla divertire, non solo perché sembrava capirla ed era tremendamente affascinante ai suoi occhi. Mentre rideva mollò la presa sulla tenda, mostrandosi in tutta la sua prepotente bellezza al giovane ladro, che si irrigidì e sentì il sangue ribollirgli nelle vene.
Scosse la testa per riprendersi. Era così bella da fargli male. Così perfetta da non sembragli vera.
La principessa arrossì e distolse lo sguardo, cercando di coprirsi l’abbondante seno con un braccio. Ma non faceva che apparire ancora più sensuale così, e Goku la trovò terribilmente eccitante e adorabile al tempo stesso.
Si sfilò la giacca e la camicia gettandole a terra, mostrando il suo petto muscoloso e definito e avanzando con decisione.
La voleva. Semplicemente la voleva con tutto sé stesso dopo averla tanto rincorsa. Bastò questo a dargli tutta la forza necessaria a mascherare la sua consueta imbranataggine.
La raggiunse in un attimo e la baciò di nuovo, stringendole con brama un seno e scendendo con la lingua lungo il suo collo fino a leccarle l’altro avidamente, strappandole un gemito.
La sollevò tenendola per le natiche e lei si allacciò con le gambe al suo bacino. Ripresero e baciarsi, finché raggiunsero il letto e Goku la appoggiò delicatamente tra le preziose e profumate lenzuola e i morbidi cuscini. Le sfilò gli ampi e leggeri pantaloni blu del suo abito insieme alle mutandine e restò a contemplare per alcuni interminabili istanti il suo corpo da favola. Era un’opera d’arte. ualcosa che andava al    
Qualcosa che andava al di là di ogni sua aspettativa.
Deglutì di nuovo il nulla, mentre sentiva crescere prepotentemente in lui un desiderio incontenibile.
«A cosa… a cosa pensi, Goku?» sussurrò la principessa, imbarazzata, arrossendo di nuovo.
«Che… che sei così bella…» sorrise dolcemente lui, sfilandosi a sua volta con un gesto repentino i pantaloni e le mutande.
La possente erezione che lasciò per un attimo senza parole Chichi dimostrò una volta di più quanto la bramasse. Quanto fosse lei e nient’altro che lei l’unico desiderio che avrebbe mai voluto esprimere e vedersi avverato.
E adesso era lì, il suo desiderio. Lì per lui.
Nuda, incantevole, fatata. Maliziosa e timida. Non più irraggiungibile.
Erano entrambi nudi e si guardavano avidamente. Si volevano, si mangiavano con gli occhi.
Nudi. Già, ora che erano nudi erano uguali: un ragazzo e una ragazza che volevano amarsi, non un povero ladro che fingeva di essere un principe e una principessa arrabbiata col mondo.
Goku pensò che insieme ai vestiti avrebbe potuto togliersi la maschera. Chichi era nuda davanti a lui e senza nessuna maschera. Era sincera, a differenza sua. E si sentì in colpa.
«Chichi…. e-ecco… io volevo dirti una cosa…» farfugliò il giovane ladro, deciso a dirle la verità.
«Sì, Goku… ti amo anch’io!» lo interruppe lei, lasciandolo senza parole.
Si sollevò di scatto sulle ginocchia e gli mise le braccia intorno al collo, baciandolo e trascinandolo sul letto sopra di lei.
«Era questo che stavi cercando di dirmi, vero?!» sorrise, con una tale gioia e purezza che il giovane ladro non seppe dirle di no.
Oppure non volle. Era una comoda via di fuga quella. Una via di fuga che non l’avrebbe obbligato a mentire di nuovo, tra l’altro. Già, perché quelle parole gli avevano riempito il cuore di gioia, allontanando ogni senso di colpa e lasciando spazio solo a sentimenti talmente belli che non avrebbe saputo descriverli.
Lei lo amava. Lo amava davvero. Lui, un povero ladro, era riuscito a far innamorare la principessa più bella che avesse mai potuto sognare.
«Sì, Chichi, sì! Ti amo… ti amo tanto!» disse Goku, in balia degli occhi neri di lei, improvvisamente attraversati da una meravigliosa scintilla.
«Allora prendimi, adesso. Ho voglia di te» gemette, baciandolo e stringendosi a lui.
«Ti voglio anch’io… ti ho voluta fin dal primo istante…».
Il giovane ladro entrò in lei con delicatezza, lasciandosi travolgere dal suo calore e dal senso di completezza che sentì pervaderlo in quel momento.
La principessa soffocò a fatica un urlo e si lasciò trasportare dalla magia di quella notte che mai avrebbe pensato di poter vivere proprio in quel momento.
«È… è il mio compleanno, lo s-sai?» disse Chichi, ansimando.
Il giorno dopo, infatti, sarebbe stato quello in cui teoricamente lei avrebbe dovuto sposarsi secondo la legge antiquata del suo regno. Doveva essere il giorno in cui il sultano avrebbe annunciato al popolo il suo successore. Era felice, pensò che ne era valsa la pena soffrire, perché avrebbe potuto sposarsi per amore.
«Allora ci vuole un regalo speciale, principessa» sorrise Goku, aumentando l’intensità delle sue spinte e facendola gemere più di prima.
Fu una notte con tanti regali speciali che in realtà si fecero a vicenda.
Fecero l’amore con dolcezza e avidità, con delicatezza e con foga. Lo fecero e lo fecero di nuovo, finché entrambi crollarono abbracciati l’uno all’altra su un letto ormai sfatto, vinti dalla fatica e da tutto l’amore che aveva fatto bruciare ardentemente ogni goccia di energia che avevano in corpo.
Fu la notte più bella della loro vita.
Una notte che non avrebbero mai dimenticato.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: eccoci qui, spero vi abbia divertito e magari fatto battere un pochino il cuore questo capitolo che porta il titolo di una canzone di GionnyScandal.
Allora, avete visto cosa riesce a combinare Goku l’imbranato se si mette d’impegno? Mi auguro vi sia piaciuta la conclusione della nottata tra lui e Chichi: la nuvola Speedy ha dato una mano a rompere il ghiaccio, ma il resto l’hanno fatto loro. Cosa dite, meglio qui o solo un bacio come nella versione originale?
In tutto questo, Rad deve fare il Rad, altrimenti non è contento. Goku porta Chichi in giro per il mondo? Bene, lui porta Lazuli sulla luna, tra le stelle e poi a Milos, giusto per non farsi mancare nulla. Questa loro parte mi era venuta in mente mentre scrivevo il capitolo, diciamo che non era stata progettata ma mi è “sgorgata” fuori quasi da sola. Se una volta all’anno non mi parte in una storia “Il primo passo di Armstrong” di Raige non sono contento, spero vi sia piaciuto quello che avete letto perché io non vedevo l’ora di poter pubblicare questo capitolo. Come ogni mito, anche la nascita di Venere ha diverse versioni e collocazioni geografiche. Io ho scelto questa e spero di aver creato una bel momento tra i miei Rad e Là.
 
Un grazie gigante va come sempre a tutti voi che state leggendo la storia, soprattutto a chi mi dedica del tempo regalandomi il suo parere e mi dà un bell’incentivo per continuare a fare del mio meglio.
Ringrazio poi tantissimo per l’ennesima volta Sapphir Dream, di cui pubblico il fantastico disegno che mi aveva fatto tantissimo tempo fa quando era nata l’idea di questa long e che racconta il primo bacio di Goku e Chichi.
A tal proposito, se volete, a gennaio avevo pubblicato una drabble dal titolo “Le Sette (Sfere) e una notte – Preview” che si ricollega a questo capitolo. Inoltre, un paio di anni fa, avevo anche scritto una one shot Gohan x Videl dal titolo “Il mondo è mio” in cui potrete trovare anche le parole della celebre canzone Disney come nello scorso capitolo di questa long.
 
Bene, detto questo, posso anticiparvi che da settimana prossima si torna alla (dura) realtà dopo alcuni capitoli dedicati all’amore, ai sogni e al significato di libertà. Ritroveremo diversi personaggi, non solo le due coppie che abbiamo visto in questo capitolo. Ad esempio, non vi siete dimenticati di Lapis e Lunch a letto insieme? O di Vegeta che stava spiando Goku? O dei sospetti di Freezer, con tanto di coinvolgimento della Squadra Ginew?
Ecco, torneranno tutti… ci sarà da ridere, da imprecare e, come sempre, da amare: il titolo è “Tra sogno e realtà”, ci vediamo mercoledì!
Grazie ancora!
 
Teo

SDEz0Du

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Capitolo 20
*** Tra sogno e realtà ***


20 – Tra sogno e realtà
 
 
«Forse… è meglio che torni nella mia stanza, adesso. Passando dal terrazzo, ovviamente» sussurrò Goku, dando un bacio a fior di labbra a Chichi e scostando il lenzuolo che copriva i loro corpi ancora nudi.
Era stata una notte di passione e magia quella, ma ormai era già sorto il sole e i due non volevano rischiare di far capire a qualcuno quello che era successo tra loro.
«Solo se dopo torni…» sorrise maliziosa la principessa, tirandolo a sé e baciandolo a lungo con dolcezza.
«Se fai così non riesco ad andarmene» sorrise a sua volta Goku, in balia di lei.
«E allora non andartene!» rise Chichi, scompigliandogli i capelli con la mano.
«Uhm… se mi dici così, allora…» le saltò addosso il giovane ladro.
«Stavo scherzando, scemo!» rise ancora la principessa. «Adesso devo prepararmi perché ho grandi progetti per dopo!»
«E va bene…» sospirò lui, alzandosi e recuperando i suoi vestiti. Li indossò e si diresse sulla balconata.
«Grazie per stanotte» gli sorrise dolcemente Chichi, ancora seduta sul letto.
La vista del suo seno scoperto e del suo corpo nudo baciato dai primi raggi del sole lasciò Goku senza fiato, mentre stringeva con la mano la tenda della portafinestra e si sforzava con tutto sé stesso di mantenere un barlume di lucidità. Davvero aveva fatto l’amore per tutta la notte con lei? Non era stato solo un meraviglioso e allucinante sogno?
«Torna da me più tardi, ti aspetto».
«S-sì» balbettò Goku, deglutendo il nulla. «E grazie a te… davvero» aggiunse, prima di uscire e saltare sulla balaustra.
Si voltò di nuovo verso la principessa e le sorrise, mentre si lasciava cadere all’indietro e a braccia aperte nel vuoto, sicuro che avrebbe trovato la fidata nuvola Speedy a prenderlo al volo per portarlo via.
 
Nel frattempo, anche Lunch si era svegliata e stava cercando di alzarsi dal letto di Lapis, che tuttavia la cingeva da dietro e le impediva di andarsene.
«Guarda che ho dei doveri come ancella! Devo andare!» si lamentò poco convinta, provando a divincolarsi senza in realtà impegnarsi troppo. Le piaceva quel gioco.
«Sai cosa me ne frega dei doveri. Non sono divertenti!» rise il principe, tirandola a sé e mordicchiandole il lobo dell’orecchio. «Lo sapevi a cosa saresti andata incontro quando hai deciso di venire nella tana del lupo cattivo, no?»
«Certo che lo sapevo… anzi, lo speravo…» rispose lei maliziosa, prima di sfilare una federa rossa da un cuscino e legarsela come poteva tra i capelli, creando così un cappuccio.
Si voltò verso di lui e lo guardò con occhi fintamente ingenui.
«Allora, posso tornare quando voglio nella tua tana?» cantilenò con voce infantile.
«Devi tornare qui ogni volta, maledetta Cappuccetto Rosso dai capelli blu» sibilò il principe, baciandola avidamente e stringendo con foga uno dei suoi seni nudi. «E ricordati che tu sei solo mia».
«Cercherò di tenerlo a mente, mio bel principe dagli occhi di ghiaccio e dal cuore infuocato» gli sorrise, dolce e sensuale.
«Più che il cuore, avrei qualcos’altro di infuocato. Ma credo sia ovvio, come immagino sia scontato che non sarebbe adatto alla mia classe dirlo in maniera esplicita» ghignò, guardando intensamente Lunch.
«Sei un cretino!» scoppiò a ridere lei, dandogli una leggera spinta sul petto e rialzandosi.
Si sistemò i capelli e i vestiti sotto gli occhi attenti del principe, che la guardava con aria enigmatica e indecifrabile.
«A cosa pensi? Qualche altra scemenza delle tue?»
«Stavo pensando che sei meravigliosa».
Lunch si bloccò per un istante e arrossì visibilmente, abbassando la testa. Quel ragazzo a volte si comportava in modo strano, altre sembrava un immaturo giocherellone. Ma sapeva sempre come prenderla. E come stupirla. Si rese conto che lo amava, e che non le importava più niente se la loro relazione potesse essere considerata un errore visto che lei non era nobile dalla nascita. Pensò che con lui sarebbe potuta essere felice.
«G-grazie» farfugliò, facendo per uscire dalla stanza. «Anche… anche tu lo sei».
«Cosa, meraviglioso? Sì, lo sapevo già» allargò le braccia il principe, sorridendo beffardo.
«Scemo!» sbottò l’ancella, mentre lui scoppiava a ridere.
«Ehi, Lunch?» si interruppe all’improvviso, facendosi serio.
«Sì?»
«Ci vediamo dopo, vero?»
«C-certo… mi piacerebbe…».
«Allora ti aspetto! Ho idea che sarà una grandissima giornata questa! Piena di casini e di colpi di scena! Di magie, di combattimenti, di amore!»
«Tu hai troppa fantasia, Lapis!» rise lei.
«Già, forse… ma in realtà mi basta sapere che ci sei tu per essere certo che sarà un giorno stupendo» sorrise con sincerità.
«S-sì…» arrossì di nuovo l’ancella, colpita da quelle parole. «A dopo» aggiunse, uscendo dalla stanza.
«Aspetta! Mi sono dimenticato di dirti una cosa!» la richiamò lui, con Lunch che rimise dentro solo la testa.
«Dimmi!»
«No, niente di che, eh… ti amo».
Il cuore di Lunch si fermò per un istante dopo quelle parole e il suo viso divenne, se possibile, più paonazzo di prima.
«Anch’io!» strillò, prima di uscire e sbattere la porta alle sue spalle.
Si dette un pizzicotto sul braccio e, per sicurezza, anche uno sulla guancia per essere sicura di non essersi sognata tutto.
 
«Sììì» esclamò Goku, affondando con la schiena nella morbidezza della nuvola magica che lo stava aspettando sotto la balconata di Chichi.
Chiuse gli occhi e respirò profondamente il profumo di fiori e di incenso, tenendo le braccia spalancate e cercando di ripensare a tutto quello che era successo nelle ultime ore. A quanto la sua vita stava cambiando. A quanto era felice. Si godeva il momento, mentre la nuvola svolazzava lentamente e si dirigeva verso il giardino per farlo scendere a terra.
Atterrarono delicatamente, ma Goku volle restare ancora qualche istante in quella posizione. Voleva ricordarsi per sempre quelle sensazioni irripetibili che aveva addosso.
«Speedy, finalmente, per una volta nella mia vita, tutto sta andando alla grande!» esclamò il giovane, riaprendo finalmente gli occhi e godendosi lo splendido cielo azzurro di quel giorno.
«Eccoti servito!»
Una voce sprezzante che conosceva fin troppo bene lo fece voltare di scatto alla sua destra. Era comunque troppo tardi, perché fece a malapena in tempo a riconoscere la faccia del capitano Ginew che questi lo colpì con un pugno sul volto che quasi gli fece perdere i sensi.
«Tenetelo! Tenetelo fermo!» ordinò il capitano ai suoi uomini che, sfruttando l’effetto sorpresa, bloccarono ognuno un arto a Goku, mentre lui si affrettava a imbavagliarlo.
La nuvola Speedy provò a reagire, ma venne colpita da un calcio di Rekoom e allontanata, proprio nel momento in cui dalle fronde di un albero si lanciò nel vuoto Bubbles, atterrando sulla testa di Ginew e cominciando a graffiarlo. Radish, infatti, aveva provveduto a farlo tornare nel suo corpo la sera precedente, prima della festa.
«Maledetta scimmia!» gridò il capitano, afferrandola e gettandola a terra con rabbia.
Bubbles provò a rialzarsi, ma venne colpita con un calcio da Guldo e cadde distesa con la schiena sull’erba.
«Nooo! Bubbleeesss!» farfugliò Goku, sebbene la sua voce arrivasse ovattata e non fosse percepibile da un orecchio umano.
Ma la sua scimmia riusciva a capirlo, forse perché Goku era stato tutto il suo mondo da quando aveva ricordi felici. E lo stesso valeva per Speedy, che era accorsa dal primate per provare ad alleviare la sua caduta.
«Andate viaaa! Viaaa! La lampadaaa! Viaaa!» gridò Goku, che temeva che quell’imboscata improvvisa fosse dovuta al fatto che qualcuno l’avesse scoperto.
Non aveva torto, del resto era stato proprio Radish la sera precedente a dirgli di stare attento alle mosse del Gran Visir, e quelli erano proprio gli uomini fidati di Freezer che lui conosceva molto bene. Loro non erano in grado di riconoscerlo, si stavano limitando a eseguire gli ordini ricevuti, come sempre.
Bubbles saltò sulla nuvola Speedy e volò via, diretto verso la stanza di Goku, dove il giovane ladro aveva nascosto accuratamente la lampada sotto un asse di legno che aveva divelto dal pavimento in un certo punto del locale.
La squadra Ginew, intanto, aveva provveduto a legare con pesanti catene il giovane ladro nonostante non avesse smesso di dimenarsi un secondo, per poi trascinarlo in un angolo oscuro.
«E così ci rivediamo, principe Kagasott» disse una voce melliflua nell’ombra.
«Missione compiuta, capo!» annunciò Ginew in pompa magna, scaraventando a terra il prigioniero e disponendosi a raggera intorno a lui con la sua squadra. «Pronti, uomini?! Facciamo vedere al capo la nuova posa che abbiamo provato stanotte fino allo sfinimento!»
«Sììì!» dissero in coro gli altri quattro, mentre la figura ancora nascosta nell’ombra cominciava a irritarsi e a sudare freddo allo stesso tempo.
«Rekoom, il più intelligente!» gridò il primo, correndo a tutta velocità su sé stesso girando in tondo, prima di bloccarsi all’improvviso sulla punta di un piede, tenendo sollevata l’altra gamba e allargando entrambe le braccia.
«Butter, il più veloce!» urlò il secondo, scattando a zig zag avanti e indietro per poi lanciarsi in scivolata sull’erba e fermarsi sotto la gamba sollevata di Rekoom, con le mani a coppa vicino alla faccia e gli occhi e la bocca spalancata.
«Jeeth, il più agile!» strillò il terzo, saltando verso l’alto e atterrando in spaccata accanto alla gamba sulla quale si reggeva Rekoom, che nel frattempo stava cominciando a tremare per lo sforzo nel mantenere quella posa da ballerina di danza classica.
Lo stesso Jeeth sentì una fitta terribile all’inguine e temette anche di aver perso almeno uno dei suoi due testicoli dopo quell’atterraggio maldestro, ma cercò di stringere i denti e non dare a vedere il dolore che stava provando. Butter se ne rese conto e gli mandò un bacio muovendo solo le labbra quando incrociò il suo sguardo, come a volergli dimostrare la sua vicinanza e la sua empatia, ma risultando talmente inquietante che allo stesso Jeeth venne voglia di cavarsi gli occhi.
«Guldo, il più profumato!» urlò il quarto, prendendo la rincorsa e gettandosi poi a terra, rotolando sulla sua pancia tondeggiante e pronunciata mentre coglieva margherite.
Si bloccò non appena trovò il corpo di Jeeth a sbarragli la strada, come del resto era previsto dalla coreografia, e si alzò in piedi posizionandosi tra Butter e lo stesso Jeeth, davanti a Rekoom e alzando le mani piene dei fiori che aveva colto.
Il colpo che aveva dato a Jeeth al momento dell’impatto, tuttavia, fece temere al soldato dai lunghi capelli bianchi di aver perso anche l’unico testicolo che reputava fosse rimasto al suo posto dopo la tremenda spaccata di poco prima. Era talmente sudato e dolorante che il suo viso divenne scarlatto, non semplicemente arrossato come sempre.
«Ginew! L’uomo di fiducia del Gran Visir!» sbraitò il capitano, saltando giù dal ramo di un albero sul quale si era arrampicato sfruttando l’attenzione rivolta da tutti verso i suoi uomini e atterrando tra loro e Goku, che aveva smesso di dimenarsi perché troppo sconvolto da quanto stava vedendo.
Il capitano mise male a terra la caviglia e la sentì scricchiolare terribilmente, ma anche lui ignorò il dolore perché era un soldato sprezzante del pericolo, nonché un coreografo d’eccezione. Sorrise e sollevò il busto mantenendo un solo ginocchio a terra e protese la braccia verso Goku legato accanto a lui, come a volersi beare del suo trofeo di caccia.
«Squadra Ginew, in azione!» gridarono in coro, prima che il silenzio di quella splendida alba avvolse quell’angolo del giardino del palazzo reale.
Si sentiva solo un flebile alito di vento spezzare quel vuoto di suoni e parole che cominciava ad apparire assordante. E fu proprio quella leggera brezza a portar via l’unica piccola nuvola che oscurava il cielo azzurro, permettendo così ai raggi del sole di illuminare Freezer, immobile a pochi passi da Goku e da quello scempio che avevano appena inscenato quelli che erano i suoi uomini migliori.
Il Gran Visir si schiarì la voce e strinse nervosamente il suo bastone dorato. Si sentiva terribilmente a disagio. Pensò fra sé che probabilmente non si era mai vergognato così tanto. Una goccia di sudore gli scese inesorabile dalla tempia e si perse lungo la guancia pallida e smagrita, mentre Rekoom tremava sempre più visibilmente e Jeeth aveva tutta l’aria di essere una persona a un passo dal perdere i sensi. La caviglia di Ginew si stava gonfiando a vista d’occhio e i fiori tra le mani di Guldo appassivano, facendo sì che i petali ormai smorti creassero una sorta di corona di fiori sulla testa pelata di Butter. Sembrava un’aureola, pensò Freezer, e ritenne anche che forse avrebbe preferito morire piuttosto che vedere un’altra volta qualcosa di così imbarazzante.
«Li buttiamo nella fossa dei cobra?» suggerì Vegeta a bassa voce, prima di alzarsi in volo e defecare con nonchalance proprio nel momento in cui passava sopra ai cinque uomini, immobili nelle rispettive pose.
Il caso volle che colpì in pieno il povero Jeeth, creando un disastro tra i suoi già lunghi e folti capelli. Era talmente sofferente che quasi non se ne rese conto, e nemmeno i suoi compagni trovarono la forza di lamentarsi, ognuno alle prese coi propri problemi.
«E-ehmmm…» farfugliò Freezer, facendo un passo avanti e schiarendosi di nuovo la voce, portandosi un pugno chiuso davanti alla bocca. «Ottimo… ottimo lavoro. Ora lasciatemi solo col prigioniero, ma tenetevi a disposizione».
«Agli ordini!» gridò Ginew, alzandosi di scatto e zoppicando per allontanarsi, proprio mentre Rekoom non riusciva più a reggersi in piedi e crollava a terra, rovinando addosso agli altri tre.
Finì soprattutto addosso a Jeeth, atterrando col sedere sulla sua faccia e facendolo stramazzare a terra. Il soldato dai capelli bianchi ormai collosi e impiastricciati, mentre perdeva i sensi domandandosi se stesse in realtà passando a miglior vita, pensò che almeno avrebbe smesso di soffrire. Butter si alzò e prese in braccio l’amico svenuto, mentre tutti i petali dalla sua testa finirono in faccia a Guldo, che cominciò a riempirsi di bubboni violacei e a urlare di dolore. Scoprì in quel momento che era allergico a quei fiori e cominciò a faticare a respirare e a tossire.
«Vi ho detto di andare via! Non ho tempo da perdere!» sbraitò Freezer, furibondo, convincendo i cinque ad allontanarsi in qualche modo.
«Che teste di cazzo! Tsk!» sbuffò Vegeta, tornando a posarsi sulla sua spalla.
«Allora… principe Kagasott» disse Freezer, ritrovando il suo consueto aplomb e guardando Goku dall’alto in basso.
Cercò di ignorare i suoi uomini, dato che in lontananza Rekoom stava facendo bere uno strano intruglio a Guldo, mentre Butter praticava la respirazione bocca a bocca a Jeeth e Ginew si fasciava la caviglia.
«Ti stavo aspettando da un po’… e io odio aspettare» riprese il Gran Visir, indurendo il tono della voce. «A quanto pare ti sei divertito con quell’inutile ragazzina viziata… non che la cosa mi interessi, in realtà. Semplicemente, mi hai fatto perdere tempo prezioso».
Assottigliò gli occhi e si avvicinò a Goku, fermandosi a un passo da lui.
«Sai, c’era qualcosa che non mi convinceva in te, ma non riuscivo a capire cosa. Poi mi sono ricordato che su alcuni dei miei libri ho letto che esiste una nuvola magica nella Caverna delle Meraviglie» continuò Freezer, sorridendo in modo sinistro. «Ho molti motivi per pensare che tu sia lo straccione che ho condotto proprio in quel luogo un paio di giorni fa, o sbaglio?»
A Goku si gelò il sangue nelle vene, tuttavia negò con forza scuotendo la testa.
«Ah, e così non saresti tu… certo, certo. In effetti, nemmeno io riesco a riconoscerti. Ho anche provato a fare un incantesimo per scoprire la tua identità, lo stesso grazie al quale avevo scoperto che eri proprio tu il diamante allo stato grezzo che stavo cercando» sorrise ancora il Gran Visir, chinandosi per guardare Goku dritto negli occhi. «Ma, a quanto pare, c’era qualcosa che interferiva col mio incantesimo, stavolta. Una barriera, una magia più potente della mia… come quella di un genio, ad esempio. Ne sai qualcosa?»
Goku negò di nuovo, mentre cercava inutilmente di liberarsi i polsi incatenati dietro la schiena.
«Dammi la lampada e smettila di farmi perdere tempo» ordinò Freezer, prima di perquisire Goku. «Uhm… un doppio fondo nel cappello, magari…» rifletté ad alta voce, sfilando il copricapo dalla testa di Goku, senza tuttavia riuscire a trovare nemmeno lì ciò che stava cercando. «Bene, non ce l’hai con te. Ma hai ancora una possibilità per evitare una morte lenta e atroce».
Allungò una mano verso il giovane ladro e gli abbassò il bavaglio che gli impediva di parlare.
«Se mi darai quello che voglio senza fare troppe storie, potrei anche decidere di ucciderti in modo rapido e indolore».
«Non so di cosa tu stia parlando!» esclamò Goku.
«Allora sei proprio sicuro di non volermi dire da solo dov’è la lampada? Tanto lo sappiamo entrambi che la troverò lo stesso…».
«Non ho nessuna lampada, io!»
«Risposta sbagliata» stabilì Freezer. «Sai, stavo pensando che tu e la tua stupida principessina viziata potrete raccontarvi a vicenda le vostre morti quando sarete nell’Aldilà» aggiunse ridacchiando. «Io oggi diventerò il nuovo sultano, ma magari lei la faccio sopravvivere fino a domani. Giusto il tempo di umiliarla un po’. Di sfogarmi su di lei, non so se mi spiego».
«Maledetto! Non ti azzardare a toccare Chichi o io ti… uhm! Uhm!» provò a gridare Goku, che tuttavia venne di nuovo imbavagliato dal Gran Visir.
«Ginew, prendi un sacco e vieni qui! Vegeta, vai a cercare la lampada nella sua stanza e portamela subito» ordinò Freezer.
Vegeta ghignò dentro di sé e si alzò in volo. Vide più vicino il suo obiettivo, perché ovviamente non aveva nessuna intenzione di portare la lampada al suo padrone. Voleva usarla lui, aveva tre desideri ben precisi in testa da quando aveva scoperto l’esistenza di un genio che poteva cambiargli la vita e non fargliela sprecare nel corpo di un debole pappagallo.
«Eccoci, capo!» annunciò Ginew, arrivando coi suoi uomini. Anche Jeeth si reggeva in qualche modo sulle sue gambe, anche se non aveva certo un bel colorito.
Freezer si guardò intorno e ritenne che sarebbe stato troppo rischioso far portare il prigioniero alla fossa dei cobra nella sua prigione segreta, perché c’era troppa gente in giro per il palazzo reale in quel momento. Troppi ficcanaso, come ad esempio soldati e guardie che non erano sotto il suo diretto controllo.
«Il soggiorno ad Agraba del principe Kagasott è terminato» spiegò il Gran Visir, senza tradire emozioni. «Mettetelo in quel sacco e fate in modo che non venga mai più ritrovato. Un tuffo in mare mi sembra una buona soluzione».
«Uhm! Uhm!» provò a dimenarsi disperatamente Goku.
«Non agitarti. Se hai davvero quello che voglio potresti anche salvarti… e se tornerai vorrà dire che ci avevo visto giusto. Altrimenti… beh, altrimenti vorrà dire che mi era sbagliato. Non che mi interessi, però» rise sguaiatamente Freezer, mentre Ginew colpiva sulla nuca il falso principe e gli faceva perdere i sensi.
«C’è qualche problema?» si intromise Tensing, accompagnato da Riff, spuntando fuori da dietro un albero proprio mentre i componenti della squadra Ginew stavano chiudendo il sacco con dentro il loro prigioniero.
«Nessun problema» lo incenerì con lo sguardo Freezer. «E adesso tornate al lavoro! Oppure osate disubbidire agli ordini del Gran Visir?!»
«C-ci scusi! Avevamo solo sentito un rumore!» rispose Riff, prima di correre via insieme al suo compagno.
«Andate. Passate da un’uscita secondaria» stabilì Freezer, rivolto ai suoi uomini, rientrando all’interno del palazzo in cerca di Vegeta e della lampada.
Ginew e i suoi si avvicinarono alla porta più discreta di tutto il palazzo, cioè quella controllata da Yamcha, che stava chiacchierando in quel momento col suo amico Crilin, la guardia carceraria.
«Dobbiamo uscire» disse il capitano.
«Ehi, ragazzi! Come va? Cosa si dice dalle parti del Gran Visir?» scherzò amichevolmente Yamcha, tirando fuori la chiave dalla tasca e dirigendosi verso la porta.
«Abbiamo fretta! Muoviti!» ringhiò Butter.
«Ah, dovete portare Jeeth da un medico? Hai una pessima cera, amico, lasciatelo dire! Hai mangiato pesante ieri sera?» domandò Yamcha, sorridendo al soldato dai capelli bianchi che in realtà capiva a malapena dove si trovava in quel momento. «E poi che roba hai tra i capelli?! Che schifo!»
«No, ha preso una botta alle palle, non preoccuparti!» rise Rekoom. «E poi un uccello gli ha cagato in testa, niente di grave!»
«Basta parlare! Siamo di fretta!» zittì tutti Ginew.
«Cosa c’è in quel sacco?» chiese Crilin, sospettoso.
«Ehm… spazzatura?!» rispose di getto Rekoom, grattandosi la nuca.
«E perché la portate via voi?» insistette la guardia carceraria che si era dimostrata di buon cuore con Goku quando era stato arrestato su ordine di Freezer due giorni prima.
«Perché i voleri del Gran Visir non sono cose che dovrebbero riguardare un’inutile guardia come te, nano dalla testa pelata!» intervenne sprezzante Guldo, con la faccia più gonfia del solito.
«A parte il fatto che sono molto più alto di te, vorrei ricordarti che io i capelli ce li ho e me li raso per scelta, a differenza tua» sorrise Crilin.
«E lui ha anche un cervello, a differenza tua, Guldo!» rise Yamcha, facendo scoppiare a ridere anche l’ingenuo e sempliciotto Rekoom.
«Ho detto che dovete smetterla di parlare! Abbiamo degli ordini da eseguire! Fuori!» ringhiò un esasperato Ginew, facendo uscire i suoi uomini dal passaggio aperto poco prima da Yamcha e caricando su un carretto il sacco che conteneva il prigioniero.
I cinque tirapiedi di Freezer uscirono dalla città e si diressero verso la costa, finché raggiunsero un promontorio a picco su quel mare cristallino che garantiva la prosperità commerciale di Agraba. Una volta che si furono assicurati che nessuno potesse vederli, tirarono fuori dal sacco il corpo esanime di Goku e gli incatenarono alle caviglie già legate una pesantissima palla di ferro per farlo colare a picco fino al fondale non appena l’avessero buttato giù.
«Niente di personale, principe Kagasott. Evidentemente hai scelto di stare dalla parte sbagliata, a differenza nostra» disse Ginew, trascinando il prigioniero fino al dirupo contro il quale si infrangevano le onde. «Non so cosa tu abbia fatto per far arrabbiare così tanto il Gran Visir, ma io devo semplicemente fare il mio lavoro. Fai un bel bagno rinfrescante e salutami la Sirenetta se la incontri. Addio» aggiunse, prima di spingerlo nel vuoto.
 
Radish, intanto, si stavo svegliando grazie ai primi raggi del sole che cominciavano a scaldare l’isola di Milos in cui si trovava ancora. Si rigirò nel letto che aveva magicamente fatto apparire sulla sabbia poche ore prima, mentre il dolce suono ritmato delle onde che si infrangevano sul bagnasciuga gli fece pensare a quanto sarebbe stato bello se avesse potuto vivere come un uomo libero per sempre. Insieme alla sua Lazuli, l’unica e sola padrona per cui avrebbe voluto esprimere desideri da lì all’eternità, e anche oltre.
Già, Lazuli.
La cercò allungando la mano tra le lenzuola, ma si rese conto che non era più lì. Si sentì triste, e anche un po’ stupido. Era questo che gli umani chiamano amore? Comprendeva anche questa nostalgia quando ci si ritrovava da soli?
Aprì gli occhi e si voltò in direzione del mare.
Uno strano calore gli riempì il petto e un sorriso gli si dipinse automaticamente sul volto.
Lazuli stava passeggiando nuda sul bagnasciuga, immersa nell’acqua solo fino alla caviglie. Quando si accorse di essere guardata da lui, fece un’elegante giravolta e poi si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, accennando un sorriso.
«È bella da far schifo…» disse fra sé, deglutendo il nulla.
La principessa lo salutò con un cenno della mano, maliziosa, e Radish si convinse ad alzarsi per raggiungerla.
«Bonjour» le disse roco, mentre si avvicinava a lei, lento e inesorabile, soprattutto completamente nudo nel suo fisico scultoreo degno del genio che era.
«Vedo che qualcuno sta sentendo la mia mancanza» sorrise allusiva Lazuli, indicando con un cenno del capo la possente erezione del genio che cresceva a vista d’occhio.
«Merda… non posso vivere perennemente col durello per colpa tua!» finse di lamentarsi Radish, avvicinandosi a lei fino a sfiorarle le labbra con la lingua.
«Ah, no? Guarda che mi fa piacere, scemo» sussurrò lei, azzerando le distanze e approfondendo quel bacio che sapeva di infinito, prima di dirigere le sue morbide labbra verso il suo orecchio per torturaglielo un po’.
«Finalmente ti sei svegliato» gli soffiò delicatamente nell’orecchio. «Allora Rad, cosa hai pensato quando mi hai visto?»
«Che sei qualcosa che va al di là della mia stessa comprensione, Là…» rispose Radish, afferrandole con forza le natiche e mordicchiandole il collo. «Che sei così bella che mi fai male… che sei bella in modo brutale e inimmaginabile» aggiunse, per poi guardarla dritta negli occhi. «Sei come un fiore di ghiaccio cresciuto in mezzo al deserto».
Lazuli arrossì leggermente e accennò un sorriso. Non disse nulla, non ce n’era bisogno. Si limitò a baciarlo di nuovo e a stringere la sua eccitazione con una mano, cominciando un eccitante massaggio con cui voleva riprendere il discorso che avevano interrotto nel cuore della notte, spossati e appagati. Si sentiva felice. E dentro di sé si diceva che non l’avrebbe perso per niente al mondo. Che non l’avrebbe lasciato andar via da solo da quel mondo per fare ritorno in quella stupida lampada.
Radish, dal canto suo, sentiva di essere in balia di quella ragazza e del suo cuore. Nulla poteva essere più come prima per lui, perché lei l’aveva travolto come un uragano e aveva cambiato tutte le carte in tavola che lui aveva pazientemente disposto per milioni di anni. Anzi, le aveva proprio spazzate via. L’aveva fatto a pezzi e poi l’aveva ricostruito meglio di come mai fosse stato prima. Non voleva separarsi da lei. Non poteva tornare nella lampada… e non poteva permettersi di spezzarle il cuore. La situazione gli era sfuggita di mano perché lei era stata talmente dirompente da aver infranto ogni suo incantesimo, ogni barriera, ogni difesa. Lui la voleva e l’avrebbe voluta per sempre.
Non poteva fare altro che fidarsi di Goku, a questo punto. Affidarsi a lui per ottenere la libertà, come promesso. Lui, un genio immortale e onnipotente, doveva dare le chiavi del suo destino in mano a un umano, generoso e buono, certo, ma pur sempre umano e quindi volubile. E tutto questo non solo o non più per sé stesso, ma soprattutto per amore di una ragazza umana. Il genio pensò che la vita a volte sapeva essere davvero strana, anche se ci aveva messo milioni di anni per sorprenderlo.
Strinse a sé più forte Lazuli, mentre cercava di dirsi che Goku avrebbe mantenuto la sua promessa, quando, all’improvviso, una scossa gli attraversò la mente e gli fece cedere le ginocchia, rischiando di farlo cadere in acqua.
«Rad! Stai bene?!» esclamò la principessa, preoccupata.
«Goku… Goku sta morendo, cazzo!» urlò, con gli occhi sgranati.
Subito dei vestiti apparvero sul suo corpo e su quello di Lazuli.
«Cosa?! Goku?!» chiese lei, che non poteva capire quello che stava percependo il genio grazie a un piccolo barlume di collegamento mentale che avevano mantenuto lui e suo fratello minore dalla sera precedente.
Radish la prese per mano e la strinse a sé, cingendole la vita con un braccio.
«Non c’è più tempo! Andiamo!»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: un finale carico di pathos per questo capitolo. Riuscirà Rad a salvare Goku? Vi dico subito che qui le cose andranno un po’ in modo diverso rispetto alla storia classica di Aladdin.
Per il resto, è successo un po’ di tutto: dalle parti romantiche dedicate alle tre coppie principali di questa long al piano omicida ordito da Freezer, passando per un balletto carico di disagio e di imprevisti della nostra Ginew Squad.
Vi sono piaciuti i nostri disagiati? Non so nemmeno io perché ho infierito così tanto sul povero Jeeth, forse perché è il mio preferito del gruppo insieme a Rekoom, che invece è quello che mi fa più ridere! Anche stavolta la scena si è ampliata ed è degenerata mentre scrivevo senza averla progettata, spero vi abbia fatto ridere perché io (che sono scemo) non vedevo l’ora di pubblicarla! ;-)
Abbiamo poi rivisto Lapis e Lunch, so che ad alcuni erano mancati. Mentre Rad e Là spero vi abbiano fatto sognare ancora un pochino, tra l’altro ringrazio Amartbee per la bellissima fanart di Lazuli sulla spiaggia dell’isola di Milos, che allego.
 
Un grazie speciale va anche stavolta a chi mi lascia sempre il suo parere e mi dedica parte del suo tempo! Ringrazio poi ovviamente anche chi legge in silenzio, fatemi sapere anche voi, se vi va, cosa ne pensate della piega che sta prendendo la storia e di cosa vi aspettate dal prossimo capitolo.
 
Bene, a proposito del nuovo capitolo, vi dico che si intitola “Il secondo desiderio”. Ma vi anticipo subito che sarà diverso da quello che è il secondo desiderio che chiede Aladdin nel Classico Disney. Avete idee?
E poi, prima di tutto, Goku riuscirà a salvarsi o la situazione precipiterà?
Rivedremo in scena un po’ tutti, compreso un Freezer che decide finalmente di giocare a carte scoperte per provare a fare all in e un Giuma in versione marionetta. Ci sarà Lapis che canticchierà una canzoncina, Lazuli che romperà qualcosa e qualcuno che sbaglierà a dire un nome di persona facendo infuriare la persona in questione.
Comunque andranno le cose, preparatevi perché sarà un capitolo di svolta che apre di fatto la terza e ultima macro parte di questa long!
 
E, infine, un’ultima comunicazione: venerdì torno a pubblicare una one shot che avevo in testa da almeno due anni e che avevo iniziato a buttare giù poco prima del lockdown, salvo poi metterla da parte e finirla ieri, così all’improvviso. È una one shot particolare, a cui tengo molto, dedicata a Lazuli, con anche la presenza di Crilin da un certo punto in poi. È una storia che parte da una vecchia canzone di Raige e sfocia nel mito, per arrivare al presente. La storia di una ragazza guerriera che agli albori della storia del mondo ottenne il potere di trasformarsi in una tigre per difendere i più deboli dal male, ma… c’è un ma, appunto.
Se siete curiosi vi aspetto già venerdì con Tora Ki, che in giapponese significa “energia della tigre”. Sarà meglio essere una tigre dagli occhi di giada o una tigre dagli occhi di ghiaccio? Lo scopriremo insieme, se vi va. ;-)
 
Ci vediamo venerdì, grazie ancora!
 
Teo

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Capitolo 21
*** Il secondo desiderio ***


21 – Il secondo desiderio
 
 
L’impatto con l’acqua aveva fatto risvegliare Goku di soprassalto. Ginew, infatti, l’aveva gettato in mare mentre era ancora privo di sensi.
Si guardò intorno terrorizzato, con gli occhi che bruciavano per via dell’acqua salata e con i polmoni ormai in fiamme alla disperata ricerca di ossigeno. Provò a nuotare, ma era legato e per di più affondava inesorabilmente a causa della pesantissima palla di ferro legata alla caviglia che lo trascinava sempre più giù.
Cominciò a urlare mentalmente il nome di Radish, sperando che lui potesse percepire in qualche modo la sua presenza e venirlo a salvare. Continuava a inghiottire acqua e a dimenarsi inutilmente. I polmoni erano ormai al limite, le forze lo abbandonavano.
Era finita. Non sentiva più niente. Anche il senso atroce di soffocamento ormai arrivava al suo cervello come una sensazione ovattata e lontana.
Smise di muoversi, mentre intorno a sé improvvisamente tutto diventava buio.
 
«È qua sotto!» urlò Radish, comparendo magicamente sul mare sotto al promontorio dal quale era stato gettato Goku. «Aspettami qui!» aggiunse, facendo comparire sotto di sé un tappeto volante e facendoci salire sopra Lazuli, che era arrivata fin lì abbracciata a lui.
Si gettò in acqua e cominciò a nuotare velocissimo in cerca del suo amico, finché non lo vide ancorato al fondale, privo di sensi.
«Potevi dirmelo che avevi voglia di fare un bagno!» esclamò, stringendo a sé Goku e notando le catene e la palla di ferro che lo immobilizzava. «Mi sembra di capire che stai sul cazzo a qualcuno…» aggiunse, prima di volare fuori dall’acqua a tutta velocità, creando una colonna d’acqua che lo seguì fin quasi in cima al promontorio, dove posò delicatamente a terra l’amico.
«È vivo?!» domandò Lazuli, dopo averli raggiunti in volo a bordo del tappeto.
«Non lo so! Non respira!» rispose il genio, che aveva cominciato a premere con forza sull’addome di Goku con le mani per cercare di far uscire tutta l’acqua che aveva ingerito e che sicuramente gli era finita anche nei polmoni. «Merda! Merda! Più forte… più forte!» sbottò, cominciando a premere con forza sempre maggiore, senza che Goku desse però segni di vita.
«Fermati! Se vai avanti così sarai tu ad ammazzarlo, se non è già morto!» intervenne Lazuli, scendendo dal tappeto e avvicinandosi ai due. «Lascia fare a me».
«Ma…» provò a opporsi il genio.
«Ti fidi di me?» gli chiese a bruciapelo lei, guardandolo.
«Sì…» sorrise Radish, che si fece da parte.
La principessa posizionò le mani sull’addome di Goku e premette nei punti giusti, con la forza che serviva per cercare di salvarlo senza ucciderlo. Dopo qualche secondo il giovane ladro cominciò a tossire e a vomitare acqua. Lazuli si alzò disgustata e arretrò di un paio di passi.
«È ripugnante… non so come possa piacere a Chichi…» si limitò a dire.
«Gò! Gò! Sei vivo» lo abbracciò Radish, al settimo cielo. «Là… sei fantastica!»
«Lo so» rispose lei compiaciuta, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio, mentre Goku non la smetteva di tossire.
«Ho capito! Ci vuole la respirazione bocca a bocca!» esclamò il genio, che spalancò la bocca e si avvicinò al volto di Goku.
Il giovane ladro riaprì gli occhi in quel momento e si trovò davanti le labbra di Radish. Quasi gli venne un colpo. Girò di scatto la faccia e tentò di allontanarlo, spingendolo via.
«Dai… non fare il difficile, cazzo!» fece forza Radish, mentre Goku gli schiacciava il naso col palmo della mano e gli metteva le dita negli occhi nel tentativo disperato di allontanarlo.
«R-rad… st-… sto… bene… bwergh» farfugliò il giovane ladro, sputando altra acqua.
«Non ha bisogno della respirazione bocca a bocca, scemo» stabilì Lazuli, dando una sberla sulla nuca di Radish, che mollò la presa sul suo neo fratello minore.
Goku riprese fiato e si guardò intorno. Respirava a pieni polmoni, mentre realizzava quello che era successo. Era vivo, ed era tutto merito del genio.
Si mise a sedere e lo abbracciò con gratitudine.
«Grazie Rad!»
«Mi hai fatto prendere un colpo, Gò!» lo abbracciò a sua volta lui.
«È stato Freemerd a cercare di uccidermi! Maledetto!»
«Sto male Gò! Ma quanto sei scemo?! Va che si chiama Freezer!» scoppiò a ridere Radish. «Dopo gli facciamo il culo a quel pezzo di merda, non preoccuparti!»
«Ma… perché c’è anche lei, qui?!» chiese esterrefatto Goku, notando solo in quel momento Lazuli.
«Scusami se ti ho salvato la vita!» ribatté acida la principessa di Asgard, incrociando le braccia sotto al seno e volgendo altrove lo sguardo con stizza.
«Io ti ho tirato fuori dal mare, ma è lei che ti ha fatto sputare fuori tutta l’acqua che avevi bevuto!» rise il genio, dando una vigorosa pacca sulla schiena a Goku.
«Burppp» digerì sonoramente il giovane ladro, prima di sputare altra acqua.
«Grande Gò! Un giorno dobbiamo troppo fare una gara di rutti!» rise sguaiatamente il genio.
Lazuli sollevò un sopracciglio e strinse i pugni.
«Siete disgustosi» disse, senza nemmeno degnarli di uno sguardo.
«Ah, urcaaa!» esclamò Goku, alzandosi in piedi e inchinandosi leggermente davanti a Lazuli. «Grazie mille per avermi salvato la vita, principessa Loculi!»
«L-loculi…» ripeté lei, ringhiando a denti stretti e voltandosi lentamente verso Goku.
Lo fissò e lo incenerì con lo sguardo, dopodiché si limitò a osservare per un istante Radish, che smise immediatamente di ridere e, anzi, cominciò a fischiettare e guardarsi con nonchalance le unghie fingendosi indifferente. La principessa, a quel punto, tornò a osservare Goku regalandogli il migliore dei suoi sguardi omicidi, facendogli rimpiangere di non essere ancora privo di sensi in fondo al mare.
«Mi chiamo Lazuli, mentecatto! Ficcatelo in quella zucca vuota da scimmione che ti ritrovi. Se ci tieni tanto a finire in un loculo, ti accontento subito».
«A-ah, ok! Scusa!» ridacchiò Goku, grattandosi la nuca. «Ma… quindi tu sai tutto?! Di me, di Rad…».
«L’ho sempre saputo. Per chi mi hai presa?!»
«Ma non avevi fatto un incantesimo?!» chiese sbigottito Goku a Radish.
«È lei che ha fatto un incantesimo a me, Gò: mi ha fatto innamorare perdutamente» sospirò in modo teatrale il genio, materializzandosi accanto alla principessa e stringendola a sé.
Lei si divincolò e arrossì, stizzita e imbarazzata. Non le piaceva dare spettacolo in pubblico.
«In realtà su di lei non ha mai avuto effetto la mia magia…».
«Non dire la verità a Chichi, ti pregooo!» piagnucolò Goku, pregando la principessa a mani giunte.
«L’avrei già fatto, se avessi voluto» ribatté lei, irritata. «E piantala di lagnarti, sei fastidioso».
«Grazie!» cominciò a saltellare di gioia il giovane ladro, mettendo a dura prova i nervi di Lazuli, che si sforzò di contare fino a dieci per evitare di strangolarlo. «Quindi tu ami Radish?!»
«F-fatti gli affari tuoi!» gridò lei, paonazza. Non sopportava quel ficcanaso.
Radish le prese delicatamente il mento tra indice e pollice e la costrinse a guardarlo. Sorrideva sghembo, mentre gli occhi di Lazuli, da gelidi che erano, si facevano sempre più dolci. Solo lui aveva il potere di saper sciogliere la spessa coltre di ghiaccio in cui era incastonato il suo cuore.
Le diede un bacio a fior di labbra e poi tornò a guardare Goku, che aveva assistito a bocca aperta alla scena. Si rese conto che sarebbe sempre stato un imbranato con Chichi se doveva paragonarsi a quanto appariva sicuro di sé e affascinante il genio quando aveva a che fare con Lazuli.
«Se vuoi posso dirti che dalla scorsa notte la libertà non la desidero più solo per me stesso» sorrise Radish, e la principessa al suo fianco si rese conto che il cuore le batteva più forte del solito.
Si era domandata spesso se anche lei aveva davvero un cuore… niente la emozionava, nessuno aveva mai saputo farglielo palpitare, tanto che a volte faticava quasi a sentirne i battiti. Ormai non aveva più dubbi, e sapeva anche perché e per chi batteva così forte.
«Ah… urcaaa!» sorrise Goku, che si sentiva felice per loro. «Come hai fatto a dirle che sei un genio? Le hai fatto vedere la tua vera forma?»
«Certo che me l’ha fatta vedere» intervenne Lazuli. «Lui ha avuto il coraggio di essere sincero, a differenza di qualcun altro…».
«Già…» si strinse nella spalle il giovane ladro, capendo che quella frecciata era rivolta a lui.
Radish, vedendo così suo fratello minore, si sentì dispiaciuto e volle provare a consolarlo, pur sapendo benissimo che la sua ragazza aveva ragione.
«Allora, Gò, visto che sono il tuo fratellone a tutti gli effetti, ormai, dovresti dirmi una cosa…» disse, serio.
«Cioè?»
«Ti sei fatto Chichi stanotte?!» chiese a bruciapelo.
«E-eh?!» si imbarazzò Goku. «B-beh… e-ecco… s-sì… sì!»
«Evvaiii!» esultò il genio, facendo comparire fuochi d’artificio nel cielo e coriandoli sopra la testa del giovane ladro. «E scommetto che te la sei anche bombata, eh, vecchio mandrillone!» rise, mentre Lazuli lo zittiva dandogli un vigoroso scappellotto sulla nuca.
«Piantala» lo redarguì, irritata.
«Beh, ma è vero che ha la faccia da mandrillone, no?!»
«Per me ha la faccia da scemo. E tu invece, Rad, hai la faccia da porco» rispose la principessa, accennando un sorriso.
Goku rise a sua volta, anche se la piantò subito quando si accorse che Lazuli si era fatta di nuovo seria e lo stava fissando con occhi che non promettevano nulla di buono.
«Hai organizzato tutta questa pagliacciata solo perché volevi Chichi, vero?» gli disse lei, senza tradire emozioni. «Quindi, visto che adesso state insieme, dovresti muoverti a liberare Rad come gli avevi promesso».
«Ecco… io… cioè, le cose sono un po’ complicate…» abbassò la testa Goku, che non sapeva più in realtà se avrebbe davvero potuto mantenere quella promessa. «Chichi sa solo che il mio vero nome è Goku, ma…».
«Ma non mi interessa. Sono problemi vostri, questi. Se siete una coppia, dovete parlarne. Se non hai il coraggio di parlarle, vuol dire che non la ami. Comportati da uomo» sibilò la principessa. «E mantieni la promessa: lui non torna nella lampada».
«Hai sentito la signora, no?» provò a sdrammatizzare il genio, facendo abbozzare un timido sorriso sul volto di Goku.
«E non ti azzardare a deludere Chichi. Non farmi pentire di averti voluto dare una possibilità» riprese la principessa, che aveva trovato dei punti in comune con lei e, a modo suo, ci si era affezionata.
«Io… io non vorrei mai deluderla…» sospirò il giovane ladro.
«Bene, adesso che hai le idee chiare, libera Rad» insistette. «Ti ruberei la lampada e lo farei io, se potessi. Ma, a quanto pare, non funzionerebbe».
«No, no… lo so che ho fatto quella promessa…» disse Goku, che si sentiva in colpa ma non aveva il coraggio di dire a Radish che forse era stato troppo precipitoso nel prendere quell’impegno. «È… complicato».
«Come sarebbe a dire?! Ti abbiamo appena salvato la vita e tu…» gridò Lazuli, avvicinandosi a Goku e afferrandolo per il bavero del suo abito. Si interruppe solo quando il genio le posò una mano sul polso, convincendola a lasciarlo andare.
«Io e mio fratello avevamo l’accordo che lui mi avrebbe liberato col terzo e ultimo desiderio, e per ora ne ha usato solo uno. Giusto, Gò? Anche se in realtà, contando il fatto che sono appena venuto a ripescarti e aggiungendo quella volta in cui ti ho tirato fuori dal mare di sabbia sotto cui eri rimasto sepolto, direi che te ne ho già regalati altri due…» disse il genio, che sperava che Goku stesse solo cercando di prendere tempo e non volesse davvero tradirlo.
Non poteva pensare di andarsene ancora una volta. Non ora, soprattutto, visto che finalmente aveva trovato un motivo per restare tra gli umani e vivere come uno di loro.
«Allora muoviti ad esaudire il secondo desiderio e vedi di non farmi innervosire» disse Lazuli, sbuffando.
«In effetti vorrei esaudire il mio secondo desiderio» accennò un sorriso il giovane ladro. «Ma la lampada è rimasta al palazzo reale, dovrebbe avercela Bubbles».
«Oh, benissimo!» esultò Radish, prima di stringere a sé Lazuli. «E brava la mia dolce psicopatica! Tu sì che sai far ragionare le persone!» aggiunse, prima di baciarla avidamente.
Lei lo lasciò fare per qualche istante, prima di spingerlo via imbarazzata sotto lo sguardo attonito di Goku. Pensò che non aveva mai visto una coppia come loro. Erano… belli. E tremendamente complici, soprattutto.
«S-smettila, scemo! Muoviamoci a tornare!»
«Signore e signori, si parteee!» annunciò il genio, stringendo a sé anche Goku e partendo a tutta velocità in volo verso il palazzo reale di Agraba.
 
«Uh, uh!» saltò per aria dalla spavento Bubbles, non appena i tre gli si palesarono davanti in giardino, in un punto nascosto tra alberi e cespugli dove aveva trovato riparo insieme alla nuvola Speedy.
«Bubbles!» gridò Goku, correndo ad abbracciarlo.
«Uh, uh, uh! Uh, uh, uh! Uh!» cominciò a berciare la scimmia, saltandogli addosso e rischiando di stritolarlo dalla gioia.
Temeva che l’avessero ucciso, non era mai stato felice e sollevato come in quel momento.
«Non sapevo neanche che eri tornato nel tuo corpo, quando ti ho visto stamattina non ci potevo credere!»
«Sì, ieri sera, mentre ti preparavi, mi sono permesso di farlo tornare una scimmia quando l’ho visto seduto in giardino che cercava di sbucciarsi una banana con le sue zampe da elefante: una scena pietosa» spiegò Radish.
«Uh, uh, uh!» inveì contro di lui Bubbles, mostrandogli minaccioso il pugno chiuso. Non gli era proprio andata giù quella trasformazione.
Si voltò poi sorridente verso Goku e gli mostrò con orgoglio la lampada, tirandola fuori dalla tasca interna del gilet.
«Bravissimo Bubbles! Sapevo di poter contare su di te!» esclamò il suo padrone. «E grazie anche a te, Speedy!».
«Grandissimo davvero, orango! Ti sei meritato qualche banana come premio!» rise il genio, facendo comparire una montagna di banane che seppellì la scimmia. «E vai, nuvola! Mossa speciale!» aggiunse, dandole il cinque e battendo anche il sedere contro quello che idealmente aveva lei.
Lazuli si avvicinò incuriosita a Speedy e la accarezzò delicatamente, sorridendo. La nuvola gradì le sue attenzioni e la avvolse in una spirale gassosa, prima di riprendere la sua forma. Era felice di avere una nuova amica. Non ne aveva mai avuti così tanti in tutta la sua esistenza e stava vivendo anche lei un sogno che mai avrebbe pensato potesse realizzarsi nei secoli in cui era rimasta rinchiusa nella Caverna delle Meraviglie.
«Speedy, lei è Lazuli» disse Radish. «Ehi, primate, vieni qui e presentati come si deve! Lei è la mia regina e la mia dea» aggiunse, facendo riemergere dal cumulo di banane la scimmia, che ora svolazzava davanti alla principessa con mezza banana che le penzolava dalla bocca. Le sorrise e si sollevò il fez con la mano.
«Lui è Bubbles» disse Goku, prima che la scimmia cominciasse a nuotare nell’aria fino a gettarsi di nuovo nella montagna di frutta che si era meritata.
«Speedy, macaco! Fate tutto quello che lei vi dice… io sono il suo schiavo e la amo, ok?» precisò il genio, strappando un sorriso alla sua principessa.
«Siamo qui per il secondo desiderio di qualcuno, o sbaglio?» ricordò lei, tornando seria.
«Giusto! Mi tocca tornare al lavoro!» gridò Radish, scrocchiandosi le dita e cominciando a fare flessioni a folle velocità.
Si rialzò e respirò profondamente, piegando le braccia e gonfiando a dismisura i suoi possenti muscoli. La fredda Lazuli non ne restò indifferente, anche se non voleva darlo a vedere. Si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e poi incrociò le braccia sotto il seno.
Radish la guardò per un istante e gli venne tremendamente voglia di portarsela in una stanza e prenderla finché ne avesse avuto le forze, ma penso che prima doveva svolgere il suo lavoro.
«Comanda, padrone» disse, scacciando ogni pensiero fuorviante e volgendosi direttamente a Goku, che stringeva tra le mani la lampada e aveva uno sguardo malinconico perso verso il deserto al di là delle mura.
«Sai, Rad… preso com’ero da tutta questa storia del principe, da Chichi e da tutte le cose che sono successe negli ultimi due giorni, mi sono dimenticato di una cosa che è da otto anni che vorrei sapere» spiegò Goku, accennando un sorriso.
«Chiedigliela allora, no?» sbuffò Lazuli.
«Posso dirti tutto quello che vuoi, anche la lunghezza del pisello del Gran Visir se ti interessa» ghignò Radish. «Ti do uno spoiler: non è molto lungo».
«Fate schifo» commentò la principessa, alzando gli occhi al cielo.
«Ehm… no, grazie!» ridacchiò Goku. «Pensavo… ecco, puoi dirmi se i miei genitori sono vivi e se stanno bene?»
Il genio si fece serio. Anche la principessa di Asgard addolcì per un istante l’espressione che aveva dipinta sul viso.
«Se fossero vivi, vuoi che li riporti qui da te? Devi formulare bene il desiderio».
«No, mi basta sapere che stanno bene, nel caso. Se non sono ancora tornati, significa che avevano dei buoni motivi per non farlo» rispose Goku, strofinando la lampada.
Il genio si concentrò e acuì i suoi sensi superiori. Chiuse gli occhi, e i secondi che passavano sembravano lunghi come secoli a Goku.
Un sorriso affiorò sul volto di Radish, un attimo prima di riaprire gli occhi.
«Sono vivi. E stanno benissimo».
Goku lo abbracciò, non sapeva cosa dire. Era felice, non aveva mai smesso di crederci. Sua mamma era guarita, suo papà era riuscito a salvarla.
Anche Lazuli sorrise. Si commosse un pochino ripensando a sua madre e a quando era piccola, ma subito quei pensieri si dissolsero nel vedere che il suo genio aveva le guance rigate di lacrime, anche se non smetteva di sorridere.
«Rad, perché piangi?!» chiese Goku.
«Perché tu sei mio fratello e quindi da adesso anche io ho dei genitori… non mi era mai capitato…».
Lazuli scosse la testa e si avvicinò a lui. Trovava tanto tenero il suo bestione quando aveva uscite come queste, nonostante fosse un essere eterno dotato di poteri che andavano al di là di ogni immaginazione. Gli sorrise dolcemente e gli accarezzò i capelli.
Goku, invece, si era fatto di nuovo serio e aveva abbassato la testa, cosa che non sfuggì alla principessa venuta dal nord, che indurì di nuovo lo sguardo.
«Forza, muoviti» mise fretta al falso principe, intimandogli di esprimere il suo terzo desiderio. «Non hai più scuse».
Dei rumori e delle urla riecheggiarono all’improvviso nel palazzo, attirando l’attenzione dei tre.
«Ma… questa è la voce di Chichi!» gridò Goku, infilando la lampada nel cappello e legandoselo poi alla cintura come se fosse una sacca.
Corse a tutta velocità fuori dalla sua stanza e si diresse verso quella della principessa di Agraba, seguito da Radish e Lazuli.
 
Mentre Goku stava esprimendo il suo secondo desiderio, Chichi era seduta in camera sua davanti allo specchio insieme a Lunch, che le stava spazzolando i suoi lunghi e lucidissimi capelli neri. In un vasetto aveva messo il fiore che il suo principe le aveva regalato qualche ora prima e lo osservava sorridendo con aria sognante.
Le due ragazze canticchiavano la canzone che la principessa aveva intonato insieme a Goku la notte precedente durante il loro viaggio incantato a bordo della nuvola Speedy. Se l’era memorizzata e stava cercando di insegnarla alla sua amica più cara. Si erano dette tutto quello era successo da quando si erano perse di vista alla festa. Del principe Kakaroth che in realtà era il principe Goku e del fatto che anche Lunch l’avesse già conosciuto travestito da povero ladro di strada, della nuvola magica, del principe Lapis e della tana del lupo cattivo. Si chiesero se anche Lazuli si fosse divertita e speravano con tutto il cuore di sì. Non potevano certo immaginare che aveva fatto, tra le altre cose, una passeggiata sulla luna in compagnia del leggendario genio-drago della lampada. Bulma ascoltava rapita e un po’ invidiosa i loro racconti. Ogni tanto guardava verso la finestra o la balconata perché sperava di veder comparire Vegeta, che non era ancora andato a trovarla quel giorno. Sentì un po’ di nostalgia e malinconia per questo, ma si sentì anche stupida… lui era un pappagallo e lei era una tigre, non erano altro che l’errore più grande di tutta la storia degli errori. Un enorme sbaglio, un grosso equivoco. Era anche un po’ preoccupata, però, perché era strano non vederlo almeno svolazzare qua e là nel cielo da solo, perso come sempre nei suoi pensieri e nei suoi progetti. Era forse successo qualcosa? C’entrava quel viscido opportunista di Freezer, una persona che lei non riusciva proprio a sopportare?
Toc toc
«Chi può essere alla porta? Magari Lapis e Goku?» domandò speranzosa Lunch sottovoce.
«Avanti!» cinguettò Chichi, che chiunque avrebbe quasi faticato a riconoscere così di buonumore, visto che soprattutto nell’ultimo periodo era perennemente imbronciata.
«Chichi» disse Giuma con voce atona e impersonale, aprendo parte della porta e restando immobile. Il suo sguardo era vacuo, la faccia tirata.
Era irriconoscibile, ma Chichi non ci fece nemmeno caso, euforica com’era.
«Oh, papà! Papà! Sapessi quanto mi sono divertita! Sono così felice!» gli corse incontro la principessa.
«E fai bene ad esserlo, Chichi. Tuo padre ha appena scelto un marito per te» rispose lui senza tradire alcuna emozione e fissando il vuoto davanti a sé.
Il volto di Chichi si rabbuiò, a Lunch cadde di mano la spazzola.
«Che cosa?!» trasecolò la principessa, esterrefatta.
«Tu sposerai Freezer» ordinò il sultano, che sembrava pietrificato sul posto.
La porta si aprì del tutto e al suo fianco comparve il Gran Visir con Vegeta appollaiato sulla spalla. Ghignava soddisfatto, mentre fissava dritto negli occhi Chichi con aria di sfida.
«Ah!» gridò la principessa, spaventata, arretrando di un passo. Era sconvolta, non capiva.
A Lunch, alle sue spalle, mancava l’aria. Non riusciva a crederci.
«Vedo che siete senza parole, principessa. Qualità apprezzabile in una donna, ancora di più in una moglie» sorrise mellifluo Freezer, avvicinandosi a Chichi e afferrandole la mano, portandola poi verso la sua bocca per baciargliela.
«Non acconsentirò mai a sposarti!» gli urlò in faccia lei, liberandosi dalla sua viscida presa e correndo da suo padre.
Bulma, intanto, incrociò per un istante lo sguardo di Vegeta. Gli fece percepire il suo dolore, non capiva nemmeno lei cosa stesse succedendo. Il pappagallo scosse la testa e distolse lo sguardo da quello della tigre. Non poteva farci nulla, non era questo il suo piano. E non poteva nemmeno farcela a reggere oltre il peso di quegli occhi color cielo così colmi di dolore.
«Papà, io ho scelto il principe Kakaroth!» sbottò Chichi, afferrando suo padre per le spalle e scuotendolo con forza. L’aveva chiamato apposta col nome con cui l’aveva conosciuto Giuma.
Lui continuava a fissare il vuoto, inerme, con le braccia lungo i fianchi. Impassibile.
«Il principe Kakaroth ci ha lasciato, non lo sapevate ancora?» intervenne il Gran Visir, più mellifluo che mai.
«Sì, ti piacerebbe!» esclamò una voce alle spalle del Gran Visir.
«Goku!» esultò Chichi, guardando il suo principe appoggiato con la schiena contro lo stipite della porta.
«Ha la pelle dura quel piccolo bastardo» commentò Vegeta a bassa voce, mentre Freezer sgranava gli occhi, sorpreso.
Era sicuro che ce l’avrebbe fatta, anche se onestamente non poteva immaginare quello che aveva poi ordinato Freezer alla squadra Ginew quando lui era andato inutilmente a cercare la lampada. Era stato anticipato infatti da Bubbles, che aveva mandato in fumo il suo piano che non prevedeva certo di consegnare a Freezer l’oggetto magico.
«Sbaglio o qui sembrate tutti divertirvi molto?» esordì una seconda voce in tono beffardo. «A me piace divertirmi, non escludetemi».
«Lapis!» gridò Lunch, non appena vide comparire il principe di Asgard accanto a Goku.
«Perché non racconti a tutti la verità?! Tu hai cercato di farmi uccidere!» sbottò il giovane ladro, avanzando a passo di carica verso Freezer puntandogli il dito contro.
«Oh, ma che ridicole sciocchezze, mio sovrano! È ovvio che mente!» rise forzatamente il Gran Visir, avvicinandosi a Giuma e puntando nei suoi occhi quelli del cobra che troneggiava sul suo bastone.
Né a Goku, né a Lapis, passò inosservato quel gesto, così come i piccoli occhietti rossi del cobra che si illuminarono di un sinistro bagliore. Anche Radish e Lazuli, che erano arrivati con Goku, si resero conto di quello che stava accadendo.
«È ovvio… che mente…» disse atono il sultano.
«Papà! Papà! Ma cosa ti succede!» urlò Chichi, sconvolta, afferrandogli di nuovo le spalle.
«Ti spiego io cosa gli succede! È colpa di questo bastone!» sbottò Goku, afferrando il lungo scettro dorato del Gran Visir e cercando di strapparglielo di mano.
«Lascialo! Come ti permetti!» ringhiò Freezer, liberandosi con uno strattone e arretrando senza smettere di guardare Goku con occhi colmi d’odio.
Non si accorse di Lapis, alle sue spalle, che allungò con estrema naturalezza una gamba e gli fece uno sgambetto. Il Gran Visir cadde rovinosamente a terra imprecando.
«Ops! Mi scusi» sorrise beffardo il principe, guardandolo dritto negl’occhi.
Il bastone gli sfuggì di mano e rotolò ai piedi di Radish e Lazuli.
«Prego mia regina e mia dea, a te l’onore» disse il genio.
La principessa dagli occhi di ghiaccio raccolse a due mani il bastone prendendolo dall’estremità opposta a quella della testa di cobra e lo sollevò verso l’alto, per poi abbassarlo verso il pavimento con tutte le sue forze. L’impatto fu tremendo e mandò in  frantumi la testa di cobra, dalla quale uscì un filo di fumo color cremisi che si perse nell’aria come fosse un incenso.
«Eh? Uh? Cosa…» farfugliò Giuma, scuotendo la testa.
Era tornato in sé. Il sortilegio ipnotico si era sciolto.
«Maestà, Freezer vi teneva sotto controllo con quel bastone!» gli spiegò Goku.
«C-cosa?! Tu, Freezer… sei… sei un vile traditore!» sbraitò il sultano, diventando paonazzo. Mai avrebbe pensato che proprio il suo uomo di fiducia avesse da sempre tramato nell’ombra contro di lui. Si sentì sciocco, confuso, ma sapeva benissimo come poteva rimediare ai suoi errori. «Guardie! Guardie! Tradimento! Arrestatelo! Prendete Freezer!»
Subito accorsero nella stanza Yamche, Tensing e Riff, che stavano passeggiando in corridoio sfruttando un momento di pausa dal loro turno, subito imitati da altri loro compagni, che immobilizzarono il Gran Visir bloccandolo in massa.
Anche Goku si avvicinò, trionfante e minaccioso, e fu in quel momento che Freezer e Vegeta videro spuntare la lampada dal cappello appeso alla sua cintura. Entrambi, per motivi diversi, ripresero e sperare. Il pappagallo fece per alzarsi in volo perché non aveva più bisogno di nessuno, per di più quello che era stato il suo padrone fino a quel momento stava affondando insieme ai suoi folli sogni di gloria.
Ma, proprio in quel momento, Freezer estrasse dalla tasca una provetta di vetro e la gettò a terra, creando attorno a sé una densa nube di fumo viola. Tutti cominciarono a tossire, per di più quello strano fumo faceva bruciare terribilmente gli occhi, non solo la gola.
Il Gran Visir si liberò facilmente della morsa delle guardie e afferrò Vegeta per la coda, tirandolo verso di sé.
«Non hai ancora vinto ragazzino!» annunciò minaccioso rivolto a Goku, prima di sparire nel nulla.
Quando il fumo si dissolse non c’era più. Sembrava essere svanito senza lasciare tracce.
«Guardie! Cercatelo dappertutto!» sbraitò di nuovo Giuma, così furioso che non sembrava nemmeno lui.
«Chichi! Stai bene?!» chiese preoccupato Goku, abbracciando la principessa e stringendola a sé sotto gli occhi del sultano.
Non poteva crederci quando vide sua figlia abbracciarlo a sua volta, annuire e addirittura baciarlo a fior di labbra.
«Non… non credo ai miei occhi! Chichi, tesoro… hai finalmente scelto un pretendente?! Per di più nel giorno del tuo compleanno!» esultò Giuma, commosso, sia perché era felice per sua figlia, sia perché ormai temeva che lo scandalo davanti al popolo sarebbe stato inevitabile visto che lei non voleva saperne di sposarsi. «Ah, a proposito, tanti auguri!»
«Happy birthday to you…» cominciò a canticchiare Lapis, che ritenne opportuno interrompersi dopo uno sguardo omicida lanciatogli prontamente da sua sorella.
Radish, invece, si avvicinò a lui e gli diede un cinque, sorridendo.
Lazuli sospirò, rassegnata all’idea che sarebbe stata destinata a vergognarsi per sempre visto il fidanzato e il fratello che si ritrovava.
«Sì, papà… io amo il principe Kakaroth. Anzi, il principe Goku» sorrise Chichi.
«Wow, doppia identità come i supereroi!» commentò a bassa voce Lapis, strappando una risata a Radish. Entrambi vennero riportati all’ordine da uno scappellotto simultaneo sulla nuca da parte delle rispettive ragazze. Anche Lunch, infatti, si era ritrovata a dover intervenire per placare l’esuberanza del suo principe in un momento romantico e importante come quello a cui stavano assistendo.
«Sia lodato il cielo!» rise felice Giuma, strappando un incredulo Goku dalla braccia di sua figlia e abbracciandolo così forte da rischiare di stritolarlo. «Voi due dovete sposarvi immediatamente! Vivrete felici e contenti, lo so!» aggiunse, euforico, afferrando Chichi e gettandola tra le braccia del falso principe. «E poi tu, ragazzo mio, diventerai sultano!»
«Sultano?!» disse Goku, incredulo.
«Certo! Un giovane sincero e coraggioso come te! Un ragazzo con la tua rettitudine morale, che sa essere sé stesso e che non ha paura di dire la verità! Un sultano generoso e amato da tutti, a partire dalla sua regina, è quello che si merita questo regno!» spiegò in tono trionfale Giuma.
Sincero, generoso, retto… capace di essere sé stesso, di dire la verità.
A sentire quelle parole la malinconia e il senso di colpa avvolsero Goku e il sorriso stampato sul suo svolto si spense, così come la luce nei suoi occhi.
Amava Chichi e poteva sposarla… ma era giusto aver fondato il loro amore su quel cumulo di menzogne? Come poteva diventare addirittura sultano, se non aveva neanche il coraggio di dire la verità?
Già, la verità… non doveva raccontarla solo a Chichi o a Giuma, ma anche e soprattutto a Radish.
Sospirò, e abbassò la testa mestamente.
Lazuli fu l’unica ad accorgersi che aveva gli occhi lucidi.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: un finale carico di azione in cui finalmente Freezer viene smascherato, anche se riesce a fuggire e a scappare chissà dove portandosi dietro Vegeta. Abbiamo visto anche che cosa fosse il secondo desiderio di Goku, avete apprezzato l’idea? E mi auguro vi sia piaciuta la scena del salvataggio con l’intervento fondamentale di Lazuli, o Loculi secondo Goku. ;-)
Spero di avervi strappato qualche sorriso qua e là con le uscite di Rad e Lapis, l’ingenuità di Goku e le reazioni stizzite di Là.
 
Ringrazio tantissimo tutti voi che leggete questa storia e in particolare chi mi lascia sempre il suo parere, è sempre una cosa fantastica per me! Grazie di cuore poi a chi ha letto anche la one shot che ho pubblicato venerdì scorso dedicata a Lazuli dal titolo “Tora ki” e a chi l’ha inserita nelle liste!
 
Bene, settimana prossima ci saranno un paio di grosse svolte, perché è chiaro che Lazuli riprenderà a fare pressioni su Goku davanti a Radish perché esprima il suo terzo e ultimo desiderio. Ma lo farà il nostro falso principe, ormai prossimo a diventare un vero sultano?
Ho parlato di “un paio” di svolte, perché andremo anche a vedere che fine hanno fatto Freezer e Vegeta. Il capitolo è idealmente diviso in due parti collegate tra loro e quindi meritava un doppio titolo: “Nodi che vengono al pettine – Majin Vegeta”.
Già, in che senso Majin Vegeta?! Se volete scoprirlo ci vediamo mercoledì prossimo, grazie ancora!
 
Teo
 
 
 
 

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Capitolo 22
*** Nodi che vengono al pettine - Majin Vegeta ***


22 – Nodi che vengono al pettine – Majin Vegeta
 
 
«Sultano… vogliono che diventi sultano…» sospirò sconsolato e a testa bassa Goku, dopo essere entrato in camera sua.
Insieme a lui c’erano Radish e Lazuli, oltre a Bubbles, che si era seduto sul davanzale della finestra all’esterno della quale si trovava anche la nuvola Speedy.
Chichi e Lunch, infatti, avevano mandato via tutti perché la principessa doveva prepararsi per la cerimonia ufficiale di presentazione davanti al popolo degli eredi al trono, con le nozze previste subito dopo nel corso della giornata. Anche Lapis se n’era andato, sia perché ci teneva a farsi bello, sia per avvisare Sedici degli ultimi sviluppi.
Goku, nonostante fosse ormai giunto a un passo dal suggellare il suo sogno d’amore con Chichi, appariva affranto, distrutto. Camminava nervosamente avanti e indietro per la stanza e scuoteva la testa. Era irriconoscibile.
Lazuli si era appoggiata con la schiena contro il muro e aveva le braccia incrociate sotto il seno. Fissava con occhi di fuoco il falso principe e sentiva l’impazienza roderla da dentro, anche se cercava di non darlo a vedere. Soprattutto, aveva capito benissimo che quello strano comportamento non lasciava presagire nulla di buono. E non voleva accettarlo. Non poteva.
Anche il genio notò il turbamento di suo fratello minore. Dentro di sé aveva capito benissimo quello che stava accadendo, solo che non voleva crederci. Si sentì deluso, stupido per essersi illuso. E tremendamente egoista per aver coinvolto nella sua maledizione personale anche un’altra persona che non avrebbe meritato di soffrire per nulla al mondo. Guardò la sua Lazuli e vedere i suoi lineamenti, i suoi occhi di ghiaccio e quei capelli dorati lo fece sentire bene, in pace con sé stesso. Ma anche triste… terribilmente triste. Respirò a fondo e cercò di negare a sé stesso l’evidenza. Si disse che doveva esserci un malinteso, che tutto stava procedendo benissimo. E così reagì al dolore che lo attanagliava facendo l’unica cosa che sapeva davvero fare quando si sentiva così: ridere e far ridere gli altri.
«Se è l’addio al celibato che ti preoccupa, posso organizzarti qualcosa io stasera, Gò» disse, beccandosi un ceffone sulla nuca e un pestone sul piede da parte della sua ragazza.
«Ahia, cazzo… ma dicevo per lui, Là! Magari era preoccupato per questo, no? Sono cose a cui deve badare un fratello maggiore!»
«E chi ci faresti venire, “fratello maggiore”?! Magari le tue amichette di cui ti sei circondato durante la parata di ieri quando siete arrivati? Quella mezza nuda e volgare coi capelli azzurri, quella smorfiosa coi codini neri o quell’altra con la frangetta che pensa di essere brava solo lei a sparare?!» ringhiò la principessa di Asgard. «Guarda che mi sono annotata tutto mentalmente, ti tengo d’occhio».
«Ehm…» si grattò la nuca il genio, cercando di uscire da quella situazione in cui si era cacciato solo per fare un po’ lo scemo. Un brivido freddo gli scese lungo la schiena. Adorava la gelosia di Lazuli, ma adorava anche essere vivo e poter camminare ancora sulle sue gambe, oltre che essere in possesso di entrambi i testicoli. Sapeva che con lei non si scherzava e la amava soprattutto per questo, probabilmente.
«Dopo sarò costretta a riempirti di botte» lo minacciò, fredda e distaccata.
«Oh, sì! Mi piace quando mi picchi!» sorrise sghembo lui. «Mia regina e mia dea, fai di me ciò che vuoi! Sono il tuo schiavo!»
«F-fai schifo… scemo masochista…» ribatté lei, arrossendo lievemente e voltando la testa con stizza.
«Io… sultano…» farfugliò Goku, con sguardo vacuo, passando davanti a loro senza nemmeno vederli.
Non aveva sentito nulla di quello che si erano detti, e fu così che Radish decise di prendere in mano la situazione.
Si avvicinò a lui, lo abbracciò cingendolo con un braccio e lo scosse, come a volerlo svegliare. Si fece comparire un grosso tamburo davanti alla pancia sorretto da due spalline e una mazza per suonarlo. Tra le mani di un’incredula Lazuli comparvero improvvisamente due grossi piatti dorati da orchestra.
«Sia lode all’eroe trionfatoreee!» intonò all’improvviso il genio, mentre suonava il tamburo e Lazuli, contro la sua volontà, avanzava meccanicamente verso di loro facendo battere i piatti.
La principessa aveva gli occhi sgranati e lo sguardo allucinato, non era pienamente padrona del suo corpo e sentì le proprie guance andare in fiamme. Non si era mai vergognata così tanto in vita sua.
A Radish intanto era comparsa anche una tromba in bocca, che suonò con tutto il fiato che aveva in corpo finché Lazuli non riuscì a riacquisire la sua indipendenza motoria e, per prima cosa, decise di colpirlo più forte che poteva con un piatto sulla testa.
Subito la musica si interruppe, mentre il genio si piegava sulle ginocchia con le mani tra i capelli e Goku andava a sedersi sconsolato sul letto. Sembrava non essersi accorto di nulla neanche stavolta.
«N-non azzardarti mai più a coinvolgermi in queste tue buffonate!» sbraitò Lazuli, paonazza.
Fortunatamente Radish riuscì a far sparire nel nulla l’altro piatto che aveva ancora in mano, altrimenti avrebbe rischiato di fargli perdere i sensi con un altro colpo ben assestato. Era straordinariamente forte quella ragazza.
«Mi piaci ancora di più quando fai così» sorrise con aria sognante.
«Scemo!» sbottò lei, incrociando le braccia sotto il seno, prima di volgere lo sguardo verso Goku e farsi di nuovo seria.
Anche Radish si voltò verso di lui e decise di tornare alla carica. Di andare fino in fondo. Voleva essere diretto, ma anche ironico, per capire se i suoi timori fossero fondati. Lazuli, invece, dal canto suo, avrebbe preferito appendere Goku a testa giù a penzoloni da un dirupo per farlo parlare ed, eventualmente, costringerlo a fare quello che voleva lei. Che poi era quello che voleva anche Radish. Entrambi sapevano che era giunto il momento di esprimere il terzo desiderio. Lo sapeva benissimo anche Goku, però.
Il genio si sedette accanto al falso principe e si fece comparire dei fogli tra le mani, oltre che degli occhiali. 
«Goku, hai conquistato il cuore della principessa! Parlaci dei tuoi futuri progetti!» esclamò sorridente, ottenendo però in tutta risposta un sospiro rassegnato e uno sguardo affranto da parte del suo interlocutore. «Ti suggerisco la tua battuta, Gò: per prima cosa, libererò il genio» aggiunse bisbigliando. «Quando vuoi…».
«Devi mantenere la tua promessa. Muoviti!» ringhiò stizzita Lazuli.
«Ehm… Rad… non posso…» sussurrò mestamente Goku.
«Ma certo che puoi! Basta che tu dica: Radish, voglio che tu sia un uomo libero!» insistette il genio, afferrando la testa e il mento di Goku e facendogli muovere la bocca come se quelle parole le avesse dette lui.
«Dico sul serio!» sbottò il falso principe, dando una gomitata sul torace a Radish per allontanarlo e alzandosi dal letto.
«Non ti azzardare a toccarlo, razza di ingrato!» gridò Lazuli, rabbiosa, avanzando verso di loro.
Radish le fece un cenno con la mano per tranquillizzarla e lei si fermò. Aveva ragione, era una questione tra loro due, ma lei non ce la faceva proprio a starne fuori. Più passavano i secondi e più la rabbia saliva in lei. Le mancava il respiro, si sentiva morire dentro.
«Mi dispiace, giuro che mi dispiace!» riprese Goku. «Ma vogliono che diventi sultano, lo capisci?! Vogliono che il principe Kakaroth… o il principe Goku diventi un sultano! Un principe, vogliono un principe! E senza di te, io sono solo Aladdin Goku, un povero ladruncolo di strada…».
«Ma Gò… tu hai vinto! Hai conquistato la ragazza che ti piaceva! Non era questo che volevi?!»
«Sì, ma ce l’ho fatta grazie a te!» sbottò Goku. «Se qualcuno pensa che valgo qualcosa, che sono degno di qualcosa, è solo grazie a te!» aggiunse, dando uno spintone al genio. «Cosa succederebbe se qualcuno scoprisse che non sono un principe?! E cosa direbbe Chichi?! La perderei…».
Il giovane ladro sospirò di nuovo e incrociò per un istante gli occhi di Lazuli. Velati di lacrime di dolore e rabbia. Cattivi. Disgustati. Pensò che lei aveva ragione e non fu in grado di reggere oltre il suo sguardo. Abbassò la testa e si voltò di nuovo verso quello che era diventato suo fratello maggiore e l’amico più grande che avesse mai avuto, almeno fino a quel momento.
«Rad, non posso reggere la situazione da solo! Io… non ti posso liberare…».
«Certo, capisco… dopotutto hai mentito a tutti gli altri, cominciavo a sentirmi escluso…» accennò un sorriso colmo di ironica malinconia il genio, voltando le spalle a Goku.
Era deluso, profondamente deluso. Da quello che considerava un fratello, ma soprattutto da sé stesso perché si era illuso, trascinando in questa folle illusione anche una ragazza speciale come Lazuli, l’ultima persona al mondo che avrebbe mai voluto veder soffrire.
Già, Lazuli…
Alzò lo sguardo e la vide stringere i pugni e digrignare i denti.
La vide guardare Goku con aria truce e avvicinarsi a lui.
«Avrei fatto meglio a lasciarti crepare!» sibilò la principessa venuta dal nord, colpendolo con uno schiaffo sul volto.
«Io… mi dispiace…» rispose lui a testa bassa.
«Non è vero che ti dispiace! Non è vero!» urlò Lazuli. «Spiace a me per Chichi, perché sta per sposare una persona orribile e nemmeno lo sa! Quelli come te mi fanno schifo, ti credevo diverso!» aggiunse, facendo per colpirlo di nuovo con un’altra sberla.
Radish intervenne, afferrandole delicatamente il polso. Lei non provò nemmeno a fare resistenza. Si lasciò cadere lungo il fianco l’altro braccio, rassegnata, e abbassò la testa, sforzandosi con tutta sé stessa di trattenere le lacrime. Si liberò della presa di Radish con uno strattone e lasciò la stanza, con il genio che fece per seguirla, sebbene non sapesse nemmeno lui cosa dire o cosa fare.
«Rad… io…» farfugliò Goku, umiliato per tutto quello che stava succedendo a causa sua.
«Forse non l’hai notato, ma avrei cose più importanti da fare adesso, piuttosto che ascoltarti» lo interruppe il genio, senza voltarsi. «Ad esempio provare a consolare in qualche cazzo di modo l’unica fottutissima persona che ha saputo amare un genio di merda come me. Quindi, se vuoi scusarmi, padrone…».
«Scusa Rad… mi dispiace…».
«Davvero ti dispiace?» rispose ironico Radish, voltandosi. «Ma vai a fare in culo…» aggiunse, uscendo e sbattendo la porta.
«Ah sì?! Allora vattene! Vattene pure!» gli urlò dietro Goku, afferrando poi la lampada e scagliandola sul letto.
Davanti agli sguardi attoniti di Bubbles e di Speedy afferrò poi un cuscino e lo premette sopra alla lampada con rabbia e frustrazione. Non sembrava nemmeno lui, persino Bubbles quasi si spaventò nel vedere così il suo amico di sempre. Speedy, invece, stava piangendo, anche se lo faceva a modo suo. Piccole lacrime fatte di nuvola si disperdevano nel cielo intorno a lei. Avrebbe voluto continuare per sempre quell’avventura coi suoi nuovi amici, perché le cose erano precipitate fino a quel punto?
«Che avete da guardare, voi due?!» sbottò malamente il falso principe verso di loro, notando i loro sguardi delusi e pieni di dolore.
Gli occhi di Bubbles si riempirono di lacrime e il labbro inferiore cominciò a tremargli. Non si era mai rivolto a lui in quel modo il suo migliore amico, non lo riconosceva più e quella reazione scomposta gli aveva spezzato il cuore. La nuvola sobbalzò, spaventata, e si accoccolò alla scimmietta come a volerla consolare.
Goku notò quel dolore che aveva provocato e si sentì terribilmente in colpa. Per loro due, per Radish e Lazuli, per Chichi. Non avrebbe mai voluto rovinare tutto, arrivare a tradire un fratello e deludere gli amici. Non era quello che i suoi genitori gli avevano insegnato, e si sentì ancora peggio a pensare a loro e a quello che avrebbero pensato di lui in quel momento.
«No, sentite, io… cioè, ecco, io… Bubbles, mi dispiace! Speedy, non volevo… non andatevene!» provò a correggere il tiro, ma era troppo tardi.
Anche la scimmietta e la nuvola se ne andarono, deluse da lui.
Era solo.
Era un principe, ma era riuscito a fare terra bruciata intorno a sé.
«Ma cosa sto facendo?!» sospirò ad alta voce, mettendosi le mani tra i capelli e lasciandosi cadere con la schiena sul letto.
Fissava il soffitto, mentre un nodo sembrava stringergli sempre più forte la gola, accompagnato da un terribile senso di vuoto nel petto.
Si rese conto che le sue guance erano rigate di lacrime. E che era solo uno stupido vigliacco.
Aveva perso di vista sé stesso e i valori in cui aveva sempre creduto. Aveva rinnegato le sue origini, si era scordato da dove era partito e le condizioni in cui aveva vissuto fino a quel momento. Aveva tradito la fiducia, l’amicizia e l’amore mentendo a tutti.
«Rad ha ragione, devo dire la verità a Chichi».
 
«Hai visto anche tu che quello straccione travestito da principe aveva la mia lampada magica nel cappello, vero Vegeta?» chiese ghignando Freezer al suo pappagallo, dopo aver chiuso alle sue spalle la porta della stanza segreta in cui si era rifugiato dopo essere scappato dalle guardie del sultano.
Era la stessa stanza nella quale aveva avuto conferma che Goku fosse il diamante allo stato grezzo grazie a uno dei suoi incantesimi da stregone, prima che quell’inutile insetto gli portasse via la lampada da sotto il naso, insieme ai suoi sogni di gloria. Ma adesso il destino gli aveva dato un’altra insperata possibilità, probabilmente l’ultima, e non aveva nessuna intenzione di sprecarla.
«Sì» si limitò a rispondere il volatile, che dentro di sé aveva sperato che il Gran Visir non l’avesse vista.
Il suo piano personale si complicava a questo punto, aveva anche provato a scappare per conto suo poco prima, ma Freezer l’aveva trascinato con sé. Avrebbe voluto rubare la lampada a quel falso principe, non gli sembrava molto intelligente ed era convinto che avrebbe potuto soffiargliela senza problemi per poi utilizzarla per i suoi scopi. Pensò che poteva fingersi accondiscendente verso il Gran Visir per poter lasciare quella stanza e andare a cercare la lampada, senza poi ovviamente consegnarla a lui.
Ma sapeva anche che bisognava stare attenti quando si aveva a che fare con Freezer, non era certo quel genere di persona che può essere sottovalutata.
Lo vide armeggiare con la testa di cobra rotta del suo bastone dorato che aveva raccolto prima di scappare. Da ciò che restava degli occhi rossi del cobra notò scendere una polverina scarlatta sul palmo della mano del Gran Visir, ma lì per lì non ci fece molto caso.
«Io non posso allontanarmi da qui, adesso, quindi ho bisogno che sia tu ad andare a sottrarre la lampada a quell’inutile insetto di nome Goku» disse con voce melliflua, avvicinandosi lentamente a Vegeta con un sinistro sorriso sornione dipinto sul volto che mise i brividi al pappagallo. «Tu me la porterai qui, è un ordine. E, per essere sicuro che non mi tradirai, ho pensato di prendere le mie precauzioni!» aggiunse, alzando all’improvviso il tono della voce e scagliando negl’occhi di Vegeta quella polverina scarlatta che aveva appena recuperato dal suo bastone stregato. 
«Aaahhh!» urlò Vegeta, crollando a terra.
Si sentiva la testa esplodere, i muscoli si contraevano contro la sua volontà e il cuore gli batteva talmente forte nel petto da fargli temere per la sua stessa vita.
«Ah, ah, ah! Questo condizionamento mentale è molto più potente di quello ipnotico con cui controllavo quel sultano di cui tra poco prenderò il posto!» rise Freezer, mentre Vegeta continuava a contorcersi a terra.
Faticava a respirare, cercava di sbattere le ali, ma non ci riusciva.
«Ho usato su di te la polvere magica pura senza schermarla con gli occhi da cobra del mio bastone» continuò a sorridere, fermandosi a un passo da Vegeta, che continuava a contorcersi ai suoi piedi. «Non potevo rischiare nulla a questo punto, mi capisci, vero? Adesso sarò certo che farai esattamente quello che vorrò io. Portami la lampada».
Il pappagallo smise di soffrire e cominciò a respirare profondamente, facendo riprendere a poco a poco al cuore i suoi normali battiti. Si rialzò e provò a sbattere le ali, rendendosi conto che aveva di nuovo la padronanza del suo corpo e che si sentiva anche molto bene fisicamente, anche meglio di prima, soprattutto considerando che aveva pensato di morire a un certo punto. Ma si rese anche conto che non poteva tradire Freezer, perché non era più pienamente padrone della sua mente. E questo era terribile per un carattere orgoglioso come quello che aveva Vegeta. Era qualcosa di talmente umiliante per lui da andare anche oltre la rabbia causata dall’impossibilità di realizzare il suo piano.
Si alzò in volo e causalmente vide la sua immagine riflessa in uno specchio: una “M” campeggiava sulla sua fronte, doveva essere il marchio di quel maledetto incantesimo che gli aveva appena fatto quel lurido essere che rispondeva al nome di Freezer.
«Se te lo stai chiedendo, quella “M” significa tante cose: “mio”, “mente” e “majin”, ad esempio. Ora la tua mente è mia, tu mi appartieni. Sei il mio majin, adesso. Sei il mio demone e io sono il tuo dio» spiegò il Gran Visir.
«Tsk!» sibilò Vegeta, irritato, volando fuori dalla finestra e dirigendosi verso la stanza di Goku in cerca di quella dannata lampada.
Non poteva fare altro, non aveva la forza necessaria a ribellarsi.
 
Volò stando ben attento a non farsi notare da nessuno finché non raggiunse la stanza di Goku. Intravide la lampada sul letto seminascosta sotto un cuscino e quell’impostore dall’aria tutt’altro che intelligente sdraiato con le mani tra i capelli a fissare il soffitto e parlare da solo. Ora che lo guardava bene, Vegeta non aveva dubbi: era proprio lo stesso poveraccio che Freezer aveva cercato di seppellire sotto la Caverna delle Meraviglie. Come avevano fatto a non riconoscerlo prima? Erano così incredibili i poteri di quella lampada? Se lo augurava, perché da quella lampada dipendevano il suo futuro e tutti i suoi sogni. Anche se non sapeva ancora come fare, visto che non poteva fare altro che consegnare al Gran Visir quella maledetta lampada. Aveva padronanza dei suoi pensieri e del suo corpo, non si era ridotto a un semplice automa come quando Freezer applicava il suo incantesimo sul sultano. Lui aveva un carattere forte e un orgoglio smisurato, era libero di fare e pensare quello che voleva, solo sentiva di non poter fare a meno di consegnare la lampada al Gran Visir. E questo lo faceva impazzire, anche se cercava di mantenere la lucidità necessaria per provare a spezzare quel controllo mentale. Provò a dare una testata al muro, a farsi male, ma era tutto inutile. Non aveva tempo di provare a liberarsi, sentiva di dover prendere quella dannata lampada prima di tutto.
Guardò di nuovo Goku e pensò che sarebbe stato fin troppo facile ingannare uno con quella faccia da ebete, per non dire da schiaffi, adesso che si trovava lì da solo. Doveva semplicemente trovare un modo per farlo uscire di corsa dalla stanza senza badare alla lampada. Ripensò a quando l’aveva visto con Chichi la notte precedente, all’espressione ancora più stupida del solito che aveva su quel volto insulso quando la guardava, e capì che era proprio lei la soluzione. Il suo punto debole era proprio quella ragazzina isterica con la voce da gallina.
Si voltò e sorrise mentalmente mentre osservava, proprio sotto quella finestra, un laghetto pieno di fenicotteri che passeggiavano amabilmente nell’acqua bassa camminando sulle loro lunghe e sottili zampe. Un luogo perfetto dove nascondersi per attirare in trappola la sua preda. Certo, sarebbe stato imbarazzante e nessuno avrebbe mai dovuto saperlo, però, appunto, non c’era anima viva lì a parte lui e quegli altissimi uccelli rosa senza cervello. Rubò di soppiatto una pergamena ingiallita da una stanza al piano di sotto e trovò il modo di arrotolarla e piegarla in qualche modo, per poi incastrarsela intorno al becco. Staccò poi dal laghetto due lunghi e sottili rami di bambù e li utilizzò come dei trampoli improvvisati. Si andò a nascondere i mezzo ai fenicotteri, cercando di camuffarsi tra loro. In effetti aveva anche lui un becco lungo e adunco, oltre a gambe alte e sottili. Certo, cambiava il colore e il suo corpo era molto più piccolo, ma ritenne che per uno con la faccia da scemo come Goku il suo piano improvvisato e imbarazzante andasse più che bene.
Aveva ultimato il travestimento, ma adesso veniva il bello, perché la fase due del suo piano prevedeva che avrebbe dovuto simulare la voce di Chichi per stanare il falso principe. Ci sarebbe cascato sul serio? Era davvero così stupido?
Vegeta si schiarì la voce e si nascose ancora di più in mezzo a un gruppo di fenicotteri. Li osservò per un istante con disgusto, scuotendo la testa. Era caduto davvero in basso per sottomettersi a inscenare una simile pagliacciata. Un giorno l’avrebbe fatta pagare a tutti per questa umiliazione, a partire da Freezer!
Si schiarì ancora la voce e cercò di darle un timbro femminile, anche se non era facile per uno dal tono solitamente grave e sprezzante come il suo. Per di più si stava vergognando da morire.
«Goku!» cinguettò Vegeta, cercando di essere dolce e, a modo suo, sensuale.
Quello che ne uscì fu una sorta di tremendo rantolo che ricordava quello di un’anatra che viene strozzata. Vegeta pensò che non poteva essersela bevuta nemmeno uno sciocco come quell’impostore travestito da principe.
«Sei tu, Chichi?!» domandò Goku, alzandosi di scatto e sporgendosi dalla finestra.
Vegeta non ci poteva credere. Si domandò quanto fosse mentecatto quel ragazzo che rischiava seriamente di diventare il nuovo sultano.
«Puoi venire un momento, Goku?» domandò Vegeta, cercando di nuovo di fare una voce femminile che ricordasse quella della principessa.
Il risultato fu, se possibile, anche peggiore del primo tentativo. Un energumeno grasso e barbuto travestito da odalisca con la gola infiammata e la voce roca avrebbe probabilmente saputo essere una principessa più credibile. Tuttavia lo sforzo immane compiuto da Vegeta sembrò bastare, visto che Goku sparì dalla finestra e ricomparve dopo qualche secondo accanto al laghetto, trafelato.
«Chichi? Dove sei?» chiese, guardandosi intorno, senza notare neanche la presenza di un pappagallo blu travestito nascosto tra i fenicotteri rosa.
«Sono fuori in giardino! Fai presto!» rispose Vegeta, che si sentiva la gola in fiamme a causa dei suoi sforzi nel camuffare la voce.
«Sto arrivando!» esclamò Goku, correndo via, mentre il pappagallo con la “M” sulla fronte lo seguiva con lo sguardo, soddisfatto e allo stesso tempo sconvolto per la sua stupidità.
«Che coglione… tsk!» commentò, proprio mentre gli parve improvvisamente di sentire ansimare qualcuno alle sue spalle.
Si voltò giusto in tempo per rendersi conto che c’era un enorme esemplare maschio di fenicottero in calore che stavo provando a montarlo, convinto che fosse una femmina e, soprattutto, che fosse anche lui della sua stessa specie.
«Che cazzo fai?!» sbottò Vegeta, inorridito e ancora più umiliato per quanto si era dovuto abbassare pur di mettere in pratica il suo piano. «Stammi alla larga! E non azzardarti a provarci mai più, rincoglionito!» aggiunse con rabbia, utilizzando una delle canne di bambù che usava come trampoli per colpirlo con forza sulle gambe e farlo cadere in acqua. «L’ho sempre detto che siete degli inutili e schifosi spilungoni senza cervello! Meglio essere bassi, ma intelligenti come me! ‘fanculo!» concluse sprezzante, guardando con sdegno i fenicotteri che si agitavano intorno a lui mentre prendeva il volo verso la finestra di Goku.
Trovò senza problemi la lampada sotto il cuscino e l’afferrò tra gli artigli, prima di andarsene, suo malgrado, verso il nascondiglio di Freezer.
Non si era reso conto che qualcuno aveva assistito a tutta la scena da dietro un cespuglio e che quel qualcuno era proprio Bulma, cioè l’ultima a cui avrebbe voluto mostrare un momento così mortificante per il suo orgoglio.
La tigre si sentiva un po’ stupita, molto divertita, ma soprattutto confusa per quello che aveva visto.
Non intervenne perché non capiva quello che stava succedendo e nemmeno perché Vegeta avesse una “M” sulla fronte. Non poteva poi neanche immaginare il valore di quella lampada con cui l’aveva visto volare via e il peso che avrebbe avuto anche nel suo, di destino, non solo in quello del suo pappagallo preferito.
Aveva visto anche lei che Freezer era in realtà un traditore che tramava nell’ombra, ma non aveva dubbi su Vegeta perché nessuno lo conosceva e lo capiva come lei. Sospirò sconsolata mentre lo guardava volare via, perché si chiedeva cosa sarebbe stato di lui quando le guardie avrebbero finalmente arrestato il Gran Visir. Sarebbero potuti restare insieme anche loro, nonostante tutto, come Chichi e Goku?
Già, Chichi…
Perché Vegeta aveva provato a fingersi lei per attirare il suo ragazzo fuori dalla stanza? La principessa stava ultimando i preparativi per l’annuncio ufficiale davanti al popolo per il suo fidanzamento, ormai era questione di pochi minuti e poi sarebbe iniziato.
Aveva fatto quella pantomima solo per portare via quella vecchia lampada? Stava lavorando per Freezer? Aveva sempre fatto il doppio gioco anche con lei?
Guardò il cielo limpido e azzurro come i suoi occhi e ruggì con tutto il fiato che aveva in corpo. Voleva che Vegeta la sentisse. Che sapesse che lei c’era per lui. E che ci sarebbe stata, sempre e comunque.
Bulma infatti non poteva ancora dare risposta a tutte le sue domande in quel momento, ma c’era solo una cosa su cui non aveva dubbi: Vegeta non era un traditore.
Si fidava di lui.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: un finale a tinte VegeBul per questo capitolo molto amaro, spero almeno che Vegeta travestito che rischia anche di farsi ingroppare da un fenicottero arrapato vi abbia strappato un sorriso.
Allora, cosa mi dite? Ve lo aspettavate così Majin Vegeta in questa storia? Porterà la lampada a Freezer o riuscirà ad annullare il controllo mentale?
In tutto questo, Goku ha fatto terra bruciata intorno a sé ed è stato davvero triste dover scrivere questo litigio tra lui e Rad, per me. Lazuli, in compenso, l’avrebbe ammazzato volentieri e direi che possiamo capirla, se ci mettiamo nei suoi panni. Però dai, almeno resterà negli annali la scena in cui Rad la manovra facendole suonare i piatti da orchestra, prima che lei impazzisca! Spero vi abbia divertito. ;-)
 
Come sempre ringrazio tantissimo tutti voi che mi lasciate sempre il vostro parere, anche LadyHeater83 che non avevo mai citato prima, ma che ha recuperato tutta la storia rendendomi molto orgoglioso. Grazie a voi e a chi legge in silenzio, siete la mia forza e spero la storia continui a piacervi.
Oggi vi allego una bellissima Chichi che aspetta Goku nella sua stanza, realizzata da Echo Saber.
 
Bene, il prossimo capitolo si intitola “Tracollo”, e riprenderà da Goku che sta cercando Chichi nel giardino reale dopo il tranello ordito da Majin Vegeta. La troverà? Le dirà la verità?
Posso anticiparvi che ci sarà un bel confronto tra lui e Lapis, e che anche stavolta il nostro Goku sbaglierà a dire il nome. Considerando che Lazuli l’ha storpiata involontariamente in “Loculi”, cosa ne verrà fuori con Lapis? :-)
Inoltre, a proposito di Lazuli, avremo anche un toccante confronto tra lei e Rad dopo la notizia shock che Goku non vuole più liberare il genio.
Spero di avervi incuriosito, ci vediamo mercoledì prossimo!
 
Teo

20200529-103844

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Capitolo 23
*** Tracollo ***


23 – Tracollo
 
 
«Dove vai di bello, Kaky? Ripensamenti prima del matrimonio? Stai cercando una via di fuga?» disse Lapis, che era andato a fare un giro in giardino in attesa della cerimonia e aveva incontrato casualmente Goku.
Il giovane ladro stava cercando freneticamente Chichi da quando Vegeta aveva imitato la sua voce e non si era nemmeno accorto di lui, considerando anche il fatto che l’aveva chiamato con un diminutivo di Kakaroth, la sua falsa identità.
«Oh, mi senti?! Ce la fai?! Te la stai facendo così tanto sotto perché devi sposarti?!» insistette il principe del nord, tagliando la strada a Goku e salutandolo in modo beffardo, agitando la mano aperta lentamente davanti ai suoi occhi sgranati.
«Urcaaa! Ciao Lapidis! Hai visto Chichi qui in giro?!»
«Per prima cosa, “Lapidis” puoi usarlo come nome per un becchino. Io mi chiamo Lapis, però ammetto che sei sempre divertente!» ridacchiò il ragazzo dagli occhi di ghiaccio. «E, seconda cosa, la tua fidanzata stava finendo di prepararsi insieme alla mia. Se entro pochi minuti non ti presenterai da lei sulla balconata principale del palazzo credo che potrebbe reciderti i testicoli. Lo sai, vero?»
«Ah, davvero?! A me sembrava di aver sentito la sua voce provenire da qui!»
«Devi avere le visioni, mio caro principe Kakaroth, perché la tua principessa non si è mai mossa dalla sua stanza. È lo stress pre-matrimonio, è normale. Dovrebbe essere tuo fratello a farti da balia, però, non io, non è divertente. O è forse troppo impegnato con la mia sorellina?»
Goku abbassò la testa mestamente e sospirò. Ripensare a quello che aveva fatto a Radish e a Lazuli lo faceva sentire male, così come si sentiva in colpa per aver mentito a tutti. A Chichi, soprattutto, ma anche allo stesso Lapis, che pensava ancora che lui si chiamasse Kakaroth.
«Non dirmi che sei geloso di lui, eh?! Guarda che avrai l’onore di diventare mio parente se quei due un giorno si sposeranno, non dirmi che nella tua vita avevi un sogno più grande di questo!» ridacchiò beffardo il ragazzo dai lunghi capelli neri.
Goku lo guardò con occhi vacui e accennò un sorriso spento.
«Non so… non so se potranno restare insieme…».
«Se ti sconforta il fatto che la mia sorellina fa la stronza, beh, non devi preoccuparti. Cioè, dovresti dire al bestione di non farci troppo caso. Lei fa la stronza, ma non lo è davvero» spiegò Lapis, saltando agilmente per afferrare il ramo dell’albero sotto il quale si trovavano e issandosi senza apparente fatica.
Sotto lo sguardo interrogativo di Goku si sedette, per poi improvvisamente lasciarsi ciondolare a testa giù, sorreggendosi solo con le gambe piegate attorno al ramo.
«Cosa fai?!»
«Niente, volevo immedesimarmi in voi scimmioni. Te e quell’altro bestione» rispose con nonchalance il principe di Asgard, penzolando amabilmente. «È divertente, ma dopo un po’ ti va il sangue alla testa. Forse è per questo che ragionate poco, voi del regno di Pazzo» aggiunse, beffardo, prima di lasciarsi cadere e atterrare con eleganza dopo un salto mortale.
«Comunque non c’entra tua sorella, nemmeno Radish. Loro… loro stanno bene insieme. Sono io che ho fatto un casino…».
Lapis lo guardò e si fece serio. Si sistemò con la mano i capelli che si erano arruffati dopo il suo numero da acrobata e si lisciò gli eleganti vestiti, prima di fissare i suoi occhi in quelli del giovane ladro.
«Dimmi cosa ti preoccupa. E fallo in fretta, la tua cerimonia ufficiale sta per iniziare e, visto che la cosa riguarda anche me, ci tengo a farti sapere che il principe Lapis non fa mai aspettare una signora».
«Ecco… io non sono un vero principe…» sussurrò Goku a testa bassa.
«Questa è una buona notizia per la categoria “principi” di cui faccio orgogliosamente parte» sorrise il ragazzo dallo sguardo glaciale. «Vedi, Kaky, tu sei divertente, mi fai ridere, ma sei anche terribilmente imbarazzante».
«Non mi chiamo nemmeno Kakaroth, Paoz non esiste. Il mio vero nome è Aladdin Goku e sono solo un povero ladro di Agraba».
«Anche questo mi rincuora. Scusa se te lo dico, ma Kakaroth era proprio un nome di merda. L’ha inventato il bestione? Da dove arriva tutto il circo che ti sei portato dietro? È grazie a lui?»
«Già… Radish… ecco, Radish in realtà è un genio-drago della lampada e non ha fatto altro che esaudire un mio desiderio facendomi diventare un principe».
«Un genio cosa?!»
«Un genio della lampada, un personaggio che da queste parti si pensava esistesse solo lei libri e nelle leggende. Il suo vero aspetto è quello di un drago, quella che hai visto è la sua forma umana».
Lapis si avvicinò guardingo e squadrò Goku, prima di appoggiargli una mano sulla fronte.
«No, non hai la febbre» stabilì. «Adesso resta in equilibrio su una gamba e poi soffia».
«Eh?!»
«Fallo e basta, voglio capire se sei ubriaco».
«Non sono ubriaco! Ti ho detto la verità!»
«Ok, ti credo… la tua è una storia divertente, in fondo. Volevo solo prenderti in giro, scimmione» sorrise enigmatico il principe. «Quale sarebbe il problema? Temi il giudizio della tua principessa, che immagino non sappia la verità?»
«Già…» rispose mestamente Goku, abbassando la testa. «Io vorrei dirle tutto, però…».
«Dovresti farlo, in effetti. Non mi piacciono i bugiardi» lo interruppe in tono aspro Lapis.
«C’è altro che ti turba? A volte non capisco le persone che si tirano certe paranoie… basta essere sinceri e divertirsi, no?»
«Beh, ecco… i desideri che può esprimere un genio sono tre e io ne ho già usati due. Col terzo avevo promesso a Radish di renderlo un uomo libero, ma…».
«Libero? Da cosa?!» lo interruppe il principe.
La libertà era da sempre la cosa che aveva bramato di più, come del resto sua sorella. Era sensibile a questa tematica.
«Dalla sua natura di genio che lo condanna a vivere dentro una lampada per l’eternità quando una persona esaurisce i suoi desideri, finché qualcun altro trova questa lampada e diventa il suo nuovo padrone».
«Brutta storia… come hai potuto coinvolgere mia sorella in tutto questo?!» ringhiò improvvisamente Lapis.
«Io… scusa…».
«Scusa un cazzo! Chi altri sa tutta la verità oltre a me?!» sibilò il principe, che Goku non aveva mai visto così arrabbiato e quasi si spaventò per la durezza del suo gelido sguardo.
«Solo Lazuli… lei ha sempre saputo tutto, per qualche motivo è stata immune ai poteri di Rad fin dall’inizio» sospirò il giovane ladro, sconsolato.
«Merda… doveva dirmelo quella stupida zuccona!» si dannò Lapis, stringendo i pugni così forte da farsi male. «Hai già detto a lei e a Rad che non avevi più intenzione di mantenere la promessa?!»
«Sì, abbiamo litigato… e se ne sono andati. Lei mi ha dato uno schiaffo, e ha fatto bene… pensa che mi aveva appena salvato la vita…».
«No, non ha fatto bene. Avrebbe dovuto aprirti la testa e, conoscendola, se non l’ha fatto è solo perché ama davvero quel bestione di genio» gli fece notare Lapis. «Comunque forse la botta ti ha fatto bene, mi hai detto che hai deciso di dire la verità a Chichi, giusto?»
«Ecco, sì… credo di sì! Ma ho paura…».
«Io se fossi in te avrei più paura di fondare il mio matrimonio su una menzogna grossa come questo palazzo reale. E avrei anche paura di mia sorella, se fossi in te» accennò un sorriso, afferrando poi per il polso Goku. «Muoviti, hai ancora tempo per dirle tutto prima che inizi quella stupida e noiosa cerimonia! A quel punto potrai anche mantenere la tua promessa, no? Non ti servirà a nient’altro il tuo terzo desiderio!» aggiunse, correndo via e trascinandolo con sé.
 
«Popolo di Agraba! Sono qui per annunciarvi una grande notizia! Mia figlia ha scelto il suo sposo!» annunciò solennemente Giuma dalla balconata principale del palazzo, quella che si stagliava oltre le mura e veniva usata per le comunicazioni ufficiali al popolo.
La gente si era radunata in massa, avvisata poco prima dai messaggeri reali che avevano diffuso la notizia dell’imminente presentazione del nuovo sultano.
«Si tratta di un giovane di grande integrità morale! Un ragazzo di cui andare fieri!» continuò Giuma, mentre la folla rispondeva con applausi e urla di approvazione.
Fu in quel momento che Goku arrivò ai piedi della scalinata che dava sul terrazzo, in cima alla quale si trovava Chichi, che sbirciava impaziente dalla tenda che la teneva ancora nascosta alla vista di tutti.
«Goku! Ma dov’eri finito?!» sorrise raggiante, scendendo dalla scale e abbracciandolo.
Il giovane ladro rimase interdetto dalla sua bellezza, dal suo lungo vestito blu che la faceva apparire più incantevole di quanto già non fosse e dal suo profumo.
Restò immobile, rigido con le braccia lungo i fianchi e con lo sguardo sconsolato.
«Missione compiuta: siamo in perfetto orario» commentò Lapis, allontanandosi da loro per dirigersi verso Lunch, che si trovava anche lei ai piedi della scalinata.
«E-ecco… Chichi… c’è… c’è una cosa che vorrei dirti…» farfugliò Goku a testa bassa, deciso ormai a vuotare il sacco, ma anche impaurito all’idea delle conseguenze che avrebbero potuto avere le sue parole.
«Si è radunato tutto il popolo! Mio padre è già fuori!» gli parlò sopra Chichi, euforica, guardandolo con occhi che brillavano come stelle nella notte e regalandogli il sorriso più bello che avesse mai visto. «Vieni!» aggiunse, prendendolo per mano e correndo su per la scale, trascinandolo con sé.
La voce di Giuma e le grida della gente erano sempre più vicine. Solo una semplice tenda verde smeraldo li separava dall’esterno.
«Chichi, ascoltami, ti prego! Devo dirti una cosa e …» provò a ribadire Goku, una volta arrivati in cima.
«Sì, sì, dopo! Siamo in ritardo!» sorrise Chichi, voltandosi verso di lui e sistemandogli il cappello in testa, tutto storto dopo quella corso. Si premurò anche di lisciargli la giacca color avorio e oro con le mani e sistemargli il colletto.
«Ma… tu non capisci!» tentò disperatamente il giovane ladro, guadagnando in tutta risposta l’ennesimo sorriso radioso e un bacio a fior di labbra.
«Certo che capisco! È normale essere emozionati!» esclamò lei, prima di dare uno spintone a Goku facendolo finire direttamente oltre la tenda verde. «Buona fortuna!»
«Il principe Kakaroth di Paoz!» annunciò solenne Giuma, indicandolo, mentre Goku osservava con occhi sgranati e bocca spalancata la folla oceanica che si era radunata intorno alle mura reali.
Tra l’altro, in mezzo a tutto quel trambusto, il sultano non aveva nemmeno capito che il suo vero nome fosse Goku.
«Urcaaa…» sussurrò tra sé il giovane, pietrificato, sollevando timidamente una mano verso la gente, che rispose a quel gesto con un urlo ancora più forte di quello di prima.
Cercò con lo sguardo Radish, provò a chiamarlo telepaticamente, ma si rese conto che non c’era più nessun collegamento mentale tra loro. Si sentì perso, solo come non mai. Non c’erano nemmeno Bubbles e la nuvola Speedy, ovviamente neanche Lazuli. Aveva tradito tutti. Aveva deluso i suoi amici, gli unici veri amici che avesse mai avuto. Erano la sua famiglia, il suo mondo. Ma lui aveva preferito illudersi di essere un principe per ottenere tutto quello che aveva davanti e che ora gli sembrava inutile. L’unica cosa che contava per lui era conquistare Chichi, non avere il potere. Eppure aveva mentito anche a lei, soprattutto a lei, visto che non sapeva ancora nulla. Oltre la folla vide il quartiere diroccato in cui era cresciuto e quella che era stata la sua casa. Si ricordò da dove era partito, della sofferenza e della fame che si provavano nei bassifondi e pensò al fatto che si era preso gioco anche dei poveri come lui, per non parlare dei suoi genitori.
Sentì un nodo stringergli la gola e gli parve quasi di aver preso un pugno nello stomaco. Avrebbe voluto scappare via da lì, tornare da Chichi oltre quella maledetta tenda verde smeraldo e gridarle tutta la verità fino a chiederle scusa. Ma le sue gambe erano come paralizzate, faticava quasi a respirare.
Cercò di nuovo disperatamente con lo sguardo Radish, suo fratello Rad, il suo amico Rad, ma non lo vide.
Sospirò, abbassando la testa per nascondere al popolo i suoi occhi lucidi.
«È fottuto… anzi, siamo fottuti» commentò sprezzante Lapis, parlando a bassa voce a Lunch. «Quello stupido scimmione non è stato neanche capace di parlarle prima che fosse troppo tardi…».
«Troppo tardi per cosa?» domandò lei, che osservava Chichi tutta esaltata che sbirciava ciò che accadeva al di là della tenda e non poteva sentirli.
«Per dirle la verità».
 
«Merda!» sbottò con rabbia Radish, dando un pugno sul muro così forte da lasciare qualche crepa intorno alla sua mano.
Non aveva usato la sua potenza illimitata, avrebbe potuto spazzare via tutto il palazzo o l’intera città con quella. Aveva voluto utilizzare solo la semplice forza umana del suo corpo. Per sentire dolore, per farsi male.
Guardò le sue nocche insanguinate e poi si voltò verso Lazuli, che accennò un sorriso dolce, seppure spento.
Distolse lo sguardo da lei. Non ce la faceva a guardarla perché si sentiva in colpa.
Aveva sbagliato tutto. Si era fidato di un umano, aveva pensato davvero di potersi liberare dalla sua maledizione e l’aveva coinvolta, condannandola a soffrire.
Non riusciva a perdonarselo.
«Là… mi dispiace…» disse con un filo di voce, con lo sguardo fisso a terra e i pugni stretti. Sentì due lacrime rigargli le guance, ma non se ne curò. Stava male. Male davvero.
«Non è colpa tua… non devi rimpiangere di avermi coinvolta in tutto questo» provò a rassicurarlo Lazuli, appoggiandogli una mano tra i folti capelli per accarezzarlo. «Mi hai fatto sentire più viva tu in un giorno di quanto mi era mai successo nella mia vita».
Il genio alzò la testa e la guardò in faccia.
Era incantevole. Totalmente priva di barriere.
Piangeva e sorrideva, Lazuli, e Radish si sentì morire dentro.
Ebbe paura della lampada, dell’eterno futuro a cui era condannato. Un futuro che non poteva comprendere anche lei.
Gli sorrise anche lui e gli sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio, prima di asciugarle delicatamente le lacrime con un dito.
«Non voglio vederti piangere» le disse dolcemente, con la principessa che in tutta risposta azzerò all’improvviso le distanze e lo baciò, spingendolo fino al letto della sua stanza.
Radish la lasciò fare e ricambiò quel bacio che aveva il sapore salato delle loro lacrime. Fu un bacio avido, che trasmetteva tutto l’urgenza che sentivano entrambi di aversi, di stringersi.
Fecero l’amore così, senza troppi preliminari, ancora mezzi vestiti. Lo fecero con foga, quasi con rabbia, senza parlarsi, ma godendosi ogni istante di quel momento, sapendo che sarebbe potuto essere l’ultimo per loro. Fu qualcosa di totalizzante, un misto di amore portato all’estremo e di odio verso un destino infame. Non smisero mai di baciarsi, e continuarono anche dopo che Radish venne dentro di lei, come a voler rendere eterno quel momento. Come a non voler pensare a quello che stava per succedere.
Le urla della folla che si era accalcata lungo le mura del palazzo reale li riportò loro malgrado a una realtà che dovevano affrontare.
Si guardavano negli occhi in silenzio, mentre pensavano entrambi che doveva essere iniziata la cerimonia di presentazione al popolo del nuovo sultano. Di Goku, colui che li aveva illusi e poi abbandonati.
Radish accennò un sorriso e diede un bacio a fior di labbra all’unica donna che avesse mai amato nella sua infinita esistenza e si rialzò. Anche lei si ricompose, almeno dal punto di visto esteriore. Dentro era un fiume in piena. Avrebbe voluto urlare, avrebbe voluto trovare una soluzione. Pensava di poter avere il diritto anche lei di essere felice, di sentirsi capita da qualcuno. Pensava di avere il diritto di amare.
«Devi promettermi che proverai ad essere felice quando io me ne andrò. E che mi dimenticherai, Là».
«Non potrei mai dimenticarti. E non voglio dimenticarti, soprattutto, Rad».
«Non rendere tutto più difficile… dimenticami e basta. Non ha senso soffrire per un genio».
Lazuli si avvicinò e gli diede uno schiaffo sulla guancia.
«Piantala di dire assurdità e di dirmi cosa fare, cosa provare!» gridò, furibonda, prima di distogliere con stizza lo sguardo di quello di Radish. «Io… i-io ti amo, non lo capisci, scemo?!»
«Ti amo anch’io, Là. Grazie per quello che hai fatto per me» sorrise il genio, abbracciandola e trasmettendole tutto il suo calore. «È bello… è bello che tu me l’abbia detto… grazie, grazie di tutto».
«Ho deciso che non posso accettare questa situazione» disse lei, determinata, con la testa affondata nel petto di Radish. «Io verrò con te, ti seguirò anche nella lampada!»
«Non dire stupidate, Là».
«E invece deve esserci una soluzione! Ci sarà un motivo se io sono immune ai tuoi poteri, no?! Sono certa che potrò diventare come te e venire con te!»
«Non posso condannarti a una vita di eterna schiavitù come la mia… e non ho neanche i poteri per farlo».
«Tu no, ma io forse sì!» insistette Lazuli. «Non voglio perderti!»
«Là, ora hai solo bisogno di stare un po’ tranquilla, poi vedrai che starai meglio e ti renderai conto che… che… cosa?!» si interruppe Radish, sentendosi improvvisamente risucchiato da una forza che sentiva di non poter controbattere.
Un fumo celeste lo avvolse e sostituì anche le sue gambe umane, la sua pelle divenne improvvisamente azzurra e i pesanti bracciali dorati, il simbolo della sua schiavitù, sembravano ancora più splendenti del solito.
«No… non adesso… non di già!» gridò, sgranando gli occhi, mentre rimpiccioliva a vista d’occhio e affondava in quel fumo sempre più denso.
Lazuli si sbilanciò in avanti, perdendo contatto con quel busto che stava abbracciando fino a un attimo prima e che ora non c’era più.
«Rad! Cosa…» farfugliò, spalancando i suoi occhi di ghiaccio. «No… no!»
«Goku… Goku deve aver strofinato la lampada…» riuscì a dire il genio, prima di sparire in una scia bluastra davanti allo sguardo sconvolto della sua ragazza.
Lazuli crollò sulle ginocchia, ma fu questione di un istante per lei ritrovare la sua consueta lucidità. Si rialzò determinata e cominciò a correre in corridoio, seguendo ciò che restava del fumo che aveva risucchiato Radish.
Non aveva mai mollato nella sua vita e non l’avrebbe di certo fatto proprio ora che aveva trovato un motivo per cui valeva la pena combattere.
«Non ti lascio andare, Rad».
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: un finale che lascia tutto in sospeso, direi, e magari mi odierete per questo… chi avrà sfregato la lampada? Vegeta? Freezer? Goku? Sedici? Crilin?
In ogni caso, chiunque sia stato, ha interrotto un momento molto toccante tra Rad e Là che spero vi sia piaciuto, anche se molto triste.
In tutto questo, Goku si confida con Lapis, che gli dice chiaramente cosa fare. Non lo so, a me faceva ridere immaginarmelo a penzolare a testa in giù appeso a un ramo! ;-) In più abbiamo svelato l’arcano: dopo “Loculi”, Goku se ne esce con “Lapidis”, giusto per restare in tema! :-)
Peccato che Chichi non l’abbia fatto parlare, sembrava essersi chiarito finalmente le idee il nostro principe Kakaroth e invece viene sbattuto in pasto alla folla… cosa dite, finirà bene tutto questo?
 
Ringrazio tantissimo tutti voi che mi lasciate sempre il vostro parere, spero che vi appassionerà questa parte della storia che sarà sempre più legata all’azione da adesso in poi. Grazie anche a chi legge in silenzio, fatemi sapere anche voi se vi va.
Grazie anche a chi ha letto e apprezzato la mia one shot dedicata a Bulma e Vegeta (con una bella comparsata di Radish) dal titolo “Noi due prima di Namecc”. Se non l’avete ancora letta e volete farlo non potrà che farmi tanto piacere!
 
Settimana prossima il capitolo si intitola “Il nuovo sultano”, del resto Goku sta per essere incoronato, giusto? ;-)
Vi anticipo che ci saranno ritorni importanti in scena e che qualcuno potrebbe anche ritrovarsi in fin di vita. Potrebbero esserci momenti di scoramento misti a slanci di determinazione… può succedere di tutto, insomma, quindi vi aspetto mercoledì prossimo come sempre!
Buon Ferragosto e buona estate, spero stiate passando delle belle giornate!
 
Teo

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Capitolo 24
*** Il nuovo sultano ***


24 – Il nuovo sultano
 
 
«Senti, Gò, mi hai proprio fatto girare le palle e …».
Radish si interruppe, rimanendo quasi senza fiato.
Era stato risucchiato per un istante nella lampada e poi ne era fuoriuscito subito, segno che qualcuno l’aveva appena evocato. Ma quel qualcuno era stato Freezer, il quale stringeva tra le mani quel vecchio oggetto dorato che aveva bramato per anni e sorrideva in modo inquietante. I suoi piccoli occhi rossi brillavano di lucida follia.
Vegeta era appollaiato su un tavolino e non sulla spalla. Silenzioso, quasi pietrificato, con la sua nuova “M” incisa sulla fronte. Anche il suo animo era in subbuglio, non solo quello di Radish. Tutto stava andando a rotoli davanti ai suoi occhi, eppure non era in grado di liberarsi del controllo mentale operato dal Gran Visir.
«Sorpresa» sorrise mellifluo Freezer. «Ma certo, eri proprio tu il genio della lampada, era talmente ovvio».
Radish si rese conto di quello che era successo e si sentì mancare. Come aveva potuto quell’imbecille di Goku farsi rubare la lampada?! Era stato ucciso?! No, non poteva crederci.
Si guardò intorno e capì di essere nel nascondiglio dove Freezer doveva essersi nascosto per sfuggire alle guardie. Incrociò gli occhi neri di Vegeta per un fugace istante e percepì una rabbia diversa in lui, gli sembrava strano. Il pappagallo scosse la testa, stizzito, e distolse lo sguardo. Il genio notò la “M” sulla sua fronte e capì a grandi linee quello che poteva essere successo: ricordava che in passato erano esistiti dei potentissimi stregoni che erano in grado di operare un controllo mentale su persone e animali, incrementando la loro forza e acuendo la loro malvagità. I loro nomi erano Bibidi e Babidi, padre e figlio, e si narrava che il loro marchio fosse appunto una “M”. Ma si trattava di fatti accaduti secoli prima e sostanzialmente dimenticati dalla gente, non credeva potesse esistere qualcuno al mondo in grado di praticare una simile magia.
Il genio pensò soprattutto a Lazuli, ai suoi occhi spaventati, alla sua voce sempre più flebile mentre veniva risucchiato, ed ebbe paura anche per lei, ora che i suoi infiniti poteri erano nelle mani di un essere tanto spietato. Non poteva ribellarsi, lui, non poteva fare nulla.
Un genio vive per servire un padrone e ubbidirgli, non ha facoltà di scelta nonostante sia dotato di libero arbitrio.
Provò ad assumere la sua spaventosa forma di drago, riempiendo quell’immensa stanza con tutta la sua mole, che sarebbe anche potuta essere maggiore se avesse voluto sfondare il soffitto. Fissò Freezer con i suoi giganteschi occhi scarlatti e gli mostrò le zanne, sperando di leggere in lui paura o almeno timore. Sognava di vederlo scappare via spaventato, come era successo alcune volte nella sua vita con alcune persone che avevano trovato la lampada, ma la riteneva un’opzione poco probabile.
«Puoi anche tornare ad assumere la tua forma semiumana» gli sorrise beffardo il Gran Visir. «Sai, non vorrei farmi venire il torcicollo per guardarti».
Radish tornò al suo corpo azzurro imponente e muscoloso, parandosi davanti al suo nuovo padrone e gonfiando il petto. Serio, cercava di essere intimidatorio.
«Sono io il tuo padrone, adesso!» ringhiò Freezer, prima di colpire il genio con un pugno allo stomaco che gli tolse il fiato e lo fece piegare in avanti. «So che non puoi ribellarti a me! Sei in mio potere!» rise sguaiatamente, afferrando con una mano una ciocca dei lunghi capelli di Radish e trascinandogli la faccia sul pavimento, prima di calpestargliela, premendo con forza e disprezzo la suola della scarpa sulla sua guancia.
Radish non disse niente, lo lasciò fare perché non poteva fare altro. Avrebbe voluto rialzarsi e spazzarlo via, polverizzarlo. Sarebbe stato semplice per lui, non c’era paragone tra i loro poteri. Eppure non poteva farlo, era costretto a servirlo a causa della sua natura. Inveì ancora una volta contro il destino, contro la sua natura, contro quei pesanti bracciali che sembravano stringergli più forte che mai ai polsi. Ripensò a Lazuli, ai momenti passati insieme. A Goku e a quanto si era illuso che la sua vita sarebbe cambiata sul serio.
Aveva sognato che quello sarebbe stato il giorno giusto per ottenere la libertà, e invece si ritrovava con la faccia schiacciata sul pavimento da un essere spregevole che era costretto a servire. Era umiliato e frastornato, ma soprattutto sentiva di avere il cuore a pezzi perché non riusciva a fare a meno di pensare a Lazuli. Aveva il terrore che potesse succederle qualcosa e si sentì ancora più in colpa per averla coinvolta nella sua vita. Nella sua eterna e tragica esistenza che meritava invece solo la solitudine.
«Genio, esaudisci il mio primo desiderio: voglio essere trasformato in un sultano!» ordinò Freezer, sgranando gli occhi. «Andiamo a farci vedere dal popolo anche noi!»
 
Il cielo, intanto, sopra le teste di Goku e Giuma si era improvvisamente fatto scuro e un forte vento aveva cominciato a spirare su Agraba. La folla si zittì, spaventata, prima che qualcuno iniziasse a mormorare quando un fumo celeste sempre più denso cominciò ad avvolgere la balconata sulla quale nel frattempo era uscita anche Chichi.
Lazuli arrivò correndo ai piedi della scalinata che dava sull’enorme terrazzo, dove trovò Lapis e Lunch, che non riuscivano a capire quello che stava succedendo. Lei, invece, aveva capito eccome. Era arrivata fin lì seguendo la scia di fumo lasciata da Radish e poi aveva avvertito la sua presenza ricomparire lì, dopo che ne aveva perso le tracce dietro una parete che altri non era che il passaggio segreto per arrivare al nascondiglio di Freezer. Solo che, all’improvviso, aveva percepito da un’altra parte l’aura del genio e così si era ritrovata in quel luogo, nei pressi della cerimonia ufficiale di fidanzamento di Chichi e Goku. Aveva un terribile presentimento: non poteva essere stato il giovane ladro ad evocare il genio proprio in un momento simile, davanti a tutti. Doveva essere successo qualcosa, per forza. E si rese conto di avere paura per quello che sarebbe potuto succedere a Radish, non solo per il fatto che si sarebbero dovuti separare per sempre.
«Lazy, ma… cosa?!» esclamò Lapis, incrociando gli occhi spaventati della sorella.
Non la chiamava quasi mai per nome, figuriamoci col diminutivo che le aveva appioppato quando erano piccoli. Questo significava che anche lui aveva capito quanto la situazione fosse grave, oltre al fatto che vedere sua sorella priva della sua consueta freddezza non poteva essere un buon segno.
«Aaahhh!» urlò Lunch, quando un’improvvisa scossa fece vibrare l’intero palazzo.
«Lazuli! Lapis! State bene?!» gridò Sedici, arrivando di corsa dal corridoio.
Immaginava che avrebbe trovato lì i suoi ragazzi e si sentì sollevato nel poter constatare che fosso in perfetta forma.
«È… è Rad! Questo è Rad!» gridò Lazuli, senza degnare nessuno di uno sguardo, spingendo via il fratello e salendo la scalinata fino ad uscire all’aria aperta.
Quello che vide mandò in frantumi il suo cuore e la lasciò come pietrificata: Radish era gigantesco e si stagliava nel cielo oscuro che fino a qualche attimo primo era illuminato dalla calda luce del sole. Era in forma semiumana, azzurro spento con venature bluastre per non dire violacee. Aveva gli occhi vitrei, lo sguardo vacuo e perso nel vuoto. Le braccia lungo i fianchi, inerme.
«Ti ho ordinato di farmi diventare il nuovo sultano, genio! Sei diventato sordo?! Ricordati che sei il mio schiavo, adesso!»
Una risata sprezzante squarciò l’oscurità e Lazuli non ebbe difficoltà a riconoscere a chi appartenesse, così come non ebbero dubbi Lapis, Lunch e Sedici, che l’avevano nel frattempo raggiunta.
«Ma… cosa…» sibilò Sedici, perplesso.
«Detto in parole povere: Kaky non è un vero principe, Rad è un genio della lampada che esaudisce desideri e quel verme del Gran Visir vuole farci fuori tutti» riassunse Lapis, con Sedici che ebbe improvvisamente tutto chiaro nella sua mente nonostante quella scarsa e sconclusionata spiegazione. Ricordò addirittura il suo primo incontro con Goku, quello in cui gli aveva dato delle monete d’oro che non aveva nemmeno voluto tenere per sé, regalandole a dei bambini poveri. E, allo stesso tempo, realizzò il motivo della disperazione di Lazuli. Si soffermò prima sull’enorme sagoma del genio che si stagliava nel cielo e sembrava un guscio vuoto, per poi volgere lo sguardo verso il volto di Lazuli, la sua bambina, che era una maschera di dolore e sgomento. Strinse i pugni così forte da farsi male e cercò con lo sguardo Freezer, finché non lo vide sorridere mellifluo, emergendo dall’oscurità.
«Tu! Me la pagheraiii!» gridò il generale, scagliandosi all’assalto con gli occhi sgranati, caricando il pugno, deciso a chiudere la faccenda con un solo colpo.
«Esaudisci il mio desiderio, ora!» strillò il Gran Visir.
Una luce dorata lo avvolse come se fosse una bolla e lo sollevò da terra di qualche centimetro, proprio nel momento in cui il generale di Asgard si gettava contro di lui.
«Aaahhh!» urlò di dolore, venendo respinto da una scarica simile a quella generata da un fulmine, non appena entrò in contatto con quella barriera.
Crollò a terra di schiena, e per un istante credette di essere morto. Non vedeva più nulla, non provava più niente. Le urla della folla che cercava di scappare apparivano sempre più lontane e ovattate ai suoi sensi.
Ripensò a sé stesso da giovane, all’eroe di guerra che suo malgrado era diventato. Ripensò alla regina del suo paese natale, alla donna a cui aveva deciso di dedicare la sua vita perché la ammirava così tanto da soffrire all’idea della persona che era suo marito. E ripensò ai suoi Lazuli e Lapis, i figli della regina che aveva cresciuto lui, che aveva condotto fin lì. Si sentì in colpa, ripensando a loro. Aveva approvato quel viaggio con entusiasmo, convinto che cambiare vita avrebbe dato una svolta alle loro esistenze. E invece li aveva messo in pericolo, non aveva nemmeno saputo difenderli.
Tutto sembrava più distante, anche il peso che portava nel cuore all’improvviso apparve più leggero. Stava perdendo i sensi, forse la vita. L’ultima sensazione nitida che provò fu lo scorrere di una lacrima sulla propria guancia.
 
«M-ma… cosa… cosa succede?!» gridò Giuma, ritrovandosi anch’egli avvolto in una bolla dorata uguale a quella di Freezer.
«Papà!» urlò Chichi, allungando una mano verso di lui, mentre veniva trascinato via e sollevato verso l’alto.
«Non toccarlo! È pericoloso!» intervenne Goku, stringendo a sé la principessa. «Rad! M-ma… tu… p-perché?!» farfugliò, sfilandosi freneticamente il cappello dalla testa e realizzando solo in quel momento di aver dimenticato la lampada nella sua stanza.
Si sentì morire, con la sua leggerezza e il suo egoismo aveva condannato tutti, non solo sé stesso.
Guardò sconvolto i vestiti da sultano di Giuma sfilarsi dal suo corpo e adattarsi su quello di Freezer, che rideva follemente con entrambe le braccia levate verso il cielo. Non indossava più gli abiti da Gran Visir, adesso era lui il nuovo sultano. Ce l’aveva fatta, era quello l’obiettivo che aveva progettato di raggiungere da tutta la vita.
L’ex Gran Visir guardò con aria di scherno Giuma, seduto sul pavimento del terrazzo, in mutande, che si guardava intorno confuso, senza capire quello che stava succedendo.
«Freezer! Tu… vile traditore!» sbottò il padre di Chichi, alzandosi in piedi.
«A quanto pare, questo “vile traditore” da adesso è il nuovo sultano!» rispose Freezer, emettendo una risate lugubre e inquietante.
«Ridammi la lampada! È mia!» intervenne Goku, scostando delicatamente Chichi e gettandosi contro Freezer.
Provò a colpirlo con un pugno, ma il nuovo sultano non ebbe difficoltà a evitare agilmente il colpo, scartando di lato.
«La tua lampada, eh? Come dicono gli sciocchi e rozzi popolani come te: “chi va via perde il posto all’osteria”, mio caro Kagasott!» rise sguaiatamente, mentre un tuono rimbombava in quel cielo tetro che sapeva dannatamente di morte e desolazione e la gente sotto alle mura continuava a cercare di scappare.
«Nuvola Speedy!» chiamò disperatamente Goku, non appena la vide spuntare nel cielo insieme a Bubbles.
La nuvola rispose al suo richiamo e lui ci saltò sopra, mentre Chichi abbracciava suo padre senza capire quello che stava succedendo.
«Raaaddd! Nooo! Perché lo fai…. Io… mi dispiace!» urlò Goku, in lacrime, volando accanto al gigantesco volto del genio.
Radish gli regalò uno sguardo colmo di desolazione e sofferenza. Non l’aveva mai visto così. Era a pezzi.
«Mi dispiace, Gò. È stato bello essere il tuo fratellone, ma adesso ho un nuovo padrone e la mia natura mi costringe a obbedirgli. Io… io preferirei morire, se almeno potessi farlo» rispose, accennando un sorriso triste e sconvolto.
Goku si rese conto che stava piangendo, e la cosa gli mandò in frantumi il cuore. Si rese anche conto che il genio non lo stava guardando mentre gli rispondeva. I suoi occhi erano diretti verso il basso, verso il punto in cui Lazuli stava scuotendo con forza il corpo esanime di Sedici. La principessa sollevò i suoi occhi di ghiaccio in quel momento e li incrociò con quelli di Radish, che non fu in grado di reggere quello sguardo e le lacrime che le rigavano le guance. Il giovane ladro si sentì ancora più in colpa. Era solo un vigliacco egoista e tutti ne stavano pagando il prezzo.
«Non voglio veder soffrire Lazuli. Ti prego, Gò, promettimi che non le accadrà nulla di male» disse Radish con un filo di voce.
«C-certo…» farfugliò Goku, mentre si rendeva conto che qualcosa di caldo e immateriale era comparso all’interno della sua mano.
«Scaglia quella sfera di energia addosso a Sedici quando tornerai a terra. Non è ancora morto, ma solo così possiamo salvarlo. Non voglio che Lazuli pianga» ordinò il genio, con Goku che in tutta risposta si gettò in picchiata verso la balconata.
Lasciò cadere la piccola sfera di energia nel petto di Sedici, mentre Lazuli continuava a urlare e a scuoterlo e Lunch piangeva a sua volta, a terra, abbracciata a Lapis, che sembrava pietrificato dal dolore.
«Sediciii! Nooo!» gridava Lazuli, che non si era accorta che Goku era appena volato a pochi metri da lei ed era saltato giù dalla nuvola per raggiungere di nuovo Chichi e Giuma e non lasciarli in balia di Freezer.
«N-non puoi… lasciarci…» farfugliò Lapis, irriconoscibile e con lo sguardo perso, allungando una mano tremante verso colui che considerava il suo vero padre.
Fu in quel momento che Sedici sgranò gli occhi all’improvviso e cominciò a tossire, prima di riprendere avidamente a respirare, consapevole che il suo cuore aveva ripreso a battere. Aveva percepito una scossa, una ventata di energia, un qualcosa che l’aveva fatto risvegliare dal sonno eterno in cui stava scivolando. Si sentiva intontito, debole e confuso, ma l’unica cosa che contava è che era ancora vivo.
La prima cosa che vide furono gli occhi di ghiaccio di Lazuli, stupiti e dolcissimi nella loro fragilità, e subito dopo quelli di Lapis, che vide tornare vivaci e frizzanti da vacui che erano.
A vederli così gli tornò alla mente un episodio di tanti anni prima, quando erano ancora bambini e si stava occupando di loro ad Asgard. Lazuli aveva costruito un magnifico pupazzo di neve, ma Lapis a un certo punto gliel’aveva decapitato con un preciso calcio volante, scatenando la sua ira e un ovvio bisticcio. Si ricordò di essere dovuto intervenire quando quei due avevano cominciato a picchiarsi e dell’idea che gli era venuta in quel momento per provare a cementare il loro rapporto e insegnargli a collaborare, a lottare per uno scopo comune: gli aveva proposto di combattere insieme contro di lui, di provare a batterlo, e che si sarebbero dovuto allenare finché non ne sarebbero stati capaci. Gli disse anche che un giorno avrebbero potuto dover combattere insieme per un motivo importante e che sarebbero dovuti arrivare pronti e preparati a quel momento. Avrebbero dovuto imparare a collaborare e a sviluppare la loro forza per sicurezza, per poter essere in grado di difendersi in caso di necessità. Gli spiegò che gli umani non sono come gli animali, che spesso la brama li porta a diventare malvagi e a fare cose terribili. Gli disse che era per questo motivo che anche loro dovevano imparare ad essere forti e che lui gli avrebbe insegnato tutto quello che sapeva.
Ora che era sdraiato a terra, in una terra tanto lontana e tanto diversa dalla loro, ma con ancora quegli stessi occhi che lo guardavano, si ricordò di quella prima volta in cui aveva convinto i gemelli a combattere insieme contro di lui e, come, già alla fine di quella giornata, collaborando erano riusciti ad atterrarlo e farlo finire con la schiena nella neve, per poi saltargli addosso e darsi il cinque, felici e sodisfatti.
Ripensò a tutto questo e accennò un sorriso. Accarezzò prima i capelli di Lazuli e poi quelli di Lapis, che sembravano non credere ai loro occhi nel vederlo sollevare il busto. Sorrisero anche loro, sollevati, e lo abbracciarono stringendolo forte, sotto lo sguardo commosso di Lunch.
«È stato merito del genio e di quel ragazzo, il diamante allo stato grezzo, se sono ancora vivo» disse Sedici, voltandosi verso Goku, che, a diversi metri da loro, sembrava pronto per sferrare un nuovo attacco verso Freezer. «Dobbiamo aiutarli. Dobbiamo vincere questa guerra».
«A me interessa liberare Radish da quel viscido verme albino» ringhiò Lazuli, ritrovando la sua consueta determinazione e guardando in cagnesco l’ex Gran Visir.
«Ah, già, Sedici, forse non lo sai, ma la mia sorellina si è innamorata» la provocò Lapis. Anche lui era tornato lo stesso di sempre.
«Sta’ zitto» sbottò lei, alzandosi, fiera e feroce come una leonessa. «Lunch, prenditi cura di Sedici. Io e mio fratello dobbiamo combattere, adesso. Sono sicura che stanno per arrivare qui i tirapiedi di quel verme, e noi saremo pronti a dargli il benvenuto».
 
«Freezer, ti ordino di smetterla!» tuonò Giuma, mentre una luce sinistra, fredda e biancastra illuminava il tetro cielo sopra Agraba.
«Ah, ah» sorrise mellifluo l’ex Gran Visir, facendo segno di no con il suo lungo e secco dito indice. «Forse non l’hai capito, ma qui c’è un nuovo ordine: il mio ordine!» rise sguaiatamente. «Finalmente sarete voi che vi inchinerete a me!»
«Noi non ci inchineremo mai a te!» intervenne Chichi, sprezzante, frapponendosi tra suo padre e il nuovo sultano.
«Ci avrei scommesso il culo, tsk. È odiosa, ma ha carattere» commentò Vegeta tra sé e sé, sempre in disparte, dal punto di osservazione che aveva scelto per assistere agli eventi e cercare di ideare un piano per raggiungere i suoi scopi. Il controllo mentale, purtroppo per lui, era ancora attivo e non lo lasciava del tutto libero di comportarsi come avrebbe voluto.
«Se non vi volete inginocchiare davanti al sultano, allora vi dovrete inginocchiare di fronte allo stregone!» sbraitò Freezer, furibondo e offeso dalla presa di posizione di Chichi.
Voleva ucciderla, ma prima di tutto si era ripromesso che l’avrebbe umiliata.
«Genio! Questo è il mio secondo desiderio: ti ordino di farmi diventare lo stregone più potente di tutto il mondo!»
«No, Rad! Non farlo!» gridò istintivamente Lazuli, sollevando la testa verso il cielo e cercando gli occhi tristi dell’unica persona che aveva mai amato e che l’aveva mai amata.
Sapeva che non dipendeva da lui, che era anzi lui quello che stava soffrendo più di tutti. E questo le fece provare ancora più rabbia. Si rese conto che aveva gli occhi velati di lacrime, di nuovo, e che stava perdendo la lucidità e la freddezza che aveva appena ritrovato. Ma in quel momento non contava nient’altro per lei. Lo sguardo affranto del genio perso nel suo le fece male.
Si rese a malapena conto di Freezer, sollevato di un paio di metri da terra, che galleggiava in una bolla infuocata semitrasparente che emetteva scariche di energia tutta intorno a sé, facendo tremare la terra e il palazzo reale e provocando tuoni e lampi nel cielo. Un fulmine colpì un gruppo di case, devastandole, mentre la gente continuava a scappare senza meta, a correre, a urlare.
Il neo sultano saltò fuori da quell’involucro infuocato stringendo tra le mani un nuovo bastone dorato a forma di cobra, più possente di quello di prima e con gli occhi scarlatti che sembravano incandescenti.
«Sììì! Sono diventato lo stregone più potente di sempre, i miei poteri non hanno limitiii!» ululò, sollevando verso il cielo il bastone e poi battendolo a terra, creando delle crepe concentriche intorno a sé e delle nuove scosse di terremoto.
Una torre del palazzo crollò, altre case collassarono su sé stesse. In lontananza, il quartiere diroccato dove era cresciuto Goku era ridotto a un cumulo di macerie.
Nell’aria riecheggiavano solo le risate di Freezer e le urla di dolore e disperazione della gente. Alcuni scavavano sotto le macerie, cercando di salvare i propri cari rimasti schiacciati, altri piangevano e basta.
Era uno scenario agghiacciante, come gli occhi rossi di Freezer che brillavano sinistri e folli in quello scenario di morte e desolazione.
Radish allargò le braccia, sconsolato, mentre dal cielo assisteva impotente alla scena e guardava Lazuli. Si perse nei suoi occhi, così lontani, eppure così vicini. In quegli occhi di ghiaccio che gli avevano sempre ricordato l’inverno fin dalla prima volta che li aveva visti. Già, i suoi occhi inverno.
L’inverno di Asgard, ovviamente, o di altri paesi che non fossero immersi nel deserto come Agraba. Ripensò a quello che aveva visto nella sua infinita esistenza, ai luoghi che aveva visitato di sfuggita o che aveva potuto nitidamente immaginarsi come se fosse stato lì, grazie alle sue sconfinate conoscenze.
L’inverno era freddo, buio presto. Ghiaccio sulle strade, alberi spogli. Ma anche il fuoco acceso nel camino, qualcosa di caldo da bere e stringere tra le mani in una tazza fumante. Era neve capace di fare tornare bambini, era due persone strette a letto sotto una coperta. L’inverno era dualismo, secondo il genio. Gelo e conforto, nebbia e anime ardenti. Erano lui e Lazuli, l’inverno.
Radish sapeva anche che, nonostante le apparenze, lui aveva sempre avuto l’inverno nel cuore: un velo di malinconia, una spolverata di nostalgia e rimpianti, sì, ma anche il calore che gli trasmetteva la gente o un suo padrone quando riusciva a farli ridere, a stupirli coi suoi poteri, a renderli felici. Gli applausi della folla quando si esibiva, le sue battutacce: con loro cercava di accantonare la tristezza che aveva nel suo cuore così diverso da quello umano che aveva sempre desiderato possedere.
Pensò a Lazuli e ai nuovi sentimenti che gli aveva insegnato senza neanche rendersene conto per riscaldare l’inverno che aveva nel cuore: la sensazione bella della strada verso casa e l’emozione di avere una persona da amare. Lui non aveva mai avuto una casa che non fosse una lampada fredda, stretta e buia, non aveva neanche mai potuto comprendere l’amore fino al suo incontro con lei.
Lei, che aveva negli occhi e nel modo di fare, l’inverno. Occhi di ghiaccio, azzurri come la brina accarezzata dalla foschia di un’alba gelida, con quel bello di sembrare sempre un po’ tristi. E quel suo essere un po’ così, distaccata solo in apparenza. Ma incredibilmente dolce, in realtà, e sincera.
In quel momento, però, il velo di malinconia attorno al cuore di Radish era diventato una coltre di tristezza.
Ma quegli occhi, quei gioielli così belli e così puri, riaccesero in lui anche la speranza, perché non era certo nella sua indole mollare.
«Là, andrà tutto bene» disse, parlando direttamente al suo cuore.
Lazuli si portò le mani al petto, improvvisamente pervaso da un calore avvolgente che le ricordava quello che aveva sentito quando si era addormentata tra le braccia di Radish la notte precedente. Improvvisamente si sentì meglio.
«Alle vostre spalle stanno per arrivare i primi nemici, ma molti altri uomini di Freezer si stanno radunando qui e tra poco faranno irruzione sulla balconata» aggiunse. «Io non posso combattere contro il mio padrone, ma voi dovete farlo e potete batterli. Dovrete anche chiamare dei rinforzi, molti soldati sono ancora fedeli al vero sultano».
Lazuli si ricompose e tornò sé stessa, di nuovo. Ci sarebbe stato tempo per soffrire, per piangere, per disperarsi, ma non era quello il momento giusto. Anche lei aveva una missione: doveva lottare con tutte le sue forze per trovare un modo per liberare Radish dalla sua schiavitù e doveva anche proteggere le persone che l’avevano accolta dall’altra parte del mondo senza nemmeno conoscerla.
Aveva suo fratello al suo fianco, e c’era anche Sedici: nessun nemico avrebbe potuto prevalere su di loro.
Provò a rispondere al genio, sperando di esserne capace. Si sforzò di parlare attraverso il cuore e, quando parlò, si stupì nel sentire distintamente la sua voce riecheggiare dentro di lei senza tuttavia che uscisse un solo suono all’esterno.
«Non preoccuparti di niente, Rad, qui ci penso io. Ce la faremo, io e te» disse, prima di voltarsi verso la porta finestra che dal palazzo dava accesso alla balconata.
«Ti amo, Là» si sentì rispondere, e il suo cuore batté all’improvviso un po’ più forte, mentre un sorriso le si dipingeva sul volto.
Si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e si mise in posizione d’attacco, con le gambe divaricate una davanti all’altra, il braccio destro piegato verso l’alto e il sinistro posto in orizzontale a difesa del busto.
«Tutto bene, sorellina?» sorrise Lapis, imitando la sua stessa posa. «Certo, potrebbero andare meglio le cose se non ci fosse un sultano-stregone psicopatico in mezzo ai piedi e …».
«Arrivano» lo interruppe Lazuli, concentrata. «Tieniti pronto, li sconfiggeremo tutti».
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: un capitolo molto drammatico, alla fine non poteva che essere stato Freezer a evocare Radish e a chiedere ben due desideri, mentre la città crolla intorno a lui. Ora abbiamo un sultano-stregone spietato e per di più stanno arrivando i suoi uomini per supportarlo.
Sedici rischia la vita, anche se Rad riesce a salvarlo non so se potrà combattere da adesso in poi. Spero vi sia piaciuto il suo flashback coi piccoli Lazuli e Lapis, mi piace soffermarmi sul loro rapporto!
Un capitolo amaro e duro da digerire, ma che si conclude con Là che ritrova la sua feroce determinazione e si prepara ad affrontare i nemici da sola insieme a suo fratello… penso che ne vedremo delle belle, voi cosa dite?
 
Grazie di cuore a tutti voi che mi dite sempre che cose ne pensate, mi fa tanto piacere! E grazie anche a chi preferisce leggere in silenzio, ovviamente!
A un certo punto, nel capitolo, parlando di Rad e Là ho fatto una mezza citazione alla mia one shot “Occhi inverno” che avevo pubblicato qualche mese fa dedicata a Lazuli. Se vi è piaciuto quel pezzo e vorrete leggere nel caso anche quella breve storia fatemi sapere, ne sarò molto felice!
 
Il prossimo capitolo si intitola “Ritorno ad Asgard”… cosa vorrà dire? Chi deve tornarci e perché?
E poi vi chiedo un’altra cosa: vi era mancata la Squadra Ginew? No, perché potrebbero saltare fuori anche loro! E nel caso potrebbero esserci riferimenti alla serie originale.
Ah già: qualcuno potrebbe chiamare Lazuli “bambolina”… secondo voi lei apprezzerà?
Per il resto, non dimentichiamoci che Freezer vuole umiliare Chichi e che alcuni nodi devono ancora venire al pettine da tantissimi capitoli… soprattutto uno!
Inoltre, anche qualcun altro dei “buoni” rischierà la pelle stavolta, del resto la battaglia sta per cominciare!
E, in più, ci sarà anche una new entry nella storia con un breve ma significativo cameo!
Grazie ancora per tutto, ci vediamo mercoledì prossimo!
 
Teo

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Capitolo 25
*** Ritorno ad Asgard ***


25 – Ritorno ad Asgard
 
 
«A quanto pare abbiamo un nuovo sultano! Ah, ah, ah!» rise sprezzante Ginew, facendo irruzione sulla balconata, seguito dai suoi uomini. «Dobbiamo rendergli omaggio, ragazzi! Siete pronti?!»
«Prontiii!» urlarono come invasati gli altri quattro.
«Reekom, il migliore!» gridò il più grosso del gruppo, cominciando a saltellare sul posto in modo frenetico, prima di bloccarsi con le gambe divaricate e le braccia in diagonale verso l’alto.
«Butter!» sbraitò il secondo, facendo una serie di piroette per poi paralizzarsi in una posizione identica a quella di Reekom, ma simmetrica rispetto a lui e dalla parte opposta dello schieramento.
«Jeeth!» esclamò il ragazzo dai lunghi capelli bianchi, che sperava di riuscire a preservare la propria incolumità dopo tutti gli imprevisti che aveva dovuto sopportare durante l’ultima coreografia di squadra. Appoggiò un ginocchio a terra e sollevò un pugno chiuso verso il cielo.
«Guldo!» gracchiò il più basso del gruppo, correndo goffamente tra Reekom e Jeeth, mettendosi in punta di piedi su una gamba sola e aprendo le braccia.
«Ginew!» ululò il capitano, divaricando le gambe dopo aver dato le spalle a quel pubblico che, suo malgrado, stava assistendo allo spettacolo. Si diede una vigorosa pacca sul sedere mentre si godeva gli sguardi perplessi dei presenti da sotto le proprie gambe per dare il segnale agli altri.
«Squadra Ginew, in azione!» urlarono in coro, mentre un silenzio irreale cadde su Agraba.
Persino la gente in preda al panico sembrava aver smesso di gridare.
Freezer si schiarì la voce, visibilmente a disagio, ancora avvolto nell’aura di energia che l’aveva appena reso lo stregone più potente del mondo. Chichi, stretta a suo padre, sollevò un sopracciglio contrariata, mentre Goku si paralizzò, così come Sedici, che aveva assistito sconvolto, a terra accanto a Lunch. Solo Lapis sembrò apprezzare, sorridendo beffardo. Lazuli, al suo fianco, invece, si rese conto di essere arrossita per la vergogna di aver dovuto assistere da un posto privilegiato a un qualcosa di così imbarazzante.
«Hey, bambolina! Ti è piaciuto lo spettacolo? Siamo bravi, vero?!» la canzonò Reekom, sorridendo come un beota e facendole gli occhi dolci.
Si trovava a pochi metri da lei. I gemelli venuti dal nord, del resto, erano in quel momento i più vicini alla squadra Ginew.
Lazuli assottigliò gli occhi e tese i muscoli. Scattò in avanti, silenziosa e letale, e colpì l’energumeno che aveva osato metterla a disagio davanti a tutti con un pugno allo stomaco, che lo fece crollare in avanti, senza fiato, con le mani sul ventre. Mentre cadeva, Lazuli lo colpì con una ginocchiata al volto, facendogli saltare via un dente che volò verso l’alto prima di cadere a terra accanto al corpo rannicchiato di Reekom, sotto il quale si allargava a vista d’occhio una pozza di sangue.
«Non chiamarmi mai più “bambola”» sbottò lei, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Tutti la fissavano ad occhi aperti, compreso Radish, che assisteva inerme dall’alto. Era davvero così forte quella ragazza?! Dove trovava una simile forza?! Solo il fratello non sembrava sorpreso.
«Era il caso di insozzare di sangue il pavimento?! Sei sempre la solita, lo sai che poi fa fatica a venire via!» la provocò Lapis.
«Sta’ zitto, è quello lì che ha osato farmi vergognare davanti a tutti» ribatté acida, guardando con disprezzo il corpo rannicchiato e immobile di Reekom. Aveva le ginocchia piegate e il sedere verso l’alto, sembrava svenuto in quella posizione assurda.
«Tu! Inutile donna!» sbraitò Guldo, sputacchiando dappertutto e gettandosi verso la principessa con la spada sguainata. «Sei solo una schifosa putt-… aaahhh!» provò ad aggiungere, prima di interrompersi e cominciare a urlare di dolore, inginocchiato a terra con la bocca spalancata.
Con la mano sinistra si stringeva il braccio destro, orribilmente spezzato e piegato in maniera innaturale. Anche la spalla sembrava fuori posto.
Era successo tutto così in fretta che quasi non se ne era reso nemmeno conto: Lazuli l’aveva colpito con un calcio volante tra gomito e bicipite, facendogli perdere la presa sulla spada e regalandogli per la prima volta nella sua vita la vera percezione del dolore e della paura.
Lapis guardò la sorella, accennando un sorriso e scuotendo la testa.
«Cosa vuoi adesso?! Non gli ho fatto uscire neanche una goccia di sangue! Gli ho dato un solo colpo… si vede che era fragile!» provò a giustificarsi lei.
«Mah… si rompono subito questi soldati» fece spallucce Lapis. «Sono davvero i migliori che hanno?»
«Noo! Guldooo!» urlò Jeeth.
«Maledetta! Te la faremo pagare!» gridò Butter, che si lanciò all’attacco insieme al compagno, mentre Ginew stava assistendo perplesso alla scena, incapace di metabolizzare quello che aveva visto.
«Ehi… ehi… non è giusto che si debba divertire solo la mia sorellina, non trovate? Adesso tocca a me» disse beffardo Lapis, frapponendosi tra loro e Lazuli, scrocchiandosi al contempo le dita.
«L’hai voluto tu, allora!» sbottò Jeeth, sguainando la spada.
«Morirai con la nostra mossa speciale: la cometa viola!» annunciò tronfio Butter.
«Cometa!» urlò il primo, cominciando a correre vorticosamente intorno al principe venuto dal nord.
«Viola!» aggiunse il secondo, correndo anche lui in cerchio, ma in direzione opposta.
Erano velocissimi. Gli occhi di Lapis si muovevano rapidi da una parte all’altra, mentre rallentava il respiro e acuiva i sensi.
Chiuse gli occhi per un istante, prima di riaprirli di scatto e sorridere sghembo.
«Ora» si limitò a dire, lanciandosi verso destra, sferrando una gomitata che colpì sullo zigomo Jeeth, per poi colpire con un calcio sul ginocchio Butter, dalla parte opposta, facendolo rovinare a terra.
I due urlavano di dolore, mentre Lapis si sistemava la giacca del suo vestito da principe.
«Non si è sporcata, vero?» domandò a Jeeth, che imprecava a terra.
«Vaffanculo!» gli rispose. «Mi hai fatto male!»
«Eh no, non va bene. Non si dicono le parolacce» lo corresse il principe, prima di afferrargli i lunghi capelli bianchi e cominciare a trascinarlo sulla balconata verso il punto in cui era caduto Butter.
«Nooo! Lasciamiii! Lasciami ho dettooo!» sbraitava la guardia fedele a Freezer.
«Cosa vuoi fargli?! Lascialo stareee!» gridò Butter, rialzandosi a fatica, mentre Lapis si avvicinava a lui senza smettere di sorridere e guardarlo negli occhi.
«Vieni a prenderlo, se ci tieni tanto» lo provocò.
«Aaahhh!» ringhiò Butter, lanciandosi in avanti, con Lapis che si limitò a sollevare di peso Jeeth e fare in modo che i due soldati pestassero tra loro la testa, fronte contro fronte.
Svennero entrambi ai suoi piedi. Anche lui era tremendamente forte.
«Era il caso di spaccargli la testa?! Avevi vinto, ormai…» polemizzò Lazuli, incrociando le braccia sotto il seno.
«Urlavano troppo per i miei gusti» allargò le braccia lui, prima di volgere lo sguardo verso Guldo, che continuava ad urlare di dolore stringendosi il braccio spezzato. «Ehi, sottospecie di tacchino senza ali, stai cominciando a darmi fastidio alle orecchie con quella voce lagnosa».
Lapis non si rese conto che Ginew aveva approfittato di quel momento per avvicinarsi a lui, alle spalle, pronto a colpirlo a tradimento. La punta della sua scimitarra brillava sinistra, pronta a scendere sul suo collo, quando Lazuli lo notò e si lanciò fulminea verso il fratello.
«Attento, Lapy!» sbraitò, colpendo con un calcio la mano del capitano delle guardie traditrici, disarmandolo.
Non sapeva nemmeno lei da quanti anni non chiamava suo fratello col nomignolo con cui era solita chiamarlo quando erano piccoli, ma la cosa non sfuggì né a Lapis, né tantomeno a Sedici, che osservava commosso la scena. I suoi ragazzi avevano imparato a combattere ed erano diventati più forti di lui, ormai. Ma, soprattutto, avevano imparato a collaborare e si volevano bene. Fu fiero di loro, e anche un po’ di sé stesso, in quel momento.
«Ti devo un favore, sorellina, a quanto pare. Spero di poter ricambiare presto» sorrise Lapis, guardando quella sorella con cui aveva condiviso davvero tutto nella sua vita.
«Non sei bravo nelle smancerie, adesso pensiamo a sistemare quel vigliacco» ribatté Lazuli, indicando con lo sguardo Ginew, che li fissava in cagnesco e arretrava, impaurito.
I due gemelli si stavano preparando ad attaccare, quando un’agghiacciante risata li fece trasalire e una scarica di energia fece fumare il pavimento del terrazzo davanti ai loro piedi, provocando un enorme solco che li divise dal loro avversario.
«Il nuovo sultano gradirebbe l’attenzione di tutti, adesso!» gridò Freezer, con ancora il bastone dorato puntato in quella direzione, prima di volgersi verso Chichi e Giuma ghignando orribilmente. «Allora, dove eravamo rimasti prima che ci interrompessero? Ah, sì, non volevate inginocchiarvi davanti a me, vero? Beh, adesso è arrivato il momento di ricambiare le umiliazioni!» aggiunse, prima di volgere il bastone verso i due e colpirli con un raggio di energia violacea che li costrinse a prostrarsi innanzi a lui contro il proprio volere.
«Lasciali stare, Freezer!» sbraitò Goku, in preda alla rabbia, correndo per scagliarsi contro di lui.
«Principessa, muoio dalla voglia di presentarti una persona» sorrise mellifluo l’ex Gran Visir, allungando il bastone fino al mento di Chichi per sollevarglielo e costringerla a guardarlo in faccia.
«Non la toccareee!» gridò il giovane ladro, spiccando un salto e caricando un pugno.
«Principe Kagasott, ormai è finita!» sibilò Freezer, senza scomporsi, dirigendo il flusso violaceo del suo bastone verso Goku, che si ritrovò paralizzato a mezz’aria.
«E così finisce qui questa commedia» aggiunse lo stregone, facendo sollevare da terra anche Chichi grazie ai suoi nuovi poteri per poi farla fluttuare davanti a Goku. «Le tue menzogne ti hanno cacciato nei guai!»
Freezer riportò a terra la principessa, mentre il ragazzo continuava a dimenarsi nel vuoto per provare a liberarsi. La toccò con una mano fredda sulla spalla nuda, facendola rabbrividire di paura e ribrezzo, e attorno a lei l’alone luminoso violaceo si dissolse, rendendola di nuovo padrona dei propri movimenti.
«Date tutti quanti l’addio al principe e il bentornato allo straccione!» aggiunse Freezer, investendo Goku con un nuovo fascio di energia.
Quando quella luminosità sinistra si dipanò, il ragazzo non indossava più gli abiti regali che gli aveva creato Radish, bensì i suoi vecchi vestiti rattoppati e consunti.
Il genio, dall’alto, si sentì il cuore pesante nel leggere lo sconforto negli occhi di colui che considerava ancora suo fratello minore. Ma non poteva intervenire, era impotente di fronte a tutto quello che stava accadendo. Anche Vegeta, in disparte, osservava la scena senza battere ciglio. Cercava di vincere il controllo mentale che lo stava soggiogando e di ideare un nuovo piano per impossessarsi della lampada, ma la verità è che faceva fatica a ragionare anche perché si domandava che fine avesse fatto Bulma. Stava bene? Perché non era lì con gli altri?
«Chichi… ho cercato di dirti la verità, ma…» provò a dire Goku, libero anch’egli dalla bolla violacea, correndo dalla principessa e stringendole entrambe le mani nelle sue.
Lei lo guardava negli occhi e faticava a capire quello che stava accadendo intorno a lei. Era spaventata, ma avere davanti a sé il ragazzo che amava al di là della sua estrazione sociale e sentire il suo calore sulla pelle la fece sentire meglio. Era bello, in fondo, rivederlo con quegli stessi abiti con cui l’aveva conosciuto la prima volta. Lui l’aveva salvata e le aveva poi insegnato a modo suo cosa fossero la libertà e l’amore. Non gli aveva detto tutta la verità, è vero, ma Chichi si rese conto dalla sincerità e dall’ingenuità di quegli sconsolati occhi neri che l’aveva fatto per insicurezza e per amore. Capì anche come aveva potuto organizzare una simile messinscena, vedendo Radish nelle sue vere vesti di genio della lampada e come quel traditore di Freezer stava sfruttando i suoi poteri.
In un certo senso lei l’aveva sempre saputo, in realtà, dentro di sé. E non riusciva a odiarlo davvero per questo, perché si ricordava bene che la prima volta in cui si erano conosciuti era stata lei a fingere di essere chi non era. Se non fosse arrivata la squadra Ginew, quel giorno, lei non avrebbe mai confidato a Goku di essere la principessa.
«… vedi, ho trovato una lampada magica, poi grazie ai poteri di Rad mi sono fatto trasformare in un principe per…» riprese Goku, parlando tutto d’un fiato, prima di venire interrotto da Freezer, che si frappose tra i due innamorati allontanandoli con forza.
«… per fare una brutta fine!» rise l’ex Gran Visir, completando lui la frase. «Sai già cosa ti accadrà, vero Aladdin Goku?!»
«Uh, uh, uh!» berciò Bubbles, saltando fuori da una finestra  e gettandosi a peso morto sul volto di Freezer, per poi colpirlo e graffiarlo con tutte le forze che aveva.
Voleva difenderlo, provare a fare qualcosa. Non avrebbe permesso a nessuno di uccidere il suo migliore amico.
«Maledetta… scimmia!» ringhiò l’ex Gran Visir, afferrandolo per il collo e scagliandolo a terra con rabbia. «Già una volta hai rovinato tutto!» aggiunse, ripensando a quando era stato proprio lui a sottrargli la lampada all’ultimo istante all’ingresso della Caverna delle Meraviglie.
«Nooo! Lascialo stareee!» implorò Goku, disperato, precipitandosi verso Bubbles, che stava perdendo i sensi dopo il terribile impatto contro il pavimento del terrazzo.
«Sono io che do gli ordini, straccione!» ribatté Freezer, puntando il bastone verso la scimmia e scagliandogli contro un fascio di energia bianca e viola contornata da saette, che la investì in pieno.
«Nooo! Bubbles!» gridò il giovane ladro, stringendo al petto il corpo esanime del suo amico più fedele. Perdeva sangue, era privo di sensi e il suo battito era molto debole. «Come hai potuto?!» ringhiò verso l’ex Gran Visir.
«Io posso questo e altro!» rise sguaiatamente Freezer, avvolgendo Goku con un raggio magico scaturito dal suo bastone e facendolo volare verso di sé, fino a bloccarlo a testa in giù davanti alla sua faccia.
Il ragazzo stringeva ancora al petto Bubbles e provava a liberarsi con tutte le sue forze, mentre Chichi strattonava Freezer intimandogli di smetterla. Ma ottenne solo uno spintone che la fece cadere a terra.
«Ho deciso di condannare te e quella stupida scimmia a una morte lenta, dolorosa e, soprattutto, fredda» sorrise l’ex Gran Visir, dando un schiaffo sulla guancia a Goku, sempre bloccato a testa in giù davanti a lui. «Buon viaggio» aggiunse, facendo fluttuare Goku sempre più in alto, fino a fare in modo che entrasse da una finestra nella torre più alta del palazzo reale.
Radish si avvicinò volando, avrebbe tanto voluto fare qualcosa per rendersi utile, ma non poteva opporsi a quello che stava facendo il suo attuale padrone. Non ne era in grado, i suoi poteri non funzionavano e sentì di odiare più che mai la sua natura di genio in quel preciso momento. Si scambiò una fugace occhiata piena di dolore con Goku, mentre quest’ultimo veniva scagliato dentro una stanza e rovinava addosso a una parete con la schiena.
«Addio, principe Kagasott! Anzi, straccioneee!» ululò Freezer, muovendo il bastone come se fosse una mazza dal basso verso l’alto.
Dopo una tremenda scossa la torre si staccò di netto dal resto dell’edificio e volò nel cielo verso nord, a tutta velocità, sparendo nel giro di un istante dalla vista di tutti e trascinando con sé Goku e Bubbles al suo interno.
«Nooo!» scoppiò in lacrime Chichi, raggiunta da suo padre, che la strinse a sé come a volerla proteggere mentre Freezer si avvicinava a loro, lento e inesorabile, ghignando follemente e passandosi la lingua sulle sue sottili rabbia rinsecchite.
«Adesso voi due venite dentro con me. Ci divertiamo un po’» ordinò, avvolgendoli in una bolla magica violacea per costringerli a camminare verso il salone principale del palazzo. «Ginew, liberati di questi seccatori, a breve immagino che arriverà anche il resto dei nostri uomini».
«Certo, vostra maestà! Avevo già avvisato Takoma e Sorbet, saranno qui a momenti con gli altri» rispose servile il capitano delle guardie traditrici.
«Benissimo. Vedete di fare pulizia, non ammetto fallimenti. Vegeta, seguimi» disse poi Freezer, col pappagallo che si ritrovò suo malgrado costretto a obbedire.
Il neo sultano prima di rientrare nel palazzo batté a terra il bastone, prima di sparire dalla vista di tutti ridendo follemente.
 
Apparentemente non era successo nulla nonostante Freezer avesse appena utilizzato il suo bastone magico, anche se in lontananza si sentì collassare l’ennesima abitazione, seguita da altre urla, pianti, imprecazioni. Regnava il caos ad Agraba, e l’aria era intrisa dell’odore del sangue e di quello della morte.
«E così volete combattere in due contro uno? Non è molto leale» sibilò Ginew, arretrando di un passo davanti a Lapis e Lazuli, che lo osservavano concentrati, pronti ad attaccarlo.
«Parli proprio tu di lealtà… tu che mi stavi per colpire alle spalle?» sorrise il principe di Asgard. «Dobbiamo sconfiggerlo in fretta e poi andare recuperare la scimmia e quello stupido di Kaky… o Goku, non ho ancora capito come si chiama. Ho un piano» aggiunse a bassa voce, rivolto alla sorella.
«Cioè?» chiese lei. «Quello lì lo faccio fuori in un attimo. Al massimo tre colpi ben assestati».
«Perfetto, sorellina! Ed ecco il mio piano: nuvola Speedy!» gridò Lapis, sorridendo, mentre la nuvoletta gialla si dirigeva velocissima verso di lui. «Ti avevo detto che volevo provarla!» aggiunse, saltandoci sopra.
«Sei sempre il solito…» sbuffò Lazuli, prima che dal punto in cui Freezer aveva battuto a terra poco prima il bastone si propagasse una nuova scarica di energia improvvisa, diretta proprio verso la direzione in cui si trovavano i due gemelli.
Lo stregone aveva visto quanto fossero forti, infatti, e così aveva deciso di lasciar loro un regalo a sorpresa senza bisogno di sporcarsi le mani affrontandoli in prima persona. Erano solo feccia ai suoi occhi, non erano degni di essere uccisi da lui con le proprie mani.
Si generò una scossa terribile, più forte delle precedenti, che fece collassare il pavimento sotto i piedi di Lazuli. La principessa si ritrovò a precipitare nel vuoto in mezzo alle macerie. Era successo tutto troppo in fretta, non aveva potuto far nulla.
«No! Nooo!» urlò Lapis, gettandosi in picchiata con la nuvola Speedy.
Si rese conto che c’erano troppe macerie che cadevano, non ce l’avrebbe mai fatta a raggiungerla.
Ma, all’improvviso, una luce azzurrina squarciò il lugubre cielo di Agraba e allontanò i calcinacci che continuavano a piovere.
Quando il fumo si dipanò, tutti videro quello che era successo: Radish, in forma umana, stava fluttuando nel cielo con in braccio Lazuli.
Lapis tirò un sospiro di sollievo, Sedici riprese a respirare e provò anche a rialzarsi.
Lazuli, invece, osservava gli occhi del genio finalmente da vicino. Si erano separati da poco, eppure erano successe così tante cose terribili che gli era sembrata un’eternità.
«Ecco, Là, io non dovrei essere qui adesso e…» farfugliò Radish, venendo però interrotto dalla principessa, che lo baciò togliendogli il fiato.
Sentire di nuovo il sapore di lei, il suo calore, il suo corpo, lo fece sentire meglio. Lo rivitalizzò, gli diede fiducia. E Lazuli provò lo stesso. Si sentì a casa, al posto giusto, nel luogo in cui voleva. Cioè al fianco di Radish, tra le sue braccia.
«Grazie» gli sorrise dolcemente.
«Odio fare il guastafeste, ma vorrei ricordarvi che c’è una specie di guerra in corso» intervenne Lapis, seduto a gambe incrociate sulla nuvola, fissandoli a pochi centimetri di distanza in maniera piuttosto indiscreta e attirando su di sé lo sguardo inviperito della sorella. «Ci sarebbero anche da recuperare un animale e una persona volati via su una torre, a meno che voi due non vogliate prendervi una camera, eh» aggiunse, allargando le braccia. «A proposito, grazie Rad».
«Grazie a te, Lap. Fate il culo al posto mio a quello stronzo» sorrise il genio, facendo sedere Lazuli sulla nuvola alle spalle del fratello.
Quando le loro mani si staccarono, entrambi si sentirono un po’ morire dentro, ma cercarono di non darlo a vedere.
«Contaci, adesso vado a recuperare l’altro scimmione, sperando di trovarlo» disse Lapis, voltandosi verso nord.
«Io riesco a percepire la scia magica. So dove si trova, sperando che sia ancora vivo» intervenne Lazuli.
«I poteri di un genio e i suoi derivati non hanno segreti per lei. È speciale» sorrise Radish, spiegando in parole povere la capacità di Lazuli a uno stupito Lapis. «Non puoi farci niente».
«Allora tocca a me restare qui a combattere, a quanto pare. Peccato, volevo farmi un giro su questa graziosa nuvoletta» sospirò Lapis, volgendo lo sguardo verso Ginew.
«D-dovete andare insieme a salvare quel ragazzo! Lui… lui può sconfiggere quel traditore!» gridò Sedici, rialzandosi a fatica.
«Sei ancora troppo debole, aspetta!» protestò Lunch al suo fianco, stringendogli con entrambe le mani il suo enorme polso.
Lui si voltò e le sorrise. I suoi occhi esprimevano una bontà immensa, ma anche una gigantesca determinazione.
«Sto bene, Lunch. Grazie per esserti presa cura di me» le disse, gentile. «Lazuli, Lapis, qui basto e avanzo io! Non dovete preoccuparvi per me, andate!» ordinò, voltandosi verso i gemelli, che sembravano indecisi sul da farsi dato che era piuttosto malconcio.
«Potrei darti una mano io e …» protestò Lapis, lanciando un’occhiata preoccupata verso Lunch.
«Dobbiamo fidarci di Sedici, lui non ci ha mai deluso» lo interruppe Lazuli. «E proteggerà anche la tua ragazza a costo della vita, lo sai anche tu» aggiunse a bassa voce per farsi sentire solo dal fratello.
Sedici sorrise, orgoglioso dei suoi ragazzi.
«E va bene, andiamo a cercare lo scimmione!» annunciò Lapis.
«Io entro a tenere d’occhio Freezer, non potrò fare molto, ma vorrei evitare che uccida Chichi e il sultano» disse Rad. «Ci vediamo dopo. Vinceremo» aggiunse, incrociando gli sguardi decisi dei gemelli, pronti a partire.
Si smaterializzò davanti ai loro occhi, soprattutto davanti a quelli di Lazuli, che perse un battito quando lo vide sparire, temendo inconsciamente che magari non l’avrebbe mai più potuto rivedere. Ma non c’era tempo per rimuginare, per soffrire. Aveva una missione anche lei e doveva portarla a termine.
«Andiamo» ordinò perentoria.
«Vai nuvola Speedy!» gridò ridendo Lapis, partendo a tutta velocità nel cielo verso nord. «Yuu-uhhh! Wow! È stupenda da guidareee!» aggiunse poco dopo, sfrecciando nel cielo.
«Sei sempre il solito! Cerca di concentrarti e vedi di non farmi venire la nausea» ribatté acida la sorella.
«Sei tu che sei sempre la solita, non sai divertirti! Anzi, tieniti forte adesso, aggrappati a me!» esclamò il ragazzo.
«E perché dovr-… aaahhh!» urlò Lazuli, stringendo forte il busto di suo fratello, che aveva fatto fare improvvisamente un velocissimo giro della morte alla nuvola, rischiando di farla cadere nel vuoto. «Dimmelo prima quando fai le tue cose da moccioso, scemo!» aggiunse, irritata, colpendolo con una sberla sulla nuca.
«E dai, è stato divertente!» rise lui. «E poi adesso siamo pari, anch’io ti ho salvato la vita: se non ti avessi detto di aggrapparti a me saresti volata giù, no?» la provocò, beffardo.
«Sei sempre il solito cretino, non spreco neanche fiato a risponderti» sbuffò lei, staccandosi dal suo busto e incrociando le braccia sotto il seno, imbronciata. «Piuttosto, hai capito anche tu verso dove stiamo volando, vero?»
«Certo che l’ho capito. Mi piacerebbe anche fare una cosa divertente, più tardi, quando avremo recuperato lo scimmione».
 
La torre tranciata dal palazzo reale scagliata nel cielo con al suo interno Goku, intanto, era atterrata spezzandosi in due tronconi, con il giovane ladro che cercò di fare da scudo col proprio corpo a Bubbles, semi incosciente tra le sue braccia. L’impatto fu tremendo, con il ragazzo che si ritrovò sballottato da una parte all’altra di ciò che restava della torre, che rotolava su sé stessa facendogli picchiare continuamente la schiena e le braccia con cui cercava di ripararsi contro le pareti. Il volo era stato tremendo, una lunga sensazione di risucchio allo stomaco vissuta col cuore in gola e praticamente in apnea.
Goku riuscì a lanciarsi fuori da una finestra e fu subito investito da una folata gelida che quasi gli impediva di tenere gli occhi aperti. Atterrò sul morbido, precisamente su una distesa bianca talmente fredda che gli tolse il fiato e gli paralizzò i muscoli, facendogli perdere la presa su Bubbles. Non aveva idea di dove fosse finito, ma si rese conto che quello strato bianco in cui affondava fino alle caviglie era quella famosa neve di cui aveva sempre sentito parlare solo dai mercanti e che non aveva mai visto. Capì anche di essere nel bel mezzo di una bufera, su una discesa che aveva tutta l’aria di essere un dirupo che si gettava nel vuoto verso un ghiacciaio.
Il ragazzo si alzò in piedi, guardandosi intorno terrorizzato non appena notò il fez della sua scimmia semisepolto dalla neve a qualche metro da lui.
«Bubbles!» sbraitò, cominciando a scavare a mani nude con rabbia e disperazione.
Tremava, non poteva impedire ai suoi denti di battere e non sentiva più circolare il sangue nei suoi piedi nudi. Le mani cominciavano a diventare violacee, sporche di sangue ghiacciato. Non le sentiva più, ma non gli interessava in quel momento, così come non contava nulla per lui essere seminudo ai confini settentrionali del mondo in un luogo che aveva tutte le caratteristiche per diventare la sua tomba di ghiaccio.
«Bubbles! Bubbles! Rispondimi!» urlò, non appena recuperò il corpo privo di sensi della sua scimmia e lo strinse a sé.
Il suo fedele amico era congelato, le labbra e le punta delle dita ormai bluastre. Bubbles stava morendo assiderato e lui non poteva fare nulla per impedirlo.
«È tutta colpa miaaa!» scoppiò in lacrime Goku. «Tu… tu non c’entravi niente! Avrei dovuto liberare Radish quando potevo farlo!»
«Uh… uh…» ribatté debolmente la scimmia, aprendo leggermente gli occhi.
«Bubbles! Sei vivo… tieni!» esultò il ragazzo, sfilandosi il gilet e avvolgendolo attorno al corpo del suo amico. «Mi dispiace… ho rovinato tutto!»
«Uh…» sorrise Bubbles, alzando il pollice.
Voleva fargli capire che non ce l’aveva con lui, che sarebbero rimasti amici per sempre.
Goku lo abbracciò, commosso, prima di alzarsi in piedi, determinato.
«Non so come, ma dobbiamo tornare indietro. Devo sistemare le cose!» annunciò, cominciando a camminare nella neve senza una meta precisa.
All’improvvisò, però, si rese conto che dall’alto della montagne sulla quale era precipitato, stava scendendo a tutta velocità una valanga, che travolse il troncone della torre del palazzo di Agraba facendola rotolare verso di lui.
«Urcaaa!» gridò Goku, arretrando.
Si rese conto che non poteva scappare, perché ai lati del dirupo e dietro di sé c’era il vuoto, e la torre occupava tutto lo spazio disponibile. Notò però che c’era una finestra, che rotolando, creava ogni volta una montagnetta di neve a cui dava la forma. Era quella la loro unica speranza di salvezza. Cercò di calcolare la giusta distanza e si lanciò in avanti, per poi gettarsi a terra e chiudersi su sé stesso a guscio facendo da scudo a Bubbles.
Sentì rotolare sopra di sé la torre e per poi precipitare nel vuoto. Quando riaprì gli occhi, si rese conto di essere ancora vivo per miracolo e si lasciò cadere di nuovo a terra tra la neve gelida, cercando di riprendere fiato. Aveva appena visto la morte in faccia e si sentiva ancora scosso.
«Sei molto fortunato, lo sai, scimmione?»
Una voce a lui ben nota, fece alzare la testa di scatto a Goku, che sgranò gli occhi nel vedere gli sguardi glaciali di Lapis e Lazuli in mezzo alla tormenta, seduti a gambe incrociate a bordo della nuvola Speedy.
«Se preferisci stare qui noi torniamo a casa da soli, eh…» continuò Lapis, sorridendo beffardo. «Magari passami la scimmietta prima, vorrei portarla in un posto più adatto a lei».
«M-ma… voi… e Speedy! Urcaaa! Grazieee!» esultò Goku, saltando a sua volta a bordo della nuvola accanto ai due gemelli.
«È la seconda volta che ti salvo la vita, razza di bugiardo» ringhiò Lazuli, lanciandogli un’occhiata di fuoco.
«E dai, sorellina, quando questa brutta storia sarà finita avrai tutto il tempo per riempirlo di sberle e di pedate come piace a te, ok?» intervenne Lapis, facendo riprendere a volare la nuvola. «Tieni, usa la mia giacca per coprire la scimmia e tu rimettiti su quel gilet privo di senso estetico. Io sono abituato a questo clima» aggiunse, passando il proprio indumento a Goku, che fece quello che gli era stato consigliato.
Bubbles sembrava stare meglio, fortunatamente.
«Grazie… mi… mi dispiace…» farfugliò, stringendo i pugni.
«Sappi che ti farò rimpiangere di non essere stato schiacciato da quella torre, quando avrai sistemato le cose» disse Lazui con nonchalance, senza nemmeno guardarlo.
«Quindi, prima che passerai a miglior vita grazie alla mia dolce sorellina, avrai l’onore di vedere dove sono cresciuti il principe e la principessa di Asgard, carissimo Kaky!» annunciò Lapis, ridendo e allargando le braccia per mostrare con grande teatralità un immenso castello bianco con dettagli blu e azzurri che si stagliava davanti a un’immensa città immersa nella neve e sferzata dal vento gelido. «A quanto pare, quel simpaticone aveva scelto il regno di Asgard come tua tomba».
«Urcaaa!» rimase a bocca aperta Goku.
«Adesso andiamo a salutare il paparino!» annunciò Lapis, avvicinandosi a una precisa finestra del palazzo.
«Uff… sei sempre il solito moccioso…» sbuffò Lazuli.
«Ehi, papà! Papààà! Re Gelooo!» cominciò a urlare il principe.
Dopo pochi istanti si affacciò alla finestra un uomo alto e decisamente avanti gli anni, con l’espressione malvagia e gli zigomi sporgenti. Sgranò i suoi occhi di ghiaccio, accentuando i tratti duri e scavati del suo volto.
«Lapis! Lazuli! Tornate subito qui! Ho dei matrimoni pronti per voi e dei nuovi regni da sottomettere usandovi! Muovetevi, obbedite!» sbraitò, agitando un pugno chiuso verso il cielo.
«Col cazzo!» scoppiò a ridere Lapis, mostrandogli il dito medio e riprendendo a volare, stavolta in direzione sud. «A mai più rivederciii!» aggiunse, mentre Lazuli sorrideva enigmatica e beffarda al padre, salutandolo con la mano.
«Ehm… non andavate d’accordo con lui, immagino» disse Goku.
«Wow, ma davvero?! Come hai fatto a capirlo?!» commentò acida la principessa, incrociando le braccia sotto il seno.
«Tenetevi forteee!» annunciò Lapis. «Si torna ad Agraba, abbiamo una battaglia da vincere!»
«E un genio da salvare» aggiunse Lazuli, con un filo di voce e lo sguardo perso al di là dell’orizzonte.
«E anche una principessa…» disse Goku, preoccupato per le sorti di Chichi. «Fidatevi di me, mi farò perdonare. Ci penso io».
 
 
 
 
 
 
 
Note: un lungo capitolo carico di azione, spero vi sia piaciuto! Chichi finalmente scopre la verità su Goku, la squadra Ginew ci regala una valanga di disagio, Lazuli e Lapis sono fortissimamente badass sia in battaglia che nella loro missione ad Asgard e Bubbles rischia la vita. Non ci siamo fatti mancare niente, insomma. E io adoro i miei cyborg, ci tengo a sottolinearlo dopo un capitolo come questo. ;-)
Vi è piaciuta la piccola parte dedicata a Gelo? Avete colto qua e là qualche riferimento a DBZ quando i nostri cyborg combattono contro la squadra Ginew?
 
Un immenso grazie va come sempre a chi mi sostiene e mi trasmette tanto entusiasmo! Grazie anche a chi legge in silenzio e inserisce la storia nelle liste!
 
Nel prossimo capitolo potrebbe cominciare a smuoversi qualcosa su un frangente della storia che so che state aspettando tutti con molta ansia, infatti il titolo sarà “Il piano di Vegeta”. Cosa avrà in mente il principe dei pappagalli?
Per il resto, vi ricordo che Sedici ha deciso di restare da solo a combattere nonostante sia conciato molto male, ce la farà? E cosa starà facendo Freezer a Chichi e Giuma dopo averli trascinati dentro il palazzo?
Posso anticiparvi che finalmente entrerà in scena anche Bulma in questa guerra e che Freezer deciderà di usare il suo terzo desiderio… quale sarà? Siete curiosi?
Ci vediamo mercoledì prossimo, grazie ancora!
 
Teo
 
 
 

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Capitolo 26
*** Il piano di Vegeta ***


26 – Il piano di Vegeta
 
 
«Sei… sei ancora troppo debole, aspetta!» implorò Lunch, preoccupata, stringendo con entrambe le mani il possente polso di Sedici, che si era alzato e stava fissando Ginew sulla balconata semidistrutta del palazzo reale.
«Io sono un guerriero, non devi preoccuparti per me» accennò un sorriso il generale venuto dal nord. «Sai, mi piace molto la natura che avete nel vostro paese e anche gli animali che ci sono qui. Vorrei che tornasse tutto come prima, per questo devo sconfiggere quell’uomo».
«Ma…» provò a replicare la ragazza, notando che Sedici si reggeva in piedi a stento e continuava ad ansimare. Cercava di non darlo a vedere, ma doveva soffrire molto.
«Anche tu hai un compito, Lunch. Devi radunare qui i soldati ancora fedeli al sultano, perché stanno arrivando altri traditori e avremo bisogno di rinforzi. Conosci qualcuno di cui ci possiamo fidare?» la interruppe Sedici, che non la smetteva di tenere d’occhio Ginew, facendo al contempo scudo col suo corpo all’ancella dagl’occhi nocciola. Era la ragazza di Lapis, nessuno doveva osare torcerle un capello.
«Sì! Sicuramente la maggioranza delle guardie sono fedeli al sultano!» esclamò Lunch, pensando a Yamcha, Crilin, Tensing, Riff e i loro compagni.
«Benissimo. Corri a chiamarli e portali qui, abbiamo bisogno di loro. E fai venire anche i soldati arrivati con me da Asgard, di’ loro che è un ordine diretto del generale Sedici» spiegò il gigante dai capelli rossi. Avevano infatti deciso di restare ad Agraba anche alcuni uomini che avevano intrapreso il viaggio insieme a lui come scorta. Del resto, Lapis li aveva lasciati liberi di decidere e non tutti avevano scelto di tornare a casa. «Vai!»
Lunch corse via, coperta da Sedici con la sua mole.
«Allora, sei pronto?» disse il generale, determinato. Sfilò la spada dal fodero e la gettò a terra. «Ecco, così siamo pari. Voglio uno scontro leale» aggiunse, avendo notato che Ginew era rimasto disarmato dopo il colpo che aveva subito poco prima da Lazuli.
«Oh, come sei onesto… vuoi fare alla vecchia maniera, eh?» sorrise sprezzante il capitano, scrocchiandosi le dita e il collo. «Ma non sai con chi hai a che fare… inoltre, mi sembri piuttosto malconcio. Posso finirti con un solo colpo, senza farti soffrire».
«Non preoccuparti per me» rispose Sedici, correndo all’attacco.
Colse di sorpresa l’avversario, colpendolo al volto con un gancio destro che lo fece barcollare terribilmente. Ginew, tuttavia, era un osso duro. Inoltre Sedici era chiaramente indebolito dalle ferite che aveva riportato quando aveva provato ad attaccare Freezer e non riusciva ad essere efficace come avrebbe voluto.
«Niente male» ghignò il capitano, sputando per terra un grumo di sangue. «Ora tocca a meee!» urlò, colpendo Sedici con un pugno allo stomaco e una ginocchiata sul costato.
Il generale rimase senza fiato per un istante, ma non si piegò. Si fece forza, anche se sentiva le energie venire meno, e rispose al colpo sfoderando un altro pugno, che stavolta fece cadere a terra l’avversario.
Ne seguì una battaglia lunga, cruda, intensa. Anche Ginew cominciava a sentirsi in crisi. Aveva il volto ricoperto di sangue ed era senza fiato. Non riusciva ad abbattere il gigante, nonostante avesse la faccia tumefatta e ansimasse visibilmente. Anche i suoi movimenti erano sempre più lenti, eppure niente sembrava scalfirlo. Il capitano traditore cominciò improvvisamente a vedere qualche macchia nera all’interno del suo campo visivo. L’immagine di Sedici gli sembrava distorta, offuscata. Si rese conto che stava per perdere i sensi, ma ebbe paura delle conseguenze per un suo eventuale fallimento. I suoi uomini erano già stati miseramente sconfitti, cosa sarebbe successo se anche lui avesse perso? Freezer li avrebbe uccisi, semplice, e questo non poteva permetterselo.
Era stato un duello tra veri uomini, a mani nude, e dovette ammettere che erano anni che non si divertiva così in battaglia. E gli dispiacque un po’ anche per questo dovervi porre fine, nonostante non fosse mai stato un fanatico della lealtà come invece sembrava essere Sedici. Ma sopravvivere era più importante di uno stupido scontro leale, pensò. E aveva anche la responsabilità di salvare i suoi uomini.
«È stato… è stato bello combattere con te…» ansimò Ginew, sorridendo.
«Già…» sorrise a sua volta Sedici, che grondava sudore e sangue.
«M-mi spiace… ma è finita…» sibilò il capitano fedele a Freezer. «Sdoppiamento!» urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Sedici sgranò gli occhi, sbigottito davanti al movimento fulmineo di Ginew, che scartò di lato veloce come una pantera dando quasi l’impressione di essersi sdoppiato e aver lasciato una sua immagine residua sempre più evanescente nel punto dal quale era partito.
Il generale di Asgard ne aveva viste tante nella sua vita e non si lasciò impressionare, cercando di mantenere alta la concentrazione. Percepì la presenza del nemico alla sua destra e si voltò di scatto, pronto a parare il colpo. Ma era troppo tardi, si ritrovò invaso da un’atroce sensazione di dolore che gli mozzò il fiato.
Si rese conto di avere un pugnale conficcato nella spalla, fortunatamente era riuscito a evitare di essere colpito in un punto mortale spostandosi all’ultimo. Ginew, infatti, aveva estratto un coltello che teneva nascosto nello stivale, comportandosi in modo vile pur di chiudere quel duello che sentiva che stava per perdere.
«Aaahhh!» urlò di dolore Sedici, dandosi uno scossone così forte che fece perdere la presa sull’impugnatura del pugnale a Ginew, che rovinò a terra pestando la schiena ai piedi del generale.
«Aaahhh!» sbraitò di nuovo il gigante gentile, mentre si estraeva da solo la lama conficcata tra la spalla e la schiena.
Il coltello era intriso di sangue, così come il pavimento ai suoi piedi pieno di crepe.
Ginew lo osservava con gli occhi sbarrati, tremando e cercando di arretrare strisciando per terra. Non era possibile che quell’uomo fosse ancora in piedi!
Sedici lo guardò con durezza e disprezzo, ma anche con molta pietà. Si gettò su di lui sollevando il braccio nella cui mano brandiva il pugnale, con Ginew che chiuse gli occhi aspettando l’inevitabile fine. Tuttavia, il generale di Asgard conficcò il coltello con rabbia nel pavimento a pochi millimetri dal suo volto, facendogli provare un brivido atroce e allo stesso tempo la dolce sensazione di essere ancora in vita.
«Sei stato un degno avversario, mi spiace che hai pensato di poter concludere il nostro scontro in modo così vile» sorrise amareggiato Sedici, sollevando il pugno chiuso, tremante per lo sforzo e il dolore. «Combatteremo ancora, un giorno» aggiunse, prima di colpirlo sullo zigomo e fargli perdere i sensi.
 
Sedici barcollò a fatica fino a ciò che rimaneva della porta finestra che collegava l’interno del palazzo a quella balconata piena di macerie e sangue. Raccolse la sua spada e cercò poi di tamponarsi la ferita sulla spalla come meglio poteva. Stava perdendo molto sangue, troppo sangue, ma non poteva mollare. Doveva tener duro almeno fino al ritorno di Lunch con i rinforzi e quello dei suoi ragazzi, che era certo avrebbero salvato Goku.
Alle sue spalle percepiva l’odore di morte e quello della paura che arrivavano dalla città in gran parte devastata. Le urla della gente, i pianti dei bambini. Scese una lacrima anche a lui, mentre guardava quel cielo oscuro, sinistro e innaturale e pensava che non poteva esistere mai un buon motivo per scatenare una guerra. Per spezzare vite, per coinvolgere persone innocenti. Ripensò a tutte le volte in cui aveva dovuto combattere, alla cicatrici di cui aveva ormai perso il conto, ai compagni che aveva dovuto raccogliere sentendosi ogni volta un po’ in colpa per essere sopravvissuto. Gli venne anche in mente la sua regina, la mamma di Lazuli e Lapis, strappata a questo mondo da un inutile conflitto che lei nemmeno voleva.
Già, la regina…
Gli parve di vederla nel cielo, a un certo punto, sempre più vicina, coi capelli biondi che svolazzavano e incorniciavano due meravigliosi occhi di ghiaccio.
Sgranò gli occhi e poi se li stropicciò con il dorso di una mano, prima di guardare di nuovo. Stava perdendo troppo sangue, probabilmente aveva le visioni.
«Sediciii!»
Una voce allegra e a lui ben nota gli diede la lucidità che sentiva venirgli meno, permettendogli di osservare meglio chi si stava avvicinando a lui in volo.
Era Lapis, infatti, che l’aveva chiamato e lo salutava agitando un braccio. E quella accanto a lui era Lazuli, certo, non la regina. Erano così simili che a volte gli sembrava di rivederla. Il generale sorrise, nel vedere che anche lei sorrideva mentre cercava di sistemarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Insieme a loro c’era Goku, il diamante allo stato grezzo che avrebbe trovato il modo di porre fine alla guerra. I suoi ragazzi avevano compiuto la missione, era fiero di loro.
«Wow! È una figata volare su questa nuvola!» esclamò Lapis, saltando giù insieme ai suoi compagni di viaggio, per poi dare un cinque e anche un colpo con l’anca a un’euforica Speedy.
La nuvola magica non aveva mai avuto così tanti amici nella sua vita, si sentiva felice nonostante la situazione drammatica.
«Ma… sei ferito!» sbottò Lazuli, preoccupata, correndo verso il generale.
«È solo un graffio, non preoccupatevi!» mentì Sedici. «Piuttosto, correte dentro, la principessa e il sultano sono in pericolo! C’è solo Radish con loro. Qui basto io, sta arrivando Lunch coi rinforzi. Andate» aggiunse, sforzandosi di non far notare loro che gli tremavano le gambe. Avrebbe voluto svenire, ma non poteva. Non ancora.
Lazuli lo notò, lo guardò negli occhi con aria di rimprovero e lui abbassò lo sguardo. Non era capace di mentirgli.
«Fatti bendare come si deve da Lunch, quando arriva. Promettilo» ordinò la bionda.
«Sì, promettilo» si intromise suo fratello.
«E va bene, ma adesso andate! Devi sistemare tutto, Goku!»
«Ci penso io. E grazie per quello che stai facendo per noi» gli sorrise il giovane ladro, correndo all’interno del palazzo seguito dai due gemelli e da Bubbles, che aveva ripreso i sensi e sembrava stare meglio.
 
Radish percepì la presenza dei nuovi arrivati e si materializzò davanti a loro all’esterno dell’immensa sala del trono in cui si trovava Freezer con Chichi e Giuma.
«Shhh!» fece segno con l’indice davanti alla bocca, indicando la posizione del nemico. «Sono felice di vedere che state tutti ben-…» cercò di dire, salvo venire però interrotto da Lazuli, che gli mise le braccia al collo e lo baciò con trasporto, facendolo finire con la schiena contro un muro pieno di crepe, in mezzo a una serie di statue rovesciate e preziosi vasi ridotti ormai in pezzi.
Il genio la strinse a sé e si sentì come rinascere. Quella ragazza aveva un potere immenso su di lui, non poteva pensare di fare a meno di lei e non voleva nemmeno pensarci per non deprimersi. A lei, dal canto suo, in quel momento non interessava nulla degli sguardi indiscreti di suo fratello e di Goku, che sembrava particolarmente imbarazzato.
«Ma si baciano sempre così davanti a tutti?!» chiese sottovoce Goku al principe di Asgard.
«Cosa vuoi farci? Lui è uno scimmione in calore e sta facendo diventare una selvaggia anche la mia sorellina…» allargò le braccia Lapis. «Allora, ve lo ripeto: volete prendervi una stanza o preferite aiutarci?»
Lazuli si limitò a lanciargli un’occhiata omicida.
«Una stanza, ovviamente» sorrise il genio, dandogli corda e guadagnandosi un pestone sul piede da parte della sua ragazza.
«Bene, cosa facciamo? Entriamo tutti insieme e spacchiamo tutto? Sembra divertente» propose Lapis.
«Possibile che non sai mai essere serio?! È il piano più stupido che abbia mai sentito… quel viscido traditore ha poteri che vanno oltre le nostre possibilità, dobbiamo agire con intelligenza» ribatté Lazuli. «Ovviamente, io sono l’unica persona intelligente qui dentro. E al secondo posto metterei la scimmia» aggiunse, con Bubbles che gradì il complimento e fece un elegante inchino davanti a lei, nonostante fosse decisamente malconcio.
«Non voglio coinvolgervi, è troppo pericoloso» si intromise Goku, serio e determinato come nessuno dei presenti l’aveva mai visto. «Lasciatemi agire da solo, l’unico modo per sconfiggerlo è coglierlo di sorpresa. Se siamo in troppo potrebbe accorgersi di noi più facilmente».
«Ma…» provò a protestare Lapis.
«Voi dovete tornare sulla balconata da Quindici per combattere con lui» lo interruppe il giovane ladro.
«Si chiama Sedici, razza di cretino» sbuffò acida Lazuli.
«Urcaaa, scusa! Sbaglio sempre i nomi, eh, eh!» si corresse Goku, grattandosi la nuca, prima di tornare di nuovo serio. «Come vi dicevo, Sedici non mi sembrava messo molto bene e in più non sappiamo quanto siano affidabili i rinforzi chiamati da Lunch. Se dovessero venire sconfitti e i nemici arrivassero qui dentro sarebbe impossibile per noi intervenire a quel punto».
Lapis pensò alle parole di Goku e si trovò d’accordo con lui. Era un piano logico, e in più voleva assicurarsi personalmente di proteggere la sua Lunch. Anche Lazuli pensò che avesse ragione, e si soprese di come una persona dotata solitamente di così scarso intelletto avesse potuto pensare a una cosa del genere.
«Allora siamo d’accordo: noi andiamo di là, tu trova un modo di tirarci tutti fuori da questa guerra in cui ci hai coinvolto» ordinò a Goku, sprezzante, salvo poi sciogliersi quando incrociò lo sguardo di Radish. Era fiero di lei, le sorrise e allungò il pugno chiuso. Lei fece lo stesso e glielo batté, prima di correre via col fratello.
«Io adesso torno dentro da Freezer, tu cerca di fare un’entrata ad effetto da una finestra o da un ingresso sul retro» disse Radish, rimasto solo con Goku, senza guardarlo.
«Rad… io… mi dispiace…».
«Hai un piano per adesso, piuttosto?»
«Sono cresciuto in strada… improvviserò!»
Il genio si voltò e gli sorrise.
«Sono contento che tu sia tornato, Gò. Siamo di nuovo una squadra».
 
«Vegeta, mi sembri inspiegabilmente silenzioso quest’oggi» ghignò in maniera sinistra Freezer, seduto su un enorme trono dorato a forma di testa di cobra posto al centro di una stanza piena di cumuli di monete e di gioielli.
Aveva reso l’enorme stanza del trono come un’oscura versione della Caverna delle Meraviglie, solo che estremamente tetra grazie al pavimento nero e le pareti viola. Tutto era un’ostentazione di raccapricciante potere, non solo di un dozzinale sfarzo.
Il pappagallo osservava la scena in disparte e non diede peso alle parole di colui che lo stava ancora controllando mentalmente, cercando piuttosto di rimanere focalizzato sul modo in cui avrebbe potuto attuare il suo piano e realizzare il suo sogno.
«Suvvia, non essere timido, oggi hai la possibilità di vendicarti con l’ex sultano» riprese Freezer. «Ti conviene sbrigarti a farlo, quando mi sarò stancato di umiliarlo, infatti, lo ucciderò. Quindi, ti ordino di umiliarlo tu stesso, ora» aggiunse, prima di investire con un fascio di luce proveniente dal suo bastone Giuma, che si ritrovò vestito da giullare e manovrato da fili che si alzavano verso il soffitto come se fosse una marionetta, che però lo tenevano bloccato. «Sbrigati».
Vegeta provò a resistere a quell’ordine, ma si rese presto conto che non poteva farcela. La “M” sulla sua fronte sembrava martellargli sulla testa e lo rendeva incapace di reagire. Volò verso Giuma, che lo guardava con occhi pieni di dolore e di paura, e vide comparire magicamente accanto a sé un vassoio pieno di biscotti rinsecchiti uguali a quelli che lui lo costringeva sempre a trangugiare. Il pappagallo ricordò bene tutti gli insulti che gli aveva sempre tirato dietro per quel motivo e la rabbia che avevano fatto crescere in lui quelle situazioni, ma aveva sempre saputo che Giuma era solo uno stupido ingenuo e non lo faceva per cattiveria, proprio come gli diceva sempre Bulma. Non avrebbe mai voluto ucciderlo sul serio, inoltre vendicarsi così su un avversario inerme non poteva dargli nessuna soddisfazione.
«Muoviti, Vegeta!» gridò Freezer, spazientito, battendo a terra il bastone.
Il pappagallo sentì pulsargli le vene sulle fronte e i suoi occhi sembrarono velarsi di rosso, come fosse posseduto. Afferrò con un’ala una manciata di biscotti e li ficcò con forza nella bocca di Giuma, che sputacchiava e faticava a respirare.
«Allora, pagliaccio, lo vuoi un biscotto?! Lo vuoi un biscottino?! Tienilo! Eccolo il tuo biscottino!» cominciò a urlare Vegeta, cacciando uno dopo l’altro sempre più biscotti nella bocca dell’indifeso Giuma, ormai paonazzo, che cercava di deglutire per riuscire almeno a respirare. «Ingozzati! Ingozzati fino a scoppiare! Te ne do quanti ne vuoi!»
«Smettila!» implorò Chichi, che, costretta a fare la serva, sorreggeva un vassoio pieno di frutta accanto al trono e osservava la scena con lo sguardo colmo di paura.
Non poteva crederci che Goku fosse morto sul serio e che non sarebbe tornato ad aiutarli. Sentiva che era ancora vivo, ma doveva riuscire lei in qualche modo a proteggere suo padre in quel momento.
«Freezer! Digli di lasciarlo in pace… per favore…» aggiunse, avvicinandosi all’usurpatore, che subito fermò Vegeta con un cenno della mano.
«Mi duole vedervi ridotta così» disse Freezer con voce melliflua, avvicinando il volto di Chichi al suo. La trascinò verso di sé facendo passare il suo bastone dietro la catena che univa le manette che aveva messo ai polsi della principessa.
La ragazza guardò la sua bocca rinsecchita a pochi centimetri dalla sua e non poté fare a meno di inarcare il labbro in segno di disgusto. L’aveva fatta cambiare d’abito, tra l’altro: non indossava più il vestito da cerimonia, bensì un completo da odalisca rosso semitrasparente molto succinto che lasciava ben poco spazio all’immaginazione. Era molto bella, il suo fisico risaltava con quel look e i capelli legati in uno chignon le davano un fascino più maturo e consapevole. Attorno a un braccio si avvolgeva un bracciale dorato a forma di cobra che le risaliva fino alla spalla. Il fine di Freezer era stato solo quello di farla sentire nulla più di un oggetto di bella presenza, oltre che la sua schiava. Voleva umiliarla prima di liberarsi di lei, farla sentire la sua concubina. Sposarla, per prendersi il titolo di sultano anche in maniera legale, magari sfregiarla fisicamente e poi farla fuori.
«Datemi una mela, principessa» sorrise Freezer, con Chichi che gli avvicinò alla bocca un frutto preso dal vassoio che stringeva tra le mani, mentre cercava di spingere il proprio collo più indietro possibile per allontanarsi da lui. «Grazie» aggiunse, dandogli un morso e masticando apposta a bocca aperta, facendo in modo di sputare di proposito un grumo di mela sulla guancia di Chichi, che si pulì schifata con stizza con un dito.
«Un così bel fiore del deserto come voi meriterebbe di stare al fianco dell’uomo più potente di tutto il mondo» continuò, facendo comparire nella sua mano una corona dorata e avvicinandola al volto di Chichi. «Che cosa ne pensate? Scommetto che vi piacerebbe diventare regina accanto a me».
«Mai!» sbottò la principessa, sgranando i suoi luminosi occhi neri colmi di determinazione. Afferrò un calice pieno di vino appoggiato accanto al trono e lo rovesciò in faccia a Freezer, strappando un sorriso compiaciuto a Vegeta.
«Come ti permetti! Ti insegno io un po’ di rispetto!» urlò l’ex Gran Visir, furibondo, alzandosi in piedi e dandole uno spintone così forte da farla cadere a terra ai suoi piedi.
Chiuse il pugno e sollevò il braccio per colpirla di nuovo, ma improvvisamente si bloccò e sorrise compiaciuto. Gli era venuta un’idea migliore.
«Genio, ho deciso di esprimere il mio terzo desiderio» disse, osservando Radish che aiutava la principessa a rialzarsi e la teneva per mano.
«Perché ti preoccupi per lei?! Perché la aiuti?! Sono io il tuo padrone!» ringhiò nel vedere quella scena.
Radish regalò un sorriso spento a Chichi, guardandola negli occhi e cercando di darle forza, anche se lui stesso non poteva che sperare nel ritorno di Goku, Lazuli e Lapis. La principessa sorrise a sua volta e intrecciò le sue dita intorno a quelle di lui, stringendo forte. Aveva paura.
«Ce la faremo, andrà tutto bene» sussurrò lui, mentre Freezer lo strattonava per la spalla e lo costringeva a girarsi e a guardarlo.
«Ti ho detto che voglio esprimere il mio terzo desiderio!» sbottò, gettando a terra con rabbia la lampada, con sprezzo. Sarebbe diventata inutile, del resto, di lì a poco.
Vegeta osservò con attenzione l’oggetto magico fermarsi a pochi metri da lui, quando notò che, dietro una tenda, due occhi azzurri come il cielo stavano osservando la scena. Era Bulma, e aveva tutta l’aria di voler entrare in azione al momento giusto. Aveva tenuto d’occhio la situazione fino a quel momento senza farsi vedere.
Il pappagallo si sentì meglio nel vederla perché aveva finalmente avuto conferma che anche lei era sopravvissuta, tuttavia non voleva che attaccasse Freezer perché era consapevole che ora lui era troppo potente grazie ai nuovi poteri che aveva ottenuto. Nemmeno una tigre avrebbe potuto fermarlo. Volò silenziosamente verso la tenda e si posò a terra, fingendo indifferenza.
«Non intervenire, è pericoloso. Ho un piano».
«Ah sì?! E quale sarebbe il tuo piano?! Fare da tirapiedi a quel traditore?! Come hai potuto fare del male a Giuma?! Guardalo…» ringhiò sommessamente Bulma.
Si fidava di Vegeta, aveva sempre creduto in lui. Ma quello a cui aveva appena assistito l’aveva fatta soffrire.
«Io… non dipende da me, tsk!» rispose con rabbia il pappagallo, voltandosi.
«Cos’è quella “M” sulla fronte?! Ti fa male?!»
«N-non è niente… io sono più forte di uno stupido controllo mentale» sbottò lui, facendole tirare un sospiro di sollievo. Adesso anche lei poteva spiegarsi tutto. «Comunque non ficcare il naso adesso, è diventato troppo potente!»
«Vuoi dire che mi reputi una buona a nulla?!» ribatté Bulma, offesa. Non voleva restare oltre a guardare quelle scene strazianti. Soffriva troppo per Chichi e Giuma.
«Tsk!» si limitò a ribattere Vegeta, andandosene.
Avrebbe voluto dirle che non voleva vederla morire, semplicemente, perché ci teneva a lei. Ma il suo maledetto orgoglio glielo impedì.
La risata agghiacciante di Freezer lo distolse dai suoi pensieri e lo riportò alla realtà.
«Genio, il mio terzo desiderio è questo: voglio che la principessa Chichi si innamori perdutamente e follemente di me!»
 
 
 
 
 
 
 
Note: ci tenevo a dare finalmente tanto spazio a Sedici, sia perché mi piace, sia perché mi sono reso conto durante questa storia che sta piacendo molto anche a voi in questa versione. Lui è un eroe e qui si comporta come tale, getta il cuore oltre l’ostacolo e cerca di dare sicurezza agli altri anche se sta male e non ama la guerra. Spero vi sia piaciuto. Lui è un esempio.
Come spero abbiate apprezzato Vegeta, che confida a Bulma di avere un piano, anche se purtroppo non riesce a dirle che è preoccupato per lei.
Goku sembra chiarirsi con Rad, Lazuli e Rad si cercano e si trovano anche stavolta e poi lei e Lapis tornano dai rinforzi chiamati da Lunch. In tutto questo Freezer costringe Chichi a fargli da schiava e Goku deve trovare un modo per intervenire. La situazione è bella intricata e non sarà semplice risolverla.
 
Ringrazio come sempre tutti voi che mi lasciate sempre il vostro parere e mi trasmettete tanto entusiasmo! Grazie anche a chi preferisce leggere in silenzio.
 
Bene, settimana prossima ne vedremo davvero delle belle, credo che possa essere considerato uno dei capitoli più attesi visto quello che succederà. Posso anticiparvi che si intitola “Un bacio all’improvviso”, anche se in realtà i baci potrebbero anche essere due… chissà chi riguarderà!
E poi, secondo voi Bulma ascolterà Vegeta e se ne starà in disparte? E cosa prevede questo piano di cui parla lui?
Vedremo anche se Rad potrà esprimere il terzo desiderio di Freezer, per il resto vi annuncio che Lunch farà uno starnuto e… e chissà, ci vediamo mercoledì prossimo! Preparatevi perché sarà un capitolo bomba!
 
Teo

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Capitolo 27
*** Un bacio all'improvviso ***


27 – Un bacio all’improvviso
 
 
«Ti ho ordinato di far innamorare quella stupida ragazzina viziata di me! Muoviti!» sbottò ancora Freezer rivolto a Radish, indicando Chichi.
«Ecco… ci sarebbero un paio di clausole sui desideri e qualche piccola postilla…» provò a spiegare il genio, che ovviamente non era in grado di fare innamorare una persona di qualcun altro neanche se l’avesse voluto.
«Roarrr!»
Il ruggito pieno di collera di Bulma interruppe Radish e lo fece voltare di scatto, imitato da Freezer. La tigre non poteva sapere che quel desiderio non sarebbe mai stato realizzato, quindi aveva voluto intervenire in prima persona per difendere la sua amica e padrona, nonostante Vegeta le avesse detto di non fare niente.
Con un balzo impressionante si scagliò addosso all’ex Gran Visir, cogliendolo di sorpresa e atterrandolo con una poderosa zampata con cui lo colpì in pieno volto.
«Come hai osato?!» ringhiò Freezer, dirigendo il suo bastone dorato verso di lei e scagliandole addosso un fascio di energia scarlatta che la travolse, facendola finire di schianto contro il muro e poi a terra, immobile, in una pozza di sangue.
«Credevi che bastasse così poco contro lo stregone più potente del mondo?!» rise sprezzante Freezer, mentre guariva con la propria magia la sua guancia sanguinante e segnata dai profondi tagli lasciati dagli artigli di Bulma.
Vegeta aveva seguito la scena ad occhi sgranati, paralizzato. Vedere Bulma in quelle condizioni mandò in frantumi qualcosa dentro di sé.
Cominciò ad ansimare, a sentire ciò che restava del suo cuore battere a mille. Guardava la tigre esanime e la testa sembrava potesse esplodergli da un momento all’altro da quanto gli pulsava.
Non poteva essere morta… non adesso, non davanti ai suoi occhi! Non mentre lui era impotente, bloccato nel corpo di un uccello e privo della propria volontà.
«C-cosa… cosa hai fatto alla mia Bulmaaa!» sbraitò all’improvviso, fuori di sé dalla rabbia.
Tremava, aveva gli occhi ribaltati e velati di bianco.
La “M” sulla sua fronte pulsava e si illuminava, mentre lui si teneva la testa con le ali e cercava di avanzare verso Freezer barcollando.
«Aaahhh!» aggiunse in un urlo che sapeva di rabbia, dolore e agonia.
Si alzò in volo e si lanciò in picchiata senza pensare ad altro, deciso a colpire Freezer. Era velocissimo, sembrava un falco spinto dalla collera e l’ex Gran Visir lo guardava con gli occhi spalancati, stupito e incapace di reagire a causa della sorpresa per un particolare che aveva notato.
La “M” sulla fronte di Vegeta, infatti, era scomparsa.
L’impatto fu inevitabile, e il pappagallo colpì col suo becco Freezer talmente forte su una tempia da farlo a cadere a terra, tramortito per qualche istante.
Anche Vegeta precipitò a peso morto sul pavimento sconnesso e pieno di crepe, picchiando forte un’ala nell’impatto. Il dolore lancinante gli regalò un barlume di lucidità e gli fece cercare disperatamente con lo sguardo Bulma. La vide rialzarsi, zoppicante e col pelo sporco di sangue, e andare a rifugiarsi nella stanza da cui era saltata fuori all’improvviso. Anche lui si sollevò a fatica e si diresse saltellando verso la lampada abbandonata sul pavimento, un gesto che non passò inosservato agli occhi di Radish. Chichi stava osservando Freezer sconcertata ed era caduta rovinosamente a terra anche lei, mentre Giuma sembrava aver perso i sensi.
Il pappagallo afferrò la lampada con gli artigli e si alzò in volo quel tanto che bastava per trascinarla nella stanza in cui si era rifugiata Bulma. Ogni movimento gli procurava un dolore atroce, ma non poteva mollare. Non nel momento in cui vedeva il suo sogno a portata di mano.
Fece cadere la lampada sul pavimento e si lasciò scivolare a terra, sfinito, non appena varcò la soglia.
«V-vegeta! L-la tua ala…» farfugliò Bulma, avvicinandosi a lui e guardando con orrore l’ala spezzata.
«Tsk! Non è… niente!» ribatté sprezzante il pappagallo, cercando di rimettersi in piedi e avvicinarsi alla lampada. «Tu, piuttosto, stai bene?! Stai perdendo troppo sangue».
«Io sto bene! Tra poco… tra poco lo attaccherò di nuovo!» rispose a fatica lei, guadagnandosi un’occhiataccia da parte di Vegeta.
«Ti ho detto di lasciar fare a me» sibilò, strofinando la lampada con le penne dell’ala sana.
«Non puoi farcela da solo! Guarda come sei ridotto!»
«Ti ho detto di lasciarmi fare! Devi fidarti di me!» la zittì lui, senza guardarla. «E poi… beh, non farmi più preoccupare, stupida! Tsk!» aggiunse con un filo di voce, mentre un denso fumo celeste avvolse all’improvviso lui e la lampada lasciando come pietrificata Bulma, che non aveva mai assistito all’evocazione da parte del genio.
«Ehi, principe dei pennuti! Sei tu il mio nuovo padrone?!» sorrise Radish, comparendo dal nulla davanti a lui. «Non avevo mai avuto un animale come padrone! Bravo il mio uccellone!» sorrise, dandogli un pizzicotto sulle piume della faccia.
«Piantala di fare il coglione! Devi esaudire i miei desideri!»
«Vegeta… era questo il tuo piano?!» domandò Bulma, ripensando a tutti i dialoghi che avevano avuto in passato.
«Furbo il volatile, vero?!» intervenne Radish, prima di farsi serio. «Devi dirmi una cosa adesso: sei con lui e contro di lui? No, perché si sta ripigliando e se si accorge che non ci sono poi andrà a cercare anche la lampada e sarà troppo tardi. Se devi ordinarmi qualcosa per togliergli i poteri, sbrigati!»
«Io non sono con nessuno e non sprecherò neanche uno dei miei desideri per colpa di un casino fatto da quel buono a nulla di Kakaroth! Che se li risolva da soli i suoi problemi! Tsk!»
«Ma… Vegeta, è un problema di tutti questo e non solo di…» provò a farlo ragionare Bulma.
«Genio, fammi diventare un uomo!» la interruppe Vegeta.
«Sì, non male come scelta. Sicuro di non voler diventare una donna?!» sorrise Radish.
«Muoviti!»
«E va bene… va bene! Lascia spazio alla mia creatività» annunciò il genio, prima di muovere freneticamente le mani e sollevare da terra il pappagallo grazie a una bolla azzurra che lo avvolse all’improvviso, per poi cominciare a lampeggiare sempre più forte.
Si generò un fumo che costrinse Bulma a chiudere gli occhi. Quando li riaprì, davanti a sé e accanto a Radish non c’era più un piccolo pappagallo, ma un uomo muscoloso e dai capelli neri a forma di fiamma che ricordavano la strana forma delle penne che aveva sulla testa. Era decisamente più basso rispetto alla mole imponente del genio, ma Bulma lo trovò estremamente affascinante. Era davvero Vegeta? Il suo Vegeta?
«Ehi! Perché cazzo mi hai fatto più basso di te?!» si lamentò l’ex pappagallo, guardando male Radish.
«Mica mi hai chiesto quando dovevo farti alto, se è per questo ti ho fatto anche meno bello di me! Fidati che i centimetri che ti ho negato in altezza te li ho fatti guadagnare in un’altra parte del corpo!» sorrise compiaciuto il genio. «Mi ringrazierai quando farai strage di cuori grazie a me!»
«M-ma… quanto sei coglione?! Tsk!» sbuffò Vegeta.
«Roarrr!» ruggì debolmente Bulma, sollevando le zampe anteriori e appoggiandole sulle spalle di Vegeta. Lo guardava negli occhi mentre si reggeva solo sugli arti inferiori, come a voler capire se quello era davvero lui.
«Roarrr» aggiunse, piegando leggermente la testa di lato, ma si rese conto dalla faccia del ragazzo che aveva davanti che adesso lui non era più in grado di comprendere la sua lingua.
Anche Vegeta se ne rese conto e si sentì male per questo. Guardò la lampada e poi Bulma, pensando a quello che doveva fare. Quando aveva scoperto anni prima l’esistenza della lampada, aveva anche iniziato fin da subito a pianificare quali desideri avrebbe voluto far esaudire al genio: voleva diventare un uomo, poi essere il nuovo sultano, e, infine, diventare immortale. Poi, però, aveva conosciuto Bulma e la sua volontà aveva cominciato a vacillare così tanto che a volte faticava a riconoscersi.
In quel momento aveva davanti a sé sia lei che la lampada e si domandò cosa avrebbe dovuto fare. Doveva seguire il suo piano originale e diventare un sultano immortale? O doveva scegliere col cuore anche a costo di sembrare uno smidollato? E poi, soprattutto, cosa ne pensava Bulma di tutta quella storia? Sarebbe stata contenta di lui? Non aveva mai voluto parlarle apertamente del suo piano e ormai era troppo tardi per farlo.
La fissò per un lungo istante nei suoi occhi azzurri che apparivano colmi di tristezza e nostalgia. Ci vide dentro un mondo, ci scorse il suo futuro e si sentì meglio. Improvvisamente seppe cosa fare e trovò la forza nel cuore per pronunciare il secondo desiderio.
«Genio, fai diventare Bulma una donna».
Radish sorrise, soddisfatto di quella scelta. La tigre si ritrovò avvolta nello stesso denso fumo che poco prima aveva avvolto Vegeta. Quando si dissolse, l’ex pappagallo sgranò gli occhi e deglutì il nulla, senza fiato. Non aveva più due poderose zampe feline appoggiate sulle spalle, bensì due delicate mani piene di eleganti anelli. Gli occhi erano azzurri, uguali a prima, così come i lunghi capelli legati in una treccia. La ragazza che aveva davanti indossava un leggero vestito da odalisca tigrato e profumava di rosa. Il suo abbondante seno strizzato a fatica nella fascia attirò l’attenzione del ragazzo, che istintivamente la strinse con le mani sulla sua vita stretta. Non riusciva a dire nulla, forse nemmeno a pensare. Bulma era incantevole ai suoi occhi e, finalmente, era come lui.
«Ho fatto un bel lavoro, eh?» si compiacque Radish, rendendosi presto conto che nessuno lo stava ascoltando.
«V-vegeta… i-io… io sono una donna, adesso?» disse Bulma, intimorita anche dalla sua stessa voce umana.
Vegeta pensò che quello era il suono più dolce che avesse mai sentito e si sentì anche uno stupido a pensare a una cosa del genere, ma non poteva farci niente.
«Sì…» disse lui, guardando con desiderio le sue labbra.
Erano improvvisamente vicini, non solo fisicamente, ma anche spiritualmente.
«E… come mi trovi?! C-cioè, ero meglio come tigre o …» farfugliò di nuovo Bulma, prima di venire zittita da Vegeta con un bacio improvviso e impetuoso.
La ex tigre chiuse gli occhi e lo invitò ad approfondire quel contatto, stringendosi a lui. Era tutto così nuovo per loro, tutto così bello.
«Ehm… sono felice che abbiate gradito a vicenda il mio lavoro, ma… come dire…» li interruppe Radish. «O esaudisci il terzo desiderio, oppure è meglio se tornò di là, prima che quel pazzo faccia qualche stronzata perché non trova né me, né la lampada».
«Kakaroth è qui a palazzo? È riuscito a tornare quell’incapace?» domandò Vegeta, che non smetteva di tenere stretta a sé Bulma. «E i due gemelli? Quelli sono forti».
«Sì, è pronto a entrare in azione. Lazuli e Lapis stanno combattendo contro gli altri traditori sulla balconata per non farli arrivare qui» spiegò Radish. «Ah, chiamami Rad! Anche tu, baby» aggiunse ammiccando per fare lo stupido, rivolto ai due. «Io posso chiamarti Prince? Sai, ti immagino come il principe degli uccelloni adesso!»
«Chiamami come ti pare, basta che mi lasci parlare! Tsk!» sbottò Vegeta, mentre Bulma sorrideva divertita. «Allora, Rad, questo è il piano: tu torni di là e fai finta di niente, io attacco Freezer e Bulma consegna la lampada a quel deficiente di Kakaroth non appena entra in azione. Deve trovare lui il modo di sconfiggere quel viscido traditore».
«Ok, mi sembra un buon piano. Prince, Bulma: buona fortuna» sorrise Radish, battendo il suo pugno chiuso in segno d’intesa contro quelli dei due neo umani, prima di smaterializzarsi in una nuvola di fumo celeste davanti ai loro occhi.
 
Nel frattempo, all’esterno, su ciò che restava della balconata principale del palazzo, infuriava la battaglia tra i soldati traditori al servizio di Freezer, guidati da Sorbet e Takoma, che avevano abbandonato il carcere segreto di cui si occupavano, e le guardie che erano rimaste fedeli a Giuma, chiamate da Lunch insieme ai pochi guerrieri di Asgard ancora presenti ad Agraba. Erano comandati da Sedici, che dava direttive sul campo di battaglia pur restando in disparte, accasciato contro il muro mentre si sforzava con tutto sé stesso di non svenire. Continuava a perdere sangue, nonostante gli sforzi di Lunch nel prendersi cura di lui. In mezzo alla battaglia, invece, tutto era nelle mani di Crilin, Yamcha, Tensing e Riff, che davano il buon esempio agli altri e dimostravano un coraggio da leoni. Lunch non aveva mai dubitato della loro fedeltà e infatti era corsa a chiamarli subito, per poi radunare quel piccolo esercito di fondamentale importanza per evitare di far arrivare nuovi rinforzi al già potentissimo Freezer.
Lazuli e Lapis, invece, arrivarono a battaglia già in corso. Agivano da cani sciolti, combattendo senza badare troppo alla tattica di guerra dei propri alleati. Fu presto chiaro a tutti che la loro presenza spostava gli equilibri, infatti sconfissero tutti i nemici senza particolari problemi ed evitarono perdite consistenti tra i fedeli a Giuma.
«Uffa, speravo che sarebbe stato più divertente» commentò Lapis, scrollandosi dalla giacca della polvere piovuta dai calcinacci delle macerie che avevano intorno.
«Già, erano solo una massa di incapaci» sbuffò Lazuli, scalciando stizzita il corpo esanime dell’ultimo nemico che aveva abbattuto per poi sistemarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Toh… quello si regge ancora in piedi…» notò Lapis, indicando con un cenno del capo un barcollante Takoma dalla parte opposta della balconata.
Zoppicava vistosamente ed aveva il volto ricoperto di sangue, anche per questo non gli diedero molto peso. Non si accorsero che si era voltato verso Sedici e aveva gli occhi sgranati, sembrava aver perso del tutto il lume della ragione.
«Tu! Tu… verrai con me all’inferno! È colpa tuaaa!» urlò lo sgherro di Freezer, cominciando a correre con passo incerto verso di lui dopo aver raccolto la scimitarra da terra.
Lunch, che era accanto al generale ferito, sgranò gli occhi per la sorpresa e lo spavento, quando, all’improvviso, un lieve alito di vento portò alle sue narici un po’ della polvere di cui era cosparsa la balconata piena di macerie.
«E… Etciù!» starnutì fragorosamente, abbassando la testa.
Quando la rialzò, tuttavia, il suo sguardo sembrava cambiato: ora era determinato, arrogante, in un certo senso folle. Sorrise sghemba nel guardare quell’avversario barcollante che si avvicinava a lei e Sedici, mentre alle sue spalle cercavano di raggiungerli anche Lazuli e Lapis. Raccolse da terra un pezzo di legno che si era staccato da una finestra e se lo batté sul palmo della mano per saggiarne la consistenza.
«Sì, può andare…» commentò, facendo spallucce, con Takoma ormai a pochi passi da lei.
Sedici provò a rialzarsi per tentare una difesa disperata, non poteva permettere che qualcuno facesse del male alla ragazza del suo Lapis.
«Tu… come… ti… sei… permesso…di… tradirci!» cominciò a sbraitare Lunch, scandendo ogni parola della sua frase sconnessa e alternandole a vigorose bastonate con cui non la smetteva di colpire Takoma sulla testa, che cadde al primo colpo insieme alla sua spada.
Andò avanti a infierire su di lui davanti agli sguardi attoniti di tutti i presenti finché non si spezzò tra le sue mani quel pezzo di legno che aveva usato come una mazza.
«Però, niente male» sorrise compiaciuto Lapis.
«Il mio sogno è che faccia la stessa cosa con te alla prima occasione in cui la farai arrabbiare» ghignò Lazuli.
«Sei sempre la solita sadica, sorellina…» sbuffò divertito il principe di Asgard.
«F-forse per me è meglio puntare a una ragazza più.. più tranquilla, diciamo…» disse a bassa voce Yamcha, lontano diversi metri, grattandosi la nuca.
«Puoi ben dirlo amico, quella non fa per te!» gli diede una pacca sulla spalla Crilin.
«G-grazie…» sussurrò a fatica Sedici, privo di forze, tornando a sedersi.
«I-io… e-ecco… non so come ho fatto! F-forse ho esagerato!» esclamò Lunch, paonazza, lasciando cadere a terra il moncone di legno che stringeva ancora in una mano. Era tornata in sé dopo quel raptus improvviso che l’aveva colta.
«Abbiamo vinto, a quanto pare» stabilì Lazuli, guardandosi intorno e sollevando un pugno chiuso verso il cielo in segno di trionfo, imitata dal fratello e da tutti gli altri soldati.
 
«Quell’inutile uccello, come ha osato ribellarsi?! Lo brucerò vivo, dovrà soffrire e implorare pietà!» ringhiò Freezer, cercando inutilmente con lo sguardo Vegeta, ma finendo col rendersi conto che c’era solo Chichi a pochi metri da lui, ancora a terra. «Genio! Ti avevo ordinato di far innamorare di me quell’insulsa ragazzina!»
«Appunto, padrone, stavo dicendo che ci sarebbero un paio di clausole e qualche piccola postilla…» provò a spiegare Radish, ricomparso dal nulla al suo fianco e compiaciuto per il fatto che l’ex Gran Visir non sembrava essersi reso conto che gli era stata sottratta la lampada Vegeta.
«Non ti azzardare a rispondermi, schifoso essere blu!» lo interruppe Freezer con fare isterico, stringendogli le mani intorno al collo e tirandolo verso di sé.
Ansimava, era fuori di sé dalla rabbia.
Chichi osservava la scena, terrorizzata all’idea che per colpa di un desiderio si sarebbe dovuta innamorare di una persona spregevole come quella, quando all’improvviso notò del movimento alle loro spalle. Da una finestra posta molto in alto, infatti, vide spuntare Goku insieme a Bubbles e il suo cuore cominciò a battere all’impazzata. Gli occhi le si illuminarono e un sorriso le si dipinse automaticamente sul volto. Non avrebbe saputo descrivere la sua gioia nel vedere che Goku stava bene, che era ancora vivo. Sentì l’angoscia e la paura scivolarle via dal corpo e trovò il coraggio di agire in prima persona, quando vide il suo promesso sposo farle segno col dito di non fare rumore. Si rese conto che voleva attaccare Freezer cogliendolo di sorpresa alle spalle per metterlo fuori gioco o magari rubargli almeno la lampada. Né lei, né lui, infatti, sapevano che l’oggetto magico ce l’aveva Bulma in quel momento e che, tra le altre cose, non era nemmeno più una tigre. Non c’era stato modo di elaborare un piano coordinato tra tutti, perché ognuno, in fondo, stava improvvisando per cercare di sconfiggere un avversario al di sopra della loro portata.
E così decise anche Chichi di fare la sua parte, per provare almeno a distrarre per qualche istante quel vile traditore che le faceva rivoltare lo stomaco anche solo a guardarlo. Sarebbe stata una cosa dura da accettare, rivoltante, ma sentiva che doveva farlo per il bene di tutti. Era la principessa di Agraba ed era suo dovere difendere il proprio regno.
«Farai tutto quello che ti ordino di fare, schiavo!» sbraitò di nuovo l’ex Gran Visir, stringendo più forte il collo del genio.
«Freezer…» si intromise con voce bassa e sensuale Chichi, attirando l’attenzione di entrambi.
Si alzò da terra sospirando e accennando un sorriso malizioso, prima di passarsi delicatamente una mano tra i capelli e sciogliersi lo chignon che glieli teneva raccolti. Scosse la testa e liberò la sua fluente chioma corvina, sprigionando intorno a sé un fresco profumo di rosa e, soprattutto, un’elevatissima dose di feroce sensualità. Raccolse la corona che poco prima aveva fatto comparire l’ex Gran Visir e se la sistemò tra i capelli, per poi cominciare ad avanzare ancheggiando, con le palpebre leggermente abbassate e lo sguardo da predatrice.
«Non mi ero mai resa conto di quanto tu fossi straordinariamente attraente, lo sai?» aggiunse in un soffio suadente, continuando ad avvicinarsi.
Freezer, inizialmente sorpreso, sorrise compiaciuto e mollò la presa sul collo di Radish, che, dal canto suo, sgranò gli occhi e spalancò la bocca, non riuscendo a capire quell’assurda scena a cui stava assistendo.
«Uhm, così va meglio…» commentò soddisfatto lo stregone, avvicinandosi a sua volta alla principessa. «Parlami ancora di me… di come sono…» aggiunse, vanesio, sfregandosi le mani.
«Tu sei… forte… potente…» scandì Chichi, senza smettere di ancheggiare e di guardarlo con fare languido.
Fu in quel momento che Radish si accorse di Goku, che si stava calando silenziosamente dalla finestra sfruttando un grosso tendone. Si rese conto che allora Chichi non era impazzita, ma voleva solo distrarre il traditore.
«Gò, la lampada ce l’ha Bulma!» provò a sussurrare il genio, con il giovane ladro che gli fece segno di non fare rumore, mentre si nascondeva dietro un grosso cumulo di monete d’oro alle spalle di Freezer.
«Non ce l’ha lui!» provò a insistere Radish, ma si rese conto che Goku non riusciva a capire perché troppo concentrato nell’aspettare il momento giusto per attaccare.
Chichi notò che si era avvicinato e così decise di attirare ancora di più le attenzioni del neo sultano, appoggiandogli delicatamente entrambe le mani sulle spalle e cominciando ad accarezzargliele, mentre lui la fissava compiaciuto. La principessa cercava di ignorare il senso di repulsione che provava, e alzò la posta in palio, mordicchiandosi il labbro inferiore.
«Continua…» la incalzò, desideroso di ricevere altri complimenti da quella ragazza impertinente che aveva sempre odiato, ma che, doveva ammetterlo, era bella come un fiore nel deserto.
«I tuoi… occhi…» improvvisò Chichi, che non sapeva nemmeno cosa dire, stringendosi di più a Freezer e facendo segno col dito indice a Goku di avvicinarsi. «Mi danno… i brividi…» aggiunse sensuale, arricciando leggermente il naso.
«E quel piccolo straccione?! Non ti interessa più?!» indagò l’ex Gran Visir, avvicinando il volto a quello di lei, che lo ritrasse disgustata, salvo poi appoggiare maliziosamente la guancia a quella di lui e accarezzarle l’altra con la mano.
«Quale piccolo straccione?» mentì con fare languido, con Goku che era ormai sempre più vicino.
Strinse il suo corpo a quello di Freezer, ignorando il senso di nausea che la stava tormentando. Premette il seno contro il petto di lui e sentì i battiti accelerati di quel traditore, che, evidentemente, la desiderava nonostante tutto il disprezzo che provava per lei.
Goku si distrasse nel vedere la ragazza che amava stretta a quel viscido essere e sentì la rabbia crescere dentro di sé insieme alla gelosia, pur sapendo benissimo che si trattava di una recita da parte sua. Tuttavia quella scena lo disturbò a tal punto da fargli perdere la concentrazione. Inciampò e prese dentro con il gomito un vassoio pieno di frutta, che cadde fragorosamente a terra.
«Ma… cosa?!» tuonò Freezer, facendo per voltarsi di scatto.
Chichi però fu più veloce e gli afferrò la testa con entrambe le mani e gli impose di guardarla di nuovo, costringendolo a girarsi con la forza. Chiuse gli occhi e trattenne il respiro.
Si fece forza e cercò di non pensare.
Poi, con un movimento repentino, premette le labbra contro le sue.
E lo baciò.
 
 
 
 
 
 
 
Note: eh sì, è stato decisamente un bacio all’improvviso questo, cosa dite?! Però, come vi avevo detto, i baci improvvisi in questo capitolo erano due e spero abbiate apprezzato di più quello che si scambiano Vegeta e Bulma, finalmente umani. Ci sono voluti 26 capitoli, ma ce l’abbiamo fatta, vi ringrazio per la pazienza che avete dimostrato nell’attenderli! Dedicati a loro, pubblico tre splendidi disegni realizzati da Amartbee, che ringrazio!
Abbiamo poi visto all’opera Lunch in versione bad e spero vi abbia divertito, io me la immaginavo tipo Harley Quinn quando si batte la mazza da baseball sul palmo della mano prima di iniziare a picchiare! ;-)
 
Ringrazio come sempre tutti coloro che mi lasciano sempre il loro parere perché per me è sempre fantastico sentire il vostro supporto e sapere i vostri pensieri! Grazie anche a chi legge in silenzio, spero vi stia piacendo questa battaglia finale!
 
Allora, cosa dite, nel prossimo capitolo Vegeta riuscirà ad attuare il suo piano e a far avere la lampada a Goku? Il nostro ex pappagallo preferito riuscirà ad attaccare Freezer?
Tornano anche nella battaglia principale i miei adorati cyborg, ora che hanno sconfitto tutti sulla balconata, quindi ne vedremo delle belle!
Vi avviso, non mancheranno le soprese e magari qualche altra trasformazione…
Il titolo sarà “L’ultimo desiderio di Freezer”! Ci vediamo mercoledì con questa long, mentre venerdì vi do appuntamento sul fandom di Captain Tsubasa/Holly e Benji perché pubblicherò una one shot lì in cui sarà presente anche il mio alter ego Teo. Se volete ci vediamo anche da quelle parti!
 
Teo

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Capitolo 28
*** L'ultimo desiderio di Freezer ***


28 – L’ultimo desiderio di Freezer
 
 
 
Chichi si sforzò con tutta sé stessa di trattenere un conato di vomito, mentre premeva con forza con la mano la nuca di Freezer e faceva in modo che le loro labbra restassero a contatto. Provò un brivido tremendo, come se fosse stata toccata dalla morte in persona, quando lui le strinse un fianco nudo con la sua mano fredda e ossuta. E si fece scudo serrando i denti nel momento in cui lui provò a insinuare la sua lingua viscida all’interno della sua bocca.
Il sapore acre di quell’essere la disgustava tremendamente, così come quello che stava facendo. Sperò che sarebbe servito a qualcosa, almeno, quel suo sacrificio. Quell’umiliazione a cui aveva deciso di sottoporsi.
Goku rimase a bocca aperta, sconvolto, nel vedere quella scena, così come Radish, Vegeta e Bulma, dalle postazioni in cui si trovavano. Il genio, una volta tornato in sé, cercò con ampi gesti di attirare l’attenzione del giovane ladro per fare in modo che si svegliasse e si sbrigasse a fare qualcosa, per non rendere vano il sacrificio a cui si era sottoposta la sua ragazza.
Il ragazzo si riscosse e riprese ad avanzare, raccogliendo da terra una scimitarra e sollevandola silenziosamente verso l’alto, deciso a colpire il suo rivale.
In quel momento, però, Chichi staccò le sue labbra da quelle di Freezer e allontanò il suo volto da quello di lui di qualche centimetro. Trovò il coraggio di riaprire gli occhi e si ritrovò davanti il sorriso sinistro e compiaciuto dell’uomo che più odiava al mondo, che la guardava pienamente soddisfatto per quello che era appena successo. Sentì una morsa stritolarle lo stomaco e dovette reprimere un ennesimo conato, ma si fece anche forza nel vedere con la coda dell’occhio il suo amato sempre più vicino. Mancava poco, pochissimo, e quell’incubo sarebbe finito.
«Deduco che con questo bacio…» disse mellifluo Freezer, accarezzando con un dito acuminato e ruvido il mento della principessa, salvo poi interrompersi e cambiare improvvisamente espressione. «Ma… cosa?!» urlò, voltandosi di scatto.
Aveva infatti scorto l’immagine riflessa di Goku nella corona dorata di Chichi, mandando in fumo tutti i loro sforzi e la possibilità di sfruttare l’effetto sorpresa.
«Ancora tu?! Quante volte ti devo uccidere, sporco straccione?!» tuonò, investendo il giovane ladro con un fascio di energia scarlatta emesso dal suo bastone e facendolo finire contro un cumulo di monete d’oro, che subito si tinsero del sangue che gli fuoriusciva copioso dal fianco su cui era stato colpito.
«Lascialo stare!» strillò Chichi, afferrando a due mani e con tutte le sue forze il bastone di Freezer, che si liberò di lei senza grossi problemi facendola cadere rovinosamente a terra.
«Tu… tu sei solo un’inutile donna che non merita di vivere!» sbraitò l’ex Gran Visir, cercando di colpirla.
«Scappaaa!» urlò Goku, riuscendo a parare il colpo facendole da scudo col suo corpo. «C-cerca… la lampadaaa!»
«Nooo!» gridò Freezer, proprio nel momento in cui Bulma e Vegeta uscivano dai loro nascondigli alle sue spalle e cercavano il momento giusto per intervenire.
Colpì Goku con un tremendo pugno allo stomaco e lo allontanò con un terribile calcio, per poi sollevare il suo bastone e puntarlo verso Chichi.
«È giunta la tua ora, principessa! Ah, ah, ah!» rise sguaiatamente, investendola con un fascio di luce che creò intorno a lei un'enorme clessidra che era anche una prigione. «Goditi i tuoi ultimi secondi prima di essere sepolta dalla sabbia! Ti lascio giusto il tempo per lasciarti vedere il momento in cui ammazzo il tuo piccolo straccione e gli strappo il cuore dal petto!»
«Lasciala andareee!» tuonò Goku, lanciandosi a peso morto su di lui e facendolo cadere a terra.
Il bastone sfuggì di mano all’ex Gran Visir e il giovane ladro provò a prenderlo, ma senza successo.
«Non giocare con me!» ringhiò Freezer, colpendo con una ginocchiata Goku e afferrando ancora il bastone, mentre la sabbia cominciava a cadere dalla parte superiore della clessidra.
La principessa urlava e batteva i pugni contro il vetro, dall’interno, ma la superficie era talmente spessa che le sue parole disperate arrivavano ovattate a chi era fuori.
«Uh, uh, uh!» si lanciò all’attacco Bubbles, che non voleva saperne di abbandonare il suo migliore amico al proprio destino.
«Ti sarebbe piaciuto avere dei giocattoli quando eri un piccolo straccione da bambino, vero?! Beh, eccoti un pupazzo! Ah, ah, ah!» scoppiò a ridere Freezer, rivolto a Goku, dopo aver trasformato Bubbles in una scimmia di pezza.
«Nooo! Bubbles!» sbraitò Goku, con la nuvola Speedy che, impazzita dal dolore, si lanciò a sua volta in un folle attacco verso il nemico.
«Preferisci una nuvoletta o un bel cumulo di fumo, eh, straccione?!» domandò sprezzante lo stregone, colpendo anche Speedy e tramutandola in un inconsistente e leggero fumo giallognolo che presto si disperse nell’enorme stanza senza lasciare tracce.
«S-speedyyy!» balbettò Goku, con le lacrime agli occhi.
In un impeto di rabbia si rialzò e guardò Chichi che continuava a colpire l’interno della clessidra, prima di gettarsi a tutta velocità verso Freezer, che continuava a ridere.
«Oh, noto che ci stiamo scaldando… adesso mi scaldo anch’io…» sorrise mellifluo, prima di soffiare una vampata di fuoco che circondò Goku, il quale si ritrovò bloccato all’interno di un cerchio infuocato.
Radish, che non poteva fare nulla in quelle circostanze e si sentiva impazzire per questo, fece ampi cenni a Vegeta e Bulma che era quello il momento giusto per entrare in azione.
La situazione era disperata.
 
«Anch’io ho bisogno di scaldarmi un po’…» disse dal nulla una voce sprezzante che attirò l’attenzione di Freezer.
«E tu chi saresti, lurido insetto?!» sbottò l’ex Gran Visir, fissando il sorriso sghembo di quell’uomo sconosciuto dai capelli neri così simili alla forma di una fiamma che gli ricordavano qualcosa che non riusciva pienamente a mettere a fuoco.
«Oh, sono solo qualcuno che per opportunismo ha dovuto sopportare le tue stronzate per anni» rispose l’uomo, avvicinandosi senza smettere di sorridere e inclinando leggermente la testa verso la spalla. Le fiamme danzavano nelle sue iridi nere come la notte facendole luccicare in modo folle e sinistro.
«V-vegeta… m-ma… come…» lo riconobbe Freezer, che si rese conto immediatamente di quello che poteva essere successo e cominciò a tastarsi freneticamente la sua regale veste in cerca della lampada, ricordandosi con orrore solo in quel momento di averla gettata a terra poco prima in preda a un raptus di rabbia.
«Cerchi qualcosa, sottospecie di lucertola albina?!» ghignò Vegeta. «Sai, devo ringraziarti per avermi permesso di realizzare il mio sogno cedendomi gentilmente la lampada» aggiunse, con Freezer che lo fissava con occhi sgranati, incapace di reagire a quella notizia. «Però devi soprattutto sapere che mi sei sempre stato tremendamente sul cazzo» gridò, colpendolo con un pugno direttamente sul volto.
Lo stregone incassò e indietreggiò di un paio di passi, barcollando, mentre un rivolo di sangue gli colava sul mento dall’angolo della bocca.
«E con questo chiudiamo la faccenda, lurido pezzo di merda!» proseguì Vegeta, sguainando una scimitarra dal fodero che portava appeso in vita e trafiggendo il nemico, che sputò stavolta un grumo di sangue denso e scuro sul pavimento. «Non dovevi permetterti di controllare la mia mente, tsk! Adesso, Bulma!» continuò, estraendo la lama dall’addome di Freezer e invitando la sua compagna ad entrare in scena, ora che non c’erano più pericoli.
«Goku! Gli abbiamo rubato la lampada, prendila!» gridò Bulma, lanciando l’oggetto incantato tra le fiamme in cui era intrappolato il giovane ladro, che la prese al volo e guardò esterrefatto la ragazza dai capelli turchini.
«Urcaaa! E tu chi saresti?! Beh, comunque grazie!» esclamò sorridendo.
«Sono Bulma, la tigre, razza di scimmione! E poi cosa te ne frega?! Muoviti e basta con quella lampada!»
«Allora, Kakaroth, ti sbrighi o no?! Razza di deficiente, non farmi pentire di averti dato la lampada!» tuonò Vegeta, senza distogliere lo sguardo da Freezer che, pur grondando sangue, restava in piedi innanzi a lui, come impietrito. «Adesso ti do il colpo di grazia!» aggiunse, irritato, sollevando la spada.
«No, Prince! Allontanati, è…» provò ad avvisarlo Radish, senza tuttavia riuscire a impedire che l’ex pappagallo venisse travolto da un tremendo raggio energetico emesso dal bastone di Freezer che lo fece volare contro la parete opposta della stanza a folle velocità.
L’impatto fu tremendo e Vegeta si ritrovò disteso a terra, immerso nel suo stesso sangue. Si sentiva tutte le ossa rotte, vedeva sfocato e avrebbe solo voluto perdere i sensi per non smettere di soffrire. Ma non poteva.
«B-bulma… s-scappa…» sillabò, allungando una mano tremante verso di lei, distante diversi metri, che lo fissava terrorizzata.
«Muoviti Gò con quella cazzo di lampada! Esprimi il desiderio!» sbraitò Radish, ma Freezer fu ancora una volta più veloce e calamitò verso di sé l’oggetto magico usando il suo bastone, strappandolo dalle mani di Goku senza nemmeno doversi avvicinare a lui. I suoi poteri erano immensi.
«Pensavate davvero che sarebbe stato così facile?! Poveri illusi» disse con voce melliflua, leccandosi il proprio sangue dall’angolo della bocca, mentre con la sua magia provvedeva a rimarginarsi le ferite.
Strinse a sé la lampada e se la mise al sicuro in una tasca interna, voltandosi poi verso Bulma.
«E così tu eri la tigre di quella ragazzina viziata, eh? Credo che potrai trovare posto nel mio nuovo regno come concubina, a meno che tu non preferisca fare la sua stessa fine» rise, indicando con lo sguardo Chichi, sempre più sepolta dalla sabbia all’interno della clessidra.
Continuava a dimenarsi e a battere i pugni contro il vetro dall’interno, imitata da Bulma che, ignorando Freezer, aveva cominciato a colpire la clessidra dall’esterno, inutilmente.
«Vedo che non ascolti, eh? Eppure faresti una bella figura nel mio harem, magari insieme a quella principessa bionda venuta dal nord e alla tua amica ancella dai capelli blu, se sono ancora vive! Ah, ah, ah!» rise sguaiatamente, smettendo poi di guardare Bulma e voltandosi verso Vegeta. «Sei stato un folle, Vegeta! Avresti potuto dominare il mondo restando al mio servizio, e invece adesso mi tocca…».
«Freezer! Sono io il tuo avversario! Cos’è, hai paura di un povero straccione come me?!» lo provocò Goku, sempre bloccato all’interno del cerchio infuocato, riuscendo nel suo intento di attirare l’attenzione del nemico e impedirgli di andare a uccidere Vegeta.
«N-non ho… bisogno… della… d-della tua pietà, K-kakaroth… tsk…» farfugliò Vegeta, stringendo un pugno tremante. Più che il suo fisico, sentiva che era il suo feroce orgoglio a essere stato orribilmente ferito.
«Vedo che smani dalla voglia di morire, vero Vegeta?» riprese a guardarlo Freezer.
«Ti ho detto che sono io il tuo avversario! Hai paura di me, vero?! Hai paura di affrontarmi per quello che sei perché sai benissimo che ti sconfiggerei!» lo provocò di nuovo Goku, urlando con tutto il fiato che aveva in gola e sfilandosi via il gilet. Lo gettò a terra con rabbia, stava soffocando in mezzo alle fiamme che nel giro di pochi istanti l’avrebbero anche bruciato vivo. «Sei solo un viscido serpente!»
«Ah, e così sarei un serpente?» disse Freezer mellifluo, voltandosi definitivamente verso di lui e oltrepassando come nulla fosse la barriera infuocata che li divideva.
«Se vuoi posso farti vedere quanto so essere velenossssso!» sibilò con una voce sinistra e penetrante, diversa dalla sua, con un enorme lingua biforcuta che improvvisamente saettò fuori dalla sua bocca.
Gli occhi si ingrandirono e si allungarono, divenendo fiammeggianti e rossi scarlatti, e allo stesso tempo la testa gli si allargo orribilmente divenendo uguale a quella di un enorme cobra bianco con venature sulle scaglie violacee. I suoi arti si rattrappirono fino a venir inglobati nel corpo strisciante di un gigantesco cobra reale che riempiva l’intero immenso salone fino al soffitto. Le fiamme che avvolgevano Goku divennero la parte terminale del suo stesso corpo da cobra, con il giovane ladro che saltò fuori all’ultimo istante prima che di restare intrappolato tra le sue spire.
«Szszsz!» provò ad addentarlo Freezer, facendo saettare velocissimo verso il basso la sua testa dalla cui bocca spuntavano delle lunghe e letali zanne avvelenate che riuscirono solo a sfiorare l’agile Goku, che continuava a scappare per evitare anche i successivi tentativi del nemico.
Provava anche a contrattaccare con la spada che ancora brandiva in una mano, ma le sue ferite di striscio sembravano fare il solletico a quell’enorme cobra che lo fissava con occhi spiritati. Cercava allo stesso tempo di avvicinarsi alla clessidra perché voleva liberare Chichi, non c’era più tempo.
«Uhm, direi che la situazione è leggermente sfuggita di mano, non trovi anche tu sorellina?» domandò Lapis, facendo capolino nel salone insieme a Lazuli, che stava invece cercando disperatamente Radish e si tranquillizzò solo nel momento in cui incrociò il suo sguardo.
«Io dico che vinciamo lo stesso noi» accennò un sorriso la principessa di Asgard, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Ehi, sottospecie di verme troppo cresciuto!» gridò Lapis, agitando le braccia per attirare l’attenzione del cobra, per poi fischiare con forza.
Freezer puntò i suoi occhi scarlatti verso di loro, e fu in quel momento che Lazuli scagliò la sua spada verso il suo volto, riuscendo a conficcargliela in un occhio anche da una simile distanza.
«Aaahhh!» strillò di dolore Freezer, spalancando la bocca verso l’alto e generando un tremendo boato che fece crollare un pezzo di soffitto.
«Ottima mira sorellina! Diecimila punti!» rise Lapis, dandole il cinque e facendola arrossire leggermente visto che si vergognava sempre a lasciarsi andare. «Voglio provare anch’io, sembra divertente!» aggiunse, scagliando a sua volta la propria spada, con la lama che si conficcò stavolta nella gola del serpente, che sibilò tremendamente più forte di prima.
«La prossima volta dobbiamo troppo fare una gara con arco e frecce, così poi vediamo chi…» esclamò tutto esaltato Lapis, salvo venire interrotto da un atroce sibilo da parte di Freezer che creò nuove crepe sulle pareti che ormai sorreggevano per miracolo la volta del palazzo.
«Come avete osssatooo!» sbraitò il cobra, sputando verso di loro un getto di liquido nero.
«Scappa, Là! Andate viaaa!» urlò Radish, che si era alzato in volo.
«Taci, genio! Sssei il mio ssschiavooo!» gridò Freezer, sferzando la coda nell’aria e colpendo con violenza Radish, facendolo finire contro il muro e poi in un cumulo di macerie.
I due principi di Asgard saltarono agilmente all’indietro e videro liquefarsi il pavimento a pochi centimetri dai loro piedi. Era un veleno tremendamente corrosivo e letale, se li avesse colpiti non avrebbero avuto scampo. Tuttavia si era creata una voragine che li divideva dal campo di battaglia e le continue scosse non facevano altro che farli sprofondare verso il basso in mezzo ai calcinacci.
«Meno male che quel liquido schifoso e velenoso non mi ha colpito i capelli» commentò Lapis. «Lo sai quanto è dannatamente impegnativo gestirli per averli così ordinati, fluenti e, soprattutto, lucidi?»
«Rimpiango solo che non ti sia andato un po’ di veleno sulla lingua, così saresti stato zitto almeno per un po’…» sbuffò la sorella, che riprese poi a guardare con angoscia quel terribile campo di battaglia che ora non potevano più raggiungere.
Vide rialzarsi in volo il suo Radish, illeso, e sorrise. Sapeva che ci voleva ben altro per scalfire uno come lui.
 
«Goku! Gokuuu!» Chichi tossiva sabbia e cercava con le sue ultime forze di battere i pugni contro la clessidra dall’interno.
Era ormai quasi del tutto sepolta, faticava a respirare e le bruciavano terribilmente gli occhi.
«Resisti, Chichi!» gridò il giovane ladro, che aveva approfittato dell’intervento di Lazuli e Lapis per avvicinarsi alla clessidra.
La colpì più volte con la scimitarra, ma quel vetro sembrava non volerne sapere di cedere. Si concentrò e chiuse gli occhi, alzando entrambe le braccia verso il cielo sotto gli occhi attoniti di Bulma, sconvolta per quello che stava accadendo alla sua amica. Sembrava che stesse raccogliendo le ultime energie per sferrare il colpo decisivo con la spada la cui lama presentava ormai diverse crepe.
Goku riaprì gli occhi quando si sentì pronto e colpì il vetro con la spada, spezzandola, ma riuscendo a mandarlo in frantumi. Chichi scivolò fuori tossendo in mezzo al cumulo di sabbia che si era accumulata all’interno, con Goku che l’aiuto a rialzarsi a la strinse a sé.
Sentire il cuore di lei battere forte contro il suo le diede la forza di continuare a lottare, il suo profumo gli fece sperare che sarebbe andato tutto bene.
«Oh, Goku…» sospirò la principessa, stretta a lui, dandogli un bacio a fior di labbra che gli tolse il fiato. «Grazie».
«Chichi… mi dispiace, per tutto…» sussurrò lui, accarezzandole la nuca.
«Non importa… io… io ti amo per quello che sei, non perché fingi di essere chi non sei» sorrise Chichi, con gli occhi velati di lacrime.
«Adesso dovete mettervi al riparo però. Freezer sta per tornare all’attacco, lasciate fare a me» sorrise Goku, determinato. «Brulla, ti affido Chichi!» aggiunse, rivolto a Bulma, la cui espressione divenne improvvisamente furibonda.
«Mi chiamo Bulma, razza di scimmione! Se avessi ancora le mie fauci ti avrei già sbranato e …» cominciò a inveire, salvo interrompersi quando Chichi la abbracciò, commossa.
«Bulma… sei proprio tu?!» le chiese, incredula.
«Certo, ma adesso andiamo via da qui. Dobbiamo vedere come sta Vegeta, sono preoccupata per lui» sorrise a sua volta la ragazza dai capelli turchini, prendendo per mano la principessa e correndo verso la parte opposta del salone.
 
Freezer, ripresosi dalle ferite infertegli da Lapis e Lazuli, tornò all’attacco verso Goku, irritato anche dal fatto che era riuscito a liberare Chichi.
«Non sssperare di averla sssalvata, lurido ssstraccione! La sssua morte è sssolo rinviata e sssarà ancora più tremenda!» sibilò il cobra a gran voce, facendo saettare la lunga lingua biforcuta tra le letali zanne acuminate e facendo tremare le pareti.
Cominciò a cercare di colpirlo con la coda e di afferrarlo con la bocca. Goku correva, saltava, schivava, cercava di nascondersi dietro cumuli di macerie e montagne d’oro in cerca di un’idea, totalmente disarmato. Non ce la faceva più, non poteva resistere ancora a lungo in quelle condizioni. Vide con la coda dell’occhio Chichi dall’altra parte della stanza insieme a Bulma e sperò che almeno loro sarebbero riuscite a scappare. Intravide anche Radish, immobile, che digrignava i denti e stringeva i pugni così forte che del sangue blu gli colava dalla mani. Stava fremendo e tremando per la rabbia. Lui avrebbe potuto spazzare via con un soffio una nullità come Freezer, se solo qualcuno gliel’avesse ordinato con la lampada. Lui era un genio, era immensamente più potente di uno stregone. Ma il suo potere, appunto, aveva un prezzo da pagare.
Già… un immenso potere portava con sé un prezzo da pagare ancora più grande di quello stesso potere.
Fu in quel momento che un sorriso di dipinse sulla bocca di Goku.
Aveva avuto un’idea, finalmente. Doveva solo trovare il modo di metterla in pratica.
Freezer sfruttò quell’attimo di esitazione di Goku e riuscì a scagliarlo contro il muro con un poderoso colpo di coda, tramortendolo, per poi avvolgerlo tra le sue spire e cominciare a stritolarlo.
«Aaahh…» provò ad urlare Goku, rendendosi presto conto che il cobra lo stava facendo soffocare, non solo gli stava sbriciolando tutte le ossa del suo corpo che continuavano paurosamente a scricchiolare.
Stava provando un dolore atroce, ma non era in grado di emettere nemmeno un suono nonostante il suo volto fosse distorto in una tremenda maschera di dolore. Di questo passo non avrebbe potuto attuare il suo piano, stava morendo senza poter nemmeno mettere in pratica l’idea che gli era venuta. Ripensò ai suoi genitori, che erano ancora vivi, ma che probabilmente non avrebbe mai più rivisto. A Chichi, che aveva amato e trascinato con sé nel baratro perché non aveva fatto altro che mentirle. A Radish, a tutti quelli che aveva deluso. E a Bubbles, l’amico di una vita ridotto a un pupazzo per colpa sua.
«N-no… G-goku…» piangeva Chichi, sconvolta, dalla parte opposta del salone.
«Vegeta! Vegeta… rispondi!» esclamò nel frattempo Bulma, accasciata al fianco dell’ex pappagallo ancora tramortito per il colpo ricevuto poco prima.
Gli sollevò delicatamente la testa e provò a scuoterlo per le spalle. Con sua somma gioia, l’uomo cominciò a tossire e riaprì lentamente gli occhi.
«M-maledetto…» farfugliò, cercando di sollevarsi. «B-bastardo…».
«Vegeta, stai bene!» lo strinse a sé Bulma, ma lui la scostò bruscamente, rimettendosi in piedi nonostante le gambe gli cedessero visibilmente e avesse il volto ricoperto di sangue.
Raccolse a fatica la spada e mosse un passo incerto in avanti, attirando su di sé anche l’attenzione di Chichi.
«Ehi, dove credi di andare! Vuoi farti ammazzare?!» provò a trattenerlo Bulma.
«N-nessuno… si… prende gioco… d-del grande Vegeta!» sorrise sghembo, liberandosi con uno strattone della presa della ragazza dai capelli turchini. «K-kakaroth… d-deficiente…» farfugliò, rendendosi conto di quello che stava succedendo e cominciando a zoppicare verso il gigantesco cobra, che era voltato dalla parte opposta e concentrato sull’avversario che stava stritolando.
Goku, intanto, cominciava a vedere buio intorno a sé, a sentire tutto sempre più ovattato, anche lo stesso dolore.
«Aaahhh!»
Un urlo terrificante lo riscosse e lo fece restare attaccato alla vita.
«Aaahhh!»
Un'altra volta, anche peggio della prima.
Goku sentì le spire allentarsi intorno al suo corpo quel tanto che gli bastava per riprendere a respirare, pure restando bloccato. Si guardò intorno, e con sua enorme sorpresa vide Vegeta, arrampicato sul corpo di Freezer, che stringeva a due mani la spada e continuava a conficcarla in profondità nelle sue viscere, per poi estrarla e ripetere l’operazione ridendo sguaiatamente. Sembrava indemoniato.
«Aaahhh!» sbraitò un’ultima volta il cobra con la bocca spalancata verso il soffitto, prima di riuscire a scrollarsi di dosso quello che reputava solo un insetto fastidioso e facendolo schiantare di nuovo tra le macerie.
«Non dovevi osssare tantooo, ssschifoso uccellooo!» gridò Freezer, voltando la sua terribile testa verso Vegeta, che lo fissava immobile, privo di energie e ricoperto di sangue, disteso tra le rovine del palazzo. Continuava a sorridere, arrogante e provocatorio.
«K-kakaroth… d-devi…» farfugliò, per poi tossire tra atroci dolori. «Q-quel… pezzo d-di merda…».
«Ti dilanierò mentre sssei ancora vivooo!» gli urlò in faccia Freezer, facendo saettare la sua lingua a pochi centimetri dal volto di Vegeta, che non distolse lo sguardo nemmeno in quel momento, deciso a rimanere fiero fino all’ultimo.
«Ehi, Freezer! Sono io il tuo avversario! Devi preoccuparti prima di me, solo dopo potrai pensare agli altri… o hai forse paura?!» lo provocò Goku, ottenendo di nuovo la sua attenzione.
Il cobra, infatti, lasciò perdere Vegeta e si voltò verso di lui, fissandolo negl’occhi.
«Razza di idiota! Credevi davvero di poter sssconfiggere l’essssere più grande e potente del mondo?!» rise sguaiatamente Freezer, stringendo un po’ più forte le sue spire e facendo urlare di dolore Goku.
«Sssenza il genio, mio caro, non sssei niente!» rincarò la dose, sbraitando sprezzante a pochi centimetri dal volto di Goku, che inalò il nauseabondo odore del veleno che usciva dalla bocca del mostro.
«Il genio, giusto…» sorrise furbo Goku, guardando Radish. Finalmente poteva mettere in pratica il suo piano. «Il genio sarà sempre più potente di te!» aggiunse, scoppiando a ridere, soddisfatto.
«Che cosssa?!» tuonò Freezer, fissando con rabbia a sua volta Radish, che si rese conto dopo una frazione di secondo di quella che forse era stata l’idea di Goku.
«Lui ti ha dato i poteri che hai e lui può riprenderseli!» spiegò il giovane ladro, mentre il genio fissava Freezer con un sorriso compiaciuto e le braccia incrociate al petto, annuendo.
«M-ma… perché fanno così?!» esclamò allarmata Chichi.
«Non rischiano di far peggiorare le cose?!» aggiunse Bulma.
Vegeta, dal canto suo, si limitò a ridere, per quanto potesse farlo a causa del dolore che provava. Aveva capito tutto. Pensò che quel Kakaroth non era del tutto scemo, forse.
«Freezer, tu sei e sarai sempre il numero due! È Rad il numero unooo!» urlò Goku, lasciando di stucco il cobra, che fissava il vuoto con occhi improvvisamente vitrei e sgranati.
«Però, non lo facevo così scaltro lo scimmione…» sorrise beffardo Lapis, con le mani appoggiate ai fianchi.
«Forse tutte le botte in testa che ha preso gli hanno insegnato ad usare il cervello» accennò un sorriso anche Lazuli, incrociando le braccia sotto il seno. «Anche Rad ha già capito tutto» aggiunse orgogliosa.
«Sempre a pensare al tuo bestione…» la provocò il fratello, ricevendo in tutta risposta uno scappellotto sulla nuca e un’occhiataccia omicida.
«Hai ragione, ssstraccione! I sssuoi poteri sssono sssuperiori ai miei!» sbottò Freezer, indignato. «Ma non per molto…» aggiunse ghignando e avvicinando il suo enorme e terribile volto a quello di Radish, che lo fissava senza battere ciglio.
«Esssaudisci il mio terzo desssiderio, lurido ssschiavo!» ordinò il cobra, con gli occhi scarlatti che sprizzavano follia ed eccitazione come fossero scintille infuocate. «Fammi diventare un genio più potente di te!»
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: un capitolo pieno di azione in cui penso che ci sia poco da aggiungere. Vediamo combattere praticamente tutti, da Goku ai cyborg, con il nostro amico Vegeta che ha un ruolo chiave. Non posso che sperare che vi sia piaciuto e che l’abbiate trovato avvincente! Freezer in versione cobra bianco e violaceo gigante penso che sia qualcosa di osceno, anche se forse si abbinerebbe bene, almeno come colori, al cosplay del Joker che sto portando in giro ultimamente con la mia Harley ;-)
 
Come sempre un grazie specialisssssimo (come direbbe Freezer) a chi mi lascia sempre il suo parere e a chi legge in silenzio, è stupendo per me avervi ancora al mio fianco anche in questo quart’ultimo capitolo!
Grazie infinite anche a chi letto e commentato la mia one shot d’esordio sul fandom di Captain Tsubasa/Holly e Benji!
 
Allora, cosa ne pensate del terzo e ultimo desiderio chiesto da Freezer? Che idea avrà mai avuto Goku?
Il prossimo capitolo si intitola “Il prezzo del potere” e posso anticiparvi che ci sarà una grossa sorpresa alla fine, ma anche Rad saprà stupirci grazie alla sua Là a un certo punto. Chissà in che modo… se volete scoprirlo ci vediamo mercoledì prossimo come sempre!
 
Teo

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Capitolo 29
*** Il prezzo del potere ***


29 – Il prezzo del potere
 
 
«Voglio diventare un genio più potente di te!» ripeté Freezer con occhi sgranati e faccia stralunata.
«Agli ordini, padrone!» sorrise sghembo Radish, scrocchiandosi le dita per poi allungare le braccia verso il cobra gigante, che si ritrovò subito avvolto da una luce nera all’interno della quale saettavano scariche vermiglie.
Si creò una nube violacea intorno al suo immenso corpo, mentre la terra non faceva che tremare e altre macerie continuavano a cadere da ciò che restava della volta del palazzo.
Quando il fumo si dissolse, il cobra era diventato un enorme e possente genio albino con delle scaglie viola sulle spalle e sopra la testa priva di capelli, inoltre aveva un’inquietante coda che sferzava l’aria alle sue spalle. I suoi occhi erano grandi e allungati, scarlatti e privi di iridi.
«Sento… sento il potereee!» urlò Freezer con una voce solenne e gutturale che non gli apparteneva.
Era imponente, molto più di Radish quando aumentava le proprie dimensioni nella sua forma di genio. Così grosso da sfondare il soffitto semidistrutto e innalzarsi nel cielo angosciato di Agraba, che non era mai stato così oscuro come in quei momenti interminabili.
«Il mio potere è immensooo!» esultò il nuovo genio, sollevando le sue braccia enormi e muscolose verso l’alto.
Goku, finalmente libero dalle spire del cobra che ormai non esisteva più, corse verso Chichi e la abbracciò, facendole da scudo col proprio corpo per proteggerla dal tifone che si era generato a causa della quantità di energia sprigionata dalla trasformazione di Freezer.  Volavano macerie e calcinacci dappertutto.
«Ma… perché l’hai fatto?!» gli domandò la principessa, allibita.
«Fidati di me!» sorrise Goku, mentre anche Vegeta, al loro fianco, ignorando il dolore, faceva da scudo a sua volta a Bulma.
«L’intero universo è nelle mie mani! Ormai ce l’ho in pugnooo!» sbraitò Freezer, lanciando verso l’alto delle sfere infuocate e dei fulmini.
Radish, intanto, si scambiò fugacemente un sorriso furbo con Lazuli e poi fece lo stesso con Lapis, accanto a lei. La principessa venuta dal nord annuì, e così Radish si voltò in direzione di Freezer puntando verso di lui il suo dito indice.
Improvvisamente, sul pavimento comparve una lampada nera, identica in tutto e per tutto a quella dorata in cui viveva Radish, a parte per il colore. Da essa fuoriusciva un denso fiumo violaceo, la stessa sostanza che componeva il corpo di Freezer dalla cintola in giù. Attorno ai polsi del nuovo genio si generarono dal nulla due grossi e pesanti bracciali neri lucenti, ma lui era troppo preso a bearsi della sua onnipotenza per rendersi conto di quello che stava succedendo.
«È più stupido di voi scimmioni, quello lì!» commentò Lapis, rivolto a Radish, riferendosi a Freezer. «E adesso siete in tre scimmioni, c’è anche quello nuovo, ho notato» sorrise beffardo, indicando con un cenno del capo Vegeta.
«Già, è un vero coglione quello lì!» rise il genio dalla carnagione blu, che si perse poi per un lungo istante negli occhi di ghiaccio di Lazuli che lo guardavano e sembravano sorridere anche loro.
«Ce l’abbiamo fatta» le disse.
«Sì, siamo stati bravi» confermò lei, prima che tutti si voltassero verso Goku, che aveva lasciato Chichi e si era diretto verso il centro della stanza.
«Ehi, Freezer! Non pensi di esserti dimenticato qualcosa di importante?!» gridò con tutto il fiato che aveva.
«Che cosa?!» tuonò l’inquietante genio albino, fissandolo dall’alto, irritato.
«Volevi diventare un genio, no?! Beh, ora lo sei! Con tutti i pro e i contro!» scoppiò a ridere Goku, sollevando verso l’alto la lampada nera che aveva appena raccolto da terra.
Freezer si rese conto solo in quel momento di quello che stava succedendo, come un’illuminazione che lo lasciò folgorato. Sgranò gli occhi, notando il denso fumo violaceo che dalla lampada si congiungeva direttamente al suo corpo. Guardò con orrore i bracciali neri che gli erano comparsi ai polsi e sentì il vuoto dentro di sé. Un vuoto così forte e intenso che sembrava risucchiarlo. Già, risucchiarlo… proprio come aveva appena iniziato a fare la lampada stretta tra le mani di Goku, che lo attirava verso di sé con forza sempre crescente.
«Nooo!» ululò Freezer, mentre cercava inutilmente di lottare contro quella forza immensa che non poteva controbattere per sua stessa natura.
«Noo!» ripeté, disperato e sconvolto, sempre più vicino al beccuccio del magico oggetto che continuava a risucchiarne il corpo e l’essenza al suo interno.
«Com’è che dicevi, Rad?» chiese Goku con sarcasmo, chiamando in causa il suo amico genio. «”Fenomenali poteri cosmici…”».
«”… in un minuscolo spazio vitale”!» concluse la frase Radish in falsetto, dopo essersi materializzato accanto a colui che era diventato il suo fratello minore.
Gli cingeva la spalla con un braccio e sorrideva beffardo, mentre entrambi guardavano gli occhi spiritati di Freezer sparire all’interno della lampada insieme alle sue urla strazianti.
Il fumo violaceo sparì insieme ad ogni rumore, sigillato nel magico oggetto ben saldo tra le mani di Goku.
 
«V-vaffanculo, s-stronzo… a-abbiamo vinto…» sorrise Vegeta, che aveva raggiunto a fatica Goku e Radish grazie a Bulma, che lo aiutava a camminare e lo sosteneva.
Accanto a loro c’era Chichi, che scoppiò in lacrime e abbracciò Goku.
«Cattivo… cattivo!» sibilò la principessa, riempiendo di piccoli pugni il petto del giovane ladro. «Ho avuto… ho avuto paura che ti avrebbe ucciso!» aggiunse, mentre lui si grattava la nuca con una mano, ridacchiando, e le accarezzava i capelli con l’altra.
Bubbles recuperò magicamente le sue fattezze di scimmia e corse berciando verso Goku e Chichi.
«Bubbles! Amico mio!» lo abbracciò il giovane ladro.
«Uh, uh, uh!» rispose la scimmia, ebbra di felicità.
Dal nulla si ricompose anche la nuvola Speedy, che cominciò a volare a tutta velocità attraverso la stanza per poi dare il cinque a Radish e Goku, che la riempirono a loro volta d’affetto, come del resto Bubbles.
Anche Lazuli e Lapis raggiunsero il gruppo, camminando senza scomporsi dopo aver scalato le macerie e perfettamente in ordine nonostante tutto quello che era successo. Avrebbero potuto attraversare un uragano e poi fare un tuffo in un fiume di lava e probabilmente ne sarebbero usciti freschi come rose anche in quel caso. Fu questo, più o meno, quello che pensarono tutti gli altri, sporchi, sudati e imbrattati di sangue com’erano.
La nuvola Speedy si fiondò anche da loro per fargli le feste, gli voleva bene e la cosa era reciproca.
«Lo so… lo so, cosa state pensando» allargò le braccia Lapis, toccandosi i capelli in modo teatrale con la mano. «Lo stile non è qualcosa che si può comprare o imparare. Con lo stile si nasce».
«Vuoi tacere un po’?!» lo apostrofò malamente la sorella, pestandogli un piede.
«Dai, sorellina, perché non vai dal tuo gorillone?!» la provocò, spingendola tra le braccia di Radish, che la strinse a sé.
Lazuli arrossì visibilmente perché si sentiva addosso tutti gli sguardi e fucilò con un’occhiata il fratello, tuttavia il calore del corpo di Radish, tornato umano, e la sua vicinanza la tranquillizzarono e la fecero sentire bene. Decise di fregarsene di tutto, si voltò e lo baciò con passione.
«E vaiii!» esultò Lapis, fischiando e roteando un pugno verso l’alto.
«La vuoi piantare, cretino?!» sibilò la sorella, staccandosi dal genio e sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
In tutta risposta, il principe di Asgard si scambiò un cinque con un compiaciuto Radish, che si guadagnò a sua volta un’occhiataccia da parte della sua ragazza.
«Scemo e più scemo…» sbuffò la bionda, afferrandoli entrambi per le orecchie e tirando con forza. «Mi chiedo cosa ho fatto di male per ritrovarmi due come voi…».
«E dai, Là, cerca di essere più elastica!» scoppiò a ridere il genio. «Sciogliti un po’!» aggiunse, dandole una pacca sul sedere a mano aperta.
Lo sguardo di Lazuli fece calare il gelo e le sue gote arrossate per l’imbarazzo e la rabbia che stava covando dentro di sé rendevano ardenti i suoi occhi di ghiaccio. Calò il silenzio nella stanza, silenzio che fu rotto solo dal rumore sordo generato dal ceffone che rifilò a Radish.
«Te la sai cercata, fratello! Sei sempre così dozzinale…» rise Lapis, mentre il genio rideva e abbracciava da dietro la sua Lazuli, prendendola per i fianchi e tirandola verso di sé.
«Non è dozzinale… è un coglione, tsk!» commentò Vegeta, sprezzante, attirando su di sé gli occhi attenti di Lapis, che si soffermarono su di lui e Bulma, prima che un sorriso beffardo gli si dipingesse sul volto.
«Devo farti i complimenti per come hai umanizzato quei due, Rad» disse con nonchalance. «Lei l’hai resa fiera ed elegante come la tigre che era, per lui invece vedo che hai deciso di lasciarlo alto come un pappagallo».
«T-tu! G-guarda che… che ti ammazzo!» sbottò Vegeta, agitando un pugno chiuso verso Lapis.
«Dai, stavo solo scherzando, amico! Non mi permetterei mai di prenderti in giro, ho visto che diventi pericoloso quando ti arrabbi» continuò a sorridere il ragazzo dagli occhi di ghiaccio. «Com’è che era?! “La mia Bulmaaa”!» lo imitò, ricordando quanto successo poco prima.
«Adesso giuro che ti riempio di botte! Lo faccio! Guarda che lo faccio!» sbottò Vegeta, avvicinandosi minaccioso, seppur con passo malfermo.
«Suvvia, non fare così, Vagina! Il nostro amico Lapis stava solo scherzando!» rise Goku bonariamente, appoggiando una mano sulla spalla di Vegeta, che cominciò a tremare per la rabbia.
«C-come… come cazzo mi hai chiamato?!» sibilò, livido in faccia più per la feroce irritazione che stava provando che per le botte prese in precedenza.
«Sto male! Sei troppo divertente!» scoppiò a ridere Lapis.
«Non ce la posso fare, Gò!» aggiunse Radish, piegato in due dalle risate.
«Cioè, fammi capire: lui diventerà davvero il sultano? Guiderà un regno?» chiese Lazuli, disgustata dalla stupidità di Goku.
«Si chiama Vegeta, razza di scimmione senza cervello! Possibile che tu non azzecchi mai un nome?!» urlò isterica Bulma, che cercava di calmare l’ex pappagallo, sul punto di esplodere.
«Ah, urcaaa! Scusami Vegeta, spero che saremo buoni amici da adesso in poi! Senza di te non ce l’avrei mai fatta contro Freezer!» sorrise Goku, grattandosi la nuca imbarazzato e tendendo la mano verso l’ex pappagallo.
«Io non sono tuo amico, stupido Kakaroth! Tsk!» sbottò Vegeta, burbero, colpendo col rovescio della mano quella del giovane ladro e facendo scoppiare tutti a ridere.
«Lapis! Chichi!»
La voce di Lunch riecheggiò nel salone semidistrutto, con l’ancella dai capelli blu che fece capolino correndo tra la macerie, abbracciando prima la principessa e poi saltando addosso al principe di Asgard. Lo baciò con foga e lui ricambiò più che volentieri.
«Come sei focosa, dolcezza. Sbaglio, o vuoi forse tornare nella tana del lupo cattivo?» la provocò, facendola diventare paonazza.
Anche Sedici entrò lentamente nella stanza, sorreggendosi a Yamcha e Crilin che lo aiutavano a camminare. Si scambiò uno sguardo che non aveva bisogno di parole con i suoi Lazuli e Lapis, mentre Radish fece partire un applauso che coinvolse tutti i presenti verso il generale e tutti i soldati che erano rimasti fedeli al sultano e avevano lottato valorosamente.
Già, il sultano… che fine aveva fatto?!
«Papà… papà, rispondi?! Stai bene?!» gridò Chichi, all’improvviso.
In tutto quel trambusto si era resa conto solo in quel momento che Giuma non si era ancora fatto vedere e lo ritrovò a terra, in mezzo alle macerie, privo di sensi. Respirava a fatica.
«G-goku… sta male! Ti prego, fa’ qualcosa… fate qualcosa!» aggiunse, con tutti i presenti che si avvicinarono a lei, inginocchiata a terra accanto al sultano.
Era ferito gravemente, la situazione sembrava disperata. Accanto a lui, oltre ai calcinacci, c’erano i biscotti che Vegeta gli aveva ficcato in bocca poco prima. Anche Lunch piangeva e si era inginocchiata a terra, seguita da Bulma. La barba di Giuma era piena di briciole, così come la sua bocca, e Vegeta si sentì in parte responsabile per quello che era successo, nonostante la sua mente fosse in quel momento controllata da Freezer. Si allontanò dal gruppo e andò a raccogliere la lampada, quella dorata, che giaceva abbandonata nei pressi di ciò che restava del trono del sultano. La strinse tra le mani e guardò la desolazione che lo circondava, per poi soffermarsi sulla città devastata, i morti e i feriti. Si voltò verso Bulma, che stringeva la giacca di Giuma e piangeva, e poi osservò di nuovo la lampada, accennando un sorriso e scuotendo la testa. Improvvisamente tutti i sogni per cui aveva combattuto fino a quel momento gli sembrarono poco importanti, addirittura sciocchi. Era riuscito a diventare un uomo e aveva reso Bulma una donna, si rese conto che in realtà non aveva mai desiderato altro nella propria vita. Diventare sultano oppure immortale, in quel momento, non era più una priorità.
Camminò verso il gruppo e sfregò la lampada, attirando a sé Radish e le attenzioni di tutti.
«Se non sbaglio ho ancora un desiderio a disposizione, vero Rad?» disse in tono sprezzante.
«Già… e ti consiglio di pensare bene a quello che vuoi chiedermi. Guardati intorno…» ribatté il genio, serio, mentre Bulma e Lazuli si avvicinavano a loro, seguite da tutti gli altri.
«Mi hai preso per uno stupido?! Tsk!» sbottò l’ex pappagallo, che ritrovò la calma nel momento in cui i suoi occhi incrociarono quelli azzurri come il cielo di Bulma.
Respirò profondamente. Si sentiva bene. Non gli era mai capitato in vita sua di sentirsi così in pace con sé stesso.
«Fai tornare tutto com’era prima, a parte me, Bulma e Freezer, ovviamente» disse tutto d’un fiato. «Ricostruisci il palazzo e la città, guarisci i feriti e fai tornare in vita chi è morto a causa di questa battaglia» aggiunse, cercando di essere preciso visto che la sua richiesta era piuttosto impegnativa e articolata. «Questo è il mio terzo e ultimo desiderio».
«Posso esaudirlo tranquillamente, ma non sono in grado di riportare in vita la gente…» sorrise con amarezza Radish. «Mi spiace per chi non ce l’ha fatta oggi, non dovevano andare così le cose…».
«No, Rad! Tutta quella gente è morta… è morta per colpa mia! Devi… devi farcela!» intervenne Goku.
«Lo sai che non posso» abbassò la testa il genio. «E comunque non è colpa tua, ma di Freezer».
«Tsk! Allora esaudisci la prima parte del desiderio e facciamola finita… è inutile piangere sul latte versato, Kakaroth!» sibilò Vegeta.
«Aspetta» si intromise Lazuli, intrecciando le sue dita intorno a quelle di Radish. «Io credo che tu possa farcela a riportarli in vita. Avevi detto che non potevi esaudire certi desideri perché la vita e la morte, così come l’amore, andavano al di là della tua comprensione perché non sei un essere umano» aggiunse, incatenando i suoi meravigliosi occhi di ghiaccio colmi di determinazione in quelli malinconici di lui.
«Ma…» provò a ribattere il genio.
«Ma tu ci hai dimostrato di essere più umano di tutti noi. Di me, sicuramente» lo interruppe di nuovo la principessa di Asgard. «Sei riuscito a far innamorare qualcuno, no?» continuò, alludendo a sé stessa e arrossendo leggermente. «Io ho un corpo da essere umano, ma è la tua anima ad essere davvero umana. Se provi a riportarli in vita tenendo stretta la mia mano, sono sicura che potrai farcela. E poi sono morti da pochi minuti, questo dovrebbe aiutare».
«E va bene… proviamoci…» concesse Radish.
Sorrise, senza smettere di guardare gli occhi incantevoli della ragazza che amava. Si soffermò sulla collana di lapislazzuli che lui le aveva donato e che lei indossava ancora, e si sforzò di non pensare al fatto che tra poco si sarebbe dovuto separare da lei, che quella magia sarebbe finita e che avrebbe dovuto fare ritorno per sempre nella lampada. Sarebbe stato inevitabile nel momento in cui anche Goku avrebbe esaudito il suo ultimo desiderio.
Ma aveva un compito da portare a termine, era un genio e il suo padrone in quel momento era Vegeta. Ci teneva a fare le cose per bene perché in quel regno si era sentito amato per la prima volta nella sua vita. Aveva trovato degli amici, un fratello minore, persino l’amore. E quindi voleva lasciare un bel ricordo di sé a tutti loro.
Strinse più forte la mano di Lazuli e sentì tutta l’umanità di lei fluire dentro di lui e mitigarsi ai suoi enormi poteri. Chiuse gli occhi e si concentrò profondamente, isolandosi da tutto ciò che lo circondava che non fosse Lazuli. Era come se una specie di potere stesse emergendo anche dal corpo di lei, per trasferirsi in lui. Si domandò se era dovuto al fatto che era la sua anima gemella. Che lui la amava più di sé stesso e anche lei era innamorata di lui. Se parte del suo potere di genio era finito nel corpo di lei e la sua umanità l’aveva riplasmato e ora glielo stava riconsegnando, diverso e più completo.
Non lo sapeva, Radish, ma in fondo non era importante. Sorrise, perché si rese conto in quel preciso istante che ne era capace, stava riuscendo a far tornare in vita tutte le persone che erano appena morte, che fossero soldati, nemici o civili. Aprì gli occhi e sprigionò attorno a sé una poderosa ventata di energia insieme a una luce abbagliante che costrinse tutti a chiudere gli occhi e a ripararsi con le mani. Si sentì un boato simile a quello di un tuono. La terrà tremò per qualche secondo e poi il mondo sembrò fermarsi, immerso in un silenzio irreale.
Radish guardò Lazuli, che era l’unica a non essersi scomposta. Sorrideva, era fiera di lui.
«Grazie, Là» sussurrò, per poi darle un bacio a fior di labbra che gli scaldò il cuore.
Era tutto finito, il terzo desiderio di Vegeta era stato esaudito.
 
«Ce l’hai… ce l’hai fatta, Rad!» esclamò Goku, quando riaprì gli occhi e cominciò a guardarsi intorno con uno sguardo che sprizzava gioia e con un sorriso felice stampato sul volto.
Il sole era tornato a splendere sulla città di Agraba ricostruita esattamente com’era prima. Il cielo era terso e non era mai apparso così bello agli occhi del popolo che si era riversato nelle strade e gridava al miracolo. I morti erano tornati in vita, i feriti si erano ripresi e si sentivano al massimo della forma.
Anche Vegeta e Sedici si erano ristabiliti, e con loro tutti i soldati, sia quelli fedeli al sultano che i traditori, che vennero prontamente incatenati e ammanettati.
Il palazzo era tornato a ergersi in tutta la sua maestosità, la giustizia aveva trionfato.
«Papà! Stai bene?!» urlò Chichi, commossa, abbracciando il sultano, che si era rialzato e si guardava intorno perplesso. Aveva l’aria di una persona appena sveglia dopo un lungo incubo.
«Io… Chichi, tesoro!» la abbracciò a sua volta, incredulo. «Ma… cos’è successo?! Non ricordo nulla!»
«È una storia lunga!» rise Lunch, abbracciandolo a sua volta.
«Ma è finita!» gli sorrise Bulma.
«E tu chi sei? Non ti riconosco… o forse ho battuto la testa troppo forte» scoppiò a ridere il sultano.
«Sono Bulma, ora non sono più una tigre! E lui è Vegeta, guarda com’è cambiato?!» spiegò la ragazza dai capelli turchini, facendogli l’occhiolino.
«Tsk!» sbuffò Vegeta, stizzito e in disparte, incrociando le braccia al petto e distogliendo lo sguardo.
«Eh?!» sgranò gli occhi Giuma, con la bocca spalancata.
«Te l’abbiamo detto, papà! È una storia lunga, ma quello che conta è che Freezer non ci darà più fastidio!» intervenne Chichi.
«Sei stato tu a salvarci, Goku?» domandò Giuma, avvicinandosi al giovane e stringendogli entrambe le mani. «Hai salvato il mio regno, non potrò mai ringraziarti abbastanza!»
«Ecco… forse dovresti ringraziare soprattutto Rad e Vegeta, senza di loro non sarebbe tornato tutto come prima!» ridacchiò Goku.
«Tsk, non azzardatevi a considerarmi un eroe. Mi dà il voltastomaco questa atmosfera…» ribatté irritato Vegeta.
«Io sono un genio, sono nato per stupire… consideratelo un altro dei miei spettacoli, maestà» si inchinò leggermente Radish.
«E poi è merito di Lazuli se sono tornati tutti in vita, anche se non so di preciso cos’ha fatto…» aggiunse Goku, pensieroso.
«Meno male che ti sei ricordato di me… alla buon’ora…» sibilò la principessa venuta dal nord, sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Per essere precisi, è stato un perfetto lavoro di squadra» si intromise Sedici. «Tutti hanno fatto la loro parte, a partire dai soldati che si sono battuti con onore per arrivare fino a Chichi e Lunch, che hanno lottato come delle leonesse. Goku, però, è stato fondamentale nel dare il colpo di grazia al nemico, senza la sua idea non ce l’avremmo mai fatta».
Il giovane ladro si grattò la nuca, imbarazzato, mentre Chichi lo abbracciava forte.
«E non dimentichiamoci la ciliegina sulla torta, cioè il sottoscritto principe Lapis di Asgard» intervenne con fare ampolloso e beffardo Lapis. «Se io e la mia sorellina non fossimo andati a recuperare quello scimmione fino ad Asgard insieme alla nuvola Speedy, adesso si sarebbe trasformato in un pupazzo di neve. Altro che eroe».
«Hai ragione, grazie di cuore a tutti e due!» esclamò Goku.
«Ah, non fraintendere: l’ho fatto solo per salvare la tua scimmietta» lo derise Lapis, battendosi il cinque con Bubbles.
«Se fosse stato per me ti avrei lasciato almeno qualche ora al gelo, te lo saresti meritato» rincarò la dose Lazuli con nonchalance, senza nemmeno guardarlo. «Ti ho riportato qui solo per Chichi».
«È sempre adorabile la mia Là, vero?!» esclamò Radish, abbracciandola da dietro e tirandola verso di sé.
Lei arrossì e gli diede una gomitata tra le costole.
Tutti scoppiarono a ridere, a partire dal genio. E anche Lazuli accennò un sorriso.
Nessuno dei due voleva pensare al fatto che quelli potevano essere i loro ultimi istanti insieme.
 
«Eh?! Goku?! Ma… cosa ci fai qui?!»
«G-Goku… stai… stai bene?!»
Due voci sconosciute attirarono l’attenzione di tutti i presenti, che si voltarono verso l’ingresso del salone del trono.
Gli occhi di Goku si riempirono di lacrime, Bubbles rimase a bocca aperta e Radish sorrise. Erano gli unici a sapere chi fossero.
Chichi guardò perplessa il giovane ladro e poi si soffermò in particolare su uno dei nuovi arrivati, prima di volgersi di nuovo verso Goku.
«Non dirmi che sono…» sussurrò, coprendosi la mano con la bocca per lo stupore e non riuscendo nemmeno a completare la frase.
Radish strinse a sé Lazuli e le soffiò in un orecchio parlando a bassa voce, facendole provare un brivido caldo.
«Io lo sapevo che sarebbero arrivati».
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: allora, chi sarà mai arrivato alla fine di questo capitolo in cui ci siamo finalmente levati dalle scatole Freezer?
Il piano di Goku è andato a buon fine e la guerra è finita, per di più Vegeta tira fuori il jolly col suo ultimo desiderio e Rad riesce a esaudirlo grazie all’aiuto di Là. Vi aspettavate un simile desiderio e un simile modo per esaudirlo?
Credo che quello di Vegeta sia l’ultimo nome che sbaglierà a pronunciare Goku, del resto ormai siamo quasi ai saluti finali! ;-)
 
Grazie come sempre a chi mi lascia il suo parere, a chi mi sostiene, a chi legge in silenzio e a chi è ancora qui dopo 29 capitoli. Spero vi sia piaciuta la conclusione della battaglia, fatemi sapere! Ormai manca un capitolo per sistemare le ultime cose che mancano e un altro che si ricollega al primo, dove abbiamo conosciuto i figli di Rad e Là. Grazie davvero per esserci sempre!
 
Benissimo, oltre a scoprire chi è arrivato a palazzo, resta ancora una questione decisamente importante da risolvere: quale sarà il terzo desiderio di Goku?
Sì, ok, il capitolo 1 e la storia originale Disney fanno molto da spoiler, ma posso promettervi che non ci sarà nulla di banale nel prossimo capitolo. Anzi, posso già anticiparvi che Rad e Freezer forse non saranno gli unici due geni della lampada ad aver animato le pagine virtuali di questa storia… altro non posso anticiparvi, se non che spero di riuscire a emozionarvi almeno un po’.
Il titolo sarà “Il destino in un desiderio”, ci vediamo mercoledì prossimo come sempre!
 
Teo

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Capitolo 30
*** Il destino in un desiderio ***


30 – Il destino in un desiderio
 
 
«M-mamma… s-sei… sei proprio tu! E… papà! Urcaaa!» esclamò Goku, mentre sua madre, una donna minuta dallo sguardo dolce e i capelli neri e mossi che le arrivavano alle spalle, corse ad abbracciarlo, stringendolo a sé.
«Goku… mi sei mancato tanto! Scusa… scusami!» scoppiò in lacrime, mentre lui le accarezzava la nuca e Chichi osservava la scena commossa.
«Non devi scusarti, mamma… io me la sono cavata, tu sei riuscita a guarire. Contava solo che tu e papà tornaste, prima o poi» brillarono gli occhi a Goku, mentre suo padre, un uomo straordinariamente simile a lui nell’aspetto a parte per una profonda cicatrice che gli solcava la guancia sinistra, gli scompigliava i capelli, sorridendo fiero.
«Sei stato bravo, figliolo. Saremmo voluti tornare prima, ma il viaggio è stato lunghissimo e la guarigione di tua madre non è stata facile» spiegò. «Ma, piuttosto, perché sei qui?! Noi siamo arrivati e la città è cominciata a cadere a pezzi insieme al palazzo reale a causa di un mostro… siamo entrati qui perché volevo affrontare quella specie di cobra gigante, ma poi tutto è tornato magicamente come prima».
«Ecco… è una storia lunga e un pochino complicata…» ridacchiò Goku, grattandosi la nuca. «Non saprei da dove cominciare…».
«Mamma! Papà!» lo interruppe all’improvviso Radish, unendosi all’abbraccio di famiglia, commosso.
«E-ehm… c-ciao… ?!» farfugliò la mamma di Goku, a disagio.
Sembrava minuscola accanto all’imponente genio.
«E chi sarebbe questo bestione?!» domandò il padre, cercando di divincolarsi.
«È qualcosa a metà tra uno scimmione e un pagliaccio. Ma è innocuo, tranquilli» rispose Lapis, sorridendo beffardo.
«Sono il fratello maggiore di Gò, almeno da ieri!» esclamò Radish, senza dar retta alle provocazioni del principe di Asgard. «E quindi da ieri siete anche i miei genitori, voi due! Ho sempre pensato che sarebbe stata una figata avere una famiglia!» scoppiò a ridere, mentre Lazuli si portava una mano sulla fronte e scuoteva la testa.
«So che vi chiamate Gine e Bardack, ed ero anche a conoscenza del vostro arrivo! Grazie a me, poi, Gò sapeva anche che eravate vivi e stavate bene!»
Bardack e Gine si guardarono perplessi. Non ci stavano capendo nulla.
«Ecco… Radish è il genio-drago della lampada, quello della leggenda. Senza di lui non sarei qui… e senza di lui non avremmo potuto sconfiggere quel mostro che avete visto, ricostruire il regno e salvare tutti» provò a spiegare Goku.
«Già, e da ieri abbiamo deciso di diventare fratelli!» annunciò trionfale Radish. «Giusto, potete chiamarmi Rad! E adesso vi presento le nostre ragazze: Chichi, la principessa di Agraba, sta con Gò. Io, invece, ho perso la testa per la principessa Lazuli di Asgard. Potete chiamarle Chì e Là, se volete!»
Gine guardò le due ragazze e corse ad abbracciarle, facendole arrossire. Bardack sorrise, anche se faticava a mettere insieme tutti i pezzi del mosaico che stava cercando di comporre nella sua mente.
«Tu, Goku… con la principessa?! E tu… il genio della lampada?! E stai con un’altra principessa?!» disse, perplesso.
«Wow, per essere lo scimmione supremo del gruppo sei più perspicace di loro!» ridacchiò Lapis, attirandosi un’occhiataccia da parte di Bardack.
«Non fare caso alle battutacce di Lap, papà! Lui è fatto così, ma è un grandissimo amico per noi» rise Radish. «Formiamo un trio fantastico insieme. Un quartetto, se coinvolgiamo anche Vegeta, altro personaggio impareggiabile. Ah, già, lui era un pappagallo fino a poco fa! Fai un fischio, Veg!»
«Tsk! ‘fanculo…» si limitò a rispondere lui, incrociando le braccia al petto e voltandosi stizzito.
«Ciao» disse un uomo dalla pelle color ebano, un gilet rosso e un turbante bianco, comparso silenziosamente accanto a Vegeta.
«Ah!» sbottò l’ex pappagallo, che non si era accorto della sua presenza a pochi centimetri da lui. «E tu chi diavolo saresti?! Tsk!»
«Un po’ di educazione, Vegeta! Cerca di essere gentile!» lo sgridò Bulma, mentre il nuovo arrivato si guardava intorno con gli occhi sgranati e un sorriso pacioso stampato sul volto.
«Lui è Popo, il mio assistente. Scusateci se siamo entrati nel palazzo anche noi».
La voce gentile di un uomo dai lineamenti piuttosto giovanili attirò l’attenzione di tutti, che si voltarono verso di lui. Indossava una lunga tunica verde smeraldo, un fez bianco e stringeva tra le mani un lungo e nodoso bastone di legno.
«Ero rimasto indietro per provare a curare alcuni feriti, ma, fortunatamente, si sono ripresi da soli» aggiunse, sorridendo con estrema gentilezza. «Signor sultano, mi piacerebbe fermarmi per un po’ di tempo nel vostro regno, se possibile. Vorrei aiutare il vostro popolo, rendermi utile».
«Sì… certo!» sorrise a sua volta Giuma, che tuttavia non aveva idea di chi avesse davanti.
«Lui è Dende, il famoso guaritore. È solo grazie alle sue competenze mediche che Gine è ancora viva» spiegò Bardack.
«Grazie! Grazie!» gli strinse la mano con forza Goku. «Allora esisti davvero!»
«Già, ma cambiavo sempre dimora… è stato bravo tuo padre a trovarmi! Ed è stata bravissima tua madre a guarire grazie alla sua forza di volontà».
Anche Giuma aveva sempre creduto alla sua esistenza, solo che non aveva fatto in tempo a provare a portare da lui la moglie gravemente malata prima che fosse troppo tardi. Anche a Chichi e Lunch si riempirono gli occhi di lacrime al ricordo di quei giorni terribili, ma si sentirono sollevate nel vedere che Goku era stato più fortunato di loro con la salute di sua mamma.
«Ma… che fine ha fatto quel mostro gigantesco di prima?!» domandò Gine, guardandosi intorno. «L’avete ucciso?»
«In realtà è rinchiuso qui dentro» rispose Goku, raccogliendo da terra la lampada nera che si era generata nel momento in cui Freezer era diventato un genio. «Cosa ne facciamo, Rad?»
«Visto che la Caverna delle Meraviglie è una mia esclusiva, direi che qualche millennio nella Caverna degli Orrori non potrà che aiutarlo a riflettere» rise il genio, a cui si illuminarono gli occhi per un istante. «Ecco, l’ho creata in mezzo al deserto, ed è così terrificante che nessuno oserà mettere piede in un posto simile. Dammi la lampada, Gò» aggiunse, per poi lanciare l’oggetto magico nel cielo senza nessuno sforzo apparente.
Sotto gli occhi di tutti, la lampada nera sparì verso l’orizzonte, lasciando dietro di sé una sottile scia violacea che si dissolse dopo qualche secondo.
Era finita per davvero, Freezer non avrebbe più dato fastidio a nessuno.
 
Chichi si avvicinò a Goku, che aveva ancora lo sguardo perso nel vuoto e fissava il deserto in lontananza, e lo prese per mano. Sembrava pensieroso. Triste, nonostante la vittoria e il ritorno dei suoi genitori.
«Ecco, Chichi… mi spiace averti fatto credere di essere un principe…».
«Io lo so perché l’hai fatto...» sorrise lei. «Avresti dovuto dirmi subito tutto… ma credo di capire perché sei arrivato a tanto…».
Radish li osservava e il suo cuore si fece improvvisamente pesante come un macigno. Non aveva più voglia di scherzare come aveva fatto poco prima con Bardack e Gine, non sapeva nemmeno cosa dire. Era felice nel vedere Goku e Chichi che provavano a salvare un amore in teoria impossibile, ma era un altro genere di amore quello che gli faceva sentire un nodo stringergli sempre più forte la gola. Era l’amore che provava per Lazuli a farlo star male, e quello che provava lei per lui. Sentiva che era ormai prossimo il momento dell’addio. Che era inevitabile.
Il suo tempo era scaduto e, a causa sua, la ragazza più speciale che fosse mai esistita in tutti i millenni in cui aveva vissuto avrebbe sofferto. Non poteva perdonarsi una cosa simile.
La cercò con lo sguardo e la vide apparentemente calma. Lo fissava attraverso i suoi meravigliosi occhi di ghiaccio che esprimevano freddezza e determinazione. Aveva l’aria sicura di sé, consapevole di quello che stava per succedere e allo stesso tempo tranquilla, se non quasi distaccata.
Il genio pensò che forse se ne era fatta una ragione, che probabilmente era meglio così. Sarebbe stato più semplice per tutti.
«Ehi Kakaroth! Questa è tua, fai quello che devi e basta!» intervenne Vegeta, lanciando a Goku la lampada dorata, che aveva ancora lui da quando poco prima aveva espresso il suo terzo desiderio.
Il giovane ladro la prese al volo e la guardò sospirando. Si volse prima verso Radish e poi verso Lazuli, che gli lanciò un’occhiata che gli trasmise una sensazione di gelo fin nella spina dorsale nonostante il clima torrido di Agraba e lo convinse a voltarsi verso Chichi.
«Chichi… io… non credo che il mio posto sia qui» disse mestamente. «Io non sono un principe. Anzi, sono solo un povero ladruncolo».
«Quella è solo una stupida legge! Io… io ti amo!» ribatté la principessa, mentre Giuma osservava la scena, pensieroso e toccato nel profondo. «Non voglio che finisca tutto così!»
«Hai ancora il tuo terzo desiderio, Gò… se vuoi posso farti tornare un principe» propose Radish, sentendosi allo stesso tempo morire dentro. «Sei ancora il mio padrone e in più sono tuo fratello maggiore, è giusto che mi prenda cura di te!»
«Ma… Rad, e la tua libertà?!» sgranò gli occhi il giovane ladro.
«Sono abituato alla schiavitù eterna» fece spallucce il genio, sforzandosi di sorridere.
«E…» provò a ribattere Goku, voltandosi di nuovo verso Lazuli e zittendosi nel momento in cui notò che lei stava camminando verso Radish.
«E io ti ringrazio per avermi permesso di uscire dalla lampada per conoscere lei… è stato bello imparare ad amare, sentirsi umano» completò la frase Radish, cingendo Lazuli con un braccio e dandole un bacio a fior di labbra. «È stato bello conoscere tutti voi. Non dimenticherò mai questa parte del mio eterno viaggio» aggiunse, soffermandosi su tutti i presenti, da Lapis fino ad arrivare a Vegeta.
Nessuno fiatava. Alcuni avevano gli occhi lucidi, altri, come Lunch, piangevano. Lapis e Sedici assistevano alla scena senza tradire emozioni, così come Vegeta.
«Ma Rad… io…» provò a dire Goku.
«Gò, dammi retta: non troverai più una che ti ama come Chì neanche tra un milione di anni. Parlo per esperienza, eh!» lo interruppe Radish.
«È giunto il momento che io me ne vada per sempre. Lo sapevamo tutti che sarebbe stato inevitabile. Mi dispiace, Là… non volevo che le cose andassero così. Io… io ti amo…».
«Tu sei il solito scemo» sbottò la principessa dagli occhi di ghiaccio. «Ti avevo già detto che non saresti andato da solo da nessuna parte!» aggiunse, stizzita, afferrandogli i folti capelli sulla nuca e tirandolo verso di sé per baciarlo con foga, togliendogli il fiato e facendogli battere il cuore all’impazzata. «Io e te siamo fatti per stare insieme. Non pensare mai che non sia così».
«Ma, Là… io non posso, è la mia natura che me lo impone e …» disse Radish mestamente, staccandosi a fatica da lei, dal suo profumo e dal suo sapore che lo inebriavano e confondevano. Che rendevano tutto tremendamente più difficile.
«Portami con te nella lampada. Fammi diventare un genio» lo interruppe la principessa venuta dal nord, fissandolo con uno sguardo che non ammetteva repliche.
«Io… io non posso…» abbassò la testa lui. «Non posso condannarti a questo».
«Lo decido da sola a cosa voglio farmi condannare o meno!» sbottò lei, prima di stringere entrambe le mani del suo fidanzato. «So che puoi farlo e so di poter diventare come te. Sento scorrere il potere dentro di me… l’hai visto anche tu poco fa quando ti ho aiutato a far tornare in vita tutta quella gente».
Gli occhi del genio diventarono improvvisamente lucidi, perché si rese conto una volta di più di quanto fosse forte il legame che lo univa a quella ragazza. Davvero era disposta ad arrivare a tanto pur di stare con uno come lui?
Si voltò verso gli altri presenti, e gli si spezzò il cuore nel vedere Lapis e Sedici. Impassibili, in apparenza, ma entrambi decisamente tesi. Gli occhi glaciali del generale si velarono di profonda tristezza per un istante quasi impercettibile, mentre il principe stringeva nervosamente un pugno e si irrigidiva, cercando di non dare a vedere un lieve tremolio che gli stava fiaccando le gambe.
Lazuli, invece, non si voltò nemmeno un volta e non smetteva di guardarlo attraverso i suoi incantevoli occhi di ghiaccio, che da severi che erano, improvvisamente si addolcirono. E divennero lucidi.
«Portami con te, per favore. Io voglio solo restare con te» chiese con un filo di voce. «Ci ho pensato molto, anche la lampada può essere il posto più bello del mondo finché siamo insieme».
«Sei speciale, Là… grazie…».
«Rendimi come te» ribatté lei, chiudendo gli occhi e stringendo più forte le mani di Radish, tornato in quel momento alla sua forma di genio.
Concentrò il potere che sentiva già fluire in lei e sentì che anche Radish stava concentrando e trasferendo nel suo corpo un potere incomparabilmente più grande. Un potere che quasi la travolse e la fece vacillare, ma che non poteva farla cadere. Perché lei era forte e lo sarebbe sempre stata. E perché c’era Radish, l’unico essere umano o immortale che avesse mai amato.
Quando riaprì gli occhi si rese conto che la sua pelle era diventata azzurra, proprio come quella di Radish. Ai polsi le comparvero due pesanti bracciali dorati, al collo aveva sempre la collana di lapislazzuli che le aveva regalato lui, sopra a un top rosso tempestato di diamanti. Si rese conto che al posto delle gambe aveva una nube fumosa turchese, che però poteva modificare a suo piacimento. Capì che poteva fare tutto, in realtà, coi poteri che aveva ottenuto, non solo modificare il suo corpo.
Sorrise a Radish e si voltò, finalmente, per guardare i presenti che avevano assistito a bocca spalancata a quello che era appena successo. Si sistemò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e cercò con lo sguardo Sedici, che annuì e accennò un sorriso. Aveva gli occhi lucidi persino lui, in un momento in cui Chichi, Lunch e Bulma non facevano altro che piangere. Lazuli capì che si erano affezionate a lei e ne fu felice, ma non seppe fare altro che sorriderle, perché in realtà era complicato anche per lei poter giudicare il groviglio di emozioni che stava provando e che cercava di nascondere.
«Grazie» si limitò a dire a Sedici con un filo di voce.
«Sono fiero di te» disse lui, prima che lei cercasse con lo sguardo Lapis.
Si sforzava di sorridere beffardo, ma si vedeva che stava soffrendo.
«Se dovessi trovare la lampada, potrei comandarti a bacchetta, sorellina?» sorrise tirato.
«Scordatelo, cretino. Vedi di non farmi arrabbiare perché mi basta anche solo un dito per incenerirti» ribatté lei, non riuscendo però a reggere oltre lo sguardo del fratello gemello con cui aveva condiviso un’intera vita e quel viaggio dall’altra parte del mondo che li aveva così cambiati.
«Lazy, io…» provò a dire il principe di Asgard.
«Forse un po’ mi mancherai» lo interruppe lei, lapidaria, dandogli le spalle.
«Anche tu» rispose lui. «Forse» aggiunse, sorridendo.
Lazuli guardò Radish, e gli occhi di entrambi divennero improvvisamente scarlatti e luminosi. I loro volti si allungarono e dilatarono mostruosamente per poi ricoprirsi di scaglie verdastre, mentre tutti arretravano e alzavano gli occhi verso l’alto stupefatti.
C’erano due enormi draghi, uno davanti all’altro, che volavano sempre più in alto e intrecciavano i loro lunghi corpi simili a enormi serpenti dotati di braccia. Uno aveva dei lunghi e folti capelli neri, l’altra dei lisci capelli biondi.
Ruggirono entrambi, generando un boato simile a un tuono carico di energia, per poi sparire in una nube turchese.
Quando il fumo si dissolse, Radish e Lazuli ricomparvero di nuovo all’interno del palazzo reale nei loro corpi da genio, sorridenti e mano nella mano, davanti agli sguardi attoniti di tutti.
«Bene, adesso che avete visto tutti la nostra natura di drago, direi che lo spettacolo è finito» allargò le braccia Radish. «Anzi, forse per me è appena cominciato lo spettacolo» aggiunse, sollevando ritmicamente le sopracciglia e fissando Lazuli. «Sarà piacevole stare stretti e tutti appiccicati nella lampada, no?»
«Mi fai schifo, Rad» incrociò le braccia sotto il seno lei, irritata. «Non farmi pentire della mia scelta, scemo».
«E va bene… va bene…» sospirò il genio. «Dai Gò, spara il tuo ultimo desiderio che almeno ti faccio tornare ad essere un principe!» continuò, sorridendo sghembo e scrocchiandosi le dita della mani.
Era arrivato il momento.
«Rad, sei libero» disse il giovane ladro, con un sorriso felice stampato sul volto.
«Bene! Allora ti faccio lo stesso vestito dell’altra volta?! Sappi che non potrò più aiutarti in futuro e quindi cerca di non fare continuamente figure di merda che poi…» rispose Radish, che realizzò solo con qualche istante di ritardo quello che aveva detto Goku.
Guardò prima Lazuli, che aveva gli occhi sgranati, e poi il suo giovane padrone.
«Eh?!»
«Sei libero, Rad! Col mio ultimo desiderio voglio farti diventare un uomo libero!» ripeté Goku. «E, ovviamente, voglio che anche Lazuli torni a essere una donna libera, come prima!»
La lampada cominciò a tremare tra le mani di Goku e si allontanò da lui, librandosi nel cielo accompagnata da un forte vento. Ne uscì un leggero fumo rosa che avvolse un incredulo Radish, per poi circondare anche Lazuli. I bracciali che avevano ai polsi si staccarono e caddero a terra, emettendo un rumore sordo.
Il genio si domandò se era quello il dolce suono della libertà che aveva sempre e solo potuto sognare, ma che non si era mai veramente illuso di poter raggiungere.
Guardò Lazuli  mentre riprendeva le sue sembianze umane e si rese conto che era tutto vero.
Che era libero. Che erano liberi.
Osservò le sue mani diventare umane, insieme al resto del suo corpo. Sollevò lo sguardo verso la lampada ancora sospesa nel cielo e la vide perdere improvvisamente luminosità, prima di cadere a terra accanto ai bracciali, che divennero cenere e furono portati via dalla leggera brezza che arrivava dal mare e che sapeva di vita. Di un nuovo inizio.
 
«Sono… libero…» sillabò Radish con un filo di voce, guardandosi attorno stranito, per poi soffermarsi sul sorriso di Lazuli, accanto a lui. «Siamo… siamo liberi!» esultò, abbracciandola con foga per poi baciarla con passione. «Avevi ragione, Là: siamo fatti per stare insieme!»
«Già, non devi mai pensare che non sia così» sorrise lei. «E devi anche ricordarti che io ho sempre ragione» aggiunse scherzosamente.
L’ex genio le accarezzò i capelli e poi si staccò da lei e cominciò a correre con un pugno sollevato verso il cielo, ridendo felice. Non sentiva nessun potere speciale dentro di sé, a parte il poderoso soffio della vita e un’inestinguibile sensazione di amore.
«Sono liberooo!» urlò, dando il cinque a Goku e poi a Bubbles, prima di stringere forte a sé la nuvola Speedy e riprendere a correre come un forsennato.
«Chiedimi qualcosa! Chiedimi qualcosa, Lap! Fai finta di essere il mio padrone!» domandò al principe di Asgard, saltellando davanti a lui.
«Non coinvolgermi nelle tue buffonate, grazie. Ti manca la classe, sei troppo dozzinale anche quando sei contento» sorrise il fratello di Lazuli, che in realtà avrebbe voluto seguirlo in quella folle esultanza perché si sentiva felice.
Anche Sedici sembrava sollevato. Si scambiò un’occhiata che valeva più di mille parole con Lazuli, in disparte con le altre ragazze che continuavano a parlarle e complimentarsi con lei. La principessa venuta dal nord sorrise anche a Lapis, allargando le braccia. Lui rispose facendo spallucce, per poi farle l’occhiolino. Il destino li voleva ancora insieme come erano sempre stati, e loro erano felici di questo.
«Avevi uno sguardo meno omicida quando eri un drago, sorellina» scandì beffardo Lapis, che voleva subito riprendere a punzecchiarsi con la sorella per non cadere in sentimentalismi che non lo mettevano a proprio agio.
«Peccato non avere più poteri, avrei potuto provare a farti diventare più intelligente. Ma temo sia impossibile» ribatté lei.
«Dai, Veggy! Chiedimi tu qualcosa! Qualunque cosa!» urlò Radish, stavolta davanti a un irritatissimo Vegeta, che distolse lo sguardo con stizza incrociando le braccia al petto.
«Levati dalle palle. E non chiamarmi mai più “Veggy”! Tsk!»
«Quante menate che vi tirate tutti! Che due coglioni… dai, Gò, esprimi tu un desiderio! Chiedimi… boh, chiedimi una piramide d’oro!» tentò infine l’ex genio, rivolgendosi stavolta al fratello minore, che lo osservava con un’espressione piena di gioia. Si sentiva leggero per il desiderio che aveva espresso. Aveva fatto la scelta giusta.
«Urcaaa! Va bene! Rad, desidero che tu mi dia una piramide d’oro!» stette al gioco.
«La vuoi davvero?! Col cazzooo!» sbraitò Radish, scoppiando a ridere. «Non sono più un genio! Non esprimo più i desideri di nessuno! Non ho più padroni!»
«Non hai più nessun padrone? Ne sei sicuro?» lo prese per un orecchio Lazuli, tirandolo con forza verso di sé.
«Oh, no, giusto! Sei tu la mia padrona da adesso in poi!» esclamò lui, voltandosi e sollevando ritmicamente le sopracciglia. «Mia regina e mia dea, sono pronto a esaudire ogni tua richiesta! E a farmi anche picchiare da te» aggiunse, prostrandosi davanti a lei e afferrandole una caviglia per provare a baciarle un piede.
«S-smettila, s-scemo di un porco!» cercò di divincolarsi la principessa di Asgard, colpendolo sulla testa con delle vigorose manate e arrossendo. «N-non farmi vergognare davanti a tutti! F-fai… fai schifo!» ringhiò, facendo ridere tutti i presenti, compreso Radish, che si alzò e la prese in braccio, stringendola forte a sé e baciandola di nuovo tra gli applausi e i fischi di approvazione di tutti i loro amici.
 
Radish, incrociò per un istante gli occhi di Goku, che guardavano Chichi e sembravano diventati improvvisamente tristi. Smise di ridere e appoggiò delicatamente a terra Lazuli, realizzando solo in quel momento quale poteva essere l’altra faccia della medaglia del desiderio che aveva espresso Goku.
Aveva deciso di rinunciare al suo sogno d’amore pur di liberarlo e mantenere la promessa? Preso dall’euforia del momento non si era soffermato su questo aspetto.
«Gò… grazie!» disse commosso, appoggiandogli una mano sulla spalla.
«Io forse ti perdono per tutte le volte in cui mi hai fatta arrabbiare» aggiunse Lazuli, senza guardarlo, con le braccia incrociate sotto il seno.
«Beh… era giusto così! Tu hai sempre creduto in me, Rad» accennò un sorriso il giovane ladro.
«Ma… come farai adesso, se non puoi più diventare un principe?» chiese l’ex genio.
«Sono cresciuto in strada, no? Improvviserò!» si sforzò di scherzare Goku, a cui però non sfuggirono gli occhi pieni di lacrime di Chichi, al suo fianco.
Le prese una mano e gliela accarezzò dolcemente.
«Cerca di capirmi, Chichi. Io ti amo, ma non posso continuare a fingere di essere qualcun altro» provò a spiegarle.
«Tu non devi fingere, Goku, perché sei speciale così come sei… e non mi interessa che tu sia ricco o povero, io so solo che ti amo e che non sono più disposta ad accettare una legge che non ha senso» rispose la principessa, dolce e determinata, appoggiando la testa sul suo petto.
«Non pensi che siamo sbagliati, io e te?» chiese il giovane ladro.
«Solo perché siete diversi? Allora siamo sbagliati anche io e Là!» intervenne Radish.
«E anche io e Lunch, se è per questo» si intromise Lapis, sorridendo beffardo.
«E io e Bulma, allora? Eravamo un pappagallo e una tigre, tsk!» ringhiò Vegeta.
«Io penso che anche tu meriti di essere libera, Chichi» disse dolcemente Lunch.
«L’hai sempre meritato» convenne Bulma.
«Tutti dovrebbero essere liberi di poter scegliere il proprio destino» aggiunse Lazuli.
Chichi si sentì rasserenata dalle parole dei suoi amici e tornò a fissare gli ingenui e puri occhi neri di Goku. Sentiva di amarlo più di sé stessa. Non voleva rinunciare a lui. Non poteva farlo.
«Forse anche noi, come loro del resto, siamo sbagliati. Ma siamo uno sbaglio che riesce a funzionare» sorrise dolcemente. «Voglio venire con te, non importa dove andremo, ce la faremo lo stesso».
«Aspettate un attimo, ragazzi, ci tengo anch’io a dire la mia» intervenne Giuma, avanzando sorridente verso la figlia e Goku.
Era rimasto in disparte, immerso tra i suoi pensieri, ma in quel momento appariva sereno e deciso. Risoluto e giusto, come dovrebbe essere un sovrano.
«Papà… io…» provò a dire Chichi, che dentro di sé era triste all’idea di lasciare suo padre. Si volse anche verso Lunch e Bulma. Si sentiva il cuore spaccato a metà.
«Oggi è il tuo compleanno, tesoro» la interruppe Giuma, accarezzandole la guancia col palmo della mano e sorridendo giocondo. «Il giorno in cui ti saresti dovuta sposare con un principe, secondo la legge».
«Non era mia intenzione creare problemi. Mi dispiace di aver mentito e …» si intromise Goku, venendo però zittito dal sultano, che sollevò la mano con un gesto solenne.
«Ti chiedo scusa per averti creato problemi, figliola. Per averti messa sotto pressione, per non averti capita» riprese Giuma, che poi si voltò verso Goku. «E ringrazio te per avermi fatto aprire gli occhi. Tu hai dimostrato il tuo valore, e non serve essere un principe per avere un cuore grande come il tuo» aggiunse, prima di volgersi al resto dei presenti e inchinarsi leggermente. «Vi ringrazio per tutto quello che avete fatto per il mio regno. È stata colpa mia se sono accadute certe cose, negli ultimi anni avevo perso di vista la realtà, nonostante fosse sotto il mio naso».
Camminò poi verso la balaustra della balconata e guardò il suo regno dall’alto. Notò per la prima volta la miseria delle baracche che si intravedevano in lontananza e i volti deperiti di alcuni bambini assiepati sotto le mura insieme al popolo, che si era di nuovo radunato lì e appariva incredulo e sollevato allo stesso tempo per quello che era successo.
«Ci ho pensato molto, Chichi» disse, senza guardarla. «Esistono leggi antiquate, stupide e inutili. Ci sono problemi che vanno al di là del lusso in cui viviamo da sempre, protetti dalle nostre mura reali. Esiste un mondo là fuori che merita di essere vissuto e, se possibile, migliorato» sospirò, con le mani incrociate dietro la schiena. «Ci sono sovrani coraggiosi, giusti e capaci. Io non credo di esserlo stato negli ultimi anni. Ho provato ad essere un buon padre per te e anche per Lunch, ma onestamente ho commesso tanti errori».
«Non dire così, papà…» provò a rincuorarlo Chichi.
«Quello che è successo mi ha aperto gli occhi, mi ha fatto capire che ci sono tante cose che devono cambiare qui ad Agraba» continuò Giuma. «Ma mi sono anche reso conto che non è giusto che sia io a occuparmi di tutto questo, perché siete tu, Goku e tutti voi qui presenti i veri eroi del mio regno. Avete fatto più voi per il mio popolo nelle ultime ore che io in una vita intera. Il popolo ha bisogno di tutti voi, il vostro compito è appena cominciato».
«Papà, non capisco…» provò a avvicinarsi a lui Chichi.
Lazuli, invece, scosse la testa e sorrise. Aveva capito tutto. Anche Radish si rese conto di quello che stava per succedere e si volse verso Goku, che aveva l’aria di non comprendere fino in fondo quello che stava accadendo.
«Tu potrai cambiare le cose, sono certo che saprai farlo. Che sarai in grado di correggere tutti i miei sbagli» disse Giuma. «Non sei costretta a sposarti oggi, non sei nemmeno obbligata a scegliere per forza un principe. Ma non è giusto che sia io a cambiare questa legge, spetterà al nuovo sultano. È un’altra l’ultima legge che ho deciso di cambiare. Vieni qui, Chichi».
Il sultano afferrò una mano della figlia e le sorrise, costringendola ad affacciarsi alla balaustra insieme a lui.
«Popolo di Agraba!» urlò, attirando l’attenzione di tutti. «Avete visto tutti quello che è successo: se siamo ancora vivi, e se il regno esiste ancora, è solo grazie a un gruppo di eroi a cui saremo grati per sempre e ai soldati che sono rimasti fedeli al sultano!» spiegò, solenne.
«Ho un annuncio importante da farvi, perché quello che è appena accaduto mi ha aperto gli occhi e mi ha fatto capire che per me è giunta l’ora di lasciare il trono a chi è più meritevole» aggiunse, nell’incredulità generale. «Voglio però modificare per l’ultima volta una legge: da adesso in poi anche una donna potrà diventare sultano, e non dovrà per forza sposarsi per esercitare il potere».
Chichi sgranò gli occhi, imitata da gran parte dei presenti, stupiti da parole che ad alcuni potevano sembrare rivoluzionarie e troppo in anticipo sui tempi.
«Vi presento il nuovo sultano: mia figlia Chichi Jasmine!» gridò trionfale, lasciando spazio a un’incredula Chichi, che si ritrovò sommersa da un boato di approvazione che nemmeno Giuma si sarebbe aspettato così forte.
Il popolo sembrava compatto e convinto. Era con lei.
Si voltò commossa e cercò con lo sguardo Goku, gli corse incontro e lo baciò. Fu un bacio lungo, intenso, che sapeva di libertà e di amore.
«T-ti amo… noi staremo insieme, Goku!»
«Sì… sì! Sono… sono felice!» farfugliò il giovane ladro, che non credeva ai suoi occhi.
Ripensando alla prima volta in cui l’aveva vista al mercato, nascosto sopra al tendone di un venditore di frutta, e a tutto quello che era successo da lì in poi, gli sembrava di aver vissuto un lungo sogno. L’aveva amata fin dal primo istante, non aveva fatto altro che desiderarla con tutto sé stesso. Aveva commesso tanti errori, certo, ma tutte le sue azioni e le sue parole erano state guidate dall’amore che provava.
E lei lo sapeva, l’aveva capito subito, altrimenti non avrebbe mai potuto perdonarlo.
«Io… io vi giuro che cambierò molte cose! Che farò del mio meglio! Che vi renderò un popolo felice!» proclamò Chichi, una volta tornata alla balaustra. «Aiuterò chi ha bisogno, cercherò di essere giusta e di farvi sentire fieri di far parte del regno di Agraba!» aggiunse, generando un altro boato.
«Ma non sarò sola: al mio fianco ci sarà Goku, prima di tutto, uno degli eroi che ci ha salvato» spiegò, chiamando accanto a sé il giovane ladro, che si avvicinò grattandosi la nuca e ridacchiando, venendo accolto da grida di approvazione. «La mia prima legge in qualità di sultano è che un esponente della famiglia reale non sarà più costretto a sposarsi con un altro nobile. Aladdin Goku è un ragazzo che viene dal popolo, dalla strada per essere più precisa. Io e lui ci sposeremo, ma non oggi, non siamo costretti a sottostare a una legge che non esiste più».
Un altro boato accolse le ultime parole di Chichi. Goku era già diventato l’eroe del popolo, che si immedesimava in lui. Lui salutava agitando la mano, imbarazzato.
«E poi ci sono tutti loro che mi aiuteranno a governare, avrete tempo e modo di conoscerli perché saremo una squadra e nessuno di voi dovrà più sentirsi abbandonato» riprese Chichi, chiamando a sé tutti gli altri, da Radish fino a Vegeta, che si affacciarono alla balconata.
La gente cominciò a inneggiare anche a loro, perché tutti sapevano o avevano intuito quello che avevano fatto.
Radish cominciò a esultare e ad aizzare la folla. Passò il braccio intorno al collo di Lapis e cominciò a saltellare, felice. Fece poi lo stesso con Lazuli dall’altra parte, guadagnandosi però un’occhiataccia e un pestone sul piede. Ricambiò il gesto con un sorriso sghembo e una pacca sul sedere che la fece arrossire e infuriare. Ovviamente si guadagnò un pestone sullo stesso piede, ma molto più forte.
«E non ti do un ceffone solo per non dare spettacolo davanti a tutto il popolo. Ma dopo vedrai quando saremo da soli» sibilò Lazuli.
«Oh, sì, sono già eccitato all’idea» rispose roco, sollevando ritmicamente le sopracciglia.
«Sei un maiale senza speranza, mi fai schifo» lo liquidò lei.
«Scusate, potreste tenermi fuori dai vostri giochetti erotici?» li provocò Lapis, beffardo. «Tieni Rad, abbraccia la scimmia, non me. Dopotutto è un tuo simile!» aggiunse, porgendogli Bubbles, che era sulla balaustra davanti a lui.
«Orango! Sei felice? Staremo tutti quanti insieme per sempre! Sono libero!» esultò l’ex genio.
«Uh, uh, uh!» rispose la scimmia, mentre Radish la baciava sulla testa.
«Che schifo, sei pieno di peli!» sputacchiò, facendo scoppiare a ridere Lapis e guadagnandosi gli insulti da parte di Bubbles, che agitava il pugno verso di lui e berciava improperi di ogni genere nella sua lingua.
«Non azzardarti a baciare me, adesso» ringhiò Lazuli, guardando di sbieco il suo ragazzo.
Un rumore sordo, ovattato e prolungato attirò all’improvviso l’attenzione di tutti coloro che si trovavano sulla balconata, che si voltarono verso un imbarazzato Goku, che ridacchiava e si massaggiava la pancia con la mano. Vegeta sembrava particolarmente irritato, Bulma e Lunch apparivano perplesse, Sedici sorrideva, comprensivo.
«E-ehm, scusate… ma avrei un po’ fame!» sussurrò il giovane ladro, mentre Gine e Bardack ridevano di gusto. «Chichi, manca ancora molto? Andiamo a mangiare qualcosa?» aggiunse sottovoce, con la sua futura sposa che scosse la testa e alzò gli occhi al cielo, divertita.
«Popolo di Agraba, abbiamo catturato i colpevoli e da adesso in poi non sarete più in pericolo! Saremo un popolo felice, faremo grandi cose insieme» riprese Chichi, decisa a concludere il suo discorso. «Io e la mia squadra ce la metteremo tutta, sarà fondamentale anche l’aiuto di mio padre. Sarete fieri di noi. Ognuno di voi, da adesso in poi, potrà sentire davvero il dolce profumo della libertà!».
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: eccoci qui, vi chiedo subito di dirmi quali sono stati i vostri personaggi maschili e femminili preferiti di questa long, così settimana prossima annuncio i risultati in occasione dell’ultimo capitolo. Potete dirmi anche il più odiato se volete e fare più scelte!
 
Non poteva che essere “libertà” la parola conclusiva di questo capitolo e in generale della parte dedicata al racconto che fa Rad ai propri figli, direi che era la parola chiave dell’intera storia e la ritroveremo anche nel prossimo capitolo, l’ultimo, in cui torniamo a rivedere i figli di Rad e Là come all’inizio, il cui titolo sarà infatti “La libertà è un avventura che non finisce mai”. Sì, proprio come una delle celebri e bellissime sigle di Giorgio Vanni.
 
Allora, cosa mi dite di questo lungo capitolo in cui sono successe tantissime cose?! I genitori di Goku, l’arrivo di Dende, l’incoronazione a sorpresa di Chichi e il desiderio finale di Goku che mantiene la promessa che aveva fatto a Rad. Però credo che la parte più intensa sia quella in cui Là decide di diventare lei stessa un genio pur di seguire Rad e la successiva trasformazione… non so, il finale era scontato, ma spero di avervi stupito con questo colpo di scena! E di avervi emozionato un pochino, è stato un capitolo intenso.
 
Ringrazio come sempre tutti voi che mi lasciate sempre il vostro parere e anche tutti voi che leggete in silenzio. Siete invitati anche voi a dirmi i vostri personaggi preferiti, se vi va!
 
Niente, oggi pubblico con qualche ora di anticipo, ma soprattutto mi spiace molto che questa storia sia prossima a finire, mi ero affezionato a questi personaggi e a voi che mi avete seguito… ma ci sarà modo di parlare dei nuovi progetti mercoledì prossimo, ci vediamo per il gran finale!
 
Teo

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Capitolo 31
*** La libertà è un'avventura che non finisce mai ***


31 – La libertà è un’avventura che non finisce mai
 
 
«Adesso sapete tutto. È questa la nostra storia!» sorrise Radish, guardando i suoi figli che lo osservavano a bocca aperta e occhi sgranati con aria sognante, stretti a Lazuli. «E siamo anche arrivati… vi era mancata Agraba?»
«Ecco perché siamo andati tutti insieme a fare una vacanza proprio sull’isola di Milos in Grecia!» esclamò la bambina, a cui brillavano gli occhi di ghiaccio così simili a quelli di sua madre. «È così romantico!»
«Io avrei preferito andare sulla luna, però… mi ci porti, papà?!» sbuffò il bambino, guardando di sbieco la sorellina.
«Sarebbe un po’ complicato per me portarti lì, ora che non sono più un genio della lampada… devi pensare a un nuovo desiderio!» rise Radish, scompigliando i folti capelli del figlio, così simili ai suoi. «Ad esempio, se vuoi, posso insegnarti qualche trucchetto per conquistare le ragazze. Mi ringrazierai quando sarai più grande, fidati!» aggiunse, facendogli l’occhiolino.
«Rad, piantala» lo fulminò con lo sguardo Lazuli.
«Però, ora che ci penso, vostra madre la mando ancora sulla luna ogni volta che me lo chiede!» sorrise sghembo l’ex genio, sollevando ritmicamente le sopracciglia.
«S-smettila di fare il cretino!» sibilò lei, irritata, arrossendo visibilmente e sistemandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
«Wow, papà! E come fai?!» domandò ammirato il piccolo di casa.
«Sono i segreti di un uomo questi! Un giorno capirai, figliolo» gli cinse la spalla Radish, osservando l’orizzonte con fare vissuto. «Bisogna sempre mantenere dentro di sé lo spirito del drago e la sua energia! E poi, al momento opportuno, occorre tirar fuori direttamente il drago che c’è in noi dai pantal… ahia!» si interruppe, visto che Lazuli si era alzata e gli aveva pestato vigorosamente un piede.
«Non ascoltate vostro padre» intervenne, incenerendo nuovamente il marito con lo sguardo.
«Uffa, Là, sei cattiva…» protestò Radish.
«La mamma non è cattiva. Sei tu che sei stupido, papà» lo apostrofò la figlia, imitando la madre nei modi di fare e nelle movenze, compreso il gesto di sistemarsi una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio.
«Sarai tu ad essere stupida!» le fece la linguaccia il fratello, che prese le difese del padre e colse l’occasione per ricominciare a bisticciare con la sorella. «Il papà era un drago!»
«Anche la mamma era diventata un drago!» rispose alla linguaccia la piccola di casa.
«Su, su, basta litigare, bambini» intervenne ridendo Radish. «La mamma ha ragione: io sono stupido, ma lo faccio solo per farvi divertire. E per far ridere lei. Non trovate che sia ancora più bella quando sorride?»
Il volto di Lazuli avvampò nuovamente, mentre una leggera brezza marina le smuoveva i capelli dorati e illuminava il rossore che si era dipinto all’improvviso sulle sue guance. La sua espressione era dolce, serena. Era felice, e di una tenerezza disarmante.
«La mamma è sempre bellissima!» disse la bambina, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
«Uhm… in effetti lo è…» confermò il piccolo, imbarazzato nel fare i complimenti a sua madre. «Sicuramente lo è più di te!»
«Anche il papà è molto più bello di te! Anzi, lui è il più bello di tutti!» ribatté lei.
«Vostra madre, comunque, era stupenda anche quando era diventata un genio e poi un drago…» li zittì dolcemente Radish, sollevandoli entrambi, uno per braccio, e stringendoli a sé. «Molto più di me. Avreste dovuto vederla».
Lazuli si limitò a sorridere, felice e imbarazzata, mentre il marito e i bambini la osservavano e sorridevano a loro volta.
«Non potevo… non potevo lasciarlo andare via da solo» disse con un filo di voce, voltandosi e incrociando le braccia sotto il seno.
Era molto cambiata rispetto a sette anni prima, ma non era ancora del tutto a proprio agio nell’esternare i propri sentimenti. Non sempre, almeno. Però il suo cuore batteva forte, più forte di quanto avesse mai battuto prima che Radish entrasse nella sua vita e gliela sconvolgesse, togliendole ogni certezza che credeva di avere e costruendone di nuove, più solide.
«Ma davvero lo zio Goku era così stupido?» domandò il bambino, rivolto a Radish.
«Oh sì, anche più di quello che potreste immaginare dopo il mio racconto. Dovreste chiederlo allo zio Lapis, lui sì che si ricorda tutte le perle del nostro sultano e le racconta meglio di chiunque altro!» scoppiò a ridere l’ex genio. «Però senza di lui nessuno di noi sarebbe qui, bisogna sempre dargliene atto».
«E davvero la zia Chichi ha dovuto baciare quello schifoso di Freezer?! Bleah!» sbottò la piccola.
«Una scena che vorrei rimuovere dalla mia mente, in effetti. Per fortuna vostra madre si è potuta risparmiare quel momento, non li ha visti!»
«Ma lo zio Vegeta era sul serio un pappagallo?!» chiese il bambino, sempre più incuriosito.
«Sì, ma non ricordateglielo, altrimenti comincia a borbottare e lamentarsi e poi non ce la caviamo più…» sorrise il padre.
«Ma sapeva parlare?!» aggiunse la bambina.
«Ah, non taceva un attimo! Diceva una parola e poi tre parolacce, non molto diverso da adesso, in pratica!»
«Ecco, vedete di non prendere esempio da Vegeta, voi! Che già devo tenere d’occhio continuamente il linguaggio di vostro padre…» alzò gli occhi al cielo Lazuli.
«E invece come hai fatto a far diventare la zia Bulma una donna così bella, se era una tigre?» chiese ancora la piccola, stretta con le braccia intorno al collo di Radish.
«Perché ero un genio, no? Avevo talento, ragazzi! Però la sua bellezza non si avvicina neanche lontanamente a quella di vostra madre, giusto? Un capolavoro come lei nemmeno io sarei stato capace di crearlo!» disse Radish, facendo arrossire per l’ennesima volta colei che era stata la principessa di Asgard.
«Vedo che hai voglia di fare l’adulatore, eh?» accennò un sorriso, incatenando i suoi occhi di ghiaccio in quelli neri come la notte di lui.
«Oh, sì, ho molte voglie…» rispose, languido e roco.
«Rad!» lo sgridò Lazuli, stringendo i pugni e cambiando espressione nel giro di un nanosecondo.
«Di cosa hai voglia, papà?» domandò ingenuamente il bambino.
«Di… mangiare» sorrise compiaciuto lui.
«Di mangiare cosa? Io vorrei una torta!» esultò la bambina, alzando i pugni verso il cielo.
«Io il gelato!» aggiunse il fratellino, alzando a sua volta i pugni verso l’alto.
«Io… la patata!» disse invece Radish, facendo sgranare gli occhi ancora una volta a sua moglie.
«Guardate, bambini! Lo zio Lapis e la zia Lunch ci stanno aspettando sul molo!» esclamò Lazuli per cambiare discorso, indicando le due figure sempre più vicine che li salutavano con ampi gesti mentre la barca si avvicinava al porto di Agraba.
Radish appoggiò a terra i bambini, che corsero a prua e cominciarono a saltare e a salutare a loro volta gli zii che li stavano attendendo dopo il lungo viaggio che avevano fatto.
«Sei un imbecille, un porco e mi fai schifo! Dopo mi toccherà riempirti di botte!» sibilò tra i denti Lazuli, minacciosa e con un filo di voce, sicura che i figli non l’avrebbero potuta sentire.
«Oh, non vedo l’ora, mia regina e mia dea! Amo farmi picchiare da te… se vuoi puoi anche legarmi stavolta» ribatté roco, afferrandole delicatamente il mento tra indice e pollice e avvicinando pericolosamente la sua bocca a quella di lei.
«Te lo ripeto: fai schifo. Sei disgustoso…» disse Lazuli, con un filo di voce, distratta dalle labbra di lui e dal suo respiro così vicino.
«Sì, faccio schifo e ne vado fiero… e mi fai impazzire come la prima volta in cui ti ho vista» ribatté Radish, stringendola a sé per la vita e baciandola con foga.
La amava più di sé stesso, guardarla accendeva sempre in lui un desiderio incontenibile. Era il suo mondo, lei.
«Possibile che dobbiate sempre regalarci queste scene poco edificanti voi due?» domandò beffardo Lapis, non appena la barca fu vicina al molo. «Non vi stancate mai di dare spettacolo?»
«Ci siete mancati tantissimo!» batté la mani Lunch, sorridendo dolcemente e aprendo le braccia, aspettando che i bambini le corressero incontro.
«Zia Lunch! Zio Lapis!» urlarono, colmi di gioia, saltando giù dall’imbarcazione e correndo verso di loro non appena attraccarono e Radish gettò l’ancora.
«Irriverente come al solito, Lap? Grande!» rise Radish, dando il cinque al suo amico.
«Ciao Là! Tutto bene il viaggio?» chiese Lunch, abbracciandola.
«Benissimo. Poi ti racconterò tutto quando ci saranno anche Chichi e Bulma» sorrise lei, mentre i bambini reclamavano l’attenzione degli zii tirandoli per i vestiti e tempestandoli di domande.
«Allora, ha fatto qualche lapisata delle sue questo qui o è stato buono in nostra assenza?» domandò Radish a Lunch, ridendo.
«Mah, ormai sono abituata e non ho nemmeno più la forza di arrabbiarmi» alzò gli occhi al cielo lei, ironicamente rassegnata.
«Qualche randellata sui denti se la meriterebbe ogni tanto, secondo me… altro che rassegnarsi» ghignò Lazuli, punzecchiando il fratello.
«Noto che sei gentile e carina come sempre, sorellina» ribatté lui, sorridendo sghembo. «Oh, Rad, dopo devo troppo raccontarti una cosa che ha combinato Goku l’altro giorno! Ha mandato in bestia Vegeta! Dovevi vederli, era troppo divertente! Stavo male!» scoppiò a ridere, cambiando argomento.
«Non vedo l’ora! Ho bisogno di tutti i dettagli! Stasera voglio far impazzire anch’io Vegeta e prendermi un po’ gioco di Gò!» rispose Radish, entusiasta. «Facciamo anche a gara a chi butta giù più birra?!»
«Sono peggio di due mocciosi quei due…» sospirò Lazuli, rivolta a Lunch.
«Zio, zio! Guarda!»
«Zia, zia! Lo sai cosa ho visto in Grecia?!»
Entrambi i bambini reclamavano le attenzioni dei propri zii, che cominciarono ad ascoltarli e fargli domande. Gli volevano bene. Anche Lapis si divertiva molto, poteva tirar fuori senza problemi il suo lato giocoso quando passava del tempo in loro compagnia e i bambini lo adoravano.
«Dai venite con me, ho deciso di farvi un regalo» sorrise beffardo l’ex principe di Asgard.
«Sììì! Che cosa?! Che cosa?!» gridarono in coro i suoi piccoli nipoti, saltellando intorno a lui.
«Lo zio vi regalerà un po’ di stile, stando con me imparerete le buone maniere e la classe. Tutte cose che non si possono comprare» spiegò, guardandoli con aria furba.
Lazuli alzò gli occhi al cielo e sbuffò.
«Non vorrai rischiare di diventare uno scimmione come quel bestione di tuo padre, vero? E tu, invece, non vorrei diventare un ghiacciolo ambulante privo di sentimenti e ripieno di crudeltà come tua madre, giusto?» continuò Lapis, fissando negli occhi prima il bambino e poi la bambina, che lo osservavano con aria scettica.
«Lo zio ha sempre voglia di scherzare e di fare lo stupido, per questo voi bambini dovete dar retta solo alla zia, che tra l’altro vi ha comprato dei giocattoli nuovi!» intervenne Lunch, prendendo per un orecchio il suo compagno e trascinandolo via. «Così potrete giocare con vostro cugino Gohan, che è impaziente di rivedervi!»
Goku e Chichi, infatti, avevano avuto un figlio anche loro, di un anno più giovane dei gemelli, e stava crescendo come un bambino gentile e giudizioso proprio come voleva sua madre. Era molto intelligente e sapeva già leggere, sembrava che lo studio lo appassionasse sul serio e lo alternava volentieri ai momenti in cui si dedicava a giocare.
«Sììì!» esultarono i bambini, prendendola per mano.
«Dai, adesso torniamo al palazzo! Anche i vostri nonni Bardack e Gine vi hanno preso un regalo, però non ditegli che ve l’ho anticipato!» fece loro l’occhiolino.
«Allora farò la spia io» ghignò Lapis, guadagnandosi un’occhiataccia dalla sua ragazza e scoppiando a ridere. «Dai, sto scherzando, è divertente! Dopotutto dovrò punirti per avermi quasi strappato un orecchio».
«E come la punisci, zio?» chiese il figlio di Radish, incuriosito.
«Se le tiri anche tu un orecchio guarda che ti picchio!» lo guardò male la bambina. «La mamma mi ha insegnato a difendermi, anche se dice che posso farlo solo per una giusta causa!»
«Hai proprio lo stesso caratterino della mamma, eh?!» rise Lapis, accarezzandole i capelli dorati.
Era così simile a sua sorella alla sua età che a volte si perdeva nei ricordi quando la guardava. Per Sedici questo effetto era ancora più evidente. Adorava quella bambina, sapeva sciogliersi solo con lei. Era un nonno a tutti gli effetti per i gemelli, riuscivano a stare tranquilli solo quando erano da soli con lui.
«Ma state tranquilli: in questi casi porto vostra zia nella tana del lupo cattivo» riprese Lapis, sornione e misterioso.
«E cosa vuol dire?! Dov’è?!» domandò il nipotino.
«Ci stai prendendo in giro?!» sbottò la piccola, scettica.
«N-non è niente!» li interruppe Lunch, paonazza. «È… è s-solo un gioco!»
«Già, un gioco molto divertente» sorrise beffardo lui, fissandola attraverso i suoi occhi di ghiaccio e facendola arrossire ancora di più. «E, a proposito di giochi, vediamo chi arriva per primo a quella bottega di souvenir che c’è laggiù?» propose, cominciando a correre, inseguito dai suoi nipoti, felici quanto lui.
Radish, intanto, aveva svuotato la barca dai bagagli e guardava sorridendo in lontananza insieme a Lazuli i loro bambini alle prese con gli zii. Si ritrovò a pensare a quante cose erano cambiate in quei sette anni dall’ultima volta in cui era uscito dalla lampada per non rimetterci più piede. E anche, soprattutto, a quante cose non erano cambiate per niente, come l’amore tra lui e la sua principessa. E quello tra le altre coppie che erano nate in quei giorni, che apparivano tutte più solide e affiatate che mai. Anche Bulma e Vegeta, infatti, avevano trovato il loro equilibrio. Nemmeno il caratteraccio dell’ex pappagallo era stato capace di rovinare il loro rapporto, perché lei sembrava l’unica in grado di capirlo e, soprattutto, domarlo, grazie al suo caratterino niente male da ex tigre qual era.
Anche il regno di Agraba era cambiato molto nel corso degli anni. La giustizia e l’uguaglianza sociale su cui aveva insistito Chichi fin da subito avevano fatto breccia nel cuore del popolo e l’avevano resa una sovrana amata da tutti. Circa sei mesi dopo l’incoronazione della principessa avvenuta in concomitanza con la sconfitta di Freezer, lei e Goku si erano sposati, e così anche l’ex giovane ladro era diventato sultano a tutti gli effetti, proprio come lei. Anche lui fece subito breccia nel cuore della gente grazie alla sua gentilezza, il suo buon cuore e il suo essere genuino. Continuavano a chiamarlo “l’eroe del popolo”, non era cambiato di una virgola e non guardava nessuno dall’alto in basso nonostante il suo titolo. Lunch e Bulma divennero Gran Visir alla pari, una rivoluzione voluta fortemente da Chichi e apprezzata anche dal popolo. L’ex ancella aveva la responsabilità del personale che lavorava nel palazzo reale, mentre l’ex tigre creò un centro di ricerca scientifica che, sotto la sua direzione, contribuì a far crescere l’intero regno e aumentarne il benessere e la ricchezza. Era più intelligente della media, una vera rivelazione che proiettò Agraba nel futuro prima di qualunque altro regno, facendo volare la propria economia. Radish, dal canto suo, divenne il gran cerimoniere di corte e organizzava eventi sia nel palazzo reale che nel resto del regno. Si esibiva spesso in prima persona cantando e suonando, era diventato ormai una celebrità più amata del sultano stesso da molte persone che lo idolatravano. Lazuli affiancava Radish nell’organizzare eventi culturali e si si occupava di garantire che tutti i bambini e le bambine del regno avessero un’istruzione adeguata. Dava anche una mano a Bulma nel seguire l’economia dell’intero regno quando la ragazza dai capelli turchini era troppo impegnata in laboratorio. Lapis, invece, affiancava Radish nell’organizzare gli eventi sportivi e anche lui era diventato ormai famosissimo. Lui e sua sorella, inoltre, non avevano mai smesso di allenarsi e aiutavano Sedici a formare i nuovi soldati del regno. Già, perché Sedici era diventato il capitano delle guardie del palazzo reale e, in generale, il responsabile delle forze armate del paese. Anche Goku partecipava sempre alle sedute di allenamento e preparazione dei soldati, talvolta anche Radish. Come vice di Sedici vennero promossi Yamcha, Tensing e Riff, mentre Crilin divenne il capo carceriere e si premurò che i detenuti vedessero rispettati i loro diritti stabiliti dalla legge. La prigione segreta voluta da Freezer venne smantellata e i prigionieri liberati, aiutati e risarciti per quello che avevano dovuto subire all’insaputa di tutti. Gine e Bardack si occuparono di far ricostruire la zona periferica del regno, dove le baracche e gli edifici fatiscenti lasciarono spazio a nuove costruzioni che vennero consegnate gratuitamente ai cittadini più bisognosi, che vennero anche aiutati a trovare un lavoro. Goku non voleva più vedere nessun bambino patire la fame, nessuno morire di stenti o dover cercare un riparo in mezzo a delle rovine malsane. Chichi la pensava esattamente come lui, così entrambi convennero che i genitori di lui potessero essere le persone giuste per un compito così stimolante e complicato. In breve, la povertà più lancinante sparì dal regno. Tutti avevano il diritto di vivere in maniera dignitosa e di poter avere le proprie chance di migliorare la propria vita grazie allo studio e al lavoro. Anche la sanità di Agraba fece enormi passi avanti, visto che Dende e Mr Popo cedettero alle pressioni di Chichi, di Gine e anche di Giuma e decisero di fermarsi in quel regno, dove venne costruito un ospedale di prim’ordine che accoglieva anche pazienti dai regni vicini. Giuma, in tutto questo, era felice di vedere i passi avanti che aveva fatto il regno e, soprattutto, di poter ammirare ogni giorno il sorriso e la determinazione di Chichi. Aveva fatto la scelta giusta a lasciare tutto nelle sue mani, sentiva che quella era stata la decisione più azzeccata che aveva mai preso durante i suoi lunghi anni da sultano. Era sempre allegro e pronto a dare consigli a tutti grazie alla sua esperienza, ma soprattutto amava avere dei nipoti, non solo Gohan, ma anche i figli di Radish e Lazuli lo consideravano a tutti gli effetti come un altro nonno. Passava tantissimo tempo coi bambini, giocava con loro ed era pieno di entusiasmo. Sembrava ringiovanito. Anzi, rinato, e per Chichi e Lunch era fantastico vederlo così. Anche Bubbles e la nuvola Speedy passavano molto tempo con i bambini, ma altrettanto con Goku, per non parlare di Radish e Lapis che li portavano spesso con sé per vivacizzare i loro spettacoli o eventi. Erano diventati celebri, ma, soprattutto, erano felici.
E Vegeta? Lui amava l’azione ed era pieno di energia e adrenalina da scaricare, così Chichi e il suo team di governo pensarono a un ruolo che sarebbe stato perfetto per lui, cioè quello di guidare le guardie che pattugliavano le strade del regno per garantire giustizia e protezione ai cittadini. Prese molto sul serio quel ruolo e si impegnava al massimo, cercando ogni giorno di diventare sempre più forte. Era un perfezionista, nessuno avrebbe potuto sconfiggerlo o creare problemi al regno finché ci sarebbe stato lui in giro. Era molto esigente e scontroso con i suoi uomini, ma presto tutti capirono il suo valore e impararono a valutarlo in base al suo coraggio e alla sua dedizione. Dopo circa un anno dalla ribellione di Freezer, Goku decise di perdonare i componenti della squadra Ginew, che erano stati chiusi in galera insieme agli altri rivoltosi. Si pentirono, si scusarono e spiegarono che avevano paura della reazione dell’ex Gran Visir nel caso non avessero eseguito i suoi ordini. Ginew, in particolare, implorò Goku di perdonarlo per quello che gli aveva fatto e gli aveva detto in passato. Propose a Goku di liberare almeno i suoi uomini e di lasciare solo lui in prigione, visto che era il loro capo ed era lui ad avere rapporti diretti con Freezer e a conoscere anche come avrebbe potuto punirli nel carcere segreto sotterraneo. Il neo sultano decise di credergli e volle perdonarli, a patto che avrebbero continuato a lavorare per il regno mettendo a disposizione la loro forza per proteggere il popolo e la famiglia reale con lealtà. Vegeta non era d’accordo, ovviamente, ma Goku ribatté, che, dopotutto, anche lui aveva molte colpe passate da farsi perdonare, eppure nessuno gliel’aveva fatto pesare. Anche Sedici fece pesare la forza del suo carisma schierandosi dalla parte di Ginew, col quale si era chiarito personalmente già prima che lo facesse l’attuale sultano. Lapis alla fine mise tutti d’accordo, ridendo mentre proponeva di assegnare proprio a Vegeta i cinque ex scagnozzi di Freezer, facendoli diventare delle guardie alle sue dipendenze. Aggiunse che era un modo per prolungare in qualche modo la loro pena, ma anche per sfruttare le loro capacità militari. E poi, soprattutto, che sarebbe stato divertente. Lazuli sospirò e alzò gli occhi al cielo, ma almeno su questo Vegeta fu d’accordo e così poté togliersi qualche sassolino dalla scarpa accumulato negli anni con loro, oltre a inquadrarli tra le sue fila.
Tutto questo passò davanti agli occhi di Radish in un istante, mentre il suo sguardo passava dai suoi bambini in lontananza in compagnia degli zii fino a posarsi sull’orizzonte infuocato di quel giorno meraviglioso. Sorrise e respirò profondamente, gonfiando il petto.
«A cosa pensi, Rad?» domandò Lazuli, stringendosi a lui.
«A quanta strada abbiamo fatto per arrivare fin qua. E a quanto è bello essere liberi» rispose dolcemente, accarezzandole i capelli e inebriandosi del suo profumo.
«Già… la libertà è quella che cercavo quando sono venuta qui dall’altra parte del mondo» accennò un sorriso lei. «È stato un lungo viaggio, ma l’ho trovata. E poi ho trovato anche te, ma non so se sono stata fortunata o meno per questo» aggiunse scherzosamente, tirando fuori la lingua.
«Credo di aver avuto più io una botta di culo a trovare te che mi sopporti, in effetti!» rise l’ex genio.
«Stai pensando anche ad altro, vero? Ti conosco…» domandò di nuovo Lazuli.
«Intendi se sto pensando a cose sconce? Ovvio, quello sempre! E sono cose un milione di volte più sconce di quanto tu potresti anche solo lontanamente immaginare…» rispose lui con nonchalance. «Anzi, se mi stai così vicino lo sai che dopo è un casino».
«Sono seria, scemo. A cosa stai pensando? Quando guardi così l’orizzonte lo so che stai pensando a qualcosa, e non mi riferisco alle tue solite idiozie da maiale pervertito».
«E va bene… stavo pensando a quello che provo… a quello che ho dentro…» sorrise Radish.
«E cos’è che hai dentro?»
«Te, Là».
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Note: chiudiamo questa long con una frase ad effetto degna del miglior Rad di “Remember me”, e stavolta ci tenevo con tutto me stesso che l’ultima parola la dicesse lui e che questa ultima parola fosse proprio “Là”. Chi ha letto “Remember me” magari si ricorderà che in quel caso l’ultima parola venne pronunciata da Lazuli e fu “Rad”. Ho voluto fare una sorta di parallelismo nonostante in questa long non fossero i protagonisti, però mi sono reso conto che sono stati dei veri e propri coprotagonisti accanto a Goku e Chichi anche dalle vostre preziose parole che mi hanno accompagnato in questi lunghi mesi di pubblicazione, che non sarebbero stati così intensi e gratificanti senza di voi al mio fianco.
Quindi grazie a tutti per essere arrivati fin qui, prima di tutto! Grazie a chi mi ha sempre lasciato un pensiero, a chi ha messo la storia nelle liste, a chi ha letto in silenzio e a chi vorrà darmi le sue impressioni finali alla luce di questo capitolo che spiega un po’ tutto quello che è successo negli ultimi sette anni e spero dunque vi sia piaciuto e sia stato esaustivo in questo senso. Penso di aver raccontato che fine hanno fatto tutti i personaggi e anche le sorti del regno, che magari è diventato un luogo più utopistico che reale in cui vivere, però sarebbe bello se la politica fosse gestita da persone come il team di governo guidato da Chichi. Di sicuro avremmo un mondo migliore.
 
Per quanto riguarda il sondaggio, ovviamente il più odiato è stato Freezer e ha vinto per distacco, ma qui era facile la scelta. Per i personaggi più amati sono stato felicissimo di vedere che praticamente tutti sono stati apprezzati, hanno avuto diverse citazioni anche Lapis e Sedici e non era scontato, per questo ne vado fiero perché sono piaciuti anche a me. Però il personaggio maschile più amato è stato Radish, il tanto atteso genio che ha fatto sentire la sua mancanza nei primi capitoli e che poi ha dominato la scena. E ne vado orgoglioso, come sapete tengo molto al mio Rad personalizzato ed è molto gratificante constatare ancora una volta che sia piaciuto! Al secondo posto Vegeta, forse resterà nella storia questo ruolo da pappagallo, io stesso non avrei mai pensato che sarebbe piaciuto così tanto e ringrazio la mia dolce metà per avermi suggerito ormai più di un anno fa di mettere lui in quel ruolo, che in quel momento era vacante. E poi a chiudere il podio Goku, il protagonista che ci ha fatto ridere, arrabbiare e sognare. Tra le ragazze invece è stato un sostanziale pareggio tra Lazuli e Chichi, e sono felicissimo per questo. Due principesse molto diverse tra loro che sono state in modi differenti i veri motori di questa storia. Al terzo posto Bulma, che ha avuto meno spazio di altri ma che ha saputo valorizzare la sotto trama che la riguardava insieme a Vegeta.
Grazie per aver apprezzato le tematiche che ho provato a buttare dentro la storia qua e là e anche il mix di generi che ho cercato di proporre. Grazie anche per avermi sostenuto nelle parti fedeli alla storia originale e in quelle che ho stravolto o inventato. E grazie per aver letto tra le righe il grande tema che ha mosso fin dall’inizio tutti, ma proprio tutti, i personaggi di questa storia: la libertà. Un concetto, un ideale, un’aspirazione che ognuno di loro cerca di raggiungere in modi diversi e a seconda della propria situazione personale.
 
Niente, sto scrivendo note troppo lunghe, ma concedetemele visto che è la fine di una storia durata mesi che avevo però in testa anche da prima di “Remember me”, quando avevo appena finito di pubblicare “Beauty and the Beast”.
Una storia durata mesi, appunto, che ha avuto il difficile compito di farmi scrivere altro dopo la long a cui resterò sempre più affezionato e ha saputo farmi appassionare, cosa che non era scontata per me dopo tutto quello che avevo versato di me stesso dentro “Remember me”.
Una storia che avevo cominciato a postare proprio poco prima che il nostro mondo cambiasse a causa di questa maledetta pandemia… ed è strano e a tratti sconfortante essere ancora qui a parlarne dopo 31 settimane senza vedere all’orizzonte una soluzione chiara.
Spero di avervi fatto compagnia con questa storia e di avervi lasciato qualcosa di me. E che questi personaggi vi resteranno in qualche modo nel cuore, non solo i miei amati Rad e Là ma tutti quanti.
 
Ok, vi dico i nuovi progetti e me ne vado: settimana prossima, sempre di mercoledì, vorrei pubblicare una one shot collegata a “Remember me” che avevo voglia di scrivere. Sarà dedicata a Rad e Là e ambientata due anni e mezzo dopo l’ultimo capitolo, ma non conterrà spoiler significativi e potrà essere letta da tutti senza problemi. È il primo special che scrivo da quando ho finito quella long, spero ne sarete felici!
E poi, tra due mercoledì, tornerò con una nuova long di cui ho già scritto qualche capitolo. Sarà una nuova versione del mito di Perseo e Medusa in cui i protagonisti saranno Vegeta e Bulma. Ma ci saranno anche Radish, Lazuli, Lapis e tanti altri… spero che vi piaccia anche questa idea! Fatemi sapere cosa ne pensate, a me non resta che ringraziarvi ancora per avermi seguito in questa avventura, spero di ritrovarvi nelle prossime! A presto!
 
Teo
 
 
 

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