Danzando col Diavolo

di AliceGerini
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 - Arrivo a Gotham ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 - Di nuovo sola ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 - Sempre la stessa ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 - Ritorno a scuola ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 - Amico o nemico? ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 - Sgattaiolo via ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 - Incontri insoliti ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 - La vita è una commedia ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 - Attori senza palco ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 - Jerome si diverte ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 - Piccole vendette crescono ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 - Come un pesce all'amo ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 - Rischio la vita ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 - Il mio nuovo lato oscuro ***
Capitolo 15: *** Capitolo 15 - ...Attrice senza palco ***
Capitolo 16: *** Capitolo 16 - Jeremiah il pazzo ***
Capitolo 17: *** Capitolo 17 - Una visita (in)aspettata ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 - Arrivo a Gotham ***


«Vorrei sapere che diavolo gli è saltato in mente a mio fratello di mandarti qui a Gotham.»
Come risposta faccio spallucce, zio Jim mi osserva dallo specchietto retrovisore sospirando esasperato: «Questa città è pericolosa.» taglia corto con un tono rammaricato e leggermente colpevole.
«Non illuderti zio, anche Metropolis è un casino.»
Restiamo il silenzio mentre l’auto scivola tra le strade di Gotham.
Me la ricordo bene anche se ci venivamo in vacanza una volta l’anno, durante il periodo di Natale. Mio padre Maximilian è il fratello maggiore dell’attuale detective di Gotham Jim Gordon, mamma Jane è una semplice casalinga che per amor della famiglia e ragioni di sicurezza a seguito dell’ennesimo incidente, ha deciso di spedire la sua figlioletta dal cognato a centinaia di kilometri di distanza.
A dispetto di come dicono tutti a me Gotham piace, ha quel non so che di tetro ed oscuro che mi affascina e terrorizza allo stesso tempo. Mi piace il buio, ti ci puoi nascondere, nessuno ti vede fare quello che non dovresti. Quello che mi spaventa è la luce del sole dove tutti indossano la maschera della perfezione per proteggersi dai raggi della verità.
«Siamo arrivati.» dice zio parcheggiando l’auto sotto ad un alto palazzo mal illuminato dalle luci della strada. Mi immaginavo l’appartamento del detective della polizia in una zona ricca, invece sembra poco più pulita di un quartiere malfamato. «Ti aiuto coi bagagli.»
Scendo dall’auto, l’aria di smog mi riempie le narici ma non ci faccio troppo caso, dopo tutto anche a Metropolis si respira lo stesso clima chiuso e soffocante. L’appartamento di zio Jim è al decimo piano e per fortuna c’è un vecchio ascensore a condurci proprio davanti la porta di ingresso.
«È un edificio principalmente abitato da poliziotti, qui sarai al sicuro.» mi sorride incoraggiante.
Non credo proprio zio, spesso il luogo più pericoloso è lo stesso inondato da sbirri.
Ma evito di dirglielo.
Ho promesso a me stessa che cambierò il mio carattere impulsivo e schietto nel rispetto di quest’uomo che è stato così gentile da accogliermi come fossi sua figlia.
Spero solo che la verità sul mio trasferimento non venga mai a galla altrimenti…Arrivederci e grazie, cara nipotina perfetta.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 - Di nuovo sola ***


Zio Jim mi ha riservato la stanza degli ospiti, non è una camera grande come quella che avevo a casa ma penso che me la farò andare bene comunque, sempre meglio che dormire in qualche bettola o in quale casa accoglienza, almeno so che qui l’ambiente è pulito e il frigo sarà sempre pieno.
Poggio la valigia accanto al piccolo letto singolo, metto i pochi vestiti che mi son portata dietro dentro un armadio a muro e infine sistemo dei libri sulla scrivania all’angolo, vicino la finestra che si affaccia sulla scala antincendio.
«Perdonami Frances, è il massimo che ho potuto permettermi.»
Guardo zio e un dolce sorriso mi nasce sulle labbra. Mi piace Jim Gordon, ha sempre quell’aria da brav’uomo che trasmette sicurezza, infonde speranza a tutti coloro che gli stanno accanto e, cosa più importante, è un cittadino che ancora crede nella giustizia.
Una parte di me invidia il suo ottimismo, l’altra più nascosta lo disprezza.
«Grazie, andrà benissimo.» rispondo annuendo e guardandomi attorno, con qualche ritocco femminile questa stanza potrebbe diventare persino accogliente.
Il resto della casa non è male, è un appartamento in cui sala e cucina sono in un’unica ampia stanza, il bagno e la camera da letto di zio sono poco distanti dalla mia. Il classico monolocale ma adatto anche per due persone.
«Purtroppo non starò molto, devo tornare in centrale.»
Sono abituata all’assenza di mio padre per via del suo lavoro e nell’ultimo periodo mamma non mi guardava quasi più in faccia, non credo sarà difficile abituarmi anche ai ritmi e all’assenza di Jim. «Lo capisco, anzi grazie ancora per essermi venuto a prendere.»
Abbozza un sorriso amaro mentre guarda fuori dalla finestra: «Meno sarai sola in questa città e più sarò contento.» prende la giacca abbandonata sopra una poltrona e la indossa, gli calza a pennello. A differenza di suo fratello che si è abbandonato ai piaceri della tavola, zio Jim è un bel uomo: «Domani avvieremo le pratiche per la nuova scuola, va bene?» dice rassicurante mentre il suo sorriso da teso divento dolce.
No, non va bene! Vorrei gridare a pieni polmoni, fino a farmi sentire a Metropolis.
Però annuisco: «Va bene.»
«Perfetto, vado altrimenti rischierò di fare tardi. Buon pomeriggio Frances. E se hai bisogno telefonami in centrale.»
Lo vedo uscire dalla porta, mi prendo qualche secondo per chiudere gli occhi e respirare a pieni polmoni una, due, tre volte. E così eccomi qui, sola a Gotham.
E non vedo l’ora di buttarmi nel mezzo delle sue marce strade.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 - Sempre la stessa ***


È esattamente come me la ricordavo: sporca, inquietante e soffocante.
E la amo da impazzire.
Non è cambiato assolutamente nulla dall’ultima volta in cui ho camminato per queste strade, se mi concentro posso ancora sentire mamma che mi stringe la mano con forza e papà che si guarda attorno con sospetto mentre zio Jim gli dice che va tutto bene.
Poi sono morti i Wayne ed è cambiato tutto.
Da quel giorno fu zio Jim a venire da noi per Natale, ogni anno con una fidanzata diversa e ogni anno con la storiella di come Gotham sia per certi versi un posto sicuro grazie l’efficienza della GCPD e alla costruzione di un ospedale psichiatrico su un’isola poco distante dalla città.
Oh si, niente di più sicuro di un manicomio a pochi passi dal centro.
Sorrido divertita mentre scuoto la testa e osservo distratta le varie vetrine dei negozi, non ho un soldo ma non mi importa, prima o poi dirò a zio che ho bisogno di qualche dollaro per sopravvivere o magari mi troverò un lavoretto anche per passare un po’ il tempo.
Vago per la città fin quando non sento lo stomaco protestare, probabilmente è anche ora di cena e guardando l’orario dal cellulare ne trovo conferma.
E vedo anche che sono in ritardo per l’ultimo treno verso casa di zio Jim.
«Cazzissimo!»
Inizio a correre verso la stazione metro più vicina, se zio non mi vede tornare sicuramente pianterà su un casino e chiamerà a casa.
E non voglio che chiami a casa.
Corro a perdifiato fin quando non vedo l’ingresso della metro, l’enorme orologio digitale sovrastante mi dà speranza: ho ancora cinque minuti prima della chiusura delle porte.
Nel correre verso l’ultimo treno urto qualcuno sentendo parecchio dolore alla spalla: «Scusi!» grido voltandomi appena.
Ho colpito in pieno un ragazzo dall’aria innocente, i capelli rossi pettinati alla perfezione all’indietro, gli occhi chiari nascosti da un paio di occhiali e il corpo chiuso in una giacca nera.
Il classico figlio di papà di Gotham…A saperlo lo colpivo più forte!

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 - Ritorno a scuola ***


E così ci siamo: nonostante le proteste soffocate e i denti digrignati talmente tanto da sentir dolore alla mascella, sono alle porte del liceo più prestigioso di Gotham: Martha Wayne Grade School.
Chissà cosa direbbe la cara signora Wayne se sapesse che una come me sta per mettere piede nella sua scuola per perfettini.
Odio la scuola ma mi piace studiare.
Quello che non sopporto è l’idea di avere qualcuno che giudica il mio livello di conoscenza, le interrogazioni e i compiti inutili che non fanno altro che creare divario tra gli studenti.
Divario che a sua volta genera una piaga senza fine: il bullismo.
Essendo abbastanza diversa dalle ragazze della mia età, sono sempre stata in disparte, non ho amici e questo ha facilitato non poco il trasferirmi da Metropolis a Gotham.
Entro nell’edificio senza dare troppo peso allo sfarzo esagerato, alla pulizia, al marmo che domina così come i colori nero e griglio del mobilio, passo in segreteria a presentarmi e senza che la donna alla reception mi degni di mezzo sguardo ma allunga verso il banco un foglio in cui sono annotate le lezioni che dovrò seguire. Finalmente una cosa positiva: la prima materia è una delle mie preferite, storia, dunque mi avvio a passo svelto verso l’aula.
Il professore di turno che sembra uscito da uno di quei libri che sicuramente ci farà studiare, mi presenta alla classe con la solita frase da prassi: «Ragazzi, lei è Frances Gordon, viene da Metropolis. Sono sicuro che tutti voi farete del vostro meglio per farla sentire a suo agio.»
Scambio qualche occhiata in giro e vado a sedermi nell’unico banco disponibile: prima fila.
La scena si ripete per ogni professore che entra e io me ne resto buona nel mio posto a prendere vari appunti di sorta, lasciando perdere il chiacchiericcio alle mie spalle e le occhiatine delle ragazze perfette. Catturo dei pettegolezzi su mio zio, sul fatto che nessuno sapeva avesse una figlia, c’è chi azzarda a dire persino che potrei essere una fidanzatina trofeo.
Stupidi idioti.
Cambi città ma il copione del disagio è sempre lo stesso.
All’ora di pranzo mi siedo ad un tavolo all’angolo in solitaria, consumando la carne con patate in silenzio, non ho nemmeno voglia di prendere il cellulare e controllare i pochi social a cui sono iscritta.
Sarebbe tutto perfetto se non fosse che all’improvviso qualcuno si siede di fronte a me e in cuor mio spero non sia il solito bullo o la solita cheerleader che vuole marcare subito il territorio.
Alzo lo sguardo lentamente…
Per ritrovarmi davanti lo stesso ragazzo che ho urtato ieri mentre tornavo a casa.

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 - Amico o nemico? ***


«Spero tu sia riuscita a prendere il treno in tempo.»
Ha una bella voce in perfetta armonia con l’ aspetto da bravo ragazzo: dolce e vellutata.
Detesto ammetterlo ma è carino nonostante l’aria da nerd e gli occhiali da vista che ne esagerano lo sguardo. I capelli sono effettivamente tendenti all’arancione come ho intravisto ieri e le lenti enormi che indossa accentuano il verde scuro degli occhi. Se attraversati dalla luce giusta sembrano brillare di smeraldo. La pelle diafana e perfetta senza un briciolo di imperfezione che dovrebbe essere tipica della nostra età.
Mangia composto, muove le posate come fosse un principe e beve senza far rumore.
Sembra provenire da un altro pianeta e per un attimo mi chiedo se sia completamente impazzita e io sia l’unica a vederlo.
A quanto pare non è così poiché abbiamo già attirato la presenza di molti che sorridono divertiti e commentano.
«Non sei molto popolare, vero?» azzardo a chiedergli cercando il suo sguardo.
«Nemmeno tu dato che eri seduta da sola.» risponde a tono continuando a mangiare in maniera così perfettina che mi irrita.
«Touché» alzo le mani in segno di resa e chissà per quale motivo il labbro superiore si alza piano piano in una specie di sorriso.
Questa è l’ultima parola che ci diciamo dato che consumiamo ognuno il proprio pranzo senza dire altro, il suono della campanella ci fa alzare all’unisono e ci salutiamo appena.
Raggiungo l’aula di storia dell’arte, un’altra delle mie materie preferite seguita, ahimè, da matematica in cui sono totalmente negata. Questa materia mi mette il nervoso, non vedo l’ora di finire gli studi per non avere niente a che fare con numeri, equazioni e altra roba totalmente inutile.
E così ecco il trillo dell’ultima campanella che segna la fine del mio primo giorno di scuola, mentre mi avvio verso l’autobus che mi riporterà a casa di Jim, noto lo strano tipo dai capelli rossi allontanarsi su un’auto di lusso.
«Perfettino.» sussurro tra i denti.
Non potrei mai andare d’accordo con uno così.

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 - Sgattaiolo via ***


Zio Jim rientra per ora di cena, come da prassi mi chiede come sia andata la scuola e io ricambio chiedendo come stia andando il lavoro come detective alla GCPD.
Sembra strano ma per un solo istante ho l’illusione di essere nuovamente parte di una famiglia, specialmente quando mi fa i complimenti per aver cucinato un’ottima bistecca cotta a puntino. Non è difficile destreggiarsi ai fornelli quando sei abituata a farlo, mamma ha provato a crescermi come una perfetta donna di casa stile anni ’40 ma col tempo ha scoperto di aver fallito miseramente.
Povera mamma, chissà cosa direbbe nel vedermi cucinare e sistemare i piatti una volta finito.
Forse per una volta sarebbe orgogliosa di me.
Forse mi direbbe che sono stata brava, una frase che mi son sentita dire molto raramente.
«Perdonami Frances ma dovrò lavorare anche sta notte.» dice zio interrompendo il flusso dei miei pensieri e avvicinandosi con cautela: «Te la senti di star da sola? Se vuoi posso chiamare qualcuno per…»
Nessuno si era mai curato tanto di me, nemmeno i miei genitori. Ecco perché il sorriso dolce nasce spontaneo sulle mie labbra, credo che se mio padre fosse stato Jim Gordon probabilmente non avrei commesso certi errori che mi hanno condotta qui a Gotham, a rifugiarmi come un topo impaurito: «Certo, ho parecchio da studiare e sicuramente mi addormenterò sopra i libri.»
Jim sorride incoraggiante e prima di indossare la giacca mi schiocca un bacio sulla guancia: «Brava ragazza.»
Si, sarebbe stato un mondo migliore.
Ma ahimé non posso tornare indietro nel tempo e non posso certo fare una richiesta di adozione.
Trenta minuti.
Aspetto trenta minuti prima di vestirmi con abiti completamente opposti rispetto quelli di oggi: gonna nera, calze dello stesso colore, anfibi e una maglietta senza maniche che copre il giusto, il tutto chiuso da un giacchetto di pelle. Prendo borsetta, cellulare, chiavi di casa ed esco senza far rumore, dopo tutto sono in un palazzo di sbirri e non vorrei mai che qualcuno faccia la spia a zio Jim sulla mia fuga improvvisata…Mi ha appena detto che sono una brava ragazza e voglio lasciargli questa bella illusione.
Non mi sono truccata, ho lasciato i capelli biondi sciolti sulle spalle e gli occhi nocciola naturali come le labbra già rosse di loro.
Ho conosciuto la Gotham del mattino e del pomeriggio…È ora di assaporare la Gotham di notte.

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 - Incontri insoliti ***


Mi fiondo all’interno di un locale non troppo distante da casa, avrò camminato si e no venti minuti a passo spedito. Esattamente come avevo ipotizzato, vivere circondata da poliziotti non equivale sempre a vivere in un ambiente sereno e tranquillo, anzi.
Da primo occhio qui sembra esserci tutto tranne la legalità.
L’ingresso del locale è sotto terra, per scendere gli scalini devo fare attenzione a non schiacciare ubriachi sdraiati, persone addormentate e coppie che fanno strani scambi alquanto loschi di cui faccio finta di nulla. La porta è in ferro malandato e ovviamente spalancata a chiunque abbia voglia di inoltrarvisi, non ci sono guardie di sicurezza così entro senza problemi, una puzza di alcol misto a sudore mi investe facendomi barcollare un po’, la musica a tutto volume sparata dal DJ in fondo alla sala fa muovere tutti i presenti in una danza quasi isterica. A fatica riesco a dirigermi verso il bancone, ordino della vodka liscia e seguo i movimenti del barman, non mi fido troppo, ci vuole un secondo perché qualcuno butti qualcosa dentro al drink per stuprarti in un vicolo e non ho la minima intenzione di vivere l’esperienza.
Butto giù il primo bicchierino e ne ordino un secondo, voglio battezzare la Gotham notturna divertendomi alla vecchia maniera.
Scambio due parole col barman abbastanza carino anche se calvo, non è troppo confidente e la cosa un po’ mi delude così mi giro per osservare la sala da ballo nella speranza di beccare un bel ragazzo e giocarci un po’.
Vago con lo sguardo buttando giù il secondo drink e alla fine lo vedo.
Il ragazzo perfettino che oggi a scuola ha pranzato con me.
Un sorriso mi nasce spontaneo sul volto.
A quanto parte non sono l’unica ad avere una seconda vita.

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 - La vita è una commedia ***


Oggi a pranzo avrei voluto tirargli un pugno per cancellargli la faccia da snob ma questa notte ha un’aria così diversa da incuriosirmi.
I capelli rosso/arancioni sono sempre pettinati all’indietro alla perfezione, gli occhi chiari finalmente ben messi in mostra senza occhiali a fondo di bottiglia, il fisico magro ma allenato chiuso in abiti decisamente diversi da quelli firmati con cui ero abituata a vederlo.
È sempre lui, lo snob del pranzo.
E allora cos’è che all’improvviso me lo fa sembrare così attraente come una calamita da cui è impossibile staccarmi?
Maledetta vokda, deve essere per forza colpa dell’alcol.
Anche lui mi nota accennando ad un sorriso quasi esagerato, oserei dire folle, con tanto di occhiolino.
Senza spintonare troppo mi ritrovo faccia a faccia con lui e stranamente sono io la prima a prender parola.
Di nuovo, stupido alcol.
O forse grazie alcol che mi doni coraggio: «Guarda chi c’è, il perfettino della scuola.»
Lui sembra confuso al sentire la mia frase, aggrotta le sopracciglia spostandosi appena all’indietro: «Come, prego?» persino la voce sembra diversa, non è più vellutata e profonda ma fredda e roca.
Quasi eccitante.
«Ti sei già dimenticato di me? Abbiamo pranzato insieme oggi a scuola e ieri ti ho urtato mentre andavo a prendere la metro.»
Sembra riscuotersi tornando a sorridere: «Oh ma certo…Tu sei…»
«Frances.» allungo la mano per stringergliela. «Effettivamente non ci siamo ancora presentati.»
«Jerome.» prende la mia mano con delicatezza portandosela alle labbra: «Enchantée.» prosegue in un francese perfetto, avrà cambiato abiti ma resta un saccente.
«Non ti facevo uno da doppia vita.» dico ritirando la mano senza fare troppi complimenti.
«La vita è una commedia, tesoro e io ne sono il protagonista quindi recito qualunque parte voglio!» esclama aprendo le braccia e facendo un inchino esagerato. Non trattengo una risata. «Oh bene, non c’è niente di più contagioso di una risata, non trovi?»
Annuisco, credo sia la prima volta che io e uno snob siamo d’accordo su qualcosa.
«Ma ora perdonami, devo andare.» Jerome si scusa piegandosi leggermente in avanti: «La mia ora d’aria è conclusa. Ma so che ci rivedremo presto, Frances.» pronuncia il mio nome incorniciandolo con un sorriso ampio e folle.
Se ne va senza darmi tempo di rispondere seguito da quattro ragazzi che tutto sembrano fuorché di buona famiglia.
Mi ritrovo a sorridere soddisfatta…Hai capito Mr. Perfect!
Forse (e dico FORSE) potremmo diventare buoni amici.

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 - Attori senza palco ***


Jerome è seduto allo stesso tavolo appartato in cui abbiamo pranzato ieri.
Sono stanca morta e ho rischiato più volte di addormentarmi sopra al banco, andare in discoteca fino notte fonda non è stata una grande idea dato la sveglia molto presto di questa mattina per venire in questo schifo di scuola, ma uscire di nascosto e conoscere il lato oscuro del mio nuovo amico snob mi ha spiritualmente dato una bella carica. Riposerò questa sera speranzo che zio Jim debba andare a lavoro e avere casa tutta per me.
E poi che cavolo ho solo diciassette anni, se mai dovessi arrivarci passerò la vecchiaia a dormire e riposare.
«Buongiorno Jerome.» lo saluto con un ampio sorriso dopo essermi seduta di fronte a lui.
Spalanca gli occhi alla massima estensione, deglutisce pesantemente e sembra addirittura sbiancare, poggia le posate con delicatezza schiarendo la voce impettito: «Non chiamarmi mai più così. Il mio nome è Jeremiah.»
«Ok…» sono perplessa.
Grandioso, è un pazzo dalla doppia personalità.
O forse detesta così tanto la sua maschera da perfettino di giorno che almeno di notte desidera essere qualcun altro.
In parte non me la sento di dargli torto, dopo tutto anche io sono così: «Perdonami.» sussurro abbassando la testa.
«Non fa niente, ora lo sai. Dove hai sentito quel nome?»
Adesso sono molto confusa: «Me lo hai detto tu ieri sera al locale.» dico piano così da non farmi sentire da orecchie indiscrete.
«Di quale locale stai parlando?» ora anche lui sembra perplesso e confuso.
Rido divertita alzando le mani: «E va bene ho capito, ci tieni alla tua reputazione scolastica e all’immagine da bravo ragazzo. Ricominciamo.» allungo la mano destra in uno strano dejà-vu: «Piacere, Frances.»
Non risponde, nemmeno mi guarda negli occhi, tutto quello che fa è alzarsi di scatto senza finire il pranzo e andarsene dalla mensa con parecchia fretta.
La versione di giorno è decisamente più irritante della sua versione di notte.
Aveva paragonato la vita ad un palcoscenico e devo ammettere che è davvero un grande attore.

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 - Jerome si diverte ***


Stasera zio Jim è in casa così non posso permettermi di sgattaiolare fuori, il mio fisico non ce la potrebbe fare ma il mio spirito sente il bisogno di volare giù da questa finestra e tornare nello stesso locale di ieri sera, nella speranza di incontrare Jerome…O Jeremiah che sia.
Durante la cena ho recitato la parte della nipote perfetta, mi sono inventata di aver fatto amicizia a scuola con una ragazza molto timida di nome Jane (il che è quasi vero con la differenza che si tratta di un ragazzo e si chiama Jeremiah) e da brava convivente gli ho chiesto come fosse andata la sua giornata.
Solita prassi che odiavo a casa ma con zio ha un sapore diverso, sapore di famiglia e, quasi, amore.
Una volta finito di mangiare lui si butta sul divano davanti la televisione, io mi chiudo in camera per studiare, cerco di tenere la mente occupata ma non è così semplice come previsto…Ah quanto vorrei uscire, mi sento in gabbia!
Sono piegata sulla scrivania quando sento una risata esagerata provenire dal fondo delle scale d’emergenza fuori dalla mia finestra, mi piego un po’ ma non riesco a vedere nulla. La risata continua seguita ora da altre voci…E un’altra ancora decisamente più sofferente e supplichevole.
Mi affaccio cercando di non farmi notare troppo per vedere Jeremiah nelle oscure vesti di Jerome in branco con altri tre ragazzi, un quarto attaccato al muro da un energumeno dai capelli ricci mossi.
«Tienilo fermo.» dice Jerome colpendo il ragazzo al volto, un colpo decisamente ben assestato perché il tipo sviene a terra, gli sfilano i soldi dal portafogli e se ne vanno tutti contenti senza mai smettere di ridere.
Un crimine minore, di quelli a cui anche a Metropolis ero abituata.
Ma quel poco basta per farmi salire un pericoloso brivido di eccitazione.
E a farmi sorridere (con un pizzico di invidia) senza motivo.

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 - Piccole vendette crescono ***


Sono pulite.
Linde, bianche e morbide.
Le mani di Jeremiah sono perfette, come se questa notte non avesse pestato nessuno.
Io sono brava a nascondere la mia seconda vita ma non così brava.
Vorrei chiedergli un milione di cose ma lascio che mi spieghi qualche dettaglio di architettura, è la prima volta che affronto una lezione del genere e ho scoperto che il mio nuovo amico e compagno di pranzo è un vero portento, ha una linea di matita perfetta e precisa senza l’ausilio di righelli o squadre, sembra che questa attività gli riesca naturale, un talento per disegnare progetti.
Sono davvero colpita, questo ragazzo è una sorpresa continua e lo conosco da solo due giorni, mi chiedo cosa potrebbe insegnarmi con più tempo a disposizione.
E forse non mi riferisco solo alla scuola.
Seguo la matita con attenzione fin quando una cascata di Coca-Cola non finisce sopra al progetto.
Jeremiah resta immobile, gli occhi leggermente più aperti del normale e il respiro un po’ più accelerato.
Alzo lo sguardo per vedere un ragazzo col suo branco di scemi ridersela come se avessero fatto la cosa più spassosa del mondo.
«Oh scusa, mi è scivolata.» dice il bastardo mostrando i denti perfetti da iena, gli occhi azzurri e i capelli biondi. Il classico principe azzurro che esiste solo nelle favolette delle cretine che ci credono.
«Sfigato!» urla un altro mentre se ne vanno dandosi pacche compiaciute e il cinque.
Guardo Jeremiah che rompe il foglio, asciuga il tavolo con dei fazzoletti e, dopo aver preso un foglio nuovo, torna a disegnare come se nulla fosse accaduto.
Perché non ha reagito? Dov’è il ragazzo che ieri sera ha pestato un coetaneo per rubargli il portafoglio?
Tiene davvero così tanto alla sua doppia vita da farsi trattare come un povero sfigato?
Sono sicura che è solo questione di tempo. Quel bullo la pagherà.
La pagherà molto cara.
E poi vedremo chi sarà a ridere.

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 - Come un pesce all'amo ***


Si chiama Justin Drake, frequenta il quarto anno, gioca a lacrosse, è molto popolare ed è ambito da tante ragazze che gli girano attorno come mosche con la spazzatura…Per usare un paragone gentile.
È trascorsa una settimana da quando questo bullo bastardo ha bagnato il bellissimo progetto architettonico di Jeremiah, sette giorni in cui ho avuto tempo per studiarlo, seguirlo e imparare le sue abitudini. Come me e Jeremiah anche lui ha una vita segreta, sembra che a Gotham sia la prassi di ogni cittadino e pare proprio che sia un gran consumatore di cocaina.
Stupidi ragazzi ricchi, sono dei veri talenti nel buttare via i soldi.
Justin è talmente appassionato della polvere bianca che è arrivato addirittura a mettersi in contatto con dei criminali di alto livello di cui purtroppo non ricordo bene il nome e pare proprio che, colpo di fortuna, si ritrovino solitamente sul retro del locale in cui ho “conosciuto” Jerome.
È sabato sera, domani non ci sarà scuola e io ho tutta l’intenzione di attirare quel bastardo per fargliela pagare.
Non ho mai sopportato i bulli e mai li sopporterò.
E così eccomi all’interno del locale fingendo di ballare e divertirmi mentre in realtà con lo sguardo cerco Justin. Non ci impiego molto a trovarlo, è seduto ad un tavolo appartato con delle ragazzine, la coca e lo champagne che sembrano non mancare. Attiro la sua attenzione, gli faccio l’occhiolino, con l’indice gli chiedo di avvicinarsi e ovviamente l’idiota abbocca all’amo.
Dio, come sono facili gli uomini.
Balliamo un po’ insieme lasciando che si strusci su di me, sento il suo schifoso membro farsi sempre più prepotente sulla schiena…Ed è adesso che devo agire.
«Andiamo sul retro.» gli urlo all’orecchio per sovrastare il rumore della musica assordante e lui, ovviamente, obbedisce come un cane al guinzaglio.
Gli tengo la mano mentre mi faccio trasportare fuori dal locale, senza troppi complimenti vengo buttata contro un muro ritrovandomi il suo fiato caldo addosso.
Divertiti finché ne hai ancora l’occasione, bastardo.

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 - Rischio la vita ***


Justin esplora la mia pelle con la sua viscida e schifosa lingua, le mani mi stringono i fianchi, mi da un bacio che sa di alcol e fumo poi si stacca per un attimo.
«Ti ho già vista.» biascica squadrandomi con gli splendidi occhi azzurri, che spreco: due iridi così belle in un corpo così inutile.
Faccio spallucce sorridendo maliziosa: «Nei tuoi sogni, forse.» rispondo nella speranza di non vomitare.
«Ma si, a scuola, in mensa con quel perdente.» la sua mano si allontana dai fianchi per arrivare sul seno: «Perché frequenti quel perdente?» chiede quasi irritato continuando a fissarmi e a stringere.
Devo trattenere il respiro per non sentire dolore: «Ripetizioni.» mento avvicinando la bocca alla sua sperando che lasci la presa…
Si, lascia la presa, per attaccare le dita al mio collo e spingermi ancora di più al muro: «Vuoi usarmi per farlo ingelosire, troietta?»
Merda, non sembra più lui, evidentemente la cocaina sta facendo il suo corso e gli sta salendo velocemente accentuando il suo lato rabbioso.
…Questo non era previsto.
Stringe ancora più violentemente bloccandomi il respiro, cerco di divincolarmi ma è troppo forte, lo graffio usando le unghie ma questo non fa altro che aumentare la sua ira.
«Brutta puttana, nessuno mi usa. E adesso lo imparerai una volta per tutte.» con la mano libera mi rifila uno schiaffo talmente forte che sento le labbra pulsare, devo aver strisciato i denti contro la pelle perché sento il sapore del sangue.
Justin riprende a toccarmi e a mordermi, lo spingo ma non si muove, non riesco ad urlare per via della sua maledetta mano attorno la gola. La mano libera continua ad esplorare il mio corpo fin quando non arriva alla base della gonna e sfiora le mutande.
«Ti darò qualcosa che non dimenticherai mai, puttana.»
Lo sento cercarmi in profondità…
Quando all’improvviso i suoi splendidi occhi si spalancano stupiti, la presa si allenta e posso finalmente tornare a respirare.
Sento dei rumori sordi continui ma non riesco ad identificarli bene, le mani di Justin si allontanano dal mio corpo per avvicinarsi al proprio petto e solo ora mi accorgo che una macchia di sangue sta sbocciando sulla sua maglietta come un fiore mortale.
Justin scivola verso il basso, la vita si spegne attraverso gli splendidi occhi azzurri ormai senza luce.
E non appena ho la vista libera e il corpo di Justin raggiunge il sudicio pavimento, vedo Jerome, il lato oscuro di Jeremiah, in piedi con un coltello in mano, sangue ovunque e un sorriso talmente ampio che sembra tagliargli il viso a metà.

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 - Il mio nuovo lato oscuro ***


Sono paralizzata al muro mentre osservo il mio salvatore pulire la lama del coltello appena utilizzato per uccidere Justin, immobile in terra con gli occhi ancora spalancati per lo stupore, le labbra semi aperte…Ho appena assistito ad un omicidio
…E sono felice.
Jerome mi ha salvata da quello che sarebbe sicuramente stato uno stupro seguito da un omicidio.
E preferisco che sia morto lo stupratore al posto mio.
Jerome non dice niente ma si avvicina analizzandomi con lo sguardo, mi tocca delicatamente in totale contrasto con la violenza che stavo subendo poco fa.
«Che cosa volevi fare, piccola incosciente?» chiede in un sussurro avvicinandosi.
Volevo vendicare l’offesa della scorsa settimana, quando quel bullo ha distrutto il suo splendido progetto di architettura ma Jerome si è fatto giustizia da solo.
E forse col senno di poi doveva andare così.
Mi accarezza i capelli scuotendo la testa: «Devi organizzare meglio queste cose. Se vuoi ti insegno come si fa.»
Prima ancora che possa rispondere, Jerome tira fuori la lingua e senza troppi complimenti lecca via il sangue uscito dalle mie labbra.
Allo stesso modo gli prendo il viso dandogli un bacio rapido ma pieno di sentimento: «Grazie per avermi salvata.» dico abbassando gli occhi con vergogna.
«Oh grazie a te, avevo proprio una gran voglia di uccidere qualcuno!» esclama entusiasta stiracchiandosi un po’, fischia forte e i quattro ragazzi con cui l’ho visto di nascosto la settimana scorsa arrivano da dietro l’angolo: «Lo butteremo nel fiume assieme al coltello così cancelleremo impronte e prove.» torna su di me rifilandomi un altro bacetto: «E tu torna a casa a farti una doccia, se dovessero chiedere qualunque cosa dì che hai bevuto troppo e sei caduta.»
È un genio.
È un fottuto genio criminale.
E al diavolo la Frances Gordon perfettina.
Voglio essere come lui.

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Capitolo 15
*** Capitolo 15 - ...Attrice senza palco ***


Per fortuna il taglio al labbro è superficiale e riesco ad inventare una scusa accettabile con zio Jim mentre facciamo colazione, non ho seguito il consiglio di “Jerome”, se zio dovesse scoprire che esco di nascosto di notte e mi ubriaco sarebbero guai seri, così gli ho detto che sono scivolata mentre cercavo di prendere l’autobus per tornare a casa andando a sbattere contro un palo.
Si è anche fatto una risata.
Mi chiedo se avrebbe riso lo stesso se “Jerome” non mi avesse salvata questa notte e non mi fossi presentata a colazione, col corpo mezzo morto e violato abbandonato in un vicolo.
Maledetto Justin Drake, sono felice che ora non potrà più far male a nessuno.
Come a voler uscire dai miei incubi vedo la sua foto in televisione, prima pagina del notiziario della mattina con la giornalista rammaricata mentre osserva la telecamera con palese finto dolore.
«Un angosciante ritrovamento è avvenuto questa mattina sulle sponde del Gotham River. Le autorità hanno ritrovato un corpo a seguito della denuncia di un uomo che stava passeggiando qui vicino col suo cane. Secondo una prima analisi si tratterebbe di Justin Drake e pare che sia stato ucciso con circa dodici coltellate. Non ci sono ancora sospettati a riguardo ma si scava nella vita del giovane per eventuali indagini più approfondite
Zio Jim spegne il televisore sospirando abbattuto: «E anche oggi un povero innocente ha perso la vita.»
Quanto vorrei alzarmi, gridare che quel bastardo non era innocente ma un violentatore cocainomane ma non posso, devo mordere la lingua per starmene zitta.
«I suoi genitori lavorano entrambi per la Wayne Enterprise.» Jim sospira, i suoi occhi diventano improvvisamente lucidi. A volte temo che prenda il suo lavoro un po’ troppo sul serio. O forse questa serietà è proprio ciò di cui Gotham ha un disperato bisogno.
«Poveretti…Non sarà facile parlare con loro.»
In uno slancio di affetto prendo la mano di zio stringendola con forza: «Sono sicura che farai del tuo meglio per consegnare il colpevole alla giustizia.»
Unisce le sue mani alla mia: «Grazie tesoro.» rifilandomi poi un bacio affettuoso sulla testa.
…C’è da dire che alla fine anche io, come Jeremiah, non me la cavo male nella recitazione.

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Capitolo 16
*** Capitolo 16 - Jeremiah il pazzo ***


A scuola ovviamente tutti parlano del decesso di Justin e da bravi falsi e ipocriti tutti lo piangono. Il preside ha istituito un’assemblea obbligatoria per ricordare il nostro compagno e per farci ragionare su come sia da apprezzare il dono della vita e orribile un atto come l’omicidio.
Cazzate: quel bastardo ha meritato di morire.
Non credo che il preside o la scuola avrebbe dedicato tutta questa attenzione ad una nuova arrivata come me, o magari al nerd sfigato che non calcola nessuno.
Mentre le parole del preside mi entrano da un orecchio ed escono dall’altro, osservo Jeremiah dall’altra parte della stanza, è di una calma raggelante, sembra quasi sull’orlo delle lacrime mentre osserva le immagini di Justin ancora vivo e sorridente che passano su un megaschermo.
Pagherei per avere la sua freddezza e la sua incredibile abilità recitativa.
A meno che non si sia pentito dell’omicidio commesso ma l’altra sera non mi sembrava particolarmente triste mentre accoltellava Justin.
Scaccio via il pensiero scuotendo appena la testa: non è pentito, la sua è una recita perfetta.
Una volta conclusa l’assemblea che imbarazzante è dir poco, raggiungo Jeremiah quasi di corsa facendo spallate con gli studenti che si muovono in modalità lumaca, alcuni si asciugano le lacrime, altri tengono la testa bassa. Chissà in quanti stanno provando davvero del dolore.
Finalmente raggiungo il mio amico ma quando mi vede sbianca in volto: «Che vuoi? Lasciami in pace.» dice piagnucolando, distogliendo lo sguardo e accelerando il passo.
Capisco il voler fingere di essere buono e caro ma non può ignorarmi così, mi ha salvato la vita! «Aspetta, devo parlarti.» sbotto prima che lo perda tra il marasma di gente.
«No!» tuona, ed è la prima volta che lo sento gridare. Nemmeno nei panni di Jerome ha mai alzato la voce e sono così stupita da fare un passo indietro come colpita improvvisamente da un proiettile: «Tu sei pericolosa.» sibila scuotendo la testa.
«E tu sei pazzo.» vorrei rispondere ma è ripartito a razzo verso l’aula della prossima lezione, una lezione che purtroppo non abbiamo in comune e quindi mi vedo costretta a lasciarlo andare.
«Pazzo da legare.» concludo alzando appena le labbra.
E il mio sorriso contrasta terribilmente con il resto del mondo su cui è dipinta una faccia funerea.

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Capitolo 17
*** Capitolo 17 - Una visita (in)aspettata ***


«Si scava nella vita privata del giovane Drake il cui corpo è stato ritrovato ieri sulle sponde del Gotham River. Una prima autopsia conferma che Drake sia stato ucciso con dodici coltellate allo stomaco e che il ragazzo sia morto quasi sul colpo, non è stata ancora ritrovata l’arma del delitto. La polizia…»
L’immagine sullo schermo della tv inizia a traballare fin quando la bella giornalista non lascia spazio ad un nero profondo segnato da alcune righe grigie e bianche.
«E che palle.» impreco digrignando i denti e prendendo a pugni la tv che, ovviamente, non vuole saperne di riprendere a funzionare.
È scoppiato un bel temporale a Gotham e a quanto pare non ha affatto intenzione di smettere, tuoni e lampi saettano fin troppo spesso facendo andare via la luce a tratti. Mi piace la pioggia violenta, è un rumore che mi rilassa e se solo avessi una fonte di luce continua mi metterei a leggere nella speranza di addormentarmi.
Sono a casa da sola, zio Jim è di nuovo in centrale sicuramente per studiare il caso di quel bastardo di Justin, dopo aver lavato i patti e sistemato un po’ la cucina vado in camera buttandomi sul letto a peso morto. Sospiro pesantemente dopo aver chiuso gli occhi, l’oscurità si accende tra un lampo e l’altro, il rombo dei tuoni frastornanti si sovrappone ad un altro leggermente più sottile, continuo, un picchiettio come se qualcuno stesse bussando al vetro della finestra.
Un lampo illumina l’immagine di Jerome ⁄ Jeremiah che sorride divertito mentre si regge sui gradini delle scale antincendio. Mi prende un colpo, urlo spaventata e mi tranquillizzo solo quando torna a picchiettare sulla finestra e la sua figura si fa più nitida.
«Non sono una pianta, non cresco se mi annaffiano!» protesta.
Abbozzo un sorriso, apro la finestra e lui entra senza far rumore. «Ma che bel castello!» dice con tono contenuto ma con voce esagerata e facendo un inchino: «Buonasera maestade.»
Una parte di me è felice nel vedere il proprio salvatore, l’altra, sempre più confusa, si chiede il motivo per cui lui è qui se questa mattina a scuola mi ha detto di stargli lontano.
Vorrei chiederglielo ma ha già preso la via della porta iniziando a girovagare per il piccolo appartamento nemmeno fosse suo, si reca in sala e dopo una rapida analisi del mobilio trova una foto mia e di zio sopra ad un mobile: «Che ci fai TU con Jimbo?» chiede incuriosito.
«È mio zio.» taglio corto per cercare di chiedergli tutto quello che mi passa per la testa e sperando che zio non entri in casa prima del previsto.
Jerome appoggia la foto nello stesso punto in cui l’ha trovata, poi si gira verso di me con un sorriso ampio ed esagerato.
Lo stesso che aveva ieri sera prima di accoltellare Justin Drake con dodici affondi.

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