Sogni di Ferro

di zHero_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Io, due donne e un uomo nello specchio. ***
Capitolo 2: *** Confronti. ***
Capitolo 3: *** Nuovi incontri ***
Capitolo 4: *** Responsabilità ***
Capitolo 5: *** Un téte a téte ***
Capitolo 6: *** Intrappolato ***



Capitolo 1
*** Io, due donne e un uomo nello specchio. ***


ATTENZIONE! La storia narrata è tratta dalle vicende del personaggio nel fumetto, per tanto non terrà conto della nuova gestione diretta da Cantwell e CAFU. Bensì inizia con la fine della storia "Ultron Agenda" recentemente pubblicata. Buona lettura a tutti!

New York, Capodanno del 2020, sono a letto con due modelle di Playboy a cui non ho sfilato nemmeno un capo d'intimo. Sono adorabili e penso anche ubriache, preferisco lasciarle dormire mentre rimango assorto nei miei pensieri e guardo il soffitto della mia casa, quella che era la villa dei Vendicatori. Jarvis dorme beato, non mi disturberebbe mai, sa che mi da fastidio a quest'ora (neanche Thor lo fa) e mi chiedo se un post notte di follia sia il momento adatto per farmi domande sulla mia vita. Dopo la storia di Ultron Pym mi chiedo come stesse il mio caro amico Hank, intrappolato in quel corpo metallico... mi manca, mi mancano le lotte insieme quando eravamo nei Vendicatori, gli scambi di idee nel laboratorio della villa e di come parlava con me di Ultron, di come si disperava dandosi la colpa per la creazione di quell'abominio. Mi manchi Henry, anche se Janet non me lo dice mai manchi anche a lei. E manchi a Thor, manchi a Steve, manchi a Clint... manchi a tutti noi. Quando qualcuno è un Vendicatore lo è per sempre, sarai sempre uno di noi, Henry. Improvvisamente però mi viene da pensare ad Ultron, piuttosto. Perchè Hank ha voluto rischiare creando una macchina così perversa? Non lo so... sta di fatto che ormai è storia. Mi metto seduto e guardo davanti a me, vedo il mio riflesso davanti al televisore al plasma di ultimissima generazione e penso “ancora tu?” in quel momento capisco di aver bisogno di uno specchio, mi alzo e in mutande vado in bagno passando silenziosamente davanti alla stanza di Jarvis per non svegliarlo, quel maggiordomo lavora troppo e non si ferma mai. Una volta in bagno mi guardo allo specchio... c'è qualcosa che non va in me, come se non mi guardassi allo specchio da anni. E lo faccio sempre, ogni volta che ordino il mio meraviglioso pizzetto, ma stavolta è diverso. Il mio viso è cambiato, non è più quello di una volta... le rughe diventano evidenti, le basette iniziano a sbiadire, anche qualche pelo del baffo diventa brizzolato, sembro Reed dopo aver passato la sua solita notte sveglio in laboratorio ma mi accorgo che è molto peggio di quello che sembra... sono diventato vecchio. Quanti anni avrò? Cinquanta? Quel giorno in Afghanistan sembra ancora come se fosse stato ieri, non andrà mai via dalla mia mente. Ricordo ancora l'esplosione, i soldati morti, Roadhes che sparava da dietro la Jeep, io a terra, il sangue che mi usciva dal petto nonostante il giubotto... poi mi svegliai in una grotta. Volevano che io creassi delle armi nel nome della rivoluzione, io creai davvero un'arma... per me. Questo ricordo mi spinge a scendere nel sotterraneo dove tengo parte della collezione delle mie armature... Sono passati anni dal primo modello di scafandro che ho davanti. Pesante, rudimentale, goffo, di un ridicolo colore dorato. Poi quella che indossavo quando trovammo Capitan America nel ghiaccio, fu grazie a Namor, chi l'avrebbe mai detto. Poi altri modelli, Silver Centurion... che razza di idea è le spalline? Gli anni 80 sono finiti, grazie a Dio. Poi ancora armature... ho chiuso la divisione di armi della Stark Industries per creare qualcosa per aiutare le persone, qualcosa per difendere il mio paese... ma non ho mai smesso di creare io stesso delle armi. Missili, raggi laser, ogni sorta di strumento di morte non è mai smesso di uscire dalla mia testa... Solo il pensiero di adoperarne uno contro Steve durante la guerra civile... ma cosa avevo in mente? Per fortuna sono solo echi di un lontano passato. Dopotutto è questo che mi lascio alle spalle? E' questa la mia vita? Dopo essere stato in coma e poi ricostruito alle mie spalle ho creato solo armi... Pepper se n'è andata, mi manca da morire, sono anni che non la vedo ormai.. chissà cosa sta facendo, per chi lavora, con chi sta... c'è una cosa che ho sempre desiderato dirle ma non ci sono mai riuscito. Ha fatto così tanto per me e io volevo qualcosa da lei, qualcosa che ormai non avrò mai più. Qualcosa che avrebbe dato un senso alla mia vita se non picchiare un drago gigante o combattere un elfo con smanie di grandezza. Una fotografia su un tavolo da lavoro attira la mia attenzione mentre mi guardo intorno: è la foto di Howard Stark, mio padre. Spero che tu sia fiero di me ovunque tu sia. “Ciao Tony!” improvvisamente una voce che non conosco si manifesta, mi guardo intorno, non c'è nessuno. “Chi sei? Come hai fatto ad entrare!? Friday!” “Stai calmo, ragazzo! Dietro di te! Mi vedi?” Mi giro alle mie spalle, dove tengo una delle mie armature, la Extremis che ormai non uso più. Nel riflesso del vetro vedo una sagoma... è un uomo anziano, ha dei baffi dello stesso colore dei capelli, degli occhiali da sole ed è vestito di bianco. Forse ho le allucinazioni, eppure avevo chiesto un drink analcolico a Jarvis... “Sei una delle mie migliori creazioni, Tony Stark, Iron Man, Testa di latta! Non devi avere rimorsi sul tuo passato, ti ho creato per un motivo! Sei l'uomo del futuro, che si è fatto da solo! Hai combattuto con gli eroi più potenti della terra per salvare questo schifo di mondo e maledizione lo hai fatto bene, figliolo! Credi che la tua vita non abbia un senso se non servire il tuo paese? Bene. Il tuo amico Henry aveva paura, Tony, la stessa che hai tu in questo momento... spero tu abbia capito cosa fare” Chiudo gli occhi un secondo per strofinarli, non credo a quello che ho visto. Non sono credente, non è Dio ad avermi parlato, ma mi ha detto qualcosa di importante, questo lo riconosco. E' il momento di tornare al lavoro.

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Capitolo 2
*** Confronti. ***


E' il momento di tornare al lavoro. Ma dati i problemi avuti in passato con idee del genere sono andato dall'unica persona in vita che avrebbe potuto capirmi. “Non so dirti, Stark, ho creato una famiglia quasi perfetta ma la situazione è sfuggita di mano, come è successo con mio padre prima di me. Io e Vivid stiamo bene insieme...” Visione mi parla esprimendo parole sagge che però non suscitavano il mio interesse. Tra i vendicatori non era di certo il più forte ma è sempre stato uno dei più logici e intelligenti, stavolta però è quasi inutile il confronto, non è con lui che volevo parlare. Seduti al tavolo di casa sua, con un bitter analcolico in un bicchiere tra le mani, mentre guardo il rosso del liquido, senza dare la minima attenzione alle parole al vento di Visione, la mente mi riporta alle prime lotte con Ultron e a tutte le volte che sentivo il robot chiamare Hank “padre”. Mi chiedevo cosa sarebbe successo se avessi fatto lo stesso, se anche io avessi creato un robot che avrebbe potuto chiamarmi “padre”, ma sarebbe stato giusto? Avrei rischiato davvero di ripercorrere le stesse orme di Hank e creare un mostro? “Tony, per caso le mie parole ti turbano?” Visione interrompe i miei pensieri con il suo solito fare freddo e distaccato, ma preoccupato, tutto quello che è successo alla Stark Enterprise non ha smussato il suo interessamento nei miei confronti e ne sono compiaciuto. “No, Visione, è che tu non sei tuo padre. Tu non vedi tua figlia Viv come un mero strumento o uno sbaglio, un errore, e dopo quello che è successo le vuoi ancora più bene per quanto per te sia difficile da accettare.” “Hai ragione, Tony” mi risponde sempre freddo e distaccato ma mai indispettito “perchè non provi a parlarne con il tuo amico Reed, come hai sempre fatto? Onestamente mi chiedo perché tu sia venuto da me oltre che per il mio rapporto malato con mio padre.” “Hank e Ultron non ci sono più, Visione, tu sei la persona più vicina a loro che conosco... non è stato un errore venire da te se è questo che vuoi farmi capire.” “Lo comprendo, amico mio... Inoltre è da molto che non ricevo visite se non per un'emergenza e il bitter che avevo nel frigorifero stava andando a male, spero sia stato di tuo gradimento.” “Credimi, Visione, mi fa sempre piacere parlare con un Vendicatore.”.
Vado via da casa di Visione lasciandomela alle spalle, nella mia Ferrari nuova mi avvio verso il Baxter Building sperando di non trovare Reed indaffarato. In pochi minuti vengo accolto e fatto salire nella “stanza dei giochi” di Reed, salutare Ben e Johnny è stato un piacere, peccato non aver trovato in casa Susan. Reed, come immaginavo, è al lavoro su qualcosa, è steso sotto un macchinario che non riesco nemmeno a concepire, non ho la minima idea di cosa sia, e soprattutto non ho idea se si fosse accorto della mia entrata dato che è stato Ben a farmi entrare nel suo laboratorio. “Hey, signor Reed, c'è qualcuno che vuole parlarti” gli dico con fare scherzoso e con una voce camuffata, sperando che non capisca che sia io, ma parliamo di Reed Richards e il mio gioco viene subito sgamato. “Tony, non fare lo spiritoso! Inoltre non ho tempo per giocare a scacchi oggi... Susan ha portato con se Franklin e mi tocca lavorare da solo a questo aggeggio. Quindi...” “Non sono qui per giocare a scacchi, amico mio. E' proprio di Franklin di cui voglio parlarti...” a quel punto tira fuori la testa allungatasi da sotto il macchinario guardandomi fisso negli occhi, mi dice con aria poco convinta “Se sei qui per presentare un nuovo videogioco a mio figlio per distrarlo dai compiti puoi anche scordartelo, Testa di latta!” “No, Reed. E' una cosa seria, se magari tirassi fuori il resto del tuo corpo e mi offrissi qualcosa da bere magari te ne parlerei come si deve.”


E così è stato, gli raccontai di quello che è successo a capodanno e della mia chiacchierata di stamattina con Visione. “Così vuoi un figlio, Anthony Edward Stark. Chi lo avrebbe mai detto? Con tutte quelle donne che ti porti a letto non mi aspettavo una decisione del genere.” “In effetti nemmeno io. Mi stavo chiedendo tante di quelle cose... a chi sarebbe andato il mio patrimonio? Cosa ne sarebbe stato della Stark? Chi sarebbe stato Iron Man? Sono un uomo Reed, come te, come Steve, prima o poi me ne andrò. E' già successo.”. Reed non può di certo biasimarmi, mentre gli parlo dei miei pensieri mi guarda cercando di capire quale fosse il mio problema. “E tutto questo cosa ha a che fare con Franklin? Lo hai menzionato, o sbaglio?” “No. Franklin ha un potere inimmaginabile, come fai a gestirlo? E se dovesse per sbaglio...” “Conosco Franklin come le mie tasche e non cercherebbe mai di distruggerci. Certo che no, Tony, ho cresciuto mio figlio insegnandogli i valori di un supereroe, credo che tu dovessi fare lo stesso. Ultron era incompleto alla sua nascita. E poi tu non sei come Hank, io ti conosco, sei la persona più intelligente del pianeta.” Le sue parole mi spiazzano nonostante lo guardi con fare compiaciuto “Vero, grazie amico. Inoltre tu e Visione dovete dirmi dove vi procurate da bere, sono stanco di bere cocktail finti. Sei un amico, Reed Richards.”
Lasciando il suo edificio mi sento ancora più ispirato... e meno solo. Una voce mi risuona nelle orecchie, vedo lo stesso uomo dello specchio seduto nel sedile di dietro dallo specchietto retrovisore, mi sorride, mi parla “Ti ho creato perchè tu possa creare, Tony Stark. Rendimi fiero di te!”.

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Capitolo 3
*** Nuovi incontri ***


Le voci nella mia testa risuonano continuamente dicendomi cosa dovevo fare e che fosse giusto farlo. Ormai sono convinto: devo costruire un robot, ma non un robot qualunque… Che non sia come Ultron o Jocasta o Friday, un robot innocente, con degli algoritmi semplici ma allo stesso tempo complessi, che capisce il mondo in cui vive. Forse è pericoloso, sto creando qualcosa più grande di me e non ho idea del risultato finale. Improvvisamente però una notifica dal cellulare mi avvisa di quello che temo: il tempo di visualizzare la notifica sul vetro della mia auto che sto guidando in centro e mi accorgo che le azioni della Stark stanno bruscamente scendendo dopo lo scherzo del Controllore. Sono sempre stato bravo a gestire le situazioni difficili della mia azienda, ma in questo momento mi accorgo di aver fatto un passo falso. La notifica è seguita da una telefonata alla quale decido di rispondere. Un numero non identificato, non l’ho mai salvato in rubrica e la scheda madre mi dice che proviene dalle vicinanze di una certa “Common Enterprises”, mai sentita. Accetto la chiamata e mi accoglie una voce femminile molto elegante e travolgente: “Pronto? Parlo con il signor Stark? Ho avuto il suo numero dal suo maggiordomo Jarvis”. Alzo gli occhi al cielo maledicendo quella volta che ho detto al mondo che sono Iron Man e decido di ridurre la paga di Jarvis, poi rispondo “Si. Con chi ho il piacere di parlare?” “Sono Emma Lane, della Common Enterprises… sto chiamando perché tengo le azioni sotto controllo e ho visto che le sue non vanno tanto bene… so che lei ha creato un videogioco interattivo e per qualche motivo è andato in malora. Le vendite si sono abbassate e la Stark non riesce ad arginare le perdite, parare con i costi… mi sbaglio Signor Stark?” “Ho avuto una brutta esperienza” Le dico con tono veramente seccato, non avrei voluto ricordare quel momento. “Se vuole parlare di affari questo non è il momento adatto, ho altre turbe per la testa, se vuole fissiamo un appuntamento e dica al mio maggiordomo, se le capita di richiamarlo, che sono molto contrariato, il mio numero non è accessibile a tutti.” “Lo so, signor Stark, ma vengo in pace. Voglio incontrarla alle quattro e mezza qui a New York, una cosa poco formale, un aperitivo tra amici, cosa ne dice?” “Le dico che non siamo amici, non ancora almeno, e non sono per nulla curioso della sua offerta ma accetto l’invito comunque. Facciamo alle quattro e mezza questa domenica, mi raccomando sia puntuale.”
“Ma certo, signor Stark, mi trovi li come e quando dice lei.” Poi attacca. Dimentico completamente la telefonata, la mia rubrica annota tutto automaticamente, ormai la tecnologia governa tutto il mio mondo e fa tutto al mio posto.
Non appena attacco la telefonata la macchina si ferma per via del maledetto traffico di Manhattan. A pochi passi dal mio grattacielo sono costretto a fermarmi al semaforo, abbasso il finestrino per sporgermi, per capire quanto manca prima della Stark Tower, che forse mi toccherà vendere, quando ad un tratto una voce così alta, da distinguersi tra i clacson e i rumori delle auto, attira la mia attenzione: è la voce di un uomo che grida contro qualcuno. Quando il semaforo si fa verde non proseguo, parcheggio la macchina al primo spazio libero che trovo per andare a controllare cosa succede… la scena che vedo mi colpisce: la radiolina a terra trasmette una vecchia canzone anni 90 techno/hip-hop, il baccano che si è creato non ha dato tempo ad un ragazzo di spegnerla, è appoggiata su un cartone steso sul marciapiede che presumo essere messo stesso da quel ragazzo che sta venendo trascinato da un uomo. L’uomo gli grida contro, inveisce violentemente contro di lui. “Adesso hai rotto il cazzo con questa storia del ballo! Tu vieni con me a casa, vai a studiare e ti crei una carriera! Come ha fatto tuo padre, tuo nonno e suo padre prima di lui!” Il ragazzo tira dalla parte opposta, con una forza disumana, come se fossero strattoni, e grida “Vaffanculo vecchio! Sei una radio rotta, mi ripeti sempre le solite cose ma io non voglio gestire la tua cazzo di azienda! Vaffanculo Boomer!”. Stanco di questa scena decido di intervenire, stavolta senza usare l’armatura. Mi avvicino ai due e prendo l’altro braccio del ragazzo, l’uomo mi guarda attonito e si blocca, quasi lascia andare il ragazzo stupito, ma tiene comunque il braccio. “S-Signor Stark…? E lei cosa ci fa qui? Cosa vuole? Non crede anche lei che un figlio dovrebbe rispettare il genitore e fare quello che dice? Eh?” “Merda!” il ragazzo mi guarda, quando gira lo sguardo verso di me noto tutta la sua rabbia e sconforto. “Cazzo, tu sei Iron Man! Salvi le persone! Salvami da questo depravato!” li guardo entrambi e la ragione abbandona completamente il mio corpo. “Lasci andare il ragazzo, che decida da se quale sia il suo destino. L’imprenditoria non è una cosa genetica né è per tutti!”.
L’uomo mi guarda… la sua espressione cambia da stupita a terribilmente irritata, i suo occhi iniettati di odio mi squadrano completamente il viso. “Sa che le dico?” lascia subito il braccio al ragazzo “Faccia quello che diavolo vuole! E’ questa la lezione che un supereroe insegna ai ragazzi di oggi? E tu, giovanotto farai quello che diavolo ti pare ma non sarò io a finanziare il tuo stupido sogno!” “Non lo hai mai fatto, Boomer del cazzo! Ora lasciami andare!” “Va bene, ci pensa il signor “Testa di latta” a te!” Così il padre lascia il braccio del figlio, che tira il suo braccio staccandolo dalla mia mano. Dopo aver visto suo padre allontanarsi il ragazzo mi guarda, spegne la radiolina, la raccoglie e mi parla con le mani in tasca e la radiolina sotto braccio “Cazzo, allora non sei un dannato capitalista da quattro soldi, tu salvi davvero la gente! Ma mi hai complicato le cose, quello non vorrà vedermi almeno per un giorno o due. E se dovessi tornare a casa prima di dopodomani mi prenderebbe a calci in culo. Grazie tante, signor miliardario.” “Non c’è problema, come ti chiami?” Gli chiedo curioso, dice tutto quello che la gente pensa di me, ma per qualche ragione mi sta simpatico. “Riley, mi chiamo Riley Freeman.” Mi mostra il pugno in segno di amicizia, quando lo batto il sul suo volto compare un sorriso a trentadue denti soddisfatto. “Sei un tipo tosto. Hai lavorato con Luke Cage e Black Panther, ti rispetto. Perché non mi inviti nel tuo superattico? Avrai pur qualche cameriera sexy che ti prepara un kebab!” mi viene da ridere, che diavolo di persona ho incontrato? E’ un ragazzino come tanti, di colore, col naso a patata, avrà si o no quindici anni, dei capelli afro incredibili e due occhi castani. “Perché no? Cosa preferisci nel Kebab?” Lo prendo sotto la spalla e mi segue, entriamo in auto e ci rimettiamo in marcia. “Cosa guardi?” mi chiede mentre scendiamo nel mio garage, non gli rispondo, non crederebbe mai che un uomo mi sta sorridendo dal sedile posteriore dell’auto.

Angolo dell'Autore:
Salve a tutti! Come state? Spero tutto bene, dati i tempi in cui viviamo.
Come avete notato non sto scrivendo una storia d'azione, come qualcuno poteva immaginare, ma è più una storia di introspezione
che racchiude tutto quello che penso del personaggio e cosa lo "rinnoverebbe", in un certo senso.
Spero vi stiate divertendo e chiedo scusa se non sono regolare con le pubblicazioni ma, dato lo studio, le idee, tante cose di mezzo, non riesco ad essere costante.
Chiedo umilmente venia.
Non esitate a fare domande, se vi servono chiarimenti o altro!
Umilmente vostro, zHero. A vostra disposizione!

 

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Capitolo 4
*** Responsabilità ***


Finalmente siamo nel mio appartamento, il ragazzino, Riley, sembra essersi messo a suo agio già dal primo momento in cui abbiamo messo piede qui dentro. Io sono assorto nei miei pensieri, più che altro lo guardo, mentre lui si fa un tour autoguidato del soggiorno… tocca con le mani il divano di pelle nera, da una bella occhiata al televisore LCD, si sfrega le mani quando vede l’ultimo modello di Xbox sulla parete attrezzata… non sembra molto entusiasta del mio acquario, eppure ci avevo messo tanta cura nel decorarlo e quella nave ammiraglia nel fondale l’ho anche cercata dandomi tanto da fare. Poco male, decido di avvicinarmi a lui ma non appena cerco di parlargli mi dice “Mr. Stark! Lei è proprio un tipo tosto!” conclude la frase dandomi un pugno dolce sul petto, poi continua “come fa a condividere questo appartamento tutto da solo? Ho visto tante cose fighe ma… ci siamo solo io e te! Dici che arriverà Capitan America da un momento all’altro? O Thor? Ti chiameranno in missione? EH?!” rido di gusto quando lo ascolto parlare, il suo entusiasmo mi mette di buon umore, così gli rispondo “Veramente si, io vivo da solo. Mia madre mi ha da poco salutato andando via e non me la sento di condividere l’appartamento con qualcuno che non sia Pepper. Ma non tocchiamo questo argomento, okay? Piuttosto… Tu che intenzioni hai? Come mai non vuoi seguire le orme di tuo padre e vuoi ballare la Breakdance per strada? Cosa non ti piace dell’imprenditoria?”
mi guarda con fare stufato, “E’ una grossa palla, okay? Prima di tutto devo studiare numeri su numeri, e a me non va. Seconda cosa, devo dire alle persone cosa fare e cosa non fare, e a me non va. E poi, vecchio, se succede qualcosa di chi è la colpa? Mia, ovviamente!” mi da un colpetto al petto con il palmo della mano, si muove come uno di quei vecchi rapper degli anni 80 “ti sembra una cosa normale? Chi cazzo se ne frega delle aziende, dei crack, dei soldi, io voglio ballare! E se quello non fosse stato mio padre lo avrei già steso, sai? Io conosco il Kung-Fu! Seguo la scuola di Iron Fist! Sono uno tosto! Potrei… potrei… fare il wrestler!” “Okay, ho capito, a te non vanno ancora le responsabilità, e ti capisco, a volte non ci sto neanche io. Seguimi.” Gli dico mentre mi avvio in cucina, dove mi avvicino al frigo per aprire una Sprite da dividere in due, lui mi segue senza fiatare, è una persona molto attenta. “Sai, neanche a me andava di seguire le orme di mio padre, fare soldi con le armi… la gente mi ha chiamato “mercante di morte” per anni, ma io ho dovuto. Alla morte di mio padre Howard è diventata una mia responsabilità… ed avevo poco più della tua età…” “Lo so boss!” mi risponde mettendosi le mani in tasca e facendo spallucce, inclinando un po’ la testa di lato “Ma l’azienda di mio padre non è così figa, mio padre è ancora vivo, mia sorella è la vice e quando sarà morto toccherà a lei mandare avanti la baracca. Ovviamente il vice sarò io, capisci la situazione?” Lo guardo mentre finisco di versare il suo bicchiere di Sprite, poi poso la bottiglia e mi appoggio al bancone della cucina, lo guardo negli occhi ma non so che dirgli. Ha ragione, è solo un ragazzino… e poi chi è che a 15 anni sa già cosa fare della sua vita? Io mi sono trovato con un’azienda e un ruolo da supereroe perché ho dovuto, anche se poi mi piace, ma lui? Sembra persino più perso di me… mi fa una tenerezza. Poi finalmente prendo parola “Sai cosa è successo alla mia azienda, Riley? Ha perso punti in borsa, per farla breve sta perdendo soldi e qualcuno vuole comprarla, vuole comprarla una donna. Magari anche bella e attraente, capisci?” Gli faccio un occhiolino cercando la sua complicità, lui ricambia sorridendomi “Wow Tony, dici che te la porterai a letto?” Sobbalzo “No! Cioè, non sono affari tuoi!” gli dico indicandolo col dito “quello che voglio dirti è che è un’opportunità che ti apre molte strade, devi pensarci. Intanto ti va una partita alla Xbox? Scommetto che riesco a batterti a Forza. Ci stai? Intanto come hai detto che si chiama tua sorella?” “Certo Boss! Tanto ti faccio le scarpe quando vuoi! Comunque, Emma, si chiama Emma Lane!” in quel momento mi pietrifico, ho già sentito questo nome, mi sale su per la schiena fino al cervello e penso… “oh no.”


Hey! Sono tornato! Credevate che mi fossi dimenticato di voi? Hehe... fidatevi, non vi libererete di me.
Chiedo scusa se vi ho fatto aspettare troppo, ma sto scrivendo anche altre cose oltre a questa fanfic, cose per la scuola e tra poco avrò un'esame.
Spero che questo capitolo un po' più breve vi sia soddisfacente perchè è così che farò da ora in poi, non vogliatemene male.
Firmato, il vostro amichevole zHero di quartiere!

 

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Capitolo 5
*** Un téte a téte ***


Mi sono lasciato andare troppo con il ragazzo. Certo, ad essere tenero è tenero, ma ad un certo punto diventa veramente pesante. Vuole mettere le mani ovunque, cercare in giro nei cassetti, giocare con i miei apparecchi tecnologici… quasi faccio fatica a ritenerlo un quindicenne… quattordicenne? L’ho già dimenticato. Comunque sia, cerco di dargli una regolata, non può rimanere qui, io ho un appuntamento con una manager e lui non può certo vivere qui, sarebbe assurdo! Con me? Qui? Dove potrebbe apparire all’improvviso Hulk con un debito in denaro in sospeso e dare di matto? No, non credo che sia una buona idea… tanto per cominciare, allora, decido un approccio dolce, come quando devo parlare dei repubblicani a Steve: “Hey, Riley!” il ragazzo sembra distratto dalla xbox, quella roba è davvero una calamita per i ragazzini! “Riley! Ascoltami!” Ho già sforato, se ci fosse stato Steve al suo posto me ne avrebbe già date di santa ragione, almeno credo. Mi avvicino piano per non dargli fastidio, mi sembra di aver a che fare con un cane rabbioso o con un cinghiale, tanto che è euforico. “Riley…” lo sposto con una mano sulla spalla, mi guarda come se nulla fosse successo, menomale “Stavo pensando… perché non torniamo a casa? Eh? Ho un appuntamento, come ti ho già detto, domani, e non posso tardare. Capisci in che situazione mi trovo, vero?” Il ragazzo posa il joypad che aveva in mano sul tavolino, non sembra veramente entusiasta della mia idea, malgrado ciò, decide di tornare a casa “si, ma fammi venire a prendere! Mi annoio ad andare a casa a piedi da solo… anzi, mi accompagni tu!” “Cosa? E va bene! Credo che tu abbia un debole per la mia auto.” “Mi hai scovato!” mi fa un occhiolino, in quei frangenti sembra davvero di avere grande sintonia con lui.
Lo accompagno a casa e torno nel mio appartamento, a prelevarlo sono due guardie del corpo che nemmeno mi salutano, due grossi energumeni venuti fuori da Lilo e Sitch. Comunque sia mi metto a letto e la nottata passa. Faccio un sogno quella notte: io e Pepper sembriamo felici insieme e non siamo soli, ci fanno compagnia due braccia e due gambe che gattonano sul tappeto, e che starnutiscono annusandone la polvere, siamo stesi sul divano, ridiamo, va tutto bene, Thor entra in casa con dei cheeseburger extralarge e delle cole, va tutto bene.           
Il tempo di quello starnuto e devo svegliarmi, mi preparo a modino come solo un abile CEO sa fare (credo che Elon Musk sia molto invidioso di me), scendo dalla Stark Tower e vedo un’auto avvicinarsi, qualcosa mi dice al cento per cento che è lei, la donna che devo incontrare, Emma Lane, la sorella di Riley. Scende dalla portiera dell’auto, fatta aprire da una guardia del corpo, con disinvoltura totale, indossa un bel tailleur che alla luce mi sembra quasi scarlatto, con gli occhiali da sole in tinta di un rosso sangue. Mi vede e mi sorride, si avvicina a me con fare che mi ipnotizza ad ogni movimento, quando è vicina a me inizia a parlare “Mr Stark, finalmente ci incontriamo, sono Emma Lane, avevamo un incontro e ho deciso di venire a trovarla.” Mi allunga la mano, ha una voce davvero affascinante, le stringo la mano in modo molto formale, non voglio sembrare il solito cazzone che ci prova al primo appuntamento, che appuntamento non è, e la invito ad entrare. Saliamo presso il lungo ascensore che ci porta al mio appartamento, stiamo completamente in silenzio, ma lei mi guarda di tanto in tanto e mi sorride. Quando arriviamo chiedo all’assistente vocale di mettere un po’ di musica lounge per farla accomodare “Siediti pure sul divano, o la poltrona, dove preferisci” mentre io vado a prendere da bere al bar dell’appartamento “Allora, facciamo finta che tu mi abbia fatto qualsiasi domanda…” vaneggio mentre preparo due cocktail “la mia risposta è: no. Non intendo vendere le Stark Unlimited per nessuna ragione, anche se le azioni sono in calo, si rialzeranno, lo so.” “Ma io non sono qui per questo!” Mi blocca e improvvisamente mi sento stretto da una morsa, un momento, non aveva detto di voler comprare le Stark? Allora perché è qui? Mi pongo queste domande mentre le porto il cocktail e mi siedo sul divano accanto a lei “Sono qui per un altro motivo. Ho sempre desiderato lavorare con lei, signor Stark, ma posso darti del tu, Tony?” “si… certo.” “Dicevo, tu sei Iron Man, una mente brillante dentro ad una corazza-macchina-da-guerra. Sai cosa è successo in passato con il governo degli stati uniti, sai, la storia della guerra civile e tutto il resto…” vaneggia, vuole dirmi qualcosa ma non so cosa, cerca un pretesto per fare aprire il mio guscio, cosa cerca? Segreti tecnologici? Arriva al punto, Emma. “Voglio vedere come lavori, dove lavori, voglio sapere tutto di te. Sono un ingegnere anch’io, Tony e sono tremendamente affascinata dal tuo lavoro. L’idea di acquisire la tua azienda era solo un pretesto per avere un tète a tète con te.” Vuole vedere il mio laboratorio? Non se ne parla nemmeno! Solo io posso entrarci e non credo che… credo che forse la pistola che mi sta puntando al petto possa farmi cambiare idea, anche se sembro impassibile è pur sempre una pistola… “Prego, signor Stark, dopo di lei”
Mi sono lasciato andare troppo con il ragazzo. Certo, ad essere tenero è tenero, ma ad un certo punto diventa veramente pesante. Vuole mettere le mani ovunque, cercare in giro nei cassetti, giocare con i miei apparecchi tecnologici… quasi faccio fatica a ritenerlo un quindicenne… quattordicenne? L’ho già dimenticato. Comunque sia cerco di dargli una regolata, non può rimanere qui, io ho un appuntamento con una manager e lui non può certo vivere qui, sarebbe assurdo! Con me? Qui? Dove potrebbe apparire all’improvviso Hulk con un debito in denaro in sospeso e dare di matto? No, non credo che sia una buona idea… tanto per cominciare, allora, decido un approccio dolce, come quando devo parlare dei repubblicani a Steve: “Hey, Riley!” il ragazzo sembra distratto dalla xbox, quella roba è davvero una calamita per i ragazzini! “Riley! Ascoltami!” Ho già sforato, se ci fosse stato Steve al suo posto me ne avrebbe già date di santa ragione, almeno credo. Mi avvicino piano per non dargli fastidio, mi sembra di aver a che fare con un cane rabbioso o con un cinghiale, tanto che è euforico. “Riley…” lo sposto con una mano sulla spalla, mi guarda come se nulla fosse successo, menomale “Stavo pensando… perché non torniamo a casa? Eh? Ho un appuntamento, come ti ho già detto, domani, e non posso tardare. Capisci in che situazione mi trovo, vero?” Il ragazzo posa il joypad che aveva in mano sul tavolino, non sembra veramente entusiasta della mia idea, malgrado ciò, decide di tornare a casa “si, ma fammi venire a prendere! Mi annoio ad andare a casa a piedi da solo… anzi, mi accompagni tu!” “Cosa? E va bene! Credo che tu abbia un debole per la mia auto.” “Mi hai scovato!” mi fa un occhiolino, in quei frangenti sembra davvero di avere grande sintonia con lui.
Lo accompagno a casa e torno nel mio appartamento, a prelevarlo sono due guardie del corpo che nemmeno mi salutano, due grossi energumeni venuti fuori da Lilo e Sitch. Comunque sia mi metto a letto e la nottata passa. Faccio un sogno quella notte: io e Pepper sembriamo felici insieme e non siamo soli, ci fanno compagnia due braccia e due gambe che gattonano sul tappeto, e che starnutiscono annusandone la polvere, siamo stesi sul divano, ridiamo, va tutto bene, Thor entra in casa con dei cheeseburger extralarge e delle cole, va tutto bene.           
Il tempo di quello starnuto e devo svegliarmi, mi preparo a modino come solo un abile CEO sa fare (credo che Elon Musk sia molto invidioso di me), scendo dalla Stark Tower e vedo un’auto avvicinarsi, qualcosa mi dice al cento per cento che è lei, la donna che devo incontrare, Emma Lane, la sorella di Riley. Scende dalla portiera dell’auto, fatta aprire da una guardia del corpo, con disinvoltura totale, indossa un bel tailleur che alla luce mi sembra quasi scarlatto, con gli occhiali da sole in tinta di un rosso sangue. Mi vede e mi sorride, si avvicina a me con fare che mi ipnotizza ad ogni movimento, quando è vicina a me inizia a parlare “Mr Stark, finalmente ci incontriamo, sono Emma Lane, avevamo un incontro e ho deciso di venire a trovarla.” Mi allunga la mano, ha una voce davvero affascinante, le stringo la mano in modo molto formale, non voglio sembrare il solito cazzone che ci prova al primo appuntamento, che appuntamento non è, e la invito ad entrare. Saliamo presso il lungo ascensore che ci porta al mio appartamento, stiamo completamente in silenzio, ma lei mi guarda di tanto in tanto e mi sorride. Quando arriviamo chiedo all’assistente vocale di mettere un po’ di musica lounge per farla accomodare “Siediti pure sul divano, o la poltrona, dove preferisci” mentre io vado a prendere da bere al bar dell’appartamento “Allora, facciamo finta che tu mi abbia fatto qualsiasi domanda…” vaneggio mentre preparo due cocktail “la mia risposta è: no. Non intendo vendere le Stark Unlimited per nessuna ragione, anche se le azioni sono in calo, si rialzeranno, lo so.” “Ma io non sono qui per questo!” Mi blocca e improvvisamente mi sento stretto da una morsa, un momento, non aveva detto di voler comprare le Stark? Allora perché è qui? Mi pongo queste domande mentre le porto il cocktail e mi siedo sul divano accanto a lei “Sono qui per un altro motivo. Ho sempre desiderato lavorare con lei, signor Stark, ma posso darti del tu, Tony?” “si… certo.” “Dicevo, tu sei Iron Man, una mente brillante dentro ad una corazza-macchina-da-guerra. Sai cosa è successo in passato con il governo degli stati uniti, sai, la storia della guerra civile e tutto il resto…” vaneggia, vuole dirmi qualcosa ma non so cosa, cerca un pretesto per fare aprire il mio guscio, cosa cerca? Segreti tecnologici? Arriva al punto, Emma. “Voglio vedere come lavori, dove lavori, voglio sapere tutto di te. Sono un ingegnere anch’io, Tony e sono tremendamente affascinata dal tuo lavoro. L’idea di acquisire la tua azienda era solo un pretesto per avere un tète a tète con te.” Vuole vedere il mio laboratorio? Non se ne parla nemmeno! Solo io posso entrarci e non credo che… credo che forse la pistola che mi sta puntando al petto possa farmi cambiare idea, anche se sembro impassibile è pur sempre una pistola… “Prego, signor Stark, dopo di lei”.



 

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Capitolo 6
*** Intrappolato ***


“così questo è il tuo laboratorio, eh?” mi chiede non appena la porta dell’ascensore si apre davanti a noi, mostrando il mio laboratorio sotterraneo nella Stark Tower. Nell’ascensore non è successo nulla di che, sapete cosa succede negli ascensori, vero? Beh, stavolta non c’è stato nessuno scambio di battute o di “gesti”, soltanto un unico fissarsi negli occhi. Ci siamo fissati negli occhi per la bellezza di più di quaranta piani. Ma io lo facevo per non guardare la pistola che mi era stata puntata, lei per non lasciarmi lo spazio di agire. Una volta entrati nel laboratorio, lei non sembra così stupefatta, o almeno non lo da a vedere. Tira fuori qualcosa dalla borsetta che ha a tracolla, sembra un hard disk, spero per lei che sia abbastanza grande per contenere tutti i miei segreti… “Su, signor Stark… so che sei tanto bravo al computer, perché non mi fai vedere come digiti?” In una mano tiene la pistola, nell’altra tiene il disco. Me lo porge costringendomi a mettermi al computer. Mentre installo il disco rigido che mi ha dato sul mio portatile, a cui lei non ha fatto caso fosse quello sbagliato, mi viene un’idea! Mentre trasferisco i file posso usare il mio fascino per recuperare tempo e chiamare a me l’armatura extremis… almeno il guanto dovrebbe bastare. è deciso, quindi mi alzo. Lei si impressiona, cosa lecita, e mi punta la pistola contro “cosa vuoi fare, Tony? Sono stata addestrata a non farmi abbindolare da uomini del tuo calibro. Torna al computer e mettiti al lavoro!” tira il cane della pistola, è pronta a sparare… devo temporeggiare mentre con il sensore mentale faccio muovere il braccio dell’armatura di nascosto, che si piazza proprio nel punto in cui voglio. “Senti… possiamo risolverla da amici, se vuoi, o più che amici… una sola parola e sarò tutto tuo, lo sai che mantengo le promesse…” non sembra essersi fatta abbindolare, sto davvero perdendo il mio smalto “Non costringermi a fare fuoco, Iron Man, non sei davvero nulla senza la tua armatura, vero? Solo un ubriacone, spaccone, latin lover e… ti detesto, Tony Stark!”. Mi detesta? Non l’ho mai incontrata in vita mia… devo indagare su questa faccenda, o segnarmi su un taccuino i nomi delle persone a cui ho fatto un torto… “perché mi detesteresti? Non ti conosco nemmeno, e tu non conosci me se non per la mia fama.” “La tua fama non è tutto quello che hai, Tony. Tu non ti ricordi di me, ma io ricordo bene tutte le umiliazioni subite a causa tua.” “Di quali umiliazioni stai parlando?” “Davvero non te lo ricordi? Che faccia di bronzo…! Eravamo al MIT insieme, eravamo colleghi, o forse più che colleghi… non ti ricordi di me? Davvero?” “Ho davvero un vuoto di memoria…” Davvero non ricordo nulla di lei… sono passati così tanti anni dal MIT, ero uno scapestrato, e forse anche un po’ stronzo, lo ammetto… “Vuoto di memoria? Non ricordi di aver conseguito il premio per la promozione da solo senza aspettare che mi presentassi? Dovevi aspettarmi… e invece ti sei preso il merito…” “Merito? Beh, ho lavorato personalmente a tutti i progetti scolastici, certo che era mio il merito…” “PERSONALMENTE!?” Sta iniziando a piangere, perde il controllo, il mio piano sta andando a gonfie vele. “Abbiamo lavorato al progetto finale insieme! Poi mi hai portata al letto… ci siamo promessi di salire sul palco e presentarlo insieme! Ma tu mi hai lasciata sola nella tua camera del dormitorio e ti sei presentato alla premiazione senza di me… che colpo basso…! Ma adesso è finita! Non ti sei accorto di quello che sta succedendo??” in quel momento, mette giù l’arma e corre verso l’ascensore, lo apre, mi guarda e fugge via. Ma come? Dimentica qui il disco? Non ho neanche il tempo di pensare che le mie armature si animano da sole. Ma certo! Quel disco conteneva un virus che deve essersi auto-installato non appena l’ho inserito! Che stronza… o meglio, che babbeo! Ora sono solo contro le mie creazioni a metri e metri sotto terra… in qualche modo dovrò fuggire. Ma come?

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