Un giorno mi apparterrai

di MaryFangirl
(/viewuser.php?uid=71435)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1. Prima vittima ***
Capitolo 2: *** 2. Ritorni ***
Capitolo 3: *** 3. Quante ne serviranno... ***
Capitolo 4: *** 4. Trovare il legame tra loro ***
Capitolo 5: *** 5. Una preda di qualità ***
Capitolo 6: *** 6. Più vicino a te ***
Capitolo 7: *** 7. Per mia sorella ***
Capitolo 8: *** 8. Tu mi appartieni ***



Capitolo 1
*** 1. Prima vittima ***


Questa storia è una traduzione dal francese all'italiano; i dettagli dell'originale li trovate subito sotto.

 

Titolo storia originale: Un jour, tu m'appartiendras

Link storia originale: http://hojofancity.free.fr/WorkDisplay.php?v=2&st=1&series=1&choix=0&fm=&status=&s=659&t=

Link autore: http://hojofancity.free.fr/Auteurs.php?v=2&a=1101

 

Salve a tutti ^^ se avete deciso di leggere un'altra delle storie che vi propongo dal vasto mondo delle fanfiction francesi, vi ringrazio di cuore :) ritengo che il genere possa essere giallo/thriller, ma non manca mai un po' di sentimentalismo, con venature di dramma e azione...insomma, un bel mix che a me è piaciuto e spero sia così anche per voi.

Non aggiungo altro e vi auguro buona lettura!

 

 

Mentre la notte prendeva il sopravvento sul caldo e abbagliante sole di quel giorno d'autunno, curiosamente l'atmosfera si rinfrescava man mano che la notte ingoiava ogni angolo blu del cielo. I pochi passanti tiravano su il bavero delle loro giacche, mentre si affrettavano ulteriormente per non dare tempo al freddo di infilarsi nella più piccola fessura.

In un fragile fruscio, una leggera brezza faceva roteare le foglie morte sul terreno, disperdendole in un valzer vertiginoso.

Un'andatura smorzata schiacciava senza cura i cadaveri delle foglie per giungere a nascondersi nell'angolo buio di una strada la cui animazione si risvegliava alla luce di pallide stelle.

Mimetizzato da un imponente edificio, le sue dita si tesero leggermente su un mattone mentre la sua attenzione si attardava su una figura femminile, un po' volgare, che approcciava gli uomini con parole accattivanti o seducenti.

Mentre i lampioni e le altre luci notturne lampeggiavano per espandere uno sfarfallio diffuso, sui marciapiedi fiorivano ragazze di strada, sagome femminili spuntarono dall'oscurità, trasudando lussuria. La bassa temperatura non sembrava sfiorare le creature seducenti il cui sangue caldo riempiva la leggerezza dei loro abiti. Le donne vestite in modo oltraggioso aspettavano pazientemente l'inizio del quotidiano declino, apparendo come un vampiro che si allontana dalla sua tana, per spogliare le loro vittime alla ricerca di amore.

Riprendendo il suo cammino, la spia tornò in fretta al suo veicolo; il cacciatore doveva agire rapidamente perché la sua preda non doveva essere portata via.

Con passo moderato, la sua lussuosa auto sfiorò il marciapiede per fermarsi all'altezza della succulenta bionda che si affrettò a individuarlo. Ancheggiando, passandosi una mano tra i lunghi capelli chiari e con un sorriso che allungava le sue labbra di un rosso fiammeggiante, la donna si accostò alla portiera.

“Cosa desideri, mio caro?” chiese con voce soave.

“Sali dietro!” si limitò a dire lui seccamente, tamburellando per l'impazienza sul volante con le dita guantate.

Scrollando le spalle e sistemando la scollatura, la giovane donna obbedì e si sedette comodamente sul sedile posteriore in un gesto lento e carezzevole, sollevando consapevolmente la gonna corta per rivelare ulteriormente la curva delle sue gambe al suo futuro cliente.

Fissandola dallo specchietto retrovisore, un sorriso misterioso illuminò il volto del conducente; non essendole scappata quell'aria entusiasta, la donna si lasciò scivolare lievemente sul sedile per posarsi sul poggia-testa del sedile anteriore.

“Cos'hai in serbo per me? Dal tuo sorriso, penso che vivrò una serata memorabile”

“Neanche te lo immagini” fece il conducente, bloccando la portiera.

“Ma cosa fai?” si preoccupò improvvisamente la giovane donna, insistendo sulla maniglia che si rifiutava di funzionare.

“Adesso ci divertiamo!” aggiunse lui senza il minimo accenno di calore nella voce mentre un vetro divisore si sollevava tra la parte anteriore e quella posteriore del veicolo.

Con un gesto disperato, la giovane donna cercò di fermare la chiusura del divisorio facendoci scivolare le dita e, con forza, insistere nel senso opposto per mantenerlo aperto, ma invano. Accanendosi nuovamente sulla maniglia della portiera, un brivido percorse la sua spina dorsale mentre un'ondata di panico si insinuava nelle sue vene, facendo scomparire totalmente la sua accattivante sicurezza.

“Non serve a niente resistere! Ora sei mia!” ridacchiò lui, mettendo in moto.

Al timbro di quella voce troppo dolce perché apparisse rassicurante, le lacrime scesero sulle guance della giovane donna il cui mascara lasciò solchi nerastri sugli zigomi. Martellando di pugni rabbiosi il vetro, i suoi ululati attutiti dal rivestimento dell'abitacolo e il suo crescente terrore deformarono il suo bel viso.

La vita sembrava proseguire il suo corso, completamente ignara dell'angoscia della giovane donna, mentre il suo futuro pareva tutto tracciato. Con un ritmo più regolare, l'auto entrò gradualmente nel traffico; la figura femminile spiccava dal parabrezza mentre i pugni feriti picchiavano ferocemente il lunotto. Con i suoi singhiozzi disperati, cercò di attirare l'attenzione dei nottambuli, ma non servì a nulla. Erano tutti troppo assorbiti dallo spettacolo allettante delle prostitute che sfoggiavano il loro fascino per attirare i clienti. Quella visione le fece improvvisamente male al cuore, ma urlò in un ultimo appello:

“Aiutatemi! Vi prego...” implorò, affondando sul sedile, sommersa dalle lacrime.

Con l'auto ormai immersa nel flusso del traffico, la donna dovette arrendersi che non sarebbe stato possibile fuggire. Con disgusto e disprezzo verso se stessa si rese conto che la sua ultima visione sarebbe stata un marciapiede affollato di prostitute che gesticolavano verso i viziosi. La sua scomparsa avrebbe solo lasciato campo libero alle sue rivali, nessuno avrebbe pianto per la sua perdita. E comunque, qualcuno se ne sarebbe accorto? Che pena.

“Serviti da bere!” le ordinò lui.

Meccanicamente, lei obbedì e prese delicatamente un bicchiere, lasciandovi danzare il liquido rosato. Fissando il drink un'ultima volta e con un gesto frettoloso, deglutì l'alcolico che le lasciò una scia ardente al passaggio.

-Forse ubriacandomi, soffrirò di meno- pensò ironicamente.

Come rassegnata alla sua triste sorte, riprese la sua posizione iniziale e si raddrizzò dignitosamente mentre le lacrime continuavano a scorrere sulle sue guance. Stringendo le gambe e sistemando i vestiti, con le mani sulle ginocchia fissò dritto davanti a sé: le apparve una sola traiettoria...quella della sua imminente morte.

Chiudendo gli occhi, come per proteggersi da quella realtà, le sue labbra si mossero in parole impercettibili, certamente una preghiera; una lacrima solitaria si fece strada tra le sue lunghe ciglia per morire sul palmo della sua mano che stringeva il tessuto della corta gonna.

A poco a poco, le sue membra diventarono insensibili e fu vinta da un'intensa stanchezza; appoggiandosi pesantemente sul sedile, la sua guancia si incollò al rivestimento in pelle e con uno sguardo vuoto di ogni espressione i suoi occhi chiari si chiusero lentamente, e sicuramente non si sarebbero più riaperti.

Le sue dita lasciarono il bicchiere con lo champagne che finì sui suoi piedi, vacillando sul tappetino scuro, al ritmo imposto dalla velocità del veicolo.

 

 

Stringendo con premura lo scialle sulle spalle, Kaori, con un sacco della spazzatura, percorse i pochi metri che la separavano dal contenitore dei rifiuti.

“Che tempaccio!” sospirò. Poco fiduciosa, attraversò il cortile privo di luce a causa dell'illuminazione troppo vetusta che si era interrotta durante la settimana.

“A cosa serve avere un'associazione di proprietari!” brontolò tra sé, scrutando ogni angolo buio.

Arrivata finalmente a destinazione, sospirò sollevata e mentre con un sinistro scricchiolio sollevava il coperchio, un gatto randagio infelice di essere stato disturbato durante il suo banchetto, uscì miagolando. Con un piccolo grido acuto, lei lasciò il coperchio e in un baccano infernale sobbalzò per poi mettersi una mano sul petto.

“Dannato gatto, un giorno mi farai morire” borbottò, passandosi le dita tremanti sulla fronte.

Facendo delle smorfie per il suo sforzo, alla fine lasciò andare il peso nel contenitore puzzolente e si voltò indietro. Il vento si alzò nuovamente, trascinando sulla sua scia i fogli di un giornale abbandonato; sistemando i lembi del suo scialle, Kaori si curvò per avanzare sula sua strada ma uno strano brivido la paralizzò sul posto.

Il ronzio del motore di un'imponente auto si udì in lontananza per farsi più nitido ad ogni secondo. Con difficoltà, Kaori riuscì a svoltare e vide solo il veicolo grigio metallizzato sfilare davanti ai suoi occhi, senza interrompere la sua vivace corsa.

 

 

Spettatore silenzioso dalla finestra del loro appartamento, Ryo fissava la coraggiosa che si era ostinata a voler portare fuori la spazzatura quando lui aveva semplicemente detto:

“Può aspettare fino a domani mattina”

In quel momento lei si era lanciata in un monologo scontroso sui microrganismi che proliferavano frettolosamente nei rifiuti, mettendo così a rischio la loro salute. Ascoltando ciò che aveva detto, lui si era seduto pesantemente sul divano, sospirando e rispondendole di getto:

“Se è una questione di vita o di morte, puoi andare da sola. City Hunter è un duo, no?” aveva detto con un sorriso provocatorio.

Conoscendo la sua paura del buio, lo sweeper aveva pensato di dissuaderla perché ricordava ancora la mano di lei serrata nella sua mentre attraversavano il cortile per tornare a casa dopo un invito al Cat's Eye.

Quella sera, lui aveva voluto soltanto passare un momento piacevole, l'uno tra le braccia dell'altra, guardando un film che alla fine avrebbe fatto piangere lei e lui sarebbe stato felice di consolarla.

Invece, tutti quei piani erano crollati a causa di alcune semplici parole.

“Allora vado io” aveva sbuffato lei scontenta.

Kaori aveva preso il tutto come una sfida: come aveva fatto lui a non vedere quello scenario incombente all'orizzonte? Forse per l'abitudine di prenderla in giro senza pensarci, eppure conosceva il suo carattere.

Con un gesto energico, la giovane donna aveva afferrato il sacchetto di plastica e con un'andatura scattosa, tinta di malcontento, era uscita borbottando 'che lei non era una che si lasciava impressionare'.

Attento e soprattutto protettivo, Ryo si era recato alla finestra guardandola da dietro la spessa tenda che decorava il soggiorno. Un ghigno era apparso sulle sue labbra quando aveva visto la figura femminile avanzare esitante e scrutare l'oscurità. Crogiolandosi in quello spettacolo divertente, il suo sorriso svanì gradualmente per rivelare un volto duro che intensificò il suo sguardo nero. Rapidamente si precipitò giù per le scale per raggiungere la sua pelle, mentre il pericolo si profilava non lontano da lì.

 

 

Incapace di distogliere lo sguardo dall'attrazione in movimento, Kaori fece qualche passo verso la corsia del traffico, ma una mano forte l'afferrò per un polso.

“Ma cosa fai?” la interrogò duramente.

Avendo sentito il turbamento prendere possesso della sua compagna che lo fissava con grandi occhi spalancati, lui avanzò verso di lei e con un leggero tocco le sistemò il tessuto lanoso.

“Non correre mai rischi sconsiderati” le disse con voce più calma.

“Cos'era?” chiese la giovane donna.

“Non lo so, ma sono sicuro che non sarebbe stato bello incrociare il cammino di quella persona”

Dopo un breve silenzio, Kaori lo guardò.

“Ma che ci fai qui, comunque?” chiese la giovane donna accigliata, incrociando le braccia sul petto.

“Beh...cioè...ti ho vista lottare con la spazzatura e sono venuto per darti una mano” cercò di giustificarsi grattandosi la testa e ridendo stupidamente.

“No, no, no. I tuoi vecchi trucchi non funzionano più, Saeba” disse, scuotendo il dito indice in segno di negazione. “Eri preoccupato per me” concluse sorridendo.

“E allora, è una brutta cosa?” brontolò, allontanandosi da lei e mettendo il broncio.

“No...ma sei troppo carino!” disse lei, baciandolo sulla guancia e ridendo allegramente.

Con un gesto delicato, lui sfiorò l'impronta delle sue labbra sulla sua guancia mentre lei tornava verso l'edificio di mattoni rossi e la imitò, andandole dietro.

“È tutto quello che hai da dire...che sono carino?!”

Senza rispondere, lei gli offrì uno dei suoi sorrisi più radiosi e proseguì per la sua strada.

“Vedrai se sono carino!” sorrise lui maliziosamente.

Mentre la porta di ingresso si chiudeva dietro di loro, delle grida scherzose risuonarono nel corridoio, poi si sentirono dei passi frettolosi sui gradini per terminare quell'interludio birichino con lo sbattere di una porta d'appartamento.

 

 

Pochi minuti dopo, il veicolo entrò in una strada sterrata privata; le piccole pietre scricchiolavano sotto le gomme che ora procedevano lentamente. Spegnendo il motore, il passo veloce del conducente schiacciò a sua volta il terreno e con un gesto rapido aprì la portiera posteriore. Ancora una volta, un ampio sorriso apparve sulle sue labbra mentre sfiorava la guancia della 'addormentata' con la punta delle dita, per sistemare una ciocca chiara dietro l'orecchio.

Dirigendosi in fretta verso l'hangar non lontano da lì, riapparve con una sedia a rotelle che condusse, con eccessivo entusiasmo, lungo i pochi metri che lo separavano dal veicolo. Posando la sedia contro l'abitacolo e afferrando il corpo appesantito tra le braccia, trascinò la giovane donna priva di sensi che brutalmente posizionò sul 'carretto'.

Ancora una volta, con espressione gioiosa e fischiettando, si voltò per prendere un sentiero lastricato di pietre grigie chiazzate. La piccola vettura sussultò allegramente, soffrendo dell'implacabilità del suo guidatore, mentre quest'ultimo si infilava su uno stretto sentiero meno accogliente dove l'arredamento era molto meno caloroso.

Dopo alcuni istanti, smise di avanzare ai margini di un lungo labirinto di pareti rocciose. Con un gesto lento, quasi cerimoniale, aprì una porta accuratamente nascosta nella roccia che colpì la parete adiacente come al rallentatore; il suo sguardo e i suoi lineamenti riflettevano la sua malsana ammirazione o eccitazione di fronte allo strano decoro che si stendeva davanti. Quell'espressione inquietante poteva essere paragonata a quella di Ali Baba di fronte ai preziosi tesori contenuti nella grotta dei quaranta ladroni, eppure quel posto gli era famigliare, ma riscopriva con gioia non mascherata quel luogo che si era preso tanta cura di confezionare.

Immobilizzò rapidamente la sedia a rotelle nella stanza di un bianco immacolato e con qualche difficoltà sollevò il corpo gravoso della sua futura vittima.

Sotto i colpi della testa che urtava senza tante cerimonie sulla superficie trapuntata della barella, la giovane donna aprì lentamente gli occhi le cui pupille chiare vennero violentemente aggredite dalla luce abbagliante. Le palpebre svolazzanti si adattarono alla luce ma ben presto notò con paura che solo i suoi occhi sembravano in grado di muoversi.

Le sue pupille si affrettavano a vagare in quell'ambiente misterioso e sembravano essere l'unico modo per lei di cercare di comunicare con il suo rapitore.

Di schiena, non riusciva a vedere il suo viso ma il respiro ansimante e le folli risate che sfuggivano dalla sua gola non la rassicuravano. Un brivido attraversò tutto il suo corpo facendo rizzare ogni poro della sua pelle come un'onda che si infrange contro le rocce.

Con un movimento improvviso, che l'avrebbe sicuramente spaventata, il suo aggressore si voltò; il suo essere, come posseduto da una forza demoniaca, distorceva i suoi lineamenti ancora al limite dell'angelico.

Le pupille della giovane donna si dilatarono all'istante, riflettendo il suo panico per quella circostanza; il suo sguardo incontrò la lunga lama affilata del coltello da macellaio che lui teneva saldamente nel suo palmo. Con un movimento del polso, fece riflettere l'alone biancastro sulla lama perfettamente affilata che accarezzò meticolosamente ogni parte del corpo della sottomessa. In piedi sopra di lei, le mani giunte sul manico del coltello e lo stesso sorriso di soddisfazione sulle labbra, abbatté il coltello che trovò il suo fodero nel cuore della sua vittima.

Un alito di sgomento fuggì dalle labbra rosse della prostituta mentre un rigagnolo di sangue appariva all'angolo della sua bocca.

 

 

Sussultando nel letto, Kaori si raddrizzò urlando dal terrore; il letto, completamente in disordine, mostrava l'irrequietezza della dormiente. Allertato dalle urla della sua compagna, Ryo si precipitò fuori dal bagno e apparve nella loro stanza per sbrigarsi a raggiungerla.

“Kaori! Che succede?” la interrogò, accarezzando il viso della giovane donna dove brillavano gocce di sudore.

“Non lo so! Quella figura...” balbettò lei con difficoltà, mentre le sue pupille spalancate e i suoi spasmi violenti rivelavano il terrore della sua notte.

Prendendola delicatamente tra le braccia e cullandola teneramente contro di sé, lui cercò di rassicurare la giovane donna tremante. Sempre immersa nell'angoscia, Kaori lottò un po' prima di riuscire a lasciarsi andare in quel rifugio sicuro, riconoscendo finalmente il calore del suo amante.

Con gesti dolci, Ryo voleva calmarla come meglio poteva; baciandola sulla tempia e accarezzandole lentamente la schiena, il suo respiro divenne più caldo e cedette il passo a un ritmo rilassante e regolare. Il sonno la catturò di nuovo.

“Non permetterò mai a nessuno di farti del male!” sussurrò, baciandole i capelli corti.

Stringendo di più la sua fidanzata, lo sweeper venne condotto a sua volta nel mondo dei sogni, sempre tenendo amorevolmente la giovane donna contro di sé.

 

 

Ora che la vita sembrava essere sfuggita al corpo femminile attraverso la ferita aperta e sanguinante, lo sconosciuto si chinò sulla sua vittima per sussurrarle all'orecchio:

“Un giorno mi apparterrai...” confessò ironicamente.

Rimuovendo la lama luminosa dal petto contuso, iniziò a tagliare con cura ogni ciocca bionda per dare ai capelli un'apparenza più selvaggia e ribelle. Non poco soddisfatto del suo lavoro, il suo viso si illuminò.

“Le assomigli di più adesso” confessò, sfiorando con le dita guantate la 'addormentata'.

Sistemando con cura i lati di un sacco per cadaveri sulla sagoma esanime, spinse poi la barella dall'altra parte della stanza. Con un gesto improvviso, come qualcuno che getta via la spazzatura di casa, ne rovesciò il contenuto attraverso un portello che si apriva sulla scogliera sottostante. Battendo le mani, come orgoglioso di essersi sbarazzato del suo fardello, tornò nella stanza per spegnere le luci. Fermandosi sulla soglia, il suo sguardo si perse nella penombra.

“Tutto questo è per te” concluse visualizzando il volto della sua ambita vittima.

 

 

Il timido sole autunnale s'infilava attraverso le fessure e l'allegro cinguettio degli uccellini tirarono Kaori fuori dal suo sonno. Sospirando, si rese immediatamente conto di essere prigioniera tra le braccia del tenebroso sweeper che mostrava, in quel momento, un raro momento di tranquillità.

Con aria felice, osservò l'addormentato e lasciò un delicato bacio sulle sue labbra, dicendo:

“Grazie per essere sempre al mio fianco” sussurrò.

Con un sorrisino, l'uomo rimase tuttavia immerso nei meandri di un sonno profondo. Fuggendo con cautela dalla sua accogliente prigione, Kaori si diresse in bagno dove l'attendeva una tonificante doccia. Sotto il flusso rilassante, rivisse parzialmente le immagini del suo incubo e, scuotendo il capo, cercò di cancellare i frammenti di quel morboso ricordo.

“Smettila di pensarci, vecchia mia!” si rimproverò, asciugandosi vigorosamente.

Infilandosi gli abiti comodi scelti il giorno prima, un semplice paio di jeans blu e un maglioncino bianco, scese in cucina per preparare una ricca colazione che avrebbe aspettato pazientemente il suo orco.

Bevendo una tazza di the verde e sgranocchiando un toast imburrato, Kaori decise finalmente di andare alla stazione, sperando di trovare la richiesta di un potenziale cliente.

In fondo alle scale, lanciò un'ultima occhiata al piano superiore.

“Ti lascio dormire come preferisci stamattina, mio caro, ma non abituarti” sorrise maliziosamente. Prendendo la sua borsa e sistemandola sulla spalla, uscì dall'appartamento; saltellando, scese in fretta i vari gradini e si trovò sulla soglia dell'edificio. Proteggendosi dal sole splendente che spuntava nonostante le poche nuvole grigiastre, la giornata sembrava migliore di quella precedente. Ad un andatura più ritmata, si immerse nella strada dove i pochi passanti sembravano felici quanto lei del cambiamento del tempo.

Guardando a destra e a sinistra, attraversò il viale per camminare sul marciapiede dove si susseguivano attraenti boutique; proprio in quel momento, una grossa macchina si insinuò nel traffico mattutino. A velocità moderata, il veicolo sembrava scrutare i passanti, ma indugiò sulla progressione attenta della donna.

 

 

Nel frattempo, nell'appartamento, squillò con forza la suoneria di un telefono; ringhiando di scontentezza e piazzandosi il cuscino sopra la testa, Ryo cercò, come meglio poté, di reprimere quell'attacco mattutino.

“Kaori, per favore rispondi” brontolò. “Kaori!”

Non ottenendo risposta e sondando attentamente l'ambiente circostante, dovette arrendersi all'evidenza che la giovane donna se n'era andata.

Con un gesto lento, sollevò la cornetta.

“Saeba!”

“Bene, pensavo che non ci fossi!” sbuffò l'ispettrice.

“Anche io sono felice di sentirti!” disse lui beffardo, sedendosi sul bordo del letto.

“Scusami, ma stamattina sono in ballo con un caso complicato. Nel canale, un pescatore ha fatto una bizzarra scoperta...abbiamo recuperato il corpo di una giovane donna...e i miei superiori vogliono a tutti i costi che mi occupi io della faccenda, come se non avessi altro da fare!” si infuriò.

“Ma non sei la grande Saeko Nogami?” la stuzzicò, pulendosi le orecchie.

“Smettila di scherzare! È comunque un omicidio! Secondo le prime osservazioni e soprattutto visto il suo abbigliamento, sarebbe una giovane donna di trent'anni...certamente una prostituta. Quindi, visto che conosci bene il settore e soprattutto passerai più inosservato di un agente di polizia, dovresti raccogliere informazioni”

“E io cosa guadagno?” sospirò.

“Un appuntamento!”

“Sarei lusingato, ma mi dispiace! Sai bene che sono un uomo impegnato ora” disse con l'aria più seria del mondo.

“La mia infinita gratitudine?”

“Diciamo un servizio, se sarà necessario”

“Va bene” sospirò lei. “Ci vediamo tra due ore al Cat's Eye”

“Ok!”

Riagganciando il telefono, Ryo si alzò con calma dal letto e indossò i suoi soliti pantaloni scuri e istintivamente, con lo stomaco ruggente, scese in cucina dove lo richiamava l'inebriante profumo di una colazione pantagruelica. Afferrando una tazza di caffè e infilando grossolanamente un toast spalmato di marmellata tra i denti, si diresse verso la finestra spalancata.

I suoi occhi scuri impiegarono una frazione di secondo per individuare la familiare figura femminile. Sembrava in piena ammirazione davanti a una vetrina...forse di lingerie.

Sentiva già le premesse di una folle passione carnale per la notte successiva, cosa che gli provocò un sorriso accattivante e una risata gutturale.

Ma rapidamente le sue sopracciglia si corrugarono e, come un'aquila che sonda la sua preda, si affrettò a individuare il veicolo sospetto che si approcciava alla giovane donna.

“Kaori, non avvicinarti!” gridò suo malgrado dalla finestra.

Lasciò cadere la tazza che riversò il liquido marrone e fumante sulla moquette ben curata, prese la giacca al volo e corse giù per le scale.

 

 

Sentendo l'appello proveniente dalla lussuosa auto, Kaori si avvicinò, ma presto il passeggero posteriore l'afferrò per il polso e la spinse con forza nel veicolo.

“Ma cosa fa? Mi lasci!” ringhiò, lottando.

Ryo, arrivando di corsa, non poté fare a meno di ruggire rabbiosamente il nome della sua fidanzata, ma la giovane donna non riuscì ad avere la meglio sul suo avversario e gli lanciò uno sguardo sconvolto, per poi venire catturata all'interno del veicolo.

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** 2. Ritorni ***


In via eccezionale, questa settimana posto anticipatamente in quanto da sabato fino alla prossima domenica sarò in vacanza e non avrò a disposizione il pc ^^ anche il capitolo di False Sembianze arriverà prima del solito...gli aggiornamenti riprenderanno poi dalla settimana del 15 settembre.

 

 

 

Appoggiandosi saldamente e con le mani unite sul calcio della pistola, Ryo teneva la ruota posteriore del veicolo di mira. Sul punto di premere il grilletto, la macchina si fermò di colpo, a pochi metri di distanza, e una Kaori folle di rabbia ne uscì.

“Non è possibile fare scherzi del genere!” si infuriò, sbattendo la portiera.

Completamente sconcertato di fronte alla scena che si svolgeva sotto i suoi occhi, Ryo rilasciò lentamente il grilletto e fissò senza comprendere la sua bella che tornò indietro a passo di marcia.

“Non preoccuparti, un falso allarme” gli disse baciandolo dolcemente sulla guancia, posando una mano sul suo avambraccio per farlo distogliere dal bersaglio.

Con un atteggiamento più esitante che sicuro, un uomo a sua volta uscì dall'abitacolo; la sua schiena curva e il suo sguardo fugace espressero il suo disagio per l'errore appena commesso. Eppure gli era stato ordinato di farlo perché la giovane donna apprezzava qualunque scherzo, secondo le parole del suo protetto.

Mettendo via la sua arma, Ryo sovrastò con la sua imponente statura lo sconosciuto che si dirigeva verso di loro. Stringendo fermamente la sua compagna per la vita, i suoi occhi scuri fulminarono il burlone che li stava raggiungendo.

L'uomo dall'aspetto panciuto e la testa leggermente calva sembrò arare il terreno mentre i metri che lo separavano dai suoi 'invitati' si riducevano.

“Mi dispiace avervi spaventati in questo modo” bofonchiò l'uomo mortificato, non osando affrontare i suoi interlocutori, percependo la furia dello sweeper.

Liberandosi dall'abbraccio protettivo con cui aveva istintivamente allacciato Kaori, Ryo afferrò il messaggero per il bavero della giacca e lo sollevò senza difficoltà da terra.

“Chi ti manda?” chiese freddamente.

Lottando nel vuoto, gli occhi spalancati per la paura, lo sconosciuto implorò pietà.

“Il signor Natsume mi aveva detto che avreste apprezzato la messa in scena...”

“Natsume? Yoshiki Natsume?” chiese Kaori, posando una mano sull'avambraccio dello sweeper che teneva prigioniero il pover'uomo. Riportando l'attenzione sulla sua bella, Ryo si accigliò e la interrogò con uno sguardo.

“È lui che la manda?” si entusiasmò la giovane donna.

“Ma di che stai parlando?” si innervosì lo sweeper.

“Una vecchia conoscenza” balbettò Kaori, arrossendo leggermente. “Metti giù questo poveretto” aggiunse in fretta, guidando il gesto del suo partner e togliendo la polvere dallo smoking dell'omino.

“Mi vuoi dire chi è, insomma?” si infastidì Ryo.

“Un vecchio amico d'infanzia...” sorrise lei timidamente.

“E non uno qualsiasi, a quanto pare” brontolò lo sweeper, incrociando le braccia e rimanendo saldamente piantato come se aspettasse ulteriori spiegazioni.

Con un ghigno di fronte alla gelosia non mascherata del suo compagno, Kaori si rivolse al messaggero.

“È tornato in città? Cosa voleva dirmi?” Kaori divenne impaziente, come un bambino di fronte a un albero di Natale ben carico.

“Dunque, sono il portavoce di Yoshiki Natsume, il signor Massao, lui mi ha chiesto di darle questo invito per la sua prossima mostra...ho avuto molte difficoltà a trovarla, sa...” sospirò, come se avesse camminato per diversi chilometri. “Può portare il suo amico, se vuole” aggiunse, lanciando uno sguardo allo sweeper che fingeva di non essere interessato alla conversazione.

Come poteva non essere interessato! Quell'uomo, quello Yoshiki sembrava attirare troppo l'attenzione della sua innamorata. Cos'era stato per lei in passato e ancora oggi?

“Ora che ho compiuto il mio dovere, vi lascio e vi dico arrivederci”

Senza aspettare una parola in risposta, l'omino si precipitò di nuovo in macchina che partì a gran velocità. Mentre Kaori rivolgeva ancora gli occhi scintillanti d'ammirazione sull'invito, Ryo afferrò rapidamente l'oggetto bramato e lo fissò sdegnoso.

“Natsume Yoshiki, pittore di fama internazionale, vi invita alla sua mostra che avrà luogo sabato 15 settembre alle 20.30...per fortuna ti ha trovato, altrimenti ti saresti persa la SUA serata”

“Immagino che tu non voglia venire” aggiunse Kaori in tono ironico, riprendendo nel frattempo il prezioso foglietto.

“Certo che voglio venire...e molto volentieri” borbottò. “Forse il TUO Natsume è famoso, ma io non lo conosco” affermò con tono meschino.

“Per cominciare, non è il MIO Natsume e mi sorprende che ora tu ti interessi a mostre di pittura” lo apostrofò con le mani sui fianchi.

“In effetti apprezzo di più la settima arte e le opere del non meno famoso Marc Dorcel...” rise lui stupidamente, visualizzando i film pornografici del suo idolo.

“Sei impossibile” sospirò lei, scuotendo il capo. Preferendo non dare peso alle parole dello sweeper, Kaori prese la direzione del loro edificio, la lavagna avrebbe aspettato ancora un po'.

“Un momento, Kaori, non mi hai ancora detto chi era quell'uomo per te! Non credo che tu mi stia raccontando tutto!” brontolò. Interrompendo le sue richieste, Kaori lo guardò.

“Ne parleremo più tardi se non ti spiace”

Come improvvisamente colpita con forza da un semplice dettaglio, e con un ampio sorriso che appariva sulle sue labbra, la giovane donna notò finalmente l'outfit trasandato dell'uomo. Voltandosi, chiuse i lembi della giacca sul petto nudo del compagno e gli mormorò all'orecchio:

“Quello che più conta ora è che tu non prenda freddo, no?”

“Conosco un buon modo per riscaldarmi” sorrise lui maliziosamente.

Mentre i suoi gesti si facevano più insistenti, lo sweeper interruppe improvvisamente la procedura e Kaori si lasciò sopraffare dalle emozioni intime che nascevano in lei.

“Non credere che lascerò cadere il discorso” sussurrò lui mordendole l'orecchio prima di mollarla repentinamente e rientrare nel loro appartamento.

“Ma di che parli?” si offese lei, gli zigomi arrossati. “Non dirmi che è di nuovo per Natsume! Ehi, parlo con te, Ryo!” gli gridò, seguendolo.

Sicuro del suo effetto, lo sweeper si accontentò di scomparire entrando di fretta nell'edificio e, con grandi passi accelerati, riguadagnò l'appartamento.

Dalla sua posizione, Ryo sondò ogni metro quadrato circostante.

“Eppure avrei potuto giurare che si nascondesse una minaccia...”

“Ryo, a che gioco stai giocando!” si seccò la giovane donna rossa per lo sforzo ma anche per una leggera frustrazione.

“Sembravi impegnata con qualcos'altro prima...dov'è il mio piccolo Natsume adorato...” scimmiottò lui ondeggiando con la bocca a forma di cuore.

“Smettila con le tue idiozie!” lo fulminò Kaori, lanciandogli in faccia un cuscino del divano.

Come una bestia selvaggia che agguanta la sua preda, Ryo saltò sulla sua compagna che vacillò sul divano; con un piccolo grido di sorpresa, la giovane donna si ritrovò perfettamente prigioniera del suo amante.

“Ma cosa fai?” mormorò lei mentre lui le copriva il collo con una scia di baci.

“Ti faccio dimenticare una volta per tutte il tuo Natsume” confessò lui in un rantolo. In sospiri sempre più equivoci, Kaori iniziò a gemere e fremere sotto gli attacchi movimentati del suo stallone. Le sue mani esperte trovarono subito una fessura oltre la barriera del tessuto per toccare le generose curve della giovane donna.

“Ryo...Ryo...” ansimò lei, mentre i gesti si facevano più selvaggi e i bottoncini del maglioncino saltavano.

Le labbra avide di lui sostituirono le dita viziose che massaggiavano freneticamente il suo seno.

 

 

Mentre la febbre si impadroniva dei corpi dei due innamorati, la frenesia abitava un altro protagonista. Con le dita serrate sul volante e gli occhi fissi sull'edificio di mattoni rossi, la sua follia gli si leggeva in viso; il conducente di un'auto imboscata ora poteva liberare le sue emozioni. Quando aveva visto l'uomo in all'erta correre per salvare la sua futura preda, aveva capito che il gioco sarebbe stato molto più serrato, ma questo avrebbe solo ravvivato le cose. Rifletté, sorridendo automaticamente.

“Presto sarà il tuo turno, mia cara. Sarai la mia apoteosi. Questa volta ti ha salvato, ma quando mi occuperò di te una volta per tutte, non ci sarà per aiutarti” sorrise, mise in accensione e scivolò nel traffico, ora un po' più denso.

 

 

Nel seminterrato dove si teneva l'obitorio, Saeko, con un fazzoletto davanti al naso, ascoltava scrupolosamente le indicazioni impartite dal medico legale.

“Questa giovane donna è morta solo poche ore fa. Osservando il rigor mortis, dev'essere avvenuto intorno alle dieci di ieri sera. Povera piccola...non ha sofferto fortunatamente per lei, c'è solo questa pugnalata al cuore come può vedere” spiegò il medico rivelando il torace contuso della giovane donna, insistendo sulla ferita aperta. “Ha provocato il suo decesso...”

“Non c'è traccia di colluttazione?”chiese l'ispettrice, distogliendo lo sguardo dal tavolo dell'autopsia, presa da un conato.

“Non ne avrà avuto il tempo. È stata drogata” proseguì lui, afferrando un piccolo vassoio d'acciaio. “Se si osserva lo stomaco...”

“No, grazie, va bene così per me” disse Saeko, agitando le mani davanti alla presentazione del medico.

“Molto bene...” disse lui alzando le spalle. “Beh, dicevo, facendo un'analisi dello stomaco, abbiamo trovato gli avanzi del suo pasto...ha cenato molto bene...aragosta...pasta sfoglia con caviale...”

“Dottore! Mi scusi! Ma non sono qui per conoscere il menu consumato da questa donna prima che morisse!” protestò l'ispettrice.

“Bene, bene! Allora, dov'ero? Ah, sì! I risultati hanno rivelato la presenza di un paralizzante muscolare...non posso darle il nome scientifico del prodotto perché non le darebbe nulla di concreto. È un potente sedativo che qualsiasi uomo che di professione fa il medico può ottenere...”

“Quindi è come cercare un ago in un pagliaio” sospirò la giovane donna, accomodandosi pesantemente su una sedia isolata. “Aveva degli effetti personali? C'è qualcosa che possa aiutarmi a progredire con le indagini?” chiese tristemente.

“Purtroppo niente, neanche un documento d'identità...nessun certificato di nascita...o almeno un intervento dentale per metterla in elenco ai miei colleghi...l'unica cosa che posso accertare è la sua attività voluttuosa...”

“È stata violentata?”

“No...ma devo dirle un'ultima cosa...le ciocche dei suoi capelli...”

“Ebbene?” si spazientì lei.

“Devono essere state tagliate dall'arma del delitto, perché vede...sulla punta delle ciocche, si possono vedere minuscole particelle di sangue” disse, mostrando i capelli chiari leggermente adombrati. “Quello è il dna della sua vittima...la persona che cerca glieli ha deliberatamente tagliati. Forse è un feticista?”

“Non lo so. Beh...grazie, professore, ma devo riferire il tutto ai miei superiori il prima possibile!” disse, preparandosi a spalancare la porta dell'obitorio.

“Aspetti, ispettrice!” la chiamò il medico. “Abbiamo trovato questo nella tasca interna della giacca” affermò, tendendo un piccolo sacchetto di plastica contenente un pezzetto di carta scarabocchiato.

“Una R?” chiese la donna, scettica.

“Sì! Questo pezzo di carta è stato consapevolmente infilato nella tasca e secondo la mia esperienza, lui voleva che lo trovassimo”

Lasciando senza indugio quel luogo cupo, Saeko compose il numero di Ryo, percorrendo i corridoi che conducevano alla sala riunioni.

“Saeba!” fece lui, appoggiandosi pesantemente allo schienale del divano.

“Ryo, sono Saeko. Non ho troppo tempo per parlare, quindi cercherò di essere breve. Ho una brutta notizia. Il medico legale ha appena completato l'autopsia della giovane donna che è stata brutalmente pugnalata al cuore. C'è anche un altro dettaglio inquietante”

“Quale?”

“Ha trovato un pezzo di carta con sopra una semplice lettera, una R”

“Una R?”

“Pensiamo che potrebbe essere l'inizio di un enigma ma non abbiamo ancora alcuna connessione, spero che i nostri esperti possano dirci di più”

“Pensi che sia l'inizio di una serie di omicidi?” chiese lui, spostandosi sul bordo del divano.

“Senti, non posso dirti di più, non voglio fasciarmi la testa prima di romperla. Allo stesso tempo, devo annullare il nostro incontro...”

“A proposito di contrattempi, stasera non potrò occuparmi di questo caso”

“Non ti preoccupare. L'identificazione di questa ragazza potrebbe richiedere altre 24 ore. Le cose sembrano molto più complicate di quanto si pensasse inizialmente, devo restare in commissariato per convocare i vari ispettori e creare una cellula di crisi senza allarmare la popolazione di Tokyo. Come se avessi bisogno di tutto questo al momento. Beh, ti lascio, ho una lunga giornata che mi attende”

Senza altri fronzoli, la conversazione si concluse.

Sospirando, Ryo iniziò già a interrogarsi sulla strana vicenda appena emersa. I dettagli non erano ancora chiari, ma l'atto malsano di quell'omicidio suscitava la sua curiosità.

Ma un'altra seccatura occupava la sua mente, sotto il nome di Yoshiki Natsume.

Presto lasciò che il suo sguardo cupo venisse travolto dalla tranquillità, vagando per il salotto e scorrendo lentamente lungo la rampa che portava al piano superiore. Un sorriso sghembo allungò le sue labbra mentre la voce melodiosa del suo angelo vibrava nelle sue orecchie. Non aveva dubbi sui sentimenti d'amore della sua compagna ma sapere che quell'uomo, quel Natsume era nelle vicinanze, non gli andava a genio. Aveva percepito molto bene il lieve turbamento di Kaori nel sentire quel nome e soprattutto la gioia non celata di vederlo di nuovo. Scuotendo la testa, una rivelazione gli balzò davanti agli occhi.

“Sei solo geloso, povero vecchio mio” sospirò.

Nel frattempo, Kaori era alla ricerca dell'abito perfetto per la serata; camminando per la stanza a piedi nudi sul pavimento e canticchiando una melodia casuale, cambiava diversi vestiti girando su se stessa.

L'espressione gioiosa e gli occhi brillanti di felicità, la giovane donna cambiò e ricambiò più volte d'abito. Voleva essere perfetta. Fermando il suo giochino, finalmente sembrò soddisfatta. Un semplice tubino rosa pallido dal taglio modesto che cadeva appena sopra il ginocchio sembrava aver vinto la gara; il tono pastello accentuava la sua aria dolce e angelica.

Indugiando sui propri lineamenti, si accarezzò il viso con la punta delle dita.

“Il tempo è passato a tutta velocità” sospirò. “Già dieci anni...non so nemmeno se ti riconoscerò. Come ti presenterò Ryo?” si chiese, accigliandosi.

Assumendo varie posture, ognuna più ostentata dell'altra, cercò di trovare le parole giuste per non offendere nessuno dei due uomini del suo cuore perché, nonostante il numero di anni trascorsi, Yoshiki sarebbe rimasto il suo primo amore e Ryo l'amore della sua vita. Sorridendo, si lasciò cadere sul letto stringendosi il vestito sul cuore.

“Spero che andiate d'accordo” implorò tra sé. “Siete così diversi ma avete occupato lo stesso posto nel mio cuore”

Persa nei suoi pensieri, balzò poi in piedi.

“Non ho finito, devo trovare un paio di scarpe, e come devo truccarmi?”

Riformulando diverse domande, ricominciò a correre da una parte all'altra della stanza.

 

 

In un'altra parte della città, un giovane uomo altrettanto ansioso si aggiustò il colletto della camicia e slacciò il primo bottone. Mise dapprima la cravatta per poi lasciarla sullo schienale di una sedia.

“Non essere così nervoso, Yoshiki! Non è da te” sorrise la giovane donna, massaggiandogli leggermente le spalle.

“Ha sentito anche lei il signor Massao! Kaori verrà stasera...”

“Sì, lo so. Kaori è la prima donna a cui hai tenuto e soprattutto la tua prima vera modella” sorrise la donna riposizionando il colletto disordinato. “Respira”

Con una profonda inspirazione, il giovane sembrò placarsi, ma per quanto tempo?

 

 

Così, ognuno dal suo lato della città, i vari protagonisti si preparavano per la suddetta serata.

L'ora dei ritorni stava per rintoccare. Ma chi ci sarebbe stato davvero quella sera?

La folla di ospiti era densa all'ingresso della galleria fin dalle prime ore del ricevimento; i mondani di Tokyo si erano riuniti a quel cocktail party. L'abbigliamento da sera più accattivante sembrava vestire le signore dell'alta società e i 'pinguini' al cui braccio si sostenevano sembravano essere una pretesa per pavoneggiarsi. I portafogli ben gonfi non sarebbero rimasti a riposo.

Avanzando piano, Kaori sentì il cuore batterle forte in petto; triturandosi le dita guantate, mormorò parole incomprensibili che traducevano perfettamente la sua apprensione. Avvertendo il disagio della sua compagna, Ryo fece scivolare la mano in quella di Kaori e con una semplice pressione del palmo, riuscì a rassicurarla. Sollevando il viso, lei pensò ancora una volta che lui era molto attraente e più del solito quella sera, con l'abito scuro per il quale aveva messo il broncio prima di indossarlo. Sentì il cuore riempirsi di infinito amore per quell'uomo eccezionale; per quanto risultasse indifferente, Kaori sapeva che ci sarebbe sempre stato per lei.

Alzandosi in punta di piedi, sfiorò con le labbra leggermente truccate quelle del suo compagno e in un sussurro disse:

“Grazie” sorrise, continuando ad avanzare.

Orgoglioso di quel premio, lui intrecciò le dita a quelle della compagna, e pochi istanti dopo entrarono nella galleria.

L'ambientazione era semplice; qua e là vi erano tavoli riccamente guarniti di stuzzichini e altre prelibatezze che coloravano i vassoi d'argento appoggiati su tovaglie bianche. Vari liquori, champagne e forti alcolici accompagnavano il tutto, fiorendo nelle mani degli ospiti che si spostavano in onde nei vari corridoi per ammirare le opere dell'artista.

“Ah! Signorina Makimura!” la riconoscibile voce del manager di Natsume la chiamò, prendendola per un braccio. “Sono felice che sia con noi questa sera. Vedo che ha portato il suo amico con sé” mormorò, guardandosi alle spalle.

“Sì, come può vedere” sorrise timidamente.

Mentre i tre continuarono a procedere tra la folla, una voce maschile risuonò.

“Kaori! Kaori!”

Facendosi spazio tra la folla, il giovane uomo si intrufolò tra gli ospiti come meglio poteva; lasciando la mano del suo partner, Kaori si sentì rabbrividire dalla testa ai piedi quando la figura maschile rimaneva ancora astratta in mezzo alla folla.

“Yoshiki!” sussurrò.

La sensazione di impazienza di Kaori risultò molto spiacevole a Ryo che la teneva d'occhio con sguardo cupo. Quando vide i suoi occhi nocciola sbarrarsi, capì che il suo rivale era finalmente arrivato.

Come paralizzati, i due si fissarono, poi i passi lenti divennero una corsa e lui si gettò tra le braccia della giovane donna, stringendola forte.

“Kaori! Se sapessi da quanto tempo aspetto questo momento” mormorò al suo orecchio.

Quella familiarità non sembrava piacere a tutti e quando Ryo fece qualche passo verso di loro, una mano femminile lo trattenne per la spalla.

“Immagino che lei sia il compagno di Kaori” fece la giovane donna.

“Posso sapere con chi sto parlando?”

“Ma certo!” sorrise lei. “Sono la signorina Izumi, proprietaria di questa galleria e amica del signor Natsume”

“Sono Ryo Saeba e in effetti sono il compagno di Kaori, ma in questo momento lei sembra molto lontana da tutto ciò”

In effetti, i due si tenevano per mano, sembrando a chilometri di distanza da tutto ciò che li circondava. Scrutandosi dalla testa ai piedi, nessuna parola uscì dalle loro labbra; con la punta delle dita, Natsume toccò il contorno del viso della giovane donna, che chiuse gli occhi per apprezzare quella dolcezza.

“Non sei cambiata...sei sempre così bella, Kaori”

Arrossendo, Kaori distolse lo sguardo ma avvertì rapidamente l'avvicinarsi di un'aura febbrile; senza nemmeno voltarsi, trovò la mano del suo compagno e, sorridendo, disse:

“Yoshiki, ti presento Ryo Saeba, il mio fidanzato. Ryo, questo è il mio amico di sempre, Yoshiki Natsume”

Con una sincera stretta di mano, i due uomini si salutarono ma, percependo i lineamenti tesi del suo amico, Kaori ordinò immediatamente al compagno di smetterla con il suo gioco da macho.

Sospirando di fastidio ma non avendo ancora perso la partita, Ryo posò una mano possessive intorno ai fianchi della giovane donna mentre l'uomo si massaggiava le dita doloranti dopo lo sfortunato incontro con lo sweeper.

Nonostante la tensione, un'altra persona sembrava particolarmente attenta a ciò che accadeva a pochi metri di distanza.

“Piccola sgualdrina! Perché sei tornata nelle nostre vite?!” imprecò.

Sentendo che l'autocontrollo gli sfuggiva, si intrufolò discretamente tra la folla per raggiungere l'auto parcheggiata lontano da occhi curiosi; mettendosi al volante e sopraffatto dalla furia, colpì rabbiosamente il volante.

“Un'altra la pagherà per te, stasera” ruggì fuori di sé, lasciando echeggiare la sua risata folle.

Senza dire altro, mise in moto e andò alla ricerca di una nuova sostituta che avrebbe calmato i suoi nervi, ma per quanto tempo?

Già una donna aveva subito la sua collera.

Quante ancora avrebbero pagato?

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** 3. Quante ne serviranno... ***


Sussurrando parole ovattate, il suo istinto di caccia era di nuovo in all'erta. Aveva bisogno di un antistress per reprimere la sua rabbia distruttiva. Rannicchiato leggermente su se stesso, i suoi occhi scrutavano la folla di nottambuli; tra di loro vi sarebbe stata la sua preda e un segno del destino avrebbe rivelato la sua fisionomia.

Così assorto nel suo piano, non vide subito la giovane donna che attraversava distrattamente davanti a lui; in uno stridio di pneumatici, fermò bruscamente il veicolo, spaventando appena il pedone. Con un cenno della mano e un sorriso triste, la donna gli fece capire che non era successo nulla di grave e proseguì per la sua strada.

Nonostante il breve scambio visivo, lui l'aveva riconosciuta subito e la collocò, senza alcuna difficoltà, in un contesto completamente diverso che gli provocò una rabbia mal dissimulata. Come la sua prima vittima, quella povera giovane donna, preda di uno sfortunato caso, incrociava il suo percorso omicida.

Vedendo i suoi occhi arrossati e i suoi gesti affrettati per reprimere i singhiozzi, il cuore della giovane donna doveva essere schiacciato dall'angoscia, ma nello spirito tormentato dell'uomo si creò lentamente uno scenario grottesco che conduceva a un assurdo legame: quello della loro comune liberazione.

Mentre la folla si disperdeva, un'espressione malvagia apparve nel suo sguardo oscuro e con un leggero movimento del volante, prese la direzione imboccata dalla giovane donna.

Stringendosi il cappotto al petto e soffiandosi discretamente il naso, la giovane donna vagava da diverse ore per le strade affollate di gente più o meno frequentabile. Era stata avvicinata da alcuni e aveva optato per la gentilezza per non farsi seccare ulteriormente, ma si mordeva la lingua a causa di quel comportamento che a malapena riconosceva. Tutto ciò che voleva quella sera era essere lasciata in pace, ma se uno di quelli si fosse addentrato nella via dell'indecenza, avrebbe cambiato modalità usando parole chiare, anche se a suo rischio e pericolo.

Con un'andatura fiacca e casuale, la donna bruna non sapeva dove recarsi; la scoperta del suo fidanzato tra le braccia di quella sgualdrina le aveva spezzato il cuore. Come aveva potuto farle una cosa del genere, e soprattutto con lei?!

Quella ragazza che lui diceva di non soffrire per le sue maniere troppo distinte e soprattutto per il modo altero di rivolgersi a chi le stava intorno. Apparentemente quella sera l'aveva trovata di suo gradimento, pensò ironicamente con un pallido sorriso. Tutto avrebbe dovuto essere perfetto quella sera; era uscita prima dal lavoro per fargli una bella sorpresa, ma era stata lei ad aver avuto quella della sua vita. Stando insieme da sei anni, dopo aver seguito le stesse lezioni di storia e arte insieme ed essersi innamorati all'istante l'uno dell'altra, lei aveva pensato di vivere la più bella delle fiabe, ma non tutte le storie avevano un lieto fine.

Immersa nella sua angoscia, non prestò attenzione alla lussuosa auto che la seguiva da cinque minuti.

“Signorina? Va tutto bene?” chiese il conducente.

Asciugandosi con il dorso della mano le lacrime che persistevano nel fluire, cercò di sistemarsi davanti allo sconosciuto.

“Tutto bene, la ringrazio” disse con voce tremante.

“Vedo che è sconvolta. Mi permetta di offrirle un caffè” le propose con voce dolce.

“Onestamente non sono dell'umore, stasera” fece lei con tono spento.

“Allora lasci che l'accompagni a casa” insistette.

“Non ho più una casa” singhiozzò.

Lasciando sfogare il suo dolore, le perle salate colarono lungo il suo viso, portando con sé le stigmate della sua pena. Controllando che non ci fossero potenziali testimoni dagli specchietti, l'uomo uscì dal veicolo per sostenere la donna. Rannicchiandosi tra le sue braccia confortanti, la donna liberò la sua sofferenza.

“Sto così male” balbettò tra i singhiozzi.

“Posso aiutarla, se vuole” disse lui.

Staccandosi dal suo benefattore, la donna lo guardò e strinse gli occhi come per schiarire la vista offuscata dalle lacrime, poi disse all'improvviso:

“Ma io la conosco, lei è...”

“Sì, proprio io, può seguirmi senza paura” la interruppe.

“Ha ragione, e mi farà bene parlarne con qualcuno” concluse lei salendo in macchina dalla portiera che lui aveva aperto.

Rimettendosi al suo posto, lui disse:

“Penso che un piccolo drink le farà bene, no? Se vuole, ci sono dei bicchieri tra i sedili e una bella bottiglia di vino rosato” le suggerì, come fosse sua ospite.

“Credo che abbia ragione, anche se il vino non mi fa impazzire, ma mi lascerò andare un po'” sospirò lei, “Tanto vale annegare il mio dolore”

Mentre lui premeva sull'acceleratore e cambiava in fretta le marce, una nuova preda avrebbe pagato il prezzo dello squilibrato.

 

 

Il tempo trascorreva a una lentezza tediosa per lo sweeper che seguiva con la coda dell'occhio la sua bella e il giovane bellimbusto. Kaori l'aveva praticamente ignorato per tutta la sera ed era appesa al braccio dell'artista che ne era immensamente orgoglioso. Passando da un dipinto all'altro, il giovane rivelava davanti allo sguardo abbagliato della sua accompagnatrice le varie opere che avevano segnato il suo sviluppo professionale.

Ogni quadro rappresentava il ritratto di un conoscente o di uno sconosciuto che, a sua insaputa, aveva posato per un'opera di Yoshiki Natsume; per esempio, una donna di gradevole aspetto che leggeva pacificamente il suo libro, seduta tranquillamente ai piedi di un albero frondoso, o una donna anziata leggermente rannicchiata su una panchina pubblica mentre allungava la mano consunta dagli anni verso gli avidi uccelli che aspettavano saggiamente il loro pasto.

Gli occhi di Kaori si illuminarono passando da un ritratto all'altro.

“Hai un talento pazzesco, Natsume” si meravigliò lei, dettagliando i quadri in bianco e nero.

Con un sorriso, l'artista prese la giovane donna per un braccio e la condusse in una zona privata della mostra.

Sentendo i nervi a fior di pelle, Ryo serrò rabbiosamente le dita sul bicchiere di champagne che gli era appena stato portato. Sul punto di prendere la loro direzione, si accigliò e cercò con lo sguardo la compagna di Natsume.

“Lei potrebbe permettersi una scenata di gelosia” borbottò sotto i baffi.

Svuotando il suo bicchiere d'un fiato e lasciandolo energicamente sul vassoio di uno dei camerieri che si aggiravano tra gli ospiti, si mise alla ricerca del suo lasciapassare.

Accecato dalla sua gelosia, l'uomo si preoccupava poco delle cose e degli eventi che lo circondavano; una persona dall'aura oscura era evaporata ma era tornata a far parte dell'ambiente.

Come aveva potuto lasciare che quell'essere spudorato realizzasse il suo misfatto senza percepire nulla di dannoso? Dopotutto, era solo un uomo innamorato!

Esaminando la marea umana, lo sweeper sembrò perdersi nel frastuono generale; rendendosi conto dell'inefficacia della sua ricerca a causa della mente offuscata dal cattivo umore, si interruppe. Piantandosi in mezzo agli invitati, scrutò attentamente ogni volto femminile, fino a quando non trovò il suo obiettivo.

Con passo cadenzato, scivolò tra gli ospiti per raggiungere finalmente la giovane donna che chiacchierava entusiasta con alcuni professionisti dell'arte.

“Signorina Izumi?” la chiamò improvvisamente, interrompendo la conversazione.

Notando l'aria contrariata dell'uomo, la donna realizzò il suo disagio.

“Vi prego, signori, vogliate perdonarmi” si scusò con i suoi interlocutori. Appena finita la frase, Ryo la tirò per un gomito.

“Cosa c'è nella sala sul retro?” chiese seccamente, torcendo involontariamente le dita sul braccio della donna.

“Mi sta facendo male” fece una smorfia lei.

“Mi scusi” disse liberandola, vergognandosi.

“Ci sono le opere che Natsume conserva per l'ultimo giorno della sua mostra”

“Bene...me le faccia vedere!” decise l'uomo riafferrando la donna per un braccio. Senza darle la minima possibilità di replicare, Ryo si apriva la strada mentre lei faticava a stare al passo del suo ospite.

 

 

Nel frattempo, Yoshiki e Kaori erano in piedi davanti a una tela coperta da un lenzuolo bianco.

“È un'opera che non ha prezzo!” ammise lui con orgoglio, fissando la giovane donna e rimuovendo il tessuto.

Mentre i tratti familiari apparivano davanti allo sguardo sbalordito di Kaori, quest'ultima non poté fare a meno di sorridere nostalgicamente.

“L'hai conservato”

“Ogni giorno, quando osservo questo ritratto, non posso dimenticare la ragazzina dal sorriso angelico ma dal cuore triste” confessò prendendole delicatamente le mani.

“È un tempo molto lontano per me, oggi” affermò lei, fuggendo dal suo sguardo bruciante che la metteva a disagio.

“Kaori...nonostante tutto questo tempo, non sono riuscito a dimenticarti”

Colmando la distanza tra loro, le prese il viso tra le mani e la baciò dolcemente sulle labbra; fu proprio in quel momento che la signorina Izumi e Ryo li videro dalla soglia.

“Piccola sgualdrina! Me la pagherai!” ringhiò sordamente uno dei testimoni che con dolore assistette alla tenera scena.

Sconvolta da ciò che aveva visto, la donna impiegò qualche secondo per reagire e se ne andò lentamente, per poi mettersi a correre piangendo. Folle di rabbia ma altrettanto destabilizzato, Ryo rimase lì a guardarli in silenzio, mentre il tempo sembrava essersi fermato per lui.

 

 

Mentre correva e notava il signor Massao, la signorina Izumi piombò su di lui e, senza nemmeno guardarlo in faccia, disse:

“Mi sostituisca, non mi sento molto bene!”

Senza dargli la possibilità di rispondere, la donna si diresse verso l'uscita.

 

 

Voltandosi a sua volta, Ryo non tardò a prendere la stessa direzione della fuggitiva; giunto nella sala principale, cercò di trovare la sua complice nel dolore, ma vide solo il manager che girava in tondo, borbottando tra sé.

“Dov'è la signorina Izumi?” ringhiò.

“Se n'è andata perché mi ha detto che si sentiva male e dovevo sostituirla per stasera. Ma come devo farlo?” ammise Massao con tono spaventato.

“Sono sicuro che se la caverà molto bene” disse Ryo rifilandogli una pacca sulla spalla, poi si recò all'uscita.

Precipitandosi fuori, lo sweeper vide la giovane donna salire su un'auto gialla che si sbrigò a incunearsi nel flusso delle macchine.

Contenendo sempre meno la sua collera, Ryo preferì infilarsi nella sua Mini che avrebbe subito la sua rabbia; fare una scenata di fronte a tutti non era affatto il suo stile.

 

 

Nella sala privata Kaori, sbalordita dal gesto dell'amico, rimase pietrificata ma si riprese e lo respinse violentemente, rifilandogli uno schiaffo magistrale.

“Come hai potuto farlo! Non ne avevi il diritto! Io amo Ryo!” urlò mentre le lacrime le salivano agli occhi.

“Kaori, perdonami!” cercò di giustificarsi l'artista, avvicinandosi verso di lei.

“No...non voglio più vederti!” singhiozzò la giovane donna turbata, affrettandosi ad andarsene.

Raggiungendo l'atrio della reception, Kaori scrutò gli uomini presenti ma Ryo non sembrava essere lì e non percepiva nemmeno la sua presenza. Non aveva potuto lasciarla! A meno che...

Vedendo il manager di Natsume, Kaori corse verso di lui.

“Ha visto il mio fidanzato...Ryo Saeba?”

“È appena uscito...aspetti! Se ne va anche lei!” implorò, cercando di recuperarla.

Ma dovette arrendersi all'evidenza e all'esattezza della sua deduzione quando la vide uscire dalla soglia della galleria. Mentre il suo protetto appariva a sua volta con andatura abbattuta, si diresse verso di lui come per sbarrargli la strada.

“Non vorrà andarsene anche lei?” si preoccupò.

“Non vuole più vedermi” mormorò l'artista con tono sconfitto.

“Capisco...è molto triste ma deve pensare alla sua inaugurazione”

Lasciandosi convincere dal suo manager, Natsume dovette riprendersi perché la sua carriera dipendeva dalle sue mostre.

 

 

Nel parcheggio, i passi di Kaori echeggiavano sull'asfalto; il freddo della sera accentuò i brividi che già aveva sulla pelle. Stringendosi lo scialle sulle spalle, Kaori scrutò la superficie scura da destra a sinistra, quindi accelerò quando finalmente vide la macchina rossa.

Asciugandosi le lacrime, fece un profondo respiro prima di sistemarsi nel veicolo.

“Ryo?” si preoccupò.

Avvertendo la furia del suo compagno, non ebbe dubbi che doveva aver visto la scena di poco prima.

“Ryo...io non volevo...è lui che...”

Lo sguardo nero dell'uomo cadde su di lei e un brivido le percorse la schiena; un pesante silenzio si stabilì tra i due e Ryo si limitò a mettere in moto per tornare a casa.

Come se anche il tempo si fosse innervosito, una goccia si schiantò sul parabrezza e poi un'altra fino a quando il diluvio si abbatté sulla città.

Guidando a tutta velocità, i gesti energici dello sweeper non rallentarono nonostante il flusso torrenziale che iniziava a inondare la strada.

“Rallenta, per favore” implorò Kaori, aggrappandosi alla portiera. Ma l'uomo rivedeva costantemente quel bacio nella sua mente e, con la mascella contratta, diede più gas premendo il piede sull'acceleratore.

“Ryo, attento!” gridò la giovane donna vedendo un camion di fronte a loro.

Con un brusco colpo al volante, la Mini evitò il gigante ma, sul terreno scivoloso, roteò più volte prima di colpire la barriera di sicurezza.

 

 

Giunta ai piedi del suo immobile, la giovane imprenditrice uscì lentamente dal veicolo; le gocce di pioggia non fecero accelerare i suoi movimenti. Alzando il viso verso il cielo in tempesta, le sue lacrime si mescolarono all'ira della volta emisferica; ad occhi chiusi rimase lì, senza fare il minimo gesto. Come se la freddezza della pioggia potesse cancellare il tradimento dell'essere che amava grazie a quelle semplici perle ghiacciate, ma purtroppo il danno era stato fatto e niente e nessuno poteva farci nulla.

Rabbrividendo dalla testa ai piedi e allertata dal rombo in lontananza, finalmente decise di entrare in caso, non aveva senso rimanere lì ad attendere la morte.

Un passo appesantito dopo l'altro, salì gravemente i diversi piani che portavano nel bozzolo dove voleva rifugiarsi. Girando la chiave nella serratura, penetrò nell'oscurità del suo appartamento e azionò meccanicamente l'interruttore, sorprendendosi quando la luce non apparve. Batté sul piccolo pulsante, inutilmente; la lampadina doveva essersi bruciata o doveva essere saltata l'elettricità a causa del maltempo.

A tentoni, tornò all'ingresso per cercare di trovare la scatola di fiammiferi che le permettevano di fumare di tanto in tanto. Nella sua ricerca, toccò una busta che afferrò e finalmente trovò la piccola scatola di cartone.

Accendendo un fiammifero, un leggero odore di zolfo invase la stanza; con cautela, percorse i pochi metri che la separavano dalla cucina per trovare le candele che aveva pensato di accendere per un'occasione più romantica, ma avrebbe dovuto cambiare i suoi piani.

La timida luce tremolante non sembrava riscaldare l'atmosfera cupa; i lampi spezzavano il cielo, lasciando un vago alone biancastro mentre le gocce di pioggia martellavano ferocemente contro le piastrelle. Un'improvvisa folata di vento aprì la finestra di una stanza adiacente e lasciò udire il suono assordante del vetro che si rompeva.

Armata di candelabro e della busta da cui non riusciva a separarsi, si diresse verso la sua stanza da cui aveva percepito il frastuono. Cercando di proteggere la fiamma malmenata dal vento, si diresse verso la bocca da cui la tempesta s'infilava, per otturare il buco e riuscire a ridurre il danno. Sfortunatamente, però, la piccola fiamma non resistette a lungo alla furia del vento e si spense repentinamente, lasciando una scia di fumo sullo stoppino. Combattendo valorosamente contro la burrasca, la donna riuscì finalmente a barricarsi nella sua stanza, ma il buio si manifestò davanti a lei.

Tenendo sempre il rettangolo di carta in mano, si chiese mentalmente cosa contenesse mentre lo apriva con cura. Mentre si concentrava sul contenuto, un tuono risuonò e, per la sorpresa, fece cadere lo strano oggetto racchiuso con cura nella busta. Con la punta delle dita, inginocchiandosi sul tappeto, scrutò il morbido tessuto fino a quando non venne in contatto con un pezzetto di carta rettangolare; stringendo gli occhi, cercò di decifrare il messaggio, poi l'effimera luce celeste riapparve e riuscì a leggere.

“V?” disse a voce alta con tono scettico.

Mentre il suo sguardo si allontanava dal pezzo di carta, un urlo terrorizzato sfuggì dalle sue labbra mentre il ruggito del tuono camuffava il suo grido.

 

 

Piegato sul volante, Ryo fece una smorfia, riprendendo gradualmente conoscenza mentre il suo sguardo scuro catturava il balletto incessante dei tergicristalli. Cercando frettolosamente la sua compagna, si slacciò la cintura di sicurezza e lentamente, accarezzandole la guancia e prendendola tra le braccia con cautela, la chiamò con voce implorante.

“Kaori! Kaori, apri gli occhi!” la supplicò mormorando.

Mentre lui baciava delicatamente le sue labbra appena truccate, Kaori aprì piano gli occhi mentre una smorfia distorceva il suo bel viso.

“Kaori, stai bene?”

“Sì, sì! Solo qualche livido qua e là” sorrise per cercare di rassicurarlo.

Consapevole di una paura viscerale che lo strattonava, lui non poté contenere il bisogno di sentirla contro di sé, contro il suo cuore.

“Non so cosa farei se ti succedesse qualcosa per colpa mia” ammise, stringendola forte.

“Ryo, mi stai facendo male” sussurrò lei piano.

Liberandosi dal suo abbraccio, Kaori gli offrì uno dei suoi più bei sorrisi e, accarezzandogli la guancia, disse:

“Non mi succederà mai niente finché resterò con te” affermò, seguendo il suo viso teso con la punta delle dita. “Torniamo a casa ora”

Sistemando una ciocca ribelle che le copriva il viso, l'uomo sorrise a sua volta baciando furtivamente il palmo della compagna.

“Do un'occhiata alla Mini prima di ripartire” esclamò, uscendo improvvisamente dal veicolo per valutare il danno. Dal parabrezza, Kaori tentò di vedere il 'meccanico' all'opera, ma la pioggia era davvero troppo densa per riuscirci. Dopo pochi minuti, Ryo risalì in macchina.

“Dovrebbe tenere fino a casa” affermò.

Kaori, ipnotizzata dai suoi capelli color carbone fradici, udì solo vagamente le parole pronunciate dal suo amante e seguì avidamente ogni perla che scorreva lungo le curve del suo viso. Divertito nel notare la contemplazione non mascherata, Ryo mormorò, soffiandole all'orecchio:

“Aspettiamo di arrivare a casa, che dici?”

Arrossendo leggermente, Kaori, con occhi brillanti, tornò a fissare davanti a sé mentre Ryo riprendeva a guidare più moderatamente, afferrando poi la mano di lei.

Con un ritmo più regolare, arrivarono finalmente all'edificio di mattoni rossi; la pioggia sembrava attenuarsi. Entrando nel cortile per raggiungere il parcheggio sotterraneo, i fari dell'auto rivelarono una sagoma femminile sotto il portico.

“Sayuri?” si stupì Kaori.

Accostando, Ryo lasciò la donna libera per raggiungere sua sorella; gettandosi l'una tra le braccia dell'altra, si strinsero a lungo.

Afferrandola con euforia per il braccio, Kaori attirò la sorella in casa aiutandola a portare la valigia e offrendole una tazza di the una volta in casa.

Una tazza fumante accolse a sua volta lo sweeper quando le due erano già in piena discussione. Sedendosi su una poltrona Ryo beveva un sorso caldo di tanto in tanto, studiando quel quadretto familiare e sorridendo automaticamente.

Kaori era l'unica famiglia rimasta alla giovane giornalista, ma era anche la famiglia di lui; per tanti anni aveva cercato invano una scusa per farla partire ma non appena lei aveva dato segno di stanchezza o di cedimento, lui istintivamente aveva mostrato il suo attaccamento, anche goffamente. Per quanto tempo aveva continuato con quel giochino?

Era stato in perpetuo conflitto con se stesso, ma ora c'era il lieto fine; erano una coppia ormai e lui aveva intenzione di farla durare per sempre.

Sorridendo, Kaori gli lanciò un'occhiata di sbieco e, continuando la conversazione con la sorella, si alzò:

“Ryo, vado a preparare la stanza per gli ospiti per Sayuri”

“Io ne approfitto per una sigaretta sul tetto!” disse lui sollevandosi.

Prendendo la sorella per mano, Kaori la guidò nella camera accanto alla loro per sistemarle il letto. Mentre le preparava il suo morbido rifugio, Sayuri aggiunse:

“Vedo che le cose vanno molto bene con Ryo” disse sorridendo.

“Se sapessi...” ammise lei a mezze parole.

“Dai! Dimmi tutto, sono tua sorella!” si affrettò Sayuri.

Sedendosi sul bordo del letto, Kaori distolse automaticamente lo sguardo ma Sayuri, con delicatezza, le prese le mani.

“Che succede?” si preoccupò.

“Beh, stasera io e Ryo siamo stati invitati a una mostra...”

“Lui è venuto con te?”

“Sì, perché sentiva che c'era qualcosa di più...in effetti, ho rivisto il mio primo amore”

“E non sai più cosa pensare?”

“Al contrario, so che amerò Ryo per tutta la vita, ma prima Yoshiki mi ha baciato e devo dire che mi ha un po' sconvolto”

“Lo ami ancora?”

“Non credo, ma comunque provo affetto per lui. Penso che le cose non saranno più le stesse tra noi e l'ho persino schiaffeggiato per quel bacio”

Mentre la conversazione proseguiva, il telefono del salotto squillò e Kaori lasciò sua sorella per rispondere.

“Ryo?”

“No, sono Kaori”

“Scusami se vi disturbo così tardi, Kaori, ma ho una cosa molto importante da dire a Ryo”

“Non pensi che possa aspettare fino a domani?” si innervosì appena la donna.

“Mi dispiace molto, ma no, è stata ritrovata una nuova vittima”

“Va bene, te lo passo”

Indossando uno scialle di lana, Kaori, con la cornetta in mano, si arrampicò sul tetto per trasmettere la comunicazione.

“Tieni, è Saeko!” disse asciutta.

“Grazie!” sorrise lui, attirandola per baciarla.

Arrossendo, Kaori tornò da sua sorella mentre Ryo rispondeva.

“Che succede, ispettrice del mio cuore?”

“Abbiamo appena recuperato una seconda vittima...apparentemente, la modalità è la stessa della prostituta di questa mattina, secondo le prime osservazioni del medico legale”

I lineamenti di Ryo si tesero a quell'annuncio.

“Dove l'avete trovata questa volta?”

“Nello stesso punto...una coppia che tornava a casa ha notato la poveretta”

Nel frattempo, sulle rive del canale, il medico legale esaminava il corpo maltrattato dalle correnti marine. Stringendo gli occhi, recuperò un paio di pinze e, con la massima cura, afferrò un angolo di carta che sporgeva dalla bocca della donna morta. Sistemandosi gli occhiali ed esponendo alla luce il foglietto, poté leggere una I.

“Ispettrice, è stata aggiunta una nuova lettera al puzzle” disse.

“Ascolta, ci vediamo tra mezz'ora al commissariato” disse lo sweeper che aveva ascoltato le parole del dottore.

“Va bene, ti aspetto”

Riagganciando in fretta, Ryo si precipitò giù per le scale.

“Kaori!” chiamò gironzolando in salotto per recuperare le chiavi della macchina.

“Sì?” si sorprese lei, raggiungendolo.

“Voglio che chiudi a chiave non appena sarò uscito...”

“Ma perché?!”

“Non discutere!” si innervosì.

Prendendo la sua compagna tra le braccia, la strinse teneramente.

“Scusami se mi lascio trasportare, ma c'è una minaccia in agguato e non voglio che ti succeda nulla”

“Va bene” annuì lei, lui la baciò sulla fronte e scomparve.

Kaori obbedì e chiuse a chiave, girando due volte.

“Stai attento” sospirò, prima di unirsi a sua sorella nella camera degli ospiti.

In effetti, il male si aggirava intorno a loro, già due giovani donne avevano pagato il prezzo, ma cos'aveva fatto urlare di terrore la signorina Izumi?

Quante ne sarebbero servite per reprimere la sua rabbia?

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** 4. Trovare il legame tra loro ***


Mentre l'auto rossa vagava per le strade gradualmente abbandonate dai passanti per far posto alla creature notturne, Ryo, guardando nello specchietto retrovisore, sembrava in all'erta. Il suo istinto vigile cercava di avvertirlo di una presenza sgradevole nei dintorni; l'aura non sembrava minacciosa ma nemmeno rassicurante.

Rallentando, imboccò comunque la corsia adiacente e poi rimase basso per cercare di attirare il predatore che sonnecchiava non lontano da lì.

Silenziosa e impassibile, una figura umana mimetizzata dalle ombre della notte rimase immobile come una statua di marmo contemplando l'edificio di mattoni rossi. Il suo spettacolo ipnotizzante non era altro che una giovane donna dai capelli corti che camminava per il salotto, con una tazza fumante tra le mani. Solo i suoi occhi si muovevano seguendo l'andirivieni dell'ignara attrice. La sua contemplazione era tale che rimase imperturbabile rispetto al freddo che gli arrossava le guanca e lasciava uscire un flusso di fumo dalle sue labbra. La sua attrazione sembrava tagliarlo fuori dal mondo e da tutti gli elementi climatici che lo circondavano.

La retina dei suoi occhi chiari si spalancò e il suo cuore iniziò a battergli a tutta velocità in petto; un'altra protagonista fece la sua entrata. Una figura molto femminile di corporatura molto simile ma dai lineamenti più maturi era impegnata in una conversazione con colei che desiderava; le sue pupille larghe passarono da una donna all'altra e un sorriso si aprì sul suo volto.

“Quindi hai una sorella...Kaori?”

Interrotto nella sua deduzione dal suono di voci non lontane, si congedò dallo spettacolo per scorgere l'imponente uomo che scambiava qualche parola con una giovane donna di facili costumi che sembrava bloccare il suo cammino.

“Ryo, è da mesi che non vieni a trovarmi...” si lamentava lei. “Almeno prendi un caffè con me” insistette, afferrandogli il braccio.

“Senti, Kimi, non ho davvero tempo da dedicarti” tagliò corto. “Ho altro da fare stasera” disse cercando di proseguire, non lasciando il suo obiettivo.

Ma la giovane donna non sembrava in vena di abbandonare la sua preda.

“È quello che mi dici sempre” brontolò.

Rimboccandosi il bavero del cappotto che copriva gran parte del suo viso, un'ultima occhiata gioiosa si dipinse sul volto della spia.

“Peccato Saeba...ci eri quasi” confessò ironicamente.

Immergendo le mani nelle tasche del suo soffice indumento, la spia si mosse e se ne andò come se nulla fosse, fondendosi nel panorama notturno per scomparire nei vicoli bui.

Liberandosi finalmente della sua sanguisuga, lo sweeper si maledisse per la propria mancanza di durezza nei confronti della vecchia conoscenza, ma il risultato era che lo stalker se l'era filata.

Accovacciandosi per scrutare l'area precedentemente occupata, cercò di trovare un piccolo indizio che potesse fornire qualche informazione sul curioso. Ma purtroppo, non c'era nulla che suggerisse che una persona era stata lì qualche istante prima, a parte le grandi orme di scarpe lasciate non lontano da un tubo di scappamento da cui fuoriusciva l'acqua stantia di un'occupazione vicina.

Imprecando, il suo sguardo cupo tornò meccanicamente sulla facciata familiare mentre le due donne erano ormai scomparse dal suo campo visivo.

“Perché ci gira intorno?”

Mentre la sua domanda si perdeva nella vastità della notte, con approccio sicuro e risoluto tornò al suo veicolo. Ad ogni modo, lui non sarebbe tornato quella sera.

Forse il suo incontro con l'ispettrice avrebbe fornito delle risposte.

 

 

Confortevolmente accomodate sul divano, le due donne continuarono la loro conversazione poi, con un altro sorso alla sua bevanda aromatica, Kaori rispose con sospetto alla domanda posta dalla sorella.

“La telefonata era dell'ispettrice Saeko Nogami. Perché me lo chiedi?”

“Oh, niente” disse Sayuri, sorridendo esageratamente per sviare. “È solo che questa donna irrompe sempre nella vostra vita e in qualsiasi momento della giornata, a quanto pare”

“È vero, ma non cercare di imbrogliarmi...” sorrise l'altra maliziosamente. “Ti conosco perfettamente ormai, mia cara sorella, quindi dimmi la vera ragione per cui mi fai così tante domande e soprattutto la vera ragione perché sei qui. Risparmiami la storiella della sorella maggiore preoccupata per quella minore perché penso che tu abbia avuto prova di poter stare tranquilla durante questi anni. Allora, aspetto!” chiese con aria fintamente severa, incrociando le braccia sul petto.

“Bene! Credo di essere stata smascherata dal grande City Hunter” proclamò l'altra, lanciando un'occhiata complice a sua sorella. “Il mio lavoro a New York non è più quello di una volta” sospirò tristemente. “Ci limitiamo a scrivere articoli sulle celebrità della politica, ma solo per migliorare la loro immagine perché uno di loro ha acquistato la maggior parte delle azioni del giornale”

“Cioè, il vostro giornale è corrotto!” concluse Kaori.

“Beh, di certo vai dritta al punto” sorrise la giornalista. “Ma hai ragione. E uno dei nostri informatori ci ha dato alcuni spunti su un nuovo caso qui a Shinjuku. Da ciò che posso dedurre, riguarda il caso su cui Ryo sta lavorando in collaborazione con l'ispettrice Nogami”

“Ma com'è possibile? Di già? La prima vittima è stata scoperta solo questa mattina presto!”

“Anche noi abbiamo informatori dappertutto” confessò l'altra con orgoglio. “Sicuramente conosci la reputazione degli americani per il loro gusto smodato su tutto ciò che è cupo e morboso. Il mio capo era sicuro che sarebbe stato l'inizio di una lunga serie; così mi ha inviato sul posto per indagare, sapeva che avevo la mia famiglia qui e conoscevo un po' la zona. E a quanto pare non aveva torto dal momento che mi parli di una potenziale seconda vittima”

“Ti rendi conto del pericolo!” si infastidì Kaori. “Non si tratta di un bel thriller da leggere, ma della vita di giovani donne assassinate violentemente! Non ti capisco proprio!”

“Smettila di farmi la morale!” si innervosì Sayuri, alzandosi dal divano. “Pensi che il tuo lavoro sia migliore del mio, forse! Sei costantemente esposta agli inferi del Giappone...quante volte sei stata rapita o hai fatto da esca per un'indagine per far saltare i piani di qualche terrorista?! Hai smesso di lavorare?” argomentò, camminando avanti e indietro. “Io faccio solo il mio lavoro, proprio come te! L'opinione pubblica ha il diritto di sapere cosa sta succedendo; le autorità credono sempre di fare la cosa giusta nascondendo la verità, ma credi sinceramente che sia una buona idea?!”

“Non paragonare il tuo lavoro di giornalista con il mio!” esclamò Kaori, alzando la voce a sua volta. “Dobbiamo costantemente metterci in pericolo per la sicurezza della nostra città, avendo poi ripercussioni diplomatiche a seconda delle esigenze del caso. Pensi che sia un gioco, non sapere cosa succederà domani! Non immischiarti in questa vicenda, per favore” aggiunse con tono più composto. “Può essere molto pericoloso” sospirò, con un gesto affettuoso verso la sorella.

Facendo un passo indietro, con aria turbata e accigliata, la giornalista non avrebbe ceduto alla richiesta di sua sorella, anche se opponendosi l'avrebbe contrariata, soprattutto su quel punto.

“Mi dispiace ma non posso accogliere la tua richiesta, e se ti costa troppo ospitarmi, andrò in albergo. Non posso lasciarmi scappare un caso del genere e soprattutto la promozione che mi aspetta”

“Anche se dovesse costarti la vita!” fece Kaori.

Smettendo di vagare a quelle parole e dirigendosi verso le scale per salire, Sayuri lanciò un ultimo sguardo triste alla sorella, con un debole sorriso.

“A qualunque costo” ammise in tono determinato ma calmo.

Mentre i passi pesanti della giornalista risuonavano sulle scale, Kaori si lasciò cadere mollemente sul divano e con tono tremante e mormorante, aggiunse:

“Ho così paura di quello che potrebbe succederti. Ho un brutto presentimento”.

 

 

Giunto in commissariato, Ryo si precipitò nella cabina telefonica lì vicina e compose il numero di telefono della poliziotta che si affrettò a rispondere.

“Ispettrice Nogami!”

“Sono Ryo!”

“Arrivo...ti porto nello stabilimento come potenziale testimone per mostrarti le nuove prove inserite nel fascicolo”

“Va bene!”

Riagganciando in fretta, Ryo attraversò la strada a grandi passi per aspettare il semaforo verde da parte dell'ispettrice che presto aprì le porte dell'edificio.

All'interno, l'atmosfera era effervescente; gli agenti si precipitavano a destra e a sinistra con volantini in mano per chiedere ulteriori informazioni a un collega, poi si gettavano su uno dei pochi telefoni liberi o su una raccolta di informazioni geografiche o meteorologiche circa le maree.

Con le mani nelle tasche, Ryo osservò con la coda dell'occhio quell'irrequieto formicaio che non sembrava nemmeno aver notato la sua entrata, anche se era avvenuta sotto il controllo di un agente.

Isolandosi in una delle stanze degli interrogatori al piano terra, Saeko consegnò il fascicolo relativo al maniaco che infuriava da poco più di 24 ore. Il suo attivo era carico già di due vittime, non sembrava esistere alcun esame tra loro; la prima, la cui identità rimaneva ancora da stabilire, era la procace bionda, verosimilmente una prostituta, mentre la seconda, sui vent'anni, bruna, dai lineamenti europei, studiava ancora storia dell'arte secondo i documenti rimasti in suo possesso. Ricapitolando, Ryo immaginava già la sventura sul punto di colpire una famiglia all'annuncio della morte della loro figlia, e perciò sentiva la furia scorrergli nelle vene.

Perché, senza uno scopo apparente, quelle donne erano state uccise?

Accigliato e gli occhi neri come le tenebre, lo sweeper scrutò ogni riga del rapporto, lanciando occhiate coscienziose alle foto portate a sostegno. Nel ronzio delle spiegazioni di Saeko, si sforzò di esaminare ogni riga, ogni parola che potesse guidarlo su una potenziale pista. Era stata usata la stessa tecnico, un solo colpo al petto dritto al cuore delle vittime, coscienti ma paralizzate da un potente sedativo, agonizzanti per lo shock della ferita.

Lo stesso macabro rituale seguiva l'esecuzione, il feroce taglio di capelli.

Spingendo con un gesto rabbioso i documenti sul tavolo, con le fotografie che si sparsero sulla superficie di legno, Ryo emise un lungo sospiro:

“È un vero psicopatico!” si innervosì. “Le vittime non hanno un profilo fisico simile, né circostanze che le colleghi!”

Raddrizzandosi, cominciò a camminare avanti e indietro per la stanzetta, ricordando a se stesso ad alta voce ogni parte del fascicolo per cercare di trovare una correlazione. Mentre tentava di ricomporre una parvenza di puzzle con l'aiuto di Saeko, i loro ragionamenti furono interrotti da voci alte dalla reception, situata nelle vicinanze. In effetti, un uomo scontento inveiva contro la polizia che non sembrava interessarsi alla sua angoscia.

Infastidito dal putiferio, Ryo afferrò bruscamente la maniglia della porta intenzionato per calmare l'importuno che sembrava voler spazzare via tutto sul suo cammino, a giudicare dai frammenti di conversazione che arrivavano.

Con passo ritmato, giunsero alla reception e lo sweeper si interruppe improvvisamente; sorpresa dello stop improvviso, l'ispettrice gli sbatté addosso.

Sul punto di rimproverarlo, sentì solo:

“Ma che ci fa qui?” si seccò, e si diresse subito verso l'uomo.

Afferrando selvaggiamente l'uomo per il colletto della giacca, Ryo lo placcò contro il muro:

“Che ci fai tu qui?” fulminò contro il visitatore.

“Ryo! Lascialo!” disse Saeko. “Per favore, lo scusi, signore...ha avuto una lunga giornata” cercò di giustificarlo la donna.

“Non è niente, capisco” borbottò l'uomo, fuggendo lo sguardo furioso dello sweeper che non mollò di un centimetro.

“Cosa possiamo fare per lei? Signore?”

“Natsume Yoshiki...vengo per denunciare una scomparsa...”

“Poverino! Uno dei tuoi preziosi dipinti è stato rubato!” esclamò Ryo sarcastico.

“Ti vuoi calmare!” ringhiò l'ispettrice. “Venga nel mio ufficio, prenderò la sua dichiarazione”

Mentre faceva strada, Ryo li seguì sotto lo sguardo contrariato della poliziotta. Entrando silenziosamente nella stanza, Ryo si appoggiò a una parete, fulminando l'artista, mentre Saeko e Natsume si accomodarono rispettivamente sulle poltroncine.

“Allora, signor Natsume, chi è scomparso?” chiese lei con tono dolce.

“La proprietaria della galleria in cui sono esposte le mie opere...”

“Non pensi piuttosto che ce l'avesse con te dopo aver scoperto che l'avevi tradita con un amore di gioventù!”

“Ma di che sta parlando!” protestò Yoshiki.

Appoggiandosi ai braccioli della poltrona di Natsume, il viso a due millimetri da quello dell'artista, Ryo mormorò:

“Parlo di Kaori e del tuo pessimo tentativo di riconquistarla senza nemmeno preoccuparti dei SUOI desideri”

Comprendendo improvvisamente il dilemma che opponeva i due uomini, Saeko intervenne.

“Ryo, se continui così, dovrò chiederti di andartene” ribadì alzando la voce, piazzandosi tra i due.

“Pensi che permetterò a un moccioso di rovinare tutto quello che ho costruito con Kaori impiegando anni!” protestò Ryo, fuori di sé. “Perché?! Eh! Dimmi! Per nostalgia! Scemenze! La tua amica aveva tutte le ragioni per piantarti!” sbraitò in faccia al giovane.

“E pensi che abbia saccheggiato appositamente il suo stesso appartamento prima di sparire!” si arrabbiò Yoshiki a sua volta, sollevandosi. “E perché avrebbe lasciato questo in evidenza prima di andarsene?!” farfugliò per la collera, frugando nelle tasche per estrarre un pezzo quadrato di carta con una sola scritta, una V.

Per lo shock della scoperta, la furia di Ryo evaporò e con un gesto vivace afferrò la preziosa consonante.

“Dici di averla trovata nel luogo dov'è scomparsa?” chiese, lanciando un'occhiata all'ispettrice.

“Sì! Mi crede, adesso!”

Senza aggiungere parola, Saeko prese il telefono e compose un numero; mentre lasciava squillare, lo sguardo compiacente della poliziotta si indurì e chiese seccamente all'artista:

“Non ha toccato nient'altro sul posto?”

“No, no. Perché? Cosa mi state nascondendo?” si preoccupò il giovane, notando l'aria severa dei due.

Facendo qualche passo verso l'ispettrice, Ryo sussurrò la sua intenzione di andare a investigare nei bassifondi della città mentre lei si occupava di prendere la deposizione dell'uomo. Annuendo, lei finì di fornire le coordinate del luogo sotto la responsabilità della scientifica.

Non poco contento di andarsene, Ryo percepiva la scia dello psicopatico stringersi attorno a lui pur non avendo alcuna traccia che gli permettesse di stabilire il minimo profilo del maniaco.

Le sue indagini nei quartieri caldi della città doveva dargli una pista, per forza. Si sentiva totalmente impotente, per una volta, sebbene l'aura malsana di quel pazzo era palpabile intorno a loro.

Uscendo in fretta dal commissariato, saltò sulla Mini, che trovò facilmente la strada della lussuria; le luci fosforescenti al neon tracciarono la via del luogo desiderato.

 

 

Il cielo era particolarmente scuro quella notte; la luna stessa non osava sbucare, custodendo gelosamente le stelle sotto la sua ala come una madre che protegge la prole. Una coltre bruna scendeva sulla città al passare delle ore e il fumo usciva dalle bocche dei coraggiosi che acceleravano il passo per tornare il più rapidamente possibile nelle loro case.

Immersa nell'oscurità, distesa sul divano con gli occhi ben aperti, Kaori scrutava il soffitto, la luce fioca dei fari di un'auto di tanto in tanto segnava la sagoma arcuata e scheletrica dei lampioni. Sebbene fosse notte inoltrata, Morfeo non sembrava pronto a portarla con sé.

Erano successe molte cose quella sera; quel bacio con Yoshiki...

Cosa l'addolorava di più? Il fatto di aver percepito quell'euforia a contatto con le labbra del suo primo amore, per quanto fugace perché il suo cuore e la sua anima avevano immediatamente giustapposto l'immagine del suo grande amore, Ryo. Se ne voleva per averlo involontariamente tradito, ma era davvero colpevole? Certo che no, e lo sapeva, non gli avrebbe mai fatto del male perché conosceva fin troppo bene la sofferenza che quel comportamento avrebbe potuto causare. Tuttavia, una sensazione dolce e rassicurante la invadeva quando pensava all'artista; non si poteva cancellare così rapidamente un uomo che aveva significato tanto per lei in passato. Avendo potuto riflettere con più calma, ora ne era certa: un profondo affetto la legava a quel fantasma del passato, ma nient'altro. Non erano le stesse emozioni che la capovolgevano quando pensava a Ryo. Il cuore le batteva violentemente in petto quando pensava a lui o lui le lanciava uno sguardo incendiario accompagnato dal suo affascinante sorriso; le sue guance arrossivano facilmente quando le sussurrava dolci parole nell'incavo dell'orecchio, senza parlare del brivido incandescente che la destabilizzava quando si limitava a sfiorarla. La passione e l'amore per lui erano diverse da qualsiasi cosa avesse provato per Natsume.

Infine, l'arrivo inaspettato di sua sorella e quell'ammissione che aveva scatenato in lei un'insopportabile paura. Molto prima che fosse stato ritrovato il primo corpo, aveva avuto un terribile sogno che l'esponeva, suo malgrado, a un reale pericolo. Poteva ancora vedere la figura minacciosa avanzare verso di lei e l'ululato di terrore che sfuggiva dalla sua bocca durante quell'incontro. Solo a pensarci, sentì la pelle d'oca lungo il corpo e le ombre cinesi che incombevano sulle pareti arrivarono a terrorizzarla. Non riuscì più a compiere il minimo gesto e inconsciamente bloccò il respiro come se ne dipendesse la sua vita. Con gli occhi spalancati e il cuore che le saltava frettolosamente in petto, rimase in guardia con tutti i sensi in all'erta; solo il ticchettio dell'orologio punteggiava il tempo infinito di quell'istante. Rannicchiandosi sul divano e afferrando uno dei cuscini su una poltrona, chiamò in un sussurro...Ryo.

 

 

In una discoteca dove le chiazze multicolore si muovevano al ritmo accanito della musica, solo una figura, mimetizzata in un angolo buio del locale, non sembrava influenzata dal buon umore dei ballerini. Alzando il gomito per bere un sorso del suo drink fortemente alcolico, lo strano personaggio sembrava essere attratto dalle donne che si muovevano in pista. Con un sorriso sul volto, si limitò ad ammirarle, ma non una sola parola uscì dalla sua bocca.

-Non avete più nulla da temere, mie care, la mia prossima vittima è già stata scelta-

Lasciando il bicchiere vuoto sul tavolo, lanciò delle monete per regolare la sua consumazione e si diresse all'uscita. Sarebbe stata una lunga notte e aveva ancora molto da fare.

 

 

Dopo aver finito di trascrivere la deposizione del signor Natsume, Saeko lo congedò per poi dirigersi sulla sua lussuosa Porsche rossa e raggiungere il team della scientifica. Di fronte all'imponente edificio che conteneva l'appartamento della persona scomparsa, numerose auto della polizia determinavano il perimetro di sicurezza mentre gli agenti bloccavano i curiosi che si erano riversati in massa. Mostrando il suo distintivo, Saeko entrò nell'appartamento della signorina Izumi pochi minuti dopo, l'ingresso era ostruito da grandi striscioni gialli. Guardando a destra e a sinistra, cercò il responsabile che non tardò a farle cenno.

“Allora cos'avete?” chiese l'ispettrice.

“Come può vedere, l'appartamento è stato selvaggiamente saccheggiato...”

“Deve aver provato a difendersi” aggiunse Saeko automaticamente.

“Eppure, la cosa strana è che non vi è traccia di effrazione...”

“Forse conosceva il suo aggressore?”

“È molto probabile, e lei come me sa che la percentuale di persone che subiscono abusi da una conoscenza è impressionante”

“Ispettrice!” interruppe uno degli investigatori presenti.

“Sì!”

“Secondo la testimonianza di una vicina, un'ottantenne, le urla della signorina Izumi sarebbero state precedute da violenti rumori, che si sono interrotti improvvisamente circa dieci minuti dopo” riferì, leggendo attentamente il suo taccuino.

“Perché non ha chiamato la polizia?”

“Non ha il telefono” spiegò l'agente.

“Va bene, andiamo a trovare questa graziosa vicina” decise, seguendo le orme del suo subordinato.

“Un momento, ispettrice!” la chiamò lo scienziato.

“Cosa c'è?”

“Beh, abbiamo trovato tracce di sangue sul tappeto e possiamo praticamente dedurre che provenga dalla vittima. Ma lo confermeremo dopo ulteriori analisi”

“Perché non ha lasciato qui il corpo?” mormorò Saeko, tenendosi il mento con aria pensosa.

“Come?” chiese lo scienziato.

“Niente, parlavo da sola. Ottimo lavoro, ma non appena avrete i risultati e le prove che possono aiutarmi con la mia indagine, chiamatemi!”

La donna lasciò l'appartamento e bussò vigorosamente alla porta accanto per cercare di ottenere maggiori informazioni dall'anziana signora.

Dopo che Saeko ebbe rivelato la propria identità, una voce leggera giunse alle sue orecchie e il rumore delle serrature della porta si alternarono. Una piccola figura lievemente curvata su se stessa, con i capelli bianchissimi nascosti sotto una cuffietta rosa, apparve sulla soglia. Un sorriso caldo sul suo viso rugoso completò l'immagine della vecchina avvolta in una vestaglia fiorita.

“Perdoni il disturbo a quest'ora, signora, ma ho alcune domande da farle sulla sua vicina, la signorina Izumi”

“Ho già fornito tutti i dettagli a questo affascinante giovanotto, sa” disse l'anziana, indicando l'agente.

“Mi scusi se insisto, ma è davvero molto importante, si tratta della vita di questa giovane donna”

“Se è così importante, la prego, entri” disse l'altra, facendosi da parte dietro una porta pesante.

La stanza principale apparentemente ristretta era piena di vecchie cianfrusaglie che divoravano lo scarso spazio; le pareti, tappezzate di carta da parati macchiata, erano coperte di fotografie ingiallite mentre l'orologio a cucù indicava le tre del mattino. Due poltroncine circondavano un modesto divano a due posti al centro della stanza, e molti cuscini ricamati erano distesi sullo stesso morbido sofà.

“La prego, si sieda” disse l'anziana, indicando il divano. “Nonostante le circostanze di questa strana serata, sono felice di accogliere qualcuno in casa” sorrise, sedendosi su una delle poltrone adiacenti e prendendo cautamente sulle proprie ginocchia il grosso gatto dal pelo grigio.

“Ha detto di aver sentito le urla dall'appartamento vicino, ma saprebbe dirmi se ha sentito delle parole rivolte all'aggressore?”

“A essere sincera, non sono più molto giovane e il mio udito mi gioca degli scherzi. Ho sentito solo le urla ma ciò che più mi ha spaventato è stata la risata malsana giunta dopo un grande silenzio”

“Una risata?” ripeté l'ispettrice.

“Sì, di quelle che fanno i pazzi” dichiarò, imitando il gesto.

“Perché fa questa precisazione?”

“Vede, sono una fedele spettatrice di programmi tv come Derrick e per l'appunto questo pomeriggio una delle sue indagini riguardava un giovane che aveva ucciso sua madre per pura follia. Se avesse sentito quella risata. Erano completamente identiche”

“Cos'altro può dirmi su questa giovane donna?”

“Sa, era un amore; sempre una parola gentile quando mi incontrava nei corridoio. Ogni tanto veniva a chiacchierare con me davanti a una bella tazza di the”

“Cosa le raccontava?”

“Aveva occhi solo per il suo amico. Non ricordo il nome, ma diceva che era una celebrità nel mondo dell'arte”

“Il signor Natsume Yoshiki?”

“Sì, esatto! Lei lo conosce?”

“Ho avuto occasione di incontrarlo” tagliò corto la poliziotta.

“Anche lui è un uomo adorabile. Formavano una coppia armoniosa e affascinante” sorrise la vecchia signora, accarezzando delicatamente il felino che faceva allegramente le fusa.

“Conferma che questa sera il signor Natsume è venuto qui?” chiese l'ispettrice, mentre l'agente scarabocchiava gli appunti sul suo taccuino.

“Onestamente, non ho aperto la porta ma ho sentito i passi di qualcuno nel corridoio, quello del corridoio è un vecchio pavimento scricchiolante”

“Molto bene. Non la disturberemo ulteriormente” concluse Saeko alzandosi dal divano e dirigendosi verso la porta.

Facendo strada ai suoi ospiti, l'anziana aggiunse:

“Una cosa strana mi viene in mente...sono convinta che questa donna sarebbe stata pronta a tutto per lui, ma non so se per timidezza o pudore, lui mi sembrava molto meno dimostrativo. Non so perché glielo sto dicendo” si scusò.

“Non si scusi, signora. Qualsiasi informazione può essere molto importante. Grazie ancora per il suo prezioso aiuto”.

 

 

Era da ore che l'uomo avvicinava le giovani donne leggermente vestite per chiedere aiuto a trovare informazioni sulla prima vittima. Dopo aver discusso a lungo con ciascuna di loro per eliminare la loro diffidenza e mostrando la fotografia della donna, ottenne lo stesso risultato ancora e ancora nei movimenti negativi delle teste.

L'auto rossa si precipitò sempre più verso i quartieri lussuriosi della città; in un lontano passato, ne era stato il re. Certo, i suoi ardori erano cambiati, ma quell'atmosfera di dissolutezza era stata un inconfutabile rimedio per i suoi demoni interiori; era tutto finito, ma non se ne pentiva minimamente. La sua nuova droga era la giovane donna che si era occupata di guarire il suo cuore da ormai una decina d'anni.

Benché concentrato sulla sua missione, si lasciò andare dolcemente alle rilassanti fantasie sul suo angelo di misericordia, ma fu immediatamente riportato alla realtà dalla suoneria stridente del cellulare. Con un rapido movimento del polso, rispose alla bella poliziotta.

“Allora, cos'hai trovato?”

“L'appartamento di questa donna è letteralmente sottosopra e i patologi hanno trovato delle gocce di sangue sulla moquette. Non possono ancora confermare che sia effettivamente della signorina Izumi. Ma a seguito di una testimonianza che abbiamo raccolto, avrei una domanda fondamentale da porti e devi imperativamente rispondermi” scattò.

“Sei molto misteriosa...”

“Devi darmi la tua parola!”

“Va bene! Forza, fammi questa domanda COSI' importante!” esclamò lui, mantenendo lo sguardo fisso sulla strada.

“Cos'hai contro Natsume?”

“Ma cosa c'entra con questa storia?”

“Ho sentito cosa gli hai sussurrato prima, quindi rispondi”

“Per farla breve, la signorina Izumi e io abbiamo sorpreso quel bellimbusto mentre baciava Kaori in una delle sale private della sua mostra. Poi lei è salita su un taxi per tornare a casa. È l'ultima volta che l'ho vista”

“Potrebbe facilmente trattarsi del litigio di due amanti finito male!”

“Perché pensi una cosa del genere?”

“Il nostro assassino ha già fatto una vittima questa sera e ci sono dei dettagli che differiscono dai suoi precedenti omicidi. In ogni caso, lo troverò. E tu a che punto sei?”

“Per ora non ho cavato un ragno dal buco, ma ti terrò aggiornata non appena avrò notizie”

“Bene” disse lei prima di riagganciare.

Svoltando a destra, Ryo proseguì per la sua strada e finalmente raggiunse una nuova area dove era esposta altra 'carne fresca'. Non appena ebbe accostato al marciapiede, una donna si avvicinò a lui ancheggiando.

“Cosa posso fare per te, bel bruno?” chiese tubando.

“Mi serve una piccola informazione” sorrise lui maliziosamente.

“Non sono una spia!” si offuscò lei, indietreggiando furiosamente.

“Ti pagherò in cambio e se vuoi che la tua reputazione rimanga intatta, ti accompagnerò in una stanza” affermò, indicando l'hotel malandato dietro la giovane seduttrice.

Bramando avidamente la sua ricompensa, lei accettò senza esitazione.

“Prima di tutto, voglio sapere se puoi darmi informazioni su questa donna” disse mostrandole la foto.

“Certo, è Misa...mi viene in mente che non l'ho vista stasera”

Uscendo di fretta dalla Mini, lui afferrò la giovane donna e la guidò lungo il corridoio dell'hotel. Con disinvoltura, lanciò delle banconote sul bancone mentre custode consegnava un mazzo di chiavi che lui prese al volo. Salì a grandi falcate i gradini, preceduto dalla donna.

Sbattendo la porta alle loro spalle, Ryo afferrò la prostituta per il polso e domandò:

“Allora, cosa puoi dirmi della tua amica?”

“Per essere onesta, eravamo lungi dall'essere amiche” sospirò lei sedendosi sul letto.

“Con chi è andata ieri sera?”

“Se pensi che io osservi i suoi giri...”

“Rifletti un po'” brontolò lui, intrappolandole il viso tra le mani.

“Lasciami, mi fai male!” si arrabbiò lei, divincolandosi.

“Allora! Aspetto una risposta!” si innervosì lui.

“Va bene, non c'è bisogno di usare questo tono. Ieri sera, una fantastica auto l'ha presa intorno alle 22.30. Quel tipo era già venuto a trovarla circa due settimane fa. Ho pensato che dovesse essere soddisfatto dei suoi servizi, se capisci cosa intendo” sorrise, facendogli l'occhiolino.

“Puoi fare una descrizione?”

“Un bel bruno, non molto robusto”

“Ricordi qualcos'altro? La targa? Un adesivo sul parabrezza?”

“No!”

“Allora come puoi essere sicura che sia lo stesso cliente?”

“Puoi credermi, bello mio, non si vedono macchine così super tutti i giorni”

“Se ti viene in mente qualcosa, non devi fare altro che chiamarmi” concluse. “Ti do il mio numero, puoi chiamare in qualsiasi momento” aggiunse, frugando nelle tasche alla ricerca di un pezzo di carta. Tastando la tasca interna della giacca, trovò il volantino della serata della mostra; osservando l'artista sorridente, un'espressione di disprezzo si dipinse sul suo volto.

“Il tuo straccio servirà a qualcosa” meditò.

Consegnando il foglio alla donna, lei istintivamente lo guardò.

“Ma è lui!”

“Cosa?”

“Il tipo di cui ti parlavo! Beh, è lui” ripeté, indicando la foto. “Beh, vecchia mia, sembra che tu abbia vinto la lotteria” mise il broncio, rivolgendosi alla sua collega.

Strappando il volantino dalle mani della sua testimone, un odio sconfinato invase lo sweeper ed energicamente compose il numero di Saeko.

“A proposito, cos'è successo a Misa? Trascorre giorni felici con il suo ragazzo?” stuzzicò.

“È morta!” disse l'uomo, sbattendosi la porta alle spalle e lasciando la donna sconvolta dalla notizia.

Mentre metteva in moto, Ryo si staccò bruscamente dal suo parcheggio suonando furiosamente il clacson.

“Saeko! Ho trovato il legame tra loro!”

“Cos'è?” chiese la poliziotta mentre tornava in commissariato.

“Niente di meno che Natsume Yoshiki”

“La vuoi finire! Capisco che tu sia risentito contro di lui, ma da qui a commettere due omicidi e a provocare la scomparsa di un'altra persona...!”

“Non sono così puerile!” si arrabbiò lui, evitando per un attimo un'auto che non andava abbastanza veloce per i suoi gusti.

“Non posso accusarlo senza prove”

“La prima vittima è una prostituta che ha offerto i suoi servizi a questo tipo. La seconda è una studentessa straniera in storia dell'arte – non devo farti un disegno per mostrarti la correlazione, e infine la signorina Izumi è la sua ragazza. Sono tutte donne che assomigliano a Kaori. Non ha sopportato che lei lo respingesse, ecco perché se l'è presa con la sua ragazza e perché quest'ultimo omicidio non è in alcun modo simile agli altri due. Cosa ti serve ancora?!”

“Ok, faccio emettere immediatamente un mandato d'arresto a suo carico”

“Vado a casa perché Kaori è in pericolo” disse lui, riattaccando subito.

 

 

Nell'edificio di mattoni rossi, Kaori, colpita dall'insonnia, vagava per l'appartamento. Con un gesto impaziente, guardò di nuovo l'ora: le cinque. Qualcuno bussò alla porta in quel preciso istante.

“Ryo!” sorrise, correndo verso la porta.

Mentre la figura si stagliava sulla soglia, il suo sorriso svanì.

“Natsume...”

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** 5. Una preda di qualità ***


Mentre il suo piede era sul punto di varcare la soglia dell'appartamento di City Hunter e Kaori si scansava dalla porta, una presa salda lo afferrò per il bavero della giacca per spingerlo in fondo al corridoio.

Immobilizzandolo a terra, la Magnum puntata tra i suoi occhi, la furia di Ryo era emanata da ogni frammento della sua anima.

“Eppure ti avevo detto di non aprire a nessuno!” lo sweeper sgridò la giovane donna, fissandola.

“Ma Ryo, che stai facendo?!” chiese lei incredula.

“Ti sto proteggendo!” si accontentò lui, volgendo lo sguardo verso l'artista che sembrava cadere dalle nuvole. In lontananza, le sirene della polizia risuonarono fino a fermarsi davanti all'edificio di mattoni rossi.

“La vostra carrozza vi attende!” ironizzò lo sweeper, afferrandolo per un lembo della giacca e spingendolo davanti a sé.

“Ryo, vuoi spiegarmi cosa sta succedendo?” tentò di domandare Kaori, seguendoli giù per le scale.

“L'intero caso del serial killer sembra portare al tuo caro Natsume”

Alle sue parole, le pupille dell'uomo si allargarono ma non si fermò e ascoltò attentamente la conversazione.

“La prima vittima era una prostituta di cui questo caro signore ha richiesto i servizi...”

“Non ha il diritto di frugare nella mia vita privata!” brontolò Natsume. Con un bel dritto in faccia, Natsume rotolò per gli ultimi gradini e colpì bruscamente il muro.

“Natsume!” lo chiamò Kaori correndo giù per le scale per raggiungerlo.

Mettendogli una mano dietro la schiena per aiutarlo a raddrizzarsi, Kaori lo fece appoggiare lentamente alla parete mentre lui asciugava, con il dorso della mano, il filo di sangue che gli scorreva dal labbro inferiore.

“Tutto bene?” si preoccupò la giovane donna.

“Sì, sono solo un po' rintronato!” soffiò l'altro, con una smorfia.

“Ma che diavolo ti viene in mente a trattarlo così?!” ringhiò lei verso Ryo.

“Cosa mi viene in mente! Il tuo amico è sicuramente un assassino!” ruggì lui.

Sopraffatta dalla rivelazione, Kaori si allontanò automaticamente.

“La seconda vittima era una studentessa di storia dell'arte” proseguì Ryo. “Sfortunatamente, ha attraversato il cammino di questo malato e le è costato la vita. Il tuo amico era frustrato dal tuo ulteriore rifiuto e un'altra persona ne ha pagato il prezzo! Vero, Yoshiki!” concluse, lasciando intuire il suggerimento della scomparsa della fidanzata di quest'ultimo.

“Non so di cosa parla!”

Ignorando superbamente le parole dell'artista e accucciandosi di fronte a lui mentre lisciava i suoi vestiti disordinati dopo la caduta, Ryo aggiunse con tono quasi morbido:

“Allora, cosa ti ha portato a uccidere tutte queste donne? Eh?! Quale piacere malsano hai provato con quella pugnalata al petto...” imperversò, imitando il gesto. “Sono morte lentamente, agonizzando, vedendo il tuo viso deformato dalla follia”

In quell'istante, la porta si aprì sull'atrio e l'ispettrice Nogami apparve, facendo un gesto della mano ai due poliziotti affinché afferrassero l'artista, mentre gli comunicava i suoi diritti.

“Ma cosa state facendo?” si stupì Natsume.

“Ha il diritto di rimanere in silenzio...”

“Sono innocente!” gridò.

“Tutto quello che dirà potrà essere usato contro di lei...”

“Kaori, devi credermi!” implorò, scomparendo sulla scia della polizia.

Mentre Ryo stringeva le spalle della sua compagna ancora sconvolta per la rivelazione, Kaori sembrava completamente persa nei suoi pensieri.

Dieci anni...sembrava non vederlo da un'eternità, e ora era il principale sospettato in un caso di omicidi. Poteva essere diventato un uomo senza vergogna, che si divertiva a trafiggere i cuori di giovani donne per poi gettarle via come semplici stracci e sbarazzarsi dei loro corpi? Poteva quell'uomo, per il quale lei aveva provato un appassionato amore adolescenziale, essere cambiato così tanto?

Quando iniziò a pensare a se stessa, sorrise tristemente, sbirciando Ryo. Il suo fidanzato, il suo amore sconfinato era l'uomo più temuto del Giappone e in passato aveva avuto la peggiore reputazione all'interno del loro ambiente. Era cambiato per amore, per lei, mentre dieci anni prima niente avrebbe potuto preannunciarle che lei avrebbe frequentato quella stessa vita oscura.

Quindi perché Natsume non poteva essere cambiato così radicalmente nella direzione opposta?

La poliziotta si avvicinò a loro mettendo fine ai suoi tormenti silenziosi:

“Non abbiamo ancora alcuna traccia della signorina Izumi” disse rivolta verso lo sweeper.

Portando i suoi occhi nocciola sul suo compagno, Kaori ripeté:
“La signorina Izumi? Cosa le è successo?”

“Al momento non lo sappiamo realmente, ma il suo appartamento è stato messo sottosopra e sono state trovate tracce di sangue. È stato Natsume a denunciare la sua scomparsa” confessò Ryo.

“Yoshiki? Ma allora come potete accusarlo?!” si innervosì Kaori, separandosi repentinamente dalla presa dello sweeper.

“Può benissimo aver denunciato la sua scomparsa per cercare di scoprirsi, ci sono dei precedenti per fatti simili!” disse Saeko.

“Dimentichi che era con noi durante il secondo omicidio per cui lo accusate!”

Facendo qualche passo verso l'ingresso, Kaori, stoica, fissò con aria distante le luci rosse e blu che alla fine scomparvero dietro la curva di una strada. Avvertendo la presenza di Saeko al suo fianco, Kaori la interrogò, continuando a guardare dritto davanti a sé.

“Davvero credete che abbia ucciso tutte quelle donne, e dove può essere la signorina Izumi?”

“La notte scorsa la pioggia è stata abbondante e la corrente potrebbe aver portato quella poveretta molto lontano rispetto a dove abbiamo recuperato gli altri cadaveri. Ho degli uomini che sorvegliano il canale per chilometri”

“Se è morta, bisogna assolutamente trovare il suo corpo...in modo che la sua famiglia possa piangerla” commentò Kaori con voce spenta.

“Mi dispiace, Kaori” sussurrò Saeko.

“Non quanto a me” confessò l'altra tristemente.

Voltandosi, notò che in quel momento Sayuri aveva scelto di fare la sua apparizione e abbracciò teneramente la sorella minore, che sembrava del tutto sconnessa; fissando la giovane donna, Ryo si avvicinò a sua volta all'ispettrice.

“Penso che abbiamo tutti bisogno di dormire, ti ricontatto tra qualche ora. Kaori avrà bisogno di me”

Senza ulteriori commenti, scomparve su per le scale mentre l'ispettrice risaliva nella sua lussuosa macchina rossa.

 

 

Quando entrò nell'appartamento, Ryo si sorprese di vedere sua cognata da sola in salotto; mentre attendeva il suo ritorno, lei finì di scribacchiare le ultime informazioni raccolte ma non sentì immediatamente l'arrivo dello sweeper e con un gesto frettoloso nascose il taccuino tra i cuscini del divano.

“Dov'è Kaori?” chiese lui, fingendo di non aver notato il suo atteggiamento sospetto.

“Ha insistito per rimanere sola” disse lei, alzandosi dal divano e mettendosi di fronte a lui. “Pensi davvero che lui abbia fatto tutto ciò di cui è accusato?”

“Cosa ti serve ancora!” fece lui, alzando la voce.

“Ssh! Non così forte, Kaori sta riposando” borbottò lei. “Voi uomini siete tutti uguali!”

“Cosa significa?!” fece lui digrignando i denti.

“Rifletti un po' più con questo...” disse, colpendo con un piccolo pugno la testa dello sweeper, “invece di pensare con questa gelosia che ti acceca. A quanto pare il tuo assassino sembra avercela molto con Kaori, e credi sinceramente che questo Yoshiki sarebbe capace di compiere il peggio per farle del male? Per quanto mi riguarda, propendo per il contrario”

Senza dire altro, Sayuri salì le scale pensando che avrebbe recuperato il suo oggetto quando tutti si fossero addormentati.

Girandosi come un leone in gabbia, lo sweeper ripassò le parole della giornalista; perché lei dubitava delle sue deduzioni e soprattutto delle prove che aveva raccolto durante quella lunga notte?

Ma non era meno vero che il fatto che quel cretino fosse lontano dalla sua bella gli piaceva parecchio.

Doveva fargliela pagare per quel bacio rubato, limitandosi a prove circostanziali, e forse lasciare che un uomo innocente marcisse in prigione? Era possibile che quel giovane fosse il solo legame che univa quelle tre vittime?

Grattandosi la testa nel tentativo di riguadagnare una parvenza di lucidità, Ryo si recò presso la sua stanza, ma premunendosi di rubare il taccuino della cognata, che ripose dietro uno dei vasi decorativi di Kaori.

Con tutti i fastidiosi elementi delle ultime ore, l'uomo non riusciva a pensare razionalmente e alcune ore di riposo gli avrebbero fatto un gran bene. Era un caso molto serio e se l'assassino era ancora in giro, la questione con Kaori era solo sospesa.

Con passi vellutati, Ryo entrò nella stanza dove la sua dolce compagna sembrava dormire. Un debole bagliore iniziava a filtrare attraverso le tapparelle, testimoniando così l'ora mattutina, e mentre sospirava all'idea di un sonno breve, si spogliò lentamente per non disturbare il fragile sonno della sua bella. Scostando le lenzuola, vi scivolò senza fare movimenti bruschi mentre Kaori si girava automaticamente verso di lui e si rannicchiava sul suo petto. Stringendola con un gesto protettivo e tenero, sentì gli zigomi umidi di Kaori; aveva sicuramente pianto per quel Natsume.

Ma non era normale che si impensierisse almeno un po' per un vecchio amico, anche se in lui suscitava una sensazione furiosa?

Baciandola sulla fronte, strinse di più il suo abbraccio mentre si giurava di proteggerla ad ogni costo e, come in risposta a quella promessa mormorante, lei sospirò il suo nome. Provando una grande soddisfazione, delicatamente lui toccò le labbra della bella sweeper e ricadde sul morbido cuscino che finalmente gli avrebbe concesso il meritato riposo.

Quando Morfeo riuscì finalmente a condurlo nel suo limbo, dei passi discreti gli fecero istintivamente aprire gli occhi. Il suo udito percepì l'andatura esitante ma decisa di una persona che si recava al piano inferiore.

Divincolandosi con riluttanza dal suo bozzolo, Ryo si diresse silenziosamente verso la porta, che aprì a metà con calma per sgattaiolare sul pianerottolo che conduceva al salotto. Le sue retine scure si abituarono alla luce fioca e poterono scorgere la figura femminile che si muoveva verso il divano mentre spingeva energicamente i cuscini.

Borbottando per l'insoddisfazione, la donna armeggiò sotto tutti i cuscini alla ricerca del suo prezioso oggetto che sembrava essere svanito.

“È questo che vuoi?” fece lui, estraendo il piccolo quaderno dal suo nascondiglio.

Sussultando per la sorpresa e spalancando gli occhi, Sayuri osservò il taccuino arancione che il cognato le indicava. A grandi passi, si piantò davanti a lui per riappropriarsi di ciò che era suo, ma non contò sull'agilità dello sweeper che iniziò a sfogliarlo mentre con l'altra mano bloccava la giornalista. Sorvolando sulle note trascritte, capì immediatamente di cosa di trattava.

“Stai scrivendo un articolo sull'indagine che riguarda Natsume?” ringhiò.

“Non ti riguarda! Sono una giornalista e faccio solo il mio lavoro!” brontolò lei.

“Ti rendi conto che così ti esponi apertamente a questo psicopatico?”

“Ma non devo più temere niente visto che l'hai fatto mettere dietro le sbarre, no?” gli gettò in faccia con tono altezzoso, finalmente riprendendo il suo taccuino.

Afferrandola energicamente per il polso, la guardò in faccia con la sua espressione più severa:

“Natsume è il principale sospettato in questo caso, ma non abbiamo ancora prove inconfutabili contro di lui. Abbiamo quanto basta per metterlo in custodia per 48 ore”

“Non guardarmi così! Forse funziona con i tuoi nemici, ma non con me!” esclamò lei, liberandosi dalla sua presa. “Vedremo chi risolverà il caso per prima!” lo schernì, dirigendosi verso la sua stanza.

“Non è un gioco, Sayuri!” ruggì lui.

“Lo so bene!” fece lei prima di chiudersi in camera.

Sedendosi su una delle poltrone sospirando, Ryo si massaggiò gli occhi doloranti per la mancanza di sonno per trovare una soluzione quanto prima per calmare gli ardori di quella ficcanaso.

In quel momento, una figura femminile vestita di una delle larghe camicie dell'uomo, si sedette sul bracciolo della poltrona e fece appoggiare la testa dello sweeper contro il suo petto, accarezzandogli amorevolmente i capelli.

“Mi dispiace, sono solo una fonte di problemi” mormorò tristemente.

Afferrando delicatamente la giovane donna per la vita, lui la fece sedere sulle sue ginocchia, mentre lei si nascondeva nel collo del suo amante.

“Non dire sciocchezze! Dovrò stare più attento, tutto qui!” mormorò lui piano, toccando con la punta delle dita la nuca della giovane donna.

Mettendosi comodi sulla grande poltrona, rimasero così per un tempo indefinito, ma ciò ebbe l'effetto di rasserenarli e il sonno li catturò di nuovo.

I sogni di Kaori furono popolati da ombre maligne in agguato negli angoli bui dei luoghi che amava frequentare. La sagoma si avvicinava sempre di più con il passare delle notti; l'avrebbe davvero catturata per farle subire lo stesso destino delle sue precedenti vittime?

Piccoli gemiti lamentosi sfuggirono dalle sue labbra mentre il braccio rassicurante dello sweeper strinse istintivamente la presa per calmare i suoi incubi.

Due ore più tardi, vennero violentemente estirpati dal sonno dagli squilli del telefono.

Dall'altra parte, Saeko aveva appena finito di interrogare l'artista; dopo quattro ore di domande a valanghe e tonnellate di caffè nero, era ancora nello stesso punto. Lui rifiutava di confessare i crimini di cui veniva accusato.

Affondando nell'imponente poltrona del suo ufficio, l'ispettrice sospirò profondamente.

“Non credo che il tuo 'amico' sia il colpevole!”

Mentre Kaori preparava la colazione, Ryo conversava con la poliziotta.

“In ogni caso, se non è lui, è qualcuno che gli è vicino e, soprattutto, ce l'ha mortalmente con Kaori. Non ti ha dato il nome di potenziali nemici che potrebbe avere avuto in passato?”

“Onestamente, era totalmente confuso ed esausto, l'ho mandato a riposare in una cella di isolamento perché voglio comunque tenerlo d'occhio”

In quel momento, un subordinato bussò alla porta per portarle un pacco che era appena stato consegnato alla reception.

“Ispettrice!”

“Cosa c'è?” chiese lei seccamente.

“È appena arrivato questo pacco”

“Bene, me lo dia”

Mentre l'agente richiudeva la porta, Saeko incastrò la cornetta tra l'orecchio e la spalla per scoprire cosa conteneva il collo.

“Hai un ammiratore segreto” la prese in giro lo sweeper.

Meticolosamente, la donna allargò i lati della confezione di carta e spalancò gli occhi per il terrore.

“Oh mio dio!” esclamò improvvisamente.

“Saeko! Saeko, che succede?” si preoccupò Ryo.

“Ci sono dei capelli...dei ciuffi di capelli chiari nel sacchetto di carta che mi è stato consegnato. C'è del sangue”

“Pensi che siano di Izumi?”

“Non lo so...agente! Agente!” urlò all'agente uscito in corridoio. “Chi ha portato questo pacchetto?”

“Un semplice impiegato della posta locale”

“Non ci credo!” fumò. “Porti questa roba dal patologo perché faccia il confronto con quello che ha raccolto nell'appartamento della signorina Izumi. Gli dica che è urgente!”

A quelle parole, il subordinato partì verso il laboratorio per affidare la prova al dottore.

“Ciò non toglie Natsume dall'elenco dei sospettati” sospirò Saeko.

“A proposito, c'è una pista sulla serie di lettere lasciate sulle vittime?”

“Per il momento, abbiamo R-I-V, i nostri esperti non hanno ancora trovato un significato”

“In effetti potrebbe essere qualsiasi parola e ci sono molti sospettati potenziali!”

“Aspetteremo che il patologo confermi queste nuove prove e continueremo l'interrogatorio a Natsume. Forse ci darà un indizio che potrà portarci si una nuova pista”

“Ok, io farò un giro per cercare informazioni sulla studentessa...la ragazzina europea. Non si sa mai, uno di questi marmocchi potrebbe aver notato che qualcuno la seguiva?”

“Okay, ci aggiorniamo!”

Nel frattempo, Kaori era scomparsa di sopra per recarsi da sua sorella. Aprì lentamente la porta per non rendere brusca la sveglia di Sayuri, non come aveva fatto in passato con Ryo, ma il letto era deserto e sul cuscino c'era un biglietto.

'Sono uscita a fare il mio lavoro, anche se non per tutti è un lavoro accettabile!'

Correndo, Kaori riapparve in cima alle scale, mostrando a Ryo il foglietto.

“Ryo, Sayuri se n'è andata per continuare le indagini”

“Che testa di mulo, quella!” disse lui, alzandosi bruscamente e prendendo il biglietto da Kaori. “Non fa che agire come le pare!” ruggì poi, accartocciando il foglio.

“Non cambiare il programma che avevi previsto, vado io a cercarla!”

“Non esiste! Dimentichi che questo tipo ce l'ha con te!” ringhiò.

“Pensi che Natsume sia innocente?” chiese lei, cautamente.

“Sicuramente lui è al centro di questa storia! Per quanto riguarda il suo grado di implicazione, devo ancora determinarlo; potrebbe avere un complice e quindi avremmo due assassini”

L'ombra di un sorriso apparve sul viso di Kaori; forse Yoshiki era innocente.

“Se non vuoi che vada da sola, almeno lasciami andare con Mick! Faremo il giro dei vostri informatori per scoprire se l'hanno vista!”

“Va bene, ma ti verrà a prendere qui!” decise lui, componendo già il numero dell'americano. “E prendi il mio telefono per sicurezza!”

Mentre gli squilli si susseguivano, Kaori si diresse in bagno per una doccia veloce per prepararsi all'arrivo di Mick.

 

 

Nel suo laboratorio, il patologo esaminava coscienziosamente il campione di sangue prelevato sulla scena del crimine per confrontarlo con i capelli che aveva prelevato dalla spazzola che si trovava sul bordo del lavabo. L'occhio incollato al microscopio, mentre regolava la nitidezza della lente d'ingrandimento, la conclusione fu ovvia.

“Non c'è dubbio, è lo stesso dna”

Prendendo con cura quasi religiosa la bustina contenente i capelli insanguinati, l'esperto prelevò un nuovo campione per analizzarlo. Dopo qualche minuto di osservazione, il risultato fu inevitabile.

“Sono proprio i capelli e il sangue della signorina Izumi”

Scrivendo diligentemente il suo rapporto con termini forensi e dopo un'attenta rilettura, girò sulla sua sedia e, togliendosi il camice, il patologo si prese la responsabilità di portare l'esito all'ispettrice Nogami.

Dopo aver vagato nei corridoi brulicanti di agenti, il medico fu accompagnato in una piccola stanza con uno specchio incolore che conduceva sulla stanza degli interrogatori.

La bella ispettrice non sembrava intenzionata a mollare la presa, come uno squalo affamato con la sua preda.

Incrociando le braccia, il minuto dottore scrutò nel dettaglio l'atteggiamento di ciascun presente, ma soprattutto quello del potenziale sospettato. Non pensava che un giorno la sua laurea in psicologia comportamentale gli sarebbe servita, dato che l'unico contatto che aveva con il genere umano avveniva con i cadaveri uccisi in maniera più o meno violenta che gli 'parlavano' attraverso prove o indizi lasciati dai loro assassini.

Silenziosamente, cercò di percepire i tic che tradivano la menzogna o la psicopatia.

Nel primo caso, lo sguardo sarebbe stato fuggente, incapace di affrontare il suo interlocutore nonostante l'agilità di poter manipolare le parole; nel secondo caso, quello della psicopatia, il soggetto avrebbe teso a glorificare il suo lavoro agli occhi di tutti, per raccoglierne i frutti.

Durante quell'osservazione muta ma costruttiva, dedusse senza troppa fatica che il giovane non era affatto un assassino ma nascondeva qualcosa. Quando l'ispettrice aveva menzionato i sedativi, lui aveva reagito; discretamente, ma non era sfuggito al suo occhi esperto.

 

 

Mentre Ryo arrivava davanti alla facoltà di arti contemporanee, Kaori e Mick vagavano per le strade della città senza molto successo. Nessun informatore sembrava aver visto Sayuri. Sembrava essersi volatilizzata!

Sbattendo la portiera della Mini, con le mani in tasca, Ryo scrutò gli studenti che andavano e venivano. Una di loro attirò la sua attenzione: la grossa cartella che aveva sotto il braccio era tipica dei disegnatori o dei fumettisti.

Con passo fiducioso, si diresse verso la ragazza in questione mentre estraeva dalla tasca il badge universitario della seconda vittima.

“Mi scusi, signorina, ma conosce questa ragazza?” chiese, indicando la foto. “Ho bisogno di qualcuno che possa darmi informazioni su di lei. È importante”

“Ma è Marie! Ehi, Sushi! Questo tipo fa delle domande sulla tua ex!”

Lo sguardo dello sweeper si posò immediatamente su un giovane uomo intorno ai vent'anni, i capelli biondi scoloriti e con vestiti due volte più grandi di lui, che ridacchiava con un gruppo di giovani studenti in prepubertà.

“Cosa vuoi tu da Marie?!” gemette.

Il viso cupo e il passo cadenzato, lo sweeper si diresse verso il ragazzo e lo prese sotto il braccio per condurlo a un angolo isolato per discutere tranquillamente.

“Lasciami andare!” urlò il giovane, dibattendosi.

Il gruppo di amici fu sul punto di intervenire quando incrociarono lo sguardo assassino dello sweeper, che li fece tenere a distanza.

“Ehi, ma sei pazzo, vecchio! Avresti potuto spezzarmi il braccio!”

“Bene, hai finito di frignare? Ora invece di fare il duro davanti ai tuoi amici, vorrei che rispondessi alle mie domande”

“Ascolta! Non so che cosa vuoi da lei, ma tecnicamente non stiamo più insieme da una settimana. E poi...Marie non è venuta a lezione oggi, quindi lasciami andare!” abbaiò il giovane, iniziando a indietreggiare dall'uomo.

“La tua amica è morta ieri sera!” fece Ryo senza mezzi termini.

Sentendo quelle parole, lui fermò subito la sua fuga.

“Cosa? Marie è morta! Non è possibile, l'ho vista ieri sera!” balbettò con voce turbata.

“Penso che dobbiamo parlare seriamente. Vieni, seguimi!”

Salendo sull'auto rossa, lo studente rimase in silenzio di fronte a quel macabro annuncio. Era vero che non voleva più stare con lei, ma da lì a pensare che sarebbe scomparsa totalmente dalla sua vita...

Fermandosi due isolati più tardi, lontano da occhi e sguardi indiscreti, lo sweeper fissò il giovane, sopraffatto dalla notizia.

“Devi rispondere alle mie domande per poter arrestare l'uomo che ha ucciso la tua amica. Qualunque cosa tu possa dirmi potrebbe aiutare a fermare questo pazzo. Per arrivare al nocciolo della questione, conoscevi Yoshiki Natsume?”

“Sì, ed è a causa sua se ho rotto con Marie. Si era innamorata di quel tipo!” confessò rabbiosamente, per poi sorridere mestamente.

“Dimmi tutto!”

“Ci frequentavamo da sei anni! Tutto andava bene fino a quando non siamo arrivati qui in Giappone per la nostra specializzazione sull'arte contemporanea asiatica. Durante uno dei nostri corsi, il nostro professore ci informò che Natsume avrebbe presto esposto le sue opere. Dovevi vederla come sorrideva” mormorò malinconicamente. “Era una fan patita di quel tizio! Eppure i suoi non sono questi gran capolavori!”

Sentendo la punta di gelosia nella voce del suo interlocutore, Ryo sorrise interiormente; decisamente, quel bellimbusto provocava il caos nel gentil sesso.

“Lei mi accusò che mi facevo delle idee perché ero soltanto geloso. Ma lei era cambiata! Avevamo scoperto dove si trovava la sala della mostra e la proprietaria ci concesse gentilmente di vederla in anteprima”

“La signorina Izumi?”

“Sì, esatto. Era la ragazza di quel tipo, ma personalmente credo che lui non le sia fedele, perché non gli dispiaceva provarci con la mia fidanzata mentre c'eravamo anche noi!”

“Avevano una relazione?”

“Onestamente, non penso! Ma trascorreva continuamente le sue serate con lui e non la vedevo più. Una sera, le dissi che doveva scegliere tra lui e me. Bah, lei se ne andò. E poi mi sono messo a cercare un'altra. Sono stato davvero stupido! Avvicinai una ragazza facile della nostra classe che mi girava sempre intorno per rendere Marie gelosa. Volevo farla soffrire come lei faceva soffrire me. E ieri sera...”

“Ieri sera, vi ha visti”

“Sì, esatto!” confessò, vergognandosi.

Mentre il giovane continuava a confidarsi con aria cupa allo sweeper, il puzzle prendeva forma nella sua testa. Le donne non erano solo state in relazione con l'artista, ma avevano o avevano avuto un legame più o meno intimo con lui. L'assassino faceva loro pagare quella vicinanza per gelosia o frustrazione, e Kaori era ancora il mistero del Graal.

“Ti riporto all'università, ma non parlare a nessuno della nostra conversazione!”

Con un cenno, quello annuì e Ryo lo accompagnò come promesso.

“Ehi, amico! Ferma quel bastardo!”

Con un segno di approvazione, lo sweeper se ne andò recandosi al commissariato per consegnare le sue ultime notizie all'ispettrice e poi contattare Kaori sul cellulare.

 

 

Girando intorno all'edificio per evitare la vigilanza delle sentinelle della polizia postate davanti all'edificio che corrispondeva all'ultima scena del crimine, Sayuri aveva dovuto passare per l'uscita di sicurezza non senza difficoltà e avendo lasciato indietro il tacco di una delle sue scarpe.

Con estrema attenzione, si avventurò nei corridoi della residenza per raggiungere il suo obiettivo...l'appartamento della signorina Izumi. Quell'ultimo luogo in cui il folle aveva agito, suscitava in lei una strana curiosità. Secondo le informazioni che aveva ricevuto dalla sua risorsa al telefono, quella sparizione sembrava differire dalle due precedenti. Ma perché?

Il corridoio sembrava deserto e si sentiva solo il televisore di un vicino: un telefilm poliziesco, apparentemente. Con infinita cautela, fece scattare la serratura con una forcina e con un lento movimento del polso, udì il ticchettio della porta. Abilmente, scivolò nella stanza buia dove le tapparelle lasciavano filtrare solo pochi timidi raggi di sole.

La scarsa luminosità lasciava intravedere solo il contorno degli oggetti circostanti; impossibile accendere la luce senza attirare l'attenzione.

Brancolando, si diresse come meglio poteva verso le stanze; urtando inavvertitamente un tavolino che le strappò un grido soffocato e una smorfia sofferente, mentre si massaggiava lo stinco dolorante, il suo sguardo fu catturato da una forma che le parve di aver visto passare velocemente.

“C'è qualcuno!” chiamò piano, prendendo la direzione di quello che aveva visto.

Tormentata dal dolore, Sayuri si sedette sul divano che scoprì non lontano e massaggiò con un movimento circolare lo stinco, cercando di ridurre l'ematoma.

Un piede davanti all'altro, nel più straordinario silenzio, la cupa figura si ritagliò nell'arredamento scuro e avanzò furtivamente mentre la donna mentre un sorriso si allargava sul suo volto e una siringa appariva nella sua mano destra.

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** 6. Più vicino a te ***


Mentre veniva imbavagliata con una mano e l'altra le punse bruscamente il collo con la siringa, Sayuri lottò per qualche istante gemendo mentre le immagini diventavano gradualmente offuscate e un buco nero oscurava la sua visione.

Con un sorriso carnivoro che si allungava sulle sue labbra, l'aggressore lasciò crollare il corpo inanimato sul divano; come un cieco, attraversò senza esitazione l'appartamento buio per dirigersi verso la porta d'ingresso. Delicatamente, sbucò per assicurarsi che il corridoio fosse deserto e rapidamente tornò dalla giornalista per prenderla dalle braccia lasciando che il corpo cadesse pesantemente sul tappeto, lasciando sulla scia una delle scarpe della sua vittima.

Facendo smorfie per lo sforzo, l'attirò dietro di sé per portarla nella lavanderia dove un passaggio ampio e colmo di panni sporchi gli avrebbe permesso di attraversare discretamente l'ingresso dell'edificio.

Dopo un grosso sforzo e avendo raggiunto la stanzetta, si appoggiò a una delle pareti per riprendere fiato, mentre udiva due voci nel corridoio.

Spalancando gli occhi per lo spavento, un'espressione allegra dipinta sul suo viso nel riconoscere il timbro familiare, si rimise al lavoro con più ardore.

“Troppo tardi per lei, Kaori” sussurrò, gettando il corpo incosciente della donna nel condotto. In un tonfo, il corpo scivolò nell'imboccatura per atterrare in uno dei carretti progettati per ricevere i sacchi che sarebbero partiti il giorno successivo su un furgone della nettezza.

 

 

Nel corridoio, Mick e Kaori facevano il giro alla ricerca dell'appartamento dell'ultima presunta vittima di Natsume; erano entrambi convinti che la ficcanaso si sarebbe recata sull'unica scena del crimine nota per cercare di trovare l'indizio sfuggito alla vigilanza degli esperti.

Mentre Kaori non vedeva l'ora di raggiungere finalmente il suo obiettivo, l'americano sembrava molto più incuriosito da una delle porte non lontana da loro. Compiendo alcuni passi verso l'ambita direzione, il suo istinto pareva volerlo portare nella piccola stanza dove un piccolo cartello denominava 'lavanderia'. Con la mano sulla maniglia, Mick la ruotò mentre dall'altra parte, l'assassino, celato nell'ombra, brandiva una lama affilata.

“Mick! La porta è aperta!” esclamò la giovane donna precipitandosi all'interno, chinandosi per passare sotto i nastri gialli della polizia.

“Kaori! Aspetta, può essere pericoloso!” intervenne l'americano, correndo dietro la donna impaziente.

 

 

Sospirando di sollievo, l'adrenalina che continuava a pulsare nelle sue vene, il rapitore rinfoderò il coltello.

“Non posso più uscire dalla porta con il rischio di farmi notare da questo scocciatore! Devo trovare un'altra via d'uscita prima che ritorni” brontolò rabbiosamente.

Il suo sguardo tornò al portello.

“Se non avessi che questa soluzione!” si accontentò, prima di infilarsi a sua volta.

Gemendo dolorosamente quando atterrò nel carrello e sulla giornalista, sorrise per quell'intima vicinanza. Toccando il viso della donna, non poté che rallegrarsi della sua scelta.

“Le assomigli così tanto” mormorò.

Affrettandosi a riprendersi, bofonchiò per l'arrivo troppo frettoloso del duo di investigatori che avevano quasi compromesso il suo piano. Spingendo il prezioso carrello verso il suo veicolo, tornò a sollevare la donna incosciente per infilarla nel bagagliaio. Spingendo brutalmente il carrello, chiuse il bagagliaio per poi entrare nella sua auto e mettere in moto e, mentre si occupava di trovare una frequenza con musica apprezzabile, canticchiò una melodia e lasciò il parcheggio sotterraneo.

 

 

Al commissariato, Saeko cercava di nuovo di far parlare l'artista. Dopo un breve colloqui con il patologo, questi le aveva confidato le sue impressioni riguardo all'atteggiamento del sospettato.

Tornando nella stanza con il referto del medico legale sotto il braccio, l'ispettrice si sedette in silenzio, aprendo il fascicolo di fronte a sé: sorvolando sui termini troppo complicati da poterli utilizzare per pressare e avere una buona argomentazione, alla fine individuò le similitudini che facevano al caso.

“Secondo uno dei miei colleghi, lei non mi sta dicendo tutto!”

“Cosa?!”

“Quando ho parlato dei sedativi, ha notato che lei avrebbe consapevolmente omesso di dirmi qualcosa! Chiunque ha fatto tutto questo, ha già ucciso due donne nella sua vicina cerchia e si diverte a mandarci dei 'ricordini' della sua amica, la signorina Izumi!” infuriò, colpendo il tavolo e facendo sobbalzare Natsume. “Stamattina, lo psicopatico ci ha mandato dei capelli chiari coperti di sangue, non le importa niente se si accanisce su di lei!” esclamò, prendendo uno dei campioni dalla cartella come prova.

“Non può...non avrebbe mai potuto fare una cosa così orribile!” si scatenò Yoshiki furiosamente, distogliendo lo sguardo dalla ciocca insanguinata.

Fu in quel momento che Ryo entrò; avendo sentito le ultime parole scambiate, usò le informazioni raccolte per creare un legame con ciò che aveva appena appreso.

“Tutte queste donne avevano un legame sentimentale con te; era perché loro ti stavano oscurando?” chiese lo sweeper sedendosi sul bordo del tavolo, proprio accanto al giovane, mantenendolo appoggiato contro lo schienale della sedia.

“Ha sempre sostenuto che erano solo inutili distrazioni, ma mai, oh mai avrebbe fatto loro del male”

“Di chi parli?” si innervosì Ryo.

“Non posso denunciarlo senza prove reali” sussurrò l'uomo, abbassando la testa e chiudendosi in un profondo silenzio.

 

 

Arrivando presso la sua camera delle torture, la lussuosa automobile rallentò per imboccare la strada che conduceva alla proprietà. Come per la sua prima vittima, usò una sedia a rotelle per depositare pesantemente il corpo privo di sensi della giornalista. Si precipitò verso il labirinto di corridoi che li avrebbe sicuramente condotti all'ultima 'abitazione' della bella giornalista.

Aprendo con enfasi la porta che conduceva alla grande stanza, posizionò la donna lungo la barella e la sollevò con difficoltà per farla stendere. Stringendo i polsi e le caviglie con cinturini in pelle, ammirò la sua opera per alcuni secondi prima di aggiungere:

“Ti lascio qui per qualche momento per vedere a che punto sono le cose per il mio progetto” rise. Ma prima di lasciare la sua vittima successiva, prese una lunga lama, e con un gesto veloce tagliò una lunga ciocca di capelli castani. Delicatamente, con la punta delle dita, prese il prezioso anello che adornava l'anulare della mano destra e lo mise in un sacchetto identico a quello inviato al commissariato. Prima di chiudere la porta e lasciarla nell'oscurità più completa, lasciò correre il suo sguardo malsano sulla figura femminile e aggiunse:

“Col passare dei giorni, mi avvicino di più a te”.

 

 

Nell'appartamento di Izumi, Kaori e Mick attraversarono ogni stanza alla ricerca di prove che guidasse le loro indagini. Mick curiosava in camera da letto mentre Kaori vagava da un vano all'altro; sospirando per l'impotenza, si lasciò cadere pesantemente sul divano. Totalmente sconfortata, il suo piede colpì qualcosa che sporgeva leggermente da sotto il divano.

Piegandosi, afferrò la scarpa e spalancò gli occhi.

“Mick! Mick!” urlò disperatamente

Sentendosi chiamare, l'americano si precipitò in salotto, con la pistola in mano.

“Che succede, Kaori?” chiese, lasciando planare i suoi occhi intorno alla stanza.

“È una delle scarpe di mia sorella” ammise lei singhiozzando.

Trattenendo a malapena le lacrime, la giovane donna lasciò che le devastassero il viso. Tenendo la sua arma e prendendola teneramente tra le braccia, lui promise:

“Andrà tutto bene, la troveremo!”

 

 

Al volante della sua bella macchina, l'uomo sorrise sproporzionatamente alla vista dell'edificio di mattoni rossi che si stagliava davanti a lui. Guardandosi brevemente intorno, afferrò una piccola borsa marrone e, velocemente, salì i vari pianerottoli per ritrovarsi fuori dalla porta dell'appartamento di City Hunter. Un piacere insano pulsava in tutto il suo essere per la paura di incontrare il grande Saeba, ma ciò non lo dissuase in alcun modo dal voltarsi. Se fosse stato catturato in quel momento, avrebbe avuto il gioioso piacere di far morire lentamente la giornalista e sotto i suoi occhi odiosi la più giovane si sarebbe decomposta all'idea intollerabile che sua sorella agonizzasse.

Con un gesto enfatico e vittorioso, la posò sulla soglia.

“Un piccolo regalo per te, mia bella” sussurrò per poi andarsene senza attardarsi. Scendendo le scale, salì sul suo veicolo e si diresse al commissariato.

 

 

Mentre Ryo e Saeko continuavano a far parlare Natsume, uno dei subordinati dell'ispettrice interruppe l'interrogatorio per segnalare un'importante comunicazione.

“Ryo! Lascialo e seguimi!”

Allontanandosi dal sospettato, i due si ritirarono in un piccolo ufficio.

“Ma perché mi hai fermato, sono convinto che sarei riuscito a farlo parlare”

“Non ne dubito, ma c'è una chiamata per te” disse lei porgendogli la cornetta.

Accigliandosi, lui accettò la comunicazione:

“Saeba!”

“Ryo! Mia sorella!” singhiozzò la giovane donna dall'altro lato.

“Kaori?”

Poiché lei era incapace di contenere la sua sofferenza, Mick prese il controllo, spostandosi in un'altra stanza.

“Siamo nell'appartamento di Izumi e abbiamo ritrovato una delle scarpe di tua cognata” continuò a bassa voce. “Non promette nulla di buono, se vuoi il mio parere”

Preso dalla furia, la mano di Ryo si strinse sulla cornetta.

“Porta Kaori a casa e aspetta che io ritorni! C'è qualcuno che devo vedere”

Senza nemmeno aspettare una risposta, riattaccò rabbiosamente e tornò nella stanza degli interrogatori a passo deciso.

Con un gesto brusco aprì la porta, che urtò violentemente sul muro adiacente, si precipitò verso l'artista per ribaltarlo e inchiodarlo a terra, tenendolo saldamente per il colletto.

“Adesso parlerai! Abbiamo scherzato abbastanza!” soffiò lo sweeper, immergendo i suoi occhi neri in quelli del suo interlocutore.

“Ryo! Ryo, lascialo!” ordinò Saeko, tentando di separarli.

“No, non se ne parla! Chiunque stia proteggendo, ha rapito Sayuri” disse all'ispettrice. “Sai come so io che ci restano solo poche ore per cercare di salvarla”

Alzandosi improvvisamente, sollevò l'artista per i lembi della giacca e lo placcò brutalmente contro il muro, facendo pressione sulla gola di Natsume con l'avambraccio.

“Parla, dannazione! Chi stai coprendo?!”

“Ryo! Basta!” esclamò Saeko cercando di fargli mollare la presa.

Fu allora che una voce familiare risuonò nella stanza.

“Siamo in presenza di un caso di brutalità da parte della polizia, mi sembra”

Ryo allentò la presa e Natsume crollò a terra tossendo forte, massaggiandosi il collo per tentare di riprendere fiato.

Il signor Massao e un avvocato fecero la loro entrata sotto gli sguardi corrucciati di Ryo e Saeko.

“Penso che abbiate abusato abbastanza del mio cliente” proclamò l'avvocato. Il manager si precipitò sul suo protetto e, sostenendolo, lo aiutò ad alzarsi. Una rabbia sorda gorgogliò nelle vene del manager che guardò male i due colpevoli.

“Vi rendete conto di quello che fate?!”

“E lei? Lo sa che il suo protetto copre un assassino!”

“Di quali fatti è accusato il mio cliente?” intervenne l'avvocato.

Saeko si limitò a fornirgli il rapporto e le prove raccolte in precedenza dal medico legale. Sorvolando su quanto appena visto, lui disse:

“Devo parlare con il mio cliente”

Dopo una breve occhiata tra Ryo e Yoshiki, Saeko attirò lo sweeper per dare loro il tempo necessario per il colloquio privato richiesto.

Dietro il vetro, Ryo studiava silenziosamente il comportamento di tutti; Natsume sembrava estremamente a disagio con il suo manager mentre quest'ultimo pareva fare di tutto per tirargli su il morale.

Pochi minuti dopo, l'avvocato bussò alla porta indicando che voleva parlare con l'ispettrice incaricata dell'investigazione.

“Penso che non potrete trattenerlo ulteriormente!” troncò l'avvocato, consegnando il fascicolo a Saeko. “Tutto ciò che avete sono solo prove circostanziali e una macabra coincidenza che collega il mio cliente ai fatti di cui viene accusato”

“La prima donna era solo uno scarto della società, mentre per la ragazzina...che ci faceva in giro a quell'ora?! Avrebbe dovuto dimostrare una condotta più rispettabile. Non facevano che rallentare la promettente carriera di Natsume. Ora che avete finito di farci perdere il nostro prezioso tempo, penso che potremo andarcene” disse il manager, scuotendo una piccola confezione di compresse dalla tasca interna con mani tremanti, ne inghiottì due all'istante, come fossero semplici mentine per l'alito.

Rapidamente, Ryo afferrò il polso dell'uomo e lesse l'etichetta.

“Cosa sono?!”

“Antidepressivi!” ammise l'altro semplicemente.

“Detti anche...sedativi!” ammise il patologo, entrando in scena come spettatore di quel caos.

“Vediamo un po', mio caro signor Saeba!” affermò il manager, divincolandosi con veemenza dalla presa dello sweeper. “Non intenderà fermare tutti i consumatori di antidepressivi” sorrise sornione. “Altrimenti penso che avrà molto lavoro da fare”

Senza dire altro, i tre uomini uscirono dalla stanza, Ryo li avrebbe seguiti ma Saeko lo intercettò.

“Non devi seguirli!”

“Li lasci andare così! Senza fare niente!”

“Dobbiamo continuare con l'indagine per raccogliere ulteriori prove”

“Saranno lontani ormai”

“Quello che ha detto Massao è vero, non posso fermare tutte le persone sotto questo trattamento medico”

“E le parole orrende che ha detto su quelle donne, che ne dici!”

“Non sarebbero utili davanti a una giuria”

Correndo in corridoio, Ryo chiamò con forza uno dei tre uomini.

“Natsume! Natsume!”

L'uomo si voltò, interrogativo.

“Se provi anche solo un po' di affetto per Kaori...smetti di coprire questa schifezza” disse semplicemente, guardando male il manager. Lo sguardo malinconico di Natsume cadde sullo sweeper mentre le porte dell'ascensore si chiudevano su di loro.

Scendendo lentamente i graditi del commissariato, la sagoma dell'artista seguì meccanicamente gli altri due uomini. La sua cadenza lenta e la sua postura arcuata dimostravano la sua grande stanchezza e l'enorme fiacchezza che gli piombarono addosso. I lineamenti segnati dalla mancanza di sonno, la barba nascente, l'affascinante Natsume aveva perso la sua prestanza in una sola notte senza fine.

La sua mente era ossessionata dalle donne morte che lo imploravano, maledicendolo per non averle aiutate; anche la signorina Izumi era uno degli spiriti erranti. Lei non diceva niente, non si muoveva ma i suoi grandi occhi chiari mostravano una grande tristezza.

Perché tutto si accaniva su di lui!

Sedendosi pesantemente in macchina, non disse una parola ma il suo sguardo parlò ad alta voce soprattutto quando incontrò quello del suo manager nello specchietto. La furia del protettore dell'artista si decuplicò nel vederlo così debole e tormentato.

-È tutta colpa tua, Kaori! Se non fossi riapparsa nelle nostre vite, tutto ciò avrebbe potuto essere evitato. Pagherai le conseguenze e tua sorella sarà la vittima.-

 

 

A sua volta, Ryo lasciò il commissariato per tornare a casa; Mick e Kaori sarebbero arrivati presto. Voleva essere lì per lei; sua sorella era in pericolo ma lui si sentiva totalmente impotente di fronte a quello psicopatico. C'erano tante prove sull'artista, ma nessuna lo incriminava davvero, eppure sembrava conoscere abbastanza bene l'autore dei crimini da volerlo proteggere.

Quando entrò nel cortile del suo immobile, non sentì immediatamente la presenza della sua partner e neanche quella del suo amico; doveva averli anticipati di qualche minuto. Mentre sbatteva la porta, udì il ronzio di un altro veicolo; finalmente erano arrivati.

Non appena Mick spense il motore, Kaori corse per gettarsi tra le braccia del suo amante per cercare di trovare il conforto di cui aveva tanto bisogno. Sarebbe riuscito a calmare l'angoscia soffocante che quasi la strozzava?

Silenziosamente, lei fissò i suoi occhi nocciola in quelli dello sweeper, ma per la prima volta non rilevò la certezza e la sicurezza in sé che di solito vi brillavano.

Malgrado la sua presenza retta e confortante, lei riusciva a leggere nei suoi occhi l'impotenza e la sorda rabbia che cercò di calmare con parole tenere.

“Andrà tutto bene!” sussurrò lui, stringendola teneramente.

Lentamente, Kaori si staccò da lui e senza dire una parola né rivolgergli uno sguardo, prese la direzione dell'edificio per salire piano i gradini che le sembravano insormontabili.

Mick raggiunse il suo ex partner, l'euforia o le prese in giro non avevano spazio quel giorno. La faccenda era grave e l'elevata possibilità che la giornalista fosse nelle mani di quel pazzo appesantì l'atmosfera cupa.

Affondando le mani nelle tasche, Ryo prese la strada della sua compagna, seguito dal passo trascinato di Mick; dovevano discutere di come procedere, ma senza rischiare di essere ascoltati.

Mentre Ryo posava il piede sul primo gradino della scala, sentì Kaori urlare; a grandi falcate, come se volasse, Ryo inghiottì i vari scalini fino ad arrivare al piano del loro appartamento.

Crollata a terra, stringendo preziosamente la bustina di carta contro il petto, le lacrime e le grida astiose della giovane donna spezzarono il cuore di Ryo. Comprendeva la reazione disperata della sua amata, avendo visto lo stesso pacchetto contenere le ciocche chiare della signorina Izumi.

Non c'erano più dubbi, 'LUI' aveva Sayuri.

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** 7. Per mia sorella ***


Ormai era da diversi minuti che fissava quel tessuto neutro che nascondeva una figura umana inerte, ma sfortunatamente non era una qualsiasi. Aveva sospettato che c'era qualcosa che non andava ma mai avrebbe immaginato l'entità dell'orrore che avrebbe dovuto affrontare.

Immobile come una statua di pietra, Kaori non aveva compiuto il minimo gesto, scrutando con i suoi occhi nocciola ogni angolo del tessuto alla ricerca di un movimento che le avrebbe dimostrato che tutto ciò era solo un terribile incubo.

“Vuole che la lasci sola per qualche istante?” la interrogò una voce maschile che le sembrava così distante. Quella semplice frase risuonava nella sua mente, non sembrava colpire il suo cervello, come se l'idioma usato le fosse sconosciuto.

Dettagliando la visitatrice dalla testa ai piedi, il patologo le posò lentamente una mano compassionevole sulla spalla e disse, prima di sparire:

“Sarò nella stanza accanto, se ha bisogno di qualcosa” disse dolcemente come per non spaventarla.

Sempre senza che lei si muovesse, in segno di comprensione il patologo lasciò la giovane donna in raccoglimento.

“Povera piccola” confessò a voce bassa mentre le porte a battente si chiudevano dietro di lui.

Il sordo rumore aprì la mente ammaccata della giovane donna che mormorò alla sagoma velata:

“Perché non mi hai ascoltato?” mentre una lacrima silenziosa le rigava la guancia.

 

 

Flash Back

 

Tormentata da quell'inutile ricerca e dal morboso regalo, Kaori si lasciò andare mentre Ryo la sollevava tra le braccia e la stringeva amorevolmente a sé. Avrebbe voluto proteggerla con tutto se stesso, risparmiarla da quella sordida vicenda, ma questa volta si sentiva davvero impotente; sarebbe morto mille volte per alleviare lei da quella pena. Come una bambola di pezza, Kaori, gli occhi fissi e le lacrime inaridite, seguì il ritmo imposto dall'andatura sicura del suo compagno e cadde pesantemente sul letto quando lo sweeper ve l'adagiò.

Rannicchiata su se stessa, lei non batté ciglio mentre Ryo le carezzava teneramente le ciocche color mogano.

“Perdonami” sussurrò, baciandola sulla guancia umida.

Senza ulteriori parole, lui si alzò per unirsi al suo compare di sempre che lo aspettava con ansia in salotto.

Vagando su e giù per la stanza, Mick cercava le parole per ammettere l'imperdonabile errore che aveva commesso. Il suo istinto lo aveva avvertito della malsana presenza all'interno della lavanderia. Se non avesse tentato di raggiungere Kaori mentre lei varcava la soglia dell'appartamento dell'ultima vittima nota dello psicopatico, ora forse avrebbero potuto interrogarlo con veemenza. Come poteva giustificarsi quando in quel momento aveva messo davanti a tutto la sicurezza della giovane donna? Non era una ragione sufficiente?

Mentre i passi di Ryo si facevano sentire giù per le scale, Mick si affrettò a chiedere notizie.

“Come sta?”

“È sconvolta” si accontentò di dire l'altro, preparando due bicchieri di whisky per consegnarne uno al suo amico.

“Ho commesso un errore imperdonabile...” iniziò l'americano, sedendosi di fronte al suo ex partner mentre abbassava con vergogna la testa.

“Spiegati” chiese Ryo con voce neutra, bevendo un sorso del liquido acre.

“Questo pomeriggio, mentre eravamo a casa di Izumi...ho percepito qualcosa...ero sul punto di intercettarlo...”

“Cosa te l'ha impedito?” continuò con tono altrettanto vuoto.

“Kaori!” confessò immergendo il suo sguardo chiaro in quello nero e furioso dello sweeper. “È entrata nell'appartamento senza indugio...mi sono precipitato dietro di lei temendo un pericolo e naturalmente lui ne ha approfittato per scappare”

“Kaori non rifletterà mai sull'entità delle sue azioni!” tranciò Ryo con voce bassa ma arrabbiata, alzandosi per dirigersi davanti alla finestra. “Puoi tornare a casa, veglierò io su di lei”

Senza nemmeno aver toccato il suo whisky, Mick si alzò, lasciò il bicchiere sul tavolino e prese la direzione dell'uscita.

“Mick, aspetta!” disse Ryo tenendosi sempre di schiena.

Passarono alcuni secondi prima che continuasse, come se le parole da pronunciare fossero un ulteriore dolore da sopportare.

“Grazie per aver protetto Kaori...”

Dopo un lungo sospiro, proseguì.

“Questo tizio è sempre un passo davanti a noi...come se indovinasse ogni nostro minimo gesto! Ogni volta che troviamo un indizio per contrastarlo, appare una nuova vittima. Ora è Sayuri che paga il prezzo di questo pazzo. Quando lo prenderò, lo giuro...gli farò pagare cento volte ogni lacrima di Kaori” concluse, serrando nervosamente la tenda della finestra.

Quella mezza confessione fece sussultare l'americano: in tanti anni che si conoscevano, era la priva volta che vedeva il suo vecchio fratello riconoscere la sua debolezza.

“Sono sicuro che catturerai questo bastardo. Se hai bisogno d'aiuto, sai dove trovarmi” aggiunse prima di uscire.

Attraverso il suo udito acuto, Ryo seguì i progressi del suo compare e i suoi occhi scuri seguirono la figura maschile quando apparve in basso per dirigersi verso l'edificio vicino.

Lasciando il suo sito di sorveglianza, Ryo affondò pesantemente sul divano, e con la testa tra le mani provò a rimettere insieme quel macabro puzzle.

Natsume era il perno di quel caso ed era verosimile che conoscesse il colpevole; Kaori ne era la vittima suprema.

Cosa li univa? Un amore adolescenziale!

E quelle lettere ritrovate come una firma su ciascuno dei corpi...

R I V!

Mancava un pezzo importante per poter collegare tutto quanto...il movente!

Infuriato sordamente contro di lui, l'uomo non riusciva a mantenere la sua flemma leggendaria per risolvere il caso; la mancanza di sonno contribuiva parecchio. Doveva dormire un po' per riprendere un po' di lucidità; dirigendosi lentamente alla scarsa per raggiungere Kaori, la mano si appoggiò gravemente sulla ringhiera per aiutarsi a salire ciascun gradino. Dopo una dozzina di scalini, risuonò la suoneria del telefono.

Ogni squillo echeggiava in lui come una scossa elettrica; una brutta notizia sarebbe ancora arrivata.

Fissando il telefono come per esorcizzare la sventura, Ryo finì per sollevare mollemente la cornetta.

“Ryo?”

“Sì, sono io!”

“Abbiamo trovato un altro corpo!”

“Izumi?”

“Ryo, devi assolutamente venire all'obitorio” mormorò Saeko. “Abbiamo un nuovo pezzo del puzzle”

“Rispondi, Saeko!”

“Ascolta, raggiungimi in commissariato. Dirò al patologo...che un membro della famiglia verrà per identificare il corpo, potrai entrare facilmente” concluse l'ispettrice riagganciando improvvisamente.

La mano stretta sulla cornetta, gli occhi scuri dello sweeper si posarono sul piano superiore per accarezzare con tristezza la porta della loro stanza.

“Ho fallito, Kaori!” disse gravemente.

Senza aspettare un secondo, Ryo afferrò la giacca con noncuranza dal retro del divano e uscì sbattendosi la porta dietro.

Al piano di sopra, la comunicazione aveva raggiunto le orecchie della giovane donna il cui sonno leggero era stato interrotto dalla suoneria ripetuta del telefono.

Non si era preso la briga di avvertirla della sua assenza e quella telefonata doveva essere di Saeko; qualcosa era successo a proposito del caso.

Forse c'era una nuova traccia che coinvolgeva Natsume e non volevano disturbarla ulteriormente con quella storia. Velocemente, Kaori si raddrizzò e, lasciando un breve vantaggio al suo compagno, andò in garage per mettersi al volante della sua Panda verde.

La giovane donna riconobbe facilmente la direzione presa e, temendo di essere individuata dallo sweeper, gli lasciò prendere una maggiore distanza.

Pochi minuti dopo, Ryo parcheggiava non lontano dal commissariato ma non eseguì la sua solita telefonata prima di presentarsi davanti all'ispettrice. Con passo attento, attraversò la strada per rendersi su un sentiero che portava al lato dell'edificio, come per raggiungere un sotterraneo. Senza indugiare ulteriormente, Kaori si lanciò a seguirlo e gli occhi notarono il piccolo cartello che adornava il muro di cemento, 'Obitorio'. Un brivido le attraversò la schiena, ma non doveva lasciarsi smontare per così poco.

Mentre Ryo vagava per l'atrio in attesa di Saeko, Kaori ebbe molto tempo per osservarlo: non l'aveva mai visto così nervoso.

Andando avanti e indietro, le pupille scure fissavano costantemente le porte a battente che conducevano all'obitorio, e di tanto in tanto imprecava per l'insopportabile attesa che Saeko gli faceva subire. Non trattenendosi più, spinse la porta che portava ai piani superiori per andare alla reception e chiamare l'ispettrice.

Fu proprio in quel momento che Kaori uscì dal suo nascondiglio e che il patologo la incontrò nel corridoio.

“Lei deve essere la parente dell'ultima vittima?” disse appena il medico. “L'ispettrice Nogami mi ha avvisato del suo arrivo e presto dovrebbe essere qui”

Senza realmente comprendere le parole dette, la giovane si accontentò di seguirlo nel labirinto di carrelli funebri fino a quando non si fermò davanti a uno di essi.

Prendendo rapidamente il blocco metallico delle note che pendeva dal carrello, l'uomo guardò con sofferenza la giovane donna che avrebbe vissuto uno dei momenti più difficili della sua vita. La defunta era stata brutalmente pugnalata ripetutamente; frammenti di vestiti la coprivano a malapena quando l'avevano trovata. Un semplice camice d'ospedale la ricopriva e lui avrebbe cercato di risparmiarla semplicemente mostrandole il viso pallido.

Kaori realizzò le parole del patologo con stupore e si bloccò all'improvviso di fronte al carrello.

Con un gesto tremante ed esitante, Kaori non attese l'anziano e, lentamente, scoprì il viso celato. Quando il pallore del viso apparve, i suoi occhi nocciola si spalancarono e si riempirono di lacrime.

“Sayuri!” sussurrò lasciando cadere il lenzuolo, per indietreggiare all'improvviso.

Mettendosi le mani davanti alla bocca per soffocare un ululato di rabbia e dolore, Kaori fece un passo cauto verso la 'dormiente'.

“Sayuri...Sayuri, svegliati” singhiozzò piano.

Ridisegnando i lineamenti della donna con un gesto pieno di dolcezza, Kaori si schiuse nel più triste dei sorrisi.

“Ti prego, Sayuri...apri gli occhi” implorò mentre le lacrime aumentavano.

Posando le mani sull'avambraccio della sorella per scuoterla leggermente come per farla uscire da un sonno profondo, quest'ultima si staccò delicatamente da sotto il lenzuolo per pendere nel vuoto.

“Noooooo!” urlò Kaori per l'inevitabile verità che le appariva davanti.

 

Fine del Flash Back

 

 

Nel frattempo, Ryo conversava con Saeko; quest'ultima lo aveva informato che era stato scoperto un nuovo pezzo della parola misteriosa, una A.

Senza il minimo dubbio possibile, avevano finalmente compreso il significato della parola.

RIVALE!

Mancavano una o due lettere per completarla, ma non dovevano lasciargli il tempo per continuare con il suo morboso gioco. Ma non era tutto, l'ultimo corpo era stato 'offerto' alla polizia perché lo psicopatico aveva avuto il piacere infinito di chiamarli brevemente per segnalare le peregrinazioni della defunta.

C'era solo una domanda nella mente dello sweeper.

Come dirlo a Kaori?

Ma non ebbe il tempo di proseguire con le sue riflessioni, quando i ruggiti dolorosi di una donna gli arrivarono alle orecchie.

“Kaori?”

Quando Ryo arrivò di corsa all'obitorio, allarmato dalla familiarità della voce, con un gesto rapido spalancò le porte per lasciare che i suoi occhi scuri accarezzassero la sagoma conosciuta della sua compagna. Ciò che seguì fu solo un ronzio nelle orecchie mentre l'urto smorzato delle porte si udì alle sue spalle. I pugni arrabbiati della giovane donna battevano sul corpo senza vita della sorella mentre grida lamentose le si strozzavano in gola. Il povero patologo cercava invano di riportarla alla ragione, ma la donna inferocita lottava di più.

“Sayuri! Sayuri, non lasciarmi...ti prego!” urlò tra i singhiozzi mentre le sue mani si stringevano sul lenzuolo che rivelava ulteriormente il corpo di marmo della giornalista.

“Venga ad aiutarmi!” ordinò il patologo allo sweeper mentre cercava di controllarla.

Senza attendere, Ryo, a grandi falcate, lo raggiunse e cercò di domare la donna che, come una selvaggia, non voleva farsi placare. Chiamandola ripetutamente, Ryo sembrava non avere alcuna presa su Kaori, la cui tristezza decuplicava la sua forza già notevole per una donna. Con difficoltà, premendo il petto contro la sua schiena, Ryo intrappolò i suoi polsi e la chiamò di nuovo.

“Kaori...Kaori! Tesoro, sono qui” sussurrò nell'incavo del suo orecchio.

Lentamente, i gesti disordinati si addolcirono per lasciare pesantemente il capo sulla spalla del compagno. Approfittando di quel momento di calma, il patologo iniettò una dose di tranquillante nel braccio fermo.

Mentre le gambe scivolavano sotto il suo peso e Ryo cercava di ammortizzare la sua caduta, gli occhi nocciola di lei finalmente riconobbero i lineamenti del suo amante.

Con un sorriso straziante e le lacrime che le rigavano ancora il viso, le sue labbra si mossero un'ultima volta.

“Perché a me!” crollò prima che il tranquillante facesse effetto.

 

 

Fu solo diverse ore dopo che la giovane donna riprese i sensi, mentre gli effetti calmanti del tranquillante sbiadivano; i suoi occhi si abituarono gradualmente all'oscurità e alla fine riconobbe la familiarità del luogo. Era nel suo letto ma apparentemente lo sweeper non era presente.

Con passo azzardato e barcollante, raggiunse il salotto inondato dalla luce lunare.

Aveva così tanto bisogno di lui al suo fianco, pensò malinconicamente mentre tornava in camera e si premeva il cuscino a strisce gialle e nere contro il petto; asciugandosi di nuovo lo zigomo su cui le lacrime scendevano, la rabbia prese poi il sopravvento.

Quello psicopatico l'aveva privata di una delle persone a lei più care, e per quale motivo?

Mettendosi a sedere sul letto, abbracciò il cuscino e i pensieri malvagi si riversarono copiosamente nella sua memoria nebbiosa. Tutto ciò che la sua mente confusa riusciva a ricordare era l'ovvia implicazione del suo amore adolescenziale, Natsume, nella faccenda.

In quel momento, non ci fu più alcun sentimento appassionato o d'amore nel suo cuore per quell'uomo che, qualche giorno prima, l'aveva lasciata sbalordita per averlo rivisto. Ricordava la propria confessione alla sorella maggiore che aveva cercato di guidarla il più possibile nella sua scelta emotiva e un leggero sorriso sembrò essere subito spezzato via da una smorfia triste per quella conversazione vivida sulla loro rispettiva professione. Aveva tanto pensato che avrebbe avuto la sfortuna di morire per prima, ma la verità era stata ben diversa.

Le loro ultime parole erano state aspre e dure; Sayuri aveva portato nell'aldilà quell'ultimo scambio burrascoso.

Il gusto amaro del rancore emerse nella sua bocca facendole venire voglia di vomitare; respingendo il cuscino e scostando rapidamente le lenzuola, si alzò prontamente.

Doveva parlargli! Le doveva la verità e avrebbe fatto tutto il possibile per ottenerla.

“Se proteggi qualcuno, Natsume, ti farò sputare il rospo” fulminò.

Lentamente, prese l'anello di sua sorella e lo infilò sull'anulare destro, e con passo deciso si recò verso una delle sue credenze di cui aprì un cassetto. Frugando nella biancheria, tirò fuori il piccolo scrigno dove l'anello gemello era posto.

Delicatamente, lo afferrò e lo fece scivolare sullo stesso dito, per poi lasciare il contenitore in mezzo al resto.

“Hideyuki...Sayuri...voi sarete con me. Mi darete il coraggio di vendicarmi” sussurrò con le lacrime agli occhi.

Sbattendo il cassetto e scendendo velocemente nel seminterrato, Kaori aprì bruscamente uno degli armadi dell'armeria e con un gesto determinato afferrò una delle pistole presenti. Con un movimento del polso, aprì il tamburo e vi infilò i proiettili, facendolo poi scattare.

“Chiunque sia, la pagherà per Sayuri!” sibilò mentre la furia le faceva tremare le mani. Sistemando la pistola nella cintura dei jeans e indossando la sua giacca, andò al parcheggio e salì nella sua auto verde che Ryo o forse persino Saeko avevano riportato indietro.

Per esperienza, individuò rapidamente il duo di poliziotti che avrebbero dovuto sicuramente sorvegliarla o persino proteggerla in caso di pericolo. Ma erano entrambi presi in una grande discussione con due prostitute che tubavano allegramente.

Con lentezza calcolata, Kaori lasciò il cortile mentre i due agenti in servizio le voltavano la schiena. Con un colpo al volante più deciso, si precipitò nel traffico notturno per raggiungere la galleria. Yoshiki le aveva detto di avere un appartamento ai piani superiori dello stabilimento, quindi lo avrebbe trovato lì.

 

 

Al commissariato, l'artista, con le mani giunte come in preghiera, mormorava implorante:

“Ti prego, fa' che non sia lui!”

Ma la sua sorda richiesta fu rapidamente interrotta dallo sweeper che irruppe nella stanza; veloce come un fulmine, gli rifilò un pugno in faccia. Improvvisamente steso a terra, l'artista non capì subito cosa stava succedendo, ma quando vide che lo sweeper si scagliava nuovamente su di lui, chiese aiuto.

Saeko, entrando rapidamente, cercò di placarlo, ma la sua rabbia e soprattutto il suo senso di impotenza guidavano il suo pugno vendicativo.

Fermandolo, l'ispettrice lo supplicò di fermare la sua violenza.

“Per colpa sua, Sayuri è morta!” sbottò lo sweeper.

“Chi è?” domandò Yoshiki, asciugandosi la scia di sangue dal labbro bluastro.

“Dovresti chiedere al tuo amico, bastardo!”

“Ryo, calmati!” disse Saeko.

“Chi è questa donna?” chiese di nuovo l'uomo, con tono più fermo.

“È la sorella maggiore di Kaori” confessò l'ispettrice mentre prendeva posto davanti al testimone. Accogliendo la notizia come se lo sweeper lo avesse colpito di nuovo, Natsume affondò sulla sedie.

“Non avrebbe mai potuto farlo!” mormorò.

“Vuoi parlare, dannazione!” infuriò Ryo.

Coprendosi il viso per scongiurare una nuova aggressione dello sweeper e annidandosi in un angolo della stanza, l'uomo si sfogò.

“Massao non avrebbe mai ucciso tutte queste donne e tantomeno sua nipote!”

Prendendolo per il bavero della giacca, Ryo lo fece risedere brutalmente.

“Vuoi spiegarci queste insensatezze!”

Guardando impaurito lo sweeper, l'altro continuò con la sua dichiarazione.

“È vero che il mio manager ha rivolto parole dure nei confronti di tutte quelle donne, ritenendole troppo distraenti”

“È un eufemismo” rincarò lo sweeper.

“Ma non avrebbe mai fatto del male a Izumi. È la figlia di suo fratello”

“Come può essere la figlia di suo fratello e non avere lo stesso cognome?”

“Non lo so. Non lo so” si limitò a ripetere. “Ma è grazie a Izumi che è nata la mia collaborazione con Massao”

 

 

Finalmente giunta alla galleria, Kaori scese dall'auto per arrivare all'edificio. Spingendo con forza le porte, queste non cedettero all'assalto e con un cigolio si riposizionarono.

Mettendo le mani a visiera e socchiudendo gli occhi, cercò di individuare la minima traccia dell'artista ma non sembrava esserci anima viva. Dando una rapida occhiata in giro, decise di fare il giro e usare l'uscita di emergenza per cercare di entrare nello stabilimento.

Ottenne lo stesso risultato dell'ingresso, tutto era chiuso a chiave. Estraendo una lima per unghie dalla tasca, armeggiò nervosamente con la serratura che alla fine lasciò campo libero.

A passi vellutati, entrò nell'edificio immerso nell'oscurità: alla ricerca del minimo rumore, entrò senza troppe difficoltà nelle gallerie, avendole visitate qualche giorno prima. Quando raggiunse la piccola stanza privata che aveva creato tanti problemi nella sua vita, le sue pupille nocciola si posarono nostalgicamente sul proprio ritratto.

“Sono successe così tante cose da quel giorno” mormorò amaramente.

Girandosi per riprendere la sua esplorazione, un'ombra balzò su di lei; lottando come un diavolo, il suo aggressore sembrava avere la meglio. Non che la sua forza fisica fosse maggiore di quella di Kaori, ma aveva il vantaggio dell'effetto sorpresa e riuscì infine a controllarla, con un impacco di cloroformio a imbavagliarla.

Nonostante la sua ostinazione nel combattere l'effetto soporifero, un sorriso si allargò sul volto del predatore che provò un immenso piacere nel rivelare la propria identità alla sua vittima tramite la luce della luna. I lineamenti dello psicopatico presero forma davanti ai suoi occhi e Kaori ebbe il tempo di dire qualche parola.

“Quindi eri tu” farfugliò prima di cadere priva di sensi.

Non poco orgoglioso del suo effetto e soprattutto della sua cattura, lui iniziò a fischiare allegramente mentre sollevava il corpo di Kaori con entusiasmo su uno dei carrelli usati per trasportare opere pesanti. Girando la chiave, aprì il parcheggio sul lato delle consegne e con passo altrettanto spavaldo spinse energicamente Kaori nel bagagliaio della sua auto.

“Sapevo che questo colpo di grazia ti avrebbe spinto a un errore e soprattutto che il tuo amato non ci sarebbe sempre stato per aiutarti” esclamò gioiosamente, sbattendo il portellone.

Riposizionando il carrello al suo posto, tirò fuori una lunga lama per tagliare il ritratto che venne lacerato come in una dolorosa lamentela. Con un gesto energico, piantò la lama nel quadro e lasciò la sua ultima impronta, una L.

Uscendo dallo stabilimento, salì in macchina e lasciò il parcheggio per ritrovarsi davanti alla galleria. Nascondendosi il viso, ruppe la vetrata che si frantumò all'istante. Mentre le schegge atterravano rumorosamente a terra, l'allarme risuonò.

“Ora arriveranno presto” sorrise, mettendo in moto per partire ad alta velocità.

 

 

Al commissariato, mentre l'artista sembrava collaborativo, uno degli agenti apparve nella stanza e sussurrò all'orecchio del suo superiore.

“Va bene, stabilite un perimetro di sicurezza, arriviamo”

Agli ordini impartiti, il poliziotto se ne andò altrettanto rapidamente; chiudendo il fascicolo, Saeko aggiunse:

“Uno dei miei agenti continuerà a prendere la sua testimonianza” disse, indicando uno degli ufficiali che assisteva all'interrogatorio dietro il vetro scuro.

“Ma cosa stai dicendo, Saeko?!”

Prendendo Ryo per un braccio, gli sussurrò:

“L'allarme della galleria d'arte di Natsume è scattato, non credo sia una coincidenza”

Senza ulteriori parole, i due si diressero verso i rispettivi veicoli per incontrarsi venti minuti dopo davanti all'edificio.

Mentre gli spettatori si affollavano attorno agli striscioni gialli, Saeko e Ryo entrarono nella zona altamente sorvegliata.

Uno degli agenti arrivò loro incontro e li guidò subito nel luogo interessato.

Riconoscendo la stanza isolata, il cupo sguardo dello sweeper si posò indubbiamente sulla vestigia del ritratto. Non c'era bisogno che l'agente gli mostrasse la prova graffiata sul quadro; esclamò furiosamente:

“Kaori è nelle sue mani!”

Con questo quasi esitante, Saeko rivelò l'ultimo pezzo del puzzle, e la parola si ricostruì.

RIVAL...

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** 8. Tu mi appartieni ***


Immersa in un sonno profondo, nonostante la scomodità di essere su una sedia, la testa inclinata in avanti appoggiata al petto e le mani dietro la schiena, Kaori sembrava impermeabile a tutto ciò che la circondava.

Lo scomodo viaggio nel bagagliaio della macchina non era riuscito a strappare la giovane donna dalla sua incoscienza; i vapori soporiferi intorpidivano ancora i sensi e gli arti dell'ultima vittima dello psicopatico.

Accarezzando i capelli color mogano con la punta delle dita, provò un malsano piacere nel riuscire a toccare quella consistenza che perseguitava i suoi peggiori incubi. Con un gesto lento e vivace allo stesso tempo, tagliò una delle ciocche ribelli e ne odorò il profumo esageratamente.

Infilando il ciuffo in una piccola custodia di plastica, posizionò con cura il piccolo mazzetto di capelli e con un gesto preciso chiuse la cerniera per sistemarla con molta attenzione in un angolo discreto, come un trofeo della sua vittoria finalmente raggiunta. Diverse bustine di piccole dimensioni accompagnavano quella, ma quest'ultima differiva dalle altre perché vi era scritto sopra il nome della giovane donna.

Mentre contemplava ancora una volta la sua vendetta assorbendo concretamente i lineamenti della sua rivale, si avvicinò silenziosamente all'addormentata, come per non svegliarla, e un sorriso trionfante apparve sulle sue labbra prima che la sua mano destra si abbattesse violentemente sulla guancia di Kaori, che improvvisamente sobbalzò.

“Non è più ora di dormire, piccola sgualdrina!” sbottò amaramente mentre gli occhi della giovane donna si aprivano con difficoltà. “Credo che dobbiamo parlare”

Con infinita lentezza, Kaori trovò finalmente il volto del suo aggressore mentre i suoi occhi nocciola gradualmente distinguevano le linee fisionomiche del suo interlocutore.

Studiando con grande difficoltà l'arredamento scuro che la circondava, la giovane riuscì finalmente a riunire i vari oggetti e i brandelli di informazioni raccolte che la incorniciarono per giungere alla conclusione che doveva trattarsi di una cantina o di una stanza in seminterrato che serviva per conservare cose vecchie.

Quel vano di colore immacolato che lui aveva preparato con tanta accuratezza, all'uomo non piaceva più; era stanco di vedere le tracce rossastre rimaste a macchiare le piastrelle a tinta unita, al punto da non essersi preso la briga di cancellarle. Aveva calcolato il suo tempo per organizzare quella stanza ma, in quel momento, trovava che lei non meritasse più il 'lusso' che lui le offriva. Lei sarebbe morta tra la muffa e la puzza di un vecchio magazzino; ragnatele e altra sporcizia sarebbero state perfette per la sua Rivale.

 

 

Ancora una volta al volante della sua Mini dopo una breve visita al commissariato, Ryo, con un auricolare affondato vicino al timpano, ascoltava con maggiore attenzione il rapporto letto dall'affascinante ispettrice.

Dunque Natsume sospettava che il suo manager avesse orchestrato gli omicidi, ma aveva avuto grande difficoltà a denunciarlo e addirittura a considerare quell'ipotesi. L'uomo era stato un prezioso supporto nei momenti difficili della sua vita sentimentale e ancora della sua carriera professionale, un confidente diligente e una spalla confortante per le sue confessioni. Ricordava di avergli ripetutamente detto quanto fosse felice di tornare in Giappone nella speranza di 'vederla' nuovamente.

A quel punto, Ryo si contrasse leggermente ma continuò ad ascoltare il rapporto che Saeko gli enunciava. In base a una promessa fatta a fior di labbra prima di precipitarsi nella sua auto rossa, lei continuava a divulgargli le preziose informazioni mentre la burocrazia rallentava le sue indagini per l'emissione di un mandato di arresto. La donna ancora una volta contava su Ryo per fermare il criminale e senza giri di parole lui glielo aveva giurato.

“Sono arrivato!” esclamò lo sweeper, parcheggiando non lontano da un edificio di alto livello.

“Ryo!” lo chiamò Saeko un'ultima volta, tramite l'auricolare. “Non dimenticarti la tua parola”

“Non me la rimangio, ma se il contesto lo richiede, non esiterò un istante” disse con calma, togliendo il ricevitore dall'orecchio, gettandolo sul sedile del conducente e dirigendosi verso l'edificio.

Fermandosi obbligatoriamente davanti alla porta dotata di citofono, si adirò silenziosamente per il fatto che l'immobile si trovasse al centro della città, quindi in bella vista. Altrimenti non avrebbe esitato un secondo a lanciare un sasso o qualsiasi altra cosa per abbattere quella prima barriera.

Ma la fortuna gli sorrise nel momento di sventura perché un presumibile occupante dell'immobile, un po' ubriaco a causa di una serata bella accesa, apparve barcollando allegramente. Con gesti goffi, cercò invano di aprire la porta con mano vacillante, armata della chiave con cui continuava a mancare la serratura.

Leggermente infastidito ma anche con la fretta di poter finalmente raggiungere il suo obiettivo, Ryo afferrò prontamente il mazzo di chiavi dell'uomo, facendogli capire che era felice di aiutarla.

“Grazie, mia moglie mi avrebbe fatto a pezzi se avessi passato la notte fuori perché ho esagerato con la bottiglia”

“So cosa significa!” aggiunse lo sweeper con un sorriso amaro.

Ma una fitta al cuore lo colse improvvisamente pensando a Kaori; avrebbe dato tutto per vederla apparire alla curva di uno di quei corridoi, avrebbe significato che era riuscita a liberarsi da quello psicopatico. Se il suo rapitore fosse apparso improvvisamente minacciandola, avrebbe tirato immediatamente fuori la sua Magnum e gli avrebbe sparato un proiettile tra gli occhi.

Molto rapidamente, si riprese perché la realtà era ben diversa e si affrettò verso il pannello che forniva i nomi e i piani degli alloggi degli inquilini; prese l'ascensore fino all'ottavo piano.

I minuti di attesa per raggiungere l'ambito piano gli sembrarono infiniti e la musica sdolcinata rendeva l'atmosfera pesante per chiunque fosse intrappolato in quella gabbia.

Mentre risuonava il 'ding' annunciando l'apertura della porta scorrevole, Ryo si incamminò lungo il corridoio per raggiungere l'appartamento 815. lentamente bussò alla porta mentre le dita della mano destra si agitavano nervosamente alla ricerca dell'arma che avrebbe dovuto estrarre solo in caso di estrema emergenza. Ma chi poteva biasimarlo?

 

 

L'interlocutore era ora in piedi a distanza da Kaori e la sua aura collerica veniva emanata da ogni poro della sua pelle, riempendo lo stretto spazio della lugubre stanza.

La figura appena visibile nell'ombra incrociò le braccia sul petto in attesa, come volesse assicurarsi di avere l'attenzione completa della giovane donna.

Gli occhi di Kaori incontrarono quelli del suo aggressore e, nonostante la furia che vi si poteva leggere, erano pieni di domande legate al suo risentimento.

“Vedo che finalmente ti degni di prendere parte alla discussione...”

“Voglio solo sapere perché mia sorella?!”

“No, no, no! Non avere tanta fretta. Una storia comincia dall'inizio. Dimentichi le quattro vittime precedenti a tua sorella”

“Quattro? Ma...”

“Sì, quattro!” si infuriò, uscendo dall'ombra per bloccarle improvvisamente la gola. “Anch'io sono una vittima, per colpa tua!”

Scoprendo con gioia non mascherata i lineamenti di Kaori che cambiarono colore mentre la pressione delle sue dita le stringevano la gola, lui la respinse violentemente. Con quel brusco gesto, la sedia si girò repentinamente gettando Kaori senza troppe cerimonie sul pavimento. Cercando di riprendere l'aria che le era mancata in quegli istanti di soffocamento e tossendo con sollecitudine, il suo interlocutore si accovacciò accanto a lei e le prese il mento tra le dita per guardarla.

“So che mi odi più di ogni altra cosa in questo momento ed è quello che voglio. Adesso avrò tutta la tua attenzione per cominciare”

Il cloroformio continuava ad esercitare il suo effetto disturbando la vista di Kaori e facendole girare la testa, ma doveva salvarsi perché, una volta terminata la storia, sapeva benissimo quale sarebbe stato l'epilogo di quel macabro ciclo. Il lieto fine non sembrava incluso nel programma.

Girando in tondo, il narratore si fermò all'improvviso per parlare.

“La mia prima vittima fu quella prostituta...se avessi visto il suo sguardo quando aveva capito il destino che avevo in serbo per lei e soprattutto che non era Natsume che avrebbe incantato ancora una volta.” rise, “Le consigliai di rilassarsi e bere un po' di vino, sembrava così stressata” disse con tono di scherno, “Ma, come se avesse compreso di essere alla mia mercé, si sedette in silenzio e bevve. Si era decisa a morire per me”

“Sei un malato!” esclamò Kaori.

“Piccola puttanella, stai zitta!” sbottò, dandole un calcio nello stomaco.

Nuovamente senza fiato per la forza del colpo, Kaori riprese il controllo del suo respiro scoordinato per udire la risata esagerata del suo aggressore.

“Sei davvero molto insolente. Mi chiedo cosa ci trovino tutti in te...non credo di aver finito la mia storia. Dov'ero rimasto...oh sì...la portai qui come te e tutte le altre. Anzi, loro hanno avuto il diritto a favori che tu non avrai e che non meriti più” aggiunse con disprezzo. “Quando lei si riprese e mi vide, provò a urlare ma non le uscì alcun suono. Non puoi sapere quanto mi fece ridere. Potevo vedere i suoi occhi fissi su di me riempirsi di lacrime perché non poteva muoversi di un centimetro. Vidi la retina del suo sguardo chiaro dilatarsi quando la lama si conficcò nel suo cuore. Lui non faceva che parlare di te come di una persona generosa e devota con il cuore in mano. Quel cuore e tutta la tua persona, non ho mai smesso di odiarli. Continuava a dire che non dovevi essere cambiata nonostante i dieci anni passati. Perché aveva scelto loro, quando non avevano la tu bontà? Lui diceva che non voleva farmi del male, ma era peggio di qualsiasi altra cosa” sussurrò tristemente. “E quella ragazzina che lo seguiva come un cagnolino...” serrò i denti. “Mi irritava enormemente. Mi hai dato l'opportunità di liberarmi di quel fardello la sera della mostra; avevo bisogno di una pausa dopo averti visto baciare l'uomo che...”

Un tonfo giunse sul finale della frase, sembravano dei colpi dal piano superiore. Forse scorgendo una via di fuga, Kaori iniziò a urlare a pieni polmoni.

“Aiuto, qualcuno mi aiuti!”

“Stai zitta!” la rimproverò lui, colpendola con violenza al punto da farle perdere conoscenza.

Armando il cane dell'arma rubata dalla sua ultima vittima, lui salì al piano di sopra.

“Hai fatto bene a portarmi questo regalino”

Dirigendosi con l'aria più naturale possibile verso la porta d'ingresso, l'aprì...

 

 

Mentre la porta si apriva lentamente, Ryo si sentì afferrare da una rabbia devastante; spingendo la porta all'improvviso, Ryo, furibondo, entrò in salotto.

“Dov'è Kaori?!” sbottò.

“Ma di cosa sta parlando?” chiese l'uomo, ancora intontito dal sonno.

Accigliato, lo sweeper si avventò su di lui.

“Parlo dell'ultima donna che giustizierai...la MIA donna!” sibilò, prendendolo per il colletto del pigiama per placcarlo contro il muro.

“Davvero non capisco!” borbottò il manager.

“Come hai potuto uccidere tutte quelle donne senza il minimo rimpianto, e soprattutto tua nipote!”

“Non le ho uccise!” balbettò l'uomo, incontrando lo sguardo oscuro del suo interlocutore, cercando di convincerlo a lasciare la presa. “Come può credere che avrei potuto fare del male a mia nipote!”

Stranamente, lo sweeper sembrò dar credito alle parole del suo capro espiatorio.

“Se non sei tu, chi è?!” sbottò perdendo la calma, liberandolo per poi prendersi la testa tra le mani come se le grida e i pianti di Kaori gli colpissero le orecchie, facendolo impazzire.

“Non lo so” si limitò a dire l'altro.

“Perché tua nipote, la figlia di tuo fratello, non ha il tuo stesso cognome?”
“È una storia lunga!” sospirò l'uomo disilluso.

“Ti consiglio di darmi la versione breve” si infastidì lo sweeper.

“Da adolescente, Izumi ebbe seri problemi psicologici. La bambina fu internata in gran segreto con il nome da nubile di sua madre. La reputazione di suo padre sarebbe stata rovinata ancora una volta per una storia simile”

“Ancora una volta?”

“Sua madre si era suicidata diversi anni prima. Era veramente squilibrata. Capirà che la carriera professionale di mio fratello non avrebbe potuto subire un nuovo problema”

“Qual era il motivo dell'internamento e qual era la professione di tuo fratello?”

“Una grave depressione di origine sentimentale ma non ho mai saputo chi fosse la causa. Per quanto riguarda mio fratello, è uno dei più importanti medici di Shinjuku”

I pezzi del puzzle finalmente prendevano ordine nel cervello dello sweeper e all'improvviso compose il numero di Saeko.

“Natsume è ancora lì?”

“È appena uscito dal mio ufficio”

“Riprendilo!”

“Cosa?”

“Sbrigati”

Appoggiando la cornetta sulla scrivania, l'ispettrice seguì l'artista che stava per entrare nell'ascensore.

“Natsume, ho Ryo al telefono che vorrebbe parlarle”

Alzando interrogativamente il sopracciglio, Yoshiki seguì Saeko per rispondere al telefono un minuto dopo.

“Pronto?”

“Natsume, da quanto tempo conosci Izumi?”

“Da molti anni!”

“Da quanto esattamente!” si innervosì lo sweeper, passandosi una mano agitata tra i capelli.

“Da quando ho lasciato Shinjuku dopo il liceo, ma l'ho persa di vista per due o tre anni”

“Bingo! Grazie” disse, riattaccando.

Con l'orecchio incollato alla cornetta, Natsume chiamò il suo corrispondente ma ottenne risposta solo da squilli a vuoto.

“Tuo fratello ha una casa familiare o una cosa del genere nei paraggi?”
“Perché?”

“Rispondi e basta!” si irritò lo sweeper, chiudendo automaticamente il pugno come pronto a colpirlo per ottenere la risposta.

Nascondendo il viso dietro le mani, Massao rispose subito.

“Fuori città, mio fratello possiede una proprietà che usa come seconda casa, ma è fuori uso da anni”

“Molto bene, vieni con me” disse Ryo, prendendolo per la parte superiore del pigiama.

“Non esco vestito così” si offese l'altro.

Scrutandolo dalla testa ai piedi, lo sguardo di Ryo si posò su un lungo cappotto che troneggiava sull'appendiabiti.

“Metti questo!” ordinò, gettandogli l'indumento in faccia e dandogli a malapena il tempo di prendere le chiavi e chiudersi la porta alle spalle.

“Perché vuole andare in quella vecchia baracca?” azzardò il manager mentre si precipitavano nell'ascensore e i numeri si susseguivano.

“Penso che tua nipote non sia morta e che sia la responsabile di tutto questo!”

Stupito, l'omino guardò lo sweeper che fissava i numeri luminosi mentre lo zero si illuminava.

“Fammi strada!” gli ordinò, salendo sull'auto rossa e costringendolo a piazzarsi sul sedile accanto.

“Vada a sud della città, le mostrerò la strada”

Senza attendere, si udì lo stridio delle gomme mentre il veicolo rosso attraversava le strade deserte.

 

 

Facendo qualche passo all'ingresso, si sorprese dell'assenza di visitatori, ma quando un ramo urtò contro la finestra adiacente alla porta, sorrise per quell'assurdità. Per precauzione, fece un minuzioso giro della casa.

Nel seminterrato, Kaori tornava poco a poco in sé; rendendosi improvvisamente conto dell'assenza del suo rapitore, si affrettò a guardarsi intorno nella stanza alla ricerca di un oggetto che potesse liberarla. La sua scelta cadde su un vecchio tavolo di ferro battuto, consumato dalla ruggine; girovagando per terra per raggiungere il suo obiettivo, si rimise in piedi e con un movimento ripetitivo, riuscì a tagliare ciò che la teneva legata mentre sentiva avvicinarsi i passi del suo aguzzino.

Quando la corda cedette, una boccata d'aria fresca sembrò riempire di nuovo i suoi polmoni, ma rimaneva un problema e non da poco. C'era una sola uscita e le prese d'aria erano troppo strette perché lei potesse intrufolarvisi.

Frettolosamente, afferrò il primo oggetto che trovò, una piccola statuetta rappresentante la Venere di Milo, e si rimise in posizione stendendosi a terra per non destare sospetti.

Mentre i passi si facevano più nitidi, il cuore di Kaori le batteva forte in petto.

“Mi spiace per te, Kaori, ma stasera nessuno verrà ad aiutarti” sorrise, tornando nella cantina. Mentre si sporgeva per contemplare la sua preda, non capì subito cosa stava succedendo. Violentemente la piccola statuetta si abbatté sul suo cranio e con una bassa lamentela, il corpo cadde a terra.

Raddrizzandosi bruscamente, Kaori sovrastò questa volta il suo aggressore, prendendosi qualche secondo per scrutarlo. Lo stesso taglio corto e ribelle circondava il suo viso, una colorazione artificiale tingeva i suoi capelli.

“Povera mia, sei davvero da compatire”

A quella constatazione, macabre immagini tornarono nella sua mente e la rabbia batté nelle sue vene, il desiderio di vendetta martellò le sue tempie e annerì il suo cuore. Quando le dita incontrarono nuovamente l'oggetto di poco prima, una vertigine afferrò Kaori che si riprese in extremis; il cloroformio non doveva essere l'unica causa del suo malessere.

Passandosi una mano febbrile sulla fronte, dove scorrevano piccole gocce di sudore, si appoggiò a un piccolo mobile nelle vicinanze, la vista iniziava a giocarle brutti scherzi. Doveva fuggire perché non avrebbe resistito a lungo in quel modo. Doveva essere stata drogata come tutte le donne che avevano sopportato la follia devastante di Izumi.

Afferrando saldamente il corrimano, riuscì a risalire, quindi si fermò per alcuni secondi in cima alle scale, lanciò un'ultima occhiata alla cantina, il corpo non sembrava essersi mosso. Casualmente, attraversò il piano terra mentre un turbine offuscava la sua già limitata visibilità. Colpendo senza mezzi termini mobili e oggetti decorativi che si frantumarono sul pavimento, Kaori si diresse verso il bagliore che sembrava emergere di fronte a lei.

Pesantemente, si appoggiò alla porta principale mentre il suo respiro si faceva ansimante come se avesse appena corso per cento metri. Chiudendo gli occhi per alcuni istanti nel tentativo di riacquistare la visibilità, deglutì a fatica e con la punta delle dita girò la manopola della pesante porta.

Barcollando come se fosse ubriaca, si incamminò per scendere i pochi gradini dell'ingresso. Mettendosi sulla schiena, ammirò la luna per un momento, mentre le sue palpebre chiedevano solo di chiudersi. Scuotendo vigorosamente la testa e dandosi un leggero schiaffo, cercò di conservare la poca forza che le era rimasta, cadde a pancia in giù e strisciò sul terreno, raggiungendo il bosco che si ergeva davanti a lei.

Pochi minuti dopo, il tappeto scintillante della foresta scivolò sotto le sue dita, poi incontrò le radici di un albero, a cui si aggrappò il più saldamente possibile per raggiungere il tronco a cui appoggiarsi e grazia al quale raddrizzarsi. Con il cuore in gola, lasciò sfogare la sua nausea; forse così anche il veleno che le era stato dato si sarebbe ridotto.

Alzandosi con difficoltà e asciugandosi le labbra con la manica, ebbe l'impulso di continuare per la sua strada; inciampando goffamente su una radice, perse l'equilibrio e cadde pesantemente sulle foglie morte.

Posandosi una mano fresca sulla fronte, sapeva di non sentirsi affatto bene.

Ma una voce la costrinse a rialzarsi e, più discretamente, si appoggiò a un albero.

“Kaori! Kaori! Dove sei, puttanella!” urlò Izumi, asciugando le gocce di sangue che scorrevano sulla sua tempia. “Non potrai resistere per sempre. Ti ho somministrato un sedativo, come a tua sorella e a tutte le altre”

Un piano prese forma nella mente malata della giovane donna e un sorriso allargò le sue labbra.

“Non credo di aver finito la mia storia. Quella famosa sera in cui tu baciasti Natsume, io uccisi quella stupida studentessa” continuò, scendendo per i gradini dell'ingresso. “Come sai, rientrai a casa. Tu mi avevi nuovamente spezzata” confessò in un sussurro. “Piansi a lungo a causa tua, poi mentre tornavo al mio appartamento, automaticamente presi una busta che era destinata a una di voi. Non mi disturbai nemmeno ad accendere la luce, i lampi mi resero consapevole del buio di quel luogo. Vidi quella lettera come per la prima volta, e un altro lampo mi fece vedere il mio riflesso nello specchio davanti al letto. Allora iniziai a urlare; mi vedevo devastata dal dolore per causa tua. Dieci anni fa, incontrai Natsume che era venuto a studiare in Francia, ero nel suo stesso edificio perché avevamo delle lezioni in comune per via della somiglianza delle nostre facoltà. Io mi specializzavo in arte, lui era un artista. Successe quello che doveva succedere, ci innamorammo” sorrise tristemente. “Abbiamo vissuto due anni di amore appassionato fino al giorno in cui sei ricomparsa. Quel ritratto, lo odiavo...aveva una tale dolcezza quando lo guardava o parlava di te. Ero gelosa da morire. Non ero riuscita ad estrometterti. Poi le cose peggiorarono e ci lasciammo. Ho vissuto molto male quella rottura. Ho dovuto prendermi cura di me stessa” disse tenendosi la testa, come se le voci le risuonassero nel cervello. “Riprendemmo contatto tre anni dopo, sono rimasta con lui per tutti questi anni ma ecco che, a distanza di dieci anni, torniamo in Giappone e tu riappari” disse amaramente infilandosi, a sua volta, nel bosco. “Non ha smesso di respingermi perché non voleva ferirmi, ma sai cosa si prova a essere rifiutate all'infinito dall'uomo che ami?”

In quel momento, Kaori provò pietà e dolore per Izumi, per quanti anni lei aveva sofferto a causa dell'indifferenza di Ryo. Ma si riprese presto, rendendosi conto che lei non aveva mai fatto del male a nessuno e soprattutto non aveva mai ucciso una rivale per colmare l'amarezza di quell'amore.

“Mi ha fatto particolarmente piacere uccidere tua sorella” continuò.

A quelle parole, Kaori si bloccò.

“Avrei voluto che fossi tu a prendere tutte quelle coltellate al petto. Credo che la prima le sia stata fatale” spiegò. “Hai ragione a pensare che le altre erano superflue, ma con lei avevo bisogno di sfogarmi” concluse.

Sopraffatta dalla rabbia, Kaori saltò su Izumi nel tentativo di picchiarla a dovere, ma Izumi aveva un grande vantaggio. L'effetto del sedativo aumentava nel corso dei minuti.

 

 

La Mini attraversava i tortuosi sentieri di campagna sotto le direttive di Massao. Mentre lo sweeper ascoltava con crescente attenzione le istruzioni fornite dal manager, uno sparo attirò l'interesse dell'uomo.

“Kaori!” fece istintivamente.

Premendo più forte l'acceleratore e cambiando marcia, l'auto arrivò in vista dell'edificio.

Le gomme scricchiolarono sulla ghiaietta, il veicolo si fermò e lo sweeper balzò fuori con la pistola in mano.

“Tu rimani qui!” ordinò Ryo.

“Se c'è davvero mia nipote dietro tutto questo, forse posso farla ragionare”

“D'accordo, ma rimani ad aspettare un mio segno in casa”

Di corsa, Ryo attraversò l'abitazione, evitando all'ultimo momento diversi oggetti che ostruivano il suo percorso. Con andatura meno agitata, Massao varcò la soglia e accese la luce; quanti ricordi in quella casa familiare. Il suo sguardo si posò sulla porta che conduceva alla cantina, vi si diresse lentamente e scese le scale.

Presto scoprì il macabro armamentario.

“Izumi, cos'hai fatto?”

 

 

Nel bosco, Ryo procedeva alla ricerca delle due donne, e una figura femminile si profilò davanti a lui. Un sorriso apparve sulle sue labbra correndo verso di lui, ma rallentò il suo ritmo impaziente.

La giovane donna si voltò verso il suo interlocutore e, abbassandosi come per raccogliere qualcosa all'improvviso, due Kaori apparvero di fronte all'uomo.

Erano entrambe malconce, ma la sua Kaori era quella che aveva subito i maggiori danni.

Armando il cane, la rabbia guidava ora le azioni dello sweeper.

“Izumi, lasciala” ordinò, prendendola di mira.

Usando la sua preda come scudo, Izumi sorrise.

“Andiamo, Saeba, non vorrai sparare rischiando di ferire la tua fidanzata” ghignò stringendo la presa sulla gola di Kaori, mentre con la pistola premeva tra i capelli della prigioniera.

La carnagione pallida della giovane donna, le perle di sudore che brillavano sulla sua fronte e il suo sguardo nebuloso non significavano nulla di buono. Lentamente, Ryo abbandonò il suo bersaglio, continuando a guardare Kaori. Quest'ultima, in un impulso di lucidità e forza, schiacciò con forza il piede della sua aguzzina, che la spinse rabbiosamente e un proiettile frustava l'aria per disarmare Izumi.

Riprendendo di mira il suo obiettivo, Ryo faticava a controllare il suo dito indice, ma la sua promessa ebbe il sopravvento, tutto stava finendo bene.

Kaori afferrò con la punta delle dita l'arma che Izumi aveva lasciato e, appoggiandosi al tronco di un albero, si alzò in piedi. Con mano tremante, puntando verso la donna a terra, Kaori avanzò di alcuni passi.

“Ryo, allontanati” gli ordinò con calma.

“Kaori, lascia giù quella pistola” la implorò lui, mettendo la propria nella fondina.

“No” singhiozzò. “Sayuri è morta a causa della sua follia; non voglio accontentarmi di rinchiuderla in un ospedale. Voglio che paghi equamente per tutto quello che ha fatto” disse, asciugandosi con la mano sinistra le lacrime che offuscavano ulteriormente la sua vista.

“Kaori, non abbassarti a sporcarti le mani a causa sua” tentò lui, avvicinandosi lentamente a lei.

“No, lasciami. Voglio regolare il conto a modo mio, per una volta” lo interruppe lei, raddrizzandosi per darsi più forza nonostante i suoi gesti incerti. “Spostati, ti ho detto!” urlò.

Facendo da scudo all'assassina, Ryo distese le braccia e disse:

“Uccidimi insieme a lei”

“Cosa? Smettila di fare l'idiota” borbottò lei, tenere gli occhi aperti in quel momento era la cosa più difficile.

“Ti ho protetta dal nostro ambiente per anni, se tu uccidi questa donna, avrò fallito nel mio compito”

“Non puoi voler morire e lasciarmi” farfugliò lei. “Non hai il diritto di lasciarmi anche tu” scoppiò a piangere mentre le sue gambe si piegavano automaticamente.

Togliendole l'arma, Ryo la prese teneramente tra le braccia mentre lei gli colpiva il petto, dicendogli che non aveva il diritto di abbandonarla, poi il dolore prese il sopravvento e lasciò evacuare la tristezza in grida di impotenza e di rabbia.

Fissando la coppia per alcuni secondi, Izumi fece scivolare una mano nella tasca interna della giacca con un sorriso enigmatico e, mentre tendeva la mano verso il suo bersaglio, un proiettile si schiantò nel suo cuore. Il corpo crollò in due momenti, prima sulle ginocchia e poi sul fianco.

Afferrandola, Ryo la tenne tra le braccia per vedere quel viso che non smise di riflettere la sua soddisfazione.

“Credo di aver vinto” mormorò, lasciando cadere la mano insanguinata sul pavimento.

Allargando delicatamente le dita, scoprì un piccolo pezzo di carta; un'ultima lettera dimostrava che Izumi avrebbe posto fine alla sua vita alla fine della storia. La E completava il puzzle...RIVALE.

 

 

Pochi giorni dopo, Natsume decise di ripartire all'estero, ma prima di lasciare definitivamente la città volle salutare Kaori.

Nel cortile, la coppia di sweeper disse addio all'artista.

“Grazie di tutto, signor Saeba, anche se i nostri incontri sono stati molto esplosivi” sorrise, sfiorandosi lo zigomo ancora dolorante.

“Niente di che, ma ora sai cosa ti costerà oltrepassare i limiti” proclamò Ryo, stringendo ulteriormente la vita della sua fidanzata.

“Non si preoccupi, credo che mi dedicherò interamente e senza confine alla mia carriera da oggi” soffiò, disilluso.

“Non dire così” lo interruppe Kaori prendendogli delicatamente le mani. “Hai tutta la vita davanti a te per sistemarti”

“Grazie Kaori, ma non credo che un po' d'ordine della mia vita mi farà male, e credo che ci penserò due volte prima di impegnarmi con qualcuno” concluse.

Il suono del clacson lo fece tornare alla realtà, il suo manager appoggiato all'auto gli fece segno di raggiungerlo.

“Non so se tornerò un giorno, ma sii felice, Kaori. Sii felice per entrambi”

Lasciando le mani dell'amica, prese la sua valigetta e, con un ultimo cenno alla coppia, salì in macchina che partì poco dopo.

“Che facciamo adesso?” chiese la giovane donna.

“Andiamo a dormire” soffiò lo sweeper nell'orecchio della sua fidanzata.

“Non pensi che a questo, cavoli!” si esasperò Kaori.

“Non credi che meriti un po' di riposo?” si lagnò l'uomo.

“Perdonami, hai ragione” sorrise lei, baciandolo delicatamente sulle labbra.

Facendo qualche passo in avanti, aggiunse:

“Sai dove si trova la stanza, vai a stenderti”

“Ma...e tu?”

“Io sto bene così” disse, scrollando le spalle e poi tradendosi con un ampio sorriso provocatorio.

“Ah, è così!” aggiunse lo sweeper, compiendo qualche passo nella direzione della sua compagna.

“No, Ryo! Calmati” gli disse, indietreggiando mentre il volto dell'uomo si trasformava intanto che la distanza diminuiva.

Si udì un piccolo squittio mentre Ryo la sollevava tra le sue braccia.

“Penso che abbiamo del tempo da recuperare” sussurrò, catturando le sue labbra.

Tornarono velocemente all'edificio e sbatterono la porta.

Nell'auto che li conduceva all'aeroporto, la scenetta non era sfuggita all'occhio di Massao, che osservava attraverso lo specchietto retrovisore. Sorridendo di più quando vide il suo protetto con il naso seppellito nelle sue carte, con la punta delle dita sfiorò una piccola custodia in plastica che aveva in tasca.

“Le tue azioni sono state al di là delle mie aspettative” sussurrò mentre accarezzava la ciocca di capelli color mogano prigioniera dell'involucro.

Sopra, vi erano scritte cinque lettere...

KAORI.

 

 

 

Eccoci arrivati al finale ^__^ non ho molto da dire se non che spero che la storia vi sia piaciuta e che chi l'ha letta e apprezzata farà lo stesso con il sequel che posterò a breve, sarà una fanfiction di 6 capitoli :)

 

Ringrazio chiunque l'abbia letta ma ovviamente il cuoricino va a chi ha commentato: klau86, Stekao, Kyoko_09, Kaory06081987, Giampins, Susie_who. È sempre un piacere ricevere supporto ^__^

 

Alla prossima :)

 

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3931160