Enjoy the silence.

di Eleonora23198
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** PROLOGO ***
Capitolo 2: *** ISABELLE ***
Capitolo 3: *** CHRISTOPHER ***
Capitolo 4: *** PARTITA A POKER ***
Capitolo 5: *** NUOVO NATALE ***



Capitolo 1
*** PROLOGO ***


PROLOGO Buio. Buio totale. Questa era la parola che mi rappresentava meglio. Quando cadi nel vortice del buio, è difficile uscirne, a meno che non ti resta un po’ di anima pura, un po’ di luce che ti dia la forza di combattere e andare avanti controcorrente, sempre più in altro per uscirne, ed è vero. Ne esci. Ma cambi. Il tuo essere sembra scomparire, il tuo corpo diventa solo un contenitore nel quale porti solo i tuoi organi e niente più. Puoi respirare, ma non senti l’aria che ti inonda i polmoni con l’odore del mare, puoi parlare ma sei abituato a ripetere le stesse parole come un robot tanto che la tua voce ti sembra sconosciuta. Puoi camminare ma ti senti mancare la terra sotto i piedi, le gambe si fanno leggere e ti basi a fluttuare, puoi guardare ma i tuoi occhi non riescono più a percepire la sensazione di un attimo perfetto e metabolizzarla nel tuo cervello perché il tuo cuore non comunica più. Si limita a battere. Ti senti come un pezzo di cartone abbandonato nell’angolo della strada umido, quelli che nemmeno gli addetti alle pulizie stradali hanno voglia di chinarsi a raccogliere e lasciano li, in balia del meteo per farli distruggere dall’ennesimo temporale ed essiccare al sole, per poi diventare solo inutile polvere che si perde nel cosmo dell’aria che noi respiriamo. Nessuna sensazione, nessuna empatia, nessuna emozione. Solo voglia di solitudine e di scappare lontano da me stessa alla velocità del suono, in modo da lasciare i miei demoni lontani da me, anche solo per qualche istante. Tutti siamo soli, e dobbiamo imparare a sopravvivere con questo aneddoto, ed io non ne avevo più paura, mi ero costruita una sorta di corazza intorno, una bolla che conteneva solo i pezzi che restavano di me stessa, e la paura di metterli nuovamente insieme era troppa. Vivevo con la convinzione di stare bene con me stessa, ma se davvero fosse stato tale, la mia voglia di scappare costantemente si sarebbe affievolita, e invece cresceva sempre più in me la sensazione di vuoto costante, l’apatia e la consapevolezza di vivere una vita vuota a soli ventidue anni. Non stavo vivendo, ogni giorno, non appena aprivo gli occhi la mattina sapevo di dover sopravvivere di nuovo a un altro giorno senza la minima emozione, perché è proprio così, quando tu non vivi ciò che sei ma continui a rifiutarlo perennemente a te stessa per una paura, non stai vivendo, ti limiti a sopravvivere basandoti su un’esistenza che non ti appartiene. Quando per tutta la vita, ti basi nell’avere rapporti malati, questo succede. Diventi malato anche tu in un certo senso. Malato del tuo essere, la tua anima si stacca dal corpo e non riesci più a recuperarla. Pensi che l’essere realista non ti darà più problemi. Il chiuderti in te stessa è la cosa più giusta da fare quando in poco tempo i tradimenti sono così tanti da farti crollare come un castello di carta. Impari a combattere il dolore, ma attorno a te ci sono le spine. Non vuoi nessuno vicino e non lasci neanche a qualcuno il tempo di farlo. Quando hai tanti segreti, quando la maggior parte delle persone tradisce la tua fiducia, ti basi solo sulla diffidenza e non apri più la porta della tua vita a nessuno. Poi arriva un giorno, dove una persona entra nella tua vita in punta di piedi, piano piano con la sua innocenza ti lascia impronte indelebili nel cuore, giorno dopo giorno. Senti il tuo battito cardiaco affievolirsi grazie ad essa e poi incontri i suoi occhi, i più belli che tu abbia mai visto in vita tua, che ti leggono quel poco che ti resta da dare. Fu così che mi sentii quando incontrai lei, la mia anima gemella, il mio opposto, l’unica persona che ha tirato fuori il meglio di me tenendolo esclusivamente per lei, senza volere niente in cambio. Io sono lo Yin, lei è lo Yang. Collegate dal destino, il bianco e il nero, lei l’innocenza ed io la perversione, lei la luce ed io il buio, lei il bene ed io il male, lei la purezza ed io torbidezza. Questa persona mi stravolgerà la voglia di sopravvivere in voglia di vivere a pieno ogni singola emozione, ogni singolo attimo, da imprimere per sempre dentro la scatola dei ricordi più belli fino ad oggi. Colei che mi ha salvata piano piano, trascinandomi fuori dall’apatia e facendomi tornare la voglia di amare, di credere nella forza del destino, ma soprattutto di fare riconoscere a me stessa che, non sono così sporca come credevo. Questa persona ha raccolto i pezzi della mia anima e li ha ricostruiti senza rendersene conto, senza chiedermi nulla. In ogni carezza, in ogni bacio, in ogni attimo solo nostro ha racchiuso la parte più fondamentale della mia vita, quella in cui torno a credere nell’amore, quel sentimento che fino ad oggi mi è stato negato. La voglia di essere me stessa e la sensazione di poter parlare con ogni singolo sguardo senza pronunciare alcuna parola. E per la prima volta, ho capito cosa significhi sentirsi amati e meritarsi l’amore di qualcuno. Questa è la persona che ha portato nel mio buio la luce. Questa è la mia storia, questa sono io. Questa è la nostra storia, queste siamo noi. La dedico alla persona che io abbia mai amato di più in tutta la mia vita fino ad oggi. Questa è per te.

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Capitolo 2
*** ISABELLE ***


"Non toccarmi, basta, basta, basta". Il mio inconscio conosce la realtà, sto sognando, ma la mia mente resta sempre intrappolata nel mio solito incubo da mesi, non c'è via d'uscita dai sogni. Talvolta essi ricordano il dolore del passato, e nel mio caso, li rivivo a pieno ogni notte. Riesco a sentire l'odore della paura anche da essi. Vorrei svegliarmi ma non riesco, persino nei miei incubi il mio cervello ragiona come se fossi cosciente, a volte creano una voragine talmente ampia dentro di me che ho paura di restare intrappolata in uno di essi. Mi ritrovo ad un certo punto seduta sul letto, con la fronte e il resto del mio corpo coperto da un lenzuolo di sudore. I miei occhi sono spalancati e osservano un punto imprecisato della mia stanza. Fisso la parete e finalmente realizzo che per fortuna sono sveglia, anche stavolta i demoni sono stati abbattuti e sono riuscita a scappare. Sento il cuore battermi all'interno delle orecchie, come se al posto delle vene avessi delle montagne russe ripide e tortuose. Prendo immediatamente il cellulare e controllo l'ora. Sono le 4 del mattino e dubito che prenderò sonno. Allungo i piedi sotto il piumone caldo e sento un peso familiare nel mio letto. É Lucy. La prendo in braccio lentamente e la poggio sul mio petto cullando il suo corpicino e accarezzandole il manto liscio come la seta, riesco a sentire la sua piccola codina scodinzolare e questo porta in me un senso di serenità momentanea. Ricordo ancora il giorno in cui Christopher me la portò, doveva essere la nostra cagnolina, ma le cose tra noi già stavano svanendo piano piano fino a sgretolarsi del tutto. Come può una persona incrementare tanto odio?. Ricordo ancora le sue frasi di ostinazione sulla lotta per portamela via, ma sarebbe stato solo un suo capriccio, come al solito. La nostra relazione era tutta un capriccio. Lucy é colei che ha portato la luce nella mia vita nel periodo più buio. L'unica a starmi affianco nelle nottate insonni, l'unica che ho trovato al mio fianco dopo che mi svegliavo dall'ennesima visita notturna con i miei demoni interiori. Grazie a lei ho capito di nuovo cosa significhi essere sereni, è uno dei motivi per cui rimasi aggrappata a questa vita finta che continuavo a ostentare per me stessa. Se avevo una giornata storta mi bastava sentire il suo pelo caldo a contatto con il mio addome per tornare a respirare in maniera decente dall’apnea in cui annaspavo ogni santissimo giorno, come se fossi stata sotto mille metri di acqua e melma. Sento che fuori piove, ho voglia di fumare una sigaretta in santa pace, so che non è la scelta più adeguata ma ho voglia di godermi la pioggia come si deve. Prendo l’accendino e ispiro il fumo lentamente, fino a sentirlo arrivare ai miei polmoni, colmandoli di pace. Penso a quanto le cose siano cambiare in me, nella mia vita. Mi chiedo Christopher se avrà il minimo senso di colpa per tutto ciò che ha fatto. Mi chiedo se Alyson si renderà conto di ciò che ha distrutto, mi chiedo se Harry, mio padre, si renda conto degli errori che ha commesso. I pensieri sono tanti e inizio a sentire un nodo alla gola, la testa mi gira e la nausea si fa strada dentro di me. Devo fare una doccia calda. Sento l’acqua bollente che mi accarezza la pelle e penso, che forse, manca qualcosa per rendere la mia sopravvivenza una vera esistenza, mi chiedo cosa sia, e pure la risposta era completamente costante a me. Pollicino aveva già iniziato da mesi e mesi a lasciare le sue tracce ed io, troppo presa dal mio essere malinconico e strafottente ero troppo cieca per rendermene conto. Perché la vita è così, due anime gemelle, quando sono destinate ad incontrarsi arriva Pollicino, che con le sue briciole di destino le farà collegare piano piano. Sembra assurdo ma è la verità. La vita nuova si stava manifestando davanti ai miei occhi, lentamente, giorno dopo giorno, briciola dopo briciola. Ero a un passo da lei, e lei era a un passo da me. Ma non era ancora il momento di incontrarsi, non all’ora.

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Capitolo 3
*** CHRISTOPHER ***


<>. Mi domanda Christine. Una donna sulla cinquantina, di bella presenza. I suoi capelli sono ondulati e lunghi, di un color castano cioccolato con dei riflessi color miele, i suoi occhi sono azzurri come il mare ed emanano uno sguardo amorevole, ma allo stesso tempo autoritario e professionale. La sua voce risuona nella mia testa con un timbro velato, calmo, piacevole all’udito, mi sento al sicuro. Sarà la mia nuova psicoanalista. Da sola non potevo più reggere, l’oscurità nella mia anima si faceva sempre più ingombrante, faticavo a respirare. Ogni notte la vivevo incubo dopo incubo, dormivo giusto due ore per non impazzire e svolgere le mie mansioni quotidiane. Ho deciso di iniziare un nuovo percorso per me stessa, anche se Christopher non è d’accordo, secondo lui posso farcela benissimo da sola. So che il mio malessere è contagioso, scoppiavo in un pianto disperato per ore e lui sbuffava ininterrottamente a causa di questo mio comportamento. Qualcosa stava cambiando in me nei suoi confronti, ero delusa. Quando si ha una relazione la cosa principale dovrebbe essere la fiducia e da parte mia essa mancava, non sentivo la sua comprensione. Averlo o meno al mio fianco era diventato oramai un dettaglio irrilevante. Era un rapporto malato, aveva tirato fuori il peggio di me in diverse occasioni ed io non ne andavo fiera, eravamo decisamente troppo diversi, e per quanto nei film il rapporto odi-et amo sia la cosa che più lascia incollati allo schermo, nella vita reale non è così. Dopo quasi un anno insieme a rincorrerci l’uno con l’altra, era diventato una figura stilizzata che stava scomparendo giorno dopo giorno, ora dopo ora e secondo dopo secondo dalla mia vita. Ma ero ancora troppo confusa per prendere una decisione. I suoi ricatti non funzionavano con me, e lui lo sapeva, nonostante tentasse in qualsiasi modo di cercare un pretesto per tenermi con lui, si rivelavano avere la reazione opposta da parte mia, mi allontanavo. Ricordo ancora il giorno in cui in uno scatto d’ira mi chiede indietro tutti i regali ed io non avevo opposto resistenza, se li tenga pure. Non ne ha mai azzeccato uno. Mi sono sempre chiesta come faccia una persona che ti sta affianco quotidianamente a conoscerti meno di zero, effettivamente è possibile. <>. Ecco la risposta più adatta che potevo dare a quella domanda. Christine mi guarda perplessa. Vedo che scrive all’interno di un quaderno tutto ciò che io le dico. La cosa forse mi infastidisce, ma cerco di sorvolare, dopotutto sta svolgendo il suo lavoro. <>. Tasto dolente, da dove dovrei iniziare? Dalla mia relazione malata che dura da quasi un anno? Dalla mia infanzia? Domanda troppo generica. Sono in difficoltà, sento il mio battito cardiaco accelerare e le mani sudare freddo. Il mio pensiero va a Christopher ed Alyson. Specialmente quest’ultima è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. I primi cedimenti li ho avuti da quando lei se n’è andata dalla mia vita. <>. Inizio col raccontarle il mio rapporto con Christopher, ci eravamo conosciuti in autunno, lo trovai bellissimo, uno di quei caratteri tosti che tanto affascinano noi ragazze, un tipo a cui dovevi togliere le parole di bocca con le tenaglie ed io, dovevo assolutamente scoprire cosa nascondeva dentro di sé. Avessi saputo prima che era come il vaso di Pandora mi sarei risparmiata tanta fatica. Ci eravamo innamorati senza motivo, senza un perché, e pure di positivo non mi ha trasmesso nulla, sin da subito ci furono scontri caratteriali molto forti tra noi, non mi sentivo apprezzata come persona, mi sentivo a disagio con la sua famiglia così diversa dal mio punto di vista, quando provai ad aprirmi con lui non ricevetti il neppure un abbraccio, il minimo conforto che una persona cerca in un partner per far sì che la vita crei un po’ meno male. Mi sentivo la sua psicologa personale, quella che doveva correre se le cose si mettevano male, ogni suo peso era sopra di me ed io non riuscivo più a reggerlo. Ero confusa dalla sensazione che ebbi qualche giorno prima, una domenica per essere precisi. Stavamo facendo compere in un centro commerciale e lui mi poggiò la mano su una spalla, un brivido di disgusto mi pervase il corpo, sentivo i conati di vomito nel mio esofago e l’acidità pervadermi. Inutile dire che da quel giorno le mie domande su questo rapporto sentimentale aumentavano ed io mi presi qualche tempo per pensare, ogni scusa era buona, davo la colpa al lavoro, ma non era così. Volevo semplicemente starmene da sola. Tutto qua. Lontano dalla sua ossessione, dalla sua gelosia, dai suoi ricatti. Christine mi guarda attenta, i suoi occhi sembrano penetrarmi, e all’improvviso disse una frase che radicalmente mi cambiò la vita. <>. Stavo facendo la fine di mia madre, succube di un rapporto malato fatto di violenze psicologiche, violenze fisiche. Non era la mia vita questa, non era la vita che volevo per me. Presi un bel respiro e uscii dallo studio con le idee più chiare del mondo. La sera stessa lo lasciai. Finalmente tornai a respirare un po’ meglio. DUE MESI DOPO Era novembre e nell’aria sprigionava odore di castagne, il freddo era già subentrato e a lavoro ebbi una giornata impegnativa, il mio capo era assente e dovetti prendere le redini dell’ufficio. Contavo i minuti che mi separavano dalle sei del pomeriggio per finalmente uscire di lì, andare al mio solito muretto e accendermi una sigaretta prima di tornare alla macchina come mia abitudine. Finalmente il software viene disattivato, mi avvicino con fretta alla stampante spegnendola, lascio qualche appunto su un post-it per il giorno successivo e sono pronta per uscire. Chiudo la grande porta a vetro a chiave e mi dirigo a spasso spedito verso il mio posticino, quando vedo che è occupato da un branco di ragazzine intente nei loro discorsi. Provo un senso di nervoso e nella mia testa spunta l’idea di sedermi con prepotenza e accendermi ugualmente la sigaretta, erano piccole, a occhio e croce non avevano più di diciassette anni, non sembravano assolutamente delle fumatrici e si sarebbero allontanate con un solo sguardo da parte mia, ma la buona educazione ebbe la meglio. Accesi la mia sigaretta e con le luci della ruota panoramica di riflesso, a farmi compagnia, mi incamminai silenziosamente verso la mia auto attraversando la piazza con il vento tra i capelli. Pollicino aveva di nuovo lasciato le sue molliche, ma di nuovo non era il momento, non ancora, ed era nuovamente a un passo da me,

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Capitolo 4
*** PARTITA A POKER ***


Era Agosto del 2019 e nell’aria si emanavano forti vibrazioni negative che percepivo all’interno della mia testa, era come se fossi continuamente schiacciata da una valvola a pressione che non mi dava sollievo, il respiro era sempre più corto e la mia vista sempre più annebbiata. Sentivo il cedimento delle mie gambe ma non era il momento adatto per un attacco di panico, il mostro dovevo controllarlo, altrimenti Christopher non sarebbe riuscito ad attenuare la situazione ma bensì peggiorarla. Ricordo che guardai per un istante il cielo davanti a me, erano circa le 21.30 di sera e il tramonto incombeva sempre più, sentivo il rumore delle onde infrangersi agli scogli lentamente, mi tolsi i miei amati stivaletti biker e mi avviai lentamente lungo la riva, presi il mio cellulare e iniziai a scattare, scattare, scattare. Immortalare quei momenti per sempre. Sentivo la sensazione di angoscia allontanarsi da me, è stato uno dei momenti più intimi della mia vita, io e il mare uniti all’unisono. Avevo trovato la mia medicina, dopo tanti mesi ero riuscita a calmarmi da sola, una nuova vocazione che in quell’attimo mi ha salvato da un nuovo cedimento emotivo. La fotografia. Come al solito Christopher non comprese, avevo una piccola istantanea a casa, ma per una volta che avevo trovato qualcosa in vita mia in grado di cambiare il mio modo di vedere le cose, in modo da poter comunicare i miei sentimenti mostrandoli anziché descriverli, volevo fare le cose sul serio. Ricordo ancora quando gli feci vedere tutta fiera una nuova istantanea che fremevo dalla voglia di comprarmi il mese prossimo, era talmente concentrato su se stesso che pensò che gliela stessi chiedendo come regalo. Assurdo vero? E pure fu proprio così. Più tempo passa più sono felice di non averlo al mio fianco, credo sia stata la scelta più giusta che potessi prendere. A ottobre, con i soldi guadagnati dagli straordinari a lavoro, cambiai completamente rotta, e decisi di acquistare la mia prima reflex, era usata, un po’ vecchiotta, ma da li sono iniziare le soddisfazioni, anche se Christopher continuava a non darsi pace dalla fine della nostra relazione e questo mi metteva a disagio. Luke, il mio primo fidanzatino di quando avevo sedici anni ci eravamo di nuovo ritrovati ed era diventato una figura quasi fraterna per me, gli volevo un bene immenso, e a distanza di anni, scoprimmo di avere la solita passione, è lui che mi ha insegnato le impostazioni base di come scattare con una reflex e i giusti consigli. Grazie al suo aiuto iniziai a fregarmene del giudizio altrui e aprii una mia pagina Instagram dove esporre i miei lavori, credevo non mi considerasse nessuno e invece mi sbagliavo, i follower piano piano aumentavano e i commenti sotto le mie foto anche, le persone riuscivano a cogliere le mie emozioni, i miei sentimenti. Ricordo la felicità negli occhi di Christine, la mia psicoanalista, che mi chiese il permesso di mostrare un mio lavoro ad una sua conferenza. Ricordo quel giorno come se fosse ieri, ero talmente emozionata da ciò che stavo quasi per commuovermi. Questo era l’inizio del mio lento cambiamento. Un cammino lungo e tortuoso, che all’inizio tanto maledicevo, ma alla fine senza le brutte esperienze del passato non sarei quella che sono oggi. Ma è ancora presto per parlarne. C’è ancora molto da dire. Io e Luke continuavamo ad accrescere la nostra amicizia, tanto che un giorno mi comunicò di essere il fotografo ufficiale di un piccolo evento di auto nella nostra città, aveva raggiunto il suo piccolo traguardo, il suo sogno era intraprendere la strada di scatti automotive e piano piano ci stava riuscendo, ed io da brava amica non potevo essere più felice per lui. Ricordo che mi incitò, per far conoscere il mio nome ad altre persone, per iniziare a fare qualche scatto alle persone, ma anche Christopher sarebbe stato presente all’evento e non me la sentì. Non volevo vederlo, non mi andava che un essere del genere respirasse il mio stesso ossigeno, così stetti a casa. Alle undici di sera il mio telefono iniziò a squillare ininterrottamente, era Luke. Christopher, non so come, aveva il sospetto che tra noi due ci fosse qualcosa, e per andarsene a tutta velocità gli passò con l’auto a un filo dal corpo, spaventandolo. Mi dispiaceva di averlo trascinato in una situazione così drammatica, Luke non era il mio fidanzato, ma solo un amico fedele con il quale condividevo una passione, non ci fu nulla tra di noi in quel periodo. Era Christopher ad avere un problema serio. La nostra relazione era finita e doveva farsene una ragione. Non ero sua proprietà. Non più. Non lo sono mai stata. Quella notte faticai a dormire, la testa era invasa da mille pensieri, quando Morfeo mi prese tra le sue braccia erano le quattro del mattino, per poi riaprire gli occhi tre ore dopo, con la un emicrania assurda, a causa del vibrare del mio cellulare. Trovo un messaggio: “Quanto è cresciuta Lucy”. Lo sapevo, era lui. E sa esattamente dove colpirmi. Cerco di bloccare i miei impulsi per il bene della mia mente e con mani tremanti ignoro il messaggio, non rispondendogli. Deve capire che nella mia vita non entrerà mai più. Quel giorno presi la mia Nikon e andai a scattare, ero soddisfatta di quanto riuscii ad imparare in così poco tempo da autodidatta. Ma mancava ancora la mia famosa Musa ispiratrice, che come al solito, ruotava attorno a me in continuazione, come un circolo vizioso, ma i miei occhi non erano ancora nella sua traiettoria, incredibile di come il destino sia bastardo e affascinante. Stava mischiando le carte per la partita a poker della mia vita e per il momento stava ancora distribuendo il mazzo. Avevo ancora parecchie carte da pescare. Ma un giorno, sarebbe arrivato l’asso di cuori. Inconsciamente, dovevo aspettare.

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Capitolo 5
*** NUOVO NATALE ***


Natale era alle porte, ed i regali da fare quest’anno erano molti. Ma ne mancava uno purtroppo. Dopo otto anni che sei abituata a fare un regalo, anno dopo anno ad un’unica persona ed essa improvvisamente non fa più parte della tua vita è un carbone ardente. È come se quest’anno il Natale non fosse più lo stesso, e fu così, tutte le persone che fino a un anno prima facevano parte della mia vita non c’erano più. Né Christopher, ne mio padre né Allyson. Allyson, con lei eravamo amiche da molto tempo, troppo. Ci vedevamo ogni giorno perché non riuscivamo a stare lontane l’una dall’altra per troppo tempo, siamo cresciute insieme ma da parte mia qualcosa nei suoi confronti era diverso. Mi sarei uccisa per lei se solo lo avesse chiesto, ogni volta che le sue labbra sfioravano le mie era come toccare il fuoco ardente, la amavo, tutti intorno a me se ne erano accorti ma nessuno aveva il coraggio di chiedere a me i miei sentimenti. Anche perché io ero la prima a nasconderli in un angolo del mio cervello, e quando essi saltavano fuori all’improvviso io facevo di tutto per farli tornare nella piccola scatola buia in cui li avevo repressi. E so che nel profondo forse, anche lei se n’era accorta. Mi ero appoggiata completamente a lei come un’ancora di salvataggio ma quando si spostò io andai a fondo. Era completamente sparita dalla mia vita senza un motivo, senza un perché. Io mi ostinavo a dare la colpa alla sua relazione con Daniel, ma analizzando la situazione, lui aveva solo sostituito il mio posto, diventando il suo cagnolino. Il nostro era un rapporto malato, quasi ossessivo, Alyson ti portava al punto di essere totalmente ossessionata da lei quasi a scaturire la gelosia che dentro di te freme, facendoti passare dalla parte del torto, ma rendendomi conto della sua  difficoltà nel gestire i rapporti personali devo ammettere che è lei quella che ha sempre il coltello dalla parte del manico. Non conosce differenza tra giusto o sbagliato, non sa chiedere scusa e ne tanto meno riconoscere i suoi sbagli. Le sue insicurezze erano molte per quanto tentasse di nasconderle, ma io sapevo tutti di lei, e lei di me molto non sapeva. Mi ostinavo a raccontarle certe mie passioni per temenza di un suo giudizio, di una sua presa in giro. Non a caso, appena uscì dalla mia vita, non a caso dopo mesi uscirono le mie passioni, ed io mi misi a coltivarle sempre di più, fino a raggiungere i miei obiettivi, crescendo giorno dopo giorno. È la persona che mi ha causato più male in assoluto, in parte il mio cedimento emotivo è dovuto anche alla mia improvvisa rottura con lei. Anche io ho le mie colpe, non lo metto in dubbio, ma la lealtà che provavo nei suoi confronti era molta, e lei lo sapeva, mai avrei tradito la sua fiducia, mi sono sentita usata, umiliata. Per quanto il rapporto tra noi fosse tramutato, sgretolandosi pezzo dopo pezzo fino a diventare il nulla, il buio, il niente più completo, la contattai per un eventuale chiarimento per chiudere questa esperienza in maniera pacifica e continuare la mia vita senza avere più nulla in sospeso. La risposta che ricevetti fu “le persone prendono strade diverse, bisogna accettarlo”. Credo che la vita sia fatta di scelte, e per quanto all’inizio la vecchia Isabelle non se ne facesse una ragione, adesso la vede in maniera diversa. Certe persone è meglio non averle all’interno della propria vita se per brillare usano la tua luce, se quando le cose si mettono male ti colpiscono nel tuo punto debole. Questa si chiama cattiveria, e non la voglio con me. Ricordo che avevo quindici anni quando iniziai a provare qualcosa per lei, quando iniziammo ogni tanto a darci qualche bacio rubato, solo nostro. Per lei era solo un gioco, così diceva, ricordo che dopo ebbe uno stacco definitivo a livello fisico da me, non sopportava nemmeno che le sfiorassi la mano, forse stava reprimendo tutto, forse era frutto della mia immaginazione, non saprei. So solo che dopo Daniel era più chiusa, non c’era più lo stesso dialogo, non si confidava più con me. Per quanto io cercassi si incolpare Daniel di tutto, mi sbagliavo, come sempre. Dare la colpa agli altri per negare l'evidenza non mi renderà meno vulnerabile, bisogna ammettere le cose come stanno. Sono stata usata e buttata, succede a tutti nella vita, la cosa peggiore è quando a voltarti le spalle è chi meno ti aspetti, ma poi ho imparato a farmene una ragione. Per quante cose avessimo vissute insieme, belle e brutte, la mia vita è diventata migliore senza lei. Troppe cose imperdonabili. Pensava solo a se stessa, quando per tutti questi anni ero io dipinta come l'egoista, come la gelosa, come la ossessionata. Ero solo una marionetta e lei manipolava i fili. Era Mangiafuoco ed io il suo Pinocchio. Sto meglio senza lei con me, e poi, e non se ne fosse andata, non avrei mai capito il vero amore, quello puro, quello che ti rende migliore. Quello a cui io credevo di non essere all'altezza, e pure mi stavo sbagliando di nuovo. Ma il destino fu di nuovo caparbio con me, non era il momento, non ancora, e pure era vicino, come sempre, ma ero troppo concentrata su me stessa per rendermene conto di nuovo. La mia testa in quel periodo era sconnessa, anche a lavoro ero spesso deconcentrata e non era da me. Troppi ricordi, troppe emozioni da reggere. Mi piace pensare che, il destino, più dolore ti crea, più ti dà ricompensa. Forse per questo con me continuava a girare al contrario. Perché un giorno a me sconosciuto, almeno a quel tempo, avrebbe iniziato a girare a mio favore. Il dolore è personale, e per come io sono, ne avevo provato fin troppo, il mio limite era stato varcato più e più volte. Mi sembrava di essere un equilibrista inesperto sul filo del rasoio che resta aggrappato alle illusioni per non andare giù. Per fortuna ho il pregio di portare pazienza. Lei era sempre a un passo da me, anche in questo periodo così nero, me la trovavo a due metri di distanza, come se fosse sempre stata una figura presente per me anche quando tutto andava male, quando tutto era buio, era ed un passo da me, ma come ho detto anche prima, non era il momento, non ancora. Di nuovo.

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