Live your life

di miss_MZ93
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 24 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


Nella vita di tutti i giorni, io sono Marinette, una ragazza normale con una vita normale ma c’è una cosa che mi riguarda che nessuno conosce, perché ho un segreto. Quando le forze oscure padroneggiate da Papillon attaccano la città più romantica al mondo, vesto i panni di Ladybug, la supereroina pronta a fronteggiare il male. In questa lotta estenuante non sono sola. Chat Noir combatte al mio fianco, giorno dopo giorno. Inizialmente ho temuto di non essere all’altezza del ruolo che il Maestro mi aveva affidato ma le parole incoraggianti del mio compagno di avventure mi hanno spronata a dare il meglio di me in questa battaglia.
Essere l’eroina di Parigi però è solo metà di ciò che sono.
Se Ladybug è forte, coraggiosa, intrepida e senza paure, Marinette è l’esatto opposto. Nel mio quotidiano sono solo una ragazzina infantile, goffa ed intimidita dai sentimenti che provo per il mio compagno di classe, Adrien Agreste. Lui è presente in ogni luogo e non perché io sia talmente innamorata da vederlo comparire ovunque vada ma perché invade la città con poster, cartelloni pubblicitari e totem. Adrien è il modello di punta di ogni collezione del grande stilista Gabriel Agreste, mio artista preferito, mio punto di riferimento per il più grande sogno che ho e padre del ragazzo di cui sono perdutamente innamorata.
A volte mi capita di pensare ancora a come ci siamo conosciuti, al malinteso che mi portò a paragonare quel dolce e sensibile ragazzo a Chloé, che di dolce ha solo il profumo costoso che vanta a scuola.
Sono passati anni da quando conobbi Adrien, anni da quando incontrai Tikki, anni da quando mi scontrai con Chat Noir tra i tetti della capitale ma ancora adesso continuo a combattere le akuma che invadono Parigi.
 
"Marinette! Sbrigati o farai tardi!"
Mia madre non ha mai smesso di urlare il mio nome la mattina presto nonostante io abbia imparato ad alzarmi ben mezz’ora prima dell’inizio delle lezioni. A volte fatico ancora ad arrivare in orario a scuola o agli appuntamenti con i miei amici ma piccoli progressi sono comunque stati fatti in questi anni.
"Mamma, sono qui"
Mia madre si volta nella mia direzione lasciandomi la solita espressione incredula che vedo ogni mattina.
"Scusami tesoro"
Scruta il mio abbigliamento e poi mi sorride dolcemente rimproverandomi per l’ennesima volta per non aver indossato qualcosa di più adatto ai suoi canoni di bellezza. Il giorno del mio sedicesimo compleanno, mia madre mi regalò un vestito dalle fattezze cinesi, in onore delle mie origini. Da quel momento ogni scusa è buona per ricordarmi quanto io mi sia allontanata dallo stile orientale preferendo quello parigino. Ancora adesso che ho diciotto anni, lei si preoccupa di farmi sentire inadatta. Continua a scrutarmi soffermandosi sui miei vestiti, un pantalone attillato scuro ed una t-shirt bianca semi nascosta dal maglione rosso mattone.
Mio padre entra nella stanza salvandomi dal millesimo litigio e posando sul tavolo dolci, biscotti ed ogni ben di Dio che la pasticceria produce tutti i giorni. Mentre lui saluta mia madre con un dolce bacio, io afferro un cornetto ripieno di marmellata e assaporo il mio cappuccino caldo. Senza farmi notare, complici le tenere effusioni che ancora si stanno scambiando i miei genitori, riempio un piccolo sacchetto con alcuni biscotti al cioccolato e lo lascio nella borsa. Tikki mi guarda sorridendo, gli occhi le brillano mentre inizia ad assaporare le delizie che crea mio padre. È una creatura così dolce che spesso mi stupisco di quanta fortuna io abbia avuto nell’incontrarla. Lancio un’occhiata all’orologio sulla parete e mi avvio in strada salutando i miei genitori. L’aria tiepida di fine marzo sfiora la mia pelle mentre velocemente mi dirigo verso scuola.
 
Nell’atrio trovo i miei amici intenti a guardare qualcosa sul telefono di Alya. Mi avvicino a grandi passi per capire cosa ci sia di tanto interessante ed una fotografia cattura la mia attenzione. Il titolo dell’articolo scritto dalla mia amica mi lascia letteralmente senza parole: “Chat Noir e Ladybug finalmente insieme?”. Non so se ridere per l’ipotesi così lontana dalla realtà o arrabbiarmi nuovamente con il mio collega.
"Chat ma cosa combini?"
Il mio sussurro passa inosservato mentre Adrien inizia a sembrarmi più felice di tanti altri giorni. Mi allontano da lui di qualche centimetro, arrossendo vergognosamente mentre i miei occhi lo guardano senza pudore. I suoi capelli biondi sono poco più lunghi di come li teneva da ragazzino ma i suoi occhi verdi sono rimasti gli stessi smeraldi splendenti che riescono ad incantarmi ogni giorno. Il suo volto è rilassato e contento mentre osserva la foto pubblicata da Alya sul blog. Il modello si volta nella mia direzione, probabilmente colpito dal mio sguardo costantemente fisso su di lui.
"Ciao, Marinette"
"C-ciao, Adrien"
Dopo tutti questi anni non riesco ancora a parlare con lui senza balbettare, è ridicolo. Lo guardo trattenere una risata, l’ennesima rivolta al mio “buffo” modo di comportarmi nei suoi confronti.
"Marinette! Hai visto che scoop?"
Alya mi strappa violentemente dai miei pensieri scomodi riportandomi alla realtà.
"Come hai fatto ad avere questa foto?"
Torno a concentrarmi sull’oggetto che spicca nella bacheca del ladyblog. Inevitabilmente, chiudo le mani sentendo le unghie affondare quasi nella carne morbida.
Nell’ultimo anno io e Chat Noir abbiamo dato inizio ad una specie di tradizione. Dopo una battaglia, attenti ai rintocchi dei nostri Miraculous, ci rifugiamo sulla torre Eiffel per festeggiare tra croissant, pasticcini e torte, tutti accuratamente preparati da mio padre. La foto ritrae uno di quei momenti, Ladybug si sta leccando dalle dita un po’ di crema alla vaniglia mentre Chat Noir le scocca un bacio sulla guancia.
"Prima o poi lo appendo a testa in giù"
Continuo a sussurrare parole poco gentili verso quel gatto randagio, finché non sento starnutire Adrien. Si starà ammalando? Nino si volta verso il suo amico lasciandogli una pacca sulle spalle.
"Qualcuno parla male di te, bro"
"Dici?"
Non riesco ad immaginare qualcuno che possa parlar male di Adrien. Come si può detestare una persona tanto dolce, gentile e premurosa? Scuoto la testa velocemente tornando a chiedere ad Alya chi le abbia mandato la foto.
"Chat Noir in persona"
"Cosa?!"
"Sì, mia cara, hai sentito bene. Ieri sera ho controllato la posta in arrivo dal computer e ho trovato questa con scritto semplicemente “So che ne farai buon uso, CN”. Non è meraviglioso? Chat Noir che mi rivela i segreti del suo rapporto con Ladybug!"
"Maledizione!"
"Marinette, che succede? Non sei felice? La tua migliore amica finalmente potrà avere notizie in anteprima dei due supereroi di Parigi! Questo segnerà una grande svolta per la mia carriera"
Mi passo distrattamente una mano tra i capelli legati e le sorrido gentilmente.
"Certo che sono felice! Solo che mi sembra così strano che quei due abbiano iniziato a frequentarsi che non so se credere a questa notizia o meno"
"Perché?"
La voce di Adrien risuona attorno a me e mentre io mi preoccupo di ordinare le parole per formare una frase di senso compiuto, il suo sguardo sembra bruciarmi viva. Non avevo mai visto quegli occhi così cupi e velati da qualcosa di simile a tristezza e rabbia.
"C-come?"
"Perché, Marinette? Perché non potrebbero stare insieme?"
"P-Perché? I-io non lo so"
"Quindi potrebbe essere vero, no?"
"L-ladybug non mi è mai sembrata i-interessata a Chat Noir. Per questo io n-non…"
"Magari ha cambiato idea"
"A-Adrien io non…"
"Cosa puoi saperne dei loro sentimenti?!"
"I-io non pensavo d-di…"
Un boato assordante riecheggia per le strade di Parigi, il rumore di qualche vetro frantumato e le urla delle persone invadono la scuola lasciando che il panico divaghi tra gli studenti.
"Mettetevi tutti al sicuro!"
Il preside allerta gli studenti che si dirigono nelle varie stanze dell’edificio. I miei occhi sono ancora intrappolati in quello sguardo verde e penetrante mentre attorno a noi il mondo sembra svanire. Adrien mi fissa serio e nei suoi occhi leggo risentimento e rimprovero per qualcosa che mi sfugge. Nino trascina l’amico lontano da me ed io seguo Alya fino alla nostra classe. Prima di entrare in quella stanza, le dico di aver dimenticato la borsa nell’atrio e mi dirigo verso il bagno per trasformarmi. Una volta richiusa la porta mi accerto di essere sola ed apro la finestra che conduce fuori dall’edificio. Tikki esce dalla borsa guardandomi preoccupata.
"Marinette, tutto bene?"
"Cosa? Sì, certo"
"Mi dispiace per quanto accaduto"
"Non è colpa tua Tikki ma se vedo quel gattaccio lo lego al primo grattacielo che trovo"
La risata di Tikki mi risveglia dal mio malumore. Le intimo di trasformarmi e pochi istanti dopo una tutina aderente si materializza sul mio corpo. Esco da scuola dirigendomi verso il fulcro di tanto rumore e trovo un enorme bambino vestito da caramella che tiene in mano un ovetto di cioccolato. La sua stazza ostruisce il passaggio verso la metropolitana e rende ogni cosa molle, appiccicosa e dolce. Atterro sopra un palazzo, cercando di studiare il nemico finché posso.
Qualche istante più tardi il ronzio di un bastone agitato in aria mi annuncia l’arrivo del mio compagno. A questo punto la mia mente è divisa su due fronti, il primo vorrebbe incenerire Chat Noir e lasciarlo avvolto dal mio yo-yo da qualche parte, l’altra invece vorrebbe solo sconfiggere l’akuma e far tornare tutto alla normalità il prima possibile.
Il suo sguardo verde rimane impassibile al mio malumore. Lo vedo ancheggiare nella mia direzione, consapevole di avere addosso i miei occhi che lo scrutano. L’unico dettaglio che gli è sfuggito è la mia totale indifferenza nei suoi confronti.
"My lady, è sempre un piacere vederti"
"L’akuma si trova nel dolce che tiene tra le mani"
Come ridestato da un sogno ad occhi aperti, Chat Noir sbatte velocemente le palpebre, regalandomi la visione rara di un gatto confuso.
"Sì, ehm… Ok"
Lo vedo grattarsi nervosamente la nuca e la mia rabbia lascia il posto velocemente alla tristezza.
"Insettina, stai bene?"
"Meravigliosamente"
Salto dal palazzo lasciando che Chat Noir mi segua. Nonostante i buoni propositi di non utilizzare i miei poteri se non per estremo bisogno, mi lascio vincere dalla pigrizia, richiamando il lucky charm, sicura che possa aiutarmi ad evitare il caramello che avvolge la città ed a sconfiggere velocemente l’akumizzato. Il mio potere ci regala due saponette a pois neri, il solito lucky charm ilare. Penso qualche istante a come potrei utilizzarlo e finalmente il mio sguardo si posa su noi supereroi, sulle saponette e sul caramello sparso ovunque. Lascio la prima nelle mani di Chat Noir iniziando a strofinare la superficie su ogni centimetro della tuta. Lo sguardo dubbioso del mio collega mi lascia un sorriso sulle labbra che subito scompare al ricordo dei problemi che è riuscito a crearmi con una semplice fotografia.
"Cosa dovrei fare?"
"Il sapone scivola sul caramello. Ci impedirà di rimanere intrappolati nel liquido"
Scivolando agilmente tra le vie di Parigi, riusciamo a strappare i dolci dalle mani del bambino. Libero velocemente la farfallina riportando la capitale al suo solito splendore ed uno dei problemi sembra svanire dalla mia mente. Ho sempre amato la sensazione soddisfacente che salvare la mia città riusciva a regalarmi ma i problemi di quella mattina rendono amara anche la vittoria.
Ho evitato accuratamente il contatto con Chat Noir per tutta la battaglia, un po’ perché ancora sono arrabbiata con lui, un po’ perché voglio che capisca che c’è qualcosa che non va. Lo vedo allontanarsi, diretto alla pasticceria e ne approfitto per godermi la brezza primaverile che mi scompiglia i capelli mentre mi dirigo alla torre. Nonostante io sia arrabbiata con Chat Noir, la nostra tradizione vince sul desiderio di andarmene, lasciando lui con mille dubbi sul mio comportamento e me con molte domande sul suo. Distrattamente mi chiedo se anche Alya, Nino, Chloé dovrebbero essere coinvolti in questo nostro rituale ma la differenza tra loro e noi mi rende chiara la risposta. Anche volendo, loro sono portatori temporanei ed in quanto tali, combattono solo le battaglie in cui i miei poteri e quelli di Chat Noir non sono sufficienti. Probabilmente dovrei ammettere a me stessa anche un altro piccolo dettaglio, se il mio collega non avesse scattato quella fotografia, probabilmente avrei tenuto segreti i nostri momenti da soli, forse per proteggermi da incomprensioni come quella avuta questa mattina, forse solamente perché considero questi istanti qualcosa di esclusivamente “nostro”.

Qualche secondo più tardi il gatto si siede accanto a me, porgendomi una busta ricolma di dolci. Afferro svogliatamente un croissant addentandolo e lasciando che la crema alla nocciola prenda possesso del mio palato. Questo è sicuramente uno dei dolci più buoni creato da mio padre.
"My lady?"
"Sì?"
"Sembri essere arrabbiata con me. Ti ho fatto qualcosa?"
Mi volto verso di lui immergendomi in quegli occhi verdi che ormai posso dire di conoscere meglio di qualunque altra cosa nonostante non sappia chi si cela dietro quella maschera nera. Il suo sguardo è preoccupato, riflesso della freddezza che posso sentire sul mio volto.
"Perché l’hai fatto?"
"Perché ho fatto, cosa?"
"Hai mandato una fotografia alla ragazza che gestisce il ladyblog. Perché l’hai fatto?"
"Non pensavo potesse darti fastidio"
Sospiro pesantemente tornando a guardare l’orizzonte che si staglia davanti ai miei occhi. La capitale francese è così bella da togliere il fiato.
"Chat, noi non siamo semplicemente due supereroi. Non che esserlo sia una banalità ma Ladybug e Chat Noir sono solo una facciata della medaglia. Oltre questo, io sono una ragazza con pochi pregi e mille difetti"
Lo guardo un momento cercando di immaginare i suoi pensieri. Quando torno a guardare la città sotto i nostri piedi, il mio sguardo diventa triste e malinconico.
"La mia identità civile ha avuto qualche problema per quella foto"
"In che senso?"
Sbuffo silenziosamente ripensando all’accaduto. Se rivelassi nei dettagli ciò che è successo e Chat Noir mi conoscesse anche nella vesti di Marinette, potrebbe essere un problema. Scuoto la testa liberandomi in parte da alcuni pensieri e gli rivolgo un sorriso triste prima di incupirmi nuovamente.
"Posso dirti solo che preferirei non dover tornare alla mia vita comune. Vorrei solo che non fosse sempre così complicata"
"Complicata? Cos’è successo?"
"Ho litigato con una persona a cui tengo molto perché cercavo di spiegare cosa davvero ci fosse tra noi"
Il suo sguardo si illumina di stupore mentre i suoi occhi mi scrutano seri.
"Stai parlando del ragazzo che ti piace?"
Sospiro pesantemente lasciando che un sorriso triste si dipinga sul mio volto.
"Lui sa chi sei?"
"Cosa? No! Nessuno sa che io sono… lei"
"State insieme però, giusto?"
Sospiro conscia della triste realtà.
"No"
Il suo volto si illumina per un istante, prima di arrossire leggermente per un qualche pensiero sciocco.
"Allora perché gli hai dovuto dare spiegazioni?"
"Perché stupidamente non volevo che pensasse che il mio cuore potesse battere per qualcun altro"
Il suo volto è dipinto di incomprensione mentre si sfiora il mento pensando ad una possibile spiegazione alle mie parole. Vedere la sua espressione concentrata in qualche pensiero serio è talmente raro da sembrarmi quasi inverosimile. Una risata bassa mi smuove. Chat Noir riesce a mettermi di buon umore senza far nulla di particolare, è incredibile.
"Dovremmo andare, Chat"
Mi alzo sentendo il suo guardo su di me. Gli tendo una mano che afferra velocemente per poi stringermi a sé in un abbraccio che ha il sapore e la dolcezza di un’amicizia profonda.
"Voglio che tu sappia che mi dispiace. Non ho mai pensato a come avrebbe potuto reagire la ragazza che si nasconde sotto questa maschera rossa e nera. Non volevo ferirti, Ladybug"
Si allontana guardando i miei occhi azzurri e finalmente un sorriso compare sul suo viso, lasciandomi dolcemente colpita dall’intensità del suo sguardo.
"Sono sicuro che tu sia una persona fantastica. Chissà, un giorno potrei innamorarmi anche della tua identità civile"
Così dicendo lo vedo allontanarsi gettandosi dalla torre. Rimango qualche altro secondo a guardare il punto in cui è scomparso domandandomi se mai qualcuno potrebbe davvero innamorarsi di Marinette e non di Ladybug. Chissà chi si nasconde sotto quella tuta nera. Il rumore degli orecchini mi distrae dai miei pensieri e velocemente mi dirigo verso la scuola, prima che la trasformazione mi abbandoni.
Una volta rientrata dalla finestra del bagno, Tikki svolazza esausta tra le mie mani fino a poggiarsi sui miei palmi.
"Scusa il ritardo, Tikki"
"Non fa nulla, Marinette"
Lo spiritello mi guarda stanca mentre io afferro un biscotto dal sacchetto e glielo porgo. Appena assaggia il sapore della pasta frolla al cioccolato, Tikki sembra riprendersi, tornando a nascondersi nella borsa. Il suo sguardo però rimane triste, velato probabilmente dai miei pensieri malinconici.
 
Mi avvio verso la mia classe ripensando alla pessima mattina trascorsa. La mia mente è affollata da due ragazzi, Chat Noir ed Adrien. Nemmeno mi accorgo di trovarmi con la mente tra le nuvole, fino a quando mi scontro con qualcuno proprio davanti alla porta della classe. Alzo gli occhi puntando lo sguardo in quello verde di Adrien e lo vedo afferrarmi prima che io possa cadere a terra come la povera imbranata che sono.
"Marinette? Stai bene?"
"S-sì, Adrien. Tutto male, no scusa, tu-tutto bene"
Gli sorrido timidamente prima che la mia mente rievochi la nostra discussione di quella mattina. Sento le mie labbra piegarsi in una linea retta mentre mi volto verso la porta della stanza. Mi allontano dalla sua stretta velocemente, come se la sua mano mi avesse scottata. In quel momento sento la sua voce richiamarmi mentre varco la soglia, incurante degli sguardi puntati addosso. La professoressa mi intima di accomodarmi senza indugiare oltre ed io percorro il breve tragitto fino al mio posto.
Per il resto della giornata sento lo sguardo di Alya puntato su di me mentre io cerco di trovare interessanti le spiegazioni dei docenti. Quando anche l’ultima campanella risuona nell’edificio, mi alzo svogliatamente salutando la mia amica ed allontanandomi dalla stanza. Una volta arrivata all’uscita, sento una mano stringermi il braccio impedendomi la fuga. So benissimo chi si trovi dietro le mie spalle ma benché la voglia di guardare Adrien negli occhi sia tanta, la tristezza di questa mattina torna a colpirmi violenta.
"Marinette, fermati. Possiamo parlare un attimo?"
Non riesco a trovare la forza di rispondergli e mentre cerco di sputare un semplice “no”, mi accorgo di aver accettato di seguirlo in un parco poco distante da scuola. Distrattamente mi chiedo come abbia fatto a convincere la sua guardia del corpo a lasciarci qualche minuto da soli. È strano come, nonostante la sua età, lui sia ancora intrappolato in quella gabbia dorata che ha costruito suo padre anni prima.
Ci sediamo ad una panchina isolata. Lui guarda me, io guardo i bambini giocare, lui si sporge verso di me ed io verso un gatto nero che ci passa accanto, lui tenta di aprir bocca ed io mi volto ad ascoltare alcuni artisti di strada cantare e suonare dolci melodie. Mi rendo conto perfettamente di sembrare una bambina incapace di affrontare i problemi della vita ma so anche che non mi comporterei in questo modo se al mio fianco non ci fosse Adrien Agreste. Lui riesce a far emergere il mio lato più infantile e disastroso.
"Mi dispiace"
Due parole semplici escono dalle labbra di quel ragazzo meraviglioso ed il mio mondo sembra tornare pieno di colori ed allegria. Mi volto lentamente verso di lui cercando di capire se sia ancora arrabbiato con me o meno ma nei suoi occhi trovo solo dispiacere.
"Marinette, mi rendo conto di aver esagerato questa mattina. Non mi sarei dovuto rivolgere a te in quel modo, scusami"
"Non ti preoccupare"
"Mi preoccupo invece. Tu sei una cara amica per me e non avrei mai dovuto assalirti in quel modo. Non voglio che ci siano incomprensioni tra di noi, Marinette"
Una cara amica, questo sono e questo rimarrò per sempre. I suoi occhi non mi vedranno mai come una giovane donna innamorata di lui, il suo cuore non batterà mai per me, il suo corpo non bramerà mai Marinette.
"Nessuna incomprensione, credimi"
Alzo lo sguardo verso il cielo e, nel farlo, mi accorgo di quanto questa scena mi ricordi il discorso affrontato con Chat Noir poche ore prima. Quel gatto riesce a prendere posto nella mia mente anche quando non è presente. Mi accorgo distrattamente di aver iniziato a sorridere pensando al mio compagno ma la mia felicità viene spazzata via dal pensiero di Adrien ancora accanto a me. L’imbarazzo prende il sopravvento mentre cerco qualcosa di intelligente da dire.
"T-tu pensi che l-loro siano insieme, no scusa, pensi che s-stiano insieme?"
"Parli di Ladybug e Chat Noir?"
"S-sì"
"No. Per quanto la cosa potrebbe rendermi felice, non stanno insieme"
La sua frase mi lascia senza parole. Sembra così convinto e sicuro di ciò che dice da spingermi a pensare che lui sappia qualcosa di troppo sui supereroi di Parigi.
"Come fai a saperlo?"
Lo vedo sussultare alla mia domanda e cercare di nascondere un lieve rossore. Si passa nervosamente una mano tra i capelli, lo fa sempre quando è agitato o nervoso. È un comportamento che adoro, mi ammalia lasciandomi senza parole.
"Beh ecco, io non ne sono sicuro. Posso solo dire ciò che vedo e, purtroppo, vedo che a lei non interessa lui"
"P-posso chiederti una rosa-cosa, una cosa?"
"Certo"
"Hai detto che ti r-renderebbe felice vederli i-insieme. Pe-perché?"
"Perché penso siano due supereroi molto affiatati e si vede quanto a Chat Noir piaccia Ladybug"
Il suo sorriso dovrebbe trasmettere convinzione e serietà ma io posso vedere quanto le sue parole non rispecchino i suoi sentimenti.
"Insomma a chi non piacerebbe averla come fidanzata? Infondo è la ragazza più determinata, forte e coraggiosa che io conosca"
 
“È la ragazza più determinata, forte e coraggiosa che io conosca”
“È la ragazza più determinata, forte e coraggiosa che io conosca”
“È la ragazza più determinata, forte e coraggiosa che io conosca”

Quelle parole non fanno che risuonare nella mia mente. Lui pensa che io sia forte e coraggiosa. Certo, non lo pensa di Marinette ma Tikki ha tentato più volte di convincermi del fatto che Ladybug sia solamente una parte sopita in me. Vengo strappata dai miei pensieri dalla figura di Adrien che lascia la panchina osservando il suo telefono.
"Purtroppo devo andare. Ci vediamo domani a scuola, Marinette"
"C-certo, a do-domani, Adrien"
Rimango qualche altro minuto seduta prima di indossare un mezzo sorriso e dirigermi a casa. Trascorro il pomeriggio a provare sentimenti contrapposti. Da una parte sono felice che Adrien pensi certe cose di me, dall’altra mi sento triste perché so che si rivolgeva a Ladybug e non a Marinette. È strano come io possa essere gelosa di me stessa, è un sentimento che non dovrei né vorrei provare.

***

Cari lettori, come promesso ad alcuni di voi(anche se in tremendo ritardo), vi lascio con il primo capitolo di questa nuova storia. Mi raccomando fatemi sapere se vi piace con un commento!
Un saluto a tutti voi, fan di Miraculous <3
Miss_MZ93

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


I giorni trascorrono veloci mentre io tento di capire quanti e quali sentimenti riesce ad evocare in me il  modello biondo. Il nostro rapporto è tornato normale, per quanto balbettare continuamente in sua presenza possa esserlo. Non abbiamo più toccato l’argomento “Ladybug e Chat Noir” e forse è meglio così. Negli ultimi giorni non abbiamo avuto molto tempo da passare assieme, un po’ perché lui era sempre impegnato con sfilate e set fotografici, un po’ perché Papillon sembrava aver più fretta del solito di impadronirsi dei Miraculous.
"My Lady, scusa il ritardo"
"Non ti preoccupare, gattino. L’importante è che adesso tu possa aiutarmi"
Chat Noir balza accanto a me afferrando un lembo della coperta che tengo in mano. Il mio Lucky Charm a volte sa essere davvero divertente. I piccoli pupazzi di neve che l’akumizzato crea vengono sciolti dal calore prodotto dalla lana ed in pochi istanti anche lui si trova a diventare poco più che acqua rivelando un piccolo ciondolo a forma di cristallo di neve. Una volta purificato, il ragazzo torna alla sua vita normale, senza nemmeno ringraziarci. Io e Chat ci dirigiamo in pasticceria e poi sulla torre, pronti a gustarci qualche altra leccornia.
"Posso farti una domanda?"
Mi volto verso di lui cercando distrattamente un pasticcino alla crema da mangiare. Nonostante io sia una supereroina da molto tempo, negli ultimi anni ho capito che il potere di Ladybug non deriva solamente da Tikki ma anche dalla mia forma fisica. Una volta neutralizzato un nemico, ho bisogno di ricaricare le batterie ad entrambe.
"Certo, dimmi pure"
"Sei poi riuscita a risolvere la situazione con quel ragazzo?"
Rimango qualche minuto a pensare alla domanda di Chat Noir.
"Direi di sì"
"Sono contento per te, Ladybug"
"Davvero?"
Chat è una persona meravigliosa. Non so se riuscirei ad essere felice sapendo che Adrien ama un’altra persona. Quando siamo andati a pattinare non penso di essere riuscita a nascondere bene la mia tristezza e gelosia nei confronti del modello. Chat Noir invece sembra essere davvero felice. Sotto quella maschera deve nascondersi un ragazzo dolce e premuroso e non solo un gatto spavaldo e dongiovanni.
"Certo. Mi sarei sentito molto in colpa se, a causa di una mia stupidata, ti avessi resa triste"
"Grazie, Chat"
È innegabile la dolcezza di questo gatto nero. Se solo non fossi innamorata di Adrien, forse avrei potuto vedere in lui il ragazzo dei miei sogni. Il pensiero del modello biondo mi tormenta giorno e notte da anni e, benché lui non si accorga nemmeno dei miei sentimenti, continuo ad amarlo.
La mia situazione purtroppo ricorda in maniera impressionante quella di Chat Noir. Sono a conoscenza da molto tempo ormai dei suoi sentimenti eppure non riesco a ricambiare ciò che prova. Lui ama me, io amo Adrien, quanto può essere crudele il destino.
Io e Chat trascorriamo i pochi minuti rimasti a ridere e scherzare, finché non arriva il momento di salutarci e tornare ognuno alla propria vita. Uscendo da un vicolo nascosto, non mi accorgo delle persone che si affrettano a lasciare la zona dove abbiamo appena sconfitto l’akuma. Senza rendermene conto, finisco a terra trascinando con me la persona in cui sono inciampata. Non penso possa esserci ragazza più sbadata e maldestra di me e questo non sono io a dirlo ma i miei amici, che non fanno che ricordarmi quanto sia goffa. Alzo il volto incontrando quei capelli neri sfumati di azzurro che riconoscerei ovunque.
"Luka?"
Lo vedo osservarmi attentamente per poi alzarsi velocemente e sorridermi. Mi tende una mano che accetto volentieri.
"Ciao Marinette"
Rimango qualche istante di troppo ad osservarlo mentre lui inizia a ridere della mia espressione buffa. Non so come sia possibile ma i suoi occhi azzurri sono sempre stati fonte di imbarazzo per me, già dal primo giorno in cui li ho visti. La sua risata mi risveglia dai miei pensieri e solo in quel momento mi accorgo di aver posato le mie mani sulla sua maglietta. Mi allontano velocemente, in cerca della mia dignità evaporata.
"S-scusa Luka. C-che ci fai da q-queste parti?"
Mi sorride gentile sistemandosi meglio la custodia della chitarra sulle spalle. Non mi ero nemmeno accorta della sua presenza.
"Devo insegnare a suonare la chitarra ad un bambino"
"Davvero?"
Il mio tono sembra talmente sorpreso da farmi immaginare gli scenari peggiori.
"Insomma, n-non che tu non possa, volevo dire che, e-ecco, non sapevo che tu in-segnassi a suonare. Non intendevo d-dire che tu non sia bravo, anzi, solo che…"
Luka riprende a ridere del mio imbarazzo ed io torno la ragazza maledettamente triste ed insicura che sono. Tutte le persone che mi conoscono non fanno che prendermi in giro, è una situazione davvero snervante. Il suo sguardo si incupisce mentre vedo i suoi pensieri diversificarsi.
"Scusa, Marinette, non volevo ridere di te"
"Sì, invece. Tutti ridono di me, la gente non fa che prendermi in giro. Non saresti il primo né l’ultimo"
"Non ti stavo deridendo"
I suoi occhi sembrano sinceri e sul suo volto nasce un sorriso meraviglioso.
"Trovo che tu sia molto carina quando sei imbarazzata"
Sento il mio volto prendere fuoco sotto quello sguardo azzurro, così simile al mio. Nonostante l’imbarazzo, non riesco a distogliere gli occhi da quel ragazzo. Mi sembra di essere attratta da lui come una falena lo è dal fuoco. La sua mano si posa sulla mia testa accarezzandomi i capelli dolcemente per poi immettersi nuovamente per le strade di Parigi.
"A presto, Marinette"
Non riesco a pronunciare nemmeno un flebile “ciao” che Tikki inizia a muoversi nella borsa, in cerca dei suoi biscotti, risvegliandomi da quella strana magia che mi lega a Luka. Vedo la testolina rossa del Kwami sorridermi innocentemente mentre lascia che una risata la scuota. Scottata da quello sguardo, mi dirigo velocemente verso casa, conscia del rossore che ancora mi invade.
Mia madre non presta nemmeno più attenzione al mio imbarazzo, tanto abituata a sentirmi balbettare quando parlo di Adrien o di qualche sua sfilata.
Arrivo in camera mia lasciandomi cadere sul letto, distrutta per la battaglia appena combattuta e per il continuo batticuore che le persone accanto a me riescono a suscitarmi.
 
La mattina seguente cerco di evitare ogni tipologia di pensiero ma l’impresa sembra degna di una divinità greca. Appena entrata in classe, Adrien si volta nella mia direzione sorridendomi. Il mio cuore perde un battito vedendolo seguirmi con lo sguardo fino al mio banco. Nino ed Alya stanno parlando tranquillamente mentre Adrien cerca di intavolare una conversazione civile con me. Il mio volto assume varie tonalità di rosso fino a concentrarsi su una sfumatura più accesa quando vedo Juleka avvicinarsi e parlare con Adrien di un nuovo concerto che lei e suo fratello Luka vorrebbero tenere a giugno, per festeggiare la fine delle lezioni. Come se non fosse sufficiente, Alya mostra a tutti l’ultimo aggiornamento sul suo blog in cui chiede ai lettori una loro opinione sul rapporto tra Ladybug e Chat Noir.
Non riuscendo a nascondere il mio rossore a nessuno, decido di lasciarmi avvolgere dalle braccia appoggiate sul bancone. Nessuno sembra curarsi troppo del mio stato emotivo e finalmente posso cercare di isolare ognuno di quei nomi che sembrano colpirmi al cuore. Quei ragazzi mi faranno impazzire. Ognuno di loro riesce a sconvolgere la mia vita con semplici gesti, lasciandomi indifesa ed impreparata ai miei sentimenti.
Quando la professoressa entra in classe, decido di concentrarmi sulle lezioni, ignorando i volti dei ragazzi che occupano i miei pensieri. Mi accorgo distrattamente di Adrien che sembra fissarmi curioso ma mi impongo di non ricambiare il suo sguardo, lo devo alla tranquillità che ho appena riguadagnato.
 
Durante l’intervallo, mi rifugio in bagno, sicura di non poter essere disturbata da nessuno. Cerco di calmarmi chiudendo gli occhi ed ignorando le risate di Tikki che sembra prendermi in giro per la confusione che regna nella mia mente. Da una parte l’amore che provo per Adrien mi sta lentamente consumando, lasciando in me la consapevolezza di non suscitare in lui il minimo interesse. Dall’altra Chat Noir inizia a confondermi. Il suo comportamento negli ultimi giorni è cambiato, da sbruffone, arrogante e presuntuoso qual era, è diventato più dolce e premuroso, dimostrando quando tenga a me ed ai miei sentimenti. I miei pensieri non sono però rivolti solo ai due biondi dagli occhi incredibilmente verdi ma anche a Luka. Lo conosco poco, nonostante sia il fratello di Juleka ma quando lo incontro non riesco a provare nulla che non sia un sentimento di attrazione nei suoi confronti. La mia mente è più confusa che mai.
Mancano pochi minuti alla fine dell’intervallo e purtroppo sono obbligata ad alzarmi dal mio nascondiglio. Mi sciacquo velocemente il volto cercando sollievo dal calore che ha preso vita sulle mie guance e, dopo essermi asciugata, mi dirigo alla porta del bagno. Prima di varcare la soglia però alcune voci mi bloccano sul posto, impedendo ai miei piedi di uscire.
"Alya, cos’ha Marinette?"
"Marinette?"
"Mi è sembrata molto strana oggi"
"Marinette è sempre strana. In un modo molto dolce e tenero ma lo è sempre"
Sento Adrien sospirare e posso immaginare di vederlo passarsi una mano tra i capelli biondi.
"Intendo dire che sembrava più strana del solito"
Sono bloccata dietro la porta del bagno, incredula. Ho sempre saputo di non riuscire a comportarmi normalmente davanti ad Adrien ma sentirlo definirmi così, mi lascia l’amaro in bocca. È una sensazione fastidiosa, un blocco all’altezza dello stomaco che mi paralizza.
"Forse è solo l’effetto che le fai"
Mentalmente maledico Alya. È la mia più cara amica e sa benissimo quanto l’argomento “Adrien” per me sia delicato. Ho paura di quello che potrebbe dire adesso.
"Cosa intendi dire?"
La ragazza sbuffa ed io con lei. Ho un terribile presentimento.
"Che lei è innamorata persa di te, Adrien"
Non credo alle mie orecchie. Alya non avrebbe mai dovuto rivelare i miei sentimenti. Non è così che volevo che lui scoprisse che lo amo, non è lei che doveva dirglielo, non è questo il momento o il luogo più adatto. Sento Adrien sbuffare, quasi annoiato da quella conversazione, da quell’argomento, dai miei sentimenti.
"Ancora con questa storia?"
I miei pensieri iniziano a vorticare senza freni. Cosa significa la frase che ho appena sentito? Lui sapeva tutto? Conosceva già i miei sentimenti? Come? Chi? Soprattutto, perché non mi ha mai detto nulla?
"Non credi sia il caso di parlarle?"
"Per dirle cosa?"
"Che sai quello che prova per te"
Il silenzio sembra avvolgere Alya ed Adrien lasciandomi in preda ai miei sentimenti. Affetto, rimorso, tristezza e dolore sono le sensazioni che affollano la mia anima.
"Non saprei come affrontare l’argomento"
"Hai avuto anni per prepararti a questa conversazione. Se non la ami devi dirglielo… O forse…"
"È proprio questo il punto. Non provo né ho mai provato nulla per lei. Per me è solo un’amica, una compagna di classe come te, come Juleka e le altre ragazze. Nel mio cuore c’è un’altra persona ma non voglio vederla soffrire. Pensavo che con il tempo avrebbe smesso di provare certi sentimenti, lo speravo davvero"
Il rumore che sento può essere solo quello del mio cuore che si spezza.
"Stiamo parlando di Marinette"
"Hai ragione. È una brava ragazza ma è molto ingenua. Non è mai riuscita a capire i sentimenti che la circondavano, ignorando Nino, Nathaniel o chiunque altro le si avvicinasse"
Una terza voce si aggiunge alla discussione, una voce acuta che potrei riconoscere ovunque. Mentre le lacrime ormai sgorgano velocemente dai miei occhi, mi trovo ancora dietro a questa porta, ad ascoltare le persone a cui più tengo mentre mi pugnalano.
"È ancora la ragazzina sciocca ed immatura che era anni fa. Non è mai cambiata e mai lo farà"
"Chloé, smettila"
Il fatto che Alya mi difenda non basta a farmi stare meglio. Sento le lacrime bagnare il mio volto lasciando solchi macchiati da matita e mascara.
"Non è forse vero? Continua ad indossare gli stessi completi, acconciare i capelli nei soliti due codini e si comporta nella stessa maniera. Ha diciotto anni ma ne dimostra appena quattordici! Non è mai riuscita a maturare abbastanza da capire che Adrien non ricambia i suoi sentimenti. Come potrebbe innamorarsi di una ragazzina?"
"Chloé!"
"Alya, Chloé non ha tutti i torti. L’ingenuità di Marinette è innegabile. Chiunque si sarebbe accorto che provo per lei gli stessi sentimenti che nutro per te, per Rose o qualunque altra amica"
"Marinette è una ragazzina ingenua ma è fatta così. Non puoi continuare ad ignorare i suoi sentimenti"
Poche lacrime continuano a sgorgare dai miei occhi ed io mi costringo ad asciugarle, cercando di mascherare il dolore che provo sotto strati di rabbia. So di essere la vittima perfetta di Papillon in questo momento ma non riesco a pensare positivamente. La testolina rossa di Tikki sbuca dalla borsetta ma non riesco nemmeno a guardarla negli occhi. Sono sicura che anche lei sia delusa da me, in questo momento. Non riesco a controllare i miei sentimenti, non riesco a controllare le mie emozioni e sicuramente non riesco a controllare le mie reazioni.
I miei piedi si muovono senza che io me ne renda conto e dopo aver spinto leggermente la porta, faccio il mio ingresso in quel circolo privato che si era formato fuori dal bagno. Posso vedere la faccia sconvolta di Alya che mi guarda dispiaciuta, quella soddisfatta di Chloé che trattiene a stento una risata malefica e il volto del modello. I suoi occhi sono tristi ma soprattutto increduli di fronte alla mia espressione di puro risentimento. Mi avvicino a loro lanciando ad ognuno uno sguardo indignato.
"Mi fa piacere che mi troviate strana, sciocca, infantile ed immatura"
"Marinette, io non volevo…"
"Cosa, Alya?"
"Io…"
Sventolo una mano davanti al mio volto, ignorando le lacrime che premono per uscire. Mi volto verso Chloé, non sapendo nemmeno io cosa dovrei dirle. La sua cattiveria non ha paragoni ma speravo che sentire su di sé le responsabilità di Queen Bee l’avrebbe aiutata a migliorarsi, prima o poi.
"Non dovresti prendere in giro le persone quando la prima a suscitare ilarità sei tu. Non saresti mai diventata una supereroina se Ladybug non avesse perso il Miraculous e questo perché nessuno crede in te, nessuno ti stima e soprattutto nessuno ti apprezza"
Lascio Chloé scontrarsi con il mio risentimento mentre mi rivolgo all’ultima persona a cui avrei voluto riservare quello sguardo arrabbiato. Adrien mi guarda colpevole, quegli occhi verdi che tanto amo sembrano velarsi di rimpianto anche se non riesco a capire il motivo di quel sentimento.
"Mi hai presa in giro per tutti questi anni"
"No, Marinette, io…"
"Ho passato gli ultimi anni ad amarti, ho trascorso notti intere a pensare a come superare il mio imbarazzo nei tuoi confronti"
Punto l’indice sul suo petto, imprimendo in quel gesto tutta l’indignazione di cui sono capace.
"Tu, invece… Tu sapevi tutto. Eri a conoscenza dei miei sentimenti verso di te, sapevi quanto mi sforzassi e non solo non mi hai mai detto nulla ma non facevi che ridere! Ridevi di me, di quanto fossi ingenua ed infantile nel non riuscire a pronunciare nemmeno il tuo nome, nel non accorgermi che non mi avresti mai ricambiata! Ti sei mai chiesto quanto fossi meschino in quei momenti?! Perché non mi hai mai detto nulla? Marinette, non ti amo, mi dispiace erano parole tanto difficili da dire?"
Alcune calde lacrime ricominciano a rigare il mio volto. Sospiro pesantemente fissando il soffitto dell’edificio cercando di fermare quel pianto silenzioso. Cerco di asciugare frettolosamente le guance e gli occhi per poi lanciare un’ultima occhiata ai miei tre carnefici ed andarmene, lasciandoli davanti alla porta del bagno con espressioni preoccupate.
Entro in classe solamente per raccogliere le mie cose ed ignorare i compagni che mi rivolgono domande sciocche. Poso i libri nel mio zaino e mi avvio verso la porta della classe, lasciando tutti senza parole e con mille dubbi. Esco dall’edificio e finalmente posso respirare a pieni polmoni mentre assaporo l’ossigeno che mi riscuote dal mio stato di paralisi.
Mille pensieri affiorano nella mia mente. A casa non poso tornare, i miei genitori mi farebbero troppe domande, a scuola non voglio rientrare, non saprei come affrontare gli sguardi dei miei compagni. Decido di fermarmi in un parco poco lontano dal centro e mi concedo un gelato. Chiedo alla commessa anche una piccola coppetta di gelato alla stracciatella che so piacere molto a Tikki e mi siedo ad una panchina. Nascondo il gelato dietro la borsetta, così che nessuno possa vedere il Kwami e mi lascio vincere da alcuni sospiri.
"Marinette, stai bene?"
La voce di Tikki mi riporta al presente, un presente che non è come vorrei. Getto la carta del gelato e prendo una salvietta per pulirmi le mani appiccicose. Non sono mai riuscita a mangiarlo senza sporcarmi ed ogni volta devo ricordarmi di comprare qualcosa con cui pulirmi, è snervante ma questo mi mostra senza ombra di dubbio quanto io sia davvero immatura. Sono così simile ad una bambina da non essermi accorta del parere delle persone che mi circondano.
"No, Tikki. Non sto affatto bene"
"Marinette, so che le parole di Alya ed Adrien ti hanno ferita ma ti prego, non farti vincere dai sentimenti cupi. Rischi di scatenare l’interesse di Papillon"
"Lo so, Tikki ma mi è difficile pensare positivamente in questo momento"
"Provaci, per favore. Non voglio vederti sotto l’effetto di qualche akuma"
"Non è semplice"
Il rumore di passi che si avvicinano è tutto ciò che mi è dato sentire mentre mi accorgo di aver chiuso gli occhi in cerca di un po’ di pace dalla realtà.
"Cosa non è semplice?"
Quella voce calda mi costringe a riaprire gli occhi, concentrandomi sulla figura che mi sovrasta. Gli occhi azzurri, i capelli tinti e l’inseparabile chitarra mi urlano a chiare lettere il nome del ragazzo che si sta sedendo accanto a me. Luka, con il suo innaturale tempismo, offusca ogni mio pensiero, lasciando solo lui al centro della mia mente.
"C-cosa?"
"Hai detto che non è semplice, cosa intendevi? Più che altro, con chi stavi parlando?"
Solo in quel momento mi volto verso la borsetta dove Tikki si è velocemente nascosta. Sospiro tranquillizzando il mio battito cardiaco che già aveva iniziato una personale marcia veloce. Torno a concentrarmi sul ragazzo al mio fianco e lo trovo intento a sorridermi. Quel suo sguardo riesce a disarmarmi. Ripenso alla sua domanda e non riesco a scegliere se confidargli ogni mio pensiero o nascondere i miei problemi godendomi la sua vicinanza. Alla fine, opto per una mezza verità, nella speranza che non indaghi troppo.
"Ho a-alcuni problemi a scuola che non mi è s-semplice risolvere. Speravo che qualche divinità potesse aiutarmi a capire come agire"
"Capisco. Non sono una divinità e non ambisco ad esserlo ma se vuoi posso cercare di aiutarti"
Di nuovo quel sorriso, di nuovo quello sguardo pieno di affetto. Il mio cuore prende vita decidendo di battere in maniera incredibilmente veloce mentre il mio volto si colora di un rosso acceso.
"N-non ti preoccupare, è una sciocchezza"
Nemmeno io riesco a credere alle parole che ho appena pronunciato. I miei sentimenti derisi da tutta la classe, la mia immaturità sbandierata ai quattro venti e la delusione che questo mi ha causato non possono essere ridotti ad un “è una sciocchezza” eppure Luka riesce sempre a far tornare il sereno nella mia mente. Mi accorgo di sorridere solo quando vedo il mio riflesso nei suoi occhi profondi. Una farfallina scura si avvicina a me per poi cambiare direzione e dirigersi verso il cielo azzurro. Papillon non avrà la mia mente al suo servizio facilmente ma mi rendo conto di aver rischiato davvero molto oggi.
"Non voglio obbligarti a confidarti ma se mai avessi bisogno di qualcuno con cui parlare, sai dove trovarmi"
"Sei un ragazzo davvero meraviglioso, Luka. Insomma, è meraviglioso quello che hai detto, non tu, cioè, non volevo dire che tu non sia meraviglioso solo che…"
La sua risata mi scioglie come neve al sole ed in quel momento capisco quanto il suo gesto sia colmo di divertimento senza accennare ad una presa in giro. È così diverso da chiunque mi sia stato accanto in questi anni che mi è difficile credere alla sua bontà.
"Sei davvero incredibile, Marinette"
La sua espressione cambia velocemente, passando dal divertimento al dubbio.
"Tu non dovresti essere a scuola?"
"Eh? Ah, sì"
Sento il rossore cogliere ogni mio tratto prima di nascondere il volto tra le mani.
"D-diciamo che ho saltato l-le ultime ore"
"Davvero?"
"S-sì"
"Sai, anche io ho fatto la stessa cosa qualche anno fa"
"Stai dicendo sul serio?"
"Sì. Non è una cosa poi così grave ma promettimi di non andartene in giro da sola. Parigi non è una città molto sicura"
"Promesso"
Lo vedo afferrarmi una mano mentre con l’altra cerca qualcosa all’interno del mio zaino. Una volta raggiunto l’astuccio, lo apre con un gesto secco e ne estrae una penna. Scrive un numero di telefono sul palmo della mia mano per poi lasciarmi la penna.
"È il mio numero. Se ti venisse voglia di sfogarti o di saltare altre lezioni, chiamami. Ti offrirò un gelato ed una buona spalla"
Prendo la penna e, con il volto di un rosso acceso, scrivo il mio numero sulla sua mano, ricambiando il suo gesto.
"G-grazie, Luka"
"Figurati"
Si alza dalla panchina offrendomi una mano da stringere. La sua vicinanza è un balsamo per le mie ferite ed io mi trovo a pensare a quanto inizio ad aver bisogno di quella cura, di quel sorriso che mi lascia felice, di quella risata che mi imbarazza e del suo dolce modo di preoccuparsi per me.
"Ti accompagno a casa"
Lungo il tragitto, parliamo del più e del meno. Scopro che dopo le superiori, è diventato insegnante di musica perché vuole aiutare ogni persona ad esprimere al meglio la propria personalità suonando. Una volta arrivati davanti all’entrata di casa, mi saluta lasciandomi un bacio sulla guancia e tornando nel traffico di Parigi.
Rimango imbambolata scuotendo la mano per raffreddare la temperatura che il mio volto ha raggiunto. È strano pensare a quanto io mi sia sempre sentita legata a Luka.
Mi volto verso l’ingresso di casa ma prima di poter entrare, una voce mi raggiunge.
"Marinette?"
Mi volto lentamente sapendo già chi mi sarei trovata davanti.

***

Eccomi puntuale con il secondo capitolo di questa storia! Cosa pensate di questo stravolgimento di equilibri? Adrien e Marinette riusciranno a ricucire un rapporto ormai incrinato? Che ruolo avrà Luka nei prossimi capitoli?
Giovedì prossimo leggerete un nuovo capitolo con una Marinette in preda a sentimenti contrastanti, vi aspetto!
Mi raccomando, se la storia vi sta piacendo, fatemelo sapere con un commento! :)
miss_MZ93

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


"Alya, cosa fai qui?"
"Sono venuta per parlarti"
"Non ce n’è bisogno, credimi. Adesso scusa ma sono molto stanca"
Afferro la maniglia, nella speranza di poter evitare questo confronto con lei, almeno per oggi. Le mie richieste però non sembrano realizzarsi perché sento la mano della ragazza afferrarmi il braccio, immobilizzandomi.
"Marinette, so che sei arrabbiata ma ti prego, possiamo parlare? Solo cinque minuti"
Non sono solo arrabbiata, sono delusa, sono stanca e triste eppure ho come la sensazione di doverle dare la possibilità di spiegarsi. Non voglio buttare al vento un’amicizia come la nostra perché sono troppo orgogliosa o testarda per regalarle qualche minuto della mia vita. Apro la porta di casa lasciando all’ingresso lo zaino e avvertendo mia madre che tarderò una mezz’ora con Alya.
La ragazza sembra felice della mia decisione anche se una sfumatura triste le attraversa gli occhi. La seguo in un bar non troppo lontano da casa mia, dove mi lascio convincere ad assaggiare alcune delizie. Alya continua ad aprir bocca sena pronunciare nemmeno una parola ed io non so se arrabbiarmi per il suo comportamento o aspettare le sue scuse.
"Non volevi parlarmi?"
"Eh? Ah, sì. Marinette, non so quanto della nostra conversazione tu abbia sentito ma…"
"Tutto, Alya. Ho sentito tutto"
"Capisco. Mi dispiace molto, Marinette. Io non credo che essere ingenua sia un difetto, non ho mai pensato questo, anzi, sono sicura che sia una delle cose che tutti adoriamo di te"
La vedo portarsi una ciocca di capelli dietro l’orecchio mentre mi osserva da sotto gli occhiali.
"Tu sei una persona stupenda e mi dispiace averti dato l’impressione che tutti ti stessero prendendo in giro. Non è così, credimi. Noi teniamo ad ogni tuo lato, da quello più serio a quello più gentile e dolce e anche a quello innocente ed ingenuo. Non potrei mai volerti diversa da quel che sei"
L’espressione di Alya lascia trasparire la sua sincerità. So di potermi fidare delle sue parole ma il rifiuto di oggi è una ferita ancora troppo fresca. Sbuffo sonoramente portandomi le mani tra i capelli avvolti dai due elastici. I miei compagni di classe non sono mai stati cattivi o meschini con me ma la rabbia mi ha offuscato vista e giudizio, portandomi a pensare di loro le peggiori cose. Fisso il piattino davanti a me per distrarmi dagli occhi speranzosi di Alya. I miei pensieri tornano alle parole di Adrien ed i sentimenti negativi cominciano a riaffiorare crudelmente. Il mio sguardo si posa sulla ragazza seduta di fronte a me.
"Mi dispiace molto, Marinette. Speravo che con il tempo Adrien potesse capire quanto tu sia speciale, dolce, gentile e premurosa e pensavo davvero che si sarebbe innamorato di te. Non ti ho mai detto che lui sapeva cosa provavi perché non volevo farti soffrire. Speravo che una tua dichiarazione avrebbe aperto il suo cuore e invece ho ottenuto solo l’effetto inverso. Potrai mai perdonarmi, Marinette?"
Le sue mani stringono le mie mentre i suoi occhi luccicano per le lacrime trattenute con forza. Le sorrido dolcemente ma nel mio cuore il tormento continua ad agitarmi.
"Penso di aver esagerato anche io. Ho sempre saputo di potermi fidare di te ma la situazione mi è sfuggita di mano"
Sospiro appoggiandomi allo schienale ed afferrando con entrambe le mani il bicchiere che contiene il mio succo di frutta.
"Il dolore e la rabbia provocate da Adrien hanno reso tutto più crudele e freddo di quel che era"
Il silenzio cala su di noi lasciandoci immerse nei nostri pensieri per qualche minuto. Il mio sguardo è concentrato sul vetro colorato che stringo, il suo invece è fisso sulle sue mani intrecciate. Dopo quelli che sembrano minuti interminabili, la voce di Alya spezza l’incantesimo che ci aveva avvolte riportandoci in quel bar.
"Quindi mi perdoni?"
Torno a guardare i suoi occhi scuri, riconoscendo finalmente la mia amica sotto quella maschera impacciata e timida.
"Non parliamone più, Alya"
"D’accordo"
Il suo sorriso si accende entusiasta mentre osserva la mia espressione. Non so cosa riesca a leggerci ma il suo volto diventa una maschera indecifrabile.
"Cosa c’è?"
"Sono preoccupata per te, Marinette. In fondo sei la mia migliore amica e sono sicura che ciò che è successo questa mattina non sia facile da assimilare"
"Non riuscirò ad accettare con semplicità di aver sprecato così tanto tempo a pensare a qualcuno che si prendeva gioco di me e dei miei sentimenti"
"Posso capirlo ma promettimi che verrai da me se ti dovessi sentire triste o sola"
Le sue parole mi riportano velocemente a quelle di Luka. I miei pensieri volano al ragazzo gentile e premuroso che mi ha sempre riservato il suo sorriso migliore. Istintivamente le mie labbra si distendono in un sorriso mentre un famigliare calore si fa strada sulle mie guance. Non mi accorgo nemmeno di aver iniziato ad osservare il palmo della mia mano, finché Alya non si sporge per vedere cosa mi abbia fatto cambiare umore così velocemente.
"Che cos’è?"
"Cosa?"
Cerco di distrarmi da quello che può essere un interrogatorio fin troppo lungo e noioso osservando l’ambiente che mi circonda. I miei occhi vengono catturati da una farfalla scura che svolazza nella mia direzione. Una volta arrivata abbastanza vicina a me, sembra bloccarsi sbattendo velocemente le ali. Posso sentirla percepire le mie sensazioni negative svanire al ricordo dei momenti trascorsi con Luka e mentre io continuo a pensare a lui ed alle sensazioni che mi provoca, l’akuma sparisce dalla mia visuale dirigendosi verso il cielo limpido.
"Marinette?"
Mi volto incrociando lo sguardo attento di Alya e per poco non mi metto ad urlare. Il suo volto è così vicino al mio da poter sentire i suoi pensieri rumorosi invadere la tranquillità di quel bar. Mi allontano da lei arrossendo mentre vedo i suoi occhi puntati sul numero di telefono che stavo guardando pochi istanti prima.
"Cosa c’è?"
"Chi è?"
Il suo sguardo diventa malizioso mentre cerca di leggere una risposta nella mia espressione confusa.
"Di cosa stai parlando?"
"Non mi incanti, Marinette. Di chi è il numero scritto sulla tua mano?"
Un sorriso sciocco aleggia sulle mie labbra. Il ricordo di quei momenti mi fa battere il cuore velocemente. Mi alzo dalla sedia raccogliendo la borsa da cui vedo Tikki godersi la situazione ridacchiando. Faccio qualche passo verso l’uscita del bar per poi voltarmi verso Alya.
"Sono una ragazzina ingenua, non capisco proprio di cosa tu stia parlando"
Le sorrido lasciandola seduta al bar mentre ridendo esco dal locale. Alya continua a fissarmi incredula, forse un po’ delusa dalle informazioni mancate ma sicuramente molto divertita dalla mia frase autoironica.
"Non mi sfuggirai per sempre, Marinette Dupain-Cheng!"
Sento le sue grida accompagnarmi all’aperto. Mi volto facendole una linguaccia ed iniziando a correre verso casa.
 
Una volta entrata in camera, mi lascio cadere sulla chaise longue con un sorriso ebete sul volto. Mi copro il volto con le braccia sperando che Tikki non noti quanto il mio volto sia diventato rosso. Le mie speranze diventano vane quando la sento svolazzare davanti a me e ridere.
"Mi trovi tanto divertente, Tikki?"
"Scusami ma finora ti avevo sentita così sicura di te solo nei panni di Ladybug. È divertente finalmente riuscire a vedere questo lato anche in Marinette"
Le parole del mio Kwami mi rimbombarono in testa per tutta la giornata. Possibile che io abbia davvero qualcosa in comune con Ladybug? Non ho mai pensato di poterle somigliare. Sono sempre stata sicura di essere una persona completamente diversa da lei, una ragazza che nessuno avrebbe affiancato all’eroina di Parigi. Non ho mai capito se fosse la maschera a darmi tanta sicurezza, quasi spavalderia, oppure se fossero i poteri di Tikki ma ho sempre pensato di non poter avere in me i tratti di Ladybug.
Dopo cena afferro il cellulare e finalmente decido di salvare il numero di Luka nella rubrica. Mi perdo pensando a quanta dolcezza e tenerezza si celino dietro ad un ciuffo di capelli tinti di blu.
La prima volta che lo vidi, pensai che fosse davvero un ragazzo molto bello.
La prima volta che lo sentii parlarmi, pensai che fosse molto simpatico e gentile.
La prima volta che lo sentii suonare, provai un’emozione così intensa da spaventarmi.
I miei sentimenti continuano ad essere confusi rispetto quel giovane: è ammirazione? Forse affetto? Non sarebbe così strano, in fondo è il fratello di una mia cara amica ma non credo che questo sia il vero motivo per cui mi sento tanto legata a lui. Da subito, Luka è riuscito a lasciare una parte di sé nella mia anima. Quel ragazzo che si sentì tanto in colpa per avermi presa in giro, quel giovane che ha sopportato una giornata intera che io sbavassi dietro alle figure di Katami ed Adrien, quel ragazzo che si è sempre dimostrato dolce con me. Lui è quella persona che ognuno di noi dovrebbe avere accanto, quella persona che sa come farti ridere, quella persona che ti è sempre accanto, specialmente quando hai bisogno di confidarti o sfogarti con qualcuno.
Distrattamente inizio a chiedermi se Luka stia suonando, se stia bene o anche solo se stia già dormendo. Sicuramente lui è il tipo di ragazzo da dormire con una semplice maglietta addosso a coprire appena i boxer. Riesco ad immaginarlo con un leggero lenzuolo a coprirgli le gambe e mentre mi perdo in fantasie decisamente fuori dalla portata della mia mente, qualcuno si schiarisce la voce, attirando la mia attenzione.
"Marinette? Marinette!"
Scuoto appena la testa, cercando di abbandonare i pensieri di un Luka addormentato tranquillo e fin troppo scoperto.
"Marinette!"
"Cosa c’è, Tikki?"
"Stai bene? Sei tutta rossa!"
Solo il quel momento mi rendo pienamente e tristemente conto di aver fantasticato per mezz’ora abbondante su un ragazzo che non è Adrien, su un ragazzo che non gli somiglia nemmeno lontanamente, su un ragazzo che è semplicemente questo, un ragazzo.
Mai prima di questo momento avevo sognato ad occhi aperti certi particolari. Mi è capitato molte volte di immergermi nei miei pensieri su Adrien, immaginavo di accompagnarlo agli shooting fotografici, immaginavo cene romantiche, immaginavo lunghe passeggiate al chiaro di luna. Sognavo di un futuro con lui, qualcosa con la classica cornice rose e fiori. Ho sempre pensato ad un matrimonio, una bella casa, tre figli ed un criceto ma mai, mai, avevo pensato al suo corpo più nudo che coperto.
Rimango scioccata dai miei pensieri, totalmente impreparata a quello che la mia mente ha appena partorito.
"Marinette, mi senti?"
"Sì! No! Sì! Sto bene, Tikki, non preoccuparti. Ho solo… Caldo"
Così dicendo mi avvicino alla finestra vicino alla mia stanza e la apro, lasciando che l’aria tiepida rinfreschi il mio volto, ormai in fiamme. Tikki torna a ridere di me, allontanandosi dal mio rifugio.
"Luka…"
Quel nome mi perseguita, non lasciandomi scampo. Perché tutto questo interesse nei confronti di un ragazzo che conosco appena? La risposta è semplice, perché vorrei conoscerlo meglio.
La sera scorre veloce mentre io non faccio che pensare alla figura dolce e gentile di Luka che ha invaso totalmente la mia mente.
 
I due giorni seguenti trascorrono con lentezza incredibile. A scuola tutti si sono accorti che nel rapporto tra me ed Adrien qualcosa è cambiato. Lui cerca costantemente il mio sguardo ed io cerco in ogni modo di evitarlo. Essere costretta a vederlo ogni giorno è straziante, non solo perché riesce a farmi sentire una bambina sciocca ed immatura ma anche perché adesso so che i miei sentimenti non sono corrisposti ed il dolore che provo non fa che ricordarmelo.
Venerdì, ultimo giorno di scuola prima del week end, ultimo giorno prima di potermi nascondere dal mondo per quarantotto ore. Non sono mai stata una ragazza solitaria o triste ma da quando il mio cuore si è spezzato, ho capito di aver bisogno di poter pensare lontana da consigli altrui.
In classe l’atmosfera è gelida, in parte per le continue interrogazioni, in parte perché i compagni stanno cominciando a creare due fazioni: pro-Marinette e pro-Adrien. Questa situazione è ridicola e nonostante i miei tentativi di spiegar loro l’inutilità di simili azioni, qualcuno ha già iniziato a discutere con il compagno di banco o con la migliore amica. È strano che tutti pensino che io sia infantile quando il loro comportamento è tutto tranne che maturo.
Al termine dell’ultima ora di lezioni, lo sguardo di Adrien si ferma su di me, costringendomi ad incontrare i suoi occhi verdi, gli stessi in cui mi sono persa per anni, immaginando il nostro futuro.
Lo vedo avvicinarsi ed il mio cuore perde un battito. Nonostante tutto, subisco ancora il suo fascino. Penso sia una cosa normale, non riuscirò a smettere di amarlo da un giorno all’altro e sarà ancor più difficile abbandonare ogni mio più roseo pensiero su di lui.
"Marinette"
"Adrien"
I suoi occhi si perdono nei miei mentre i miei si perdono nei suoi, uno scambio di sguardi così intenso da lasciarmi disarmata. Distrattamente mi rendo conto che la nostra vicinanza ha attirato l’attenzione di tutta la classe, anche di chi già si era allontanato dall’aula.
Alya è intenta a pregare per un lieto fine mentre riprende con il suo telefono la scena surreale che si è creata. Nino invece è appoggiato al banco, in attesa di sapere come si evolverà la situazione. Il resto dei nostri compagni è disposta in un cerchio perfetto attorno a noi, quasi come se invece di due persone, fossimo due galli pronti alla lotta.
Adrien è il primo ad accorgersi veramente del mondo circostante. Il suo sguardo si sofferma sui presenti, per poi afferrare la mia mano con delicatezza e decisione.
"Ho bisogno di parlarti ma non mi sembra il luogo adatto questo. Facciamo due passi?"
Nuovamente il mio cuore decide senza ascoltare la testa che urla implorando una via di fuga. Senza nemmeno voltarmi verso Alya, seguo il biondo fuori dalla scuola. Lo sento discutere qualche secondo con il suo autista mentre lascia lo zaino sul sedile posteriore dell’auto.
Pochi minuti più tardi, siamo nuovamente seduti alla panchina dove mi aveva trascinata qualche giorno prima.
"Mi dispiace, Marinette"
Se la mia vita fosse frutto di una favola, a questo punto qualcuno prenderebbe a pugni Adrien, risvegliandolo dalle sue fantasie e facendogli comprendere quanto in realtà sia innamorato di me. A quel punto, sicuramente inizieremmo a frequentarci, io dovrei presentarlo ai miei genitori come mio fidanzato e lui dovrebbe farmi conoscere meglio suo padre. Dopo l’università, arriverebbe la proposta di matrimonio, i figli e sicuramente il criceto.
Le mie fantasie vengono interrotte dal contatto caldo e tenero di Adrien sulla mia mano.
"Ti senti bene?"
È incredibile come lui riesca a provocare la mia fantasia ed a freddarla in così poco tempo. Mi impongo di pensare al rifiuto poco gentile di qualche giorno prima ma la mia mente riesce solo a recepire il calore che mi sta trasmettendo. Non dovrei provare tutto questo per lui, non dovrei più lasciarmi vincere dai miei sentimenti, dovrei imparare a vivere spegnendo la parte di me follemente innamorata di Adrien Agreste. L’ennesima carezza sul dorso della mia mano mi riporta in quel parco, circondata da bambini, da giovani coppie e da studenti intenti a ripassare le lezioni per il giorno seguente.
"Scusa, cosa stavi dicendo?"
"Mi dispiace. Io non volevo assolutamente farti soffrire, Marinette. Era l’ultimo dei miei pensieri, credimi"
Purtroppo so benissimo quanto sia sincero. Adrien, per quanto mi abbia uccisa, non aveva intenzione di farmi soffrire, non farebbe mai del male a nessuno e questo è uno dei lati che più amo di lui. È così  sensibile, dolce e premuroso da incarnare perfettamente la figura del principe azzurro.
"Non avrei mai voluto che tu sentissi i nostri discorsi e non perché non fossero sinceri ma semplicemente perché non era quello il modo in cui mi ero ripromesso di parlarti"
"Quel che è fatto, è fatto"
Torno a guardare il cielo che inizia a scurirsi sempre più. Ogni volta che mi trovo su questa panchina, mi vengono in mente i momenti trascorsi con Chat Noir sulla torre, i nostri incontri da supereroi vincitori. Il ricordo di quel gattino mi lascia un sorriso malinconico in volto. Forse lui potrebbe capire perfettamente come mi senta io in questo momento.
"Quello che più mi ha infastidita è stato il tuo voler ignorare la situazione. Eri a conoscenza dei miei sentimenti da quanto? Una settimana, un mese, un anno, magari tre o quattro? Non hai mai pensato di dirmi nulla, non hai mai pensato di affrontare il discorso con me, mi hai lasciata semplicemente in attesa, sicuro di poter contare sui miei sentimenti in qualunque momento"
"Ti sbagli! Non ho mai voluto prenderti in giro, Marinette! Sono sempre stato molto sincero con te riguardo il nostro rapporto. Per me sei un’amica, la mia migliore amica ma… Non riesco a vederti come nulla di più e questo non perché tu sia infantile o ingenua, sei probabilmente la persona più dolce e sensibile che io abbia mai conosciuto ma io… Io sono innamorato di un’altra persona"
Chiude gli occhi, appoggiando i gomiti sulle gambe e lasciandosi cullare dalle sue mani. Sembra così preoccupato e triste da lasciarmi un enorme vuoto all’altezza del cuore. Lui non vuole vedermi soffrire, lo so, l’ho capito, ma le sue parole, se possibile, hanno solo gettato sale sulle mie ferite. È innamorato, Adrien Agreste ama qualcuno, una ragazza sicuramente bellissima, intelligente e più adatta a lui, qualcuno con cui non dovrebbe sforzarsi di fingere, qualcuno che, dalla tristezza che sento nella sua voce, probabilmente non si rende nemmeno conto della fortuna che ha tra le mani.
"Non avrei mai voluto farti soffrire ma non avevo idea di come affrontare l’argomento, non sono bravo in questioni che riguardano i sentimenti, non è qualcosa che affronto spesso. Non voglio giustificarmi, avrei dovuto trovare il modo di parlarti appena ho capito che il nostro rapporto non era visto nella stessa maniera da entrambe le parti ma ho preferito aspettare, sperando egoisticamente che il tuo amore si dimostrasse l’ennesima cotta passeggera di una fan"
Non ha mai pensato che io potessi amarlo davvero, non ha mai considerato i miei sentimenti come il frutto di un rispetto e di una ammirazione profonda ma solamente come la sciocca infatuazione di una ragazzina verso il suo idolo. Il mio amore non mi era mai parso così inutile, freddo e vuoto come in questo momento. Chissà quante volte avrebbe voluto solamente avere un’amica al suo fianco invece di qualcuno con dei sentimenti così inutili.
Nonostante tutti i miei buoni propositi, le lacrime iniziano a sgorgare dai miei occhi. Cerco di asciugarle ma il mio volto ormai è sopraffatto. Un singhiozzo mi sfugge, attirando l’attenzione di Adrien che si volta verso di me preoccupato.
"Marinette…"
Mi volto, dandogli le spalle e cercando di nascondergli la parte più fragile e disperata di me. In questo momento, in cui a piangere è il mio cuore, non riesco a sopportare il dolore e la tristezza che mi invadono prepotentemente. Adrien appoggia una mano sulla mia spalla cercando di confortarmi da una sofferenza di cui lui stesso è causa.
"Ti prego, no…"
Le sue dita lasciano la mia maglietta verde mentre io mi piego sempre più verso le mie gambe, cercando di chiudermi come un riccio. Avrei voglia solamente di sparire, racchiusa in un bozzolo, in una protezione verso il mondo esterno, così duro, freddo e violento.
"Vattene, Adrien"
"Marinette, ti prego non…"
"Per piacere. Ho bisogno di rimanere da sola"
Senza aggiungere altro, Adrien si alza, lasciando vuoto e freddo su quella panchina e nel mio cuore. Lo sento allontanarsi lentamente e molte volte ho come l’impressione di essere osservata dai suoi occhi verdi e profondi.
Più provo a rimettere in senso i cocci del mio cuore, più Adrien sembra distruggere ogni brandello di me e questo mi uccide. L’ho sempre visto come la persona più buona, gentile e generosa del mondo ma adesso comincio a scorgere in lui tratti che mai avrei pensato potesse avere. È sciocco, non ha mai capito ciò che provavo per lui e quando è riuscito a vedere il mio amore, l’ha ignorato sperando che fosse un sentimento inutile e confuso come tanti altri. È stupido, non ha mai pensato di meritare il vero affetto di una persona che non faccia parte della sua famiglia, così facendo non è mai riuscito ad accettare di essere oggetto di tutti i miei sogni più rosei. Però è anche un misto di dolcezza e preoccupazione per il prossimo e l’ha dimostrato cercando di risolvere la situazione tra noi. Nonostante tutto, i miei sentimenti riescono ad offuscare ogni suo difetto, dipingendolo come un ragazzo perfetto, il principe azzurro che ogni ragazza desidera.
 
Le lacrime continuano a scendere copiose e più la mia tristezza scava nel mio profondo, più un solo pensiero riesce a non farmi sprofondare nell’oblio. Se mi lasciassi vincere dal dolore o dall’odio, Parigi cadrebbe preda di Papillon senza alcun dubbio e questo, Ladybug e Marinette non possono assolutamente permetterlo.
Tikki è rimasta tutto il tempo a guardarmi piangere. Il suo volto è la rappresentazione dello sconforto. Più volte ha tentato di uscire allo scoperto ma bambini che passeggiavano e genitori curiosi sarebbero stati spettatori di una rivelazione troppo delicata. Alla fine, il mio piccolo Kwami si è arreso all’evidenza di non potermi consolare come avrebbe voluto.
"Marinette, mi dispiace tanto. Sono sicura che un giorno troverai un ragazzo che ti amerà alla follia"
"Il problema è che non voglio un ragazzo che mi ami alla follia, io voglio Adrien Agreste. Voglio il ragazzo che il primo giorno di scuola ho trattato male pensando fosse complice di Chloè, voglio il modello che è riuscito a stregarmi con la sua bellezza, voglio il compagno di classe sempre pronto ad aiutarmi e starmi accanto"
Tikki torna nel suo rifugio lasciando che il dolore mi consumi lentamente.
"Marinette, ti prego, cerca di calmarti. I tuoi sentimenti ti oscureranno l’anima, stai attenta"
Ancora avvolta da sentimenti tutt’altro che positivi, mi rendo distrattamente conto dell’ennesima farfalla che dal cielo si avvicina velocemente a me. Papillon inizierà a pensare che io sia la vittima ideale se non lotterò contro i miei sentimenti ed il mio dolore. La consapevolezza ed il peso della mia missione mi colpisce violentemente.
Mi impongo di pensare positivamente ma nulla sembra scalfire la farfallina scura che continua ad avvicinarsi a me. Mi alzo dalla panchina velocemente, cercando di scappare da quella rappresentazione del male. Nulla serve ad allontanarla. Pensare ad Alya non serve, ricordare dolci momenti con i miei genitori non la scalfisce nemmeno, sperare di svegliarmi da quell’incubo felice ed allegra è quasi una stupida utopia.
Ad un tratto un’unica soluzione mi balena in mente, qualcosa a cui avrei dovuto pensare dal primo momento e che invece è diventata la mia ultima spiaggia.
Afferro il cellulare pensando a qualcosa da dirgli, una scusa da inventare, una frase da formulare ma i miei neuroni sono evidentemente entrati in sciopero. Quando risponde al telefono, le parole che tanto avevo cercato sono lì, sulla punta della mia lingua.
"Disturbo?"
"Non potresti mai disturbarmi, Marinette. Che succede?"
"Ho bisogno di te, Luka"

***

Eccoci al terzo capitolo. Cosa ne pensate? La nostra povera Marinette ha il cuore spezzato e la mente divisa tra due sentimenti profondi: tristezza ed affetto.
Cosa pensate possa succedere adesso? Cosa succederà con l'akuma, con Luka, con Adrien?
Ci vediamo giovedì prossimo con un nuovo, intenso(molto intenso) capitolo ;)
miss_MZ93

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


Un leggero ronzio continua a perseguitarmi mentre mi affaccio ad un vicolo dall’apparenza innocua. La voce di Luka rimbomba nelle mie orecchie e le sue indicazioni mi accompagnano per tutto il tragitto.
Qualche vicolo e molti incroci attraversati più tardi, davanti a me si apre uno spiazzo immenso dove il Louvre padroneggiare sui turisti. Dopo qualche minuto la farfalla sembra recuperare la scia di depressione e rabbia che mi sta annebbiando la mente. Si avvicina velocemente e più cerco di scapparle, più ho paura di trovarmi manovrata da Papillon e senza alcuna volontà di ribellione, non perché voglia cadere preda dei poteri che lui potrebbe darmi o della vendetta che potrei ottenere, ma perché non avrei la forza mentale sufficiente per contrastare una simile influenza negativa nel mio cuore.
Purtroppo, in questo momento, comincio a capire come devono sentirsi le vittime di Papillon. Non è bello essere seguiti da una farfalla nera e viola che vuole oscurare il tuo cuore approfittando di sentimenti che si affievolirebbero con il tempo.
Continuo a correre mentre la presenza del mio acerrimo nemico sembra avvicinarsi sempre di più. È proprio quando comincio a perdere le speranze che lo vedo. È bellissimo, avvolto da un paio di jeans, con una maglietta rossa con disegni neri. La sua figura continua a voltarsi in una ricerca apprensiva, quasi disperata.
La farfalla si avvicina sfiorando la borsetta dentro cui si è rinchiusa Tikki. Sento il Kwami scappare alla presenza di quell’essere creato da pura malvagità e l’orrore si impossessa di me. L’idea che Papillon si accorga della presenza di Tikki accanto a me, mi atterrisce completamente. Non posso permettermi di essere cosi fragile e debole con il nemico che da anni terrorizza Parigi. La paura mi spinge a compiere gli ultimi passi che mi separano da Luka.
Afferro velocemente il suo braccio, iniziando a trascinarlo per la piazza.
"Marinette? Mi spieghi cosa succede?"
"Papillon!"
"Cosa?!"
L’espressione triste e preoccupata di Luka mi immobilizza ma basta vedere in lontananza la farfalla scura svolazzare nella nostra direzione e le mie gambe tornano a muoversi freneticamente sull’asfalto.
"Una delle farfalle di Papillon mi segue!"
Vedo distrattamente Luka voltarsi verso la direzione da cui siamo appena fuggiti ed osservare quella macchia nera e viola fissarci.
"Dobbiamo trovare un posto in cui nasconderci. Sono sicuro che tornerà da Papillon se non riuscirà a catturarci"
"È tutto inutile! Lei mi sente…"
"Cosa significa che ti sente?"
"Percepisce i miei sentimenti oscuri e sta cercando di prenderne il controllo"
Senza che io me ne accorga, Luka inizia a trascinarsi lontano dalle vie principali. I vicoli diventano sempre meno affollati mentre la farfalla torna a seguirci, più agguerrita che mai. Sono completamente in preda al panico. Ho paura, ho paura di diventare una pedina di Papillon, ho paura di rivelare la mia identità, ho paura di perdere Tikki, ho paura, tanta paura. L’ansia inizia a stringermi in un abbraccio soffocante mentre io continuo a vedere quella maledetta farfalla svolazzare. Maggiore è la mia preoccupazione, maggiore è la velocità che spinge quell’essere oscuro nella nostra direzione e più si avvicina più sento l’ossigeno mancarmi nei polmoni.
Gli occhi di Luka si immergono nei miei mentre proseguiamo la nostra corsa verso una meta sconosciuta ma quello che mi colpisce di più è il suo sguardo fermo e fiducioso. La sua mano calda stringe la mia cercando di infondermi un po’ del coraggio che sembra avere lui. Non so come, lui riesce davvero a calmarmi. Il calore della sua pelle e la consapevolezza di averlo accanto a me riescono a lenire per un momento la tristezza e lo sconforto che Adrien ha lasciato nel mio cuore.
Quando si volta nuovamente verso la strada, lo vedo imboccare una via semideserta che affianca un giardino sconfinato.
Panchine color salvia e panna riempiono il marciapiede, mentre le macchine posteggiate sembrano delineare perfettamente l’asfalto.
La mia testa è invasa dalla confusione. Sofferenza, tristezza e tanta delusione convivono con emozione e palpitazioni incontrollate. Il dolore provocato da Adrien sembra quasi sbiadirsi, oscurato dalla strana sensazione di affetto che mi ispira Luka. Per un attimo, dimentico addirittura la presenza della farfalla e solo l’espressione del giovane al mio fianco mi rammenta cosa stia succedendo. Mi volto incrociando quella presenza confusa quanto me e comprendo quanto debba sentirsi disorientata dai miei sentimenti, così contrastanti tra loro.
La stretta di Luka mi risveglia dal mondo di stupore in cui mi ero immersa e mentre lo vedo sorridermi capisco che se quella farfalla non sembra più interessata a me, è solo grazie alla sua presenza. Un sorriso imbarazzato sorge sul mio viso e nei suoi occhi ritrovo il giovane pieno di dolcezza che ho conosciuto qualche anno fa.
 
Luka si ferma ad una panchina ed io lo seguo accomodandomi tranquillamente. Respiriamo faticosamente, reduci da una delle maratone più lunghe che Parigi abbia mai visto.
"Sono felice che ti senta meglio"
Un leggero sorriso increspa le sue labbra mentre il mio volto si tinge di un leggero rosso.
"Grazie, Luka. Se non fossi stato al mio fianco probabilmente non sarei riuscita a scappare da Papillon… O dai miei sentimenti"
Il suo volto si oscura e quel sorriso sparisce velocemente.
La sua mano stringe ancora la mia ma il suo sguardo sembra rattristarsi mentre continua a guardare davanti a sé. Mi sporgo verso di lui cercando i suoi occhi ma ogni mio tentativo è inutile, Luka non vuole farmi leggere i suoi pensieri o le sue emozioni ed il motivo mi sfugge. Sembrava così allegro e sereno qualche minuto fa che non capisco cosa possa avergli rovinato il buon umore.
Non voglio vederlo triste, non voglio vederlo soffrire, non voglio vederlo così. La consapevolezza di quanto io tenga a lui mi colpisce come uno schiaffo in pieno volto. Nonostante la gentilezza e la dolcezza con cui mi ha sempre trattata, non mi ero mai accorta di quanto tenessi a Luka.
La mia mano stringe la sua con forza cercando una reazione da parte sua o una spiegazione a questo suo cambiamento.
"Luka? Stai bene?"
Il giovane al mio fianco si risveglia da pensieri che continua a tenermi nascosti. Qualcosa lo turba ma ancora non comprendo cosa.
"Sì, io sto bene ma sono preoccupato per te"
"Preoccupato?"
I suoi occhi tornano a guardarmi e finalmente posso specchiarmi in quelle pozze profonde, così simili alle mie.
"Non so cosa ti sia successo ma sembravi piuttosto scossa. Vuoi parlarne?"
Il mio buon umore sembra sparire all’istante, sovrastato dal ricordo di tanto dolore.
"Ho scoperto che Adrien era a conoscenza dei miei sentimenti da molto tempo"
Non so dire cosa mi abbia spinta a raccontargli ogni cosa. Sento, però, di potermi sfogare con lui, di doverlo fare. Luka allenta la presa sulla mia mano. Non riesco a definire il sentimento che vedo nei suoi occhi ma sono sicura non sia nulla di positivo. Ho sempre saputo del suo interesse nei miei confronti e sono sicura che sentirmi parlare di Adrien e dell’amore che provo per lui, non debba essere semplice.
"Il fatto che l’abbia scoperto accidentalmente mi ha delusa. Avrei preferito che lui avesse affrontato la situazione in maniera diversa, parlandomi, spiegandomi che in me non vedeva nulla di più della timida Marinette, la ragazza che balbetta in sua presenza, di cui ha sempre riso, trovandomi divertente, buffa e strana"
Mi accorgo distrattamente che il lieve sorriso che avevo in volto ha lasciato posto ad un’espressione seria e dura.
Volto lo sguardo, fuggendo dagli occhi di Luka che sembrano volermi studiare. Davanti a me alcuni bambini passeggiano tranquilli sul marciapiede mentre altri giocano a pallone tra gli alberi del parco.
Un bimbo attira la mia attenzione. Capelli biondi, occhi verdi, ed uno sciame di bambine che lo guardano ammaliate. Avrà circa sei anni e già sembra il rubacuori del quartiere.
La somiglianza con Adrien è impressionante e più lo guardo più i sentimenti contrastanti che mi avevano rapita questo pomeriggio tornano a colpirmi.
"Ciò che mi ha ferita di più sono state le sue parole. Adrien non ha mai pensato che i miei sentimenti potessero essere reali. Ha ridicolizzato il mio amore per lui, paragonandolo all’affetto di qualunque altra ammiratrice"
Scosto la mia mano dalla sua, afferrando i miei vestiti e stringendone la stoffa tra le dita. I sentimenti di rabbia, dolore e delusione che pensavo di aver accantonato, riaffiorano velocemente, lasciandomi l’amaro in bocca.
"Ha avuto il coraggio di dirmi che sperava che con il tempo io smettessi di amarlo! Come se fosse possibile! Come se quei sentimenti fossero una mia convinzione!"
Il tessuto inizia a formare pieghe lasciando il vestito stropicciato.
"Marinette…"
"Come si può essere tanto stupidi da non rendersi conto di quanto una persona tenga a te?!"
"Marinette!"
Luka scosta le mie mani dal vestito, liberando dalla stretta in cui lo avevo imprigionato. Sento il suo sguardo perforarmi, cercare il mio ma quel dolore ormai mi ha riportata tra le mani dell’oscurità.
Il mio volto viene avvolto dalle carezze di Luka che sfiora dolcemente i miei lineamenti.
Per un momento, un solo, lungo istante, la mia mente si svuota, tornando alla pace che questo ragazzo riesce a donarmi.
"Mi dispiace"
Luka non è mai stato un ragazzo dalle mille parole ma ormai sono riuscita a comprenderlo abbastanza da sapere che dietro alle poche frasi che dice, si nasconde un poema. Lo vedo lottare contro sé stesso per aggiungere qualunque cosa la sua mente stia pensando.
"Non sempre le cose vanno come vogliamo ma sono sicuro che non sarà questo a cambiare l’allegria e la spontaneità che ti caratterizzano"
Le sue parole riescono a tranquillizzarmi e, se fossi una ragazza normale, probabilmente smetterei all’istante di trattare questo argomento, preferendo parlare di qualcosa di più allegro. Io però non sono una ragazza “normale”. La mia vita è costellata da sfide quotidiane che la maggior parte dei miei coetanei nemmeno sognano. I miei giorni scorrono veloci tra un nemico, una lotta al fianco di Chat Noir ed il tentativo di mantenere segreta la mia identità al resto del mondo. È proprio questo mio lato combattivo che sembra risvegliarsi in me. La piccola parte di Ladybug che probabilmente davvero vive in me, prende possesso del mio corpo, lasciando che un fiume di parole esca dalla mia bocca, senza filtri, senza censure, senza ripensamenti.
"Adrien è un bravo ragazzo ma nessuno dovrebbe mai permettersi di giudicare i miei sentimenti. Io non sono una macchina, non sono fatta di circuiti e benché io pensi di essere forte e pronta a qualunque sfida, rimango pur sempre una semplice ragazza. Non ho mai preteso che lui ricambiasse i miei sentimenti, anzi, spesso rimanevo a guardarlo da lontano, accettando ogni compagnia che lui potesse preferire a me. Chloé, Lila, Kagami, le mille fan che ogni giorno lo circondano davanti a scuola, impedendogli quasi di respirare e vivere, nessuna di loro ha mai scalfito i miei sentimenti. Lui invece è riuscito a ridicolizzarli, rendendoli quanto di più banale e stupido potesse esserci"
"Marinette…"
Un’orribile consapevolezza prende possesso della mia mente. Quella maledetta farfalla è riuscita a ritrovarmi ed a nulla sembrano servire le carezze che Luka ha ripreso a lasciare sul mio volto. La presenza oscusa si fa sempre più minacciosa e quando torno a guardare gli occhi di questo meraviglioso ragazzo, vi trovo tristezza, sofferenza e timore. È preoccupato per me, è preoccupato per quell’essenza che sicuramente non gli è sfuggita, è preoccupato per la mia rabbia che invece di diminuire, sembra solo accentuarsi ad ogni parola che pronuncio. L’ira che provo però è solo una maschera, un nascondiglio per un sentimento ben più profondo, forte e minaccioso: il dolore.
Calde lacrime si affollano ai miei occhi mentre ricomincio quello che ormai è diventato il mio monologo. Ho bisogno di sfogarmi, ho bisogno di parlare con qualcuno di tutto quello che sto provando, ho bisogno di piangere e poi rialzarmi, con i miei tempi e le mie modalità. La cosa che però mi spaventa maggiormente, è quanto poco mi interessi quella farfalla in questo momento.
"Non voglio soffrire, Luka. Non merito di esser trattata come una delle tante ragazzine che sembrano morire ad ogni passo che lui compie. Non merito di sentirmi paragonare a chi nemmeno lo conosce. Non merito tanta sofferenza per qualcuno che finora, a quanto pare, non ha capito nulla di me e dei miei sentimenti"
L’essenza di Papillon si avvicina sempre più. Ormai solo pochi metri ci distanziano e Luka sembra sempre più agitato dalla possibilità di avere a che fare con una Marinette posseduta dall’acerrimo nemico di Ladybug. Quello che non sa, è che se io venissi akumizzata, nessuno potrebbe aiutarmi. Chat Noir da solo non riuscirebbe mai a sconfiggere Papillon e Ladybug. L’aiuto di Queen Bee non servirebbe a molto e nessuno è a conoscenza della vera identità degli altri eroi. Se io diventassi una delle vittime di Papillon, tutta Parigi sarebbe condannata e, in breve tempo, la nostra nemesi riuscirebbe ad entrare in possesso dei Miraculous della coccinella e del gatto nero.
"Marinette, capisco che tu sia arrabbiata e delusa ma, per favore, cerca di calmarti. Hai cercato di sfuggire in ogni modo a Papillon, non puoi arrenderti adesso!"
Le parole di Luka non scalfiscono nemmeno la superficie del mio cuore. La piccola farfallina svolazza attorno a me, cercando di trovare un oggetto a cui io sia particolarmente affezionata. Il suo obiettivo è entrare nel mio cuore ed io non sto facendo nulla per contrastarla. Luka continua ad osservarmi, a tratti distratto dal ronzare dell’esserino scuro. Quando i suoi occhi incontrano i miei, il blu profondo delle sue iridi si immerge totalmente nelle mie, cercando di infondermi una sicurezza ed una tranquillità che non riuscirei a provare nemmeno se costretta.
"Sono stanca di combattere! Tutti si preoccupano solo di quello che dovrei fare e di ciò che mi è vietato ma nessuno si ferma a chiedermi cosa provi io, come mi senta, di cosa abbia bisogno! Nessuno si interessa davvero alla mia felicità!"
Basta un attimo, un secondo solo ed ogni cosa sembra sprofondare nel caos totale. La farfalla si posa sul braccialetto che mi ha regalato Adrien anni fa e nel profondo del mio cuore, l’oscurità inizia ad espandersi. Chiudo gli occhi, affondando in quel profondo buio contornato da tanta tristezza e delusione, i sovrani della mia coscienza.
La voce di Papillon inizia a tormentarmi e più io tento di resisterle, più sembra imprimersi con violenza nella mia mente.
"Marinette!"
Apro gli occhi, tornando alla realtà, in tempo per vedere Luka scuotermi e cercare di allontanarmi dal bracciale ormai quasi totalmente immerso nell’oscurità. A nulla servono i suoi tentativi, ormai Papillon ha stretto la sua morsa attorno a quell’oggetto ed alla mia mente. Solo in quell’istante mi rendo conto di essermi lasciata sopraffare dai miei sentimenti, cosa che mi ero ripromessa di non fare mai e poi mai. Il mio subconscio inizia a ribellarsi sempre più a Papillon che ancora urla e sbraita nella mia mente.
"Marinette, non arrenderti!"
"Io posso darti il potere di vendicarti contro la persona che tanto ti sta facendo soffrire. Posso aiutarti a fargli capire quanto i tuoi sentimenti fossero reali e profondi nei suoi confronti. Devi solo abbandonarti al lato più oscuro di te e promettermi di portarmi i Miraculous di Ladybug e Chat Noir"
Le voci di Luka e Papillon tormentano il mio cervello, lasciandolo nell’oblio assoluto.
"Lasciami stare! Non ti aiuterò mai a distruggere questa città!"
Distrattamente mi rendo conto di essermi alzata. Mi allontano velocemente, indietreggiando fino ad appoggiarmi alla parete di un edificio.
"Non voglio diventare una tua pedina! Non posso permettermelo!"
La mia disperazione raggiunge livelli impensabili e le lacrime, fino a quel momento trattenute forzatamente, trovano libero sfogo, rigandomi il volto. Lo sguardo di Luka diventa sempre più serio mentre lo vedo concentrato sul trovare una soluzione ad un problema da lui non causato.
Qualche istante più tardi, qualcosa sembra riscuoterlo dai suoi pensieri, lasciandogli un dolce sorriso sulle labbra. Gli bastano pochi passi, qualche centimetro da percorrere per imprigionarmi tra lui ed il muro alle mie spalle. Le sue mani tornano sul mio volto mentre i suoi occhi non abbandonano un solo istante i miei. Lascio che il mio sguardo si perda in quel blu profondo mentre lui accorcia sempre di più la distanza tra noi, fino ad azzerarla completamente.
Le sue labbra si posano dolcemente sulle mie, regalandomi stupore e dolcezza. Il blu dei nostri occhi continua a confondersi mentre la mia mente comincia a registrare ogni momento di quel contatto. La morbidezza della sua pelle, il suo tocco gentile, le carezze mai scontate e sempre rispettose, ogni singola cosa affolla la mia memoria, non lasciando spazio per nulla di diverso.
La voce di Papillon inizia a scivolare sempre più nel baratro del dimenticatoio mentre, come un leggero battito d’ali, l’oscurità inizia a scemare dalla mia mente.
Qualche istante più tardi, il mondo riprende a scorrere colorato davanti ai miei occhi ma qualcosa di totalmente diverso invade i miei sensi, il desiderio.
Quando Luka si accorge che in me non esiste più la possibilità di esser controllata da Papillon, si allontana impercettibilmente, accertandosi che io mi liberi del portafortuna, nascondendolo nella mia borsa, lontano dai miei occhi e dal mio cuore.
Le sue labbra tornano a dipingersi in un sorriso estremamente dolce ma incredibilmente provocante mentre la mia mente urla ciò che il mio corpo si appresta a fare. Non avrei mai pensato di poter ignorare così il mio cuore ma ogni cellula di me continua a chiedermi un’altra dose di quelle sensazioni meravigliose che ho appena provato.
Senza nemmeno rendermi conto di quello che sto facendo, la mia bocca ritrova la sua.
I miei occhi si chiudono, beandosi dell’emozione di quel bacio, così casto, così dolce ma assolutamente perfetto. Le mie labbra si muovono sulle sue che non si fanno pregare più di tanto per assaggiare nuovamente la mia pelle. Un formicolio si diffonde nel mio corpo. Una dolce scarica elettrica nasce da quel bacio ed inizia a percorrere tutto il corpo. La sensazione di fastidio sulle mie mani evapora totalmente quando trovano il loro posto, sul petto di Luka. Si muovono lentamente, quasi vinte da una forza invisibile che non riesco a controllare. Quando raggiungono le spalle di questo bellissimo ragazzo, un braccio decide di aver trovato il suo luogo felice. Circondo il collo di Luka, mentre l’altra mia mano si infiltra nella sua chioma a tratti blu. Quei capelli che ho sempre ammirato per l’audacia di mostrare la vera personalità di questo ragazzo, scivolano tra le mie dita, lasciandomi il ricordo di un momento dolce e semplice.
Più assaggio le labbra di Luka, più il suo sapore si mescola con il mio. Il suo corpo preme contro il mio imprigionandomi in un vortice di sensazioni che non avevo mai provato prima.
Giochiamo con le nostre labbra, incapaci di staccarci l’uno dall’altro, vinti da qualcosa di incredibilmente meraviglioso.
Luka continua ad accarezzare il mio volto per poi impadronirsi dei miei capelli e dalla mia schiena. Il suo abbraccio è tutto ciò di cui sento di aver bisogno in questo momento ma le sue labbra sono tutto ciò che voglio. Ho bisogno che queste sensazioni continuino ad affollare i miei pensieri, non solo per sfuggire a Papillon ma soprattutto per riempire il mio cuore, che inizia sempre più a bramare questo contatto con lui.
Posso percepire il suo sorriso, soddisfatto e malizioso, invadere le labbra che mi stanno baciando e sul mio volto si dipinge l’espressione più rilassata ed estasiata che io abbia mai avuto. Qualcosa inizia a muoversi nel mio profondo mentre le sue mani stringono la mia schiena, toccano le mie braccia, afferrano i miei fianchi.
Un rossore generale mi assale, lasciandomi in balia di quella nuova sensazione di benessere e dolcezza.
Quel mio piccolo paradiso viene interrotto troppo presto e troppo velocemente dalla suoneria del mio telefono.
Mugugno un lamento sulle labbra di Luka che ridendo si allontana da me. Le sue mani rimangono ancorate ai miei fianchi mentre io mi perdo nella bellezza dei suoi occhi. La luce che vi vedo all’interno è diversa dalle altre volte, un miscuglio di sentimenti e sensazioni indescrivibili.
L’ennesimo squillo del telefono spezza totalmente l’atmosfera. Cerco distrattamente il cellulare nella borsa, tentando di non distogliere lo sguardo dagli occhi di Luka ma ovviamente la fortuna non è dalla mia parte perché riesco a trovare tutto ciò che pensavo di aver perso tranne il telefono.
Improvvisamente le mie dita vengono attratte da una presenza della quale mi ero totalmente dimenticata: Tikki. La piccola Kwami mi guida attraverso le pieghe del tessuto e finalmente riesco ad afferrare il mio telefono.
Velocemente sblocco lo schermo luminoso, accettando la chiamata senza nemmeno guardare il mittente.
"Pronto…"
"Marinette, tesoro, dove sei?"
Il mio cervello riesce a recepire solo tratti indistinti delle domande che quella voce cosi familiare mi sta ponendo.
I miei occhi sono ancora intrappolati in un gioco di potere con quelli di Luka e nessuno sembra volerne uscire sconfitto. Quel blu penetrante mi disorienta totalmente, portandomi a rispondere al telefono quasi come un automa.
"Io e tuo padre ti stiamo aspettando. Dove sei?"
"Torno tra poco"
"Marinette, stai bene?"
"Tutto bene"
Il volto di Luka si distende nuovamente in un sorriso ammaliante ed una risata lo scuote tanto da farmi perdere anche quel briciolo di autocontrollo che avevo faticosamente recuperato.
"Luka…"
"Luka? Tesoro, sei con un tuo amico?"
Il mio volto si tigne nuovamente di rosso mentre l’imbarazzo mi sovrasta.
"Torno tra poco mamma. A dopo"
Termino la chiamata lasciando il telefono nuovamente libero di perdersi nella borsa. Luka mi guarda attentamente, forse perso nei miei stessi pensieri. La mia mente si affolla di domande. Cosa sono le strane sensazioni che ho provato baciando Luka? Come ho potuto lasciarmi vincere dal desiderio di avere le sue labbra sulle mie? Avrà provato i miei stessi sentimenti o mi ha baciata solo per distogliere la mia attenzione dalla presenza di Papillon? Il pensiero che quel gesto sia stato un mero tentativo di riportarmi al presente mi consuma, ricordandomi come anche io abbia agito nella stessa maniera con Chat Noir. Quando il suo corpo e la sua mente erano annebbiati e controllati dal male, io l’ho salvato baciandolo, un gesto in cui non vedevo nulla di romantico o passionale ma che sicuramente Chat Noir avrà interpretato come tale. Le labbra di Luka mi hanno portata in paradiso solo per liberarmi da Papillon?
Non posso continuare a torturare la mia mente in congetture ipotetiche.
"Ti accompagno"
Annuisco senza pensarci e mi avvio verso casa, assorbita da mille dubbi di cui sicuramente non avevo bisogno in una giornata già tanto complicata.
Luka cammina al mio fianco, cercando di ignorare la preoccupazione che sicuramente si può leggere sul mio volto. La mano sinistra in tasca, la destra tesa lungo il suo corpo, la bocca addolcita da un sorriso sornione. Ogni cosa di lui mi affascina a tal punto da non lasciarmi spazio per altri pensieri. Mi ritrovo immersa nel suo profilo, intenta a studiare ogni suo tratto. I miei occhi saggiano ogni centimetro di lui, i suoi capelli così particolari e unici, i suoi occhi che tanto mi ricordano i miei e la sua bocca, quelle labbra che in questo momento hanno il sapore della mela proibita di Adamo ed Eva. Siamo così vicini eppure così lontani e questa situazione mi riporta al desiderio che mi ha pervasa qualche minuto prima. Quelle sensazioni sembrano amplificarsi ogni secondo che passa ma la distanza tra noi sembra tale da creare una barriera solida seppure invisibile.
Distrattamente inizio a chiedermi cosa stia affollano la sua mente, forse per ignorare i miei tormenti, forse per una curiosità quasi morbosa. La mia tortura termina pochi istanti dopo quando, uscendo dal vicolo in cui ci eravamo addentrati, riprendo a respirare decentemente. L’ossigeno riaffiora nei miei polmoni, il sangue riprende a scorrere veloce verso le mie guance e sulle mie labbra torna un sorriso allegro e soddisfatto. La mano di Luka stringe la mia con forza mentre ogni cosa sembra tornare al suo posto in questa giornata non proprio rose e fiori.
Riprendiamo a camminare per le strade di Parigi e tutto ciò a cui riesco a pensare è quanto la vita possa essere meravigliosa se composta da semplici gesti. Mi stupisce la consapevolezza di quanto potere abbia Luka su di me. Se non fosse stato per lui sarei rimasta intrappolata dal potere di Papillon.
Una volta arrivati alla porta d’ingresso di casa mia, l’ansia riprende a scorrere veloce nelle mie vene. Un sentimento strano sembra avvolgermi, qualcosa dal sapore malinconico, dolce e triste assieme. Fino ad un minuto fa ero euforica pensando che la mano di Luka stesse stringendo la mia mentre adesso inizio a sentirmi arrabbiata senza alcun motivo. Forse sono semplicemente troppo concentrata sul non voler accettare ciò che il mio cuore sta provando. Sono triste perché so di dover lasciare Luka, sono arrabbiata perché avrei voluto passare più tempo in sua compagnia, cercando di capire cosa siano le sensazioni che riesce a trasmettermi ogni volta che siamo insieme ma soprattutto la malinconia di bei momenti appena trascorsi inizia a farsi sentire.
"Marinette? Stai bene?"
Quelle iridi azzurre e piene di dolcezza riescono a sciogliere in parte i miei sentimenti negativi mentre io cerco di riprendere il controllo di me stessa.
"Sì, no, cioè sì, sto bene. Grazie, grazie Luka"
La giornata non poteva finire se non balbettando, il mio marchio, la mia firma.
Sbuffo sonoramente pensando a quanto io riesca ad essere patetica ed immatura. Un sorriso dolce avvolge Luka, illuminando il suo volto. Quando la sua mano abbandona la mia, una nuova ondata di tristezza mi colpisce, violenta e dolorosa. Nei suoi occhi però leggo tenerezza e desiderio, due sentimenti che lo portano a regalarmi un ultimo, dolce ed incredibile bacio. Le sue labbra si soffermano appena sulle mie ma quando sembra volermi lasciare nel limbo delle mie emozioni, mi scopro talmente sicura di quel contatto da non lasciargli modo di andarsene. La mia bocca assapora la sua, le mie mani tornano tra i suoi capelli cercando di imprigionarlo, il mio corpo si espone in cerca di un contatto con il suo. Luka accarezza il mio volto, le mie spalle, le mie braccia, lasciando che le sue mani vaghino sul mio corpo senza malizia ma con tanta passione.
È solo dopo qualche minuto che riesco ad allontanarmi da lui, accettando il fatto che non possa rimanere ancora con me.
I nostri sorrisi parlano più di quanto le nostre bocche potrebbero fare in questo momento ed è proprio in quel momento che riesco a trovare la forza di far scattare la serratura della porta. Luka si allontana dalla soglia mentre io cerco di non interrompere il legame che si è creato tra i nostri sguardi, un gioco intrigante che costringe entrambi ad avvicinarci nuovamente. Le sue labbra tornano sulle mie, avide e sicure di ottenere ciò che vogliono. Per un solo, lungo, intenso momento, la sua lingua gioca con la mia lasciandomi un sapore di mirtillo e cannella.
Troppo presto siamo costretti a salutarci.
Luka riprende la sua strada, sorridendo felice ed io entro in casa. Rispondo velocemente alle domande dei miei genitori per poi avviarmi al piano superiore e lasciare che il mio buon umore si concretizzi in un urlo soffocato dal cuscino del mio letto. Non esiste Papillon, non esiste Tikki, non esiste nemmeno più Adrien. I miei pensieri sono tutti focalizzati su quel dolce ragazzo dai capelli blu.

***

Cari lettori, eccoci di nuovo assieme per il quarto capitolo di questa storia. Cosa ne pensate? Devo ammettere di avere un debole per Luka(nonostante io sappia per certo che il futuro di Marinette sia con Adrien <3) e questo capitolo è stato una dolce emozione per me per prima! Voi cosa pensate che succederà adesso? Marinette come si comporterà con Luka? Con Adrien invece
Appuntamento al prossimo giovedì per un nuovo capitolo!
miss_MZ93

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 ***


La giornata prosegue tranquilla, Tikki non si è risparmiata commenti estasiati ma preoccupati né brevi rimproveri per la situazione pericolosa che ho dovuto affrontare ma dopo appena un’ora di discorsi a senso unico, ha capito di non poter chiedere troppo dalla mia fragile e provata mente e si è limitata a raccomandarmi più cautela verso i miei sentimenti.
Dopo cena, il calore sul mio volto è tale da costringermi ad aprire la finestra della stanza. Nel farlo, qualcosa attira la mia attenzione, un’ombra scura appoggiata alla ringhiera del mio balcone. Potrei riconoscere quel profilo ovunque, in qualunque situazione.
Le orecchie nere, la cintura che gli raffigura la coda del gatto da cui prende il nome e quella maschera a coprire i suoi occhi, di un verde intenso, quasi da star male. Chat Noir osserva Parigi, immerso nel buio in cui sembra trovarsi tanto a suo agio. I suoi capelli biondi, illuminati della luna, rendono quella visione quasi angelica ma bastano pochi secondi perché qualcosa si sblocchi nella mia mente. Chat Noir non viene spesso a trovarmi, anzi, erano ormai mesi che non lo vedevo nei panni di Marinette.
"Ti sei consolata velocemente"
Una frase, quattro parole, un significato che non mi è dato conoscere ed un tono freddo e distaccato che non ricordano la persona con cui ho riso molte volte negli ultimi anni.
"A cosa ti stai riferendo?"
I suoi occhi incatenano i miei mentre cerco di non inciampare uscendo dalla mia stanza. È incredibile quanto io riesca ad essere goffa a volte. I miei pensieri vengono interrotti dall’espressione arrabbiata, quasi furiosa, di quel gatto nero.
"Quello che mi… che gli hai detto oggi era tutta una menzogna?"
"Di cosa stai parlando?!"
"Vi ho visti, Marinette!"
"Visti?! Chi?!"
"Tu e Luka! "
Il sangue sembra esser affluito velocemente verso il mio volto rendendolo rosso in pochi istanti. Possibile che tra tante persone che vivono a Parigi, proprio lui dovesse passare da quel vicolo? Era lì per caso. Vero?
I dubbi iniziano a consumare i miei poveri neuroni che cercano in ogni modo di ribellarsi al troppo lavoro a cui li sto sottoponendo oggi.
"Ti sei consolata velocemente, Marinette o forse era già da tempo che vi frequentavate?"
Non mi piace assolutamente il tono con cui si sta rivolgendo a me e tanto meno riesco ad accettare le parole che escono dalla sua bocca. Chat Noir non si è mai dimostrato tanto irrispettoso nei miei confronti e non riesco a trovare un motivo plausibile a tanta crudeltà.
"Perché sei arrabbiato con me? Cosa ti ho fatto? Davvero mi stai trattando così per un bacio? Non sai nemmeno il perché siamo arrivati a tutto questo! Cosa ne sai tu di quello che mi sta succedendo? Cosa ne sai tu di me e Luka?!"
Le mie parole sembrano colpire un tasto dolente, qualcosa a cui l’eroe mascherato non riesce a trovare risposta.
Il suo sguardo sembra immergersi nelle ombre mentre inizia a giocare con la sua finta coda. Mi ricorda molto un bambino colto a frugare nei cassetti della madre, intimorito, imbarazzato e colpevole.
"So cos’è successo oggi tra te ed Adrien"
Quella rivelazione mi lascia senza parole. Ero sicura che nessuno dei nostri compagni ci stesse osservando, ero sicura di essere sola nel vedere il lato così meschino del modello biondo, ero sicura che Chat Noir non fosse lì, perché se così fosse stato, sicuramente sarebbe accorso a consolarmi.
Un unico pensiero mi sfiora la mente ed il mio sguardo diventa fuoco puro.
"Ti ha raccontato ogni cosa"
Il suo sguardo, sempre più colpevole, cerca di sfuggire al mio, probabilmente conscio di non aver modo di sfuggire al mio interrogatorio.
"Cosa ti ha detto?"
Il silenzio sovrasta il rumore del mio cuore impazzito ma non il suono del suo Miraculous che inizia a segnare il nostro tempo assieme.
"Rispondimi Chat Noir"
Quegli occhi verdi che mi sono sempre sembrati fin troppo familiari, trovano finalmente il blu profondo dei miei. La tristezza che vi leggo all’interno è lo specchio dei sentimenti che mi hanno quasi portata tra le braccia di Papillon.
"Cosa ti ha detto?!"
Lo vedo sbuffare e lasciarsi cadere sul pavimento che ricopre il terrazzo della palazzina. Appoggia il volto al ginocchio guardandomi con tristezza. È quasi naturale per me avvicinarmi e sedermi di fronte a lui, lasciando che lo spazio che ci separa si riempia delle nostre parole.
"È preoccupato per te"
Un sorriso falso e forzato affiora sulle mie labbra.
"Lui è preoccupato per me?"
"Sì…"
Il volto del mio compagno di battaglia si dipinge di preoccupazione e rimproveri.
"Mi ha chiesto di seguirti, proteggerti se fosse stato necessario. Aveva paura che tu potessi compiere qualche azione avventata"
Lui era preoccupato che io potessi fare qualcosa di tremendamente sciocco ma cosa? Spero non abbia pensato al peggio perché sarebbe tremendamente stupido ed egocentrico. Non potrei mai abbandonare i miei genitori, i miei amici, la mia vita, solo perché lui ha deciso di spezzarmi il cuore nel peggiore dei modi.
Continuo a guardare Chat Noir ma più osservo i suoi occhi, più lui sembra rattristarsi. Il silenzio diventa insopportabile.
"Sono sicuro che lui non volesse farti soffrire"
"Cavolate"
Vedo il suo sguardo sorpreso dalle mie parole. Non pensavo di poter essere così cattiva nei confronti del ragazzo che ho amato per tutti questi anni eppure il suo poco rispetto verso i miei sentimenti, il suo prendersi gioco di me, la sua mancanza di serietà per un argomento tanto delicato, hanno distrutto ogni castello che mi ero creata. Nella mia mente non ci sono più un matrimonio, una casa meravigliosa, figli, rimane solo un enorme vuoto lasciato dai miei sogni infranti.
"Marinette, io non…"
"Se non avesse voluto ferirmi, mi avrebbe detto la verità subito! Non avrebbe lasciato la mia mente libera di crearsi un futuro assieme, non avrebbe ignorato i miei sentimenti sperando che fossero minimamente paragonabili a quelli di qualunque altra sua fan"
Il ricordo delle sue parole mi ferisce più di quanto vorrei. Fatico a credere che il ragazzo di cui mi sono perdutamente innamorata, sia lo stesso che ha giocato con le mie emozioni, sperando che fossero un’ illusione passeggera. I sentimenti non possono essere tanto effimeri. Alcune lacrime iniziano ad accumularsi nei miei occhi, incapaci di trattenerle.
"Non mi è mai importato nulla del suo lavoro, della sua popolarità, del suo fascino da modello di punta! Non mi sono innamorata di lui perché l’ho visto su qualche cartellone! Io lo amo per quello che è!"
Il mio volto, ormai rigato e segnato dal dolore, sembra spaventare il ragazzo seduto davanti a me. Lo vedo più volte lottare tra il desiderio di stringermi a sé e consolarmi e la paura di un mio rifiuto. Nemmeno io saprei dire come potrei reagire in questo momento. Non voglio essere compatita ma ho bisogno di un abbraccio, del calore di una persona che mi stringa a sé dicendomi che andrà tutto bene, che tutto si risolverà nel migliore dei modi.
"Come ha potuto paragonarmi ad una sua ammiratrice? Eppure la prima volta che l’ho visto non ho provato che rabbia nei suoi confronti. Pensavo fosse un altro ricco sfacciato e prepotente come Chloé, pensavo fosse stato lui a prepararmi quello scherzo infantile e cattivo, pensavo che fosse proprio come tutti gli altri"
Istintivamente mi stringo le gambe al petto, nascondendo il mio volto alla vista di chiunque. Nonostante Luka, nonostante le emozioni che mi ha fatto provare oggi, pensare a lui mi distrugge. Lui, che ho amato più di qualunque altra cosa, lui che era diventato il centro del mio mondo, lui di cui io ero follemente gelosa.
"È il ragazzo che mi ha lasciato il suo ombrello quello di cui mi sono innamorata. Amo la sua gentilezza, il suo cuore dolce e premuroso, quel dolore che sembra sempre chiudersi dentro al petto. Amo il suo sorriso, i suoi occhi, verdi e profondi, sempre allegri e cordiali, i suoi capelli biondi che mi ricordano il sole ed il calore che riesce ad emanare"
Le lacrime hanno lasciato il posto ai singhiozzi, il dolore si espande in me lasciando solo vuoto, delusione e rabbia.
Sento la mano timida di Chat Noir appoggiarsi alla mia spalla e la sua fronte sui miei capelli.
"Mi dispiace tanto, Marinette. Non avevo capito niente. Non mi ero reso conto che…"
Chat Noir continua ad accarezzarmi dolcemente, in attesa che gli spasmi che mi percorrono il corpo si affievoliscano. Purtroppo però mi è impossibile calmarmi e tutti i sentimenti assopiti nel mio cuore tornano potenti e distruttivi.
"Non doveva prendersi gioco di me. Non ne ha il diritto!"
La mano di Chat Noir si muove velocemente, spostandosi dalla mia spalla come se le mie parole lo avessero scottato. Il suo corpo si allontana dal mio e la mia rabbia riprende a scorrere nelle mie vene più veloce che mai.
"Marinette, non pensi di esagerare?"
"Esagerare?!"
Il mio volto incontra nuovamente i suoi occhi mentre un altro suono fastidioso si propaga dall’anello che porta al dito. Lo vedo alzarsi lentamente mentre le sue labbra si piegano in una smorfia. Non capisco come faccia a difendere la persona che ha preso il mio cuore per poi schiacciarlo tra le dita.
"Nessuno voleva prenderti in giro, sicuramente non Adrien"
"Non devi nemmeno nominarlo! Tu non sai nulla di quello che è successo perché non eri lì!"
Mi alzo a mia volta, cercando di contenere una rabbia che rischia di accecarmi nuovamente.
"Non hai idea di cosa si provi a veder schiacciare il tuo cuore confondendo dei sentimenti puri per qualcosa di banale e stupido! Non hai idea di cosa abbia significato per me sapere che lui era a conoscenza dei miei sentimenti e li ignorava palesemente sperando di sbagliarsi! Come se si vergognasse di quello che potevo provare nei suoi confronti! Come se io non fossi degna di lui o delle sue attenzioni!"
Parole che mai avrei pensato di poter pronunciare, stanno ormai scivolando libere in un vortice di rabbia ed odio. Non faccio nemmeno caso al tremore che mi avvolge come un manto. Ho solo bisogno di sfogare la mia rabbia prima che mi trasporti nuovamente nel limbo creato da Papillon. La cattiveria che sto rivolgendo verso quel ragazzo dai capelli biondi è l’unico modo che ho per potermi liberare di questi sentimenti negativi, per non lasciare che sia solo il dolore a vivere nel mio cuore, perché quello, ne sono certa, potrei riuscire a contenerlo.
"Lui non ha mai detto niente del genere!"
"Ho sopportato per anni di vederlo accanto a ragazze insolenti come Chloé, perfide come Lila o glaciali come Katami. Sono convinte di poter essere la persona giusta per lui, di poter avere il loro lieto fine ma nessuna di loro prova sentimenti reali! Chloè è solo accecata dal desiderio di notorietà, dalla certezza che tutto possa essere una sua proprietà. Lila è una grandissima bugiarda, non ha parenti famosi, non conosce nessuna celebrità e sicuramente non è la migliore amica di Ladybug! Katami è l’unica che possa dire di nutrire qualcosa di simile all’amore ma è offuscato dal suo unico obiettivo, diventare il miglior schermidore di Parigi sconfiggendolo"
Le nocche delle mie mani ormai sono totalmente sbiancate e le unghie stanno affondando sempre più nei miei palmi.
"Cosa c’entrano loro adesso?! Marinette cerca di calmarti!"
"Nessuna di loro lo ama veramente eppure lui ha avuto il coraggio di paragonare i miei sentimenti a quelli di un’ammiratrice, che non prova nemmeno la metà dell’affetto di Chloè, Lila o Katami, che non tiene a lui nemmeno come un’amica o una compagna di classe! Mi ha considerata alla stregua di una sconosciuta, quindi non venirmi a dire che sto esagerando, Chat Noir!"
Lo vedo arretrare, colpito in pieno dai miei sentimenti che da splendidi e puri sono stati trasformati in glaciali e terribilmente fastidiosi. L’eroe di Parigi, silenzioso come mai l’avevo visto, lascia che il suo sguardo si posi a terra, ignorando il fuoco che vive nei miei occhi. Lo vedo chiudere i pugni sul suo bastone in un vano tentativo di calmarsi. La rabbia che gli ho versato addosso sembra trovare la vittima perfetta per avere nuova vita.
Gli occhi verdi di Chat Noir tornano a guardare i miei ed al loro interno non riesco a distinguere la persona a cui tengo particolarmente. Cattiveria, desiderio di ferire e distruzione vivono in lui. È ironico pensare a quanto sembri la reincarnazione del suo Miraculous, in questo momento più che mai. Un nuovo segnale mi avvisa che la trasformazione dell’eroe sta per concludersi e distrattamente inizio domandarmi su chi o cosa abbia utilizzato il suo Cataclisma.
"Adrien avrà sbagliato a nasconderti la verità, avrà sbagliato a non parlarne con te subito, avrà sbagliato a paragonarti ad una semplice ammiratrice ma rispondi ad una domanda, Marinette. Se l’avessi amato davvero, avresti lasciato che un altro ragazzo ti baciasse o meglio, avresti lasciato che il tuo corpo desiderasse baciarlo?"
Spalanco gli occhi, incredula di fronte alle sue parole così simili ai pensieri che avevo rilegato nel fondo della mia mente.
"Ma cosa…"
"Rispondi, Marinette. Perché l’hai fatto se dici di amarlo così tanto?"
"Non hai il diritto di…"
"Perché lui?!"
"Perché? Perché quando l’ho conosciuto si è innamorato di Marinette, della goffa e sbadata ragazzina che balbetta. Perché non ha mai preso in giro il mio imbarazzo ma pensava che fosse qualcosa di dolce e tenero. Perché ha messo da parte i suoi sentimenti più volte per lasciarmi libera di seguire il mio cuore. Perché quando ormai mi stavo arrendendo all’idea di non poter essere ricambiata, lui mi ha spronata a non lasciare che la paura di un rifiuto mi impedisse di impegnare ogni mia energia in quell’amore. Perché quando sono con lui, nemmeno Papillon riesce a controllare la mia mente. Perché se non fosse stato per quel bacio io adesso sarei un problema per tutta Parigi. Perché quando mi ha baciata non l’ha fatto senza pensarci bene, l’ha fatto perché mi avrebbe aiutato, perché lo voleva da tempo, perché in fondo anche io lo volevo disperatamente"
La mia voce si affievolisce mentre la consapevolezza di quelle parole mi colpisce.
"Perché se il mio cuore potesse parlare urlerebbe il nome di Adrien ma il mio corpo e la mia mente chiamerebbero sempre Luka"
Chat Noir indietreggia, scontrandosi con la ringhiera che delimita il mio balcone. Non so se le mie parole abbiano colpito più lui o me ma qualcosa è scattato, attivando un cambiamento necessario, quasi inevitabile.
L’eroe mascherato stringe con forza la barriera in metallo. Nei suoi occhi leggo sentimenti contrastanti, sofferenza, risentimento, pentimento, rabbia e qualcosa di molto simile a tenerezza ed affetto. Non ho idea del perché quelle parole siano fuoriuscite dalla mia bocca in maniera così semplice ma quasi crudeli eppure ho l’impressione di essermi liberata da un peso immenso. La verità può non essere esattamente ciò che vorremmo e mai come in questo momento mi trovo d’accordo. Non pensavo di poter provare dei sentimenti per qualcuno che non fosse Adrien ma dopo tutto quello che è successo, mi rendo conto di quanto sia stata cieca. Tutto è nato quando mi sono specchiata negli occhi di Luka. Ogni dubbio verso Adrien, ogni tentennamento, ogni strano sentimento confuso e senza senso, ogni cosa è cambiata quando una persona così dolce, buona e gentile ha deciso di interessarsi di Marinette, la ragazza timida, sbadata ed infantile.
Passano minuti che sembrano ore ed i miei pensieri continuano a vorticare attorno a Luka ed Adrien. Chat Noir mi osserva incuriosito e intimorito, probabilmente conscio del mio tormento interiore.
"Mi sento…"
Mi manca la parola esatta. Sono frastornata, sono immersa in mille dubbi ed altrettanti pensieri, sono stanca e molto incredula.
"Confusa?"
"Molto"
Lo vedo avvicinarsi. La sua cintura si muove appena, trascinata dal vento. Quei capelli biondi così familiari riaccendono sentimenti che vorrei non provare. Ciò che mi attira particolarmente però sono i suoi occhi, tristi, profondamente tristi. La rabbia che lo stava consumando sembra svanita, lasciando posto solo a disperazione, rimpianti e compassione.
"Mi dispiace, Marinette"
L’ennesimo suono fastidioso ci ricorda che tra pochi secondi Chat Noir scomparirà dai miei occhi, lasciando posto al ragazzo sotto la maschera.
Si ferma, guardandomi intensamente e con affetto. Le braccia dell’eroe parigino mi avvolgono, trascinandomi sul suo petto. I suoi muscoli si tendono sotto le mie mani mentre il suo cuore inizia a battere velocemente, troppo velocemente. Posso sentire l’ansia per un mio rifiuto prendere vita in ogni parte di lui.
Non so cosa sia successo nella mente di Chat Noir ma so cosa attraversa la mia ed è un disperato bisogno di calore. Dieci minuti fa speravo solo che il ragazzo mascherato se ne andasse, dieci minuti fa stavo urlando a tutta Parigi quanto fosse vero e profondo il mio amore, dieci minuti fa avrei allontanato l’eroe senza pensarci due volte. Tutto quello che riesco a fare adesso invece è abbracciarlo a mia volta, lasciando che il suo profumo mi inebri la mente, cancellando ogni preoccupazione. Il volto di Chat Noir si immerge nei miei capelli, lasciati sciolti a coprire le mie spalle. I suoi muscoli si rilassano, finalmente sicuri che non scapperò da lui. Lo sento inspirare profondamente, beandosi del bagnoschiuma alla vaniglia che continuo a comprare.
"Mi piace il tuo profumo"
Mi lascia un dolce bacio sulla nuca prima di allontanarsi e regalarmi uno dei sorrisi più dolci che io abbia mai visto.
"Detesto vederti triste. Sei molto più bella quando sorridi"
Chat Noir si volge verso la ringhiera saltandoci sopra abilmente. Mi guarda per un ultima volta, lasciandomi con una frase dal sapore dolce amaro.
"Non lasciare che nessuno rubi la tua allegria e tenerezza, Marinette"
Spicca un salto atterrando sul suo bastone. Tra i tetti ormai posso solo sentire i gatti miagolare al suo passaggio e le urla di quel ragazzo biondo che si perdono tra le strade della città.
"Tornerò presto, te lo prometto!"

Rientro in camera, con i pensieri più confusi di prima.
"Marinette, stai bene?"
La vocina di Tikki mi distrae per qualche istante, giusto il tempo necessario per sentire il telefono vibrare nello zaino.
"Non lo so, Tikki. Sono molto confusa. Ho sempre pensato di amare Adrien più di chiunque altro ma quello che è successo oggi con Luka mi ha fatto capire che non mi è indifferente. Non so cosa fare"
Il Kwami si avvicina a me, svolazza davanti ai miei occhi per poi abbracciare la mia guancia teneramente.
"Non ti preoccupare, Marinette. Andrà tutto bene, ne sono sicura"
Le sue parole, per quanto possano sembrare scontate, riescono a tranquillizzarmi.
La serata trascorre leggera, i pensieri ogni tanto mi rapiscono dalla realtà e Tikki è talmente dolce e premurosa da risvegliarmi dal mio tormento ogni volta.
La notte passa lentamente mentre i miei sogni si riempiono di colori. Gli occhi verdi di Adrien si confondono con quelli azzurri di Luka, il suo volto viene coperto da una maschera nera mentre i capelli assumono sfumature bionde. Il ragazzo che trovo nei miei sogni si confonde tra le figure dei tre maschi che occupano i miei pensieri. Ho bisogno della vicinanza di Chat Noir, desidero ardentemente un nuovo bacio da parte di Luka ma continuo ad avere il batticuore per Adrien. La confusione regna sovrana in quella notte agitata mentre sento la voce di Tikki cercare di svegliarmi.
Quando la mia kwami finalmente mi raggiunge nel limbo dei miei sogni, ritrovo la via della pace. I miei sogni tornano limpidi ed un bel cielo stellato si affaccia sulla torre Eiffel, protagonista di ogni mia avventura.

***

Buongiorno a tutti! Cosa pensate di questo capitolo? Devo ammettere di aver avuto il batticuore scrivendo questa parte. Ho cercato di descrivere al meglio questa discussione tra Chat Noir e Marinette e più volte mi sono chiesta: riuscirò a far comprendere la situazione ai lettori? Da un lato volevo emergesse quanto Marinette stesse soffrendo, dall’altro volevo far capire quanto Chat Noir fosse arrabbiato per il bacio ma anche preoccupato per la sua amica. Non vedo l’ora di leggere i vostri commenti!
Come sempre, un saluto ed appuntamento al prossimo giovedì! ;)
Miss_MZ93

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 ***


Pov Adrien.
 
"Eri a conoscenza dei miei sentimenti da quanto?"
Un affondo mancato.
"Non hai mai pensato di dirmi nulla, non hai mai pensato di affrontare il discorso con me, mi hai lasciata semplicemente in attesa, sicuro di poter contare sui miei sentimenti in qualunque momento"
Parata non riuscita.
"Vattene, Adrien"
Sconfitta.
Erano mesi che non perdevo un incontro ma oggi non riesco proprio a concentrarmi. Le parole di Marinette continuano ad affollarmi la mente, lasciandomi stordito.
È da tempo che mi sono accorto del suo interesse nei miei confronti ma non sono mai riuscito a trovare il momento e le parole adatte per parlargliene. Marinette è sempre stata una cara amica per me, ho sempre potuto contare su di lei, sul suo appoggio e sul suo affetto ma temo che gli ultimi avvenimenti abbiano rovinato ogni cosa.
I rimproveri di monsieur D’Argencourt mi riportano alla realtà per un breve istante, abbastanza per sentirmi in colpa per non aver prestato attenzione agli allenamenti.
"Adrien, posso sapere a cosa stai pensando? Hai passato il pomeriggio a fissare il vuoto"
"Mi scusi"
Monsieur D’Argencourt si allontana con uno sguardo preoccupato in volto ed io mi avvio verso gli spogliatoi.
 
"Finalmente! Ho rischiato di finire la mia scorta di camembert mentre ti aspettavo!"
Plagg mi guarda dall’armadietto, con le mani immerse in un pezzo di formaggio grande quanto lui.
Un mugugno esce dalle mie labbra. L’ultima cosa di cui ho bisogno è ascoltare Plagg mentre si lamenta per uno stupido formaggio puzzolente.
"Andiamo a casa"
"Mi serve altro camembert, Adrien!"
"Sì, sì"
Raccolgo il borsone e, chiudendo l’armadietto, mi avvio verso la porta dello spogliatoio. Attraverso i corridoi per raggiungere l’uscita e quasi mi sembra di vedere nuovamente Marinette prendere le sue cose e correre fuori dall’aula. Continuo a chiedermi dove sia andata e cos’abbia fatto dopo essere fuggita in quel modo. Se avessi potuto, l’avrei seguita ovunque, pur di chiarire la situazione, pur di salvare il salvabile.
Il suono di un clacson giunge dall’ingresso e sbuffando mi costringo a raggiungere la fonte di quel suono fastidioso. La mia guardia del corpo mi aspetta all’ingresso della struttura, come ogni giorno della mia vita.
"Ciao"
"Tutto bene?"
"Sì… Come sempre"
Il silenzio cala su di noi come una condanna lasciandomi con una sola certezza, mio padre deve essere tornato da New York. Soltanto la sua presenza in casa riesce a riportare un’atmosfera gelida nelle nostre vite.
All’ingresso, le mie orecchie sentono un brusio famigliare provenire dallo studio del grande stilista Agreste. Mio padre sta parlando con Nathalie, probabilmente cercando di capire cosa sia successo mentre lui fuori città. Posso quasi immaginarlo seduto sulla sua scrivania mentre ascolta ogni parola con finto interesse.
Sbuffo sonoramente e dirigendomi verso l’unico luogo in cui io possa sentirmi quasi libero, la mia stanza.
Mi avvicino alla scrivania, lasciando il borsone sul pavimento e mi lascio cadere sulla sedia. Appoggio la testa allo schienale, cercando di ignorare il ricordo di quel pomeriggio e pochi istanti dopo vedo la figura di Plagg oscurare la mia visuale.
"Ho fame, Adrien!"
È incredibile quanto questo Kwami sia ingordo! Nell’armadietto gli avevo lasciato una confezione intera di camembert e come nulla fosse, adesso ne vuole dell’altro.
"Plagg sei senza fondo"
"Ho bisogno di energie, umano! Non possiamo sapere quando Papillon deciderà di farci incontrare un nuovo akumizzato"
Mi alzo dalla sedia controvoglia, avvicinandomi al mobile in cui tengo il formaggio, uno scompartimento abbastanza lontano da vestiti e da qualunque altra cosa possa assorbire il suo odore nauseante.
"L’unica cosa di cui dovremo preoccuparci è ordinare altro camembert. A quanto pare hai quasi finito le scorte, Kwami insaziabile"
"Cosa?! Non posso vivere senza il mio camembert!"
Nonostante siano passati anni dal nostro primo incontro, Plagg non sembra cambiato minimamente. La sua vita ruota attorno al formaggio, ne è dipendente. Lo vedo guardarmi come se fossi il suo carnefice e senza nemmeno accorgermene inizio a ridere. Sono giorni che non mi concedo un po’ di ilarità. Plagg mi fissa, probabilmente dubbioso della mia sanità mentale.
Mi volto con un sorriso sulle labbra ed afferro un pezzo di camembert. Senza nemmeno voltarmi, lo lancio alle mie spalle, sicuro che Plagg lo afferri prima che possa toccare terra. Non lascerebbe mai il suo prezioso formaggio cadere al suolo e sporcarsi.
Quando mi volto, il Kwami è già intento a divorare il suo spuntino sul mio letto.
Dovrò ricordarmi di far lavare le lenzuola o non riuscirò a dormire per la puzza di formaggio.
Mi sdraio accanto a Plagg e mentre lui si abbuffa nuovamente, io ricomincio a pensare a Marinette. I miei pensieri sono rivolti totalmente a quella ragazza ed al male che le ho fatto
"Cos'hai?"
Volto la testa verso il Kwami e lo trovo intento a fissarmi. Ha addirittura lasciato il suo amato formaggio sulle coperte pur di avvicinarsi a me ed osservarmi con attenzione.
"Marinette"
Plagg ferma la sua corsa, intento a pensare alla mia migliore amica. Il suo sguardo si tinge di tristezza e rammarico.
"Hai spezzato il cuore di quella ragazza"
Quelle parole mi colpiscono come un pugno in pieno stomaco. Sapevo di aver ferito Marinette ma sentirlo dire da Plagg mi fa sentire ancor più colpevole.
"Non volevo. Io…"
Non riesco nemmeno a terminare la frase. Mi rifugio sotto i l cuscino, in cerca di un po’ di tranquillità dai miei pensieri e dalle mie colpe.
"Nasconderti non ti sarà di aiuto, Adrien. Prima o poi avresti dovuto comunque dirle che non la amavi"
"Sì lo so ma non volevo che succedesse in questo modo"
"Avresti dovuto pensarci prima"
Il rumore della carta che si strappa mi fa capire che Plagg si sia rimesso a mangiare. Quanto lo invidio, deve essere facile preoccuparsi solamente di avere sempre una buona scorta di formaggio.
Continuo a pensare a quello che è successo negli ultimi giorni e più cerco di capire come migliorare la situazione, meno riesco a sopportare l’idea di aver ferito la mia migliore amica.
"Perché non le hai parlato prima?"
"Non lo so, Plagg"
"Davvero?"
Quella domanda mi colpisce in pieno. Allontano il cuscino cercando lo sguardo del Kwami che sembra ignorarmi. La sua attenzione è totalmente rivolta alla confezione quasi vuota ma il suo sguardo sembra fissare un punto lontano. Non credo di aver mai visto Plagg così immerso nei suoi pensieri e quasi mi spaventa vederlo così diverso dal solito. Inizio a credere che lui tenga davvero molto a Marinette. Non avrei mai immaginato che tenesse a lei così tanto.
"Plagg?"
I suoi occhi tornano a guardarmi con quell’espressione furba, a tratti perfida, che lo caratterizza.
"Marinette è il tuo camembert, umano"
Fisso Plagg intensamente passandomi una mano tra i capelli. Perché Marinette dovrebbe somigliare ad un formaggio? Più cerco di comprendere la sua metafora e meno riesco a capire dove voglia portarmi con questo discorso.
"Marinette sarebbe un formaggio?"
Plagg scuote la testa. Sembra sconsolato, come se stesse parlando con un bambino incapace di comprendere anche le cose più ovvie.
"Non un banale formaggio, lei è il tuo camembert"
"Cosa significa?"
Il Kwami torna a sorridermi per poi riprendere a gustare il suo pasto “profumato”.
"Lo capirai. Nel frattempo perché non mi ordini altro formaggio?"
Avere una conversazione sensata con Plagg è come sperare che Papillon smetta di desiderare i Miraculous, inutile.
Afferro il tablet e dopo qualche secondo alcune forme differenti di formaggio compaiono davanti ai miei occhi. Ordino alcune confezioni e torno a dedicarmi a ciò che riesce sempre a migliorare il mio umore: cercare foto e scoop su Ladybug.
La figura dell’eroina mascherata appare sul mio schermo in tutta la sua bellezza. Aver ferito Marinette mi ha ricordato quanto io sia stato male quando la mia lady mi disse di essere innamorata di un altro ragazzo. In quel momento cercai di non mostrare i miei sentimenti ma nel profondo del mio cuore, soffrivo come mai prima.
Sbuffo sonoramente riponendo il tablet accanto al letto.
Non posso sopportare l’idea che Marinette stia soffrendo a causa mia. Se io sono riuscito ad accettare che Ladybug non provi nulla per me, anche lei può farlo. Possiamo tornare ad essere amici, uscire assieme, divertirci come se nulla fosse accaduto. Tutto questo però non succederà mai se non provo ad aggiustare questa situazione.
Mi alzo velocemente, indossando le scarpe e dirigendomi verso la porta della stanza.
"Dove stai andando, Adrien?"
La voce di Plagg mi blocca con la mano sulla maniglia.
"Da Marinette"
"Cosa?!"
Il Kwami si alza in volo e mi raggiunge velocemente. Un pezzo di camembert finisce sul pavimento ma lui non sembra preoccuparsene.
"Non farlo!"
"Io devo andare da lei! Sono sicuro di poter sistemare ogni cosa. Le spiegherò la situazione e le chiederò scusa. Lei capirà, ne sono sicuro!"
Plagg mi guarda infuriato come mai prima. Forse ho detto qualcosa di sbagliato.
"Tu proprio non capisci! Ha bisogno di tempo, non di vedere chi le ha spezzato il cuore!"
Forse Plagg ha ragione. In fondo Marinette mi ha detto chiaramente che non voleva vedermi.
Sconsolato mi accascio a terra, lasciando che il senso di colpa mi avvolga. Avrei dovuto dirle da tempo che sapevo che sentimenti nutrisse per me. Avrei dovuto dirle in modo diverso che non potevo ricambiarla perché amavo già un’altra ragazza. Avrei dovuto cercare di essere gentile e sensibile.
"Nessun portatore del gatto nero ha mai sofferto per aver rifiutato una ragazza. Sei davvero strano, Adrien"
Alzo la testa velocemente, colpito dalle parole di Plagg.
Io sono Chat Noir. Come ho fatto a dimenticare un dettaglio simile?
"Plagg, trasformami!"
Un bagliore verde mi avvolge mentre il Kwami viene assorbito dal mio anello.
Marinette non vuole vedere Adrien ma forse non sarà così restia nei miei confronti se comparisse davanti a lei come Chat Noir. Esco dalla finestra vagando per i tetti della città.
Raggiungo casa di Marinette velocemente ma di lei non trovo traccia. Vago per la città per qualche minuto, cercando la figura di quella ragazza e quando la trovo, mi sembra di sentire qualcosa dentro di me spezzarsi.
Le braccia di Luka stringono Marinette in un gesto dolce e possessivo. I suoi capelli sfiorano il viso di lei mentre le loro labbra si cercano a vicenda.
Non posso credere a quello che i miei occhi stanno osservando. Marinette non può averlo fatto. La mia mente non riesce a concentrarsi su nient’altro e mentre loro iniziano a passeggiare tranquilli, io non posso far altro che rivivere quella scena ancora, ancora ed ancora. Continuo a vedere le mani di Marinette tra i capelli di Luka, i suoi occhi pregarlo per avere un altro bacio e le sue labbra desiderare quelle di lui.
Non avrei mai pensato che vedere una cosa simile avrebbe potuto confondermi così tanto. In verità, non riesco a capire cosa mi stia succedendo. Non dovrei sentirmi così spaesato e sicuramente non dovrei provare questa insana rabbia che sento dentro di me.
 
Passano i secondi, i minuti, forse anche le ore ed io continuo a fissare quel vicolo come se fosse un mostro a tre teste. Più penso a ciò che è successo e più sento crescere la mia rabbia. Nemmeno correre per le strade di Parigi sembra aiutarmi e quando passo davanti alla Liberty, il mio unico pensiero è ferire Luka, tanto quanto sento di essere ferito io.
Senza pensarci due volte, mi infiltro in camera del ragazzo ed afferro la sua chitarra. Mi bastano pochi minuti per capire cosa sia realmente successo e quando realizzo di aver distrutto lo strumento musicale grazie al potere del Miraculous, capisco di aver davvero esagerato.
Il Maestro Fu non sarebbe fiero di me, non mi ha affidato Plagg ed il Miraculous del gatto nero per vendicarmi di ciò che provo.
Osservo la chitarra ormai ridotta in pezzi e non posso evitare di sentirmi in colpa, di nuovo. In questi giorni sembra che io non riesca a far nulla di buono.
Un rumore in lontananza mi costringe a fuggire come il peggiore dei criminali. Mentre lascio la Liberty, sento Luka borbottare qualcosa di poco carino nei confronti di chiunque abbia rovinato un oggetto per lui tanto prezioso.
 
Non riesco a credere a ciò che ho fatto. Come ho potuto utilizzare il potere di Chat Noir per distruggere la chitarra di Luka? Come ho potuto lasciare che i miei sentimenti mi guidassero verso un’azione tanto meschina?
Ho sbagliato. Ho sbagliato tutto. Luka non meritava un gesto tanto crudele.
I pensieri continuano a cambiare freneticamente nella mia testa portandomi verso un'unica direzione: Marinette. Se non avesse sentito le mie parole ad Alya, tutto questo non sarebbe successo. Se non avessi cercato di appianare la situazione, non mi avrebbe allontanato piangendo. Se non avesse baciato Luka, non avrei distrutto la sua chitarra.
Perché? Perché è dovuto cambiare tutto in così breve tempo? Perché non mi è data la possibilità di essere felice e godere dei pochi veri affetti che mi circondano? Soprattutto, come può una ragazza tanto dolce e sincera amare una persona e poi gettarsi tra le braccia di un’altra? Che abbia mentito riguardo ai suoi sentimenti? Marinette non potrebbe mai fare una cosa simile ma le sue azioni mi fanno dubitare di ogni sua parola.
Immerso nelle mie congetture, non sento nemmeno il rumore di una finestra che si apre ma riconosco bene il profumo della persona che si sta avvicinando a me. Non mi ero nemmeno reso conto di dove mi trovassi fino a questo momento.
La rabbia di qualche ora prima torna a colpirmi violenta o forse dovrei ammettere di non essermi mai riuscito a liberarmene davvero.
"Ti sei consolata velocemente"
I suoi passi si bloccano mentre i miei pensieri riprendono a correre liberi.
"A cosa ti stai riferendo?"
Come può non aver capito? Perché mentire?
"Quello che mi… che gli hai detto oggi era tutta una menzogna?"
"Di cosa stai parlando?!"
"Vi ho visti, Marinette!"
"Visti?! Chi?!"
"Tu e Luka!"
La vedo sbattere le palpebre più volte, cercando di metabolizzare il fatto che io sappia cosa sia successo. Il suo volto si tinge leggermente di rosso lasciandomi capire quanto sia imbarazzata ma felice di quel bacio. Ero già molto arrabbiato prima di vederla ma adesso sembra che il mio malumore possa solo peggiorare.
"Ti sei consolata velocemente, Marinette o forse era già da tempo che vi frequentavate?"
Non so perché quella domanda sia uscita così velenosa dalle mie labbra ma devo ammettere di aver pensato anche a quella possibilità.
"Perché sei arrabbiato con me? Cosa ti ho fatto? Davvero mi stai trattando così per un bacio? Non sai nemmeno il perché siamo arrivati a tutto questo! Cosa ne sai tu di quello che mi sta succedendo? Cosa ne sai tu di me e Luka?!"
Le sue domande colpiscono qualcosa dentro di me lasciandomi con la sensazione di aver sbagliato per l’ennesima volta. Perché mi sto agitato tanto per quel bacio?
Domande, sempre tante domande alle quali io non ho una risposta. L’unica cosa che so è che pensavo di averla ferita, pensavo si stesse disperando per il mio rifiuto, invece l’ho trovata tra le braccia di Luka, come se non fosse mai capitato nulla tra noi.
"So cos’è successo oggi tra te ed Adrien"
La sua espressione passa dal sorpreso al colpito in pochi istanti per poi dimostrarsi sicura delle sue parole.
"Ti ha raccontato ogni cosa"
Tento di ignorare il fastidio che provo nell’aver detto a Marinette l’ennesima bugia ma i suoi occhi sembrano leggermi nel profondo.
"Cosa ti ha detto?"
Non voglio risponderle, non saprei cosa dirle. Non posso sicuramente raccontarle la verità e continuare a mentire non mi porterà a nulla di buono.
"Rispondimi Chat Noir"
Nei suoi occhi scorgo nuovamente la tristezza che ho visto questo pomeriggio.
"Cosa ti ha detto?!"
Mi arrendo all’idea di doverle rispondere, in qualche modo. Mi lascio cadere a terra, tentando di rivangare il motivo per il quale ero uscito di casa qualche ora prima. Marinette si avvicina a me, avvolgendomi con il suo profumo e la sua presenza.
"È preoccupato per te"
Il suo volto si lascia vincere da un sorriso incredulo.
"Lui è preoccupato per me?"
Le sue parole suonano amare. Come può non credermi? Pensa davvero che io sia il tipo di persona che non si preoccupa dei sentimenti degli altri?
"Mi ha chiesto di seguirti, proteggerti se fosse stato necessario. Aveva paura che tu potessi compiere qualche azione avventata"
Non è del tutto vero quello che ho appena detto ma ho bisogno che lei capisca che Adrien non è una persona malvagia, che io non sono un ragazzo insensibile. Farò tutto ciò che mi è possibile per farle cambiare idea su di me.
"Sono sicuro che lui non volesse farti soffrire"
"Cavolate"
Quella parola esce violenta dalle sue labbra, le stesse che ho visto tremare mentre piangeva questo pomeriggio.
"Marinette, io non…"
Posso capire il suo dolore, la sua rabbia e se non fossi io il suo carnefice, probabilmente le darei ragione.
"Se non avesse voluto ferirmi, mi avrebbe detto la verità subito! Non avrebbe lasciato la mia mente libera di crearsi un futuro assieme, non avrebbe ignorato i miei sentimenti sperando che fossero minimamente paragonabili a quelli di qualunque altra sua fan"
La vedo piangere di nuovo. Sembra che io abbia la capacità di renderla triste anche con la maschera di Chat Noir sul volto e questo mi ferisce più di quanto io voglia ammettere.
"Non mi è mai importato nulla del suo lavoro, della sua popolarità, del suo fascino da modello di punta! Non mi sono innamorata di lui perché l’ho visto su qualche cartellone! Io lo amo per quello che è! Come ha potuto paragonarmi ad una sua ammiratrice? Eppure la prima volta che l’ho visto non ho provato che rabbia nei suoi confronti. Pensavo fosse un altro ricco sfacciato e prepotente come Chloé, pensavo fosse stato lui a prepararmi quello scherzo infantile e cattivo, pensavo che fosse proprio come tutti gli altri. È il ragazzo che mi ha lasciato il suo ombrello quello di cui mi sono innamorata. Amo la sua gentilezza, il suo cuore dolce e premuroso, quel dolore che sembra sempre chiudersi dentro al petto. Amo il suo sorriso, i suoi occhi, verdi e profondi, sempre allegri e cordiali, i suoi capelli biondi che mi ricordano il sole ed il calore che riesce ad emanare"
Le sue urla, le sue parole, il loro significato mi colpiscono al centro del petto. Ho sempre pensato che i suoi sentimenti fossero dettati dall’ammirazione per il mio lavoro ma forse mi sono sbagliato. Possibile che lei sia innamorata di me, del vero me? Possibile che quei sentimenti che pensavo effimeri, incarnino invece l’amore puro, quello autentico, quello che ti fa battere il cuore, quello che ti paralizza in ogni tuo gesto, quello che ti lascia con l’amaro in bocca ogni volta che vedi quella persona andar via e che ti rende felice quando la vedi avvicinarsi a te?
Mi avvicino a lei, conscio di aver commesso un terribile errore.
"Mi dispiace tanto, Marinette. Non avevo capito niente. Non mi ero reso conto che…"
Cerco in ogni modo di consolarla accarezzandole i capelli ma ciò che ottengo è solo la quiete prima della tempesta.
"Non doveva prendersi gioco di me. Non ne ha il diritto!"
Mi allontano velocemente, cercando di non farmi travolgere dalle sue parole. Non ho mai voluto prendermi gioco di lei, dei suoi sentimenti, della sua dolcezza ma ciò che ho ottenuto sono solo lacrime e rabbia.
"Marinette, non pensi di esagerare?"
"Esagerare?!"
I suoi occhi sembrano vinti dalla furia. Non avrei mai pensato di poter vedere questo lato di Marinette e se non fossi stato tanto cieco e stupido, adesso non mi starebbe urlando contro. Nonostante la situazione delicata però non posso non cercare di giustificarmi, di nuovo, inutilmente.
"Nessuno voleva prenderti in giro, sicuramente non Adrien"
"Non devi nemmeno nominarlo! Tu non sai nulla di quello che è successo perché non eri lì!"
Io ero lì, Marinette! Sono io quel ragazzo che tanto detesti in questo momento! Vorrei urlarglielo, vorrei che capisse quanto mi dispiace, quanto mi sento in colpa e quanto abbia capito di essere stato un grandissimo idiota.
"Non hai idea di cosa si provi a veder schiacciare il tuo cuore confondendo dei sentimenti puri per qualcosa di banale e stupido! Non hai idea di cosa abbia significato per me sapere che lui era a conoscenza dei miei sentimenti e li ignorava palesemente sperando di sbagliarsi! Come se si vergognasse di quello che potevo provare nei suoi confronti! Come se io non fossi degna di lui o delle sue attenzioni!"
"Lui non ha mai detto niente del genere!"
"Ho sopportato per anni di vederlo accanto a ragazze insolenti come Chloé, perfide come Lila o glaciali come Kagami. Sono convinte di poter essere la persona giusta per lui, di poter avere il loro lieto fine ma nessuna di loro prova sentimenti reali! Chloè è solo accecata dal desiderio di notorietà, dalla certezza che tutto possa essere una sua proprietà. Lila è una grandissima bugiarda, non ha parenti famosi, non conosce nessuna celebrità e sicuramente non è la migliore amica di Ladybug! Kagami è l’unica che possa dire di nutrire qualcosa di simile all’amore ma è offuscato dal suo unico obiettivo, diventare il miglior schermidore di Parigi sconfiggendolo"
"Cosa c’entrano loro adesso?! Marinette cerca di calmarti!"
Non ho mai visto Marinette così adirata e sinceramente non riesco a capire perché il discorso abbia preso questa piega.
"Nessuna di loro lo ama veramente eppure lui ha avuto il coraggio di paragonare i miei sentimenti a quelli di un’ammiratrice, che non prova nemmeno la metà dell’affetto di Chloè, Lila o Kagami, che non tiene a lui nemmeno come un’amica o una compagna di classe! Mi ha considerata alla stregua di una sconosciuta, quindi non venirmi a dire che sto esagerando, Chat Noir!"
Mi allontano sempre più, cercando di sfuggire al suo sguardo collerico.
Non riesco proprio ad assimilare le sue parole. Sono stato davvero così meschino? Le ho fatto pensare davvero queste cose? Io non volevo! Non volevo sminuirla, non volevo paragonarla a nessuno perché nessuno ha il suo peso nella mia vita! Lei è la mia migliore amica!
Più penso al senso di questo discorso e più inizio a sentire un fastidiosissimo mal di testa farsi strada dentro di me. Non avevo mai pensato a come le mie azioni e le mie parole potessero essere interpretate dagli altri ed in questo momento vorrei solo aver taciuto.
C’è però ancora qualcosa che non mi è chiaro e, nonostante io sappia di star giocando con il fuoco, devo chiederglielo.
"Adrien avrà sbagliato a nasconderti la verità, avrà sbagliato a non parlarne con te subito, avrà sbagliato a paragonarti ad una semplice ammiratrice ma rispondi ad una domanda, Marinette. Se l’avessi amato davvero, avresti lasciato che un altro ragazzo ti baciasse o meglio, avresti lasciato che il tuo corpo desiderasse baciarlo?"
"Ma cosa…"
La vedo confusa dalle mie parole, incredula di tanta determinazione.
"Rispondi, Marinette. Perché l’hai fatto se dici di amarlo così tanto?"
Ho davvero bisogno di saperlo. Ho bisogno di capire. Capire perché l’abbia baciato, capire perché io sia stato così stupido da non vedere i suoi sentimenti, capire perché il ricordo di lei e Luka così vicini mi stia facendo impazzire.
"Non hai il diritto di…"
Un pensiero invade la mia mente e prima di poterlo relegare in un angolo remoto, mi lascia con una domanda che turba me per primo.
"Perché lui?!"
Perché Luka? Cos’ha di tanto speciale quel ragazzo?
Mentre io mi perdo ad osservare Marinette, lei sembra sul punto di vomitarmi addosso ogni verità, nuda e cruda.
"Perché? Perché quando l’ho conosciuto si è innamorato di Marinette, della goffa e sbadata ragazzina che balbetta. Perché non ha mai preso in giro il mio imbarazzo ma pensava che fosse qualcosa di dolce e tenero. Perché ha messo da parte i suoi sentimenti più volte per lasciarmi libera di seguire il mio cuore. Perché quando ormai mi stavo arrendendo all’idea di non poter essere ricambiata, lui mi ha spronata a non lasciare che la paura di un rifiuto mi impedisse di impegnare ogni mia energia in quell’amore. Perché quando sono con lui, nemmeno Papillon riesce a controllare la mia mente. Perché se non fosse stato per quel bacio io adesso sarei un problema per tutta Parigi. Perché quando mi ha baciata non l’ha fatto senza pensarci bene, l’ha fatto perché mi avrebbe aiutato, perché lo voleva da tempo, perché in fondo anche io lo volevo disperatamente"
Marinette sembra stanca, sfinita da quello sfogo che ha lasciato entrambi con qualcosa a cui pensare. I suoi occhi sembrano aver perso l’allegria e la dolcezza che la contraddistinguono. Pensierosa, la vedo cercare la forza di terminare il suo discorso.
"Perché se il mio cuore potesse parlare urlerebbe il nome di Adrien ma il mio corpo e la mia mente chiamerebbero sempre Luka"
Non mi ero nemmeno reso conto di essermi appoggiato alla ringhiera e quando sento il metallo freddo a contatto con le mie mani, resto qualche minuto a fissare Marinette, totalmente spaesato.
Avevo il suo cuore tra le mie mani e l’ho gettato via come un ingrato. Solo adesso comincio a capire quanto amore mi abbia sempre donato quella piccola e dolce ragazza. Il suo balbettio, le sue premure, il suo modo di guardarmi, ogni cosa profumava di amore, di tenerezza.
"Mi sento…"
"Confusa?"
"Molto"
Mi avvicino a lei, finalmente conscio di tutto ciò che lei deve aver sopportato per amore e la stringo tra le mie braccia. Il suo corpo caldo sembra rilassarsi lentamente, lasciando che la rabbia svanisca in un gesto semplice ma pieno di sentimenti.
" I suoi capelli vengono mossi dal vento che sta iniziando a soffiare su Parigi. Ho sempre adorato il colore della sua chioma, quel blu scuro che ricorda la sfumatura della notte in cui io mi sento tanto libero. Istintivamente immergo il volto tra i suoi capelli, ritrovando quell’aroma dolce che ho sempre adorato.
"Mi piace il tuo profumo"
Un sorriso amaro nasce sul mio volto.
"Detesto vederti triste. Sei molto più bella quando sorridi"
Non ho mai pensato a quanto fosse carina e sicuramente adesso non avrei la possibilità di dirglielo, non sotto le sembianze del ragazzo che l’ha tanto ferita. Questa volta esser Chat Noir potrebbe aiutarmi davvero a cambiare la mia vita, riavvicinandomi alla persona che più ho deluso.
"Non lasciare che nessuno rubi la tua allegria e tenerezza, Marinette"
La guardo un’ultima volta, con il volto leggermente colorato dai miei complimenti. Adoro quella sfumatura rossa che assume la sua pelle quando qualcuno le fa notare quanto meravigliosa sia.
"Tornerò presto, te lo prometto!"
Mi allontano dalla palazzina velocemente, svegliando qualche gatto mentre corro tra i tetti della città. Sentire il silenzio avvolgermi ed il vento scontrarsi contro il mio corpo mi aiuta a scaricare la tensione e l’adrenalina del momento.
La mia mente è ancora affollata dai pensieri ma il mio cuore sembra essersi alleggerito un po’. Dovrò impegnarmi molto per recuperare l’amicizia di Marinette ma almeno adesso sono sicuro che ciò sia possibile. Se non vorrà avermi al suo fianco come Adrien, riuscirò a passare del tempo con lei con una maschera scura in volto.
 
Parlare con Marinette ha chiarito molti miei dubbi ma mi ha lasciato con una strana sensazione alla bocca dello stomaco. Sono riuscito a capire cosa provi, cosa l’abbia ferita di più nelle mie parole e cosa pensi di me e di Luka ma sapere che sia attratta da lui mi provoca uno strano sentimento, un fastidio all’altezza del cuore. Cosa mi sta succedendo?
 
***
 
Buona sera lettori! Devo chiedervi immensamente scusa per il ritardo(siate clementi! L’aggiornamento di giovedì è già pronto quindi non tarderò, promesso!) ma questo capitolo non era previsto, non pensavo di voler usare un punto di vista che non fosse quello di Marinette ma devo ammettere che la curiosità era troppa per non seguire l’imput del momento! Spero che questa sesta parte possa intrigarvi almeno tanto quanto è piaciuto a me scriverlo xD
Come sempre, lasciatemi un commento, soprattutto per farmi sapere se vi è piaciuto il tentato pov Adrien o meno!
A giovedì!
Miss_MZ93

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 ***


Il giorno seguente trascorre tra pensieri e piccoli disastri. Tikki deve più volte riportarmi nel mondo reale mentre io cerco di cucire un abito nelle tinte del blu e nero. Continuo a sbagliare la scelta dei punti, la posizione delle cuciture e le misure prese con il metro da sarta che mia madre mi ha regalato anni fa.
Inutile dire che dopo quattro ore passate a tagliare pezzi di stoffa di misure sbagliate, decido di accantonare l’idea di un nuovo vestito ed esco di casa.
L’aria di Parigi mi riporta un po’ di tranquillità, lasciandomi finalmente libera dai pensieri che mi hanno tormentata tutto il giorno. Vago per la città osservando i parchi pieni di verde, le strade affollate ed i negozi invasi da ragazze alla ricerca del vestito giusto per un sabato sera magico.
L’ennesimo gelato accompagna me e Tikki sulla panchina del parco vicino casa. Il mio sguardo si perde nell’azzurro del cielo mentre un solo pensiero inizia ad occupare la mia mente. Sono ore che mi chiedo come debba sentirsi Luka, a cosa stia pensando e cosa si aspetti da me dopo ciò che è successo ieri. Non voglio ferire i sentimenti di una persona così buona e gentile ma chiunque mi conosca potrebbe capire quanto io stia ancora soffrendo a causa di Adrien. Devo ammettere però di aver apprezzato molto la vicinanza di Luka e quei baci, nonostante tutto, mi hanno lasciato dolci sensazioni che difficilmente dimenticherò.
"Marinette!"
Non mi ero nemmeno resa conto che Tikki stesse provando ad attirare la mia attenzione da qualche secondo.
Volto lo sguardo nella sua direzione, cercando di non farmi vedere dai passanti. Mi rendo conto solo in quel momento di quanto debba sembrare sciocca una ragazza che lascia una coppetta di gelato per quello che chiunque riterrebbe un semplice pupazzo.
"Marinette…"
"Scusa Tikki, sono leggermente sovrappensiero oggi"
"Leggermente? È tutta la giornata che ti isoli dal mondo. Ad essere sinceri, sono giorni che ti comporti in modo strano. Posso capire che tu sia triste ma continuare a pensare a quello che è successo non ti aiuterà"
La Kwami ha perfettamente ragione e sono consapevole di averla ignorata per troppo tempo ma ci sono pensieri che non riesco ad ignorare.
"Forse dovresti chiamarlo"
Non ci avevo minimamente pensato. Ho bisogno di vederlo, ho bisogno di chiarire la situazione al più presto.
"Hai ragione, Tikki. Chiederò a Luka di raggiungermi. Magari parlare con lui mi aiuterà a scacciare qualche pensiero dalla mia mente"
Tikki spalanca la sua minuscola bocca per poi lasciarsi vincere da una risata incontrollabile. Non capisco cosa ci sia di tanto divertente ma in questo momento ho pensieri ben più urgenti che non possono continuare ad occuparmi la mente.
Scorro la rubrica del telefono fino a trovare il numero di Luka ed il pensiero di come me l’abbia lasciato mi lascia un sorriso in volto. Avvio la chiamata con il cuore in gola e, se una parte di me spera che risponda e accetti di vedermi, un’altra, quella della vera Marinette, spera che sia talmente occupato da ignorare il telefono. Continuo ad aspettare per minuti interminabili finché un pensiero inizia ad insinuarsi nella mia mente. Cosa lo sta tenendo lontano dal telefono? O chi?
Una sensazione strana alla bocca dello stomaco inizia a darmi fastidio.
Perché sta succedendo tutto questo? Adrien, la lite, la verità. Luka, l’akuma, quel bacio. Non avrei mai pensato che la mia vita potesse complicarsi così tanto in così poco tempo. Per di più, adesso inizio anche ad essere gelosa di un ragazzo per il quale non riesco a capire cosa provo. Non posso illudere una persona tanto gentile e dolce come Luka ma non posso ignorare le sensazioni che quel bacio mi ha lasciato. Non faccio che pensarci da quando è successo.
"Marinette?"
La voce di Luka mi risveglia dai pensieri sciocchi che mi avevano portata in un luogo a me estraneo. Sembra quasi stupito di aver ricevuto una chiamata da parte mia. Come se non si aspettasse di sentirmi così presto.
"Tutto bene?"
Come ripresa da uno stato di trance, sbatto più volte le palpebre. Devo assolutamente cercare di calmarmi.
"Sì. Tutto bene. Scusa se ti disturbo"
"Figurati, sono uscito adesso dalla doccia"
Un sorriso ebete mi dipinge il volto e le mie emozioni riprendono ad essere confuse. Sono felice, tranquilla, sento il cuore battere velocemente e nemmeno io riesco a capire il perché ma allo stesso tempo sono triste, delusa ed amareggiata da qualcosa che mi sfugge. Scuoto velocemente la testa, cercando di ignorare i miei pensieri. Ciò che mi preoccupa maggiormente però è il groviglio di sensazioni che sto provando.
Luka è appena uscito dalla doccia, il che significa che non solo lo sto disturbando e lui è troppo educato per dirmelo ma soprattutto significa che probabilmente in questo momento indossa solo un accappatoio.
Il mio volto si tinge di rosso, un rosso acceso, un rosso prepotente. Non posso continuare così, il mio cuore non reggerebbe e la mia mente già sembra che stia vagando senza meta in un luogo a me proibito.
"Marinette?"
Scuoto nuovamente la testa e l’aria sembra stia tornando a riempire i miei polmoni, diradando anche i miei pensieri.
"Eh? Ah, sì. Scusa, sono un po’ sovrappensiero in questi giorni"
"Adrien?"
Sentire quel nome mi riporta alla mente gli ultimi giorni. Per quanto non voglia ammetterlo, la compagnia di Luka ed il continuo pensare a lui, avevano allontanato la mia mente da Adrien.
Ciò che mi colpisce maggiormente però è la voce di Luka che sembra vinta da qualcosa di simile alla tenerezza ma anche da una grande delusione. Detesto sapere di essere io la causa di certi sentimenti e questo mi riporta al motivo della mia chiamata. Devo assolutamente chiarire la situazione che si è creata tra noi.
"Luka, ho bisogno di parlarti. Possiamo vederci?"
"Dammi il tempo di prepararmi. Dove sei?"
Gli spiego dove mi trovo mentre il mio cuore comincia a fare le capriole nel petto. Adoro questo suo lato cavalleresco, sempre pronto a correre in mio soccorso, anche quando non gli do nemmeno una spiegazione logica. Termino la chiamata, cercando di distogliere i miei pensieri da lui.
Lascio il cellulare nella borsa ma uno sguardo fisso su di me mi costringe a voltarmi.
"Perché mi guardi così? Ho qualcosa tra i capelli?"
"Sei bellissima, Marinette, come sempre"
"Allora qual è il problema?"
"Sono solo preoccupata per te. In questi giorni sono successe molte cose e non voglio vederti soffrire ma non sono convinta che Luka sia la persona giusta per te"
Quelle parole mi lasciano senza fiato. Tikki non si era mai lasciata andare a commenti così sinceri e questo mi porta a pensare che ci sia altro che vorrebbe dirmi. La Kwami non apre più bocca, rimane ferma a guardarmi preoccupata, in attesa di una mia risposta ma io non ho idea di cosa dovrei dirle. Potrei darle ragione perché sono sicura che lei stia pensando solamente al meglio per il mio futuro ma c’è qualcosa che mi blocca.
Il mio cuore è sempre appartenuto ad Adrien e sono sicura che i miei sentimenti non siano spariti, nonostante la delusione ed il dolore. Luka però non è Adrien e se quest’ultimo è riuscito a distruggere ogni mia speranza ed ogni traccia della nostra amicizia, sono certa che lui non potrebbe mai farlo. Io ho bisogno di qualcuno che raccolga i cocci della mia persona umiliata, distrutta e calpestata e la tenerezza di quel ragazzo dai capelli scuri sicuramente mi aiuterebbe a recuperare la fiducia in me stessa. Fiducia che in questo momento sembra essere svanita totalmente.

Il silenzio prosegue per dieci minuti abbondanti finché non sento una mano poggiarsi sulla mia spalla, un tocco caldo e leggero che riuscirei a riconoscerlo ovunque. Luka è l’unica persona così dolce e premurosa da limitarsi ad una carezza lieve.
Mi volto, cercando di focalizzarmi sul discorso che avevo preparato negli ultimi istanti ma la mia memoria viene messa a dura prova dalla bellezza di questo ragazzo. Gli occhi di Luka sembrano ancora più profondi del solito. Il suo corpo è avvolto da una t-shirt dalle tinte scure, viola per la trama, nero per lo sfondo, coperta appena da una felpa più chiara. Un paio di jeans attillati e delle converse bianche completano il quadro, effettivamente molto attraente.
"Luka"
"Marinette"
Si siede accanto a me e, a tutti i sentimenti contrastanti che sto provando, sono sicura che si stia aggiungendo anche la tensione.
"Cosa ti preoccupa?"
Vorrei dirgli che nulla potrebbe mai preoccuparmi finché ci sarà lui al mio fianco ma so benissimo che non sarà così.
"Luka, ho bisogno di chiarire la situazione tra noi"
I suoi occhi si tingono di dubbi e domande che presto trovano le loro risposte lasciando posto solo a tanta dolcezza. Rimane in silenzio ad aspettare che io continui quello che, ne sono quasi sicura, sarà un monologo.
"Io devo ringraziarti. Negli ultimi giorni mi sei stato accanto più di chiunque altro, salvandomi non sono dalla tristezza ma anche e soprattutto dal diventare una minaccia per tuta Parigi. Te ne sono davvero grata"
Il suo sorriso dolce si tinge di tristezza e comprensione.
"Ma?"
Ho sempre saputo quanto fosse intelligente. Riesce a capire il vero senso delle mie parole e le sensazioni che sto provando. Prendo un bel respiro, cercando di calmare il mio cuore, ormai impazzito quanto la mia testa.
"Non voglio mentirti, quello che è successo ieri è stato importante per me e non solo perché mi ha aiutato a scappare da una situazione molto complicata. Ho capito che purtroppo non sono la persona coerente che pensavo di essere"
I suoi occhi cercano qualcosa nel profondo della mia anima ma quello che trovano è solamente l’imbarazzo che si dipinge in una sfumatura rossa sulle mie gote.
"Marinette, quello che provi è solo paura. Chiunque si sentirebbe in questo modo se si trovasse al posto tuo"
"Mi è difficile crederlo"
"Voler bene a due persone, seppur in modo diverso, non è sbagliato e non è così drammatico"
"Lo so"
"Allora qual è il problema?"
I miei occhi non riescono a sopportare il suo sguardo, così puro e dolce. Mi appoggio con i gomiti sulle ginocchia, lasciando che la mia faccia sprofondi nella confusione che abita nella mia mente da giorni interi.
"Io non ho dimenticato Adrien. Purtroppo nonostante il dolore che mi ha provocato, il mio cuore continua a sperare di vederlo arrivare, chiedermi scusa e dirmi che prova qualcosa di più profondo di una semplice amicizia. Non posso ignorare i sentimenti che ho provato per lui tutti in questi anni e non sarà semplice per me smettere di amarlo"
Una sua mano si appoggia sulla mia. Il calore di quel contatto mi invade, regalandomi un senso di pace e tranquillità che non mi dovrebbe trasmettere. Luka dovrebbe essere arrabbiato con me, proprio come lo era Chat Noir. Lui ne avrebbe il diritto. Invece sta cercando di consolarmi, per l’ennesima volta.
La dolcezza e la bontà di questo ragazzo riescono sempre a sorprendermi, lasciandomi senza parole. Il suo sguardo dolce scuote qualcosa dentro di me, una sensazione che non avevo mai provato prima.
"Nessuno ti sta chiedendo di dimenticarlo"
Una semplice frase, sei parole. “Nessuno ti sta chiedendo di dimenticarlo”. È vero, nessuno me lo sta chiedendo, sono io che vorrei poterlo fare perché scordare il suo volto, il suo sorriso, la sua dolcezza mi aiuterebbe. Forse riuscirei finalmente ad arrendermi all’evidenza che una relazione tra noi sia impossibile. Quello che più però mi turba è altro.
"Avrei dovuto farlo prima di lasciarmi coinvolgere da te"
Mi alzo, in preda alla tensione che quel momento ha lasciato nella mia mente. Mi rendo conto di essere tremendamente egoista ma se la mia mente, razionalmente, sembra mi stia urlando quanto quello che ho fatto sia sbagliato, il mio cuore sembra non far altro che scaldarsi sempre più. È una lotta a cui io non posso sopravvivere e la confusione che tutto ciò genera mi lascia davvero perplessa. Non avrei mai dovuto lasciare che Luka mi baciasse, non avrei mai dovuto baciarlo, non avrei nemmeno mai dovuto volerlo, eppure qualcosa sembra spingermi a sperare che lui possa non odiarmi per aver giocato con i suoi sentimenti perché in fondo, io ho desiderato davvero tanto quel bacio.
"Luka, ho pensato davvero molto a quel che è successo, tanto da farmi venire mal di testa, ignorare i miei genitori, la mia migliore amica, tralasciare compiti e doveri"
Il suo sorriso gentile sembra quasi chiedere scusa per avermi distolta dalla mia vita, da ogni cosa che per me era tanto importante e che adesso sembra così futile.
"Tutti i miei pensieri non hanno fatto che provocarmi dubbi e tanta confusione"
Sospiro, lasciando che la tensione che sento dentro di me prenda il sopravvento. Le parole che escono dalla mia bocca però non sono quelle che avevo pensato di dirgli.
"Luka, io ho bisogno di averti al mio fianco"
Il senso della frase colpisce me per prima. Ho sbagliato a baciarlo, ho sbagliato ad ignorare i miei sentimenti per Adrien ma qualcosa, una parte di me molto profonda, mi spinge a desiderare Luka come non ho mai desiderato nessuno. Non si tratta solo di quello che ho provato durante quel bacio ma anche di quanto lui sappia calmarmi solo parlandomi. Ho bisogno di lui ma allo stesso tempo non posso illuderlo.
"Marinette…"
"Io non posso prometterti un grande amore, una storia romantica e piena di dolcezza. In questo momento ho solo bisogno che tu mi stia vicino e so di sembrare molto egoista nel chiederti tutto questo ma…"
Il mio sguardo torna ad immergersi nei suoi occhi profondi mentre lui si alza lentamente. Il sorriso sul suo volto vale più di mille parole. Le sue mani sfiorano il mio volto dolcemente, come se stesse toccando qualcosa di immensamente prezioso.
"Marinette, non ti lascerò mai sola. Non importa ciò che succederà. Io ci sarò, che tu abbia bisogno di un buon amico, di un confidente…"
Il suo volto si avvicina al mio ed io mi perdo a guardare le sue labbra. Ricordo bene il loro sapore, la loro delicatezza ma anche la passione che sanno trasmettermi. Non ricordo nemmeno più cosa volevo dirgli di tanto importante, non ricordo nemmeno più cosa stesse per dirmi lui. So solo che ho bisogno di sentire quelle labbra sulle mie.
"O di qualcuno che sappia amarti e farti sentire amata"
Le sue parole riscaldano una parte del mio cuore che ancora sembrava stesse sanguinando. Come un cerotto su una ferita, Luka sembra il balsamo perfetto per il mio dolore.
Le sue labbra sorridono, dolcemente e in quel modo così tenero da essere quasi irresistibile. Più le guardo, più le sento vicine alla mia pelle.
È un attimo, un solo istante, le mie difese vengono totalmente distrutte e le mie labbra trovano nuovamente conforto e passione muovendosi lentamente sulle sue.
Non mi interessa del mondo circostante, non mi interessa di chi possa vederci, non mi interessa di nulla, se non di Luka e della sua bocca sulla mia. Le sue labbra sono morbide e calde, un miscuglio perfetto di passione e dolcezza.
Quando si allontana da me, la sensazione estremamente piacevole che iniziava a farsi strada nel mio cuore, si interrompe velocemente, lasciandomi vuota e frastornata.
Non so come sia possibile ma la sua vicinanza sembra essere l’unica cosa di cui ho davvero bisogno in questo momento. Più lo guardo, più mi sembra di vedere un dolce angelo, pronto a sorreggermi e starmi accanto.
Torniamo a sederci su quella panchina mentre il mondo attorno a me ricomincia a sembrare allegro e colorato. Una ventata di aria gelida soffia verso di noi, raffreddando la situazione. Un brivido percorre il mio corpo, scuotendomi dai pensieri che mi affollano la mente.
"Hai freddo?"
Ormai siamo ad inizio aprile, non è normale che un’aria così fredda si stia abbattendo su Parigi. Qualcosa non va.
"In effetti sì. Forse mi sto ammalando"
Luka si affretta ad abbracciarmi muovendo le sue mani sulle mie braccia scoperte. Quando sono uscita di casa, il sole scaldava l’aria, rendendo piacevole una passeggiata ma adesso avrei proprio bisogno di un maglione caldo.
"È aprile, non dovrebbe fare così freddo"
Una nuova ventata gelida si abbatte su di noi e per poco la violenza dell’aria non mi fa cadere dalla panchina. C’è decisamente qualcosa che non va.
Un rumore assordante riempie le mie orecchie, lasciandomi stordita. Luka mi stringe a sé e quando la situazione sembra calmarsi, mi conduce in un luogo più sicuro. La sua mano stringe la mia con forza mentre attraversiamo la soglia del bar di fronte al parco. Appena metto piede dentro la struttura, una pioggia torrenziale sembra abbattersi sul quartiere. Tutti i visitatori del parco si rifugiano in bar, ristoranti e negozi, in attesa che questo diluvio cessi. Luka continua a stringermi, cercando di scaldarmi ma una sensazione inizia ad impadronirsi di me. Il vento, la pioggia, questo non è il clima tipico di un normale aprile e, a meno che il pianeta non abbia subito un cambiamento drastico nelle ultime due ore, so esattamente quale possa essere il problema.
"Tranquilla, Marinette. Finirà, prima o poi. Si tratta solo di un acquazzone"
"Io non credo"
I suoi occhi fissano i miei dolcemente ma con una strana curiosità. Le sue mani si bloccano sulle mie spalle ed il suo volto diventa teso e preoccupato.
"Tu pensi che si tratti di un’akuma?"
"Un’akuma?!"
Una signora, poco distante da noi, ci guarda con il panico in volto. La sua domanda risuona in tutto l’edificio mentre Luka mi guarda cercando di scusarsi.
"Un’akuma!"
"Papilon, maledetto!"
"Cosa vorrà da noi questa volta?"
"Cerca Ladybug e Chat Noir!"
"Dove sono finiti? Perché non sono ancora arrivati?"
"E se dovesse vincere lui?"
Il panico prende il sopravvento sui clienti e sul personale. Le urla si propagano per la struttura, contagiando i poveri sventurati che ancora si trovano sotto la pioggia. In breve tempo, tutto il quartiere si agita. Dai palazzi circostanti, giungono voci più preoccupanti di quanto vorrei sentire. C’è chi afferma di aver visto Chat Noir combattere contro un nuovo nemico, chi invece racconta di aver visto molti supereroi vagare per la città, chi ancora dipinge scene apocalittiche con Ladybug come nuova nemica di Parigi. Non posso affidarmi all’opinione della gente, è sicuro.
Cerco di allontanarmi da Luka ma il suo abbraccio è così confortevole che sembra impedirmi ogni movimento.
"Qualcosa non va?"
Il dolce ragazzo al mio fianco mi guarda preoccupato e nei suoi occhi vedo riflessi i miei, di una tonalità talmente scura da far quasi paura. È proprio così che mi sento, intimorita. Non voglio allontanarmi da lui ma so che Chat Noir sta aspettando che io lo aiuti, tutta Parigi aspetta il mio arrivo ed io, per la prima volta ho paura e non riesco a capirne nemmeno il motivo.
Marinette, Ladybug, ha paura.

***

Buon giovedì a tutti, cari lettori! Come state trascorrendo questo periodo di reclusione forzata? Io ne approfitto per pensare a come proseguire con la storia ed ho tanti nuovi spunti in mente(mi serve solo il tempo per scrivere, che adesso stranamente scarseggia più che nei mesi in cui non sapevamo nemmeno dell’esistenza del Coronavirus! xD). Spero il capitolo vi sia piaciuto e, come sempre, lasciatemi un commento ;) A giovedì prossimo!
Miss_MZ93

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 ***


Mi è capitato più volte di non riuscire ad agire lucidamente. Mi preoccupavo di ciò che pensava Adrien, mi preoccupavo di ciò che sarebbe successo se Parigi non avesse avuto due difensori della pace, mi preoccupavo della salute di Chat Noir, del Maestro e di tutti i ragazzi che avevo coinvolto in questa lotta contro il male.
Questa volta era diverso. Non mi era mai capitato di aver paura di vedere il mio compagno di avventure. Era già successo in passato che Ladybug discutesse con Chat Noir ma Marinette, la giovane e timida ragazzina con cui si era confidato riguardo ai suoi sentimenti più volte, non era mai stata in difficoltà con lui.
"Marinette, stai bene?"
"No… Cioè sì, sì. Ho solo bisogno… Di andare in bagno"
Gli occhi di Luka sembrano cercare qualcosa nei miei, probabilmente la sincerità che sembrava essere evaporata dal mio corpo.
"Torno subito, Luka"
"Stai attenta"
Con tutto quello che sta succedendo, probabilmente Luka starà pensando che sia il momento meno indicato per allontanarsi ma devo farlo. Tra le braccia di quel ragazzo, mi sono più volte sentita al sicuro, accettata e finalmente capita ed amata ma per quanto lui possa provare ad ergersi a mio difensore, io sono l’unica che può proteggere la città ed il mondo intero.
Sento lo sguardo di Luka seguirmi fino alla porta della toilette femminile. Probabilmente, se avesse potuto, mi avrebbe accompagnata anche oltre la soglia, pur di sapermi al riparo da tutto quello che fuori sembra stia succedendo.
 
La stanza in cui mi trovo è vuota, nessuno ha avuto il coraggio di allontanarsi dai propri cari, nessuno a parte me. Una volta chiusa la porta, finalmente lascio uscire Tikki dalla mia borsa. La dolcissima creatura rossa svolazza davanti al mio volto per qualche istante, probabilmente aspettando che io le chieda di trasformarmi nell’eroina di Parigi.
"Marinette, stai bene?"
"Io non… Non lo so, Tikki"
"Cosa ti preoccupa?"
Una risata nervosa esce dalle mie labbra. Sarebbe più facile spiegarle cosa non mi preoccupa che il contrario. I suoi occhi, chiari e limpidi, riflettono i miei, restituendomi l’immagine di una ragazzina indecisa e spaventata.
"Marinette?"
Sospiro pesantemente, cercando di ritrovare la determinazione che essere Ladybug mi aiuta ad avere ma ogni pensiero non fa che riportarmi a Chat Noir ed alle parole che mi ha rivolto l’ultima volta che l’ho visto.
"Tikki, trasformami"
Senza convinzione, cerco di entrare in quella parte che ormai mi sono cucita addosso come una seconda pelle. Ladybug si riflette allo specchio del bagno ma qualcosa di diverso sembra avvolgerla, un’aura molto più triste e sconsolata. Non avevo mai lasciato che le mie emozioni contagiassero la mia missione, eppure in questi ultimi giorni non riesco a tenere separate le mie due identità, tanto meno i miei sentimenti contrastanti.
Esco velocemente dalla finestra del bagno, ritrovandomi in un vicolo buio. Attorno a me, i palazzi dove si sono rifugiate le persone che stavano tranquillamente passeggiando per Parigi. Il silenzio mi avvolge, distraendomi dal borbottio incessante che sentivo dentro al bar.
Mi avvio alla fine del vicolo, fino a raggiungere un incrocio dove trovo chi stavo cercando.
La figura nera del mio compagno è impegnata ad evitare gli attacchi di una ragazza, una giovane donna, avvolta da un abito bianco e candido come la neve. Il velo del vestito le copre il volto, vitreo come se fosse composto da ghiaccio. I capelli scuri, perfettamente raccolti in un’acconciatura classica da sposa, sono mossi dal vento che lei stessa produce agitando i lembi del suo abito. Quei fili scuri risaltano il colore candido del tessuto e la sua pelle più scura. È proprio il tessuto che indossa ad allungarsi in drappi che cercano l’anello del mio compagno.
"Dammi il tuo Miraculous! Mi serve!"
Una nuova folata disturba il percorso di Chat Noir che si vede costretto ad indietreggiare.
"Mai!"
Le solite battute, i soliti problemi, le solite soluzioni. Ogni giorno, gli abitanti di Parigi si lasciano manipolare da Papillon per poter ottenere la loro vendetta ed ogni giorno io mi chiedo il motivo per cui ognuno di loro, coscientemente, accetti di aiutare il nostro più grande nemico. Le lotte si susseguono da anni, a volte sembriamo vincere con troppa facilità, altre dobbiamo sudarci i nostri momenti di pace in cima alla torre ma negli ultimi mesi tutto sembra più familiare e monotono, tanto da lasciarmi inerme davanti alla scena a cui sto assistendo.
Guardo il mio nemico cercare di colpire la figura scura che volteggia in aria. Sembra quasi vivere nell’attesa del momento in cui raggiungerà il Miraculous della distruzione.
Chat Noir evita l’ennesimo attacco della donna per poi allungare il bastone magico e colpire in pieno volto il nemico misterioso. L’abito si ritrae velocemente, i lembi di tessuto si ricompongono, avvolgendola in una sfera protettiva dalle sfumature ghiacciate.
La scena sembra svolgersi in un’altra dimensione, in un altro pianeta quasi. Il supereroe di Parigi continua ad attaccare, in cerca di una falla nella sua difesa, senza trovarla.
Basta un secondo di distrazione. Chat Noir, esattamente davanti a me, riesce ad allontanarsi appena in tempo, evitando che il tessuto lo colpisca dolorosamente ma il vestito prosegue la sua corsa, ignorando la scomparsa del gatto. Nonostante io sia sempre stata molto agile nei panni di Ladybug, questa volta il nemico riesce a colpirmi, gettandomi a terra inerme ed indifesa. I lembi di tessuto marchiano il mio ventre, la caviglia sinistra ed il polso destro, lasciandomi in preda a dolori incredibili.
È ironico pensare a quante volte io abbia lottato con avversari probabilmente più forti di quella donna e a quanto lei sia stata l’unica a farmi tanto male. Il dolore è talmente forte da costringermi a rimanere a terra, inginocchiata e con le mani tremanti intente a massaggiare il ventre dolorante.
"Ladybug!"
Vedo Chat Noir avvicinarsi a me preoccupato per le mie condizioni. Il nostro nemico sembra conoscerci abbastanza da sapere quanto lui tenga a me e, appena lo vede cambiare direzione, sferra un nuovo attacco. Il lembo del suo abito mi raggiunge velocemente, cogliendo l’occasione per colpire entrambi. L’unico mio pensiero è quello di salvare Chat Noir perché se io non posso scappare, almeno posso evitare che anche Chat Noir venga colpito. Lancio il mio yoyo, fermando la corsa del mio compagno.
"No!"
La sua voce mi raggiunge in un urlo disperato mentre io vengo scaraventata nuovamente verso la parete degli edifici alle mie spalle. L’unico pensiero che riesco ad avere è vero Chat Noir, spero solo di aver impedito che anche lui si facesse male. La sposa sembra scossa da quanto appena accaduto e, nonostante la sua furia voglia abbattersi contro di noi, la sua determinazione vacilla per qualche minuto, dandomi il tempo di riprendermi dai colpi subiti.
"Ladybug, si può sapere cosa pensavi di fare?!"
Chat Noir sembra arrabbiato, molto arrabbiato e non posso non condividere i suoi sentimenti. Lui ha messo in pericolo la sua vita molte volte per salvare me, per impedire che Papillon mi raggiungesse e che Parigi sparisse sotto al suo controllo.
"Dobbiamo fermarla"
"Lascia che ti aiuti"
La sua mano afferra il mio braccio, cercando di riportarmi in piedi. Una fitta lancinante però mi costringe nuovamente a terra. Il dolore è così forte da farmi quasi urlare.
"Ladybug? Stai… Bene… Ma cosa diavolo…"
I miei occhi, velati di lacrime, mostrano l’immagine di un ragazzo dalle orecchie da gatto, preoccupato ma soprattutto sorpreso. La confusione sembra regnare sovrana nella sua mente. Continua a guardarmi, incapace di proferir parola ma con la bocca aperta, quasi spalancata. Il panico inizia ad avvolgermi, cosa sta succedendo?
Rivolgo il mio sguardo verso il mio corpo notando solo in quel momento quanto la mia tuta rossa a pois neri si stia dissolvendo in alcuni punti, lasciando trasparire la ragazza timida ed insicura che sono. La mia mano destra si appoggia sul marciapiede, nuda ed esposta, così come parte della mia caviglia ed il mio ventre. Non mi era mai capitato nulla di simile e la cosa inizia a spaventarmi. Assieme alla tuta da Ladybug, sono spariti anche i miei vestiti, trascinati nell’oblio dall’attacco di quella donna. La pelle esposta inizia velocemente ad arrossarsi, rivelando vari lividi.
"Ladybug? È normale?"
"Non lo so… Non credo…"
Riprovo ad alzarmi, cercando di non badare al dolore che sembra avermi paralizzata ma tutto ciò che ottengo è un lamento continuo. La nostra nemica intanto, avvolta dal suo bellissimo abito bianco, ci guarda senza parlare, senza muovere un solo passo verso di noi.
Chat Noir cerca di sorreggermi al meglio delle sue possibilità ma sappiamo entrambi quanto sarà difficile lottare in queste condizioni. Cercando di non pesare troppo sul mio compagno, gli intimo di avvicinarci al nostro nemico. La mia vista sta iniziando a sfocarsi e da questa distanza sicuramente non riuscirei a colpire quella donna nemmeno se mi concentrassi come mai prima.
"Cosa pensate di fare voi due?"
Sotto al velo, qualcosa sembra muoversi. Una luce lieve inizia a prendere vita, rischiarando il volto della donna. I suoi lineamenti ghiacciati sono tinti di un mascara sbiadito, un rossetto sbavato e tante lacrime. I suoi occhi non lasciano un momento le nostre figure, concentrandosi sui nostri corpi, l’uno accanto all’altro. Sembra quasi terrorizzata dal legame che unisce me e Chat Noir e questo mi da un’idea su come sconfiggerla senza lottare e, quasi sicuramente, provocarmi ulteriori lividi.
"Chaton, ho bisogno che tu mi faccia un favore"
"Tutto ciò che vuoi"
Un dolce sorriso mi invade.
"Stringimi forte e non lasciarmi per nessun motivo"
Il suo volto assume varie sfumature di rosso mentre si avvicina a me, tentando di avvolgermi in un caloroso abbraccio. Una nuova fitta al ventre mi costringe a piegarmi su me stessa ed è proprio quello il momento che stavo aspettando. Chat Noir mi stringe ancora di più, cercando di non farmi cadere a terra. Nello stesso momento, la donna si accascia al suolo, stremata e distrutta. Il suo velo inizia a dissolversi, mostrando un bellissimo volto macchiato da tristezza e dolore.
Velocemente, allontano Chat Noir e catturo la farfalla oscura che si libra in cielo.
La ragazza inizia a piangere disperata, invocando il nome di quello che, presumo, debba essere il suo futuro sposo.
Il mio compagno mi guarda senza parole, lasciando che sia il suo stupore per la scena a dirmi quanto sia sorpreso. Non mi accorgo nemmeno di esser caduta nuovamente a terra, tanto che solo quando raggiungo la sposa, riesco a capire quanto in verità il dolore mi stia uccidendo.
"Stai bene?"
"Sì… Credo"
Chat Noir si avvicina a noi ed in lontananza scorgo un giovane correre nella nostra direzione, preoccupato e con il panico negli occhi.
"Marie! Marie, cosa ti è successo?!"
I loro discorsi sembrano così lontani dalla realtà, tanto che non riesco nemmeno a distinguere le parole. Solo il dolore vive in me, così forte da lasciarmi più volte senza fiato.
"Ladybug?"
"Portami via da qui. Devo ritrasformarmi e non posso farlo davanti a tutta la città"
"Devi andare in ospedale!"
"Per dire cosa? Che l’eroina di Parigi ha qualche costola incrinata?"
"Devi chiedere aiuto a qualcuno!"
"Lo sto facendo! Portami in un vicolo buio, è l’unica cosa che puoi fare per me"
Il suo sguardo è panico puro.
"Ti prego"
Per quanto sia felice delle sue premure, in questo momento ho tanti di quei pensieri per la testa da non sapere più su cosa focalizzarmi per primo.
Chat Noir mi solleva da terra, attento a non provocarmi più dolore di quanto ne stia già provando. Vedo i palazzi avvolgerci, le strade confondersi e finalmente torniamo nel vicolo accanto al bar dove ho lasciato Luka ad aspettarmi.
Il mio compagno mi posa a terra, guardandomi come se potessi morire da un momento all’altro.
"Ladybug dovresti…"
"Andare in ospedale, lo so ma non posso rischiare che qualcuno capisca la mia vera identità"
Il silenzio cala su di noi, lasciandoci immersi nei nostri pensieri. Negli occhi di Chat Noir vedo la preoccupazione che lo assale mentre tento disperatamente di non lasciarmi vincere dal panico.
Il tempo concesso da Tikki ormai sembra essere agli sgoccioli. Il fatto che io non abbia utilizzato il Lucky Charm mi preoccupa. Ho paura che Tikki stia male quanto me.
Persa nei miei pensieri, la presenza di Chat Noir al mio fianco mi ricorda che non posso permettergli di conoscere la mia vera identità. Allo stesso tempo però non credo di riuscire a farcela da sola. Ho bisogno di aiuto e questa è l’unica certezza che riesco ad avere.
Più quello sguardo verde si concentra su di me e meno riesco a capire cosa sia meglio fare. Un nuovo suono irrompe nel nostro silenzio ed i miei orecchini lampeggiano un’altra volta.
"Chat Noir dovresti andare"
"Cosa?! No! Non ti lascio in queste condizioni"
"Devi"
La mia determinazione non sembra riuscire a scalfire minimamente la sua volontà. Nei suoi occhi, verdi e profondi, leggo tanta disperazione. Il dolore continua a diffondersi nel mio corpo vanificando la trasformazione data dal potere di Tikki.
"Chat..."
Il mio sguardo lascia la mia pelle, in alcuni punti ormai violacea, per concentrarsi sul mio compagno.
"Non puoi rimanere qui"
"Ladybug io…"
"Non preoccuparti, starò bene. Fidati di me, mon chaton"
Quelle parole sembrano risvegliare un sentimento nel ragazzo mascherato da gatto. Chat Noir continua a guardarmi per qualche istante finché un bagliore mi avvolge, segnando la fine della mia trasformazione. I vestiti tornano alla normalità, eccezion fatta per alcuni punti colpiti dal nostro ultimo nemico. La maschera svanisce dal mio corpo, fino a lasciare il mio volto definitivamente.
Arresa alla determinazione di Chat Noir, cerco di immaginare quale possa essere la reazione alla sua scoperta. Delusione, rabbia, preoccupazione, tormento, affetto, disgusto, cosa starà pensando? Non mi ero nemmeno accorta di aver chiuso gli occhi, tentando di sfuggire al mio destino.
Lentamente sbatto le palpebre, cercando di focalizzarmi su ciò che mi circonda. Il vicolo accanto al locale è deserto ma le persone cominciano a tornare ad affollare le strade principali.
Di Chat Noir posso vedere solamente le spalle.
"Come stai?"
"Bene"
"Ladybug, sei sicura?"
"Sì"
La parola mi sfugge di bocca mentre cerco di trattenere un gemito di dolore. Il mio corpo sta soffrendo molto più di quanto io voglia ammettere ma è proprio mentre penso a me stessa che la mia preoccupazione si concentra su Tikki. La vedo distesa a terra e quasi sento il cuore spezzarsi.
"Tikki!"
È immobile e parte del suo corpo sembra stia svanendo. La sua gamba sinistra, il suo ventre e la mano destra ormai sembrano dissolti, gli stessi punti in cui sono stata colpita io.
Il panico mi divora. Cosa sta succedendo a Tikki? Com’è possibile che quella donna sia riuscita a farmi tanto male da colpire anche il Kwami?
"Tikki, rispondimi, ti prego!"
Il suo corpo si muove lentamente, in preda al dolore. Quando i suoi occhi finalmente raggiungono i miei, l’unica cosa che riesca a pronunciare è il nome del maestro Fu. Sento il respiro affannarsi mentre con la poca delicatezza che mi rimane dopo la lotta, raccolgo Tikki dal terreno. Avvolgo il suo corpo nel fazzoletto di tessuto che porto sempre con me e la ripongo con cura nella borsetta, assicurandole che avrei fatto di tutto per salvarla.
Provo un paio di volte ad alzarmi senza sentire dolore ma sembra un’impresa impossibile per me. Quando finalmente riesco a sorreggermi sulle mie gambe, un lamento sfugge alle mie labbra.
"Ladybug? Stai male? Sei ferita? Dovresti farti curare!"
"Chaton, calmati"
Fatico a parlare e sicuramente non è il momento migliore per discutere con lui. Cerco di respirare profondamente prima di tornare a concentrarmi su di lui.
"Sto bene. Devo solo andare dal Maestro Fu"
"Il Maestro? È così grave?"
"Tikki sta molto male. Ho paura che le sia successo qualcosa di molto più grave di ciò che ha colpito me ma non so cosa posso fare"
"Come farai ad arrivarci se fatichi anche a parlare?"
La sua domanda non è affatto stupida ed io per prima devo ammettere di non aver trovato una soluzione per arrivare dal Maestro Fu senza destare troppo interesse nei cittadini di Parigi. Nemmeno il mio istinto sembra essere di molto aiuto e più cerco una soluzione a quel problema, più sembra sfuggirmi.
Un’idea mi balza in mente e senza nemmeno rendermi conto di quanto possa essere pericoloso, mando un messaggio ad un numero che ormai conosco molto bene.
"Ladybug?"
"Ho chiamato un amico. Mi aiuterà lui"
"Un... Amico?"
Le sue spalle sembrano incurvarsi sotto il peso di quelle parole.
"Un amico della mia parte civile. Sarà qui tra poco"
"Sei... Sicura di poterti fidare?"
Una risata amara scuote il mio corpo facendomi fremere dal dolore.
Mi avvicino a Chat Noir, stando attenta a non mostrare nulla che possa smascherarmi. Poggio la testa sulla sua schiena, lasciandomi cullare per qualche istante dalla sua presenza al mio fianco. Una sensazione di benessere e calore sembra avvolgermi mentre io tento in ogni modo di sopprimere i lamenti. Non so come farò a nascondere tutto il dolore che provo davanti a lui ma non credo di avere altra scelta.
"Andrà tutto bene, te lo prometto"
Con lentezza, mi scanso dal mio compagno, cercando di evitare movimenti bruschi. Con molta fatica mi lascio scivolare all’interno del locale. Appoggio la schiena contro il muro e lentamente lascio che il mio corpo si accasci sul pavimento. Non mi interessa quanto il mio gesto possa scontrarsi con ogni canone di igiene, tutto ciò a cui riesco a pensare è quello che è appena successo.
Mi prendo qualche istante per respirare e tentare di placare il dolore che ancora mi paralizza. Solo il pensiero di Tikki, ancora svenuta e dolorante nella borsetta riesce ad obbligare il mio corpo a muoversi. Cerco disperatamente una scusa da raccontare a chiunque possa accorgersi del mio malessere ma la mia mente è occupata da tutt’altra tipologia di pensiero. Osservo Tikki ansimare e questo basta per costringermi ad alzarmi ed avvicinarmi alla porta del bagno.
Un rumore proveniente dall’esterno mi riporta alla realtà. Con il cuore che batte troppo veloce per un essere umano, cerco di raggiungere la maniglia. La mia mano trema ma, con fatica, riesco ad aprire la porta, lasciando che solamente uno spiraglio di luce entri nella mia visuale.
Il ragazzo davanti a me osserva il mio volto, probabilmente pallido e stravolto. I suoi occhi diventano duri e freddi mentre si avvicina alla porta per osservarmi meglio. Sembra quasi preoccupato per me ed allo stesso tempo arrabbiato. Vorrei cercare di capire il motivo di quell’espressione di rimprovero ma la mia priorità adesso è un’altra.
"Marinette, che succede?"
Appoggio la mano sulla parete accanto a Luka, cercando di ignorare il suo sguardo così severo.
"Scusa Luka, non volevo disturbarti ma ho un piccolo problema"
"Dimmi"
Il suo sguardo mi scruta fino a raggiungere il mio polso, velato da un livido violaceo che ormai sta acquisendo sempre più colore. Istintivamente lascio cadere il braccio, nascondendolo alla sua visuale.
Mi sforzo di ridere, temendo qualunque sua domanda alla quale non potrei dare risposta.
"Purtroppo mentre raggiungevo il bagno qualcuno mi ha rovesciato addosso delle bevande e non riesco a rimuovere le macchie"
"Bevande?"
Fingo di scrutare una macchia inesistente sui miei vestiti e trattengo appena un gemito di dolore nel muovermi.
"Sembra cappuccino"
"Capisco. Stai bene?"
Non riesco a guardare i suoi occhi, così attenti ad ogni mio movimento.
"Non posso uscire così"
"Certo"
Senza pensarci troppo, si toglie la felpa che indossa e me la lascia tra le mani.
"Ti starà un po’ larga"
"Grazie, Luka"
Richiudo la porta, lasciando le sue labbra dipinte da una linea retta.
Indosso la felpa, permettendo al suo profumo di avvolgermi. Il suo calore mi scalda, riportando un po’ di tranquillità in quella situazione disperata. Fatico a far scivolare il tessuto sul braccio destro e quando finalmente riesco a far uscire la mano, sento la pelle prender fuoco. La felpa stringe appena sui polsi, proprio dove più sento dolore.
Velocemente faccio scorrere la zip della felpa fino a coprirmi quasi del tutto. Fortunatamente il tessuto maschera perfettamente il mio ventre, nonostante il bruciore causato dallo sfregamento con la pelle arrossata.
Inspiro profondamente un paio di volte, prima di uscire dal bagno e raggiungere lentamente Luka al bancone.
I suoi occhi tornano su di me e lo vedo sospirare un paio di volte, prima di rivolgermi la sua completa attenzione.
"Mi dispiace averti fatto aspettare"
"Tranquilla"
"Farei meglio a tornare a casa. Devo lavare i vestiti prima che la macchia diventi permanente"
Luka annuisce impercettibilmente, mentre si offre di accompagnarmi. Per quanto adori la sua compagnia, non posso permettermi di averlo al mio fianco. Casa mia non è esattamente accanto al centro del Maestro ed io non posso allungare così tanto la strada da percorrere.
"Non ti preoccupare, posso tornare da sola"
Gli occhi blu di Luka sembrano sempre più preoccupati ma quando lui si scontra con la mia determinazione, non può che annuire ed accompagnarmi oltre la soglia del locale. Lo saluto velocemente, prima di imboccare la strada principale sulla quale si affaccia il locale.
Pochi passi più tardi, una voce alle mie spalle mi costringe a voltarmi.
"Stai attenta, ti prego"
Luka mi volta le spalle, proseguendo per la sua strada e lasciandomi sola.
 
Le sue parole mi accompagnano durante il tragitto e più cerco un significato per il suo comportamento, meno lo comprendo.
Cerco di ignorare le fitte dolorose che si presentano, fin quando non arrivo, quasi piangendo ed ansimando a casa del Maestro Fu. Busso più volte, violentemente, conscia di poter sembrare una pazza furiosa. Il rumore scuote tutto il mio corpo. Ogni colpo provoca in me un dolore incredibile ma ho bisogno che il Maestro mi apra, ho bisogno di parlargli, ho bisogno che aiuti Tikki.
I miei pugni abbandonano la superficie solo quando lo vedo aprirmi la porta. Il volto si tinge di sorpresa mentre cerca di capire il perché io mi trovi lì.
"Marinette?"
Non riesco a sopportare il dolore un minuto di più. Ignoro le buone maniere ed entro in casa del Maestro senza nemmeno salutarlo. Ormai arrivata al limite, stringo una mano sull’addome dolorante, trascinandomi verso il tappeto al centro del salotto.
"Marinette! Cos’hai?"
Mi lascio cadere a terra, ormai priva di forze. Non riesco a far altro che ansimare dal dolore ma mentre il mio corpo cerca un po’ di sollievo, la mia mente continua a pensare a Tikki. Devo riuscire a spiegare la situazione al Maestro, devo dirgli di aiutarla, devo fare qualcosa! Cerco di raggiungere la borsetta ma i miei movimenti sono lenti ed imprecisi. Finalmente raggiungo Tikki e con mani tremanti riesco ad appoggiarla a terra, accanto a me. Il suo corpo sembra aver riacquistato un po’ di colore ma alcune parti di lei sono ancora invisibili, come se fossero state strappate da questo mondo.
"Marinette?!"
Non riesco nemmeno a rispondere a quell’unica domanda. Tikki sembra star meglio ed io non posso che esserne felice ma quello di cui ho bisogno in questo momento non è altro che riposo. Ancora scossa dagli spasmi di dolore, mi sento avvolgere dal buio e dal freddo mentre sprofondo in un limbo di incoscienza.
 
***
 
Buon pomeriggio a tutti! Lettori miei, questo capitolo mi è costato molto, devo ammetterlo. Ho detestato far del male a Marinette, più di quanto non abbia detestato Adrien quando l’ha ferita nei primi capitoli. Spero possiate perdonarmi ma sappiate che tutto è stato pensato per un “bene superiore” xD Come sempre, aspetto di sapere le vostre opinioni! ;)
A giovedì prossimo,
miss_MZ9

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 ***


L’oscurità sembra essersi impadronita di me. Sono consapevole di essere incosciente ma questo non basta a riportarmi alla luce.
Non so da quanto tempo io sia costretta tra le pareti di questo spazio buio, potrebbero essere secondi, come minuti come ore. Non so più nemmeno cosa sia successo per essermi ritrovata qui. Sto tentando con tutte le mie forze di ricordare qualche dettaglio ma sembra tutto inutile. La mia mente sembra svuotata, leggera ed incredibilmente tranquilla.
Alcune voci sembrano cercare di risvegliarmi dal mio torpore ma mi sento così bene avvolta dal buio da non rendermi nemmeno conto a chi appartengano quelle parole.
"Mar….te"
Una voce calda, dolce, quasi familiare.
"Port…..e, mi sen..?"
Molte tonalità si sovrappongono, fin quando una non prevale sulle altre chiedendo silenzio.
"Deve rip….e"
"Ma…ette"
 

Ancora buio, ancora oscurità. Ricordi confusi del passato sembrano tornare a farmi compagnia. Il mio sesto compleanno, circondata dai parenti e dagli amici delle elementari, il volto di mia madre, sorridente e dolce, l’espressione estasiata di mio padre mentre gli mostravo i miei primi disegni, l’incontro con Alya a scuola, il giorno in cui capii quanto fosse importante per me Adrien. Quelle immagini mi si presentano con troppa velocità, minando il mio precario equilibrio mentale. Una sensazione spiacevole inizia a farsi largo tra quei ricordi. L’incontro con Tikki, il nostro rapporto fatto di dolcezza e tenerezza, quel ragazzo-gatto che mi ha dato tanto il tormento negli ultimi anni e poi Luka, il suo affetto espresso sempre con molta delicatezza e rispetto, il litigio con Adrien, il bacio con quel ragazzo dagli occhi profondi. Gli ultimi frammenti di memoria mi colpiscono duramente, rammentandomi lo scontro con quel nuovo nemico ed il conseguente dolore.
L’immagine di Tikki, la mia piccola Kwami, ferita ed ansimante mi costringe a riprendere in mano la situazione. Devo sapere come sta, devo capire cosa sia successo, se ci sia la possibilità che accada nuovamente o meno. Troppi sono i dubbi nella mia mente.
Determinata a parlare con il Maestro, cerco di riemergere da quel posto chiuso nel profondo della mia mente. Lentamente riprendo possesso e controllo delle mia mani e finalmente apro gli occhi, sbattendo più volte le palpebre a causa della luce intensa che penetra dalle finestre.
Cerco di coprirmi gli occhi ma nulla sembra aiutarmi. Alla fine, uno sbuffo esce dalla mia bocca ed infastidita cerco l’aiuto di mia madre.
Sentendo il vuoto al mio fianco, mi guardo attorno. Le pareti bianche candide riflettono la luce del pomeriggio mentre inizio a sentirmi spaesata. Sicuramente questa non è camera mia e questo non è il mio letto.
Un materasso basso e molto duro mi ospita. È così scomodo da avermi lasciato i muscoli intorpiditi ed un fastidioso dolore generale. Con fatica, cerco di sedermi sul letto, lasciando che i miei piedi prendano confidenza con il pavimento in legno. La superficie liscia mi regala una sensazione di freddo alla pelle che mi risveglia totalmente. Alcune tra le azioni più semplici, mi causano fitte dolorose.
Continuo a guardarmi attorno, senza capire davvero dove mi trovi.
Un vociare oltre la porta, mi allarma e solo in quel momento mi accorgo di indossare ancora i vestiti strappati e mal conci e la felpa prestata da Luka.
Vedo entrare tranquillamente Tikki, attraversando la soglia spessa e robusta. La Kwami mi osserva velocemente per poi sbattere gli occhi ed uscire dalla stanza. La confusione che regna nella mia mente sembra non volermi dar pace.
Qualche istante più tardi, vedo entrare il Maestro Fu ed avvicinarsi al letto, appoggiato alla parete al lato opposto della porta.
"Marinette, ti sei svegliata"
Mi porto una mano tra i capelli, trovandoli sciolti e scompigliati dal sonno.
"Maestro, cos’è successo?"
"Questo dovresti dirlo tu a me"
Strofino gli occhi con la mano sinistra mentre la destra sembra ancora addormentata e dolorante. Quando il mio sguardo finisce sul polso arrossato, il ricordo dell’ultimo nemico affrontato, torna alla mia mente.
"La sposa"
"La sposa?"
Annuisco lentamente, cercando di ricordare quanti più dettagli possibile. Inizio a raccontare l’accaduto al Maestro come se tutto stesse succedendo in quell’esatto istante. Sono costretta a raccontargli anche del mio timore iniziale, quella paura che sembrava volesse impedirmi di adempiere ai miei doveri di paladina. Sono sicura che quella sensazione che mai avevo provato prima sia un dettaglio fondamentale in tutta questa storia.
Il suo sguardo diventa sempre più serio mentre il mio racconto prende vita nel silenzio che ci circonda.

Dopo mezz’ora, il Maestro mi raccomanda di non sforzarmi troppo e mi lascia sola mentre recupera un unguento particolare che potrebbe aiutarmi. Tikki non si è allontanata un attimo da me e mentre io sembro ancora piena di lividi e dolorante, lei pare si sia ripresa bene. Il suo corpo è guarito quasi completamente, lasciando solo alcuni segni più scuri che già sembra stiano svanendo.
"Mi dispiace Tikki"
"Per cosa?"
"Se fossi stata più attenta, non ti saresti ferita così"
"Non preoccuparti, Marinette"
Il mio sguardo torna sul mio polso. I segni scuri sembrano solcare la mia pelle ed il ricordo del dolore che mi attanagliava mi lascia ancora una volta senza fiato.
Il tocco leggero di Tikki mi risveglia dai pensieri.
"Marinette, non pensarci"
"Non è facile, Tikki. Non avevo mai provato così tanto dolore, non per un nemico di Parigi"
Sospiro profondamente, lasciando che l’aria torni a riempire i miei polmoni.
"Ladybug non si è mai ferita durante gli scontri e…"
Il rumore della porta che si apre nuovamente interrompe il mio discorso. Tikki si siede tra le mie mani, cercando di infondermi un coraggio che sicuramente nemmeno lei possiede. Nei suoi occhi blu posso vedere la stessa preoccupazione che attanaglia il mio cuore.
Il Maestro si avvicina e posa un unguento sul comodino prima di sedersi accanto a me.
"Applicalo sulle ferite, ti aiuterà a guarire più velocemente"
Annuisco in silenzio ed inizio a spalmare la crema sul polso.
"Maestro cosa sta succedendo?"
I suoi occhi tornano su di me e nel suo sguardo riesco a vedere la battaglia interiore che sta affrontando. Raccontarmi la verità o no? Un sospiro malinconico esce dalla sue labbra.
"Voglio raccontarti la storia di una Portatrice del Miraculous della volpe"
Il Maestro mi osserva con attenzione, cercando di riportare alla mente i dettagli di quel racconto. Nei suoi occhi posso vedere alternarsi dolore e tristezza.
"Il suo popolo viveva al confine con l’impero romano, che più volte aveva tentato di impossessarsi dei loro territori. Il sovrano aveva provato in ogni modo a resistere a quelle invasioni ma presto dovette accettare la supremazia dei soldati nemici. Le loro terre vennero saccheggiate e la popolazione venne resa schiava"
L’inizio del racconto è costellato di tristezza ed ho l’impressione che il finale non sarà molto più felice.
"Pochi anni più tardi, una donna incontrò un giovane possessore di gioielli dai poteri incredibili. Rimase affascinata dai racconti del giovane, tanto da iniziare a pensare che quegli oggetti incredibili potessero salvare il suo popolo dalla schiavitù. La donna si impossessò del Miraculous della volpe ma i suoi sentimenti erano confusi, divisi tra l’odio che provava per i romani, la paura di peggiorare la situazione del suo popolo e l’amore che aveva iniziato a nutrire per un giovane di un villaggio accanto"
Quel racconto, sebbene diverso sotto molti punti di vista, mi ricorda la mia situazione attuale. Come la protagonista di quella storia, anche io mi sentivo intrappolata dai miei sentimenti. Odio Adrien per quello che ha fatto ma continuo ad amarlo e ad aspettare un suo gesto, detesto il desiderio che ho di Luka ma allo stesso tempo non attendo altro che una sua carezza, ho paura che Chat Noir mi rimproveri nuovamente ma ho bisogno di qualcuno con cui parlare senza filtri, senza maschere, qualcuno che riesca a tirare fuori ciò che nemmeno io so di provare. I miei sentimenti sono talmente confusi da risultare incomprensibili anche a me.
Riporto la mia attenzione sul Maestro che pazientemente ha aspettato che io riemergessi dai miei pensieri ed una sola domanda invade la mia mente.
"Cosa successe alla donna?"
Quella domanda risuona ancora tra i miei pensieri e la risposta inizia a terrorizzarmi.
"I sentimenti erano così contrastanti tra loro che la trasformazione perse efficacia nel corso del tempo e lei si ritrovò indifesa nel momento in cui più le sarebbe servito aiuto. Riuscì a fuggire grazie all’aiuto del suo popolo ma le ferite subite le provocarono gravi danni fisici. Il Kwami si riprese velocemente ma lei non fu più in grado di utilizzare il potere della volpe. I romani non scoprirono mai la sua identità e si accanirono sugli schiavi, rendendo la loro vita ancora più difficile di quanto già non fosse. Il suo intervento, invece di aiutare il suo popolo, peggiorò la situazione, perché i suoi sentimenti non erano abbastanza chiari e limpidi da guidare il Kwami nella trasformazione"
Immaginavo che la storia non potesse avere un lieto fine ma il pensiero di non poter più vestire i panni di Ladybug mi atterrisce completamente. Senza il Miraculous della coccinella non potrei più vedere Tikki, non potrei combattere accanto a Chat Noir e non potrei proteggere Parigi da Papillon. La sola idea di rimanere inerme mentre il nemico della capitale si avventa sui cittadini in cerca dei Miraculous, scuote qualcosa nel profondo del mio cuore.
Non posso permettere che questo accada.

"Marinette, stai bene?"
Rispondo a Tikki con un cenno del capo, il massimo che si possa aspettare da me in questo momento.
Da quando abbiamo lasciato la casa del Maestro Fu, non sono più riuscita ad aprir bocca. Il suo racconto ha messo in luce ciò che sarà il mio futuro se non dovessi riuscire a controllare i miei sentimenti. Papillon avrebbe la meglio su di me, riuscirebbe ad impadronirsi del Miraculous della coccinella ed in breve, anche di quello del Gatto Nero. Chat Noir non riuscirebbe a fronteggiare da solo i nemici di Parigi e la città finirebbe per perdere i suoi difensori. Nessuno sa cosa desideri Papillon ma utilizzare i Miraculous della creazione e della distruzione porterebbe a conseguenze devastanti.
Se da una parte sono consapevole di cosa possa succedere, dall’altra non ho la benché minima idea di come impedirlo. Come può una persona controllare i propri sentimenti? Come si può imporre al proprio cuore di non detestare qualcuno, di non amare qualcuno e di non avere paura?
"Marinette, non preoccuparti. Si risolverà ogni cosa"
Annuiscono nuovamente ma non riesco a convincere nemmeno lei.
Sospiro per buona parte della serata, ignorando le chiamate di Alya, i tentativi di mia madre di farmi mangiare qualcosa e persino la tenerezza con cui Tikki cerca di risollevarmi il morale.
Il display del cellulare segna ormai l’una di notte ma io ancora non riesco a prendere sonno. Ho passato le ultime due ore a rigirarmi nel letto in cerca di quel dolce torpore che porta al sonno ma la mia mente si ostina a rimanere sveglia.
Dopo l’ennesimo sospiro, decido di abbandonare le coperte. Il calore che mi avvolgeva lascia velocemente posto ad un brivido freddo. Per quanto le temperature si stiano alzando, la notte riserva ancora venti gelidi.
Mi avvolgo nella coperta che solitamente tengo sulla chaise longue e mi avvio verso il piano inferiore in cerca di uno spuntino che mi aiuti a conciliare il sonno.
Quando ero piccola, mia mamma era solita prepararmi latte caldo e biscotti quando non riuscivo ad addormentarmi e adesso avrei proprio bisogno del calore del suo affetto per superare questa nottata. Il profumo delle brioches di mio padre mi assale appena metto piede in cucina. Sul tavolo trovo un contenitore con i miei dolci preferiti ed un biglietto.
"Il bicchiere di latte è nel microonde”
Sento un sorriso dolce farsi spazio sul mio volto e con la mente un po’ più tranquilla mi dirigo verso le credenze. Avvio il microonde ed attendo qualche minuto, il tempo necessario per mangiare qualche biscotto al cioccolato. Il volto di Tikki mentre mangia una di queste leccornie invade i miei pensieri ed io mi lascio vincere da una breve risata.
Quando il suono del forno riempie la cucina, estraggo il bicchiere e, con la mia solita maestria, riesco a scottarmi due dita.
“Non imparerai mai, Marinette”
Il sapore del cioccolato mescolato al latte caldo è qualcosa a cui non riuscirei mai a rinunciare. Solo mio padre sa rendere dei dolci tanto semplici, uno spuntino golosissimo. Croccanti all’esterno, morbidi e dolci all’interno, i biscotti sono una delle leccornie che amo di più.
Dopo aver divorato un paio di quelle prelibatezze, vedo la luce del corridoio accendersi. Istintivamente cerco di nascondermi, spegnendo la lampada che mi stava tenendo compagnia.
Passi leggeri, assorbiti dalle pantofole, si avvicinano alla cucina. La luce risveglia tutta la stanza, costringendomi a socchiudere gli occhi.
"Marinette?"
La voce calda di mia madre mi avvolge dolcemente.
"Scusa mamma, non volevo svegliarti"
Scuote la testa e si avvicina alla credenza per prendere una seconda tazza che riempie con una buona dose di caffè.
"Non preoccuparti tesoro"
Riemergo dal mio angolino, tornando a sedermi al tavolo. Mia madre prende posto di fronte a me, guardandomi con affetto e solo Dio sa quanto mi servirebbe il suo conforto adesso.
"Vuoi parlarne, Marinette?"
"Di cosa?"
Quella domanda mi sembra rivolta più a me stessa che a lei. Cosa dovrei dirle? “Mamma, io sono Ladybug ma non preoccuparti me la cavo benissimo o meglio, me la cavavo benissimo, finché i miei sentimenti non sono entrati in contrasto l’uno con l’altro lasciandomi senza difese contro uno dei nemici di Parigi. Ah, ho chiesto a Luka di continuare ad assecondarmi in questo assurdo gioco di sguardi, baci e gesti tutt’altro che romantici perché ho bisogno che mi distragga dal mio cuore sanguinante”.
No, decisamente non posso dirle nulla di tutto questo.
"Marinette?"
"Eh?"
Mia madre mi osserva con uno sguardo che non le avevo mai visto prima. Amore, dolcezza ma anche molta preoccupazione affliggono i suoi occhi.
"Tesoro, vuoi dirmi cosa ti turba? Negli ultimi giorni non sembri più tu"
Detesto sapere di aver fatto preoccupare i miei genitori. Avrei preferito gestire tutta questa storia da sola, senza coinvolgere altre persone nei miei drammi ma mi rendo conto di quanto questo fosse impossibile.
So di non poter raccontare a mia madre la verità, coinvolgerebbe troppo Ladybug ma forse potrei chiederle aiuto per i problemi di Marinette.
"Posso farti una domanda?"
"Certo"
"Sei mai stata così confusa sui tuoi sentimenti da sentirti… Debole?"
"Debole?"
Sbatte le palpebre più volte, probabilmente cercando di capire al meglio la mia domanda.
"In che senso?"
Il mio sguardo vaga dalla mia tazza al suo volto, cercando di trovare le parole giuste per affrontare il discorso.
"Come se il mondo potesse ferirti"
Avrei voluto aggiungere “ferirti fisicamente” ma la discussione avrebbe assunto un senso troppo allarmante e non voglio assolutamente che lei si preoccupi così tanto per me.
"Il mondo… O le persone?"
Ha sempre avuto la capacità di leggere le persone come se fossero libri aperti e sicuramente capire sua figlia deve essere un gioco da bambini per lei. Continuo a guardarla ma nemmeno io conosco la risposta a quella domanda. Cosa mi spaventa di più, il mondo o le persone?
"Entrambi?"
Lo sguardo di mia madre si addolcisce mentre appoggia il gomito sul tavolo per sorreggere i il volto.
"Sei sempre stata una ragazza forte, capace di godere delle piccole cose e di vedere il meglio di ogni situazione, anche delle peggiori. Da piccola eri circondata da amici perché la tua allegria era contagiosa ed eri capace di risollevare il morale a chiunque, indipendentemente dal legame che vi univa. Amavi ogni cosa indistintamente: i fiori che sbocciavano a primavera, le foglie che cadevano in autunno, le maestre che ti lodavano ed i compagni che ti prendevano in giro"
Sembra persa nei ricordi di una bambina spensierata e felice e questo mi rende ancora più triste. Inizio a temere di non riuscire più ad essere quella ragazzina buona, gentile ma soprattutto felice.
"Sono cambiate molte cose da quando ero piccola"
"Le persone cambiano, Marinette"
Le sue mani si allungano sul tavolo, raggiungendo le mie. La sua stretta è solida ma dolce e mi ricorda il profumo di casa, il sapore della famiglia.
"Passano i giorni, i mesi e gli anni e le situazioni cambiano, le persone maturano e con esse i loro sentimenti. Nulla di ciò che provi è sbagliato, tesoro mio. Devi solo imparare a convivere con le tue sensazioni ed a trarre il meglio da ogni situazione"
Il ricordo dei miei sogni infranti torna a bussare alle porte della mia mente.
"Se non ci fosse nulla di buono in alcune situazioni?"
"Ne sei sicura?"
Quella semplice domanda apre davanti a me uno scenario totalmente inesplorato.
Possibile che in tutto questo disastro, sia successo qualcosa di buono? Velocemente cerco tra i ricordi degli ultimi tempi una briciola di pane da seguire per arrivare alla soluzione di questo enigma. Nella mia mente, rivedo Alya, Adrien e Chloé parlare davanti ai bagni, torno al momento in cui capisco di essere rimasta la ragazzina immatura che ero anni fa e qualcosa sembra scattare dentro di me.
Mia madre ha ragione.
Negli ultimi tempi sono successe molte cose ma non tutte sono state negative. Ho litigato con Alya, Adrien ha trattato i miei sentimenti come se fossero oggetti banali e privi di valore, ho rischiato di essere soggiogata da Papillon ed alla fine mi sono ferita in uno scontro con uno dei nemici di Parigi. Questa però è solo una faccia della medaglia.
Sono stata accecata da tutto ciò che di brutto era successo da non aver visto i lati positivi che portano il nome di due persone in particolare.
Luka, un volto che ormai rivedo nella mia mente da giorni. Il nostro rapporto è cambiato, tanto da farmi sentire un’adolescente alle prime cotte. Ho trascorso giornate a pensare a lui ed ore a ricordare le sue labbra sulle mie. Nonostante i miei sentimenti siano ancora molto confusi ed io senta il mio cuore legato ad Adrien, ho scoperto di essere attratta da Luka in un modo a me totalmente sconosciuto. Desidero le sue attenzioni, desidero i suoi baci, desidero le sue carezze, desidero ogni cosa che lui possa darmi ed ogni giorno, sento di desiderare qualcosa in più.
Il secondo nome che sembra lampeggiare nella mia mente non può che essere il suo.
Ho sempre visto Chat Noir come un collega affidabile, il più delle volte almeno. In questi giorni invece, ho capito che lui potrebbe davvero essere mio amico, una figura con cui parlare, con cui confrontarmi, con cui ridere, scherzare, litigare per poi far pace. Chat Noir è stato l’unico ad avermi affrontata apertamente nonostante sapesse quello che stavo provando. Lui mi ha spinto a scavare nel profondo dei miei sentimenti per capire che Luka occupa un ruolo molto importante per me ed è stato l’unico ad avermi ascoltata urlare e disperarmi per Adrien.
"Marinette?"
La voce di mia madre mi riporta alla realtà, a quella tazza di latte ormai freddo ed al suo caffè quasi intatto.
La guardo dolcemente e non posso far altro che ringraziarla. Mi ha mostrato quanto anche i sentimenti negativi debbano avere importanza nella vita di ognuno di noi senza per forza distruggerci. Forse, anche da queste emozioni posso ricavare qualcosa di positivo.
"Grazie, mamma"
Scendo velocemente dalla sedia e corro a rifugiarmi tra le sue braccia dal profumo di lievito e farina.
"Non lasciarti sopraffare, Marinette e la vita tornerà a sorriderti"
Annuiscono, sfregando i capelli sciolti sulla sua spalla. Pensavo di dover essere io a salvare i cittadini di Parigi ma ogni tanto dovrei ricordarmi di lasciarmi aiutare almeno dalla mia famiglia.
"È tardi, andiamo a dormire, tesoro"
Annuiscono nuovamente per poi dirigermi velocemente in camera mia con un nuovo sorriso sulle labbra.
Se voglio salvare Parigi, se voglio salvare me stessa, devo imparare a non lasciarmi sopraffare dalle emozioni e cercare sempre quel dettaglio positivo che può farmi sentire meglio.
Mi infilo sotto le coperte, pensando solamente a ciò che di positivo mi è capitato in questi giorni. Devo concentrarmi su questo, su questo e su null’altro. Lo devo a me, alla mia salute mentale ed a tutte le persone che mi sono accanto e che contano su di me.
Cosa mi riserverà il domani? Non posso saperlo ma sono sicura che qualunque cosa sia, potrò rifugiarmi tra le braccia di chi tiene davvero a me per sentirmi amata e confortata.

***

Buongiorno a tutti! Spero che la vostra quarantena non sia troppo noiosa, la mia si sta dimostrando più impegnativa delle giornate di semplice routine xD Cosa ne pensate di questo capitolo? Marinette ha scoperto importanti dettagli per il suo ruolo di Ladybug ma riuscirà a non farsi sopraffare dai sentimenti negativi? Riuscirà ad affrontare la situazione delicata con Adrien? Cosa succederà con Luka, con il suo desiderio di averlo al suo fianco? Chat Noir riuscirà a starle accanto mentre lei cerca un po' di equilibrio?
Mi raccomando, come sempre, aspetto i vostri commenti ;)
A giovedì prossimo!
miss_MZ93

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 ***


La mattina seguente vengo svegliata dai raggi caldi del sole che entrano dalla finestra della stanza.
Il ricordo del discorso di mia madre torna a farmi visita, lasciandomi un dolce sorriso in volto.
Velocemente, scosto le coperte e scendo dal letto, raggiungendo la terrazza dell'edificio. L'aria calda sfiora il mio volto con dolcezza, regalandomi una sensazione di pace e benessere.
Ogni pensiero triste e malinconico sembra essere sparito dalla mia mente ed io non posso che ringraziare mia madre per questo.
Mi appoggio alla ringhiera, osservando la mia splendida città avvolgermi con la sua bellezza. Ho sempre amato Parigi, i suoi palazzi, le sue piazze, i musei ed i monumenti, ha sempre avuto un effetto magico ed incredibile su di me.
L'ultima volta che sono stata qui, un gatto invadente ma molto gentile mi ha fatto visita. Chat Noir ha promesso di tornare a trovarmi ma sono passati ormai due giorni e di lui, ancora nessuna traccia. Chissà cosa starà facendo in questo momento il ragazzo che si nasconde sotto la maschera scura da gatto. Chissà chi è.
"Marinette?!"
La voce di mia madre mi raggiunge debolmente, invitandomi a scendere in sala per pranzare assieme.
"Arrivo subito, mamma"
Rientro in camera, indossando velocemente un maglione leggero. Scendo i gradini che mi separano dall'ingresso della stanza e sulla chaise longue ritrovo la felpa che mi ha prestato Luka. Un rossore generale mi avvolge mentre osservo quel tessuto che ieri mi ha salvata da sguardi indiscreti.
"Marinette, stai bene?"
La vocina di Tikki mi risveglia dai miei pensieri, riportandomi al presente. Il suo corpicino si avvicina al mio volto e nel suo sguardo trovo un pizzico di allegria e tanta preoccupazione.
"Sto bene, Tikki"
"Sicura?"
Il ricordo di ciò che è successo ieri torna a colpirmi e quasi riesco a sentire il dolore invadere di nuovo la mia pelle.
Un prurito fastidioso inizia a prendere vita sul polso dove quella donna è riuscita a lasciare un segno profondo. La pelle è ancora arrossata ma il dolore sembra quasi essere sparito, lasciando posto ad un lieve senso di pesantezza.
"Sto bene. Le ferite sembra stiano guarendo"
"Dovresti utilizzare la pomata che ti ha dato il Maestro"
" La metterò più tardi"
Afferro la borsetta che ormai è diventata la dimora di Tikki e mi avvio verso la porta della stanza.
"Il pranzo attende e sono sicura che ci sia anche qualche biscotto al cioccolato per te"
Il volto di Tikki si apre in un bellissimo sorriso mentre annuisce con forza. La vedo sparire oltre il tessuto della borsa e posso immaginare la sua impazienza nell'assaggiare qualche nuova creazione di papà.
La sua tenerezza mi fa sorridere. Tikki è ciò che più somiglia alla sorella che non ho mai avuto. È a conoscenza di ogni cosa, di ogni mio segreto, di ogni mia sensazione, di tutto ciò che penso e di tutte le responsabilità che ho. Questo piccolo Kwami è ormai parte della mia vita, della mia famiglia ed io non potrei mai separarmene. Con lei ho vissuto i giorni migliori e quelli peggiori della mia adolescenza e sono sicura che ciò che dovremo affrontare in futuro ci unirà ancora di più.

Dopo pranzo sono costretta a dedicarmi al bucato. Solitamente si occupa mia madre di queste cose ma se le chiedessi di lavare la felpa di Luka, dovrei sorbirmi ore di domande inopportune alle quali non voglio dare risposta, forse per imbarazzo, forse perché nemmeno io saprei cosa raccontarle.
Ormai sento di essere vicina ad un crollo nervoso. Com'è possibile che in diciotto anni di vita non abbia mai dovuto avvia una lavatrice? "Tikki aiutami, ti prego"
"Marinette, io sono un Kwami"
Tikki mi guarda come se essere un concentrato di antichi poteri fosse una scusa per non aiutarmi.
"Dove devo mettere il detersivo?"
Osservo la lavatrice come se fosse un mostro creato da Papillon. In questo momento affronterei volentieri una battaglia, pur di non dover studiare il funzionamento di questo oggetto mistico.
Mia madre sicuramente non è di aiuto. Sullo scaffale di fronte a me sono disposti tante confezioni di detersivi da poter riempire un supermercato intero.
"Detersivo per capi bianchi... Per capi colorati... Per lana... Per cotone... Ammorbidente al pino Silvestro... Alla rosa canina... A cosa servono tutti questi flaconi?!"
Mi lascio cadere a terra, con la felpa ancora tra le mani. Un sospiro profondo esce dalle mie labbra mentre cerco ancora di capire cosa inserire dove.
" Forse dovresti chiedere aiuto a tua madre, Marinette"
Mugugno qualcosa di incomprensibile e rifugio i miei occhi sotto il mio braccio. Forse Tikki ha ragione, dovrei davvero chiamare mia madre e farmi spiegare come funziona questa benedetta lavatrice. In fondo non sono più una bambina.
Una serie di sbuffi esce dalla mia bocca finché un'idea geniale non sfiora la mia mente creativa. Internet ha la soluzione per ogni cosa.
Afferro velocemente il telefono dalla tasca dei pantaloni e sblocco lo schermo. Il volto sorridente ed allegro di Adrien appare come sfondo ed io non posso ignorare una fitta di dolore nel ricordare le nostre ultime conversazioni. La sua bellezza mi ammalia, tanto che anche i miei pensieri sembrano immobilizzare davanti a lui.
Nonostante tutto, il mio cuore continua a battere per lui. È sempre stato il ragazzo che occupava ogni mio sogno e purtroppo non mi sarà facile evitarlo o ignorare i sentimenti che per anni ho provato per lui. Se solo non si fosse preso gioco del mio amore, se solo non fossi rimasta la stessa ragazzina immatura di quando lo vidi per la prima volta, se solo lui sapesse mi vedesse per chi sono realmente e non per la balbettante compagna di classe. Una quantità infinita di "se" affollano i miei pensieri e per qualche minuto rimango ferma a guardare la foto che gli scattai l'anno scorso, durante le vacanze estive.
Riprendo a sbuffare, attirando l'attenzione di Tikki che mi guarda con curiosità.
"Marinette, non ti ho mai visto sospirare così tanto"
Una breve risata scuote il mio corpo ricordandomi che, in questo disastro di emozioni, devo riuscire ad aggrapparmi a ciò che mi rende felice e tranquilla. Mi rialzo, lasciando la felpa di Luka sul ripiano accanto alla collezione di detersivi di mia madre. Avvio una ricerca lampo sul browser ed alla fine riesco ad impostare la lavatrice ed a scegliere i liquidi necessari. Sicura che la lavatrice impieghi più di mezz'ora a terminare il ciclo, torno in camera per cercare di distrarre la mia mente dal pensiero fisso di Adrien.

Trascorro le successive due ore a disegnare mentre Tikki è impegnata a guardare una serie televisiva. Dopo aver inventato almeno dieci capi differenti, la mia immagine inizia a sembrarmi sempre più monotona e noiosa. La matita comincia a rappresentarmi in ogni modo possibile: più magra, più alta, più formosa, con un taglio del volto più occidentale, capelli più corti o più lunghi, ondulati o lisci, lo sguardo più sfrontato o più timido. Ogni versione che sto disegnando sembra suggerirmi qualcosa e, per quanto io abbia sempre detestato i cambiamenti drastici, devo ammettere di trovare affascinante l'idea di un nuovo taglio di capelli.
"Mamma!"
Tikki si alza velocemente dal cuscino su cui si era adagiata per guardare la televisione ed io mi accorgo solo in quel momento di aver quasi urlato. I passi leggeri di mia madre si avvicinano alla stanza. La porta si apre e Tikki si nasconde tra i cuscini morbidi, in attesa di poter nuovamente fluttuare nell'aria.
"Marinette?"
Riporto l'attenzione sulla figura minuta sulla soglia e le sorrido calorosamente.
"Mamma mi tagli i capelli?"
"Cosa?!"
La sua espressione allarmata mi diverte. Non avevo mai visto uno sguardo più terrificato del suo, nemmeno nelle vittime di qualche nemico di Parigi. Abbandono la sedia e mi avvicino al ripiano dove tengo tutto l'occorrente per cucire. La forbice mi guarda minacciosa, probabilmente conscia dell'utilizzo tutt'altro che artistico che ne farò. Afferro il necessario, tra cui anche un panno abbastanza lungo da coprire il mio corpo ed un altro per il pavimento.
"Marinette, non credo sia il caso"
"Sì, invece. Sono piena di doppie punte ed ormai sono mesi che non li accorcio un po'"
"Tesoro, se vuoi tagliarli perché non aspetti domani? Ti fisserò un appuntamento dal parrucchiere e..."
"Non voglio aspettare fino a domani, mamma"
"Ma Marinette..."
Mi volto verso di lei e le stringo le mani tra le mie, lasciandole le forbici che le serviranno tra qualche momento.
"Sarai bravissima, lo so"
"Tesoro..."
"Quando ero piccola lo facevi"
"Sì ma erano tagli semplici, senza pretese"
"Perfetto!"
Torno a dedicarmi alla mia camera. Sposto la sedia al centro della stanza e mi assicuro che ogni angolo sia ben illuminato dalla luce del sole. Una volta finito di preparare ogni cosa, mi siedo in attesa che mia madre inizi il capolavoro.
Dieci minuti di lamentele e suppliche più tardi, mia madre inizia a tagliare piccole ciocche di capelli sotto mie indicazioni. Ogni suo gesto è meccanico, quasi maniacale, in attesa di un rimprovero che non arriverà mai. Vedo alcuni fili scuri cadere sul panno che mi ricopre ed istintivamente smetto di respirare. Ho sempre amato la lunghezza dei miei capelli, mi permetteva di raccoglierli senza problemi. Qualcosa però dentro di me spinge per attuare alcuni cambiamenti ed io non voglio opporre resistenza.
Dopo mezz'ora di lavoro mi accorgo che probabilmente avrò fatto perdere qualche anno di vita a mia madre per l'ansia. Sospirando profondamente, mi lascia le forbici in mano ed inizia a pulire il pavimento mentre io mi occupo di togliere capelli da ogni superficie che mi circondi. Come siano riusciti ad arrivare anche sulla scrivania rimarrà un mistero per me. Una volta finito di riordinare, corro in bagno ed avvio il getto caldo della doccia. Non so come sia possibile ma, nonostante il telo che mi proteggeva, sono ricoperta di capelli. Sospiro mentre l'acqua scorre sul mio corpo, donandomi una sensazione di benessere e tepore. Distrattamente passo le mani tra la mia chioma, trovandola meno folta ma sicuramente più ordinata di quanto non fosse prima. Sotto la doccia, il solito rituale prende forma. Cospargo i capelli di shampoo e li sciacquarli dolcemente, massaggiandomi la cute con delicatezza. L'immancabile balsamo dalla fragranza dolce avvolge le mie punte ed io mi scopro impaziente di guardarmi allo specchio. L'acqua continua a scorrere mentre io mi immergo nel profumo del bagnoschiuma lasciando che la mia mente vaghi tranquilla.
I ricordi degli ultimi giorni tornano a bussare alla mia mente ma invece che sembrarmi tristi e malinconici eventi, inizio a pensare che il fato, in fondo, abbia pensato che questo fosse il meglio che potesse capitarmi.
Avvolta da una semplice maglietta a pois ed un pantalone scuro, rimango dieci minuti a fissare il mio riflesso allo specchio del bagno. I capelli incorniciano il mio volto con delicatezza fermandosi appena oltre le spalle. Un'idea mi balza in mente, tanto da trattenermi in bagno per altri dieci minuti abbondanti mentre accendo l'arricciacapelli e mi dedico alle punte. Ho ereditato i capelli lisci da mia madre e dalle sue origini cinesi e non mi era mai venuto in mente di provare a renderli più mossi. Ricordo di aver utilizzato l'arricciacapelli solamente in rare occasioni, infatti nella confezione sono ancora presenti il sigillo di garanzia e lo scontrino, ormai inutilizzabili. Cercando di ricordare un tutorial che Alya mi ha fatto vedere anni fa, avvicino il ferro caldo alle punte per poi avvolgerci attorno una ciocca. I primi tentativi risultano così ricci da lasciarmi quasi inebetita ma qualche minuto più tardi vedo l'acconciatura prendere una piega più morbida, quasi come se tentasse di rispettare l'originale forma del capello. Una volta finito, aggiusto la frangia che mia madre si è rifiutata categoricamente di toccare.

Quando torno in camera, Tikki è immersa nella visione di uno dei telefilm che adora. Penso sia più aggiornata lei di me sugli ultimi sviluppi del cinema francese. Il rumore del cassetto sembra risvegliarla dai suoi sogni e quando si volta a guardarmi rimane immobile, quasi paralizzata. Dopo minuti interminabili, riesce a tornare al presente, spegne la televisione e dedica la sua attenzione a me. La vedo avvicinarsi velocemente, con lo sguardo stupito. Non riesco a comprendere se la sua espressione sia positiva o meno e questo inizia a rendermi nervosa. Sono così ridicola con i capelli leggermente mossi?
"Marinette, sei proprio tu?"
La sua domanda mi lascia senza parole.
"Tikki, dimmi la verità, sono ridicola?"
"Cosa?"
L'ansia mi invade velocemente e mille scenari differenti mi avvolgono. Inizio a pensare di poter sembrare ancora più sciocca ed infantile di quanto non fossi prima.
"Marinette, sei bellissima"
"Davvero?"
Annuisce con forza, liberandomi da un peso che mi ero creata da sola. Dovrei imparare a fidarmi solo del mio giudizio e basarmi su questo per essere felice, eppure ogni volta mi trovo intenta a cercare l'approvazione o il conforto di qualcuno.
Torno a guardarmi allo specchio della stanza, cercando um difetto ma nemmeno la parte più critica di me riesce a trovare qualcosa che possa rovinare questo momento. Il mio ego guadagna consapevolezza mente inizio a pensare a quanto avessi bisogno di un cambiamento decisivo.
"Sei stupenda"
"Grazie, Tikki"
La avvolgo stringendola dolcemente a me. Il profumo del bagnoschiuma ci avvolge mentre la piccola Kwami inizia a sentire i morsi della fame.
"Che profumo di dolci"
Lascio Tikki sulla scrivania mentre afferro dallo scaffale i suoi biscotti preferiti. In breve tempo, vedo un'ombra rossa lanciarsi verso i dolci ed iniziare a divorarli come mai aveva fatto.
"Avevi proprio fame!"
"Guardare la televisione mi mette appetito. Ti ricordi il protagonista di quel programma culinario? Oggi ha preparato una torta fatta di biscotti al cioccolato e macarons!"
Una risata mi avvolge, lasciandomi una dolce sensazione di felicità al centro del petto. Afferro la confezione su cui si è appoggiata Tikki e mi avvicino alla chaise longue. Riaccendo lo schermo della televisione e lascio che la mia mente vaghi per le delizie culinarie dello chef mentre Tikki sembra rapita dalle creazioni dolci più che da quelle salate.

La serata sembra passare velocemente. Durante la cena, mio padre non ha smesso un attimo di guardarmi i capelli, borbottando qualcosa di incomprensibile. Mia madre invece ha trascorso il tempo assieme, guardandolo con dolcezza. Penso che il mio nuovo taglio abbia sconvolto mio padre in qualche modo.
Dopo aver aiutato mia madre a lavare i piatti, sono tornata in camera con qualche leccornia per la mia dolce Kwami. Riprendo in mano il blocco da disegno, cercando di immaginarmi qualche outfit da abbinare al mio nuovo look e mi scopro emozionata nell'immaginare la reazione dei miei amici. Dopo aver terminato lo schizzo a matita, recupero l'inchiostro per iniziare a segnare i contorni del disegno. Seguo il segno della matita con precisione, cercando di rispettare la grandezza del tratto ma una strana sensazione inizia ad impadronirsi di me. Riprendo il mio disegno ma la concentrazione sembra ormai sparita. Mi volto verso Tikki che, in tutta tranquillità, si sta godendo la lettura di un romanzo rosa.
Torno a concentrarmi sul mio schizzo ma ogni secondo che passa, la sensazione di essere osservata aumenta, iniziando a rendere la mia mano incerta sul tratto da lasciare sulla carta.
Appoggio il pennino su un panno di carta assorbente, attenta che non macchi il foglio o la scrivania. Conoscendomi, quasi sicuramente imbratterà tutta la stanza prima che io abbia finito di disegnare. L'impressione di essere osservata continua a seguirmi, tanto che inizio a cercare ovunque la fonte di questo mio fastidio. Tikki mi osserva incuriosita dal mio girovagare per la stanza ma quando raggiungo il mio letto, la vedo bloccarsi dietro ad un cuscino.
Solo una cosa può averla costretta a nascondersi, una persona che non deve assolutamente scoprire che lei sia qui.
Vedo il suo profilo affacciarsi alla finestra mentre gli artigli scuri ne graffiano la superficie.
"Cosa fai qui?"
Mi avvicino a lui ma la sua voce mi arriva ovattata dallo spessore del vetro. Velocemente infilo una felpa calda ed apro la finestra, affacciandomi al terrazzo.
"Chat Noir?"
"Marinette, buonasera"
"Come mai da queste parti?"
"Dovevo mantenere una promessa"
Il ricordo del nostro ultimo incontro è la risposta. Dopo aver discusso sui miei sentimenti per Adrien e Luka, mi aveva promesso che sarebbe tornato a trovarmi presto ma non pensavo che avrebbe mantenuto la parola data. Il supereroe si scosta, lasciandomi uscire dalla stanza. Il suo profumo mi avvolge, una fragranza che sono sicura di aver già sentito prima ma che sembra ben coperta dall'odore di qualche focolaio caldo. Prima di raggiungermi, deve aver corso sopra i tetti per molto tempo, probabilmente avvicinandosi troppo all'imbocco della cappa di un camino.
Assorta nei miei pensieri, mi rendo conto dopo qualche minuto della sua espressione. I suoi occhi sembrano osservare ogni centimetro del mio volto, in cerca di piccole differenze mentre quella più grande è proprio sotto al suo naso.
Quando finalmente il suo sguardo si posa sui miei capelli, la sua espressione si tinge di stupore e meraviglia.
"Ma-Marinette"
Gli serve qualche attimo per riprendere possesso della parola e quando capisce di avere i miei occhi puntati sulla sua figura, posso vederlo quasi arrossire. Porta una mano tra i suoi capelli biondi, scompigliandoli più di quanti già non avesse fatto il vento di Parigi. Quel gesto mi riporta alla mente per un solo attimo il ragazzo che ha occupato i miei sogni più rosa. Cerco di ignorare i miei pensieri e le congetture su Adrien, concentrandomi sul ragazzo che ho di fronte. La sua tenerezza suscita in me il desiderio di stuzzicare la sua parte felina e senza pensarci, mi avvicino a lui lentamente.
"Chat Noir?"
Il silenzio continua a persistere mentre inizio a vedere distintamente il rossore abbondare sul suo volto.
"Il gatto ti ha mangiato la lingua forse?"
Lo vedo sbattere velocemente le palpebre, cercando di riguadagnare un briciolo di dignità.
"Sei diventato un gatto muto?"
"Molto divertente"
Volta lo sguardo verso Parigi, cercando di convincermi di averlo offeso ma lui per primo non sembra si stia sforzando troppo. Le sue labbra faticano a rimanere serrate mentre un sorriso sfida il suo autocontrollo.
Dopo qualche istante, la sua forza di volontà sembra venir meno e Chat Noir non può far altro che sbuffare e regalarmi uno dei suoi dolci sorrisi. Torna a portar disordine tra la sua chioma, guardandomi imbarazzato.
"Perché l'hai fatto?"
"Cosa?"
"I capelli. Perché li hai tagliati?"
Una risposta davvero complicata.
"Marinette?"
"Era da tanto che non li tagliavo"
Mi guarda come se potesse leggere i miei pensieri ed io istintivamente arrossisco fino alle punte dei piedi.
Mi avvicino alla ringhiera dove lui è appoggiato ed osservo Parigi splendere nel buio, sperando che riesca a darmi il coraggio di dirgli la verità.
"Non l'ho mai detto nessuno ma li tenevo lunghi per lui"
"Cosa? Per chi?"
"Per Adrien. So quanto possa sembrare stupido ma ho sempre invidiato le ragazze con cui lavorava. Loro potevano averlo accanto per qualche istante senza sembrare inadatte. Guardando i cartelloni pubblicitari mi sono sempre chiesta perché ognuna di loro avesse i capelli lunghi. Non importava il colore o l'acconciatura, avevano sempre una bellissima chioma lunga. Ricordo di avergli chiesto il motivo di quella scelta qualche mese dopo averlo conosciuto ma nemmeno lui riuscì a rispondermi"
"Marin..."
Interrompo quella che sicuramente suonerà come una presa in giro per rivelargli la verità, nuda e cruda.
"La mia mente sapeva essere molto fantasiosa quando si tratta di lui. Iniziai ad immaginarmi mille motivi diversi, fino a convincermi che avrei avuto anche io la possibilità di stare al suo fianco, anche solo durante un set fotografico, se avessi mantenuto i capelli di una lunghezza sufficiente"
La mia vita è stata condizionata da Adrien così tanto negli ultimi anni che pensarci adesso mi provoca un grande imbarazzo. Sento il volto in fiamme ed istintivamente cerco di evitare il confronto con gli occhi di Chat Noir nascondendo la testa sulle braccia appoggiate alla ringhiera.
"Lo ami davvero molto"
Se la mia pelle potesse prendere fuoco, probabilmente lo farebbe.
Annuisco lentamente, in balia di quei sentimenti che negli ultimi giorni mi avevano provocato solamente dolore e rimpianti.
Il silenzio torna ad avvolgerci mentre posso sentire la sua testa pensare rumorosamente.
"Posso farti una domanda, Marinette?"
Abbandono la ringhiera, cercando i suoi occhi verdi ma tutto ciò che riesco a vedere sono i suoi capelli biondi che ricadono sul volto. Quando il suo sguardo torna ad incrociare il mio, l'imbarazzo mi obbliga a concentrarmi su qualcos'altro e senza nemmeno rendermene conto, inizio a pensare a quanto quel completo scuro lo avvolga perfettamente.
Non avevo mai notato il cambiamento del suo fisico in questi anni. Il costume fascia i suoi muscoli, lasciandomi immaginare come sia realmente. Da quando abbiamo iniziato a lottare contro Papillon non mi sono mai soffermata a pensare a quanto i nostri corpi venissero sottolineati dai nostri abiti e solo adesso riesco a capire quanto lui abbia potuto vedere perfettamente ogni mia curva maturare,pou di quanto avrebbe potuto immaginare se avessi indossato un paio di jeans ed una t-shirt. Il rossore sul mio volto è solo un flebile ricordo paragonato al fuoco che sento sulla mia pelle.
"Stai bene?"
"Cosa? I-io sto b-bene, certo. Non volevi farmi u-una domanda?"
Pensavo che questa mia splendida abilità fosse dedicata solamente ad Adrien, invece sembra che io abbia iniziato a balbettare anche con lui. Devo esser stata confusa dai miei stessi pensieri.
"Sei sicura di star bene? Sei tutta rossa, forse ti stai ammalando"
"N-no. Sto bene, grazie. La domanda?"
Lascia che io cambi argomento, Chat Noir, te ne prego. Non sopravviverei a lungo con questi dubbi che vagano liberi per la mia mente
. Probabilmente l'eroe mascherato deve aver compreso il mio disperato bisogno di sentire la sua domanda perché volta il suo sguardo verso l'entrata della mia stanza per tornare a rivolgersi a me con le gote arrossate.
"Perché non hai mai confessato i tuoi sentimenti ad Adrien?"
Potevo aspettarmi ogni genere di domanda da lui ma non ero pronta a questa.
"Perché?"
"Sì, perché? Hai avuto un milione di opportunità, Marinette. Avresti potuto dirglielo a scuola, quando vi incontravate con i vostri amici, quando vi allenavate per il torneo di videogiochi. Perché non gli hai mai detto nulla?"
Il pensiero di come faccia ad essere a conoscenza di tutti questi dettagli svanisce in un secondo, sovrastato dall'imbarazzo per la verità
. Sospiro inutilmente, sperando che si dimentichi di quella domanda ma ovviamente così non è. Chat Noir rimane in attesa, come se la mia risposta fosse per lui la cosa più importante al mondo.
"Non ne ho mai avuto il coraggio"
La mia frase sembra non soddisfarlo ed io mi arrendo all'idea di dovergli spiegare ogni cosa.
"Quando siamo insieme, il mio cuore inizia a battere talmente veloce da rendermi difficile qualunque cosa, anche respirare. Quando lo guardo, vorrei solo dirgli quanto sia bello ed incredibilmente affascinante ma qualcosa mi impedisce anche solo di salutarlo. Divento maldestra, inizio a balbettare e dico un sacco di stupidate per nascondere ciò che invece vorrei fargli sapere
" Riporto lo sguardo su di lui ed incredibilmente lo trovo senza fiato, quasi colpito da ciò che ho appena detto.
"Non credere che non ci abbia mai provato. Ho architettato non so quanti piani confusi e complessi pur di passare del tempo con lui ma quando, per qualche miracolo, questo succedeva, il mio corpo si rifiutava di ascoltarmi. C'era qualcosa in me che mi impediva di pronunciare quelle tre parole ed ormai penso che non ne avrò più la possibilità. In fondo, a cosa servirebbe adesso dirgli "io ti amo"?"
Lo vedo indietreggiare, come se quelle tre parole avessero colpito un punto profondo della sua anima.
"Tutto bene?"
"Eh?! Ah, sì. Certo"
Lo vedo torturare la cintura che porta in vita, come se potesse distrarlo dai pensieri confusi che sembrano affollare la sua mente. "Forse... Dovrei andare"
"Ah"
Non riesco a nascondere la mia delusione. Parlare con lui e confidargli i miei pensieri senza censure iniziava a farmi sentire libera, leggera come una piuma. Vorrei che questa sensazione durasse per sempre.
Il suo volto si tinge di allegria, probabilmente riflesso della mia espressione amareggiata. Un sorriso incornicia le sue labbra mentre si avvicina a me dolcemente. Sento un lieve rossore prendere vita sulle mie gote e la sua vicinanza non fa che aumentare tutto ciò.
Chat Noir si china dolcemente su di me, sfiorandomi il volto con una mano mentre lascia un bacio candido all'angolo della mia bocca. Quando i suoi occhi tornano a guardarmi, un guizzo di malizia sembra prendere vita, rendendoli intensi e luminosi. Chat Noir torna ad immergersi tra i miei capelli, avvicinandosi al mio orecchio con furbizia.
"Mi piace molto il tuo nuovo look. Anche se..."
La sua vicinanza inizia a provocarmi una sensazione di calore al centro del petto.
".. Sei sempre stata una bella ragazza"
Ancora stordita dalle sue parole, mi accorgo della scomparsa del supereroe quando ormai lui raggiunge il palazzo di fronte al mio. Lo vedo voltarsi verso di me, sorridendomi dolcemente.
"Tornerò presto, te lo prometto"
Chat Noir sfugge alla mia vista saltando oltre il palazzo e raggiungendo un vicolo nascosto. Rientrando in camera inciampo in ogni cosa presente sul suolo, fino a lasciarmi cadere malamente sul letto con la faccia nascosta tra i cuscini.
Mille pensieri affollano la mia mente mentre comincio a pensare che la mia vita abbia iniziare a prendere una piega davvero particolare.

***

Lettori, buona sera! Non sapete quanto abbia spremuto ogni neurone del mio povero cervello per finire questo capitolo entro la mezzanotte xD
Cosa ne pensate di questo risvolto dalle sfumature molto Marichat? Ammetto di avere un debole anche per questo tipo di coppia, quindi non poteva mancare ad intrigare ancora di più la situazione già precaria della povera Marinette.
Fatemi sapere come si sembra il capitolo e cosa vi aspettate dal prossimo, mi raccomando!
A giovedì prossimo!
miss_MZ9

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 ***


Ho trascorso gli ultimi venti minuti a guardare il mio riflesso allo specchio. Questo è quello che vorrei poter dire. La verità è che non ho fatto che fingere di acconciarmi i capelli mentre ripensavo alle ultime giornate ed a tutto ciò che è successo.
Sospiro per la millesima volta mentre il ricordo di ieri sera torna ad occuparmi la mente. Quegli occhi verdi ed intensi che mi guardano, quella bocca, così vicina alla mia. Il mio riflesso si tinge di rosso mentre la mia mente si diverte a torturarmi.
Chat Noir è riuscito a lasciarmi senza parole. Pensavo fosse innamorato follemente di Ladybug, di quell'eroina vestita di pois che tanto ama chiamare "my lady". Ero convinta che nessuno avrebbe mai offuscato quei sentimenti che lui ostentava con sicurezza e sicuramente non avrei mai pensato di poter essere io la ragazza che avrebbe fatto vacillare il suo amore.
Continuo a sospirare, fino a quando l'orologio non mi risveglia dai miei disastri personali. Mancano venti minuti all'inizio delle lezioni ed io sono ancorata allo specchio come se potesse risucchiarmi da un momento all'altro per portarmi lontano da questa realtà alquanto strana.
Come se dovessi affrontare il primo giorno in una nuova scuola, mi assicuro che ogni dettaglio del mio outfit sia impeccabile. Le ciocche di capelli che ho legato dietro la testa delineano perfettamente il mio volto, lasciando che la mia chioma dalle punte arricciate risplenda liberamente. Il solito mascara nero accentua l'ombretto marrone leggero che sfuma sul mio incarnato morbidamente.
Penso sia la prima volta che dedico tanto tempo alla cura del mio aspetto e quasi posso sentire le prese in giro di Alya nel paragonarmi a Chloé.
"Marinette, sei bellissima"
Guardo Tikki con affetto mentre lei osserva con attenzione il mio look. La maglietta dalle tinte nocciola e dai dettagli bianchi, sbuca dalla gonna che ho deciso di indossare oggi, una svasata color crema. Le parigine riprendono la tonalità della maglietta, lasciando risaltare le sneakers marroni.
"Lo farai impazzire, poverino"
Il sussurro di Tikki mi giunge leggero e quasi penso di essermi immaginata ogni singola parola, almeno fino a quando non la vedo rifugiarsi nella sua borsetta, ridacchiando.
"Di cosa stai parlando?"
Il silenzio mi accompagna mentre infilo i quaderni nello zaino ed afferro la borsa con Tikki ed i suoi biscotti preferiti all'interno.
"Tikki?"
"Marinette, farai tardi a scuola. Sbrigati!"
Il suo palese tentativo di cambiar discorso viene assecondato dalla voce di mia madre che mi raggiunge dal piano inferiore.
Un ultimo sguardo allo specchio ed i miei occhi tornano a guardare il punto in cui Chat Noir mi ha baciata ieri sera. Il mio volto assume una tonalità accesa e prima che le mie gambe tornino a sembrare gelatina, mi avvio verso l'uscita della stanza. Fa sempre così caldo ad aprile?
Raggiungo velocemente la porta di casa e finalmente posso dire di aver riacquistato un colorito quasi normale. Varcando la soglia, capisco però che questa giornata mi vedrà arrossire più di quanto non faccia normalmente. La voce di mia madre mi raggiunge prima che io possa richiudermi la porta dietro le spalle.
"Tesoro, lascio la felpa del tuo amico in camera tua!"
Poche parole e le mie gote tornano ad infuocarsi.
Mi sono completamente dimenticata della felpa di Luka nella lavatrice!
Sbatto le palpebre più volte, cercando di mettere a fuoco la situazione imbarazzante che avrei voluto evitare ad ogni costo.
"S-sì mamma. G-grazie!"
Mia madre ha visto la felpa di Luka. Mia madre ha visto la felpa di Luka, l'ha stesa, probabilmente l'ha anche stirata e si sarà creata mille castelli in aria, come suo solito.
"Perché a me"
La risata di Tikki mi riporta alla realtà e con il volto sempre più accaldato, mi avvio a scuola.

L'ingresso dell'edificio è gremito di persone: ragazzi assonnati, insegnanti annoiati, anche qualche genitore iperprotettivo.
Tra la folla, scorgo la chioma castana di Alya in cerca di qualcuno, probabilmente Nino. Mi avvicino a lei lentamente, quasi incuriosita dalla sua reazione al mio cambiamento.
"Alya, buongiorno!"
"Marinette, sei arrivata pres..."
Occhi spalancati, mandibola quasi slogata e alcuni fogli caduti a terra. Alya sembra paralizzata mentre osserva ogni dettaglio del mio corpo con attenzione quasi maniacale. La vedo focalizzarsi sui miei capelli e potrei giurare di non averla mai vista così sconvolta. Quasi rimpiango di aver lasciato il cellulare all'interno dello zaino, l'espressione di Alya sarebbe sicuramente diventata la nuova immagine di sfondo dello schermo.
Ma... Marinette?"
Non riesco a trattenere una risata che risale dal profondo del mio cuore.
"Sì?"
"Sei... Sei davvero bellissima, amica mia!"
"Grazie"
Il mio volto si tinge di imbarazzo. Non sono mai riuscita ad accettare un complimento senza che le mie guance si imporporassero ed oggi non farò eccezioni.
Alya continua a guardarmi come se avesse davanti agli occhi lo scoop del secolo ed io comincio a sentirmi a disagio, sensazione che aumenta quando vedo Nino e Mylene avvicinarsi.
In breve tempo, vengo sommersa da complimenti e urla delle mie amiche, emozionate quasi più di me. Anche Chloé non risparmia un complimento, velato da un tono quasi offensivo.
"Hai smesso di fare acquisti al mercato? Quei colori comunque non ti donano"
La vedo dirigersi vero l'interno della struttura e distrattamente mi rendo conto della campanella che ha iniziato a suonare con prepotenza. Alya mi trascina verso l'aula, accerchiata da Mylene e Rose che non smettono un secondo di ripetermi quanto io sia "assolutamente meravigliosa".
Nonostante le dimensioni della stanza, mi sembra che le pareti si stiano stringendo sempre più su di me. Circondata dalle persone a cui voglio bene inizio a sentirmi a disagio per tutte le attenzioni che sto ricevendo, qualcosa a cui non sono assolutamente abituata.
Finalmente le acque sembrano calmarsi quando l'insegnante entra in classe, pregando tutti di tornare ai loro posti. Lo spazio attorno al bancone si libera, dandomi la possibilità di respirare nuovamente. L'ossigeno torna ad occupare posto nei miei polmoni e le mie guance riprendono un colorito quasi normale.
Sento gli occhi di Alya puntati su di me, come se stesse cercando di risolvere un enigma incredibilmente difficile.
"Perché mi fissi, Alya?"
Non mi piace essere al centro dell'attenzione e questo vale anche se è la mia migliore amica a darmi tante attenzioni. Alya scuote la testa dolcemente, regalandomi un sorriso meraviglioso velato da un pizzico di malizia.
"Perché questo cambiamento?"
"Perché?"
Annuisce lentamente ed io ne approfitto per lanciare una veloce occhiata all'insegnante, intenta a spiegare chissà quale formula matematica.
"Ha a che fare con un bel biondino di nostra conoscenza?" "Un... Bel biondino?"
"L'hai fatto per Adrien?"
La sua domanda mi lascia senza parole.
Adrien è stato il protagonista di così tante chiacchiere con Alya che ormai sembra che non siamo capaci di parlare d'altro ma se ho deciso di cambiare non è stato per assecondare lui, i suoi desideri o le sue preferenze. Tagliarmi i capelli è stato un gesto rivolto più che altro a me stessa. Dovevo farlo, dovevo provare a me stessa di poter tornare ad essere la ragazza felice, spensierata ed allegra che sono sempre stata. Ho visto questo cambiamento come la possibilità di tagliare definitivamente con il passato, con il mio morboso interesse per Adrien, con le mille preoccupazioni che mi affliggevano la mente e con i sentimenti contrastanti che sembravano oscurare il mio cuore giorno dopo giorno. Io avevo bisogno di questo taglio deciso, per Parigi, per poter essere la Ladybug che i cittadini meritano ma soprattutto per me stessa, per liberarmi da ogni dolore, da ogni sofferenza.
"L'ho fatto per me"
Sorrido ad Alya, cercando di convincerla delle mie parole. Ignoro i suoi tentativi di riprendere il discorso ed afferro il quaderno dallo zaino, pronta a concentrarmi sulla lezione di oggi. La mia attenzione però sembra essere concentrata sull'ultima persona alla quale vorrei pensare e dopo appena cinque minuti, capisco che non ricorderò mai le formule che l'insegnante sta spiegando.

Dopo qualche minuto, mi accorgo di aver smesso di prendere appunti, probabilmente certa che fosse uno spreco di energie tentare di apprendere qualcosa che non capisco. I miei occhi vagano per la stanza, cercando di evitare di focalizzarmi sul posto accanto a Nino ma quando inevitabilmente mi soffermo su quello spazio, lo trovo stranamente vuoto.
"Adrien è assente. Sarà successo qualcosa?"
So che dovrei smettere di pensare a lui ma qualcosa sembra volermelo impedire ad ogni costo. Il mio cuore non sembra capace di lasciar andare quei sentimenti che per molti anni mi hanno accompagnata in ogni mia giornata.
Il rumore della porta dell'aula che si apre mi distrae dai miei pensieri, riportandomi al presente.
"Scusi il ritardo!"
Con gli occhi stanchi ed il volto sciupato, Adrien entra in classe, attirando su di sé l'attenzione generale.
L'insegnante segue il suo profilo fino al bancone, consigliandogli di chiedere a qualche compagno gli appunti della lezione che ormai è quasi finita. Adrien annuisce, salutando Nino velocemente per poi prendere in mano quaderno e penna. C'è qualcosa di strano in lui oggi, qualcosa che non riesco a comprendere appieno.
L'intervallo giunge velocemente ma la speranza che potesse essere un momento di tranquillità e pace viene spazzato via durante i primi istanti. Tutto succede così in fretta da lasciarmi senza parole.
Adrien si volta verso Alya, in cerca degli appunti della lezione ma la sua risposta attira l'attenzione della classe intera.
"Sono molto confusi. Perché non li chiedi a Marinette?"
Il mio sguardo scatta verso Alya e nemmeno io so cosa sto provando. Rabbia? Preoccupazione? Agitazione? Forse ognuna di queste cose, forse nessuna.
"Ma cosa..."
"Marinette..."
La voce di Adrien arriva al mio cuore dolorosa come una stilettata ma calda e premurosa come un cerotto su di una ferita. È incredibile come possa aver ancora così tanto effetto su di me.
Il suo sguardo si posa sul mio volto, in una tacita richiesta di attenzione. Gli occhi verdi, il sorriso timido, probabilmente incerto sul rivolgermi la parola o meno.
Attorno a noi, tutta la classe sembra essersi paralizzata, come me. Sento gli sguardi dei nostri amici vagare dalla mia figura alla sua, senza tregua, in attesa che io gli risponda. In questo momento, la tensione si potrebbe tagliare anche con il coltello da burro.
L'espressione di Adrien muta velocemente, la speranza lascia il suo volto, sottolineando le occhiaie.
"Se non vuoi, lo capisco. Insomma, dopo quello che è successo io..."
Passa una mano tra i capelli, quasi come se volesse scusarsi di avermi chiesto un favore.
Posso capire il suo atteggiamento, se io avessi spezzato il cuore di qualcuno, troverei difficile chiedere aiuto proprio a quella persona.
" Mi dispiace Adrien"
"N-non ti preoccupare. Non avrei dovuto..."
"Non ho seguito molto, oggi. Avevo la testa... Altrove"
Alya mi guarda sorridendo da perfetta diavolessa qual è. Vorrei tanto sapere cosa le sia passato per la mente quando ha avuto questa brillante idea. Sapevo che tornare a scuola avrebbe significato dover parlare con Adrien prima o poi ma sinceramente speravo di avere più tempo per pensare a come affrontare la situazione.
"Ragazzi, è uscito un nuovo film al cinema"
La tensione viene spezzata da Nino che tenta di distogliere l'attenzione da me ed Adrien. Devo ricordarmi di ringraziarlo, un giorno. Al contrario della sua ragazza, almeno lui non tenta in ogni modo di minare il mio autocontrollo.
"Ne ho sentito parlare. Mio fratello voleva andare a vederlo questo week end"
La voce di Juleika arriva leggera, quasi come se fosse un sussurro ma le sue parole risvegliano in me ricordi dal profumo dolce e dal sapore intrigante.
"Luka..."
Il suo nome esce dalle mie labbra senza che io possa oppormi.
Fortunatamente Juleika e Rose attirano l'attenzione dei ragazzi per decidere quando andare al cinema, dove vederci e cosa fare dopo. Due occhi però continuano a fissarmi, i suoi. Mentre la conversazione prosegue, tento di ignorare Adrien che mi fissa con uno sguardo ambiguo, un misto di rabbia e delusione.
Sento la mia pelle prendere fuoco sotto i suoi occhi e, per scappare da quello sguardo fulminante, mi rifugio nella conversazione, sperando che lui faccia lo stesso.
"Perché non inviti anche Luka?"
Ho sempre sospettato di essere in grado di mettermi in difficoltà da sola ma oggi penso di aver davvero toccato il fondo. La mia voce attira l'attenzione di tutti, specialmente quella di Alya, che mi guarda come se le stessi nascondendo qualcosa. Se solo sapesse ciò che è successo, probabilmente mi insulterebbe fino alla fine dei miei giorni.
Sotto lo sguardo indagatore di Alya, quello arrabbiato di Adrien e quelli curiosi dei miei amici, le mie guance decidono di farmi somigliare ad un pomodoro maturo.
"Ha-hai detto che voleva vederlo anche lui, no? P-perché non gli chiedi di venire con noi?"
Adesso che vorrei solamente che qualcuno dicesse qualcosa, il silenzio ci avvolge. In mezzo ai mille pensieri dei ragazzi, riesco a sentire solamente il mio cuore battere talmente veloce da farmi quasi avere un infarto.
"È un'ottima idea, Marinette!"
"Sì, invitalo"
I miei compagni di classe tornano a chiacchierare tranquillamente ed io finalmente posso lasciarmi vincere da un sospiro.
Nino distrae la mia migliore amica ed io ne approfitto per accasciarmi sul tavolo e nascondere il volto tra le braccia, come se fosse un muro invalicabile. L'unico problema che ancora mi affligge è lo sguardo inceneritore di Adrien, che sembra volermi maledire in ogni lingua conosciuta. Più tento di ignorare quel fastidio, più Adrien sembra intenzionato a continuare a guardarmi.
La situazione già precaria, degenera in fretta, quando le chiacchiere di Juleika e Rose si concentrano su Luka.
"Non ti sembrava un po' strano ieri?"
"Davvero?"
"Di cosa state parlando?"
La voce di Adrien si intromette nel discorso, lasciandomi finalmente libera dalla morsa del suo sguardo.
"Ieri pomeriggio sono andata a trovare Juleika. Abbiamo iniziato a discutere con Luka di una nuova canzone ma lui non sembrava molto partecipe. Sembrava avesse la testa tra le nuvole"
La curiosità prende il sopravvento sul mio desiderio di nascondermi da Adrien, e senza nemmeno accorgermene, mi trovo ad osservare incantata Rose e Juleika.
"Mi è sembrato strano. Quando si parla di musica, Luka è sempre attento ad ogni parola ma ieri sembrava essere su un altro pianeta"
"Io non ho notato nulla"
Juleika sbatte velocemente le palpebre, cercando di ricordare ogni dettaglio di quel pomeriggio ed io mi scopro intenta ad osservarla come se potessi arrivare a leggere i suoi pensieri attraverso i suoi occhi. Più la guardo, più i miei pensieri tornano a Luka, ai momenti passati assieme, a quella folle corsa per scappare dall'akuma, al mio sfogo e soprattutto ai suoi baci, i nostri baci. Quel sapore dolce ed intrigante, quella morbidezza capace di ammalarmi, ogni cosa che ricordo fa nascere in me il desiderio di riassaporare la sua stretta sui miei fianchi e le sue labbra sulle mie.
Scuoto la testa velocemente, cercando di liberarmi di quei pensieri che hanno fatto affiorare tutto il sangue del mio corpo sul mio volto. Cerco di concentrarmi sui discorsi dei miei amici e le parole di Rose diventano per me un'ossessione.
Lei ha ragione, Luka ama follemente la musica e niente e nessuno è mai riuscito a distrarlo da quella sua grande passione. Cosa gli sia successo rimane un mistero e la mia mente ne approfitta per vagare con la fantasia. Ogni teoria che elaboro riesce a dipingermi sempre più come egocentrica e sempre meno come semplice amica.
"Dite che gli è successo qualcosa? Forse ha qualche problema personale"
La preoccupazione di Ivan scaccia ogni mio più roseo pensiero ed il sorriso ebete che mi era nato sul volto svanisce velocemente.
"Certo!"
Il mio sguardo corre da Ivan a Rose che sembra aver appena avuto l'illuminazione del secolo. I suoi occhi si spalancano e la sua bocca si distende in una linea curva dai tratti maliziosi. Se fosse la protagonista di un manga, sicuramente rilascerebbe cuori rossi da ogni fibra del suo corpo.
Cercando di ignorare il calore che sembra essersi concentrato sul mio volto, afferro la bottiglietta dal mio zaino. Tento di nascondere l'imbarazzo dei miei pensieri coloriti riguardanti Luka, me ed un posto esotico e sperduto con sole, caldo e pochi indumenti da indossare. Lascio che l'acqua fresca riporti la mia temperatura a livelli accettabili ma immaginare Luka senza maglietta, su una spiaggia tropicale manda il mio cervello in tilt.
"Avanti, Rose, parla!"
La voce di Alya mi strappa violentemente alle mie fantasie ed io mi scopro imbarazzata dai miei stessi pensieri, soprattutto pensando di averli avuti davanti a tutti la classe.
"Deve essersi messo con una ragazza!"
Dimostrando quanto mi sia facile essere scoordinata, riesco a strozzarmi con un semplice sorso d'acqua. Lascio la bottiglietta sul tavolo mentre tossisco con davvero poca galanteria.
"Marinette, stai bene?"
Respiro a pieni polmoni, cercando di placare quell'attacco di tosse improvvisa che stava per costarmi la faccia, la reputazione che non ho e, forse, anche la vita. Sperando di non avere un colorito particolarmente acceso, mi volto nuovamente verso il gruppo, trovandoli tutti con gli occhi su di me.
"S-sì. Sto bene. T-tranquilli"
"Sei sicura? Sei tutta rossa"
"S-sì. Stavo pensando... Ad una cosa ed il mio essere maldestra ha preso il sopravvento"
"Sei sempre la solita"
Probabilmente se si aprisse una voragine sotto di me, sarei capace di ringraziare Satana in persona per avermi salvata da quella situazione imbarazzante.
Dopo aver tranquillizzato nuovamente Rose, Juleika riapre il discorso su suo fratello ed io torno a sentire quello sguardo verde insistere sul mio volto. Sospirando, ormai arresa all'idea di avere le guance in fiamme, punto i miei occhi in quelli di Adrien. Non so cosa stia pensando ma il suo continuo guardarmi inizia a mettermi davvero molto a disagio. Mi piacerebbe davvero sapere perché mi guarda come se potesse giudicarmi quando lui è il solo che dovrebbe sentirsi sotto accusa ogni volta che mi passa accanto.
L'imbarazzo per i discorsi di Rose che continua ad insistere con la teoria della "nuova ragazza di Luka" viene totalmente dissolto dai sentimenti, sicuramente meno nobili e gentili, che inizia a suscitarmi Adrien.
Prima che possa aprir bocca e chiedergli il motivo dell'odio che mi sta riservando, Nino prende la parola, attirando l'attenzione sul biondino.
"Adrien, stai bene?"
I suoi occhi sono costretti a lasciare i miei e finalmente posso tornare a respirare, cercando di dimenticare la rabbia che solo lui riesce a suscitarmi da qualche giorno a questa parte.
"Sì, perché?"
"Hai delle occhiaie che farebbero invidia ad uno zombie, amico"
Anche io avevo notato il suo aspetto davvero molto stanco ma la preoccupazione per lui sembrava esser sparita, sovrastata da quel gioco di sguardi fastidioso e soprattutto dai miei pensieri poco pudici sul ragazzo dai capelli scuri.
Il silenzio che segue viene contornato dal rossore generale che appare sul volto del modello, qualcosa a cui non sono abituata.
"N-non ho dormito molto questa notte"
"Come mai?"
Lo sguardo di Adrien sembra accendersi di una luce nuova, qualcosa che rischiara la sua pelle e rende i suoi tratti più gentili e dolci. Il modello torna a guardarmi, sorridendomi con una dolcezza a cui non sono abituata e tutta la rabbia che provavo fino a qualche secondo fa, evapora velocemente.
"Avevo molti pensieri per la testa"
La confusione regna sovrana nella mia mente. Perché lo sta dicendo guardando proprio me? Che colpa ho io se lui ha passato la notte in bianco pensando a qualcosa? Forse però pensava a qualcuno. In fondo, mi ha detto senza troppi fronzoli di essere innamorato di una ragazza. Una sensazione fastidiosa si libera nel mio cuore, mentre Adrien torna ad osservare il suo amico, per poi tornare a parlare di questo week end e del film che non vuole perdersi assolutamente.
La campanella suona mentre io ancora sto cercando di trovare una motivazione al comportamento di Adrien di questa mattina, senza arrivare ad alcuna conclusione. Alya torna a sedersi accanto a me, mentre gli altri si accomodano ai loro posti. La vedo afferrare velocemente un pezzo di carta e scarabocchiarci sopra qualcosa prima di allungarlo verso di me.
"Dobbiamo parlare"
La calma che avevo ritrovato dopo aver parlato con mia madre sembra aver lasciato nuovamente il mio corpo. Se Alya avesse capito qualcosa di me e Luka? Dovrei dirle la verità? La confusione torna ad offuscarmi mentre le lezioni si susseguono velocemente.

La fine della mattinata giunge fin troppo in fretta e sapere di dover parlare con Alya mi provoca un'ansia incredibile. Prima che lei possa assalirmi, Nino la distrae con qualche discorso di cui non cerco nemmeno di capire l'argomento. Velocemente raccolgo i libri, i quaderni e tutto ciò che avevo sparso per il bancone e tento di fuggire al mio destino.
Come se il fato volesse davvero farmi perdere la pazienza, oltrepassata la soglia dell'aula sento Adrien chiamarmi. Dentro di me, quel fastidio torna prepotente mentre inizio a chiedermi cosa voglia ancora da me.
Mi volto verso il mio carnefice e lo vedo avvicinarsi a me, lentamente, molto lentamente. Una sua mano scosta una ciocca di capelli dal mio volto, riportandola al suo posto mentre io torno a perdermi nel profilo del suo volto e nel verde di quegli occhi intensi.
"Stai molto bene con questo taglio, Marinette"
La sua frade rimane nell'aria finché non lo vedo uscire dall'edificio, lasciandomi senza parole ed incredula. Adrien è sempre stato un ragazzo molto gentile ed educato ma non ha mai espresso troppi complimenti, nemmeno quando più li aspettavo. Averne ricevuto uno adesso, dopo tutto quello che è successo, destabilizza la mia calma.
"Marinette Dupain-Cheng! Dobbiamo parlare!"
Le urla di Alya riecheggiano nell'atrio mentre io riemergo da quello stato di trance in cui ero precipitata.

Prima gli sguardi di Adrien, poi i pensieri su Luka, i complimenti del biondino ed adesso la furia di Alya. Questa giornata non potrebbe andar peggio.

***

Lettori vi devo una montagna di scuse! Purtroppo tra le festività ed i mille impegni lavorativi, non sono riuscita a trovare un attimo libero per scrivere questo capitolo se non negli ultimi due giorni! Chiedo scusa, chiedo scusa, chiedo scusa!
So che questo capitolo non basta a farmi perdonare ma il prossimo sarà pieno di emozioni e batticuori e spero vi possa invogliare a tralasciare la mia assenza di questa settimana :)
Come sempre, attendo i vostri commenti! Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate e soprattutto cosa succederà secondo voi nel prossimo capitolo!!
Un saluto, a giovedì prossimo(spero!)
miss_MZ93

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 ***


"Marinette Dupain-Cheng! Dobbiamo parlare!"
Tento di ignorare le urla di Alya e mi avvio verso l’uscita della struttura. Non ho proprio voglia di sentire le mille domande e congetture che la mia amica si sarà creata in quella mente da giornalista.
"Ehi!!"
La sento afferrarmi un polso e non posso far altro che arrendermi all’inevitabile furia di Alya.
Mi volto verso di lei con una lentezza degna di una lumaca e la trovo con un’espressione quasi indecifrabile in volto.
"Alya, devo andare a casa. I miei genitori hanno bisogno di aiuto in pasticceria"
Avrò usato questa scusa in altre mille occasioni ma mai quanto adesso avrei sperato fosse vera. Il suo sguardo si assottiglia ed io posso sentire i suoi pensieri schiarirsi e capire come io stia cercando di evitarla.
"I tuoi genitori possono cavarsela per cinque minuti. Ho bisogno di parlare con la mia migliore amica"
Una sensazione di dispiacere si fa strada dentro di me. Sono settimane che io ed Alya non parliamo più come una volta. Dopo ciò che è successo giorni fa, il nostro rapporto si è raffreddato ed io non ho mai pensato di volerlo ricucire. Il suo volto si tinge di dolcezza ed io mi lascio convincere ad assecondare quel mio piccolo tormento personale.
Sospiro distrattamente ed annuisco, mentre trascino Alya all’esterno della scuola, non del tutto pronta ad affrontare le sue parole.
"Accompagnami"
Alya sorride, entusiasta di poter finalmente avere le risposte a quelle domande che da ore occupano la sua mente.
Ci incamminiamo verso la pasticceria e più proseguiamo, più aumenta il mio desiderio di scappare dalle sue domande.
Alya continua a guardarmi, probabilmente in attesa che io le dia il permesso di tormentare la mia povera mente. Nessuno sano di mente darebbe mai il consenso ad un supplizio simile ma io so di avere qualche problema quando si tratta di questa ragazza, non riesco mai a negarle nulla.
Sospiro pesantemente fermandomi lungo il marciapiede. Chiudo gli occhi ed allungo le braccia sopra il mio corpo in cerca di un po’ di relax per i miei poveri nervi.
Quando il mio sguardo torna a focalizzarsi su Alya, la ritrovo esattamente nello stesso punto in cui l’avevo lasciata, con lo stesso sorriso e lo stesso sguardo indagatore.
"Avanti, sono pronta"
Mi sembra di dover affrontare un esercito, non di dover parlare con la mia più cara amica.
"Marinette, è successo qualcosa tra voi due?"
I miei pensieri corrono a Luka, ai nostri incontri, ai nostri baci, alle sue premure ed a tutto ciò che ho provato avendo le sue labbra sulle mie.
"Q-qualcosa?"
Sento le guance prendere fuoco sotto lo sguardo curioso di Alya.
"Avanti, Marinette! Non faceva altro che guardarti!"
Un momento, guardarmi? Ma di cosa sta parlando? La mia espressione dubbiosa sembra aver smosso in lei la consapevolezza che io non abbia capito assolutamente nulla di ciò che ha detto finora.
"Cosa?"
"Non lo hai notato?"
"Alya ma di cosa stai parlando?"
Avevo dato per scontato che lei volesse parlarmi di Luka, che avesse notato il mio imbarazzo mentre parlavano di lui, mentre lo invitavo ad unirsi a noi per il cinema, mentre Rose cercava di spettegolare di una possibile nuova ragazza. Inizio a pensare di essermi enormemente sbagliata.
"Adrien ti guardava come non ha mai fatto prima, Marinette!"
"Cosa?!"
Alya deve aver notato lo sguardo incandescente con il quale mi osservava Adrien, come se potesse uccidermi all’istante. Il fastidio di quella mattina torna a colpirmi, riportandomi alla mente gli occhi verdi di Adrien e le sensazioni spiacevoli che sembrava volermi lasciare nel profondo.
Alya inizia a sfiorarsi il mento, ricordandomi i gesti tipici di un investigatore privato ed in pochi secondi la mia mente inizia ad immaginarla con una mantellina, un berretto a scacchi ed una pipa in bocca. Sicuramente potrebbe interpretare alla perfezione il ruolo da detective privato.
"Sicura che non sia successo nulla tra voi?"
Riemergo da quelle fantasie ilari che mi hanno lasciato un sorriso sul volto e tento di concentrarmi sulle parole della mia amica ma il pensiero di vederla osservare i minimi dettagli di una scena del crimine continua ad occupare i miei pensieri.
"No, niente"
Ripenso agli ultimi momenti passati da soli ed il mio umore torna a scavare l’asfalto sotto le mie scarpe, deciso a raggiungere la Cina. Dopo avergli chiesto di lasciarmi sola non ho più parlato con Adrien, il nostro rapporto si è lesionato a tal punto che ignorarlo sembrava l’unica soluzione.
"Se non è successo nulla tra voi due, perché ti guardava in quel modo?"
"Quale modo?"
Sbuffo infastidita, massaggiandomi le tempie che iniziano a dolere da tutte quelle chiacchiere su Adrien. Tento di concentrarmi sull’asfalto sotto ai miei piedi e la strada per casa inizia a sembrarmi più lunga del solito.
Sono stanca di parlare di Adrien, sempre e solo di lui. Non è il centro del mondo, non è il centro dei miei pensieri e non deve esserlo.
"Sembrava geloso"
I miei piedi si bloccano all’istante mentre nella mia mente iniziano a ripetersi quelle parole in un loop assordante.
"Geloso? Adrien?"
Alya annuisce sicura della sua affermazione ed io non riesco a trattenermi oltre. Lascio che una risata profonda mi scuota. Il volto della mia amica si tinge di sorpresa mentre io comincio a sentire la mancanza di ossigeno.
Cerco di calmarmi e con un gesto della mano la tranquillizzo prima che inizi a preoccuparsi per la mia salute fisica e mentale.
Respiro pesantemente un paio di volte, cercando di incamerare più ossigeno possibile e finalmente sembro calmarmi.
"Adrien non è geloso di me, Alya. Non gli interesso minimamente, l’ho capito molto bene"
"Allora perché quando hai chiesto a Juleka di invitare Luka, ti ha guardata come se fosse arrabbiato con te?"
Anche io ho notato lo sguardo di Adrien ma non avevo minimamente pensato che il motivo potesse essere la gelosia. Lui non può provare certe cose per me, non quando il mio cuore ancora sta piangendo per lui, non adesso che sto cercando di riprendere in mano la mia vita, non può farmi questo.
"Siamo arrivate"
La soglia del palazzo mi accoglie protettiva e mai mi sono sentita più desiderosa di attraversarla e lasciare Alya al di fuori di quella porta.
"Un’ultima domanda"
"Cosa c’è ancora, Alya?"
"Cosa ne pensi della teoria di Rose?"
Le parole della nostra amica mi tornano in mente con violenza e, con altrettanta velocità, il mio volto assume tonalità rosse. Cerco di nascondermi dal suo sguardo, provando a pensare a qualunque cosa non riguardi Luka ma sembra un’impresa degna di un titano.
Lo sguardo indagatore di Alya segue ogni mia mossa e quando finalmente sento di aver riacquistato un colorito normale, le rivolgo un sorriso imbarazzato ed infilo le chiavi nella serratura di casa.
"Marinette?"
Finalmente oltre la soglia di casa, mi volto verso di lei e mi ritrovo il suo sguardo intento ad osservare ogni mio movimento. Come riesca a sentire odore di bugia sotto uno strato di finzione, rimarrà sempre un mistero per me.
"Se Luka davvero si fosse trovato una ragazza, sarei felice per lui"
Alzo le spalle cercando di mostrarmi per nulla interessata alla situazione sentimentale di Luka ma sono consapevole di quanto questo sia inutile, soprattutto davanti ad Alya. La consapevolezza di quanto quelle parole siano false, colpisce me per prima.
"Davvero?"
"C-certo. Perché non dovrei?"
Sul viso della mia amica compare quel ghigno saccente e malizioso che riesce sempre ad intimidirmi ed io già immagino il suo sfogo nell’aver colto anche solo un dettaglio fuori posto nella mia menzogna.
"Luka ha sempre dimostrato un interesse particolare per te"
Il rossore sul mio volto torna prepotente mentre cerco una qualsiasi cosa da dirle che possa distrarla ma il mio cervello ha deciso improvvisamente di non voler collaborare ed io mi trovo in silenzio, in attesa di qualcuno che mi salvi da questa situazione.
"Marinette?"
La voce di mia madre mi raggiunge dalla pasticceria ed io non posso che ringraziarla mentalmente per il suo intervento quasi miracoloso.
"Arrivo subito, mamma"
Saluto Alya velocemente e mi richiudo la porta alle spalle. Un sospiro esce dalle mie labbra mentre mi avvio al piano superiore per lasciare lo zaino ed indossare qualcosa di più comodo.
Tikki esce dal suo nascondiglio ed afferra uno dei suoi biscotti preferiti. Sul suo volto, un sorriso dolcisismo e divertito sembra prendersi gioco di me e di tutta questa situazione, degna di una delle soap opera che lei tanto adora. Scendo le scale velocemente, ritrovandomi in pasticceria dove i miei genitori sembrano avere davvero bisogno di me.
Un sospiro mi vince e, conscia che questa sera avrò tutto il tempo per tormentarmi tra pensieri e ricordi, lascio che il via vai di gente della pasticceria mi distragga per qualche ora.
Dopo cena però il mio mondo perde colore velocemente ed io sprofondo in un sonno pieno di fantasie dalle tinte rosse fuoco, da occhi verdi e profondi intenti a saggiare ogni mio movimento e da altri di tonalità azzurra che riescono a movimentare i miei pensieri in direzioni più passionali.
 
Il mattino seguente, mi sveglio in un bagno di sudore. Non ricordo minimamente ciò che ho sognato per ritrovarmi in queste condizioni ma qualunque cosa sia stata, mi ha sconvolto a tal punto da dovermi concedere una doccia veloce prima di recarmi a scuola. L’acqua calda sfiora il mio corpo, lenendo le parti ancora leggermente indolenzite dall’attacco della sposa. Ormai sono passati giorni da quel momento, eppure alcuni segni sembrano non voler sparire.
Dopo essermi asciugata, recupero la crema che mi ha consegnato il Maestro Fu e la lascio agire qualche istante. Raccolgo i capelli in un morbido chignon dal quale sfuggono alcune ciocche che ricadono sul mio viso e mentre Tikki sta finendo la sua colazione, io mi avvio all’armadio per cercare qualcosa da indossare oggi. Frugando tra i vestiti, i miei occhi incontrano la felpa di Luka. La sfioro delicatamente, ricordando il tessuto leggero sulla mia pelle e la sensazione di avere costantemente accanto il suo proprietario. Un pensiero inizia a vorticarmi in testa e velocemente la sfilo dalla gruccia per indossarla. Il suo profumo sembra quasi sparito, merito sicuramente dei vari detersivi che ho aggiunto in lavatrice.
"Marinette? Svegliati o farai tardi a scuola!"
Sbuffo pensando a quanto tempo ancora passerà prima che mia madre smetta di trattarmi come se fossi ancora una bambina.
"Sono sveglia mamma, scendo tra poco!"
Continuo a stringermi in quel tessuto morbido ed inizio a ricordare alcuni dettagli della giornata passata con i miei genitori in pasticceria, in special modo gli sguardi incuriositi che mia madre mi ha rivolto durante la cena. Prima o poi la vedrò comparire in camera, in cerca di informazioni su questo indumento.
Allontano l’idea di un confronto con mia madre e raccolgo un paio di jeans aderenti a vita alta, dalle tonalità nere. Afferro una camicia azzurre dalle decorazioni bianche e purtroppo mi rendo conto di dover lasciare la felpa di Luka. Mi guardo allo specchio più volte e l’idea di indossare la felpa di Luka sopra alla camicia inizia a vorticarmi nella mente. Se non fossi in classe con sua sorella, probabilmente lo farei ma sono sicura che lei noterebbe quell’indumento e probabilmente non sarebbe la sola a domandarsi il motivo per il quale io indossi una felpa dall’evidente taglio maschile. Controvoglia, abbandono quel pensiero e mi dirigo velocemente verso lo zaino con il volto acceso di un bel rosso. Tikki si nasconde all’interno della sua borsa ridendo mentre io cerco di ignorarla raccogliendo tutto il necessario per poi avviarmi alla porta.
 
Le lezioni si rivelano tra le più noiose e l’unico momento divertente sembra l’intervallo. Alya mi coinvolge nelle sue decisioni per un nuovo post sul ladyblog, un evento volto a dimostrare ai supereroi di Parigi quanto i cittadini siano loro riconoscenti. Il suo desiderio di festeggiare i paladini della giustizia si concentra su Rena Rouge ed un sorriso mi sfiora. Ho sempre pensato di aver fatto la scelta migliore ad affidare a lei il Miraculous della volpe perché mai, nemmeno una volta sola, l’ho sentita vantarsi di quello che lei considera un grande privilegio.
"Ho bisogno del tuo lato creativo per realizzare qualche ricordo dell’evento!"
Il suo entusiasmo contagia tutta la classe, riportando l’attenzione dei nostri compagni su di noi.
Adrien e Nino sono i primi ad interessarsi alla conversazione e mentre loro intrattengono Alya, io seguo il mio istinto creativo ed inizio ad abbozzare qualcosa che possa servirle. La mia mano traccia più linee, cercando di conferire tridimensionalità al disegno. Mi accorgo appena dello sguardo di Adrien che segue ogni mio movimento, tanto che quando sento la sua voce avvicinarsi, il mio cuore perde un battito dallo spavento.
"Cosa ti sei fatta?"
Il mio sguardo vaga verso i suoi occhi trovandolo intenti a guardare il mio polso ancora leggermente arrossato. Istintivamente, copro il livido con la camicia, nascondendolo alla vista altrui.
"Niente"
I suoi occhi tornano sul mio viso ed in quel verde smeraldo trovo preoccupazione e curiosità. Adrien sembra non voler interrompere il gioco di sguardi che si è creato tra di noi ed io sembro tornare la ragazzina impacciata ed imbarazzata per ogni suo gesto. Cerco di allontanare i pensieri dai suoi occhi magnetici, ricordando che non posso permettermi di cadere nuovamente ai piedi di chi mi ha spezzato il cuore. Mi concentro sul mio disegno ma tutto ciò che ottengo è il fastidio nel capire che non smetterà di guardarmi fino a quando non risponderò alla sua domanda. Sbuffando, tento di impormi un tono deciso e sicuro per la bugia che sto per dire.
"Mi sono bruciata ieri sera, non è niente"
Io per prima non credo alle mie parole ma non ho tempo né voglia di inventare una scusa migliore. Lo vedo aprir bocca, probabilmente per ribattere alla mia frase stupida ma per fortuna la sua attenzione viene attirata da Nino che salva quel poco di tranquillità che mi rimane.
Non so cosa sia passato per la mente di Adrien ma nei suoi occhi sono sicura di aver visto una luce accendersi, quasi come se un’idea avesse preso possesso dei suoi pensieri. L’intervallo giunge al termine ed io torno ad annoiarmi tra una lezione e l’altra, in attesa di poter finalmente tornare a casa.
 
Una volta in camera mia, afferro la pomata che avevo lasciato sul comodino ed inizio a spargerla sulla pelle. La tonalità rossa ormai sembra quasi sbiadita. Distrattamente inizio a chiedermi perché lo sguardo di Adrien si sia posato proprio su quella porzione di pelle. La mia fortuna sembra essere evaporata in questi giorni. Sospiro pensando che non dovrò nascondere i lividi ancora per molto e finalmente anche io potrò godermi il sole e le temperature miti che iniziano a scaldare le giornate.
 
Quella sera la trascorro con Tikki. Intente e guardare uno dei suoi telefilm preferiti, mi accorgo appena di una sensazione strana che mi coglie e che sparisce dopo una mezz’ora. Solo in tarda serata inizio a pensare a cosa potesse avermi provocato tanto fastidio. Dopo aver trascorso quasi un’ora a fantasticare su quella sensazione, il ricordo di Chat Noir e della sua ultima visita invade la mia mente. Velocemente mi avvicino al mio letto ma del supereroe ormai non c’è più traccia. Continuo a guardare la terrazza per minuti infiniti ed un senso di dispiacere ed imbarazzo inizia ad invadermi quando capisco che avrei potuto trascorrere un po’ di tempo con lui. Le mie mani corrono verso il punto in cui mi ha baciata Chat Noir e velocemente sento il sangue affluire sulle mie guance. Una gran confusione prende vita dentro di me mentre i miei pensieri iniziano a focalizzarsi su quel contatto. Non so spiegare il motivo di questi miei sentimenti ma il desiderio di rivederlo è davvero profondo, quanto l’imbarazzo che so proverei sotto il suo sguardo. Arresa all’evidenza della sua assenza, torno accanto a Tikki. I miei pensieri sembrano affollare la mia mente, più di quanto io possa sopportare. Molte domande vorticano dentro di me, dalle più semplici a quelle meno scontate. Perché Chat Noir non ha cercato di attirare la mia attenzione? Perché se ne è andato senza parlarmi? Che sia imbarazzato anche lui per quello che è successo? Trovo quest’ultima domanda davvero sciocca. Chat Noir non mi eviterebbe mai per una cosa simile, è troppo sfacciato e sicuro di sé.
I pensieri prendono una piega diversa quando i miei occhi si posano sulla felpa di Luka ed il ricordo delle sue labbra sulle mie e del suo corpo stretto al mio riaccende uno strano calore dentro di me. Afferro l’indumento, lasciando che il lieve profumo di quel ragazzo, sopravvissuto al lavaggio, mi avvolga e mi sdraio sul letto, decisa a dormire avvolta dal suo ricordo. Bastano pochi istanti per rendermi conto che continuare ad usarla significa doverla lavare nuovamente e prima di dover avere a che fare di nuovo con mia madre in una situazione imbarazzante per entrambe, la ripongo con cura sul comodino, cercando di conservarne il profumo mentre mi lascio vincere dal sonno.
I miei sogni si tingono di colori che ormai ho imparato a riconoscere, il nero della tuta di Chat Noir e il blu degli occhi di Luka. Le loro immagini si confondono mentre io scivolo in un sonno più profondo del quale non mi è concesso ricordare nulla.
La mattina, un calore intenso mi sveglia, focalizzandosi all’interno del mio corpo. Con fatica, apro gli occhi, girandomi più volte tra le lenzuola. Abbandonata l’idea di tornare a sognare qualunque cosa mi abbia lasciato questo batticuore, mi siedo sul letto malamente. La mia mano finisce sul cuscino, trovandolo bagnato di sudore. Tento di ricordare quello che posso aver immaginato durante la notte e mentre spremo ogni parte della mia mente, l’impellente bisogno di una doccia gelida mi assale. Non ho idea di cosa mi stia succedendo ma questa sensazione sembra essere un miscuglio di felicità ed insoddisfazione.
Scosto velocemente le coperte, appoggiando i piedi sul pavimento freddo. La sensazione di freschezza rilassa la mia mente ed il mio corpo, ancora teso e confuso.
Tikki svolazza davanti al mio volto mentre si strofina gli occhi con dolcezza. Quando il suo sguardo incontra il mio, la vedo tentare di nascondere una risata, inutilmente.
"Cosa c’è di tanto divertente?"
"I tuoi capelli, Marinette"
Con il battito del cuore ancora accelerato, raggiungo lo specchio trovandomi immersa in un groviglio di fili scuri. La piega che avevo dato ai capelli ieri sera ormai è solo un lontano ricordo. Districare quella matassa impazzita si rivela più complicato del previsto ed alla fine mi arrendo all’idea di una doccia veloce. Il balsamo sembra riportare i miei capelli ad una composizione quasi normale ma quello che più mi preoccupa è quella sensazione di calore intenso che non vuole abbandonare il mio corpo. Nemmeno l’acqua tiepida della doccia sembra rilassare i miei muscoli, tesi alla ricerca di qualcosa che non so spiegarmi e quando esco dal bagno il mio umore sembra peggiorato.
La giornata non sembra essere iniziata nel modo migliore ed il tempo trascorso a scuola non aiuta la mia situazione. Il calore che aveva preso il sopravvento del mio corpo sembra essere sparito ma l’insoddisfazione è rimasta per minare il mio buonumore.
Anche Alya sembra essersi accorta del mio stato d’animo e dopo aver ricevuto risposte lapidarie, sembra aver capito di dover lasciar cadere l’argomento. Lo sguardo di Adrien continua a seguirmi ogni volta che l’insegnante si distrae, accendendo in me a sensazione di disagio profondo.
Le lezioni si susseguono e durante l’intervallo mi ritrovo a passeggiare all’interno della struttura, capace di rimanere ferma due secondi di seguito. Rinfrescarmi in bagno sembra l’unica soluzione accettabile e quando la campanella risuona tra le pareti dell’edificio il mio umore sembra lievemente migliorato. L’insoddisfazione che sentivo inizia a svanire lentamente mentre torno ad occupare il posto accanto ad Alya. Il suo sguardo torna su di me ed io riesco a lasciarle un lieve sorriso, cercando di calmare la sua preoccupazione. Cerco di concentrarmi sulle spiegazioni dell’insegnante, prima di trovare nuovamente gli occhi di Adrien su di me. Mi concedo un solo attimo per ricambiare quello sguardo e poter vedere i lineamenti del biondo rilassarsi visibilmente. Possibile che il mal umore avesse contagiato così tanto le persone al mio fianco?
Prima di iniziare a tormentarmi con quesiti a cui non voglio dar risposta, torno ad osservare l’insegnante, sperando che le lancette dell’orologio si muovano magicamente verso la fine delle spiegazioni.
Il sole che risplende in cielo, l’aria ormai calda della primavera e la fine delle lezioni, questo mi basta per riportare il sorriso sul mio volto mentre attraverso la soglia dell’edificio.
La giornata trascorre finalmente tranquilla. Passo il pomeriggio a studiare, capendo di essere rimasta davvero molto indietro con le lezioni mentre ero intenta a districarmi tra le pieghe del mio cuore. Dopo cena, mi concedo un po’ di relax sulla terrazza, disegnando in compagnia delle note di alcuni cantanti internazionali. La sensazione di essere osservata torna prepotente ed io non so se cercare la fonte di quel disagio o lasciare che la codardia prenda il sopravvento. Pochi istanti più tardi però quel sentimento svanisce, veloce come si era presentato, lasciandomi nuovamente in balia di un gran dispiacere. Inizio a pensare che la mia teoria sia falsa, frutto di un malsano desiderio della mia mente di rivedere quel gatto ma proprio quando ormai mi ero arresa all’idea di aver solo immaginato queste sensazioni, un’ombra scura sfreccia tra i tetti, raggiungendo la parte più lontana di Parigi. L’immagine di Chat Noir avvolto dalla notte affolla la mia mente, condizionando i miei disegni ed i miei sogni più profondi.
 
La mattina seguente mi sembra di esser tornata indietro nel tempo. I capelli sono nuovamente un piccolo disastro e le lenzuola madide di sudore. Il mio cuore ha ripreso a correre dietro a quella frenesia interrotta dalla sveglia e prima che me ne renda conto, mi ritrovo sotto il getto caldo della doccia, in cerca di un po’ di tranquillità. L’acqua che scorre sul mio corpo fa riemergere alcune immagini nella mia mente e, per quanto io stia cercando di focalizzarne il contenuto, queste sembrano svanire velocemente lasciandomi con la consapevolezza che appartenessero ai miei sogni. Il volto di Chat Noir è tutto ciò che ricordo perfettamente, accompagnate da un calore al centro del mio corpo.
Memore della giornata precedente, impegno ogni parte della mia mente nello scacciare i ricordi di quel sogno e recuperare un po’ di tranquillità. Dopo aver riacquistato un po’ di allegria, mi vesto velocemente e mi dirigo a scuola, intrappolata in quella quotidianità.
Questa scena inizia a ripetersi troppo spesso ed ogni mattina mi sveglio immersa in un bagno di sudore e con la sensazione di aver sognato qualcosa da dover assolutamente ricordare. A volte mi sembra di ricordare alcuni volti, altre volte penso di essermi immaginata ogni cosa ma quel calore che riempie il mio corpo rimane.
I giorni passano, i lividi spariscono ma i pensieri rimangono. Pensieri su Adrien e sul suo strano comportamento, pensieri su Luka e su quanto io possa trovar pace anche solo indossando qualcosa che appartenga a lui per qualche istante e pensieri su Chat Noir e su quella presenza che sento al mio fianco ogni sera. Il supereroe non si è mai palesato ma io sento i suoi movimenti felini ed agili sulla terrazza dell’edificio, vedo la sua ombra oscurare per pochi istanti la finestra della mia stanza.
 
Venerdì giunge velocemente. Nonostante i sentimenti che affollano la mia vita, sono riuscita a trovare uno strano equilibrio in quella mia quotidianità, sensazione che evapora quando mi rendo conto che il giorno seguente andremo al cinema tutti assieme e, per la prima volta, ci sarà anche Adrien.
L’ansia inizia a prendere il sopravvento su di me mentre i miei piedi continuano a percorrere una strada ben delineata dalla scrivania alla porta. Tikki ha provato a chiedermi cosa mi stesse succedendo non so quante volte ma io non sono riuscita ed essere sincera con lei, come non sono riuscita ad esserlo con me stessa.
L’unica verità è che non so come affronterò la giornata di domani. Non mi ero mai sentita così preoccupata in passato e forse la continua assenza di Adrien alle nostre uscite di gruppo, mi aiutava a rimanere lucida e tranquilla, seppellendo i miei sentimenti. Forse aiutava anche non avere alcuna idea del sapore delle labbra di Luka, di quanto siano dolci ma passionali, di quanto mi abbia sorpreso capire come io adori averle sulle mie.
La mia corsa si arresta ed io mi ritrovo davanti allo specchio con più dubbi di qualche minuto fa. Come dovrò comportarmi con Luka? Come farò a resistere a quell’attrazione che ormai non posso negare di provare per lui? Come riuscirò a non far capire ai miei amici cosa provoca in me la sua presenza? Come potrò sopportare lo sguardo di Adrien che ormai sembra sempre più attento ad ogni cosa io faccia? Se dovesse capire? Soprattutto, perché mi preoccupo così tanto che lui possa scoprire cosa c’è stato tra noi?
Arresami all’idea di dover affrontare una giornata davvero stressante, mi lascio cadere sulla chaise longue.
"Povera me"
"Vuoi parlarne?"
La voce di Tikki torna ad avvicinarsi pensierosa. Sospiro per l’ennesima volta e senza aver voglia di mentire per l’ennesima volta, cerco le parole giuste per raccontargli quali pensieri mi stanno facendo impazzire.
"Ho l’impressione che aver invitato Luka al cinema mi causerà un infarto"
La sua risata risuona in tutta la stanza mentre io riporto lo sguardo sul suo corpo, dolcemente appoggiato sul cuscino accanto a me.
"Ne sei così attratta?"
Sento il sangue affluire velocemente verso le mie guance ed il pensiero di non riuscire a concentrarmi su null’altro che gli occhi e le labbra di Luka mi stordisce per qualche istante. Sono giorni che attendo di rivederlo e solo adesso capisco che avrei potuto benissimo chiedergli di incontrarci dopo scuola. Perché non ci ho pensato prima? Se mi fossi tolta la voglia che avevo di lui, della sua stretta sui miei fianchi e di quei baci così audaci, probabilmente adesso potrei dormire serenamente, senza pensare alla fatica che farò per resistergli.
I miei pensieri mi sorprendono, lasciandomi senza parole. Non avevo mai immaginato di potermi ritrovare in una situazione simile. Sicuramente, mai avrei potuto sapere che avrei avuto un così disperato bisogno di sfogare certi impulsi con Luka.
"Marinette?"
"Eh?"
La domanda di Tikki spicca nella mia mente, riportandomi un po’ di tranquillità.
"N-non ne sono a-attratta, Tikki!"
"Sicura?"
Il suo sorriso assume una piega molto ironica e maliziosa mentre il mio volto tende ad assumere tutte le tonalità di rosso esistenti.
"I-insomma sì, ne sono attratta ma..."
Sospiro per la millesima volta prima di ritrovare il suo sguardo.
"È tutto così complicato"
"Non deve esserlo per forza. Spetta a te scegliere come vivere questa situazione, Marinette"
Il miei occhi si specchiano in quelli di Tikki mentre rievoco il ricordo delle parole di mia mamma.
"Nulla di ciò che provi è sbagliato, tesoro mio. Devi solo imparare a convivere con le tue sensazioni ed a trarre il meglio da ogni situazione"
Mi ero ripromessa di concentrarmi solo su me stessa, cercando di essere positiva ed invece, alla prima difficoltà, la vecchia Marinette è tornata con forza a prendere le redini della mia mente. Non posso permettere che accada, non posso lasciare che altre persone abbiano un tale effetto sulla mia serenità.
Chiudo gli occhi cercando di respirare profondamente e questo sembra calmarmi abbastanza da vedere la situazione per quello che realmente è, una semplice uscita tra amici per vedere un film al cinema e poi fermarci in un bar a chiacchierare, nulla di più, nulla di meno. Quello che succederà, lo saprò solo domani ed è inutile fasciarsi la testa prima di essersela rotta perché nulla di ciò che potrei fare adesso, cambierebbe il futuro. O no?
Un’idea inizia a formarsi nella mai mente, lasciandomi un sorrido saccente in volto. Ignorando completamente la povera Kwami, abbandono la chaise longue avvicinandomi alla scrivania. Accanto a mille disegni dalle sfumature scure, ormai accartocciati, trovo il telefono e, senza pensarci un secondo di più, cerco il suo numero in rubrica ed avvio la chiamata.
Qualche squillo più tardi, la voce di Luka giunge alle mie orecchie mentre io torno a percorrere la maratona più lunga mai fatta nella mia stanza.
"Marinette?"
Ho atteso di poter sentire questa voce per tutta la settimana, rifugiandomi nella sensazione palliativa che indossare la sua felpa mi dava.
"Ciao Luka, spero di non disturbarti"
Al telefono sento solo un rumore di pentole e padelle svanire velocemente ed una voce in sottofondo che gli chiede con chi stia parlando. Riconosco il tono di Juleka senza problemi, lei aspetta una risposta e così faccio anche io. Non so dire il motivo ma una curiosità improvvisa si appropria del mio corpo.
"Un’amica"
Se da una parte quel termine mi conforta, dall’altro mi lascia un po’ perplessa. Il nostro rapporto non può essere descritto con un termine così semplice eppure so di doverlo ringraziare per non aver rivelato alla sorella chi fossi. Ho già troppi occhi addosso, senza che Luka crei curiosità anche in Juleka.
Lo sento allontanarsi per trovare un posto più isolato e finalmente la calma sembra avvolgerlo. In sottofondo posso avvertire solamente il suo respiro ed il rumore dell'acqua.
"Marinette?"
"Eh?"
Sento una risata leggera mentre cerco di ricordare il motivo per il quale l’ho chiamato.
"Ah, g-giusto. Volevo chiederti s-se sei impegnato domani pomeriggio"
Le parole sembrano scivolarmi dalla bocca senza che nemmeno me ne renda conto e solo dopo averle pronunciate capisco quanto possano sembrare confuse.
"I-intendevo dire prima del film"
La risata di Luka si tinge di tenerezza mentre io inizio a chiedermi dove sia, cosa stia facendo e cosa stia pensando. Ogni cosa di quel ragazzo sembra affascinarmi ogni giorno sempre di più
"Hai qualche proposta?"
La mia mente inizia ad immaginare mille scenari differenti cercando di trovare quello migliore. Non avevo minimamente pensato a cosa volessi dirgli prima di chiamarlo, sapevo solo di volerlo vedere prima di raggiungere gli altri ed usare la felpa come scusa mi era parsa una buona idea. Adesso invece, non ne sono più così sicura.
"E-ecco. Potremmo prenderci un gelato"
Luka torna a ridere ed io non so dire se sia più imbarazzata o tesa mentre aspetto una sua risposta.
"Passo a prenderti alle due?"
A casa? Vuole davvero venire qui? Se dovessero vederlo i miei genitori comincerebbero a crearsi castelli in aria.
"C-ci vediamo sotto casa"
Posso quasi vederlo annuire con quel sorriso che mi attirerebbe inevitabilmente sulle sue labbra ed i miei pensieri iniziano a correre così veloci verso una sfumatura rossa che sono costretta a scuotere più volte la testa per liberarmi di certe scene.
"Ci vediamo domani, Marinette. Buona notte"
"Anche a te, Luka"
La chiamata si interrompe dopo pochi istanti mentre io ancora sento le guance imporporate. La mia personale maratona si interrompe quando la temperatura del mio corpo sembra tornare a livelli accettabili. Tikki è rimasta ad osservarmi tutto il tempo, con un sorriso in volto e anche se so che non appoggia questa mia strana relazione con Luka, sono sicura che sia felice per me. Mi avvicino a lei, tornando a sedermi sulla chaise longue ma pensieri, sensazioni, ansia ed agitazione mi hanno lasciata senza forza. Tikki sbadiglia, ancora adagiata sul cuscino ed io cerco di spostarmi senza disturbare troppo il sonno profondo in cui sembra sprofondata. Una volta saliti i gradini verso la mia stanza, la sensazione di essere osservata torna a colpirmi e, per quanto io desideri rivedere Chat Noir, una volta avvicinata al letto, sembro crollare in quel mondo fatto di sogni che in questi giorni non riesco assolutamente a ricordare.
 
***
 
Buona sera a tutti, follower e lettori! Devo ad ognuno di voi un mare, forse un oceano di scuse! In mia difesa, posso dire che questo capitolo mi ha reso la vita davvero difficile, non voleva davvero lasciarsi scrivere! ^^'
Parlando di cose più serie della mia sparizione da Wattpad per un'eternità, come state affrontando questa "terza fase"? Io continuo ad avere più lavoro da fare adesso di prima di questa epidemia ed il tempo che posso dedicare alla scrittura si limita a qualche ora prima di crollare a letto, esausta.
Tornando alla nostra povera Marinette, cosa ne pensate? Chat Noir si starà trasformando in un piccolo stalker? Adrien sarà davvero geloso della ragazza che affermava essere semplicemente la sua "migliore amica"? Cosa succederà tra Marinette e Luka in questa loro "uscita improvvisata"? Come sempre, aspetto le vostre ipotesi sul proseguimento di questa storia!
Spero di riuscire ad aggiornare in tempi decenti la prossima volta(credetemi da grafica maniaca della puntualità, da fastidio a me quanto a voi non rispettare le scadenza che mi ero imposta)! Il prossimo capitolo(piccolo "spoiler" per farmi perdonare, si fa per dire) sarà incentrato più che altro sui sentimenti di Marinette verso Luka con risvolti interessanti sotto ogni punto di vista ;) Quindi fan Lukanette, non perdetevi il prossimo aggiornamento ;)
Un grande saluto a tutti e grazie ancora per la pazienza che avete per i miei ritardi! <3
miss_MZ93

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 ***


Il rumore del telefono mi sveglia lentamente e, per quanto io adori dormire, non posso permettermi di rimanere a letto tutta la mattina. Mi volto verso il comodino, raccolgo il cellulare e spengo la sveglia che stava iniziando a provocarmi un gran mal di testa.
Apro gli occhi e vengo colpita dalla luce del sole che oggi sembra volermi accecare. Mi alzo lentamente, controllando i capelli con la consapevolezza di trovarli come sempre aggrovigliati in una matassa informe. Ignoro le lenzuola nuovamente bagnate di sudore e cerco di scendere i gradini della mia stanza senza inciampare nei miei stessi piedi.
Mi avvicino allo specchio e nel farlo accendo il computer che quasi attenta alla mia vita. Sullo schermo, in caratteri luminosi e minacciosi, svetta l’orario.
"Cosa?! Mezzogiorno?!"
Nemmeno nei miei incubi più colorati avevo mai immaginato di potermi svegliare così tardi e sicuramente non pensavo che sarebbe successo davvero, specialmente oggi.
Mando all’aria probabilmente metà stanza cercando qualcosa da indossare dopo la doccia per poi abbandonarmi all’idea che metterò semplicemente la prima cosa che mi capiterà sotto mano.
Velocemente lascio la mia stanza dirigendomi spedita verso il bagno. La tensione non viene nemmeno minimamente lenita dall’acqua calda e quando torno in camera è ormai quasi l’una.
"Marinette, hai un’ora esatta per vestirti, truccarti, acconciarti i capelli e sperare che Luka sia in ritardo"
So benissimo quanto sia una speranza vana. Luka non mi sembra assolutamente il tipo di ragazzo che tarda ad un appuntamento. Quell’ultima parola mi lascia senza fiato per qualche minuto. Appuntamento? È davvero questo? Le mie gote iniziano ad arrossarsi quando capisco che la risposta non può essere negativa.
"Sei sicura di riuscire a fare tutto?"
La voce di Tikki mi fa perdere quasi dieci anni di vita. Non so come sia possibile ma mi ero completamente dimenticata di lei. Dopo aver preso una veloce boccata di ossigeno, le sorrido, certa che anni di ritardi mi abbiano insegnato a prepararmi in tempi da record.
 
Un’ora più tardi mi trovo concentrata nel tracciare una linea di eyeliner sugli occhi. Ho appena terminato di arricciare le punte dei capelli, raccogliendo alcune ciocche dietro la testa con due forcine. Ho perso più di venti minuti a scegliere un completo per questo pomeriggio, per poi ripiegare su una gonna a ruota a vita alta dalle tinte blu scuro dal quale fa capolino una maglietta attillata e bianca dallo scollo appena accennato. Mia madre si è dovuta arrendere all’idea che non avrei pranzato ed io spero solo che il mio stomaco non decida di brontolare davanti al mondo intero.
Lo schermo del cellulare lampeggia avvisandomi dell’arrivo di Luka ed io rischio quasi di disegnarmi una sfumatura nera su tutta la faccia. Solo l’intervento di Tikki riesce a salvarmi da quel disastro. Afferra dalle mia mani il pennino e lo ripone nella confezione, portandolo il più lontano possibile dalle mie mani.
"Marinette, dovresti calmarti"
Velocemente afferro la borsa e mi dirigo verso la porta, accennando un sorriso tirato alla Kwami.
"Marinette!"
Tikki richiama la mia attenzione avvicinandosi con il pacchetto in cui avevo riposto la felpa di Luka.
"La stavi lasciando a casa"
Afferro la confezione mentre Tikki sparisce all’interno della borsa.
Mentre corro verso il salotto per salutare i miei genitori, una strana sensazione di dispiacere inizia a farsi strada dentro di me. So di dover restituire la felpa a Luka ma mi dispiace non poter più avere qualcosa di suo da indossare prima di dormire. Nelle ultime sere, prima di avviarmi a letto, avevo dato vita ad una sorta di abitudine che consisteva nell’indossare quella felpa e perdermi in pensieri sul bel proprietario, sulle sue mani calde e sulle sue labbra invitanti. Scuoto la testa, cercando di rilegare certe immagini in un angolo remoto della mia mente. Saluto velocemente i miei genitori, intenti a guardare un film dai tratti cinesi.
"Io esco. Vado al cinema con alcuni amici"
Mentre inizio a scendere i gradini verso l’entrata di casa, la voce di mia madre mi raggiunge.
"Tesoro, ti ho lasciato qualche dolce dal pranzo. Non dovresti uscire a stomaco vuoto"
"Grazie mamma!"
Afferro il pacchetto e ne sbircio il contenuto mentre mi avvio alla porta. Pessima decisione dato che rischio più volte di inciampare nei miei stessi piedi. Avrò anche deciso di cambiare profondamente ma l’essere maldestra continua a perseguitarmi.
Una volta raggiunta la soglia, poso la confezione di biscotti e dolci creazioni di mio padre nella borsa, lasciando a Tikki la libertà di assaggiare tutto ciò che vuole. Cerco di prendere coraggio con dei respiri profondi e finalmente varco la soglia di casa.
"Buongiorno, Marinette"
Accanto a me, appoggiato alla parete del palazzo, Luka mi guarda sorridendo. I suoi occhi azzurri riescono a stregarmi dal primo momento in cui si posano nei miei, mettendo a dura prova i miei poveri neuroni già provati dal risveglio movimentato e dal sonno agitato.
"L-Luka! B-buongiorno!"
Cerco di darmi un contegno, imponendo alla mia mente contorta di placarsi e lasciarmi parlare come una ragazza normale ma il suo sorriso sembra vanificare ogni mio tentativo. È trascorsa solo una settimana dall’ultima volta che l’ho visto e non mi ero minimamente resa conto di quanto potessero essermi mancate le sue attenzioni.
Più lo osservo e più il mio cervello sembra spegnersi, perso nei meandri di questa attrazione che provo verso di lui e che non riesco a comprendere o controllare.
I suoi occhi si posano sui miei vestiti per poi focalizzarsi sui miei capelli e nel suo sguardo trovo lo stesso stupore di Alya nel vedermi tanto cambiata. Luka si avvicina a me ed il suo profumo mi avvolge riportandomi alla mente i momenti trascorsi assieme e le sensazioni che è riuscito a suscitare in me. Sulle guance sento affiorare il sangue mentre avvicina il suo volto al mio, lasciandomi un dolce bacio sulla guancia.
"Sei molto carina, Marinette"
Quel bacio, un contatto appena accennato, raggiunge un punto profondo, al centro del mio corpo, lasciandomi con un’espressione imbarazzata e senza parole.
Mi perdo nei suoi occhi, così profondi, così limpidi da potervi trovare mille sfumature. Sono costretta a sbattere più volte le palpebre, cercando di recuperare un po’ di lucidità che la sua presenza sembra sempre far evaporare dal mio corpo.
"G-grazie"
Luka si allontana da me ed io ricomincio a respirare normalmente anche se il desiderio di averlo nuovamente così vicino al mio volto prevale. Quella strana sensazione di calore inizia a diffondersi sempre più nel mio corpo, lasciandomi l’impressione che mi manchi qualcosa.
Sospiro profondamente e proprio quando inizio a calmare ogni particella del mio corpo, questo decide di tradirmi nel peggiore dei modi.
Un borbottio proveniente dal mio stomaco dissolve l’atmosfera tesa tra noi, imbarazzando ogni parte di me. Abbasso lo sguardo, trovando una macchia davvero molto interessante sul marciapiede davanti a casa. Dovrei essere abituata alle figuracce ma mai mi era capitato di farne una simile. Le mie guance si colorano velocemente mentre io continuo a scrutare quello sfregio dalle sfumature scure.
La risata allegra di Luka arriva alle mie orecchie mentre nel mio campo visivo vedo comparire la sua mano, intento a stringere la mia con fermezza. Il mio sguardo torna sui suoi occhi mentre al centro del mio stomaco inizia a formarsi un groviglio di emozioni.
"Seguimi"
Il contatto tra le nostre mani sembra scottare, come se un fuoco indomabile avesse preso vita tra noi. Cerco di concentrarmi su qualcosa che non sia la sua presenza ma il suo sorriso smagliante sembra gettar fuoco su quel calore incredibile che provo.
Bastano pochi minuti di cammino per arrivare davanti ad uno dei più famosi e gustosi fast food. Devo ammettere di aver una gran voglia di cheeseburger ma speravo di potermi abbuffare nella comodità di casa mia, senza che qualcuno potesse osservarmi mentre divoro un panino così unto e grasso, macchiando i miei vestiti e probabilmente tutta la tavola. I ricordi di una cena a casa di Alya tornano ad affollare la mia mente e le risate della mia amica per il disastro da me creato mi rammentano quanto io possa essere incredibilmente maldestra anche mentre mangio.
"Marinette?"
La voce di Luka mi riporta alla realtà. Mi rendo conto distrattamente di essere davanti alla cassa del fast food con un’espressione talmente confusa da lasciare senza parole anche il commesso.
"Cosa vuoi?"
I miei occhi vagano sui cartelloni enormi in cui immagini golose di panini mi fanno venire l’acquolina in bocca. Sbuffo sonoramente, cercando di rilegare quel desiderio nei meandri del mio essere. Non voglio imbrattare ogni parte dei miei vestiti di ketchup e maionese.
"Una porzione di patatine fritte ed una coca-cola"
Posso sporcarmi con una semplice patatina? Probabilmente sì ma sono sicura che non potrei creare il disastro che comparirebbe sulla mia maglia bianca se addentassi un hamburger.
Osservo il commesso guardare Luka come se la mia ordinazione dipendesse da lui. Seguo il suo sguardo fino a ritrovare quegli occhi simili ai miei, immersi nella sorpresa.
"Sicura?"
Abbasso lo sguardo, rimuginando sulla sua domanda. Non credo che una porzione di patatine riuscirebbe a soddisfare la mia fame ma mi trovo a scuotere la testa, cercando di convincerlo. Il mio tentativo sembra fallire miseramente mentre lo sento ordinare un cheeseburger, una porzione di delizie croccanti e due bibite.
Torno a guardarlo, sorpresa della sua decisione.
"Luka?"
"Ho mangiato poco a pranzo"
La sua bugia trasuda premura da ogni sillaba e mentre io già mi vedo intenta a sporcarmi, il profumo del panino quasi pronto fa brontolare nuovamente il mio stomaco. La risata cristallina di Luka accentua quella sensazione che mi spinge inevitabilmente verso di lui e verso le sue labbra, i suoi occhi, il suo corpo.
Una volta pronta l’ordinazione, Luka insiste più volte per pagare per entrambi ed io mi ritrovo a dover accettare con imbarazzo. Afferra il vassoio pieno di ogni delizia con una mano tornando a stringere la mia mano con la sua. Lo seguo all’esterno del locale, fino ad un tavolo in legno sul retro del locale dove prendiamo posto. Luka si siede di fronte a me, intento ad osservarmi divertito. Il mio stomaco torna a farsi sentire ed io non posso che iniziare a mangiare qualche patatine, deliziandomi del loro sapore misto alla maionese. Distrattamente mi osservo attorno, notando la poca gente che ci circonda. Ormai sono le due passate e solamente qualche famiglia e alcuni ragazzini occupano i tavoli più vicini all’entrata del locale, lasciandoci in disparte.
Il rumore della carta che si strappa mi riporta al ragazzo di fronte a me. Luka afferra il panino guardandomi con curiosità e nei suoi occhi posso vedere riflessa una ragazzina affamata. Il silenzio che ci circonda viene spezzato dalla sua risata.
"Metà?"
Imbarazzata e con il volto in fiamme, costringo la mia testa a muoversi, accettando di saziare la mia ingordigia. Osservo la confezione di patatine dai colori sgargianti, cercando quelle più croccanti e salate. So quanto sale e fritto facciano male alla salute ed alla forma fisica ma se mi dovrò pentire di qualcosa, farò in modo che ne sia valsa la pena fino all’ultimo boccone. Quando trovo la vittima perfetta, la afferro velocemente, immaginandomi già il suo sapore mischiato al ketchup.
I miei occhi scivolano su Luka e la patatina rimane bloccata a mezz’aria, in attesa che il mio corpo torni a muoversi normalmente. Gli angoli delle sue labbra sono dipinte di salse che sembrano davvero buone ed i miei pensieri iniziano a viaggiare in luoghi inesplorati.
Il suo sguardo si posa sul mio, riemergendo da quella sensazione di pace e serenità che sembrava aver raggiunto addentando quella delizia.
"Marinette?"
La sua voce mi risveglia bruscamente dalle mie fantasie, troppo bruscamente. La patatina mi scivola di mano, finendo sul rivestimento del vassoio. L’immagine di quella delizia sprecata viene oscurata velocemente dalla vicinanza di Luka che la riafferra per poi morderla. Le sue labbra intrappolano la patatina ed io inizio a sentirmi quasi gelosa di quel contatto, una sensazione che so essere stupida ma che non riesco a trovare infantile.
"Tutto bene?"
Annuisco in silenzio riprendendo a guardare quell’angolo sporco di salsa dove passa distrattamente la lingua, provocandomi una fitta nel profondo del mio corpo. Non avrei mai pensato di potermi sentire così attratta da un ragazzo e mai avrei creduto possibile sentire la necessità impellente di sentire le sue labbra sulle mie, sul mio volto, sul mio collo, sulle mie spalle. I pensieri prendono una piega inaspettata ed io inizio ad immaginarmi sotto l’effetto delle sue attenzioni. La temperatura del mio corpo sembra raggiungere limiti insopportabili mentre mi accorgo appena di essere rimasta a guardarlo immobile e con il respiro accelerato.
Luka torna ad osservarmi con soddisfazione mentre lascia davanti a me più di metà del suo panino. Velocemente lo afferro, cercando di nascondere il mio imbarazzo per i pensieri tutt’altro che casti che stanno sfiorando la mia mente. Trascorro i minuti seguenti ad immaginare le sue labbra saggiare le mie e non sento nemmeno il sapore di quel cheeseburger dall’aspetto impeccabile.
 
Dopo aver assaporato ogni briciola di quel panino, Luka si dirige verso i cestini con il vassoio in mano mentre io cerco di calmare i battiti del mio cuore ed il calore che ormai sembra aver preso possesso di ogni fibra del mio corpo. Quando lo vedo tornare accanto a me, sono sicura di avere in volto una tra le espressioni più confuse della mia vita.
Le mie mani si stringono attorno al tessuto della gonna mentre Luka mi sorride. Lo vedo liberare l’indumento dalla mia stretta ed invitarmi a seguirlo nel verde del parco che circonda il fast food. Il silenzio torna ad avvolgerci e mentre lui sembra perfettamente a suo agio, io inizio a spazientirmi sempre più. Quell’insoddisfazione torna a colpirmi violenta, lasciandomi con un cipiglio in volto ed un calore in corpo a cui non so dare spiegazione. Cosa sta succedendo in questi ultimi giorni? Perché il mio umore è così volubile?
Le domande interrompono la loro corsa verso la mia pazzia quando, sotto uno degli alberi più maestosi che io abbia visto, Luka decide di fermarsi. Mi concentro su di lui e quando vedo le nostre mani nuovamente strette tra loro, una strana sensazione mi avvolge. Mi sento come se il contatto con lui fosse l’unica cosa capace di accendere quel fuoco interiore che provo ma anche di tranquillizzare la mia mente che, altrimenti, sono sicura viaggerebbe oltreoceano.
"Marinette?"
Il mio nome risuona da quelle labbra ed io torno a concentrarmi su quel dettaglio, ignorando tutto ciò che ci circonda.
"Sicura di star bene?"
Annuisco nuovamente, incapace di controllare quel desiderio che sembra si stia impadronendo di me. Le sue labbra tornano a muoversi e, anche se so che dovrei prestare attenzione alle sue parole, il desiderio di sentirle muoversi sulle mie mi investe completamente, trovandomi senza difese ed incapace di resistergli.
Basta un secondo per ritrovare finalmente quell’angolo di paradiso. Le mie mani si muovono veloci, lasciando cadere a terra il pacchetto con la felpa di Luka. Raggiungono il suo volto con determinazione mentre le mie labbra si posano sulle sue in un gesto quasi disperato. Sento Luka sorridere della mia iniziativa ed iniziare a muovere dolcemente la sua bocca sulla mia. Il mio corpo si stringe al suo e finalmente l’insoddisfazione provata finora sembra lenirsi un po’. Non posso dire di star bene ma finalmente mi sento meglio, appagata e soddisfatta nel sentire le labbra del ragazzo sulle mie. Le mani di Luka si posano sulla mia schiena, provocandomi dolci brividi in tutto il corpo mentre la sua bocca lascia la mia per riprendere fiato. Mi guarda sorridendo ed io non posso che arrossire e ricambiare quella dolcezza che vedo nei suoi occhi. Il mondo perde colore mentre ormai esistiamo solo noi due e quell’irrefrenabile voglia di assaporarci di nuovo. Sento il mio cuore martellare nel petto, in attesa di un nuovo bacio e quando finalmente il suo volto torna ad avvicinarsi al mio, le suonerie dei nostri cellulari interrompono quella magia. Un mugugno incomprensibile esce dalle mie labbra provocando una risata nel giovane che ancora stringo a me con forza. Prima che io abbia la possibilità di maledire chiunque ci stia disturbando, le labbra di Luka ritrovano le mie in un ultimo bacio pieno di passione e desiderio. Una sua mano preme sui miei capelli, incatenandomi a quel bacio che non vorrei finisse mai mentre l’altra si appoggia sulla mia schiena stringendomi a sé. Quando quel contatto si interrompe, mi ritrovo ancora più confusa di prima ed una sensazione intensa inizia a farsi strada nel mio corpo, correndo verso il centro del mio piacere. Il battito del mio cuore non accenna a calmarsi mentre le mani iniziano a tremare.
Non voglio rispondere alla chiamata e quando capisco chi sia il mio disturbatore, sono tentata come non mai di lasciare che quel rumore svanisca da solo. Un sospiro snervante esce dalle mie labbra mentre vedo Luka raccogliere il suo telefono e, con un’espressione dubbiosa, avviare la conversazione.
"Sì?"
Una voce a me famigliare sembra porgli una domanda e lui avvisa del suo arrivo imminente. Il mio sguardo torna a posarsi sul telefono e sul volto di Alya che continua a lampeggiare sullo schermo. Sbuffo nuovamente, attirando l’attenzione di Luka. Si avvicina a me iniziando a sfiorare il mio braccio in un gesto che dovrebbe consolarmi ma che invece non fa che aumentare l’impulso di ignorare il mondo intero e passare il pomeriggio con lui, da soli, intenti a bearci di quelle attenzioni che riescono a togliermi il fiato.
Luka osserva il mio telefono sorridendo e riporta una ciocca di capelli dietro l’orecchio, lasciandomi un bacio su quella porzione di pelle delicata. Il mio volto si tinge di ogni sfumatura di rosso mentre dalle mie labbra esce un sospiro pesante. Quando lo vedo allontanarsi, il desiderio di riavere le sue labbra sul mio corpo, sconvolge ogni fibra del mio essere e mi ritrovo nuovamente ad intrappolare la sua bocca con la mia in un breve ma intenso bacio.
I suoi occhi si velano di desiderio mentre riconosco nel suo sguardo la stessa delusione che sento dentro di me. Gli sorrido dolcemente lasciandolo parlare tranquillamente con sua sorella mentre mi allontano di qualche metro per rispondere ad Alya.
"Alya?"
"Marinette dove sei finita?!"
"Sto arrivando, non ti preoccupare"
Una risatina giunge al mio orecchio ed io distrattamente mi chiedo cosa ci sia di tanto divertente in quella nostra breve conversazione.
"Sbrigati!"
Posso quasi vedere i suoi occhi furbi nascondermi qualcosa mentre continua a ridere.
"Alya, che succede?"
Sento i suoi passi allontanarsi da chiunque abbia intorno e distrattamente mi perdo a guardare l’orario sullo schermo del cellulare. Manca poco alle tre di pomeriggio, il che significa che ormai saranno tutti davanti al cinema, in attesa degli ultimi ritardatari. Non mi ero nemmeno resa conto del tempo che scorreva veloce mentre i miei pensieri vorticavano attorno a Luka ed alla voglia che avevo di baciarlo.
"Marinette"
Alya inizia a bisbigliare, come se avesse paura di farsi sentire da qualcuno e distrattamente mi chiedo cosa stia passando per la mente della mia amica.
"Vuoi spiegarmi cosa succede?"
"Adrien è già qui e sembra davvero di pessimo umore. Ha chiesto dove fossi e quando ha notato che mancavate solo tu e Luka… Potrei giurare di averlo sentito imprecare sottovoce"
Spero con tutta me stessa di aver sentito male ma i dubbi che la mia migliore amica sta insinuando nella mia mente non mi lasciano molte possibilità.
"Alya, cosa vuoi dire?"
"Sveglia, Marinette. Non ho mai visto Adrien così turbato, secondo me pensa che tu e Luka possiate essere insieme"
Il mio cuore perde un battito mentre la mia mente cerca di assimilare le parole di Alya. Sicuramente si sarà immaginata ogni cosa ed Adrien sarà arrabbiato per l’ennesimo litigio con il padre. Non mi sorprenderebbe poi così tanto visto il rapporto che sembra avere con lo stilista. Chissà quanto avrà dovuto supplicare il padre per poter uscire con gli amici oggi.
"Marinette? Sei ancora lì?"
La sua voce mi riporta alla realtà ed io cerco in ogni modo di non prestare attenzione alle supposizioni di Alya.
"Dimmi, Alya"
"Tu non sei con Luka, vero?"
Il mio volto torna ad infiammarmi mentre cerco di recuperare l’uso della parola. Tento di non balbettare, anche se l’ansia che sto provando in questo momento mi rende incapace di sembrare una ragazza normale.
"N-no. C-cosa stai dicendo?"
"Marinette, sento puzza di bugia"
"Alya, non ti sto mentendo. Sono quasi arrivata, ci vediamo tra poco, d’accordo?"
"Marinette, non os…"
Senza lasciarle finire la frase, interrompo la chiamata, posando il telefono nella borsa. I miei occhi vagano nel cielo limpido di questa giornata, alla ricerca di qualcosa che possa distrarmi abbastanza da tutta la confusione che provo dentro di me.
Sento i passi di Luka avvicinarsi lentamente e velocemente i miei pensieri lasciano Adrien e le contorte teorie di Alya. Il mio corpo si tende, in attesa di un contatto con il chitarrista che non sembra tardare.
"Raggiungiamo gli altri?"
Sbuffo sonoramente, recuperando la borsa ed il pacchetto che avevo in mano fino a qualche minuto fa. Distrattamente vedo Luka ridere della mia espressione e sono sicura che abbia capito perfettamente perché il mio umore sembra peggiorato tanto in così poco tempo. I miei occhi si posano sui suoi un solo istante e questo sembra bastare per sentire nuovamente quella sensazione fastidiosa di insoddisfazione. Sbuffo nuovamente mentre lui afferra la mia mano e mi trascina lontano da quel posto immerso nel verde.
Mentre passeggiamo, lo vedo più volte osservarmi divertito mentre il mio umore peggiora ad ogni passo che ci avvicina al cinema.
Il miei occhi tornano a specchiarsi nei suoi mentre lui sembra concentrato sul pacchetto che tengo in mano. Mi ero quasi dimenticata della felpa di Luka e, nonostante io non abbia voglia di restituirgliela, non posso nemmeno portarla con me per sempre. Se Alya mi vedesse arrivare con questo pacchetto tra le mani, lascerebbe libero sfogo alla sua mente investigativa ed alla fine riuscirebbe a vederne il contenuto.
I miei piedi si immobilizzano e mentre Luka sembra guardarmi sorpreso, apro la confezione e ne estraggo la felpa.
"Stavo quasi dimenticando di restituirtela"
La mia mano stringe quel tessuto come se potesse impedirmi di ridargliela e solo dopo qualche secondo finalmente sembra lasciare la presa. Volto lo sguardo verso il marciapiede, cercando di non mostrare quella tonalità rossa che sicuramente avrà preso vita sul mio volto ma gli occhi di Luka sembrano osservare ogni mia reazione.
"È pulita… Sì, insomma, l’ho lavata"
Il suo sguardo riesce sempre a scatenare delle sensazioni strane nel mio corpo e la mia capacità di parlare sembra risentirne.
La sua mano lascia la mia per indossare l’indumento e quando torna ad osservarmi, il suo sguardo si tinge di una dolcezza che riconosco essere macchiata da malizia. La sua mano torna a stringere la mia mentre lo vedo imboccare un vicolo buio appena prima dell’incrocio che ci porterà al cinema.
Le sue mani mi stringono a sé con passione mentre le mie si posano sul suo petto. Sotto il mio tocco, posso sentire il suo cuore battere velocemente, in preda a quella frenesia che ormai conosco molto bene. Luka avvicina il suo volto al mio orecchio ed io già sento le gambe diventare di una consistenza simile alla gelatina.
"Ha il tuo stesso profumo"
Lo sento inspirare la fragranza della mia pelle, regalandomi dolci brividi che percorrono ogni centimetro della mia schiena. La sua bocca gioca con i miei desideri, sfiorando appena il mio collo in una dolce tortura. Il mio corpo si riaccende a contatto con il suo e dalle mie labbra sento uscire un gemito sommesso quando finalmente le sue trovano il loro posto sulla mia pelle. La sua bocca traccia un percorso preciso, fino a raggiungere la mia e perdersi in quel piacere tinto di passione e desiderio. Le mie mani tornano a giocare con i suoi capelli mentre il mio corpo preme sul suo in un contatto che non lascia spazio all’immaginazione delle curve dei nostri corpi. La sua lingua gioca con la mia, rendendomi difficile ogni pensiero coerente fino a quando lo sento allontanarsi da me e tornare a bisbigliare al mio orecchio.
"Penso che diventerà la mia felpa preferita"
Dolcemente mi regala un ultimo bacio per poi dileguarsi tra la folla di Parigi.
 
Rimasta sola con i miei pensieri, tutte le sensazioni che mi hanno accompagnata in questo incontro mi sovrastano lasciandomi spossata e senza forze. Noto appena la risata di Tikki nel vedermi così spaesata dalle mie emozioni.
Incerta sulla possibilità che le mie gambe riescano a muoversi, mi appoggio qualche istante al muro dell’edificio per riprendere fiato e cercare di calmare i battiti del mio cuore. L’assenza di Luka mi permette di vedere con più chiarezza la situazione e capisco di non avere alcuna via di scampo. Sono fisicamente attratta da lui e non posso negarlo, non adesso che il mio corpo sembra fremere nell’attesa di riavere le sue attenzioni. Cerco di scacciare ogni pensiero e con una determinazione inesistente, mi avvio in strada, diretta alla struttura del cinema.
Prevedo guai.

***

Buongiorno a tutti! Sono riuscita ad aggiornare prima del previsto ma devo ammettere di aver dovuto tagliare in due parti quello che sarebbe dovuto essere il tredicesimo capitolo perché inizialmente non avevo pensato a quante pagine di word avrei impegnato con la descrizione dei momenti tra la protagonista e Luka e sapendo che la seconda parte della giornata riserverà ancora tante sorprese, ho voluto spezzare qui il racconto!
Cosa pensate succederà nel prossimo capitolo? Come si comporterà Marinette con Luka ed Adrien? Riuscirà a sopravvivere a questo pomeriggio al cinema? Come sempre, sono curiosa di sapere cosa pensate voi lettori quindi lasciatemi un commento e ditemi come vi è sembrato il capitolo!
Come ha detto Marinette "Prevedo guai" anche io tra le fan adriennette e marichat xD
Un saluto a tutti, ci sentiamo al prossimo capitolo!
miss_MZ93

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 ***


Davanti al cinema, trovo un gruppo di ragazzi in attesa della ritardataria cronica, Marinette Dupain-Cheng. Tutti sembrano impazienti di guardare il film ma i miei pensieri sono concentrati altrove.
Le emozioni provate con Luka ancora sembrano scorrere libere nel mio corpo ma se davvero non voglio dar motivo a nessuno di interessarsi della mia vita privata, devo assolutamente calmarmi. Prendo l’ultima grande boccata di aria fresca, concentrandomi su pensieri come lo studio o le bozze di disegno che avevo promesso ad Alya e che ancora vagano sulla mia scrivania.

Un passo dopo l’altro, raggiungo il gruppo, scusandomi per il ritardo. Abituati ormai alle mie tempistiche, sembrano quasi sorpresi che io sia arrivata cinque minuti prima dell’inizio del film.
Sulla mia figura sento posarsi due occhi verdi, intensi e visibilmente in cerca di qualcosa. Il mio sguardo torna distrattamente ad osservare i miei vestiti ma più cerco di capire cosa stia guardando, meno riesco a comprendere quella preoccupazione che posso vedere sul suo volto. Adrien continua a guardare i miei vestiti ed un pensiero inizia a vorticare nella mia mente. Se Alya dovesse aver ragione, se lui fosse davvero geloso del mio “ipotetico” rapporto con Luka, sicuramente il pensiero che io abbia scelto di indossare una maglietta così attillata ed una gonna abbastanza corta per il chitarrista, non deve avergli fatto piacere.
Il suo sguardo continua a guardare con insistenza l’orlo del tessuto che si posa dolcemente sulle mie gambe nude. Un brivido mi attraversa la schiena mentre il suo sguardo sembra farsi più dolce ed imbarazzato. Non ho idea di cosa stia attraversando i suoi pensieri e mi ritrovo a chiedermi perché in quest’ultimo periodo ogni suo gesto mi appaia più gentile, più dolce, più affettuoso ma anche più cattivo, più duro e più scontroso.

Mi rendo distrattamente conto che quello scambio di sguardi tra me ed Adrien abbia attirato l’attenzione di tutto il gruppo. Cerco di riappropriami di un autocontrollo che non mi appartiene più da quando ho messo piede fuori casa e volto lo sguardo, ignorando le occhiate che il biondo sembra continuare a lanciarmi. I miei occhi trovano velocemente la figura di Luka, intento a chiacchierare con la sorella.
Alya afferra i biglietti del cinema e trascina tutti oltre le porte, distraendo l’attenzione generale da me ed Adrien ma una volta entrati, sento il suo sguardo nuovamente su di me. Lascia Nino in compagnia del suo migliore amico e mi raggiunge velocemente con una bibita ghiacciata per me.

Sto per raccontare l’ennesima bugia a quell’uragano dai capelli castani ma la sua voce interrompe ogni mio tentativo di risultare credibile.
"Non importa, ti sei persa una scena incredibile"
Si avvicina sempre più a me, come se dovesse rivelarmi chissà quale segreto di importanza vitale. Il suo volto si tinge di malizia e di quel desiderio di pettegolezzi che contraddistingue ogni reporter.
"Luka è arrivato due minuti prima di te con un sorriso in volto da far invidia a chiunque"
Posso sentire il sangue affiorare sulla mia pelle mentre penso al motivo dell’espressione di quel ragazzo ed alla differenza tra noi due. Probabilmente, se Alya mi avesse vista qualche istante prima, avrebbe trovato in me un’espressione disorientata e confusa.
"Marinette?"
Scuoto la testa leggermente per ritornare a concentrarmi sulle parole di Alya. Con un cenno del capo la invito a continuare e lei non si fa pregare troppo prima di arrivare alla parte più interessante di questo suo racconto.
"Avresti dovuto vedere la reazione di Adrien! Sembrava infastidito dal buonumore del chitarrista ed il motivo può essere solo uno"
"Quale?"
La vedo sbuffare con in volto un’espressione divertita. I suoi occhi tornano a specchiarsi nei miei, lasciandomi disorientata.
"Davvero non lo sai?"
La consapevolezza della risposta mi lascia senza parole e mentre io torno ad immergermi nei miei pensieri, Alya torna velocemente accanto al suo ragazzo. Seguo la sua figura fino al bancone, dove trovo Adrien intento ad osservarmi. La mia carnagione prende fuoco sotto al suo sguardo mentre io mi trovo nuovamente imprigionata in quel gioco di potere. Non riesco a distogliere gli occhi dai suoi, da quel verde che per tanto tempo ho amato come la cosa più preziosa al mondo. Solo Nino riesce a spezzare quell’incantesimo, distraendo Adrien e trascinandolo verso l’ingresso delle sale. I miei occhi continuano a seguire la figura del modello mentre i pensieri tornano ad affollarmi la mente.
Alya crede che Adrien sia geloso di me ma come può esserlo e perché? Non può provare certe cose per me ed affermare di considerarmi una semplice amica.
Un pensiero inizia ad insinuarsi nella mia mente, sovrastando velocemente qualunque altra cosa. Nessuno sa veramente ciò che è successo e che continua a succedere ogni volta che io e Luka ci troviamo da soli quindi, anche ammettendo che Adrien sia geloso di me, come potrebbe esserlo non sapendo la verità? Come può lui aver intuito ciò che sembra essere sfuggito anche alla mia migliore amica?
Questi dubbi mi perseguitano affollando la mia mente a tal punto da distrarmi totalmente dal presente. Alzo lo sguardo istintivamente quando la stanza si oscura e solo in questo momento mi rendo conto di aver oltrepassato la porta della sala ed essermi seduta senza nemmeno prestare attenzione a ciò che facevo. Che io sia riuscita ad arrivare fin qui senza inciampare è quasi un miracolo.
La colonna sonora del film riporta la mia attenzione alla proiezione, dove un ragazzo dai tratti orientali sta passeggiando tranquillamente. Qualcosa però torna a distrarmi.
Il mio corpo si irrigidisce ed il mio respiro torna a farsi pesante. Sento quasi l’aria mancarmi quando mi rendo conto di dove mi trovo.
Alla mia sinistra, gli occhi dolci ed azzurri di Luka mi sorridono, riaccendendo quella sensazione di insoddisfazione che sembrava essersi assopita qualche istante prima. Il mio volto riprende colore velocemente, lasciando che i miei pensieri tornino alle sue labbra a contatto con le mie.
Uno sbuffo attira la mia attenzione e quella sensazione di disagio torna a colpirmi violentemente. So già cosa, o meglio chi, troverò alla mia destra e l’ansia inizia ad invadere il mio corpo. Molto lentamente cerco il coraggio di voltarmi per poi trovarmi davanti la figura di Adrien, appoggiato al bracciolo che delimita il confine tra il mio posto ed il suo. La sua espressione torna dura mentre cerca di ignorare il mio sguardo dubbioso. La sua mascella è contratta, quasi infastidita da qualcosa e mentre i miei pensieri tornano a concentrarsi sulle parole di Alya, il mio volto diventa sempre più rosso. Vedo i suoi occhi posarsi su di me per un solo istante, sentendosi osservato e mentre io ancora sono intenta a guardarlo con occhi curiosi, le sue labbra si distendono in un sorriso sornione. Quel verde intenso sembra sciogliersi dolcemente e finalmente mi sembra di rivedere il vecchio Adrien, quello premuroso egentile, quello di cui mi ero innamorata, quello che ha spezzato il mio cuore.
Perché queste situazioni capitano solo a me?
Torno a guardare il film ma la mia capacità di concentrazione sembra ormai evaporata del tutto. Cerco di seguire la trama ma le mie sensazioni continuano a distrarmi. Una parte di me sembra accendersi di passione accanto a Luka, cercando ogni scusa per sfiorare la sua mano, per sentirlo accanto a me, per bearsi del suo sorriso in attesa che quelle labbra si posino nuovamente sulle mie. L’altra parte, quella concentrata sul ragazzo alla mia destra, sembra confusa come mai prima. Una sensazione di calore invade i miei sensi, ricordandomi quanto tempo io abbia passato ad osservare il suo profilo, a desiderare un suo sguardo ed a sognare il nostro futuro assieme. Questa però continua a scontrarsi con la realtà brutale di non essere mai stata nemmeno considerata più di una semplice amica, di una banale fan. Qualcosa a livello inconscio inizia a smuoversi ed io mi ritrovo aggrappata all’idea che lui possa aver cambiato idea, che possa essersi accorto di quanto tiene a me, di quanto fastidio provi nel pensarmi tra le braccia di qualcuno che non sia lui.
Non posso farmi questo, non posso pensare ad Adrien sperando che i suoi sentimenti siano cambiati, non posso permettermi di illudermi nuovamente di qualcosa che non esiste e mai esisterà.
Ecco cosa succede quando lasci decidere agli altri dove sedersi, finisci per ritrovarti immersa in un vortice di emozioni e sensazioni che non puoi controllare.
Il film scorre veloce sotto ai miei occhi mentre io cerco di calmarmi e non risultare un blocco di marmo. Il mio volto perde ogni traccia di quel buonumore che mi aveva accompagnato fino ad un’ora prima. Devo riuscire a ritrovare un po’ di serenità ma i continui dubbi sul comportamento di Adrien continuano a minare il mio sistema nervoso e più cerco di comprendere le sue reazioni, più mi domando il motivo di questo mio interesse nei suoi confronti. Che io sia masochista?
Le luci si riaccendono per l’intervallo che segna la fine del primo tempo mentre io continuo a sprofondare nei miei pensieri.
Vedo Luka avvicinarsi al mio volto, preoccupato per quel cipiglio che posso sentire sulla mia pelle. Più lui si avvicina a me, più sento un brontolio fastidioso uscire dalle labbra di Adrien e questo inizia ad infastidirmi non poco. Non può continuare ad avere un così grande peso nella mia vita, non può condizionare così tanto i miei pensieri da distogliermi dalle sensazioni che provo al fianco di Luka.
"Marinette, stai bene?"
La voce del chitarrista mi risveglia ed io mi costringo a sorridergli debolmente. So quando Luka sia bravo a leggere i miei pensieri ed il mio stato d’animo, infatti lo vedo ignorare la curva delle mie labbra, continuando a guardarmi preoccupato.
"Tutto bene, Luka"
Il suo sguardo sembra cercare nel mio il motivo di quel cambiamento di umore ed io mi rendo conto di aver lasciato nuovamente ad Adrien la possibilità di influenzarmi con i suoi tormenti. Sospiro debolmente, rivolgendogli un sorriso dolce.
"Non lo so"
La mia voce esce flebile, attirando anche l’attenzione di Adrien che, cercando di passare inosservato, si appoggia sempre più sul suo braccio, cercando di ascoltare la mia conversazione con Luka.
"Che succede?"
Il suo volto si avvicina sempre più al mio e, anche se le sue intenzioni non sono tra le più maliziose, il mio volto inizia a tingersi di rosso. La mia mente si svuota all’istante, lasciandomi con la consapevolezza che lui sia il mio unico appiglio per sfuggire al caos che sento divampare dentro di me. Lancio una veloce occhiata ai nostri amici e li vedo ignorarci completamente, assorti in una discussione sul protagonista della storia.
Torno a concentrarmi su Luka trovandolo così vicino a me da provocarmi quella solita sensazione di calore e desiderio che mi assale ogni volta.
La sfumatura della mia pelle non passa inosservata a Luka e mentre lui continua ad avvicinarsi a me fingendo un’innocente conversazione sottovoce, il suo sguardo sembra incendiarmi l’anima. Le mie mani iniziano a sudare mentre quella sensazione di calore torna a colpirmi con violenza. Devo far appello a tutto il mio autocontrollo per non avvinghiarmi al suo viso, per non allungare le braccia dietro al suo collo, per non lasciarmi coinvolgere da quelle labbra che mi sorridono divertite dalla mia reazione. Un finto colpo di tosse ci risveglia da quel momento fin troppo intimo e fin troppo pubblico ed io divento una statua, paralizzando ogni mio muscolo.
Adrien guarda davanti a sé, con un’espressione adirata in volto mentre le mie guance prendono fuoco, lasciandomi con un colorito molto simile a quello di un pomodoro. Mi allontano velocemente da Luka, sentendo quel fastidioso senso di insoddisfazione farsi largo nel mio corpo. Ogni fibra del mio essere si tende, nell’attesa insopportabile e quasi disperata di quei momenti tra noi che riescono sempre a farmi dimenticare ogni cosa ed a soddisfare i miei impulsi.

Le luci tornano ad abbassarsi ed il film riprende sullo schermo mentre io ancora mi sento intrappolata in questo strano gioco di potere tra le sensazioni che mi regala Luka e gli sguardi, a volte assassini, a volte dolci di Adrien.
Mentre nella pellicola il protagonista vive quella che per tutti potrebbe essere una storia avvincente, il mio cuore prende a battere velocemente, vinto da quelle sensazioni così profonde. Cercando di non farmi notare da nessuno, specialmente da Adrien, avvicino la mia mano a quella di Luka, afferrandola in un disperato bisogno di sentirlo al mio fianco, in qualche modo.
Le sue dita sfiorano la mia pelle, regalandomi dolci brividi che si propagano velocemente nel resto del mio corpo. Se solo potessi sentire quella mano sul mio volto, sulle mie spalle, sui miei fianchi. I miei pensieri tornano a tingersi di rosso, come ogni centimetro della mia pelle. Scuoto velocemente la testa, allontanando quelle fantasie che non dovrebbero appartenermi.
Durante la seconda parte del film, ringrazio mentalmente Alya più volte per la bibita ghiacciata che mi ha lasciato tra le mani prima di entrare in sala. Quel liquido freddo riesce a lenire il calore che sento dentro di me. Ad ogni sorso però sento le sue dita sfiorare la mia pelle, riaccendendo il desiderio di baciarlo e sentirlo stringermi a sé. Non so da quando io sia diventata così avida delle attenzioni di Luka ma più quando lo vedo al mio fianco, non posso ignorare i miei ormoni che in questo periodo sembrano totalmente impazziti.
Il tempo passa lentamente e più che un’uscita tranquilla tra amici, sembra che questo pomeriggio si sia trasformato in una condanna. Più tento di reprimere i miei istinti, più mi trovo a ricercare le sue attenzioni e quelle sensazioni inebrianti, dando vita ad un loop infinito.
I titoli di coda si fanno spazio sullo sfondo e quando la stanza torna ad illuminarsi, la mia mano lascia velocemente quella di Luka e io mi balzo in piedi, diretta all’uscita della sala con in mano null’altro che la mia borsa, dove Tikki riposa tranquilla. Beata lei che non ha problemi simili.
Attraverso le porte del cinema e finalmente l’ossigeno sembra tornare nei miei polmoni a placare quelle sensazioni che ormai mi stavano facendo impazzire.
Qualche istante più tardi, il gruppo mi raggiunge e finalmente lasciamo quel luogo che mai mi era sembrato così soffocante. Mentre passeggiamo per le vie di Parigi, cerco di insinuarmi in qualunque discorso che non coinvolga Adrien o Luka. Mi sere un po’ d’aria, di ossigeno, di libertà da quelle sensazioni così forti che quei due ragazzi riescono a provocare in me.
Alya non perde di vista nemmeno un mio movimento e la mia speranza di trovare un po’ di pace chiacchierando con Mylene e Rose sembra svanire velocemente.

Passano solo pochi minuti, prima di raggiungere il bar in cui avevamo deciso di fermarci e questa volta io sono la prima a prendere posto, costringendo quasi Alya e Juleka a sedersi accanto a me. Sicura di esser finalmente riuscita a trovare la soluzione adatta a quella situazione ansiogena, mi accorgo che Luka ed Adrien sono seduti esattamente di fronte a me. Gli occhi azzurri del primo sembrano osservarmi divertiti mentre posa lo sguardo sul mio corpo, fasciato da questa maledetta maglietta attillata che sottolinea ogni mia curva. Il mio volto riprende fuoco velocemente, lasciandomi con la consapevolezza che mi rimanga davvero poco autocontrollo. Un movimento veloce mi distrae da quello sguardo magnetico ed al suo fianco, Adrien sembra guardarmi deluso, amareggiato, forse davvero geloso.
"Allora, Luka. Ho sentito voci molto interessanti su di te"
Alya distoglie la mia attenzione da qualunque altro pensiero, attirando la mia curiosità. La guardo dubbiosa ed un pensiero inizia a sfiorarmi la mente. Spero solo di sbagliarmi.
"È vero che ti sei fidanzato?"
Rischio seriamente di strozzarmi con quel poco di saliva che avevo in bocca. Le parole di Alya non mi sono mai sembrate tanto inadeguate come adesso.
So dire se il volto abbia ripreso colore o se semplicemente non abbia mai smesso di sembrare un pomodoro ben maturo ma sono sicura di aver appena raggiunto una temperatura tanto elevata da essere quasi insopportabile. Alya non stacca un attimo gli occhi da Luka, attirando l’attenzione di tutto il gruppo su di lui.
"Fidanzato?"
"Alya…"
La voce flebile di Juleka arriva alle mie orecchie come un monito forte e chiaro. La sua espressione sembra rimproverare la mia amica mentre le sue guance si imporporano. Ho l’impressione che quella teoria non avrebbe mai dovuto lasciare le pareti della nostra classe. Il suo volto si tinge di imbarazzo mentre sembra voler ignorare lo sguardo del fratello maggiore che la osserva incuriosito.
"Di cosa stai parlando?"
"Te l’ho detto, girano voci interessanti"
Gli occhi di Luka si posano su di me per un solo istante e posso vedere il suo sguardo domandarmi qualcosa che non riesco a comprendere. Torna a fissare Alya, lasciandomi la possibilità di percepire il battito del mio cuore accelerare senza motivo. L’ansia inizia a prendere il sopravvento, mista alla tensione che sento scorrere libera. Ero sicura che questa giornata si sarebbe rivelata tremendamente ingestibile per me e se il tempo passato da sola con Luka era riuscito a rilassarmi, sentire il suo sguardo dolce e malizioso e quello adirato e scontroso di Adrien puntati su di me, mi ha lasciata senza forze e senza fiato in corpo.
"Allora? È vero?"
Gli occhi di Luka tornano su di me per poi sorridere ad Alya innocentemente.
Prima che possa dire qualunque cosa stia attraversando la sua mente, poso i palmi delle mani sul tavolo e mi alzo velocemente. Lo sguardo del chitarrista segue ogni mio movimento, accompagnato da quello verde di Adrien che sembra volermi incenerire, di nuovo. Perché non può lasciarmi tranquilla? Perché deve guardarmi così anche quando io per prima vorrei solo sparire da quel posto così ansiogeno? Non ho tempo per preoccuparmi di lui, il mio unico pensiero è la fuga. Devo riuscire a scappare da quel tavolo, da quelle occhiate dubbiose di Luka, da quelle incavolate di Adrien, dalle domande personali di Alya e dalle risposte che non voglio sentire. Ho bisogno di aria, ho bisogno di calma, ho bisogno di sfogare queste sensazioni che ormai mi stanno soffocando ogni secondo di più.
"Vado a prendere da bere"
Mi allontano velocemente da quella cupola di ansia e tensione che si era creata e appena raggiungo il bancone del bar, lascio che un sospiro profondo mi vinca. Sento ogni fibra del mio corpo tendersi mentre le sensazioni che da giorni mi stanno assalendo, mi tolgono l’ossigeno dai polmoni.
Mi siedo su uno degli sgabelli, appoggiandomi con i gomiti sulla superficie in legno e passando distrattamente le mani tra i capelli. Più cerco di rilassarmi, più sembra che ogni mio muscolo si stia contorcendo per lo stress accumulato. Mi accorgo di aver iniziato a tirare leggermente le ciocche scure solo quando una mano ferma le libera dalla mia stretta ferrea. Il suo profumo mi colpisce violentemente ed io rimango senza fiato, senza barriere, senza più difese. Lascio che la mia testa si scontri dolcemente con il bancone mentre sento le sue dita stringere le mie mentre parla con il barman. Cerco di concentrarmi solo su di me, solo sui miei polmoni, ancora privi di ossigeno, sulla mia gola, che sembra bruciare, sul mio stomaco, invaso da sensazioni incomprensibili, sulla mia testa, piena di pensieri e sul mio cuore, che sembra stia cercando di uscire dolorosamente dal petto.
"Marinette?"
La sua voce è quasi una stilettata al mio cuore ormai troppo provato. Non so cosa sia questa sensazione di panico che mi avvolge come un manto pressante. So solo che non ho bisogno di lui accanto a me. Non voglio che mi veda così, non voglio sentire i suoi occhi studiare le mie reazioni, non voglio sentire il suo sguardo giudicarmi, non voglio sentirmi così.
La sua mano accarezza i miei capelli dolcemente mentre cerco di riprendere a respirare decentemente. Niente però sembra riuscire a calmarmi, né le parole di mia madre, né quelle di Tikki, né il ricordo delle labbra di Luka, che in questo momento aumentano solo la mia tachicardia.
"Marinette, stai bene?"
Con molta fatica, riesco a sollevare la testa dal bancone, tornando a sorreggerla con entrambe le mani.
"Cosa vuoi, Adrien?"
"Stai bene?"
Continuo a respirare velocemente mentre la sua domanda mi sembra davvero molto stupida. Come puoi chiedere ad una persona in piena crisi di panico se sta bene?
"No"
"Forse dovresti stenderti, non hai una bella cera"
Mi è davvero di grande conforto sapere di non avere un bell’aspetto. Cerco di alzarmi ma le mie gambe hanno deciso di non sorreggermi appieno e quasi cado a terra, senza forze.
La mano di Adrien mi afferra prima che io possa abbandonarmi al pavimento e con una facilità incredibile mi riporta su quello sgabello in plastica, terribilmente scomodo.
"Marinette, che ti succede?"
"Non lo so. Non mi sento bene"
Non so come calmare tutte queste sensazioni che sento dentro di me, non so come ignorare l’ansia che sento salire nel mio corpo, non ho idea di come gestire tutto questo stress. La testa inizia a girarmi velocemente mentre sento quegli occhi verdi ed incredibilmente profondi continuare a scrutarmi.
"Vuoi che ti accompagni a casa?"
"No!"
Non riesco a credere nemmeno io di aver urlato quelle due lettere ma l’ultima cosa di cui ho bisogno adesso è di avere Adrien accanto. Sono giorni che il suo sguardo non mi lascia un secondo e sentirlo su di me fino a casa non mi sarebbe di aiuto. Mi rendo conto della sua mano, sospesa a mezz’aria, solo quando mi sporgo ad osservarlo, in un attimo di debolezza.
"Scusa, non volevo"
Il suo sguardo si tinge di tenerezza mentre riprende a sfiorarmi i capelli dolcemente. L’ossigeno sembra tornare lentamente nei miei polmoni, mentre continuo a boccheggiare in attesa che i miei battiti si tranquillizzino.
Il suo sguardo non lascia il mio ed invece che tranquillizzarmi, sembra agitarmi ancora di più. Ho sempre avuto un debole per il verde dei suoi occhi, mi ha sempre affascinata la sfumatura dolce e sensibile di quel colore. Immersa in quelle pozze incredibilmente profonde, mi rendo conto appena di aver iniziato a trattenere il fiato, tanto che quando riprendo a respirare, la mia situazione fisica sempre peggiorata, seguita subito dopo da quella psicologica. La mia mente torna al nostro primo incontro, a quello scherzo di cui lo avevo accusato, a quell’ombrello prestato sotto il diluvio. Le mie mani ricominciano a sudare mentre nei suoi occhi sembra sia comparso qualcosa che non avevo mai visto prima, qualcosa che mi lascia incredula. Sembra felicità, tranquillità, dolcezza, affetto, forse tutto ciò, forse nulla.
"Marinette"
La voce di Luka inizia ad affollare la mia mente ed io riprendo a respirare con fatica. Il suo tocco sul mio braccio lascia un incendio indomabile sulla mia pelle. Mi scosto da entrambi, scottata ed incapace di riprendere fiato. Incespico nelle parole, inciampo nei miei stessi piedi, ritrovandomi in breve tempo con il fondoschiena a terra, dolorante. A nulla è servito l’aiuto di Adrien di qualche istante prima, alla fine, il mio destino era quello di sedermi sul pavimento di questo bar.
Vedo Luka avvicinarsi velocemente, cercando un contatto con i miei occhi.
"Marinette, respira"
Sembra facile a parole ma inizio a pensare che sia quasi impossibile calmare la miriade di sensazioni che sento mi stiano esplodendo in corpo.
"Luka… Io… Non"
Lo vedo avvicinare la sua mano al mio volto, accarezzandomi dolcemente. I miei sensi si concentrano su di lui, sentendo un brivido percorrere la mia pelle.
Il suo gesto mi ricorda il nostro primo bacio, quella sensazione che era riuscita a calmarmi, quel contatto che aveva distolto i miei pensieri dal dolore che provavo. Velocemente mi aggrappo alle sue spalle, trovandomi stretta tra le sue braccia. Avevo bisogno che lui riportasse la calma nella mia mente confusa ed agitata, proprio come aveva fatto quel pomeriggio, liberandomi del dolore, dei pensieri e dell’influenza di Papillon.
"Aiutami, ti prego"
Sento la sua mano posarsi dolcemente sulla mia schiena mentre mi aiuta ad alzarmi. Mi guarda dolcemente, cercando di capire se fossi in grado di reggermi in piedi e quando le mie gambe decidono di lasciarmi nuovamente, lo vedo abbassarsi ed afferrarmi all’altezza delle ginocchia. Nascondo il volto sulla sua spalla, cercando di ignorare lo sguardo addolorato, forse anche deluso, di Adrien. Ho l’impressione di averlo sentito chiedermi scusa sottovoce, un sussurro che solo io ho percepito ma che non comprendo appieno. Chissà a cosa si stava riferendo.
Chiudo gli occhi, cercando di calmare tutte quelle sensazioni che scuotono il mio corpo ed in cambio ottengo solo un gran mal di testa. Sento il corpo di Luka sporgersi verso il biondo, avvertendolo delle nostra assenza per qualche minuto.
"Posso aiutarla in qualche modo?"
"Ho già avuto a che fare con attacchi di panico prima, non ti preoccupare. Ha bisogno solo di un po’ d’aria e di calma"
Posso quasi immaginarmi il sorriso di Luka che cerca di confortare Adrien. Il suo comportamento mi lascia un senso di malinconia in corpo, che subito accresce il mio panico. Luka è forse l’unica persona ad avermi vista spezzata e sanguinante a causa del modello, eppure continua a dimostrarsi gentile ed educato con lui. Nonostante tutto quello che potrebbe pensare di lui, nonostante i sentimenti che so provare verso di me, nonostante io stia ancora soffrendo a causa sua, Luka non ha mai dimostrato sentimenti negativi.

Il senso di inadeguatezza inizia a farsi strada nella mia mente, lasciandomi con la consapevolezze di non meritare una persona simile accanto a me. Per quanto lui sappia a suscitare in me emozioni mai provate prima, mi rendo conto di non riuscire a lasciare che il mio cuore vaghi verso di lui liberamente. Mi sento intrappolata in quei sentimenti profondi ma pressanti. Mi sembra di essere avvolta da un incendio, in un fuoco talmente caldo, accecante e distruttivo che annebbia la mia mente. In questo momento, non so nemmeno per cosa, o per chi, stia realmente battendo il mio cuore.
Ho sempre saputo di amare Adrien, quel ragazzo dal sorriso contagioso, timoroso di ferire chiunque con un solo gesto o una parola sbagliata. Da quando però le sue parole hanno raggiunto il mio cuore, questo sembra essersi congelato, lasciandomi in balia di quella parte di me che forse già esisteva, sopita in un angolo remoto e piena di sensazioni che non pensavo nemmeno di poter provare.
"Marinette?"
La voce di Luka mi risveglia da quel mondo in cui mi ero immersa. Apro gli occhi lentamente, trovandomi seduta su un divanetto nero in pelle. Distrattamente mi chiedo dove siamo finiti e solo quando sento le voci dei clienti del bar oltre la porta socchiusa della stanza, mi rendo conto di trovarmi in una sala privata. Probabilmente questo è l’unico posto in cui camerieri e barman possono cercare un po’ di riposo tra un turno di lavoro e l’altro.
"Come va?"
Non so come sia stato possibile ma mi ero completamente dimenticata di tutto ciò che è successo.
Il corpo di Luka, a contatto con il mio, riporta la mia mente a pochi istanti prima e, senza nemmeno accorgermene, l’ansia e la tensione riprendono la loro corsa dentro di me. Tutte quelle sensazioni sconvolgenti bloccano il mio respiro, rendendo difficile ogni mio gesto. La mia mente sembra non voler collaborare ed invece di pensare a luoghi rilassanti, pieni di verde e privi di inquinamento, si sofferma su di un particolare, Adrien. Il ricordo del suo sguardo su di me mi blocca completamente, congelando ogni fibra del mio corpo. Ho lasciato che lui vedesse la versione più debole ed insicura di me, ho lasciato che avesse il potere di sconvolgermi con quello sguardo pieno di giudizi e rancore ma quello che più mi sconvolge è che lui mi abbia visto tra le braccia di Luka. Non può essere vero. Cosa dovrei fare adesso? Dovrei parlargli? Cercare di capire cosa pensa? Tentare di spiegargli che tra noi non c’è niente?
Quel pensiero mi lascia con una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
Davvero non c’è niente tra me e Luka?
La mia mente continua ad affollarsi di domande e mentre cerco le risposte il mio respiro torna pesante. Vorrei davvero smettere di pensare, smettere di pormi quesiti ai quali non so trovare risposta, smettere di concentrarmi su Adrien.
I miei occhi cercano quelli di Luka, come se quelle pozze azzurre potessero salvarmi dal mio tormento. Le mie mani si chiudono con decisione e tra le mie dita sento il tessuto della sua felpa, quell’indumento ormai così famigliare.
Solo in quel momento mi rendo conto di trovarmi seduta sulle sue ginocchia, con le gambe stese su quel divano.
La sua mano accarezza i miei capelli, tentando di tranquillizzarmi mentre con l’altra inizia un lento percorso sulla mia schiena.
Continua a mancarmi l’ossigeno e più cerco di rilassarmi, più i miei pensieri si sovrappongono velocemente, lasciandomi confusa e con una terribile sensazione di nausea. Stringo con forza la felpa di Luka cercando di recuperare un po’ d’aria ma tutto ciò che sento nei miei polmoni è l’inebriante profumo di questo ragazzo dai profondi occhi blu. Pensavo che la sua vicinanza potesse aiutarmi a calmare i miei nervi ma ciò che ho ottenuto è l’effetto opposto. Ogni fibra del mio corpo sembra aver ripreso vita a contatto con il suo corpo. Il mio sguardo finisce inevitabilmente sulle sue labbra, ancora tese per la preoccupazione.
"Non… Respiro"
La mia voce è un sussurro flebile, appena udibile. Le sue mani mi stringono a sé ed io mi ritrovo con il volto a pochi centimetri di distanza dal suo. Sento i suoi occhi osservarmi ma la mia attenzione non riesce a spostarsi dalle sue labbra, da quel luogo in cui riesco sempre a sentirmi viva, protetta ed amata.
Le mie mani iniziano a muoversi da sole, come se fossero dotate di vita propria. Sfioro il tessuto della felpa, risalendo verso le spalle di Luka. Non mi ero mai accorta di quanto anche lui fosse cambiato in questi anni. Ricordo un semplice ragazzino, il fratello di un’amica dal debole per la musica. Adesso invece sembra davvero un giovane uomo.
"Luka…"
Non so nemmeno io cosa volessi dirgli. Ho solo avuto l’impressione di voler sentire il suo nome uscire dalle mia labbra.
La sua bocca si distende leggermente, abbandonando quella linea retta e preoccupata. I suoi lineamenti si ammorbidiscono ed io mi perdo in quelle labbra. Il desiderio di averle sulle mie sembra intensificarsi sempre più. Voglio sentire quelle sensazioni che solo Luka è riuscito a trasmettermi, voglio che mi aiuti a liberare la mia mente, voglio sentire quel formicolio nel mio corpo, ne ho bisogno.
"Marinette, stai meglio?"
Il fiato corto mi impedisce di parlare, come se le parole mi stessero morendo in bocca. Le mie mani corrono al suo volto, sfiorando i suoi lineamenti dolci. Le dita seguono un percorso lento sulla sua pelle fino a raggiungere il profilo delle sue labbra. La loro morbidezza mi attira come miele, lasciandomi incantata da quel desiderio che sento scorrere nelle mie vene. Mi rendo conto distrattamente di quanto sia inutile tentare di concentrarmi su qualsiasi cosa non siano le sue labbra, alla fine riesco sempre e solo a desiderare di averle sulle mie. Più mi perdo in quel lembo di pelle, più vedo sorgere in Luka un bellissimo sorriso, macchiato solamente da un pizzico di malizia.
Il mio volto torna ad arrossarsi. Un sorriso inevitabile si affaccia sul mio volto quando la verità mi colpisce. L’ansia e la preoccupazione che fino a qualche momento fa sembrava volessero impedirmi di vivere, ha lasciato il posto al puro e semplice desiderio, quella sensazione che mi assale ogni volta che vedo Luka.
"Mi sembra di capire che tu stia meglio"
Il suo sorriso si spegne velocemente mentre cerca di riordinare i suoi pensieri. Posso vedere i suoi dubbi attraversare quegli occhi azzurri e profondi.
"Marinette, vuoi parlarne?"
"No"
Non voglio dover affrontare di nuovo quelle sensazioni, non voglio dovergli spiegare cosa mi stesse succedendo, non voglio dovergli ammettere quanto potere abbia ancora Adrien su di me.
La sua bocca si apre appena, lasciandomi ipnotizzata dal suo movimento.
Sono sicura che lui voglia solo cercare di aiutarmi ma in questo momento l’unica cosa a cui riesco a pensare sono le sue labbra e quel sapore che ricordo fin troppo bene.
Mi basta guardare il suo volto un secondo di troppo per tornare a perdermi tra le sue braccia. Le mie labbra ritrovano le sue in un gesto quasi disperato, pieno di quell’attesa snervante che mi ha assalita durante tutta la proiezione del film. Lo sento sorridere, forse felice e lusingato di quel contatto che mi trovo sempre a creare.
Le mie braccia trovano posto sulle sue spalle mentre lo stringo a me. Non voglio che si allontani, non voglio che interrompa quel contatto e non voglio che mi faccia altre domande.
Le sue labbra si muovono delicate sulle mie ed io mi rendo conto di non voler nulla di simile in questo momento. Quella sensazione di fastidio torna a colpirmi con forza ed io non posso che soccombere alle sue direttive. Sotto i comandi di quel desiderio pulsante, le mie mani ritrovano la forza di stringere la felpa di Luka, cercando un contatto sempre più profondo con il suo corpo. Le mie labbra continuano ad assaggiare il sapore delle sue, in cerca di qualcosa che possa soddisfare questa mia sensazione. Presa da quella frenesia, sento di nuovo quel calore prendere vita in me. Mi accorgo di aver chiuso gli occhi solo quando la punta della lingua di Luka inizia a percorrere il profilo delle mie labbra. Qualcosa dentro di me sembra iniziare ad esultare mentre dalla mia bocca sfugge un sospiro pesante ed un suono impreciso.
La sua bocca si allontana dalla mia ed io istintivamente riapro gli occhi, cercando il motivo di quella interruzione. Il suo sguardo si specchia nel mio, azzurro nell’azzurro, desiderio nel desiderio, attrazione nell’attrazione. La sua espressione si distende in un sorriso dai tratti passionali mentre il mio corpo sente già la mancanza delle sue attenzioni.
"Non smettere"
La mia bocca ritrova la sua, giocando con i contorni di quelle labbra dal sapore troppo invitante. Un incendio sembra essere stato appiccato in questa stanza. Nonostante l’aria fresca che arriva dalla porta socchiusa, sento un gran caldo, come se il mio corpo stesse prendendo fuoco sotto i baci di Luka.
Lo sento stringermi a sé, cercando una posizione più comoda per le sue gambe e senza nemmeno rendermene conto mi alzo dal suo corpo, lasciando solo per un istante che quel contatto tra noi si disperda. I miei piedi toccano terra solo un secondo, il tempo necessario per voltarmi verso Luka e vederlo confuso dal mio atteggiamento. Sul mio volto un’espressione maliziosa prende vita mentre torno ad impossessarmi delle sue labbra. Le mie gambe premono sul tessuto del divano fino a posarsi ai lati del suo corpo. La mia gonna ricade sui pantaloni di Luka mentre torno a sedermi su di lui in una posizione più comoda per entrambi ed infinitamente più soddisfacente per la mia libido.
Luka torna a stringermi, premendo le mani alla base della schiena mentre il mio corpo aderisce sempre più al suo. Le sue dita afferrano la mia maglietta, stropicciandone il tessuto ed io non riesco a trattenere l’ennesimo sospiro.
Le nostre labbra si separano, lasciandoci riprendere finalmente un po’ di ossigeno ma quando i miei occhi incontrano i suoi, la passione torna a sfociare tra noi. Luka inizia una lenta tortura sul mio volto, lasciando baci e dolci morsi sulla mia pelle. Dalle mie labbra passa al mento per poi scendere sul mio collo in una dolce tortura. È qui che trova il mio punto debole e quando inizia a giocarci, la mia fine è segnata. Non riesco a controllare il mio corpo, in preda ormai alla frenesia di quel momento. Le mie mani vagano sul petto di Luka, coperto da troppi strati di indumenti per la parte più indomabile di me. Sotto le mie dita, il tessuto della felpa viene sostituito velocemente da quello della sua maglietta. Non ho idea di cosa stia succedendo ma più sento la sua lingua lambire la mia pelle, più le mie mani sembrano non riuscire a concentrarsi su altro che non sia il suo corpo. In un gesto frettoloso ma deciso, trascino quei tessuti ingombranti verso l’alto, lasciando il suo addome scoperto. Le mie mani vagano sulla sua pelle, trovandola decisamente troppo eccitante.
"Luka…"
Un suono acuto esce dalle mie labbra e lui sembra interpretarlo come il permesso che aspettava.
La sua stretta sui miei fianchi si allenta mentre i suoi baci scendono sulle mie spalle. Sposta velocemente la mia maglietta, cercando di avere accesso al mio collo. La sua lingua percorre più volte tutta la lunghezza di quel lembo di pelle, lasciandomi in balia di quella sensazione di calore, di frenesia e di passione. Il mio corpo prende fuoco sotto le sue carezze mentre il mio volto si tinge di un rossore generale. Non riesco a trattenere quei sospiri che sento nascere in me e mentre ormai vago verso una tensione crescente, inizio distrattamente a chiedermi cosa significhino queste sensazioni.
Luka riprende possesso della mia schiena ed io torno a concentrarmi sul suo petto. Sento il suo corpo muoversi sotto il suo respiro e mentre io mi lascio vincere dalle attenzioni di questo ragazzo, la mia mente si annebbia sempre più, lasciando spazio solamente a quella parte di me che sento di aver rilegato in un angolo remoto del mio corpo fino a questo momento.
"Marinette…"
I suoi occhi cercano i miei, creando un legame profondo tra i nostri sguardi. Nelle sue iridi azzurre riesco a leggere solo passione e desiderio, sentimenti che sto iniziando a conoscere sempre meglio. Luka torna a baciarmi e le sue mani iniziano a vagare per il mio corpo, spostandosi dai miei fianchi alla mia schiena per poi tornare a scendere verso le mie gambe. Sento le sue carezze farsi strada sulla mia maglietta per poi addentrarsi sulla gonna. Preme le sue mani attorno al mio corpo e quando le sento sfiorare il bordo di quel tessuto, il calore che provo dentro di me ormai ha raggiunto ogni fibra del mio essere.
Luka sposta la sua attenzione sul mio collo, provocandomi brividi ovunque. Le sue mani lasciano la mia gonna per posarsi sulla pelle delle mie gambe con decisione. Le sue carezze seguono un percorso lineare dalle mie ginocchia alle cosce. Mi rendo conto di quanto si stia sforzando per non superare quel limite che sembra essersi imposto. Lo sento lasciare un morso delicato sulla mia pelle mentre continua quella sua lenta tortura ed i miei pensieri tornano a focalizzarsi solo sul piacere che sento crescere in me. Il mio corpo reagisce ad ogni suo movimento, assecondando i suoi intenti ed accontentando la mia libido, che sembra stia minando il mio autocontrollo.
Le preoccupazioni di qualche minuto prima, l’ansia e l’angoscia sembrano svaniti nel nulla, come se non fossero mai esistiti. Quello che però mi lascia più senza parole è quella sensazione fastidiosa di insoddisfazione che finalmente sembra abbandonarmi dopo giorni di intensa agonia. Luka continua ad accarezzarti e baciarmi e mentre il battito del mio cuore sembra accelerare sempre più, la mia mente sembra più tranquilla, libera da pensieri o preoccupazioni.  Il mondo sembra sparire e tutto ciò che mi circonda e che, in questo momento, mi sembra inesistente.
È nel momento esatto in cui sento ogni mia barriera crollare rumorosamente che un frastuono proveniente dalla porta dissolve l’atmosfera eccitante che si era creata.
"Luka?"
La bolla in cui ero riuscita a rinchiudermi scoppia velocemente, lasciandomi disorientata. Il mio cuore continua a battere veloce ed io cerco di recuperare l’ossigeno che gli ultimi momenti con Luka sembrano avermi tolto.
"Marinette, stai meglio?"
La voce di Adrien sembra preoccupata ed il pensiero che possa vedermi seduta a cavalcioni su Luka mi riporta al presente in modo quasi doloroso.
Velocemente sposto le mani dal suo petto, lasciando che i vestiti tornino a nascondere il suo corpo. Luka mi guarda con un guizzo malizioso ed io, per la prima volta in questo pomeriggio, torno a sentirmi una ragazzina imbranata e fortemente imbarazzata. Abbasso gli occhi, cercando di evitare il suo sguardo ma i miei occhi cadono sui nostri corpi, intrecciati in una posizione tra le più compromettenti. La mia gonna è risalita lungo le mie gambe ed io nemmeno me ne sono resa conto. Le sue mani sono ancora ferme sulla mia pelle in una stretta decisa che sembra poter riaccendere quella passione in un solo istante. La mia mente vaga riproponendomi le immagini di me e Luka avvinghiati sul divano di quel locale e mentre il mio volto assume ogni tonalità possibile di rosso, mi alzo in piedi, lasciando del tutto il corpo di Luka e le sensazioni incredibili che riesce a provocarmi.
Il suo sguardo mi segue con un cipiglio divertito e malinconico mentre io cerco di sistemarmi al meglio. Tendo la gonna fino a farla tornare alla sua originale posizione e mi chiedo distrattamente quando abbia avuto modo di spostarsi in quel modo. Passo le mani sul tessuto degli indumenti, tentando di riportare tutto alla normalità per poi avvolgere i miei capelli con le mani e pettinarli come riesco. Dopo quelli che sembrano istanti infiniti e con molta fatica, riesco a sciogliere quella matassa scura. Luka si ricompone velocemente, lasciando a sua volta il divanetto, unico testimone di quella passione interrotta.
La porta della stanza si apre senza preavviso e la chioma bionda di Adrien fa capolino.
"Mari…"
Il suo sguardo si posa su di me per lunghi momenti, come se volesse saggiare ogni dettaglio del mio corpo.
Come se si potesse ritenere soddisfatto di quella radiografia, il suo volto si distende in un sorriso dolce. Il mio cuore sta ancora cercando di riprendere il suo battito normale mentre vedo Adrien avvicinarsi cauto, quasi come se potesse infastidirmi la sua presenza. Ripensando agli ultimi momenti assieme, devo ammettere che anche io avrei reagito così.
"Come stai?"
Il suo sguardo si sofferma velocemente su Luka per poi tornare a fermarsi su di me. La sua voce riesce sempre a stordirmi, come se fosse il canto di una sirena.
"S-sto bene"
Inclina la testa di lato e nel suo sguardo posso trovare solo dubbi e domande. Cerco di calmare il mio respiro ma più mi concentro sull’ossigeno di cui ho bisogno, più il profumo speziato di Adrien sembra riempire la stanza, sovrapponendosi a quello dolce di Luka.
"Sto meglio. D-davvero Adrien, sto b-bene"
Lo vedo annuire per poi voltarsi verso Luka e rivolgergli un timido sorriso. Se solo fosse entrato in questa stanza senza bussare, la sua espressione sarebbe totalmente diversa da quella dolce che posso vedere adesso.
"Grazie di averla aiutata"
Adrien sembra sincero e per un istante, un solo lunghissimo secondo, mi sento in colpa. L’ho fatto preoccupare più di quanto avrebbe dovuto e mentre lui attendeva di vedermi riemergere da quello stato di panico, io mi godevo le carezze di Luka. Ripensare alla sua bocca sul mio collo ed alle sue mani sulle mie cosce riporta la mia temperatura a livelli impensabili. Lo sguardo del chitarrista torna a specchiarsi nel mio, rendendo la mia pelle ancora più rossa di quanto già non sia.
"È stato un piacere"
La voce di Luka risuona roca e le sue parole mi lasciano incredula. Solo io posso cogliere quell’allusione e, per quanto il ricordo di quelle sensazioni mi imbarazzi, devo ammettere di riuscire a sentire la parte maliziosa ed eccitata di me esultare. Adrien mi guarda confuso e curioso ed io non riesco a trattenere una risata allegra e spensierata.
Scuoto la testa cercando di liberarmi da quelle sensazioni profonde e, senza aspettare altro tempo, esco da quella stanza. Sento la porta rinchiudersi mentre mi allontano dai due ragazzi che stanno sconvolgendo la mia vita.

I ricordi di questo pomeriggio continuano ad affollarsi nella mia mente mentre il tempo passa velocemente. Non riesco ancora a capire come sia possibile che il mio cuore continui a battere per Adrien, preoccupandosi del suo giudizio, di ciò che potrebbe sapere o meno, mentre il mio corpo si accende ogni volta che Luka mi è accanto.

Un pensiero mi accompagna durante la mia serata.
Conosco quel calore, il brivido intenso che provavo mentre le mani di Luka mi stringevano a sé, la sensazione di tensione che sembrava mi stesse portando in un luogo di pace assoluta. Sono tutte emozioni che riconosco bene perché è ciò che ho provato ogni mattina in quest’ultima settimana, quando mi svegliavo con i capelli arruffati, il viso accaldato ed il cuscino bagnato.
“Cosa diavolo sta succedendo?”

***

Cari lettori, finalmente il nuovo capitolo è pronto! Devo ammettere di aver faticato notevolmente mentre cercavo di riportare su word tutte le emozioni che immaginavo avrebbe provato Marinette in un contesto simile.
Tralasciando l’enorme ritardo ed il fatto che ho pensato più volte di tagliare molto questo capitolo, spero che questa nuova parte vi sia piaciuta 😊 Fan Lukanette, mi auguro che vi siate godute questo capitolo dai tratti rossi accesi! Fan Adrienette, Marichat e Ladynoir, vi prego, non odiatemi! XD
Come sempre, attendo i vostri commenti, che siano pieni di insulti o di urla di gioia, sono sempre ben accetti <3
Cosa pensate succederà adesso? 😉

Al prossimo capitolo,
Miss_MZ93

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 ***


Parigi, la città dell'amore, la città delle grandi opportunità, dei colpi di scena, dei supereroi e grandi problemi.
Parigi rappresenta per me tutto questo e molto altro. In questo momento però non riesco a concentrarmi su di un solo pensiero, lasciando che frammenti di ricordi, sensazioni e sentimenti mi avvolgono come un manto.
Il vento soffia quasi furioso mentre le nuvole sembrano iniziare ad affollare il cielo, limpido fino a pochi minuti prima. I miei occhi continuano ad ammirare quelle strane composizioni scure, lasciando che tutto il resto passi in secondo piano.
“Marinette?”
Mi volto velocemente, quasi spaventata dall'aver sentito una voce accanto a me. Mi ero completamente dimenticata di non essere sola. La sua figura, alta, snella, dai tratti affascinanti, si erge davanti ai miei occhi, appoggiato ad uno dei pilastri che sorreggono la struttura. I miei occhi continuano ad osservarlo, avvolto da quella tuta scura che avvolge in maniera così maledettamente attraente i suoi muscoli. Il suo volto viene illuminato un solo istante dalle luci della struttura ed io mi perdo nell'osservare il riflesso verde del suo sguardo profondo. Potrei immergermi in quegli occhi senza problemi e non ritrovare la via di fuga.
“Marinette?”
La sua voce mi risveglia da tutti quei pensieri, lasciandomi con la consapevolezza di aver aggiunto una nuova forma di tortura alla mia mente.
Sbuffo sonoramente, lasciandomi cadere all'indietro e sdraiandomi sulla piattaforma creata da quello spazio della torre Eiffel. Porto un braccio a coprirmi gli occhi, cercando di scappare dalla realtà ma a nulla sembra servire quel mio vano tentativo.
“Vuoi dirmi a cosa stai pensando?”
Scuoto la testa mentre i miei capelli scuri si riversano sul metallo. Anche volendo, non credo riuscirei a spiegargli tutta la confusione che alberga nella mia mente in questo momento.
Il silenzio ci avvolge nuovamente mentre io torno ad osservare il cielo scurirsi sempre più.
“Dimmi almeno se stai bene”
“Si, credo...”
Chat Noir si avvicina a me, sedendosi al mio fianco. Lascia che una gamba si disperda nel vuoto accanto alle mie, mentre l'altra si piega sulla struttura, sorreggendo il suo corpo.
Questa mattina mi sono svegliata con le migliori delle intenzioni, di buon umore e piena di allegria. Come può il meteo influenzare tanto le nostre giornate?
Pensavo avrei avuto tempo per finire alcune bozze delle decorazioni per l'evento che Alya vuole organizzare, pensavo di riuscire a conservare le sensazioni intense che Luka mi aveva provocato ieri ma vedere fuori dalla finestra nuvole nere e possenti ha cambiato ogni mia prospettiva. La pioggia ha bagnato la città per tutta la mattina ed il rumore delle gocce fredde che si scontravano con le finestre della stanza sembrava ipnotizzarmi, impedendomi di concentrare la mia attenzione su qualcosa che non fosse quella sensazione strana che ogni mattina sembrava avvolgermi. Ero sicura che fosse qualcosa di molto simile a tutto ciò che ieri ho provato con Luka eppure, nonostante abbia passato la mattina a pensare a quella somiglianza, non ero riuscita a capire il motivo di quel calore che aveva iniziato a sorprendermi ogni mattina appena sveglia. Ricordavo solo di aver sognato uno sguardo caldo, dalle tonalità azzurre ma con un vestito troppo simile a quello del mio compagno di avventure. Tutto ruotava attorno a piccoli dettagli che non riuscivo a ricordare ma quella sensazione non avrei potuto dimenticarla nemmeno volendo.
Avevo trascorso il tempo con una matita in mano, un blocco da disegno sulle gambe e tanta confusione nella mente.
Dopo aver pranzato con i miei genitori, mi ero chiusa nuovamente in camera, felice che avesse smesso di piovere ma altrettanto turbata dai pensieri che quelle nuvole scure continuavano a procurarmi. Non capivo quella sensazione, non capivo cosa fosse successo al mio corpo il giorno prima, non capivo perché la mattina continuassi a sentirmi così accaldata e sudata, tesa come una corda di violino, non capivo perché continuassi a preoccuparmi del giudizio di Adrien, non capivo perché continuassi a cercare le attenzioni di Luka, nonostante sapessi quanto quella situazione fosse così lontana dall'amicizia che ci legava, non capivo perché negli ultimi tempi il mio sguardo avesse iniziato ad essere così curioso verso la figura di Chat Noir.
Solo l'arrivo di quest'ultimo mi aveva risvegliata da quel mio tormento, lasciandomi con null'altro che una richiesta, raggiungere un luogo dal quale sarei potuta scappare a tutti quei pensieri. La Torre Eifell mi era sembrata una buona via di fuga ma non avevo considerato quanto la vicinanza del supereroe mi avrebbe condizionato i pensieri, di nuovo. Era bastato uno sguardo alla sua tuta, quel tessuto che stringevo nel tentativo di non cadere rovinosamente a terra mentre mi conduceva nel posto in cui molte volte mi ero fermata a chiacchierare con lui dopo le innumerevoli battaglie che ci avevano sorpresi. Sentire il suo corpo a contatto con il mio aveva creato uno strano senso di disagio che era aumentato una volta raggiunta la struttura. Chat Noir mi aveva lasciata dolcemente su una delle pedane più alte, attento che io non scivolassi come invece avrei benissimo potuto fare. Mi ero subito scostata da lui, scottata da quella sensazione così famigliare che avevo cominciato a provare troppo spesso in compagnia sua o di Luka.
I miei occhi erano tornati velocemente sull'orizzonte, ancora minacciato da qualche lampo e tuono in lontananza ed i miei pensieri si erano adombrati nuovamente.
“Sicura di star bene?”
Un lampo squarcia il cielo, facendo sprofondare Parigi nell'oscurità e togliendo l'elettricità da qualunque abitazione. La città lentamente sembra svanire, inglobata dal buio di quelle nuvole che sembrano voler portare solo tristezza e pensieri nelle menti delle persone. Il profilo di Chat Noir viene illuminato da un nuovo lampo ed io mi perdo nell'osservare i riflessi dei suoi occhi scrutarmi dolcemente, quasi preoccupati da quel mio silenzio.
“Non lo so”
“Non credo di averti mai vista così immersa nei tuoi pensieri prima d'ora. Forse non ti sei ancora ripresa da ieri”
I miei pensieri vengono spazzati via da una folata improvvisa quando riesco a capire finalmente il motivo per cui lui si trovi qui, al mio fianco, con quell'espressione dolce ma troppo preoccupata.
“Hai visto Adrien?”
I nostri volti tornano a nascondersi al buio delle ombre che avvolgono la città. Non riesco più a vedere i suoi occhi ma il suo profilo spicca anche nell'oscurità. Chat Noir annuisce lentamente, in un gesto quasi meccanico. Non so cosa mi spinga ancora ad interessarmi di lui, di ciò che lo circonda, di ciò che succede nella sua vita, di ciò che pensa nei miei confronti ma so che, in questo momento, vorrei solo sapere esattamente cosa si sono detti e cos'abbia pensato lui nel vedermi uscire da quella stanza con Luka, con un sorriso sul mio volto ed un ghigno quasi malizioso sul suo.
“Mi ha detto che non sei stata molto bene ieri”
Un sorriso isterico dipinge le mie labbra. Non so se Plagg possa donargli capacità da vero "gatto" ma spero che la mia espressione gli sia sfuggita.
“Ti ha chiesto lui di venire da me?”
Quella domanda esce dalle mie labbra senza che io abbia potere di fermarla. Non so se voglio davvero una risposta da lui perché, per quanto io mi trovi bene in sua compagnia, non sopporterei l'idea che lui fosse lì solo per raccogliere informazioni per conto di una delle persone che sta cercando di attentare alla mia salute mentale.
“Sono preoccupato per te, Marinette”
Chat Noir riesce ad ovviare alla mia domanda in modo semplice ma diretto ed io non posso che pensare a quante persone stia facendo preoccupare in questo periodo. Mia madre è preoccupata per me, glielo letto in volto ogni volta che mi guarda. Adrien sembra preoccuparsi per me, proprio adesso che è lui a farmi soffrire così tanto. Luka si preoccupa per me, cercando di aiutarmi in ogni modo possibile e nemmeno lui sa quanto gli sia grata di tutto quello che sta facendo per me. Chat Noir è preoccupato per me, per quello che gli racconta Adrien, per quello che vede durante le sue ronde, per ogni cosa che sembri essere legata a me. Non sono sicura di meritare così tante attenzioni da parte loro.
“Vuoi parlarne?”
Il terrore inizia a prendere vita sul mio volto mentre riesumo i ricordi della giornata di ieri. La mattinata trascorsa con Luka, i momenti trascorsi a preoccuparmi della sua presenza accanto a quella di Adrien, quel pomeriggio fatto di sguardi rubati, di quel senso di agitazione perenne e di sguardi accusatori e poi quella stanza, quel divano e le sue mani.
La mia pelle si scalda mentre io sono sicura che, se in questo momento le luci della città potessero illuminarci, mi troverei un bel rosso acceso sulle gote.
Il silenzio riprende vita tra noi mentre io spero che Chat Noir si dimentichi della sua stessa domanda. Non saprei rispondergli. Voglio parlarne? Molto probabilmente no. Dovrei farlo? Molto probabilmente sì. Forse confidarmi con qualcuno è proprio ciò che serve ai miei nervi per distendersi, finalmente, dopo giornate così pesanti.
“Non voglio costringerti, se non vuoi ma se avessi bisogno di qualcuno con cui parlare, sappi che io ci sarò”
Il suo volto torna a cercarmi nell'oscurità ed io invece torno ad osservare la struttura che ci ospita. Per quanto l'oscurità ci avvolga, non riesco a non sentirmi a disagio nel sapere che mi stia osservando. Tutta questa situazione è surreale. Se avessi bisogno di parlare con qualcuno, lo farei con Alya, dovrei farlo con lei perché è la mia migliore amica, perché saprebbe ascoltarmi ma più che altro perché è una ragazza e certe cose, forse, dovrei raccontarle a qualcuno che possa capirmi appieno. So, però, che non potrei mai affrontare certi discorsi con lei. Qualcosa nel nostro rapporto sembra essersi raffreddato e, per quanto io tenga a lei ed alla nostra amicizia, non mi sento a mio agio a spiegarle cosa mi stia succedendo in questo periodo. Non lo so nemmeno io!
Sospiro pesantemente, attirando la sua attenzione per l'ennesima volta. Forse dovrei solo provare a fidarmi di lui, del fatto che sappia ascoltare senza giudicare, che sappia aiutarmi a capire tutta la confusione che sto provando in questo periodo.
“È una storia lunga, Chat”
“Ho tempo”
Torno a coprirmi il volto con un braccio, nella speranza di riuscire a nascondere il tremendo imbarazzo che provo nel confidare certe cose ad un ragazzo.
“Penso di essere molto più confusa adesso delle ultime volte che ci siamo visti”
Inclina la testa, in una buffa espressione sbalordita ed io cerco di raccogliere le forze per non ridere, rimanendo concentrata sul lungo discorso da affrontare. Riemergo dal mio torpore portandomi a sedere ed abbracciandomi le gambe. Nascondo nuovamente il volto tra le braccia, dove riesco a sentirmi meno esposta ai suoi occhi.
“Sono successe molte cose ed io non riesco a trovare un senso a nessuna di queste”
Respiro profondamente, in attesa che il coraggio torni nelle mie vene. Le parole non riescono ad uscire dalle mie labbra, sigillate da chissà quale forza misteriosa. Chat Noir si avvicina a me, stringendo a sé con un braccio quello strano bozzolo in cui mi sono rinchiusa. Le sue labbra si posano per un attimo sui miei capelli, lasciandomi una sensazione di pace e benessere, mista a quello strano calore che sto iniziando a detestare con tutta me stessa. Cosa significa tutto questo?
“Fidati di me, Marinette”
Non è la fiducia che manca al mio corpo, eppure quelle poche parole riescono a sciogliere il mio nervosismo, dandomi la possibilità di aprirmi davvero a lui.
“Mi sento strana”
“Strana?”
“Strana...”
La sua mano non lascia il mio fianco mentre il suo volto si immerge tra i miei capelli.
“C'è qualcosa che non va in me”
“In che senso?”
“Sto cercando di dimenticarlo>
La sua stretta si allenta mentre il suo corpo sembra irrigidirsi notevolmente.
“C-come?”
“Non posso continuare ad amare una persona che non prova nulla nei miei confronti. Non posso continuare a soffrire per colpa sua. Eppure...”
“Eppure?”
“Eppure ogni volta che mi guarda, mi preoccupo di cosa possa pensare di me e, nell'ultimo periodo, potrei giurare di aver visto nei suoi occhi cose contrastanti”
Il suo corpo continua a stringermi a sé, nonostante i suoi muscoli si siano tesi nel sentirmi parlare. Distrattamente mi chiedo cosa stia pensando ma velocemente cerco di tornare a concentrarmi su quel monologo infinito.
“Sembra preoccupato per me, sempre quasi più dolce nei miei confronti ma oltre questo, lo vedo giudicare le mie decisioni, le mie parole, le mie azioni. Non riesco a capire cosa stia succedendo. Un attimo sembra imbarazzato nel parlarmi, quello dopo sembra volermi incenerire con lo sguardo. Mi confonde!”
Non mi sono nemmeno resa conto di aver alzato il tono di voce, fin quando la sua stretta torna a confortarmi. Il suo corpo si rilassa, quasi come se le mie parole lo avessero risvegliato da alcuni pensieri.
“Come posso dimenticarlo se continuo a preoccuparmi di ciò che pensa, di ciò che fa o non fa?”
“Forse non dovresti”
Alzo il volto velocemente, trovando il suo viso fin troppo vicino al mio. I suoi occhi scrutano la mia espressione dubbiosa ma nel suo sguardo trovo solo molta determinazione e qualcosa che non riesco bene a comprendere.
“Forse semplicemente non dovresti dimenticarlo”
“Non posso continuare ad illudermi di qualcosa che non avverrà mai”
“Ne sei sicura?”
“Non iniziare anche tu, per piacere”
Il suo sguardo si tinge di domande che non riesce ad esprimere ed io non posso che rivangare le parole di Alya di ieri pomeriggio.
“Alya ha l'assurda convinzione che lui stia cominciando ad interessarsi a me... Ad essere geloso del mio rapporto con Luka”
Le sue guance si tingono di rosso e, nonostante il buio ci avvolga, quella reazione non sfugge ai miei occhi.
“Sono solo sciocchezze. È stato molto chiaro riguardo ai suoi sentimenti per me”
Il mio volto torna a nascondersi tra le mie braccia mentre il suo sembra adombrarsi velocemente. Quel guizzo di imbarazzo lascia il posto alla malinconia, alla tristezza, a qualcosa di molto simile al rimpianto. Cerco di ignorare il suo malumore e torno a concentrarmi su tutto ciò che ancora affolla la mia mente.
“Adrien però è solo un pezzo di questo puzzle confuso”
“Luka?”
Annuisco lentamente, ignorando il suo sguardo che sembra volermi studiare attentamente.
“Lui è riuscito più volte ad aiutarmi. Mi è stato accanto quando Papillon ha cercato di prendere il controllo della mia mente ed è quello il motivo per cui noi...”
Il mio tono di voce torna ad abbassarsi notevolmente mentre pronuncio le ultime parole di quella frase.
“Ci siamo baciati”
Il corpo di Chat Noir torna ad irrigidirsi leggermente al ricordo di quella scena. Non so perché sembri così restio a ricordare quella scena ma inizio a domandarmi quanto sia giusto proseguire nel mio discorso se questa è stata la reazione ad un semplice bacio. Cerco di recuperare un po' di coraggio, ignorando quel qualcosa dentro di me che tenta di convincermi a tacere tutto il resto.
“Qualcosa però è cambiato”
Il mio sguardo si focalizza sulle mie scarpe, dai lacci ancora leggermente bagnati a causa della pioggia. Vorrei davvero riuscire a concentrarmi su quel dettaglio ma quella frase sembra aver suscitato la curiosità del gatto al mio fianco.
“Cosa?”
Sospiro pesantemente al ricordo delle labbra di Luka sulle mie. La loro morbidezza, la loro passione, la loro determinazione nel provocarmi quelle sensazioni. Mi rendo conto distrattamente di aver iniziato a sfiorare con una mano la mia bocca, tentando di riportare alla mia mente quelle emozioni.
“Ho iniziato a provare qualcosa”
“A... Provare qual-qualcosa? Cosa?”
Scuoto la testa velocemente, consapevole di avere il suo sguardo fisso di me. I suoi occhi cercano in ogni modo i miei e, se possibile, cerco di nascondermi ancora di più alla sua vista.
“Ma-Marinette?”
“Non lo so, Chat Noir!”
Passo distrattamente le mani tra i capelli, cercando di venire a capo di quel dubbio amletico.
“Ogni volta che siamo insieme, una strana sensazione si impossessa di me. È come se il mio corpo iniziasse ad andare a fuoco sotto le sue attenzioni ed io non riesco a capire cosa mi stia succedendo! Non comprendo cosa sia quella sensazione! Non riesco a capire cosa mi stia succedendo e più ci penso, meno ne vengo a capo!”
La mia voce ormai risuona solitaria su quella struttura. Chat Noir, al mio fianco, sembra paralizzato, completamente immobile dopo quella mia confessione. Mi volto lentamente, cercando di osservare ogni sua reazione ai miei movimenti ma più cerco i suoi occhi, più sembrano essere fissi sull'orizzonte, in cerca di qualcosa che lo aiuti a riprendere la tranquillità e la spavalderia che lo caratterizzano.
“Chat...”
“Ti sei innamorata di lui?”
“Cosa?! No!”
Le mie mani corrono ad ancorarsi al terreno mentre cerco di invadere i suoi pensieri.
“Io non... Non credo... È qualcosa di diverso! Non è amore, è qualcos'altro”
“Qualcos'altro?”
“Non so come spiegartelo. Non è la sensazione che provo accanto ad Adrien e non sono sicura che riuscirei a sentire le stesse cose”
“Come fai a saperlo?”
Il mio volto incrocia il suo sguardo e nei suoi occhi vedo riflessa l'immagine di una ragazza confusa.
“Come fai a sapere che con Adrien non proveresti le stesse cose?”
Il mio sguardo si adombra velocemente, lasciando che i pensieri affollino la mia mente.
“Sarebbe imbarazzante perché Adrien non prova nulla nei miei confronti”
“E pensi che con Luka tu riesca a sentirti in quel modo perché lui è interessato a te?”
“È difficile da spiegare”
“Provaci!”
Il suo tono si abbassa drasticamente, come scottato da quella parola che ha appena urlato.
“C-credo sia importante capire i tuoi sentimenti per entrambi... Per te...”
Sospiro, ricordando le sensazioni provate con Luka il pomeriggio precedente.
“Ieri, con Luka, mi sentivo bene. Non c'era imbarazzo, non c'era timore, non c'era indecisione. Mi sono sentita amata, desiderata, era come trovarsi avvolti dalle fiamme mentre fuori dalla stanza tutto il mondo sembrava sparito”
“Stanza? A-aspetta. Quindi voi... In quello sgabuzzino...”
Ignoro volutamente le sue possibili domande, proseguendo nel mio discorso.
“Con Adrien non sarebbe lo stesso. Da parte sua mancherebbe quella passione e quella determinazione che sento con Luka, perché lui non è interessato a me. Diventerebbe tutto molto imbarazzante”
Il silenzio di Chat Noir prosegue, finché qualcosa attraversa i suoi occhi, un nuovo lampo, qualcosa di diverso dal solito. Sono sicura di aver visto le sue labbra distendersi in un sorriso determinato e furbo, uno di quelli che solitamente riserva a lei, Ladybug.
“Marinette, posso darti un consiglio?”
Annuisco distrattamente, ancora impegnata a decifrare quel sorriso così strano.
“Non credo dovresti continuare a vedere Luka. Non in un modo così... Intimo”
“Cosa?”
“N-non pensi a lui? I-insomma sai quanto tenga a te, come puoi approfittare dei suoi s-sentimenti per soddisfare i tuoi capricci?”
Le sue parole lasciano un immenso vuoto dentro di me. Chat Noir ha perfettamente ragione, come posso continuare ad approfittare di lui in questo modo? Una consapevolezza raggiunge il mio cervello e la mia bocca si spalanca improvvisamente, colta alla sorpresa da quel pensiero.
“È esattamente quello che ha fatto Adrien a me!”
“Cosa?!”
“Pensaci, anche lui ha fatto leva sui sentimenti che provo per rimanere al mio fianco senza che il nostro rapporto cambiasse. Sapeva cosa provassi nei suoi confronti e non si è preoccupato di quanto io potessi soffrire”
“Sì ma lui, al contrario tuo, non ne ha approfittato per baciarti o..”
I suoi occhi si soffermano sui miei, verde nell'azzurro, tempesta nel panico puro.
“Toglimi una curiosità, fin dove vi siete spinti tu e Luka?”
“C-cosa intendi dire?”
“C-che cosa avete f-fatto assieme?”
“N-niente!”
Chat Noir solleva un sopracciglio e devo ammettere di trovarlo dannatamente intrigante con quell'espressione curiosa in volto. Non posso ignorare il fascino che sembra esercitare su di me ma i suoi occhi attendono una mia risposta precisa e, per quanto io inizi a sentirmi a disagio, so di essermi tirata la zappa sui piedi ed in questo momento non potrei fuggire da quella conversazione nemmeno rivelandogli l'identità di Ladybug.
“C-c'è stato solo qualche bacio”
“Marinette...”
“C'è stato davvero solo qualche bacio!”
Non sembra credere alle mie parole ed io torno a chiudermi tra i miei pensieri, prima di spiegargli quanto le sue mani, sul mio corpo, abbiano lasciano in me ricordi e sensazioni che non riuscirò a dimenticare facilmente. Quel calore, il paradiso al quale sembravo essere quasi arrivata ieri pomeriggio, sono emozioni che nessuno riuscirebbe mai a scordare o accantonare. Quel punto del mio corpo torna ad infiammarsi mentre ripenso a Luka e a quelle sensazioni profonde. La sua bocca sulla mia pelle, i suoi morsi dolci, la sua lingua che lasciava scie dolci ma scottanti. Chat Noir afferra una delle mie mani, stretta in un pugno proprio sopra le mie cosce.
Un silenzio imbarazzante scende su di noi mentre i nostri volti, fortunatamente sono coperti dal buio della città. È proprio in quel momento che le luci tornano ad illuminare Parigi, la torre Eiffel ed i nostri volti. I miei occhi incrociano la sua pelle, leggermente arrossata sotto la maschera scusa.
“M-Mari...”
Una sua mano porta una ciocca dei miei capelli al suo posto mentre vedo il suo viso avvicinarsi sempre più a me, come attratto da quell'atmosfera che io stessa ho contribuito a scaldare con i miei racconti tutt'altro che casti e puri. Maledetta boccaccia!
I miei occhi si concentrano su un particolare del suo volto, le sue labbra. Mi perdo nell'immaginare quanto possano essere dolci e tentatrici al tempo stesso. Più si avvicina, più inizio a pensare che questa sia la stessa sensazione che ho provato quando Luka mi ha baciata per la prima volta. Quel calore torna ad invadere i miei sensi mentre io tento di capire se sia colpa delle mie confessioni o dell'effetto che Chat Noir sembra avere su di me. Basterebbe un solo istante per cedere a quella tentazione e distruggere ogni barriera tra me, l'eroe mascherato e la mia controparte paladina, colei che dovrebbe poi lottare al suo fianco giorno dopo giorno.
Un rombo vicino, troppo vicino a noi ci distrae. La struttura in ferro riporta un suono terribilmente acuto nelle nostre orecchie mentre i contorni iniziano a sfumarsi sotto i colpi subiti. Mi allontano da Chat Noir, con i sensi all'erta, pronti a capire cosa stia succedendo al simbolo rappresentativo di Parigi ma ancora con quella strana sensazione in corpo.
“Cosa sta succedendo?!”
Barcollo fino a raggiungere la struttura esterna e mi aggrappo saldamente ad una delle travi più possenti. Le gambe tremano violentemente, a contatto con il pavimento instabile. Chat Noir si avvicina a me, stringendomi come se mi trovassi in pericolo, come se lui dovesse farmi da scudo contro tutto e tutti. Le sue mani premono alla base della mia schiena costringendomi ad abbandonare la mia posizione. Senza che me ne possa rendere conto, il supereroe dalla tuta nera si libra in aria, rafforzando la sua presa sul mio corpo. Le mie mani sfiorano il tessuto della trasformazione, beandosi della sensazione di avere quel corpo sotto le dita. Mi muovo impercettibilmente su di lui, in cerca di quel contatto che sembra avermi stregato. La tuta nera non nasconde nulla del suo fisico e non è la prima volta che mi capita di pensare a quanto sia cambiato negli anni. Il suo petto sembra più forte rispetto alle nostre prime lotte assieme e le spalle più larghe, pronte a sopportare il peso del nostro incarico nei confronti di Parigi e del mondo intero.
Una nuova scossa fa tremare le strade della capitale mentre ci muoviamo tra i tetti. Il bastone di Chat Noir perde di stabilità e lui è costretto a cambiare direzione al nostro percorso. In lontananza riesco a scorgere il terrazzo di casa mia ma arrivarci sembra essere diventata una vera impresa. Il paladino della giustizia si vede costretto a fermarsi su un palazzo mentre quel movimento continua a scuotere Parigi.
“Chat...”
“Un akumizzato”
“Cosa?”
Non mi era nemmeno passato per la mente che Papillon potesse essere il vero artefice di tutta questa confusione. Inizio a pensare di aver perso qualche colpo negli ultimi giorni, invece di capire cosa realmente stava succedendo, mi sono rifugiata nei pensieri sul fisico del mio collega.
Gli occhi di Chat Noir tornano su di me, ancora stretta tra le sue braccia. Le sue mani continuano a stringere il mio corpo lasciandomi quasi senza fiato.
“Devo andare...”
“Cosa?”
Il mio cervello sembra essere appena uscito da un coma profondo, incapace di comprendere anche le frasi più semplici. Chat Noir si allontana da me ma il suo sguardo continua a studiarmi, nei suoi occhi posso leggere tanta preoccupazione e confusione e non so se attribuirlo ai discorsi appena affrontati o al pensiero di dover affrontare un nuovo nemico di Parigi.
“Ladybug mi starà aspettando”
Ladybug? No, aspetta. Accidenti! Parigi è sotto attacco!
La mia mente elabora quelle informazioni con una lentezza che solo le lumache potrebbero avere ed io mi rendo conto di essere uscita di casa senza Tikki. Questa volta sono in guai seri.
“Non muoverti da qui, Marinette, tornerò presto, promesso!”
Lo vedo guardarmi con serietà ed io non posso che annuire nella speranza di trovare al più presto un modo per raggiungere casa mia velocemente.
Chat Noir sparisce dalla mia vista solo avermi chiesto un'ultima volta di non mettermi in strada in una situazione così pericolosa. Non appena la sua figura si allontana a sufficienza, corro verso le scale antincendio del palazzo, cercando di non inciampare, rischiando di slogarmi o, peggio, rompermi qualcosa. La discesa dura più del previsto e mentre io cerco disperatamente di raggiungere il suolo sana e salva, un nuovo boato si propaga in città, rendendo insicuro ogni mio passo. Il mio piede destro scivola su un gradino ed io mi ritrovo a far forza sulle braccia per non scivolare a terra malamente. Quella scossa si arresta lentamente mentre la scala in ferro su cui mi trovo inizia ad ondeggiare, staccatasi dal muro esterno della struttura. Con una calma che non credo appartenga davvero a me, cerco di afferrare un gradino dopo l'altro, tentando di non scivolare nuovamente. L'ultimo gradino mi tradisce, lasciandomi cadere a terra con un tonfo sordo. Non ho nemmeno il tempo di assicurarmi di star bene, proteggere Parigi ed i suoi cittadini ha la priorità su qualunque altra cosa al mondo ed io non posso lasciare che Chat Noir affronti qualunque nemico Papillon abbia soggiogato questa volta.
Mi rialzo velocemente e le vertigini subito mi invadono. Poggio una mano sul muro affianco a me ed appena la mia vista torna a focalizzarsi sul vicolo in cui sono finita, i miei piedi si muovono verso il mio palazzo. Il senso dell'orientamento non è mai stato motivo di vanto per me ma quelle strade posso dire di conoscerle a memoria e dopo qualche minuto riesco ad intravedere la struttura della pasticceria. Raggiungo la porta di ingresso secondaria ma solo quando stringo la maniglia mi rendo conto che, oltre a Tikki, ho lasciato a casa anche le chiavi per aprire la porta.
“Maledizione!”
Consapevole di non aver tempo per disperarmi, cerco una soluzione a quel mio grande problema. Devo riuscire assolutamente a raggiungere Tikki prima che Chat Noir si faccia del male. La sensazione di averlo lasciato da solo a fronteggiare chissà chi non mi aiuta ad elaborare un piano sufficientemente sicuro e nuovamente mi trovo a lanciare maledizioni al fato, che oggi sembra avermi presa di mira.
“Ragiona, Marinette. Deve esserci un modo”
Il tempo scorre inesorabile mentre una nuova scossa si propaga in tutta la città. Non c'è più tempo per pensare, non c'è tempo per capire come affrontare questa situazione e tutto ciò che posso fare e sperare che i miei genitori dormano molto profondamente. Mi guardo alle spalle cercando di capire quanto possa comportarmi da irresponsabile senza destare troppa curiosità ed inizio a chiamare la mia Kwami. Il mio bisbiglio diventa sempre più forte, fin quando, riponendo fiducia nella fortuna che la Portatrice della coccinella dovrebbe avere, chiamo Tikki ad alta voce.
La figura rossa e nera del Kwami si affaccia dal balcone, preoccupata e turbata da tutto quel frastuono. La vedo svolazzare velocemente verso di me e guardarmi con un'espressione che potrei definire adirata.
“Lo so, lo so. Sono un'irresponsabile ma non c'è tempo per rimproverarmi. Ti giuro che più tardi avrai tutta la notte per dirmi quanto io ti abbia delusa, Tikki”
Il suo sguardo vacilla un secondo, un attimo solo che sembra bastare per farla sbuffare sonoramente. Non credo di essermi mai comportata in modo così irresponsabile da quando è entrata nella mia vita ed essendo io la paladina di Parigi, non sarebbe mai dovuto accadere.
“Marinette, non farlo mai più!”
“Promesso ma adesso dobbiamo sbrigarci! Chat Noir sta combattendo da solo!”
I suoi occhi si tingono di comprensione mentre mi guarda dubbiosa.
“Non c'è tempo per le spiegazioni”
Tikki osserva qualcosa con insistenza ed io seguo il suo sguardo fino a trovare un taglio poco profondo lungo tutto il braccio. La scala antincendio di quell'edificio deve avermi ferita durante la caduta ed io nemmeno mi sono accorta del sangue che sembrava aver iniziato ad affluire lentamente.
Scuoto la testa velocemente, cercando di concentrarmi sull'unico obiettivo di quella serata: raggiungere il prima possibile Chat Noir.
Avvolta dalle ombre della sera che sta calando sulla città, intimo a Tikki di trasformarmi e pochi istanti più tardi mi trovo sui tetti, alla disperata ricerca di quel gatto. I palazzi si susseguono uno dopo l'altro mentre il braccio inizia a dolermi. La tuta protegge perfettamente il taglio ma il mio corpo sta ancora cercando di combattere contro l'incidente avuto poco prima per lasciare che il potere di Tikki possa aiutarmi a guarire.
Un nuovo boato mi colpisce. Seguo il suo percorso, cercando il centro di quel frastuono infernale ed è proprio davanti alla Torre Eiffel che trovo Chat Noir alle prese con due personaggi davvero inquietanti. Una giovane coppia sta dando del filo da torcere al supereroe, colpendolo più volte in vari punti del corpo. Chat Noir non sembra soffrire troppo gli attacchi avversari eppure il suo corpo inizia a cedere dopo pochi istanti. Un uomo vestito di nero, con una maschera antigas, continua a scagliarsi su di lui, nella speranza di far vacillare i suoi sensi felini. La donna invece, indossando gli stessi indumenti del compagno, rimane in disparte, colpendo più volte il terreno che inizia a vibrare sotto ai suoi attacchi. Dall'asfalto si staccano pezzi di dimensioni incredibilmente grandi. Il terreno inizia a muoversi mentre il rombo del colpo risuona in tutta la città.
Solo in quel momento vedo due massi avvicinarsi velocemente a Chat Noir, ancora alle prese con l'uomo in nero. Velocemente afferro lo yo-yo e lo scaravento verso i corpi pesanti che stavano per colpire il mio compagno.
“Ladybug, non ti nascondo che avrei preferito avere la tua compagnia molto prima”
“Scusa, sono stata occupata”
Mi avvicino a Chat Noir, cercando di capire quanto tempo ancora possa sopportare tutti i colpi subiti dai due avversari. Nonostante tutto, sembra riuscire ancora a muoversi con agilità ed io non posso che ringraziare il cielo di averlo raggiunto prima possibile. Se avessi tardato anche solo di qualche secondo, sarebbe potuto finire tutto in tragedia.
“Allora? Qualche idea, Ladybug?”
Il mio sguardo saetta da un nemico all'altro, cercando qualche punto debole, qualche loro distrazione, qualcosa che potesse darci anche solo un secondo di vantaggio su di loro. Niente. Il buio sembra avermi avvolta mentre i miei sensi si stanno godendo un po' di riposo nel momento peggiore.
“Non capisco, non sembra esserci niente di utile”
“Non vorrei metterti fretta, milady ma forse il tuo Lucky Charm potrebbe esserci utile prima del solito”
Evocando il potere di Tikki, una strana maschera compare tra le mie mani e tutto ciò che riesco a fare è indossarla, incapace di pensare a qualunque piano possa aiutarci.
“Niente. Non capisco!”
Il buio mi perseguita ed ogni cosa scompare dalla mia vista. Non so come possa aiutarmi questa maschera ma sicuramente non è utile quanto un paio di occhiali. Ogni cosa mi appare sfocata e senza senso mentre alcune figure continuano a muoversi alla mia sinistra.
“Milady, cosa succede?”
La voce strozzata di Chat Noir mi paralizza, consapevole che quell'ombra scura davanti ai miei occhi altri non sia che il suo corpo che si muove velocemente, cercando di sfuggire al nemico. Un nuovo boato colpisce il terreno ed io mi trovo a vacillare nell'ombra, senza la sicurezza di avere un pavimento stabile sotto ai piedi. Pochi istanti dopo una nuova figura compare nella mia visuale ed io avverto un forte dolore propagarsi all'altezza dell'addome. Lasciandomi cadere sulle ginocchia però, qualcosa colpisce la mia attenzione. Un fuoco inizia a propagarsi dalla figura davanti a me, subito prima di coinvolgere la mano del nemico mentre io subisco un altro colpo.
“Ladybug! Stai bene?!”
Quel fuoco torna a concentrarsi in un unico punto, prima di diramarsi agli arti della donna. Il suo colpo mi arriva dritto ad una gamba, lasciandomi senza fiato.
“Forse ho... Capito”
Inizio a capire le dinamiche che si celano dietro alla potenza di quegli attacchi ed altro non è che una forza interiore canalizzata nei punti giusti. In Cina, solitamente chiamano questa forza "chakra", una sorta di energia misteriosa che può essere convogliata in un punto, rendendo estremamente potente il colpo inferto. Il processo di canalizzazione però è amplificato da un disegno stampato sugli indumenti della donna, un segno che sembra prendere fuoco prima di ogni attacco.
Una volta capito il meccanismo dietro al suo potere, schivare i suoi colpi inizia ad essere sempre più semplice. Distrattamente inizio a sondare anche il corpo del suo compagno e lo strano segno che avevo trovato sulla donna ricompare nella mia visuale. Un attimo di distrazione basta al mio avversario per colpirmi nuovamente ad una spalla ed io mi ritrovo a terra, questa volta con la netta sensazione di aver peccato troppo di superbia.
Chat Noir mi affianca, liberandosi con difficoltà dai colpi dell'uomo.
“Ladybug, stai bene?”
“Sì...”
Osservo con attenzione i corpi dei nostri avversari prepararsi nuovamente ad attaccare e velocemente cerco di spiegare a Chat Noir dove dovrà colpire per porre fine a questo incontro senza precedenti. Quando la coppia si avvicina, riusciamo a sviare i loro attacchi, dirigendo quello dell'uno contro il corpo dell'altro. Distrutti i simboli che avevano impressi sugli abiti, il gioco di potere di Papillon sembra abbandonare le loro menti, ancora stravolte dall'accaduto. Chat Noir mi guarda disfarmi del Lucky Charm, riportando Parigi al suo splendore. Qualcosa però colpisce la mia attenzione con violenza.
La mia spalla, il mio addome e la mia gamba sono nuovamente scoperti, lasciati indifesi dalla trasformazione di Tikki. Nuovamente, mi trovo dolorante, livida e con un senso di nausea profondo. Chat Noir torna al mio fianco velocemente. Nei suoi occhi, solo preoccupazione. Quello sguardo però viene sovrastato dal dolore per i colpi subiti e dopo qualche istante lo vedo cadere rovinosamente a terra, privo di sensi.
“Chat Noir!”
La sua tuta nera inizia a sparire in vari punti del corpo, lasciando che la pelle bianca spicchi sotto alla tonalità scura.
“Non può essere...”
Mille pensieri cercano di affacciarsi alla mia mente ma l'unica cosa sulla quale riesco a concentrarmi sono i lividi che già stanno comparendo su tutto il suo addome e su gran parte di braccia e gambe.
“Chat Noir!”
Cerco di scuoterlo con dolcezza, almeno per fargli riprendere conoscenza ma nulla sembra servire. Il suo corpo, ormai quasi totalmente violaceo mi annebbia la vista. Nuovamente, non ho tempo per riflettere, per pensare alle conseguenze, per cercare di capire cosa stia succedendo o cosa dovrei fare. Stringo a me il corpo di Chat Noir, consapevole di non poterlo abbandonare sotto alla Torre Eiffel, alla mercé di tutti gli sguardi curiosi che presto si affacceranno per scattare fotografie più o meno dettagliate.
Con molta fatica, una gamba dolorante ed un braccio che a mala pena riescono a sorreggere me stessa, raggiungo il terrazzo di un palazzo poco distante da casa mia. Cerco di adagiarlo con calma per poi dirigermi verso la mia stanza. Una volta raggiunta la finestra della mia camera, tento di entrare senza provocarmi troppo dolore. La gamba fa davvero molto male ma il pensiero di Chat Noir ricoperto da lividi sembra farmi dimenticare ogni cosa. Raggiungo velocemente il comodino, afferrando la pomata che il Maestro mi aveva lasciato quando svenni in casa sua, in condizioni molto simili a quelle di Chat Noir, sebbene meno gravi. I miei orecchini iniziano a lampeggiare, distraendomi da quella corsa folle. Da un momento all'altro la trasformazione svanirà ed io rimarrò senza forze con la consapevolezza di dovermi prendere cura di Chat Noir e di Tikki. Ricordo bene l'ultima volta in cui mi sentii così male, il suo corpo era privo di sensi, trasparente in più punti, sembrava agonizzante, sofferente come mai l'avevo vista. Vorrei davvero non doverla vedere nuovamente in quello stato ma so quanto sia impossibile tutto questo.
Mi costringo, con le ultima forze rimaste, ad uscire dalla mia stanza, balzando sui tetti vicini per raggiungere Chat Noir.
Arrivo al capezzale del mio compagno in pochi minuti. Vederlo ricoperto di lividi continua a provocarmi una forte nausea, il suo corpo inerme sembra totalmente indifeso. Continuo a domandarmi cosa abbia interferito con la sua trasformazione, quali sentimenti siano riusciti ad offuscare la sua lucidità al punto da rendere il potere di Plagg così debole. Velocemente apro la confezione di pomata ed inizio a ricoprire il corpo di Chat Noir. Non ho idea se provare a guarirlo mentre ancora indossa i panni del supereroe sia una buona scelta o meno ma in questo momento non mi interessa molto delle controindicazioni di quella crema. Devo aiutare Chat Noir e questa è l'unica cosa che mi preoccupa al momento. Ricordo il dolore che mi ha avvolta dopo la scorsa battaglia ma le mie ferite non erano nemmeno la metà di quelle che vedo sul corpo del mio collega ed io non riesco ad immaginare come possa sentirsi in questo momento.
Il barattolo di crema inizia ad esaurirsi velocemente mentre io cerco di far bastare la pomata almeno per le macchie più scure. Probabilmente è solo frutto della mia fantasia, offuscata dalla speranza che Chat Noir possa riprendersi al più presto, eppure alcuni lividi sembrano opacizzarsi lentamente, prendendo un colore più rosso e simile alle ferite più lievi.
Il tempo a mia disposizione sembra quasi esaurito quando vedo quegli occhi verdi tornare a fissarmi. Lo sguardo di Chat Noir vaga attorno a sé, prima di focalizzarsi con difficoltà sulla mia figura.
“Ladybug...”
“Non sforzarti. Andrà tutto bene, te lo prometto”
I suoi occhi tornano a chiudersi mentre lo sento respirare con un ritmo più regolare e sereno. Distrattamente mi rendo conto di non poterlo lasciare qui in attesa che si riprenda ma nemmeno posso rimanere al suo fianco e rischiare che scopra chi sono. Un pensiero, per quanto rischioso e sciocco, prende vita nella mia mente e mentre i rintocchi degli orecchini segnano il tempo che passa inesorabilmente, io mi avvio dal Maestro, con Chat Noir tra le braccia, ancora incosciente.
Bastano pochi istanti per raggiungere il vicolo più vicino all'abitazione del Guardiano. Chat Noir continua ad essere incosciente e, per quanto desideri preservare le nostre identità, non posso far altro che sperare che Plagg abbandoni il corpo del mio compagno il prima possibile.
Pochi istanti più tardi, il rintocco dei miei orecchini si placa, sciogliendo la trasformazione e lasciandomi un'esausta Tikki tra le mani. Cerco di misurare le ferite che sembra aver subito mentre i suoi occhi si riaprono, confusi ma ancora in grado di capire cosa stia succedendo.
“Il Maestro...”
Un lampo verde mi lascia senza fiato quando anche Plagg abbandona il corpo di Chat Noir. Velocemente porto lo sguardo dalla parte opposta, sicura che quella sia una tra le situazioni più complicate e pericolose che abbiamo mai dovuto affrontare.
“Tikki, come ti senti?”
“Stanca...”
I miei occhi tornano sul corpo della mia Kwami, trasparente negli stessi punti in cui io sento un forte dolore vincermi.
“Riesci a vedere Plagg?”
Tikki annuisce debolmente mentre io le chiedo se sia cosciente o meno. Il suo volto fissa il terreno, facendomi capire quanto il suo compagno abbia bisogno di aiuto.
“So di chiederti molto, Tikki ma ho bisogno che tu rimanga a vegliare su di loro per qualche secondo”
“Ma Mari...”
“Torno subito, promesso”
Con estrema lentezza, riesco ad alzarmi, appoggiandomi al muro che costeggia quel vicolo. Un piede dopo l'altro, riemergo in strada, consapevole di non avere affatto una bella cera. Non ho idea di cosa stia pensando la gente che mi vede avanzare zoppicando ma in questo momento non posso preoccuparmi di loro. Raggiungo con fatica l'abitazione del Maestro ma bastano pochi colpi, precisi e forti, alla sua porta per vederlo aprirmi velocemente e richiudere con attenzione l'entrata. Il suo sguardo mi segue fino alla sala, dove il mio corpo decide di tradirmi, facendomi cadere a terra.
“Marinette, cos'è successo?!”
Il suo sguardo preoccupato segue ogni mio movimento, mentre lascio che il braccio che stava coprendo il mio addome si sposti lentamente. L'uomo che mi è difronte si avvicina nuovamente ad alcuni mobili, recuperando un nuovo barattolo di pomata. Quando lo vedo avvicinarsi, però, dalla mia bocca riescono ad uscire solamente i nomi di chi sta aspettando il nostro aiuto.
“Sono qui fuori... Nel vicolo... Li aiuti!”
Il mio mondo perde colore nuovamente, lasciandomi con la speranza che lui possa prendersi cura di loro il prima possibile.
 
***
 
Buona sera a tutti! Sono in ritardo, sono in tremendo ed imperdonabile ritardo ma ho avuto non poche difficoltà nello scrivere questo capitolo, specialmente perché per alcune parti non sapevo davvero che pesci prendere. Sono contenta però di essere riuscita a finirlo e spero che possa piacere a voi, tanto quanto a me <3 Ammetto che vedere lo speciale di New York mi abbia spinto ad accelerare la scrittura di moltissime mie storie, questa compresa! <3
Spero di farmi perdonare quest'assenza con il prossimo capitolo(sorpresa sorpresa, sarà un pov maschile! In questi giorni mi hanno detto di aver notato quanto io sia più brava con quelli che con i pov femminili, quindi non poteva mancare xD) <3

Colgo l'occasione per darvi una bella notizia(per me lo è sicuramente <3)! Il mio primo romanzo "Rinascita" è disponibile in prevendita online! Cosa significa? Significa che sarete voi lettori a decidere se portarlo in libreria o meno, acquistando una copia dal link che vi lascio qui sotto :)

https://bookabook.it/libri/rinascita/

Vi lascio anche una sinossi per incuriosirvi <3

Catherine Evans è un'ex cantante newyorkese dai capelli castano ramati e dagli intensi occhi verdi. Dopo un grave incidente causato da alcuni giornalisti, curiosi del motivo per il quale lei abbia posto fine alla fine della sua carriera, la ragazza decide di cambiare la sua vita, abbandonando sua madre ed i suoi amici per rifugiarsi tra le montagne innevate di Crested Butte, dove i nonni materni le lasciano la direzione della struttura alberghiera e termale. Cath passa le sue giornate con monotonia, in attesa che cali la sera e lei possa dedicarsi a riposare e leggere qualche buon romanzo.La sua noiosa quotidianità viene sconvolta da Richard Harris, biondo, occhi azzurri, eccellente pianista e produttore di un ottimo rosé. Rich e Cath si conoscono durante un evento aziendale organizzato dalla ragazza e dal suo più grande amico, nonché ex manager e quanto di più simile ad un padre lei abbia, John Harrison.Il comportamento da perfetto gentiluomo di un'altra epoca ammalia la protagonista, spingendola ad abbandonarsi a quel sentimento che la costringerà ad affrontare i ricordi dolorosi di una vita tutt'altro che felice e spensierata, contornata da incubi, attacchi di panico ed ansia profonda. Tra dolcezza, passione, sorprese continue e gelosia, la storia tra Rich e Cath porterà alla luce i riflessi scuri dell'animo e del passato della ragazza.


Seguitemi sui social per scoprire anteprime, curiosità, recensioni  e molto altro riguardo al mondo di "Rinascita" e mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate! Sapete che sono sempre molto curiosa dei vostri commenti <3 ;)

https://www.instagram.com/rinascita_il_libro/
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Vi auguro buona serata e buon inizio settimana <3
A presto con il nuovo capitolo <3
miss_MZ93

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 ***


Pov Adrien
 
Uno… Due… Tre… Quattro…
Il soffitto sembra rischiararsi, illuminato dai primi raggi di luce della giornata.
Cinque… Sei… Sette…
C’è una piccola macchia sull’intonaco, probabilmente il risultato di qualche pallonata data quando ero più piccolo.
Otto… Nove… Dieci… Undici…
In verità sembra avere un colore particolare, quasi rosato. Mi giro, intrappolando il volto sul cuscino. Ho perso il conto di nuovo. Penso di aver ricominciato almeno venti volte da quando mi sono svegliato, troppo presto per alzarmi, troppo presto per la colazione, troppo presto anche per iniziare a pensare a lei.
Uno… Due… Tre…
Forse non servirà a nulla ma contare mi aiuta a far passare il tempo. Sapere che i secondi stiano passando, inesorabilmente, mi aiuta a non pensare ad altro. La mia testa però sembra non volermi concedere quel dolce riposo e nuovamente mi trovo a pensare a lei. Si sarà ripresa? Non mi sembrava stare molto bene ieri.
Sbuffo per l’ennesima volta, perdendo nuovamente il conto dei secondi che passano. Mi volto verso la sveglia, che segna appena le sette del mattino. Plagg dorme ancora, beatamente abbracciato al suo pezzo di camembert. Non capisco come faccia a sopportare quella puzza anche mentre dorme, i gatti non dovrebbero mangiare croccantini? Torno a guardare il soffitto, cercando qualcosa che possa tenermi impegnato più dei secondi che scorrono ma nemmeno seguire il profilo delle forme geometriche che lo compongono riesce a distrarmi. Continuo a pensare a cosa possa averla fatta sentire così male e davvero non so trovare una risposta. Non sembrava influenza, non sembrava stanchezza, forse sembrava solo panico.
Scosto il lenzuolo, avviandomi in bagno e lasciandomi cullare da una doccia calda. L’acqua continua a scorrere mentre la mia testa cerca di svuotarsi dai pensieri ma più ci provo, meno sembro riuscirci. Quando riemergo dal bagno, è passato appena un quarto d’ora. Afferro un libro, leggo qualche pagina, mi siedo al computer, scorro le notifiche sul telefono, avvio qualche videogioco ma niente sembra così importante da attirare la mia attenzione. Il tempo sembra non scorrere più e quando finalmente Nathalie compare per avvisarmi della colazione, servita in sala, la ringrazio per avermi dato modo di uscire da quella stanza, che ormai sembrava stesse iniziando a soffocarmi.
Non ho molta fame ma il pensiero di poter finalmente passare un po’ di tempo con mio padre sembra aiutarmi a smettere di arrovellarmi il cervello. Accompagnato da Nathalie, esco dalla mia stanza, avviandomi verso le scale. Un gradino dopo l’altro, raggiungo la stanza, imbandita di cibo e con alcuni giornali freschi di stampa. Mio padre, il grande Gabriel Agreste, è già seduto, intento a leggere le ultime notizie riguardanti la moda, come se davvero potesse importargli qualcosa dei commenti di chi, come lui ama ribadire, “non distinguerebbero un capo di alta moda da un vestito acquistato in un banale supermercato”.
Mi accomodo  sulla sedia, la stessa che in tutti questi anni mi ha visto mangiare quasi sempre da solo. Avvolto dal silenzio, afferro un croissant ma un solo morso mi basta per tornare a pensare a lei. I dolci che prepara suo padre sono decisamente più buoni. Non ho mai capito quale fosse il segreto della sua cucina ma tutto ciò che sforna sembra avere un sapore unico, quasi impagabile.
“Nathalie mi ha detto che vorresti partecipare ad un evento”
La voce di mio padre mi distoglie da quei pensieri, riportandomi alla mente l’impegno preso tempo prima con i miei amici. Avevamo pensato di festeggiare la fine delle lezioni a giugno ma l’evento che Alya sta organizzando per i supereroi di Parigi ha cambiato i nostri piani. Rose ha pensato che fosse una buona idea intrattenere gli ospiti con un po’ di musica dal vivo, oltre che con alcuni pezzi mixati da Nino. Nonostante l’evento sia alle porte, però, non riusciamo a trovare un attimo libero per provare tutti assieme. In verità, penso di mancare solamente io agli incontri ed il problema principale è l’uomo che siede di fronte a me.
“Sì, padre. Una mia compagna di classe sta organizzando una festa in onore dei supereroi di Parigi”
“Davvero?”
Gabriel Agreste non si interessa mai di eventi che non riguardino le sue creazioni, eppure sembra incuriosito da ciò che Alya sta preparando. Dopo avermi chiesto i particolari di quella festa, il suo sguardo torna a concentrarsi sul giornale che tiene ancora tra le mani.
“Puoi partecipare”
“Cosa?”
“Sembra si tratti di un evento importante”
Ho trascorso gli ultimi giorni a pensare a mille modi per convincerlo, fino a capire che nemmeno uno solo di quei tentativi sarebbe andato a buon fine. Sapere che, per una volta, mio padre abbia acconsentito a lasciarmi partecipare a qualcosa a cui tengo, mi rallegra la giornata. Sento nascere sul mio volto un sorriso, forse riflesso del suo. L’euforia inizia a scorrermi nelle vene ed io decido di dover approfittare del buonumore che sembra averlo contagiato.
“Questo pomeriggio dovremmo vederci per discutere di alcuni dettagli. Posso uscire?”
Il suo sguardo torna freddo e distaccato mentre riflette sulla mia richiesta. Aspettare la sua risposta è quasi una tortura ma quando lo vedo annuire, inizio a chiedermi se davvero io non stia semplicemente sognando.
“Non fare tardi, mi raccomando”
Lo vedo richiudere il giornale e lasciarlo sul tavolo, dirigendosi nuovamente al suo studio. Velocemente finisco anche io di mangiare e torno in camera mia.
La figura di Plagg sbuca dal comodino, dove sicuramente era intento a procacciare un pezzo di camembert. Raccolgo il telefono dalla scrivania, lasciandomi cadere sulla sedia accanto al computer. Scorro lentamente le immagini dei social, ritrovando gli ultimi aggiornamenti di Nino, risalenti al pomeriggio al cinema. I pensieri tornano ad affollare la mia mente, lasciandomi vagare dalla preoccupazione alla curiosità. L’ansia di questa mattina riprende a scorrere in me ed il desiderio di vederla diventa quasi insopportabile. Trascorro la mattina a pensare a lei, a quell’espressione tormentata che aveva ieri pomeriggio, al suo volto sconvolto mentre cercavo di capire cosa le fosse successo. Riesco addirittura ad ignorare Plagg e le sue continue domande sul prossimo ordine di camembert che, come più volte mi ha fatto notare in questi ultimi giorni, sembra stia finendo.
 
Dopo pranzo, decido di non poter più aspettare. Rientro dal mio pasto solitario con le idee ben chiare su ciò che voglio fare in questo momento: vederla.
Plagg svolazza da una parte all’altra della stanza, seguendomi mentre cerco qualcosa da indossare per poi optare per il solito completo. Cerco le mie scarpe arancioni in ogni angolo della stanza, fin quando un’idea malsana inizia a sfiorare la mia mente.
“Plagg, hai visto le mie scarpe?”
Sulla scrivania, il Kwami mangia tranquillamente, ignorando la mia domanda.
“Plagg?”
“Sì, Adrien?”
“Hai visto le mie scarpe?”
“Parlavi con me?”
“Con chi dovrei parlare? Ci siamo solo noi due qui dentro”
“Dimentichi il camembert”
“Non parlo con il tuo formaggio!”
“Peccato. Non sai quante cose dolci potrebbe dirti”
Mi porto una mano al volto, cercando di riacquistare un po’ di sanità mentale nel parlare con l’unico Kwami in grado di pensare solo al suo stomaco. La mia domanda rimane senza risposta mentre i pensieri su cosa sia successo alle mie scarpe inizia a spaventarmi.
“Cosa ne hai fatto?”
“Niente”
“Plagg?!”
Plagg ingurgita un’ultima fetta di formaggio prima di guardarmi con quegli occhi verdi che tante volte ho trovato molto simili ai miei.
“Dove le hai messe?”
“Al sicuro”
“Che significa?”
“Pensavo non le indossassi più ormai. Le avevi buttate in un angolo”
Mi siedo sul letto, cercando di non immaginare le mille cose disgustose che potrebbe aver fatto a quelle scarpe.
“Non potevi essere più normale?”
“Normale? Il mio amore per il camembert è normalissimo! Sei tu che non comprendi quanto possa essere affascinante!”
Scuoto la testa, rassegnato all’idea di dover acquistare un altro paio di scarpe. Abbandono il letto, recuperando un paio di sneakers ed infilandole velocemente.
Plagg si nasconde velocemente all’interno della mia maglia mentre io esco dalla stanza, raggiungendo le scale. Una volta lasciato anche l’ultimo gradino, il gorilla si palesa, ricordandomi che, nonostante la mia età, nonostante mio padre abbia iniziato a lasciarmi uscire qualche volta in più, nonostante io non corra alcun pericolo per le strade di Parigi, non potrò mai essere davvero libero.
Alzo gli occhi al cielo, chiedendogli di accompagnarmi nemmeno io so bene dove. In fondo, il mio piano era quello di raggiungere Marinette ma più la macchina sembra avvicinarsi alla zona dove abita, più inizio a pensare che vedermi sia davvero l’ultimo dei suoi desideri.
Lascio che il mio bodyguard accosti la macchina al ciglio della strada, per poi avvicinarmi al palazzo che molte volte ho visitato negli ultimi anni. Attendo che la macchina svolti l’angolo e, velocemente, mi nascondo in un vicolo, assicurandomi di essere solo.
Una volta al sicuro, Plagg inizia a svolazzare davanti al mio volto.
“Adrien, non farlo”
“Non so di cosa stai parlando”
“Ti ho già detto una volta di non assillarla. Non ha bisogno di…”
Ignoro il suo monologo, qualcosa che sicuramente riprenderà appena rientreremo a casa. Intimo al mio Kwami di trasformarmi nel supereroe di Parigi e con un balzo raggiungo il tetto della struttura accanto  alla pasticceria.
I miei occhi ritrovano velocemente quella terrazza e, oltre lei, la ragazza che ha occupato i miei pensieri tutta la mattina. Marinette è appoggiata alla ringhiera che delimita la struttura, con il volto sorretto dalle sue mani in una posizione di sconforto profondo. I miei pensieri tornano al pomeriggio precedente, a quello sguardo che vagava dal preoccupato, al terrorizzato, al preoccupato. Nuovamente il desiderio di sapere cosa le sia successo prende il sopravvento ed io inizio ad ipotizzare mille teorie, una meno probabile dell’altra.
Scuoto la testa, riprendendo coscienza del mio ruolo in tutta questa storia e con un balzo raggiungo il camino di casa Dupain-Cheng. Con lentezza, in silenzio, mi avvicino a lei, assumendo la stessa sua posizione ed invadendo il suo spazio.
“Ti godi il panorama?”
“Eh? Ah… Sì”
“Che succede, Marinette?”
La vedo lasciar sparire alcuni pensieri e tornare ad osservare il cielo che ormai si è tinto di nuvole scure e minacciose. I suoi occhi sembrano spenti, quasi invasi da una profonda tristezza, qualcosa che non vorrei mai vedere in una ragazza che ho sempre pensato fosse la rappresentazione pura dell’allegria.
Marinette sembra risvegliarsi velocemente, allontanandosi da me e preoccupandosi della finestra di camera sua. La vedo osservare ogni più piccolo dettaglio della sua stanza, o di quel poco che si riesce ad osservare da qui e poi tornare a rilassarsi.
Ho quasi l’impressione che voglia tenermi lontano dalla sua camera e davvero non riesco a capirne il motivo. Non è la prima volta che “entro”, se così si può dire, in casa sua, eppure questa volta sembra volermi nascondere qualcosa.
Marinette si lascia cadere su una sedia in vimini, tornando ad ignorare la mia presenza. Sono quasi tentato di entrare in camera sua e capire il motivo di quel cipiglio così preoccupato ma la mia attenzione ormai è rivolta solamente alla sua espressione, ai suoi occhi stanchi.
“Marinette stai…”
“Portami alla Torre Eiffel… Per favore”
La sua richiesta mi lascia un po’ confuso ma senza pensarci troppo la sollevo da terra, iniziando a vagare per Parigi e raggiungendo velocemente la nostra destinazione. Saltare da una casa all’altra mi dà l’opportunità di sentirla vicina come non succedeva da tempo. Le mie mani stringono il suo corpo mentre le sue sono saldamente ferme sul mio collo. Il suo volto triste si nasconde sul mio petto mentre i suoi occhi si chiudono, beandosi probabilmente dell’aria che ci sfiora. Solo quando arriviamo alla torre Eiffel mi accorgo di quanto avrei preferito allungare il tragitto. Il profumo di Marinette ormai mi aveva circondato, accogliendomi con dolcezza. Le sue braccia sembravano così delicate e calde nello stringermi a sé. La sua pelle sembrava così morbida, così liscia che il mio istinto felino  sarebbe stato felice di accarezzare il suo collo.
Mi riscuoto da quei pensieri, cercando di ignorare il rossore generale che sembra aver invaso il mio volto. Con estrema lentezza, quasi incerto sul volerla davvero lasciare, mi costringo a chinarmi, facendole posare i piedi sulla struttura in ferro. Marinette vacilla un momento, prima di avvicinarsi al bordo della piattaforma. Quasi ho paura che possa cadere da un momento all’altro ma quando la vedo sedersi, lasciando che il vuoto sfiori le sue gambe, inizio a rilassarmi. La calma dura un solo secondo, prima di ritrovare preoccupazione e tristezza nei suoi occhi. Non so a cosa stia pensando ma più i minuti passano, più la curiosità mi assale. Non comprendo cosa la stia facendo soffrire così tanto ed il pensiero che possa star male ancora per me mi devasta.
Mi appoggio alla colonna della struttura, cercando di rispettare il suo silenzio. I minuti passano ma le mie preoccupazioni continuano a crescere. Non riesco a star fermo e, se da fuori posso sembrare calmo e tranquillo, dentro di me sento la confusione regnare sovrana. Il desiderio di sentire la sua voce e di capire a cosa stia pensando prendono il sopravvento ed il buon proposito di aspettare che fosse lei a parlarmi svanisce velocemente.
“Marinette?”
La vedo voltarsi verso di me quasi disorientata dall’aver sentito la mia voce. Non ho idea di cosa affolli la sua mente ma deve essere qualcosa di molto intenso per averle fatto scordare la mia presenza.
“Marinette?”
La vedo sbuffare, lasciandosi cadere distrattamente sulla pedana che ci sorregge. I suoi capelli si sparpagliano sulla struttura, creando un tappeto scuro ma morbido.
“Vuoi dirmi a cosa stai pensando?”
La curiosità ormai mi sta divorando, ho bisogno di sapere. Il silenzio però non sembra voler terminare e Marinette scuote la testa leggermente, in una tacita richiesta di rispettare la sua decisione. Per quanto io sia preoccupato per lei, non posso insistere.
“Dimmi almeno se stai bene”
“Si, credo...”
Mi avvicino a lei, cercando di confortarla come posso, anche solamente rimanendo al suo fianco.
“Non credo di averti mai vista così immersa nei tuoi pensieri prima d'ora. Forse non ti sei ancora ripresa da ieri”
Le parole mi scivolano di bocca e quando capisco di aver detto qualcosa di troppo, mi rendo conto di quanto ormai sia tardi.
“Hai visto Adrien?”
Fortunatamente Marinette non sembra cogliere la verità dietro le mie parole, rifugiandosi nella convinzione della grande amicizia che dovrebbe legare me ed il modello. Se solo sapesse chi si cela dietro questa maschera…
I suoi occhi sembrano concentrati nel capire cosa possa pensare io di lei, la mia parte civile in realtà. Decido di assecondare i suoi pensieri, tornando a nascondermi dietro la maschera di Chat Noir.
“Mi ha detto che non sei stata molto bene ieri”
“Ti ha chiesto lui di venire da me?”
Annuisco lentamente, cercando di non perdere nemmeno un dettaglio delle sue espressioni. I miei occhi riescono a vedere molto bene ogni sfumatura della sua pelle, nonostante il buio abbia offuscato l’ambiente. Non so dire se sia lo stesso per Marinette, probabilmente è solo l’effetto dei poteri di Plagg. L’espressione confusa che vedo sul suo volto colpisce un punto dentro di me, molto vicino al mio cuore. Non so quale parte di me stia parlando in questo momento ma mi rendo conto di averle detto quanto io sia preoccupato per lei. Vorrei solamente farle sapere che può contare su di me, anche se in questo momento non riesce a fidarsi di me, di Adrien Agreste, di colui che ha affrontato nel modo sbagliato una situazione tanto delicata quanto importante.
“Vuoi parlarne?”
Vedo il terrore prendere vita sul suo volto, che qualche istante più tardi si tinge di un rosso acceso.
“Non voglio costringerti, se non vuoi ma se avessi bisogno di qualcuno con cui parlare, sappi che io ci sarò”
Vorrei davvero che lei potesse credermi, che potesse rivolgersi a me in caso di bisogno, che si confidasse con me, che mi cercasse quando è triste, vorrei poter essere per Marinette la spalla che io ho sempre visto in lei. Se non fossi stato così stupido, se avessi trattato i suoi sentimenti con il rispetto che meritavano, se solo mi fossi comportato in maniera differente, forse adesso non saremmo qui, forse io non starei cercando di consolarla nascondendomi dietro ad una maschera nera, forse lei non avrebbe quell’aria affranta in volto.
Il rossore della pelle di Marinette viene nascosta in parte dal suo braccio, un chiaro tentativo di non mostrare i suoi pensieri tramite quel colore acceso. I miei dubbi aumentano, una domanda tra tutte comincia ad affollare la mia mente, ovvero il motivo di tanto imbarazzo.
“Penso di essere molto più confusa adesso delle ultime volte che ci siamo visti”
Il mio sguardo torna su di lei, cercando di capire il vero senso di quelle parole. Le ultime volte che sono passato a trovarla nei panni di Chat Noir è successo di tutto, da litigate a complimenti per quel taglio di capelli nuovo ed ogni volta nel mio cuore sentivo nascere sentimenti nuovi e difficili da spiegare. Mi sono arrabbiato con lei per essersi buttata tra le braccia di Luka, mi sono sentito uno stupido nel capire quanto lei tenesse a me, quanto il suo amore fosse reale e profondo, mi sono sentito male vedendola soffrire, ho iniziato a sentire il mio cuore battere in modo confuso quando mi ha raccontato il motivo per cui aveva scelto di non tagliare i capelli negli ultimi anni. Dopo tutto questo, però, speravo che Marinette si fosse calmata, che si stesse riprendendo, che finalmente stesse tornando a ridere. Cosa può averla portata a sentirsi peggio di quando mi urlò in faccia il suo disprezzo?
“Sono successe molte cose ed io non riesco a trovare un senso a nessuna di queste”
La mia mente registra avidamente questo momento, mettendo in allarme ogni parte di me. Non riesco a capire cosa sia potuto succedere che possa averla sconvolta in questo modo. Mi serve qualche minuto per vagliare le mille possibilità ma più penso di avvicinarmi ad una soluzione, più sento di allontanarmi dalla realtà. Non comprendo, davvero non comprendo!
I suoi occhi continuano a sembrarmi stanchi, spenti, velati da una tristezza profonda. Non sopporto vederla così, in difficoltà, triste, sconvolta, in preda a sentimenti scoraggianti. Vorrei davvero avere il potere di ridarle il sorriso, di farla star meglio ma tutto ciò che posso fare è avvicinarmi a lei ed abbracciarla. La stringo a me, cercando di infonderle un po’ di coraggio, un po’ di forza, un po’ di serenità.
Marinette continua a far vivere il silenzio tra noi mentre io inizio a pensare che forse non voglia dirmi ciò che le sta succedendo.
“Mi sento strana”
“Strana?”
“Strana...”
Stringerla a me si rivela essere stata una pessima idea. La sensazione di qualche minuto fa torna a colpirmi con forza e mentre io cerco di capire cosa sia quel calore che sento iniziare a prendere vita in me, il mio corpo si muove da solo, mostrandomi la via verso i suoi capelli, verso quel profumo di lei che prima mi aveva avvolto con dolcezza.
“C'è qualcosa che non va in me”
Non potrebbe mai esserci nulla che non vada in lei, mai! Il fatto stesso che lei possa pensare una cosa simile prova quanto in realtà sia una persona splendida, sempre preoccupata di poter sbagliare.
“In che senso?”
“Sto cercando di dimenticarlo”
I miei muscoli si tendono istintivamente sentendo quella frase. Qualcosa inizia a ribollirmi nel sangue. Sta cercando di dimenticarlo, di dimenticarmi. Perché? Forse non è la domanda migliore o la più intelligente ma nient’altro sembra importarmi in quel momento. Lei vuole dimenticarmi, Marinette sta cercando di abbandonare i suoi sentimenti verso di me. Perché? Non mi sto chiedendo “perché vuole farlo” ma piuttosto perché questo mi stia infastidendo così tanto. Non dovrebbe interessarmi, non dovrei pensare così tanto a lei, in fondo, per me è sempre stata solamente un’amica. Perché? Perché mi lascia così vuoto sapere che stia cercando di superare questa fase della sua vita? Perché mi sento come se tutto l’ossigeno di Parigi non bastasse a riempire i miei polmoni?
“C-come?”
Sputo quella domanda come se mi stesse costando la vita.
“Non posso continuare ad amare una persona che non prova nulla nei miei confronti. Non posso continuare a soffrire per colpa sua. Eppure...”
“Eppure?”
Quella parola sembra riempire parzialmente il vuoto che si era creato in me. È bastato un “eppure” a ridarmi forza ed io non riesco a capire come questo sia possibile.
“Eppure ogni volta che mi guarda, mi preoccupo di cosa possa pensare di me e, nell'ultimo periodo, potrei giurare di aver visto nei suoi occhi cose contrastanti”
Contrastanti?
“Sembra preoccupato per me, quasi più dolce nei miei confronti ma oltre questo, lo vedo giudicare le mie decisioni, le mie parole, le mie azioni. Non riesco a capire cosa stia succedendo. L’attimo prima sembra imbarazzato nel parlarmi, quello dopo sembra volermi incenerire con lo sguardo. Mi confonde!”
Cosa? Davvero ha visto tutto questo in me?
I miei pensieri si intrecciano nuovamente, lasciandomi in balia di sentimenti strani, questa volta davvero contrastanti. Ammetto di essermi sentito confuso in questi ultimi giorni ma non mi ero mai fermato a chiedermi il motivo di tutto ciò e non credevo che qualcuno potesse essersi accorto di quel mio malumore generale.
Ricordo di aver passato notti in bianco, in preda ad uno strano sentimento che non avevo mai provato prima. Ricordo di essere arrivato tardi a lezione, con profonde occhiaie ed un sonno incredibile. Ricordo di aver cercato lo sguardo di Marinette a scuola, forse anche per strada. Ricordo il fastidio provato quando Marinette pronunciò il nome di Luka mentre decidevamo di andare al cinema tutti assieme. Non capivo perché avesse quell’espressione nel parlare di lui, non capivo perché il suo viso fosse diventato di una tonalità più accesa, non capivo perché avesse quell’aria sognante mentre parlava di lui. O forse non volevo capire. Ricordo di aver visto Marinette strozzarsi con un po’ d’acqua quando Rose disse che, secondo lei, Luka aveva finalmente trovato una ragazza da frequentare e ricordo molto bene la rabbia che avevo provato quando, arrivato davanti al cinema, avevo notato la loro assenza.
Probabilmente nella realtà saranno passati solo alcuni secondi ma dentro di me i pensieri sembrano avermi rapito per minuti interminabili. Sento il respiro di Marinette farsi pesante, in preda a quella confusione che posso leggere nei suoi occhi e più la guardo, più i miei muscoli sembrano rilassarsi. Non so quale potere abbia su di me questa ragazza ma averla accanto riesce a destabilizzarmi e, se prima pensavo fosse solo una mia impressione, adesso so di non essere l’unico ad essersi accorto di quanto lei possa influenzarmi.
“Come posso dimenticarlo se continuo a preoccuparmi di ciò che pensa, di ciò che fa o non fa?”
La risposta viaggia veloce dal mio cuore alla mia mente, passando per la mia bocca senza filtri.
“Forse non dovresti”
Il suo volto ritrova il mio e quella distanza che fino a qualche istante fa ci separava, ormai sembra essersi accorciata terribilmente, lasciandoci a pochi centimetri l’uno dall’altra. I suoi occhi, quelle pozze azzurre e tremendamente intriganti, mi osservano con sorpresa. Nel loro riflesso trovo una versione diversa di me, un ragazzo determinato, un ragazzo che, nonostante ancora non abbia capito cosa stia provando, sembra volersi aggrappare a qualunque cosa possa renderlo felice o anche solo dargli un briciolo di speranza. Il bello di tutta questa situazione è che non so nemmeno io in cosa sto cercando di riporre speranza. Tutto ciò che so è che sapere che stia cercando di dimenticarsi di me ha aperto un vuoto nel mio cuore. Posso sembrare egoista ma non voglio che succede.
Quella domanda ritorna nella mia mente con troppa forza. Perché? Perché mi sto aggrappando così disperatamente al suo amore nei miei confronti? Perché non riesco a lasciarla andare?
“Forse semplicemente non dovresti dimenticarlo”
Non so cosa mi stia spingendo a dire certe cose ma ogni parola che esce dalla mia bocca sembra dettata da qualcosa di totalmente diverso dal cervello, qualcosa che forse dovrei imparare ad ascoltare più spesso.
“Non posso continuare ad illudermi di qualcosa che non avverrà mai”
Illudersi?
“Ne sei sicura?”
Non capisco il perché io non riesca a riprendere il controllo sulla mia bocca. Cosa significa quella domanda? Cosa sta succedendo?
“Non iniziare anche tu, per piacere”
Il flusso costante di pensieri che ho avuto finora sembra interrompersi, alla ricerca di una spiegazione che non tarda ad arrivare.
“Alya ha l'assurda convinzione che lui stia cominciando ad interessarsi a me... Ad essere geloso del mio rapporto con Luka”
Gelosia. Ecco cos’è. Gelosia. Che parola semplice e banale per descrivere un tormento che affligge gran parte della popolazione umana. Gelosia. Una parola, tre sillabe, sette lettere. È davvero questo quello che provo? Gelosia? Per cosa poi? Sono geloso di Marinette? Sono geloso di saperla al fianco di Luka? Sono geloso di sapere che si sono baciati? Sono geloso del pensiero che possa succedere un’altra volta? Sono geloso di averli visti sparire dentro ad uno stanzino, da soli?
La risposta lampeggia chiara e semplice nella mia mente e questa volta non posso ignorare tutti i segnali che il mio corpo mi sta mandando.
Sì. Sono geloso. Sono tremendamente geloso.
“Sono solo sciocchezze. È stato molto chiaro riguardo ai suoi sentimenti per me”
Marinette torna a nascondersi al mio sguardo mentre io riemergo da quella mia consapevolezza. Troppi sentimenti iniziano a sovrastarmi ed il pensiero di aver impiegato così tanto tempo per capire di essere geloso di questa ragazza mi fa sentire un perfetto idiota. Se solo quel giorno avessi saputo cosa sarebbe successo tra noi, mi sarei comportato diversamente.
“Adrien però è solo un pezzo di questo puzzle confuso”
Quel sentimento torna a colpirmi violentemente. Se io rappresento solo una parte dei suoi problemi, non mi è difficile immaginare chi possa occupare i suoi pensieri assieme a me.
“Luka?”
La vedo annuire e segnare la totale sconfitta della mia mente che ormai soccombe al suo volere.
“Lui è riuscito più volte ad aiutarmi. Mi è stato accanto quando Papillon ha cercato di prendere il controllo della mia mente ed è quello il motivo per cui noi... Ci siamo baciati”
La voce diventa un sussurro, iniziando ad essere sovrastata del rumore del mio cuore che dà vita ad una personale maratona.
“Qualcosa però è cambiato”
Se prima potevo dirmi teso, potevo dirmi preoccupato per lei, adesso so che tutte quelle sensazioni hanno un nome bel preciso che non riuscirò mai più a scordare.
“Cosa?”
Marinette sospira un paio di volte, portandosi le mani alla bocca e sfiorandosi le labbra, immersa in un ricordo che avrei tanto voluto abbandonare nel dimenticatoio. I suoi pensieri diventano ben presto i miei e mentre lei sembra arrossire ed imbarazzarsi nell’immaginare nuovamente ciò che ha vissuto, io tento in ogni modo di non focalizzarmi su quell’idea. Qualcosa però, mi dice che la sfortuna che colpisce sempre i gatti neri non sia ancora finita.
“Ho iniziato a provare qualcosa”
Eccola, la doccia gelida, il freddo polare che mi colpisce in pieno, paralizzandomi. L’aria inizia a mancarmi nei polmoni, l’ossigeno sembra evaporare velocemente mentre mi trovo a balbettare una frase, una domanda, una serie di parole confuse.
“A... Provare qual-qualcosa? Cosa?”
Il silenzio torna tra noi mentre io cerco di richiamarla alla realtà.
“Non lo so, Chat Noir!”
Una pessima, brutta, bruttissima sensazione si fa strada in me. Cosa significa? “Ho iniziato a provare qualcosa” ha detto. Qualcosa, cosa? Cosa diavolo sta succedendo? Cos’è successo tra loro? Cos’è questo qualcosa?
“Ogni volta che siamo insieme, una strana sensazione si impossessa di me. È come se il mio corpo iniziasse ad andare a fuoco sotto le sue attenzioni ed io non riesco a capire cosa mi stia succedendo! Non comprendo cosa sia quella sensazione! Non riesco a capire cosa mi stia succedendo e più ci penso, meno ne vengo a capo!”
Sento il sangue nelle mie vene congelarsi, paralizzarsi totalmente, così come il resto del mio corpo. Non posso credere a quello che ho appena sentito uscire dalle labbra di Marinette. Quella sensazione di cui parla, quel calore che prova, dice di non riuscire a capire cosa le stia succedendo ma io credo di aver compreso fin troppo bene. Marinette è attratta da Luka. O forse… Anche qualcosa in più.
“Ti sei innamorata di lui?”
Il suo sguardo cerca il mio, dando voce all’unica risposta che sarei riuscito ad accettare in questo momento, l’unica che avrei potuto sopportare questo pomeriggio.
“Cosa?! No!”
La sua voce diventa incerta, quasi distratta da qualche pensiero. Non credo si sia resa conto di quanto la mia sanità mentale dipenda dalle sue parole.
“Io non... Non credo... È qualcosa di diverso! Non è amore, è qualcos'altro”
“Qualcos'altro?”
“Non so come spiegartelo. Non è la sensazione che provo accanto ad Adrien e non sono sicura che riuscirei a sentire le stesse cose”
Non credo di aver capito bene. Se da una parte posso ritenermi soddisfatto di sapere che solo con me lei riesca a provare certe cose, un’altra parte, poco più profonda della prima, non comprende le sue ultime parole.
“Come fai a saperlo?”
Marinette mi guarda confusa, con gli occhi spalancati,
“Come fai a sapere che con Adrien non proveresti le stesse cose?”
“Sarebbe imbarazzante perché Adrien non prova nulla nei miei confronti”
“E pensi che con Luka tu riesca a sentirti in quel modo perché lui è interessato a te?”
“È difficile da spiegare”
“Provaci!”
Mi rendo conto di aver alzato davvero troppo la voce ma quel discorso mi sta portando sull’orlo di un precipizio. Tento di trovare una scusa qualsiasi pur di giustificare quel mio comportamento, troppo interessato al rapporto tra Marinette ed Adrien, tra lei e me.
“C-credo sia importante capire i tuoi sentimenti per entrambi... Per te...”
La sento sospirare, lasciandosi avvolgere da un ricordo che le imporpora le guance.
“Ieri, con Luka, mi sentivo bene. Non c'era imbarazzo, non c'era timore, non c'era indecisione. Mi sono sentita amata, desiderata, era come trovarsi avvolti dalle fiamme mentre fuori dalla stanza tutto il mondo sembrava sparito”
“Stanza? A-aspetta. Quindi voi... In quello sgabuzzino...”
Quella stanza! Sapevo fosse successo qualcosa, eppure ho continuato ad ignorare il tutto, cercando di concentrarmi sul malumore che sembrava aver colto Marinette in quel momento.
“Con Adrien non sarebbe lo stesso. Da parte sua mancherebbe quella passione e quella determinazione che sento con Luka, perché lui non è interessato a me. Diventerebbe tutto molto imbarazzante”
Imbarazzante. Altra parola densa di significato.
Le sue frasi continuano a lasciarmi stordito, in balia di troppi sentimenti contrastanti che sembrano lottare per conquistare il dominio sulla mia mente.
“Marinette, posso darti un consiglio?”
So di star giocando con il fuoco ma forse è questo è l’unico momento in cui potrò mai dirle certe cose, nascosto dietro una maschera, nascosto dietro l’identità di qualcuno che non accosterebbe mai ad Adrien.
“Non credo dovresti continuare a vedere Luka. Non in un modo così... Intimo”
“Cosa?”
Recupero quella dote che solitamente appartiene alla ragazza al mio fianco e balbettando cerco di spiegarle parte del motivo che mi ha spinto a quella conclusione.
“N-non pensi a lui? I-insomma sai quanto tenga a te, come puoi approfittare dei suoi s-sentimenti per soddisfare i tuoi capricci?”
So bene quanto questa sia solo una facciata della medaglia, nemmeno la più importante in realtà. Quel sentimento che ho appena iniziato ad identificare già sta avendo effetti su di me che non credevo avrebbe mai potuto esercitare. Sicuramente non voglio che Marinette si approfitti dei sentimenti di Luka ma ciò che più mi ha spinto a dire quelle parole è semplicemente la consapevolezza di non poter sopportare l’idea che tra loro si possa creare un legame così profondo. Non so come potrei accettare di saperla tra le sue braccia, di sapere che si sia innamorata di lui, di sapere che tra loro ci sia stato qualcosa di più di un semplice bacio.
“È esattamente quello che ha fatto Adrien a me!”
La sua voce mi riporta alla realtà in modo quasi drastico.
“Cosa?!”
“Pensaci, anche lui ha fatto leva sui sentimenti che provo per rimanere al mio fianco senza che il nostro rapporto cambiasse. Sapeva cosa provassi nei suoi confronti e non si è preoccupato di quanto io potessi soffrire”
“Sì ma lui, al contrario tuo, non ne ha approfittato per baciarti o..”
La mia voce si interrompe, assorta in un dubbio che avrei preferito rimanesse mio ma che ormai sembra voler scivolare dalle mie labbra.
“Toglimi una curiosità, fin dove vi siete spinti tu e Luka?”
Non credo sarei mai riuscito ad essere così diretto se non vestissi i panni dell’eroe di Parigi. Adrien non gli avrebbe mai chiesto di raccontargli nei dettagli cosa abbia fatto con Luka. In verità, ancora non sono sicuro che sia stata la scelta migliore ma ormai questo pomeriggio sembra sancito dall’assenza completa della mia volontà, vinta da quel desiderio di conoscenza, un desiderio che potrebbe ritorcermisi contro.
“C-cosa intendi dire?”
“C-che cosa avete f-fatto assieme?”
“N-niente!”
Il mio sguardo sembra spingerla a chiarire quella posizione.
“C-c'è stato solo qualche bacio”
“Marinette...”
“C'è stato davvero solo qualche bacio!”
Non sembra credere nemmeno lei alle sue stesse parole.
“L-lui… Sentire le sue mani su di me…”
Un imbarazzo generale scende ad avvolgerci. Le sue parole sembrano confuse alle mie orecchie o forse semplicemente non riesco ad assimilare il fatto che lei si sia lasciata andare così tanto alla sua presenza.
Trascorrono istanti di silenzio mentre cerco di capire cosa stia succedendo dentro di me, tra noi, tra lei e Luka. Una confusione profonda mi invade e più cerco di far chiarezza, meno sembro riuscirci. La distanza tra noi si accorcia nuovamente mentre io mi specchio in quegli occhi profondi e pieni di sentimenti.
“M-Mari...”
Il suo volto mi attira inevitabilmente ed è altrettanto inevitabile il rombo lontano che sento propagarsi nell’aria. Il gatto nero della sfortuna, della distruzione non è solamente un modo di dire, per me rappresenta la verità assoluta, la mia realtà.
Mi rendo distrattamente conto di esserci alzati e di stringere Marinette nuovamente tra le mie braccia. Questa volta però non c’è nulla di dolce o romantico in tutto ciò, solamente paura che possa farsi male. Non aspetto nemmeno di sentire la sua opinione, trascino Marinette da un tetto all’altro, lasciandola a poca distanza da casa sua, sul tetto dal quale la stavo osservando tempo prima.
“Devo andare...”
“Cosa?”
I miei occhi tornano sui suoi mentre il pensiero di dover combattere, in quel momento, non mi attira per nulla. Mi infastidisce però maggiormente il dover lasciare Ladybug da sola a fronteggiare chissà chi.
“Non muoverti da qui, Marinette, tornerò presto, promesso!”
Non avevo la minima idea che non sarei mai riuscito a tener fede a quella promessa.
 
Vago per la città verso i boati che sembrano rimbombare nei pressi della scuola. Raggiungo il fulcro della confusione appena in tempo per appoggiare i piedi a terra durante una scossa devastante. In una via stretta e buia trovo due figure intente a distruggere tutto ciò che le circonda. Automobili, palazzine, cassette postali ed edifici vengono ridotti in macerie senza forma, ammassi di metallo. Le loro figure sono diverse da tutto ciò che ho visto fino ad ora e, di nemici, ne ho visti davvero molti.
Un pezzo di maceria si alza da terra dopo un nuovo colpo inferto da uno dei due personaggi controllati da Papillon. Il calcestruzzo inizia a sgretolarsi mentre il rimasuglio si staglia con velocità in direzione di una signora che sembra stia cercando di trascinare via il figlio piccolo, evidentemente attratto da tutto ciò che riguarda i supercattivi di Parigi. Velocemente allungo il bastone alle mie spalle, sollevandomi da terra e raggiungendo la donna appena in tempo per portarmi direttamente sulla traiettoria del cumulo di cemento.
Un tonfo sordo si perde sulla mia schiena mentre avvolgo gli innocenti che ho giurato di proteggere da qualunque pericolo. Un dolore incredibile si propaga nel mio corpo, costringendomi a far forza sulla donna per non cadere a terra.
“Chat Noir?”
La voce del bambino mi riporta al presente e su quel volto dove fino a pochi istanti prima potevo vedere solo curiosità, adesso leggo paura e preoccupazione. I suoi occhi continuano ad osservarmi, probabilmente cercando di capire il perché di quella smorfia di dolore. Io per primo mi trovo incredulo da tutta quella situazione. I poteri del Miraculous e di Plagg mi hanno sempre protetto, difeso da tutto ciò che avrei potuto affrontare in una lotta contro i nemici francesi. Questa volta però qualcosa sembra essere diverso e non sono sicuro che la colpa sia dei due personaggi travestiti da campioni mondiali di arti marziali.
“Sto bene, non preoccuparti”
Il bambino sembra credere alle mie parole quanto basta affinché io possa far presa sul suo istinto di maschio alfa intimandogli di portare sua madre a casa.
“Vieni, ti proteggerò io!”
Lo sento vantarsi del ruolo di paladino che gli ho conferito e trascinare la madre lontano da quella confusione.
Lentamente, molto lentamente, cerco di ricompormi ed adattarmi a quel nuovo dolore che mi ha sconvolto. Pochi secondi bastano per notare la presenza di altre persone, troppe per riuscire ad affrontare questi due nemici senza coinvolgerli, per di più, da solo.
“Dove sei Ladybug?!”
Utilizzo il mio bastone come arma, cercando di attirare l’attenzione di quelle due figure dagli strani costumi. Li colpisco un paio di volte prima di vederli voltarsi verso di me e capire che, in quel momento, solo io posso essere il loro obiettivo. Schivare i loro colpi non è la cosa più facile che io abbia mai fatto ma non risulta più difficile di un incontro di scherma. Ho passato anni a praticare quello sport ed ormai il mio corpo sembra muoversi e rispondere in automatico a certi movimenti avversari.
Dopo aver schivato la maggior parte dei loro attacchi, attiro la loro attenzione spostandomi da quella zona troppo affollata verso un campo più vasto e deserto, la Torre Eiffel.
I minuti seguenti sembrano avvolti da una strana forma di loop temporale. Mentre un avversario continua ad attaccarmi senza sosta, l’altro ricomincia a provocare scosse alla pavimentazione che ci circonda, lanciandomi contro tutto ciò che riesce a staccarsi da terra.
Evito l’ennesimo macigno ed un nuovo calcio per poi intravedere quel lampo rosso scagliarsi alle mie spalle e disintegrare qualcosa che sicuramente mi avrebbe provocato nuovamente un gran dolore.
“Ladybug, non ti nascondo che avrei preferito avere la tua compagnia molto prima”
“Scusa, sono stata occupata”
La vedo avvicinarsi con cautela, osservandomi con un’espressione dubbiosa. I suoi occhi continuano a vagare sul mio corpo, cercando i segni dei colpi subiti dai nemici ed io inizio a sentirmi a disagio sotto quello sguardo azzurro.
“Allora? Qualche idea, Ladybug?”
La sua attenzione si focalizza sui nemici, liberandomi da quella situazione.
Qualche secondo di pace basta alla mia mente per farsi sopraffare dai ricordi.
“Ho iniziato a provare qualcosa”
“Non è amore, è qualcos'altro”
“Mi sono sentita amata, desiderata, era come trovarsi avvolti dalle fiamme mentre fuori dalla stanza tutto il mondo sembrava sparito”
Ogni parola continua a ripetersi nella mia mente, ogni sillaba, ogni lettera sembra premere in un punto ben preciso dentro di me provocandomi una sensazione fastidiosa di ansia, tristezza e fastidio.
Scaccio quei ricordi velocemente, tentando di concentrarmi su ciò che ho di fronte, l’ennesima battaglia con l’ennesimo nemico. Ladybug continua a cercare una qualche soluzione ma più tempo si prende per vagliare ogni possibilità, più la mia mente sembra non concentrarsi a sufficienza, lasciando che quella sensazione strana si espanda dentro di me.
“Non vorrei metterti fretta, milady ma forse il tuo Lucky Charm potrebbe esserci utile prima del solito”
La maschera prodotta del potere della coccinella si beffa di noi e del nostro voler porre termine alla battaglia velocemente. Ladybug indossa quello strano oggetto, cercando di capirne l’utilizzo ma nulla sembra aiutarla e mentre lei sembra in balia dell’incomprensione, uno dei nemici pare aver capito quanto sia difficile per noi affrontarli.
Un colpo sordo mi giunge alle orecchie quando Ladybug crolla a terra, colpita in pieno addome.
“Ladybug! Stai bene?!”
“Forse ho… Capito”
La paladina di Parigi viene colpita una seconda volta ed il mio corpo sembra tornare a muoversi in automatico, ponendosi tra lei ed i nostri nemici. Gli attacchi nemici iniziano a sembrarmi sempre più precisi, sempre più veloci, sempre più forti ma so bene di non poter attribuire loro tanto merito. Non so cosa stia succedendo ma le forze che solitamente mi conferiva il Miraculous del gatto nero si stanno affievolendo secondo dopo secondo.
Vedo Ladybug osservare attentamente i corpi delle vittime di Papillon ed un sorriso lieve le tinge le labbra mentre mi spiega cosa fare per porre finalmente termine a questa battaglia. Bastano pochi istanti per vedere Parigi tornare allo stato originale e mentre la guardo, vedo sul suo corpo comparire dai vuoti lasciati dalla tuta. Proprio come la prima volta, la paura si fa spazio dentro di me, accompagnata da un’infinità di domande. Che diavolo sta succedendo? Il potere della coccinella dovrebbe assicurare a Ladybug forza e protezione, non solamente un bell’aspetto ed una maschera intrigante!
Ignorando il dolore di quelli che probabilmente diventeranno i primi lividi prodotti da Papillon, raggiungo la mia compagna d’avventure, preoccupato per il suo stato ma quando finalmente la raggiungo il mio corpo si lascia vincere dai colpi subiti, intaccando quel briciolo di forze che ancora mi teneva in piedi. Davanti a me, la paladina di Parigi inizia a sfocarsi, rendendosi sempre più un miscuglio tra i colori accesi del suo costume e le tonalità grigie dei palazzi che ci circondano. I suoi occhi azzurri iniziano a confondersi con la carnagione chiara mentre sento le ultime forze abbandonarmi.
Ricordo solo il suo tentativo di raggiungermi ma ormai il buio prende il sopravvento, dandomi la possibilità di sentirla ma non di reagire.
Non so dire di preciso quanto tempo sia passato, potrebbero essere secondi, come minuti od ore. Quello che so è che una strana sensazione inizia ad invadermi, un senso di calore che pare avere origine proprio dove so di essere stato colpito dai succubi di Papillon. Qualcosa di freddo e cremoso sembra posarsi sul mio corpo, lasciando dietro di sé sollievo da quell’inferno. Il dolore inizia a scemare ed il mio corpo sembra riuscire a muoversi, finalmente. Un volto mi appare davanti agli occhi, un volto sfocato, un volto confuso, un volto sorridente, un volto felice e dolce, un volto che incornicia due gemme azzurre dalla bellezza inconfondibile. Il colore profondo e splendente di quegli occhi non può che appartenere alla ragazza che negli ultimi giorni sta occupando ogni secondo delle mie giornate. Solo adesso mi rendo conto di quanto tempo io passi a cercare di non pensare a lei ed a quanto poco io ci riesca davvero. In fondo, nelle ultime settimane, in un modo o nell’altro, la mia testa non riesce a scostarsi da lei, da Marinette, dalla ragazza che non volevo ammettere che mi amasse profondamente, dalla fanciulla che riesce a farmi sorridere con molta semplicità e con forse più velocità riesce a farmi arrabbiare, dalla meravigliosa persona che è riuscita ad innamorarsi di me ed a nascondermelo per paura di non essere abbastanza per me. Da lei. Lei, che è riuscita a farmi provare affetto, tenerezza, dispiacere, dolore ed anche gelosia. Marinette.
Basta un secondo per riportarmi alla realtà, una realtà del tutto diversa da quello che stavo osservando fino a pochi istanti fa.
“Ladybug…”
Ero sicuro di aver visto Marinette, potrei davvero giurare di averla avuta accanto finora ma la persona che mi sta osservando con preoccupazione indossa un costume a pois lacerato dall’ultimo combattimento affrontato ed i suoi occhi non trasmettono felicità o allegria ma solo tanta preoccupazione e sofferenza. È in quel momento che la sento sussurrare qualcosa mentre il dolore riprende possesso del mio corpo, riportandomi in quell’oblio scuro e solitario.
 
Nuovamente perdo il conto del tempo trascorso. Il dolore sembra mitigato e, sebbene sappia di avere bisogno di riposo, qualcosa attira la mia attenzione, un profumo a me famigliare ed il rumore di alcuni recipienti che vengono spostati da una stanza all’altra.
Le mie palpebre si aprono velocemente, mostrandomi una stanza completamente sconosciuta. Non ricordo niente, nulla su come io sia potuto arrivare qui e nemmeno dove sia esattamente questo posto.
Lentamente scosto le coperte dal mio corpo, scendendo dal letto con cautela. Una strana sensazione prende il sopravvento su di me, qualcosa di diverso dal senso di oppressione e prigionia che hanno offuscato la mia vita per anni, qualcosa più simile al calore di una famiglia.
Raggiungo la porta della stanza e con decisione la apro, scoprendo che il profumo che sentivo altro non era che un aroma di formaggio ed erbe aromatiche.
“Non è salutare mangiare tutto quel formaggio prima di cena”
“Non posso resistergli, è come un sirena per me”
“Sai che le sirene non esistono, gli esseri umani le hanno inventate secoli fa per giustificare il loro destino avverso”
Un rumore più lieve si sente appena distante da quelle voci e l’odore di una tisana aromatizzata alla cannella si espande fino a me. Con molta lentezza raggiungo la soglia di quella stanza, sorprendendo Plagg alle prese con un formaggio ben più profumato rispetto quello che solitamente mangia. Al suo fianco, Wayzz sta gustando dei semplici biscotti mentre il Maestro Fu si accomoda, lasciando sul tavolino due tazze dai decori orientali.
Un passo ancora e la mia presenza viene notata da Plagg che, stringendo tra le mani il suo formaggio, svolazza fino a raggiungermi.
“Ben svegliato, Adrien”
“Plagg… Grazie…”
Il suo corpo ha delle piccole macchie trasparenti, qualcosa che mai avevo visto prima.
“Cosa ti è successo?”
Il Kwami osserva il suo colorito sbiadito per poi ingoiare l’ultimo pezzo di formaggio e riprendere il suo volo verso il tavolo.
“Questo succede se ti fai confondere dal camembert”
“Cosa?”
“Adrien”
Il Maestro Fu attira la mia attenzione e quasi mi dimentico di quella frase sconnessa sul suo formaggio preferito. Cosa centra adesso il camembert?
I miei occhi vagano per la stanza, fino a trovare quelli rassicuranti del Guardiano dei Kwami. Con un gesto semplice mi invita ad unirmi a lui per gustare una tazza di quello che, sono sicuro, sarà un’ottima qualità di thè.
Lentamente mi avvicino al tavolino, inginocchiandomi a terra come le usanza cinesi impongono. Ricordando le lezioni sulla cultura orientale, chino la testa, ringraziando il Maestro per la tisana e l’ospitalità. La mia mente sembra elaborare i pensieri senza che io debba far nulla, quasi come se fossi un automa e non un ragazzo con mille domande in testa.
Plagg e Wayzz riprendono a conversare mentre io sorseggio in silenzio quel liquido scuro.
“Come ti senti?”
“Cosa? Ah, bene… Più o meno”
I miei occhi ritrovano i suoi, verde nel marrone intenso.
“Ne sono felice”
“Cos’è successo a Plagg?”
Il sorriso di quest’uomo si adombra, rendendo l’atmosfera cupa e triste.
“Credo sia arrivato il momento di raccontarti una storia, Adrien”
Il Maestro posa gli occhi sul liquido dentro la tazza mentre inizia a narrare la storia non troppo felice di una portatrice del Miraculous della volpe, una giovane piena di buoni propositi ma dal cuore e dalla mente troppo combattuta. Qualcosa mi suggerisce che la sua vita possa in qualche modo farmi capire cosa sia successo a Plagg ma più cerco di trovare delle somiglianze, meno sembro riuscirci, almeno fin quando i miei occhi non tornano sulla sua figura, trovando la posizione delle sue zone vuote molto famigliari. Il Kwami sembra cercare di ignorarmi, in attesa che sia io a comprendere il significato di tutta quella storia.
Immagini dell’ultima battaglia contro i nemici di Parigi si palesano davanti ai miei occhi e le mie mani tornano veloci al mio corpo. Sollevo la maglia, scoprendo lividi rossastri di dimensioni che mai avevo visto, nemmeno dopo ore di allenamento.
“Ma cosa…”
Sono proprio quei segni a collegare la storia del Maestro Fu a quel dolore durante l’ultimo combattimento. Non mi ero nemmeno reso conto di poter fare del male a Plagg, non mi ero reso conto di poter limitare così tanto il suo potere sul mio corpo semplicemente assecondando la confusione della mia mente. Non mi ero nemmeno reso conto di avere così tanti pensieri, confusi e complessi tanto quanto i miei sentimenti.
“Com’è possibile?”
“La mente può influenzare molto il corpo umano, Adrien”
“Al punto da indebolire il potere del Miraculous?”
“Esattamente. Il legame tra te e Plagg viene condizionato dalla confusione dei tuoi pensieri e questo può arrivare ad annullare la trasformazione prima del tempo o renderla talmente flebile da non proteggerti”
“I miei pensieri…”
“Ed i tuoi sentimenti, Adrien”
Il silenzio mi avvolge, lasciando spazio in me solo ad una serie di dubbi e quesiti. Sono quei pensieri ad aprire in me una voragine profonda. Quei lividi, quel dolore, la trasformazione svanita in alcuni punti, io ho già visto tutto questo e non sul mio corpo purtroppo.
“Ladybug…”
“Sta bene, non ti preoccupare”
“No, non sta bene, non stava bene l’ultima volta e sicuramente non sta bene adesso!”
“Adrien, calmati”
“Non posso calmarmi! Lei ha bisogno di aiuto!”
“Adrien…”
“Calmati, il tuo camembert sta meglio di te”
La voce di Plagg risuona nella stanza e con poche e semplici parole riesce a riportare tranquillità dentro di me. Lui è l’unico che possa capirmi, perché è l’unico che sappia quanto tengo a lei.
“Cosa?”
“Ladybug sta bene, meglio di noi comunque”
“Ne sei sicuro?”
Un sorriso beffardo gli dipinge il volto.
“Certo. Sai, è stata lei a salvarti”
“Cosa?”
La voce del Maestro torna a farsi spazio nella discussione tra me e Plagg.
“Ti ha portato da me, in modo che io potessi aiutarti. Le vostre trasformazioni ormai si erano sciolte e lei non aveva potuto accompagnarti fino alla mia porta. Prima di svenire mi ha pregato di raggiungerti e di salvare te, Plagg e Tikki”
Il Maestro assapora l’ultimo sorso di tisana prima di riprendere il suo monologo.
“Tu, però, non avevi più bisogno di me mentre lei sì”
“Cosa significa?”
“Le tue ferite erano già state curate attentamente da Ladybug mentre le sue erano fresche e profonde”
“Com’è possibile?”
“A volte sei davvero stupido, Adrien”
“Plagg!”
Sento il Maestro sghignazzare mentre Plagg mi guarda con arroganza. Cosa c’è di tanto stupido nella mia domanda?
“Avevo lasciato a Ladybug una pomata speciale per queste occasioni, la stessa che l’ha aiutata dopo l’ultimo scontro. Avrebbe potuto usarla su di sé, portarti qui e lasciare che fossi io a guarirti ma ha preferito aiutare te, ignorando il dolore che provava e lo sforzo che le sarebbe costato accompagnarti da me”
“Cosa…”
“Per fortuna le sue ferite non erano molto gravi. Si è ripresa dopo appena mezz’ora di sonno e, dopo aver ricevuto una nuova confezione di pomata, è tornata a casa di fretta. Voleva evitare di vederti senza maschera”
“Capisco”
Il pensiero che Ladybug abbia rischiato di sentirsi davvero male pur di aiutarmi mi lascia senza parole. Ho sempre saputo quanto lei fosse altruista e generosa ma non credevo che potesse tenere alla mia sicurezza più che alla sua.
“C-come stava?”
“I suoi lividi stanno meglio dei tuoi ma ci vorrà ancora qualche giorno perché si rimetta completamente”
“Tikki?”
“Anche a lei servirà qualche giorno di tranquillità”
“Tranquillità eh?! Potremmo chiedere a Papillon il favore di non disturbarci per un po’”
Il Maestro Fu si adombra per un istante, prima di ricordarmi che non sempre ciò che desideriamo si avvera.
“Possiamo solo sperare che non si sia accorto di nulla”
“Già”
Il silenzio torna prepotente tra noi, lasciandomi il tempo di costatare quanto il dolore sia ancora forte nei punti colpiti dai nemici qualche ora fa.
“Maestro?”
Lo sguardo di questo vecchietto torna su di me, abbandonando i suoi pensieri, evidentemente non troppo felici.
“Quanto tempo servirà a me per guarire completamente?”
“Purtroppo credo avrai bisogno almeno di una settimana. Il tuo corpo non è abituato all’effetto della pomata ed i lividi faticheranno a sparire velocemente”
“Capisco”
Il Maestro lascia la tazza sul tavolo, alzandosi e dirigendosi verso una piccola credenza. Una volta estratto un contenitore di medie dimensioni, richiede lo sportello e torna accanto a me.
“Ricordati di spalmarla sui lividi almeno una volta al giorno, anche due se ti senti male”
Afferro il barattolo ed al suo interno vi trovo una crema fredda ma dal profumo intenso, lo stesso aroma che mi era sembrato di sentire poco dopo la battaglia. Il ricordo confuso della sensazione di avere accanto a me Marinette torna a farsi presente nei miei pensieri mentre ringrazio il Maestro ed aiuto Plagg a posarsi all’interno della mia maglia. Solo in quel momento mi rendo conto del problema che rappresentano i lividi.
Velocemente srotolo le maniche e chiudo la camicia, così da coprire ogni macchia sulle braccia e l’assenza della tshirt sul torace ma i pantaloni strappati potrebbero rappresentare uno scoglio.
Non posso rientrare a casa con dei lividi, mio padre potrebbe anche non accorgersene ma a Nathalie non sfuggirebbero e basterebbe una parola a Gabriel Agreste per condannarmi a passare il resto della settimana, o peggio, del mese, chiuso in casa. Non posso permetterlo. Specialmente quando il prossimo week end si terrà l’evento dedicato ai due paladini della città.
Ringrazio nuovamente il Maestro e mi avvio verso il primo negozio di abbigliamento aperto. Afferro il primo paio di jeans della mia taglia e corro a cambiarmi. La vera impresa è pagare quell’acquisto senza dover subire una radiografia dal personale. Per fortuna i convenevoli durano non più di qualche minuto e, dopo aver infilato i pantaloni sgualciti nella borsa del negozio, mi avvio velocemente verso casa.
Varcata la soglia di quella prigione dorata, non passano che pochi secondi per vedere uscire mio padre dal suo studio. Intento a raggiungere più velocemente possibile la mia stanza, ignoro completamente il suo sguardo da falco che impiega poco per trovare quel dettaglio che stona completamente con l’immagine che suo figlio deve riportare al pubblico.
“Cosa sono quelli?”
“I miei pantaloni si sono bagnati, padre. Un mio amico mi ha prestato un paio di suoi jeans per il rientro”
“La prossima volta portati un cambio. Sei il primo modello del marchio Agreste, non puoi indossare abiti di un altro marchio”
Il suo sguardo si sposta sui pantaloni che indosso mentre sposta leggermente gli occhiali dal suo volto.
“Sempre che di marchio si tratti. Sembrano acquistati in un supermercato”
“Mi cambio subito”
“Bene”
Gabriel Agreste torna all’interno del suo studio, seguito da Nathalie mentre io mi avvio a passo spedito in camera mia. Una volta richiusa la porta della stanza, finalmente posso lasciarmi scivolare sul pavimento, sfinito.
Una sola parola riesce a spiegare questo pomeriggio, tutto ciò che è successo e tutto ciò che ne è seguito.
“È un disastro…”

***

Buon pomeriggio e ben ritrovati!! Lo so, lo so, sono super in ritardo ma tra le mille cose che ho da fare tutti i giorni non ho smesso un attimo di pensare a questa storia, infatti ho già in mente moltissime dinamiche per i prossimi capitoli, devo solo trovare il tempo di metterle per iscritto ^^'
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, un pov Adrien pieno di sentimenti, sensazioni e tanta confusione! Ammetto di aver amato follemente le uscite di Plagg e tutto il caos che vive dentro Adrien, povero cucciolo <3
Mi raccomando, come sempre fatemi sapere cosa pensate di questo capitolo, sono sempre molto curiosa dei vostri commenti! Torno a scrivere, finché posso ;) <3
Un bacio ed un caro saluto,
miss_MZ93

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 ***


Di nuovo queste pareti, di nuovo questa sensazione di dolore ma decisamente più lieve rispetto la scorsa volta. Di nuovo questi lividi, sebbene in luoghi diversi da prima. Di nuovo qui, a chiedere aiuto mentre dovrei essere quella che lo dà.
I pensieri offuscano la mia mente, occupando ogni spazio libero e ricordandomi quanto questa giornata si sia velocemente trasformata in un buco nero. Non riesco ancora a credere a ciò che è successo.
Non posso credere di aver visto Chat Noir svenire davanti ai miei occhi a causa degli attacchi nemici. Non posso credere di aver visto la sua tuta nelle stesse condizioni in cui lui deve aver visto la mia. Solo adesso capisco la sua preoccupazione, quello sguardo allarmato ed il desiderio di non abbandonarmi al mio destino. Qualcosa però continua a sfuggirmi, non pensavo che anche lui stesse attraversando un periodo difficile e complicato, non sapevo che avesse dei problemi con i suoi sentimenti ma, in fondo, tutto questo è normale perché io non ho mai voluto sapere molto di lui per paura di scoprire qualche dettaglio che mi avrebbero svelato la sua identità.
“La sua identità…”
Se solo avessi voltato lo sguardo qualche minuto più tardi, avrei visto il ragazzo che si cela sotto quella maschera, avrei dato un volto a quella figura così misteriosa. Ovviamente non avrei mai potuto fargli un torto simile. Entrambi sappiamo quanto sia importante mantenere segrete le nostre identità ed è proprio per questo motivo che devo trovare la forza di alzarmi da questo pavimento e tornare a casa.
Sbuffo pesantemente mentre cerco di far leva sulle braccia. Per un attimo, un lunghissimo ed intenso attimo, le ferite mi lasciano senza fiato, intenta a nascondere il mio dolore con un gemito strozzato a mezz’aria.
Il mio lamento non viene ignorato e quella stanza vuota viene riempita velocemente dalla voce del Maestro che mi intima di riposare qualche altro minuto. Purtroppo, sappiamo entrambi quanto un solo istante possa essere pericoloso per me, per lui e per Chat Noir.
Tikki svolazza verso di me, ancora un po’ stanca e provata ma con un dolce sorriso in volto.
“Sei stata bravissima, Marinette”
“Non quanto te. Grazie di aver vegliato su di loro, Tikki. Mi dispiace aver approfittato del tuo potere tanto a lungo”
Scuote il volto con energia, avvicinando le sue tenere manine alla mia pelle.
“Io avrei fatto la stessa cosa”
Un sorriso tirato si allarga sulle mie labbra mentre cerco di capire quanto sia grave la sua situazione. Il suo corpo è solo leggermente sbiadito, un risultato decisamente migliore rispetto l’ultima volta, eppure guardando il suo volto capisco quanto, in realtà, ancora stia soffrendo.
“Sto bene, non ti preoccupare. Mi serve solo un po’ di riposo”
“Mi dispiace, Tikki”
La vedo sorridere con affetto, prima di appoggiarsi alla mia spalla, forse stanca di svolazzare in giro per la stanza.
Mi alzo lentamente dal materassino morbido sul quale il Maestro mi ha lasciata riposare finora. Le gambe sembrano reggere il mio peso con fatica ma la determinazione che mi contraddistingue vince sulla stanchezza e sul dolore delle ferite. Mi volto verso il Guardiano dei Miraculous, cercando di impormi un sorriso convincente.
“Grazie per l’aiuto Maestro”
“Sono io a doverti ringraziare, Marinette. Mi scuso solo di non averti potuto procurare un letto comodo”
“Era più importante che lo avesse lui”
Il Maestro e Tikki mi guardano sorridendo mentre io ricordo il volto dolorante di Chat Noir prima che svenisse. L’ho visto in moltissime occasioni, dalle più ilari alle più irritanti ma mai, mai in questo modo, mai pieno di lividi, mai inerme ed indifeso.
Mi appoggio al tavolo accanto al materassino, cercando le forze di riprendere la via di casa ma un dolore acuto si propaga dal mio braccio, lasciandomi con un gemito malamente sommesso. La mia mano corre al punto in cui ritrovo il taglio provocato dalla caduta prima della battaglia.
“Purtroppo la pomata non ha avuto molto effetto su quella ferita”
La voce del Maestro mi riporta alla triste realtà.
“Speravo davvero potesse aiutarmi”
A quanto pare, il potere di quella crema può aiutare solamente i danni subiti durante la trasformazione. In fondo, me lo aspettavo.
“Marinette stai bene?”
Mi volto verso Tikki, evidentemente confusa e preoccupata per quel taglio che percorre tutto il mio braccio. Non deve essere un bello spettacolo per lei, lei che tiene sempre alla mia salute più che alla sua.
“Sì, non ti preoccupare, devo solo disinfettarla e bendarla”
“Dovresti farti visitare, Marinette”
“Non è necessario, davvero”
Probabilmente dovrei seguire il loro consiglio ed andare da un medico ma questo metterebbe in allarme i miei genitori e, per quanto mi conoscano, nemmeno loro potrebbero credere che io sia inciampata in camera mia e mi sia provocata un taglio simile.
“Sei più testarda di lui”
La voce di Plagg interrompe le insistenti parole di Tikki e del Maestro Fu. Il Kwami di Chat Noir barcolla fino al tavolo, dove si lascia cadere con poca grazia, poco distante dalla mano con cui cerco di sorreggermi.
“Ben svegliato, Plagg, come stai?”
“Sono stato meglio. Se solo ci fosse del Camembert”
Il mio sguardo finisce sul suo corpo, a tratti pallido, a tratti invisibile. Detesto vedere i Kwami in questo stato, soprattutto quando so perfettamente che la causa del loro dolore siamo io e Chat Noir. Osservando le ferite di Plagg, inevitabilmente mi chiedo quanto possano essere gravi quelle riportate dal mio collega, da quel gatto che tanto sa irritare Ladybug quanto essere premuroso con Marinette.
“Mi dispiace, Plagg”
Non saprei dirgli nulla più di questo, nemmeno volendo.
“Non preoccuparti, non morirò di fame”
“Non per quello”
Il suo sguardo verde si posa su di me mentre il mio si muove velocemente verso un punto impreciso oltre la finestra. Vorrei davvero sapere cosa stesse pensando Chat Noir durante la battaglia. Cosa può averlo confuso così tanto?
Con lentezza il Kwami raggiunge il mio volto, ponendosi davanti ai miei occhi.
“Non è colpa tua”
“Non credevo che potesse succedere anche a voi, a lui. Se solo lo avessi saputo io… Avrei potuto….”
Cosa? Cosa avrei potuto fare? Aiutarlo? Come? Ascoltando i suoi problemi? Cercando di consolarlo? Consolarlo per cosa poi?
Gli occhi di Plagg non lasciano il mio volto nemmeno quando mille domande iniziano ad affollare la mia mente.
“Starà bene, non preoccuparti”
Un sospiro malinconico esce dalle mie labbra mentre Plagg continua a guardarmi. Nel suo sguardo però, non c’è più traccia di ilarità o stanchezza, solo un concentrato di determinazione e sicurezza.
“Starà bene, te lo prometto”
Te lo prometto.
Quelle tre parole riescono, in un modo quasi magico, a riportare un barlume di tranquillità in me. Sorrido dolcemente al Kwami di Chat Noir, ricordandomi quanto tempo io stia sprecando qui, con la possibilità che lui si svegli, con la possibilità che raggiunga questa stanza, con la possibilità di vederci.
Scuoto velocemente la testa, liberandomi da quei pensieri e con attenzione aiuto Tikki a nascondersi tra le pieghe dei miei indumenti strappati.
“È arrivato il momento”
Il Guardiano lascia un nuovo barattolo di crema nelle mie mani, cercando di convincermi a rimanere qualche altro minuto ma entrambi sappiamo quanto questo possa essere pericoloso.
“Chat Noir potrebbe svegliarsi da un momento all’altro”
Mi avvio verso la porta ma prima di lasciare quella stanza, il mio sguardo torna sul Maestro per poi incatenarsi a quello verde di Plagg.
“Grazie”
Perché so che ti prenderai cura di lui. Perché so che lo aiuterai a far chiarezza con i suoi sentimenti. Perché so che gli starai accanto come vorrei poter fare io.
 
Giro e rigiro la confezione di pomata tra le mani mentre ripercorro la strada verso casa. Le vie di Parigi sembrano più affollate del solito, proprio adesso che vorrei solo non farmi vedere da nessuno. I miei vestiti strappati hanno suscitato per lo più sguardi preoccupati, tanto che una signora anziana si è avvicinata cercando di capire come potesse aiutarmi. Nessuno di loro potrebbe mai farlo ma sapere che i cittadini francesi siano così solidali e premurosi con una semplice ragazza come me riesce a scaldarmi il cuore, per un attimo.
Una volta giunta davanti al mio palazzo, ricordo di aver lasciato le chiavi di casa nella mia stanza.
“Maledizione”
Velocemente mi osservo attorno, cercando di capire quanto io possa ancora dimostrarmi incosciente. Sollevo leggermente la maglia a brandelli, liberando Tikki dalla morsa dei vestiti.
“Ho bisogno di un favore, Tikki”
“Le chiavi?”
“Le chiavi”
La vedo annuire sconsolata, probabilmente intenta a ripensare a quanto possa essere stata stupida nell’abbandonarla per rifugiarmi sulla Torre Eiffel con Chat Noir. Avrei dovuto pensare alle conseguenze, avrei dovuto pensare a tutto ciò che stavo lasciando in quella stanza, semplicemente avrei dovuto pensare.
Tikki osserva per qualche secondo il palazzo, probabilmente cercando di ricordare dove io possa aver lasciato esattamente le chiavi.
“Non credo di riuscire ad arrivare fin lassù”
Il suo sguardo torna ad osservarmi, prima di svanire oltre la soglia di casa. Il rumore della serratura che scatta rimbomba lievemente all’interno della struttura mentre il corpo sbiadito di Tikki si affaccia dalla porta, intimandomi di entrare velocemente.
“I miei genitori?”
“Sono ancora in laboratorio. Sei fortunata che domani debbano consegnare due torte, non credo si siano accorti della tua assenza”
“Grazie Tikki”
Con passo felpato, degno di una delle migliori spie investigative francesi, mi avvio al piano di sopra, giungendo velocemente in camera mia. Una volta richiusa la porta, mi lascio vincere da un sospiro profondo prima di raggiungere il comodino ed appoggiarvi la crema del Maestro Fu. Mi avvicino all’armadio, afferrando un paio di pantaloni comodi, larghi ed assolutamente non aderenti ai lividi che a tratti ancora sembrano bruciare come l’inferno. Raccolgo anche una maglietta a maniche lunghe che mi permetta di nascondere il taglio sul braccio e mi avvio in bagno per una doccia calda.
Avvio il getto dell’acqua calda mentre cerco il disinfettante e la garza. Mi libero degli indumenti, poco più che pezzi di stoffa da gettare, per poi osservare attentamente il mio riflesso nello specchio. Il mio volto è pallido, stanco e provato da questa vita frenetica mentre il mio corpo è cosparso da lividi scuri, ricordi di quanto la confusione della mia mente possa costarmi.
Mentre la stanza si riempie di calore e profumo di rose, porto il braccio sotto al getto fresco del lavandino, per poi disinfettarlo velocemente. Il taglio ha smesso di sanguinare ma la ferita brucia a contatto con il liquido. Una smorfia di dolore mi vince mentre asciugo con cura il braccio e mi infilo velocemente sotto il getto caldo della doccia. Lavarmi sembra diventare sempre più complicato. Ad ogni mio gesto, una sensazione di dolore si irradia nel corpo, ad ogni mio movimento, un nuovo livido rischia di scontrarsi con la parete del box, ad ogni goccia di bagnoschiuma che corre sulla mia pelle, un diverso colore imbratta la mia pelle, dal rosso, al rosa, al bianco candido.
Trascorro pochi minuti all’interno della doccia, il tempo necessario a ripulirmi da sudore, paura, dolore e sofferenza. Quando riemergo dal box, asciugo con cura i capelli avvolgendoli con un panno pulito. Prima di vestirmi, disinfetto nuovamente la ferita al braccio, cercando di accelerare il processo di guarigione ma io per prima so bene quanto queste cose abbiano bisogno di tempo. Ci vorrà una settimana buona solo perché si rimargini, senza parlare del tempo che servirà affinché ogni traccia di rossore o gonfiore sparisca dal mio corpo.
“Marinette, dovresti farti visitare da un medico”
“Serve solo un po’ di tempo, niente di più”
“Ma Marinette…”
“Niente ma, Tikki, tranquilla”
Avvolgo il braccio con la garza, sparando che questo aiuti ad impedire infezioni o dolore insopportabile. Non è la prima volta che mi ferisco. In fondo, la mia goffaggine è nota a chiunque mi conosca. Questa, però, è la prima volta che non posso fare affidamento su mia madre, su Alya o su Chat Noir.
Il volto di Tikki si vela di preoccupazione, per me, per la mia mente, per il mio corpo. Fermo la fasciatura, assicurandomi che sia ben stretta attorno al braccio e le sfioro una guancia con un dito.
“Non preoccuparti, Tikki. Sto bene”
Il suo volto mi osserva attentamente mentre mi vesto con la lentezza tipica di una lumaca.
“Perfetto, adesso pensiamo a te”
Un sorriso sommesso le sfiora le labbra mentre mi avvio in cucina, cercando qualche biscotto delizioso per la mia piccola amica rossa e nera. Afferro un piccolo piatto dalla credenza, riempiendolo di ogni dolce presente in casa per poi tornare in camera. Tikki mi sorride, vedendomi rientrare con un bottino degno di un buffet. Con una mano cerco di sollevarla, senza farle del male e mi avvicino alla scrivania, dove la lascio adagiata al piattino. Vederla divorare ogni biscotto mi rincuora. Se questo è tutto ciò che posso fare per lei, sono felice di poterla viziare e lo farò ogni giorno della mia vita, finché avrò la possibilità di averla accanto.
“Ti voglio bene, Tikki”
La mia dolce amica mi sorride con la bocca impegnata ad assaporare un dolce al cioccolato, i suoi preferiti. Quell’espressione, il suo sorriso, è tutto ciò che mi serve in questo momento, la consapevolezza che possa riprendersi al più presto e star bene.
 
Il giorno seguente fatico a svegliarmi, non tanto per quei sogni che mi perseguitano e mi confondono sempre più, quanto per il riposo assoluto di cui il mio corpo sembra avere bisogno.
La sveglia continua a suonare, finché la mia mano non raggiunge il cellulare, fermando quel rumore assordante. Devo cambiare suoneria, assolutamente.
Con lentezza disarmante apro gli occhi, ritrovandomi nella mia stanza con le coperte aggrovigliate alle caviglie. Sembra che la giornata si presenti insolitamente molto calda. Il proposito di indossare qualcosa che ricopra ogni mio livido diventa sempre più flebile ma, per quanto io tema di poter sudare, l’unica scelta possibile ricade su di un pantalone a sigaretta rosso scuro, non troppo aderente ed una maglia nera. Cerco di fermare i capelli con delle forcine, acconciandoli in semplici trecce ai lati per poi afferrare il barattolo della pomata e cospargerla sul corpo. Per fortuna il suo effetto è quasi immediato e mi lascia con una sensazione di intorpidimento ma nulla di più. Controllo velocemente la ferita al braccio e finalmente riesco a vestirmi.
Quasi pronta per una nuova giornata, raccolgo da terra lo zaino ed infilo al suo interno i libri di testo per le lezioni di oggi. Prima di uscire mi assicuro di portare con me anche la piccola borsa di Tikki, riempita di biscotti al cioccolato e, soprattutto, della crema del Maestro.
Divoro la colazione in pochi bocconi, l’unica cosa che io sia riuscita a mandar giù dal pranzo di ieri. Esco velocemente di casa, salutando frettolosamente i miei genitori, ancora intenti a rifinire le decorazioni delle torte.
Correre per le strade di Parigi per me è sempre stata un’abitudine, dovuta soprattutto ai miei continui ritardi. Oggi, però, non riuscirei a sforzarmi tanto nemmeno se lo volessi davvero. Essendo in largo anticipo quindi, mi lascio vincere da una passeggiata lenta, di quelle che ti danno modo di pensare, di riflettere e di osservare ciò che ti circonda.
Ho sempre amato Parigi, la capitale della Francia, la città più bella e splendente che io abbia mai visto. Quest’oggi però, nemmeno il suo fascino riesce a distogliere i miei pensieri da lui. Vorrei sapere come si sente, se sta bene, se i suoi lividi stanno guarendo, se anche lui soffre come me ma, più di ogni altra cosa, vorrei davvero capire cosa lo stia tormentando. Plagg sembrava piuttosto tranquillo ma ho l’impressione che stesse cercando di essere forte per entrambi. Credo che lui tenga davvero molto a Chat Noir, o meglio al ragazzo che si nasconde sotto quella maschera.
“Chat…”
“Buongiorno Marinette!”
La voce di Alya mi riporta alla realtà, distogliendomi dal pensiero di quel gatto nero che sembra non voglia lasciarmi.
“Ciao Alya”
“Tutto bene?”
“Certo”
“Mi sembri un po’ stanca”
Si vede così tanto? Sono a pezzi, fisicamente, mentalmente, sono davvero stanca.
“Non ho dormito molto bene questa notte”
Cerco di distrarre la mia migliore amica chiedendole della domenica romantica con Nino e, per mia fortuna, il discorso sembra emozionarla al punto di ignorare completamente me ed il mio stato pietoso.
Chiacchierando, varco la soglia della struttura scolastica, addentrandomi nella grande sala che si districa poi nei vari corridoi. Le lezioni di oggi sono per lo più ripassi in attesa delle ultime interrogazioni, il che mi lascia la possibilità di non muovermi troppo, limitandomi a prendere qualche appunto sugli argomenti che più mi risultano problematici. Il primo insegnante entra in classe, attirando l’attenzione di tutti. Il registro di classe viene posato sulla cattedra mentre la sua voce profonda arriva alle nostre orecchie.
“Oggi purtroppo Adrien non sarà presente, non si sentiva molto bene”
Il mio cervello impiega qualche minuto di troppo per elaborare quella notizia, minuti che spreco nel guardare il suo posto vuoto. Non mi ero nemmeno accorta della sua assenza, assorta com’ero nel tentativo di non pensare a Chat Noir. Mi accorgo solo dopo qualche minuto di avere ancora lo sguardo fisso sullo spazio che solitamente è occupato dalla sua figura.
“Non è nulla di grave, Marinette, ha solo un po’ di raffreddore”
“Eh?”
La voce di Nino giunge alle mie orecchie, flebile ma sicura.
“Non preoccuparti, domani dovrebbe tornare a scuola”
“Ah, sì, certo”
Il suo sguardo è dolce, quasi compassionevole. Forse è proprio questo che prova la gente mentre osserva il mio morboso attaccamento verso Adrien, compassione. Non so perché ma questo pensiero non mi rallegra minimamente. Scuoto la testa, cercando di evitare pensieri malinconici. Non posso continuare ad avere tutta questa confusione in testa. La preoccupazione verso Adrien purtroppo non riesce a distrarmi dal vero fulcro dei miei pensieri e velocemente torno ad immaginarmi due orecchie da gatto che corrono verso di me, crollando al suolo poco dopo.
 
Le lezioni proseguono velocemente ed io non sono riuscita a segnare sul quaderno nemmeno una parola dell’insegnante. Durante l’intervallo sono riuscita a sgattaiolare fuori dall’aula, più per non sentire nuovamente consolazioni sullo stato di salute di Adrien che per un motivo realmente fisiologico.
Una volta suonata l’ultima campanella, i miei piedi si sono mossi velocemente, riportandomi a casa senza che nemmeno me ne accorgessi. Non ricordo nemmeno cosa sia successo nelle ultime due ore, so solamente di non aver toccato cibo dalla colazione e di aver preferito raggiungere il letto ed abbandonarmi ad una dormita profonda, piuttosto che passare mezz’ora a divorare il pranzo.
Le ferite stanno consumando ogni briciola di energia che ho in corpo, lasciandomi sempre più stanca e provata dalla mia stessa vita. Pensavo che questa volta sarebbe stato diverso, che il mio corpo avrebbe assimilato al meglio il modo di combattere contro questo dolore, contro questi lividi che macchiano il mio corpo. Mi sbagliavo. Se possibile, mi sento anche peggio.
 
Le giornate trascorrono sbiadite, tra una lezione, un pisolino pomeridiano e le notti trascorse ad assecondare incubi in cui rivivo ogni secondo di quella domenica.
Mercoledì, la chioma bionda di Adrien torna a scuola. Credo di aver sentito Nino avvisarmi ieri ma ormai la mia testa sembra essersi focalizzata solamente su Chat Noir, sul suo stato fisico e sul discorso affrontato con lui. Solitamente avrei chiesto al modello come si sentisse, mi sarei interessata di più alla sua assenza, mi sarei tormentata nel rivederlo e, sicuramente, avrei balbettato qualcosa di incomprensibile per fargli capire quanto fossi felice di rivederlo a scuola. Questi ultimi giorni però sono stati talmente pesanti e difficili che la sua presenza mi appare come un’informazione distorta e confusa. Anche le ore trascorse a scuola sembrano susseguirsi senza fine, almeno fin quando non giunge l’intervallo a portarci un po’ di pace.
“Come stai?”
La voce di Alya interrompe la sequenza di pensieri che avvolgono la mia mente come una nebbia pressante.
“Meglio, grazie. Devo essermi raffreddato, nulla di grave”
Il sorriso di Adrien sembra spento, privo di quella allegria che solitamente coinvolge anche i suoi occhi verdi. Anche il suo corpo sembra stanco, provato da qualcosa peggiore di un banale raffreddore.
“Sicuro?”
La mia voce risuona nelle mie orecchie ovattata, quasi infastidita dal rumore costante dei miei pensieri.
“Come?”
“Sicuro di star bene?”
Il suo sguardo si perde nel mio, cercando qualcosa nei miei occhi, forse il motivo di quella mia domanda.
“Sì, grazie”
“Non mi sembra proprio”
“Cosa stai dicendo, Marinette?”
“A me sembra in piena forma”
Le voci di Alya e Nino interrompono quello scambio di battute, infastidendomi più della confusione che regna nella mia testa in questo momento.
“Non devi preoccuparti per me, Marinette”
Gli occhi profondi di Adrien mi guardano con dolcezza ma con un cipiglio oscuro che non mi è dato decifrare. Che sia preoccupazione, che sia tristezza, che sia dolore, non riesco a capirlo perfettamente.
Mi alzo lentamente, scendendo i gradini che oggi sembrano più pericolosi di qualunque scalata in montagna.
“Dovresti tornare a casa, non stai bene”
Non so nemmeno spiegare il tono con cui quelle parole mi escono dalla bocca ma quando arrivo sulla soglia, rilascio un sospiro, felice di non essermi ritrovata con il sedere a terra. Mettere a fuoco il mondo attorno a me sta diventando sempre più difficile, sempre più complicato.
Con una sicurezza che non provo nemmeno per un solo istante, attraverso la porta della stanza, dirigendomi al bagno, unico posto in cui, in questi giorni, sono riuscita a riposare quei dieci minuti tra una lezione e l’altra.
I contorni delle pareti continuano a mescolarsi, provocandomi quasi un conato di vomito per la confusione che riportano alla mia mente, già sovraffollata. Quasi arrivata al bagno, sento una mano afferrarmi il braccio fasciato, provocandomi un dolore allucinante alla ferita che sta tentando di rimarginarsi del tutto.
“Marinette?”
Volto lo sguardo, forse troppo velocemente per la mia condizione e mi ritrovo ad un centimetro dal volto del mio compagno di classe.
“Adrien…”
“Stai bene?”
Tento di ignorare la sua domanda, annuendo lentamente in cerca della forza di scappare dietro la porta del bagno femminile.
La sua mano torna a stringermi la ferita ed io non ho più alcuna forza per oppormi a quel gemito strozzato che sta cercando di uscire dalla mia bocca. Un verso impreciso aleggia nell’aria mentre Adrien mi costringe a voltarmi verso di lui.
“Sei sicura di star bene?”
La sua presa sul braccio diventa quasi insopportabile, un coltello infilato in un punto ancora troppo dolorante.
“Ti prego… Lasciami…”
I miei occhi e la mia mano corrono alla sua presa ferrea che, in un secondo diventa quasi sopportabile. Le dita di Adrien lasciano la mia maglia, scoprendo una parte della garza che avvolge il mio braccio.
“Marinette…”
Mi appoggio ad una delle colonne dell’istituto, nascondendomi dal resto del corpo studentesco e lentamente mi lascio cadere a terra, in uno stato di quasi totale apatia.
“Marinette?”
“Sì…”
I miei occhi si socchiudono, in attesa che io possa riposare, anche solo cinque minuti, prima di affrontare il resto della giornata scolastica.
Vedo distrattamente Adrien sedersi accanto a me e, con lentezza e delicatezza, sollevare il mio braccio e scostare la manica della maglia. La garza si beffa di me, imporporandosi lentamente con qualche goccia di sangue.
“Cos’è successo?”
“Sono caduta…”
“Caduta? Da dove? Un grattacielo?!”
“Più o meno… Un palazzo… Molto alto…”
Il tono della mia voce sembra affievolirsi sempre più, lasciando me per prima consapevole di quanto io sia indifesa in questo momento.
“Un Palazzo? Come hai fatto a cadere da un palazzo?”
“Mi aveva lasciata lì… Doveva andar via…”
“Cos… Maledizione!”
Un mugugno esce dalle mie labbra.
“Non urlare…”
“Scusa. Marinette… Scusami… Io non… Non pensavo che tu… Maledizione…”
I miei occhi si chiudono, finalmente pronti a lasciarmi beare di quel sonnellino di cui ho un disperato bisogno.
“Non è colpa tua…”
“Marinette…”
“Lasciami riposare, Adrien, ti prego… Ho bisogno di… Riposare… Due minuti…”
Un sospiro pesante avvolge l’aria attorno a noi mentre sento un braccio avvolgermi. La mia testa si posa sulle sue spalle finché la mia mente non decide di abbandonare quel luogo e volare oltre le nuvole. Un profumo dolcissimo invade i miei sogni, dipingendoli di un sole abbagliante che splende alto in cielo e di colline verdi, colme di sfumature particolari.
 
Non so quanto tempo sia passato ma quando sento la campanella risuonare, il mio corpo sembra aver ripreso un po’ di energie. Il braccio di Adrien ancora mi stringe a sé mentre riprendo coscienza del mio corpo e dello spazio che mi circonda.     
“Adrien…”
“Come ti senti?”
Il suo sguardo continua a fissare un punto preciso di fronte a noi, una crepa nel muro della struttura scolastica.
“Meglio, grazie”
“Bene”
Il suo volto sembra vinto da mille emozioni differenti, mille sensazioni tra cui riesco a leggere anche dolore, rabbia, sconforto e paura. Non ho idea di cosa stia attraversando i suoi pensieri ma, con delicatezza, ricopre il braccio fasciato, nascondendolo alla vista di chiunque altro. Lentamente si alza, aiutandomi a rimettermi in piedi. Le mie gambe sembrano riuscire a sostenermi ed io prego che riescano anche a riportarmi a casa, dove il letto mi aspetta.
La consapevolezza che lui abbia visto la mia ferita mi lascia un senso di inadeguatezza, come se quel taglio fosse l’ultima cosa che avrei dovuto lasciargli vedere. Sento le mie guance tingersi di rosso e, velocemente, mi incammino verso l’aula. Nuovamente mi trovo fermata dalla sua mano che, questa volta, stringe il braccio sano.
“Marinette…”
I miei occhi ritrovano i suoi, in uno scambio di sguardi di cui ignoro la causa ed il motivo.
“Mi dispiace, davvero”
I miei pensieri corrono alla ferita fasciata ed un pensiero invade con prepotenza la mia mente.
“Non dirlo a nessuno”
Non voglio che nessun altro si preoccupi per me, nessun altro, nemmeno lui avrebbe mai dovuto sapere di quella ferita.
“Promettimelo, Adrien”
Il suo sguardo si perde nel mio qualche momento, prima di annuire grattandosi la nuca.
“Mi dispiace”
“Smettila di dirlo, non è colpa tua”
“Già…”
Lentamente riprendiamo la strada verso la classe. Rientrati, sento lo sguardo dei compagni concentrati su di noi, intenti a capire cosa si nasconda dietro le nostre espressioni tristi e malinconiche. Adrien sia avvicina al mio orecchio, cercando di non farsi sentire dagli altri.
“Dovresti andare da un medico”
“Non serve, tranquillo”
Adrien riprende il suo posto, accanto ad un raro esemplare di Nino incuriosito mentre io mi accomodo al mio, accanto ad un’ Alya quanto più in cerca di gossip e scoop sul mio rapporto con il modello biondo. Fortunatamente le loro domande vengono bruscamente interrotte dall’arrivo dell’insegnante. Nonostante le proteste di Nino ed Alya, io ed Adrien non siamo sicuramente dell’umore giusto per certe confidenze, nemmeno con le persone a cui teniamo di più, io perché non voglio che la ragazza al mio fianco si preoccupi eccessivamente per un graffio, lui perché la promessa fatta gli impedisce di parlarne. O forse non è per quello che sembra così triste ed arrabbiato?
 
L’ultimo giorno di quella settimana scolastica arriva velocemente ed io ammetto di sentirmi meglio rispettoi giorni precedenti. La pomata del Maestro ha reso i miei lividi poco più che tracce di un rosa più acceso rispetto al normale ed il taglio al braccio sembra essersi richiuso completamente. A volte sento ancora una fitta dolorosa attraversarmi, specialmente se sollevo qualcosa di troppo pesante ma sembra che il mio corpo stia rispondendo davvero bene alla cura a base di pomata e disinfettante. Anche i miei pasti sono tornati ad essere regolari e, finalmente, ieri sono riuscita a godermi una giornata all’insegna di colazione, pranzo e cena abbondanti.
Dopo aver divorato una fetta di torta alle mele, afferro lo zaino, la borsa di Tikki e mi dirigo velocemente a scuola. Finalmente il week end è alle porte e, dopo una settimana simile, non vedo l’ora di potermi sdraiare sul letto e dedicare solamente al meritato riposo di cui ho bisogno.
È proprio durante l’intervallo che i miei buoni propositi vengono vanificati in un istante.
“Hai preparato le decorazioni, Marinette?”
“Cosa?”
“Le decorazioni”
“Quali decorazioni?”
Come scesa dalle nuvole, o meglio, caduta senza paracadute, la mia mente elabora il piano dettagliato della settimana quasi giunta al termine.
“Oh cavolo…”
“Marinette, non dirmi che te ne sei dimenticata”
Il volto allarmato di Alya mi colpisce dritto al cuore. Avevo promesso di aiutarla con l’evento dedicato agli eroi di Parigi, avevo promesso di dedicarmi alle decorazioni ed ho scordato ogni cosa, ogni singolo dettaglio sulla lista che avevo stilato la settimana scorsa. Maledizione!
Mi impongo un sorriso finto ma rassicurante, cercando di capire come mantenere quella promessa.
“C-cosa? No-no no, figurati! Ho quasi finito tutto, mi mancano pochi dettagli. Vedrai che per domani sarà tutto pronto, promesso!”
“Sicura?”
Il volto speranzoso di Alya mi condanna ad una notte insonne, proprio adesso che avrei così tanto bisogno di dormire. Meraviglioso.
“Certo, nessun problema!”
Alya mi abbraccia, fremendo per quell’evento che verrà condiviso in diretta dal suo Ladyblog. La vedo sparire, cercando di ottenere risposte positive da chiunque le abbia promesso aiuto per questa impresa. Da quando l’eroina di Parigi deve aiutare ad organizzare una festa organizzata per ringraziare proprio sé stessa? La risposta mi arriva cristallina, assieme alla voce di Alya che discute animatamente i dettagli della playlist da eseguire domani.
Uno sbuffo sconsolato esce dalle mie labbra, attirando l’attenzione di Adrien, ancora seduto al suo posto.
“Tutto bene?”
“Sì… Credo…”
“Posso aiutarti in qualche modo?”
Da quando è tornato a scuola o, per meglio dire, da quando ha visto la garza sul mio braccio, sembra che Adrien voglia in tutti i modi fare qualcosa per me, come se si sentisse in colpa per qualcosa. Davvero non capisco cosa sia quella tristezza che continuo a vedere in fondo ai suoi occhi.
“No, non credo”
“Sicura?”
Un sorriso lieve increspa le mie labbra, un tentativo di confortarlo per non so bene quale ragione.
“Tranquillo, va tutto bene”
Un pensiero attraversa la mia mente e, prima che io possa fermarlo, ci avvolge.
“Tu ci sarai domani?”
Come colto di sorpresa, Adrien annuisce lentamente, immerso in non so bene quale pensiero.
“Sì, Rose mi ha chiesto di accompagnarli con la tastiera”
“Davvero?”
Non so come sia stato possibile ma quel dettaglio mi era completamente sfuggito. Non posso credere che Alya non me ne abbia parlato o, forse, semplicemente non la stavo ascoltando, come è accaduto spesso nelle ultime settimane.
Adrien annuisce lentamente, con un sorriso appena accennato in volto. Finalmente la sua espressione lascia trasparire un po’ di felicità, quel senso di appartenenza ad un gruppo che per lui è sempre stato un sogno.
Le mie labbra si distendono, riflesso di quel qualcosa che vedo in lui. Sono davvero contenta che possa partecipare anche lui e, anche se in questi ultimi giorni mi è sembrato un po’ triste, spero possa divertirsi alla festa che Alya sta organizzando. Il pensiero di quel pomeriggio di festeggiamenti mi ricorda la nottata che mi attende a casa, lasciandomi sbuffare per l’ennesima volta mentre la campanella torna a suonare, costringendoci a riprendere i nostri posti in classe.
 
Tornata a casa, il tempo scorre così velocemente che dopo cena mi ritrovo a dover chiedere aiuto a Tikki per rispettare i tempi stretti. Una volta terminate le decorazioni, l’orologio indica le due di notte. I miei occhi si focalizzano sullo schermo del telefono dove, una dopo l’altra, sto cancellando tutte le voci delle cose da fare. Un ultimo compito e la lista si svuoterà completamente, peccato che questa sia la parte più lunga e complicata. Realizzare cartelloni e volantini, in confronto, è stato uno scherzo. Qui parliamo di tshirt, maglie ed accessori personalizzati per la band.
“Maledizione, non finirò mai in tempo”
“Marinette, non dovresti sforzarti così. Hai bisogno di riposare”
“Ho promesso ad Alya che l’avrei aiutata. Non posso deluderla”
“Marinette…”
“Non preoccuparti, Tikki”
Sorrido dolcemente alla piccola Kwami, cercando di rassicurarla. Purtroppo, però, il mio corpo inizia a cedere ed io a sentirmi decisamente stanca.
Il lavoro dura più di quanto non mi fossi immaginata. Le tre di notte lasciano posto alle quattro, poi alle cinque ed all’alba. Il solo rischiara la mia stanza mentre Tikki dorme beatamente accanto a me, sulla scrivania dove sto finendo le ultime modifiche ai tessuti.
L’ago della macchina da cucire continua a vagare sulle tracce lasciate dal gesso, tracciando i contorni del logo della band ed alcuni decori colorati che rappresentano lo spirito dell’evento. Finalmente l’ultimo accessorio sembra terminato quando l’ennesimo sbadiglio mi coglie. Tutto il necessario è pronto, finalmente potrò sdraiarmi a letto e godere di quel poco di notte che mi rimane. Il mondo però non sembra volermi dar tregua e mettere un piede davanti all’altro diventa un’impresa degna solamente di un eroe. La testa inizia a vorticare freneticamente mentre le mie gambe sembrano aver ripreso la consistenza della gelatina. Con lentezza disarmante riesco appena a raggiungere la chaise longue, prima di cadere vittima di una stanchezza così profonda da lasciarmi svenire.
 
Un rumore assordante mi rimbomba nelle orecchie, la solita suoneria fastidiosa che continuo a ripromettermi di cambiare ma che, in fondo, non credo farò mai. Il telefono continua a squillare sulla scrivania mentre io cerco di aprire gli occhi per riprendere contatto con la realtà.
“Tikki…”
Lentamente riesco a rimettermi in piedi ma quando raggiungo la scrivania l’orario che lampeggia sul display del telefono mi lascia senza parole.
“Le otto…”
Dannazione, avrò dormito al massimo due ore!
Silenzio il telefono, cercando di capire quanto il mio corpo riesca a rispondere alle direttive del mio cervello. Le gambe sembrano ancora non reggermi pienamente, la testa mi sta facendo impazzire, i lividi chiedono a gran voce un po’ di sollievo dalla pomata magica ed il mio braccio ha bisogno di altra crema cicatrizzante che, negli ultimi giorni, sembra aver fatto un piccolo miracolo.
Lascio Tikki dormire qualche altro minuto mentre io approfitto del suo sonno per prendermi cura di me stessa. Afferro il barattolo della pomata, un cambio pulito e mi infilo sotto la doccia, in cerca di un po’ di sollievo. L’acqua calda sfiora il mio corpo, regalandomi una sensazione di pace per la prima volta da giorni.
Purtroppo quel mio stato di benessere viene interrotto da mia madre che mi chiama per la colazione. L’ennesimo sbuffo esce dalle mie labbra, riempiendo l’abitacolo. Con lentezza, spengo il getto caldo e mi avvolgo nell’accappatoio morbido. Esco dalla doccia con la testa ancora immersa nell’umidità creata dal vapore. Il mio corpo ormai si muove automaticamente, spalmando lozioni e creme per poi massaggiare con cura ed attenzione le zone più delicate. I lividi ormai sembrano quasi spariti ma il dolore non vuole lasciarmi del tutto, se non per quel lasso di tempo tra una dose di crema e l’altra.
“Marinette, come stai?”
Tikki svolazza davanti ai miei occhi, intenta a capire quanto io possa mentirle oggi.
“Meglio”
Un sorriso dolce le si dipinge in volto mentre finisco di vestirmi. Divoro la colazione, risparmiando qualche biscotto per la mia dolce Kwami ma il tempo di godere di quel sabato mattina vola velocemente, lasciando spazio all’uragano Alya, arrivata per aiutarmi a trasportare tutte le decorazioni e le divise per la festa.
I preparativi per il pomeriggio risultano impegnativi. Le mie mani non riescono a trovar pace, cercando di disporre il tutto con dedizione. Quando poi arrivano i membri della band, Alya mi mette a loro completa disposizione.
Fino a questo momento, un solo, piccolo dettaglio mi era sfuggito, la presenza di Luka, oltre quella di Adrien. Ero presente quando Rose ha detto che i Kitty Section avrebbero animato quel pomeriggio, eppure avevo ignorato completamente la presenza del fratello di Juleka. Come diamine è potuto succedere?
Sono giorni che non ho sue notizie, giorni che i miei pensieri non ricadono su di lui se non in momenti in cui i sensi di colpa sembravano volermi assalire, giorni che solo l’idea di averlo usato in un modo così dannatamente piacevole mi ha portato a non volerlo vedere né sentire.
Le parole di Chat Noir continuano a tormentarmi da allora. La mia mente è stata occupata dal dolore, dalla preoccupazione per lui, per me, per la nostra missione, sempre più complicata e difficile ed il tempo di pensare a Luka ed a tutto ciò che è successo tra noi si è ridotto sempre più, sparendo poi nel dimenticatoio della mia mente.
Intenta a badare ai miei pensieri, tutt’altro che sereni e tranquilli, mi accorgo solo dopo qualche minuto del suo sguardo azzurro che mi scruta con interesse. Il riflesso azzurro dei suoi capelli sembra brillare sotto i raggi del sole caldo mentre i suoi occhi sembrano osservarmi con dolcezza. La somiglianza con il mio sguardo lascia in me una sensazione di dolcezza e di protezione, la stessa che ho provato molte volte in sua compagnia. I miei occhi vagano sul suo volto, incontrando la linea della sua mascella, l’ombra fioca che quel ciuffo ribelle lascia sulla sua pelle rosea ed il suo sorriso dolce ed affascinante. Le sue labbra, quello è il dettaglio che più attira la mia attenzione, quelle labbra carnose e morbide che più volte hanno incontrato le mie. I ricordi di tutti i baci scambiati, quelli rubati, quelli colmi di speranza, quelli pieni di passione, ogni gesto riprende possesso della mia mente mentre lo vedo avvicinarsi a me con il volto marchiato da quel sorriso leggermente malizioso.
“Marinette”
“Ciao Luka”
Il silenzio prende possesso dell’aria attorno a noi, avvolgendoci come una bolla dolce. Quella pace, quella serenità sembra resistere a qualunque cosa, alle urla di Rose, impaziente di iniziare il concerto, alla musica proveniente dalla console di Nino che invade le nostre orecchie, anche all’uragano Alya che ci intima di non perdere tempo e dirigerci verso quei camerini improvvisati da alcuni teli, retti da alcune aste di metallo collegate tra loro in modo per me inconcepibile.
Sotto lo sguardo dolce di Luka, raccolgo la borsa che contiene i vari indumenti realizzati questa notte. Lascio i vestiti di Juleka, Rose ed Ivan su alcune sedie, concentrandomi sul ragazzo al mio fianco. Afferro i vestiti che ho preparato per Luka, voltandomi velocemente per consegnarglieli. Quando però il mio sguardo finisce sul suo corpo, lo trovo intento a togliersi la maglietta. Pensieri di ogni genere affollano la mia mente ma, se solo qualche giorno prima avrei potuto trovare qualunque scusa per attirarlo a me, adesso le sfumature della mia mente sembrano più scure e tetre, invase dal ricordo delle sue parole.
“Sai quanto tenga a te, come puoi approfittare dei suoi sentimenti per soddisfare i tuoi capricci?”
Come posso continuare a guardarlo, desiderando i suoi baci, per poi ripetergli costantemente che non posso dargli nulla di più perché, per quanto io desideri le sue attenzioni, il mio cuore è ancora impegnato in uno scontro tra battiti e confusione totale?
Il ricordo delle parole di Chat Noir non mi lascia libera un solo istante, ricordandomi quanto vigliacca e crudele io sia stata con Luka. Non posso credere di essermi trasformata in una persona tanto frivola da ignorare i sentimenti altrui per godere di quel calore che solo lui ha saputo accendere in me. Sono sempre stata una ragazza molto pura e candida, forse troppo, considerando le opinioni di alcuni miei amici. Mai mi sarei aspettata di potermi comportare in un modo così crudele nei confronti di una persona che ha sempre e solo dimostrato affetto e dolcezza verso di me.
Il mio sguardo si sposta velocemente, finendo su un mucchio di stracci gettati a terra, in un angolo di quella struttura improvvisata, non prima, però, di aver attirato la sua attenzione.
“Marinette?”
Allungo il braccio, lasciando che i vestiti che tenevo in mano scivolino verso di lui.
“Spero vadano bene”
“Saranno perfetti, come sempre”
Il suo tono caldo ed affettuoso cerca di migliorare il mio umore ma la sua dolcezza non fa che aumentare in me il senso di colpa nei suoi confronti. Non merito tanta tenerezza, non merito quell’espressione impensierita, nascosta sotto un sorriso forzato, non merito tanto bontà. Quello che fa più male è sapere che, in una situazione simile, anche io avrei agito come lui, anche io avrei accettato di essere un pupazzo nelle mani di Adrien, pronta a calmare ogni suo attacco di panico, pronta ad assaporare le sue labbra e quella passione che mai sarebbe stata tinta di amore.
“Marinette?”
Voltarmi verso Luka lascia la mia mente libera di vagare, forse troppo velocemente e verso una meta sconosciuta, tanto che sento la necessità di chiudere gli occhi per riacquistare un barlume di lucidità e quell’equilibrio che ormai non sembrano più appartenermi.
“Marinette?!”
Le mani di Luka corrono a sorreggermi, afferrandomi per un braccio e per la vita. Mi stringe a sé, cercando di tenermi in piedi ma quel capogiro mi ha lasciata quasi senza forze.
“Stai bene?”
Impiego qualche secondo per annuire debolmente, prima di lasciare che mi accompagni verso una delle sedie lasciate dentro quell’insieme di tende.
“Marinette, cos’hai?”
“Caldo…”
La prima parola che riesco a pronunciare è anche quella che più mi sarebbe costata in un futuro non troppo lontano e nemmeno lo sapevo.
Le sue dita, veloci ma delicate si posano sulle maniche della mia maglia, arrotolando il tessuto sul mio corpo. Solo in quel momento ricordo quanto il calore del mio corpo sia qualcosa di necessario. Sapevo di dovermi coprire, sapevo di dover indossare qualcosa che mi avrebbe fatta sudare, sapevo di dover sopportare tutto questo, anche i capogiri e la pressione troppo alta, pur di non far preoccupare nessuno.
Solo quando la garza inizia a mostrarsi sotto agli abiti trovo la forza di spostare velocemente il braccio dalla sua presa, lasciandolo immobile a contemplare il punto quel punto.
“Marinette…”
“Non è nulla Luka”
Lo sento sospirare, lo sento passarsi una mano tra i capelli, lo sento avvicinarsi e riprendere dolcemente il mio braccio, cercando di non farmi male.
“Vuoi dirmi cos’è successo?”
Scuoto la testa, cercando di non provocarmi un altro capogiro. Non voglio che un’altra persona si preoccupi per me.
“Marinette…”
“Non è niente, Luka. Non devi preoccuparti, sto bene”
Un nuovo sospiro attira la mia attenzione mentre lo vedo giungere alla fine del mio bendaggio. Luka scioglie lentamente il piccolo nodo che avevo creato, lasciando alla mia ferita la possibilità di assaporare un po’ d’aria. La pelle arrossata non è un bello spettacolo e, se solo sapesse quanto fosse più scura e sanguinante solo qualche giorno fa, sicuramente il suo sguardo sarebbe ancora più duro di quello che mi sta rivolgendo in questo momento.
“Marinette, devi stare attenta!”
“Non è nulla. Sono solo inciampata…”
I suoi occhi si tingono di tristezza, rendendo il suo sguardo più dolce rispetto a qualche secondo fa.
“Marinette, ti prego. Devi stare attenta, non puoi continuare a…”
La sua frase viene interrotta dall’arrivo dell’ultima persona che avrei voluto vedere in questo momento.
Adrien richiude dietro di sé la tenda, assicurandosi che Alya si concentri sulla mole di lavoro da fare ancora prima dell’evento. Luka continua a guardarmi come se i suoi occhi potessero finire per lui la frase che stava per uscire dalle sue labbra.
“Luka… Marinette…”
Volgo lo sguardo verso Adrien, un po’ per allontanarmi da questo scambio di parole silenzioso, un po’ per capire quale sia il suo umore quest’oggi. I suoi occhi scivolano velocemente sulle mani di Luka, avvolte al mio braccio come uno scudo protettivo. Vedo le sue palpebre sbattere velocemente alla vista di quel taglio che adorna la mia pelle come un marchio distintivo.
Senza curarmi del dolore o delle occhiate che i due ragazzi mi stanno rivolgendo, riprendo possesso del mio braccio, afferrando dalla mia borsa la pomata cicatrizzante. Solo il pensiero di poter trovare sollievo da tutta questa confusione muove la mia volontà. Spalmo la crema lungo tutta la ferita, prima di riprendere la benda ed iniziare a stenderla lungo tutto il braccio, con non poche difficoltà. La mia vista ancora sembra imperfetta e mentre il mio corpo sembra andare a fuoco, la mia mente cerca di estraniarsi da quella situazione.
Pochi secondi dopo, mentre lo sguardo di Luka ancora non vuole lasciare il mio volto, vedo Adrien avvicinarsi, sedendosi a terra, a pochi centimetri dai miei piedi. Con delicatezza, toglie dalle mie mani la garza, iniziando ad avvolgere il mio braccio meglio di quanto fosse coperto prima.
“Come va?”
Una semplice domanda, capace di disarmarmi completamente. Non ho forze a sufficienza per mentire, il braccio mi fa male, il mio corpo sembra aver raggiunto una temperatura simile alla lava incandescente e la testa mi gira vorticosamente. Scuoto lentamente la testa, ormai prossima ad un nuovo svenimento.
“Stenditi e cerca di riposare un po’”
La sua voce sembra allontanarsi sempre più mentre io mi lascio vincere da quel suo comando, prendendo posto sulla panchina poco distante da lì. L’ultima cosa che sento è il suo tocco delicato ricoprire nuovamente la mia ferita per poi accarezzarmi la fronte, lasciandomi sprofondare nell’oblio.
 
Quando mi risveglio, il mio corpo sembra aver ripreso un colorito quasi normale, nonostante il gran caldo che sento ancora scorrere nelle mie vene. Di Luka ed Adrien non è rimasta alcuna traccia ma le urla fuori da quella tenda mi lasciano capire che il concerto dedicato ai due supereroi di Parigi debba essere ormai iniziato.
Con una lentezza quasi disarmante, torno a sedermi, notando solo in quel momento il volto di Tikki osservarmi con preoccupazione dalla borsa lasciata accanto a me.
“Sto bene, non preoccuparti”
“Marinette, dovresti riposare, dovresti farti visitare, dovresti…”
“Dovrei solamente essere una Ladybug migliore, Tikki”
“Non dire sciocchezze!”
La Kwami si agita, rendendo il suo colorito ancora più rosso, per quanto possibile.
“Sei una perfetta Ladybug, Marinette! Dovresti solo… Insomma… Tu…”
Tikki si lascia sfuggire qualche lacrima, prima di asciugarsi il volto velocemente e torna a concentrare la sua attenzione su di me.
“Non dubitare mai di te, Marinette”
Un debole sorriso spunta tra le mie labbra, rallegrando anche la piccola Kwami.
“Ti voglio bene Tikki”
Sembra rilassarsi, lasciando scivolare dalle sue piccole spalle una preoccupazione troppo grande da sopportare.
“Tengo molto a te Marinette”
Lentamente allungo le braccia sopra di me, cercando di saggiare quanto il mio corpo sia dolorante. Fortunatamente quel breve pisolino sembra avermi dato abbastanza energie per affrontare il resto del pomeriggio ed arrivare a casa, sana e salva.
“In questo momento vorrei solo dormire”
“Potresti farlo. Nessuno verrà a disturbarti qui. Alya ha detto a tutti di lasciarti riposare visto lo splendido lavoro fatto per il suo evento”
“È stata molto gentile ma non credo riuscirei a riaddormentarmi con il volume della musica così alto”
Una breve risata scuote il corpo della Kwami che velocemente si nasconde sotto ai miei abiti per accompagnarmi fuori da quell’ammasso di teli.
Oltre il mio rifugio, la gente si dimena sulle note dei Kitty Section, dimostrando ancora una volta quanto questo gruppo riesca a coinvolgere chiunque li ascolti.
Vago qualche minuto tra la folla, scorgendo solo dopo la figura di Alya, intenta a riprendere questo evento per il suo ladyblog. Appena si accorge della mia presenza, il suo volto si illumina, felice coma un bambino a Natale.
“Ed ecco la nostra stilista e designer, la persona che ha realizzato le decorazioni ed i costumi di scena del gruppo!”
Saluto la telecamera velocemente, prima che Alya riporti l’attenzione del suo pubblico sui veri protagonisti di questo evento, i paladini di Parigi, raffigurati nei vari volantini dell’evento, sulle maglie del gruppo e nei colori utilizzati per realizzare ogni singolo dettaglio del concerto.
L’atmosfera è tra le più festose, qualcosa che riesce a scaldarmi il cuore, rendendomi estremamente orgogliosa di quello che faccio, delle battaglie che combatto e di quanto mi impegni ogni giorno per proteggere i cittadini di Parigi, i miei amici, la mia famiglia.
Il concerto procede a gonfie vele e dopo qualche canzone, il gruppo lascia posto a Nino che si occupa di intrattenere le persone con qualche pezzo da lui mixato. Mentre lui dispone la console, i componenti della band raccolgono gli strumenti, spostandoli ai lati del palco. Nonostante il loro ruolo sia diventato marginale, tutti rimangono accanto a Nino, mostrando affetto, stima e gratitudine a Ladybug e Chat Noir.
In quel momento, in quel preciso istante, sento la mia vita rappresentata al meglio.
Le due persone che più hanno sconvolto la mia vita sorridono, felici ma con quel cipiglio preoccupato che svanisce solamente quando i loro occhi incontrano i miei. Il loro sorriso diventa il mio, mentre la folla crea quella dolce confusione che ha sempre accompagnato la mia vita. Io, la grande Ladybug, mi sento solamente una tra tante, una piccola parte di questo mondo con il compito di proteggere le persone, indipendentemente dal fatto che siano innocenti o meno.
Questo è l’ultimo pensiero che riesco ad affrontare, prima che tutto precipiti, di nuovo, verso un burrone che, questa volta, sembra voglia inghiottirmi davvero.
 
Un ronzio insistente si alza all’orizzonte mentre uno sciame impazzito si scaglia su di noi. Più si avvicinano, più quegli insetti iniziando a sembrarmi qualcosa di molto diverso da semplici animali. Creature di ogni tipologie, rese in miniatura, si gettano sul luogo dell’evento dedicato ai due paladini di Parigi, rendendo ogni cosa gelatinosa e congelando al loro interno le persone catturate. Secondo dopo secondo, sciame di elefanti, mosche, cimici, giraffe ed ippopotami si avventano sui presenti. Alya è una delle prime vittime, la prima a paralizzarsi all’interno di un cumulo di gelatina, la prima a non dare segni di vita, la prima che la mia vista riesce a registrare come segnale di un nuovo e pericoloso nemico parigino.
Più le persone vengono colpite, più questa festa inizia a trasformarsi in un dramma. Il mio istinto mi costringe ad allontanarmi da lì, appena in tempo per osservare quell’ammasso di gelatina contenente la popolazione, chiudersi in un cerchio attorno al palco. Sopra di esso, i miei amici si ritrovano intrappolati, senza via di fuga se non un salto in mezzo a quella melma dalle sfumature violacee. Solo qualche minuto più tardi sembrano riuscire a trovare una soluzione a quel problema, lasciando che le mie decorazioni fungano da passerella improvvisata e molto instabile. Poteva sembrare una buona idea ma il fatto che solamente Adrien e Luka siano riusciti a toccare il terreno e rimanere illesi da quella strana sostanza cambia le carte in tavola, costringendomi a distogliere lo sguardo da quella scena per trovare un nascondiglio abbastanza riparato per trasformarmi.
Quando però i miei piedi si fermano, nell’ennesimo vicolo cieco, l’ansia ed il panico affiorano, prendendo completamente il sopravvento sulla mia mente. Non sono pronta ad affrontare un’altra battaglia, non così presto, non quando le mie ferite ancora stanno combattendo per svanire del tutto e se io non sono pronta, non può esserlo nemmeno lui.
Un sospiro malinconico fuoriesce dalle mie labbra, attirando l’attenzione di Tikki.
“Marinette…”
Le intimo di trasformarmi nell’eroina di Parigi e quasi rimango paralizzata nel constatare che il mio costume sia perfettamente integro nonostante la mia situazione. A quanto pare le capacità rigeneratrici di Tikki hanno molto più effetto su di lei che su di me. Sono felice che almeno lei stia bene e che possa aiutarmi in quella che sarà una missione in solitaria. Non posso permettere che Chat Noir combatta, non posso permettere che la sua situazione peggiori quando non sono nemmeno sicura che si sia completamente ripreso. Se c’è qualcuno che deve per forza combattere, quella sono solo e soltanto io, io che ho il potere di purificare le Akuma, io che ho il potere di riportare ogni cosa alla sua condizione iniziale, io che posso decidere di portare a termine questa missione senza aiuto, per quanto difficile possa essere.
Un’ombra scura interrompe i miei pensieri lasciandomi l’immagine di Chat Noir che corre tra i tetti sopra la mia testa.
“No!”
“Non posso permetterlo!”
Velocemente afferro lo yo-yo, lasciando che raggiunga un punto abbastanza in alto da darmi una spinta verso i tetti della città. Un passo dopo l’altro, con il braccio che pulsa, riesco a raggiungere Chat Noir, fermando la sua corsa suicida. La mia mano afferra il suo braccio, costringendolo a bloccarsi sul tetto di un supermercato. I miei occhi finiscono distrattamente sulla sua tuta che, in alcuni piccoli punti, sembra ancora sbiadita. Questo è l’ultimo tassello che serviva alla mia mente per convincersi di star agendo nell’unico modo possibile ed accettabile. Plagg non è pronto a lottare, Chat Noir non è ancora guarito ed io posso riuscire a salvare Parigi da sola, devo farlo.
“My lady, è sempre un piacere v…”
“Cosa pensi di fare?!”
“Come?”
“Ti ho chiesto cosa credi di fare, qui, adesso”
Il suo sguardo confuso mi fissa come se mi fosse spuntata una seconda testa.
“Ladybug, non capisco”
“Non penserai davvero di combattere”
“Come sempre…”
“Non questa volta”
Sospiro, lasciando andare il braccio di Chat Noir. Il suo corpo si volta completamente verso di me, la sua espressione si tinge di preoccupazione, incredulità e qualcosa di molto simile al risentimento.
“Continuo a non capire”
Osservo distrattamente il panorama alle sue spalle, ritrovando quello sciame di creature gelatinose che ricoprono velocemente la maggior parte delle case di Parigi. Non c’è tempo per le chiacchiere, i cittadini hanno bisogno di noi, di me. So, però, di dovergli una spiegazione, riesco a leggere nei suoi occhi il bisogno di sapere ed è solo adesso che capisco che, al posto suo, anche io pretenderei di capire il significato di quelle parole. In fondo, abbiamo affrontato ogni battaglia insieme. Anche quando Chat Noir si lasciava influenzare dai nemici di Parigi, io sapevo di poter contare su di lui perché vederlo lì, davanti a me, ai miei occhi, mi dava la possibilità di sapere che stesse bene, mi dava la forza di lottare ancor più duramente.
Il suo sguardo non lascia i miei occhi un solo istante e quando torno ad osservare il suo viso, l’espressione confusa che vi avevo visto non è cambiata di una virgola.
“Non puoi combattere questa volta”
“Cosa significa?”
“Non posso permetterlo”
Sotto quella maschera nera, i suoi occhi verdi continuano a mostrarsi confusi e pensierosi.
“Ladybug…”
“Non ti voglio al mio fianco!”
Quelle parole feriscono me per prima perché se c’è una cosa alla quale non vorrei rinunciare, è proprio il suo sostegno. Eppure, non posso fare altrimenti.
“Che cosa significa?!”
Il suo tono di voce sembra allarmato, incredulo davanti alle mie parole.
“Perché?!”
Il suo sguardo verde si assottiglia, cercando una possibile spiegazione a quella discussione stupida ma più tenta di comprendere, meno sembra riuscirci.
“Non puoi combattere, non oggi”
“Perché?!”
“Perché non voglio che ti ferisca di nuovo!”
Passo distrattamente le mani tra i capelli, tirandoli leggermente.
“Come fai a non capire? Guardati!”
Indico distrattamente il suo corpo ed i punti sbiaditi della sua tuta per poi immergere le mie mani tra i capelli. I suoi occhi seguono i miei gesti, osservando con dedizione quelle macchie preoccupanti. Lo vedo rilasciare un sospiro prima di avvicinarsi lentamente a me. Afferra le mie mani, sciogliendo quella presa ferrea attorno alla mia chioma scura.
“Non devi preoccuparti per me”
Un sospiro esce dalle mie labbra, invadendo il poco spazio che ci divide.
“Non permetterò che tu combatta in queste condizioni”
“Io sto bene”
“Non è vero e lo sai. Tu non stai bene, Plagg non sta bene. Non potete combattere, non oggi”
La sua stretta si fa sempre più forte mentre i suoi occhi si velano di serietà.
“Non combatterai da sola, hai bisogno di me. Lascia che ti aiuti, lascia che ti protegga, come ho sempre fatto e come sempre farò”
Le sue parole colpiscono un punto del mio petto ben preciso, provocandomi un brivido in tutto il corpo. Sento il mio sguardo inumidirsi ed è con la convinzione di star agendo solo nel suo interesse che sospiro un’ultima volta, prima di chiudere gli occhi.
“È proprio per questo che non puoi seguirmi oggi”
Velocemente volto la sua mano, afferrando il suo Miraculous e sfilandoglielo. Un bagliore verde mi avvolge, facendomi capire che la trasformazione di Chat Noir sia stata annullata.
“Plagg?”
Un lieve fruscio mi raggiunge mentre il Kwami si sposta accanto davanti a me.
“Tienilo al sicuro per oggi, ti prego”
“ Ladybug…”
“Ti prego…”
Aspetto che il Kwami afferri il suo Miraculous prima di voltarmi e finalmente riprendere ad osservare il panorama.
“So che avresti fatto qualunque cosa pur di proteggermi e non posso permettere che, a causa mia, tu rischi nuovamente di farti del male”
“Avrei potuto aiutarti…”
“Lo so ma so anche che non potrei sopportare di vederti di nuovo privo di sensi e ferito”
Lascio velocemente quel tetto, sperando che Plagg capisca, che Chat Noir capisca e che non cerchi di seguirmi ad ogni costo.
 
“Maledizione!”
Sono passati quasi venti minuti da quando ho lasciato Chat Noir sul tetto di quel supermercato ed ancora non ho trovato il nemico da sconfiggere. Ho cercato di saltare sugli edifici più alti, pensando che sarei riuscita in tempi brevi a capire dove si nascondesse il fulcro di quella confusione ma niente sembrava più lontano dalla realtà. I miei occhi continuano a vagliare ogni centimetro di Parigi, velocemente, senza soffermarsi nemmeno un attimo più del dovuto. È proprio dopo l’ennesima ronda in corsa che mi fermo a riflettere, nel posto che sempre riesce a schiarirmi le idee, la Torre Eiffel.
“Dove sei?! Dove ti nascondi?!”
Il centro di Parigi continua a riempirsi di persone bloccate da quella strana forma di gelatina ghiacciata mentre io penso ad un qualche piano che possa aiutarmi.
Un dettaglio, per quanto piccolo, riesce a svegliarmi da quella ricerca inutile e finalmente capisco dove possa trovarsi il nemico di Parigi. Velocemente lancio il mio yo-yo, aggrappandomi su un pilastro della Torre e svanendo dalla sua ombra. Salto da un tetto all’altro, dirigendomi verso il covo dell’akumizzato.
Una volta atterrata, davanti a me scorgo un maestoso edificio allestito di tutto punto per ospitare una mostra che ha tutta l’aria di non aver attirato l’attenzione che il curatore sperava. Avevo letto un articolo sul blog della scuola che invitava tutti gli studenti a visitare il museo ma, per quanto avessero provato a pubblicizzare l’evento, io per prima ricordo quanto poco interesse avesse suscitato in me.
Attraverso la porta spalancata, entrando in un mondo a me completamente sconosciuto. Su ogni parete trovo una gigantografia raffigurante un panorama e, ai piedi di questa, miniature delle principali città francesi. Gli edifici sono ricchi di particolari, minuziosamente modellati e dipinti in modo che anche i più piccoli dettagli sembrassero realistici. La parete destra vede ambientata la marcia su Varsailles, quella sinistra la battaglia di Marsiglia, fino a giungere al centro della stanza, dove un faro bianco illumina Parigi come solo il plenilunio riesce a fare. Mi avvicino cautamente a quella rappresentazione, notando i più piccoli dettagli e l’effetto che la luce conferisce alle figure della città. Sul più alto degli edifici, illuminati da quel fascio bianco, le miniature di due persone in particolare mi colpiscono. Una tuta a pois, una figura determinata, Ladybug spicca al fianco di quel micio dal costume nero e dagli atteggiamenti romantici. Mi soffermo qualche minuto ad osservare quel portamento galante ma sfacciato, l’eleganza che lo accompagna da quando l’ho conosciuto. Il suo volto è dipinto alla perfezione e quasi mi sembra di averlo qui, accanto a me. Quando, però, ripenso al motivo per il quale lui non ci sia, non posso che esserne felice, più convinta che mai di aver fatto la scelta giusta. Un solo attimo e la situazione cambia drasticamente.
Il mio corpo inizia a muoversi in piena autonomia, evitando alcuni attacchi da parte di quella gelatina a forma di animali in dimensioni ridotte. Usando il mio yo-yo, mi sposto da un lato all’altro della stanza, cercando di non farmi colpire da quella strana sostanza dal potere congelante. Più penso ad una strategia per contrattaccare, più la mia mente si annebbia, lasciandomi senza idee e senza difese. Quella strana sensazione di calore e stanchezza torna a colpirmi violentemente ed io rischio più volte di lasciarmi colpire. Fatico a muovermi, fatico quasi a respirare, sentendo il mio corpo sempre più caldo e pesante.
Uno di questi animaletti mi sfiora la caviglia e poco dopo mi ritrovo un piccolo blocco di gelatina ghiacciata attorno alla tuta. Sento una leggera pressione in quel punto, fastidio che velocemente si trasforma in dolore puro.
“Maledizione!”
Attraverso quella gelatina dalla strana consistenza, la mia tuta inizia a svanire. La mia pelle bianca svetta mentre una risata alle mie spalle riecheggia.
“Quindi anche voi abete dei limiti”
Il mio sguardo si tinge di rabbia e frustrazione nel capire quanto io abbia dimostrato le mie debolezze ad un nemico controllato da Papillon. Cerco di prendere tempo, glissando sull’argomento.
“Allora? Nessuno è venuto a vedere la tua mostra?”
La sua espressione muta velocemente, lasciando posto alla rabbia ed allo sconforto più profondi.
“I parigini non capiscono nulla della vera arte!”
“Non diciamo sciocchezze, Parigi è una delle città più importanti per il settore della moda e questa è una forma d’arte”
“Sei solo l’ennesima stupida parigina!”
Scuoto lentamente la testa, tentando di regolare i miei respiri e permettere al mio corpo di concentrarsi sul nemico. I discorsi di questo ragazzo si fanno sconnessi tra loro, passando dai parigini alla Francia, alla miniatura nel mondo alla stupidità delle persone che non apprezzano il suo lavoro minuzioso. È proprio grazie ai suoi discorsi, però, che riesco in qualche modo ad avvicinarmi a lui, schivando appena alcuni attacchi e lasciando che il mio corpo venga quasi totalmente immobilizzato dalle sue creature.
Richiamando il potere del Miraculous, riesco finalmente ad intrappolarlo in un angolo, grazie all’estintore a schiuma dipinto di rosso e nero.
Mi avvicino al ragazzo, ormai priva della mia tuta su entrambe le caviglie e su una spalla. Mi costa non poca fatica riuscire a raggiungere la piccola tigre che tiene stretta tra le mani ma quando finalmente la sento rompersi sotto le mie dita, vedo l’akuma svolazzare libera. Riesco a liberare Parigi dalla sua presenza, riportando il ragazzo al suo aspetto originale e la capitale alla tranquillità che si respirava prima di questa interruzione.
“Cos’è successo?”
Sbuffo, stanca ormai di sentire la stessa sciocca domanda ogni volta che un nemico torna alla sua vita tranquilla, senza Papillon che gli urla nella mente.
“Niente ma la prossima volta cerca di attirare l’attenzione senza rischiare di distruggere Parigi”
“Cosa?”
Il suo sguardo smarrito riesce a sciogliere il mio cuore, ormai preda del rimorso nei confronti di una persona che non ha dato la possibilità né a me né a Chat Noir di riprenderci dopo l’ultimo scontro. Un sorriso sincero si dipinge sulle mie labbra.
“Mi dispiace per la tua mostra. Il tuo lavoro è davvero incredibile, complimenti”
Le mia parole sembrano riuscire a calmarlo, restituendogli un sorriso appena accennato ed un colorito acceso in volto.
“Sono un vostro grande fan”
I suoi occhi si posano sul plastico al centro della stanza, dove l’antenna della struttura su cui siamo stati riposti io e Chat Noir si è leggermente inclinata. Lo vedo correre verso il plastico con in mano un paio di pinze abbastanza piccole da afferrare i vari pezzi della composizione senza danneggiare nulla.
I miei orecchini iniziano a lampeggiare, ricordandomi la distanza che dovrò percorrere da qui alla piazza dove Alya aveva organizzato la festa.
Corro verso l’uscita del palazzo, raggiungendo la strada che costeggia la struttura. Cercando di non pensare al dolore alle caviglie, mi lancio verso i tetti che mi circondano, tentando di raggiungere il concerto il più velocemente possibile. Il mio corpo però non sembra essere dello stesso avviso. La mia vista inizia a sfocarsi, la presa ferrea sullo yo-yo diventa un flebile ricordo e più che correre cerco di ricordare come mettere un piede davanti all’altro sui pochi centimetri che delimitano i tetti delle abitazioni.
Un passo, un secondo, un terzo e sono costretta a fermarmi, dietro allo sfogo del camino di una casa ancora abbastanza lontana dalla piazza dove ho lasciato i miei amici. Passa solo qualche istante prima di sentire nuovamente gli orecchini suonare, cercando di attirare la mia attenzione. La mia mente, ancora confusa ed annebbiata, riesce a dare gli ultimi comandi al mio corpo che con estrema lentezza si lascia andare alla discesa verso un vicolo buio. Quel breve percorso, però, diventa una caduta nel vuoto a pochi metri da terra, quando la mia mano lascia andare lo yo-yo. Il mio corpo si abbandona all’idea di giungere a terra in un modo non propriamente degno della paladina di Parigi ed è solo quando non sento il suolo freddo e scomodo sulla mia schiena che riesco a riaprire gli occhi, incrociando uno sguardo infinitamente preoccupato.
Vorrei dirgli qualcosa, porgli delle domande, allontanarlo da me, dalla mia trasformazione ormai al limite ma tutto ciò che esce dalla mia bocca è un borbottio incomprensibile prima di sprofondare nuovamente nel buio profondo.
“Ti avevo detto di stare attenta…”
 
***
 
Buongiorno lettori!! Quest'oggi finalmente vi lascio questo nuovo capitolo, pieno di sentimenti!! Non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate e, soprattutto, CHI pensate abbia pronunciato quest'ultima frase <3
Aspetto i vostri commenti e le vostre teorie come sempre, sperando di non impiegarci anni per il prossimo capitolo <3
Un salutone a tutti, ci vediamo al prossimo capitolo <3
miss_MZ93

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Capitolo 18
*** Capitolo 18 ***


“Ti avevo detto di stare attenta…”
Ombre e luci.
“Ti avevo detto di stare attenta…”
Il rumore di qualcosa che si muove fuori controllo.
“Ti avevo detto di stare attenta…”
I palazzi che si susseguono.
“Ti avevo detto di stare attenta…”
L’odore del lucido per pelle.
Poi, solo il buio in cui la mia mente ha continuato a rivivere tutto ciò che è successo oggi.
 
Non so esattamente cosa sia successo dopo quella battaglia. Ricordo solo di aver faticato a raggiungere un palazzo ed il desiderio di toccare terra senza ferirmi ulteriormente. Un volto, forse il suo volto, non ne sono sicura. Qualcosa, o meglio qualcuno, deve avermi salvata da una caduta che mi sarebbe valsa molti lividi e graffi, se non ferite peggiori. Ricordo solo la paura di averlo al mio fianco sapendo che la trasformazione non sarebbe durata ancora a lungo ma davvero non riesco a rammentare chi sia stato a salvarmi.
La testa pulsa, dolorante e frastornata. Il mio corpo sembra non riuscire a seguire i comandi del mio cervello, rifiutando ogni movimento. Le palpebre sembrano pesanti come macigni e più mi sforzo di aprire gli occhi, di mettere a fuoco ciò che mi circonda, meno sembro riuscirci.
Immagini distorte, confuse, affollano la mia mente. Mi sembra di sentire odore di legno, o forse di intonaco fresco, non riesco a distinguere bene i profumi che mi circondano. Per un momento mi è parso anche di sentirmi muovere dolcemente, come cullata da un andamento tranquillo ma forse si è solamente trattato di qualcosa di freddo sostituito più volte sul mio corpo. Fatico a fare qualunque cosa, anche la più semplice, come respirare, capire dove mi trovo o chi sia la persona che ogni tanto sento parlarmi.
“Dovresti… cura di… stessa”
Penso siano rimproveri per lo più ma qualunque cosa mi dica, la mia mente ne registra la metà appena. Qualche volte penso di averlo sentito parlare con qualcuno, qualcuno di molto familiare.
“Vorrei… aiutare”
“Non… lo permetterebbe… Nemmeno a lui”
“Lo so ma… poter fare qualcosa per…”
Detesto non comprendere appieno i loro discorsi ma più il tempo passa più la mia testa sembra schiarirsi, permettendomi almeno di capire cosa sia il gelo che sento costantemente sul mio corpo. Qualcuno, lui, mi sta rinfrescando la fronte, probabilmente con un panno bagnato. Il motivo, però, ancora mi sfugge.
 
Sembra passata un’eternità, eppure l’ora sulla sveglia segna solamente le quattro del pomeriggio. Dovrebbe essere passata appena un’ora dalla fine della battaglia, forse anche meno. Nella stanza risuona una melodia dolce, qualcosa che credo di aver già sentito ma di cui non ricordo minimamente il titolo o le parole. Una nota dopo l’altra, la sua voce asseconda la sua passione per la musica mentre io rimango ferma ad osservare i secondi passare inesorabilmente. Osservo il panno bagnato scivolare dalla mia fronte e posarsi sul cuscino su cui ho riposato finora, bagnandolo leggermente. Il movimento risveglia la sua attenzione ed i suoi occhi si posano su di me mentre pronuncia il mio nome.
“Ti sei svegliata”
Uno strano borbottio esce dalle mie labbra mentre la mia testa ancora è occupata da mille e più pensieri. Cosa dovrei dirgli? Dovrei ringraziarlo? Dovrei rimproverarlo? Dovrei supplicarlo di non dire nulla a nessuno? Oppure dovrei costringerlo a mantenere il mio segreto? E se non volesse farlo? Ha idea del pericolo a cui si è esposto?
Un pensiero, tra tutti, si beffa di me, allarmandomi sempre più. Ha scoperto il mio segreto oggi o lo sapeva già da tempo?
Sto rischiando l’esaurimento!
“Marinette?”
Solo la sua voce riesce a svuotare la mia testa, lasciandola rimbombare nella quiete prima della tempesta.
“Come ti senti?”
La mia mano raggiunge il panno bagnato, spostandolo sul comodino accanto al letto.
“Meglio… Credo…”
La mia voce è solo un sussurro leggero. Faccio leva sul braccio per alzarmi leggermente e mettermi seduta sul suo letto. Una leggera fitta si espande dal taglio che sembra non volersi rimarginare del tutto.
“Dovresti riposare”
“Dovrei andarmene”
“Marinette…”
Mi sforzo di ignorare il dolore che inizia a farsi sentire in tutto il corpo e solo in quel momento mi accorgo di alcune confezioni di pomata sul comodino. Deve aver pensato di potermi aiutare. Si è sempre preoccupato molto per me e, dopo quello che è successo, la situazione non potrebbe che peggiore. Lui è forse l’ultima persona che avrebbe dovuto scoprire ogni cosa perché so che, da adesso in poi, sarà sempre più difficile non vederlo triste e preoccupato per me.
“Marinette…”
Continua a chiamarmi ma tutto quello a cui riesco a pensare è che non sarebbe dovuta finire così. Nessuno, mai, avrebbe dovuto vedere il vero volto di Ladybug.
“Io non…”
Le parole sembrano morirgli tra le labbra mentre appoggia la chitarra alla parete e si avvicina al suo letto, ancora occupato da me. Nei suoi occhi vedo una determinazione ed una preoccupazione che mi ricordano i sentimenti di Chat Noir, la sua preoccupazione e la sua determinazione.
Afferro la borsa da terra nella speranza di riuscire ad uscire da quella stanza ma prima di riuscire a sfiorarla, la mia mente gioca un brutto scherzo al mio equilibrio. La debolezza che provo mi lascia stordita, diretta verso il pavimento in legno. Le sue braccia corrono a salvarmi, di nuovo, riportandomi seduta sul letto.
Chiudo gli occhi per qualche istante, cercando di ritrovare quella stabilità che oggi sembra mancarmi del tutto.
“Dovresti riposare”
Lo vedo avvicinare la mano alla mia fronte per poi sospirare. Basta quel contatto per far aumentare la mia temperatura corporea, basta la sua vicinanza per confondere ancor di più i miei pensieri.
“Devi avere ancora un po’ di febbre, Marinette”
I suoi occhi scrutano i miei, decisi a costringermi a riposare qualche altro minuto. In quel momento, tutto ciò che riesco a fare è allontanarmi dalla realtà che dovrebbe terrorizzarmi. La sua vicinanza continua a mettere a dura prova la mia mente, così come ha continuato a fare nelle ultime settimane. Il mio sguardo finisce in modo poco casuale sulle sue labbra, la parte di lui che più ha saputo regalarmi emozioni sconvolgenti. Distrattamente passo la lingua sulla mia bocca, rendendomi conto di bramare quel contatto più di quanto dovrei, specialmente in un momento come questo.
Le labbra di Luka diventano il faro nella mia tempesta ed io non posso che lasciarmi vincere da quel desiderio che, ogni volta che siamo assieme, riesce a sconvolgermi. Il mio volto si avvicina al suo, in balia di queste sensazioni mentre continuo ad osservare la sua bocca immobile. Non ho il coraggio di guardare i suoi occhi, non ho il coraggio di capire quanta preoccupazione nascondano, non ho il coraggio di affrontare questa situazione, tutto ciò che voglio, in questo momento, è solo sentirmi invadere da quella passione, da quella sensazione sconvolgente nell’averlo vicino a me, di avere le sue labbra sulle mie, di avere le sue mani sul mio corpo.
È solo un attimo, una voce flebile invade i miei pensieri.
“Sai quanto tenga a te, come puoi approfittare dei suoi s-sentimenti per soddisfare i tuoi capricci?”
Come scottata dal ricordo delle parole di Chat Noir, mi costringo a fermare la mia folle corsa verso Luka. In un istante ogni cosa perde importanza. La passione che tanto bramavo si spegne improvvisamente, lasciandomi con l’amaro in bocca per quel contatto mancato ma con la consapevolezza di dovermi abituare a tutto questo. Chiudo gli occhi con forza, convincendomi di star agendo nel migliore dei modi. Premo sul petto di Luka, trovandolo molto più attraente di quanto dovrei, tanto da ferirmi, costringendomi a spostare le mie mani dal suo corpo. I miei occhi si concentrano un solo attimo sui suoi, trovandoli confusi, preoccupati, probabilmente anche risentiti.
Sto giocando con i suoi sentimenti, sto giocando con i suoi desideri, sto giocando con lui, con l’unica persona che mi è sempre stata accanto, con l’unico ragazzo che non mi ha mai presa in giro, che non mi ha mai mentito, con lui che non ha fatto altro che assecondare i miei capricci.
“Mari...”
Scuoto lentamente la testa, abbandonando i suoi occhi e cercando di recuperare abbastanza energie da lasciare Luka e la Liberty alle mie spalle ma questo semplice gesto sembra assumere sempre più le fattezze di un’impresa titanica. Le mani di Luka tornano a posarsi sulle mie spalle ed io mi trovo a sussultare a quel tocco, come se davvero potesse scottarmi o ferirmi. I miei pensieri tornano confusi più che mai.
Da una parte vorrei solo che lui mi dicesse che sarà sempre al mio fianco, che non è sbagliato provare quello strano desiderio che io provo per lui, che non è una colpa volere le sue attenzioni, che conoscere il mio segreto non sarà un problema per lui, per la sua sicurezza e per la mia, per quella della mia famiglia, dei miei amici, di tutte le persone a cui tengo e che potrebbero diventare il bersaglio dei miei nemici.
Dall’altra, so benissimo quanto tutto questo sia inverosimile. Il nostro rapporto è molto profondo ma non abbastanza, non è amore, non è amicizia, è desiderio e passione, qualcosa che dovrei provare solamente con il mio ragazzo, con la persona a cui davvero tengo, con qualcuno che non vedo l’ora di vedere, di sentire quando non possiamo essere insieme, di baciare alla luce del sole, senza dovermi preoccupare che qualcuno ci possa scoprire.
“Non credo dovresti continuare a vedere Luka”
Chat Noir ha ragione, dovrei imparare a stare lontana da lui, per il suo bene, per il mio bene, per il bene di tutta Parigi. Se Luka venisse akumizzato, Papillon avrebbe la vittoria che agogna da anni perché nemmeno la forte Ladybug potrebbe mai resistere ai suoi ricatti ed al pensiero che le persone possano soffrire per colpa sua.
Cosa devo fare? Come posso metter fine a questo rapporto così strano tra noi e, allo stesso modo, non ferire Luka, evitare che la sua rabbia lo renda il perfetto soggetto per un’akuma? Cosa devo fare? Cosa posso fare? Cos’è giusto che faccia? Seguire i miei istinti finora non mi ha portato grandi risultati, anzi, sono riuscita solo a rivelare la mia identità, a mettere in pericolo tutti, a ferire me stessa, Tikki, Luka, Chat Noir e chiunque mi stia accanto.
Afferro la testa con le mani, stringendo più che posso e sperando di svegliarmi da questo incubo. Sento la voce di Luka cercare di raggiungermi ma le sue parole sono ormai solo lettere confuse e prive di significato. Forse sono solamente io la colpevole. Non voglio sentire nulla di ciò che potrebbe dirmi, non voglio sapere quanto possa detestarmi ed amarmi allo stesso tempo, non voglio essere consolata da lui né essere odiata.
Cosa devo fare?
Vedo una figura scura avvicinarsi, un profilo confuso, un’immagine stranamente familiare e mentre capisco cosa sia davvero, calde lacrime iniziano a rigarmi il volto, lasciandomi in preda a qualunque sentimento negativo. Nascondo il mio volto tra le mani per cercare di sfuggire alla situazione ma ottengo solamente grandi capogiri ed una nausea incredibile. La voce di Luka si mescola con le sue carezze che tentano di calmarmi ma sentire le sue mani sul mio corpo riaccendo quella fiamma che so di dover spegnere ed i miei pensieri ricominciano a vorticare attorno a ciò che dovrei e ciò che vorrei fare.
Seduta su quel letto, l’apatia che sembrava avermi avvolta al risveglio, svanisce totalmente, lasciandomi in preda ad un pianto isterico dal quale nessuno riesce a farmi uscire, nemmeno il pensiero di quell’akuma che mi osserva, avvicinandosi lentamente.
 
Secondi, minuti, potrebbero essere passate anche ore per quello che so, l’unica cosa che riesco a ricordare sono quella presenza oscura che in questo momento non avverto più e la sensazione di aver ceduto nuovamente alla parte più debole di me, nascondendomi tra le braccia di Luka.
In questo momento, dalle fessure tra le mie dita, posso vedere solo la sua maglia, macchiata in alcuni punti dal mascara che ho usato questa mattina. Le sue dita continuano ad accarezzarmi la schiena, in un gesto lieve e continuo. Penso di esser svenuta, lasciando che il mio corpo prendesse il sopravvento sulla mia mente per qualche altro istante.
Sospiro lentamente, attirando l’attenzione di Luka che ferma le sue mani all’altezza della mia schiena.
“Dimmi che stai bene Marinette”
Un sospiro pesante lascia la sua bocca e, sotto di me, sento il suo petto sgonfiarsi. Devo averlo fatto preoccupare come mai prima. Come posso biasimarlo? A parti inverse, anche io mi sarei preoccupata per la persona a cui tengo così tanto.
Un flash, una sola immagine, mi lascia senza parole e senza fiato. La figura di Chat Noir, ferita, dolorante ma ancora preoccupata per me. Quel pensiero riesce a distaccarmi completamente dalla realtà, da quella stanza, da me, da Luka, dalla mia identità svelata.
Bastano pochi istanti per capire esattamente cosa io debba fare in questo momento ed il primo passo è allontanarmi da lui. Con tutte le forze a mia disposizione, lascio quella posizione comoda e dolce, lasciando che un buon metro mi distanzi da Luka.
Il silenzio scende nuovamente su di noi, avvolgendoci e tutto ciò che riesco a fare è balbettare qualche parola confusa in attesa che la mia mente prenda il sopravvento sul mio corpo. Solo quando la mano di Luka afferra il mio mento, capisco di aver passato gli ultimi minuti ad osservare il copriletto blu. La sua stretta riporta i miei occhi nei suoi ed è in quella pozza azzurra che trovo il coraggio di sospirare un’ultima volta, prima di affrontarlo.
Sciolgo quel legame, mettendo quanta più distanza possibile tra noi. Vedermi scostare dalla sua presa sembra ferirlo ed io non posso che temere il peggio per ciò che dovrò dirgli.
“Penso... Che dovremmo parlare”
Un sorriso triste aleggia sul volto di Luka mentre lo vedo lasciar cadere nel vuoto la mano che stava protendendo verso di me. Lo vedo appoggiarsi con la schiena alla parete della sua stanza e lasciarsi andare contro la superficie in legno con un’espressione consapevole.
“Io…”
Non riesco a spiegarmi il motivo per il quale mi riesca così difficile lasciarlo andare, così come non riesco a trovare le parole per affrontare la questione più spinosa di tutte, la mia identità segreta.
Più il silenzio ci avvolge, meno parole riesco a collegare tra loro, abbandonandomi alla consapevolezza di non riuscire a trattare al meglio quelle discussioni. Mentre io lotto contro me stessa, Luka si lascia vincere da un sospiro dopo l’altro. Le sue labbra continuano a sorridere mentre i suoi occhi guardano un punto distante da noi. Tristezza, malinconia, delusione e forse un pizzico di rabbia prendono il sopravvento su di lui ed io non riesco a non provare le stesse cose.
Sono stata una stupida, non avrei mai dovuto iniziare un gioco così pericoloso, per i miei sentimenti ma, soprattutto, per i suoi. Non avrei mai dovuto abbandonarmi a quel primo bacio tra noi. Non avrei mai dovuto cominciare a desiderare le sue labbra sulle mie, le sue mani sul mio corpo. Rifugiarmi nella scusa di aver trascorso un periodo difficile non è plausibile. Io volevo che accadesse, volevo provare ciò che ho provato e fare ciò che ho fatto e tutto perché lui riusciva a farmi sentire amata per quella che ero.
“Luka… Io…”
Il mio volto ricomincia a tingersi di calde lacrime ed il mio corpo inizia a scuotersi per i singhiozzi.
Non avrei mai pensato di poter stare così male nel far soffrire una persona, eppure eccomi qui a disperarmi per Luka, per lui che non ha colpe, per lui che ha semplicemente espresso i suoi sentimenti ad una persona che se ne è approfittata.
Il rumore dei miei singhiozzi attira la sua attenzione ed il suo sguardo torna nuovamente su di me. Nei suoi occhi vedo riflessa l’immagine di una ragazzina disperata ma la mia tristezza non è minimamente paragonabile a ciò che deve provare lui.
“Mi… Mi dispiace io…”
Non riesco ad articolare una frase di senso compiuto e continuo a sentirmi sempre più stupida nel pensare che l’unico che dovrebbe piangere, essere triste ed odiarmi, mi sta guardando con dolcezza.
Luka nasconde nuovamente il suo sguardo appoggiando la testa sulla gamba piegata sul letto. Non so cosa dirgli, non so cosa fare, so solo che vorrei poterlo amare ma non è ciò che provo. Ci sono stati momenti bellissimi, ci sono state sensazioni che non dimenticherò mai ma entrambi sappiamo che tutto questo non basta.
“Io…”
Il suo braccio mi avvolge velocemente, trascinandomi nuovamente verso di lui.
“Non piangere, Marinette”
Quello che accade, però, è l’esatto opposto. Un pianto senza fine mi sovrasta mentre lui continua a preoccuparsi di me e non di sé stesso.
“Mi dispiace… Mi dispiace tanto!! Io… Vorrei… Vorrei davvero…”
La sua mano scivola tra i miei capelli, cercando di lenire quel dolore che ci avvolge.
“Non importa, Marinette”
“No-non è vero… Ti ho ferito, ho ferito l’unica persona che mi è sempre rimasta accanto, ho ferito i tuoi sentimenti senza pensare a quanto male ti stessi facendo…”
“Marinette…”
Mi stringo a lui, sperando egoisticamente di potermi beare ancora qualche minuto della sua vicinanza.
“Mi dispiace Luka… Vorrei davvero…”
“Vorrei davvero amarti ma non posso” dovrei avere almeno il coraggio di dirlo, invece quello che riesco a fare è continuare a piangere.
“Lo so, Marinette. L’ho sempre saputo”
Quelle sono le ultime parole che Luka pronuncia, prima che il silenzio torni a farci da sfondo.
 
Solo qualche minuto più tardi il ricordo di Ladybug torna a bussare alla mia mente costringendomi a smettere di piangere.
Il mio sguardo torna sul volto di Luka, ancora intento a sorreggersi alla sua gamba con gli occhi chiusi. Quando la sua tonalità di azzurro riprende ad osservarmi, il suo volto sembra essersi arreso a tutte quelle parole non dette e ad altre che ancora devono essere pronunciate. Sono proprio i suoi occhi a spingermi ad affrontare quel discorso.
“So di chiederti molto e di non averne nessun diritto ma…”
“Non lo dirò a nessuno”
Un debole sorriso deforma la sua bocca, una felicità che non credo provi davvero, un modo per calmarmi e rassicurarmi per l’ennesima volta.
Scuoto la testa lentamente, cercando di trovare le parole giuste per fargli capire quanto sia in pericolo.
“Se qualcuno lo scoprisse, se Papillon lo scoprisse, Parigi si ritroverebbe piegata al suo volere. Non posso permetterlo, lo capisci?”
Una risatina buffa lo scuote mentre si alza, lasciandomi da sola sul suo letto a guardare la sua schiena che si allontana da me.
“Non devi preoccuparti di questo, Marinette”
“Come faccio a non preoccuparmi?! Tu sei in pericolo, adesso più che mai e con te anche tutti noi. Non dovresti avere un simile peso sulle tue spalle!”
“Non lo è mai stato”
Cosa? Che significa?
Probabilmente sul mio volto deve essere comparsa un’espressione tra le più sconvolte perché io per prima credo di essere sotto shock.
Avevo ragione a dubitare, avevo ragione a chiedermi se lo avesse scoperto solo oggi, avevo ragione.
“Luka? Come? Quando?”
Una serie di domande esce dalla mia bocca, quesiti tra i più stupidi, lo ammetto ma ho bisogno di sapere, perché, forse, conoscendo le risposte, riuscirò a calmare anche la confusione che regna dentro di me.
“Credo di averlo sempre saputo, Ladybug”
Quel nome, pronunciato mentre vesto i panni di Marinette mi lascia una strana sensazione di debolezza addosso.
“Ho sempre pensato che voi due foste molto simili. Entrambe determinate ad aiutare il prossimo, entrambe pronte a far qualunque cosa fosse necessaria per il bene comune, entrambe solari, allegre e molto carine”
“Ci sono centinaia di ragazze come me a Parigi, perché tu hai pensato potessi essere io?”
Non so quale morbosa curiosità mi stia spingendo a fargli tante domande ma sento la necessità di sapere.
“Io ti guardavo, Marinette, anche quando gli akumizzati attaccavano. Vedevo una certa determinazione sul tuo volto, la consapevolezza di dover difendere tutti gli abitanti di Parigi, leggevo in ogni tua frase una scusa per poterti allontanare, per poter rimanere da sola, lontana da chiunque altro”
Luka si volta, lasciandomi finalmente vedere la sua espressione afflitta ma quasi soddisfatta.
“Io ti ho sempre guardata”
Non ne avevo idea. Ho sempre pensato di esser riuscita a sfuggire a qualunque sguardo, ho sempre creduto di nascondere la mia identità nel miglior modo possibile. Non ho mai saputo che lui mi stesse osservando con preoccupazione. Quanta ansia, quanta agitazione deve aver provato in tutti questi anni, senza dir nulla, senza coinvolgere nessuno, stando attento a non farsi akumizzare, a non mettermi in pericolo. Come ho potuto non accorgermi di lui?
“Luka…”
“Una persona innamorata nota anche i più piccoli dettagli”
“Una persona innamorata” ha detto. Lui mi ama. Lui mi ama e si preoccupa per me. Lui mi ama ed ha protetto il mio segreto per tutti questi anni. Lui mi ama ed io l’ho solamente usato e ferito.
Il mio sguardo finisce nuovamente sul parquet della Liberty.
“Mi dispiace, Luka. Mi dispiace davvero tanto”
“Ho sempre saputo che non mi avresti mai amato, non potresti, nemmeno volendo”
“Cosa significa?”
Un sorriso, di nuovo.
“Lo capirai”
Mille dubbi mi affliggono e più penso a quante domande mi stiano vorticando nella mente, meno riesco a trovarne una sola da porgli. Cercando qualcosa da dirgli, riesco solamente ad aprir bocca più volte senza pronunciar nulla.
Il suo sguardo continua ad osservarmi dolcemente ma con una grande tristezza mal nascosta. È proprio la delusione che vedo nel suo sguardo che mi aiuta a capire quanto stia cercando di nascondere i suoi veri sentimenti. Una parte di me spera che lo stia facendo solo per orgoglio maschile ma la verità è tutt’altra. Luka ha promesso di mantenere il mio segreto e sa che mostrarsi triste ed arrabbiato, lasciare che quelle emozioni lo vincano, attirerebbe Papillon e la sua furia. Esiste poi una piccola parte di me che spinge con tutta sé stessa in direzione di un altro pensiero. Se lui stesse recitando solo per non ferirmi?
Non posso sopportare il peso di quell’idea, il pensiero che, nonostante il dolore e la sofferenza, lui stia comunque pensando prima a me che a sé stesso. Proprio quello è il motivo per cui, seppur debole, afferro finalmente la borsa e mi trascino fino alla porta della sua stanza.
“Mi dispiace, non mi sarei mai dovuta comportare così, soprattutto non con te”
Non riesco a dir nulla più di quello, prima di lasciarlo immerso nei suoi pensieri e nella delusione per quella situazione.
Una sola frase mi raggiunge, la stessa che ho sentito dalle sue labbra troppe volte nelle ultime settimane.
“Stai attenta”
 
Una volta arrivata a casa, la febbre è tornata a farsi sentire, costringendomi a letto. Ho avuto il tempo solamente di spalmare un po’ di pomata sul mio corpo, prima di prendere un analgesico e gettarmi tra le braccia di Morfeo. Per tutto il tempo Tikki è rimasta ad osservarmi in silenzio, rispettando il mio dolore e la mia scelta di non parlare di tutta quella situazione. Per quanto io possa definirmi una ragazza forte, non sopporto l’idea di aver fatto soffrire forse l’unico ragazzo che mi abbia mai dimostrato amore.
Mia madre è venuta a controllare perché non li avessi raggiunti per cena, ricordo solamente un panno bagnato sulla mia fronte, un gesto d’affetto che mi ha riportato alla mente le premure di Luka, il suo desiderio di proteggermi ed aiutarmi nonostante tutto e tutti. Dopo, solamente il buio.
Durante la notte sono riuscita ad alzarmi dal letto un paio di volte, per bagnarmi il volto ed abbondare nuovamente con le varie creme. Tikki è rimasta con me tutto il tempo, vigile, in attesa di ogni mio bisogno, in cerca di un modo per aiutarmi. Probabilmente se non avessi avuto lei al mio fianco, sarei svenuta più volte ma la sua voce continuava a tenermi sveglia, tentando in ogni modo di distrarmi dal malessere che mi avvolgeva. Non so cosa stia affollando maggiormente la mia mente, il pensiero di aver usato e ferito Luka, abbandonandolo quando forse stava iniziando a vedere una possibilità per noi o la febbre che mi costringe a prendere una quantità di farmaci incredibile. So solo che la mattina seguente riesco a sentirmi miracolosamente meglio.
La febbre sembra avermi lasciato solamente qualche linea di alterazione ed il mio corpo ormai pare guarito dalle varie lotte con i nemici di Parigi. Anche il taglio al braccio ormai sembra esser guarito, lasciandomi una leggera cicatrice che probabilmente non svanirà mai.
Nonostante tutto, non riesco ancora ad alzarmi dal letto, sono solo riuscita a far preoccupare mia madre, mio padre e Tikki. Forse lei è quella che più mi impensierisce perché sa esattamente cosa mi stia succedendo. Nei suoi occhi azzurri, leggo solamente tanta comprensione e tristezza, sentimenti che non si addicono alla sua natura positiva e sempre allegra. È lei a darmi la forza per combattere questa piccola battaglia e, ora dopo ora, inizio davvero a sentirmi meglio. Almeno fisicamente.
Ho trascorso tutta la giornata a ridere e scherzare con Tikki, cercando di far svanire la preoccupazione dal suo volto e solo quando, verso sera, riesco a convincerla di sentirmi pienamente guarita, la vedo finalmente rilassarsi ed addormentarsi.
In questo momento, però, mentre tutta Parigi dorme, io non riesco a frenare i pensieri che riprendono a confondermi sempre più. Nelle ultime settimane ho creato più problemi e preoccupazione nelle persone che mi circondavano che in anni di lotta contro Papillon. Come ho fatto a non accorgermi di quello che stavo facendo a Luka, a me stessa, a chiunque mi stesse accanto?
Lui è sempre stato gentile con me, l’unica persona che ha visto la parte migliore di me, senza deriderla, l’unico ragazzo che abbia davvero dimostrato di tenere a me ed io l’ho ferito nel peggiore dei modi.
In fondo, inizio a credere di essere molto più simile ad Adrien di quanto non pensassi. Lui ha giocato con i miei sentimenti così come ho fatto io con Luka. Forse è la prima volta che riesco a capire cosa deve aver provato Adrien nel vedermi ferita e delusa da lui perché è quello che provo io in questo momento: pentimento, sofferenza e dolore.
Una sola, grande differenza ci separa.
Adrien conosceva i miei sentimenti, li ha ignorati ma non ne ha mai approfittato, io sì. Non posso nascondermi dietro alla favola che mi vede inconsapevole dell’amore di Luka nei miei confronti perché, in fondo, penso di aver sempre visto un’attenzione particolare da parte sua. Eppure, dopo quel primo bacio, dato per attrazione ma anche per sfuggire alla morsa di Papillon, non sono riuscita a fermarmi, non sono riuscita ad impormi di stargli lontana, non sono riuscita a vedere la sofferenza che gli provocavo quando usavo il suo amore per risanare la ferita che Adrien mi aveva provocato.
Sdraiata sul mio letto, non riesco nemmeno a prendere sonno, in balia di quei tormenti. Eppure, nonostante tutto, non riesco ad odiarmi. Dovrei ma non posso farlo. Sono stata stupida, cattiva ed egoista ma quello che ho vissuto con Luka è stato qualcosa di particolare ed emozionante e nemmeno il pensiero di avergli fatto così tanto male riesce a tingere quei ricordi di dolore e cattiveria. Forse è questo a stupirmi maggiormente, il pensiero, la certezza, che tutto quello che è successo in queste settimane non sia stato inutile; mi ha aiutata a capire me stessa, a superare un periodo difficile, ad avvicinarmi ad una persona dolce e gentile come lui, imparando, anche se troppo tardi, a rispettare i sentimenti altrui senza prendermene gioco.
Mentre ancora sono assorta nei miei dubbi, qualcosa mi distrae. Solo per un momento, un istante veloce ma i miei occhi non si lasciano sfuggire quell’ombra scura che attraversa lo spazio oltre la mia finestra.
Com’è possibile che lui sia qui? Perché? Avevo chiesto a Plagg di tenere al sicuro il Miraculous di Chat Noir ma evidentemente non è riuscito a nasconderlo per più di una giornata. Non posso biasimarlo, in fondo, penso che nemmeno Tikki sarebbe mai riuscita ad impedirmi di trasformarmi se ne avessi avuto bisogno. Così è stato quando ancora non ero completamente guarita e quando ho portato la trasformazione al limite per aiutare Chat Noir.
Speravo solamente che avesse un briciolo di amor proprio e che aspettasse di essersi rimesso completamente per muoversi indisturbato nella notte. Ovviamente non mi sarei dovuta fidare del suo buon senso.
Lentamente mi affaccio alla terrazza, in attesa di vederlo nuovamente passare ma quello che trovo è la sua figura, appoggiata con la schiena alla parete accanto alla mia finestra. Rimango a guardarlo, cercando qualche traccia mancante della trasformazione ma la sua tuta nera sembra completa, finalmente. Un sospiro profondo esce dalle mie labbra, attirando inevitabilmente la sua attenzione.
Apro con attenzione l’inferriata, cercando di non provocarmi altri lividi inutili.
“Marinette”
“Chat Noir, come mai qui?”
“Come stai?”
Non riesco a vedere il suo volto, nascosto abilmente dalle ombre della notte ma il suo tono sembra cupo, profondo, quasi invaso da preoccupazione.
“Bene”
“Sicura?”
Annuisco lentamente, cercando di capire a cosa stia pensando. Credo di aver visto Chat Noir così teso solamente poche volte finora.
“Ho saputo che sei stata male ieri”
Il ricordo della febbre torna ad affacciarsi alla mia mente ma l’unica risposta che ottiene da me è una domanda semplice.
“Chi te lo ha detto?”
“Nessuno”
Il suo comportamento inizia a sembrarmi sempre più preoccupante ed il tono della sua voce non presagisce nulla di buono. Mi avvicino a lui, appoggiando la schiena contro il vetro della finestra chiusa.
“Cosa sta succedendo, Chat Noir?”
“Ti ho vista barcollare fuori da casa sua. Pensavo avessi deciso di fare la cosa giusta ma a quanto pare ti piace davvero quel ragazzo”
È solo un incubo, continuo a ripetermelo ma più sento quelle parole nella mia mente, più una strana rabbia inizia a scorrere nelle mie vene, facendo salire nuovamente la temperatura del mio corpo.
“È per questo che sei qui?”
Lo vedo voltarsi, allontanando il suo volto dal mio sguardo.
“Sei venuto a rimproverarmi, Chat Noir?”
Vedo le sue spalle abbassarsi ed il suo viso nascondersi sempre più. Centro. Non posso credere che abbia imposto a Plagg di ridargli il Miraculous, senza la certezza di essersi ripreso appieno, per questo motivo banale!
Nessuno dei due accenna a parlare, nessuno dei due accenna un movimento, fin quando non sento le forze iniziare a venir meno. Con molta fatica, mi alzo da quella posizione, barcollando in avanti. Solo in quell’istante lo vedo voltarsi verso di me, preoccupato per la mia salute.
“Sicura di star bene?”
“Vattene, Chat Noir”
Apro la finestra, volendo solamente rinchiudermi in camera mia e lasciare la rabbia che provo nei suoi confronti su quel balcone, con lui. Mi è difficile in verità, capire per cosa io sia più arrabbiata. Una parte di me, una parte molto importante, è furiosa per la sua poca cura di sé stesso, della sua salute e di quella di Plagg; un’altra lotta per farmi capire quanto il pensiero che lui possa credermi capace di continuare ad illudere Luka mi stia ferendo. Dopo tutto ciò di cui abbiamo parlato, dopo tutto ciò che gli ho confidato, pensavo che avesse capito quanto quella situazione mi avesse sconvolta. Pensavo che mi conoscesse meglio.
“Marinette...”
Con fatica rientro in camera mia e solo quando mi volto per richiudere la finestra, riesco a vedere il suo volto per la prima volta, a pochi centimetri dal mio. I suoi occhi verdi sono avvolti da un’aura incomprensibile, qualcosa di simile a preoccupazione, pentimento e rimorso ma, per un breve istante, mi pare di leggervi dentro anche qualcosa di diverso, qualcosa che rende il suo volto più rosso ed acceso sotto quella maschera.
“Mari...”
Quel lampo si trasforma velocemente, rendendo il suo sguardo pieno di dolore.
“Perché piangi?”
La mia mano corre al mio volto, trovando la guancia bagnata e calda. Probabilmente la delusione provata per le parole di Chat Noir deve essersi mescolata con le sensazioni degli ultimi giorni e con la febbre che sembra stia tornando, rendendomi debole e profondamente fragile.
Cerco di asciugare velocemente le lacrime ma mentre lo faccio qualcosa attira la mia attenzione, un sussulto di Chat Noir. I miei occhi tornano su di lui, trovandolo intento ad osservare il mio braccio. O meglio, la mia cicatrice.
“No...”
Cerco di nascondere la ferita che mi sono provocata scendendo da quel maledetto palazzo ma più tento di allungare la manica della maglietta che indosso, più quella sembra accorciarsi e tutto diventa inutile. La mano di Chat Noir corre verso quel punto, sfiorandolo appena.
“È tutta colpa mia”
Il suo sguardo è pura preoccupazione e dolore e, mentre io mi chiedo come faccia a sapere che quella ferita sia il risultato di quel pomeriggio su quel palazzo, sento le sue carezze sfiorarmi il punto che, fino alla sera prima, sembrava dolermi. Qualcosa dentro di me si smuove, costringendomi a liberarmi da quel contatto e rifugiarmi davvero all’interno della mia stanza.
“Sono solo caduta per le scale”
Velocemente richiudo la finestra, voltandomi verso il mio letto ed ignorando i lievi colpi che lo sento lasciare su quella superficie.
“Dovresti andartene, è tardi”
Mi infilo sotto le coperte, dando le spalle al balcone, in attesa che Chat Noir sparisca nella notte. Il pensiero dei suoi occhi, però, mi perseguita. Quello sguardo preoccupato e ferito, un altro sguardo preoccupato e ferito, l’ennesimo sguardo preoccupato e ferito. Non sopporto di leggere quei sentimenti nel volto di chi mi circonda, specialmente se la causa sono io. Le lacrime ricominciano a sgorgare libere, bagnando il mio volto e provocandomi singhiozzi continui. È così che riesco ad addormentarmi, con la sensazione che la febbre sia il minore dei miei problemi e la certezza di aver ferito due persone in poco più di ventiquattro ore.
 
Il mattino seguente, mi sento stranamente tranquilla. Delusa da me stessa, triste per tutto ciò che è successo negli ultimi due giorni ma tranquilla. Forse è solo la sicurezza di non trovare né Luka né Chat Noir a scuola a rendermi così pacata. Oggi non vedrò sguardi preoccupati attorno a me, non mi circonderò di tristezza ma solo delle noiose lezioni scolastiche e delle chiacchiere dei miei compagni di classe.
Sicura di questo, decido di indossare una minigonna svasata, finalmente libera dai lividi dei combattimenti contro gli akumizzati e, nonostante sia consapevole di attirare l’attenzione, afferro anche una maglietta a maniche corte, cercando di trovare una scusa credibile per quella cicatrice che probabilmente dovrò tenere sulla mia pelle per sempre.
Tikki si avvicina al mio volto con uno sguardo enigmatico.
“Marinette, sei sicura di voler andare a scuola?”
“Non c’è motivo per non farlo, la febbre è sparita ed io mi sento molto meglio”
Un sorriso, forse il primo che riesco a sentire sul mio volto da qualche giorno. Mi sembra quasi che distendere le mie labbra riesca a coinvolgere davvero anche il mio stato d’animo perché basta questo per regalarmi davvero un briciolo di felicità.
La mia allegria si riflette su Tikki che, sorridendo, si nasconde nella mia borsa, accanto ai biscotti che ho rubato a colazione. Afferrando qualche penna ed il quaderno per gli appunti, mi dirigo verso l’ingresso.
Una volta arrivata davanti all’istituto, trovo Alya intenta a parlare con Nino. Non appena si accorge della mia presenza, i suoi occhi sorridono sollevati.
“Marinette, stai meglio?!”
Annuisco velocemente, gustandomi il sospiro di sollievo che invade la mia amica. Bastano pochi istanti per trovarmi avvolta dai compagni di classe, dalle persone allegre e solari che riescono a rendere le mie giornate complete. Sento qualcuno chiedere quando arrivi Adrien ed il suo nome riesce a rendermi triste per un momento, ricordandomi quanto male abbiamo fatto entrambi a persone che non lo meritavano.
“Ha un impegno questa mattina presto, ci raggiungerà più tardi”
Basta quella frase a spingere tutti all’interno della struttura. Raggiungiamo l’aula velocemente ed ognuno occupa il proprio posto, in attesa dell’arrivo dell’insegnante. Attenta a non lasciar cadere a terra la borsa che contiene Tikki, afferro il quaderno per gli appunti e la bottiglietta d’acqua. Con questa ancora in mano, mi rendo conto che il braccio di Alya stia stringendo con forza il mio.
“Cosa diavolo hai fatto?!”
Seguo il suo sguardo, ritrovando quella cicatrice lucida.
“Nulla, sono caduta dalle scale qualche tempo fa. A quanto pare rimarrà il segno, niente di preoccupante, tranquilla”
“Marinette, sei incorreggibile, dovresti stare attenta!”
Dovresti stare attenta. Ha ragione, tutti hanno ragione, dovrei fare attenzione.
Lentamente sfilo il braccio dalla presa ferrea di Alya, tornando a concentrarmi sul mio quaderno.
“Non è nulla”
Per mia fortuna la professoressa entra in aula, distraendo Alya che sbuffa sonoramente, ripetendomi per l’ennesima volta quanto io sia sbadata. Se solo sapesse la verità.
 
La mattina trascorre veloce e, come annunciato da Nino, Adrien arriva dopo un paio d’ore per un impegno lavorativo. Al suo arrivo, prima ancora di scusarsi con l’insegnante per il ritardo, lo vedo cercare il mio sguardo. Il verde dei suoi occhi sembra quasi liquido, profondo, immerso in un sentimento a me sconosciuto.
È solo in un secondo momento che decide di rivolgersi alla professoressa ed alla classe intera ed è in quel preciso istante che una gomitata di Alya mi colpisce allo stomaco.
“Ma cosa...”
“Hai visto? Cercava te!”
Non solo la sola ad essersi accorta di quell’attenzione particolare ma il significato che Alya vede in quel gesto è molto diverso da ciò che leggo io.
“Secondo me gli piaci”
“Non dire sciocchezze”
Dura, schietta ma realista. Alya deve arrendersi all’evidenza dei fatti, deve capire che Adrien non nutra nessun sentimento romantico nei miei confronti. Probabilmente è solo preoccupato per me, in fondo, lui ha visto il taglio, lui ha visto la benda e sa quanto io sia stata male negli ultimi giorni, prima e durante l’evento. Alya torna ad osservarci con interesse mentre io sbuffo sonoramente, stanca di tutte le sue congetture su una relazione che non inizierà mai.
Adrien si accomoda accanto a Nino ma il suo sguardo mi segue, lasciandomi una strana sensazione, un calore sulle guance ed un lieve fastidio. Sono quei sentimenti a spingermi a distogliere gli occhi da quella distesa verde e concentrarli sulla lezione che riprende velocemente.
Il resto della mattina prosegue tra sguardi preoccupati ed altri quasi incuriositi, fin quando, dopo l’ennesima occhiata, quasi risentita, non mi volto verso Adrien mimandogli una semplice domanda.
“Cosa vuoi?”
Lo vedo sbattere le palpebre velocemente, assimilando le mie parole fredde e distaccate, prima di arrossire vistosamente e voltarsi verso l’insegnante. Inutile dire che Alya scoppia in una risata appena soffocata. Nino si volta ad osservare la sua ragazza, probabilmente inconsapevole della lunga spiegazione, o tortura, che lo aspetta durante l’intervallo.
 
È proprio quello il momento che stavo aspettando come null’altro e quando finalmente la campanella suona, riesco ad alzarmi dalla mia postazione. Nemmeno il tempo di fare qualche passo in più che Alya mi blocca la strada, guardandomi con malizia.
“Sei ancora sicura che siano solo sciocchezze?”
“Assolutamente”
La vedo scuotere la testa ed aprir bocca, in procinto di dire qualcos’altro quando Nino richiama la sua attenzione, riportando entrambe sedute.
“C’è qualcosa che non va, ragazze”
“Cosa significa?”
“Juleka sembra triste”
Io ed Alya seguiamo lo sguardo di Nino, trovando Juleka intenta a parlare con Rose. Il suo volto è triste e sconsolato e più lo guardo più vorrei solo riuscire ad uscire da quella stanza. Ho il terribile presentimento di sapere a cosa sia dovuta quell’espressione.
“Chissà cos’è successo”
Il mio sguardo si posa sul tavolo davanti a me, in cerca di un qualunque motivo valido per abbandonare un’amica alla propria tristezza.
“Stanno arrivando”
Il mio cuore perde un battito mentre le sento avvicinarsi assieme ai nostri compagni di classe. Quando il profumo di Juleka invade l’aria attorno a me, l’ossigeno sembra iniziare a mancarmi.
La sua tristezza non è passata inosservata, provocando molte domande.
In cerca di qualcosa che possa distrarmi, i miei occhi finiscono sulla figura di Adrien, concentrato per qualche motivo su di me. Il suo sguardo sembra quasi tingersi di dolore mentre mi osserva.
“Si tratta di Luka”
La voce di Rose risuona nella mia mente, lasciandomi senza fiato. Sapevo che fosse lui la causa della tristezza della sorella, era inevitabile.
“Gli è successo qualcosa?”
Le domande si susseguono tra i nostri compagni di classe mentre io ed Adrien continuiamo a guardarci. Non so quale sia il legame che ci unisce ma non riesco a distogliere lo sguardo dal suo.
“No... O meglio, sì ma niente di grave... Credo”
“Vuoi dirci qualcosa di più?!”
L’impazienza di Alya sta giocando una brutta partita con il mio autocontrollo.
“Credo che la sua ragazza l’abbia lasciato”
Basta quella frase per farmi scivolare sulla guancia l’ennesima lacrima che asciugo velocemente, prima che chiunque di loro possa vederla.
“Non l’ho mai visto così... Triste ed allo stesso tempo rassegnato”
Non mi ero nemmeno resa conto di aver spostato lo sguardo, concentrandomi sul quaderno che tengo tra le mani. Quando però riporto i miei occhi su Adrien, la sua espressione mi lascia basita.
Labbra socchiuse, stupore sul suo viso ed occhi leggermente spalancati. Posso essere anche una persona sciocca ma questa reazione non è esattamente quella di una persona estranea a tutto. Sembra più l’espressione di un ragazzo sorpreso da un avvenimento che non pensava possibile. Non so dire il motivo ma qualcosa nei suoi occhi, o forse nella strana piega appena accennata della sua bocca, mi lascia intendere che lui sia quasi sollevato da tutto questo.
Sono costretta a sbattere le palpebre un paio di volte, in cerca di un significato diverso da quello che leggo sul suo volto. Non è possibile che lui sia sollevato da questa notizia, non è possibile che sia addirittura quasi felice. Devo essere impazzita, Adrien non potrebbe mai provare questo nei confronti di un amico.
Non può essere.
Le mie labbra si distendono in una linea retta mentre cerco di svelare quel mistero. Un’idea sfiora la mia mente ma prontamente la elimino, rinchiudendola in un cassetto molto lontano dalla realtà.
Non può essere.
Che lui sapesse?
Non può essere.
Che lui abbia sempre saputo? Che fosse questo il motivo per il quale sembrava osservarmi sempre più spesso nell’ultimo periodo?
Forse era solamente preoccupato per lui, per Luka, per quel ragazzo che l’ha accolto nella sua vita e nel suo gruppo con tanta simpatia.
Deve essere così.
Le mie amiche continuano a discutere, arrivando anche ad insultare la fantomatica ragazza che ha saputo ferire il fratello di Juleka.
“Deve essere davvero senza cuore”
“Luka non se lo meritava”
Il rumore dei palmi delle mie mani che sbattono contro la superficie in legno riecheggia per qualche istante, attirando l’attenzione di tutti. Fortunatamente anche la mia mente torna al presente, al ruolo che devo interpretare, quello dell’amica sconvolta e preoccupata. Controllo velocemente che le lacrime che sento pungere i miei occhi rimangano incastrate per qualche altro minuto e mi volto verso Juleka.
“Deve essere proprio una stupida ad aver lasciato un bravo ragazzo come lui. Mi dispiace molto Juleka, davvero. Vorrei poter fare qualcosa ma sono sicura che troverà qualcuno che saprà apprezzarlo di più”
Così dicendo mi volto un’istante verso Adrien e quando sento l’ennesima lacrima solcare le mie guance, fingo di sistemare qualcosa all’interno dello zaino. Mentre il gruppo riprende a parlare, torturandomi peggio di quanto potrebbe fare Papillon, io mi alzo e mi avvio alla porta, avvisando di dover andare in bagno.
Attraverso la soglia dei servizi con le lacrime agli occhi. Sola, in quel bagno, non smetto un attimo di camminare per la stanza, cercando di sfogare almeno in parte quella sensazione di malessere che mi ha avvolta. Solo il getto dell’acqua fredda sul volto riesce a calmarmi, rimettendo in ordine i miei pensieri.
Pochi istanti più tardi sento nuovamente la campanella suonare e, anche se ancora abbastanza provata, mi costringo ad uscire dal bagno per tornare in classe.
Fuori da quella stanza, trovo l’ultima persona che avrei voluto vedere. Con una determinazione che non credevo di possedere, ignoro la sua presenza, dirigendomi verso l’aula. È la sua mano a fermarmi, afferrando il braccio segnato dalla cicatrice. Il suo sguardo si sofferma su quel dettaglio mentre poche parole escono dalle sue labbra.
“Mi dispiace, Marinette”
Non so a cosa si stia riferendo, se a quel segno sulla mia pelle o al fatto che tra me e Luka ci fosse qualcosa e che questo qualcosa si sia trasformato nel nulla. Non riesco a capire cosa voglia sentirsi dire, quindi l’unica cosa che riesco a fare è annuire debolmente e voltarmi di nuovo, questa volta riuscendo a sfuggire alla sua presa.
Un dettaglio però non mi sfugge mentre lancio un’ultima occhiata ad Adrien che mi sta seguendo verso la classe, il suo sorriso. Non posso aver visto male, non posso aver confuso così tanto i suoi tratti. Adrien stava davvero sorridendo.
 
***
 
Buongiorno lettori!! Vi devo un’infinità di scuse ma il lavoro mi ha rapita e la prima parte di questo capitolo si è dimostrata davvero difficile da scrivere 🙁
Dunque, sono pronta! Fan Lukanette, scatenatevi xD
Cosa pensate di questo capitolo? Marinette ha fatto la scelta giusta? E Adrien? Cosa pensate di questo suo comportamento? Rimproveri, sorrisi, sguardi preoccupati e delusi, chissà mai poi perché! XD
 
Come sempre spero di riuscire ad aggiornare quanto prima ma il foglio di word è ancora vuoto quindi abbiate pietà <3
Un bacione e grazie a tutti per continuare a seguire questa mia storia malata!!
Miss_MZ93

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Capitolo 19
*** Capitolo 19 ***


Un piede davanti all’altro, un passo dopo l’altro ma non sono solo io a vagare senza meta. I miei pensieri si muovono veloci, ignorando il mondo che mi circonda. Credo di aver attraversato qualche incrocio senza badare molto al colore dei semafori o alle vetture che sfrecciavano sulla strada. Non so come ma, alla fine, sono riuscita a raggiungere uno dei posti che, per me, ha più significato. 
Questo parco mi ha vista combattere più volte contro i nemici che Papillon inviava contro me e Chat Noir. È stato testimone di uno dei gironi più dolorosi per me, il pomeriggio in cui Adrien ha offeso ed umiliato i miei sentimenti per lui. Nonostante tutto, però, conservo anche molti ricordi felici. Le passeggiate con Manon, le risate con Alya e tutte le uscite con i miei amici. 
Ricordo le feste organizzate in questi anni per compleanni, eventi legati ai supereroi di Parigi o anche solo per passare un po’ di tempo tutti assieme. Ricordo la comparsa di Luka, quel giorno, il modo in cui mi aveva lasciato il suo numero. Ricordo i pomeriggi trascorsi ad osservare Adrien in posa per qualche campagna pubblicitaria ed il batticuore quando i suoi occhi incontravano i miei. 
Sentimenti, emozioni, questo luogo racchiude la storia della mia vita in così tante sfaccettature che sarebbe difficile per me ignorarne l’esistenza. Deve essere stato proprio questo il motivo per il quale sono finita qui, in questo momento. Avevo bisogno di pensare, di lasciarmi andare, di scavare dentro di me e superare tutto ciò che l’ultimo periodo mi ha fatto affrontare. Quale posto migliore? 
Continuo a passeggiare all’interno delle mura del parco, rendendomi sempre più conto di quanto ogni albero racconti una mia giornata, di quanto anche i piccioni affamati richiamino il mio passato. 
Un piede davanti all’altro, un passo dopo l’altro e la mia meta sembra raggiunta. Una panchina, quella panchina, dove tutto è crollato, dove tutto è rinato e dove tutto ancora cambierà. Mi siedo al solito posto, quello dove l’ombra si mischia perfettamente con i raggi del sole per donare calore e freschezza. 
“Marinette?” 
Un suono impreciso esce dalle mie labbra, tirate in una smorfia confusa. 
“Stai bene?” 
Un sospiro esce dalle mie labbra, una specie di lamento per una domanda alla quale non saprei dare risposta nemmeno se me la scrivessero su un foglio. 
“Non so Tikki. Ho una strana sensazione” 
“In che senso?” 
“Credo mi stia sfuggendo qualcosa di importante. Qualcosa che dovrei capire ma che non riesco proprio ad afferrare” 
Lo sguardo di Tikki diventa spaesato, probabilmente si sta domandando perché dopo secoli di portatrici intelligenti e sveglie, le sia capitata una ragazza così maldestra ed insignificante come me. 
Il Kwami sembra riflettere sulle mie parole qualche secondo prima di assumere un’espressione estasiata. Come se lei, al posto mio, fosse riuscire a cogliere ciò che a me sfugge. 
“Sono sicura che al momento giusto capirai ogni cosa” 
“Vorrei esserlo anche io Tikki” 
Sospiro lentamente, lasciando che la brezza di quella giornata calda mi avvolga. Continuo a pensare di star dimenticando qualcosa, qualcosa di molto importante. Eppure, in questo momento, non posso che fidarmi delle parole di Tikki. Un giorno, forse, capirò ogni cosa. Capirò perché Adrien si sia comportato in modo così strano con me, riservandomi sguardi che avrebbero potuto congelare. Capirò perché Chat Noir mi abbia trattata così freddamente, facendomi capire senza troppi giri di parole che tipo di persona pensa io sia. Forse capirò anche il perché di quel sorriso e di quel “mi dispiace”. 
Chissà, un giorno magari potrei anche arrivare a capire chi si nasconda dietro la maschera di Papillon. Una breve risata mi scuote, attirando l’attenzione del Kwami. Se davvero avessi la possibilità di conoscere di persona il nemico di Parigi, credo me ne accorgerei. Una persona talmente instabile da provare in ogni modo ad ottenere ciò che vuole senza il minimo sforzo, non può rivelarsi un essere umano calmo e pacifico. 
 
Questi pensieri mi tormentano tutto il giorno, provocandomi un terribile mal di testa. Dopo essermi goduta la cena deliziosa preparata da mia madre, decido di lasciare che la mia mente vaghi libera con un po’ di musica dal computer. 
Le note delle melodie pop francesi risuonano attorno a me con un volume non troppo alto da tener svegli i miei genitori ma nemmeno così basso da lasciarmi la possibilità di pensare. 
È proprio sul suono di una canzone dolce ma triste che i miei occhi iniziano a farsi pesanti, tanto da costringermi ad appoggiarmi alla scrivania e scivolare lentamente in un sonno profondo. 
Non so dire se sia colpa della melodia troppo malinconica o della posizione in cui mi sono addormentata ma nei miei sogni, torno a rivivere stralci di giornate pesanti e stancanti. Alcune hanno come protagonista il modello biondo che mi ha rubato e trafitto il cuore, altri il mio compagno di battaglie e gli scontri che ci hanno lasciato più cicatrici. Nei momenti più bui, mi pare di riuscire a scorgere anche una sfumatura blu ed una sensazione di calore che pervade il mio corpo. Quello che, però, fa da sfondo alla mia nottata è la sensazione di una presenza molto vicino a me e di un rumore sordo ma leggero, appena accennato ma capace di disturbare i miei pensieri. 
 
Il mattino seguente, inutile dirlo, mi sveglio con un dolore terrificante al collo ed alla schiena. Se mia nonna mi vedesse in questo stato, probabilmente mi prenderebbe in giro per il resto dei miei giorni. L’adolescenza la vivo solo sulla carta d’identità. 
“Marinette, stai bene?” 
Annuisco lentamente alla domanda di Tikki, cercando di non peggiorare la mia situazione. 
“Nulla che una doccia calda non possa sistemare… Spero” 
È proprio sotto quel getto caldo che mi rendi conto che, per la prima volta da non so quanto tempo, sono riuscita a non svegliarmi in un groviglio di coperte e con il sudore ad impastarmi i capelli. È anche facile pensare che, non avendo dormito sul morbido e caldo letto che i miei genitori mi hanno comprato anni fa, mi sia impossibile ritrovarmi in quella situazione. Eppure qualcosa di diverso sembra esserci. 
Dopo aver optato per un semplice pantalone nero aderente ed una maglietta a mezze maniche a palloncino, lego due ciocche di capelli dietro la testa, un modo veloce e semplice per tenere in ordine la mia chioma scura. 
Come di routine, afferro i libri per le lezioni della giornata, lo zaino, la borsa piena di biscotti per Tikki e mi avvio velocemente verso il piano inferiore. È proprio mentre esco di casa che mi lascio vincere dal pensiero veloce e momentaneo di quel sorriso. Ho trascorso così tanto tempo a cercare di capire cosa significasse che mi ero persino dimenticata della possibilità di chiederglielo direttamente. L’idea che lui sapesse, che avesse scoperto, capito o visto il legame che univa me e Luka mi ha sfiorato la mente qualche volta ma più lasciavo che questo pensiero mi coinvolgesse e meno riuscivo a capire in quale modo lui avesse anche solo potuto sospettare di tutto ciò. In fondo, se Alya non era riuscita a captare nulla con il suo talento per i pettegolezzi, come sarebbe mai stato possibile per il modello biondo immaginarsi quello che stava succedendo? Per questo motivo ho smesso di arrovellarmi su quell’ipotesi, tanto strana quanto improbabile. 
“Marinette, buongiorno” 
Saluto Alya velocemente, cercando di sviare ogni domanda sul mio stato mentale e concentrandomi sull’appuntamento con Nino che sapevo avesse ieri sera, una cena a base di street food in un locale che presentava un nuovo gruppo musicale che interessava al giovane. 
Solo al suono della campanella mi accorgo di un posto vuoto vicino a Nino. Il mio sguardo si sofferma appena su quel dettaglio, nella speranza di potermi godere quella giornata senza sguardi strani o sorrisi ambigui. 
“Il marchio Agreste ha una sfilata importante tra qualche giorno. A quanto pare tra foto set, riprese e prove per l’evento, Adrien non si vedrà molto questa settimana” 
La voce di Nino riempie il silenzio di quel momento. Il suo sguardo, unito a quello della mia migliore amica, si concentra su di me, come aspettandosi che io dica qualcosa. Cosa, non mi è dato saperlo. 
Dopo istanti infiniti di occhiate ambigue, mi lascio vincere dalla voglia di sospirare, non per la mancanza o il vuoto che lascerà Adrien in questo periodo ma per il comportamento dei nostri amici. Nonostante tutto, nonostante le parole del modello, nonostante il mio dolore, loro ancora sperano, un giorno, di vederci coronare quello che è diventato più un sogno loro che nostro, ovvero vederci insieme come coppia. 
“Smettetela di costruire castelli in aria” 
Riporto l’attenzione sulla porta della stanza, aspettando con grande impazienza l’arrivo dell’insegnante. A quanto pare oggi la puntualità sulla quale volevo far affidamento, non esiste. 
“Marinette, non perdere le speranze. Non vedi come ti guarda?” 
Sbuffo sonoramente, stanca di quei discorsi, di quella convinzione che ormai fa parte solo dei suoi desideri. 
“Smettila, Alya” 
“Marinette…” 
“Basta. Sono solo sciocchezze” 
Il mio tono duro sembra aver colpito un punto preciso nel suo cuore ed io inizio a sentirmi in colpa per le mie parole. In fondo, lei non ha colpa se Adrien non mi ama. Alya ha sempre pensato che potesse nascere qualcosa tra me ed il ragazzo dagli occhi verdi e sapere di dover rinunciare a quell’idea non deve essere semplice per lei. 
“Lo hai sentito, no? Non sono nulla più di un’amica per lui… O una fan” 
“Marinette, però pensaci! Sono settimane che ti osserva come se fosse geloso di te” 
“Ancora con questa storia, Alya…” 
“È vero! Devi solo…” 
Fortunatamente quella discussione viene interrotta dalla professoressa Bustier che riporta ordine in classe per poi iniziare a spiegare la lezione del giorno. 
Pochi minuti dall’inizio di quell’ora ed una gomitata mi costringe a fulminare con lo sguardo Alya, la quale ignora totalmente la mia occhiataccia, mimando solamente un “pensaci” al quale non presterò attenzione. Ne va della mia salute mentale. Mi manca solamente di iniziare a sperare nuovamente in qualcosa di romantico tra me ed Adrien per finire davvero in un manicomio. 
Alzo gli occhi al cielo, scongiurando una qualunque divinità di far finire questa giornata il prima possibile. 
Le mie preghiere sembrano venire accolte in un miracolo che fa volare via l’intera settima scolastica. 
Non ho più visto Adrien ma Nino continua a tenermi aggiornata sui suoi impegni, quasi volesse confermarmi che davvero si stia trattenendo lontano da scuola per lavoro. 
Quando pensavo che l’assenza del modello mi avrebbe lasciato un po’ di pace, mi illudevo. Alya e Nino non hanno smesso un attimo di farmi ragionare sul comportamento di Adrien, su quegli sguardi che, a quanto pare, non sono poi passati così tanto inosservati e sulla presunta gelosia che sembrava coglierlo ogni volta che io ero in compagnia di Luka o che anche solamente pronunciavo il suo nome. 
Dopo due giorni di tortura, ho ripreso a pregare la stessa divinità che mi aveva graziato poco tempo prima, questa volta per far rientrare Adrien a lezione il prima possibile. Magari la sua presenza avrebbe spezzato quella catena di discorsi insulsi che mi stava stringendo alla gola. 
La fortuna non è stata dalla mia parte, però, perché il modello ha pensato bene di rimanere a casa tutta la settimana e lasciarmi immersa in uno stato di costante irritazione causata dai due cupido in erba. C’è qualcosa, però, che riesce ad irritarmi quasi quanto i miei due amici ed è l’assenza di notizie da parte di un certo ragazzo di nero vestito, dagli occhi verdi e dalle orecchie attente come quelle di un vero gatto. 
So benissimo di averlo cacciato in malo modo, so benissimo quanto lui sia convinto di ciò che mi ha detto l’ultima volta che ci siamo visti ma non credevo che bastasse così poco, che fosse sufficiente un malinteso, per allontanarlo dalla mia vita. Credevo che almeno Chat Noir tenesse a me. A quanto pare mi sbagliavo, a quanto pare la mia relazione con Luka non era ben vista dall’eroe di Parigi, tanto da spingerlo a non venire più a trovarmi. In fondo, più volte mi ha fatto capire quanto fosse sbagliata quella storia per lui. 
 
Sbatto le palpebre velocemente. Sabato. Finalmente sabato. Non ho mai atteso un week end così tanto e non perché io abbia qualcosa di particolare da fare ma semplicemente perché posso finalmente rilassarmi e pensare a me stessa. 
Certo, speravo di riuscire a dormire qualche ora in più, magari fino alle dieci. Invece sono le nove ed io sono sveglia già da un’ora buona. Come questo sia possibile, non lo so. 
Sbuffando sonoramente, decido di alzarmi ed abbandonare le lenzuola ai piedi del letto. Tikki sta dormendo ancora beatamente e mentre lei si riposa anche per me, io afferro gli auricolari e con una buona musica di sottofondo inizio a mettere ordine almeno nella mia stanza. 
Trascorro buona parte della giornata a metter via gli abiti più pesanti, lasciando nell’armadio solamente vestiti leggeri ed adatti all’estate che bussa alla porta. 
Dopo un pranzo degno di una famiglia reale ed una fetta di torta rubata per Tikki, decido di dedicarmi un po’ alla cura di me stessa. Recupero l’arricciacapelli e provo varie tipologie di pieghe prima di trovare qualcosa che mi convinca del tutto. Dopo aver reso mossa la mia chioma, afferro una ciocca e ne creo una treccia morbida che, partendo dall’alto, termina in una scia dolce verso il basso. 
Mentre Tikki mi guarda incuriosita dai miei movimenti, afferro una maschera in tessuto e la sistemo sul volto. Tutto lo stress delle ultime settimane necessita di una carezza in più. 
Appena finisco di sistemare l’ultimo lembo di quell’impasto, sento un rumore famigliare e vicino a me. 
Tikki mi guarda alzare gli occhi al cielo prima di lasciarmi sfuggire un sorriso leggero. Il Kwami della fortuna segue il mio sguardo fino alla finestra per poi nascondersi dietro ai libri di scuola aperti sulla scrivania, un chiaro tentativo fallito di studiare qualcosa. 
Mentre io mi avvio verso il soppalco, Tikki si lascia andare ad una risata, smorzata solamente dalle sue zampette dolci. 
Ignorando quel commento muto, salgo i gradini che mi separano dalla finestra della stanza, con il cuore che inizia ad accelerare i battiti. Sul mio volto si è stampato un sorriso allegro al pensiero di poterlo rivedere, sorriso che muore al ricordo di come ci siamo lasciati l’ultima volta che si è fermato su questa terrazza. 
Lo sguardo deluso ed arrabbiato di Chat Noir torna a bussare alla mia mente, provocando un cambio notevole al mio umore. Fino a qualche secondo fa provavo qualcosa di molto simile all’emozione, qualcosa che mi ha spinta a salire i gradini quasi di corsa, con una gran voglia di rivedere questo gatto randagio. Devo ammettere di aver sentito la sua mancanza. Nelle ultime settimane era diventato quasi un punto fisso per me, un amico con cui sfogarmi, con cui pensare, qualcuno, forse l’unico ad essere a conoscenza della mia relazione con Luka e quindi l’unica persona con la quale potevo parlare di lui, di me, delle mie sensazioni e di quei sentimenti acerbi. Tutto ciò, però, viene quasi cancellato dalla sua ultima visita, da quelle parole accusatorie e dallo sguardo che aveva mentre le pronunciava, senza contare la sua reazione alla vista della mia cicatrice ed il fatto che sia sparito, casualmente, proprio dalla nostra litigata. 
Ecco il mio buon umore che evapora, lasciandomi solo una serie di gesti automatici da fare. Il primo di questi, è aprire la finestra sospirando. 
Sblocco la serratura e subito il supereroe di Parigi balza accanto all’entrata, con un sorriso che potrebbe accecare chiunque. Quell’espressione muta rapidamente, trasformandosi in una risata sommessa. 
“Non ti dona molto questo verde cetriolo, principessa” 
Sbuffo sonoramente portandomi le mani al volto e trovandoci l’oggetto di tanta ilarità. Senza nemmeno badare alla presenza di Chat Noir fuori dalla mia finestra, mi avvio verso l’interno della mia stanza, raggiungendo velocemente il bagno. Tolgo la maschera in tessuto ed afferro un panno umido e caldo per ripulirmi dalle ultime impurità. Mi viene quasi voglia di rimanere a godermi la sensazione di freschezza sulla pelle ma l’educazione insegnatami dai miei genitori non mi darebbe tregua se lasciassi il mio collega ad attendersi per il resto del pomeriggio. 
Sospirando, non mi rimane che tornare nella mia stanza ed avviarmi alle scale. Quando, però, giungo davanti al mio letto, noto qualcosa che non dovrebbe essere com’è, o meglio, qualcuno che non dovrebbe essere dove si trova, beatamente sdraiato sulle mie coperte, intento a fissare il soffitto della mia camera. 
“Non mi pareva di averti invitato ad entrare” 
Il suo volto si macchia di un leggero sorriso mentre lancia un’occhiata alla finestra lasciata aperta. 
Non riesco ad evitarmi di alzare gli occhi al cielo al pensiero che abbia interpretato quella dimenticanza come ad un invito a fare come se fosse a casa sua. 
Il sorriso di Chat Noir si spegne lentamente mentre il silenzio ci avvolge con forza. Non si tratta di una quiete rilassante e calma ma di qualcosa carico di tensione ed aspettativa. Da parte mia, sicuramente, c’è il desiderio di capire perché Chat Noir sia sparito all’improvviso dopo la nostra discussione per poi tornare come se nulla fosse successo. È un comportamento che non comprendo. Ammetto, però, di essere felice di averlo qui. Qualunque cosa accada, litigata o meno, sono contenta che sia tornato, anche solo per chiarire. Non mi ero resa conto di aver sentito tanto la sua mancanza, così come non avevo capito fino in fondo quanto il suo giudizio fosse importante per me. Eccolo, il pensiero che comincia a vorticarmi in testa non lasciando spazio a null’altro, il desiderio di chiarire, di spiegarmi, quasi di giustificarmi per quello che lui ha capito nel vedermi uscire dalla Liberty. 
Mentre io cerco di pensare a come affrontare questo discorso, mi accorgo appena dei movimenti di Chat Noir e di come si sia alzato dal mio letto per avvicinarsi a me. La sua mano afferra delicatamente il mio braccio, osservando con attenzione la mia cicatrice. Sembra passato un secolo da quando mi sono dovuta quasi buttare da un palazzo per raggiungere Tikki. 
“È tutta colpa mia” 
La sua voce sembra così debole e fragile da farmi venir voglia di consolarlo, abbracciarlo e rassicurarlo del fatto che non sia colpa sua se sono distratta e maldestra. Un pensiero, però, mi coglie, una domanda. Come fa a sapere cosa abbia provocato questa cicatrice? Nemmeno con tutta la sua fantasia potrebbe mai aver avuto un pensiero simile. Io per prima ricordo bene di aver mentito per giustificare quel segno sulla mia pelle. 
“Te l’ho già detto. Sono caduta” 
“Sappiamo entrambi che non è la verità” 
Il mio sguardo si assottiglia. 
“Io lo so ma come fai ad esserne certo, tu?” 
Lo vedo sbattere le palpebre velocemente, quasi come se lo avessi colto con le mani nell’erba gatta. Il suo volto si dipinge di un pallido rossore, una sfumatura appena accennata e poco visibile. 
“È c-così importante?” 
Pensandoci bene, no, non lo è. Che lui sia sicuro della causa della mia cicatrice o meno non è poi così fondamentale. La questione che mi preme affrontare è un’altra. 
Scuoto la testa, cercando di dimenticare per un momento quel discorso. 
La sua presa però diventa ferrea sul mio braccio mentre il suo sguardo sembra voler imprimere il disegno di quella cicatrice nella sua mente. 
“Mi dispiace davvero, Marinette. Non avrei mai dovuto lasciarti su quell’edificio” 
Scrollo le spalle, tentando di rassicurarlo come posso. 
“Ed io non avrei mai dovuto cercare di scendere usando una scala arrugginita ed instabile. Ad ognuno il suo” 
Ritraggo il mio braccio, attirando il suo sguardo nel mio. 
“Smettila di incolparti per una cosa simile. Ormai è guarita” 
“Devi aver sofferto molto” 
“Sono stata meglio” 
Il suo sguardo si oscura per un attimo solo. Le mie mani corrono al suo mento, riportando quegli occhi verdi nei miei. 
“Ma anche peggio” 
Il silenzio torna ad avvolgerci mentre lo vedo soppesare le mie parole. Dopo quello che a me sembra un istante infinito, Chat Noir annuisce debolmente, accettando il senso delle mie parole. 
Tentare di cambiare argomento diventa il mio intento principale ma, sebbene io possa scegliere tra una miriade di discorsi banali e futili, l’unica cosa che mi interessa davvero in questo momento è che lui sappia che tra me e Luka è finita. Quello che mi manca, però, sono la forza, il coraggio e le parole per dare inizio a quella discussione. 
Mi porto una mano tra i capelli, scuotendo quella chioma scura in un gesto che dovrebbe concentrare i miei pensieri ma che, al momento, riesce solo a creare dei nodi all’acconciatura. Chat Noir mi guarda perplesso, sento il suo sguardo posarsi sul mio volto per poi passare a quel gesto frenetico che delinea il mio stato d’animo. Come illuminato da non so bene quale idea, lo sento afferrarmi la mano e districarla dalla mia chioma. 
“Forse dovremmo parlarne” 
Sbatto le palpebre confusa. Non ho mai pensato che Chat Noir fosse uno stupido ma nemmeno che sarebbe riuscito a leggere i miei pensieri incasinati, gli stessi che nemmeno io sono riuscita a comprendere pienamente. 
Dopo un momento di smarrimento, annuisco lentamente, invitandolo a sedersi sullo stesso letto sul quale era sdraiato fino a pochi minuti fa. 
“Perché non sei più venuto a trovarmi?” “Perché non mi hai detto la verità?” 
Due frasi pronunciate assieme, due significati completamente diversi, due domande dal grande peso. 
“Cosa?” “Come?” 
Cercando di porre fine a quella situazione confusionaria, poso le mie mani sui suoi avanbracci. 
“Lascia parlare me un attimo” 
Gli occhi di Chat Noir si posano sulla mia presa, quasi come se gli avessi scottato la pelle sotto quella tuta nera. Velocemente sposto le mie mani, riportandole sul mio grembo. Inutile dire che il mio volto abbia assunto varie sfumature di rosso. Lanciando sguardi furtivi al supereroe di Parigi, noto lo stesso colore sul suo volto, parzialmente coperto da quella maschera scura. Entrambi cerchiamo di evitare di osservarci, sovrastati da un imbarazzo insensato. Mentre la mia mente continua a rimuginare su quanto quella tuta sembrasse coprire un fisico decisamente atletico, le mie mani iniziano a stringere con forza la mia maglia, quasi riducendola in un ammasso di pieghe. È incredibile come io possa aver lottato al suo fianco per anni ed essermi accorta solo negli ultimi tempi di quanto lui sia effettivamente un ragazzo affascinante. 
Tentare di distrarmi da certi pensieri non mi risulta facile ed è solamente quando mi rendo conto di aver iniziato ad aprire e chiudere la bocca in modo disorientato che sento uno sguardo verde su di me. Velocemente riprendo il controllo del mio corpo, abbastanza da costringermi ad osservare il suo volto per trovarlo intento a sorridermi con un guizzo diverso dal solito. Quel ghigno mi sembra quasi famigliare e subito ritrovo la sua espressione in ogni preludio alle battutine a Ladybug. 
“Tutto bene, principessa?” 
Lo vedo avvicinarsi pericolosamente al mio volto, lasciandomi totalmente impreparata e senza fiato. 
“N-no. Tutto b-bene, perché?” 
No. Non posso iniziare a balbettare anche con Chat Noir. Mi basta l’effetto che ha Adrien su di me per sentirmi una completa sciocca. 
Lo sento ridacchiare ed inizio a pensare che non sia il momento giusto per una simile reazione. Cosa può farlo ridere in questa circostanza? Sospiro sonoramente, rendendomi conto che l’unica cosa buffa sotto questo tetto, sono io. 
“Possiamo parlare seriamente per un istante?” 
Sento ancora le guance calde ma sono sicura di aver riassunto un colorito quasi normale. Chat Noir mi sorride calorosamente, cercando di riprendere un tono serio. 
“Perché non ti sei più fatto vedere?” 
Lo vedo riflettere un attimo alla risposta da dare per poi riportare il suo sguardo su di me. 
“In verità quella che non si è fatta vedere sei tu” 
“Cosa significa?” 
“Sono passato un paio di sere questa settimana ma dormivi” 
Un pensiero mi sfiora, l’idea di aver creduto che lui non volesse più vedermi e di essermi completamente sbagliata. Solo qualche secondo più tardi, un’altra idea mi invade, il fatto che lui mi abbia vista dormire, in chissà quale posizione e con chissà quale pigiama infantile addosso. L’ultima cosa a cui penso, è la strana circostanza che lo ha portato a vedere me e non Tikki. Non a caso rappresenta la fortuna, se solo avessi avuto come Kwami Plagg, sicuramente lo avrebbe scovato prima ancora di trovar me. 
“Quindi non eri arrabbiato o deluso?” 
“Per cosa?” 
I miei occhi si soffermano sulla sua espressione, un misto di finzione. 
“Lo sai” 
“Ti ho cercata appunto per questo, per chiederti cosa sia successo davvero” 
Senza accorgermene, alzo una sopracciglia, un modo chiaro per chiedergli perché me lo stia chiedendo adesso invece di aspettare che fossi io a raccontargli ogni cosa quella stessa sera. 
“Marinette, mi dispiace, dico sul serio. Avrei dovuto chiederti spiegazioni l’ultima volta che ci siamo parlati” 
Sbatto le palpebre velocemente, quasi scioccata da quella risposta. Ammetto di essere sconvolta non solo per quelle scuse e per tutta la confusione che siamo riusciti a creare senza motivo ma anche, e forse soprattutto, per il significato che leggo in quelle ultime parole. Chiedere spiegazioni? Non sono sicura di interpretare al meglio questa frase. Perché avrebbe dovuto chiedermi spiegazioni? In fondo, io non ho fatto nulla di male nei suoi confronti. Se avessi voluto confidarmi, sarebbe stata una mia scelta, data dalla volontà di condividere con lui una parte della mia vita e non perché gli dovevo qualcosa come una spiegazione. 
Il mio volto deve aver assunto un’espressione decisamente turbata perché vedo Chat Noir ripensare a ciò che ha detto. Posso sentire la sua mente pensare caoticamente ad ogni singola lettera, fino a trovare il grande errore commesso. 
“Aspetta un attimo. Non volevo dire che tu mi dovessi delle spiegazioni. Insomma non sei la mia... Ragazza” 
La sua ragazza. Credo di essermi soffermata a pensare a quella parte della frase per troppo tempo perché sento nuovamente la mia pelle scaldarsi, riflesso di quella del supereroe. Solo in quel momento mi accorgo davvero di dove ci troviamo. Parlare di incomprensioni, di relazioni, di figuracce e simili, sul mio letto non è stata forse la migliore delle idee. Quel pensiero continua a perseguitarmi mentre cerco di non focalizzarmi sulla mia pelle che sembra stia prendendo fuoco. 
“N-no, infatti” 
“Già” 
Il silenzio torna a sconvolgere quella stanza mentre io comincio a sentirmi decisamente stanca. Troppi malintesi, troppe emozioni, troppo imbarazzo. Un essere umano non può sopravvivere ad una conversazione simile. 
“Marinette?” 
Chat Noir interrompe quel flusso di pensieri sconnessi, riportandomi a quel preciso momento. 
Serio, tremendamente serio. Il suo sguardo spegne ogni mio pensiero, lasciandomi solamente con la curiosità di capire cosa voglia dirmi. 
“Vuoi parlarne?” 
“Di cosa?” 
Giuro, ho la testa così piena di confusione che, al momento, probabilmente non ricorderei nemmeno il mio nome. 
“Di quello che è successo sulla Liberty” 
“Ah” 
Parlargli di come Luka mi abbia confessato di sapere che io sia Ladybug? No, direi di no. 
“È complicato” 
“Capisco” 
“Davvero?” 
Un sorriso sciocco gli si dipinge in volto. 
“No, in verità no. Però non voglio forzarti. Se mai vorrai dirmi cosa sia successo io…” 
“Ho fatto ciò che dovevo” 
Non so se sia merito del mio tono o del mio sguardo triste al ripensare a tutto ciò che è successo su quella barca ma Chat Noir annuisce solamente, in attesa. 
“L’ho lasciato libero di cercarsi qualcuno che possa renderlo felice. Qualcuno che possa amarlo come io al momento non riesco a fare” 
“Immagino che non sia stato per niente facile” 
Una risata isterica esce dalle mie labbra. No, non è stato facile, non è stato bello, non è stato nulla di positivo. Ho perso l’unica persona che mi abbia mai amata per chi sono davvero. Ho rinunciato al ragazzo che ha saputo salvarmi da me stessa e da Papillon. Ho lasciato andare quelle sensazioni meravigliose che sapeva donarmi quando mi baciava, quando mi stringeva, quando le sue mani mi sfioravano. 
Non so quando i miei ricordi sono passati da tristi ad erotici ma mi rendo conto di aver lasciato correre troppo la mia mente, ritrovandomi con una lacrima che solca la mia guancia ed il viso acceso di un rosso fuoco. 
“Marinette, sappi che se mai vorrai parlarne, io saprò ascoltarti” 
La sua mano guantata si appoggi al mio volto ed io dimentico all’istante ogni pensiero avuto finora. Nella mia mente, solo il calore di quel contatto ed un brivido lungo la schiena. 
“Ci sarò sempre per te, principessa” 
 
Il giorno seguente, mi sveglio decisamente tardi per pensare di fare qualunque cosa se non salvare Parigi. 
L’ennesimo nemico da sconfiggere, l’ennesima vittima di Papillon, l’ennesima battaglia. 
Alle undici di mattina, mi ritrovo a correre tra i tetti di Parigi per raggiungere una delle piazze minori. Un vero e proprio marionettista sta confondendo la gente, portandola a fare o dire esattamente tutto ciò che lui vuole. Forse siamo davanti ad uno dei super cattivi più problematici. Se dovesse colpire me o Chat Noir con i suoi fili taglienti, saremmo capaci di dire cose che non pensiamo realmente o peggio, svelare le nostre identità. 
Come accade sempre più spesso, ormai, arrivo sul luogo della battaglia mentre il gatto nero sta già combattendo contro il cattivo. 
“Perdona il ritardo, gattino” 
“Nessun problema, my lady” 
Il tempo di un sorriso e la battaglia riprende senza esclusione di colpi. 
Quel burattinaio, alla fine, si rivela fin troppo facile da sconfiggere, tanto da richiedere l’intervento del Lucky Charm solamente per essere sicuri di porre rimedio ai danni subiti dalla capitale. 
Una volta liberato un giovane marionettista evidentemente contrariato dall’idea del suo mentore di favorire un suo collega come attrazione principale, un pensiero mi avvolge. 
“Ci vediamo sulla Torre Eiffel?” 
Ormai non pensavo più a quella nostra piccola abitudine. Forse perché l’ultima volta Chat Noir aveva dato vita ad un pettegolezzo degno di nota scattando una fotografia che li ritraeva assieme. Forse, più probabilmente, perché gli ultimi scontri si erano rivelati qualcosa di veramente pericoloso, tanto da mettere a repentaglio non solo la capitale che da anni contava sul potere del Miraculous della coccinella ma anche la loro stessa salute. 
“Non oggi my lady. Purtroppo ho un appuntamento importante e devo scappare” 
Forse quel che sento è una nota di fastidio. Una sensazione che pizzica un punto indefinito dentro di me. Cercare di non mostrare i miei sentimenti diventa l’ultimo dei miei pensieri quando vedo il sorriso malizioso di quel gatto nero. 
“Ti dispiace che me ne vada, coccinellina? Se vuoi un appuntamento basta chiedere” 
Fino a qualche settimana o giorno fa avrei risposto seccamente a quella proposta, al momento invece mi trovo quasi a sentirmi colta in fallo. Non perché io voglia un appuntamento con il gatto più egocentrico di Parigi, quanto perché quei momenti spensierati con lui, passati a mangiare i dolci preparati da mio padre, erano un bel modo per trascorrere il tempo dopo una battaglia e creare bei ricordi. 
Scuoto la testa, sicura che conoscere i miei pensieri alimenterebbe solamente il suo ego sproporzionato. 
“Smettila di pavoneggiarti e corri dal tuo impegno” 
Gli lascio un sorriso annoiato e mi dirigo verso un vicolo abbastanza buio in cui potermi ritrasformare. 
“Non cambierà mai” 
Tikki svolazza assonnata all’interno della mia borsa, in cerca dei suoi biscotti preferiti. 
“Vorresti che lo facesse?” 
Mi scopro a pensare a quella domanda più di quanto dovrei. Vorrei che cambiasse? Vorrei davvero che Chat Noir smettesse di essere arrogante e presuntuoso o galante e playboy? 
Un sorriso mi vince, lasciandomi con una sola risposta in mente. 
“No, va bene così com’è” 
 
Impiego più del previsto per rientrare a casa. Alcune vetrine del centro mi hanno conquistata al punto da convincermi ad entrare. Principalmente ho comprato stoffe, filato e ciò che mi serve per le mie creazioni, vinta da non so quale convinzione di poterne avere bisogno quanto prima. 
Il tempo di salire le scale di casa ed un rombo frantuma le finestre del palazzo lasciandomi con un pessimo presentimento. Non credo si tratti di una tempesta improvvisa, quanto più di un nuovo nemico. 
Nonostante mi senta leggermente stanca dal combattimento precedente, non posso lasciare Parigi nelle grinfie di chiunque si sia lasciato akumizzare da Papillon. 
Nascosta sulla rampa di scale che porta verso casa, lascio le vesti di Marinette ed afferro il mio fidato yo-yo per correre verso il fulcro di quel caos. 
Sul tetto di una casa, una figura minuta si staglia su Parigi, in mano un flauto e sulla schiena due ali pronte a spiccare il volo. Sembra quasi una figura mitologica, in attesa di un evento celeste preannunciato. 
Rimango quasi abbagliata dalla sua aurea dorata, tanto che impiego qualche secondo di troppo a rendermi conto del fulmine che ha richiamato con il suo fidato flauto. Pronta a subire un colpo considerevole, serro gli occhi, cercando, in una forma sciocca, di prepararmi al dolore. 
Trascorre qualche secondo prima di convincermi a riaprire gli occhi, trovandomi tra le braccia di Chat Noir, al sicuro. 
“Chat...” 
“Avevi intenzione di farti colpire, my lady o il tuo intento era di essere salvata da me?” 
I suoi occhi guardano i miei, seri e maliziosi allo stesso tempo. È proprio il suo sguardo che mi costringe a nascondere il mio volto, colto da un calore improvviso. Sono abituata alle sue battute, sono abituata alle allusioni continue, sono abituata alle sue avances. Quello a cui non sono abituata è questa sensazione di smarrimento che mi impedisce di rispondergli per le rime. 
Passa troppo tempo prima di trovare il modo di rispondergli e dalla mia bocca escono solo frasi stupide che nulla hanno a che fare con le risposte alla Ladybug. 
“Stai bene?” 
Annuisco appena, sciogliendo il contatto con Chat Noir e focalizzando la mia attenzione sul nuovo nemico di Parigi. 
Tra attacchi, schivate e battute pessime tra il super cattivo ed il supereroe, anche questo combattimento sembra giungere al termine. 
“Spero che Papillon non voglia mandarci qualcun altro oggi” 
“Preoccupato per il tuo appuntamento, Chat Noir?” 
Un ghigno si disegna sul suo volto mentre io mi rendo conto dell’errore ingenuo fatto. 
Al centro di una piazza, lo vedo avvicinarsi con quello sguardo malizioso e muoversi come se si trovasse su di una passerella durante una sfilata di moda. 
“Non sarai per caso gelosa, Ladybug?” 
Alzo un sopracciglio, sicura che questo scambio di battutine non abbandonerà mai le nostre chiacchierate. 
“Gelosa, io? Di un gatto randagio? Ce ne sono tanti sui tetti di Parigi” 
“Nessuno di loro però vanta un fascino irresistibile” 
Scuoto la testa veemente, trovando tutto questo irrimediabilmente ilare. Senza dargli l’opportunità di continuare quel monologo, mi volto, pronta ad imboccare la via di casa. Prima di balzare sul tetto di una delle case circondanti, la sua voce torna ad avvolgermi. 
“A tra poco, my lady” 
Non sapendo dire se sia stata solamente una mia impressione, mi volto verso il mio collega, trovandolo intento a sorridere verso di me. Aiutandosi con il suo bastone, lo osservo sparire dalla mia visuale, diretto a casa mia, o meglio, alla pasticceria. 
Con le labbra tirate in un sorriso che coinvolge ogni muscolo del mio volto, mi avvio verso la Torre Eiffel, sicura di ritrovarlo sul punto più alto di quella che è, a tutti gli effetti, l’emblema simbolo di Parigi. 
Trascorrono solamente pochi minuti prima di vedere Chat Noir risalire la struttura in metallo e trovare posto accanto a me. Il supereroe lascia sulla piattaforma una confezione di dolci che supera qualunque mia immaginazione. Non credevo nemmeno che potessimo avere cartonati di quelle dimensioni in pasticceria. 
“Conosci il proprietario della boulangerie, vero?” 
“Certo” 
Come potrei non conoscerlo, in fondo, si tratta pur sempre di mio padre. 
“Mi ha rimproverato per non essere più passato dalla sua pasticceria, ci credi?” 
“Sì” 
Lo sguardo di Chat Noir diventa curioso. Sicuramente non si aspettava una risposta simile ed io mai avrei dovuto lasciarmi andare in questo modo. 
“Cioè, immagino. In fondo è passato del tempo dall’ultima volta in cui abbiamo mangiato i suoi dolci qui” 
La mia risposta sembra convincerlo ma nei suoi occhi posso leggere ancora qualche dubbio velato. Scrollando le spalle, Chat Noir sembra decidere di sorvolare su qualunque pensiero lo stesse impegnando. 
 
Mangiamo i dolci preparati da mio padre in silenzio, godendoci un po’ di calma. Papillon oggi ci ha sfiniti fin troppo, portando quel momento rilassante ad esser vissuto con una stanchezza allucinante. Il tempo trascorre lentamente e mentre il sole inizia a tingere il cielo di arancione, uno sbadiglio sfugge al mio controllo. 
“Stanca, insettina?” 
“Un po’, lo ammetto” 
Il silenzio torna ad avvolgerci e, mentre io volgo il mio sguardo verso Chat Noir, il suo si posa sul tramonto che colora la capitale. 
“Penso di doverti ringraziare, Ladybug” 
La sua frase mi coglie alla sprovvista. Nelle vesti della paladina di Parigi, mi capita raramente di non cogliere l’argomento principale di una discussione, eppure con lui a volta diventa davvero difficile. Mi ritrovo a chiedergli il motivo delle sue parole, visto che sembra non essere intenzionato a dir nient’altro. 
“Probabilmente l’ultima volta mi hai salvato la vita” 
Il suo sguardo si posa sulla sua mano guantata, per poi sorridere dolcemente. Chat Noir di rado mi mostra quel lato di sé, qualcosa di profondo che lascia affiorare solamente in pochi momenti. 
“Non solo a me, in verità” 
Il pensiero di Plagg occupa la mia mente, il Kwami della distruzione sembra aver occupato un posto speciale nel suo cuore, come Tikki si è fatta largo nel mio. Questo non può che suscitare una sensazione dolce in me. Sono felice che questi due gatti vadano d’accordo, è estremamente tenero. 
I suoi occhi verdi si rivolgono a me, caldi e sinceri. 
“Avevi ragione, su tutto” 
“Lo so” 
Un sorriso dolce, riflesso del suo, mi coinvolge. Distolgo lo sguardo, puntando i miei occhi sullo sfondo che ci circonda. Ricordare il momento in cui ho deciso di affidare il Miraculous direttamente a Plagg non mi rallegra. È stato molto difficile per me rinunciare all’aiuto di Chat Noir, è stato difficile fidarmi del fatto che avrebbe rispettato quella mia richiesta, seppur posta in modo molto duro. 
“So che se non avessi chiesto a Plagg di aiutarmi a salvarvi, non ti saresti posto alcun problema a combattere al mio fianco, nonostante le vostre condizioni” 
I miei occhi azzurri tornano a specchiarsi nei suoi, due pozze liquide e cristalline. Non so cosa sia questa sensazione che sembra averci avvolti, forse famigliarità, forse affetto, forse anche qualcosa di più forte. In fondo, noi siamo legati da qualcosa che nessuno potrebbe mai capire. Soltanto noi siamo in grado di proteggere Parigi, soltanto noi sappiamo quanto gravoso sia questo compito e soltanto noi siamo a conoscenza di quanto sia complicato condurre una doppia vita senza impazzire o rivelare a nessuno il nostro più grande segreto. 
“Lo avrei fatto anche io" 
Il volto di Chat Noir si macchia di malizia mentre sembra pensare a qualcosa che lo diverte. 
“Con una differenza” 
“Quale?” 
La curiosità mi divora. Cosa avrebbe fatto di diverso lui? Cosa avrebbe detto per convincermi a non combattere? Come si sarebbe comportato? Sul mio volto appare un’espressione pensierosa, specchio della confusione nella mia mente. 
“Io non avrei chiuso gli occhi” 
Dovevo immaginarlo. 
Alzo gli occhi al cielo, sbuffando per la sua insistenza nel voler sapere chi io sia. Torno a guardarlo e mentre gli sorrido, lo vedo avvicinarsi a me. Sul suo volto, ogni traccia di malizia sembra sparita, lasciando posto solo ad un meraviglioso sorriso. 
Il mio cuore perde un battito mentre sento le sue labbra posarsi sulla mia fronte ed un suo braccio avvolgere le mie spalle. 
Quel contatto dura solo qualche istante ma la sensazione di calore che invade il mio volto sono sicura che rimarrà per molto più tempo. Il battito del mio cuore diventa irregolare al solo sentire il calore del suo corpo, come se non fosse mai successo prima di baciarlo, di baciarlo davvero, anche solamente per liberarlo dal potere di qualche super cattivo. 
Ci sono stati momenti in cui siamo stati molto più vicini di così, eppure solamente adesso sento questa strana sensazione alla bocca dello stomaco, come se quel bacio poggiato sulla mia frangia fosse più intimo di qualunque altro contatto. 
Cosa mi sta succedendo?

***

Non so più come chiedervi perdono e non penso che farlo sia utile. Vi chiedo solamente di provare a capire quanto sia difficile conciliare due lavori diverso, la passione per la scrittura e lo studio per superare l'esame di ammissione all'università ^^'
Stupidate a parte, cosa pensate di questo capitolo? Chat Noir sta diventando un bel pensiero per la giovane, ben più complesso di quanto sia, in questo momento, Adrien, non vi sembra? :D
Cosa pensate possa succedere adesso? Apriamo le scommesse!
Come sempre, vi ringrazio per il supporto caloroso e per continuare a sperare di riuscire a leggere qualcosa di nuovo su questa storia nonostante i ritardi imperdonabili ^^'
Un grande abbraccio a tutti,
miss_MZ93.
Ps. Se il lavoro finalmente riuscirà a darmi tregua, il prossimo capitolo non dovrebbe tardare troppo ma chi lo sa, ogni volta vi dico le stesse cose e poi....... pietà!

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Capitolo 20
*** Capitolo 20 ***


Dopo aver trascorso la domenica a riprendermi da quel sabato pieno di battaglie, questo lunedì non potrebbe sembrare più lunedì di così. 
La sveglia non ha suonato, o meglio, Tikki dice di avermi vista spegnerla più volte con gesti assonnati e pesanti, fino a far cadere il telefono a terra. Come se non bastasse, mi sono alzata nuovamente in un bagno di sudore e mi sono dovuta lavare alla velocità della luce, degno di una supereroina. Per di più, dopo aver smesso di pensare all’ultima settimana, mi sono ricordata che oggi tornerà a scuola anche Adrien e che, quindi, la mia pace è destinata a svanire. Non so bene cosa aspettarmi da lui, se un sorriso inopportuno, uno sguardo severo di rimprovero o chissà cos’altro e questo mi agita non poco. Non riesco a capire ancora bene il motivo ma continuo a temere la sua opinione più di quella di chiunque altro. 
 
Il tragitto da casa all’istituto non mi è mai sembrato più lungo di questo. La cosa, però, che mi riporta al presente è la curiosità. Non quella per il comportamento di Adrien e nemmeno quella per la sensazione provata con Chat Noir ieri. La curiosità che mi avvolge riguarda i miei amici, i compagni di classe che, in questo momento, sono radunati attorno ad Alya. Basta un istante per rivivere la stessa sensazione, la stessa scena ed il motivo per cui si era scatenato quell’interesse verso la mia amica. 
“Cos’è successo questa volta?” 
Nemmeno il tempo di pensarlo che due nomi a me molto noti vengono pronunciati proprio dalla fondatrice del Ladyblog. 
“Avete visto? Avevo ragione! Ladybug e Chat Noir si frequentano!” 
“Maledizione” 
Cerco di farmi spazio tra Nino ed Alix, trovando la mia migliore amica alle prese con il telefono. 
La scena sembra sempre più famigliare quando Alya mostra a tutti una fotografia. Un’altra. 
“Maledizione” 
Oggi sembro non riuscire a pensare a null’altro che a quella parola. 
“Sono perfetti insieme!” 
“Maledizione” 
Un leggero rossore mi coglie mentre osservo lo schermo del telefono della mia amica. L’immagine spicca più di qualunque altra cosa, probabilmente aiutata dalla luminosità del cellulare. Impiego qualche minuto, qualche lungo minuto prima di realizzare quanto io sia rimasta paralizzata ad osservare quella fotografia. Non saprei dire quale sentimento mi stia sconvolgendo maggiormente. Tutto ciò che riesco a capire è la particolarità di quella immagine. Il modo in cui Chat Noir mi sta abbracciando, la sua mano posata sulla mia spalla, dolcemente ma con quel guizzo deciso e forte, i suoi occhi chiusi che mi impediscono di vedere quello sguardo verde ma che posso immaginare essere dolce e profondo. Tutto il suo corpo sembra proteso verso di me, quasi come se volesse avvolgermi completamente ma, allo stesso tempo, lasciarmi quello spazio che ho sempre imposto tra noi due. 
Sposto il mio sguardo, osservando l’altra figura in quella fotografia. Sapevo che quel bacio mi avesse lasciato un segno da qualche parte ma non immaginavo di averlo trasmesso anche alla mia pelle che in quell’immagine risulta decisamente arrossata. Il mio sguardo è rivolto a lui, alle sue labbra posate sulla mia fronte, al suo viso che sembra così rilassato e dolce. Se il corpo di Chat Noir è totalmente volto ad abbracciarmi, il mio sembra esser fatto appositamente per rimanere in quella posizione, tra le sue braccia, sulla torre più alta di Francia, con una scatola di dolci al nostro fianco e Parigi a farci da sfondo. 
La mia capacità verbale sembra essersi dissolta, svanita totalmente alla luce di quello schermo. Non riesco a distogliere lo sguardo da quella immagine, come se fosse una calamita per me, qualcosa che attira inevitabilmente tutta la mia attenzione, più della mia migliore amica che continua a vantarsi di quella fotografia che prova l’amore tra i supereroi di Parigi, più di Rose che sembra persa in chissà quali pensieri dolci e romantici, addirittura più di Adrien che sorride con un cipiglio orgoglioso. Nonostante tutte queste distrazioni, i miei occhi non riescono a lasciare quella fotografia. 
Pian piano, i miei amici cominciano ad entrare nella struttura, lasciandomi all’ingresso con un’espressione confusa. Non so perché quella immagine mi abbia sconvolta tanto. Non è una reazione negativa, non come quella che ho avuto per l’ultima fotografia che Alya ha pubblicato sul Ladyblog, è qualcosa di diverso, un misto di curiosità e tenerezza che mi hanno lasciata con un leggero batticuore ed il desiderio di rivedere quella fotografia. 
Velocemente rincorro Alya e, una volta raggiunta, le afferro il braccio, attirando la sua attenzione. 
“Marinette?” 
“Mi dici come hai avuto quella fotografia?” 
Il suo sorriso smagliante mi abbaglia per qualche secondo, lasciandomi con l’impressione che quella domanda mi costerà mezz’ora di dettagli. 
“Ieri ho fatto l’acquisto migliore della mia vita” 
Dopo una storia lunghissima su come abbia messo da parte i soldi per tutto l’inverno occupandosi delle sorelline minori, la mia domanda trova risposta in un drone. Un drone. 
“Maledizione” 
Mi mancava la preoccupazione di un drone guidato dalla ragazza più curiosa e pettegola di tutta Parigi che, per di più, ha sviluppato da subito un interesse morboso verso Ladybug e Chat Noir. Adesso sì che sono tranquilla. Papillon che continua a dar vita a nemici, i miei sentimenti confusi che mi rendono facilmente oggetto di ferite anche durante la trasformazione, Adrien che non mi lascia un giorno di pace, quelle sensazioni indescrivibili quando sono con Chat Noir e adesso anche Alya ed il suo meraviglioso drone. 
Mi lascio sfuggire un sospiro pesante, attirando l’attenzione della mia amica. 
“Marinette, tutto bene?” 
Come colta in fallo, cerco di rassicurarla, ottenendo come unico risultato un sorriso luminoso da parte sua ed un nuovo motivo di ansia e preoccupazione per me. 
La settimana non poteva iniziare in modo peggiore. L’ansia per il bell’acquisto di Alya, però, perde, via via, importanza. Ho trascorso anni a non preoccuparmi di queste cose ed i droni esistono da più tempo di quello che ho passato io nelle vesti di Ladybug. Se finora nessuno è mai riuscito a scoprire le nostre identità, non vedo perché questo dovrebbe succedere adesso. 
 
Le lezioni si susseguono per tutto il giorno, fin quando un pensiero comincia ad infilarsi nella mia mente senza lasciarmi scampo. 
Cercando di non farmi notare dall’insegnante, afferro il cellulare ed inizio a digitare velocemente sul browser. Il primo risultato della mia ricerca non può che essere il Ladyblog. Apro la pagina dedicata alla creazione di Alya e trovo l’oggetto del mio interesse. In qualche modo, non so nemmeno bene io come, riesco a salvare quella fotografia sul mio telefono. Continuo a ripensare al motivo per cui quell’immagine mi attiri così tanto eppure non riesco ad afferrare il concetto alla base di tutto. Sarà per una questione di bellezza artistica? In fondo, io sono una stilista ed è normale che mi interessi la composizione della fotografia, lo studio degli spazi vuoti e pieni, delle luci e dei colori. 
Sospiro scioccamente, dandomi della stupida per i miei stessi pensieri. No, non penso proprio che io sia interessata a quell’immagine solo per quel motivo. È vero, però, che non ho idea di cosa pensare. Alla fine si tratta di una delle poche riprese di me e Chat Noir in contesti che non siano dovuti ad uno scontro con un super cattivo o simili. Forse è quello il motivo, forse davvero mi piace quella foto perché sembriamo solamente due ragazzi, senza super poteri, senza doppie vite, senza i problemi che i nostri ruoli ci impongono, solo io e lui. Io e lui. 
Continuo a sospirare, ignorando le occhiate curiose di Alya. Quasi non mi accorgo di due occhi verdi che mi osservano distrattamente. Il rientro di Adrien è quasi passato inosservato, l’attenzione della classe è stata completamente catturata dalla fotografia di Alya e dalla relazione tra i due paladini di Parigi che ormai sembra esser certa. 
Impiego qualche secondo di troppo ad accorgermi di una domanda che la mia amica sembra avermi rivolto. 
“Marinette? Mi stai ascoltando?” 
Alya sussurra, cercando di non farsi sentire dall’insegnante. Ormai sembra esser diventata molto brava a distrarsi dalle lezioni ed a distrarre me dalle lezioni. 
“Eh? Ah, sì” 
“Quindi? Cosa ne pensi?” 
“Di cosa?” 
La vedo lasciarsi scivolare sul bancone, con un sorriso divertito in volto. 
“Ti ho chiesto se hai pensato a quello di cui parlavamo la scorsa settimana” 
“Ancora? Alya, smettila di immaginarti chissà che cosa, sei davvero pesante a volte” 
Ha trascorso tutta la settimana passata a cercare di convincermi dei sentimenti di Adrien nei miei confronti ma speravo che, una volta tornato tra i banchi di scuola, la sua attenzione verso di me svanisse, anche solo per non farsi sentire da lui. Inutile dire che le mie aspettative si sono dimostrate del tutto vane. 
“Ma dai, non vedi come ti guarda? Non ha fatto altro da quando è tornato” 
La mia pazienza rasenta l’inesistenza. Sbatto con violenta il libro sul bancone, intimandole di smetterla. Alya continua a sorridere, certa delle sue parole mentre io tento di mantenere la calma per non urlare contro. Adoro la mia amica, le voglio un gran bene ma lei non ha idea di quanto tutto questo parlare di Adrien mi dia fastidio. Sembra che non riesca a capire quanto io abbia già sofferto a causa sua e, invece di spingermi a lasciarmi alle spalle tutta questa storia, non fa che ricordarmi la mia stupidità e la sua crudeltà. 
Senza pensarci troppo, attiro l’attenzione dell’insegnante, chiedendole di poter andare in bagno. Non sono solita interrompere le lezioni ma oggi proprio non riuscirei a rimanere concentrata sulle spiegazioni della professoressa, specialmente con Alya che continua a parlarmi di Adrien. 
Una volta raggiunti i bagni dell’istituto, mi sciacquo il viso con dell’acqua fredda, sicura di essere rossa in volto. Non so nemmeno per quale, tra i tanti motivi, io sia arrossita ma non voglio dover dare spiegazioni a nessuno. 
“Che situazione stupida” 
“Marinette, non stai bene?” 
La vocina di Tikki mi raggiunge, lasciando il suo nascondiglio per svolazzare davanti al mio volto. 
“No Tikki, non ti preoccupare, sto bene” 
“Sei sicura?” 
Sospiro un paio di volte prima di osservarla con tenerezza. La sua preoccupazione è dolce e confortante. Tikki è l’unica che sappia tutto di me, è l’unica che capisca i miei sentimenti confusi, sicuramente meglio di quanto potrei mai fare io.  
“Non capisco. Perché Alya continua a volermi spingere tra le braccia di un ragazzo che mi ha già rifiutata ed umiliata una volta?” 
Un sorriso dolce le tinge il volto. 
“Forse perché sa quanto tu abbia investito in questo sentimento” 
“A quanto pare ho solo perso tempo” 
“Sei sicura di poter definire il tuo primo grande amore una perdita di tempo?” 
Le parole di Tikki risvegliano qualcosa dentro di me. È stato davvero uno sbaglio? Il tempo passato a ritagliare fotografie dalle riviste, sognare un futuro con Adrien, immaginare la nostra vita assieme, i nostri figli, realizzare regali fatti a mano per cercare di stupirlo con qualcosa che non avrebbe mai potuto trovare altrove, le giornate trascorse a parlare con Alya di come avrei confessato quel mio grande amore. 
Un sorriso dolce mi sfiora. No, forse non è stata una perdita di tempo. In fondo, mi sono divertita in questi anni, ho affrontato molti momenti imbarazzanti con lui, è vero, non lo nego. Però devo ammettere di aver vissuto anche molti momenti pieni di allegria, di simpatia e dolcezza. Anche nelle piccole cose, riuscivo ad essere felice. Da quanto non mi capita qualcosa di simile? 
Un pensiero si insinua nella mia mente, bloccando le mie mani a mezz’aria, tra il mio viso e l’acqua che scorre dal rubinetto. 
Ci sono stati piccoli momenti in cui sono stata felice, o, per lo meno, istanti in cui mi sono sentita protetta ed a casa e tutti hanno come protagonisti una sola persona. Per quanto io per prima vorrei che quella persona fosse Luka, per quanto stare con lui sarebbe più semplice che innamorarmi di chiunque altro, non è il suo volto quello a cui sto pensando. Capelli biondi, occhi verdi, uno sguardo magnetico. Un solo nome mi salta in mente ed è con il sorriso in volto che mi abbandono al suo pensiero, uscendo dal bagno con una rinnovata allegria. 
“Marinette” 
La voce dell’ultima persona che volevo incontrare qui, mi raggiunge, raffreddando immediatamente i miei pensieri. Il ricordo dell’ultima volta che ci siamo visti in questo posto riaffiora dentro di me. In quell’occasione ha mostrato non solo molta preoccupazione ma anche qualcosa che ancora non riesco a definire. Riposare appoggiata alla sua figura è qualcosa che avrei sognato di poter fare solo nei miei sogni più rosei, un tempo. Adesso, invece, adorna un momento costellato di dolore, lo stesso dolore che mi ha costretta a barcollare fuori dalla classe e rifugiarmi in bagno per poi essere raggiunta da lui. Quel qualcosa che non comprendo, però, è la sua reazione alla cicatrice sul mio braccio. Chiunque avrebbe reagito in modo preoccupato ma, allo stesso tempo, avrebbe provato compassione per il mio essere maldestra. Lui, invece, sembrava pentito, colpevole quasi, anche se ancora non ho capito il motivo di quelle sue emozioni. 
Scuoto la testa velocemente, cercando di dimenticare quello che è successo quel giorno. 
“Adrien” 
“Come stai?” 
“Scusa?” 
Come sto? Che domanda è questa? Che significa? 
“B-beh, ecco io...” 
Il silenzio ci avvolge mentre lui cerca di balbettare qualcosa. È strano vederlo così, in questo stato di confusione, insicuro sulle parole da usare con me. Forse adesso riesco a capire cos’abbia pensato lui quando ero io a comportarmi in questo modo. È buffo, quasi tenero, eppure in un qualche modo anche terribilmente sbagliato. Alya ha ragione, anche se solo in parte. Adrien si sta comportando in modo diverso dal solito ma non credo sia per un qualche tipo di interesse nei miei confronti. Forse si sente solo dispiaciuto per tutto ciò che è successo tra noi negli ultimi tempi. 
Tornando a pensare a quella domanda strana, ancora non capisco cosa volesse chiedermi in realtà. 
Nelle ultime settimane, Adrien si è preoccupato per me per tanti motivi diversi. Dai miei attacchi d’ansia in sua presenza, al mio braccio, a quella ferita diventata una cicatrice chiara ed alla mia salute, vacillante più che mai. Quello, però, che torna ad occupare la mia mente è quel “mi dispiace, Marinette” detto subito dopo aver saputo che la fantomatica ragazza di Luka lo aveva lasciato. 
Quindi, a cosa si riferisce, adesso, con quella domanda? 
“Stai meglio?” 
Di nuovo, il senso delle sue parole mi sfugge ma qualcosa nel suo sguardo mi lascia capire quanto seria possa essere questa domanda per lui. Come sto? Non lo so nemmeno io. Sono confusa forse più di quanto lo ero l’ultima volta che ci siamo visti però, almeno fisicamente, ammetto di star meglio e forse è questo ciò a cui pensa lui. In fondo mi ha vista in momenti in cui non stavo per nulla bene. 
“Meglio?” 
Un sorriso rallegra il suo volto. 
“Lo chiedi a me?” 
Sospiro lentamente, cercando di capire il perché parlare con lui sia diventato così complicato. O meglio, più complicato di quanto non lo fosse già prima. 
“Adrien, sto bene” 
Il modello biondo sembra rilassarsi visibilmente dopo la mia risposta. 
“Sembravi piuttosto... Irritata prima” 
Il ricordo delle parole insistenti di Alya distrugge definitivamente il mio buon umore. 
“Lo ero” 
Lo vedo sbattere velocemente le palpebre, probabilmente cercando di capire cosa possa avermi fatta arrabbiare. Se sapesse che i nostri più cari amici hanno complottato tutta la settimana per costringermi ad accettare l’idea che lui possa essere interessato a me. Se soltanto lo sapesse, cosa farebbe? Quasi sicuramente si metterebbe a ridere, pensando a quanto sia stupida quella possibilità. Questo pensiero mi lascia un gusto amaro in bocca, come se fosse davvero così brutto poter prendere in considerazione l’idea di amarmi. 
Sbuffo pesantemente, ignorando quella sensazione drammatica. 
“Ho avuto una settimana pesante, Adrien. Cosa vuoi che ti risponda?” 
“Pesante?” 
Annuisco debolmente, ripensando agli ultimi sette giorni. Alya e Nino hanno attentato più volte alla mia salute mentale ma questo è solo un pezzo del puzzle. Il pensiero che Chat Noir fosse arrabbiato poiché convinto che io stessi ancora “usando” Luka non mi ha dato pace e la sua assenza non migliorava la situazione. Inoltre, Papillon ha deciso di movimentare il mio week end troppo spesso e la goccia che ha fatto traboccare il mio vaso pieno di pensieri, è stata quella conversazione di ieri. Quel bacio sulla fronte ancora mi brucia, un contatto leggero, eppure così intimo. Forse solo un modo per ringraziarmi ma con il fare unico e tipico di Chat Noir. 
“Mi dispiace Marinette, davvero” 
La mia pazienza, messa a dura prova dallo stress delle ultime giornate e dal suo modo di comportarsi, evapora, velocemente. 
“Continui a dirlo ma io non capisco a cosa ti riferisca!” 
Adrien indietreggia di qualche passo, come se fosse stato colpito dalle mie parole. Non volevo aggredirlo o urlare ma davvero, non sarebbe più semplice se la gente smettesse di girare attorno a ciò che vuole dire? È così difficile provare ad essere schietti e sinceri, una volta tanto? 
Scuoto la testa, cercando di calmarmi. Adrien mi guarda curioso, forse cercando di capire a cosa io stia pensando. Se solo potesse leggere la confusione nella mia mente, probabilmente impazzirebbe, come credo di aver fatto io nelle ultime settimane. 
Sospirando, mi volto verso il corridoio, cercando di tornare in classe. Ignorare la sua presenza, però, si rivela più difficile di quanto pensassi. Adrien mi afferra il braccio, fermando la mia corsa, di nuovo. Sembra che trattenermi vicino a lui sia diventata quasi un’abitudine. 
“Cosa c’è, Adrien?” 
La mia voce risulta stanca, esattamente come mi sento. Sono stanca dei suoi cambiamenti d’umore, sono stanca delle sue belle parole, sono stanca della confusione che mi provoca. Sono stanca. 
“Mi...” 
“No, ti prego. Non dirmi che ti dispiace, non farlo” 
Sospira lentamente, passandosi una mano tra i capelli biondi mentre con l’altra continua a stringere delicatamente il mio braccio. 
“Però è vero, Marinette” 
“Adrien...” 
La mia voce sembra quasi un lamento e, forse, è davvero così. Non voglio sentire le stesse parole senza comprenderne il significato, non ho bisogno di altra confusione nella mia mente. 
Osservo Adrien riflettere un momento e poi sorprendermi con parole che non avrei mai pensato di sentirli pronunciare. 
“Mi dispiace che ti sia ferita, mi dispiace di essermi comportato in modo... Strano, mi dispiace che tu stia soffrendo per colpa mia o... Sua” 
Mi volto completamente verso di lui appena sento quelle parole. Libero dalla sua presa il mio braccio e lui sembra convinto di potermi lasciare senza che io me ne vada. Ha ragione, perché quello a cui sto pensando adesso non è fuggire da lui e dal suo comportamento “strano” ma trovare certezze nei dubbi che avevo fino a pochi istanti prima. 
Sapevo che le parole dette dopo aver saputo della situazione di Luka, potevano solamente significare una cosa, eppure ho cercato in ogni modo di evitare l’argomento, pensando che fosse stupido credere davvero nella mia fantasia. Adrien non poteva sapere della relazione tra me e Luka, così come nessuno dei nostri amici. Mi sono rifiutata fermamente di pensare a quell’eventualità, perché un altro pensiero si sarebbe insinuato nella mia mente. Adesso, però, che tutto sembra stia prendendo consistenza, anche l’immagine di Adrien che sorride, sicuro di non essere visto, mi lascia più dubbi di quanti già non ne avessi. 
“Da quanto lo sai?” 
La sua mano prende ad arruffare i suoi capelli mentre il suo sguardo vaga per tutta la scuola, prima di posarsi nuovamente su di me. Sembra quasi stia cercando una qualche spiegazione logica. Non credevo di avergli posto una domanda così complicata, eppure qualcosa sembra averlo scosso. 
“Adrien?” 
Un mugugno esce dalle sue labbra, incomprensibile per me che non posso evitarmi un’espressione dubbiosa. 
“Da sempre” 
Un momento, solo questo chiedo. Un momento per cercare di capire cosa significhi questa frase ma più ci penso, meno riesco a trovare una risposta. La campanella della scuola interrompe quel discorso, lasciandomi con una certezza ed altre mille domande inespresse. 
Adrien si avvia in classe mentre io rimango ferma, bloccata, congelata in quel mio limbo. 
 
La giornata scolastica prosegue tra battutine di Alya, complimenti dei compagni di classe per la foto ed occhiate di Adrien che definire “strane” sarebbe davvero riduttivo. Non mi ha guardata nel solito modo scontroso o dispiaciuto ma con una sfumatura diversa, quasi sincera e dolce. Probabilmente mi sto solo immaginando ogni cosa, influenzata dalla sincerità che, per una volta, sembra essere uscita dalle sue labbra o, forse, dalla confusione assoluta che regna nella mia testa. Spero solamente che Papillon non decida di creare un nuovo nemico o questa volta potrei davvero trovarmi nei guai. 
Quando anche l’ultima campanella risuona nella struttura, finalmente posso evadere da ogni cosa e rinchiudermi nella mia stanza a contemplare il soffitto mentre ripenso ai problemi della vita. 
Proprio quando stavo per addormentarmi sulla chaise-lounge, un rumore ben distinto mi riporta alla realtà ed alla figura scura che mi aspetta oltre la finestra della mia stanza. 
Mi stropiccio gli occhi mentre salgo i gradini che portano al mio letto e, da lì, alla terrazza. Afferro la maniglia della finestra e lascio che l’aria ormai torrida invada la mia stanza. 
“Chat Noir?” 
Mentre mi arrampico incespicando quasi nei miei stessi piedi, lo vedo bearsi dei raggi solari, steso sulla mia terrazza. 
“Principessa, potrei abituarmi a prendere il sole qui, sai?” 
“Sarebbe difficile con quel costume, non credi?” 
Un ghigno malizioso prende vita sul suo volto, lasciandomi decisamente senza parole. So che ama scherzare e lasciarsi andare a battutine imbarazzanti con Ladybug ma con Marinette raramente ha mostrato questo lato di sé. A quanto pare, ha deciso di cambiare abitudini e, distrattamente, inizio a chiedermi perché. 
“Preferiresti che lo togliessi?” 
La mia mano destra si scontra violentemente con la mia fronte, ricordandomi di avere a che fare con il gatto più egocentrico di Parigi. 
Scuoto la testa, lanciandogli uno sguardo di rimprovero. 
“Non posso correre il rischio di scoprire chi ci sia sotto quella maschera, lo sappiamo entrambi” 
Il suo ghigno si allarga, influenzando anche il verde di quegli occhi incredibilmente profondi. 
“Questo non è un no” 
Lo vedo allungare le braccia sopra la testa, consapevole di mettere in mostra il suo corpo, per poi tornare seduto ed osservarmi con quel cipiglio divertito e malizioso. 
Ignorando la sua espressione, decido di sedermi al suo fianco, lasciando che il sole sfiori la mia pelle, coperta solamente da una maglietta corta, nera e senza maniche ed un pantaloncino in cotone dello stesso colore. 
Mi accorgo distrattamente che sia la prima volta che indosso qualcosa di davvero estivo, vestiti che non ho scelto per nascondere qualche livido provocato da uno scontro con un nemico di Parigi o la cicatrice che ancora è sconosciuta per la maggior parte delle persone a me care. Inizio a chiedermi quando mi sia diventato così facile mostrare quel solco chiaro alla persona che ne è responsabile, in qualche modo. Che sia colpa del troppo caldo o un tentativo per accettare che quella cicatrice rimarrà con me per sempre, non è importante. L’unica cosa di cui voglio interessarmi, adesso, è il sole caldo che può donare un po’ di colore alla mia pelle. 
Qualcosa, però, sembra impedirmi di godere di quel momento ed io so esattamente cosa sia. 
Lo sguardo di Chat Noir mi studia, lasciando che il suo volto si apra in un enorme sorriso. La curiosità mi divora ma prima che io possa aprir bocca, la sua frase arriva alle mie orecchie, così come le sue labbra, fin troppo vicine alla mia pelle. 
“Ti dona molto il nero” 
Un qualche doppio senso ironico mi sfugge, mentre lui si scosta notevolmente da me e torna ad appoggiarsi alla terrazza. Nemmeno mi ero accorta di aver trattenuto il respiro a causa della vicinanza di Chat Noir è solo quando lo vedo sdraiato nuovamente accanto a me, riprendo a far entrare ossigeno nei miei polmoni. 
Il mio mondo perde consistenza solo un attimo, riportandomi alla realtà solo per presentarmela confusa e piena di domande, di nuovo. 
Sbuffo sonoramente, cercando di ritrovare una calma che sembra evaporata. Solo il caldo torrido dell’estate in arrivo riesce a liberare la mia mente, lasciandomi, però, la pelle bollente e sudata. 
Raccolgo i capelli sulla testa, afferrando l’elastico che tenevo sul polso e li fermo in una crocchia disordinata che lascia cadere alcune ciocche, troppo corte per essere intrappolate in quella morsa dolce. 
Sento lo sguardo di Chat Noir sfiorarmi e, con ancora le mani tra i capelli, mi volto verso di lui, trovandolo intento a fissarmi. Il suo non è uno sguardo dolce o canzonatorio, piuttosto qualcosa che non riesco a decifrare al meglio. 
I suoi occhi continuano ad osservare il mio corpo e più sento il tempo passare, più la situazione sembra diventare stranamente imbarazzante. 
“C-chat?” 
Il suo modo di guardarmi inizia a farsi insistente e solo sentendo la mia voce, il ragazzo gatto sembra riprendersi da chissà quali pensieri. A volte mi piacerebbe davvero poter entrare nella sua testa e capire su cosa stia rimuginando. 
“Chat...” 
“Eh?!” 
“T-tutto bene?” 
“Eh? S-sì, certo, t-tutto bene” 
I suoi occhi si specchiano un solo istante nei miei, lasciandomi vedere quanto quel verde sia diventato profondo ma quello che mi attira maggiormente è la pelle leggermente arrossata del suo volto. 
Esattamente come quando ci siamo ritrovati sul mio letto qualche giorno fa, l’imbarazzo scende su di noi. Questa volta però non sono discorsi particolari o il luogo intimo a caricare l’aria di tensione ma lo sguardo che Chat mi sta rivolgendo.  
Per smorzare quella situazione, mi lascio ricadere sulla terrazza, sdraiandomi sulla superficie ruvida. Porto una mano sulla mia pancia leggermente scoperta e l’altra sui miei occhi, cercando di ignorare lo sguardo di Chat Noir. Un pensiero sciocco mi avvolge, forse, se non posso vedere i suoi occhi intenti a fissarmi, posso far finta che non lo stia facendo per un motivo che, sono quasi sicura, non mi direbbe mai e poi mai. 
Un sospiro lento esce dalle mie labbra e questo sembra provocare una reazione fin troppo esagerare nel biondino al mio fianco. Chat Noir si alza velocemente e, senza nemmeno darmi il tempo di capire cosa sia successo o cosa io abbia fatto, si inventa la scusa più banale al mondo per fuggire sui tetti della città. 
Una lieve risata stravolge il mondo fatto di domande ed incertezza che mi avvolgeva e Tikki compare al mio fianco con un’espressione tra le più divertite. 
Il mio sguardo curioso sembra riportarla da me mentre continua ad osservare il nostro compagno di battaglie fuggire da questa terrazza. 
“Tu hai capito cosa sia successo?” 
La risata di Tikki riprende ed io inizio a chiedermi se tutto il mondo sia impazzito o se solo io sia diventata improvvisamente stupida. 
Tikki indossa un sorriso ambiguo, dai tratti sinceri e dolci ma con anche una sfumatura maliziosa che non le si addice. Il Kwami della fortuna non mi ha mai mentito se non per proteggermi e, come sempre, dovrò solamente fidarmi del suo buon senso ed accettare che non voglia dirmi ciò che a me sfugge in questo momento. 
Un ultimo sguardo verso la direzione presa dal gatto nero e mi decido a rientrare in camera mia, se non per studiare, almeno per provare a distrarmi da questo inizio settimana dai tratti bizzarri. 
 
I giorni trascorrono lentamente, lunedì scivola lontano, sostituito dal martedì e poi dal mercoledì. Più il week end si avvicina, più la mia pazienza sembra si stia esaurendo. Ogni volta che vedo Adrien a scuola, le sue parole mi inseguono. Ho provato qualche volta ad avvicinarmi a lui, sperando di potergli chiedere spiegazioni ma ogni volta qualcuno, o qualcosa me lo ha impedito. Nino, Alya, un compito in classe a sorpresa, la pausa pranzo con la seguente corsa per riuscire ad afferrare l’ultimo trancio di pizza. 
Le domande, così, sono rimaste nella mia mente, a vorticare procurandomi grandi mal di testa. Come diavolo faceva Adrien a sapere della mia relazione, o qualunque cosa fosse, con Luka? Da quanto lo sapeva esattamente? Perché non mi ha mai detto nulla? Soprattutto... Cosa diavolo significava quel sorriso e quel “mi dispiace” che mi stanno torturando? Era tutto collegato a me e Luka? Oppure era dispiaciuto per quella ferita al braccio? Oppure al fatto che abbia spezzato il mio cuore e reso il nostro legame qualcosa di indefinito ed imbarazzante? 
Più mi interrogo su tutto questo, meno riesco a venirne a capo. 
Oltre questa situazione riguardo ad Adrien, si aggiunge lo strano comportamento di Chat Noir. Da quel giorno in cui è scappato come un ladro, è tornato a trovarmi solo ieri, quando stavo ormai per andare a dormire. Una visita veloce solo “per salutarmi”, così ha detto ed io gli ho creduto, almeno fin quando non l’ho visto cambiare umore come il peggiore dei lunatici. In fondo, prima che gli aprissi la finestra e lui si fiondasse nella mia stanza senza essere invitato, di nuovo, sembrava avere la solita espressione felice e disinvolta di sempre. Una volta toccato il pavimento di casa, invece, i suoi occhi si sono colorati di una sfumatura più scura, quasi come se gli avessi dato modo di pensare a chissà cosa. Nessuna battutina, nessun commento, niente, solo qualche minuto passato assieme, di nuovo sul mio letto in una situazione ambigua, lo ammetto ma niente di così sconvolgente che potesse metterlo a disagio. In fondo non ci eravamo avvicinati poi chissà quanto, né avevamo parlato di qualcosa di particolare o ci eravamo sfiorati come l’ultima volta che lo avevo avuto su quel materasso. Quel pensiero ancora mi fa arrossire quando mi capita di ripensarci. 
In questo caso, invece, avevo vagliato ogni possibile causa di quel comportamento ma niente aveva acceso la lampadina del mio cervello, finendo con il pensare che mai sarei riuscita a capire quel mistero vestito di nero. 
A volte mi chiedo che tipo di problema possa avere ed è questo che vorrei chiedergli adesso che lo sento bussare nuovamente alla mia finestra. 
La brezza leggera della sera cozza leggermente con il caldo sole che ormai è vicino al tramonto e mi costringe ad indossare un cardigan leggero che ricade sul mio corpo senza coprirlo davvero. Una volta uscita sulla terrazza, il suo sorriso si smorza nuovamente, anche se questa volta per lo meno si degna di provare a nasconderlo. Questa situazione mi manderà al manicomio, ne sono sicura. 
Con una naturalezza e tranquillità che assolutamente non fanno parte di me, mi avvicino lentamente al gatto nero dal comportamento irritante. 
Lo vedo voltarsi verso la capitale, lasciandomi osservare la sua schiena e non il suo volto. Il mio indice prende vita propria e decide di picchiettare sulla sua spalla, cercando di attirare la sua attenzione. 
“Marinette” 
Il suo sguardo rimane ancorato al sole che sembra si voglia nascondere tra i palazzi di Parigi. L’impressione che vedermi non sia più qualcosa di positivo per lui diventa sempre più plausibile e, distrattamente, inizio a chiedermi se non sia colpa mia. In fondo, non riesce nemmeno più a guardarmi negli occhi e quel “principessa”, il modo buffo in cui aveva iniziato a chiamarmi sempre più spesso, è tornato ad essere un semplice e banale “Marinette”. 
Cercando di ignorare la pungente sensazione che ci fosse qualcosa di sbagliato in tutta quella situazione, affianco Chat Noir, cercando di osservare la sua espressione. Appena il mio sguardo si posa su di lui, però, il suo si rifugia nei palazzi accanto al mio, portandolo a voltarsi. Punta sul vivo, inizio a chiedermi quanto dovrò comportarmi da bambina per cercare di capire cosa stia succedendo. È per questo motivo che rincorro il suo sguardo muovendomi da un lato all’altro del suo corpo, ritrovandomi a pensare a quanto questa stupida situazione stia iniziando a darmi sui nervi. 
Sbuffo pesantemente e mi decido ad afferrare il suo braccio per farlo voltare completamente verso di me. Qualcosa sembra finalmente scuoterlo, forse la mia presa ferrea, forse l’impeto che ci ha spinti a pochi centimetri l’uno dall’altro. 
I suoi occhi finiscono prima sulla mia mano, ancora stretta a lui, poi al mio volto ed, infine, al panorama alle mie spalle. Quel contatto inizia a pizzicarmi qualcosa dentro, lasciandomi una strana sensazione di disagio, o forse di imbarazzo, un sentimento particolarmente intenso che mi costringe a lasciare il suo braccio, come scottata da quel gesto. 
Sbatto velocemente le palpebre un paio di volte, cercando di riacquistare una qualche forma di calma che nemmeno prima sembrava appartenermi. 
“Chat?” 
La mia voce sembra velata di quell’imbarazzo vissuto fino a pochi istanti fa ma mi impongo di ignorare la situazione, richiamandolo un paio di volta ancora. A nulla sembra servire la mia voce ed io decido di comportarmi da persona matura, ignorare il bruciore che ancora sento sul palmo ed afferrare il suo volto con entrambe le mie mani. Quel fuoco sembra ricomparire ed invadere ogni parte di me quando finalmente i suoi occhi incontrano i miei. Ho visto spesso quel verde sciogliersi in un miscuglio di emozioni ma mai mi erano sembrati così intriganti. Quella tonalità che molte volte ho visto tinta di divertimento, di dolcezza e complicità con Ladybug, adesso sembra vinta da qualcosa di incomprensibile, qualcosa che mi lascia con la bocca leggermente aperta, qualcosa di totalmente diversa da ciò che ho trovato in quella foto di qualche giorno fa. 
Chat Noir mi osserva in modo che potrei benissimo definire “strano” e quando cerco di parlargli davvero, quando finalmente trovo la forza di dirgli che mi deve delle spiegazioni per tutta una settimana di comportamenti senza motivo, i suoi occhi si scostano dai miei. Ciò che mi colpisce è la direzione che hanno preso le sue iridi. Dai miei occhi, il suo sguardo scivola verso il basso osservando la mia figura nella sua interezza. Quando sembra avermi scrutata abbastanza, riporta i suoi occhi in un percorso a ritroso, per poi fermarsi sulle mie labbra. Una strana sensazione si fa spazio dentro di me, quasi come se mi avesse spogliata con lo sguardo. 
I suoi occhi ancora mi fissano le labbra, seguendo ogni loro movimento in un gesto meccanico che quasi mi costringe a socchiuderle, in attesa che le parole decidano di uscire dal mio corpo. 
Non so perché continui a guardarmi in quel modo. Non so perché continui a guardarmi le labbra, una porzione di pelle decisamente strana da osservare con insistenza. Non so perché sento quasi il cuore voler compiere una maratona per Parigi. Non so perché il suo volto ancora sia stretto tra le mie mani, in una presa che vorrebbe essere decisa ma che risulta solamente leggera e senza determinazione. Per quanto, però, le mie mani non stiano più esercitando alcuna pressione su di lui, Chat Noir non sembra intenzionato a muoversi di un millimetro da quella posizione. 
Il mio corpo inizia a non rispondere più agli input mandati dal cervello. Mi ritrovo immobile, bloccata in un gioco di sguardi che non so quanto a lungo riuscirò a sopportare. 
Dopo vari tentativi e molti sospiri, un dettaglio, o per meglio dire un pensiero del tutto fuori luogo, mi costringe a chiudere le labbra in un’espressione seria. Una linea netta mi dipinge il volto mentre ricordo molto bene una persona che, alcune settimane fa, aveva lo stesso sguardo. 
Ripenso alla sensazione alla bocca dello stomaco, al desiderio scorrermi nelle vene ed a cosa sia successo dopo. Più è più volte. 
Quegli occhi, sono gli stessi che ho visto riflessi in quelli di Luka, i miei. Quante volte l’ho guardato esattamente nello stesso modo, quante volte ho osservato quelle labbra carnose desiderando di assaggiarle anche solo per qualche istante, quante volte mi sono rifugiata in quei baci che sapevano farmi sentire meglio. 
Ecco, sono sicura che l’espressione di Chat Noir si avvicini davvero molto a quella che avevo io in quei momenti. La malsana idea che la mia mente ha partorito, però, non può dimostrarsi veritiera. Chat Noir non prova per me quello che io provo, o provavo, per Luka. 
Certo, mi è stato accanto in un periodo in cui nemmeno Alya poteva aiutarmi e sì, si è dimostrato un amico talmente sincero e schietto da dirmi che “usare” il chitarrista non era la soluzione migliore, specialmente per i sentimenti che lui nutre per me. Però, da questo a pensare che Chat Noir possa volermi baciare la strada è sconfinata. 
Per l’ennesima volta, sospiro e sbatto velocemente le palpebre, cercando in ogni modo di scacciare quella folle idea dalla mia mente. 
Perché folle? 
Una vocina dentro di me continua a ripetermi quella domanda in continuazione, arrivando anche a suggerirmi che forse, forse, solamente forse, ci sia davvero qualcosa di vero nei miei pensieri. 
Devo essere impazzita. Del tutto. 
In questo susseguirsi di pensieri, basta un attimo di esitazione, un solo istante perché io nemmeno mi accorga della distanza tra noi che continua ad accorciarsi. 
Quando si è avvicinato così tanto Chat Noir da sentire il suo profumo invadermi con prepotenza? Ha sempre avuto quella sfumatura chiara negli occhi? Molto più simile ad un verde tinto di un giallo ambrato piuttosto che un colore piatto è monocromatico. In effetti non avevo mai notato molte cose del suo viso, gli occhi profondi, in cui perdersi per un tempo indefinito, il naso che gioca ad un delicato equilibrio sul suo volto e le labbra. Ammetto che non sia la prima volta che mi soffermo a guardarle ma solitamente sono rilassate, mostrano un bel sorriso o un’espressione maliziosa, anche se mai rivolta alla vera me stessa ma questa volta sembrano tirate in una linea retta, un misto di agitazione e qualcosa a cui non voglio pensare, assolutamente. Perché ciò che la mia mente sta architettando è di riesumare i film mentali di qualche istante fa. 
Ormai pochi centimetri ci separano, rendendo difficile anche solo distinguere i miei sospiri dai suoi. Non ero pronta a questo, non ero pronta a vederlo di nuovo comportarsi in modo così strano, non ero pronta a doverlo rincorrere per capire cosa stesse succedendo, non ero pronta a sentirlo così vicino. La cosa che mi confonde maggiormente, è, però, un’altra. Non ero pronta a desiderare tutto questo in modo così prepotente. 
Come a voler sottolineare la stupidità dei miei pensieri, qualcosa si muove nel panorama alle spalle di Chat Noir, lasciandomi sbalordita, confusa e follemente arrabbiata. 
I miei occhi si tingono di frustrazione mentre dalle mie labbra iniziano a non uscire che parole sconnesse. 
“Ladybug…” 
“Eh?” 
Quel sussurro mi sfiora il viso in modo dolce ma rude, un connubio incredibilmente confuso. 
“Tu e lei…” 
Chat Noir lascia un attimo il suo sguardo vagare tra le mie labbra ed i miei occhi, per poi riflettere su qualcosa della quale io mi ero anche completamente dimenticata. 
“La stavo ringraziando per avermi salvato la vita, niente di più” 
Quella frase, poche parole in verità, hanno un potere su di me che non credevo possibile. Se da una parte mi fa piacere che, finalmente, abbia capito quanto Ladybug e Chat Noir non potranno mai stare assieme ed amarsi come vorrebbe, dall’altra parte mi sento quasi offesa da quella spiegazione. È vero che mi stava ringraziando ed è vero che, tra i due, sia io quella con l’espressione ebete sul volto, però quel gesto, quella fotografia, è talmente bella che quella frase sembra quasi sporcare il momento. Altre mille domande iniziano a prendere vita dentro di me. 
Cosa significa che mi stava solo ringraziando? Da quando si ringrazia la gente baciandola sulla fronte ed attirandola tra le proprie braccia? Perché non dà a quel gesto il significato sul quale avrebbe spinto anche solo poche settimane fa? Si è già dimenticato di Ladybug? Ha fatto in fretta! Perché, poi, sembra darmi così tanto fastidio tutto questo ma, allo stesso tempo, rendermi estremamente felice? Perché mi sento quasi sollevata dal fatto che lui voglia assicurare a me, Marinette, che tra di loro non ci sia nulla? 
Maledizione! 
In mezzo a tutti quei pensieri, nemmeno mi rendo conto di aver appena sfiorato la morte. Una sfera infuocata grande quanto uno di quei palloni usati per pilates si è scagliato violentemente accanto a me, producendo un tonfo sordo all’ingresso della mia camera da letto, che viene bloccata dai detriti della struttura. Una sensazione molto calda mi nasce in volto, lasciandomi con la consapevolezza di avere una leggera scottatura proprio sotto l’occhio destro. 
“Marinette?! Stai bene?” 
Ancora confusa da tutto ciò che sembra accadere in questa giornata, mi sento scuotere debolmente dal gatto nero al mio fianco che inizia ad osservare il mio volto come se dovesse trovarci un qualche segno di vita. 
Gli occhi di Chat Noir continuano a saggiare la mia pelle fino a ritenersi soddisfatto nel non aver trovato altre ferite. Dopo essersi assicurato che avessi ancora la forza di parlare , lo vedo stringere una mia mano tra le sue, lasciandomi con una semplice frase. 
“Non muoverti da qui” 
Come se fosse un ordine e non un consiglio, le mie gambe sembrano acquisire la consistenza della gelatina per poi lasciarmi cadere al suolo quando gli occhi di Chat Noir tornano ad osservare la città di Parigi, sicuro di dover trovare il colpevole di tutto quel trambusto. Nel suo sguardo non c’è preoccupazione ma solo qualcosa di molto simile alla rabbia folle ed è quello che mi spaventa maggiormente. 
Impiego un tempo infinito per riprendermi da quello stato di trance e ricordarmi di essere anche io la portatrice di un Kwami e non uno qualunque ma di quello che, alla fine di ogni battaglia, ha il compito di purificare le akuma e riportare Parigi alla sua normale bellezza. Presa da non so quale agitazione, richiamo Tikki che, attraversando le macerie, riesce a raggiungermi e lasciarmi usare i suoi poteri per qualche tempo. 
Velocemente afferro lo yo-yo e volo tra i tetti di Parigi, in cerca di un gatto che, preso dalla furia, potrebbe essere capace di qualunque cosa. 
Atterrata in una piazza desolata, un rombo molto vicino mi sorprende, mentre alte fiamme vive mi avvolgono, creando, attorno a me, una sorta di delimitazione, il perimetro per la battaglia. Qualche istante più tardi, tra il fuoco si fa largo un’apertura che lascia entrare due figure avvinghiate e dedite ad uno scontro più fisico che “magico”. 
Chat Noir prova in ogni modo a raggiungere il bastone da circense che il nemico stringe tra le mani. Vicino a risolvere quella battaglia nel minor tempo mai visto, il cattivo della situazione ribalta completamente la situazione, iniziando a produrre strane palle infuocate dall’estremità della composizione in legno e metallo. Pochi istanti bastano a Chat Noir per comprendere che quegli attacchi non devono essere sottovalutati e, mentre lui continua a lottare fisicamente contro il nemico di Parigi, io cerco un modo più sicuro di porre fine ad ogni cosa. 
È proprio mentre osservo tutto con attenzione che vedo questo nuovo nemico sferrare un pugno avvolto dalle fiamme al mio compagno di battaglie, lasciandogli parte del costume bruciato e, sotto di esso, una lieve scottatura sulla pelle, all’altezza dell’addome. Un altro paio di colpi lo raggiungono ed io inizio a pensare che, più che cercare una via sicura, dovrei preoccuparmi di lui e del fatto che, di nuovo, si stia facendo prendere dai suoi sentimenti confusi durante una lotta. Il braccio sinistro di Chat Noir si tinge di rosso in più punti mentre il tessuto nero svanisce sotto ai miei occhi. Un istante solo basta per farmi capire quanto sia grave la sua situazione. Senza più pensare a cosa sia più logico fare, inizio a correre per raggiungerli e riesco appena in tempo ad afferrare il nostro nemico per le spalle, finendo per rotolarmi con lui lontano da Chat Noir. Nemmeno mi preoccupo della sensazione di calore in tutto il corpo, effetto del potere di questo personaggio in fiamme. L’importante è che lui sia al sicuro, l’importante è che smetta di procurargli ferite che guariranno con molta calma, l’importante è averlo distratto abbastanza da trovare un modo per sconfiggerlo. 
In una posizione davvero scomoda, riesco a richiamare il Lucky Charm che compare sotto le sembianze di ciò che più mi poteva servire in questa occasione. Un boomerang rosso a pois neri ricade dal cielo a pochi metri da noi, vicino abbastanza da poterlo raggiungere ma non a sufficienza da sfuggire alle grinfie del nemico che, con una mossa ben assestata, mi blocca qualunque via di fuga. 
Il suo bastone finisce sulla mia gola, impedendomi quasi di respirare, mentre con una mano inizia a percorrere le mie braccia lasciando una scia infuocata sulla mia tuta. L’unica cosa a cui posso aggrapparmi è la speranza, remota e quasi insensata, di avere abbastanza chiarezza e tranquillità in me da non dover trascorrere i prossimi giorni, o settimane, a curare nuove ferite. 
Muovendomi appena, riesco a far avvicinare entrambi al Lucky Charm, prima di sentire la sua mano sfiorarmi il volto ed avvicinarsi pericolosamente al Miraculous della coccinella. Tento in ogni modo di raggiungere quel dannato boomerang, sicura che il mio yo-yo non avrebbe la stessa efficacia ma più mi sforzo, più le sue mani si avvicinano pericolosamente ai miei orecchini. 
Una figura scura si scaglia contro il nemico, creando un nuovo groviglio di corpi e lasciandomi libera di agire velocemente. Senza prestare troppa attenzione a ciò che sta succedendo tra Chat Noir e quella figura in fiamme, afferro il boomerang e lo lancio a poca distanza da noi dove inizia a cambiare direzione, finendo esattamente dove poco prima avevo visto alcuni estintori a schiuma. Un’esplosione ci avvolge, invadendo le strade di Parigi di una consistenza bianca ed appiccicosa che sembra placare, oltre al nemico, anche le mie lievi scottature. Solo in quel momento mi rendo conto che la tuta che indosso ha subito solamente lievi danni, diventando leggermente trasparente ma, per mia fortuna, senza lasciarmi ferite da curare. 
In mezzo a quella confusione, riesco ad individuare con facilità il nostro nemico, riuscendo a strappargli l’oggetto contenente l’akuma e liberando Parigi da quella maledizione. 
Il mondo attorno a me riprende colore, liberandosi da quella schiuma ed io finalmente posso dedicarmi alla ricerca di quel gatto nero. 
Attorno a me, solo il silenzio. Provo a chiamarlo, più volte ma la sua voce non mi risponde. Inizio a correre ovunque, sperando di vederlo, sperando che stia bene, sperando che ci sia una spiegazione logica al suo silenzio che non mi faccia impazzire dalla preoccupazione. 
All’ingresso di un vicolo buio, sento una presenza alle mie spalle e quando mi volto, riesco solo a vedere la sua figura sparire tra i tetti della città. 
Senza pensare alle conseguenze o al tempo che mi rimane a disposizione, decido di inseguirlo. Ho bisogno di sapere che stia bene, che le scottature che ho visto siano le uniche ferite che il nostro nemico è riuscito ad infliggergli. 
Inseguo quel gatto per quasi tutta la città, chiamandolo a gran voce ma sembra quasi che lui stia cercando di ignorarmi. La nostra corsa si perde accanto alla Senna, dove quella macchia nera riesce a sfuggirmi. Atterro accanto al canale, dove noto l’ultima persona che pensavo di rivedere così presto. 
“Luka” 
Ignorando i vari sentimenti che vivono in questo momento dentro di me, mi avvicino correndo a lui. 
“Ciao” 
“Ma… Ladybug” 
Un silenzio imbarazzante ci avvolge ed io devo far appello a tutta la mia forza per ignorare i suoi sentimenti e porgli una semplice domanda. 
“Hai visto Chat Noir?” 
Il suo volto si tinge di sorpresa mentre mi avverte di averlo visto di sfuggita ma di non sapere dove sia diretto. 
“Sei sicuro?” 
Ricomincio a cercarlo con lo sguardo, fin quando non scorgo un’altra persona raggiungerci. Quando finalmente si accorge di chi io sia, si avvicina velocemente, lanciandomi uno dei suoi sorrisi migliori. 
“Ladybug!” 
“Chloé, hai visto Chat Noir?” 
So di aver saltato qualunque convenevole ma non ho tempo adesso di chiacchierare allegramente con un ragazzo che sta soffrendo a causa mia e con la ragazza che ha reso difficile qualunque cosa nella mia vita adolescenziale. 
“Ehm sì, mi sembrava stesse andando verso il Louvre” 
“Grazie, Chloé, grazie!” 
Non avrei mai pensato di poter ringraziare quella ragazzina dai capelli biondi. Prima di allacciare il mio yo-yo ad un palazzo accanto a noi, mi rivolgo nuovamente verso Luka. 
“Mi dispiace, Luka. Davvero” 
Chloé ci guarda incuriosita mente io sparisco dalla loro vista. Tra i tetti di Parigi, seguendo le indicazioni della mia compagna di classe, ritrovo velocemente Chat Noir. Sembra ancora intento a scappare verso non so bene dove ed io non posso che sentirmi sollevata. Se riesce a muoversi con facilità, forse le sue ferite non sono così profonde come credo. 
Quasi a beffarsi dei miei pensieri, la figura di Chat Noir inciampa lungo la via e, dolorante, si trova costretto a nascondersi in un vicolo poco distante. 
Velocemente lo raggiungo, preoccupandomi appena del fatto che potrebbe anche essersi già ritrasformato. Solo quando appoggio a terra i piedi, mi accorgo che, in quella stradina, non sembra esserci nessuno. 
“Chat Noir” 
Sussurro il suo nome più volte e nemmeno io so bene il motivo che mi spinge a non urlarlo con tutte le mie forze. Forse è la paura che qualcuno possa scoprirci qui, la paura che se qualcuno si avvicinasse, potrebbe scoprire davvero chi siamo. In fondo, non mi rimangono più molti minuti a disposizione, lo so bene. 
“Chat Noir!” 
Un ultimo disperato tentativo ed un lamento mi raggiunge da dietro una porta. 
“Ladybug…” 
Velocemente mi avvicino a quella superficie in legno trovandolo leggermente aperta. Prima di muovere un solo passo, cerco di capire dove possa trovarsi lui e se sia ancora trasformato o meno ma i miei occhi, quelli di una ragazza comune, senza poteri da gatto, non riescono a carpire nemmeno un dettaglio. Tutto quello che mi rimane da fare è appoggiarmi al muro accanto a quella porta e sospirare un paio di volte. 
“Come stai?” 
Sembra la domanda più stupida del mondo, specialmente se paragonata a quelle che avrei voluto fargli prima di questo attacco. Eppure, è anche l’unica cosa che mi preme sapere. 
“Be…” 
“La verità” 
Chat sembra prendersi del tempo per trovare la risposta migliore e, quando la sua voce torna alle mie orecchie, rimango leggermente sorpresa. 
“Sono stato meglio… ma anche peggio” 
Il ricordo di quando quelle stesse parole erano scivolate dalla mia bocca mi lascia quasi senza fiato. Mi perdo un attimo nel chiedermi se anche lui stia ripensando a quel momento o se si tratti solo di una coincidenza. Una strana coincidenza. 
“Quanto è grave?” 
“Non tanto, in verità. Solo qualche bruciatura che spero guarisca il prima possibile” 
Il silenzio tornò ad avvolgerci mentre sento i battiti del mio cuore riprendere un ritmo quasi normale. 
“Hai la pomata?” 
“Eh?” 
“La pomata del Maestro, ne hai ancora? ” 
“Ah, sì, a casa” 
Mi consola il fatto che non l’abbia finita e che, una volta rientrato, potrà avere un qualche tipo di sollievo. Questo, però, non riesce a lenire il mio desiderio di sapere quanto stia male. Sono riuscita a vedere solamente i primi lividi, le prime ferite ma non so se ce ne siano state altre. 
I miei pensieri vengono interrotti dalla sua voce, ancora provata. 
“Penso di doverti ringraziare di nuovo, Ladybug” 
Le sue parole mi costringono a sbattere le palpebre più volte, in cerca di una qualche spiegazione che non sembra farsi attendere. 
“Se non ti fossi buttata letteralmente su di lui, probabilmente adesso starei molto peggio” 
“Non potevo permettergli di ferirti” 
Una bassa e breve risata esce dalle sue labbra ed io sono sempre più tentata di ignorare ogni precauzione per avvicinarmi a lui. 
“Non pensavo tenessi tanto a me, my lady” 
“Davvero?” 
Quel pensiero mi lascia un gusto amaro in bocca. Sembra quasi che Chat Noir non sappia quanto realmente sia importante per la mia vita e questo non mi rende sicuramente felice. 
“No. So quanto ti preoccupi per me. Me lo hai dimostrato quando mi hai vietato di combattere al tuo fianco” 
“Ho dovuto farlo” 
“Lo so” 
Un’altra risata lo scuote mentre muovo un piede nella sua direzione, stanca di non poterlo vedere in faccia. 
“Non ti conviene avvicinarti, coccinellina, a meno che non voglia scoprire chi si nasconda sotto la maschera nera” 
Il mio piede si blocca, indeciso se compiere quell’ultimo passo o meno. 
“In verità, per me non ci sarebbero problemi. Non ce ne sono mai stati” 
Sbuffo pesantemente, sedendomi accanto alla porta che ci separa. 
“Perché allora mi hai fermata?” 
“Perché so quanto tieni a separare le nostre vite private da quelle da supereroi” 
Un ricordo divertente mi lascia un sorriso in volto. 
“Non eri tu quello che aveva detto non si sarebbe coperto gli occhi davanti alla mia trasformazione?” 
“Ed è vero” 
“Però mi hai fermata” 
“Se un giorno vorrai sapere chi sono, preferisco che sia tu a dirmelo e non che succeda in una situazione come questa” 
Lascio la mia mente libera di riflettere sulle sue parole e, più ci penso, più capisco il suo discorso. Mentre ancora sono intenta ad ascoltare la mia testa, lo sento ridere di nuovo ed almeno questo riesce a rassicurarmi riguardo la sua situazione, anche se solamente in parte. 
“E poi, preferirei che ti ricordassi di un ragazzo senza lividi o scottature varie” 
Un lieve sorriso dipinge le mie labbra. Con o senza lividi, se scoprissi la sua identità, sono sicura che non cambierebbe mai ciò che provo per lui, la gratitudine e la complicità che ci lega o l’affetto ed il senso di protezione che ci accomuna. 
Decido di riportare la conversazione su binari più stabili e sicuri, cercando di smorzare la tensione che sento salire prepotente tra noi. 
“Comunque penso di doverti ringraziare anche io questa volta” 
“E per cosa?” 
La sorpresa trapela dalla sua voce e, se potessi vedere il suo volto, probabilmente avrebbe dipinta un’espressione tra le più confuse e divertenti al mondo. È strano immaginare quanto lui si preoccupi per me senza capire quanto io gliene sia grata. 
“Se non fossi intervenuto, sicuramente avrebbe preso il Miraculous” 
“Penso che tu abbia le idee un po’ confuse Ladybug” 
“Confuse?” 
Si, ho la mente in una confusione incredibile da giorni, se non settimane ma proprio non capisco cosa stia cercando di dirmi. 
“Cosa significa?” 
“Che non stavo cercando di evitare che lui prendesse i tuoi orecchini” 
“Cosa?” 
“Stavo cercando di evitare che ti facesse del male” 
Sento il corpo scuotersi da una risata imbarazzata. A quanto pare, siamo più simili di quel che sembriamo. Nessuno dei due lascerebbe mai soffrire l’altro e non importa se per evitarlo dobbiamo gettarci nel fuoco, letteralmente. Questo legame, forse un po’ strano e costellato di affetto, amore, sentimenti confusi ed amicizia profonda, è ciò che mi piace di noi. Non potrei vivere sapendo di non averlo al mio fianco, di non poter contare su di lui durante le battaglie o quando, semplicemente, ho bisogno di questo gatto nero lunatico. 
Il pensiero di lui sotto forma di animale mi ricorda qualcuno che non si è fatto minimamente sentire da quando abbiamo iniziato a parlare. 
“Chat Noir?” 
Un mugugno esce dalle sue labbra, in attesa di sentirmi proseguire. 
“Come sta Plagg?” 
Un borbottio leggero si sente da oltre la porta in legno massiccio. 
“Finalmente ti sei ricordata che esisto anche io, Ladybug!” 
Il tono di rimprovero di Plagg è velato da sentimenti contrastanti, probabilmente il dolore, probabilmente il desiderio di abbuffarsi di formaggio. Solo in questo istante mi rendo conto del sottofondo curioso che le mie orecchie sembrano aver ignorato finora, tentando di concentrarsi su Chat Noir. Uno scrocchio leggero ma scomposto mi fa capire che Plagg sia intento a mangiare, beatamente soddisfatto di chissà quale formaggio uscito dalle tasche del suo portatore. 
“Come stai?” 
“Come può stare un povero Kwami affamato che sta cercando di riprendersi da un incendio in piena regola” 
“Plagg!” 
“Cosa? Ragazzino, per poco non diventavamo carbonella! Guardati e dimmi che riuscirai a nascondere tutte quelle bruciature!” 
Il silenzio piomba su di noi, rendendo l’atmosfera pensante per entrambi. Chat Noir continua a volermi proteggere, anche dalla verità che lo riguarda, nascondendo le sue condizioni ed io non riesco a non trovarlo dolce ma anche tremendamente irritante. 
Sento un rumore provenire dai miei orecchini, un invito a non rimanere ancora per molto in quel vicolo.  Mi rimangono tre minuti prima di trasformarmi e, per quanto io sia preoccupata anche per Tikki, so che capirà le mie azioni e, forse, mi perdonerà per averla spinta nuovamente oltre i suoi limiti. 
“Non muoverti da qui” 
“Ladybug… cosa…” 
Sento solo in lontananza il mio nome, mentre cerco di muovermi con una velocità che, al momento, non mi appartiene affatto. 
Un minuto scarso mi basta per raggiungere il mio balcone e, da lì, la mia stanza, afferrare la pomata ed indugiare qualche minuto sulla confezione di biscotti per poi riemergere nel buio della sera. 
Mentre saggio i tetti di Parigi, gli orecchini emettono un nuovo suono, costringendomi ad aumentare la velocità dei miei movimenti. Ad un passo dal vicolo in cui ho lasciato Chat Noir, riesco a recuperare fiato giusto due secondi prima di giungere accanto a quella porta e ritrovare i sospiri di Chat Noir ed i commenti velati di acidità al formaggio di Plagg. 
Riesco solamente a lasciare la pomata oltre la soglia, prima di venire accecata da un lampo che lascia uscire Tikki dal Miraculous e cadere lentamente sulle mie ginocchia, esausta e con qualche lieve graffio, niente di troppo grave per fortuna. 
“Mi dispiace, Tikki” 
Un sorriso le sfiora il volto stanco ed io recupero i biscotti che le avevo preso da casa per lasciarglieli tra le zampe. 
“Non ti preoccupare, hai fatto quello che dovevi” 
“Lo so ma mi dispiace doverti sempre chiedere così tanto” 
Vedo Tikki scuotere la testa mentre assaggia un biscotto con le gocce di cioccolato al latte che adora. 
La vedo evitare di rispondermi, concentrata sulla sua cena e su quei graffi che già sembra stiano guarendo. 
“Sei troppo dura con te stessa” 
“Sei tu ad essere troppo buona con me” 
Un sorriso ci avvolge mentre oltre la porta sento un discorso del tutto diverso tra Chat Noir e Plagg. 
“Perché non puoi essere come Tikki?” 
“Una femmina?” 
“No Plagg, gentile” 
“Gentile? Ti rendi conto che ti presto i miei poteri ogni volta che ti salta in mente di vagare tra i tetti di Parigi per poter vedere il tuo camembert? Sono già troppo buono” 
Un sospiro sommesso esce dalle labbra del ragazzo biondo che, dopo aver finito di spalmarsi la crema, la spinge appena oltre la porta. 
“Sei un vero maleducato, Plagg, non meriti il formaggio pregiato che ho ordinato ieri per te” 
“Ehi, umano, non scherziamo con cose vitali come il formaggio” 
Una risata leggera avvolge me, Tikki e Chat Noir mentre Plagg continua un monologo dedicato ai profumi del latte cagliato e stagionato. L’atmosfera passa da drammatica a divertente in un secondo e mentre io sfioro il volto di Tikki, intento ad assaggiare anche l’ultimo biscotto di pasta frolla, la mia testa si appoggia sul muro della struttura che mi divide da Chat Noir ed un pensiero mi sfiora, il ricordo di quel momento tra noi sulla mia terrazza, interrotto solamente dal frastuono del nuovo nemico. 

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Capitolo 21
*** Capitolo 21 ***


Sono passati ormai alcuni giorni dall’ultima volta che Chat Noir è passato a trovarmi ed io non posso che trovarmi sempre in un limbo tra preoccupazione e sollievo. La prima, sicuramente diretta alla sua salute, il secondo più che altro perché sembra aver capito che non deve forzare Plagg se ancora non si sono ripresi del tutto. È quasi una dolce tortura, aspettare di vederlo arrivare e sperare che non lo faccia.
Il week end è ormai quasi arrivato alla fine ed io non ho fatto che pensare a Chat Noir, a tutto ciò che può riguardarlo, dalle ferite subite, all’ultima volta che ci siamo visti sul mio balcone. Non riesco a togliermi dai pensieri la sua espressione, le mie mani sul suo volto ed il suo comportamento particolarmente strano. C’è poi una parte di me che continua a rivivere il suo sguardo, quegli occhi carichi di qualcosa di simile al desiderio che rivedevo nei miei qualche tempo fa. Non posso ignorare quello che ho letto in lui mentre eravamo così vicini ma, allo stesso modo, non posso convincermi di qualcosa che non sia lui stesso a confessarmi. Ho provato con tutta me stessa a non pensare a tutto questo ma ogni volta che tentavo di concentrarmi su un libro da sfogliare, un compito da terminare o qualunque altra cosa, piccoli dettagli mi riportavano la mente a quel momento.

Anche adesso, mentre sono sulla mia terrazza a godermi il tramonto di questa domenica ormai estiva, non riesco a concentrarmi su altro. Tikki ha più volte cercato di capire cosa mi stesse succedendo ma parlare con lei non è servito a molto. Mi ha lasciata qui sola, ridacchiando mentre si rintanava in casa. Penso abbia capito quanto io sia lontana dal riuscire ad avere una conversazione normale con chiunque.
L’unico momento in cui la mia mente sembra svuotarsi, è quando il sole tinge il cielo di rosso ed arancione con qualche sfumatura di azzurro e blu. Un panorama meraviglioso che colora gli edifici di Parigi con dolcezza.
Un profumo invade le mie narici, facendomi spalancare gli occhi dalla sorpresa. Non sono sicura che sia poi così positiva. Sospiro lentamente, cercando di recuperare una qualche calma che sembra scomparsa due secondi fa.
Mi volto lentamente, cercando di nascondere al meglio delle mie capacità la rabbia che sento crescere in me. Non può essere davvero qui, non adesso, non dopo che sembrava che entrambi si fossero feriti più di quanto non volesse ammettere a Ladybug.
Quando i miei occhi incontrano quelli di questo gatto nero, qualcosa in me si blocca. Il suo sguardo sembra dolce, quasi tenero mentre mi osserva da quella che, a mio parere, è una distanza davvero troppo breve. Certo, essere riuscita a sentire il suo profumo mi avrebbe dovuta avvertire della sua vicinanza ma non immaginavo che voltandomi me lo sarei trovato a pochi centimetri.
Come scottata da quella situazione, socchiudo più volte gli occhi, sperando di riportare un po’ di lucidità in me. Tutto risulta inutile, specialmente quando il suo sorriso malizioso mi fa capire quanto la mia espressione debba essere leggibile.
Con la gola secca e le parole morte in bocca, mi costringo ad allontanarmi da lui tanto da riuscire a respirare qualcosa che non sia il suo aroma.
Chat Noir continua a guardarmi come se avesse colto una bambina con il volto sporco di cioccolato. Non so dire di preciso cosa possa aver visto in me che a me stessa sembra stia sfuggendo ma quando muove un passo verso di me, il mio sguardo scivola distrattamente sul suo corpo, forse per sfuggire da quegli occhi verdi che stavano iniziando a farmi sentire molto a disagio.
Senza nemmeno accorgermene, inizio a scrutare la sua figura con attenzione, ritrovandomi a passare dalla tensione alla rabbia in pochi minuti. Basta davvero solo uno sguardo per riportare il mondo a girare come dovrebbe ed io torno a pensare a quanto possa essere completamente stupido e folle.
“Come sei ridotto?!”
Come se le mie parole avessero potuto metterlo al tappeto, i passi di Chat Noir si bloccano a poco più di un metro da me.
Mi volto rientrando velocemente in camera per afferrare la crema che avevo spalmato tempo fa sulla mia cicatrice e riemergo giusto in tempo per vederlo passarsi freneticamente la mano tra i ciuffi biondi. Appena il suo sguardo mi ritrova a pochi passi da sé, la sua voce torna a sfiorarmi.
“Tutto bene?”
Scuoto la testa, con il cuore diviso a metà tra la rabbia ed il divertimento.
“Non dovresti andartene in giro conciato così”
Con le mani indico il suo corpo, lasciando a lui il compito di capire il motivo della mia rabbia.
“Non ti devi preoccupare, principessa, sto bene”
Alzo gli occhi al cielo, afferrando la sua mano e costringendolo a sedersi sulla sdraio che tengo in terrazza.
Mi inginocchio accanto a lui, cercando di non lasciarmi andare agli insulti. Possibile che non riesca mai a capire quanto sia pericoloso trasformarsi in queste condizioni? Non ha alcun riguardo per sé stesso o per Plagg!
Afferro il barattolo della pomata e ne prendo una generosa dose prima di posare le mie mani sul suo braccio ed iniziare a spalmarla con attenzione.
Prendersi cura di lui attira tutta la mia attenzione e solo la preoccupazione per tutte quelle macchie scure mi distrae quanto basta dal non notare quanto le mie mani si stiano muovendo sul suo corpo.
Solo quando il suo sguardo sembra potermi incendiare mi accorgo di aver lasciato le sue braccia per raggiungere il suo petto. La tuta ancora trasparente lascia intravedere delle scottature lievi, niente di così preoccupante in verità ma basta il rossore di quella parte di pelle per farmi perdere la calma. Detesto vederlo sofferente, anche se lui sembra star meglio rispetto a quanto io riesca a credere.
Lo sguardo di Chat Noir diventa un ricordo lontano, un pensiero leggero, quello che ormai riempie la mia mente non è altro che il suo corpo. Questa pelle così liscia, tonica, morbida, chiara ma al contempo arrossata dalle scottature. Mi accorgo appena di aver aperto la bocca da non so quanto tempo. I miei occhi non riescono a lasciare la sua figura ma, in particolar modo, le mie mani che stanno toccando il corpo di questo gatto, lo stesso sul quale non mi ero mai soffermata troppo, non prima di qualche settimana fa.
Sotto le mie dita, sento il petto di Chat Noir vibrare, come se fosse vinto da una qualche risata o da un sospiro pesante. I miei occhi si spostano solo un istante sui suoi, trovandoli incredibilmente profondi e con un guizzo che, nell’ultima settimana, sembra aver preso posto fisso in lui.
Continuiamo ad osservarci per un momento infinito, fin quando Chat Noir non decide di interrompere quella connessione tra noi, spostando il suo sguardo sulla città che ci circonda. Mi rendo conto appena di essere in una situazione scomoda, con una mano ferma sul braccio sinistro del mio compagno di battaglie e l’altra sul suo torace, intenta a saggiare la sua pelle più che a spalmare la pomata che avevo raccolto per lui.
I miei pensieri, però, sembrano tornati quanto più chiari possibili e, invece di provare l’imbarazzo che dovrei, riemerge la rabbia di poco prima e tutti i momenti in cui questo gatto si è comportato da stupido negli ultimi giorni, esattamente come sta facendo adesso.
È questo il motivo che mi spinge a continuare a medicarlo come se nulla fosse, in attesa che la tensione tra noi svanisca e che torni ad avvolgerci una situazione più consona ad una discussione. Impiego qualche minuto buono a calmare il mio cuore, scosso da tutti questi sentimenti; nel mentre, gli occhi di Chat Noir mi lanciano, di tanto in tanto, sguardi furtivi, prima carichi di imbarazzo, poi solamente di curiosità, probabilmente per l’espressione turbata che può vedere sul mio volto.
“Marinette, qualcosa non va?”
Una risata nervosa esce dalle mie labbra, ormai tirate in una linea dritta.
“Mari?”
“Non pensare che me ne sia dimenticata solo perché sei ferito”
Sento i suoi occhi osservarmi in cerca di qualche dettaglio ma più mi osserva più mi riesce facile ricordare tutti i pensieri di questi ultimi giorni.
“Di cosa stai parlando?”
“Ti sei comportato in modo strano tutta la settimana”
“S-strano?”
“Non credere che non me ne sia accorta, ti sei inventato una marea di scuse solamente per non rimanere qui con me”
“Cosa?”
La sua voce sembra velata di incredulità ma la mia mente è talmente concentrata sui propri pensieri che non riesco nemmeno a trovare la forza di guardarlo in volto invece che continuare ad osservare quelle ferite che cospargono il suo corpo.
“Mi spieghi cosa ti ho fatto?”
“Scusa?”
“Dimmi cosa ho fatto per allontanarti così da me”
Il silenzio ci avvolge per qualche istante prima che lui decida di lasciarmi con l’unica parola che mai avrebbe dovuto pronunciare.
“Niente”
Se la mia irritazione prima sembrava essere appena accettabile, in questo momento la rabbia scorre libera dentro di me, annebbiando ogni mio più piccolo pensiero lucido. Sulla terrazza che mi ha vista crescere, le mie urla iniziano a disperdersi e nemmeno il pensiero che i miei genitori o qualche vicino possa sentirci mi sfiora.
“Non permetterti di rispondermi così!”
Livida in volto, riesco solamente ad alzarmi in piedi, mettendo quanta più distanza tra me e quel corpo che ormai stavo accarezzando più del necessario.
“Ma…”
“Ma niente! Ti sei comportato stranamente tutta la settimana e mi vieni a dire che non ho fatto niente? Pensi che io sia stupida?!”
“Cosa?! Marinette, no, calmati”
“Non dirmi che devo calmarmi!”
“Marinette, aspetta”
“Se ho fatto qualcosa di sbagliato devi dirmelo!”
Non riesco nemmeno a ricordare quando si sia alzato dalla sedia anche lui, eppure ci ritroviamo così, faccia a faccia, con pochi centimetri che ci separano.
“Marinette, non posso dirti che hai fatto qualcosa se non è vero!”
“Come posso crederti?! Ogni volta che sei venuto a trovarmi ti sono bastati pochi minuti per decidere che non ero nemmeno degna di un tuo sguardo! Evidentemente… Devo aver fatto qualcosa che ti ha dato fastidio”
I toni si abbassano lentamente, riportandoci ad una conversazione quasi civile.
“Non posso cambiare la situazione se non mi dici cosa sia successo”
“Non devi cambiare niente”
La calma momentanea che sembrava avermi colta mi abbandona velocemente come si è presentata. I miei occhi tornano nei suoi e solo adesso mi rendo conto di aver provato a guardare ovunque tranne il suo viso.
“Dimmi cosa sta succedendo!”
“Niente”
“Chat Noir, maledizione! Cosa vieni a fare qui se poi non vuoi nemmeno passare del tempo con me?!”
“Non ho mai detto questo”
“Ma è quello che fai! Ogni volta scappi da me come se ti avessi insultato, dimmi cosa ho fatto!”
“Non è qualcosa che hai fatto tu!”
“E allora cosa?! Cosa diamine è…”
Il vuoto, solo questo mi rimane in mente. I miei neuroni sembrano morti in un solo istante, vinti da una calma piatta che ha invaso ogni parte di me. Solo una cosa sembra aver preso vita propria ed è il mio cuore, solamente lui pare aver iniziato una corsa folle verso un punto irraggiungibile.
I miei occhi rimangono paralizzati, così come tutto il mio corpo, incapace di compiere anche solo un movimento. Per un momento, un solo istante, mi sembra che anche il tempo abbia smesso di scorrere e questo solo per lui. Chat Noir.
Chat Noir che si è avvicinato così velocemente da non darmi il tempo di reagire. Chat Noir che ha nascosto i suoi occhi sotto quei ciuffi biondo miele. Chat Noir che, in un impeto di non so quale sentimento o emozione, o forse solamente per zittirmi, ha sfiorato il mio volto.
Quel contatto, quella sensazione, quel calore mi avvolgono senza darmi modo di riflettere, senza darmi modo di capire cosa stesse per succedere, senza potermi preparare psicologicamente. Perché sì, mi sarei dovuta preparare. Perché sì, mi causerà altri problemi. Perché, in fondo, non mi sarei mai potuta sentir pronta a sentire le sue labbra sulle mie.
Dolce, sentito, leggero, come un fiore che segue la brezza della primavera e vola lontano dal suo albero madre. Questo bacio non è come niente avuto finora, non mi ha lasciato un fuoco dentro ma un incendio in piena regola, qualcosa che sembra aver devastato il mio corpo per poi ricrearlo e plasmarlo su un nuovo centro, lui.
Le sue labbra sono così morbide e piene che distrattamente trovo il tempo di chiedermi perché, prima di questo momento, non mi sia mai resa conto di quanto fossero assolutamente perfette ed incredibilmente invitanti. Mi sono sorpresa più volte ad osservargli questa parte del viso ma mai mi sarei aspettare una sensazione simile nell’averle su di me. Non mi importa più niente di tutti quei problemi che pensavo di dover risolvere, non mi importa più nemmeno di capire perché si sia comportato così, non ho nemmeno più voglia di chiarire la situazione con Adrien e, sinceramente, non ricordo nemmeno più i baci scambiati con Luka.
È bastato lui, Chat Noir, le sue labbra, in verità, per azzerare la mia vita, resettarla completamente e farla ripartire a suo piacimento.
Com’è possibile?
Qualcosa in me si spezza irrimediabilmente quando lui decide di allontanarsi, lasciandomi senza quella sensazione che avevo iniziato in questo momento ad assaporare con tutta me stessa. Ne sento la mancanza, la mancanza di quelle labbra, la mancanza di quell’esplosione che stava prendendo vita dentro di me, la mancanza di quel bacio appena accennato che non pensavo di volere e che, con mia sorpresa, mi rendo conto di aver aspettato per troppo tempo.
La sua fronte si appoggia alla mia, forse per mantenere un qualche contatto con me, forse solamente per poter nascondere al meglio i suoi occhi dai miei. Nulla sembra più avere senso dopo quel bacio ma quella sensazione provata mentre le sue labbra toccavano le mie non riesce a lasciarmi. Non posso pensare a null’altro, non ci riesco, come se avesse distrutto la mia capacità di immaginare qualcosa che non sia quello che è appena successo.
“Scusa. Non doveva succedere”
Un momento, basta questo, un secondo, un istante solo per sentire davvero qualcosa rompersi dentro di me. Non è un rumore sordo, qualcosa di percepibile eppure sono sicura che qualcosa sia stato malamente frantumato nel profondo del mio corpo.
Succube della confusione incredibilmente prepotente alla quale lui ha dato vita, mi accorgo appena del suo volto che si discosta dal mio e del suo corpo che sparisce dalla mia vista, lontano, come un gatto sui tetti di Parigi.

“Non doveva succedere”
Ho trascorso tutta la notte a pensare a quello che è successo con Chat Noir senza riuscire a chiudere occhio nemmeno un istante. Ho provato a concentrarmi su qualunque altra cosa ma nulla sembrava minimamente interessante, come se non sfiorasse nemmeno la mia mente. Scoop televisivi, programmi vari, nemmeno leggere mi è stato d’aiuto ed alla fine mi sono ritrovata con una pila di libri e riviste spiegazzate.
Inutile cercare di nasconderlo, ho continuato a rivivere quel bacio fino alle prime luci dell’alba, passando dal fuoco puro che scorreva nelle mie vene al gelo totale quando ripensavo alle parole di Chat Noir.
“Non doveva succedere”
“Non doveva succedere”
“Non doveva succedere”
Perché? Perché non doveva succedere? Perché, se non doveva succedere, è successo? Perché, se non doveva succedere, ma è successo, ha voluto gettar fango su qualcosa che mi ha fatta sentire come mai prima?
Le domande si sono sovrapposte così tanto da diventare un miscuglio informe nella mia mente. Ogni cosa ruotava attorno a quei dubbi ed alla sensazione orrenda di essere stata rifiutata, un’altra volta. Quel che è peggio, però, è che il pensiero di essere io la causa dello strano comportamento di Chat Noir si è trasformato nella certezza che in me ci sia davvero qualcosa di sbagliato.
Adrien, il ragazzo dolce e perfetto si è rivelato senza scrupoli e senza tatto nei miei confronti, cosa che non era mai successa con nessun altro.
Luka si è trovato ad essere quasi un burattino, comandato dai miei desideri, da quelle sensazioni che mi spingevano a volerlo al mio fianco. Quello che ha ottenuto, però, è solo il cuore spezzato ed un peso colossale sulle spalle.
Come se non fosse abbastanza, adesso anche Chat Noir si è reso conto di aver commesso un errore a baciarmi ed io non posso che leggerci dentro un sentimento confuso, non un’infatuazione, non un amore, solo uno sbaglio. Uno sbaglio perché, quella sbagliata, sono io.
A nulla è servita la preoccupazione dei miei genitori che mi hanno vista in silenzio durante tutta la cena, a nulla è servita l’apprensione di Tikki, a nulla è servito provare a non pensarci. La mia mente tornava sempre a quel momento e più lo rivivevo come qualcosa di magico, peggio mi sentivo.
C’è qualcosa in me che non è come dovrebbe essere, c’è qualcosa che avvicina le persone solo per allontanarle in un modo triste e doloroso, c’è qualcosa che non mi permette di essere felice se non da sola.
Un sospiro esce dalle mie labbra quando sento il rumore della sveglia del telefono, un chiaro segno che la mia nottata insonne sia terminata e che una giornata lunga e faticosa sia appena iniziata.
Con una lentezza disarmante, riesco ad alzarmi e dirigermi in bagno per preparami. Vestirmi sembra quasi una condanna, però riesco ugualmente ad afferrare una maglietta corta nera ed un paio di pantaloncini chiari in cotone leggero. Distrattamente mi accorgo che quella t-shirt è la stessa che indossavo la prima volta che Chat Noir si è comportato in quel modo folle. Le sue parole di ieri tornano a bussare alla mia mente dopo un record di quasi cinque minuti in cui ero riuscita ad ignorare quel fastidio.
“Non doveva succedere”
Torno in camera solamente per gettare quella stoffa in un punto indistinto della stanza ed afferrare un’altra maglietta. Questa volta, opto per qualcosa di altrettanto corto ma di colore più tenue. Non mi importa nemmeno di capire se le tonalità di ciò che indosso stiano bene accostate anche se, essendo una futura stilista, dovrebbe essere la cosa più importante nella scelta del mio outfit. Oggi, però, i ricordi di quel che è successo ieri non mi permettono nemmeno di concentrarmi due secondi.
Seduta davanti ad uno specchio, afferro il correttore e cerco di rimediare alla notte insonne ma il risultato non è dei migliori. Speravo di riuscire a mascherare le occhiaie concentrandomi sulla pettinatura ma tutto ciò che ho ottenuto è stato di risaltare quel rossore con una coda alta che, quasi per miracolo, è riuscita a recuperare anche le ciocche più corte.
Infilo alcuni quaderni nello zaino e richiamo Tikki per avviarmi all’istituto. Passando accanto a mia madre, la sento invitarmi a colazione. Vorrei tanto potermi beare di quelle delizie appena sfornate ma il mio stomaco non sembra così convinto di aver fame. Per non farla preoccupare, afferro qualcosa dal tavolo e lo lascio scivolare in un sacchetto che infilo nello zaino. Quasi dimentico i biscotti per Tikki ma appena voltato l’angolo mi ricordo di prenderli dalla cucina. Anche le normali abitudini sembrano confuse in questa giornata.
Con una lentezza degna di una qualunque lumaca, riesco ad avviarmi verso l’istituto.
Con mia sorpresa, arrivo davanti alla struttura quando ancora sembra desolata. Insegnanti e studenti non sono ancora arrivati ed io mi prendo del tempo per assaporare quell’ultimo barlume di tranquillità nella confusione che regna sovrana nella mia mente.
Quando pochi minuti più tardi la gente che passa inizia ad aumentare, i miei compagni di classe non tardano a farsi notare ed anche le loro espressioni sconvolte nel trovarmi davanti all’istituto di prima mattina. Non sono più la ritardataria di qualche anno fa ma questo non significa che io non ami dormire ed arrivare giusto qualche minuto prima del suono della campanella.
La loro sorpresa dura pochi istanti, sormontata dalla voce di Alya.
“Marinette, stai bene? Te lo devo dire, amica mia, non hai una bella cera”
È normale che lei abbia notato le occhiaie profonde che disegnano il mio volto, ciò che è strana è la sua preoccupazione. Alya più di chiunque altro sa quante notti io abbia trascorso in bianco per finire qualche compito o qualche creazione e non si è mai dimostrata così apprensiva. Probabilmente ho scritto in faccia che c’è qualcosa che mi turbi più della notte insonne. A volte mi sento in colpa per doverle nascondere continuamente parti della mia vita ma se solo lei sapesse quello che è successo con Chat Noir ieri sera, la mia esistenza verrebbe sconvolta per sempre. Non solo dovrei spiegarle il rapporto tra me e quel gatto randagio ma dovrei anche dirle perché la sua vicinanza in queste settimane mi abbia aiutata e come mi abbia spinta ad accettare di dover lasciar libero Luka. Di conseguenza, le domande su di lui non tarderebbero ed io passerei probabilmente le prossime due settimane a cercare di farle capire ogni cosa. Anche se volessi confidarmi con lei, anche se volessi davvero sfogarmi con Alya, ci sarebbe sempre una parte di me che lei non potrebbe mai conoscere, quella che riguarda Tikki, Papillon e la mia trasformazione in Ladybug.
Mentre io seguo il filo dei miei pensieri arruffati, Alya attende con pazienza una risposta da me.
“Marin…”
“Sto bene, Alya. Non ho dormito molto questa notte, non è niente”
Riesco persino ad impormi un leggero sorriso e questo sembra rassicurarla abbastanza da lasciarsi convincere dalle mie parole.
La mattina sembra trascorrere così lentamente che nemmeno seguire la lancetta dell’orologio appeso in classe sembra aiutarmi a sopportare questa agonia. Quando anche l’ultima campanella della mattina suona, un sospiro annoiato esce dalle mie labbra. Il momento peggiore della giornata è arrivato, la pausa pranzo.
Alya mi trascina alla mensa scolastica come nostro solito ed afferra due vassoi che riempie di delizie. Peccato che il mio stomaco ancora non senta la necessità di dover mangiare qualcosa e che io non abbia nessuna voglia di ingurgitare del cibo che non mi soddisfi.
Sedute al solito tavolo, circondate dal solito gruppo di amici, mi ritrovo ad osservare la finestra che lascia vedere il cielo limpido fuori dalla struttura.
“Marinette?”
Un borbottio annoiato, non riesco a dir niente di più. Forse perché non ho voglia di essere coinvolta in una conversazione infinita su qualunque sia l’argomento delle loro discussioni. Forse perché questi pensieri mi tormentano senza lasciarmi focalizzare su altro. Forse semplicemente perché, per una volta, vorrei sapere cosa lui stia facendo e perché abbia pronunciato proprio quella frase lasciandomi con questo senso di vuoto.
“Marinette, sei con noi?”
“Sì, Alya”
“Non mi sembra. È da dieci minuti che ti parlo e sono sicura che tu non abbia ascoltato una sola parola”
“Hai ragione”
“Cosa?”
Sbuffo di nuovo, forse per la millesima volta e cerco di risponderle con qualcosa di più articolato che comprenda un soggetto, un predicato e, magari, anche un complemento.
“Hai ragione, Alya. Non ho ascoltato nulla e me ne dispiace ma oggi non è la migliore delle giornate”
“Mari, vuoi dirmi cosa ti è successo?”
Come attirati da quello scambio di battute, l’attenzione di tutta la classe viene dirottato su di noi ed io inizio a non poterne più. In questa stanza non c’è privacy, in questo istituto non c’è privacy, in questa città non c’è privacy ed io, in questo momento, ne ho solo un disperato bisogno.
“Non ho dormito questa notte, tutto qui”
“Passare una notte in bianco non ti ha mai chiuso lo stomaco”
Su questo ha ragione, sono sempre stata una buona forchetta, ho sempre amato mangiare e ne ho sempre avuto un disperato bisogno, un po’ per recuperare le energie spese durante le battaglie, un po’ perché adoro sentire il sapore delle pietanze.
“Non ho fame”
“Me ne sono accorta ma non capisco perché. Cosa ti sta succedendo?”
“Niente”
“Mari, parlami. Sono la tua migliore amica”
Una stilettata al cuore probabilmente mi avrebbe ferito di meno. Ha ragione, ha dannatamente ragione ma come posso spiegargli ogni cosa senza spiegarle nulla? Che rompicapo.
Gli sguardi che ci osservano non aiutano la situazione ed io non posso che prendere tempo per trovare una bugia credibile da esporle.
“Alya, non è il momento”
Quelle parole bastano a placare il suo interesse per qualche minuto, fin quando l’attenzione dei nostri compagni non torna a rivolgersi ad altro.
Sicura di non poter essere ascoltata da nessuno, Alya si avvicina a me, in cerca di conferme che io non posso darle.
“È per lui?”
“Eh? Chi?”
“Come chi? Il biondino che non ti ha tolto gli occhi di dosso un solo istante da quando ti sei seduta”
Alya e le sue congetture. Dovrebbe diventare un libro, sicuramente avrebbe successo.
“Alya, ti prego”
“Dai, Marinette, non puoi essere così cieca da non essertene accorta”
“Non mi interessa”
“Non è vero e lo sai anche tu”
Un sospiro lascia le sue labbra mentre cerco di ricordare quando il nostro rapporto sia peggiorato tanto.
“Mari…”
“Non mi interessa che lui mi guardi o meno, va bene? Se adesso si alzasse e venisse da me a dirmi che mi ama non mi importerebbe”
I miei occhi tornano a specchiarsi in quel polpettone informe nel mio piatto.
“Mi ha fatta stare troppo male, Alya. Te lo chiedo per favore, smettila di parlarmi di lui”
“Ma Mari…”
“Niente ma”
“Ma sta venendo proprio qui, adesso”
Il mio sguardo si alza dal tavolo e segue quello della mia amica che osserva Adrien avvicinarsi. Per un breve istante, il mio cervello pensa che davvero lui possa volermi dire che mi ama, proprio come quello che ho appena detto ad Alya ma quando lo vedo fermarsi davanti a me con un sorriso finto, il mio cervello non regge. Mi alzo di scatto, lasciando entrambi confusi e mi avvio con il vassoio verso l’uscita della mensa. Non ho bisogno delle sue frasi strane, dei suoi comportamenti ambigui o che dia modo ai nostri più cari amici di crearsi aspettative ancora più grandi di quelle che già hanno. Soprattutto, non è lui il biondino dagli occhi verdi con il quale vorrei parlare. Il rumore dei miei passi mi avvolge oltre la porta che lascia libero accesso alle strutture scolastiche. Quando, però, raggiungo le scale verso il primo piano, a quello si aggiunge un secondo suono, altri due piedi che sembrano seguirmi. Convinta che Alya mi stia ormai perseguitando, mi fermo cercando un tono duro che non sembri follemente arrabbiato.
“Alya, smettila di seguirmi, ti ho detto che non mi interessa cosa faccia o dica”
Il silenzio mi avvolge ma quei passi tornano a riempire lo spazio attorno a me ed io non ho più la voglia o la forza di sembrare calma.
“Per favore, vattene”
Mi volto arrabbiata, quasi come se volessi vomitarle addosso tutto ciò che nell’ultimo periodo mi ha ferita.
“Per la millesima volta, Alya, devi smettere di crearti questi castelli in aria! Io e Adr…”
Le parole mi muoiono in gola, sorpresa di non trovare la mia migliore ed impicciona amica alle spalle ma il biondino che mi sta causando problemi seri nel dimenticarmi di lui.
“Cosa stavi dicendo?”
Mi si forma un groppo in gola che non mi permette di rispondergli. Non potrei mai gestire una situazione del genere, nemmeno se non fossi reduce da una nottata insonne ed un processo di autodistruzione del mio ego.
“Marinette?”
“Niente”
“Mari…”
“Se vuoi saperlo, chiedilo al tuo migliore amico. Già che ci sei, fammi un favore e digli di smetterla con queste stupidaggini e di convincere anche la sua ragazza”
Mi volto nuovamente per avviarmi non so nemmeno io bene dove ma in un qualche posto dove poter passare la pausa pranzo da sola con i miei pensieri, o i miei tormenti.
“Mari…”
La sua voce mi blocca nuovamente, costringendomi a raccogliere la poca pazienza rimasta. Il silenzio ci avvolge, fin quando un flebile sussurro non arriva alle mie orecchie, qualcosa di incomprensibile, solamente parole bisbigliate appena che mi porta a voltarmi verso il mio interlocutore.
Quando però i miei occhi lo sfiorano, lo vedo voltarsi e lasciarmi da sola, in cerca di una qualche spiegazione che so non arriverà mai.
Sbuffo per la centesima volta da quando mi sono alzata questa mattina e riprendo la mia corsa verso un luogo più tranquillo. Non riuscirò mai a capire quel ragazzo, non riuscirò mai a scoprire cosa passi per la sua testa.

Chiunque abbia detto che il Miraculous della Coccinella rappresenti la Fortuna, non ha tenuto in conto la sorte che mi perseguita. Questo lunedì, non potrebbe essere più terribile, nemmeno se mi sforzarsi di immaginare qualcosa di peggio che avere la mente concentrata unicamente su Chat Noir, su quel bacio, sulle sue parole, sul mio sentirmi inadeguata e sbagliata in ogni relazione umana e ritrovarmi accanto la causa dei miei pensieri. Se non indossassi questa meravigliosa maschera rossa, non credo avrei il coraggio di rivolgergli la parola, anche se si trattasse solamente di vagliare un piano d’azione che è ciò che stiamo facendo mentre aspettiamo un nuovo attacco da un nemico che, a quanto pare, adora api, vespe, farfalle, falene ed ogni insetto o simile che possiede un paio di ali.
“Coccinellina, sicura di star bene?”
“Sì, concentrati sul piano”
“Va bene”
Il suo tono sommesso mi fa capire quanto possa essere stata dura con lui ma, in questo momento, con tutto quello che mi preoccupa, questo è l’ultimo pensiero che riesce ad infiltrarsi nella mia mente.
La ragazza dalle ali splendenti torna a parlare con i suoi sottoposti, lanciando un attacco che ci avvolge in una nube scura.
Api e vespe ci circondano creando un vortice che ci separa dal mondo esterno. Tutto si tinge di nero con solo pochi spruzzi di sole e la mia vista diventa un senso quasi inutilizzabile. Il piano che avevamo escogitato sfuma nelle tenebre che ci avvolgono mentre la mia mente cerca una soluzione ma se i miei occhi non riescono a riconoscere niente in questa oscurità, il mio cervello non riesce a pensare a nulla. Nonostante la situazione, ancora rivedo la scena di ieri sera, proprio non riesco a dimenticarla.
Un attimo di distrazione ed un ronzio mi avvolge. Centinaia di api e vespe dal manto dorato iniziano a scagliarsi su di me. Per quanto io provi ad allontanarle o a schivare i loro colpi, molti di questi attacchi riescono a raggiungermi, lasciandomi con un fastidioso senso di dolore generale. I miei occhi non riescono ad abituarsi a quel buio quasi assoluto e la situazione peggiora quando mi rendo conto che Chat Noir non si trovi più al mio fianco. Quando quei piccoli mostri dorati hanno iniziato a rinchiudermi in questo bozzolo, devono averci separati irrimediabilmente. Forse sarebbe più semplice se lui fosse al mio fianco o, forse, i miei pensieri sarebbero solo più confusi di quanto non siano già.
Mentre tento di prevedere quanti più colpi possibile, mi rendo conto di sentirmi terribilmente stanca e dolorante. I miei passi diventano sempre più lenti, affaticati mentre quelle creature non si allontanano un secondo dal mio corpo. Riesco a percepire le loro ali sfiorarmi, il loro ronzio nelle orecchie ma nulla di più. Bastano pochi minuti per ritrovarmi in ginocchio sull’asfalto nero e ancor meno per capire quanto la situazione sia grave. Quando anche la mia testa sembra andar incontro alla superficie ruvida sotto al miei piedi, il buio che mi avvolgeva svanisce improvvisamente. Le tenebre lasciano i miei occhi ed io torno a bearmi del sole caldo. Per quanto, però, possa sentirmi sollevata, non riesco a capire il motivo di quel cambiamento se non dopo qualche istante. Il mio sguardo ritrova Chat Noir intento ad osservarmi con un contenitore tra le mani, dove probabilmente ha intrappolato l’akuma nemica. La mia testa inizia a vorticare improvvisamente, quasi sconvolta da tutta questa situazione o forse da qualcosa che ancora non mi è chiaro. Con molta fatica, raggiungo il mio compagno, liberando l’akuma dal potere malvagio di Papillon.
Mi accorgo distrattamente di essere finita, non so come, tra le braccia di Chat Noir che mi guarda preoccupato e sempre più arrabbiato. Impiego qualche minuto a rendermi conto del suo sguardo, intento ad osservare il mio costume. Quando anche i miei occhi raggiungono la mia tuta, la trovo piena di tagli e graffi ovunque. La superficie coperta dal tessuto magico è ridotto a brandelli, tanto basta per nascondere la mia identità ma non per evitare che il mio corpo si ricopra ti ferite più o meno profonde. Sono quasi sicura che alcune avranno bisogno di più di qualche giorno per guarire, altre probabilmente in poche ore riusciranno a svanire grazie al potere di Tikki e della pomata del Maestro Fu. Quello che mi preoccupa maggiormente è, però, la creatura che ho lasciato si ferisse assieme a me. Che io mi ferisca è quasi un’abitudine vista la mia sbadataggine ma che lei stia male mi fa soffrire più di qualunque taglio.
La preoccupazione per Tikki mi rende folle, quasi pronta a trasformarmi davanti a tutta la città pur di capire come stia lei. In questo momento, se non avessi Chat Noir a ricordarmi di non fare cose avventate, sarei finita tra le grinfie di Papillon come una stupida.
Per quanto, però, io sia grata al mio collega per avermi salvata, non posso non pensare che, in fondo, sia colpa sua se mi ritrovo in queste condizioni. Riemergendo da questi pensieri del tutto fuori luogo, lascio che Chat Noir mi riporti con i piedi per terra, dove lo guardo un’ultima volta prima di accennare un saluto poco convinto e barcollare in direzione di casa.
Una voce mi raggiunge, ovattata e leggera.
“Lascia che ti aiuti”
Per quanto io non possa permettere a Chat Noir di scoprire la mia identità, so anche di non avere le forze necessarie per camminare ancora per molto. Affranta, debole e preoccupata per mille cose e forse anche più, mi convinco a lasciarmi aiutare dal mio compagno che mi affianca velocemente.
I suoi occhi tornano a specchiarsi nei miei ed in quel verde profondo ritrovo una persona terribilmente preoccupata. Sposta lo sguardo dal mio volto alla tuta che indosso un paio di volte prima di sospirare. Lo vedo piegarsi leggermente e prendermi in braccio con quell’aria scura che gli dipinge il volto.
“Chat...”
“Ti porto in un posto sicuro”
Le sue mani stringono il mio corpo, regalandomi un po’ di pace ed un senso di sicurezza che non credevo di poter sentire nuovamente in sua presenza.
Mentre Chat Noir salta da un tetto all’altro senza il minimo sforzo, la mia mente riprende a vagare tra ricordi e pensieri e nessuno di questi mi aiuta a far chiarezza dentro di me.
Da una parte, non provo che rabbia per questo gatto nero, sentimento che non riesco a reprimere, per quanto io possa sforzarmi. Quello che è successo tra noi, tra Chat Noir e Marinette, ha lasciato un segno profondo in me, una confusione incredibile ed una sofferenza che non sapevo di poter provare di nuovo, non dopo essere stata così male per Adrien. Ancora non capisco come abbia potuto baciarmi per poi dirmi che non sarebbe dovuto succedere, ancora non capisco il comportamento strano che nell’ultimo periodo lo ha stravolto quando vedeva Marinette, ancora non capisco con precisione io cosa abbia provato con le sue labbra sulle mie o perché quel gesto mi sia sembrato dannatamente perfetto, come se fosse l’unica cosa giusta in un mare di confusione.
Dall’altra parte, Chat Noir si è sempre comportato da gentiluomo con Ladybug e più volte mi sono trovata a pensare a come gli avrei affidato la mia stessa vita, sicura che lui mi avrebbe sempre protetta, a qualunque costo e, in effetti, è sempre stato così. Non ha mai esitato, arrivando a sacrificarsi per me, per salvare Parigi e gli akumizzati. Più volte mi ha protetta, mi ha salvata, esattamente come sta facendo adesso, cercando un posto sicuro in cui poterci riprendere da questo scontro.
Queste due parti di me, però, non riescono a trovare pace, continuando a scontrarsi dentro di me. Rabbia e gratitudine, dolore e tranquillità, nulla ha senso eppure tutto trova un equilibrio in una lotta feroce. Senza nemmeno accorgermene, le mie braccia scivolano sul suo collo, stringendolo a me. Nel silenzio della notte, con il vento che ci avvolge durante questa nostra corsa, un pianto silenzioso si libera dai miei occhi. Calde lacrime scivolano sui tetti di Parigi, ricordandomi quanto una persona possa rendermi felice e schiacciarmi completamente.
La mia mente, debole, fragile e confusa, non riesce a non pensare che, se solo lui sapesse chi sono realmente, forse capirebbe la confusione che in questo momento regna dentro di me ma questo non potrà mai accadere, mai.
La mia testa si rende leggera, quasi avvolta dalle nubi che sembrano adombrarla. Vedo distrattamente Chat Noir lasciarmi su di un letto e poi il buio, il buio profondo.

Quando riapro gli occhi, mi rendo conto velocemente di essere tornata la ragazzina spaesata dal mondo che la circonda ed avere lasciato i panni da eroina di Parigi.
“Tikki...”
Il mio primo pensiero va al mio dolce Kwami, a quella creaturina che so di aver ferito, di nuovo, come purtroppo continua a succedere sempre più spesso.
“Ladybug... Ti sei svegliata”
La voce di Tikki mi raggiunge anche se ovattata. Mi alzo dal letto ed un capogiro mi coglie impreparata, costringendomi a tornare sdraiata. La sua figura rossa e nera mi raggiunge lentamente, stanca per lo sforzo fatto durante l’ultima battaglia. Osservo attentamente il suo corpo e, per quanto mi sforzi di trovare qualche segno della mia ultima lotta, la trovo perfettamente sana, come se non avessi mai subito certe ferite. Tentando di capire come sia possibile, o se semplicemente io abbia sognato quella battaglia furiosa, rivolgo la mia attenzione al mio corpo. I miei vestiti sono completamente a brandelli, tanto che chiunque si preoccuperebbe per me vedendomi in quelle condizioni. Tra gli strati di tessuto, il mio corpo appare segnato da tagli ovunque. Solo alcune ferite sembrano ancora pronte a sanguinare ma, per lo più, si tratta di qualcosa di superficiale che guarirà in breve tempo.
“Stai bene?”
Nonostante sia io quella in condizioni peggiori, la mia preoccupazione non può che essere rivolta a lei.
“Non preoccuparti, non mi sono ferita in modo grave questa volta”
Sospiro, un po’ per il sollievo datomi dalle sue parole, un po’ per il fastidio che provo nel sapere che lei sia costantemente in pericolo a causa mia e della mia confusione.
“Mi dispiace, Tikki”
La vedo scuotere la testa e regalarmi un dolce sorriso, come sempre. Non potrei mai ringraziarla abbastanza per tutto ciò che è costretta a sopportare per rimanere al mio fianco.
“Ladybug?”
Una voce molto famigliare mi raggiunge, creando in me il panico più profondo.
“Chat Noir?”
Solo adesso mi rendo conto di come Tikki abbia evitato di chiamarmi per nome al mio risveglio. Osservando meglio la stanza, riesco a notare piccoli dettagli che prima non avevo visto. Quello spazio, quelle pareti, quella struttura io le conosco molto bene. Accanto al mio letto, una tenda bianca in tessuto divide la camera, isolandomi da qualunque cosa si trovi nella metà a me oscurata. Mentre osservo quelle pareti ed i mobili che la adornano, una figura scura inizia a muoversi, rivelandomi la posizione del mio compagno. Seduto a terra, lo vedo alzarsi lentamente e raggiungere un secondo letto, a me nascosto. Nonostante la tenda ci separi, l’ansia di trovarmi nei panni di Marinette con lui vicino non riesce ad abbandonarmi.
I miei occhi tornano su Tikki, cercando di non osservare per troppo tempo la figura del mio compagno di battaglie. In questo momento, il fatto che lui mi abbia salvata, che lui abbia sconfitto il nemico o tutto ciò che ha fatto per me in questi anni, spariscono velocemente, lasciando posto solamente ai ricordi dell’ultima volta che l’ho visto, dell’ultima volta in cui ho provato a curare le sue ferite, dell’ultima volta in cui mi ha parlato, aprendo una voragine dentro di me con quella sua frase stupida. Tutti i dubbi degli ultimi giorni tornano ad affacciarsi nella mia mente.
“Ladybug, stai male?”
La voce di Tikki riporta la mia attenzione su di lei che, intenta ad osservarmi, cerca di sorridere della mia espressione addolorata.
“Non ti preoccupare, non è… Niente”
Mi occorre molta forza per pronunciare quelle parole, quando invece vorrei solamente lasciarmi sopraffare da tutta questa serie di sensazioni poco positive.
Tikki si avvicina al mio volto ed asciuga qualche lacrima che non mi ero nemmeno accorta di aver lasciato evadere dai miei occhi. Questa situazione è davvero incredibile. Mai mi sarei aspettata di poter piangere così tanto in così poco tempo e mai avrei pensato che sarebbe stato per colpa di Chat Noir.
“Non piangere, si sistemerà tutto”
È solo un sussurro, parole che si perdono nel vento e che spero non arrivino alle orecchie del supereroe di Parigi. Non saprei cosa inventarmi per spiegare il perché io stia piangendo per colpa sua senza che lui riesca a capire il perché dovrebbe esserne il motivo principale.
“Ladybug? Come ti senti?”
Vedo Tikki asciugarmi un’altra lacrima e la sua espressione basta per costringermi ad osservare il soffitto cercando di impedirmi di piangere ancora. Devo essere forte, lo devo a Tikki che, nonostante non sia perfettamente in forma, continua ad interessarsi solo a me, devo essere forte per Chat Noir che è preoccupato per Ladybug e devo essere forte per Marinette, perché non si merita di soffrire ancora per un semplice ragazzo.
Sospiro profondamente mentre un pensiero si insinua nella mia mente. Chat Noir non è un semplice ragazzo, non lo è mai stato e mai lo sarà.
“Sto bene”
So di star mentendo alla persona che forse mi conosce meglio di chiunque altro ma spero davvero che non voglia indagare oltre. Ho bisogno che mi creda o, per lo meno, che finga di credermi. Ho bisogno di tempo.
“Lady…”
“Grazie per avermi portata al sicuro”
“Non avrei mai potuto lasciarti in un momento simile”
Il silenzio torna ad avvolgerci mentre in me un nuovo dubbio sorge.
“Perché mi hai portata proprio all’istituto Dupont?”
“Eh? Ah, e-ecco io…”
Sembra rifletterci un attimo, tempo che mi basta per capire che deve esserci un motivo che non può dirmi.
“Non potevo portarti in ospedale ed ho pensato che ormai non ci fosse più nessuno qui”
L’infermeria della scuola è sempre l’ultima ala a chiudere poiché se qualcuno dovesse farsi male, la struttura non potrebbe permettersi di non aiutare gli studenti. Ne andrebbe del prestigio dell’istituto. Per questo sono un po’ sorpresa. Pensavo che gli ultimi corsi terminassero nel tardo pomeriggio ma, a quanto pare, non c’è più nessuno all’interno della scuola. Il silenzio regna sovrano in queste mura.
“A questo proposito. Hai bisogno di cure”
Un’ultima occhiata ai numerosi tagli che la mia pelle presenta, mi costringono ad ammettere che abbia ragione. Ho bisogno di arrivare a casa e lasciare che la pomata del Maestro mi aiuti, di nuovo.
La mano guantata di Chat Noir si infiltra oltre la tenda che ci separa. La vedo posare sul comodino accanto a me la confezione contenente la crema e ritirarsi.
“Grazie”
Afferro il barattolo ma prima di iniziare a spalmare la composizione dai poteri curativi su tutto il mio corpo, un pensiero mi avvolge.
“Posso chiederti un’ultima cosa?”
“Tutto ciò che vuoi”
Un sorriso dolce mi sfiora le labbra. Chat Noir sarà sempre Chat Noir. Quando io avrò bisogno di lui, sono sicura che lo vedrò correre in mio aiuto.
“Potresti uscire?”
“Come?”
Un rossore generale mi coglie, forse impreparata alla sua confusione.
“B-beh io dovrei s-spogliarmi e…”
“Ah! S-sì, certo, subito!”
La sua figura si alza velocemente, raggiungendo la porta in due falcate. Il cigolio della porta si ferma e la sua voce torna a farsi sentire.
“Rimango qui fuori”
“S-sì. Grazie”
La porta si richiude dietro di lui ed io finalmente sono libera di rimanere in intimo ed osservarmi allo specchio dell’infermeria che si trova dalla parte della stanza che occupava Chat Noir.
Il riflesso mi rimanda un corpo messo forse peggio di quanto potesse sembrarmi prima. Afferro velocemente la pomata ed avvolgo il mio corpo con uno strato abbondante di crema. Alcuni lividi, i più piccoli e superficiali, lasciano presto posto a macchie di un rosa leggero mentre quelle più profonde tentano di rimarginarsi ma so bene che una volta tornata a casa avrò bisogno di cerotti e bende.
Una volta terminato, richiudo la confezione ed osservo i miei vestiti. Non si potrebbero nemmeno definire in questo modo, in realtà, quanto l’insieme di tessuti colorati informi e strappati in più punti.
“Come faccio a tornare a casa adesso?”
“Marinette, forse ho io la soluzione”
Tikki mi guarda speranzosa indicandomi qualcosa che non avevo nemmeno considerato.
Afferro il camice dell’infermiera e lo indosso senza pensarci troppo. Non posso permettermi di aspettare qualcosa di più comodo o bello. In fondo, devo solo riuscire ad arrivare a casa. Accanto al lettino, trovo anche un rotolo di carta che solitamente l’infermiera utilizza per ricoprirne la superficie. Strappo vari strati e, trafficando con forbici e una sottomarca di colla, riesco a ricavarne una maschera che copre quanto più possibile il mio volto. Allo stesso modo dò vita ad una bandana che nasconde perfettamente i miei capelli. Allo specchio, sembro appena uscita da una festa in maschera ed è l’unica consolazione che posso permettermi.
Dopo aver finito di sistemare al meglio tutto ciò che può aiutare a nascondermi, respiro profondamente un paio di volte, in cerca della forza di affrontare Chat Noir con la determinazione che dovrebbe avere Ladybug e non con la sofferenza che caratterizza Marinette.
Afferro la pomata del mio compagno ed una busta di plastica in cui racchiudo i miei vestiti fatti a pezzi. Quando apro la porta, ritrovo Chat Noir appoggiato di schiena al muro accanto a me.
Appena si accorge che sto uscendo dalla stanza, il panico sembra attraversarlo. Lo vedo voltarsi velocemente, probabilmente diviso tra il desiderio di vedermi senza maschera ed il rispetto per le mie scelte.
“Chat Noir, voltati”
“Ladybug, se lo faccio vedrò chi sei”
“Non ti preoccupare”
Si gratta la testa nervosamente prima di sbuffare e voltarsi verso di me, lentamente.
Quando i suoi occhi incontrano i miei, la situazione diventa quasi tragicomica e, non riuscendo a trattenersi, lo vedo scoppiare in una risata profonda.
Tikki esce dal suo nascondiglio per osservare la situazione. Le risate di Chat Noir la coinvolgono sempre più e mentre io prendo a somigliare sempre più ad un bel pomodoro maturo, i loro volti vengono percorsi da qualche lacrima.
“Volete smetterla? Non avevo molta scelta!”
“Scusa”
Guardo Tikki sbuffando ma tutto ciò che riesco a fare e sorriderle teneramente. Sono contenta che non si sia fatta troppo male e che possa trovare divertente anche una situazione simile.
“Ladybug, sembri il personaggio di un videogioco!”
Alzo gli occhi al cielo, ignorando la battuta sciocca di quel gatto e mi avvicino a lui, porgendogli la pomata.
“Grazie, micetto”
Un piccolo sorriso mi sfiora ma viene subito smorzato dai soliti mille pensieri.
“Ladybug?”
I miei occhi tornano nei suoi, dove trovano un terreno indeciso. Non credevo che Chat Noir avrebbe mai potuto mostrare dubbi nei suoi gesti eppure eccolo qui, davanti a me, con quello sguardo perso.
La sua mano destra torna a scompigliare quella chioma bionda mentre io mi perdo in quel comportamento involontario. I suoi occhi si posano ovunque, tranne che su di me. Solo dopo qualche secondo riesce a tornare a guardarmi intensamente. In quel verde profondo non trovo il solito giocherellone e buffone ma qualcuno che sembra avere un bisogno smisurato di un confronto serio.
“Ladybug, capisco di non poter sapere niente della tua vita perché potrei scoprire chi tu sia ma…”
Il suo sguardo si tinge sempre più di determinazione mista a preoccupazione. In quel verde, vedo solo una grande distesa di confusione ma, in quella stessa agitazione, trovo qualcosa di molto simile alla calma più profonda.
“So cosa stai passando. O meglio, so che se in questo momento sei vestita in questo modo, è solo perché hai dei problemi che ti affliggono impedendoti di pensare lucidamente”
Il suo sguardo torna ad osservare il pavimento di fronte a sé.
“So cosa significa. Non è divertente doversi nascondere per non far preoccupare gli altri e, sinceramente, quando ho visto Plagg soffrire… Non credevo che lui potesse ferirsi a causa mia, non avrei mai voluto che succedesse”
I suoi occhi tornano nei miei mentre sento qualcosa premere alla bocca dello stomaco. Mi ero sbagliata. Quando pensavo che lui non avesse rispetto per la sua salute o per quella di Plagg, mi ero completamente sbagliata. La persona che ho davanti non è un ragazzo pronto a tutto pur di correre tra i tetti della città, quanto un ragazzo dolce e premuroso che tenta solamente di affrontare questa situazione come sto facendo io. Nella mia mente non so quante volte l’ho accusato di non prestare troppa attenzione alla sua condizione o a quella di Plagg. La verità è che io non conosco nulla del suo rapporto con il Kwami della Distruzione e solo adesso mi rendo conto di quanto lui si preoccupi per quella creaturina millenaria, così come io penso sempre a Tikki.
La preoccupazione nei suoi occhi, però, sembra lasciar posto ad un debole ma sincero sorriso.
“Solo noi sappiamo cosa significhi affrontare queste situazioni. Se tu… Se avessi bisogno di parlare con qualcuno, di sfogarti o anche solamente di passare del tempo tra battute stupide e qualche risata, sappi che io sarò sempre qui per te”
Un singhiozzo esce dalle mie labbra e nemmeno provo a fermarlo. Le lacrime iniziano a bagnare la mia maschera improvvisata mentre io mi lascio andare raggiungendo le sue braccia.
Un misto di emozioni vivono in me, felicità, tristezza, mille pensieri e forse anche di più, il desiderio di dirgli quanto male mi abbia fatto e quanto invece mi sia stato di aiuto finora.
Qui, tra le sue braccia, avvolta dal suo profumo, dal suo calore e dal suo affetto, non riesco a fermare quel pianto che sembravo tenere chiuso dentro di me da troppo tempo. Solo un ringraziamento, biascicato tra un singhiozzo e l’altro, riesce ad uscire dalla mia bocca mentre lo sento stringermi più forte a sé.

***

Buon pomeriggio a tutti!! Ammetto di aver amato ogni parte di questo capitolo e di averla odiata profondamente allo stesso tempo ^^'
Voi cosa ne pensate? Cosa sarà successo a Chat Noir in questi giorni? Perché dopo il tanto tanto tanto atteso e benedetto bacio le ha lasciato quella frase davvero infelice? Fatemelo sapere nei commenti, sono molto curiosa ❤️
Come sempre grazie a tutti peraver letto la mia storia e per continuare ad aspettare i miei nuovi capitoli ❤️ A presto!
miss_MZ93

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Capitolo 22
*** Capitolo 22 ***


Caldo, tremendo caldo, quasi soffocante. Se mi avessero detto che i corsi extra scolastici avrebbero portato la classe intera a soffocare in questa aula agli inizi di luglio, non ci avrei mai creduto. Per quanto la struttura del Dupont sia recente e dotata di ogni confort, sembra che il servizio di manutenzione abbia tardato di qualche anno, rendendo pericolanti i condizionatori che, con l’enorme fortuna che mi circonda in questo periodo, hanno deciso di smettere di funzionare proprio nel periodo peggiore.
Ovviamente Chloè non ha perso tempo, inventandosi un impegno urgente a New York con la madre che la terra lontana da Parigi per l’intera durata del corso. A volte mi chiedo come faccia ad ottenere sempre tutto ciò che desidera. In fondo, anche il potere di suo padre, il sindaco della città, non può essere illimitato, eppure lei riesce sempre ad evitare le riunioni di classe oltre orario perché il padre desidera averla con sé a casa prima delle 19, i compiti più noiosi li affida completamente ed esclusivamente a Sabrina ed i corsi extra scolastici per i crediti che influiranno sul voto di fine anno passano in secondo piano rispetto a qualche evento imperdibile.
“Vorrei essere al posto di Chloè”
Quella frase, scappata dalle mie labbra, porta metà della classe a voltarsi verso di me, nemmeno avessi urlato un qualche insulto.
“Come scusa?!”
La voce di Alya riporta il pensiero di tutti i presenti. Mi rendo conto di quanto possa essere strana questa situazione ma quest’anno, o meglio il caldo di questa estate, davvero non riesco a sopportarlo.
“Sì starà godendo l’estate in una piscina privata che avrà fatto istallare direttamente in camera sua. Sicuramente non sta soffrendo questo caldo soffocante”
Alya e Nino continuano a guardarmi, come se mi fosse spuntata una seconda testa.
“Davvero non capisco perché ti sei vestita così. È tutta la mattina che ti lamenti del caldo quando sarebbe bastato indossare qualcosa di più leggero”
Alzo gli occhi al cielo, sbuffando leggermente. So benissimo quanto Alya abbia ragione ma cosa potrei risponderle? “Sai ho il corpo pieno di ferite e graffi più o meno profondi dopo aver lottato con uno sciame di insetti volanti come Ladybug”? No, non credo sia il caso però è proprio questo il motivo che mi ha spinta ad indossare un pantalone lungo ed una maglia coprente. Per di più, ho dovuto scegliere dei colori scuri per paura che alcune fasciature si macchiassero di sangue e mi sporcassero. Tikki avrà passato almeno mezz’ora a tentare di convincermi a rimanere a casa ma non ho voluto dare questa soddisfazione a Papillon. So di sembrare stupida ma interrompere la mia quotidianità a causa sua sta cominciando ad essere un peso. Più combatto, più mi ferisco, più tempo della mia vita spreco nel non far preoccupare nessuno. Sono stanca di tutto questo, vorrei solamente essere una ragazza normale, con una vita normale ed un amore normale ma non mi è concesso nulla di tutto ciò.
Ritrovo gli occhi di Alya fissi nei miei, in attesa di una qualche risposta.
“Non mi sembrava così caldo questa mattina”
La verità è che, appena finito di vestirmi, ho iniziato a sudare e la cosa non mi è piaciuta per niente ma ormai ero decisa a non perdermi un solo giorno di più e coprirmi era l’unico modo per poter uscire di casa.
Alya si porta una mano a massaggiarsi la fronte sicuramente esasperata dal mio comportamento sempre più strano. In questo momento per fortuna la professoressa ci richiama, pregandoci di fare attenzione ai prossimi passaggi della sua lezione. Alya e Nino si voltano versano l’insegnante mente il suo sguardo verde rimane fisso su di me qualche altro momento. Gli occhi di Adrien sembrano scrutarmi con attenzione con un cipiglio quasi preoccupato e turbato. Capisco di essermi vestita in modo strano ma il suo sguardo non sembra interessato ai miei abiti quanto al mio volto. Quando i suoi occhi incontrano i miei, bastano pochi istanti per vederlo voltarsi verso Nino, come scottato dall’azzurro delle mie iridi. Velocemente riporta il suo volto verso l’insegnante ma sembra assente, quasi come se si fosse imposto di osservare di fronte a sé mentre vorrebbe far altro.
Qualcosa, dentro di me, prende vita, un’idea, un’illusione, per meglio dire, qualcosa che non potrebbe mai corrispondere a realtà ma che la mia mente continua a ripropormi da qualche settimana.
Gli occhi di Adrien, quei suoi capelli biondi mi ricordano terribilmente una persona. Non è però solamente questo a continuare a farmi pensare a quella somiglianza ma soprattutto il suo modo di comportarsi, il suo sguardo su di me, il suo volersi nascondere o voler fuggire dalla mia persona e soprattutto le sue spalle mentre cerca di ignorarmi. C’è qualcosa in tutta questa situazione che mi urta molto, riportandomi il modello vestito di nero, con orecchie e coda a rifinire il tutto.
Un tocco leggero mi sveglia da quell’immagine terrificante ed io mi impongo di scrollarmi certi pensieri di dosso prima di farci affidamento più del dovuto.
Alya punta il suo sguardo su di me ed io sono costretta a voltarmi verso di lei. Sul suo volto, trovo l’espressione più comunicativa che io abbia mai visto. Se potesse parlare, quel sorriso malizioso direbbe solamente “Ho visto come vi guardate, mia cara amica. Non puoi negare che ci sia qualcosa tra voi”.
Maledicendo me, Alya, Adrien e tutta quella situazione, riprendo a seguire le lezioni ma non prestare ascolto alla mia migliore amica è un’impresa quasi impossibile. Sembra che il suo passatempo preferito sia diventato tormentarmi, tanto che, oltre alle occhiate maliziose, inizia a farmi avere pezzi di carta con scritto ciò che con lo sguardo pensa di non riuscire a farmi capire. Un biglietto, due, tre, quattro, cinque, alla fine mi ritrovo con più fogli strappati e scarabocchiati che con appunti precisi e meticolosi. Questa situazione inizia ad irritarmi parecchio ed alla fine mi trovo a lanciare un’occhiataccia ad Alya, qualcosa che spero lei recepisce come un invito poco gentile a smettere di fare la bambina. La mia amica alza le spalle e torna ad interessarsi agli ultimi dieci minuti di lezione, ignorando completamente me e la mia ira. Torno ad osservare il campo di battaglia che è la mia parte di aula e ritrovo gli occhi di Adrien nuovamente su di me.
“Smettila di fissarmi”
Le mie labbra si muovono da sole, mimando quelle parole in modo che solo lui riesca a capire cosa voglio dirgli. Inutile dire che c’è qualcuno che non si è perso nemmeno un istante di quella conversazione muta. I miei occhi tornano a incendiare Alya che si volta verso le vetrate della struttura velocemente.
Sbuffo pesantemente, nascondendo il mio volto tra le mani. Sono davvero esausta. Ho passato un’altra notte quasi in bianco con alcune ferite che continuavano ad aprirsi ed il pensiero di Chat Noir non mi ha aiutata affatto. Mi sono divisa tra l’essere profondamente arrabbiata, delusa e sofferente verso di lui come Marinette e profondamente riconoscente e sognante nei panni di Ladybug. Strano come possano cambiare le situazioni nel giro di pochi giorni. Fino a qualche tempo fa avrei potuto giurare di sentirmi quasi irritata dal continuo proporsi di Chat Noir a Ladybug, mentre sotto le spoglie di Marinette lo vedevo più rilassato, divertente e tranquillo e tutto ciò mi piaceva. Chissà come siamo arrivati a questo punto.
Mi lascio andare sul bancone davanti a me, sbattendo leggermente la fronte sulla superficie fredda e dura. La freschezza di quel contatto quasi mi rilassa, finalmente vinta da qualcosa che non sia il sudore continuo. Il tutto dura al massimo qualche minuto poiché dopo aver sentito la campanella risuonare, una mano decisa sfiora la mia spalla ricordandomi della pausa pranzo.
Con un gesto della mano, veloce e superficiale, chiedo ad Alya di avviarsi in sala mensa lasciandomi un po’ da sola. Il rumore del chiacchierio dei miei compagni diventa sempre più un leggero fruscio, fino a svanire totalmente. I miei pensieri iniziano a schiarirsi, eliminando preoccupazioni quasi superflue come le occhiate di Adrien e l’insistenza di Alya per riportarmi alla mente cose più urgenti come il mio comportamento con Chat Noir.
È evidente che io, in quanto Ladybug, non possa ignorarlo ma come farò a guardarlo in faccia d’ora in poi sapendo di avere una parte di me che è a dir poco furiosa nei suoi confronti? Ieri per poco non finivo a fette per la confusione ed anche mentre mi abbracciava, la mia parte civile avrebbe voluto prenderlo a schiaffi con molto piacere.
“Mi farai impazzire, Chat”
Sospiro con ancora la fronte seppellita sul bancone dell’istituto e gli occhi chiusi, immersa nel mio mondo. Quello che non avevo tenuto in conto, però, era di non essere completamente sola in quella stanza.
“Chi è che ti farà impazzire?”
“Maledizione”
Tra tutti i posti in cui poteva trovarsi in questo momento, ha deciso di rimanere in classe. Tra tutti i compagni che avrei potuto trovare al mio fianco, proprio lui. Tra tutte le cose che avrei potuto lasciarmi scappare, proprio quella frase.
Dopo tanta sfortuna, il kharma mi deve qualcosa di eccezionale. Lo pretendo.
Cerco di ignorare la sua domanda, continuando ad osservare la superficie in legno davanti a me come se fosse terribilmente affascinante.
“Marinette?”
Un sospiro esce dalle mie labbra mentre mi rendo conto di quanto sia stupido sperare che lui semplicemente se ne vada come se non avessi mai detto nulla.
Lentamente, riporto lo sguardo sulla classe, trovando il volto di Adrien terribilmente vicino al mio. I miei occhi si perdono nei suoi ed in quella espressione compiaciuta e soddisfatta che poche volte sono riuscita a vedergli. Qualcosa, però, torna a bussare alla mia mente, ricordandomi una scena molto simile, quasi identica, se non fosse per il fatto che mi trovavo sulla mia terrazza, che ero vestita in modo diverso, che mi trovavo ad osservare il tramonto su Parigi e che non era stato un modello ad avvicinarsi così tanto a me ma un supereroe. Un supereroe irritante e pieno di sé che poco dopo mi aveva lasciata immergere in una delle sensazioni più profonde della mia vita per poi scaraventarmi in una colata di acqua gelida, come se mi trovassi al Polo Nord. Il ricordo di quel bacio continua a scottare dentro di me ed io mi ritrovo ad abbassare lo sguardo, assumendo sicuramente un’espressione triste che non sfugge allo sguardo verde che non mi ha abbandonata un solo istante.
Il silenzio ci avvolge per qualche minuto, fin quando non torno a sdraiarmi sul bancone, allungando le braccia davanti a me. Con le mani penzoloni oltre il bordo della struttura, mi rendo velocemente conto di aver commesso un errore che non mi posso permettere. Quando riprendo una posizione più consona alla situazione, il danno ormai è fatto. La mano di Adrien afferra con decisione il mio braccio, portandolo più vicino ai suoi occhi. La sua presa ferrea mi impedisce di ragionare, rallentando anche i miei movimenti già minati dal dolore della sua stretta sulle ferite in via di guarigione. Con l’altra mano sfiora la manica della mia maglia, alzandola quanto basta a rivelare alcuni piccoli tagli all’altezza del polso.
Riprendendo un briciolo di lucidità, distolgo il suo sguardo dalle mie ferite, riacquistando una posizione composta e seduta e nascondendo ogni traccia sotto il tessuto scuro.
“Cosa significa?”
“Niente”
C’è qualcosa che mi sfugge. Capita spesso che io mi ferisca, lui per primo mi ha vista con un taglio ben più profondo di questi graffi, eppure non ricordo di averlo mai visto così furioso prima.
“Non fare la bambina, Marinette”
“Come scusa?!”
“Cosa diavolo stai facendo?!”
“Ma di cosa stai parlando?”
Il gelo scende su di noi, avvolgendo l’aria circostante. Una sensazione di panico, ansia ed un freddo improvviso mi scuotono, lasciandomi un brivido lungo tutta la schiena. Davvero non riesco a capire cosa lo abbia fatto scattare in questo modo. Cos’è successo al ragazzino gentile e sempre dolce che conoscevo?
“Marinette, non fare stupidaggini”
“Io davvero non capisco”
“Farsi del male non è mai la soluzione. Nemmeno per questioni di cuore”
“Cosa...”
Devo aver capito male. Devo aver capito molto male. Devo aver capito malissimo. Ti prego, fa che sia così.
“Promettimi che non farai mai più una stupidaggine simile!”
“No, aspetta un attimo”
“Promettimelo!”
“Adrien...”
“Promettilo!”
“Piantala con queste scemenze!”
Nemmeno mi sono resa conto di essermi alzata in piedi ed aver sbattuto le mani sul bancone ma cosa avrei potuto fare, se non interrompere quella sceneggiata priva di ogni fondamento in modo plateale?
“Maledizione, ci mancava solo questa”
Quella frase esce dalle mie labbra senza che io abbia pensato a sufficienza alle parole e questo sembra quasi un invito per Adrien. Lo vedo alzarsi e fronteggiarmi con uno sguardo che potrebbe davvero uccidere qualcuno.
“Marinette”
“Ascoltami un attimo, Adrien”
Posso vedere la completa attenzione del modello biondo rivolgersi verso di me, in attesa di qualunque mia spiegazione o, meglio, di una promessa che non potrei mai fargli. Nei suoi occhi leggo una furia cieca ed è proprio quella che deve averlo portato alla deduzione peggiore al mondo. Un solo piccolo, piccolissimo problema mi sconvolge. Come fargli capire che quei tagli non sono frutto di una depressione in stato avanzato e malato? Di certo non posso dirgli la verità. Per quanta fortuna ho adesso, potrei trovarmi davanti a Chat Noir o, nella migliore delle ipotesi, ad un suo grande amico.
Mi rimane solo una cosa da tentare, sperare che ciò che sto per fare non mi si ritorca contro nel peggiore dei modi.
Mi abbasso verso la mia caviglia, cercando di arrotolare i miei pantaloni più che posso. Un altro graffio, poco profondo si beffa di me mostrandosi ad Adrien. Il suo sguardo scorre dal mio polso a quel taglio superficiale che ormai sembra solo una ferita molto leggera ma che, fino a questa mattina sembrava più profondo.
“Cosa ti è successo?”
“B-beh e-ecco io sono solo inciampata”
Porto il braccio a scuotermi i capelli imbarazzata.
“E sei finita in un cespuglio?”
“Eh? Ah, c-certo, sì. Giusto”
Un cespuglio. Avrei dovuto pensarci prima ma tutto ciò che sono stata in grado di fare è assecondare il pensiero che Adrien ha di me, ovvero quello di una ragazza imbranata e pronta a ferirsi in ogni modo.
Il suo sguardo continua a scrutarmi, forse in attesa di un mio passo falso che lo riporti all’ipotesi iniziale.
Sospiro un paio di volte ma i suoi occhi continuano a guardarmi con determinazione.
“Adrien, detesto il dolore. Per quanto io sia imbranata, per quanto io sia abituata a ferirmi e per quanto io possa cercare di nasconderlo, questi graffi sono solo il segno di quanto io sia... Me”
Ritrovo i suoi occhi nei miei, intensi ma con un cipiglio preoccupato, non più arrabbiato. Forse anche con un pizzico di sollievo.
“Non riuscirei mai a farmi del male coscientemente”
Un grande sospiro esce dalle sue labbra, come se non avesse aspettato altro che quelle parole da parte mia. Lo vedo scompigliarsi i capelli biondi, probabilmente capendo di aver appena insinuato che io possa cercare di ferirmi per la tristezza di un momento. È vero che i miei sentimenti stanno combattendo una grande battaglia dentro di me e che questo spesso e volentieri si trasforma in lividi, tagli, graffi o altro dopo una lotta per salvare Parigi. Questo, però, non significa che a me piaccia crogiolarmi in questo dolore.
“Scusa Marinette. Non avrei dovuto pensare a certe cose”
“Infatti”
La tensione tra noi inizia a sciogliersi, come il ghiaccio che sembrava ci avesse avvolti. Pochi secondi e l’atmosfera cambia totalmente, riempiendosi di imbarazzo. Vorrei solamente poter uscire da questa classe, eppure i miei piedi non si muovono, bloccati da quel ghigno malizioso che mi è parvo di vedere sul volto di Adrien, solo per un istante.
“Quindi...”
“Quindi?”
“Chi è che ti sta facendo impazzire?”
Sbatto violentemente la mano sulla mia fronte, cercando una scusa che possa sembrare plausibile anche solo in parte ma più penso a come sviare questo discorso, meno riesco ad elaborare qualcosa di concreto.
“Nessuno”
Il suo ghigno torna a farsi beffe di me, ricordandomi nuovamente il volto di quel gatto randagio.
“Questo nessuno riesce a farti arrossire, però”
Sbatto velocemente le palpebre, incredula di fronte alla conversazione più strana ed incredibile che io abbia mai avuto con Adrien. Come siamo passati da una situazione in cui io balbettavo e mi agitavo in sua presenza perché lo amavo, o lo amo, a lui che mi guarda male ogni volta che sono in compagnia di Luka o che anche solo ne parlo fino ad  arrivare a sentirmi chiedere certe cose? Come se tra noi non fosse mai successo nulla, come se lui fosse un buon amico con cui confidarmi. In effetti, forse lui vede il nostro rapporto solamente come un’amicizia, niente di più. Non sarebbe poi così  strano, se non fosse che  si sarebbe dovuto comportare in questo modo anche quando frequentavo Luka, invece di sembrare agitato, quasi arrabbiato.
“Posso sapere chi è che ti dà tanti pensieri?”
“N-no! C-cioè, nessuno, davvero. Figurati”
Sposto lo sguardo verso le vetrate e ne approfitto per trovare la forza di allontanarmi da quella stanza il più velocemente possibile, ignorando la risata che avvolge Adrien. Quello che, però, non riesco ad ignorare è una sua frase che suonava quasi come un “forse non è troppo presto”. Devo aver sentito male, di nuovo.
 
Dopo aver mangiato qualcosa di insapore dietro ad uno sforzo inimmaginabile ed aver lasciato che il tempo passasse senza poterne accelerare lo scorrere, finalmente mi trovo a casa, stesa sulla mia chaise-lounge e con una rivista a coprirmi il volto. Ancora non riesco a credere alla conversazione avuta con Adrien. Non so se mi senta più in imbarazzo o arrabbiata per i suoi pensieri e le sue insistenti domande. Quel che è certo è che non riesco a trascorrere un minuto libero dai pensieri verso di lui e verso Chat Noir.
Ho trascorso il pomeriggio a sbuffare ed ogni volta vedevo Adrien ridere, felice, spensierato, come se la mia confusione lo divertisse. Inizio a credere che uno dei due abbia seri problemi comportamentali e non sono certa di parlare di me stessa.
“Marinette, a cosa pensi?”
“Credo ti servirebbero carta e penna per annotare tutto ciò che mi passa per la mente, Tikki”
La sento ridere leggermente, fin quando la sua figura mi lascia con una semplice frase.
“Penso che uno dei tuoi pensieri sia qui”
Per un secondo sento il desiderio incredibile di ignorare le sue parole. Che male potrebbe mai farmi? Un rumore alla finestra della mia stanza, però, mina completamente il mio autocontrollo.
Sbuffando mi trovo quasi a salire le scale verso il mio letto ma una moltitudine di pensieri mia avvolge, come una nube fitta, invisibile ma tossica. Non so quale dei tanti problemi prevalga in me, se il ricordo di quel bacio avvelenato dalle sue parole oppure il fatto che sono ricoperta di ferite che, in caso dovesse vedere, darebbero una chiara visione della versione meno decisa ed affascinante di Ladybug. Rimane il fatto che devo impormi di non lasciarlo entrare e, forse, la cosa mi rincuora un po’. Non sono pronta ad affrontarlo, non sono pronta a sentirmi dire quanto quel bacio sia stato sbagliato, quanto non dovesse succedere, quanto lui ami Ladybug e consideri Marinette come una semplice amica, come fanno tutti in verità. Non sono pronta e me ne rendo conto forse solamente adesso per la prima volta.
Mi volto ad osservare Tikki nel suo nascondiglio che mi guarda con occhi non più divertiti ma tristi. Un leggero sorriso le dipinge le labbra, qualcosa che non riesce a coinvolgere anche il suo sguardo azzurro. Sospiro un’ultima volta e decido di andare verso il mio destino, accanto al mio letto.
Mi siedo sul materasso e pochi secondi più tardi, il volto di Chat Noir si affaccia alla mia finestra. Non ho nemmeno il coraggio di osservare la sua espressione, tutto quello che riesco a fare è fissare lo sguardo sulle coperte del mio letto fin quando alcuni battiti non risuonano nella stanza.
“Mari?”
Il mio nome pronunciato dalla sua voce avvolge la mia mente ed i miei occhi non riescono ad impedirmi di osservarlo. Il suo volto sembra preoccupato, triste, quasi colpevole. È giusto che sia così, in fondo, è lui che ha dato vita a tutta questa situazione ed anche se si tratta di un pensiero stupido, ho bisogno che lui si senta in colpa.
“Marinette...”
“Chat Noir...”
“Apri, ti prego”
Scuoto la testa, riportando il mio sguardo nel suo solo dopo alcuni secondi.
“Marinette, ascoltami”
“No”
Il silenzio ci avvolge e, anche se sussurrate, so che le mie parole arriveranno alle sue orecchie molto chiaramente nonostante la finestra a separarci.
“Ho bisogno di tempo, Chat”
Chat Noir appoggia la sua fronte alla finestra chiudendo gli occhi. Sembra pentito, triste ma incredibilmente dolce. Continuo ad osservare il suo profilo, fin quando il suo sguardo verde non torna a specchiarsi nel mio con un leggero, quasi impercettibile, sorriso a sfiorargli le labbra, le stesse che l’ultima volta erano delicatamente appoggiate alle mie.
“Lo capisco”
Continuo ad osservare quella parte della sua faccia e riesco a notare il momento esatto in cui si rende conto di cosa io stia guardando. Un ghigno malizioso prende vita nella sua espressione, qualcosa di macchiata solamente dal rossore generale della sua carnagione. Quell’espressione dura solo un istante. Lo vedo bisbigliarmi un semplice “mi dispiace” e lasciarmi da sola, nuovamente in preda ai mille pensieri delle mie giornate.
“Hai fatto la cosa migliore, Marinette”
La voce di Tikki mi raggiunge, dolce e serena. Il suo volto è dipinto di un sorriso comprensivo, una bellissima espressione che non credevo potesse lasciarmi così tanta tranquillità.
 
La settimana è volta al termine velocemente o almeno così avrei voluto che andasse. Purtroppo per me le giornate si sono alternate molto lentamente. Ho trascorso il tempo a rimuginare su ciò che avrei dovuto dire a Chat Noir una volta guarita da tutte queste ferite e più ci pensavo, più mi rendevo conto che l’unica cosa che volevo era chiarire questa situazione prima possibile. Purtroppo questo non è stato possibile, non con i vari solchi che sembravano non voler più sparire dal mio corpo. Le ferite peggiori hanno impiegato ben quattro giorni a scomparire.
Qualcosa, però, mi ha sconvolta talmente tanto in questo periodo, che ancora continuo a pormi domande. Quando mercoledì sono tornata a lezione, la situazione in classe sembrava totalmente diversa. Non parlo di Adrien, che non mi ha tolto gli occhi di dosso per più di dieci minuti consecutivi ma del suo interesse nei miei confronti. Ha trascorso la settimana a chiedermi come mi sentissi e, per quanto fossi lusingata delle sue attenzioni, non riuscivo davvero a capire cosa lo spingesse a preoccuparsi in quel modo. Non passava cambio d’ora che non lo ritrovassi voltato verso di me mentre cercava di capire se ci fosse qualcosa che non andasse.
Solo a fine settimana sono riuscita a capire che cosa stesse succedendo in quella stanza.
Uscita dal bagno, trovai Adrien ad aspettarmi. Sembra sia diventata quasi una sua abitudine, approfittare del mio bisogno di usare la toilette per parlarmi in privato. Dopo avergli assicurato che le ferite stessero guarendo, dopo essersi accertato che io stessi bene fisicamente, ho sentito una frase che non avrei pensato di poter udire dalle sue labbra.
“Nino mi ha detto tutto”
Se mi fossi fermata al significato letterale di quelle lettere in fila, non avrei saputo dire con certezza cosa significasse quella frase. Per fortuna il silenzio di quella conversazione durò poco, lasciando il posto ad un discorso quasi a senso unico.
“Ho saputo tutto ciò che hanno provato a fare per noi in questi anni. Mi ha raccontato ogni volta in cui hai tentato di farmi capire i tuoi sentimenti e di come ti sei sentita delusa da te stessa ad ogni fallimento”
In quel momento, persi del tutto la capacità di parlare, come se fosse qualcosa che non poteva rientrare nel mio DNA.
“Io... Non avevo idea di cosa avesse significato per te. Non ho mai capito niente, Marinette. Sono stato un completo stupido”
Dovetti faticare non poco a richiudere la mia bocca, ormai arrivata quasi a toccar terra.
“Ho saputo anche che, da... Da quel giorno... Loro non hanno mai smesso di provare a farti tornare a sperare in quei sentimenti”
Silenzio, non riuscivo davvero a credere alle sue frasi. In meno di una settimana, era riuscito a stupirmi e lasciarmi senza parole per due conversazioni così diverse tra loro da far venire il mal di testa.
“Ho chiesto loro di smettere di importunarti. Hai già sofferto abbastanza per me, non meriti tutto questo, Marinette”
“A-adrien...”
Solo il suo nome ero riuscita a pronunciare e nemmeno senza balbettare.
“Mi dispiace, Marinette, davvero”
 
Dopo la confessione di Adrien, mi sentii quasi libera, felice di non dovermi preoccupare più di Alya e delle sue chiacchiere. Quello che non avevo previsto, era che, quella conversazione mi avrebbe anche turbata in un modo che non riuscii a capire del tutto, almeno fino alla fine delle lezioni.
Mi fermai sulle gradinate di ingresso, intenta a ripensare ad Adrien ed a quella situazione. Alya si avvicinò lentamente, quasi chiedendomi il permesso con lo sguardo. Trascorremmo dieci minuti nel silenzio totale, prima che lei mi chiedesse scusa per il suo comportamento.
“Mi sarei comportata allo stesso modo con te”
Riuscii a tranquillizzarla quando, forse, l’unica che stava soffrendo di una tremenda ansia, ero io. Giorni interi erano trascorsi eppure ero ancora intenta a pensare al bacio con Chat Noir, senza aver trovato una spiegazione, una motivazione, un lato positivo a tutta quella situazione. Come se non bastasse, il cambiamento di Adrien mi aveva stordita come mai prima. Il ricordo del ragazzo dolce, tranquillo, imbarazzato nel porre domande anche banali era sparito completamente, cancellato da due delle conversazioni più strane e confuse di tutte la mia vita. Se, però, il pensiero di Adrien ero riuscita a rilegarlo in un punto della mia mente abbastanza profondo da riuscire a riesumarlo solo quando non pensavo ad altro, non potevo dire lo stesso del supereroe. Avevo troppi dubbi, troppe domande, troppi misteri che non riuscivo a sciogliere e che mi stavano facendo impazzire sempre più. Non riuscivo a pensare ad altro, durante le lezioni, a casa mentre cercavo di cucire qualcosa e la notte, quando tentavo di dare la colpa della mia insonnia ai graffi che ormai erano spariti. Non sarei riuscita a sopportare tutto questo ancora per molto e non volevo arrivare ad un confronto con Chat Noir con la mente piena di dubbi e preoccupazioni. Avevo bisogno di calma e tranquillità, avevo bisogno di sapere come affrontare la situazione e cosa aspettarmi, avevo bisogno di un parere esterno a tutto ciò che occupava i miei pensieri. Avevo bisogno della mia migliore amica adesso come mai prima.
Smisi di chiedermi come avrebbe reagito se avesse saputo tutta la verità senza censure e decisi che, pur essendo Alya, non avrei potuto raccontarle ogni dettaglio, anzi, avrei dovuto omettere più di quanto avrei voluto. Quando finalmente riuscii a comporre una frase iniziale, la mia bocca lasciò che solamente una domanda si facesse sentire.
“Se non avessi una relazione stabile con Nino, se avessi appena scoperto che per lui non sei che un’ottima amica, se avessi ormai capito di non poter più sperare in quell’amore… Se…”
“Marinette, iniziano ad esserci un po’ troppi se in questo discorso”
Osservai per un momento le mie mani, intrecciate al vestito ormai ridotto ad uno straccio. Sospirai profondamente e cercai di far chiarezza tra la confusione della mia mente, sperando di riorganizzare al meglio il discorso. Dalle mie labbra uscii solamente una frase sconnessa che riguardava un ipotetico ragazzo, un bacio ricevuto dopo una litigata ed una frase infelice.
“Insomma, non riesco a capire più nulla”
“Aspetta un attimo”
Riuscii a vedere, per un solo istante, una miriade di ingranaggi roteare nella mente della mia amica.
“Stai parlando di te?”
Mi sembrò davvero strano che una futura famosa giornalista come lei non avesse capito quali fossero i soggetti del discorso.
Annuii lentamente, cercando di capire quale sarebbe stata la prossima sua domanda. Non ero pronta all’urlo che uscii dalle sue labbra e, sicuramente, non mi sarei aspettata una reazione simile da parte sua.
“Ti ha baciata davvero? Adrien?!”
La sua conclusione portò il mio cervello nella confusione più totale. Immaginai, per un solo istante, una scena simile a quella che sicuramente si era creata Alya e smisi di ragionare del tutto. Non sarebbe mai potuto succedere, Adrien non mi amava e non lo avrebbe mai fatto, io non sapevo ancora cosa provassi per lui ma dubitai di poterlo chiamare ancora amore.
“No, non è stato lui. Non lo avrebbe mai fatto”
Sentii le sue mani sulle mie spalle prima ancora che il suo sguardo si specchiasse nel mio.
“Scusa. Ho esagerato, lo so. Raccontami tutto”
Mi limitai a spiegarle come questo ragazzo avesse iniziato a venire a trovarmi e di come mi fossi sentita libera di parlargli di tutto ciò che mi stava succedendo nell’ultimo periodo.
Le raccontai anche dei cambiamenti nei miei confronti, fino alla litigata, al bacio ed alla sua fuga.
“Ti ha detto che non doveva succedere?”
Annuii leggermente, sentendomi il suo sguardo addosso. I suoi occhi tornarono ad osservare le strade di Parigi mentre rifletteva sulla situazione.
“Non capisco perché lo abbia fatto, non capisco perché poi abbia detto quelle cose, in realtà non capisco più nulla di lui da qualche settimana”
Sospirai profondamente prima di tornare ad osservare la mia amica che mi guardava con un cipiglio serio e pensieroso.
“Non riesci a capirlo nemmeno tu, vero?”
“In verità, quella che non capisco io, sei tu”
“Cosa?”
Vidi le sue palpebre sbattere velocemente, forse in cerca di una qualche spiegazione che sfuggiva ad entrambe. Quello che, però, mi sembrò di leggere sul suo volto, era semplicemente incredulità e tenerezza, quasi sicuramente rivolti verso di me.
Possibile che, dopo tutto quello che le avevo raccontato, lei riuscisse solamente a guardarmi come se fossi ancora una bambina immatura?
“Alya”
“Fammi capire una cosa, Marinette”
Aspettai una sua domanda per qualche secondo, fino a vederla alzarsi da terra ed osservarmi divertita.
“Perché non smetti di farti mille film mentali e non corri a chiedere a lui spiegazioni?”
Semplice. Forse la soluzione di tutto era davvero così semplice. Non avrei avuto bisogno di sapere prima cosa mi avrebbe detto. Non avrei avuto bisogno di capire cosa lo avesse spinto a comportarsi in quel modo. Non avrei avuto bisogno di chiedermi quanto male avrebbe fatto sentirgli dire che amava Ladybug e che con Marinette si era trattato solo di uno sbaglio. Avrei solamente dovuto affrontare tutto come avevo sempre fatto. In fondo, non avrei potuto soffrire più di quanto non avevo fatto finora. Potevo essere abbastanza forte da superare anche questa situazione.
Mi alzai di scatto ed abbracciai Alya con forza. Se non avessi parlato con lei, se non le avessi chiesto consiglio, non avrei mai sentito quella semplice quanto banale domanda e mai sarei riuscita a capire quanto fosse stupido preoccuparsi così tanto di una spiegazione che nemmeno era ancora arrivata.
“Grazie Alya! Non so cosa avrei fatto senza di te”
“Sono contenta di essere di nuovo utile alla mia migliore amica”
Una nota malinconica tinse la sua voce mentre ricambiava la mia stretta.
Lasciai la presa su di lei, ritrovando i suoi occhi dolci.
“Mi dispiace, Alya. Mi sono allontanata da te dopo quello che è successo con Adrien e non avrei mai dovuto permettere che una cosa simile ci separasse”
“Mari, tutti abbiamo i nostri periodi difficili”
“Lo so, ma…”
“Niente ma, dimmi solo che stai bene”
La sua preoccupazione fu toccante. L’avevo esclusa dalla mia vita, troppo impegnata a far spazio al dolore per Adrien, alla relazione con Luka ed alle visite di Chat Noir. Se solo mi fossi confidata con lei più spesso, forse tutte queste situazioni si sarebbero risolte più velocemente ed avrei risparmiato sofferenza a me ed apprensione alla mia migliore amica. Non osai nemmeno pensare a quanto dovesse essere stato difficile per lei vedermi sempre più triste, sempre più stanca, con e senza febbre e non sapere nulla di ciò che stavo affrontando.
L’Unica cosa che potevo fare, in quel momento, era cercare di riportare un po’ di tranquillità tra di noi. Annuii con un ritrovato sorriso e la strinsi nuovamente sperando che capisse quanto mi fosse mancata.
Una volta sciolto l’abbraccio, mi fece promettere di farle sapere cosa sarebbe successo con questo misterioso ragazzo e che, un giorno, le avrei detto chi fosse. Mi costò mezz’ora di compromessi ma, alla fine, le assicurai che le avrei raccontato ogni cosa. Tralasciai la parte in cui chiedeva il suo nome dicendole semplicemente che, non frequentando l’istituto, era piuttosto difficile che lei lo conoscesse. Inutile dire che sperava glielo avrei presentato quanto prima, cosa che feci finta di non sentire mentre scappavo verso casa.
 
Ripensare ad Alya ed alle sue parole ha ormai perso quasi di forza mentre mi ritrovo nuovamente sulla mia terrazza, intenta ad osservare il panorama che mi circonda, specialmente i tetti di Parigi. Per quanto io ami la mia città, in questo momento, preferirei ci fossero molte meno case ed altrettante superfici dove sperare di vederlo.
“Cerchi qualcuno?”
La sua voce mi fa saltare sul posto, una reazione alla quale non sono più abituata. Avevo smesso con quei comportamenti esagerati qualche anno fa, quando per poco non caddi nella Senna davanti allo sguardo colpevole di Adrien che aveva pensato di fare uno scherzo a tutto il gruppo e presentarsi ad una delle uscite organizzate dalla classe.
Il mio cuore inizia a battere furiosamente e non so dire se per la felicità di poterlo rivedere o per l’ansia dell’argomento che dovremo affrontare. So di aver promesso ad Alya di affrontare tutto con calma e tranquillità ma adesso che lui mi è vicino, mi sembra quasi impossibile non preoccuparmi di ciò che dirà. Maledizione, Chat Noir, non potevi evitare tutta questa situazione? La mia mente mi riporta un solo termine “stupida”. È ovvio che io non voglia tornare indietro ed evitare quel bacio, piuttosto vorrei che lui non avesse mai detto quella frase.
Cerco di ignorare il mio cuore che corre troppo veloce e la mia impazienza e mi impongo una calma che non credo possa appartenermi in questo momento.
Mi volto verso di lui lentamente, quasi come se volessi prendermi qualche altro secondo per rielaborare tutto ciò che dovrò affrontare a breve. Quando, però, il mio sguardo incontra la sua figura, ogni frase, ogni domanda, ogni singola parola evapora completamente dalla mia testa.
Impiego qualche minuto di troppo ad osservarlo ma quando il ricordo di quel bacio torna a bussare alla mia mente, il mio sguardo scivola verso il basso, in un punto indistinto del pavimento di quella terrazza.
Il silenzio ci avvolge, lasciandoci con un’atmosfera pesante e carica di parole inespresse.
Non riesco a trovare il modo di iniziare la discussione ma, prima di cadere nuovamente nel vortice di dubbi e pensieri, ritorno a focalizzarmi su Alya e sulla sicurezza che sembrava avere mentre mi spingeva a cercarlo.
“Possiamo parlarne?”
La sua voce mi risveglia da uno strano senso di trance in cui ormai ero caduta.
I miei occhi lasciano il pavimento per tornare a focalizzarsi nei suoi, trovandoli tremendamente seri e determinati ma con un cipiglio quasi dolce.
Dopo aver trascorso fin troppo tempo ad osservarlo, mi impongo di annuire ed accomodarmi sulla sdraio, in attesa che lui mi segua.
Chat Noir si siede accanto a me, con il volto oscurato dai capelli.
“Come stai?”
Tutto mi sarei aspettata, tranne che quella domanda, tanto banale quanto strana. Spiegarmi come mi sento sarebbe inutile e, forse, anche controproducente. L’unica cosa che riesco a fare è riproporgli la stessa risposta di qualche tempo fa.
“Sono stata meglio”
Un sorriso leggero ma non del tutto sentito, nasce sulle mie labbra mentre i suoi occhi tornano a specchiarsi nei miei velocemente.
“Ma anche peggio?”
Annuisco, ritrovando la curvatura delle sue labbra molto simile alla mia. Entrambi veniamo rapiti per un attimo del ricordo di quel momento ma io sono l’unica ad aggiungere a quello, un altro istante, vissuto solamente nei panni di Ladybug.
Il momento di allegria ci abbandona velocemente, facendoci tornare alla tensione che si respirava fino a pochi secondi fa.
“Seriamente, Marinette, stai bene?”
Vorrei potergli dire di sì, vorrei potergli dire che non ho trascorso le ultime notti in bianco, vorrei potergli dire che va tutto bene e che non è necessario parlarne perché, in fondo, non è così importante chiarire cosa sia successo o perché. Vorrei potergli mentire ma so bene che non mi crederebbe mai, specialmente perché mi si legge in faccia l’ansia e la tensione che provo.
Lascio che sia lui a capire ogni cosa, semplicemente annuendo e sperando che non faccia caso al rumore assordante del mio cuore che batte furiosamente.
“Mari, io… Non so da dove iniziare”
Il mio sguardo si perde nel verde profondo dei suoi occhi, trovandoci non solo imbarazzo e dolcezza ma anche un velo di tristezza.
Sospiro un paio di volte, cercando la forza di affrontare tutto ciò che vorrà dirmi senza farmi prendere dal panico o dall’imbarazzo. È proprio grazie a questi brevi istanti che riesco a recuperare la determinazione nel discutere di quanto successo.
“Inizia col dirmi perché”
Una breve risata lo scuote, qualcosa che non coinvolge minimamente la sua espressione.
“Dritta al punto”
Un breve momento di silenzio ci avvolge, un istante lungo quanto un’eternità che mi spinge a riprendere in mano le redini del discorso.
“Ci ho pensato molto”
“Lo so…”
Un nuovo silenzio ed un fugace sorriso ed io inizio ad irritarmi sempre più. Non capisco se sia venuto qui per parlarmi, per provocarmi, per irritarmi o se semplicemente stesse sperando di poter evitare l’argomento e far finta di nulla. Non capisco, davvero.
“Voglio sapere perché l’hai fatto… Visto che non doveva succedere”
Il mio tono si tinge di amarezza mentre ripeto la frase che ha annebbiato i miei pensieri negli ultimi giorni.
Vedo Chat Noir sospirare ed allungare le braccia verso l’alto, cercando conforto da chissà cosa. Le sue labbra si piegano sempre più in un sorriso ma più il suo umore sembra migliorare, più il mio sembra riempirsi di frustrazione.
Questa volta sono io a rimanere in silenzio, aspettando che sia lui a darmi spiegazioni perché questo mi deve, spiegazioni per il suo comportamento, spiegazioni per quel bacio, spiegazioni per quel maledetto ed intrigante sorriso che sta dipingendo il volto nascosto dalla maschera nera. Cosa ci sarà di tanto divertente in tutta questa situazione?
Più mi pongo domande, meno ricevo risposte e la mia pazienza inizia a scarseggiare sempre più, sostituita dal desiderio di capire come sia possibile che il suo umore sia passato da preoccupato ad allegro nel giro di qualche istante.
Lo vedo distendersi sulla sdraio, appoggiando la testa sulle mie gambe senza nemmeno chiedermi il permesso, come se tutto fosse risolto, come se non servisse parlare d’altro. Eppure, io ancora ho la testa sommersa di quesiti, senza contare le varie sfaccettature che quel bacio ha portato alla luce come, ad esempio, un nuovo confronto tra me e la paladina di Parigi che continua a vedermi come perdente.
Sospiro un’ultima volta, sicura che spetti a me interrompere di nuovo quel silenzio.
“Chat, ho bisogno che tu mi dia delle risposte. Altrimenti…”
Non so finire la frase. Altrimenti cosa? Altrimenti puoi andartene? Altrimenti non tornare più a trovarmi? Altrimenti cosa? Riuscirei davvero a rinunciare a lui quando solo qualche giorno fa, con le sue labbra sulle mie, sono riuscita a provare un trasporto che nemmeno con Luka ero star in grado di sentire, nonostante i baci, nonostante le carezze, nonostante la confidenza ed il desiderio di entrambi di stare assieme?
Forse è la prima volta che riesco davvero a pensare a quanto il rapporto tra me e Chat Noir sia cambiato in questi ultimi mesi e questo mi fa capire quanto sono sicura che non riuscirei a far a meno di lui adesso.
“Pensavo fossi arrabbiata con me”
La sua voce riesce a distogliermi dai miei pensieri, malinconici e deprimenti ma dalle tinte rosee. L’unica cosa sulla quale riesco a riflettere è la sua frase.
“Lo sono”
“Sì ma per i motivi sbagliati”
Lo vedo alzarsi velocemente, ritrovandosi ad un centimetro dal mio volto. La distanza tra noi sembra azzerarsi in breve, fino a rendermi incapace di pensare lucidamente, di riflettere o anche solo di ricordare di cosa stessimo parlando fino a poco fa.
“Dovresti essere arrabbiata perché ho continuato a scappare da te per giorni, dovresti essere arrabbiata perché ti ho sempre spinta ad allontanarti da Luka, dovresti essere arrabbiata perché ho continuato a prendere le difese di Adrien mentre sembravi odiarlo con tutta te stessa, dovresti essere arrabbiata perché non ti ho mai detto perché mi sono comportato in questo modo e, soprattutto, dovresti essere arrabbiata perché ti ho baciata senza nemmeno aspettare che lo volessi anche tu”
Un sorriso dolce gli distende le labbra, lasciando sul suo volto un’espressione estasiata e sul mio un rossore diffuso che sento crescere sulle mie guance.
“Invece sembri essere arrabbiata perché, dopo averti baciata, ti ho detto che non sarebbe dovuto succedere”
Solo quell’ultima frase risveglia i miei sensi, ricordandomi quanto mi abbia infastidita e fatta soffrire. Non riesco a capire il collegamento tra tutte queste cose, non riesco a trovare il filo che possa condurmi ad una risposta logica e non so neanche dire se sono io a non riuscirci, se sia lui a non volermici condurre o se forse semplicemente sia la mia mente a non voler comprendere.
“Non… Io non… Capisco”
Davvero non capisco e forse, l’unico che può aiutarmi, in questo momento è lui, anche se non posso escludere che sia solo colpa dell’immaturità che continua a perseguitarmi.
“Sto cercando di dirti che dovresti essere arrabbiata perché in queste ultime settimane non mi sono comportato da amico con te. Invece ti sei arrabbiata per l’unica cosa da vero amico che ho fatto”
I suoi occhi vagano sul mio viso, per poi tornare al mio sguardo azzurro.
“Che significa?”
Chat Noir sembra pensarci un attimo, il tempo per lasciare che la mia mente impazzisca.
“Che non mi piaceva saperti con Luka”
La sua risposta sembra aggiungere benzina ad un fuoco e spegnerne un altro, facendomi riflettere solamente sul suo comportamento quando parlavo di Luka o gli raccontavo qualcosa di lui o di noi e portandomi ad ignorare tutto il resto. Come se, in questo momento, non fosse più importante.
“Mi avevi detto che non era giusto che io lo usassi, conoscendo i suoi sentimenti”
Il suo sguardo si tinge di colpevolezza, come se mi stesse nascondendo qualcosa.
“In parte era così”
“E qual è l’altra parte della verità?”
“Che non volevo che stessi con lui”
“Per non ferirlo”
Una risata lo scuote, invadendo anche il mio corpo, troppo vicino al suo.
“Non proprio. Non mi è mai importato molto di lui, semplicemente non volevo che potessi innamorarti di lui”
“E perché?”
Una nuova risata lo pervade, cancellando ogni briciolo di capacità di pensiero che mi rimaneva in corpo.
“Perché non credo potrei sopportare di saperti innamorata di qualcun altro”
La confusione nella mia mente inizia a dissiparsi, spazzata da un vento talmente forte da risultare quasi violento. Le parole sembrano sovrapporsi tra loro, ricreando un percorso di ricordi totalmente diversi da come li avevo sempre rivisti.
Chat Noir che viene a consolarmi dopo la grande delusione di Adrien. Chat Noir che sembra disturbato dall’avermi vista tra le braccia di Luka. Chat Noir che mi spinge a rivalutare quella relazione facendomi ragionare sui suoi sentimenti più che sui miei, chiedendomi continuamente se fossi innamorata di lui, se provassi qualcosa di forte. Chat Noir arrabbiato quando pensava che non avessi messo un punto a quella frequentazione strana. Ed ancora Chat Noir che sembra più felice e tranquillo dopo aver chiarito la mia posizione con Luka. Le sue visite, più spesso, sempre più lunghe, fino a quando non ho iniziato a vestirmi con indumenti più corti, più leggeri, più comodi ma anche meno coprenti. Chat Noir che posa il suo sguardo su di me, sul mio corpo, sul mio volto e le sue fughe improvvise dopo aver ritrovato i miei occhi ingenui.
E quel bacio. Le sue labbra sulle mie mentre gli chiedo perché avesse cambiato atteggiamento verso di me. La sua bocca che sfiora appena la mia, timido ma sicuro, quasi come se lo volesse ma non fosse certo di poterlo fare.
“Non è possibile”
Lo sento ridere nuovamente mente la consapevolezza di essere arrivata, finalmente, alla spiegazione di tanti momenti strani, complessi, contorti e confusi, mi riempie.
“È così difficile pensare che possa essere vero?”
Sento il volto colorarsi sempre di più di un rosso acceso, una tonalità viva.
La sua mano guantata si avvicina ai miei capelli, riportando una ciocca dietro al mio orecchio. I suoi occhi non perdono nemmeno per un istante i miei, infondendomi certezze di un sentimento che mi rende solamente più imbarazzata che mai.
“Sei tremendamente carina quando ti imbarazzi”
“I-io N-non sono…”
La sua mano si ferma sul mio viso mentre il suo pollice guantato di nero sfiora le mie labbra.
Quasi ipnotizzata da lui, da ciò che fa ma, soprattutto, dalla consapevolezza che possa provare davvero qualcosa di profondo per me, non riesco a muovere un singolo muscolo, nemmeno per ricordarmi di respirare, ogni tanto. Il suo sguardo si sofferma un solo istante sulla pelle rosea che sta sfiorando, per poi tornare ad osservare i miei occhi.
Rimango senza parole per dieci minuti buoni, in attesa che qualcuno mi suggerisca un copione adatto alla situazione o, in alternativa, che un nemico di Parigi compaia a salvarmi da questa situazione imbarazzante ed incredibile. Non so nemmeno io perché vorrei fuggire da questo momento ma solo quando la tensione sembra volermi abbandonare, riesco a riprendere in mano i miei pensieri. Per quanto cerchi di trovare un ordine in mezzo a quella matassa di frasi ingarbugliate, solo una riesce ad imprimersi nella mia mente.
Chat Noir è innamorato di me.
Scaccio subito quell’idea, ricordandomi che nessuno abbia mai parlato di amore. Però, ripensando a tutto ciò che è successo negli ultimi mesi, so che è così. Deve essere così. Le sue parole non possono essere interpretate in altro modo e, anche se non ancora non mi ha detto di essere innamorato di me, so che qualcosa prova. Qualcosa che lo ha portato a preoccuparsi per me, qualcosa che lo ha portato a spingermi lontana da Luka, qualcosa di molto simile ad una sorta di gelosia, qualcosa che sembra avere il retrogusto di un sentimento più forte dell’amicizia, qualcosa che lo ha spinto a baciarmi.
“Non doveva succedere”
“Io amo Ladybug”
La mia mente decide di non farmi godere nemmeno un secondo in più di beatitudine, preferendo spingermi a pormi delle vecchie ma nuove domande.
“Perché hai detto quella frase?”
Le sue carezze si bloccano improvvisamente, in cerca di un ricordo che lo leghi a me. Quando sembra aver recuperato quello giusto, il suo sguardo si tinge di una nuova tenerezza, dalle tonalità amare.
“Perché è vero, ma penso di essermi spiegato nel peggiore dei modi. Sai, in quel momento non ho ragionato bene su cosa avresti capito tu, ero occupato a pensare ad altro”
Chat Noir mi lancia un occhiolino prima di alzarsi completamente e mettere una distanza tra noi tale da farmi riprendere a respirare quasi normalmente.
Un nuovo rossore tinge le mie guance ma è qualcosa di flebile, subito sovrastato dalla curiosità, dalla morbosa curiosità di sapere cosa intendesse dirmi con quella frase infelice.
Solo dopo essersi sistemato davanti a me riprende il discorso, lasciandomi con il batticuore.
“Non volevo dire che non doveva succedere”
“Ma lo hai fatto!”
“Marinette, non volevo dire che non doveva succedere ma che non doveva succedere in quel momento”
La differenza di una parola non riesce a confortare giornate passate a pensare al motivo di un tale ripensamento. Nemmeno la consapevolezza dei suoi sentimenti riesce ad instaurare un briciolo di dubbio nella mia mente.
“Non cambia molto”
“Cambia tutto”
Porto le mani a nascondermi il volto per poi infilarsi nei capelli e tirarli leggermente.
“Se non la smetti di essere così enigmatico inizierò a pensare che tu non sia veramente Chat Noir”
Una bassa risata lo scuote, qualcosa che non mi sfiora minimamente e non per la distanza tra noi ma perché non trovo niente di divertente in tutta questa situazione.
“Mari...”
Il mio sguardo torna nel suo lasciando che la sicurezza dei suoi occhi mi conforti almeno un po’.
“Non pensare che io non lo volessi. Solo non mi ero reso conto di volerlo così tanto finché non ti ho baciata”
“Ma allora perché, non capisco”
“Perché non era il momento adatto. Tu eri arrabbiata con me, io ero ferito e…”
“E?”
“E sono sicuro che tu non sia innamorata di me”
Un verso basso e rauco esce dalle mie labbra, un lamento molesto che esprime tutta la mia antipatia per la sua frase.
“Quello che voglio dire è che non penso tu sia innamorata SOLO di me”
“Smettila di giocare con le parole! Finirai col farmi impazzire!”
“Lo sapevo…”
Un bisbiglio che riesco a sentire appena ma altre due parole che non riesco a comprendere.
“Chat…”
“Cercherò di essere più chiaro, anche se per me lo è davvero molto”
Afferra una mia mano con la sua, disegnando cerchi immaginari sulla mia pelle e mandando in corto circuito la mia mente.
“Io so che provi qualcosa per me”
“Come siamo sicuri di noi stessi!”
“Vorresti negarlo?”
Riflettendoci, immagino che la sensazione provata durante quel piccolo bacio, sia la dimostrazione più lampante che qualcosa sembra esser nato in me.
“Appunto”
Apro bocca per rispondere al suo egocentrismo ma lo sento precedermi e decido di rimanere in ascolto, per questa volta.
“Il problema è che sono sicuro che tu stia ancora pensando a qualcun altro”
“E a chi?”
Lo vedo portarsi la mia mano alle labbra e depositarci un dolce bacio con un sorriso acceso di orgoglio ed entusiasmo che cerca di nascondere malamente.
“Bella risposta, principessa ma sappiamo entrambi quanto poco tempo sia passato da quando la tua stanza era piena di foto di Adrien ed ancor meno da quando ti divertivi con il chitarrista”
La sua risposta mi lascia in balia di una confusione profonda.
“Cosa c’entrano adesso loro due? Non stavamo parlando di… Noi?”
“Mi piace che tu possa pensare ad un noi”
“Chat…”
“Marinette, per quanto io desideri davvero un noi, è ancora troppo presto. Nella tua mente ci sono ancora loro ed io lo so, l’ho sempre saputo”
La mia mente, confusa più di prima, forse più che mai, continua a ripropormi quella frase. Come fa lui a sapere cosa provo io per Adrien, per Luka e per lui stesso quando nemmeno io riesco a definire bene i confini di questi sentimenti, così diversi tra loro? Al momento, sono solo certa di provare una grande tristezza per Luka, una colpa nei confronti di lui e dei suoi sentimenti per me. Allo stesso modo, sono sicura che non riuscirei più a pensare ad Adrien con quell’amore che provavo prima di scoprire cosa pensasse di me. L’unica cosa che, in questo momento so, è che adoro il modo in cui mi sta accarezzando la mano Chat Noir, che sto bene in sua compagnia, che posso finalmente essere libera e spensierata nonostante tutti i problemi della mia età e, specialmente, che quel bacio appena accennato è stato in grado di farmi sentire leggera come l’aria e felice come se mi trovassi in paradiso. Questi sono i sentimenti che davvero contano per me, adesso. Sono sicura di voler continuare ad avere le sue attenzioni, sono sicura di volerlo nella mia vita, sono sicura di volere un altro bacio con lui, un bacio vero, di quelli che potrebbero davvero farmi volere o perdere completamente la testa, dimenticandomi chi sono e cosa significhi essere triste, lasciando posto solo ad un’emozione incredibilmente profonda che farebbe scoppiare di felicità il mio cuore.
Forse entrambi abbiamo solo fatto finta, per troppo tempo, che tra noi potesse esserci solamente una bella amicizia ma adesso che le mie attenzioni vorrebbero essere dirette solo verso di lui, non riesco a credere che Chat Noir rinunci a tutto solo per una sua convinzione.
“Chat”
“Marinette, non provare a convincermi. Non ci riusciresti, credimi”
“Lasciami tentare almeno”
Una nuova risata lo avvolge, rendendo l’atmosfera più leggera per lui e più carica di aspettative per me.
“Non puoi comandare i tuoi sentimenti”
“Come puoi essere tanto sicuro che io pensi ancora a loro?”
“Lo so”
Più cerco una motivazione convincente che possa fargli cambiare idea, meno riesco a trovarne. Non perché io davvero provi ancora qualcosa per Adrien o Luka ma perché lo conosco abbastanza da sapere che, quando si concentra su qualcosa, nessuno riesce a farlo desistere.
Un’idea mi balena in mente, il secondo punto che volevo affrontare con lui.
“Potrei dire lo stesso di te”
“Di me?”
Scosto la sua mano dalla mia, incrociando le braccia al petto ed assumendo un’aria più sicura, meno colpevole e più consapevole.
“Fino a cinque minuti fa urlavi il tuo grande amore per Ladybug. Non puoi aver cancellato certi sentimenti così velocemente”
Non l’hai fatto, vero? Non so perché ma questa possibilità mi terrorizza, come se saperlo innamorato solo di Marinette potesse rallegrarmi ma anche significare che non ama una parte di me.
“È diverso”
“In quale modo?”
“Ladybug non ha mai ricambiato i miei sentimenti”
“Nemmeno Adrien i miei”
Una smorfia lo vince.
“Non ne sarei così sicuro”
Un’altra frase che aggiunge confusione nella mia mente ma che decido di ignorare, almeno per il momento.
“Comunque, io proverò sempre qualcosa per Ladybug. È l’unica che possa comprendere pienamente cosa significhi essere i paladini di Parigi. È l’unica che sa cosa potremmo rischiare durante i combattimenti ed è l’unica che saprebbe come aiutarmi nelle situazioni peggiori”
Il suo sguardo si tinge di dolcezza ma anche di malinconia.
“In fondo, è stata anche il mio primo amore quindi immagino che conserverò sempre dentro di me qualcosa che mi leghi a lei”
“Ma?”
Ti prego, fa che ci sia un “ma” e che, allo stesso tempo, non sia qualcosa di troppo gravoso e definitivo.
“Ma lei non mi ama e, nelle ultime settimane ho capito che, nonostante tutto, mi preoccupo per lei ma mi preoccupo molto più per te”
Probabilmente queste sono le parole che ogni ragazza indecisa vorrebbe sentirsi rivolgere, io invece rimango paralizzata in questa frase sospesa tra noi.
“Se lei dovesse cambiare idea? Se dovesse… Capire di amarti?”
Una risata amara esce dalle sue labbra ma sembra riprendere subito una sfaccettatura più allegra.
“Allora non mi hai ascoltato, non solo mi preoccupo più di te ma sono anche molto più geloso di saperti con Luka che di sapere che Ladybug possa fidanzarsi con il suo grande amore”
Se solo sapesse che quella eventualità non potrà mai avere un futuro, non con lui, con il suo grande amore.
Le parole lasciano posto solo alla quiete. Nessuno dei due sa più cosa dire, lui forse perché vorrebbe sapere cosa penso io, io invece solo perché ho la mente così piena da risultare quasi dolorosa e riuscire a parlare di un argomento solo, non sono sicura sarebbe possibile. I suoi occhi profondi non mi lasciano nemmeno un attimo, rendendo il mio volto scarlatto ed il mio imbarazzo palpabile.
La sera scende su di noi, lasciandoci avvolti solamente dalla luce dei lampioni che illuminano le strade di Parigi. Nemmeno ricordo quando siamo riusciti a metterci comodi sulla sdraio, uno accanto all’altro ad osservarci intensamente. Sul suo volto, il sorriso non è mai scomparso mentre sul mio sento una smorfia pungente riflettere i mille pensieri che affollano la mia mente. Come può essere così tranquillo e rilassato in questo momento? Mi ha appena detto di provare qualcosa per me ed allo stesso tempo che sa di dovermi condividere con il fantasma di due persone che al momento non sfiorano nemmeno i miei pensieri. Eppure sembra così felice. Non dovrebbe essere triste, arrabbiato magari e soprattutto indeciso sul futuro che coinvolge noi due?
“Smettila di pensarci”
Sbatto le palpebre velocemente, in cerca di qualcosa da rispondergli ma la verità è che ha ragione, non riesco a smettere di rimuginare su tutta questa storia.
“Non credo di riuscirci”
“Allora prova a pensare solo a me”
Un ghigno malizioso prende vita sul suo sorriso.
“Se ti dicessi che lo sto facendo non mi crederesti”
“Probabile”
Mi alzo velocemente, lasciandolo sdraiato ed intento ad osservare la mia schiena.
“Sei davvero incredibile! Ti sei fissato così tanto con l’idea che io abbia un debole per qualcun altro che non riusciresti a vedere la realtà nemmeno se ci sbattessi la faccia!”
“Io so la verità, non ho bisogno che si scontri con il mio bel faccino”
“Questo è davvero troppo!”
Inizio una personale maratona sul terrazzo di casa, lasciando tutta la felicità di questa serata accanto a Chat Noir. I pensieri si sovrastano l’un l’altro, lasciandomi piena di delusione e rabbia, principalmente dirette verso di lui. So che dovrei essere felice per la sua dichiarazione, so che dovrei godermi questi momenti con lui ma più penso a quanto sono contenta per questa situazione, più sembro ricordarmi che non vuole che ci sia nulla di più tra noi solamente perché è certo, senza alcun dubbio, che io abbia il cuore diviso in tre.
“Mi farai impazzire davvero!”
“Lo spero”
“Non giocare con me!”
La mia corsa si ferma all’improvviso, quando la sua mano ritrova il mio braccio, impedendomi un solo passo in più.
“Mari, non vederla come una cosa negativa”
“Non so come faccia tu a vederla come qualcosa di positivo!”
Il suo sorriso si amplifica, tanto che sembra ridar luce anche all’oscurità che ci circonda.
“È molto semplice. So che alla fine vincerò io quindi non vedo il problema di aspettare che tu riesca a pensare solo a me”
Facile da dire per lui ma più io cerco di vederla allo stesso modo più mi ritrovo a pensare a come fargli capire che il problema non esiste. Luka è un capitolo chiuso per me e, nonostante gli sguardi e l’atteggiamento fin troppo amichevole di Adrien, nemmeno lui rappresenta più il mio presente.
“Chat…”
Con una leggera pressione sul mio braccio, mi avvolge tra le sue, lasciando che il mio volto si appoggi sulla sua spalla. Sembra tutto così giusto, così perfetto che pensare che ci sia qualcosa che continua ad impedirci di essere felici pare macchiare ogni cosa. Un sospiro profondo mi scuote mentre il mio cuore inizia una corsa verso di lui.
So che puoi sentirlo, so che riesci a vedere quanto io stia bene al tuo fianco. Allora perché non mi credi?
“Mi piace molto il tuo profumo”
Un altro sospiro mi sfugge mentre le mie mani ritrovano il loro posto sulla schiena di questo gatto ipocrita e vanitoso.
“Riuscirò a farti cambiare idea” è tutto ciò a cui riesco a pensare.

***

Buon pomeriggio miei cari lettori.
Avevo iniziato a viziarvi, lo so. Un capitolo al mese è stato un bel sogno, lo ammetto ma il lavoro ricomincia, gli studi anche e tra i miei mille casini non riesco a star dietro anche alla storia. In verità ho avuto parecchi ripensamenti su questo capitolo e solo la scorsa settimana sono riuscita a completarlo!
Detto questo, cosa ne pensate? Sì, è una situazione abbastanza strana quella tra Chat Noir e Marinette ma trovo tutto ciò veramente ilare e dolce, voi no?
Non vedo lìora di sapere se avete delle ipotesi per il futuro di questa storia! :)
Un grande abbraccio,
miss_MZ93

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Capitolo 23
*** Capitolo 23 ***


Pov Adrien.
 
Credo di aver trascorso una buona parte della mia giornata libera, una delle poche tra l’altro, a pensare. Pensare a quante cose siano successe in così poco tempo. Pensare a quanto certi rapporti siano cambiati. Pensare a lei. Pensare a me.
Devo ammettere che la mia immagine accanto alla sua propone un bel quadro da guardare. L’unico dettaglio che a volte riesce a darmi qualche pensiero è quel costume nero. Vorrei potermi immaginare al suo fianco senza quel tessuto scuro. Vorrei potermi immaginare nei panni di un ragazzo timido che nasconde la sua spavalderia. Vorrei potermi immaginare con una maglia bianca e dei semplici jeans mentre la stringo davanti alla Torre Eiffel, davanti a tutti. Eppure, so di non potermi permettere di visualizzare un quadro simile. Forse più perché so che guasterei il mio buon umore e non perché sono davvero consapevole di tutto ciò che comporterebbe provare ad avvicinarla nei panni di Adrien.
Mi rigiro sul letto, come una qualche anima in pena che so di non poter interpretare appieno.
Non so quale malsana idea mi convinca a fare forse la cosa più stupida delle ultime settimane e diciamolo, ne ho fatte parecchie di cose stupide.
Con la faccia spalmata sul cuscino più morbido di Parigi biascico qualcosa di incomprensibile anche a me, sperando di attirare l’attenzione di un certo Kwami. Quello che ottengo, però, è solo un mugugno mentre Plagg tenta di godersi la compagnia del suo prelibato formaggio puzzolente. Provo a richiamare la sua attenzione ma la morbidezza di quel cuscino mi riporta alla mente lei, la sua dolcezza e determinazione e la sensazione di avere tra le braccia qualcosa di soffice e da proteggere.
“Ma…ri…”
“Smettila di mugugnare come un dannato. Se vuoi parlare, fallo, ragazzino”
Sbuffo pesantemente, strappato con violenza da un pensiero così dolce che sembrava iniziare ad assaporare le sfumature del proibito.
Torno a voltarmi verso il soffitto, cercando di capire perché io senta di dover chiedere consiglio a chi continua a paragonare Marinette ad un pezzo di formaggio probabilmente avariato. Devo essere impazzito per affidare i miei chiarimenti a Plagg ma so bene quanto solo lui possa capirmi totalmente. Se parlassi con Nino, dovrei censurare praticamente tutto e, a quel punto, non avrebbe nemmeno più senso discuterne.
Osservo il Kwami della distruzione e l’unica cosa che esce dalle mie labbra è una domanda quanto più strana che sensata.
“Plagg, sei ancora convinto che Marinette sia il mio camembert?”
Non so perché lui continui a ripropormi questa storia e non riesco nemmeno a capire perché io ne stia parlando in uno dei rari momenti di pace e silenzio. Qualcosa, però, mi riporta l’immagine di Plagg che amoreggia con il suo camembert ed una strana sensazione si impossessa di me mentre provo a sostituire le due figure nella mia mente. Lui adora il formaggio, il suo formaggio. Farebbe di tutto per averne un pezzo sempre tra le zampe. Farebbe di tutto per poterlo assaporare ogni istante della sua esistenza. Farebbe di tutto pur di poterselo godere da solo, quasi come se qualcuno potesse davvero volergli togliere dalle zampe quel pezzo bianco giallastro e puzzolente.
Però…
Però, forse, un po’ inizio a comprenderlo.
Negli ultimi giorni o, per meglio dire, nelle ultime settimane, ho sperimentato il desiderio di poter vedere Marinette ogni giorno, ogni istante, non solo tra i banchi di scuola ma anche sul suo terrazzo, in camera sua, sul suo letto, anche sul pavimento, se questo mi avesse portato da lei. Con lei mi sento bene, libero di essere lo stravagante rubacuori sfacciato che, in fondo, vorrei essere anche nella realtà. Per non parlare del fatto che da quando le ho rubato quel bacio, non riesco a smettere di pensare alle sue labbra, alla loro morbidezza, alla sensazione che qualunque particella del mio corpo stesse prendendo fuoco in quel momento.
Sì, forse inizio a capire la somiglianza tra il camembert e Marinette, anche se continuo a preferire il suo profumo dolce alla puzza di questo alimento pieno di buchi.
 
Lo svolazzare incostante di Plagg mi ridesta dai miei pensieri, riportandomi alla domanda stupida che gli ho posto. I suoi occhi si assottigliano leggermente mentre cerca di studiarmi come se non fossi l’Adrien con il quale ha trascorso gli ultimi anni della sua esistenza.
“Ti senti bene?”
“Certo”
Inclina la testa, continuando a guardarmi con quello sguardo indagatore.
“Rispondi alla domanda e basta, Plagg!”
Con ben poca determinazione, lo vedo annuire, leggermente, quasi invisibilmente.
Basta questa piccola conferma a dipingere sul mio volto un sorriso profondo. Marinette. È lei. È il mio camembert. Ne sono sicuro, non potrebbe essere altrimenti.
“Penso tu abbia ragione”
Vedo distintamente il camembert cadere a terra mentre Plagg spalanca la bocca guardandomi sconvolto. In verità penso di essere io quello più confuso dei due. Non si è mai lasciato sfuggire una sola briciola di formaggio ed adesso, per non si sa bene quale motivo, ha lasciato che il suo prezioso formaggio cadesse addirittura a terra. Non che la superficie sia sporca visto la cura con la quale ogni giorno viene pulita dimora Agreste ma, sinceramente, non credo riuscirei a mangiare qualcosa caduto sul pavimento.
“Stai bene?”
Lo vedo riprendersi velocemente e rendersi conto di aver lasciato precipitare ciò che di più importante ha in questo momento. Velocemente recupera il formaggio da terra e lo posa sulla mia scrivania, assicurandogli di tornare quanto prima e scusandosi per l’errore quasi imperdonabile.
Plagg ed il camembert, un amore improbabile.
Quando torna davanti al mio volto, l’aria sconvolta ha lasciato posto ad un aspetto più preoccupato che soddisfatto della mia scoperta.
“Finalmente lo hai capito”
“Ci ho messo un po’”
“Che tu sia lento di comprendonio non è mai stato un mistero”
“Non esagerare, Plagg”
“Da quanto tempo ti sto dicendo le stesse cose?”
“Ho avuto un po’ di pensieri in quest’ultimo periodo, non so se te ne sei reso conto”
I suoi occhi verdi si tingono di qualcosa simile all’indecisione come se stesse provando a non lasciarsi sfuggire un commento di troppo. Questa scena ha dell’inverosimile considerando quanto Plagg sia predisposto a sputare commenti senza preoccuparsi troppo dei sentimenti degli altri.
Più trascorrono i secondi, più la voglia di capire cosa si stia tenendo per sé aumenta. Non sono abituato a dover interpretare i suoi sguardi o le parole non dette.
“Avanti, dimmi cosa ti passa per quella testa da divinità”
Riflette ancora qualche minuto sulle mie parole prima di convincersi a lasciarmi entrare nei suoi pensieri.
“È vero, penso che Marinette sia il tuo camembert ma…”
“Ma?”
Come può esserci un “ma” alla fine di questa storia?
“Ma non so se questo potrà mai essere un grande amore”
“Cosa?!”
Le sue parole lasciano un gusto amaro, annebbiando tutte le produzioni di Hollywood che ormai vagavano nella mia mente.
Plagg sospira arreso dall’evidenza della mia incomprensione e scuote la testa, cercando di ignorare la discussione. Lo vedo voltarsi verso il suo formaggio e pensare intensamente.
“Adrien, vedi quella meraviglia che mi sta aspettando?”
“La vedo e la sento. La sua puzza impesta tutta la camera ed i miei vestiti. Ormai non so nemmeno più cosa inventare per giustificare quell’odore quando esco di casa”
Il suo sguardo si assottiglia, probabilmente in cerca della forza di non distruggere qualche monumento per uccidermi.
“Se non fossi così stupido, non dovrei sprecare il mio tempo a paragonare una bontà simile ad una ragazzina in piena fase ormonale!”
“Plagg!”
“Non provare a negare l’evidenza, Adrien. Sei stupido, non puoi cambiare la realtà”
“Devi continuare ad insultarmi?”
“Se non fossi stupido, non dovrei insultarti”
Torno a sprofondare nel mio cuscino morbido, ignorando quei commenti insulsi che non porteranno da nessuna parte. Che razza di idea malsana chiedere consiglio a lui!
Eppure, mentre i secondi ed i minuti trascorrono, non riesco a non chiedermi a cosa si stesse riferendo Plagg. Perché continua a ricordarmi quanto io sia stupido? Di cosa sta parlando? Soprattutto, perché questo dovrebbe portarmi a non essere felice con Marinette al mio fianco?
I minuti passano veloci mentre io continuo a tormentarmi e quando anche l’ultimo mio neurone decide di prendersi una pausa da tutto quel ragionamento confuso, mi arrendo all’idea di avere un disperato bisogno di confrontarmi con la divinità più irritante di sempre per avere una qualche forma di chiarimento.
 
“Plagg…”
“Cos’altro vuoi, ragazzino?”
Sbuffo pesantemente alzandomi dal letto ed avvicinandomi alla mia scrivania. Una volta seduto sulla sedia, molto meno comoda, invitante ma anche distraente di quel morbido cuscino, tento di riappropriarmi di tutta la pazienza che ho per avere una conversazione pacifica con Plagg.
“Ho bisogno di sapere perché non pensi che possa essere felice con Marinette”
Dopo essersi eclissato per qualche istante, forse rimpiangendo di avermi prestato attenzione, il Kwami decide di rivolgere a me tutta la sua scarsa pazienza.
“Io non penso che tu non possa essere felice con lei, Adrien”
“Allora non capisco”
Plagg incrocia le sue zampe, tentando probabilmente di trovare un modo carino per spiegarmi qualcosa che, a quanto pare, non riesco a comprendere.
“Prova a pensare al tuo comportamento dell’ultimo periodo”
“Il mio comportamento? Ho sbagliato qualcosa?”
“Tutto”
“Sei esagerato, Plagg”
“Dici? Prova a riflettere. Hai detto a Marinette che la consideravi nulla più di una piccola ed inutile fan…” “Non ho mai detto nulla del genere!” “Ma è quello che lei ha capito”
Un breve silenzio mi induce a riflettere all’inizio di tutta questa strana situazione. Mi pare di aver trascorso non so quanto tempo a scusarmi per quella frase detta senza pensare, eppure tutti continuano a rinfacciarmela ogni volta che possono.
“Dopo di che, non solo le hai detto di essere innamorato di un’altra ragazza ma l’hai seguita senza motivo” “Non direi senza motivo. Ero preoccupato per lei” “E non potevi rincorrerla sotto le vesti di Adrien perché avevi già combinato abbastanza disastri” “Non potevo inseguirla perché non mi avrebbe mai voluto al suo fianco”
Plagg perde un solo istante la sua calma apparente, sospirando profondamente prima di ricomporsi con non so bene quale capacità che non ho mai visto in lui.
“L’hai seguita, nei panni di Chat Noir e quando hai capito cosa stesse succedendo hai completamente perso la testa” “Sai che non è vero” “No? Sei passato dalla preoccupazione che lei stesse soffrendo o che si rendesse la vittima perfetta per Papillon al mascherare la tua delusione accusandola di averti mentito mentre si frequentava con il chitarrista depresso. Se questo non significa perdere la testa non so cosa possa essere” “Plagg…” “Sei andato a casa sua per farle sapere che avevi visto tutto, sperando cosa? Che lei ti chiedesse scusa? Hai ottenuto solamente una lavata di capo e confidenze che non avresti dovuto avere”
“Di cosa stai parlando?”
Il suo sguardo si allarga nei miei occhi verdi.
“Ha detto a Chat Noir cose che Adrien non avrebbe mai dovuto sapere. Ti ha spiegato cosa amava di te, cosa l’ha colpita dai primi giorni di scuola, come abbia saputo vedere la tristezza che ti porti dentro. Ti ha detto quanto si sia sentita ferita dal tuo comportamento e quanto abbia sofferto nel vederti accanto a tutte le ragazze che mostravano un briciolo di interesse vero nei tuoi confronti. Secondo te lo avrebbe fatto se avesse saputo chi eri? Ti avrebbe aperto così tanto il suo cuore?”
Rimango impietrito ad ascoltare le parole di Plagg.
Non mi ero reso conto di quanto si fosse davvero sfogata con me, di quanti segreti mi avesse confessato con la maschera addosso. Senza quel costume nero, sono sicuro che non mi avrebbe detto mai nulla.
Un pensiero mi sfiora, veloce e silenzioso, insinuandosi nei miei pensieri e facendomi prendere coscienza di tanti altri momenti durante i quali Marinette si è confidata con me senza averne davvero il desiderio, o, per meglio dire, senza sapere con chi stesse parlando.
Il discorso dei suoi capelli, lasciati lunghi nella speranza di potersi sentire all’altezza di essere accostata a me, come le ragazze che comparivano al mio fianco nelle pubblicità. Le numerose volte in cui tentò di confessarmi i suoi sentimenti, senza riuscirci per colpa della sua troppa timidezza e goffaggine. Come si fosse accorta del mio cambiamento nei suoi confronti mentre cercavo di sembrare più dolce, più gentile e sensibile verso di lei. Il paragone fatto tra come si sentiva accanto a me e come si sentiva tra le braccia di Luka, di quanto fosse diverso ciò che provava.
Tutti piccoli pezzi che, uniti, sembrano dar vita ad un profilo più completo di Marinette, più dolce, più reale, più sofferto ma anche intenso.
“Marinette…”
“Il tuo camembert ha sofferto davvero molto per te, per la tua folle gelosia nei suoi confronti, insensata visto che hai sempre pensato a lei come ad una semplice amica” “Non sapevo di essere geloso di lei” “Certo, altrimenti avresti capito prima di amarla” “Non ho mai detto di amarla” “Non aggravare la tua situazione passando da stupido ad idiota!”
Il suo grido risuona nella stanza, lanciandomi quasi uno schiaffo morale.
“Ammetto di provare qualcosa più di una semplice amicizia, ammetto di tenere molto a lei e di aver capito quasi troppo tardi di essere molto geloso di eventuali sue relazioni con altri ragazzi ma non so se si possa definire amore” “Sei davvero idiota allora” “Plagg…” “Adrien, sei veramente stupido, è normale che tu non riesca a capire certe cose” “Plagg!” “L’hai portata a pensare che la storia con Luka fosse malata!”
Ammetto di aver cercato di separarli sin dall’inizio ma, a mia discolpa, posso dire di non essere riuscito a capire prima quanto potesse darmi fastidio vederla tra le braccia di un altro ragazzo.
“Lo so, ho tentato di girare a mio favore la situazione e l’ho ammesso anche con lei” “Questo non è amore?” “Questa è gelosia” “Questo è desiderare che una ragazza voglia te, solamente te e nessun altro”
Plagg si ricompone velocemente, lasciandomi vedere una parvenza di passione in ciò che dice.
“Se non sei innamorato di lei, perché l’hai baciata?”
 
Quella è la domanda che ha occupato la mia mente negli ultimi giorni, da quando è cambiato tutto, da quando non riesco a smettere di pensare a lei ed al sapore dolce che aveva sulle labbra. Ho trascorso ore intere a cercare di capire il motivo dietro quel gesto, fino ad arrivare ad una sola conclusione. Ho sempre pensato che Marinette fosse una ragazza molto carina, dolce, premurosa e gentile ma qualcosa è cambiato, in lei ed in me. Forse sono proprio tutti quei piccoli segreti che ha rivelato a Chat Noir ad avermi attratto sempre più. Vederla soffrire, vederla imbarazzata, vederla ridere, vederla decisa e determinata a dimenticarsi di me, a riprendere in mano la sua vita, sentire le sue confidenze su Luka, su di me. Sono cose piccole ma che mi hanno portato a pensare a lei sempre più, iniziando a provare una strana attrazione anche verso i gesti più sciocchi.
Fin troppe volte mi sono sentito in imbarazzo mentre si legava i capelli e non per il gesto in sé, quanto per quelle magliette corte che ha iniziato solamente adesso ad indossare e che sembravano accorciarsi sempre più. Se ci ripenso, ancora vedo quel tessuto nero coprire appena il suo corpo, lasciando quasi intravedere la linea dello stesso colore del suo intimo. Non potrò mai dimenticare quel momento, forse perché era la prima volta che una ragazza, davanti a me, si sentiva così a proprio agio da non preoccuparsi minimamente di ciò che indossava o forse semplicemente perché non avevo mai avuto l’occasione di vedere, anche se solo in piccola parte, un indumento femminile così personale.
Non mi sono mai interessato di certe cose, anzi, quando i miei colleghi modelli cercavano di sbirciare i camerini femminili io mi voltavo sempre dalla parte opposta. Sono un ragazzo, ho degli ormoni anche io ma ho sempre pensato che non fosse giusto privare qualcuno della sua privacy, così come io sono sempre stato costretto a fare in casa mia.
Cerco di scacciare certi pensieri dalla mia mente ma ormai sembra che la mia testa abbia preso una propria direzione facendomi rivedere molti altri ricordi. Lei che allunga le braccia verso il cielo cercando di godersi i raggi del sole e lasciando scoperto tutto l’addome ed io che con la vista acuta di Chat Noir riesco a scorgere la linea del suo intimo di un colore pastello e ancora, lei che si affaccia sulla terrazza con una maglietta ed un cardigan che non coprono poi molto più delle altre volte ed io che mi costringo a non guardarla per evitare certe sensazioni. Sensazioni che, prima di quel momento, non avevo mai provato se non in rare, davvero molto rare, occasioni con Ladybug. Ricordo bene quel calore sul volto, i battiti del cuore accelerati e quella sensazione strana a livello dello stomaco, come se mi si fosse fermato un uragano.
Ho pensato e ripensato al motivo per cui sono sempre scappato da quei momenti, cercando di ignorarli ma più provavo a capire cosa mi stesse succedendo, più vedevo Plagg sorridere saccente, come se lui già conoscesse ogni risposta. Mi sono sempre ben visto dal chiedergli spiegazioni, fin quando, dopo la centesima ora trascorsa a pensare a lei, ho iniziato a sentire una strana sensazione di calore diffondersi nel mio corpo, lasciandomi quasi stordito mentre scoprivo quanto stupido fossi stato.
In quel preciso momento, capii che non era solo amicizia che mi legava a Marinette, era qualcosa di più profondo, che mi spingeva a provare imbarazzo ed interesse verso di lei.
Ero attratto da Marinette.
A scuola non riuscivo a non guardarla, sperando che non mi odiasse, che tornasse a sorridermi e ad essere la ragazza gentile che avevo conosciuto anni prima. Sempre più spesso provavo a parlarle, con qualunque scusa mi venisse in mente, solo per provare a ricucire un qualche rapporto tra noi. La seguivo ovunque, cercando di capire perché mi sembrasse sempre più triste e stanca ma ogni volta che provavo a chiederle come si sentisse, lei alzava un muro per dividerci.
A lavoro non riuscivo a concentrarmi, tanto che Natalie si è vista costretta a liberarmi di alcuni impegni, cercando di lasciarmi un po’ di tempo per riposare. Quei momenti, però, io li trascorrevo a pensare a lei fin quando non mi decidevo ad andare a trovarla a casa. La cercavo, volevo vederla, stare assieme a lei anche solo per qualche minuto, sapendo che con Chat Noir sarebbe stata sé stessa, dolce, tenera e simpatica. Quando però la vedevo con certi vestiti addosso, tornavo a scappare, vergognandomi dell’imbarazzo che provavo non per la mia vista più precisa di molti altri ragazzi ma di quello che iniziavo a voler vedere, qualcosa che non avrei mai accettato di poter osservare senza che fosse lei a volerlo.
Quando rientravo a casa, i pensieri tornavano a Marinette, a tutto ciò che la circondava ed ai fantasmi delle persone che, prima di me, avevano avuto il privilegio di avere le sue attenzioni. Mi resi conto di provare una tremenda gelosia nei confronti di Luka, di tutti quei baci che non potevo nemmeno immaginare avessero avuto luogo, delle sue mani su di lei, delle carezze di Marinette su di lui, dei momenti rubati solo per loro, di tutto ciò che poteva esser successo o meno tra loro.
Per quanto mi sentissi un completo stupido, iniziai anche ad odiare me stesso, ricordandomi che, se mi fossi reso conto prima di quanto tenevo a lei, avrei potuto essere il primo e forse anche l’ultimo ad ottenere il suo amore. Ero stato così cieco, così sciocco, così profondamente incentrato a pensare a Ladybug da non accorgermi che, mentre l’eroina non mi considerava che un compagno di battaglie, Marinette mi avrebbe reso mille volte più felice.
 
Quando poi, quel pomeriggio, decisi di tornare a farle visita nonostante i lividi lievi che ancora mi macchiavano la trasformazione, la trovai decisamente differente. Era più distante, meno allegra, quasi ferita o, addirittura, arrabbiata.
“Ti sei comportato in modo strano tutta la settimana”
“Ti sei inventato una marea di scuse solamente per non rimanere qui con me”
Se solo avesse saputo quanto avrei voluto passare con lei molto più tempo, forse avrebbe capito. O forse no. In fondo, era vero, ero scappato da lei per giorni interi inventandomi impegni sempre più sciocchi.
“Se ho fatto qualcosa di sbagliato devi dirmelo!”
“Cosa vieni a fare qui se poi non vuoi nemmeno passare del tempo con me?!”
Si era convinta di aver sbagliato qualcosa, di essere lei la causa delle mie sparizioni e, per quanto questo fosse vero, non era riuscita a capire che lei non aveva fatto nessun errore. Era tutta colpa mia. Ero io quello sbagliato, sbagliato perché volevo stare con lei come mai prima ma allo stesso tempo non riuscivo ad accettare quello che provavo ed a convivere con quello che le avevo fatto e con quello che era successo tra lei e Luka.
“Non è qualcosa che hai fatto tu!”
“E allora cosa?! Cosa diamine è...”
La situazione prese una piega che mai mi sarei immaginato potesse assumere. La vedevo così arrabbiata, così delusa, così preoccupata di essere lei la causa di tutto che non riuscii a spiegarle cosa stesse succedendo. In realtà, ancora non ero riuscito a spiegare il tutto perfettamente nemmeno a me. Quello che riuscii a fare fu solo provare a rimediare a giornate tagliate senza spiegazioni, nell’unico modo che trovai, cercando di farle capire quanto tenessi a lei e quanto non fosse lei il problema.
Non ero mai stato così coraggioso in vita mia. Non avevo mai avuto intenzione di avere un rapporto così stretto con qualcuno ma lei era diversa. Lei era Marinette e mentre la vedevo intenta ad impazzire, pensavo solamente a quanto fosse bella e premurosa.
Durò poco, un contatto leggero e timido. Avevo paura che si scansasse, che mi mollasse un ceffone urlandomi contro qualunque cosa le passasse per la testa ma più i secondi passavano, più mi rendevo conto che sembrava che lei stesse aspettando quel bacio da tempo. Marinette sembrava si stesse rilassando, quasi godendosi quel momento.
Ero felice, tremendamente felice di essere riuscito a fare un passo avanti nei suoi confronti ma quel sentimento venne oscurato velocemente. Ricordai di quando la vidi tra le braccia di Luka, del sentimento disperato che sembravano condividere, della passione che li univa e che li avrebbe probabilmente portati ad innamorarsi follemente, un giorno. Fu quello il momento in cui capii che lei non era pronta e che io stavo premendo verso una direzione ancora acerba.
 
“Adrien”
La voce di Plagg mi riporta al presente, qualcosa del quale mi ero totalmente dimenticato.
“Vuoi rispondere?”
Sospiro lentamente, focalizzandomi su quel bacio ed assumendo i tratti di Chat Noir. Un sorriso si allarga sul mio volto, deciso e malizioso.
“Perché era troppo invitante”
Plagg si alza furioso, avvicinandosi velocemente al mio volto.
“Ti sembra un buon motivo? Sei veramente stupido, Adrien!” “Scherzavo!”
“A volte mi chiedo perché perdo tempo con te quando avrei di meglio da fare”
“Di meglio? Ti riferisci al tuo prezioso camembert?” “Ovvio!”
“Non cambierai mai”
Plagg torna a sedersi sulla scrivania, in maniera molto meno composta di prima. Il suo volto sembra adombrato da qualcosa, molto simile al nervoso.
“Hai intenzione di rispondermi?”
Riprendo a pensare alla sua domanda e la risposta mi balza in mente senza problemi ma ammetterlo a Plagg diventa una sfida. Mi servono diversi minuti di silenzio per trovare il modo giusto per trasformare in parole i miei sentimenti. Imbarazzato ed a disagio, mi porto una mano a scompigliare la chioma bionda.
“Forse hai ragione, sono innamorato di Marinette”
“Certo che ho ragione”
Il solito saccente.
“Anche lei prova qualcosa per me, però, lo so”
“Certo”
“Quindi potremmo essere felici assieme”
In fondo, era questo che volevo sapere. Capire che, davvero, noi due potremmo essere felici nonostante tutto quello che abbiamo affrontato.
“Non lo so”
“Perché?!”
Per quale motivo non riesce a supportarmi in tutta questa situazione incasinata?
“Perché hai giocato molto male le tue carte, Adrien”
“Cosa significa?”
Plagg svolazza verso la scrivania, afferrando nuovamente il suo pezzo di camembert.
“Plagg?” “Lasciami mangiare in pace”
Perché tutte le discussioni con lui finiscono in questo modo?
Lo lascio al suo amoreggiare con quel formaggio mentre mi avvicino allo schermo del televisore. Forse distrarmi un po’ mi aiuterà a capire perché Plagg sia così dubbioso su me e Marinette.
“Accetta un consiglio, Adrien. Non tirare troppo la corda con lei o finirai col ferire la faccia o il sedere di un modello!”
“Che razza di consiglio”
Che significa?
 
Ho trascorso il pomeriggio e la sera a riflettere sui sentimenti che penso davvero di provare per Marinette, senza contare la notte invasa da sogni tra i più colorati. Marinette che piange tra le mie braccia. Marinette che si abbandona ad una passione improvvisa con Luka in qualche stanza di qualche bar. Marinette che mi accusa di averle spezzato il cuore. Marinette che, però, si apre con me. Marinette che si lascia confortare da me. Marinette che sorride. Marinette che si preoccupa per me. Marinette che mi urla addosso. Marinette che si avvicina sempre più a me. Ed io che la bacio. Il suo sapore, il suo profumo, le sue labbra dolci e morbidi, i suoi capelli che mi solleticano.
Mi sono svegliato in una pozza di sudore nonostante l’aria condizionata in tutta casa fosse accesa. Quello che più mi ha colpito è il desiderio che mi è rimasto addosso anche dopo essermi alzato dal letto. La voglia di stringerla a me, la voglia di sentire di nuovo le sue labbra, la voglia di sapere se anche per lei è stato bello quanto lo è stato per me, la voglia di accarezzarla, di sentire sotto le mie mani la sua pelle candida e soffice, la voglia di farmi solleticare dai suoi capelli, la voglia di sentire le sue labbra che si muovono sulle mie e le mie che lentamente assaggiano il suo collo assaporando il suo dolcissimo profumo.
Inutile dire che mi sono perso letteralmente nel mio stesso bagno. Non riuscivo a trovare il sapone, non riuscivo a trovare il dentifricio, non riuscivo a vedere oltre il mio naso. Se questo è l’effetto dell’amore, allora sono condannato a sentirmi come se non riuscissi più a collegare mente e corpo. Probabilmente è la stessa cosa che provava Marinette quando mi vedeva con quegli occhi pieni di sentimento. Forse è per questo che diventava costantemente maldestra, rovesciando tutto quello che incontrava sul suo cammino, rischiando anche di farsi del male lei stessa.
Ho impiegato venti minuti ad uscire dal bagno della mia stanza, Mentre mi vestivo ed afferravo la borsa Plagg mi osservava allibito. Non sono mai stato un tipo molto loquace di mattina ma non era mai capitato che non gli rivolgessi la parola, lasciandomi assorbire completamente dai miei pensieri.
“Il camembert ti ha mangiato la lingua?”
Il modo strano che ha di paragonare Marinette al suo formaggio preferito mi riporta alla mente la sua immagine e non riesco a non nascondere un certo rossore nel pensare a quanto avrei accettato di buon grado di farmi zittire da lei ritrovandomi il suo volto sul mio.
“Adrien?”
Un mugugno confuso esce dalle mie labbra attirando sempre più la sua attenzione. Mentre osservo Plagg, l’immagine di Marinette continua a vivere nella mia mente ritrovandola nuovamente coperta da quelle magliette corte che poco lasciano all’immaginazione. Un sorriso sghembo nasce sul mio volto, uno di quelli che, solitamente, mi vincono solo se mi trovo vestito di nero con coda ed orecchie da gatto.
“A cosa stai pensando, si può sapere?”
Uno sbuffo felice mi abbandona, attirando sempre più la curiosità del Kwami. La sua espressione passa dall’interesse alla perplessità per poi fissarsi su uno sguardo sconvolto.
“Quali volgarità sta partorendo il tuo cervello da gatto maniaco?!”
“Cosa?!”
“Conosco quella faccia, ragazzino!”
Con il viso ormai vinto da un rossore acceso, cerco di scacciare l’immagine dolce di Marinette, sperando che questo serva a confondere anche i miei desideri.
“Non mentirmi, Adrien! Cosa diamine stava elaborando la tua testa?”
“Eh? Ma… Nulla, figurati”
“Non credere che non sappia a cosa pensa un essere umano maschio e giovane!”
“Non so di cosa parli, Plagg”
Velocemente afferro la maniglia della porta della mia stanza, abbandonando quel luogo ormai vinto da un’atmosfera troppo pesante e le urla di Plagg sui miei ormoni impazziti. Scendendo le scale, il mio buon umore inizia a vacillare quando vedo mio padre, per l’ennesima volta, uscire di casa lanciandomi solamente un’occhiata veloce prima di richiudere la porta d’ingresso.
Tutti i pensieri felici svaniscono mentre torno alla mia realtà fredda e solitaria.
Dopo aver mangiato qualcosa di veloce per colazione, cerco di recuperare un po’ del mio buon umore pensando che a breve finalmente potrò rivedere la persona che sta rischiando davvero di farmi impazzire.
 
Seduta al suo posto, accanto ad Alya, la ritrovo più bella che mai. Probabilmente è solo l’effetto della consapevolezza di essere innamorato di lei a farmela apparire incredibilmente attraente ma devo ammettere che anche con colori scuri e vestiti pesanti, Marinette sia sempre meravigliosa. Sembra che ogni indumento riesca ad esaltarne la silhouette e la bellezza.
Perso nei miei pensieri, non presto la minima attenzione agli insegnanti che si susseguono, lanciando, di tanto in tanto, occhiate sempre meno furtive a lei. Una qualche conversazione sui vestiti di Marinette attira la mia attenzione sempre più su di lei, concentrandola sul suo volto, sui suoi occhi azzurri e profondi e, soprattutto, sulla sua pelle leggermente tinta di un colore più scuro del normale e sulle sue labbra velate di un rosso mattone più intenso del solito.
“Smettila di fissarmi”
La vedo mimare queste parole e la mia mente ritorna a pensare a quanto sarebbe bello avere le sue labbra più vicine.
Scottato da quel pensiero, da quel ricordo e da quel desiderio, cerco di tornare a concentrarmi sul contesto, rivolgendomi verso l’insegnante ma nulla sembra servire.
Per mia fortuna la pausa pranzo prende il posto delle lezioni e, mentre osservo i miei compagni di classe uscire velocemente diretti alla mensa, sento i suoi sospiri riempire l’aria. Mi concedo solo un attimo per voltarmi a guardarla e la trovo distesa sul bancone, intenta a mugugnare qualcosa di incomprensibile.
Il mio udito, ormai abituato ai poteri concessi da Plagg, riesce, comunque a percepire distintamente una frase che mi lascia alquanto perplesso.
“Mi farai impazzire, Chat”
E così, anche lei pensa a me. Lo sapevo, sapevo provasse qualcosa per me, ne ero sicuro!
Un sorriso saccente dipinge il mio volto, contento di avere un peso così significativo sulla sua mente. Un pensiero quasi perverso mi vince, dando vita ad un gioco pericoloso per me ma incredibilmente divertente a cui non riesco a rinunciare.
“Chi è che ti farà impazzire?”
La vedo scattare sul posto, con la paura di essere stata scoperta in un momento di debolezza.
“Marinette?”
Arresasi al fatto di avermi come ascoltatore dei suoi pensieri più intimi, si lascia ricadere sul bancone, allungando un braccio oltre la superficie in legno.
Il mio umore passa dalla felicità ricca di malizia alla preoccupazione mista ad un terrore che mai prima mi aveva colto.
Marinette tenta di ritirare velocemente il braccio ma non abbastanza per sfuggire alla mia presa.
Per quanto sentire il suo corpo sotto la mia mano sia eccitante, ciò che vedo raffredda ogni mio pensiero, portandomi in un baratro di paura folle.
“Cosa significa?”
“Niente”
Niente? Come può dirlo? Come possono non rappresentare nulla una moltitudine di tagli all’altezza del polso?! Che diavolo è successo dall’ultima volta che l’ho vista?!
Sono sicuro non avesse nemmeno un graffio quando l’ho lasciata su quel balcone, ne sono certo! Cosa ha fatto?!
I miei pensieri si tingono di dolore e terrore profondi mentre vibrano verso una scena orribile e paralizzante.
È colpa mia. È tutta colpa mia. Marinette non avrebbe mai pensato a certe cose se io non avessi giocato così tanto con i suoi sentimenti! Quanto posso essere stato stupido nei suoi confronti? Come potrò mai perdonarmi o farmi perdonare quando il suo tentativo dipende interamente dai miei capricci nel non voler vedere i sentimenti che provo per lei?!
“Marinette, non fare stupidaggini”
Non per me, non ha senso, non è giusto e non lo permetterò!
“Io davvero non capisco”
“Farsi del male non è mai la soluzione. Nemmeno per questioni di cuore”
“Cosa…”
“Promettimi che non farai mai più una stupidaggine simile!”
Promettimelo.
“No, aspetta un attimo”
“Promettimelo!”
Fallo! Fallo e…
“Adrien…”
“Promettilo!”
Fallo, e sparirò. Te lo giuro, non mi vedrai mai più.
“Piantala con queste scemenze!”
Un attimo, un solo attimo basta per farmi sentire nuovamente i battiti del cuore risuonare dentro di me.
“Maledizione, ci mancava solo questa”
“Marinette”
Che io… Che io abbia frainteso? Che io abbia esagerato? Forse…
“Ascoltami un attimo, Adrien”
“Cosa ti è successo?”
Solo adesso glielo chiedo? Non potevo pensarci prima? Non potevo… Ragionare?
“B-beh e-ecco io sono solo inciampata”
“E sei finita in un cespuglio?”
“Eh? Ah, c-certo, s-sì. Giusto”
Il mio respiro si calma, certo che una sua bugia non suonerebbe così probabile quanto una caduta in un miscuglio di rami e foglie. Come ho potuto pensare anche solo per un momento che lei, Marinette, potesse provare a… Non voglio nemmeno dirlo. È troppo stupido. Non è da lei. Non lo farebbe mai. Vero?
“Non riuscirei mai a farmi del male coscientemente”
Poche parole che, però, riescono a placare la mia fame di spiegazione.
Forse Plagg a ragione a ripetermelo fino allo sfinimento. Sono davvero stupido.
“Scusa Marinette. Non avrei dovuto pensare a certe cose”
“Infatti”
L’ansia inizia a svanire, lasciando posto ad una strana sensazione di pesantezza. L’aria si carica di tensione mentre nessuno dei due riesce a mettere distanza dall’altro. Posso sentire il suo desiderio di andarsene, di uscire da questa stanza ma più la guardo, più i suoi occhi sembrano scrutarmi quasi ipnotizzata.
Sul mio volto compare nuovamente quel ghigno malizioso che sono sicuro coinvolge ogni tratto del mio volto.
Un pensiero mi torna alla mente, rendendomi nuovamente curioso e sicuro di me.
“Quindi…”
“Quindi?”
“Chi è che ti sta facendo impazzire?”
La tensione appena provata lascia definitivamente Marinette che porta una mano al suo volto in cerca, forse, di una scusa che non suoni tale. Sarò perfido ma non vedo l’ora di scoprire cosa si inventerà per non ammettere che stava pensando a me.
“Nessuno”
Non ci crede nemmeno lei e sicuramente non ci crede la sua pelle, ormai di un bel rosso acceso.
“Questo nessuno riesce a farti arrossire, però”
Il silenzio ci avvolge nuovamente mentre io mi rendo appena conto di quanto il mio lato da Chat Noir riesca a venire a galla con troppa facilità quando sono con lei.
“Posso sapere chi è che ti dà tanti pensieri?”
“N-no! C-cioè, nessuno, davvero. Figurati”
La vedo scappare verso la porta della stanza mente un solo pensiero aleggia nella mia mente.
“Forse non è troppo presto”
Forse non è presto per dare una possibilità a noi, anche se so che i fantasmi di Luka e di me stesso in versione civile ancora affollano la sua mente. Forse davvero potrei essere felice con lei senza dover aspettare troppo tempo.
Questo, però, non implica che lei abbia accettato ciò che prova per me. Forse non è presto per i fantasmi ma è sicuramente presto per i suoi sentimenti.
 
“Ho bisogno di tempo, Chat”
Ho ripensato tutta la sera a questa frase e, per quanto io possa averle detto di capire cosa significhi, non ne ho la minima idea.
Ha bisogno di tempo? Per cosa? Per riflettere, immagino. Ma riguardo a cosa? A me? A me come Adrien? A me come Chat Noir? A noi? A lei? A cosa prova per me? A cosa prova per noi?
“Che mal di testa…”
“Te lo meriti”
“Non iniziare, Plagg, per favore”
“Cosa pensavi di ottenere andando da lei?!”
“Ma cosa ne so… Non ho pensato”
“È quello il tuo problema! Non pensi!”
“Adesso smettila, stai esagerando, Plagg”
“Sto esagerando?! Sto esagerando?! Pensavi davvero di poter andare da lei, dopo averla baciata ed abbandonata ai suoi complessi da ragazzina emotivamente fragile e poi tornare come se tutto fosse normale?!”
“Plagg…”
A volte sa essere davvero pesante. Capisco che si preoccupi per Marinette ma quello che non riesco a comprendere è perché sia così tanto in apprensione per lei. Sì, Marinette rischia di avere le idee molto confuse, di essere più maldestra del solito e di farsi male inciampando in qualunque cosa le capiti per strada. In fondo, però, sono io quello che rischia di finire affettato o ucciso dai nemici di Parigi con la confusione che ho in testa.
Perché è così preoccupato per lei mentre di me sembra quasi non interessarsi?
Ho davvero avuto in dono un Kwami strano, non c’è che dire.
Cadiamo in un silenzio carico di tensioni. Da parte mia verso una situazione che non capisco, verso il bisogno di Marinette di tenermi distante da sé e verso i continui rimproveri di Plagg. Da parte sua per i miei continui errori, a sua detta.
Dopo minuti della durata di ore intere, la confusione dei miei pensieri mi spinge nuovamente a cercare l’aiuto di Plagg. Ormai sembra che io abbia iniziato ad appoggiarmi a lui in tutto e per tutto.
“Plagg, cosa dovrei fare adesso?”
“Niente”
“Ma Plagg…”
“Evita di chiedermi consigli che poi non ascolterai, ragazzino”
Plagg sta diventando sempre più strano ed io ormai non so più dire quale sia il motivo. So quanto lui sia arrabbiato con me per la situazione creatasi con Marinette ma non capisco perché, invece di aiutarmi, si ostini ad essere così scorbutico.
 
Il giorno seguente mi riserva una sorpresa particolare.
Parlando del più e del meno, Nino ritorna su un argomento ben noto. Sapere quanto Marinette si sia allontanata da Alya mi fa sentire in colpa più di quanto non mi sia mai sentito. Nino soffre assieme alla sua ragazza ed io con loro perché, che io voglia accettarlo o meno, è tutta colpa mia. Se non mi fossi comportato da bambino immaturo ed egoista, Alya non mi avrebbe fermato fuori dai bagni per spingermi a parlare con Marinette e lei non avrebbe sentito la conversazione che ha dato vita a tutta questa situazione.
Spinto dalla curiosità, assecondo i discorsi di Nino che mi racconta tutto quello che ha vissuto in questi anni assieme ai compagni di classe nel tentativo di spingere la corvina tra le mie braccia. Conoscevo già parte di ciò che mi ha detto ma la maggioranza sono fatti a me sconosciuti.
Marinette ha provato a confessarmi i suoi sentimenti così tante volte da farmi sentire un completo stupido per non aver capito prima quanto fosse reale il suo amore. Come ho potuto pensare che fosse il semplice affetto di un’amica che ammira il mio lavoro? Come ho potuto non capire tutti i momenti ritagliati per noi? Come ho fatto a non accorgermi di quanto lei stesse usando tutto il suo cuore in quelle situazioni?
Ha ragione Plagg, ha completamente ragione. Sono stupido. Sono completamente stupido.
Davanti alla porta del bagno, incontro la persona che ormai sta tormentando i miei pensieri da giorni. La sua bellezza mi ricorda di quanto io abbia sprecato forse la migliore delle mie opportunità per essere felice. È in quel momento che sento di doverle delle scuse.
“Hai già sofferto abbastanza per me, non meriti tutto questo, Marinette. Mi dispiace, davvero”
 
Come tutte le sere da quando ha rifiutato di parlarmi, mi ritrovo sul comignolo di casa sua. In attesa che lei esca o, nel peggiore dei casi, del buio che mi permetta di tornare a casa senza che nessuno veda la mia espressione triste.
Ammetto di aver passato la giornata a pensare a come possa sentirsi lei e più mi ponevo questa domanda, più mi interessava capire cosa pensasse di Chat Noir e meno di Adrien.
Ho capito, ormai, che con Adrien i rapporti si possono limitare solamente ad un flebile saluto educato ma con Chat Noir lei sembra più aperta, più serena, più tranquilla e forse più felice ed ormai quello che conta davvero per me è che lei sia felice. Nonostante Plagg continui a dire che non pensa ci possa essere un amore da film tra noi, io voglio che lei stia bene e se questo significa limitare il mio rapporto a metà della mia persona, così sia. Dopo averle spezzato il cuore, dopo averla spinta tra le braccia di un altro, dopo averla costretta a sentirsi inadeguata a tutto, posso solo concentrarmi sul renderla felice per quel che posso fare. Che questo necessiti la mia presenza in quanto Chat Noir può solo farmi piacere e, finché vorrà, io sarò qui per lei e per tutto ciò che desidererà da me.
Prima, però, devo accertarmi che lei sia davvero innamorata di me e che questa situazione non sia solo una conseguenza del mio comportamento degli ultimi tempi. Solo se Marinette davvero dimostrerà di volermi al suo fianco, potrò continuare a sperare che la sua felicità coincida con la mia. In caso contrario, lascerò che lei possa trovare la sua strada. Anche se dovesse significare spingerla tra le braccia di qualcun altro. Anche se dovesse significare spingerla verso Luka e lasciarla andare.
 
Una luce flebile riscalda il buio della notte quando Marinette lascia la sua stanza per occupare la terrazza.
In silenzio, mi godo questi piccoli momenti in cui il suo volto vaga da un tetto all’altro. La sua figura è coperta più del solito e non sono sicuro che possa essere una cosa negativa. Se devo rimanere concentrato sul discorso da affrontare, non posso sicuramente farmi distrarre così tanto dal suo corpo.
“Cerchi qualcuno?”
La vedo sobbalzare, forse colta alla sprovvista dalla mia voce.
Avvicinarmi a lei diventa sempre più difficile, nonostante siano passate solo poche ore dall’ultima volta che l’ho vista.
Il suo sguardo vaga sul mio volto, prima di ritrovare qualcosa di interessante sul pavimento della terrazza. Non deve essere facile per lei affrontare questo argomento, così come non è facile per me sentirla così distante.
“Possiamo parlarne?”
Seduti sulla sdraio, la tensione inizia a prender sempre più spazio tra noi.
“Come stai?”
“Sono stata meglio”
La sua tenerezza è contagiosa. Anche quando è arrabbiata, triste o preoccupata, riesce sempre a trovare il modo di alleggerire l’atmosfera.
“Seriamente Marinette, stai bene?”
Annuisce debolmente, lasciandomi capire quanto in realtà sia confusa, proprio come lo ero io.
“Mari io… Non so da dove iniziare”
“Inizia col dirmi perché”
“Dritta al punto”
“Ci ho pensato molto”
“Lo so”
Lo so. L’ho capito. Troppo tardi, ma l’ho capito. Ho capito che il tuo volermi a distanza era un modo per capire cosa stessi provando e come ti avesse fatta sentire quel bacio. Ho capito quanta confusione avessi in mente e come stare da sola ti potesse essere d’aiuto. Ho capito, troppo tardi, quanto potessi essere arrabbiata con me.
“Voglio sapere perché l’hai fatto… Visto che non doveva succedere”
Il tono spiccato dell’ultima parte della frase mi porta a capire un ultimo tassello.
Probabilmente non è il bacio in sé ad averti sconvolta, probabilmente non è il gesto o il fatto di essere sparito subito dopo ma quello che ti ho detto. Questo mi porta a sperare che, in fondo, quel bacio ti sia piaciuto.
Mentre il suo viso assume varie tonalità di rosso, mi distendo sulla sdraio, appoggiando la testa sulle sue gambe. La sua pelle sembra scottare sempre più, calda ed avvolgente dal profumo inebriante. Quasi mi dimentico di ciò che mi circonda o della situazione in cui mi trovo.
Quasi.
“Chat, ho bisogno che tu mi dia delle risposte”
“Pensavo fossi arrabbiata con me”
“Lo sono”
Un sorriso felice mi avvolge come calde braccia.
“Sì ma per i motivi sbagliati”
Capire il vero motivo per il quale sei arrabbiata con me, mi lascia con il desiderio di risentirti così vicina. Senza nemmeno accorgermene mi alzo, trovandomi il suo volto caldo a pochi centimetri dal mio. Basterebbe così poco per sentire di nuovo le tue labbra sulle mie, eppure, non so con quale forza di volontà, resisto a quell’impulso. Ti devo delle risposte, ti devo un po’ di sincerità, ti devo del tempo per capire se davvero posso renderti felice e se davvero vuoi che sia io a darti le attenzioni che meriti.
“Dovresti essere arrabbiata perché ho continuato a scappare da te per giorni, dovresti essere arrabbiata perché ti ho sempre spinta ad allontanarti da Luka, dovresti essere arrabbiata perché ho continuato a prendere le difese di Adrien mentre sembravi odiarlo con tutta te stessa, dovresti essere arrabbiata perché non ti ho mai detto perché mi sono comportato in questo modo e, soprattutto, dovresti essere arrabbiata perché ti ho baciata senza nemmeno aspettare che lo volessi anche tu. Invece sembri essere arrabbiata perché, dopo averti baciata, ti ho detto che non sarebbe dovuto succedere”
“Non… Io non… Capisco”
“Sto cercando di dirti che dovresti essere arrabbiata perché in queste ultime settimane non mi sono comportato da amico con te. Invece ti sei arrabbiata per l’unica cosa da vero amico che ho fatto”
La sua espressione confusa è talmente dolce che resistere diventa sempre più complicato.
“Che significa?”
“Che non mi piaceva saperti con Luka”
Penso sia quanto di più simile ad una dichiarazione d’amore io riesca a fare in questo momento e non perché non abbia mai sbandierato il mio amore per Ladybug ma perché Marinette riesce a rendermi impacciato, dolce, romantico e malizioso al tempo stesso.
“Mi avevi detto che non era giusto che io lo usassi, conoscendo i suoi sentimenti”
“In parte era così”
“E qual è l’altra parte della verità?”
“Che non volevo che stessi con lui”
“Per non ferirlo”
È così carina quando non capisce cosa viene sottinteso nelle frasi. È dolce, è timida, quasi immatura ma assolutamente perfetta in tutto ciò.
“Non proprio. Non mi è mai importato molto di lui, semplicemente non volevo che potessi innamorarti di lui”
“E perché?”
“Perché non credo potrei sopportare di saperti innamorata di qualcun altro”
No, sono sicuro che non lo sopporterei. Potrei farmene una ragione solo se questo significasse darti una possibilità migliore per essere felice.
“Non è possibile”
Il suo volto riporta un’espressione sconvolta, quasi come se non riuscisse a trovare il modo di credere alle mie parole o al loro significato.
“Sei tremendamente carina quando ti imbarazzi”
“I-io N-non sono…”
La mia mano scivola sulla sua pelle, sfiorando il suo volto fino a soffermarsi sulle sue labbra rosee. Quanto vorrei assaggiare un’altra volta. Sentire il loro sapore, il calore della sua pelle, il profumo dolce che ha.
“Perché hai detto quella frase?"
I miei pensieri vengono interrotti quasi bruscamente per ritornare in quella realtà dove, dopo averle confessato i miei sentimenti, quello che riesce a far lei è pormi una domanda dalle sfumature accusatorie.
“Perché è vero, ma penso di essermi spiegato nel peggiore dei modi. Sai, in quel momento non ho ragionato bene su cosa avresti capito tu, ero occupato a pensare ad altro”
Nonostante tenti di alleggerire l’atmosfera, sento il suo risentimento per quelle parole aumentare sempre più.
“Non doveva succedere”
Perché cavolo mi sono lasciato sfuggire una frase tanto stupida?
“Non volevo dire che non doveva succedere”
“Ma lo hai fatto!”
“Marinette, non volevo dire che non doveva succedere ma che non doveva succedere in quel momento”
“Non cambia molto”
“Cambia tutto”
La sua frustrazione raggiunge livelli incredibili mentre la vedo alzarsi ed iniziare a vagare per la terrazza come se stesse sfuggendo da qualcosa di tremendamente irritante.
“Non pensare che io non lo volessi. Solo non mi ero reso conto di volerlo così tanto finché non ti ho baciata”
“Ma allora perché, non capisco”
“Perché non era il momento adatto. Tu eri arrabbiata con me, io ero ferito e…”
“E?”
“E sono sicuro che tu non sia innamorata di me”
Un mugugno incomprensibile interrompe il mio discorso lasciandomi uno spiraglio a cui aggrapparmi per sperare che lei sappia, in realtà, cosa prova per me.
“Quello che voglio dire è che non penso tu sia innamorata SOLO di me"
"Smettila di giocare con le parole! Finirai col farmi impazzire!"
Il ricordo di quando le era scappato tra i banchi di scuola ritorna prepotente in me, facendomi sorridere e lasciando riaffiorare la parte di Chat Noir che più adoro.
“Io so che provi qualcosa per me”
“Come siamo sicuri di noi stessi!”
“Vorresti negarlo?”
Chi tace acconsente, dicevano.
“Il problema è che sono sicuro che tu stia ancora pensando a qualcun altro”
“E a chi?”
Poso un dolce bacio sulla mano della mia principessa, apprezzando la sua ingenuità e spontaneità.
In fondo, è proprio alle domande più impreviste che mentire diventa difficile e lei ha appena affermato di pensare solo a me.
“Bella risposta, principessa ma sappiamo entrambi quanto poco tempo sia passato da quando la tua stanza era piena di foto di Adrien ed ancor meno da quando ti divertivi con il chitarrista”
“Cosa c’entrano adesso loro due? Non stavamo parlando di… Noi?”
“Mi piace che tu possa pensare ad un noi”
Noi. Una sillaba, tre lettere. Qualcosa di potente ed indescrivibile. Perfetto. Anche la perfezione, però, può avere dei punti ciechi.
“Per quanto io desideri davvero un noi, è ancora troppo presto. Nella tua mente ci sono ancora loro ed io lo so, l'ho sempre saputo"
“Come puoi essere tanto sicuro che io pensi ancora a loro?”
“Lo so”
“Potrei dire lo stesso di te”
“Di me?”
“Fino a cinque minuti fa urlavi il tuo grande amore per Ladybug. Non puoi aver cancellato certi sentimenti così velocemente”
“Ladybug non ha mai ricambiato i miei sentimenti”
“Nemmeno Adrien i miei”
Se solo sapessi quanto sei lontana dalla verità, Marinette.
“Lei non mi ama e, nelle ultime settimane ho capito che, nonostante tutto, mi preoccupo per lei ma mi preoccupo molto più per te”
“Se lei dovesse cambiare idea? Se dovesse… Capire di amarti?”
“Non solo mi preoccupo più di te ma sono anche molto più geloso di saperti con Luka che di sapere che Ladybug possa fidanzarsi con il suo grande amore”
“Ti sei fissato così tanto con l’idea che io abbia un debole per qualcun altro che non riusciresti a vedere la realtà nemmeno se ci sbattessi la faccia!”
“Io so la verità, non ho bisogno che si scontri con il mio bel faccino”
“Questo è davvero troppo!”
Marinette, questo mio camembert, continua a vedere il mio comportamento come qualcosa di assurdo ed incomprensibile e, forse, può davvero essere così. Quello che so è che, stretto a lei, con il suo profumo che invade i miei sensi, sarei felice anche se dovessi aspettare anni prima di sentirla davvero completamente e solamente mia.
“Mi piace molto il tuo profumo”
E non vedo l’ora di sentirlo avvolgermi di nuovo.
 
***
 
Hola gente, sono imperdonabile, lo so. Mi odiate? So anche questo. Purtroppo, però la mia vita si è complicata ancora di più in quest’ultimo anno perché lavorare e studiare per gli esami dell’università non è semplice, per niente. Vi auguro di non affrontare mai un periodo simile perché vi vedreste azzerare la vita privata e le passioni 🥲 Unica mia piccola fortuna è che si tratta di una triennale e non magistrale a ciclo unico, quindi, in linea teorica, ho ancora due anni di esami e qualche mese in più per la laurea 😂 Riuscirò a finire questa ff, promesso! Anche perché ormai ho in mente un’altra storia che mi sta riempiendo la testa e non vedo l’ora di iniziare a scriverla.
 
Per quanto riguarda questo capitolo, un po’ confusionario e molto vario, cosa ne pensate? Chat Noir/Adrien ha finalmente capito i suon veri sentimenti. Cosa farà adesso che questa voglia di baciare Marinette è di starle accanto sembra prendere il sopravvento su di lui? Marinette riuscirà a far capire a Chat Noir che la sua mente è rivolta ormai completamente a lui?
 
Ipotesi?
 
Spero di riuscire a pubblicare un nuovo capitolo quanto prima ma a dicembre ricominciano gli esami ed io mi sento già molto indietro con lo studio 😭
 
A presto,
Miss_MZ93!

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Capitolo 24
*** Capitolo 24 ***


 “Riuscirò a farti cambiare idea”
Facile a dirsi Marinette ma mi spieghi come dovresti riuscirci?
 
Ho pensato che avere più tempo libero mi potesse aiutare, invece mi sta solo facendo impazzire.
I corsi estivi sono terminati ieri, Papillon sembra essersi preso una vacanza ed i miei genitori mi hanno caldamente consigliato di riposare in questo periodo in cui anche la gente sembra avere meno desiderio di dolci appena sfornati, preferendo qualcosa di terribilmente freddo come un buon gelato.
Mi ritrovo, quindi, stesa sul letto a fissare la finestra che porta al mio terrazzo con la mente invasa da ogni tipo di pensieri. Come posso dimostrare a Chat Noir che non provo più alcun interesse nei confronti di Luka o di Adrien? Ho trascorso l’intera notte a cercare una soluzione a questo problema, provando ad immaginare diversi scenari ma nessuno mi ha convinta completamente. C’è qualcosa che mi sfugge, qualcosa che non riesco a comprendere appieno.
“Perché non chiedi consiglio ad Alya?”
“Come ho fatto a non pensarci?! Alya è la persona perfetta!”
“Lo penso anche io, è molto intelligente”
“È una gran pettegola e avrà sicuramente in mente un copione perfetto per aiutarmi nel mio intento”
Mi alzo di scatto dal letto, cercando il telefono che sicuramente ho dimenticato da qualche parte in qualche cassetto.
Alya sa di questo misterioso ragazzo che mi ha baciata per poi dirmi che non doveva succedere, lei mi ha convinta a chiedere direttamente a lui e lei potrebbe aiutarmi a capire cosa fare per convincere Chat Noir che qualunque cosa io abbia provato per Adrien o Luna non esiste più.
Cerco il telefono tra le lenzuola fino a ricordarmi di averlo lasciato accanto al computer qualche ora prima.
Vedo Tikki ritrovare il mio telefono e comporre il numero di Alya, spingendomi ad inseguire il mio destino.
Mentre gli squilli del telefono si susseguono, il mio sorriso si allarga, sicura che Alya possa aiutarmi davvero a far capire a quel gatto testardo che non mi interessa nessuno se non lui.
“Marinette?”
“Ciao Alya, scusa il disturbo ma avrei bisogno del tuo aiuto”
“Arrivo subito!”
Nemmeno il tempo di ringraziarla che sento il suono della chiamata terminata. Quella ragazza è un vulcano pieno di energia e, da quando abbiamo parlato l’ultima volta, devo ammettere di aver ritrovato in lei l’amica della quale avevo bisogno.
 
“Ha detto che ti ama?!”
“Beh, sì”
“Ma non vuole che stiate assieme perché è convinto che tu provi ancora qualcosa per qualcun altro?”
“Il senso era quello, sì”
“E tu adesso vuoi fargli capire che non provi più alcun interesse verso nessun altro?”
“Sì, altrimenti non andremo da nessuna parte”
La sua espressione si tinge di dubbi e pensieri che sicuramente stanno affollano la sua mente.
“Non penso tu abbia bisogno del mio aiuto, amica mia”
“Scusa?”
“Pensaci, senza di me hai conquistato più ragazzi nell’ultimo periodo che negli ultimi anni”
“Solo perché negli ultimi anni mi concentravo in modo sbagliato verso il ragazzo sbagliato”
Alya rimane sbalordita e senza parole, qualcosa che non capita molto spesso.
“Alya? Vuoi darmi una mano o no?”
“S-sì. Cioè, io vorrei ma sinceramente non saprei come”
“In che senso?”
“Nel senso che non conosco nulla di questo ragazzo, come faccio ad aiutarti? Non mi hai detto nemmeno come si chiama, dove lo hai conosciuto, niente”
Ha ragione, so che ha ragione ma non posso rivelarle chi sia in realtà. Se Alya sapesse che sto cercando di avere una qualche relazione con il paladino di Parigi, potrei finire sul Ladyblog o, peggio, la troverei a spiare ogni mia mossa, in attesa di trovarlo accanto a me. Tra l’altro, finirei nel mirino di Papillon, assieme a tutta la mia famiglia ed ai miei amici, lei compresa.
“Non è importante, Alya, sappi solo che devo convincerlo di non provare più assolutamente nulla verso Adrien o Luka”
“Luka?”
Maledizione. Mi ero completamente dimenticata di non averle mai detto nulla su me e Luka.
Inizio a lisciarmi una ciocca di capelli scuri, sperando che una buona dose di silenzio possano aiutare a dimenticare quel nome.
“Marinette? Mi spieghi cosa c’entra Luka?”
Ovviamente Alya non è d’accordo con me. Mi servirà un po’ di fortuna e molta attenzione per spiegarle ogni cosa.
“Alya, io…”
“Ti ascolto”
Lo so. Purtroppo, lo so.
“Ho avuto una breve relazione con Luka qualche tempo fa”
La mandibola della mia migliore amica sta tentando di sfidare la biologia umana per raggiungere il pavimento, incredibile.
“COSA?!”
Tento di zittirla prima che tutta Parigi accorra pensando ci sia un nuovo nemico di Parigi.
“Alya, non urlare. Non ce n’è motivo, davvero, è tutto finito. Possiamo concentrarci sul fatto che questo nuovo ragazzo pensi che sia ancora legata a lui e ad Adrien?”
“Non pensare di poter evitare l’argomento, Marinette Dupain-Cheng!”
Mi arrendo all’idea di esser costretta a spiegarle ogni cosa e, se da una parte mi sento quasi in imbarazzo, dall’altra finalmente posso abbandonare il peso di questo segreto.
 
Non so dire se sia stata più una confessione imbarazzante o deprimente ma quando, finalmente, arrivo alla conclusione di quella storia, mi sembra di tornare a sentirmi in colpa verso Luka e, forse, anche un po’ sconvolta da tutte le sensazioni provate con lui e dovute a certe carezze quasi fin troppo spinte.
“Quindi, se ho capito bene, per scappare dalla tua tristezza e per non finire nelle mani di Papillon, ti sei buttata su Luka?”
“Diciamo di sì…”
In realtà è esattamente quello che è successo ma sentirlo dire da qualcun altro rende la situazione molto più triste e strana.
“Almeno ti sei divertita con lui?”
Rimango a bocca aperta davanti al ghigno malizioso di Alya.
Dove nascondeva questo suo lato?
“N-n-no, c-cioè non… Non so, io…”
Le mani di Alya si posano sulle mie spalle, cercando di calmarmi ma il mio cuore ormai sembra aver preso vita propria tra i ricordi che mi vedono al fianco di Luka.
Per quanto mi senta in colpa, non posso negare di aver provato emozioni profonde con Luka quando mi stringeva a sé, quando mi baciava, quando mi accarezzava. Un rossore generico si impossessa di me mentre ripenso alle sue mani sul mio corpo in quello stanzino.
“Scusa, Marinette, è stata una domanda sciocca ed inopportuna, specialmente perché mi pare di capire che quella storia sia durata davvero poco”
“Infatti”
Sarà anche durata poco ma di emozioni me ne ha regalate davvero tante ed è qualcosa di cui non voglio spettegolare con Alya. Non perché non ci sia nulla da dire ma perché mi sentirei in difficoltà ed in imbarazzo a spiegarle certi momenti.
Alya si immerge nei suoi pensieri, abbandonando la realtà e me aggrappata ad essa.
Forse non è stata una buona idea chiedere consiglio a lei. Al momento, tutto ciò che ho ottenuto, è di averle raccontato di aver avuto una qualche specie di relazione con Luka.
“Cosa posso fare?”
Alya sembra pensarci un momento per poi sorridermi dolcemente.
“Non lo so, Mari”
La mezz’ora successiva trascorre in attesa di sentirle dire qualcosa di utile. Speranza vana, visto e considerato che ho dovuto bocciare ogni sua idea. Più che volermi aiutare a risolvere la situazione con Chat Noir, sembrava voler pianificare un modo per conoscerlo.
“E se lo invitassi ad uscire con tutto il gruppo?”
“Cosa?”
“Pensaci un attimo, Marinette. Se venisse con noi a prendere un caffè o al cinema, potrebbe vedere con i suoi occhi che non c’è nulla tra te e loro”
Ammetto che possa sembrare una bella idea e, se non stessimo parlando di un ragazzo che sfrutta i poteri di un Kwami per salvare il mondo da Papillon e se fosse solamente una persona qualunque senza tratti troppo riconoscibili, potrebbe funzionare. Peccato che invece si stia parlando di Chat Noir.
“È un’ottima idea. Adesso lo chiami e glielo chiedi”
Alya mi guarda speranzosa mentre io tento di trovare una scusa plausibile per spiegarle che non sarà possibile. Né adesso né mai. Mai. Suona così triste. Non potrà mai uscire con me davanti a tutti.
“Allora? Forza Marinette. Hai paura? Sei agitata? Amica mia, ci sono qui io!”
Il fiume di parole dj Alya mi risveglia dai pensieri fin troppo malinconici. Nel suo tono di voce e nei suoi occhi brillanti sembra di leggere qualcosa di più dell’aiuto di un’amica.
“Dimmi la verità, Alya. Vuoi che lo chiami adesso per sentire la sua voce o scoprire qualcosa di lui, vero?”
Alya mi guarda implorando per poi arrendersi ed alzare le braccia.
“Touché. Non puoi aspettarti che non sia curiosa del ragazzo che ha rapito il tuo cuore. Sei la mia migliore amica”
Un sorriso dolce si fa strada sul mio volto.
“Però devi ammettere che la mia sia un’ottima idea. Pensaci almeno”
Un lampo di genio mi attraversa la mente, lasciandomi la scusa migliore al mondo.
“È troppo presto. Potrebbe scappare del tutto se lo costringo ad uscire con tutti noi”
Alya riflette un solo istante, prima di sbuffare e lasciarsi andare ad un’espressione afflitta.
“Sembra un ragazzo… Complicato. A questo punto credo che il consiglio dell’altra volta sia l’unico che posso darti, amica mia”
Mi fermo a pensare un attimo a quelle parole.
 
“Perché non smetti di farti mille film mentali e non corri a chiedere a lui spiegazioni?”
 
Ha ragione. Di nuovo, sto cercando una soluzione senza aver parlato prima con lui. Chi meglio di Chat Noir può aiutarmi a capire cosa gli passa per la testa?
“Mari?”
“Cercherò di parlargli”
Alya annuisce, ponendo fine alla questione. Uno strano senso di tranquillità mi pervade. Sono felice di avere nuovamente la mia migliore amica al mio fianco, nonostante i suoi suggerimenti poco utili. “Chi trova un amico trova un tesoro” dicevano ed avevano ragione. Parlare con lei mi è mancato e non mi importa nemmeno se riesca effettivamente ad aiutarmi in certe situazioni o meno. L’importante è averla al mio fianco, confidarmi con lei e, perché no, anche spettegolare un po’ delle nostre vite. È proprio questo che succede. Alya inizia a pormi mille domande su Chat Noir, su Luka, su come abbia potuto non dirle nulla e sul fatto che fossi io la ragazza che sembrava poter rendere così felice e così triste il fratello di Juleka.
Allo stesso modo io le chiedo di Nino, della loro relazione, delle gemelle, di sua sorella, dei piani per le vacanze estive e di molte altre cose.
È quasi liberatorio, finalmente, aver ritrovato Alya nella mia vita, aver nuovamente la sua amicizia che mi conforta, che mi confonde, che mi rallegra.
Mi sei mancata davvero Alya. Se solo potessi raccontarti ogni cosa…
 
Il pomeriggio scorre veloce ed io mio buon umore sembra vacillare sempre più. Ammetto di aver trascorso ore divertenti con Alya, ma il problema rimane e non mi lascia via d’uscita se non quella di chiedere direttamente a Chat Noir perché sia così testardo e come io possa convincerlo della realtà.
Il giorno seguente mi ritrovo stesa sul mio letto, di nuovo. Sembra che io riesca a pensare solo su questo materasso, vicina alla finestra che sembra quasi un portale verso la dimensione più vicina all’amore, per me.
Un rumore leggero mi distrae dai miei pensieri, annunciandomi la presenza del diretto interessato di tutta quella confusione.
Afferro velocemente il telefono e, usandone lo schermo oscurato come specchio, cerco di sistemare alcune ciocche ribelli. Quello che, però, mi colpisce, sono le occhiaie che spiccano sul mio volto. Ammetto di aver avuto una nottata movimentata ma non credevo di poter assomigliare così tanto ad un non morto.
Sbuffo sonoramente mentre mi arrendo all’idea di non avere il tempo di mascherare la mia agitazione per tutta questa storia.
Oltrepassando la soglia della mia finestra mi lascio andare a quello che ormai è un commento, o lamento, quotidiano.
“Mi farai davvero impazzire…”
“Non chiedo altro”
Alzando gli occhi verso la sorgente di quella voce, ritrovo il volto di Chat Noir tremendamente vicino al mio. Il suo profumo invade i miei sensi, lasciandomi con una buona dose di smarrimento mista ad una tachicardia senza controllo.
I miei occhi scivolano istintivamente verso le sue labbra, ricordandomi quanto morbide e intriganti mi fossero sembrate durante quel bacio.
“Troppo breve per ricordarlo, perché non provare…”
La mia vocina interiore si tinge di malizia mentre i ricordi mi lasciano un sapore dolce.
Quando la linea delle sue labbra si piega in un sorriso malizioso, i miei occhi tornano a specchiarsi nei suoi, trovandovi un guizzo diverso dal solito, quasi malizioso, quasi consapevole dei miei pensieri, qualcosa di davvero intrigante. Scottata dall’imbarazzo nel comprendere quanto potere abbia sui miei desideri il ragazzo che ho di fronte, mi allontano velocemente da lui. La mia sbadataggine si palesa nel peggiore dei modi, riportandomi all’interno della mia stanza. Durante la caduta sento qualcosa di caldo e forte afferrarmi ma nulla serve a salvarmi dallo scontro con la realtà. La piccola parte di fortuna che mi avvolge, però, mi lascia finire sul mio morbido materasso, evitandomi una caduta rovinosa, molti lividi o, peggio, una qualche commozione cerebrale. In attesa di sentire la familiare sensazione di dolore in qualche parte del corpo, serro gli occhi con forza.
Solo la presenza di un profumo a me fin troppo noto mi costringe a puntare lo sguardo davanti a me, ritrovando il volto del gatto più intrigante di tutta Parigi a pochi centimetri da me. La sua vicinanza mi lascia completamente senza fiato, in balia di un imbarazzo profondo nel saperlo sul mio letto giusto qualche centimetro a separare i nostri volti e solo la sua forza di volontà e le sue braccia a distanziare i nostri corpi.
Capire di avere le sue mani ai lati del mio volto mi lascia con la sensazione di essere intrappolata. Questa prigione, però, ha tinte decisamente accattivanti. Distrattamente inizio a pensare che sia la prima volta che mi trovo in una situazione simile ed a quanto dovrei provare ad evaderne per il bene della mia salute mentale ma, forse, è proprio per questa mia parte attratta da Chat Noir che mi costringo a rimanere ferma, quasi immobile, con il solo rumore assordante del mio cuore che batte freneticamente nel mio petto.
Mi accorgo di aver smesso di osservare le labbra di Chat Noir solamente quando le vedo piegarsi nuovamente in un sorriso strano, dalle venature maliziose ma anche tristi, come se in questa situazione ci fosse qualcosa che non gli piacesse.
Nel momento stesso in cui provo a chiedergli qualunque cosa la mia mente sembrava stesse pensando, lo vedo avvicinarsi al mio volto sempre più, annebbiando completamente la mia mente e rendendomi difficile ricordare anche solo il mio nome.
Sento il sangue affluire tutto verso il mio volto e sono sicura stia colorando di un rosso acceso le mie guance e non solo. Mentre io continuo a sentirmi mancare l’ossigeno, quel cipiglio strano sembra abbandonare il ragazzo di fronte a me, lasciandolo solo con un sorriso tremendamente intrigante, qualcosa che lo rende più simile ad un lupo che è finalmente riuscito a catturare la sua preda che ad un gatto randagio. In effetti, mi sento esattamente come se fossi stata raggiunta da un predatore, uno dai capelli biondi, sicuramente morbidi al tatto, dagli occhi verdi capaci quasi di leggermi l’anima e dal corpo atletico sempre più vicino al mio. Il pensiero di quel fisico sotto alla tuta aderente e scura blocca gli ultimi neuroni del mio cervello lasciandomi concentrata solamente sul calore che emana il suo petto che ormai quasi sfiora il mio.
Istintivamente ispiro con forza, bloccando l’ossigeno nei miei polmoni quando la sua bocca trova posto all’angolo delle mie labbra. Un contatto appena accennato ma capace di lasciarmi con una moltitudine di sentimenti contrastanti. Felicità, gioia, calore, emozione ma anche delusione e tristezza per essermi quasi illusa che volesse di più. Stranamente, mi rendo conto solo adesso di quanto sia io a volere qualcosa di diverso e di come il mio stesso corpo stia fremendo nell’attesa di ottenere quel “di più”.
Non mi basta un contatto così leggero. Voglio qualcosa di più, più profondo, più vicino alle mie labbra, più umido, più passionale, più orientato verso il mio collo, più simile ad uno schiocco, più caldo. Voglio di più.
“Sei tremendamente intrigante quando ti imbarazzi, principessa”
Sento il mio volto arrossire sempre più, beandosi di quelle attenzioni che non pensavo di poter ricevere da lui. Almeno non così presto, vista la sua diffidenza nei confronti dei miei sentimenti.
La sua bocca si avvicina al mio orecchio lasciandomi dolci brividi.
“Forse sarebbe più giusto dire che trovo tremendamente intrigante che sia io la causa del tuo imbarazzo”
Come sarebbe facile rispondere che non potrebbe essere altrimenti viste le emozioni che mi fa provare solo guardandomi ma sembra che le mie abilità al dialogo siano evaporate completamente. Non riesco a far altro che osservarlo allontanarsi da me mentre io mi sento in balia di queste sensazioni. Il suo sorriso torna sincero, abbandonando le sfumature maliziose di pochi attimi fa ed i miei desideri sembrano scemare nella consapevolezza di non poter ottenere ciò che vorrei.
Chat Noir si discosta da me, sedendosi sul letto a pochi metri dal mio volto, ancora schiacciato contro il materasso morbido.
“Come stai?”
Sospiro profondamente, cercando di calmare i miei battiti e tentando di ignorare gli sfondi rosei che la mia mente continua a ripropormi nonostante tutto. Potrei dirgli di star bene e mentirei, potrei dirgli di star male e lo farei preoccupare, potrei dirgli che i suoi dubbi mi stanno torturando e, forse, potrei ottenere un qualche aiuto da parte sua. Aiuto poi per cosa, non saprei dire.
“Stanca”
È l’unica parola che riesce ad uscire dalle mie labbra. Il riassunto perfetto di una notte insonne, una giornata trascorsa ad arrovellarmi il cervello ed una serata che da imbarazzante è diventata eccitante per poi tornare ad avere sfumature di semplice amicizia. La mia vita è come una giostra, un continuo giro sulle montagne russe.
Sì, mi sento decisamente stanca. Stanca di avere sempre la mente occupata da mille problemi, stanca di dovermi spremere le meningi per capire come convincere il ragazzo più sfacciato di Parigi di essere dannatamente presente nei miei pensieri, stanca anche di dovermi preoccupare così tanto dei miei pensieri da rischiare che ogni lotta contro i super cattivi finisca in modo pericolosamente atroce.
“Dormito male?”
“Fosse solo quello il problema”
Una lieve risata risuona nella mia stanza mentre il mio sguardo finisce sul soffitto di questa strana camera da letto.
“Posso fare qualcosa?”
Decisamente sì. Potresti, per esempio, spiegarmi cosa ti passa per la testa e farmi capire cosa fare per avere una relazione normale con te!
La mia mente si blocca per un lunghissimo istante, incapace di elaborare l’idea di avere una vera relazione con Chat Noir e concepirne le conseguenze. I baci, le carezze, le romanticherie, le serate trascorse a sfiorarsi e…
Una mano guantata si muove velocemente davanti ai miei occhi, riportandomi alla realtà e lasciandomi con la consapevolezza del calore sul mio volto. Perché pensare a lui mi lascia sempre con un velo di imbarazzo che colora le mie guance? Sarà normale?
“Mari?”
Un mugugno esce dalle mie labbra mentre un braccio corre a coprirmi gli occhi scacciando ogni pensiero felice. Perché è così difficile capire cosa voglia che io faccia? E perché non riesco a far altro che tormentarmi in attesa della risposta miracolosa a questa domanda?
“Fatica sprecata. Risparmieresti tempo solo se chiedessi direttamente a lui”
La mia voce interiore, forse per la prima volta da mesi, sembra avere qualcosa di intelligente da dirmi. Perché sprecare tanto tempo, forze e nottate in bianco quando ho davanti a me l’unica persona in grado di rispondere alle mie domande?
Sento la fronte corrucciarsi mentre inizio pensare a come formulare la domanda nel modo giusto. Sembra ridicolo ma uscirsene con qualcosa di simile a “come faccio a provarti che il ragazzo che ho amato per anni e quello che ho usato per i miei desideri non abbiano più posto nella mia mente?” ho l’impressione che non aiuterebbe per niente la situazione.
Chat Noir sembra non volersi arrendere alla mia necessità di tempo per riflettere preferendo afferrare il braccio che copriva il mio volto per scostarlo con lentezza.
I miei occhi si perdono nei suoi mentre riesco a trovare un filo logico ai miei pensieri confusi.
“Se davvero volessi aiutarmi, ci sarebbe qualcosa che potresti fare”
Il volto di Chat Noir si tinge di domande e dubbi mentre lo vedo intento a pensare a cosa mai potrò volergli chiedere.
“Chat?”
“Eh? Ah, sì. Se posso aiutarti, dimmi”
“Sei l’unico che può farlo visto che sei il mio problema principale”
Schietta e sincera, ritrovo una forza che pensavo di aver abbandonato tra i pensieri di baci e carezze.
Il volto di questo gatto maligno si tinge di malizia nuovamente mentre lo vedo avvicinarsi a me. È proprio quando sento il mio coraggio iniziare a vacillare che capisco quanto la sua vicinanza sia tossica per questo momento. Se voglio davvero chiarire questa situazione, devo farlo a mente lucida e sicuramente non posso riuscirci se penso a quanto vorrei baciarlo.
Poso le mani sulle sue spalle, arrestando la sua corsa.
“Fermo”
La mia si rivela un’arma a doppio taglio visto che, se da una parte lo vedo fermarsi con un’espressione spaesata, dall’altra sentire il suo corpo sotto le mie dita non migliora di molto la mia situazione precaria.
Sospiro un paio di volte prima di trovare la forza di allontanare i miei palmi da lui. Attendo qualche istante con le braccia ancora protese, incerta sul potermi fidare che lui rimanga esattamente dove si trova in questo momento.
“Marinette, che succede?”
“La prima cosa che puoi fare per aiutarmi è rimanere esattamente lì, fermo, senza avvicinarti”
Chat continua a guardarmi con un’espressione particolarmente incredula.
“Non guardarmi così, ho bisogno di pensare senza… distrazioni”
Un ghigno malizioso si palesa sul suo volto mentre io comincio a pentirmi delle mie stesse parole.
“Quindi sarei una distrazione, principessa?”
“Vuoi aiutarmi o preferisci continuare a provocarmi?”
“Adesso ti provocherei anche?”
“Chat, smettila”
I miei occhi si posano sui suoi con fermezza, tentando di convincerlo ad assumere un’aria seria, cosa alquanto difficile per lui, me ne rendo conto. Ancor di più se si trova di fronte ad una ragazza che vorrebbe far tutto tranne che tenerlo davvero a distanza per parlare.
Lo vedo tingersi di malizia sempre più mentre si allontana da me sedendosi a gambe incrociate. Chat si regge la testa con una mano e poggia il gomito sulla gamba. Quel cipiglio intrigante gli dona davvero e, purtroppo per me, lui lo sa.
“Cos’hai in mente?”
“In verità è proprio quello che volevo sapere da te”
Il suo ghigno si trasforma velocemente in un’espressione di stupore.
“Voglio sapere cosa ti passa per quella testa bionda”
“Di cosa stai parlando?”
“Sai benissimo a cosa mi riferisco”
“Temo tu mi stia sopravvalutando”
Sbuffo profondamente cercando le parole giuste per poter affrontare il discorso. Un secondo del mio tempo, però, viene sprecato pensando a quanto forse lui abbia davvero ragione. Sto sopravvalutando lui e la sua capacità di collegare semplici indizi ed arrivare a trovare il ricordo giusto da riesumare.
“Continua così e non glielo chiederai mai
Bell’incoraggiamento voce mia, grazie.
Riporto i miei pensieri al ragazzo di fronte a me che mi fissa in attesa di scoprire cosa voglia sapere da lui.
“Chat, voglio sapere a cosa pensi. Perché ti sei fissato sul fatto che io provi ancora qualcosa…”
“Ti riferivi a questo allora”
“Non riesco a capire come tu possa pensare che io ancora abbia dei sentimenti per qualcun altro. Perché non riesci a vedere la realtà?”
“Perché non si tratta di qualche sconosciuto, Marinette, ma di ragazzi che hai amato”
“Non ho mai detto di aver amato Luka”
“Non penso saresti arrivata a tanto se non lo avessi amato”
“Perché ho l’impressione che tu mi stia rinfacciando quello che è successo? Sai bene che non potrà mai più esserci niente tra noi”
“Non puoi saperlo”
“Se non lo so io, chi?”
“Marinette…”
“Maledizione, Chat!”
Mi rendo conto distrattamente di aver alzato la voce ma il suo comportamento mi sta rendendo davvero folle. Cosa si aspetta che faccia? Che gli chieda scusa per aver provato delle sensazioni profonde in compagnia di Luka? È davvero ridicolo!
“Non dico che dovrà per forza succedere qualcosa tra te ed uno di loro ma potrebbe”
“No!”
Come potrebbe succedere qualcosa tra me ed Adrien quando a mala pena riusciamo ad avere una conversazione che esuli da sguardi strani e colpevoli o accusatori? Senza contare che la specie di relazione con Luka era destinata a morire ancor prima che iniziasse e, da quando ha scoperto che sono io Ladybug, posso solo tenermi a debita distanza da lui per non ferirlo ancor di più e rischiare che riveli il mio segreto a tutta Parigi o, peggio, a Papillon in persona. Purtroppo, questa spiegazione, che forse potrebbe essere quella più convincente, è l’unica che non posso confessare al gatto randagio che ho di fronte.
“Mi verrà mal di testa”
“Devi solo smettere di pensarci”
“La fai facile tu. Sono io quella che non riesce a comprendere cosa fare in questa situazione!”
“Non devi fare niente”
“E lasciare che tu continui a pensare che io potrei buttarmi su Adrien o Luka?”
“Potrebbe succedere”
“Non di nuovo, ti prego. Non è possibile. Come faccio a spiegartelo? Non potrà mai esserci nulla tra me e loro! Non è nemmeno pensabile, davvero!”
“Come fai a dirlo?”
Il palmo della mia mano si scontra violentemente con la mia faccia. Parlare con lui mi sta sfiancando peggio di una maratona. Come fa ad essere così testardo e stupido?
Trascorro qualche minuto a pensare a come arrivare ad un punto fermo in tutta questa storia ma nulla mi aiuta. Se avessi potuto raggiungere una qualche soluzione da sola, lo avrei fatto durante uno dei mille tentativi di prender sonno.
Sospiro un paio di volte prima di provare con un ultimo tentativo. Magari separando le due situazioni riuscirò a capire qualcosa.
“Mi spieghi, con calma, cosa pensi potrebbe succedere tra me ed Adrien?”
Chat Noir sbatte le palpebre velocemente, come impreparato a quella domanda.
“N-non so, io…”
Non lo sa? Come può non saperlo, è lui ad avere questi dubbi!
“Forse non pensa che possa essere lui il problema”
Quella voce dentro di me risulta interessante due volte nello stesso giorno, prima o poi dovrò ringraziarla.
“Tu lo amavi, insomma, lo hai amato per molto tempo e… B-beh”
“Inizio a pensare che non sia lui il vero problema per te”
“N-no, cioè…”
Colpito.
“Quindi, se non pensi che io possa riallacciare una sorta di relazione con un ragazzo che non mi ha mai calcolata e che si è comportato per lo più in modo ambiguo, allora chi ti preoccupa davvero non può che essere Luka”
I suoi occhi mi osservano per un lungo istante con un’espressione dura, come se solo sentire il suo nome gli desse fastidio. “Perché?”
Una domanda che a me pare tanto semplice ma, per lui sembra essere tanto stupida. La sua espressione si tinge di un messaggio non espresso come se non capisse il motivo di tale domanda, come se la risposta fosse così limpida e cristallina da risultare sciocco anche solo pensare di non saperlo. Potrei trovarlo quasi simpatico, se non stesse sfidando così tanto i miei nervi.
“Rispondi alla domanda”
“Non credo sia necessario spiegarti perché mi possa dare più fastidio Luka di Adrien”
“Invece sì”
“Non è ovvio?”
“Non per me!”
Il mio sguardo severo incontra il suo, due fuochi sicuri di aver ragione, ognuno nella sua posizione.
“Non farmelo dire, Marinette”
Una qualche forma di imprecazioni lascia le mie labbra mentre nascondo il volto tra le mani in attesa che una qualche divinità mi faccia capire i meccanismi della mente di questo ragazzo.
Quando i miei occhi tornano ad osservare i suoi, lo trovo con un’espressione quasi severa nei miei confronti.
“Se non vuoi dirmi perché ti preoccupa Luka, almeno dimmi cosa posso fare per evitare che tu lo ritenga un problema per una qualche strana forma di relazione tra noi”
Chat sembra pensarci qualche istante alternando ghigni maliziosi ed espressioni severe prima di lasciarmi con la peggiore delle risposte possibili.
“Non lo so”
Mi lascio ricadere sul letto, ferita dal fallimento di quella discussione. L’unica cosa positiva di questo battibecco stupido è stata la scoperta che non fosse davvero Adrien a preoccuparlo. Come poteva essere altrimenti, in effetti? È stato un amore a senso unico, finito con un rifiuto categorico ed un periodo di sofferenza tra pianti e scelte sbagliate. Non potrebbe mai più esserci nulla di romantico tra noi. Nemmeno volendo.
“Perché ti sei fissata su questo problema?”
“Potrei farti la stessa domanda”
“Io, però, non ne ho mai fatto un tragedia”
Il soffitto della mia stanza diventa improvvisamente meno interessante. In fondo ha ragione. Lui non ha mai reso la situazione tragica. Sono io ad averlo fatto, io e la mia voglia di sapere che tra noi le cose possano davvero andare bene, io ed il mio desiderio di sentirlo accanto a me senza dovermi preoccupare del fatto che non intenda comportarsi da fidanzato, io e quella necessità di iniziare a considerarlo davvero il mio ragazzo.
Chiudo gli occhi, tentando di trovare un po’ di pace da tutto quel caos.
Minuti interminabili trascorrono mentre tento di riordinare i miei pensieri. Chat Noir attende con pazienza che io torni alla realtà ma tutto sembra così complicato da rendermi difficile anche solo godermi la sua presenza al mio fianco. Il suo sguardo sembra scrutarmi con insistenza, posso sentirlo bruciare sulla mia pelle.
Senza nemmeno accorgermene, mi volto verso l’interno della mia stanza, dandogli le spalle e lasciandolo ad osservare la mia schiena. Pochi istanti bastano per sentirlo sdraiarsi al mio fianco, abbastanza vicino per sentire nuovamente il suo profumo ma sufficientemente lontano da non avvertire il calore del suo corpo.
“Smettila di pensarci”
“Non è così facile”
“Invece sì. Pensa a noi ed a nient’altro”
“Vorrei poterlo fare ma… Come posso pensare a noi se nemmeno può esistere un noi?”
“È troppo presto. Abbiamo bisogno di tempo per…”
“Io non ho bisogno di nessun tempo. So cosa provo”
“Mari…”
“So che sei convinto di ciò che dici ma io non ho bisogno di tempo per dimenticare Luka o…”
“Sono io ad aver bisogno di tempo”
Quella frase mi lascia senza fiato per un momento mentre penso di aver sentito male, di essermi quasi immaginata le sue parole.
È per questo che mi volto, per cercare di capire se si sia trattato solo della mia fantasia o meno. Il silenzio che ci avvolge, però, non mi aiuta a capire se io abbia sentito davvero quella frase.
“Cosa?”
“Ho bisogno di tempo, Marinette”
Tempo? Per cosa? Non è lui che deve dimenticare di Adrien o Luka. Non è lui ad aver avuto dei sentimenti per entrambi. Non capisco per quale motivo abbia bisogno di tempo. C’è qualcosa che mi sfugge.
“Non capisco”
“Lo so”
Un sorriso triste gli sfiora il volto, lasciandomi con più domande di prima. Come siamo passati da “il problema è Luka” a “ho bisogno di tempo prima di iniziare una relazione con te”?
Sbuffo nuovamente, rendendomi conto che quella discussione non abbia avuto il minimo senso e sicuramente non sia riuscita a far chiarezza tra i miei pensieri.
“Chat…”
Il silenzio torna ad avvolgerci ma la mia mente non mi permette di bearmi di quella calma. Devo sapere, ho bisogno di sapere. Non posso continuare a fantasticare senza risultati.
“Ti ho chiesto di farmi capire cosa ti passi per la mente, non di lasciarmi altri dubbi su cui rimuginare la notte”
“Non avrebbe senso”
“Perché?”
“Perché non potresti cambiare la situazione”
“Potrei provarci e, sicuramente, capire qualcosa di questo dramma”
La maschera nera sembra stia coprendo sempre più il suo volto, adombrato dai suoi pensieri. C’è qualcosa che lo turba ma quello che mi intristisce maggiormente è che non voglia parlarmene.
“Chat?”
Tento di attirare la sua attenzione, sperando che ignori le sue convinzioni e mi lasci entrare nella sua mente.
Ogni tentativo di ottenere risponde svanisce nel momento in cui i miei occhi incontrano i suoi, velati da qualcosa che non riesco a decifrare, qualcosa dalle sfumature tristi, consapevoli, dolci ma anche profondamente rammaricate ed imbarazzate. Sospiro un paio di volte, tentando di liberarmi dal peso di quella confessione non avvenuta ma niente sembra aiutarmi a trovare un senso a tutto ciò.
“Per favore”
La mia richiesta pare quasi una supplica mentre tento per l’ultima volta di ottenere risposte e non dubbi.
I suoi occhi si velano sempre più di imbarazzo mentre lo vedo soppesare le parole che vorrebbe riuscire a dirmi. Sospira un paio di volte, prima di lasciarmi totalmente impreparata al suo discorso.
“Ho bisogno di tempo per dimenticare quello che c’è stato tra voi”
La frase di Chat Noir colpisce la mia curiosità, sempre più accesa in un punto non troppo lontano dal mio cuore.
Cosa significa? Dimenticare quello che è successo tra me e Luka? Perché dovrebbe farlo? O meglio, perché ha bisogno di farlo? Dimenticare cosa, poi? Dimenticare che ho avuto una sorta di relazione malata con un ragazzo che mi ha confessato di essere innamorato di me da anni? Dimenticare che l’ho baciato? Dimenticare che ho passato del tempo con lui? Soprattutto, cosa deve riuscire a scordare che adesso lo tiene distante da me?
“Quello che c’è stato tra noi?”
Annuisce debolmente, sempre più in imbarazzo nel lasciarmi entrare così profondamente nei suoi pensieri. Non deve essere facile per lui confidarmi i suoi dubbi.
“Dimenticare quello che hai… Provato con lui”
Le parole di Chat Noir mi lasciano con più dubbi di quelli che avevo poco fa eppure la mia mente, in modo contorto e complesso, riesce a trovare un filo logico a tutto ciò riesumando alcune conversazioni di un passato recente che tanto recente non sembra nemmeno essere.
 
<>
 
<< Mi sono sentita amata, desiderata, era come trovarsi avvolti dalle fiamme mentre fuori dalla stanza tutto il mondo sembrava sparito>>
 
Quelle parole. Quelle frasi. Confidenze fatte a Chat Noir in un momento in cui mi serviva il conforto di un amico, di una persona che sapesse cosa stava accadendo tra noi e che potesse aiutarmi a capire cosa mi stesse succedendo. Qualcuno che, da estraneo, mi aiutasse a capire cosa fosse quella sensazione particolare che sentivo tra le braccia di Luka.
Solo adesso riesco a capire che grande errore abbia commesso nel raccontare ogni cosa proprio a lui ma, in mia difesa, posso dire che mai mi sarei aspettata di trovarmi coinvolta in questo modo. Se solo avessi saputo come sarebbe finita. Se solo avessi saputo prima che mi sarei innamorata di lui. Se solo avessi capito prima i suoi sentimenti per me. Se solo...
“Se solo non fossi così cieca!”
La mia vocina oggi sembra voler dare il meglio di sé, aiutandomi, criticandomi, spingendomi a porre domande che mi lasciano solo con altri dubbi per poi prendermi in giro per le conclusioni a cui giungo.
Forse, però, ha ragione. Se non fossi stata tanto cieca mi sarei accorta prima di quello che provava per me Adrien, di cosa provava Chat Noir, dell’errore che stavo commettendo con Luka e di quanto sarebbe stato più semplice e con meno conseguenze parlare con la mia migliore amica invece che con il ragazzo che ho di fronte. Gli ho confidato di aver baciato Luka per sfuggire a Papillon, gli ho raccontato di come mi sentissi bene tra le sue braccia, gli ho addirittura spiegato cosa provavo quando mi sfiorava, quando sentivo le sue mani sul mio corpo. Come posso essere causa del mio stesso dolore?
Sono stata io stessa ad alimentare i suoi dubbi. Non su una relazione amorosa tra me e Luka ma sulla possibilità che tra noi ci fosse qualcosa di fisico, una passione incontrollabile e travolgente. In effetti, è quello che è successo e non voglio nemmeno pensare a cosa sarebbe potuto accadere se Chat non mi avesse aiutata a capire quanti fosse malata quella relazione. Solo un piccolo particolare mi scalda il cuore. Luka ha sempre saputo che non avrei mai potuto amarlo, è stato lui il primo a dirlo e a rispettare i miei sentimenti evitando di spingersi oltre una qualche linea immaginaria.
“Marinette?”
La voce di Chat Noir mi risveglia da pensieri che non avrei voluto avere e da ricordi di giornate piccanti alle quali non dovrei più pensare.
“Pensi a lui?”
Come fa a leggere la mia mente come fosse un libro aperto?
“Sei arrossita”
Se non fossi sicura che non possa essere un potere di Plagg, potrei quasi credere che sia davvero in grado di leggere i miei pensieri.
“Ti fa ancora questo effetto?”
“Cosa?”
“Pensare a lui, a quello che... Quello che è successo tra voi e quello che provavi”
I suoi occhi sono tinti ormai solo di tristezza mentre io mi rendo conto di aver appena gettato fuoco su una tanica di benzina senza volerlo. È convinto che io sia arrossita al ricordo dei baci di Luka, delle sue carezze, della sua premura e di quella passione che mostrava nei miei confronti quando la realtà è ben diversa.
“Hai frainteso”
“Ne dubito”
Sospiro sorridendo tristemente. Come può essere tanto insicuro di noi da non rendersi conto dell’evidenza della situazione?
“Non sono arrossita per qualche sentimento che posso provare per lui o nel ricordare quello che c’è stato tra noi”
“Mari...”
“Mi sono appena resa conto di aver confessato proprio a te quello che provavo in certe situazioni. A chi pensavo che sarebbe sempre rimasto un buon amico mentre adesso… Adesso vorrei davvero qualcosa di più. Mi sono scavata la fossa da sola”
Un sorriso leggero e malinconico affiora sul mio volto mentre mi rendo conto di quanto io sia stata stupida in quelle occasioni. Non mi sarei mai dovuta confidare con lui, eppure era così semplice raccontargli come mi sentissi, cosa succedesse, cosa provassi e cosa temessi. Era tutto così semplice e lo era solo perché con lui mi sono sempre sentita al sicuro, protetta come se davvero cercasse di tenermi al sicuro da tutto ciò che di negativo può esistere.
Sì, penso davvero di aver perso la testa per il ragazzo più sfacciato, complicato e intrigante di tutta Parigi e no, non credo che avrei mai potuto prevedere tutto questo.
Chat Noir si rilassa visibilmente, vinto solamente da una sorta di malinconia. Il suo volto si tinge di tristezza mescolato ad una dolcezza dai tratti fantasiosi.
“Non potevi saperlo”
Non potevo, è vero ma avrei dovuto immaginare che le sue parole nascondessero qualcosa. Se solo ripenso a tutti quei consigli nascosti da rossore ed imbarazzo, se solo torno a quando mi osservava con quello sguardo accusatorio e deluso nel pensare che io mi stessi ancora vedendo con Luka. Come ho fatto a non capire prima cosa nascondessero le sue parole ed i suoi gesti?
A mia discolpa posso solo dire che, se davvero fossi capace di capire cosa pensano o provano le persone, avrei evitato di aspettare Adrien per tutti questi anni.
“Adesso lo so e mi dispiace. Non pensavo potesse farti soffrire tanto”
Le dita guantate di Chat Noir iniziano a sfiorarmi il volto con gesti lenti e dolci mentre sul suo viso si affaccia un sorriso debole.
“Non lo pensavo nemmeno io. È stata una sorpresa capire perché mi sentissi sempre così frustrato quando mi parlavi di lui”
Sul mio volto il sorriso assume note dolci e sincere. Finalmente Chat Noir si sta aprendo. Finalmente posso capire qualcosa di quello che pensa. Finalmente posso sentire i suoi sentimenti.
Il mio buon umore sembra contagiare anche lui e quel cipiglio triste finalmente si ammorbidisce assumendo un tratto più dolce e affettuoso.
Le sue braccia circondano il mio corpo, stringendomi a sé e cullandomi con tenerezza. La sua mano sinistra inizia a giocare con alcune ciocche dei miei capelli mentre l’altra mi accarezza la schiena.
Mentre penso a quanto sia capace di rendermi isterica e preoccupata un istante e serena e felice quello dopo, una risata bassa esce dalle sue labbra attirando la mia attenzione.
“Qualcosa di divertente?”
Lo vedo alzare le spalle tentando di ignorare la mia domanda ma il mio sguardo esige risposte che fortunatamente trovano risposte.
“Fino a pochi minuti fa avrei corso il rischio di finire sul pavimento”
Una risata risuona nella mia stanza mente ripenso al mio bisogno di distanza.
“Sarei stata costretta”
Una mia mano finisce distrattamente sul suo petto mentre mi lascio cullare da questo abbraccio dalle tinte rosee.
“Adesso però non ho bisogno di pensare ad altro”
Sento il suo corpo fremere mentre ride e senza accorgermene appoggio la testa sul suo petto, quasi in attesa di sentire il suo cuore battere.
“Davvero ti distraggo così tanto?”
Sospiro profondamente, incredula di quanto poco riesca a capire i miei sentimenti. Eppure, sono qui, tra le sue braccia, in attesa solamente di una sua parola per essere finalmente felici assieme.
“Prima o poi capirai l’effetto che hai su di me”
Con la coda dell’occhio riesco a vedere distintamente un sorriso malizioso prendere vita sul suo viso mentre la sua mente sembra vagare libera verso pensieri a me incomprensibili. È una visione rilassante, qualcosa che riesce a sciogliere ogni tensione provata questa notte e, finalmente, lasciarmi godere di qualche istante di sonno profondo. So di non aver risolto i suoi dubbi ma finalmente ho capito quale sia il problema e, almeno per il momento, questo mi basta.
 
Qualche ora più tardi, la voce di mia madre mi risveglia di soprassalto per avvertirmi che la cena è ormai pronta. Una risposta confusa sfugge alle mie labbra mentre io rimango un attimo bloccata nel sogno a cui sono stata strappata con violenza. Nuovamente sudata e con il cuore in subbuglio, riesco a ricordare gli ultimi istanti di quella fantasia dalle tinte rosee e rosse.
Chat Noir mi stava stringendo a sé ma non era un abbraccio dolce, era qualcosa di totalmente differente. Le sue mani vagavano sulla mia schiena in cerca di un lembo di pelle scoperta da poter stringere. La sua chioma bionda mi lasciava il solletico sul collo mentre la sua bocca si divertiva a disegnare scie umide su quella parte nuda. Potevo sentire il mio respiro spezzarsi, il cuore battere furiosamente, mi sembrava quasi di trovarmi senza ossigeno mentre la testa iniziava a girarmi ed un incendio in piena regola sembrava invadere le mie guance, il mio petto, il mio basso ventre.
Quasi scottata dal ricordo di quel sogno, mi avvio in bagno, sperando di riuscire a calmarmi. Cosa caspita significa tutto questo? Quella sensazione, quel calore, quella felicità. Erano familiari, quasi simili a quelle provate con Luka ma così diverse, più intense, più profonde, quasi prepotenti, pronte a tendere il mio corpo verso l’infinito.
Con la testa che ancora mi gira, provo a sciacquarmi il volto con acqua fredda sperando che la situazione possa migliorare. Vorrei poter dire che stia funzionando ma più mi sforzo di capire cosa mi stia succedendo, più dettagli di quel sogno sembrano tornarmi alla mente, lasciandomi quasi paralizzata dalle mie stesse fantasie. Possibile che quello che ho sognato abbia influenzato così tanto il mio corpo? Possibile che quelle sensazioni, quel desiderio incontrollato di sentire Chat Noir sfiorare il mio corpo, mi abbiano lasciato emozioni così forti anche da sveglia? È normale?
“Marinette, tutto bene?”
Una Tikki decisamente allegra e sorridente mi guarda con l’aria di chi sa esattamente cosa stia succedendo.
Sarebbe così semplice chiedere a lei spiegazioni ma una strana sensazione imbarazzante limita ogni mia domanda, lasciandomi nella consapevolezza di dover fronteggiare questa cosa da sola.
Annuisco lentamente, cercando di ignorare quelle sensazioni così forti e provando a concentrarmi su altro. La mia mente, però, sembra non voler abbandonare la figura di Chat Noir e, se una parte di me ancora sembra fantasticare sulla sensazione di avere il suo corpo sotto il palmo della mia mano, un’altra parte, meno maliziosa e più riflessiva, sembra concentrata su una domanda fondamentale.
“Dov’è Chat Noir?”
Tikki mi osserva dolcemente spiegandomi di averlo visto uscire poco prima del mio risveglio.
“Penso abbia lasciato qualcosa per te”
La dolce Kwami a pois mi indica la scrivania dove trovo un bigliettino dalla calligrafia curata e particolare.
“Sei bellissima anche mentre dormi principessa. CN”
Le mie dita corrono a quelle parole lasciandomi la consapevolezza di essermi, finalmente, avvicinata a lui davvero.
“È rimasto a guardarti per ore, Marinette. Sembrava felice”
Un’espressione seria si affaccia sul volto di Tikki.
“Sei… Sei sicura di quello che stai facendo?”
“Come?”
La sua domanda mi lascia una sensazione di confusione in mente.
“Nell’ultimo periodo hai avuto molte delusioni, Marinette. Non… Non voglio vederti soffrire ancora e…”
“Non succederà Tikki”
Un sorriso dolce invade i miei pensieri.
Sono sicura che Chat possa rendermi felice. Devo solo fargli capire di non dover temere Luka.
“Sei sicura?”
Tikki continua a guardarmi preoccupata. È molto dolce da parte sua tenere così tanto a me ed alla mia felicità ma questa volta andrà tutto bene. Lo sento.
Annuisco lentamente, tentando di convincere Tikki di non aver nulla di cui preoccuparsi. Le sue labbra si piegano in un sorriso insicuro mentre le sfioro il volto in una tenera carezza.
La vedo rilassarsi quanto basta da lasciarmi libera di godermi quel momento di dolcezza. Ripongo il biglietto nel cassetto della scrivania, al sicuro da sguardi indiscreti e mi avvio verso il piano di sotto per la cena. Tikki mi osserva sorridendo mentre le prometto una doppia porzione di dolce.
Mi sento felice. Particolarmente felice. Finalmente felice. Felice, nonostante tutti i dubbi ed i pensieri di Chat Noir.
 
Il giorno seguente Chat Noir non viene a trovarmi ed io devo ammettere di iniziare a sentire la sua mancanza. Sembro vagare per la stanza, in attesa che si presenti ma quando anche il pomeriggio lascia spazio alla sera e questa alla notte buia, mi arrendo all’evidenza. Oggi non verrà a trovarmi e distrattamente inizio a pensare che forse sarebbe il caso di chiedergli un numero di telefono al quale scrivergli, ogni tanto. La mia mente riprende a giocare con me, ricordandomi che avere il suo contatto potrebbe essere davvero pericoloso. Se un giorno qualcuno riconoscesse quel numero, se io dovessi essere così stupida da cercarlo online e trovare, quasi sbadatamente, il nome del proprietario, potrei ottenere informazioni ed un potere che non voglio e non posso e non posso voler avere. Con questa consapevolezza mi volto verso l’interno della mia stanza, cercando qualcosa che possa indurmi a dormire. Solo il ricordo di quel biglietto, lasciato distrattamente sulla mia scrivania mi rilassa al punto di vagare tra sogni rosei e rossi.
 
La mattina successiva, memore di avere un biglietto scritto personalmente da lui, mi sveglio riposata e di buon umore, di splendido umore. Felice come non mi sentivo da molto tempo. Forse un po’ infastidita dal suono del cellulare ma niente che una buona colazione non possa superare. Mentre mi avvio verso l’armadio, il telefono riprende a suonare, lasciandomi con la consapevolezza che si tratti di Alya. Solo lei riesce a mandare decine di messaggi per formare poche frasi.
Afferro il telefono per mettere un freno a quel monologo virtuale e quello che vedo è l’ennesimo invito ad un’uscita di gruppo. A quanto pare sembra che abbia aperto un nuovo bar vicino la Torre Eiffel che serve più che altro drink e bevande dedicate ai supereroi di Parigi ed ai loro aiutanti. Alya ha prenotato un tavolo per poter vedere quanto sono accurate le riproduzioni in scala reale di Ladybug e Chat Noir. Solitamente non mi attirano troppo locali simili, forse perché non sono così egocentrica da voler vedere una Ladybug al mio fianco e rischiare che qualcuno mi riconosca sotto quella maschera. Qualcosa, però, attira la mia attenzione, la possibilità di vederlo. So che può sembrare sciocco ma non avere la possibilità di sapere quando rivedrò Chat Noir mi lascia con il desiderio di aggrapparmi a tutto ciò che può ricordarmelo e poter osservare una sua riproduzione è un ottimo modo per ingannare l’attesa.
In tema con i miei sentimenti, opto per un top corto dalle tinte verdi che lascia scoperto qualche centimetro del mio addome ed una gonna nera a vita alta dalla forma a campana che mette in mostra le mie gambe. Decido di lasciare sciolti i capelli, rendendo solamente le punte leggermente mosse. Afferro la borsa di Tikki ed alcuni biscotti e dolcetti vari per la mia Kwami preferita.
Prima di uscire dalla stanza, mi avvicino alla scrivania per rileggere un’ultima volta il biglietto lasciano ieri da Chat Noir. So di poter sembrare quasi malata o paranoica ma è l’unica cosa che ho di suo.
Sotto lo sguardo sorridente di Tikki ripongo il foglietto dalla calligrafia ricamata e mi avvio verso le strade di Parigi. Sento un sorriso allegro affacciarsi sul mio volto mentre ridacchio da sola e canticchio spensierata. Mi accorgo appena di essere arrivata in anticipo e, prima di farmi prendere dal desiderio di vedere la statua di Chat Noir, mi impongo di aspettare i miei amici. Mi appoggio alla parete del locale mentre osservo il cielo azzurro e la torre della città che spicca davanti a me. Quante volte ho trascorso il mio tempo sui piani più alti di quella struttura senza preoccuparmi di poter cadere ma solo godendomi la sua compagnia.
“Chissà dove sarà adesso”
“Chi?”
La voce di Alya mi risveglia dai miei pensieri. Il mio sorriso sembra accecarla mentre la saluto.
“Sei sola?”
“Nino arriverà a breve, doveva riportare a casa suo fratello”
Alya mi osserva attentamente ed il suo lato da giornalista prende vita. La vedo studiare la mia espressione con grande curiosità fino ad aprirsi in un sorriso malizioso.
“Amica mia, devo dirtelo. C’è qualcosa di diverso in te”
“Diverso?”
Annuisce lentamente, in cerca di indizi sul mio cambiamento.
“Gli hai parlato?”
Annuisco distrattamente, sentendo le mie guance imporporarsi velocemente.
“Cos’è successo? Cosa ha fatto?”
“Niente”
Cerco di limitare i danni ignorando i ricordi dell’ultima volta che ho visto Chat Noir ma la curiosità della mia amica non conosce limiti.
“Avanti Marinette, dimmi cos’è successo, ti prego”
A volte la sua insistenza è quasi commuovente. Se Chat Noir fosse un ragazzo normale, sicuramente le racconterei ogni cosa, eppure quel che mi limito a fare è arrossire vistosamente e sorridere, confermando ogni sua parola. È per lui. È ovvio che sia per lui. In fondo, non è successo nulla di che, eppure mi ha lasciato un senso di felicità profonda.
“Non lasciarmi appesa ad un filo! Già sto morendo dalla curiosità di capire chi sia dopo aver saputo di quel bacio rubato”
“Bacio?”
I nostri amici decidono di palesarsi tutti, nello stesso momento, accanto a noi, senza nemmeno avvertirci della loro presenza. Adrien e Luka compresi. Non capisco il motivo ma continuo a dimenticare che anche loro fanno parte di questo strano gruppo. Una strana sensazione di disagio inizia a crescere in me. Spero solo di poter trascorrere una giornata tranquilla per conservare quel buon umore lasciato da Chat Noir.
“Quale bacio?”
Addio ai bei propositi di tenere per me questa storia.
“Cosa?”
“Chi ha baciato chi?”
Inutile dire che le ragazze sembrano impazzite per i pettegolezzi nascosti mentre i ragazzi tentano di evitare l’argomento. O almeno così dovrebbe essere. La verità è che sembrano più interessati quasi i maschi delle mie amiche. Solo che almeno loro provano a mascherare il tutto con un finto distacco.
In poco tempo mi ritrovo circondata e, mentre io cerco con lo sguardo una scappatoia, l’unica cosa che mi viene in mente è nascondermi dietro la causa di tutta questa confusione.
“Tirami fuori da questa situazione, Alya”
Il mio sussurro si perde nelle urla entusiaste di Mylene e Rose.
“Scusa. Non sapevo che… Non immaginavo, insomma…”
“Inventati qualcosa o… Giuro che non saprai nulla da me”
In verità, spero quasi di poterla usare come scusa per non darle spiegazioni ma so che, pur di sapere qualche dettaglio in più, riuscirà a trovare una soluzione.
Nel giro di qualche istante, infatti, Alya inventa una scusa banale che sembra funzionare. Un episodio di una soap sconosciuta sembra una valida alternativa alla realtà. Specialmente considerando che tutti i presenti mi considerano una ragazzina immatura ed incapace di mosse tanto audaci. Tutti tranne loro, i due ragazzi che mi osservano da lontano in modi completamente differenti.
Sono settimane che non vedo Luka, da quando l’ho salutato velocemente mentre cercavo Chat Noir che sembrava stesse per sentirsi male, da quando ho spezzato il suo cuore e rovinato ogni suo pensiero su di noi, eppure sul suo volto ritrovo un sorriso dolce e sincero rivolto a me. Pensavo che ritrovarmelo accanto mi avrebbe fatta sentire nuovamente triste, colpevole ed imperdonabile, invece la sua espressione tranquilla mi lascia con una sensazione di pace, come se tutto fosse andato esattamente come doveva.
Sgattaiolo fuori da quel miscuglio di comare per raggiungere Luka ed Adrien, notando solo in quel momento l’espressione stranita del modello biondo. I suoi occhi vagano da me a Luka, quasi vagliando ogni nostra possibile interazione. Sotto al suo sguardo, mi sento come se stesse giudicando ogni mia mossa. Non so dire bene il perché ma mi sento quasi costretta a salutare entrambi da una distanza di sicurezza.
Vorrei poter parlare con Luka, sapere se stia bene, se mi abbia perdonata per tutto quello che è successo, se mai potremo essere nuovamente amici o se tra noi ci dovrà sempre essere la tensione che inizio a sentir crescere in questo momento. Solo il suo sguardo mi frena. Quegli occhi verdi che osservano ogni mio gesto in maniera quasi possessiva.
Mi sento costretta a rivolgere domande banali che possono riguardare il tempo, il caldo, l’estate, il nuovo bar in cui siamo diretti, tutti argomenti superflui ai quali entrambi sembrano rispondere a monosillabi.
Solo la presenza di Alya mi salva da questa tortura riportandomi con i piedi a terra e con la testa tra le nuvole.
“Mi devi un favore e voglio riscuoterlo adesso. Dimmi cos’è successo. Oppure dimmi come si chiama, mi basta questo”
La giornalista più insistente di Parigi non poteva che essere la mia migliore amica ed il suo tempismo non poteva che essere pessimo.
“Ne parliamo dopo Alya”
“Non pensare di sfuggirmi, Marinette”
“Di chi state parlando?”
“Alya, maledizione”
Nemmeno sussurrando siamo riuscite a conversare senza che i due ragazzi al mio fianco sentissero le nostre parole.
“Di nessuno in particolare”
“Davvero?”
Luka sorride saccente, come se sapesse già ogni cosa, come se conoscesse la situazione meglio di Alya, quasi meglio di me addirittura. Sul mio volto si dipinge un’espressione confusa mentre sento la mia amica inventare l’ennesima storia assurda. Immersa nei miei pensieri, mi accorgo appena dello sguardo di Adrien che passa da me a Luka, curioso anche lui di studiare le sue parole.
Mi verrà mal di testa se continuo a tentare di star dietro a questi due, lo so.
Pochi istanti più tardi, Alya spinge tutti verso l’ingresso dal locale mentre io mi perdo un attimo ad assaporare una boccata di ossigeno per spazzare via ogni mio dubbio e pensiero. Impiego qualche minuto di troppo ad osservare la torre Eiffel per ritrovare la felicità di questa mattina e quando mi volto verso la porta dell’edificio, ritrovo solamente Luka ad attendermi.
“Entriamo?”
Annuisco velocemente, concentrandomi solo sulle sensazioni positive di quella giornata. Non lascerò che piccole sciocchezze mi rovinino l’umore.
Una volta varcata la soglia, un’aria di stupore invade i miei sensi. Sulle pareti del locale sono raffigurati poster e fotografie dei paladini di Parigi durante le loro imprese più eroiche. L’ultima risalente a poco tempo fa, quando combattemmo contro i due ragazzi in grado di controllare e manifestare il Chakra. Ricordo bene le ferite successive e la preoccupazione per Chat Noir. La corsa verso la mia terrazza, la pomata che mai sarebbe bastata per entrambi, lo sforzo richiesto a Tikki per raggiungere il Maestro. Ricordo ogni cosa come se fosse successo appena ieri, tanto che sento i battiti del mio cuore riprendere a correre veloci nel mio petto.
“Marinette, tutto bene?”
Annuisco lentamente, cercando di scacciare i pensieri tristi. Chat Noir si è ripreso, tutto si è risolto nel migliore dei modi. Solo questo mi riporta un briciolo di calma.
“Battaglia dura?”
Una risata tesa esce dalle mie labbra. Mi ero quasi dimenticata del fatto che Luka conoscesse la mia vera identità.
“Era ricoperto di ferite. Ho pensato di non avere il tempo per aiutarlo, per salvarlo, per evitare che… Che soffrisse come avevo fatto io tempo prima”
“Invece sono sicuro che tu ci sia riuscita”
Un sorriso sfiora le mie labbra.
“Per fortuna si”
“Non lo avresti mai abbandonato”
Annuisco lentamente ricordando il nostro primo incontro. Se qualcuno mi avesse detto che mi sarei innamorata di quel ragazzo mascherato e sfacciato che trovavo solo irritante, non gli avrei creduto. Invece…
“Non potrei mai lasciarlo”
Una risata sincera vince Luka mentre io mi concentro sullo scatto riprodotto su quella parete.
“Ero sicuro che ti saresti accorta di amarlo”
“Avevi ragione…”
Basta un solo istante per capire l’errore commesso ma rimangiarsi le parole è impossibile. La volta che imparerò a pensare prima di parlare di sicuro non mi sarà utile.
Mi mordo la lingua con forza voltandomi imbarazzata verso di lui.
“Luka, m-mi dispiace io… Insomma… Non volevo che tu… P-però devo chiederti di non…”
“Non lo dirò a nessuno, promesso”
Annuisco con il volto in fiamme e la consapevolezza di aver chiesto un favore enorme ad una persona che ha già sofferto molto a causa mia.
“Scusami, Luka. Davvero io… Non avrei mai voluto ferirti o…”
“Non puoi controllare i tuoi sentimenti Marinette”
“Vorrei solo non averti coinvolto in tutta questa confusione”
“Non pensarci. Adesso hai altri problemi da affrontare”
Quali problemi?
“Una ragazzina che frequenta il paladino di Parigi. Non sarà facile per te tenere a bada la curiosità di Alya o nascondere questa relazione”
“Come fai a…”
Come fai a sapere che Chat Noir sia interessato a me e non a Ladybug? Come fai a sapere che stia frequentando me e non lei? Come fai a distinguere queste due persone quando a volte è difficile anche per me?
“Sospettavo da tempo che lui si stesse interessando a te”
Porto una mano ai miei capelli, grattandomi la testa in un gesto pieno di imbarazzo.
“Come fai a sapere certe cose? Chi sia… Lei, cosa voglia lui… Sei l’unico”
“Sono un buon osservatore”
Il suo sorriso si tinge di note divertenti, lasciandomi con mille domande che non voglio porgli.
“Sei pronta per affrontare questa sfida?”
Il sorriso di Luka mi lascia la convinzione di poter fare qualunque cosa o, per meglio dire, di essere pronta a fare qualunque cosa pur di provare a vivere questo sentimento.
Un attimo solo basta per ripensare a quel bacio, a quell’abbraccio, ai piccoli gesti che mi hanno scaldato il cuore in queste settimane.
“Spero di poter vivere anche io un amore simile”
Strappata dai miei pensieri, non posso che augurare ogni felicità a Luka. Si merita questo ed altro. Si merita qualcuno che gli scaldi il cuore, si merita di essere amato, si merita di essere il solo ed unico per qualcuno.
“Chissà cosa mi riserverà il futuro. Per il momento ho conosciuto una ragazza e spero che possa nascere qualcosa quindi puoi smettere di sentirti in colpa o triste per me”
La sua confessione mi riempie il cuore di gioia che non credevo avrei provato per una notizia simile. Senza pensarci un secondo di più, mi getto su di lui abbracciandolo e facendogli i miei più sinceri auguri. Non penso esista persona più buona, dolce e gentile al mondo e sono felice che abbia trovato qualcuno con cui condividere le sue giornate.
“Qualcuno potrebbe ingelosirsi vedendoti avvinghiata a me”
Un dubbio invade la mia mente mentre sciolgo l’abbraccio ed inizio ad osservare ogni angolo del locale in cerca di una maschera e due occhi verdi e pungenti. Non può essere, come fa a sapere sempre dove sono io o cosa faccio?
“Non penso sia qui”
“Sono sicuro che lo saprà”
Il suo sguardo punta verso l’angolo opposto della sala, dove i nostri amici stanno discutendo sulle statue a grandezza naturale dei paladini della capitale. Tra tutti, una persona è voltata verso di noi, con uno sguardo inquisitore ed infastidito.
Prima o poi dovrò chiedergli perché sembri sempre così attento a quello che faccio io. È l’unico ad essersi accorto della mia relazione con Luka ed è l’unico che sembra notare ogni volta che non sono pienamente in forma. Quello, però, che mi disturba maggiormente, è il fatto che ogni volta che Adrien scopre qualcosa su di me, per qualche strana forma di coincidenza, anche Chat Noir ne viene a conoscenza. Come se il modello biondo fosse una spia personale di quel gatto nero. Pensandoci bene, è successo molto più spesso di quel che ricordavo.
Quando Adrien ha capito quanto stessi soffrendo a casa sua, ha mandato Chat Noir a controllare che io stessi bene. Quando ha scoperto il taglio sul mio braccio, anche Chat ha capito di essere lui la causa di quella cicatrice. Quando ha capito che tra me e Luka era ormai finito tutto, anche Chat si è arreso all’idea di aver commesso uno sbaglio.
Ogni volta Adrien gli riferiva quello che succedeva nella mia vita.
La cosa più interessante, però, è che, a quanto pare, non era solo una mia impressione.
“Pensi glielo dirà?”
Luka si volta verso di me osservandomi con un sorriso innocente. Annuisce solamente ed io capisco che, probabilmente, lui è riuscito a capire molto più di quel che vuole o può dirmi.
Sbatto le palpebre velocemente, cercando di capire il mistero del suo potere. Non è normale che sappia sempre più di quel che dovrebbe.
Continuo a guarda Adrien e mi accorgo solo di sfuggita dell’assenza del chitarrista al mio fianco. Quando, però, Luka raggiunge il gruppo, lo vedo lanciare un’occhiata divertita al biondino per poi sussurrargli qualcosa a me incomprensibile.
Non so cosa gli abbia detto ma il volto di Adrien si tinge di diffidenza mentre, un passo dopo l’altro, lo vedo avvicinarsi a me.
Mi rendo conto, distrattamente, di non aver smesso un attimo di guardarlo, incapace di comprendere cosa possa volere da me.
Adrien si ferma a pochi metri di distanza, in silenzio. Il suo sguardo sembra saggiare ogni dettaglio del mio volto, per poi concentrarsi sul quadro alle mie spalle.
“Ti piace?”
Tutto mi sarei aspettata da lui tranne che volesse parlare delle opere esposte in questo locale, eppure mi ritrovo ad annuire, incapace di star dietro ai suoi cambi d’umore.
“Ho l’impressione che sia stata una battaglia molto impegnativa”
Una frase che chiunque avrebbe potuto dire ma che solamente io posso ricollegare alla realtà.
“Lo credo anche io”
Il silenzio piomba su di noi lasciandoci avvolti da un’aria quanto più strana e tesa possibile.
I secondi scorrono liberi ed Adrien sembra innervosirsi sempre più.
Inizio ad avere la sensazione di dovergli spiegare la situazione tra me e Luka. Se non per togliergli quel muso lungo dalla faccia, almeno per non dargli modo di spettegolare con Chat Noir.
“Ne stavo parlando anche con Luka, prima”
“Di cosa?”
“Di loro”
Indico il quadro con sicurezza ma le mie parole non sembrano essere sufficienti a placare la sua curiosità quasi morbosa.
“Mi ha confidato di aver conosciuto una ragazza e di sperare di poter avere con lei un legame profondo come il loro”
“U-una ragazza?”
Annuisco con decisione sorridendo al ricordo della bella notizia.
“Mi auguro davvero che possa essere felice con lei. Merita di avere al suo fianco una persona che lo ami”
“Marinette…”
“Come io non riesco e non riuscirò mai a fare”
“Mai?”
Quella parola sembra attirare la sua attenzione in modo particolare. Pensandoci bene, sono sicura che sia il termine più adatto. Mai, mai potrei amare Luka, non come ho amato Adrien e non come amo Chat Noir. Per Luka ho provato emozioni molto forti ma nulla di paragonabile all’amore vero e proprio.
Annuisco lentamente, con la sicurezza di essere riuscita a debellare ogni suo dubbio.
“Quindi prima eri felice per…”
“Per lui. Per lei. Per loro. Dopo avergli procurato tanta sofferenza, non posso che sperare che sia davvero felice”
Un verso quasi sprezzante esce dalle sue labbra.
“Non credo tu gli abbia provocato solo sofferenza, Marinette”
“In che senso?”
Lo vedo scuotere la testa e cambiare argomento. Inizio a pensare che sia davvero bipolare.
“Quindi tu… Non-non provi più nulla per Luka?”
Una bassa risata scuote il mio corpo.
“Non potrei nemmeno volendo”
“Cosa significa?”
Le mie labbra si piegano in un grande sorriso mentre il mio sguardo si focalizza nuovamente sul quadro di fronte a me.
Adrien continua ad osservarmi incuriosito o, forse, sarebbe meglio dire curioso.
Riprendo a ridere, lasciando che Adrien continui a chiedersi a cosa io stia pensando mentre mi avvio al tavolo prenotato per noi.
 
Il pomeriggio scorre velocemente tra chiacchiere tra amici e commenti verso i due paladini di Parigi. Alya ha mostrato a tutti alcuni scatti inediti avuti tramite il suo nuovo drone e tutti sono sembrati incuriositi dalla possibilità di scoprire qualche segreto attraverso quel macchinario volante. Ho pensato più volte di distruggerlo ed altrettante volte ho capito di non poter fare una cosa simile alla mia migliore amica. Un dubbio davvero lancinante.
Ho trascorso l’ultima ora ad ascoltare le teorie di Alya secondo cui Chat Noir e Ladybug sarebbero la coppia perfetta, due metà della stessa mela, due cuori spezzati che riescono a completarsi. Inutile dire che, se prima avevo dei dubbi su una relazione tra loro, adesso penso e spero sia impossibile. L’unica cosa positiva è che, in caso Chat Noir dovesse ricominciare ad interessarsi a Ladybug, sarei la prima a saperlo.
Una risatina esce dalle mie labbra, attirando l’attenzione di Alya.
“Sei d’accordo con me, vero Marinette?”
Ultimamente credo di aver talmente tanti segreti con lei che non riesce nemmeno più a comprendere le mie reazioni. Mi dispiace doverle mentire continuamente ma cosa posso fare se non questo?
“Continuo a pensare che non ci sia nulla di romantico tra loro… Tra Chat Noir e Ladybug”
Stranamente mi sento quasi in dovere di specificare i loro nomi, come se volessi prendere le distanze da lei, da Ladybug, da quella parte di me che ha affascinato per molto tempo Chat Noir e che adesso spero non sia più così interessante ai suoi occhi. Com’è strano il mondo.
“Come fai a dirlo?”
Alzo le spalle, tentando di nascondere un sorriso sincero dietro alla cannuccia del mio drink.
Bastano pochi secondi e lo sguardo dei miei compagni inizia a farmi sentire al centro di un’attenzione che non vorrei attirare. So che tutti si stanno chiedendo perché sono mesi che continuo a dire le stesse cose eppure, se prima pensavo che fosse sciocco pensare a loro come coppia solamente per il fatto che mi desse fastidio essere accostata a lui, adesso non voglio che pensino che i paladini possano avere una relazione perché vorrei essere io, Marinette, ad avere un legame particolare con Chat Noir.
Nonostante la pressione sociale mi stia schiacciando, non riesco a trattenere un sorriso imbarazzato, in attesa che qualcuno riporti il discorso su altri binari.
“Secondo me ha ragione”
La voce di Luka interrompe quell’attenzione snervante, attirando su di sé lo sguardo incredulo e curioso di Adrien.
“Siete gli unici a pensarlo”
Alya torna a spiegare quanto la sua idea sia ormai condivisa da tutti.
Qualcuno, però, non sembra altrettanto d’accordo.
“In verità nemmeno io credo ci sia del tenero tra Chat Noir e Ladybug”
Abbandono la cannuccia velocemente, alzando gli occhi e trovando quelli del modello biondo intenti a osservarmi con sguardo deciso ed un sorriso sincero.
Con la coda dell’occhio noto Luka ridere sommessamente, tentando di non farsi vedere da nessuno.
C’è qualcosa che mi sfugge, ne sono sicura. Posso capire che Luka appoggi la mia idea dal momento che sa chi si celi dietro la maschera a pois neri ma perché sembra divertito anche dalle parole di Adrien? Cosa più importante, perché il biondo condivide il mio pensiero? Non era lui il primo a tifare per la coppia più acclamata di Parigi? Non era con lui che mi ero quasi scontrata proprio perché vedevamo la situazione in modo completamente diverso? Cos’è successo per fargli cambiare idea?
“Bro ma cosa dici?”
“Adrien non ascoltare Marinette, Chat Noir e Ladybug sono nati per stare insieme. Guardali”
Alya indica distrattamente l’arredo del locale. Molti dei quadri appesi ritraggono i paladini in momenti di supporto reciproco o durante battaglie o momenti condivisi. Nello sguardo di Ladybug ritrovo l’amicizia che mi ha sempre legato a Chat Noir ma nel suo rivedo il grande amore che so avere sempre provato per lei.
“Chat Noir si è sacrificato più volte per salvare la sua vita e permetterle di sconfiggere i nemici più complicati”
È vero, lui si è sempre dimostrato deciso nel supportare la mia vittoria. Forse un po’ perché sapeva che solo io potevo eliminare le akuma e riportare tutto alla normalità o forse, cosa più probabile, perché ha sempre provato qualcosa di speciale per me.
Lentamente, sento il mio sorriso svanire, sostituito da un’espressione dubbiosa e tinta di malinconia.
Ho sempre saputo che il suo amore è stato diretto a lei per molti anni e non è possibile che questo sentimento possa svanire da un giorno all’altro. È stupido pensare che possa averla dimenticata così velocemente. Allora perché sembrava davvero sincero quando parlava di gelosia e sentimenti nei miei confronti?
“Prima o poi Ladybug ammetterà di amarlo e finalmente inizieranno ad essere la coppia che sono destinati ad essere”
Destino. Parola crudele ma veritiera. In fondo, sono loro due ad essere i paladini di Parigi. Non c’è destino più forte di quello che condividono loro nell’essere stati scelti dal Maestro. Alya ha ragione. È destino.
“Ammetiamolo, nessuno potrebbe mai sostituire uno dei due e pretendere di essere felice sapendo il legame che li unisce”
Un dolore profondo apre il mio petto, conscia di quanto i miei stessi pensieri fossero simili ai suoi nemmeno troppo tempo fa.
Mi alzo di scatto, attirando lo sguardo di tutti su di me.
“V-voglio provare un altro drink. Torno subito”
Velocemente mi allontano dal tavolo, conscia di sentirmi tremendamente a disagio con quei discorsi.
“Marinette, aspetta”
La voce di Adrien mi blocca a pochi passi dalla porta del bagno dove speravo di rifugiarmi per qualche minuto. So di poter sembrare una codarda ma non saprei come giustificare il mio pessimo umore in questo momento.
“Adrien, scusa ma avrei bisogno davvero di andare in bagno”
“Alya si sbaglia”
Perché insiste con questa storia? Non basta Alya e le sue teorie da cupido?
“Io credo davvero che…”
Scuoto la testa e, ignorando le buone maniere, mi rifugio in bagno fino a quando non sento i suoi passi allontanarsi.
Continuare a pensarci non migliorerà la situazione ma non posso evitarlo. Ero così felice questa mattina ed adesso posso solo tormentarmi. Se solo potessi essere certa che lui non provi più nulla per Ladybug.
 
Sai bene che non potrà mai più esserci niente tra noi”
“Non puoi saperlo”
 
Non puoi saperlo.
Non posso saperlo.
Non può saperlo.
Non è possibile.
“È così che si sente?”
“Mari?”
La voce di Tikki mi raggiunge ovattata, come se facessi fatica a capire davvero ciò che mi circonda.
Com’è possibile che finora io non abbia mai compreso davvero cosa potesse provare Chat Noir nel pensare a me e Luka?
“Pensi che anche lui si senta in questo modo?”
“Di cosa parli Marinette?”
“Di questa insicurezza, di questa tristezza. Sono bastate poche frasi di Alya per farmi dubitare di Chat Noir, dei suoi sentimenti. Alcune parole ed ho iniziato a pensare che davvero lui non si sarebbe mai potuto innamorare di nessuno se non di Ladybug”
Una risata nervosa sfugge al mio controllo.
“Ho iniziato a temere che fosse troppo presto perché lui potesse davvero amarmi. In fondo, sono passate poche settimane da quando giurava amore sincero per lei e…”
Continuo ad osservare il mio riflesso nello specchio del bagno, come se potesse convincermi di qualcosa di diverso.
“È questo che intendeva Chat quando diceva che fosse troppo presto? Ha paura che io possa ancora provare qualcosa per Luka, come io ho temo che lui ami ancora… Lei?”
Tikki mi sorride annuendo debolmente.
Se penso, poi, che loro non hanno mai nemmeno avuto un reale rapporto amoroso, mi sembra ancora più semplice capire perché Chat sia così dubbioso riguardo alla realtà.
Ripensando a ciò che è successo tra me e Luka, posso solo immaginare cosa proverei a parti inverse. Sapere che lui l’abbia baciata, che l’abbia sfiorata, che abbia sentito il suo corpo così vicino al proprio, che si sia sentito così attratto fisicamente da lei o che abbia provato una frenesia ed un’emozione simile a quella che sentivo con Luka.
Una risata nervosa mi vince.
Sono davvero una stupida. Finora ho cercato una soluzione ad un problema che purtroppo non posso gestire io. Ho pensato che affrontare la discussione avrebbe risolto tutto, ho pensato che sarei riuscita a convincerlo ma, così come io devo fare i conti con il suo rapporto con Ladybug, è solo e solamente lui a doversi fidare delle mie parole.
L’unica cosa che posso fare io è dimostrargli che mi fido di quello che dice e sperare che lui riesca a fare lo stesso, prima o poi. Però, per prima cosa, devo riuscire a convincere me stessa.
“Lui non è innamorato di Ladybug”
È strano sentirmelo dire a voce alta, eppure una piccola parte di me sembra sentirsi già più sicura di sé.
Sentire Tikki ridere mi riporta alla realtà lasciandomi un sorriso strano in volto e la consapevolezza che quel che si dice sull’essere innamorati sia vero. Si diventa pazzi.
***
Imperdonabile, me ne rendo conto da sola ma abbiate pietà, tra esami e lavoro ho tempo di scrivere solo tra una sessione all'università e l'altra!
So che mi detestate ma siate pazienti ed i prossimi capitoli conterranno qualcosa di... Particolare <3
Intanto che attendete, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo dalle sfumature rosa :D
Buon martedì mattina a tutti cari lettori <3
miss_MZ93
 

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