Your Song

di _Kurama_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** #1. Notturni ***
Capitolo 3: *** #2. Gioco di sguardi ***
Capitolo 4: *** #3. Famiglia ***
Capitolo 5: *** #4. Candice ***
Capitolo 6: *** #5. Morgana ***
Capitolo 7: *** #6. Diana ***
Capitolo 8: *** #7. Anthony ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


                                                                                                   Your Song

                                                                                                      Prologo

“Candice!”
“Zahra, eccoti finalmente!”
“Ciao bimba, ho sentito molto la vostra mancanza in questi giorni.” 
La voce profonda della donna provocò in Candy una prolungata sensazione di calore, era mancata molto anche a lei.
“Come sta tua figlia?” 
“Bene, ha dato alla luce un bambino bellissimo!”
Facendo volteggiare nell'aria i lunghi e morbidi ricci dorati Candy strinse la sua Mama in un forte abbraccio “oh Zahra, sono così felice! Sei sicura che non vuoi che resti da noi? Ci farebbe così contenti, la casa è enorme!”
“No, Candice, sta lavorando nei campi vicino al fiume e alloggia presso il padrone, sta bene lì, lui è buono!” rispose la donna stringendo tra le sue le mani di quella donna che da vent’anni, ormai, era come una figlia.
Candy sorrise, luminosa, la luce del tramonto arancione e calda come il fuoco faceva splendere ancor di più gli occhi color smeraldo.
“Candice ma i bambini? Dove sono i bambini? E Diana ed Anthony? Ho visto Morgana fuori che giocava con Nina ma gli altri sono scomparsi!”
“Oh tranquilla, sono andati tutti in clinica con Albert, è arrivato un leone ferito e lui è dovuto correre lì con urgenza.”
La donna tirò un sospiro di sollievo e non perse tempo: si sfilò la giacca di cuoio e indossò il grembiule bianco che risaltava come il gesso sull’asfalto sulla pelle nera della donna.
“Ah-ah Zahra- fece Candy alzando un dito—tu questa sera riposi, alla cena ci penseremo noi!”
“Ma, Candy, non sono stanca io!”
“Non importa, hai avuto dei giorni faticosi, su va’ a stenderti, ti chiamerò io non appena la cena sarà pronta!”
Zahra sorrise “grazie piccola!” e si strizzarono l’occhio.


Con le mani sui fianchi Candy osservò le pentole della cucina come un soldato in guerra
“a noi!” guardò fuori dalla finestra e sorrise e sorrise nel vedere i cuccioli di leone, nati da pochi giorni, mordicchiare affettuosamente le orecchie della madre; 
fu distratta dal rumore della porta di ingresso.
Una ragazza dai luminosi occhi verdi e lunghi capelli ramati raccolti in una treccia le rivolse uno sguardo frastornato “ti prego, non dirmi che cucini tu.”
“Perché?” fu l’ingenuo risposta della donna bionda.
“Perché sei pessima mamma!”
Candy sbuffò
 “Zahra ha bisogno di riposare, per carità, lasciate andare quella povera donna!”
Morgana rise e prese il cucchiaio di legno dalle mani della madre “Mamma, non conta che cucini Zahra, sei solo tu quella pericolosa ai fornelli- e rise ancora- ah e Diana, a volte.”
“Sei davvero una figlia degenere, lo sai?”
“Lo so, sono tua figlia!- le diede un bacio sulla tempia- Non te la prendere, per stasera faccio io.”
La donna, sconfitta, diede un buffetto affettuoso sulla fronte della figlia e iniziò ad apparecchiare il grande tavolo di legno.
“Mamma, papà e i ragazzi credi che faranno tardi?”
“No, tesoro, sono usciti già da qualche ora, penso stiano per tornare, ah e prepara un po’ in più è probabile che verranno anche i ragazzi del recinto, sono venuti loro a prendere tuo padre!”
“Sissignora!”




Candy poggiò lo sguardo sulla tavola imbandita, erano quasi le otto e a breve sarebbero arrivati tutti; si precipitò al piano di sopra per chiamare la Mama.
“Zahra, è quasi pronto! Sta tranquilla, Morgana ha preso in mano le redini della cucina quindi, sarà tutto buono!” esclamò facendo capolino dentro la camera della donna.
“Candice, piccola, vieni siediti accanto a questa vecchia signora!”
La bionda obbedì e si sedette sul letto, avvolgendo la più grande in un caldo abbraccio
 “c’è qualcosa che ti preoccupa? A me puoi dirlo, lo sai.”
“E’ solo che, non ho mai viaggiato oltreoceano e non credo che la vostra famiglia sarà lieta di avere qualcuno come me in casa, non voglio causarvi problemi.”
“E non ce ne darai, Zahra, tu sei della famiglia e il tuo è uno dei cuori più belli che abbia conosciuto e nulla, e ripeto, nulla è più importante di questo.”
Mani nelle mani, le carnose labbra di Zahra si posarono sulle mani abbronzate di Candy “ ti voglio bene, piccola e ti ringrazio per tutto quello che hai fatto per me, nulla sarà mai abbastanza per ricompensarti.”
“Mama, se qui c’è qualcuno da ringraziare sei tu: sei la donna che ci ha portati alla scoperta di un luogo così diverso da quanto abbiamo mai conosciuto, sei la donna che ci ha aiutati con i nostri figli e che li stringe al petto come fossero suoi, tu sei il nostro perno, sei la radice grazie alla quale abbiamo potuto dare vita ad un magnifico albero, qui, nella tua terra, nella terra dei nostri figli, è grazie a te che siamo riusciti a creare una vita così bella qui, grazie alla tua fiducia.” Candy accarezzò il volto della donna con gentilezza e nascose il viso nei suoi folti ricci neri e qualche lacrima sfuggì al su controllo.
Sentirono provenire dal piano inferiore un allegro frastuono “ecco i piccoli terremoti, su, andiamo e sta’ tranquilla.”
Si sorrisero.



“Ciao mamma!”
“Ciao piccolo!”
Candy spalancò le braccia per afferrare al volo il bambino che correva verso di lei.
“Allora? Com’è stato aiutare papà in clinica? Sei stato bravo?” gli diede un bacio sulla tempia scompigliandogli i capelli color nocciola.
“Bravissimo mamma, te lo giuro, ho aiutato io papà a far guarire il leone!”
“Sta dicendole verità, gli ha dato dei baci talmente forti che sarà questione di qualche giorno prima che si rimetta in piedi!”
L’uomo che aveva appena parlato si avvicinò alla moglie dandole un bacio a fior di labbra.
“Che odore!
 Zahra, ma tu non eri con tua figlia?” esclamò allegro.
“Sì, ma sono tornata prima, fortunatamente lei sta bene!”
“Ne sono felicissimo, questo posto è un disastro senza te, ci sei mancata tantissimo!” l’uomo lasciò un bacio sulla testa nera della donna.
“Ciao papà!”
Morgana sbucò dalla cucina tenendo un pentolone tra le mani.
“Forza pesti, pronti a mangiare, lavatevi le mani!”
“Bentornato, amore” Candy soffiò nell’orecchio del marito aggrappandosi alle sue spalle, lui la fece voltare e la strinse a sé.
Lei fu solleticata dal forte odore di spezie dei suoi lunghi capelli, prese una ciocca e se la rigirò tra le dita.
Lui inspirò l’odore di miele della sua pelle, morbida e calda.
“Albert, dobbiamo parlare del viaggio.” Lei si accoccolò sul suo petto.
“Lo so, tesoro, lo so.” Le baciò gli occhi. “Andiamo a cena, ne parliamo dopo.”
Lei annuì e si sedette accanto a lui, sulla panca di legno.
“Mamma, va tutto bene?”
A parlare era stata una giovane donna, dai lunghi ricci biondi e gli occhi blu, profondi quanto il mare.
“Certo Diana, sta tranquilla.” Candy sorrise e strinse la mano di Albert.
Lui le rivolse un sorriso e osservò i presenti: c’era Zahra, seduta a capotavola, con a destra Diana e dall’altro lato Anthony, i gemellini sedevano accanto a Diana e a Fela, il suo assistente, poi vi erano i ragazzi del recinto, Mosi e Yela, Morgana sedeva all’altro capo della tavola.
“Buon appetito a tutti!”



Spazio Autrice

Salve ragazzi, eccomi alla mia prima fanfiction su Candy Candy.
Spero vi abbia fatto una buona prima impressione . ho cercato di uscire un po' dalle solite storie e mi farebbe tanto piacere sapere cosa ne pensate!
A breve seguirà il primo capitolo!
Un abbraccio 

 

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Capitolo 2
*** #1. Notturni ***


                                                                           
Salve! Eccoci al primo capitolo. Vorrei soltanto dirvi che si tratta di capitoli di passaggio, volti a raccontare qualcosa della vita di Candy e Albert. 
Ah, ultimissima cosa! Durante le scene tra Candy e Albert la narrazione passa da un narratore esterno a quella in prima persona fatta da Albert! Come sempre mi farebbe molto piacere conoscere le vostre imreimpressioni . Buona lettura !




                                                                               
Your Song
                                                                                #1. Notturni


  
Candy si lascia cadere placidamente sul materasso.
“Ci pensi che tra qualche settimana saremo in America?”
“Cerco di non pensarci troppo, comincia già a mancarmi l’aria.”
Candy mi sorride.
“Sono vent’anni ormai che manchiamo da Chicago, alla zia verrà un ‘terribile mal di testa!’- lo diciamo in sincrono, ridendo - eppure ancora non capisco il motivo per il quale ci ha chiesto di tornare.”
Scuoto la testa, pensoso “ho un cattivo presentimento.”
“Anche io.”
Candy rabbrividisce leggermente avvertendo la presa delle mie mani sul suo mento “non permetterò che ti accada mai nulla, te lo prometto.”
Lei mette la mano sulla mia, gli occhi lucidi “lo so.”
“Cosa ne pensa George?” anche lei è molto preoccupata 
“Lui crede ci sia qualcosa sotto, che senso avrebbe altrimenti? Abbiamo rinunciato al patrimonio degli Andrew anni fa, siamo andati via, abbiamo la nostra vita e poi, di punto in bianco lei ci scrive di tornare in America per ‘urgenti questioni’.
 Nulla mi sembra avere senso. Persino Archie ed Annie, nella loro ultima lettera non sapevano che dire.”
“Magari le manchi, semplicemente.”
“Dopo vent’anni di indifferenza? Oh Candy, non riesci a crederci nemmeno tu.”
“Ma davvero non riesco a capire che genere di trappola potrebbe essere.”
Scrollo le spalle.
“La cosa più importante è che tu e i ragazzi stiate bene.”
Lei mi sfiora una guancia “senza di te non andiamo da nessuna parte, hai capito?”
La stringo forte a me.
“Ti amo.”
“Ti amo.”
Le carezzo i capelli, leggermente. Candy socchiude i suoi meravigliosi occhi verdi accoccolandosi contro la mia spalla, dio quanto la amo.
Cogliendola di sorpresa la prendo tra le braccia dirigendomi verso l'esterno.
“Albert! Ma che fai!”
“Che ne dici dell’ultima notte sotto il cielo africano?” le sorrido malizioso.
Lei ride sonoramente e ci gettiamo sulle coperte del giardino, intrecciandoci.
Mi sento soffiare sulle labbra “io, tu, il cielo stellato, niente figli, niente animali, niente di niente. Da quanto tempo non stavamo così?” 
“Troppo.”
Baci, carezze ed effusioni si riversano in un unico intreccio fatto dalle nostre mani, dalla nostra pelle ed eccoci, qui, insieme stretti e preoccupati per ciò che ci attende oltreoceano.





“D.”
“Mh?”
“Sei sveglia?”
“Già, a quanto pare non sono l’unica a non riuscire a prendere sonno.”
Morgana si mette seduta, incrociando le gambe “sei agitata?”
“Molto.”
Diana sbuffa “non capisco il perché di questo viaggio, a parte zio Archie e zia Annie non abbiamo nulla a che vedere con quella gente!”
“D! Stai parlando della famiglia dei nostri genitori!”
“Sì , una famiglia che non ha esitato a sbattergli le porte in faccia perché non potevano accettare che si amassero!” stringe le lenzuola di lino grezzo tra le mani, Morgana china la testa “spero solo che vada tutto bene.”
Le due sorelle si stringono la mano.
“Diana!”
“Anthony, che succede, che ci fai in piedi a quest’ora?”
Il ragazzo incrocia le braccia al petto.
“I terremoti hanno avuto un incubo.”
Ed ecco sbucare, da dietro le gambe del fratello maggiore i gemellini che, timidamente chiedevano il permesso di entrare.
“Piccoli, venite qui!”
Senza farselo ripetere una seconda volta i due si gettano tra le braccia delle sorelle maggiori; accarezzando la testa riccioluta della sorellina Morgana le chiede quello che è accaduto.
“Abbiamo sognato che mamma e papà ci lasciavano qui e che la nave non ci faceva salire, Morgana, ho paura! Io voglio andare con loro!” 
Le ragazze stringono ancor più forte i bambini “state tranquilli, andiamo tutti con loro, non c’è pericolo.” Diana strizza l’occhio al fratellino.
Anthony si lancia sul letto di Morgana “Certo che comunque la partenza è non poco inaspettata.”
La sorella lo fulmina con lo sguardo “non ti ci mettere pure tu, è un semplice viaggio di famiglia.”
“Se lo dici tu.”
Diana tira il fratellino sotto le lenzuola con sé “su, piantatela con elucubrazioni e musi lunghi, voi tre dormite qui stanotte, forza tutti a nanna!”











Alle prime luci del giorno successivo è Zahra la prima a svegliarsi.
Si stiracchia leggermente tirando fuori un sonoro sbadiglio, poggiando i piedi sul pavimento di legno.
Da un’occhiata alla valigia, già pronta, facendo mente locale su quanto potrebbe ancora servirle; infila qualche scialle più pesante e un turbante per nascondere i folti capelli neri misti a ciocche bianche.
Tira su i capelli e indossa un lungo abito di cotone pronta a scendere al piano di sotto e preparare la colazione.
Nina sente il rumore dei suoi passi lungo le scale e la segue scodinzolando la folta coda bianca, preme il muso contro la sua mano chiedendo una carezza che arriva quasi subito, Zahra si inginocchia alla sua altezza:
“Brava piccola, sta’ buona, sei contenta? Oggi si parte! Vieni ci vuole una bella colazione anche per te!”
Si dirigono in cucina dove Zahra si poggia al bancone affettando un po’ di frutta e scaldando la padella per cuocere qualche crêpe da imbottire con il cous cous; nel frattempo allunga a Nina qualche pezzo di frutta.

Il tavolaccio di legno grezzo era stato già preparato la sera prima da Diana, i fiori secchi al centro della tavola, le stoviglie sistemate in modo preciso ma semplice.
Zahra prese la campana dal centro della tavola agitandola “Sono le sette, la colazione è pronta! Tutti in piedi, su, forza!”
Ed ecco il rumore della corsa dei bambini.



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Capitolo 3
*** #2. Gioco di sguardi ***


                                                                                                 Your Song
                                                                                           #2. Gioco di sguardi

Sento nitidamente i riccioli di Candy solleticarmi il viso, aumento un po’ di più la stretta sulla sua vita e affondo ancor più nell’incavo del suo collo.
È così morbida.
Quanto è bello sentirla, tenerla tanto vicino da sentire ogni battito del suo cuore,  avvertire ogni secondo e realizzare, ogni giorno, che le sono davvero accanto.
Anni fa non avrei mai immaginato di poter stare così.
Ricordo così nitidamente quando andai a trovarla, nel periodo di convivenza con Terence;
quanto mi stringeva il cuore vederlo mentre la stringeva e le schioccava un bacio sulle rosee labbra, eppure, quanto mi scaldava l’anima vederla felice, libera dai suoi fantasmi, serena.
Non avevo più speranze.
Quando mi corse incontro, poco prima dell’imbarco per l’ America Latina, fu come se un fulmine stesse trapassando la mia essenza.
Così tante domande e tutte che si soffocavano nel petto, senza riuscire ad emergere in me, sopraffatto dall'emozione.
E la paura, dannatissima paura di essere un ripiego, paura di fidarmi del suo amore;
mi raccolse come un animale ferito, quel giorno, io mi sono pian piano aperto tra le sue mani, realizzando che non era un sogno, che era vero e che lei mi amava e che- a poco a poco- aveva spazzato via tutti i timori del mio animo: il timore che lei potesse cambiare idea, che fosse corsa tra le mie braccia perché sconsolata dalle difficoltà del rapporto con Terence. Solo molto tempo dopo, nel fiore della nostra vita insieme, al parlarle di questo mio timore, lei mi confidò- ridendo- che la difficoltà tra lei e il suo Romeo fui proprio io.
 Ed eccomi ora, a poggiarle una mano sul viso, e guardarla dormire illuminata dalle prime luci.
Ripenso ai nostri litigi, stupidi, ai nostri momenti no, alle sue lacrime, alla mia frustrazione, ai momenti di noia e a quelli carichi di passione travolgente.
Ripenso ai pomeriggi sonnolenti delle giornate afose, ai momenti di raccoglimento durante la stagione delle piogge.
La rivedo mentre scrive il suo diario e piega accuratamente tutte le sue lettere;
risento il suo volto sulla spalla mentre mi osserva ripiegare le mie piccole confessioni su carta e sorride contro la mia guancia. 
Risento le sue parole, amareggiate, mentre mi accarezzava il volto “I don’t have much money, but boy, if I did, I’d buy a big house where we both could live(*)”  avevamo appena detto addio a casa Andrew. 
Le lascio un bacio tra i folti capelli e sorrido alla sua espressione quando apre di poco i suoi occhioni verdi.
“Buongiorno” mi dice.
“Buongiorno” le dico.
Si rigira tra le coperte stiracchiandosi e scoprendo un po’ di pelle nuda, poi rilascia il capo sul cuscino e sorride “non mi hai fatto dormire.”
Le struscio il naso contro la guancia.
Mi guarda dolcemente e infila una mano tra i miei capelli, districandoli con le dita; io disegno linee immaginarie sulla sua schiena sinuosa, ci guardiamo.
I suoi occhi mi incatenano, mi stordiscono e resto così, senza parlare; le lascio un bacio sul mento.
“Sai, guardandoti dormire ho ripensato un po’ alla nostra storia…”
“E..” come al solito, è impaziente.
“E se anni fa me lo avessero detto non ci avrei mai creduto.”
Lei si imbroncia “Ricominci?”
Non posso trattenermi dal sorridere “no, è solo che penso a quanto sia fortunato e al fatto che non dovrei smettere neanche per un secondo di ringraziare chiunque io debba ringraziare per tutto questo: per te, per i ragazzi, per questa vita.”
Eccola socchiudere gli occhi senza, però, distoglierli dai miei “facciamo  un gioco.”
La osservo, curioso.
“Ricordi alla casa della Magnolia? Io entravo e tu leggevi nei miei occhi, riuscivi sempre a capire: malinconia, gioia, rabbia, stanchezza e non sbagliavi mai quindi vai, fallo anche ora. Fammi le domande che vuoi e leggimi dentro, sei sempre stato eccezionalmente bravo in questo.”
I nostri sguardi si intrecciano ancor di più in una trama che si fa fitta quanto le radici di un roseto.
“Io mi fido di te, Candy, più che di me stesso. Voglio solo chiederti, sei felice Candy?” il suo viso si rilassa ed i suoi occhi, verdi come lo smeraldo più puro, si illuminano, sorride con lo sguardo la mia Dolce Candy. Da pietra preziosa e scintillante i suoi occhi adesso assumono la sfumatura dei prati, gli stessi su cui lei si rotolava da bambina;
c’è il verde scuro della chioma di papà albero, dai cui rami aveva visto la sua Annie andare via;
c’è il colore brillante dei fili d’erba su cui si era lanciata per piangere la lontananza della sua sorellina;
e di quegli steli Candy non conserva solo il colore, terso e luminoso, ma anche la frescura: le lacrime velano i suoi occhi come la rugiada l’erba della collina di Pony, come il giorno in cui la vidi, in cui la feci ridere e mi accorsi che era così bella con gli occhi limpidi e il riso squillante.
Spezza il flusso di parole dei suoi occhi, chiudendoli e portandosi sopra di me: mi prende il volto tra le mani e mi bacia con delicatezza, soffiando sulle mie labbra “io ti amo, sciocco di un Bert.”
Rotoliamo tra le coperte, circondati dalla polvere del giardino e sono io adesso a dirle “leggimi.”
“Mi stai chiedendo se penso tu sia felice Bert?”
Socchiudo le palpebre.
“Mi ami come io amo te, vero?”
Le cingo le spalle, schiacciandola contro di me, lei mi poggia un dito sulle labbra.
“Hai degli occhi profondi quanto l’oceano, Bertie. Diamine, mi sento avvolta da ogni lato quando mi guardi, come sott’acqua. Tu hai l’oceano negli occhi ed io sono sott’acqua e non ho alcun bisogno di altro. Mi capisci, vero Bert?”
Scoppio a ridere, quanto suona infantile e al tempo stesso sensuale, quel nomignolo, pronunciato dalle sue labbra.
“E tu mi capisci se ti dico che non faccio altro che rotolarmi in distese di prati infinite? Mi capisci, vero Candice?”
Il suo nome per intero, caldo, dolce, leggero come un alito di vento.
Unisce la sua fronte alla mia, occhi negli occhi.

Sentiamo il suono della campana di Zahra spandersi dappertutto e la sua voce profonda urlare per dare la sveglia a tutta la casa “Dovremmo andare” mi sussurra “dovremmo” le confermo con un sorriso. Le lascio un bacio sul naso, sul suo naso tutte lentiggini ormai poco visibili a causa della costante abbronzatura, lei ride e il sole sembra ancor più caldo.


Spazio Autrice
(*) “Non ho molti soldi, ma ragazzo, se li avessi comprerei una grande casa dove entrambi potremmo vivere:  si tratta di un pezzo della canzone ‘Your Song’ di Elton John da cui il titolo della fan fiction; amo da impazzire questo pezzo e ci ritrovo tanto del rapporto di Candy ed Albert.
Taaadaan
Beh, che dire, in questo capitolo ho voluto dare tutto lo spazio alla nostra dolce coppia.
Io li adoro, letteralmente, insieme. Si capisce??
Ad ogni modo, ho cercato di dare spazio ai loro sentimenti, al loro rapporto e alla loro storia, spero con tutto il cuore che vi piaccia.
Un abbraccio forte a tutti i lettori
Vi invito, come sempre, a farmi sapere cosa ne pensate, conoscere le vostre opinioni mi aiuta davvero tantissimo.
Un ringraziamento speciale a vento di luce che con le sue recensioni mi ha molto motivata ed è sempre molto dolce, grazie mille!

AH, DIMENTICAVO COSA SUPER IMPORTANTE, VI LASCIO LE FOTO DI COME IO IMMAGINO ALBERT E CANDY 

https://media.allure.com/photos/5771a13c3b5256713da4b0a7/1:1/w_1600%2Cc_limit/celebrity-trends-cover-shoot-2015-11-kate-hudson-allure-november-2015-03.jpg


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Capitolo 4
*** #3. Famiglia ***


                                                                              Your Song
                                                                           #3. Famiglia

Diana poggia i piedi sul pavimento di legno e sorride al vedere Morgana rintanata con la testa sotto il cuscino.
 “Diamine, Zahra e quella maledetta campana mi faranno impazzire! Tutti i santi giorni da vent’anni, D, ma è mai possibile che a te non faccia alcun effetto?”
La sorella solleva di poco il cuscino dalla testa di Morgana “non sono io quella che non si alza, la campana la usano per svegliare soprattutto te.”
La rossa si alza di scatto “ma da che parte stai?”
Diana la guarda di sfuggita continuando ad abbottonarsi la camicia “intanto ti ho fatta alzare.”
Morgana sbuffa sonoramente e si dirige verso il lavabo da camera, rabbrividisce leggermente immergendo le mani nell’acqua fredda. 
“D, ma i bambini?” 
“Si sono alzati un po’ prima di me e sono andati in camera loro con Anthony, sono molto emozionati per il viaggio.”
Dal piano di sotto si leva un urlo inconfondibile.
“MORGANA, SEI SVEGLIA?”
“SÌ ZAHRA, ORA SCENDO, DAMMI UN ATTIMO.”
Le sorelle si guardano, scoppiando a ridere “te lo avevo detto che lei mira a svegliare soprattutto te!”
“Oh, andiamo, siete ingiuste!”
“Come no.” Diana bagna le mani e se le passa tra i corti ricci biondi, acconciandoli alla buona; Morgana le sistema un po’ meglio la frangia, lei è già vestita di tutto punto “dai scendiamo, scommetto che aspettano solo noi.”

Al piano di sotto, Zahra, ha già predisposto tutto: il vassoio ricolmo di frutta è al centro del tavolo e, nel piatto di ognuno, le crêpe ripiene di cous cous.
I bambini hanno già preso posto accanto ad Anthony e Zahra, Morgana si accomoda a capotavola con accanto Diana.
“Zahra, mamma e papà non sono ancora saliti?”
“No, mia cara, ma credo saranno a momenti.”
Diana e Morgana si scambiano un’occhiata maliziosa e rivolgono lo sguardo ad Anthony, quella sarebbe stata la volta del fratellino.
“Anthony, andresti di sotto per chiamarli per favore? Io e Morgana nel frattempo prepariamo un po’ di caffè.”
“Uhm, sì, vado. Ehi D, mi fai anche una spremuta d’arancia per favore?”
“Ma certo!”
Una volta certa di non essere udita dal ragazzino, Zahra scoppia in una fragorosa risata “voi due siete dei demoni, conoscendolo, al povero Anthony verrà un collasso.”
Ed ecco in men che non si dica urla provenire dal piano di sotto.
 Le due sorelle si dirigono verso le scale e vedono Anthony correre via, rosso come un peperone e con le mani sul volto. Diana gli corre incontro e lo stringe a sé, trattenendo a stento il riso.
“Povero piccolo” gli fa, accarezzandogli la testa.
“Mamma era…era nuda e a-anche papà” Anthony balbetta.
“Lo so piccolo, lo so, è successo a tutti noi. Su, sta’ buono.”
Il ragazzo avvampa furiosamente e si scosta dalla sorella.
“Voi due, è tutta colpa vostra! Mi ci avete mandato voi!” 
Morgana sbuca alla spalle di Diana “tesoro, sarebbe successo comunque, come è accaduto a noi”
“Non è vero, siete bugiarde! Bugiarda e perfide!”
D’un tratto, dei rumori provenienti dal piano di sotto scatenano la fuga dei tre fratelli:
Anthony, atono, si siede accanto al fratellino, Morgana finge di imburrare un pezzo di pane e Diana addenta con nonchalance una mela.
“Buongiorno” eccoli, Candy e Albert guardano i tre figli tra il severo e l’imbarazzato e, oh. Diana al notare quel ‘piccolo’ particolare, finge uno strozzamento per soffocare le risate.
Albert sospira “Sappiamo molto bene chi è la causa di quanto accaduto poco fa” Candy accanto a lui annuisce energicamente “voi due!”
Morgana e Diana, si sentono colte con le mani nel sacco ma, ‘non è ancora tutto perduto’, pensano.
“Papà- inizia Morgana- prima che voi possiate muoverci qualunque accusa, sarebbe opportuno che vi scambiate la camicia, nonostante questo taglio femminile ti doni molto.”
Candy avvampa, porta le mani al viso e prendendo Albert per la manica si fionda verso il piano di sotto.
Le sorelle continuano a scambiarsi occhiate complici e maliziose, ridendo di sottecchi.











“D, hai tu la mia giacca pesante?”
“Sì, eccola.”
“Ti ringrazio.”
Tutto era quasi pronto, le valigie preparate, gli amici salutati.
“Morgana”
“Dimmi”
“Abbiamo ancora tempo prima di andare all’imbarco, che ne dici di fare un bagno insieme, come da bambine.”
Morgana le sorride “preparo l’acqua per la vasca.”

Diana termina di togliersi i vestiti, prende qualcosa tra le mani e lo appoggia sullo sgabello di legno vicino alla vasca per poi immergersi nell’acqua, Morgana la raggiunge dopo pochi minuti, unendosi a lei.
“Cos’hai lì?” le chiede mentre tira su i lunghi capelli rossi.
Diana prende l’oggetto dallo sgabello e glielo sventola davanti.
“D, ma è il diario della mamma!”
“Sì, lei è uscita, aveva dei pazienti da visitare prima della partenza, mi dispiace ma non ho resistito.”
“Se lo scopre s’infuria, non vuole che lo si legga senza permesso.”
“Sì, lo so, tranquilla, lo rimetterò a posto prima che arrivi, giuro.
Ricordi quando lo leggevamo da piccole, sotto il grande albero in giardino?”
“Certo che sì, io sarei rimasta ad ascoltarti per ore.”
Diana apre il piccolo manoscritto su una pagina a caso.
5 Aprile 1920

Io e Albert siamo allo sbaraglio.

La zia Elroy ha scoperto la nostra relazione e dire che è infuriata sarebbe un eufemismo.
Persino il signor Withman, dal giardino, ha sentito le sue grida echeggiare per tutta Lakewood.
Diciamo pure che non si è risparmiata nelle sue esternazioni; Albert sta molto male, è adirato, è ferito e sto male al pensiero di essere la causa della rottura con tutto ciò che gli restava della sua famiglia.
Non l’ho mai visto infuriato, no, non il mio Albert. Mai una volta che abbia perso le staffe.
Mi sono sentita davvero minuscola, messa in un angolo mentre tra lui e la zia le parole sono andate divenendo via via più aspre.
In quel momento anche la servitù, solitamente così discreta e poco incline ad immischiarsi negli affari di quella famiglia così complicata, ha smesso di fare ciò che stava facendo per osservare la furia del signor William.
La stessa Dorothy, venuta a cercarmi più tardi, nel roseto, mi ha espresso il suo smarrimento nel vedere Albert, solitamente così buono, così gentile e accomodante, non risparmiare feroci accuse alla zia Elroy.
L’equilibrio in questa casa non è mai stato così fragile.- qui c’è una macchia di inchiostro, la mamma ha tentato di pulirla ma non si riesce a leggere quanto vi è scritto.”
Morgana reclina il capo.
Si sente un piccolo rumore alla finestra ed ecco fare capolino una piccola scimmia cappuccina.
“Momo! Dove sei stata, ti ho cercata tutto il giorno!” la rossa prende il piccolo animaletto, portandolo sul bordo della vasca.
Momo le lecca leggermente la mano “sei contenta di partire?” la scimmietta sfrega il capo contro il suo braccio.
“Morgana, se la zia Elroy è davvero come l’hanno descritta papà e mamma io comincio a temere per la piccola Momo.”
“Beh, è lei che ci ha chiesto di tornare, accetterà anche Momo e Nina, non può pretendere che li lasciamo qui.”
Diana sorride leggermente “Che dici, continuo a leggere qualcosa?”
Morgana annuisce.
“Caro diario,
Poope ha fatto cadere dell’inchiostro sulla pagina, frenandomi dallo scrivere altro. Archie è appena andato via, anche lui furibondo per via della zia Elroy, minaccia di lasciarla sola. Non voglio che accada nulla di tutto questo. Mi sento così persa…


8 Aprile 1920
Caro diario,
la zia Elroy ci ha chiamati, desiderava parlarci.
George era ignaro di quanto la zia volesse dirci, ma non prometteva nulla di buono.
Insolitamente, quasi gentile, la zia ci chiede di sederci di fronte la sua scrivania, Albert stringe i pugni e assottiglia lo sguardo.
L’altera signora Andrew inizia il suo discorso.
‘dunque, ho riflettuto ampiamente sulla vostra situazione e ci tengo a sottolineare, innanzitutto, la natura moralmente incestuosa di questo capriccio. Candy, mi rivolgo a te, sicuramente più assennata di mio nipote William nel comprendere situazioni particolarmente delicate- io stringo forte i braccioli della poltrona di cuoio- William è l’erede, per via diretta, della famiglia Andrew. Tu comprenderai bene le responsabilità che derivano dall’essere legati a questo cognome.
Ciò che io vi propongo è una semplice scelta:
Candice, tu non sei la donna giusta per William, né moralmente, né socialmente, né economicamente- avverto Albert digrignare i denti- penso che stiate commettendo una pazzia per un capriccio di cui, sono certa, vi pentirete entrambi; ma non tutto è perduto.
Candy, William, se deciderete di porre fine a questo gioco io vi do la mia parola d’onore, oltre che messa nero su bianco, che farò in modo di soccorrervi ed esservi d’aiuto per qualsiasi scelta futura riguardante le vostre vite personali e, Candy, aumenterò e mi occuperò personalmente di ristrutturare e finanziare annualmente la casa di Pony e tutti quelli che la abitano, sono anche disposta a prestare loro aiuto per quanto riguarda le prospettive lavorative dei ragazzi, hai la mia parola.
Ovviamente ci sono delle condizioni imprescindibili:
William Albert, ho trovato per te una giovane donna, affabile e di ottima famiglia che sarebbe perfetta per ricoprire il ruolo di signora, al tuo fianco.
Candice, è nota a tutti la tua compromissione con il figlio del duca di Grandchester e sarò ben lieta di darti il mio appoggio e la mia benedizione a sposarlo- io sentivo le lacrime pizzicare negli occhi come lame affilate-.
Non mi interessa alcunché di ciò che accadrà in futuro, se vorrete essere amanti o qualsiasi altra cosa, sempre purché ciò resti affare privato e che non interferisca in alcun modo con il buon nome della famiglia.
Ah, e, Candy, dimenticavo un particolare- oltre al vitalizio per la casa di Pony e la ristrutturazione, avrai a disposizione un’ampia… buona uscita per il tuo… chiamiamolo scarificio.’
Ho stretto forte la mia gonna tra i  pugni, cercando di reprimere la frustrazione; non mi sono mai sentita più umiliata in vita mia.
Albert ha tenuto lo sguardo basso, i lunghi capelli ad oscurargli il volto e i pugni così stretti da sbiancare totalmente le nocche.
‘Elroy, mi auguro che lei stia scherzando.’
Non l’aveva chiamata zia, per la prima volta, non l’aveva chiamata zia, persino lei mi è parsa incerta.
‘No, William, la situazione è molto seria.’
‘Io mi chiamo Albert, dannazione, Albert!’
‘Risparmiati questi scatti, nipote, ti prego, lascia che finisca di parlare.
Abbiamo a nostra disposizione anche una seconda scelta:
voi due siete liberi di portare avanti questa situazione, ma lontani da questa famiglia.
I documenti sono già in preparazione, voi firmerete dichiarando di rinunciare al nome degli Andrew e a tutti i privilegi e i diritti derivanti dal suo patrimonio dalle sue imprese. Ovviamente manterrete il cognome per una questione puramente anagrafica, ma sarete totalmente dissociati dalla nostra famiglia.’
‘Io firmo subito, Elroy, non è affatto un problema per me.’
‘Aspetta William, non andare così di fretta.
Come nel primo caso, anche qui ci sono delle piccole clausole:
voi porterete avanti la vostra relazione lontani dalla famiglia Andrew ma, ovviamente, non potrò garantire la mia generosità.
Candice, la casa di Pony non è un mio oggetto di interesse e se deciderete di restare insieme posso garantirti che non muoverò un solo dito per risollevare le sue sorti e ho saputo che non versa nelle migliori condizioni.
Ovviamente, rinunciando ai diritti di cui godete all’interno della famiglia, rinunciate anche al denaro che vi sarebbe spettato in quanto parte dei fondi personali di proprietà di ogni membro, oltre, ovviamente, al denaro proveniente dagli affari.
Mi sembra un accordo onesto.
Attendo un vostro riscontro quanto prima.’
Per la prima volta nella mia vita ho visto Albert crollare sotto il peso delle parole.
Nonostante i capelli a coprirgli il volto ho visto le lacrime scorrere lungo il suo mento.
Ho visto le sue gambe tremare e mi è sembrato come se la voce gli si spezzasse in petto.
Poi eccolo, a pronunciare solo quelle poche parole ‘sa, signora Elroy, non ho mai conosciuto qualcuno di così infimo.
Perdonami Candy, amore mio, te ne prego.
Non darmi del codardo per quanto sto per dirti: chiedo che sia tu a prendere una decisione.
Io non voglio condizionarti, ma sarei uno sporco egoista, sceglierei di lasciare tutto e andare via con te e sto male, perché questo significherebbe abbandonare a se stessa la casa di Pony e io non voglio. Qualsiasi decisione tu prenderai, Candy, io ti prometto che la rispetterò, con tutto il mio cuore.’ Ecco cosa mi ha detto Albert a quel punto.
Io mi sono alzata in piedi, ho sentito gli occhi pizzicare e il cuore spaccato a metà.
‘Albert’
Lo sento trattenere i singhiozzi.
La zia Elroy ci scruta, sembra avere un sorriso di vittoria.
‘Amore mio- mi sono abbassata alla sua altezza e scostandogli delle ciocche di capelli dal volto- la casa di Pony è la mia famiglia, lì mi hanno cresciuta, mi hanno amata. 
Mi hanno dato una casa, mi hanno dato degli amici che sono diventati per me dei fratelli e delle sorelle. 
Lì ho avuto il mio papà Albero, la mia amata collina e lì ho conosciuto te, Albert.
Miss Pony, Suor Maria, mi hanno insegnato tante cose:
mi hanno insegnato ad amare il prossimo, ad avere sempre una preghiera per tutte le anime perché c’è sempre una speranza.
Ma sopra ogni cosa mi è stato insegnato a perdonare e, ultimamente, mi è stato insegnato che è giusto non solo perdonare gli altri, ma anche perdonare noi stessi, per le nostre debolezze, che sono umane. Va bene sbagliare Albert, va bene essere egoisti, ogni tanto.’
Il mio Albert, amato, mi ha guardata con occhi sgranati.
Le sue iridi limpide come l’oceano, erano velate dalle lacrime e l’espressione incredula.
Ho visto il sorriso sparire dalle labbra della signora Elroy, mi rivolgo a lei ‘Signora, io non capisco l’ostilità che lei nutre nei miei confronti, non capisco le colpe che mi dà. Vorrei solo che le sapesse che io amo davvero Albert, suo nipote. Mi dispiace tanto per tutto questo, ma la cosa che più mi ferisce è che lei abbia giocato così tanto sul nostro senso di abnegazione. Io l’ho già fatto una volta e mi sono distrutta, non avrei mai potuto fare questo a me e ad Albert, lui è parte di me, della mia  vita, della mia storia, gli ho affidato il mio cuore e la mia anima e questo mi basta, non ho bisogno di altro. E voglio anche dirle, che non ho mai voluto il suo denaro, né il suo prestigio, né altro. Io non mi vendo, i miei sentimenti non sono oggetti d’asta.
Spero che lei mi perdoni per aver avuto l’ardire di concedermi questo piccolo sfogo, ora credo di dovervi lasciare soli.
Arrivederci signora Elroy.’
Ho parlato tutto d’un fiato, mi sono sentita le guance avvampare, ferita nel mio orgoglio e nei miei sentimenti. Albert mi ha guardata con un sorriso per poi rivolgersi alla signora ‘mi faccia chiamare quando avrà i documenti, noi intanto prepariamo le valigie.’ 
Siamo usciti mano nella mano.
Archie ed Annie ci hanno aspettati nel corridoio, insieme a George. Gli abbiamo raccontato tutto e non ho potuto fare a meno di notare i pugni serrati di Archie, furente.
Annie si è portata una mano alla bocca.
‘Albert, io verrò con te.’ È stato il commento di George
‘No, George, è statisticamente quasi certo che sarà Archie a prendere il mio posto e voglio che tu vegli su di lui, che gli dia una mano e gli stia accanto, fallo per me.’
George abbassa lo sguardo.
‘Ma voi che farete?’ ha chiesto Annie tra le lacrime
‘Qualcosa ci inventeremo’ le ho sorriso.
‘Candy’ Albert mi rivolge un sorriso ‘ti piacerebbe tornare alla casa della Magnolia?’
‘Dici sul serio?’
‘Certo, sono riuscito a mettere da parte qualcosa, nel tempo, e poi potrei provare a farmi assumere allo zoo, che ne pensi?’ 
L’ho abbracciato con tutte le mie forze ‘ce la faremo.’

La mamma si interrompe qui.”
Morgana si alza dalla vasca, avvolgendosi nel telo “Dovremmo finirla anche noi, penso che tornerà a breve e sarà meglio rimettere tutto a posto.”
Diana annuisce e segue la sorella, avvolta nel suo telo da bagno “ora lo rimetto a posto, continueremo a leggerlo quando saremo a bordo.”
Morgana annuisce, pensierosa.



Spazio Autrice
Salve, lettori e lettrici!
Eccomi con nuovo capitolo dove vi è un piccolo siparietto familiare e parte della storia di Albert e Candy prima che si trasferissero in Africa.
Come al solito, mi farebbe molto piacere se mi diceste quel che ne pensate attraverso qualche recensione, che aiutano non solo a capire quanto è se gradinate la storia ma sono utili anche per migliorare la scrittura, a noi autori fa sempre tanto piacere quando abbiamo un riscontro!
Un saluto affettuoso a tutti voi <3

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Capitolo 5
*** #4. Candice ***


                                                                                 Your Song

 
                                                                                  #4. Candice




 
 
Appena arrivata, Candice viene annunciata dal domestico di casa.
“Ti ringrazio Tom, puoi andare.” Una donna dai lunghi capelli color nocciola e un lungo quanto avvitato abito lilla sorride luminosamente.
“Ciao piccola!”
Candy ricambia dolcemente l’abbraccio.
“Ciao Sarah!”
La più grande passa una mano tra i riccioli dorati della cognata, in un affettuoso gesto di confidenza.
“Allora piccola? Come va, su raccontami! Fervono i preparativi?”
Candy accetta la tazza di caffè offertale da Tom “Sì, salperemo intorno alle 18.30 ed è tutto ancora molto confuso. Né io né Albert riusciamo a capirci nulla se non che c’è qualcosa che non va.”
Sarah annuisce energicamente.
“Sì, lo capisco, la zia non è mai stata il tipo che fa le cose per puro spirito. Però rammenta che Albert era il suo nipote prediletto magari ha percepito il suo distacco e con il tempo si è ricreduta.”
Candy sembra pensarci su e stringe un po’ di più la tazza “Sono preoccupata, non voglio che succeda nulla, né ad Albert né ai ragazzi.”
“Tranquilla piccola: il mio fratellino non permetterebbe mai una cosa del genere, adora e ama alla follia te e i ragazzi, andrà tutto bene.”
Le due si abbracciano e Candy sospira quando un urlo squarcia la casa.
“A quanto l’una dall’altra?”
“Quando ti ho mandata a prendere erano ogni dieci minuti.”
“Allora su, vediamo di far nascere questo bambino.”
 
 
 
“Forza cara, spingi un altro po’!”
“Ti prego, ti prego, non ci riesco più!”
Candy si passa un braccio sulla fronte sudata “brava, brava, così!”
La ragazza distesa aveva i capelli neri incollati alla fronte e il labbro leggermente sanguinante, l’aveva morso così tanto fino a farsi male.
“È una femmina!”
“Congratulazioni Aisha!”
La ragazza scoppia in lacrime quando Candy le poggia la bambina sul seno e le dà una carezza sul capo.
“Grazie signora, grazie mille!”
“Hai fatto tutto da sola, e sei stata bravissima.” La bionda strizza l’occhio e pulisce le mani nel catino d’acqua che le porge una domestica.
“Candice, raggiugimi nello studio, devo parlarti di una cosa.”
“Arrivo, Sarah.”
 
 
 
 
“Cosa c’è ?”
Sarah getta le braccia al collo di Candy “Ti voglio bene, più che a una sorella, più che a una figlia.
Ti voglio davvero bene Candice!”
La bionda ricambia l’abbraccio e affonda il viso nei capelli scuri della cognata.
“Sai, qualche giorno fa ho pensato ad Alistear, era da tanto che non mi abbandonava ai ricordi ma il suo ricordo è stato così dolce: lui, le sue invenzioni, i suoi occhiali e tutte le sue lettere in cui non faceva che parlarmi di te, della tremenda cotta che Archibald non ha mai smesso di provare nei tuoi confronti, del tuo giovane amore con il povero Anthony… mi sei così cara Candy, che non riesco neanche a spiegarlo!” la donna più adulta aveva gli occhi lucidi e la voce tremante “quando ti ho vista arrivare accanto ad Albert è stato come una scossa elettrica: ho imparato a conoscerti, a volerti bene, a starti accanto e ho riscoperto il mio fratellino, grazie a te e non ti sarò mai abbastanza grata per questo.”
“Sarah- le accarezza il volto- non piangere. Se c’è qualcuna che non smetterà mai di essere grata per quello che ha avuto, beh, quella sono io. Tu ci hai accolti, per quanto mi riguarda nemmeno sapevi chi fossi eppure ci hai dato una casa, ci hai aiutati a crearci un lavoro, un nostro posto in questa comunità, ci hai dato una famiglia a cui far sempre ritorno, conforto per le situazioni brutte, per le nostre litigate, aiuto con i bambini e tu e Oscar siete stati davvero preziosi. Noi vi dobbiamo tutto, la clinica di Albert, il mio lavoro, noi vi dobbiamo tutto.”
Sarah sorride e stringe tra le sue le mani quelle abbronzante di Candice.
“Prima di salutarci, ho una cosa per te, spero che ti piaccia” si dirige verso il quadro antistante la scrivania e apre la piccola cassaforte tirandone fuori due cofanetti di velluto chiaro.
“Li ho fatti fare per te, per il vostro ritorno in America, vedrai che non appena ti vedranno mia sorella Lilith e Iriza si mangeranno le mani.”
Candy sorride visibilmente commossa e apre il primo dei due cofanetti con stupore, resta senza parole a davanti a quella grossa collana d’oro, rigida e massccia, tipica dei gioielli africani, accoppiata poi con il meraviglioso sigillo dove Sarah, aveva fatto incidere lo stemma degli Andrew.
“Sarah ma, io davvero-”
L’altra la ferma con una mano
“E’ un mio regalo, su, apri anche l’altro.”
Candy obbedisce e scopre, nell’altro cofanetto, Un’altra massiccia collana intrecciata di fili d’oro e perle con un anello similmente intrecciato .
“Sarah”
Si stringono in un forte abbraccio.
“Mi mancherai tantissimo”
“Anche tu piccola”
Restano così ancora qualche minuto .
“io e Oscar passeremo verso le 16.00 per accompagnarvi all’imbarco.”
E la bionda la stringe ancor più a sé .
 
 
 
 
 
 
 
Candy libera i capelli dalla presa ferrea dell’elastico lasciandoli andare al vento.
Ha caldo, la camicia di lino le si è incollata sulla pelle e la lunga gonna di lino grezzo le sembra quasi di troppo.
Arrivata nei pressi del recinto dei leoni lascia la borsa di cuoio vicino ad un albero e si lascia cadere sul terreno polveroso, intrecciando le mani dietro il capo.
Ha lo sguardo vago, perso a seguire le nuvole che scivolano dinanzi ai suoi occhi e socchiude piano le iridi verdi abbandonandosi al rumore della savana.
Si alza di scatto quando sente Nayla arrivare a passo di carica.
La giovane leonessa si avvicina e sfrega il muso contro la mano aperta di Candy, che passa ad accarezzarle l’orecchio.
Nayla si accascia sul terreno lasciandosi andare alle carezze e Candy si accoccola accanto a lei.
“Mi mancherai tanto, sai?
Non so quanto staremo via ma io ti penserò ogni giorno, te lo prometto, te e tutti gli altri.”
La leonessa emette un piccolo guaito.
“Sono preoccupata per Albert, Nayla, lui sostiene di stare bene ma è pur sempre la sua famiglia e pensare a quello che può accadere lo sta distruggendo, non vuole ascoltare niente e nessuno, è di una testardaggine pazzesca.
Per non parlare di tutto quello che stiamo lasciando
Si rigira tra le dita la catenina che porta al collo.
“La vedi questa, Nayla? Questa è la croce della felicità di Miss Pony, una delle due donne che mi hanno cresciuta. E’ un oggetto insignificante ma mi ha dato tanto, miss Pony lo ha caricato di un significato indescrivibile che mi ha accompagnata da quando ero solo una ragazzina”
 la leonessa si poggia una zampa sul muso.
 “Ti ho mai raccontato di come ho conosciuto Bertie?” l’animale si mosse leggermente “mi ha salvata dal fiume, la mia barca era precipitata lungo la cascata, io stetti tanto male quel giorno. Da allora non si è mai allontanato da me, mi è sempre rimasto accanto nonostante tutto e tutti. Diamine, ha rinunciato alla sua famiglia, per me! Ho tanta paura di questo viaggio per quello che potrà significare. Io lo amo, lui mi ama ma il fatto di non sapere cosa possa aspettarci mi rende terribilmente inquieta.”
Candice resta in silenzio ad osservare il cielo e per un attimo le sembra di essere tornata sulla collina di Pony dove tanti anni fa aveva conosciuto il duo Albert.
Quando Nayla, d’improvviso, si scosta da lei facendola ricadere sul terreno ha un brusco risveglio da quel torpore e, girandosi, vede che a leonessa è corsa incontro ad Albert.
“Ciao” le sorride
“Ciao” gli sorride di rimando.
Albert abbandona la borsa di cuoio accanto a quella della moglie e si siede accanto a lei, i lunghi capelli biondi gli ricadono lungo il viso.
“Stai tranquilla, io sto bene.”
Candy si volta a guardarlo e gli scosta una ciocca di capelli dagli occhi;
osserva i piccoli tagli e le cicatrici che, inevitabilmente, si procurava stando a contatto con gli animali del rifugio, osserva le mani grosse e screpolate che, però, continuano a mantenere la forma elegante e affusolata di un tempo, si sofferma sullo sguardo di lui, rivolto verso il basso e poi indugia sulle sue labbra rosse ma screpolate.
 Gli prende il viso tra le mani lasciandogli un bacio delicato, morbido, soffice.
“Io invece ho paura, ho paura di perderti e di vederti rimpiangere qualcosa.”
Lui le mette una mano sul viso, tirandola a sé
“Mai.”
Restano cosi, fronte contro fronte, con i capelli a nascondere i loro volti e Nayla che, nel frattempo dorme placida accasciando la testa contro le ginocchia di Candy.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Ecco la mia idea di Sara Cornwell

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Capitolo 6
*** #5. Morgana ***


                                                              Your Song
                                                             #5. Morgana


Avevano quasi finito di caricare le valigie sull’auto quando sentono la voce di Charlie, affannata.
“Momo…”
“No, D., non posso.”
“Non puoi farne a meno.”
Morgana carica con ultimo sforzo la grossa valigia sul retro dell’automobile e si spolvera la gonna di tela color sabbia. Gli occhi verdi riluccicano sotto il sole e si scosta una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
“Ciao Charlie”
“Momo” il ragazzo arresta la sua corsa e poggia le mani sulle ginocchia per riprendere fiato.
“Non saresti dovuto correre fin qui.” Morgana si mordicchia il labbro inferiore e abbassa lo sguardo, intristita.
“Volevo vederti, salutarti e dirti che mi dispiace. Ti prego, vieni con me, solo cinque minuti.”
Diana pizzica il fianco della sorella che si volta a guardarla, indispettito per poi rivolgersi a Charlie “cinque minuti”.
I due ragazzi si allontanano l’uno di fianco all’altro, Diana li vede appartarsi dietro un grosso albero.
Morgana intreccia le dita, torturandosele e non riuscendo ad alzare lo sguardo, Charlie la guarda, intenerito, e le solleva il mento con una mano.
“Noi ci rivedremo, Momo.”
Lei dà segno di non ascoltarlo, lui riprende: “mi dispiace per quello che ho detto ieri sera.”
“Non devi, avevi ragione. Io non so affrontare i miei sentimenti, non sono brava a fare i conti con me stessa, è per questo che avevo deciso di non dirti nulla del viaggio.”
Morgana alza finalmente lo sguardo, i suoi occhi verdi sono lucidi, i capelli davanti al volto; Charlie stringe le labbra sottili e si passa una mano tra i capelli scuri.
“Vorrei stringerti, ma non voglio rendere le cose più complicate di quanto già non siano. Io non so come gestire queste cose, per nessuno ho mai provato quello che provo per te, mai nessuna è riuscita a togliermi il sonno come  te. Io per te dimenticherai di bere, di mangiare, io dimenticherai tutto per te, Momo.”
Morgana alza lo sguardo e si fionda sul petto del giovane “prometto che torneremo, tornerò il prima possibile.” Gli prende il volto con una mano, lasciandosi pungere dalla sua barba, leggera, avvicina  loro volti e gli sfiora le labbra, dolcemente, quasi sembra immaginarlo.

“Era ora!”

“MAMMA!”

“Che c’è, non l’ho mica fatto apposta!” Candy si porta una mano alla testa e sorride leggermente imbarazzata, “Oh, però sono così contenta, era ora che vi lanciaste voi due!”

Charlie abbozza un sorriso timido e Morgana nasconde il volto dietro le sue lunghe ciocche rosse prima di sciogliere le dita ancora intrecciate a quelle del ragazzo “prometto che ti scriverò ogni giorno.”
“Vivrò aspettando le tue parole.” Lui le carezza una guancia posandole poi un delicato bacio sulla fronte prima di lasciarla andar via.

Candy sorride leggermente e accarezza leggermente il capo della figlia “vedrai che torneremo presto, capisco quello che stai passando tesoro mio.”
Morgana si arresta improvvisamente gettandosi tra le braccia della madre “oh mamma, che diamine mi succede? Sento che è tutto così confuso, ho un nodo alla gola che non riesco a sciogliere e penso che potrei impazzire, poi quando lo vedo tutto svanisce e mi sento un’idiota.”
Candy la abbraccia e poi si scosta per poterlo guardare negli occhi.
“È il tuo primo vero amore, Morgana, è normale che sia così ed è stupendo .”
“Tu come sapevi che si trattava di papà?”
Candy addolcisce ancora di più lo sguardo e ricomincia a camminare, leggermente.
“Beh, conosci tutta la storia, te l’ho raccontata tante volte, ma sai anche che non avevo subito capito che fosse lui. È stato tutto molto graduale, frutto di un processo dapprima inconscio e di cui sono venuta capo solo quando rischiava di essere tardi.
Quando vivevo con Terence, all’inizio era tutto fantastico, ero così presa da quella passione che non avevo mai avuto la possibilità di vivere che non riuscivo a prestare attenzione a quanto invece il mio animo non fosse ancora sereno.
Con il passare delle settimane però la frenesia che mi aveva colta al principio iniziò a sfumare e a darmi modo di guardare più a fondo dentro di me;
il pensiero di tuo padre era una costante, mi mancava, non lo vedevo più molto spesso e c’erano giorni in cui non potevo che sentirmi terribilmente sola, nonostante l’amore incondizionato e le attenzioni di cui Terence mi ricopriva.
Poi un giorno mi sono svegliata, madida di sudore, con il cuore in affanno e nella mia testa non c’era altro che lui, il pensiero che a breve sarebbe partito mi stringeva un nodo in gola. 
Rileggevo tutte le nostre lettere e sentivo la testa implodere in balia di quella tempesta di sentimenti.
Quando Terence mi vide così sconvolta non vi fu bisogno di molte parole, mi lasciò andare.
Quando lo rividi e parlammo mi resi conto di quanto lui avesse già capito cos’era che non funzionava più tra noi due, Albert.”

Morgana sorride leggermente e si stringe di più alla madre.
“Ti voglio bene mamma.”
“Ti voglio bene anche io, Momo.” 
Albert sorride, guardandole da lontano per poi chiamarle a gran voce:
“Candy! Morgana!”
“Arriviamo!”
Morgana prende tra le sue braccia la sua scimmietta, Momo, dirigendosi verso Diana che la guardava poggiata alla fiancata dell’auto, La maggiore stringe la sorellina in un caldo abbraccio prima di voltarsi ad avvolgere con un braccio le spalle del fratellino, Anthony.
Osservano Zahra, in agitazione per l’imbarco, che tenta di radunare tutti e avviarsi alla partenza, guardano i loro genitori, capo contro capo che stringono tra le braccia i gemellini.
Morgana guarda Charlie che la osserva da lontano e si stringe un po’ di più al petto di Diana.
“Andrà bene, vero?”
“Andrà bene.”
E infine la voce della zia Sarah che urla di salire a bordo per raggiungere l’imbarco.







Ecco la mia idea di Morgana
https://pin.it/21UrqSF

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Capitolo 7
*** #6. Diana ***


                                                                                       Your Song
                                                      
#6. Diana





Diana si ferma ad osservare l’orizzonte del territorio africano che sembra sempre più lontano:
ripensa alle lacrime della madre e dei fratellini mentre stringevano la zia Sarah, la quale le si era avvicinata facendole una carezza “prenditi cura di loro” le aveva detto.
Certo che si sarebbe presa cura di loro, lo aveva sempre fatto.
Lei era la maggiore, era il punto di riferimento dei suoi fratelli, la confidente della madre, la spalla di suo padre.
Ripensa alle pagine del diario di suo madre, ripensa ai racconti su quella famiglia da cui si erano allontanati e che li aveva abbandonati: cosa mai potevano volere da loro? Non avevano forse già fatto patire abbastanza sua madre e suo padre il sentimento che li legava?
È la zia Elroy? Cosa mai avrebbe potuto spingere una signora arcigna e così austera e ferma a richiedere la visita dei suoi nipoti dopo averli brutalmente cacciati dalla famiglia con vili ricatti?  
Fruga nelle tasche dei larghi pantaloni che aveva preso dall’armadio di suo padre e sfila una sigaretta dal pacchetto, quanto aveva litigato con sua madre per quel motivo.
Ricorda le urla di Candy come se le stesse udendo per la prima volta e si ritrova a sorridere involontariamente.
Ripensa al rimprovero più pacato di suo padre e si ritrova a chiudere gli occhi, immergendosi completamente nei suoi ricordi;
fa un altro tiro e ripensa alla sua prima sigaretta con Lila, la figlia di un colono italiano: ricorda i loro momenti furtivi e i suoi occhi si velano impercettibilmente ripensando a quando poi, andatala a cercare in città, ebbe la notizia del suo trasferimento.
Scorge qualche cassa legata alla balaustra della prua della nave e ci si siede rivolgendo lo sguardo al mare, ormai la costa africana quasi non si scorgeva più.
Inclina un po’ il capo sul lato e ripensa alle parole di suo padre di quella mattina:

 
“D.”
“Sì, papà?”
“Vieni un attimo fuori con me.”
Diana richiude con cura gli armadietti dei medicinali ed esce sulla piccola veranda di legno con suo padre.
“Va tutto bene?”
Lui sorride leggermente e butta il capo all’indietro.
“Voglio che tu sappia una cosa- si volta per guardarla negli occhi— io non so come andrà questo viaggio, e non so se fidarmi, di chi farlo ma, se dovesse succedersi qualcosa, D., promettimi che non lascerai che accada mai nulla a tua madre e ai tuoi fratelli. Io non mi fido di nessuno quanto mi fido di te, beh, eccetto tua madre.”
“Perché’ non ne parli con lei?”
“Non voglio che si preoccupi, è un’inguaribile ottimista ma, anche se cerca di nasconderlo, è rimasta molto ferita da ciò che è accaduto in America.”
“Anche tu sei un inguaribile ottimista papà.”
Lui sorride “sì, è vero.”
Diana sorride.
“Te lo prometto papà, io mi prenderò cura di loro, tutti loro.” Albert le avvolge le spalle in caloroso abbraccio “grazie piccola”
Poi la guarda un po’ più a lungo negli occhi, quegli occhi che, a detta di tutti coloro che li conoscevano, avevano intrinseca la malinconia di quelli della madre ma la lucentezza, la trasparenza, l’immensità dei suoi.
Le passa una mano tra i corti ricci biondi come il grano, come quelli della sua dolcissima, amatissima, Candy.
“Te l’ho mai detto perché la mamma ha scelto di chiamarti proprio Diana?”
“No, avete raccontato le storie di tutti gli altri ma non la mia, potrei quasi offendermi.”
Padre e figlia ridono.
“Quando ci siamo allontanati dalla famiglia e siamo ritornati alla casa della Magnolia tua madre veniva spesso divorata dai sensi di colpa, aveva paura di aver osato troppo, di avermi portato via dalla mia famiglia e temeva che potesse succedermi qualcosa, che qualcuno potesse decidere di mettere in atto una vendetta. Era paranoica, non riusciva a dormire, stava molto male.
L’unica cosa che le dava un po’ di conforto era quando, alla sera, tornati a casa ci aggrovigliavamo nelle coperte e leggevamo, leggevamo di tutto, davvero! Poi una sera è successo che ci è capitato questo libro di miti tra le mani e lei si innamorò follemente del mito di Diana, la dea della caccia, la dea della luna.
Diceva sempre che avrebbe desiderato essere così, forte, senza rendersi conto che lei lo era, lo era eccome.
Quando poi rimase incinta e diede alla luce te lei disse che tutto quello che desiderava era che tu potessi diventare forte  come Diana, che era il miglior augurio che potesse farti.”
Diana sorride, ha gli occhi un po’ lucidi “e perché il secondo nome?”
Albert sorride e le asciuga qualche lacrima che inizia a cadere sulle guance “beh, quello l’ho scelto io; desideravo che avessi sempre in te gli auguri migliori di entrambi i tuoi genitori, la forza che sperava di darti Candy e la dolcezza, la compassione che io speravo sarebbero nate in te grazie a tua madre. E vedere la donna che sei diventata, con quelle stesse caratteristiche di forza, dolcezza, compassione e anche ribellione, mi rende così tanto fiero di te piccola”
Diana si getta sul petto di suo padre, sciogliendosi in singhiozzi, lui le passa la mano tra i capelli “tesoro, non hai bisogno di piangere.”
A questa frase la giovane scatta in piedi “ Piangere? Diana Candice Andrew non piange mai!”
“Ecco, ora sei identica alla mamma!”
Diana si lascia scappare una risatina per poi prendere le mani di suo padre tra le sue “Ti voglio tanto bene e puoi contare su di me.”
Albert la stringe a sé e restano così per un po’, emozionati.
“Papà, vai a casa, mi occupo io di finire qui, se dovesse esserci un’emergenza sarò in grado di occuparmene “
“Non ho dubbi tesoro, ma va’ tu, qui me a vedo io, sta tranquilla”
Diana sorride e si sfila il camice, poggiandolo sul piccolo appendiabiti dietro la porta e prende la cartella.
“Passo a fare un saluto ai nuovi leoncini prima di andare a casa, mi mancheranno.”
“Mancheranno tanto anche a me, ma nono preoccuparti, faremo presto ritorno.”
Si scambiano uno sguardo complice.









“D!D!”
Le grida dei bambini distolgono Diana dai suoi pensieri.
“Piccoli miei!”
Diana sorride e li accoglie tra le sue braccia, la piccola Rose le lascia un bacio sulla tempia “D, sei triste?”
“Oh tesoro mio, certo che no, come potrei essere triste se sono con voi?”
“Beh io e Stear ti abbiamo portato una cosa perché volevamo consolarti!”
“Ma davvero? E di cosa si tratta?”
Stear caccia qualcosa da dietro la schiena “ Oh ma è meravigliosa!”
“Visto D? Ce l’hanno data i marinai!”
Diana prende la magnifica conchiglia portandola all’orecchio.
“Venite qui piccoli.”  Lascia che si accovaccino tra le sue ginocchia e poi avvicina loro la conchiglia all’orecchio “ Sentite? Questo è il rumore del mare!”
I bambini sgranano gli occhi e si portano le mani alla bocca, emozionati.      
“D, possiamo farlo ascoltare anche a Zahra perfavore?”

“Ma certo che sì, su, correte!”
Diana guarda i fratelli correre verso l’intero della nave ed un sorriso luminoso fa capolino su suo volto.















“Iriza,Neal!”
“Si mamma?”
“Ho una notizia da darvi: la zia ha chiesto a Candy ed Albert, insieme con la loro famiglia di raggiungerci qui a Chicago!”
“OH!” Iriza emette un sibilo, inviperita.
“E per quale ragione la zia avrebbe dovuto prendere questa decisione?”
“Non lo so Neal, ma dobbiamo stare in guardia! E voi dovete provvedere a occultare tutti i dettagli del nostro piccolo ‘affare’, anche Archie è sospettoso nell’ultimo periodo!”
“Oh mamma, sta’ tranquilla, stiamo agendo a regola d’arte!”
Iriza sorseggia un po’ del suo vino
“Lo so, ma la prudenza non è mai troppa. E vi raccomando di una cosa: voglio che i vostri figli siano impeccabili.”
“Oh mamma, andiamo, siamo noi, in cosa non lo siamo?”







Ecco la mia idea della nostra Diana
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Capitolo 8
*** #7. Anthony ***


                                                                                 Your Song
                                                                              #6. Anthony
 
 
Le nuvole scorrevano placide attraverso il cielo, particolarmente terso, di quella mattina e Candy ignorava la confusione dei passeggeri giù sul ponte. Con la schiena poggiata ai sacchi posti in un angolo, osservava le nuvole con le braccia incrociate dietro la testa.
Quel giorno si era svegliata con un’angoscia tale da farla desistere persino dal distrarsi giocando con Nina e i bambini, finendo con il logorarsi con quello che era il suo pensiero fisso da ormai due settimane: l’America.
Ancora una settimana, forse dieci giorni, e sarebbero approdati a New York e lei non riusciva a non sentire quella brutta morsa allo stomaco; erano ormai vent’anni che mancava da Chicago, vent’anni che lei ed Albert erano stati ostracizzati quasi con la violenza, vent’anni via dagli Stati Uniti, vent’anni di una vita totalmente diversa, finalmente lontana dalle meschinità, dai sotterfugi e dai tranelli all’ordine del giorno nell’ alta società americana.
L’invito della signora Elroy a tornare in patria per ‘urgenti questioni’ in un primo momento le era sembrato totalmente irrealistico: non un saluto, non un accenno di interessamento per le loro condizioni, era stato tutto molto formale, severo come la signora Elroy, del resto.
“Urgenti questioni, puah!”
C’era sotto qualcosa, ma non riusciva ad intuire di cosa si trattasse; aveva telefonato e chiesto consiglio a tutti per scoprire di cosa si trattasse eppure nessuno era riuscito a darle una risposta esauriente:
Annie era anche più incerta di lei, ma si raccomandava di stare bene in guardia in quanto aveva notato che la zia, soprattutto negli ultimi tempi, appariva costantemente sovrappensiero, chiusa in sé più del normale e figurarsi che Archie le aveva informate che aveva anche preso in mano alcuni affari di famiglia- titoli, investimenti e possedimenti- non consentendo ad altri di metterci becco.
Anche George sembrava particolarmente preoccupato: aveva riscontrato nella signora atteggiamenti piuttosto ambigui su cui, però, ancora non era riuscito a fare chiarezza.
 
Candy sbuffo’ portandosi una mano alla fronte, sorrise leggermente quando vide Albert porsi nel bel mezzo del suo campo visivo.
 
“Un penny per i tuoi pensieri…” le sorrise.
Candy rise facendogli una smorfia “Un penny? Potrebbe volerci qualcosa in più”
Si guardarono negli occhi, complici ed Albert passandole un braccio sotto la schiena e l’altro sotto le ginocchia, la sollevò; Candy rise in modo spensierato e quasi fanciullesco mentre lui si dirigeva verso l’intero della nave.
“Albert!”
“Shh, non protestare, ti farai sentire da tutti!” Candy rise di nuovo e gli lasciò un bacio sulle labbra non appena arrivarono in camera, lui la mise giù prendendo ad accarezzarle il volto.
“Sei stupenda quando sei così pensierosa.”
“Ah sì?”
“Sì: gli occhi ti brillano, e ti viene una ruga adorabile proprio qui, in mezzo alle sopracciglia.”
Candy poggio’ la testa sul suo petto allacciandogli le mani attorno la vita.
“Ti amo da morire Albert, lo sai questo, vero?”
“Ti amo da morire anche io.” Candy sollevò un po’ il volto per guardarlo negli occhi.
“Sono preoccupata, Bertie, da morire. E’ solo che mi sembra tutto così surreale, così assurdo e io non riesco nemmeno a pensare a quello che accadrà; se dovesse succederti qualcosa, al solo pensiero, mi sembra di impazzire.”
Albert sorrise “Ti prometto che non accadrà nulla di male.”
“Come fai ad esserne sicuro?”
“Perché dovrebbero farmi qualcosa, Candy? Io non ho nulla che possa interessargli, magari si tratterà di qualche intoppo legale in cui sono coinvolto, lo metterò a posto e tornerà tutto come prima. Ehi, guardami- le prese il mento con una mano- andrà tutto bene.”
Candy annuì e lasciò che Albert le accarezzasse il viso con una mano;
le loro labbra si cercarono e le loro figure si incastrarono come rami di un albero: lui le sciolse i capelli frettolosamente, passando le mani tra i suoi ricci mentre lei gli sbottono’ la camicia, incollandosi al suo petto, Albert la prese per la vita, Candy sorrise contro le sue labbra.
“Mi mancherà tutto questo quando saremo a Chicago.”
“E chi ti dice che non potremo farlo quando saremo a Chicago?” Albert la guardò, immusonito come un bambino. “Oh, credi davvero che avremo questa libertà? Circondati dagli sguardi scandalizzati della zia Elroy, da quelli di ribrezzo di tua sorella e di Iriza?” Candy aveva messo il capo dritto e inarcato le sopracciglia.
“Al diavolo, pensino ciò che vogliono!” Albert si scaravento’ voracemente sulle labbra della compagna che sorrise al contatto con il marito.
“Mi sembra che qui ci sia qualcuno a cui piace fare il ribelle, William Albert Andrew”
“Oh sì, è se vuoi lo gridero’ a tutto il mondo!” Candy gli pose una mano sulle labbra e ridendo del broncio di lui si lasciarono cadere sul letto della cabina “Cigolera’ tutto per quanto è vecchio.”
 “E tu non ascoltare.” e ripresero a baciarsi.
*
 
“E’ tutto George, può andare.”
L’uomo chinò il capo in segno di rispetto fermandosi un attimo a guardare gli occhi della donna: impenetrabili, freddi come il ghiaccio. Nel corso degli anni nulla era riuscito ad ammorbidire lo sguardo severo di Elroy Andrew, anzi, se possibile, i dolori all’interno della famiglia l’avevano indurita ancora di più, lei si era ripiegata e rifugiata sempre di più nel suo mondo antico, fatto di regole, moralismi, buone maniere ed alta società.
“Ha qualcosa da dirmi, George?”
“Se posso permettermi, signora, qual è la ragione di quest’improvvisa riunione?”
Elroy non si sscompose, anzi, si voltò per riempire un’altra tazza di the’.
“Non è nulla di cui dovresti interessarti, ma sei un fidato collaboratore degli Andrew da tanti anni ormai quindi ti risponderò: diciamo pure che desidero accertarmi di alcune condizioni prima di prendere delle decisioni molto importanti. Ora, se non ti dispiace, ho bisogno di restare sola, grazie.”
Quando George uscì dallo studio della Signora aveva sul volto un misto di disorientamento e un pizzico di speranza. Che la signora stesse ritornando sui suoi passi? Beh, nel frattempo erano trascorsi vent’anni, certo, ma forse ci stava pensando.
Ma perché, qual è il motivo? Pensava.
“Signor George, il Signor Cornwell la sta aspettando nel suo studio.”
Ridestatosi da quelle elucubrazioni, George si affrettò a rispondere alla cameriera avviandosi verso lo studio di Archie.
Qualunque fossero le ragioni della signora Elroy avrebbe avuto modo di indagarle più a fondo.
*
 
“Preso!”
“Ahia! Rose, non vale, mi hai fatto lo sgambetto!”
“Non è vero, sei tu che sei caduto come un sacco di patate!”
“Mi hai spinto!”
Proprio nel momento in cui stavano per azzuffarsi qualcuno accorse a prendere entrambi i fratelli per la collottola delle giacche.
“Voi due nani farete meglio a non combinare disastri, su, chiedetevi scusa e filate.”
Al sentire quella voce autorevole i due fratelli si guardarono, imbronciati, chiedendosi scusa e ricevendo una pacca sulla schiena ciascuno.
“Su, andate a giocare.”
Non se lo fecero ripetere due volte.
Il ragazzo che aveva separato i due si sedette lungo una delle panche di legno sul ponte e estrasse dalla tasca una copia de “Il ritratto di Dorian Gray” di Oscar Wilde.
“Sei stato bravo poco fa, Anthony.” Quello scrollò le spalle “Ci sono abituato.”
La donna sedette accanto a lui, sbirciando il libro che aveva tra le mani “Non sei un po’ piccolo per quel genere?”
“Mamma, ho 14 anni!”
“Appunto, sei il mio piccolo!”
Anthony si voltò a guardarla “sei incorreggibile”
Candy scoppiò a ridere “Oh, andiamo, non fare l’offeso!”
“Ma non mi sono offeso, è solo che non sono piccolo”
Cady lo guardò dolcemente .
“Oh tesoro, lo so bene che stai crescendo, il modo in cui ti prendi cura dei tuoi fratelli ne è la prova.”
“So quanto tu e papà ci teniate a che siamo tutti uniti, perciò cerco di metterli in riga.”
“Beh, direi che sei più bravo di me!”
Anthony sorrise “è vero”
Candy gli diede un leggero colpo sulla spalla.
“Mamma.”
“Dimmi.”
“Voi dite sempre che adesso siete felici perché siete lontani dall’America, allora perché ci tornate?”
“Perché lì ci sono le nostre radici, e anche se speso ci hanno fatto male, non per questo vanno dimenticate.”
“Che genere di radici posso mai avere io con un posto che non ho mai vissuto?”
“Beh, non hai tutti i torti, ma non credi che possa essere bello anche per te scoprire perché i tuoi genitori sono come sono? Se ci pensi è anche la tua storia—Candy gli pose una mano sul capo a scompigliargli i capelli- se noi non avessimo vissuto quello che abbiamo vissuto forse ti avremmo cresciuto diversamente e ad oggi saresti una persona completamente diversa o, forse, io e tuo padre non ci saremmo mai conosciuti”
Anthony reclino’ il capo “quindi sei contenta di tornare?”
Candi sorrise un po’ amaramente e lasciò che il vento le scompigliasse i capelli.
“Sei troppo intelligente e troppo simile a me per non capirmi, ti chiedo solo una cosa: fa’ che i miei sentimenti non offuschino i tuoi, voglio che tu trascorra queste settimane nel modo in cui preferisci, senza pregiudizi.”
“Promesso, ma voglio che mi accompagni a teatro, sono curioso di vedere una vera rappresentazione americana!”
“Andata!”
Anthony sorrise e si portò una mano dietro la testa, imbarazzato “ma a teatro non mi tratterai come un bambino, vero?”
Candy scoppiò a ridere.
“Oh, come potrei mai osare signorino Andrew!”
“Mamma!”
Il giovane arrossì violentemente e mise su un’espressione contrita.
“Mammina!”
“Piccoli miei!” Candy si abbassò per stringere tra le braccia i due bambini che le correvano incontro.
“Devi assolutamente venire con noi, il tramonto è bellissimo visto da qui, su, corri!”
“Arrivo!”
Anthony guardò sua madre scoccargli un’occhiata dolce e seguire i suoi fratellini e si perse ad osservare l’orizzonte, pensieroso.
Ormai erano giorni che sentiva Morgana e Diana discutere sui trascorsi non proprio felici che i genitori avevano subito in America e il pensiero che qualcosa potesse andare storto lo tormentava: per lui, Albert e Candy rappresentavano tutto. Era il terzogenito e, assieme alle sorelle maggiori si occupava di aiutare i genitori nel lavoro e nel mandare avanti la casa.
Ricordava le numerose notti insonni trascorse dai due coniugi per cercare di far quadrare i conti e consentire ai figli di realizzare i propri sogni e solo da qualche anno essi avevano raggiunto una certa stabilità.
 Diana continuava a studiare ma frattanto era diventata l’assistente, e prossima sostituta, di suo padre nel suo ambulatorio veterinario, oltre che ad essere quella che maggiormente si occupava dei lavori di ristrutturazione della riserva; Morgana sembrava una trottola impazzita, dividendosi tra la gestione della casa, organizzazione dei safari per gli spocchiosi europei in cerca di esperienze esotiche e il suo lavoro come insegnante privata per alcuni possidenti della zona mentre, ormai già da qualche tempo, lui aveva iniziato a realizzare ritratti e disegni su commissione e a dare una mano a sua madre in clinica.
Erano una famiglia forte, felice, nonostante i loro problemi Albert e Candy avevano insegnato loro a non arrendersi mai, a inseguire i propri obiettivi, a combattere per i loro sogni: si facevano in quattro per garantire ai propri figli l’avvenire migliore che potessero sperare e contando solo sulle proprie forze. Quante volte da bambino aveva origliato le conversazioni serali tra i suoi genitori e gli zii che cercavano di offrire il loro sostegno economico: ricordava molto bene la sera in cui, dopo l’ennesima proposta di auto i suoi genitori si erano gentilmente opposti e, anzi, avevano consegnato allo zio Oscar e alla zia Sarah, un pacchetto con dei contanti.
Con questo vogliamo ripagare definitivamente tutto l’aiuto che ci avete dato in questi anni.” Avevano detto.
A nulla erano valse le proteste della zia o i gentili rifiuti dello zio.
Erano tipi testardi i suoi genitori e determinati a farcela, e beh, ci erano riusciti! Avevano lavorato sodo per anni ed ora versavano in condizioni decisamente più tranquille, eppure, non per questo, li avevano mai viziati, tutt’altro! Gli avevano insegnato a conquistare le loro piccole gioie, i piccoli desideri e gli avevano insegnato il valore della condivsione, il senso della fratellanza, dell’amore verso il prossimo, come quando, durante il la cena di Natale di un paio d’anni prima, sua madre e suo padre avevano rinunciato a gran parte della loro cena per portarla a molti dei bisognosi dei villaggi vicini: lui e le sue sorelle, carichi di cesti, avevano bussato a tutte le case più povere e persino i due gemellini , di appena tre anni recavano in mano piccoli cesti di biscotti appena sfornati da donare.
 
Immerso nei suoi ricordi Anthony si sdraio’ sul ponte deserto cercando di indovinare la forma di qualche nuvola di passaggio.
 
 

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