The holy mountain di Sapphire_Raven (/viewuser.php?uid=1144179)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
Finalmente,
dopo centinaia di anni passati nel Limbo,
riesco a respirare dell’aria fresca. Ripensando ai miei
compagni del primo
Cerchio, mi sento un privilegiato per aver avuto l’onore di
compiere questo
viaggio che, per quanto faticoso, mi ha permesso di uscire dalla
voragine
infernale. Anche Dante sembra sollevato e, con lo sguardo rivolto al
cielo,
ammira la volta stellata sopra le nostre teste. Io, Virgilio,
l’ho condotto
attraverso gli orrori dell’Inferno, Cerchio dopo Cerchio,
Bolgia dopo Bolgia, fino
all’incontro con colui che governa quel regno di dolore,
Lucifero in persona.
Per lui dev’essere stato veramente difficile confrontarsi con
il Male in
maniera così cruda, ma era un passo necessario per
permettergli di proseguire
il suo viaggio verso la salvezza, verso la beatitudine e verso Dio. Ora
siamo
qui, su una spiaggia, e di fronte a noi si staglia la montagna del
Purgatorio
in tutta la sua imponenza. In questo luogo le anime vengono purificate
dai loro
peccati per poi poter essere degne di accedere al Paradiso.
Comincia
ad albeggiare e il cielo si tinge di un azzurro
simile al colore di uno zaffiro. È uno spettacolo
meraviglioso, ma non abbiamo
il tempo di godercelo quanto vorremmo, dobbiamo continuare il nostro
viaggio.
Sto per richiamare Dante, quando ci appare un vecchio dalla lunga barba
bianca
che, squadrandoci da capo a piedi con sguardo severo, ci domanda chi
siamo e come
abbiamo fatto ad arrivare lì. Probabilmente crede che siamo
dannati fuggiti
dall’Inferno e non posso dargli torto, visto come siamo
sporchi di fumo e di
terra. Istintivamente, faccio inginocchiare il mio protetto di fronte
al
vecchio in segno di umiltà e prendo la parola. Conosco
quest’uomo, è Catone l’Uticense,
colui che, pur di non cedere la propria libertà in favore
della dittatura di
Cesare, si era tolto la vita. Proprio per essere stato un simbolo di
libertà
non è stato condannato all’Inferno, ma posto a
guardia del Purgatorio. Gli
spiego che una donna del cielo, Beatrice, mi aveva pregato di fare da
guida a
Dante attraverso l’Inferno per ricondurlo alla salvezza.
Preferisco non
raccontare a Catone di tutto il nostro viaggio, ma lo prego di farci
proseguire
il cammino per quella libertà che era stata tanto preziosa
per lui. Concludo il
mio discorso ricordandogli di Marzia, sua amata, che ora si trova nel
Limbo,
dicendogli che, se ci lascerà passare, le parlerò
di lui una volta tornato
laggiù. Catone, pur affermando che oramai l’amore
per Marzia non ha alcuna
influenza su di lui, acconsente a lasciarci passare e mi invita a
lavare il
viso di Dante per ripulirlo dalla fuliggine. Detto questo, scompare.
Faccio
rialzare Dante e lo porto dove la spiaggia è più
bassa per raccogliere della rugiada con cui togliergli la sporcizia dal
volto.
Mentre mi dedico a questo rito, penso a Catone e a come il fatto di
essere
morto per la sua libertà l’abbia reso
così tanto degno di rispetto da essere
stato scelto come guardiano del monte Purgatorio. Mi chiedo se anche
tra
settecento anni ci saranno delle persone come lui, pronte a dare la
vita per i
propri ideali. Penso che l’unico vantaggio di essere
un’anima sia quello di
poter vedere ciò che accadrà in futuro, pur
riuscendo a distinguere chiaramente
solo gli eventi molto lontani nel tempo. Decido di fare affidamento su
quest’abilità per scoprire se Catone
avrà dei degni successori e, con mia
grande gioia, vedo che saranno in molti, donne e uomini, giovani e
vecchi,
famosi e anonimi che, pur non venendo citati nei libri di storia,
faranno la
loro parte nella difesa dei propri ideali e del bene comune. Proprio
per questa
determinazione e per il loro senso di giustizia, molti saranno
ostacolati o
persino uccisi dai loro oppositori, ma il loro ricordo sarà
di esempio alle
generazione successive. Tra tutti, mi colpiscono particolarmente le
figure di
due giudici italiani, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: entrambi
desiderosi
di liberare il loro Paese dalla corruzione e dalla malavita, si
dedicheranno ai
processi contro la criminalità organizzata, ma proprio per
questo saranno in
costante pericolo di vita, fino a quando non verranno uccisi in due
tragici
attentati che rimarranno nella memoria degli italiani per lungo tempo.
Dopo la
morte arriveranno anche loro su questa spiaggia, dove, simbolo della
lotta per
i propri ideali e per la libertà del proprio Paese,
resteranno al fianco di
Catone come custodi del Purgatorio. È un bene che due uomini
come loro ricevano
un incarico così importante come ricompensa per le loro
ammirevoli azioni.
Una
volta finito di lavare il viso a Dante, gli cingo la
vita con un giunco, pianta simbolo di umiltà, come mi aveva
ordinato Catone. La
pianta che avevo strappato subito ricresce identica a prima e il mio
protetto
si stupisce molto di ciò, ma non fa domande.
Ora
dovremmo rimetterci in cammino verso il monte, ma il
nostro sguardo viene attratto da una nave che si avvicina velocemente
alla riva
senza bisogno di vele o remi, poiché guidata dalla
volontà divina. Su questa
barca, un angelo nocchiero trasporta le anime destinate al Purgatorio.
Anche
stavolta esorto Dante ad inginocchiarsi davanti allo spirito celeste e
lui, non
riuscendo a sopportare la luce che l’angelo emana,
è costretto a distogliere
gli occhi. Una volta che la nave giunge a riva, lo spirito celeste ci
appare
ancora più bello e luminoso, mentre tutte le anime scendono
sulla spiaggia,
guardandosi intorno spaesate. Vedendoci, decidono di chiederci
informazioni su
come si sale al monte, ma sono costretto a rispondere che anche noi,
come loro,
non conosciamo questo luogo. Il Purgatorio è un contesto
nuovo persino per me,
dovrò imparare a muovermi in esso al più presto
possibile, dopotutto sarò io a
dover guidare Dante fino in cima. Improvvisamente le anime si accalcano
attorno
a noi, vedo la curiosità e la sorpresa nei loro occhi. Che
si siano rese conto
che Dante è ancora vivo? Una di loro si fa avanti e cerca di
abbracciare il mio
protetto, ma invano: per tre volte le mani di Dante tornano al suo
petto senza
riuscire a stringere lo spirito di fonte a sé.
L’anima si presenta come Casella
e, su richiesta di Dante stesso, intona una canzone che comincia con
“Amor che
ne la mente mi ragiona”. La sua voce è
così dolce che tutti gli spiriti che
erano con noi si fermano ad ascoltare e, lo ammetto, anche io mi devo
essere
lasciato distrarre dal suo canto, ma vengo riportato bruscamente alla
realtà da
Catone, che intima alle anime di smettere di oziare e di andare a
purificarsi
dai loro peccati. Tutti fuggono verso il monte, io e Dante compresi.
Non riesco
a descrivere la vergogna che ho provato nell’essere ripreso
da Catone. Come
guida designata dal Paradiso per accompagnare Dante nel suo viaggio non
potrei permettermi
nessun errore, ma questa volta è stato più forte
di me. In futuro dovrò stare
più attento, non posso permettere che distrazioni del genere
possano intaccare
l’immagine che il mio protetto ha di me.
Prima
di accedere al Purgatorio vero e proprio, dovremo
attraversare l’Antipurgatorio, dove le anime attendono prima
di poter salire il
monte. Incontriamo la schiera degli scomunicati, che devono stare
nell’Antipurgatorio per trenta volte la durata della loro
scomunica, a meno che
le preghiere dei loro cari ancora in vita non riescano ad accorciare
questa
permanenza. Tra loro c’è anche Manfredi di Svevia,
scomunicato ingiustamente
dalla Chiesa per ragioni politiche. Proseguendo, oltre ai pigri a
pentirsi,
troviamo i morti di morte violenta. Costoro, stupiti del fatto che
Dante sia
ancora vivo, decidono di seguirci lungo la salita. Tra tutte le anime
che si
accalcano attorno a noi chiedendo una preghiera, ce ne sono tre
particolarmente
degne di nota: per primo Iacopo del Cassero, che racconta come i sicari
mandati
dal marchese d’Este l’avessero ucciso nonostante
fosse fuggito in territorio
padovano. Ci appare poi Bonconte da Montefeltro, la cui anima era stata
contesa
tra un angelo e un diavolo. Ferito mortalmente in battaglia, aveva
esalato
l’ultimo respiro invocando il nome di Maria,
perciò il suo pentimento aveva
fatto sì che fosse condotto in Purgatorio, ma il diavolo si
era vendicato
mandando una tempesta che aveva fatto straripare i fiumi e la piena si
era portata
via il corpo di Bonconte in modo che non ricevesse sepoltura. Per
ultima, si fa
avanti l’anima di una donna che, quasi timidamente, chiede a
Dante di
ricordarsi di lei una volta tornato nel mondo dei vivi. Si chiama Pia
e, pur
non rivelando i dettagli della sua morte come avevano invece fatto
Iacopo e
Bonconte, lascia intendere che a ucciderla sia stato il marito, forse
perché
progettava di sposare un’altra. Il racconto di Pia mi
commuove molto e il fatto
che lei sia stata capace di perdonare l’uomo che
l’ha ingiustamente strappata
alla vita mi fa riflettere: so che tante donne come lei arriveranno in
questo
luogo, uccise dai propri mariti e compagni per gelosia, o per follia, e
forse
non tutte sapranno perdonare un atto così crudele. Sono
donne di tutte le età e
di tutti i Paesi, segno di come la violenza contro di loro non sia
destinata a
finire presto. Alcune delle loro storie diverranno celebri, ma molte
altre
rimarranno nell’ombra, sconosciute ai più, e
sarà forse per questo che il
problema verrà spesso sottovalutato o persino ignorato.
È veramente terribile vedere
come il genere umano, che tanto si vanta di essere superiore alle altre
creature, finirà sempre per essere preda della violenza.
Prima di separarci da
questa folla di anime, rivolgo un ultimo sguardo in direzione di Pia,
che
risponde con un cenno del capo. Sicuramente ha intuito quello a cui
stavo
pensando.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
Proseguendo
il cammino, mi accorgo che un’anima solitaria
ci sta osservando da lontano. Mi avvicino e chiedo informazioni su
quale sia la
via più rapida da seguire. La strada che dobbiamo percorrere
è ancora lunga e
sarà meglio affrettarsi: si sta facendo buio e, per la legge
del Purgatorio,
non si può salire durante la notte. L’anima non
risponde alla mia richiesta di
indicazioni, domandando invece chi siamo e da dove veniamo. Decido di
soddisfare la sua curiosità, forse questo lo
renderà più incline a mostrarci la
strada. Riesco appena a pronunciare il nome della mia città
natale, Mantova,
che vedo i suoi occhi illuminarsi di gioia. Si presenta come Sordello,
anche
lui originario della mia terra, e mi abbraccia. Nonostante lo stupore
iniziale,
sono contento di aver incontrato un mio concittadino, in un certo senso
è come
essere tornati a casa. Sordello ci chiede nuovamente chi siamo e, non
appena
gli rivelo il mio nome, sembra quasi incredulo. Mi domanda da quale
luogo
dell’Inferno io provenga e perché stia salendo la
santa montagna. Gli racconto
del Limbo e dei miei compagni del primo Cerchio, ma cerco di concludere
la
spiegazione più velocemente possibile per chiedergli se
conosca una strada più
rapida per arrivare all’ingresso al Purgatorio vero e
proprio. Sordello si
offre allora di guidarci in un luogo dove riposare durante la notte,
visto che
ormai il sole sta tramontando. Lo lascio camminare davanti a me e a
Dante, che
nel frattempo non ha ancora aperto bocca, assorto
com’è nei suoi pensieri. Per
me non è difficile intuire cosa lo turba tanto: vedendo come
Sordello mi abbia
accolto gioiosamente solo per il fatto di essere suo concittadino, non
ha
potuto fare a meno di pensare all’Italia, divisa da guerre
civili e dalla lotta
tra papato e impero. So quanto sia preoccupato per le sorti del suo
Paese, ma
temo che le controversie politiche italiane non si risolveranno presto.
Spesso
il potere sarà lasciato in mano a persone che agiranno solo
per il loro
tornaconto personale, cercando di arricchirsi a spese altrui, ma
fortunatamente
ci saranno anche coloro che sapranno governare per il bene
dell’Italia e dei
suoi abitanti.
Sordello,
nel mentre, ci ha condotti in una valle fiorita
dove stanno i principi negligenti, ossia tutti quei regnanti che hanno
trascurato gli impegni spirituali per occuparsi delle faccende terrene.
All’improvviso vediamo un serpente, simbolo della tentazione,
strisciare
sull’erba a poca distanza da noi, ma la bestia viene subito
scacciata da due
angeli, scesi dal cielo per fare la guardia alla valletta. Ormai
è scesa la
notte e Dante, stanco per il viaggio finora compiuto, si addormenta.
Io, al
contrario, rimango sveglio. Le anime non hanno bisogno di dormire e io
voglio
poter guardare il cielo stellato prima che arrivi il momento di tornare
nel
Limbo, dove non mi sarà più possibile farlo.
Verso
l’alba, una donna si avvicina, dicendo di essere
Santa Lucia, venuta per aiutare Dante nella sua salita. Solleva il mio
protetto
ancora addormentato senza alcuno sforzo e, con me al seguito, lo
trasporta fino
alla soglia del Purgatorio. A questo punto, svanisce così
com’era apparsa e
Dante subito si sveglia. Sembra piuttosto spaesato, non ha ancora
capito dove
ci troviamo, perciò gli spiego ciò che era
accaduto mentre dormiva. Lui,
nonostante appaia ancora un po’ confuso, pare essersi
rasserenato, perciò
riprendiamo il cammino. Strada facendo, mi racconta di aver sognato
un’aquila che
lo ghermiva per portarlo oltre la sfera del fuoco che separa la Terra
dai Cieli
del Paradiso. Dev’essere questo il motivo per cui era
così agitato al
risveglio. Finalmente arriviamo alla porta del Purgatorio, dove
l’angelo
guardiano incide sulla fronte di Dante sette P, simbolo dei sette
Peccati
capitali da cui dovrà essere purificato per poter accedere
al Paradiso.
Una
volta attraversata la porta, ci troviamo nella prima
delle sette Cornici del Purgatorio, dove viene punito il peccato di
superbia.
Ai lati del sentiero, sulla parete di roccia, sono presenti dei rilievi
che
rappresentano esempi di umiltà, virtù contraria
al peccato di questa Cornice. I
superbi ci appaiono curvi sotto il peso di grandi massi, simbolo del
loro ego smisurato.
Dante si ferma a parlare con uno di loro, Oderisi da Gubbio, che in
vita era
stato un miniatore di grande fama. Proprio il fatto di essere
considerato il
migliore l’aveva reso superbo, ma ora ammette il suo peccato,
elencando molti
altri artisti e poeti che, credendo di essere superiori a tutti, si
erano visti
superati da qualcun altro.
Questa
situazione può presentarsi in molti campi, non
solamente in quello artistico e letterario. In futuro, ci saranno molti
campioni dello sport che, ritenuti imbattibili, vedranno la loro fama
oscurata
da altri. Se dovessi citarne uno solo tra tutti quelli che sono
riuscito a
vedere, sceglierei colui che per molti anni sarà
l’uomo più veloce del mondo:
anche Usain Bolt, pur avendo infranto molti record e mantenuto il suo
primato
per anni, verrà superato da un giovane più
talentuoso di lui. È la prova che,
come afferma Oderisi, la gloria terrena è vana e passeggera.
Prima o poi, tutti
verranno dimenticati, anche i più famosi.
Ci
troviamo ora nella seconda Cornice, quella degli
invidiosi. I loro occhi sono cuciti col fil di ferro per impedire loro
di
guardare con gelosia i beni altrui, mentre degli spiriti ricordano
esempi di
carità premiata ed invidia punita. Dante si ferma nuovamente
a parlare con
alcuni penitenti, dandomi così il tempo di riflettere sul
peccato di questa
Cornice. L’invidia è un sentimento che nasce con
l’uomo e che tutti hanno
provato almeno una volta nella loro vita. Ci sono però
persone che si lasciano
consumare da esso, guardando con malevolenza gli altri
perché gelose della loro
fortuna e, spesso, l’invidia che provano li porta a cercare
di sminuire persino
i successi dei propri amici e familiari e a gioire dei loro fallimenti.
Guardo
al futuro sperando che quest’atteggiamento così
diffuso, almeno a giudicare dal
numero di anime presenti in questa Cornice, possa scomparire col
passare degli
anni, ma mi rendo conto che ciò non accadrà mai:
anzi, aumenterà a dismisura
anche a causa della tecnologia, che riuscirà a mettere in
contatto persone
provenienti da diverse parti del mondo. Particolare rilievo avranno
allora i
cosiddetti haters, persone che,
attraverso i mezzi tecnologici, insulteranno e minacceranno gli altri,
in
particolare persone famose, per noia, o perché mossi da un
vero e proprio astio
nei confronti di quelli che sembreranno avere più fortuna di
loro. Spero solo
che, prima o poi, si renderanno conto di come le loro parole e la loro
invidia
possano danneggiare gli altri.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
Io
e Dante ci rimettiamo in cammino e, dopo poco, ci
viene incontro l’angelo della misericordia, che ci indica la
via da seguire e
cancella la seconda P dalla fronte del mio protetto. Dante mi chiede
dei
chiarimenti riguardanti l’origine dell’invidia e io
cerco di spiegargli che i
beni terreni, essendo limitati, finiscono per essere posseduti da pochi
e
l’invidia nasce dal fatto che si vorrebbero più
ricchezze di quelle che si
hanno. Al contrario, i beni celesti e l’amore di Dio si
moltiplicano quanto più
sono condivisi. So che probabilmente la mia spiegazione non
sarà sufficiente per
lui, ma per saperne di più dovrà parlarne a
Beatrice. Mi spiace di non potergli
essere più utile di così, ma come pagano ho una
conoscenza limitata delle
verità cristiane.
Improvvisamente
Dante rallenta il passo e, guardandolo,
vedo che ha lo sguardo perso nel vuoto. Quando torna in sé,
gli domando
cos’abbia e lui mi racconta di aver avuto delle visioni di
esempi di
mansuetudine. Questo perché siamo passati alla terza
Cornice, quella degli
iracondi, e la mansuetudine è la virtù contraria
a questo peccato. Poco a poco
vediamo comparire attorno a noi un denso fumo nero. È questa
la pena degli
iracondi: come in vita sono stati accecati dalla rabbia,
così ora sono immersi
nel fumo che impedisce loro di vedere. Mi avvicino a Dante e gli faccio
appoggiare la mano sulla mia spalla per non rischiare di allontanarmi
troppo da
lui e, lentamente, avanziamo in mezzo al fumo. La voce di
un’anima ci fa
sobbalzare entrambi. Dice di chiamarsi Marco Lombardo e si offre di
guidarci
fino alla fine di questa Cornice. Con lui, Dante parla
dell’origine della
corruzione nel mondo e la individua nella mancata separazione tra il
potere
imperiale e quello del Papa. Oltre a questo, riflettono anche sul
libero
arbitrio e su come, nonostante la maggior parte di coloro che sono in
Terra
attribuisca tutto quello che accade alla volontà divina,
l’uomo sia chiamato a
scegliere autonomamente tra ciò che è giusto e
ciò che è sbagliato.
Nel
mentre, io ripenso ai miei compagni del Limbo, in
particolare al mio amico Orazio. Se solo fossimo nati qualche anno
più tardi,
avremmo avuto la possibilità di salire il monte per
purificarci dai nostri
peccati, e credo che lui avrebbe passato molto tempo in questa Cornice.
In
fondo, lui stesso si era definito “incline
all’ira”, ma allo stesso tempo
“facile al perdono”. Ci sono però molte
persone che, a differenza sua, oltre ad
adirarsi facilmente, serbano rancore. Sarebbe veramente impossibile
elencarle
tutte, perciò mi limito ad un esempio legato ancora una
volta al mondo dello
sport: di qui passerà un atleta piuttosto noto agli
italiani, un calciatore
famoso per essere spesso coinvolto in episodi controversi, come litigi
e risse,
dentro e fuori dal campo. Alla fine della sua vita, si
pentirà del suo
comportamento, e ciò gli permetterà di accedere
al Purgatorio.
Una
volta usciti dalla nube di fumo che ci aveva avvolto
per tutto questo tempo, ci accorgiamo che il sole sta tramontando e che
presto
dovremo fermarci. Proseguiamo il cammino fino ad arrivare
dall’angelo della
mansuetudine, che in un battito d’ali fa sparire la terza P.
Ora si è fatto
buio e siamo costretti ad interrompere la salita. Ne approfitto per
parlare a
Dante dell’ordinamento morale del Purgatorio: ognuno dei
peccati che si
scontano qui ha origine dall’amore, ma quest’amore
può essere sbagliato perché
troppo forte, troppo debole o diretto a un oggetto indegno. Le Cornici
che
abbiamo già attraversato sono quelle in cui viene punito
l’amore verso il male,
mentre quelle successive riguardano l’eccessivo amore verso
il bene. La Cornice
in cui ci troviamo ora, al contrario, punisce coloro che hanno provato
scarso
amore verso il bene, ossia gli accidiosi. Costoro sono gli unici
penitenti a
non fermarsi durante la notte ed espiano la loro colpa correndo e
gridando
esempi di accidia punita.
Ormai
è notte fonda e Dante decide di dormire per
recuperare le forze dopo un’estenuante giornata di cammino.
Io, intanto, guardo
gli accidiosi correre lungo la Cornice e penso al peccato che ha fatto
sì che
venissero puniti in questo modo. “Accidia” non
significa solo indifferenza o
disinteresse, ma corrisponde anche al non voler compiere il bene, per
pigrizia,
o perché ciò non procurerebbe alcun vantaggio
personale, e perciò si preferisce
ignorare le difficoltà anziché affrontarle. Una
delle problematiche ricorrenti della
storia sarà senza dubbio la guerra, ma nonostante gli
innumerevoli esempi di
Paesi devastati dalla violenza, molti capi politici si comporteranno
come se
nulla fosse. Non mi riferisco ai grandi conflitti mondiali, ma alle
guerre che
verranno ignorate dagli altri Stati, come ad esempio quelle presenti in
molti
Paesi africani e nel vicino Oriente, perché ritenute lontane
dalla propria
realtà quotidiana. Accidiosi sono coloro che, oggi come tra
settecento anni,
decideranno di non fare nulla per aiutare i Paesi in
difficoltà nonostante
abbiano la possibilità di farlo.
Assorto
com’ero nelle mie
riflessioni, quasi non mi accorgo che il sole è
già alto. Dante dorme ancora,
devo svegliarlo e riprendere al più presto il viaggio. Lo
chiamo una, due, tre
volte e, finalmente, apre gli occhi. Chissà per quale
motivo, pare piuttosto
scosso, ma non possiamo perdere altro tempo, perciò ci
mettiamo subito in
cammino. Raggiungiamo l’angelo della sollecitudine, che
provvede a cancellare
la quarta P dalla fronte di Dante.
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Capitolo 4 *** Capitolo 4 ***
Passiamo
alla Cornice successiva e il mio protetto ancora
non dice una parola. Noto che tiene
la testa
bassa, gli occhi rivolti a terra. Forse è stato uno sbaglio
sottovalutare il
suo turbamento. Gli chiedo cosa sia successo di tanto grave da renderlo
così
pensieroso e lui dice di aver sognato una donna dall’aspetto
mostruoso che guardandola
diventava sempre più bella. Nel sogno, Dante afferma di
avermi visto strappare
le vesti di quella donna per rivelarne il ventre putrido e di essersi
svegliato
a causa dell’odore nauseabondo che ne usciva. Dopo averci
pensato su, arrivo
alla conclusione che quella donna doveva essere il simbolo dei beni
terreni
che, pur sembrandoci indispensabili, in realtà spesso
conducono alla
perdizione.
La
mia intuizione potrebbe essere corretta, visto che la
quinta Cornice è quella degli avari, eccessivamente legati
alle ricchezze
materiali, e dei prodighi, che al contrario sperperavano tutti i loro
averi. I
penitenti, sdraiati a terra, hanno le mani e i piedi legati e ricordano
esempi
della loro colpa punita e di virtù premiata. Mentre
attraversiamo la Cornice,
penso a quanto le condizioni di vita degli uomini siano destinate a
cambiare
nei prossimi secoli: in futuro, il benessere aumenterà per
la maggior parte
della popolazione, perciò l’avarizia
sarà sempre meno diffusa, soprattutto tra
i ceti medi. Ad aumentare sarà, al contrario, la
prodigalità, poiché le persone
avranno più soldi da spendere. Spesso useranno il denaro per
acquistare cose
non essenziali per il semplice gusto di farlo, senza pensare a coloro
che
faticano a guadagnare abbastanza per sopravvivere. Ci saranno anche
figli di
persone ricche e famose che, approfittando del benessere della propria
famiglia, si lasceranno andare agli eccessi, rischiando persino di
finire sul
lastrico. Tra questi, ci sarà un certo Lapo Elkann, nipote
del fondatore di una
nota casa automobilistica: nonostante l’influenza della sua
famiglia a livello
mondiale, userà il suo denaro in modo sbagliato e
sarà portato a pensare che la
ricchezza sia infinita, ma si renderà conto del suo errore
solo quando, dopo
aver finito i soldi, arriverà a mettere in atto un finto
rapimento per ottenere
il riscatto da parte dei parenti. È proprio vero che,
più una cosa è abbondante
e facile da ottenere, meno valore le si attribuisce.
All’improvviso
un terremoto scuote tutto il monte e le
anime intorno a noi iniziano a cantare e a gridare lodi a Dio. Ci
fermiamo,
aspettando che la terra smetta di tremare. Vedo Dante rimanere
immobile, come
congelato, perciò cerco di rassicurarlo, nonostante anche io
sia spaventato. Mi
chiedo cosa possa aver generato tutte queste scosse.
Una
volta cessato il terremoto, riprendiamo a camminare.
So che Dante vorrebbe conoscere la causa del fenomeno a cui abbiamo
appena
assistito, ma purtroppo non posso dargli una risposta. Più
ci avviciniamo alla
cima del monte, più mi rendo conto di quanto le mie
conoscenze si stiano
rivelando insufficienti a soddisfare la curiosità del mio
protetto, nonostante
il mio compito di guida sia quello di fornirgli tutte le spiegazioni
che
desidera. Quello che Dante sta cercando nel suo viaggio è
qualcosa che va oltre
le mie capacità, per cui cerco di fare tutto ciò
che posso, anche se so che non
potrò essergli molto d’aiuto d’ora in
poi.
Ci
appare un’ombra, l’anima di un penitente, a cui
decido
di chiedere spiegazioni sull’origine del terremoto, sicuro di
ottenere la
riposta che Dante desidera. Ci rivela che, ogni volta che
un’anima completa
l’espiazione, si generano delle scosse. Scopriamo che ad
essere diventato degno
di salire al cielo è proprio lui, che dice di chiamarsi
Stazio. In vita è stato
un poeta e dichiara di essersi ispirato all’Eneide per la
stesura delle sue
opere. Afferma inoltre di essere diventato cristiano per merito mio,
dato che,
secondo alcune interpretazioni, la mia quarta Egloga avrebbe predetto
la
nascita di Cristo. Mi volto verso Dante e gli lancio
un’occhiata, pregandolo silenziosamente
di non dire nulla: sono sempre stato una persona piuttosto riservata e
non sono
abituato a ricevere così tanti complimenti insieme. Il mio
protetto, però, non
può fare a meno di lasciarsi sfuggire una risata a sentire
tutte le lodi che
Stazio sta tessendo senza sapere di avermi davanti. L’anima,
insospettita, gli
domanda il motivo del suo comportamento. Rassegnato, consento a Dante
di
rivelare la mia identità a Stazio, il quale si offre di
accompagnarci per
quanto rimane del nostro viaggio. Sono contento che ora ci sia qualcuno
che
possa chiarire tutti i dubbi di Dante che io non posso risolvere, ma
non posso
fare a meno di sentirmi un po’ tagliato fuori: loro hanno
avuto la fortuna di
conoscere il cristianesimo e hanno la possibilità di
arrivare in Paradiso,
mentre io, anima pagana del Limbo, non potrò mai comprendere
pienamente tutto
ciò che rende loro così felici.
˜˜˜˜˜˜˜˜˜
Sì,
ho messo Lapo Elkann in Purgatorio. E no, non me ne pento! XD
|
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Capitolo 5 *** Capitolo 5 ***
L’angelo
della giustizia cancella la quinta P dalla
fronte di Dante e passiamo alla sesta Cornice, in cui viene espiato il
peccato
di gola. Vediamo un albero carico di frutti e una fonte
d’acqua pura, ma c’è
qualcosa di strano: l’albero somiglia a un abete capovolto e
l’acqua della
fonte scorre al contrario. Questo è per impedire ai
penitenti di bere e di nutrirsi
dei frutti, poiché in vita hanno amato eccessivamente il
cibo. Le anime che
riusciamo a vedere sono pelle e ossa e, tra le fronde degli alberi, si
sentono
le voci di spiriti celesti ricordare esempi di gola punita e
moderazione
premiata. Tra i penitenti, Dante riconosce l’amico Forese
Donati, che afferma
di essere giunto in Purgatorio dopo poco tempo dalla morte grazie alle
preghiere della moglie Nella. Incontra anche Bonagiunta Orbicciani, un
poeta
della generazione precedente alla sua, e si mettono a discutere di
letteratura,
arrivando a definire lo stile dei poeti come Dante “dolce
stilnovo”. Non
potevano scegliere un nome più appropriato.
Vedere
queste anime così deperite mi fa tornare in mente
tutte le volte in cui, quand’ero ancora in vita, avevo visto
dei mendicanti
chiedere qualcosa da mangiare fuori dalle domus
dei patrizi che, nel mentre, si dilettavano tra feste e lauti
banchetti. Mi
sembra quasi impossibile che, in futuro, il benessere sarà
così diffuso da
permettere a gran parte della popolazione di non avere problemi di
questo tipo,
anzi, spesso il cibo verrà sprecato perché
comprato in eccessiva quantità. Alcune
persone arriveranno anche ad incorrere in gravi problemi di salute a
causa del
loro eccessivo amore per il cibo, nonostante in alcuni Paesi molti
continueranno
a soffrire la fame. Credo che quasi tutti gli abitanti della Terra che
si
troveranno a passare per il Purgatorio tra settecento anni dovranno
sostare a
lungo in questa Cornice.
Ci
congediamo dalle anime dei golosi e proseguiamo la
salita. L’angelo della temperanza cancella la penultima P
dalla fronte di Dante
che, intanto, chiede come sia possibile che le anime possano patire la
fame e
la sete. Stazio gli spiega che ciò accade perché
l’anima, secondo la volontà
divina, porta con sé le facoltà naturali che
fanno sì che possa soffrire anche
le pene corporali. Siamo stati veramente fortunati ad incontrare
Stazio. Se Dante
avesse posto questa domanda a me, probabilmente non avrei saputo
rispondere. Ancora
mi chiedo perché il Fato abbia voluto che nascessi prima
della venuta di
Cristo. In questo momento darei qualsiasi cosa per sapere cosa si prova
ad
avere, come loro, la possibilità di conoscere Dio.
Siamo
giunti all’ultima delle sette Cornici, quella dei
lussuriosi. Costoro, divisi in due schiere, camminano tra le fiamme
gridando
esempi di lussuria punita e castità premiata. Anche queste
anime,
nell’accorgersi che Dante ha ancora il proprio corpo, si
stupiscono non poco e
una di loro si fa avanti per parlare con noi. È Guido
Guinizzelli, che Dante
conosce molto bene per essere stato l’iniziatore di quello
che ora si chiama
dolce stilnovo. I due parlano di poesia e Guido afferma che, tra i
letterati
che si trovano in quella Cornice, il migliore tra tutti a parlare
d’amore è
Arnaut Daniel, trovatore provenzale.
Nel
mentre, decido di guardare nel futuro per vedere chi
arriverà in questo luogo tra qualche centinaio
d’anni. Non mi stupisco nello
scoprire che la settima Cornice sarà sempre affollata di
penitenti, visto che
sembra essere molto difficile per gli uomini resistere alla passione
carnale. Alcuni
di loro, però, dopo aver condotto una vita dissoluta, si
rivolgeranno a Dio,
come per esempio il giornalista Paolo Brosio, famoso per le sue vicende
amorose
e per essersi pentito del suo comportamento dopo aver incontrato la
fede.
Per
continuare il cammino verso la cima, l’angelo della
castità ci avverte che dovremo attraversare il fuoco che
circonda questa
Cornice. Dante è spaventato, lo vedo chiaramente quando
rivolge lo sguardo
verso me e Stazio. Cerco di fargli coraggio ricordandoli come,
nell’Inferno,
fosse scampato a pericoli ben più gravi e mostrandogli che
quelle fiamme
possono bruciare, ma non uccidere. Le mie parole, però, non
sembrano
funzionare: Dante non accenna a voler proseguire, rimane immobile nel
punto in
cui si trova. Decido allora di giocare la mia ultima carta,
spiegandogli che
questo muro di fuoco è l’unico ostacolo che ancora
lo separa da Beatrice. Il
nome della donna amata pare riscuoterlo e, finalmente, decide di
vincere la
paura. Entro con lui tra le fiamme, continuando a parlargli di Beatrice
per
spronarlo a continuare a camminare, mentre Stazio ci segue a poca
distanza.
Una
volta liberi dal calore soffocante del fuoco, è ormai
sera e ci fermiamo a riposare. Dante si addormenta quasi subito,
seguito da
Stazio. Non pensavo che anche un’anima come lui potesse aver
bisogno di
dormire. Io, come sempre, rimango sveglio, riflettendo su quello che
accadrà
domani: arriveremo nel Paradiso Terrestre, che si trova sulla cima di
questa
montagna e lì Dante potrà finalmente incontrare
la sua Beatrice. Ciò significa
che il mio compito sarà giunto al termine e che
dovrò tornare nel Limbo. Ammiro
il cielo stellato sopra di me per l’ultima volta, prima di
rivolgere lo sguardo
verso il mio protetto. In questi ultimi giorni è cresciuto
molto, ha dovuto
affrontare prove difficili, ha conosciuto il Male e il peccato, ed
è salito fin
sulla vetta del Purgatorio per espiare le sue colpe. Mi riesce
difficile
ammetterlo, ma mi sono molto affezionato a lui. Lo considero come un
figlio e,
anche se non potrò accompagnarlo fino alla fine, spero che
il suo viaggio si
concluda nel migliore dei modi.
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Capitolo 6 *** Capitolo 6 ***
Al
risveglio, Dante racconta di aver fatto un sogno
particolare, in cui una donna di nome Lia raccoglieva fiori, mentre la
sorella
Rachele si rimirava nello specchio. Sostiene che la prima simboleggi la
vita
attiva, in cui si realizzano opere buone, mentre la seconda sarebbe il
simbolo
della vita contemplativa, in cui si prega Dio. Entrambe rappresentano i
modi in
cui l’uomo può avvicinarsi al suo Creatore. Prima
di proseguire verso la vetta,
prendo da parte Dante e gli spiego che oramai non ha più
bisogno del mio aiuto
per continuare, poiché, purificandosi dai suoi peccati,
è arrivato ad un punto
che va oltre le mie capacità di conoscenza,
perciò lo proclamo signore di sé
stesso: d’ora in poi sarà in grado di prendere
decisioni in modo autonomo.
Arriviamo
in una foresta, che presumo essere il Paradiso
Terrestre. Ripensando alla selva in cui Dante si era smarrito
all’inizio del
suo viaggio, sembra quasi impossibile che ora siamo giunti in un luogo
tanto
meraviglioso. Qui tutto profuma di gioia e di vita! Oltre il fiume che
attraversa il piano, c’è una donna che, cantando,
coglie fiori. Si chiama
Matelda e vive qui, in questo luogo beato, in perfetta armonia con la
natura
che la circonda.
Poco
dopo appare davanti a noi una lunga processione
composta da innumerevoli figure: vedo sette candelabri, ventiquattro
vecchi con
corone di candidi gigli sul capo, quattro animali dalle ali piene di
occhi e un
carro trionfale trainato da un grifone. Attorno ad esso, sette donne
danzano,
mentre due nobili vecchi, quattro figure umili
e un vecchio dormiente chiudono il corteo. Sono certo che
tutti loro
debbano avere un significato preciso, ma che purtroppo non sono in
grado di intuire
o comprendere. La processione si ferma. Sembrano tutti in attesa di qualcosa, o meglio, di qualcuno.
Difatti,
in una nuvola di fiori che un gruppo di angeli
getta in aria, compare colei che riconosco essere Beatrice, la donna
che Dante
ama. Mi rendo conto che il mio compito qui è terminato.
Dante è incantato a
guardarla e, sorprendentemente, non riesco a trovare il coraggio di
interrompere questo momento per dirgli addio. Preferisco andarmene
silenziosamente, svanire nell’aria per tornare nel Limbo,
dove sono destinato a
rimanere. Guardando un’ultima volta nella sua direzione, noto
che Dante si è
voltato e, senza più vedermi, il suo volto torna a
ricoprirsi di lacrime. Non
deve piangere per me, deve guardare avanti, verso Beatrice,che lo
accompagnerà
da qui fino alla fine del suo viaggio e che potrà dargli
tutte quelle
spiegazioni che io non sono stato in grado di dargli. È
giusto così, e questo lo
sa anche lui.
Dal
mio posto nel primo Cerchio tra le altre anime non
battezzate, vedo come il mio protetto, che ancora amo come un figlio,
viene
immerso nelle acque del fiume Lete, che gli fanno dimenticare tutti i
peccati
commessi. Assiste poi a degli strani eventi: il carro, ora legato a un
albero,
viene danneggiato da un’aquila , che poi scende nuovamente
dal cielo per
ricoprirlo di piume. Una volpe si avvicina, ma Beatrice la caccia. Sul
carro
spuntano sette teste mostruose dotate di corna e un drago nato dalla
terra ne
distrugge il fondo. Infine, una prostituta e un gigante si allontanano
nella
foresta col carro. Dante beve l’acqua del fiume
Euonoè, che rafforza il ricordo
delle opere buone compiute, ed è finalmente pronto a salire
al Paradiso con la
sua Beatrice.
Spero
che riesca ad arrivare presto a Dio, il Creatore
che io non ho mai conosciuto, e che un giorno possa raccontare a tutti
gli
uomini del suo viaggio e di colui che governa l’Universo
intero, l’amor che move il sole e
l’altre stelle.
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