Il male minore

di K ANTHOS
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

L’aria era gelida, il buio non era ancora rotto dall’alba e in città dominava un silenzio surreale.                     

Una ragazza correva illuminata dalla luce dei lampioni del viale alberato, il freddo era pungente ma lei non se ne preoccupava, non lo sentiva, era concentrata unicamente sul ritmo del suo respiro intercalato da quello delle sue falcate che riecheggiavano ovattate per la strada deserta.

Correre da sola di primo mattino non la poteva spaventare più dei suoi stessi incubi: stava fuggendo di nuovo da quello che aveva visto, da quello che l’aveva terrorizzata.

Aveva gli occhi ancora umidi per il pianto ma muoversi la aiutava a combattere la sensazione di freddo diffuso ed il tremore irrefrenabile che la avvolgevano dopo una delle sue assurde visioni.

 

Si era disfatto del corpo della ragazza facendolo scivolare delicatamente nel canale di scolo di una strada secondaria ed era tornato a casa a luci spente.  

Aveva parcheggiato la sua vecchia toyota hilux nella rimessa e per prima cosa si era diretto nel bagno attiguo.

Davanti al gabinetto calò i pantaloni, ritrovò il preservativo e lo gettò nello sciacquone, quindi si liberò dell’urina.

Sfregò via accuratamente con acqua e sapone gli schizzi di sangue dalle mani e dalla faccia e appoggiandosi con le mani al bordo del lavandino emise infine un profondo respiro.

Quello che vedeva riflesso davanti a sé non era più l’uomo frustrato e deriso di prima: i suoi istinti più bassi erano stati liberati e la sua rabbia cieca si era infine placata.

Si sentiva molto stanco ma per la prima volta in vita sua era compiaciuto di se stesso, il ghigno sbieco che gli restituiva lo specchio glielo confermava.

 

Sara rientrò poco prima del padre intorno alle 5 e 30.

-Ciao papà, com’è andata questa notte?- fece lei.

Il padre Agostino era guardia notturna in una azienda privata di Viterbo: era il turno più faticoso ma si era oramai da tempo abituato a rovesciare i ritmi del sonno nelle ventiquattro ore.

-Bene, niente di nuovo… Piuttosto sei rientrata adesso anche tu? Un altro dei tuoi incubi?- il padre assunse un’espressione seria.

-Sì papà, ma ora mi sento meglio. Mi fa bene correre… tanto non dormirei…-

-Sicura?- insistette lui.

-Sì papà…- aveva dissimulato la gravità di quello di cui era stata testimone per non farlo preoccupare.

Da quando era rimasto vedovo dimostrava molto più dei suoi cinquantasei anni: le rughe che solcavano il suo volto magro gli conferivano infatti un’aria stanca e provata ma allo stesso tempo  donavano al suo sguardo un’espressione rassicurante e dolce, quella del buon padre di famiglia.

-Vado a farmi una doccia e a riposarmi un po’. Alle nove devo essere a Monterazzano- fece lei.      

-Vado a dormire anch’io Sara, ci vediamo stasera a cena allora…-

-Ok, a stasera…-

L’acqua calda della doccia le tolse di dosso gli ultimi tremori ma non poté nulla contro quelle immagini raccapriccianti, la visione questa volta era stata così cruenta da risvegliarsi con un fortissimo senso di nausea.

Scoppiò a piangere in silenzio e, oramai esausta, si sedette sul piatto doccia con la testa nascosta tra le braccia.

La paura lentamente scivolò via e tutto divenne un ricordo lontano, come sempre.

Si asciugò stremata ed il sonno la colse non appena toccò il letto: la luce era ancora accesa quando il primo chiarore dell’alba inondò la sua stanza.           

 

Alle prime luci del mattino un ciclista percorreva la Strada della Commenda in direzione di Viterbo per il suo allenamento quotidiano quando vide con la coda dell’occhio qualcosa in un canale: gli sembrarono dapprima dei vestiti gettati via malamente ma ad una più attenta osservazione si accorse costernato che avvolgevano un corpo di donna.

Compose con mano tremante il numero della polizia e rimase in attesa del loro arrivo.

Una volante sopraggiunse circa quindici minuti dopo, a cui fece seguito l’arrivo in moto del commissario Valenti.

Parcheggiò nelle vicinanze e si sfilò il casco, quindi si rivolse al gruppetto di ciclisti che discutevano animatamente sul ciglio della strada.

-Buongiorno, sono il commissario Valenti della Mobile di Viterbo, chi è di voi che ha segnalato il ritrovamento?- chiese Riccardo.

-Sono io…- fece un uomo sulla trentina.

Si era nel frattempo formato sul posto un drappello di ciclisti ed il rischio che venissero inquinate eventuali prove era sempre più alto, soprattutto con l’aumentare dei curiosi che si affollavano vicino al canale.

Riccardo si sporse per osservare la vittima ed aggrottò le sopracciglia: vide il corpo di una ragazza seminuda di circa venti anni con i polsi legati dietro la schiena da fascette fermacavo, i lunghi capelli biondi coprivano parte delle spalle ed una grande quantità di sangue raggrumato era ben visibile in prossimità del collo. Il taglio era parzialmente coperto dai capelli ma non c’era dubbio che fosse morta dissanguata.

La scena aveva in sé qualcosa di surreale poiché quel corpo martoriato sembrava fosse stato protetto durante la notte dalla pietà di un velo di brina che la luce del sole nascente faceva scintillare come un manto di piccoli diamanti.

-Sgombrate l’area, chiamate i colleghi della scientifica e fate chiudere la zona- fece Riccardo ai suoi uomini, poi si rivolse al ciclista.

-Ha notato qualcosa o qualcuno qui intorno al momento del ritrovamento? Qualsiasi dettaglio, anche insignificante, potrebbe esserci di aiuto…- fece lui.

-No, mi dispiace, non c’era assolutamente nessuno nei dintorni, sono sopraggiunti altri ciclisti ma poco prima che arrivaste voi…-

-Dia le sue generalità all’agente per favore e rimanga a disposizione, grazie-

-Sì certamente…-

Un primo rapido sopralluogo non portò ad alcun ritrovamento, sembrava che la ragazza non avesse con sé effetti personali.

Non rilevarono tracce di pneumatici sul ciglio della banchina né tantomeno tracce di sangue nei dintorni, Riccardo considerò quindi che con tutta probabilità quello non poteva essere il luogo dell’assassinio.

Non restava che lasciare il lavoro alla scientifica ed al medico legale: i risultati dell’analisi del luogo del ritrovamento e del corpo della vittima avrebbero portato a qualcosa di più tangibile.

 

Riccardo rientrò in commissariato e si confrontò immediatamente con i colleghi.

-Qualcuno ha denunciato la scomparsa di una ragazza stamattina?-

-No Riccardo, nessuno per il momento- fece l’agente Lotti.

-Dobbiamo darci da fare allora con le impronte digitali e con una sua foto non appena ce le faranno pervenire. E’ una brutta storia, mettiamoci al lavoro…-

Riccardo Valenti era certamente molto giovane per essere un commissario di polizia: aveva 28 anni e ricopriva questa funzione da quasi due in modo molto brillante.

Possedeva un ottimo intuito che unito ad una grande passione per le investigazioni lo avevano naturalmente condotto in polizia.

Si era laureato molto presto e con il massimo dei voti in giurisprudenza ed aveva poi conseguito una seconda laurea in scienze della pubblica amministrazione. Si era classificato tra i primi posti al concorso statale e da lì era partito per frequentare il corso della Scuola superiore di polizia. Superato l’esame finale si era visto assegnare un posto presso gli uffici investigativi della questura di Viterbo dove da subito si era fatto notare per lo scrupolo e la professionalità con cui affrontava le indagini, e non solo.

Riccardo era certamente un uomo determinato, logico ed intuitivo ma sapeva anche essere empatico e disponibile: aveva dimostrato fin dal suo primo ingresso alla Squadra Mobile di saper ascoltare i colleghi con più esperienza e di fare tesoro dei loro consigli.

La grande umiltà con cui si era inserito, insieme al suo modo di fare chiaro, diretto e di poche parole, avevano consentito nell’arco di poco tempo la formazione di una squadra affiatata e ben collaudata, capace di concludere indagini anche nel giro di sole ventiquattro ore.

La stima dei suoi colleghi era altissima e si era venuta a creare una solida amicizia con i colleghi con i quali lavorava gomito a gomito da quasi due anni, gli ispettori Ivan Salieri e Antonio Manuzzi insieme all’agente Mauro Lotti erano infatti lo zoccolo duro della sua squadra.

Con i suoi trentotto anni Salieri era il più anziano, il suo carattere estroverso gli permetteva di avvicinare qualsiasi tipo di persona, era per natura sempre ottimista e gioviale, qualche volta poteva risultare un po’ invadente e irritante ma era certamente una fonte infinita di contatti; il trentaseienne Manuzzi appariva invece più riservato e serioso di Salieri però tutte le sue riserve cedevano di fronte ad un computer, una particolare risolutezza caratterizzava il suo sguardo di fronte al monitor, era lui che solitamente si occupava delle ricerche e della raccolta di informazioni durante le indagini.

Lotti era il più giovane del gruppo, aveva ventisei anni ed era un ottimo osservatore, Riccardo aveva ricevuto da lui annotazioni illuminanti in diverse indagini, stava però in quel momento attraversando un periodo molto doloroso della sua vita a causa della recente separazione dalla moglie.

Riccardo li osservò per qualche istante: ognuno di loro apportava un particolare ed importante contributo nelle investigazioni con il proprio talento.

-Prendiamoci un caffè e poi cominciamo- fece lui risoluto.

 

La sveglia di Sara suonò alle otto.

Era così stanca che le sembrò di non aver dormito affatto.

Si alzò, spense la luce e si diresse in cucina per fare colazione.

Sul tavolo trovò il messaggio di Filippo che a quell’ora era già a scuola.

Lo lesse dopo aver messo a scaldare dell’acqua in un pentolino: “Ciao sorellona, ti ho sentita uscire presto questa mattina… perché non mi hai svegliato? Fili”.

Capitava spesso che preda delle sue visioni Sara si rifugiasse dal fratello: stargli accanto, sentirlo vicino, da sempre la quietava e rassicurava. Tante volte le aveva evitato di uscire per correre ma in quella occasione aveva preferito non svegliarlo, Filippo doveva infatti affrontare una difficile verifica di matematica e non intendeva fargli perdere utili ore di sonno, soprattutto dopo averlo visto ripassare la sera prima fino a tardi. 

Concluse il biglietto del fratello aggiungendo un T.V.B., bevve il suo thè e posò stancamente la tazza vuota nel lavabo.

Raggiunse a rilento il bagno ed aprì il miscelatore, finì di svegliarsi sciacquando a lungo il viso con l’acqua fredda, poi si diresse nuovamente in camera.

Cadde seduta sul letto e rimase per un po’ ferma in quella posizione con gli occhi chiusi cercando di trovare dentro di sé la forza per vestirsi.

Si infilò un paio di jeans aderenti, le scarpe da ginnastica ed una lunga felpa sportiva con cappuccio; raccolse i lunghi capelli castani in una coda alta, sistemò velocemente davanti allo specchio la frangia con la punta delle dita ed uscì cercando di fare meno rumore possibile per non svegliare il padre che dormiva nella stanza accanto.

L’auto era parcheggiata poco distante, salì e mise in moto: lo specchietto retrovisore le rimandò l’immagine di due occhi stanchi con profonde occhiaie.

Sospirò profondamente poi, ritrovata la concentrazione, fece manovra per immettersi in strada.

Fortunatamente il suo orario di lavoro bene si armonizzava con quello di ingresso a scuola degli studenti, permettendole così di trovare libere dal traffico le vie solitamente intasate del centro. Sulla Statale Tuscanese incrociò pochi mezzi e dieci minuti prima delle nove parcheggiò sul piazzale del centro di micronizzazione della Cooperativa Zootecnica Viterbese.

-Buongiorno bellissima! Cosa sarebbe questo posto se la mattina non venissi tu a renderlo splendente con la tua bellezza!- Armando, uno degli operai dell’azienda, la salutava in modo enfatico praticamente tutte le mattine: la presenza di Sara era per lui un’insolita quanto gradita novità in quell’ambiente prettamente maschile e le rendeva noto il suo apprezzamento ogniqualvolta le passava sotto tiro.

Piccolo di statura, Armando era molto magro, quasi ossuto, e faceva sfoggio di capelli brizzolati sicuramente un po’ troppo lunghi per un sessantenne. Pur essendo asciutto, la rotondità alta del suo stomaco denunciava la sua debolezza per il bere.

La prima volta che incrociò i suoi occhi svelti e porcini non le sembrarono molto rassicuranti ma dopo averlo conosciuto meglio Sara lo aveva facilmente schedato come inoffensivo non badando più ai suoi apprezzamenti, si era anzi venuta a creare tra loro una strana intesa, quasi di natura goliardica.        

-Buongiorno Armando- gli sorrise lei.

-Ti faccio questo popò di panegirico da giorni e tu mi rispondi sempre allo stesso modo…- le disse lui in tono scherzoso.

-Come dovrei salutarti allora?-

-Con un bell’abbraccio o un bacio…- ammiccò lui indicandole con il dito ossuto la guancia.

-Non credo che tua moglie ne sarebbe felice-

-Dopo trent’anni di matrimonio cosa vuoi che gliene importi…-

-Facciamo così allora… chiedo il suo consenso oggi quando viene a portarti il pranzo e poi vedremo cosa si può fare Armando… sei d’accordo?-

-Uhm… Credo sia opportuno lasciar perdere… potrebbe sentirsi offesa poverina…-

-Già…- gli sorrise divertita.

Questa scenetta si ripeteva quasi tutte le mattine, le battute potevano essere diverse ma il risultato a cui conducevano era sempre lo stesso.

-E’ pronto il furgone con il foglio degli ordini?- gli chiese Sara.

-Sì, vai da Germano che ti consegna tutti gli indirizzi- la guardò allontanarsi continuando a sorridere soddisfatto.

Sara entrò nel piccolo ufficio vetrato collocato nel capannone principale e trovò Germano impegnato in una animata conversazione telefonica: appena la vide la salutò con la mano e le indicò la cartella con i fogli.

Ricambiò il suo saluto poi prese le chiavi del furgone, gli indirizzi ed uscì.

Da circa venti giorni Sara lavorava in quell’azienda grazie ad un contratto interinale della durata di sei mesi in sostituzione di un uomo che si era recentemente operato: l’ennesimo impiego a tempo determinato che era riuscita faticosamente a trovare.

Si era inserita in quell’ambiente senza tante difficoltà, i colleghi erano stati tutti fin da subito gentili e disponibili con lei, inoltre il lavoro che svolgeva le permetteva di stare molto all’aria aperta. Le avevano affidato un servizio sperimentale finalizzato alla consegna a domicilio di mangimi e per il quale era necessaria una registrazione con i propri dati presso l’ufficio dell’azienda.

Sei mesi sarebbero volati e già valutava cosa fare successivamente.

Consegnò la merce senza problemi e rientrò in azienda verso mezzogiorno.

-Buongiorno Sara, scusa se stamattina non ti ho salutata come avrei dovuto ma ero a telefono… devono consegnarci questo pomeriggio dell’orzo che sarebbe dovuto arrivare dopodomani!-

Germano era il responsabile del centro ed un gran lavoratore, non aveva ancora compiuto cinquant’anni e da circa venti lavorava alacremente in quel luogo esposto ad ogni sorta di intemperie.

Era infatti perennemente abbronzato, anche ora in pieno inverno, eppure, nonostante la fatica, quel mestiere era fatto su misura per lui, lo confermava ogni giorno il suo aspetto gioviale e quieto.

Non passava di certo inosservato poiché svettava alto e solido su tutti, le sue mani grandi e forti avevano un non so che di rassicurante, sembrava possedere la capacità di affrontare anche un toro se necessario.

Sara aveva una grande stima di lui:

-Non ti preoccupare Germano, chiedo di preparare il furgone per le consegne del pomeriggio e poi faccio la pausa pranzo, se per te va bene-

-Certo, ormai sai quello che devi fare- fece lui soddisfatto.

Febbraio aveva fatto il suo esordio con un clima bizzarro e temperature piuttosto rigide però se era bel tempo Sara pranzava volentieri in auto con il cruscotto orientato verso il sole.

Ebbe modo proprio quella mattina di godersi il calore accumulato nell’abitacolo e trovò il tempo di prendere dalla borsa la sua inseparabile bic nera, il blocco liscio da disegno e ritrarre l’uomo del suo incubo.

Disegnava in modo veloce, infittendo la trama dei fili di inchiostro nelle zone d’ombra: la pratica di anni di quella consuetudine l’aveva resa sicura e rapida nei suoi ritratti.

La visione, ricca di particolari, le tornava alla mente a mano a mano che disegnava, l’incubo di quella notte prendeva forma:

l’immagine di un uomo con la testa rasata e con la barba scura e folta le si manifestò davanti non senza sentir scorrere un brivido freddo lungo la schiena.

Aveva un’espressione arrabbiata e furiosa, brandiva un coltello e pochi secondi dopo apparve il tatuaggio di un’aquila alla base del collo.

Attraverso gli occhi della vittima aveva visto quell’uomo infierire brutalmente e non aveva potuto fare altro che guardare impotente  quelle immagini senza suono come un film muto a cui solo lei aggiungeva le urla nel sonno.

Percepiva e registrava dentro di sé la forte scarica di adrenalina che pervadeva la vittima nel momento stesso in cui prendeva coscienza dell’imminenza della propria fine, era questo possente e vigoroso flusso di energia che stimolava e accendeva le sue visioni. Ma non funzionava con tutti.

Questa capacità si manifestava solo con alcune persone, neanche lei era riuscita mai a darsi una spiegazione, a capire perché accadesse. Le immagini si interrompevano non appena gli occhi della vittima cessavano di vedere.

L’inquietudine che Sara provava in quel momento le stava facendo tremare un po’ la mano ma il calore e la luce del sole la rincuoravano in quel penoso lavoro poiché costringersi a ricordare era un po’ come subire nuovamente quella stessa violenza.

La prima volta che accadde aveva circa cinque anni: la madre la ritrovò in un angolo della sua camera che urlava e piangeva.

Sara non dimenticò mai la paura che provò quella volta e soprattutto l’espressione di orrore che vide negli occhi della madre mentre le raccontava con parole di bambina quello che aveva visto nel suo incubo.

La povera donna si ritrovò infatti a dover affrontare la stessa situazione che aveva vissuto molti anni prima una sua carissima cugina. La ragazzina aveva cominciato a parlare con tutti dei suoi incubi, sicuramente in cerca di aiuto e di conforto, ma con il tempo le voci che presero a circolare su di lei furono quelle di una persona disturbata di mente e pericolosa.

Una situazione che non fu in grado di gestire da sola e che la indusse al suicidio a soli ventiquattro anni dopo un lungo periodo di depressione.

Per la madre di Sara fu comprensibilmente un duro colpo ritrovare nella figlia lo stesso dono, i tempi erano certamente diversi ma nella mente della donna il trauma di quella morte rimase indelebile e cercò in tutti i modi di salvare dalla stessa fine Sara.  

Le motivazioni della donna convinsero pure il padre a tenere nascosto a tutti il contenuto delle visioni della bambina per non esporla ai pericoli che potevano scaturire dalle sue rivelazioni. 

Ma con il fratello Sara non poteva mentire: quando era piccolo lo abbracciava stretto mentre piangeva in silenzio e quando poi crebbe la sua sensibilità le permise di poterci fare affidamento nei momenti di maggiore sconforto.

Mentre frequentava le elementari le visioni di Sara divennero più nitide e la madre le fece da subito capire come voleva che affrontasse quelle prove: non ne avrebbe dovuto parlare con nessuno, mai, per nessuna ragione, doveva comprendere quanto fosse necessaria una sorta di disciplina del silenzio, prima l’avrebbe compresa prima l’avrebbe protetta da se stessa e dai pericoli a cui inevitabilmente si sarebbe esposta.

Faticosamente Sara si abituò così a tenere tutto dentro evitando, se poteva, di informare persino i genitori del manifestarsi di una delle sue visioni.

Durante il telegiornale, da bambina, alcune volte rivedeva gli assassini dei suoi incubi ammanettati dalle forze di polizia ed incredula scappava a rifugiarsi nella sua camera ma quel modo di fare, quel nascondersi dal resto mondo, le cominciò a cambiare il carattere.

Era sempre più taciturna e silenziosa, faticava ad interagire con gli altri bambini e a scuola, durante la ricreazione, rimaneva semplicemente seduta sperando che nessuno si accorgesse di lei e la importunasse.

Il timore che potesse far trasparire in qualche modo il suo disagio la perseguitava costantemente.

Ciononostante era molto intelligente, tanto da non far preoccupare le insegnanti: la reputavano semplicemente più matura e consapevole rispetto alla sua età anagrafica e questo metteva Sara al riparo da qualsiasi sospetto sulla sua vita diversa e tormentata.

Con il tempo si fece più scaltra, aveva imparato quanto fosse importante controllare anche il contenuto dei suoi disegni scolastici non rappresentando mai cose raccapriccianti riguardanti i suoi incubi per non provocare domande da parte delle insegnanti: solo disegni di case colorate su colline verdi e laghetti pieni di cigni e pesci.

Intorno agli otto anni scoprì di avere un altro talento, quello di saper disegnare molto bene, e cominciò a fare di nascosto ritratti sempre più somiglianti e ricchi di particolari dei suoi incubi usando una semplice penna.

Nacque come un gioco sul bordo di una settimana enigmistica abbandonata dalla madre sul tavolo della cucina, poi passò ad usare fogli presi dalla stampante ed infine blocchi di album a fogli lisci.

Affinò le sue doti ritrattistiche frequentando il liceo artistico ma lo stimolo al disegno che le dava una semplice biro non riuscì a trovarlo in nessuna altra tecnica pittorica studiata durante quegli anni.

Divenne poi una consuetudine abbinare il ritratto con il nome della vittima o del caso su cui le forze dell’ordine indagavano: nella sua camera una cartellina con i lacci raccoglieva anni di raccapriccianti immagini di crimini e criminali.

Si accorse di aver dimenticato di portare l’acqua da casa, posò il disegno sul lato passeggeri e scese dall’auto: non la chiuse a chiave, ci avrebbe messo un attimo a prendere una bottiglietta dal distributore automatico vicino l’ufficio e tornare.

Mentre si allontanava sopraggiunse una vecchia toyota hilux grigia, l’uomo alla guida parcheggiò accanto all’auto di Sara sul lato passeggeri, scese e si ritrovò sotto gli occhi il disegno a penna.

Appena lo vide trasalì e per un attimo gli si gelò il sangue.

Si era riconosciuto, l’aquila alla base del collo lo confermava, era lui che brandiva il suo coltello: per un attimo quasi barcollò, non udiva più nulla dei suoni attorno a sé, era completamente assorbito dall’immagine che vedeva ma che non era in grado di spiegare. Aprì lo sportello e come ipnotizzato prese l’album con il disegno per guardarlo meglio. Qualcuno lo aveva visto quella notte uccidere? Stava forse avendo un’allucinazione? Sentì delle voci farsi vicine, il panico lo colse, gettò l’album sul sedile e richiuse lo sportello. Salì velocemente in auto e si diresse all’uscita: il terrore che l’autore di quel disegno potesse riconoscerlo lo costrinse ad alzare sulla testa il cappuccio del giacchetto.

Imboccò l’uscita principale e non tornò più.

Sara ritornò e si sedette al posto di guida ma rimase sorpresa nel constatare che qualcosa era cambiato da come lo aveva lasciato: la penna era sul tappetino ed il suo album era stato spostato. Inizialmente pensò preoccupata che qualcuno lo avesse preso per guardarlo poi si convinse di averlo inavvertitamente mosso lei stessa mentre prendeva la borsa tra i sedili.

Ritrovata la calma terminò gli ultimi particolari del disegno e anche se non aveva più fame si costrinse a finire di pranzare.

Gettò uno sguardo all’orologio del cruscotto, doveva ritornare a lavoro: posò l’album, chiuse a chiave l’auto e raggiunse il furgoncino per le consegne.

 

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

Quello stesso pomeriggio si presentò in commissariato una donna.

-Buongiorno, posso fare qualcosa per lei?- fece l’agente Nucci all’ingresso.

-Sì per favore, io denunciare scomparsa di mia amica Iryna…- gli disse con un forte accento slavo.       

-Da questa parte prego…-

Riccardo era intendo a rileggere le carte di una indagine in corso con Salieri, quando la vide entrare.

-Commissario, c’è una persona che vuole fare una denuncia di scomparsa…- gli disse Nucci con sguardo eloquente.

-Buongiorno, si accomodi… io sono il commissario Valenti-  si alzò per andarle incontro e le strinse la mano, quindi le indicò la sedia libera lì vicino.

-Buongiorno commissario, mi chiamo Alina Kysla, io denunciare scomparsa di mia amica Iryna Lysenko…- la donna aveva un’espressione preoccupata.

-Quando è stata l’ultima volta che l’ha vista?-

-Questa notte… una di notte…-

-Dove?- fece Riccardo attento.

-Strada vicino deposito bus…-

-Cosa ci facevate a quell’ora lì?-

-Io e Iryna… prostitute…- ammise lei abbassando lo sguardo.

-Capisco… ha con sé una foto di Iryna?-

-Sì, ecco…- sfilò dalla borsetta una foto e gliela porse.

Riccardo riconobbe subito la giovane ragazza ritrovata nel canale:

-Mi dispiace di doverla informare che questa mattina hanno ritrovato il corpo della sua amica, è stata uccisa…- Riccardo fu colto da una stretta al cuore nel momento in cui vide l’espressione del suo viso cambiare.

Scoppiò in un pianto disperato, era la notizia che più di tutte aveva temuto di sentirsi dire.

Le portarono un bicchier d’acqua e aspettarono che si riavesse dallo shock, Riccardo doveva farle ancora molte domande.

-Comprendo che è un momento molto doloroso per lei ma tutto quello che può dirci riguardo questa notte può esserci utile per la ricerca del responsabile…-

-Si, va bene… povera Iryna…- piangeva disperata.

La donna spiegò che dopo essere salita sull’auto di un cliente Iryna era rimasta sola in strada e di conseguenza non fu in grado di fornire a Riccardo alcuna indicazione utile per l’identificazione dell’assassino. 

Le uniche informazioni di rilievo furono quelle riguardanti l’identità e l’origine della ragazza: aveva venticinque anni ed era giunta in Italia dall’Ucraina da circa due con la promessa di un posto di lavoro in una azienda locale.

Era stato proprio un suo cugino arrivato qualche anno prima di lei a prepararle quella trappola. Si era trovata nell’impossibilità di tornare, sola, senza documenti e senza soldi, ed era stata così costretta ad entrare nel circuito della prostituzione, una storia comune a molte prostitute della zona.

-Sono qui ma nessuno deve sapere… io nei guai poi…-

-Ascolti signorina… le consigliamo di denunciare, di fare i nomi di queste persone, noi possiamo aiutarla e proteggerla. Se ci aiuta non salveremo solo lei ma anche tutte quelle ragazze che sono nella sua stessa condizione e che potrebbero fare la stessa fine della sua amica Iryna. Siamo in contatto con organizzazioni che possono accoglierla, se solo lei volesse...- le fece Riccardo.

-Ho paura… non so, ora io andare…- la donna aveva lo sguardo terrorizzato.

-Prenda seriamente in considerazione quello che le ho detto… Grazie per il suo aiuto signorina Kysla, può andare e si ricordi che qualsiasi cosa le venga in mente può chiamare a questo numero o venire direttamente qui in commissariato- le disse Riccardo porgendole un biglietto da visita.

-Grazie…-

Appena uscì, Riccardo chiamò l’agente Lotti.

-Per favore Mauro richiedi i tabulati telefonici del cellulare della ragazza uccisa… questo è il numero… e voglio sapere anche quali celle aggancia-      

Avevano imbastito le basi da cui partire per l’indagine, non rimaneva che attendere i risultati dei rilievi sul campo e dell’esame autoptico.

 

Uscendo dall’ufficio per andare dal questore Riccardo incrociò nel corridoio l’avvocato Lodigiani, accompagnava un suo assistito che doveva rilasciare una dichiarazione.

-Ciao Riccardo, come stai? Preso dalle indagini?-

-Già, come sempre, e tu?-

-Sono qui per lavoro, una cosa veloce e ritorno in studio-

-Se hai bisogno di me, sono disponibile per qualsiasi chiarimento…- fece lui con sguardo eloquente.    

-Beh… che dire… forse puoi essermi veramente di aiuto. Questa sera sarei libera e mi piacerebbe uscire con un bel ragazzo… per esempio un commissario di polizia…- disse lei sorridendo.

-Interessante… guarda caso sono proprio un commissario di polizia, stasera sono anche libero e mi sentirei l’uomo più fortunato di questo mondo se potessi uscire con una donna intelligente ed affascinante come te…- lo sguardo di Riccardo era fisso nei suoi occhi.

-Giapponese?- fece lei.

-Alle nove, prenoto io…-

-A stasera…-

-A stasera Sonia…-

La seguì percorrere il corridoio: i tacchi alti e la gonna aderente fin sotto il ginocchio ipnotizzarono inesorabilmente il suo sguardo.

Inarcò involontariamente il sopracciglio sinistro in segno di totale apprezzamento quindi, con espressione compiaciuta, si diresse dal questore.

-Hai visto come si dà da fare il commissario?- fece l’agente Campi al collega.

-Ha adottato la giusta strategia: non si fidanza, non si sposa, non fa figli, cosa c’è di meglio?- osservò l’agente Vitali.

-Invidia?- gli chiese divertito Campi guardandolo.

-Sì…- ammise rassegnato Vitali armeggiando con i tasti della fotocopiatrice.          

 

Riccardo stava già lavorando con la sua squadra ad un altro caso molto delicato ed ancora privo di indiziati: una infermiera dell’ospedale cittadino, Carola Rocci, era sparita senza lasciare tracce una fredda sera di inizio dicembre.

Tutte le indagini svolte fino a quel momento avevano portato ad un nulla di fatto ed erano ancora alla ricerca di una testimonianza o di una circostanza fortuita che permettesse loro di giungere ad una svolta.

-Antonio… portami il fascicolo del caso Rocci per favore. Cosa è venuto fuori dalle telecamere di sorveglianza interne del negozio di antiquariato? Qualcosa di nuovo?- fece Riccardo.

-Non molto… la vittima passa per Piazza del Comune intorno alle 22 venendo da via Roma. Prende per via S. Lorenzo, la vediamo bene ora… ma poi subito dopo gira al primo vicolo a destra… eccola… si vede bene adesso… e sparisce nel nulla, si perdono completamente le sue tracce. Sono strade secondarie e purtroppo in nessuna delle abitazioni risultano installate telecamere esterne- riassunse l’ispettore Manuzzi porgendogli il foglio con gli orari mentre osservavano le immagini sullo schermo.

Investigando avevano trovato una nuova fonte di immagini da un negozio vicino la piazza, ma nulla di più.

-Ricapitoliamo allora… Esce intorno alle 21 e 30, lascia il cellulare in casa e l’unica cosa sicura che sappiamo è che ha mentito al marito, al quale aveva detto che quella sera sarebbe uscita con le amiche dei tempi del liceo. Invece, appena fuori, prende tutta un’altra strada… non si dirige a quanto pare verso il locale che gli aveva indicato, si è evidentemente allontanata da casa con una scusa. Secondo il marito si dimentica il cellulare a casa… eppure è molto strano visto che lo ha ritrovato sul mobiletto d’ingresso del loro appartamento in bella vista-

-Già… ma sappiamo che la moglie non se ne separava mai. A quanto pare già altre volte lo aveva dimenticato ed era corsa a casa per recuperarlo…- osservò Salieri.

-Tutto lascia quindi pensare che a quell’ora uscisse per andare da qualche parte dove non voleva essere disturbata… E’ plausibile che lo abbia lasciato apposta per andare da qualcuno o a fare qualcosa… ma cosa… Che ci faceva a quell’ora in centro?- si chiese Riccardo.

-Abbiamo ascoltato le amiche del liceo che hanno tutte negato l’esistenza di quell’appuntamento e lo stesso è accaduto con le persone che risultano tra i suoi contatti sul cellulare: sono tutti lontani da ogni possibile sospetto, i tabulati lo confermano…- aggiunse Salieri.

-Forse dovremmo concentrarci di nuovo sul marito…- fece Manuzzi.

-Non abbiamo trovato nulla che lo possa coinvolgere… Era a casa con i bambini, del resto la vicina lo ha confermato- disse Riccardo.

-Il marito potrebbe entrare in questa storia in modo indiretto… chi ci garantisce che effettivamente si siano riappacificati e siano tornati insieme? Potrebbe essere fuggita di casa. Abbiamo sentito le colleghe che la conoscono bene e tutte confermano il periodo di difficoltà con il marito nell’ultimo anno- continuò l’ispettore Manuzzi.

-Ma confermano anche un loro riavvicinamento nelle ultime settimane prima della scomparsa…- disse l’ispettore Salieri.

-Già, sembra che il loro rapporto si fosse veramente aggiustato…- confermò Riccardo.

Riccardo non riusciva a trovare il motivo di quella deviazione e continuava ad osservare con scrupolo le immagini registrate dalle telecamere.

-Abbiamo sentito i colleghi che lavorano con lei e tutti quelli che per un motivo o per un altro entrano in contatto con il reparto di chirurgia donne… ma nessuno, neanche la sua collega di turno e amica ha qualche idea del perché si trovasse lì a quell’ora… Deve esserle per forza successo qualcosa…- fece Manuzzi.

-Possibile che nessuno in quei vicoli l’abbia vista? Forse è meglio rifare un giro della zona con una sua foto e la descrizione degli abiti che indossava… Dobbiamo assolutamente trovare qualche indizio… qualunque cosa ci permetta di ripartire nelle indagini…- Riccardo valutava pensoso ogni possibilità.

-Inoltre risentiamo i colleghi più stretti… forse a distanza di tempo si ricordano di qualche suo comportamento anomalo a lavoro…- aggiunse.

-Benissimo… predisponiamo le convocazioni allora…- gli ispettori Manuzzi e Salieri uscirono dall’ufficio.

Riccardo guardava e riguardava le ultime immagini sul monitor di quella donna che a passi svelti ed in tarda serata andava da qualche parte. Camminava rapidamente, non era una passeggiata di piacere, lo si intuiva da come procedeva a occhi bassi e stretta nel cappotto per ripararsi dall’aria fredda e umida.

Quelle erano le ultime immagini della mamma dei due gemelli che incontrava in oratorio le domeniche in cui accompagnava il nipote a catechismo.

Provò una stretta al cuore, era un obbligo quasi morale per lui ritrovare quella donna, viva o morta che fosse: quei bambini sarebbero cresciuti con questo trauma e senza una spiegazione, un motivo che chiarisse loro il perché la madre fosse sparita improvvisamente dalle loro vite.

Riccardo chiuse le immagini del monitor, tirò un profondo sospiro e si apprestò a raggiungere l’ufficio del questore sia per fare il punto sulle indagini del caso Rocci che per metterlo al corrente del nuovo caso dell’assassinio della ragazza ucraina.

 

-Pronto… Lisa, ciao…- Riccardo rispose al cellulare.

-Ciao Ric, sei a lavoro?-

-Sì, sono ancora in commissariato…-

-Volevo chiederti se questa sera volevi venire a cena…-

-Stasera non posso…-

-Allora domani sera… sai quanto ci tiene Giorgio-

-Come sta?-

-Sta bene e non fa che chiedermi di te… So che sei molto impegnato ma per favore trova il tempo per farti vedere qualche volta- lo pregò Lisa.

-Sai bene che se potessi starei con lui più spesso… facciamo così, avevo un appuntamento ma lo rimando e questa sera sono da voi. Ok Lisa?-

-Sì, grazie Ric… a dopo allora…-

-Ciao- e chiuse la comunicazione.

                                                

Quella sera, quando rientrò in casa, Sara trovò il padre in cucina intento a preparare gli gnocchi con il sugo.

-Che buon profumo… gli gnocchi come li prepari tu non li sa fare nessuno! Ciao pà!- Sara gli stampò un bacio sonoro sulla guancia. Era l’unico momento in cui si ritrovavano insieme e si raccontavano gli avvenimenti della giornata.

Filippo uscì dalla sua stanza e li raggiunse in cucina.

-Ciao sorellona, come va con il lavoro?- fece lui.

-Bene… mi piace molto lavorare all’aria aperta, ma lo sai che è per poco… Poi dovrò ricominciare a cercare qualcos’altro…-

-Adesso mettiamoci a tavola e mangiamo, non voglio far freddare questa opera d’arte culinaria per colpa delle vostre chiacchiere!- il padre era visibilmente compiaciuto delle sue abilità in cucina.

-Mi lavo le mani e arrivo in un attimo- rispose Sara.

Agostino aveva intanto acceso il televisore in salotto e le notizie cominciarono a riecheggiare in sottofondo fino alla cucina: il giornalista riportava la notizia del ritrovamento nelle campagne viterbesi del corpo di una giovane donna ucraina con un profondo taglio alla gola.

Sara cambiò immediatamente espressione in volto, smise di mangiare, abbassò lo sguardo sul piatto e iniziò a giocherellare con gli gnocchi rigirandoli con la forchetta.

Filippo si accorse subito del cambiamento d’umore della sorella e cominciò ad osservarla meglio, mentre l’unico che non si rese conto di nulla fu il padre che continuò a chiacchierare animatamente.

Mangiavano presto la sera per stare di più con lui prima che uscisse per il suo turno di notte e non appena fu fuori il portone di casa Filippo si avvicinò alla sorella con una espressione eloquente.

-E’ lei?-

-Sì, credo di sì… quando diffonderanno una sua foto ne sarò sicura, l’ho vista per pochi secondi nello specchietto retrovisore… era bionda, molto bella… e giovanissima, forse aveva la mia età…- valutò Sara profondamente scossa.

-Come puoi pensare di resistere a tutta questa violenza? Non posso credere che qualcuno si possa abituare a vedere e sopportare quello che subisci tu da anni. Non so come tu ci riesca… Hai fatto il suo ritratto?- il fratello era visibilmente preoccupato.

-Sì- ammise lei.

Sara raggiunse la sua camera, prese il foglio da sotto il piano della scrivania e glielo mostrò.

Filippo sentì un brivido correre lungo la schiena: l’immagine e soprattutto l’espressione di quell’uomo lo spaventarono. Abbracciò la sorella e la tenne stretta a sé per un po’: lui era l’unico che puntualmente veniva messo a conoscenza del manifestarsi delle sue visioni e del loro contenuto, l’unica persona con la quale condivideva il suo senso di smarrimento e di impotenza.

Filippo aveva ancora una figura esile ed imberbe da adolescente, non dimostrava i suoi diciassette anni ma emotivamente era molto più maturo della sua età anagrafica: correva in soccorso della sorella al minimo accenno di difficoltà ed era seriamente preoccupato per lei poiché la vedeva sempre più sofferente e debilitata ad ogni nuova visione.

Non era mai stato d’accordo con i genitori sulla necessità di nascondere le sue doti al mondo intero, per lui proteggerla avrebbe significato unicamente darsi da fare per trovare al più presto qualcuno che fosse stato in grado di aiutarla.

Il padre e la madre avevano invece predisposto tutto diversamente e da così tanto tempo che sembrava oramai impossibile uscirne.

Lui e Sara avevano però ora un motivo più importante per cercare di tenere nascoste le sue visioni: volevano, per quanto possibile, proteggere il padre da ulteriori dispiaceri.

Da due anni, da quando era morta la loro madre in un incidente stradale, era praticamente solo ad occuparsi economicamente della famiglia e faceva molti sacrifici per non far mancare nulla ai figli. Il padre stesso, non avendo più sentito Sara entrare in argomento, pensava che la figlia stesse meglio, che le cose si andassero aggiustando a poco a poco da sole ed era visibilmente più sereno agli occhi dei figli.

Mentre abbracciava il fratello, le immagini di quello che aveva visto le ritornarono alla mente e le lacrime cominciarono a rigarle il viso.

 

Vede un uomo sui trent’anni alla guida di un’auto.

Ha la testa rasata e la barba scura e folta: delle mani cercano inutilmente di strattonarlo, di fermare la sua corsa.

Lui si arrabbia, perde il controllo di sé e la spintona contro il montante dell’auto.

Lei batte la testa e rimane per un po’ stordita: la visione di Sara riappare a tratti. Lo rivede più tardi che la prende per i capelli, la trascina fuori dell’auto e comincia a picchiarla selvaggiamente: le blocca velocemente i polsi dietro la schiena con delle fascette fermacavo poi le chiude la bocca con del nastro adesivo.

La trascina sotto una tettoia che custodisce delle balle di fieno, la spoglia strappandole la maglietta ed alzando la gonna sui fianchi: si infila un preservativo che prende dalla borsa della ragazza e si mette di peso sopra di lei bloccandole i movimenti.

Lei tenta inutilmente di divincolarsi, di allontanarlo da sé.

Sara lo vede a tratti chino su se stessa. Appagato il suo istinto, si rialza, abbottona con calma innaturale i pantaloni ed estrae da una tasca laterale un coltello a serramanico. Lo fa scattare e Sara vede risplendere per un istante sulla lama il bagliore freddo della luce lunare.

Il suo viso è inespressivo, indecifrabile: si china su di lei, le alza la testa afferrandola per i capelli e risoluto e fermo le taglia la gola.

La visione di Sara lentamente svanisce fino a quando il buio ha la meglio su tutto.

 

Si era risvegliata madida di sudore, ansimante e terrorizzata. Quando assisteva a scene inumane e brutali come quella spesso la assaliva un forte senso di nausea: non tollerava la vista del sangue, non c’era mai riuscita.

Era rimasta attonita e ferma nel letto fino a quando il consueto flusso di adrenalina l’aveva travolta: trovò la forza di alzarsi, vestirsi e uscire per correre, prima lo avrebbe fatto prima avrebbe consumato quell’assurda energia che la tormentava.

 

Riccardo parcheggiò la moto nel giardino condominiale di Lisa, raggiunse il pianerottolo e suonò il campanello stringendo una bottiglia di pinot grigio tra le mani.

Sentì qualcuno correre alla porta.

-Zio!- Giorgio appena lo vide gli saltò al collo e lo avvinghiò in un abbraccio calorosissimo. Aveva sette anni ed una espressione dolce negli occhi che si tramutava in esaltante entusiasmo ogni volta che si ritrovava di fronte il suo zio preferito.

-Ciao ragazzo, da come mi abbracci sembra che tu non mi veda da un mese… come stai?-

-Adesso che ci sei tu benissimo… sei venuto con la moto?-

-Sì- 

-Possiamo fare un giro?-

-E’ tardi nipote… ti buscheresti una polmonite e poi dovrei litigare con tua madre…-

-Vi ho sentiti!- fece Lisa dalla cucina prima di raggiungerli.

La sorella maggiore di Riccardo era una pediatra e nonostante la figura esile, i capelli biondi e gli occhi azzurri le conferissero una aura dolce e rassicurante, il suo aspetto celava in realtà una personalità tenace e volitiva, in perfetta sintonia con quella del fratello.     

-Ciao Ric… non dovevi portare nulla…- disse lei vedendogli la bottiglia in mano.

-Figurati se vengo a cena a mani vuote… ho fatto tardi e le pasticcerie erano chiuse… ho potuto agguantare solo questa!- disse lui indicando la bottiglia.

-Per fortuna… ho preparato il tiramisù…-

-Che il Signore benedica le tue mani sorella… e Valerio dov’è?-

-Ti saluta ma ha il turno di notte in ospedale… è molto stanco ultimamente…-

-Siamo tutti un po’ stressati e stanchi… e tu con il tuo studio?-

-C’è il picco influenzale in questo momento, lo studio è pieno come un uovo di bambini influenzati…-

-Io zio resisto… nessuno mi attaccherà l’influenza…- fece Giorgio spavaldo a pugni stretti sui fianchi, gonfiando il petto e sporgendo il mento.

-Non dire così nipote… tua madre non ti ha spiegato che non porta bene fare queste affermazioni?- lo sgridò divertito Riccardo.

-Sei diventato scaramantico?- gli chiese Lisa mentre porzionava una grossa spigola con le patate.

-Figurati… solo che ho in mente sempre quella volta che mi pavoneggiavo intorno al tuo letto mentre avevi una terribile gastroenterite… il giorno dopo ero io piegato in due sul gabinetto…- fece lui con un ampio sorriso.

-Sì, è vero, mi ricordo…- sorrise divertita Lisa.

-Hai dovuto dare buca alla tua bella di turno stasera?- aggiunse poi.

-Già, ma per voi questo ed altro…-

-La conosco?-

-E’ Sonia…-

-Ancora lei… ma non vi eravate lasciati?-

-Lasciati è un parolone… e chi si era mai preso!- le fece notare Riccardo mentre stappava la bottiglia.

-Di nuovo un rapporto aperto allora…-

-Apertissimo direi…-

-Sei un caso senza speranza Ric- disse lei porgendogli il bicchiere da riempire.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

Due giorni dopo arrivò il referto dell’autopsia della ragazza ucraina.

-Riccardo, ecco il verbale del medico legale…- Salieri allungò il foglio a Riccardo.  

Lo lesse attentamente e ne commentò il contenuto.

-E’ morta tra l’una e le tre di notte, a quanto pare è stata uccisa da un’altra parte ed il corpo è stato poi gettato nel fossato: la causa del decesso è il dissanguamento provocato dall’incisione della giugulare con un’arma da taglio… Dalla forma e posizione dell’incisione l’assassino deve aver usato la mano destra… Il corpo presenta numerose ecchimosi da colluttazione mentre i polsi sono segnati dalle fascette fermacavo: a giudicare dalla profondità dei tagli, ha provato disperatamente a divincolarsi… bastardo… Ha subito un rapporto sessuale ma non ci sono tracce di sperma, deve essersi protetto e purtroppo non hanno trovato tracce di materiale biologico di nessuna altra natura… Hanno rinvenuto poi sugli indumenti e tra i capelli dei filamenti di paglia.

E’ stato molto scaltro, siamo di fronte ad un altro caso difficile- considerò Riccardo fissando il foglio.  

-Riccardo, ho qui i tabulati telefonici e le celle agganciate… non ci sono buone notizie… sembra che sia partito da casa con l’intenzione di uccidere, non solo di farsi un giro con una prostituta…- osservò l’agente Lotti.

Dai tabulati non emerse nulla di utile, l’ultima cella agganciata risultò essere proprio quella in prossimità del deposito dell’acotral. L’assassino si era assicurato praticamente da subito di mettere fuori uso il cellulare di Iryna: la ragazza doveva aver compreso molto presto le sue cattive intenzioni.

-Ho bisogno di fare due passi e di bere un caffè…- esordì Riccardo.

-Se vuoi ti accompagno… ho bisogno anch’io di un caffè- gli disse Salieri.

Raggiunsero a piedi il vicino bar della stazione di Porta Romana: Riccardo si era appoggiato al bancone assorbito dai suoi ragionamenti, nella mente cercava di farsi un’idea dell’uomo in grado di commettere un omicidio così efferato.

La barista non gli staccava gli occhi di dosso e Salieri non poté fare a meno di notarlo mentre lentamente svuotava la bustina di zucchero nella tazzina.

Nel modo di porsi verso gli altri Riccardo appariva sicuro di sé, calmo e misurato, quasi compassato, era difficile percepirne il pensiero e meno che mai i sentimenti.

Il suo sguardo glaciale, freddo e distaccato, era il suo biglietto da visita, dava la sensazione, a chi lo osservava per la prima volta, di essere insensibile alle passioni umane ma allo stesso tempo conferiva alla sua figura alta ed autorevole un fascino che non passava di certo inosservato, come in questo caso.

Riccardo notò e ricambiò le attenzioni della ragazza che, trafitta inesorabilmente da quello sguardo, emise infine un profondo sospiro.

-Non è imbarazzante essere fissati e desiderati a quel modo dalle donne?- gli chiese divertito Salieri appena furono fuori il bar.

-Ti mentirei se ti dicessi che mi dispiace… ho un debole per le belle donne… e i rapporti liberi- gli esternò sincero.

-Ma sicuramente con una delle donne che frequenti ti sentirai più coinvolto…- osservò lui.

-La verità è che non ci so fare con i sentimenti… nelle donne guardo ad altro…- confessò Riccardo.

 

-Ve l’ho detto, Carola aveva avuto un periodo di allontanamento dal marito la scorsa estate… però… ora che ci penso, quello che ho notato io era che, prima di rimettersi insieme a lui, si prendeva molta più cura di se stessa… inoltre qualche volta ha chiesto ed ottenuto cambi di orario o uscite anticipate. L’ho sentita anche mentire al telefono con Claudio, il marito…- la signora Valli era la collega e amica intima di Carola Rocci e veniva risentita direttamente da Riccardo.

-Cosa vuole dire con “si prendeva molta più cura di se stessa” signora Valli?-

-Semplicemente che si truccava di più ed in modo accurato, che andava più spesso dal parrucchiere… insomma era più attenta del solito ad uscire dal turno in ordine- fece la donna.

-Lei pensa che fosse solo per autostima che si curasse di più o c’era un altro motivo?- le chiese Riccardo valutando la possibilità che frequentasse qualcuno.

-Questo non lo so… negli ultimi mesi si era allontanata anche da me… io come amica ho aspettato che si riavvicinasse, che si confidasse, non le ho mai voluto fare fretta… ci conosciamo dai tempi del corso da infermiera… può capitare a tutti un momento di stanchezza dalla routine quotidiana… io ho voluto aspettare… ma forse ho fatto male…-

-Ha avuto qualche contatto che potrebbe far risalire a Carola? Ricevuto messaggi, telefonate anonime, qualsiasi cosa che possa far pensare sia stata fatta dalla sua amica?- la sollecitava Riccardo.

-Purtroppo no, mi piacerebbe tanto… e vi avrei chiamati subito… ma no, mai purtroppo… sono molto preoccupata che le sia successo qualcosa di grave… non è da lei sparire, era precisa, si preoccupava quotidianamente dei suoi figli, non li avrebbe mai abbandonati per niente e per nessuno…- la donna venne sopraffatta dalla commozione.

-Grazie signora Valli, qualsiasi cosa le venga in mente e voglia dircela noi saremo qui…-

-Grazie commissario…-

Stavano convocando uno dopo l’altro i colleghi più stretti di Carola Rocci, Riccardo sperava che risentendoli avessero avuto modo di ripensare a dei particolari che nel momento stesso della scomparsa della donna potevano essere stati giudicati superflui, inutili, ma che, a distanza di diverso tempo, potevano invece essere riletti in una maniera del tutto diversa.

Come in questa occasione.

 

La mente gli scoppiava, gli spasmi di nervosismo allo stomaco lo tormentavano ed un forte senso di rabbia repressa montava dentro di lui.

Come era stato possibile? Come c’era riuscito? Era presente? Era lì intorno, dentro la sua proprietà? Lo avrebbe denunciato? Queste erano le domande che martellavano senza sosta la sua testa e che erano la causa di un dolore quasi fisico.

Da quando si era imbattuto in quell’assurdo disegno non aveva più trovato pace ed era stato assalito dalla necessità impellente di dare un nome al suo autore.

Passarono alcuni giorni oscillanti tra follia e lucidità in cui si aspettava che accadesse qualcosa, che la polizia lo venisse a cercare, quando riuscì, tramite dei compaesani, a sapere di chi fosse l’auto: con suo grande disappunto scoprì che era di una ragazza che lavorava da poco in azienda, c’era di mezzo una giovane donna e la sua curiosità divenne immediatamente morbosa.

La prima volta che la vide, appostato con il suo binocolo da caccia in una strada poco distante dalla cooperativa, ne rimase fortemente affascinato: era stata per lui una inaspettata quanto gradita sorpresa e cominciò a rilassarsi,  soprattutto perché si rese conto con il passare dei giorni che quel disegno non aveva dato luogo da parte sua ad alcuna denuncia.

Aveva cominciato, compatibilmente con le incombenze del suo lavoro, a pedinare Sara e nel giro di pochi giorni era riuscito a sapere molto di lei. Era a conoscenza degli orari che copriva in azienda, dell’impiego del padre che lo teneva lontano tutta la notte e del liceo che frequentava il fratello; l’aveva inoltre pedinata insieme al suo fidanzato, o almeno così gli sembrava che fosse.

Più la osservava e più ne era attratto, le sembrava ormai di conoscerla bene: il legame assurdo che li univa, pur senza essersi mai visti prima, lo affascinava, lo richiamava come un insensato tormento d’amore.

Ardeva dal desiderio di farsi dire direttamente da lei come aveva potuto fare quel disegno e voleva trovare al più presto un modo per avvicinarla.

La convinzione scellerata di saper gestire ora, a suo modo, il contatto con una donna lo rese sicuro di sé e si apprestò così a cercare una possibile soluzione.

 

Il sabato sera era l’unico momento della settimana in cui Sara poteva incontrare Nicola.

Si conoscevano fin dalla quarta elementare, l’anno in cui lui si era trasferito da Roma a Viterbo per seguire il padre pilota militare dell’aeronautica. Si erano subito trovati simpatici e, a dispetto dei pettegolezzi dei compagni di scuola, avevano cominciato a frequentarsi volentieri e senza malizia, lui solare e sorridente, lei bellissima, con uno sguardo dolce, profondo e fragile insieme.

Con le medie divennero più liberi di incontrarsi e passeggiare per la città all’uscita da scuola e Sara intuì molto presto la preferenza per i ragazzi da parte sua.

Durante gli anni del liceo furono oggetto ripetutamente di scherno a causa della strana coppia che avevano formato ed inesorabilmente attiravano gli sguardi. Non era difficile infatti vederli passeggiare abbracciati come due fidanzati, con lui che le cingeva le spalle con il braccio e lei che gli insinuava la mano nella tasca posteriore dei jeans.

Nicola era un ragazzo affascinante, possedeva un fisico asciutto e nervoso ed era attento in modo quasi maniacale al modo di vestire, ma quello che aveva da sempre attratto l’amica era la sensibilità con cui riusciva a rilevare immancabilmente i suoi stati d’animo.

Le donava serenità, il suo affetto avvolgente la rassicurava, la faceva sentire spensierata e felice.

Ora Nicola frequentava un corso da parrucchiere a Roma e tornava a Viterbo il venerdì sera. Si era fidanzato con un altro aspirante parrucchiere conosciuto durante il corso e stava vivendo un amore un po’ travagliato a causa dei continui contrasti con il padre, ma Sara gli era sempre vicina e lo giustificava in tutto a spada tratta.

Aveva persino deciso fin dall’inizio della loro amicizia di proteggerlo da se stessa mettendolo a conoscenza del fatto che soffrisse spesso di incubi ma senza mai permettergli di arrivare ad intuire la stretta correlazione che questi avevano con la realtà. 

Nicola salì le scale che conducevano al pianerottolo di Sara e appena la vide la strinse forte: si abbracciarono in modo avvolgente, con trasporto.

-Ciao Nico, mi sei mancato tanto…-

-Ciao bellissima, anche tu-                                                         

-Ehi… non potete comportarvi così!- sbottò Filippo.

-Sei geloso per caso di tua sorella o hai scoperto di amarmi alla follia bel giovine?- lo prese in giro Nicola.

-Ma ti sembra normale avere questo atteggiamento da fidanzati?-

-Perché, che fastidio diamo?- chiese incuriosito Nicola.

-Non capisci che così per mia sorella sarà impossibile incontrare qualcuno? Automaticamente un ragazzo pensa che è innamorata persa di te e non ha speranze!-

-Non credo ci sia qualcuno là fuori che le voglia più bene di me! Poi in questa città chiusa e bigotta è poco probabile che riuscirà mai a trovare un uomo adatto a lei!-

-E chi sei tu per dirlo, un sensitivo? Ma fammi il piacere…-

-Stai calmo Fili, non mi interessa nessuno dei ragazzi che mi girano attorno… e anzi, Nicola li tiene lontani con il suo modo di fare… Credo sia meglio uscire Nico, sento la necessità di camminare e parlare un po’ con te- fece lei.

Dopo circa venti minuti raggiunsero un piccolo e caratteristico bar in Piazza del Gesù e, accompagnati in sottofondo dal rumore dell’acqua zampillante della fontana, cominciarono a raccontarsi gli avvenimenti della settimana appena conclusa. 

-Come va con tuo padre Nico?-

-Male, molto male… sai che non vede di buon occhio la mia relazione con Andrea… non ci parliamo quasi più- fece lui con rammarico.

-Mi dispiace… forse gli ci vuole solo un po’ più di tempo per farsene una ragione…-

-Non so… non credo che sarà facile per lui accettare le mie scelte sentimentali… è troppo d’altri tempi…-

-Tu vai per la tua strada, è la tua vita Nico, devi cercare ciò che ti rende felice e basta. Hai tutto il mio sostegno, lo sai…- fece lei stringendogli la mano tra le sue.

-Lo so… sei sempre stata una luce per me. Quando sono a Viterbo mi sento meno solo con te al mio fianco…-

-Il corso da parrucchiere come va?-

-Benissimo, più imparo e più mi appassiono… a proposito… quando avremo finito il corso io e Andrea andremo a vivere insieme…- le disse con sguardo innamorato.

-Wow… sono strafelice per voi… finalmente un rapporto stabile allora… è una cosa veramente seria…-

-Sì, penso proprio di sì… Lo amo da morire, sono al settimo cielo accanto a lui-

-Lo vedo… quando mi parli di lui sprizzi felicità da tutti i pori…-

-Tu invece… ti vedo affaticata più del solito… mi nascondi qualcosa, vero?-

Non gli poteva mentire, Nicola la conosceva così intimamente che avvertiva a pelle il suo malessere interiore.

-Il lavoro va molto bene, sto all’aria aperta praticamente tutto il giorno e mi piace muovermi per le campagne… mi rilassa… le persone con cui lavoro sono tutte gentili e disponibili…- Sara abbassò lo sguardo.

-Ma…- la incalzò lui.

-Ma niente… ho fatto un altro dei miei incubi e… ho difficoltà a dormire…- le occhiaie di Sara confermavano la sua lotta con il sonno.      

-Non vorrai imbottirti di sonniferi spero! Lo sai che sono contro questo tipo di medicinali…-

-Non ho alcuna intenzione di assumere farmaci di qualsivoglia natura, te lo assicuro-

-Meglio… Forse c’è qualcosa che ultimamente ti disturba e che ti  causa con più frequenza questi incubi… Forse la morte di tua madre ha aggravato le tue paure…-

-No Nico, non è per questo… sono solo un po’ agitata…- tagliò corto lei.

-Ma cosa ti rende così fragile e vulnerabile…? E’ da lì che devi partire… Devi capire la causa… e affrontarla… è da tanto di quel tempo che ne soffri e non sono mai riuscito ad aiutarti come vedi- le disse dispiaciuto.

-Ma cosa dici… in tutti questi anni, da quando ci conosciamo, sei stato il mio confidente, la mia spalla su cui piangere, sono io che ti ringrazierò per sempre… ti voglio bene, lo sai…-

Nicola le si avvicinò e appoggiò la fronte sulla sua:

-Idem…- le disse.

Rimasero per un po’ in silenzio a godersi il sole.

-Io e Andrea vogliamo aprire un locale a Roma…- esordì lui.

-E’ una notizia bellissima Nicola… non ho parole. Un ottimo inizio per una relazione stabile- commentò lei sorpresa.

-E se le cose andranno bene ti vorrei con me, potremmo stare sempre insieme Sara…- le propose.

Sara rimase spiazzata.

-Non lo so… ti ringrazio ma… non me la sento di lasciare Filippo e papà soli. Con il turno di notte che fa non ci vediamo quasi mai… non so se mi sentirei di cambiare città…-

-Avrai modo di pensarci… non ti preoccupare, per ora è ancora tutto qui nella mia testa…- fece lui picchiettando ripetutamente con l’indice la tempia.

Nicola si rilassò, appoggiò le spalle sullo schienale della sedia e orientò il viso verso il sole: la sua barba, perfettamente lucida e curata, brillava dell’azzurro del cielo.

 

L’assassino della visione di Sara sentiva sempre più urgente la necessità di sapere altro di lei.

Non gli bastava più pedinarla, ora cercava persone che gli potessero dare informazioni riguardanti la sua personalità, i suoi desideri.

Gli sarebbe piaciuto moltissimo poter ascoltare la sua voce ma non poteva avvicinarla con il rischio di essere riconosciuto.

Armando, l’operaio della cooperativa dove lei lavorava, era piansanese come lui e decise quindi di avvicinarlo un sabato sera al bar della piazza, sapeva che aveva un debole per il vino e avrebbe avuto tutta la pazienza di questo mondo per aspettare che si ubriacasse ed estorcergli così le informazioni che desiderava.

Lo trovò allo stesso tavolino che puntualmente occupava con i compagni di bevute. Si avvicinò in modo discreto alla combriccola e vi si insinuò partecipando alle loro risate.

Offrì poi del vino e quando rimasero a tarda serata in tre mise in atto il suo piano.

-Armando…-

-Si…?- fece lui brillo ma ancora in sé.                         

-Mi hanno detto che lavori con una ragazza…-

-Sara… molto, molto carina… le faccio il filo ma non mi fila…-  terminò la frase con una risata sguaiata a cui fece eco quella dell’anziano amico di bevute.

-E’ tanto che lavora con voi?-

-No, è da poco. E’ molto brava… corre come una lepre…- mosse l’indice ed il medio sul piano del tavolo mimando quello che diceva.

-Com’è questa Sara? E’ una che se la tira se è così bella…- insistette lui.    

-Nooo, è una brava ragazza, gentile e seria… una ragazza… una ragazza che… caro figliolo… i tuoi genitori avrebbero sperato di vedere accanto a te… Dovresti proprio trovartene una come quella… stai sempre isolato con quel gregge di pecore… tra un po’ non ti si distinguerà più da loro…- ed un’altra risata scomposta uscì dalla sua bocca.

Non poté fare altro che ridere insieme a lui di quella battuta che aveva sempre odiato sentirsi dire. Non fece trasparire di essersi risentito e continuò la sua piccola indagine.

-L’hanno assunta per quanto tempo?-

-Vieni un giorno che te la presento…- fece lui alzandosi malfermo.

Armando non gli rispose, si era oramai messo in piedi per tornare a casa dalla moglie che lo avrebbe ben strigliato per le sue pessime condizioni.        

Lo guardò andare via, ma l’offesa di Armando rimase lì con lui: iniziò a risalirgli dalle viscere e a bruciargli in tutta la sua odiosità.  

L’assassino della giovane Iryna era un pastore, come lo era stato suo padre e prima di lui suo nonno.

Viveva nel casolare di famiglia vicino Piansano oramai completamente diroccato per mancanza di manutenzione.

Attorno all’edificio si estendeva la sua proprietà di poco più di quindici ettari, prevalentemente adibita a pascolo e punteggiata da ovili di fortuna.

Nell’arco di tre anni erano morti entrambi i suoi genitori e non aveva potuto fare altro che continuare a fare il mestiere che aveva sempre fatto sin da bambino.

Aveva ereditato un discreto numero di pecore da carne che gli permettevano di essere autosufficiente economicamente e niente di più. Conduceva infatti una vita semplice, non faticosa ma sicuramente sacrificata, scandita dalla cura del gregge e senza particolari aspettative, e questo gli era sempre bastato.

Il suo carattere risultava in apparenza accondiscendente e pronto all’ubbidienza ma la condiscendenza in particolar modo aveva sempre avuto in lui l’effetto devastante di scatenare una profonda rabbia repressa.

Da sempre introverso e taciturno, era molto rancoroso e pressoché incapace di relazionarsi con gli altri, con la conseguenza di esplodere facilmente in eccessi d’ira che era solito scaricare su quelle povere bestie che conduceva al pascolo.

Ora viveva in completa solitudine mantenendo pochi contatti umani se non quelli strettamente necessari però, con il passare dei mesi, constatò che la sua esistenza era sì cambiata, ma in meglio.

Si sentiva finalmente libero di agire e prendere le sue decisioni come meglio credeva, senza più nessuno che gli dicesse come comportarsi e cosa fare. La madre non era mai stata infatti una donna molto affettuosa ed il padre era un tipo di poche parole e molto dispotico che non ammetteva di essere contraddetto: fin da piccolo al minimo sgarro partivano da lui cinghiate e calci sotto lo sguardo fin troppo rassegnato della madre.

Adesso si godeva questa inaspettata quanto sconosciuta libertà alterata però da tutte le aberrazioni che la sua mente disturbata gli suggeriva.

 

Domenica mattina Sara raggiunse l’oratorio poco dopo le nove, sapeva che a quell’ora era facile trovare don Alberto coinvolto nelle attività del catechismo, mentre più tardi, alle undici, sarebbe stato impegnato con la celebrazione della messa nella vicina chiesa di S. Maria della Verità.

Il mercoledì successivo sarebbero stati due anni esatti dalla morte della madre e Sara voleva far celebrare una messa in suffragio per lei.

Mentre aspettava fuori la porta dell’ufficio parrocchiale notò che una delle vetrate geometriche del corridoio era danneggiata: i listelli di piombo avevano perso in alcuni punti il loro stucco e la vetrata iniziava a spanciare verso l’esterno.

Il suo sguardo venne poi richiamato dal passaggio dei bambini di seconda elementare che si affrettavano a raggiungere le catechiste in aula.

Uno di loro era accompagnato da un uomo che attirò la sua attenzione:

-Su, sbrigati o farai tardi…-

-Mi vieni a prendere tu dopo la messa?- fece il bambino.

-Non lo so, o verrò io o verrà la mamma. Ciao Giorgio-

-Ciao…- il bambino lo strinse forte e corse via.

L’uomo doveva avere circa trent’anni, era piuttosto alto ed indossava una tuta nera attillata da moto che metteva in evidenza una muscolatura affusolata ed elegante.

Sara osservò che aveva i capelli arruffati a causa del casco, le sembrò buffo ed un sorriso appena accennato apparve sulla sua bocca solitamente composta e seriosa.

Provò ad immaginare che tipo di moto lo stesse attendendo nel parcheggio del piazzale ma venne presto distratta dal passaggio dei gemelli Antonio e Luana, i figli di Carola Rocci.

Erano accompagnati dal padre: quell’uomo, oramai solo, stava cercando di far tornare ad una nuova normalità la sua famiglia spezzata da un dolore infinito.

In Sara un profondo senso di tristezza venne accompagnato dal formarsi repentino di un nodo alla gola.

Mesi prima, una notte di inizio di dicembre, un’altra visione l’aveva terrorizzata, l’assassinio di una donna, quello della loro mamma. Non l’aveva mai conosciuta personalmente, l’aveva vista qualche volta in oratorio e sapeva chi erano i suoi figli.

La notizia aveva fatto molto scalpore in zona perché frequentavano proprio la parrocchia di don Alberto.

Da circa due mesi le forze dell’ordine cercavano Carola, sembrava fosse svanita nel nulla. Tante ipotesi erano state fatte sulla sua scomparsa e molte energie investigative venivano inutilmente indirizzate in ogni parte d’Italia e d’Europa, ma Sara sapeva bene che non sarebbe più tornata dalla sua famiglia.

Solo lei era a conoscenza del fatto che il problema reale era quello di riuscire a ritrovare il suo corpo.

Sara si aspettava che trovassero da un momento all’altro quell’uomo ma aveva di recente letto che le indagini erano in una fase di stallo, non riuscivano ad andare avanti e la polizia faceva addirittura appello alla popolazione al fine di stimolare una collaborazione più attiva con gli investigatori, chiedendo di riportare loro qualsiasi particolare anche apparentemente insignificante notato quella notte.

Non era la prima volta che le indagini arrivavano ad un nulla di fatto, alcuni casi erano rimasti da anni senza il nome del criminale che li aveva commessi, ma questa volta era differente.

Si sentiva personalmente coinvolta perché c’erano di mezzo dei bambini che settimanalmente rivedeva, la loro vista tormentava la sua coscienza ed era diventata per lei una tortura insostenibile. Riconosceva nel loro sguardo lo smarrimento legato alla sparizione della madre e si sentiva con il passare dei mesi sempre più in colpa per il fatto di avere per le mani la possibilità di dare una svolta alle indagini, ma aveva paura, non sapeva come fare, non lo aveva mai fatto prima.

Sara incrociò per un attimo lo sguardo del papà dei gemelli ma lo distolse subito poiché la sua coscienza era in tumulto.  

Finalmente trovò rifugio in canonica, entrò ed in pochi minuti si mise d’accordo con don Alberto sull’orario della messa.

Prima di uscire però gli chiese:

-Si è accorto che la vetrata qui fuori è danneggiata?-

-Certo, ma è una spesa che per ora rimando, poi vedremo…-

-Se vuole la restauro io… E’ una vetrata moderna e posso sistemarla senza problemi. Ho fatto un corso a Roma e ne sono capace. Non ci vorrà molto tempo, ho avuto modo di notare che solo i piombi sono danneggiati… se mi fa aiutare da qualcuno a smontarla lo posso fare direttamente qui in oratorio un sabato…-

-Veramente?- don Alberto assunse un’espressione sorpresa.

-Sì e non voglio nulla in cambio- si affrettò ad aggiungere lei.

-Nulla non è possibile…-

-Ci sono solo i listelli di piombo da cambiare, niente altro…- fece lei.

-Se la aggiusti… in cambio ti affiderò l’esecuzione del quadro sulla Resurrezione che mi serve per Pasqua. Ho avuto modo di vedere come disegni e mi sei sembrata molto brava, sei d’accordo?- le propose Don Alberto con entusiasmo.

Ogni anno la confraternita parrocchiale raccoglieva un po’ di soldi per la realizzazione di un quadro a tema pasquale: veniva posizionato vicino all’altare per tutto il periodo della festività, successivamente era messo in vendita ed il ricavato devoluto in beneficienza.

Sara ci pensò un attimo presa in contropiede: non erano molti soldi ma era pur sempre un lavoro, valutò lei.

-Sì… si può fare. Allora sarò qui sabato mattina, ma deve trovare qualcuno che mi aiuti a tirarla giù, al resto penserò io-

-Benissimo!- Don Alberto era visibilmente soddisfatto per quella collaborazione inaspettata.

Sara venne colta da un fremito improvviso valutando che avrebbe potuto parlare proprio con lui di Carola.

Per un istante prese seriamente in considerazione quella possibilità e al momento di andare via si dimostrò infatti titubante, agli occhi del parroco qualcos’altro doveva dirgli e sembrava trattenersi.

-Mi devi chiedere qualcos’altro Sara?- fece il sacerdote.

-N-no…no, nulla don Alberto, arrivederci-

Più tardi Sara rivide l’uomo dell’oratorio sul sagrato della chiesa, era tornato dopo la messa per riprendere Giorgio.

Ne rimase stranamente ipnotizzata, però questa volta quello che la colpì nell’osservarlo meglio furono i suoi occhi: erano glaciali, freddi ed impassibili, gli stessi che aveva anni addietro osservato sul volto di un pilota di caccia militari in una manifestazione dell’aeronautica.

La sua mente aveva scavato inconsapevolmente nei ricordi e lo aveva abbinato a quell’uomo.

Il suo sguardo, che denunciava sangue freddo, calma e sicurezza di sé, le causò un forte senso di rabbia che si ripercosse, con una repentina contrattura, direttamente nello stomaco: era tutto il contrario degli  occhi terrorizzati che vedeva riflessi nello specchio ogni volta che aveva le sue terribili visioni.

Lo osservò mettersi il casco ed infilarlo a Giorgio, assicurarsi che fosse ben allacciato ed andare quindi via con il bambino su una Ducati nera di grossa cilindrata.

Ritornò a casa poco dopo, si sentiva tormentata più di quanto lo fosse stata prima, quindi cercò e ritrovò il disegno dell’assassino dell’infermiera.

Lo guardò e rigirò tra le mani, sembrava cercare in quel foglio il suggerimento, l’idea di come fare per consegnarlo alla polizia senza essere trascinata nelle indagini.

Le ritornò alla mente prepotente quella manciata di secondi della visione di dicembre. 

 

Carola discute animatamente con l’uomo che le è davanti.

Lui è incredulo per ciò che sta ascoltando, Sara lo vede esprimere prima sdegno e poi rabbia, rancore, il contrarsi della mascella glielo fa chiaramente percepire. Ora è lui che le risponde ed è sempre più alterato. Comincia a strattonarla prendendola per le spalle fino a quando le sue mani scivolano sul collo e comincia a stringere, sempre più forte.

La paura e l’adrenalina della donna sono insostenibili.

Lentamente la vista l’abbandona.

Poi più nulla.

 

Avrebbe avuto la conferma di chi era quella donna il giorno successivo con la notizia della sua scomparsa.

Un brivido percorse Sara, le lacrime le salirono agli occhi e scesero improvvise senza trovare alcun ostacolo.

In quel momento entrò in camera Filippo.

-Cosa succede Sara?-

-Lo dovrei far avere alla polizia secondo te?- gli disse mostrandogli il disegno che teneva in mano.

-Non lo so… certo che le indagini sono ad un punto morto da tempo…-

-Si accontenterebbero di risolvere il caso o cercherebbero di risalire a me?- il solo pensiero le faceva tremare le gambe.

-Questo non saprei dirlo… poi dovresti stare attenta quando fai qualche lavoro in giro… potrebbero riconoscere il tuo stile…-

-Sì… hai ragione Fili… ci penserò ancora per un po’… eppure mi sento responsabile, anche se so benissimo che quella donna non è morta per colpa mia. Il solo saperlo però…- Sara era molto combattuta.

-Lo capisco benissimo Sara-

-Ho pensato una cosa… e se mi confidassi con don Alberto? Forse mi potrebbe consigliare o addirittura aiutare a far avere il disegno alla polizia… che dici Fili?-

-Mi sembra comunque rischioso… devi essere prudente…-

-Ogni volta che vedo i gemelli di quella donna… qualcosa dentro di me mi dice di fare qualcosa, che quei bambini hanno il diritto di sapere che fine abbia fatto la loro madre. Resta solo da scoprire dove quest’uomo ha nascosto il suo corpo e più passa il tempo più sarà facile per lui farlo sparire…- disse indicando l’immagine del disegno.

-Vuoi chiedere un parere a papà?-

-No Fili, di questo ne sono sicura… ha già tanti pensieri, non lo voglio caricare di una responsabilità come questa… invece… pensavo che se mi confessassi con don Alberto potrei chiedergli un parere, un aiuto e lui non potrebbe parlarne con nessuno… mi potrei salvaguardare grazie al segreto del confessionale…- considerò lei.

-Io non lo farei comunque… ho paura Sara… paura che accada qualcosa…-

Filippo comprendeva la sua necessità di portare sollievo a quella famiglia, ma il senso di protezione verso quella sorella speciale scatenava nel suo cuore un muro di egoismo.   

-Comunque voglio pensarci… questa settimana gli aggiusterò una vetrata dell’oratorio e standogli vicino voglio capire se posso fidarmi veramente di lui… mi affiderò alle mie sensazioni…-

-Ti ha dato da fare un lavoro?-

-Sì, e mi vuole far fare anche il quadro per Pasqua…-

-Ecco, io mi riferivo proprio a queste situazioni… se mandi quel disegno alla polizia ci metteranno un attimo a riconoscere il tuo modo di disegnare e ti troveranno…- a quella notizia Filippo si era di colpo innervosito.

-Fili, non esagerare e poi potrei cambiare stile per i lavori artistici…-

-No, non sono d’accordo… non lo fare, non mandare nulla… niente è più importante della nostra famiglia, non la distruggere Sara… Siamo rimasti solo noi tre… cosa ti succederebbe se ti coinvolgessero nelle indagini?- Filippo aveva gli occhi lucidi per la tensione.

Sara si avvicinò al fratello e lo abbracciò. 

-Non ti preoccupare Fili… per ora non ho intenzione di fare nulla, calmati…- si sentiva tra l’incudine e il martello: voleva proteggere se stessa e la sua famiglia ma sentiva forte il desiderio di restituire giustizia a quella famiglia spezzata.

 

Fu una domenica sera molto tesa e silenziosa:

-Come mai questo silenzio?- fece il padre ai figli.

-Niente papà, domani si ricomincia… siamo un po’ stanchi…- Sara lanciò un’occhiata d’intesa al fratello.

-Sì papà, domani ho un’interrogazione di fisica molto difficile…- fece lui.

-Ma di che ti preoccupi… hai voti alti… se ti agiti tu, gli altri cosa dovrebbero fare? Vai a letto presto e domani avrai la mente fresca e riposata…-

-Hai ragione papà…-

Sara doveva trovare al più presto una soluzione per quella situazione in apparenza senza via d’uscita.

 

-Ho bisogno di fare un’oretta di nuoto, devo schiarirmi le idee. Ci vediamo domani…- disse Riccardo uscendo dall’ufficio.

Spesso, quando aveva necessità di liberare la mente e valutare in completa solitudine i casi più impegnativi, Riccardo si dedicava alla corsa costeggiando le antiche mura cittadine o, come in questo caso, si rifugiava in piscina. Il caso Rocci era per lui una continua fonte di frustrazione, non gli era mai capitata un’indagine così scarna di indizi utili.

In acqua la tensione muscolare si scioglieva e la sua mente era più libera nel fare valutazioni, divenendo più intuitiva e meno pragmatica: già in passato gli era capitato di cogliere illuminanti connessioni proprio in vasca.

Quella sera i pochi dati in suo possesso si accostavano gli uni agli altri quasi con imbarazzo, con riluttanza, come farebbero degli sconosciuti ad una festa che si vedono costretti a formare una coppia in un ballo lento, separandosi poi in cerca di un legame più congruo e soddisfacente.

Il ritmo ipnotico del suo respiro era in perfetto sincrono con i movimenti delle braccia, seguiva la pista scura del fondo piastrellato da quasi un’ora e si fermò alla fine della corsia appoggiandosi con una mano al bordo della vasca.

Purtroppo questa volta neanche il nuoto poté nulla, valutò che solo un elemento inaspettato e fortuito avrebbe potuto dare una svolta significativa alle indagini.

Si sfilò gli occhialini e raggiunse la scaletta per uscire.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

Il sabato successivo Sara si presentò all’oratorio a mezza mattinata.

Aveva trovato l’impalcatura già pronta e si fece aiutare a smontare e tirare giù la vetrata da uno degli aiuti di don Alberto.

La appoggiarono delicatamente su una tavola sostenuta da due cavalletti e posizionarono un pannello di cartone a chiudere il vuoto lasciato dalla vetrata per non far entrare il freddo.

Sara prese l’attrezzatura necessaria dalla sua cassetta e cominciò a dissaldare i punti di stagno, quindi procedette con l’allontanamento dei pezzi danneggiati che sostituì senza grossi problemi.

La pulì accuratamente strofinandola con della segatura e decise di lasciarla ad asciugare lì fino al mattino successivo per assicurare la perfetta livellatura dei pezzi.

Fece un passo indietro e guardò la vetrata.

Le sfuggì un sorriso compiaciuto, aveva fatto effettivamente un buon lavoro, non si distinguevano i pezzi nuovi da quelli vecchi: a restauro terminato aveva infatti leggermente brunito i piombi in modo tale da accordare la loro opacità con quella dei pezzi ossidati originali.

-Sara… hai fatto un bellissimo lavoro, complimenti- don Alberto era ammirato.

-Grazie, come vede erano solo i piombi rovinati-

-In settimana ti darò il soggetto preciso del quadro per la prossima Pasqua, vorrei mi facessi dei bozzetti prima di cominciarlo-

-Certamente don Alberto-

-Grazie Sara, grazie di cuore per il tuo aiuto-

-Prego, l’ho fatto molto volentieri-

Mentre il sacerdote si allontanava, Sara lo seguì con lo sguardo: nel suo cuore si faceva sempre più strada l’idea che potesse mettersi seriamente nelle mani di quell’uomo e trovare con lui una soluzione.

 

Domenica mattina raggiunse l’oratorio intorno alle otto e si fece aiutare a ricollocare la vetrata al suo posto.

Riccardo accompagnò anche quella mattina il nipote ed ebbe modo di osservare per la prima volta Sara.

Guardò la vetrata ed il risultato di quel lavoro nell’insieme, poi il suo occhio scrupoloso e attento si posò sull’autrice del restauro, non era consueto infatti vedere su una impalcatura una giovane ragazza impegnata in un lavoro di montaggio.

Il ciuffo ribelle che spesso Sara costringeva con pazienza dietro l’orecchio richiamò prepotente la sua attenzione: era una bella ragazza ma dal suo atteggiamento sembrava non essersene mai accorta.

Considerò che doveva avere poco più di vent’anni, sulla sua figura longilinea e armonica le curve gli sembrarono distribuite nei punti giusti, le gambe erano però in parte coperte da una lunga felpa.

-Forse si copre perché ha i fianchi abbondanti…- si disse tra sé.

Gli diede l’impressione di essere una persona posata, controllata, parlava infatti al suo aiutante quasi sussurrando ed aveva un modo elegante e delicato di muoversi malgrado il lavoro richiedesse molta forza.

In fondo a quello sguardo pulito da brava ragazza Riccardo vide però balenare un disagio velato e intimo.

-Ma che difficoltà potrà mai avere una ragazza così?- si chiese.

Era nella sua natura trarre informazioni e deduzioni da ciò che osservava, era un allenamento che faceva in modo costante appena ne aveva la possibilità, oramai gli veniva naturale fare valutazioni su tutto e tutti.

Investigare era il suo forte, la curiosità il suo volano e possedeva anche intùito per gli stati d’animo altrui che lo aveva sempre aiutato negli interrogatori e con i rapporti interpersonali in genere.

Notò inspiegabilmente che osservarla gli provocava una sensazione insolita di nervosismo e di disagio, non comprendeva perché i suoi occhi si soffermassero su di lei tanto a lungo nonostante la sua volontà di non volerla fissare.

Un sorriso improvviso illuminò il volto di Sara conferendole un calore ed una dolcezza tali che Riccardo ne rimase folgorato.

-Dannazione…  che bella…-

Deglutì quasi a fatica e non poté fare a meno di valutare, piuttosto seccato, che era completamente fuori dal suo target.

Frequentava abitualmente solo donne in carriera, autonome, non sposate e che vedeva occasionalmente.

Rifuggiva da inutili coinvolgimenti sentimentali, non voleva storie serie ed impegnative, la sua mente era tutta orientata sul lavoro e la carriera in polizia.

Aveva già vissuto storie importanti ma erano inesorabilmente naufragate, lo avevano tutte lasciato perché stanche di essere al secondo posto nella sua vita.

Suo malgrado, infatti, la razionalità ed il pragmatismo che lo rendevano un eccezionale commissario la facevano da padrone anche negli affari di cuore: nel relazionarsi con l’altro sesso risultava sempre poco coinvolto e a fatica si lasciava andare completamente.

E del resto di donne che la pensavano come lui ce n’erano molte, tra il tribunale e gli ambienti investigativi non gli mancavano di certo le occasioni per passare una notte in compagnia. Sara non rientrava minimamente in una tale catalogazione, Riccardo ne era consapevole, aveva l’aspetto della brava ragazza di famiglia, una di quelle ragazze che ha un padre che l’attende a casa in orario e a cui deve rendere conto degli spostamenti, soprattutto notturni.

Fece tutte queste valutazioni in attesa dell’arrivo della catechista di Giorgio e quando finalmente arrivò salutò il nipote ed uscì.

 

L’indomani mattina Riccardo si recò a Roma per lavoro.

-Pronto Nadia…-

-Ciao Riccardo… come stai?-

-Bene… e tu?-

-Molto bene, sono a Roma oggi…-

-Sono anch’io a Roma… vogliamo pranzare insieme?-

-Sì, certo. Verso l’una dovrei aver finito… piuttosto perché non mi raggiungi alla sede centrale… sto facendo un book fotografico ad una modella, raggiungimi e quando ho finito andiamo insieme al ristorante… che ne pensi?-

-Sì, si può fare, sarò lì appena ho fatto, ciao…-

-Ciao mon amour, a dopo…- lo salutò lei con voce appassionata.

Si erano conosciuti ad una cena di un comune amico avvocato e si erano subito piaciuti.

Nadia era una donna molto determinata e volitiva, coetanea di Riccardo ed anche lei totalmente assorbita dalla sua carriera.

Era stata per anni modella ed ora lavorava per una agenzia di alta moda: bella e affascinante, come Riccardo rifuggiva da relazioni stabili.

Arrivò alla sede della agenzia che era quasi l’una e la raggiunse in un ampio salone vetrato all’ultimo piano dell’edificio.

Un fotografo stava realizzando gli ultimi scatti ad una ragazza afroamericana bellissima con vaporosi capelli crespi: indossava un bikini leopardato praticamente inesistente e mimava le movenze di un felino.

Riccardo la osservò per qualche istante: era particolarmente portata per quel lavoro, riusciva a venire incontro a tutte le richieste di cambio di posa e di espressione che le suggeriva il fotografo.

Nadia si girò ed appena lo vide un ampio sorriso illuminò il suo viso da modella.

-Riccardo… quanto mi sei mancato…- lo avvinghiò con le braccia attorno al collo e lo baciò appassionatamente.

-Ciao piccola… a che punto sei?- fece lui.

-Ho quasi finito… solo un attimo…- e raggiunse il fotografo che li stava osservando.

-Who is that? That amazing man?- fece il fotografo.

-He is my italian lover, he is a police commissioner…-

-He is a handsome guy… his eyes… brig him there…I want to take a photo of him-  aveva guardato Riccardo, lo aveva colpito il suo sguardo e lo aveva reputato molto fotogenico.

Fece cenno alla modella di scendere dal set e di andare a ritoccare il trucco.

-Riccardo… vorresti fare contento Brian e sederti su quello sgabello?-

-A fare cosa?-

-Vuole semplicemente fotografarti!-

-Non credo sia una buona idea, ho fame e vorrei andare a mangiare qualcosa…- rispose spazientito.

-Ci vorranno al massimo cinque minuti… fallo per me mon amour- le si era avvinghiata al braccio e dolcemente lo costringeva a raggiungere lo sgabello.

-Sono un commissario, non mi metto a fare pose inopportune…- fece Riccardo un po’ stizzito.

-Nessuna posa strana, Brian è un maestro nel fotografare il tuo lato nascosto ed intimo…-

-Non ho lati nascosti io… non c’è niente da cavare fuori, io sono fatto così, come mi vedi…- fece lapidario e serio.

-Ed è proprio quello che adoro di te…- gli disse baciandolo teneramente sulle labbra, poi si allontanò di qualche metro.

-Wonderful… relax and look at me… ok… ok… now look at Nadia… do you like Nadia?-

A quella domanda lo sguardo di Riccardo cambiò: la osservò e la sua espressione glaciale acquisì una sfumatura di profondo desiderio.   

Nadia ricambiò il suo sguardo eloquente ed il fotografo ottenne la foto che desiderava fermare nel suo obiettivo.

Riccardo si alzò, la raggiunse e la baciò con trasporto fregandosene delle proteste di Brian.

-Forse è meglio lasciar stare il ristorante… ordiniamo qualcosa in albergo…- propose lei.

-Molto meglio…-

 

-Devo rientrare in commissariato prima di sera…- le disse Riccardo facendo scorrere i messaggi sul cellulare.

-E io che speravo di averti tutto per me anche questa notte… domani mattina torno a Londra e non so quando ci rivedremo…- si lamentava Nadia.

-Quando ritorni a Roma mi fai uno squillo e corro da te, ok? Te lo prometto- la baciò sul collo prima di alzarsi per rivestirsi.

-Sto molto bene con te Riccardo… se vivessi a Roma forse ci frequenteremmo con più assiduità…-

-Nadia… siamo due persone che mettono il lavoro al primo posto… non ci illudiamo forzando le cose, ci conosciamo oramai abbastanza bene-

Riccardo non era stato infastidito dalla sua proposta ma gli sembrò di rammentarle una cosa ovvia e per la quale era inutile entrare in argomento.

-Sì… oltretutto forse l’anno prossimo mi trasferisco a New York…- ammise lei.

-E’ questo che intendevo… Che tipo di rapporto metteremmo in piedi in questo modo?-

Riccardo era sincero, realista. Questi erano per lui solo incontri occasionali, non vedeva minimamente la possibilità di andare oltre al semplice piacere fugace.

Ma era proprio quello che lui inconsciamente desiderava: niente coinvolgimenti sentimentali voleva dire niente problemi.

Mentre rientrava a Viterbo passò davanti ad una chiesa decorata da un ampio rosone vetrato e gli ritornò in mente la ragazza dell’oratorio.

Ne rimase piacevolmente sorpreso: il sorriso radioso ed il ciuffo ribelle di Sara lo accompagnarono per buona parte del viaggio.

 

Una fredda e soleggiata domenica mattina Riccardo si ritrovò ad insistere con la sorella Lisa per poter accompagnare Giorgio in oratorio.

-Questa mi è nuova… e perché lo vuoi portare tu?- chiese lei al telefono.

-Non ho impegni e volevo rendermi utile… ma se non vuoi…-

-Certo che va bene, figurati Giorgio quanto sarà felice se lo accompagni tu! Ok allora…  ti aspettiamo, a dopo-

Da quando gli era capitato di osservare Sara era maturata in lui la speranza di poterla incontrare ancora, era curioso di sapere se rivederla avrebbe sortito in lui lo stesso effetto.

Il suo desiderio venne pienamente esaudito proprio quella mattina. Un capannello di curiosi la circondava mentre era intenta negli ultimi ritocchi al suo disegno a carboncino: piccole lumeggiature di biacca facevano risaltare le parti più esposte alla fonte di luce ed i contrasti monocromi di chiaroscuro rendevano l’immagine particolarmente drammatica e coinvolgente.

Era un quadro piuttosto grande realizzato su un unico foglio di cartone brunito: il soggetto affidatole da don Alberto fu una particolare iconografia della Resurrezione, le aveva infatti minuziosamente descritto come lo voleva e quali astanti avrebbero dovuto essere raffigurati presso l’immagine centrale del Cristo risorto.

Sara decise da parte sua di utilizzare pochi colori e ne venne fuori una rappresentazione di grande pathos.

Ci aveva lavorato a lungo, prima sui bozzetti e poi per la realizzazione, utilizzando tutto il suo tempo libero e stando particolarmente attenta a non eseguirlo con il suo stile facilmente riconoscibile.

Chi lo guardava era attratto dalla composizione vorticosa e complessa dell’immagine ma allo stesso tempo rimaneva empaticamente catturato dal realismo della scena, perso nell’osservazione di tanti particolari ed incuriosito da come quella ragazza fosse riuscita a dare volume a tutto l’insieme con un semplice contrasto monocromo.

-Sara è veramente bello… brava…- le fece una catechista.

-Grazie…-

-Ci insegni come si fa?- fecero alcuni bambini.

-Certo, quando volete…-

-Sara…- Riccardo memorizzò il nome della padrona di quella ciocca ribelle.

-Tu la conosci Giorgio?- chiese al nipote.

-Sì, la vedo spesso qui in oratorio la domenica…-

Riccardo venne nuovamente sopraffatto da una insolita sensazione di disagio, sembrava che di fronte a lei, ed in modo del tutto inspiegabile, l’irrazionalità prendesse il sopravvento sul suo pragmatismo, e si sentì disorientato.

-Zio hai visto quanto è brava?- il nipote lo ridestò dai suoi pensieri e lo costrinse a spostare la sua attenzione sul suo lavoro.

-Certo… è molto brava-  

-Ciao zio, ci vediamo dopo…- Giorgio raggiunse la catechista.

-Sì, ti vengo a prendere io, ci vediamo sul sagrato…-

Sara finì i suoi ritocchi e sparì in una delle sale dell’oratorio.

Riccardo ne approfittò per scattare una foto al disegno con il cellulare.

                        

La domenica successiva a quella di Pasqua, e dopo un lungo periodo di riflessione, Sara si era infine decisa a parlare e chiedere consiglio a don Alberto, ma non lo disse a Filippo, non voleva rivederlo disperato ed abbattuto come la prima volta che gli aveva reso nota questa sua idea.

Aveva atteso la fine della messa ed era rimasta pazientemente ad aspettare fuori la sagrestia, quella mattina c’erano infatti diverse persone che avevano necessità di parlare con il parroco.

Durante quella breve attesa aveva dovuto combattere strenuamente con se stessa, con l’impulso di prendere e scappare, di lasciar perdere tutto, ma alla fine era riuscita a trovare la forza per rimanere sulla sua decisione.

Quando tutti si furono allontanati e la chiesa era pressoché deserta si fece coraggio e lo avvicinò.

-Buongiorno don Alberto… avrebbe qualche minuto da dedicarmi?-

-Certo Sara, solo un attimo che metto via questi libri e sono da te…-

Sara si torturava le mani, era tesa come una corda di violino, non aveva mai parlato delle sue visioni con persone diverse dai suoi familiari, era una cosa del tutto nuova e sconvolgente per lei, ma si fece forza.

-Eccomi, dimmi pure Sara…-

-Don Alberto, vorrei confessarmi…-

Il parroco la guardò sorpreso.

-Non potevi farlo con don Guido nel confessionale prima dell’eucarestia?-

-Ho necessità di parlare con lei… dovrei chiederle un consiglio… è una cosa delicata- aggiunse.

-Prendo la stola e ti raggiungo nella panca laggiù allora- si affrettò a dirle.

-In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti, amen… ti ascolto Sara…- Don Alberto si era seduto accanto a lei e si era posizionato in ascolto abbassando la testa e porgendole l’orecchio.

-Don Alberto… non è facile da spiegare…- Sara sembrava non riuscire a trovare le parole adatte per cominciare.

-Non so se lei crederà a quello che sto per dirle ma… io ho un dono… da quando ero piccola assisto tramite delle visioni a degli omicidi…- le parole le uscirono dalla bocca in un sussurro.

-Cosa vuoi dire Sara?- il sacerdote era sgomento, la guardò negli occhi, pensava di aver capito male le sue parole.

-Non so come sia possibile ma percepisco l’adrenalina di chi sta per morire e vedo attraverso gli occhi delle vittime poco prima che muoiano di morte violenta…- Sara glielo disse tutto d’un fiato, la bocca le tremava un poco.

-Non so come tutto questo sia possibile… non so cosa dirti Sara-

-Lo so, lo vedo dai suoi occhi che sta valutando se sia pazza o meno… spero che avendomi conosciuta meglio nelle ultime settimane comprenda che sono una ragazza perfettamente normale dopotutto…- Sara valutò in quel momento di aver fatto forse una pazzia.

Era pur sempre un uomo di chiesa, sicuramente aperto al soprannaturale, i miracoli del resto sono qualcosa che esula il mondo reale, ma forse la questione dell’omicidio poteva essere un limite invalicabile anche per un sacerdote moderno e aperto di vedute come lui.

-Quindi non sei qui per confessare i tuoi peccati Sara… sei qui per rendermi nota questa tua… capacità allora-

-Non solo… sono in difficoltà, non so come devo comportarmi. Ho assistito in una visione alla morte di Carola Rocci, saprei riconoscere il suo assassino se solo lo incontrassi… ho fatto il suo ritratto… ma ho molta paura…-

-Cosa vuoi dire? Sai che quella donna è morta?- fece lui sconcertato.

-Sì… so che non tornerà mai più dai suoi figli, la stanno cercando inutilmente…-

-Sai anche dove sarebbe ora il suo corpo?- le chiese sgomento.

-No, so solo che è morta e… vedere i suoi figli mi provoca un senso di colpa che non riesco più a sostenere… è un problema di coscienza, il saperlo mi mette nella condizione di dover fare qualcosa, mi sento profondamente responsabile di quello che sta succedendo perché non sto facendo nulla per far scoprire una verità che io sola conosco bene. Mi sento una vigliacca, una meschina… e io non sono così, sono stanca don Alberto, stanca di sentire una colpa che non è mia… Ho sempre nascosto questa… capacità, come l’ha chiamata lei, e parlarne apertamente mi potrebbe mettere in pericolo… non so se può capirmi…- Sara si tormentava le mani, aveva gli occhi lucidi e si sentiva in difficoltà. Valutò che forse aveva sbagliato ad andare da lui ma ormai era troppo tardi.

Il sacerdote era rimasto ammutolito, aveva lo sguardo perso nel vuoto, nella sua mente stava cercando di dare un senso a quello che aveva appena ascoltato.

-Ti sei voluta confessare affinché non ne parlassi con nessuno?-

-Sì… ma anche perché ho bisogno del suo aiuto… lei… lei mi potrebbe aiutare a far avere il ritratto alla polizia? Credo che più passi il tempo e più sarà difficile ritrovare il suo corpo…-

-Non lo hai mai fatto prima?- chiese lui.

-No, è la prima volta… non mi fido di nessuno, ma di lei sì…- ammise guardandolo negli occhi.

-Sono come stordito, spero comprenderai il mio sgomento… il suo ritratto lo hai qui con te?-

-Sì… eccolo…- Sara aprì il foglio piegato in quattro che teneva nella tasca del cappotto.

La visione di quell’uomo arrabbiato mise agitazione in corpo anche a don Alberto, il disegno era inquietante.

-Questo è l’assassino secondo te?-

-Sì, ne sono sicura…- fece lei seria.

-Dobbiamo pensare cosa fare… se vuoi che ti aiuti dobbiamo capire come farlo avere alla polizia sviando da te qualsiasi sospetto, è questo quello che mi chiedi di fare, vero?-

-Sì don Alberto, voglio aiutare a trovarlo ma non voglio far sapere chi sono…-

-Penserò a qualcosa… domani, appena puoi, ritorna…-

-Lei mi crede? Non pensa che io sia pazza?- gli chiese Sara meravigliata.

-Vedo nei tuoi occhi sincerità Sara e spero in fondo al mio cuore che tu possa, in un modo o nell’altro, portare conforto a quella famiglia rosa dal dubbio di che fine abbia fatto la madre… la giustizia chiama prepotente… Ego te absolvo, in nomine…-

Sara uscì dalla chiesa frastornata da sentimenti indecifrabili.

Le sembrava quasi di aver sognato il dialogo che aveva appena scambiato con don Alberto.

Aveva fatto bene a coinvolgere un sacerdote?

Presto lo avrebbe saputo.

 

Rientrò a casa e raggiunse il fratello nella sua camera.

-Filippo… ho parlato adesso con don Alberto…- doveva dirlo a qualcuno o sarebbe esplosa.

-Cosa vuol dire “parlato”?- la guardò con occhi sorpresi.

-Vuol dire che ho fatto quello che il mio cuore  e la mia coscienza mi hanno suggerito di fare… di dirglielo per avere un consiglio da lui…- ammise trepidante ma sicura di sé guardandolo dritto negli occhi.

Il fratello ammutolì.

-Non sopporto più questa situazione di stasi, di impotenza e di senso di colpa per qualcosa di cui non sono responsabile… spero che tu lo capisca Fili… ho bisogno del tuo sostegno, anche se non sei d’accordo con me…- Sara stava cedendo allo sconforto.

Filippo le si avvicinò e la strinse forte a sé.

-Non ti preoccupare Sara… forse hai fatto veramente la cosa giusta. Mi sento spaventato ma… sento che potrebbe essere un modo per dare un senso a tutto quello che patisci con le tue visioni…-

-Non sei arrabbiato con me allora?- gli chiese preoccupata.

-Non potrei mai esserlo… ti voglio troppo bene… Ti ho vista molto taciturna e pensosa ultimamente… un po’ avevo mangiato la foglia… mi aspettavo qualche tua importante decisione, ma di qui a farlo…- ammise lui.

-Non sai quanto ne sia felice… domani rivedrò don Alberto,  vuole tempo per pensare a come mantenere il mio anonimato… non mi sarei mai aspettata che mi credesse…-

-Ti avrà conosciuta meglio in queste ultime settimane… avrà capito che non sei una persona disturbata, che soffre di chissà quali patologie… avrà capito che sei un angelo caduto in terra e che stai cercando di aiutare come puoi quella famiglia nella ricerca della verità…-  mentre parlava Filippo le sistemò affettuosamente la ciocca ribelle dietro l’orecchio.

Sara lo guardò commossa, le sue parole l’avevano rincuorata.

-Ragazzi… è pronto in tavola… smettetela di parlottare e venite a mangiare… la lasagna al pesto si fredda!- disse dalla cucina il padre indaffarato.

 

Il giorno seguente nel tardo pomeriggio Sara raggiunse la sagrestia e vi trovò Don Alberto che parlava con un diacono.

-Buonasera…- disse timorosa.

Cercò dall’espressione del sacerdote di capire quali suggestioni si agitassero nel suo cuore, invece, con sua grande sorpresa, non gli parve per nulla alterato, era del tutto disinvolto quando la rivide.

-Ciao Sara, tra poco sono da te… aspettami qui fuori per favore- fece lui.

Dopo qualche minuto il diacono uscì e don Alberto la raggiunse.

-Eccomi…- si sedette accanto a lei.

-Come ti senti oggi?-

-Frastornata e con il cuore agitato…-

-E perché? Stai facendo la cosa giusta, il tuo senso di colpa era la spinta per farti fare quello che è corretto fare… e io ti aiuterò-

-Grazie… non può immaginare quanto ne sia felice…- Sara si sentì un po’ sollevata.

-Ho valutato come fare… nel modo più semplice che ci sia… Prepara una busta con una fotocopia, ma dovrai scriverci sopra ovviamente di chi è il ritratto, il riferimento all’assassinio insomma, poi fammela trovare dentro il libro dei canti domenica prossima su questa panca dove siamo seduti ora. La troverò, la aprirò e chiamerò la polizia: il resto verrà da sé. Sei d’accordo Sara? Può andare bene così per te?-

-Penso di sì… troverà la busta qui domenica prossima… grazie don Alberto…- fece lei soddisfatta.

-Le vie del Signore sono infinite Sara, Egli manifesta la Sua volontà in modi diversi. Spero veramente di cuore che tu sia in grado di far ritrovare quella donna- le disse il sacerdote.

-Lo spero anch’io… tanto-

 

Rientrando a casa per cenare Riccardo ritrovò Nadia sul pianerottolo che teneva a fatica una sua gigantografia con tanto di fiocco.

-A cosa devo questa splendida sorpresa?- chiese lui divertito aiutandola.

-Ciao mon amour, ero a Roma e ho fatto un salto per portanti questa… con tanti saluti di Brian…- sorrise lei.

-Grazie… ma sembrerò un megalomane con questa mia immagine appesa in casa…- rise lui aprendo il portone.

Entrarono, Nadia adocchiò subito il mobile su cui sistemarla e l’appoggiò con cura.

-Qui starà benissimo…- la guardò compiaciuta ed emise un profondo sospiro quando si girò per guardare Riccardo.

Lo osservò accuratamente facendo scorrere lo sguardo su di lui come se volesse memorizzarlo.

-Non sono qui solo per questa foto ma anche per dirti che mi sposo… -

-Ti sposi?- fece lui sorpreso.

-Sì… questa estate… sei dispiaciuto?- sondò lei.

-Beh… che dire… dispiaciuto no ma sorpreso sì… non mi avevi mai detto che stavi vivendo una storia così seria… l’ultima volta che siamo stati insieme mi hai addirittura parlato di un tuo possibile trasferimento a Roma per starmi più vicino! Spero comprenderai il mio disappunto...-

-Mi dispiace non avertene parlato prima, ma anche tu frequenti altre persone…-

-Sì, questo è vero... va tutto bene Nadia, anzi ti faccio i mie migliori auguri. E’ una brava persona?-

-Sì, è di New York, lavora nel mio stesso ambiente e ci frequentiamo da circa tre mesi…-

-Mi sembra un po’ poco per un progetto di vita insieme…- le disse dubbioso appoggiandosi allo schienale del divano.

-Forse, o forse no…-

-Ne sei sicura?-

-Mi riempie di attenzioni, mi dà sicurezza… ma non mi accende di passione come te…- si avvicinò a lui e si sistemò tra le sue gambe, poi prese il suo viso tra le mani e lo guardò con occhi colmi di desiderio.

-Mi faresti un ultimo regalo di addio mon amour?- lo baciò insinuandogli la lingua in bocca.

-Tutto quello che vuoi piccola…- le rispose facendo scivolare le mani dalle cosce verso i glutei.

 

Fu la settimana più trepidante di tutta la sua esistenza.

Spedire la busta per posta sarebbe stato pericoloso, una zona pubblica poteva essere sottoposta al controllo di telecamere e avrebbe comunque permesso di individuare un’area di spedizione, quindi l’idea di lasciarla in un luogo privo di controlli e affollato come la messa domenicale le sembrò la soluzione più sicura.

Organizzò tutto nei minimi dettagli utilizzando guanti in lattice per non lasciare impronte.

Nell’edicola di Piazza Crispi aveva comprato un quotidiano da cui prese ed incollò le lettere per comporre poche ma essenziali parole: ASSASSINO DI CAROLA ROCCI.

Insieme, scritta e ritratto di quell’uomo, le sembrarono una delle cose più inquietanti che avesse mai visto in vita sua.

Dopo un profondo respiro ripiegò il foglio in quattro, estrasse una busta da una confezione sigillata e vi infilò il disegno sforzandosi di fare tutto con calma affinché l’agitazione non prendesse il sopravvento e le facesse compiere qualche errore.

Quando la busta fu pronta ripiegò la linguetta internamente senza incollarla e la posò sulla scrivania.

Rimase a fissarla come si farebbe con una mina inesplosa: ne era impaurita, spaventata, ma oramai tutto era predisposto e non rimaneva che attendere la domenica successiva.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

A fine messa si sedette al posto stabilito mentre la confusione che si creava per l’uscita imperava tra le file di panche.

Si infilò i guanti di cotone felpato con apparente calma e senza farsi vedere pose con mano tremante la busta nel libro delle preghiere lì accanto.

Per tutte quelle precauzioni adottate Sara si sentì quasi una criminale ed emise infine un profondo sospiro di sconforto.

 

Poco dopo Don Alberto trovò la busta e la infilò in tasca senza aprirla, voleva aspettare che la chiesa fosse vuota.  

Si sedette quindi in sagrestia e la estrasse dalla tasca: la aprì e rivide il ritratto di quell’uomo arrabbiato completo questa volta delle indicazioni chiare di chi fosse. Toccò accuratamente sia il foglio che la busta in modo da lasciarvi sopra in modo inequivocabile le proprie impronte e rimise il foglio dentro.

Decise che avrebbe chiamato la polizia subito dopo pranzo, senza fretta.

 

-Commissario… abbiamo ricevuto una strana telefonata dal sacerdote della chiesa di Santa Maria della Verità…- l’agente di turno chiamò al telefono Riccardo.

-Don Alberto vuoi dire…-

-Sì, proprio lui…-

-E cosa voleva?-

-Ha trovato una busta in chiesa questa mattina dopo la messa… sembra contenga il ritratto dell’assassino della Rocci…-

-Vado immediatamente da lui, avverti Ivan di raggiungermi lì-

-Subito commissario-

La speranza illuminò gli occhi di Riccardo, forse gli appelli fatti per esortare alla collaborazione la popolazione locale cominciavano a dare i loro frutti.

 

-Buongiorno Don Alberto, sono il commissario Valenti della Mobile di Viterbo e questo è l’ispettore Salieri- si strinsero la mano.

-Buongiorno a voi… ma noi ci conosciamo già, vero?-

-Certamente, accompagno ogni tanto mio nipote Giorgio a catechismo la domenica…-

-Ecco… sì, ora ricordo… non sapevo lavorasse in polizia però- fece lui sorridente.

-E’ così. Quindi… ci ha chiamato riguardo un disegno-

-Sì, questo…- estrasse la busta dalla tasca.

-Lo ha toccato solo lei?- fece Riccardo.

-Certamente, solo io-

-Un secondo che metto dei guanti…-

La aprì e sotto i loro occhi apparve l’immagine con la scritta: Riccardo ne rimase ipnotizzato.

-Lei riconosce l’uomo ritratto qui don Alberto?-

-Io non ho mai visto quest’uomo…-

-Ha idea di chi possa essere la persona che ha lasciato la busta in chiesa stamane?-

-C’è così tanta gente durante e dopo la messa… l’ho trovata in mezzo ad un libro delle preghiere su quella panca, li stavo raccogliendo per metterli via- il sacerdote cercava, rispettando il segreto del confessionale, di evitare di dire comunque delle menzogne.

-Quindi non ci può dare alcuna altra indicazione oltre al luogo del ritrovamento…- fece Salieri.

-Purtroppo no-

-Avete delle telecamere dentro o fuori la chiesa?-

-No, nulla. Qualcuno ve la voleva far avere, è evidente… Pensate che possa essere una cosa importante per le indagini su quella donna?-

-Lo speriamo sinceramente, abbiamo più volte fatto appello alla popolazione… cominceremo ad indagare e si vedrà se è uno scherzo oppure no- gli disse Riccardo mentre valutava l’immagine.

-Allora… buon lavoro-

-Grazie per il suo aiuto don Alberto, arrivederci-

 

Convocarono quello stesso pomeriggio il marito della Rocci che però non riconobbe l’uomo del ritratto, decisero quindi di raggiungere l’indomani mattina il reparto dove la donna lavorava e di far vedere il disegno alle sue colleghe.

Per non creare allarmismi la fotocopia che portarono venne censurata della scritta sottostante.

Trovarono di turno proprio la Valli, l’amica di Carola:

-Mi ricorda qualcuno… ma non saprei dire chi…-

-Sì, anche a me… potrebbe essere comunque qualcuno che lavora qui in ospedale…- commentò una collega.

-Ma perché ce lo chiedete?- fece la Valli.

-Lo stiamo cercando per interrogarlo…-

In quell’istante uscì dall’ascensore di servizio una donna con un alto carrello di metallo contenente le lenzuola pulite per il reparto.

Riccardo volle mostrare anche a lei il foglio con l’identikit.

-Ma sì… questo è Maurizio Franchi, lavora al piano terra, è collega di mio marito, fa il magazziniere… ma chi ha fatto questo disegno? E’ così arrabbiato che fa impressione…-

-E’ lì in questo momento?-

-Non lo so, sono alcuni giorni che non lo incrocio…-

-Grazie infinite…-

Si recarono al piano indicato e cominciarono ad interrogare i presenti e tutti quelli che avevano già iniziato il turno andando e venendo dai reparti: tutti confermarono l’identificazione ed il fatto che fosse in malattia da alcuni giorni a causa di una distorsione alla mano.

-Ma perché cercate Maurizio? Cosa ha fatto?- era la domanda che tutti si ponevano.

-Lo stiamo cercando per interrogarlo, non possiamo dirvi di più. Avete notato nulla di strano in lui, nel suo comportamento o in quello che diceva?-

Uno dei presenti si fece avanti.

-Io ho notato qualcosa di strano… un giorno di dicembre si è presentato con le mani piene di vesciche, ed una era vistosamente graffiata sulle nocche…-

-Grazie… signor?-

-Pasini, Marco Pasini…-

-Grazie signor Pasini, tutto può esserci utile nelle indagini-

Uscirono e raggiunsero la casa di Franchi, abitava in un vicolo del centro storico subito dietro Piazza del Gesù.

Riccardo suonò il citofono.

-Chi è?- chiese una voce maschile.

-Il signor Franchi?- fece di rimando Riccardo.

-Sì, chi siete?-

-Polizia, vorremmo farle qualche domanda-

Dopo qualche secondo di silenzio il portone scattò con un rumore metallico.

-Buongiorno… Il signor Maurizio Franchi?-

-Sì… sono io…-

Riccardo rimase per un attimo spiazzato dalla somiglianza con il ritratto.

-Sono il commissario Riccardo Valenti, possiamo parlarle un attimo? - Riccardo gli mostrò il suo distintivo.

-Certo… prego…-

Constatò che stranamente quell’uomo era calmo e del tutto sereno nel vederseli al portone di casa: entrarono, salirono una breve e ripida scalinata e si accomodarono in cucina.

Riccardo rimase nuovamente sorpreso nell’osservare l’ambiente che li circondava: parte di quell’arredo era presente come sfondo nel disegno.

-Le dovremmo fare qualche domanda su Carola Rocci, la donna scomparsa a inizio dicembre…-

-Carola Rocci? Mi dica…- l’uomo sembrò diventare di colpo teso.

-Lei conosceva Carola Rocci? -

-Sì, ma solo di vista-

-Dov’era la sera in cui è sparita?-

-Perché mi fate questa domanda? Pensate che io c’entri qualcosa con questa storia?- il suo sguardo divenne preoccupato.

-No, non si preoccupi signor Franchi, stiamo facendo le stesse domande a tutte le persone che in qualche modo potevano essere venute in contatto con lei…- lo tranquillizzò Riccardo.

-Allora? Dov’era?- lo incalzò Salieri.

-Io… credo a casa, non mi ricordo precisamente cosa facessi, ma quella sera ero in casa, ne sono sicuro-

-Ha notato nulla di strano nella sua collega nei giorni precedenti la scomparsa? Qualsiasi cosa ci potrebbe essere di aiuto…-

-No, mi dispiace, io sono magazziniere, non c’entro nulla con il reparto dove lavorava quella donna…-

-Non le dispiace se guardiamo un po’ in giro…-

-No… assolutamente no, fate pure-

Fecero un accurato giro della casa, ispezionarono il basso sottotetto ed anche la cantina nel seminterrato: era un ambiente umido senza pavimentazione, diverse botti in vetroresina erano addossate ai muri sulla terra battuta. C’era la solita confusione che impera in tutte le cantine e solo una piccola parte era in ordine e curata, un vaso di fiori freschi era collocato sopra un grande tavolo in legno.

-Lei vive solo in questa casa?-

-Certamente, non sono sposato…- 

Finirono di osservare la moltitudine di oggetti accatastati e fecero per andarsene.

-Scusi il disturbo signor Franchi, grazie per la sua collaborazione e se le verrà in mente qualcosa, qualsiasi cosa, non abbia timore a contattarci- fece Riccardo.

-Prego… certamente…-

Uscirono sulla strada e si avviarono alla macchina poco lontano.

-Come facciamo ad accusarlo di omicidio solo con un disegno e senza un testimone… potrebbero avercelo fatto avere per depistarci o per dare un colpevole a caso- fece Salieri.

-Certamente, abbiamo bisogno di trovare delle prove circostanziate…- fece Riccardo.

I loro ragionamenti proseguirono in ufficio.

Mentre l’agente Vitali si occupava della stesura del verbale di perquisizione che Riccardo aveva valutato di fare in urgenza, si scambiarono i loro reciproci dubbi e considerazioni.

-Per quanto riguarda la busta con l’identikit? Ci sono novità?-

Riccardo aveva subito ordinato di controllare la presenza di impronte sulla carta pervenuta in chiesa.

-Abbiamo rinvenuto solo le impronte di una persona e sappiamo che sono del sacerdote. Don Alberto è stato così gentile da mettersi a nostra completa disposizione per le impronte digitali… Ammetto che mi sono sentito veramente a disagio a prendergli le impronte come un comune delinquente…- rise Lotti.

-E i tabulati telefonici di Franchi?-

-Abbiamo controllato, non risultano contatti con la vittima, nulla di anomalo…- fece Manuzzi porgendogli i fogli.

-Se analizziamo la zona in cui scompare la Rocci… è del tutto compatibile con la viuzza dietro Piazza del Gesù in cui abita quell’uomo… forse stava andando proprio da lui e Dio solo sa per quale motivo…- ragionava Riccardo.

Ripensò alle affermazioni del collega di Franchi, alla perquisizione, alla casa e soprattutto agli elementi della cucina ripresi in modo meticoloso nel disegno: erano diventati un chiodo fisso, cercava senza sosta il nesso tra tutti quegli elementi.

-La cucina era proprio la stanza rappresentata nel disegno…- osservò l’agente Nucci.

-Sì, è spiazzante… è lui in quella stanza ma questo non ci può bastare…- disse Salieri.

-L’autore del disegno potrebbe essere stato testimone di quanto accaduto… o potrebbe essere solo uno scherzo di cattivo gusto…- valutò Riccardo.

-Sì, è vero… del resto non abbiamo trovato nulla di incriminante, nulla… ma poi, avete notato? Franchi non sembrava minimamente sorpreso del nostro arrivo- considerò Salieri.

-Questo potrebbe giocare a suo sfavore… chiunque sarebbe oltremodo spiazzato nel vedersi dei poliziotti bussare alla porta di casa per fare una perquisizione…- gli fece di rimando Riccardo.

-Già… sembrava sapere che prima o poi saremmo arrivati… come se si fosse preparato mentalmente per quel momento…- disse Manuzzi.

-Beh… una cosa l’abbiamo trovata… un bel mazzo di fiori! Avete visto che bella composizione aveva su quel tavolo in cantina in mezzo a tutta quella roba accatastata?- osservò Lotti sorridendo.

-Sì, effettivamente...- fece Salieri inarcando le sopracciglia.

-Forse è un amante delle composizioni floreali o forse…- un tale fremito colse Riccardo che non riuscì a finire la frase.

-Dobbiamo ritornare in quella maledetta cantina… Chiedete immediatamente l’autorizzazione per un nuovo sopralluogo, subito!- fece Riccardo perentorio colpendo con un pugno il piano della scrivania.

 

Il giorno successivo si ripresentarono alla porta del magazziniere.

-Buongiorno signor Franchi, siamo qui per un altro sopralluogo, ecco il decreto di perquisizione…- Riccardo glielo mostrò.

-Avete già guardato ovunque ieri…- fece lui con disappunto.

-Vorremmo controllare meglio se non le spiace…-

Questa volta, su indicazione di Riccardo, si diressero subito in cantina: una volta attraversato il portone girarono a sinistra e scesero i pochi gradini che li separavano dallo stanzone seminterrato.

Riccardo osservò accuratamente il terreno battuto del pavimento e notò delle disomogeneità sotto il tavolo addossato alla parete: in quel punto era leggermente diverso, meno compatto.

Anche quella mattina dei fiori freschi erano stati posizionati con grande cura.

-No… lì no…- gli sfuggì dalla bocca in un ansimo.

-Cosa vuole dire con “lì no”?- fece Riccardo.

-Non toccate nulla, lasciate stare…- l’uomo si era di colpo innervosito.

Riccardo guardò i suoi uomini e fece cenno di procedere.

Tolsero gli oggetti e posarono il vaso di fiori a terra, quindi sollevarono di peso il tavolo spostandolo al centro della cantina.

Franchi cominciò ad essere visibilmente irrequieto e agitato:

-No… state fermi…- disse cercando di opporsi all’ispezione.

-Stia calmo, si allontani…- fece l’agente Nucci.

Riccardo si avvicinò al pavimento e verificò la compattezza del fondo con un agente: la terra sembrava scavata di recente, lasciando un piccolo e quasi invisibile dislivello.

Riccardo aveva trovato la conferma alla sua intuizione e l’agitazione di Franchi sembrava corroborarla.

-Prendete quel piccone e la pala… scaviamo…- ordinò.

-No! Non potete…- Franchi guardava Riccardo con una espressione smarrita, sembrava ora implorare aiuto.

-Perché non possiamo signor Franchi?- chiese Riccardo in modo fermo ma allo stesso tempo disponibile all’ascolto: aveva visto lo sgomento prendere posto sul suo viso, era diventato quasi supplichevole.

-Non potete perché… perché lì c’è sepolta la mia Carola…- ammise a testa china, poi esplose in un pianto disperato.

L’uomo era stremato, sfinito da un gesto più grande di lui: non c’era odio nei suoi occhi, solo una tristezza infinita.

Riccardo lo fece sedere sulla sedia vicino l’ingresso.

-Signor Franchi, lei ha ucciso Carola Rocci?-

-Sì, sono stato io…-

-Ci deve seguire in commissariato… Nucci…Vitali…-

-Subito commissario…-

Riccardo fece chiamare la Scientifica, non rimaneva che riesumare il corpo e sottoporlo ad autopsia.

 

-Signor Franchi, lei aveva una relazione con la signora Rocci?-

-Sì… ci siamo conosciuti in ospedale-

-Da quando vi frequentavate?-

-Da giugno-

-Come avvenivano i vostri incontri? Come vi mettevate in contatto? Nei tabulati telefonici non abbiamo mai trovato il suo numero- osservò Riccardo.

-Non si fidava del marito e dei suoi controlli sul cellulare… anche se la tradiva era un uomo possessivo ed egoista…Ci incontravamo nei locali dell’ospedale durante le pause pranzo, è stata una relazione passionale, avvolgente… trovavamo sempre un momento per noi… Raramente, turni permettendo, mi raggiungeva a casa mia- raccontò lui.

-Ma come avete fatto a trovarmi?- domandò poi.

-Ci arriveremo dopo… Allora signor Franchi, cosa è successo quella notte?-

-Io… io avevo incontrato Carola nel pomeriggio… le avevo chiesto di vederci a casa mia, volevo parlarle… ho talmente insistito che lei infine ha accettato-

-Perché? Perché voleva parlarle?- lo incalzò Riccardo.

-Per cercare di convincerla a tornare con me…-

-Vuol dire che vi eravate lasciati?-

-Veramente è lei che mi ha lasciato…- ammise amareggiato.

-Quando è successo?-

-Intorno ai primi di novembre si era riavvicinata al marito, non voleva separarsi per non far soffrire i figli… e io non mi davo pace…-

-Cosa le ha detto?-

-Le ho detto che l’amavo, che non poteva buttarmi via come e quando faceva più comodo a lei… Io l’amavo profondamente, mentre lei invece…- fece afflitto.

-Cosa le disse Carola precisamente?-

-Mi chiese scusa… si era accorta che per me era stata una relazione seria e che mi aveva ferito terribilmente rifiutandomi. Io ero totalmente coinvolto, mentre lei vedeva la nostra relazione solo come una rivalsa nei confronti del marito che l’aveva spesso tradita… Si era pentita… mi disse che stava mettendo a repentaglio la serenità dei suoi figli e che non voleva assolutamente. Si era rimessa con il marito proprio per loro… solo per loro… me lo ha confessato lei quella sera…-

-Poi cosa è successo?-

-Abbiamo parlato a lungo, ma lei è rimasta ferma nella sua decisione. La discussione poi è degenerata per le mie insistenze, ho cercato di abbracciarla, di baciarla e lei mi ha nuovamente respinto. Mi sono sentito preso in giro… usato… ha cominciato a ridere di me e delle mie suppliche… e lì non ci ho visto più…- Franchi parlava con i pugni stretti.

-Cosa ha fatto signor Franchi?-

-Ho avuto uno scatto d’ira, l’ho presa per il collo e ho stretto forte… avevo in corpo una rabbia tale che non sono riuscito a fermarmi… solo quando è scivolata a terra ho realizzato quello che avevo fatto…- con le mani Franchi mimava il suo folle gesto. Aveva le lacrime agli occhi: confessare ed ammettere quello che aveva fatto liberò la sua coscienza di un peso enorme.

-Che ore erano?-

-Circa l’una di notte…-

-Perché l’ha seppellita in cantina?-

-Volevo che stesse con me per sempre… è stata il mio grande amore… era bellissima Carola, la donna più affascinante che abbia mai conosciuto…- il suo sguardo triste era ora perso nei ricordi.

La descrizione della dinamica dell’uccisione fatta da Franchi coincise con il referto dall’autopsia eseguita nei giorni successivi.

-Signor Franchi, eravate soli quella notte o c’era qualcun altro insieme a voi due?- chiese Riccardo.

-No… eravamo soli… ma perché me lo chiede?- fece lui smarrito.

-Ora le faccio vedere una cosa…- Riccardo tirò fuori dal cassetto della scrivania il disegno di Sara protetto da una custodia in plastica e lo mise sul tavolo davanti a Franchi.

-Cos’è questo? Cosa vuol dire?- Franchi lo fissava attonito con la fronte aggrottata, era evidentemente spiazzato.

-Ha qualcosa da dire riguardo a questo foglio?-

-Ma questo sono io… chi lo ha fatto?-

-Qui le domande le faccio io signor Franchi…-

-Vi state prendendo gioco di me…-

-No signor Franchi, è tutto vero. Qualcuno l’ha indicata chiaramente come l’assassino di Carola Rocci, come vede…-

Franchi era ammutolito, fissava il suo ritratto e la rappresentazione puntuale e precisa degli oggetti della sua cucina e non sapeva cosa dire. Si chiedeva in cuor suo se veramente qualcuno poteva essere stato testimone dell’omicidio.

Riccardo considerò che stesse mentendo e lo richiamò dai suoi pensieri.

-Signor Franchi, se non ci dice la verità non farà che aggravare la sua posizione… Qui può esserci un concorso in omicidio, sta proteggendo qualcuno? E’ sicuro di non sapere chi abbia fatto questo disegno?-

-Non l’ho mai visto in vita mia, non so chi possa averlo fatto… dovete credermi…- sembrava essere sincero nel dirlo, il suo sguardo sorpreso lo confermava.  

-Volete dire che mi avete trovato grazie a questo disegno?- l’uomo non riusciva a capacitarsi.

-E’ proprio così, l’autore ci ha condotti da lei- confermò Riccardo.

-Ma non è possibile… eravamo solo noi due in quella stanza… io e Carola… nessun altro…- Franchi continuava a manifestare il suo sconcerto fissando il disegno.

-Per oggi abbiamo finito, portatelo via…- fece Riccardo ai suoi uomini.

Franchi sembrava dire la verità e questo non faceva che complicare le cose poiché Riccardo non riusciva a dare una spiegazione logica alla realizzazione di quel disegno, in nessun modo.

-Cosa dobbiamo pensare allora? Franchi mente e c’era un complice quella notte o qualcuno lo ha visto commettere l’omicidio? Forse un vicino di casa?- ipotizzò Salieri.

-Non lo so… per come sono raffigurati gli oggetti quella persona doveva essere lì con loro, in quella stessa stanza, non fuori a guardare da una finestra… è tutto così strano… L’unica cosa sicura è che senza questo identikit staremmo ancora brancolando nel buio…- ammise Riccardo guardando il disegno.

-Tutto infine coincide: la Rocci ha mentito al marito e con la scusa di una cena con le amiche del liceo si è allontanata. Per essere sicura di non essere disturbata ha lasciato direttamente il cellulare a casa, era riuscita così a ritagliare qualche ora per sé per chiarirsi con l’ex amante, voleva scusarsi e concludere definitivamente con lui… ma è andata diversamente purtroppo- riassunse Salieri.

-Aveva deciso di rompere quella relazione per il bene dei due figli, nonostante il marito si comportasse con lei a quel modo… che tristezza- ammise Manuzzi.

-Già… ma la storia purtroppo ci insegna a diffidare di questi appuntamenti per chiarirsi e salutarsi un’ultima volta…- fece Riccardo assorto nei suoi pensieri.

-E con il disegno come la mettiamo?- chiese Salieri.

Anche se il caso Rocci era finalmente risolto mancavano ancora dei tasselli fondamentali per ricomporre la dinamica dei fatti in modo chiaro ed esaustivo.

-Non so come ma dobbiamo a questo punto valutare il disegno separatamente da quanto è accaduto in quella stanza… Dobbiamo continuare ad indagare, non possiamo escludere nulla-

-Partendo dallo stile possiamo risalire al disegnatore… forse dovremmo renderlo noto in conferenza stampa, darlo in pasto ai giornalisti e aspettare che qualcuno lo riconosca…- propose Manuzzi.

-Sì, è una via percorribile…- confermò Riccardo.

-Del resto si vede che è stato eseguito da una persona che abitualmente disegna… non è opera di un inesperto…- continuò l’ispettore.

-Devo andare dal questore per metterlo al corrente di quanto è successo stamattina, con lui deciderò come muovermi- concluse Riccardo.

-Benissimo Riccardo…- fece Salieri.

-Ho proprio bisogno di un’oretta di nuoto… è stata una giornata produttiva ma anche molto pesante... certo che l’amore è un sentimento veramente strano… può farti letteralmente impazzire costringendoti a fare cose orribili, è una forza indomabile e accecante…- osservò Riccardo strofinandosi gli occhi per la stanchezza.

-Beh… io stesso sono testimone di come l’amore mi abbia accecato e buttato nelle braccia di una megera… la mia ex moglie…- fece Lotti con malcelato sarcasmo.

-Tu sei fortunato… io ancora ci sto lottando contro…- fece divertito Salieri.

-Ma taci… non so come tua moglie ti sopporti ancora con le battutacce che le fai…- gli disse Manuzzi.

-Ma io scherzavo…- fece Salieri ridendo.

-Dovresti baciare la terra dove cammina… altro che megera…- osservò Lotti.

-Riccardo? Tu non ti sei mai innamorato?- continuò Lotti.

-Per fortuna no Mauro… Se devo essere sincero, mi sembrano tutte energie sprecate…- fece lui lapidario.

-Eppure un giorno ti innamorerai, con tutte quelle belle donne che ti girano attorno… e ne sapremo riparlare- sorrise Salieri.

-Se la pensi così vuol dire che ancora non mi conosci…- gli disse accennando ad un sorriso.

 

Il giorno successivo ebbe luogo la conferenza stampa alla presenza del Vice Questore Aggiunto Furla e del Commissario Valenti. I giornalisti presenti vennero messi al corrente degli avvenimenti del giorno precedente: il ritrovamento del cadavere di Carola Rocci nell’abitazione di Franchi e l’arresto di quest’ultimo. Il caso veniva però considerato dalla polizia parzialmente concluso per la mancanza dell’identificazione dell’esecutore del disegno che aveva permesso di fatto l’arresto di Franchi.

-Dove avete trovato il foglio commissario?- fece uno dei giornalisti.  

-In realtà lo ha trovato in una delle panche della sua chiesa Don Alberto Santini. Stiamo proseguendo con le indagini per ritrovare l’esecutore del disegno, senza il quale peraltro non avremmo ancora rintracciato l’assassino. Dobbiamo valutare la sua posizione, se era presente durante l’assassinio della Rocci o se è venuto a conoscenza in qualche modo di quanto successo e ha sentito la necessità, seppur in modo anonimo, di denunciare quanto sapeva. Dobbiamo valutare un eventuale concorso in omicidio, le ipotesi sono diverse e c’è la necessità di fare chiarezza- fece Riccardo.

-Possiamo pubblicare l’immagine?-

-Sì, certamente. Per questo motivo, ed in accordo con il p.m. Giunti titolare dell’indagine, la polizia ha deciso di diffondere il disegno di questo ignoto esecutore, nella speranza che qualcuno possa riconoscerne lo stile e ci possa riportare indicazioni tali da poterlo rintracciare ed interrogare in merito- fece il Vice Questore Aggiunto Furla.

-Ci chiedete di lanciare un appello a mezzo stampa allora…-

-Sì, è nostra intenzione usare qualsiasi mezzo per riuscire ad arrivare a questa persona e chiudere in modo definitivo il caso- concluse Riccardo.

 

La notizia del ritrovamento del cadavere e dell’identificazione dell’assassino fece in un attimo il giro della città ed il clamore suscitato dal disegno spaventò Sara.

I giornali locali riportarono tutti i particolari dell’indagine compresa l’immagine dell’identikit e con molta trepidazione decise di acquistarne uno.

Aveva atteso di rientrare dal lavoro prima di leggere l’articolo e capacitarsi del fatto che stavano in quel momento cercando proprio lei in una sorta di caccia alle streghe.

Le sembrò in qualche modo di leggere la sua sentenza: concorso in omicidio.

Il sangue le si gelò nelle vene, si sentì mancare per un attimo il respiro e venne sopraffatta dalle lacrime: realizzò di aver messo a repentaglio non solo se stessa ma anche l’incolumità dei suoi familiari. Si sentì una completa stupida, aveva sottovalutato la reazione della polizia a quello che per lei era stato solo un atto di coscienza, non aveva seriamente messo in conto che gli inquirenti non si sarebbero accontentati del suo anonimato e avrebbero cercato e trovato la verità prima o poi.

Filippo sentendola piangere la raggiunse in camera.

-Sara… Sara non piangere…- la consolò il fratello anche lui molto preoccupato. 

-Sono spaventata Fili… anzi, terrorizzata. Pensano che io sia stata corresponsabile dell’omicidio… ti rendi conto? Chi mi crederebbe… mi prenderebbero per pazza se andassi alla polizia a parlare dei miei incubi… o peggio ancora diventerei un fenomeno da baraccone, tutto da studiare… In qualunque modo andrebbe sarebbe uno schifo… non ho dato il giusto peso a questo accanimento nei miei confronti… speravo che bastasse la soluzione del caso… invece…-

Sara si era distesa sul letto con gli occhi colmi di pianto: stringeva il giornale al petto pienamente cosciente della gravità della situazione nella quale era venuta a cacciarsi.

-Nessuno conosce i tuoi disegni, già in oratorio sei stata molto brava a nascondere il tuo stile… nessuno ti troverà… dovrai solo essere estremamente prudente d’ora in poi… me lo prometti Sara? Me lo prometti?- la incalzò lui.

Ora Sara vedeva quanto anche Filippo fosse spaventato, non riusciva più a dissimulare la sua paura, era terrorizzato quanto lei.

Lo attirò a sé, lo strinse forte e smise di piangere: il suo sguardo perso nel vuoto era ora completamente rassegnato.

 

Il padre rientrò a casa poco prima di cena.

-Sara… Sara…- Agostino chiamava la figlia con voce alterata.

-Papà sono in camera…-

-Hai mandato tu quel disegno alla polizia, vero?- il suo viso era sgomento.

-Sì… mi dispiace- ammise lei in imbarazzo.

-L’ho riconosciuto subito…- si sedette sul letto accanto alla figlia.

-Papà perdonami… ho sentito la necessità di far ritrovare la mamma dei gemelli… mi sentivo in colpa… coinvolta… non ho sopportato più di tenermi dentro quello che avevo visto…- confessò lei.

-Forse hai fatto bene… e comunque è oramai tardi struggersi per una cosa che ha preso una sua strada…-

-Lo sapevo che non avresti voluto ma… ho sentito di doverlo fare. Mi perdoni?- fece Sara tra le lacrime.

-Sono io che devo chiederti scusa… dovevamo molto tempo fa, io e tua madre, cercare qualcuno che ti aiutasse… in definitiva ti abbiamo chiesto in tutti questi anni un sacrificio più grande di te… avrei dovuto occuparmi io di tutto questo e non tu che subisci questa situazione assurda… hai fatto la cosa giusta, non ti preoccupare Sara, affronteremo quello che verrà insieme… perdonami per averti lasciata sola… sono stato un egoista…- e la strinse forte.

-Tu non hai nessuna colpa di quanto mi succede… e non credo che esista qualcuno che possa aiutarmi, nessuno lo può fare…- gli disse rassegnata ricambiando il suo abbraccio.

 

-Pronto Sara? Mi senti?- fece Nicola al cellulare.

Era rimasta in ascolto qualche secondo prima di rispondere.

Sara era in difficoltà, lui conosceva il suo stile, era l’unica persona in grado di farla scoprire: forse per la prima volta nella sua vita non era contenta di sentirlo.

-Ciao Nico, sì… ti sento… come stai?- fece incerta.

-Io bene…volevo parlarti della notizia bomba di oggi, del ritrovamento della Rocci…- fece lui.

-Sì, qui non si parla d’altro…- gli disse cercando di sembrare disinvolta.

-Ho visto il disegno su internet… hai notato anche tu quanto assomigli ai tuoi lavori?-

Il sangue di Sara smise di scorrere per un secondo.

-Sì… sono rimasta di sasso anch’io… Non penserai mica che c’entri qualcosa con quell’omicidio, vero?- azzardò lei.

-Ma stai scherzando Sara? Come potrei pensare una follia del genere… solo che… mi sono meravigliato per la somiglianza…-

-Anch’io, te l’ho detto… evidentemente il monocromo va di moda anche tra gli indagati per omicidio…- commentò ironicamente lei senza molto entusiasmo.

-Evidentemente sì…- rise lui.

-Cosa fai di bello oggi?-

-Sono in giro per Roma con Andrea… che ti saluta…-

-Salutalo da parte mia…-

-…e poi ritorniamo a casa. Questo fine settimana non sono tornato a Viterbo perché avevo da fare qui-

-Non ti preoccupare Nico… ci vediamo il prossimo fine settimana allora…-

-Sì… ti voglio bene Sara…-

-Idem…-

-Ciao…-

-Ciao…-

 

La domenica successiva Sara attese don Alberto fuori la sagrestia per parlargli. Il parroco la vide e comprese la sua necessità di confrontarsi con lui sull’accaduto.

Quando tutti furono andati via Sara gli si avvicinò.

-Vorrei parlare con lei Don Alberto…-

-Arrivo Sara, solo un attimo…-

Si sedette sulla stessa panca dove si era confidata con lui la prima volta e rimase in attesa.

Don Alberto la raggiunse.

-Eccomi… Come stai Sara?-

-Male… ha visto cosa è successo? Forse ho sbagliato tutto, pensano che sia coinvolta nel delitto…- disse preoccupata.

-Hai fatto la cosa giusta Sara, non ti devi accusare di nulla, le cose si sistemeranno… hai permesso a quella famiglia di ritrovare il corpo di Carola e hanno finalmente saputo cosa è successo, è questo quello che conta-

-Ma a che prezzo? Ho il rimorso di aver messo in pericolo la mia famiglia…-

-Cosa vuoi dire?-

-Se si venisse a sapere che posso essere a conoscenza di chi ha commesso un delitto sarei in pericolo e con me la mia famiglia che sarebbe esposta a qualsiasi persona senza scrupoli…- disse agitata.

-Abbi fiducia Sara, mettiamoci nelle mani Dio e affidiamoci alla sua protezione… dobbiamo pregare affinché le cose vadano per il meglio…-

-Lo spero, ma il disagio che sento dentro mi fa stare veramente male…- confessò lei.

-Pregherò per te Sara, per la tua serenità e affinché tutto si sistemi… se Nostro Signore ti ha dato questo dono forse è perché Lui sa che solo tu sei in grado di poterlo usare per il meglio… pensaci Sara- la confortò lui.

 

In un vecchio casolare di campagna nei dintorni di Piansano un pastore aveva ascoltato al telegiornale la notizia della soluzione del caso dell’infermiera di Viterbo.

Era rimasto attonito nel vedere il disegno anonimo finito nelle mani della polizia: riconobbe immediatamente lo stile dell’autore perché era identico a quello che aveva visto tempo prima attraverso il finestrino di un’auto.

Era un altro disegno di Sara.

Com’era possibile, si chiedeva, che quella ragazza avesse fatto l’identikit anche di quell’uomo come tempo prima aveva fatto con lui? Come c’era riuscita?

Gli sembrava di impazzire: si alzò dalla sedia e cominciò a girare per la casa senza meta preda di una esasperazione che non gli dava pace.

Come poteva Sara essere a conoscenza addirittura di due omicidi?

Un fremito di terrore lo colse: ora sarebbe toccato a lui?     

Rimase esangue al solo pensiero, era quasi in stato di choc, i suoni della campagna gli giungevano ora ovattati e lontani.

Perché non lo aveva ancora denunciato? Cosa la tratteneva?

Valutò in un attimo di lucidità che la stavano cercando: la polizia stessa chiedeva aiuto alla popolazione per ritrovare l’autore di quel disegno, Sara si stava nascondendo dalle autorità, per qualche oscuro motivo non voleva essere trovata e fu allora che comprese pienamente il suo vantaggio.

Considerò che doveva essere la prima volta che quella ragazza aiutava la polizia perché, per quanto si sforzasse di ricordare, non aveva mai sentito parlare di un caso di omicidio risolto per mezzo di un disegno anonimo.

Decise quindi affrontare il problema prima che la polizia fosse riuscita a mettersi sulle sue tracce o, peggio ancora, prima che Sara prendesse in considerazione di far pervenire anche il suo identikit agli investigatori.

Colto dal panico, valutò di disfarsi degli oggetti di Iryna che aveva ancora con sé e che potevano incriminarlo: cercò e ritrovò la borsetta della ragazza ucraina e ne frugò accuratamente il contenuto. Guardò un’ultima volta i suoi documenti, tolse i soldi dal portafogli e si diresse con l’accendino in un angolo del piazzale. Quando il fuoco divampò intenso e vorace, vi buttò dentro anche il cellulare e la sim.

Di fronte a quelle fiamme danzanti ed ipnotiche gli ritornarono alla mette i fatti di quella notte, non era nelle sue intenzioni uccidere ma qualcosa nella sua mente lo aveva costretto a farlo.

Aveva girovagato a lungo con la sua auto per la città di Viterbo, poi si era diretto verso la periferia nord in prossimità del deposito dei mezzi Acotral perché sapeva che lì avrebbe trovato delle prostitute.

Rimase per un po’ lontano ad osservare le ragazze ed una di loro in particolar modo attirò la sua attenzione.

Intorno all’una era rimasta sola nell’area del parcheggio e trovò il coraggio di avvicinarla.

-Sei libera?-

-Sì…-

-Sali?-

-Sei nuovo? Non ti ho mai visto…-

-Sì, è la prima volta che vengo da queste parti… allora sali?-

Un po’ timorosa si guardò intorno, aprì lo sportello e si sedette sul sedile passeggeri del pick-up.

-Sei bella… come ti chiami?-

-Iryna-

Mentre la osservava compiaciuto, nella sua testa si fece largo un diverso programma: voleva portarla nella sua proprietà a Piansano per poi ricondurla lì più tardi.

Non le disse nulla, fece manovra ed imboccò la strada che conduceva fuori città.

La ragazza, vedendo che aveva intenzione di allontanarsi di molto dal parcheggio, cominciò a mostrargli il suo disappunto.

-Non posso andare lontano… c’è un posto qui vicino…-

-No. Voglio portarti a casa mia, lì staremo comodi…-

-Fermati… non è possibile, non posso allontanarmi…- la ragazza prese il cellulare dalla borsa.

-Finché stai con me non devi usare il cellulare- fece lui innervosito costringendola a metterlo via.

-Mi fai paura se fai così… riportami indietro… non voglio nulla…-

-Stai calma… rilassati- fece lui inespressivo.

La ragazza, sempre più impaurita, si fece coraggio e con mani tremanti riprese il cellulare dalla borsa.

Essere contrariato in quel momento lo irritò profondamente, un fremito d’ira improvviso gli risalì dalle viscere ed una rabbia sorda prese il sopravvento tanto da spingerlo a compiere azioni che neanche lui avrebbe mai immaginato.

Le strappò dalle mani il cellulare e tolse in un attimo la batteria, lei d’istinto provò a strattonarlo e a tirare il freno a mano per far rallentare il pick-up e scendere.        

Fu allora che la sua collera divenne incontenibile: le spinse violentemente la testa contro il montante della portiera ed il colpo fu talmente forte che la ragazza rimase semisvenuta fino a quando giunsero nei pressi di Piansano.

 

Sara, dopo tutto quello che era successo, aveva cercato faticosamente di ritornare ai ritmi di una vita normale ma in cuor suo non si aspettava nulla di buono.

Aveva deciso di concentrarsi alacremente sul lavoro però il timore che la riuscissero a trovare era sempre al primo posto nei suoi pensieri.

Ogni tanto immaginava la sua storia sbattuta in prima pagina, la vedeva rimbalzare sul web alla mercé del mondo, la sua vita sarebbe potuta cambiare in un attimo.

La cosa poi che più di tutto la tormentava erano le possibili ritorsioni sulla sua famiglia poiché era sicura che la polizia l’avrebbe convinta a collaborare anche riguardo ad altri casi irrisolti.

Se per causa sua fosse successo qualcosa a Filippo o al padre non se lo sarebbe di certo mai potuto perdonare, era terrorizzata e cercava in tutti i modi di non pensarci.

Si era convinta che dopotutto aveva fatto la cosa giusta, per i gemelli e per la loro mamma, se ne era resa chiaramente conto ai funerali della donna: la numerosa partecipazione era stata commovente, tutta la comunità si era stretta in silenzio attorno a quella giovane famiglia spezzata.

La sua collaborazione aveva dato un senso, seppur assurdo, a quella vicenda dolorosa: la verità aveva vinto, ma solo quella, perché tutti ne erano usciti sconfitti, Franchi, i gemelli ed il marito di Carola.

Per fortuna con il passare delle settimane quel triste avvenimento divenne sempre meno oggetto di discussione in città ed anche agli occhi di Sara sembrò pian piano diventare per tutti un remoto ed insensato ricordo: era stata direttamente testimone di come le persone si sconvolgessero e ritrovassero il loro stato di quiete in breve tempo.

Per Sara cominciò un primo e cauto periodo di ottimismo: in casa non se ne parlava più, il padre e Filippo erano certamente in angoscia per lei ma nessuno di loro aveva il coraggio di aprire l’argomento.

Più le settimane passavano più il sollievo pervadeva i loro animi permettendo loro di essere più sereni e fiduciosi riguardo a quello che Sara aveva deciso poco tempo prima di fare.

 

Dopo la soluzione del caso Rocci il lavoro di Riccardo era ripreso a ritmi sostenuti.

La quadra ora lavorava sul caso Iryna e purtroppo anche questa volta si trovarono di fronte ad una indagine tutt’altro che facile.

Le telecamere del parcheggio dell’Acotral non furono di grande aiuto poiché la ragazza si era posizionata quella notte in un punto del parcheggio male illuminato.

Nessuno a quanto pare era stato testimone del momento del rapimento o forse, più probabilmente, nessuno considerò intelligente presentarsi in questura per testimoniare.

Si ritrovarono per le mani come unici elementi di rilievo quelli provenienti dall’esame autoptico della vittima poiché i pochi elementi raccolti sul posto del rinvenimento del cadavere non si rivelarono in alcun modo utili.

-Il corpo è stato lasciato nel canale ma la ragazza deve essere stata uccisa da tutt’altra parte, alcuni filamenti di paglia ritrovati tra i capelli, del tutto incongrui con il luogo del ritrovamento, ce lo fanno ipotizzare- disse Salieri.

-Forse è stata portata in campagna o forse nell’auto stessa c’era della paglia- osservò Manuzzi.

-Già- Riccardo teneva in mano una mela, con un morso ne asportò quasi la metà poi, pensoso, cominciò a masticarla.

-Possibile che non abbia lasciato la benché minima traccia di sé? Sarà stata fortuna o siamo di fronte ad una persona molto scaltra?- si chiese Salieri.

-Spietato lo è stato sicuramente: la ragazza non meritava di fare quella fine. Il taglio della lama è netto, preciso… potrei pensare che sia stato un gesto piuttosto disinvolto…- valutò Riccardo asciugandosi la bocca con il dorso della mano.

-Cosa vuoi dire?- fece Manuzzi.

-A quanto pare ha inciso in modo delicato, la lama ha affondato quel tanto che bastava per reciderle la giugulare… come se sapesse come fare per ottenere un lavoro pulito… nel referto lo si specifica bene, non ha spinto con forza. Un taglio fermo e risoluto, da esperto potrei dire- fece notare Riccardo.

-Una persona disinvolta nel fare una cosa abominevole come questa dici?-

-Già… sembra una follia ma nella mia testa gira una ipotesi del genere- Riccardo lo vide come un suggerimento importante: il modus operandi era sempre stato per lui fonte di ispirazione per le sue intuizioni.

Quello che ad una prima osservazione poteva sembrare un semplice gesto casuale poteva invece tradire un particolare background in una persona: un approccio alle indagini che Riccardo non trascurava mai.

-Della paglia ed un taglio sicuro e fermo… un uomo che abitualmente uccide… si potrebbe pensare ad un pastore…- suggerì Salieri.

-Già, e del resto di pastori nel viterbese ce ne sono tanti… non possiamo escludere però alcuna pista: potrebbe averci fatto trovare di proposito della paglia per depistarci. Restiamo in carreggiata e procediamo per la nostra strada, abbiamo bisogno di altre informazioni, forse qualcuno che era lì quella notte troverà il coraggio di testimoniare- fece Riccardo.

-L’unica cosa certa è che deve essere un tipo pericoloso se gira di notte con una lama affilata come quella- osservò Salieri.

Riccardo emise un profondo sospiro e finì di mangiare la mela con un ultimo morso vorace.

-Vado a correre durante la pausa pranzo, ci vediamo dopo ragazzi- disse gettando il torsolo nel cestino.

-Ok, a dopo-

-A dopo Riccardo-

 

Riccardo si dedicò alla corsa costeggiando le mura cittadine.

La temperatura di quella mattina di maggio era particolarmente mite e le strade, dopo l’uscita degli alunni da scuola, erano praticamente deserte.

Ripensò e valutò a lungo gli indizi fino a quando la testa, seguendo tutt’altro percorso, lo condusse a Sara.

Era trascorso molto tempo dall’ultima volta che l’aveva vista, aveva accompagnato il nipote altre volte in oratorio la domenica mattina ma non gli era più capitato di incontrarla.

Percepì a livello dello stomaco una nota di crescente dispiacere, la tipica sensazione di disagio che nasce dai desideri irrisolti.

-Ma cosa mi ha fatto quella ragazzina?- pensò tra sé.

Gli sarebbe piaciuto conoscerla meglio, anche solo per sapere se le valutazioni che aveva fatto su di lei erano corrette.  

Dopo circa tre quarti d’ora di corsa raggiunse casa, fece una doccia veloce e tornò in ufficio a piedi.

 

L’assassino di Iryna continuò a pedinare Sara.

Nessun poliziotto si era presentato alla sua porta, la ragazza non aveva ancora fatto recapitare loro nulla ed un silenzio tombale incombeva sulle indagini riguardo al suo omicidio.  

Solo la stampa e la tv, in particolar modo, ritornavano di tanto in tanto sul luogo del ritrovamento in cerca di testimoni oculari: il gossip sulla cronaca nera tirava da sempre gli ascolti.

Era rimasto in trepidante attesa per settimane che lo venissero ad arrestare ma non accadde, il dubbio del perché Sara avesse evitato di far arrivare alla polizia anche il suo identikit lo consumava dentro, viveva in una situazione sospesa, in un limbo che faticava ogni giorno di più a sopportare.

Sara era diventata per lui un chiodo fisso, una incognita pericolosa ed oscura e quando poteva si appostava con il binocolo vicino all’azienda di Monterazzano per osservarla.

Per qualche motivo Sara aveva paura di essere trovata e premeva forte in lui il desiderio di chiederle come tutto quello fosse possibile.

Con il tempo si sentì più sicuro, protetto dal comportamento omertoso della ragazza che cominciò a vedere più come una complice che come un pericolo latente e non ci volle molto perché maturasse in lui l’idea di rapirla.

Nella sua testa il piano si fece strada e cominciò ad assumere delle forme ed una tempistica sempre più precise: l’avrebbe presa e costretta a farsi consegnare il disegno che aveva visto tempo prima in auto poi, lei ed il suo disegno, sarebbero semplicemente spariti per sempre.

Valutò persino di poterla rinchiudere da qualche parte per tutto il tempo che gli fosse piaciuto: aveva sentito raccontare di storie con donne schiavizzate da cui aveva tratto questa insana quanto folle idea.

Un sorriso sbieco si fece strada sul suo volto ed una sensazione di onnipotenza lo pervase, quella soluzione sollecitava piacevolmente i suoi sensi. Quando andava in cerca di donne la sua mente ragionava in modo più lucido e freddo, la sua blanda astuzia stranamente si acuiva.  

Cercava ora il modo di avvicinarla, di trovare un momento della sua giornata in cui potesse mettere in atto il suo piano ma si accorse che la cosa era tutt’altro che facile.

In città non era possibile, troppi testimoni e troppe telecamere, l’unico momento idoneo poteva essere a lavoro durante gli spostamenti con il furgoncino aziendale ma anche in quelle strade sterrate e fangose non sarebbe stato facile rapirla.

Erano zone frequentate da coltivatori e allevatori residenti e percorse abitualmente dai grossi mezzi agricoli degli addetti ai lavori nei campi.

Pensò con un ghigno di soddisfazione a quanto sarebbe stato facile farla arrivare direttamente al casale di Piansano con la scusa della consegna dei mangimi a domicilio: il solo pensiero lo fece eccitare ma dovette scartare subito quella soluzione allettante poiché per ottenere il servizio avrebbe dovuto recarsi in azienda e registrare i suoi dati.

Non gli rimaneva che trovare il momento adatto e con pazienza e discrezione si appostò spesso nei dintorni di Monterazzano valutando orari e zone di distribuzione: era oramai certo che prima o poi l’occasione giusta sarebbe arrivata.

 

Era in auto di ritorno dalla casa di un lontano parente di Tarquinia, aveva fatto tardi raccontando più che altro di come stesse ora dopo la morte dei genitori, la serata fu per lui noiosa ed opprimente.

Dopo tante insistenze si era visto costretto ad andarli a trovare e dovette recitare la parte dell’afflitto inconsolabile per l’intera serata assumendo una espressione rassegnata e mesta, quella che per lo meno loro si aspettavano di vedere.

Avrebbe voluto invece urlare sulle loro facce comprensive come finalmente si sentisse sciolto dal loro controllo e soprattutto libero da quel padre padrone insensibile e violento che per tutta la serata dovette incensare come esempio insostituibile di capacità e virtù.

La sua vita era stata un inferno, lo aveva capito pienamente solo dopo la loro morte e la felicità, abbinata nella sua testa ad un senso di onnipotenza, aveva per lui un sapore del tutto nuovo ed inesplorato.

Quella tarda sera di giugno, mentre percorreva la Statale Tuscanese, si sentiva stranamente svuotato di ogni emozione.

Nella monotonia della guida ripensò a Sara e a tutte le difficoltà che incontrava per mettere in atto il suo piano, gli sarebbe piaciuto averla vicina e la immaginò sorridente proprio lì accanto a lui.

Improvvisamente i fari abbaglianti fecero emergere dall’oscurità una figura di donna, rallentò per valutarla e accostò qualche decina di metri più avanti.

Fece lentamente retromarcia e aprì il finestrino del pick-up proprio davanti alla prostituta.

-Ciao…-

-Ciao…-

-Sali?-

-Non ti ho mai visto qui, sei carino…- fece lei chiudendo lo sportello.

-Anche tu…- la guardò inespressivo.

Neanche quella notte era nelle sue intenzioni uccidere, eppure qualcosa in lui scattò.

-Hai da accendere?- fece lei.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

-No… no… non lo fare… stammi lontano… no…- le urla di Sara svegliarono di soprassalto Filippo che corse in camera dalla sorella.

-Sara… Sara svegliati sono io, Filippo…- il fratello riuscì a staccarla dalla sua visione e a riportarla alla realtà.

-Fili… Fili, ho di nuovo…visto quell’uomo…- gli disse piangendo terrorizzata.

Era fredda, rigida e Filippo la avvolse svelto in un plaid.

-Hai rivisto quell’uomo che ha ucciso la prostituta?-

-Ti prego… aiutami… a vestirmi…- la consueta ondata di adrenalina cominciò a manifestarsi ma questa volta le provocò un tremore tale che Sara non riuscì a gestire i muscoli come avrebbe voluto.

-Cosa vuoi fare…vestirti per uscire a correre?- le chiese il fratello con disappunto.

Sara annuì, faticava anche a parlare per quanto era contratta la muscolatura della mascella.

-In queste condizioni non puoi permetterti di andare da nessuna parte… sto io con te adesso…- la teneva stretta e cercava di tranquillizzarla.

-Non ce la faccio…- mormorò lei.

-Sì che ce la fai, non sei sola ora…- Filippo cercava di farle coraggio, di allontanarla dalle sue angosce.

-Sto sempre peggio… ad ogni visione sono più debole ed intorpidita… non so se riuscirò a sopportare tutto questo ancora per molto…- 

-Ci sono io… e c’è papà, domani ne parleremo insieme e cercheremo una soluzione…-

-No… non gli dire nulla… promettimelo…- gli disse agitandosi.

-Ma lui deve sapere come stai…-

-No… non voglio spaventarlo, fa già così tanto per noi…-

-Va bene… ma ora calmati, rilassati…- le promise a malincuore il fratello.

-Le mie paure… sono grovigli di fili che si fanno sempre più stretti… questa situazione sta diventando insostenibile…-

-Non parlare così… mi spaventi Sara…- gli occhi di Filippo divennero lucidi.

Sara faticò non poco per togliersi di dosso il freddo ed il tremore diffuso poi, esausta, si addormentò profondamente accanto alla sua unica ancora di salvezza, il fratello.

Filippo invece non dormì affatto, era rimasto sconvolto dalle sue parole, nella sua mente la fine della parente della madre lo tenne insonne fino all’alba.

Vennero svegliati dal rumore della chiave che apriva il portone d’ingresso: erano le sei ed il padre faceva ritorno dal lavoro.

 

Intorno alle cinque del mattino Riccardo venne raggiunto da una telefonata.

-Riccardo?-

-Buongiorno Mauro, cos’è successo…- disse strofinandosi gli occhi per finire di svegliarsi.

-Brutte notizie, hanno ritrovato il corpo di una donna nel canale di scolo di una strada poco fuori Ischia di Castro… le hanno tagliato la gola…-

-Dieci minuti e esco-

-Benissimo, a dopo- Riccardo chiuse la comunicazione.

-Sonia, devo andare, mi hanno chiamato dal commissariato, grazie per la splendida serata…- fece lui vestendosi in tutta fretta.

-Vai, non preoccuparti…- gli rispose assonnata appoggiandosi sui gomiti.

 

Riccardo e Salieri giunsero sul posto e trovarono Lotti, Manuzzi ed altri agenti che stavano procedendo a delimitare l’area.

-Chi l’ha trovata?-

-Un operaio di macchine agricole… è laggiù… è un po’ provato Riccardo- gli fece notare Manuzzi.

Il pover’uomo era seduto su un muretto, si reggeva la testa con le mani, mai si sarebbe aspettato di cominciare una giornata di lavoro in quel modo assurdo.

-Brutta esperienza… dopo vado da lui Antonio-

Riccardo raggiunse il fossato e si sporse a guardare.

Vide una donna tra i quarantacinque e i cinquant’anni, aveva i polsi legati dietro la schiena con fascette fermacavo ed un pezzo di scotch americano le chiudeva la bocca.

Il lato destro del volto era tumefatto, gli occhi socchiusi e fissi in un punto lontano, il taglio sul collo era questa volta ben visibile poiché la donna aveva i capelli molto corti.

Il cadavere aveva assunto una posizione scomposta, come se fosse stato messo lì in gran fretta.

-Stessa dinamica, stesse fascette… il taglio poi… un lavoro da chirurgo… cazzo se è la stessa persona! La faccenda si fa più complicata, siamo di fronte ad un assassino seriale…- osservò Riccardo aggrottando le sopracciglia.

-Non abbiamo trovano nulla di effetti personali, niente di niente Riccardo- lo informò Lotti.

-Già, immagino…-

-La fretta però potrebbe avergli giocato un brutto tiro… qui ci sono i segni di una sgommata… si vede, anche se parzialmente, la traccia di un battistrada…- fece Salieri soddisfatto.

-E a giudicare dalla larghezza il mezzo non è di certo una utilitaria…- osservò Lotti.

Perlustrate la zona, forse ci sono telecamere di videosorveglianza private che possono darci qualche indicazione- disse Riccardo.

-Ci penso io- fece Manuzzi.

-Ecco che arriva il medico legale Longhi…- disse Lotti stranamente emozionato.

-Buongiorno Valenti… un’altra alzataccia?-

 

In ufficio cominciarono subito a darsi da fare per identificare la donna:

-Commissario… abbiamo il nome della vittima, Paola Brughi, 48 anni di Tarquinia. E’ una prostituta con precedenti per spaccio, droga e furto- gli disse Salieri guardando il monitor.

Riccardo osservò la foto segnaletica.

-E’ una donna completamente differente da Iryna. Ha quasi il doppio della sua età e i capelli neri e cortissimi - valutò Riccardo.

-Due tipi opposti di certo- confermò Manuzzi.

-Potremmo escludere che segua un preciso target di donne… evidentemente parte da altre esigenze nella scelta della vittima- proseguì Riccardo.

-Esigenze legate ad un disturbo compulsivo? Sesso? Rabbia? Frustrazione?- considerò Salieri.

-Già, i motivi possono essere uno di questi… o tutti insieme-

-Deve essere stato disturbato da qualcosa o da qualcuno però. Diversamente dalla ragazza ucraina che aveva deposto quasi con cura nel fossato, questa donna è stata a dir poco scaraventata a terra…- osservò Manuzzi.

-Speriamo almeno che questa volta riescano a trovare tracce biologiche…- disse Salieri.

-Già, dobbiamo aspettare l’esame autoptico… forse troveranno qualcosa di utile- considerò Riccardo.

 

I notiziari rimandavano da ore la notizia del ritrovamento di una prostituta uccisa nel viterbese con il medesimo modus operandi della ragazza ritrovata a febbraio. Il panico, che scaturiva dalla consapevolezza di avere in zona un assassino seriale, serpeggiava tra la gente, l’argomento era sulla bocca di tutti.

Sara non sapeva perché anche l’adrenalina di quella donna fosse giunta fino a lei per stimolare ed accendere la sua visione.

Non aveva mai capito perché tutto questo accadesse ma l’energia liberata in quelle circostanze brutali e violente era talmente vigorosa da farle male dentro, da indebolirla oltre ogni misura.

Fissò a lungo la sua foto sul web: aveva assistito ai suoi ultimi attimi di vita e questo le legava in modo indissolubile come in un tacito patto.

Quella donna le aveva chiesto indirettamente aiuto mostrandole il suo carnefice e Sara si sentiva profondamente in colpa, come ogni volta che sapeva di non poter fare altro che tacere.

Aveva fatto di tutto per evitare di pensarci dandosi da fare in modo quasi frenetico in azienda, non si era fermata neanche per la pausa pranzo, invece di mangiare si era dedicata alla verifica degli ordini dei giorni successivi.

Trovò il coraggio di disegnare l’assassino solo quando rientrò dal lavoro, era da sempre il solo modo che aveva per affrontare quelle assurde visioni, per riuscire in qualche modo a controllare e superare la sua paura. 

Mentre il padre preparava la cena e Filippo era ancora fuori con gli amici, si ritrovò sola in camera per una manciata di minuti: aprì il suo album di fogli lisci, strinse forte la penna tra le dita, fece un profondo respiro e cominciò.

Qualche secondo ed apparve lo stesso uomo della visione di febbraio, l’aquila alla base del collo era identica.

Si sentiva molto tesa e faticò non poco per portare a termine il disegno: mise in calce la data dell’uccisione ed il nome della donna che aveva appreso dai notiziari, quindi chiuse l’album con un forte senso di nausea.

-E’ quasi pronto…vieni ad apparecchiare Sara?- le chiese il padre dalla cucina.

-Arrivo subito…- deglutì dolorosamente, due secondi e si alzò per raggiungerlo.

 

Mentre ascoltava le notizie al telegiornale, valutò di aver rischiato seriamente di essere scoperto.

Si era fermato in una strada secondaria fuori Ischia di Castro a fari spenti, era sceso, aveva aperto il portello posteriore del pick-up e tirato giù di peso il corpo senza vita della donna.

Si stava affrettando a scendere nel canale per appoggiarla nel fondo quando vide sopraggiungere un’auto in lontananza.

Colto dal panico la lasciò scivolare giù malamente quindi chiuse il portello e si rimise alla guida.

In un attimo fece inversione di marcia e solo quando fu ben lontano dall’auto proveniente dalla direzione opposta riaccese i fari: l’adrenalina aveva a tal punto accelerato i battiti del suo cuore che lo sentiva bussare prepotente nel petto, quasi fosse un’entità aliena in cerca di una via di fuga.

Gli ci volle diverso tempo per riprendersi, cercando al contempo di mantenere la calma e ritrovare la lucidità per guidare.

Raggiunto il casale, aveva bruciato immediatamente i vestiti sporchi di sangue poi era entrato nella doccia e vi era rimasto a lungo. Valutò minuziosamente tutti i suoi spostamenti alla ricerca di possibili passi falsi però, pur non trovandoli, il dubbio di aver lasciato qualche traccia lo tormentava, la fretta non poteva essere stata altro che una brutta consigliera.

Mentre si strofinava nervosamente le mani per pulirle a fondo dal sangue, ripensò a quella donna.

L’aveva tramortita spingendole violentemente la testa contro il montante dell’auto, esattamente come aveva fatto con la prima, questa volta aveva però agito subito e senza esitazioni poiché non voleva rischiare una colluttazione in auto.

Le era sembrata infatti più scaltra della ragazza ucraina, dopo poche parole scambiate con lei era sicuro che quella donna avesse in qualche modo fiutato il suo proposito.

Se le avesse dato il tempo di difendersi, tutto si sarebbe fatto più complicato, non poteva rischiare di lasciare su di lei tracce del suo passaggio: l’avrebbe con molta probabilità dovuta far sparire bruciandola o interrandola e questo avrebbe richiesto molto più tempo e lavoro.

Poco dopo averla colpita si era fermato in un posto isolato, aveva trovato e messo fuori uso il suo cellulare e l’aveva finita di immobilizzare con le fascette fermacavo.

In quelle situazioni folli e concitate agiva quasi in stato di trance, la sua testa ragionava ad una velocità di cui anche lui si stupiva.

 

-Dov’è Riccardo? E’ arrivato il referto dell’autopsia- Manuzzi apparve in fondo al corridoio.

-Sono qui in ufficio- Riccardo si era affacciato dalla porta appena lo aveva sentito arrivare.

-Eccolo…- gli porse il foglio.

Riccardo rimase per un po’ assorto nel leggerlo poi mise al corrente tutta la squadra del suo contenuto.

-E’ morta tra l’una e le tre. La donna presenta una importante tumefazione occipitale destra, ma la causa della morte è il taglio della giugulare nello stesso identico punto della ragazza ucraina. Sembra sia stata usata la stessa lama con lo stesso tipo di pressione. Non hanno trovato tracce di sperma ma ha subito un rapporto sessuale. Le fascette risultano identiche a quelle usate su Iryna. Anche questa volta hanno rinvenuto filamenti di paglia e dalle analisi sembra provengano dallo stesso luogo…-

La cosa che più lo lasciò perplesso fu la mancanza di tracce biologiche.

-Porca miseria… anche stavolta non ci sono tracce che possano farci risalire a lui… o è estremamente fortunato o è oltremodo scaltro…- osservò Manuzzi.

Avevano atteso impazienti l’esito del referto, Riccardo si aspettava di trovare finalmente qualche elemento utile da cui partire ed invece ottennero un nuovo nulla di fatto.

-Inoltre ha manomesso il cellulare della vittima poco dopo averla prelevata, proprio come ha fatto con la prima prostituta, l’ultima cella che aggancia è quella della zona dove la donna attendeva clienti- riportò Manuzzi.

-Questa volta abbiamo però la traccia del battistrada…- fece notare Lotti.

-Già, ma a causa della fuga di notizie, e vorrei proprio sapere chi è stato, i giornalisti lo hanno sbandierato ai quattro venti e lo avranno messo sicuramente sul chi vive! Comunque continuate a controllare il territorio con i posti di blocco, forse non è poi così scaltro…- fece Riccardo innervosito.

-Una buona notizia…- fece Salieri entrando in ufficio.

-Cosa?-

-Ho trovato qualcosa nelle telecamere di sorveglianza di una azienda agricola lì vicino…-

Salieri inserì la chiavetta nel computer ed apparvero le immagini notturne di un piazzale molto ampio. Pochi secondi e si vide in lontananza, oltre il cancello, passare una vettura a fari spenti.

Si vedeva unicamente la parte bassa del mezzo, quello che la videocamera era stata in grado di inquadrare.

-Non si distingue il colore del mezzo… è molto sporco, infangato direi…- osservò Manuzzi.

-Si vede un predellino… o così sembra… che sia una jeep o un pick-up?- fece Lotti.

-Potrebbe essere… ottima osservazione. I cerchioni poi sono un modello piuttosto datato, è il caso di fare una ricerca… Finalmente qualcosa… Ottimo lavoro. Mandate prima di subito degli ingrandimenti agli agenti nei posti di blocco- ordinò Riccardo.   

-Vado immediatamente- Lotti uscì dalla stanza.

-Se è lui, e i fari spenti denunciano evidentemente la presenza di qualcuno che non vuole essere visto, questo video conferma l’abbandono del cadavere intorno alle due di notte- osservò Riccardo guardando l’orario indicato sul monitor.

-Abbiamo il vantaggio del segreto investigativo, se i giornalisti sapessero del video bruceremmo la possibilità di trovarlo…- osservò Salieri.

-Certo Ivan, dobbiamo essere svelti… in nessun modo questa  notizia deve essere diffusa…-

-A questo penso io- anche Salieri lasciò l’ufficio.

-Antonio, che ne dici di prenderci un caffè?-

 

Stava cuocendo sulla stufa a legna della carne di pecora dentro una grossa pentola fumante, quando la radio riportò alcuni dettagli  dell’autopsia della prostituta di Tarquinia.

Rimase per un attimo paralizzato, quasi aspettando di ascoltare la sua sentenza, invece seppe che non avevano rinvenuto alcuna traccia biologica dell’assassino e cominciò a riprendere fiato.

Ma qualcosa aveva incautamente lasciato, la voce alla radio riportava la notizia del ritrovamento, seppur parziale, del battistrada di una delle ruote.

Non aveva pensato alle gomme, aveva cambiato direzione piuttosto bruscamente colto dal panico ed ora stavano anche valutando il modello di auto escludendo per la larghezza la categoria delle utilitarie.

Quando il radiogiornale terminò, in modo quasi automatico tolse la pentola dal fuoco e si diresse alla rimessa.

Lavò l’auto dentro e fuori in modo meticoloso e sciacquò il cassone con della varecchina, gli ci vollero quasi due ore.

Dallo scantinato tirò fuori delle vecchie gomme consumate da anni di attività in giro per le campagne e già che c’era sostituì anche i cerchioni con quelli che il padre aveva deciso di cambiare poco prima che morisse, poiché la paura di essere scoperto lo spinse a non sostituire soltanto gli pneumatici.

D’abitudine il padre non buttava via mai nulla, come se ogni cosa sarebbe potuta un giorno tornare utile per qualche motivo: gomme e cerchioni di cui da tempo tentava di disfarsi venivano ora guardati in modo del tutto diverso, esattamente come un minatore guarderebbe un filone aurifero.

Li pulì a fondo con uno sgrassatore rendendoli passabili quindi li sostituì.

Quando, oramai esausto, contemplò il lungo lavoro fatto quasi faticò a riconoscere in quell’auto il suo pick-up perennemente infangato.

Quella stessa notte bruciò una per volta con della potatura le gomme e fece ordine nella rimessa, in cucina inghiotti qualche boccone di stufato di pecora, poi finalmente andò a dormire.

 

-Ragazzi vado dal questore, ci vediamo dopo pranzo…-

-Riccardo, hai saputo la bella novità?- fece Salieri prima che uscisse dall’ufficio.

-Quale novità Ivan?-

-Il nostro Mauro stasera esce… forse ha finalmente trovato l’anima gemella- gli disse ammiccando.

-Per favore Ivan… non credo sia una notizia così eclatante…- fece Lotti.

-E perché no? Dopo tanto tempo ti rivediamo uscire!-

-Chi sarebbe la fortunata?- chiese Riccardo.

-Il medico legale Longhi… ci pensi Riccardo?- rivelò Salieri.

-E’ una bella donna… che fa un lavoro per stomaci forti- osservò.

-E ci vuole proprio lo stomaco forte per uscire con un tipo come lui… negli ultimi tempi si è inselvatichito!- rise Salieri.

-Ti ringrazio… hai un’alta stima di me vedo- gli fece di rimando Lotti.

-Pensavo che avessi rinunciato alle donne dopo la separazione da tua moglie… e invece eccoti qui che trovi il coraggio di invitare qualcuna a cena… strabiliante- concluse ironico.

-Non lo ascoltare, goditi la serata spensieratamente, comunque vadano a finire le cose tra di voi. Carpe diem, questo è l’unico suggerimento che posso darti Mauro- concluse Riccardo.

-Grazie Riccardo-

Salieri assunse un’espressione preoccupata:

-Certo che… quando la vedo tirare fuori il termometro dalla valigetta in presenza di un cadavere mi inquieta un po’… a voi no?-

 

Erano passati diversi giorni dal delitto quando si trovò inaspettatamente di fronte ad un posto di blocco, un poliziotto gli fece cenno di accostare.

Il cuore cominciò a bussargli forte nel petto ma si impose di mantenersi disinvolto per non destare sospetti.

Mise con calma la freccia ed accostò.

-Buongiorno, patente e libretto per favore- fece l’agente.

-Buongiorno- procedette con molta cautela nel tirare fuori dal cruscotto il documento richiesto e dal portafogli la patente.

Notò che l’agente era intento ad osservare scrupolosamente le sue ruote: aveva compiuto un intero giro del mezzo e osservato anche l’interno del cassone poi, dopo aver preso i documenti dalle sue mani, aveva raggiunto il collega.

Mentre trascrivevano i dati, ogni tanto si giravano per osservare e commentare il pick-up.

Passarono alcuni minuti che gli sembrarono un’eternità, quindi lo vide ritornare.

-Buona giornata, può andare…- gli disse restituendogli i documenti.

Con mano rigida li prese e li appoggiò sul sedile di fianco, ma salutò solo con un cenno della testa poiché il panico lo aveva quasi paralizzato e la bocca era completamente priva di saliva.

Mise in moto e riprese la strada: nella sua testa in quel momento imperava unicamente tanta confusione.

 

-Buongiorno Germano-

-Ciao Sara, buongiorno… Tutto bene? E’ un po’ che ti vedo pallida…-

-Sto bene, forse è il caldo di luglio che comincia a farsi sentire…-

-Domani aggiustano l’aria condizionata del furgoncino, vedrai che starai meglio, solo un po’ di pazienza…-

-Ok, grazie…-

Il lavoro in azienda procedeva a gonfie vele, si era inserita in quel mondo prettamente maschile meglio di quanto pensasse, purtroppo però a fine mese sarebbe terminato il suo contratto e avrebbe dovuto mettersi alla ricerca di un altro impiego.

-Hai preso il foglio con gli indirizzi?- le fece Germano.

-Sì certo, sono pronta per cominciare-

-Allora ci vediamo dopo-

-A dopo Germano-

Sara salì sul furgoncino e partì in direzione della prima consegna: aveva organizzato tutto il giro in modo da ottimizzare il percorso, era diventata molto brava ed efficiente, aveva velocemente imparato a conoscere quelle strade anonime e i loro laboriosi abitanti.

Si diresse ai vicini caseggiati di campagna di Monterazzano attraversando strade accidentate diventate ora polverose con la prima siccità di luglio.

Era costretta a tenere il finestrino aperto per far circolare l’aria e ottenere così un po’ di refrigerio ma non appena incrociava qualcuno dalla direzione opposta doveva affrettarsi a richiuderlo: il polverone giallastro che vedeva alzarsi in lontananza la avvisava per tempo.

Aveva già portato a termine diverse consegne quando si accorse della presenza di un pick-up grigio che ogni tanto vedeva affiorare dal polverone che lei stessa alzava: notò che stranamente si fermava ad una certa distanza poco prima di raggiungere il successivo indirizzo.

Se all’inizio non le era sembrato un comportamento poi così strano, man mano che procedeva nelle consegne la sua preoccupazione aumentò:

-Mi sta seguendo? Ce l’avrà proprio con me?- si chiedeva Sara.

Per precauzione prese il cellulare dalla borsa e lo mise sul sedile accanto a lei.

Le strade a tratti disabitate che percorreva ora nelle campagne della Tuscia divennero per lei motivo di agitazione: era consapevole di trovarsi in un luogo pressoché isolato e provò paura.

Osservò attentamente la vettura dallo specchietto retrovisore ma non riuscì a distinguere il guidatore.

Ogni tanto appoggiava la mano sul cellulare indecisa su come comportarsi: valutava se fosse stato opportuno chiedere aiuto in azienda e se farlo poteva essere interpretato dai colleghi come un gesto esagerato ed ingenuo da parte sua.

Pensò poi che forse stava equivocando la situazione, che il caldo afoso l’avesse resa insofferente e sospettosa.  

Si fece quindi coraggio e procedette aspettando che quella persona, uomo o donna che fosse, si stancasse di quello stupido ed inquietante giochetto, ma presto si rese conto suo malgrado dell’esatto contrario: quell’auto la stava ora velocemente raggiungendo.

Il suo inseguitore aveva tutta l’intenzione di cogliere l’occasione che gli si presentava: aveva studiato accuratamente la zona e proprio quello che stavano percorrendo era l’unico tratto di strada in cui avrebbe potuto mettere in atto il suo piano.

Le si era fatto molto vicino tanto che Sara poté distinguere la sagoma di quello che doveva essere un uomo con un cappuccio alzato. Le diede subito l’impressione di non avere buone intenzioni poiché guidava in modo disordinato con sterzate brusche e repentine, poi all’improvviso tentò di sorpassarla.

Terrorizzata dal pensiero di quello che avrebbe potuto farle se si fosse accostato, decise d’istinto di accelerare e si allargò verso sinistra per impedirgli il passaggio.

Nonostante la sua coraggiosa reattività il panico stava cominciando ad avere la meglio, fino a quando in lontananza vide una nuvola giallastra venirle incontro: era il segnale inequivocabile che un mezzo sopraggiungeva dalla parte opposta.

Sara si rincuorò e aumentò la velocità per raggiungerlo quanto prima e chiedere aiuto.

Inaspettatamente il conducente del pick-up frenò di colpo e, approfittando di uno slargo, dentro una enorme nuvola di polvere fece inversione di marcia e si dileguò.

Sara, terrorizzata, finì di raggiungere l’auto e si fermò accanto al conducente: era Luciano, uno dei clienti abituali dell’azienda per cui lavorava.

-Buongiorno Sara… tutto bene?-

-No, affatto…-

-Cos’era quel polverone dietro di te?-

-Un uomo mi stava inseguendo, sembrava avesse intenzione di farmi uscire di strada…- sentiva il cuore bussarle in gola.

-Veramente? Il caldo rende le persone proprio folli… credo si sia dileguato… stai bene ora?- disse osservando la polvere alzata dal pick-up in lontananza.

-Sì… per fortuna sei arrivato tu e se ne è andato…-

-Lo hai riconosciuto?-

-Non l’ho mai visto in vita mia!-

-Vuoi che ti scorti in cooperativa?-

-No, no… mi manca una consegna e poi rientro… se era uno scherzo era veramente di pessimo gusto…- fece ancora agitata.

-Forse dovresti fare una denuncia… hai preso la targa?-

-No, troppa polvere…-

-Il modello di auto?-

-Mi è sembrato un pick-up… Ne parlerò con Germano, deciderò con lui cosa fare…-

-Stai attenta… tieni a portata di mano il cellulare. Se lo rivedi chiama subito aiuto, il mondo è pieno di idioti!-

-Grazie, se non fossi passato tu non so come sarebbe andata a finire… grazie ancora Luciano-

-Ciao, mi raccomando Sara…-

-Sì, sì… ciao-

Riprese la guida, l’adrenalina le faceva ancora tremare le mani.

-Cosa voleva quell’uomo?- si chiese.

Non aveva mai visto quell’auto prima e considerò che forse l’aveva scambiata per qualcun altro.

-Voleva davvero tentare di speronarmi?-continuò a chiedersi.

Sara non poteva immaginare di aver rischiato seriamente di finire in uno dei campi arati che stava costeggiando.

 

-Imbecille… deficiente… testa di cazzo… ho rischiato di farmi riconoscere… aveva ragione mio padre… sono un incapace, un imbranato… ora ha visto la mia auto… stupido! Stupido! Dovevo essere più risoluto, dovevo buttarla subito fuori strada a rischio di farla cappottare nei campi e ucciderla… deficiente! Deficiente!- urlava fuori di sé nella cabina del suo pick-up.

 

Finì l’ultima consegna e ancora molto spaventata rientrò in azienda che era quasi ora di pranzo.

Parcheggiò il furgoncino e raggiunse Germano in ufficio.

-Cosa c’è Sara? Mi sembri spaventata…-

-Ho rischiato di finire fuori strada per colpa di un uomo che mi seguiva…-

-Stai dicendo sul serio?- la guardò incredulo.

-Sono serissima Germano… ho ancora l’adrenalina a mille…-

-Hai preso il modello e la targa dell’auto? Possiamo sporgere denuncia…-

-Solo il modello e no… non voglio sporgere denuncia…- non aveva alcuna intenzione di andare alla polizia, il solo pensiero di varcare il cancello della questura la terrorizzava. Aveva già vissuto una terribile esperienza quella mattina e non voleva di certo aggiungerne un’altra.

-Perché no?- le chiese con disappunto Germano.

-Ho avuto paura… ma forse è stato solo uno scherzo di pessimo gusto…- minimizzò lei.

-Dallo sguardo che hai non credo che lo sia stato… Decidi tu che fare Sara. Se vuoi ti accompagno io alla polizia-

-No… se ricapiterà sarò io stessa a chiamarla appena lo vedo, non ti preoccupare-

-Come vuoi, ma se ci ripensi dimmelo…-

-Ok, grazie-

-Ora approfitta della pausa pranzo e rilassati- le ordinò Germano.

-Sì, lo farò…-

 

La sera, appena rientrata a casa, raccontò al fratello quello che le era capitato.

-Ho avuto paura… mi stava seguendo, era un uomo…-

-Ha ragione Germano, dovresti andare a denunciarlo. E se ci riprova? Se è un pazzo va fermato prima che faccia del male a qualcun altro…- fece Filippo preoccupato.

-Puoi immaginare quanta voglia abbia di andare alla polizia…. ogni volta che incrocio una volante mi irrigidisco… No, il mese è quasi finito… lasciamo le cose come stanno-

-A papà almeno lo dirai?-

-No, è inutile che si preoccupi… Mi raccomando, promettimi che non gli dirai nulla, gliene parlerò io quando sarà terminato il contratto, non voglio che si agiti inutilmente… Ok Fili?- gli disse preoccupata.

-Ok… ma sei la solita testona!- fece lui accigliato.

 

Demoralizzato e rabbioso con se stesso per aver visto fallire il suo piano aveva cenato poi si era seduto di fronte al camino ad osservare assorto la brace morente.

Gli tornarono di colpo alla mente, da un tempo molto lontano, le parole della madre.

Era ragazzino quando la vide per la prima volta mettere in atto su una parente una pratica antica per allontanare il malocchio: era qualcosa di misterioso che si tramandavano le donne della sua famiglia dalla notte dei tempi. Ascoltò rapito, nascosto dietro un mobile, tutte le esclamazioni della madre che scaturivano dall’osservazione accurata del comportamento dell’olio d’oliva nell’acqua, ed un giorno le chiese spiegazioni.

-Mà… cos’è quella cosa che fai con l’olio?-

-Tolgo il malocchio…  lo sai cos’è?-

-No…-

-E’ l’invidia della gente… fa stare male le persone…-

-E va via così?-

-Sì-

-E io lo posso fare?-

-No, non tutti... Tu piuttosto…  comportati bene quando vai in giro con quella massa di disgraziati del paese che frequenti… ricordati che ci sono in giro le persone che vedono…-

-Che vedono? E cosa vedono?-

-Quello che combini tu di brutto…  sono persone speciali, il Signore dona loro la capacità di vedere pur non essendo presenti-

-Sono angeli allora!-

-No, sono come me e te, ma vedono le cose brutte…-

Le parole della madre diedero d’improvviso un senso a quello che stava accadendo: solo lui, prima di chiunque altro, era arrivato alla verità di Sara e c’era arrivato sulla scorta delle suggestioni della madre perché era un percorso che si nutriva di pura irrazionalità, di fatti che non rientravano nella realtà contingente ma che si sostanziavano del mondo del paranormale.

Fissando con calma apparente la brace quasi spenta di fronte a lui, ripensò a quella sera di inizio febbraio.

Valutò che non poteva esserci stato alcun testimone: aveva violentato e ucciso quella ragazza in una delle sue stalle nel bel mezzo della sua proprietà, in un posto lontano e riparato da sguardi indiscreti.

Nessuno poteva averlo visto tagliarle la gola, nessuno.

Nella mente ora rivedeva il ritratto di Franchi e ricordava in modo indelebile il suo: li confrontò e notò con disappunto che in entrambi lo sguardo era dritto verso l’osservatore, Sara li aveva rappresentati come se stessero guardando lei stessa negli occhi.

Questa considerazione gli mozzò il respiro sul nascere, aveva capito: lei era lì, aveva osservato tutto attraverso gli occhi della vittima.

Ne era oramai certo: Sara era una di quelle persone “che vedono”.

 

Da quasi mezz’ora stava aspettando fuori dal tribunale l’arrivo di Sonia e cominciava ad annoiarsi: si mise allora a guardare le foto sul suo cellulare per ammazzare il tempo.

Riccardo si ritrovò davanti il disegno a carboncino fatto da Sara a Pasqua: lo guardò ed assunse un’espressione assorta e pensosa.

Teneva ancora attaccata sulla cassettiera del suo ufficio la fotocopia del disegno anonimo e l’aveva talmente metabolizzata che ricercava istintivamente ovunque quello stesso stile.

Qualcosa in quella foto stava richiamando la sua attenzione, registrò infatti una vaga somiglianza tra i due disegni ma non tale da insinuare in lui il dubbio che Sara fosse l’autrice dell’identikit dell’assassino.

Era un richiamo nascosto, velato, che nasceva in lui principalmente dalla scelta della tecnica, dal tipo di tratto e soprattutto dall’assenza del colore: anche in quel disegno a tema sacro qualcosa di ipnotico, stimolato dal groviglio del tratto a carboncino, agganciava lo sguardo dell’osservatore.

La ricerca di quella mano ignota era diventata per lui un pensiero fisso, una vera ossessione e valutò tra sé che forse stava in qualche modo forzando quell’accostamento.

L’arrivo di Sonia lo richiamò alla realtà.

-Ciao bellissimo, scusa il ritardo…- e gli stampò un bacio sulle labbra.

-Ciao Sonia… sei uno schianto!-

-Anche tu…- gli disse facendo scorrere lentamente gli occhi su di lui.

-Non ho ancora pranzato oggi… ti va se mangiamo qualcosa al bar?- gli propose lei.

-Per me va bene, ti accompagno-

Sonia ordinò un tramezzino mentre Riccardo, avendo già mangiato, decise di dedicarsi al dolce ed ordinò un maritozzo con panna: aveva un debole per quel dolce tipico viterbese e quando gli capitava a tiro non se lo faceva sfuggire.

Sonia rimase ad osservare ipnotizzata il modo in cui lo divorava e considerò quanto quella voracità corrispondesse perfettamente alla sua passionalità tra le lenzuola.

Si sentiva profondamente attratta da lui, non solo per il suo aspetto affascinante ma anche per l’originale dualismo del suo carattere: Riccardo era tanto serio, scrupoloso e professionale sul lavoro quanto passionale e focoso nell’intimità.

Era una persona speciale, sotto ogni punto di vista, pensava osservandolo.

-Aspetta un attimo… hai della panna qui…- lo baciò così appassionatamente che Riccardo si ritrovò le labbra perfettamente  pulite e lucide.

La barista li fissò ammutolita.        

 

L’ultimo sabato di luglio Nicola rientrò a Viterbo.

Sara non lo vedeva da quasi tre settimane, era impaziente di incontrarlo e si diedero appuntamento alla gelateria di piazza delle Erbe poco prima di pranzo.

Nicola era arrivato prima di lei e si era seduto al sole sui gradini della fontana: appena si videro si scambiarono il sorriso più raggiante che potessero sfoderare.

Si abbracciarono stretti per un po’ senza dirsi nulla, Nicola tuffò il viso tra i suoi capelli e ne aspirò avidamente il profumo.

-Come stai Nico? Sei sempre bellissimo…- gli disse lei guardandolo negli occhi.

-Sto bene… quanto mi sei mancata Sara… Tu piuttosto… cos’è che hai? Mi sembri preoccupata… altri incubi?-

-No… peggio. Sediamoci che ti racconto- presero posto in uno dei tavolini della gelateria.

-Questa settimana mi è capitata una cosa strana, una cosa che si vede solo nei film e che non ti aspetteresti di vivere in prima persona…- gli disse diventando di colpo seria.

-Buongiorno… volete ordinare?- fece la ragazza della gelateria.

-Sì grazie… una coppa Macedonia senza kiwi e una coppa Haiti senza panna per favore- fece Nicola.

-Grazie a voi-

-Allora raccontami…- disse lui impaziente.

-Una mattina, mentre stavo facendo le consegne con il furgoncino, un uomo su un pick-up mi ha prima seguita per un po’ poi d’improvviso ha accelerato e mi ha raggiunta… sembrava avere tutta l’intenzione di volermi sorpassare per speronarmi, se non  addirittura buttarmi fuori strada…- riassunse lei tesa.

-Ma stai scherzando?- fece Nicola meravigliato.

-No, sono assolutamente seria… mi viene ancora la pelle d’oca al solo pensarci…-

-Lo hai denunciato?-

-No…- gli rispose in imbarazzo.

Era sicura che ora sarebbe partito in quarta con una delle sue ramanzine:

-No-o? Tu sei pazza! Cosa aspetti ad andare a sporgere denuncia! Vuoi proteggerlo? E se si viene a sapere che ha buttato fuori strada qualcun altro e ne ha causato la morte? La tua coscienza cosa ti direbbe? Brava?- le disse con occhi sbarrati.

Sara rimase ammutolita, era sicura che l’osservazione di Nicola sarebbe stata la stessa se fosse venuto a conoscenza della relazione che intercorreva tra i suoi incubi e gli omicidi e del suo tacere la verità. Nicola senza volerlo l’aveva colpita al cuore con il suo giudizio, tanto che Sara non riuscì a trattenere le lacrime.

-Perché piangi ora?- Nicola era sorpreso.

-Scusami… non è colpa tua…-

-Sono stato troppo brusco? Sono uno stupido… lavori tutto il giorno, vivi un’esperienza tremenda e io lì a giudicarti… se ti ho offesa mi dispiace…-

-Ma no…- Sara si asciugò le lacrime con il dorso della mano.

-Sei tu che devi decidere che fare… scusami… sono solo un insensibile…- le disse Nicola mortificato.

-Nicola, non è così… tu sei la persona più sensibile che abbia mai incontrato nella mia vita… è che sono un po’ stanca, solo questo. In campagna è molto caldo e quel giorno avevo il condizionatore del furgoncino guasto… poi il contratto sta per scadere e dovrò darmi da fare per un nuovo lavoro… sempre se lo trovo. Poi anche questo spavento… Io non capisco Nico… è un po’ che mi sento presa di mira dal mondo… ma com’è possibile che quell’uomo ce l’avesse con me?-

-Devi essere incappata in un folle… uno che si è alzato il mattino e ha deciso che doveva rompere i coglioni a qualcuno e nei paraggi c’eri solo tu… certo che non è un lavoro proprio adatto ad una donna…-

-Ma che dici… io mi sono trovata meglio lì che in altri posti dove ho lavorato…-

-Certo, certo… non voglio dire questo, però converrai anche tu che ci vuole forza per scaricare la merce e poi non parliamo di gironzolare da sola per le campagne, in posti isolati come quelli… non è così entusiasmante per una donna…-

-Forse… ma è pur sempre un lavoro…-

-Ma cosa caspita sta succedendo in questa città! Da quando sono a Roma per il corso da parrucchiere accade di tutto!-

La ragazza ritornò al tavolo con le due coppe di gelato.

-Ecco a voi…-

-Grazie-

-Adesso non pensiamoci più e godiamoci il gelato Nico, ogni volta che torni ho qualcosa di pesante da raccontarti…-

-Io voglio sapere tutto di te Sara… le cose belle come le cose brutte… sempre- fece lui cercando di pescare una fragola dal fondo della coppa.

Sara lo osservò divertita.

-A proposito di stanchezza… ti rinnovo l’invito per la casa al mare ad agosto. Il tuo contratto scade a fine mese vero?-

Sara annuì con la bocca piena di gelato al rhum.

-Non saremo soli però, ho invitato alcuni amici del corso, poi per un paio di settimane la casa sarà solo per noi-

-E Andrea?-

-Ad agosto parte per la Danimarca dalla nonna… sono due anni che non va a trovarla ed è giusto che parta-

-Soli io e te?-

-Sì-

-Sarà bellissimo… come ai vecchi tempi! Voglio riposare, leggere…-

-… e giocare a beach volley!- aggiunse lui alla lista.

-E giocare a beach volley… è ovvio!- si misero a ridere spensierati come due bambini.

 

Era sempre più roso dalla rabbia a causa dell’inconcludenza dei suoi propositi.

Non era riuscito a rapire Sara e adesso si era anche reso facilmente identificabile con il suo pick-up, non aveva un’altra auto ed era quindi più vincolato negli spostamenti.

Se voleva osservarla avrebbe dovuto appostarsi molto più lontano dall’azienda per essere sicuro di non essere visto: lei di certo doveva aver già raccontato a tutti i colleghi quello che le era successo e il tipo di auto coinvolta nell’inseguimento.

Dai primi di agosto stranamente non la vide più arrivare a lavoro, pensò che fosse andata in ferie ed ebbe la rischiosa sfacciataggine di appostarsi diverse volte nei dintorni di casa sua ottenendo però lo stesso sconfortante esito.

Più passavano i giorni e più montava in lui prepotente la necessità di avere informazioni sulla ragazza, decise quindi di andare alla ricerca di Armando.

Lo ritrovò sabato sera nel bar della piazza, al solito tavolino e al solito posto:

-Cos’hai ragazzo? Mi sembri stravolto…- gli fece Armando guardandolo.

-Sono solo stanco… una bella bevuta in compagnia di amici mi aiuterà…- gli rispose sforzandosi di sorridere.

-Ma certo… vieni qui, siediti con noi. Te la offro io una bella birra ghiacciata. Marisa? Una birra per favore… La polvere in campagna è tanta e la gola si secca facilmente, ti capisco benissimo…- gli fece con sguardo comprensivo e spento.

-Già, è proprio così… come va con il lavoro?- fece lui guardandolo con occhi a fessura.

-Bene, come al solito- rispose un po’ alticcio.

-Quella ragazza… Sara… ancora lavora con voi?- chiese lui vago.

-Purtroppo ha terminato il contratto a fine luglio, sono tanto dispiaciuto… una gallina in mezzo a tutti galli ci stava bene, migliora l’ambiente…- rise lui.

-Ha finito il contratto?- irrigidì involontariamente la mascella nel dirlo.

-Sì, ora è in vacanza al mare…-

-Non rientrerà più in azienda?-

-No, Massimo dopo l’operazione è tornato come nuovo e ha ripreso il suo posto di fattorino… Mi mancherà Sara, era proprio carina… un fiorellino per gli occhi- e ingollò il resto del vino del suo bicchiere.

-Dovrò rapirla quando rientra… troverò un modo, lo troverò…- pensò furente.

Era oltremodo arrabbiato con se stesso per aver perso tutto quel tempo ad osservarla e si ripromise di non commettere più errori.

 

Per il mese di agosto Lisa aveva affittato a Pescia Romana una piccola villetta a schiera per due settimane e Ginevra, la sorella minore, l’aveva raggiunta.

Il posto era molto ambito tanto che aveva dovuto prenotarlo addirittura alla fine della vacanza dell’anno precedente: la vicinanza della spiaggia e l’ampio giardino con veranda la convincevano che erano i soldi meglio spesi dell’anno.

Durante la prima settimana Riccardo aveva deciso di accettare l’invito della sorella e raggiungerla dopo l’orario di lavoro: usciva da un periodo molto stressante e un viaggio in moto e un po’ di mare lo avrebbero aiutato sicuramente a rilassarsi, sarebbe quindi ripartito presto la mattina successiva per raggiungere il commissariato.

Arrivò in spiaggia poco dopo le sei del pomeriggio e la ritrovò nel vicino stabilimento.

-Ciao zio!- il bambino gli corse incontro e lo abbracciò forte.

-Ciao Giorgio!- gli arruffò i capelli mentre ricambiava il suo abbraccio.

-Ciao sbirro- fece la sorella minore quasi in tono di sfida.

-Ciao Ginni…- le rispose lui con sufficienza.

Ginevra aveva ventidue anni e frequentava la facoltà di Lettere e filosofia alla Sapienza, era una ragazza molto carina, con folti capelli ricci ed occhi allegri e sorridenti: il suo carattere vivace e votato al pettegolezzo da sempre male si assortiva con quello più pragmatico e riservato di Riccardo tanto che non erano mai riusciti ad intavolare un rapporto sereno e disteso.  

-Ciao Ric, sono contenta che ci hai raggiunte!- Lisa lo abbracciò felice.

-Ciao sorella, tutto bene? Se mi dai le chiavi di casa parcheggio la moto, mi cambio e sono qui da voi in un attimo- fece lui.

-Certo… tieni- Lisa gli passò le chiavi.

Il villino a schiera era una vera e propria oasi di pace anche per gli occhi: il piccolo ma curatissimo giardino era completamente fiorito con lantane, bouganville ed ortensie, mentre la vista del mare completava il quadro idilliaco.

Dall’ingresso principale dove Riccardo parcheggiò la Ducati si accedeva ad un ampio salotto e a una cucina open-space dominata al centro da una grande isola con sgabelli. Da questa stanza, oltrepassando una porta vetrata, si usciva in una ombrosa veranda ben attrezzata per i momenti di relax.

Il resto della villetta era arredata con pochi ma strategici mobili bianchi che risaltavano luminosi sulle pareti grigio-azzurre, inoltre gli oggetti in stile marinaresco, sapientemente distribuiti, completavano l’arredamento immergendo gli affittuari nel giusto clima vacanziero.

Riccardo si cambiò, gettò il suo telo da mare sulla spalla e prese una birra ghiacciata dal frigo, quindi si diresse dalle sorelle allo stabilimento.

Giorgio era ora occupato con la lezione quotidiana di vela quindi Riccardo decise di godersi la sua birra sedendosi comodamente sulla sdraio a guardare il mare.

Appoggiò la bottiglia sul bracciolo e non resistette a dare uno sguardo al cellulare, proprio in quell’istante una palla da beach volley colpì la sua birra facendola schizzare via e svuotandola di tutto il suo fresco e dissetante contenuto.        

Dopo aver guardato da sopra i suoi ray-ban il risultato di quell’azione riverso sulla sabbia, si girò con finta calma in cerca, nella parte opposta, del responsabile di un simile atto barbaro.

Gli venne incontro la figura delicata di una ragazza.

-Mi scusi, ma sto giocando con delle persone imbranate che non sanno nemmeno rispondere ad una battuta…- fece Sara.

Dietro di lei, nel campo da gioco dello stabilimento, Nicola e gli altri amici ridevano a crepapelle.

Quello che cominciò a vedere controsole Riccardo fu la silhouette di una bella ragazza abbronzata con i capelli raccolti in una alta coda, lentamente i suoi occhi si abituarono a quella luce ancora intensa e, guardandola meglio, riconobbe con grande disappunto la ragazza dell’oratorio.

Focalizzò il suo viso e vide che gli sorrideva rilassata: la visione di Sara lo lasciò senza parole, mentre lei non lo aveva minimamente riconosciuto.

-Gliene faccio avere subito un’altra dal bar…- si affrettò ad aggiungere Sara poiché la guardava attonito e con una espressione indecifrabile.

-No… non serve…- si riprese Riccardo.

-… l’ho rubata dal frigo di mia sorella… e posso farlo di nuovo, ho ancora le sue chiavi…- rispose mostrandogliele.

La battuta fece ridere Sara che si aprì in un sorriso dolcissimo, lo stesso che aveva così piacevolmente colpito Riccardo mesi prima e che nuovamente, come allora, fu all’origine di un fremito di piacere allo stomaco.

La ragazza si scusò di nuovo, lo salutò e ritornò a giocare ma non prima di essere passata dal bar ed avergli fatto portare la stessa marca di birra ben ghiacciata.

Riccardo non si sarebbe mai aspettato di trovarla lì in vacanza e sentì in cuor suo di esserne particolarmente contento.

La valutò in costume e dovette ammettere che aveva dei bei fianchi, la lunga felpa lo aveva depistato nel suo giudizio.

Non riuscì a staccarle gli occhi di dosso per tutta la durata della partita di beach volley e si rese presto conto con un certo fastidio della presenza in campo di un ragazzo che aveva molta confidenza con lei: la baciava e la abbracciava ad ogni minima occasione di esultanza e lei sembrava ricambiarlo affettuosa.

Un vago senso di invidia lo colse.

Era in qualche modo sconcertato poiché ogni volta che gli era capitato di incontrarla l’aveva vista sottotono, quasi dimessa, mentre l’immagine di Sara in spiaggia, solare e sportiva, non corrispondeva all’idea che si era fatto di lei.

Il suo istinto gli aveva da sempre permesso di inquadrare e valutare facilmente le persone e molto raramente si era sbagliato nei suoi giudizi, almeno fino a quel momento.

La capacità di Sara di defilarsi, di dissimulare se stessa per nascondere agli estranei i propri tormenti personali lo aveva depistato e Riccardo era stato facilmente tratto in inganno poiché Sara lo faceva in maniera disinvolta da tutta una vita.

Pochi minuti dopo venne raggiunto dal nipote eccitato per la piccola regata a cui aveva appena partecipato.

Giorgio gli cominciò a spiegare le difficoltà che era riuscito a superare con i consigli dell’istruttore ed era molto emozionato per esserci riuscito.

Sara dal campo riconobbe il bambino e di rimando osservò meglio, riconoscendolo, l’uomo con la moto dell’oratorio.

-Ma guarda… abbiamo colpito proprio la birra del papà di Giorgio…- pensò sconcertata e le venne da sorridere pensando a quanto fosse piccolo il mondo.

 

Quella sera cenarono nella veranda del villino: Lisa era un’ottima cuoca, aveva preparato un antipasto di fasolari e degli spaghetti allo scoglio, uno dei piatti estivi preferiti dal fratello.

Lo coccolava come poteva in quelle poche ore che occasionalmente passavano insieme: Lisa era una pediatra molto impegnata ed il suo tempo libero male si armonizzava con gli impegni lavorativi di Riccardo.

-Ti prendo un altro tipo di vino? Non ti piace lo chardonnay?- fece lei.

-Va benissimo Lisa… ne bevo poco perché non vorrei che mi desse alla testa, domani mattina devo ripartire presto…- le ricordò Riccardo.

-Se lo tratti così bene, verrà anche l’anno prossimo Lisa…- fece Ginevra per punzecchiarlo.

-Ti piacerebbe vero? Ma non lo vuoi ammettere…- osservò caustico il fratello. 

-Zio, domani pomeriggio ti va di fare due tiri con il pallone dopo il corso di vela?- chiese Giorgio.

-Certo ragazzo, quando vuoi…-

-Stasera mi accompagni a prendere il gelato? Lo stabilimento qui vicino ne fa uno buonissimo- disse in estasi Giorgio leccandosi le labbra e pregustandone il sapore.

-Sì, ti accompagno io dopo cena… ma ora Lisa per favore puoi farmi uno dei tuoi incredibili caffè?-

-Arabica o robusta?-

-Robusta, anzi… robustissima-

Nel villino accanto Sara, Nicola e i loro amici ospiti facevano una gran confusione in giardino, il chiacchiericcio condito di risate giungeva forte e chiaro fino a loro.

Riccardo notò che tutti si divertivano smodatamente con battute e scherzi mentre Sara rimaneva sempre un po’ in disparte, solitamente accanto al ragazzo con la barba: non poteva fare a meno ogni tanto di gettarle uno sguardo.

Il gruppetto di amici aveva attirato da subito l’attenzione anche di Ginevra:

-Come vorrei far parte della loro comitiva… sono persone molto simpatiche… voglio cercare di avvicinarli durante le partite di beach volley che fanno il pomeriggio in spiaggia-

-E’ molto che sono in vacanza qui?- chiese Riccardo.

-Quando siamo arrivati domenica erano già qui… da quanto ho capito, il ragazzo con la barba che chiamano Nico è il figlio del proprietario del villino- puntualizzò Lisa.

-Che fortuna! Potrebbero passare qui tutta l’estate senza problemi…- Ginevra emise un profondo sospiro.

 

Il tardo pomeriggio del giorno successivo Riccardo raggiunse di nuovo le sorelle in spiaggia ma questa volta si posizionò in modo da poter osservare bene Nicola e i suoi amici durante le partite di beach volley. Erano una compagnia numerosa e chiassosa, tra battute e scherzi si divertivano moltissimo, alcuni di loro sfoggiavano tagli e colori di capelli piuttosto improbabili.

Con lo sguardo nascosto dagli occhiali si divertì ad osservarli: erano tutti molto presi dal gioco e notò in più occasioni Nicola versare a Sara dell’acqua limonata.

Non si era accorto però che le osservazioni erano reciproche:

-Notevole il vicino di casa…- osservò Nicola mentre riempiva il bicchiere dell’amica.

-Già… è veramente un bel tipo… si vede che pratica abitualmente sport…- confermò Sara.

-Chissà perché appare solo nel tardo pomeriggio… mi piace questo alone di mistero che lo avvolge… e comunque l’importante è che appaia!- osservò sorridendo Nicola.

-Sì, credo che molte donne nei paraggi la pensino come te…-

disse gettando un’occhiata alle ragazze in spiaggia.

-Perché tu non sei d’accordo?-

-Certo che sì, è molto affascinante… ma è un padre di famiglia!- puntualizzò lei.

I due gruppi di vacanzieri procedettero ad osservarsi reciprocamente per tutta la settimana: poteva capitare che incrociandosi in spiaggia si scambiassero un cenno di saluto o un sorriso cordiale.

 

Il giovedì sera di quella prima settimana Riccardo accompagnò nuovamente Giorgio a prendere il gelato.

-Zio, lo voglio grande e con una montagna di panna sopra…- fece il bambino saltellando.

-Non esagerare o mi farai litigare con tua madre… L’ultima volta ti è venuto il mal di pancia…-

-Lo avevo mangiato troppo velocemente…- ammise il bambino.

-Sì, mi ricordo come sparì in un attimo dalle tue mani… Non ti corre dietro nessuno, mangia lentamente stavolta- fece divertito Riccardo scompigliandogli i capelli.

C’era un po’ di fila e mentre aspettavano cominciò a guardarsi attorno.

Vide in lontananza un murales in bianco e nero su una delle pareti dello stabilimento che dava verso le cabine, era la prima volta che lo notava: rappresentava il pirata Jack Sparrow che saldamente si teneva alla sommità dell’albero maestro della nave con la quale stava affondando, per scendere poi disinvoltamente con un piede sul pontile di attracco, una delle scene più famose e divertenti del film.

Cominciò ad osservarlo meglio, stranamente qualcosa di quell’immagine lo richiamava, i grovigli ipnotici di linee scure sembravano sussurrargli qualcosa.

Un brivido improvviso gli corse lungo la schiena: era lo stesso stile del disegno che teneva da mesi appeso nel suo ufficio.

Mantenne la calma, aspettò che il nipote avesse preso il gelato e dopo aver pagato gli chiese di accompagnarlo a vedere il murales.

-Giorgio, tu sai chi ha disegnato quel pirata?-

-No, ma io l’ho sempre visto lì zio- gli rispose mentre era tutto preso dal gelato.

Giorgio era sempre stato un buon osservatore, significava che era stato fatto da diverso tempo e lo confermava anche lo stato di conservazione: la tinta nera sembrava in alcuni punti cominciare a scrostarsi dal fondo bianco.

Prese il cellulare e scattò una foto che spedì immediatamente a Ivan con il seguente messaggio:

-Noti qualcosa di familiare?-

Salieri gli rispose subito:

-Effettivamente c’è qualcosa di somigliante… Dove lo hai trovato?-

-Non ci crederai…  in vacanza, in uno stabilimento balneare a Pescia Romana-

-Potrebbe essere una buona traccia…- rispose Salieri.

-Faccio qualche domanda in giro poi ti faccio sapere, buonanotte-

Riccardo ritornò alla gelateria e chiese alla commessa di poter parlare con il proprietario dello stabilimento: le indicò un uomo sulla quarantina all’ingresso del piccolo ristorante attiguo.

-Buonasera, lei è il proprietario di questo posto?-

-Sì, ha bisogno di qualcosa?-

-Sono il commissario Valenti del Commissariato di polizia di Viterbo…- Riccardo mostrò il distintivo.

-…avrei bisogno di qualche informazione riguardo il murales qui fuori… saprebbe dirmi chi l’ha fatto e quando?-

-E’ stato fatto circa tre anni fa da una ragazza di cui non ricordo il nome… anzi… sì, ora ricordo… si chiamava Sara ma il cognome non lo so proprio… Era in vacanza da queste parti e cercavo qualcuno che mi facesse qualcosa su quella parete bianca… Me l’ha consigliata un ragazzo che ha una casa di proprietà qui vicino… E’ stata brava e veloce, piace a tutti…-

-Si ricorda il nome di questo ragazzo?-

-Certo, è Nicola Moscati, il figlio del pilota di elicotteri dell’aeronautica. Sono proprietari di uno di quei villini fronte mare qui vicino-

Riccardo ebbe un fremito di soddisfazione, il ragazzo di cui parlava doveva essere proprio quello che si accompagnava con Sara.

-La ringrazio, buonasera-

-Spero di esserle stato utile…-

-Utilissimo, grazie-

Aveva trovato finalmente una pista da cui partire per riprendere le indagini riguardanti il caso Rocci: se da una parte l’investigatore che era in lui si sentiva molto soddisfatto, dall’altra non era poi così contento di aver scoperto un possibile coinvolgimento di Sara nelle indagini.

 

Venerdì mattina, appena mise piede in ufficio, Riccardo si confrontò con i colleghi.

-Vorrei faceste una ricerca su questa Sara Morelli… dati anagrafici, lavoro, famiglia, tabulati telefonici… tutto quello che può esserci utile per cercare un possibile collegamento con Maurizio Franchi-

-Pensi sia lei la persona del disegno anonimo?- gli chiese Salieri.

-Qualcosa Ivan mi dice di sì… ma non ne sono molto contento. Mio nipote ed io l’abbiamo vista spesso in oratorio da don Alberto… disegna molto bene… ma mi auguro di sbagliarmi…-

-Eppure se confrontiamo il murales dello stabilimento ed il disegno a carboncino di Pasqua, non mi sembrano della stessa mano…- osservò dubbioso Manuzzi.

-Infatti…- confermò Salieri.

-Io vi sto dicendo però di concentrarvi sul confronto del murales con l’identikit che abbiamo ricevuto. E’ stato eseguito alcuni anni fa però osservate bene le curve… come i tratti si annodano tra loro per rendere le ombre… sono molto simili. E del resto sono stati eseguiti con due tecniche diverse, una a pennello e l’altra a penna. E poi questa scelta del monocromo… una coincidenza? Il disegno di Pasqua potrebbe essere stato invece volutamente fatto con uno stile diverso proprio per depistarci- considerò lui.

-Sì… effettivamente se si guardano i particolari… forse… qualcosa c’è…- ammise Manuzzi.

-Io mi fido dell’intuito di Riccardo… del resto quali altre piste abbiamo?- osservò Lotti.

-Stavo inoltre pensando di unire l’utile al dilettevole…-

-Cosa vuoi dire Riccardo?- chiese Manuzzi.

-Pensavo che sono due anni che non faccio una vera vacanza e stavo valutando di approfittare dell’ospitalità di mia sorella per indagare un po’ su questo gruppetto di amici-

-Per quanti giorni?-

-Mia sorella ha un’altra settimana di vacanza e se ci fossero problemi potrei essere in ufficio in una oretta- valutò Riccardo.

-Ti posso tenere io informato su ogni novità riguardo l’assassino delle prostitute- disse Salieri.

-Provo ad organizzare il tutto, oggi parlerò con il questore, vi farò sapere…- in Riccardo soddisfazione e inquietudine si rimescolavano.

Era dispiaciuto per il coinvolgimento di Sara, ma il suo istinto gli diceva che era nel giusto. 

 

-Sara Morelli, 21 anni, diplomata al liceo artistico, ha lavorato con contratti interinali in diversi posti, l’ultimo, il più lungo, di sei mesi presso il centro di micronizzazione della Cooperativa Zootecnica Viterbese a Monterazzano, ora risulta disoccupata. La madre è deceduta due anni fa in un incidente stradale, il padre è guardia notturna in una ditta privata mentre il fratello Filippo frequenta il terzo anno del Liceo Scientifico Ruffini. I tabulati telefonici non riportano contatti con Franchi e stranamente non risulta attiva in alcun social- Manuzzi in venti minuti di ricerca aveva riassunto su un foglio tutta la vita di Sara.

-Se ci pensiamo bene, neanche nel cellulare di Franchi o della stessa Rocci comparivano i loro numeri, eppure hanno messo in piedi una relazione durata mesi…- fece notare Riccardo.

-Anche questo è vero…- ammise Manuzzi.

-Continuate con le indagini… vi confermo che starò via circa una settimana, sei giorni precisamente. Mantenetemi informato, porterò con me il computer- concluse Riccardo.

 

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

Lunedì mattina Riccardo si svegliò verso le sette e si rase nel piccolo bagno attiguo alla sua camera: era la sua prassi mattutina, non riusciva a svegliarsi e a connettere il cervello se prima non si faceva la barba, poi scese in cucina per bere un caffè.

Il cellulare non riportava nuovi messaggi dal commissariato, le indagini evidentemente non avevano ancora condotto a nulla di nuovo.

Si sedette sullo sgabello con i gomiti appoggiati al top della cucina, la tazzina fumante tra le mani e lo sguardo rivolto verso il mare: quella mattina il Tirreno era una tavola ed il cielo profondo e azzurrissimo.

Decise di fare una corsa, indossò una maglietta comoda e si diresse sul litorale ancora praticamente deserto. C’erano in giro solo i bagnini degli stabilimenti che armeggiavano con lettini ed ombrelloni o che spazzavano i camminamenti in legno che conducevano alle spiagge.

Quando rientrò al villino per fare la doccia, trovò sulla veranda le sorelle intente a fare colazione con cappuccino e cornetto.

-Ric… ma dove sei stato? Ho ordinato la colazione al bar, c’è un cornetto anche per te vieni- gli disse Lisa.

-E’ una giornata stupenda e ho deciso di fare una corsa…- fece lui sedendosi.

-E’ la prima volta che decidi di rimanere in vacanza con noi… qui gatta ci cova…- gli disse Ginevra ammiccando.

-Già che hai aperto l’argomento devo chiedervi una cosa… in verità sono qui per fare delle indagini…-

-E ti pareva che non stavi qui per lavoro? Sei senza speranza, non sei in grado neanche di prenderti una vacanza, per forza tutte ti lasciano… Non ti sopporto nemmeno io!- Ginevra era sconcertata dal comportamento del fratello.

-Per lo meno potevi farci credere che eri qui perché gradisci la nostra compagnia e vuoi stare un po’ con noi questa estate…- fece Lisa presa in contropiede.  

-Lo so, vi chiedo scusa, sono un gran bastardo e tutto il resto… ma le cose stanno così e vorrei solamente chiedervi di non dire in giro che sono un commissario di polizia… per il resto sembrerò una normalissima persona in vacanza…- Riccardo era come sempre chiaro, diretto e di poche parole. 

-Non puoi nemmeno dirci su chi stai indagando? Lo conosciamo?- gli chiese Lisa.

-Preferisco non sappiate nulla, così non mi metterete in difficoltà in nessun modo… Soprattutto tu Ginevra che ci godi con i tuoi ammiccamenti e le tue insinuazioni-

-Mi piace da morire stuzzicarti davanti a tutti, si vede una luce di 

astio brillare nei tuoi occhi, sembri finalmente umano… Esci dalla tua impassibilità e manifesti i tuoi sentimenti… E’ troppo bello guardarti!- fece Ginevra per irritarlo.

-Sì, certo… Piuttosto devo parlare con Giorgio e spiegargli di non dire che sono un poliziotto, la vedo dura ma è sicuramente più collaborativo di certi adulti…- Riccardo guardò in modo eloquente in direzione della sorella minore.

-Come ti sopporto non lo so…- Ginevra lo guardava con occhi a fessura.

-…e quanto mi dai per il mio silenzio?- azzardò lei.

-Ti sbatto dentro per intralcio alle indagini se non lo farai…-

-Che paura che mi fai! - gli disse di rimando con finto timore.

-Basta Ginni… certo che ti aiuteremo e con la scusa delle tue indagini ti costringeremo a goderti un po’ di mare…- Lisa era sempre stata al di fuori delle loro scaramucce domestiche ed anche se Riccardo era lì per delle indagini era contenta di averlo in vacanza con loro: si vedevano ormai raramente ma il più felice della presenza di Riccardo sarebbe stato sicuramente Giorgio che stravedeva per quello zio poliziotto.

Quando gli capitava di vederlo in uniforme gli sembrava uno degli eroi della Marvel pronto a combattere il male per salvare il mondo, per non parlare di quando gli faceva fare un giro con lui in moto, la tuta aderente nera che indossava lo trasformava, ai suoi occhi imbevuti di immaginazione, in un moderno samurai.

Giorgio si era appena svegliato e li raggiunse in veranda ancora in pigiama.

-Buongiorno bellissimo- lo salutò Riccardo.

-Ciao zio, allora è vero che starai qui con noi in vacanza! Potremo finalmente giocare io e te!- Giorgio abbracciò lo zio, aveva occhi solo per lui e non salutò neanche la madre e la zia.

-Sì Giorgio, staremo insieme questa settimana- il suo sguardo saettò verso l’espressione eloquente di Ginevra.

Non voleva prendere in giro il nipote, parte del suo tempo l’avrebbe dovuta dedicare a mantenersi in contatto con il commissariato per dirigere le indagini.

-Ascolta Giorgio… lo zio è in vacanza ma sai che non può staccare completamente dal lavoro…-

-Sì lo so, tu sei una persona importante zio…-

-Appunto… e un po’ di tempo della giornata lo dovrò dedicare a telefonate e consultazioni via computer…-

-Sì zio-

-Però devo chiederti un favore speciale…Vorrei che tu fossi uno dei miei agenti durante questa settimana… è un po’ come se tu lavorassi in incognito per me… lo sai cosa vuol dire in incognito?-

-Sì zio, significa che non lo saprà nessuno, solo io e te!-

-Bravo ragazzo! Allora è molto importante che tu non dica a nessuno che sono un poliziotto… Puoi farlo Giorgio? Mi puoi aiutare in questo?-

-Sì, certo zio… Allora sarò un poliziotto anch’io questa settimana!-

Il bambino non stava più nella pelle, tra la presenza straordinaria dello zio e l’eccitazione di essere un suo agente per alcuni giorni si era finito completamente di svegliare.

-Allora stringiamoci la mano e suggelliamo questo patto nipote!-

Dopo la stretta di mano ufficiale Giorgio gli fece il saluto militare e poi lo abbracciò stretto.

-Certo che gli uomini sono proprio facili da manipolare già in tenera età!- commentò sarcastica Ginevra.

Il fratello cercò inutilmente di zittirla con il suo autorevole quanto  raggelante sguardo a fessura: su di lei però non sembrò sortire alcun effetto.

 

Nel pomeriggio Riccardo si sedette in veranda con il suo computer: da quel piano rialzato poté notare che il gruppetto di amici ospitato da Nicola aveva preparato i bagagli e sembrava pronto per la partenza.

Si erano uniti al commiato anche altri ragazzi figli dei proprietari delle vicine villette a schiera.

Dopo grandi manovre, saluti e schiamazzi il villino si era di colpo spopolato e la zona circostante divenne il luogo di pace di cui aveva bisogno Riccardo per rilassarsi e pensare.

Nicola e Sara passarono invece il resto del pomeriggio a mettere ordine fuori e dentro la villa.

 

Il giorno seguente in tarda mattinata Riccardo ritrovò il proprio posto in veranda: la spiaggia di fronte al villino era gremita di bagnanti.  

Decise di aprire il portatile e dare uno sguardo alle indagini riguardanti il killer delle prostitute.

Valutò foto, dati, interrogatori e presunti testimoni: non c’era ancora nessun indiziato, con molta probabilità si trovavano di fronte ad un incensurato ed anche molto scaltro.

Sorseggiava pensoso la sua birra quando la sua attenzione venne richiamata dal comportamento inopportuno di due ragazzi nei confronti di Sara: le si erano avvicinati mentre era intenta a leggere seduta sulla sdraia e sembravano avere tutta l’intenzione di volerla importunare.

-Ciao bellissima… ti disturbiamo? Io mi chiamo Jacopo e questo è il mio amico Dario… ci chiedevamo se volevi fare un bagno con noi…-

Sara rimase per un attimo senza parole, Riccardo la vide irrigidirsi.

-No, grazie…- fece lei intimorita.

-Con noi non ti annoierai… possiamo offrirti qualcosa al bar?-

-Non ho bisogno di nulla, grazie…- li guardava con un misto di calma e timore.

-Non fare così…- uno dei due ragazzi le si era avvicinato e fece cenno di volerle sistemarle una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Lei allontanò la sua mano e si alzò di scatto in piedi.

-Andate via…- fece lei a questo punto a disagio.

Quando le sentì pronunciare quelle parole Riccardo si alzò e si appoggiò con le mani alla balaustra della veranda per osservarli meglio: si aspettava che da un momento all’altro uscisse il suo fidanzato dal villino e li rimettesse al loro posto ma non accadde ed anzi vide i due ragazzi farsi più insistenti.

-Non ti agitare, non vogliamo farti del male…- le disse uno dei due.

-Andatevene vi ho detto!- Sara stava valutando di prendere la borsa, racimolare velocemente le sue cose e tornare al villino.  

Fu in quel momento che Riccardo decise di intervenire: andò in cucina, prese un bicchiere di acqua e vi spremette qualche goccia di limone poi afferrò la sua birra sul tavolo della veranda e si diresse con calma verso il gruppetto.

-Cosa sta succedendo? Ti stanno forse dando fastidio?- le chiese porgendole il bicchiere d’acqua.

Nel dirlo Riccardo tirò fuori il piglio ed il tono di voce del commissario di polizia, senza accorgersene aveva assunto l’aspetto ed il modo autorevole di fare che aveva a lavoro.

I ragazzi, spiazzati, rimasero prima senza parole poi balbettando accamparono delle scuse.

-Non stavamo facendo niente di male… le abbiamo chiesto se voleva fare un bagno con noi… ma se non vuole…-

-Già… non è successo niente…- fece l’altro.

-Quando una ragazza vi dice di andare via lo dovete fare, immediatamente… se vi ribecco ad importunarla non sarò così gentile- il suo sguardo e la sua autorevolezza colsero nel segno e i due sparirono velocemente come erano comparsi.

-Vedrai che non si faranno più vedere… spero di averli spaventati a sufficienza- le disse Riccardo.

-Grazie, credo che tu li abbia più che altro terrorizzati, ma non era necessario… sarei tornata in casa- fece lei a disagio.

-E perché te ne saresti dovuta andare tu? Sono loro che si devono allontanare… Ma dov’è il tuo fidanzato? Come mai non è venuto lui ad aiutarti con quelli?-

-Nicola? Lui non è il mio fidanzato…- fece lei.

-Mi stai prendendo in giro per caso?-

-No, io e Nicola siamo amici… Oggi sono sola perché è dovuto tornare a Roma per gli esami del corso da parrucchiere ma tornerà stasera-

-Ma… tra amici non ci si comporta come fate voi due…- osservò lui spiazzato.

-E’ quello che dice sempre mio fratello…- considerò ad alta voce sorridendo ed iniziò finalmente a rilassarsi.

-Comunque è da alcuni giorni che quei ragazzi ti guardano e parlano di te… Dovresti stare molto più attenta, non prendere troppo superficialmente queste cose, non leggi mai notizie a riguardo?-

Di colpo Sara si rabbuiò in viso, aveva assunto un’aria preoccupata e distante.

-Tutto bene?- fece lui.

-Sì… grazie per il consiglio, non mi ero accorta di loro, ho sempre la testa altrove… uno dei miei tanti difetti- aggiunse lei.

-Mi presento… io sono Riccardo, ti ho già vista all’oratorio di Don Alberto a Viterbo-

-Sì, ti ho riconosciuto quanto ti ho visto insieme a Giorgio… Io mi chiamo Sara-

Si strinsero la mano.

-Posso sedermi qui con te o preferisci stare sola?- fece lui.

-Certo che puoi sederti, ma credo ti annoierai, non sono di grande compagnia…- Sara prese di nuovo posto sulla sdraia e bevve un sorso d’acqua limonata.

-Non mi sembri una persona noiosa, piuttosto direi… silenziosa-

-Veramente do questa impressione?-

-Già…-

-Pensavo peggio… grazie per l’acqua limonata- aggiunse.

-Ho notato che durante le partite con i tuoi amici bevi solo questo…- si giustificò lui.

-Sì, è l’unica cosa che mi disseti veramente-

-Sei brava alla battuta… l’ho potuto notare da come è schizzata via la mia birra, non l’ho quasi vista!-

-Sì, scusa ancora, ma è capitato perché non l’hanno saputa ricevere… e comunque è questione di tecnica-

-Non credo sia solo questo… Sai fare un mucchio di cose che non credo sappiano fare in molti… perché dici di essere noiosa allora?-

-Hai notato anche tu che sono distratta, mi perdo nei miei pensieri e mi estraneo da tutto e da tutti… ci sono ma in realtà sono altrove…-

-Ma adesso sei qui con me o sto parlando da solo?- le chiese divertito guardandola.

-Sì, certo che parlo con te ora…- gli rispose sorridendo.

-Cosa fai di bello nella vita Sara?- indagò lui sorseggiando con finta disinvoltura la sua birra.

-Faccio lavori saltuari e disegno… da quando ero bambina-

-Un dono che hanno in pochi. Ho osservato il tuo quadro in oratorio quando ho accompagnato Giorgio, era molto bello. Ho visto anche che sai restaurare le vetrate, notevole…-

Sara cominciò a rilassarsi: parlare con quel ragazzo la faceva sentire a suo agio.

Ci furono alcuni secondi di silenzio poi Sara esordì dicendo:

-Grazie Riccardo, sei stato molto gentile poco fa, cominciavo a sentirmi seriamente minacciata e stavo valutando cosa fare… avevo paura che se fossi rientrata in casa mi avrebbero seguita…- mentre parlava rigirava nervosamente il bicchiere tra le mani.

-Già, devi essere più attenta- fece lui serio, poi non resistette a farle una domanda.

-C’è un’ombra di tristezza nei tuoi occhi… a cosa è dovuta?-

Lei si girò di scatto a guardarlo.

-Veramente vedi tristezza nei miei occhi? - fece Sara.

-Sì, è come se qualcosa ti turbasse-

Inizialmente si sentì quasi impaurita da quella osservazione, poi prevalse il senso di rassicurazione che scaturiva dal suo sguardo sincero e fermo.

-Soffro spesso di incubi… è questo il mio problema- ammise poi.

-Cosa sogni di così spaventoso?- fece lui incuriosito.

Sentiva in cuor suo che le avrebbe fatto bene parlare ma non poté fare altro che trattenersi: può capitare infatti di sentirsi portati a parlare di questioni intime e delicate con estranei più che con conoscenti stretti ma questo non le fece abbassare la guardia.

-Sogno persone che… fanno del male ad altri- gli disse.

-Caspita… e disegni mai quello che sogni?- del tutto inconsapevolmente Riccardo aveva spalancato una finestra sulla sua verità.    

Sara lo guardò sbalordita, i battiti del suo cuore accelerarono, l’uomo di fronte a lei sembrava aver imboccato la strada giusta per arrivare al suo segreto. Si sentì all’improvviso vulnerabile e sciocca nell’aver dato fiducia ad un estraneo qualsiasi e si affrettò a mentirgli:

-Ovviamente no…-

Riccardo percepì la sua difficoltà ed ebbe chiara l’impressione che lo stesse ingannando.

-Posso vedere i tuoi lavori Sara? Anche uno qualsiasi… per curiosità- continuò lui avendo in mente il murales.

-Non ho niente qui con me… sono in vacanza anche dai miei disegni…- continuò a mentire lei.

In verità non venne minimamente sfiorata dal ricordo dell’esistenza del murales, mentre Riccardo considerò che glielo volesse nascondere.

Rimase per un attimo a fissarla con il fiato sospeso: non poteva ricordarglielo, avrebbe potuto tradire l’interesse investigativo nei suoi confronti e lei si sarebbe di certo insospettita.

La stava avvicinando ma doveva essere prudente per non spaventarla, la necessità di trovare delle prove non doveva fargli fare passi falsi.

-Puoi farmene uno quando vuoi però- insistette lui.

-Sì, forse, ma non ti piacerebbero… uso solo penne biro, non c’è colore nei miei disegni…- Sara fece senza volerlo un passo falso.

Riccardo rimase sorpreso dalla sua ammissione, lei stessa gli confermava l’uso della sola biro per la realizzazione dei suoi disegni.

Cominciò a guardarla in maniera diversa, era sempre più sicuro che fosse coinvolta nel caso Rocci, pensò che con tutta probabilità doveva essere lei l’artefice dell’identikit, ma qualcosa dentro di lui lo bloccava.

Come poteva quella ragazza con quello sguardo pulito e trasparente essere colpevole? C’era un forte contrasto tra le sue accuse e le sensazioni che Sara gli smuoveva dentro.

Riccardo si sentì disorientato.

Suonò il cellulare di Sara: lo prese dalla borsa e rispose.

-Ciao Nicola… hai finito con gli esami? Sono contenta per te… a che ora torni? Come non puoi tornare stasera! No, non è possibile… me lo avevi promesso… Nicola non puoi… ne avevamo già parlato questa mattina…- Sara era balzata in piedi innervosita.

-Tu lo sai il perché… Ma con tuo padre non ti puoi spiegare quando rientri? Non ti cambia nulla comunque…-

Sara non era libera di parlare, la presenza di Riccardo le impediva di esternare a Nicola tutto il suo disappunto, non voleva rimanere sola di notte in quel villino in balia di possibili visioni di omicidi, era terrorizzata al solo pensiero.

Riccardo capì che doveva essere successo qualcosa che sembrava sconvolgerla.

-Sì, ci risentiamo dopo…-  chiuse la comunicazione con un profondo sospiro poi si guardò attorno agitata pensando ad una possibile soluzione prima del sopraggiungere della notte.

-Tutto bene?-

-No… Nicola ha problemi con il padre e dovrà rimanere a Roma questa sera…- Sara avrebbe dovuto dire più precisamente “questa notte” ma anche il solo pronunciare quella parola era per lei fonte di disagio.  

-E che problemi ci sono? Non ti senti sicura a stare da sola?-

-No… è… è che mi aveva promesso di uscire insieme a cena… ecco…- mentì lei.

Si rimise seduta sulla sdraia: fissava il mare e nervosamente si rigirava il cellulare tra le mani.

-Ma che telefono usi? Un vecchio Nokia?- Riccardo era incredulo.

-Era di mia madre… non me ne separo mai… ogni volta che squilla ripenso a lei…-

-Mi dispiace… è molto che è successo?-

-Due anni… un incidente d’auto…-

-Hai fratelli o sorelle?- Riccardo conosceva le sue risposte ma voleva sondare la sua sincerità.

-Ho un fratello di diciassette anni, Filippo, e poi c’è mio padre Agostino, fa il guardiano notturno in una azienda privata di Viterbo…- Sara gli stava dicendo la verità.

Ci furono alcuni secondi di silenzio.

-Come mai non usi i social?- esordì Riccardo.

-La verità è che fondamentalmente sono una “asocial”- ammise lei accennando ad un sorriso.

Questo avrebbe sicuramente reso le indagini sulla ragazza più difficoltose: aveva già richiesto i tabulati telefonici del suo cellulare e non era emerso nulla di rilevante, quindi per avvicinarsi a Sara avrebbe dovuto usare altre vie e gli vennero in mente le sue sorelle.

-Non mi sembri un tipo asociale, sai stare con gli altri…- riprese dopo alcuni secondi Riccardo valutandola ad alta voce.

-Sì, forse…- fece Sara impensierita.  

-Scusa ma… se sei sola puoi venire a cena a casa di mia sorella questa sera, ti assicuro che è un’ottima cuoca- fece Riccardo.

-Tua sorella?- Sara lo guardò sorpresa.

-Sì, mia sorella…-

-Ma tu non sei il papà di Giorgio?-

-Io? Ma no… il papà di mio nipote è fuori per lavoro, è un dottore, io sono solo il suo zio preferito modestamente…- Riccardo le sorrise divertito.

Sara era spiazzata, si era convinta di una cosa che nella sua mente era diventata come oro colato.

-Credevo fossi suo padre…- fece lei guardandolo.

-Mi capita spesso di accompagnarlo in oratorio quando Lisa è impegnata… Allora, accetti?-

-Se non do fastidio… accetto volentieri…-

-Vediamo un po’… una bella ragazza che ha la testa altrove, asociale e che spesso fa incubi raccapriccianti… direi l’ospite perfetto per passare una felice serata in famiglia…- fece Riccardo prendendosi gioco di lei.

-Beh, detta così fa paura…- disse Sara divertita.

-Forse sei solo posseduta…- Riccardo si aprì in un sorriso accattivante.

-Se veramente lo fossi don Alberto credo che me lo avrebbe già fatto notare…- gli disse di rimando.

-Già… un sacerdote vecchio stampo ma bravo… mio nipote lo adora… ovviamente il primo della lista sono io- le fece notare.

-Wow… un nipote fortunato con uno zio modesto come te!-

Sara lo guardava ora con occhi diversi, non era solo l’uomo dallo sguardo glaciale e sicuro di sé, scoprì che era anche di gradevole compagnia e divertente.

Il ghiaccio era rotto ed il tempo avrebbe fatto il resto, valutò Riccardo.

 

-Hai invitato a cena quella bella ragazza che gioca a beach volley e abita nel villino qui accanto?- chiese sorpresa Lisa.

-Sì, se non ti è di disturbo è ovvio. Nicola è fuori stanotte e non me la sentivo di lasciarla lì tutta sola…-

-Ma figurati, oltretutto Ginevra la voleva proprio conoscere… mi sembra perfetto…-

-Zio, quella ragazza è Sara, quella che fa i disegni in oratorio per don Alberto…-

-Sì, l’ho riconosciuta…-

 

Arrivò l’ora di cena e Sara si presentò puntuale con una bottiglia di vino e dei dolcetti in pasta di mandorle.

-Ciao, benvenuta Sara- fece Riccardo aprendo la porta che dava sulla veranda: inarcò involontariamente il sopracciglio sinistro, gli capitava sempre quando osservava qualcosa di notevole e Lisa se ne accorse.

Sara era bellissima, aveva lasciato i capelli sciolti sulle spalle, indossava un vestito corto fiorato stretto da una sottile cintura sotto il seno e calzava dei semplici sandali bassi: Giorgio rimase a fissarla con la bocca aperta.

-Accomodati, queste sono le mie sorelle Lisa e Ginevra e questo bel ragazzo che hai stregato con la tua bellezza è mio nipote Giorgio- fece Riccardo chiudendo con la mano la bocca del nipote.

-Ciao Giorgio, ti ho riconosciuto in spiaggia…- fece Sara.

Il bambino la salutò con un cenno della mano continuando a fissarla.

-Ciao, benvenuta!- Ginevra allungò la mano e strinse la sua affettuosamente. Era una settimana che sbirciava lei e i suoi amici tanto che le sembrava già di conoscerla bene.

-Ciao Ginevra-

-Benvenuta Sara- le disse Lisa.

-Ciao Lisa, grazie per l’invito, spero di non disturbare…-

-Non disturbi assolutamente, entra e accomodati- le fece Lisa.

-Ho portato del vino bianco, spero si accordi con quello che avete preparato per cena…-

-Grazie… è perfetto con il pesce- Lisa gettò un’occhiata eloquente al fratello.

-Il tuo fidanzato è fuori quindi stasera?- le chiese Ginevra.

-Non è il suo fidanzato, è il suo migliore amico- precisò Riccardo.

-Nooo, non è vero…- fece Ginevra guardandola con occhi sgranati.

-Sì, lo so che a guardarci sembriamo una coppia ma la verità è che lui è già fidanzato…-

-E con chi?- fece Riccardo.

-Con un ragazzo di nome Andrea che frequenta con lui il corso da parrucchiere a Roma-

Rimasero per qualche istante ammutoliti.

-Lo so, lui è un bellissimo ragazzo ma… è gay- concluse Sara.

-Non ci posso credere, ma perché i ragazzi gay sono sempre così carini… che rabbia- si fece sfuggire Ginevra.

-Sì, è veramente un bel ragazzo e gli voglio un bene enorme- ammise Sara.

-Come vorrei avere anch’io un finto fidanzato come lui…- sospirò Ginevra.

-Non ti sopporterebbe neanche quello finto…- fece Riccardo lapidario.  

Sara sorrise, ma la sua battuta e i loro sguardi rivelarono chiaramente un rapporto piuttosto teso.

Si accomodarono nel salottino vicino alla cucina, ad aspettarli c’era una caraffa con dell’aperitivo e ghiaccio.

-La cena è quasi pronta…- fece Lisa dall’angolo cottura mentre finiva di preparare gli spaghetti allo scoglio.

-E’ molto bello l’arredamento di questo villino… si vede che è stato progettato per essere affittato… non ci ero mai entrata prima-

-Vieni in vacanza qui ogni anno con Nicola?- le chiese Riccardo.

-Beh sì, i suoi genitori si fermano qui con gli amici per il mese di luglio, mentre ad agosto, lavoro permettendo, Nicola mi invita per stare un po’ insieme-

-Noi invece domenica prossima dobbiamo partire… le due settimane di vacanza stanno per finire- disse dispiaciuta Ginevra.

-Quanto rimarrai qui Sara?- le chiese Riccardo.

-Rientrerò con Nicola a fine mese-

-Studi o lavori a Viterbo?- le chiese Lisa.

-No, non sono una studentessa. Sono diplomata al liceo artistico e ogni tanto mi commissionano riproduzioni di quadri o ritratti. Di recente ho lavorato per un’azienda di Viterbo con un contratto a tempo determinato poi, adesso che torno, mi cercherò qualcos’altro da fare…- riassunse brevemente lei.

-Perché non hai continuato gli studi?- le chiese Ginevra.

-So solo disegnare e comunque sarebbe stata una spesa troppo onerosa… da quando è morta nostra madre c’è solo papà che si occupa di noi… Filippo, mio fratello, andrà invece all’università, ha voti altissimi in fisica e matematica, e se ci dobbiamo sacrificare economicamente è meglio che sia per lui…- spiegò Sara.

-Mi dispiace sinceramente per tua madre Sara- le disse Lisa.

-Grazie…-

-Io sto seguendo il corso di Lettere e Filosofia alla Sapienza di Roma, Lisa è pediatra e mio fratello invece ha un mucchio di lauree…- Ginevra ricevette un calcio apparentemente involontario  da Riccardo.

-Ahi… scherzavo… è… solo laureato in giurisprudenza-

-Scusa… non l’ho fatto apposta- le fece Riccardo con sguardo inespressivo.

-Sei un avvocato allora- osservò Sara.

-No-

-Non hai usato la tua laurea?- gli chiese sorpresa.

-No, ho preferito fare altro e guadagnare subito dei soldi- le disse mascherando il suo imbarazzo.

-Veramente mio fratello è comm… ahi… è… è commesso in un negozio di… di articoli sportivi- Lisa le diede un altro calcetto per fermarla mentre Riccardo la fulminò con lo sguardo.

Giorgio rimase in silenzio accanto allo zio e l’unica cosa che non riuscì a trattenere furono dei sorrisetti furtivi.

-E facendo il commesso ti sei potuto permettere una moto come quella?- chiese meravigliata Sara.

-Sono diventato responsabile di reparto…- mentì lui.

Una leggera tensione era palpabile nell’aria, forse c’era dell’altro, qualcosa che li metteva in imbarazzo e Sara non volle insistere.

Si sedettero a tavola e mangiando approfondirono la loro conoscenza, in particolare Ginevra le sembrò da subito una persona gradevole, capace di farla sentire a suo agio.

-Ha ragione Riccardo, sei un’ottima cuoca- disse Sara rivolta a Lisa.

-Grazie… ma come al solito esagera…-                               

-Non esagero mai io- le fece notare lui sicuro di sé.

Sparecchiarono e Lisa tirò fuori dal frigo una vaschetta di gelato.

-Qualcuno lo vuole affogato al caffè?-

 

La brezza che soffiava leggera dal mare rendeva la serata fresca e gradevole: restarono piacevolmente a chiacchierare in veranda per diverso tempo e Sara si sentì così a suo agio che per un po’ si dimenticò anche di dover passare la notte da sola.

Riccardo si ritrovò spesso ad osservarla in silenzio: la frangia faceva risaltare i suoi bellissimi occhi scuri mentre il suo ciuffo ribelle era sempre lì in agguato pronto per essere rimesso al suo posto con un gesto fluido e delicato.

Non mancò di soffermarsi a lungo e con piacere anche sulle sue caviglie ma più di ogni altra cosa rimase meravigliato dal modo in cui riusciva a catturare la sua attenzione ogni volta che sorrideva. Le sue labbra, da cui uscivano note dolci e suadenti, avevano la strana capacità di influenzare la sua respirazione.

-Una bocca come quella può dare dipendenza?- si chiese emettendo un profondo sospiro e valutando pensoso tra sé la risposta.

Sara incrociò spesso durante la serata il suo sguardo, ne era lusingata ma allo stesso tempo per qualche motivo le sue attenzioni la rendevano un po’ nervosa.

Giorgio era molto contento della sua presenza, non si staccava da lei, le faceva mille domande e trovò, prima di andare a dormire, il coraggio di chiederle una cosa.

-Mi fai un disegno Sara?-

-Giorgio! Lasciala stare… dalle un po’ di respiro…- gli fece la madre.

-No, non c’è problema Lisa. Certo che ti faccio un disegno… cosa ti piacerebbe?-

-Sì, ma subito dopo a nanna ragazzo…- fece Lisa.

-Sì mamma… mi disegni la moto dello zio per favore? Ti prego Sara…-

-Ci provo… andiamo a vederla, dov’è?-

-All’ingresso, nel giardino…-

Riccardo era sicuramente più motivato del nipote per quello che si aspettava di vedere e li accompagnò fuori.

Mentre attraversavano il giardino Sara ripensò alla promessa che aveva fatto a Filippo di non fare più disegni con il suo stile facilmente riconoscibile: glielo aveva dovuto promettere per vederlo sereno poiché negli ultimi tempi era diventato più ansioso del solito nei suoi confronti.

-Devo stare attenta, non si sa mai… l’ho promesso a Fili…- si disse Sara.

-Eccola… guarda quanto è bella! E’ una Ducati Panigale 959 Corse...- Giorgio era orgoglioso di mostrargliela.

-E’ vero, non me ne intendo di moto ma… è bellissima- ammise lei.

Sara si appoggiò con il foglio rimediato da Ginevra sul muretto del giardino e si apprestò a ritrarre l’oggetto degno di maggior rispetto per il bambino.

Aveva preso la sua biro dalla borsetta e prima di cominciare fece un profondo respiro: sembrò per un attimo insicura, titubante, Sara si rigirava nervosamente la penna tra le dita, poi trovò il coraggio e cominciò.

Riccardo seguì attento lo stile del tratto che usciva dalla penna, ammirò la sua abilità ma rimase deluso poiché non vide alcuna somiglianza con l’identikit.

Tutto era pulito e lineare, sembrava più un disegno fatto da un designer che da un artista che si esprime attraverso un prepotente dato emotivo.

Pensò che forse si era sbagliato, che Sara non era coinvolta nel caso Rocci, ma considerò anche che poteva aver volutamente alterando il proprio stile per non farsi riconoscere.

L’identikit aveva circolato a lungo attraverso i mezzi d’informazione e questo poteva averla resa molto più attenta e scaltra, Riccardo valutò infatti quel disegno profondamente lontano anche dallo stile del quadro della Resurrezione realizzato da Sara per Pasqua.

Qualcosa non tornava e la scelta di usare la biro non gli permise di scagionarla dai suoi dubbi.

-Grazie… è bellissimo, lo voglio attaccare nella mia cameretta!- le disse con entusiasmo Giorgio.

-Per così poco…-

-Grazie Sara, lo hai fatto felice… ma ora, come ti ha detto la mamma, a letto ragazzo!-

Ritornarono in veranda, Giorgio augurò la buonanotte a tutti e andò a dormire soddisfatto accompagnato dalla madre.

-E’ un bambino dolcissimo… quasi si vergognava a chiedermi di fargli un disegno…- considerò Sara.

-Sì, mio nipote è veramente un bravo ragazzo…-

-Ed è anche fortunato, è circondato da persone che lo amano e lo coprono di attenzioni…-

-Già…- Riccardo prese la palla al balzo e portò l’argomento dove voleva lui.

-Sai Sara… quando mi capita di accompagnarlo in oratorio non posso fare a meno di considerare quanto invece la vita sia stata inclemente con quei gemelli…-

Sara, da serena e spensierata che era, cambiò espressione in volto e Riccardo lo notò subito.

-Antonio e Luana… intendi?-

-Chi sono?- chiese Ginevra.

-I figli di quell’infermiera dell’ospedale di Viterbo che è stata uccisa dal suo amante…- Riccardo aveva gettato l’amo e non staccava gli occhi da Sara.

-Ah sì… ricordo…- fece Ginevra.

-E’ una storia tristissima… ci vorrà molto tempo perché quei bambini ritrovino la serenità…- fece Sara a disagio.

-La conoscevi?-

-Sì, ma di vista… veniva ad accompagnarli qualche volta, di solito veniva il marito però…- rammentò lei.

-Che tipo era?- fece lui.

-Una bella donna, forse un po’ appariscente… sai… di quelle donne che si truccano molto… mi ricordo quanto era affettuosa con i figli… li accompagnava fino alla porta dell’aula di catechismo e li baciava prima di andare via…- Sara abbassò lo sguardo, la visione dell’aggressione le cominciò a tornare alla mente in maniera prepotente.

Riccardo percepì il suo malessere ma continuò, non volle mollare la presa.

-Ma come ha fatto a mettersi con quell’uomo… lo hai mai visto con lei?-

Sara valutò che Riccardo stava per una oscura ragione insistendo sull’argomento con lei.

-No, non li ho mai visti insieme…-

-Ma tu lo conoscevi?-

-Io?-

-Sì tu… lo hai mai conosciuto?-

-N-no…-

Le sembrò insicura nel dirlo: in quel momento Sara aveva negli occhi l’immagine di quell’uomo che le si avventava al collo, arrabbiato e folle.

-Lo hanno trovato grazie ad un disegno che qualcuno ha fatto avere alla polizia, altrimenti sarebbe ancora in giro con quella donna sepolta in cantina…- fece lui attento ad ogni minima reazione di Sara.

-E’ una storia raccapricciante Riccardo… è meglio se cambiamo argomento…- gli suggerì Ginevra.

-E’ stata una fortuna allora... che qualcuno abbia deciso di consegnare quel disegno- azzardò Sara guardandolo timorosa negli occhi.

Pur stando all’aperto sentiva l’aria mancarle.

-Sicuramente… ma sembra lo stiano cercando… potrebbe avere a che fare con l’omicidio… forse è stato testimone dell’assassinio o, peggio ancora, esserne corresponsabile- spiegò Riccardo guardandola negli occhi.

Sara, sotto quello sguardo glaciale e indagatore, ammutolì.

Era quello il suo terrore più grande, che venisse coinvolta: in che modo avrebbe potuto giustificare l’esecuzione di una immagine del genere? Il panico la colse, avrebbe voluto alzarsi per mettere fine a quell’interrogatorio e pensò ad una scusa qualsiasi per andarsene.

Riccardo valutava accuratamente ogni espressione che accompagnava le sue parole: non le era sembrata falsa e colpevole, sembrava parlare in modo sincero, piuttosto percepiva in lei un forte disagio.

Lisa li raggiunse.

-Giorgio si è finalmente addormentato… era così emozionato-

-Credo sia ora che anche io vada… si è fatto tardi…- Sara approfittò dell’interruzione e si alzò.

-Potremmo andare un po’ in giardino a guardare le stelle…- fece Ginevra.

-Ti ringrazio Ginevra, ma mi sento stanca… non sono abituata a bere vino e mi gira un po’ la testa…- ammise lei.

-Ti voglio ringraziare per aver sopportato Giorgio per tutta la serata…- le disse Lisa.

-Giorgio non è stato per niente fastidioso, è un bambino molto dolce…- era sincera nel dirlo.

-Allora buonanotte e grazie per la bella serata- fece Sara sforzandosi di sorridere.

-Se vuoi ti accompagno…- fece Riccardo.

-N-no… non ce n’è bisogno… grazie-

-Buonanotte Sara…- fece Ginevra.

Uscì dal villino oltrepassando il cancelletto che dava sulla spiaggia e raggiunse, attraversando il giardino, la porta della veranda di quello di Nicola: Riccardo la seguì con lo sguardo fin quando entrò in casa.

-Riccardo ti voglio ringraziare… mi hai fatto conoscere Sara, mi piace molto, è una bella persona… grazie sbirro… buonanotte- gli disse Ginevra prima di ritirarsi nella sua camera.

-Prego Ginni… buonanotte anche a te…- la guardò meravigliato,

Ginevra lo aveva sorpreso, raramente aveva questi slanci verso di lui.

-Pensavo, durante la cena, che tu l’avessi invitata perché la volevi corteggiare avendo saputo che era libera… però non mi è sembrata attratta da te… Non ti guarda, non ti studia come fai tu con lei… il tuo fascino non ha funzionato stasera?- osservò Lisa.

-Te l’ho detto… Nicola le ha dato buca questa sera… non la sto corteggiando…- le rispose un po’ piccato Riccardo.

-E’ molto carina, anche se dal suo atteggiamento sembra non esserne consapevole… non dico sia timida ma… c’è qualcosa che le impedisce di essere serena, il suo sguardo tradisce dei problemi… tu ne sai qualcosa?- chiese Lisa al fratello.

-Cosa ti posso dire… lei stessa mi ha detto che soffre di incubi ed è sempre molto distratta, non c’è così tanta confidenza tra di noi da dirmi il motivo… ma sì, sembra avere dei problemi che le assorbono costantemente i pensieri…- confermò lui.

-Comunque è molto dolce, hai visto come piace a Giorgio? I bambini sanno trovare per istinto chi ha piacere di ascoltarli e di giocare con loro… parola di pediatra- sorrise lei.

-Già… ed è per questa stessa capacità che il tuo studio ha la fama di essere uno dei migliori…- la guardò orgoglioso il fratello.

 

Entrò in casa ed accese le luci del soggiorno, così le avrebbe lasciate per tutta la notte.

Aveva intenzione di rimanere lì, trovarsi sola al piano superiore con tutte quelle stanze l’avrebbe ancor più terrorizzata.

Accese la macchina del caffè e si sedette sullo sgabello della cucina. Si sentiva agitata, la serata era stata bellissima fino a quando non avevano affrontato l’argomento dell’infermiera e del disegno. Decise di rimanere sveglia fino all’arrivo di Nicola l’indomani mattina, non voleva rischiare di assistere ad una delle sue visioni senza il conforto di una figura amica.

Bevve un caffè e cercò di sedersi un po’ scomoda per non rischiare di agevolare il sonno: tra l’agitazione data dai pensieri e la caffeina forse ci sarebbe riuscita ma il vino, che non era abituata a bere, l’aveva resa soporifera.

Resistette per alcune ore poi, senza accorgersene, cadde in un sonno profondo, scivolando inconsapevolmente con le braccia sul top della cucina.

 

Fu in quella rovente notte d’agosto che sentì la necessità di dare nuovamente sfogo alla sua crescente frustrazione.

Non era riuscito a prendere sonno, da diversi giorni viveva in uno stato di inquietudine profonda e intorno a mezzanotte decise di uscire con il suo pick-up.  

Cominciò a vagare senza meta, la rabbia repressa era tornata a tormentarlo: voleva Sara, voleva avere per le mani quella ragazza. Da settimane non la vedeva tornare a casa, il dubbio che avesse addirittura cambiato città lo faceva stare male. Ma a chi avrebbe potuto chiedere informazioni? Desiderava parlarle, chiederle spiegazioni, sapere se lei era una di quelle persone speciali di cui gli aveva parlato la madre e se era stata veramente testimone di quello che aveva fatto a quelle due donne.

Si chiese quale poteva essere il modo per mettersi in contatto con lei:

-Uno solo…- valutò con un ghigno di soddisfazione.

 

-Ciao…- le disse dopo aver accostato di fronte a lei.

-Ciao…-

-E’ caldo stanotte vero?- si sforzò di sembrare gentile ma il suo sorriso risultò innaturale, del resto non era lì per fare conversazione.

-Sì, molto caldo…- fece lei abbozzando un sorrisetto e aggiustandosi lo scollo per mettere meglio in mostra le sue rotondità.

-Facciamo un giro?- le propose calmo e rassicurante.

-Non mi chiedi quanto voglio?-

Notò che era un po’ sospettosa: si era affacciata all’interno dell’abitacolo appoggiandosi con le lunghissime unghie finte al finestrino aperto e la vide gettare delle rapide occhiate.

Le notizie che circolavano sull’assassino delle prostitute erano tutte molto vaghe, non si sapeva molto di lui ma la cosa che tutte avevano ben chiara in mente era l’uso da parte di quell’uomo delle fascette fermacavo.

-Ti darò quello che mi chiedi, non ti preoccupare…- gli sembrò di riuscire a tranquillizzarla.

-Ok…-

Si mise seduta e per accavallare le gambe fece cadere da un ripiano basso un mazzetto di fascette: il silenzio che aleggiò per qualche secondo nell’auto fu agghiacciante, erano entrambi rimasti immobili e rigidi a fissarle.

Lentamente, con occhi sgranati, la donna orientò il viso verso di lui ed incrociò il suo sguardo vacuo e terribile che tradiva ora tutte le sue cattive intenzioni.  

In una frazione di secondo aprì il portello e prese a correre giù per la scarpata verso i campi aperti urlando.

In un attimo lui le fu dietro, la raggiunse e cominciò a picchiarla sul volto per farla smettere: la ragazza nigeriana riuscì a graffiarlo sul collo prima di perdere i sensi.

 

Sara si risveglia immersa in una cupa penombra.

Una strana agitazione si insinua nel suo animo, il respiro le diventa sempre più affannoso ed un freddo diffuso e secco comincia ad avere il sopravvento dentro di lei.

La fronte le si imperla di sudore ed il presentimento che qualcosa di orribile stia per accadere comincia a dominarla.

Le ombre confuse che affiorano dal buio diventano immagini sempre più nitide tanto da permetterle di riconoscere l’uomo con l’aquila tatuata alla base del collo.

Il terrore la immobilizza.

Sara non vuole vedere, vorrebbe distogliere lo sguardo, fuggire ma la scena che ha di fronte, contro ogni sua volontà, va avanti e si compie.

Lo vede muoversi viscido su di lei, il suo sguardo è posseduto da sensazioni che lo trasfigurano.

Poco dopo si alza, apre il suo coltello e la strattona per i capelli per obbligarla a guardarlo: le urla fuori di sé qualcosa sul viso, le sembra assurdamente di leggergli sulle labbra il suo nome.

 

-Apri gli occhi, aprili bene… guardami! Guardami puttana… Sara…  Sara mi stai guardando? Vengo a prenderti, hai capito Sara? Vengo a prenderti presto… molto presto saremo insieme io e te… hai capito Sara?- urlò rabbioso sul suo viso poco prima di reciderle la giugulare.

 

Le lacrime della ragazza sciolgono le ultime immagini rendendole quasi illeggibili. La visione di Sara si offusca e di colpo si spegne, poi più nulla.

 

Riccardo si era alzato intorno alle tre di notte per andare a bere un bicchiere di latte: il sonno gli era passato mentre ripensava alle parole di Sara e a come le aveva dette.

D’un tratto sentì delle urla: chiuse il frigo e rimase in ascolto finché riconobbe nitidamente la voce di Sara.

Corse al villino, raggiunse la porta della veranda dal lato della spiaggia e vide le luci del soggiorno accese: bussò alla porta ma nessuno venne ad aprirgli.

-Sara… Sara sono Riccardo… aprimi, che sta succedendo Sara…- disse allarmato.

Sara lo aveva sentito ma era talmente spaventata ed intorpidita dalla solita sensazione di freddo che non riuscì a rispondergli.

Riccardo provò ad aprire la porta ma era chiusa a chiave, allora si diresse alla finestra e riuscì, forzandola, ad aprirla.

Entrò e la trovò rannicchiata in un angolo del salotto: piangeva sconvolta mentre con le braccia si proteggeva la testa.

-Sara… sono Riccardo…- le si avvicinò cauto.

-L’ha uccisa… ha ucciso ancora… aveva il coltello… le fascette…- diceva scossa dal pianto.

-Chi ha ucciso? Sara hai fatto uno dei tuoi incubi?-

Continuava ad essere preda della paura, era infreddolita, madida di sudore e scossa dai singulti del pianto.

-Gli avevo detto… che non volevo stare da sola… ho avuto paura- fece Sara riferendosi a Nicola.

-Ma di chi stai parlando? Vieni qui, alzati… fai piano-

Riccardo la strinse forte, appoggiò la guancia sulla sua tempia pulsante e cercò di tranquillizzarla massaggiandole la schiena.

Non sentirsi più sola la aiutò a calmarsi, ad essere meno disperata ed il contatto con Riccardo la riportò lentamente alla realtà.

Mentre tornava in sé capì che avrebbe dovuto dargli una spiegazione ma la consueta ondata di adrenalina cominciò ad invaderla scuotendola in un sottile tremore.

-Devo andare a correre… devo togliermi questa adrenalina che mi circola in corpo…-

-Correre a quest’ora? Può essere pericoloso per una ragazza girare da sola di notte… Ti succede spesso di fare questi incubi?-

-Sì… ogni tanto…- fece lei tremando.

-Ma cosa hai sognato Sara?-

-Un uomo che… faceva del male ad una donna…- era stremata.

-Stenditi sul divano, ti faccio compagnia io stanotte-

-No… ora puoi tornare a casa… il peggio è passato, grazie…-

-Non se ne parla, non ti lascio sola, non vado da nessuna parte…-il tono fermo e perentorio di Riccardo costrinse Sara ad obbedirgli.

-Tremi come una foglia…- osservò lui.

Sara continuava ad essere scossa dai singulti e per contrastare il tremore adrenalinico si teneva inutilmente stretta, come fosse appena riemersa da un tuffo nell’acqua gelida.  

Si sedettero sul divano ed appoggiò la testa sul collo di Riccardo, mentre lui la strinse a sé cingendola con il braccio: lentamente Sara ritrovò la calma ed anche il suo respiro pian piano tornò normale.

-Grazie…- fece lei in un sussurro.

-Rilassati, non parlare…-

Sara si tranquillizzò a tal punto che senza accorgersene si addormentò: aveva lottato per ore contro il sonno ed era infine crollata.

Riccardo rimase sveglio, turbato dai dettagli di quell’incubo.

Una donna uccisa, un coltello e delle fascette, fermacavo presumibilmente: elementi che lo riconducevano stranamente ai due omicidi su cui stavano indagando.

Rimase a lungo assorbito da tutte quelle considerazioni finché non si addormentò anche lui all’alba.

 

Intorno alle sette una chiave girò nella toppa ed entrò in casa Nicola, la scena a cui assistette lo lasciò a bocca aperta: Sara dormiva rannicchiata sul divano con la testa appoggiata sulla coscia del vicino di casa mentre lui, in boxer e T-shirt, dormiva seduto appoggiato allo schienale.

Li osservò sbalordito per qualche istante poi non resistette e li svegliò: doveva assolutamente sapere cosa fosse successo durante la sua breve assenza.

-Buongiorno Sara e buongiorno anche a te bel vicino…- esordì lui.

-Nicola… sei tornato…- fece lei aprendo a fatica gli occhi.

Sara finì di svegliarsi e vedendo Riccardo accanto a sé sul divano le tornò in mente quanto era accaduto quella notte.

-Mi hai lasciata sola stanotte… E’ l’ultima volta che vengo in vacanza con te! Sei stato uno stronzo insensibile… ti avevo detto che avevo paura… se non fosse stato per Riccardo sarei morta per lo spavento…- Sara era nuovamente agitata.

-Riccardo?- disse Nicola guardando sorpreso l’uomo di fronte a lui.    

Riccardo aveva assistito alla scenata di Sara assonnato e silente.

-Buongiorno Nicola… l’ho sentita urlare stanotte e sono venuto a vedere cosa fosse successo, tutto qui. Ciao Sara… devo andare, si chiederanno a casa che fine abbia fatto- sbadigliando si alzò e cercò di finire di svegliarsi.

-Grazie Riccardo, ti sono debitrice di un favore…- fece lei.

-Non ti preoccupare, l’importante è che stai bene- ed uscì.

Nicola lo seguì con lo sguardo mentre si allontanava, quindi si rivolse all’amica.

-Dovresti ringraziarmi invece di farmi il cazziatone… hai dormito stanotte con un esemplare maschio di tutto rispetto grazie a me- fece Nicola.

-Sei stato un bastardo superficiale… non me lo sarei mai aspettato da te…Ti avevo detto che avrei potuto avere una nottata delle mie… Ho provato a non dormire ma ieri sera ho bevuto del vino a casa di Riccardo e non so bene a che ora sono crollata…-

-Hai bevuto del vino con Riccardo? La cosa allora è più seria di quanto pensassi!-

Sara lo guardò arrabbiata e Nicola emise un profondo sospiro:

-Ti chiedo scusa ma ieri pomeriggio dopo gli esami ho avuto una spiacevole discussione con mio padre… in parte ci siamo chiariti…- ammise dispiaciuto.

-Mi hai profondamente delusa… lasciarmi sola in questa casa… sola con i miei incubi!- Sara aveva gli occhi lucidi.

-Mi dispiace Sara… scusami- la baciò e la strinse forte.

 

-Ma dove sei stato? E’ da questa mattina che ti cercano dal commissariato…- fece Lisa.

-Il commissariato?- Riccardo ebbe un brutto presentimento e corse a prendere il suo cellulare.

-Valenti… mi avete cercato?-

-Sì commissario, stamattina intorno alle sei un contadino ha trovato nel fondo di una scarpata presso Gradoli il corpo di una donna di origini africane. Ha la gola tagliata ed è stata legata con fascette fermacavo. La dinamica sembra la stessa degli altri due omicidi…  è il nostro uomo commissario-

Riccardo sentì chiaramente il sangue ghiacciarsi nelle vene: gli ritornarono alla mente le parole di Sara e gli sembrò per un attimo di aver vissuto un brutto sogno.

-Commissario…? Mi ha sentito?-

-Sì… sarò lì tra un’ora- e chiuse la comunicazione.

-Allora? Dove sei stato stanotte?- gli chiese Lisa.

-Ho dormito da Sara… ma non è come pensi. Non ho tempo di spiegarti ora, ti dirò tutto quando torno… e non dire nulla a Ginevra!- Riccardo aveva una gran fretta di partire.

Lisa sgranò gli occhi e rimase a bocca aperta.

-Piuttosto sveglia la ragazza!- commentò lei.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

Si fece la barba ed una doccia veloce.

Prima di salire in moto lo raggiunse Lisa con un caffè caldo.

-Bevi almeno questo… e stai attento, guida con prudenza-

-Grazie Lisa… ti faccio sapere poi quando torno- disse lui infilandosi il casco.

Imboccò il vialetto e Lisa sparì dallo specchietto retrovisore dopo la prima curva.

Aveva diverse cose da valutare che l’avevano già tenuto sveglio prima di crollare addormentato sul divano di Nicola.

Sara aveva accennato a delle fascette, ad un coltello e ad un omicidio: le sue parole lo avevano immediatamente riportato all’uccisione delle due prostitute.  

Pensò a lungo a Sara, a quanto era spaventata, non gli sembrava possibile che un incubo potesse stravolgere a quel modo una persona calma e posata come lei.

-Ha ucciso ancora…- le aveva sentito chiaramente dire: quelle parole riecheggiavano senza sosta nella sua testa.

Con il caso Rocci c’era di mezzo un disegno che poteva essere ricondotto a lei per via stilistica, ma per quanto riguardava il suo incubo e l’assassinio di quella notte, quale poteva essere la connessione? Era forse rimasta suggestionata dalle notizie riguardanti i due precedenti casi di omicidio?

Era oltremodo sbalordito dalla coincidenza temporale degli avvenimenti di quella notte.

-Incubi e omicidi… omicidi e disegni…- pensava assorto.

Tra sorpassi e accelerazioni Riccardo era tutto preso dai suoi ragionamenti, poi una considerazione assurda gli balenò per un istante nella mente:

-E se Sara fosse una sensitiva? Se i suoi incubi fossero riconducibili a fatti criminosi? No…  non può essere…  è una forzatura…  ecco a cosa porta le mente quando è stressata e non riesce a trovare una motivazione logica…- si disse quasi meravigliandosi di se stesso.

Per un uomo che aveva sempre basato le sue deduzioni su fatti reali e concreti, sulla sovrapposizione e coincidenza delle prove, non poteva realmente essere presa in considerazione una capacità del genere.

Accantonò momentaneamente quella suggestione folle e pochi minuti dopo entrò nel cortile interno del commissariato, parcheggiò la moto e si affrettò a raggiungere l’ufficio.

-Buongiorno commissario…- lo salutarono i due agenti all’ingresso.

-Buongiorno Vitali… Campi…- Riccardo ricambiò il loro saluto.

L’agente Vitali guardò il collega in modo eloquente.

-E’ la prima volta che vedo il commissario Valenti abbronzato…-

-E’ vero… anch’io…-

-Buongiorno Ivan, allora cos’è successo?- chiese Riccardo posando il casco sulla cassettiera e sfilandosi la giacca in pelle.

-Buongiorno Riccardo, hanno trovato stamane nel fondo di una scarpata poco fuori Gradoli il corpo di una ragazza di origini africane, presumibilmente una prostituta per come era vestita. Il cadavere presenta un vistoso taglio alla gola e i polsi sono legati con fascette fermacavo. Antonio ci sta aspettando sul posto- riassunse brevemente Salieri.

-Andiamo allora-

 

-Buongiorno Riccardo- fece Manuzzi.

-Buongiorno Antonio- Riccardo si era affacciato al bordo della scarpata.

La ragazza era stata gettata giù da un’altezza di quattro metri ed aveva assunto una posizione scomposta.

Scesero e raggiunsero il medico legale Longhi che stava procedendo con i rilievi di rito.

-Buongiorno dottoressa Longhi-

-Buongiorno Valenti-

-Siamo di fronte alla stessa mano?-

-Sembrerebbe di sì… stesso tipo di taglio e stesso tipo di fascette. Di diverso dagli altri due casi però c’è che ci deve essere stata una furibonda colluttazione: il volto presenta molte tumefazioni ed il fatto che abbia le unghie tranciate fa pensare che lo abbia ferito graffiandolo e l’assassino abbia poi cercato di eliminare possibili tracce biologiche… ma staremo a vedere… Non ha gli slip e la gonna è alzata fino all’ombelico, sicuramente ha subito un rapporto sessuale, inoltre calza solo una scarpa, e l’altra non è qui…- riassunse per grandi linee lei.

-Stessa prassi allora. L’ha rapita da qualche parte, poi uccisa e abbandonata in un luogo lontano da occhi indiscreti…- fece pensoso Riccardo.

-Sì, deve essere andata così, e questo potrebbe giustificare la mancanza di una calzatura-

-Quando potrò avere l’esame autoptico sulla mia scrivania?-

-Il prima possibile… dovete prenderlo quel bastardo-

-Lo faremo, e spero presto-

-La vedo abbronzata… e credo sia la prima volta. Ha dovuto interrompere una vacanza commissario?-

-Diciamo pure così dottoressa…- la guardò per qualche istante e sentì la necessità di parlarle.

-So che sta frequentando un mio agente, Mauro Lotti…-

-Sì, siamo usciti alcune volte, è una bella persona…-

-Me lo tratti bene per favore, è reduce da un lungo e penoso divorzio… è importante che chi lavora con me sia sufficientemente sereno per svolgere le sue mansioni- Riccardo era protettivo con i componenti della sua squadra e non perse questa occasione per parlarle.

-Siamo tra persone adulte…- osservò lei sorpresa.

-Alcune volte non basta, anche la ex moglie sembrava una persona adulta e responsabile… ma lo ha ripetutamente tradito-

-Lo tratterò bene, glielo prometto- sorrise lei.

-Grazie e buon lavoro dottoressa…-

-Anche a lei… ne avrà bisogno- disse guardando il cadavere.

Riccardo risalì la scarpata.

-Allora?-

-Allora cosa Ivan?-

-E’ una gran bella donna…-

-Sicuramente Mauro ha puntato in alto stavolta…-

-Dici che durerà?-

-Me lo auguro-

-Vedi? Ogni volta che la incontriamo tiene in mano un termometro, io non riuscirei a frequentare una donna che ha sempre a che fare con i cadaveri…-

-Credo che Mauro preferisca di gran lunga lei alla ex moglie che aveva a che fare solo con uomini vivi…-   

 

Mentre Riccardo era impegnato sul luogo del ritrovamento,  giunse alla polizia una telefonata anonima che dava un nome alla  vittima. I colleghi del commissariato avevano immediatamente proceduto ad una ricerca di conferma: si chiamava Fania Onyia, aveva diciotto anni ed era originaria del Niger.

Era già nota in questura, poco tempo prima vi era stata condotta per un controllo e gli agenti che a suo tempo se ne erano occupati si misero subito in contatto con Manuzzi dando la preziosa indicazione del luogo dove abitualmente attendeva i clienti.

-Riccardo?-

-Dimmi Antonio-

-Hanno scoperto chi è la ragazza, era nigeriana, si chiamava Fania Onyia. Mi danno indicazione dalla centrale anche del posto dove lavorava, il luogo dove presumibilmente è stata prelevata-

-Andiamo a fare un sopralluogo allora-

 

Dopo circa tre quarti d’ora parcheggiarono in una piazzola di sosta nei pressi di Marina di Montalto, una località balneare che si affaccia sul Tirreno.  

-Questo è il posto- indicò Manuzzi.

Scesero dalla vettura e perlustrarono attentamente i dintorni.

La piazzola di sosta era delimitata da un dirupo scosceso che terminava su un campo arato di recente.

-Ci sono segni di un inseguimento a piedi… e se non mi sbaglio mi sembra di vedere una scarpa color argento laggiù…- disse Riccardo indicando delle tracce profonde.

-Chiamo subito la scientifica… sembrano molto chiare- fece Salieri.

-Qui c’è anche una traccia recente di pneumatico…- osservò Manuzzi.

-Non sembra essere lo stesso battistrada però…- disse Salieri.

-Potrebbe aver cambiato le gomme sulla base delle notizie riportate dai giornali- considerò Riccardo.

-Certo, è possibile-

-Conosce molto bene il territorio… lascia le sue vittime in posti fuori mano in cui è difficile trovare testimoni o telecamere… Anche in questo caso avrà tolto di mezzo il cellulare della vittima, la prassi è sicuramente la stessa. Si sente sicuro di sé, questo è certo- valutava ad alta voce Riccardo.

-Dobbiamo sbrigarci, sta lasciando una lunga scia di sangue, è scaltro e dobbiamo prenderlo al più presto- fece Manuzzi.

-Speriamo che almeno questa volta trovino del materiale biologico su quella povera ragazza… forse ha fatto un passo falso e… scommettiamo che troveranno della paglia?- fece Riccardo.

 

Rientrati in ufficio mise al corrente i colleghi di quello che aveva osservato riguardo i disegni di Sara.

-Martedì sera ha fatto un disegno per mio nipote, ho qui la foto… ha scelto lei di realizzarlo con una penna biro, e già qui è tutto dire… però lo stile non coincide con quello del murales, né con quello dell’identikit, e tantomeno con quello del disegno fatto per don Alberto…-

-Come te lo spieghi?-

-Potrebbe aver cambiato stile per non essere scoperta, ecco a cosa penso…-

-Questo aggraverebbe la sua posizione però- osservò Salieri.

-Già… credo che dovremo convocarla in commissariato, troppe cose non tornano, troppe coincidenze la riguardano direttamente…-

Riccardo reputò opportuno, seppur con qualche riserva, di metterli anche al corrente delle sue azzardate quanto irrazionali intuizioni.

-Questa notte ho assistito a qualcosa di veramente strano…-

-Qualcosa di strano?- chiese Salieri.

-Sì… Sara ha avuto un brutto risveglio a causa di un incubo… l’ho sentita urlare dalla cucina del villino di mia sorella e l’ho raggiunta entrando dalla veranda: era in un angolo della cucina completamente terrorizzata …- riassunse lui pensoso.

-Cosa significa questo?- fece Manuzzi.

-Mi ha parlato di un uomo che avrebbe “ucciso ancora”, mi ha nominato la parola fascette e ha menzionato la lama di un coltello. Lì per lì mi sono tornate in mente le due prostitute dell’assassino seriale… poi la mattina mi cercate voi per dirmi praticamente le stesse cose!-

-Potrebbe essere solamente una coincidenza…- osservò Lotti.

-Si sarà fatta suggestionare da notizie lette in precedenza… ha subìto di recente un lutto tremendo, potrebbe essere molto fragile psicologicamente e facilmente influenzabile di fronte a notizie come quelle…- ipotizzò Salieri.

-Forse… ma mentre venivo qui in moto un’ipotesi mi ha tormentato… e sento la necessità di rendervela nota… anche se folle-   

-Quale?-

-Stiamo cercando possibili legami tra Sara e Franchi per l’uccisione della Rocci… poi ecco che si manifesta il suo incubo con tutti questi elementi che rimandano all’assassino delle prostitute. Voi non l’avete vista… sembrava la testimone oculare di un assassinio, era completamente stravolta, inorridita… non era un semplice incubo da cui ci si risveglia sudati, turbati e che poi si dimentica. Era totalmente sconvolta per quello che aveva visto… l’adrenalina che aveva in corpo poi…- Riccardo sembrava preoccupato.

-A cosa hai pensato quindi Riccardo?-

-Un’ipotesi folle… lo so… e se quella ragazza fosse una sensitiva?- li guardò per osservare le loro reazioni.

-Tu… che ci parli di sensitivi! Questo non lo avrei mai potuto immaginare… Una persona razionale e pragmatica come te Riccardo!- fece Salieri sorpreso.

-Lo so, può sembrare pazzesco ma nella mia testa gira questa cosa…-

-Non so che dire…- fece Manuzzi preso in contropiede.

-Dite che mi sto arrampicando sugli specchi? Potrebbe essere la tensione nervosa di questi ultimi mesi che mi suggerisce soluzioni insensate? Me lo sono chiesto più volte venendo qui stamattina… eppure non vi ho risparmiati dal mettervi al corrente di quello che penso. Sono aperto a qualsiasi suggerimento come vedete…- Riccardo fu sincero con loro, a costo di sembrare pazzo.

-Tu sei sempre stato diretto e onesto con tutti noi… se è questo che pensi riguardo quella ragazza, non possiamo fare altro che prenderne atto e procedere con le nostre investigazioni per saperne di più- Manuzzi lo sostenne da subito.

-Ci siamo sempre fidati del tuo intuito Riccardo…- Salieri confermò anche lui la sua stima.

-Come possiamo indagare su questo fronte però?- chiese Lotti.

-Non lo so… l’unica cosa che so per certo è che in attesa dell’esame autoptico domani mattina ritorno al mare e lunedì, comunque vadano le cose, dobbiamo convocare Sara Morelli e interrogarla, è un atto dovuto… forse sarà lei stessa a darci delle delucidazioni in merito. Mi è sembrata sempre sincera quando ho avuto modo di parlarle, credo che risponderà allo stesso modo alle nostre domande e vedremo come reagirà a questa ipotesi insensata che mi gira per la testa…- considerò Riccardo.

Erano rimasti tutti interdetti, fiduciosi come sempre nelle sue intuizioni ma fortemente interdetti, Riccardo se ne accorse.

Gli rimanevano pochi giorni per avvicinarla e scoprire qualcosa di più, da lunedì tutto sarebbe stato diverso, più formale.

Sentiva di essere dispiaciuto per il suo coinvolgimento ma quello era il suo lavoro: le simpatie, o i sentimenti che fossero, andavano accantonati, e basta.

-Ora mettiamoci al lavoro e ragioniamo su tutte le informazioni che abbiamo, insieme ai rilievi fatti in campo, forza…-

 

Riccardo raggiunse nel pomeriggio il questore nel suo ufficio per  metterlo al corrente del nuovo caso di omicidio, decise però di non informarlo delle suggestioni che aveva avuto riguardo Sara, sarebbe stato del tutto prematuro.

Lo informò però della sua intenzione di convocarla il lunedì successivo sulla scorta di quello che aveva scoperto con i suoi disegni: lo strano e repentino cambio di stile era secondo lui un chiaro quanto negativo indizio a suo carico.

 

Dopo il chiarimento con Nicola Sara era salita nella sua stanza, era crollata sul letto e si era addormentata di nuovo.

Si svegliò intorno alle dieci, era riuscita a recuperare le forze ed il sonno perso poi, dopo aver mangiato qualcosa, decise di ritrarre l’assassino della sua visione.

Quando lo vide materializzarsi sul foglio un brivido la percorse: la mano le tremava un po’ ma proseguì nell’esecuzione, era quasi in trance mentre rivedeva prendere forma il tatuaggio dell’aquila alla base del collo di quel mostro.

Le ritornò di colpo alla mente lo sgomento provato nell’istante in cui lesse sulle sue labbra il proprio nome: valutò che probabilmente per una strana coincidenza quella ragazza si chiamava come lei, ma ne avrebbe avuto conferma solo con la diffusione delle prime notizie.  

Dopo essersi liberta la coscienza da quello che aveva visto, il suo pensiero fu tutto per Riccardo, gli doveva una spiegazione ma non sapeva se sarebbe stata in grado di dargliela, non poteva dirgli la verità.

Si affaccio dalla finestra e vide Nicola in giardino intento ad innaffiare, scese e lo raggiunse.

-Sara… ti senti meglio? Scusami di nuovo… ho pensato solo ai miei problemi e ti ho lasciata sola, anche se sapevo che non volevi…- le disse raggiungendola dopo aver posato il tubo dell’acqua alla base delle ortensie.

-Oramai è successo… se avessi immaginato di avere stanotte uno dei miei incubi penso che sarei partita direttamente ieri pomeriggio per tornare a casa…- gli disse abbattuta.

-Mi dispiace…-

-A me dispiace tantissimo di essermi fatta vedere da Riccardo in quello stato… che vergogna… cosa penserà di me…- gli occhi le si riempirono di lacrime.

-Ma perché ti devi vergognare… non hai mica ucciso nessuno… può capitare a tutti di fare sogni inquietanti!-

-Nascondo sempre le mie paure cercando di sembrare una persona  sicura e forte, una persona normale… poi distruggo tutto in un attimo mostrando la mia fragilità… non so se riuscirò a parlargli per scusarmi- Sara piangeva in silenzio.

-Tu sei una persona del tutto normale Sara… non te lo devi mai scordare questo… sei molto sensibile ed hai delle paure che prima o poi, vedrai, riuscirai a dominare… ne sono sicuro. Tu non lo sai, non ne sei consapevole ma sei una ragazza molto forte… posso fare sempre affidamento su di te… lo sai che lo penso seriamente- le disse guardandola negli occhi mentre teneva tra le mani il suo viso rigato di lacrime.

Sara lo abbracciò forte, ne aveva bisogno in quel momento.

-Comunque dovrò trovare il coraggio di parlargli, soprattutto per ringraziarlo per quello che ha fatto per me stanotte…-

-Perché? Come si è comportato?-

-Mi ha abbracciata per confortarmi… è riuscito a calmarmi, a rassicurarmi. Mi sono sentita protetta e l’adrenalina è scomparsa velocemente…- ricordò lei.

-Non si è spaventato? La situazione poteva essere alquanto strana per lui...-

-No, è stato in grado di gestire tutto con calma… sembrava sapesse come affrontare questa strana emergenza… i suoi occhi esprimevano sicurezza, sembrava sapere cosa fare. Mi ha fatto sedere sul divano ed è rimasto lì con me, non mi ha voluta lasciare sola. Lui non è scappato Nicola…-

Il ragazzo lesse nei suoi occhi la suggestione di avvenimenti passati:

-Stai ripensando a quel deficiente di Bernardo, vero?-

-Ma no…-

In prima liceo erano andati un fine settimana nella casa di montagna della famiglia di Nicola ed era presente nel gruppetto di amici anche un ragazzo che corteggiava da tempo Sara. Proprio quella notte lei ebbe una delle sue visioni e Bernardo, impaurito e non sapendo come gestire la situazione, l’indomani mattina e con una scusa banale sparì letteralmente dalla sua vita.

-E invece sì… stai ripensando a lui e al suo comportamento da immaturo…- fece Nicola preoccupato.

-Sì, è vero… ma non parliamone Nicola, mi sento ancora in imbarazzo… che vergogna provai…-

-Ti sei vergognata tu? E’ semplicemente assurdo… è sparito senza dare una spiegazione il mattino dopo… E’ lui che avrebbe dovuto vergognarsi! Se fosse stato veramente innamorato di te avrebbe dovuto starti vicino per confortarti… proprio come ha fatto stanotte Riccardo… uno sconosciuto per giunta!-

-Forse mi sarei comportata come lui al suo posto…- Sara ricordò quella sensazione di disagio e abbattimento.

-Non lo credo proprio, ti conosco bene. Guardiamo il lato positivo della faccenda… ti sei liberata di quello stupido per tempo… si è manifestato subito per il superficiale che era- fece lui innervosito.

-Lasciamo stare Bernardo, non ci voglio più pensare… Non credo che lo incontrerò più… so che con la famiglia si è trasferito vicino Firenze-

-Veramente? Ma i fiorentini sono pronti ad accogliere uno stronzo di quella taratura? Qualcuno li dovrebbe avvisare…- la battuta sarcastica di Nicola le strappò un sorriso.

In mattinata era già cominciata a circolare la notizia del ritrovamento del corpo della donna: l’omicidio, secondo quanto riportavano i mass-media, era senza ombra di dubbio ascrivibile al killer seriale delle prostitute.

-A proposito di stronzi… hai sentito cosa è successo?- Nicola l’aveva letta sul suo cellulare mentre innaffiava.

-Cosa?-

-Il killer delle prostitute… ne ha uccisa un’altra questa notte…- le fece vedere l’articolo sul telefonino.

Sara cercò di non tradirsi.

-Ne ha uccisa un’altra? E come si chiamava?-

-Era una ragazza nigeriana di nome…Fania…- lesse lui.

Il sangue le si gelò per un attimo nelle vene.

-Che strano… questa ragazza non si chiamava come me… cosa le urlava sulla faccia allora? Ho capito male?- si sentì profondamente turbata.

Quell’uomo aveva scandito bene le parole che diceva tanto che Sara non ebbe dubbi sul fatto di aver letto sulle sue labbra quelle minacce abbinate al suo stesso nome, ne era certa, non poteva essersi sbagliata.

-Perché chiamava quella donna con un altro nome allora?- provò stranamente paura per se stessa.

-Che c’è? Perché fai quella faccia?- le chiese Nicola sorpreso.

-Niente… pensavo a quanto fosse pericoloso quest’uomo…- mentì lei.

 

Presa visione di tutti i rilievi ed in attesa dell’esito del referto medico legale, giovedì mattina Riccardo si preparò a tornare dalle sorelle: dopo essere passato in commissariato per definire alcune cose, giunse davanti all’ingresso del villino intorno alle nove, parcheggiò la moto al solito posto, si tolse il casco e fece un profondo respiro.

Doveva parlare con Lisa prima di tutto, la sorella era nella veranda a fare colazione e stava aspettando che il resto della famiglia si svegliasse.

-Buongiorno… tutto bene in commissariato?- gli chiese Lisa versandogli del caffè caldo.

-Buongiorno Lisa… ho proprio bisogno di un caffè, grazie. C’è un nuovo caso di omicidio, il killer delle prostitute è tornato in azione ieri notte-

-Sì, ho letto la notizia… riuscirete a prenderlo?-

-E’ scaltro e radicato molto bene nel territorio in cui agisce, non sarà facile…Voglio confidare nell’allarme che sta procurando nella popolazione locale, spero che qualcuno abbia visto qualcosa e possa darci qualche indicazione-      

Ci furono alcuni secondi di silenzio, poi Riccardo si sentì chiedere quello che si aspettava.

-Allora… cosa è successo ieri notte con Sara?-

-Non è successo niente. Mi sono alzato per bere un po’ di latte e ho sentito delle urla… aveva fatto un brutto incubo e sono rimasto da lei per tranquillizzarla- riassunse brevemente lui.

-Caspita! E che razza di incubo era?-

-Non me lo ha spiegato. Era terrorizzata, tremava come una foglia. Ci ha messo un po’ per togliersi di dosso quello strano tremore. Oggi le voglio parlare-

-Questo non fa che corroborare le mie impressioni riguardo il fatto che abbia dei problemi…-

-Penso proprio di sì…-

Lisa guardò il fratello con fare indagatore:

-Quella sera a cena… io ti ho visto molto preso da lei… Non mi stai nascondendo qualcosa? Sei corso a consolarla senza farti troppi problemi… mi sembri molto coinvolto a dispetto di quanto vuoi farmi credere…-

Lo conosceva troppo bene e non poteva nasconderle nulla: si decise quindi a dirle la verità.

-Le sto dietro… è vero… ma non per corteggiarla. E mi vedrai farlo ancora perché sto indagando su di lei- ammise Riccardo.

-Stai indagando su Sara? Hai portato una persona indagata in casa mia alla presenza di mio figlio e non mi hai informato di nulla? E’ pericolosa?- Lisa era ora fortemente contrariata con il fratello.

-No, non è pericolosa Lisa… calmati! Ti ricordi dell’identikit dell’infermiera dell’ospedale di Viterbo che abbiamo ricevuto? Penso sia stata lei a farcelo avere… lo stile di un suo murales nella zona delle cabine qui al mare in cui mi sono imbattuto per puro caso la scorsa settimana mi ha messo improvvisamente di fronte a questa ipotesi e sto cercando altre prove. Non abbiamo niente altro su di lei che possa ricondurla all’omicidio Rocci, niente di circostanziato, solo questa ipotesi. Sto cercando di mettere insieme le tessere di questo puzzle e ti assicuro che non è facile. Non so come sia possibile però secondo me Sara è l’esecutrice materiale di quel disegno, tutto qui Lisa. Se la credessi pericolosa non l’avrei mai portata a casa tua, ti assicuro. Ha un carattere chiuso, quasi sfuggente e la possibilità di indurla a parlare aumenta se la faccio sentire sicura, non minacciata… come l’altra sera per esempio… è importante. Scusami se non te ne ho parlato prima-

Lisa lo aveva ascoltato attentamente.

-Va bene… sai che mi fido del tuo giudizio, l’ho sempre fatto e non smetterò proprio oggi. Fai quello che devi, non ti farò altre domande-

-Grazie Lisa, so che posso sempre contare su di te e sulla tua discrezione-

-Sempre Riccardo… - ma un velo di preoccupazione comparve sul suo viso.

 

Dopo essersi svegliata Sara decise di raggiungere Nicola in spiaggia, aveva passato la notte quasi insonne ripensando alle notizie che circolavano sull’assassino e a Riccardo che sperava di rivedere.

Nicola aveva infatti scoperto da Ginevra che la mattina stessa dell’incubo il fratello era precipitosamente rientrato in città.

Sara ne soffrì molto, i ricordi tornarono a quel ragazzo che la corteggiava anni addietro, considerò che forse aveva spaventato anche Riccardo.

Eppure quella notte aveva saputo tranquillizzarla, ci pensava continuamente, aveva saputo allontanare l’onda incontrollabile di adrenalina che si impossessava di lei, l’aveva ricacciata indietro e l’aveva velocemente riportarla ad uno stato di quiete come mai le era capitato prima.

Sara ne era ammirata ma allo stesso tempo si vergognava orribilmente per essersi fatta vedere in quello stato di vulnerabilità di cui poche persone nella sua vita erano state testimoni.

Valutava in cuor suo il significato di tutte quelle sensazioni e soprattutto se Riccardo sarebbe mai tornato per cercare di scoprirlo. Non osò chiedere nulla alle sorelle, non sapeva cosa avesse detto loro della notte passata insieme e che era per lei forte motivo di disagio.

Ritrovò Nicola che chiacchierava con il solito gruppetto di amici, lo osservò per un po’ prima di raggiungerlo.

-Ben svegliata dormigliona… hai fatto colazione?- le chiese.

-No, ma non ho fame. Scusami, non ho dormito molto… troppi pensieri-

Sara vide all’improvviso Riccardo uscire dal villino per raggiungere il nipote in spiaggia.

-Riccardo è tornato! Devo parlargli Nico…-

-Vai allora…- la spronò lui.

Fece un profondo respiro e lo raggiunse: Riccardo, che aveva anche lui intenzione di parlarle, se la ritrovò di fronte.

-Buongiorno Riccardo…-

-Buongiorno Sara. Come stai?-

-Sto bene, grazie. Ti volevo ringraziare per quello che hai fatto per me ieri notte e ti volevo chiedere scusa… ti ho coinvolto nei miei problemi e non avrei voluto assolutamente-

-Mi avevi detto che eri arrabbiata con Nicola perché ti aveva promesso di uscire, invece non volevi dormire da sola… me lo avresti dovuto dire, potevi dormire a casa di Lisa-

-Mi dispiace ma non mi sentivo così in confidenza con voi da chiedervelo…- mentì lei.

Sara non avrebbe comunque dormito a casa loro con la probabilità di metterli di fronte ad una delle sue visioni, sarebbe stato oltremodo imbarazzante e, alla luce di quanto era successo, aveva avuto ragione.

-Ma da quanto fai questi incubi?-

-Potrei dire da sempre-

-Non sono legati allora al trauma della morte di tua madre- chiese Riccardo interessato.

-No… ma ti prego non voglio parlarne, mi creano imbarazzo-

-Va bene, ma se vorrai farlo io sono qui-

-Sì, grazie…- Sara rimase con una domanda in sospeso e Riccardo lo avvertì.

-Qualcos’altro da dirmi?-

-Sì. Scusa se mi permetto ma… dove sei andato ieri mattina? Volevo ringraziarti, però non ti ho più visto- Sara trovò il coraggio di chiederglielo.

-Sono dovuto rientrare a lavoro per un’emergenza-

-Era solo per questo? Pensavo di averti spaventato, che ti fossi allontanato… che fosse un messaggio…- ammise lei con imbarazzo.

-Io non scappo mai Sara, da niente e da nessuno, non è mia abitudine. Se l’altra notte sono rimasto con te è perché per me era la cosa giusta da fare- le disse con piglio calmo e controllato.

-Ammiro il tuo controllo, il tuo sangue freddo… ti invidio sai? Io vorrei tanto essere come te… vorrei sentirmi sicura di me stessa, sicura di possedere la capacità di condizionare le mie paure tanto da farle coincidere con la mia volontà… non so se puoi capirmi…- gli disse con malcelato disagio.

-Non posso dirti Sara se il mio approccio alle cose della vita sia quello più giusto, in tanti mi hanno accusato di essere troppo freddo e distaccato. La verità è che ognuno di noi deve fare i conti con le proprie paure, grandi o piccole che siano: sei molto giovane, forse tra qualche anno saprai affrontare i tuoi fantasmi in una maniera diversa- Riccardo era sincero.

-Sì… lo spero tanto-

Riccardo la guardò assorto come se la stesse valutando: Sara si sentì in imbarazzo ed abbassò lo sguardo.

Si erano in parte chiariti, ma la sensazione che ebbero entrambi fu che quello che non si erano detti fosse molto di più di quello che si erano appena confidati.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

Mentre Riccardo si dedicava ad alcuni passaggi a pallone con il nipote, Nicola e Sara ne approfittarono per osservarlo meglio.  

-Alto, muscolatura lunga ed elegante, carattere forte e volitivo… e quello sguardo glaciale e indecifrabile che è la ciliegina sulla torta… un potenziale sciupafemmine direi. E mi sembra anche molto intelligente e affidabile… che mix esplosivo! Da far paura…- Nicola lo valutava in modo dettagliato e Sara, che non poteva che concordare con le sue osservazioni, emise un profondo sospiro.

Le piaceva, e tanto. Non poteva fare a meno di guardarlo ma pensò che il problema riguardasse anche molte altre ragazze della spiaggia che appena potevano lo osservavano da dietro gli occhiali da sole.

Non avrebbe mai osato avvicinarlo per corteggiarlo, il suo senso di inadeguatezza la frenava e allontanava da qualsiasi proposito: i suoi incubi le impedivano di aprirsi ed avere un normale coinvolgimento sentimentale, la necessità di nascondersi era prepotente, irrinunciabile.

-E’ veramente un bel ragazzo, da tutti i punti di vista: come avrebbe detto mia nonna Lucia “è bello dentro e fuori”- ammise lei.

-Concordo pienamente con tua nonna…- le fece eco Nicola sorridendo.

-Sai Nico… ho come la assurda sensazione di piacergli ma si trattiene. Durante la cena a casa di Lisa l’ho beccato spesso a fissarmi… e dovevi vedere in che modo…- esordì Sara.

-Davvero? A dire la verità un po’ me ne sono accorto… non hai notato che appena può sembra cercarti con lo sguardo?-

-Quindi non mi sono sbagliata… però non riesco a capire cosa pensi veramente di me… secondo te gli piaccio o sono io che sto equivocando il suo modo di fare?-  

-Per chiarire meglio i suoi sentimenti facciamo allora la prova della coccola…- le suggerì Nicola.

-Dici?-

-Secondo me è l’unico modo per vedere se è interessato a te, fidati-

-Ma lo sa che siamo solo amici…-

-Sì, però la gelosia scatta comunque con il contatto fisico stretto, c’è una sorta di senso di proprietà che investe la mente dell’uomo innamorato… fino a prova contraria sono un uomo anch’ io voglio ricordarti…- la guardò ammiccando da sopra gli occhiali da sole.

-Ok… allora ci alziamo?- gli chiese Sara.

-Sì- fece lui con sguardo complice.

Si alzarono in piedi e Sara rivolse le spalle a Riccardo: Nicola cominciò ad abbracciarla e a stringerla a sé, baciandola prima sulla guancia e poi scendendo sul collo, forse anche con troppo trasporto.

-Ci sta guardando…- fece lui da dietro gli occhiali.

Riccardo li vide e si bloccò ad osservarli con una strana espressione in volto, fino a quando una pallonata non lo colpì alla testa.

-Zio concentrati, sei distratto…- fece Giorgio.

-Sì, scusami…- disse lui colto alla sprovvista.

Nicola cominciò a sorridere soddisfatto.

-Lo sapevo… non sbaglia mai la prova della coccola… Ti assicuro che è mooolto interessato a te… ma tu lo sei di lui?-

Si sciolsero dall’abbraccio e continuarono a parlare in piedi.

-E’ molto attraente… e ha quello sguardo, quello sguardo così sicuro di sé…- ammise lei confusa.

-Allora fai tu qualcosa per stuzzicarlo… Per quanto figo sia forse è timido e impacciato con i sentimenti, capita a molti… guarda te per esempio!- le suggerì Nicola.

-Già… io…- considerò affranta.

Sara si era sempre sentita imbranata in merito, amare significava aprirsi all’altro, essere sinceri e trasparenti con se stessi e con chi ami: un lusso che non aveva mai potuto permettersi, era una vita intera che mentiva, che si nascondeva dietro mille bugie.

-Ma se non ti butti e ti nascondi sempre non lo troverai mai l’uomo della tua vita!- osservò Nicola spazientito.

-Sì… un uomo che non rimanga terrorizzato se la notte mi sveglio urlando e piangendo…-

Sara divenne triste e assorta, la realtà veniva a scontrarsi con qualsiasi fantasia sentimentale: inconsapevolmente si richiuse a riccio, scossa dal ricordo dell’ultimo incubo.

-Non ci pensare…vivi la giornata per quello che ti può dare e cerca di stare serena…- le consigliò nuovamente Nicola.

-E’ proprio questo che non riesco a fare… stare serena. Io posso solo creare problemi Nico, vivere sola, senza legami sentimentali, mi fa sentire sicura… non devo dare spiegazioni di nulla a nessuno. Non lo incoraggerò a venirmi dietro, anzi. Sarà meglio fare finta che mia sia completamente indifferente… la settimana è quasi finita…- disse abbattuta.

-Secondo me se ti comporterai così perderai una grande occasione… che a occhio e croce pesa circa settanta chili ed è alta un metro e ottantacinque- valutò Nicola guardandolo da sopra gli occhiali da sole.

 

In tarda serata Nicola e Sara presero posto sulle sdraie in spiaggia per osservare il cielo a caccia di stelle cadenti.

Grazie al novilunio la volta celeste era così scura, tersa e profonda che le stelle risaltavano con una luce tale da dare la sensazione di poterle toccare semplicemente allungando una mano.

-Che serata splendida… la temperatura è perfetta… starei qui per sempre…- osservò Nicola mentre sorseggiava l’ennesima birra.

-E’ raro vedere la via lattea così luminosa e splendente in città… è una meraviglia…- aggiunse Sara.

-Eccola! Che spettacolo… era bellissima!-

-Veramente grande… e lunghissima poi!-

-Buonasera… posso unirmi a voi?- Ginevra li aveva visti posizionarsi in spiaggia e li aveva raggiunti.

-Ciao Ginevra… certo… ci sono altre sdraie- le rispose Nicola.

-Ciao…vieni a sederti qui accanto a me…- fece Sara.

-Ne avete viste molte?-

-Sì, e qualcuna era veramente spettacolare…-

Rimasero per un po’ in silenzio fino a quando un’altra stella tagliò in due il cielo e tutti proruppero in commenti entusiastici.

Passò poco distante da loro una coppia che si fermò sul lungomare per baciarsi appassionatamente.

-Wow… ma hanno fatto un corso per imparare a baciarsi così?- esordì Ginevra.

-Io bacio anche meglio modestamente…- le rispose Nicola osservandoli.

-Ah sì?- fece lei.

-Io adoro baciare… l’intesa e l’intimità che viene a crearsi con il bacio è fondamentale… decisamente più importante di quella che può scaturire dall’intimità sessuale secondo me- sentenziò lui.

-E’ una affermazione forte… sei il guru dei baci! Io sono un po’ impacciata in merito e tu Sara? Anche tu sei brava a baciare?- le chiese divertita Ginevra.

-Sara è bravissima a baciare… le ho insegnato io tutto quello che c’è da sapere…- l’anticipò Nicola.

-Nicola… ma cosa dici!- fece Sara in imbarazzo.

-Veramente? Le hai insegnato tu Nicola?-

-Sì- confermò lui continuando a sorseggiare la sua birra.

-Ma che razza di rapporto c’è tra voi due?- Ginevra era disorientata.

-Mi vergogno ad ammetterlo ma… il primo anno di liceo c’era un ragazzo che mi piaceva molto però mi sentivo molto inesperta in merito e Nicola si offrì di insegnarmi… una cosa stupida… che si commenta da sola…-

-Ma hai imparato a baciare benissimo però…- rispose piccato Nicola.

-Ma perché ti piace mettermi in imbarazzo? Non ti capisco… io non l’ho mai raccontata a nessuno questa cosa…- lo sgridò Sara.

-Non ti devi vergognare Sara… forse al tuo posto avrei approfittato anche io di un maestro così…- Ginevra emise un sospiro eloquente.

-Buonasera… posso unirmi a voi provetti astronomi?- esordì Riccardo.

-Ciao, sei il benvenuto- fece Nicola.

-Ciao… c’è una sdraia libera lì, accanto a Nicola- aggiunse Sara.

-Vi ho interrotto? Di cosa stavate parlando così animatamente?- chiese lui.

-Di baci…- gli rispose Nicola.

-Di baci? Non di stelle?-

-Delle stelle che si vedono mentre si bacia…- precisò Ginevra sorridendo.

-Tu baci bene Riccardo?- gli domandò Nicola.

La domanda gli sembrò fuori luogo ma rispose lo stesso:

-Nessuna si è mai lamentata…- fece Riccardo sorridendo.

-Già… mio fratello può vantare una esperienza di un certo spessore- disse Ginevra sarcastica.

-Sei fidanzato?- gli chiese ancora Nicola.

-Nicola! Non riesci proprio a farti gli affari tuoi eh?- lo sgridò nuovamente Sara.

-Non c’è problema… No, non sono fidanzato ma lo sono stato seriamente per due volte, il mio lavoro però è sempre venuto prima… forse mi amavano più di quanto le amassi io…- ammise pensoso.

-Nicola ha insegnato a Sara a baciare al liceo…- riassunse Ginevra al fratello.

-Ti prego Ginevra di non dargli spago o dirà altre cose imbarazzanti…- le fece Sara.

-Avete fatto anche sesso insieme?- chiese Riccardo a questo punto incuriosito.

-No, questo no…- rispose Sara arrossendo nel buio.

-I miei gusti in fatto di sesso erano già chiari alle medie…Voglio bene a Sara ma questo sarebbe stato veramente troppo per la nostra amicizia…- confermò il ragazzo.

-Credo sia il caso che tu smetta di bere quella birra Nico o verranno fuori dalla tua bocca altre stupidaggini…-

-In birra veritas…- esclamò lui un po’ su di giri.

-Appunto…- fece Sara irritata.

-Sai cosa penso Riccardo?- gli disse con occhio spento.

-Cosa?- fece lui.

-Che tu e Sara sareste una gran bella coppia… e se sapete pure baciare bene allora fareste scintille…-

Sara sgranò gli occhi nel sentir dire quella frase e arrabbiata lo costrinse ad alzarsi per portarlo a casa.

-Scusalo… non sa più cosa dice…-

Ginevra cercò di trattenersi dal ridere apertamente.

-Non ha detto nulla di male Sara…- la tranquillizzò Riccardo.

-Dammi quella birra!- fece lei.

-No… lasciamela…-

Dopo una breve colluttazione Sara riuscì a prenderla e a svuotarla rovesciandola sulla sabbia.

-Andiamo a nanna prima che tu dica qualcos’altro di imbarazzante…-

-Ma perché? Cosa ho detto di male? Solo perché ho detto che…-

Sara gli tappò la bocca con la mano e lo costrinse a dirigersi verso casa.

-Buonanotte e scusatelo di nuovo…- fece Sara.

-Buonanotte…- rispose Riccardo assorto guardandoli andare via.

Ginevra non riuscì più a trattenersi e si abbandonò ad una risata irrefrenabile.

 

L’indomani mattina di buon’ora Riccardo andò a correre in riva al mare poi decise di concludere l’allenamento con una lunga nuotata.

Una volta uscito dall’acqua recuperò le scarpe da ginnastica e si diresse al villino per asciugarsi.

Una donna, che da diversi giorni lo osservava, trovò il modo di attaccare bottone: Riccardo le passò accanto, era distesa al sole su uno dei lettini dello stabilimento.

-Hai da accendere per caso? Sembra che da queste parti non fumi più nessuno!- le disse la donna con un forte accento francese.

-Mi dispiace, neanche io fumo…- le rispose fermandosi di fronte a lei. La sua ombra si proiettò sul corpo della donna coprendola del tutto, il sorriso di lei tradì l’apprezzamento per quella sovrapposizione di figure.

Riccardo si soffermò a guardarla: era molto carina, bionda e con la pelle d’alabastro.

-Mi chiamo Nadine, sono qui in vacanza da amici e mi fermo per un altro paio di giorni…- disse lei allungandogli la mano.

-Riccardo… anche io sono ospite in un villino qui vicino…- e ricambiò la stretta.

-Hai la pelle chiarissima, fai attenzione o ti scotterai-

-Sei gentile a preoccuparti per me ma ho messo una protezione altissima… Potremmo bere qualcosa al bar se ti va…- la donna seguiva rapita le gocce d’acqua scivolare lentamente sul suo addome.

-Mi piacerebbe ma ora non posso. Di dove sei?-

-Di Bordeaux… sono un interior design e tu che fai nella vita Riccardo?-

-Lavoro in un negozio di abbigliamento-

Riccardo mantenne con lei la sua copertura: vedeva con la coda dell’occhio che Sara e Nicola erano intenti ad osservare quell’incontro.

-Sei così impegnato? Non possiamo nemmeno bere una birra insieme una di queste sere?- la donna glielo disse in modo molto eloquente. 

Riccardo si vide costretto ad essere un po’ più chiaro con lei.

-Veramente, mi dispiace. Sono qui unicamente per stare con la mia famiglia e soprattutto con mio nipote… sarà per un’altra volta-

-Peccato…- fece lei.

La salutò e andò a prendere un asciugamano.

-Peccato…- pensò Riccardo: il target era quello giusto.

Sara e Nicola avevano osservano con interesse la sua conquista e  avevano ascoltato rifiutare le avances di quella donna.

Erano stati testimoni dell’ascendente di Riccardo sul genere femminile e si chiedevano perché non ne avesse approfittato.

-Quell’uomo non riesce proprio a passare inosservato a quanto pare… perché non ti dai da fare con lui Sara? Stai perdendo un’occasione pazzesca… E’ un figo da paura!- le fece Nicola.

-Lo stai osservando troppo… il tuo picco ormonale lo dimostra Nico. Se Andrea venisse a saperlo cosa penserebbe di te?-

-Semplicemente che ho buon gusto!-

-Lasciamo stare… andiamo a fare il bagno?-

-Sei un caso senza speranza Sara!- fece lui alzandosi.

 

Mentre si asciugava Riccardo sentì squillare il telefono, lesse il nome e sorrise:

-Nadia… non abbiamo già festeggiato il tuo addio al nubilato?-

-Buongiorno mon amour. La risposta è sì ma mi manchi, ed essendo a Roma per lavoro pensavo di raggiungerti per stare un po’ insieme…-

-Non è una buona idea… Sono in vacanza ma sto anche lavorando, credo sia meglio lasciar perdere… A proposito, quando ti sposi?-

-Fra circa venti giorni… perché? Vuoi un invito?-

-No figurati, mi sentirei certamente fuori posto, era solo per curiosità. Lo sai che dopo le cose tra noi cambieranno…- le ricordò lui.

-Lo so… sei un commissario di polizia e non puoi permetterti di fare il rovinafamiglie…- Riccardo le sentì tirare un profondo sospiro.

-Beh… allora buon lavoro Riccardo…-

-Addio Nadia…-

-Addio commissario…-

 

Rientrati in casa Sara trovò sul cellulare una chiamata persa di Germano e lo richiamò subito.

-Ciao Germano, sono Sara… ho visto la tua chiamata…-

-Ciao Sara, scusami se ti disturbo, so che sei in vacanza…-

-Non disturbi mai, dimmi…-

-Volevo chiederti se saresti disponibile per un altro contratto di due mesi, ma solo per il mattino questa volta, dalle otto a mezzogiorno, un part-time insomma…-

-Veramente?- Sara sorrise.

-Certo, e questa volta dovresti sostituirmi in ufficio… non dovresti gironzolare per le campagne con il rischio di incappare in qualche malintenzionato!- rise Germano.

-Se è così tanto meglio…- gli rispose contenta.

-C’è un però…-

-Ovvero?-

-Dovresti venire da questo lunedì, lo so che ti sto dando poco preavviso ma è un’emergenza, sarò incasinato con molto movimento di merci e non potrò stare in ufficio come al solito…-

-Non ti preoccupare, va benissimo, anzi ti ringrazio per aver pensato a me per il posto, mi sono trovata bene in azienda-

-Di questo sono contento. Allora ci vediamo lunedì, ti faccio trovare il contratto pronto-

-Grazie Germano, grazie infinite-

-Grazie a te per la disponibilità, mi hai salvato, non è facile trovare qualcuno su due piedi ad agosto

-Ok allora, a lunedì-

-A lunedì, ciao-

Sara era molto soddisfatta, anche se solo per due mesi aveva ora un nuovo impiego.

 

Erano le cinque del pomeriggio e da diverso tempo Nicola e Sara stavano sdraiati all’ombra della siepe del giardino a chiacchierare.

-Sara, ti andrebbe di fare una partitina? Il campo sembra libero-  le chiese all’improvviso Nicola con una strana luce negli occhi.

-Sì… se ti va, perché no?- gli rispose Sara.

Lo vide alzarsi e sparire in direzione della spiaggia.

Senza anticiparle nulla, andò a cercare Ginevra e le chiese se volevano, lei e Riccardo, fare una partita a beach volley con loro.

-Certo Nicola, il sole è meno forte… credo si possa fare. Vado a cercare mio fratello- gli rispose la ragazza.

Riccardo era al computer in veranda, stava visionando alcuni dati quando Ginevra lo raggiunse.

-Sbirro, ti va di fare un’amichevole contro i nostri vicini?-

-I nostri vicini quali? Di ombrellone o di casa?- fece lui divertito.

-Di casa è ovvio… pensavi forse di scomodare quelle due signore anziane con le loro nipotine?- fece lei di rimando.

-Arrivo, metto via tutto e vengo- le rispose sorridendo.

 

Lei rimase a bocca aperta quando Nicola tornò e le rivelò dove era andato:

-Perché non me lo hai detto? Cos’è questo mistero?-

-Volevo vedere la tua faccia sorpresa… e ci sono riuscito!-

Lo guardò sconcertata poi comprese che aveva in mente qualcosa: aveva osservato quello sguardo ogni volta che gli era venuto bene di architettare uno scherzo nei confronti di qualcuno, lo sguardo di chi riesce a fartela sotto il naso a tua insaputa.

Dopo il loro scambio di opinioni su Riccardo Nicola non si era dato per vinto: aveva valutato che se Sara non era in grado di gestire i propri sentimenti ci avrebbe prontamente pensato il suo migliore amico come un novello Eros dei nostri giorni.

Sapeva di non avere molto tempo a disposizione ma ci avrebbe provato lo stesso.

Sara si sentì a disagio, sia per il comportamento sibillino di Nicola che per il pensiero di dover giocare contro Riccardo ed il suo sguardo indagatore.

Si convinse di non pensarci, era oramai troppo tardi, avrebbe trovato successivamente il momento giusto per fare una lavata di capo a Nicola.

Fece un profondo respiro e cominciò a prepararsi: legò i capelli in una alta coda e calzò la visiera.

Raggiunsero il campo e occuparono con gli asciugamani e l’acqua  due sedie poi, come erano soliti fare, si prepararono per spalmarsi a vicenda la crema solare. Era oramai tacitamente diventata per loro una consuetudine quasi scaramantica prima delle partite, importante quanto quella finalizzata ad evitare fastidiose scottature.

Il cellulare di Nicola suonò e si affrettò a rispondere quindi Sara decise di non perdere tempo e di cominciare a mettersi la crema da sola fin dove poteva.

Riccardo e Ginevra li raggiunsero.

-Ciao Sara, il solito rito della spalmata di crema solare

prima della partita?- Riccardo era un ottimo osservatore e la sfotteva amichevolmente.

-Sì… ma questa volta credo che Nicola voglia farmi scottare…- fece lei guardandolo al cellulare.

-Ciao Sara-

-Ciao Ginevra-

-Accidenti… ho dimenticato gli occhiali da sole, vado e torno in un attimo…- fece Ginevra.

-Ok… ti aspettiamo, fai con calma- le disse lei.

La telefonata si protraeva più del dovuto e Sara, spazientita, era rimasta ad aspettare Nicola con il tubetto di antisolare in mano.

-Se vuoi te la spalmo io…- si offrì Riccardo.

Sara gettò un’occhiata verso Nicola e dal suo sguardo divertito ebbe conferma dello scopo di quella lunga telefonata.

Cominciò a sentirsi irritata per i suoi giochetti, soprattutto dopo che gli aveva chiaramente detto di non volerlo incoraggiare.

In quel momento non le rimase che fare buon viso a cattivo gioco:

-Ok… ti ringrazio- fece lei tesa.

Gli passò la crema e gli diede controvoglia le spalle.

Riccardo procedette in silenzio, non disse nulla mentre distribuiva l’antisolare, era totalmente concentrato su quel contatto.

Seguì con scrupolo il profilo del collo e poi quello delle spalle assecondando l’insolita esigenza di memorizzare le sue curve.

Sentì sfuggirle un profondo sospiro ma quando raggiunse le fossette di Venere involontariamente fu lui a lasciarsi sfuggire il suo tipico ed involontario segno di approvazione inarcando un sopracciglio.

-Ho fatto…- disse rendendole il tubetto.

-Grazie…- Sara non riuscì a guardarlo negli occhi, sentiva le guance prendere fuoco.

Si era già spalmata l’antisolare sul viso ma non l’aveva distribuito in modo uniforme ed in alcuni punti erano visibili delle sottili strisce bianche.

-Aspetta un attimo… ti sistemo meglio anche questa- fece lui.

Si guardarono per un istante negli occhi e Riccardo si rese conto di provare non solo piacere ma quasi la necessità di toccarla: con il pollice sfiorò le sue labbra e sentì palpabile una stretta di desiderio allo stomaco.

Avendo gli occhi nascosti dalla visiera Sara approfittò invece della sua vicinanza per osservare meglio la forma della sua bocca e le sfuggì senza volerlo un altro sospiro: Riccardo intuì i suoi pensieri ed un sorriso appena accennato prese posto sul suo volto.

Ingenuamente aveva tradito l’attrazione che sentiva per lui e indietreggiò imbarazzata:

-Grazie, sei stato gentile… ho la pelle chiara e mi scotto facilmente…-

Ginevra nel frattempo era tornata e si era messa ad aspettare nella sua parte di campo: osservandoli aveva percepito tra di loro una forte attrazione e ne era rimasta meravigliata poiché fino a quel momento il sospetto che si potessero piacere non l’aveva minimamente scalfita.                  

Gettò quindi uno sguardo eloquente alla sorella poco lontana.

Finalmente la lunga telefonata strategica di Nicola terminò e tutto soddisfatto, dopo aver risposto con uno sguardo divertito all’occhiataccia di Sara, prese posto in campo.

La partita cominciò: fratello e sorella contro i due amici del cuore.

Il gioco evidenziò subito quale coppia fosse meglio assortita: i due fratelli erano sempre lì a punzecchiarsi e a criticare una ricevuta, una alzata o un tuffo venuto male mentre Nicola e Sara dimostravano una perfetta armonia concludendo praticamente sempre l’azione con un punto.

I battibecchi cominciarono ad essere più pungenti:

-Ginevra non sai proprio alzare la palla, sei un’imbranata… mica posso giocare da solo!-

-Sarò pure imbranata ma tu sei uno stronzo! Sono bravissima alla ricezione, ma non so controllare la palla come fai tu… e non sono alta due metri come te io…-

I fratelli vennero irrimediabilmente battuti e Riccardo propose di rimescolare le coppie per quieto vivere.

-Forse è meglio se ci scambiamo… è troppo faticoso giocare con lei… uomini contro donne sarebbe impari… che ne dici Nicola se prendi mia sorella con te?-

-Ma senti tu questo che dice…- sbottò Ginevra con i pugni piantati sui fianchi.

-Ok, scambiamoci e vediamo che succede…- prima di passare oltre la rete Nicola guardò esultante Sara.

-Ho visto che vi fate dei segni con le mani dietro la schiena… cosa vogliono dire Sara?- le chiese incuriosito Riccardo dopo essersi posizionato alla battuta.

-Ci diciamo da che parte alzare la palla per schiacciare...-

-Possiamo farlo anche noi?-

-Sì… se vuoi ti spiego, è semplice… Se ti indico uno mi alzi a destra, a sinistra con il due. Poi ci sono altri codici che non ti posso svelare…- ammise lei.

-Qualcosa ho intuito osservandovi in questi giorni…-

-Veramente? -

-Già… spesso date, diciamo, giudizi di valore, tipo schiappa a destra, impedito a sinistra- osservò divertito.

-Sono colpita, lo ammetto…- fece lei sorpresa.

-Ok, proviamo allora- fece Riccardo.

Iniziarono a giocare e Riccardo dimostrò da subito di rispondere bene alle strategie di gioco di Sara: non poteva che essere contento di osservare i suoi codici in corrispondenza delle fossette di Venere.

Acquistarono velocemente un notevole vantaggio sugli avversari, fino a quando una schiacciata di Nicola causò una distorsione ad un dito della mano di Sara.

-Ti ho fatto male?- chiese Nicola dispiaciuto.

-Stai giocando pesante eh…- fece lei indolenzita.

-Vieni qui… lasciami provare a fare una cosa…- Riccardo le prese la mano e cominciò a massaggiarla e a fare pressione in precisi punti.

-Grazie… va meglio…- si era un po’ irrigidita al suo contatto.

-Giochiamo o ci facciamo tutti un bel massaggio?- fece dal campo avversario Ginevra.  

Lisa assistette alla partita dall’ombrellone dello stabilimento insieme a Giorgio.

-Vai zio, sei il più bravo!- gridò Giorgio.

-Hai un fan sfegatato Riccardo…- gli fece notare Sara.

-Il mio numero uno…- confermò lui sorridendo.

La partita si concluse poco dopo con la loro vittoria.

-Voglio la rivincita…- fece Ginevra.

-L’avrai… e proveremo anche a fare maschi contro femmine la prossima volta Ginevra!- le rispose Sara.

-Hai ragione… domani proviamo… ok?-

-Ci sto-

-Allora domani nuova sfida…- fece Nicola gongolando in direzione di Sara ma facendo riferimento ovviamente a qualcos’altro.

-Caspita… giocare a beach volley sotto il sole è più faticoso che correre!- osservò Riccardo.

-Sì, è vero… sono tutta insabbiata…- fece Ginevra.

-Facciamo una pausa e andiamo a bere qualcosa?- suggerì Nicola.

-Sì, perché no- fece Riccardo.

-Allora andiamo in veranda a casa mia, c’è da bere per tutti-

Lisa e Giorgio si unirono al gruppetto e raggiunsero insieme il bel giardino fiorito di Nicola.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

-Tu invece Lisa cosa prendi?- chiese Nicola dopo aver servito Riccardo e Ginevra.

-Un’acqua tonica va bene, grazie-

-Ok, in arrivo un’acqua tonica…- Nicola si muoveva disinvolto come un barman consumato davanti a bottiglie e bicchieri.

-Siete molto fortunati a possedere una villetta in un posto come questo…- fece Lisa.

-Mio padre la comprò che ero molto piccolo… Sì, è stata una gran cosa, è un posto meraviglioso-

-Nicola?-

-Dimmi Giorgio-

-La mamma mi vuole portare a tagliare i capelli la prossima settimana… non me li potresti tagliare tu? Sei un parrucchiere, vero?-

-Giorgio! Ma cosa dici?- fece Lisa per la sfacciataggine del figlio.

-Certo che glieli posso tagliare io, che problema c’è… se vuoi lo possiamo fare anche subito, non appena avrò finito di bere-

-Veramente?-

-Sì, certo, che mi ci vuole? Ti farò un taglio da gran galà con un bel ciuffo lucido e alto… sempre se la tua mamma è d’accordo però-

-Figurati Nicola, per me hai campo libero…-

 

Mentre Nicola era tutto preso dal taglio, Lisa cercò di sondare il campo, era la prima volta che rimaneva in disparte con l’amico del cuore di Sara.

-Hai una mano incredibile… diventerai un grande hairstylist- ammise Lisa.

-Grazie, lo spero veramente…-

-E’ bellissimo osservarvi insieme… intendo te e Sara, avete un’amicizia profonda, quasi simbiotica, siete molto fortunati perché non capita spesso una cosa del genere-

-Sì, siamo molto fortunati, più che un’amica la considero una sorella oramai-

Giorgio era rimasto ben fermo ad aspettare che Nicola portasse a termine il suo lavoro, era molto contento di tutte quelle attenzioni nei suoi confronti.

-Com’è Sara? E’ speciale come sembra?- gli chiese Lisa incuriosita.

-Per me lo è, e anche molto… Ha un candore disarmante e una sensibilità verso gli altri notevole. Ha sofferto molto e tende a chiudersi con le persone che non conosce per proteggersi ma con me tira fuori tutta la sua esuberanza vitale, con me è felice e non ha pensieri…- Nicola parlava di lei con ammirazione, si capiva che le voleva molto bene.

-Possibile che una ragazza così non abbia un fidanzato?- indagò lei.

-Per ora non ci pensa… è tutta lavoro e famiglia, soprattutto dopo la morte della madre…- ammise Nicola.

-Mi stai dicendo che non vuole implicazioni sentimentali?- chiese ancora Lisa.

-Sì, è così. Secondo me difficilmente incontrerà qualcuno adatto a lei. Le voglio un bene pazzesco, se mi piacessero le ragazze non me la sarei fatta scappare. Sono molto protettivo con lei, è l’unica persona che mi fa sentire bene con me stesso… ovviamente dopo Andrea- puntualizzò lui con aria innamorata pensando al suo ragazzo.

Nicola aveva finito: un ciuffo ben modellato e lucido sovrastava la fronte di Giorgio, mentre i lati erano perfettamente scalati. Il ragazzino corse al più vicino specchio per rimirarsi.

-Wow, sono fighissimo… zio, zio… come sto?-

-Sembri più grande… e più alto!- rise Riccardo.

-Stai veramente bene così- gli disse Sara.

-Faticheremo a tenere lontane le bambine in spiaggia… almeno fino a domenica… Peccato, le vacanze stanno per finire e dovrò tornare sui libri…- disse dispiaciuta Ginevra.

Si era trovata molto bene in compagnia di quella piccola comitiva: si era velocemente affezionata a Nicola e a Sara e aveva anche avuto la possibilità di stare vicino a Riccardo che non vedeva praticamente mai. Si era anzi resa conto di divertirsi molto in sua presenza, trovava oltremodo stimolante condividere la giornata con il fratello nonostante il continuo punzecchiarsi.

-Anche io devo tornare, mi hanno richiamata in azienda per un altro contratto- fece Sara.

-Quando rientri?- le chiese Riccardo.

-Lunedì mattina, devo essere a lavoro alle otto, quindi penso che domenica subito dopo pranzo dovrò tornare a casa per sistemare i bagagli-

-Ti trovi bene in un posto del genere?-

-Sì, è un ambiente prettamente maschile, c’è solo un’altra donna, la ragioniera, ma per fortuna lavoro con persone simpatiche e sto molto all’aria aperta-

Riccardo valutava sempre le sue risposte e l’espressione che le accompagnava: le era sembrata sempre sincera e più aveva modo di starle accanto, più si persuadeva di essersi sbagliato, di aver in qualche modo forzato il suo coinvolgimento nel caso Rocci.

Ma le sue considerazioni stavano maturando anche da un altro punto di vista: la forte attrazione che aveva provato sin dalla prima volta che aveva posato gli occhi su di lei si stava ora trasformando in qualcosa di più profondo.

Si era accorto di cercarla inconsapevolmente con lo sguardo in ogni momento della giornata, assecondando l’intima esigenza di sapere dove fosse e cosa stesse facendo: ogni scusa era buona per starle accanto, che fosse uno scambio di passaggi a beach volley o una passeggiata sulla riva nel tardo pomeriggio.

Pur continuando a comportarsi in modo molto discreto, Riccardo era diventato inconsapevolmente più attento e premuroso nei suoi confronti, quando era con lei il suo sguardo glaciale e distaccato acquisiva una sfumatura addolcita, quasi protettiva.

Anche Sara gradiva la sua presenza, non poteva nascondere a se stessa che si sentisse oltremodo appagata e felice accanto a lui eppure, nonostante questo, aveva deciso di rimanere fedele alla promessa di cercare di trattenersi dal manifestarlo, di provare a non tradire una qualsivoglia avvisaglia di interesse nei suoi confronti.

Questo assiduo frequentarsi stava però diventando un reale tormento per entrambi poiché ad uno che non poteva per forza di cose permettersi di fare il primo passo, corrispondeva un’altra che per un profondo senso di inadeguatezza non osava farlo.

Nella testa di Riccardo andava profilandosi l’intenzione di corteggiarla una volta rientrati in città, avendo comunque ben chiari tutti i limiti che gli si prospettavano.

Sara avrebbe presto scoperto che le aveva mentito sulla sua identità, e questo non sarebbe stato di certo un buon inizio, poi avrebbe dovuto interrogarla, e anche questo sarebbe stato imbarazzante, però, una volta chiarita la situazione, avrebbe trovato il modo di avvicinarla per confessarle i suoi sentimenti. Sentiva di poterlo fare perché aveva capito di essere ricambiato.  

Mai avrebbe immaginato che indagando e conoscendola più a fondo avrebbe completamente perso la testa per lei.

Era la prima volta che si ritrovava ostaggio di una passione così prepotente e despota e questo lo destabilizzava un poco, contemporaneamente il senso del dovere, quello che lo aveva condotto in quella situazione a dir poco scomoda, lo richiamava perennemente all’ordine.

-Tu quando rientri Riccardo?- gli chiese Lisa ridestandolo dai suoi pensieri.

-Anche io lunedì mattina lavoro… ma dovrò partire presto domenica, ho molte cose da fare prima di rientrare- fece lui distratto dai suoi ragionamenti.

L’espressione di Sara divenne malinconica, Nicola se ne accorse subito.

-Vogliamo fare una cena d’addio sabato sera? Posso accendere il barbecue in giardino e preparare pesce alla griglia e verdure scottate… sono il maestro della griglia io!- propose di slancio Nicola.

Il ragazzo voleva sfruttare tutto il tempo a sua disposizione per riuscire a scuotere Riccardo dalla sua apparente stasi.

-Sì, è un’ottima idea… che ne pensate?- fece Lisa.

Riccardo, Ginevra ed il figlio si guardarono e furono subito concordi nel dare il loro consenso.

-Sì mamma, mi diverto tanto con loro…-

-Però domani sera il pesce lo porto io... altrimenti non se ne fa nulla- sentenziò lei.

-Ok, noi penseremo al resto, vino compreso… sono contento… vi metterò di fronte alla mia maestria…- Nicola metteva in campo le sue doti di stratega per dare un’ultima chance al commesso imbranato.

 

Venerdì in serata Riccardo telefonò all’ispettore Salieri.

-Ciao Riccardo, tutto bene?-

-Sì Ivan, tutto bene. Mi sono goduto qualche giorno di mare in famiglia…-

-Ti sei rilassato allora…-

-Sì. Seppur breve, credo che mi abbia fatto bene questa pausa…-

Riccardo aveva davanti a sé il computer aperto.

-…ho letto il referto dell’autopsia della ragazza nigeriana-

-E’ lo stesso uomo Riccardo…-

-Già, ma questa volta vedo che abbiamo molto di più per riuscire a stanarlo…-

-Infatti, sono riusciti ad isolare delle tracce biologiche, la dottoressa Longhi è stata bravissima. Nonostante la sua furbizia, la fretta non gli ha permesso di tagliare con scrupolo le sue unghie e qualcosa è riuscita a prelevare-

-Ottimo… Vedo che ha anche ritrovato i frammenti di paglia…-

-Deve sicuramente aver portato questa ragazza nello stesso posto delle altre… e poi ci sono le tracce del battistrada, diverse da quelle che abbiamo, ma perfettamente compatibili con il mezzo del video…-

-Le deve aver cambiate, è ovvio. Che mi dici delle tracce in campo aperto? Cosa ha scoperto la scientifica?-

-L’orma indica una scarpa tra il 42 ed il 43, mentre per la pressione sulla terra lavorata hanno stimato un peso tra i 75 e gli 85 chilogrammi…-

-Potrebbe averla colpita proprio lì su quel campo per cercare di fermarla… Continuate con i posti di blocco, sono fondamentali, e anche con la ricerca di immagini dalle telecamere di videosorveglianza lungo le strade che potrebbe aver percorso da quella piazzola di sosta. Lo dobbiamo trovare quel bastardo, si sente proprio sicuro di sé…-

-Stiamo procedendo… tu invece, sei riuscito ad unire l’utile al dilettevole?-

-A proposito di questo Ivan, ti ho chiamato anche per metterti al corrente delle mie impressioni riguardo Sara Morelli in vista della sua prossima convocazione. Volevo dirti che al novantanove per cento mi sono sbagliato, sono sempre più convinto della sua estraneità al caso Rocci. Più la conosco e più sono sicuro che ho preso un abbaglio, non può essere stata complice di un omicidio, sotto qualunque tipo di aspetto. E’ una ragazza sincera, non mi ha mai mentito riguardo la sua vita, tutto coincide con quanto abbiamo saputo di lei. Credo che potremmo anche non convocarla, ma è solo per scrupolo che voglio portare a termine questa cosa, così chiuderemo subito l’indagine che la riguarda-

-Meglio così, perché nelle ricerche che ho fatto è risultata sempre una brava ragazza, senza tanti grilli per la testa. Conosco Germano che lavora nell’azienda di Monterazzano e me l’ha descritta come una ragazza affidabile e volenterosa- confermò lui.

-Benissimo, ne sono contento. Rientrerò domenica a pranzo e se non ci sono problemi ci vediamo direttamente lunedì mattina in ufficio… Ok?-

-A lunedì allora-

-A lunedì-

 

Mentre preparava la cena con la sorella, Ginevra sentì la necessità di confrontarsi con lei.

-Ti sei accorta anche tu di un certo interesse di Riccardo per Sara?-

-L’ho notato…- Lisa le rispose in modo prudente e vago, non poteva sbottonarsi in merito.

-E non ti sorprendi? Non mi hai detto nulla…-

-Non so… non è il suo tipo che io sappia, forse gli è solo molto simpatica…- per lei non potevano esserci fraintendimenti, anche se, guardandoli insieme, qualche dubbio le era venuto.

-Hai visto che espressione ha fatto Riccardo mentre le spalmava la crema solare? E mentre le massaggiava la mano? Lo hai mai visto così… così zerbino? Sembra quasi sottomesso a lei… e lei non se lo fila di pezzo! Qui gatta ci cova…- considerò Ginevra.

-Dici che le piace?- Lisa valutò che effettivamente c’era qualcosa nel suo comportamento che non le tornava.

Di solito avvicinava le ragazze con fare sicuro e disinvolto e le conquistava facilmente non solo per la sua presenza fisica ma anche per il suo modo di fare calmo e ponderato, per il senso di sicurezza che infondeva loro e non da ultimo per la sua innata capacità di ascolto.

Aveva sempre saputo gestire gli approcci con le donne ma vicino a Sara sembrava in difficoltà, pareva aver perso la sua solita sicurezza.

-Direi proprio di sì. Strano però… come dici tu non rientra nel tipo di donne che frequenta… donne in carriera che non cercano altro che una notte di sesso!- valutò Ginevra con occhi a fessura.

-Per favore Ginevra, ora non esageriamo. Sono rapporti aperti… meglio così che sposarsi con qualcuno di cui non sei convinta per poi separarti dopo qualche mese con tutto quello che ne consegue!-

-Hai ragione, ma ciò non toglie che lo vedo a disagio di fronte a lei e questo non puoi negarlo!-

-Effettivamente…- ammise lei.

-Lo ammetti anche tu allora… Hai notato quante domande le fa? Può essersi innamorato? Possibile?- fece Ginevra guardando meravigliata la sorella, come se avesse fatto una scoperta clamorosa.    

Lisa emise un profondo sospiro e smise di apparecchiare.

-Hai visto quando le metteva la crema sulle spalle? Ha alzato il sopracciglio… si è comportato allo stesso modo quando si è ritrovato davanti alla vetrina della Ducati in un concessionario di Roma: venti minuti dopo quella moto in vetrina era sua…- Lisa si era persa in quel ricordo.

-Sì me lo hai raccontato…- fece Ginevra guardando attraverso la finestra della veranda il fratello ed il nipote giocare a pallone.

-“Posso resistere a tutto tranne che alle tentazioni” mi disse citando Wilde-

-E’ un osso duro… forse una ragazza normale come lei è l’unica che può incrinare la sua corazza individualista ed egocentrica… ma secondo te Sara ricambia i suoi sentimenti?- le chiese Ginevra.

-Vedrai Ginni che ci stiamo sbagliando… ci stiamo immaginando una storia che non esiste… - fece Lisa prudente mentre condiva una grossa ciotola d’insalata.

-Credo, come dici tu, che il suo tipo sia più quella donna francese che da giorni lo fissa con due occhi così e sembra volerselo mangiare… mi sembra infatti strano che Riccardo non ne abbia approfittato… E’ bella, libera, una relazione senza coinvolgimenti sentimentali… il suo ideale. Che strano però!- valutò pensosa.

Lisa non poteva rivelarle che Sara era proprio la persona su cui stava indagando Riccardo durante quella breve vacanza ma, allo stesso tempo, non poteva negare che lui manifestasse un interesse particolare verso di lei, un interesse che sembrava andare oltre la semplice indagine. Lo vedeva cambiato, discreto e trattenuto di sicuro in presenza di Sara ma anche più rilassato e spensierato, il suo sguardo le sembrava meno freddo e distaccato del solito.

Poi un’ipotesi si fece largo nella sua mente mentre lo osservava giocare con il figlio, e di certo un’ipotesi non encomiabile.  Riccardo stava mettendo in atto una strategia di avvicinamento basata sul corteggiamento? La stava avvicinando per le sue indagini facendole credere di essere interessato a lei? Se fosse stato così lo giudicò un atteggiamento riprovevole e indelicato da parte sua, non era corretto per lei giocare con i sentimenti di una donna, per nessuna finalità, mai. Cominciò ad essere preoccupata e si ripromise alla prima occasione di parlargli.

-Sai… a me non dispiacerebbe affatto se Riccardo si innamorasse di Sara… anzi… mi piace tanto sia lei che Nicola e se potessimo frequentarci anche dopo le vacanze sarebbe veramente bello…- Mentre Ginevra si lasciava trasportare dai suoi desideri, Lisa assunse un’espressione preoccupata.

 

Sabato mattina Nicola e Sara non furono più soli, in spiaggia il loro duo si era allargato ed ora comprendeva anche Riccardo e la sua famiglia.

I due ragazzi parlavano di moto e Ginevra, dopo le valutazioni illuminanti che aveva fatto la sera precedente con la sorella, sentiva prepotente la necessità di parlare con Sara.

Non era mai riuscita fino a quel momento ad avvicinarla da sola tanto da permettersi lo scambio di qualche confidenza e certamente non voleva partire da quel posto senza aver prima sondato i suoi sentimenti verso il fratello.

Ginevra infatti non aveva solamente notato l’insolito interesse di Riccardo per lei, la cosa che più di tutti la lasciava sconcertata era il comportamento distaccato, al limite dell’indifferenza, di Sara nei suoi confronti.

Sembrava essere stranamente immune al suo fascino, scambiava con lui poche parole e pareva quasi che cercasse di evitarlo, ma sapeva bene che il fratello non passava mai inosservato.

Era diventata per Ginevra una questione di vitale importanza, la curiosità che da sempre la dominava la consumava dentro.

Trovò il coraggio e le chiese:

-Sara mi accompagneresti a fare una passeggiata? Lasciamoli chiacchierare da soli di moto e motori…-

-Certo, fammi prendere il cappello però…-

Nicola era un tipo molto arguto e comprese le intenzioni di Ginevra da una semplice occhiata: capì di aver trovato senza volerlo nella ragazza un valido ed inaspettato sostegno.

Riccardo le guardò allontanarsi non senza una certa trepidazione: i ragionamenti di Ginevra gli erano completamente oscuri e il dubbio che avrebbe potuto involontariamente rivelarle la sua identità lo colse. 

Lisa percepì chiaramente il malumore del fratello.

Raggiunsero il bagnasciuga e Ginevra aprì il discorso.

-Mio fratello sa essere veramente noioso… ha una passione sfrenata per le moto e quando comincia a parlarne non si ferma più… e non parliamo poi se trova qualcuno che gli dà spago come Nicola…-

-E’ bello avere delle passioni nella vita… ognuno ha le sue del resto- le fece notare Sara.

-Già… ma mio fratello è un tipo molto inquadrato, quando lo conosci sai che non ti puoi aspettare qualcosa di diverso…-

Ginevra stava cercando di strapparle una opinione.

-Alcune volte fa anche piacere conoscere delle persone che sanno quello che vogliono… tuo fratello emana calma e autorevolezza, sembra una persona molto affidabile, per lo meno è l’impressione che ha dato a me finora - Ginevra si rincuorò nel sentirla esternare queste considerazioni.

-Ha un grosso difetto però…-

-Veramente?- fece Sara meravigliata.

-Sì… vedi… ha sempre saputo quello che voleva fare nella vita…-

-Stai parlando di fare il commesso?- le chiese con disappunto Sara.

-Non solo… nel senso che è ambizioso ed il suo lavoro viene sempre prima di ogni altra cosa… non dico sia anaffettivo, ma le donne che ha frequentato non si sono accontentate di essere al secondo posto e tutte lo hanno lasciato…-

-Io mi accontenterei anche di essere al terzo… - pensò Sara.

-Come vedi non ti puoi aspettare molto da un tipo come lui, ti dà sicurezza ma sa essere anche molto freddo ed imperscrutabile… hai notato che sguardo ha?- le fece notare Ginevra.

-Sì, l’ho notato…- Sara cercava di non sbilanciarsi più di tanto e non intendeva assolutamente esprimersi in merito al suo sguardo: era forse la cosa di lui che più l’aveva attirata e sedotta.

-Da piccola quasi mi faceva paura… invece Lisa lo ha sempre adorato… tra loro c’è una intesa incredibile…- ammise lei.

-Sì, si nota facilmente guardandoli insieme…- osservò Sara.

-Anche se è un tipo razionale, sa anche essere molto dolce e affettuoso però… Giorgio pende letteralmente dalle sue labbra…-

Sara aveva ascoltato le osservazioni di Ginevra fino a quando le venne spontaneamente da chiedere:

-Ma perché mi racconti tutte queste cose di tuo fratello?-

Ginevra non si era resa conto di aver forse insistito un po’ troppo sull’argomento e si ritrovò a dover inventare su due piedi una scusa plausibile.

-Te le racconto… per giustificare il suo modo un po’ freddo e distaccato di fare…-

-Tuo fratello mi sembra tutto tranne che freddo e distaccato…- le sfuggì d’impeto.

-Ah sì?-  chiese Ginevra sorpresa.

-Sì… ecco… mi dà l’impressione di essere una persona in grado di dominare le sue passioni, non di non averne affatto…- precisò Sara.

-Credo che tu lo abbia saputo… comprendere più di quanto abbiano saputo fare altri…- Ginevra guardò Sara e finalmente le fu chiaro che anche lei lo aveva osservato e valutato molto accuratamente in quei pochi giorni che si erano frequentati.

Il suo apparente disinteresse scaturiva quindi da un carattere discreto e taciturno, ciononostante la domanda che più la pressava era ancora senza risposta: lei era attratta o no dal fratello?

Quando raggiunsero di nuovo il gruppo in spiaggia, il testimone passò da Ginevra a Nicola.

-Ginevra… voglio offrire da bere a tutti, mi accompagni al bar?-

La guardò per un istante e fu più che sufficiente per scambiarsi uno sguardo d’intesa.

-Certo… ti accompagno volentieri-

-Posso accompagnarti io…- gli fece notare Sara.

-No… mentre sono al bar dovresti finirmi il cruciverba… in alcuni punti non sono riuscito a trovare le soluzioni…-

-Come vuoi…- fece lei prendendo la rivista.

-Noi due invece dobbiamo andare… ci vediamo dopo ragazzi…- Lisa si alzò per accompagnare il figlio alla lezione di vela.

-Ciao Giorgio…- Sara lo guardò allontanarsi contento.

Rimase sola con Riccardo e questo la rese un po’ nervosa: si impose di sembrare più rilassata e disinvolta possibile, quindi si concentrò assorta sulle definizioni irrisolte di Nicola.

Senza rendersene conto Riccardo si ritrovò ad osservarla: quella ragazza gli piaceva, più la guardava e più ne era attratto.

Le sue labbra, che mimavano impercettibilmente quello che leggeva, lo attiravano in modo ipnotico e lo stesso effetto subiva nel vedere come Sara si tormentasse il labbro superiore con l’estremità della penna mentre valutava gli incroci di parole.

Passò qualche minuto a godersi la sua silenziosa presenza poi decise di richiamarla dai suoi pensieri, il motivo per cui era lì in vacanza riaffiorava sempre nella sua mente:

-Hai fatto altri incubi Sara?- esordì lui.

Lei lo guardò diffidente:

-No per fortuna…-

-E’ sempre lo stesso o sono sempre diversi?-

-Sempre diversi…-

-Tutti raccapriccianti?-

-Sì… -

-Ti andrebbe di parlarne?-

-No… preferisco di no…-  Sara si irrigidì.

-Ma da dove veniva tutta quell’adrenalina che avevi addosso?-

-Non lo so… credo sia una mia reazione alla paura…- non era la verità ma Sara la reputò una risposta soddisfacente.

-Accompagna sempre i tuoi incubi?- insistette lui.

-Sì…- il suo sguardo divenne assorto.

Sara cercava sempre di scacciare dai suoi pensieri quelle immagini agghiaccianti, almeno durante l’arco del giorno voleva credersi una persona normale: se da una parte le faceva piacere il suo interessamento, dall’altra la disturbava, la metteva a disagio e voleva che smettesse.

-Mi stai facendo un mucchio di domande… sembri un detective più che un commesso…- esordì lei guardandolo seria.

-Ah sì?- Sara lo aveva lasciato per un attimo senza parole.

-Mi mette a disagio parlarne… lo evito se posso- ammise lei.

-Non ne vuoi parlare per non doverli affrontare di nuovo… è così che fai di solito Sara?-

-Sì… è così…- ammise lei.

-Non è la soluzione giusta… i problemi non affrontati diventano con il tempo più grandi di noi… e poi ingestibili-

-Forse…- tagliò corto Sara scarabocchiando nervosamente il bordo del cruciverba.

-Non hai mai avuto una relazione seria vero?- considerò lui.

Lei lo guardò spiazzata.

-Perché? Che cosa vuoi dire?-

-La tua paura… non può fare altro che dominare la tua vita, lei decide per te e l’unica tua reazione in questo caso è nasconderti… dietro il silenzio, dietro la tua famiglia, dietro Nicola…-

-Vivere senza legami sentimentali mi mette nella condizione di non dover dare spiegazioni…- Sara lo guardò con disappunto, non capiva perché insistesse tanto sull’argomento.

-E tu invece? Sembra che tu abbia la necessità morbosa di dare una spiegazione logica e razionale a tutto quello che accade…- aggiunse amareggiata.

La sua vita era pura irrazionalità, qualsiasi ragionamento, qualsiasi valutazione razionale veniva a scontrarsi con la violenza psicologica delle sue visioni illogiche ed incontrollabili.

-Hai ragione… scusami- Riccardo la vide alterata, reputò opportuno fare un passo indietro e cambiare argomento per tranquillizzarla.

-Di cosa parlavate tu e Ginevra?- le chiese poi.

-Ginevra mi raccontava del tuo modo di fare con le donne… di come vengano sempre dopo il tuo lavoro- riassunse lei cercando di ritrovare la calma.        

-Deve essere venuta fuori una sorta di agiografia, conoscendo mia sorella…- fece lui sarcastico.

-Ha parlato molto bene di te invece…- Sara aveva già avuto modo di notare il loro rapporto un po’ difficoltoso.

-Avete parlato di me tutto il tempo?- fece lui con disappunto.

-Sì e anche della passione che hai per le moto…-

-Che problema c’è se mi piacciono?-

-Ma niente… tua sorella credo sia preoccupata per te… non ha parlato d’altro…Vorrebbe che lavorassi di meno e ti occupassi di più della tua vita privata-

-Effettivamente era da tanto che non mi prendevo una vacanza ed in questi giorni mi sono sorprendentemente riavvicinato a lei…-

-Non è poi così difficile come vedi, ci vuole solo un po’ d’impegno da parte tua- Sara si era rilassata e accennò ad un sorriso.

-Posso farti una domanda?- aggiunse poi.

-Certamente- fece Riccardo.

-Ogni tanto sparisci in casa… cosa vai a fare?-

-Sono in contatto con i colleghi del negozio… ho comunque delle responsabilità a cui non posso sottrarmi- fece lui cercando le giuste parole per sembrare sincero.

-Già… il tuo lavoro… sei sempre stato così ligio al dovere e poco propenso ai divertimenti nella tua vita?- indagò questa volta lei.

-Non sono sempre stato prevedibile e noioso se è questo che intendi…- le rispose un po’ piccato.

-Non volevo dire questo…-

-Se ti va ti racconto una delle mie tante bravate giovanili… Forse ti ricrederai… peccato non ci sia qui Lisa a raccontartela-

-Sono curiosa… sentiamo!-

-Bene… In quarta liceo andai in discoteca con dei miei amici… avevo promesso a mio padre che sarei rientrato per l’una invece eravamo così brilli a quell’ora che decidemmo, giustamente per la nostra incolumità, di dormire qualche ora e ci fermammo in una piazzola di sosta. Un mio amico aveva mandato un messaggio alla madre chiedendole di informare del cambiamento di programma anche gli altri genitori ma era così cotto che lo scrisse però si dimenticò di inviarlo! Verso le quattro ci svegliammo e poco tempo dopo giungemmo a casa. Mi ricordo che ero talmente sbronzo che non riuscivo nemmeno ad infilare la chiave nella toppa… mia madre si accorse del mio arrivo e mi aprì, mi guardò e non disse nulla… feci le scale barcollando ed entrai in camera senza neanche accendere la luce… volevo buttarmi sul letto ma mio padre era proprio lì dentro ad aspettarmi... Non so dirti precisamente quante me ne ha date… forse è stata una fortuna che fossi ancora confuso dall’alcol…- Riccardo si aprì in un ampio sorriso a quel ricordo.

Sara rimase invece senza parole per qualche istante.

-Ma allora… anche tu sei stato un irresponsabile…- constatò lei con disappunto.

-Credo che, chi più  chi meno, lo siamo stati tutti a quell’età- sentenziò lui.

Riccardo e Sara si scambiarono uno sguardo divertito e complice, la tensione dei discorsi precedenti era svanita nel nulla con una semplice risata, poi lei lo guardò a filo di visiera e aggiunse:

-Stranamente mi rilassi, sei una persona molto disponibile all’ascolto e sei anche un bravo narratore! E’ sempre piacevole parlare con te Riccardo. Il tuo unico difetto, se posso dirtelo, è che fai troppe domande…- sorrise lei.

-Ti ringrazio… anche per l’appunto che mi fai… – Riccardo ripensò per un attimo a quante ore di interrogatori aveva presenziato in quasi due anni come commissario.

 

-Credo che sia giunto il momento di portare da bere… li vedo di nuovo rilassati…- fece Nicola con un sorriso compiaciuto.

-Sì, altrimenti si insospettiranno…- gli sorrise di rimando Ginevra.

 

-Eccoci…- appoggiarono le bibite sul piccolo tavolino.

-Finalmente… ma dove eravate finiti!- fece Sara.

-C’era una gran fila…- mentì Ginevra.

-Nicola… prima di pranzo vorrei andare al mercatino per cercare qualcosa da portare a Filippo, mi accompagni?- fece Sara.

-Certo, voglio comprare anch’io qualcosa per Andrea…-

-Potremmo andare tutti insieme… non ci sono mai stata ancora… che ne pensi Riccardo?- gli chiese Ginevra.

-Come vuoi… ne approfitto per cercare la bandana che ho promesso a Giorgio…-

-Allora ci vediamo lì tra circa un’ora… il tempo di fare la doccia e cambiarci…- stabilì Nicola.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

Una volta a settimana il lungomare di fronte agli stabilimenti si trasformava in un piccolo mercato dell’artigianato: vi si trovava di tutto e Sara non voleva tornare a casa a mani vuote.

Nicola come al solito le era accanto insinuando la mano nella tasca posteriore dei suoi pantaloncini mentre lei lo cingeva con il braccio nel punto vita.

Riccardo e le sorelle li guardavano divertiti, sembravano come sempre due fidanzati più che due amici ed anche Giorgio si meravigliò osservandoli insieme:

-Zio… hai visto come si stringono?- gli disse a bassa voce indicandoli.

-Già…-

Fecero un giro perlustrativo del mercato tutti insieme e poi ognuno si dedicò all’acquisto di ciò che più lo aveva interessato.

-Ecco… voglio regalare al mio amore questo braccialetto di fili intrecciati… anzi ne prendo uno anche per me…- fece Nicola.

-Sono molto belli, ma non credo che piacerebbero a Filippo…- osservò delusa Sara.

-Vieni qui Giorgio, prova questa… perfetta…-

-Sì zio, mi piace tantissimo…- Riccardo aveva trovato quello che cercava per il nipote e pagò la bandana. Acquistava velocemente quello che gli serviva perché aveva sempre le idee chiare e non perdeva tempo in inutili tentennamenti come la sorella Ginevra.

-Io non so se prendere una maglietta stampata o un cappellino di paglia… sono sempre così indecisa…- disse Ginevra che da diverso tempo era ferma alla stessa bancarella.

-Se non ti sai decidere prendili entrambi…- le consigliò Lisa spazientita.  

Nicola si era momentaneamente allontanato da Sara verso un’altra bancarella quando Riccardo notò un ragazzo intento a squadrarla da capo a piedi: sembrava avere tutta l’intenzione di volerla avvicinare.

Un senso di irritazione e malumore, uniti ad un forte istinto protettivo, si impossessarono di lui e si diresse spedito accanto a lei per farlo desistere.

-Allora Sara… hai trovato quello che cercavi?- esordì lui controllando allo stesso tempo le mosse del ragazzo.

-Non mi sembra di vedere nulla di adatto per Filippo, invece per mio padre ho trovato qualcosa che gli piacerà, ne sono sicura…-

-Cos’è?- vide finalmente con la coda dell’occhio il ragazzo rinunciare ed allontanarsi.

-Mio padre è un cuoco provetto… ho trovato questo cappello da chef, sarà molto divertente vederglielo indossare!- se lo infilò in testa ridendo soddisfatta al solo pensiero.

Sara aveva la strana capacità di illuminare con un semplice sorriso tutto quello che la circondava ed un fremito sordo e dolente contrasse all’istante lo stomaco di Riccardo.

Come un bambino guarda ammutolito attraverso una vetrina l’oggetto dei propri desideri ben sapendo di non poterlo possedere,  così Riccardo non poté fare altro che rimanere in silenzio di fronte a lei cercando di reprimere i propri sentimenti.

Non riusciva a staccarle gli occhi di dosso, tutti i suoi sani e virtuosi propositi rischiavano ora di crollare: il suo sguardo solitamente glaciale ed impassibile tradiva una passione profonda, una forza di attrazione intensa e prepotente.  

Sara si sfilò il cappello, pagò il venditore ambulante e girandosi verso di lui si accorse del suo cambio di espressione.

Si ritrovò immobile a sostenere il suo sguardo, erano entrambi scivolati in un limbo, nessuno dei due in quella situazione poteva o aveva il coraggio di spiegarsi.

Nicola si era girato in cerca di Sara, li aveva ritrovati poco lontano a fissarsi in silenzio ed era rimasto con il fiato sospeso in attesa di assistere finalmente alla giusta evoluzione di tutta quella tensione seduttiva, quando vide Giorgio correre verso lo zio.

-Zio… zio…vieni, ti devo far vedere una cosa bellissima che ho trovato con la mamma- Giorgio aveva preso la sua mano e lo strattonava in direzione della bancarella.

-Sì… un attimo Giorgio…- Riccardo era come stordito.

Si allontanò controvoglia da Sara che continuò a seguirlo con lo sguardo: faticava a deglutire per quanto era scombussolata e sentì le guance e gli occhi prendere fuoco.

Nessuno l’aveva mai guardata così intensamente, con nessun altro si era sentita così attratta.

-Cosa stavate facendo Sara? Ma guardati! Sei tutta rossa in viso… anche gli occhi ti si sono arrossati! Cos’è successo tra di voi?- le chiese Nicola con gli occhi sgranati.

-Ma nulla… questo sole mi sta dando alla testa…- si giustificò lei.

-Ma quale sole Sara… non mentirmi… non me lo merito… ti stava scopando con lo sguardo!- le fece notare lui.

-Non essere volgare Nicola! Voglio mettermi all’ombra… ho le tempie che mi pulsano…-

-Credo sia meglio ritornare a casa o il colpo di caldo prenderà a me!- le rispose alterato Nicola facendosi largo tra la folla.

Riccardo seguì il nipote ma faticò a comprendere quello che gli diceva, assentiva alle sue parole e basta, con la mente era da tutt’altra parte.

Si era innamorato di Sara, ora ne era perfettamente consapevole, e questo lo metteva in una situazione nuova per lui quanto delicata per le indagini ancora in corso.

 

Sabato dopo pranzo Lisa trovò il momento giusto per parlare al fratello.

Giorgio e Ginevra si erano ritirati in camera per riposare e lei raggiunse Riccardo in veranda impegnato con il suo computer.

-Riccardo… ti disturbo? Stai lavorando?- gli chiese Lisa.

-Sì e no… sto rileggendo un esame autoptico… dimmi- Riccardo intuì dallo sguardo della sorella che doveva essere un argomento delicato.

-Ascolta… sai che ho sempre avuto piena fiducia in te… sei sempre stato un ragazzo serio e con la testa sulle spalle…-

-Ma…- l’anticipò lui.

-...ma non credo che tu ti stia comportando in modo corretto con Sara. Lo penso veramente. Stai indagando su di lei ma converrai con me che la situazione è molto ambigua… La stai frequentando praticamente tutti i giorni e a me sembra che tu te ne sia innamorato: vedo come la guardi e come le giri attorno… non ti ho mai visto così coinvolto con nessuna… per te non è una semplice indagine, vero?-

-Ma che dici… non sto corteggiando Sara… cerco di farla parlare per acquisire più informazioni possibili… e comunque la dovrò rivedere in commissariato la prossima settimana… lì saprà tutta la verità…- le disse preso in contropiede.

-Ecco… intendo proprio questo allora. Se tu non ne sei innamorato devi imparare ad essere meno avvolgente o le sembrerà di essere corteggiata. Mi sembra una ragazza seria, diversa da quelle che abitualmente frequenti e ci fai conoscere: non credo, con tutto quello che avrà passato dopo la morte della madre, che sia delicato da parte tua giocare con i suoi sentimenti, non è corretto Riccardo e non è da te…- Lisa gli esternava onestamente le sue perplessità.

Riccardo rimase per un po’ in silenzio e la sorella ebbe l’accortezza di aspettare che raccogliesse le idee e si spiegasse.

-Non posso nasconderti nulla Lisa… del resto è sempre stato così tra di noi… hai sempre avuto il dono di capirmi al volo…- ammise lui.

Lisa lo guardava seria.

-Sì, è vero, mi sono innamorato di Sara… oggi ho percepito chiaramente un forte senso di gelosia e possessività nei suoi confronti che non avevo mai provato prima con nessuna… mi sento confuso, smarrito e sai bene che questi non sono sentimenti che mi appartengono. Oltretutto sto indagando su di lei… dentro di me so che non è coinvolta nell’omicidio della Rocci ma dovrò comunque interrogarla… e questo mi metterà in una posizione molto delicata, lo comprendi anche tu…- Riccardo, di fronte all’evidenza, non aveva potuto fare altro che ammettere di amarla.

-Cos’hai intenzione di fare adesso?- lo incalzò lei.

-La verità è che non lo so bene neanche io… mi sento in balia degli eventi… e ho grosse responsabilità in campo. Sto cercando di trattenermi con lei… fossimo stati in un’altra situazione le avrei già parlato dei miei sentimenti…- Riccardo aveva un’espressione assorta.

-Io invece sono sicura di una cosa… se il tuo istinto ti dice che lei è innocente, vuol dire che è così… quindi aspetta e vedrai che tutto si sistemerà- Lisa era oltremodo fiduciosa nelle doti empatiche del fratello.

Passarono alcuni secondi di silenzio.

-Lisa… ma è possibile innamorarsi così, nel giro di pochi giorni?-le chiese confuso.

-Come? Non ti ricordi di me e Valerio? Mi sono innamorata di lui a prima vista… sono tutti pazzi quelli che affermano che non esiste il colpo di fulmine! Sei nervoso e disorientato perché hai cambiato il tuo baricentro, dal lavoro a quella ragazza, ed anche la prospettiva di ciò che ti dava sicurezza. Sei entrato in una realtà in cui non ci sei solo tu…- gli spiegò Lisa.

-In verità… l’avevo già notata a Viterbo accompagnando Giorgio una domenica. Mi ricordo questa necessità di guardarla, di osservarla…-

-Ecco spiegato il mistero delle volte in cui mi chiedevi di accompagnare Giorgio a catechismo…- sorrise lei.

-Già… l’ho poi ritrovata qui in vacanza e ho cercato di togliermela dalla mente perché c’erano di mezzo le mie indagini questa volta… ma la situazione ha seguito un suo corso nonostante la mia volontà… sembra strano a dirlo per uno come me ma… mi sono innamorato e che botta ho preso…-

-Ti vedo diverso, sei cambiato in meglio… mi sembri più rilassato e sereno. Ottimo effetto questa Sara…- gli fece notare Lisa aprendosi in un ampio sorriso.

-Stranamente però la sua vicinanza mi rende nervoso, molto nervoso… ho notato poi che mi distraggo, che mi deconcentro facilmente…-

Ammettere di amarla fu per Riccardo una vera rivoluzione: aveva scoperto che i sentimenti potevano assumere una vera e propria concretezza, potevano diventare reali, solidi e gestibili come il dato di un esame autoptico.

Si era finalmente reso conto che anche l’irrazionale poteva assurgere a razionale e questo gli infondeva una nuova quanto inaspettata sicurezza nella gestione dei propri sentimenti.

Quello che aveva da sempre temuto sembrava diventare ora spontaneo e naturale, Sara era diventata in quel momento la sua priorità, l’altra metà della mela, il tassello mancante alla sua completezza.

-E lei? Pensi provi la stessa cosa per te?- chiese Lisa.

-Credo proprio di sì… anzi ne sono certo. Non è sfrontata, le piaccio ma non per questo mi corre dietro. Credo che il suo carattere taciturno e le sue paure le impediscano di lasciarsi andare con i sentimenti- valutò lui pensoso.

-Sembra quindi che entrambi abbiate, a livello emozionale intendo, dei limiti da oltrepassare per riuscire ad incontrarvi…-

-Già…-

-Arriverà il momento in cui dovrete spiegarvi e quando vi sarete finalmente chiariti tutto andrà per il meglio, vedrai Ric… Mi piace molto quella ragazza, sareste una bellissima coppia- ammise Lisa.

-Grazie per essere stata sincera con me… mi ha fatto bene parlarne, un po’ mi hai rincuorato…- fece Riccardo.

Lisa l’aveva ascoltato confessare tutte le sue fragilità, sapeva che i sentimenti erano il punto debole del fratello.

La sua concretezza, il suo pragmatismo, gli impedivano per certi versi di lasciarsi andare completamente in una relazione, ma con la donna giusta poteva essere diverso: se Sara era riuscita in pochi giorni a renderlo così sicuro dei propri sentimenti, chissà di cosa sarebbe stata capace con una relazione stabile, si chiese Lisa.

 

La tanto attesa cena di commiato arrivò.

Lisa non si risparmiò nei preparativi: mentre Nicola era intento alla sistemazione delle spigole e delle seppie alla brace, lei si era dedicata alla realizzazione di un ricco quanto colorato antipasto di fasolari e cozze.

-Che splendida tavola Nicola…-

-Grazie Lisa e con quello che tu hai preparato lo è ancora di più!-

Nicola aveva apparecchiato con molta cura posizionando strategicamente al centro della tavola alcune candele in vasi di cristallo. Voleva creare un’atmosfera rilassata ed elegante, si era fatto in quattro affinché fosse tutto perfetto, era l’ultima chance che dava a Riccardo di spiegarsi e, sperava, di dichiararsi con Sara.

Riccardo aveva aperto una bottiglia di vino bianco e stava facendo il giro dei presenti per riempire i loro bicchieri.

-Grazie Ric-

-Tu Ginni preferisci forse una birra?-

-No fratello, questa sera solo vino grazie-

-E tu Sara… tu cosa vorresti?- le chiese con il suo sguardo fermo puntato nei suoi occhi.

-Anch’io… anch’io del vino, grazie- la domanda, per come gliela aveva posta, poteva avere un doppio senso e Sara dovette reggere il bicchiere con due mani per non tradire la sua emozione.

Le stava forse facendo capire che voleva parlarle? Si sarebbe dichiarato? La sua vita quella sera sarebbe cambiata?

Aveva finalmente trovato qualcuno di veramente speciale per il quale sentiva una forte attrazione e di certo avrebbe saputo cosa rispondergli se glielo avesse chiesto.

-Non mi hai mai fatto un disegno, uno solo per me intendo…- le disse appoggiandosi al muretto del giardino accanto a lei.

-Un giorno te ne farò uno… te lo prometto- gli rispose sincera guardandolo.

-Mi sono sempre chiesto come si faccia a vedere qualcosa su un foglio bianco prima di cominciare a disegnare…-

-Forse era già lì che aspettava solo di essere messo nero su bianco- osservò lei.

-Notevole… una visione molto romantica!- la guardò sorpreso.

-Forse…- sorrise lei.

-Disegni, sistemi vetrate, lavori in una azienda… fai così tante cose Sara che sicuramente non hai tempo di annoiarti-

-Vedi… i lavori manuali mi consentono il controllo sulle cose, i materiali sono in un certo senso rassicuranti, sai cosa aspettarti manipolandoli, sai che ubbidiranno alla tua volontà…-

-Già, non sono imprevedibili e inafferrabili come i pensieri delle persone…-

Riccardo non le toglieva gli occhi di dosso ma doveva, nonostante tutto, mantenere con lei le distanze. Se avesse potuto le avrebbe proposto una passeggiata in spiaggia e, lontani da occhi indiscreti, si sarebbe dichiarato, la sentiva come una cosa ovvia in quel momento.

Sara notò la sua espressione indecifrabile, sembrava stranamente combattuto, assorbito da mille pensieri.   

-Ai tuoi numerosi impegni Sara…- alzò il calice e finì di bere il suo bicchiere di vino.

-Grazie Riccardo…-

-Sara… Sara vieni che faccio vedere anche a te le foto della regata che ho fatto oggi?- Giorgio aveva il cellulare della madre in mano.

-Arrivo-

Continuò ad osservarla mentre parlava con il nipote: si erano seduti a tavola e commentavano la regata di fine corso.

Lei lo ricambiava ogni tanto con uno sguardo furtivo.

Nicola, che li osservava in modo discreto, si aspettava che prima della fine della serata lui si dichiarasse ed era veramente emozionato per entrambi. Voleva la felicità per Sara, la stessa che stava vivendo lui con il suo fidanzato, voleva vederla finalmente tra le braccia di una persona affidabile e premurosa e Riccardo, secondo lui, rispondeva perfettamente alle sue esigenze.

-E’ pronto…- annunciò Nicola.

Presero posto a tavola e Riccardo si sedette di fronte a Sara: l’aria dolce, fresca e ventilata presagiva solo cose buone per quella serata ricca di aspettative.

Conversarono come se si conoscessero da lungo tempo: Riccardo si sentiva a suo agio e pienamente appagato, l’indagine era come svanita dai suoi pensieri, valutava ora Sara completamente estranea a quello che per due settimane aveva considerato come una cosa solida e innegabile.

Ogni tanto la vedeva rispondere al richiamo del suo sguardo e non vedeva l’ora che arrivasse lunedì per potersi spiegare con lei.

-Anche tu Nicola hai preparato i bagagli?-

-No, io mi trattengo qualche altro giorno, fino a metà della prossima settimana-

Sara in cuor suo aveva oramai dato per certa la finalità di tutte quelle attenzioni: guardò felice Nicola che le rispose con un sorriso di pura soddisfazione.

-Smettila di fissarla così… non ti riconosco, sei quasi imbarazzante...- fece Lisa sottovoce dandogli un calcetto.

Riccardo sorrise, Lisa lo aveva beccato sul fatto.

-Scusami Nicola, dovrei andare in bagno, posso?- fece lui alzandosi.

-Certamente, questo al piano terra è un casino però… forse è meglio che vai a quello al piano superiore- valutò il ragazzo.

-Ok, grazie-

Riccardo salì le scale e vide i bagagli di Sara già pronti sul pianerottolo.

Prima di entrare in bagno si accorse della presenza, tra il borsone ed il muro, di una cartellina con i lacci: gli sembrò la tipica custodia dei disegni degli studenti del liceo artistico.

Non resistette e decise di dare un’occhiata.

Molto attento a non far rumore la prese e la slacciò: quando la aprì, l’immagine di un uomo con una folta barba scura lo lasciò senza parole. Aveva un’espressione minacciosa, accigliata e brandiva un coltello con una lama lunga e sottile, sembrava stesse per scagliarsi contro qualcuno. Ma prima ancora che dalla sensazione di cieca violenza che scaturiva dall’immagine, Riccardo rimase costernato nel rendersi conto che lo stile era palesemente lo stesso del ritratto dell’assassino di Carola Rocci. Era la prova che cercava da quasi due settimane: il sangue gli si gelò nelle vene e si sentì per la prima volta in vita sua tradito.

Si era avvicinato a Sara negli ultimi giorni, l’aveva reputata sincera ogni volta che aveva cercato di farla parlare, lo aveva convinto della sua sincerità, del fatto che lei non avesse potuto avere alcun ruolo in quell’omicidio, che sicuramente si era sbagliato nel fare le sue valutazioni, nel formulare le sue ipotesi, ma ora... tutto era da rifare, tutto era sbagliato, tutto doveva essere riletto e rivalutato.              

Una profonda amarezza si impossessò di lui devastandolo, ora la vedeva in modo completamente diverso: coinvolta, colpevole, bugiarda. Un forte senso di rabbia lo pervase e si sentì stupido, totalmente stupido.

Valutò che lunedì avrebbe dovuto convocarla in commissariato e questa volta avrebbero cominciato a giocare a carte scoperte.

Lei avrebbe saputo realmente chi fosse e lui avrebbe finalmente potuto interrogarla sul suo reale coinvolgimento nell’omicidio di quella povera donna.

L’avrebbe guardata dritta negli occhi ascoltando le sue false quanto inutili giustificazioni e l’avrebbe considerata per quello che era, una ipocrita e sporca bugiarda.

Ripensò all’assassino, al magazziniere, e valutò la necessità di un nuovo interrogatorio ed eventualmente di un confronto tra lui e Sara. Non escluse che forse i due si frequentavano: nella mente di Riccardo si aprivano nuove strade d’indagine e si sentì profondamente frustrato.

Insieme a quel ritratto agghiacciante c’erano molti altri disegni raffiguranti Nicola e i loro amici, tutti realizzati con lo stesso stile grafico, ma non riuscì a sfogliarli tutti.

Gli ci vollero diversi minuti per riprendersi, era come se avesse preso un pugno in pieno viso: si apprestò a fare qualche foto con il cellulare prima di chiudere la cartellina e ricollocarla al suo posto.            

Quando scese le scale per raggiungere la comitiva in giardino il suo volto era scuro e ragionò di sforzarsi di risultare sereno come lo era prima.

Tornò e si sedette al suo posto accanto a Lisa.

La sorella lo conosceva bene ed intuì il suo disagio.

-Cos’hai? - gli fece a bassa voce Lisa.

-Dopo ti spiego…- e troncò lì qualsiasi spiegazione.

 

Si erano salutati in modo piuttosto distaccato: il comportamento di Riccardo era sembrato a Sara del tutto incomprensibile.

Gli era parso molto motivato nel volerle stare accanto, almeno fino a quando non aveva in modo improvviso cambiato atteggiamento, e soprattutto con lei.

Non le rivolse quasi più la parola ed anzi, in alcuni momenti, le sembrò di essere guardata con un’espressione a tratti amareggiata e seria, i suoi occhi non mentivano mai.

Pensò che doveva essere successo qualcosa di molto grave per vederlo cambiare in modo così repentino.

-Hai notato che l’umore di Riccardo a fine serata è cambiato?- osservò Nicola mentre sistemava la cucina.

-Sì, forse ha problemi a lavoro… lunedì rientriamo tutti…- Sara emise un profondo sospiro.

-Ti ha parlato? Ho visto che ti stava sempre a guardare… ti ha detto qualcosa?-

-No… niente-

-Non vi siete neanche scambiati il numero di telefono?-

-No…-

-Allora, o è un emerito imbranato o è un emerito deficiente…-

-Forse… - sospirò nuovamente Sara.

Era afflitta, non capiva cosa fosse successo per fargli cambiare atteggiamento a quel modo a fine serata.

Si chiedeva se avesse travisato i suoi sentimenti, in fondo lo conosceva da poco tempo e non sapeva molto di lui.

L’unica cosa certa era però l’intensa attrazione che provava e che nella sua irrisolutezza la faceva sentire profondamente a disagio.  

 

Rientrato al villino Riccardo chiamò subito Salieri per metterlo al corrente di quanto aveva scoperto ed organizzare le convocazioni di lunedì mattina.

Si sentiva devastato, sarebbe stato un lunedì molto difficile ed impegnativo per tutti.

 

Era molto tardi, Giorgio e Ginevra erano saliti in camera e Riccardo rimase solo in cucina con la sorella.

-Cosa è successo prima? Ti vedo abbattuto…- gli fece notare Lisa.

-Ho trovato, al piano superiore del villino di Nicola, la prova che cercavo del coinvolgimento di Sara nel caso Rocci… ho trovato dei disegni con lo stesso stile di quello che abbiamo ricevuto in modo anonimo a Viterbo… Sono amareggiato Lisa, non lo avrei mai creduto, mi sento tradito e umiliato… sono uno stupido, mi sono pure innamorato di lei ed ora le cose saranno veramente difficili…-

-Ne sei sicuro? Sara è coinvolta nell’omicidio della Rocci?- il suo sguardo era ora sgomento.

-Oramai sì… è certo… che stupido sono stato…-

-E’ ovvio che questo ti metterà in una posizione piuttosto delicata, forse potresti parlarle… a me è sembrata sempre sincera, non so cosa dire…- Lisa comprendeva pienamente il malessere del fratello.

-Non posso fare nulla ora, devo stare al mio posto… la situazione al commissariato sarà molto imbarazzante… lunedì la devo convocare ed alla luce di tutto quello che ho scoperto, ora sono sicuro che sia stata lei a farci avere l’identikit dell’assassino dell’infermiera, lo stile è identico… mi sento preso in giro Lisa, proprio io poi, e ancora devo scoprire cosa veramente c’entri lei con quell’uomo… la faccenda si fa seria… non c’è spazio per i sentimentalismi- fece lui deglutendo amaro.

Riccardo dovette reprimere i propri sentimenti, il suo sguardo tornò ad essere quello glaciale, fermo ed impenetrabile di sempre.

 

La mattina successiva, accompagnata da Nicola e con sentimenti contrastanti nel cuore, Sara raggiunse Riccardo e le sorelle all’ingresso del villino.

Lo trovarono che stava fissando uno zaino con dei tiranti sopra il serbatoio della Ducati. Era già pronto per la partenza, indossava la sua tuta nera e doveva solo infilarsi il casco.

-Ciao Lisa, ci vediamo in settimana… Giorgio, mi raccomando ragazzo…- fece lui.

-Ciao zio, ricordati che hai promesso di portarmi al cinema venerdì…-

-Non dimentico mai gli impegni importanti…- fece un ampio sorriso al nipote mentre gli arruffava i capelli.

-Ciao Ginni, con te ci vediamo a fine mese credo…-

-Sì, ho qualcosa da fare all’università poi vi raggiungo a Viterbo…- Ginevra in pochi giorni si era riavvicinata al fratello, lo aveva trovato più spensierato e meno freddo del solito: aveva finalmente conosciuto il lato leggero e giocoso del suo carattere.

Sara era rimasta in disparte con Nicola attendendo il momento di salutarlo.

-Ciao Nicola, è stato un piacere conoscerti…- gli strinse la mano.

-Anche per me Riccardo, buon rientro a lavoro…-

-Ciao Sara…- le strinse la mano senza aggiungere altro, sembrava non tradire alcuna emozione.

Quello che la stava salutando era un Riccardo diverso: non era quello delle partite a beach volley o delle chiacchierate in spiaggia, né tantomeno quello della passeggiata al mercatino sul lungomare. Sara ne rimase disorientata.

-Ciao Riccardo, grazie di tutto…- ricambiò il suo saluto frettoloso e lo accompagnò con un sorriso incerto ma sincero.

Riccardo si infilò ed allacciò il casco, salì sulla moto ed accese il motore: abbassò lo sguardo per togliere il cavalletto e quando lo rialzò lo puntò dritto su Sara per alcuni istanti.

Di colpo lei si ritrovò addosso quel piglio compassato, freddo e distaccato che l’aveva tanto incuriosita la prima volta che lo aveva incrociato e si sentì più smarrita e confusa di prima.

Agli occhi di Riccardo Sara sembrava combattuta, pareva avesse da dirgli qualcosa ma che si trattenesse dal farlo e certamente lui non era dell’umore adatto per ascoltarla, non ne aveva la benché minima intenzione.

Una volta imboccato il viale la osservò un’ultima volta dallo specchietto retrovisore, era rimasta ferma a guardarlo andare via a braccia conserte e con le mani strette a pugno, era evidente quanto fosse dispiaciuta per la sua partenza.

Solitamente calma e controllata, Sara in quel momento appariva in tutta la sua fragilità, nella sua testa mille sensazioni si rimescolavano vorticosamente.

Avrebbe voluto fermarlo per chiedergli se anche lui provasse i suoi stessi sentimenti o se si fosse preso semplicemente gioco di lei durante quella settimana. Si era illusa di piacergli seriamente, uno spiraglio di normalità si era aperto nella sua vita tormentata ed ora lui la lasciava sola, partiva senza darle una spiegazione.

Tornò al villino per finire di raccogliere le sue cose e, rimasta sola in camera, non riuscì più a trattenersi scoppiando in un pianto disperato: si chiedeva afflitta cosa avesse fatto per meritarsi un saluto algido e distante come quello, cosciente che una risposta non l’avrebbe forse mai avuta.  

Faticava a dominarsi, le lacrime le scendevano nonostante si fosse imposta di non pensare più a lui.

Le ci volle un po’ per riprendersi, poi raggiunse Nicola in spiaggia.

-Come stai Sara… tutto bene?- aveva ancora gli occhi arrossati per il pianto.

-Sì, abbastanza…- mentì lei.

-A me non sembra molto… forse avresti dovuto chiedergli una spiegazione…-

-No… forse è un bene che se ne sia andato…-

-Ma che dici? Sei diventata una rinunciataria, stai peggiorando! Non ti sei mostrata molto coinvolta e lui si è demotivato… tutto qui…- le fece notare.

-Cosa ti devo dire… è possibile. E’ tutto così strano… sembrava che gli piacessi, ma non si è mai dichiarato, almeno a parole…-

-Gli dovevi dare più spago… ti avevo anche avvertito di non sprecare questa occasione… avrà pensato che non eri interessava poi molto…-

-Sai cosa ti dico? E’ meglio così… avrei paura ad innamorarmi di lui… Mi dà soggezione, non dico che lo temo ma… sento che potrebbe veramente farmi perdere la testa…- ammise lei.

-Secondo me, da come lo guardavi, si capisce che sei già cotta di lui, non mentire con te stessa, i giochi sono fatti… lo devi solo cercare e parlargli secondo me-

-Forse… ma non so se troverò mai il coraggio di farlo… ora non voglio pensarci, torno a Viterbo e rientro a lavoro… niente altro- il senso di debolezza allo stomaco ed il nodo alla gola non facevano che confermare inequivocabilmente le osservazioni di Nicola.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

L’amarezza, unita al risentimento che lo dominava, gli avevano impedito di parlarle.

Riccardo era in difficoltà, si era innamorato di una persona che con tutta probabilità era coinvolta in un caso di omicidio e sulla quale stava per giunta indagando: il destino gli aveva tirato un brutto scherzo.

Si sentiva preso in giro, ferito, proprio lui che per la prima volta nella sua vita aveva dato ascolto ai suggerimenti del suo cuore e proprio da lei che si era convinto essere completamente innocente nonostante i suoi forti dubbi.

Ora sarebbe cominciata la parte più difficile: doveva convocarla in commissariato e già fremeva dal desiderio di sapere come stavano realmente le cose.

Arrivò ad ipotizzare che forse lei conosceva già la sua vera identità e che lo aveva raggirato abilmente senza che se ne rendesse conto: valutò tutto questo con un forte senso di rabbia.

Eppure, ripensando alla notte del suo incubo, considerò che Sara non poteva aver recitato anche in quell’occasione, non credeva possibile che ne fosse stata capace.   

Nonostante tutto continuava infatti a provare gli stessi sentimenti e questo lo rendeva ancora più furente con se stesso.

Era proprio questa sua incapacità di gestire il dato emozionale, di riuscire a calmierare le sue insicurezze, che più di ogni altra cosa lo sconfortava.

Ora però doveva ritrovare la giusta distanza da lei, doveva a tutti i costi riuscire a mortificare l’impulsività del suo cuore, l’indagine sarebbe venuta prima di tutto.

Il viaggio, anche se tormentato, fu oltremodo utile a Riccardo per valutare in modo dettagliato e meticoloso la situazione in cui era venuto a cacciarsi.

Con questi sentimenti contrastanti giunse a Viterbo.

 

Sara arrivò in città con l’autobus dell’Acotral nel primo pomeriggio, ad aspettarla c’era il padre.

-Ciao papà…-

-Ciao Sara, tutto bene? Cos’è questa faccia triste? E’ successo qualcosa con Nicola?- le chiese mentre le prendeva il borsone dalla spalla.

-No papà, sono solo un po’ stanca…- si sforzò di sorridere.

Durante il viaggio non aveva fatto altro che pensare a Riccardo ed era arrivata a destinazione più abbattuta che mai.

Dopo tanti ragionamenti era giunta a darsi tutte le colpe di quello strano comportamento, considerando che forse Nicola aveva ragione, che avrebbe dovuto accantonare tutte le sue paure ed aprire senza riserve il suo cuore a quel ragazzo che le piaceva e la faceva sentire protetta e al sicuro.    

Ragionò che forse, se lo avesse anche solo un po’ incoraggiato, tutto sarebbe potuto andare diversamente. 

-Andiamo a casa, ti riposi e poi ti preparo una bella cena!- la rincuorò a modo suo Agostino.

 

Ascoltava oramai da quasi due ore Armando fare lo sbruffone e parlare a ruota libera del suo lavoro e di chi lavorava con lui. Tesseva le lodi di qualcuno e si lamentava di qualcun altro, il vino gli scioglieva velocemente la lingua.

-Si stava bene quando c’era Sara a gironzolare per l’azienda… una bella figliola veramente…- diceva con occhi spenti.

Era ancora arrabbiato con se stesso per non essere riuscito a combinare nulla con Sara.

-Domani rientra… mia moglie non ne è felice come me. Si era ingelosita sai Ernesto? Capisci… mia  moglie è gelosa di me… lo sa che sono uno sciupafemmine!- ridacchiò scomposto al suo compagno di bevute.

Non avrebbe potuto origliare notizia più gradita, si avvicinò al suo tavolo e si sedette.

-Ciao Armando…ti posso fare compagnia?-

-Certo Fulvio… siediti- gli indicò con mano incerta la sedia accanto a lui.

-Stavi dicendo qualcosa poco fa riguardo un rientro in azienda?- indagò lui.

-Cosa? Ah, si certo… Sara rientra domani… ma solo il mattino…-

-Ne sei sicuro?-

-Sicuro…-

Gli mise altro vino nel bicchiere.

Erano settimane che aspettava questa seconda opportunità.

-Farà sempre consegne?-

-Nooo… questa volta starà in ufficio… al telefono…-

La sua testa era già da tutt’altra parte, completamente assorbita nella progettazione di un piano, ed il suo viso di rimando cambiò espressione: la bocca gli si modificò in un sorriso sbieco di profonda soddisfazione.

Armando, grazie al vino, si sentì in quel momento così tanto in confidenza con i suoi compaesani da rivelare una notizia che avrebbe dovuto tenere per sé:

-Non lo dite a nessuno che…- Armando si guardò intorno come per tutelarsi da orecchie indiscrete.

-… che le telecamere dell’azienda sono guaste, dobbiamo stare attenti ai ladri… mi raccomando… a nessuno…- fece lui brillo e inutilmente guardingo.

Mettere a conoscenza estranei del danneggiamento del sistema di videosorveglianza dell’azienda fu un grosso passo falso per Armando ma un inaspettato colpo di fortuna per quell’uomo.

-Un fulmine ieri… ha bruciato tutto… ma domani le aggiustano però eh…- concluse lui soddisfatto.

Neppure Armando era però a conoscenza di un dato fondamentale: una videocamera provvisoria era stata fatta installare con urgenza lo stesso giorno del guasto a copertura della zona dell’ufficio.

L’occasione che gli si presentava era irripetibile e non l’avrebbe di certo buttata via: aveva poco tempo per rapire Sara e farla sparire per sempre.

 

Quella notte Sara ritrovò le sue consuetudini per cercare di dormire il più serenamente possibile: la luce rimase accesa per tutta la notte ed anche la serranda della finestra restò avvolta per consentire al primo raggio di sole del mattino di inondare la sua camera.

Da sempre guardava con ansia il momento di andare a dormire, solitamente provava a resistere al sonno ma finiva irrimediabilmente per crollare esausta.

Solo la luce, naturale o artificiale che fosse, le dava conforto, l’unica cosa che riusciva psicologicamente a contrastare il buio da cui affioravano le sue visioni.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

Un rovente lunedì di fine agosto Sara si presentò puntuale alle otto nell’azienda di Monterazzano.

-Buongiorno Sara, bentornata!- Germano l’accolse con un gran sorriso.

-Buongiorno Germano, grazie-

-Come sei abbronzata! Dimmi che sei felice di essere di nuovo tra noi, anche se per poche settimane…- fece lui.

-Sì, sono felice di essere tornata, mi sono trovata molto bene qui con voi- fece lei contenta.

-Meglio così! Questo è il contratto da firmare… e come ti ho già spiegato a telefono devi solo rimanere in ufficio, io sono occupato ai silos con un grosso carico d’orzo e chi da una parte, chi dall’altra, siamo tutti impegnati. Ci sono in giro pure i tecnici del sistema di videosorveglianza che ci ha abbandonato! - fece lui.

-Benissimo, allora mi organizzo qui-

-Per qualsiasi urgenza mi trovi al cellulare… ci vediamo dopo-

-Sì Germano, a dopo-

Sara si sistemò nell’ufficio vetrato, appoggiò la borsa sulla sedia e cercò la penna con il blocchetto per gli appunti.

Una sola telecamera provvisoria era puntata nel piccolo ufficio vetrato mentre i due tecnici, che si aggiravano per l’azienda, stavano lavorando alacremente per sostituire le parti andate distrutte del sistema di videosorveglianza.

Immediatamente dopo l’apertura al pubblico Sara vide passare davanti all’ufficio un uomo dall’aspetto familiare, sicuramente un cliente abituale pensò, e uscì dalla porta per accoglierlo.

-Buongiorno, posso aiutarla? Germano non è…- lo salutò ma nel momento stesso in cui lo fece il suo cuore smise di battere per un istante e le suggerì chi fosse.

Il sorriso di benvenuto si spense di colpo sul suo viso abbronzato.

La fissava come un’aquila punta la preda, con uno sguardo rapace, spietato, folle: Sara vide materializzarsi l’uomo che aveva unicamente visto per ben tre volte nelle sue visioni e nel trovarselo di fronte in carne ed ossa un brivido improvviso le corse lungo la schiena, il sangue le si gelò nelle vene e i muscoli per qualche secondo si irrigidirono azzerando persino la respirazione.

Si impose di rimanere calma e di non lasciare trasparire il fatto che lo avesse riconosciuto perché, dopotutto, quell’uomo non poteva sapere nulla di lei.  

Cercò di rimanere calma, di resistere all’impulso di fuggire.

Il cuore le bussava all’impazzata nel petto mentre si ripeteva nella testa come un mantra le stesse frasi per cercare di dominarsi:

-Non mi conosce non sa niente di me…  non mi conosce… -

Dalla sua reazione e dal suo evidente irrigidimento l’uomo ebbe invece la conferma che Sara lo aveva riconosciuto, che era a conoscenza del fatto che avesse ucciso quelle donne: era finalmente giunto per lui il momento di farsi raccontare come tutto quello fosse stato possibile.

Sul suo viso apparve lentamente un sorriso beffardo, solo la parte destra della bocca si alzò in uno strano e agghiacciante ghigno sbieco.

-Buongiorno Sara… Sì, penso proprio che solo tu possa aiutarmi…- con la mano abbassò lentamente il bordo della maglietta per renderle ben visibile l’aquila tatuata alla base del collo.

Il viso di Sara cominciò a sbiancarsi, a diventare cereo per il terrore, essere chiamata per nome la rese consapevole che quell’uomo era lì solo per lei e per nessun altro.

Non si erano mai incontrati prima eppure sapevano molto l’uno dell’altra, era una situazione fuori da ogni regola, fuori da ogni immaginazione.

Il carnefice reclamava ora la sua vittima: in una frazione di secondo Sara decise di scappare e con uno scatto improvviso cercò di raggiungere le file di pancali di mangimi accatastate lì vicino ma venne spintonata violentemente contro il muro.

L’urto fu forte, Sara cadde a terra e rimase per un attimo stordita: lui la agganciò con le braccia sotto le ascelle e la trascinò fino al pick-up parcheggiato preventivamente vicino all’ingresso dell’ufficio.

La gettò di peso sui sedili posteriori e le legò velocemente polsi e caviglie con delle fascette fermacavo, quindi le coprì la bocca con un grosso pezzo di scotch americano.

Chiuse il portello, salì al posto di guida e si allontanò da quel luogo il più rapidamente possibile.

 

La gente che si accumulava fuori dall’ufficio per l’acquisto dei mangimi cominciava ad innervosirsi. Un cliente si diresse allora verso il primo silos in cerca di qualcuno.

-Ehi Germano…- l’uomo era arrampicato sulla scala esterna del silos per controllare un’apertura laterale.

-Ciao Eugenio, che succede?-

-Ma questa mattina non c’è nessuno in ufficio?-

-Certo che c’è qualcuno… c’è Sara…-

-E’ quasi un’ora che aspettiamo, ti dico che non c’è nessuno… la gente si sta innervosendo- ribadì lui. 

-Scendo e sono subito da voi…-

Germano raggiunse l’ufficio.

Sara non c’era ma la sua borsa era sulla sedia: pensò che si fosse allontanata per un imprevisto e si diede immediatamente da fare per smaltire la fila dei clienti.

Passò diverso tempo e di Sara nessuna traccia.

Provò allora a chiamarla al cellulare, ma la suoneria riecheggiò dalla sua borsa.

Andò al piazzale e vide che la sua auto era esattamente dove l’aveva parcheggiata.

-Armando… hai visto Sara da qualche parte in azienda? Le avevo detto di rimanere in ufficio ma è sparita!- lo intercettò fuori l’ufficio.

-No, non l’ho ancora vista-

Andò a cercarla in giro e passò anche dai bagni, infine si decise a chiamare il padre di Sara.

-Sara? Ma… dovrebbe essere lì a lavoro per quanto ne so… cosa sta succedendo? Da quanto non la trovate?-

-Facendo i calcoli… più o meno da poco dopo l’orario di apertura… La sua borsa ed il cellulare sono qui ma lei non c’è…- ammise lui.

Agostino sentì una strana agitazione salire dallo stomaco.

-Senta Germano, o la trovate immediatamente o chiamo la polizia…- il suo tono era allarmato, sapeva benissimo che Sara non si sarebbe mai comportata così, non era da lei.

-Ascolti… vado di nuovo a fare un giro e poi le faccio sapere, ma stia calmo, si sarà allontanata forse per aiutare qualcuno. Non si preoccupi, la richiamo io-

Chiuse la comunicazione e questa volta fu lui che iniziò ad allarmarsi: chiamò a raccolta gli operai per sapere se l’avessero vista uscire in auto con qualcuno, ma le risposte furono tutte negative.

Decise allora, con l’aiuto dei tecnici, di tagliare la testa al toro e di guardare le immagini dell’unica telecamera puntata all’interno dell’ufficio.

I tre uomini ammutolirono di fronte alle immagini del monitor: Sara veniva spintonata e trascinata via di peso da un uomo.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

Una volante della polizia giunse sul posto quasi subito, la notizia del rapimento aveva allertato immediatamente le forze dell’ordine di tutta l’area.                    

L’ispettore Salieri entrò nell’ufficio di Riccardo con fare nervoso.

-Brutte notizie Riccardo… E’ arrivata la denuncia del rapimento di una ragazza… è Sara, Sara Morelli…-

-Sara Morelli cosa…?-

-Un uomo questa mattina l’ha rapita sul posto di lavoro, non ci sono testimoni oculari… abbiamo unicamente le immagini di una telecamera provvisoria…-

Riccardo rimase per qualche secondo pietrificato, come se faticasse a metabolizzare la notizia.

Si alzò di scatto e mentre Salieri lo seguiva mettendolo al corrente dei dettagli, salì sulla volante in direzione dell’azienda di Monterazzano.

 

Visionarono le immagini e Riccardo rimase senza parole nell’osservare Sara subire quell’aggressione: un forte senso di rabbia e di indignazione verso quell’individuo lo colse.

Alcuni agenti erano impegnati ad individuare ed isolare le tracce lasciate dal battistrada in prossimità dell’ufficio, altri procedevano invece all’ascolto di tutti i presenti sul posto quella mattina.

-Troppe auto sono passate qui vicino e sul piazzale… è quasi impossibile separare quelle che cerchiamo… e non sappiamo assolutamente nulla riguardo al mezzo che ha usato per allontanarsi da qui con Sara…- osservò Riccardo alterato.

Era la prima volta che Salieri lo vedeva così coinvolto da perdere il suo proverbiale sangue freddo e la sua lucidità e cercò di dare inizio alle indagini inducendolo ad analizzare i pochi indizi che avevano il più razionalmente possibile.

-Comunque le dobbiamo cercare, forse riusciamo ad isolarle e a risalire ad una categoria di auto… non può aver parcheggiato molto distante dall’ufficio con il rischio di essere visto… e dobbiamo provare a fare un identikit di quell’uomo sulla base di quei pochi secondi in cui compare nel video, dobbiamo cercare di scoprire il prima possibile chi è, è l’unica strada da percorrere per il momento…- cercò di rincuorarlo Salieri.

-Finite di ascoltate i presenti e acquisiamo tutto il materiale della videosorveglianza privata presente lungo la strada che porta all’azienda e lungo la Strada Provinciale Tuscanese… voglio visionare subito quello che abbiamo sul rapimento in commissariato, non c’è un istante da perdere, quell’uomo ha un vantaggio enorme di tempo…- Riccardo organizzò l’operato degli agenti con una profonda sensazione di disagio.

-Perché, perché proprio Sara?- si chiedeva incredulo.

 

Rientrarono in commissariato e si misero in contatto telefonico con il padre invitandolo a presentarsi quanto prima.

Era presente quasi tutta la squadra per l’analisi del video che mostrò purtroppo tutti i suoi limiti: la telecamera aveva ripreso l’incontro sulla porta ma il riflesso della luce del sole sul vetro del box dell’ufficio non permetteva una visione completa e chiara del volto di quell’uomo.

Si vedeva Sara di spalle irrigidirsi ed un attimo dopo tentare di scappare, lui che la raggiungeva e la scaraventava contro il muro con una spallata, infine il video dava testimonianza del suo trascinamento verso l’esterno.  

Nell’agire il rapitore aveva purtroppo rivolto le spalle alla telecamera impedendo così l’ultima possibilità di una inquadratura pulita del suo volto.

Da quel momento erano tutte supposizioni visto che non c’erano riprese della zona dell’ingresso.

-Dall’irrigidimento della ragazza sembra che lo abbia riconosciuto…- fece Salieri.

-Sì, lo saluta ma si arresta sulla porta, come folgorata dalla sua apparizione…- notò Riccardo.

-Non deve essere stato un bell’incontro… sembra atterrita, si è bloccata nel vederlo, è chiaro- confermò Manuzzi.

-Sara lo ha riconosciuto… forse un familiare può aiutarci… che sia un amico di famiglia? Ma quanto ci mettono il padre ed il fratello ad arrivare?- fece Riccardo colpendo con un pugno la scrivania.

Aveva reagito in modo scomposto: Salieri era quello che prima di tutti si era accorto del coinvolgimento emotivo di Riccardo, lavorava gomito a gomito con lui da circa due anni e ormai lo conosceva bene, vedeva che non era perfettamente in lui in quel momento.

-Sono passate molte ore, potrebbero essere ovunque, dobbiamo identificarlo quanto prima. È l’unica possibilità per ritrovarla- confermò Salieri.

-Fai circolare la loro descrizione a tutte le volanti e a tutti i posti di blocco… non perdiamo tempo- aggiunse Riccardo ritrovando la sua lucidità.

 

Agostino arrivò poco dopo, lo sguardo sgomento per quello che aveva saputo a telefono dalla polizia.

-Sono Agostino Morelli… Cos’è successo a mia figlia? Dov’è Sara?-

-Signor Morelli, sono il commissario Riccardo Valenti. Si sieda per favore… questa mattina, subito dopo l’orario di apertura dell’azienda, Sara è stata aggredita e poi rapita da un uomo…- spiegò Riccardo molto teso.

Agostino ascoltava attonito, faticava a capire cosa stesse dicendo.

-Perché lo ha fatto? Cosa vuole da Sara?-

-Stiamo mettendo insieme tutte le informazioni per capirlo e abbiamo bisogno anche del suo aiuto… le dovrei far vedere un filmato… posso immaginare cosa stia provando ma è fondamentale in questo momento la sua collaborazione, la più lucida possibile… nel filmato Sara sembra riconoscerlo, sembra che sappia chi sia e forse anche lei potrebbe conoscerlo allora-

-Fatemi vedere questo video…- gli disse cercando di controllarsi.

La visione di Sara scaraventata violentemente contro il muro e trascinata via gettò nello sconforto il padre.

-Sara…- le lacrime cominciarono a rigargli il viso.

-Lo so che non si vede bene il viso… ma dalla fisionomia, da come si muove… lo riconosce?- gli chiese Riccardo.

-Non l’ho mai visto in vita mia…- la disperazione di Agostino prese il sopravvento.

Nel frattempo due agenti erano andati a prelevare Filippo a casa di un amico: si affrettarono a tranquillizzarlo ma non lo misero al corrente di cosa dovesse fare in questura.

Nonostante le loro rassicurazioni il ragazzo si era invece spaventato e rimase sorpreso nel vedere in commissariato anche il padre:

-Papà… cosa è successo? Perché mio padre è qui?-

-Calmati ragazzo…- fece Salieri.

-Filippo… hanno rapito Sara…- Agostino in lacrime si alzò e lo abbracciò.

-Sara… non è possibile… perché?- fece lui incredulo.

-Devi vedere un filmato, a dopo le domande, non c’è un minuto da perdere…- gli fece Riccardo.

-Dio mio no… non Sara…-  Filippo non credeva ai suoi occhi, faticò a trattenersi dal piangere.

Neanche lui lo riconobbe e non rimase che far arrivare in commissariato anche Nicola:

-E’ il suo amico d’infanzia, forse lui è molto meglio a conoscenza delle frequentazioni della ragazza… Fatevi dare dal fratello il suo numero di cellulare…- fece Riccardo all’agente Nucci.

-Subito commissario… lo rintraccio immediatamente-

Riccardo venne assalito per un attimo dallo sconforto: Sara era sparita nel nulla da ore, si sentiva molto coinvolto e doveva cercare di calmarsi.

Pensò che presto avrebbe incontrato Nicola e questa volta nella veste di commissario: poteva immaginare come il ragazzo avrebbe reagito alla notizia della scomparsa della sua migliore amica ma non all’assurda novità di incontrarsi con lui in un posto tanto diverso da quello in cui lo aveva fino a quel momento immaginato.

-Riccardo… c’è come una piccola macchia nera alla base del collo, si vede bene quando abbassa il colletto della maglietta… in questo momento… vedi?- disse Lotti ingrandendo l’immagine.

Riccardo si avvicinò al video e notò anche lui quel piccolo tatuaggio.

-Trovate immediatamente l’agente Donati… deve ingrandire e migliorare la leggibilità dell’immagine, presto-

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

Il lavoro puntuale e meticoloso del tecnico specializzato permise l’acquisizione di un nuovo e fondamentale indizio: l’agente isolò, ingrandì e aumentò la definizione dell’immagine in poco tempo.

-Sembra un’aquila… sarà più facile trovarlo con una cosa del genere addosso…- osservò Salieri.

-Questo tatuaggio ha qualcosa di familiare…- fece Riccardo osservandolo.

Gli ritornò alla mente istintivamente il ritratto di Sara: l’aquila era parzialmente coperta dalla maglietta nel disegno, non ci avrebbe messo la mano sul fuoco ma la reputò molto somigliante.

Prese il cellulare e confrontò la foto con l’immagine ingrandita.

-E’ un disegno di Sara… l’aquila che ha disegnato lei, per lo meno quella parte che si vede, sembra coincidere… lo conosceva… ne è la prova… e quello che ho per le mani è l’identikit di quell’uomo, del suo rapitore- osservò Riccardo.

-Dobbiamo far vedere l’immagine ai familiari, agli amici e ai colleghi di lavoro… Uniamo anche una ricerca sui tatuaggi di tutti quelli schedati… sbrighiamoci…- aggiunse poi.

 

Fecero rientrare i familiari di Sara nell’ufficio di Riccardo.

Quando Filippo vide l’immagine ingrandita dell’aquila scoppiò inaspettatamente in un pianto disperato.

Tutti lo guardarono meravigliati, sembrava ora averlo riconosciuto e forse si trovavano di fronte ad una svolta importante per il ritrovamento della ragazza.

-No… no… non può essere lui, non è possibile…- disse Filippo sgomento. La disperazione ebbe il sopravvento e lo fece quasi svenire, si dovette mettere seduto sorretto dal padre.

-Filippo… sai chi è quell’uomo? Lo hai riconosciuto?- chiese atterrito Agostino.

-Sì papà… è un assassino… l’assassino delle prostitute… ha preso Sara papà…- disse lui piangendo accorato.

-Ma cosa stai dicendo Filippo? Sara ha avuto una visione di quell’uomo?-

-Sì… per tre volte l’ha visto uccidere…- ammise disperato.

-E mi avete tenuto all’oscuro di tutto? Ma come ha fatto a trovarla? Non capisco Filippo…- fece lui spaventato.

-Non lo so nemmeno io come sia potuto accadere…- il ragazzo era quasi stordito dal pensiero della sorella nelle mani di quell’uomo.

A questo punto intervenne Riccardo, era rimasto in silenzio ad ascoltare il loro dialogo e ora aveva necessità di capire come potesse Sara conoscere l’assassino di quelle donne.

-Ma di cosa state parlando?- chiese.

Filippo divenne un fiume in piena.

-Mia sorella è speciale… da quando era piccola ha strane visioni… assiste ad omicidi. Non ha mai voluto esporsi per non rischiare ritorsioni… ed invece è evidente che qualcosa l’ha fatta scoprire, io non so come sia successo ma quell’uomo è riuscito a scoprire chi è, sa che lo ha visto uccidere…- Filippo piangeva, aveva paura di quello che poteva averle già fatto, non gli importava nulla delle conseguenze, agiva d’istinto, voleva solo riaverla lì con lui.

-Mi state dicendo che gli incubi di cui soffre Sara sono visioni di un fatto reale che accade nel quel momento stesso in cui lo sogna?- riassunse Riccardo.

-Sì… mia figlia è una sorta di sensitiva… soffre terribilmente per questi incubi ai quali non riesce a sfuggire…- ammise disperato Agostino.

I presenti si guardarono gli uni verso gli altri: lessero reciprocamente sui loro volti lo stupore ed il disappunto nell’avere conferma delle folli intuizioni di Riccardo.

Stavano realmente valutando in un commissariato di polizia di prendere in considerazione una capacità del genere per delle indagini? Rimasero per un attimo tutti ammutoliti.

Riccardo si era casualmente ritrovato al mare a consolare Sara in una di quelle occasioni e si era già a suo tempo meravigliato della strana coincidenza di quell’avvenimento con il ritrovamento della prostituta nigeriana.

-Filippo, Sara ha fatto dei disegni su quell’uomo, vero?- gli chiese Riccardo.

-Sì… ma come lo sa?-

-Poi ti spiego… dobbiamo andare a prenderli, dobbiamo creare un identikit il più verosimile possibile… subito, non c’è tempo da perdere- gli disse.

-L’accompagno, abitiamo non molto lontano da qui…- fece Filippo.

-Facciamo prima se prendo la mia moto…- valutò lui.

Riccardo raggiunse la casa in pochi minuti e parcheggiò di fronte al portone d’ingresso, salirono le scale velocemente ed entrarono nell’appartamento.

Filippo si diresse spedito nella camera della sorella, Riccardo lo seguì e quando entrò rimase senza parole: l’impressione che ebbe fu quella di trovarsi in una galleria d’arte, le pareti erano tappezzate di ritratti fin quasi al soffitto.

Con il suo stile inconfondibile Sara aveva raffigurato le persone che amava: Filippo, i genitori e Nicola in una infinità di pose, e rimase sconcertato nel riconoscersi in un disegno che doveva avergli fatto al mare mentre prendeva il sole.

Filippo prese la cartellina, l’aprì, estrasse i tre ritratti di quell’uomo e li consegnò a Riccardo.

-Eccoli… sono i ritratti delle tre visioni di Sara… come vede è sempre lo stesso uomo…-

Riccardo riconobbe il disegno che aveva visto in casa di Nicola ed osservò attentamente gli altri due: era palesemente la stessa persona con la stessa espressione di violenza cieca e brutale.

Sotto ogni ritratto Sara aveva annotato la data in cui lo aveva eseguito ed il nome della persona assassinata: Riccardo faceva fatica a credere a quanto vedeva, per un uomo razionale e logico come lui quella situazione aveva dell’incredibile.

Si chiese costernato come avesse fatto Sara ad assistere a tutti quegli omicidi e a tenerli nascosti dentro di sé senza rimanerne segnata: fu in quel preciso istante che comprese l’origine della costante presenza nei suoi occhi di quel velo di tristezza e di disagio generato, ora lo sapeva, da una realtà per lei ineluttabile.

Ripensò al suo sguardo limpido e al suo sorriso dolcissimo e si sentì profondamente in colpa per averla trattata in modo distaccato e scostante l’ultima volta che si erano salutati.

Filippo lo ridestò dai suoi pensieri.

-Commissario… riuscirà a riportare a casa sana e salva mia sorella vero?- Filippo aveva ancora gli occhi lucidi per il pianto ma sentiva forte in lui la speranza di poterla ritrovare ancora in vita, soprattutto ora che sapevano che faccia avesse quell’uomo.

-Lo spero con tutto il cuore…-

-Se le succedesse qualcosa io…- Filippo non riuscì a finire la frase, il nodo alla gola glielo impedì.

-Torniamo in commissariato Filippo… vedrai che la ritroveremo- Riccardo appoggiò la mano sulla sua spalla per confortarlo ma si rese conto che quel contatto servì più a rassicurare se stesso che il ragazzo.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

Se da una parte fu un sollievo avere l’identikit di quell’uomo, dall’altra la consapevolezza di sapere in che mani fosse caduta Sara fece dubitare della possibilità di ritrovarla ancora in vita dopo tutte quelle ore.

Mentre l’immagine del rapitore veniva diramata a tutte le pattuglie, l’agente Lotti si trovava in azienda con la scientifica per completare le indagini e isolare le tracce degli pneumatici.

-E’ incredibile… sembra assurdo- osservò Lotti.

Prese il cellulare e chiamò Riccardo in centrale.

-Riccardo?-

-Dimmi Mauro, hai scoperto qualcosa?-

-Ho qui la conferma di quanto dicono i familiari della ragazza…-

-Cioè?-

-La scientifica ha isolato un battistrada che è praticamente identico a quello che abbiamo rinvenuto sulla piazzola dove è stata rapita la ragazza nigeriana… lo abbiamo confrontato proprio ora, coincide. Sara Morelli è stata rapita dall’assassino seriale delle prostitute- concluse l’agente.

-Mandami tutto in centrale e se trovate qualche altra cosa fatemi sapere immediatamente. Abbiamo poco fa diramato il suo identikit, fallo girare lì in azienda, vedi se qualcuno lo riconosce. Ok?-

-Lo faccio immediatamente-

-Grazie Mauro-

 

Nicola parcheggiò vicino alla questura e raggiunse velocemente l’ingresso.

-Buongiorno, mi avete mandato a chiamare, sono Nicola Moscati- disse trafelato.    

Dopo la telefonata della polizia Nicola aveva contattato Filippo che gli aveva dato conferma di quanto accaduto e si era così ritrovato da solo a gestire quella notizia spaventosa.

I suoi occhi erano ancora rossi per il pianto quando giunse in città.

-Sì, aspetti qui un attimo. Commissario… Nicola Moscati è arrivato- l’agente lo informò con una telefonata interna.

-Fallo salire Nucci, grazie…-

A questo punto delle indagini la testimonianza di Nicola era superflua ma Riccardo si sentì in dovere di dargli delle spiegazioni riguardo la sua presenza in quel luogo.

-Da questa parte… quello è l’ufficio del commissario Valenti… la sta aspettando- fece l’agente Nucci indicando la porta.

-Grazie…- Nicola era intimorito e spaventato per le possibili novità riguardanti il rapimento di Sara, non sapeva bene neanche lui come avrebbe reagito.

Fece pochi passi, girò a destra e, oltrepassando la soglia dell’ufficio, si ritrovò di fronte Riccardo.

-Ma cosa… che ci fai qui Riccardo? E’ uno scherzo?- fece lui sorpreso.

Nicola aveva un’espressione indecifrabile, faticava a credere ai suoi occhi.

-Buongiorno Nicola… mi dispiace… la situazione è sicuramente imbarazzante ma è la realtà: sono un commissario di polizia. Nessuno in vacanza lo sapeva, tranne le mie sorelle ovviamente-

-Perché… perché ci hai preso in giro tutti? Cosa significa tutto questo?-

-La verità è che ero lì per indagare su Sara, su un suo possibile coinvolgimento in un omicidio…- puntualizzò lui.

-Ma cosa diavolo stai dicendo? Sara coinvolta in un omicidio? E’ pura follia… e se tu l’avessi realmente conosciuta lo sapresti meglio di me che è impossibile! E chi avrebbe ucciso? Sentiamo!- fece lui in tono di sfida.

Nicola la stava difendendo a spada tratta, una reazione del tutto comprensibile per Riccardo.

-Non ha ucciso nessuno… abbiamo ricevuto tempo fa anonimamente un disegno riguardante l’identikit di un assassino… è grazie a quel disegno se lo abbiamo trovato e arrestato. Lo aveva realizzato Sara e ce lo ha fatto avere per aiutarci a scoprire la verità…- lo tranquillizzò subito Riccardo.

-Sara è stata testimone di un omicidio? Non mi ha mai parlato di questa cosa… me lo avrebbe detto se fosse successo…- Nicola faticava a comprendere quello che ascoltava.

-La storia è un po’ diversa… sai bene che soffre di incubi… Sei tra i pochi che ne sia stato testimone insieme alla sua famiglia…-

-Sì, lo so che soffre d’incubi… e quindi?-

-I familiari ci hanno spiegato che non sono incubi ma visioni di omicidi… Sara è una sensitiva che assiste ad atti criminosi e disegna puntualmente il volto dell’assassino. Ha sentito la necessità di mandarci l’identikit dell’omicida dell’infermiera dell’ospedale di Belcolle e per dovere d’indagine l’abbiamo cercata per valutarne il coinvolgimento…-

-Non è vero… Sara non mi ha mai detto nulla di questa cosa…-

-Ti avrà voluto proteggere, sei sempre stato un sostegno per lei…-

Nicola aveva ora una espressione smarrita.

-Non so più a cosa credere… ma chi l’ha rapita oggi è coinvolto in quella vicenda?-

 

-In realtà l’ha rapita un’altra persona che ha saputo, non sappiamo in che modo, di questo suo dono. Sara è in pericolo e dobbiamo trovare quest’uomo quanto prima… abbiamo un suo identikit e se potessi riconoscerlo sarebbe molto importante per ritrovare Sara al più presto…-

-Tutto quello che posso fare lo farò…-

Riccardo gli mise il foglio davanti.

-No, non l’ho mai visto… mi dispiace… adesso che cosa succederà a Sara?- gli chiese Nicola spaventato.

-Lo stiamo cercando… riusciremo a trovarla… Grazie comunque per il tuo aiuto Nicola, puoi andare ora-

Nicola si alzò lentamente dalla sedia, fece per uscire dall’ufficio ma si fermò sulla soglia e, girandosi, con sguardo amareggiato e severo gli disse:

-Promettimi Riccardo che farai di tutto per riportarla da noi sana e salva… E io che pensavo ti piacesse… hai giocato sporco con lei… corteggiarla per le tue indagini… è stata una cosa meschina da parte tua!-

-Ne riparleremo di questo… ma non ora-

Il ragazzo lo aveva profondamente ferito, perché era sicuro che quelle sarebbero state le stesse considerazioni che avrebbe fatto Sara nei suoi confronti, e si sentì ancora più in colpa.

La verità era un’altra, ma non era sicuramente quello il luogo ed il momento adatto per ammettere di amarla.

 

L’agente Lotti stava facendo circolare l’immagine del rapitore di Sara tra gli operai e i clienti dell’azienda, fino a quando il foglio arrivò per le mani di Armando.

-Ma questo io lo conosco! E’ Romanelli, Fulvio Romanelli, un mio compaesano… alleva pecore da carne, ha un’azienda nei dintorni di Piansano!- disse Armando sgranando gli occhi.

-Sì, l’ho visto anche io qui un paio di volte tempo fa per comprare del mangime…- aggiunse un altro operaio.

Armando era sbalordito, mai lo avrebbe giudicato capace di un atto orribile come quello: conosceva i genitori, a suo dire delle brave persone, ed il figlio non gli era mai sembrato un violento, anzi. Ai suoi occhi era sempre apparso come un ragazzo mite, semplice se non addirittura ingenuo e sprovveduto.

-Sono uno stupido… sono stato io ieri a dirgli che il sistema di videosorveglianza era guasto… mi dispiace…- Armando era crollato.

-Informo immediatamente Riccardo… spero non sia troppo tardi…- confidò l’agente Lotti ad un collega.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

Ci volle poco a Manuzzi per mettere insieme le informazioni su quell’uomo:

-Fulvio Romanelli, incensurato, trentuno anni, residente a Piansano. E’ un allevatore di pecore da carne e proprietario di una azienda di circa 15 ettari dove abita. I genitori sono morti di recente ed è figlio unico. Ha il porto d’armi e detiene a quanto pare due fucili da caccia. Possiede un pick-up, una Toyota hilux grigia del ‘99: è lui-

-A quanto pare lo abbiamo pure fermato in un posto di blocco poco tempo fa ma i colleghi non lo hanno reputato sospetto- fece Lotti guardando il monitor.

Ora avevano tutto quello che serviva per rintracciarlo: un volto, un nome ed una abitazione.

-Ottimo lavoro ragazzi… Ivan, vai a fare un sopralluogo a casa sua… con molta discrezione… Se non è lì dobbiamo cercarlo a tappeto ovunque nei dintorni ma non dobbiamo fargli sentire il fiato sul collo… non voglio rischiare, non sappiamo se Sara è ancora con lui- fece Riccardo.

-Per aver fatto una cosa così imprudente in pieno giorno si deve essere sentito molto sicuro di sé, certamente confortato dall’assenza delle telecamere, o almeno così lui credeva…- fece Salieri.

-Proprio per questo abbiamo il fattore sorpresa dalla nostra parte, se non è in azienda lascia qualcuno a piantonare la zona ma in borghese, non dobbiamo farci notare… e tenete alla larga i giornalisti da qualsiasi informazione…-

-Sì… speriamo che questo sentirsi al sicuro gli faccia decidere di non affrettare i tempi…- osservò Manuzzi.

-Già…- Riccardo non voleva neanche prendere in considerazione l’ipotesi che l’avesse già uccisa.   

-… dobbiamo inoltre contattare il reparto aereo, ci aiuteranno ad individuare il mezzo nelle campagne- valutò Riccardo.

-Ci penso io- disse Salieri.

Uscirono tutti e, rimasto solo, ebbe modo di ripensare a Sara.

Gli ritornò prepotente alla mente l’ultima immagine di lei nello specchietto retrovisore della moto, un fotogramma che ora lo tormentava profondamente: la rivedeva ferma in piedi a fissarlo a braccia conserte e a pugni stretti, percepiva dal suo sguardo la lotta interiore per cercare di trattenersi.

Dopo quella breve ma intensa frequentazione Sara si aspettava di certo un saluto diverso, affettuoso, ricco di aspettative e di possibilità future invece lui, ferito ed amareggiato, non aveva alimentato questa sua speranza e anzi, più freddo e distaccato che mai, l’aveva salutata liquidandola con una veloce stretta di mano.

Aveva sentito lui stesso quella situazione come una forzatura, ma diversamente in quel momento non avrebbe potuto fare.

L’aveva ferita, ne era certo, soprattutto alla luce di quanto ora sapeva di lei.

Avrebbe voluto averla lì con lui in quel momento per potersi spiegare, per parlarle delle ragioni che lo avevano spinto a trattarla a quel modo, non voleva neanche pensare all’eventualità di ritrovarla nelle stesse condizioni di quelle povere ragazze rapite prima di lei.

Un forte senso di rifiuto verso quella possibilità lo colse ed una stretta allo stomaco lo rimise di fronte ai suoi sentimenti.

Aveva appoggiato esausto i gomiti sulla scrivania e con i palmi delle mani si sorreggeva la testa, così lo trovò l’ispettore Manuzzi quando entrò nel suo ufficio:

-Tutto bene Riccardo?- era la prima volta che lo vedeva turbato a quel modo da quando lavorava con lui.

-Vorrei dirti di sì ma mentirei spudoratamente…- uscì e si diresse dai familiari di Sara.

-Signor Morelli… Filippo, vi faccio accompagnare a casa, se avremo bisogno di voi o avremo delle notizie riguardanti Sara vi chiameremo immediatamente…- li rassicurò Riccardo.

-Grazie commissario… grazie…- Agostino aveva lo sguardo assente di chi era fiaccato da troppe emozioni, il rapimento della figlia lo aveva lasciato completamente attonito.

 

A causa dei continui sobbalzi sulle strade dissestate Sara era scivolata sul fondo del pick-up tra i sedili anteriori e posteriori: il suo rapitore aveva cercato di allontanarsi il prima possibile dalla zona del rapimento scegliendo però un percorso alternativo molto lungo e disagevole, fatto di strade secondarie e tratturi che solo lui era in grado di conoscere e percorrere.

Aveva parzialmente coperto Sara con un telo ma doveva quanto prima raggiungere il posto sicuro che aveva scelto per tirarla fuori e nasconderla nel portabagagli.

Durante le poche centinaia di metri rimanenti non resistette a farle delle domande: le strappò lo scotch dalla bocca e, continuando a guidare, si sporse indietro.

-Come sei risalita a me? Quando mi hai visto?- voleva una conferma ai suoi sospetti direttamente dalla sua bocca o sarebbe impazzito.

-Devi darmi un mucchio di spiegazioni Sara…Voglio sapere!-

Sentirsi chiamare nuovamente con il suo nome la fece trasalire.

-Per colpa tua, solo tua, mi sono dovuto dare da fare così tanto…- guidava con gli occhi spalancati, aveva l’espressione di una bestia braccata ed eccitata insieme.

Sara tremava avvinta dal terrore, le lacrime le impedivano di vedere in modo chiaro.

-Ma tu chi sei? Perché mi hai ritratto in quel disegno? Parla puttanella o ti spello viva! Ti faccio rivedere subito il coltello che hai disegnato con la mia faccia…- le ringhiava a denti stretti.

-Come fai a sapere del mio disegno? Quando lo hai visto?- chiese lei sgomenta.

-Aaah…- un pugno improvviso alle costole la costrinse a rispondergli, il dolore era acuto ma strinse i denti e cercò disperatamente la forza per parlare.

-Non ero presente… non c’ero quando uccidevi… ho un dono… ti ho visto nei miei incubi…- confessò Sara disperata.

-Mi stai dicendo la verità puttanella? Nei tuoi incubi?-

-Sì, dico la verità…- urlò lei.

-… sono una specie di… di sensitiva, vedo attraverso gli occhi delle vittime-

Un’espressione di pura soddisfazione prese posto sul suo viso, era la conferma che aspettava da tempo.

-Se è così, perché non sei corsa subito alla polizia a spifferare tutto come hai fatto con quel magazziniere?- la guardava di sbieco sporgendosi verso di lei.

-Per evitare che mi potesse accadere quello che mi stai facendo tu ora…- Sara abbandonò la testa sul fondo dell’auto e pianse disperata.

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

Giunse poco dopo nel luogo che reputava più adatto per spostarla: una enorme quercia circondata da una fitta distesa di ginestre rendeva il posto inaccessibile a qualunque sguardo.

Aprì lo sportello, le chiuse nuovamente la bocca con lo scotch e la trascinò di peso fuori verso il cassone posteriore a copertura rigida: Sara provò ad opporsi, a fare resistenza, ma quell’uomo riuscì a spingerla dentro senza grandi difficoltà, chiudendo poi con un tonfo sordo il portello a ribalta.

Sara si ritrovò di colpo nella situazione che più di tutte odiava, il buio, il colore della paura, e precipitò nell’incubo peggiore che avrebbe mai potuto vivere: il suo.

Per la prima volta nella sua vita si sentì sola e abbandonata, cosciente di essere finita nelle mani di un mostro e consapevole che la sua vita sarebbe presto terminata.

La paura per quello che avrebbe dovuto presto affrontare la pietrificò, le orecchie cominciarono a restituirle suoni attutiti e lontani: il buio, il caldo, la mancanza d’aria ed il senso di claustrofobia ebbero la meglio e svenne.

Si risvegliò poco dopo a causa di una profonda buca che il pick-up non era riuscito ad evitare: era madida di sudore e non appena si riebbe provò a muoversi, a tirare calci per fare rumore ma le fascette ostacolavano dolorosamente ogni sua mossa e dalla gola le uscivano solo suoni gutturali strozzati.

Più volte venne sbalzata violentemente contro le pareti del cassone, quell’uomo vagava oramai da ore per le campagne cercando di evitare le vie principali, eppure Sara udiva ogni tanto in lontananza il suono delle sirene ed un elicottero sembrava con insistenza aggirarsi sulla zona.

 

Nel primo pomeriggio raggiunse una delle stalle di fortuna della sua proprietà e decise di attendere lì che calasse la sera.

Parcheggiò svelto sotto la tettoia, scese e per prima cosa si diresse al portello posteriore: tirò fuori Sara completamente stremata, faticava addirittura a stare in piedi per quanto era esausta.

-Rimani ferma qui- le intimò lui.

Sparì per qualche secondo e ricomparve con un ingombrante telo mimetico con il quale coprì scrupolosamente l’auto.

Sara gli fece capire che doveva parlargli.

-Cosa vuoi?-

I suoi occhi erano imploranti.

-Facciamo così… io ti tolgo lo scotch, ma se ti metti a urlare ti taglio immediatamente la gola… sai che ne sono capace… va bene? Mi hai capito?- minacciò l’uomo.

Sara fece cenno di sì con la testa.

Le tolse il nastro e cominciò a respirare a pieni polmoni: il pianto le aveva infatti provocato l’irritazione delle vie aeree impedendole di far entrare sufficiente aria dal naso.

-Devo andare in bagno…- fece lei quasi ansimando.

-Ti accompagno-

-No… da sola…- gli disse impaurita.

-Non sei in grado di dettare regole puttanella-

-Allora no…- aveva paura che approfittasse della sua nudità per farle qualcosa. 

-Vuoi fartela addosso quindi?-

Sara tacque, ne sarebbe stata capace.

-Ascolta… ti lego questa corda alla fascetta delle mani, ma se provi a scappare per te è fatta…- la minacciò serio.

Sara annuì impaurita.

Procedette calmo ad annodare la corda, quindi tagliò con il coltello la fascetta ai piedi.

Sara trovò posto tra la macchina e la lamiera del capanno: riuscì con difficoltà a calarsi i pantaloni, si accovacciò e si liberò dell’urina che tratteneva da ore.

Mentre si rivestiva gettò uno sguardo furtivo ai dintorni sbirciando tra le fessure di alcune assi per cercare di capire dove si trovasse, tuttavia non riconobbe la zona collinare destinata a pascolo che la circondava.

-Se hai fatto vieni qui… sbrigati!-

Le legò nuovamente le caviglie e la fece sedere in un posto riparato alla vista, si concentrò quindi sul percorso da fare per giungere al casale con il favore del buio.

Si sentiva molto sicuro di sé, esattamente come con i rapimenti precedenti, ma non volle trascurare alcun dettaglio, non poteva escludere del tutto che qualcuno lo avesse visto uscire dall’azienda.

Avvertì nuovamente un elicottero sorvolare una zona non molto distante: si convinse che fosse un mezzo dell’aeronautica in fase di addestramento, uno dei tanti che spesso passavano sulla sua testa a bassa quota quando era in campo aperto con il gregge.

-Ho sete…- azzardò lei.

Le porse brusco una bottiglia d’acqua e Sara bevve avidamente.

-Mangia anche un po’ di pane perché non so quando arriveremo a destinazione… poi non voglio più sentirti fiatare-

I sensi di quell’uomo erano tutti sollecitati, il suo lato selvatico e istintivo era pronto ad affrontare quella nuova sfida: non guardava quasi mai Sara, si muoveva nervosamente come se fosse solo in quel capanno.

Non era la sua priorità in quel momento, lo sarebbe stata più tardi, si sarebbe dedicato a lei solo nella sicurezza della sua proprietà.

Sara rigirava nervosamente il pezzo di pane tra le mani: il suo stomaco era completamente chiuso, il panico le aveva fatto sparire qualsiasi sentore di fame.

La sua testa era unicamente concentrata sulla ricerca di un suggerimento, di un espediente che le permettesse di fuggire da quel capanno.

Non le venne in aiuto nulla e, avvilita, provò a parlargli:

-Ascolta… io… io ti prometto che… se mi liberi non dirò a nessuno quello che è successo… io ti giuro che… mi inventerò qualcosa… sì, qualsiasi cosa… non dirò niente… io…- balbettò lei disperata.

-Zitta!- le urlò d’impeto.

-Ti imploro di lasciarmi andare… te lo giuro su ciò che ho di più caro… non dirò chi sei… non l’ho fatto fino ad ora…-

-Stai zitta!- le urlò sulla faccia prendendola per il collo.

-Tu farai solo e soltanto quello che io ti dirò di fare! Un’altra parola e so io come zittirti!-

Sara rimase pietrificata, le lacrime le rigavano le guance esangui.

-Ti piacerebbe tornare da quello stronzetto con la barba che frequenti vero?- continuò lui.

Sara trasalì:

-Nicola…-

-Non mi avresti mai guardato come guardi lui… per te io non sono all’altezza vero? Ti senti una gran figa e te la tiri… ma adesso sei mia… solo mia. Quello stronzo lo dimenticherai presto…-

L’aveva pedinata e non se ne era mai accorta.

Un brivido di terrore le corse lungo la schiena, avrebbe potuto fare del male anche al padre e a Filippo, quell’uomo sapeva tutto di lei, conosceva non solo la sua famiglia ma addirittura chi abitualmente frequentava.

La disperazione data da quella nuova consapevolezza ebbe il sopravvento e si sentì mancare: si appoggiò al capanno con la testa e si abbandonò al pianto.

Ora era pienamente cosciente che la sua decisione di intervenire nel caso Rocci aveva realmente messo in pericolo tutti quelli che amava.

 

La sera calò indifferente alla tragedia che si stava per compiere.

-Muoviamoci…- disse all’improvviso alzandosi.

La tirò in piedi strattonandola per un braccio: decise di legarle per sicurezza i polsi dietro la schiena e le chiuse la bocca nuovamente con lo scotch per non rischiare di sentirla gridare durante l’ultimo tratto di strada fino al casolare.

La trascinò verso la parte posteriore del pick-up ed aprì il portello: Sara tentò di opporsi, non voleva entrare di nuovo in quel vano buio e senza aria, ma la forza di quell’uomo fu tale che rese anche questa volta vano qualsiasi tentativo.

Tirò via velocemente il telo mimetico, salì in auto e si rimise in marcia: pochi chilometri ancora e sarebbe giunto a destinazione.

 

-Riccardo…-

-Dimmi Antonio-

-L’elicottero lo ha individuato… si sta muovendo ora… è nella sua proprietà, sembra stia ritornando al casale ma da una strada sterrata che conduce ai campi aperti…- fece Manuzzi al cellulare.

-Tutti pronti allora… andiamo-

Riccardo fece allertare gli agenti che da ore erano appostati nei pressi della proprietà.

Non sapevano se Sara fosse ancora con lui e quindi la priorità era l’individuazione e la messa in sicurezza della ragazza: avrebbero aspettato che parcheggiasse e scendesse dall’auto, dovevano essere sicuri che si allontanasse da solo prima di agire.

Riccardo fu molto chiaro: con molta probabilità quell’uomo era armato e fino a quando non avessero saputo dov’era Sara dovevano cercare di scongiurare la possibilità di una sparatoria.

Raggiunse i suoi uomini poco prima di veder spuntare in lontananza la sagoma grigia del pick-up illuminato dalla luna.

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

Aveva parcheggiato nella rimessa del casolare a retromarcia e l’aveva tirata giù dal bagagliaio mettendola tra il retro dell’auto e la parete di fondo dello stanzone.

Sara si ritrovò seduta a terra con le spalle al muro: le fascette ai polsi e alle caviglie erano talmente strette che le facevano male.

In quel luogo sperduto e isolato dal mondo ebbe la chiara sensazione che anche l’ultima flebile speranza di salvezza morisse nel suo cuore.

Il nastro sulla bocca le impediva di urlare e le uniche cose che le uscivano dalla gola erano suoni strozzati e vibranti.

Nei suoi incubi aveva sempre dominato la vista, non percepiva mai suoni e odori e quella nuova versione della realtà la terrorizzò ancora di più. Distinse chiaramente il puzzo di olio per motori e quello di stracci sporchi di benzina, ai quali si univa l’odore ferroso che emanavano le attrezzature sul bancone da lavoro.

Un sentore di muffa e umidità impregnava sottilmente quell’aria stagnante e sospesa.

La luce nella rimessa era fioca e rendeva l’uomo di fronte a lei ancora più cupo e minaccioso:

-Tu mi piaci Sara, è tanto tempo che ti osservo… finalmente sei qui con me…- le carezzava il viso rigato di lacrime con il dorso delle dita, quasi in un tenero gesto di affetto.

-Adesso ci divertiamo un po’ io e te… Poi però dovrò eliminarti… sai bene che non posso avere testimoni dei miei giochi…- le disse con voce suadente ma fredda.

Sara ebbe quindi conferma delle sue intenzioni ed il sangue le si gelò nelle vene: il terrore adrenalinico, lo stesso che percepiva nelle sue visioni, le invase il corpo, le tempie cominciarono a pulsare dolorosamente mentre il suo cuore batteva così forte che sembrava volesse uscirle materialmente dal petto.

Aveva negli occhi le immagini raccapriccianti di lui chino su quelle donne: l’avrebbe violentata e sgozzata, poi si sarebbe semplicemente sbarazzato di lei come avrebbe fatto con un fagotto di cenci.

Le sembrava già di vedere il suo corpo inerte riverso sull’erba di qualche fossato colpito dalla luce del mattino, perché quella era la sua prassi, quella la sua consuetudine maniacale.

Era già stata testimone indirettamente di quelle atrocità per tre volte e si fece strada nella sua mente una nuova consapevolezza: era certa oramai di non avere più alcuna speranza di uscire viva da quella situazione e decise istintivamente di trasformare il suo carnefice nel suo liberatore.

Considerò la morte come unica via di fuga non solo da quello che voleva farle quel mostro ma anche da tutta la sua vita tormentata e senza senso. Si persuase, rassegnata, di farlo arrabbiare a tal punto da indurlo ad ucciderla subito, il più velocemente possibile e trovò dentro di sé il coraggio per farlo, perché non aveva più nulla da perdere oramai.

Romanelli prese i lembi della sua camicetta e con un gesto deciso strappò i bottoni aprendola sul davanti, poi afferrò il coltello e tagliò il reggiseno tra le coppe. Sara cominciò a scalciare per cercare di allontanarlo e si dimenò a tal punto che sentì un dolore acuto al polso destro.

Per farla smettere la colpì al volto con uno schiaffo e l’urto fu così forte che Sara cadde di lato.

Con uno strattone la rimise seduta contro il muro e prese a palpeggiarle i seni:

-Sei bella Sara… bellissima…-  

Con una mano l’afferrò per i capelli e cominciò a baciarla sul collo scendendo poi viscidamente verso il basso:

Sara provò a reagire ma le braccia legate dietro la schiena le impedivano di opporsi.

Con l’altra mano le sbottonò i jeans, raggiunse il pube e cercò di insinuarsi con le dita tra le gambe.

Lei strinse più forte che poté le cosce ed un forte senso di disgusto le salì dalla gola: decise istintivamente che quello era il momento giusto per agire e con la poca forza che le era rimasta lo colpì violentemente con la testa sullo zigomo.

L’urto dei denti fu ben udibile ed un urlo acuto uscì dalla sua bocca, gli occhi gli divennero di una ferocia inumana:

-Brutta puttana… guarda cosa mi hai fatto… mi hai rotto un dente…- la sua voce era alterata, stridula.

Barcollò per un istante prima di riuscire a mettersi in piedi, il suo zigomo si stava gonfiando a vista d'occhio, ma si riprese rapidamente e come una furia trovò ed afferrò il coltello.

-Uccidimi… ti prego, uccidimi…- Sara pregava in cuor suo che tutto finisse presto, aspettava ora la sua morte come qualcosa di ineluttabile e liberatorio insieme.               

Si accostò a lei con lo sguardo risoluto e fermo di chi sa come fare, lo sguardo di un pastore pronto a sgozzare il suo agnello.  Osservare quell’espressione capace e sicura inspiegabilmente la tranquillizzò.

Chiuse gli occhi e si concentrò sulle persone che amava: il padre, la madre, Filippo e Nicola, mentre il ricordo di Riccardo si fece strada prepotente nei suoi pensieri e le inondò il cuore di una pace innaturale, la stessa che aveva provato quando l’aveva consolata al mare.

La prese rabbioso per i capelli bloccandole la testa contro la coscia, poi si chinò in cerca della giugulare: Sara, in lacrime, sentendo appoggiare sulla pelle quella lama fredda e sottile ebbe un sussulto ma tenne gli occhi ben chiusi e rimase ferma in attesa che tutto si compisse.

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

Avevano stretto il cerchio attorno al casolare non appena Romanelli aveva parcheggiato e spento i fari.

Alcuni agenti armati si erano posizionati più vicini all’ingresso della rimessa in attesa di ordini.

Riccardo si sentiva molto coinvolto, aveva paura di sbagliare, di non essere in grado di gestire l’azione in modo lucido, eppure si sforzò di trovare uno stratagemma per far allontanare quell’uomo dall’auto quanto prima.

La luce fioca dell’ambiente interno rimandava infatti ombre di movimenti convulsi, di mosse ora brusche ora lente, poi un urlo improvviso accelerò le loro mosse.

Riccardo fece cenno di lanciare un sasso contro una porta in ferro e rimasero tutti fermi in attesa della reazione di quell’uomo.

 

Udirono d’un tratto un colpo secco e fragoroso provenire dall’esterno.

Sara percepì attraverso il movimento della lama la titubanza dell’uomo: Romanelli si bloccò e come ridestato da uno stato ipnotico si girò a guardare verso l’esterno.

Rimase in ascolto per qualche secondo poi decise di andare a vedere cosa avesse provocato quello strano rumore.

Prese il fucile da caccia da un armadio metallico ed uscì.

Appena fuori un ampio fascio di luce lo investì e udì ben distinta una voce:

-Polizia… la casa è circondata… getta il fucile… stenditi con la faccia a terra e le mani sulla nuca-

Romanelli, sorpreso, parve dapprima obbedire abbassando lentamente l’arma poi con uno scatto repentino riprese invece saldamente il fucile tra le mani e sembrò intenzionato a sparare in direzione della luce che lo accecava.

La polizia lo anticipò prontamente e due uomini lo centrarono al busto e alle gambe: cadde riverso a terra, poco dopo venne colto da un fremito e non si mosse più.

Con cautela altri agenti lo raggiunsero e lo disarmarono.

Lotti mise due dita sul collo dell’uomo:

-E’ ancora vivo, chiamate i medici… svelti-

Alcune ambulanze erano state fatte preventivamente arrivare nelle vicinanze nel caso in cui si fossero verificati scontri a fuoco e giunsero sul posto in pochi secondi: due medici scesero e si occuparono del ferito.

Sara si era ritrovata investita a tratti dal fascio di luce della polizia che filtrava da dietro l’auto e le sembrò di vivere una delle sue visioni.

Aveva udito una voce, poi degli spari e ora le sembrava di vedere molte persone invadere quello spazio angusto e sudicio: parlavano in modo concitato e si muovevano con passi felpati e svelti.

Non capiva cosa stesse accadendo e venne distratta dal dolore al polso destro, percepì chiaramente dentro il palmo della mano qualcosa di caldo e vischioso.

Si sentiva stranamente rilassata, come se il suo più intimo desiderio si stesse finalmente per realizzare.     

Riccardo si guardò intorno in modo frenetico ed appena l’ebbe individuata la raggiunse scavalcando il cassone rigido del pick-up,  altri agenti procedevano intanto ad un accurato sopralluogo del casale in cerca di possibili complici.

Sara era rimasta appoggiata al muro di fondo della rimessa, il volto tumefatto per il colpo ricevuto, gli occhi socchiusi e bagnati di lacrime: era stremata ma ancora viva.

La sagoma familiare di un uomo alto e magro si materializzò di colpo davanti a lei.

-Sara… Sara cosa ti ha fatto?- le chiese Riccardo con voce alterata vedendola in quello stato.

Abbagliata com’era dalla luce dei fari esterni non lo riconobbe, si sentiva stordita e non fece alcun cenno di aver in qualche modo ascoltato la sua domanda.

-Ora ti libero…-

Le tolse delicatamente il nastro dalla bocca e questo le permise finalmente di respirare a pieni polmoni poi, utilizzando una forbice presa dal piano di lavoro lì vicino, le tagliò le fascette ai piedi e alle mani: era così intorpidita da tante ore trascorse legata che riusciva a malapena a muoversi, avrebbe voluto coprirsi ma non ci riuscì.

Intuendo la sua difficoltà Riccardo prese i due lembi della camicetta e fece un doppio nodo per chiuderla, poi sentì viscerale la necessità di stringerla a sé, attento a non farle male.

Si sentiva sollevato ed esausto insieme: Sara era finalmente in salvo, quasi non credeva possibile che fosse ancora viva, le dinamiche dei precedenti casi avevano seriamente minato in lui qualsiasi speranza.         

Lei invece era convinta di assistere ad una visione, una strana mescolanza di immagini e suoni: pensava di essere morta o che stesse morendo colta da qualche inspiegabile allucinazione nel momento del suo trapasso dalla vita.

-Sara… sono Riccardo, mi riconosci?- fece lui preoccupato.

Solo in quel momento lei si scosse e lo riconobbe.

-Riccardo? Che ci fai qui…- disse incredula.

Lo osservò meglio: sopra la camicia indossava una fondina a tracolla che custodiva una pistola.

-Sono un poliziotto Sara… poi ti racconterò tutto… ce la fai ad alzarti?-

Sara fece lentamente cenno di sì con la testa e Riccardo l’aiutò a mettersi in piedi.

-Sono stanca… tanto stanca… non voglio più… provare paura…- le parole le uscivano a tratti, parlava in modo lento e pacato, quasi un sussurro.

Pensò a quanto fosse bello morire guardando negli occhi l’uomo di cui si era innamorata, le venne da sorridere pensando all’espressione “dolce morte”: per lei era quella.

Riccardo non capì subito il significato di quel sorriso sommesso, dal suo comportamento pensò che fosse stata drogata.

-Sara… non ti senti bene?- le chiese preoccupato.  

Si sentiva sempre più debole, la fronte le si imperlò di sudore, il viso le divenne cereo e gli occhi cominciarono a chiudersi pesanti.

Il suo respiro era ora leggero e spezzato, faticava a stare in piedi e a dissimulare le sue condizioni.

Riccardo le si fece più vicino e sentì sotto la scarpa qualcosa di appiccicoso e viscido, guardò in basso e vide una piccola pozza di sangue che si allargava lentamente.

Sara aveva tenuto nascosto fino a quel momento il polso gocciolante dietro la coscia.           

-Oh Signore… Sara…- Riccardo la guardò incredulo.

Rimase sgomento nel capire quale fosse il suo proposito, cosa aveva intenzione di fare. Le prese velocemente il braccio e lo alzò tenendolo premuto poco sotto la lacerazione per cercare di bloccare l’emorragia.

-Fate venire il medico… perde molto sangue…- gridò.

Lentamente Sara sentì le forze abbandonarla: percepiva un freddo diffuso mentre le gambe sembravano non essere più in grado di sostenerla.

Si accasciò a terra quando oramai non ci vedeva più e le venne nuovamente da sorridere poiché in quel momento poteva solo ascoltare ciò che accadeva intorno a lei.

Gli occhi trovarono finalmente pace e senza accorgersene scivolò in un insolito quanto appagante stato di quiete.

 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

-Mamma… mamma…  quanto mi sei mancata! Perché ci hai messo così tanto per venirmi a prendere? Non te lo perdono di avermi lasciata sola…- Sara l’abbraccia forte.

La madre le sorride e ricambia il suo abbraccio caldo e affettuoso: Sara si sente confortata da un profondo senso di pace, poi le sfiora la fronte con un bacio e si allontana.

-Dove vai? Non andare via. Non mi lasciare di nuovo! A papà e a Filippo non pensi?- Sara in lacrime la richiama a gran voce.

 

Si risvegliò in un letto d’ospedale.

-Cos’è successo? Dove mi trovo?- chiese disorientata e indolenzita. Aprì e chiuse gli occhi diverse volte per cercare di mettere a fuoco l’ambiente in cui si trovava.

-Sei in ospedale Sara…- il padre le teneva la mano, non l’aveva mai lasciata da quando era arrivata in quella stanza.

Un lungo filo rosso era collegato al suo braccio e seguendolo scoprì che proveniva da una sacca contenente del sangue.

Osservò per qualche istante quelle gocce vermiglie cadere in un piccolo cilindro trasparente.

Sentiva la testa scoppiare e riuscì, muovendola a fatica, ad orientarla verso i visi preoccupati del padre e del fratello.

-Va tutto bene Sara… ora sei al sicuro- le fece il padre avvicinandosi.

-Ti stanno facendo una trasfusione… hai perso molto sangue… quel bastardo con la fascetta ti ha provocato una lacerazione al polso…- Filippo aveva un’espressione arrabbiata e preoccupata insieme, non avrebbe mai immaginato che l’uomo degli incubi di Sara sarebbe riuscito a materializzarsi e addirittura a rapirla, una serie di coincidenze erano costate quasi la vita alla sorella.

Sara rammentò il rapimento in azienda, un fremito la percorse e le lacrime le salirono agli occhi.

-Hanno dovuto farti una piccola operazione per risistemare la vena… ma è andato tutto bene- la rincuorò il padre.

Una vistosa fasciatura al polso confermava quello che le aveva appena detto.

-Come avete fatto a trovarmi?- fece lei.

-Mi hanno fatto vedere l’ingrandimento del tatuaggio che si intravedeva nel video dell’unica telecamera funzionante dell’ufficio, ho potuto così riconoscere l’uomo del tuo ritratto… lo hanno riconosciuto anche alla cooperativa di Monterazzano dove era andato qualche volta per comprare del mangime ed infine è venuto fuori che era compaesano di un operaio… un certo Armando ma… ma come ha fatto quell’uomo a risalire a te?- le chiese il fratello.

-Finalmente ho capito… se è stato a Monterazzano posso immaginare come abbia fatto. Quando feci il disegno del suo primo assassinio trovai la macchina in disordine… lì per lì mi sembrò strano che qualcuno avesse rovistato nel blocco da disegno… lo avevo lasciato un attimo sul lato passeggero per andare a prendere una bottiglietta d’acqua al distributore automatico… l’unica possibilità è che proprio lui fosse passato nel parcheggio in quel momento… ecco spiegato il perché fosse a conoscenza del ritratto che avevo fatto di lui…- Sara più ci pensava e più ne era convinta.

-Non puoi capire come mi sono sentito… sono quasi impazzito dalla paura. Lo ammetto Sara… mi sono messo a piangere in commissariato… pensavo che ti avrebbe uccisa come le altre e mi sentivo completamente inerme…- Filippo cominciò a piangere in silenzio seduto accanto a lei.

Sara lo attirò a sé e lo baciò sulla testa.

-Ti devo la vita Fili… sei stato un grande… come sempre-

adorava quel fratello affettuoso e protettivo, le era stato sempre di grande conforto.

-Sono corso a casa e ho consegnato al commissario i ritratti che avevi fatto di quell’uomo, spero che non ce l’avrai con me per questo…-

-Ma cosa dici testone… mi hai salvato… io pensavo… ero sicura di morire, ho come la strana sensazione di essere ritornata in vita- appena disse quelle parole le tornò in mente la madre che aveva appena rivisto in sogno e che la abbracciava e salutava: ora ne capiva pienamente il significato ed un senso di profonda tristezza la avvolse.

-Papà… quell’uomo è vivo?- chiese Sara ripensando agli spari che aveva udito fuori della rimessa.

-No, è morto in ambulanza mentre lo portavano in ospedale…- fece lui guardandola preoccupato.

-…la questura dovrà sentirti, vogliono sapere la tua versione di come sono andate le cose Sara- concluse accigliato.

C’erano molte domande a cui avrebbe dovuto rispondere: non era ancora chiara alla polizia la dinamica di come avesse fatto Romanelli a sapere dei suoi disegni e a rintracciarla.

Sara provò a muoversi ma era ancora molto intorpidita.

Osservò le lacerazioni delle fascette che l’avevano tenuta ferma per tante ore durante la rocambolesca fuga per le campagne viterbesi: qualcuno le aveva disinfettate ma erano ancora gonfie, dolenti e piuttosto impressionanti da osservare.

Anche la tumefazione sullo zigomo sinistro le pulsava e d’istinto vi portò le dita che, sulla scorta dei ricordi, fece poi scivolare più in basso fino ad una sottile linea in rilievo.

Il suo aspetto non era dei migliori però con le trasfusioni cominciava a riprendersi.

-Hai già ripreso i tuoi colori in viso… sei di nuovo bellissima Sara- le fece il fratello rincuorato.

-Mi stai facendo troppi complimenti… devi aver davvero creduto di avermi persa Fili…- gli sorrise lei.

Sara cercava di stemperare il clima di ansia che dominava in quella stanza: Filippo appoggiò la testa sulla tempia della sorella e stettero per un po’ a consolarsi a vicenda.

-Perché non mi avete mai parlato di quest’uomo Sara… sono molto arrabbiato con voi due… tu e tuo fratello mi stavate proteggendo quando dovrei essere io a farlo…- gli occhi di Agostino si imperlarono di lacrime.

-Ti stai già dando tanto da fare per noi, non volevo caricarti di altri problemi…-

-E non c’è neanche più tua madre a darti sostegno…-

-Forse è un bene che la mamma non mi abbia visto in queste condizioni papà… Sai quanto soffriva nel vedermi preda delle mie visioni…- Sara era stremata, aveva vissuto l’incubo più brutto della sua esistenza.

-Ne usciremo Sara, tutto si sistemerà- il padre sembrava parlare più a se stesso che alla figlia, in verità neanche lui aveva chiaro in mente come aiutarla.

La sacca di sangue finì ed Agostino chiamò l’infermiera che prontamente arrivò e gliela tolse: era l’ultima e Sara ora poteva muoversi più liberamente.

In quel momento entrò Nicola.

-Ciao Sara… come stai?- Nicola l’abbracciò delicatamente per non farle male.

-Ciao Nico, va meglio ora…- lei ricambiò il suo abbraccio affettuoso.

-Sara, io e Filippo approfittiamo della presenza di Nicola e andiamo a casa… mi cambio, mangio qualcosa e vengo da te per la notte- le disse il padre.

-Non c’è bisogno papà…-

-Non se ne parla, è una vita che lavoro di notte, questa la passerò vicino alla mia bambina…- la baciò sulla fronte ed uscì.

-Sara io sarò qui domani mattina per dare il cambio a papà, ci vediamo domani…-

-Sì, a domani Fili, grazie-

I due uscirono e Sara rimase sola con Nicola.

Ci furono alcuni secondi di imbarazzante silenzio in cui lei non osò guardarlo negli occhi, sapeva che non sarebbe riuscita a sostenere il suo sguardo.

-Perché non mi hai mai detto che i tuoi incubi erano collegati alla realtà?- era rigido nel dirlo, a braccia conserte e con un’espressione quasi offesa.

-Ho voluto proteggerti… non era necessario che tu lo sapessi, non avresti potuto confortarmi più di quanto hai sempre fatto e di questo ti ringrazio tanto Nico…-

-Ne riparleremo quando starai bene… sono un po’ arrabbiato con te ora…-

-Va bene Nico, un giorno ti racconterò tutto… te lo prometto- gli disse con sguardo sincero.

Nicola emise un profondo sospiro e sembrò rilassarsi un poco:

-Il tuo aspetto è migliorato… quando sei arrivata eri cerea, eravamo spaventati a morte. Tuo padre quasi si è sentito male…-

-Mi dispiace… continuo a portare scompiglio nella vita di tutti-

-Non dire così…-

-Mi aiuteresti ad alzare il letto? Vorrei mettermi seduta…- sentiva urgente la necessità di cambiare posizione.

-Certo…- il ragazzo fece scattare la leva di lato e lentamente alzò lo schienale del letto.

-Va bene così, grazie…-

-Come ti senti ora Sara?-

-Meglio… ma ho pensato veramente di non farcela Nicola, sono viva per miracolo…- ammise lei.

Era stata questione di tempismo la sua salvezza, tutti lo avevano capito, pochi secondi e per Sara non ci sarebbe stato più nulla da fare.

Nicola si sedette di fronte a lei sul letto e la abbracciò per aiutarla a scacciare la paura, poi le chiese con apprensione:

-Hai riconosciuto qualcuno quando ti hanno liberata?-

-Vuoi dire Riccardo?-

-Te lo ricordi allora…-

-Sì, all’inizio pensavo fosse un’allucinazione… è un poliziotto?-

-E’ un commissario di polizia… ero presente mentre cercavano di risalire al tuo rapitore… Non puoi immaginare come sono rimasto nel ritrovarlo lì, in commissariato-

-Gli hai parlato?-

-Sì…-

-Non è stata una coincidenza allora trovarselo in vacanza al mare vero?-

-E’ così…-

Sara deglutì amaro.

-Mi stava dietro… per investigare su di me?- chiese esitante avendo quasi paura della risposta.

-Purtroppo sì, mi dispiace-

-Come è risalito a me?-

-A quanto pare hanno ricevuto mesi fa il tuo disegno dell’assassino dell’infermiera con il quale hanno risolto il caso e hanno pensato a te come ad un complice pentito… hanno cominciato a cercarti e Riccardo ha notato una vaga somiglianza con lo stile del tuo disegno in oratorio. Ne ha avuto poi conferma al mare quando ha visto il tuo murales nella zona delle cabine e ha deciso quindi di fermarsi una settimana dalla sorella per avvicinarti e indagare su di te-

-Il… murales dici?-

-Sì, il resto lo ha fatto Filippo portandogli i disegni dell’assassino delle prostitute-

Nicola era dispiaciuto, sapeva cosa significasse per lei Riccardo e percepì chiaramente il suo sconforto.

Sara venne sopraffatta dall’amarezza, un nodo alla gola le impedì di continuare a fare domande.

Aveva visto per la prima volta aprirsi uno spiraglio di felicità durante quella vacanza, credeva di essersi imbattuta casualmente in una persona speciale e sinceramente interessata a lei, invece adesso veniva a sapere che niente era come aveva pensato che fosse.

Ogni speranza su Riccardo si era frantumata senza possibilità di recupero: voleva essere semplicemente amata per quello che era ma tutte le strade che percorreva conducevano sempre ad una profonda delusione, ad un forte senso di smarrimento.

Le venne in mente la cugina della madre che a ventiquattro anni si era suicidata: cominciò a comprenderne la disperazione e si chiese preoccupata se avrebbe fatto la stessa fine.

Amava Riccardo profondamente, non aveva mai amato nessuno allo stesso modo e non sapeva come sarebbe riuscita a sopportare anche la frustrazione che scaturiva da quel sentimento non corrisposto.

Sulla scorta di quest’ultima delusione comprese quindi come l’unico modo che aveva di proteggersi era quello di alzare un muro di impenetrabilità e distacco con il resto del mondo, decise proprio in quel momento che non avrebbe più ingenuamente permesso a nessuno di avvicinarla per ferirla.

-Mi dispiace tantissimo… è una situazione assurda ma, nonostante le sue bugie ti ha salvato la vita... e mi è sembrato anche molto preoccupato per te… l’ho visto nervoso, molto coinvolto nel cercarti. Forse ha dei sensi di colpa nei tuoi confronti…- Nicola le esternava ciò che aveva percepito conoscendolo per quello che era veramente.

-Sì, può darsi… Come ho fatto a fidarmi di lui così ciecamente… dovevo essere proprio disperata… sono una stupida Nicola…- Sara fissava un punto fuori la finestra, nel suo cuore imperava una tristezza infinita.

Nicola le strinse la mano rimanendo in silenzio, non avrebbe saputo cosa altro fare o dire per confortarla.

Pochi istanti dopo sentirono bussare alla porta, la maniglia scattò ed entrò Riccardo.

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

Nicola gli sembrò meravigliato nel vederlo lì mentre Sara non tradì alcuna emozione, il suo sguardo era impassibile.

-Ciao… posso entrare? Come stai Sara?- il suo viso era stanco, provato.

-Bene grazie…- non aggiunse altro, non voleva aggiungere altro.

-Sono qui non solo per sapere come stai ma anche perché voglio darti una spiegazione riguardo il mio comportamento…-

-Non ce n’è bisogno… Nicola mi ha spiegato tutto. Non ti preoccupare, capisco benissimo, stavi indagando su di me, stavi lavorando…- lo interruppe lei.

-Non è solo questo…- Riccardo si era innervosito sentendosi liquidare con quelle semplici considerazioni.

Nicola decise di lasciarli soli perché si spiegassero, quindi si alzò in direzione della porta.

-No… non andare Nicola, non ho nulla da dirgli…- non voleva rimanere sola con lui ma Nicola uscì lo stesso.

-Starò qui fuori… non ti preoccupare- la tranquillizzò lui.

Lo guardò uscire, era tesa.

Abbassò lo sguardo, si sentiva in imbarazzo e non voleva incrociare i suoi occhi: sapeva perfettamente di cosa voleva parlarle.

-Sono preoccupato per te…-

-Non dovresti…-

-In quella rimessa ti ho vista sorridere… perché sentivi che stavi per morire? Hai parlato con qualcuno di quello che è successo?-

-Non è affar tuo- tagliò corto lei.

-Non capisci che il tuo è un dono pazzesco? Ti sei salvata grazie al tuo disegno, al tuo identikit… Hai la possibilità di salvare altre persone Sara…- Riccardo le parlava in modo sincero, con il cuore.

-Tu sei come tutti gli altri… non puoi capire cosa sopporto da anni… un dono…- sorrise amaramente lei.

-Sono un investigatore, indago basandomi su fatti reali… non mi è mai capitato di incontrare una persona come te che avesse queste visioni… ne sono rimasto sconcertato. Mi hai messo in difficoltà, mi hai fatto capire che per arrivare alla verità ci sono molte vie e alcune hanno del prodigioso- le disse sconcertato.

-Non ho nulla di prodigioso… solo di doloroso. Sei stato molto bravo in vacanza… mi hai avvicinata con le tue premure, mi stavi sempre addosso pieno di attenzioni. Insistevi che mi confidassi, che parlassi con te riguardo i miei incubi. Sei stato bravo… in pochi giorni sei riuscito ad insinuarti nella mia vita, a far crollare tutti i miei muri…- aveva ora trovato il coraggio di guardarlo dritto negli occhi.   

-Sara… non è così…-

-Solo un mucchio di bugie… non me la meritavo questa messinscena, mi sento la persona più ingenua e sfortunata di questo mondo- l’amarezza dominava le sue parole.

-Indagavo su di te, è vero, ma… ho anche imparato a conoscerti e mi sono sentito a mio agio accanto a te…- non era facile per lui parlare dei suoi sentimenti, non lo aveva mai fatto prima e non trovava le parole.

Sara scambiò questo suo imbarazzo, questa sua esitazione per falsità: 

-Non dire altro, non cercare giustificazioni… ho già una vita difficile e non ho bisogno di gente che si prenda gioco dei miei sentimenti per secondi fini- ora lo guardava quasi con risentimento.

-Lasciami spiegare Sara…- Riccardo provò a prenderle la mano ma lei la ritrasse velocemente.

-Basta… esci da questa stanza… vattene, sono stanca- la sua espressione era ferma e distaccata.

Sentendo quelle parole Nicola entrò e tenne la porta aperta: Riccardo capì che la stava proteggendo e voleva che uscisse.

-Ciao Sara, ci rivedremo in commissariato… Nicola…- Riccardo uscì senza dire altro.

Nicola la raggiunse e si sedette di nuovo accanto a lei.

Le lasciò qualche minuto per riprendersi poi sentì la necessità di avere da lei dei chiarimenti.

-Di cosa stava parlando Riccardo? Cosa stavi facendo quando ti hanno trovata?- fece lui preoccupato.

-Non è facile da capire Nicola…- Sara esitò per un attimo in cerca delle parole adatte.

-Pensavo sinceramente che non sarei uscita viva da quel luogo e… avevo deciso che avrei fatto di tutto per velocizzare la mia morte… ero terrorizzata, non puoi capire quanto… non volevo che mi facesse quelle cose… quelle che avevo visto fare a quelle ragazze nei miei incubi…- le lacrime cominciarono a rigarle il viso.

-Cosa hai fatto allora…-

-Avevo deciso di farlo arrabbiare, volevo che mi uccidesse il prima possibile… che la facesse finita subito con me. L’ho colpito con la testa sullo zigomo… si è infuriato a tal punto che mi stava per tagliare la gola… io ero lì che aspettavo di sentire la lama scorrere ma improvvisamente si è fermato. Quando si è allontanato ho sentito un liquido caldo e viscido in mano e ho capito che la fascetta mi aveva provocato una lacerazione… mi sono sentita stranamente più calma, mi sono aggrappata alla speranza di morire dissanguata prima di… di vederlo ritornare…- faticava a continuare.

-Sono senza parole Sara…-

-Quando ho visto Riccardo pensavo di avere un'allucinazione e di stare morendo… avevo quasi perso la sensibilità al braccio e le forze mi stavano abbandonando… ma ero felice perché lui era lì con me, capisci? Mi sentivo finalmente serena perché stavo per liberarmi dai miei incubi per sempre. Mi vergogno a dirlo Nicola… ammetto che ero veramente felice di andarmene… sono un’egoista lo so, ma che alternative avevo? Ho agito d’istinto, per assurdo ho cercato il male minore in quella situazione… invece le cose, nonostante i miei sforzi, sono andate diversamente…- Sara era esausta e sinceramente provata per quella ammissione.

-Sei contenta che le cose siano andate diversamente dai tuoi sforzi o devo preoccuparmi seriamente per te?-

-Cosa vuoi dire Nico?- fece Sara mentre si asciugava le lacrime con il dorso della mano.

-Sei felice che tutto sia finito bene e che tu sia di nuovo con noi o tutto questo ti ha fatto capire che per te la felicità può arrivare solo con… con la tua morte?- Nicola aveva fatto uno sforzo enorme per dirle quello che pensava, non conosceva questo suo lato estremo, si sentiva disorientato, non avrebbe mai creduto possibile che prendesse in seria considerazione la possibilità di morire per essere finalmente libera dai suoi incubi. Del resto la relazione tra visione e realtà era per lui una cosa nuova e ancora molto difficile da comprendere.

-Certo che sono felice di essere tornata da voi… voglio vedere tutto questo come un nuovo inizio, ne ho bisogno… veramente bisogno. Non ho alcuna intenzione di suicidarmi, se è quello che volevi sapere…- Sara accennò ad un sorriso.

Nicola capì dall’espressione dei suoi occhi umidi che quello che gli aveva appena detto era la verità.

-E’ un sollievo sentirtelo dire… cosa avrei fatto io senza di te testona che non sei altro?-

 

Due giorni dopo essere stata dimessa dall’ospedale Sara si presentò in questura: l’avevano chiamata dall’ufficio del questore e le avevano chiesto di presentarsi da lui non appena si fosse sentita meglio.

Si fece accompagnare dal fratello ma decise di entrare da sola, Filippo la accontentò rimanendo in auto ad aspettarla.

Varcò la pesante cancellata d’ingresso con sottobraccio l’album che aveva custodito in tanti anni decine di disegni ma portò solo quello dell’assassino di Carola Rocci e quelli riguardanti il suo rapitore.

Si fermò a guardare l’alto edificio vetrato prima di entrare.

Cercò di raccogliere le idee, non pensava che sarebbe mai arrivato quel momento, il giorno in cui avrebbe dovuto raccontare ad estranei la sua vita.

Non immaginava neanche a quali conseguenze sarebbe andata incontro: aveva deciso di dire la verità, solo questo, ma aveva paura, tanta paura, perché significava mettere di fronte a nuove responsabilità non solo se stessa ma anche il padre e Filippo. Sapere, essere a conoscenza di un crimine, poteva trasformarsi in un atto di accusa nei suoi confronti? Potevano considerarla colpevole per non aver parlato, per aver tenuto nascoste informazioni fondamentali su degli assassinii?

 

-Guarda guarda chi c’è- fece l’agente Vitali al collega.

Sara aveva un vistoso ematoma sullo zigomo sinistro, il polso bendato ed era ancora visibile, molto sottile, il segno della lama sul collo.

-E’ conciata male ma è ancora viva… E’ una miracolata… nelle mani di quella belva avrebbe fatto la fine di quelle povere ragazze- osservò l’agente Campi.

-Il commissario?-

-Il commissario cosa? -

-Sa che oggi sarebbe venuta?-

-Credo di sì…-

-Hai visto come era sconvolto quando ha saputo che era lei la ragazza rapita?-

-Già, deve essere molto coinvolto con questa Sara…-

 

Sara fece un profondo respiro ed entrò.

-Buongiorno… lei è la signorina Morelli?- le chiese l’agente Campi.

-Buongiorno, sì, sono io…-

-L’accompagno nell’ufficio del questore, la sta aspettando-

-Grazie…-

Sara seguì l’agente per le scale, girò a sinistra, oltrepassò una porta blindata e si ritrovò poco oltre nell’ufficio del questore.

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

-Buongiorno signorina Morelli-

Il questore, un cinquantenne alto e calvo, l’accolse calorosamente allungando la mano per salutarla, aveva un’espressione gentile e comprensiva o almeno così le parve.

-Buongiorno…- Sara ricambiò il saluto, gli strinse la mano e si mise seduta di fronte a lui.

Entrò subito dopo Riccardo con un agente presente con lui il giorno della sua liberazione.

Sara lo vide entrare con la coda dell’occhio ed appoggiarsi alla cassettiera dell’ufficio a braccia conserte.

-Signorina Morelli, conosce già il commissario Valenti, vero?-

Sara tenne gli occhi bassi e fece cenno di sì con la testa.

Era arrabbiata con lui, per come l’aveva usata facendo leva sui suoi sentimenti, lo considerava meschino e falso.

-Buongiorno Sara, come stai?- fece lui gentile.

-Bene, grazie…- non ricambiò il saluto e non lo guardò.

-Signorina, lei è qui perché vorremmo sapere la sua versione di cosa è successo, perché quell’uomo l’ha rapita. Vorremmo anche delle spiegazioni in merito al disegno che ci ha fatto avere a febbraio riguardo il caso di Carola Rocci- il suo sguardo era fermo nei suoi occhi.

-Le dirò tutto… ma vorrei che ciò che sto per dirle non divenisse di pubblico dominio…- gli disse Sara.

-Non credo sia possibile…-

-Questo è tutto quello che vi chiedo in cambio…-

Riccardo guardò il questore e rimase in attesa di una sua risposta.

-Noi saremmo intenzionati a collaborare ancora con lei… sempre se vorrà farlo-

-Non so… ho paura…- ammise Sara stringendo più forte la cartellina appoggiata sulle cosce.

-La proteggeremo noi…- aggiunse il questore.

-Non ho fiducia in alcun tipo di protezione… e non so se collaborerò in futuro…-

-Perché?-

-Ho paura delle ritorsioni verso la mia famiglia… io stessa ne sono la prova con quello che mi è successo-

-Le indicazioni che potrebbe darci sarebbero importanti per gli eventuali casi irrisolti di cui è a conoscenza, dando così una speranza di giustizia ai familiari delle vittime…-

-Sì, lo so… mi sono detta queste cose per anni… ho cercato di dare un senso a quello che mi capitava… ma viviamo in un mondo che non ha rispetto di niente e di nessuno ed espormi significherebbe esporre anche le persone che amo- si sfogò Sara.

Il questore le lasciò il tempo di riprendersi, di ritrovare la calma, la vedeva provata e non voleva, con tutto quello che aveva appena vissuto, agitarla ancora di più.

-Posso vedere i suoi disegni signorina Morelli?-

-Certamente…- slacciò la cartellina e glieli consegnò.

-Mi parli delle sue visioni, o incubi, come li chiama lei- il questore guardò Riccardo, era lui la fonte di quei dettagli.

Sara fece un profondo respiro prima di cominciare, le servì per trovare la giusta concentrazione.

-Da quando avevo circa cinque anni ho cominciato a fare strani sogni, era come se addormentandomi fossi stata in grado di entrare in una diversa dimensione di ascolto: assistevo agli ultimi atti di vita di alcune persone, il momento in cui l’adrenalina cominciava a far percepire loro l’imminenza della morte. Vedevo tutto attraverso i loro occhi, come fossi stata lì dentro di loro, ma non riuscivo a percepire alcun suono, ero come sorda. Da piccola non capivo, non sapevo cosa volessero da me, chi fossero… mi ricordo solo il terrore che provavo, lo stesso che percepivano quelle persone… rammento le mie urla… e l’adrenalina che mi aggrediva dopo sveglia. Mi accorsi poi di riconoscere alcune di queste persone nei servizi di cronaca nera dei telegiornali che venivano portate via ammanettate dalle forze dell’ordine. Cominciai a capire il nesso solo verso i sei, sette anni… mentre intorno agli otto iniziai a fare i ritratti degli assassini che incontravo nei miei incubi… scoprii per caso che raffigurarli mi aiutava ad affrontare le mie paure, e non ho più smesso di farlo- riassunse lei.

Sara raccontò brevemente la storia della sua vita illogica e irrazionale, ne aveva parlato in modo distaccato come se stesse parlando della vita di qualcun altro.

Riccardo cominciò a manifestare una certa dose di nervosismo muovendo in modo impercettibile un piede: era a disagio, e non era da lui. Il questore stesso si accorse della sua tensione e lo fermò con lo sguardo.

Non poteva minimamente immaginare che Sara avesse vissuto in prima persona le paure ed il terrore provato dalle vittime, che avesse, attraverso i loro occhi, assistito e al tempo stesso subito tutte quelle aggressioni.

Si sentì profondamente in colpa per aver dubitato di lei e per aver pensato di fare leva sulle sue fragilità per ottenere informazioni.

Comprendeva solo ora quanto fosse stato insensibile e superficiale, quanto doveva averla ferita il suo comportamento freddo e distaccato.

-Ma cos’è che le permette di mettersi in contatto con la persona aggredita?- il questore cercava di capire.

-Non so perché accada… posso solo ipotizzare che io abbia la capacità di percepire, di captare l’energia adrenalinica che viene rilasciata da alcune persone, non da tutte ovviamente. Credo sia proprio quella particolare energia che accende le mie visioni. Non so dare altra spiegazione purtroppo… faccio infatti molta fatica a liberarmene dopo…- ammise Sara.

Il ricordo di quella notte al mare, dell’essere stato involontariamente testimone di una delle sue visioni, ritornò alla mente di Riccardo in modo prepotente: tutto corrispondeva, tutto ora aveva un senso, seppure tutto suo.

-Deve essere qualcosa di veramente difficile da sopportare… mi dispiace molto per lei- considerò il questore.

-Sì, lo è… e purtroppo lo sarà ancora-

-Se la sente signorina Morelli di parlarci ora dell’omicidio di Carola Rocci?-

Sara sembrò esitare per un istante prima di rispondere, avrebbe preferito andarsene ed invece dovette prolungare quella tortura.

-Sì… va bene- fece rassegnata.

Iniziò a descrivere ciò che aveva visto e non fu difficile per loro constatare che le sue affermazioni coincidevano non solo con i riscontri sul corpo della vittima ma anche con la confessione spontanea del magazziniere: nessuno poteva essere a conoscenza di tutti quei particolari.

Sara chiarì i motivi che l’avevano spinta a far avere l’identikit alla polizia ma non volle coinvolgere don Alberto che non menzionò mai.

Emise alla fine un profondo sospiro valutando tra sé fin dove, senza volerlo, quella scelta l’avesse condotta.

Vollero avere anche precise indicazioni sugli omicidi di Romanelli e l’agitazione di Sara cominciò ad essere più evidente: il ricordo di tanta brutalità continuava ad esserle insostenibile ed abbassò lo sguardo in un attimo di sconforto.

-Signorina, se vuole facciamo una pausa…- fece il questore preoccupato.

-No, voglio finire il prima possibile…-

-Proseguiamo allora… ma se non se la sente possiamo fermarci per un po’… va bene?-

Lei annuì e proseguì nella esposizione dei fatti.

Mentre descriveva ciò che la sua mente dolorosamente le restituiva, Sara, per pudore, teneva lo sguardo basso sulle mani e solo di tanto in tanto lo alzava per posarlo su uno degli oggetti distribuiti sull’ampio piano della scrivania del questore: la sua testimonianza fu puntuale, precisa e sopra ogni altra cosa raccapricciante.

I presenti rimasero in silenzio: ascoltare il resoconto minuzioso di tutti quegli omicidi da parte di una persona che ne era di fatto completamente estranea fu per loro a dir poco sconcertante.  

Infine rivelò al questore quello che secondo lei era stato il motivo del suo rapimento:

-Deve aver visto il primo disegno che ho fatto su di lui… l’ho realizzato in azienda durante la pausa pranzo nella mia auto. Mi ricordo di essermi allontanata qualche minuto e ritornando ho trovato il blocco da disegno spostato e la penna sul tappetino… è l’unica spiegazione che posso darmi. Durante la fuga mi chiese infatti il perché avessi fatto il suo ritratto… e fui costretta a confessargli che lo avevo visto uccidere in una delle mie visioni…- considerò lei ancora scossa.

Nessuno, neppure Sara, seppe mai che Romanelli era stato in grado di scoprire da solo il suo dono: una parte della verità in quella triste storia era morta per sempre con lui sull’aia di quel casolare.

Durante quella deposizione Sara rispose in modo puntuale e circostanziato a tutte le loro domande e sciolse tutti i loro dubbi: le sembrò strano ma allo stesso liberatorio parlare con estranei di quello che per anni le era sempre stato intimato di nascondere.

Cominciava ora a sentirsi stanca, il dolore allo zigomo si stava lentamente propagando a tutta la testa.

-Ha identikit che riguardano casi ancora irrisolti?- le chiese il questore.

-Sì, due… di diversi anni fa…- ammise esitante.

-Se vorrà collaborare con la polizia, saremo qui ad aspettarla…-

-Devo pensarci…vi ho detto quali sono i miei dubbi, le mie riserve…-

-C’è una possibile soluzione… potremmo evitare di dare in pasto ai giornalisti il suo disegno di Romanelli e di divulgare la notizia che lei è l’esecutrice del ritratto di Franchi… così risulterebbe solamente una delle vittime dell’assassino seriale. Vedrà, troveremo un modo per proteggerla signorina Morelli…- le propose il questore.

-Non so… forse-

Chiese infine il permesso di poter andare, ebbe il timore di non farcela neanche ad alzarsi dalla sedia per la debolezza che sentiva.

-Ne riparleremo allora…- concluse il questore alzandosi.

Si salutarono con una stretta di mano.

Non guardò Riccardo, lo ignorò completamente, non aveva più nulla da dirgli.

Uscì dall’ufficio e si appoggiò con la cartellina su un tavolino del corridoio per chiudere i lacci: nel suo cuore un misto di sollievo e timore di rimescolavano.

-Mi voglio congratulare con lei per come ha condotto e portato a termine le indagini, le sue intuizioni sui disegni sono state determinanti per arrivare alla ragazza e all’assassino. Sono molto soddisfatto di lei e della sua squadra, si sta rivelando un elemento veramente prezioso per noi commissario Valenti-

-Grazie signor questore…- Riccardo aveva fretta di raggiungerla, doveva parlarle, in ospedale era amareggiata e arrabbiata e ora voleva provare ad avvicinarla di nuovo.

Sara aveva involontariamente ascoltato il loro dialogo ed un nodo alla gola l’aveva di colpo assalita: si sentiva una completa sciocca, era stata debole, aveva abbassato la guardia con Riccardo e si era resa vulnerabile.

Scese in fretta le scale, attraversò la porta principale e stava per oltrepassare il cancello d’ingresso quando Riccardo la raggiunse.

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale.

 

Alcuni agenti lo videro passare di corsa e, incuriositi, si fermarono a guardare per capire cosa stesse succedendo.

Uno di loro, l’agente Campi, rimase invece comodamente seduto a guardare la scena dalle telecamere di sorveglianza puntate sull’ingresso.

-Sara… Sara aspetta, devo parlarti… lo so che ce l’hai con me, ma devo spiegarti…-

-Non devi spiegarmi niente… io sono la tua indagine conclusa brillantemente…vi ho sentito... hai fatto il tuo lavoro e basta… tua sorella Ginevra me lo diceva che eri il migliore nel fare il tuo mestiere… forse l’unica cosa sincera che mi ha detto durante tutta quella settimana…- si sentiva profondamente ferita.

-… ora capisco quella sera a cena quando cercavate di trattenere Ginevra dal dirmi che eri commissario… vi siete presi gioco di me, tu e le tue sorelle… mi sento una completa stupida… mi sei stato addosso solo per ottenere le informazioni che ti interessavano per portare avanti le tue indagini!- concluse amareggiata.

-Non è così… cioè sì, stavo indagando su di te e ho chiesto alle mie sorelle di non dire chi fossi…- ammise.

-Avete fatto una bella squadra, complimenti! Non mi sono mai sentita più ingenua in vita mia… ti sei insinuato nella mia vita e mi hai fatto credere delle cose…- aveva le lacrime agli occhi ma riuscì a trattenerle.

 

-Hai capito che ti combina il commissario…- fece l’agente Campi davanti ai monitor. Tutti i presenti stettero con il fiato sospeso, non lo avevano mai visto coinvolto sentimentalmente con una ragazza a quel modo.

 

-Sara io…-

-Non parlare, non voglio sentire altre bugie… non voglio più ascoltarti... non ti preoccupare, porterò gli altri disegni così potrai fare una bella figura con i tuoi superiori…- era stanca e voleva andarsene.

Riccardo le si avvicinò, aveva una gran voglia di abbracciarla, di chiederle scusa e di dirle che l’amava, ma lei lo respinse:

-No… stammi lontano… non ti avvicinare…- fu determinata e categorica nel dirglielo e lui la rispettò.

Attraversò la strada, salì in macchina e partì.

Le lacrime che era riuscita fino a quel momento a trattenere cominciarono a scendere così irrefrenabili e violente da impedirle quasi di vedere la strada.

-Tutto bene Sara?- fece Filippo preoccupato.

-No… sembra che la mia vita stia andando a rotoli Fili…-

Riccardo la guardò andare via: decise di finire il suo turno di lavoro al commissariato poi avrebbe cercato di parlarle di nuovo, non si sarebbe dato per vinto.

Passò davanti alla guardiola e intuì che aveva dato spettacolo.

-Allora? Cosa c’è da guardare? Tornate tutti a lavoro! - fece perentorio.

-Sì, certo commissario -

-Agli ordini commissario -

-Subito commissario -

La piccola folla all’ingresso si disperse nei vari uffici velocemente come si era formata.

 

Nel tardo pomeriggio parcheggiò la sua moto vicino all’ingresso del condominio dove abitava Sara.

Riccardo si tolse il casco, ravviò i capelli, fece un profondo respiro e suonò il citofono: pochi secondi e rispose Filippo.

-Chi è?- fece il ragazzo.

-Sono il commissario Valenti, devo parlare con Sara, per favore apri- fece lui con voce ferma e autorevole.

Il portone scattò e Riccardo salì velocemente le scale portando con sé il casco.

Filippo aprì la porta.

-Perché vuole parlare con lei? Non ha già detto tutto in questura oggi?- gli chiese contrariato.

-Le devo dire che la amo da morire…- fece lui calmo e compassato guardandolo dritto negli occhi.

Il ragazzo rimase a bocca aperta nel sentir dire quelle parole con quell’espressione glaciale ed impassibile: ebbe come l’impressione di vedere la scena di un film ma con l’audio di un altro. Precisamente quando, si chiese Filippo, il commissario aveva avuto il tempo di innamorarsi di sua sorella? Era una situazione che per lui aveva del paradossale: si scansò e lo fece entrare.

-Sara? Sara dove sei?- fece Riccardo ad alta voce.

Lei lo sentì ed uscì dalla sua camera.

-Cosa succede? Perché sei qui?- fece Sara meravigliata di vederselo in casa.

-Ho aspettato che ti calmassi e ora sono qui perché devi ascoltarmi…- fece lui categorico. 

-Ma cosa sta succedendo Sara?- le chiese Filippo disorientato.

-Succede che questo bastardo mi ha mentito… si è preso gioco di me, mi ha usata per le sue indagini e per fare carriera, l’unica cosa che lo interessi veramente…- Sara era ora calma e determinata, non ebbe problemi a sostenere il suo sguardo, perché era quello che pensava di lui.

-Detta così la storia, credo che la parola bastardo sia quella più adatta…- fece Filippo prendendo le difese della sorella.

Il ragazzo ora guardava in cagnesco Riccardo, si era messo tra di loro e sembrava aver assunto il ruolo di arbitro.

Riccardo le si avvicinò e consegnò il casco a Filippo che se lo ritrovò così tra le mani.

-Non ho mai pensato di usarti per fare carriera… per le indagini sì… e non me ne pento… è stata una vera stupidaggine convincerti a non collaborare con la giustizia in tutti questi anni. Molta gente poteva essere salvata… ma non te ne faccio una colpa… ti hanno fatto il lavaggio del cervello fin da piccola. Sara… io ti amo da impazzire, non riesco a pensare ad altro… se ti può far piacere saperlo non riesco più a concentrarmi a lavoro… sono diventato lo zimbello del commissariato!- confessò lui quasi con imbarazzo.  

Sara lo aveva ascoltato in silenzio, faticava ora a distinguere la verità dalla menzogna e si sentì in difficoltà.       

-Non sono bravo in queste cose… è la prima volta che mi dichiaro, che mi innamoro come un adolescente in preda ad una tempesta ormonale… ti chiedo perdono se ti ho ferita ma non potevo corteggiarti mentre ero intento ad indagare su di te… Mi sono innamorato di te proprio mentre indagavo su di te! Non voglio perderti, non me lo perdonerei-

Riccardo era stato diretto e determinato con lei, esattamente come il suo carattere risoluto gli suggeriva di fare nel lavoro e di fronte a qualsivoglia situazione della sua vita privata.

Il sentimento sincero che provava gli aveva permesso di affossare definitivamente le sue insicurezze imparando così a gestire senza timore anche l’imprevedibile irrazionalità delle sue emozioni. 

Sara scuoteva la testa incredula, faticava a credergli:

-Chi mi dice che tu non mi stia ancora mentendo, chi mi garantisce che tu non mi voglia usare per altri fini? E comunque ti sei comportato da bastardo e…-

Riccardo la finì di raggiungere e la baciò appassionatamente,

era così tanto tempo che desiderava farlo che non riuscì più a resistere.

-E io che pensavo che con Nicola alle calcagna non avresti mai trovato nessuno!- fece Filippo meravigliato.

-Sei la cosa più bella in cui mi è capitato di imbattermi nella mia vita…- la voce di Riccardo era appassionata.

-Beh… io torno in camera mia…- fece Filippo in imbarazzo.

Sara era senza parole, ora lo guardava frastornata da sensazioni contrastanti.

-Ho creduto di averti persa quando tuo fratello ha riconosciuto in quell’uomo l’assassino seriale… Sono stato malissimo… Mi sono sentito un deficiente per non essermi chiarito con te prima… e ora non voglio più perdere tempo- spiegò Riccardo.

-Mi ero convinta che ti fossi indifferente… Quando domenica mi hai salutato ho dovuto resistere all’impulso di implorarti di rimanere per darmi una spiegazione…- ammise lei confusa.

-Non potevo espormi… avrei dovuto convocarti lunedì per avere da te chiarimenti riguardo il disegno dell’assassino della Rocci… e poi ho visto il ritratto di Romanelli a casa di Nicola… mi sono ritrovato in una situazione delicata…-

-Hai guardato nella mia cartellina sabato scorso?- Sara aveva bisogno di capire.

-Sì, e lì sono crollato… credevo sinceramente alla tua innocenza ma dopo averlo visto mi sono sentito preso in giro…-

-Ecco perché hai cambiato umore quando sei sceso e ci hai raggiunto a tavola…- rammentò lei.

-Sono partito l’indomani con una sensazione di abbattimento che non ti so descrivere… ti guardavo nello specchietto retrovisore e non volevo lasciarti, ma allo stesso tempo mi sentivo tradito e umiliato… e comunque l’indagine avrebbe avuto la precedenza su tutto… anche su di noi-

-Ho sofferto tantissimo dopo che sei partito a quel modo…- Sara aveva ora gli occhi lucidi.       

-Mi dispiace, ho sofferto anch’io… e non sai quanto… ero molto combattuto ma era importante per me scoprire la verità, ho dubitato di te, lo ammetto…-

Sara ripensò al suo comportamento interessato ma discreto in vacanza e alla sua passionalità a stento trattenuta durante la passeggiata sul lungomare: nel suo cuore tutto finalmente ebbe un senso, e cominciò a rilassarsi.

Si erano infine chiariti, quella situazione ambigua si era basata su una serie di sgradevoli e tristi circostanze.  

Riccardo cedette quindi all’esigenza di abbracciarla e l’attirò teneramente a sé perdendosi per un po’ nell’odore fruttato dei suoi capelli.

Baciò poi delicatamente lo zigomo tumefatto e si soffermò di nuovo e con calma sulla sua bocca:

-Ha ragione Nicola…- disse poco dopo.

-Su cosa ha ragione?-

-Baci benissimo… e insieme faremo scintille!- rise lui ripensando a quella serata al mare.

Sara sorrise imbarazzata:

-Ti voglio ricordare che quando lo ha detto era un po’ su di giri per la birra…-

-Già… la famosa frase in birra veritas!- rise divertito.

Era una sensazione del tutto nuova per lui quella di sapere di appartenere in modo esclusivo ad una persona: aveva rischiato seriamente di perderla e non se lo sarebbe mai perdonato.

Per la prima volta si trovava di fronte a sentimenti solidi, reali, che mai avrebbe pensato di provare, il suo cuore, nonostante tutto, era riuscito a condurlo fino a lei.

-Vuoi rimanere per cena?- gli chiese Sara persa nei suoi occhi.

-Certo, se non sono di disturbo…-

-Vediamo un po’… un bel ragazzo che ha difficoltà ad esprimere i propri sentimenti, amante delle indagini impossibili, molto intelligente e con uno sguardo da far tremare le gambe… direi l’ospite perfetto per una serata in famiglia!- fece lei.

Si misero a ridere complici: erano finalmente insieme, l’uno di fronte all’altra, senza bugie o segreti a separarli.

In quel momento udirono dei passi sul pianerottolo ed una chiave girò nella toppa del portone d’ingresso.

Si sciolsero dall’abbraccio e stettero ad aspettare: il padre non poteva immaginare che si conoscessero già da prima del rapimento e ora Riccardo doveva dargli una spiegazione per la sua presenza.

Agostino entrò con due grosse borse della spesa.

-Cos’è successo… perché è qui commissario?- appena lo vide assunse un’espressione preoccupata e seria.

-Buonasera signor Morelli… non si preoccupi, non sono qui in veste di commissario…- lo rassicurò subito.

Sara intrecciò le dita della sua mano con quelle di Riccardo e guardando il padre disse:   

-Papà… ho invitato a cena Riccardo… sempre se sei d’accordo…-

Il padre li guardò insieme, si rilassò e si aprì in un ampio sorriso.

-Caro signor commissario, questa sera mangerà i migliori gnocchi con il sugo della sua vita!-

 

                                Alcuni mesi dopo

 

Malgrado tutto quello che le era recentemente successo Sara aveva avuto modo di farsi notare con i suoi lavori tanto da attirare l’attenzione di un noto gallerista di Roma che le aveva chiesto alcuni ritratti da esporre.

-Ho appena parlato con il proprietario della galleria, sembra abbia avuto diverse proposte di acquisto… è incredibile… ci sono persone disposte a pagare per avere i miei disegni, capisci? Non puoi immaginare quanto sia emozionata…- era a telefono con Riccardo e stava uscendo da un palazzo in via dei Coronari.

Sara se lo ritrovò davanti, subito fuori la galleria d’arte, che le sorrideva divertito appoggiato alla sua moto.

Chiuse la telefonata e lo raggiunse.

-Cosa ci fai qui?- lo guardò sorpresa.

-Ero da queste parti e ho pensato di venirti a prendere…- fece lui vago.   

-Da queste parti eh? Questa è la versione ufficiale… Non è che mi controlli?- fece lei piegando la testa di lato.

-Volevo mangiare con te in un locale qui vicino a Trastevere- ammise lui.

-E questa è la versione ufficiosa…- gli sorrise e lo baciò.

-Sono contenta che tu mi sia venuto a prendere… però… se ti metti in posa così con la tua moto… attirerai gli sguardi della gente che passa…- aggiunse contrariata.

-Gente? Gente tipo donne? Sei gelosa?- le chiese sorridendo.

-No… io non sono gelosa- gli rispose piccata.

-Io invece lo sono tantissimo di te…-  la attirò a sé e la baciò con trasporto.

Il cellulare di Riccardo squillò.

-Pronto… Nadia… ciao…- Riccardo guardò divertito Sara per valutarne la reazione, ogni tanto gli capitava ancora di ricevere telefonate dalle ex in sua presenza.

-Come stai?-

Il volto di Riccardo espresse sorpresa:

-Stai divorziando? Di già? Vorresti incontrarmi?-

Sara lo guardò con occhi a fessura, arricciando la bocca in una delle smorfie preferite di Riccardo.

-Gelosa?- lesse Sara sulle sue labbra.

-Mi dispiace ma sono fidanzato… con chi?- Riccardo guardò innamorato Sara.

-Con una ragazza bellissima… si chiama Sara, mi ha stregato e non riesco più a starle lontano…- mentre parlava la strinse ancora di più a sé tanto che Sara poté distinguere chiaramente la voce della donna.

-Sì, grazie… buona fortuna anche a te Nadia…- chiuse la comunicazione e sorrise soddisfatto.

-Quindi… tu non saresti gelosa, vero?-

-Forse… solo un po’- ammise lei sorridendo.

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