Un caloroso
saluto a tutti voi che continuate a sorbirvi questa storia!
Come al solito
vi rubo qualche attimo nelle battute iniziali per i miei sproloqui.
Ho seri dubbi
su questo capitolo nonché la paura di vedere un abbandono di massa verso le
ultime pagine ma non sono riuscita a eliminare la parte più trash…se i
personaggi potessero ribellarsi ora mi troverei Kei sotto casa con un fucile.
Vi prego siate
clementi nel giudicarmi >.<
Questa storia
continua a regalarmi gioie ogni qual volta apro il sito! Anche se silenziosi,
apprezzo tutti coloro che continuano a seguirla celati nell’ombra, solo vedervi
ad ogni capitolo è una gioia per gli occhi ç.ç Ci tenevo però a ringraziare
particolarmente le ultime recensioni ricevute da Davide1993, Beatris Hiwatari e Henya, ho riletto le vostre belle parole per darmi
la spinta necessaria ad aggiornare senza far passare ulteriori secoli, non
sapete quanto ve ne sono grata ❤
Infine,
nuotando nel mio personale mare di felicità ringrazio Elisa Saba e Henya per aver
inserito la storia tra le preferite e senza ulteriori indugi vi lascio alla
lettura ❤
E le stelle
stanno a guardare
~ Tra confronti e affronti, l’orgoglio affonda~
Le lancette
dell’orologio da polso segnarono le diciannove e venti.
Michelle le
fissò sperando di spostarle avanti di un’ora con la sola forza del pensiero ma
suo malgrado dovette rassegnarsi all’assenza di quel superpotere. Mathilda
accomodata sul ceppo di legno accanto a lui gli strinse la mano in un muto
gesto di sostegno, quel matrimonio stava provando fisicamente anche lei, aveva
decisamente esagerato con le portate trovandosi a combattere la sonnolenza.
Arenati nella
zona antistante alla villa dove il caos della festa giungeva attenuato, i due
speravano davvero di potersi abbandonare ad un breve pisolino ristoratore.
«Guarda il lato
positivo» il ragazzo si voltò verso la vocina delicata con un’espressione più
che disperata, privato anche dalla forza della parola per chiedere
effettivamente qualche fosse il lato della medaglia non negativo «Siamo fermi
al secondo di mare, potremmo essere ancora al primo piatto!»
«Questo non mi
consola, mi fa solo tornare in mente perché mi stia sentendo male»
Michelle poggiò
afflitto la fronte sulla spalla della ragazza in un basso mormorio lamentoso,
assediato dai crampi alla pancia che proprio non volevano dargli tregua.
Mathilda
rassicurò la tacita domanda preoccupata di Mariam continuando ad accarezzare
dolcemente i capelli del suo futuro marito, non mancando di suggerirgli per
l’ennesima volta di andare a preparare insieme un po’ d’acqua e limone.
Ovviamente, non ascoltata.
«La serata non
è ancora finita!»
Gianni seduto
su uno dei divanetti puntò il dito accusatorio verso Julia intenta ad
aggiustarsi la matita colata via a causa delle lacrime durante le risate,
spingendo Mariam accanto alla ragazza ad alzare gli occhi al cielo mentre
continuava a far luce sullo specchietto avendo cura di non accecarla col
riflesso.
«Per favore,
non me lo ricordare»
Hilary sospirò
pesantemente massaggiandosi le tempie chiamando a sé tutto il suo autocontrollo
per poter giungere a fine serata con la propria sanità mentale intatta. I suoi
piani della giornata erano stati stravolti da quella serie di intoppi e dopo
l’ultimo di pochi minuti prima, difficilmente sua madre avrebbe dimenticato il
nome di Boris. In un qualche anfratto della casa la donna ricoperta di cibo era
ancora intenta a sbraitare con sua zia sul poco tatto del russo in questione
divenuto il capro espiatorio perfetto al posto dei bambini.
«Gianni mi
dispiace ma hai perso, Julia ha invitato Yuri. Capisci non ci sia nessuno di
più sfuggente con cui tu possa batterla?»
«Emily è la
quarta volta che me lo ricordi, ti stai divertendo a infierire?»
«Non sai
quanto»
Emily scoppiò a
ridere dirottando involontariamente le preoccupazioni della sposa lungo una
strada non meno tortuosa, l’apprensione di Hilary per Julia vinceva anche sullo
sfacelo del matrimonio. Julia era stata un’ingenua oltre che sfrontata con il
suo invito per le danze, si era fatta intrappolare come una mosca nella tela
del ragno ed il problema era stato proprio l’atto volontario.
La giapponese evitò per un soffio il braccio di Gianni barcamenatosi in un
qualche epiteto verso Emily maledicendo la sua amica e la sua testardaggine.
Concordava con l’osservazione amara di Mao, Julia c’era ricascata di nuovo
facendosi coinvolgere maggiormente rispetto al passato.
Quell’aura di
pura felicità l’aveva vista dieci anni prima e continuava a vederla anche ora
ad illuminarle il viso, sperava solo in una conclusione differente.
Gianni
indispettito per una risposta dell’americana autocensurò il suo commento
astioso pronunciandolo in extremis nella sua lingua natia per non farlo
comprendere, passando due attimi dopo a rimproverarsi da solo per quel
comportamento aggressivo e poco adatto nei riguardi di una ragazza.
«C’è da dire
che Ivanov nasconde tante qualità…chi l’avrebbe mai detto fosse capace
di ballare»
Julia restò con
la matita sospesa a mezz’aria al commento di Mariam, lei conosceva benissimo a
quali altri tratti stesse alludendo la fidanzata di Max. Le lanciò di sottecchi
uno sguardo d’ammonimento che cadde nel vuoto, la donna più che mandare
frecciatine a lei sembrava provare un sadico piacere ad infierire verso Gianni.
«Tzè, nulla di eccezionale! Tutti sarebbero capaci di
muoversi in quel modo»
«Dilla la
verità, ti brucia la sconfitta non è vero?»
«Emily ancora?!
So accettare dignitosamente una sconfitta…e poi non ho ancora perso
definitivamente! Julia ha vinto uno scontro non la guerra!»
«Da una
scommessa ora siete passati alla guerra? Sicuro tu non l’abbia presa troppo sul
serio?» la domanda insolente di Hilary fu posta mentre
si chinava a punzecchiare il braccio dell’italiano posizionato accanto a lei,
il sorrisetto ironico che ricordava vagamente quello usato dal marito.
«Tu non stavi
facendo il vegetale fino ad un attimo fa? Ti sei svegliata all’improvviso?»
«Suvvia Gianni,
la mia osservazione iniziale era solo una considerazione innocente» la donna
dai capelli blu notte si arricciò noncurante una ciocca tra le dita, indossando
una delle maschere più false che Gianni avesse mai visto.
«Es la vida, no siempre puoi vincere!»
«Santo cielo
Julia, hai appena ucciso due lingue con una sola frase» l’ex blader italiano si
portò una mano sul cuore per sottolineare melodrammaticamente il dolore
aggiungendo con una nota più scontrosa «Tra l’altro, io non ho mai detto di non
accettare una sconfitta state facendo tutto voi!»
«Noi siamo la
voce della tua coscienza» Emily aprì platealmente le braccia tra una risata e
l’altra dondolandosi sulla sedia, raccogliendo con quel gesto un sonoro assenso
generale che portò Gianni all’esasperazione.
«Altro che voce
della ragione, voi siete il mio incubo! Odio essere circondato da donne!»
Il ronzio della
musica e il suono dei grilli seguirono lo sbotto adirato finché il silenzio
attonito non fu rotto dalle risate generali, persino Mathilda rimasta in
disparte fino a quel momento non poté trattenersi alla paradossale
esternazione.
«Non posso
crederci! Mai avrei pensato di sentirti dire una frase del genere!» lo
schienale del divanetto accolse Hilary contorta dalle risate nel suo blando
tentativo di asciugare le lacrime senza diventare la sosia di un panda.
«Tu non sei il
vero Gianni! Lui si sarebbe fatto uccidere pur di stare in compagnia di cinque
donne contemporaneamente!»
«Emily ho i
miei limiti anche io. Dove sono queste donne? A me sembra di essere in mezzo a
cinque mantidi religiose che chiedono la mia vita!» sbottò irritato guardandole
una per una, soffermandosi infine sulla ragazza dai capelli rosa in compagnia
del suo fidanzato, colpito dalla consapevolezza di aver dimenticato un altro
esponente del sesso maschile.
Inutile fu
l’occhiata di scuse, Michelle in preda al suo stato malaticcio candidamente aveva
ammesso di non star ascoltando una singola parola del discorso.
Julia chiuso di
scatto lo specchietto scosse la testa divertita, pochi passi mossi sul manto
erboso per scoccare un bacio a sorpresa sulla guancia di Gianni dove restò
visibile il segno corallo. L’italiano non colse il motivo del ringraziamento
sussurrato, inconsapevole di come la sua scommessa fosse stata utile come
scusante per la donna nell’avvicinare Yuri, invece preferì esultare e vantarsi
del bacio appena ricevuto nella sua indole da perfetto dongiovanni.
Su sua
ammissione, quel marchio l’avrebbe sfoggiato per il resto della serata.
«Sorellina!»
Raul arrivò
trafelato dinanzi alla fonte del suo richiamo, catapultandosi su di lei con
fare apprensivo.
Le spiegazioni
furono considerate superflue dallo spagnolo mentre afferrava agitato la faccia
della sorella ruotandola da più angolazioni, analizzando accuratamente ogni
singolo centimetro di pelle prima di cascare seduto sul tavolino in un sospiro
di sollievo.
«Meno male che
stai bene!»
«Perché non
dovrei? La mamma di Hilary è la povera vittima delle catastrofi di questa
giornata»
«Infatti, Julia
se ne stava a sghignazzare tranquillamente fra le braccia di Ivanov» il
commento sarcastico di Mariam era privo di malizia, posto solo come osservazione
di circostanza ma Julia sperò ugualmente che il buio circostante stemprato
dalle sole candele alla citronella coprisse bene il rossore spuntato sulla sua
faccia.
«Proprio per
quello sono preoccupato!» se possibile Raul aumentò il suo stato inquieto
rizzandosi come una molla e un’aggressività che non gli apparteneva «Ho visto
che te ne sei andata via all’improvviso piangendo! Se Ivanov ti ha fatto
qualcosa giuro che gliela faccio pagare!»
«Raúl, estás loco?! Me estaba riendo!»
Raul arretrò istintivamente
alla furia della sorella finendo per inciampare nel tavolino, ribaltandosi con
esso e annullando la sua iniziale baldanza. Lui l’aveva vista solo andar via
asciugandosi le lacrime e aveva tratto le sue conclusioni, poteva anche essersi
sbagliato ma a suo modesto parere Julia stava vendo una reazione fin troppo
eccessiva con la sua scarica di rimproveri spagnoli.
«Peccato che
Julia si sia messa in mezzo» mormorò derisorio l’italiano vedendo il povero
ragazzo accampare scuse nel vuoto «Ora non sapremo mai se Raul sarebbe stato
capace di andare a fare una sfuriata a Yuri. Sarebbe stato uno spettacolino
carino da guardare, un ritorno allo splendore delle lotte nel Colosseo»
«Sì, certo,
Boris e Sergej li hai dimenticati? Quei due non gli avrebbero dato nemmeno il
tempo di parlare»
«Appunto Emily,
sarebbe stato un bagno di sangue come nell’antica Roma»
«Gianni te lo
giuro, stasera mi preoccupi»
Hilary si
limitò a sospirare scambiandosi un’occhiata con Mariam, l’accalorata difesa di
Julia nei confronti di Yuri risultava davvero esplicita solo per loro?
Eppure, non
pensava potesse passare davvero inosservata la strana intesa manifestata tra i
due durante il ballo.
Mariam scosse
la testa borbottando all’ennesime scuse di Raul sul voler proteggere la sorella.
«Fratelli. Che
siano maggiori, minori, gemelli, sono tutti uguali»
Takao batté
incredulo le palpebre.
Seduto allo
sgabello dell’angolo bar insieme a Lai, Daichi, Kiki e Gao nel soggiorno di
villa Hiwatari, il giapponese seguiva ipnotizzato il volteggiare delle
bottiglie traslucide piene di liquidi dai diversi colori. Reazione del tutto
differente dall’evidente scetticismo di Olivier e dalla palese preoccupazione
di Ralph per la possibile rottura di una di quelle bottiglie d’altissimo costo
di marche pregiate.
Ivan con una
precisione incredibile le lanciava da una parte all’altra come dei birilli in
intricati passaggi dietro la schiena con tanto di giravolte d’accompagnamento.
«Ivan, dimmi
che non è anche questa una conoscenza acquisita al monastero»
«No Takao,
esperienza lavorativa» il russo afferrò il collo di una bottiglia dalla scritta
straniera ruotandolo fra le dita, non nascondendo un discreto livello
d’orgoglio per quell’ammissione «Lavoro come bartender in un pub da quando ho
diciotto anni e si potrebbe dire che ormai abbia una conoscenza enciclopedica
in questo campo, anche se da un annetto a questa parte ho ridotto il contratto
ai weekend per la mole di lavoro aumentata all’orfanotrofio»
Vodka, cognac,
assenzio, sciroppi dai gusti più strani e bottiglie dai nomi a Takao
sconosciuti vennero versati e mescolati tra loro con rapidi e precisi movimenti
del polso all’interno di svariati bicchieri depositati sul bancone, creando
altrettante a lui ignote combinazioni di cocktail.
Il tutto con
una precisione a dir poco maniacale, senza lasciare che la minima goccia
trasbordasse e andasse sprecata.
«Orfanotrofio?»
la domanda di Kiki espresse tutta la confusione dei suoi connazionali.
Ivan fermò i
suoi movimenti guardandoli con uno scetticismo per nulla dissimulato,
ricordando solo qualche istante dopo l’avvezza asocialità che caratterizzava
lui e gli altri membri del team dal termine delle
apparizioni ai mondiali. Fatta esclusione per la squadra di Kinomiya, avevano
praticamente interrotti i contatti con gli altri blader.
«Sì, il lugubre
monastero Vorkov è diventato ufficialmente un orfanotrofio da sei anni a
questa parte, dopo aver vinto su tutti i fronti la causa contro quel pezzo di
merda di un monaco. Oh, ovviamente è stata una grande soddisfazione anche
soffiare l’atto di proprietà dalle mani di Hiwatari senior. Attualmente la
struttura è intestata ai genitori di Nataliya per questioni legali ma
concretamente è Yuri a portare avanti la direzione, ovviamente aiutato da me,
Boris, Sergej, Nataliya e altri addetti che collaborano con il progetto alcuni
giorni a settimana» terminò la frase nel più completo silenzio circostante, la
coppetta da cocktail dall’insolita miscela azzurra opalescente posizionata
davanti Lai con fare più professionale «Gin navy strenght, assenzio, curaçao e
succo di limone, tipico drink da festa»
Il cinese
contemplò il bicchiere destabilizzato dal repentino cambio di argomento, un
cenno d’assenso confuso all’offerta della fettina di limone poggiata sull’orlo.
«Quindi state
dietro a dei bambini tutto il giorno?»
«Oui francesino, tutti i santi i giorni a rincorrere
marmocchi urlanti…quasi mi manca fare il bartender a tempo pieno delle volte!»
lo shaker fu sbattuto in alto e in basso con maggior pressione prima di
versarne il liquido porpora nella coppetta dinanzi Olivier «Per te un cocktail
che i tuoi compatrioti chiedevano spesso al locale: vodka, chambord
e succo d’ananas»
Ralph vide il
suo amico scettico sorridere raggiante dopo l’assaggio, invitandolo ad ordinare
la medesima bevanda che Ivan sembrava divertirsi davvero a preparare. Assecondò
l’insistenza restando con il dubbio più atroce.
«Kei lo sa che
stai usando i suoi alcolici?»
«No, ha altro a
cui pensare che tenere sotto controllo il suo angolo bar» pronta risposta
strafottente, lo shaker nuovamente in funzione per acrobazie insolite tanto da
mostrare un cocktail uguale al precedente in meno di un minuto «Piuttosto mi
chiederei cosa se ne faccia di tutta questa roba se non è in grado di reggere
nemmeno mezzo bicchiere dell’intruglio più leggero…mah, sarà una di quelle
strambe ossessioni da ricchi»
Daichi ottenuta
compagnia finalmente si decise ad assaggiare il suo drink dorato calandoselo
tutto d’un fiato sotto lo sguardo attonito del professor Kappa appena giunto e
già irrimediabilmente preoccupato. Il rossino dopo poco aveva cominciato a
ridere da solo alludendo a un qualche futuro di Ivan nella compagnia circense
di Julia e Raul, battendo ripetutamente una mano sulla schiena del povero
professore che fu costretto a sedersi sullo sgabello.
«Barman! Per
favore, uno per il mio amico! Stupiscici!»
«Daichi non
siamo al bar…oh no, Ivan che stai facendo?! Io non voglio nulla!» inutili furono
le repliche, Ivan era già entrato in azione.
Takao sorrise
nervosamente all’idea del suo amico occhialuto alle prese con l’alcool, ad
Amsterdam l’aveva fatto sposare dopo aver bevuto pochissimo non osava
immaginare nelle mani di quel russo che fine avrebbe fatto. Proprio sulla scia
dell’ultimo pensiero si rivolse ad Ivan piuttosto incuriosito.
«Ora che ci
penso, tutte le acrobazie che fai mentre li prepari sono di tua invenzione o le
richiedeva il locale?»
«Mh, un po’ tutte e due» Ivan si lasciò sfuggire una leggera
smorfia contrariata, lo straccio usato per asciugare il piano accanto al
lavello quasi sbattuto con forza «Avevo trovato quel posto con Yuri, nei primi
tempi abbiamo fatto tutti diversi lavoretti per aiutare Sergej e la sua retta
universitaria…sì, Sergej è laureato in infermieristica insieme a Nataliya, si
sono conosciuti lì…dicevo, il proprietario voleva solo che gestissimo al meglio
la clientela però lui non aveva idea di cosa significasse avere il turno con
Yuri! Nonostante si limitasse a un gelido e laconico “buonasera”, al
contrario mio che provavo ad essere un minimo cordiale, la gente perdeva la
testa per lui accalcandosi dal suo lato del balcone. Qualcosa me la dovevo pure
inventare per non vederlo morire sommerso dal carico di lavoro, ed ecco il
perché delle acrobazie»
«Di che ti
sorprendi? Mi sembra ovvio che riconoscendovi le fangirl
sfegatate scegliessero Yuri al posto tuo…» commentò sarcasticamente Ralph
lasciando volutamente in sospeso la frase al volto del russo sempre più inasprito.
Probabilmente era un bene avere già il suo drink a portata di mano, poteva
ritrovarselo avvelenato.
«Il naso Ivan,
è quello che sta tentando di dirti Ralph. Preferivano te a Yuri per il naso…lo
hai troppo grande e voluminoso, alle donne non piace»
Takao cercò di
non ridere davanti alla lucidità di Daichi ormai morta, il piccoletto in quel
tono sbiascicato mostrava di aver già oltrepassato i propri limiti gettandosi
in quei commenti suicidi.
«Io non ho mai
parlato di sole donne» ribatté piatto Ivan, l’old
fashioned rubino sbattuto malamente davanti il
povero Manabu ancora intento a sprecare scuse sul non volerlo bere «Uomini,
donne, vecchiette arzille e anche persone dal dubbio sesso…chiunque lo fissava
come un rincitrullito o faceva strane proposte»
«Guardala da
un’altra ottica, alla fine sei riuscito ad attirare l’attenzione se lavori
ancora lì, no?» il misero tentativo di Takao di quietare gli animi sembrò
funzionare, lui era l’unico ad essere rimasto senza drink e non voleva di certo
lasciarsi sfuggire l’occasione di assaggiare qualcosa di particolare.
«Sì, ha
funzionato abbastanza bene, il lato davvero positivo è stato farmi aumentare lo
stipendio per continuare a metter su quei giochetti dopo che Yuri è stato
licenziato» un sorrisino vittorioso fece capolino al ricordo dei soldi estorti
al vecchiaccio taccagno, bella persona ma fin troppo avida «Uhm, ma tu sei
rimasto senza drink…lascia fare a me»
«Perché
licenziato?»
«Ha spaccato un
bicchiere in testa a un cliente»
Ivan roteò gli
occhi all’espressione perplessa del giapponese stappando l’ennesima bottiglia,
la ricordava bene quella serata. Il tizio aveva scambiato Yuri per una ragazza
guardandolo di spalle, fin lì sarebbe potuto andare tutto bene ma il genio
incompreso scoperto l’errore aveva commesso l’ulteriore sbaglio di deridere il
suo amico. Persino lui si era sorpreso quando il vetro era andato in frantumi,
Yuri completamente impassibile si era limitato a colpirlo e abbandonarlo lì
sanguinante senza preoccuparsi minimante di eventuali ripercussioni.
Ogni tanto si
domandava che fine avesse fatto, la denuncia per aggressione non era mai
arrivata e lo sciocco non si era più visto in giro al locale.
Yuri in
compenso i giorni seguenti aveva mostrato una certa allegria…pensandoci, Ivan
non voleva sapere cosa fosse realmente successo allo sconsiderato.
Si riscosse dai
suoi pensieri ultimando l’ennesima creazione e assecondando il giapponese nella
mole di domande tecniche rivolte a quella professione.
«Un bicchiere old fashioned, si
usa generalmente per i liquori on the rocks, ossia immersi nel ghiaccio
come questo. Sono sicuro che il “White Russian” ti piacerà, provalo»
Ivan spinse sul ripiano in mogano il suddetto bicchiere basso e largo dalla
forma cilindrica, il liquido all’interno dal colorito brunastro era ricoperto
sulla superfice per oltre due centimetri da una patina bianca che ricordava la
neve sulle vette più alte «Vodka Moskovskaya, Kahlúa e panna shakerata, scende che è una bellezza per
quanto è dolce»
Takao bevve a
piccoli sorsi il primo assaggio valutandone il sapore, in una futile reticenza
di pochissimi attimi.
Il contenuto fu
trangugiato con conseguente richiesta del bis.
La leggera
brezza serale si insinuò nel foro della portafinestra.
Boris
giocherellava con uno dei cocci di ceramica seduto ai piedi del letto della
camera ancora a soqquadro, schiena contro l’asta del baldacchino e gamba
penzolante oltre il materasso.
Sergej l’aveva
invitato gentilmente a eclissarsi per qualche minuto, estromettendolo
dalla festa quasi fosse stata colpa sua – e non del figlio casinista –
l’origine della fragranza ittica attorno alla signora Kazuko.
Al ricordo le
labbra si incresparono ancora una volta in un ghigno beffardo rivolto alla
soglia dove Yuri era appena arrivato.
Due tonfi sordi
al telaio della porta ancora scardinata e abbandonata su una parete.
«Stai facendo
dell’ironia? Lo stare incollato alla spagnola deve esserti proprio piaciuto»
Un colpo ben
assestato e più forte dei precedenti gli fece intendere che il prossimo non
avrebbe centrato il legno.
Lanciò il
pezzettino ceramico in un angolo della stanza tramutando il suo ghigno in uno
più sardonico.
«Ma non restare
lì impalato mi amor. È aperto, entra pure»
«Il tuo accento
spagnolo fa pena»
«Scusami tanto
se non sono la tua bella»
Yuri percorse un
paio di passi all’interno fermandosi incerto a metà tragitto, la sua attenzione
attirata dagli uccellini entrati al mattino che avevano creato il proprio nido
sul comò. L’esserino dalle piume azzurre lo accolse addirittura con un sonoro
cinguettio.
“Benvenuto
compagno stanza”, ecco cosa sembrava volesse dirgli.
Boris alzò gli
occhi al cielo contando mentalmente i secondi che lo separavano dallo sbotto
made in Ivanov, il suo amico era di una prevedibilità inaudita quando premeva
le mani sui fianchi e lo guardava con fare accusatorio.
Valutò
velocemente le sue opzioni di fuga: il vano della porta troppo distante e il
balcone troppo alto per tentare un salto.
Nella
valutazione capì anche un’altra cosa, la lentezza in cui era ricaduto il suo
istinto di sopravvivenza.
Il gong
immaginario diede inizio allo scontro.
«Ti costava
tanto farli uscire?» la domanda fu posta con un nervosismo esagerato per quella
sciocchezza.
«Diavolo Yu,
calmati. Non danno fastidio a nessuno» il russo si meravigliò al tic nervoso al
sopracciglio rosso seguito alla sua minimizzazione, quello scatto accadeva solo
quando la pazienza oltrepassava la soglia di tolleranza e di certo degli
stupidi uccellini non erano fra le cause scatenanti, almeno così credeva.
«Ci dobbiamo
dormire stanotte qui dentro, ora li prendi e li porti fuori»
«Per chi mi hai
preso, il tuo schiavo personale? Chiama Brooklyn se vuoi l’accalappia
uccellini»
«Tu hai
combinato il casino, tu lo sistemi» un ordine sibilato, non dissimile da quello
di un comandante dell’esercito.
«La smettete di
darmi la colpa di tutto?!» esplose infine Boris ricambiando il tono astioso, il
suo amico troppo spesso dimenticava di non essere più il capitano di una
squadra continuando inflessibilmente a dettare ordini a destra e a manca «Sono
entrati perché Hilary ha distrutto il vetro della portafinestra!»
«Ti ricordo che
se tu per primo non fossi uscito mezzo nudo sul balcone la signora non sarebbe
svenuta, Hilary non avrebbe sfondato la porta distruggendo la stanza, gli
uccellini non sarebbero i nostri nuovi coinquilini e io non avrei dovuto
cercare un fottuto bagno per tutta la casa… non sarebbe successo nulla!»
l’ultima parola Yuri la rimarcò con foga, imprimendo in essa la frustrazione di
sentirsi impotente dinanzi alle proprie emozioni confuse e allo scorrere del
tempo che continuava a farsi beffa di lui sottraendogli quell’attimo necessario
a dare a Julia un secondo bacio, lasciando lì con la sola amarezza di una gioia
negata.
Si era
ripromesso di mantenere il controllo salendo in stanza, si era imposto di non
lasciarsi dominare da quel recondito lato impulsivo fallendo miseramente.
Se Boris fosse
stato attento al mattino, lui non sarebbe finito in quella piccola stanza con
Julia.
Il passato non
sarebbe tornato così prepotentemente.
Non ci sarebbe
stato alcun incidente.
Nessun bacio
l’avrebbe perseguitato.
«È sempre colpa
tua!»
Yuri restò in
silenzio con un leggero prurito alla gola dopo la sua accusa, Boris fece
altrettanto squadrandolo attentamente.
La nota
velenosa non era sfuggita né al mittente né al destinatario di quel messaggio,
si conoscevano, erano entrambi consapevoli di dove l’avrebbe portati una
discussione se si incamminavano su quella scia tossica fatta di insinuazioni.
L’ultima volta non era finita bene, erano arrivati alle mani.
Dieci anni
prima però, non erano giunti ad insultarsi partendo da un’idiozia.
Senza proferir
parola Yuri per primo si distanziò, conscio in uno sprazzo di lucidità di
quanto futili ed effimere fossero le sue motivazioni per innescare quella diatriba
verbale. Erano pur sempre ad un matrimonio, lo scopo era divertirsi, poteva
evitare di sfruttare il suo amico come valvola di sfogo per una questione in
cui alla fine dei conti non c’entrava nulla. Aveva approfittato di
quell’insolita pazienza nei suoi confronti per troppi anni.
Ricadde
pesantemente sul letto disfatto provocando un sonoro tonfo al rimbalzo,
distruggendo ben altro oltre ad un ulteriore pezzo della stanza.
Quasi stesse
aspettando quel momento, la tensione si allentò.
«Dimmi che non
ho rotto una doga del letto» gli occhi azzurri si sollevarono colpevoli verso
l’altro ragazzo voltatosi divertito al suono del botto.
«Oh, io credo
che tu non ne abbia rotta una ma due» il tono velatamente allusivo «Chi è che
ha sempre colpa di tutto, eh?»
«È capitato
soltanto ora, tu combini casini di continuo»
Yuri emise un
verso stizzito all’eccessivo divertimento dell’altro, tutti i presupposti per
aver ragione sul loro battibecco erano appena caduti.
Boris ritirò le
gambe spostandosi al centro del letto, incurante delle scarpe ancora indossate
dalle cui suole il terriccio del giardino venne disseminato sulle lenzuola in
parte aggrovigliate alla rinfusa ai piedi del letto. Uno sbuffo scocciato
emesso all’ennesimo rimprovero non verbale, mentre il dito veniva ruotato in
tondo per indicare l’ambiente circostante.
«Pensi davvero
che quando Hiwatari e consorte vedranno questa stanza si preoccuperanno del
lenzuolo sporco?»
Yuri si lasciò
sfuggire un sospiro arrendevole dinanzi all’evidenza.
Boris
soddisfatto della piccola vincita, senza alcun preambolo, afferrò il suo ormai
fratello di vita per l’estremità posteriore della camicia obbligandolo con la
forza a distendersi accanto a lui. Yuri non oppose alcuna resistenza né cerco
di rialzarsi al gesto improvviso, piegò semplicemente le gambe sul materasso
piuttosto concentrato ad esaminare il drappo bordeaux sulle loro teste.
Lo stomaco
manifestò tutto il suo disappunto stringendosi in una morsa, i segnali di
pericolo di quella che da entrambi veniva definita ironicamente “resa dei
conti” erano stati captati e recepiti.
«Yu, vuoi dirmi
cosa ti frulla nella testa?» la precedente inclinazione scanzonata era
scomparsa del tutto dalla voce di Boris, sostituita da una serietà riservata
solo ad alcune particolari situazioni.
Yuri tamburellò
le dita sullo stomaco perseverando imperterrito nella sua contemplazione del
baldacchino.
Lo spirito
d’osservazione di Boris risultava estremamente fastidioso alle volte, non c’era
sorpresa se Vorkov lo avesse sempre elogiato per quell’aspetto – anche se il
monaco pazzo lo aveva distorto e piegato rendendolo quasi una macchina
per uccidere – e lui stesso l’ammirasse per quel tratto.
Boris guardò il
suo profilo aspettando pazientemente, erano stati centinaia di ore in quella
posizione fin dal monastero. Era il loro piccolo segreto sdraiarsi l’uno vicino
all’altro, alle volte per parlare altre solo per confortarsi o darsi forza a
vicenda, soprattutto nelle notti più cupe in cui gli incubi proprio non
volevano andar via. Alcune abitudini erano davvero dure a morire.
Yuri sospirò
pesantemente affondando maggiormente la testa nel cuscino, troppe cose gli
stavano arrovellando il cervello per trovare una risposta.
«Io…non so cosa
dirti» un mormorio scostante diretto al soffitto, incapace di guardarlo in
faccia.
«Oliviér!»
Il ragazzo in
questione allontanò il volto da quello dell’ex campione del mondo il cui alito,
un puzzo d’alcool misto al forte odore di caffè, gli aveva fatto salire la
nasua. Per non parlare del fastidio provato all’accento sbagliato sul suo nome
e alla “r” pronunciata similmente al rumore di una motosega.
«Ne khoodshi Oliviér!1» due braccia
protese a stringere forte il francese in un abbraccio fra le lacrime.
«Pour tous les poissons
de la Seine2, Takao cosa stai facendo?!»
«Non ti chiedi
piuttosto cosa stia dicendo?»
«Parbleu3 Raplh! Cosa vuoi me ne importi? Toglimelo di dosso!»
Ivan lucidò per
la ventesima volta lo stesso boccale ignorando Takao cascato giù dallo sgabello
e Olivier sbraitante andato via a passo di marcia seguito da un reticente Ralph
che in gesto di scuse – per la presa da combattimento con cui l’aveva
schiantato– aveva aggiustato la giacca del giapponese inerme sul pavimento
prima di sparire a sua volta. Posizionò infine il bicchiere sulla pila nel
mobile afferrando con gesti meccanici il successivo dal lavello.
Non c’era
assolutamente nulla di diverso dalle solite azzuffate nel locale, anzi, lì
sicuramente non sarebbero saltate fuori delle pistole.
«Oh sì! Ancora!
Ancora!»
«Ora te lo faccio
vedere io!»
Ivan arrestò lo
strofinaccio sollevando lo sguardo quasi per essere veramente certo che le
parole fossero fraintendibili, per l’appunto, solo a parole.
Lo strillo
allegro e l’incitamento di Kiki erano rivolti non alle scene malate da lui
inizialmente supposte che ora non gli davano tregua nella mente procurandogli
brividi di ribrezzo, bensì alla strampalata gara messa in atto con Lai.
Ovviamente,
dopo un pranzo chilometrico e una dose massiccia di alcolici in circolo, era
logico gareggiare per chi resistesse più a lungo nella verticale.
Ivan rimproverò
duramente sé stesso per la sua malsana idea di invitare tutti loro nell’angolo
bar, gli affari suoi poteva pure farseli e godersi la festa.
Mosso da uno
spirito compassionevole, consigliò ai folli atleti di darsi una calmata e
tornare seduti ma fu bellamente ignorato. Pertanto, si limitò a scrollare le
spalle noncurante nello stesso momento in cui Lai fuggì via per la verticale
andata male seguita da una rovinosa caduta in cui lo stomaco scombussolato
aveva reclamato un bagno tutto per sé.
Lui ci aveva provato a fermarli.
«Ehi Ivan-cha!
Ehi! Ehi!» attirato dalla voce giocosa si sporse oltre il bancone, Takao ancora
sul pavimento con un’espressione ebete continuava a chiamarlo sbracciandosi come
un pargoletto nella culla.
«Dimmi Takao»
«Ehi Ivan-chan!»
«Dimmi. Takao»
«Eh-»
«Dillo di nuovo
e ti farò del male»
Takao sporse il
labbro tremolante rizzandosi istantaneamente in piedi, le mani prontamente
afferrate in quelle del russo costretto a star sulle punte per il trascinamento
imprevisto. Takao lo aveva attirato a sé incurante del largo bancone in mezzo.
Ivan sospirò
afflitto, doveva restare calmo, non poteva mutilare e ferire gravemente un
ubriaco innocuo non in grado di difendersi.
Maledetta deformazione
professionale.
«Ivan-chan tu mi vuoi bene?»
«Lasciami
andare e ne riparleremo»
«Quindi non mi
vuoi bene?! Perché?! Cosa ti ho fatto?!» le lacrime sgorgarono copiose dagli
occhi nocciola lasciando Ivan più confuso che mai, solitamente gli ubriachi con
cui aveva a che fare non lo conoscevano al punto da dargli tutta quella
confidenza.
«Takao, calm-»
«CONQUISTERÒ
TUTTI I BIT POWER DEL MONDO!» le mani batterono con ferocia sul bancone, la
zazzera castana si scostò dagli occhiali per l’impeto della risata sguainata
mentre il bicchiere ormai vuoto rotolò giù dal bancone frantumandosi.
Ivan
sopprimendo il colpo al cuore per l’urlo inaspettato osservò ad occhi
spalancati la brutta copia di Manabu ormai in completo delirio di onnipotenza.
Il giovane tecnico in un miscuglio di frasi sconnesse continuava a farneticare
piani di conquista del mondo elencando quintali di dati sui bit power di cui
probabilmente solo lui era a conoscenza.
«Quattrocchi
hai preso la Vorkite?» domandò titubante ritrovandosi
Takao mezzo seduto sul bancone e avvinghiato a lui come fosse un’ancora di
salvezza.
«Il mondo sarà
mio! Tutto in mio potere!» la saliva fu sputacchiata qua e là per l’enfasi
mentre le gambe traballanti si issarono sullo sgabello per parlare a una platea
inesistente.
«Ehi prof, tu
mi vuoi bene?»
«Kinomiya
pianatala con questa domanda! E tu moscerino non sei capace nemmeno di averlo
un bit power, figurati conquistare il mondo!»
«Questo lo dici
tu!» gli occhi iniettati di sangue si avvicinarono improvvisamente verso il
russo «Ho studiato per anni le mosse di insignificanti pazzoidi che hanno
tentato questo progetto giungendo a realizzare il piano perfetto! Tremate, il
vero signore e padrone degli animali sacri è appena arrivato!»
«No, tu hai
semplicemente bevuto troppo» ribeccò il russo spingendo lontano il volto
dell’uomo vaneggiante, cercando al contempo di staccarsi di dosso l’altra
piovra.
«Miscredente!!
Ti pentirai amaramente delle tue parole, quando governerò il mondo ti chiuderò
nelle segrete!»
«Cambia solfa,
quelle sono come una seconda casa e Vorkov minacciava in maniera più
convincente» rispose beffardamente piantando il gomito nel collo di Takao per
tenerlo un minimo a distanza dalla sua faccia.
«Ivan-chan mi fai male!»
«Smettila di
chiamarmi in quel dannato modo!»
«Addio misere
formiche, vi schiaccerò dopo aver radunato il mio esercito!» la risata
grottesca risuonò fra le mura del salone, Manabu con le braccia distese verso
il cielo percorse freneticamente la distanza che lo separava dal corridoio
diretto ad una destinazione ignota per tutti gli altri.
«Dove diavolo
stai andando razza di deficiente?!» il russo non riuscì a fermare il pazzoide
in fuga poiché ancora bloccato da Takao nell’abbraccio stritolatore che iniziò
pericolosamente a fargli perdere la pazienza.
«Ehi Ivan-chan, mi vuoi bene?»
«Cazzo
Kinomiya, piantala!» urlò ormai al limite della sopportazione mollando due
colpi secchi all’altezza dell’ultima costola del giapponese che istintivamente
fu costretto a lasciare la presa, ma il sospiro di sollievo ebbe durata molto
breve «DAICHI MOLLA QUELLA BOTTIGLIA!»
Svuotato di
tutta l’aria dai polmoni per il grido disumano, Ivan si fiondò verso il ragazzo
dai capelli rossi rannicchiato a poca distanza da lui al di sotto del bancone,
precisamente accanto agli sportelli dove erano conservate ancora le bottiglie
inscatolate, di cui una appena trafugata. Daichi scosse la testa e a causa
della forte quantità d’alcool in circolo espresse il suo dissenso ridendo come
uno sciocco, scivolando di faccia a terra nel maldestro tentativo di rimettersi
in piedi.
Ivan gli fu
subito addosso, ma a differenza della lucidità svanita, la forza al ragazzo non
mancava di certo.
Iniziarono un
tira e molla che li vide rotolare sul pavimento, fra urli confusi e strepiti
accusatori vari in cui agli urti con i mobili in più di un’occasione Ivan aveva
dovuto afferrare al volo qualcosa in caduta libera per evitare che si
sfracellasse al suolo. Ben presto divenuta una lotta per la sopravvivenza i
colpi assestati da ambo le parti non mancarono, fra cui la gomitata nello
stomaco di Ivan e il pugno in pieno volto a Daichi, finché non fu proprio il
primo a prevalere grazie all’equilibrio dell’altro ormai inesistente.
Ivan storse la
bocca al sapore ferroso del sangue a rissa ultimata evitando accuratamente di
lasciare i polsi della sua preda inchiodati sul pavimento. Era riuscito a
bloccarlo a pancia giù issandosi sopra di lui e per quanto la suddetta
posizione risultasse a lui stesso molto ambigua non era intenzionato a ripetere
nuovamente un combattimento. Se avesse lasciato anche solo una delle braccia
quella scimmia impazzita si sarebbe liberata.
«Ora, molla
quella bottiglia» ordinò in un ringhio accentuando la presa per convincere
Daichi a lasciare finalmente l’oggetto incriminato.
Il rossino però
non l’ascoltò minimamente ne provò dolore a causa della soglia di tolleranza
estesa per via dell’alcool, cercò piuttosto di liberarsi scalciando nel
tentativo di colpire con le gambe la schiena del russo ma la costituzione del
suo corpo gli ricordò ben presto che non possedeva l’elasticità muscolare di
Raul. Afflitto e convinto di essere finito prigioniero nelle mani di un membro
di una banda criminale iniziò ad urlare in cerca di aiuto provando ancora una
volta a rotolare su sé stesso senza raggiungere alcun risultato soddisfacente.
«La vuoi
piantare di urlare?!» sbraitò a sua volta Ivan per sovrastare le urla mentre
Takao dondolava nell’angolino vicino al divano in una sorta di trans «Per dio,
sembra che stiamo facendo chissà cosa se continui in questo modo!»
«Non mi avrai
mai! Non mi piacciono gli uomini! Aiuto! Takao, aiutami!»
«Avere cosa?!
Che diavolo ti passa per la testa?! Io voglio solo che posi la bottiglia!»
«Ivan-chan mi ha tradito…» esordi sconsolato Takao asciugandosi
gli occhi.
«Ohi, io non ho
tradito nessuno!» sbottò esasperato guardando verso il giapponese che non lo
degnò di uno sguardo ma rinunciò ad ulteriori ed inutili spiegazioni inveendo
contro l’altro che aveva provato a sollevarsi con il bacino «E tu qua sotto
smettila di far sembrare il tutto un porno squallido di infima categoria!
Lascia la vodka!»
«Per tutti i
numi cosa sta succedendo qui dentro?!»
L’urlo adirato
femminile provenne dal corridoio, Ivan alzò di scatto la testa nell’esatto
istante in cui la signora Kazuko entrò nel soggiorno.
Daichi continuò
a urlare, Takao a piangere adagiato allo schienale di stoffa e Ivan, l’unico
ancora dotato di lucidità, si ritrovò a pregare interiormente che la donna non
si facesse un’idea drasticamente sbagliata della sua persona. Il completo
formale sgualcito e l’aspetto selvaggio dopo la rissa non andavano a suo
favore.
La signora
restò ammutolita ad osservare il russo a sua volta, concentrata prima sul
ragazzo disteso, poi su quello seduto cavalcioni.
Daichi provò a
chiedere di nuovo aiuto ma Ivan allungò una gamba calpestandogli la mano e
lasciando fuoriuscire un altro grido.
«Signora, la
prego di lasciarmi spie-» le parole del russo vennero bruscamente interrotte da
un urletto stridulo.
«Tu! Devi solo
stare zitto!» la donna si portò una mano sul cuore mentre con l’altra
tremolante additò il presunto colpevole di quella situazione, incapace di
articolare una frase compiuta tra la rabbia e il disgusto che trasparirono
chiaramente «Maleducati…gioventù senza ritegno…farlo qui, nel soggiorno della
casa della mia bambina. Voi…voi dovreste solo vergognarvi!»
La
controbattuta studiata da Ivan restò inespressa, il colorito della donna
svanito velocemente pose in risalto due occhi color cioccolato improvvisamente
vacui.
Il russo in uno
slanciò fulmineo si precipitò ad afferrare la donna prima che ella sbattesse in
terra, abbandonando l’ubriaco impazzito e ritrovandosi a dover sorreggere un
peso morto fra le braccia.
«Signora!
Signora la prego si svegli, non è il momento di dormire! Se qualcuno ci vedesse
in questo momento io rischierei una denuncia per molestie sessuali, ho già la
fedina penale non proprio pulita, non mi sembra il caso di ampliarla» un
sottile velo di panico lasciò la bocca di Ivan che a malapena riusciva a
sorreggere la donna decisamente più alta di lui, esitò un istante prima di
afferrarla al meglio attorno alla vita trovandosi così il volto femmineo
adagiato sulla spalla « Lei non se ne rende conto ma non è esattamente un peso
piuma…cavolo, questo non avrei dovuto dirlo, forse è un bene che non mi
senta…no, no, ma che sto dicendo?! Signora apra gli occhi! Takao, razza di
pelandrone vieni ad aiutarmi!»
Non ricevendo
risposta girò faticosamente sui talloni trascinando a fatica la donna
nell’azione, il panico crescente nell’appurare di essere stato completamente
abbandonato dal giapponese e dagli altri due della squadra cinese che non si
vedevano da nessuna parte al contrario di Daichi che saltellava sul divano
bevendo e rovesciandosi addosso gran parte del contenuto della bottiglia di
vodka.
«Scimmia mal
riuscita vieni ad aiutarmi anziché pensare a tracannarti!»
«Ivan… il mondo
gira! Lo sapevi?» rispose allegro l’altro roteando tra un saltello e l’altro,
la risata gioiosa esplosa all’ennesimo sorso che portò l’alcool rovesciato in
giro e sulla stoffa candida del divano.
«Slaboumnyy4» sputò tra i
denti Ivan spostandosi a fatica, l’estremità inferiore del kimono della donna
strusciato per terra nell’impresa.
Daichi continuò
a urlare frasi senza il minimo senso saltando da un divano all’altro, sul
tavolino, su una delle poltrone lasciando orme evidenti di terra sul bianco
perlaceo che ricordarono ad Ivan il gioco della lava che i bambini facevano
all’orfanotrofio. Il russo urlò al ragazzo di placarsi e di pulire il divano o
per lo meno di lasciare una zona libera in cui adagiare il corpo inerme fra le
sue braccia ma ciò che ottenne fu solo una considerazione su quanto costassero
i funghi nei supermercati a differenza della facilità con cui si trovavano nei
boschi dietro casa sua. In sintesi, una considerazione che ad Ivan non
importava minimamente e la cui risposta non fu certo garbata nell’allusione al
dove sarebbero finiti i funghi se non l’avesse aiutato.
Daichi se ne
infischiò di tutte le possibili minacce iniziando il suo nuovissimo e personalissimo
gioco: afferrare i pendenti del lampadario.
Ivan si appuntò
mentalmente di farla pagare al ragazzo continuando a trascinare il corpo della
signora che iniziava a chiedersi seriamente se fosse ancora viva data la
mancanza di respiro sul suo collo. Era prossimo ad una vera e propria crisi di
nervi per l’ennesimo urlo di Daichi tornato mentalmente bambino e per la musica
esterna alzata a tutto volume quando le sue preghiere sembrarono essere state
finalmente ascoltate. Di sfuggita, nei pressi della finestra aperta, una chioma
bionda familiare era appena passata.
«Sergej! Sergej
ho bisogno di aiuto!»
Ivan soltanto
al terzo urlo riuscì a sovrastare il caos richiamando alla finestra del
pianterreno l’amico dubbioso che fece capolino mano nella mano con la moglie,
entrambi esterrefatti davanti alla stravagante scena in corso all’interno
dell’abitazione.
«Ivan, in nome
del cielo! Cosa sta succedendo qui dentro?!» esclamò scioccata la donna mentre
il marito in un balzo felino senza pensarci ulteriormente scavalcava il
davanzale per andare a soccorrere l’altro russo «E cos’altro è successo a
quella povera donna?!»
«Oh, Nataliya
non guardarmi in quel modo! Non è stata colpa mia…non direttamente almeno!»
scoppiò inacidito arretrando di un passo e restando in equilibrio per puro
miracolo sul pavimento bagnato, sarebbe caduto sicuramente se Sergej non gli
avesse tolto di dosso il gravoso peso della signora.
«Non credo la
signora sia svenuta per una sciocchezza…Voi due cosa credete di fare?!
Immediatamente giù!»
Dimitrij e Anja
abbandonarono il loro tentativo di afferrare con i piccoli balzi il bordo del
davanzale della finestra, giocandosi invano la carta degli occhi da cuccioli
bastonati che con la loro mamma non riuscivano mai a far prevalere.
«Ma mamma,
volevamo vedere anche noi cosa fosse successo» rispose la vocina morbida del
bambino mentre la sorellina gli dava manforte annuendo vigorosamente.
«La suocera
dello zio Kei si è sentita poco bene, non c’è nulla da guardare e voi non
dovete arrampicarvi alla finestra, chiaro?»
«Però papà l’ha
fatto! Hai sempre detto che non dovevamo prendere esempio solo dallo zio Boris
e dallo zio Ivan!» si lamentò il bambino sporgendo
il labbro inferiore.
«Dimitrij ha
ragione!» continuò la bambina nel medesimo tono «Lo hai detto tu di imitare
papà o lo zio Yuri, tranne quando lo zio inizia a tramare qualcosa sorridendo
in modo pauroso da solo!»
«Vero, ma in
questo caso la regola non vale, anche papà mi sentirà» ribatté perentoria
ponendo fine alle successive rimostranze dei due con una tecnica che funzionava
sempre «Se continuate a fare i capricci non vi faccio avere il gelato»
Anja spalancò
la bocca richiudendola offesa in un broncio buffo prima di sedersi sul prato
seguita poco dopo dal fratellino, Nataliya sospirò tornando a porre
l’attenzione all’interno dove qualcosa in vetro era appena andato in frantumi.
Daichi all’ennesimo balzo non aveva trovato la giusta aderenza scivolando dal
tavolino e sbattendo la testa contro il bracciolo del divano fracassando la
bottiglia nella caduta, Sergej aveva annuito titubante al consiglio di Ivan di
lasciar perdere l’infortunato mentre spostava il tappeto lontano dal disastro
sul pavimento. Avrebbe ignorato sicuramente quel pazzo ubriaco se il suo stesso
amico non avesse volontariamente prelevato il tappeto e di conseguenza spostato
il tavolo, nell’esatto momento in cui Daichi ci stava per saltare sopra.
Alcuni dei
cuscini furono gettati sul tappeto su cui ben presto fu adagiato il corpo
inerte della signora Kazuko.
«Allora, io
mando il messaggio al marito e poi ce la diamo a gambe» disse concitatamente il
più basso scrollando la rubrica del telefono, appuntandosi mentalmente la
violazione della privacy fra le possibili denunce mentre digitava
freneticamente sullo schermo «“Mi sono sentita poco bene e sono entrata in
casa, raggiungimi nel soggiorno”….Come
pensi lo chiami? Amore? Tesoro?»
«Cosa vuoi che
ne sappia io!» ribatté scocciato il biondo mentre controllava per scrupolo il
battito cardiaco della donna.
«Sei tu quello
sposato tra i due!»
«Non vedo
questo cosa centri, scrivi quello che ti pare e andiamocene da qui! Non voglio
essere coinvolto ulteriormente»
«Sei inutile
Ser» schioccò insofferente volgendosi poi verso la finestra e urlando più del
dovuto «Nataliya! Come preferisce chiamarti Sergej nei messaggini che ti scrive
ogni tanto? Amore o tesoro?»
La donna li
guardò scettica incrociando le braccia sul petto, la stavano prendendo in giro
con una domanda simile in quel momento?
«Il più delle
volte nessuno dei due, in alcuni casi amore mio, perché?» la testa
inclinata incapiente all’occhiata furente del marito che aveva assunto una
tonalità rosea.
Ivan ridacchiò
malizioso evitando il pugno del suo amico mentre completava il messaggio e
abbandonava il cellulare sullo stomaco della donna, un invito frenetico con le
braccia per invitare l’altro a darsi velocemente alla fuga.
Raggiunsero a
grandi falcate la finestra venendo bloccati nel loro tentativo da uno sguardo
gelido della donna che aveva spalancato le braccia ostruendo loro l’uscita.
«Non ci pensate
minimamente, usate la porta, non siete dei topi d’appartamento»
«Nataliya si
tratta di una questione di vita o di morte, fai un’eccezione»
«La mia invece
è una questione d’educazione per i miei figli» ripeté più duramente indicando
imperiosa la porta presente nella stanza «Già col colpo di testa di Sergej si sono
messi in testa di scavalcare la finestra, non gli darete un altro cattivo
esempio. Vi conviene muovervi se non volete essere beccati qui dentro»
«Ora capisco
perché con Yuri non ha funzionato, siete praticamente identici» borbottò aspro
in una smorfia procurandosi un’occhiataccia dalla donna e la mano di Sergej
premuta repentinamente sulla sua bocca mentre lo trascinava via verso la loro
via di fuga.
I due russi
riuscirono ad uscire incolumi dall’abitazione solo grazie alla rientranza nel
pilastro del corridoio dove poterono nascondersi quando il marito della donna
corse verso di loro in direzione opposta. Premuti l’uno contro l’altro
nell’angusto spazio i due si erano chiesti esattamente in quale momento della
giornata quel matrimonio avesse preso una piega sbagliata.
Yuri
imperterrito continuò a battere ritmicamente le dita racchiuso nel suo ostinato
silenzio.
Dopo la sua ammissione
di confusione, Boris aveva riproposto la stessa domanda un paio di volte, segno
inequivocabile della sua convinzione di trovarsi a combattere una bugia che non
era più disposto ad accettare. Se lo era aspettato quell’attacco, sapeva che
alla minima occasione in cui sarebbero stati soli l’amico non avrebbe perso
tempo a fargli il terzo grado e lui gli aveva servito l’occasione su un piatto
d’oro anziché d’argento.
«Vorrà dire che
ti racconterò una storia nell’attesa di una risposta» la lingua di Boris crepitò
d’un tratto senza lasciare intendere alcuna intonazione emozionale precisa, un
leggero spostamento del peso sul materasso per sistemarsi al meglio e voltare
completamente la testa verso l’amico disteso accanto.
La fase di
studio era appena cominciata.
«Tanto tempo
fa, in una città dell’est dove la neve sostituiva il sole più volta all’anno,
in un putrido e fatiscente vicolo due orfanelli di cinque anni si incontrarono.
Il più basso dai capelli fiammeggianti ebbe l’ardire di provare a rubare i soldi
dell’altro facendosi molto male. Sai, testardo com’era il bambinetto continuò a
provarci finché non si ritrovò rannicchiato dolorante accanto a un bidone»
Yuri si morse l’interno guancia fin troppo consapevole di non star
ascoltando una favola qualunque, il loro primo incontro era difficile da
dimenticare e veniva tirato fuori ogni qual volta Boris voleva rinfacciargli
qualcosa o ricordargli che non era una persona qualunque messa in squadra da
Vorkov. Il sotterfugio della terza persona era la pratica prediletta per
intavolare discussioni spinose con lui o per confonderlo dal vero obiettivo
prendendole alla larga e infine attaccare.
«Il più grande,
nonostante si fosse fatto il culo per fregare quel portafoglio ad un
vecchiaccio distratto decise comunque di condividere il piccolo gruzzoletto
raccolto e lo so che ti starai chiedendo: “Perché?” Molto semplicemente, lo
strambo ragazzino gracilino inaspettatamente aveva deciso di condividere il
cappotto di due taglie più grande quando aveva visto l’altro tremare per il
freddo. Sai, i normali incontri dei bambini» una smorfia tirata e la mano
sventolata nell’aria d’accompagnamento a quelle parole che non stavano
ricevendo alcuna interruzione «Da quel giorno sono passati ventitré anni, quei
mocciosi non sono morti come presupponevano le persone che con commiserazione
li vedevano correre per strada. Sono sopravvissuti persino ad un campo
d’addestramento per soldatini privi di emozioni mascherato da struttura
religiosa, hanno condiviso tutto eppure… nonostante si conoscano da una vita,
il moccioso testardo è diventato un uomo testardo, si rifiuta ancora di
esternare i suoi problemi»
Yuri non si
mosse di un millimetro al termine del racconto che lasciò udibile solo la
musichetta esterna tornata ad un repertorio soave, quel giorno non aveva la
minima voglia di assecondare quel trucchetto. La sua mente era diventata un
labirinto in cui nemmeno lui era più in grado di identificare l’uscita.
«Forse
quell’uomo non ha davvero nulla da dire» rispose in un soffio limitandosi ad un
leggero sbuffo.
«No, no, non
contraddire il narratore! Ti stai sbagliando, il protagonista della mia storia
vuole solo far credere di star bene ma in realtà il coprotagonista sa che il
suo amico tace soltanto per non sembrare debole…come se il coprotagonista
potesse davvero pensare una cosa del genere!» una breve pausa necessaria per
calibrare al meglio le successive parole con la consapevolezza di star
addentrandosi in un terreno pericoloso «La fiammella ambulante ha sempre avuto
il gran brutto difetto di soffrire da solo senza coinvolgere chi gli stava
accanto e voleva solo il suo bene. Lui ha sempre fatto finta che tutto filasse
liscio davanti agli altri… anche davanti al suo migliore amico»
Boris
assottigliò gli occhi alla leggera contrazione delle dita, ogni volta che
doveva estorcere quattro parole a Yuri si sentiva sempre il generale di una
squadra d’assalto che doveva prima redigere un piano perfetto e inattaccabile
affinché non fallisse. Era una sfida logorante avere a che fare con quel lato
caratteriale.
La prima volta
che aveva affrontato il tasto dolente riferito al peperino spagnolo il tutto si
era concluso con un completo fallimento e una poco velata intimazione di farsi
gli affaracci propri, rendendo ben esplicito il concetto di non riaprire mai
più l’argomento. Lui l’aveva assecondato, ignorando anche diverse piccolezze
nel corso degli anni solo per il rispetto che nutriva nei suoi confronti ma
quel giorno non era disposto a farlo, non avrebbe lasciato il suo amico ottuso
in balia delle sue stupide ed errate convinzioni.
«Accidenti, ho
creato proprio un personaggio contorto» continuò imperterrito con una sfumatura
ironica «Sai che persino da bambino aveva questo difetto del cavolo di volersi
tenere tutto dentro?»
«Boris,
piantala» un freddo ammonimento per intimare il silenzio che dalla controparte
venne preso come un invito a continuare.
Prima fase:
attacca dove il tuo avversario è più debole.
«Dicevo, il
moccioso non versava mai una lacrima davanti agli altri ma passava notti intere
a piangere silenziosamente nel bagno credendo che il suo amico, nonché compagno
di stanza, dormisse» il russo si interruppe momentaneamente all’improvvisa
tensione dei muscoli di Yuri trovandosi ad osservare due iridi cerulee sbarrate
e puntate verso di lui, avrebbe fatto i conti con i suoi sensi di colpa in un
prossimo futuro.
«Tu…lo sapevi?»
domandò debolmente scombussolato da quella rivelazione a così lunga distanza.
Boris si limitò
ad annuire tenendo per sé la vera risposta, nonostante il suo piano si era
comunque imposto un limite, non gli avrebbe rinfacciato il suo non essere per
nulla silenzioso in quelle occasioni e i conseguenti abbracci in cui lo avvolgeva
quando crollava addormentato esausto.
Seconda fase:
impedisci una via di fuga.
Al primo
accenno di movimento allungò il braccio più lontano sul busto del moscovita,
puntellato su un gomito esercitò una maggior pressione in corrispondenza dello
stomaco per evitare si allontanasse. Dall’occhiataccia di sfida ricevuta,
l’atto non era stato ben gradito soprattutto se correlato alla difficoltà di
scrollarsi un peso muscolare decisamente superiore al proprio.
Yuri osservò
contrariato l’avambraccio premuto sul suo sterno, era praticamente trattenuto
con la forza e odiava quando Boris si impuntava in quel modo per forzarlo a
parlare a tutti i costi.
Terza fase:
colpisci il centro della questione.
«Quante
interruzioni…Come stavo dicendo, lui ha questo brutto vizio. Abbiamo vinto con
non poca fatica un mondiale a cui abbiamo dedicato interamente noi stessi e lui
che ha fatto una volta tornati a casa? Anziché festeggiare per il grande smacco
dato a Vorkov, ha iniziato a giare afflitto come un’anima in pena a tutte le
ore del giorno neanche gli avessero ucciso il gatto, rifilandoci continui “sto
bene” come se fossimo veramente cretini» il risentimento per quei ricordi
velatamente celato, un’accusa verso un comportamento che più volte aveva messo
a dura prova i nervi del russo «Si è gettato a capofitto nel lavoro illudendosi
di trovare una soluzione ai suoi problemi, lo ha fatto con semplici lavoretti e
poi nella gestione a tempo pieno dell’orfanotrofio…ha potuto ingannare gli
altri con la scusa di numerosi impegni ogni qual volta voleva restare da solo,
ma non il sottoscritto»
A Yuri la piega
assunta del discorso non piacque, proprio per quel motivo decise di
concentrarsi sulla parte più futile dimenticando a sue spese quanto Boris
potesse risultare manipolatore con le sue chiacchiere apparentemente
superflue.
«Boris, non
abbiamo mai avuto un gatto»
«Infatti, da
dieci anni a questa parte a te non manca un gatto ma Julia»
Quarta fase:
attendi una reazione.
Boris attese in
allerta un qualunque segno alle sue dure parole, non era un mistero la sua poca
mancanza di tatto ma era consapevole di aver impresso più aggressività del
dovuto nel suo attacco. Non c’era peggior sordo di quello che non voleva
sentire e lui era stanco di girare intorno al vero problema. In realtà, era
stanco anche di avere sempre ragione nelle risposte trite e ritrite che il
russo gli rifilava quando si parlava di lei.
«Ti sbagli»
sputò acido la sua vittima in un ringhio, il volto scostato nervosamente per
guardare il soffitto «Te l’ho ripetuto decine di volte, tra me e Julia non c’è
stato nulla di quello che credi, il nostro rapporto non ha mai avuto una
definizione corretta. D’accordo, nelle ultime due settimane del campionato mi è
capitato di baciarla e portarla a letto ma è finita lì. Si è trattato solo
di pura attrazione fisica»
Yuri non ebbe
il tempo di elaborare correttamente quanto il suo scudo orgoglioso si fosse
innalzato, Boris dopo aver rinunciato a mantenerlo fermo con uno strattone
fulmineo aveva afferrato il suo polso sinistro trascinandolo nel mezzo della
loro lotta di sguardi. Le gambe incrociate per mantenersi sopraelevato rispetto
a lui mentre aggirava facilmente l’istantaneo tentativo di resistenza riuscendo
a sbottonare il polsino della camicia.
Il sottile
braccialetto portafortuna in stoffa rosso e verde, sfilacciato in alcuni punti
dal tempo, fece capolino sulla pelle lattea.
«Yuri mi hai
rotto le scatole con le tue continue bugie» sibilò feroce serrando le dita in
una morsa d’acciaio che nella migliore delle ipotesi avrebbe lasciato il segno
per svariati minuti «Smettila di inventare balle e caccia le palle o vuoi
passare tutta la vita a nasconderti dietro inutili scuse?! Se fosse davvero
come dici, se Julia è stata davvero tanto “insignificante” nella tua
vita, allora perché cavolo non lo hai tagliato?! E non prendermi per il culo
con un’altra delle tue omissioni, ti ho visto più di una volta rimuginare per
ore con le forbici sul bracciale, ti sarebbe bastato un attimo per eliminarlo»
Il divincolarsi
cessò lasciando solo due pupille dilatate atterrite.
Yuri incassò
dolorosamente la pesante consapevolezza di non essere stato realmente solo in
quegli attimi di debolezza. Avrebbe preferito continuare a restare all’oscuro
di tutto quello che Boris volente o nolente aveva appreso negli anni, il suo
amico impiccione sembrava essere sempre nel posto e nel momento sbagliato
quando le cose lo riguardavano personalmente, almeno dal suo punto di vista,
come il giorno in cui il braccialetto gli era stato regalato.
La mattina della
sfida della quarta tappa, quella contro la squadra Bega, per evitare alcuni dei
disguidi dei giorni precedenti Sergej e Ivan erano usciti dagli spogliatoi per
prendere una boccata d’aria, Kei si era dato alla macchia all’interno dello
stadio mentre Boris dopo diversi attimi in un silenzio opprimente aveva optato
per andare nel bagno a sciacquarsi il viso, ed era stato proprio in quel
momento che Julia era piombata inaspettatamente negli spogliatoi.
Dato il
diverbio della sera precedente era rimasto disorientato davanti alla parlantina
spensierata della ragazza, destabilizzato al punto da essere incapace di
fermare la sua raffica di parole per informarla di non essere soli come
credeva. Julia aveva accantonato ogni possibile sentimento negativo nei suoi confronti
allacciandogli senza preavviso e con immotivata gioia il braccialetto, un gesto
scaramantico per augurargli buona fortuna in quella sfida per lui molto
importante.
Il tocco
bollente delle mani di Julia strette attorno alla sua l’aveva ridestato dal
limbo d’insensibilità.
«Solitamente
auguro in bocca al lupo ma… nel tuo caso, ecco, non mi sembrava molto
appropriato!»
Non poté fare a
meno di perdersi nei ricordi di quegli attimi.
Nella risata
parzialmente imbarazzata e nel gesticolare frenetico seguito alla strampalata
ammissione mentre gli spiegava che quel tipo di bracciale era in grado di
portare fortuna ed esaudire i desideri solo se regalato con il cuore, nella
leggera fossetta formata all’angolo della bocca come ogni qual volta lei
sorrideva per smorzare un silenzio impacciato o provocarlo ulteriormente, nella
repentina fuga dopo l’ultima frase detta tanto per gioco che lui invece non
aveva mai dimenticato.
«Mi raccomando,
il desiderio si realizza solo se ci credi fermamente!» un attimo di tentennamento
prima di chiudere la porta alle sue spalle, le guance arrossate intraviste in
un battito di ciglia «Se proprio non credi in queste “sciocchezze” puoi sempre
conservarlo per ricordati di me solo guardandolo!»
Boris era
uscito dal bagno dopo la scomparsa di Julia squadrandolo senza dire nulla, le
provocazioni e le velate allusioni erano iniziate soltanto il giorno seguente.
Il ragazzo dai
capelli rossi ritornò nel presente alla successiva affermazione infastidita per
la mancata risposta.
«Chi hai
voluto…anzi, chi stai ancora cercando di convincere definendo il tuo
attaccamento per Julia solamente fisico? Me oppure te?» la
contrazione marcata sui due pronomi fu enfatizzata dal polso ancora
intrappolato usato come freccia per indicare i soggetti in questione.
Yuri appiattì
la schiena sul materasso in mancanza di utili alternative per sfuggire
all’analisi inquisitoria, lo sguardo rivolto nella direzione opposta
all’avvoltoio che stava impiegando tutto il suo impegno per non farlo sentire a
proprio agio. Gettò il braccio libero sulla testa per celarsi alla vista,
sbattendolo frustrato lungo il fianco pochi secondi dopo.
«Tagliarlo
significava dimenticarla definitivamente» esclamò ad un tratto liberando tutta
l’aria precedentemente trattenuta, forzando le sue corde vocali per una
confessione troppo a lungo taciuta «Dovresti saperlo…avrei dovuto capirlo io
stesso, non sono mai stato capace di sbarazzarmi completamente dei ricordi del
passato, belli o brutti che fossero. La dottoressa Sokolova,
quella bisbetica che ci ha seguito dopo il crollo della Borg, tra i tanti
disturbi di cui secondo lei ero affetto uno potrebbe averlo centrato: il
morboso attaccamento al passato»
«Mh, sai che non ho mai preso sul serio il ciarlare di
quella psicologa. Non mi fido dei giudizi di una tizia con cui sono stato
costretto a parlare per meno di ottanta ore, preferisco affidarmi a quello che
vedo. Tu sei attaccato al passato ma non come ha voluto fartelo credere lei, lo
fai per portare rancore o perché non vuoi dimenticare i momenti in cui sei
stato finalmente bene»
«Non vedo molta
differenza con quello che ho detto io»
«C’è invece,
conservare un bracciale per dieci anni non è avere un attaccamento morboso al
passato» ribatté piatto inchiodando lo sguardo dell’altro «È malsano osservarlo
ogni santo giorno con aria malinconica rimpiangendo scelte non fatte, tu puoi
ancora salvarti. Sei giusto nel mezzo, ti perdi nel ricordo di Julia a periodi
alterni»
«Dovrebbe
essere un consiglio?»
«No, un ordine
ad alzare il culo e ad approfittare della chance fornita da questo matrimonio
per sistemare una volta per tutte questa situazione»
Yuri inarcò un
sopracciglio per quella presa di posizione, raramente Boris si impuntava a
quella maniera nei suoi confronti, men che meno lo faceva con quel tono
imperioso che tante volte aveva invece adottato lui. Si era rammollito al tal
punto che Boris non si poneva più il problema di scavalcarlo?
No, era
semplicemente la schiettezza che tanto adorava e detestava.
«Sistemare cosa
esattamente? Me la sono portata a letto senza poi rivolgerle più la parola per
dieci anni, l’ho praticamente usata e tu credi che lei sia rimasta lì ad
aspettarmi?» sbuffò contrariato dai suoi stessi pensieri parlando a ruota
libera «Potrei aver affascinato quella ragazza strana che continua a chiedere
di me ad Ivan ogni weekend ma non Julia, lei non è il
tipo di persona che accetta di essere usata rimanendo a disposizione per anni.
Sono io il problema, io che per una stupida battutina detta scherzando
sono cascato in pieno in qualcosa che non mi appartiene!»
Boris non lo
interruppe, a labbra serrate aspettava solo il continuo di quello sfogo che in
verità non si era nemmeno aspettato di riuscire realmente a ottenere.
«Ho provato in
tutti i modi a convincermi fosse la decisione giusta dimenticarla, mi sono
autoconvinto di esserci usati a vicenda anche se so benissimo di averle fatto
del male, il tutto per eliminare dalla mia testa ogni singolo suo ricordo» il
rosso si morse invano le labbra nel tentativo di arginare quell’inusuale piena
di parole, la voce piegata in una nota afflitta che rare volete aveva lasciato
trasparire «Ho cancellato tutto dalla mia mente, o almeno così credevo finché
non l’ho incontrata stamattina… D’altronde come potevo pensare di raggiungere
lo scopo senza aver trovato il coraggio di bruciare un misero pezzo di stoffa?
Sono uno stupido illuso»
«Sei uno
stupido innamorato» fu la schietta e laconica constatazione.
La risposta
piccata del rosso fu prontamente bloccata dalla mano di Boris volata a
tappargli la bocca, nel mugugno soffocato la ginocchiata di rimostranza per
poco non centrò il bersaglio innescando una lotta corpo a copro che finì per
scompigliare ulteriormente quanto poco era rimasto dello
stato ordinato del letto. Boris roteò gli occhi esasperato per
quell’eccessiva reazione, non era il tipo da girarci intorno ed erano affaracci
del suo amico se non voleva fare i conti con le scomode verità, il suo compito
era solo fargliele notare. Per ovvie necessità dell’organismo, a causa della
mancanza d’ossigeno Yuri fu il primo a rallentare finendo incastrato nel punto
di partenza con Boris seduto sullo sterno, le dita allargate quel tanto per
farlo respirare.
«Ah che schifo, sono tutto sudato adesso. Questa è l’ultima
volta che provo a farti capire qualcosa in estate, ricordami di riprovarci al
di sotto dei dieci gradi» ammise disgustato scrollandosi la camicia attaccatasi
addosso, abbassando poi lo sguardo sull’occhiata furibonda che sostenne senza
problemi «Sei tu che non mi fai parlare liberamente, non lamentarti se dobbiamo
ricorrere a questi metodi estremi. Onestamente, sono la persona meno indicata
per fare simili discorsi e penso che al mio posto sarebbe stata più adatta
Nataliya ma questo passa l’ex monastero, accontentati. Non ho la benché
minima idea di cosa sia l’amore o come tu debba comportarti, sono cose che
nessuno ci ha correttamente insegnato, ma sono sicuro quando dico che sei uno
stupido innamorato. Hai guardato Julia nello stesso identico modo in cui Sergej
si imbambola con Nataliya…e sto facendo uno sforzo anche io a parlarne quindi
smettila di mordermi!»
I canini
smisero di perforare la pelle al rimprovero infastidito per lasciar udire
parzialmente il suono ovattato ostruito dalla mano, un augurio simile
all’invito di andare a quel paese senza mai fare ritorno.
«Bravo piccolo Woffy…AHIA! Cosa tiri pugni allo stomaco dopo tutto quello
che ho mangiato?!» proruppe indolenzito Boris bloccando almeno il braccio
incriminato sul cuscino, maledicendosi per non aver pensato di farlo prima «Non
so girarci intorno quindi sarò diretto, sono serio quando ti chiedo di non
commettere gli stessi errori di dieci anni fa. Sei Yuri Ivanov no? Quando mai
ti sei arreso per qualcosa? Ho visto il modo in cui hai guardato Julia durante
il suo spettacolo, ho visto i tuoi occhi e i tuoi gesti mentre ballavate
insieme, ho visto come ridevi abbracciato a lei… e fattelo dire, sei stato un
emerito cretino a credere che allontanarla fosse la scelta più giusta.
Evidentemente non ti sei mai visto allo specchio d’allora e tanto meno lo hai
fatto nelle ultime ventiquattro ore per accorgerti della luce che ti si è
accesa negli occhi da quando l’hai rivista, una scintilla che mi ha ricordato
cosa mancasse al mio fastidioso fratello: la vera felicità. Cavolo! Dopo
nemmeno una giornata insieme hai perfino fatto lo spiritoso bussando a una
porta inesistente!»
Yuri fu libero
di muovere gli arti superiori e di respirare normalmente ma sembrò non
rendersene conto appieno, troppo sconcertato per la preoccupazione e per la
finale irritazione lasciata trasparire dal suo amico nel suo chilometrico
discorso. C’era qualcosa di enormemente in sbagliato in tutta quella situazione
e in cima sicuramente si trovava quell’insolita parlantina, quanto doveva
essere stato cieco ed egoista per spingere Boris a esplodere in quel modo?
La fonte di
quei pensieri soffiò seccato non distogliendo lo sguardo dagli occhi azzurri
spiazzati che iniziava a dubitare lo stessero realmente fissando.
«Yu ti conosco
più di quanto tu sia disposto ad ammettere e credo di aver capito il perché tu
ti sia allontanato da Julia» proseguì ammorbidendo il tono di voce senza
eliminare totalmente la sottile irritazione «Ma, per quanto ti capisca mi viene
voglia di prendere la tua testa e sbatterla contro il muro per vedere se non
sia soltanto vuota, perché non è assecondando le tue paure che sarai in pace
con te stesso. Sei stato tu a dire a Sergej di lasciarsi andare con Nataliya,
per una volta smetti di predicare bene e razzolare male, ascolta i tuoi stessi
consigli senza comportar-»
«Senza
comportarmi da codardo, lo so»
Yuri terminò la
frase senza batter ciglio, almeno quel punto nella sua testa era ormai
abbastanza chiaro dopo averci rimuginato dalla notte precedente.
«Oh, meno male
che te lo sei detto da solo così non tenterai di uccidermi»
«Boris, te lo
hanno mai detto che sei una fastidiosa spina nel fianco?» domandò apatico il
rosso colpendo la spalla dell’altro ancora comodamente intento a schiacciarlo.
«Sì, me lo
ripeti continuamente» il sorriso insolente venne sfoggiato con una discreta
dose d’orgoglio.
«Non ti
sopporto»
«L’insofferenza
è reciproca»
«Pensavo aveste
rimontato almeno la porta»
I due
sussultarono per la sorpresa alla terza voce sopraggiunta, ponendo fine alla
loro bislacca dimostrazione d’affetto
Kei fermo sulla
soglia fissava con occhi vacui il vano vuoto dell’ingresso, due ametiste sempre
più grandi man mano che si addentrava all’interno e recepiva l’ammontare di
danni dell’intera camera da letto. Evidentemente la sua ansia del mattino non
gli aveva dato il giusto spazio per analizzare quanto fosse successo, al di là
del vetraio e del lavoro extra di pulizia per gli inservienti, aveva idea che i
graffi lasciati dagli artigli degli uccellini non sarebbero andati via
facilmente dal legno.
Avevano deciso
di adottare i volatili per addestrarli e sostituire il loro postino distratto?
«Cosa fai qui?»
La domanda di
Boris cadde nel nulla cosmico. Il novello sposo contò mentalmente fino a dieci
per non aggredire i suoi ospiti, lasciando momentaneamente perdere la questione
“danni in casa Hiwatari” per il forte mal di testa. L’indomani avrebbe
lasciato loro il foglio con la somma del risarcimento.
Presa la porta
accantonata in un angolo l’adagiò davanti l’entrata giusto per dare la parvenza
fosse chiusa, dirigendosi spedito verso il centro della stanza senza
pronunciarsi in alcun modo. Aveva quasi aggirato il letto quando l’immagine
catturata di sfuggita lo portò ad arretrare su suoi passi per osservare
attentamente la stramba posizione dei due.
Cosa ci faceva
Boris cavalcioni su Yuri?
«Me lo chiedo
da anni» domandò titubante ignorando la sottile vocina razionale della sua
testa che lo invitava a restare nell’ignoranza «Avete una relazione intima?»
I chiamati in
causa lo fissarono in silenzio sbattendo gli occhi perplessi per qualche
secondo e se Yuri inizialmente sembrò intenzionato a parlare saggiamente per
chiarire l’equivoco, l’altro non fu dello stesso avviso.
«OH SI!» Boris
urlò all’improvviso gettandosi addosso al suo ex capitano «Non ti sei mai
accorto delle nostre notti passionali durante il mondiale?»
Kei rievocò a
disagio il frammento di una delle tappe in cui per l’errata prenotazione da
parte di Daitenji si erano ritrovati con due letti in meno nella stanza, per
dormire avevano dovuto unire quelli a disposizione creandone uno gigante. Sperò
vivamente che non avessero fatto nulla, nel prossimo futuro voleva dormire
sonni tranquilli.
«Hiwatari, la
nostra passione è così prorompente che quando il desiderio ci assale proprio
non riusciamo a contenerci e tu ci hai interrotto proprio sul più bello»
Il moscovita
sorrise malizioso passandosi la lingua sulle labbra trattenendosi dal ridere,
sorprendentemente retto nel gioco da Yuri che anziché gettarlo di sotto come
aveva supposto si era invece sollevato con lui osservando provocatorio la
vittima designata.
«L’hai sentito Boriushka, la nostra è un’attrazione fatele,
basta guardare come è ridotta questa stanza per capirlo» gli occhi cerulei
scintillarono pericolosamente al sussurro sensuale ma la lingua protratta per
sfiorare l’orecchio di Boris non resse il confronto con il colore defluito dal
volto di Kei.
Yuri abbandonò
la sua serietà sbattendo divertito la testa sulla spalla dell’altro russo che
non credeva di poter veramente rendere credibile una simile beffa.
«Hiwatari
rirendi colore, stiamo scherzando»
«Vi siete
rincretiniti nel corso degli anni» commentò inacidito eludendo il letto e
gettandosi a peso morto sul lato rimasto libero, aggiungendo in un soffio
sofferente per le tempie pulsanti «Almeno sono sicuro di non star interrompendo
nulla»
Boris tornò
civilmente disteso sulla schiena, lo sguardo alternato dalla sua destra alla
sua sinistra ascoltando solo il brusio esterno della festa.
Finiva con un
uno e ne arrivava un altro, lo avevano preso per lo psicologo del giorno?
«Quindi non sei
geloso?»
«No»
«Oh, certo»
Nataliya annui
energicamente continuando a sghignazzare, suo marito seguitava a negare ma
stranamente dopo le numerose scuse accampate era lì a ballare con lei. Superato
il negligente atto di lasciare una povera donna svenuta sul pavimento e
considerata la cattiva fama accumulata sulle loro teste dai membri del loro
gruppo, per eludere un qualsivoglia coinvolgimento nel caos del soggiorno erano
tornati a godersi la festa come se nulla fosse successo.
Perlomeno
quello era il pensiero della donna, Sergej avrebbe preferito sedersi alla sua
tavola senza destreggiarsi in alcuna movenza ma l’inglese aveva cacciato un
coraggio inaspettato chiedendo a Nataliya di ballare. Consapevole che la moglie
avrebbe accettato solo per fargli un dispetto aveva interrotto la proposta
d’invito tossicchiando alle spalle di Andrew.
L’ultima
canzone adatta ad un ballo di coppia terminò dando inizio a melodie più
movimentante, con gli sposi che avevano abbandonato la festa Ming Ming trovava inutile continuare la sua performance e ne
aveva approfittato per fare una pausa lasciando piena libertà al suo dj
nell’assecondare le richieste degli ospiti.
Sergej propose
a Nataliya di tornare a sedersi, non mancando di linciare con un’occhiataccia
il pretendente della sua donna quando gli passò accanto. La russa ridacchiò fra
sé abbassandosi ad aggiustare i capelli della sua bambina una volta
avvicinatasi a Ivan intento a chiacchierare con Max e Ralph.
Sergej si
riempì il calice affogando nel vino il suo nervosismo, contemplando i posti
vuoti attorno a lui.
«Dov’è finito
Yuri?»
I due bambini
si scambiarono un’occhiatina complice prima di alludere a qualcosa che venne
solamente sussurrato, scoppiando a ridere e correndo via a giocare ignorando le
domande del padre e la conseguente scrollata incapiente della madre.
«Hilary lo ha
praticamente supplicato di star dietro a Boris quando lo hai allontanato»
rispose annoiato Ivan interrompendo le sue chiacchiere, lanciando sguardi
circospetti qua e là alla ricerca dei coniugi Tachibana non trovandone ancora
nessuna traccia.
Sergej non seppe
se esserne contento o meno, Boris non avrebbe combinato casini ma Yuri dopo lo
scherzetto della spinta addosso alla madrilena poteva pure pensare di ucciderlo
indisturbato.
«Rick come on,
join us!» il biondino si sbracciò dalla sua posizione
attirando l’americano e lo spagnolo ancora con lui.
«Max, non ho
ancora capito di cosa ti fai per essere sempre così allegro»
«Siamo a un
matrimonio Rick, bisogna divertirsi!»
«Vallo a dire
alla suocera di Hiwatari…» rispose l’altro americano con una smorfia tirando via
la sedia e accasciandosi fiaccamente «Hilary è corsa come una furia dentro la
casa per l’ennesimo danno, a quanto pare la mamma ha sorpreso due uomini in
atteggiamenti piuttosto spinti e focosi nel soggiorno»
Ivan
giocherellò con le posate fingendo di non ascoltare mentre Sergej si concentrò
sul cellulare.
Nataliya calciò
sotto al tavolo la gamba del più piccolo alla ricerca di spiegazioni, nel suo
precedente racconto non era stata menzionata nessuna situazione incresciosa.
Data la
compagnia il russo optò per risponderle disegnando i caratteri cirillici sulla
tovaglia, in apparenti e casuali movimenti col cucchiaio.
“Non sono gay,
è la donna che inventa cose”
«Siamo arrivati
a questi livelli? Non posso crederci» sospirò annichilito il tedesco ricevendo
un cenno d’assenso dal gruppetto, alcuni più coinvolti di altri.
«Con tutte le
stanze a disposizione»
«Rick, this is not
a good suggestion»
«Mi chiedo chi
sia tanto irresponsabile da fare questo al matrimonio di Kei» aggiunse pensieroso
Raul prestando poca attenzione al sudore che imperlava la fronte di un certo
russo.
«Ora che ci
penso, Ivan non c’eri tu con Takao, Daichi e i cinesi nel soggiorno?»
«No. Li ho
abbandonati lì poco dopo che sei andato via!»
Ralph non
sembrò far caso al tono frenetico della risposta.
Ivan aveva
totalmente dimenticato che se il suo nome fosse uscito non se la sarebbe di
certo passata bene, fraintendimento o meno aveva consumato sbadatamente più
alcolici del previsto senza il permesso del proprietario.
«CHE LA FESTA
ABBIA INIZIO!»
All’urlo
seguito dal rullo di tamburi tutti si voltarono sconcertati verso il centro
della pista dove Takao ormai privo di ogni freno inibitore e della giacca aveva
afferrato sottobraccio uno stranamente euforico Manabu dando il via a un
girotondo saltellante totalmente scoordinato. Nessuna delle note della canzone
venne centrata dal canto a squarciagola dei due che sovrastarono la voce
registrata del cantante incuranti di essere al centro dell’attenzione.
«Cosa accidenti
è preso a quei due?!» domandò faticosamente Rick ai ragazzi accanto a lui
ottenendo una reazione peculiare solo dal tedesco che aveva improvvisamente
guardato accusatorio Ivan a sua volta abbassatosi di scatto sotto il tavolo con
la scusa di raccogliere le posate che tutti gli avevano visto buttare a terra.
«Oh santo
cielo!»
Hilary schizzò
accanto a loro urlando ripetutamente come una litania quella frase in un
crescendo di disperazione, le mani portate nei capelli con il rischio di
smontare definitivamente l’intricato groviglio raccolto sulla testa. Diretta
imperterrita verso il tavolo della Bega dove i posti degli spagnoli erano
momentaneamente occupati dai suoi testimoni, quasi travolse il presidente
Daitenji nella sua corsa sbiascicando frettolose scuse.
Il vecchietto
arzillo rimessosi in piedi stabilmente indicò sorridente con il bastone la
pista da ballo completamente vuota ad eccezione dei due scalmanati, senza
scomporsi minimante per quella baraonda.
«Hitoshi, dovresti prendere un po’ della spensieratezza di
tuo fratello»
L’interpellato
si coprì il volto con la mano al limite dell’imbarazzo, gli uomini e le donne
d’affari dell’azienda non erano ragazzi abituati alle scemenze di Takao tanto
da non prestarci attenzione, lo stavano giudicando silenziosamente. Avrebbe
tanto voluto restare anonimo senza dover divulgare il suo grado di parentela ma
Daitenji mezzo sordo per il frastuono aveva alzato il tono più del dovuto.
Hilary giunta
trafelata al tavolo non riuscì a porre la domanda sperata.
Scombussolata
dall’ennesime lamentele della madre sull’indecenza dei suoi amici – a tal
proposito, avrebbe strangolato Ivan e Daichi alla prima occasione – il fondo
che pensava di aver toccato venne superato dal nuovo colpo di genio di Takao.
Il suo migliore amico stanco del girotondo aveva cessato le deliranti piroette
decidendo di guidare il professor Kappa in movenze non del tutto adeguate ad un
ballo da matrimonio.
Hilary appurò
con certezza la cattiva influenza esercitata da Amsterdam sulla stabilità già
precaria del nipponico, perseverando la sua osservazione scioccata sull’allegro
Brooklyn che era l’unico ad apprezzare la danza con tanto di battimani.
Garland le fece
segno di ignorare il ragazzo dai capelli arancioni imbarazzandosi al posto
dell’amico, quell’innocenza infantile era eccessivamente disarmante alle volte
tanto da diventare uno scomodo problema. Era certo che il fanatico della natura
non notasse alcuna stranezza in quella situazione.
«Hilary,
dovresti averci ormai fatto l’abitudine con Takao»
La ragazza si
riscosse dal suo avvilimento interiore al commento di Mystel,
riacquistando parte del suo temperamento impetuoso.
«Appunto! Takao
ormai è irrecuperabile, mi preoccupo della dignità del professor Kappa! Ha una
posizione di rilievo alla BBA quasi quanto il presidente!» le mani sbattute
ferocemente sulla tovaglia fecero segnalare al ragazzo la propria ritirata con
un’alzata di braccia «Con quale coraggio dovrebbe tornare a
lavoro dopo un tale spettacolo?!»
Mystel preferì non
intervenire più riprendendo a fare giochetti illusionistici con le carte alla
piccola Lin.
La sposa per
nulla soddisfatta – e ancor più inviperita per l’essere stata ignorata
nonostante lo avesse praticamente imposto – rivolse l’attenzione ai suoi
testimoni nel misero il tentativo di placare la sua agitazione.
«Perché Takao
si sta strusciando addosso a Manabu?!»
«Ivan ha
invitato quei due e Daichi a bere insieme, a giudicare dal risultato sarà stato
qualcosa di fin troppo alcolico» rispose Mao laconicamente indicando il tavolo
della sua ex squadra dove proprio tali membri erano accasciati «Gli altri
idioti che si son fatti abbindolare sono lì, tranne Lai, lui è a vomitare da
qualche parte. Gli unici sani di mente sono stati Olivier e Ralph»
«Perché Kei non
ha fermato questo scempio?!» chiese sempre più isterica guardandosi intorno
alla ricerca del marito, cosa alquanto difficile date le luci soffuse.
«Tuo marito è
sparito dieci minuti fa» si voltò verso Garland alla ricerca di maggior
precisazioni, almeno sul dove si fosse cacciato «Probabilmente era venuto a
cercarti dato che non accennavi a tornare, mi spiace non so aiutarti
ulteriormente»
«PROF, STAI
RUOTANDO COME DRAGOON!»
Con la paura
nel cuore Hilary seguì la direzione dell’urlo euforico non sapendo più che
espressione assumere.
Manabu era
stato fatto accomodare su una sedia da ufficio – rubata in qualche angolo della
casa – che ora ruotava da una parte all’altra come una trottola spinta da Takao
in preda ad un ebete risata. La giapponese prevedeva di lì a poco un risultato
simile allo stato di Lai.
Nella camera al
secondo piano la musica esterna passò in sordina.
I tre ragazzi
non accennavano a volersi alzare dal letto su cui erano ancora distesi,
bypassando automaticamente ogni suono ritenuto superfluo.
Boris annoiato
picchiettò il braccio di Yuri nella muta di richiesta di farsi passare la
bottiglietta d’acqua situata sul comodino, il ragazzo lo assecondò scuotendo la
testa divertito comprendendo appieno le malsane intenzioni senza però fermarle.
Quelle
distrazioni lo aiutavano a ragionare meglio su quello che avrebbe dovuto fare
con Julia, senza sfociare in risvolti negativi.
Boris svitò la
bottiglia ostruendone il buco in modo tale che uscissero solo poche gocce dai
piccoli spazi, brandendola sul novello sposo in maniera non dissimile da un
sacerdote col turibolo che sparge l’incenso durante le benedizioni.
«Caro figliolo,
esterna i tuoi peccati!»
Kei maledicendo
in più lingue aprì gli occhi colto alla sprovvista.
La bottiglia fu
afferrata e scagliata in terra con malagrazia e l’intero contenuto schizzato
inevitabilmente sulla carta da parati rovinò i contorni della decorazione.
«Senti a me, a
fine giornata abbatti direttamente la stanza»
Yuri cercò di
non mostrare esplicitamente il suo divertimento al commento dell’amico con cui
stava attualmente dividendo il cuscino, compativa in parte Kei e il misero
desiderio di voler restare lì in santa pace per qualche minuto ma non era colpa
sua se il mezzo nipponico aveva dimenticato quanto inesistente fosse la parola “pace”
alla presenza di Boris.
«Andiamo
Hiwatari, cosa ti turba? Dillo al dottor Boris Kuznetsov, psicologo
professionista, laureato in nottata presso l’Università Kuznestov»
Kei aveva
scelto quella stanza consapevole che nessuno sarebbe andato a cercarlo dove
potesse stare in compagnia, ma negli incontri sporadici annuali non si era
accorto di quanto il moscovita fosse diventato loquace e petulante. Quasi lo
preferiva nella versione robot assassino dove spiccicava due parole.
Si voltò
lentamente verso di lui corrugando la fronte per sottolineare lo scetticismo,
ponendo con acidità la successiva domanda.
«Tu, uno
psicologo professionista?»
«Sì», Boris
prese una breve pausa e alzando gli occhi al cielo continuò onnisciente «Dopo
anni ed anni a stretto contatto con “soggetti problematici” si potrebbe
dire che io abbia ottenuto oramai la laurea ad honoris causa in "individuazione
e recupero soggetti depressi durante le feste"»
Boris si colpì
fieramente il petto parando per tempo una gomitata diretta al suo sterno,
l’allusione iniziale ovviamente non era andata giù a Yuri.
«Sono disposto
ad aiutare anche te e mi sento magnanimo, ti faccio risparmiare i 6940 rubli5 perché è la
prima seduta»
«Cosa affligge
Ivanov per farlo cadere così in basso tanto da chiederti aiuto?»
«Che centra
Yuri? Io non l’ho nominato»
«Lui si è
tradito da solo provando a colpirti»
«Mi dispiace ma
non posso né negare né asserire codesta costatazione. Violerei il giuramento
del segreto professionale»
«Io vi ricordo
che sono qui e vi sento» proferì seccato il moscovita ignorando il presunto
psicologo con la mano ancora al petto, immedesimato nel ruolo di protettore
della privacy che non gli si addiceva per nulla.
Prima
dell’arrivo del terzo incomodo, Boris aveva praticamente confessato di spiarlo
nell’ombra da tutta una vita.
«Visto che mi
senti, come mai così pensieroso?»
«Problemi miei»
Kei abbandonò
ogni suo interesse nel recupero di ore di sonno perdute all’udire l’irritazione
nella voce di Yuri. Passare troppo tempo con Takao lo aveva rovinato, risentiva
fortemente degli effetti collaterali sulla sua vena curiosa che in passato il
suo carattere era riuscito a mascherare tenendola a bada ma che in anni recenti
si accendeva con troppa facilità prevalendo.
«Problemi di
che genere? Personali? Amicizia? Lavoro? Economici?» lo aveva chiesto con fare
annoiato, tanto per fare conversazione ma dalla sua angolazione con Boris di
mezzo non era in grado di vedere alcuna reazione e tantomeno stava ricevendo
risposte soddisfacenti.
Yuri si era
rinchiuso nel proprio ostinato silenzio.
Kei sperava
vivamente non avessero problemi con i fondi destinati all’ ex monastero, aveva
detto loro di chiamarlo senza remore nel caso fosse successo ma era piuttosto
consapevole della reticenza di Yuri nel chiedere aiuto. Pensando al russo era
certo che Yuri fosse capacissimo di lasciarsi morire anziché abbassarsi a
chiamarlo per chiedere soccorso, ma se c’era di mezzo l’orfanotrofio era sicuro
che l’orgoglio sarebbe stato messo da parte per tenerlo aggiornato.
Se si rifiutava
di dire alcunché doveva essere qualcosa di molto riservato e personale. Violare
la sfera privata di Ivanov era più complicato della ricerca di un ago in un
pagliaio, con il diretto interessato non avrebbe avuto speranze di cavarne un
ragno dal buco nemmeno provandoci per i secoli avvenire.
Accompagnato
dal ticchettio della sveglia decise di puntare il tutto per tutto rivolgendo la
domanda a Boris.
«Problemi d’amore?»
Boris imprecò
mentalmente per l’esser stato messo in mezzo, in quel momento in tutti i sensi.
Indossata la sua miglior faccia da poker era deciso a mandar fuori strada e far
smettere Kei con le sue domande, però ebbe giusto il tempo di aprire la bocca
senza aggiungere un singolo suono.
Si ritrovò ad
annaspare alla ricerca d’aria a causa del dolore acuto allo stomaco dove un
cazzotto proveniente dalla sua sinistra era atterrato, in un singulto sommesso
e rannicchiato in posizione fetale a fatica si voltò proprio verso Yuri che
stava esaminando incredulo la sua mano ancora serrata.
«Yu, sei completamente
impazzito?! Tra morsi, gomitate, pugni, mi hai preso per il tuo punchball personale?!» domandò tra l’alterato e il
dolorante tenendo le mani premute sulla parte lesa, le palpebre strizzate come
reazione involontaria «Alle volte sei un’idiota incredibile, tu e il tuo schifo
di poca fiducia nei miei confronti! Dovresti saperlo benissimo che non direi
mai i fatti tuoi!»
Nella loro vita
si erano picchiati a vicenda tre volte contate di cui l’ultima all’aeroporto
qualche giorno prima, gli altri combattimenti comprendevano quei colpi di
ammonimento che non volevano far male tranne il pugno appena ricevuto, in
quello l’intenzione di colpire c’era stata eccome.
Per la seconda
volta quel giorno, Boris avvertì lo scoppio della quarta rissa sempre più
imminente.
Yuri riscossosi
stentò a credere a quanto appena fatto, non era da lui essere così istintivo ma
l’idea di Kei informato della sua questione con Julia lo aveva fatto scattare
come una molla portandolo a colpire la persona che l’aveva aiutato.
«Non era mia
intenzione, scusami» bisbigliò rammaricato e probabilmente fu proprio
l’ammissione repentina dello sbaglio a salvare l’atmosfera precaria.
Kei ignorò il
resto della conversazione dei russi intenti a discutere sottovoce piuttosto
sorpreso dal controllo di Yuri venuto meno nuovamente nel giro di pochissimi
minuti. Non era nell’indole del russo tradirsi in quel modo, l’unica
spiegazione possibile era l’aver colto nel segno il problema che lo tediava ma
gli risultò difficile gioire appieno della scoperta ripensando al nitido
ricordo di quel mattino.
Se in un primo
momento aveva sorvolato sulla faccenda, ora il tutto veniva visto sotto una
luce decisamente diversa.
Yuri era
rimasto chiuso tutta la notte in cucina con la sua aria afflitta, all’alba
Hilary era entrata proprio in quella stanza uscendone a mani vuote dopo un bel
po’ di tempo restando sola soletta con lui a fare chissà cosa. Se a ciò aggiungeva
il russo tediato dalle pene d’amore che non voleva fargli conoscere a tutti
costi e Boris che in quel momento continuava a insistere di saper mantenere i
segreti, il tutto lo portava ad un’unica conclusione.
Boris smise di
parlare al suo amico quando il peso sul materasso alle sue spalle venne meno,
voltatosi sulla schiena trovò Kei messosi seduto con le mani strette a pugno
sui pantaloni eleganti.
Kei con
lentezza esasperante si era girato a fissare Yuri con un’espressione inferocita
simile ad un toro pronto a scaraventarsi contro un drappo rosso, lo spaventoso
ringhio sommesso era reso quasi blando dagli occhi ridotti a due fessure colmi
d’istinto omicida.
«Ivanov. Cosa
hai fatto stamattina per venticinque minuti e trenta secondi da solo con Hilary
in cucina?»
«Hiwatari cosa
stai blaterando?»
«Eh?» si lasciò
sfuggire Boris strofinandosi stranito l’orecchio per assicurarsi di aver
sentito bene.
Si voltò verso
Yuri immerso nella sua completa maschera impassibile constatando
simultaneamente l’espressione contraria di Kei che dava l’idea di una bomba ad
orologeria con il conto alla rovescia innescato, lui non si sentiva
perfettamente sicuro al centro della contesa.
Tornò a
rivolgersi a sinistra dove l’unico segno di vita erano gli occhi azzurri
leggermente contratti, esaminando poi la sua destra dove i denti serrati
sguainati apparvero più pericolosi nella visione dal basso.
Boris
fermandosi nel mezzo iniziò seriamente a preoccuparsi di quel silenzio, da una
parte aveva un’espressione sempre più indecifrabile mentre dall’altra una
pazienza oltre il normale limite. Cessò il suo movimento alterno, una mano
gradualmente spostata sulla faccia mentre rifletteva su cosa avesse mai fatto
di male nella via per ritrovarsi in quelle situazioni stravaganti, perché per
lui non c’era nulla di normale in una lotta silenziosa ad un matrimonio fra
l’innamorato incompreso preda di tortuose turbe amorose e il maritino geloso
che prendeva fischi per fiaschi.
Hiwatari, non
hai capito un cazzo.
Fu con
quell’ultimo pensiero nella testa che non riuscì più a trattenersi scoppiando a
ridere a crepapelle.
Yuri non
abbandonò la sua maschera di ghiaccio nemmeno all’improvvisa partenza per la
tangente dell’amico accanto a lui, Boris in preda alle convulsioni aveva
persino iniziato a rotolare tra i suoi sospiri strozzati mentre asciugava
maldestramente le lacrime.
Il moscovita
invidiò quell’indole umoristica, lui contrariamente era impegnato a chiedersi
che razza di film mentali potesse arrivare a farsi Hiwatari.
Boris gesticolò
alla ricerca di ossigeno sopraffatto dai crampi alla pancia, non ricordando di
aver mai riso così tanto in vita sua, goffamente si sedette tra le belle
statuine, mantenendo il ventre nel vano tentativo di riacquistare la sua
serietà.
Yuri con
movimenti lenti fece leva sulla mano per mettersi seduto, il gioco di sguardi
era stato interrotto dalla stazza poco invisibile di Boris e per quanto i
rapporti con Hiwatari fossero burrascosi non voleva dicerto vedere il
matrimonio mandato all’aria per un malinteso.
Senza troppi
complimenti, con una leggera e decisa spinta rispedì Boris nuovamente disteso
che incurante restò disperso nel suo personale giubilo.
Perché doveva
avere sempre ragione? In vacanza non doveva andarci.
Inarcò un
sopracciglio facendolo scattare al pari di un tic nervoso, parlando in quel
tono apatico e distaccato che non usava da un bel po’ di tempo.
«Non voglio
conoscere l’idea che la tua mente ha elaborato, ma io e tua moglie
abbiamo cercato una confezione nuova di valeriana» una leggera pausa, azzurro
contro ametista in una lotta inesistente «La stessa che ti ho offerto e da cui
spero tu abbia tratto beneficio. Dovresti esserne felice, sembrava essersi
totalmente finita»
Valeriana? Yuri
ma fai sul serio?
Boris fu solo
in grado di formulare mentalmente la frase incapace di proferir parola, perché
l’idea di suo fratello assuefatto dalle tisane aveva solo aumentato il gas
esilarante che ormai gli circolava nella testa.
«Ivanov inventa
una scusa più credibile»
«Non è una
bugia, puoi chiedere ad Hilary»
«Nella dispensa
c’era valeriana per un esercito, vorresti dirmi che te la sei finita tutta?»
«Non riuscivo a
prendere sonno. Problemi?»
Kei smise di
controbattere scrutandolo attentamente, la follia che gli aveva annebbiato il
cervello si era leggermene attenuata. Yuri era decisamente il tipo di persona
capace di mentire spudoratamente in faccia ma pensare che potesse rubargli la
donna la mattina del matrimonio…Doveva essere impazzito, e non era sposato
nemmeno da ventiquattro ore.
La mancanza di
sonno, ecco qual era la causa.
«Quindi non ti
interessa mia moglie?»
«No»
Yuri si
contorse internamente, sapeva quale sarebbe stata la prossima domanda: chi
ti interessa?
«Tecnicamente,
stando a quanto detto da Sergej non siete ancora sposati ufficialmente» Boris
tossicchiò riprendendo faticosamente il controllo «Lo sarete domani quando
firmerete il certificato, quindi Hilary è ancora una donna libera!»
«Tu pensi mai
prima di parlare?» chiese aspramente Kei spostando la sua attenzione sul
ragazzo in basso.
Boris sorrise
sornione, certo che ci pensava, il suo compito era aiutare il migliore amico in
ogni occasione e nessun’altra alternativa poteva battere il classico “cambio
discorso” per salvare qualcuno.
Hiwatari, ci
sei cascato come un allocco.
«ONE,TWO…ONE, TWO, THREE, FOUR!»
I tre rimasero
impietriti nelle loro posizioni, non tanto all’enunciazione del conteggio
urlata quanto più a cosa fu aggiunto negli attimi seguenti.
«Quello che
abbiamo sentito…» cominciò Yuri inebetito, due occhi sbarrati verso le ante del
balcone da cui filtravano luci colorate.
«…era il verso
di una gallina? Sì» terminò Boris per lui nella medesima espressione.
Contemporaneamente
tutti e tre si alzarono precipitandosi verso il balcone della camera che
affacciava perfettamente sulla zona della festa, primo fra tutti Kei che lo
aprì con foga trovandosi in mano la maniglia scagliata quasi con violenza in un
angolo della stanza.
Il paio di
passi sulle piastrelle esterne della balconata bastò a lasciarlo senza parole
dinanzi all’assordante musica da discoteca alzata oltre i limiti della
sensibilità acustica e caratterizzata dal verso di una gallina starnazzante.
Pensò di star
sognando, ma lo sconcerto di Yuri e Boris era fin troppo reale.
[Vi prego non giudicatemi per questo, ancora mi pento di
cosa ho creato ma per rendervi partecipi del delirio, vi linko la canzoncina
ascoltata da loro in sottofondo >.> = Link]
«Voglio morire»
Gianni
posizionò una sedia dietro Hilary giusto in tempo per non farla cadere a terra,
attirati dal frastuono erano accorsi quasi tutti attorno al tavolo dove si era
fermata la sposa provando sentimenti contrastanti che andavano dalla pietà alla
paura, dall’ilarità alla disperazione.
Julia sfilato
il tovagliolo dal suo tavolo aveva iniziato a sventolarlo freneticamente sul
volto della povera ragazza riconoscendone una certa somiglianza con la madre.
«Tesoro ti
senti bene?!» chiese preoccupata Nataliya accucciatasi accanto a Hilary.
La russa tastò il polso riscontrando dei battiti troppo frenetici per
qualcuno colpito da giramenti di testa e in mancanza di un misuratore per la
pressione dovette affidarsi al suo istinto ordinando agli astanti di fare
spazio lì attorno e a Mathilda di recuperare un bicchiere di acqua e zucchero.
Mariam incapace di muoversi si limitò a
lanciare un solo sguardo rammaricato alla sposa, il volto semi coperto per
evitare di guardare le stramberie a pochi passi da lei dove Takao aveva
superato ogni sua precedente figuraccia. Il nipponico con le mani sotto le
ascelle ondeggiava le braccia simulando lo sbatter d’ali di una gallina, girando
in tondo con le gambe dimenate nell’aria a mo’ di zampette.
Il peggio era l’aver raccolto compagnia.
«Mon Dieu»
«GAO! KIKI! VI
STATE RENDENDO RIDICOLI!» l’urlo di Mao passò inascoltato dal duo intento a
comporre un cerchio più esterno attorno al giapponese e al professor Kappa
incapace di intendere e di volere ancora lì in mezzo.
«Rick fa
qualcosa!»
«Emily, cosa
diavolo vuoi che faccia?!»
«Fermali con la
forza, tiragli una botta in testa!...Insomma, qualcosa!»
L’americano si
grattò la testa sconfitto.
Maledicendo lui
e il suo desiderio di assecondare la ragazza, prese la rincorsa muovendosi
velocemente dietro Takao per afferrarlo proprio come si farebbe con una gallina
correndo dietro di lui. Si slanciò in avanti per bloccarlo in contropiede senza
ottenere il successo sperato, il giapponese sgusciò via ricordandogli molto lo
strampalato uccellaccio del cartone animato che mandavano in onda nel suo
continente e non solo, lui era il coyote disadattato destinato a schiantarsi
perennemente.
L’unica
differenza lì era l’assenza di montagne sostituite dai tavoli, precisamente
quello degli Scudi Sacri contro cui finì di volata.
Emily corse da
lui seguita da Eddy mentre Max volle provare a placare la fonte dello scempio
situata alla console del dj dove il componente della band era stato allontanato
da Daichi e Lai.
«Giuro che
stanotte lo lascio! Ma che razza di figure!» sbraitò la cantante rannicchiata
per la vergona sul prato accanto a Garland che le elargiva pacche consolatorie
sulla testa mormorandole rassicurazioni.
«Ricordami di
non invitarli al nostro matrimonio» sussurrò impaurito Michelle accanto a
Mathilda tornata con il bicchiere d’acqua per la sposa.
«Sentite,
potete dire quello che volete ma… è esilarante!»
Micheal
contrariamente al resto delle persone vicine scoppiò a ridere seguito ben
presto anche da altri blader trascinati dalla risata contagiosa.
Hilary privata
di qualunque forza dalla crescente depressione non trovò la forza nemmeno per
insultare l’americano, limitandosi ad assecondare il poco celato ordine di
Nataliya di bere acqua e zucchero.
Pensò persino
di aver ingerito delle droghe che causassero allucinazioni quando udì il suo
nome tra uno starnazzo e l’altro.
«E meno male
che ero io quello di cui si preoccupavano!»
Boris alzò le
spalle indifferente al rimprovero silenzioso di Yuri, la sua frecciatina
sarcastica era stata totalmente ignorata dal destinatario alla sua destra
altresì concentrato ad osservare con difficolta il paesaggio sottostante,
accecato continuamente dai faretti colorati in movimento e le luci
psichedeliche. Fu facile riconoscere le quattro persone intente a ballare ma
nettamente più difficile cercare di identificare i diversi invitati in quel
concitato andirivieni ostruito dalle tende di alcuni gazebi ancora coperti.
Kei strizzò gli
occhi per il bruciore distinguendo a malapena i contorni delle figure ogni qual
volta veniva colpito dalla forte luce, stentando a tener buoni i suoi istinti
omicidi tra i due ragazzi che non erano più suoi amici ma comari di paese.
«Almeno Rick ci
prova a fermarli» fu la distaccata considerazione di Yuri nell’estrema destra
del balcone.
«Ouch, quello fa male» aggiunse in una smorfia Boris allo
schianto dell’americano.
«Volete due
popcorn già che ci siete?!»
«Io li
accetterei volentieri»
Kei calciò
frustrato la ringhiera deviando verso il metallo all’ultimo secondo, colpire
Boris non era saggio nemmeno se lo mandava in escandescenza con quelle ridicole
risposte. Infatti, a completare il caotico quadro del giardino ci pensò proprio
il russo con le inutili disquisizioni su quale fosse il miglior snack in
circolazione.
«Kuznestov non
me ne frega un cazzo se sono meglio le patatine al formaggio o quelle al
pomodoro, chiaro?!»
«Rilassati,
volevo solo sdrammatizzare, dov’è il tuo autocontrollo?»
«Si è suicidato
a inizio giornata grazie a te»
«Oh, ma allora
è un vizio darmi la colpa»
Yuri stufo
delle liti infantili afferrò alle spalle il colletto della giacca di Kei
allontanandolo dal russo a cui intimò di far silenzio con il solo sguardo, lo
sposo seccato dall’essere trattato come un sacco di patate evitò di attaccare
una nuova discussione solo al pensiero del giardino completamente sfasciato.
Sporgendosi
oltre il balconcino riuscì finalmente a individuare sua moglie in mezzo a un
folto gruppo di persone, la chiamò a gran voce per attirare la sua attenzione
più volte venendo coperto dal frastuono.
«HILARY!» al
quarto tentativo riuscì smuoverla e al quinto a farle alzare lo sguardo.
«KEI!» la donna
ricambiò l’urlo alzandosi di scatto spostandosi da sotto l’intelaiatura
d’acciaio che impediva la visuale, pochi passi per trovarsi ad osservare
liberamente il balconcino seguita da una discreta processione
d’accompagnamento.
«I moderni
Romeo e Giulietta»
«Boris fa
silenzio!» sibilò minacciosamente Kei colpendo col dito il petto del russo ad
ogni singola parola.
«La tragedia di
Shakespeare vedeva Romeo in basso e Giulietta in alto»
«Yu non star
sempre a puntualizzare, goditi la battuta»
«Kei cosa ci
fai lì sopra?!» domandò Hilary per attirare nuovamente l’attenzione del suo
uomo visibilmente fuori dalle staffe.
«Perché ti sta
chiedendo se hai una scopa?» Boris si grattò la nuca con espressione confusa.
«Ma quale
scopa, mi ha chiesto cosa faccio qui sopra!» irritato oltremisura per
l’espressione rimasta confusa, Kei sbatté le mani sulla ringhiera riprendendo a
urlare verso il basso «Hilary questo ora non ha importanza, mi dici che diavolo
sta succedendo lì sotto?!»
«Si sono
ubriacati e c’è chi ha perso completamente il controllo!»
«Kei ha perso
il completo del nonno?... Di Hito?» il chiamato in
causa si premette le dita sulle tempie lasciando che fosse l’altro russo a dar
corda a quelle stupidaggini, con l’unico difetto di trovarsi in mezzo e non
poterli completamente ignorare «Il vecchiaccio è rimasto senza vestito? Non ha
senso»
«Boris dimmi
che non sei serio»
«Yu sei tu
quello con l’udito anormale, noi comuni mortali abbiamo dei limiti in questo
chiasso»
«Se prestassi
attenzione capiresti anche tu»
«Lupacchiotto
non ho le tue orecchie…perché ora parlano dello smarrimento di una corona?» il
discorso cambiò rotta agli stralici di parole recepiti nelle frasi sovrapposte,
l’ultima nota dubbiosa sostituita dalle braccia oscillate in avanti dopo aver
scostato Kei dalla balconata «No Hilary, devi stare tranquilla! Il tuo principe
è tale anche senza la corona!»
«Di quali corna
stai parlando Boris?!» la brunetta ad occhi sbarrati era prossima al completo
esaurimento.
Yuri si
schiaffò una mano sulla fronte ammirando e detestando al contempo quella innata
abilità di travisare tutto, arretrò di un passo agguantando il braccio
dell’amico e spostandolo indietro con lui per salvarlo da morte quasi certa.
«Boris per
favore non dire altro, la situazione è già un disastro così com’è» dichiarò
esasperato in un soffio, tendendosi poi verso le spalle di Kei per parlare al
suo orecchio «Credo che dovresti far smettere prima Daichi e Lai per sperare di
trovare una soluzione»
«Geniale Yuri,
credi non lo sapessi?!»
«Ma cosa stanno
confabulando quei tre?!»
Lo sbuffo
infastidito di Mariam venne accompagnato dal piede battuto ritmicamente per la
frustrazione, le stava venendo il torcicollo in quella posizione oltre ad un
crescente mal di testa per il martellare delle casse che nessuno sembrava saper
interrompere. Accanto a lei il sorriso tremolante di Sergej le suggerì che non
se la stava passando meglio, i due bambini fra le braccia continuavano a far
domande nella loro lingua natia ed anche se incomprensibili, non dovevano
essere proprio belle.
«Papà, gli zii
stanno facendo un nuovo gioco? Possiamo farlo anche noi tornati a casa?»
«Sì, usiamo la
terrazza dell’orfanotrofio! Io voglio essere la principessa!»
«Io ti vengo a
salvare e troviamo qualcuno che vuole essere un pollo gigante da dover
sconfiggere!»
«No bambini,
questo non potete farlo…no Anja, nemmeno lo strampalato balletto»
Sergej sentiva
il terrore scorrergli nelle vene al pensiero di mettere in scena una situazione
simile nella struttura piena di bambini scalmanati, sarebbe stato quasi
impossibile placarli e in seguito avrebbe dovuto trovare un rifugio molto
sicuro lontano dal suo amico dai capelli rossi. Decisamente c’erano troppi
svantaggi, in primo luogo non avrebbe mai permesso ai suoi figli di
ridicolizzarsi in quel modo e su quello non avrebbe di certo cambiato idea
nonostante la bambina avesse messo il broncio nel vano tentativo di
convincerlo. Sarebbe stato irremovibile su quel punto, ed era sicuro di non
essere il solo.
«Perché il tuo
maritino non scende a darci una mano?» il braccio di Andrew picchiettò la
spalla della donna in attesa di risposta.
Hilary non
rispose, avrebbe voluto porre la stessa domanda all’uomo ma la gola le bruciava
a furia di urlare a quella distanza e suo malgrado era impegnata a fulminare
con gli occhi il russo più piccolo senza riuscire minimamente a scombussolarlo,
il ragazzo era troppo impegnato a discutere con Nataliya ma non seppe dire su
cosa esattamente.
Il suo unico
pensiero era il desiderio di sfogare la furia crescente.
«MUEVE TU CULITO
HIWATARI! VIENI A FERMARE TAKAO E QUEST’ORDA DI PAZZI!»
Hilary dovette
coprirsi le orecchie all’urlo della spagnola ad un centimetro da lei.
Boris fischiò
esaltato.
Julia stava
sbraitando ben oltre l’essere incavolati, enfatizzando l’ordine col battito dei
piedi e un dito imperioso rivolto verso il basso mostrando che il coraggio di
emanare ordini a Kei non le mancava di certo, tanto la sete di sangue del
protettore della fenice l’aveva già attirata. L’uomo rimase interdetto a
osservarla e Boris nel frangente frastornato pensò seriamente che il neo sposino l’avrebbe uccisa in nottata, si ritrovò anche a
sperare che fosse in buona compagnia quando quel momento sarebbe giunto. Lui
non poteva permettere la morte di quella donna.
«Atteggiamento
dispotico, inclinazione a urlare al limite della pazienza, mani sui fianchi per
esaltare i suoi sproloqui…siete la coppia perfetta!» commentò gongolante stando
ben attento a farsi sentire solo da Yuri che lo incenerì tirandolo a sé per la
cravatta, ricordandogli in un grugnito minaccioso di trovarsi su un balcone con
diversi metri al di sotto.
«Anziché urlare
come una befana potevi provare a fermarli anche tu!»
Il grido
infastidito di Kei giunse finalmente in risposta portando la madrilena a
gonfiare le guance indispettita, Mao le fu immediatamente accanto insieme a
Raul per impedirle di usare il tubo di scolo come sostegno per scalare
l’edificio e arrivare al balcone.
«Julia calmati
per l’amor del cielo!» a nulla valsero i tentativi della cinese di calmarla.
Kei sbuffò
rumorosamente pensando seriamente ad un attentato verso la camera della
madrilena, supponeva fosse l’aura negativa della donna ad attirare disgrazie su
di lui dato che sua moglie aveva smesso di rispondere alle domande per quietare
proprio l’animo della vipera, come se non fossero sufficienti a fargli saltare
i nervi i due alle spalle. Yuri e Boris avevano colto l’attimo per aizzarsi
contro una qualunque ascia di guerra dall’ordine della pazza, iniziando a
litigare per qualche motivo recondito a lui sconosciuto e riuscire a cogliere
il nesso della discussione sussurrata era più che impossibile.
«Boris, impara
a tenere la bocca chiusa. Chiaro?»
«Ho solo detto
la verità, siete più simili di quanto credi»
«E questo
secondo te ti dà il diritto di sbandierarlo ai quattro venti?»
«Rilassati Yu,
non mi ha sentito nessuno a parte te!»
«Se continui a
parlare così a sproposito qualcuno lo farà!» strattonò la cravatta stringendola
sulla gola di Boris che riuscì miracolosamente a salvarsi per l’ira direzionata
improvvisamente altrove, uno sguardo arcigno rivolto interamente a Kei «A chi
ha dato della befana quest’altro?»
«Indovina un
po’?» fu la contro domanda provocatoria ghignante in attesa di reazione.
«Cobarde! Ven y dime aquí abajo! 6»
Hilary desiderò
ardentemente avere la stessa potenza delle corde vocali di Julia e dei muscoli
allenati ore al trapezio, la sua amica in uno scatto nevrotico si era slacciata
la scarpa scagliandola in aria e c’era mancato veramente poco non arrivasse sul
balcone, il tutto aveva intrapreso una piega scomoda.
Suo marito
aveva ormai perso l’autocontrollo che lo contraddistingueva.
Nessuno stava
più cercando di fermare il suo migliore amico danzante.
Sua madre
arrivata col padre sembrava intenzionata a chiamare la polizia.
Dietro di lei
sentiva sghignazzare alcuni degli invitati per quello spettacolo imprevisto.
Persino le sue
visioni catastrofiche pre-matrimonio erano più idilliache in confronto.
«Kei non si
tratta così una signorina!»
«Gianni fatti
gli affaracci tuoi!» Kei interruppe la sua frase sbattendo una mano sulla
ringhiera, urlando questa volta con i due ragazzi lì con lui che nel buio
scandagliato dalle luci si vedevano a tratti «Mi avete appena colpito nella
schiena?!»
Julia fermò il
prossimo urlo osservando il suo amato russo scuotere innocentemente la testa
insieme al compare con le mani alzate, era davvero un incidente o Yuri aveva
colpito Hiwatari per quell’offesa rivolta a lei? Probabilmente fantasticava
troppo.
Kei tornò a
rivolgersi in basso chiamando a gran voce il suo testimone per chiedergli di
aiutare Max nella lotta contro Daichi e Lai.
«Non ci credo…
lo hai colpito davvero!»
Boris, le
stelline sbrilluccicanti negli occhi, in un impeto di gioia afferrò il volto di
Yuri tenendolo saldamente per le guance osservandolo con lo stesso orgoglio con
cui un padre ammira gli sviluppi di crescita del figlio. Il suo discorso aveva
davvero sbloccato una porticina nascosta?
«Non so di cosa
stai parlando» il russo si divincolò sbuffando scocciato, braccia incrociate e
testa voltata dalla parte opposta.
«Certo» la “e”
venne allunga per diversi secondi attraverso un sorriso malizioso «Lo sappiamo
entrambi che dovevi schiacciare una zanzara»
Yuri odiava a
dismisura quel tono allusivo.
«Rei! Almeno tu
puoi aiutare Max a bloccare quei due idioti?!»
Kei si trovò a
tossire alla fine della frase, sovrastare quella “musica” non era per nulla
semplice e l’indomani avrebbe avuto seri problemi a spiccicare parola più del
solito se avesse continuato su quella lunghezza d’onda.
«Scendi tu anziché
sgolarti»
«Yuri, se lo
facessi stanotte non vedrei una camera da letto ma una prigione» una nota
leggermente isterica sulla parte finale della frase.
«Giusto, stai
aspettando solo di poter andare in camera, non è così?»
Yuri ebbe la
prontezza di indicare a Kei la zona sottostante da dove Hilary lo stava
chiamando, salvando così Boris dalle mani strette attorno al collo.
Dopotutto, gli
piaceva quel tono allusivo se rivolto ad altri.
«Guarda il
vecchio Hito com’è incazzato» sghignazzando Boris
aveva quasi sussurrato la frase all’orecchio, comodamente poggiato con un
braccio sulla spalla del suo amico dai capelli rossi. Yuri seguì la direzione
indicata dove il vecchio isterico brandiva il suo bastone allontanando gli
scalmanati e cercando di attirare l’attenzione dei camerieri. Il succo delle
parole urlate impossibile da captare a distanza.
Alcuni istanti
di silenzio ovattato sostennero l’illusione di una pace raggiunta rotta troppo
presto, alla console vi era ormai una vera e propria guerra. La musica ripartita
venne accompagnata dalle imprecazioni di Kei ormai afflosciato sulla ringhiera,
ma chi gliel’aveva detto che doveva sposarsi?
«Yu…te lo
immagini Vorkov in questa situazione?» la voce di Boris calò improvvisamente al
di sotto del suono delle casse, un misto tra riflessione e divertimento.
Yuri trasalì
leggermente voltandosi faccia a faccia verso l’amico ancora tranquillamente
poggiato a lui, un sorrisetto obliquo, l’indice alzato e abbasto a ritmo di
musica e un leggero movimento di fianchi verso l’alto.
Boris ti senti
bene?
Avrebbe voluto
chiederglielo ma le parole gli morirono in gola.
Vorkov lo
tormentava ancora negli sporadici incubi facendolo svegliare nel cuore della
notte, non aveva molta voglia di pensare a lui in nessun momento della giornata
e Boris ne era al corrente, c’era sempre lui a fargli compagnia nelle nottate
di veglia fornendogli metodi alternativi di pensare al monaco per alleggerire i
ricordi.
Come in quel
momento.
L’immagine
della cuffietta orribile sostituita da un cappello da pollo, la veste
svolazzante nel medesimo ballo visto fare a Takao mentre con vocina
starnazzante ordinava di dedicarsi al beyblade.
Sbarrò gli
occhi specchiandosi in quelli lucidi di Boris che ormai aveva la mano portata
alla bocca per coprire la risatina involontaria e non dare a Kei l’idea
sbagliata.
Yuri non si
rese immediatamente conto del suo angolo della bocca curvato all’insù.
«Kei scendi!
Uccidi chi ti pare non mi interessa ma vieni qui!»
Mariam
accarezzò la spalla di Hilary prossima a una crisi di pianto rabbioso, poteva
capirla, anche a lei sarebbe sembrato un incubo sposarsi in quel modo e stava
pensando di proporre a Max un matrimonio in gran segreto proprio per evitare
una simile catastrofe. Aveva anche deciso di urlare insieme a Mao seguendo
l’esempio di Julia ma per la gioia delle sue corde vocali Kei sembrò finalmente
rinsavire abbandonando le diatribe personali ai piani alti, dedicandosi alla
moglie. Ok, in un gioco di sguardi spiaccicato sulla ringhiera ma era già un
risultato eclatante se comparato agli altri tentativi.
La musica cessò
per qualche istante generando un’effimera gioia nel gruppetto che aveva
spostato l’attenzione sull’attrezzatura del dj, restando stupefatto alla scena
inusuale loro presentata. Il tenero e dolce Max in piedi accanto ad un esamine
Lai aveva il pugno ancora sollevato a mezzaria dopo il colpo inflittogli mentre
Rei accanto alla vittima cercava di valutarne il danno. Fu però proprio la
distrazione del biondino, sorpreso del suo stesso gesto, a portare Daichi ad
azionare la ripetizione della canzone, dando nuovamente inizio al supplizio.
Nataliya si
mordicchiò le unghie lanciando un’occhiata supplicante ad Ivan accanto a lei
che scosse la testa, un cenno del capo più incisivo verso la fonte dei danni ricevendo
una smorfia stizzita, un ulteriore tentativo fu bloccato dal passaggio della
signora Kazuko verso la figlia che portò il russo a
celarsi dietro la stazza di Sergej aggirandolo per non farsi vedere. Dimitrij
inclinò la testolina con curiosità chiedendo alla sorellina perché tutti gli
zii sembrassero strani quel giorno ma soprattutto chiedendosi perché la mamma
della zia Hilary fosse così tanto arrabbiata.
Ivan a corto di
pazienza per la donna russa diventata la reincarnazione di un avvoltoio intorno
a lui – stavano praticamente facendo il girotondo attorno a Sergej – si diresse
improvvisamente a passo di carica verso il dj improvvisato ignorando le cose
che gli stava sbraitando dietro la mamma della sposa dopo averlo notato.
«Kei per
favore, questo matrimonio sta diventando un qualcosa di indefinibile!» implorò
Hilary in un misto di disperazione e imposizione, aveva rubato il telefono
dalle mani della madre prima che chiamasse la polizia pregandola di aspettare
qualche altro minuto, ormai erano diventati il pettegolezzo dell’anno.
«HILARY STO
ARRIVANDO!»
Un fortissimo
fischio nel microfono non diede alla brunetta la felicità di consolarsi, troppo
impegnata a coprirsi le orecchie per non perdere l’udito.
Alla console
Ivan aveva tentato di strozzare Daichi con il filo del microfono ponendo fine
al supplizio musicale, lasciandolo privo di sensi e vivo per miracolo solo
grazie all’intervento di Rei. Le imprecazioni eccessivamente volgari di Kei
ormai al limite della pazienza per quell’ultimo segnale acustico fastidioso
lasciarono di stucco i dipendenti dell’azienda, enunciate nel momento stesso in
cui il pesante silenzio era piombato nell’ala della festa.
Hilary sgranò
gli occhi coprendosi il volto arrossato all’ennesima figuraccia caduta sulle
spalle della sua famiglia, pregando una qualche divinità di vivere soltanto un
terribile incubo troppo realistico.
La
portafinestra sbattuta con violenza mandò in frantumi quello che restava del
vetro perforato alla sparizione di Kei catalizzando l’attenzione di tutti sul
balconcino e sui restanti russi abbandonati al loro destino nella ravvicinata
posizione.
Yuri come se
nulla fosse successo riacquistò la sua espressione algida non sentendo
minimamente la pressione degli sguardi penetranti, ad eccezione di uno che lui
stesso aveva cercato per ignorare tutto il resto ma di cui poté bearsi poco.
Julia gli aveva donato un sorrisetto fugace allontanandosi per supportare la
sposa e lui era rimasto lì ad osservarla andar via. Quella era la prima
occasione in cui si trovava a riflettere sui consigli ricevuti dal
migliore amico distanziatosi da lui e pronto a rientrare, era preparato a
vederla voltargli le spalle e scomparire nuovamente dalla sua vita l’indomani?
La risposta il
suo cuore gliela suggerì senza rimorsi più velocemente del previsto.
«Boris»
ottenuta l’attenzione del ragazzo non si voltò a osservarlo «Grazie»
Anche fissando
i faretti luminosi era certo di averlo sorpreso e la prova era il
chiacchiericcio esterno unica fonte di rumore, ringraziarlo non era l’ultimo
dei suoi mali dopo aver ammesso di sua spontanea volontà quanto tenesse a
Julia.
«Accidenti,
devo aspettarmi la nevicata in agosto per questo?» l’amico rientrò nel suo
campo visivo poggiandosi con la schiena alla balconata «Non pensavo che le
riviste disseminate da Nataliya potessero diventare davvero utili, devi
ringraziare gli scrittori degli articoli è da lì che ho tratto ispirazione»
Yuri arricciò
le labbra in un lieve sorriso chiudendo gli occhi, a quanto pareva non era
l’unico pessimo bugiardo in circolazione.
«Dubito tu
abbia mai aperto uno di quei giornaletti di gossip» riaprì le palpebre
aumentando la curvatura della bocca «Lì nessuno ti avrebbe suggerito di fare
l’idiota da quando è arrivato Kei, ti riesce poco bene fare lo stupido anche se
la farsa del mezzo sordo per alleggerire l’atmosfera quasi mi stava
convincendo»
Boris ghignò
serafico a sua volta.
«Potevi anche
accorgertene prima e evitarmi il cazzotto nello stomaco, non credi?»
«Non è sempre
facile capire quando non stai volontariamente rendendo un inferno la vita di
Kei»
Yuri sorvolò
sul luccichio maligno intravisto negli occhi chiari al nome dell’ex compagno di
squadra girando i tacchi per tornare dentro, si sentiva sollevato e molto più
leggero di quanto non lo fosse stato mentre saliva le scale, ma non avrebbe mai
ammesso quanto considerasse liberatorio dar voce ai suoi pensieri con lui.
Gettò un ultimo occhio alla ringhiera vedendo un minaccioso sorrisetto sul
volto dell’amico sportosi per guardare in basso.
La sua fortuna
- o sfortuna - era che Boris restava pur sempre Boris.
«Hiwatari
allora, hai finito di prendertela con noi per i tuoi problemi d’astinenza!?»
Note finali
1 Ne khodi = Non andare via (Takao voleva dire questo
ma ha fatto un mezzo casino)
2 Pour tous les poissons
de la Seine = Per tutti i pesci della Senna
3 Parbleu = Per Dio!
4 Slaboumnyy = Imbecille
5 6940 rubli = 80 euro circa
6 Cobarde! Ven y dime aquí abajo! = Codardo! Vieni
a dirmelo qui giù!
Ehm…salve a
tutti coloro giunti alle fine! >//>
Probabilmente
vi starete chiedendo cosa avete appena letto e posso comprendervi, ho cambiato
scene più volte per dare maggiormente l’idea di come si svolgessero in
contemporanea ma diciamo che la parte più stramba è quella finale… la canzone è
stata un’illuminazione quando youtube ha deciso di consigliarmela (non
chiedetevi perché l’applicazione mi consigli tali canzoni) e il danno finale
che volevo infliggere al matrimonio ha solo subito una piccola impennata
verso il caos. Non mollatemi qui da sola dopo aver rovinato il grande giorno di
Kei e Hilary (anche se qualcuno tra voi a cui non piace la coppia penso ne
starà gioendo) >.>
Più la scrivo
più mi convinco che in futuro non voglio sposarmi, magari qualche mia
conoscenza a mia insaputa sta leggendo la storia e quando la inviterò al mio
matrimonio vorrà mettere in pratica qualcosa… Ora, al di là della mia mania
complottista e tornando alla trama, abbiamo visto cosa accade ai baldi giovani
che esagerano con l’alcool e a tal proposito sappiate che non ho la benché
minima idea di cosa abbia fatto fare a Ivan, io al massimo bevo un bicchiere
d’acqua. Tutto ciò che ho scritto proviene da diverse ricerche effettuate in
rete, nel caso abbia creato un qualcosa di incommestibile, fatemelo sapere xD
C’è stato poco
spazio per le interazioni tra Yuri e Julia ma il nostro bel russo aveva bisogno
di aprire gli occhi prima di tornare a relazionarsi con lei, e chi meglio di
Boris poteva farlo? Quindi non preoccupatevi, nel prossimo torneranno a
interagire e spero quanto voi in un esito positivo (io continuo a parlare della
storia come se fossi un’estranea, ma dettagli).
Nel prossimo
capitolo la giornata avrà finalmente una conclusione (a meno che il capitolo
non sarà eccessivamente lungo), chissà se soprattutto i due sposi ci
arriveranno sani e salvi >.>
Per quanto
riguarda la mamma di Hilary… ormai è andata, povera donna.
Concludo la
sezione note che sta diventando fin troppo lunga ringraziando nuovamente tutti coloro che non sono fuggiti,
spero vivamente d ricevere ancora dei pareri sulla storia e mi raccomando
seguitela fino alla fine ❤
Un abbraccio a
tutti, alla prossima!
Aky
Questi personaggi non mi
appartengono, ma sono proprietà di Takao
Aoki, questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.