E le stelle stanno a guardare

di Aky ivanov
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una sorpresa inaspettata ***
Capitolo 2: *** Chi proteso al futuro...Chi ricaduto nel passato ***
Capitolo 3: *** Danziamo sotto le stelle ***
Capitolo 4: *** Tra confronti e affronti, l'orgoglio affonda ***



Capitolo 1
*** Una sorpresa inaspettata ***


 

E le stelle stanno a guardare

~ Una sorpresa inaspettata ~

 

 

Mosca, 05 agosto

Ivan si asciugò la fronte imperlata di sudore in piedi su una delle sedie della cucina, il ripiano della credenza fin troppo alto da raggiungere senza supporto nonostante i suoi 26 anni. L’impianto dell’aria condizionata era fuori uso da due giorni, il tecnico in ferie fino alla settimana prossima e il vapore delle polpette saltate in padella era puntato dritto sulla sua faccia.
Yuri gli passò l’ennesimo barattolo di conserva estratto dalla busta della spesa nel medesimo stato accaldato accanto ai fornelli, cucinare non era stata la loro idea più brillante quella sera.
«Non possiamo chiamare un’altra ditta per aggiustarla? Tra poco diventeremo come quelle polpette»
«Sai benissimo che Boris le ha fatte scappare tutte» Yuri accartocciò una busta sollevando la seconda sul bancone da cui iniziò a tirar fuori dei pacchi di pasta «Alexander è l’unico che lo sopporti, quindi ci toccherà aspettare»
Ivan sbuffò gettando con malavoglia gli ultimi oggetti nel mobile facendo sorridere l’altro alle prese con la loro cena.
«Puoi sempre andare a trovare Sergej e Nataliya, ti accoglierebbero a braccia aperte come babysitter»
«No, grazie. Quelle due piccole pesti mi farebbero sudare sette camicie» voleva bene a quei due cicloni in miniatura che affettuosamente chiamava nipoti, ma gli bastava vederli poche volte a settimana «Piuttosto, dov’è Boris?»
Yuri si pulì le mani su uno strofinaccio indicando svogliatamente verso la porta della cucina nel suo muto countdown con le dita. Giunto all’uno un rombo di passi accompagnò il trafelato ingresso del ragazzo che dopo aver sfondato la porta del loro appartamento era entrato in stanza appoggiandosi alle ginocchia per riprender fiato.
«Scusate…i bambini mi hanno trattenuto…volevano vedere un attacco di Falborg….ma ci sono…» Boris inspirò profondamente ricomponendosi alla meglio «Non vi preoccupate, so che tocca a me stasera cucinare, sono pronto a preparare la cena»
«Sì, sì, come no» Yuri gli sventolò una mano con noncuranza sulla faccia, lanciandogli addosso lo straccio «Le polpette sono in padella, le patate già nel forno, assicurati almeno di controllare che nulla bruci…sappi che il debito aumenta»
«Yu dico davvero, non l’ho fatto di proposito! Perché non mi credi mai?»
«Forse perché il nostro appartamento è in una zona restaurata del monastero e quindi ti basterebbe semplicemente salire le scale dopo una certa ora?» intervenne Ivan ora comodamente stravaccato sulla poltrona intento a far rimbalzare una pallina sulla parete opposta.
«Maledetto nano da giardino»
Yuri si portò le mani sui fianchi con aria di rimprovero iniziando quella che Ivan considerò la prassi da quando Sergej aveva messo su famiglia quattro anni prima. Essendo rimasto da lui molte volte per la notte, aveva notato una certa somiglianza fra i suoi battibecchi con la moglie e quelli fra Yuri e Boris.
«Vado a fare la doccia, Ivan controllalo» e lui sembrava tanto il figlio messo in mezzo come scusante per placare una lite.
Boris gettò su un tavolino – senza nemmeno degnarla di uno sguardo – la posta che aveva ritirato prima di rincasare, concentrandosi a borbottare davanti alla padella con il cucchiaio di legno alla mano.
«Uguale a quella pazza sclerata di Irina quando stavamo insieme» girò con foga le polpette schizzando olio in giro «Una donna ciclata, ecco cos’è»
«Ti ho sentito» fu la fredda risposta dall’altro lato dell’appartamento.
«Versione potenziata, pure l’orecchio bionico»

 

 

Mosca, 06 agosto

Yuri, telefono incastrato fra testa e spalla, scaricò sul tavolo una cesta piena di giochi, libri, indumenti e altre cianfrusaglie che erano state donate alla sede del nuovo monastero divenuto ormai una specie di orfanotrofio innovativo. Inaugurato ufficialmente sei anni prima, gran parte del merito si doveva ai fondi iniziali messi a disposizione da Kei mai voluti indietro – e alle abilità giuridiche della mamma di Nataliya che aveva preso a cuore la loro causa.
«Sì, hanno scaricato proprio ora Sergej» iniziò a separare le varie categorie di materiale spostando il telefono dal lato opposto «È anche più roba del previsto…no, non provare a venire ad aiutare, goditi il tuo ultimo giorno di ferie con la tua famiglia»
Sergej sospirò, certe cose non sarebbero mai cambiate, non l’avrebbe mai avuta vinta contro quel tono imperioso.
«Fatti aiutare almeno da Ivan e Boris»
Yuri scostò il cellulare dall’orecchio per vedere l’orologio segnare le diciassette riavvicinandolo mentre piegava l’ennesima gonnellina «Ivan è impegnato a preparare la merenda ai bambini».
Posizionato l’indumento sulla pila dei vestiti femminili si mosse alla ricerca di una forbice per aprire l’imballo successivo «Boris invece sta pulendo tutta l’ala est»
«Non ha nuovamente preparato la cena?»
Yuri ridacchiò rispondendo affermativamente in un girotondo senza fine nella cucina, ovviamente le forbici non erano mai al loro posto.
«Dovresti prenderti una vacanza anche tu»
«L’ultima volta che l’ho fatto abbiamo dovuto chiamare l’idraulico perché il seminterrato si è allegato, uno dei bambini si è preso la varicella infettando tutti quanti compreso il sottoscritto» ricordatosi improvvisamente del decoupage serale ideato da Ivan per il bigliettino di auguri ad una delle bambine si avvicinò al tavolino trovando l’oggetto sotto un giornale «Boris ha quasi dato fuoco alla cucina lasciando un rotolo di carta accanto ai fornelli…Devo continuare?»
Imprecò alla fine della frase rasserenandosi di non aver bambini intorno pronti a ripetere il suo linguaggio colorito. Aveva urato erroneamente il cestino pieno di carta presente sul tavolino rovesciandone l’intero contenuto a terra.
«Ammetto siano un po’ troppe coincidenze, ma domani che torno potresti pensare di andarci»
Abbassatosi a sistemare il danno sbuffò al plico di lettere venuto fuori. Perché i suoi amici non imparavano a poggiarle sulla scrivania dell’ufficio preferendo rischiare l’ennesima mora da pagare sulle bollette?
Sfogliandole fra le mani una busta bianca quadrangolare attirò la sua attenzione, l’aprì estraendo un cartoncino finemente decorato da tralici dorati sul retro e traforato sul davanti, chiuso da un fiocchetto in raso color avorio. Non era una bolletta, né il genere di pubblicità che ricevevano tutti i giorni.
«Prendo il tuo silenzio come un sì?»
Il suono statico della linea fu l’unica cosa che Sergej udì per diversi secondi.
Yuri slacciato il nastro era rimasto ad occhi sbarrati dinanzi alla sinuosa calligrafia, non credendoci per davvero.

Kei Hiwatari & Hilary Tachibana
Sono liti di invitarvi al loro matrimonio.

Sabato 15 Agosto 2020, ore 10:30
presso Villa Hiwatari Nagoya, Aichi-ken, Tokyo

 

Si schiarì la gola dando un segno di vita al telefono.
«Yuri?»
«Hiwatari si sposa»
Questa volta il silenzio giunse dall’altro capo.
Yuri non poté fare a meno di sedersi a terra a contemplare l’invito tra le mani, affiancato da un secondo bigliettino con le informazioni stradali e la precisazione che avrebbero alloggiato alla villa senza dover spendere ulteriori soldi per l’hotel.
Dieci anni erano passati dal loro quarto ed ultimo mondiale insieme, allora era appena diciottenne. Certo, loro senza Hiwatari avevano preso parte fino al sesto campionato prima di ritirarsi ma constatare quante cose fossero cambiate in quegli anni faceva un certo effetto.
«Oh, ottima occasione per delle ferie non trovi?»
Sergej alle volte era veramente perseverante.


Mosca, 07 agosto

Boris dondolò un’ultima volta il passeggino lasciando cautamente la presa, quei due pargoli non erano così innocenti come sembravano appena addormentati. Nataliya gli sorrise riconoscente spostandoli delicatamente nell’angolo più fresco della cucina, ancor più calda del solito quella mattina dato il sovraffollamento. Sergej era tornato attivo nel monastero portando con sé la famiglia – dopotutto erano invitati anche loro – ed aveva annunciato a sua volta di aspettare un terzo figlio. Si massaggiò lo stomaco dove Yuri senza troppe cerimonie gli aveva mollato una gomitata quando ironicamente aveva fatto loro notare l’uso di apposite precauzioni.
Era un’innocua battuta.
«Dobbiamo seriamente fare due chiacchiere con il postino, come si fa a smarrire la posta e riconsegnarla dopo mesi?
»
Sergej che aveva fatto la domanda era seduto perplesso su uno dei pioli della scala nel coraggioso tentativo di riparare il condizionatore.
«Kei ieri mi ha detto di aver spedito gli inviti a maggio, tra il passaggio di gestione dell’azienda di famiglia interamente nelle sue mani e i preparativi del matrimonio non si era accorto mancasse la nostra risposta. Il postino però non è l’unico colpevole»
Yuri lanciò un’occhiataccia al suo indirizzo sbattendo il cucchiaino nella coppa del gelato.
«Mi sono già scusato, non iniziare di nuovo! Come se un giorno potesse fare la differenza!»
Ivan sbatté la testa sulle braccia poggiate al tavolo ormai rassegnato. Iniziava la nuova rissa della giornata, fortunatamente i gemellini avevano il sonno pesante.
«Continuano a far sempre così, eh?»
Si voltò verso Nataliya intenta a tagliare le verdure, i capelli biondi raccolti in uno scomposto chignon e l’espressione divertita rivolta ai due litiganti. Era stato strano vederla sposare il suo amico dopo i primi tempi in cui tutto sembrava suggerire un interesse verso il ragazzo dai capelli rossi.
«Sono peggiorati da quando Sergej è andato via, sembrano una coppia sposata ai ferri corti»
L’improvviso silenzio gli suggerì di essere stato ascoltato, si alzò repentinamente spostandosi vicino alla scala utilizzando la cassetta per gli attrezzi come scudo mentre rivolgeva un’occhiata supplichevole al gigante biondo che bonariamente accorse in suo aiuto.
«L’obbiettivo del giorno non era decidere cosa regalare?»
Yuri annuì a corto di idee combattendo la sua guerra personale contro Nataliya nell’intento di aiutarla con il pranzo, fallendo miseramente. Tornò rassegnato a mangiare il suo gelato guardando lo schermo del laptop dove nella barra di ricerca Boris aveva scritto “Cosa regalare a un matrimonio?”.
Cucchiaino penzolante alla bocca gli rivolse un’occhiata eloquente.
«Accontentati, almeno ci sto provando»
Ivan passò un cacciavite all’amico scrutando il duo a tavola.
«Scusate ma abbiamo già partecipato a quello di Sergej, cosa gli abbiamo regalato?»
Boris ad occhi spalancati rivolse all’improvviso tutta la sua attenzione al computer battendo una mano sulla schiena di Yuri a cui era andato di traverso il gelato. La donna intenta a soffriggere le verdure rivolse un’occhiata divertita al marito sotto lo sguardo incapiente di Ivan.
«Che avete? Io non lo ricordo!»
Yuri gli scoccò un’occhiataccia tossendo un’ultima volta, le guance arrossate per lo sforzo e qualcos’altro, rispondendo fin troppo a bassa voce.
«Niente» un improvviso interesse anche suo per il desktop «Non gli abbiamo regalato niente»
Ivan fu colpito da un flash: il matrimonio sobrio, il pranzo insieme al monastero, Kei che regala una busta ai festeggiati e loro che si guardano non sapendo che pesci prendere.
Lo avrebbero ucciso quando i due coniugi sarebbero andati via.
Sergej si lasciò scappare un tenero sorriso, Yuri era un bugiardo. Gli avevano augurato di essere felice e crearsi la famiglia che nessuno di loro aveva potuto avere, era il regalo più bello potesse aspettarsi da loro.

 

Dopo pranzo la situazione non era migliorata, erano ancora punto e accapo per l’idea del regalo. Boris aveva dichiarato forfeit accasciandosi sul pavimento dove i bambini avevano ben pensato di usare il suo cadavere come base per costruire la loro torre di costruzioni. I genitori di Nataliya avevano assicurato di potersela cavare da soli per il resto della giornata nella gestione del monastero ma Ivan aveva preferito andare a dare una mano. Sergey era seduto sul pavimento con Anja in grembo intenta a impilare un blocco colorato sul naso di Boris, mentre sua moglie si era appisolata sulla poltrona.
Yuri sospirò, gli avevano scaricato la patata bollente.
Aprì il browser scorrendo la cronologia alla ricerca di qualche illuminazione fra le indagini precedenti di Boris, restando sconcertato dalle parole chiave utilizzate.
Cosa si regala a un matrimonio?
È obbligatorio presentarsi ad un matrimonio con un regalo?
Cosa regalare a un russo e una giapponese
Servizi da tè giapponesi
Cos’è lo chashaku
Dizionario giapponese-russo
Servizi da tè con fantasia beyblade
Perché cazzo Hiwatari doveva sposarsi?!
Temperature Tokyo il 15 agosto
Voli Mosca-Groenlandia
«Trovato qualcosa?»
Scosse la testa frastornato nell’improvvisa realizzazione di un particolare agghiacciante.
«Sergej, noi andremo al matrimonio il 15 di Agosto…Tokyo non è Mosca»
Chiuse di scatto il portatile diretto in bagno, al sol pensiero era sorto il desiderio irrefrenabile di una doccia ghiacciata.


Mosca, 08 agosto

Anja e Dimitrij correvano felici nel cortile del monastero giocando con gli altri bambini, inseguiti da Ivan che nella loro immaginazione doveva essere il drago sputafuoco da sconfiggere.
Boris e Yuri guardarono soddisfatti il loro lavoro, il nuovo beyblade stadium era perfetto per gli incontri d’allenamento in vista di future gare. D’altronde quel posto era pieno di giovani promesse per quello sport.
«Quindi Hiwatari ha davvero detto di poter andare da lui già domani?»
Yuri annui raccogliendo gli attrezzi e avviandosi verso l’interno.
«Sì, penso abbia parlato con Sergej e la sua idea di vacanze» si bloccò all’improvviso prima di entrare scuotendo il dito verso un bambino poco distante da loro «Adam no, non si sale sull’albero nemmeno per giocare a nascondino»
Il bambino di sei anni colto in flagrante aveva abbassato i piedini dalla corteccia, rialzandoli un secondo dopo aver visto i ragazzi entrare.
«Fossi in te non lo farei»
Adam si voltò verso l’ingresso da cui era giunta la voce minacciosa di Yuri non trovandolo. Per la fantasiosa immaginazione di un bambino l’uomo severo doveva avere occhi ovunque come i mostruosi alieni del suo cartone animato preferito.
Alla fine deglutì pesantemente preferendo andare a giocare a qualcos’altro.
«Lo hai terrorizzato»
Boris ridacchiò chiudendo la tende della sala mensa affacciata sul cortile, alle volte quei bambini erano davvero ingenui. Ancora non si era abituato a guardare quella stanza con lo scroscio di risate allegre in sottofondo.
Diretto alla credenza prese le tovagliette colorate dal ripiano scontrandosi in pieno con Sergej entrato di volata in stanza. Il suo amico leggermente incavolato brandiva minacciosamente il laptop già precariamente semidistrutto.
«Boris ti avevo detto di prenotarli!»
L’interessato inarcò un sopracciglio sistemando le posate sul tovagliolo, affiancato dallo sguardo interrogativo di Yuri.
«I biglietti dell’aereo, ieri ti avevo lasciato i dati del bancomat dovevi solo confermare!»
«Oh, ecco cosa dovevo fare» sentì addosso l’occhiata omicida del rosso senza bisogno di voltarsi «Quante storie, prenotiamo ora»
Il totale della prenotazione in extremis fu 174 192 rubli
1, forse non avevano tutti i torti a lamentarsi del ritardo.


Mosca, 09 agosto

Yuri infilò per ultimo in valigia il vestito del matrimonio – riciclato da quello di Sergej – , ricontrollando mentalmente la sua lista ed assicurandosi di non dimenticare nulla.
Sconfortato si avvicinò al letto del suo compagno di stanza ancora nel mondo dei sogni. Erano le otto del mattino, l’areo sarebbe partito fra meno di tre ore e lui stava ancora dormendo.
«Boris andiamo, hai ancora la valigia da sistemare» lo scosse con poca grazia ottenendo un grugnito in risposta e il suo braccio afferrato e trascinato verso di lui, tanto da farlo finire seduto a terra accanto al letto.
Perfetto, Boris stava nuovamente facendo uno dei suoi numerosi e strampalati sogni erotici. Gli urlò a un centimetro dall’orecchio facendolo sobbalzare, finalmente libero di rialzarsi da terra.
Boris mise a fuoco lentamente il volto diafano con le due ciocche rosse ribelli sul davanti. Le corna erano scomparse con gli anni sostituite da un taglio di capelli ancora lungo quanto bastava per formare un codino alla base della nuca.
«Tu…non sei Irina»
«Grande scoperta» fu la pronta risposta seccata «Muoviti che l’aereo non aspetta a noi»
Svogliatamente scostò il lenzuolo, il suo ex capitano non avrebbe mai imparato le buone maniere da usare al mattino «Buongiorno anche a te Yu».
Yuri sembrò non gradire la sua ironia incrociando le braccia.
Boris ricadde disperato sul letto non essendo pronto a sopportare un attacco di prima mattina.
«In merito al tuo bellissimo sogno, vedi di fartene una ragione, Irina si è sposata un vecchio bacucco per soffiargli l’eredità» ci fu una pausa in cui Boris mestamente aprì gli occhi sorpreso da quella breve durata, l’attenzione del suo amico era puntata verso un punto più in basso sul letto «Già che ci sei, usa anche l’acqua gelata. Il piccolo Boris sembra aver apprezzato ugualmente»

Boris sbadigliò davanti la tazza di latte, versandoci fin troppo sciroppo alla menta in preda ai rimasugli del sonno.
Ivan lo guardò divertito sgranocchiando dei biscotti, più attirato dal suo stato che dalla rivista che inizialmente stava leggendo. Con un cenno del capo il piccoletto gli indicò Yuri concentrato nella stesura del quarto foglio da lasciare ai suoceri di Sergej.
Una lista di informazioni su cosa bisognava fare nella struttura, le allergie dei bambini, gli orari in cui mangiavano, attività e incontri con gli assistenti sociali e una serie infinita di altre cose che gli fecero provare pena per quella povera coppia.
Sperava Sergej arrivasse presto a prenderli per andare all’aeroporto.
Yuri interruppe la sua scrittura al suono del cellulare. I due accanto a lui potevano pure prenderlo in giro ma lui voleva star tranquillo durante quella settimana di vacanze forzata senza dover essere chiamato per le precisazioni più disparate.
Rispose al numero sconosciuto pensando ad un qualche operatore telefonico.
«Buongiorno, signor Yuri Ivanov?»
«Sì»
«Sono il colonnello Viktor Smirnov, non so se si ricorda di me, ho gestito le indagini sul conto di Vladimir Volkov» come dimenticare il nome del loro salvatore, ovvio che lo ricordasse. Era stato quell’uomo a gettare a vita Vorkov dietro le sbarre.
«Certo, mi dica pure»
«C’è stato un problema all’archivio e alcuni documenti sul suo caso si sono danneggiati, mi servirebbero nuovamente alcune delle vostre testimonianze. Sarei grato a lei e ai suoi compagni se in mattinata potreste venire all’ufficio»
Yuri osservò i biglietti dell’aereo emettendo un profondo sospiro. Lo aveva detto a Sergej che non doveva andare in vacanza.


Mosca, 10 agosto

Sergej, seduto al posto del guidatore tamburellò le dita sul volante in attesa di Ivan che aveva pensato bene di buttarlo giù dal letto alle tre del mattino. Ora erano le quattro e si trovava davanti alla stazione di polizia sperando in bene che Ivan avesse davvero dimenticato il passaporto lì il giorno prima. Yuri senza mezzi termini aveva già chiesto il risarcimento per il volo perso, soldi che sarebbero arrivati solo seguendo i lenti tempi della burocrazia rendendolo abbastanza nevrotico.
Sbloccò il display del cellulare aprendo l’applicazione dei biglietti di viaggio, un leggero sconforto per le diciannove ore di volo che li attendevano di lì a poco, non aveva idea di come mantenere i suoi figli fermi su un sedile per tutto il viaggio. Al di là della spropositata cifra sborsata, si erano dovuti accontentare anche della tratta più lunga.
La portiera si aprì e il ragazzo trionfante mostrò il passaporto ritrovato consolandolo almeno su una cosa: Yuri non sarebbe collassato all’idea di spendere soldi per la terza volta.
Mise in moto dirigendosi direttamente a casa sua, la partenza fissata alle sette del mattino rendeva praticamente inutile accompagnare Ivan al monastero e fare avanti e indietro due volte.

Seduti al bar dell’aeroporto Sergej allungò una tazza di caffè all’indirizzo di Yuri. Due profonde occhiaie e letteralmente un diavolo per capello – considerando quanto erano scompigliati – incorniciavano un volto che non aveva proprio l’idea di voler andare in vacanza.
«Nemmeno quando Anja e
Dimitrij piangevano tutta la notte arrivavo in questo stato al mattino»
Yuri bevve tutto d’un fiato quella miscela senza zucchero placando leggermente il suo nervosismo.
«Ho dormito un’ora per aiutare Ivan e la sua maledetta ricerca prima di gettarlo fuori dalla porta a calci in culo quando si è ricordato di averlo lasciato al commissariato»
Sergej li immaginava tutti indaffarati a mettere a soqquadro l’intero appartamento accompagnati dal ronfare di Boris, gli anni bui erano passati lasciando pian piano emergere quei lati caratteriali relegati a forza in un angolo durante l’infanzia. Qualche volta gli mancava non abitare più con quei casinisti ma sicuramente non era quella l’occasione.


Nonostante la prenotazione tardiva erano riusciti a trovare posti vicini nell’aereo, occupando la fila centrale da cinque posti e la coppia su uno dei lati.
Ivan aveva preso posto accanto al finestrino con Boris, conscio di rischiare di essere ucciso nel sonno se solo avesse osato entrare nel raggio vitale di Yuri mentre quest’ultimo era seduto con Sergej e famiglia, precisamente sul posto del corridoio accanto ad Anja.
Guardando la sua piccola principessa sveglia e pimpante attaccarsi al braccio del moscovita, Sergej iniziò fortemente a dubitare di poter definire quella sistemazione una fortuna.


Tokyo, 11 agosto

Ivan insieme a Boris mantennero le distanze dal resto del gruppetto, avevano dimenticato di calcolare il fuso orario trovandosi ad atterrare alle quattro del mattino. Personalmente Ivan era abbastanza riposato, ciò non lo si poteva dire di Yuri che a parte una breve dormita – interrotta da una turbolenza – il resto del viaggio lo aveva passato a commentare cartoni animati, colorare e giocare con la bambina accanto a lui nonostante i vani tentativi di Sergej di tenerla ferma.
Yuri non avrebbe mai rifiutato di passare del tempo in sua compagnia, stravedeva per Anja anche se negava continuamente le loro insinuazioni.
A lei si era poi unito
Dimitrij creando una miscela iperattiva esplosiva.
Gettò un’occhiata all’andatura sbilenca del rosso preoccupandosi di vederlo crollare da un momento all’altro.
«Secondo te ci arriva a casa Hiwatari?»
Boris diretto al check out seguì il suo sguardo scuotendo la testa, stava già cercando il numero delle emergenze giapponese.
Uno strattone alla giacca e fu costretto a fermarsi, Ivan gli stava indicando un punto oltre la vetrata sulla pista esterna.
«Quello non ti sembra Kei?» seguì la direzione dell’indice strizzando gli occhi per vedere al buio, spiaccicato contro il vetro alla ricerca della fatidica persona individuata con non poche difficoltà solo grazie alla chioma argentata spiccante in quel gruppetto variegato sotto la luce dei lampioni.
«Sì, è proprio lui. Dove stanno andando a quest’ora?»
«Forse atterrava qualcuno che ha chiesto il suo aiuto»
Boris annui poco convinto, in quel caso avrebbe mandato il maggiordomo pur di non uscire di casa. In più, era accompagnato distintamente da altri ragazzi, tra cui una distinguibile chioma bionda, tutti allegramente diretti verso la zona di decollo. Uno sguardo più attento e la sua attenzione fu catalizzata dal jet appena sistematosi sulla pista privata dove il logo delle industrie Hiwatari spiccava sul lato.
«Sta partendo…vuoi vedere che il piccolo rampollo va a spassarsela prima del matrimonio senza di noi!?»
Ivan annui concorde offeso in egual modo mentre Boris chiamava al telefono senza risultato il loro pseudo amico. Anche mettendosi a correre non li avrebbero mai raggiunti per tempo, il tutto si decise in una frazione di secondo.
Un caddy del controllo aeroportuale parcheggiato davanti all’area di imbarco attirò il loro interesse.
Ivan si scambiò uno sguardo d’intesa con Boris, i due cominciarono a correre scavalcando le transenne divisorie, catapultandosi sulla macchinina che aveva ancora le chiavi attaccate. Una delle guardie a distanza cominciò a inseguirli nell’aeroporto semi deserto urlando in diverse lingue nel tentativo di bloccare i trasgressori dei controlli d’uscita.
«Vai Ivan, parti, parti, parti!»
Il ragazzo girò la chiave partendo a manetta con un sobbalzo in quello che doveva essere una nuova variante del mezzo. Non ricordava una velocità così elevata.

 

«Mi dispiace che Anja ti abbia stressato tutto il volo»
Yuri scacciò con un gesto della mano le ennesime scuse del suo amico, quella bambina non aveva colpa della sfortuna che lo perseguitava. L’emicrania sicuramente non l’aveva scatenata lei ma il bocchettone difettoso dell’area condizionata, ovviamente capitato sulla sua testa.
Nataliya li aveva preceduti con i due terremoti per dargli un attimo di respiro, ma in realtà considerava più problematici gli altri due ragazzi insolitamente silenziosi dietro di loro che i veri bambini.
«Ah Yuri, non l’avrei mai detto ma il tuo amore per i bambini non ha eguali»
La risata di Sergej aumentò al broncio di risposta, era una goduria prenderlo in giro su quel fronte.
Lo stridio delle gomme seguito da alcuni urli risuonarono nell’aeroporto arrestando la loro camminata. Yuri non fece in tempo a voltarsi che si sentì afferrato per la vita. Catapultato in un disordine di luci e suoni urtò la testa contro qualcosa avvertendo le gambe improvvisamente pesanti.
Sergej sul momento non capì nulla, pensando a un improvviso rapimento aveva afferrato le gambe del rosso penzolanti dal caddy ed era rimasto attaccato ad esse strusciando sul pavimento e in parte sull’asfalto. Ringraziò gli anni di allenamenti passati che gli permisero di issarsi sul retro del trabiccolo e osservare i due spericolati guidatori sulle cui gambe riversava Yuri, le mani premute sulla fronte senza alcun freno nella sua scarica di maledizioni.
«Cosa diavolo vi è saltato in mente?!» il suo urlo si perse nel vento seguito da quello alle sue spalle, un paio di guardie li stavano inseguendo arrancando in affanno.
«Rilassati Ser, è tutto sotto controllo!»
Una sterzata improvvisa e quasi non si trovò catapultato di fuori.
«Yuri mi senti?! Stai bene?» aggrappato ad una delle aste per non cadere si era sporto ma la risposta non l’aveva capita coperta dal suono del clacson.
Un’improvvisa frenata e fu scaraventato in avanti, escoriandosi il braccio contro il cruscotto pur di non ammazzare il povero ragazzo frastornato.
Kei pensava di averle viste tutte dopo gli anni con i Bladebreakers ma ammise a sé stesso che quella dei russi superava tutte le loro stramberie.
Parcheggiati davanti al suo jet, Boris e Ivan capelli sparati in ogni direzione a causa del vento sorridevano vittoriosi. Quello che presumeva fosse Sergej si stava lentamente rialzando sanguinando dal braccio.
«Allora Hiwatari, volevi partire senza di noi?»
Boris incurante delle diverse pattuglie in avvicinamento era sceso andandogli incontro, salutandolo con quel suo ghigno divertito. Lui era intento a chiedersi se le gambe che si era scrollato di dosso fossero di qualcuno ancora vivo ma soprattutto se fossero di colui che mancava all’appello.
Rimase in silenzio affiancato da un alquanto perplesso Rei mentre Takao e Daichi salutavano allegramente nel medesimo stato scanzonato.
«Oh my friend, abbiamo compagnia!» l’allegra vocina di Max spuntato nel mezzo poggiando un braccio su entrambe le spalle non lo invitò per nulla ad unirsi alla cricca.
«Perché tutte quelle guardie stanno correndo verso di noi?» chiese preoccupato il professor Kappa aggiustando sul naso i suoi nuovissimi occhiali a montatura nera.
«Mi sembra abbastanza ovvio, i russi devono aver combinato qualche casino, che novità» rispose Andrew con voce sprezzante osservando Ivan spostarsi leggermente preoccupato accanto a Boris.
Le guardie erano ormai arrivate a piena portata d’orecchie, ma non furono loro a preoccupare il nippo-russo. Sergej aveva iniziato a urlare accanto al caddy attirando la loro attenzione.
«No Yuri! FERMATI!»
«YA tebya ub'yu!
2»
Il gruppetto guardò attonito quello che ricordavano essere il glaciale e impassibile capitano della Neoborg urlare come un forsennato, bloccato per le spalle e sollevato da terra dalle forti braccia di Sergej. Le gambe dimenate nel vuoto nel tentativo di divincolarsi dalla presa mentre guardava in direzione di Boris con occhi azzurri pieni di istinto omicida.
«Non è la stessa frase che hai detto a Hilary l’altra sera?»
Kei osservò lo stato disfatto del russo preferendo non mettersi in mezzo, Yuri sarebbe stato capace di uccidere anche lui quando entrava in modalità killer. Continuò a osservare la scena rispondendo senza mezzi termini a Takao, una vena pulsante sulla tempia all’idea del giapponese che origliava la sua conversazione privata.
«No, hanno un suono simile. Yuri non sta pronunciando smancerie, sta minacciando di ucciderlo. Come farò io con te se provi di nuovo ad ascoltare i fatti miei con Hilary»
Le guardie arrivate sul posto non furono preparate a quanto successe, il loro obbiettivo era prendere i due ladri. L’indemoniato dai capelli rossi libero di muoversi aveva urlato loro di non mettersi in mezzo avventandosi sul ladro più grande, dando vita a una rissa sull’asfalto.
Rei andò in soccorso di Sergej nel tentativo di fermare quel caos mentre Kei cercò di sistemare eventuali danni causati da quegli irresponsabili, non voleva ricordarsi il suo matrimonio in commissariato.

Seduti nel jet, Sergej lasciò che Max disinfettasse il suo braccio insieme ai diversi taglietti procuratosi sulle braccia e sulle gambe dal precedente giro sul pavimento dell’aeroporto. Boris dal canto suo aveva l’impacco di ghiaccio premuto sul labbro spaccato, seduto al capo opposto dell’aereo rispetto a Yuri che continuava a guardarlo in cagnesco con il suo impacco sulla testa.
Rei seduto quasi nel mezzo alternava lo sguardo fra le due belve in cerca di aiuto verso Takao che aveva ben pensato di addormentarsi.
«Amsterdam eh?» fortunatamente per lui Ivan sembrava essere ancora di buon umore «Geniale portare Kei lì per l’addio al celibato. Di chi è stata l’idea?»
«Mia modestamente, i giapponesi non sapevano nemmeno cosa volesse dire» Andrew poggiò la testa sul palmo sorridendo con superiorità «Da noi solitamente dura un intero weekend ma ci siamo dovuti adattare, ovviamente partendo di notte per evitare troppa gente su richiesta di Hiwatari. Penso non sapesse del vostro arrivo in mattinata»
Il particolare di voler far spendere volutamente un patrimonio a Kei poteva ometterlo.
Il bicolore guardò fuori dal finestrino, non gli interessava tutto quel progetto, lo avevano praticamente sequestrato da casa sua nel cuore della notte.
Rei si irrigidì sul sedile quando all’improvviso si trovò accanto Yuri. Il moscovita doveva essere stato un gatto in una vita passata dato che nessuno l’aveva sentito. I suoi timori di un’altra rissa si rivelarono infondati, Yuri ripreso il suo proverbiale autocontrollo e un’espressione estremamente seria aveva allungato il telefono verso Sergej.
«Nataliya»
Sergej sbiancò improvvisamente.
La sua famiglia, l’aveva lasciata all’aeroporto.


Amsterdam, 11 agosto

Yuri era ormai al limite.
Trangugiò il suo bicchiere di caffè corretto con la vodka come fosse acqua fresca.
Rei addentò la sua brioche continuando a osservare il ragazzo seduto di fronte con preoccupazione, erano atterrati venti minuti prima e la colazione inizialmente era sembrata la proposta più saggia.
«Yuri scusa se mi permetto, ma non credo ti faccia bene bere alcool già alle dieci e mezza del mattino».
Ingoiò a fatica il suo dolcetto al bicchiere diventato un cartoccio inutilizzabile dopo la sua domanda.
«Ho passato le mie ultime ventinove ore su un aereo per due viaggi consecutivi. Tenendo da conto viaggio e fuso orario è come se non dormissi da due giorni, ho una probabile commozione celebrale e tu mi vieni a dire che un po’ di vodka al mattino non è salutare?!»
Rei preferì non continuare, la voce di Yuri era prossima a un esaurimento nervoso malgrado avesse cercato di contenerla il più possibile e dovette ammettere che tutte quelle ore d’areo spiegavano il perché Ivan accano a lui continuasse a mescolare la sua tazza da quindici minuti.
A due posti di distanza la situazione era ben diversa.
Boris perfettamente fresco e riposato fissava senza batter ciglio Max che iniziava a sentirsi a disagio. Il pizzetto biondo proprio non riusciva a vederlo adatto al volto dell’americano, stonava con i suoi lineamenti dandogli un’aria particolarmente bizzarra.
«Di un po’, in America va di moda?»
Max lo guardò perplesso alla domanda improvvisa, capendo il fulcro della discussione quando il russo indicò il proprio mento.

«Ah no, non vivo in America. Ho preso in gestione il vecchio negozio di mio padre ampliandolo, ora è integrato nella struttura della BBA. Il pizzetto ho dovuto farlo crescere perché continuavano a scambiarmi per un ragazzino e non per il proprietario»

La risata cristallina di Max alleggerì l’atmosfera per tutta la tavolata, lo stesso Kei sorrise ricordando la sua visita alla nuova sede dove Max disperato cercava di convincere dei bambini che non aveva quindici anni.
Soddisfatta la sua curiosità, Boris aveva cambiato il suo obbiettivo inquadrando la persona seduta nel mezzo fra l’americano e Yuri.

«Allora Hiwatari, tu invece hai qualche idea precisa su come vuoi spassartela?»

«Io nemmeno volevo venirci qui, ho un’azienda da portare avanti»

Takao apparve da dietro abbracciandolo e lui cercò di divincolarsi.

«Oh quanto sei noioso! Sono i tuoi ultimi giorni di libertà!»

«Takao ha ragione, per prima cosa dovresti togliere quel triste completo, chi vuoi ti si avvicini vedendoti in giacca e cravatta»
Daichi comparso anche lui alle spalle gli aveva tolto la cravatta beccandosi una minaccia di morte alla quale sfuggì nascondendosi dietro Yuri, il quale fissava il bancone indeciso se ordinare un secondo bicchiere.

«Non mi sembra il caso di prendere consigli di moda da te. Presenti gli incontri nello stesso strampalato modo del vecchio Dj man»
Yuri improvvisamente interessato guardò il ragazzo, l’ultimo campionato l’aveva seguito di sfuggita a causa di alcuni problemi al monastero ma ricordava distintamente l’incontro a San Pietroburgo dove il presentatore era vestito da matrioska.

Non aveva capito fosse lui nel costume.

«Che hai da ridacchiare tu?»

Daichi lo stava guardando offeso, scosse la testa incrociando lo stesso divertimento negli occhi di Boris. L’intera sfida quel giorno l’avevano passata a prendere in giro quel vestito.

«Suvvia ragazzi smettetela, piuttosto Sergej è ancora qui fuori a parlare con sua moglie non dovreste dirgli che è arrivata la sua ordinazione?» nessuno ascoltò il professor Kappa, troppo impegnati a prendere il giro il povero sfortunato, persino Kei.

Andrew continuò a osservare la cartina cerchiando i posti in cui andare, i più cari della zona ovviamente, rispondendogli distrattamente «Io ancora non riesco a credere che si sia sposato prima di me. Posso capire Rei e Mao ma lui? Nah»

«OH, SMETTETELA!»

Daichi sbottò dimenando le braccia e colpendo un cameriere di passaggio con il suo vassoio, il cui contenuto si riversò sul povero Kei.
Boris sogghignò guardando la faccia del nippo-russo coperta di panna, perché era davvero difficile capire il restante contenuto dei bicchieri finiti sui suoi vestiti.

«Guarda il lato positivo, ora devi cambiarti per forza»

 

Kei si convinse di non avere degli amici.

Lo avevano derubato di tutti i suoi vestiti costringendolo a indossare una camicia arancione fluo – idea di Max - su dei pantaloni neri fin troppo attillati, trascinandolo nel quartiere a luci rosse della città. A cosa servivano gli avvertimenti contro i borseggiatori se le persone a lui più care gli avevano ormai portato via tutto. Persino la dignità.

I russi non sarebbero dovuti venire.

Al di là di Andrew che misteriosamente aveva voluto organizzare il viaggio, Takao e Daichi accompagnati da Max avrebbe ancora potuti gestirli se non fossero stati soggiogati dai consigli di Boris. Ivan altalenante risultava una mina vagante, alle volte lo aiutava altre volte lo gettava in situazioni più incresciose accompagnando Boris. Quei due erano pericolosi insieme e fuori controllo con Yuri sempre più vicino a sembrare un morto che camminava. Rei e Sergej erano sicuramente più posati data la loro situazione coniugale ma non stavano facendo nulla per aiutarlo e il professor Kappa…lui era impegnato a schermarsi il viso ogni volta che passavano davanti a qualche vetrina fin troppo osé.

Sembravano una ridicola combriccola in quelle strade.

«Rispetto per i lavoratori del sesso di tutto il mondo» Boris lesse ad alta voce la targa della statua femminile dedicata a una prostituta battendone una mano sulla gamba «Parole sante donna»

Sergej roteò gli occhi spingendolo a proseguire.

Avevano già trascinato il povero Kei in un museo dedicato alla vita della prostituzione – dove onestamente si era chiesto il perché di determinati arnesi in camera da letto, rifiutando di ascoltare la guida e compatendo l’improvviso rossore sul volto del novello sposo al consiglio di Takao di provarne uno la prima notte di nozze – e in un coffe shop dove Takao e Daichi avevano costretto Kei ad aspirare un tiro di un qualche tipo di erba mentre lui era impegnato ad accertarsi delle condizioni di Yuri che dopo essere entrato nel locale, per via del forte odore, era uscito fuori dicendo di sentirsi poco bene.

 

Le luci stereoscopiche illuminarono i divanetti del quarto nightclub in cui erano capitati. Kei suo malgrado si ritrovò ad osservare le movenze della ballerina vestita nella sua succinta tutina nera, le calze a righe fin sopra il ginocchio e un manganello nella mano.

Boris continuava a battergli pacche sulla spalla mentre Takao spariva chissà dove trascinato da una donna.

Andrew sorseggiò soddisfatto il suo drink storcendo il muso al russo e al cinese accanto a lui sui divanetti, gli allegri maritini gli stavano rovinando l’atmosfera creata con tanta cura con i loro futili discorsi.

«Quindi tu e Mao vi siete spostati tre anni fa per via dell’imminente nascita della bambina?»

«Sì, è stato tutto organizzato in fretta e furia, i suoi genitori erano scandalizzati all’idea…per non parlare di Lai che voleva uccidermi, ma la nascita di Lin ha placato gli animi»

«Oh smettetela di sembrare delle tenere signorine intente a prendere il tè!»

Andrew urlò per farsi sentire oltre l’assordante suono della musica.
Yuri scosse la testa bevendo d’un fiato l’ennesimo cocktail, l’inglese perdeva in partenza, l’argomento figli era stato introdotto e Sergej sarebbe rimasto lì a parlare per ore.

«Geloso di qualcosa?»

Rei con il suo sorriso da schiaffi sembrò cogliere nel segno ed Andrew si alzò stizzito non degnandolo di risposta per unirsi alla folle danza di Max, chiedendogli in un impeto di gentilezza «Vieni anche tu o preferisci arrivare ad un nuovo coma, questa volta etilico?»

«La seconda, preferisco dimenticare di essere qui»

I due papà apprensivi si voltarono contemporaneamente iniziando a suggerirgli di smetterla di bere, intenzionati a togliergli l’unica consolazione della giornata. A modesto parere di Yuri, i due avevano sbagliato completamente soggetto. La loro preoccupazione doveva essere rivolta al barcollante Kei non in grado di reggere l’alcool accanto al cubo, non a lui. Daichi affascinato dal discorso sulle armi di Boris si era sentito particolarmente ispirato e aveva ordinato per Kei un AK-4.

Yuri era stato convinto che Kei non l’avrebbe bevuto ma completamente rincitrullito com’era dalla ballerina il genio incompreso l’aveva pure ingerito di botta. Da buoni dieci minuti lo stava osservando ridere abbracciato a Daichi rischiando di inciampare ogni secondo.

«Anziché tormentarmi l’anima pensate a recuperare lo sposo se volete arrivi al matrimonio»

Indicò la coppietta ballerina ai due che finalmente si zittirono lasciandogli godere in pace la sua bevanda…o quasi. Una corpulenta donna aveva abbracciato i due ubriaconi strusciandosi contro Daichi e dando un bacio appassionato a Kei, il quale aveva anche ricambiato con vigore.

Rei era partito come un razzo verso di loro, evidentemente doveva aver notato un rigonfiamento di troppo in quella che a quanto sembrava era una donna solo nei vestiti. Lui non ce l’aveva fatta, era scoppiato a ridere tenendosi la pancia davanti allo spettacolo, al quale si erano uniti i lascivi tentativi del tipo rivolti anche a Rei.

«Hilary può ritenersi contenta» accasciandosi con la testa sulle gambe di Sergej a fatica riuscì a parlare rivolto in direzione del gruppetto «Questo non può nemmeno considerarsi tradimento».

L’altro ragazzo si limitò a grattarsi la testa non sapendo cosa fare, per lo meno Yuri si stava finalmente divertendo ma Kei cascato a terra non si era più mosso. Max aveva urlato ad una delle ragazze del lap dance – a quanto pare infermiera di giorno - di soccorrerlo e Daichi agitava le braccia verso il cielo vedendo qualcosa che ai suoi occhi sfuggiva.

La parte più preoccupante però era l’angolo vuoto del divano alla sua destra, dove dall’inizio serata si era rintanato il professor Kappa.

«Dov’è finito Manabu?»

Il proprietario dei due occhi azzurri lucidi a causa dell’ilarità l’osservò perplesso cercando di riprender fiato.

«Il Professor Kappa, si chiama Manabu. Sai dov’è finito?»

Le risate cominciarono più forti di prima. Sergej pensò a causa del nome particolare ma Yuri contorcendosi su sé stesso stava ormai piangendo. La mano faticosamente battuta più volte sul suo ginocchio non servì solo per la ricerca d’aria, fra le lacrime parzialmente versate Yuri gli stava indicando con sforzo qualcosa.

Alzò lo sguardo su uno dei cubi centrali della pista. Manabu, una cravatta legata attorno alla testa e con solo i pantaloni indosso ballava a ritmo di musica affiancato da Takao con una parrucca bionda.


Amsterdam, 12 agosto

Yuri aprì gli occhi lentamente a causa di un rumore metallico.

La prima cosa che mise a fuoco fu la moquette grigiastra sulla quale era disteso, schiacciato dal peso di un braccio. Lentamente si voltò, una fitta alla testa per aver dormito in quella scomoda posizione, trovandosi davanti il proprietario del peso morto sul suo stomaco.

Boris lo stava abbracciando nel sonno.

Liberatosi di lui riuscì a rimettersi in piedi appurando dal cielo esterno fosse ormai pomeriggio. Notò inoltre il professor Kappa con il torace ricoperto di brillantini addormentato di sbieco sul matrimoniale, stesso letto su cui si trovavano anche Daichi e Takao entrambi ricoperti dai segni di un rossetto rosso. Sergej aveva invece occupato una delle poltrone mentre nel bagno in cui entrò barcollante trovò Andrew addormentato nella vasca insieme ad Ivan.

Dopo essersi sciacquato il viso aveva seguito la fonte del rumore che lo aveva svegliato finendo per aprire la porta dell’altra stanza da letto presente nella loro camera d’albergo.

Incapace di parlare era rimasto imbambolato a fissarne l’interno.

Kei era ammanettato al letto per le mani, completamente nudo al di là di una maglia gettata per decenza sulle sue parti intime ed affiancato da Rei che con un martello cercava di rompere le manette. Tutto quello che ricevette furono due ametiste sbarrate alla sua vista e la minaccia di non proferir parola.

«Non ricordo un cazzo di quello che è successo».

 

«Allora divertito?»

Rei si lisciò la lunga coda evitando di osservare Kei. Era stato impossibile per lui non ridere quel pomeriggio, come del resto avevano fatto anche Yuri e successivamente Boris che ancora si divertiva a punzecchiare lo sventurato.

Avevano dovuto ritardare la partenza alle ventuno a causa di quell’incidente.

«Tu fanne parola tornati a casa e io ti uccido»

Sergej ignorò i due osservando il buio oltre l’oblò, prima di partire avevano cercato inutilmente un regalo di nozze e a meno di tre giorni dalla data ancora non avevano trovato qualcosa di concreto.

Ivan si era nuovamente addormentato a debita distanza da Andrew che cercava di recuperare i ricordi perduti della notte mentre Max sorridente osservava le fotografie scattate, optando per inserirne qualcuna nella busta del regalo.

Yuri inclinò la testa curioso al confabulare di Takao e Daichi. Slacciatosi la cintura seguì Rei accanto ai due pur di non restare a sentire la commiserazione del professor Kappa.

«Cosa state combinando voi due?»

Alla domanda di Rei i due cospiratori li tirarono entrambi per il colletto della maglia dietro una fila di sedili, le mani premute sulle bocche pregandoli di far silenzio.

«Cosa c’è di così segreto?» il cinese riprovò a chiedere sussurrando ed ottenendo due sorrisi sornioni.

Takao e Daichi si guardarono intorno assicurandosi che nessun altro si fosse avvicinato a loro prima di estrarre da uno zainetto un involucro di carta.

Yuri inarcò un sopracciglio scettico, tutto quel mistero per un misero fagotto.
«Avete fatto un regalo?»

I due annuirono vigorosamente al russo, Takao si sporse maggiormente in avanti per bisbigliare al loro orecchio «Si tratta di una sorpresa speciale per il matrimonio di Kei!»

Rei sorrise dolcemente davanti a quell’euforia, il suo capitano sembrava ancora un ragazzino quando si comportava in quel modo.

«E cosa gli avete comprato?»

«Una cosa che si può trovare solo a Amsterdam!»

Così dicendo Daichi aprì giusto un po’ il pacchetto mostrando diverse foglie verdi, fin troppe anche per i limiti imposti dalla capitale dei Paesi Bassi.

Rei spalancò gli occhi perdendo velocemente colore, infilò di forza il contenuto nello zaino scagliandolo lontano, in direzione del russo che si scostò con uno scatto felino.

«Non lanciarmi addosso questa roba! Non voglio rischiare di lasciare impronte su qualcosa che possa farmi finire in galera per colpa di due idioti!» se fosse possibile urlare restando sottovoce Yuri non ne aveva idea, ma constatando che gli altri continuavano a farsi gli affari propri evidentemente c’era riuscito.

Takao si ritrovò sbatacchiato avanti e indietro dalla foga con cui Rei, afferratelo per il colletto, continuava a muoverlo in preda al nervosismo.

«Takao cosa ti è saltato in mente?! È illegale l’importazione di questo particolare contenuto, si rischia il carcere!»

Takao sbiancò improvvisamente divincolandosi dalla presa. Afferrato al volo lo zaino scambiò un cenno concorde con Daichi dirigendosi insieme a lui verso la zona antistante del jet, dritti verso il portellone.

«Cosa diavolo state combinando?!»

Kei alzatosi di scatto andò in soccorso allo steward che cercava di evitare l’apertura di sicurezza del portellone. Sergej li guardò allibito, Yuri avvicinatosi scosse la testa dicendogli che era meglio per lui non sapere.

«Kei devi spostarti da lì! Ne vale la nostra libertà!»

«Non so di cosa tu stia parlando ma altro che libertà, c’è in gioco la nostra vita se apri un’aero ad alta quota!»

La vena pulsante sul collo di Kei sembrò funzionare, i due giapponesi si ritirarono nella coda dell’aereo abbracciando lo zaino come fosse loro figlio. Il nippo-russo voleva rubarglielo, loro non potevano permetterlo.

«Che diavolo prende a quegli idioti?!»

«Rimasugli della sbornia» accaparrando tale scusa Rei si chiese se potesse essere accusato di favoreggiamento.

 

«Pronto?»

Daichi guardò Takao.

«Pronto»

Rannicchiato accanto al water Takao tirò lo sciacquone, la prima di una lunga serie di foglie scomparve inghiottita dall’acqua.


Tokyo, 13 agosto

«Ancora mi chiedo cosa abbiate fatto per sei ore chiusi nel bagno»

Andrew chiuse la portiera della limousine personale parcheggiata finalmente davanti villa Hiwatari.

«Niente!» coro all’unisono che non convinse nessuno.

Erano riusciti a scaricare tutto il contenuto del loro regalo, oltre che corrompere il pilota per far gettare il waste tank lontano dai controlli.
Tutto doveva restare segreto.

Kei accelerò verso la porta con l’intenzione di chiudersi nella cassaforte di casa sua fino al matrimonio ed evitare altri spiacevoli incidenti.

Entrarono nel soggiorno della villa dove erano presenti parte delle squadre invitate attualmente in fermento per i nuovi venuti, i bagagli accatastati nell’angolo segnalavano finalmente anche l’arrivo dei ragazzi del team americano.

«Oh ecco il gran festeggiato!» Michelle salutò allegramente indicando con il capo verso la brunetta giapponese «Hilary ormai iniziava a pensare ti fossi creato una nuova vita ad Amsterdam»

La ragazza arrossì vistosamente inveendo contro il ragazzo per quell’ammissione che sarebbe dovuta restare strettamente confidenziale.

«Sergej!»

Andrew guardò sorpreso la giovane donna bionda avvicinarsi all’uomo accanto a lui, mani sui fianchi ed espressione visibilmente arrabbiata.

«Non stava scherzando quando diceva di essere sposato…»

«My dear, so che sei scioccato ma almeno chiudi la bocca»

Max rise allegramente spingendo l’inglese al centro della sala prima di veder sfociare una scenata di gelosia. Andrew la stava letteralmente mangiando con gli occhi.

«Nataliya! Andiamo no-» la frase di Boris morì sulle labbra quando la furia russa si abbatte su di lui, sbottando almeno in una lingua che capivano solo loro e accusando lui ed Ivan di averla lasciata all’aeroporto, da sola, con due bambini nel cuore della notte e valigie per cinque persone.

«Da no ya ne tvoy muzh!3»

Gli occhi verdi della donna lanciarono scintille, spostatasi completamente davanti a Boris aveva continuato la sua lista di accuse che le avevano portato il marito lontano. Ivan approfittando della confusione lentamente si era allontanato dalla coppietta lasciando il suo amico in balia dei problemi.

«Ha il fuoco dentro la ragazza»

Gianni sorseggiò il suo tè non capendo mezza parola, divertito solo dall’espressione sconcertata di Boris. Capiva perfettamente l’espressione estasiata di Andrew e il suo desiderio di portar via quell’angelo dalla massa di trogloditi.

«È bellissima»

«È sposata» ribatté Mao prendendo la sua tazza e scoccando un’occhiataccia ad Andrew.

«Non è un problema»

«Papà!»

Un bambino e una bambina dai capelli biondissimi corsero verso Sergej appendendosi alle sue braccia come piccole scimmiette, facendo cessare anche la litigata in corso.

«Ok, questo potrebbe essere un problema…come ha fatto ad avere dei figli da lui?»

Mao sollevò gli occhi al cielo rinunciando a parlare ad una causa persa.

«Ti serve un corso accelerato su come nascano i bambini?»

Michael si unì alla conversazione gettandosi sul divano con uno dei pasticcini recuperati dal tavolino, infastidendo sia l’inglese per la domanda che l’italiano per il modo in cui si era seduto.

In quel momento i russi si avvicinarono al tavolo. Nataliya stava ancora borbottando qualcosa ma al sussurro di Boris all’orecchio poco ci mancò e non arrivassero alle mani.

Gianni schioccò la lingua disapprovando l’atteggiamento del ragazzo, Yuri impedì la strage afferrando la donna per la vita con la scusa dei bambini lì accanto intenti a giocare con Sergej e Mathilda avvicinatasi per far la loro conoscenza.

Boris ghignò serafico ma Nataliya non gli prestò attenzione tutta concentrata a studiare il livido violaceo sulla fronte di Yuri, nascosto parzialmente dai capelli.

«Oh cielo cosa ti sei fatto? Hai messo del ghiaccio?» scostata la ciocca analizzò attentamente il danno invitandolo ad andare a cercare qualcosa per ridurre il gonfiore.

«Sto bene, non preoccuparti»

«Non ho capito, io ho un labbro spaccato e volevi ammazzarmi mentre con lui tutte smancerie?»

«Lui è una vittima degli eventi come Sergej!»

Emily tossicchiò leggermente per interrompere la discussione.

«Scusate, avete visto Kei o Hilary? Sono spariti entrambi»

I presenti si guardarono intorno non trovando nessuno dei due.

Boris ghignò serafico prendendo le dovute distanze dalla ragazza russa.

«Evidentemente qualcun altro ha seguito il mio consiglio»


Tokyo, 14 agosto

Villa Hiwatari era in completo fermento dalle prime luci dell’alba.

Le ventiquattro ore restanti al lieto evento avevano scatenato una corsa generale nell’abitazione tra la ditta ingaggiata per l’allestimento, i domestici e chiunque altro fosse stato assoldato dai genitori della sposa che avevano acconsentito al matrimonio a patto di organizzare il tutto secondo loro gusto. Kei li aveva lasciati fare perché lui nemmeno voleva organizzarla la festa, per essere sposati contavano le due firme sul certificato di matrimonio ma la sua futura moglie ci aveva tenuto particolarmente e non se l’era sentita di deluderla.

«A cosa stai pensando?»

Kei si voltò verso la donna stesa accanto a lui, sapevano entrambi di doversi alzare dati gli innumerevoli impegni ma nessuno ne aveva l’intenzione.

«Tra due giorni in casa finalmente saremo di nuovo soli» la attirò a sé poggiando il viso nei capelli, beandosi di quella situazione di pace accompagnata dalla risatina contro il suo petto.

«Vorresti farmi credere che i due giorni di follie ad Amsterdam con quei ragazzi non ti siano piaciuti?»

Il volto sollevato verso di lui, le dita che scorrevano sul torace da contorno alla vocina a pochi centimetri dal suo orecchio. Lo stava palesemente provocando.

Abbracciato a lei rotolò nelle lenzuola fino a bloccarla sotto di lui, avrebbero dovuto rivestirsi quando ne avevano avuto l’occasione.

«Non era l’esatta compagnia che avrei voluto» un bacio a fior di labbra, seguito da quello sul collo e da altri scendendo sempre più in basso sul corpo della ragazza.

La porta rumorosamente sbattuta ruppe l’incantesimo.

Hilary si rannicchiò il più possibile contro di lui nascondendosi completamente alla vista mentre il nuovo arrivato rimase a bocca aperta non proferendo parola.

«Takao, non ti sei svegliato mai nella vita alle otto del mattino nemmeno quando partecipavamo ai mondiali» il tono di voce ascendente accompagnò le coperte tirate su maggiormente «Spero per te sia una cosa importante o giuro che è la volta buona che ti faccio fuori!»

«Io…volevo chiederti dove prendere la carta igienica, nel bagno è finita»

Kei lo guardò con intento omicida sperando vivamente scherzasse.

«SPARISCI RAZZA DI IDIOTA!»

Hilary, lenzuolo alla mano tirato sul petto, si era scostata dal ragazzo tirando le sue scarpe con il tacco verso il giapponese, centrandolo in pieno sulla fronte. Ad esse seguirono poi una serie di oggetti estratti dal cassetto che portarono Takao ad arretrare e fuggire via.

 

 

«Lo sai che Takao usa il cervello pochissime volte»

Mao pettinò i capelli della sua bambina cercando di placare il nervosismo della sua amica intenta a limarsi le unghie, quasi non lasciandone nulla. Legò la treccia di Lin vedendola correre subito verso Anja e Dimitrij, i bambini erano incredibili, pur non conoscendo le rispettive lingue riuscivano a interagire senza problemi nei loro giochi.

«Bussare ad una porta chiusa dovrebbe essere un gesto automatico!»

Emily finì di scrivere un rapporto per il suo lavoro al pc sfilando la lima dalle mani di Hilary.

«Non pensare a Takao, puoi sempre affogarlo nel suo piatto a pranzo»

«Emily e Mao hanno ragione! Devi goderti questi giorni, soprattutto quello di domani!»

Mathilda le sorrise dandole uno specchietto e fissando l’appena riparato fermaglio – lanciato nella foga di poche ore prima contro Takao - fra i suoi capelli. L’anno successivo sarebbe stato il suo turno con Michelle e quelli potevano essere considerati i preparativi generali.

«Tupaya devchonka4»

Le ragazze si voltarono verso il vecchio Hito seduto sulla sua sedia a rotelle in un angolo della sala con un’espressione arcigna rivolta alla futura new entry della famiglia.

«Non fateci caso, non gli piaccio. Ogni tanto borbotta qualcosa»

Il vecchio sorrise malevolo spingendo la sua sedia a rotelle.

«Mai pensato di spingerlo giù da una scala?»

«Miriam non potrei mai!»

Hito guardò male la ragazza dai capelli blu notte sussurrando qualcos’altro in russo suscitando le sue ire, ma la futura aggiunta fu costretta a rimangiarla.

«Lei lo sa che io la capisco, vero?»

Nataliya rimasta in silenzio lo stava fissando giocherellando con la scatola del cucito, le labbra delineate in un sorrisetto ironico «Potrei tradurre tutto e sa, in quel caso dovrebbe far attenzione alle scale»

La bionda batté il cinque soddisfatta con Mao alla ritirata del vecchio, la sala stava diventando fin troppo affollata per i canoni dell’anziano proprietario.
Boris, americani e cinesi avevano finito il loro tour cittadino rientrando, eccezion fatta per Rei ancora alle prese con Kei dato il suo ruolo di testimone.

«Hola todos viejos amigos!»

Il maggiordomo colpito in pieno dalla porta spalancata all’improvviso pensò seriamente di cambiare lavoro. La ragazza che l’aveva quasi tramortito aveva cercato di aiutarlo a rialzarsi scusandosi in un miscuglio di lingue dove restava forte l’accento spagnolo.

Hilary scoppiò a ridere apertamente, ora sì che erano tutti al completo.

«I soliti ingressi megalomani»

Julia fece la linguaccia al commento sprezzante di Rick, urlando di proposito nella sua corsa per abbracciare Hilary e le altre ragazze.

«Iniziavo a pensare non sareste riusciti a venire a causa della tournée del circo!»

«Una volta tanto possono fare a meno delle loro star, non potevo mica perdermi mr non-mi-sposerò-mai Hiwatari che infrange la sua promessa!»

L’occhiolino furbetto accompagnò l’ilarità generale quando l’interessato entrò in sala giusto in tempo per sentire il commento.

«Sappi che io non volevo invitarti»

«Tranquillo, mi sarei imbucata»

Fu proprio la leggerezza della frase a convincere Kei. Julia si sarebbe infiltrata in ogni caso al suo matrimonio, magari saltellando da un tetto all’altro dei palazzi vicini.

«Julia…una mano sarebbe gradita»

Raul arrivò sulla soglia trascinando tre enormi valige, sudato da capo a piedi, stramazzando al suo dopo essere entrato nella sala.

Boris si avvicinò al corpo inerme toccandolo con un piede.

«Sembrerebbe ancora vivo»

«Stai aspettando che muoia prima di aiutarlo?»

Lai afferrò un braccio del povero spagnolo aiutato da Rick trascinandolo verso la cucina dove almeno un bicchiere d’acqua avrebbe potuto ridargli un po’di energia.

Boris scrollò le spalle indifferente osservando il trotterellare allegro della ragazza spagnola intenzionata a organizzare una sorta di addio al nubilato alla sposa che non sembrava volerne sapere.


Tokyo, notte tra il 14 e il 15 agosto

Yuri si sedette sul davanzale della finestra aperta della cucina, lo sguardo verso il cielo esterno alla villa.

Max aveva organizzato una partita a poker mettendo su un circolo molto simile ad una bisca clandestina. Boris e Ivan ovviamente avevano aderito subito, seguiti a ruota da Rick, Lai, Gianni, Rei, Takao, Daichi e Kei. Quest’ultimo trascinato con la forza dato che gli avevano chiuso a chiave la porta della camera impedendogli di rientrare.

Lui se ne era tirato fuori all’ennesima vincita del biondino americano cedendo il suo posto a Ralph, preferendo rintanarsi in un luogo più appartato lontano dal chiacchiericcio.

Fissò le innumerevoli stelle, la mente catapultata indietro nel tempo alla vittoria del quarto campionato mondiale di dieci anni prima, la vittoria della sua squadra. Anche quella sera c’era stato lo stesso cielo, le stelle uniche spettatrici della sfrenata notte di passione consumata nella sua camera d’albergo in preda all’adrenalina della vittoria e al troppo alcool ingerito.

La luce accesa lo riportò alla realtà, Boris l’aveva avvisato nel pomeriggio che era arrivata.

Le dita ancora sull’interruttore, Julia l’osservò sorpresa prima di sorridere leggermente.

Piccoli passi verso i banconi della cucina nel silenzio attenuato dal chiacchiericcio dei ragazzi intenti a giocare. Tornò a prestare attenzione alla finestra, il riflesso del corto pigiama lilla ben visibile da quell’angolazione.

Non era mai stato un gran chiacchierone eppure avrebbe voluto parlarle, ma cosa avrebbe potuto dirle dopo dieci anni che non si sentivano? Nessun messaggio, nessuna chiamata, niente di niente. Lei aveva lasciato il suo numero, sarebbe toccato a lui fare il primo passo dopo quella notte, ma non l’aveva fatto. Bloccato dalla paura di essere felice.

Il rumore di un cassetto aperto, un piede issato sopra per salire sul bancone e aprire lo stipo più alto del mobile.

«Avresti potuto chiedere, te l’avrei preso io»

«Lavoro in un circo ricordi?» il tono tranquillo come se fossero amici di vecchia data.

Julia recuperati gli snack saltò giù agilmente riponendoli nel vassoio, spostandosi verso la finestra per ammirare il cielo a sua volta, i puntini luminosi nuovamente giudici indiscussi.

«Non sei cambiato dopotutto» non era un’accusa, né un’offesa, una semplice constatazione dei fatti «Il tuo amico si sposa e anziché far baldoria preferisci il tuo angolo di pace, dovevo aspettarmelo»

Un risolino divertito e la calda sensazione così com’era arrivata andò via quando la ragazza si allontanò verso il frigorifero.

«Attenta a cosa tocchi, potresti suscitare le ire di qualche domestico se porti via qualcosa di essenziale per domani»

«Hilary mi ha messo in guardia» alcune bottiglie estratte e adagiate sul vassoio, l’anta richiusa per appoggiarsi contro «È un peccato in Giappone siano così riservati, avrei potuto organizzare qualcosa di più divertente ma dovremo accontentarci di una serata di chiacchiere e schifezze»

«A quanto ricordo non ti è mai dispiaciuto parlare»

Julia sorrise tra sé, non le dispiaceva passare una serata a parlare del più e del meno, ultimamente aveva visto poco tutte loro, a causa degli impegni lavorativi mancava sempre qualcuna nelle loro rimpatriate.

«A quanto ricordo io invece, a te è sempre piaciuto soltanto ascoltare»

Due bicchieri presi dal lavabo, il liquido ambrato versato a riempirli per metà ed uno proteso nella sua direzione. Yuri l’afferrò spostando le gambe verso l’interno dell’abitazione.

«Al futuro matrimonio di Hilary e Kei, dove a trionfare è l’amore»

Yuri innalzò il suo bicchiere imitando la ragazza, il leggero tintinnio del vetro riempì il vuoto silenzioso prima di berne un sorso.

Il sapore amaro e pesante giù per la gola non era scaturito dal liquore.

 

 

Note finali

1 174 192 rubli à 2000 euro circa
2 YA tebya ub'yu! à Ti ucciderò!
3 Da no ya ne tvoy muzh! à Sì, ma non sono io tuo marito
4 Tupaya devchonka à Stupida ragazza

 

Salve a tutti! ^o^
Cosa ci faccio qui? Non lo so nemmeno io, la storia doveva essere una one-shot comica autoconclusiva ma la cosa mi è leggermente sfuggita di mano. XD
L’uso del 2020 non ha alcun fine rivolto alla situazione mondiale attuale, il loro è un bellissimo universo alternativo. Dato che non abbiamo un anno di nascita canonico mi sono presa piena libertà sull’attuale età dei personaggi di cui Nataliya, Anja e Dimitrij sono di mia piena invenzione.
Il matrimonio di Kei come d’anticipazione funge da cardine per un’altra storia sentimentale che prenderà vita tra le pagine di questa fanfiction in maniera più preponderante nel capitolo successivo. D’altro canto, è pur sempre il matrimonio di Hiwatari, un po’ di spazio alle sue avventure bisogna concederlo u.u
Come sempre, ringrazio tutti i futuri lettori e rinnovo l’invito a lasciare un vostro piccolo parere se ne avete la voglia!

Un grosso abbraccio a tutti, e al prossimo capitolo!
Aky

 

 

 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Takao Aoki, questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

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Capitolo 2
*** Chi proteso al futuro...Chi ricaduto nel passato ***


*coff coff*

Vi rubo giusto pochi secondi!

Prima di lasciarvi al continuo della storia volevo cogliere l’occasione per ringraziare tutti coloro che seppur silenziosi hanno letto il capitolo.

Pin e Beatris Hiwatari per le loro belle parole e Blue13 per averla inserita tra le preferite.
Ultimo, ma non meno importante, questo capitolo è dedicato a
Beatris Hiwatari!

Un regalo di compleanno un po’ tardivo che spero ti piaccia.

 

E le stelle stanno a guardare

~ Chi proteso al futuro...Chi ricaduto nel passato~

 

 

Tokyo, notte tra il 14 e il 15 agosto

«Guarda il lato positivo! Non hai un fratello iperprotettivo che decide di correre nei boschi con un fucile da caccia alla ricerca del tuo futuro marito e padre della tua futura figlia prima del matrimonio!»

Nataliya aveva osservato scioccata Mao ridere allegramente alla sua stessa affermazione rivolta ad Hilary in quel tentativo di consolarla verso il suo imminente passo.

«No, aspetta» la russa improvvisamente seduta aveva posto le mani avanti cercando di capire l’evento «Lai…giusto?» al cenno di assenso aveva continuato «Ha inseguito Rei con un fucile, quando hai detto alla tua famiglia di essere incinta di Lin e di volerti sposare?»

«Esattamente!»

Nataliya aveva strabuzzato gli occhi suscitando le risate generali.

«Non ti meravigliare, ti assicuro che mi sarei aspettata di peggio conoscendolo!»

Mao sorrise appagata alla vista di Hilary piegata in due dal ridere, il piano architettato con le ragazze per tirarle su il morale stava funzionando. Non importava star sveglie tutta la notte, come aveva detto Mariam “un po’ di fondotinta e addio occhiaie”.

Seduta a bordo letto lanciò uno sguardo in tralice alla spagnola nella sua posa scomposta alla spalliera, distesa con le gambe alzate poggiate al muro sembrava la stessa Julia di sempre, o quasi. Oltre all’essere diventata stranamente silenziosa dopo la spedizione in cucina, aveva da svariati minuti lo sguardo fisso sul polso immersa in pensieri tutti suoi.

Allungò il piede dandole un leggero colpetto al gomito.

Julia riscossasi le sorrise scuotendo la testa alla muta domanda, fingendo di interessarsi al discorso per dissipare sospetti.

«Sono questi i momenti in cui gioisco di essere figlia unica, eviterò stranezze al matrimonio! Emily, Hilary, Nataliya, gioitene anche voi!» esclamò svagata Mathilda alzandosi per aprire la finestra, iniziava a far caldo nella stanza e il drink bevuto enfatizzava quella sensazione.

Julia si ritrovò a immaginare Raul alla notizia del suo matrimonio con…Yuri.

Tra tanta gente perché aveva pensato subito al russo?
C’erano diversi attori da poter nominare, tanto il grado di impossibilità restava identico, eppure quel diavolo dai capelli rossi era tornato a tormentarla dopo lo scambio di quattro frasi in croce.

Avrebbe dovuto aspettarsela la sua presenza, era pur sempre amico di Kei.

L’improvvisa risata di Hilary le scacciò via quei pensieri.

La giapponese ormai in lacrime si contorceva sotto lo sguardo incapiente delle altre cercando di dire qualcosa a Nataliya che sbatteva ripetutamente la testa sulle ginocchia piegate al petto.

«Ti prego, raccontaglielo!» a fatica Hilary si era fermata annaspando.

Nataliya smise di martoriarsi la fronte ormai finita nel mirino della curiosità altrui, una volante scacciata di mano indifferente come se stesse parlando della vita di qualcun altro «Hilary allude al mio matrimonio, nulla di che! Mi hanno solo rapito il testimone dello sposo il giorno delle nozze!»

«In che senso rapito il testimone?!» la domanda posta da Emily rispecchiava l’interesse generale. La ragazza arraffata una delle buste di patatine portate da Julia l’aveva ormai posizionata tra le gambe incrociate, mangiandole con foga ogni qual volta si presentava un pettegolezzo succulento.

Mariam smise di intrecciare i capelli alquanto perplessa.

«A me lo hanno raccontato soltanto la sera, ma è una cosa che accade a tutti!» la russa si interruppe lanciando un’occhiata divertita ad Hilary che si stava scusando per il nuovo attacco di risa «Mentre io ignara del tutto ero a casa a prepararmi, Sergej si è ritrovato una pistola alla testa. Quattro individui vestiti di nero con tanto di passamontagna hanno fatto irruzione nel monastero alle sei del mattino, hanno aggredito Yuri alle spalle cloroformizzandolo e hanno minacciato Sergej di non sposarsi altrimenti non avrebbe più rivisto il suo amico»

«C-cosa?» si lasciò sfuggire Mathilda al limite dello shock nel silenzio generale proseguendo in un crescendo di ansia e preoccupazione «Perché ce l’avevano con lui? Hanno chiamato la polizia? Chi erano queste persone pericolose?!»

«Fortunatamente non hanno chiamato la polizia oserei dire»

«Ma come?! Avevano rapito Yuri, perché non chiamarla?»

Julia rimpianse la sua domanda fin troppo apprensiva, era scattata seduta compostamente beccandosi un’occhiatina obliqua da Mao che sembrava tanto volerle dire “Sei tornata a pensare a lui?”. La risposta affermativa le faceva male, ma almeno le altre ragazze non avevano visto la verità celata dietro il suo intervento.

Nataliya sospirò pesantemente.

«Boris, era tutto un suo scherzo. Ha ingaggiato questa compagnia di attori per far provare a Sergej l’ultimo brivido prima delle nozze. Lo sbaglio del trucco è stato lasciare il biglietto minatorio scritto di suo pugno, Sergej e Ivan hanno riconosciuto immediatamente la calligrafia»

«Poteva essere davvero l’ultimo brivido» commentò sarcasticamente Mariam tornando alla sua treccia «Almeno è finito tutto bene, no?»

«Oh sì, Boris aveva solo perso il numero dei presunti rapitori per avvisarli della fine della messa in scena»

Le dita si fermarono nuovamente attorno alla treccia.

«Stai scherzando?»

«No, purtroppo è la verità. Sotto minaccia di Sergej, Boris e Ivan hanno girato mezza Mosca alla ricerca della compagnia teatrale o di qualsiasi altra traccia. Penso di essere una delle poche spose arrivata puntuale prima del resto degli invitati» la russa nonostante la serietà che cercava di mantenere si lasciò andare ad una risata, al di là di quell’intoppo alla fine dei conti era filato tutto liscio «Altro che ingresso trionfale della sposa, dovevate vedere Yuri! Correva come un forsennato nella navata mentre finiva di infilarsi la camicia nei pantaloni, seguito da Boris che gli passava man mano giacca e cravatta. Poverino, l’avevano rapito in pigiama»

«Quella scena non la dimenticherò mai» Hilary rotolò su sé stessa in preda alle convulsioni cadendo giù dal letto fin sul tappeto, incapace di smettere «Come non dimenticherò Boris rinchiuso nella sacrestia, Yuri che tenta di abbatterne la porta e il sacerdote accanto che lo supplica di non compiere omicidi nella casa del Signore»

«Non c’è che dire, meglio di un film» proferì Emily recuperando l’ennesima patatina.

Julia rise a sua volta ingoiando l’improvvisa – e a suo dire insensata – amarezza di non essere stata presente.

 

Tokyo, 15 agosto

Boris spalancò le tende della stanza degli ospiti lasciando entrare il sole splendente alto nel cielo.

Yuri accecato mormorò parole sconnesse coprendosi il volto con il cuscino tirato via da sotto la testa di Ivan.

A causa del sovraffollamento della villa Sergej e la sua famiglia avevano avuto la loro stanza ma due bambini in un letto non occupano nulla – mentre lui aveva dovuto condividere un matrimoniale con Yuri e Ivan. La sua schiena indolenzita ne pagava le conseguenze, oltre all’immane sudata.

Aprì il getto gelato della doccia godendosi la sua inusuale puntualità. Erano rimasti svegli a giocare fino alle quattro del mattino, la situazione era degenerata velocemente nello strip poker in cui avevano barato tutti. Tutti tranne Takao, infatti era stato l’unico a denudarsi.

Avvolto un asciugamano attorno alla vita uscì in stanza dove i due compagni continuavano a dormire, dirigendosi sul balcone dove continuò a spazzolarsi i denti investito dalla soffocante afa estiva. Una smorfia gli deformò i connotati al contatto cocente del sole sulla pelle, Tokyo era decisamente abolita come meta durante l’estate.

Gettò un occhio al giardino sottostante pullulante di persone dove erano in corso gli ultimi preparativi per la scenografia della cerimonia. L’odore penetrate dei fiori misto ad erba bagnata si sentiva chiaramente anche dal secondo piano.

Un urlo agghiacciante quasi non gli fece cadere lo spazzolino di sotto.

Boris inebetito osservò la donna di mezza età urlare qualcosa in giapponese indicandolo, una mano sul cuore e una sulla fronte a simulare uno svenimento. No, non era una simulazione, a giudicare dalla gente accorsa era svenuta sul serio.

«Signora tutto bene?» chiese sputacchiando dentifricio sulla ringhiera ottenendo solo una scarica di insulti dall’uomo che la sorreggeva per le spalle.

«Calmino eh, era solo una domanda di cortesia»

«Cosa sta succedendo?»

Yuri sbiascicò la domanda nell’intontimento del dormiveglia con la t-shirt di due taglie più grandi appiccicata addosso nonostante il condizionatore ininterrottamente in funzione all’interno. Assonnato inciampò nel lieve rialzo marmoreo della portafinestra aggrappandosi a Boris per non cadere.

Svegliarsi di soprassalto non era il miglior buongiorno.

«La signora quaggiù, ha iniziato a urlare e poi credo ci sia rimasta secca»

Le dita smisero di stropicciare gli occhi, man mano sgranati alla vista della coppia attorniata da alcuni camerieri intenti ad agitare un ventaglio sul volto della donna, la stessa incontrata il giorno precedente mentre era con Kei. Alternò lo sguardo dal dramma inferiore al corpo dell’amico un paio di volte, bloccandosi ad osservare la ringhiera traforata nel mezzo, poi il misero asciugamano.

«Dannazione!»

Boris venne tirato dentro con uno strattone, spinto il più possibile all’interno lontano dal balcone chiuso con foga e da ulteriori occhiate indiscrete.

«Che ti prende Yu?!»

Yuri si passò le mani tra i capelli rendendoli ancor più caotici, camminando incessantemente avanti e indietro nel tentativo di riacquistare la calma. Boris approfittò di quel momento per finire di lavarsi i denti e tornare in stanza.

«Sei uscito mezzo nudo sul balcone che dà sul luogo della cerimonia! Su un balcone che non è schermato da nulla!» Yuri si massaggiò le tempie indicando l’esterno «Senza contare la telecamera del fotografo a cui probabilmente hai rovinato l’inquadratura con un panorama non richiesto. Ma soprattutto, hai quasi accoppato la signora Kazuko, la suocera di Kei!»

Un boato e il rumore di legno rotto riempì tutta la stanza.

Ivan si svegliò di colpo alla confusione chiedendosi sul momento se stesse ancora sognando.

Hilary, bigodini in testa e abito da sposa sollevato quasi ad altezza bacino stava inveendo contro Boris, trattenuta da Mao già vestita di tutto punto che cercava di salvare lo strascico dell’abito dalla distruzione.

«Volevi far fuori mamma il giorno delle mie nozze?!»

«Signorina Tachibana devo finirle di aggiustare i capelli!»

La parrucchiera entrò in stanza armata di pettine e fermagli vari applicati su tutta la maglia, seguita da Mathilda ancora in camicia da notte con un braccio ricoperto da diverse sfumature cromatiche di ombretti e rossetti. Un grido di sorpresa le sfuggì alla vista di Boris protetto solo da un asciugamano striminzito, coprendosi gli occhi per non vedere oltre finì con lo schiantarsi in pieno contro le spalle della parrucchiera.

Ivan fissò Yuri difronte a lui accasciato contro l’armadio, un braccio attorno alla vita l’altro a sorreggere il capo in osservazione della loro camera divenuta in meno di dieci secondo un mercato.

«Non ho fatto nulla a tua madre, stavo per i fatti miei sul balcone!»

«Hanno dovuto chiamare l’ambulanza! Non lo definirei niente a meno di tre ore dal matrimonio!»

«Che colpa ne ho io se tua mamma si scandalizza per poco?!» evitò per un soffio il vaso preso dal comò e scagliato contro di lui, peccato per la vetrata retrostante andata in frantumi «Per aver partorito te uno deve pure averne visto nella vita!»

Mao lo guardò scandalizzata bloccando le mani della brunetta per evitare di farle lanciare altre cose, le spalle rivolte al russo sul letto che trovò interessante il tubino color ambra aderente nei punti giusti.

Yuri contemplò i vetri misti a pezzi di terracotta per terra evitando di avvicinarsi al gruppo, era scalzo e le sue pantofole erano chissà dove in mezzo a quella baraonda. Valeva la pena discutere con una donna in piena crisi isterica prima delle nozze? No, se ne sarebbe stato lì ad attendere la fine del tutto.

Rumore di tacchi nel corridoio e anche Nataliya ed Emily arrivarono attirate dalle urla, arrestandosi sulla soglia sconcertate. Emily dopo un profondo sospiro prese coraggio avvicinandosi ad Hilary paonazza in volto, pronunciando invano smancerie per rassicurarla.
Un totale fallimento.

«Razza di cavernicolo ma ti sembrano cose da dire?!»

«Si può sapere cosa diavolo sta succedendo qui?!» l’urlo di Kei proveniente dal corridoio interruppe tutti per qualche secondo, ma per l’appunto durò un attimo. Il ragazzo giunto sulla soglia venne colpito in faccia dal quadro che Nataliya senza pensarci due volte aveva staccato dalla parete.

Le mani sollevate a coprire la bocca nell’immediata realizzazione del gesto appena compiuto furono l’unico movimento nell’immobilità generale.

«Oh santo cielo… KEI! Non volevo colpirti così forte!»

Kei arretrò tenendosi il naso, Nataliya lo attorniò nel tentativo di tamponargli il sangue con un fazzoletto approfittando di quella debolezza per coprirgli gli occhi e far segno alle ragazze di uscire alla velocità della luce.

La donna sussurrò pentita mentre sollevava il mento del malcapitato.

«Non potevi vedere la sposa prima delle nozze, ti chiedo scusa»

Yuri si avvicinò all’uscio sentendo le sussurrate maledizioni di Kei mentre si allontanava accompagnato da Nataliya. La confusione ormai scemata lasciò il posto alla calma.

«Credo ci servano scopa e paletta»

Ivan alzatosi aveva affiancato il ragazzo dai capelli scarlatti in contemplazione toccando con un dito la porta, arretrando con lui giusto in tempo per non farsela cascare addosso.

«Yu, io credo ci serva una stanza nuova»

 

 

«Grazie»

Kei premette l’impacco di ghiaccio sul naso seduto imbronciato sul letto della sua camera, con l’acidità rivolta alla donna ancora parzialmente udibile.

Nataliya gettò i tamponi utilizzati nel cestino richiudendo la cassetta di primo soccorso, il pensiero rivolto a Sergej nella speranza non stesse avendo problemi a vestire i loro figli mentre lei era occupata a fare il suo lavoro anche in vacanza. Anja e Dimitrij potevano essere delle pesti se si mettevano di impegno.

Rei seduto su una sedia invece contemplava il russo da varie angolazioni facendolo innervosire.

«Sei fortunato dai, un po’ di trucco e non sembrerà nemmeno tu sia stato colpito»

Kei lo fulminò con lo sguardo gettandosi disteso, erano appena passate le otto del mattino e già non ne poteva più di quella giornata.

«Rei ha ragione, poteva andarti peggio come Boris e il suo labbro gonfio dopo la furia di Yuri»

Max cercò di tirargli su il morale dandogli una pacca sulla spalla, rivolgendosi poi con un sorriso alla ragazza «Vai tranquilla a finire di preparati, ci pensiamo noi a non farlo avvicinare alla camera della sposa!»

Nataliya uscì sollevata senza farselo ripetere due volte, raccomandando all’infermo di restare con l’impacco altri dieci minuti onde evitare di presentarsi all’altare con un naso nero.

«Allora, come si sente il grande Kei all’idea di sposarsi?»

Un grugnito fu tutto quello che Rei ricevette in risposta, la riservatezza vinceva ancora una volta.

«The first step is always the hardest!» l’immancabile proverbio in lingua straniera non poteva manca il giorno delle nozze.

Rei ricordava ancora il momento in cui i due amici si erano fidanzati ufficialmente. Takao li aveva sorpresi insieme nel giardino del dojo e da lì avevano appreso che la relazione andasse avanti già da tre mesi. Con molta probabilità sarebbe rimasta segreta per svariato altro tempo se Takao non fosse uscito in veranda a ficcanasare dopo la festa di compleanno di nonno Jey.

D’altro canto, aveva capito benissimo il perché di tanta segretezza.

Hilary aveva lasciato Takao per Kei.

Un leggero bussare e il giapponese dei suoi pensieri fece capolino.

«Stamattina ho bussato!»

Kei roteò gli occhi esasperato, non ci doveva essere tutto quell’orgoglio nel fare una cosa tanto ovvia.

Rei seguì il nuovo arrivato e tutti si ritrovarono seduti sul letto.

Se gli avessero detto al primo campionato mondiale che si sarebbero ritrovati tutti insieme a festeggiare il matrimonio del componente più asociale, probabilmente non ci avrebbe creduto. Tantomeno avrebbe creduto di fargli da testimone, fino all’ultimo era stato certo che il ruolo sarebbe toccato a Takao, ma al di là delle apparenze, Kei – anche se non lo avrebbe mai ammesso – voleva evitare il colpo di grazia all’ex capitano.

«Staremo in silenzio tutto il giorno?»

Rei sorrise seguito da Max, Takao e i suoi soliti commenti erano le poche cose rimaste invariate con il passare degli anni, come le risposte infastidite del membro più riservato della squadra.

«Come fai ad insegnare il kendo non avendo un briciolo di pazienza?»

«Sono un ottimo insegnante!»

«Corrompi le loro giovani menti, non c’è altra spiegazione»

«Però, hai notato che bella parlantina ti è venuta fuori con gli anni?»

Kei allungò il braccio colpendo Takao nello stomaco senza eccessiva forza.

L’ansia si era attenuata, per quanto non lo desse a vedere stava letteralmente morendo dentro all’idea di legarsi ad una persona per il resto della sua vita. I suoi amici con quelle chiacchiere inutili lo stavano distraendo.

Amici, proprio i suoi. Chi lo avrebbe mai detto.

Lui non aveva chiuso occhio tutta la notte, anche dopo aver terminato l’ultima partita a carte con i ragazzi. Rei al termine dei giochi come se gli avesse letto nel pensiero, si era proposto di fargli compagnia occupando la stanza con le migliori intenzioni ma, era crollato sfinito due secondi dopo.

Kei non se l’era sentita di svegliarlo.

Rimasto solo con i suoi pensieri, l’opzione di girovagare nella sua casa come un’anima in pena aveva avuto la meglio. Per svariate ore aveva peregrinato nei corridoi, scoprendo persino stanze dimenticate, imbattendosi in Daichi sonnambulo, udendo rumori ambigui provenire da una delle stanze per gli ospiti e intravedendo un’inquieta Hilary scendere verso la cucina alla fine del suo tour.

Si era ritrovato al centro del grande scalone, salendo e scendendo i gradini innumerevoli volte, corroso dal dubbio di esternare o meno a Hilary il suo subbuglio interiore. Propendendo infine per aspettarla sul pianerottolo. Fingere un incontro casuale così da non rimetterci la sua reputazione di uomo tutto d’un pezzo.

L’incontro però non era mai avvenuto, Hilary era salita circa mezz’ora dopo non notandolo nell’angolo buio in cui era accucciato.

Kei non seppe definire se apprezzò o meno la cosa.

Esasperato dalla mancanza di sonno infine era sceso a sua volta in cucina, sorprendendosi di trovarvi Yuri all’interno ancora sveglio alle prime luci dell’alba.

Il russo non era entrato nelle ultime ore altrimenti l’avrebbe visto nel suo improvvisato lavoro di sentinella, doveva essere rimasto nella stanza dalla sua precoce ritirata della sera precedente. Del resto, non era mai stato portato per il poker.

Dopo avergli augurato il buongiorno, Yuri gli aveva appioppato una tazza di tisana alla valeriana augurandogli che almeno a lui facesse effetto. Le restanti due ore Kei le aveva passate a bere la tisana e a chiedersi perché il suo amico fosse rimasto sveglio tutta la notte rinchiuso in cucina con quella faccia da funerale.

Fortunatamente per lui quando l’idea di una possibile infatuazione di Yuri per sua moglie era sopraggiunta, il suo corpo finalmente era crollato addormentato, per soli dieci minuti.

«Quando sei all’altare pensa a Takao durante la tappa messicana»

Kei si ridestò dai suoi pensieri al consiglio di Max, ricordava benissimo la tappa in questione. Takao aveva fatto indigestione restando bloccato nei bagni dello stadio, regalando l’incontro agli European Dreams non presentandosi in campo.

«Ancora con quella storia? Perché non può ricordare quando hai preso il microfono di dj man facendo la tua dichiarazione d’amore a Mariam e lei è scappata via dallo stadio?»

«Perché dopotutto io il lieto fine l’ho avuto» l’americano ridacchiò all’espressione indignata del giapponese, aveva colto perfettamente l’allusione. Mariam alla fine aveva ricambiato i suoi sentimenti, lui aveva dovuto fare i conti con le prese in giro per il restante campionato. In particolar modo con Boris che ad ogni tappa riusciva a trovare un locale in cui comprare burritos pur di offriglieli.

«Io non lo chiamerei lieto fine con quell’arpia»

«La tua è tutta invidia, sei rimasto l’unico single del gruppo»

Max si beccò in pieno un cuscino ridendo come un pazzo, ricadendo sul letto proprio accanto a Kei che si ritrovò incastrato in quella sciocca lotta infantile.

Rei scrollò le spalle, avere ventotto anni non gli impediva di essere nuovamente un ragazzino per qualche minuto.

Si gettò addosso al trio unendosi alla mischia.

 

 

«No no, cara mia tu ti sposi!»

Mao spinse Hilary seduta con un tono che non ammetteva repliche.

Tornata in stanza, la sua amica dopo i borbottii irati era piombata nel vivo di una nuova e alquanto classica crisi pre-matrimonio a fasi alterne. Un attimo prima urlava dalla felicità di volersi sposare, quello dopo poco mancava e piangesse disperata all’idea di doverlo fare.

L’unica a non badarci era la parrucchiera, lanciando rassicurazioni qua e là con movimenti esperti avvolgeva i capelli in un’elaborata acconciatura sperando di non dover rincorrere di nuovo in giro la sposa.

«Stai tranquilla, un bel respiro profondo e vedrai che tutto andrà bene!»

Mathilda inginocchiata davanti a Hilary stringeva le mani parlandole dolcemente, e il suo tentativo di calmarla doveva aver fatto breccia profonda perché Hilary non l’aveva più lasciata andare. Bloccandola lì, ancora in vestaglia.

«Hilary lasciala, non sei mica l’unica a doversi preparare!»

Emily provò a rompere la presa ferrea ma Hilary negò vivamente con la testa rischiando di rovinarsi anche la capigliatura, Nel tentativo di cambiare discorso e sviarla su altri pensieri aggiunse «Guarda il lato positivo, hai avuto modo di rifarti gli occhi prima della cerimonia»

Hilary la scrutò perplessa per qualche secondo prima di strillare «No Emily! Non dirmi che dovrei essere felice solo per aver visto Boris mezzo nudo!»

«Il mio era un suggerimento…ha un fisico niente male»

Mariam sorrise chiudendo lo smalto, la novella sposa non sembrava concordare molto sull’ultima esternazione.

«Tutto sistemato! Tua mamma è in soggiorno perfettamente rinata e il tuo futuro marito è in compagnia di volenterosi giovani che lo terranno lontano!»

Nataliya entrò sorridendo affabilmente, pollice in su ed occhiolino per decretare la vittoria mentre portava con sé i gemellini perfettamente pronti per la cerimonia.

«Zia Hilary! Zia Hilary!»

Dimitrij e Anja aggirarono la sedia saltellando e consegnando tutti contenti nelle mani della futura sposa un foglio che sembrava aver attraversato la guerra.

Hilary osservò il disegno lasciandosi sfuggire un sorriso, un uomo e una donna in abito bianco erano rappresentati accanto a un castello sproporzionato rispetto alle figure umane, mano nella mano con due enormi sorrisi. Il tutto contornato da fiori e cuoricini volanti attorno agli sbilenchi ideogrammi della parola “Auguri”.

Sollevò lo sguardo verso Nataliya accennando verso la scritta ma ella negò divertita.

«Io non c’entro, hanno assillato Sergej stanotte per potare a termine la loro opera. Abbiamo una stanza piena di fogli di esercitazione, se vi dovesse servire un bigliettino d’auguri sapete a chi chiedere!»

«Ti piace?» domandò Dimitrij speranzoso, faticando nel pronunciare quella domanda accuratamente studiata per non essere posta in russo, come il “sei bellissima” precedente dettole da Anja.

Hilary annuì emozionata ai due portandosi una mano alla bocca.

«Dios mío, se lo fa mi rende inutile tutto il lavoro!»

Julia, in piedi tra la porta aperta del bagno privato e la stanza abbandonò l’arricciacapelli precipitandosi sulla novella sposa prossima al pianto, più che consolandola, minacciandola di non versare alcuna lacrima per non rovinare il trucco.

«Tesoro, Julia ha ragione. Questi bimbi ti fanno un regalo e tu piangi?»

Mao le accarezzò la guancia scoccandole un bacio di incoraggiamento.

La parrucchiera uscita in fretta e furia per recuperare qualcosa di estremamente importante nell’auto le aveva lasciato la possibilità di avvicinarsi all’altrimenti intoccabile sposa. Scostandole una delle ciocche ribelli dal viso proseguì dolcemente «Una volta detto il fatidico sì tutto andrà per il meglio!»

Nataliya annuì concorde dandole man forte.

Per Mao era stata una continua sorpresa quella ragazza. Hilary le aveva detto fosse ben diversa dal gruppetto russo di sua conoscenza ma non aveva recepito appieno quelle parole finché non aveva visto gli sprazzi di espansività nei loro confronti, era di una sproposita dolcezza mista a un caratterino tutto pepe.

«Dopo aver visto di cosa è capace Boris non sono tanto sicura di voler sposarmi con lui nelle vicinanze!»

Nataliya ridacchio dandole leggeri buffetti sulla guancia «Tranquilla, non combinerà niente!»

Hilary sperò vivamente che la ragazza avesse ragione, la notte precedente ci aveva riso su durante la rievocazione dei ricordi delle amiche ma voleva evitare di avere aneddoti simili da raccontare in futuro.

«Mao…»

L’interessata si voltò perplessa al richiamo di Mariam, la donna le stava indicando la piccola panca con il beauty-case pieno dei cosmetici della sposa dove sua figlia pasticciava pacificamente indisturbata.

«LIN!»

Mao corse dalla sua bambina togliendole tutto dalle mani ricevendo un colpo al cuore alla vista del rossetto rosso spalmato sulla faccia in stile clown, micro-infarto accentuato dalle strisce di ombretto azzurro sul vestitino candido.

Presa in braccio la piccola peste corse con lei verso il bagno rischiando di spezzarsi l’osso del collo nel mezzo dei suoi rimproveri. Inciampata nel filo dell’arricciacapelli ormai cascato a terra nella stanza adiacente, aveva afferrato il lavandino reggendosi per miracolo.

Julia dopo essersi assicurata che l’amica stesse bene suo malgrado si era ritrovata cacciata fuori dal bagno per lasciarle risolvere “questioni più urgenti”.

«Mao! Ci entriamo in due in bagno!»

«Non posso rischiare che dell’acqua cada sul filo rischiando di fulminarti! Giuro che faccio in fretta! Oppure usa il bagno nella tua stanza, abbiamo finito di aiutare Hilary!»

«Fulminata? Mao ma non ti sembra di esagerare?!» Julia sbuffò bussando ripetutamente sulla porta chiusa senza ottenere risultato «Soprattutto, io non ce l’ho un bagno privato! Solo alcune stanze lo hanno a disposizione!»

«Ti hanno rubato la scena» Mariam sorrise ironicamente a Hilary seguendo con gli occhi la spagnola in pigiama intenta a raccogliere in giro abito, scarpe e tutto l’occorrente per prepararsi altrove.

«Dove stai andando ora?» chiese perplessa Hilary a Julia ormai fuori dalla stanza.

«Non lo so, nel peggiore dei casi mi preparo nel corridoio!» fu la risposta mezza mozzata dalla porta accostata da cui entrò trionfante la parrucchiera qualche secondo dopo.

Mariam pensò di poter finalmente andare a prendere una boccata d’aria ma il singhiozzo di Hilary la gettò nel panico, lo stesso in cui caddero tutte le altre. Supplicò la ragazza di trattenersi data la loro truccatrice ormai sparita chissà dove, ottenendo scarsissimi risultati.

«E se Kei decidesse di non volermi più sposare?»

Mariam si accasciò sconfortata sulla sedia, Hilary era ormai una valle di lacrime.

 

 

Yuri camminò nei corridoi della villa alla ricerca di un bagno in cui poter finire di prepararsi.

La sua camera non aveva più una privacy causa porta ormai inesistente, ed il bagno privato già occupato dagli altri due non aveva spazio per una terza persona a meno che non avesse deciso di stare in piedi sulla tazza. Così, cappelli asciugati alla cieca e abito elegante indossato aveva dato il via alla caccia al tesoro nella villa, perché solo così poteva essere definita. Il sacro Graal in confronto era una bazzecola da trovare.

Bagno introvabile come la sua pace psicologica.

Solitamente la doccia lo aiutava a riordinare le idee, o perlomeno a riflettere. Lasciarsi in balia dell’acqua bollente era il toccasana che cercava, il metodo per lasciar scivolar via le preoccupazioni di una notte insonne. Quella mattina non aveva potuto concedersela, il box con i pannelli in cristallo temperato non schermava un bel niente e la sua maschera risoluta era dovuta restare al suo posto. Impossibile da abbandonare con il costante via vai di Ivan e la presenza imperterrita di Boris intento a radersi davanti lo specchio.

Cosa normale in altre circostanze, era una vita intera che condividevano tutto ma la vocina in un angolino del cervello non cessava di sussurrare quanto necessitasse di quei dieci minuti di privacy.

Riuscì miracolosamente a bloccare uno degli inservienti che rispetto ai dieci precedenti fu disposto ad aiutarlo indicandogli la porta alla fine del secondo piano, da cui lui era appena sceso. Risalì le scale, oltrepassò la sua camera sfondata in cui era entrato pure un piccione dal buco nella finestra, per aprire infine, senza pensare, la tanto agognata porta.

La mano restò serrata attorno al pomello d’ottone all’incrocio di quegli occhi smeraldini sorpresi.

Julia in piedi davanti lo specchio stava finendo di acconciare i suoi capelli totalmente castani ornati da riflessi biondi, raccolti in alto sulla testa e lasciati ricadere in morbidi boccoli sino al collo.

«Non si bussa più prima di entrare?»

«Mi spiace, ma la mia stanza è stata letteralmente buttata giù e io cerco un posto dove mettere il gel da più di un quarto d’ora» il nervosismo di Yuri era alle stelle per quella situazione fuori dall’ordinario, come se vestirsi in completo elegante con quaranta gradi all’ombra non fosse abbastanza sufficiente.

Julia si morse le labbra per non ridere. Volutamente non era andata dietro ad Hilary ma il riassunto di Mao le aveva dato un’idea molto chiara di quello che era successo. Se a ciò aggiungeva il ricordo del matrimonio di Nataliya la difficoltà nel trattenersi aumentava.

«Allora, posso offrirti la condivisione di questo fantastico bagno» un sorrisino furbetto mentre sistemava un ferrettino tra i capelli, uno slancio d’iniziativa che non sarebbe dovuto venir fuori «Basta che ti decidi a chiudere quella porta, entra oppure esci»

Esci, la sua mente glielo stava praticamente urlando.

Yuri la porta la chiuse assecondando quella vocina, la differenza stette nell’entrare e nonostante fosse nel bagno padronale lo spazio era veramente esiguo davanti lo specchio. Bloccato tra il lavandino e la vasca di primo acchito non aveva notato la quasi nulla distanza con la ragazza che lo stava fissando con intensità.

«Già che se qui potresti aiutarmi con la zip»

Yuri poggiò la boccetta di gel sul lavandino chiedendosi perché anche nei miseri giorni di vacanza dovesse trovarsi sotto pressione. Julia si era voltata dandogli la schiena fasciata nel suo lungo abito rosa antico dotato di ampio spacco laterale. Tirò su la cerniera del vestito fin troppo lentamente ammaliato dall’aderenza del corpetto, lasciando scivolare le dita sul tessuto ad opera ultimata.

Senza incrociare lo sguardo della ragazza annuì semplicemente al ringraziamento allentando la cravatta grigia che lo stava soffocando.

Per lo meno sperava fosse a causa del nodo la mancanza d’aria che provava.

Julia cercò il rossetto corallo nell’astuccio osservando di sottecchi la cura maniacale con cui Yuri stava spalmando all’indietro i capelli, reprimendo il brivido ancora in circolo, corsole su per la schiena al tocco leggero. Troppi anni erano passati per poter dire di conoscerlo ancora, o per affermare di averlo mai veramente conosciuto, eppure quel formicolio alla bocca dello stomaco era tornato prepotente quando l’aveva incontrato nella cucina qualche ora prima, attirata da qualcosa che non avrebbe dovuto esserci.

Il loro rapporto durante il quarto campionato era stato un enorme punto interrogativo, definirsi semplici conoscenti non era stato corretto, amici sbagliato e fidanzati azzardato. Era riuscita ad andare oltre la corazza di ghiaccio a cui tutti si fermavano, scalfendola giorno dopo giorno, scoprendo altro dietro quegli occhi gelidi e l’indifferenza verso il mondo. Aveva toccato con mano la tristezza, quella sofferenza fino a quel momento sconosciuta che il russo si portava dentro da tutta una vita e lo aveva ammirato per non essere annegato in quel mare di disperazione. Non si trattava della “sindrome da crocerossina” come Mao l’aveva definita. A lei Yuri era piaciuto davvero, e non solo esteticamente. Certo, era rimasta stregata dalla chioma rosso sangue contrastante con la pelle lattea e della bellezza di quegli occhi azzurri ma c’era stato molto altro, iniziato per un caso fortuito ad inizio quarto campionato.

Raramente litigava furiosamente con Raul, seppur per delle sciocchezze, e quelle rare volte perdeva letteralmente la testa. Quella sera gelida di febbraio, incavolata nera era salita sul terrazzo dell’hotel di Oslo, sbraitando i motivi della litigata e le eventuali risposte che solo in quel momento stuzzicavano la sua fantasia. Come un’indemoniata aveva urlato al cielo, alla ringhiera, alle mattonelle, ai generatori di corrente, a qualunque cosa le capitasse a tiro, facendosi sfuggire pure un infelice osservazione sul russo. Solo dopo buoni cinque minuti e dopo essersi resa completamente una pazza calciando qualunque cosa l’aveva visto. Yuri per tutto il tempo della sua sfuriata era rimasto seduto nella penombra del blocco metallico, il volto impassibile al pari di una maschera di cera con lo sguardo gelido e tagliente rivolto su di lei.

“Un’isterica”, ecco come l’aveva definita.

Gli aveva chiesto scusa per la frase pronunciata, lui l’aveva totalmente ignorata quasi ammazzandola nel lancio di Wolborg. Irritata maggiormente dal suo silenzio quasi per indispettirlo aveva continuato il suo sfogo verbale finendo per ritrovarsi senza voce seduta accanto a lui aspettandosi qualunque punzecchiatura, frecciatina, risatina di scherno ma non un consiglio: “Parlane con Raul, vi siete semplicemente fraintesi”

Nonostante la sua concentrazione sul beyblade aveva ascoltato ogni singola parola di quello che lei aveva detto, lasciandogli quell’unico parere prima di sparire oltre la porta del tetto.

Le sere successive lo aveva trovato sempre lì ed era nata quell’insolita e alquanto bizzarra routine.

Cambiavano nazione, cambiava l’hotel, ma lei arrivata la sera saliva sulla terrazza, si sedeva accanto a lui e parlava del più e del meno mentre Yuri restava ad ascoltarla. Alcune volte di argomenti insignificanti, altri più importanti come la vendetta che in quel campionato lo aveva divorato lentamente rendendolo un concentrato di odio, accecandolo al punto di fargli perdere la testa. Altre volte ancora era riuscito a farlo parlare di sé, in altrettante volte a farlo sorridere.

Yuri era un intricato rompicapo, uno di quei puzzle che venivano comprati per svago e il più delle volte abbandonati dopo svariati tentativi di insuccessi.

A Julia però, le cose facili non erano mai piaciute, aveva messo tutto il suo impegno nel cercare la chiave risolutiva di quell’enigma e pensava di aver finalmente trovato la soluzione la notte del trionfo della Neoborg. Si era sbagliata.

Dopo il terzo mese senza ricevere notizie aveva capito che la loro notte insieme era stata solo una debolezza passeggera, almeno per il gelido russo.

Lei non l’aveva mai considerata neppure un errore, si era davvero innamorata di Yuri sia nei pregi che nei difetti.

L’incertezza celata in un semplice gesto come un sorriso, l’ego megalomane che mostrava sul campo, il menefreghismo usato come scudo, quell’orgoglio capace di fargli smuovere mari e monti, la testardaggine di portare avanti i propri obiettivi a costo di sbatterci la testa – o finire in coma provandoci -, la lealtà cieca verso i suoi compagni, la malcelata timidezza nell’ammettere di voler loro bene e la goffaggine nel lasciarsi andare a gesti affettuosi. Un mix di espressioni, emozioni, sensazioni che una persona qualunque avrebbe faticato ad associare a lui ma che a lei erano bastate per perdere la testa.

Julia era riuscita faticosamente a dimenticarlo, se lo era imposto evitando anche di partecipare ai successivi mondiali pur di non incrociarlo, per cosa poi? Ritrovarsi a condividere il bagno con lui.

Su suo invito.

Continuava a sentirsi maledettamente completa vicino a lui.

Yuri sciacquò le mani soddisfatto del risultato non sapendo come spostarsi in quel misero spazio per prendere l’asciugamano dal capo opposto del lavandino. Julia aveva finito di truccarsi, in quei pochissimi accorgimenti non appariscenti che mettevano in risalto la sua bellezza, ma concentrata a cercare qualcosa nell’astuccio non lo stava aiutando a levarsi dall’impiccio.

Dopo la richiesta della cerniera nessuno aveva spiccicato parola e lui di certo non sarebbe stato il primo a farlo.

Cercò di appiattirsi contro il bordo marmoreo della vasca per non disturbarla e soprattutto non finire strusciato contro di lei, ma pessima si rivelò la sua scelta quando sbilanciato all’indietro perse l’equilibrio cadendo all’interno della vasca.

Istintivamente aggrappato al primo appiglio disponibile che fu Julia.

La ragazza ritrovatasi catapultata all’indietro si lasciò sfuggire un urletto finendogli completamente addosso, il vestito più aperto del previsto sul davanti.

«Yuri cosa cavolo stavi tentando di fare?!» urlò adirata mentre come una tartaruga capovolta si dimenava cercando di risollevarsi, interrotta più volte dal dover sistemare la gonna del vestito.

Yuri ruotò la testa per non trovarsi ad inghiottire i capelli della spagnola, in quella posizione ad elle capovolta sperava di non aprire accidentalmente il getto dell’acqua mentre cercava una base d’appoggio.

Julia cercò di issarsi con scarsi risultati.

«Volevo asciugare le mani…dannazione! La vuoi smettere di muoverti su e giù?!»

«Sto cercando di alzar-!» la frase troncata all’improvvisa realizzazione, le mani aggrappate al bordo per sollevarsi un minimo per evitare quel contatto corporeo mentre l’impaccio prendeva piede nella sua voce «Ti prego dimmi che quello che sento premuto qui giù non è quello che penso!»

Yuri si ritrovò ad arrossire rispondendo nel medesimo tono.

«Te l’avevo detto di smetterla di dimenarti!»

Julia si gettò di lato nella vasca rialzandosi ed uscendo alla velocità della luce, fregandosene altamente di cosa avesse visto il russo in quel groviglio di vesti.

Le mani sul viso a tastare le guance bollenti, eppure non era lei quella a doversi sentire in imbarazzo.

Yuri finalmente libero riuscì ad alzarsi a sua volta trovandosi ad osservare la madrilena che stava aprendo e chiudendo la bocca per parlare senza trovare le esatte parole, evitando accuratamente di guardare in basso.

Sollevò e abbassò il torace in affanno, gli occhi incatenati a quelli di lei, un sussulto, quasi una fitta nel petto.

Afferrò il polso del braccio puntato minacciosamente verso di lui, scostandolo quanto bastava per mandare a quel paese l’ultimo briciolo della sua ragione. Non aveva saputo resistere, le sue labbra attratte da una forza magnetica erano premute contro quelle di Julia in quel contatto soffice.

Il déjà-vu ritornò prepotentemente a galla, spedendolo indietro di anni, alla stessa avventatezza del sé ragazzino incapace di controllare le proprie pulsioni.

Anche la prima volta era stato così, tutto all’improvviso, la scintilla scoccata sul momento aveva bruciato completamente il suo autocontrollo.

Come allora lo schiaffo che si era aspettato di ricevere non arrivò mai.

Dopo i primi secondi di immobilità Julia ricambiò il bacio, la schiena schiacciata contro il bordo del lavandino, le palpebre abbassate per assaporare ogni singolo attimo. Divincolatasi dalla presa del russo venuta meno sul polso fu libera di lasciar scorrere le mani tra i capelli cremisi, dita appiccicaticce attraversarono la patina di gel mandando all’aria l’accurato lavoro precedente.

Yuri aveva chiuso gli occhi con lei, le mani dapprima sulla vita erano scese lentamente lungo i fianchi spostandosi poi sulla schiena, le braccia completamente avvolte attorno al busto della ragazza che solo in quel momento capì quanto gli fosse realmente mancata.

Si separò da lei quel tanto necessario a riprender fiato e osservarla negli occhi, dove poteva giurare di aver intravisto la stessa identica confusione.

Cosa stavano facendo? Era tutto tremendamente sbagliato ma dannatamente bello.

Julia maledì sé stessa per non riuscire a resistere. Un passo, le sarebbe bastato un passo per andare via.

Il respiro di Yuri ad un centimetro dal suo, la gamba premuta a stretto contatto contro la causa di quella situazione incasinata e la stretta confortevole le remarono contro. Ridusse la distanza approfondendo il bacio, bocche dischiuse in un contatto più passionale del precedente.

Rinchiusa in un abbraccio quasi stritolatore.

Yuri non voleva più perderla, cercava di colmare in quell’abbraccio tutto il tempo perduto conscio di non poter risolvere così i loro problemi, ma la vena razionale aveva smesso di funzionare. Tutto quello che desiderava era rimanere più tempo possibile in quel limbo in cui si sentiva bene.

Erano anni che il suo cuore non batteva in quella maniera.

Accentuò ancor di più la presa assaporando il bacio ma il cigolio dei cardini bloccò entrambi.

Fermi davanti la porta aperta da chissà quanto c’erano le due piccole pesti.

Anja aveva le manine premute sul visino con due occhioni verdi enormi e un’espressione estasiata mentre Dimitrij non chiudeva la bocca per la sorpresa.

Un battito di ciglia e i due scoperti corsero via sotto lo sguardo atterrito di Yuri, un ultimo sguardo fugace alla madrilena prima di correre nella medesima direzione per impedire il propagarsi di inutili pettegolezzi da quei chiacchieroni.

Come gli era venuto in mente di baciarla?

Julia trovatasi da sola chiuse la porta con la serratura scivolando contro essa, lo sguardo perso sulle piastrelle.

Sapeva di dover darsi nuovamente un’aria presentabile, ma ricomporsi emotivamente le risultava abbastanza complicato.

Era stata pronta ad affrontare l’indifferenza, lo sguardo di superiorità, magari anche qualche frase sprezzante.

Non si era preparata per un bacio.

 

 

«Emily siamo sollo all’inizio»

Mathilda passò un fazzoletto alla ragazza scoppiata in lacrime al suono della marcia nuziale. Mao era accanto all’altare come testimone della sposa e il compito di consolare Emily era toccato a lei.

La sorellina di Max di appena dieci anni aprì il corteo spargendo i fiori sul tappetto mentre il fratello orgogliosamente seduto in prima fila assillava Takao, Daichi e il professor Kappa su quanto lei fosse bellissima.

Mariam per uscire dall’imbarazzo delle attenzioni attirate dal compagno era arretrata di quattro file prendendo posto accanto alla ragazza in lacrime, chiedendosi perplessa perché stesse piangendo.

«Guarda com’è agitato Hiwatari»

Rick se la stava ridendo della grossa nella fila dietro le ragazze bisbigliando e commentando ogni azione di Kei con Lai. Lo sposo infatti era rimasto immobile davanti l’altare senza batter ciglio, la mano di Rei sventolata ogni tanto davanti al volto per assicurarsi stesse ancora respirando.

Raul guardò dubbioso la sorella arrivata all’ultimo secondo prender posto accanto le altre, domandandosi come avesse fatto ad arrivare in ritardo data la sua velocità nel prepararsi agli spettacoli.

Julia inspirò profondamente, decidendosi forzatamente a guardare verso le panche dall’altro lato del tappeto alla ricerca di una testa rossa facilmente individuabile. Il cuore ancora le scoppiava nel petto, in quella gioia carica di retrogusto amaro. Il dubbio di essere l’ennesimo momento di debolezza a cui Yuri si era lasciato andare senza aspettarsi nulla in particolare.

Avrebbe dovuto far finta che nulla fosse successo, il matrimonio di Hilary non aveva bisogno di inutili scenate e lei dopo quel giorno infondo non l’avrebbe più rivisto.

Trovò Yuri chinato a confabulare con la bambina che sembrava avere tutta l’intenzione di andare a giocare con i petali dei fiori disseminati in giro.

Anche lei avrebbe voluto avere quell’età, avrebbe sofferto meno.

 

Yuri sentendosi osservato alzò gli occhi incrociando per un breve istante quelli della madrilena prima che l’ingresso di Hilary venisse annunciato.

«Quello è rossetto?»

Al sussurro di Ivan, credette di essere morto. Il cuore aveva smesso di battere, d’istinto aveva abbassato lo sguardo sulla camicia candida coperta dalla giacca nera analizzandone ogni centimetro di tessuto.

«Sì, ho avuto un incontro molto ravvicinato con una delle amiche scolastiche di Hilary»

Alla risposta di Boris il battito cardiaco tornò stabile, l’interrogatorio era l’ultima cosa che desiderava ricevere in quella mescolanza di sentimenti.

Perché aveva baciato Julia? Non lo sapeva nemmeno lui.

Come avrebbe dovuto comportarsi? Non ne aveva la più pallida idea, poteva essere nato tutto dalla mera eccitazione del momento e lui inutilmente si stava facendo problemi.

«Volete far silenzio?»

Nataliya intimò loro di tacere, ammaliata dall’abito bianco di Hilary. Gli strati di tulle della gonna vaporosa ricreavano le onde del mare donandole movimento ad ogni passo, mentre il corpetto era arricchito da decorazioni in pizzo migliorato da punti luce e un profondo scollo a V.

Boris appoggiò il fischio d’apprezzamento sfuggito a Claude.

 

 

«Kei, ti prego respira»

Rei supplicò l’amico parlando tra i denti mentre sorrideva all’ingresso della sposa.

Si scambiò un’occhiata preoccupata in tralice con Mao, Kei era diventato più bianco della sua camicia assumendo una leggera sfumatura violacea.

Il torace immobile come ogni altra componente del suo corpo.

«Io…Io non posso farlo»

Rei afferrò il braccio del ragazzo prima di vederlo darsi alla fuga, affiancato da Mao che prontamente si era avvicinata dall’altro lato.

«Sì che puoi!» un sussurro inferocito rivolto allo sposo prima di sorridere a trentadue denti all’amica ormai arrivata.

Kei restò pietrificato ad osservarla, stentava a riconoscere la sua Hilary in quel vestito.

Tutti gli invitati sparirono ingurgitati da una quella massa oscura in cui era lei l’unica luce.

La sua donna bellissima.

Si sentiva pervaso dalla stessa eccitazione prima di un incontro, solo quintuplicata e in grado di togliere il fiato. Lei era lì, solo per lui. Lei aveva deciso di passargli la vita accanto.

La terra gli mancò sotto i piedi come se stesse saltando nel vuoto.

Mao l’aveva portato alla realtà spintonandolo leggermente verso la sposa.

Dopo i primi passi titubanti, inspirò a fondo porgendo il braccio alla donna, riacquistando tutta la sua sicurezza quando le sue mani l’afferrarono.

Hilary gli sorrise, gli occhi lucidi per l’emozione.

Kei si calmò, poteva farcela.

 

 

Brooklyn accomodato su una delle ultime panche, aveva trovato posto di fianco ad un’anziana zia della sposa con cui dall’inizio della cerimonia conversava di uccelli.

Garland in piedi accanto a lui scambiò un’occhiata a disagio con Ming Ming, Mystel e Mozes, i dipendenti dell’azienda Hiwatari li stavano guardando male e poteva benissimo dar loro ragione.

«Gli avevo detto di non portarsi briciole di pane» bisbigliò sconfortata la ragazza.

Brooklyn continuò ad accarezzare l’uccellino posatosi in grembo, incurante dell’altra decina di piccioni volteggianti sulle loro teste che di tanto in tanto gli si posavano sulle spalle.

«Beato lei che si diverte» dichiarò Hitoshi poco più indietro osservando preoccupato i volatili e il suo vestito nuovo, rimpiangeva già la partenza rimandata per gli scavi archeologici in Grecia.

«Abbiamo visto questi ragazzi crescere, è sempre una gioia ammirare i forti legami che sono riusciti a instaurare grazie alla passione comune per uno sport» il sorriso dell’ormai prossimo alla pensione presidente della BBA non riuscì a contagiare appieno il più grande dei Kinomiya, al contrario del nonno che nonostante la veneranda età appoggiava ogni singola parola applaudendo vigorosamente insieme agli altri invitati.

Era comunque il matrimonio di due suoi nipoti acquisiti.

 

Lin, le treccioline nere sobbalzanti ad ogni movimento, si avvicinò a Mao con il piccolo cuscinetto delle fedi.

Un sorriso trionfante al complimento fattole dalla mamma dopo aver consegnato gli anelli, accanto alla quale restò incuriosita ad osservare i due sposi.

Hilary afferrò la mano di Kei, stringendola per non lasciarsi sopraffare dall’emozione. Fu grata di ricevere la medesima stretta.

«Kei, vuoi accogliere Hilary come tua sposa, promettendo di esserle fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarla e onorarla tutti i giorni della tua vita?»

Hilary gli accarezzo il dorso incoraggiante, le labbra curvate all’insù in un timido sorriso in grado di dissolvere il freno della sua lingua.

«Sì»

Rei internamente gridò vittorioso osservando distrattamente le file degli invitati dove un riluttante Boris stava dando dei soldi a un gongolante Ivan. Pure ad un matrimonio scommettevano?

«Hilary, vuoi accogliere Kei come tuo sposo, promettendo di essergli fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarlo e onorarlo tutti i giorni della tua vita?»

«Sì, lo voglio» voce tremante e occhi lucidi.

Il pianto disperato di Emily accompagnò le parole della ragazza facendola sorridere, nel silenzio prima dell’inizio della musica si era sentita distintamente la sua esclamazione «È ancora così giovane!»

Il cerimoniante la scrutò perplesso, nemmeno la mamma della sposa si era commossa a tal punto.

«Per il potere conferit

«Qui non esiste la norma “Se qualcuno è a conoscenza di un impedimento per questo matrimonio, parli ora o taccia per sempre”? Insomma, quella roba lì per le opposizioni»

Kei fulminò Daichi con gli occhi, cosa frullava in quella testa bacata per interrompere così il suo matrimonio?

Max aveva tappato tempestivamente la bocca del ragazzo più giovane mentre Takao agitava le braccia nel panico facendo intendere di non centrare nulla.

«Io lo affogo nella piscina» fu il sibilo di Hilary mentre cercava di mantenere la calma.

«Imbecille» mormorò Mao schiaffandosi una mano sulla fronte, stava andando tutto liscio perché dovevano esserci sempre i piantagrane ad ogni matrimonio?

«Imb-cosa mamma?»

Sbarrò gli occhi accucciandosi all’altezza della bambina.

«Tesoro no, non ripetere. Quella è una brutta parola»

L’officiante invitò il ragazzo a farsi avanti, egli sgusciato via dalla presa di Max si avvicinò al centro del tappetto sotto le occhiatacce saettanti della sposa.

«Ora l’ammazzano» commentò mesto Raul all’orecchio della sorella sporgendosi di lato per migliorare la sua visione.

«Se non lo fanno loro, lo farò io»

«Dunque, perché crede questi due ragazzi non debbano unirsi in matrimonio?»

Daichi gonfiò il petto, aspetto baldanzoso nonostante le velate minacce provenienti dai genitori di Hilary alla sua sinistra. Occhi chiusi con fare onnisciente.

«Perché un uomo non può mica sposare un’ochetta»

Hilary rossa come un peperone sentì il fumo uscirle dalle orecchie, Daichi le stava facendo fare la figura dell’allocca davanti a una miriade di persone. Stava per saltargli letteralmente al collo ma la scarpa tacco tredici fu più lesta di lei.

Colpito alla nuca Daichi ricadde a terra svenuto.

Mariam impassibile si avvicinò recuperando la calzatura, trascinando via il ragazzo inerme per la collottola «Scusate l’interruzione, proseguite pure»

Il cerimoniere tossicchiò ricomponendosi, nei suoi anni di carriera quello era il matrimonio più strampalato a cui avesse preso parte.

«Per il potere conferitomi vi dichiaro marito e moglie! Ora, lo sposo può baciare la sposa»

Lo scroscio di applausi partì accompagnando la musica nuziale, vincendo il suo imbarazzo Kei baciò Hilary più a lungo di quanto avesse inizialmente programmato di fare beccandosi le ovazioni e le battutine ironiche di diversi blader.

Sergej in modalità iperprotettiva cercò di coprire gli occhi dei suoi bambini sotto lo sguardo divertito di Nataliya, vedevano loro due baciarsi tutti i giorni non ce n’era necessità.

«Papà sposta la mano! Voglio vedere il bacio tra lo zio Kei e la zia Hilary!»

Anja riuscì a scrollarsi di dosso il padre salendo in piedi sulla panca per ammirare la scena al meglio, seguita nell’esempio dal fratellino.

«Dovreste avere altri interessi a quell’età»

La piccola nel suo abitino azzurro pastello mise il broncio esclamando risentita «Non è di certo il primo che vediamo!»

Sergej non riuscì a indagare oltre, il suo ex capitano aveva iniziato a tossire convulsivamente, piegato in due sulla panca.

«Yuri vuoi un bicchiere d’acqua?»

Boris lo guardò preoccupato battendogli la mano sulla schiena, aveva notato un colorito cereo dall’inizio della cerimonia ma non pensava fosse davvero malato.

«No tranquillo, tutto bene»

Yuri cessò la sua squallida finta sollevato di essere riuscito a interrompere il discorso, meno contento di avere gli sguardi di metà invitati puntati addosso, compreso quello di Julia.

Qualche minuto dopo per sua somma gioia la cerimonia finì attirando l’interesse altrove ma la paura l’assalì nuovamente nel vedere Sergej abbassato a parlare con Anja.

Aveva fatto promettere ai due nipotini di mantenere il segreto ma erano pur sempre bambini, poteva scappare involontariamente qualcosa se ritornavano sull’argomento precedente.

 

 

«Scusami, li prendo in prestito»

Mathilda restò di stucco ad osservare le sue mani vuote, i conetti di carta ricolmi di riso le erano stati praticamente rubati sotto il naso.

Julia sistematosi il gancetto delle scarpe era tornata da lei chiedendole che fine avessero fatto.

La ragazza si limitò ad indicare mesta verso la panca dei russi.

Yuri con la refurtiva ottenuta si era fiondato accanto alla bambina, scusandosi velocemente con Sergej per l’interruzione.

«Anja non avevi detto di voler lanciare il riso agli zii?»

La piccola trillò allegra saltellando in approvazione, Yuri le sorrise di rimando prendendola in braccio ed esclamando con una felicità che non gli apparteneva «Andiamo allora!»

Boris inarcò un sopracciglio perplesso, una mano sulla fronte dell’amico per assicurarsi non stesse delirando per la febbre.

«Yu, sei sicuro di star bene?»

«Benissimo!»

Sergej l’osservò fuggire via, disperso all’interno della calca formatasi attorno ai novelli sposi.

«Dovevamo farlo visitare dopo la botta in aeroporto»

 

 

Hilary sorrise al settimo cielo davanti all’obbiettivo stranamente accompagnata da suo marito, mentre Mao di tanto in tanto continuava a toglierle riso dall’acconciatura.

L’ala di giardino retrostante alla villa era stata adibita per la festa ma la disposizione del ricevimento richiedeva lo smantellamento dell’area cerimonia per poter includere tutti. Così gli invitati si erano spostati nel lato già ultimato e come da tradizione, secondo le usanze giapponesi, lasciavano uno per volta la busta con il proprio dono nel piccolo banchetto appositamente allestito.

Hilary si costrinse a sorridere e ringraziare anche lo scombussolato Daichi, i suoi genitori seduti accanto alla cesta l’avevano pregata con gli occhi.

Alcuni dei ragazzi iniziarono ad accomodarsi ai rispettivi posti dei tavoli circolari caratterizzati per la maggior dall’accorpamento di due squadre di blader, fatta eccezione per i russi già numerosi di per sé e la squadra di Takao.

Anja proseguiva a trascinare in tondo il povero Yuri, facendosi aiutare a raccogliere il riso da terra per tornare a lanciarlo allegramente sugli sposi mentre il restante gruppo dei russi era intento a confabulare in un angolo all’ombra di un albero.

Sergej con in braccio Dimitrij scosse la testa rassegnato alla vista di Boris intento a riciclare i cartoncini del riso per ricavarne una busta. La notte precedente aveva praticamente perso del tempo inutile a spiegar loro le usanze giapponesi nei regali di nozze.

Per tre volte aveva ripetuto che le banconote dovevano essere nuove, appena prese dalla banca, consegnate in numero dispari così come doveva essere dispari la cifra.

Boris invece non solo usava della carta straccia per imbustarli, aveva inserito all’ interno dei rubli con la scusante “Prima o poi verranno in Russia, gli serviranno” scrivendone il corrispettivo in yen sulla busta.

Nataliya esaminò preoccupata il volto della signora Tachibana fissata con quelle tradizioni al bel ventimila yen scritto sulla carta, la donna ammutolitasi era divenuta bianca come un cadavere.

Kei aveva scoccato un’occhiata omicida al russo mentre Hilary insieme a suo padre cercavano di far riprendere la madre dal suo stato catatonico agitandole le mani sul viso.

Ivan lasciò il proprio dono dileguandosi in un lampo prima di essere visto.

 

 

«Questo matrimonio comincia a piacermi!»

Gianni squittì allegro alla vista delle diverse posate e stoviglie varie sul tavolo, degne di una festa d’alta classe. Inoltre, chiacchierando con i futuri suoceri di Hiwatari aveva scoperto la loro passione per l’Italia e il resto della cerimonia basato proprio sullo stile occidentale del suo paese.

«Mon Dieu, moriremo prima di vederne la fine»

Olivier scrutava sempre più avvilito il cospicuo menù, sostenuto nella sua disperazione da Ralph.

Andrew non li stava minimamente ascoltando, troppo preso nell’indagare ogni minimo movimento al tavolo dei russi situato a un metro di distanza.

«Andrew la tua sta diventando un’ossessione, è sposata fattene una ragione» il tedesco annui al cameriere facendosi versare il primo di una lunga serie di bicchieri di vino, avrebbe dovuto avere tanta pazienza per non spingere la testa dell’amico nel piatto.

«Sto cercando di capire come mai le donne bellissime finiscano con tipi…così» una nota acida calcata sull’ultima parola.

Mathilda si lisciò le pieghe del pantalone lanciandogli un’occhiataccia di rimprovero.

«È scortese quello che hai appena detto, Nataliya è una donna dolcissima e anche mentre eravate ad Amsterdam aveva solo bellissime parole per parlare di Sergej, penso conti questo nella loro relazione non il tuo giudizio»

Andrew si fece piccolo sulla sedia, aveva dimenticato di dividere il tavolo con l’ex squadra Barthez e di non essere solo uomini. Gli antichi dissapori iniziali fra loro erano svaniti da anni, ma proprio la partecipazione comunitaria ad un campionato gli diede la certezza di aver fatto arrabbiare la ragazza, cosa estremamente rara.

Cercò di annientare la tensione cambiando discorso.

«Aaron! Prima mi stavi dicendo di aver cambiato sport, in cosa ti diletti?»

«Pugilato»

Andrew rise falsamente sentendo morire lentamente la sua autostima, di primo acchito non aveva notato i muscoli preminenti acquisiti dal ragazzo.

 

 

Brooklyn sorrise al bambino russo, Dimitrij titubante si era avvicinato attirato dal particolare uccellino dalle piume rossastre che beccava semini sul suo palmo.

Lo invitò ad allungare la manina per accarezzarlo.

Julia adagiate le posate era scoppiata a ridere ascoltando i discorsi di Garland, una mano sulla bocca per inghiottire il boccone prima di rivolgersi a lui.

«Brooklyn dimmi che sta scherzando e non volevi davvero lanciare i semi per uccelli al posto del riso!»
Il ragazzo si morse le labbra alzando le spalle colpevole.

«Te l’avevo detto, fortunatamente Ming Ming gliel’ha sequestrati»

«Ci mancava solo l’invasione di pennuti dopo l’uscita infelice di Daichi» sbottò la ragazza tagliando con foga la fetta di prosciutto nel piatto «Lavorare nello zoo ormai ti ha dato alla testa»

«Non prendertela con me se sei arrabbiata con il tuo fidanzato»

Raul strabuzzò gli occhi lasciandosi scappare la forchetta.

«Tu e Daichi…state insieme?»

«Sì da qualche mese, ci siamo rivisti ad un incontro di beneficenza dove ho dovuto affiancarlo nella presentazione e da lì abbiamo iniziato a frequentarci»

Julia si portò il bicchiere alle labbra pensierosa, persino la piccola bertuccia era cresciuta trovando qualcuno con cui condividere il suo cuore.

Perché per lei era così difficile?

 

«Sopprimetemi»

Boris strizzò gli occhi verso l’intelaiatura del gazebo sentendosi un raviolo cotto al vapore, quella copertura di stoffa e acciaio non li stava proteggendo ma uccidendo lentamente.

Nataliya era scappata in bagno per rinfrescarsi da ormai dieci minuti, probabilmente rifugiata sotto il condizionatore all’interno della villa.

Ivan si era già tolto la giacca e rimboccato le maniche della camicia senza trovar pace, collassato con la faccia sul tavolo circolare, punzecchiato ogni tanto da Anja a cui Sergej cercava di far mangiare qualcosa con scarsissimi risultati dato il piatto ancora pieno.

Yuri la testa reclinata leggermente sullo schienale oltre a lasciarsi morire per l’alta temperatura era concentrato a studiare i commensali a due tavoli di distanza. Una fitta alla bocca dello stomaco all’ennesima risata della madrilena.

I pensieri di Yuri tutt’altro che idilliaci.

Ok il divertimento, la compagnia, la vena umoristica di Garland… ma perché diavolo Julia doveva stargli così appiccicata? Gli aveva persino appoggiato la testa sul braccio ad un certo punto!

Con disappunto notò di provare la stessa rabbia corrosiva che l’aveva portato quasi a disintegrare Apollon e il suo possessore durante la sua vendetta un decennio prima. Aveva messo una pietra sopra il coma forzato in cui era stato spedito dopo aver ottenuto la sua rivincita, ma sentiva di star ricascando in quel baratro oscuro dove non riusciva a controllare le proprie emozioni troppo a lungo sigillate.

Boris in quella occasione aveva dovuto urlare ad incontro in corso di darsi una calmata avvicinandosi il più possibile a lui per farlo ragionare, sottolineando alla fine come si fosse lasciato divorare dall’odio. Ed era vero, lui durante lo scontro non era riuscito ad immaginare altro che i corpi esamini dei due compagni e il macchinario ospedaliero a cui era stato attaccato per oltre un mese. Era ricascato nel pericoloso stile di gioco della Borg.

Wolborg stesso aveva assunto un bagliore di rimprovero nei suoi confronti.

La maschera di terrore del volto di Julia sugli spalti all’improvvisa distruzione di parte dell’arena di gioco era però stato il colpo di grazia alla sua furia.

Si era improvvisamente placato pensando a come dovesse essere sembrato un mostro ai suoi occhi, al disgusto che avrebbe visto a fine incontro.

Quando la bufera di neve da lui generata si era placata, nella lenta discesa dei fiocchi di neve a stento aveva avuto il coraggio di guardare nuovamente verso di lei. Julia nonostante tutto, scossa ancora dai tremiti, del freddo? Della paura? Aveva sorriso incoraggiante intuendo probabilmente che la tempesta fosse passata. Presentandosi ugualmente con sua somma sorpresa nel loro angolo segreto la notte stessa.

Senza pregiudizi, senza collera né repulsione, solo con quella singola ingenua domanda: “Cosa ti è successo per diventare così?”

Inspiegabilmente l’aveva accontenta, provato dalle emozioni della sfida forse parlare era davvero quello di cui aveva realmente bisogno, ciò nonostante, si era sentito in colpa per aver profanato quella innocenza con il racconto della sua vita che non aveva nulla da invidiare a un film horror, benché alcuni particolari più pesanti li avesse volutamente omessi.

Julia aveva intrecciato la mano con la sua per tutto il tempo.

«Yu, mi stai ascoltando?»

No Sergej, perché Garland le ha appena passato un braccio attorno alle spalle?

«No, sto pensando alla felicità dei pinguini in Groenlandia. Cosa mi hai chiesto?»

«Ma chi è la più bella principessina di tutta la Russia?»

Un brivido corse lungo la spina dorsale di Yuri nell’udire la vocina zuccherosa di Boris, restava ancora interdetto dinanzi a quelle improvvise smancerie.

Anja rise allegra per il solletico al pancino scuotendo le manine in difesa.

Sergej sospirò sconfortato con la forchetta a mezz’aria, Boris si era fatto ingannare dal faccino supplicante di sua figlia che ormai distratta dallo zio non avrebbe più mangiato nulla. Preferì tornare all’argomento precedente prima di sgozzare l’amico.

«Hai visto Dimitrij? Kei e Hilary stanno iniziando a far le foto ma non so dove si è cacciato»

«Sta giocando con un uccellino sotto il tavolo dove sono gli spagnoli»

Sergej lo ringraziò alzandosi per recuperare il secondo figlio che terminato il suo piatto non ci aveva messo molto a sparire.

Boris abbandonò il suo gioco con Anja guardando di sfuggita nella medesima direzione, tornando a fissare Yuri indagatore.

Qualcosa non l’aveva convinto, ed era certo non fosse l’ex blader della Bega in sé la fonte di quello sguardo predatore quanto piuttosto la compagnia conquistata.

«Stai guardando Garland come se volessi ucciderlo» un bisbiglio appena udibile per non far cadere un segreto di cui era soltanto lui a conoscenza da anni.

Sapevano bene entrambi il motivo del suo improvviso odio.

Yuri però non era disposto ad ammetterlo, lui non aveva alcun diritto di essere geloso.

 

 

«Takao abbassa quelle mani!»

Il flash immortalò Hilary schiaffeggiare il più volte campione del mondo nella foto ricordo con il resto dei Bladebreakers.

Kei premette le dita sul setto nasale e serrò gli occhi pur di restare calmo.

«Max mi ha fatto inciampare!»

«Anche se fosse vero, non è colpa mia se le hai toccato il sedere!»

Mao ricadde sulla prima sedia nelle vicinanze fisicamente esausta, i tacchi le stavano martoriando i piedi e oltre a star dietro agli sposi le toccava pure correre dietro alla figlia iperattiva.

Avrebbe ringraziato suo fratello e la splendida idea di farle assaggiare del vino lasciandogliela in casa per una settimana.

«Giornata estenuante?»

Invidiò la vena pimpante di Micheal fresco come una rosa. Vero, erano le tre del pomeriggio, il pranzo era ancora agli inizi ma lei aveva esaurito tutta la sua riserva di energia.

Indicò amareggiata senza parlare l’angolo adibito per gli scatti, lasciando a lui il compito di giudicare.

Il professor Kappa nel mezzo tra Hilary e Takao cercava di riappacificare gli animi, Kei approfittando della confusione era fuggito via per evitare altre fotografie – Rei lo stava cercando – Daichi era tornato a mangiare mentre Max cercava di consolare la mamma della sposa scoppiata in lacrime per il matrimonio che stava subendo interruzioni continue.

«Ammetto che è un matrimonio un po’ caotico»

«Un po’?»

Mao scettica trangugiò il contenuto del bicchiere situato al posto del fratello, vuoto al momento come il resto del tavolo che era stato assegnato alla squadra americana e cinese. Lo riempì nuovamente per brindare con Micheal e accontentare il fotografo che nell’attesa aveva iniziato a girare fra i tavoli scattando a destra e a manca.

«Non capisco se sono io ad aver bevuto troppo o lì c’è del fumo che sale»

La ragazza seguì la traiettoria verso il tavolo dei Bladebreakers con l’aggiunta del resto della famiglia Kinomiya e il presidente Daitenji, dove al momento c’era solo Daichi intento a ingozzarsi e ripulire anche i piatti dei suoi vicini. In quel caldo torrido non vide nulla di anormale, la percezione dell’ambiente circostante con le alte temperature spesso giocava brutti scherzi alla vista.

«Magari Daichi sta evaporando come la sottoscritta»

«Oh, tuo marito è riuscito a recuperare lo sposo!» Rick sopraggiunse alle spalle facendola sobbalzare all’improvvisa pacca sulla spalla, il contenuto del bicchiere quasi rovesciato sul vestito.

Lo fulminò con lo sguardo asciugandosi il braccio stizzita.

Le fotografie ripreso senza particolari intoppi, se non si consideravano gli imbucati.

Era stato deciso di farle seguendo una divisione per squadre ma nessuno la stava rispettando.

Max aveva trascinato e dato un bacio a Mariam in quella con i Bladebreakers – facendo morire di vergogna la ragazza non incline alle effusioni pubbliche -, Lin era piombata nel mezzo della foto dell’ex squadra Bega dove era stato trascinato un ricalcitrante Hitoshi, Nataliya senza sapere come si era trovata nella foto con gli European Dream e nello scatto successivo Andrew era misteriosamente oscurato dalla massa di Sergej.

La foto con i genitori della sposa e nonno Hito incavolato era stata la più problematica: nella prima Hito aveva iniziato a sbraitare ascoltando Ivan discutere con i compagni su un risarcimento in denaro che sarebbe spettato loro in seguito all’ultima deposizione contro Vorkov, la seconda volta dietro Kei era spuntata la testa di Boris con un sorriso folle – Yuri l’aveva trascinato via scusandosi con la donna che stava per avere il terzo infarto della giornata –, nella terza la mamma di Hilary riversava tra le braccia del marito e tutti erano terrorizzati per il grido di Mathilda.

«Al fuoco!»

Kei toltosi la giacca si era precipitato verso il tavolo dei Bladebreakers per cercare di spegnere le fiamme aiutato da Hitoshi prima dell’arrivo della sicurezza con un estintore.

Daichi rimasto interdetto sulla sedia spinta via dal tavolo, aveva ripreso a mangiare la sua fettina di pane a incendio domato.

Charlotte, la sorellina di Max, aveva abbracciato spaventata la prima persona accanto a lei, ossia Ivan che lasciandole a disagio pacche sulla sua testa cercava di calmarla chiedendo aiuto con gli occhi ai suoi compagni. Yuri gli aveva sorriso con una faccia da schiaffi sparendo con la scusa di avere sete, Boris gli aveva fatto “ciao ciao” con la mano nell’identica espressione del compare e Sergej era stato troppo impegnato a discutere con Nataliya per prestargli attenzione.

Gli uomini della sicurezza mostrarono al proprietario di casa la lente d’ingrandimento, usata da nonno J per leggere meglio, lasciata sul menù dove il sole battente aveva fatto il resto.

«E tu seduto lì non hai sentito puzza di bruciato?!» domandò Kei a Daichi rimettendosi la giacca del completo semibruciacchiata rassicurando nel mezzo il nonno dell’amico che continuava a scusarsi. Il ragazzo scosse la testa masticando in apprensione per gli occhi ametista che desideravano porre fine alla sua vita, ringraziando mentalmente l’esistenza dei bambini sua ancora di salvezza.

«Zio Kei, noi non ce la facciamo la foto?»

Dimitrij la manina attorno al pantalone aveva fatto abbassare Kei alla sua altezza sussurrandogli la domanda. Sospirando pesantemente il ragazzo l’aveva preso in braccio facendo segno a Hilary di seguirlo.

Sua moglie si era rilassata capendo le intenzioni, aveva dato la manina ad Anja che trotterellando allegra aveva chiamato a raccolta tutta la parentela.

Per evitare ulteriori disordini il fotografo aveva deciso di accelerare i tempi immortalando più persone insieme. Boris posizionato dal lato di Kei dopo Sergej e consorte non seppe se ridere o meno della situazione squadrando Raul accanto a lui.

Yuri, un braccio attorno alla sposa, l’altro attorno a Julia provò l’irrefrenabile istinto di staccare a morsi la giugulare del fotografo che aveva collocato la spagnola fra lui e Ivan “per questioni di bilanciamento”.

«Adesso mi raccomando, sorridete!» il fotografo euforico tornò verso il treppiedi incurante di alcuni dei commenti sarcastici degli ex blader alle sue spalle per quella richiesta, russi e sorriso non era certo la miglior combinazione in una frase.

Yuri li aveva sentiti bene, così come le dita sottili della madrilena leggermente premute sul fianco, il profumo alla pesca più penetrare alla frase sussurrata.

«Che io ricordi, hai un bel sorriso»

Il problema lì per Yuri non erano i ricordi ma capire che razza di relazione avessero loro due.

L’aveva baciata, una donna che per quanto ne sapesse poteva essere pure fidanzata – o peggio, sposata – e non avevano ancora chiarito quanto successo. Autoconvincersi fosse un bacio passeggero non aveva funzionato, non dopo averla vista scherzare con Garland.

Anja in braccio a Hilary si era voltata posandogli un bacino sulla guancia, sorridendo incoraggiante al secondo incentivo del fotografo.

Quella bambina alle volte sembrava leggere nel pensiero.

Yuri curvò le labbra all’insù facendo esultare il fotografo, non poteva deludere la bambina.

Sì, certo, aveva sorriso per Anja.

L’urlo poco ortodosso di Julia che consigliava di immaginare Kei con un vestito da fenicottero rosa non c’entrava nulla.

 

 

Kei ripercorse mentalmente tutti i modi in cui si poteva uccidere una persona.

Lo aveva detto ad Hilary di fare una festicciola intima senza invitare nessuno, il suo sesto senso aveva avuto ragione ancora una volta.

Dopo la lenta agonia delle fotografie, in cui lo avevano praticamente obbligato a sorridere – cosa che non gli riusciva molto bene se gli veniva ordinata – pensava che il peggio fosse passato. Oltre il triplice rischio infarto della suocera, la figuraccia ottenuta con Daichi davanti ai suoi dipendenti e un incendio scampato, cos’altro poteva succedere?

Il fischio del microfono gli perforò i timpani, l’acuto di Lai era giunto troppo vicino all’oggetto, quale grande gioia avere una delle casse proprio accanto al tavolo.

I tre cinesi urlarono ancor più a squarciagola frasi del tutto prive di senso in una lingua che con molta probabilità era il dialetto della loro zona.

«Ancora convinta sia stata una buona idea creare questa rimpatriata?» sibilò fra i denti fissando dritto davanti a sé, il fotografo/avvoltoio li stava inquadrando.

Nella testa ipotetiche immagini di un futuro non molto lontano in cui brandendo una bottiglia spaccata avrebbe attentato alla vita di quei pazzi.

«Non molto…però non sono solo le persone che ho voluto invitare io a dare i problemi! Voglio ricordati in particolar modo Boris» sorrise forzatamente anch’ella verso la videocamera, cercando disperatamente i due testimoni per un aiuto.

Essi erano spariti nel nulla.

 

 

«Sai che ti vediamo comunque?»

Emily scostò la tovaglia guardando sotto il tavolo dove si era nascosta Mao.

La donna gli intimò di far silenzio richiudendo il suo nascondiglio, non sarebbe uscita di lì per i prossimi cent’anni.

Mathilda si accomodò accanto facendo un cenno verso il tavolo «È ancora lì sotto?»

Emily annuì rigirando gli spaghetti nella forchetta, allungando il piatto verso la ragazza che terrorizzata negò con vemenza «No no no, basta! A fatica ho finito il mio!»

Rick si pulì con il tovagliolo assecondando l’occhiata supplicante di Emily, non gli piaceva il cibo andato sprecato ma sfruttato a quella maniera si sentiva tanto la pattumiera del tavolo. Capiva perché tutti gli altri sembravano aver le pulci addosso e si dileguavano appena terminavano la loro porzione.

«La figuraccia la stanno facendo loro, smettila di fare la codarda»

Mao gli tirò una gomitata sul ginocchio restando al coperto, era comunque la sorella di Lai e amica di Gao e Kiki, lo sapevano tutti. Quei tre stonati come campane si erano messi a cantare a squarciagola canzoni d’amore per gli sposi, la bella intenzione c’era ma non l’applicazione.

Rei coprendosi parzialmente il volto si avvicinò al tavolo, i tre gli indicarono contemporaneamente in basso dove ben presto si infilò per far compagnia alla moglie.

«Quanto durerà ancora questa tortura?»

Emily scosse la testa non sapendo rispondere alla domanda di Ozuma fermatosi accanto a loro depresso più che mai. Mathilda ruotò il polso mostrandogli l’orologio segnare le sei del pomeriggio.

«Considerando quanto siano brilli e che stanno cantando da mezz’ora direi molto poco, ho visto Boris allontanarsi in compagnia di Max con dei palloncini in mano» proferì sistemandosi i bottoncini della camicetta color pesca sui pantaloni neri a sigaretta.

«Māmā bàba

Lin arrampicatasi su una delle sedie li osservava con i lacrimoni agli occhi, alla voce della figlia Mao era riapparsa brevemente trascinando anche lei nel suo rifugio facendo prendere un colpo ad Ozuma che aveva visto due braccia sbucar fuori dal nulla.

Rick raccolse piatto e posate decidendo di finire quel pasto al tavolo degli Scudi Sacri, non poteva stare seduto tutto storto a causa dell’allegra famigliola.

 

 

Anja saltò allegramente nella pozzanghera mano nella mano con Dimitrij.

Il prato era pieno di chiazze d’acqua a causa dei palloncini che Boris e Max avevano fatto scoppiare sui cantanti improvvisati scatenando risa generali, almeno finché Boris inavvertitamente non aveva colpito la mamma della sposa.

Sembrava avercela con lei quel giorno.

Una base di musica leggera riempì l’aria dopo il supplizio canoro precedente, segnalando l’ingresso degli sposi e il loro cambio d’abito.

«Quindi, secondo le usanze questo è il vestito tradizionale e poi ne sta anche un altro?»

Ivan scrutò incredulo e divertito al contempo il nuovo vestiario, fotocamera del cellulare alla mano per immortalare Kei nel suo kimono. Quanto si sarebbe divertito a mandargli quelle foto nei prossimi mesi.

«Esatto, per accontentare tutti alla fine hanno creato un mix di tradizioni. Kei è comunque russo e non praticante della loro religione, non avrebbe avuto senso sposarsi secondo rito shintoista. Quindi, hanno optato per la cerimonia in stile occidentale che qui si svolge in questo modo»

Nataliya continuò a tenere sotto controllo a distanza i suoi bambini, provando contemporaneamente a scippare il cellulare dalle mani del ragazzo, Quei poverini già stavano vivendo un matrimonio da incubo non serviva ricordarglielo.

Ivan saltò verso il lato opposto del tavolo.

Boris fece soltanto finta di acchiapparlo dicendo con rammarico di non esserci riuscito, chiedendo poi con fare svagato «Conosci parecchie cose…quando non tentate di creare una squadra da calcio studi la cultura di altri popoli?»

Sergej gli mollò una pedata secca sotto al tavolo, indicandolo e mimando un taglio sul collo.

Nataliya con il sorriso più falso che le avesse mai visto si rigirò il coltello fra le mani, la lingua passata tra le labbra «Sai, ho passato quarantotto ore a chiacchierare con Hilary e a fare la conoscenza delle altre ragazze. Qualcuno si è dimenticato di me in aeroporto»

Yuri seguì il battibecco non curandosene particolarmente.

Julia era sparita dalla circolazione da una buona mezz’ora, il secondo servito in tavola ancora intatto al suo posto. Non avevano ancora parlato, lui non riusciva a prendere in mano l’iniziativa e lei era continuamente circondata da altre persone.

L’unica consolazione era sapere non fosse appartata con Garland da qualche parte… e lui non doveva nemmeno farseli quei problemi!

«Yuri aiutami!»

Sollevò il mento dal palmo alla richiesta dell’amico battendo gli occhi un paio di volte per capire come il coltello fosse finito incastrato sulla sedia del ragazzo, a pochi centimetri da quanto di più caro Boris avesse al mondo.

«Cosa le hai detto?» chiese sconfortato senza muovere un dito.

 

 

Ming Ming alzò il pollice in direzione del suo dj spostandosi nella vasta zona del prato lasciata libera davanti il tavolo degli sposi e dei testimoni.

«Buonasera signori e signori» leggero inchino di presentazione nel suo sfavillante vestitino magenta «Che dite, lo facciamo un applauso a questi fantastici sposi?»

Takao batté le mani sporgendosi verso Max evitando accuratamente di poggiarsi al tavolo instabile. Dopo l’incendio non era stato sostituito nulla, compresa la spettrale tovaglia con un vistoso buco centrale.

«Ming Ming e Hilary una volta si odiavano o lo ricordo solo io?»

«La gente cambia Takao, sono cinque anni che vanno d’amore e d’accordo, poi è stata proprio Hilary a chiederle di cantare alla festa»

Il cielo tinto d’arancio nelle sfumature del tramonto volto ormai all’imbrunire consentì l’accensione dei fari colorati situati nel giardino, puntati verso la giovane cantante in piedi accanto alla coppia. Hilary afferrò la mano del marito bloccandolo seduto lì con lei, non sarebbe rimasta di nuovo sola al centro dell’attenzione.

Nataliya schiccò le dita, una mano sbattuta sulla spalla di Ivan.

«Giusto! A questi matrimoni sono gli invitati a creare intrattenimento!»

«Ah sì? In questo caso merito un nobel!» Boris ghignò subdolo urlando «Hilary tornati in Russia ti spedisco un paio di manette per tenerlo buono!»

La brunetta arrossì coprendosi il volto, rimpiangendo amaramente i tempi in cui il russo non le rivolgeva la parola, quel giorno le stava creando più problemi del solito.

«Ignorando i consigli delle retrovie e prima di lasciarvi alle mie canzoni scelte appositamente per l’evento…» Ming Ming si spostò leggermente verso una delle estremità della pista improvvisata «…Vi invito a godervi il magnifico spettacolo di due circensi di nostra conoscenza! Julia, Raul, la scena è tutta per voi!»

Yuri abbandonò ogni precedente reticenza volgendo gli occhi verso l’imminente spettacolo.

Le luci soffuse illuminarono il body smanicato bianco e rosso della madrilena con gonnellina a portafoglio in chiffon, di lunghezza standard ad inizio coscia. Il tutto coordinato con la camicia bianca e i pantaloni rossi del fratello.

Julia incrociò gli occhi color ghiaccio sorridendo leggermente, l’aveva presa come una sfida personale dimostrargli quanto fosse diventata brava in quegli anni. Decisa a concentrarsi sullo spettacolo per evitare di pensare ad altro.

I piedi nudi scattarono in automatico alle prime note della canzone Don't Stop The Music”, volteggiando sulle mezze punte si posizionò a circa cinque metri da Raul iniziando il passaggio di cerchi colorati, avvicinandosi, allontanandosi e incrociando le braccia con lui nei movimenti.

Una piroetta e tutti vennero raccolti nella sua mano, passati immediatamente al fratello diretto verso la cassa con gli attrezzi di scena,

Rivolse un ampio sorriso e un inchino alla signora Kazuko per ringraziarla del fragoroso applauso, almeno un po’ di gioia era riuscita a donarla alla povera donna.

Breve segno di Raul al tecnico e le luci vennero abbassate quasi spegnendosi dando inizio al vero show. Gli hula hoop luminosi di varie tonalità risplendettero nelle mani del ragazzo, ondeggiati avanti e indietro per incitare il pubblico a battere le mani a ritmo di musica mentre Julia si posizionava al centro. Cenno del capo d’intesa e il primo hula hoop venne afferrato al volo dalla ragazza che iniziò a ruotarlo sulla vita, girando su sé stessa in un alternato tacco-punta.

Accompagnato ben presto dal secondo intorno al braccio destro e il terzo sulla gamba sinistra.

«È bravissima!»

Anja batté le manine sempre più velocemente seduta sulle spalle di Sergej, ormai in completo visibilio per quel tripudio di giochi e colori.

Yuri silenziosamente le diede ragione, le movenze di Julia erano una danza ipnotica. Gli hula hoop passavano da una parte all’altra del corpo della ragazza senza fermarsi un attimo. Alternati solo sulle braccia, scesi alle ginocchia, saliti di nuovo al collo ma la parte migliore sopraggiungeva solo in quel momento. Raul aveva lanciato il suo beyblade sull’ hula hoop bloccato attorno al bacino della donna facendolo restare in perfetto equilibrio, Julia passatogliene uno aveva fatto la stessa cosa lanciando il suo beyblade. I bit power del fuoco e del fulmine perfettamente controllati garantivano uno spettacolo ancor più eclatante, quei due insieme erano una coppia formidabile.

Al termine delle diverse canzoni susseguitesi Julia si sentì a corto di fiato, ma lo scroscio di applausi valeva sempre la fatica.

Adorava essere al centro dell’attenzione.

Abbracciata a Raul si profuse nell’ennesimo inchino trovando appagamento in qualcosa di più gratificante che aveva dimenticato. Istintivamente li aveva cercati tra la folla alla riaccensione delle luci, quegli occhi azzurri splendenti in grado di farle batter il cuore.

Un genuino sorriso a trentadue denti si fece largo sul suo viso quando riuscì a intercettarli.

Yuri la stava applaudendo, le labbra del russo inarcate in quel sorriso accattivante che tanto amava, atte a mimare silenziosamente quanto di più bello potesse desiderare.

Bravissima.

 

 

Note finali

Salve a tutti! ^o^
Sì, il capitolo è uscito più lungo del previsto e non mi soddisfa appieno. Penso di averlo modificato una decina di volte e quasi per la disperazione ho deciso di pubblicarlo ora, almeno evito ancora di metterci mano >.<
Come avrete notato il fatidico matrimonio è iniziato e a tal riguardo specifico che tutte le informazioni sulle usanze e il modo di celebrarlo in Giappone arrivano da ricerche effettuate in rete, quindi se c’è qualche studioso di tal cultura o perché no, uno stesso lettore, mi scuso in anticipo per qualche errore.
Dopo tali ricerche vi consiglio vivamente di non sposarvi mai in Giappone, un matrimonio standard vi arriverebbe a costare 30 mila euro (giustamente, se cambi minimo tre vestiti lo capisco) O.o
Tornando alla storia in sé, fra alti e bassi Hilary e Kei sperano di poter concludere il matrimonio nel migliore dei modi, Julia e Yuri hanno dato il via a qualcosa a cui non riescono perfettamente a definire e chissà se entro la fine della festa riusciranno a concludere qualcosa. La restante combriccola di invitati sembra se lo stia godendo al meglio e seppur brevi le loro apparizioni non potevano mancare, mentre nel prossimo capitolo…eheheh imploderà tutto xD
Anche se…sono indecisa se inserire o meno un capitolo dedicato a questi fatidici dieci anni prima. Avevo già buttato giù qualcosina di più specifico ma vabbè, sono miei pensieri vaganti che stanno allungando il brodo.

Ringrazio nuovamente tutti coloro giunti fin qui, spero vivamente il capitolo non abbia deluso le aspettative di nessuno e come sempre se volete lasciare un piccolo parere fatelo pure

 

Ah, quasi dimenticavo!

La caduta di Yuri in quel modo se ve lo steste chiedendo, sì, è possibilissima >.>

(tu ci stavi finendo da sola dentro con il doppio dello spazio nel bagno…ndyuri)

Shhhhh, non dirlo >///<

 

Un grosso abbraccio a tutti, e al prossimo capitolo!
Aky

 

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Capitolo 3
*** Danziamo sotto le stelle ***


Bentrovati intrepidi lettori!

Questo è un capitolo un po’ particolare, anticipo subito che la narrazione potrà sembrare più lenta rispetto ai precedenti, la lunghezza parla già da sé ma per esigenze di trama ci sono scene svolte contemporaneamente…e non posso aggiungere altro altrimenti ora sarebbe spoiler! >.<

Prima di lasciarvi alla lettura volevo cogliere l’occasione per ringraziare nuovamente tutti coloro che seppur silenziosi continuano a seguire la storia e Beatris Hiwatari, Pin e A_PTX4869 (spero tu riesca a recuperare i dati d’accesso al sito) per aver espresso le loro considerazioni sulla storia.

Sempre Beatris Hiwatari per averla inserita tra le seguite e le ricordate, Lilyyy_92 e Simorko per averla inserita tra le preferite.
Ve lo assicuro, sapere che state apprezzando la storia mi rende immensamente felice!

 

E le stelle stanno a guardare

~ Danziamo sotto le stelle~

 

 

Yuri lasciò scivolare le dita sul mobiletto in mogano al suo passaggio.

Le due bottiglie d’acqua ingerite nell’ultima mezz’ora per riacquistare i liquidi corporei evaporati nella fornace a cielo aperto avevano fatto effetto, lo avevano reso idratato ma gli avevano anche consigliato l’uso impellente di un bagno. La vista delle imponenti rampe di scale era però bastata a farlo desistere da utilizzare quello in stanza, optando per quello di servizio.

Oltrepassata la scultura femminile nell’incrocio di corridoi aveva seguito la direzione del braccio marmoreo proteso come gli aveva consigliato Kei, fino alla porta situata sulla destra da cui proveniva un leggero brusio.

Due colpi delicati sulla chiara superfice in noce accostata ed essa si aprì alla leggera pressione.

Yuri restò bloccato sulla soglia, uno scatto istintivo all’insù del sopracciglio alla vista di Boris a torso nudo spaparanzato su una cesta rettangolare di vimini, la camicia spiegazzata appesa all’estremità di due manici di scopa anch’essi issati sulla cesta, in linea sotto il getto del condizionatore. Come se la sua vista non fosse sufficiente, Ivan accompagnava il quadretto in mutande disteso sulle piastrelle esattamente di fronte all’altro con accanto il mucchietto dei suoi vestiti.

«Esattamente, cosa state facendo?» chiese dubbioso dopo alcuni attimi di silenzio in cui erano rimasti ad osservarsi a vicenda.

«Ci rinfreschiamo Mustafa, tu continua a vivere pure nei paesi arabi ma noi restiamo qui. Sai, Kei non ha una cella frigorifera e ci siamo dovuti arrangiare così»

Boris sollevò una delle palpebre calate indicandogli l’aggeggio chiassoso sulla sua testa, lasciandosi andare ad un lento, lungo e sospirato sospiro di piacere. Tra le quattro pareti del bagno adibito per gli ospiti aveva trovato il suo angolo di paradiso, la stanza vantava ormai un microclima a sé rispetto al Giappone.

«Ci sono! Sostituiamo quella pianta lì con un albero di Natale, giusto per accompagnare l’atmosfera!» la voce squillante di Ivan si unì al chiasso dell’apparecchio refrigerante, dopo la breva permanenza il russo più giovane sentiva di nuovo la vita scorrergli nelle vene.

«Sono le diciotto e trenta passate e il sole è ormai tramontato. Se foste voluti sfuggire al caldo avreste dovuto usare il condizionatore minimo due ore fa, come ha fatto il sottoscritto mentre quei tre cantavano» Yuri afferrò la maniglia roteando l’altra mano nell’aria, in un alquanto ironico ed elegante invito ad uscire «Comunque, io devo usare il bagno. Sloggiate»

Boris aprì entrambi gli occhi scuotendo la testa, per nulla al mondo avrebbe abbandonato la stanza della salvezza.

«Non ci penso neanche, cambia stanza tu»

«Il condizionatore lo puoi trovare anche nel soggiorno, io il water ce l’ho qui»

«Io sono arrivato prima di te»

«Ve lo giuro, siete insopportabili quando iniziate» soffiò tra i denti Ivan voltandosi a pancia in giù, la faccia affondata nel mucchio di vestiti nel misero tentativo di soffocarsi da solo pur di non ascoltarli. La tregua stipulata all’arrivo alla villa non aveva retto nemmeno le prime ventiquattro ore.

«Bene, puoi non ascoltarci uscendo tu per primo»

«Yu ma qual è il problema? Usa il cesso tranquillamente, non ci scandalizziamo a vedere cos’hai tra le gambe» Boris si rizzò con la schiena all’occhiataccia di ghiaccio constatando che forse pure il suo istinto di sopravvivenza era ormai congelato, un sorriso malizioso sempre più grande accompagnò il tono provocatorio delle sue ultime e alquanto probabili parole di vita «Oppure… il balletto della spagnola ti ha fatto venire qualche particolare fantasia e ora la devi sfogare qui solo soletto?»

Yuri – in quella che a Boris parve un’eternità – lentamente assottigliò gli occhi in due lame taglianti cerulee, unico segno di reazione lasciato trasparire sul volto altresì impassibile. Lo avrebbe ucciso mettendo in pratica anni di torture conosciute sulla sua pelle.

«No» un monosillabo che sembrava trasportasse il vento siberiano.

«Mmh, effettivamente ora che ci penso Julia non è niente male» Ivan inconsapevole della guerra silenziosa innescata a due passi da lui, ripensando alla danza di poco prima aveva sollevato la testa poggiandola sul palmo, parlando più a sé stesso che agli altri «Ha un bel fisico, con tutti gli allenamenti che fa e l’elasticità che si ritrova deve essere un portento tra le lenzuola»

Boris impedì con la forza alla sua risata di fuoriuscire alla vista dello scatto fatto da Yuri, la testa voltata in quel millisecondo verso Ivan che continuava le sue elucubrazioni sul corpo della madrilena con lo sguardo perso dinanzi a sé.

«Ha un sedere da urlo, con il vestito non si notava ma il body striminzito…wow, ha lasciato aperto un mondo. Capisco perché si esibisca con Raul che è il fratello, dove lo trova un altro che quando si piega per raccogliere i cerchi non dia inizio a uno spettacolo a luci rosse»

Yuri fissò Ivan nel suo stato scanzonato non vedendolo realmente, la mente dispersa in un’altra dimensione pervasa dall’irritazione.

Non era uno stinco di santo, quei pensieri li aveva fatti anche lui in altre occasioni su diverse ragazze ma ora si parlava di Julia, ed ogni qual volta lei entrava in gioco, la sua oggettività vacillava.

«Ehi piccoletto, non è che ti devo prestare la scatolina magica dei palloncini stanotte?» domandò Boris con una punta di sarcasmo nella voce, non perdendo di vista nemmeno per un secondo il suo amico dai capelli rossi che non batteva ciglio.

«Quanta generosità, deluso di averla portata ed essere rimasto a secco?»

«Nessuna mi soddisfa fino a questi livelli, però vedevo te interessato»

«Sì, ma non avrebbe senso. Julia non mi sembra il tipo da serata passeggera»

Yuri nonostante l’acqua ingerita si sentì la gola secca, provò a deglutire ma nemmeno la salivazione collaborava.

«Credo proprio di no, ma questo può dircelo solo chi è finito a letto con lei»

Boris aveva pronunciato la frase scadendo volutamente ogni parola carica di sarcasmo, al pari di un cacciatore che dopo ore di attesa mimetizzato tra le foglie scocca finalmente il suo colpo alla preda ingenua. Nelle sue intenzioni però non c’era alcun barlume di cattiveria, voleva soltanto assicurarsi di non aver frainteso la fonte dell’irritazione manifestatasi poco prima.

A malincuore ammise a sé stesso di aver fatto centro.

La preda braccata era morta, Yuri con lei.

Per Boris nessuno sussulta e perde colore quando alludi ad un episodio che per anni hai sentito classificato come “insignificante”.

La leggera suoneria folkloristica russa interruppe il discorso, Ivan senza troppi problemi rispose alla breve chiamata di Nataliya non cogliendo la piega nascosta nel discorso e le conseguenze derivate.

«Comunque Yuri… » Boris schioccò le dita un paio di volte per risvegliare l’attenzione del russo che come un automa aveva sollevato il volto cereo «Ti sarai pure salvato dal caldo ma il tuo aspetto non è migliore del nostro, dovresti guardarti allo specchio»

Yuri seguì reticente il suggerimento, Boris si stava divertendo a rigirare il coltello nella piaga?

Solo quando si ritrovò faccia a faccia con il suo riflesso capì di aver frainteso, il suo amico non alludeva al suo stato emotivo.

La camicia spiegazzata, privata della giacca ore prima, era arrotolata sulle braccia, mezza sfilata dai pantaloni con molta probabilità da quando in preda ad un raptus isterico per il caldo se l’era quasi strappata di dosso facendone saltare il primo bottone. Il gel non teneva più fermo nulla se non alcune ciocche che combattevano la loro resistenza e la punta del naso così come le guance erano leggermente scottate dal sole.

In sintesi, sembrava essere appena uscito da una guerra.

D’impeto si sciacquò la faccia, bagnando volutamente i capelli per togliere alla ben meglio la sostanza appiccicosa e legarli in un piccolo codino sulla nuca, ricordandosi al contatto gelido con l’acqua il vero motivo per cui si era recato lì.

«Finalmente vi ho trovato! Ivan ho portato la crema per le scottature che mi hai chie

Yuri evitò per un soffio la porta aperta da Nataliya che come lui era rimasta inizialmente sconcertata all’ingresso.

«Cielo benedetto, ci saranno meno di dieci gradi qui dentro!» esterrefatta corse vicino allo spaventapasseri improvvisato con la camicia per lanciarla dopo un’attenta occhiata addosso a Boris «Come hai fatto a ridurla in questo stato?! L’avevo accuratamente stirata ieri…rimettila. Rischi di congelare sudato come sei qua sotto!»

Boris si scostò il capo d’abbigliamento dal viso osservando perplesso la donna strappargli il telecomando di mano e spegnere il condizionatore, diretta immediatamente verso l’amico per terra.

«Ivan che ci fai completamente svestito!? Alzati! Rischi di prendere un malanno!» chinata su di lui prese la camicia completamente abbottonata lì per terra, chiedendosi per un attimo come il ragazzo fosse riuscita a togliersela, infilandogliela sulla testa a mo’ di maglioncino «Ci credo che mi hai chiesto la crema, hai il collo praticamente ustionato!»

La rimostranza di Ivan passò inascoltata mentre cercava di far sbucare le braccia oltre le maniche, Nataliya spostatasi alle sue spalle gli stava applicando la crema lenitiva sul collo ringraziando mentalmente gli anni addietro in cui il ragazzo aveva deciso di tagliar corti i capelli.

«Nataliya ma sei impazzita? Ridammi il telecomando!» tuonò Boris alzandosi dalla cesta su cui aveva gettato l’indumento.

«Non ci penso minimamente! Vi fa male troppa aria condizionata!»

«Senti zuccherino o mi dai quel telecomando con le buone o me lo riprendo con la forza» sibilò minaccioso ma non scalfì minimamente la donna, anzi, lei si rialzò da terra fronteggiandolo con aria di sfida.

«Accomodati»

Un’unica parola accattivante, un unico gesto.

Boris si fermò stringendo i pugni, era in quelle occasioni che capiva come avesse fatto a integrarsi così bene con loro. La vena subdola ce l’aveva nel sangue. Il telecomando nascosto nell’unico posto in cui non avrebbe mai potuto mettere le mani se ci teneva ancora alla vita e alla sua amicizia con Sergej, nello scollo del vestito.

Nataliya soddisfatta del risultato si esibì in un ultimo sorrisino prima di concentrare l’attenzione sull’ultimo russo non ancora tediato dal ruolo di mammina apprensiva.

«Yuri pure tu santo cielo, in che stato vai in giro?!» la donna senza attendere risposta si avvicinò cogliendolo di sorpresa, abilmente gli sistemò la camicia nei pantaloni ignorando il “no” pronunciato quando era ormai troppo tardi «Guarda la tua faccia! Come avete fatto a scottarvi sotto il gazebo?»

Yuri ancora intento a chiedersi se il contatto appena avvenuto rientrasse nella cosiddetta categoria “off-limits” di Sergey non bloccò le mani della donna che si posarono sul suo viso spalmando la lozione doposole per bambini.

«Nataliya dammi quel barattolo!» la frase interrotta dalla faccia smossa su e giù, il tanfo della crema sempre più pungente «Non sono Dimitrij, posso farlo da solo!»

«Non fare storie tanto ormai ho fatto» la donna chiuse il tappo del flacone e Yuri sospirò sollevato, una smorfia schifata nel tastare la faccia oleosa prima del nuovo attacco «Ma aspetta…se sposti i capelli così ti si vede il livido! Guarda come è diventato scuro! Boris sei da rinchiudere per averglielo lasciato»

«Dagli il bacino, così la bua passa»

Boris fu fulminato contemporaneamente da due paia d’occhi e malincuore provò un pizzico di delusione nel non ricevere il barattolo in testa come d’aspettativa.

Nataliya stizzita si lavò le mani facendo scattare un richiamo della natura messo da parte fino a quel momento.

«Yuri, potrei aver-» la frase non fu portata a termine, la russa si trovò delicatamente sospinta verso la porta.

«Nataliya ti ringrazio, dopo mi dici tutto quello che vuoi ma ora per favore esci»

«Non stai eliminando l’unica testimone per uccidere Boris, vero? In quel caso tranquillo, deporrei a tuo favore»

«No» Yuri sorrise leggermente all’espressione indignata dell’altro russo, arrivando finalmente oltre la porta che chiuse con una certa fretta «Ho solo bisogno del bagno»

 

 

Julia sfilò l’ennesimo fermaglio lasciando la chioma libera di ricaderle sulle spalle, dopo i volteggi la sua acconciatura aveva assunto una certa somiglianza con i cespugli del giardino.

Sorrise felice al suo riflesso ricordando il termine dello spettacolo, Yuri le aveva fatto un complimento donandole uno dei suoi migliori sorrisi e seppur a distanza, di certo non l’aveva immaginato.

Canticchiò allegramente il motivetto della canzone ballata, le gambe ancora incrociate sul pavimento e la spazzola tra i capelli ingarbugliati quando bussarono alla porta.

«Avanti!»

«Capisco perché Raul abbia parlato di testa fra le nuvole, sei ancora in alto mare eppure un vestito devi mettere»

Reclinò la testa alla voce divertita di Mao, individuando nella sua visione sottosopra anche Hilary e Mariam. Quest’ultima, piatto alla mano scrutava accigliata il tavolo pieno di cianfrusaglie per gli spettacoli e abiti di scena alla ricerca di uno spiraglio libero.

«Mio fratello esagera sempre, non può capire i dilemmi di una donna con i suoi capelli»

«Però…due giorni e questa stanza non è più così tanto anonima» Hilary non nascose il suo stupore guardandosi intorno, quando erano state preparate per gli ospiti le aveva definite “tristi”, tutte così uguali e ferme a venti anni addietro nell’arredamento; ora tra gadget, vestiti, fili colorati e fogli appesi in giro era tutt’altro discorso.

«Più che anonima, la definirei caotica» sussurrò Mao coprendo la distanza con la ragazza, sedendosi sulla poltrona accanto allo specchio dove un tubetto a pressione spara coriandoli esplose al contatto col peso bloccandole il battito «Appunto…una discarica»

Julia scoppiò a ridere ondeggiando le mani per scostare i pezzettini di carta colorata che le erano piovuti addosso, compatendo la povera cameriera che avrebbe dovuto sistemare quel caos «Hilary ora sicuro non ti dimenticherai di me! Per quanto uno pulisca a fondo tra qualche mese, anche anni, un coriandolo spunterà fuori!»

«Sembra la minaccia di un ex fidanzato schizzato» affermò sarcastica Mariam sedendosi accanto alla spagnola a tempesta di carta conclusa, la seconda portata presa dal tavolo ancora fra le mani «Ho capito, qui è una zona minata. Questo lo mantengo io finché non finisci di vestirti ma dopo lo mangi!»

Julia guardò confusa il piatto ed Hilary spostandosi vicino alla bruna le chiarì ogni dubbio «È il piatto del tuo secondo, Mariam lo ha visto sul tavolo e ha insistito per portartelo…effettivamente stava lì da più di mezz’ora»

La spagnola sorrise riconoscente andando a poggiarlo in un angolino del tavolo.

«A proposito della tua teoria dei coriandoli che non fanno dimenticare…questo vale anche per le persone?»

Julia lasciò il tovagliolo con le posate accanto al piatto, un’occhiata di sottecchi a Mao che guardava le sue unghie simulando un disinteresse che non le apparteneva associato alla domanda.

«Mh, può essere…Però è difficile per una persona nascondersi in casa come i coriandoli e apparire dopo anni» rispose infine mantenendo un tono tranquillo mentre si dirigeva verso il letto dove nella fretta precedente aveva gettato il suo vestito.

«Beh, indirettamente un invito per il matrimonio è pur sempre carta…magari quello può farla comparire improvvisamente»

Mao smise di osservare le sue dita concentrandosi su Julia che a sua volta ricambiava lo sguardo stringendo con forza l’abito tra le mani.

«Mao…» l’ammonì prontamente Hilary in un misto di rassegnazione e rimprovero per aver chiaramente ignorato la sua richiesta di non toccare l’argomento.

«Sono l’unica a non aver capito l’oggetto della conversazione?» chiese circospetta Mariam dopo aver squadrato e alternato lo sguardo su tutte loro, e i suoi sospetti vennero confermati dall’occhiata furente di Hilary diretta a Mao che ora sembrava sentirsi in colpa e che a sua volta aveva guardato Julia rimasta ferma sul posto.

Sospirò pesantemente, non le piaceva impacciarsi così dei fatti altrui «Se volete parlare liberamente vado via»

«No, Mariam tranquilla» Julia bloccò sul nascere il tentativo di alzarsi della ragazza, ai tempi non la conosceva bene per fidarsi di lei ma ora le cose erano nettamente diverse «Puoi restare, non c’è problema»

«Io volevo soltanto capire se ci fossi ricascata» proferì stancamente Mao lasciandosi andare contro lo schienale «E non per impicciarmi ma per assicurarmi tu non ti faccia male di nuovo»

«Mao apprezzo il pensiero ma no, non sto ricascando in nulla»

Julia lasciò scivolare via il body, sfilando una gamba, poi l’altra, pur di tenersi occupata e non stare lì a sentirsi una criminale nella stanza degli interrogatori.

«Quello che Mao voleva dire è che abbiamo notato a chi fosse rivolta la tua attenzione a fine spettacolo» si inserì pacatamente Hilary, lanciando una strana palla colorata presa lì intorno verso la cinese per intimarle di far silenzio «Ci ha ricordato molto la stessa felicità che avevi nei suoi confronti anni fa e… ci ha inevitabilmente ricordato anche i successivi mesi dopo la fine del quarto campionato in cui Raul non sapendo più cosa fare o pensare chiamava noi per chiedere spiegazioni sul tuo strano comportamento»

Mariam incrociò le braccia preferendo non dar voce alla sua osservazione, era stata invitata a restare ma comunque non le era stato chiarito l’argomento di discussione.

Julia rimasta in biancheria intima, infilò il suo vestito contorcendosi per allacciarlo e il ricordo di come ci fosse riuscita al mattino portò ancor più incessantemente il russo nei suoi pensieri. Non biasimava le ragazze, avevano mantenuto il segreto con suo fratello accaparrando le scuse più strampalate, cercando di farle compagnia nonostante fossero dall’altra parte del mondo ed era loro infinitamente grata.

Mao era perfino venuta a trovarla per qualche tempo partendo alle spalle di Lai che per tutta la durata della sua permanenza l’aveva chiamata incessantemente calato nel perfetto ruolo di fratello apprensivo.

«Lo so…e davvero, vi ringrazio di cuore per essermi state vicine. Ma, non preoccupatevi più del dovuto, ok?»

Hilary sospirò sconfitta andando in aiuto della madrilena, aveva provato dolore al suo posto nel vedere la posizione innaturale assunta dalle braccia per chiudere la cerniera.

Mao aveva battuto ripetutamente la francesina sulla moquette in un chiaro sintomo di nervosismo crescente, usato come metodo alternativo per tenersi occupata durante le belle parole dell’amica che finalmente aveva esaurito il suo compito.

Arrestò il picchiettio sbottando all’improvviso «Io davvero non capisco! Te lo concedo, è un bel ragazzo ci mancherebbe altro e te ne eri innamorata perdutamente, ma caratterialmente ed eticamente il mondo è pieno di persone migliori! Come Andrés, il tuo ultimo fidanzato! Quel ragazzo sarebbe andato sulla luna per te ma lo hai lasciato dicendo che non era il tuo tipo ideale…non era abbastanza glaciale?»

«Mao, cosa ti avevo detto prima di salire?» sibilò fra i denti Hilary mentre alzava la zip dell’abito.

«Non ci riesco! L’idea di vederla di nuovo così triste fa stare male me al suo posto! Tu non l’hai vista di persona in Spagna, strapparle un sorriso era un’impresa…ed è di Julia che parliamo!»

«Urlare e sbraitare come fai tu non mi sembra il modo corretto per farle capire il tuo punto di vista!»

«Pensavo l’avesse capito dieci anni fa quanto può essere insensibile Yuri!» Mao sbatté irritata le mani sulle gambe, Julia nonostante fosse la diretta interessata si era tirata fuori dalla discussione guardando un punto imprecisato nel buio oltre la finestra e questo la mandava in bestia. Lei si era preoccupata da morire a quel tempo «Se l’è portata a letto per poi sparire senza un misero messaggio, la storiella del “il primo amore non si scorda mai” non credo possa reggere con un tipo del genere!»

Mariam schiuse le labbra in un’enorme “o” capendo finalmente l’infervoramento generale, l’innominabile era il blader russo senza cuore.

«Ci siamo baciati stamattina»

Julia si torturò le labbra riportando l’attenzione nella camera dove un pesante silenzio era piombato. Hilary e Mao l’osservarono confuse, gli occhi lontani, quasi stessero cercando di metabolizzare, giungere a una conclusione logica.

Quasi per aiutare quel “Cosa?” appena sussurrato da Mao, o forse più per convincere sé stessa che fosse avvenuto davvero lo ripeté con maggiore convinzione aprendosi in un sorrisetto agrodolce.

«Fammi capire, prima ci dici di non preoccuparci e poi te ne esci così?!» Mao fu la prima a far scoppiare la bolla di pace. Piegata sulle ginocchia si massaggiò le tempie sperando di aver sentito male «E sentiamo, stavolta almeno ti ha dato una spiegazione?»

Boccheggiò a vuoto nel silenzio della non risposta, la sua amica non poteva essere davvero così autolesionista.

Hilary si accovacciò davanti il letto per guardare negli occhi Julia, la madrilena in un impeto nervoso si era chinata ad indossare i tacchi il cui gancetto proprio non voleva saperne di entrare «Hai parlato al plurale, quindi è partito da entrambi…mettendo da parte lui, tu perché l’hai fatto? Provi ancora qualcosa per Yuri?»

Julia con uno strattone lasciò perdere il suo intento iniziale sospirando sonoramente «Non lo so Hilary…pensavo di averlo chiuso quel capitolo della mia vita. Stamane, lui ha preso l’iniziativa ma io non mi sono tirata indietro ed è stato maledettamente bello. Forse è stato un incidente, forse no, io sono confusa ma credo lui non sia da meno» le dita giocherellarono nervosamente con il sottile braccialetto attorno al polso «Quando l’ho rincontrato ieri sera in cucina una parte di me ha avuto il sospetto di non essere stata tanto insignificante, probabilmente è solo una mia stupida illusione o una stramba coincidenza ma…aveva conservato qualcosa che non mi sarei mai aspettata di rivedere. Infondo è di Yuri che parliamo, anche se l’aura gelida che lo circondava mi è apparsa meno vistosa non ho avuto modo di passarci chissà quanto tempo insieme per dire se fosse cambiato o meno… ma in quel bacio scambiato oggi sembrava che questi dieci anni non fossero mai passati»

«Ma sono passati» rimbeccò Mao sconsolata alzandosi «Ripeterti le stesse cose credo non abbia senso, non l’hai sentite allora, non le ascolterai ora perché sei una maledetta testarda. Con te non si parla di sbattere la testa, tu non capisci qualcosa finché non te la rompi… L’unica cosa che ti chiedo è di stare attenta, sei grande e vaccinata per le tue scelte ma non farti nuovamente male affezionandoti a qualcuno che ti ha abbandonato una volta e potrebbe tranquillamente farlo una seconda…va bene?»

Julia annuì sorridendo dolcemente alla preoccupazione genuina, le voleva bene proprio per l’essere così schietta e diretta e nonostante cercasse di mantenere un cipiglio severo in quel rimprovero, dopo uno sbuffo Mao corse da lei ad abbracciarla.

«Tesoro ci conto, eh! Al primo problema dimmelo che ci penso io a far fuori Ivanov una volta per tutte!» chinata sulla ragazza le adagiò un bacio sulla fronte dirigendosi alla porta «Ora, scusami ma devo controllare quella piccola peste, ero salita per accompagnare Hilary nel suo terzo, e spero ultimo, cambio vestito trattenendomi più del previsto. Questa giornata sembra non finire mai!»

Julia notò solo dopo quelle parole il vestito rosso fuoco della brunetta, lungo fino ai piedi e adornato da ghirigori dorati su un lato della gonna che ora riversava in parte sul pavimento. Notò anche un’altra cosa, gli improvvisi occhi sbarrati di Hilary precipitarsi sulla sveglia.

«KEI! Mi sta aspettando da dieci minuti per tornare tra gli invitati!»

«Sposata da nemmeno mezza giornata e già dimentichi tuo marito» commentò sarcasticamente la cinese trascinando di peso l’amica che si stava ancora attardando a fare ulteriori raccomandazioni.

A porta chiusa Mariam tossicchiò leggermente per ricordare la sua presenza indicando il piatto non ancora toccato. La scoperta era stata sicuramente sorprendente, ma la sua curiosità era più spinta rispetto a quella delle altre due ragazze.

«Allora…mentre mangi, perché non mi racconti come se la cava Ivanov tra le lenzuola?»

 

«Très bon Raul!»

«Raul complimenti!»

Lo spagnolo si grattò la nuca imbarazzato, da quando era uscito dalla stanza aveva ricevuto decine e decine di elogi, primi fra tutti quella della signora Kazuko. Restava un caso disperato in quel campo, proprio non riusciva a mettersi al centro dell’attenzione come la sorella. Infatti, solitamente era Julia a ringraziare per entrambi ma quel giorno sembrava andare a passo di lumaca in ogni cosa immersa in un mondo tutto suo.

Rick lo prese in giro per quella modestia insensata assestandogli una poderosa pacca sulla spalla da togliere il fiato, bellamente seduto sulla sedia di Mystel.

In realtà dall’entrata degli sposi nel loro nuovo abito, con Ming Ming a briglia sciolta sul palchetto insieme alla band e con l’uscita delle portate bloccata, nessuno era più al proprio posto.

Il suo tavolo – il più vicino al manto erboso in cui si era esibito poco prima – era diventato un punto di approdo e ritrovo altalenante. I blader che passavano di lì prima o poi si fermavano a scambiare quattro chiacchiere proprio per l’ampia vista circostante garantita, ed eccezionalmente, ora più che meta occasionale sembrava essere divenuta la base segreta russa.

Boris seduto al contrario su una delle sedie osservava i primi avventurosi sul prato commentando nella sua lingua natia, Yuri di tanto in tanto svogliatamente annuiva poggiato al palo del gazebo provvisorio lì accanto mentre Nataliya era seduta sulle gambe di Sergej.

«Come mai si sono spostati qui?» Raul lo chiese in un sussurro a Brooklyn, l’unico reduce della formazione Bega ancora presente.

«Boris vuole godersi il panorama, Yuri tiene d’occhio i bambini, Nataliya sta evitando la vicinanza con Andrew…Sergej è pronto a uccidere Andrew» il ragazzo finì di arrotolare il filtro della sua sigaretta passando la lingua sulla cartina «Oh, se te lo stessi chiedendo Ivan manca all’appello perché Charlotte voleva ballare e il russo le stava simpatico»

Raul non poté chiedere un riassunto migliore. Il suo confabulare alle spalle non era generato dalla cattiveria ma dall’inquietudine che provava vicino a quei ragazzi nonostante gli anni.

Brooklyn si passò una mano tra i capelli alzandosi svogliatamente.

«A più tardi Raul, se mi cerchi sai dove trovarmi» ondeggiò la sigaretta tra le mani braccato immediatamente da Eddie e Claude che colsero l’occasione per scroccargliene una e andargli a fare compagnia.

«Rick tu non ti unisci alle danze?»

«Non ci penso nemmeno»

Raul ridacchiò all’espressione orripilata dell’americano, era difficile capire tutta quella avversione quando fin da bambino ti insegnavano a volteggiare e danzare in vista degli spettacoli.

Il suo era stato un misero tentativo di far conversazione, a parte Rick dubitava di poter intavolare una discussione con il resto del gruppetto al tavolo ma come se fosse stato letto nel pensiero, la donna russa si era aperta in un grande sorriso girandosi completamente nella sua direzione, elargendogli gli ennesimi complementi della serata e sottolineando l’apprezzamento dei suoi figli.

«Che sbadata, non ci siamo ancora presentati! Piacere, Nataliya!»

Raul ricambiò titubante la stretta di mano presentandosi a sua volta, l’occhiata in tralice di Sergej l’aveva gelato.

«Oh non far caso al mio maritino geloso, non ce l’ha con te» la donna rise divertita punzecchiando la guancia del biondo che la osservò scettico «Julia non è ancora tornata?»

«No, mia sorella si è persa davanti lo specchio»

«Tua sorella soffre di manie di grandezza, te lo ripeterò sempre» proruppe Rick distendendo una gamba su una delle sedie libere.

«Chissà chi mi ricorda» mormorò annoiato Boris spostando il piede in tempo per non farselo calpestare, il suo ex capitano doveva avergli messo qualche microfono addosso per sentire i bisbigli con la musica assordante «Dì un po’, hai imparato a leggere il labiale a mia insaputa?»

«Ti conosco, so a cosa hai pensato» la risposta giunta senza nemmeno voltarsi.

«Questo non è conoscere ma avere la coda di paglia»

Nataliya continuò la propria indagine chiacchierando con i due ragazzi, non le capitava tutti i giorni di attorniarsi di persone così loquaci e dovette ammettere che quello sport per lei a lungo sconosciuto aveva fatto convogliare le personalità più disparate.

«Cosa ridi Raul, lo sai benissimo da anni che mi sono laureato in economia!» Rick sbraitò offeso verso lo spagnolo, ogni volta che ne parlava era la solita storia nonostante lo sapesse già da due anni.

«Scusa Rick, ma non riesco proprio a vederti in giacca e cravatta rinchiuso in un’azienda come Kei»

«Ti sembra che ora indossi una camicia hawaiana e bermuda?! Pure questo è un completo elegante!»

«Lo so, lo so»

Rick rinunciò a far ragionare Raul, quelle poche cose che aveva in comune con la sorella erano le più fastidiose. Julia era scoppiata a ridere nello stesso identico modo quando li aveva invitati alla sua laurea, quasi si era sorpreso di non sentirla sghignazzare durante il suo discorso.

«Mao, ma le vuoi far fare la sauna?»

Yuri si coprì l’orecchio all’urlo di Boris, la piccola Lin poco distante era stata infagottata in un cardigan beige e per il russo etichettato come termosifone vivente quello era un affronto oltraggioso.

«Si è fatta sera, la temperatura è scesa! Quando avrai figli puoi farli morire di freddo se preferisci»

«È scesa a un livello vivibile non ai livelli del polo artico» bofonchiò sottovoce pregando per la sopravvivenza della bambina.

«Io mi chiederei quando si scarichino le pile di questi marmocchi, corrono da stamattina»

Rick mormorò la frase alzandosi con l’intento di fare una passeggiata, l’espressione piuttosto scettica riservata allo spagnolo rizzatosi in piedi repentinamente con lui.

Raul non aveva la minima intenzione di restare lì da solo.

 

 

«Dai Kei, è il vostro matrimonio!»

Emily sbuffò al ventesimo rifiuto, da buoni dieci minuti stava cercando di convincerlo ad andare a danzare con Hilary senza risultati. Il “no” categorico era stata l’unica risposta fino a quel momento pronunciata portandola a riflettere sul numero di parole di cui si componeva il dizionario “Hiwatari e il sociale”. Hilary le aveva consigliato di lasciar perdere ma se c’era una cosa che le riusciva bene, quella era perseverare.

«Ehi Emily, che succede? Ti si sente sbraitare oltre la musica»

Un segno divino, ecco cos’era Julia.

Emily abbracciò la madrilena d’impeto definendola un angelo, Julia stralunata ebbe solo il tempo di guardare confusamente Hilary prima di finire trascinata tra i cespugli a cospirare in perfetto stile gangster.

La ragazza dai capelli arancioni in pendant con il tubino turchese freneticamente riassunse la situazione: lei, Mathilda e Gianni avevano tentato di convincere Kei a ballare con sua moglie senza averla vinta, Rei per un breve momento aveva abbracciato la causa per poi darsi alla fuga a causa di una poco velata minaccia ed anche tutti gli altri avevano ben presto rinunciato lasciandola sola.

Julia ascoltò attentamente gettando un’occhiata veloce alla pista da ballo semi vuota dove gli unici erranti e coraggiosi ballerini figuravano tra le file dei musoni dell’azienda Hiwatari.

Un indice alzato di scatto per zittire Emily, un sorriso sinistro all’accensione della lampadina nella testa.

Lasciò la sua borsetta alla ragazza dirigendosi da Ming Ming, la cantante appoggiò divertita il piano improvvisato sedendosi sul bordo del palco con la scusa di fare una pausa. Drink alla mano annuì al dj dando inizio alle danze, la canzone pop sostituita da una melodia latino-americana.

Julia trascinò Emily in pista ancheggiando, le braccia alzate e abbassate per invitare i gruppi reticenti ad unirsi in quel ballo sensuale. Iniziativa appoggiata da pochissime persone: Max e Mariam, Michelle e Mathilda ed Olivier con una delle cameriere della festa che il caposala cercava invano di recuperare.

Soddisfatta, terminò il suo avvitamento seducente voltandosi con istinto predatorio in direzione del tavolo degli sposi, la distanza coperta in poche falcate. Kei impegnato a sistemare i polsini della giacca grigia fiutò il pericolo in ritardo, Julia materializzatasi dal nulla gli aveva afferrato la mano e la socia complottista sul palchetto non aveva perso l’attimo centrandoli con la luce di un faretto rosso.

«Hiwatari, scapperai pubblicamente ora?» il sussurro provocatorio nell’orecchio trovò base fertile.

Kei sperò con tutto il cuore di poter uccidere una persona semplicemente guardandola.

Stritolò volontariamente la mano alzandosi sotto l’attenzione di tutti, la spagnola non fece una piega camuffando il dolore con un sorrisetto all’urlo vittorioso di Emily nell’applauso generale.

«Oh, ora iniziamo a ragionare!» pochi passi convogliati al centro delle danze, la mano stretta in quella di Kei sollevata a mezz’aria, l’altra scesa su un fianco del ragazzo nei corpi pericolosamente vicini «Ma non restare come una statua di sale!»

«Julia, farò in modo che tu patisca una morte lenta e dolorosa entro stanotte» graduali e ben cadenzate parole affinché le sentisse solo lei nei primi e alquanto scoordinati passi. Fatica sprecata a detta di Julia, gli occhi infuocati parlavano da soli.

«Questo è il giusto espíritu caliente!» urlò divertita al di sopra della musica, una leggera piroetta per constatare nell’area circostante quanto suo fratello la capisse al volo. Con la medesima tattica aveva invitato una più che disponibile Hilary a ballare con lui «E adesso ghiacciolino mio, segui bene i passi! Il leader è l’uomo in questi balli non farmi fare brutta figura!»

«I tuoi genitori ti drogavano per tenerti ferma? Se sì, dammi il loro numero che chiedo come ti abbiano sopportata finora» una leggera smorfia alla fine della frase sputata con acidità, le unghie di Julia gli si erano conficcate nella carne. Quella pazza nemmeno fingeva di ascoltarlo.

«Non restare mai fermo, segui un percorso a circonferenza se ti riesce meglio» la mano risalì il corpo dell’ex blader fino a centro schiena, il tono da maestrina intriso di divertimento «Il ritmo è sempre lo stesso: piede indietro, piede avanti con balzo come se stessi calpestando un oggetto. Su, forza! Un, due, avanti e indietro… e NO! Non guardare in basso, tutto il tuo orgoglio dov’è finito? Occhi alti verso di me! Perfetto così, se ammazzerai i piedi di Hilary te ne renderai conto subito!»

Kei ebbe solo la possibilità di lanciarle un’occhiata accusatoria prima di ritrovarsi a ruotare su sé stesso come una trottola. Il vorticare bloccato dallo scontro con sua moglie a cui era stato riservato lo stesso trattamento.

Julia e Raul si diedero il cinque saltellando all’applauso generale che accolse la coppia dei neo sposini, i due stretti l’un l’altro avevano finalmente aperto le danze.

«Io al vostro posto non sarei così felice» sussurrò la ragazza avvicinandosi con movenze sinuose a Michael che capite le intenzioni non riuscì a scappare per tempo «Voi fate da soli, vero?»

Rei sorrise accondiscendente porgendo la mano in un galante invito a Mao, la donna poggiata la borsa accettò ben volentieri.

Julia appagata si dedicò al ribelle ballerino rapito che proprio non voleva saperne di muovere il bacino, ben presto scaricato ad Emily rimasta a danzare da sola attorno agli sposi.

Dimitrij e Anja le passarono davanti abbracciati, maldestramente impegnati a imitare i passi degli zii al centro delle coppiette danzanti ridendo come pazzi dei loro stessi scarsi risultati, spesso accompagnati dai ruzzoloni di entrambi.

«Dovreste prendere esempio da loro!» esclamò divertita indicando i bambini alla ricerca della prossima preda.

Takao ondeggiò le mani davanti a sé quando capì di essere il bersaglio designato.

 

 

«È una forza della natura quella ragazza»

Nataliya commentò allegramente la scenetta che si stava svolgendo sul prato, invidiando la nonchalance con cui Julia andava da una parte all’altra sui tacchi senza risentirne minimamente.

«Secondo me stanotte farebbe bene a chiudere la porta, Kei è davvero capace di ucciderla»

Sergej era seriamente preoccupato per la vita della ragazza, Hiwatari continuava a fulminarla con gli occhi ogni qual volta gli passava accanto. Lui invece non poteva negare di starsi divertendo. Dopo il povero Ivan che mandava ancora richieste d’aiuto a causa della bambina accollata a lui, Kei trascinato di peso era stato il miglior spettacolo della giornata.

Yuri tuttora poggiato al palo a braccia incrociate stava bloccando la propria circolazione, le dita strette spasmodicamente sugli avambracci. Julia era difficile da perdere di vista, uno dei riflettori le era costantemente puntato addosso quasi a farsi beffa dei malcapitati caduti nelle sue grinfie.

Malcapitati, quelli erano punti di vista.

Dubitava altamente che a qualcuno di quei ragazzi fosse dispiaciuta la breve compagnia, ad eccezione di Kei, lo sposino nemmeno si era reso conto di quanto lo spacco del vestito fosse scivolato sulla gamba abbronzata.

Julia dopo averlo lasciato ad Hilary si era dedicata alla creazione di coppie casuali, Takao e Dunga, Ralph alla nuova fiamma del mattino di Boris, Mystel e Lai ed altri che non ricordava minimamente, l’attenzione catalizzata esclusivamente su Julia.

Yuri storse gli angoli della bocca, Takao nella sua fuga alla chetichella aveva per un attimo oscurato la figura della donna, ed involontariamente si era ritrovato a seguire le azioni del giapponese piuttosto che lei. Gli aveva ricordato moltissimo i personaggi dei cartoni animati nei momenti di esplorazione silenziosa, ginocchia piegate e piccoli passetti sulle mezze punte sempre più veloci. Fin troppo veloci, senza riacquistare una postura corretta aveva iniziato a correre inciampando nel terreno e cascando proprio davanti al loro tavolo.

«Per la fame hai deciso di mangiare anche il prato?» Boris punzecchiò con un la punta del piede lo sterno di Takao ricevendo un mugugno soffocato e un ammonimento di Nataliya sul suo essere cinico.

Dopo alcuni colpi di tosse il giapponese massaggiandosi il naso si rialzò sputacchiando terra e fili d’erba.

«Nient’affatto, stavo fuggendo da Julia e i suoi strampalati accoppiamenti!»

«My friend non si abbandona così un compagno di ballo!»

Max cessato il suo volteggiare, mano nella mano con Mariam tra una risata e l’altra si era avvicinato a soccorrere l’amico, aiutandolo a spolverare la terra dai vestiti una volta messo in piedi.

«Max vorrei vedere te tra le braccia di Dunga

«Takao era soltanto un ballo!»

«Per una volta appoggio Takao, io quello scimmione ce l’avevo in squadra non mi sognerei mai di ballare con lui»

«Ecco! La tua ragazza almeno mi dà ragione!»

Boris sorrise sarcasticamente nella sua posizione contraria sulla sedia invitando Yuri a chinarsi a portata d’orecchio, un cenno verso Nataliya mentre bisbigliava «Quanto ci scommetti che tra poco le sia attiva la modalità “super mamma in azione”?» una piccola pausa in cui Yuri rimase in attesa divertito quanto lui prima di riprendere al pari di una telecronaca «Eccola, ha preso la borsa. Signori, frugare in quel marasma alla ricerca di un oggetto richiede grande coraggio! Quanta audacia in quell’esile corpicino tutto curve…ehi Yu! Non pizzicare!...Dicevo cari spettatori, il kit di soccorso è stato trovato! La scatolina delle meraviglie in grado di curarti anche nel deserto…ma, Yu può davvero starci tutta quella roba in una borsa?»

Yuri non seppe dare una risposta, da una borsa rettangolare larga all’incirca quindici centimetri era uscito di tutto: salviettine, crema solare, doposole, fazzoletti, biscottini per i bambini, cellulare, caricabatterie, chiavi – di cosa? La stanza?­ – cerotti, spray di ghiaccio istantaneo e altri oggetti che non aveva fatto in tempo a capire perché rimessi nella borsa.

La sua perplessità crebbe quando sentendosi osservato alzò lo sguardo verso Mariam che continuava a squadrarlo da capo a piedi con uno strano sorrisetto sulle labbra.

«Qualche problema?»

La donna scosse la testa non preoccupandosi nemmeno di essere stata colta in flagrante, il racconto di Julia fra un boccone e l’altro era stato fin troppo particolareggiato su alcuni aspetti «Nessuno. Scusami, stavo pensando ad un dolce che volevo assaggiare»

Yuri lasciò cadere il discorso considerando le donne fin troppo strane e diverse alle volte. Lì se una pensava ai fatti propri l’altra era una crocerossina in incognito. Nataliya fatto accomodare Takao gli aveva pulito il viso con un fazzolettino imbevuto, disinfettato il taglio – pure il disinfettante aveva portato? – e provveduto a spruzzare il ghiaccio sul naso.

«Takao aspetta! Fatti sistemare il cerotto!»

Takao fu costretto a risedersi ed aspettare l’applicazione del suddetto oggetto, ringraziando di cuore la donna a medicazione ultimata, forse persino esagerata.

Interruppe i suoi pensieri alla vibrazione del cellulare, fronte corrugata alla vista del mittente sconosciuto sul display «Una chiamata…in Giappone il prefisso è +81, perché questo numero inizia con +31?»

Sergej scrollò le spalle incapiente, seguito dal restante gruppetto. Max incuriosito si era sporto oltre la spalla del giapponese invitandolo a rispondere.

«È il prefisso dei Paesi Bassi» esordì con sicurezza Boris.

Al di là del destinatario che aveva appena premuto il tasto di risposta, tutti si erano voltati verso il russo piuttosto straniti da quella sicurezza. Yuri poggiato di nuovo al palo lo osservava dall’alto in basso sperando non centrasse qualche stramberia di Irina in quella conoscenza.

«Che c’è? Mi annoio in bagno» Boris sbuffò scocciato a quelle domande silenziose.

«E cerchi i prefissi degli altri stati mentre sei lì?»

«Dimmi Sergej, nel bagno di casa tua preferiresti trovarmi a cercare cavolate su internet o a guardare un porno?»

«Non entrerei a prescindere per evitare di soffocare»

«Shh…fate silenzio. Takao che sta succedendo?»

Nataliya con un gesto della mano li zittì all’istante, concentrata apprensivamente su Takao sempre più impacciato nel parlare in un misto di giapponese e inglese con alcune parole probabilmente inventate da lui. Il ragazzo rise istericamente frizionandosi i capelli, una mano repentinamente posata sul microfono del ricevitore e due occhi terrorizzati.

«Svetlana è un nome russo?» chiese concitatamente al gruppetto di tale nazione.

«Sì, perché?»

Boris non ricevette risposta, Takao era tornato a sbiascicare parole sconnesse che con la musica circostante non riusciva a comprendere. Max scosse la testa, nonostante la vicinanza all’amico non riusciva a dare un senso compiuto a quanto veniva detto.

«Scusate, nei Passi Bassi non c’è Amsterdam? Siete stati lì nemmeno due giorni fa, magari ha a che fare con questo» Mariam soppesò lo sguardo su ognuno dei ragazzi presenti, fermandosi su Max con un cipiglio più scuro e tagliente, lei ancora non aveva digerito quel viaggio nella capitale europea «Cosa è successo ad Amsterdam?»

Max sorrise nervosamente, i suoi ricordi dopo Kei stramazzato al suolo erano leggermente confusi «Nulla di cui tu debba preoccuparti, abbiamo ballato, ci siamo divertiti in qualche club…oh, ricordo di aver passato gran parte del fine serata con Ivan!»

Il biondino chiese un appoggio a Boris che in un impeto di clemenza confermò la sua versione.

Yuri alla domanda della ragazza istintivamente aveva cercato il professor Kappa nella folla, il ricordo del balletto insieme al giapponese fin troppo vivido nonostante tutto l’alcool ingerito. Era più forte di lui, quella scena aveva ricompensato tutte le ore di aereo.

Si morse le labbra voltandosi verso Sergej, due occhi improvvisamente vispi mentre cercava con tutto sé stesso di pensare ad altro.

«Amore, non hai niente da dirmi su Amsterdam?»

Sergej in un altro contesto si sarebbe preoccupato della strana inflessione sul nomignolo usato dalla moglie, ma quella conversazione l’avevano già avuta appena tornati e lui non aveva fatto alcunché. Ricambiò risoluto lo sguardo di Yuri seguito dalla perplessità di Boris alla sua frase «Yuri, no. Non iniziare di nuovo»

Mariam si chiese distrattamente se fossero i rari momenti in cui Ivanov sembrava umano ad aver conquistato la sua amica, il russo sorprendetemene sembrava vicino a uno scoppio di risate. Ma soprattutto, si chiese cosa fosse accaduto di così divertente da spingere persino lui a ridere.

«Ragazzi vi prego aiutatemi!» Takao supplicò all’improvviso, l’apparecchio telefonico di nuovo coperto per bloccare i suoni «C’è questa Svetlana che continua a dire di essere mia moglie! Dice che ci siamo sposati all’interno del night club quella sera di nostra spontanea volontà alla presenza di testimoni! Vuole venire a vivere con me prendendo il primo aereo! Avere dei figli! Passare la vita insieme!»

I ragazzi lo fissarono completamenti ammutoliti per qualche secondo.

Boris scoppiò a ridere affondando la faccia nelle braccia incrociate sullo schienale, Max sbiancò iniziando seriamente a pensare che i vuoti di memoria fossero un problema, Mariam non seppe se ridere o meno della faccia impaurita di Takao, Sergej scambiò un’occhiata preoccupata con Yuri le cui guance avevano assunto un colorito roseo per lo sforzo di trattenersi mentre Nataliya era scattata in piedi preoccupata a livelli estremi.

«Takao calmati un attimo, non puoi esserti sposato all’improvviso. Prima di tutto ci vogliono dei testimo

«Dice che era tutto regolare! Entrambi avevamo dei testimoni favorevoli all’unione!» il giapponese la interruppe freneticamente, goccioline di sudore lungo la fronte all’improvviso richiamo di suo nonno avvicinatosi a lui.

«Takao! Finalmente ti ho trovato! Dovevamo finire il nostro discorso sull’espansione della palestra»

«Nonno non adesso!» Takao esplose adirato scansando per un pelo il bastone da passeggio usato come arma bianca per punire il suo tono irrispettoso «Ok, ok! Scusami! Ma, sono occupato in questioni più urgenti con tua nuora al telefono!»

«Nuora?» l’anziano signore placò la sua ira ricomponendosi, un sospiro rassegnato dopo aver elaborato e decifrato correttamente la frase del nipote, alle volte faticava a capirlo «Takao, se hai trovato una fidanzata non è ancora nuora di nessuno…Comunque, eventualmente lo sarebbe di tuo padre non di certo mia»

«Oh, ora non ha importanza! La situazione è critica!»

«La prego di scusarmi un attimo» Nataliya interruppe con un piccolo inchino la risposta del signor Jey sul nascere, proseguendo con una certa urgenza verso il ragazzo dalla carnagione olivastra «Takao chi diavolo ti ha fatto da testimone?»

«Che ne so! Questa dice che era la brutta copia di Rambo!»

Il fracasso di una sedia urtata contro il tavolo si sentì distintamente anche con la musica, i bicchieri tintinnarono all’improvviso scossone attirando gli sguardi di tutti alle loro spalle, dritti verso il palo lungo cui era scivolato Yuri. Il russo rannicchiato per terra con le gambe attirate al petto scuoteva la testa ridendo sommessamente, brevi frasi in russo mormorate che non capirono nemmeno i suoi connazionali.

Se Boris rimase perplesso, il resto del gruppo estraneo a quelle manifestazioni di gioia lo fissava come se fosse un alieno.

Miriam istintivamente si era voltata verso la pista da ballo ma Julia impegnata con Andrew non si era accorta di nulla.

«Che gli prende ora?» chiese incerto Max indicando il ragazzo il cui volto era nascosto nell’incavo fra petto e ginocchia.

«Ha ricordato la sua parte preferita del viaggio ad Amsterdam» Sergej sospirò ignorando il suo ex capitano per parlare rivolto a Takao e alla sua pseudo sposa che stava spendendo un capitale con quella chiamata internazionale «Il prof Kappa, è stato lui il tuo testimone. Ad un certo punto della serata ha legato una cravatta a mo’ di fascia sulla testa, ballando con te sul cubo, non ricordi? Probabilmente quando vi abbiamo persi di vista è avvenuto il tuo matrimonio»

«Testimone? Matrimonio? Takao di che state parlando?!» nonno Jey iniziò seriamente a preoccuparsi dei guai in cui continuava a cacciarsi il nipote nonostante l’età.

«Io ricordo solo l’uomo travestito da donna che chiamava my kitty Rei» mormorò tra sé Max procurandosi un’occhiata scettica da Miriam, sempre più propensa a domandarsi cosa fosse effettivamente successo in quei due giorni.

«Ah vero, gli avevo comprato pure le orecchie da gatto in ricordo della serata ma non le ha accettate» Boris assunse un’espressione desolata ripensando al cerchietto peloso lanciato dalla finestra dell’hotel «Però, per dar retta alla rianimazione di Kei mi sono perso il balletto! Sapevo di doverlo lasciare lì per terra, Yu almeno ne è valsa la pena?»

Il rosso annuì di nuovo in piedi, tornato nei ranghi del suo autocontrollo.

«Kei ha avuto bisogno di una rianimazione?!» Nataliya non seppe se scioccarsi di più per la vicenda in sé o il menefreghismo con il quale Boris aveva pronunciato la frase, se Kei avesse tirato le cuoia un briciolo di compassione l’avrebbe provata?

«No! Non è mio il bambino!» Takao urlò al cellulare in preda alla disperazione, gesticolando come se la sua interlocutrice potesse vederlo «Non puoi aver scoperto di essere incinta in meno di due giorni!...Lo eri prima? Appunto! Non sono io il padre del bambino!»

«Sembra di stare in una telenovela»

«Boris please, non dirlo con quell’allegria»

«Io…credo di non sentirmi molto bene»

Max e Yuri accorsero immediatamente a sorreggere il povero vecchio le cui ginocchia avevano ceduto all’improvviso, Sergej preso uno dei menù lo invitò a sedersi sventolando il pezzo di carta.

Nataliya senza troppe cerimonie strappò il cellulare dalla mano di Takao «Svetlana, giusto? Ecco, sentimi bene cara, hai chiamato mio marito non il tuo. Qualunque cosa tu abbia fatto dubito fosse legale e possa avere valore…oh stai zitta! Sto parlando io!» marcò le ultime parole con irritazione distruggendo i timpani dall’altro capo del telefono.

Mariam le si accostò facendole un breve cenno con le dita, il vivavoce fu azionato e le due iniziarono a parlare alternativamente nel piccolo apparecchio scambiandosi un sorrisino sarcastico. Mariam emise un leggero colpo di tosse iniziando per prima, la voce ridotta ad un sussurro inferocito dritto nel microfono.

«Ed io sono la seconda moglie, una terza non ci serve! Te lo dirò una volta sola: richiama questo numero e assolderò un sicario lì ad Amsterdam»

«Prova a venire in Giappone ed io ti scuoierò viva»

«Accollagli il bambino e lo ucciderò davanti i tuoi occhi»

«Infine, YA ub'yu tebya rukami1»

Ci fu una pausa di qualche secondo, la russa allontanò il cellulare osservando il display compiaciuta «Ha riattaccato»

Restituì il cellulare al giapponese intontito che dopo qualche istante saltò addosso alle due ringraziandole in lacrime.

Boris si diede una pacca sulla spalla, complimentandosi con sé stesso. Sei anni prima Nataliya non avrebbe mai minacciato qualcuno in quel modo, era sicuramente merito delle ore trascorse con i suoi insegnamenti ad aver portato a galla quel lato malvagio. In più, non era niente male nemmeno l’altra donna, come era finita insieme a quel biondino innocente?

Max sorrise leggermente preoccupato per come la frase detta in russo sembrasse davvero l’ultimatum di un killer, Nataliya poteva non essere la giusta compagnia per la sua fidanzata. Mariam già da sé aveva inclinazioni pericolose senza che nessuno le incentivasse e quella sera sicuramente sarebbe tornata a far domande sul viaggio ad Amsterdam. Nonostante ciò, la sua preoccupazione maggiore sul momento fu un’altra: scollare il suo amico dalla russa prima che ci pensasse Sergej.

 

 

«Io l’ammazzo»

Hilary roteò gli occhi all’osservazione del marito.

Appena Julia passava nel raggio d’azione la frase veniva ripetuta come un mantra. Quella notte avrebbe dovuto segregarlo in camera per salvare la vita alla sua amica che al contrario di Kei, lei continuava mentalmente a ringraziare per la sua imprudenza. Solo una sconsiderata avrebbe osato andare contro di lui e Julia era in cima alla sua lista di amici avventati.

«Ti fa così schifo ballare con me?»

Kei si voltò pesando bene la sua risposta, non gli piaceva come Hilary aveva posto la domanda. Dal tono utilizzato sembrava dipendesse il destino della sua vita coniugale, passata in camera da letto o su un divano.

«Sai benissimo che non è così» ribatté piatto sollevando un braccio per farla volteggiare.

Conosceva l’amore di Hilary per il ballo e avrebbe anche cercato di accontentarla prima del fine serata. Il suo intento era invitarla in uno degli angoli remoti del giardino lontano da quella massa di impiccioni, dal giudizio altrui ad ogni singolo passo e dalle battutine sarcastiche che circolavano da una parte all’altra.

Sarebbe stato tutto estremamente riservato, invece no, la rompiscatole della Spagna aveva dovuto mettersi in mezzo.
Tra suo nonno che lo fulminava con gli occhi, il padre di Hilary che sbuffava ogni qual volta abbassava una mano di troppo, Gianni che continuava a passargli vicino abbracciato alla fidanzata di Ralph suggerendogli le giuste posizioni da mantenere e Daichi che se la rideva della grossa commentando con Hitoshi indicandoli, sentiva la sua misera pazienza precipitare a bassissimi livelli di tolleranza.

Nemmeno al suo matrimonio lo lasciavano in pace.

Hilary delineò le labbra in un sorriso spostando le braccia attorno al collo di Kei, non era certamente incline a quelle effusioni pubbliche sfrontate ma il leggero bacio a fior di labbra le sembrò inserito nel contesto più adatto. Il suo amato stava sacrificando sé stesso in quel momento, la rigidità della postura era percepibilissima sotto la stoffa anche se lui non sembrava essersene accorto.

«Kei adesso farete un bambino, vero?»

Il chiamato in causa alla domanda squillante morse accidentalmente le labbra di sua moglie, un moto d’ansia interiore al pensiero di un pargoletto urlante in giro per casa. Si voltò lentamente verso la saltellante sorellina di Max accanto a loro, mano stretta intorno a quella di uno sconsolato Ivan. La bambina doveva averlo scambiato per un compagno di giochi per via della statura.

«Charlotte ci siamo appena sposati, è ancora presto» Hilary ridacchiò leggermente allungando una mano a scostare la frangetta dagli occhi della ragazzina «Potrebbe succedere quando meno ce l’aspettiamo. Tra qualche mese, anche anni oppure giorni, chi lo sa!»

«Io al tuo posto toglierei la possibilità di qualche giorno e mi procurerei un defibrillatore in casa» commentò sarcasticamente Ivan ondeggiando ancora lentamente con Charlotte per star loro affiancati «Tuo marito sembra stia per avere un attacco di cuore»

Hilary osservò il pallore sul volto del suo uomo sospirando leggermente.

«Già stanchi?» si inserì Rei nella conversazione avvicinandosi con Mao dall’altro lato della coppia, un’occhiata più attenta e preoccupata verso il bicolore mentre ballavano sulle note di un qualche motivetto spagnolo senza testo «Kei sicuro di sentirti bene? Non hai una bella cera»

«Effettivamente, hai mangiato qualcosa che ti ha fatto male?» continuò la donna dei capelli rosa non nascondendo una certa preoccupazione.

«State tranquilli, si parlava solo di futuri bambini»

Alle parole di Ivan la testimone di nozze si fece improvvisamente attenta, gli occhi sfavillanti rivolti alla migliore amica in un misto di eccitazione ed impazienza «In nome del cielo, sei incinta e non mi hai detto niente?!»

«Ma che hai capito! La ragazzina ha chiesto loro se avrebbero fatto un figlio» Ivan sottolineò l’affermazione sollevando da terra con nonchalance la ragazzina, sfortunatamente per lui ella trovò divertente il gesto affezionandosi ancora di più.

Kei allentò la presa su Hilary asciugandosi la fronte, stava sudando e non era da lui farlo per una conversazione. Probabilmente aveva esagerato con il vino senza rendersene conto e quello era il risultato, non doveva fasciarsi la testa per delle stupide battutine.

Inspirò profondamente assicurando a sé stesso l’assenza di pericoli.

«Oh, quindi non sei incinta?»

Kei abbassò lo sguardo su sua moglie, la domanda sconsolata di Mao sospesa nell’aria.

Hilary rimasta in silenzio aveva scosso di scatto la testa voltandosi verso la sua amica avviando una di quelle comunicazioni non verbali di cui spesso si era ritrovato spettatore. Mao inclinato il capo aveva assunto una smorfia perplessa, Hilary in risposta aveva battuto il piede a terra arrestando il ballo e rimarcando qualcosa con un leggero movimento del capo. Senza ottenere il risultato sperato sua moglie aveva rivolto il viso nuovamente verso di lui.

La linea sottile delle labbra tremolante, un titubante sorrisetto di circostanza.

Kei restò a fissarla chiedendosi se fosse soltanto una sua impressione l’improvviso silenzio palpabile attorno a loro.

Mao lasciatasi sfuggire improvvisamente un’esclamazione sorpresa aveva guardato Rei, volatilizzandosi nel giro di un microsecondo insieme a lui seguiti pochi istanti dopo da Ivan. Il russo accalappiata la bambina l’aveva trascinata con sé lasciandogli una pacca sulla spalla.

Hilary era ancora bloccata sul posto non accennando a muoversi, una leggera risatina isterica.

Kei sperò di aver capito male.

«Hilary…sei incinta oppure no?» la voce salì di un’ottava, nuove goccioline gli imperlarono il viso sentendole ricadere lungo le guance.

Kei batté le palpebre ed Hilary scomparve insieme a tutta la festa e agli invitati.

L’ambiente circostante sostituito dal suo studio personale all’interno della villa circondato da quattro mini Hiwatari starnazzanti. Doveva essere uno scherzo della sua mente, Hilary gli aveva appena accennato la questione non potevano essere già nati. Un battito di ciglia ed era seduto alla scrivania, un pargoletto in lacrime fra le braccia che proprio non voleva saperne di bere il latte. Altri strepiti provenienti dal secondo bambino seduto a terra circondato da cataste di pannolini sporchi che continuava a togliere uno dopo l’altro aumentando la montagna nella stanza, invece il terzo scavata la galleria in quel mucchio puzzolente gattonava allegro verso il balcone. Si alzò di scatto per recuperare il figlioletto sucida bloccandosi a mezza strada, il quarto era coperto di sangue per aver preso in mano Dranzer tagliandosi con una delle lame.

Non poteva essere vero, il suo dovere era portare avanti l’azienda appena eredita non mettere su famiglia così precocemente.

«Kei…Kei! Mi senti?»

L’uomo si riscosse fuoriuscendo dalla proiezione ovattata della sua mente, il martellare della musica era ritornato, lui era ancora in piedi nel prato abbracciato a sua moglie che lo stava scrutando preoccupata. Annuì non del tutto convinto.

«Dimmi che non sono quattro»

«Quattro cosa?»

«Bambini. Dimmi che non ne aspetti quattro»

Hilary strabuzzò gli occhi scoppiando a ridere dopo alcuni secondi, Kei non ci trovò nulla di divertente.

«Kei ti prego tranquillizzati, non aspetto nessun bambino. Volevo solo vedere una tua reazione…dire che ne sei totalmente terrorizzato è riduttivo!»

Kei sentì il suo respiro tornare regolare, era stato tutto uno stupido scherzo. Fulminò con gli occhi sua moglie che continuava bellamente a prenderlo in giro mentre riprendevano a ballare, ci era cascato in pieno.

«Non ne sono terrorizzato» rispose piccato guardando verso un punto imprecisato alla sua destra «Stavo soltanto riflettendo sull’eventuale ipotesi. Già ci tocca tenere in casa quella palla al piede di mio nonno perché ce l’ha imposto l’avvocato, sai benissimo dove vorrei che fosse in questo momento. Ho appena preso in mano totalmente l’azienda a cui dovrò fare innumerevoli cambiamenti e…i bambini di certo non erano nelle priorità a cui stavo pensando»

«Mh…Però in futuro, ti dispiacerebbero?» domandò a bruciapelo la donna ruotando il volto del marito verso di lei.

Kei non rispose immediatamente, anche se il “no” era balenato subito nella sua testa.

Accanto alla negazione aveva fatto capolino il primo incontro con i due gemellini russi, si era trovato a Mosca quando avevano già compiuto un paio di mesi e quasi aveva stentato a credere che quei piccoli bambini potessero essere davvero i figli di Sergej. Si era sentito strano quando Dimitrij gli aveva stretto il dito e Anja aveva iniziato a ridacchiare guardandolo, non meno di quando aveva visto i suoi ex compagni di squadra osservare i bambini con espressione ebete per svariati minuti. In quell’occasione un pensiero su un futuro bambino con Hilary l’aveva avuto, così come il giorno della nascita di Lin.

Ricordava il sorriso emozionato di Rei mentre nella sala dell’ospedale lo invitava a prendere in braccio quell’esserino minuscolo raggrinzito. Di primo acchito era rimasto quasi schifato da quella pelle rossastra e grinzosa ed era stato immensamente grato ad Hilary di avergliela tolta dalle mani. Aveva temuto di romperla, farla cadere, di far del male a quel tesorino così fragile.

«No, se capitasse non mi dispiacerebbe» rispose infine ricevendo un’espressione soddisfatta in cambio «Conoscendoti non mi sorprenderei se ora mi dicessi che non era uno scherzo ma volevi tastare il terreno»

«No, puoi stare tranquillo»

Hilary ridacchiò poggiando la testa sulla spalla del suo uomo lasciandosi cullare da quel ballo dondolato.

 

 

Yuri impedì ai propri muscoli facciali di reagire.

Dopo la breve parentesi con Takao, il tavolo era tornato ad essere unico punto di ritrovo per la sua squadra.

Annoiato a morte data l’assenza di altre alternative aveva deciso di concentrarsi nuovamente sulla pista. Una punta di rimpianto per aver scelto quell’opzione.

Julia dopo essersi separata da Andrew era stata invitata da Garland.

Lei ovviamente non si era tirata indietro avvinghiandosi senza pudore per quel ballo indecente che Nataliya aveva definito bachata e a giudicare dalle movenze eseguite con sicurezza loro due sembravano gli unici a conoscerne i giusti movimenti.

Il sangue di Yuri ribollì nelle vene, per quanto fossero esigenze di danza proprio non riusciva a buttar giù quello scuotimento di bacini così vicini. Entrambi i corpi si muovevano integralmente, l’ondeggiare dei fianchi di Julia più pronunciato rispetto a Garland, ora attaccato difronte a lei, l’attimo dopo dietro di lei quello successivo con la gamba posizionata al centro tra quelle di Julia che rideva spensieratamente.

Yuri distolse lo sguardo seccato sedendosi insieme agli altri, le spalle volutamente rivolte alla pista.

Boris continuò a guardare indisturbato verso la confusione sul prato, seduto sulla sedia ruotata al contrario accanto al suo ex capitano. Il volto semi affondato nelle braccia poggiate allo schienale.

«Qualche problema?» la domanda fu posta flebilmente, a malapena udibile.

«No»

Per nulla convinto Boris mosse lievemente la coda dell’occhio in un’occhiata fugace non aggiungendo altro.

Yuri gliene fu estremamente grato, si sentiva confuso. Da tutto.

Metà della sua vita l’aveva passata privato da qualunque tipo di emozione, desiderando inconsciamente di poter vivere normalmente come gli altri. L’altra metà la stava vivendo finalmente libero ma desiderando la sparizione di tutti quei sentimenti contrastanti.

Al centro di quel percorso c’era stata Julia, lei aveva minato ogni certezza con la sua irruenza, voglia di vivere, gioia, amore. Non avrebbe mai dimenticato lo sguardo regalatole dalla ragazza in quella fatidica notte, lo aveva marchiato a fuoco sulla pelle.

Lei aveva donato tutta sé stessa, lui non era riuscito a fare altrettanto.

Julia non immaginava neanche lontanamente quanto fosse stata importante, d’altronde non leggeva nel pensiero e lui non lo aveva mai ammesso verbalmente. Era stata l’ancora di salvezza a cui inconsciamente si era aggrappato per non precipitare a fondo nel marasma oscuro fatto di odio, rancore e tutte tutti quei sentimenti negativi che per anni il monaco gli aveva inculcato come passabili. Ma, aveva capito quanto lei fosse fondamentale per lui quando era ormai troppo tardi per rimediare e quella consapevolezza aveva fatto persino più male delle punizioni di Vorkov, perché non era una ferita fisica che si sarebbe rimarginata ma una cicatrice più profonda che non sarebbe riuscito a cancellare.

Dopo quell’ultimo giorno insieme aveva rinchiuso tutto l’affetto provato per lei in una scatola immaginaria, messa in un’altra scatola a sua volta racchiusa in quel percorso infinito finendo per blindarla anche a sé stesso. Al pari di quelle vecchie cose confinate in soffitta che si saprà sempre dove andare a cercare in un impeto nostalgico, Yuri sapeva benissimo che sotto quegli strati il ricordo di Julia imperterrito sarebbe sopravvissuto.

Quei contenitori d’altro canto si erano logorati col tempo o più semplicemente era stato lui a dargli letteralmente fuoco quella mattina lasciando tornare prepotentemente al proprio posto tutto quello provato per lei.

Il come e il quando avesse iniziato a guardare Julia non più come una semplice conoscenza ma con gli occhi di quel sentimento indefinibile, Yuri non lo sapeva. Poteva essere stato un passaggio graduale o repentino, innescato da un singolo gesto o da tutte le attenzioni che lei gli aveva dato ma alla fine del tutto lei era arrivata. Lei, quella consapevolezza che lo aveva lasciato disorientato.

Julia non era più una conoscenza ma nemmeno un’amica, era diventata qualcosa che andava oltre.

Oltre, Yuri per giorni si era tormentato sul significato di quella parolina rigirando il cellulare tra le mani non riuscendo a fare quella maledetta chiamata. Al di là dello stadio di amico per lui si apriva un mondo sconosciuto e un briciolo di comprensione verso quel posto ignoto l’aveva avuta soltanto anni dopo l’esperienza con Julia, quando Sergej aveva ammesso di essersi fidanzato con Nataliya.

Aveva ascoltato i dubbi del suo amico facendoli propri, rigirando le domande a sé stesso aventi per soggetto Julia ed era arrivato alla conclusione che lei fosse più importante di quanto inizialmente aveva creduto e che per quanto non volesse ammetterlo era diventata una presenza vitale per lui già dieci anni prima.

Ed era stato in quell’occasione che aveva scrollato la rubrica fino a trovare il suo numero, oscillando il dito sul nome senza mai premerlo.

Yuri se lo era chiesto, cosa avrebbe dovuto dirle?

Ciao, sono Yuri, il pezzo di merda di cui aspetti la chiamata da quattro anni.

Non gli era più sembrato il caso, il giorno seguente era andato a compare un cellulare nuovo, il vecchio era volato giù dal terzo piano.

Boris gli aveva fatto notare che i telefoni cadono in linea retta se sfuggono di mano e non vengono trovati a dieci metri dalla struttura della presunta caduta ma l’aveva totalmente ignorato.

Con i se e con i ma non avrebbe mai raggiunto alcuna soluzione, non l’aveva trovata a tempo debito, non l’avrebbe trovata ad occasione perduta.

Yuri faticava solo a pensarla la verità ma aveva ceduto. Si era arreso alle sue paure.

La felicità era effimera e lui non l’avrebbe potuta raggiungere o mantenere, aveva mollato prima ancora di provarci. La paura di restare ferito aveva prevalso.

Ingenuamente aveva creduto che cessare di rimuginare sulla faccenda fosse la strada più facile.

Il tempo aveva guarito le cicatrici del monastero, avrebbe sistemato anche quell’insana attrazione.

Insulso effetto placebo.

Le sue convinzioni si erano rivelate un precario castello di carte.

Julia aveva riempito un vuoto, andandosene ne aveva lasciato uno più grande e quella mancanza il tempo l’aveva preservata facendola tornare prepotentemente a galla appena l’aveva rivista.

Yuri sospirò amaramente, lo sguardo saettato ti tanto in tanto alle sue spalle sulla coppietta in grado di fargli contorcere lo stomaco.

Doveva avere una qualche inclinazione masochista.

Nataliya sorrise teneramente al tamburellare agitato delle dita di Yuri che sovente, con la scusa di rifarsi il codino, lanciava fugaci occhiate stizzite alle sue spalle. Lui non doveva essersi accorto di essere osservato altrimenti non avrebbe lasciato un’incrinatura tanto visibile.

L’aveva notata la distrazione dell’amico a inizio pranzo ma non gli aveva dato peso, solo con le acrobazie dei gemelli era giunta l’illuminazione.

La felicità negli occhi di Anja era stata nulla se paragonata a quella di Yuri.

«Ho voglia di ballare» decretò all’improvviso attirando su di sé le attenzioni del trio.

Sergej impallidì vistosamente accaparrando ogni genere di scusa, dal tendine infiammato al mal di stomaco, simulando il tutto con smorfie di dolore ben studiate che fecero alzare gli occhi al cielo alla moglie.

«Va bene, ho capito. Cercherò un altro cavaliere»

Gli altri due tirarono un sospiro di sollievo quando la videro allontanarsi, lasciando Sergej a corrodersi il fegato nell’ipotetico caso Andrew avesse provato ad avvicinarla.

Boris sorrise compiaciuto quando Nataliya bloccò il volteggiare della fatidica coppia appropriandosi di Garland come partner di ballo, sempre più convinto che la donna fosse una strega con la sfera di cristallo per riuscire a capire tutti loro così bene.

Julia non aveva fatto alcuna storia per quella perdita ma l’ansia generale degli invitati di essere trascinati sotto i riflettori era cresciuta a dismisura col diavolo spagnolo di nuovo in libertà.

Boris si dispiacque per il suo amico intento a leggere svogliatamente l’etichetta del vino piuttosto che a godersi la scena. Un sorriso subdolo rivolto all’altro componente del tavolo quando le mani di Garland scesero sui fianchi della russa.

«Sergej non fare quella faccia, almeno non è l’inglese!»

Il biondo lo guardò in cagnesco trattenendo a stento il nervosismo «Chi se ne importa se inglese, americano o persino turco! Sempre uomini sono!»

Yuri lasciò andare la bottiglia sorpreso da quell’esternazione così esplicita, solitamente Sergej evitava di mostrarsi apertamente geloso proprio per non sentire le frecciatine di Boris.

«Accidenti, Andrew ti ha proprio fatto infuriare»

«Boris, meglio per te se taci»

«Però, non credo ci sia un turco. In compenso puoi pensare all’italiano, al francese, al tedesco, al giapponese, al cine-»

Boris si interruppe scoppiando a ridere, Sergej aveva tentato di colpirlo con la borsa della moglie finendo con il rovesciarne il contenuto sul tavolo. Yuri compatì il suo povero amico aiutandolo a raccogliere le mille cianfrusaglie non capendo in un primo momento i suoi occhi sbarrati.

«Sergej?»

«Yu…ti conviene voltarti»

Al termine della frase Yuri non ebbe il tempo di farlo volontariamente, afferrato per una mano si era trovato voltato e tirato in piedi all’improvviso e non ebbe dubbi su chi l’avesse alzato di peso. L’aroma alla pesca l’aveva preceduta, l’unica probabilmente ad avere ancora un odore decente dopo quelle ore infernali.

Strizzò leggermente gli occhi accecato dalla luce puntata su di loro, Julia se la portava dietro da inizio danze così come l’odiosa vocina di Ming Ming che aveva pronunciato il suo nome fin troppo divertita. Essere al centro dell’attenzione come blader era un conto, come preda un altro.

«Stare troppo tempo seduto fa male» la mano intrecciata saldamente alla sua per impedirgli di ritirarsi.

«Julia, non ci provare» la minaccia ben poco velata detta a denti serrati.

La donna fece finta di non ascoltarlo, l’intenzione di trascinarlo con lei ben evidente ma nonostante gli allenamenti ginnici non riusciva a smuoverlo di un centimetro. Il problema di Yuri fu l’aver dimenticato di avere un deficiente come amico, Vorkov poteva aver avuto ragione nell’insistere sul non fidarsi di nessuno. Boris l’aveva spintonato facendogli perdere l’equilibrio.

Yuri rivolse un’occhiata omicida al suo indirizzo ricevendo in cambio un saluto d’addio con tanto di fazzoletto di stoffa ondeggiato, melodramma contrastante con il sorrisetto da schiaffi che aveva stampato sulla faccia. Altro, che schiaffi, Yuri l’avrebbe preso a pugni.

Quella spinta aveva dato piena libertà a Julia di trascinarlo in mezzo alla calca.

La musica rallentò divenendo più tranquilla, segnale d’allarme per un ballo decisamente più intimo e riservato.

Julia sorrise seducente non scaricandolo ad alcuno come aveva fatto con le altre vittime sacrificali. La mano poggiata sulla schiena, il corpo a stretto contatto con il suo da bloccargli il respiro. Assecondò la spinta della spagnola, muovendosi con lei pur di non restare imbambolato ad attirare più occhiate curiose del necessario, riuscendo nell’intento di far scollare da loro quella fastidiosissima luce.

«A che gioco stai giocando?»

Julia si distanziò volteggiando su sé stessa, tornando più vicina di prima con lo slancio.

«Nessuno, Gianni aveva proposto una scommessa: portare la persona più reticente in pista» un sorrisino trionfante verso l’italiano intento a confabulare con altri blader guardando nella loro direzione «Credo di aver appena vinto»

L’aveva trascinato lì solo per una sfida, null’altro.

Yuri dovette rallegrarsene, avrebbe evitato di darle una nuova delusione, questa volta l’aveva ricevuta soltanto lui.

«Perfetto, posso tornare a sedermi»

Julia ebbe improvvisamente freddo, dopo anni udire quel tono glaciale privo di emozioni faceva un certo effetto.

Istintivamente aveva rafforzato la presa non permettendogli di andare via, non che potesse davvero impedirglielo. Yuri si sarebbe potuto divincolare con facilità ma nonostante le sue parole non lo stava facendo.

Si era contraddetto.

«Allora fallo» come lei del resto.

Un tuffo al cuore alla mano improvvisamente libera, Yuri l’aveva fatto davvero. Non era più una ragazzina ma fermare il groppo in gola era stata un’impresa titanica, cosa si era aspettata del resto? Avevano innescato un rapporto contorto da quel mattino senza giungere a capo.

Tutto vorticò, la sensazione di caduta nel vuoto le attanagliò le viscere e un urletto le sfuggì dalle labbra.

I capelli le ricaddero ai lati del volto dopo il movimento repentino, schiena inarcata ed espressione sorpresa riflessa nelle pozze azzurrine incredibilmente vicine, il respiro caldo del russo sulla pelle.

La musica era cessata.

Yuri l’aveva la lasciata per afferrarla in vita in quel casquet improvvisato, sorprendendola oltre ogni misura.

«Nataliya. Al matrimonio di Sergej ha insistito di poter ballare con tutti noi»

No, la domanda che premeva sulla lingua di Julia non era rivolta alle ragioni delle sue, fino a quel momento sconosciute, doti da ballerino. Voleva chiedergli di chi fosse il cuore a battere all’impazzata a quel contatto ravvicinato e se era l’unica a mentire ancora a sé stessa.

Yuri si rizzò aiutando la ragazza a tornare in posizione eretta, lo spacco della gonna aperto sensualmente sulla gamba e il braccio ancora avvolto intorno alla sua vita. Non era riuscito a staccarsi da lei.

Garland e Nataliya erano passati alle spalle di Julia proprio quando lo aveva sfidato ad andarsene, l’immagine della madrilena sostituita a quella della russa fra le braccia del giovane era stato un pugno nello stomaco.

L’ incentivo a restare nonostante fosse stato usato per vincere una sfida.

Lasciò scivolare la presa bloccandosi a metà, Yuri non seppe dire chi dei due artigliò per primo la mano dell’altro alle note iniziali di “Viva forever”.

Yuri non aveva mai creduto nel caso, era fermamente convinto che la maggior parte degli accadimenti e situazioni della vita derivassero dalle scelte individuali di ognuno. Lui aveva accettato con Boris l’invito di quel monaco pazzo nelle gelide strade di Mosca (*), lui si era autocondannato a quel tempo senza volerlo. Le sue scelte l’avevano portato a rimettere in gioco la sua vita, proprio quelle l’avevano mandato in coma ed infine, sempre quelle l’avevano portato a perdere Julia. Nonostante ciò, la canzone appena cominciata non poteva essere altro che frutto del caso, di un’ironica coincidenza.

Uno scherzo del destino che voleva farsi beffa di lui.

Dieci anni prima, una notte in albergo, la radio accesa per coprire qualunque altro rumore, la prima canzone, l’unica che ricordasse ancora a distanza di tempo era appena cominciata.

Il numero di persone tutt’intorno subì un calo, c’era qualcosa di non detto nell’aria su come e quanto ogni melodia potesse essere assimilata ad una relazione sociale. C’era chi lo comprendeva e chi semplicemente mentiva a sé stesso.

Julia dal primo assolo aveva piantato gli occhi in quelli di Yuri fissandolo senza batter ciglio, paradossalmente consolandosi nel vederlo fare altrettanto.

Un passo in avanti, l’insulsa scusa di non interrompere chi c’era attorno per muoversi ancora insieme. Mentendo l’ennesima volta.

 

Do you still remember how we used to be?

Feeling together, believing whatever

My love has said to me

Both of us were dreamers

Young love in the sun

Felt like my savior, my spirit I gave you

We'd only just begun

 

Julia circondò con le braccia il collo di Yuri senza interrompere quel contatto visivo perdendosi fra passato e presente. La presa del russo sui fianchi così delicata da sembrare inesistente, ma lei sentiva ugualmente la pelle bruciare oltre lo strato del vestito laddove le dita esercitavano una maggior pressione.

Le sue amiche potevano aver avuto ragione nel paragonare lei all’estate e lui all’inverno, però quel leggero cambiamento in quegli occhi limpidi loro proprio non riuscivano a coglierlo. Quando l’alone di ghiaccio spariva restava solo un bellissimo cielo estivo baciato dal sole.

«Gianni dovrebbe ormai darti certa la vittoria» il bisbiglio rauco, graffiante, quasi come se la gola non vedesse acqua da giorni «Dovresti cercare qualcuno con cui poterti divertire realmente»

Non era quello l’obbiettivo, Yuri non avrebbe voluto pronunciare un’affermazione tanto meno su quell’argomento ma le corde vocali l’avevano tradito viaggiando su una strada parallela alla sua mente.

La domanda sull’ incontro ravvicinato del mattino restò inespressa. La prima occasione dall’inizio della giornata in cui poter parlare da soli era stata gettata via a causa dell’orgoglio, nuovamente vincitore per quel primo passo troppo arduo da compiere quando la fonte dei propri pensieri diventava illeggibile.

Julia era sempre stata spiccatamente espressiva e più volte l’aveva presa in giro per quelle smorfiette involontarie.

Nella gioia, nella rabbia, nel dolore, in ogni sentimento diverse sfaccettature venivano a galla anche senza che lei se ne rendesse conto, ed era proprio quello il fulcro della sua confusione attuale. Julia si comportava con lui con una naturalezza disarmante, come se gli anni non fossero passati, lui non l’avesse brutalmente lasciata senza una spiegazione e fossero rimasti in contatto come buoni amici.

Yuri guardò di sottecchi il gruppetto europeo borbottante, con molta probabilità era proprio lui la fonte del loro sparlare.

 

Hasta mañana,

always be mine

 

«In realtà ho già trovato chi cercavo»

Julia abbozzò un sorriso sincero, un passo indietro per quella leggera distanza frapposta mentre saldamente afferrava entrambe le mani del moscovita per farlo ruotare con lei.

La risata cristallina proruppe sull’ incedere del ritornello all’espressione seccata per quel giro imprevisto.

 

Viva forever, I'll be waiting

Everlasting, like the sun

Live forever, for the moment

Ever searching for the one

 

Julia poteva abbandonare la sua commedia.

Fingersi meramente una vecchia conoscenza non aveva funzionato, la sua recitazione aveva fatto acqua da tutte le parti fin dal primo momento.

Yuri non era stato la scappatella leggera adolescenziale a cui si era indotta a credere per tutto quel tempo, nessuno dei ragazzi successivi era riuscito a farle provare le stesse emozioni, il primato lui l’aveva riconquistato in mezza giornata.

Le mani mascoline scesero lungo le braccia prima di tornare a posizionarsi sulla vita, lasciandole quella fugace e stentata carezza.

La loro era una di quelle storie da leggenda, al pari della luna innamorata del sole.

Il racconto di quell’amore impossibile che tanto l’aveva affascinata durante l’infanzia. La luna pronta a rincorrere l’altro astro per tutta la vita, in quell’alternarsi di sere in cui purtroppo il sole andava via appena lei arrivava, lasciandola in balia di quella tristezza solitaria. Due sovrani di altrettanti mondi distanti, il giorno e la notte inscindibili e complementari che mai si sarebbero potuti incontrare senza stravolgere la vita del mondo.

Costretti a vivere un’esistenza separata sotto la testimonianza delle stelle, spettatrici silenziose della tristezza della luna e del rammarico del sole.

Nonostante il travaglio però, seppur per scarsissime volte all’anno in barba alla distanza, la luna e il sole potevano coronare il loro sogno d’amore in splendide eclissi mozzafiato. Anche se mancavano pochissime ore al termine della giornata, al pari di quei due astri, lei voleva godersela appieno.

Alcune occasioni capitavano una sola volta nella vita e lei era stanca di avere rimpianti.

Seppur per poco, avrebbe ingoiato il magone nostalgico per lasciarsi cullare da quel mare di cristallo, più limpido e meno oppresso di quello che ricordava.

«Yu-chan mi sembri in difficoltà, mai ballato un lento?»

Il moscovita sentì un brivido freddo corrergli lungo la schiena, odiava quel vezzeggiativo affibbiatogli dal nonno di Takao al quarto campionato mondiale.

 

Yes, I still remember every whispered word

The touch of your skin, giving life from within

Like a love song never heard

Slippin' through our fingers, like the sands of time

Promises made, every memory saved

As reflections in my mind

 

«Mai ballato improvvisando, non rientra nelle mie priorità»

Yuri non aveva la minima idea di come si ballasse quel tipo di canzone, si era lasciato guidare dall’istinto osservando le varie coppiette circostanti abbracciate in modo simile al loro. Non sembrava un imbranato ma nemmeno era a suo perfetto agio, l’improvviso magone in gola l’aveva gettato in una battaglia interiore senza tempo. Si chiedeva davvero come si potesse essere felici e tristi al contempo.

«Questo non va bene, devi lasciarti trasportare dalla musica» Julia aveva chiuso gli occhi assecondando le proprie parole, la testa lasciata ricadere sulla spalla sinistra del russo in quell’aggiunta morbida mormorata «Rilassati, non ti ritroverai più i muscoli se continui a stare così in tensione»

Yuri squadrò la donna tra le braccia perdendosi ad osservare i suoi lineamenti, per nulla al mondo avrebbe chiuso gli occhi in quel momento.

Si lasciò sfuggire un sospiro allentando la tensione nelle spalle, i passi sempre più lenti, quasi fermi sul posto mentre le sue dita salivano sul volto di lei per scostarle alcune ciocche ribelli. Il flash della notte in cui aveva compiuto il medesimo gesto si sovrappose al presente e quella risata soave lontana si unì alla musica. Julia quella volta aveva riso ma non per l’azione, il ciondolo penzolante della sua collana d’acciaio le aveva fatto il solletico sul petto scoperto quando si era chinato. Le sistemò i lunghi capelli castani dietro l’orecchio lasciandoli scivolare come sabbia tra le dita mentre il braccio sinistro l’avvolgeva stretta per la vita.

«Aspetterò una tua chiamata»

Accentuò la presa adagiando sempre più i loro corpi al ricordo di quelle ultime parole, la testa reclinata a sua volta su quella di lei. Quella era stata la promessa tacitamente stipulata a cui non aveva saputo tener fede, la sua prova, il test per dimostrarle quanto veramente ci tenesse facendosi sentire anche a distanza. Lui l’aveva miseramente fallita. Le aveva dimostrato invece quanta poca fiducia si potesse riporre in lui.

 

Hasta mañana,

always be mine

 

«Julia, dovremo fermarci»

«A te la prima mossa»

 

Viva forever, I'll be waiting

Everlasting, like the sun

Live forever, for the moment

Ever searching for the one

 

Yuri serrò le labbra contrariato, l’intenzione di separarsi era solo verbale, nessun’altra parte del suo corpo sembrava voler assecondare quell’indicazione.

La volta precedente l’aveva persa non facendo nulla, ora voleva davvero allontanarla facendo la prima mossa?

No, non si sarebbe accollato quell’ingrato compito.

«Mi chiedo come faccia Raul a sopportarti» l’osservazione stanca fuoriuscì in un soffio, recepita più per risonanza data dalla vicinanza che per il proposito di farla giungere a destinazione. La guancia ancora poggiata sulla folta capigliatura, in contemplazione di un punto indefinito nella massa alberata del giardino.

Julia sorrise tra sé strofinando leggermente il viso sulla camicia, non importava quanti gradi ci fossero quel calore l’avrebbe ricercato anche in mezzo al deserto. Perché l’abbraccio può anche essere un gesto ripetitivo ma il momento era quello unico e irripetibile.

«È costretto dalla genetica»

«Allora, mi chiedo come ti sopporti il tuo fidanzato»

Yuri sapeva bene di essere bravo a mentire solo esteriormente, che quel tum tum agitato avrebbe potuto tradirlo in un attimo ma l’istinto di martoriare a sangue le proprie labbra per sua fortuna aveva prevalso. Quella domanda schietta non sarebbe dovuta uscire, l’aveva detta senza pensarci, non credendoci per davvero finché non aveva sentito la sua voce pronunciarla.

Avrebbe dovuto rispondersi da solo, per un brevissimo tempo c’era andato vicino nell’esserlo anche se nessuno a parte Boris lo aveva saputo.

Le parole della canzone cessarono lasciando solo la base strumentale della musica a riempire il silenzio fra loro.

«Ah non saprei, appena lo trovo puoi chiederglielo se vuoi»

Yuri sì sentì leggero come una piuma a quell’ammissione.

La mano fremette nella stretta attorno alla schiena, il muro invalicabile utilizzato come scusante per non provare ad avvicinarsi ulteriormente a lei si era sgretolato in tanti piccoli pezzettini.

Julia sorrise tra sé approfittando di quegli assoli acustici per ballare senza seguire dei passi specifici, un saltellante incrocio di gambe e di braccia in cui Yuri finì per essere strattonato di qua e di là in giro per il prato. Il moscovita inutilmente le chiese di non muoversi a casaccio, lei imperterrita continuava con la scusa di lasciarsi trasportare e più che una danza finirono per far sembrare il tutto una caccia tra il gatto e il topo.

Yuri suo malgrado si ritrovò ad assecondarla, poco importava se di tanto in tanto urtavano qualcuna delle coppiette circostanti che elargiva loro occhiatacce o acidi commenti, il sorriso luminoso di Julia dissipava qualunque tipo di oscurità.

 

Back where I belong now, was it just a dream?

Feelings unfold, they will never be sold

And the secret's safe with me

Hasta mañana, always be mine

 

Difficile fu decretare il vincitore di quella insolita caccia.

Yuri era riuscito a ghermirle la vita attirandola in una posizione canonica ma forse fu solo aiutato nell’impresa da Julia stessa che finì la sua piroetta con le braccia allacciate attorno al suo collo. I loro volti fin troppo vicini nonostante i tacchi non compensassero totalmente la differenza d’altezza.

Restò incatenato a fissare i profondi occhi verdi, il respiro affannoso di entrambi l’uno contro l’altro.

Affaticati per il ballo? Fuori forma? In ansia per quello che sembrava sarebbe accaduto di lì a poco?

Yuri avrebbe scommesso tutto sull’ultima domanda, al pari di un risveglio quando si cerca di appurare che quanto appena vissuto sia stato davvero un sogno, lui aveva bisogno del suo contatto fisico con la realtà.

La forza magnetica di quel mattino era tornata, così come i due poli di una calamita entrambi venivano attirati l’uno verso l’altro mentre un leggero venticello scostava il vestito di Julia.

«LIN!»

L’attrattività si sciolse ma loro restarono avvinghiati. Più che da una brezza, l’aria era stata spostata dalla bambina in volo schiantatasi contro le gambe di un cameriere poco distante, alle spalle di Julia. L’uomo colto alla sprovvista aveva perso l’equilibrio facendo cascare i diversi piatti addosso alla signora Kazuko.

Yuri istintivamente si era voltato indietro guardando verso Dimitrij che aveva urlato il nome della piccola. Il bambino rimasto fermo con solo il cardigan di Lin tra le mani stava accaparrando giustificazioni a Sergej e Nataliya su un girotondo troppo vorticoso finito male.

Alcuni ospiti si erano allontanati dinanzi all’ilarità della scena probabilmente per non dar sfogo pubblicamente alle loro reazioni.

Mao e Rei accorsi preoccupati sulla bambina avevano tirato un sospiro di sollievo nel constatare che a parte qualche macchia sul vestito, Lin ne era uscita pressoché indenne. Solo la povera donna, che a detta di Yuri necessitava di una benedizione, era coperta interamente da molluschi di diverse grandezze. Yuri ammirò silenziosamente la serietà con cui i due sposi cercavano di toglierle da dosso il resto delle pietanze, la signora sembrava prossima ad una crisi.

Di sottecchi vide Julia a labbra serrate dare immediatamente le spalle alla scenetta famigliare, la faccia affondata nel suo petto per evitare di farsi sentir ridere apertamente. La musica era stata ridotta a un leggero sottofondo e loro erano troppo vicini allo scenario di guerra.

«Julia, cerca di contenerti» mormorò atono al suo orecchio arretrando di qualche passo, quasi dovendola spostare di peso con lui.

La madrilena scosse la testa stringendogli spasmodicamente il colletto della camicia sulla nuca, fallendo miseramente nell’intento di tornare seria.

Il secondo tentativo di placarla finì nel vuoto.

Boris scoppiato a ridere senza ritegno era persino cascato dalla sedia, la signora indignata alzatasi di scatto per urlargli contro di essere poco rispettoso aveva fatto scivolare lentamente sul viso il polipo che fino a pochi istanti prima era sulla testa.

Yuri scosso dalle stesse convulsioni della ragazza nel tentativo di ridere il più silenziosamente possibile si era morso la lingua nascondendo la faccia nell’incavo tra la spalla e il collo di Julia.

Julia però la risata genuina del ragazzo la sentì distintamente, il volto leggermente sollevato verso il cielo stellato per riprender fiato fra un attacco di risa e l’altro.

Yuri non la stava aiutando per nulla con i suoi commenti sarcastici sbiasciati.

 

 

Note finali

1 YA ub'yu tebya rukami -> Ti ucciderò con le mie mani

(*) La precisazione è rivolta al passato di Yuri e Boris, nel manga i due si incontrano bambini nelle strade gelide di Mosca dandosi una mano a vicenda per sopravvivere, rubacchiando e sostenendosi con mezzi di fortuna almeno finché non incontrano Vorkov.
Anche se lì inizia un altro tipo di sopravvivenza ç.ç

Un’altra precisazione che mi sento di aggiungere è rivolta al personaggio di Charlotte, la sorellina di Max, lo scorso capitolo avevo dimenticato di precisarlo ma non è inventato da me. Non so quanti di voi stiano seguendo il sequel del manga, Beyblade Rising (che non ha niente a che vedere le serie animate) ma lì Max ha proprio questa sorellina appena nata che io ho deciso di inserire nella storia xD

Bene, passando al capitolo in sé…non so cosa ne sia venuto fuori! >///<

Tutto ciò non era previsto, la suddivisione della trama doveva seguire un’altra linea e da tre capitoli dedicati inizialmente alla sola giornata del matrimonio ora me ne ritrovo quattro. Tra l’altro, seguendo lo schema attuale la storia dovrebbe arrivare ad un massimo di sette capitoli ma ormai non assicuro nulla, l’insonnia ha un brutto effetto sulla mia immaginazione, fa arrivare troppe idee.

Pure l’arco finale dedicato al ballo tra Yuri e Julia doveva essere solo accennato... poi ne è venuta fuori la musica, le riflessioni reciproche, i miei occhi a cuoricino mentre fantasticavo su di loro e non si è capito più nulla >.<

Di questo passo e considerando la lentezza con cui aggiorno, mi ritroverò a Natale con questi poverini ancora a festeggiare Ferragosto.

Al di là delle mie chiacchiere a ruota libera, il capitolo come si è visto è dedicato in gran parte a Yuri e Julia ma un piccolo occhio ai veri protagonisti del matrimonio non poteva comunque mancare. Come ho detto in una qualche risposta alle recensioni, l’intento era di creare una storia sentimentale ma a tratti anche comica e se questo capitolo per certi versi può sembrare fin troppo serioso, nel prossimo avremo una discreta inversione di rotta.

Ricordate l’implosione a cui avevo accennato nel precedente capitolo?

Ecco, Kei e Hilary avranno il loro bel da fare nel prossimo u.u

Ringrazio nuovamente tutti coloro giunti fin qui, spero vivamente il capitolo non abbia deluso le aspettative di nessuno e come sempre se volete lasciare un piccolo parere fatelo pure

 

In più, anticipo che un occhio più attento ai fatidici dieci anni prima riuscirete ad averlo.

Un grande bacio a tutti, e al prossimo capitolo!
Aky

 

 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Takao Aoki, questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

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Capitolo 4
*** Tra confronti e affronti, l'orgoglio affonda ***


Un caloroso saluto a tutti voi che continuate a sorbirvi questa storia!

Come al solito vi rubo qualche attimo nelle battute iniziali per i miei sproloqui.

Ho seri dubbi su questo capitolo nonché la paura di vedere un abbandono di massa verso le ultime pagine ma non sono riuscita a eliminare la parte più trash…se i personaggi potessero ribellarsi ora mi troverei Kei sotto casa con un fucile.

Vi prego siate clementi nel giudicarmi >.<

 

Questa storia continua a regalarmi gioie ogni qual volta apro il sito! Anche se silenziosi, apprezzo tutti coloro che continuano a seguirla celati nell’ombra, solo vedervi ad ogni capitolo è una gioia per gli occhi ç.ç Ci tenevo però a ringraziare particolarmente le ultime recensioni ricevute da Davide1993, Beatris Hiwatari e Henya, ho riletto le vostre belle parole per darmi la spinta necessaria ad aggiornare senza far passare ulteriori secoli, non sapete quanto ve ne sono grata

Infine, nuotando nel mio personale mare di felicità ringrazio Elisa Saba e Henya per aver inserito la storia tra le preferite e senza ulteriori indugi vi lascio alla lettura

 

E le stelle stanno a guardare

~ Tra confronti e affronti, l’orgoglio affonda~

 

 

 

Le lancette dell’orologio da polso segnarono le diciannove e venti.

Michelle le fissò sperando di spostarle avanti di un’ora con la sola forza del pensiero ma suo malgrado dovette rassegnarsi all’assenza di quel superpotere. Mathilda accomodata sul ceppo di legno accanto a lui gli strinse la mano in un muto gesto di sostegno, quel matrimonio stava provando fisicamente anche lei, aveva decisamente esagerato con le portate trovandosi a combattere la sonnolenza.

Arenati nella zona antistante alla villa dove il caos della festa giungeva attenuato, i due speravano davvero di potersi abbandonare ad un breve pisolino ristoratore.

«Guarda il lato positivo» il ragazzo si voltò verso la vocina delicata con un’espressione più che disperata, privato anche dalla forza della parola per chiedere effettivamente qualche fosse il lato della medaglia non negativo «Siamo fermi al secondo di mare, potremmo essere ancora al primo piatto!»

«Questo non mi consola, mi fa solo tornare in mente perché mi stia sentendo male»

Michelle poggiò afflitto la fronte sulla spalla della ragazza in un basso mormorio lamentoso, assediato dai crampi alla pancia che proprio non volevano dargli tregua.

Mathilda rassicurò la tacita domanda preoccupata di Mariam continuando ad accarezzare dolcemente i capelli del suo futuro marito, non mancando di suggerirgli per l’ennesima volta di andare a preparare insieme un po’ d’acqua e limone. Ovviamente, non ascoltata.

«La serata non è ancora finita!»

Gianni seduto su uno dei divanetti puntò il dito accusatorio verso Julia intenta ad aggiustarsi la matita colata via a causa delle lacrime durante le risate, spingendo Mariam accanto alla ragazza ad alzare gli occhi al cielo mentre continuava a far luce sullo specchietto avendo cura di non accecarla col riflesso.

«Per favore, non me lo ricordare»

Hilary sospirò pesantemente massaggiandosi le tempie chiamando a sé tutto il suo autocontrollo per poter giungere a fine serata con la propria sanità mentale intatta. I suoi piani della giornata erano stati stravolti da quella serie di intoppi e dopo l’ultimo di pochi minuti prima, difficilmente sua madre avrebbe dimenticato il nome di Boris. In un qualche anfratto della casa la donna ricoperta di cibo era ancora intenta a sbraitare con sua zia sul poco tatto del russo in questione divenuto il capro espiatorio perfetto al posto dei bambini.

«Gianni mi dispiace ma hai perso, Julia ha invitato Yuri. Capisci non ci sia nessuno di più sfuggente con cui tu possa batterla?»

«Emily è la quarta volta che me lo ricordi, ti stai divertendo a infierire?»

«Non sai quanto»

Emily scoppiò a ridere dirottando involontariamente le preoccupazioni della sposa lungo una strada non meno tortuosa, l’apprensione di Hilary per Julia vinceva anche sullo sfacelo del matrimonio. Julia era stata un’ingenua oltre che sfrontata con il suo invito per le danze, si era fatta intrappolare come una mosca nella tela del ragno ed il problema era stato proprio l’atto volontario.
La giapponese evitò per un soffio il braccio di Gianni barcamenatosi in un qualche epiteto verso Emily maledicendo la sua amica e la sua testardaggine. Concordava con l’osservazione amara di Mao, Julia c’era ricascata di nuovo facendosi coinvolgere maggiormente rispetto al passato.

Quell’aura di pura felicità l’aveva vista dieci anni prima e continuava a vederla anche ora ad illuminarle il viso, sperava solo in una conclusione differente.

Gianni indispettito per una risposta dell’americana autocensurò il suo commento astioso pronunciandolo in extremis nella sua lingua natia per non farlo comprendere, passando due attimi dopo a rimproverarsi da solo per quel comportamento aggressivo e poco adatto nei riguardi di una ragazza.

«C’è da dire che Ivanov nasconde tante qualità…chi l’avrebbe mai detto fosse capace di ballare»

Julia restò con la matita sospesa a mezz’aria al commento di Mariam, lei conosceva benissimo a quali altri tratti stesse alludendo la fidanzata di Max. Le lanciò di sottecchi uno sguardo d’ammonimento che cadde nel vuoto, la donna più che mandare frecciatine a lei sembrava provare un sadico piacere ad infierire verso Gianni.

«Tzè, nulla di eccezionale! Tutti sarebbero capaci di muoversi in quel modo»

«Dilla la verità, ti brucia la sconfitta non è vero?»

«Emily ancora?! So accettare dignitosamente una sconfitta…e poi non ho ancora perso definitivamente! Julia ha vinto uno scontro non la guerra!»

«Da una scommessa ora siete passati alla guerra? Sicuro tu non l’abbia presa troppo sul serio?» la domanda insolente di Hilary fu posta mentre si chinava a punzecchiare il braccio dell’italiano posizionato accanto a lei, il sorrisetto ironico che ricordava vagamente quello usato dal marito.

«Tu non stavi facendo il vegetale fino ad un attimo fa? Ti sei svegliata all’improvviso?»

«Suvvia Gianni, la mia osservazione iniziale era solo una considerazione innocente» la donna dai capelli blu notte si arricciò noncurante una ciocca tra le dita, indossando una delle maschere più false che Gianni avesse mai visto.

«Es la vida, no siempre puoi vincere!»

«Santo cielo Julia, hai appena ucciso due lingue con una sola frase» l’ex blader italiano si portò una mano sul cuore per sottolineare melodrammaticamente il dolore aggiungendo con una nota più scontrosa «Tra l’altro, io non ho mai detto di non accettare una sconfitta state facendo tutto voi!»

«Noi siamo la voce della tua coscienza» Emily aprì platealmente le braccia tra una risata e l’altra dondolandosi sulla sedia, raccogliendo con quel gesto un sonoro assenso generale che portò Gianni all’esasperazione.

«Altro che voce della ragione, voi siete il mio incubo! Odio essere circondato da donne!»

Il ronzio della musica e il suono dei grilli seguirono lo sbotto adirato finché il silenzio attonito non fu rotto dalle risate generali, persino Mathilda rimasta in disparte fino a quel momento non poté trattenersi alla paradossale esternazione.

«Non posso crederci! Mai avrei pensato di sentirti dire una frase del genere!» lo schienale del divanetto accolse Hilary contorta dalle risate nel suo blando tentativo di asciugare le lacrime senza diventare la sosia di un panda.

«Tu non sei il vero Gianni! Lui si sarebbe fatto uccidere pur di stare in compagnia di cinque donne contemporaneamente!»

«Emily ho i miei limiti anche io. Dove sono queste donne? A me sembra di essere in mezzo a cinque mantidi religiose che chiedono la mia vita!» sbottò irritato guardandole una per una, soffermandosi infine sulla ragazza dai capelli rosa in compagnia del suo fidanzato, colpito dalla consapevolezza di aver dimenticato un altro esponente del sesso maschile.

Inutile fu l’occhiata di scuse, Michelle in preda al suo stato malaticcio candidamente aveva ammesso di non star ascoltando una singola parola del discorso.

Julia chiuso di scatto lo specchietto scosse la testa divertita, pochi passi mossi sul manto erboso per scoccare un bacio a sorpresa sulla guancia di Gianni dove restò visibile il segno corallo. L’italiano non colse il motivo del ringraziamento sussurrato, inconsapevole di come la sua scommessa fosse stata utile come scusante per la donna nell’avvicinare Yuri, invece preferì esultare e vantarsi del bacio appena ricevuto nella sua indole da perfetto dongiovanni.

Su sua ammissione, quel marchio l’avrebbe sfoggiato per il resto della serata.

«Sorellina!»

Raul arrivò trafelato dinanzi alla fonte del suo richiamo, catapultandosi su di lei con fare apprensivo.

Le spiegazioni furono considerate superflue dallo spagnolo mentre afferrava agitato la faccia della sorella ruotandola da più angolazioni, analizzando accuratamente ogni singolo centimetro di pelle prima di cascare seduto sul tavolino in un sospiro di sollievo.

«Meno male che stai bene!»

«Perché non dovrei? La mamma di Hilary è la povera vittima delle catastrofi di questa giornata»

«Infatti, Julia se ne stava a sghignazzare tranquillamente fra le braccia di Ivanov» il commento sarcastico di Mariam era privo di malizia, posto solo come osservazione di circostanza ma Julia sperò ugualmente che il buio circostante stemprato dalle sole candele alla citronella coprisse bene il rossore spuntato sulla sua faccia.

«Proprio per quello sono preoccupato!» se possibile Raul aumentò il suo stato inquieto rizzandosi come una molla e un’aggressività che non gli apparteneva «Ho visto che te ne sei andata via all’improvviso piangendo! Se Ivanov ti ha fatto qualcosa giuro che gliela faccio pagare!»

«Raúl, estás loco?! Me estaba riendo

Raul arretrò istintivamente alla furia della sorella finendo per inciampare nel tavolino, ribaltandosi con esso e annullando la sua iniziale baldanza. Lui l’aveva vista solo andar via asciugandosi le lacrime e aveva tratto le sue conclusioni, poteva anche essersi sbagliato ma a suo modesto parere Julia stava vendo una reazione fin troppo eccessiva con la sua scarica di rimproveri spagnoli.

«Peccato che Julia si sia messa in mezzo» mormorò derisorio l’italiano vedendo il povero ragazzo accampare scuse nel vuoto «Ora non sapremo mai se Raul sarebbe stato capace di andare a fare una sfuriata a Yuri. Sarebbe stato uno spettacolino carino da guardare, un ritorno allo splendore delle lotte nel Colosseo»

«Sì, certo, Boris e Sergej li hai dimenticati? Quei due non gli avrebbero dato nemmeno il tempo di parlare»

«Appunto Emily, sarebbe stato un bagno di sangue come nell’antica Roma»

«Gianni te lo giuro, stasera mi preoccupi»

Hilary si limitò a sospirare scambiandosi un’occhiata con Mariam, l’accalorata difesa di Julia nei confronti di Yuri risultava davvero esplicita solo per loro?

Eppure, non pensava potesse passare davvero inosservata la strana intesa manifestata tra i due durante il ballo.

Mariam scosse la testa borbottando all’ennesime scuse di Raul sul voler proteggere la sorella.

«Fratelli. Che siano maggiori, minori, gemelli, sono tutti uguali»

 

 

Takao batté incredulo le palpebre.

Seduto allo sgabello dell’angolo bar insieme a Lai, Daichi, Kiki e Gao nel soggiorno di villa Hiwatari, il giapponese seguiva ipnotizzato il volteggiare delle bottiglie traslucide piene di liquidi dai diversi colori. Reazione del tutto differente dall’evidente scetticismo di Olivier e dalla palese preoccupazione di Ralph per la possibile rottura di una di quelle bottiglie d’altissimo costo di marche pregiate.

Ivan con una precisione incredibile le lanciava da una parte all’altra come dei birilli in intricati passaggi dietro la schiena con tanto di giravolte d’accompagnamento.

«Ivan, dimmi che non è anche questa una conoscenza acquisita al monastero»

«No Takao, esperienza lavorativa» il russo afferrò il collo di una bottiglia dalla scritta straniera ruotandolo fra le dita, non nascondendo un discreto livello d’orgoglio per quell’ammissione «Lavoro come bartender in un pub da quando ho diciotto anni e si potrebbe dire che ormai abbia una conoscenza enciclopedica in questo campo, anche se da un annetto a questa parte ho ridotto il contratto ai weekend per la mole di lavoro aumentata all’orfanotrofio»

Vodka, cognac, assenzio, sciroppi dai gusti più strani e bottiglie dai nomi a Takao sconosciuti vennero versati e mescolati tra loro con rapidi e precisi movimenti del polso all’interno di svariati bicchieri depositati sul bancone, creando altrettante a lui ignote combinazioni di cocktail.

Il tutto con una precisione a dir poco maniacale, senza lasciare che la minima goccia trasbordasse e andasse sprecata.

«Orfanotrofio?» la domanda di Kiki espresse tutta la confusione dei suoi connazionali.

Ivan fermò i suoi movimenti guardandoli con uno scetticismo per nulla dissimulato, ricordando solo qualche istante dopo l’avvezza asocialità che caratterizzava lui e gli altri membri del team dal termine delle apparizioni ai mondiali. Fatta esclusione per la squadra di Kinomiya, avevano praticamente interrotti i contatti con gli altri blader.

«Sì, il lugubre monastero Vorkov è diventato ufficialmente un orfanotrofio da sei anni a questa parte, dopo aver vinto su tutti i fronti la causa contro quel pezzo di merda di un monaco. Oh, ovviamente è stata una grande soddisfazione anche soffiare l’atto di proprietà dalle mani di Hiwatari senior. Attualmente la struttura è intestata ai genitori di Nataliya per questioni legali ma concretamente è Yuri a portare avanti la direzione, ovviamente aiutato da me, Boris, Sergej, Nataliya e altri addetti che collaborano con il progetto alcuni giorni a settimana» terminò la frase nel più completo silenzio circostante, la coppetta da cocktail dall’insolita miscela azzurra opalescente posizionata davanti Lai con fare più professionale «Gin navy strenght, assenzio, curaçao e succo di limone, tipico drink da festa»

Il cinese contemplò il bicchiere destabilizzato dal repentino cambio di argomento, un cenno d’assenso confuso all’offerta della fettina di limone poggiata sull’orlo.

«Quindi state dietro a dei bambini tutto il giorno?»

«Oui francesino, tutti i santi i giorni a rincorrere marmocchi urlanti…quasi mi manca fare il bartender a tempo pieno delle volte!» lo shaker fu sbattuto in alto e in basso con maggior pressione prima di versarne il liquido porpora nella coppetta dinanzi Olivier «Per te un cocktail che i tuoi compatrioti chiedevano spesso al locale: vodka, chambord e succo d’ananas»

Ralph vide il suo amico scettico sorridere raggiante dopo l’assaggio, invitandolo ad ordinare la medesima bevanda che Ivan sembrava divertirsi davvero a preparare. Assecondò l’insistenza restando con il dubbio più atroce.

«Kei lo sa che stai usando i suoi alcolici?»

«No, ha altro a cui pensare che tenere sotto controllo il suo angolo bar» pronta risposta strafottente, lo shaker nuovamente in funzione per acrobazie insolite tanto da mostrare un cocktail uguale al precedente in meno di un minuto «Piuttosto mi chiederei cosa se ne faccia di tutta questa roba se non è in grado di reggere nemmeno mezzo bicchiere dell’intruglio più leggero…mah, sarà una di quelle strambe ossessioni da ricchi»

Daichi ottenuta compagnia finalmente si decise ad assaggiare il suo drink dorato calandoselo tutto d’un fiato sotto lo sguardo attonito del professor Kappa appena giunto e già irrimediabilmente preoccupato. Il rossino dopo poco aveva cominciato a ridere da solo alludendo a un qualche futuro di Ivan nella compagnia circense di Julia e Raul, battendo ripetutamente una mano sulla schiena del povero professore che fu costretto a sedersi sullo sgabello.

«Barman! Per favore, uno per il mio amico! Stupiscici!»

«Daichi non siamo al bar…oh no, Ivan che stai facendo?! Io non voglio nulla!» inutili furono le repliche, Ivan era già entrato in azione.

Takao sorrise nervosamente all’idea del suo amico occhialuto alle prese con l’alcool, ad Amsterdam l’aveva fatto sposare dopo aver bevuto pochissimo non osava immaginare nelle mani di quel russo che fine avrebbe fatto. Proprio sulla scia dell’ultimo pensiero si rivolse ad Ivan piuttosto incuriosito.

«Ora che ci penso, tutte le acrobazie che fai mentre li prepari sono di tua invenzione o le richiedeva il locale?»

«Mh, un po’ tutte e due» Ivan si lasciò sfuggire una leggera smorfia contrariata, lo straccio usato per asciugare il piano accanto al lavello quasi sbattuto con forza «Avevo trovato quel posto con Yuri, nei primi tempi abbiamo fatto tutti diversi lavoretti per aiutare Sergej e la sua retta universitaria…sì, Sergej è laureato in infermieristica insieme a Nataliya, si sono conosciuti lì…dicevo, il proprietario voleva solo che gestissimo al meglio la clientela però lui non aveva idea di cosa significasse avere il turno con Yuri! Nonostante si limitasse a un gelido e laconico “buonasera”, al contrario mio che provavo ad essere un minimo cordiale, la gente perdeva la testa per lui accalcandosi dal suo lato del balcone. Qualcosa me la dovevo pure inventare per non vederlo morire sommerso dal carico di lavoro, ed ecco il perché delle acrobazie»

«Di che ti sorprendi? Mi sembra ovvio che riconoscendovi le fangirl sfegatate scegliessero Yuri al posto tuo…» commentò sarcasticamente Ralph lasciando volutamente in sospeso la frase al volto del russo sempre più inasprito. Probabilmente era un bene avere già il suo drink a portata di mano, poteva ritrovarselo avvelenato.

«Il naso Ivan, è quello che sta tentando di dirti Ralph. Preferivano te a Yuri per il naso…lo hai troppo grande e voluminoso, alle donne non piace»

Takao cercò di non ridere davanti alla lucidità di Daichi ormai morta, il piccoletto in quel tono sbiascicato mostrava di aver già oltrepassato i propri limiti gettandosi in quei commenti suicidi.

«Io non ho mai parlato di sole donne» ribatté piatto Ivan, l’old fashioned rubino sbattuto malamente davanti il povero Manabu ancora intento a sprecare scuse sul non volerlo bere «Uomini, donne, vecchiette arzille e anche persone dal dubbio sesso…chiunque lo fissava come un rincitrullito o faceva strane proposte»

«Guardala da un’altra ottica, alla fine sei riuscito ad attirare l’attenzione se lavori ancora lì, no?» il misero tentativo di Takao di quietare gli animi sembrò funzionare, lui era l’unico ad essere rimasto senza drink e non voleva di certo lasciarsi sfuggire l’occasione di assaggiare qualcosa di particolare.

«Sì, ha funzionato abbastanza bene, il lato davvero positivo è stato farmi aumentare lo stipendio per continuare a metter su quei giochetti dopo che Yuri è stato licenziato» un sorrisino vittorioso fece capolino al ricordo dei soldi estorti al vecchiaccio taccagno, bella persona ma fin troppo avida «Uhm, ma tu sei rimasto senza drink…lascia fare a me»

«Perché licenziato?»

«Ha spaccato un bicchiere in testa a un cliente»

Ivan roteò gli occhi all’espressione perplessa del giapponese stappando l’ennesima bottiglia, la ricordava bene quella serata. Il tizio aveva scambiato Yuri per una ragazza guardandolo di spalle, fin lì sarebbe potuto andare tutto bene ma il genio incompreso scoperto l’errore aveva commesso l’ulteriore sbaglio di deridere il suo amico. Persino lui si era sorpreso quando il vetro era andato in frantumi, Yuri completamente impassibile si era limitato a colpirlo e abbandonarlo lì sanguinante senza preoccuparsi minimante di eventuali ripercussioni.

Ogni tanto si domandava che fine avesse fatto, la denuncia per aggressione non era mai arrivata e lo sciocco non si era più visto in giro al locale.

Yuri in compenso i giorni seguenti aveva mostrato una certa allegria…pensandoci, Ivan non voleva sapere cosa fosse realmente successo allo sconsiderato.

Si riscosse dai suoi pensieri ultimando l’ennesima creazione e assecondando il giapponese nella mole di domande tecniche rivolte a quella professione.

«Un bicchiere old fashioned, si usa generalmente per i liquori on the rocks, ossia immersi nel ghiaccio come questo. Sono sicuro che il “White Russian” ti piacerà, provalo» Ivan spinse sul ripiano in mogano il suddetto bicchiere basso e largo dalla forma cilindrica, il liquido all’interno dal colorito brunastro era ricoperto sulla superfice per oltre due centimetri da una patina bianca che ricordava la neve sulle vette più alte «Vodka Moskovskaya, Kahlúa e panna shakerata, scende che è una bellezza per quanto è dolce»

Takao bevve a piccoli sorsi il primo assaggio valutandone il sapore, in una futile reticenza di pochissimi attimi.

Il contenuto fu trangugiato con conseguente richiesta del bis.

 

 

La leggera brezza serale si insinuò nel foro della portafinestra.

Boris giocherellava con uno dei cocci di ceramica seduto ai piedi del letto della camera ancora a soqquadro, schiena contro l’asta del baldacchino e gamba penzolante oltre il materasso.

Sergej l’aveva invitato gentilmente a eclissarsi per qualche minuto, estromettendolo dalla festa quasi fosse stata colpa sua – e non del figlio casinista – l’origine della fragranza ittica attorno alla signora Kazuko.

Al ricordo le labbra si incresparono ancora una volta in un ghigno beffardo rivolto alla soglia dove Yuri era appena arrivato.

Due tonfi sordi al telaio della porta ancora scardinata e abbandonata su una parete.

«Stai facendo dell’ironia? Lo stare incollato alla spagnola deve esserti proprio piaciuto»

Un colpo ben assestato e più forte dei precedenti gli fece intendere che il prossimo non avrebbe centrato il legno.

Lanciò il pezzettino ceramico in un angolo della stanza tramutando il suo ghigno in uno più sardonico.

«Ma non restare lì impalato mi amor. È aperto, entra pure»

«Il tuo accento spagnolo fa pena»

«Scusami tanto se non sono la tua bella»

Yuri percorse un paio di passi all’interno fermandosi incerto a metà tragitto, la sua attenzione attirata dagli uccellini entrati al mattino che avevano creato il proprio nido sul comò. L’esserino dalle piume azzurre lo accolse addirittura con un sonoro cinguettio.

“Benvenuto compagno stanza”, ecco cosa sembrava volesse dirgli.

Boris alzò gli occhi al cielo contando mentalmente i secondi che lo separavano dallo sbotto made in Ivanov, il suo amico era di una prevedibilità inaudita quando premeva le mani sui fianchi e lo guardava con fare accusatorio.

Valutò velocemente le sue opzioni di fuga: il vano della porta troppo distante e il balcone troppo alto per tentare un salto.

Nella valutazione capì anche un’altra cosa, la lentezza in cui era ricaduto il suo istinto di sopravvivenza.

Il gong immaginario diede inizio allo scontro.

«Ti costava tanto farli uscire?» la domanda fu posta con un nervosismo esagerato per quella sciocchezza.

«Diavolo Yu, calmati. Non danno fastidio a nessuno» il russo si meravigliò al tic nervoso al sopracciglio rosso seguito alla sua minimizzazione, quello scatto accadeva solo quando la pazienza oltrepassava la soglia di tolleranza e di certo degli stupidi uccellini non erano fra le cause scatenanti, almeno così credeva.

«Ci dobbiamo dormire stanotte qui dentro, ora li prendi e li porti fuori»

«Per chi mi hai preso, il tuo schiavo personale? Chiama Brooklyn se vuoi l’accalappia uccellini»

«Tu hai combinato il casino, tu lo sistemi» un ordine sibilato, non dissimile da quello di un comandante dell’esercito.

«La smettete di darmi la colpa di tutto?!» esplose infine Boris ricambiando il tono astioso, il suo amico troppo spesso dimenticava di non essere più il capitano di una squadra continuando inflessibilmente a dettare ordini a destra e a manca «Sono entrati perché Hilary ha distrutto il vetro della portafinestra!»

«Ti ricordo che se tu per primo non fossi uscito mezzo nudo sul balcone la signora non sarebbe svenuta, Hilary non avrebbe sfondato la porta distruggendo la stanza, gli uccellini non sarebbero i nostri nuovi coinquilini e io non avrei dovuto cercare un fottuto bagno per tutta la casa… non sarebbe successo nulla!» l’ultima parola Yuri la rimarcò con foga, imprimendo in essa la frustrazione di sentirsi impotente dinanzi alle proprie emozioni confuse e allo scorrere del tempo che continuava a farsi beffa di lui sottraendogli quell’attimo necessario a dare a Julia un secondo bacio, lasciando lì con la sola amarezza di una gioia negata.

Si era ripromesso di mantenere il controllo salendo in stanza, si era imposto di non lasciarsi dominare da quel recondito lato impulsivo fallendo miseramente.

Se Boris fosse stato attento al mattino, lui non sarebbe finito in quella piccola stanza con Julia.

Il passato non sarebbe tornato così prepotentemente.

Non ci sarebbe stato alcun incidente.

Nessun bacio l’avrebbe perseguitato.

«È sempre colpa tua!»

Yuri restò in silenzio con un leggero prurito alla gola dopo la sua accusa, Boris fece altrettanto squadrandolo attentamente.

La nota velenosa non era sfuggita né al mittente né al destinatario di quel messaggio, si conoscevano, erano entrambi consapevoli di dove l’avrebbe portati una discussione se si incamminavano su quella scia tossica fatta di insinuazioni. L’ultima volta non era finita bene, erano arrivati alle mani.

Dieci anni prima però, non erano giunti ad insultarsi partendo da un’idiozia.

Senza proferir parola Yuri per primo si distanziò, conscio in uno sprazzo di lucidità di quanto futili ed effimere fossero le sue motivazioni per innescare quella diatriba verbale. Erano pur sempre ad un matrimonio, lo scopo era divertirsi, poteva evitare di sfruttare il suo amico come valvola di sfogo per una questione in cui alla fine dei conti non c’entrava nulla. Aveva approfittato di quell’insolita pazienza nei suoi confronti per troppi anni.

Ricadde pesantemente sul letto disfatto provocando un sonoro tonfo al rimbalzo, distruggendo ben altro oltre ad un ulteriore pezzo della stanza.

Quasi stesse aspettando quel momento, la tensione si allentò.

«Dimmi che non ho rotto una doga del letto» gli occhi azzurri si sollevarono colpevoli verso l’altro ragazzo voltatosi divertito al suono del botto.

«Oh, io credo che tu non ne abbia rotta una ma due» il tono velatamente allusivo «Chi è che ha sempre colpa di tutto, eh?»

«È capitato soltanto ora, tu combini casini di continuo»

Yuri emise un verso stizzito all’eccessivo divertimento dell’altro, tutti i presupposti per aver ragione sul loro battibecco erano appena caduti.

Boris ritirò le gambe spostandosi al centro del letto, incurante delle scarpe ancora indossate dalle cui suole il terriccio del giardino venne disseminato sulle lenzuola in parte aggrovigliate alla rinfusa ai piedi del letto. Uno sbuffo scocciato emesso all’ennesimo rimprovero non verbale, mentre il dito veniva ruotato in tondo per indicare l’ambiente circostante.

«Pensi davvero che quando Hiwatari e consorte vedranno questa stanza si preoccuperanno del lenzuolo sporco?»

Yuri si lasciò sfuggire un sospiro arrendevole dinanzi all’evidenza.

Boris soddisfatto della piccola vincita, senza alcun preambolo, afferrò il suo ormai fratello di vita per l’estremità posteriore della camicia obbligandolo con la forza a distendersi accanto a lui. Yuri non oppose alcuna resistenza né cerco di rialzarsi al gesto improvviso, piegò semplicemente le gambe sul materasso piuttosto concentrato ad esaminare il drappo bordeaux sulle loro teste.

Lo stomaco manifestò tutto il suo disappunto stringendosi in una morsa, i segnali di pericolo di quella che da entrambi veniva definita ironicamente “resa dei conti” erano stati captati e recepiti.

«Yu, vuoi dirmi cosa ti frulla nella testa?» la precedente inclinazione scanzonata era scomparsa del tutto dalla voce di Boris, sostituita da una serietà riservata solo ad alcune particolari situazioni.

Yuri tamburellò le dita sullo stomaco perseverando imperterrito nella sua contemplazione del baldacchino.

Lo spirito d’osservazione di Boris risultava estremamente fastidioso alle volte, non c’era sorpresa se Vorkov lo avesse sempre elogiato per quell’aspetto – anche se il monaco pazzo lo aveva distorto e piegato rendendolo quasi una macchina per uccidere – e lui stesso l’ammirasse per quel tratto.

Boris guardò il suo profilo aspettando pazientemente, erano stati centinaia di ore in quella posizione fin dal monastero. Era il loro piccolo segreto sdraiarsi l’uno vicino all’altro, alle volte per parlare altre solo per confortarsi o darsi forza a vicenda, soprattutto nelle notti più cupe in cui gli incubi proprio non volevano andar via. Alcune abitudini erano davvero dure a morire.

Yuri sospirò pesantemente affondando maggiormente la testa nel cuscino, troppe cose gli stavano arrovellando il cervello per trovare una risposta.

«Io…non so cosa dirti» un mormorio scostante diretto al soffitto, incapace di guardarlo in faccia.

 

 

«Oliviér

Il ragazzo in questione allontanò il volto da quello dell’ex campione del mondo il cui alito, un puzzo d’alcool misto al forte odore di caffè, gli aveva fatto salire la nasua. Per non parlare del fastidio provato all’accento sbagliato sul suo nome e alla “r” pronunciata similmente al rumore di una motosega.

«Ne khoodshi Oliviér!1» due braccia protese a stringere forte il francese in un abbraccio fra le lacrime.

«Pour tous les poissons de la Seine2, Takao cosa stai facendo?!»

«Non ti chiedi piuttosto cosa stia dicendo?»

«Parbleu3 Raplh! Cosa vuoi me ne importi? Toglimelo di dosso!»

Ivan lucidò per la ventesima volta lo stesso boccale ignorando Takao cascato giù dallo sgabello e Olivier sbraitante andato via a passo di marcia seguito da un reticente Ralph che in gesto di scuse – per la presa da combattimento con cui l’aveva schiantato– aveva aggiustato la giacca del giapponese inerme sul pavimento prima di sparire a sua volta. Posizionò infine il bicchiere sulla pila nel mobile afferrando con gesti meccanici il successivo dal lavello.

Non c’era assolutamente nulla di diverso dalle solite azzuffate nel locale, anzi, lì sicuramente non sarebbero saltate fuori delle pistole.

«Oh sì! Ancora! Ancora!»

«Ora te lo faccio vedere io!»

Ivan arrestò lo strofinaccio sollevando lo sguardo quasi per essere veramente certo che le parole fossero fraintendibili, per l’appunto, solo a parole.

Lo strillo allegro e l’incitamento di Kiki erano rivolti non alle scene malate da lui inizialmente supposte che ora non gli davano tregua nella mente procurandogli brividi di ribrezzo, bensì alla strampalata gara messa in atto con Lai.

Ovviamente, dopo un pranzo chilometrico e una dose massiccia di alcolici in circolo, era logico gareggiare per chi resistesse più a lungo nella verticale.

Ivan rimproverò duramente sé stesso per la sua malsana idea di invitare tutti loro nell’angolo bar, gli affari suoi poteva pure farseli e godersi la festa.

Mosso da uno spirito compassionevole, consigliò ai folli atleti di darsi una calmata e tornare seduti ma fu bellamente ignorato. Pertanto, si limitò a scrollare le spalle noncurante nello stesso momento in cui Lai fuggì via per la verticale andata male seguita da una rovinosa caduta in cui lo stomaco scombussolato aveva reclamato un bagno tutto per sé.
Lui ci aveva provato a fermarli.

«Ehi Ivan-cha! Ehi! Ehi!» attirato dalla voce giocosa si sporse oltre il bancone, Takao ancora sul pavimento con un’espressione ebete continuava a chiamarlo sbracciandosi come un pargoletto nella culla.

«Dimmi Takao»

«Ehi Ivan-chan

«Dimmi. Takao»

«Eh-»

«Dillo di nuovo e ti farò del male»

Takao sporse il labbro tremolante rizzandosi istantaneamente in piedi, le mani prontamente afferrate in quelle del russo costretto a star sulle punte per il trascinamento imprevisto. Takao lo aveva attirato a sé incurante del largo bancone in mezzo.

Ivan sospirò afflitto, doveva restare calmo, non poteva mutilare e ferire gravemente un ubriaco innocuo non in grado di difendersi.

Maledetta deformazione professionale.

«Ivan-chan tu mi vuoi bene?»

«Lasciami andare e ne riparleremo»

«Quindi non mi vuoi bene?! Perché?! Cosa ti ho fatto?!» le lacrime sgorgarono copiose dagli occhi nocciola lasciando Ivan più confuso che mai, solitamente gli ubriachi con cui aveva a che fare non lo conoscevano al punto da dargli tutta quella confidenza.

«Takao, calm

«CONQUISTERÒ TUTTI I BIT POWER DEL MONDO!» le mani batterono con ferocia sul bancone, la zazzera castana si scostò dagli occhiali per l’impeto della risata sguainata mentre il bicchiere ormai vuoto rotolò giù dal bancone frantumandosi.

Ivan sopprimendo il colpo al cuore per l’urlo inaspettato osservò ad occhi spalancati la brutta copia di Manabu ormai in completo delirio di onnipotenza. Il giovane tecnico in un miscuglio di frasi sconnesse continuava a farneticare piani di conquista del mondo elencando quintali di dati sui bit power di cui probabilmente solo lui era a conoscenza.

«Quattrocchi hai preso la Vorkite?» domandò titubante ritrovandosi Takao mezzo seduto sul bancone e avvinghiato a lui come fosse un’ancora di salvezza.

«Il mondo sarà mio! Tutto in mio potere!» la saliva fu sputacchiata qua e là per l’enfasi mentre le gambe traballanti si issarono sullo sgabello per parlare a una platea inesistente.

«Ehi prof, tu mi vuoi bene?»

«Kinomiya pianatala con questa domanda! E tu moscerino non sei capace nemmeno di averlo un bit power, figurati conquistare il mondo!»

«Questo lo dici tu!» gli occhi iniettati di sangue si avvicinarono improvvisamente verso il russo «Ho studiato per anni le mosse di insignificanti pazzoidi che hanno tentato questo progetto giungendo a realizzare il piano perfetto! Tremate, il vero signore e padrone degli animali sacri è appena arrivato!»

«No, tu hai semplicemente bevuto troppo» ribeccò il russo spingendo lontano il volto dell’uomo vaneggiante, cercando al contempo di staccarsi di dosso l’altra piovra.

«Miscredente!! Ti pentirai amaramente delle tue parole, quando governerò il mondo ti chiuderò nelle segrete!»

«Cambia solfa, quelle sono come una seconda casa e Vorkov minacciava in maniera più convincente» rispose beffardamente piantando il gomito nel collo di Takao per tenerlo un minimo a distanza dalla sua faccia.

«Ivan-chan mi fai male!»

«Smettila di chiamarmi in quel dannato modo!»

«Addio misere formiche, vi schiaccerò dopo aver radunato il mio esercito!» la risata grottesca risuonò fra le mura del salone, Manabu con le braccia distese verso il cielo percorse freneticamente la distanza che lo separava dal corridoio diretto ad una destinazione ignota per tutti gli altri.

«Dove diavolo stai andando razza di deficiente?!» il russo non riuscì a fermare il pazzoide in fuga poiché ancora bloccato da Takao nell’abbraccio stritolatore che iniziò pericolosamente a fargli perdere la pazienza.

«Ehi Ivan-chan, mi vuoi bene?»

«Cazzo Kinomiya, piantala!» urlò ormai al limite della sopportazione mollando due colpi secchi all’altezza dell’ultima costola del giapponese che istintivamente fu costretto a lasciare la presa, ma il sospiro di sollievo ebbe durata molto breve «DAICHI MOLLA QUELLA BOTTIGLIA!»

Svuotato di tutta l’aria dai polmoni per il grido disumano, Ivan si fiondò verso il ragazzo dai capelli rossi rannicchiato a poca distanza da lui al di sotto del bancone, precisamente accanto agli sportelli dove erano conservate ancora le bottiglie inscatolate, di cui una appena trafugata. Daichi scosse la testa e a causa della forte quantità d’alcool in circolo espresse il suo dissenso ridendo come uno sciocco, scivolando di faccia a terra nel maldestro tentativo di rimettersi in piedi.

Ivan gli fu subito addosso, ma a differenza della lucidità svanita, la forza al ragazzo non mancava di certo.

Iniziarono un tira e molla che li vide rotolare sul pavimento, fra urli confusi e strepiti accusatori vari in cui agli urti con i mobili in più di un’occasione Ivan aveva dovuto afferrare al volo qualcosa in caduta libera per evitare che si sfracellasse al suolo. Ben presto divenuta una lotta per la sopravvivenza i colpi assestati da ambo le parti non mancarono, fra cui la gomitata nello stomaco di Ivan e il pugno in pieno volto a Daichi, finché non fu proprio il primo a prevalere grazie all’equilibrio dell’altro ormai inesistente.

Ivan storse la bocca al sapore ferroso del sangue a rissa ultimata evitando accuratamente di lasciare i polsi della sua preda inchiodati sul pavimento. Era riuscito a bloccarlo a pancia giù issandosi sopra di lui e per quanto la suddetta posizione risultasse a lui stesso molto ambigua non era intenzionato a ripetere nuovamente un combattimento. Se avesse lasciato anche solo una delle braccia quella scimmia impazzita si sarebbe liberata.

«Ora, molla quella bottiglia» ordinò in un ringhio accentuando la presa per convincere Daichi a lasciare finalmente l’oggetto incriminato.

Il rossino però non l’ascoltò minimamente ne provò dolore a causa della soglia di tolleranza estesa per via dell’alcool, cercò piuttosto di liberarsi scalciando nel tentativo di colpire con le gambe la schiena del russo ma la costituzione del suo corpo gli ricordò ben presto che non possedeva l’elasticità muscolare di Raul. Afflitto e convinto di essere finito prigioniero nelle mani di un membro di una banda criminale iniziò ad urlare in cerca di aiuto provando ancora una volta a rotolare su sé stesso senza raggiungere alcun risultato soddisfacente.

«La vuoi piantare di urlare?!» sbraitò a sua volta Ivan per sovrastare le urla mentre Takao dondolava nell’angolino vicino al divano in una sorta di trans «Per dio, sembra che stiamo facendo chissà cosa se continui in questo modo!»

«Non mi avrai mai! Non mi piacciono gli uomini! Aiuto! Takao, aiutami!»

«Avere cosa?! Che diavolo ti passa per la testa?! Io voglio solo che posi la bottiglia!»

«Ivan-chan mi ha tradito…» esordi sconsolato Takao asciugandosi gli occhi.

«Ohi, io non ho tradito nessuno!» sbottò esasperato guardando verso il giapponese che non lo degnò di uno sguardo ma rinunciò ad ulteriori ed inutili spiegazioni inveendo contro l’altro che aveva provato a sollevarsi con il bacino «E tu qua sotto smettila di far sembrare il tutto un porno squallido di infima categoria! Lascia la vodka!»

«Per tutti i numi cosa sta succedendo qui dentro?!»

L’urlo adirato femminile provenne dal corridoio, Ivan alzò di scatto la testa nell’esatto istante in cui la signora Kazuko entrò nel soggiorno.

Daichi continuò a urlare, Takao a piangere adagiato allo schienale di stoffa e Ivan, l’unico ancora dotato di lucidità, si ritrovò a pregare interiormente che la donna non si facesse un’idea drasticamente sbagliata della sua persona. Il completo formale sgualcito e l’aspetto selvaggio dopo la rissa non andavano a suo favore.

La signora restò ammutolita ad osservare il russo a sua volta, concentrata prima sul ragazzo disteso, poi su quello seduto cavalcioni.

Daichi provò a chiedere di nuovo aiuto ma Ivan allungò una gamba calpestandogli la mano e lasciando fuoriuscire un altro grido.

«Signora, la prego di lasciarmi spie-» le parole del russo vennero bruscamente interrotte da un urletto stridulo.

«Tu! Devi solo stare zitto!» la donna si portò una mano sul cuore mentre con l’altra tremolante additò il presunto colpevole di quella situazione, incapace di articolare una frase compiuta tra la rabbia e il disgusto che trasparirono chiaramente «Maleducati…gioventù senza ritegno…farlo qui, nel soggiorno della casa della mia bambina. Voi…voi dovreste solo vergognarvi!»

La controbattuta studiata da Ivan restò inespressa, il colorito della donna svanito velocemente pose in risalto due occhi color cioccolato improvvisamente vacui.

Il russo in uno slanciò fulmineo si precipitò ad afferrare la donna prima che ella sbattesse in terra, abbandonando l’ubriaco impazzito e ritrovandosi a dover sorreggere un peso morto fra le braccia.

«Signora! Signora la prego si svegli, non è il momento di dormire! Se qualcuno ci vedesse in questo momento io rischierei una denuncia per molestie sessuali, ho già la fedina penale non proprio pulita, non mi sembra il caso di ampliarla» un sottile velo di panico lasciò la bocca di Ivan che a malapena riusciva a sorreggere la donna decisamente più alta di lui, esitò un istante prima di afferrarla al meglio attorno alla vita trovandosi così il volto femmineo adagiato sulla spalla « Lei non se ne rende conto ma non è esattamente un peso piuma…cavolo, questo non avrei dovuto dirlo, forse è un bene che non mi senta…no, no, ma che sto dicendo?! Signora apra gli occhi! Takao, razza di pelandrone vieni ad aiutarmi!»

Non ricevendo risposta girò faticosamente sui talloni trascinando a fatica la donna nell’azione, il panico crescente nell’appurare di essere stato completamente abbandonato dal giapponese e dagli altri due della squadra cinese che non si vedevano da nessuna parte al contrario di Daichi che saltellava sul divano bevendo e rovesciandosi addosso gran parte del contenuto della bottiglia di vodka.

«Scimmia mal riuscita vieni ad aiutarmi anziché pensare a tracannarti!»

«Ivan… il mondo gira! Lo sapevi?» rispose allegro l’altro roteando tra un saltello e l’altro, la risata gioiosa esplosa all’ennesimo sorso che portò l’alcool rovesciato in giro e sulla stoffa candida del divano.

«Slaboumnyy4» sputò tra i denti Ivan spostandosi a fatica, l’estremità inferiore del kimono della donna strusciato per terra nell’impresa.

Daichi continuò a urlare frasi senza il minimo senso saltando da un divano all’altro, sul tavolino, su una delle poltrone lasciando orme evidenti di terra sul bianco perlaceo che ricordarono ad Ivan il gioco della lava che i bambini facevano all’orfanotrofio. Il russo urlò al ragazzo di placarsi e di pulire il divano o per lo meno di lasciare una zona libera in cui adagiare il corpo inerme fra le sue braccia ma ciò che ottenne fu solo una considerazione su quanto costassero i funghi nei supermercati a differenza della facilità con cui si trovavano nei boschi dietro casa sua. In sintesi, una considerazione che ad Ivan non importava minimamente e la cui risposta non fu certo garbata nell’allusione al dove sarebbero finiti i funghi se non l’avesse aiutato.

Daichi se ne infischiò di tutte le possibili minacce iniziando il suo nuovissimo e personalissimo gioco: afferrare i pendenti del lampadario.

Ivan si appuntò mentalmente di farla pagare al ragazzo continuando a trascinare il corpo della signora che iniziava a chiedersi seriamente se fosse ancora viva data la mancanza di respiro sul suo collo. Era prossimo ad una vera e propria crisi di nervi per l’ennesimo urlo di Daichi tornato mentalmente bambino e per la musica esterna alzata a tutto volume quando le sue preghiere sembrarono essere state finalmente ascoltate. Di sfuggita, nei pressi della finestra aperta, una chioma bionda familiare era appena passata.

«Sergej! Sergej ho bisogno di aiuto!»

Ivan soltanto al terzo urlo riuscì a sovrastare il caos richiamando alla finestra del pianterreno l’amico dubbioso che fece capolino mano nella mano con la moglie, entrambi esterrefatti davanti alla stravagante scena in corso all’interno dell’abitazione.

«Ivan, in nome del cielo! Cosa sta succedendo qui dentro?!» esclamò scioccata la donna mentre il marito in un balzo felino senza pensarci ulteriormente scavalcava il davanzale per andare a soccorrere l’altro russo «E cos’altro è successo a quella povera donna?!»

«Oh, Nataliya non guardarmi in quel modo! Non è stata colpa mia…non direttamente almeno!» scoppiò inacidito arretrando di un passo e restando in equilibrio per puro miracolo sul pavimento bagnato, sarebbe caduto sicuramente se Sergej non gli avesse tolto di dosso il gravoso peso della signora.

«Non credo la signora sia svenuta per una sciocchezza…Voi due cosa credete di fare?! Immediatamente giù!»

Dimitrij e Anja abbandonarono il loro tentativo di afferrare con i piccoli balzi il bordo del davanzale della finestra, giocandosi invano la carta degli occhi da cuccioli bastonati che con la loro mamma non riuscivano mai a far prevalere.

«Ma mamma, volevamo vedere anche noi cosa fosse successo» rispose la vocina morbida del bambino mentre la sorellina gli dava manforte annuendo vigorosamente.

«La suocera dello zio Kei si è sentita poco bene, non c’è nulla da guardare e voi non dovete arrampicarvi alla finestra, chiaro?»

«Però papà l’ha fatto! Hai sempre detto che non dovevamo prendere esempio solo dallo zio Boris e dallo zio Ivan!» si lamentò il bambino sporgendo il labbro inferiore.

«Dimitrij ha ragione!» continuò la bambina nel medesimo tono «Lo hai detto tu di imitare papà o lo zio Yuri, tranne quando lo zio inizia a tramare qualcosa sorridendo in modo pauroso da solo!»

«Vero, ma in questo caso la regola non vale, anche papà mi sentirà» ribatté perentoria ponendo fine alle successive rimostranze dei due con una tecnica che funzionava sempre «Se continuate a fare i capricci non vi faccio avere il gelato»

Anja spalancò la bocca richiudendola offesa in un broncio buffo prima di sedersi sul prato seguita poco dopo dal fratellino, Nataliya sospirò tornando a porre l’attenzione all’interno dove qualcosa in vetro era appena andato in frantumi. Daichi all’ennesimo balzo non aveva trovato la giusta aderenza scivolando dal tavolino e sbattendo la testa contro il bracciolo del divano fracassando la bottiglia nella caduta, Sergej aveva annuito titubante al consiglio di Ivan di lasciar perdere l’infortunato mentre spostava il tappeto lontano dal disastro sul pavimento. Avrebbe ignorato sicuramente quel pazzo ubriaco se il suo stesso amico non avesse volontariamente prelevato il tappeto e di conseguenza spostato il tavolo, nell’esatto momento in cui Daichi ci stava per saltare sopra.

Alcuni dei cuscini furono gettati sul tappeto su cui ben presto fu adagiato il corpo inerte della signora Kazuko.

«Allora, io mando il messaggio al marito e poi ce la diamo a gambe» disse concitatamente il più basso scrollando la rubrica del telefono, appuntandosi mentalmente la violazione della privacy fra le possibili denunce mentre digitava freneticamente sullo schermo «“Mi sono sentita poco bene e sono entrata in casa, raggiungimi nel soggiorno….Come pensi lo chiami? Amore? Tesoro?»

«Cosa vuoi che ne sappia io!» ribatté scocciato il biondo mentre controllava per scrupolo il battito cardiaco della donna.

«Sei tu quello sposato tra i due!»

«Non vedo questo cosa centri, scrivi quello che ti pare e andiamocene da qui! Non voglio essere coinvolto ulteriormente»

«Sei inutile Ser» schioccò insofferente volgendosi poi verso la finestra e urlando più del dovuto «Nataliya! Come preferisce chiamarti Sergej nei messaggini che ti scrive ogni tanto? Amore o tesoro?»

La donna li guardò scettica incrociando le braccia sul petto, la stavano prendendo in giro con una domanda simile in quel momento?

«Il più delle volte nessuno dei due, in alcuni casi amore mio, perché?» la testa inclinata incapiente all’occhiata furente del marito che aveva assunto una tonalità rosea.

Ivan ridacchiò malizioso evitando il pugno del suo amico mentre completava il messaggio e abbandonava il cellulare sullo stomaco della donna, un invito frenetico con le braccia per invitare l’altro a darsi velocemente alla fuga.

Raggiunsero a grandi falcate la finestra venendo bloccati nel loro tentativo da uno sguardo gelido della donna che aveva spalancato le braccia ostruendo loro l’uscita.

«Non ci pensate minimamente, usate la porta, non siete dei topi d’appartamento»

«Nataliya si tratta di una questione di vita o di morte, fai un’eccezione»

«La mia invece è una questione d’educazione per i miei figli» ripeté più duramente indicando imperiosa la porta presente nella stanza «Già col colpo di testa di Sergej si sono messi in testa di scavalcare la finestra, non gli darete un altro cattivo esempio. Vi conviene muovervi se non volete essere beccati qui dentro»

«Ora capisco perché con Yuri non ha funzionato, siete praticamente identici» borbottò aspro in una smorfia procurandosi un’occhiataccia dalla donna e la mano di Sergej premuta repentinamente sulla sua bocca mentre lo trascinava via verso la loro via di fuga.

I due russi riuscirono ad uscire incolumi dall’abitazione solo grazie alla rientranza nel pilastro del corridoio dove poterono nascondersi quando il marito della donna corse verso di loro in direzione opposta. Premuti l’uno contro l’altro nell’angusto spazio i due si erano chiesti esattamente in quale momento della giornata quel matrimonio avesse preso una piega sbagliata.

 

 

Yuri imperterrito continuò a battere ritmicamente le dita racchiuso nel suo ostinato silenzio.

Dopo la sua ammissione di confusione, Boris aveva riproposto la stessa domanda un paio di volte, segno inequivocabile della sua convinzione di trovarsi a combattere una bugia che non era più disposto ad accettare. Se lo era aspettato quell’attacco, sapeva che alla minima occasione in cui sarebbero stati soli l’amico non avrebbe perso tempo a fargli il terzo grado e lui gli aveva servito l’occasione su un piatto d’oro anziché d’argento.

«Vorrà dire che ti racconterò una storia nell’attesa di una risposta» la lingua di Boris crepitò d’un tratto senza lasciare intendere alcuna intonazione emozionale precisa, un leggero spostamento del peso sul materasso per sistemarsi al meglio e voltare completamente la testa verso l’amico disteso accanto.

La fase di studio era appena cominciata.

«Tanto tempo fa, in una città dell’est dove la neve sostituiva il sole più volta all’anno, in un putrido e fatiscente vicolo due orfanelli di cinque anni si incontrarono. Il più basso dai capelli fiammeggianti ebbe l’ardire di provare a rubare i soldi dell’altro facendosi molto male. Sai, testardo com’era il bambinetto continuò a provarci finché non si ritrovò rannicchiato dolorante accanto a un bidone»

Yuri si morse l’interno guancia fin troppo consapevole di non star ascoltando una favola qualunque, il loro primo incontro era difficile da dimenticare e veniva tirato fuori ogni qual volta Boris voleva rinfacciargli qualcosa o ricordargli che non era una persona qualunque messa in squadra da Vorkov. Il sotterfugio della terza persona era la pratica prediletta per intavolare discussioni spinose con lui o per confonderlo dal vero obiettivo prendendole alla larga e infine attaccare.

«Il più grande, nonostante si fosse fatto il culo per fregare quel portafoglio ad un vecchiaccio distratto decise comunque di condividere il piccolo gruzzoletto raccolto e lo so che ti starai chiedendo: “Perché?” Molto semplicemente, lo strambo ragazzino gracilino inaspettatamente aveva deciso di condividere il cappotto di due taglie più grande quando aveva visto l’altro tremare per il freddo. Sai, i normali incontri dei bambini» una smorfia tirata e la mano sventolata nell’aria d’accompagnamento a quelle parole che non stavano ricevendo alcuna interruzione «Da quel giorno sono passati ventitré anni, quei mocciosi non sono morti come presupponevano le persone che con commiserazione li vedevano correre per strada. Sono sopravvissuti persino ad un campo d’addestramento per soldatini privi di emozioni mascherato da struttura religiosa, hanno condiviso tutto eppure… nonostante si conoscano da una vita, il moccioso testardo è diventato un uomo testardo, si rifiuta ancora di esternare i suoi problemi»

Yuri non si mosse di un millimetro al termine del racconto che lasciò udibile solo la musichetta esterna tornata ad un repertorio soave, quel giorno non aveva la minima voglia di assecondare quel trucchetto. La sua mente era diventata un labirinto in cui nemmeno lui era più in grado di identificare l’uscita.

«Forse quell’uomo non ha davvero nulla da dire» rispose in un soffio limitandosi ad un leggero sbuffo.

«No, no, non contraddire il narratore! Ti stai sbagliando, il protagonista della mia storia vuole solo far credere di star bene ma in realtà il coprotagonista sa che il suo amico tace soltanto per non sembrare debole…come se il coprotagonista potesse davvero pensare una cosa del genere!» una breve pausa necessaria per calibrare al meglio le successive parole con la consapevolezza di star addentrandosi in un terreno pericoloso «La fiammella ambulante ha sempre avuto il gran brutto difetto di soffrire da solo senza coinvolgere chi gli stava accanto e voleva solo il suo bene. Lui ha sempre fatto finta che tutto filasse liscio davanti agli altri… anche davanti al suo migliore amico»

Boris assottigliò gli occhi alla leggera contrazione delle dita, ogni volta che doveva estorcere quattro parole a Yuri si sentiva sempre il generale di una squadra d’assalto che doveva prima redigere un piano perfetto e inattaccabile affinché non fallisse. Era una sfida logorante avere a che fare con quel lato caratteriale.

La prima volta che aveva affrontato il tasto dolente riferito al peperino spagnolo il tutto si era concluso con un completo fallimento e una poco velata intimazione di farsi gli affaracci propri, rendendo ben esplicito il concetto di non riaprire mai più l’argomento. Lui l’aveva assecondato, ignorando anche diverse piccolezze nel corso degli anni solo per il rispetto che nutriva nei suoi confronti ma quel giorno non era disposto a farlo, non avrebbe lasciato il suo amico ottuso in balia delle sue stupide ed errate convinzioni.

«Accidenti, ho creato proprio un personaggio contorto» continuò imperterrito con una sfumatura ironica «Sai che persino da bambino aveva questo difetto del cavolo di volersi tenere tutto dentro?»

«Boris, piantala» un freddo ammonimento per intimare il silenzio che dalla controparte venne preso come un invito a continuare.

Prima fase: attacca dove il tuo avversario è più debole.

«Dicevo, il moccioso non versava mai una lacrima davanti agli altri ma passava notti intere a piangere silenziosamente nel bagno credendo che il suo amico, nonché compagno di stanza, dormisse» il russo si interruppe momentaneamente all’improvvisa tensione dei muscoli di Yuri trovandosi ad osservare due iridi cerulee sbarrate e puntate verso di lui, avrebbe fatto i conti con i suoi sensi di colpa in un prossimo futuro.

«Tu…lo sapevi?» domandò debolmente scombussolato da quella rivelazione a così lunga distanza.

Boris si limitò ad annuire tenendo per sé la vera risposta, nonostante il suo piano si era comunque imposto un limite, non gli avrebbe rinfacciato il suo non essere per nulla silenzioso in quelle occasioni e i conseguenti abbracci in cui lo avvolgeva quando crollava addormentato esausto.

Seconda fase: impedisci una via di fuga.

Al primo accenno di movimento allungò il braccio più lontano sul busto del moscovita, puntellato su un gomito esercitò una maggior pressione in corrispondenza dello stomaco per evitare si allontanasse. Dall’occhiataccia di sfida ricevuta, l’atto non era stato ben gradito soprattutto se correlato alla difficoltà di scrollarsi un peso muscolare decisamente superiore al proprio.

Yuri osservò contrariato l’avambraccio premuto sul suo sterno, era praticamente trattenuto con la forza e odiava quando Boris si impuntava in quel modo per forzarlo a parlare a tutti i costi.

Terza fase: colpisci il centro della questione.

«Quante interruzioni…Come stavo dicendo, lui ha questo brutto vizio. Abbiamo vinto con non poca fatica un mondiale a cui abbiamo dedicato interamente noi stessi e lui che ha fatto una volta tornati a casa? Anziché festeggiare per il grande smacco dato a Vorkov, ha iniziato a giare afflitto come un’anima in pena a tutte le ore del giorno neanche gli avessero ucciso il gatto, rifilandoci continui “sto bene” come se fossimo veramente cretini» il risentimento per quei ricordi velatamente celato, un’accusa verso un comportamento che più volte aveva messo a dura prova i nervi del russo «Si è gettato a capofitto nel lavoro illudendosi di trovare una soluzione ai suoi problemi, lo ha fatto con semplici lavoretti e poi nella gestione a tempo pieno dell’orfanotrofio…ha potuto ingannare gli altri con la scusa di numerosi impegni ogni qual volta voleva restare da solo, ma non il sottoscritto»

A Yuri la piega assunta del discorso non piacque, proprio per quel motivo decise di concentrarsi sulla parte più futile dimenticando a sue spese quanto Boris potesse risultare manipolatore con le sue chiacchiere apparentemente superflue.

«Boris, non abbiamo mai avuto un gatto»

«Infatti, da dieci anni a questa parte a te non manca un gatto ma Julia»

Quarta fase: attendi una reazione.

Boris attese in allerta un qualunque segno alle sue dure parole, non era un mistero la sua poca mancanza di tatto ma era consapevole di aver impresso più aggressività del dovuto nel suo attacco. Non c’era peggior sordo di quello che non voleva sentire e lui era stanco di girare intorno al vero problema. In realtà, era stanco anche di avere sempre ragione nelle risposte trite e ritrite che il russo gli rifilava quando si parlava di lei.

«Ti sbagli» sputò acido la sua vittima in un ringhio, il volto scostato nervosamente per guardare il soffitto «Te l’ho ripetuto decine di volte, tra me e Julia non c’è stato nulla di quello che credi, il nostro rapporto non ha mai avuto una definizione corretta. D’accordo, nelle ultime due settimane del campionato mi è capitato di baciarla e portarla a letto ma è finita lì. Si è trattato solo di pura attrazione fisica»

Yuri non ebbe il tempo di elaborare correttamente quanto il suo scudo orgoglioso si fosse innalzato, Boris dopo aver rinunciato a mantenerlo fermo con uno strattone fulmineo aveva afferrato il suo polso sinistro trascinandolo nel mezzo della loro lotta di sguardi. Le gambe incrociate per mantenersi sopraelevato rispetto a lui mentre aggirava facilmente l’istantaneo tentativo di resistenza riuscendo a sbottonare il polsino della camicia.

Il sottile braccialetto portafortuna in stoffa rosso e verde, sfilacciato in alcuni punti dal tempo, fece capolino sulla pelle lattea.

«Yuri mi hai rotto le scatole con le tue continue bugie» sibilò feroce serrando le dita in una morsa d’acciaio che nella migliore delle ipotesi avrebbe lasciato il segno per svariati minuti «Smettila di inventare balle e caccia le palle o vuoi passare tutta la vita a nasconderti dietro inutili scuse?! Se fosse davvero come dici, se Julia è stata davvero tanto “insignificante” nella tua vita, allora perché cavolo non lo hai tagliato?! E non prendermi per il culo con un’altra delle tue omissioni, ti ho visto più di una volta rimuginare per ore con le forbici sul bracciale, ti sarebbe bastato un attimo per eliminarlo»

Il divincolarsi cessò lasciando solo due pupille dilatate atterrite.

Yuri incassò dolorosamente la pesante consapevolezza di non essere stato realmente solo in quegli attimi di debolezza. Avrebbe preferito continuare a restare all’oscuro di tutto quello che Boris volente o nolente aveva appreso negli anni, il suo amico impiccione sembrava essere sempre nel posto e nel momento sbagliato quando le cose lo riguardavano personalmente, almeno dal suo punto di vista, come il giorno in cui il braccialetto gli era stato regalato.

La mattina della sfida della quarta tappa, quella contro la squadra Bega, per evitare alcuni dei disguidi dei giorni precedenti Sergej e Ivan erano usciti dagli spogliatoi per prendere una boccata d’aria, Kei si era dato alla macchia all’interno dello stadio mentre Boris dopo diversi attimi in un silenzio opprimente aveva optato per andare nel bagno a sciacquarsi il viso, ed era stato proprio in quel momento che Julia era piombata inaspettatamente negli spogliatoi.

Dato il diverbio della sera precedente era rimasto disorientato davanti alla parlantina spensierata della ragazza, destabilizzato al punto da essere incapace di fermare la sua raffica di parole per informarla di non essere soli come credeva. Julia aveva accantonato ogni possibile sentimento negativo nei suoi confronti allacciandogli senza preavviso e con immotivata gioia il braccialetto, un gesto scaramantico per augurargli buona fortuna in quella sfida per lui molto importante.

Il tocco bollente delle mani di Julia strette attorno alla sua l’aveva ridestato dal limbo d’insensibilità.

«Solitamente auguro in bocca al lupo ma… nel tuo caso, ecco, non mi sembrava molto appropriato!»

Non poté fare a meno di perdersi nei ricordi di quegli attimi.

Nella risata parzialmente imbarazzata e nel gesticolare frenetico seguito alla strampalata ammissione mentre gli spiegava che quel tipo di bracciale era in grado di portare fortuna ed esaudire i desideri solo se regalato con il cuore, nella leggera fossetta formata all’angolo della bocca come ogni qual volta lei sorrideva per smorzare un silenzio impacciato o provocarlo ulteriormente, nella repentina fuga dopo l’ultima frase detta tanto per gioco che lui invece non aveva mai dimenticato.

«Mi raccomando, il desiderio si realizza solo se ci credi fermamente!» un attimo di tentennamento prima di chiudere la porta alle sue spalle, le guance arrossate intraviste in un battito di ciglia «Se proprio non credi in queste “sciocchezze” puoi sempre conservarlo per ricordati di me solo guardandolo!»

Boris era uscito dal bagno dopo la scomparsa di Julia squadrandolo senza dire nulla, le provocazioni e le velate allusioni erano iniziate soltanto il giorno seguente.

Il ragazzo dai capelli rossi ritornò nel presente alla successiva affermazione infastidita per la mancata risposta.

«Chi hai voluto…anzi, chi stai ancora cercando di convincere definendo il tuo attaccamento per Julia solamente fisico? Me oppure te?» la contrazione marcata sui due pronomi fu enfatizzata dal polso ancora intrappolato usato come freccia per indicare i soggetti in questione.

Yuri appiattì la schiena sul materasso in mancanza di utili alternative per sfuggire all’analisi inquisitoria, lo sguardo rivolto nella direzione opposta all’avvoltoio che stava impiegando tutto il suo impegno per non farlo sentire a proprio agio. Gettò il braccio libero sulla testa per celarsi alla vista, sbattendolo frustrato lungo il fianco pochi secondi dopo.

«Tagliarlo significava dimenticarla definitivamente» esclamò ad un tratto liberando tutta l’aria precedentemente trattenuta, forzando le sue corde vocali per una confessione troppo a lungo taciuta «Dovresti saperlo…avrei dovuto capirlo io stesso, non sono mai stato capace di sbarazzarmi completamente dei ricordi del passato, belli o brutti che fossero. La dottoressa Sokolova, quella bisbetica che ci ha seguito dopo il crollo della Borg, tra i tanti disturbi di cui secondo lei ero affetto uno potrebbe averlo centrato: il morboso attaccamento al passato»

«Mh, sai che non ho mai preso sul serio il ciarlare di quella psicologa. Non mi fido dei giudizi di una tizia con cui sono stato costretto a parlare per meno di ottanta ore, preferisco affidarmi a quello che vedo. Tu sei attaccato al passato ma non come ha voluto fartelo credere lei, lo fai per portare rancore o perché non vuoi dimenticare i momenti in cui sei stato finalmente bene»

«Non vedo molta differenza con quello che ho detto io»

«C’è invece, conservare un bracciale per dieci anni non è avere un attaccamento morboso al passato» ribatté piatto inchiodando lo sguardo dell’altro «È malsano osservarlo ogni santo giorno con aria malinconica rimpiangendo scelte non fatte, tu puoi ancora salvarti. Sei giusto nel mezzo, ti perdi nel ricordo di Julia a periodi alterni»

«Dovrebbe essere un consiglio?»

«No, un ordine ad alzare il culo e ad approfittare della chance fornita da questo matrimonio per sistemare una volta per tutte questa situazione»

Yuri inarcò un sopracciglio per quella presa di posizione, raramente Boris si impuntava a quella maniera nei suoi confronti, men che meno lo faceva con quel tono imperioso che tante volte aveva invece adottato lui. Si era rammollito al tal punto che Boris non si poneva più il problema di scavalcarlo?

No, era semplicemente la schiettezza che tanto adorava e detestava.

«Sistemare cosa esattamente? Me la sono portata a letto senza poi rivolgerle più la parola per dieci anni, l’ho praticamente usata e tu credi che lei sia rimasta lì ad aspettarmi?» sbuffò contrariato dai suoi stessi pensieri parlando a ruota libera «Potrei aver affascinato quella ragazza strana che continua a chiedere di me ad Ivan ogni weekend ma non Julia, lei non è il tipo di persona che accetta di essere usata rimanendo a disposizione per anni. Sono io il problema, io che per una stupida battutina detta scherzando sono cascato in pieno in qualcosa che non mi appartiene!»

Boris non lo interruppe, a labbra serrate aspettava solo il continuo di quello sfogo che in verità non si era nemmeno aspettato di riuscire realmente a ottenere.

«Ho provato in tutti i modi a convincermi fosse la decisione giusta dimenticarla, mi sono autoconvinto di esserci usati a vicenda anche se so benissimo di averle fatto del male, il tutto per eliminare dalla mia testa ogni singolo suo ricordo» il rosso si morse invano le labbra nel tentativo di arginare quell’inusuale piena di parole, la voce piegata in una nota afflitta che rare volete aveva lasciato trasparire «Ho cancellato tutto dalla mia mente, o almeno così credevo finché non l’ho incontrata stamattina… D’altronde come potevo pensare di raggiungere lo scopo senza aver trovato il coraggio di bruciare un misero pezzo di stoffa? Sono uno stupido illuso»

«Sei uno stupido innamorato» fu la schietta e laconica constatazione.

La risposta piccata del rosso fu prontamente bloccata dalla mano di Boris volata a tappargli la bocca, nel mugugno soffocato la ginocchiata di rimostranza per poco non centrò il bersaglio innescando una lotta corpo a copro che finì per scompigliare ulteriormente quanto poco era rimasto dello stato ordinato del letto. Boris roteò gli occhi esasperato per quell’eccessiva reazione, non era il tipo da girarci intorno ed erano affaracci del suo amico se non voleva fare i conti con le scomode verità, il suo compito era solo fargliele notare. Per ovvie necessità dell’organismo, a causa della mancanza d’ossigeno Yuri fu il primo a rallentare finendo incastrato nel punto di partenza con Boris seduto sullo sterno, le dita allargate quel tanto per farlo respirare.

«Ah che schifo, sono tutto sudato adesso. Questa è l’ultima volta che provo a farti capire qualcosa in estate, ricordami di riprovarci al di sotto dei dieci gradi» ammise disgustato scrollandosi la camicia attaccatasi addosso, abbassando poi lo sguardo sull’occhiata furibonda che sostenne senza problemi «Sei tu che non mi fai parlare liberamente, non lamentarti se dobbiamo ricorrere a questi metodi estremi. Onestamente, sono la persona meno indicata per fare simili discorsi e penso che al mio posto sarebbe stata più adatta Nataliya ma questo passa l’ex monastero, accontentati. Non ho la benché minima idea di cosa sia l’amore o come tu debba comportarti, sono cose che nessuno ci ha correttamente insegnato, ma sono sicuro quando dico che sei uno stupido innamorato. Hai guardato Julia nello stesso identico modo in cui Sergej si imbambola con Nataliya…e sto facendo uno sforzo anche io a parlarne quindi smettila di mordermi!»

I canini smisero di perforare la pelle al rimprovero infastidito per lasciar udire parzialmente il suono ovattato ostruito dalla mano, un augurio simile all’invito di andare a quel paese senza mai fare ritorno.

«Bravo piccolo Woffy…AHIA! Cosa tiri pugni allo stomaco dopo tutto quello che ho mangiato?!» proruppe indolenzito Boris bloccando almeno il braccio incriminato sul cuscino, maledicendosi per non aver pensato di farlo prima «Non so girarci intorno quindi sarò diretto, sono serio quando ti chiedo di non commettere gli stessi errori di dieci anni fa. Sei Yuri Ivanov no? Quando mai ti sei arreso per qualcosa? Ho visto il modo in cui hai guardato Julia durante il suo spettacolo, ho visto i tuoi occhi e i tuoi gesti mentre ballavate insieme, ho visto come ridevi abbracciato a lei… e fattelo dire, sei stato un emerito cretino a credere che allontanarla fosse la scelta più giusta. Evidentemente non ti sei mai visto allo specchio d’allora e tanto meno lo hai fatto nelle ultime ventiquattro ore per accorgerti della luce che ti si è accesa negli occhi da quando l’hai rivista, una scintilla che mi ha ricordato cosa mancasse al mio fastidioso fratello: la vera felicità. Cavolo! Dopo nemmeno una giornata insieme hai perfino fatto lo spiritoso bussando a una porta inesistente!»

Yuri fu libero di muovere gli arti superiori e di respirare normalmente ma sembrò non rendersene conto appieno, troppo sconcertato per la preoccupazione e per la finale irritazione lasciata trasparire dal suo amico nel suo chilometrico discorso. C’era qualcosa di enormemente in sbagliato in tutta quella situazione e in cima sicuramente si trovava quell’insolita parlantina, quanto doveva essere stato cieco ed egoista per spingere Boris a esplodere in quel modo?

La fonte di quei pensieri soffiò seccato non distogliendo lo sguardo dagli occhi azzurri spiazzati che iniziava a dubitare lo stessero realmente fissando.

«Yu ti conosco più di quanto tu sia disposto ad ammettere e credo di aver capito il perché tu ti sia allontanato da Julia» proseguì ammorbidendo il tono di voce senza eliminare totalmente la sottile irritazione «Ma, per quanto ti capisca mi viene voglia di prendere la tua testa e sbatterla contro il muro per vedere se non sia soltanto vuota, perché non è assecondando le tue paure che sarai in pace con te stesso. Sei stato tu a dire a Sergej di lasciarsi andare con Nataliya, per una volta smetti di predicare bene e razzolare male, ascolta i tuoi stessi consigli senza comportar-»

«Senza comportarmi da codardo, lo so»

Yuri terminò la frase senza batter ciglio, almeno quel punto nella sua testa era ormai abbastanza chiaro dopo averci rimuginato dalla notte precedente.

«Oh, meno male che te lo sei detto da solo così non tenterai di uccidermi»

«Boris, te lo hanno mai detto che sei una fastidiosa spina nel fianco?» domandò apatico il rosso colpendo la spalla dell’altro ancora comodamente intento a schiacciarlo.

«Sì, me lo ripeti continuamente» il sorriso insolente venne sfoggiato con una discreta dose d’orgoglio.

«Non ti sopporto»

«L’insofferenza è reciproca»

«Pensavo aveste rimontato almeno la porta»

I due sussultarono per la sorpresa alla terza voce sopraggiunta, ponendo fine alla loro bislacca dimostrazione d’affetto

Kei fermo sulla soglia fissava con occhi vacui il vano vuoto dell’ingresso, due ametiste sempre più grandi man mano che si addentrava all’interno e recepiva l’ammontare di danni dell’intera camera da letto. Evidentemente la sua ansia del mattino non gli aveva dato il giusto spazio per analizzare quanto fosse successo, al di là del vetraio e del lavoro extra di pulizia per gli inservienti, aveva idea che i graffi lasciati dagli artigli degli uccellini non sarebbero andati via facilmente dal legno.

Avevano deciso di adottare i volatili per addestrarli e sostituire il loro postino distratto?

«Cosa fai qui?»

La domanda di Boris cadde nel nulla cosmico. Il novello sposo contò mentalmente fino a dieci per non aggredire i suoi ospiti, lasciando momentaneamente perdere la questione “danni in casa Hiwatari” per il forte mal di testa. L’indomani avrebbe lasciato loro il foglio con la somma del risarcimento.

Presa la porta accantonata in un angolo l’adagiò davanti l’entrata giusto per dare la parvenza fosse chiusa, dirigendosi spedito verso il centro della stanza senza pronunciarsi in alcun modo. Aveva quasi aggirato il letto quando l’immagine catturata di sfuggita lo portò ad arretrare su suoi passi per osservare attentamente la stramba posizione dei due.

Cosa ci faceva Boris cavalcioni su Yuri?

«Me lo chiedo da anni» domandò titubante ignorando la sottile vocina razionale della sua testa che lo invitava a restare nell’ignoranza «Avete una relazione intima?»

I chiamati in causa lo fissarono in silenzio sbattendo gli occhi perplessi per qualche secondo e se Yuri inizialmente sembrò intenzionato a parlare saggiamente per chiarire l’equivoco, l’altro non fu dello stesso avviso.

«OH SI!» Boris urlò all’improvviso gettandosi addosso al suo ex capitano «Non ti sei mai accorto delle nostre notti passionali durante il mondiale?»

Kei rievocò a disagio il frammento di una delle tappe in cui per l’errata prenotazione da parte di Daitenji si erano ritrovati con due letti in meno nella stanza, per dormire avevano dovuto unire quelli a disposizione creandone uno gigante. Sperò vivamente che non avessero fatto nulla, nel prossimo futuro voleva dormire sonni tranquilli.

«Hiwatari, la nostra passione è così prorompente che quando il desiderio ci assale proprio non riusciamo a contenerci e tu ci hai interrotto proprio sul più bello»

Il moscovita sorrise malizioso passandosi la lingua sulle labbra trattenendosi dal ridere, sorprendentemente retto nel gioco da Yuri che anziché gettarlo di sotto come aveva supposto si era invece sollevato con lui osservando provocatorio la vittima designata.

«L’hai sentito Boriushka, la nostra è un’attrazione fatele, basta guardare come è ridotta questa stanza per capirlo» gli occhi cerulei scintillarono pericolosamente al sussurro sensuale ma la lingua protratta per sfiorare l’orecchio di Boris non resse il confronto con il colore defluito dal volto di Kei.

Yuri abbandonò la sua serietà sbattendo divertito la testa sulla spalla dell’altro russo che non credeva di poter veramente rendere credibile una simile beffa.

«Hiwatari rirendi colore, stiamo scherzando»

«Vi siete rincretiniti nel corso degli anni» commentò inacidito eludendo il letto e gettandosi a peso morto sul lato rimasto libero, aggiungendo in un soffio sofferente per le tempie pulsanti «Almeno sono sicuro di non star interrompendo nulla»

Boris tornò civilmente disteso sulla schiena, lo sguardo alternato dalla sua destra alla sua sinistra ascoltando solo il brusio esterno della festa.

Finiva con un uno e ne arrivava un altro, lo avevano preso per lo psicologo del giorno?

 

 

«Quindi non sei geloso?»

«No»

«Oh, certo»

Nataliya annui energicamente continuando a sghignazzare, suo marito seguitava a negare ma stranamente dopo le numerose scuse accampate era lì a ballare con lei. Superato il negligente atto di lasciare una povera donna svenuta sul pavimento e considerata la cattiva fama accumulata sulle loro teste dai membri del loro gruppo, per eludere un qualsivoglia coinvolgimento nel caos del soggiorno erano tornati a godersi la festa come se nulla fosse successo.

Perlomeno quello era il pensiero della donna, Sergej avrebbe preferito sedersi alla sua tavola senza destreggiarsi in alcuna movenza ma l’inglese aveva cacciato un coraggio inaspettato chiedendo a Nataliya di ballare. Consapevole che la moglie avrebbe accettato solo per fargli un dispetto aveva interrotto la proposta d’invito tossicchiando alle spalle di Andrew.

L’ultima canzone adatta ad un ballo di coppia terminò dando inizio a melodie più movimentante, con gli sposi che avevano abbandonato la festa Ming Ming trovava inutile continuare la sua performance e ne aveva approfittato per fare una pausa lasciando piena libertà al suo dj nell’assecondare le richieste degli ospiti.

Sergej propose a Nataliya di tornare a sedersi, non mancando di linciare con un’occhiataccia il pretendente della sua donna quando gli passò accanto. La russa ridacchiò fra sé abbassandosi ad aggiustare i capelli della sua bambina una volta avvicinatasi a Ivan intento a chiacchierare con Max e Ralph.

Sergej si riempì il calice affogando nel vino il suo nervosismo, contemplando i posti vuoti attorno a lui.

«Dov’è finito Yuri?»

I due bambini si scambiarono un’occhiatina complice prima di alludere a qualcosa che venne solamente sussurrato, scoppiando a ridere e correndo via a giocare ignorando le domande del padre e la conseguente scrollata incapiente della madre.

«Hilary lo ha praticamente supplicato di star dietro a Boris quando lo hai allontanato» rispose annoiato Ivan interrompendo le sue chiacchiere, lanciando sguardi circospetti qua e là alla ricerca dei coniugi Tachibana non trovandone ancora nessuna traccia.

Sergej non seppe se esserne contento o meno, Boris non avrebbe combinato casini ma Yuri dopo lo scherzetto della spinta addosso alla madrilena poteva pure pensare di ucciderlo indisturbato.

«Rick come on, join us!» il biondino si sbracciò dalla sua posizione attirando l’americano e lo spagnolo ancora con lui.

«Max, non ho ancora capito di cosa ti fai per essere sempre così allegro»

«Siamo a un matrimonio Rick, bisogna divertirsi!»

«Vallo a dire alla suocera di Hiwatari…» rispose l’altro americano con una smorfia tirando via la sedia e accasciandosi fiaccamente «Hilary è corsa come una furia dentro la casa per l’ennesimo danno, a quanto pare la mamma ha sorpreso due uomini in atteggiamenti piuttosto spinti e focosi nel soggiorno»

Ivan giocherellò con le posate fingendo di non ascoltare mentre Sergej si concentrò sul cellulare.

Nataliya calciò sotto al tavolo la gamba del più piccolo alla ricerca di spiegazioni, nel suo precedente racconto non era stata menzionata nessuna situazione incresciosa.

Data la compagnia il russo optò per risponderle disegnando i caratteri cirillici sulla tovaglia, in apparenti e casuali movimenti col cucchiaio.

“Non sono gay, è la donna che inventa cose”

«Siamo arrivati a questi livelli? Non posso crederci» sospirò annichilito il tedesco ricevendo un cenno d’assenso dal gruppetto, alcuni più coinvolti di altri.

«Con tutte le stanze a disposizione»

«Rick, this is not a good suggestion»

«Mi chiedo chi sia tanto irresponsabile da fare questo al matrimonio di Kei» aggiunse pensieroso Raul prestando poca attenzione al sudore che imperlava la fronte di un certo russo.

«Ora che ci penso, Ivan non c’eri tu con Takao, Daichi e i cinesi nel soggiorno?»

«No. Li ho abbandonati lì poco dopo che sei andato via!»

Ralph non sembrò far caso al tono frenetico della risposta.

Ivan aveva totalmente dimenticato che se il suo nome fosse uscito non se la sarebbe di certo passata bene, fraintendimento o meno aveva consumato sbadatamente più alcolici del previsto senza il permesso del proprietario.

«CHE LA FESTA ABBIA INIZIO!»

All’urlo seguito dal rullo di tamburi tutti si voltarono sconcertati verso il centro della pista dove Takao ormai privo di ogni freno inibitore e della giacca aveva afferrato sottobraccio uno stranamente euforico Manabu dando il via a un girotondo saltellante totalmente scoordinato. Nessuna delle note della canzone venne centrata dal canto a squarciagola dei due che sovrastarono la voce registrata del cantante incuranti di essere al centro dell’attenzione.

«Cosa accidenti è preso a quei due?!» domandò faticosamente Rick ai ragazzi accanto a lui ottenendo una reazione peculiare solo dal tedesco che aveva improvvisamente guardato accusatorio Ivan a sua volta abbassatosi di scatto sotto il tavolo con la scusa di raccogliere le posate che tutti gli avevano visto buttare a terra.

«Oh santo cielo!»

Hilary schizzò accanto a loro urlando ripetutamente come una litania quella frase in un crescendo di disperazione, le mani portate nei capelli con il rischio di smontare definitivamente l’intricato groviglio raccolto sulla testa. Diretta imperterrita verso il tavolo della Bega dove i posti degli spagnoli erano momentaneamente occupati dai suoi testimoni, quasi travolse il presidente Daitenji nella sua corsa sbiascicando frettolose scuse.

Il vecchietto arzillo rimessosi in piedi stabilmente indicò sorridente con il bastone la pista da ballo completamente vuota ad eccezione dei due scalmanati, senza scomporsi minimante per quella baraonda.

«Hitoshi, dovresti prendere un po’ della spensieratezza di tuo fratello»

L’interpellato si coprì il volto con la mano al limite dell’imbarazzo, gli uomini e le donne d’affari dell’azienda non erano ragazzi abituati alle scemenze di Takao tanto da non prestarci attenzione, lo stavano giudicando silenziosamente. Avrebbe tanto voluto restare anonimo senza dover divulgare il suo grado di parentela ma Daitenji mezzo sordo per il frastuono aveva alzato il tono più del dovuto.

Hilary giunta trafelata al tavolo non riuscì a porre la domanda sperata.

Scombussolata dall’ennesime lamentele della madre sull’indecenza dei suoi amici – a tal proposito, avrebbe strangolato Ivan e Daichi alla prima occasione – il fondo che pensava di aver toccato venne superato dal nuovo colpo di genio di Takao. Il suo migliore amico stanco del girotondo aveva cessato le deliranti piroette decidendo di guidare il professor Kappa in movenze non del tutto adeguate ad un ballo da matrimonio.

Hilary appurò con certezza la cattiva influenza esercitata da Amsterdam sulla stabilità già precaria del nipponico, perseverando la sua osservazione scioccata sull’allegro Brooklyn che era l’unico ad apprezzare la danza con tanto di battimani.

Garland le fece segno di ignorare il ragazzo dai capelli arancioni imbarazzandosi al posto dell’amico, quell’innocenza infantile era eccessivamente disarmante alle volte tanto da diventare uno scomodo problema. Era certo che il fanatico della natura non notasse alcuna stranezza in quella situazione.

«Hilary, dovresti averci ormai fatto l’abitudine con Takao»

La ragazza si riscosse dal suo avvilimento interiore al commento di Mystel, riacquistando parte del suo temperamento impetuoso.

«Appunto! Takao ormai è irrecuperabile, mi preoccupo della dignità del professor Kappa! Ha una posizione di rilievo alla BBA quasi quanto il presidente!» le mani sbattute ferocemente sulla tovaglia fecero segnalare al ragazzo la propria ritirata con un’alzata di braccia «Con quale coraggio dovrebbe tornare a lavoro dopo un tale spettacolo?!»

Mystel preferì non intervenire più riprendendo a fare giochetti illusionistici con le carte alla piccola Lin.

La sposa per nulla soddisfatta – e ancor più inviperita per l’essere stata ignorata nonostante lo avesse praticamente imposto – rivolse l’attenzione ai suoi testimoni nel misero il tentativo di placare la sua agitazione.

«Perché Takao si sta strusciando addosso a Manabu?!»

«Ivan ha invitato quei due e Daichi a bere insieme, a giudicare dal risultato sarà stato qualcosa di fin troppo alcolico» rispose Mao laconicamente indicando il tavolo della sua ex squadra dove proprio tali membri erano accasciati «Gli altri idioti che si son fatti abbindolare sono lì, tranne Lai, lui è a vomitare da qualche parte. Gli unici sani di mente sono stati Olivier e Ralph»

«Perché Kei non ha fermato questo scempio?!» chiese sempre più isterica guardandosi intorno alla ricerca del marito, cosa alquanto difficile date le luci soffuse.

«Tuo marito è sparito dieci minuti fa» si voltò verso Garland alla ricerca di maggior precisazioni, almeno sul dove si fosse cacciato «Probabilmente era venuto a cercarti dato che non accennavi a tornare, mi spiace non so aiutarti ulteriormente»

«PROF, STAI RUOTANDO COME DRAGOON!»

Con la paura nel cuore Hilary seguì la direzione dell’urlo euforico non sapendo più che espressione assumere.

Manabu era stato fatto accomodare su una sedia da ufficio – rubata in qualche angolo della casa – che ora ruotava da una parte all’altra come una trottola spinta da Takao in preda ad un ebete risata. La giapponese prevedeva di lì a poco un risultato simile allo stato di Lai.

 

 

Nella camera al secondo piano la musica esterna passò in sordina.

I tre ragazzi non accennavano a volersi alzare dal letto su cui erano ancora distesi, bypassando automaticamente ogni suono ritenuto superfluo.

Boris annoiato picchiettò il braccio di Yuri nella muta di richiesta di farsi passare la bottiglietta d’acqua situata sul comodino, il ragazzo lo assecondò scuotendo la testa divertito comprendendo appieno le malsane intenzioni senza però fermarle.

Quelle distrazioni lo aiutavano a ragionare meglio su quello che avrebbe dovuto fare con Julia, senza sfociare in risvolti negativi.

Boris svitò la bottiglia ostruendone il buco in modo tale che uscissero solo poche gocce dai piccoli spazi, brandendola sul novello sposo in maniera non dissimile da un sacerdote col turibolo che sparge l’incenso durante le benedizioni.

«Caro figliolo, esterna i tuoi peccati!»

Kei maledicendo in più lingue aprì gli occhi colto alla sprovvista.

La bottiglia fu afferrata e scagliata in terra con malagrazia e l’intero contenuto schizzato inevitabilmente sulla carta da parati rovinò i contorni della decorazione.

«Senti a me, a fine giornata abbatti direttamente la stanza»

Yuri cercò di non mostrare esplicitamente il suo divertimento al commento dell’amico con cui stava attualmente dividendo il cuscino, compativa in parte Kei e il misero desiderio di voler restare lì in santa pace per qualche minuto ma non era colpa sua se il mezzo nipponico aveva dimenticato quanto inesistente fosse la parola “pace” alla presenza di Boris.

«Andiamo Hiwatari, cosa ti turba? Dillo al dottor Boris Kuznetsov, psicologo professionista, laureato in nottata presso l’Università Kuznestov»

Kei aveva scelto quella stanza consapevole che nessuno sarebbe andato a cercarlo dove potesse stare in compagnia, ma negli incontri sporadici annuali non si era accorto di quanto il moscovita fosse diventato loquace e petulante. Quasi lo preferiva nella versione robot assassino dove spiccicava due parole.

Si voltò lentamente verso di lui corrugando la fronte per sottolineare lo scetticismo, ponendo con acidità la successiva domanda.

«Tu, uno psicologo professionista?»

«Sì», Boris prese una breve pausa e alzando gli occhi al cielo continuò onnisciente «Dopo anni ed anni a stretto contatto con “soggetti problematici” si potrebbe dire che io abbia ottenuto oramai la laurea ad honoris causa in "individuazione e recupero soggetti depressi durante le feste"»

Boris si colpì fieramente il petto parando per tempo una gomitata diretta al suo sterno, l’allusione iniziale ovviamente non era andata giù a Yuri.

«Sono disposto ad aiutare anche te e mi sento magnanimo, ti faccio risparmiare i 6940 rubli5 perché è la prima seduta»

«Cosa affligge Ivanov per farlo cadere così in basso tanto da chiederti aiuto?»

«Che centra Yuri? Io non l’ho nominato»

«Lui si è tradito da solo provando a colpirti»

«Mi dispiace ma non posso né negare né asserire codesta costatazione. Violerei il giuramento del segreto professionale»

«Io vi ricordo che sono qui e vi sento» proferì seccato il moscovita ignorando il presunto psicologo con la mano ancora al petto, immedesimato nel ruolo di protettore della privacy che non gli si addiceva per nulla.

Prima dell’arrivo del terzo incomodo, Boris aveva praticamente confessato di spiarlo nell’ombra da tutta una vita.

«Visto che mi senti, come mai così pensieroso?»

«Problemi miei»

Kei abbandonò ogni suo interesse nel recupero di ore di sonno perdute all’udire l’irritazione nella voce di Yuri. Passare troppo tempo con Takao lo aveva rovinato, risentiva fortemente degli effetti collaterali sulla sua vena curiosa che in passato il suo carattere era riuscito a mascherare tenendola a bada ma che in anni recenti si accendeva con troppa facilità prevalendo.

«Problemi di che genere? Personali? Amicizia? Lavoro? Economici?» lo aveva chiesto con fare annoiato, tanto per fare conversazione ma dalla sua angolazione con Boris di mezzo non era in grado di vedere alcuna reazione e tantomeno stava ricevendo risposte soddisfacenti.

Yuri si era rinchiuso nel proprio ostinato silenzio.

Kei sperava vivamente non avessero problemi con i fondi destinati all’ ex monastero, aveva detto loro di chiamarlo senza remore nel caso fosse successo ma era piuttosto consapevole della reticenza di Yuri nel chiedere aiuto. Pensando al russo era certo che Yuri fosse capacissimo di lasciarsi morire anziché abbassarsi a chiamarlo per chiedere soccorso, ma se c’era di mezzo l’orfanotrofio era sicuro che l’orgoglio sarebbe stato messo da parte per tenerlo aggiornato.

Se si rifiutava di dire alcunché doveva essere qualcosa di molto riservato e personale. Violare la sfera privata di Ivanov era più complicato della ricerca di un ago in un pagliaio, con il diretto interessato non avrebbe avuto speranze di cavarne un ragno dal buco nemmeno provandoci per i secoli avvenire.

Accompagnato dal ticchettio della sveglia decise di puntare il tutto per tutto rivolgendo la domanda a Boris.

«Problemi d’amore

Boris imprecò mentalmente per l’esser stato messo in mezzo, in quel momento in tutti i sensi. Indossata la sua miglior faccia da poker era deciso a mandar fuori strada e far smettere Kei con le sue domande, però ebbe giusto il tempo di aprire la bocca senza aggiungere un singolo suono.

Si ritrovò ad annaspare alla ricerca d’aria a causa del dolore acuto allo stomaco dove un cazzotto proveniente dalla sua sinistra era atterrato, in un singulto sommesso e rannicchiato in posizione fetale a fatica si voltò proprio verso Yuri che stava esaminando incredulo la sua mano ancora serrata.

«Yu, sei completamente impazzito?! Tra morsi, gomitate, pugni, mi hai preso per il tuo punchball personale?!» domandò tra l’alterato e il dolorante tenendo le mani premute sulla parte lesa, le palpebre strizzate come reazione involontaria «Alle volte sei un’idiota incredibile, tu e il tuo schifo di poca fiducia nei miei confronti! Dovresti saperlo benissimo che non direi mai i fatti tuoi!»

Nella loro vita si erano picchiati a vicenda tre volte contate di cui l’ultima all’aeroporto qualche giorno prima, gli altri combattimenti comprendevano quei colpi di ammonimento che non volevano far male tranne il pugno appena ricevuto, in quello l’intenzione di colpire c’era stata eccome.

Per la seconda volta quel giorno, Boris avvertì lo scoppio della quarta rissa sempre più imminente.

Yuri riscossosi stentò a credere a quanto appena fatto, non era da lui essere così istintivo ma l’idea di Kei informato della sua questione con Julia lo aveva fatto scattare come una molla portandolo a colpire la persona che l’aveva aiutato.

«Non era mia intenzione, scusami» bisbigliò rammaricato e probabilmente fu proprio l’ammissione repentina dello sbaglio a salvare l’atmosfera precaria.

Kei ignorò il resto della conversazione dei russi intenti a discutere sottovoce piuttosto sorpreso dal controllo di Yuri venuto meno nuovamente nel giro di pochissimi minuti. Non era nell’indole del russo tradirsi in quel modo, l’unica spiegazione possibile era l’aver colto nel segno il problema che lo tediava ma gli risultò difficile gioire appieno della scoperta ripensando al nitido ricordo di quel mattino.

Se in un primo momento aveva sorvolato sulla faccenda, ora il tutto veniva visto sotto una luce decisamente diversa.

Yuri era rimasto chiuso tutta la notte in cucina con la sua aria afflitta, all’alba Hilary era entrata proprio in quella stanza uscendone a mani vuote dopo un bel po’ di tempo restando sola soletta con lui a fare chissà cosa. Se a ciò aggiungeva il russo tediato dalle pene d’amore che non voleva fargli conoscere a tutti costi e Boris che in quel momento continuava a insistere di saper mantenere i segreti, il tutto lo portava ad un’unica conclusione.

Boris smise di parlare al suo amico quando il peso sul materasso alle sue spalle venne meno, voltatosi sulla schiena trovò Kei messosi seduto con le mani strette a pugno sui pantaloni eleganti.

Kei con lentezza esasperante si era girato a fissare Yuri con un’espressione inferocita simile ad un toro pronto a scaraventarsi contro un drappo rosso, lo spaventoso ringhio sommesso era reso quasi blando dagli occhi ridotti a due fessure colmi d’istinto omicida.

«Ivanov. Cosa hai fatto stamattina per venticinque minuti e trenta secondi da solo con Hilary in cucina?»

«Hiwatari cosa stai blaterando?»

«Eh?» si lasciò sfuggire Boris strofinandosi stranito l’orecchio per assicurarsi di aver sentito bene.

Si voltò verso Yuri immerso nella sua completa maschera impassibile constatando simultaneamente l’espressione contraria di Kei che dava l’idea di una bomba ad orologeria con il conto alla rovescia innescato, lui non si sentiva perfettamente sicuro al centro della contesa.

Tornò a rivolgersi a sinistra dove l’unico segno di vita erano gli occhi azzurri leggermente contratti, esaminando poi la sua destra dove i denti serrati sguainati apparvero più pericolosi nella visione dal basso.

Boris fermandosi nel mezzo iniziò seriamente a preoccuparsi di quel silenzio, da una parte aveva un’espressione sempre più indecifrabile mentre dall’altra una pazienza oltre il normale limite. Cessò il suo movimento alterno, una mano gradualmente spostata sulla faccia mentre rifletteva su cosa avesse mai fatto di male nella via per ritrovarsi in quelle situazioni stravaganti, perché per lui non c’era nulla di normale in una lotta silenziosa ad un matrimonio fra l’innamorato incompreso preda di tortuose turbe amorose e il maritino geloso che prendeva fischi per fiaschi.

Hiwatari, non hai capito un cazzo.

Fu con quell’ultimo pensiero nella testa che non riuscì più a trattenersi scoppiando a ridere a crepapelle.

Yuri non abbandonò la sua maschera di ghiaccio nemmeno all’improvvisa partenza per la tangente dell’amico accanto a lui, Boris in preda alle convulsioni aveva persino iniziato a rotolare tra i suoi sospiri strozzati mentre asciugava maldestramente le lacrime.

Il moscovita invidiò quell’indole umoristica, lui contrariamente era impegnato a chiedersi che razza di film mentali potesse arrivare a farsi Hiwatari.

Boris gesticolò alla ricerca di ossigeno sopraffatto dai crampi alla pancia, non ricordando di aver mai riso così tanto in vita sua, goffamente si sedette tra le belle statuine, mantenendo il ventre nel vano tentativo di riacquistare la sua serietà.

Yuri con movimenti lenti fece leva sulla mano per mettersi seduto, il gioco di sguardi era stato interrotto dalla stazza poco invisibile di Boris e per quanto i rapporti con Hiwatari fossero burrascosi non voleva dicerto vedere il matrimonio mandato all’aria per un malinteso.

Senza troppi complimenti, con una leggera e decisa spinta rispedì Boris nuovamente disteso che incurante restò disperso nel suo personale giubilo.

Perché doveva avere sempre ragione? In vacanza non doveva andarci.

Inarcò un sopracciglio facendolo scattare al pari di un tic nervoso, parlando in quel tono apatico e distaccato che non usava da un bel po’ di tempo.

«Non voglio conoscere l’idea che la tua mente ha elaborato, ma io e tua moglie abbiamo cercato una confezione nuova di valeriana» una leggera pausa, azzurro contro ametista in una lotta inesistente «La stessa che ti ho offerto e da cui spero tu abbia tratto beneficio. Dovresti esserne felice, sembrava essersi totalmente finita»

Valeriana? Yuri ma fai sul serio?

Boris fu solo in grado di formulare mentalmente la frase incapace di proferir parola, perché l’idea di suo fratello assuefatto dalle tisane aveva solo aumentato il gas esilarante che ormai gli circolava nella testa.

«Ivanov inventa una scusa più credibile»

«Non è una bugia, puoi chiedere ad Hilary»

«Nella dispensa c’era valeriana per un esercito, vorresti dirmi che te la sei finita tutta?»

«Non riuscivo a prendere sonno. Problemi?»

Kei smise di controbattere scrutandolo attentamente, la follia che gli aveva annebbiato il cervello si era leggermene attenuata. Yuri era decisamente il tipo di persona capace di mentire spudoratamente in faccia ma pensare che potesse rubargli la donna la mattina del matrimonio…Doveva essere impazzito, e non era sposato nemmeno da ventiquattro ore.

La mancanza di sonno, ecco qual era la causa.

«Quindi non ti interessa mia moglie?»

«No»

Yuri si contorse internamente, sapeva quale sarebbe stata la prossima domanda: chi ti interessa?

«Tecnicamente, stando a quanto detto da Sergej non siete ancora sposati ufficialmente» Boris tossicchiò riprendendo faticosamente il controllo «Lo sarete domani quando firmerete il certificato, quindi Hilary è ancora una donna libera!»

«Tu pensi mai prima di parlare?» chiese aspramente Kei spostando la sua attenzione sul ragazzo in basso.

Boris sorrise sornione, certo che ci pensava, il suo compito era aiutare il migliore amico in ogni occasione e nessun’altra alternativa poteva battere il classico “cambio discorso” per salvare qualcuno.

Hiwatari, ci sei cascato come un allocco.

«ONE,TWO…ONE, TWO, THREE, FOUR!»

I tre rimasero impietriti nelle loro posizioni, non tanto all’enunciazione del conteggio urlata quanto più a cosa fu aggiunto negli attimi seguenti.

«Quello che abbiamo sentito…» cominciò Yuri inebetito, due occhi sbarrati verso le ante del balcone da cui filtravano luci colorate.

«…era il verso di una gallina? Sì» terminò Boris per lui nella medesima espressione.

Contemporaneamente tutti e tre si alzarono precipitandosi verso il balcone della camera che affacciava perfettamente sulla zona della festa, primo fra tutti Kei che lo aprì con foga trovandosi in mano la maniglia scagliata quasi con violenza in un angolo della stanza.

Il paio di passi sulle piastrelle esterne della balconata bastò a lasciarlo senza parole dinanzi all’assordante musica da discoteca alzata oltre i limiti della sensibilità acustica e caratterizzata dal verso di una gallina starnazzante.

Pensò di star sognando, ma lo sconcerto di Yuri e Boris era fin troppo reale.

 

[Vi prego non giudicatemi per questo, ancora mi pento di cosa ho creato ma per rendervi partecipi del delirio, vi linko la canzoncina ascoltata da loro in sottofondo >.> = Link]

 

«Voglio morire»

Gianni posizionò una sedia dietro Hilary giusto in tempo per non farla cadere a terra, attirati dal frastuono erano accorsi quasi tutti attorno al tavolo dove si era fermata la sposa provando sentimenti contrastanti che andavano dalla pietà alla paura, dall’ilarità alla disperazione.

Julia sfilato il tovagliolo dal suo tavolo aveva iniziato a sventolarlo freneticamente sul volto della povera ragazza riconoscendone una certa somiglianza con la madre.

«Tesoro ti senti bene?!» chiese preoccupata Nataliya accucciatasi accanto a Hilary.

La russa tastò il polso riscontrando dei battiti troppo frenetici per qualcuno colpito da giramenti di testa e in mancanza di un misuratore per la pressione dovette affidarsi al suo istinto ordinando agli astanti di fare spazio lì attorno e a Mathilda di recuperare un bicchiere di acqua e zucchero.

Mariam incapace di muoversi si limitò a lanciare un solo sguardo rammaricato alla sposa, il volto semi coperto per evitare di guardare le stramberie a pochi passi da lei dove Takao aveva superato ogni sua precedente figuraccia. Il nipponico con le mani sotto le ascelle ondeggiava le braccia simulando lo sbatter d’ali di una gallina, girando in tondo con le gambe dimenate nell’aria a mo’ di zampette.

Il peggio era l’aver raccolto compagnia.

«Mon Dieu»

«GAO! KIKI! VI STATE RENDENDO RIDICOLI!» l’urlo di Mao passò inascoltato dal duo intento a comporre un cerchio più esterno attorno al giapponese e al professor Kappa incapace di intendere e di volere ancora lì in mezzo.

«Rick fa qualcosa!»

«Emily, cosa diavolo vuoi che faccia?!»

«Fermali con la forza, tiragli una botta in testa!...Insomma, qualcosa!»

L’americano si grattò la testa sconfitto.

Maledicendo lui e il suo desiderio di assecondare la ragazza, prese la rincorsa muovendosi velocemente dietro Takao per afferrarlo proprio come si farebbe con una gallina correndo dietro di lui. Si slanciò in avanti per bloccarlo in contropiede senza ottenere il successo sperato, il giapponese sgusciò via ricordandogli molto lo strampalato uccellaccio del cartone animato che mandavano in onda nel suo continente e non solo, lui era il coyote disadattato destinato a schiantarsi perennemente.

L’unica differenza lì era l’assenza di montagne sostituite dai tavoli, precisamente quello degli Scudi Sacri contro cui finì di volata.

Emily corse da lui seguita da Eddy mentre Max volle provare a placare la fonte dello scempio situata alla console del dj dove il componente della band era stato allontanato da Daichi e Lai.

«Giuro che stanotte lo lascio! Ma che razza di figure!» sbraitò la cantante rannicchiata per la vergona sul prato accanto a Garland che le elargiva pacche consolatorie sulla testa mormorandole rassicurazioni.

«Ricordami di non invitarli al nostro matrimonio» sussurrò impaurito Michelle accanto a Mathilda tornata con il bicchiere d’acqua per la sposa.

«Sentite, potete dire quello che volete ma… è esilarante!»

Micheal contrariamente al resto delle persone vicine scoppiò a ridere seguito ben presto anche da altri blader trascinati dalla risata contagiosa.

Hilary privata di qualunque forza dalla crescente depressione non trovò la forza nemmeno per insultare l’americano, limitandosi ad assecondare il poco celato ordine di Nataliya di bere acqua e zucchero.

Pensò persino di aver ingerito delle droghe che causassero allucinazioni quando udì il suo nome tra uno starnazzo e l’altro.

 

 

«E meno male che ero io quello di cui si preoccupavano!»

Boris alzò le spalle indifferente al rimprovero silenzioso di Yuri, la sua frecciatina sarcastica era stata totalmente ignorata dal destinatario alla sua destra altresì concentrato ad osservare con difficolta il paesaggio sottostante, accecato continuamente dai faretti colorati in movimento e le luci psichedeliche. Fu facile riconoscere le quattro persone intente a ballare ma nettamente più difficile cercare di identificare i diversi invitati in quel concitato andirivieni ostruito dalle tende di alcuni gazebi ancora coperti.

Kei strizzò gli occhi per il bruciore distinguendo a malapena i contorni delle figure ogni qual volta veniva colpito dalla forte luce, stentando a tener buoni i suoi istinti omicidi tra i due ragazzi che non erano più suoi amici ma comari di paese.

«Almeno Rick ci prova a fermarli» fu la distaccata considerazione di Yuri nell’estrema destra del balcone.

«Ouch, quello fa male» aggiunse in una smorfia Boris allo schianto dell’americano.

«Volete due popcorn già che ci siete?!»

«Io li accetterei volentieri»

Kei calciò frustrato la ringhiera deviando verso il metallo all’ultimo secondo, colpire Boris non era saggio nemmeno se lo mandava in escandescenza con quelle ridicole risposte. Infatti, a completare il caotico quadro del giardino ci pensò proprio il russo con le inutili disquisizioni su quale fosse il miglior snack in circolazione.

«Kuznestov non me ne frega un cazzo se sono meglio le patatine al formaggio o quelle al pomodoro, chiaro?!»

«Rilassati, volevo solo sdrammatizzare, dov’è il tuo autocontrollo?»

«Si è suicidato a inizio giornata grazie a te»

«Oh, ma allora è un vizio darmi la colpa»

Yuri stufo delle liti infantili afferrò alle spalle il colletto della giacca di Kei allontanandolo dal russo a cui intimò di far silenzio con il solo sguardo, lo sposo seccato dall’essere trattato come un sacco di patate evitò di attaccare una nuova discussione solo al pensiero del giardino completamente sfasciato.

Sporgendosi oltre il balconcino riuscì finalmente a individuare sua moglie in mezzo a un folto gruppo di persone, la chiamò a gran voce per attirare la sua attenzione più volte venendo coperto dal frastuono.

«HILARY!» al quarto tentativo riuscì smuoverla e al quinto a farle alzare lo sguardo.

«KEI!» la donna ricambiò l’urlo alzandosi di scatto spostandosi da sotto l’intelaiatura d’acciaio che impediva la visuale, pochi passi per trovarsi ad osservare liberamente il balconcino seguita da una discreta processione d’accompagnamento.

«I moderni Romeo e Giulietta»

«Boris fa silenzio!» sibilò minacciosamente Kei colpendo col dito il petto del russo ad ogni singola parola.

«La tragedia di Shakespeare vedeva Romeo in basso e Giulietta in alto»

«Yu non star sempre a puntualizzare, goditi la battuta»

«Kei cosa ci fai lì sopra?!» domandò Hilary per attirare nuovamente l’attenzione del suo uomo visibilmente fuori dalle staffe.

«Perché ti sta chiedendo se hai una scopa?» Boris si grattò la nuca con espressione confusa.

«Ma quale scopa, mi ha chiesto cosa faccio qui sopra!» irritato oltremisura per l’espressione rimasta confusa, Kei sbatté le mani sulla ringhiera riprendendo a urlare verso il basso «Hilary questo ora non ha importanza, mi dici che diavolo sta succedendo lì sotto?!»

«Si sono ubriacati e c’è chi ha perso completamente il controllo!»

«Kei ha perso il completo del nonno?... Di Hito?» il chiamato in causa si premette le dita sulle tempie lasciando che fosse l’altro russo a dar corda a quelle stupidaggini, con l’unico difetto di trovarsi in mezzo e non poterli completamente ignorare «Il vecchiaccio è rimasto senza vestito? Non ha senso»

«Boris dimmi che non sei serio»

«Yu sei tu quello con l’udito anormale, noi comuni mortali abbiamo dei limiti in questo chiasso»

«Se prestassi attenzione capiresti anche tu»

«Lupacchiotto non ho le tue orecchie…perché ora parlano dello smarrimento di una corona?» il discorso cambiò rotta agli stralici di parole recepiti nelle frasi sovrapposte, l’ultima nota dubbiosa sostituita dalle braccia oscillate in avanti dopo aver scostato Kei dalla balconata «No Hilary, devi stare tranquilla! Il tuo principe è tale anche senza la corona!»

«Di quali corna stai parlando Boris?!» la brunetta ad occhi sbarrati era prossima al completo esaurimento.

Yuri si schiaffò una mano sulla fronte ammirando e detestando al contempo quella innata abilità di travisare tutto, arretrò di un passo agguantando il braccio dell’amico e spostandolo indietro con lui per salvarlo da morte quasi certa.

«Boris per favore non dire altro, la situazione è già un disastro così com’è» dichiarò esasperato in un soffio, tendendosi poi verso le spalle di Kei per parlare al suo orecchio «Credo che dovresti far smettere prima Daichi e Lai per sperare di trovare una soluzione»

«Geniale Yuri, credi non lo sapessi?!»

 

 

«Ma cosa stanno confabulando quei tre?!»

Lo sbuffo infastidito di Mariam venne accompagnato dal piede battuto ritmicamente per la frustrazione, le stava venendo il torcicollo in quella posizione oltre ad un crescente mal di testa per il martellare delle casse che nessuno sembrava saper interrompere. Accanto a lei il sorriso tremolante di Sergej le suggerì che non se la stava passando meglio, i due bambini fra le braccia continuavano a far domande nella loro lingua natia ed anche se incomprensibili, non dovevano essere proprio belle.

«Papà, gli zii stanno facendo un nuovo gioco? Possiamo farlo anche noi tornati a casa?»

«Sì, usiamo la terrazza dell’orfanotrofio! Io voglio essere la principessa!»

«Io ti vengo a salvare e troviamo qualcuno che vuole essere un pollo gigante da dover sconfiggere!»

«No bambini, questo non potete farlo…no Anja, nemmeno lo strampalato balletto»

Sergej sentiva il terrore scorrergli nelle vene al pensiero di mettere in scena una situazione simile nella struttura piena di bambini scalmanati, sarebbe stato quasi impossibile placarli e in seguito avrebbe dovuto trovare un rifugio molto sicuro lontano dal suo amico dai capelli rossi. Decisamente c’erano troppi svantaggi, in primo luogo non avrebbe mai permesso ai suoi figli di ridicolizzarsi in quel modo e su quello non avrebbe di certo cambiato idea nonostante la bambina avesse messo il broncio nel vano tentativo di convincerlo. Sarebbe stato irremovibile su quel punto, ed era sicuro di non essere il solo.

«Perché il tuo maritino non scende a darci una mano?» il braccio di Andrew picchiettò la spalla della donna in attesa di risposta.

Hilary non rispose, avrebbe voluto porre la stessa domanda all’uomo ma la gola le bruciava a furia di urlare a quella distanza e suo malgrado era impegnata a fulminare con gli occhi il russo più piccolo senza riuscire minimamente a scombussolarlo, il ragazzo era troppo impegnato a discutere con Nataliya ma non seppe dire su cosa esattamente.

Il suo unico pensiero era il desiderio di sfogare la furia crescente.

«MUEVE TU CULITO HIWATARI! VIENI A FERMARE TAKAO E QUEST’ORDA DI PAZZI!»

Hilary dovette coprirsi le orecchie all’urlo della spagnola ad un centimetro da lei.

 

 

Boris fischiò esaltato.

Julia stava sbraitando ben oltre l’essere incavolati, enfatizzando l’ordine col battito dei piedi e un dito imperioso rivolto verso il basso mostrando che il coraggio di emanare ordini a Kei non le mancava di certo, tanto la sete di sangue del protettore della fenice l’aveva già attirata. L’uomo rimase interdetto a osservarla e Boris nel frangente frastornato pensò seriamente che il neo sposino l’avrebbe uccisa in nottata, si ritrovò anche a sperare che fosse in buona compagnia quando quel momento sarebbe giunto. Lui non poteva permettere la morte di quella donna.

«Atteggiamento dispotico, inclinazione a urlare al limite della pazienza, mani sui fianchi per esaltare i suoi sproloqui…siete la coppia perfetta!» commentò gongolante stando ben attento a farsi sentire solo da Yuri che lo incenerì tirandolo a sé per la cravatta, ricordandogli in un grugnito minaccioso di trovarsi su un balcone con diversi metri al di sotto.

«Anziché urlare come una befana potevi provare a fermarli anche tu!»

Il grido infastidito di Kei giunse finalmente in risposta portando la madrilena a gonfiare le guance indispettita, Mao le fu immediatamente accanto insieme a Raul per impedirle di usare il tubo di scolo come sostegno per scalare l’edificio e arrivare al balcone.

«Julia calmati per l’amor del cielo!» a nulla valsero i tentativi della cinese di calmarla.

Kei sbuffò rumorosamente pensando seriamente ad un attentato verso la camera della madrilena, supponeva fosse l’aura negativa della donna ad attirare disgrazie su di lui dato che sua moglie aveva smesso di rispondere alle domande per quietare proprio l’animo della vipera, come se non fossero sufficienti a fargli saltare i nervi i due alle spalle. Yuri e Boris avevano colto l’attimo per aizzarsi contro una qualunque ascia di guerra dall’ordine della pazza, iniziando a litigare per qualche motivo recondito a lui sconosciuto e riuscire a cogliere il nesso della discussione sussurrata era più che impossibile.

«Boris, impara a tenere la bocca chiusa. Chiaro?»

«Ho solo detto la verità, siete più simili di quanto credi»

«E questo secondo te ti dà il diritto di sbandierarlo ai quattro venti?»

«Rilassati Yu, non mi ha sentito nessuno a parte te!»

«Se continui a parlare così a sproposito qualcuno lo farà!» strattonò la cravatta stringendola sulla gola di Boris che riuscì miracolosamente a salvarsi per l’ira direzionata improvvisamente altrove, uno sguardo arcigno rivolto interamente a Kei «A chi ha dato della befana quest’altro?»

«Indovina un po’?» fu la contro domanda provocatoria ghignante in attesa di reazione.

 

 

«Cobarde! Ven y dime aquí abajo! 6»

Hilary desiderò ardentemente avere la stessa potenza delle corde vocali di Julia e dei muscoli allenati ore al trapezio, la sua amica in uno scatto nevrotico si era slacciata la scarpa scagliandola in aria e c’era mancato veramente poco non arrivasse sul balcone, il tutto aveva intrapreso una piega scomoda.

Suo marito aveva ormai perso l’autocontrollo che lo contraddistingueva.

Nessuno stava più cercando di fermare il suo migliore amico danzante.

Sua madre arrivata col padre sembrava intenzionata a chiamare la polizia.

Dietro di lei sentiva sghignazzare alcuni degli invitati per quello spettacolo imprevisto.

Persino le sue visioni catastrofiche pre-matrimonio erano più idilliache in confronto.

«Kei non si tratta così una signorina!»

«Gianni fatti gli affaracci tuoi!» Kei interruppe la sua frase sbattendo una mano sulla ringhiera, urlando questa volta con i due ragazzi lì con lui che nel buio scandagliato dalle luci si vedevano a tratti «Mi avete appena colpito nella schiena?!»

Julia fermò il prossimo urlo osservando il suo amato russo scuotere innocentemente la testa insieme al compare con le mani alzate, era davvero un incidente o Yuri aveva colpito Hiwatari per quell’offesa rivolta a lei? Probabilmente fantasticava troppo.

Kei tornò a rivolgersi in basso chiamando a gran voce il suo testimone per chiedergli di aiutare Max nella lotta contro Daichi e Lai.

 

 

«Non ci credo… lo hai colpito davvero!»

Boris, le stelline sbrilluccicanti negli occhi, in un impeto di gioia afferrò il volto di Yuri tenendolo saldamente per le guance osservandolo con lo stesso orgoglio con cui un padre ammira gli sviluppi di crescita del figlio. Il suo discorso aveva davvero sbloccato una porticina nascosta?

«Non so di cosa stai parlando» il russo si divincolò sbuffando scocciato, braccia incrociate e testa voltata dalla parte opposta.

«Certo» la “e” venne allunga per diversi secondi attraverso un sorriso malizioso «Lo sappiamo entrambi che dovevi schiacciare una zanzara»

Yuri odiava a dismisura quel tono allusivo.

«Rei! Almeno tu puoi aiutare Max a bloccare quei due idioti?!»

Kei si trovò a tossire alla fine della frase, sovrastare quella “musica” non era per nulla semplice e l’indomani avrebbe avuto seri problemi a spiccicare parola più del solito se avesse continuato su quella lunghezza d’onda.

«Scendi tu anziché sgolarti»

«Yuri, se lo facessi stanotte non vedrei una camera da letto ma una prigione» una nota leggermente isterica sulla parte finale della frase.

«Giusto, stai aspettando solo di poter andare in camera, non è così?»

Yuri ebbe la prontezza di indicare a Kei la zona sottostante da dove Hilary lo stava chiamando, salvando così Boris dalle mani strette attorno al collo.

Dopotutto, gli piaceva quel tono allusivo se rivolto ad altri.

«Guarda il vecchio Hito com’è incazzato» sghignazzando Boris aveva quasi sussurrato la frase all’orecchio, comodamente poggiato con un braccio sulla spalla del suo amico dai capelli rossi. Yuri seguì la direzione indicata dove il vecchio isterico brandiva il suo bastone allontanando gli scalmanati e cercando di attirare l’attenzione dei camerieri. Il succo delle parole urlate impossibile da captare a distanza.

Alcuni istanti di silenzio ovattato sostennero l’illusione di una pace raggiunta rotta troppo presto, alla console vi era ormai una vera e propria guerra. La musica ripartita venne accompagnata dalle imprecazioni di Kei ormai afflosciato sulla ringhiera, ma chi gliel’aveva detto che doveva sposarsi?

«Yu…te lo immagini Vorkov in questa situazione?» la voce di Boris calò improvvisamente al di sotto del suono delle casse, un misto tra riflessione e divertimento.

Yuri trasalì leggermente voltandosi faccia a faccia verso l’amico ancora tranquillamente poggiato a lui, un sorrisetto obliquo, l’indice alzato e abbasto a ritmo di musica e un leggero movimento di fianchi verso l’alto.

Boris ti senti bene?

Avrebbe voluto chiederglielo ma le parole gli morirono in gola.

Vorkov lo tormentava ancora negli sporadici incubi facendolo svegliare nel cuore della notte, non aveva molta voglia di pensare a lui in nessun momento della giornata e Boris ne era al corrente, c’era sempre lui a fargli compagnia nelle nottate di veglia fornendogli metodi alternativi di pensare al monaco per alleggerire i ricordi.

Come in quel momento.

L’immagine della cuffietta orribile sostituita da un cappello da pollo, la veste svolazzante nel medesimo ballo visto fare a Takao mentre con vocina starnazzante ordinava di dedicarsi al beyblade.

Sbarrò gli occhi specchiandosi in quelli lucidi di Boris che ormai aveva la mano portata alla bocca per coprire la risatina involontaria e non dare a Kei l’idea sbagliata.

Yuri non si rese immediatamente conto del suo angolo della bocca curvato all’insù.

 

 

«Kei scendi! Uccidi chi ti pare non mi interessa ma vieni qui!»

Mariam accarezzò la spalla di Hilary prossima a una crisi di pianto rabbioso, poteva capirla, anche a lei sarebbe sembrato un incubo sposarsi in quel modo e stava pensando di proporre a Max un matrimonio in gran segreto proprio per evitare una simile catastrofe. Aveva anche deciso di urlare insieme a Mao seguendo l’esempio di Julia ma per la gioia delle sue corde vocali Kei sembrò finalmente rinsavire abbandonando le diatribe personali ai piani alti, dedicandosi alla moglie. Ok, in un gioco di sguardi spiaccicato sulla ringhiera ma era già un risultato eclatante se comparato agli altri tentativi.

La musica cessò per qualche istante generando un’effimera gioia nel gruppetto che aveva spostato l’attenzione sull’attrezzatura del dj, restando stupefatto alla scena inusuale loro presentata. Il tenero e dolce Max in piedi accanto ad un esamine Lai aveva il pugno ancora sollevato a mezzaria dopo il colpo inflittogli mentre Rei accanto alla vittima cercava di valutarne il danno. Fu però proprio la distrazione del biondino, sorpreso del suo stesso gesto, a portare Daichi ad azionare la ripetizione della canzone, dando nuovamente inizio al supplizio.

Nataliya si mordicchiò le unghie lanciando un’occhiata supplicante ad Ivan accanto a lei che scosse la testa, un cenno del capo più incisivo verso la fonte dei danni ricevendo una smorfia stizzita, un ulteriore tentativo fu bloccato dal passaggio della signora Kazuko verso la figlia che portò il russo a celarsi dietro la stazza di Sergej aggirandolo per non farsi vedere. Dimitrij inclinò la testolina con curiosità chiedendo alla sorellina perché tutti gli zii sembrassero strani quel giorno ma soprattutto chiedendosi perché la mamma della zia Hilary fosse così tanto arrabbiata.

Ivan a corto di pazienza per la donna russa diventata la reincarnazione di un avvoltoio intorno a lui – stavano praticamente facendo il girotondo attorno a Sergej – si diresse improvvisamente a passo di carica verso il dj improvvisato ignorando le cose che gli stava sbraitando dietro la mamma della sposa dopo averlo notato.

«Kei per favore, questo matrimonio sta diventando un qualcosa di indefinibile!» implorò Hilary in un misto di disperazione e imposizione, aveva rubato il telefono dalle mani della madre prima che chiamasse la polizia pregandola di aspettare qualche altro minuto, ormai erano diventati il pettegolezzo dell’anno.

«HILARY STO ARRIVANDO!»

Un fortissimo fischio nel microfono non diede alla brunetta la felicità di consolarsi, troppo impegnata a coprirsi le orecchie per non perdere l’udito.

Alla console Ivan aveva tentato di strozzare Daichi con il filo del microfono ponendo fine al supplizio musicale, lasciandolo privo di sensi e vivo per miracolo solo grazie all’intervento di Rei. Le imprecazioni eccessivamente volgari di Kei ormai al limite della pazienza per quell’ultimo segnale acustico fastidioso lasciarono di stucco i dipendenti dell’azienda, enunciate nel momento stesso in cui il pesante silenzio era piombato nell’ala della festa.

Hilary sgranò gli occhi coprendosi il volto arrossato all’ennesima figuraccia caduta sulle spalle della sua famiglia, pregando una qualche divinità di vivere soltanto un terribile incubo troppo realistico.

La portafinestra sbattuta con violenza mandò in frantumi quello che restava del vetro perforato alla sparizione di Kei catalizzando l’attenzione di tutti sul balconcino e sui restanti russi abbandonati al loro destino nella ravvicinata posizione.

 

 

Yuri come se nulla fosse successo riacquistò la sua espressione algida non sentendo minimamente la pressione degli sguardi penetranti, ad eccezione di uno che lui stesso aveva cercato per ignorare tutto il resto ma di cui poté bearsi poco. Julia gli aveva donato un sorrisetto fugace allontanandosi per supportare la sposa e lui era rimasto lì ad osservarla andar via. Quella era la prima occasione in cui si trovava a riflettere sui consigli ricevuti dal migliore amico distanziatosi da lui e pronto a rientrare, era preparato a vederla voltargli le spalle e scomparire nuovamente dalla sua vita l’indomani?

La risposta il suo cuore gliela suggerì senza rimorsi più velocemente del previsto.

«Boris» ottenuta l’attenzione del ragazzo non si voltò a osservarlo «Grazie»

Anche fissando i faretti luminosi era certo di averlo sorpreso e la prova era il chiacchiericcio esterno unica fonte di rumore, ringraziarlo non era l’ultimo dei suoi mali dopo aver ammesso di sua spontanea volontà quanto tenesse a Julia.

«Accidenti, devo aspettarmi la nevicata in agosto per questo?» l’amico rientrò nel suo campo visivo poggiandosi con la schiena alla balconata «Non pensavo che le riviste disseminate da Nataliya potessero diventare davvero utili, devi ringraziare gli scrittori degli articoli è da lì che ho tratto ispirazione»

Yuri arricciò le labbra in un lieve sorriso chiudendo gli occhi, a quanto pareva non era l’unico pessimo bugiardo in circolazione.

«Dubito tu abbia mai aperto uno di quei giornaletti di gossip» riaprì le palpebre aumentando la curvatura della bocca «Lì nessuno ti avrebbe suggerito di fare l’idiota da quando è arrivato Kei, ti riesce poco bene fare lo stupido anche se la farsa del mezzo sordo per alleggerire l’atmosfera quasi mi stava convincendo»

Boris ghignò serafico a sua volta.

«Potevi anche accorgertene prima e evitarmi il cazzotto nello stomaco, non credi?»

«Non è sempre facile capire quando non stai volontariamente rendendo un inferno la vita di Kei»

Yuri sorvolò sul luccichio maligno intravisto negli occhi chiari al nome dell’ex compagno di squadra girando i tacchi per tornare dentro, si sentiva sollevato e molto più leggero di quanto non lo fosse stato mentre saliva le scale, ma non avrebbe mai ammesso quanto considerasse liberatorio dar voce ai suoi pensieri con lui. Gettò un ultimo occhio alla ringhiera vedendo un minaccioso sorrisetto sul volto dell’amico sportosi per guardare in basso.

La sua fortuna - o sfortuna - era che Boris restava pur sempre Boris.

«Hiwatari allora, hai finito di prendertela con noi per i tuoi problemi d’astinenza!?»

 


 

Note finali

 

1 Ne khodi = Non andare via (Takao voleva dire questo ma ha fatto un mezzo casino)

2 Pour tous les poissons de la Seine = Per tutti i pesci della Senna

3 Parbleu = Per Dio!

4 Slaboumnyy = Imbecille

5 6940 rubli = 80 euro circa

6 Cobarde! Ven y dime aquí abajo! = Codardo! Vieni a dirmelo qui giù!

 

Ehm…salve a tutti coloro giunti alle fine! >//>

Probabilmente vi starete chiedendo cosa avete appena letto e posso comprendervi, ho cambiato scene più volte per dare maggiormente l’idea di come si svolgessero in contemporanea ma diciamo che la parte più stramba è quella finale… la canzone è stata un’illuminazione quando youtube ha deciso di consigliarmela (non chiedetevi perché l’applicazione mi consigli tali canzoni) e il danno finale che volevo infliggere al matrimonio ha solo subito una piccola impennata verso il caos. Non mollatemi qui da sola dopo aver rovinato il grande giorno di Kei e Hilary (anche se qualcuno tra voi a cui non piace la coppia penso ne starà gioendo) >.>

Più la scrivo più mi convinco che in futuro non voglio sposarmi, magari qualche mia conoscenza a mia insaputa sta leggendo la storia e quando la inviterò al mio matrimonio vorrà mettere in pratica qualcosa… Ora, al di là della mia mania complottista e tornando alla trama, abbiamo visto cosa accade ai baldi giovani che esagerano con l’alcool e a tal proposito sappiate che non ho la benché minima idea di cosa abbia fatto fare a Ivan, io al massimo bevo un bicchiere d’acqua. Tutto ciò che ho scritto proviene da diverse ricerche effettuate in rete, nel caso abbia creato un qualcosa di incommestibile, fatemelo sapere xD

C’è stato poco spazio per le interazioni tra Yuri e Julia ma il nostro bel russo aveva bisogno di aprire gli occhi prima di tornare a relazionarsi con lei, e chi meglio di Boris poteva farlo? Quindi non preoccupatevi, nel prossimo torneranno a interagire e spero quanto voi in un esito positivo (io continuo a parlare della storia come se fossi un’estranea, ma dettagli).

Nel prossimo capitolo la giornata avrà finalmente una conclusione (a meno che il capitolo non sarà eccessivamente lungo), chissà se soprattutto i due sposi ci arriveranno sani e salvi >.>

Per quanto riguarda la mamma di Hilary… ormai è andata, povera donna.

Concludo la sezione note che sta diventando fin troppo lunga ringraziando nuovamente tutti coloro che non sono fuggiti, spero vivamente d ricevere ancora dei pareri sulla storia e mi raccomando seguitela fino alla fine

 

Un abbraccio a tutti, alla prossima!

 

Aky

 

 

Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Takao Aoki, questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

 

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