A week in the ZoNa

di Ziseos
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** LUNEDI' ***
Capitolo 2: *** MARTEDI' ***
Capitolo 3: *** MERCOLEDI' ***



Capitolo 1
*** LUNEDI' ***


LUNEDI'


Ore 7:25
Un raggio di sole fece timidamente capolino tra le fessure delle serrande, facendosi strada tra il buio pesto della camera da letto, dove tutto taceva.
Lunedì.
Odiava profondamente quella parola, ma soprattutto odiava ancora di più quel giorno stesso.
A differenza della sua compagna, Zoro non era certo il tipo di persona che amava svegliarsi presto alla mattina,  per poi preparare la colazione per entrambi, vestirsi e lavarsi con calma per arrivare in orario in ufficio. No, decisamente non era una descrizione che non gli si addiceva.
Al contrario, sarebbe volentieri rimasto a dormire ancora un bel po’, dal momento che fuori il tempo non era dei migliori e che nel letto c’era un tepore piacevole che conciliava il sonno. Probabilmente Nami doveva aver pensato la stessa cosa, dato che la sentì muoversi piano verso di lui stringendo a sé le coperte.
“Buongiorno”- disse lei abbracciando il suo torso nudo.
Solo il suo tocco e le sue parole furono sufficienti a mandargli un brivido piacevole lungo la schiena.
“Mhh…” - fu tutto quello che poté rispondere in quel momento, dal momento che si sentiva ancora troppo assonnato per poter formulare una frase di senso compiuto.
"Immagino che oggi toccherà a me preparare la colazione ... anche se questo avrebbe dovuto essere il tuo turno." - disse posando un leggero bacio sulla sua pelle nuda. Sapeva che era l’unico modo per costringerlo ad alzarsi da letto, e che sarebbe stato utile specialmente quella mattina.
Forse NON quella mattina.
Non ricevendo risposta, sciolse piano l’abbraccio e si rigirò dalla sua parte, per poi mettersi a sedere sul materasso; con l’arrivo dell’autunno e con la temperatura che scendeva gradualmente, diventava sempre più difficile svegliarsi in tempo la mattina, perfino per una mattiniera come Nami.
Stirò piano i muscoli intorpiditi lasciando scappare un mugolio rilassato dalle labbra.
Era decisamente una mattinata tosta.
Improvvisamente sentì un brivido di freddo, come se qualcuno avesse lasciato una finestra aperta da qualche parte in casa, nonostante la stagione incombente non fosse certo delle più miti.
Si sporse per prendere dalla sedia vicino al comodino una vestaglia di lana morbida, che indossò in fretta sperando di non prendersi un colpo d’aria. Che quell’idiota del suo fidanzato avesse dimenticato DI NUOVO qualche infisso aperto?
Borbottando sotto voce si alzò dirigendosi verso la cucina, stringendo stretta a sè la veste calda.
Nel frattempo Zoro continuava a rimanere immobile nel letto, incapace di muovere un solo muscolo.
Eppure una vocina nella sua testa continuava a ripetergli di alzarsi, anche con una certa urgenza, ma proprio non sembrava ricordarsi del perché. Con un grugnito si rigirò nuovamente nel letto, tirandosi le coperte fin sopra alla testa.
 
"... Zoro alzati."
Di nuovo quella voce.
"5 minuti ancora ..." - rispose borbottando.
"... Zoro."
"Cosa?! Ho detto solo fi-"
ZORO VIENI QUI, SUBITO.”

Grandioso, arrabbiata già di prima mattina. Che diavolo aveva combinato anche quel giorno per farla incavolare così presto?
Si tirò subito in piedi, e la raggiunse in cucina, nonostante avesse ancora gli occhi assonnati e semichiusi.
“Cosa c’è?” – le chiese soffocando uno sbadiglio tra le parole, riavviandosi i capelli spettinati con la mano.
“Come cosa c’è? Ti sei dimenticato che giorno è?” – rispose lei mentre era intenta a preparare la colazione per entrambi. Un caffè corto e senza zucchero assieme a qualche pancake proteico per lui, the agli agrumi con spremuta di mandarini e qualche biscotto integrale per lei. Le colazioni del lunedì erano sempre frugali.
“Lunedì, come potrei dimenticare il giorno peggiore della settimana?”- Zoro si avvicinò alla cucina e allungando una mano afferrò uno dei pancake appena fatti, addentandone uno con aria affamata - “Non male…”
"Zoro." - Nami si voltò a guardarlo seria in volto, lasciando stare per un momento la colazione - "Oggi è il giorno in cui il tuo capo va in pensione. Te ne sei dimenticato?"
"Oh porc- ..." – si fermò per un momento.
"Linguaggio."
"….cavolo.”
"Meglio." - Nami sospirò incrociando le braccia ed appoggiandosi al bancone della cucina - "Zoro, devi seriamente iniziare a usare una sorta di sveglia o note per ricordarti di appuntamenti importanti, io ho già i miei da ricordare. Non posso farti da babysitter."
Lui prese velocemente il caffè che lei aveva preparato poco prima e lo bevve tutto d'un fiato, rendendosi conto troppo tardi che fosse ancora caldo, quasi finendo per sputarlo sul lavandino. Decisamente una sensazione non piacevole.
"... e anche di non bere troppo in fretta il tuo caffè, o finirai per perdere la lingua." – sogghignò piano lei.
"Potrei dirti lo stesso, come puoi essere così loquace al mattino?" - le chiese toccandole la guancia. Ah, gli piaceva davvero il suo aspetto senza trucco, specialmente tutte quelle miriadi di lentiggini sul suo viso.
“Se non ci fossi io a parlare la mattina questo posto sarebbe un mortorio, e tu non ti sveglieresti in tempo. Non credi che sia utile?” – la rossa gli rispose con una smorfia provocatoria. Ormai era abituata a quei teatrini mattutini, che ormai erano entrati nella sua routine quotidiana.
“Il giorno che lo ammetterò è ancora lontanto, piccola strega.”-  un sorriso affettato si disegnò sul suo volto.
“Sono una donna paziente…”
Si fissarono negli occhi, ridendo internamente a quella ridicola scena che stavano creando.

“Nami.”
Zoro si fece improvvisamente serio, continuando a guardarla negli occhi.
“Cosa?”
“Devo chiederti una cosa.”
Nami alzò un sopracciglio perplessa. Che diamine gli era preso di colpo? Aveva messo di nuovo quel dolcificante nel caffè? Lo sapeva che gli faceva uno strano effetto.
“A dire il vero mi imbarazza chiederlo…”- Zoro frugò nella sua tasca del pigiama come se stesse cercando qualcosa.
Nami impallidì di colpo. E se… no, no. Impossibile, si stava sicuramente sbagliando. Non stava sicuramente cercando QUELLO.
“Nami senti…”
“S-si…?” – la sua voce tremò impercettibilmente, ma lei sentì il cuore aumentare  il ritmo di colpo, quando lo vide tirare qualcosa fuori dalla tasca dei pantaloni.
Le mise il telefono davanti agli occhi, la schermata aperta su un sito di idee regalo.
“Non ho idea di cosa regalare al sig. Smoker per la festa di pensionamento. Non ho mai partecipato a una festa del genere, tu sicuramente ne capisci di più, per quanto mi secca ammetterlo. Avevi organizzato tu la festa per la pensione del sig. Haredas l’anno scorso no?”
Passò qualche secondo e nessuno nella stanza fiatò; Nami sembrava totalmente assente, come se nella sua testa ci fosse un costante white noise.
“Nami?” – Zoro le sventolò una mano davanti agli occhi, richiamando la sua attenzione.
La ragazza scosse la testa, cercando di scacciare dalla testa la voglia di tirargli un pugno. Anche se inconsapevolmente, le aveva quasi fatto venire un infarto.
"Come fai a essere così..." - sospirò - "Dammi qui."
Diede una rapida occhiata ai prodotti disponibili sul sito, facendo qualche  screenshot  per poi restituirgli nuovamente  il telefono.
“Ci sono alcune cose interessanti, ma conosci il tuo capo meglio di me, quindi scegline una che potrebbe piacergli. Ho trovato dei vecchi sigari da collezione, se sono una cosa sensata. Inoltre vendono dei bei orologi in agalmatolite, quelli sono un regalo classico per le feste di pensionamento. Ma dipende da te ... e ... faresti meglio a correre perché l'ora della festa arriverà prima di quanto ti aspetti. "- concluse, rivolgendo la sua attenzione a uno dei suoi biscotti che aveva lasciato su uno scaffale vicino.

Zoro le diede un rapido bacio e le pizzicò il naso.
"Ecco perché sei la migliore." - disse sorridendo, rimettendo poi il telefono in tasca e cercando di tornare in camera sua per vestirsi.
Tuttavia Nami non era soddisfatta. Gli prese il pigiama e lo tirò a sé indietro.
"Ti ho preparato la colazione, ti ho svegliato, ti ho ricordato un appuntamento importante e ti ho aiutato a trovare un regalo dell'ultimo minuto. E tutto quello che ricevo è un bacio veloce? Totalmente deludente, signor Roronoa." - scosse la testa guardandolo  con uno sguardo irritato e divertito al tempo stesso.
"Oh qualcuno è arrabbiato?" – lui sorrise e si voltò verso di lei. Zoro la attirò in uno stretto abbraccio, che lei ricambiò visibilmente felice, appoggiando la testa sul suo petto. Sarebbe rimasta volentieri lì fra le sue braccia tutto il tempo del mondo, in quella stanza silenziosa.

Se solo non fosse stato lunedì.
“Cavolo, sono in ritardo.”- l’orologio alla parete la riportò alla realtà, ricordandole che anche lei aveva un lavoro, dove la puntualità era assolutamente richiesta. Anche se a malincuore, si sciolse dall’abbraccio, e finì di mangiare il suo biscotto.
“A che ora finirai stasera?”- anche Zoro addentò l’ultimo pancake rimasto, ormai freddo.
“Credo che farò un po’ tardi, come te immagino… cerca di non bere troppo alla festa, non ho tempo di venire a recuperarti. E guai a te se ti fai riaccompagnare a casa da Tashigi, sono stata chiara?”- il suo sguardo era decisamente esplicativo.
“Va bene, non preoccuparti. Solo un goccetto.” – rispose mimando con le mani la dimensione di una pinta.
Nami alzò gli occhi al cielo. Era un caso perso, non c’era dubbio.

Prima di tornare alle proprie faccende, Zoro l’attirò nuovamente a se e questa volta il bacio fu decisamente più piacevole. Il suo naturale profumo si mischava a quello del the agrumato, creando un aroma dolce e così familiare per entrambi. Le labbra morbide di Nami si incastrarono delicatamente alle sue, mentre la stringeva a sé. Quella era decisamente la parte più piacevole della mattinata.
Si staccò dal bacio, e le prese il viso tra le mani, accarezzandole le guance con i pollici, mentre lei si beava del suo tocco.

“Quanti anni compi quest’anno?”
“Mi stai dicendo che non te lo ricordi?”
“E’ mattina Nami, non ho ancora il caffè in circolo.”
“Bella scusa. Comunque ventitré, perché? Sei in vena di regali oggi?”
“No è che…”
“Hm?”
“Ti è spuntata una nuova ruga qui.”
“ZORO!”
 
 

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Capitolo 2
*** MARTEDI' ***


MARTEDI’
 
13:00
Martedì.
Un giorno insulso, non troppo lontano dall’inizio del weekend ma nemmeno così vicino, il martedì sembrava sempre una di quelle giornate infinite che parevano non passare mai, per quanto fosse sommersa di lavoro.
Seduta da sola alla sua scrivania Nami tirò su la manica della giacca, scoprendo l’orologio che portava al polso e diede una rapida occhiata all’ora: l’una del pomeriggio, almeno era arrivato il tempo della pausa pranzo.
Fuori dal suo ufficio, il cielo grigio e la costante pioggia che batteva contro le vetrate non sembravano affatto invitarla a uscire; se solo non avesse avuto un appuntamento, sarebbe sicuramente rimasta lì a bersi un the caldo vicino al distributore automatico e a mangiarsi un panino portato da casa.
Tuttavia, il martedì aveva un impegno improrogabile a pranzo.
Nonostante i loro uffici fossero abbastanza distanti, Nami e Zoro si erano ripromessi di vedersi almeno il martedì a pranzo, un’occasione in più per stare insieme poiché in settimana gli impegni reciproci non gli consentivano di passare molto tempo a casa da soli.
L’appuntamento era fisso al Baratie, situato a metà strada tra le loro sedi di lavoro, dove ormai erano diventati clienti abituali. Era anche un’occasione per salutare Sanji il quale dopo anni di dura gavetta, aveva finalmente ottenuto i diritti di proprietario del ristorante, che il vecchio Zef gli aveva concesso giusto qualche mese prima.
Zoro non era stato particolarmente entusiasta all’idea di doversi sorbire la presenza del biondo ogni martedì, oltre alle sporadiche occasioni nel weekend, ma la qualità del cibo e il tempo speso comunque con Nami lo avevano ripagato sufficientemente per quello sforzo.
Ricontrollando nuovamente l’orario per assicurarsi di essere in tempo, Nami prese il cappotto dall’attaccapanni a muro situato vicino alla porta del suo ufficio, e si vestì rapidamente recuperando il telefono lasciato sulla scrivania per poi infilarlo nella borsetta che portava a tracollo. Era uno dei regali più utili che Zoro le avesse fatto in quegli anni, e nonostante la pelle della borsa cominciasse a essere un po’ rovinata, non se ne separava mai.
S’infilò velocemente nel corridoio verso l’ascensore, e attese il suo arrivo. Si ritrovò a fischiettare sovrappensiero una vecchia canzone adatta a quella stagione, ma non le sovveniva in mente chi l’avesse scritta:

“…wake me up, when September ends…”

Sì, era decisamente adatta ma ancora non riusciva a ricordarsi chi fosse l’autore. Beh, poco male, almeno l’ascensore era finalmente arrivato.
Fece per entrare quando una voce dal corridoio alle sue spalle la chiamò per nome:
“Nami aspetta!”
Girandosi vide Vivi correre nella sua direzione, anche lei vestita di tutto punto per uscire, che correva trafelata verso l’ascensore. Tese una mano davanti ai sensori per impedire alle porte di chiudersi, permettendo all’amica di entrare.
“Ufff… ti ringrazio.” – disse Vivi appoggiandosi alla parete della cabina, cercando di riprendere fiato – “Non mi ero minimamente accorta che fosse già ora di pranzo, stavo finendo di scrivere un pezzo della tesi ed ero totalmente assorbita nel lavoro …”
“Ti capisco, la scorsa settimana ero davvero sommersa di lavoro anche io, e ho rischiato di saltare la pausa più di una volta."- rispose Nami, sistemandosi la sciarpa che portava al collo.
“Sei a pranzo con Zoro oggi, giusto?”
“Sì, solito appuntamento del martedì. Spero solo che si ricordi … ieri sera è tornato tardi dalla festa per la pensione del sig. Smoker, e credo non abbia dormito granchè. Purtroppo non ci siamo nemmeno incrociati in cucina stamattina.”
“Ah ho sentito dire che andava in pensione. Si sa chi prenderà il suo posto?”
Nami fece spallucce in risposta.
“Immagino sarà  Tashigi. D’altronde è stata la sua pupilla per anni, non vedo perché debbano scegliere qualcun altro. In ogni caso mi racconterà Zoro a pranzo… SE si ricorderà del nostro appuntamento.”
“Non preoccuparti, non mi pare li abbia dimenticati… non spesso perlomeno.”- rispose l’amica ridacchiando.
“Non si sa mai conoscendo il soggetto… Piuttosto Vivi…”- Nami si girò squadrandola da capo a piedi – “ Come mai questo vestito elegante sotto la giacca? Anche tu ti vedi con qualcuno a pranzo oggi?”
Vivi arrossì visibilmente, e tentando di allungare la giacca come a voler coprire il vestito che indossava, rispose guardando altrove.
“Una specie…ma nulla di serio! Devo incontrarmi con un compagno di corso per discutere della tesi appunto, solo un appuntamento tra colleghi diciamo.”
“Ah, immagino.” – Nami le tirò una gomitata con fare scherzoso- “E’ il biondino vero? Coso, cosa…”
“Kohza.” – la corresse – “Comunque davvero Nami, è solo questione di informazioni universitarie. Se mai ci dovesse essere qualcosa sarai la prima a saperlo, promesso.”
Le porte dell’ascensore si aprirono finalmente non appena giunsero al piano terra dell’edificio, e le due si congedarono rapidamente andando in direzioni opposte.
Nami sfilò dalla borsetta il telefono ed inviò un messaggio a Zoro:

13:14  Nami: << A che punto sei? Sto andando a prendere un taxi ora.>>

Mise il volume delle notifiche al massimo e rimise il telefono al suo posto, avviandosi poi all’esterno dell’edificio dove una sfilza di taxi attendevano l’uscita dei lavoratori per la pausa pranzo; prese il primo disponibile e diede all’autista il nome della destinazione, accomodandosi poi nei morbidi sedili posteriori.
Nonostante il brutto tempo le piaceva stare in macchina nei giorni di pioggia, rimanere a  guardare le gocce che cadevano sui finestrini ed immaginare che facessero a gara fra di loro, cercando di scendere giù veloci lungo il vetro. Zoro le diceva che erano cose da bambini, e in parte aveva ragione, ma non le importava se ogni tanto si sentiva tale.
In ogni caso era una meteorologa, fenomeni di quel tipo l’avevano affascinata sin da piccola, ed era normale che rimanesse affascinata anche da una banale giornata piovosa come quella. Certo, avrebbe preferito passarla a casa sotto una coperta seduta con il suo uomo sul divano, bevendo qualcosa di caldo magari.
In ogni caso era felice di poter stare un po’ assieme, ma soprattutto da buona donna che si rispetti, era curiosa di sapere qualcosa della festa tenutasi il giorno prima.
Dopo una decina di minuti di viaggio, riuscì a scorgere dai finestrini la sagoma del Baratie: l’imponente ristorante galleggiante svettava al di sopra delle altre barche ormeggiate al porto, sovrastandole con la sua immensa mole. Le luci decorative appese sul ponte della nave la rendevano quasi più simile ad un faro in quella giornata uggiosa, che ad un ristorante.
Una volta giunti nei pressi dell’ingresso, Nami allungò un paio di berry al tassista per la corsa ringraziandolo ed augurandogli una buona giornata, per quanto il martedì potesse essere una bella giornata.
Aprì l’ombrello tascabile che portava con sé e si avviò verso un gazebo inutilizzato di un bar lì vicino, dove avrebbe atteso Zoro. Una volta all’asciutto tirò nuovamente fuori il telefono, per controllare se Zoro avesse visto o meno il suo messaggio.
Non visualizzato.
“Ottimo.”- sbuffò alzando gli occhi al cielo. Forse sarebbe stato meglio chiamarlo.
Cercò il suo contatto nella rubrica e fece per chiamarlo.
Rispose subito la segreteria telefonica, probabilmente doveva avere il telefono spento o in modalità silenziosa; Nami si morse un labbro, mentre riprovava a ricontattarlo, sentendo il nervoso crescere dentro di lei. Possibile che ne avesse sempre una?
Finalmente dopo quattro tentativi di chiamata, il telefono sembrò dare segni di vita.
“Rispondi maledizione…”
Una voce dall’altro capo del telefono rispose trafelata:
“P-pronto?!”
“Zoro, dove accidenti sei? Avevamo appuntamento dieci minuti fa! Dimmi che sei in taxi e non ancora in ufficio…”- il tono nervoso di Nami cominciava sempre più a palesarsi.
“Non credo di fare in tempo, Nami… qua abbiamo una montagna di cose da fare e io non-“
“…Perché non mi hai avvertita? Ho fatto tutto di corsa stamattina per venire qui in tempo, e tu ADESSO mi dici che non puoi?!”
“Senti, mi dispiace, è stata una cosa improvvisa. Tashigi ci ha chiesto se potevamo prolungare il turno e noi abbiamo dov-“
“Non me ne frega niente di quella squinzia, Zoro. Avresti dovuto almeno avvertirmi, almeno quello!”
“Nami calmati un attimo. Oggi va così, mi dispiace. Dobbiamo lavorare più del previsto, ti spiegherò poi…”
“Va bene.” – rispose secca e staccò la chiamata. Aveva fatto tutta quella strada per niente, in quel momento avrebbe potuto essere al caldo nel suo ufficio, a mangiare e bere qualcosa, invece di essere lì da sola nel bel mezzo della pioggia, che con il passare dei minuti cominciava ad assomigliare sempre più ad un acquazzone.
Infilò il telefono nella tasca, profondamente delusa.
Non era la prima volta che si dimenticava del loro appuntamento, ma erano stati episodi sporadici solo nei primi mesi; eppure si sentiva offesa, quasi come se gli ordini di quell’acida di Tashigi fossero più importanti dei loro momenti insieme.
Resasi conto di stare esagerando, prese un respiro profondo e chiuse gli occhi per un attimo.
“E’ lavoro Nami. Non fare la bambina. Non ti avrebbe mai fatto un torto apposta.” – si ripetè mentalmente.
Poco alla volta riuscì a calmarsi e a ritrovare il suo equilibrio. Ora avrebbe richiamato un taxi, sarebbe tornata in ufficio e avrebbe fatto un pranzo veloce, con Zoro avrebbe chiarito quella sera non appena sarebbe rientrato dalla centrale dove lavorava.
La suoneria del telefono attirò la sua attenzione: un messaggio. Un messaggio da Zoro.

13:29 Zoro: Dove sei?
13:29 Nami: Che vuol dire dove sei? Sto aspettando un taxi per rientrare in ufficio.
13:30 Zoro: Rimani lì, sto arrivando, dammi 5 minuti.


Era abbastanza sorpresa, ormai si era già convinta di dover passare la pausa pranzo da sola, non che non fosse abituata a farlo negli altri giorni della settimana.

13:30 Nami: Come mai? E’saltato il turno?

Zoro visualizzò senza rispondere, lasciando Nami ancora più perplessa.
Che avesse paura di una sfuriata durante la sera? O semplicemente era davvero impegnato, e fosse riuscito a trovare un modo per sgattaiolare fuori comunque?
Qualunque fosse la verità poteva saperla solo da lui.

Dalla strada principale situata all’altro lato del molo si sentì improvvisamente un concerto di clacson, come se decine di autisti fossero impazziti di colpo, e subito dopo un acuto suono di sgommate veloci. Che ci fosse per caso una gara automobilistica nel bel mezzo della città? Improbabile, dato il tempo terribile.
Un taxi sbucò da un vicolo a velocità folle, superando altre macchine che proseguivano tranquille e facendosi strada proprio nella direzione del ristorante.
“Ma che diamine…” – pensò, stringendosi nel cappotto. La pioggia stava aumentando nuovamente, era pericoloso fare manovre del genere in una strada abbastanza trafficata come quella! Solo un pazzo poteva azzardare una cosa simile.
O un passeggero in tremendo ritardo che concitava l’autista.
Non appena la macchina inchiodò a pochi metri dal gazebo dove si era riparata, scorse infatti una capigliatura dal colore DECISAMENTE inconfondibile.
Zoro scese rapidamente dalla macchina mentre era intento a discutere con il tassista, il quale era probabilmente più spaventato di lui dopo quella serie di manovre suicide; gli lanciò qualche berry nella parte posteriore della macchina e richiuse la portiera con un colpo secco.
Nami si fiondò verso di lui, con sguardo preoccupato, domandandosi che diavolo gli fosse passato per la testa.
“Zoro cos’è successo?”
“Hai una domanda alternativa?”- rispose lui visibilmente alterato. La rossa avvertì però una punta di imbarazzo nella sua voce.
“Non hai nemmeno preso un ombrello, non hai nemmeno visto le previsioni di stamattina?”
“Quando non sei tu a darle mi dimentico persino di guardarle.” – borbottò sottovoce.
Ma che razza di scusa era?
Era senza parole, perché era così testardo?
Nami gli offrì un posto sotto il suo ombrello, che lui accettò senza discutere; era bagnato fradicio, rischiava seriamente di prendersi un accidente continuando a stare sotto l’acqua.
 “Perché sei venuto alla fine? Pensavo avessi un turno urgente...”
“Diciamo che so essere convincente.”
“… Cos’hai promesso a Tashigi?”
“Tashig- … smettila Nami, non farmi scenate inutili. Ho promesso che avrei coperto un turno in più, cosa pensavi?”
Nami fece spallucce, cercando di mascherare l’evidente frecciatina di gelosia.
“Lo sai che non mi piace saltare questa occasione, se non in caso di motivi gravi. Un compromesso va bene ogni tanto.”
“M-mh.”
“Che vorrebbe dire questo: M-mh”?
“Che ti credo. Scusami.”
“Scusa per cosa?”
“Per la scenata di prima, mi dispiace. Il fatto è che ci tengo a questo appuntamento, non riusciamo mai a stare insieme più di tanto, che sia per lavoro o altro.”
Zoro le prese l’ombrello dalle mani e lo sorresse sopra le loro teste, prendendole la mano libera stringendola poi a sé.
“Lo so, Nami. Dispiace davvero anche a me.”- il suo tono si era fatto improvvisamente più tenero- “Hai le dita ghiacciate a forza di stare qua fuori, cerchiamo un posto dove mangiare e infiliamoci dentro.”
Nami annuì, dando poi una rapida occhiata all’orologio.
13:38
La sua pausa sarebbe finita in meno di mezz’ora.

“PORCA MISERIA!”- gridò guardando poi Zoro.
“Cavolo, alla fine tutta questa corsa per niente.”
“E tu devi scaldarti immediatamente … ma di certo non possiamo entrare al ristorante così.”
“Ho già avuto abbastanza casini oggi, non sono in vena di vedere cuochi biondi.”
“Comprensibile. Cosa proponi?”
“Birra e panino?”
“Zoro sono a dieta.”
“Al diavolo la dieta, in queste situazioni prendi quello che capita. Allora?”
“Ho altra scelta?”- rispose sospirando. Beh, a dire il vero, dopo quel trambusto avrebbe mangiato qualunque cosa, basta che fosse in un locale riscaldato.
“Direi di no. Ma andrà bene comunque.”

Nami si appese al suo braccio stringendosi a lui  nonostante Zoro fosse ancora completamente bagnato, e riparati  solo da un piccolo ombrello portatile si allontanarono insieme verso il centro della città, in quel  martedì  come tanti altri.

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Capitolo 3
*** MERCOLEDI' ***


 
MERCOLEDI'


 
Mercoledì.
18:35
Metà della settimana, due soli giorni all’inizio del fine settimana.
Mancava solo un’ora alla fine del turno, e a quanto pareva, non era l’unica cosa che stava finendo.
“ETCIU’!”
Gli starnuti di Zoro andavano avanti da quella mattina, a intervalli regolari di due o tre minuti circa, stando ai calcoli fatti dai colleghi durante la giornata; il giorno prima al rientro dalla sua pausa pranzo fuori programma, si era presentato zuppo d’acqua in ufficio nonostante Nami avesse insistito perché tornasse a casa a cambiarsi, e ora aveva quasi finito tutti i pacchetti di fazzoletti presenti in ufficio.
“Pioggia del cavolo …” – sibilò sotto voce, inveendo contro sè stesso per essere uscito senza ombrello il giorno prima.
“Hai praticamente terminato la scorta di fazzoletti che avevamo da un anno. Non hai pensato di prenderti una tachipirina o cose simili?”- Tashigi posò l’ultimo pacco di fazzoletti rimasto sulla sua scrivania, sbuffando visibilmente scocciata.
“Che diavolo ne sapevo, non pensavo di essere messo così male!” – Zoro sbottò in risposta.
Era solo un raffreddore, accidenti!
 Eppure sia Nami che i suoi colleghi lo stavano trattando come fosse un bambino piccolo alle prese con l’influenza, e allontanandosi da lui ogni qualvolta starnutisse vicino a loro.
“Almeno metti una mano davanti alla bocca ogni volta che starnutisci! Non ho intenzione di avere metà del corpo di polizia appestato, specialmente con il fine settimana che si avvicina e con il festival che si terrà questo sabato.”- rispose lei indicando il giornale situato davanti a lui.
Sulla prima pagina svettava la scritta “FESTIVAL DEI PIRATI” indicante l’evento che si sarebbe tenuto in meno di tre giorni: da anni era ormai diventato un appuntamento fisso nel periodo autunnale, una scusa per interrompere di tanto in tanto la monotonia che si respirava in città. Migliaia di persone si riversavano per le strade, in particolare nel centro e nella zona portuale, travestite da pirati per partecipare a giochi di vario tipo, lotterie, spettacoli e soprattutto per assistere ad un immenso spettacolo di fuochi d’artificio.
Nami lo aveva pregato di poter andare insieme dal momento che per lei era un ricordo d’infanzia importante e, nonostante la sua desistenza iniziale, aveva infine accettato.
Tuttavia, sarebbero stati lì insieme solo per poco tempo, dal momento che il suo gruppo era stato assegnato ad occuparsi della sicurezza durante tutto il festival.
Da quando il sig. Smoker era andato in pensione (forzata), nell’ufficio erano tutti più rilassati ma al tempo stesso si sentivano senza una guida matura, e per quanto Tashigi si stesse impegnando per organizzare tutto il corpo di polizia, gestire quel manipolo di soli uomini era diventato un impresa.
“Zoro tu coprirai il turno serale dalle 17:00 alle 23:00, Yosaku e Johnny saranno assegnati a te. L’altra squadra sarà composta dal Commissario Hina, Helmeppo e Coby. In questo modo non dovrebbero esserci problemi, sperando tutto fili liscio come gli anni scorsi.” – Tashigi gli passò un foglio con gli orari e le indicazioni per trovare il punto di ritrovo – “Vedi di non perderti, l’anno passato hai rischiato di arrivare un ora dopo per questo motivo.”
“Bah…” – rispose roteando gli occhi al cielo, prendendo il foglio dalle sue mani. Come se davvero potesse perdersi … era stato solo un caso la volta prima!
“Piuttosto Zoro …” – commentò Johnny alzando la testa dalla sua scrivania, guardandolo con aria preoccupata – “ Sei sicuro di riuscire a rimetterti in forma per sabato?”
“Sto benissimo.” – tirò su con il naso, asciugandosi con la manica della camicia. Non aveva intenzione di sprecare un altro fazzoletto, o avrebbe rischiato di non averne altri disponibili entro la fine del turno.
Tashigi sospirò rassegnata, ormai abituata come gli altri alla testardaggine del collega.
“Vedi di non prenderti un accidente, ho bisogno della collaborazione di tutti per il festival.”- disse scoccando poi un occhiata severa agli altri presenti nella stanza, sottolineando il messaggio in maniera chiara- “E intendo TUTTI.”
Si sentì qualcuno deglutire e qualche risatina nervosa, poi tornarono tutti a rivolgersi ai propri computer.
“Accidenti, hai già imparato a metterli in riga dopo solo due giorni come sovrintendente capo?” – Zoro ghignò sistemandosi in maniera scomposta sulla sedia.
“Ti ricordo che sei in un ufficio di polizia, non sul divano di casa tua, “agente” Roronoa.” – rispose secca Tashigi – “Comunque, ho ancora molto lavoro da fare. Il sig. Smoker lavorava qui da tempo, per me sarà un po’ più difficile farmi rispettare da questo gruppo di uomini.”
“Se è per questo non sei nemmeno l’unica donna nel dipartimento, non credo che ti ci vorrà molto.”- commentò lui guardando una foto incorniciata e riposta sugli schedari: ritraeva il corpo di polizia di cui facevano parte, assieme ad altri rappresentanti delle alte cariche tra cui il Commissario Hina e il Primo Dirigente Tsuru.
“Chissà…”- mormorò lei osservando la foto, con uno sguardo pieno di ammirazione per le donne lì ritratte.
“Anche la madre di Nami era nella tua stessa posizione. Me ne ha parlato spesso, è il suo esempio per quanto riguarda il lavoro e la vita di tutti i giorni.”
“Strano, per quello che la conosco sembra che lei mi odii.”
“Nah, non è il tipo da odiare qualcuno. E’ solamente un po’… gelosa, diciamo.”- rispose grattandosi una tempia con fare distratto, sforzando di non concentrarsi sul suo raffreddore.
“Non dovrebbe preoccuparsi, non guarderei nessuno che abbia il tuo stesso colore di capelli.”
“Ehi. Guarda che sono popol-… scusa un attimo.”- tirò fuori dalla tasca il telefono che vibrava, trovando un messaggio da parte di Nami.

18:53 Nami: Copriti bene quando esci, le previsioni dicono che ci sarà parecchio vento stasera. Non fare tardi , ok? ♥

Tashigi accennò un sorriso. Avrebbe voluto avere anche lei un rapporto simile, ma a quanto pareva il lavoro aveva scelto qualcosa di diverso per lei.
Zoro si accorse che Tashigi sembrava spenta rispetto a pochi minuti prima, e per quanto non fosse tipo da impicciarsi degli affari altrui, il motivo di quello sguardo era abbastanza evidente.
“Lui lo sa?”
“Chi? Che vuoi dire?”- domandò la ragazza, colta alla sprovvista dalla sua domanda.
Zoro le lanciò un’occhiata eloquente.
“La vecchia ciminiera, il fumoso … sì insomma, hai capito a chi mi riferisco.”
Tashigi diventò paonazza di colpo, sentendosi esposta.
“Ma che diavolo dici, stupido!”- disse abbassando la voce, supplicandolo con lo sguardo a fare altrettanto per evitare che altri colleghi si accorgessero di quel teatrino in corso.
“Puoi fare finta di nulla quanto ti pare, ma persino il Generale Fujitora se ne accorgerebbe.”
“Smettila, non c’è stato nulla tra me e il sig. Smoker, se non un rapporto puramente professionale.”
“Appunto. E’ ovvio però che da parte tua ci fosse qualcosa di più, o sbaglio?”- chiese alzando un sopracciglio con sguardo interrogativo. Conoscevano entrambi la risposta, e il silenzio di Tashigi fece solo che confermare quanto chiesto.
“Non ha importanza, in ogni caso non sarebbe mai andata.” – l’espressione tesa di Tashigi lasciò lentamente posto ad un sorriso mesto, che la ragazza cercò di mascherare rivolgendo lo sguardo altrove, fino a posare gli occhi sulla foto di poco prima. Nella foto, Smoker era ritratto al fianco di Hina, come sempre.
Alle sue parole seguì un silenzio che sembrò infinito.
“Piuttosto, non ho mai saputo come hai incontrato Nami. Considerando i tipi che siete, deve essere una storia interessante.” – disse lei spezzando la cortina di silenzio che era calata improvvisamente.
Zoro rimase in silenzio, prendendo un fazzoletto e asciugandosi il naso per l’ennesima volta.
Come aveva conosciuto Nami? A dire il vero era una storia piuttosto strana.

Al tempo non era certo un tipo molto raccomandabile, girava perlopiù nelle zone malfamate delle città ed era un abituale frequentatore dei bar locali.
In una delle sue solite serate nei pressi del porto, si era accorto di qualcosa di strano nel retro del locale dove si trovava e ,sia per curiosità che per senso di dovere, aveva deciso di dare un’occhiata a cosa stesse succedendo.
Circondata da tre tizi palesemente ubriachi e stretta in un vicolo dietro al bar, Nami era intenta ad aiutare un ragazzo che era appena stato buttato a terra; nonostante fosse visibilmente in difficoltà, non accennava minimamente ad allontanarsi, parandosi davanti al ragazzo quasi come fosse uno scudo umano.
Era insolito vedere una ragazza minuta mettersi a discutere con gente di quel tipo, eppure sin da subito aveva notato una determinazione non comune nel suo sguardo. A giudicarla da com’era vestita, sembrava una ragazza poco più che maggiorenne, non adatta a posti come quello.
I suoi corti capelli rossi e le lentiggini del suo viso la rendevano ancora più simile ad una ragazzina, ma il suo atteggiamento e il suo modo di imporsi su quei tipi loschi, tradivano una certa esperienza di vita, come se fosse già abituata a trattare con gente del genere.
Forse non si sarebbe dovuto intromettere, ma un minimo di cavalleria interiore gli suggeriva che fosse il caso di intervenire, anche solo per calmare le acque.
Certo, non era finita esattamente a tarallucci e vino come si suol dire, specialmente per uno dei tre uomini che si era ritrovato con un naso rotto … ma almeno la situazione non era degenerata ulteriormente.
Messi in fuga i tre ubriaconi, si era avvicinato a Nami, la quale pareva sorpresa che qualcuno avesse cercato di aiutarla; persino la sua domanda per chiederle se stesse bene, sembrava averla lasciata senza parole.
Vedendola spaesata le aveva offerto da bere ( nonostante si fosse intrufolato anche il ragazzo salvato da Nami poco prima, il quale aveva subito manifestato un appetito sorprendente riuscendo a consumare metà delle portate presenti sul menù del bar), per aiutarla a calmarsi dopo lo spiacevole avvenimento.
Alla fioca luce delle lampade appese al soffitto del locale, aveva potuto osservarla meglio, rimanendo affascinato dalla sua bellezza inusuale. La sua pelle era lievemente abbronzata, segno che veniva da un posto sulla costa, forse un isola; gli occhi sembravano essere di cioccolato fuso, sposati alla perfezione con i suoi capelli color tramonto. Il corpo era sinuoso con le curve al punto giusto, nascosti da vestiti semplici che non le rendevano giustizia.
Avevano bevuto entrambi un po’, parlato del più e del meno, e si erano lasciati salutandosi.
Ma era stato solo al momento di pagare, che Zoro si era accorto di qualcosa che mancava… il portafoglio.
Lo aveva cercato come un dannato per tutto il locale, sotto le sedie e i tavoli, nel bagno, chiedendo ai pochi clienti rimasti e persino nel retro dove aveva incontrato Nami poco prima. Niente da fare, sembrava svanito nel nulla.
Eppure non gli era sembrato che nessuno si fosse avvicinato a lui tanto da essere sospettato di furto, era rimasto anche più sobrio del solito, quindi se ne sarebbe dovuto accorgere.
Per poter ripagare il tutto aveva costretto anche il ragazzo, il quale aveva detto di chiamarsi Luffy, a rimanere con lui a ripulire il locale dopo la chiusura avvenuta a notte inoltrata. Non gli era nemmeno balenata in testa l’idea che la rossa vista prima potesse avere qualcosa a che fare con la sparizione del suo portafoglio… non le aveva nemmeno chiesto quale fosse il suo nome.
Il giorno seguente aveva sporto denuncia, sentendosi poi dire che il suo portafoglio era solo il primo di una lunga serie di sparizioni che andavano avanti ormai da qualche settimana.
Dopo aver passato un’intera giornata per rifare i documenti persi assieme al portafoglio, era rientrato a casa buttandosi sul divano a peso morto, come faceva ogni volta che rientrava a casa stanco. Stava per gustarsi un po’ di riposo, quando il citofono prese a suonare forte, costringendolo ad alzarsi nuovamente in piedi.
Aperta la porta, si era ritrovato davanti la stessa ragazza del giorno prima, la quale era vestita in maniera decisamente diversa: la cannotta verde che portava lasciava scoperte le spalle, lasciando in bella vista un tatuaggio particolarmente vistoso sulla spalla sinistra, la gonna nera lasciava scoperte le sue gambe toniche e snelle.
Tra le dita teneva una figura familiare, che lei gli sventolò subito in faccia.
Il suo portafoglio? Come diavolo …
“Perdi così facilmente le cose? Sei bravo a mettere in fuga la gente poco raccomandabile, tanto quanto a perdere un portafoglio vedo.” – aveva detto lei ridacchiando divertita alla sua espressione sorpresa.
La sua espressione imbarazzata la divertiva, e fu la prima volta in cui vide un suo sorriso. Carina, però.
“Sono Nami comunque. Grazie per ieri.” – disse lei tendendogli la mano.
Lui la strinse, sentendo quanto piccola e fragile fosse rispetto alla propria
“Ci si vede.”- Nami lo salutò improvvisamente con un cenno di saluto, lasciandogli il suo portafoglio in mano ed allontanandosi da casa sua.
Zoro la vide camminare per la strada, finchè non svoltò in una via vicina sparendo alla vista.
Che tipo strano, pensò. Una parte di lui avrebbe voluto seguirla spinto dalla curiosità, ma non era certo uno stalker né tantomeno tipo da fare quel genere di pazzie per una ragazza appena incontrata. Ciononostante, non poteva fare a meno di sentirsi attratto da lei, anche se non sapeva spiegarsi il perché.
Probabilmente, non l’avrebbe nemmeno rivista.
Rientrando in casa, non prima di avere lanciato un’ultima occhiata al vicolo dove era scomparsa Nami, aprì il portafoglio per controllare che non mancasse nulla, ed effettivamente sembrava tutto a posto se non per un paio di berry che sembravano mancare.
Nel richiuderlo, un foglietto scivolò da una delle tasche del portafoglio e Zoro si chinò prontamente a raccoglierlo.
Scribacchiato con una bella calligrafia seppur frettolosa, c’era un numero di telefono e quello che sembrava un palese invito:

“Sei in debito con me di una birra.”

Ah, era decisamente una furba.
Inutile dire come fosse finita, il risultato era abbastanza evidente.
 

Ritornando alla realtà, Zoro si ritrovò a sorridere mentre pensava a quell’incontro piuttosto inusuale, e Tashigi non potè fare a meno di notare la sua espressione.
“E’ una cosa troppo segreta?”- domandò curiosa.
“Diciamo che è stata colpa di una birra di troppo … e di un portafoglio.”
“Portafoglio? Non dirmi che sei riuscito a perdere pure quello …”- la donna sospirò esasperata. Era proprio un caso perso.
“Ma piantala!”
“Piuttosto, forse è ora che tu vada.” – Tashigi indicò l’orologio appeso alla parete, dove le lancette indicavano il volgere al termine del turno pomeridiano - “Vedi di non peggiorare per domani.”
“Sì Zoro, è tempo della tisanina a casa!” – qualcuno urlò dalla propria postazione, sfottendolo divertito.
“QUALCUN ALTRO E’ IN VENA DI BATTUTINE?!” –inveì lui in risposta, sentendosi nuovamente trattato come un moccioso.
“Lascia stare e muoviti, adesso arriveranno gli altri per il turno serale…” – Tashigi si sistemò i capelli in una  pratica coda, sistemandosi la divisa.
“Rimarrai qui anche stasera? Non so quanto ti possa fare bene tutto questo straordinario a lavoro.”
“Non ha importanza, voglio essere sicura che sia tutto a posto.”
“Tashigi…”
“Cosa c’è?”
“Non devi dimostrare niente a nessuno, mettitelo in testa.”
“Ma io- ”
“Ti apprezzano tutti qui, non ammazzarti per ottenere consensi da chiunque. Lavora per essere soddisfatta di quello che fai.” – il suo tono era serio.
“…Grazie.”- mormorò in risposta.
“Beh … a domani! Mi raccomando, non addormentatevi sui computer per il troppo lavoro eh!” – urlò diretto ai colleghi mentre si avviava verso l’uscita.
“Non addormentarti subito bevendo la tua camomilla!”
“TACI!”
“Ah Zoro un’ultima cosa…” – Tashigi lo chiamò prima che uscisse dall’ufficio.
“Mh, cosa c’è?”
“Compra una scorta di fazzoletti, non ne è rimasto nemmeno uno in ufficio. E guai a te se li finisci entro domani.”
Nah, non li avrebbe finiti tutti domani. Al massimo entro la fine della settimana, in fondo non mancava molto.

Era solo un mercoledì come tanti, e qualcuno lo stava aspettando a casa.

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