Break the rule 2

di Lamy_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte prima ***
Capitolo 2: *** Parte seconda ***



Capitolo 1
*** Parte prima ***


PARTE PRIMA
 
UN ANNO DOPO.
Daphne si stava specchiando con attenzione in cerca di eventuali sbavature del trucco. Quella sera era diretta al Gala indetto dal sindaco per festeggiare i venti anni di onorato servizio svolto dalla Procura di Chicago. Sobbalzò quando il cellulare squillò, evitando per un pelo di bucarsi il dito con un orecchino. Era Hank.
“Pronto?”
“Ah, sei viva. credevo di dover contattare l’FBI per avere tue notizie.”
Daphne alzò gli occhi al cielo e sorrise.
“Scusami se lavoro tutto il giorno e non ho il tempo neanche di fare pipì. Comunque, oggi ho trascorso mattina e pomeriggio in tribunale per quel brutto affare di droga e sono rientrata a casa un’ora fa. Adesso mi sto preparando per andare al Gala.”
“Allora in tribunale sono stati onorati dalla tua presenza.”
La ragazza si sistemò il rossetto e aggrottò le sopracciglia, capendo subito dove volesse arrivare il sergente.
“Non ci casco, Voight. Lo so che usi i complimenti per distrarmi, però sappi che non funziona. Sono ancora arrabbiata con te perché non vuoi accompagnarmi al Gala.”
Hank sospirò dall’altro capo del telefono, soltanto due giorni prima avevano avuto uno screzio al riguardo.
“Lo sai che queste feste non fanno per me, c’è gente che odio e non mi va di vestirmi come un pinguino. Inoltre, qui c’è una montagna di lavoro da fare.”
“L’ho capito. Mi dispiace per te perché non hai la possibilità di vedere quanto sono meravigliosa stasera. Indosso un abito con uno spacco esagerato, ma tu non potrai godere della visuale. Sono mozzafiato stasera.”
Daphne si infilò il soprabito e recuperò il portafogli, dopodiché si diresse in soggiorno per cercare le chiavi di casa.
“Allora suppongo che la camera da letto sia campo minato, vero? Avrai lasciato un disordine inimmaginabile.”
Lei lanciò un’occhiata preoccupata alla camera: vestiti accatastati sulla poltrona, scarpe disseminate sul pavimento, trucchi e accessori vari riversati sul comò. Hank si sarebbe di sicuro arrabbiato, anche se poi l’avrebbe perdonata due minuti dopo perché non riusciva a tenerle il muso.
“No, no! E’ tutto in ordine, parola di lupetto!”
Hank ridacchiò, certo che la ragazza stesse mentendo. Daphne a volte sembrava una bambina che fa una marachella e tenta invano di coprire i danni.
“Fingerò di crederci. Adesso devo andare, ho due rapporti da scrivere. Tu divertiti e fa attenzione.”
“Sta tranquillo, sergente.”
 
Hank stava sorseggiando distrattamente una birra quando il resto della squadra entrò al Molly's. Fece loro un cenno ma rimase seduto al bancone, non aveva voglia di stare in compagnia. La sua mente era affollata di pensieri. Negli ultimi tempi stava riflettendo a fondo su una questione personale che riguardava Daphne. Ormai stavano insieme da due anni e la loro convivenza si era rivelata piuttosto facile, nonostante lei fosse disordinata e pigra quando si trattava di faccende di casa. Era innegabile che Daphne avesse portato una nuova luce nella vita solitaria del sergente, lei era piena di energie ed era la giusta dose di vitalità per uno che come lui aveva una storia difficile alle spalle. Per queste ragioni un mese prima aveva acquistato un costoso anello di fidanzamento, che poi non le aveva mai offerto perché una parte di lui era restia a lasciarsi andare del tutto. Era già stato sposato una volta e le cose non erano finite bene, perciò adesso rimuginava sulla sua scelta.
“Sergente, abbiamo un caso!” lo avvisò Kim dandogli una pacca sulla spalla.
“Che succede?”
“A quanto pare c’è stato un omicidio durante il Gala organizzato dal sindaco.”
Hank capì al volo che l’omicidio era avvenuto mentre Daphne era al Gala.
“Chi è morto?”
Jay, che si era appena vicinato, lesse il comunicato al cellulare.
“Mmh, un uomo che era tra gli invitati. Non sappiamo altro.”
Il sergente si alzò senza pagare e si diresse a passo spedito verso l’auto, lasciando la squadra senza ordini. La sua unica preoccupazione era raggiungere Daphne per accertarsi che stesse bene.
“Che gli è preso?” domandò Kevin.
“Tra gli invitati al Gala c’è anche Daphne. Andiamo, di sicuro ci vorrà lì.” Disse Kim.
 
Daphne stava compilando il verbale quando Hank irruppe nel ristorante con la sua solita aria da ‘prendiamo a calci qualcuno’.
“Ti mancavo già?” chiese lei ridacchiando.
Hank le lanciò un’occhiataccia che la fece sbuffare, odiava quando faceva il duro con lei.
“Sul serio? Vai ad una festa e un tizio muore.”
“Scusami, l’omicidio non era previsto nel menù della serata!” replicò Daphne, infastidita.
Il sergente cercò di calmarsi, anche se sentiva l’ansia divorarlo vivo. Si avvicinò a lei e le diede un rapido abbraccio, non voleva attirare occhi indiscreti.
“Tu stai bene?”
“Sto bene, Hank. Non sono io quella stesa sul pavimento.”
“Che cosa è successo? Hai visto qualcosa?”
“No, mi dispiace. Stavo parlando con una vecchia collega di università quando ho sentito una cameriera gridare. Mi sono avvicinata per capire e … beh, ho visto il corpo a terra. Il suo occhio destro è bruciato, o almeno così mi sembra. Non so altro. Scusami.”
Hank le accarezzò il braccio e le rivolse un mezzo sorriso di conforto.
“Non ti devi scusare. Prenderemo il bastardo, stanne certa.”
Daphne annuì e fece un respiro profondo, poi abbozzò un sorriso.
“Va bene.”
“Sai, Daphne, avevi ragione.”
“Su cosa?”
“Sei davvero meravigliosa stasera.” Sussurrò lui, attento a non farsi sentire.
“Allora te ne sei accorto che sono un vero schianto! Iniziavo a temere che non mi avessi notata.”
Hank stava per replicare ma l’attenzione fu attirata dalla sua squadra che entrava per iniziare l’indagine.
“Vado a parlare un attimo con la squadra, poi sono di nuovo da te.”
“Tranquillo, me la so cavare cinque minuti senza di te.” disse Daphne con una risatina.
Mentre lui si allontanava, Daphne tornò dal poliziotto per finire di rilasciare la sua deposizione. Altre poche domande ed era libera di andare.
“Grazie per disponibilità. Buona serata.” Disse il poliziotto, dopodiché torno dai colleghi.
Daphne si guardava attorno e vedeva solo volti spaventati e intimoriti, una bella festa rovinata da un cadavere smuoveva anche gli animi più coraggiosi.
“Daphne Collins, che piacere!”
Voltandosi, incontrò gli occhi velenosi di Carter Wright, ovvero il suo acerrimo nemico in ambito lavorativo. Dopo che Ross era morto e quindi il posto da procuratore era rimasto vuoto, la carica era passata a Daphne e Carter non sopportava di essere stato escluso.
“Carter, che ci fai qui? Ora lavori per le pompe funebri?”
Carter rise senza divertimento, detestava le battutine della donna.
“Sono qui per il caso. Lo sai che sta succedendo, vero?”
Daphne smise di sorridere, di colpo si era fatta seria perché non capiva quelle parole.
“In che senso?”
“Beh, la procura ha avviato un’indagine di valutazione che coinvolge noi due.”
Hank da lontano notò l’espressione pallida di Daphne e lasciò che il coroner continuasse da solo.
“Daphne, tutto bene?”
“Sì, sì, tutto bene.”
“No! – intervenne Carter – Non va proprio tutto bene per la nostra signorinella.”
“E tu saresti?” chiese Hank, innervosito.
“Sono Carter Wright, avvocato penale. Io e Daphne siamo vecchi amici dai tempi dell’università, poi lei mi ha stroncato la carriera.”
“Non ho fatto proprio niente. La procura ha dato a me la carica di Ross perché io era la persona più vicina a lui ed ero a conoscenza del suo lavoro. Sono i grandi capi che non hanno scelto te.”
Carter fece spallucce e rise.
“Sei stata scelta tu solo perché Ross è morto e perché ti scopi il capo dell’Intelligence.”   
Hank lo afferrò per il braccio e strinse forte fino a che Carter non digrignò i denti per il dolore.
“Ascoltami bene, stronzo, perché non mi ripeterò due volte: se tu provi a rivolgerti a Daphne in questo modo ancora una volta, io ti vengo a prendere e ti seppellisco vivo. Sono stato chiaro?”
Daphne, sebbene la vergogna, rimase composta e risoluta.
“Hank, lascia perdere. Sono sicura che Carter avrà già fatto circolare queste voci sul mio conto.”
“In verità tutti sanno che sei stata promossa per le tue doti da amante.” Disse Carter.
“Ora ti spacco la faccia.” lo minacciò Hank.
Daphne tirò indietro il sergente quando vide che il Sopraintende a Interim Jason Crawford era sopraggiunto sulla scena del crimine.
“Per favore, Hank, non è il momento adatto per una scazzottata.” Sussurrò lei.
Carter si aggiustò la cravatta mentre sorrideva soddisfatto per aver colto nel segno.
“Non denuncerò questo spiacevole episodio a Crawford perché quando sarò nominato procuratore potrò licenziare Voight e la sua squadra di bifolchi.”
“Dovrai passare sul mio corpo per ottenere la nomina.” Lo minacciò Daphne.
“La nomina è già a un passo da me. Sei tu che sei indietro.”
Carter la salutò con la mano e andò a parlare con il medico legale per conoscere le sue prime osservazioni.
“Hank, di che stava parlando Carter? Tu ne sai qualcosa?” fece Daphne, ancora nervosa.
“Tu vai dagli altri e vedi cos’hanno scoperto. Io vado a fare due chiacchiere con Crawford.”
Hank era davvero infuriato con Carter Wright sia per come aveva offeso Daphne sia perché stava tramando qualcosa di oscuro. Crawford strinse la mano di una bella donna e si congedò con cortesia, rivolgendo la sua attenzione al sergente.
“Voight, ti serve qualcosa?”
“Mi serve sapere cosa sta combinando Wright. E’ venuto qui a minacciare la procuratrice Collins. Cosa mi sono perso?”
Crawford sospirò e gli fece cenno di seguirlo fuori, non voleva che tutta quella gente assistesse ad una sfuriata eventuale.
“La procura ha avviato un’indagine di valutazione perché vogliono nominare ufficialmente il procuratore distrettuale. La carica di Daphne non è mai stata ufficializzata perché lei è la sostituta di Ross. E inoltre, il suo lavoro viene messo in dubbio per via della vostra relazione.”
“Daphne è un’ottima procuratrice. Non lo dico perché stiamo insieme ma perché è vero. Lei tiene molto al suo lavoro e ci mette tutto l’impegno possibile. Non lascerò che una valutazione rovini la sua carriera.”
Crawford sbuffò, sapeva che Voight era un osso duro da affrontare.
“Hank, non posso fare niente per aiutarti. Daphne dovrà essere valutata. Se la valutazione sarà positiva di conseguenza la nomina ufficiale andrà a lei. Ho le mani legate in questo caso. E sta buono anche tu, altrimenti metti la tua ragazza in difficoltà.”
 
Daphne non capiva perché Hank fosse così silenzioso. Alla fine la squadra aveva richiesto i filmati di sorveglianza e aveva interrogato i presenti, ma intorno alle due del mattino il sergente aveva mandato tutti a casa per riposare prima di tuffarsi su questo caso.
“Hank, perché fai così? Ho sbagliato qualcosa? E’ colpa mia?”
“Non hai sbagliato niente.”
“Allora Crawford ti ha dato brutte notizie? Ti prego, rispondimi.”
Il sergente parcheggiò davanti casa ed emise un sospiro stanco, quella serata non stava andando come aveva immaginato.
“Daphne, l’indagine di valutazione di cui parlava Carter è vera. La procura vuole valutare sia te che lui per capire a chi affidare il ruolo di procuratore.”
Daphne non disse nulla, sembrava stranamente tranquilla.
“Sapevo che la mia carica era provvisoria. Non c’è mai stata una nomina ufficiale. Sono troppo giovane per ricoprire quel ruolo, e sono anche inesperta secondo la procura.”
“Non è solo questo. La nostra relazione getta dubbi sul tuo modo di lavorare.”
“Sapevo anche questo. La procura non accetta che una donna possa essere capace senza fare sesso con qualcuno. E’ odioso questo modo di pensare.”
“Mi dispiace.” Disse Hank, la voce ridotta a un sussurro.
“Nah, non c’è nessun dispiacere. Noi stavamo insieme ancora prima di tutto questo, perciò noi conosciamo la verità. Sono pronta se la procura vuole valutarmi. Carter è uno sciocco e sono certa che commetterà un errore perché non sa lavorare sotto pressione.”
Daphne scese dall’auto ed entrò in casa come se nulla fosse successo. Hank sospettava che quella calma fosse apparenza e che la donna dentro stesse soffrendo per quella situazione.
 
Erano le tre del mattino e Daphne erano ancora sveglia. Se ne stava sul divano a fare zapping fra i canali senza guardare un programma preciso. Indossava una maglia del sergente a maniche corte e i capelli sciolti erano ancora acconciati in morbide onde.
“Signorina Collins, dovrebbe dormire.”
Hank le mise le mani sulle spalle e le baciò la testa, poi si sedette accanto a lei. Daphne distese le gambe sulle sue e si sistemò meglio sul cuscino.
“Signorina, eh? Mi piace quando sei professionale.”
Hank evitò di rispondere a quel tentativo di flirt, non era dell’umore per scherzare.
“Dico sul serio, hai bisogno di una bella dormita. Devi essere nel pieno delle forze per la valutazione.”
“Ora sei noioso. Non mi piaci più.”
Daphne, che non voleva fare discorsi seri, si sedette sulle gambe di Hank e gli diede un bacio a stampo.
“Daphne, non ci provare. Questa valutazione è …”
Lei scosse la testa per interrompere il resto della frase.
“E’ una noia mortale! Sai, invece, cosa sarebbe divertente? Se adesso tu mi portassi di sopra, nel nostro letto, e iniziassi a baciarmi dappertutto.”
Quando Daphne si mosse per mettersi più comoda, la giacca di Hank che giaceva sul bracciolo del divano cadde e dalla tasca interna uscì uno scatolino di velluto nero.
“Non è come pensi!” disse subito Hank.
Lei recuperò lo scatolino e se lo rigirò tra le mani con gli occhi sbalorditi.
“Devo pensare che si tratti di un regalo per la tua amante?”
Il sergente non poteva più nascondersi, quindi le tolse l’oggetto di mano e le mostrò l’anello che conteneva. Il diamante brillava nella fioca luce del soggiorno.
“Volevo chiedertelo da un po’ e pensavo che stasera fosse il momento giusto, però poi le cose sono cambiate e ho deciso di conservarlo per tempi migliori.”
“Sì.” disse Daphne.
“Come, scusa?”
“Ho detto di sì! Sì! Voglio sposarti!”
Hank rise per l’entusiasmo eccessivo di Daphne.
“Ma non te l’ho nemmeno chiesto!”
“Chiedimelo e basta!”
“Vuoi sposarmi?”
Per un istante il mondo sembrava essersi fermato. Hank aveva già pronunciato quella domanda anni addietro, quando aveva capito che Camille era quella giusta. Ora era assurdo che stesse facendo la stessa domanda ad una ragazza di trentuno anni che aveva stravolto la sua vita. Non credeva che i sentimenti potessero bussare ancora alla sua porta, eppure era successo e lui voleva godersi l’attimo.
“Assolutamente sì!”
Daphne gli strappò lo scatolino per indossare l’anello che le calzava a pennello. Hank le prese la mano e dovette ammettere che quel diamante sembrava fatto apposta per lei.
“Questo peggiorerà il tuo punteggio per la valut-“
Daphne lo interruppe con un bacio appassionato, non voleva ascoltare altre lamentele perché era troppo felice per farsi abbattere dalla negatività.
“Sta zitto, Voight. Adesso andiamo di sopra perché la tua futura moglie ha voglia di fare l’amore con te.”
 
Daphne riaprì gli occhi che era già giorno. La sveglia segnava le sette e un quarto, e i raggi timidi del sole penetravano attraverso le persiane. Si girò nel letto e rimase delusa nello scoprire che l’altra parte era vuota. Andò dritta nella doccia nella speranza di svegliarsi per bene e per rimuovere ogni traccia di stanchezza. Era sicura che quella mattina la sua allegria sarebbe stata rovinata da Carter Wright che le dava il tormento per la valutazione. Uscita dal bagno, scese in cucina per un caffè e trovò Hank che rincasava.
“Buongiorno, sergente. Dove vai alle sette di mattina?”
“Ho pensato di comprarti quelle ciambelle con la glassa al cioccolato che ti piacciono tanto. Ho fatto bene?”
Daphne pescò una ciambella dalla confezione e l’addentò, erano settimane che non ne mangiava una.
“Hai fatto benissimo. Sono deliziose!”
“Lo so.”
“Aspetta, perché mi hai comprato le ciambelle? Che cosa è successo?”
Hank si versò il caffè nella tazza e roteò gli occhi.
“Non è successo niente. Volevo solo fare un gesto carino. Dici sempre che non sono romantico.”
“Hank, tu non sei romantico. Tu sei proprio l’opposto del romanticismo.” Replicò Daphne.
Il sergente scrollò le spalle ignorando quella specie di accusa, si versò altro caffè e si appoggiò contro l’isola della cucina.
“Sei pronta a ciò che ti aspetta oggi? Forse la valutazione inizierà stamattina.”
“La smetti di parlare di questa valutazione? Poche ore fa ho accettato di essere tua moglie ma ora inizio a pentirmene.”
“Puoi restituirmi l’anello quando vuoi.”
Daphne si portò la mano al petto e aggrottò le sopracciglia.
“Questo anello rimarrà al mio dito anche se rifiutassi di sposarti. E’ un diamante troppo bello per lasciare che vada sprecato.”
“Quindi preferisci l’anello a me? Buono a sapersi.” Disse Hank, fingendosi offeso.
“Sai com’è, un diamante è per sempre mentre un marito può essere provvisorio.”
“Questa suona come una minaccia.”
Daphne rise e si avvicinò a lui per circondargli il collo con le braccia.
“Quindi tu vedi di fare il bravo maritino, sergente.”
“Io non prendo ordini da nessuno, ragazzina.”
“Oh, lo sappiamo tutti che tu pendi dalle mie labbra. Non fare il furbo con me.”
Hank lo sapeva di dipendere da lei e ciò spesso lo spaventava perché non pensava di poter provare dei sentimenti tanto forti. Qualsiasi cosa Daphne facesse o dicesse per lui era oro colato. Era totalmente in balìa di quella donna. 
Il sergente si chinò a baciarle il collo mentre lei gli stringeva le braccia intorno alle spalle per tenerlo più vicino. Quel momento fu interrotto dal cellulare di Hank che squillava.
“Tempismo tremendo.” Commentò Daphne.
Lui si scostò per leggere il messaggio che gli aveva inviato Adam.
“E’ il lavoro. Ci occupiamo dell’uomo morto al Gala. Tu che fai oggi?”
“Andrò in procura e immagino che conoscerò il valutatore. Vediamo come si evolve questa faccenda assurda. Ti terrò aggiornato.”
Intanto Hank si stava aggiustando la pistola nella fondina per poi coprirla con la giacca.
“Farò tardi stasera. Mi spiace.”
“Non ti preoccupare. Va a salvare il mondo, sergente!”
Daphne gli diede un lungo bacio a stampo e tornò in camera per vestirsi, avrebbe indossato le scarpe più adatte per una guerra aperta con il nemico.
 
Tutta la squadra dell’Intelligence era impegnata a fare ricerche quando un ticchettio rumoroso riecheggiò attraverso le scale. Hank uscì dal suo ufficio e vide Daphne salire gli ultimi scalini. Indossava un tubino nero a maniche corte, un paio di sgargianti scarpe rosse e un giubbotto nero di pelle.
“Guarda un po’ chi si vede!” esordì Kim con un sorriso.
Daphne fece un giro su se stessa con fare teatrale, era sempre la grande protagonista.
“Vengo a portare un tocco di stile in questo ammasso di camicie e t-shirt usurate!”
“Quello che vedo è un diamante?” chiese Jay.
Lei sventolò la mano perché tutti potessero vedere l’anello scintillante.
“Questo, dici? Sì, è un diamante. Ieri notte un certo sergente mi ha chiesto di sposarlo.”
Un boato di schiamazzi si sollevò nella stanza, tutti fischiavano e applaudivano. Hank, invece, scuoteva la testa con le braccia incrociate.
“Uh, abbiamo qui la futura signora Voight!” scherzò Kevin ridendo.
“La regina del reame!” aggiunse Hailey.
Daphne rise con loro e annuì, sbattendo le ciglia come solo sapeva fare.
“Mi piace! ‘Regina’ suona davvero bene! Non trovi, Hank?”
“Nel mio ufficio.” Ordinò l’uomo.
Le risate si smorzarono all’istante e Daphne si chiuse la porta alle spalle per evitare che gli altri ascoltassero la ramanzina.
“Ho esagerato? Scusami. Tendo a cadere nell’eccesso.”
“Giusto un po’.” Disse Hank.
Daphne si sedette sul bordo della scrivania e allungò una gamba verso Hank, il tacco della scarpa erano puntato sul bracciolo della sedia.
“Ma lo sai che sono un tipo … eccessivo!”
“Metti giù la gamba, Daphne. Sta buona.”
Lei in risposta si piegò a lasciargli un bacio passionale sulle labbra, impugnando la stoffa della camicia.
“Ammettilo che non mi resisti, sergente.”
“Lo sai.”
Hank notò che nell’altra stanza c’era fin troppo silenzio, quindi si liberò dalla presa della sua fidanzata e aprì la porta. Storse il naso quando si accorse che Carter Wright era appena arrivato in compagnia di Diego Lopez.
“Sergente Voight, è un piacere.” Disse Lopez con cortesia.
“Che ci fai qui? Non ricordo avessimo un appuntamento.”
Daphne uscì dall’ufficio e sbuffò alla vista di Carter che sorrideva come se stesse ad un parco divertimenti.
“Tu, misera canaglia! Che diavolo ci fai qui? Vuoi rovinarmi la giornata?”
“Non è come pensi, anche se rovinarti la giornata è sempre un piacere.” Replicò Carter.
“Siamo qui per conto della procura.” Intervenne Lopez.
Hank si portò le mani nelle tasche e irrigidì la mascella, quella visita portava solo guai.
“Spiegati meglio.”
“Gli Affari Interni sono stati chiamati a lavorare al vostro caso. Voi avete la Collins e noi abbiamo Wright. La procura valuterà il loro modo di operare per questo caso.”
“Chi è il responsabile della valutazione?”
“Non si sa. E’ anonimo per evitare favoritismi.”
“O per evitare che Voight lo intimidisca.” Disse Carter.
Daphne gli puntò in dito contro e lo guardò con espressione disgustata.
“Non vincerai mai questa valutazione. Sei solo un avvocato da quattro soldi che grazie ai suoi amici ai piani alti può aspirare alla carica di procuratore. Tu non vali niente e te lo dimostrerò.”
“Non avrai mica paura di me, Daphne?”
“Paura di te? Piuttosto provo un odio smisurato.”
“L’atmosfera è pacifica, eh.” Ironizzò Lopez.
“Vogliamo metterci a lavoro?” fece Carter senza smettere di sorridere.
Hank e Daphne si scambiarono un’occhiata, dopodiché il sergente richiamò i suoi agenti.
“Avete sentito? Collaboreremo con l’agente Lopez e l’avvocato Wright, dunque condivideremo ogni informazione. Iniziamo a visionare i filmati delle telecamere interne ed esterne, scopriamo il possibile sulla vittima ed eventuali problemi nella sua vita lavorativa e privata, poi ci aggiorniamo di nuovo.”
“Daphne, ti va di stare con me e Adam?” propose Kevin.
“Sì, mi va.”
Hank fece un cenno di ringraziamento a Kevin, diede una pacca sulla spalla a Lopez e lo invitò nel suo ufficio.
“E io che faccio?” disse Carter.
“Ti butti dalla finestra.” Rispose Daphne, acida.
“Noto della tensione sessuale da parte tua. Se vuoi ci possiamo chiudere nello stanzino delle scope.”
Jay avrebbe voluto attaccare Carter ma Daphne lo fermò alzando la mano.
“Carter, io non verrei a letto con te neanche se fossi l’ultimo uomo sulla terra e il sesso fosse l’unico modo per sopravvivere. Mi fai schifo, mettitelo in quella zucca vuota dove riverbera il vuoto.”
“Entro la fine del caso cadrai ai miei piedi.”
“Cadrò ai tuoi piedi solo per raccogliere il coltello con cui ti taglierò la gola se continui con le allusioni sessuali.”
Quell’alterco fu bloccato da Hank e Lopez che tornavano dopo aver firmato un paio di documenti. Voight andò dalla sua fidanzata e le sfiorò il braccio.
“C’è qualche problema?”
“No. Stavo solo ricordando a Carter qual è il suo posto.”
“Non voglio litigi durante il caso. Cercate di comportarvi bene.” disse Lopez.
“Se per la signorina Collins va bene, anche per me va bene.” asserì Carter.
Daphne colse l’occasione per sfoggiare il diamante all’anulare con un sorriso sornione.
“Per la procuratrice Collins-Voight va bene.”
 
Daphne sorseggiava il suo caffè mentre osservava con cura ogni fotogramma dalle riprese interne del Gala. Alle sue spalle Kevin leggeva un fascicolo e Adam muoveva piano il mouse per visionare ogni dettaglio.
“Ho capito!” esclamò Daphne sbarrando gli occhi.
Adam corrugò la fronte e la guardò come se avesse due teste.
“Davvero?”
“Voight! Voight, vieni qui!” gridò lei mettendosi in piedi.
“Che succede?”
“Ho capito che cosa cercava l’assassino. Venite a vedere. Adam, per favore, passa il video sullo schermo grande.”
Tutti si radunarono davanti allo schermo e Daphne indicò il filmato.
“Il medico legale ha detto che la vittima è morta intorno alle undici e un quarto, però dal filmato risulta che l’assassino si è avvicinato alla vittima alle undici. Che hanno fatto per quindici minuti? Hanno chiacchierato del tempo? Non credo. Guardate con attenzione: l’assassino estrae il coltello e tiene il braccio sollevato per quindici minuti per estrarre l’occhio, poi depone l’occhio in una scatola bianca.”
“E quindi?” chiese Jay, confuso.
“La scatola bianca emana una specie di fumo bianco, ciò significa che è refrigerante. Capite? L’assassino ha conservato l’occhio perché gli serve. Ha reciso l’organo con maestria chirurgica.”
“Perché gli serve l’occhio? E’ inquietante.” Disse Adam, disgustato.
“Daphne, sei un genio!” esclamò Kim.
Daphne sorrise e fece una sorta di buffo inchino.
“Oh, questo già lo sapevo. Grazie mille.”
Kim mostrò sullo schermo la foto della vittima con il fascicolo contente le informazioni relative.
“La vittima è Larry Manners, trentotto anni, celibe e senza figli. Solo ora abbiamo ricevuto il fascicolo perché era secretato. Manners un mese fa è stato scelto per un progetto di massima sicurezza: in pratica doveva custodire tutti i dati sugli informatori di Chicago e la chiave di sicurezza ai dati è la sua retina.”
“L’occhio serve per avere accesso ai dati.” Concluse Hailey.
“Se l’assassino ottiene quei dati, verrà a conoscenza di tutti gli informatori e venderà di sicuro le informazioni. Sarà una carneficina.” Disse Hank, preoccupato.
Il gruppo fu distratto dall’arrivo della Platt, la cui faccia scura preannunciava una cattiva notizia.
“E’ stato rinvenuto un altro corpo senza occhio a Grant Park. E’ stato ucciso mentre faceva jogging.”
“Andiamo!” disse Lopez con un gesto della mano.
Mentre tutti raccattavano giacche e pistole, Hank si prese qualche secondo per stringere la mano di Daphne.
“Sei stata davvero brava. Hai risolto la metà del caso.”
“Sì, beh, il lavoro da fare è ancora tanto. Dobbiamo impedire a questo stronzo di uccidere ancora.”
“Venite oppure restare lì a tubare come due piccioni?” scherzò Carter.
“Arriviamo, arriviamo.” 
 
Salve a tutti! :)
Questa coppia continua a ispirarmi, quindi ecco qui due capitoli.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Alla prossima, un bacio.
 
 

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Capitolo 2
*** Parte seconda ***


PARTE SECONDA
 
Daphne tremava mentre camminava piano sull’erba. La vittima si trovava su una collinetta erbosa e lei faceva fatica a proseguire dato che i tacchi si infilzavano nella terra.
“Ti serve una mano, principessa? Con quelle scarpe ci metterai una vita!” strillò Carter ridendo.
La donna stava per scivolare quando Kevin l’afferrò per il gomito in tempo.
“Grazie, Kevin. Mi sa che queste scarpe non sono adatte per una scena del crimine.”
Hank dall’alto osservava la scena e sarebbe andato lui stesso ad aiutare Daphne se non ci fosse stato Lopez a tenerlo sott’occhio. La loro relazione era un danno per la valutazione, pertanto lei doveva dimostrare di sapersela cavare da sola. Fortunatamente Daphne era davvero in gamba.
“Sergente, la vittima è Hannah Lester, collega di Manners. Un mese fa entrambi sono stati selezionati per il programma di sicurezza, ecco perché anche a lei hanno asportato l’occhio.”
Kim mostrò alcuni documenti a Voight, indirizzi, foto e dati personali.
“Anche lei proteggeva i nomi degli informatori?”
“Non solo. Proteggeva le nuove identità degli informatori.”
“Eccomi! Che abbiamo?” chiese Daphne, aveva l’affanno per la salita.
“Daphne, ho bisogno di avere le informazioni che le vittime proteggevano. Puoi fare qualcosa per averle?”
“Chiederò alla procura. Farò il possibile, anche se richiedere certe informazioni di massima sicurezza è difficile.”
“Ti ringrazio. Noi nel frattempo revisioniamo il caso da capo e cerchiamo di risalire all’identità dell’assassino.”
“Io vado in procura e parlo con i miei contatti nella speranza di accelerare i tempi.”
“Ti accompagno io.”
Approfittando della distrazione di Carter, Hank e Daphne raggiunsero l’auto e sfrecciarono verso il palazzo della procura.
 
Daphne guardava le sue scarpe con sguardo affranto, erano ormai rovinate e doveva buttarle.
“Ho bisogno di un nuovo paio di scarpe. Peccato, queste si intonano bene con la borsa.”
Hank le lanciò un’occhiata di traverso e tornò a concentrarsi sulla strada.
“Pensi alle scarpe per non pensare alla valutazione? Lo capisco che sei agitata.”
“Io … beh … sì, ovvio che sono agitata. Ho lavorato sodo per diventare procuratrice. Però se Ross non fosse morto io sarei ancora la sua vice.”
“Non dire così. Sei stata scelta perché sei brava. Potevano scegliere un sostituto qualsiasi, invece hanno voluto te. Daphne, sei intelligente e lavori in maniera perfetta.”
“Lo dici solo perché sono la tua fidanzata.”
“No. Lo dico perché abbiamo collaborato anche prima di stare insieme e ti sei dimostrata eccezionale. La tua carriera non dipende dalla morte di Ross né dalla nostra relazione, dipende solo dalle tue ottime capacità.”
Daphne sorrise, era raro che Hank fosse così aperto e le faceva piacere.
“Grazie per il supporto. Ne ho davvero bisogno.”
“Sempre a disposizione.”
 
Daphne entrò a passo deciso in procura, tutti erano a conoscenza della valutazione e voleva mostrarsi determinata come suo solito. Salutava i colleghi con un sorriso gentile mentre si dirigeva verso il suo ufficio con Hank alle calcagna.
“Perché siamo nel tuo ufficio?”
“Perché devo cambiarmi le scarpe. Non posso affrontare il direttore in queste condizioni. Purtroppo alle volte l’apparenza conta, specialmente nel mio lavoro. Novità dalla squadra?”
Hank controllò il cellulare alla svelta ma non trovò nessuna notifica, il tempo scorreva e loro non avevano nulla in mano.
“No, niente. Credo che a quest’ora quei dati siano già su piazza.”
Daphne emise un sospiro, era una brutta faccenda e sembravo bloccati ad un vicolo cieco. Cambiò rapidamente scarpe, si sistemò i capelli e si abbottonò la giacca.
“Sono pronta. Ti sembro cazzuta al punto giusto?”
Hank alzò gli occhi al cielo e poi la baciò con fervore. Lei si abbandonò a quel momento sorridendo contro le labbra del sergente.
“Sei perfetta.”
“E’ per questo che hai deciso di sposarmi.”
Daphne rise, lo afferrò per il bavero della giacca e lo trascinò verso l’ufficio del dirigente. Lungo il tragitto incontrarono Beth, la segretaria dell’ufficio.
“Procuratrice Collins, come posso aiutarla?”
“Sto cercando il direttore. E’ disponibile?”
“Il direttore non è in ufficio al momento. E’ stato convocato dal sindaco per una questione urgente. Vuole prendere appuntamento?”
Daphne si massaggiò le tempie in cerca di una soluzione, non potevano perdere altre ore preziose.
“No, grazie. Non è necessario. Buona giornata.”
Hank fu di nuovo strattonato da Daphne con forza, sembrava improbabile che una donna come lei avesse tanta forza. Lo portò al piano terra dove si trovavano gli uffici informatici. Entrando, vide una cinquantina di computer e addetti che smanettavano sulle tastiere.
“No! Non ti permettere!” gridò un uomo.
Daphne lo fulminò con gli occhi e andò dritta verso di lui, quasi lo aggrediva ad ogni passo che faceva.
“Greg, ho bisogno di te. Si tratta di vita o di morte.”
“No, no, no! L’ultima volta che hai avuto bisogno di me abbiamo guardato per tre ore il sito di Gucci!”
“Perché c’erano i saldi e io volevo quella borsa! Suvvia, è una borsa troppo bella!”
Hank guardò la sua fidanzata con freddezza, la stava rimproverando con lo sguardo. Daphne se ne accorse e abbozzò un sorriso imbarazzato.
“Vattene via!” disse Greg, terrorizzato.
Il sergente, stanco di quei giochetti stupidi, strinse il polso del ragazzo e lo squadrò da capo a piedi.
“Sta zitto e ascoltata, non farmi innervosire.”
“O-okay. Che vi serve?”
“Dobbiamo accedere ad alcuni dati criptati. Sono stati uccisi due membri del nuovo progetto di massima sicurezza che protegge i dati sugli informatori e le loro nuove identità. Abbiamo bisogno della lista completa degli informatori.”
“Cosa? No, no! E’ impossibile superare quel tipo di sicurezza!” obiettò Greg.
“Se non lo fai … dico a tutti che fingi di essere vegano perché ti piace Mike!” bisbigliò Daphne.
Greg arrossì e abbassò la testa, era stato beccato sul fatto.
“E va bene. Datemi due ore.”
“Hai un’ora.” Disse Hank.
 
Daphne beveva meccanicamente il caffè, persa a fissare la parete bianca di fronte a sé. Aspettava che Greg le inviasse la lista, era agitata e quel terribile caffè non sembrava sortire effetto.
“Eccoti qua.” Disse una voce alle sue spalle.
Carter la guardava con un sorriso malizioso dallo stipite della porta.
“Che vuoi? Non posso neanche bere un caffè in pace.”
“Sei davvero bella, sai? Dico davvero.”
Daphne si sentì a disagio all’improvviso, la presenza dell’avvocato la metteva in soggezione.
“Io torno dagli altri.”
“Aspetta, resta con me ancora un po’.”
Carter la bloccò contro la parete e le accarezzò il collo lentamente.
“Lasciami, Carter. Adesso.”
“Non devi mentire. Lo so che sei attratta da me.”
Daphne cercò di svincolarsi ma lui rafforzò la presa sulla sua spalla in modo che non scappasse.
“Lasciami andare o giuro che mi metto a urlare.”
“Ehi, hai sentito? Lasciala andare.” Tuonò la voce di Kim, appena entrata nella stanza.
Carter mollò la presa e indietreggiò, dopodiché se ne andò senza dire una parola. Daphne buttò fuori l’area che aveva trattenuto. Kim subito l’abbracciò.
“Stai bene?”
“Sì, sto bene. Grazie mille, Kim.”
“Figurati. Ti accompagno da Voight?”
“No. – disse Daphne – Voight non deve saperlo per ora. Lui non reagirebbe bene e metterebbe in discussione il caso. Gli racconterò tutto quando avremo risolto il caso.”
Kim annuì e l’abbracciò ancora per calmarla.
“D’accordo. Andiamo, dai, ci sarò io con te.”
“Grazie.”
 
Hank non capiva perché Daphne fosse turbata. Solo pochi minuti prima l’aveva ridere con Adam, invece ora aveva le mani che tremavano e si teneva lontana da tutti. Stava per chiederle come stava quando Lopez sventolò in alto alcuni fogli.
“Ecco la lista! Ci sono all’incirca duemila nomi.”
“Non possiamo controllarli tutti, non c’è tempo.” disse Hailey.
“Abbiamo un grosso problema!”
Jay era appena rientrato da un incontro con un suo informatore, era rosso in viso per aver corso. Hank si mise le mani in tasca e inarcò le sopracciglia.
“Quale problema?”
“L’assassino sta vendendo le informazioni che ha rubato. Il mio informatore ha detto che un paio d’ore fa per le strade si è sparsa la voce di un tizio che vende dati sulle spie che collaborano con la polizia. I capi delle gang e i criminali stanno facendo a gara per accappararsi quei nomi, sono disposti a pagare cifre esorbitanti.”
“Sappiamo il nome del venditore?”
“Si fa chiamare Junk, ma nessuno sa il vero nome. Il mio informatore dice che è un bianco, trenta anni, e che è entrato nel mondo criminale da poco.”
“Cercate qualsiasi cosa su questo Junk: liste di carcerati, arresti, nomi e cognomi, locali, tutto quello che può esserci d’aiuto. Jay, tu e io pensiamo ad organizzare un incontro con questo Junk.”
 
Un’ora dopo la squadra aspettava che il sergente finisse di parlare con la Platt per definire i dettagli dell’operazione. Daphne se ne stava accanto a Kim in silenzio, evitava di incrociare lo sguardo di Carter a tutti i costi e si fissava la punta delle scarpe. Sospirò di sollievo quando Hank tornò da loro, averlo vicino era una consolazione.
“L’operazione è stata modificata perché nella lista sono indicati anche i nomi dei poliziotti. L’unico nome non riportato è quello di Kevin. Lui andrà sotto copertura e fingerà di voler acquistare le informazioni per conto di una gang.”
“Non può andare da solo. E’ troppo rischioso.” Disse Adam.
“Lo sappiamo. – disse la Platt – Per questo ho convocato un collega della narcotici che non è nella lista. Arriva da fuori città, quindi per ora non se ne fa nulla.”
“Ma non c’è tempo!” sottolineò Hailey.
“Posso andare io con Kevin.” Propose Daphne.
Hank le rivolse uno sguardo che le fece raggelare il sangue, ma mantenne un certo contegno.
“Non puoi perché non sei addestrata. Non mando una civile sotto copertura.”
“Hank, non possiamo perdere tempo prezioso. La collega della narcotici impiegherà ore ad arrivare e nel frattempo morirà un sacco di gente. Fidati di me.”
“No.”
Daphne supplicò Kevin con gli occhi e il ragazzo cedette alla muta richiesta dell’amica.
“Sergente, l’idea non è male. Daphne potrebbe fingere di essere la moglie di qualche criminale e io potrei essere la sua guardia del corpo. Ha ragione lei, non abbiamo molto tempo.”
Hank fece spallucce e strinse i pugni nelle tasche dei jeans, detestava quell’idea anche se in verità era una soluzione ottima.
“Va bene. Kevin, ti avverto che se le succede qualcosa io ti uccido con le mie mani.”
“La proteggerò a costo della mia vita, sergente.”
Daphne sorrise compiaciuta, di sicuro partecipare a un’operazione sotto copertura avrebbe segnato un buon punto per la valutazione.
“Grazie per la fiducia.”
Hank scosse la testa e si rintanò nel suo ufficio, aveva un bel po’ di rabbia da sbollire.
 
Daphne si accertò che il microfono fosse ben piazzato quando Hank entrò nello spogliatoio. La sua fidanzata indossava un paio di leggins neri di pelle, una camicetta rossa e una giacca di jeans che la rendevano diversa dal solito. La Platt aveva fatto un buon lavoro di trasformazione.
“Lo so, lo so, questi vestiti sono orribili. Insomma, chi metterebbe mai questa camicetta?!”
Hank non rise, era infuriato con lei per quella scelta sconsiderata.
“Stai rischiando grosso. Non avresti dovuto proporti.”
“Non farmi la paternale, per favore. Ci sarà Kevin con me e voi sarete fuori pronti ad ogni evenienza. Ho interpretato Malefica alle scuole medie, direi che sono brava a recitare.”
“Daphne …”
“Non aggiungere altro. Ti prego. Lascia che ti dia una mano solo per questa volta.”
Prima che il sergente dicesse altro, Daphne ne approfittò per baciarlo. Era un modo per zittirlo ma anche per avere un pizzico di sicurezza.
“Torna tutta intera.”
“Sarà fatto, sergente. Ti ricordo che devi ancora sposarmi.”
 
Kevin e Daphne arrivarono sul luogo dell’incontro, scesero dall’auto e si posizionarono in modo che la squadra avesse su di loro la visuale. Pochi minuti sopraggiunse un’auto con i vetri oscurati che parcheggiò di fronte a loro.
“Ci siamo.” Sussurrò Kevin.
Un uomo bianco, trent’anni circa, biondo e coperto di tatuaggi sulle braccia, li salutò con un breve gesto del capo.
“Siete Barbara e Lonny?”
Daphne lo squadrò da capo a piedi con finta indifferenza, si era calata bene nella parte.
“Sì. E tu sei Junk?”
“Sono io. Allora, che vi serve?”
“Mio marito è Alex Walker, quello beccato dalla polizia il mese storico durante una retata per droga. So che qualche stronzo lo ha tradito spifferando agli sbirri dove si trovava il capannone con la roba.”
“Conosco il caso. Tuo marito è stato arrestato, vero?”
Daphne si guardò la fede fasulla e simulò tristezza per la lontananza del marito.
“Già, quegli sbirri di merda non mi hanno nemmeno permesso di salutarlo. Capisci perché voglio vendetta?”
“Capisco bene. Qui con me ho quello che ti serve. Tu hai portato i soldi?”
Kevin gli mostrò un borsone pieno e lo gettò a terra ai piedi di Junk.
“Centocinquantamila in contanti come volevi tu.”
“Ora dammi quelle informazioni.” Disse Daphne.
Junker sogghignò, tirò fuori la pistola e la puntò contro di lei. Kevin a sua volta cacciò la pistola ma Daphne lo fermò alzando l’indice.
“Junker, Junker, Junker. Stai commettendo un grave errore. Non ti conviene minacciare una donna come me. Io ho amici potenti che possono eliminarti da un giorno all’altro.”
“Non mi fido di voi due. Una bianca e un nero insieme non me la raccontano giusta.”
“Beh, io ho assunto Lonny perché ha due spalle di cemento armato. Non me ne frega un cazzo del colore della sua pelle. Sei razzista, Junker? Bello, sei proprio uno stronzo.”
“L’accordo è saltato. Non mi fido.” Ripeté Junker.
“A tuo rischio e pericolo.” Lo avvisò Daphne.
Junker montò in macchina ma, prima che potesse andarsene, l’Intelligence gli bloccò ogni via di scampo. Adam e Kim lo sbatterono contro il cofano mentre lui si dimenava.
“Polizia di Chicago, ti dichiaro il arresto!” disse Kim.
Daphne gli accarezzò la guancia a sfottò, poi gli diede uno schiaffo sulla tempia.
“Sai, Junker, sei davvero un coglione. Stammi bene in carcere, saluti!”
“Sei stata fenomenale! Sembravi una tipa da gang.” Disse Jay ridendo.
“Ehi, questa ragazza sa il fatto il suo!” replicò Daphne facendo l’occhiolino.
Da lontano Hank sorrise perché era fiero di come erano andate le cose e soprattutto di come Daphne avesse superato le sue aspettative.
 
Daphne si era cambiata e stava scendendo le scale per raggiungere Hank che l’aspettava in macchina. Vide la Platt da sola e si soffermò al banco all’entrata.
“Trudy, posso chiederti un favore?”
“Certamente. Di che hai bisogno?”
“Vorrei che tu facessi una ricerca su Carter Wright. So che ha lavorato come avvocato d’ufficio in molti distretti e mi chiedevo se fosse mai stato accusato di molestie.”
La Platt strabuzzò gli occhi.
“Per caso lui ….”
“Sì, ha dato fastidio anche a me. Vorrei sapere se ci sono altre donne come me e come potrei aiutarle. Sono convinta che Carter abbia insabbiato tutto.”
“Farò il possibile. Tu va a goderti la serata, so che sei stata grande sotto copertura.”
“Grazie mille!”
Daphne trovò Hank che picchiettava le dita sul volante, si stampò un sorriso in faccia e aprì la portiera.
“Eccoti finalmente. Tutto okay?”
“Certo. Mi sono fermata a salutare Trudy. Andiamo a casa? Muoio di fame.”
Voight sapeva che la fidanzata nascondeva qualcosa, il suo sorriso era forzato e non faceva battute da troppe ore. Non disse nulla, guidò come se niente fosse per non metterle pressione.
 
Hank di sottecchi guardava Daphne che se ne stava rannicchiata all’angolo del divano a leggere un libro.
“Che c’è, Daphne? Parla con me.”
“Va tutto bene. Cosa ti devo dire?”
“Non va tutto bene. Sei strana. Sei troppo silenziosa e pensierosa. Sei preoccupata per l’esito della valutazione?”
Daphne richiuse il libro e lo depose sul tavolino, ora la maschera di indifferenza era caduta.
“Devo dirti una cosa, Hank. So che ti infurierai e … e mi dispiace …”
“Parla.”
“Stamattina mi sono allontanata per bere un caffè e Carter è venuto a parlarmi. Lui ha incominciato ad accarezzarmi il collo e poi mi ha tenuta attaccata al muro perché non me ne andassi.”
“Lui ti ha toccata in qualche modo?”
Hank aveva la voce che tremava per la rabbia, le nocche erano bianche per quanto stringeva le mani a pugno.
“No, non mi ha fatto niente perché è arrivata Kim. Sto bene, dico davvero. E’ solo che ho chiesto a Trudy di fare una ricerca su Carter perché sospetto che sia un molestatore seriale. Ha lavorato in molti distretti e quindi con molte donne.”
Daphne lo abbracciò sia per calmarlo sia per lasciarsi consolare. Si rilassò fra le sue braccia quando Hank ricambiò la stretta.
“Quel bastardo la pagherà cara, te lo prometto.”
“Adesso basta parlare di Carter. Parliamo di cose belle, di noi, del nostro matrimonio.”
Entrambi sorrisero, almeno quell’argomento li rendeva felici.
“Io di certo non ho voce in capitolo per il matrimonio. Sceglierai tutto tu perché sei una maniaca del controllo.”
Daphne gli diede un pugno giocoso sul petto per poi mettere il broncio.
“Ah, sì? Bene, lascerò che sia tu a scegliere la trama e i colori delle tovaglie, a scegliere le bomboniere giuste, ad abbin-“
Le parole di Daphne morirono sulle labbra di Hank in un bacio ricco di passione. Erano anni che non si sentiva leggero e felice, da quando Camille e Will erano morti. Provare di nuovo quella marea di sentimenti era una bellissima sensazione.
“Sai una cosa? Fai tutto tu. Sei più brava di me.”
Lei scoppiò a ridere, consapevole che il sergente era negato per certe cose.
“Ci penserò ovviamente io. E tu che ne dici di pensare a me? Magari puoi prepararmi un bagno caldo e unirti a me.”
“Ai suoi ordini, signora.”
L’attimo dopo Daphne emise un gridolino quando Hank la prese in braccio a mo’ di sposa per salire al secondo piano.
 
UNA SETTIMANA DOPO
La gamba destra di Daphne tremava per l’agitazione. Si trovava in procura per avere l’esito della valutazione. Accanto a lei sedeva Carter con l’aria spavalda di chi crede di avere la vittoria in pugno. C’era qualcosa di strano in lui, un alone scuro intorno all’occhio destro malcelato dal trucco.
“Qualcuno ti ha preso a pugni?” indagò Daphne, curiosa.
“E’ stato il tuo fidanzato. Suppongo che tu sia soddisfatta.”
Daphne capì al volo che Hank doveva essere andato da Carter per pareggiare i conti e alla fine il prezzo da pagare era stato un bel gancio destro. In cuor suo sorrise, del resto Carter se lo meritava.
La porta del direttore si spalancò e Beth invitò i due candidati ad entrare. Insieme al direttore c’erano Crawford e il procuratore capo.
“Prego, accomodatevi.” Disse Beth.
Daphne si sedette con calma per non dare l’impressione di essere sul punto di urlare. Il direttore si inumidì le labbra prima di parlare.
“Poco fa ho ricevuto l’esito della valutazione. L’esaminatore è stato irremovibile sulla sua scelta. Vi annuncio con grande onore che Daphne Collins è ufficialmente la procuratrice distrettuale.”
Daphne si portò le mani sul petto dove il cuore batteva forte, finalmente i suoi sforzi erano stati ripagati.
“Vi ringrazio. L’onore è tutto mio, signore.”
“Certo, aprire le gambe al capo dell’Intelligence non è bastato. Magari hai aperto le gambe anche con l’esaminatore.” Disse Carter, irritato.
“Wright, si dia un contegno!” lo rimproverò Crawford.
“La procuratrice Collins non è il mio tipo.” Disse una voce.
Voltandosi, Daphne vide Diego Lopez poggiato alla parete. Era lui l’esaminatore che aveva agito nell’anonimato. E soprattutto era sposato con uno dei medici del Chicago Med.
“Lopez, la ringrazio per la fiducia. Non la deluderò.” Disse Daphne.
“Lei merita questo incarico. E’ andata sotto copertura senza esitare pur di salvare migliaia di vite. Chicago è in debito con lei. Ora vada a seguire il prossimo caso!”
Carter era sul punto di uscire quando Lopez lo afferrò per il polso.
“Carter tu resti qui perché ci sono ventidue denunce a tuo carico con l’accusa di molestie. Sarai radiato dall’albo degli avvocati e sarai processato.”
 
Daphne rincasò intorno alle otto di sera. Era sfinita ma contenta. Il nuovo caso riguardava un affare di droga finito nel sangue e perciò era delicato, ma sapeva che la procura contava su di lei e si sarebbe impegnata al massimo.
“Hank? Sono tornata!”
“Sono in veranda!”
Daphne rimase stupita da come Hank aveva apparecchiato un tavolo in veranda e aveva preparato la cena con tanto di champagne nel ghiaccio.
“Tutto questo è per me?”
“Bisogna festeggiare la nuova procuratrice del nostro distretto!”
Si abbracciarono brevemente, dopodiché il sergente stappò lo champagne e offrì un bicchiere a Daphne.
“Champagne? Wow, facciamo proprio le cose in grande.”
“Festeggiamo anche per un altro motivo: Carter è stato condannato a tre anni di carcere. Hai aiutato tante donne. Sono davvero fiero di te.”
“L’importante è che quel viscido verme sia stato fermato. Solo perché è un uomo crede di avere qualsiasi diritto sulle donne, è il manuale base del misogino perfetto. E grazie a te per avergli dato quel pugno, lo meritava.”
“E’ stato un piacere. E comunque, sei stata scelta perché quando ti arrabbi porti a termine il lavoro.”
“Anche tu quando ti arrabbi porti a termine il lavoro tra quale schiaffo e qualche minaccia.”
Hank sorrise contro il bordo del bicchiere e fece spallucce.
“Ognuno ha i propri metodi.”
Daphne prese posto e adocchiò i piatti, il suo stomaco brontolava da ore.
“Hai comprato tutto al ristorante all’angolo? Questo cibo ha un aspetto troppo buono perchè lo abbia cucinato tu.”
“Io sono un ottimo cuoco.” Disse Hank.
“Scherzi, vero? Sei pessimo! Lasci sempre la pasta troppo cruda, metti troppe spezie sulla carne e usi anche troppo sale.”
“Restituiscimi l’anello, non ti voglio più sposare.”
Daphne rise e si andò a sedere sulle gambe di Hank, poggiando la testa sulla sua spalla.
“Questo anello mi piace davvero tanto. E anche tu, sergente, mi piaci davvero tanto.”
“Non riesci a corrompermi, ragazzina.”
“Non chiamarmi così. Non sono una ragazzina, ho trentuno anni.”
“Ah, beh, sei vecchia effettivamente.”
Si misero a ridere insieme e il sergente ne approfittò per stringerla ancora di più.
“Che ne dici di cenare e poi fare una passeggiata? Ho voglia di camminare.”
“Come preferisci.”
 
Daphne si godeva l’aria fresca mentre camminava a braccetto con Hank. Stavano attraversando il parco e chiacchierando di tutto e di niente. Quelle erano le loro serate preferite, quando tornavano da una serata di duro lavoro e potevano poi trascorrere del tempo insieme per ricaricarsi.
“Lo hai detto alla tua famiglia che ti sposi?” domandò Hank.
“No. Lo sai come sono … loro non approvano.”
Daphne non aveva buoni rapporti con il padre e il fratello da quando la madre, dieci anni prima, era venuta a mancare per colpa di una malattia. Dopo la laurea si era trasferita a Chicago grazie ad uno stage e da allora erano rare le volte in cui chiamava la sua famiglia.
“Daphne …”
“Lascia stare. Lo sai che mio padre non approva la nostra relazione perché tu sei più grande di me e ovviamente mio fratello lo appoggia. Non voglio rovinarmi il matrimonio per colpa loro. Lo dirò a mia zia Mary e a zio Patrick, loro di certo verranno.”
Hank odiava il fatto che il padre di Daphne non vedesse di buon occhio la loro relazione, alla fine lei era adulta e in grado di fare le proprie scelte. Certo, venticinque anni di differenza erano una bella cifra, però per loro non contava niente. Insieme stavano bene, erano felici e si amavano molto di più delle coppie coetanee.
“Voglio solo che tu sia felice, Daphne.”
“A me basti tu, e il mio armadio pieno di borse e scarpe!” scherzò lei per alleggerire il discorso.
“Tu ami borse e scarpe più di tutto e tutti.”
Daphne si interruppe a metà strada e obbligò Hank a voltarsi, le loro figure facevano ombra sotto la luce della luna.
“Devo dirti una cosa, Hank.”
“Di che si tratta?”
“Ti ricordi quando mi hai chiesto di sposarti? Ecco, quella mattina sono andata in una agenzia viaggio per prenotare un weekend a Barcellona perché volevo chiederti di sposarmi.”
Il sergente rimase stupito, quella donna riusciva a lasciarlo senza parole ogni volta.
“Possiamo sempre andare a Barcellona, in fondo è il tuo sogno da sempre.”
“Davvero? Hank Voight prenderebbe tre giorni di permesso per volare con me a Barcellona?”
Daphne sorrise quando Hank l’attirò per i fianchi e le stampò un bacio sulle labbra.
“Farei qualsiasi cosa per la mia ragazzina. E poi la squadra è in ottime mani con la Platt.”
“Trudy li distruggerà.” Rise lei.
“Sì, è vero, ma almeno avranno imparato qualcosa in mia assenza.”
“Davvero andiamo a Barcellona?”
Hank si chinò a baciarla con maggiore trasporto, contento che lei lo assecondasse portandogli le braccia intorno al collo.
“Davvero. Possiamo partire il prossimo weekend. Scommetto che hai già pensato ad un programma.”
“Certamente. Ho in programma di visitare i luoghi meno rinomati della città, mangiare nei ristoranti più piccoli e accoglienti e passare notti intere a fare l’amore con quello schianto del mio fidanzato.”
“Mi piace come hai organizzato il tuo tempo.” sussurrò Hank.
“Non avevo dubbi.”
Daphne si morse le labbra e poi lo baciò ancora, non si stancava mai della sensazione meravigliosa che le provocava stare vicino a lui.  
“Anzi, possiamo partire anche questo fine settimana. Che ne dici?”
“Sei impazzito? Tu non molli mai il lavoro così da un momento all’altro.”
Hank negli ultimi trenta anni della sua vita aveva solo lavorato, lui e Camille non si erano mai presi una pausa e neanche con Justin avevano mai trascorso del tempo insieme in vacanza. Con Daphne, invece, voleva vivere ogni istante perché non avrebbe sprecato quest’occasione come aveva fatto in passato. Sacrificare la famiglia per il lavoro non ne valeva più la pena.
“Sì, sono impazzito. Allora, partiamo?”
Daphne lo abbracciò forte e gli schioccò un bacio sulla guancia.
“Partiamo!”
 
Salve a tutti! :)
A quanto pare tutto è bene quel che finisce bene.
Fatemi sapere cosa ne pensate.
Grazie per aver letto.
Un bacio.
 
 

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