Candy va alla guerra

di Gatto1967
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Vado io Miss Mary Jane ***
Capitolo 2: *** Non devi mica combattere! ***
Capitolo 3: *** Te lo prometto Flanny ***
Capitolo 4: *** Micheal! ***
Capitolo 5: *** Non piangere bambina ***
Capitolo 6: *** Voglio condividere con voi la mia felicità ***
Capitolo 7: *** La linea dell'orizzonte si assottigliava sempre di più ***
Capitolo 8: *** lei era sempre solare e sorridente ***
Capitolo 9: *** L'avevo completamente mal giudicata ***
Capitolo 10: *** Urlando il suo nome ***
Capitolo 11: *** Che accidenti volevano da me? ***
Capitolo 12: *** Qui c'è ancora tanto bisogno di me ***
Capitolo 13: *** A Candy! ***



Capitolo 1
*** Vado io Miss Mary Jane ***


Disclaimer: questa storia è una fan fiction che riprende l'opera originale di Kyoko Mizuki, i cui diritti d'autore sono detenuti da autrice e casa editrice. Non ho diritti sui personaggi ne tanto meno sulla storia originale che vado a modificare. Non c'è scopo di lucro in questa mia storia, per tanto non lede ai diritti d'autore.

-Vado io miss Mary Jane.-

La voce risoluta di Candy sorprese sia le sue compagne che miss Mary Jane.

-È sicura signorina?-

-Sì signora direttrice, sono sicura.-

Flanny rimase come gelata, anche lei voleva offrirsi di andare, ma Candy l’aveva bruciata sul tempo.

In silenzio uscì dalla stanza insieme alle sue compagne.

 

Candy partì il giorno dopo. Una carrozza la portò fino alla stazione e da lì si aggregò ad un gruppo di crocerossine in partenza per New York.

 

Flanny entrò nella stanza numero 0. Il misterioso paziente affetto da amnesia stava in piedi davanti alla finestra, e a sentirla aprire la porta si girò verso di lei.

-Vedo che si è alzato signore, non è prudente. Si rimetta a letto la prego.-

-Tu… chi sei?-

-Il mio nome è Flanny Hamilton e sono la sua infermiera. Lei è ancora debole, dovrebbe riposarsi.-

Il giovane uomo si incamminò verso il letto, ma a un certo punto barcollò vistosamente. Flanny accorse a sorreggerlo.

-Chicago… America… Chicago…-

-La prego signore! Si rimetta a letto!-

Una volta nel letto l’uomo si strinse le tempie.

-Chicago! America!-

-La smetta signore! È ancora presto e così si fa del male! La memoria le tornerà, non ne dubiti, ma ci vorrà del tempo!-

La voce di Flanny suonava fredda e distaccata, così come la ragazza si imponeva di apparire, ma forse anche solo una debole inflessione, una variazione di tonalità, tradiva in lei una vera apprensione per quel ragazzo.

 

Susanna Marlowe si avvicinò a Terence tenendo lo sguardo basso.

-Terence io…-

-Che vuoi Susanna?-

La ragazza iniziò a piangere  mentre estraeva dalla tasca del suo costume di scena una busta da lettera.

-Perdonami Terence!- riuscì a dire mentre consegnava la lettera a Terence, e prima di scappare via in lacrime.

Terence guardò la busta: era una lettera di Candy.

 

Annie diede una moneta al postino che le aveva appena consegnato una lettera indirizzata a lei. L’uomo ringraziò e se ne andò.

Annie guardò la lettera: era di Candy! In fretta e furia la aprì e corse nella sua stanza a leggerla.

Poco dopo Annie usciva di casa come una furia senza neanche curarsi di salutare la madre.

-Sto andando dagli Andrew!- disse al domestico che la incrociò nell’atrio di casa Brighton.

Correndo a perdifiato Annie arrivò in men che non si dica alla residenza degli Andrew, dove ad aprirle fu Stear.

-Annie che succede?-

Col cuore in gola Annie entrò in casa.

-P-Patty!-

Una commossa Patty corse ad abbracciare l’amica, ma Annie sembrò non ricambiare il calore della ragazza inglese.

-Sono appena arrivata dall’Inghilterra e… Annie, che succede?-

-Già che succede Annie? Sembri sconvolta.- le chiese Archie accorso nel frattempo.

-Ho… notizie di… Candy…-

-Notizie di Candy? Stavamo giusto pensando di andare al Santa Johanna insieme a Patty ma… che notizie hai?-

Senza altre parole Annie consegnò ad Archie la lettera di Candy.

 

Miss Pony andò incontro al signor Marsh, il postino di La Porte, che arrivava dal paese diretto alla Casa di Pony.

-Buongiorno signor Marsh, ha della posta per noi?-

-Sì Miss Pony, ho alcune lettere per voi, una è di Candy!-

-Oh che bello! È un po’ che non ci scriveva quella benedetta ragazza! Ma prego s’accomodi in casa, le preparerò un caffè.-

-La ringrazio Miss Pony!- 

Nel frattempo anche Suor Maria, che aveva finito di stendere i panni, stava accorrendo a salutare il simpatico postino.

Poco dopo mentre il signor Marsh sorseggiava il suo caffè, Miss Pony leggeva la lettera di Candy, e sul suo volto si dipingeva un’espressione inquieta e di disapprovazione.

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Capitolo 2
*** Non devi mica combattere! ***


Flanny entrò nella stanza n. 0 con il vassoio destinato al misterioso paziente ricoverato in quella specie di tugurio che l’ospedale riservava di norma ai criminali e agli sconosciuti.

Il ragazzo biondo stava dentro al suo letto, sdraiato a fissare il muro.

-Buonasera signore. Le ho portato la cena.-

Lo sconosciuto scostò la coperta e si alzò dal letto per andarsi a sedere al rozzo tavolo della stanza e mangiare qualcosa.

-Grazie signorina Hamilton.-

-Prego signor…- si fermò come se non sapesse come continuare. In realtà non sapeva affatto come continuare.

-Già, non sai come chiamarmi.-

-La prego signore, mangi tutta la sua cena.-

-Non ho più fame signorina Hamilton.-

-Ha bisogno di mangiare, altrimenti non si riprenderà tanto facilmente.-

Lo sconosciuto della stanza n. 0 ebbe come un sussulto interiore, forse quella ragazza non era così fredda come voleva apparire, e si rimise a mangiare la sua cena.

-Dovremmo trovarti un nome.-

-Come dice signorina?-

-Dovremmo trovarti un nome. Non so come rivolgermi a te.-

-Faccia lei signorina.-

-Ti piace… John White?-

John è il nome proprio più diffuso nei paesi di lingua inglese, e White… perché le era venuto in mente il cognome di Candy?

-È un nome come come un altro, se ti fa piacere chiamami pure così.-

 

Terence era fuori di sé, non riusciva a credere a quello che aveva appena letto. Candy era partita come crocerossina per l’Europa! 

Sapeva quanto la sua Tarzan tuttalentiggini fosse testarda e determinata, ma non l’avrebbe mai creduta capace di una sciocchezza simile!

E poi, come aveva fatto Candy ad arruolarsi? Per quanto ne sapeva Terence lei era ancora minorenne, non avrebbe mai potuto partire per l’Europa senza il consenso… già il consenso di chi? Della sua famiglia? Possibile che gli Andrew avessero acconsentito?

Andò al suo armadio e afferrò qualche vestito da infilare in una borsa: doveva partire per Chicago.

 

-No! Non può essere!- Archie e gli altri erano sconvolti. -Candy non poteva arruolarsi e partire per l’Europa senza il consenso dello zio William!-

-Mio Dio, Candy…- frignò Patty.

-Com’è possibile che Candy sia riuscita a contattare lo zio William?- la domanda di Stear era la stessa che si ponevano tutti.

-Vieni Stear, dobbiamo parlare con la zia Elroy.-

-Cosa vorresti dirle Archie? Lei odia Candy e non credo che abbia molto a cuore la sua sorte.-

-No lei no, ma forse lo zio William sì. Dobbiamo contattarlo e convincerlo a far tornare indietro Candy, o perlomeno farci spiegare perché l’ha autorizzata a partire.-

-Va bene ma non dobbiamo dire alla zia Elroy il motivo per cui vogliamo incontrare lo zio William.-

-Cosa non dovete dirmi?-

La zia Elroy era apparsa all’improvviso davanti a loro.

 

Miss Pony e Suor Maria erano sconvolte: la loro piccola Candy in guerra! 

-Come ha potuto fare una cosa così stupida?- sbottò la suora.

-Candy sente di fare il suo dovere di infermiera, mettendomi nei suoi panni la capisco.-

-Ma Candy è ancora minorenne, come ha potuto arruolarsi?-

-Già, non poteva farlo senza il permesso del suo tutore, il signor William Andrew. Anche se Candy ha lasciato la famiglia Andrew, formalmente è ancora la figlia del signor William.-

-Che tipo è questo signor William?- chiese il signor Marsh.

-Ah non lo sappiamo.- rispose Miss Pony -Noi non lo abbiamo mai visto. Abbiamo conosciuto solo il suo uomo di fiducia, il signor George.-

-Non pensate che varrebbe la pena di contattarlo? Magari potreste convincerlo a farla tornare a casa.-

-Non sappiamo come contattarlo. Pare che sia un tipo eccentrico, sconosciuto agli stessi membri della sua famiglia, sempre in viaggio per affari.-

-Ma… forse potete contattare gli amici, i familiari di Candy, cercare di capire cosa è successo…-

-Potremmo scrivere al signor George!- propose Suor Maria.

 

Il sole si avviava a tramontare, e dal ponte della nave che la stava portando in Europa, Candy pensò che fra lei e quel sole rosso, c’era l’America, la sua casa, i suoi amici. Aveva già compiuto quel viaggio anche se con sentimenti e prospettive completamente diversi, allora stava andando in Inghilterra, a studiare presso un prestigioso collegio inglese, adesso era diretta in Francia, verso un futuro pieno di incognite, senza sapere nemmeno se sarebbe tornata indietro…

Ebbe un brivido, forse di freddo o forse di paura, ma subito si scosse.

-Che diavolo ti prende Candy!- si disse -Certo che tornerai indietro! Questa guerra non durerà in eterno, e poi tu non devi mica combattere!-

-Candy!- la voce era quella di Sharon, la sua compagna di cabina. -Cos’hai? Nostalgia di casa?-

-Sì.- disse lei con tristezza. -Ma non sono affatto pentita di essere qui. Sento che quello che sto facendo è giusto.-

-Certo che lo è Candy! Posso farti una domanda personale?-

-Sì certo.-

-Cosa ha detto la tua famiglia quando ti sei arruolata?-

-Io non ho famiglia, sono un’orfana.-

-Davvero?-

-Sì, sono cresciuta in un orfanotrofio nell’Indiana.-

-Anch’io sai?-

-Cosa? Anche tu sei…-

-Sì, sono stata abbandonata da piccola, e sono cresciuta in un orfanotrofio vicino Boston.-

-Abbiamo tanto in comune io e te…-

Sharon sorrise.

-Sì Candy. Credo proprio che abbiamo tanto in comune. Potremmo essere davvero amiche noi due.-

Quanto era diversa quella ragazza dalla glaciale “miss Iceberg” Flanny!

 

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Capitolo 3
*** Te lo prometto Flanny ***


-Non so dove sia lo zio William!-

Il tono di voce della zia Elroy era quello di chi vuole troncare un argomento sgradito.

-È da un po’ che non ci dà sue notizie, l’ultima volta che ha comunicato con noi era in Italia, diretto verso la Francia.-

-In piena zona di guerra.- constatò Stear -Ma che ci faceva lì lo zio William?-

-Intendeva raggiungere un porto francese dove imbarcarsi per gli Stati Uniti, o al limite sarebbe arrivato a Londra. Non vi nascondo che sono molto preoccupata, è un mese che non abbiamo sue notizie.-

-Ascolta zia- le disse Archie -Forse tu puoi fare qualcosa per far rientrare Candy dalla zona di guer…-

-Non intendo parlare di quella ragazza Archie! Non muoverò un dito per lei!-

-Ma zia! Candy è in zona di guerra! Potrebbe morire!-

-È stata una sua scelta no? E comunque lei non è più una Andrew, e se deve morire in Europa non sarò certo io a piangerci sopra!-

Ciò detto l’arcigna donna uscì dal salone sbattendo una porta.

-A volte sa davvero essere spietata.-

-Su una cosa non ha tutti i torti Archie.- disse Stear -È stata davvero una scelta di Candy e forse noi non abbiamo il diritto di interferire.-

-Candy è minorenne dannazione! Come ha fatto ad arruolarsi senza la firma del suo tutore?-

-Potrebbe averla falsificata, o aver dichiarato di essere maggiorenne.-

-Già, è proprio un comportamento tipico di quella testona.-

-Piuttosto mi domando dove possa essere finito lo zio William.-

-Sempre che sia vero che non dà sue notizie. La zia Elroy potrebbe averci mentito.-

-Non credo, sembrava davvero preoccupata.-

 

Flanny entrò nella stanza del dottor Leonard.

-Signorina Hamilton, cosa posso fare per lei?-

-Sono stata nella stanza numero 0 e l’ho trovata vuota. Dov’è il signor White?-

-Sta parlando di quello sconosciuto affetto da amnesia vero? È stato dimesso stamattina.-

-Ma come? Quell’uomo è ancora convalescente!-

-Signorina Hamilton, fisicamente quell’uomo sta bene e non c’era motivo di trattenerlo oltre. Non c’era niente che noi potessimo fare per lui.-

-Ma dottor Leonard,…-

-Signorina Hamilton, ci sono molti altri pazienti che hanno bisogno delle sue cure, e noi non potevamo sprecare spazio e risorse per un uomo di cui non sappiamo nulla e che potrebbe essere un criminale.-

-Questo non lo sappiamo! E comunque noi siamo tenuti a curare qualsiasi paziente, anche i criminali!-

-Non venga a insegnarmi il mestiere signorina! Ed esca subito da questa stanza!-

Flanny rimase interdetta, forse il dottor Leonard non aveva tutti i torti.

-Mi scusi il disturbo dottor Leonard.-

Poi uscì dalla stanza.

 

Qualche giorno dopo Flanny aveva la giornata libera. In genere trascorreva quel tempo chiusa nella sua stanza a studiare, ma quel giorno si sentiva cupa e non riusciva a concentrarsi. Si scoprì a fissare il letto di Candy.

Quando divideva la stanza con quella rompiscatole non la sopportava, ma da quando era partita ne sentiva quasi la mancanza. Quella stanza le sembrava vuota.

Aprì il cassetto della sua scrivania e prese in mano il medaglione che quella sbadatella aveva dimenticato sul letto il giorno della sua partenza. Quando l’aveva visto stava quasi per buttarlo via ma poi si era trattenuta, l’avrebbe conservato per lei.

Perché? 

Lei non era certo il tipo da facili sentimentalismi.

Dopo pranzo decise di uscire a fare una passeggiata.

 

Camminò per tutto il pomeriggio per Chicago senza una meta precisa, e rischiò quasi di perdersi in quella grande città. Alla fine si ritrovò in un parco pubblico, e si sedette su una panchina a fissare il cielo che davanti a lei cominciava a tingersi con i colori del tramonto.

Si sentiva stanca, molto stanca. Non era abituata a camminare così tanto, da quando aveva cominciato a studiare come infermiera la sua vita si svolgeva tutta nelle corsie di un ospedale o sulla scrivania a studiare, e quella era la prima volta che passava una giornata all’aria aperta da molto tempo.

Si appisolò, solo qualche minuto, ma quei pochi minuti rischiarono di essere fatali per lei.

 

-Ehi moretta!-

La sgradevole voce che le risuonò nell’orecchio la svegliò di soprassalto e lei alzò lo sguardo.

Era circondata da tre tipi dall’aria poco raccomandabile, e ormai si stava facendo notte.

-C-c-cosa volete?-

I tre tipacci la squadrarono con aria molto poco rassicurante e uno di loro prese un coltello a serramanico dalla sua tasca.

-Co-cosa volete da me?!!!!-

L’uomo con il coltello le fece cenno di stare zitta.

-Vogliamo solo divertirci un po’, ma se strilli potremmo arrabbiarci…-

La lama del coltello che le accarezzava il collo non lasciava molti dubbi sulle reali intenzioni di quei tipacci, e la povera Flanny andò nel panico.

All’improvviso l’uomo con il coltello fu colpito alle spalle e cadde a terra. Qualcuno era intervenuto in difesa di Flanny.

Gli altri due malviventi si avventarono sullo sconosciuto soccorritore, e mal gliene incolse! 

Incredibilmente l’uomo nell’ombra ebbe la meglio sugli aggressori di Flanny e loro, vista la malaparata scapparono a gambe levate.

 

-Tutto bene signorina?- chiese lo sconosciuto ad una Flanny tremante e in lacrime.

Lei non riusciva a parlare e si limitò ad annuire.

-Signorina Hamilton, è lei?-

-Ma… ma chi… John! Tu sei John!- esclamò lei scoppiando a piangere.

John White, il suo ex-paziente della stanza n. 0 la abbracciò. 

 

-Cosa faceva qui signorina Hamilton? Non è prudente circolare in questi luoghi di notte!-

-E… e tu allora?-

-Per me è diverso, forse io non sono migliore di quei tipacci.-

-Non dire sciocchezze John! Ti sei preso la briga di soccorrere una sconosciuta e hai anche rischiato la vita per me! Non sei certo un delinquente!-

-E dove diavolo avrei imparato a battermi? Da solo ho battuto tre uomini grandi e grossi, le persone perbene non fanno queste cose!-

-E che ne sai John? Magari hai dovuto imparare a difenderti.- Flanny si scoprì a sorridere al suo sconosciuto soccorritore.

-Piuttosto, che stavi facendo da queste parti?-

-Mi ero nascosto fra quegli alberi lì in fondo per passare la notte.-

-Hai mangiato qualcosa?-

-E con quali soldi?-

Un piccolo animale si strofinò sulla gamba di John.

-Cos’è quella puzzola?!!!- esclamò una inorridita Flanny

-Non lo so, mi si è appiccicata alle gambe fin da quando sono stato dimesso dall’ospedale. È come se… mi conoscesse.-

-Hai una puzzola come animale domestico?-

-Te l’ho detto: non lo so! Non ricordo niente del mio passato signorina.-

-Oh avanti! Puoi chiamarmi Flanny! Non sono mica tua nonna!-

-D’accordo Flanny!-

-Ascoltami.- disse lei alzandosi in piedi. -Adesso vieni con me, ti porto a mangiare qualcosa, naturalmente offro io!-

-Ma io…-

-Oh andiamo! Non dirmi che tu e la tua puzzola non avete fame!-

John sembrò riflettere. 

-Se insisti…-

 

Poco dopo Flanny e John sedevano al tavolo di un ristorante lì vicino. E la simpatica puzzola stava ben nascosta sotto il tavolo fra le gambe di John.

-Grazie Flanny, sei stata molto gentile.-

-Ehi dico! Tu mi hai salvato la vita! Te ne sei dimenticato?-

-Piuttosto, cerca di non avventurarti più in quei posti di notte da sola.-

-Era ancora giorno quando mi sono appisolata su quella panchina, e poi sono arrivati quei delinquenti. Non so davvero come sarebbe andata a finire senza di te.-

Flanny rimase sorpresa a sentirsi parlare così. Le sembrava quasi di sentir parlare Candy!

Candy… chissà che ne era di lei…

-Che intenzione hai di fare John?-

-E cosa vuoi che faccia? Mi metterò a vagabondare in attesa che mi torni la memoria… se mi tornerà.-

-Ascoltami: quando sei stato ricoverato non facevi altro che dire “Chicago”, “America”, e mi è stato detto che quando ti hanno trovato in Italia, facevi la stessa cosa, nominavi in continuazione questa città.-

-E allora?-

-E allora è logico pensare che tu sia di qui, che la tua famiglia sia di Chicago. Forse dovresti restare qui, magari un giorno potresti incontrare qualcuno che ti conosce.-

-Il ragionamento fila, ma come faccio a sopravvivere in questa città? Non posso certo scroccarti la cena tutti i giorni.-

Flanny si mise a ridere

-Temo proprio che non potrei permettermelo, ma forse posso aiutarti a trovare un lavoro e un posto dove dormire.-

-Non voglio che tu ti esponga per me. Non sappiamo niente di me. Il fatto che ti abbia salvata non significa niente!-

Flanny riacquistò la sua consueta espressione da “iceberg”

-Significa per me John! Ho un debito con te e intendo pagarlo! Sono stata chiara?-

-Ho come l’impressione di non poter replicare.-

-Non è un’impressione.-

 

Poco dopo, finita la loro cena, i due ragazzi uscivano dal ristorante.

-Stanotte puoi tornare a dormire in ospedale, la stanza n. 0 è vuota e nessuno ci entra mai.-

-E come faccio a entrare in ospedale senza essere visto?-

-Fidati di me!-

Arrivati all’ospedale, sulla fiancata opposta rispetto all’ingresso, Flanny mostrò a John una finestra.

-Ecco vedi? Quella è la stanza numero 0. Fra poco io ti aprirò la finestra e tu potrai entrare, non credo che per un tipo atletico come te sia un problema. Poi domani mattina appena sveglio esci sempre dalla finestra. Penserò io a richiuderla dall’interno.

Mi aspetterai davanti al ristorante dove abbiamo mangiato, d’accordo? Domani avrò il pomeriggio libero e ti aiuterò a cercare un lavoro. Un mio ex paziente ha un ristorante dall’altra parte della città e credo proprio che se glie lo chiedo io ti farà lavorare come lavapiatti.-

-Flanny, io…-

-Tu promettimi solo che non scapperai via.-

John guardò la ragazza davanti a lui e gli sembrò che lo implorasse con lo sguardo. Uno sguardo decisamente diverso da quello della “miss Iceberg” tanto famosa in ospedale.

-Te lo prometto Flanny, ci vedremo domani pomeriggio.-

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Capitolo 4
*** Micheal! ***


Archie, Stear, Annie e Patty entrarono nell’ufficio del signor George, nella sede centrale della Banca di Chicago.

-Che sorpresa signori! Prego accomodatevi!-

-Grazie signor George.- rispose Archie.

I ragazzi si sedettero davanti a quell’uomo da sempre al servizio degli Andrew

-In cosa posso esservi utile signori?-

Fu Stear a rispondere.

-Abbiamo bisogno di parlare con lo zio William.-

-A… che proposito signori?-

In breve Stear spiegò il loro problema

-Ho appena ricevuto questa lettera dalla Casa di Pony, Miss Pony e Suor Maria chiedono la stessa cosa. Vorrei sinceramente potervi aiutare. Anch’io sono molto affezionato alla signorina Candy, e credo anch’io che abbia fatto false dichiarazioni per andare in Europa, ma vedete, vostra zia non vi ha mentito: il signor William Andrew è veramente scomparso nel nulla. È più di un mese che non ne abbiamo notizie.-

-La zia Elroy ci ha detto che è scomparso in Italia. Che cosa ci faceva lì?-

-Era stato in Africa per… lavoro. E aveva deciso di tornare negli Stati Uniti. Contava di imbarcarsi in Francia o a Londra, ma avrebbe dovuto raggiungere una di quelle mete almeno un mese fa!-

-E invece non ha più dato notizie.-

-No, non ne ha più date…-

 

Flanny e John entrarono nel ristorante del signor Barnaby, e lui riconobbe la ragazza.

-Signorina Hamilton! Che sorpresa! Sono contentissimo di vederla!-

-La ringrazio signor Barnaby.-

Che succedeva a quella ragazza? Sorrideva?

-Le presento John White, un mio paziente da poco dimesso dal Santa Johanna.-

-Molto lieto signor White.- disse il ristoratore tendendo la mano a John. -Anche lei è passato per le efficienti mani della signorina Hamilton?-

-John avrebbe bisogno di un lavoro, lei potrebbe assumerlo?-

-Avrei giusto bisogno di un lavapiatti, se la sente?-

-Penso proprio di sì signor Barnaby. Lavare i piatti non mi sembra un lavoro difficile.-

-Aspetta a dirlo ragazzo! Dovrai lavarne parecchi di piatti!-

-John avrebbe bisogno anche di una stanza dove dormire, lei potrebbe procurargliene una?-

L’uomo sembrò pensarci su.

-Qui vicino c’è la signora Carson, una vecchia bisbetica che affitta stanze a prezzi modici. Anche se chiamarle stanze… ce ne vuole…-

-Mi adatterò.-

 

Candy e Sharon scesero dalla carrozza che si era fermata proprio davanti all’ospedale dove avrebbero lavorato per circa un anno. 

Le aspettava un periodo di lavoro e studio “matto e disperatissimo”, dovevano infatti lavorare in corsia e completare gli studi. Anche Sharon era un’allieva infermiera.

-Benvenute signorine.- Ad accoglierle fu una donna di circa quarant’anni, in divisa da infermiera.

-Voi dovete essere Candice White e Sharon Mc Kendrick, dico bene?-

-Sì certo.- rispose Sharon.

-Io sono Susan Evers, e sarò il vostro riferimento in questo ospedale. Lavorerete e studierete con me. Prego venite, vi mostro i vostri alloggi.-

L’edificio verso il quale si stavano dirigendo mise non poca soggezione a Candy.   

-Signorine, vi presento il dottor…-

-Micheal!-

-Candy!-

 

Poco dopo Candy, Sharon, la signora Evers e Micheal sedevano a un tavolo della mensa dell’ospedale.

-Beh, io devo lasciarvi.- disse la signora Evers -Il lavoro mi aspetta. Voi ragazze, riposatevi pure questo pomeriggio, vi aspetto domani mattina alle 8.00 puntuali nella saletta infermiere del reparto di chirurgia, intesi?-

-Certo signora Evers, saremo puntuali.- rispose Candy.

-Vi aspetta un periodo di lavoro molto duro. In quanto allieve e minori non è previsto che voi andiate negli ospedali da campo, ma dovrete lavorare in corsia e studiare per l’esame finale che avrete fra non molto.-

Allontanatasi la donna, Candy e i suoi commensali ripresero la loro conversazione.

-Mi ha molto meravigliato vederti qui Candy, sapevo che sei un’infermiera coscienziosa ma non mi sarei mai aspettato di vederti nel mio stesso ospedale.-

-La direttrice della scuola per infermiere dove ho iniziato i miei studi è venuta da noi a chiedere che una di noi venisse qui in rappresentanza della sua scuola, e io mi sono offerta.-

-La tua famiglia non ha detto niente?-

Candy abbassò lo sguardo come un bambino colto con le mani nella marmellata.

-Hai falsificato la firma del tuo tutore, non è così?-

-Veramente… sì.-

-Candy, sei incorreggibile.-

-Ti prego Micheal, non denunciarmi. Ti prometto che non farò colpi di testa.-

Micheal rimase in silenzio per un lungo istante.

-D’accordo, in fondo qui non correrai alcun pericolo. Come vi ha spiegato la signora Evers voi non andrete in prima linea.

Sarà meglio che torni al lavoro adesso, non avete idea di quanto c’è da fare qui.-

 

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Capitolo 5
*** Non piangere bambina ***


-Non piangere bambina.-

-Tu chi sei?-

-Secondo te chi sono?-

-Non so, sei venuto dallo spazio?-

-Che cosa?-

-Porti la gonna anche se sei un ragazzo, suoni questo strano piffero panciuto.-

-Ma no! Questa non è una gonna, si chiama kilt, ed è l’indumento indossato dagli uomini in un paese chiamato Scozia, e questo non è un piffero, ma è una cornamusa, adesso te la faccio sentire.-

 

John si svegliò di soprassalto nella “stanza” che la signora Carson gli aveva messo a disposizione. Un vero e proprio tugurio con le pareti scrostate e l’umidità che trasudava da ogni fessura, ma pur sempre un tetto sulla testa ad un prezzo abbordabile.

Fuori dalla finestra il sole iniziava a filtrare nella stanza.

John pensò allo strano sogno che aveva appena fatto: l’albero sulla collina, la bambina che piangeva sconsolata, lui che cercava di distrarla, e poi si metteva a suonare la cornamusa.

Si era svegliato proprio mentre nel sogno iniziava a suonare, ma avvertiva una strana eco nella testa, come una risata, una risata limpida, cristallina…

 

Terence bussò al portone degli Andrew, e venne ad aprire quello che sembrava un maggiordomo.

-Desidera?-

-Buongiorno il mio nome è Terence Grandchester, vorrei parlare con i signori Cornwell se possibile.-

-A che proposito signore?-

-Terence!-

-Stear!-

-Entra pure Terence, grazie James, ci penso io.-

Poco dopo Stear, Patty e Terence sedevano in un salotto privato.

-Archie è andato a parlare con il direttore dell’ospedale Santa Johanna, stiamo cercando di capire dove è stata mandata Candy. Io sto aspettando l’investigatore privato che abbiamo assoldato per cercare di capire che fine abbia fatto lo zio William. Solo lui può far tornare indietro Candy, anche se non mi piace l’idea di interferire con le sue decisioni.-

-Candy è minorenne, come diavolo ha fatto a partire per l’Europa?-

-Crediamo che abbia falsificato la firma dello zio William, e comunque le autorità militari non guardano troppo per il sottile quando si tratta di reclutare volontari.-

-Maledizione! Se riuscissimo a sapere dove è stata mandata io…-

-Cosa faresti Terence? La andresti a prendere? La conosci, sai quanto sa essere caparbia. Comunque tranquillizzati, Candy è un’allieva, non è ancora un’infermiera diplomata e non la manderanno certo in prima linea. Penso che forse dovremmo accettare la sua decisione.-

Terence sembrò riflettere, forse Stear non aveva tutti i torti.

 

Più tardi arrivarono anche George e l’investigatore privato che, com’era logico aspettarsi, fino a quel momento non aveva cavato un ragno dal buco. La zia Elroy volle parlarci da sola nel suo studio insieme a George.

-Mi ascolti bene. Noi adesso le daremo alcune informazioni molto importanti sul signor William, si tratta di informazioni molto riservate che devono rimanere tali, ma che le sono indispensabili per cercare quell’uomo. 

Faccio appello alla sua riservatezza e la riterrò personalmente responsabile per ogni indiscrezione che dovesse trapelare, sono stata chiara?-

-Sì signora, è stata molto chiara. Forse dovrò recarmi in Italia.-

-Non badi a spese, la famiglia Andrew le fornirà quanto le necessita.-

-Potrei vedere l’ultimo telegramma mandato dal signor Andrew? È importante sapere da dove è stato spedito.-

-Eccolo signor Mills.- disse la zia Elroy dopo averlo preso da un cassetto della sua scrivania. -È stato spedito da Bari, una città della regione italiana chiamata Puglia, dove il signor Andrew era appena sbarcato e dove stava per prendere un treno diretto verso il Nord Italia.-

-Bene signora, forse si potrà ricavare qualche informazione sui treni che quel giorno sono partiti da Bari per il Nord Italia. E adesso cortesemente mi dia quelle informazioni sul signor Andrew, le garantisco la massima discrezione e professionalità nel trattare queste informazioni.-

 

Quando arrivarono anche Archie e Annie, i cinque ragazzi decisero di andare a mangiare fuori, in modo da poter parlare liberamente. Alla zia Elroy non importava niente di Candy e non avrebbe tollerato di sentir parlare di lei.

Archie ed Annie consigliarono un ristorante non troppo lontano dalla residenza dei Brighton, un locale dove ogni tanto loro amavano andare quando volevano tirarsi fuori per un po’ dalle convenzioni e dalle regole del loro mondo dorato.

Il ristorante non era certo lussuoso, ma a loro piaceva proprio per questo.

-Buongiorno signor Barnaby.- 

-Buongiorno signorina Brighton, signor Cornwell.-

-Le presento mio fratello Stear e la sua fidanzata, la signorina Patricia O’Brien. E questo è un nostro amico… Terence…-

-Smith!- lo interruppe Terence. Non voleva avere noie per la sua fama di attore.

I cinque ragazzi chiesero un tavolo in una saletta riservata dove poter parlare senza essere disturbati, e il signor Barnaby glie la diede. Il suo era un ristorante abbastanza grande anche se non lussuoso.

-John- disse al ragazzo che lavava i piatti in cucina dopo aver fatto accomodare i clienti -Potresti andare a prendere le ordinazioni nella saletta riservata?-

-Vado subito signor Barnaby.-

-No, aspetta. Vedo che hai ancora molti piatti da lavare. Faccio io non preoccuparti.-

-Come vuole signor Barnaby.-

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Capitolo 6
*** Voglio condividere con voi la mia felicità ***


Passarono alcuni giorni, e Flanny era sempre più presa dai suoi studi in vista dell’esame finale per il diploma di infermiera, mentre John si calò nella sua nuova vita. Sentiva che ciò di cui aveva bisogno era tranquillità e sicurezza, aveva un lavoro, un’amica fidata e gentile, e sul lavoro era apprezzato e benvoluto.

Gradualmente si convinse che la memoria gli sarebbe tornata prima o poi.

Venne il giorno dell’esame, e Flanny lo superò a pieni voti risultando la prima del suo corso.

La direttrice Mary Jane venne appositamente al Santa Johanna per consegnare i diplomi alle sue ex allieve.

 

-Signorina Hamilton. Almeno in questa occasione potrebbe dimostrare un po’ di entusiasmo, cos’è quel muso lungo?-

-Pensavo a Candy…-

La direttrice Mary Jane tirò fuori una lettera dalla sua borsa poggiata sulla scrivania della stanza dove aveva radunato le sue ragazze.

-Questa è una lettera di Candy. L’ha scritta a me ma è indirizzata a ognuna di voi. Se permettete ve la leggo.-

Le quattro ragazze ammutolirono per l’emozione mentre la direttrice leggeva loro la lettera di Candy.

 

“Carissime amiche,

Voglio condividere con voi la mia felicità per aver conseguito il diploma di infermiera. Me la sono cavata per il rotto della cuffia, ma ce l’ho fatta.

Sono sicura che anche voi ce l’avete fatta, e quando tornerò a casa festeggeremo tutte insieme.

Qui il lavoro è durissimo, molto più che al Santa Johanna, ogni giorno arrivano dal fronte decine di soldati feriti nei modi più terribili, e purtroppo molti di loro non ce la fanno. È sempre terribile quando un ragazzo appena più grande di me muore sotto i miei occhi, ma non c’è il tempo di piangere: altri feriti aspettano di essere curati.

Qui ho trovato molti buoni amici, persone diverse, che hanno storie diverse, ma che sono unite dall’amore per il prossimo e per la medicina. 

Noi da qui e voi dall’America siamo mossi dall’amore per il nostro lavoro e per i nostri pazienti.

Vi penso sempre e vi voglio bene.

 

Sempre vostra Candy.”

 

Flanny e le altre erano in lacrime, e anche la voce della direttrice si era incrinata mentre leggeva la lettera di Candy.

 

Flanny si sentiva a pezzi: lei si era imposta una maschera di freddezza per coprire il suo passato, mentre Candy, una ragazza cresciuta in un orfanotrofio, che ne aveva passate di cotte e di crude, riusciva sempre a essere solare e positiva.

 

Quel giorno aveva il pomeriggio libero, e decise di andare a trovare il suo amico John.

Lo trovò al ristorante intento a pulire i pavimenti dopo aver finito di lavare i piatti.

-Ciao John!-

-Ciao Flanny! Sono felice di vederti! Come stai?-

-Bene grazie, ho avuto un periodo difficile per via dell’esame per il diploma, ma adesso va meglio. Sono un’infermiera diplomata sai?-

Il signor Barnaby, che entrava nella sala in quel momento, rimase di stucco nel vedere il radioso sorriso stampato sul volto di Flanny. Quando era stato ricoverato al Santa Johanna, quella ragazza era soprannominata “miss Iceberg”. Che diavolo le era successo?

  

Dall’altra parte dell’oceano Candy aveva finito il suo turno, e consumato un rapido pasto alla mensa dell’ospedale, stava dirigendosi verso la sua stanza. 

Era stata una giornata particolarmente dura per lei, tre giovani soldati, tre ragazzi di poco più di vent’anni di età, erano morti davanti ai suoi occhi per le terribili ferite riportate sui campi di battaglia, e un altro aveva perso entrambe le gambe e un braccio. 

Lei si sentiva avvilita, distrutta, e Micheal l’aveva rimproverata per questo.

“Se vuoi fare la crocerossina” le aveva detto “devi imparare ad essere un po’ più fredda e distaccata Candy! Non puoi farti coinvolgere per ogni paziente lo capisci? Altrimenti è meglio che torni a casa!”

Quelle parole l’avevano colpita dritto al cuore, inizialmente si era dispiaciuta, ma poi aveva capito che Micheal aveva ragione. Lì non c’era spazio per simpatia e allegria, in quel contesto quello che serviva era soprattutto fredda efficienza. Doveva diventare un po’ “Iceberg” insomma.

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Capitolo 7
*** La linea dell'orizzonte si assottigliava sempre di più ***


Patty era distrutta: Stear era appena partito per la guerra. 

A nulla erano valsi i tentativi di farlo ripensare. Almeno Candy lavorava in ospedale, ma lui avrebbe combattuto in prima linea!
Sicuramente sulla sua decisione aveva influito proprio l’esempio di Candy!

In ginocchio nella chiesetta trovata quella mattina passeggiando sconsolata per Chicago, Patty si scoprì a odiare l’amica, ma subito se ne vergognò.

Candy valeva mille volte lei, che non sapeva fare altro che frignare e vivere di rendita grazie ai soldi dei suoi genitori e di sua nonna.

 

Uscì dalla chiesetta diretta verso l’albergo dove alloggiava insieme alla simpatica signora Marta. Camminava distratta dai suoi cupi pensieri, e non si accorse dell’uomo che le veniva incontro. Quell’uomo portava con sé le buste della spesa, e neanche lui si avvide di lei.

Sbatterono uno contro l’altra e ruzzolarono insieme a terra.

-Signorina, si è fatta male?-

-Stavo meglio prima, ma non ho niente di rotto non si preoccupi.-

-Mi dispiace tanto signorina, ero carico di spesa e non l’ho vista.-

-Non fa niente, anch’io ero distratta.-

L’uomo le porse la mano e lei si rialzò.

-Sicura di star bene signorina…-

-Patty! Tutto bene?- era la voce di Annie, lei e Archie avevano visto la scena dall’altra parte della strada ed erano accorsi.

-Sì Annie, non mi sono fatta niente.-

-E lei tutto bene signore?- chiese Archie allo sconosciuto

-Si signori sto bene. Sto andando a casa a posare la spesa che poi devo andare a lavorare.-

-John! Come stai?- chiese un’accorrente Flanny che aveva assistito anche lei alla scena.

-Tutto bene Flanny. Non mi serve la tua opera di infermiera!-

-Lei è una collega di Candy vero?- chiese Archie dopo aver squadrato Flanny

-Sì signore… sicuro! Ora la riconosco. Lei è un parente di Candy vero? Venne a prenderla il giorno che arrivammo a Chicago!-

-Esattamente signorina…-

-Flanny Hamilton!-

Archie rimase interdetto, l’altra volta che aveva visto quella ragazza le era sembrata un pezzo di ghiaccio, e adesso sembrava la versione mora di Candy.

-Archibald Cornwell, questa è la mia fidanzata Annie Brighton, e lei è la signorina Patty O’Brien.-

-Molto lieta signori.-

-Candy… è l’amica di cui mi hai parlato.-

-Sì John, Candy è la mia compagna di studi partita in Europa come crocerossina.-

-Signori adesso devo proprio andare, sono atteso al lavoro.-

-Dai qui John, ti aiuto io con la spesa.-

-Quel John…- borbottò Archie mentre i due si allontanavano -Non so perché ma mi ricorda qualcosa…-

 

Flanny e John salirono nella stanza dove lui abitava, a posare la spesa.

-Stanotte ho rifatto quel sogno.-

-La bambina che piange e tu vestito da scozzese?-

-Sempre quello.- annuì lui

-Beh, a questo punto ci sono pochi dubbi: quello è un ricordo reale della tua vita. Non riesci a ricordare altro di quella bambina?-

-No di lei no, probabilmente non la conoscevo, e cercavo solo di consolarla. Però stavolta mi è sembrato di vedere qualcos’altro.-

-Cosa?-

-Non so… un oggetto… ma non saprei dire quale oggetto…-

-Non sforzarti troppo, come vedi la memoria riaffiora sia pure a tratti. Continua a vivere la tua vita e vedrai che tutto tornerà a posto prima o poi.-

 

La signora Elroy ricevette nel suo studio l’investigatore Holmes, a suo tempo assoldato per ricercare il signor William Andrew. Con lei c’era il fidato George.

L’uomo venne subito al dunque.

-Mi dispiace signora Elroy, ma non ho buone notizie. 

A Bari ho sì trovato tracce del signor William, che ha dormito in una pensione vicino al porto. La titolare della pensione se lo ricordava bene, un giovane uomo biondo con una puzzola come animale da compagnia, ma da lì le sue tracce si perdono.

La signora mi ha detto che intendeva prendere un treno diretto verso il nord, che doveva arrivare in Francia. Mi sono anche informato sui treni in partenza quel giorno, ma gli orari sono stati cambiati per la guerra e ritengo probabile che suo nipote abbia viaggiato su un treno merci.

Qualche giorno dopo vicino al confine con l’impero Austro-ungarico ci sono stati dei bombardamenti e… ci sono andati di mezzo anche dei treni merci…-

Elroy si alzò terrea in volto.

-George, pensate voi a liquidare quanto spetta al signor Holmes. Io mi ritiro nella mia stanza.-

 

Terence guardava il porto di New York che spariva all’orizzonte. Forse la sua nuova vita da attore era già finita per sempre, ma adesso doveva pensare a Candy!

Doveva raggiungerla e accertarsi che stesse bene, fare in modo che tornasse a casa sana e salva.

Una volta in Inghilterra si sarebbe arruolato come volontario chiedendo di essere mandato sul fronte francese, vicino all’ospedale dove lavorava quella zuccona. L’avrebbe ritrovata e avrebbe condiviso il suo destino con lei.

 

La linea dell’orizzonte si assottigliava sempre di più fino a diventare un tutt’uno con il mare.

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Capitolo 8
*** lei era sempre solare e sorridente ***


Flanny entrò nel ristorante del signor Barnaby e salutò il titolare intento a tenere la contabilità.

-Buongiorno signor Barnaby! John è già arrivato?-

-No Flanny, ma dovrebbe arrivare a momenti. Intanto siediti prego.-

-La ringrazio signor Barnaby.-

Quella ragazza era decisamente cambiata. Forse l’amicizia con John, se di amicizia si poteva parlare, l’aveva scossa dalla freddezza che per qualche motivo si era autoimposta.

-Come sta signor Barnaby? Il cuore le ha più dato problemi?-

-Beh, che non sia più un giovanotto come il tuo John è evidente Flanny, ma nel complesso non posso lamentarmi. Dopodomani ho una visita di controllo al Santa Johanna.-

Alle parole “il tuo John” Flanny era inconsapevolmente arrossita.

-Si riguardi e cerchi di non lavorare troppo, siamo intesi?-

-Faccio quello che posso Flanny, ma ho pur sempre un ristorante da mandare avanti. Io non sono sposato e non ho figli e sono solo a gestire questa attività.

Tu come te la passi?-

-Devo trovarmi una casa a Chicago, l’ospedale sta per sfrattarmi. Gli alloggi sono riservati principalmente alle allieve infermiere fuori sede e ultimamente i posti scarseggiano. Sono venuta per chiedere a John se la sua padrona di casa ha degli appartamenti liberi.-

In quel mentre entrò John.

-Buongiorno signor Barnaby, ciao Flanny!-

-Ciao John!-

 

In breve Flanny spiegò a John il suo problema e lui, chiesto il permesso al signor Barnaby di attaccare il lavoro un po’ più tardi, accompagnò la sua amica a parlare con la signora Carson.

 

-La ringrazio di cuore signora Carson!- Flanny era entusiasta: non solo aveva trovato un mini appartamento disponibile da subito, ma questo appartamento era proprio accanto a quello di John!

Forse non era ancora pronta ad ammetterlo, ma l’idea le procurava una forte emozione.

-Dovrò organizzarmi per il trasloco, non ho molte cose con me ma dovrò fare più viaggi e non posso permettermi una carrozza.-

-Domani è il mio giorno di libertà, sarò felice di darti una mano Flanny.-

-Oh John io…-

-Sono felice di aiutarti Flanny.-

 

Il giorno dopo John rientrava al Santa Johanna insieme a Flanny. Più d’uno fra medici e infermiere lo riconobbe, e cominciarono a circolare i pettegolezzi.

-Ho soltanto queste tre valigie John, adesso le riempirò e poi dovremo portarle via.-

-Ti aiuto.-

Svuotarono in fretta l’armadio e riempirono le valigie con i pochi vestiti di Flanny e i suoi pochi effetti personali, e poi lei svuotò i cassetti della sua scrivania.

-Cos’è questo?- chiese John guardando una specie di medaglione che Flanny aveva estratto da uno dei cassetti.

-Questo? Non saprei, apparteneva a Candy.-

-Candy? La tua collega?-

-Esatto. Un giorno la direttrice dell’ospedale Saint Joseph, dove ho cominciato i miei studi, venne qui a chiedere che una di noi andasse come crocerossina in Europa in rappresentanza della sua scuola. Io volevo offrirmi, ma lei fu più rapida e determinata di me, e fu lei a partire.

Strano a dirsi per lei credimi, la direttrice Mary Jane l’aveva soprannominata “signorina sbadatella”, il che ti dice che tipo fosse.-

-Eravate molto amiche?-

-Direi proprio di no!- disse lei sorridendo tristemente. -All’epoca io non ero molto… socievole, lei era sempre solare e sorridente, e io non la sopportavo.-

Si mise a piangere stringendo quel medaglione al cuore.

-Da brava “sbadatella” quando partì dimenticò qui il suo medaglione, all’inizio volevo buttarlo, ma mi trattenni. Decisi di conservarlo per lei e di restituirglielo al suo ritorno…-

Il pensiero che Candy avrebbe potuto non ritornare più la fece piangere a dirotto e John le appoggiò una mano sulla spalla.

-Sono sicuro che la rivedrai.-

Nel frattempo il giovane uomo avvertì un formicolio nel cervello, anche se durò appena un istante.

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Capitolo 9
*** L'avevo completamente mal giudicata ***


Il giorno dopo Flanny fu convocata dal dottor Leonard, il direttore dell’ospedale.

-Prego signorina Hamilton si accomodi.-

Flanny si sedette proprio davanti all’uomo. Era proprio curiosa di sapere cosa volesse da lei.

-Dunque signorina, vengo subito al punto. L’ho fatta chiamare per una questione della massima delicatezza.-

Cosa diavolo vuole da me questo vecchio trombone, pensò la ragazza

-Ieri lei ha fatto entrare in ospedale quel suo ex paziente.-

-Vuol dire John?-

-Sì proprio lui.-

-Non vedo che male ci sia dottor Leonard, John mi ha soltanto aiutata con il trasloco. Grazie a lui ho trovato un alloggio fuori di qui. Ho affittato una camera proprio vicino alla sua in una specie di pensione…-

-Ah bene! Adesso ci va anche a vivere insieme!- il dottor Leonard aveva alzato la voce.

-Non è così dottor Leonard, e comunque non ci sarebbe niente di male! Quello che faccio fuori dal lavoro sono solo affari miei!-

-Ma si rende conto dei pettegolezzi che circolano in ospedale? Non capisce che così getta discredito sul nostro istituto?-

-Ma di cosa sta parlando! Il mio lavoro lo faccio bene o no? E allora cosa importa cosa faccio fuori di qui?-

-Signorina Hamilton, visto che lei non vuole ragionare mi trovo costretto a metterla davanti a una scelta: o lei tronca la relazione con quell’uomo e torna a stare in ospedale, almeno per un po’, o mi vedo costretto a licenziarla!-

-Cosa? Ma… perché?-

-Se non lo capisce da sola è inutile che glie lo spieghi signorina! Cosa decide?-

Flanny rimase in silenzio.

Per anni si era imposta una maschera di rigidità e inflessibilità, e probabilmente fino a qualche mese addietro l’avrebbe pensata come il dottor Leonard. Ma qualcosa era cambiato dentro di lei, non era la più stessa Flanny di un tempo, e non voleva tornare ad esserlo.

-Lascio immediatamente l’ospedale dottor Leonard!- disse infine alzandosi in piedi e uscendo dalla stanza dopo aver sbattuto la porta.

 

Seduta su una panchina in un piccolo giardino pubblico, Flanny era in lacrime: aveva perso il suo lavoro, il suo amato lavoro!

Non riusciva a credere a quello che era appena successo, lei studentessa e infermiera modello era stata licenziata! E tutto per quell’ingenuità di far venire John in ospedale ad aiutarla con il trasloco.

Si maledisse e maledisse quelle pettegole delle sue colleghe, e quel bigotto del dottor Leonard.

-Che vadano tutti al diavolo!- si lasciò uscir detto a voce alta, al che un paio di passanti si voltarono verso di lei.

-Signorina Hamilton, che le succede?-

-Niente signor… Cornwell, dico bene?-

-Ha qualche problema signorina?- le chiese la ragazza dai lunghi capelli neri.

-Niente signori, niente che vi riguardi!- la sua voce era di nuovo quella della vecchia Flanny.

-Ascolti signorina, se ha dei problemi forse noi possiamo aiutarla.- le disse Archie

-Certo, come no!- gridò lei alzandosi in piedi -Voi con il vostro denaro, il vostro nome, potete tutto! Mentre noi poveri mortali annaspiamo per poter fare il nostro lavoro, e la nostra fatica il nostro impegno, non valgono niente! Ma a voi cosa importa, gente come voi e come quella smorfiosa biondina della vostra parente! Voi non siete come noialtri, a voi basta schioccare le dita e ogni vostro desiderio diventa un ordine!-

Quasi non ci vedeva più per le lacrime e fece per girarsi e scappare via, ma Annie la fermò.

-Tenga signorina, si asciughi gli occhi.- le disse porgendogli un fazzoletto. Al che Flanny si lasciò andare alle lacrime appoggiando la testa sulla spalla di quella ragazza che tanta gentilezza le stava dimostrando.

 

Poco dopo sedevano sulla panchina e Flanny aveva appena raccontato quanto appena avvenuto in ospedale.

-Assurdo!- sbottò Archie alzandosi -Ma che razza di motivo è per licenziare una persona? Quel direttore dovrà vedersela con…-

-La prego signore. Mi scuso della mia scortesia di poco fa, ma non voglio che faccia niente. Sono sempre stata abituata a cavarmela da sola e voglio continuare così. E poi anche se rientrassi in quell’ospedale che razza di clima mi si creerebbe intorno? Non potrei più lavorare con la stessa serenità di un tempo. Me la caverò vedrete, il Santa Johanna non è l’unico ospedale di Chicago.-

-Vede signorina Hamilton, poco fa lei poteva avere ragione su di me. Io sono veramente la rampolla viziata di una ricca famiglia, ma si sbagliava su Candy. Io e lei siamo cresciute insieme, nello stesso orfanotrofio. Poi io venni adottata dalla famiglia Brigthon e lei finì a fare la serva presso la famiglia Legan.

Era solo una bambina ma venne sottoposta ad ogni genere di privazione e di umiliazione. Per un capriccio dei figli di quella famiglia venne addirittura messa a dormire nelle stalle…-

In breve raccontò a Flanny le vicissitudini di Candy e lei rimase impressionata.

-Non so che dire. L’avevo completamente mal giudicata e adesso mi dispiace tanto.-

-Candy ha sempre avuto un carattere forte e indipendente, proprio come lei signorina.-

-Già, ma lei non ha mai perso la sua allegria e spensieratezza. Come diavolo ha fatto con tutto quello che ha passato… Adesso mi rammarico di non essere stata diversa con lei.-

-A tutto c’è rimedio signorina. Quando Candy tornerà dall’Europa potrà iniziare con lei una nuova amicizia. E tanto per cominciare: io mi chiamo Annie e vorrei che tu mi chiamassi per nome.- concluse tendendo la mano a Flanny.

Lei sorrise e strinse quella mano.

-Io sono Archibald Cornwell, ma puoi chiamarmi Archie. E ora vogliamo andare? Dobbiamo cercarti un posto in un ospedale!-

Flanny esitò per un istante, ma poi decise di lasciarsi aiutare e con un sorriso seguì gli amici di Candy e ora anche suoi.

 

Non faticarono nella loro impresa. Uno dei primi ospedali che visitarono aveva proprio bisogno di un’infermiera specializzata in chirurgia, e Flanny fece proprio al caso loro. Avrebbe cominciato il giorno dopo.

Si recarono ad un bar lì vicino per brindare al nuovo lavoro di Flanny, e lei stessa volle rivolgere un brindisi particolare.

-A Candy! Perché possa tornare al più presto da noi!-

-A Candy!- convennero Archie ed Annie lasciandosi andare a una lacrima di commozione.

 

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Capitolo 10
*** Urlando il suo nome ***


Candy aveva appena staccato dal servizio in corsia ed era sfinita. Mangiò rapidamente qualcosa in mensa e poi si diresse verso il giardino. Fuori era ancora giorno e voleva godersi un po’ di aria fresca.
Si sedette su una panchina e guardò gli alberi davanti a lei. Una volta non avrebbe perso l’occasione per arrampicarsi su uno di quegli alberi, aveva sempre amato la natura e l’aria aperta, ma adesso si sentiva stanca  e svuotata. 
Il suo mondo, i suoi amici, la Casa di Pony… sembrava tutto un sogno nella sua mente, un po’ come se la sua vita si fosse sempre svolta nelle corsie di quell’ospedale.
E poi… c’era il ricordo di lui che la salutava da un treno in corsa… Terence che vestito impeccabilmente gridava il suo nome…
-Candy!-
Incredibile quanto quel ricordo le suonasse reale, era come se Terence si fosse materializzato davanti a lei.
-Candy!-
Terence era davvero davanti a lei!
-Terence!-
Non era un sogno! Terence, in uniforme militare inglese era lì a pochi passi da lei. Si alzò e corse ad abbracciarlo urlando il suo nome.

-Perché sei venuto qui Terence? Non hai il diritto di interferire con le mie decisioni.-
-Non intendo farlo Candy. Voglio condividere il tuo destino capisci? Candy… io ti amo! Ti ho sempre amata!-
Era la prima volta che glie lo sentiva dire, e rimase senza fiato.
-Terence… anch’io ti amo… Amore mio!- gli disse fra le lacrime.
Dirglielo fu come risvegliarsi da un lungo sonno iniziato quando quella nave glie lo aveva portato via. 
Quello non era il saluto fugace da un treno in corsa con entrambi che gridavano i loro nomi, quell’incontro, lì in terra straniera, in zona di guerra, segnava le loro vite: per sempre! 
Anche Terence pianse, non si era mai sentito così felice in vita sua.
-Allora… posso baciarti senza che mi tiri addosso qualche schiaffone dei tuoi?-
Per tutta risposta fu lei a baciarlo, e ci mise un tale ardore da lasciarlo di stucco.

-Ehi soldato!- disse una voce maschile dietro Candy -Con una carica così, farai scappare tutti i maledetti crucchi in men che non si dica!-
Un coro di risate accolse la battuta dell’uomo.
Candy rimase un po’ indispettita da quella pur cameratesca intrusione nel suo privato e rivolse all’uomo, un soldato inglese ferito in battaglia, uno sguardo stizzito.
-Avanti Candy, non prendertela!- le disse il soldato. -Si ride e si scherza finché si può!-
Quel ragazzo aveva ragione, e Candy sorrise.
-Piuttosto, non ci presenti il tuo bel moroso?-
-D’accordo Robert! Questo è il mio fidanzato il soldato Terence Grandchester, e questo spiritoso impiccione è il caporale Robert Donovan.-
-Ai suoi ordini caporale!- disse Terence mettendosi sull’attenti.
-Comodo ragazzo, e poi io non sono un ufficiale. Tu piuttosto… hai qualcosa a che fare coi duchi di Grandchester?-
Terence non poté negare la sua appartenenza alla blasonata famiglia.
-Sì ragazzi sono uno dei duchi di Granchester, ma sia ben chiaro: qui sono solo un soldato, come ognuno di voi!-
Terence conquistò così la stima dei suoi commilitoni.

A Chicago John stava lavorando in cucina quando avvertì all’improvviso un forte dolore alla testa. Si portò le mani alle tempie e cadde sulle ginocchia.
I suoi compagni lo soccorsero e lo portarono fuori dalla cucina, proprio nel momento in cui Flanny entrava nel ristorante.
-John! Che ti succede?-
-Il… medaglione…-
-Che stai dicendo John? Quale medaglione?-
-Il medaglione… di… Candy!-
Poi il giovane uomo perse i sensi.

Quando si risvegliò stava in ospedale, adagiato su una barella del Pronto Soccorso.
-Come si sente signore?- gli chiese una giovane e premurosa infermiera.
-Flanny! Dov’è Flanny?-
-Flanny è qui fuori signore, io sono una sua collega e questo è l’ospedale dove lei lavora.-
-Per favore… mi porti da lei.-
-Forse è meglio se resta seduto signore. Non ha subito traumi ma ha comunque avuto un forte shock e…-
-Sto bene glie lo assicuro signorina. Adesso vorrei soltanto andare a casa…-
John fu subito dimesso e tornò a casa insieme a Flanny.

Entrarono nell’appartamento di John, e Flanny lo aiutò a sedersi, il giovane uomo si era sì ripreso, ma era anche molto provato.
-Flanny, il medaglione.-
-Quale medaglione?-
-Il medaglione di Candy! Vallo a prendere per favore!-
Flanny rimase stupita dalla strana richiesta, tuttavia volle esaudire il desiderio del suo amico e andò a prendere il medaglione.
John lo prese in mano e lo guardò bene.
-È proprio lui…-
-Che vuoi dire John? Cos’è questo medaglione?-
-La bambina dei miei sogni…-
-Quella che piangeva sulla collina?-
-Era Candy!- 
Flanny sgranò gli occhi
-Flanny! Ho riacquistato la memoria! So chi sono!-
-È… è meraviglioso!- disse lei abbracciando l’amico.

Poco dopo “John” alias William Albert Andrew, aveva raccontato tutto di sé alla sua amica.
-È incredibile…- riuscì a dire lei
-Tu sei il misterioso zio William di cui mi hanno parlato Annie e Archie.-
-Sì sono proprio io.-
-E sei anche il benefattore di Candy! Oh adesso capisco!-
-Capisci cosa?-
-Quando stavamo al St Joseph, venne ricoverato da noi un certo William Mc Gregor, un tipo decisamente scorbutico e intrattabile.-
-So chi è, la zia Elroy ha tenuto relazioni d’affari con lui.-
-Candy, a sentirmi che lo chiamavo “il signor William”, probabilmente pensò che… quell’uomo fossi tu, e volle assolutamente farsi assegnare a lui!-
Albert fece una risata
-Questa è bella! Come se io fossi l’unico William in tutti gli Stati Uniti!-
-Purtroppo quell’uomo era incurabile e morì qualche tempo dopo. Candy ne rimase sconvolta, ma da quell’esperienza ne uscì maturata e più che mai determinata a diventare una brava infermiera.-
-Candy…-
-Sei preoccupato per lei vero?-
-Sì lo sono, e anche tu.-
-Comunque tranquillizzati, lei non dovrebbe andare in zona di guerra.-

Terence varcò il cancello dell’ospedale e Candy gli corse incontro.
Si abbracciarono e si baciarono davanti agli occhi divertiti di alcune anziane pazienti che prendevano una boccata d’aria accompagnate dalle loro infermiere.
-Così stai per partire.-
-Devo farlo Candy. Sono un soldato e non posso stare a fare l’imboscato per tutta questa dannata guerra.-
-Accidenti a te Terence! Ma dovevi proprio arruolarti? Io non devo combattere e qui sono al sicuro, ma tu…-
Lui la abbracciò nuovamente mentre lei piangeva. 
Un fresco vento li accarezzò stretti nel loro abbraccio.

James, l’efficiente maggiordomo della residenza degli Andrew a Chicago, bussò allo studio della signora Elroy ed entrò alla sua risposta.
Sembrava affranto.
-Sì, che c’è James?-
-È arrivato questo telegramma signora.- 
Elroy prese il telegramma e lo lesse rapidamente, proveniva dalla Francia.
Letto rapidamente il contenuto della missiva, la burbera signora sbiancò in volto e cadde pesantemente sulla sua poltrona.
-Stear… il mio Stear… è morto…-

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Capitolo 11
*** Che accidenti volevano da me? ***


Alistear Cornwell era morto in battaglia. Il suo aereo era stato colpito durante un raid ed era precipitato al suolo.

Al funerale partecipò tutta la famiglia Andrew ad eccezione di Albert, che assistette alla cerimonia da lontano. A suo tempo aveva promesso a sua zia di non farsi vedere come William Andrew finché non fosse stato ufficialmente presentato in tal veste.

Flanny partecipò a fianco dei suoi amici Archie, Patty e Annie. 

Poco dopo quella cerimonia Patty partì insieme a sua nonna per la Florida. Voleva ricominciare daccapo e in Florida, con l’aiuto di sua nonna, era sicura di poter avviare un’attività lavorativa.

Albert venne ufficialmente presentato come William Albert Andrew, capo della potente famiglia, con grande scorno dei rampolli Legan, che pensavano che lo zio William fosse un vecchio barbogio ormai prossimo alla morte.

Flanny tornò alla sua solitaria vita nella stamberga della signora Carson. “John” ovviamente non abitava più lì e lei ne soffriva. Ogni volta che passava davanti alla sua porta veniva presa dalla nostalgia…

 

Passò un mese da quegli eventi e ormai l’Estate era arrivata. Flanny stava rientrando a casa dall’ospedale, aveva fatto il turno di notte e si sentiva molto stanca. Arrivata davanti al palazzo dove abitava un tizio molto elegante le si fece avanti.

-La signorina Flanny Hamilton?-

-Sì signore, con chi ho il piacere di parlare?-

-Vengo da parte di “John”-

-Vuol dire il signor Andrew!-

-A me ha detto di dirle che il suo amico John vorrebbe vederla.-

Che matto, pensò lei.

-D’accordo, cosa vuole da me “John”?-

-Vorrebbe vederla signorina, ha qualcosa di importante da dirle.-

-Va bene.- disse lei ridendo -Andiamo pure da quel matto!- 

-Prego, da questa parte.-

Flanny salì in una macchina di gran lusso sentendosi un po’ come Cenerentola che va al ballo.

Come la macchina fu partita un uomo sbucò da una strada laterale e la vide che imboccava una strada completamente diversa da quella che avrebbe dovuto prendere per recarsi alla residenza degli Andrew.

L’uomo dai lunghi capelli biondi, si chiese cosa stesse succedendo.

-Ciao John! Ma come sei elegante oggi!-

-Signora Chemsey, lei ha visto l’uomo con cui è andata Flanny?-

-No John, non l’ho visto, ho visto solo che Flanny ci stava parlando e poi è salita in quella macchina.-

Albert rimase interdetto: che stava succedendo?

 

-Scusi, ma dove stiamo andando? Questa non è la strada che dovrebbe fare per andare alla residenza degli Andrew.-

-Infatti signorina, “John” mi ha chiesto di portarla in una residenza sul lago.-

Hanno più case gli Andrew che io biancheria intima. Pensò la ragazza indubbiamente in soggezione. Non che lei invidiasse le ricchezze di John, William, Albert o come diavolo voleva essere chiamato, ma si domandava se davvero fosse possibile che un uomo di quel rango potesse essere amico di una ragazza come lei, che viveva semplicemente del suo lavoro.

Arrivarono davanti a un villino con vista a picco sul lago Michigan, e l’autista fece scendere Flanny.

-Prego signorina. È attesa in casa.-

-La ringrazio.-

L’espressione di quell’uomo mise i brividi a Flanny, sembrava… un iceberg!

Entrò in casa e chiuse il portone. 

-John?! Dove sei John? O devo chiamarti William o Albert o con qualche altro dannatissimo nome? Dove diavolo sei?-

Sentì la serratura del portone da cui era entrata che scattava: qualcuno la stava chiudendo a chiave.

-Ma che succede? Cos’è, uno scherzo?-

-Nessuno scherzo signorina Hamilton!-

La voce di donna che proveniva dalla sua sinistra la fece scattare. Nella stanza era entrata una ragazza vestita molto elegantemente.

-E lei chi diavolo è?-

-Faccia uno sforzo di memoria signorina. Ci siamo già viste.-

-Sicuro, lei è Iriza Legan, una parente degli Andrew. La vidi in ospedale tempo fa quando avemmo come paziente quel piccolo delinquente che si faceva passare per un’altra persona, e l’ho vista anche al funerale del povero Stear.

Ma questo non spiega cosa voglia da me signorina.-

Nel frattempo entrò nella stanza un ragazzo.

-E lei chi è?-

-Anche a me mi ha già visto signorina Hamilton. C’ero anch’io al funerale, e un paio di mesi fa fui ricoverato al Santa Johanna, ricorda?-

-Sì è vero, alcuni tipacci l’avevano pestata in un vicolo. Comunque non avete risposto alla mia domanda! Che volete da me?-

Ad un cenno di Neal altri due tipi entrarono nella stanza.

-Prendetela!- 

-No! No! Che fate? AIUTO! AIUTO!-

I due uomini presero la malcapitata e la legarono con le mani dietro la schiena. Poi la sollevarono di peso nonostante lei si divincolasse disperatamente e la condussero ad uno scantinato passando attraverso una scala.

-Che volete da me? Io vi denuncio tutti!-

Una volta nello scantinato la schiaffarono seduta per terra e le legarono anche i piedi.

-Ma che significa tutto questo? Io non vi conosco!-

-È vero signorina, lei non ci conosce e noi non avremmo motivo di avercela con lei e quando avremo ottenuto quello che vogliamo la lasceremo andare, non ne dubiti.-

Flanny non sembrò affatto convinta dalla dichiarazione di Neal.

-Ma che cosa volete dannazione!-

Per tutta risposta Flanny venne chiusa al buio nello scantinato, e Neal e i suoi uomini tornarono al piano superiore.

-Ok ragazzi, adesso potete andare, qui ci pensiamo noi.-

I due uomini non si mossero.

-Beh, che c’è? Potete andare, a pagarvi ci penserà il vostro capo.-

I due uomini fecero un sorriso ironico e poi uno di loro mollò un pugno a Neal che lo fece cadere per terra.

-Ma che vi prende?- gridò un’atterrita Iriza -Il nostro debito verrà saldato non appena…-

-Vede signorina, il punto è che il nostro capo non si fida di voi. Avevate assicurato che il vostro debito sarebbe stato pagato a breve, non appena fosse morto vostro zio e invece vostro zio è vivo e vegeto.-

-Ma stavolta…-

-Stavolta il nostro capo ha deciso diversamente signorina Legan, per cui dovete considerarvi rapiti a vostra volta. Faremo noi il ricatto al signor Andrew per cui…-

-Voi non farete un bel niente!-

I due malviventi si girarono e videro una decina di poliziotti in divisa irrompere nella casa. Lo stesso autista che aveva condotto Flanny fino a quel villino aveva aperto loro la porta.

-Alzate le mani, svelti!-

-Grazie al cielo siete arrivati…- provò a cinguettare Iriza

-Iriza! Tu farai meglio a tacere maledetta vipera!-

La voce era quella di Albert, entrato nel villino al seguito dei poliziotti.

-Ma… zio William… che dici?-

-Dov’è Flanny?!!!-

-È… è… nello scantinato… dietro quella porta…-

-Co-come avete fatto a sapere?- chiese Neal mentre lo ammanettavano per portarlo via.

-Soltanto due imbecilli come voi potevano pensare di rapire una persona in pieno giorno con la propria auto! Mi scuserete vero se proprio in quel momento io mi stessi recando da Flanny e l’abbia vista salire sulla vostra auto con tanto di stemma di famiglia!-

La risposta di Albert era stata tagliente come il vetro, e i due criminali falliti scoppiarono in lacrime mentre venivano portati via.

 

-Flanny!- 

La ragazza era stata liberata, e in quell’istante apparve dalla porta laterale.

-J-John… A-Albert… signor Andrew… Insomma come accidenti devo chiamarti?!!!!- urlò lasciandosi andare a un pianto liberatorio.

-Albert! Albert va benissimo Flanny…-

Flanny corse fra le sue braccia e lui d’impulso la baciò.

 

-Insomma, che fossero due criminali falliti l’ho capito, ma che accidenti volevano da me?!!!-

Seduta nell’ufficio dell’ispettore Haley, Flanny non si dava pace.

-Quei due avevano fatto in proprio una serie di investimenti sbagliati, ed erano finiti in mano a un piccolo gangster, un certo Capriati, un italo-americano, a cui dovevano un mucchio di soldi.

Pensavano che lo zio William Andrew fosse ormai morto o comunque molto anziano, ed erano riusciti a tirarla in lungo con Capriati, ma poi la rivelazione pubblica sulla reale identità del signor Andrew ha scombussolato tutti i loro progetti e hanno ideato questo piano strampalato per estorcere soldi alla famiglia Andrew.-

-Assurdo!-

-Comunque ora finiranno in prigione, e anche Capriati li seguirà. Non vale molto più di loro come criminale. Credetemi, in città ci sarà ben di peggio di questa gentucola.-

 

Poco dopo Flanny e Albert lasciavano la centrale di Polizia.

-Io e te dobbiamo parlare signor Andrew!-

-E di cosa?-

-Di… di quello che…-

-Vuoi dire… di questo…- disse lui prima di baciarla di nuovo.

-Io… io… provo qualcosa per te Albert, ma… la tua famiglia… accetterà mai una semplice infermiera…-

-Vieni. Andiamo a chiederlo.-

 

Arrivarono rapidamente alla residenza degli Andrew dove una Elroy distrutta nell’animo e avvilita dalle recenti vicissitudini familiari, li ricevette in una piccola sala interna.

-Benvenuta signorina Hamilton.- 

-Grazie signora Elroy. Volevo dirle che mi dispiace per quello che è successo e che non porto nessun rancore verso la sua famiglia.-

-Grazie signorina.-

Elroy sembrava sul punto di crollare

-Signora si sente bene?-

-No signorina, ma non si preoccupi, la mia ora non è ancora giunta.-

Elroy si alzò per ritirarsi nella sua stanza.

-Benvenuta in famiglia signorina Hamilton.- disse alla ragazza, e poi diede a suo nipote una busta.

-Ti prego, fai arrivare questa lettera a Candy.-

 

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Capitolo 12
*** Qui c'è ancora tanto bisogno di me ***


Candy si sedette sulla panchina e aprì la busta proveniente dall’America.

Il contenuto della busta la lasciò senza fiato: alcuni ritagli di giornale le spiegarono gli incredibili avvenimenti degli ultimi mesi.

La rivelazione dell’identità del signor William Albert Andrew.

Il tentativo goffo e maldestro di Neal e Iriza per estorcere denaro alla famiglia Andrew.

L’annuncio del matrimonio fra William Albert Andrew e Flanny Hamilton.

-Ommiodio… Albert e lo zio William… sono la stessa persona? Ma… come può essere?

E poi… Flanny che sposa Albert?

Ma che cosa è successo in America?-

Poi c’erano tre lettere dentro la busta. Nella prima Albert, o meglio lo zio William Albert le spiegava le sue vicissitudini e i motivi che avevano indotto la zia Elroy ad allontanarlo da casa e a nascondere la sua reale identità.

Nella seconda Flanny le spiegava quello che era successo fra lei e Albert e concludeva la lettera scrivendo:

 

“Cara Candy, mi dispiace di non averti mai dimostrato amicizia e affetto come tu meriti, ma non vedo l’ora che tu torni a casa sana e salva per poter rimediare ai miei sbagli.

Il medaglione che una certa sbadatella dimenticò sul suo letto il giorno della partenza per l’Europa ti aspetta.

Ti voglio bene, Flanny.”

 

-Santo cielo, questa lettera l’avrebbe scritta quell’iceberg di Flanny?-

Poi lesse la terza lettera che la lasciò senza fiato, era della zia Elroy.

 

“Carissima Candy.

 

Gli ultimi eventi mi hanno fatto capire quanto ho sbagliato nella mia vita.

Ho sempre cercato il prestigio e l’onorabilità degli Andrew, e per questo ho costretto mio nipote a condurre una vita nascosta, ho dato credito a due esseri senza scrupoli come Neal e Iriza, e ho incolpato te di ogni sventura capitata alla mia famiglia.

Ti accusavo della morte di Anthony, ma sbagliavo: la morte di Anthony fu soltanto un’orribile disgrazia.

Ti ho accusata anche della morte di Stear, ma anche lì sbagliavo. Stear ha preso una sua decisione e l’ha pagata a carissimo prezzo.

Ora io chiedo a te di non pagare lo stesso prezzo. Torna a casa Candy, la tua famiglia, i tuoi amici, la Casa di Pony. Tutti aspettiamo il tuo ritorno.

Spero che un giorno potrai perdonare a questa vecchia testarda.

 

Elroy Andrew”

 

Candy aveva già saputo della morte di Stear. Annie glie l’aveva scritto qualche settimana addietro, ma il pensiero dell’amico perduto la fece piangere.

-Ehi che ti succede Tarzan?-

-Terence!- disse lei abbracciandolo.

Terence era stato ferito ad un braccio e quindi ricoverato in ospedale. La stessa Candy aveva partecipato all’intervento per estrargli ben tre pallottole dal braccio sinistro, ma ormai era quasi completamente guarito.

Terence lesse rapidamente le lettere e i ritagli di giornale che Candy aveva ricevuto dall’America e alla fine si lasciò scappare una risata.

-Iriza e Neal in galera! Vorrei essere in America per gustarmi questa scena!-

-Non mi importa niente di quei due falliti!-

-Piangevi per Stear, vero? Sapevamo già della sua morte, ma questa lettera ti ci ha fatto ripensare.-

-Adesso passa, non preoccuparti. Non sono più la ragazzina che ha pianto la morte di Anthony per mesi interi.-

-No, non lo sei più.-

-Dimmi Terence: tu sapevi di Albert?-

-No, non lo sapevo. Avevo capito che quell’uomo nascondeva un segreto, ma non potevo immaginare quale.

Certo, era strano che un vagabondo squattrinato potesse viaggiare dall’America all’Inghilterra, o dall’Inghilterra all’Africa, quindi non poteva essere quello che pensavi tu.-

Candy assentì. Troppe stranezze nel comportamento di quell’uomo avrebbero dovuto farla riflettere. 

-Ascoltami adesso: domani mi dimettono e tornerò in trincea.-

-Terence… ma devi proprio?-

-Abbiamo già fatto questo discorso, sono un soldato Candy!- 

Candy lo abbracciò di nuovo e di nuovo si lasciò andare alle lacrime.

-Piuttosto tu… non credi che dovresti rientrare a casa per il matrimonio di… tuo zio?-

-Non posso ancora crederci: Albert è lo zio William! E Flanny che…-

-Flanny è quel pezzo di ghiaccio che mi cacciò fuori dall’ospedale a Chicago?-

-Proprio lei!- ridacchiò Candy -È stata vicina ad Albert quando lui ha perso la memoria e adesso… sono proprio impaziente di rivederla!-

-E allora cosa aspetti? Rientra a casa!-

-Non posso Terence! Non posso mollare tutto da un giorno all’altro! Qui c’è ancora tanto bisogno di me, e poi sembra che se ne parli per l’anno venturo.-

 

L’estate passò in fretta, e i primi freddi autunnali portarono la notizia della morte della matriarca degli Andrew.

Provata dalle terribili vicissitudini degli ultimi mesi, Elroy Andrew si era spenta nella sua residenza di Chicago.

Il funerale dell’arcigna donna finì su tutti i giornali dell’Illinois e la notizia arrivò presto anche a Candy che ne rimase turbata. Aveva scritto una lunga lettera all’anziana donna, ma non aveva fatto in tempo a rappacificarsi personalmente con lei, e certi malintesi del passato non sarebbero più stati chiariti. 

In quel frangente Candy maturò la decisione di tornare a casa e ritrovare i suoi affetti, la sua famiglia, la Casa di Pony. Ma c’era anche Terence… come poteva lasciarlo?

 

Passò altro tempo e arrivò l’inverno. Cadde la neve e le notizie dal vicino fronte di combattimento erano preoccupanti: si erano verificati aspri scontri.

Un giorno Candy e Sharon videro Micheal che parlava con alcuni ufficiali.

-Sì signori, partirò subito per la prima linea, ma non ho infermiere da portare, qui abbiamo le forze contate.-

Le due ragazze si diedero un’occhiata d’intesa

-Veniamo noi dottore.-

-Ragazze è fuori discussione! Voi non potete…-

Vedendo la giovane età delle ragazze l’ufficiale più anziano intuì il problema che si poneva il dottore.

-Dottore, la capisco ma in questo momento non possiamo guardare tanto per il sottile. Porti le ragazze con sé.-

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Capitolo 13
*** A Candy! ***


I combattimenti erano cessati, almeno per il momento, e i soldati dei rispettivi schieramenti, quello tedesco da una parte e quello anglo-francese dall’altra, stavano ben asserragliati nelle loro trincee in attesa che qualcosa o qualcuno si muovesse su uno dei due fronti.

In mezzo c’era la cosiddetta “terra di nessuno”, il lembo di terra dove i soldati cercavano di avanzare in direzione delle trincee nemiche.

Il tutto coperto da almeno un metro di neve che rendeva il paesaggio irreale, degno di un romanzo gotico.

 

Nelle tende dell’ospedale da campo Candy e Sharon avevano il loro da fare nell’assistere Micheal e gli altri medici nella cura dei feriti. In quei mesi di duro lavoro in Francia Candy aveva dovuto indurirsi, diventare più fredda, altrimenti non sarebbe mai riuscita a fare quelle cose che pure si rendevano necessarie nel tentativo estremo di salvare vite umane, ma dentro di lei qualcosa continuava ad agitarsi a quelle scene terribili. Poi lì in trincea era tutto ancora più cruento, più duro. 

Aveva appena portato fuori dalla tenda il corpo di un soldato che non ce l’aveva fatta, quando lo sguardo le cadde sulle mani sporche e rovinate.

Una lacrima le scivolò dagli occhi, ma subito la represse: c’era troppo da fare!

Stava per rientrare nella tenda quando udì la voce di un soldato proveniente dalla linea della trincea che si trovava su un rialzamento del terreno sopra di lei, che chiamava un nome: Terence!

Dimenticando i suoi doveri e preda di un istinto irrazionale Candy corse verso la trincea e si affacciò oltre la barricata per vedere cosa stesse succedendo.

In mezzo alla terra di nessuno, un soldato stava cercando di ripiegare verso la linea amica trascinando un suo compagno ferito, mentre le pallottole nemiche gli fischiavano vicino. Quel soldato era Terence.

Prima che qualcuno potesse fermarla Candy scavalcò la trincea e corse incontro ai due uomini.

-Candy!- gridò Terence -Sei impazzita?!!! Torna subito indietro!-

Candy non lo ascoltò e lo raggiunse in men che non si dica.

-Non spareranno su di me! Lo vedono che sono un’infermiera!-

Afferrò il soldato ferito sotto il braccio e insieme riuscirono a muoversi più velocemente.

-Sai cosa credo Terence? Che dopo questa bravata mi rimanderanno in America a calci nel sedere!- disse lei ridendo.

-Me lo auguro Tarzan!-

Dalla trincea tedesca il comandante capì quello che stava succedendo, riconobbe chiaramente la divisa della crocerossina e ordinò il cessate il fuoco, ma per una frazione di secondo il colpo in canna di due soldati, due novellini giunti da poco in trincea, era partito.

Candy e Terence furono colpiti alla schiena e caddero a terra con un grido, sotto lo sguardo costernato sia dei tedeschi che degli anglo-francesi.

-Recuperate i feriti!- gridò il comandante tedesco in un inglese fluente. -Noi non spareremo!-

Alcuni soldati uscirono dalla trincea e recuperarono i tre feriti.

 

Nella tenda dell’ospedale da campo Candy e Terence vennero adagiati su due tavoli adiacenti, e Micheal insieme ad un altro medico, dopo un’occhiata si accorsero che la situazione era disperata.

Dagli sguardi di Sharon, di Micheal e degli altri intorno a lei, Candy si rese conto di come stavano le cose, e con la mano cercò quella di Terence.

Anche Terence cercava disperatamente la mano di lei, ma nessuno dei due ce la faceva, la vita stava per fuggire via dai loro corpi.

Straziati dal dolore Sharon e Micheal presero le loro mani e le unirono mentre i due ragazzi cercavano di pronunciare ognuno il nome dell’altro.

Candy e Terence si strinsero la mano, e lei riuscì a pronunciare con un filo di voce l’ultimo “Ti amo” della sua giovane vita…

 

Dopo un mese era Natale, e la notte del 24 dicembre i soldati degli opposti fronti uscirono dalle trincee e si incontrarono nella terra di nessuno. Era quella che sarebbe passata alla Storia come la tregua di Natale.

I comandanti tedesco, inglese e francese fecero un brindisi simbolico che valeva per tutti i loro reparti.

-Vorrei proporre un brindisi speciale.- disse il comandante inglese

-Vorrei dedicare questa tregua a una ragazza meravigliosa, che ha sacrificato la sua giovane vita per ciò in cui credeva.-

-Mi dispiace per quello che è successo un mese fa. Io ordinai il cessate il fuoco, ma due colpi erano già partiti. I ragazzi che hanno sparato non avevano una buona visuale dalla loro postazione e non videro che c’era un’infermiera.-

-Non si faccia colpe che non ha tenente!- gli rispose il comandante francese. -È stato un maledetto incidente. È la guerra, e la guerra colpisce alla cieca.-

-A Candy!- disse solennemente il comandante inglese alzando il bicchiere.

-A Candy!- gli fecero eco gli altri due mentre i bicchieri dei tre comandanti si univano nell’aria gelida.

 

Un anno dopo a La Porte, una macchina si avvicinava lentamente alla Casa di Pony, e si fermò proprio davanti al portone dell’edificio.

La casa era stata restaurata e ampliata con il patrocinio della famiglia Andrew, e ospitava diversi bambini in più. Miss Pony e Suor Maria avevano altre due aiutanti, due giovani suore con tanta energia in più delle loro ormai attempate colleghe.

Uno dei bambini si affacciò dal portone.

-Miss Pony, sorelle! Sono i signori Andrew!-

Dalla macchina infatti erano scesi Albert e Flanny. Proprio quest’ultima, mentre il marito prendeva dal bagagliaio della macchina i regali per i bambini, recuperò dai sedili posteriori un fagotto imbacuccato in una coperta.

-Suor Maria, Miss Pony. Questa è nostra figlia, si chiama Candy.- disse Flanny abbassando lo sguardo e iniziando a piangere.

La suora prese in braccio la bambina di Albert e Flanny e la sollevò davanti a sé.  La piccola rise e agitò le braccine.

Suor Maria riandò con la mente al giorno di tanti anni addietro in cui proprio lei ritrovò sotto la neve la sua Candy.

Inevitabilmente le immagini delle due bambine si sovrapposero l’una all’altra, e la buona suora scoppiò in lacrime chiamando Candy, la sua Candy.

 

 

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