The holy mountain

di Sapphire_Raven
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Finalmente, dopo centinaia di anni passati nel Limbo, riesco a respirare dell’aria fresca. Ripensando ai miei compagni del primo Cerchio, mi sento un privilegiato per aver avuto l’onore di compiere questo viaggio che, per quanto faticoso, mi ha permesso di uscire dalla voragine infernale. Anche Dante sembra sollevato e, con lo sguardo rivolto al cielo, ammira la volta stellata sopra le nostre teste. Io, Virgilio, l’ho condotto attraverso gli orrori dell’Inferno, Cerchio dopo Cerchio, Bolgia dopo Bolgia, fino all’incontro con colui che governa quel regno di dolore, Lucifero in persona. Per lui dev’essere stato veramente difficile confrontarsi con il Male in maniera così cruda, ma era un passo necessario per permettergli di proseguire il suo viaggio verso la salvezza, verso la beatitudine e verso Dio. Ora siamo qui, su una spiaggia, e di fronte a noi si staglia la montagna del Purgatorio in tutta la sua imponenza. In questo luogo le anime vengono purificate dai loro peccati per poi poter essere degne di accedere al Paradiso.

Comincia ad albeggiare e il cielo si tinge di un azzurro simile al colore di uno zaffiro. È uno spettacolo meraviglioso, ma non abbiamo il tempo di godercelo quanto vorremmo, dobbiamo continuare il nostro viaggio. Sto per richiamare Dante, quando ci appare un vecchio dalla lunga barba bianca che, squadrandoci da capo a piedi con sguardo severo, ci domanda chi siamo e come abbiamo fatto ad arrivare lì. Probabilmente crede che siamo dannati fuggiti dall’Inferno e non posso dargli torto, visto come siamo sporchi di fumo e di terra. Istintivamente, faccio inginocchiare il mio protetto di fronte al vecchio in segno di umiltà e prendo la parola. Conosco quest’uomo, è Catone l’Uticense, colui che, pur di non cedere la propria libertà in favore della dittatura di Cesare, si era tolto la vita. Proprio per essere stato un simbolo di libertà non è stato condannato all’Inferno, ma posto a guardia del Purgatorio. Gli spiego che una donna del cielo, Beatrice, mi aveva pregato di fare da guida a Dante attraverso l’Inferno per ricondurlo alla salvezza. Preferisco non raccontare a Catone di tutto il nostro viaggio, ma lo prego di farci proseguire il cammino per quella libertà che era stata tanto preziosa per lui. Concludo il mio discorso ricordandogli di Marzia, sua amata, che ora si trova nel Limbo, dicendogli che, se ci lascerà passare, le parlerò di lui una volta tornato laggiù. Catone, pur affermando che oramai l’amore per Marzia non ha alcuna influenza su di lui, acconsente a lasciarci passare e mi invita a lavare il viso di Dante per ripulirlo dalla fuliggine. Detto questo, scompare.

Faccio rialzare Dante e lo porto dove la spiaggia è più bassa per raccogliere della rugiada con cui togliergli la sporcizia dal volto. Mentre mi dedico a questo rito, penso a Catone e a come il fatto di essere morto per la sua libertà l’abbia reso così tanto degno di rispetto da essere stato scelto come guardiano del monte Purgatorio. Mi chiedo se anche tra settecento anni ci saranno delle persone come lui, pronte a dare la vita per i propri ideali. Penso che l’unico vantaggio di essere un’anima sia quello di poter vedere ciò che accadrà in futuro, pur riuscendo a distinguere chiaramente solo gli eventi molto lontani nel tempo. Decido di fare affidamento su quest’abilità per scoprire se Catone avrà dei degni successori e, con mia grande gioia, vedo che saranno in molti, donne e uomini, giovani e vecchi, famosi e anonimi che, pur non venendo citati nei libri di storia, faranno la loro parte nella difesa dei propri ideali e del bene comune. Proprio per questa determinazione e per il loro senso di giustizia, molti saranno ostacolati o persino uccisi dai loro oppositori, ma il loro ricordo sarà di esempio alle generazione successive. Tra tutti, mi colpiscono particolarmente le figure di due giudici italiani, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: entrambi desiderosi di liberare il loro Paese dalla corruzione e dalla malavita, si dedicheranno ai processi contro la criminalità organizzata, ma proprio per questo saranno in costante pericolo di vita, fino a quando non verranno uccisi in due tragici attentati che rimarranno nella memoria degli italiani per lungo tempo. Dopo la morte arriveranno anche loro su questa spiaggia, dove, simbolo della lotta per i propri ideali e per la libertà del proprio Paese, resteranno al fianco di Catone come custodi del Purgatorio. È un bene che due uomini come loro ricevano un incarico così importante come ricompensa per le loro ammirevoli azioni.

Una volta finito di lavare il viso a Dante, gli cingo la vita con un giunco, pianta simbolo di umiltà, come mi aveva ordinato Catone. La pianta che avevo strappato subito ricresce identica a prima e il mio protetto si stupisce molto di ciò, ma non fa domande.

Ora dovremmo rimetterci in cammino verso il monte, ma il nostro sguardo viene attratto da una nave che si avvicina velocemente alla riva senza bisogno di vele o remi, poiché guidata dalla volontà divina. Su questa barca, un angelo nocchiero trasporta le anime destinate al Purgatorio. Anche stavolta esorto Dante ad inginocchiarsi davanti allo spirito celeste e lui, non riuscendo a sopportare la luce che l’angelo emana, è costretto a distogliere gli occhi. Una volta che la nave giunge a riva, lo spirito celeste ci appare ancora più bello e luminoso, mentre tutte le anime scendono sulla spiaggia, guardandosi intorno spaesate. Vedendoci, decidono di chiederci informazioni su come si sale al monte, ma sono costretto a rispondere che anche noi, come loro, non conosciamo questo luogo. Il Purgatorio è un contesto nuovo persino per me, dovrò imparare a muovermi in esso al più presto possibile, dopotutto sarò io a dover guidare Dante fino in cima. Improvvisamente le anime si accalcano attorno a noi, vedo la curiosità e la sorpresa nei loro occhi. Che si siano rese conto che Dante è ancora vivo? Una di loro si fa avanti e cerca di abbracciare il mio protetto, ma invano: per tre volte le mani di Dante tornano al suo petto senza riuscire a stringere lo spirito di fonte a sé. L’anima si presenta come Casella e, su richiesta di Dante stesso, intona una canzone che comincia con “Amor che ne la mente mi ragiona”. La sua voce è così dolce che tutti gli spiriti che erano con noi si fermano ad ascoltare e, lo ammetto, anche io mi devo essere lasciato distrarre dal suo canto, ma vengo riportato bruscamente alla realtà da Catone, che intima alle anime di smettere di oziare e di andare a purificarsi dai loro peccati. Tutti fuggono verso il monte, io e Dante compresi. Non riesco a descrivere la vergogna che ho provato nell’essere ripreso da Catone. Come guida designata dal Paradiso per accompagnare Dante nel suo viaggio non potrei permettermi nessun errore, ma questa volta è stato più forte di me. In futuro dovrò stare più attento, non posso permettere che distrazioni del genere possano intaccare l’immagine che il mio protetto ha di me.

Prima di accedere al Purgatorio vero e proprio, dovremo attraversare l’Antipurgatorio, dove le anime attendono prima di poter salire il monte. Incontriamo la schiera degli scomunicati, che devono stare nell’Antipurgatorio per trenta volte la durata della loro scomunica, a meno che le preghiere dei loro cari ancora in vita non riescano ad accorciare questa permanenza. Tra loro c’è anche Manfredi di Svevia, scomunicato ingiustamente dalla Chiesa per ragioni politiche. Proseguendo, oltre ai pigri a pentirsi, troviamo i morti di morte violenta. Costoro, stupiti del fatto che Dante sia ancora vivo, decidono di seguirci lungo la salita. Tra tutte le anime che si accalcano attorno a noi chiedendo una preghiera, ce ne sono tre particolarmente degne di nota: per primo Iacopo del Cassero, che racconta come i sicari mandati dal marchese d’Este l’avessero ucciso nonostante fosse fuggito in territorio padovano. Ci appare poi Bonconte da Montefeltro, la cui anima era stata contesa tra un angelo e un diavolo. Ferito mortalmente in battaglia, aveva esalato l’ultimo respiro invocando il nome di Maria, perciò il suo pentimento aveva fatto sì che fosse condotto in Purgatorio, ma il diavolo si era vendicato mandando una tempesta che aveva fatto straripare i fiumi e la piena si era portata via il corpo di Bonconte in modo che non ricevesse sepoltura. Per ultima, si fa avanti l’anima di una donna che, quasi timidamente, chiede a Dante di ricordarsi di lei una volta tornato nel mondo dei vivi. Si chiama Pia e, pur non rivelando i dettagli della sua morte come avevano invece fatto Iacopo e Bonconte, lascia intendere che a ucciderla sia stato il marito, forse perché progettava di sposare un’altra. Il racconto di Pia mi commuove molto e il fatto che lei sia stata capace di perdonare l’uomo che l’ha ingiustamente strappata alla vita mi fa riflettere: so che tante donne come lei arriveranno in questo luogo, uccise dai propri mariti e compagni per gelosia, o per follia, e forse non tutte sapranno perdonare un atto così crudele. Sono donne di tutte le età e di tutti i Paesi, segno di come la violenza contro di loro non sia destinata a finire presto. Alcune delle loro storie diverranno celebri, ma molte altre rimarranno nell’ombra, sconosciute ai più, e sarà forse per questo che il problema verrà spesso sottovalutato o persino ignorato. È veramente terribile vedere come il genere umano, che tanto si vanta di essere superiore alle altre creature, finirà sempre per essere preda della violenza. Prima di separarci da questa folla di anime, rivolgo un ultimo sguardo in direzione di Pia, che risponde con un cenno del capo. Sicuramente ha intuito quello a cui stavo pensando.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


Proseguendo il cammino, mi accorgo che un’anima solitaria ci sta osservando da lontano. Mi avvicino e chiedo informazioni su quale sia la via più rapida da seguire. La strada che dobbiamo percorrere è ancora lunga e sarà meglio affrettarsi: si sta facendo buio e, per la legge del Purgatorio, non si può salire durante la notte. L’anima non risponde alla mia richiesta di indicazioni, domandando invece chi siamo e da dove veniamo. Decido di soddisfare la sua curiosità, forse questo lo renderà più incline a mostrarci la strada. Riesco appena a pronunciare il nome della mia città natale, Mantova, che vedo i suoi occhi illuminarsi di gioia. Si presenta come Sordello, anche lui originario della mia terra, e mi abbraccia. Nonostante lo stupore iniziale, sono contento di aver incontrato un mio concittadino, in un certo senso è come essere tornati a casa. Sordello ci chiede nuovamente chi siamo e, non appena gli rivelo il mio nome, sembra quasi incredulo. Mi domanda da quale luogo dell’Inferno io provenga e perché stia salendo la santa montagna. Gli racconto del Limbo e dei miei compagni del primo Cerchio, ma cerco di concludere la spiegazione più velocemente possibile per chiedergli se conosca una strada più rapida per arrivare all’ingresso al Purgatorio vero e proprio. Sordello si offre allora di guidarci in un luogo dove riposare durante la notte, visto che ormai il sole sta tramontando. Lo lascio camminare davanti a me e a Dante, che nel frattempo non ha ancora aperto bocca, assorto com’è nei suoi pensieri. Per me non è difficile intuire cosa lo turba tanto: vedendo come Sordello mi abbia accolto gioiosamente solo per il fatto di essere suo concittadino, non ha potuto fare a meno di pensare all’Italia, divisa da guerre civili e dalla lotta tra papato e impero. So quanto sia preoccupato per le sorti del suo Paese, ma temo che le controversie politiche italiane non si risolveranno presto. Spesso il potere sarà lasciato in mano a persone che agiranno solo per il loro tornaconto personale, cercando di arricchirsi a spese altrui, ma fortunatamente ci saranno anche coloro che sapranno governare per il bene dell’Italia e dei suoi abitanti.

Sordello, nel mentre, ci ha condotti in una valle fiorita dove stanno i principi negligenti, ossia tutti quei regnanti che hanno trascurato gli impegni spirituali per occuparsi delle faccende terrene. All’improvviso vediamo un serpente, simbolo della tentazione, strisciare sull’erba a poca distanza da noi, ma la bestia viene subito scacciata da due angeli, scesi dal cielo per fare la guardia alla valletta. Ormai è scesa la notte e Dante, stanco per il viaggio finora compiuto, si addormenta. Io, al contrario, rimango sveglio. Le anime non hanno bisogno di dormire e io voglio poter guardare il cielo stellato prima che arrivi il momento di tornare nel Limbo, dove non mi sarà più possibile farlo.

Verso l’alba, una donna si avvicina, dicendo di essere Santa Lucia, venuta per aiutare Dante nella sua salita. Solleva il mio protetto ancora addormentato senza alcuno sforzo e, con me al seguito, lo trasporta fino alla soglia del Purgatorio. A questo punto, svanisce così com’era apparsa e Dante subito si sveglia. Sembra piuttosto spaesato, non ha ancora capito dove ci troviamo, perciò gli spiego ciò che era accaduto mentre dormiva. Lui, nonostante appaia ancora un po’ confuso, pare essersi rasserenato, perciò riprendiamo il cammino. Strada facendo, mi racconta di aver sognato un’aquila che lo ghermiva per portarlo oltre la sfera del fuoco che separa la Terra dai Cieli del Paradiso. Dev’essere questo il motivo per cui era così agitato al risveglio. Finalmente arriviamo alla porta del Purgatorio, dove l’angelo guardiano incide sulla fronte di Dante sette P, simbolo dei sette Peccati capitali da cui dovrà essere purificato per poter accedere al Paradiso.

Una volta attraversata la porta, ci troviamo nella prima delle sette Cornici del Purgatorio, dove viene punito il peccato di superbia. Ai lati del sentiero, sulla parete di roccia, sono presenti dei rilievi che rappresentano esempi di umiltà, virtù contraria al peccato di questa Cornice. I superbi ci appaiono curvi sotto il peso di grandi massi, simbolo del loro ego smisurato. Dante si ferma a parlare con uno di loro, Oderisi da Gubbio, che in vita era stato un miniatore di grande fama. Proprio il fatto di essere considerato il migliore l’aveva reso superbo, ma ora ammette il suo peccato, elencando molti altri artisti e poeti che, credendo di essere superiori a tutti, si erano visti superati da qualcun altro.

Questa situazione può presentarsi in molti campi, non solamente in quello artistico e letterario. In futuro, ci saranno molti campioni dello sport che, ritenuti imbattibili, vedranno la loro fama oscurata da altri. Se dovessi citarne uno solo tra tutti quelli che sono riuscito a vedere, sceglierei colui che per molti anni sarà l’uomo più veloce del mondo: anche Usain Bolt, pur avendo infranto molti record e mantenuto il suo primato per anni, verrà superato da un giovane più talentuoso di lui. È la prova che, come afferma Oderisi, la gloria terrena è vana e passeggera. Prima o poi, tutti verranno dimenticati, anche i più famosi.

Ci troviamo ora nella seconda Cornice, quella degli invidiosi. I loro occhi sono cuciti col fil di ferro per impedire loro di guardare con gelosia i beni altrui, mentre degli spiriti ricordano esempi di carità premiata ed invidia punita. Dante si ferma nuovamente a parlare con alcuni penitenti, dandomi così il tempo di riflettere sul peccato di questa Cornice. L’invidia è un sentimento che nasce con l’uomo e che tutti hanno provato almeno una volta nella loro vita. Ci sono però persone che si lasciano consumare da esso, guardando con malevolenza gli altri perché gelose della loro fortuna e, spesso, l’invidia che provano li porta a cercare di sminuire persino i successi dei propri amici e familiari e a gioire dei loro fallimenti. Guardo al futuro sperando che quest’atteggiamento così diffuso, almeno a giudicare dal numero di anime presenti in questa Cornice, possa scomparire col passare degli anni, ma mi rendo conto che ciò non accadrà mai: anzi, aumenterà a dismisura anche a causa della tecnologia, che riuscirà a mettere in contatto persone provenienti da diverse parti del mondo. Particolare rilievo avranno allora i cosiddetti haters, persone che, attraverso i mezzi tecnologici, insulteranno e minacceranno gli altri, in particolare persone famose, per noia, o perché mossi da un vero e proprio astio nei confronti di quelli che sembreranno avere più fortuna di loro. Spero solo che, prima o poi, si renderanno conto di come le loro parole e la loro invidia possano danneggiare gli altri.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


Io e Dante ci rimettiamo in cammino e, dopo poco, ci viene incontro l’angelo della misericordia, che ci indica la via da seguire e cancella la seconda P dalla fronte del mio protetto. Dante mi chiede dei chiarimenti riguardanti l’origine dell’invidia e io cerco di spiegargli che i beni terreni, essendo limitati, finiscono per essere posseduti da pochi e l’invidia nasce dal fatto che si vorrebbero più ricchezze di quelle che si hanno. Al contrario, i beni celesti e l’amore di Dio si moltiplicano quanto più sono condivisi. So che probabilmente la mia spiegazione non sarà sufficiente per lui, ma per saperne di più dovrà parlarne a Beatrice. Mi spiace di non potergli essere più utile di così, ma come pagano ho una conoscenza limitata delle verità cristiane.

Improvvisamente Dante rallenta il passo e, guardandolo, vedo che ha lo sguardo perso nel vuoto. Quando torna in sé, gli domando cos’abbia e lui mi racconta di aver avuto delle visioni di esempi di mansuetudine. Questo perché siamo passati alla terza Cornice, quella degli iracondi, e la mansuetudine è la virtù contraria a questo peccato. Poco a poco vediamo comparire attorno a noi un denso fumo nero. È questa la pena degli iracondi: come in vita sono stati accecati dalla rabbia, così ora sono immersi nel fumo che impedisce loro di vedere. Mi avvicino a Dante e gli faccio appoggiare la mano sulla mia spalla per non rischiare di allontanarmi troppo da lui e, lentamente, avanziamo in mezzo al fumo. La voce di un’anima ci fa sobbalzare entrambi. Dice di chiamarsi Marco Lombardo e si offre di guidarci fino alla fine di questa Cornice. Con lui, Dante parla dell’origine della corruzione nel mondo e la individua nella mancata separazione tra il potere imperiale e quello del Papa. Oltre a questo, riflettono anche sul libero arbitrio e su come, nonostante la maggior parte di coloro che sono in Terra attribuisca tutto quello che accade alla volontà divina, l’uomo sia chiamato a scegliere autonomamente tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato.

Nel mentre, io ripenso ai miei compagni del Limbo, in particolare al mio amico Orazio. Se solo fossimo nati qualche anno più tardi, avremmo avuto la possibilità di salire il monte per purificarci dai nostri peccati, e credo che lui avrebbe passato molto tempo in questa Cornice. In fondo, lui stesso si era definito “incline all’ira”, ma allo stesso tempo “facile al perdono”. Ci sono però molte persone che, a differenza sua, oltre ad adirarsi facilmente, serbano rancore. Sarebbe veramente impossibile elencarle tutte, perciò mi limito ad un esempio legato ancora una volta al mondo dello sport: di qui passerà un atleta piuttosto noto agli italiani, un calciatore famoso per essere spesso coinvolto in episodi controversi, come litigi e risse, dentro e fuori dal campo. Alla fine della sua vita, si pentirà del suo comportamento, e ciò gli permetterà di accedere al Purgatorio.

Una volta usciti dalla nube di fumo che ci aveva avvolto per tutto questo tempo, ci accorgiamo che il sole sta tramontando e che presto dovremo fermarci. Proseguiamo il cammino fino ad arrivare dall’angelo della mansuetudine, che in un battito d’ali fa sparire la terza P. Ora si è fatto buio e siamo costretti ad interrompere la salita. Ne approfitto per parlare a Dante dell’ordinamento morale del Purgatorio: ognuno dei peccati che si scontano qui ha origine dall’amore, ma quest’amore può essere sbagliato perché troppo forte, troppo debole o diretto a un oggetto indegno. Le Cornici che abbiamo già attraversato sono quelle in cui viene punito l’amore verso il male, mentre quelle successive riguardano l’eccessivo amore verso il bene. La Cornice in cui ci troviamo ora, al contrario, punisce coloro che hanno provato scarso amore verso il bene, ossia gli accidiosi. Costoro sono gli unici penitenti a non fermarsi durante la notte ed espiano la loro colpa correndo e gridando esempi di accidia punita.

Ormai è notte fonda e Dante decide di dormire per recuperare le forze dopo un’estenuante giornata di cammino. Io, intanto, guardo gli accidiosi correre lungo la Cornice e penso al peccato che ha fatto sì che venissero puniti in questo modo. “Accidia” non significa solo indifferenza o disinteresse, ma corrisponde anche al non voler compiere il bene, per pigrizia, o perché ciò non procurerebbe alcun vantaggio personale, e perciò si preferisce ignorare le difficoltà anziché affrontarle. Una delle problematiche ricorrenti della storia sarà senza dubbio la guerra, ma nonostante gli innumerevoli esempi di Paesi devastati dalla violenza, molti capi politici si comporteranno come se nulla fosse. Non mi riferisco ai grandi conflitti mondiali, ma alle guerre che verranno ignorate dagli altri Stati, come ad esempio quelle presenti in molti Paesi africani e nel vicino Oriente, perché ritenute lontane dalla propria realtà quotidiana. Accidiosi sono coloro che, oggi come tra settecento anni, decideranno di non fare nulla per aiutare i Paesi in difficoltà nonostante abbiano la possibilità di farlo.

Assorto com’ero nelle mie riflessioni, quasi non mi accorgo che il sole è già alto. Dante dorme ancora, devo svegliarlo e riprendere al più presto il viaggio. Lo chiamo una, due, tre volte e, finalmente, apre gli occhi. Chissà per quale motivo, pare piuttosto scosso, ma non possiamo perdere altro tempo, perciò ci mettiamo subito in cammino. Raggiungiamo l’angelo della sollecitudine, che provvede a cancellare la quarta P dalla fronte di Dante.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Passiamo alla Cornice successiva e il mio protetto ancora non dice una parola. Noto che tiene la testa bassa, gli occhi rivolti a terra. Forse è stato uno sbaglio sottovalutare il suo turbamento. Gli chiedo cosa sia successo di tanto grave da renderlo così pensieroso e lui dice di aver sognato una donna dall’aspetto mostruoso che guardandola diventava sempre più bella. Nel sogno, Dante afferma di avermi visto strappare le vesti di quella donna per rivelarne il ventre putrido e di essersi svegliato a causa dell’odore nauseabondo che ne usciva. Dopo averci pensato su, arrivo alla conclusione che quella donna doveva essere il simbolo dei beni terreni che, pur sembrandoci indispensabili, in realtà spesso conducono alla perdizione.

La mia intuizione potrebbe essere corretta, visto che la quinta Cornice è quella degli avari, eccessivamente legati alle ricchezze materiali, e dei prodighi, che al contrario sperperavano tutti i loro averi. I penitenti, sdraiati a terra, hanno le mani e i piedi legati e ricordano esempi della loro colpa punita e di virtù premiata. Mentre attraversiamo la Cornice, penso a quanto le condizioni di vita degli uomini siano destinate a cambiare nei prossimi secoli: in futuro, il benessere aumenterà per la maggior parte della popolazione, perciò l’avarizia sarà sempre meno diffusa, soprattutto tra i ceti medi. Ad aumentare sarà, al contrario, la prodigalità, poiché le persone avranno più soldi da spendere. Spesso useranno il denaro per acquistare cose non essenziali per il semplice gusto di farlo, senza pensare a coloro che faticano a guadagnare abbastanza per sopravvivere. Ci saranno anche figli di persone ricche e famose che, approfittando del benessere della propria famiglia, si lasceranno andare agli eccessi, rischiando persino di finire sul lastrico. Tra questi, ci sarà un certo Lapo Elkann, nipote del fondatore di una nota casa automobilistica: nonostante l’influenza della sua famiglia a livello mondiale, userà il suo denaro in modo sbagliato e sarà portato a pensare che la ricchezza sia infinita, ma si renderà conto del suo errore solo quando, dopo aver finito i soldi, arriverà a mettere in atto un finto rapimento per ottenere il riscatto da parte dei parenti. È proprio vero che, più una cosa è abbondante e facile da ottenere, meno valore le si attribuisce.

All’improvviso un terremoto scuote tutto il monte e le anime intorno a noi iniziano a cantare e a gridare lodi a Dio. Ci fermiamo, aspettando che la terra smetta di tremare. Vedo Dante rimanere immobile, come congelato, perciò cerco di rassicurarlo, nonostante anche io sia spaventato. Mi chiedo cosa possa aver generato tutte queste scosse.

Una volta cessato il terremoto, riprendiamo a camminare. So che Dante vorrebbe conoscere la causa del fenomeno a cui abbiamo appena assistito, ma purtroppo non posso dargli una risposta. Più ci avviciniamo alla cima del monte, più mi rendo conto di quanto le mie conoscenze si stiano rivelando insufficienti a soddisfare la curiosità del mio protetto, nonostante il mio compito di guida sia quello di fornirgli tutte le spiegazioni che desidera. Quello che Dante sta cercando nel suo viaggio è qualcosa che va oltre le mie capacità, per cui cerco di fare tutto ciò che posso, anche se so che non potrò essergli molto d’aiuto d’ora in poi.

Ci appare un’ombra, l’anima di un penitente, a cui decido di chiedere spiegazioni sull’origine del terremoto, sicuro di ottenere la riposta che Dante desidera. Ci rivela che, ogni volta che un’anima completa l’espiazione, si generano delle scosse. Scopriamo che ad essere diventato degno di salire al cielo è proprio lui, che dice di chiamarsi Stazio. In vita è stato un poeta e dichiara di essersi ispirato all’Eneide per la stesura delle sue opere. Afferma inoltre di essere diventato cristiano per merito mio, dato che, secondo alcune interpretazioni, la mia quarta Egloga avrebbe predetto la nascita di Cristo. Mi volto verso Dante e gli lancio un’occhiata, pregandolo silenziosamente di non dire nulla: sono sempre stato una persona piuttosto riservata e non sono abituato a ricevere così tanti complimenti insieme. Il mio protetto, però, non può fare a meno di lasciarsi sfuggire una risata a sentire tutte le lodi che Stazio sta tessendo senza sapere di avermi davanti. L’anima, insospettita, gli domanda il motivo del suo comportamento. Rassegnato, consento a Dante di rivelare la mia identità a Stazio, il quale si offre di accompagnarci per quanto rimane del nostro viaggio. Sono contento che ora ci sia qualcuno che possa chiarire tutti i dubbi di Dante che io non posso risolvere, ma non posso fare a meno di sentirmi un po’ tagliato fuori: loro hanno avuto la fortuna di conoscere il cristianesimo e hanno la possibilità di arrivare in Paradiso, mentre io, anima pagana del Limbo, non potrò mai comprendere pienamente tutto ciò che rende loro così felici.

˜˜˜˜˜˜˜˜˜

Sì, ho messo Lapo Elkann in Purgatorio. E no, non me ne pento! XD

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


L’angelo della giustizia cancella la quinta P dalla fronte di Dante e passiamo alla sesta Cornice, in cui viene espiato il peccato di gola. Vediamo un albero carico di frutti e una fonte d’acqua pura, ma c’è qualcosa di strano: l’albero somiglia a un abete capovolto e l’acqua della fonte scorre al contrario. Questo è per impedire ai penitenti di bere e di nutrirsi dei frutti, poiché in vita hanno amato eccessivamente il cibo. Le anime che riusciamo a vedere sono pelle e ossa e, tra le fronde degli alberi, si sentono le voci di spiriti celesti ricordare esempi di gola punita e moderazione premiata. Tra i penitenti, Dante riconosce l’amico Forese Donati, che afferma di essere giunto in Purgatorio dopo poco tempo dalla morte grazie alle preghiere della moglie Nella. Incontra anche Bonagiunta Orbicciani, un poeta della generazione precedente alla sua, e si mettono a discutere di letteratura, arrivando a definire lo stile dei poeti come Dante “dolce stilnovo”. Non potevano scegliere un nome più appropriato.

Vedere queste anime così deperite mi fa tornare in mente tutte le volte in cui, quand’ero ancora in vita, avevo visto dei mendicanti chiedere qualcosa da mangiare fuori dalle domus dei patrizi che, nel mentre, si dilettavano tra feste e lauti banchetti. Mi sembra quasi impossibile che, in futuro, il benessere sarà così diffuso da permettere a gran parte della popolazione di non avere problemi di questo tipo, anzi, spesso il cibo verrà sprecato perché comprato in eccessiva quantità. Alcune persone arriveranno anche ad incorrere in gravi problemi di salute a causa del loro eccessivo amore per il cibo, nonostante in alcuni Paesi molti continueranno a soffrire la fame. Credo che quasi tutti gli abitanti della Terra che si troveranno a passare per il Purgatorio tra settecento anni dovranno sostare a lungo in questa Cornice.

Ci congediamo dalle anime dei golosi e proseguiamo la salita. L’angelo della temperanza cancella la penultima P dalla fronte di Dante che, intanto, chiede come sia possibile che le anime possano patire la fame e la sete. Stazio gli spiega che ciò accade perché l’anima, secondo la volontà divina, porta con sé le facoltà naturali che fanno sì che possa soffrire anche le pene corporali. Siamo stati veramente fortunati ad incontrare Stazio. Se Dante avesse posto questa domanda a me, probabilmente non avrei saputo rispondere. Ancora mi chiedo perché il Fato abbia voluto che nascessi prima della venuta di Cristo. In questo momento darei qualsiasi cosa per sapere cosa si prova ad avere, come loro, la possibilità di conoscere Dio.

Siamo giunti all’ultima delle sette Cornici, quella dei lussuriosi. Costoro, divisi in due schiere, camminano tra le fiamme gridando esempi di lussuria punita e castità premiata. Anche queste anime, nell’accorgersi che Dante ha ancora il proprio corpo, si stupiscono non poco e una di loro si fa avanti per parlare con noi. È Guido Guinizzelli, che Dante conosce molto bene per essere stato l’iniziatore di quello che ora si chiama dolce stilnovo. I due parlano di poesia e Guido afferma che, tra i letterati che si trovano in quella Cornice, il migliore tra tutti a parlare d’amore è Arnaut Daniel, trovatore provenzale.

Nel mentre, decido di guardare nel futuro per vedere chi arriverà in questo luogo tra qualche centinaio d’anni. Non mi stupisco nello scoprire che la settima Cornice sarà sempre affollata di penitenti, visto che sembra essere molto difficile per gli uomini resistere alla passione carnale. Alcuni di loro, però, dopo aver condotto una vita dissoluta, si rivolgeranno a Dio, come per esempio il giornalista Paolo Brosio, famoso per le sue vicende amorose e per essersi pentito del suo comportamento dopo aver incontrato la fede.

Per continuare il cammino verso la cima, l’angelo della castità ci avverte che dovremo attraversare il fuoco che circonda questa Cornice. Dante è spaventato, lo vedo chiaramente quando rivolge lo sguardo verso me e Stazio. Cerco di fargli coraggio ricordandoli come, nell’Inferno, fosse scampato a pericoli ben più gravi e mostrandogli che quelle fiamme possono bruciare, ma non uccidere. Le mie parole, però, non sembrano funzionare: Dante non accenna a voler proseguire, rimane immobile nel punto in cui si trova. Decido allora di giocare la mia ultima carta, spiegandogli che questo muro di fuoco è l’unico ostacolo che ancora lo separa da Beatrice. Il nome della donna amata pare riscuoterlo e, finalmente, decide di vincere la paura. Entro con lui tra le fiamme, continuando a parlargli di Beatrice per spronarlo a continuare a camminare, mentre Stazio ci segue a poca distanza.

Una volta liberi dal calore soffocante del fuoco, è ormai sera e ci fermiamo a riposare. Dante si addormenta quasi subito, seguito da Stazio. Non pensavo che anche un’anima come lui potesse aver bisogno di dormire. Io, come sempre, rimango sveglio, riflettendo su quello che accadrà domani: arriveremo nel Paradiso Terrestre, che si trova sulla cima di questa montagna e lì Dante potrà finalmente incontrare la sua Beatrice. Ciò significa che il mio compito sarà giunto al termine e che dovrò tornare nel Limbo. Ammiro il cielo stellato sopra di me per l’ultima volta, prima di rivolgere lo sguardo verso il mio protetto. In questi ultimi giorni è cresciuto molto, ha dovuto affrontare prove difficili, ha conosciuto il Male e il peccato, ed è salito fin sulla vetta del Purgatorio per espiare le sue colpe. Mi riesce difficile ammetterlo, ma mi sono molto affezionato a lui. Lo considero come un figlio e, anche se non potrò accompagnarlo fino alla fine, spero che il suo viaggio si concluda nel migliore dei modi.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Al risveglio, Dante racconta di aver fatto un sogno particolare, in cui una donna di nome Lia raccoglieva fiori, mentre la sorella Rachele si rimirava nello specchio. Sostiene che la prima simboleggi la vita attiva, in cui si realizzano opere buone, mentre la seconda sarebbe il simbolo della vita contemplativa, in cui si prega Dio. Entrambe rappresentano i modi in cui l’uomo può avvicinarsi al suo Creatore. Prima di proseguire verso la vetta, prendo da parte Dante e gli spiego che oramai non ha più bisogno del mio aiuto per continuare, poiché, purificandosi dai suoi peccati, è arrivato ad un punto che va oltre le mie capacità di conoscenza, perciò lo proclamo signore di sé stesso: d’ora in poi sarà in grado di prendere decisioni in modo autonomo.

Arriviamo in una foresta, che presumo essere il Paradiso Terrestre. Ripensando alla selva in cui Dante si era smarrito all’inizio del suo viaggio, sembra quasi impossibile che ora siamo giunti in un luogo tanto meraviglioso. Qui tutto profuma di gioia e di vita! Oltre il fiume che attraversa il piano, c’è una donna che, cantando, coglie fiori. Si chiama Matelda e vive qui, in questo luogo beato, in perfetta armonia con la natura che la circonda.

Poco dopo appare davanti a noi una lunga processione composta da innumerevoli figure: vedo sette candelabri, ventiquattro vecchi con corone di candidi gigli sul capo, quattro animali dalle ali piene di occhi e un carro trionfale trainato da un grifone. Attorno ad esso, sette donne danzano, mentre due nobili vecchi, quattro figure umili  e un vecchio dormiente chiudono il corteo. Sono certo che tutti loro debbano avere un significato preciso, ma che purtroppo non sono in grado di intuire o comprendere. La processione si ferma. Sembrano tutti in attesa  di qualcosa, o meglio,  di qualcuno.

Difatti, in una nuvola di fiori che un gruppo di angeli getta in aria, compare colei che riconosco essere Beatrice, la donna che Dante ama. Mi rendo conto che il mio compito qui è terminato. Dante è incantato a guardarla e, sorprendentemente, non riesco a trovare il coraggio di interrompere questo momento per dirgli addio. Preferisco andarmene silenziosamente, svanire nell’aria per tornare nel Limbo, dove sono destinato a rimanere. Guardando un’ultima volta nella sua direzione, noto che Dante si è voltato e, senza più vedermi, il suo volto torna a ricoprirsi di lacrime. Non deve piangere per me, deve guardare avanti, verso Beatrice,che lo accompagnerà da qui fino alla fine del suo viaggio e che potrà dargli tutte quelle spiegazioni che io non sono stato in grado di dargli. È giusto così, e questo lo sa anche lui.

Dal mio posto nel primo Cerchio tra le altre anime non battezzate, vedo come il mio protetto, che ancora amo come un figlio, viene immerso nelle acque del fiume Lete, che gli fanno dimenticare tutti i peccati commessi. Assiste poi a degli strani eventi: il carro, ora legato a un albero, viene danneggiato da un’aquila , che poi scende nuovamente dal cielo per ricoprirlo di piume. Una volpe si avvicina, ma Beatrice la caccia. Sul carro spuntano sette teste mostruose dotate di corna e un drago nato dalla terra ne distrugge il fondo. Infine, una prostituta e un gigante si allontanano nella foresta col carro. Dante beve l’acqua del fiume Euonoè, che rafforza il ricordo delle opere buone compiute, ed è finalmente pronto a salire al Paradiso con la sua Beatrice.

Spero che riesca ad arrivare presto a Dio, il Creatore che io non ho mai conosciuto, e che un giorno possa raccontare a tutti gli uomini del suo viaggio e di colui che governa l’Universo intero, l’amor che move il sole e l’altre stelle.

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