Chidori
Il
piccolo Goshin spiccò il volo, sfuggendo dalle braccia della
madre, ridendo, e volò fino all’anguria sul tavolo.
Si
trasformò in supersaiyan, la sua aura aumentò con
un’onda d’urto che fece esplodere
l’anguria.
Pan,
che aveva cercato di afferrarlo, venne ricoperta di anguria,
imbrattandosi vestiti e capelli.
Grugnì,
passandosi sulla mano, il suo corpo gocciolava.
Bra
raggiunse suo figlio e lo afferrò al volo, sospirando. I
lunghi capelli azzurri le ricadevano dietro le spalle, ondeggiando.
Goshin
si ritrasformò, ticchettando con le manine paffutelle sul
viso della madre, sporcandola.
“Scusa…”
disse Bra alla migliore amica.
Pan
scrollò le spalle.
“Siamo
in estate, mi andava proprio di fare una doccia”.
Cercò di sminuire il problema.
“Non
sarai l’unica, anche questa piccola peste deve proprio farsi
un bagno” disse Bra.
<
Almeno è sempre allegro e piene di energie. Vuol dire che
sta bene.
Mi
chiedo dove sia Goten. Probabilmente si sarà addormentato da
qualche parte. Siamo sempre stanchi morti, speravo di poter ricaricare
le energie durante questa vacanza > pensò.
“Posso
aiutarvi?” domandò Yancha, avvicinandosi alle due.
“Posso tenervi il bambino mentre andate entrambi a farvi un
bagno” propose.
Bra
fece una smorfia e strofinò il piede nella sabbia,
guardandosi intorno.
In
lontananza si udiva il rumore del mare.
<
Lui è un caro amico della mamma e lo conosco sin da quando
ero bambina, ma non so. Papà non lo ha mai guardato come si
fa con una persona di cui fidarsi > pensò Bra.
Pan
domandò: “Sei sicuro di saperlo tenere? Guarda che
è parecchio problematico”.
Yamcha
le sorrise rassicurante.
“Tranquillo.
Sto facendo parecchia esperienza con mia figlia. Non è per
niente tranquilla. Ha preso tutto da me e non dalla madre”
sussurrò.
Yamcha
aumentò la potenza della lanterna a batterie che illuminava
il balcone, creando dei riflessi sui sedili ed il tavolo di ferro
battuto.
Si
voltò verso Marion, si leccò le labbra guardando
i seni prosperosi di lei sottolineati dal suo vestito rosa aderente.
Guardò i morbidi boccoli azzurro chiaro di lei, il foulard
giallo che indossava e le labbra piene piegate in un sorriso.
Marion
affondò il cucchiaino nella coppetta di gelato alla panna.
“Ti
ringrazio per avermi assecondato. Che follia, il gelato a mezzanotte!
Di solito non sono così golosa, ma…”.
Ridacchiò, nascondendosi la bocca con le dita. Aveva le
unghie lunghe e laccate. “… ultimamente ho
così tante voglie”.
Yamcha
corrugò la fronte.
“Scusami
amore, posso controllare una cosa?” domandò.
Marion
lo guardò con aria confusa, piegando di lato il capo.
“Certo,
amore” rispose.
Yamcha
le posò la mano sulla pancia piatta, sgranò gli
occhi, che divennero liquidi, e un sorriso gli fiorì sulle
labbra.
“Ti
piacerebbe avere una… bambina?” domandò.
Marion
fece un sorriso impacciato, rispondendo: “Sì, mi
piacerebbe. Come ti è venuto in mente?”.
“Se-sento…
la sua aura… L’aura della nostra
bambina” esalò.
Marion
strillò e gli saltò in braccio, cingendogli il
collo con le braccia.
“Oh,
tesoro. Come vogliamo chiamarla?” strillò.
“Chidori”
esalò Yamcha.
<
Non avrei mai pensato che un gelato a mezzanotte potesse significare
così tanto per me > pensò.
Yamcha
vide Bra che gli porgeva il piccolo e lo prese tra le braccia.
“Ti
ringrazio. Dov’è ora la piccola?” chiese
Bra.
<
Ho proprio bisogno di un po’ di riposo, purtroppo >
ammise a se stessa.
“Con
il mio allievo Salva. Lui è bravissimo coi
bambini” disse Yamcha.
Pan
gli disse: “Qualsiasi cosa succeda, chiama subito”.
Le sue parole vennero in parte coperte dal gorgoglio del piccolo.
“Ovviamente”
le rassicurò Yamcha.
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