This Is Worth Fighting For

di royal_donkey
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Questioni... scottanti! ***
Capitolo 2: *** Un Abbraccio ***
Capitolo 3: *** Sentimenti Soffoca(n)ti ***
Capitolo 4: *** Jogging con i jeans ***
Capitolo 5: *** Un Asino che fa le fusa ***



Capitolo 1
*** Questioni... scottanti! ***


 
Nota: gli avvertimenti scelti per la storia sono stati un po' un parto, spesso non so bene quando è il caso di mettere cosa (io li metto, meglio prevenire che curare!) - spero di non avere sbagliato tipo di avvertimento o di essermene perso alcuno per strada. 

Questa long è edicata a ComeWhatKlaine, che è ormai un'amica - nonostante
non aggiorni IL CAPITOLO CHE TANTO ASPETTO INSIEME A TANTA ALTRA GENTE; 
a Felpie, che è una scrittrice e una persona stupenda; a therealbloodymary01 per
esserci sempre - scrittura o non scrittura. Un grazie enorme (anche se per ultimo) va
ad elfin emrys, che mi ha sempre sostenuta nel corso
della scrittura - 3 capitoli, chiariamoci - di varie long buttate poi nel mio amatissimo cestino
(e talvolta mi ha anche minacciato a pubblicarne una XD); ma che soprattutto mi ha fatto tornare
la voglia di scrivere e mi ha fatto sfidare me stessa a scrivere una long.
Vi voglio bene ragazze! 



 
This Is Worth Fighting For
 
Hope is so much stronger than fear.
So if you jump, kid, don't be scared to fall;
w
e'll be kings and queens in this dream,
all for one, one for all.
- Battle Scars by Paradise Fears
 
Capitolo 1
“Questioni… scottanti!”
 
 
È possibile secondo te?”
“Ti pare che io possa essere nella posizione di darti consigli?”
“Appunto perché non hai trovato qualcuno dovresti capire meglio, idiota”
“Ah scusa, dimenticavo che un single capisce i problemi di coppia meglio di uno che una relazione ce l'ha avuta”
“Non stiamo parlando di relazioni, Merl”
“Infatti, stiamo parlando di sess– ”

Un quaderno sbattuto violentemente sul tavolo fece saltare Merlino e il suo compagno di banco, indaffarati da vari minuti a discutere della vita sentimentale sessuale dell’altro.

“Hunithson e Pendragon! Volete tapparvi un attimo quelle vostre maledette boccacce?!” urlò esasperato il professore, mentre i due storsero la bocca in segno di disagio.

Tristano Smuggler, il docente di matematica, si avvicinò a loro due, tutti gli occhi puntati sui movimenti di quest’ultimo. Posò i palmi sull’ultimo banco della fila centrale (dove erano appunto seduti i due richiamati) e si piegò leggermente in avanti, facendo retrocedere di poco gli unici due alunni che aveva di fronte.

“Se il vostro argomento è più importante della lezione di matematica – ”
“ – oh lo è!”
“Merlino!”

Uno schiaffetto sulla nuca da parte di Artù fece ridacchiare l’intera classe alla scena, più usuale di quanto dovesse essere.
Smuggler tornò eretto e camminò lentamente attorno alla sedia di Merlino, che al momento si stava mordendo il labbro inferiore per evitare un’altra delle sue sparate – più che altro per evitare un altro gesto non molto gentile da parte del migliore amico.

“Ah sì? E di grazia, Hunithson, di cosa stavate parlando? È possibile saperlo?”

Il ragazzo negò con il capo, lo sguardo in basso e le labbra strette fra loro.
Tanto sapeva che le avrebbe prese da Artù appena fuori dall’aula.
Controllò l’orologio e deglutì, avevano parlato per ben quarantacinque minuti della stessa cosa – senza mai arrivarne a capo – e tra cinque minuti la lezione sarebbe terminata. Il che significava una bella strigliata da Artù. Il che significava doversi sorbire tutti i problemi e gli sfoghi di quell’asino fino a pranzo. Il che significava letteralmente morire.
Sfortunatamente i corsi che condividevano erano allo stesso orario e con lo stesso docente, il che significava quasi due terzi di ogni giornata scolastica per Merlino.

Per fortuna c’erano Gwen e Morgana, sante subito.
Gwen era la ragazza di Artù e diciamo che spesso si tenevano impegnati facendo sì che Merlino potesse godersi dei momenti con Will, il suo altro migliore amico.
Morgana invece era la sorella gemella del biondino e una sicurezza per Merlino: ogni qualvolta Artù lo prendeva di mira, ecco che arrivava lei e gliene diceva due – anzi, quattro.

“Pendragon, mi potresti dire come si svolge quest’equazione di secondo grado?”
L’interessato girò la penna tra l’indice e il pollice guardando perso la lavagna e i numeri scritti su essa.
Vuoto totale.
Cosa diamine era un’equazione di secondo grado? Le aveva spiegate oggi?
Da dove erano spuntate? Non erano solo di primo grado?
“Mhhh – ”
La campanella suonò facendo emettere un sospiro ad Artù e Merlino, che si alzarono di corsa per evitare un qualsiasi richiamo.
Uscirono insieme agli altri compagni e s’immersero nel mare di persone nel corridoio che correvano nella loro direzione o in quella opposta, tutti troppo di fretta.

Il liceo era come il centro di una metropoli: persone di tutti i tipi che cercano di arrivare in tempo, per tutta la loro vita.
Il tempo… il tempo era una grandissima stronzata, secondo Merlino.
Tutto quello che per gli altri sembrava essere sopravvalutato quando invece era di sacra importanza, per il ragazzo era una grandissima balla.
Il tempo era poco? Tanto?
Cosa cambiava?
La vita è una sola, la vita è breve … queste frasi erano cazzate.
Se qualcuno non aveva il coraggio di fare qualcosa l’avrebbe fatto solo per queste affermazioni?
No.
Lui non avrebbe mai baciato Freya, non ci sarebbe mai riuscito. Si bloccava appena la vedeva – cosa strana per uno come lui, così vivace e allegro e istintivo.
La vita è un rischio. Merlino si trovava bene nella sua bolla di comfort e non ne sarebbe uscito solo per una ragazza o qualcos’altro.
Il treno passa una volta sola – e lui si sarebbe comprato un altro biglietto diretto da qualche altra parte.
Perché la gente si doveva mettere in mezzo con queste frasi fatte?
Compreso Artù; quanto odiava quando Artù gli faceva discorsi per incitarlo a sbloccarsi.
Sbloccarsi per cosa, poi? Per ricevere una delusione?

“Ehi! Ti sto parlando testa di fagiolo!”
“È la mia parola!”
“Sì, infatti ti calza a pennello”
Merlino lanciò uno sguardo gelido una volta chiuso l’armadietto ad Artù, ancora intento a cercare i suoi libri; sempre che ce li avesse.
“Comunque, che c’è?”
“Dovevi proprio uscirtene in quel modo?”
“Be’…”
“Stavamo parlando di cose delicate”
Il corvino sbuffò e, una volta appurato che stranamente Artù aveva i libri, si incamminarono verso la prossima classe dove si sarebbe tenuta la lezione di scienze.
“Chiedi consiglio a mio zio”
“Oh sì, certamente Merlino. Come avevo fatto a non pensarci prima?”
***
 
Le loro bocche si scontrarono selvaggiamente mentre con il capo accompagnavano i movimenti delle labbra bisognose le une delle altre.
Le mani si accarezzavano i capelli a vicenda, i loro occhi erano chiusi mentre i corpi appiccicati.
Be’, lo stanzino non era molto ampio.
“Salta su, principessa.”
La ragazza fece un piccolo salto – come consigliato dall’altro – e si aggrappò a lui cingendo le gambe attorno la vita.
“Ci scopriranno…” mugolò, inclinando il collo in modo tale che avesse più libertà nel baciarla, poi chiuse nuovamente gli occhi dal piacere.

Le aveva fatto perdere la testa.

Lui aveva perso la testa.
Il piacere che provavano da qualche mese a questa parte era stupendo, uno scambio reciproco di felicità, passione travolgente e sensualità erano l’ordine del giorno.

“Me ne preoccupo poco.” le alzò la maglietta e la lasciò cadere a terra, pensando di più al corpo della sua amica.

Come ci fossero finiti in quella situazione non lo sapevano affatto, era successo così da un giorno all’altro e tutto era cambiato.
Le certezze, i futuri programmati, i “la mia prima volta sarà con un ragazzo serio”.
Tutti buttati nel cassonetto.

“Galvano…” sussurrò mentre le mani del playboy della scuola si avvicinavano al gancetto del reggiseno.
“Ci mettiamo davvero poco e – ”
“ – avevamo una regola.”
“Niente sesso a scuola? Oh, piccola. Avremmo infranto questa regola più di cinque volte!”
“Ecco, le abbiamo infrante. Ora basta.”
“Ora non esistono più, in caso. Da quando qua io, Galvano, seguo delle regole?”
“Dovresti iniziare – te lo ricordi che sono la figlia del preside, sì?”
La ragazza si infilò la maglietta e uscì lasciandolo lì da solo, eccitato come mai.
Maledetta Morgana.

 
***

Artù svoltò l’angolo e trovò la sua fidanzata lì, ad aspettarlo.
Lei, bella come sempre. Un sorriso splendido che sembrava essere l’unico modo di poter ammirare il sole, mentre i suoi occhi erano delle bellissime stelle luccicanti, così incantevoli da catturare lo sguardo di chiunque e farlo innamorare. Era un po’ come Medusa.
Avrebbe potuto avere qualsiasi ragazzo avesse voluto – Lancillotto le andava dietro da quando erano entrati al liceo, Galvano le aveva fatto la corte per svariato tempo, Parsifal restava muto quando passava quasi come la temesse; Tyr la guardava con occhi adoranti, Will la ammirava, Merlino era il suo migliore amico, Morris ci aveva provato tutto il primo anno invano.
Eppure lei era lì e lo amava così tanto che Artù a volte si chiedeva se fosse vero il suo sentimento.
Cosa aveva fatto per meritarsi tutto ciò? Cosa aveva fatto per avere Gwen?
Poi si baciavano e i suoi dubbi sparivano, come in quel momento.
Si chiese quanto fortunato potesse essere per avere una persona così nella sua vita, pronta a fare di tutto per lui.

“Ti amo”
“Ti amo anche io, Ginevra. Ti amo come non credevo fosse possibile fare”

La ragazza ridacchiò, arrossendo.
Dal canto suo, Ginevra tendeva a chiedersi se lei fosse abbastanza, se lui non avesse qualcuna che colmasse quello spazio che da sola non riusciva a riempire.
Però lo amava.
Più di quanto avesse amato Merlino, la sua prima cotta e il suo primo bacio – e se proprio bisogna essere pignoli, anche primo ragazzo.
Più di quanto avesse mai pensato di amare.
Sentiva, in cuor suo, che Artù era l’unico, l’uomo della sua vita.

“Come è andata storia con la Carleon?”
“Ugh, lascia perdere. Quella donna mi odia!”
“Nessuno potrebbe mai odiare un faccino come il tuo; ricorda, è invidia.”
Ginevra sorrise e gli diede un bacio a stampo, gli occhi a cuoricino.
“E a te con Smuggler? Che avete combinato questa volta tu e Merlino?”
“Io e lui? Nulla. Quando mai combiniamo qualcosa?” domandò ironico, scortando la sua donna alla mensa.

“Vi posso assicurare che Artù non l’ha toccata con un dito!” dall’altra parte del corridoio, inascoltati, vi erano Merlino, Galvano e Lancillotto, il trio degli amiconi.
Si erano conosciuti il primo giorno di scuola alla fermata dello scuolabus – notare Galvano in mezzo alla folla mentre urlava dalla felicità non era certo difficile – e da quel momento non si erano più divisi; quando Merlino non era con Artù si trovava o con loro o con Will. 
“Dai, non ci credo Merl! È Artù!”
“Sì, ed è vergine, Lance.”
“A quanto pare.” lo difese il più pacato del gruppo. 
Merlino e Galvano guardarono entrambi con occhi storti Lancillotto, che prese l’iniziativa di andare verso la mensa. Aveva una fame da lupi.
“Voi non ne sapete nulla comunque eh”
“Non avresti dovuto dircelo, era un segreto che Artù ha confidato a te!”
“Ma zitto guastafeste!” Galvano lo spinse leggermente e Lancillotto ridacchiò.

Questi erano gli unici momenti in cui riusciva a smettere di pensare a Ginevra, ormai occupata con uno dei suoi amici. Era felice, tuttavia, per loro.
Vedeva come sorridevano in presenza dell’altro, vedeva come i loro occhi si illuminavano alla vista della loro metà.
Si amavano; e chi era lui per mettersi in mezzo?
Nessuno. Ecco chi era.

“Comunque, è un punto a nostro favore sapere che la principessa è una verginella.”

 
***
 
Artù e Merlino percorsero il salone enorme della casa – altrettanto enorme – e uscirono nel giardino, anch'esso enorme.
Non a caso Merlino si trovava nella villa dei Pendragon.
Dalla prima volta che vi era stato, ben tre anni prima, ci mise un po' ad abituarsi al fatto che il suo modesto appartamento fosse grande quanto il garage, che conteneva solo sette macchine di cui quattro erano Porsche.
Quattro Porsche in una casa, una per persona.
Impressionante.

“Ancora hai quella faccia? Sembra che non ci sei mai stato in giardino” affermò l'inquilino, già sdraiato sul divanetto nel cortile.
Un cortile con tanto di piscina, vare decine di metri di prato inutilizzato, un tavolo elegante poggiato su una piattaforma bianca in acqua con tanto di fiori qui e lì per rendere il tutto più romantico e una zona barbecue con un tavolo da dieci persone.
Tutto questo comprendeva la vista della città.

“Scusami ma – ”
“ – E non rifilarmi la scusa del non-sono-ricco-quanto-te perché in questa casa ci vivi praticamente”

Merlino sbuffò e si andò a sedere sulla poltrona in vimini affianco al divano. Aprì lo zaino e tirò fuori i vari quaderni con l'astuccio.
Formalmente parlando, Artù Pendragon invitava il suo migliore amico a casa dopo la scuola per studiare; informalmente parlando, lo invitava solo per fingere di studiare.
Ma Merlino non lo sapeva.

Quella volta però, Merlino venne colpito col suo stesso astuccio in testa dal biondino 
– e chi sarebbe potuto essere? – , che se la ridacchiava.
“Non azzardarti ad aprire libro, dobbiamo parlare di cose più importanti.”
“Più importante dello studio?”
“Sì.”

Il padrone di casa, dopo essersi alzato, si diresse verso la sdraio e poi guardò storto il corvino, ancora seduto sulla poltrona e confuso sui movimenti dell'altro.
“Vuoi guardarmi il culo tutto il giorno?”
“Ti piacerebbe” ghignò, facendo ridere a gran voce Artù.
Merlino si alzò e lo seguì; una volta sdraiati sui cuscini celesti, i due si lanciarono un'occhiata prima di ricominciare a ridere.
“Dobbiamo riparlare della questione Ginevra?” intuì il corvino – non sarà stato un genio ma conosceva Artù tanto quanto conosceva il suo piccolo appartamento a memoria. 

“Uh mh” bofonchiò il padrone di casa in assenso.
“Mi sa di déjà vu tutto questo”
“Dici?”
Merlino aspettò un po', godendosi il panorama di fronte a lui, prima di esporre il suo punto di vista.
“Non sarà pronta”
“Lei e Morgana sono migliore amiche”
“E con questo?”
“Suvvia, non penserai mica che tra amiche non si influenzano”
“Be', io non sono diventato idiota. E Gwen non è certamente una pervertita”
“Sì, e Morgana è vergine”
“Perché non lo è?” domandò innocente Merlino, facendo ridacchiare Artù.
“Ovvio che no”
“Come fai a saperlo?”
“Sono il suo gemello”
“E?”
“Merlino ma non capisci nulla?!” sbraitò leggermente infastidito, alzandosi leggermente con il busto.
“Davvero, quando sto con te mi innervosisco così tanto che – ”
“ – Dicono che per rilassarsi basta fare un po’ di sesso”
“Merlino!”




Ed eccomi qui!
Sì, lo so che non è chissà cosa come inizio, però non riuscivo ad immaginarmi nulla se non questo - probabilmente le mie manine non avrebbero collaborato se avessi mosso la long in una direzione diversa.
Comunque io ho un'ansia a pubblicarla - mamma mia, il cuore sta esplodendo!
Allora, vorrei chiarire un paio di cosette prima di lasciarvi commentare l'obbrobrio non betato che vi ho portato come primo capitolo *si nasconde*
Punto primo: questa è un'AU ambientata 1) in America 2) in una High School. 
So che sono inglesi e tutto (o almeno la maggior parte di loro) però la high school inglese non mi ispirava *fa spallucce*
Punto secondo: sono tutti all'ultimo anno - inizialmente l'idea era di divederli, ma poi mi è venuta un'assurdità in mente e quindi Leon, Parsifal, Artù, Merlino, Morgana, Galvano, Lancilloto, Gwen e Freya (e altri personaggi che ora non vi rendo noti hihi) sono tutti al 4 anno (in America ce ne sono solo quattro)
Per quanto riguarda Elyan e Mordred, loro sono al primo anno quindi - vi avviso - saranno quasi fantasmi nella storia (nonostante mi dispiaccia per Elyan perché tra lui e Parsifal non so chi viene filato di meno)
Punto terzo: nei dialoghi potrei coniugare nel modo sbagliato i verbi solo per dare una parvenza di realtà - diciamo che non sempre i ragazzi parlano correttamente, me compresa XD
Con i chiarimenti ho finito :)
Quindi ora, i ringraziamenti anticipati sono stati fatti su per le fantistiche quattro però ringrazio comunque voi lettori silenziosi (tranquilli non vi mordo se recensite) e coloro che aggiungerano la storia alle preferite/seguite/ricordate.
Vorrei anche consigliarvi l'ascolto della canzone che mi ha dato il titolo, cioè Battle Scars dei Paradise Fears (sì, quella citata a inizio storia) - anche perché avrà un grande ruolo prima o poi nella storia! ;)
Non so davvero cosa scrivere quindi mi dileguo.
Spero vi sia piaciuta e che mi vorrete seguire assieme a questo gruppo di pazzi liceali!
Bacioni, 
royal_donkey.

 

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Capitolo 2
*** Un Abbraccio ***


Capitolo 2
“Un Abbraccio”
 
Come ogni cena in casa Pendragon, si discuteva di cose superflue perché Uther Pendragon non sapeva affatto prendere i figli e parlare della moglie ormai defunta gli era letteralmente impossibile.
Per i piccoli Artù e Morgana, la madre era quasi una figura mistica: non sapevano nulla di lei se non l’aspetto, la data di nascita e di morte.
Uther non si era mai dimostrato collaborativo, la perdita dell’amata era stata un colpo basso per tutti ma lui aveva deciso di nascondere il dolore come non fosse mai esistito, quasi come si stesse dimenticando di aver perso qualcuno di importante durante la lotta contro il cancro.

“Quindi Morgana, come vanno gli allenamenti di cheerleading? Pensi di candidarti come capitano, quest’anno?” la figlia sorrise e bevve un po’ di vino presente nel bicchiere, poi guardò suo padre con dolcezza.

Morgana era l’orgoglio della famiglia; anche Morgause, sì, ma la sua gemellina era l’unica a ricevere le migliori attenzioni del padre – la fortuna di essere nata con tratti più simili ai suoi che a Igraine aveva aiutato.
Artù era la copia identica della madre, tutti lo affermavano nel momento in cui lo incontravano la prima volta e ogni “sei tutto tua madre” il cuore collezionava un piccolo crack in più.

Gli mancava sua madre, avrebbe voluto uno di quei suoi abbracci caldi e familiari che lo facevano stare meglio quando la notte piangeva.
Ricordava come lui e Morgana giocavano seduti a terra a fianco al suo letto nell’ultimo periodo e ricordava perfettamente come la notte sgattaiolava nella camera dei genitori per stringersi alla madre.

Artù sarà anche un imbecille agli occhi del padre e degli amici, ma aveva capito che la sua mamma non sarebbe stata più come prima e cercava di farle capire che lui le avrebbe sempre voluto bene. Allora Igraine lo stringeva al petto, senza forze ogni giorno di più, sorrideva e piangeva perché amava suo figlio e avrebbe dato tutto pur di vederlo crescere nei migliori dei modi.
E Igraine aveva dato la sua vita.

“Artù?” il ragazzo sbatté numerose volte le palpebre prima di vedere nitido di nuovo.
“Sì, dimmi papà” si girò verso l’uomo anziano che lo guardava curioso – quanto desiderava Artù che quello fosse uno di quegli sguardi preoccupati che tanto riservava a Morgana – mentre la sorella mangiava il resto del piatto, sapendo che dopo sarebbe andata in camera sua per parlare dell’accaduto, come sempre.

“Ti ho chiesto se quest’anno hai intenzione di evitare altri richiami da Smuggler. Non è neanche terminata la prima settimana dell’anno scolastico e già si è venuto a lamentare!”
Artù alzò gli occhi al cielo, mai una volta che suo padre non dovesse rimproverarlo.
“Non succederà più.”

Certo che sarebbe successo, Artù gli aveva semplicemente detto ciò che voleva sentire.
“Bene. Oppure mi ritrovo a doverti separare da Merlino.” affermò quindi il vecchio, prima di bere un sorso di vino dal suo calice.
“No! Non puoi!”
Uther roteò gli occhi esasperato prima di posare la flûte con attenzione sulla tovaglia bianca.
Artù lo guardava incredulo, pensava che davvero fosse stato meglio senza Merlino? Avrebbe fatto di peggio se non ci fosse stato l’amico – e lo stesso valeva per l’altra metà del duo dei pasticci.

“Non riesco ancora a spiegarmi perché sei così affezionato a lui…”

Il biondino arrossì, poi continuò a mangiare. Che cosa si stava immaginando il padre?
Merlino era l’unico che lo capiva, che lo sosteneva e che, francamente parlando, lo mandava a quel paese quando serviva – e serviva spesso.
Erano lo yin e lo yang: il giorno e la notte, il bene e il male; erano uno l’esatto opposto dell’altro eppure erano più simili di quanto facessero credere.

Entrambi non avevano avuto un genitore, entrambi l’avevano perso ingiustamente, entrambi indossavano le maschere. Maschere che ancora non riuscivano a levarsi davanti all’altro.
Sì, erano se stessi quando erano insieme, ma c’erano pezzi del puzzle che mancavano, pezzi persi per strada che nessuno dei due era pronto a cercare.

“Con permesso, vado in camera.”

Artù si alzò e nonostante il padre gli avesse negato l’autorizzazione, andò nella sua stanza.
Non voleva più sentirlo parlare e aveva bisogno di sfogarsi.
Avere Uther Pendragon come padre era difficile, complicato.
O eri il suo preferito o potevi anche morire.

Appena chiuse la porta, scivolò contro la superficie e cominciò a piangere.
Lacrime di dolore per l’assenza della madre.
Perché se n’era dovuta andare così presto?
Non poteva avere qualche giorno di più?
Non poteva essere più grande cosicché se la ricordasse meglio?

“Vaffanculo!” urlò tra singhiozzi e tremolii.

Si alzò, guardandosi tutto intorno.
Non voleva questo – non gli serviva una casa da ricconi, non voleva una chitarra costosa giusto per essere appesa al muro, non voleva una piscina, non voleva vestiti di marca.
Voleva amore.
Voleva sua madre.

Tirò su col naso e guardò fuori la finestra, le stelle erano nascoste, le nuvole sparse casualmente sullo sfondo blu notte.
La luna illuminava lievemente la stanza del ragazzo, con le pareti di un blu scuro che la notte sembrano fondersi col cielo.

Basta.
Non ce la poteva fare più.
Che senso aveva restare?
Che senso aveva vivere se l’elemento base gli mancava?
Come poteva vivere con un padre del genere?

Tutti attorno a lui lo vedevano felice, tutti lo invidiavano, tutti desideravano una vita simile alla sua.

Ghignò al pensiero.
Volevano tutto questo? Sul serio?
Lui non l’avrebbe voluto, non lo voleva eppure lo aveva ottenuto.
A quale prezzo poi?
Quello di perdere la donna più importante della sua vita?
Poteva anche farne a meno di tutto questo lusso allora.

Sarebbe voluto essere Merlino: avere una madre dolce, affettuosa, premurosa e protettiva – anche se significava non aver tutte queste cose.

Doveva essere più presente, doveva cullarsi sua madre fin quanto poteva, doveva… avrebbe dovuto fare qualcosa.
Magari non sarebbe finita così.

Tutto ciò che Artù chiedeva era un altro abbraccio da parte della madre. Uno solo. Non due, non tre.
Un unico abbraccio.
Si sarebbe sentito meglio.

E allora uscì dalla camera e aprì la porta successiva, entrando in bagno.
Con estrema fretta aprì tutti i cassetti in cerca di quell’oggetto.
Sembrava essersi nascosto apposta.

Il suo cuore batteva troppo velocemente, l’accumulo di lacrime gli impediva di vedere bene cosa aveva davanti. Frugava dappertutto, non lo trovava.

Poi si tagliò la punta dell’indice, sorrise privo di vita dentro di sé e afferrò la lametta che da tanto cercava.

Bastava qualche taglio profondo e lui e la madre si sarebbero riuniti, finalmente.

“Scusa Morgana” sussurrò prima di sedersi a terra, posando il fianco contro il bancone del bagno.
Si tenne fermo il braccio – o quantomeno ci provò – prima di indirizzare la lametta contro la pelle.

Finalmente avrebbe avuto l’abbraccio tanto desiderato.
***
 
“Non risponde” disse Gwen mordendosi il labbro, preoccupata.
“Magari sta mangiando” fece spallucce Merlino, sdraiandosi sul letto dell’amica.
“Alle nove e mezza?”

Tra i due ci fu un momento di silenzio prima che Merlino riprese a parlare.

“Perché ti preoccupi?”

Ginevra abbassò la testa, giocando con la cover del telefono. Sapeva che c’era qualcosa di strano, a quest’ora Artù era sul letto insieme a Iggy, il suo cane. Ospiti non ce n’erano e di questo ne era sicura, la cena iniziava ogni sera alle otto in punto e non vi era nessuna possibilità che durasse così a lungo.
Aveva davvero un’altra?
Magari erano impegnati a fare… cose.

“Gweeen” la richiamò alzandole il volto con l’indice e il pollice. Non si era neanche accorta che si era alzato.
“Che c’è? Dimmelo. Sono il tuo migliore amico.” sorrise cercando di rincuorarla.
“C'è un’altra; vero?”
“Cos – no! Artù è la persona più fedele che io conosca, non potrebbe mai tradirti.”
“Ma noi non… insomma…”
“Lo so. Ti ricordo che sono anche il suo migliore amico.” le fece l’occhiolino e la abbracciò, pensando a quanto fossero stupidi.

“Lui si sta disperando per capire perché non fate sesso e tu ti disperi perché pensi lui abbia un’altra? Una volta in cui non vi serve il mio aiuto ci sarà mai?” ridacchiò, poi notò l’ora e decise che era il momento di andare o la madre avrebbe dato di matto.

“Va be’, io vado o mamma mi uccide. Tu non farti strane idee, Artù sta solo; magari gli si è solo spento il telefono. Fammi comunque sapere, se ti fa stare meglio” le diede un bacio sulla guancia e andò verso la porta, accompagnato dalla riccia.
“Sì, ti avviso appena risponde” sorride e lo segue verso l’ingresso.
“Probabilmente si starà soddisfacendo da solo” ridacchiò, notando quanto rossa l’aveva fatta diventare.
“Merlino!”
***
 
“Che cazzo pensavi di fare deficiente?!”
“Morire, magari?” rispose sarcastico, avviandosi verso la porta per uscire; non aveva molta voglia di parlarne anche perché negare era impossibile: Morgana lo aveva trovato a terra con un taglio – grazie a Dio superficiale – e la lametta in mano. E certamente quel taglio non poteva essere un incidente, non se fatto in quel modo.
Morgana era troppo intelligente e furba, non si sarebbe bevuta nessuna scusa che le avrebbe rifilato. 

“Tu non esci da qui finché non mi dici il motivo, Artù Pendragon.”

Il ragazzo deglutì, strinse la maniglia e serrò la mascella.
Ma lei cosa ne poteva sapere?
Lei viveva una vita felice, il padre non la trattava come fosse spazzatura.

“Non puoi capire”
“Se spieghi possiamo affermare o meno questa tua teoria.”
“Non mi farai parlare, non questa volta.”
“Lo dici sempre”

Artù si voltò e vide la sorella che si guardava le unghie sicura di avere la situazione sotto controllo.
Sarebbe diventata un’avvocatessa con i fiocchi, su questo non aveva dubbi.

“Perché lo stavi facendo, Artù?”
“Affari miei”
“Parlami, ti prego!”
“No cazzo! No significa no, Morgana! Oppure vale solo per voi donne questa regola del cazzo?!”

Uscì dalla camera sbattendo la porta e rientrò nella stanza, poco distante, lasciando Morgana senza parole.

Aveva solo bisogno di qualcuno che lo capiva realmente.
Aveva bisogno di un abbraccio sentito, vero.
Aveva bisogno di parlare con qualcuno e sentire che non era l’unico a soffrire e a sentirsi così.
Aveva bisogno di sentirsi dire che tutto sarebbe passato, che tutto sarebbe andato per il meglio.
Aveva bisogno di sapere che non durava in eterno questo dolore.
Aveva bisogno di amore.
Aveva bisogno di qualcuno che potesse ripararlo.

Ma non avrebbe mai chiesto aiuto, non era da uomini farlo.

Prese il telefono e chiamò l’unica persona di cui necessitava in quel momento, non gli importava quanto tardi fosse.

Aveva bisogno di lei.

Rispose al primo squillo, come suo solito.

“Gwen”
“Artù, amore. Come va?”
“Ho bisogno di te.”
“È tutto okay? Lo sai che sono qui, puoi dirmi tutto.”
“Ho bisogno di… di averti qui con me, Ginevra.”

Dall’altra parte del telefono vi era una ragazza tentata che si mordeva il labbro, indecisa.
Avrebbe dovuto dirlo a suo padre o sarebbe dovuta scappare di nascosto? Di certo non lo avrebbe lasciato solo. Sentiva la fragilità nella sua voce e non si sarebbe perdonata un’assenza in un momento come quello, qualsiasi cosa fosse successa.

“Lo so che è tardi. Lo so. Ma ho bisogno di te. Ti prego Ginevra.”
“Arrivo il prima possibile”



SBAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAM!
No okay, lo so che mi odiate tutti (mi odio anche io), so che ho "esagerato" magari con il gesto di Artù, ma io, sinceramente, lo immagino spavaldo agli occhi degli altri ma dentro emotivamente distrutto - e nessuno se ne accorge perché ha una vita perfetta, è ricco e non può essere triste. 
Sì, giocherò molto sui pregiudizi, o almeno spero di farlo. 
Tornando a noi, questo doveva essere il terzo capitolo ma, rileggendo il secondo, ho deciso di buttarlo nel cestino (magari lo posterò su instagram com fa elfin emrys hihi). 
Mi dispiace per un pezzo solo del secondo capitolo, cioè l'ultimo, in cui si comincia a conoscere Parsifal - uff. 
Solo che si salvava unicamente quel pezzo e ficcarlo qui... nah :/
Non centra per niente. 
Vedetela in modo positivo, un capitolo in meno di attesa per la Merthur! Anche perché, se Artù non avesse fatto ciò che ha fatto (ho evitato di entrare nei dettagli 1) per la paura di sforare nel rosso; 2) per evitare di descrivere male tale scena, questi sono argomenti delicati e finché non sono propriamente informata al riguardo vorrei trattarli seriamente ma senza dire cavolate - aggiungo in fretta: non credetevi che Artù lascerà vedere i tagli a tutti, Morgana lo sa perché l'ha colto in fragrante) non ci saremmo mossi verso la nostra amata ship, a tempo debito capirete. 
Comunque, parlando di cose serie: ringrazio therealbloodymary01 elfin emrys Felpie per aver recensito il primo capitolo, sempre presenti voi tre!
Poi voglio prendere un piccolo momento per ringraziare Dany_skywalker evuzzola (che nome carino e originale! XD) , LadyTsuky nuovamente therealbloodymary01 per aver aggiunto tra le seguite la ff - che spero sia diventata leggermente più interessante a questo punto. 
Ringrazio, come sempre, i lettori silenziosi - io vi vedo, non so chi siete ma vi vedo. 
Ah, prima di chiudere! 
Volevo avvisarvi che martedì ricomincerò scuola ed uscirò ogni giorno alle 15.00 (per ora alle 13.00, ma quando saranno 6 ore mi tocca uscire alle 15.00 con 'sta cosa del Covid) e quindi è per questo che aggiornerò il sabato - per Lost In The Wild resterà sempre Martedì, essendo quasi al termine. 
Quindi se dovessi ritrovarmi un po' incasinata; soprattutto nel mese di ottobre - che c'è il mio compleanno, prime verifiche e ho anche la cresima - e di maggio - sperando comunque che non mi ritrovo materie sotto) vi invito a seguirmi su instagram ( 
https://www.instagram.com/royal_donkey/ ) per restare aggiornati in caso di eventuali cambiamenti o ritardi con l'aggiornamento, nonostante io speri di essere precisa. 
Bacioni,
royal_donkey

 

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Capitolo 3
*** Sentimenti Soffoca(n)ti ***


Capitolo 3
“Sentimenti Soffoca(n)ti”

 
Ce ne era voluto di tempo per convincere Tom ad accompagnare sua figlia a casa del fidanzato con così tanta urgenza di sera tardi, ma alla fine erano arrivati davanti la villa e Ginevra era corsa all’interno salutando molto distrattamente il padre. Suonò il campanello e la porta venne aperta dalla domestica.
“Artù è in camera?”
“Sì signorina.”
Gwen la ringraziò e salì le scale ansiosa di poter scoprire cosa diamine fosse successo.

Una volta al primo piano, trovò Artù sull’uscio della sua camera a petto nudo, la spalla posata sullo stipite e le braccia incrociate sotto i pettorali muscolosi.

“Ciao amore.”

Sussurrò dolce, avanzando verso di lei.

Gli occhi erano leggermente rossi mentre il gonfiore attorno era ancora abbastanza visibile.
Si mosse in avanti preoccupata e prese il viso tra le mani.

“Hai pianto?”
“No.” Rispose freddo, serrando la mandibola.
“Artù…”
“Non voglio parlarne. Voglio distrarmi, ti prego.”

Ginevra annuì ed entrarono in camera, mano nella mano.

La ragazza ripensò al loro primo bacio, a come in quel periodo Artù le diceva tutto. Cosa era cambiato? Aveva davvero un’altra e Merlino lo stava coprendo? Perché avrebbero dovuto farle questo?

“Gwen!”la ragazza si girò notando che Artù correva verso di lei.
Voltò di nuovo il capo per assicurarsi che il pullman non stesse partendo, altrimenti se la sarebbe dovuta fare a piedi e non ne aveva molta voglia: l’ora di educazione fisica l’aveva distrutta ed era già un grande passo essere ancora intera e in posizione retta.
Tornata a casa si sarebbe sdraiata e non avrebbe fatto nulla per il resto della giornata.
Una volta ogni tanto Elyan poteva lavorare al posto suo.


“Artù, dimmi.” Sorrise guardandolo fermarsi davanti a lei con il fiatone.
Il suo cuore batteva veloce, lo sentiva quasi uscire dal petto; da qualche settimana lei e Artù uscivano spesso da soli il pomeriggio e lei non aveva fatto altro che innamorarsi di ogni centimetro del corpo del ragazzo e di ogni suo pregio e difetto. Lo amava senza se e senza ma.
Lo amava e basta.
Sperava che almeno qualcosa con lui sarebbe successa, Merlino era stata una sciocchezza di cui però non si pentiva – era stata una cosa su cui riderci su.
Con Artù però si sentiva diversa, c’era un briciolo di speranza che questa volta le cose sarebbero andate diversamente.


Lo sentì sussurrare un “o la va o la spacca” prima di ritrovarsi stretta in un suo abbraccio e sentire una pressione sulle sue labbra.
Sorrise sulle labbra del biondino e ricambiò il bacio senza pensarci due volte.


Si ricordò di quando la madre le diceva che l’amore l’avrebbe riconosciuto senza dubbi, perché per quanto non si potesse sapere chi sarebbe stato l’uomo o la donna della propria vita dal primo incontro – quante volte ci si era illusa al riguardo; il vero amore lo avrebbe capito una volta che ci sarebbe stata dentro. Lo avrebbe capito perché avrebbe vissuto la differenza, non perché la percepiva.

La madre era una donna saggia.

Si staccarono e Artù sorrise.
“Vuoi essere la mia ragazza, Ginevra?”

“Sì, con tutto il mio cuore.”

Sentì il motore del pullman accendersi – il rumore non passava inascoltato – e scappò salutando con un bacio a stampo il suo nuovo ragazzo, per evitare di perdere la corsa.
Una volta sul pulmino, prese posto e cercò di realizzare la notizia.


Artù era il suo ragazzo.
Artù era innamorato di lei.


Guardò fuori il finestrino e vide una testina bionda saltellare in giro felice come una pasqua.
Si morse il labbro e capì che lui era la differenza di cui sua madre parlava tanto.

 
***
 
Artù guardò silenziosamente divertito il suo migliore amico nonché compagno di banco dormire con la guancia posata sul banco.
Seguì con gli occhi i contorni del suo volto, così piccolo e così grazioso per un ragazzo.
Sorrise vedendo come era rilassato – era un miraggio vedere Merlino tranquillo, sempre troppo vivace.
La bocca del corvino era leggermente schiusa e poteva sentire il respiro caldo lasciare le sue labbra.

Ad Artù piaceva vederlo sereno, era una conferma che Merlino stesse bene ogni tanto.
O forse era una conferma che avrebbe sempre avuto qualcuno su cui contare con la testa sulle spalle e niente problemi esagerati.

“Ei, svegliati” sussurrò vedendo la professoressa Carleon entrare in classe.
“Merlino” sussurrò leggermente più forte, scuotendolo.

Questi aprì gli occhi lentamente e, vedendo l’espressione di Artù, capì che era ora di alzarsi.
Storia l’ora prima di pranzo era un crimine.

“Idiota!” lo sgridò sottovoce, dandogli un leggero schiaffetto sul braccio e guadagnandosi una risatina in risposta.

Guardarono l’insegnante tirare fuori dei fogli e lasciarne a pacchetti ai primi banchi, facendoli poi passare dietro.

I due si guardarono all’istante, un’espressione tipica di chi era nei guai presente sulle facce di entrambi.

“Test a sorpresa!”

 
***
 
“Du Lac, potresti venire a mostrare il tuo lavoro per oggi?” domandò il professore avvicinandosi al ragazzo, il quale si alzò e andò alla cattedra.
“Una delle cose più dure nella vita è avere parole nel tuo cuore che non puoi pronunciare; di James Earl Jones.” Recitò, poi fece un lungo respiro e guardò Ginevra.
Quella frase aveva calzato a pennello la situazione.
“Eh; tu, Lancillotto, cosa ne pensi?”
“Be’, non ci sono parole più vere.”
“Argomenta meglio, per favore.”
“Certamente professore. Be’, non ci sono parole più vere perché soffocare un sentimento così forte dentro di te, cosciente che in un modo o nell’altro quell’amore è impossibile, ti distrugge lentamente. All’inizio sei sicuro di farcela, che è facile – l’amore non è poi così forte, non è detto neanche detto che sia amore. Poi passano i giorni, le settimane, i mesi, e senza accorgertene è diventata un’abitudine che non riesci a pronunciare quelle parole anche se in assenza della persona amata. E allora preghi con tutto te stesso che sia passato, che sia stata solo una cottarella. Preghi, implori che quel sentimento non fosse niente di che. Solo in quel momento realizzi però di aver donato il cuore a quella persona nel momento in cui l’hai incontrata. E senti un nodo allo stomaco, un qualcosa nella gola troppo strano. Ti sei condannato da solo a questo inferno e non ne puoi più uscire, è un ciclo infinito.”

Il professore lo guardò incuriosito, mentre Ginevra sorrise – sapeva quanto Lancillotto era bravo con le parole, non a caso aveva una miriade di ragazze che gli andavano dietro ed era il più bravo a letteratura. Alcune ragazze si girarono verso di lei, sguardi freddi e antipatici, il motivo poi qual era? Cosa aveva fatto lei? Alzò le spalle, non le importava il giudizio di altra gente che non fosse sua amica, aveva Artù, una famiglia unita e tanti amici pronti a schierarsi dalla sua parte.

Era stata così fortunata.

Un ragazzo biondo si sedette affianco a lei, seguito da una ragazza estremamente bella. Una Dea. La ragazza aveva dei capelli neri legati in una treccia laterale lunga, mentre il maschio teneva i capelli tirati indietro dal gel.

Invece lei era lì con i suoi capelli ricci e disordinati – doveva seriamente considerare l'idea di comprarsi una piastra per lisciarli e poterli tenerli più composti – a rendersi ridicola il primo giorno di liceo. 

I ricci erano un vero incubo. Non poteva nascere liscia? No, i suoi genitori non le volevano bene.

Si rimpicciolì seduta su quella poltrona rossa, sentendosi una nullità in mezzo a tutte quelle persone così belle e piene di autostima.

Il liceo non le piaceva affatto.

Un signore sui cinquanta salì sul palco mentre un ragazzo magro – troppo magro – si sedeva davanti a lei coprendole la visuale.

"Buongiorno a tutti ragazzi e benvenuti alla Camelot High School. Io sono Uther Pendragon, preside della scuola, e lui è Aredian Witchfinder, il mio braccio destro nonché vicepreside.”
Seguirono qualche attimi, regnati da un rigoroso silenzio, prima che il signore – ormai identificato come preside – ricominciasse a parlare.
“Gli anni del liceo sono per molti gli anni migliori della loro vita: tra primi amori, amicizie e nuove esperienze che portano alla crescita. Sfortunatamente qualcuno si trova male in questi quattro anni, vittima dei tanti temuti bulli. Qui, però, sarete protetti da ogni tipo di violenza – e in caso dovesse presentarsi un atto che va contro le regole della scuola, questo verrà severamente punito. Quest'anno, inoltre, tra di voi ci saranno i miei altri due figli: Morgana ed Artù” un uragano di applausi accolse la sua ultima frase, facendo nascere sul viso di Uther un sorriso orgoglioso.
Notò che i due seduti vicino a lei si erano nascosti nel momento in cui il preside annunciò i nomi dei suoi figli e si ripromise di non metterseli contro o la sua permanenza alla Camelot High School sarebbe stato un inferno.
“Trattateli bene, mi raccomando.” Disse poco prima che la folla smettesse di battere le mani. 


“Che questi quattro anni siano pieni di gioie per tutti voi!” dichiarò dopo una lunga introduzione agli orari e alle regole basilari.

Ginevra era una ragazza semplice – forse anche fin troppo.
Non ha mai amato essere al centro dell’attenzioni, perché preferiva nascondersi da chiacchiere e finte amicizie.
Da quando sua madre era morta di cancro al seno, si era presa cura del fratello minore assieme al padre cercando di poter quantomeno avvicinarsi alla mancanza della figura genitoriale.
Iniziare il liceo era un punto di svolta, anche se già vedeva un futuro molto diverso da quello che si aspettava. Tutti più belli di lei, con una bella vita e una famiglia unita e felice; non che lei non l’avesse, ma le mancava la sua mamma.


Si alzarono finito il discorso del vicepreside – che sembrava il classico cattivi dei film – e si mossero tutti insieme verso il corridoio, dove sarebbe iniziato il tour dell’edificio che li avrebbe ospitati per i prossimi quattro anni.
Fece un respiro e poi si guardò attorno: la sua nuova vita stava iniziando.


Ginevra scosse il capo in fretta presa dai ricordi, poi guardò Lancillotto tornare a posto.

Nel momento in cui i loro occhi si incatenarono – seppur per una frazione di secondo – Lancillotto arrossì e, per non farsi vedere, abbassò il capo andandosi a sedere al penultimo banco della fila centrale.

“Gwen, tocca a te” sorrise il professore.
La ragazza si alzò e lo guardò negli occhi una volta alla sua postazione, sentendosi leggermente più alta del professore davanti a lei.
Grettir Gatekeeper era un uomo affetto da nanismo, ma non per questo gli studenti lo prendevano in giro, anzi.
Tra lui e i suoi studenti c’era un bellissimo rapporto, spesso si confidavano con lui e la differenza di altezza lo integrava in qualche strano modo nel mondo dei giovani.

“Non c’è travestimento che possa alla lunga nascondere l’amore dov’è, né fingerlo dove non è; di François de La Rochefoucauld.”
La ragazza sorrise e guardò il foglio pieno di cose scritte, anche fin troppe. Diciamo che era diventata più una pagina di un diario segreto dove parlava del rapporto con Merlino.

Meglio non leggere pensò. 

“Professore, potrei rispondere a voce senza leggere gli appunti? Mi sono lasciata un po’ prendere la mano” dichiarò in imbarazzo.
Grettir sorrise premuroso e si avvicinò a lei.
“Penso che sia un esempio stupendo se tu leggessi ciò che hai scritto, sarebbe frutto di emozioni ed è proprio su questo che vi ho chiesto di lavorare!”
Gwen annuì, incolpandosi ancora un volta per essere stata così stupida.
Doveva davvero chiedere ad Artù di aiutarla a fuggire da questi momentacci.

Ormai obbligata, prese fiato e iniziò a leggere quel lungo fiume di parole.

 
***

“Merlino!” lo richiamò a bassa voce, allungando un occhio sul compito dell’amico –  in parte bianco come il suo, in parte coperto dal suo stramaledittissimo braccio.
“Che vuoi?”
“La 4”
“Non ho studiato nemmeno io, ti aspetti che ti dica quella giusta?”
“Sì!”

Merlino si diede uno schiaffo sulla fronte, incredulo che il suo migliore amico potesse essere davvero così imbecille.
In fondo erano migliori amici per un motivo.

“Lo so che la sai!”
“E io ti dico che non la so!”
“Ma sai sempre tutto!”
“Ma cazzo lo saprò meglio io se non rispondere a una domanda?”

Artù lo guardò male, poi prese la penna e gliela puntò contro.

“Se prendi A giuro che ti uccido, Hunithson.”

 
***
 
“Il peggior modo di sentire la mancanza di qualcuno è starci seduto vicino e sapere che non lo potrai avere mai; di Gabriel García Márquez.”
“Sì, vai Parsifal. Mostraci il tuo lato tenero” scherzò il professore, interrotto poi dalla campanella.

“Magari la prossima volta, okay?” il ragazzo annuì, prese il suo zaino e uscì dall’aula seguito da Lancillotto e Ginevra.

I tre cominciarono a commentare tutte le facce scioccate di chi aveva scoperto che la ragazza aveva in realtà avuto una brevissima relazione con Merlino prima di uscire assieme ad Artù: erano esilaranti e se solo avessero potuto ci avrebbero fatto un servizio fotografico.

Camminando verso la mensa, Gwen notò che le finestre erano piene di goccioline e fuori era tutto scuro, così fermò i due, troppo intenti a parlare di come Grettir ci fosse rimasto al sentire tutto ciò –  la prossima volta, ne erano sicuri, non avrebbe incoraggiato nessuno a leggere per intero il loro compito.

“Stasera avevamo in programma la grigliata da Galvano” sbuffò Parsifal, dispiaciuto dal tempo.
“Magari si calma oggi pomeriggio” sorrise Lancillotto, inspirando un po’di positività – quella che in quel momento serviva proprio a lui.

“Qualcuno deve prendere il pranzo? No? Andiamo allora.” si intromise Gwen, senza aspettare una risposta, avviandosi verso l’aula del professore di scienze.

Nel frattempo, nella classe di Gaius, vi erano Artù e Merlino seduti sul banco davanti mentre mangiavano il loro primo panino. Morgana era seduta su una sedia affianco al termosifone, Leon era appena entrato seguito da Galvano mentre il professore occupava il posto dietro la cattedra.

“Sì ma ha fatto la stronza, non puoi negarlo!”
“Non è sicuramente una bella sorpresa” confermò il vecchio ad Artù, ancora irato dall’idea brillante della professoressa.

“L’ha mandata cortesemente al paese da parte tua” spiegò Merlino prima di dare un altro mozzico al sandwich.
“A te Leon come è andata?”
“Glielo chiedi pure?” si intromise Morgana, ricevendo una linguaccia dal gemello.

Il biondino scartò il secondo panino nel momento in cui entrarono Gwen, Parsifal e Lancillotto. Ora erano al completo.

Mancavano Elyan e Mordred, ma erano troppo piccoli e non li volevano in mezzo – soprattutto la riccia, perché doveva sopportare il fratello tutta la giornata e a scuola avrebbe preferito evitarlo.

Baciò a stampo Artù, facendo deglutire Lancillotto. Il suo cuore si spezzava sempre un po’ di più ogni volta che li vedeva. E, come ogni volta che li vedeva, rimpiangeva ciò che non aveva fatto qualche anno prima.
Le aveva chiesto di uscire.
Ce l’aveva fatta.
Lei aveva accettato.

E poi era arrivato Artù, che aveva confessato a Merlino di essersi innamorato di Ginevra, e Merlino lo aveva confessato a Lancillotto, così contento di esser riuscito a far ammettere ad Artù i suoi sentimenti.

Così le aveva scritto che non sarebbero più usciti, perché il ragazzo non avrebbe mai fatto del male ad un amico, nonostante la amasse da molto più tempo.

Il giorno dopo si ritrovò chiuso in uno stanzino assieme a Gwen – quelli sì che erano stati sette minuti in paradiso – e il desiderio di confessarle c’era e forse era più forte dell’amore che provava per lei, ma vedeva le lacrime di Artù davanti a sé. Vedeva Merlino che lo incolpava di aver distrutto due cuori giovani e felici.
E allora aveva lasciato la stanza, lasciando lì tutte le speranze, tutte morte quel giorno.
E per fortuna che erano le ultime a morire.
Forse perché il giorno prima era morto lui.  

“Ew”
“Cosa?”
“Ha finalmente recuperato la vista” scherzò Merlino, guadagnandosi uno schiaffo sulla nuca.
Gwen ridacchiò e poi rassicurò il suo ragazzo.
“Sai di maionese e tonno.”
“E tu odi il tonno.”
“Già.”

La ragazza ridacchiò nuovamente e si sedette vicino ad Artù, in modo tale che potesse posare la testa sulla sua spalla.

“Oggi Lancillotto si è superato” Gwen decise di cambiare il discorso, pensando a come l'amico abbia completato il compito del professore. Nonostante amasse Artù e i suoi modi di fare, Lancillotto aveva quel romanticismo che mancava al suo ragazzo.
“Ah sì?” domandò il biondino, curioso.
Parsifal si intromise, spintonando leggermente il belloccio affianco a lui.
“È palesemente innamorato!”
“Io? No.”
Artù ghignò alzandosi.
Lancillotto si sentì morire.
Deglutì, cercando di mandare giù l’ansia.
Se Artù avesse scoperto dei suoi sentimenti per Ginevra sarebbe morto in un battito di ciglia.

“Io so di chi sei innamorato.”



Io e il finire i capitoli così siamo una cosa sola.
Sono un po' cattiva, lo so. 
BTW, ecco il terzo capitolo (per vostra informazione sono riuscita ad infilarci un'altro pezzo del capitolo scartato, vediamo se indovinate quale! ;D) con tanti di messaggi segreti che adoro hihi - non sono tantissimi ma ce ne sono un po' - e dubito li capirete perché è una cosa che potrebbe venire notata dopo aver finito la lettura o comunque quando la storia è quasi al termine. 
Mi dispiace che Parsifal è ancora un po' un mistero e non abbia lo spazio ma presto arriva, giuro (e non vedo l'ora)!
In tutto ciò è anche ricominciata scuola e sto piena fino all'orlo dovendo recuperare 5 materie ma giuro che non mollo la long o elfin emrys , Felpie , therealbloodymary01ComesWhatKlaine mi uccidono!
Spero vivamente il capitolo vi sia piaciuto *^*
Ringrazio Morgana_Melissa per aver aggiunto la storia tra le preferite, ti ringrazio dal profondo del mio cuore! T^T
A coloro che la seguono e alle tre pazze che recensisco sempre ogni cosa che pubblico: elfin emrys Felpie therealbloodymary01!
Grazie a tutti!
Bacioni,
royal_donkey

 

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Capitolo 4
*** Jogging con i jeans ***


Capitolo 4
“Jogging con i jeans”


 
Ah sì?” domandò Lancillotto, guardando dritto negli occhi di Artù – suo grande amico ma al contempo suo grande rivale in amore.
Sentiva il cuore battere all’impazzata, cosa avrebbe dovuto fare?
Confessare i suoi sentimenti sarebbe stata la cosa più giusta, ma cosa ci avrebbe guadagnato?
Il comportamento dei suoi amici sarebbe cambiato, avrebbe confuso Ginevra – e poverina, non se lo meritava affatto – e avrebbe ricevuto vari sguardi a cui preferiva non pensare.

Ma soprattutto, Artù come l’avrebbe presa?
Lo avrebbe odiato?
Evitato?
Ignorato?
Lo avrebbe picchiato?
Per Ginevra il ragazzo aveva iniziato risse e inimicizie, Lancillotto non voleva certamente essere il prossimo.

“È palese amico!”

Oh merda.

“Sei innamorato di…”
“E dillo cretino!”
“Ti vuoi stare zitta deficiente?”
Morgana alzò gli occhi al cielo e Galvano si avvicinò per poterla stuzzicare, come suo solito.
“Sefa.”

Quando disse il suo nome, il ragazzo sospirò sentendosi molto più leggero.
Anche se non sapeva di chi diamine stesse parlando Artù.

 
***
 
“Allora Merl, vieni da me stasera? Partitina di calcetto –”
“– Sai che non gioco a calcetto, genio”
“Finalmente qualcuno che comprende la mia intelligenza!”

Merlino spintonò Artù mentre attraversavano il grande prato curato della loro scuola, ridacchiando per quanto imbecille fosse.
Non era una casualità che lo avesse salvato come imbecille sul telefono.

“Comunque stasera non posso, devo uscire con Will” dichiarò, rovinando i piani dell’amico.
“Ah… e, e dove andate?”
“In un pub al centro, aveva voglia di birra e di patatine”
“E di fig –”
“– Artù!”

Il corvino diede uno schiaffo sul braccio all’amico ridendo.
Con lui stava bene, si sentiva leggero e sapeva che, a qualsiasi ora della giornata – presto o tardi che fosse, Artù ci sarebbe sempre stato.
Tra lui e Will il rapporto era diverso: uscivano, stavano uno in compagnia dell’altro molto volentieri, si dicevano tante cose… ma non era Artù e questo lo sapevano bene tutti e tre.

Non c’era altra persona che potesse sostituire o l’uno o l’altro.
Erano, come li descriveva Hunith, due facce della stessa medaglia.
Lo sapevano tutti.
E chiunque si provasse a mettere in mezzo avrebbe appreso in fretta che dividerli era impossibile.

Sì, magari non vivevano attaccati l’uno all’altro; ma avrebbero dato la vita per salvare la metà che li rendeva un intero.

“Va be’, ti posso prenotare per domani, allora?”
“Aspetta che controllo l’agenda” scherzò e fece finta di dare un'occhiata al calendario sul cellulare, prima di riprendere a parlare.
“Certo che puoi, testa di fagiolo”
“Grazie, idiota – a domani”
“A domani” sorrise Merlino, andando verso casa sua.

 
***

Artù quella sera restò da solo: in programma non c’era nessuna partita di calcetto e, comunque, i suoi amici gli avevano dato buca.
Merlino era con Will; Lancillotto e Parsifal stavano studiando – lo avevano anche invitato, ma quando mai Artù Pendragon avrebbe aperto libro seriamente? – mentre Leon era andato all’open – day di un college; Galvano aveva detto che stasera c’erano ospiti da lui e Morgana era uscita per fare jogging – con i jeans, ma dettagli; suo padre Uther era ad una cena di lavoro mentre sua sorella maggiore Morgause era a casa di Cenred a darsi alla pazza gioia e lui era lì, solo, a guardare il giardino della sua casa.

Il primo pensiero, per un ragazzo della sua età, sarebbe stato svagarsi: da solo o con qualcuno.

Il suo, infatti, fu proprio quello.

Così chiamò Ginevra, perché voleva vederla, voleva toccarla, voleva amarla.
Voleva finalmente farla sua.
E lei, nonostante il suo carattere timido – la ragazza era anche abbastanza intraprendente, ma la timidezza aveva spesso la meglio, aveva intuito la natura dell’invito di Artù e non si fece indietro.
D’altro canto, quando si riceve un messaggio che recita casa è libera il significato è uno solo.

Ecco quindi il motivo per il quale Artù girava per casa, felice ma comunque un fascio di nervi, cantando, saltando e mettendo a posto.
Stava per fare – finalmente, aggiunse con la sua vocina interiore – sesso per la prima volta.

Si chiese come fosse possibile che la sorella Morgana si fosse sverginata prima di lui, però poi si ricordò che lei era molto più aperta nei confronti di tutto.
Le relazioni non erano il suo forte, non a caso ci aveva messo molto prima di ammettere i suoi sentimenti per l’attuale fidanzata.

Per Ginevra la situazione era abbastanza simile, stava per fare l’amore con il suo ragazzo, stava per donarsi completamente alla persona che amava con tutta se stessa e quella sera glielo avrebbe finalmente mostrato – e probabilmente si sarebbe levata dalla testa tutta la storia del tradimento.

Una volta davanti casa Pendragon, la ragazza suonò il campanello tremante.
Era seriamente pronta per quel grande passo?

 
***
 
“Con Freya è sempre uguale la storia?” domandò l’amico addentando una patatina fritta.
L’argomento sarebbe stato meglio evitarlo, ma chiunque parlasse con Merlino trovava sempre il modo per tirarlo fuori. E Merlino odiava questa cosa.

La faccenda era tra lui e Freya, più o meno.
La potevano lasciare così?
Tanto non sarebbe successo nulla come al solito, quindi non c’era neanche il bisogno di preoccuparsi.
Avrebbe superato pure quella.

“Che vuoi che succeda?” ribatté quindi, mordendo anche lui una patatina.
Merlino amava le patitine e anche Will. Era questione di momenti prima che i due potessero diventare amici.
Anche perché, chi non amava le patatine fritte?

“Be’, potrebbe succedere di tutto se solo tu ti decidessi a parlarle! Non è tanto difficile!”
“Per te non lo sarà, per me sì. Io la vedo e mi blocco, il cervello va a farsi una passeggiatina in una testa che non è la mia e non connetto. La guardo e…”
“E?” lo interruppe Will, cercando nello sguardo del corvino una risposta – una risposta che non sapeva neanche Merlino, quindi era alquanto inutile.
“E non lo so. Mi leva il fiato. Capisci? È come quando guardi una persona e pensi diamine come è bella – ti è mai capitato?”

Merlino attese con ansia la risposta dell’amico seduto di fronte, che lo guardava intensamente senza esprimere nulla – come faceva?

“No.” disse fermo prima di mangiarsi un’altra chips.
“Sempre molto d’aiuto tu.”

 
***

“Tuo fratello ci è cascato di nuovo?”
“A quanto pare jogging si fa con i jeans” ridacchiò Morgana, entrando nella casa – la conosceva come se ci vivesse, tante erano le volte che ci andava.
Galvano rise in risposta e si incamminarono verso la sua camera da letto, situata al piano superiore.

Una volta raggiunta la stanza i due si legarono in un abbraccio passionale, baciandosi come non ci fosse un domani e accarezzandosi come se non conoscessero i loro corpi.
La ragazza gemette quando, dopo averla intrappolata tra lui e il muro, il bacino del moro si scontrò con il suo.

Era una droga.

La bocca di Galvano scese veloce sul collo di Morgana, la quale non riusciva più a trattenersi.
Senza pensarci due volte riprese a baciarlo con foga, prima di levargli la maglietta e lanciarla sul pavimento.

Era una calamita.

Sussurrò il suo nome mentre veniva stesa sul letto.
Il ragazzo sorrise.
Amava come pronunciava il suo nome.
Ne andava pazzo.

Più in fretta del solito, i vestiti finirono tutti a terra e i due si coprirono solo con le lenzuola.
Galvano prese il preservativo e lo infilò prima di entrare in quello che chiamava paradiso.
Un paradiso, stranamente, riservato solo a lui.

 
***
 
“Be’, io vado Lance” sorrise Parsifal, dando una stretta di mano all’amico e dirigendosi verso casa sua. Avevano appena studiato tutte le pagine che Gatekeeper gli aveva assegnato e, esausti, decisero di comune e d’accordo di riposarsi.

Parsifal aveva quindi lasciato la casa e si era messo in cammino accompagnato dai suoi pensieri, troppi per un ragazzo così debole come lui.

Chiunque lo scambiava per un tipo forte, emotivamente e fisicamente, ma non era poi così vero: sulla sua forza fisica non vi erano dubbi, ma quando si parlava di emozioni?
Diventava un bambino e i bambini, si sa, ciò che provano lo provano al cento per cento.
Probabilmente Parsifal era condannato ad essere un bambino in eterno, magari non sarebbe maturato – non molto presto, quantomeno.

Di sicuro la sua penitenza, per non si sa quale peccato commesso, era quella di innamorarsi di persone da lui irraggiungibili.

Camminò finché non aveva raggiunto la chiesa ed entrò all’interno, facendo il segno della croce appena varcata la soglia.
Scelse la solita panca, quella nascosta, forse anche allo sguardo del prete stesso, e prese posto.
Chiuse gli occhi e incominciò a pregare, scongiurando di venire salvato da questo brutto destino che Dio aveva scelto per lui: non chiedeva di diventare etero, non gli sarebbe cambiato molto, voleva solo essere ricambiato e sapere cosa si provava ad essere amato a sua volta.
Nonostante il suo desiderio non riguardante la sua preferenza sessuale, non voleva essere escluso, né a scuola né in comunità, per chi gli piaceva. I suoi genitori, per quanto fossero cristiani praticanti, avevano una mente aperta e amavano gli umani senza distinzioni; lui, come loro, non aveva pregiudizi e aiutava quando era possibile.
Commetteva peccati anche lui ma si pentiva e confessava.
Andava a messa.
Perdonava, e forse anche fin troppo facilmente.

Delle lacrime cominciarono a rigargli le guance mentre pregava in silenzio nella chiesa deserta.

Si sentiva perso, si sentiva come la pecora smarrita; confidava in Dio, sapeva che lo avrebbe soccorso prima o poi, ma lui ne aveva bisogno in quel momento.

***
 
“Riuscirai mai a trovare il coraggio?”
“Lo sto cercando, sai? Il problema è che adesso o sono tutte troppo esigenti o sono incomprensibili, forse anche perché non sanno darsi una risposta. Una normale no, eh?”

Will sospirò, facendo appello a tutta la santa pazienza che gli era rimasta da quando aveva conosciuto Merlino e aveva dovuto fare i conti con la sua indole nell’essere troppo drammatico o nel generalizzare troppo spesso. Soprattutto lui, che aveva espresso apertamente e platealmente il suo fastidio nei confronti delle persone fatte così. Li avrebbe impiccati uno ad uno se avesse potuto.
Will non era affatto un tipo violento – altrimenti non sarebbe rientrato nella cerchia di amici di Merlino – però nutriva un odio che andava oltre l’immaginabile nei confronti di chi doveva esagerare ogni cosa e fare di tutta l’erba un fascio.
Spesso si chiedeva per quale assurdo motivo continuasse ad uscire con Merlino, poi però ricordava le innumerevoli qualità dell’amico e la risposta era chiara: Merlino era un ragazzo d’oro.

“Il giorno in cui ne incontrerai una neanche te ne accorgerai, scommetti? O magari non ti piacciono neanche tanto le ragazze, non credi?” l’altro girò il capo verso di lui con lo sguardo di chi aveva scoperto che la loro intera vita si era basata su una bugia colossale.
“E magari ne ho anche incontrate a decine” osservò, ricevendo un verso da parte di Will che segnalava l’ovvietà della sua affermazione, mentre Merlino cercava di ricomporsi perché evitare l’ipotesi di Will gli faceva comodo.
Poi però analizzò la situazione e perse un battito.
“Non è che ci stai provando con me, Will? Perché saresti veramente l’ultima spia –”
“– Merlino, continuano a piacermi le donne. Non mi pare che tu sia diventato una di loro”
“Potrei! Magari riuscirei a parlarle!” esclamò illuminato da un’idea assurda che fece sbattere il palmo del migliore amico contro la propria fronte, chiedendosi se ci fosse o ci facesse. Merlino sparava tante cavolate al giorno, ma questa era una delle peggiori che avesse mai sentito.

“Merlino, no; ti prego. Saresti orrenda come donna”
“Vuoi scommettere?”
“Ma anche no!”

Will si lasciò scappare un’espressione inorridita al pensiero di un Merlino malamente truccato e con vestiti viola e rosa pieni di strass, per non parlare dei tacchi!
No, decisamente no. Merlino era meglio così come era nato, assolutamente.
Il volto corrucciato si rilassò al suono della risata dell’altro e il pensiero che attraversò la sua mente fu solo uno: Merlino era dannatamente prezioso e meritava solo il meglio del meglio.


Hello!
Almeno questa l'aggiorno in tempo :)
Eccoci qui e, finalmente, scopriamo un po' più della vita di Parsifal!
So che non è l'idea tipica che potrebbe venire, spesso il nostro grande orso coccoloso viene descritto in modi diversi, però spero che proprio per questo cambiare un po' vi piacerà - lo spero davvero con tutta me stessa (anche perché penso che in tutta la storia Parsifal è una mia raffigurazione lol)
Comunque!
Torniamo a noi!
Qualcuno - non vale cercare su internet eheh - si ricorda chi è Sefa? Ho cercato di mettere più personaggi possibili della serie, anche se solo nominati o nettamente secondari (se non terziari XD).
Scopriamo anche di chi è la quarta Porche nella casa, eh sì, Morgause è la sorella maggiore di Artù e Morgana, ma tranquilli, non avrà molto spazio XD
Ah, chiariamo, Morgause e Cenred stanno insieme (anche perché dubito nella serie non ci fosse stato un minimo di flirt tra quei due), quindi la pazza gioia lascio immaginarla a voi! XD *la sto usando troppo ugh*
E FINALMENTE UNA MODERN AU DOVE WILL NON È IL FIDANZATO DI MERLINO E NON LO DIVENTERÀ MAI, OLTRE AD AVERE UNA BELLA AMICIZIA (ovviamente, senza nulla togliere alle ff con queste caratteristiche).
E niente, non so più che scrivere :)
Ringrazio elfin emrys therealbloodymary01 Felpie per aver recensito lo scorso capitolo *^*
Ringrazio voi lettori silenziosi, coloro che aggiungono la storia tra le preferite/seguite/ricordate; occupate un posticino tutto vostro nel mio cuore *^*
Bacioni, 
royal_donkey

 

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Capitolo 5
*** Un Asino che fa le fusa ***


Capitolo 5
“Un Asino Che Fa Le Fusa”

La baciò con tutta la dolcezza del mondo, accarezzandole la guancia, disegnando nella sua mente i suoi lineamenti morbidi, i suoi occhi color cioccolato fondente, così teneri e allegri. Con l’altra mano scese sul fianco, attirandola più vicina a sé.
Ginevra si levò la felpa nera lentamente e, lasciando che cadesse a terra, restò solo con il vestitino bianco e le scarpe. 

L’ansia saliva in modo discontinuo, il cuore le batteva così forte che era sicura il ragazzo lo potesse sentire senza neanche il minimo sforzo. Artù la prese in braccio, sollevandola come fosse una piuma.
Entrambi aprirono gli occhi e si guardarono, entusiasti e nervosi; nessuno dei due tentava di nascondere i propri sentimenti, non ce n’era bisogno.

“Sei così bella” sussurrò, spostandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Sorrise mentre lentamente si avvicinava al letto.
Adagiò la fidanzata sul materasso delicatamente, prima di rubarle un altro bacio.

 
***
 
La musica era alta, la gente era appiccicata l’una all’altra e per respirare non vi era molto spazio.
Will si trovava in mezzo alla folla, mentre Merlino era seduto su uno sgabello al bar, da cui poteva ovviamente comprare solo bevande analcoliche – odiava avere diciassette anni e odiava uscire con diciottenni che potevano ordinare di tutto senza preoccuparsi. Sbuffò ed andò in pista, nonostante dovesse stare comunque da solo perché cercare l’amico sarebbe stato un suicidio.
Si esce insieme e poi ci si diverte da soli pensò infastidito, facendosi strada tra la massa di ragazzi e ragazze in calore.
Una coppia lo spinse verso sinistra, troppo presa ad amoreggiare, e qualche metro dopo si ritrovò a muoversi a zig zag tra spintoni presi ed evitati.
Decise che la cosa migliore era uscire – anche se significava rifarsi tutto il percorso appena attraversato – perché tanto Will non l’avrebbe rivisto fino a domani.

Una volta fuori, ancora intero e non derubato per grazia divina, chiamò Artù al telefono – tanto se era con i ragazzi erano ancora svegli.
La partita era iniziata alle sette e qualcosa – di solito se la giocavano sempre sul tardi – e ora o stavano mangiando o stavano vedendo un film (che era rigorosamente più spinto se non c’erano Morgana e Gwen e ancora di più se in casa erano solo Galvano e Artù – chissà cosa facevano quei due da soli, di certo nessuno voleva saperlo).

Il telefono squillò fino all’esaurimento chiudendo la chiamata senza risposta da parte del biondino.
Riprovò svariate volte, finché non sentì la voce esasperata di Artù rispondere.
“Merlino! Cosa diamine vuoi?! Sono leggermente occupato al momento!”
“Uhm io… non…” si ritrovò a balbettare, preso di sorpresa.
Era davvero così eccitante quel film?
Che si stavano vedendo, Basic Insticts?
Merlino sapeva quanto Artù andasse matto per la scena cult della Stone – ovviamente quella in cui lasciava ben vedere che sotto al vestito non c’era nulla, altrimenti quale?

“Parla idiota!” gli urlò frustato al telefono prima di essere ripreso da una voce femminile e fu in quel momento che Merlino realizzò.
Era con Gwen – era occupato.
Stavano facendo sesso.

Divenne rosso al solo pensiero – di aver interrotto l’atto, non dell’immagine di uno dei due nudo – e sbiascicò qualche parola ancora sorpreso.
“Oh… sei con Gwe –”
“– Sì!”
“Vi lascio fare quello che dovete fare”
“Grazie!”

Artù attaccò prima di Merlino e quest’ultimo lasciò uscire tutta l’aria che aveva dentro, capendo di aver trattenuto il respiro da quando era venuto a conoscenza dello scoop: il suo migliore amico stava facendo sesso.

 
***
 
“Sei sicura di volerlo fare?”
“Sì Artù” rispose per la decima volta, abbastanza scocciata.

Il ragazzo borbottò qualcosa tra sé che Ginevra non riuscì a capire mentre si infilava il preservativo, attento a darle le spalle per evitare di metterla ulteriormente a disagio.
Entrambi sospirarono una volta sotto le lenzuola, a poco così dal fare l’amore.

“Sic –”
“– Diamine Artù ti ho detto dieci volte sì, vuoi che ti dica di no?”
“No, no – uhm allora… io… io vado” disse insicuro, posizionandosi correttamente per poterla penetrare.

Fece un lungo respiro prima di spingersi dentro di lei.

 
***
 
“È stato wow cazzo!”
Merlino lo ascoltò annuendo ogni tanto come se fosse seriamente interessato, giusto per rendere felice l’amico.

“Raccontami di più” recitò poggiando le gambe sul banco e incrociando le mani sul ventre.

“È stato così… devi fare sesso Merl perché non so spiegarlo! Ti senti completo, come se finalmente hai trovato –”
“– Il buco dove ficcare l’organo genitale che usi al posto del cervello?”
“Esat – aspetta che intendi?”

Merlino rise a gran voce lasciando Artù con una marea di dubbi, mentre Galvano e Lancillotto entravano in classe seguiti da Leon e Parsifal.
Il biondino si sedette accanto a lui prima che uno di loro gli rubasse il posto – non che qualcuno ci provasse, ma sempre meglio evitare di correre il rischio – un’ora e mezza di storia affianco ad un altro non l’avrebbe sopportata: Leon e Lancillotto avrebbero preso appunti e fatto domande, Galvano avrebbe dormito e Parsifal sarebbe stato zitto come al suo solito.
A volte Artù si chiedeva se non fosse muto.

“Allora, di che parlate?” domandò Galvano, sedendosi sul banco davanti al loro.
Parsifal prese una sedia dal banco affianco e si accomodò a gambe divaricate, mentre gli avambracci posavano incrociati sullo schienale in legno; Leon e Lancillotto presero posto affianco a Galvano sul banco.
“Artù ha fatto sesso” disse Merlino con noncuranza, facendo girare tutti i ragazzi verso l’interessato, scioccati: Parsifal e Leon pensavano che si fosse sverginato molto prima, mentre Galvano e Lancillotto restarono sorpresi – Galvano più che altro perché non avrebbe potuto più utilizzare la sua castità come presa in giro.
“Grazie al cielo non hai qualcosa di importante da tenere segreto, non è vero?” domandò leggermente infastidito il protagonista dell’argomento. Gli altri ridacchiarono, prima di dovere mettersi seduti dato l’ingresso della professoressa.

 
***

Parsifal lo guardava da lontano, muto come non era mai stato.
Un ragazzo così taciturno che si era innamorato di un ragazzo completamente l’opposto di lui.


Sospirò mentre lui scherzava con i suoi amici, tra cui tante bellissime ragazze che potevano averlo con uno schiocco di dita; lui invece… cosa avrebbe mai potuto fare? Nulla.

Lui non era gay.
Non era bisessuale.
Non era pansessuale.


Non lo avrebbe mai amato, non in quel modo; di quello, Parsifal ne era certo.

Si alzò dalla panca, notando ancora una volta le sue braccia muscolose.

Nemmeno quello lo aveva cambiato agli occhi dell’altro.

Era sempre il solito Parsifal.

Ogni passo che faceva il cuore si spezzava sempre di più, sentendo i sogni morire con lui. Amare qualcuno e non essere ricambiati faceva male, Parsifal lo sapeva bene. Ecco perché lui e Merlino andavano d’accordo, perché l’amore non era loro amico.

Sorrise quando incontrò il suo sguardo, così sereno e felice.
Quanto avrebbe voluto averlo per sé, poterlo stringere e baciare davanti agli altri.
Ma sarebbe sempre rimasto un sogno.


Il ragazzo gli posò una mano sulla spalla, salutandolo.
Come pronunciava bene il suo nome.
Come amava il modo in cui parlava, sempre pieno di emozioni da esprimere – mai noioso o atono.


Lo contemplò sotto quel sole cocente, ammirando come i raggi della grande stella lo rendessero più perfetto di quanto già non fosse.

Perché non poteva essere suo?
Perché Dio gli aveva imposto questa punizione?
Cosa aveva fatto di male?
Se lo meritava un dolore così forte?


Andava a messa tutte le domeniche, pregava prima di andare a dormire – e diamine quanto aveva pregato che i suoi sentimenti venissero ricambiati 
rispettava tutti i comandamenti e spesso aiutava i bisognosi nel tempo libero.

Perché, quindi, tutta questa sofferenza?
Perché, si chiedeva.
Perché a lui.


Non poteva innamorarsi di qualcun altro?
Di Ginevra?
Di Morgana?
Di Mithian?
Di Merlino?


A quanto pare no; Dio aveva scelto che doveva perdere la testa soltanto per Artù Pendragon.

 
***

Artù aspettava i ragazzi davanti ai cancelli della scuola mentre chiacchierava con Elena, una sua compagna di classe di educazione fisica molto gentile e all’apparenza alquanto stupida quando invece era più intelligente di quanto si pensasse. Non negava che aveva avuto una cotta per lei durante il secondo anno, ma si è rivelata subito non interessata – anche perché lui non era una femmina.

“Quindi Nimueh sta pensando di capitanare la squadra?”
“Sì, Vivian non può quest’anno.”
“Come mai?”
“Oh, non lo sai?”

Il ragazzo la guardò confuso, non capendo di cosa stesse parlando, cosa strana dato che Morgana spettegolava tutto il giorno sulla squadra di cheerleading.

“È stata espulsa dalla squadra”

E Morgana non aveva detto nulla? Ma che diamine?
Morgana odiava a morte Vivian, come Artù, sempre così rude e antipatica e insolente e… si sarebbe trovata bene con Merlino, pensò.

No, non voleva così tanto male al corvino.

“E per quale assurda ragione?”
“Oh, è stata beccata mentre rubava i risultati dei test dalla Carleon.”
“Ahia.”

Elena notò Mithian, Gwen e Morgana arrivare così lo salutò con un bacio sulla guancia veloce lasciandolo ad aspettare i sei mancanti del gruppo; poteva anche morire e risorgere e avrebbe fatto comunque prima. 

“Eccoci!” urlò un Merlino frettoloso e goffo come sempre che inciampava sui suoi stessi piedi mentre agitava un braccio per farsi notare e dallo zaino gli cadevano dei fogli.

Artù si diede uno schiaffo sulla fronte, chiedendosi ancora una volta cosa diamine avesse Merlino di sbagliato.

Dietro di lui c’erano Leon, che prendeva i numerosissimi pezzi di carta sparsi in mezzo al prato tosato; Lancillotto, che rideva intenerito dall’innocenza dell’amico; Parsifal, che portava il suo zaino e quello del ragazzo – dai – bei – capelli, ovvero Galvano, che stava comodamente mangiando una mela.

“Che fine avete fatto?”
“Galvano doveva comprare una mela perché aveva fame e Merlino doveva parlare con Kilgharrah” spiegò Lancillotto mentre Leon porgeva i fogli all’amico con un “tieni” sussurrato.
Questi lo ringraziò e li mise nello zaino.
“Ora?” domandò quindi Artù, rimproverando il suo migliore amico con il suo solito sguardo gelido che Merlino tanto odiava.

Al che, il corvino chiamato in causa fermò le mani dal chiudere la zip dello zaino e lanciò un’occhiata incredula al figlio del preside.

“Sì, ora. Tu vai in bagno quando ti scappa o quando ti dicono di andarci?” farneticò.
“Che diamine di esempio è? Kilgharrah non è un bagno!”

Parsifal venne colpito involontariamente da Artù quando, in seguito alla sua brillante osservazione, aveva aperto le braccia.

“Ma va’?!”

Il giovane Pendragon alzò gli occhi al cielo.
Che odio che era Merlino.

 
***

“Ei sta’ attento a dove metti i piedi!” sbottò rivolto alla persona con cui si era appena scontrato, poi arrossì di colpo: aveva promesso di non mettersi nei guai a sua madre almeno per il primo giorno. E se avesse colpito un professore? O peggio ancora, il preside?

“Sta’ attento te a come mi parli, potrei farti espellere” sbiancò al sentire la risposta.

Cazzo, cazzo, cazzo; pensò tra sé.

Aveva appena urtato il preside.

Sì girò pronto a scusarsi per l’inconveniente quando vide un’idiota davanti a lui, con una faccia che lasciava desiderare.
Chi portava ancora i capelli indietro col gel?


“Ah sì? E chi saresti tu? Il preside?” ghignò, sicuro della vittoria – niente guai per sua madre, almeno di quello era sicuro.

Attorno a loro vi erano un paio di persone che guardavano, interessate a vedere come sarebbe finita.

Il biondo si avvicinò con la mandibola serrata, gli occhi celesti lo guardavano seri e cupi.
Quell’umiliazione se l’era sicuramente legata al dito l’imbecille.


“No, sono suo figlio; Artù Pendragon.”

Cazzo.

 
***

I sette ragazzi mangiavano tranquillamente i loro panini del McDonald che avevano da poco comprato.

“Allora Artù, è vero che tuo padre sarà più che contento di farci fare un viaggio grandioso quest’anno?” iniziò Galvano, subito appoggiato da Merlino “È l’ultimo, non possiamo andare in una fattoria qualunque e aspettare che un maiale ti riconosca come suo simile!”
E, per la trentesima volta in una giornata sola, Artù lancio un’occhiataccia all’amico che era appena riuscito a raggiungere un nuovo record.

“Mi sa più di asino” replicò Parsifal senza pensarci, tutti increduli più per il fatto che avesse veramente parlato e non per ciò che avesse detto.

“Con le orecchie saresti pure più carino” scherzò il corvino, accarezzandogli i capelli biondi.

“Non le fai le fusa?”
“Galvano, gli asini non fanno le fusa.”

Tutti risero, poi ripresero a mangiare mentre Galvano chiese della serata infuocata di Artù e Gwen.

Lancillotto addentava il suo cibo in silenzio, lanciandosi varie occhiate con Parsifal che sembrava aver in mente di analizzarlo. Prese il bicchiere e cominciò a succhiare dalla cannuccia il the al limone, sempre sotto lo sguardo dell’amico.
Che aveva quel giorno?

Il pranzo continuò abbastanza leggero nonostante le domande scomode di Galvano e i pensieri di Lancillotto.

“Tutto okay Parsifal?” domandò Lancillotto una volta da solo con Parsifal fuori il fast food. Il sole stava accecando Lancillotto finché il grande orso non ci si mise davanti, lasciando rilassare i muscoli del più piccolo.

“Sì sì” disse in fretta, con le guance leggermente arrossate, prima di girarsi e far finta di rispondere al telefono.

Lancillotto lo guardò confuso, poi sentì una mano sulla spalla e rise per una gaffe di Galvano.

Artù e Merlino, nel frattempo, continuavano a bisticciare come una vecchia coppia sposata, tipico di loro due.

“Ah davvero? Credi che io sia grasso?”
“No, però se continui a mangiare schifezze lo diventerai!”
“Merlino!” urlò prima di cominciare a rincorrerlo sul marciapiede.

E fu proprio quando Merlino, riuscito ad attraversare prima che il semaforo diventasse verde, sorrideva contento di aver scampato alla furia del migliore amico; che Artù Pendragon capì che in Merlino non c’era proprio nulla di sbagliato.

Hello everybody! 
Premessa: non ho ricontrollato il capitolo perché, onestamente, non ne avevo voglia. 
La voglia sta tutta nell'ambito "ginnastica artistica" ora - sorry not sorry.
BTW sono risultata negativa al tampone quindi niente quarantena! Il che implica che lunedì torno a scuola e ugh, avrei dovuto studiare mentre ero a casa; mea culpa. 
Torniamo a noi, il big secret è stato rivelato: di chi è mai innamorato Parsifal? Ora sta a voi scoprire se sta ancora dietro ad Artù o a cambiato bersaglio ;)
Per quanto rigurda Artù e Gwen, mi spiace ma sì, è successo. Ho pensato di giocare sul fatto che spesso crediamo che il nostro primo fidanzato (o fidanzata) siano gli amori della nostra vita e bla bla, sapendo che il 50% delle volte non è così. Forse anche più del 50% ma non siamo qui per parlare di numeri e percentuali!
Be', contenuti Merthur ce ne sono, non a livello romantico, lo so; ma ci sono comunque! Spero vi piacciano perché questo è uno dei miei capitoli preferiti!
Mi auguro che abbiate colto le 2 citazioni della serie e, voglio citare questa frase per commentarla un attimino: "
Elena notò Mithian, Gwen e Morgana arrivare così lo salutò con un bacio sulla guancia veloce lasciandolo ad aspettare i sei mancanti del gruppo; poteva anche morire e risorgere e avrebbe fatto comunque prima. 
E SE LA GANG DELLA TAVOLA ROTONDA RIESCE A FARE PIÙ TARDI DI ARTÙ BE', È TUTTO DIRE. 
CIOÈ, WE'RE STILL WAITINGGGGGG
Be' io non so più cosa dire, quindi 
ringrazio elfin emrys therealbloodymary01 Felpie per aver recensito lo scorso capitolo *^*
Ringrazio voi lettori silenziosi, coloro che aggiungono la storia tra le preferite/seguite/ricordate; occupate un posticino tutto vostro nel mio cuore *^*
Bacioni, 
royal_donkey

 

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