come little children

di Nightingale_92
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** the lost diary ***
Capitolo 2: *** Jackie O' lantern ***
Capitolo 3: *** Irrequietezza ***
Capitolo 4: *** William the kid ***



Capitolo 1
*** the lost diary ***


Li chiamiamo in tanti modi diversi: Dei, Grandi Antichi, Fate, Alieni. Loro preferiscono definirsi the Fair Folk, il Popolo Gentile, anche se c’è ben poco di gentile o di onesto nella loro natura. Sono le divinità degli antichi pantheon, i mostri affrontati dagli eroi mitologici, i cavalieri senza macchia e le streghe cattive delle fiabe della nostra infanzia. Vivono in un’altra dimensione, Oneiros, dove hanno il potere di creare e distruggere qualsiasi cosa, di piegare lo spazio e il tempo al loro capriccio. 

Ognuno è diverso dall’altro ma hanno tutti una cosa in comune: ogni tanto decidono di avventurarsi nel nostro mondo e di rapire degli esseri umani. 

Nessuno sa esattamente per quale motivo, anche perchè la Mondanità, come i Gentili chiamano la Terra, è una delle poche cose in grado di indebolire i loro poteri. 

Molti ipotizzano sia per noia , -quando puoi vivere per sempre ed esaudire ogni tuo desiderio, per cosa vivi davvero?-, altri che sia una mossa strategica in una delle infinite guerre che i Gentili si muovono a vicenda. Altri ancora sostengono sia per punire l’infrazione di un qualche divieto , anche se spesso i peccati di cui i Gentili ci accusano sono considerati errori irrisori secondo una logica umana. 

Una cosa sola è certa: un triste destino aspetta gli umani rapiti e trasportati ad Oneiros, non solo perchè ora non sono altro che marionette alla mercè del loro burattinaio, semplici personaggi in un dramma scritto da un altro, ma per la natura stessa di questa dimensione.
Oneiros è un luogo fiabesco, magnifico e terribile, intriso della stessa magia di cui sono fatti i suoi eterni abitanti e in grado di trasformare i poveri mortali con cui viene a contatto, di cambiarli, di renderli un po’ più e un po’ meno che umani.

Io lo so bene, perchè anche io sono una di loro, una Cambiata, una Changeling… e per assurdo, è proprio nel cambiamento che sta una delle nostre poche speranza di sfuggire ai nostri immortali Padroni.
Con il cambiamento infatti acquistiamo la capacità di adoperare la magia e allo stesso tempo, meno umani siamo, più i Gentili perdono interesse nei nostri confronti. E quando hanno la guardia abbassata o ci hanno ormai gettato via come giocattoli vecchi, che possiamo fuggire!
Io ci sto provando… Ma scappare non è facile.
Primo perché nessun Padrone permette ai suoi schiavi mortali di scappare, sarebbe come per noi fare una figuraccia e la reputazione è tutto per i Gentili.
Quindi non appena scappiamo loro chiamano a raccolta i Cacciatori, esseri creati al solo scopo di catturare i changeling in fuga.
Secondo, perché non è facile tornare sulla Terra. Infatti Oneiros e la Mondanità non confinano direttamente, ma esiste un altro luogo intermedio, una dimensione tra le dimensioni, un luogo senza leggi né padroni che è pericoloso da attraversare persino per i Gentili… Il Labirinto di rose e spine.
Il Labirinto infatti ha l’aspetto di un’antica foresta, enorme e carica di frutti e fiori profumati ma tale abbondanza e bellezza non potrebbe più ingannevole.
E’ qui che mi trovo ora, nascosta all’interno di un cavo di un albero come uno scoiattolo. Almeno credo sia un albero. I sentieri e persino gli alberi cambiano continuamente di posto appena volgo lo sguardo da un’altra parte… Qui sento sussurri provenire delle ombre, il frusciare delle foglie pare ripetermi di tornare indietro, di tornare dal mio padrone…

ma non lo farò! Sono spaventata ma questo non mi fermerà, nulla lo farà.
Ho perso già troppo di me stessa. Troppi anni in questa dimensione da incubo. 

 Io tornerò a casa.

Io tornerò a casa.

 Anche se non ricordo più dove sia, la mia casa...

[ dal diario di una Changeling, ritrovato all'interno dell’incavo di un albero ]

 

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Capitolo 2
*** Jackie O' lantern ***


Le giornate trascorrevano tutte uguali all’interno della grande e antica Biblioteca. 

Sola, prigioniera della gabbia di vetro della propria lampada ad olio, la ragazza-fiamma non aveva altro da fare che osservare i fiocchi di polvere depositarsi sopra scrivanie e sugli scaffali. Le cose miglioravano un poco solo quando il sole svaniva dietro le finestre.
Era allora infatti che il corpo della fanciulla di fuoco si trasformava.
Dapprima era solo una sensazione, un nucleo di luce e calore che le sgorgava dal petto e le fluiva in tutto il corpo, poi quel sentore si faceva più concreto e i suoi arti diventavano visibilmente traslucidi e leggeri come l’aria.
Alla fine della trasformazione la ragazza fiamma era sollevata a mezz'aria e lo stesso accadeva alla sua lunga chioma.
I suoi capelli erano quelli che subivano il cambiamento più radicali, poiché quando si liberavano della costrizione della gravità le ciocche si accendevano di tutte le sfumature del  rosso, del bianco e del dorato. A quel punto anche l'umore della ragazza si risollevava un poco.
Le piaceva fare luce in mezzo alle tenebre, la faceva sentire utile.
Così aveva voluto lord Zest, il suo signore e la volontà di un Fatato era legge all’interno dei suoi domini. Tuttavia era da molto tempo che lord Zest non faceva visita alla Biblioteca o alla ragazza fiamma. 

Non che la fanciulla sentisse molto la mancanza del suo padrone, colui che aveva deciso di  trasformarla in una fiamma solo per renderla più attraente.
Più attraente agli occhi dello stesso Gentile, ovviamente.
Perchè lord Zest amava la bellezza e dalla bellezza amava essere circondato, in tutte le cose, persino nella lampada ad olio del suo angolo di lettura preferito.
E così era nata la ragazza fiamma.
Ma come diceva lord zest il tempo uccide la passione e il Gentile aveva smesso di andare a trovare la sua creatura.
E ora alla ragazza non restava che trascorrere i giorni da sola, a illuminare dei libri che nessuno avrebbe letto.
Tuttavia era un bene che il tempo passasse ancora, pensò lei, perchè significava che c’era ancora qualcosa di fluido, che poteva cambiare.
E con il pensiero del cambiamento, si faceva strada in lei quello della fuga. 

fuggire dalla lampada ad olio.

 fuggire dalla Biblioteca.

Fuggire da lord Zest. 

oh, questo era troppo anche solo pensarlo! 

I corridoi della Biblioteca erano disseminati delle ossa di servitori che avevano osato anche solo contraddire il loro signore e l’avevano pagata cara. E poi fuggire… fuggire per andare dove?

La ragazza fiamma continuava a chiederselo.

 Finché un giorno la risposta non la colpì come un fulmine a ciel sereno. 

Per tornare a casa…

 Casa! 

il concetto, prima completamente estraneo entrò dentro di lei e la colmò come un fiume in piena. 

Casa! 

I ricordi minacciavano di sommergerla.
Sì, lei aveva avuto una casa, in un altro luogo, in un altro mondo, sulla Terra!… La ragazza fiamma tremò, il flusso di ricordi che andava seccandosi come un torrente d’estate e non era stata sempre una fiamma ma un essere umano, con un corpo pesante e fatto di carne e soffici capelli rossi e occhi viola. Ma era stata rapita, portata via… 

Come?

La Fanciulla strinse gli occhi di brace, la memoria che cominciava a sfuggirgli.

Rapita, portata via…. Da lord Zest in persona! la ragazza rabbrividì, la luce della sua chioma si affievolì per un attimo. 

Ecco, era quello il suo ultimo ricordo. Come aveva potuto dimenticare tutto questo? Di aver avuto un altro corpo e addirittura un’altra vita?  A questo punto la ragazza fiamma non ebbe più dubbi. Doveva fuggire dalla Biblioteca.
Per tornare a casa, anche se ancora non si ricordava dove fosse…

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Capitolo 3
*** Irrequietezza ***


Un senso di vaga irrequietezza permeava la Biblioteca e per esteso l'intera villa di lord Zest, la ragazza fiamma riusciva a fiutarla nell’aria come l’odore di umidità prima di un temporale. Lord Zest stava per dare un ricevimento, come di consuetudine tra i Gentili di alta classe. Tra poco gli ospiti sarebbero arrivati. 

Poi una volta finito il banchetto ci sarebbe stata una battuta di caccia.

 La ragazza fiamma tremolò al pensiero. Questo significava che altri come lei, altri umani rapiti e portati nel dominio di lord Zest sarebbe stati predati. Un moto di pietà andò a quelle povere creature. La solitudine nella Biblioteca era una punizione terribile ma nulla era peggio degli artigli e delle zanne della caccia selvaggia. Tuttavia non c’era nulla che lei potesse fare, i suoi piedi di aria calda e luce non potevano lasciare lo stoppino. All’improvviso un suono di corno risuonò per la villa e il sole tramontò così velocemente che sembrò quasi che una mano avesse lo afferrato e gettato oltre l’orizzonte. la mano di lord Zest. il signore fatato aveva chiamato la notte in anticipo ed ora i corni suonavano il richiamo alla caccia. ma perchè così presto? la ragazza sapeva che c’era una sola possibilità: qualcheduno dei servitori della casa stava provando a scappare

.

Era passato poco tempo dal suonare dei corni, quando due servitori entrarono nella Biblioteca. Entrambi avevano l'aspetto di conigli dal pelo nero e indossavano una divisa da camerieri. Il primo era particolarmente eccitato e proponeva al secondo di affacciarsi alle finestre della biblioteca per guardare la caccia selvaggia partire dal limitare della tenuta. 

“In fondo è cosa rara che lord zest in persona guidi la battuta in prima persona” concluse. Il secondo coniglio pareva più ritroso e le sue lunghe orecchie fremevano per il nervoso. 

“Ma possiamo stare qui? Credevo che  a nessuno fosse permesso”. 

“lord zest non ha espressamente proibito di frequentare la biblioteca, semplicemente il nostro signore ha smesso di frequentarla e noi servitori abbiamo cessato di entrare per il timore di contrariarlo” ribattè il primo coniglio.

“E  se il padrone si arrabbia?”

“ il padrone ora è distratto dalla caccia e dai due sciocchi che stanno cercando di fuggire, sono abbastanza sicuro che possiamo stare qui”.

 Il secondo coniglio si lasciò convincere, anche se le sue orecchie continuarono a frustare l’aria. La ragazza fiamma ascoltò la conversazione facendosi piccola piccola come un cerino. I due non si accorsero di lei, perchè si affacciarono proprio alla finestra vicino all'angolo da lettura. La ragazza fiamma si trovò vicino alle orecchie del coniglio nervoso e a furia di osservarle tremare le venne un'idea, un'idea ardita che se fosse fallita avrebbe causato la sua morte ma se fosse riuscita le avrebbe regalato la libertà. La ragazza fiamma non ebbe esitazione. Usando il proprio corpo come un pendolo la fanciulla cominciò a fare oscillare la lampada ad olio avanti e indietro. Ad ogni oscillazione la lampada ad olio si avvicina alle orecchie del coniglio, alla fine la fanciulla riuscì a fare scontrare il vetro caldo con l'orecchio del coniglio.la reazione dell'animale fu immediata, egli gridò e d'istinto sferrò un pugno contro la causa del suo dolore, la lampada ad olio si ruppe e la ragazza fiamma rotolo sul pavimento. Era stordita ma libera, finalmente libera.

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Capitolo 4
*** William the kid ***


 

Correre.

Correre nel fitto della boscaglia, incurante dei rovi e dei rami sporgenti che gli bucano i vestiti e la pelle. 

Correre come se solo osasse voltarsi indietro, anche solo una volta, loro lo prenderebbero.

Perché era esattamente così. 

Perchè questo era il fato di un changeling destinato ad essere una preda per la Caccia Selvaggia. Questo era il destino del Cambiato senza nome con le corna e le zampe di capra, del satiro dai ricci capelli neri e gli occhi verde mare.

Ma non ancora, non adesso.

Adesso il giovane changeling dormiva sul fondo della sua gabbia e sognava. Sognava il momento in cui i corni della caccia avrebbero  suonato e la porta della gabbia sarebbe stata aperta e lui avrebbe iniziato a correre. Verso il bosco circondante la villa di lord Zest, verso la propria libertà.

Ma non ancora, non adesso.

Il sole del pomeriggio scaldava le cime degli alberi e il changeling recuperava dormendo le energie perse la notte prima. Energie perse venendo inseguito dalla Caccia fino all’alba. 

Come tutti gli altri giorni. 

Ma stanotte sarebbe stato diverso. 

Perchè stanotte sarà la notte in cui finalmente scapperà da lord Zest. Perchè stavolta ha un alleato che fuggirà con lui e insieme raggiungeranno il Labirinto, il mondo tra i mondi, l’unico portale verso la Terra. 

Ma non ancora, non adesso.

il satiro dai capelli neri si dimenò inquieto sul suo giaciglio di paglia. Era eccitante il pensiero della fuga. Il pensiero di tornare finalmente a casa, dalla sua famiglia. In questo i changeling destinati a essere cacciati erano diversi dagli altri servi umani di Lord Zest. A loro il Gentile padrone lasciava la consapevolezza di essere stati dei meri mortali, in un’altra dimensione chiamata Terra e di essere stati portati ad Oneiros contro la loro volontà. Zest diceva di farlo affinché i predati fossero spronati a scappare davanti alla Caccia. Il signore fatato non aveva capito che così facendo li rendesse più proni alla ribellione. “E questo un giorno sarà la causa della sua fine” promise il satiro nel dormiveglia.

Non ancora, ma presto...

 

   

 

Il ragazzo dalle corna di capretto si svegliò dentro la sua gabbia sul limitare del parco. Non era sorpreso di trovarsi lì, ogni volta che la battuta di Caccia si concludeva lord Zest lo riportava al punto di partenza.
Quello che lo sorprese era il fatto che non era ancora calata la notte.

Il sole infatti stava ancora tramontando, una sfera aranciata con sprazzi rosa e rossi nel lontano orizzonte. Il ragazzo era ancora al sicuro, almeno finché le prime stelle fossero sorte e i corni della caccia non avrebbero suonato di nuovo. Il fauno si chiese perché continuasse a provare a scappare, in fondo era quello che volevano da lui.

Cosa sarebbe successo se, per una volta, fosse rimasto fermo davanti alla Caccia che caricava? Ma erano domande oziose, perché il suo istinto gli comandava di cercare sempre una via d’uscita. Perché ricordava casa e voleva tornarci. Perchè per quanto fosse stato Cambiato in un animale da preda, trasformato letteralmente in un capro espiatorio, il suo carattere ribelle gli impediva di arrendersi.
Anche se era proprio questo suo spirito a far sì che lord Zest lo scegliesse per la caccia ogni volta.
“Non colpevolizzarti per scegliere ogni  volta la sopravvivenza. In fondo solo tu puoi cambiare il tuo destino”.
A pronunciare queste parole era stato uno dei servitori che solitamente attendevano alla Villa durante la notte del ballo, un pupazzo dalla livrea nera e il volto senza lineamenti. Il suo volto liscio e pallido come una luna metteva stranamente in risalto i capelli rossi, spenti e umani se confrontati con il resto del suo aspetto.
Il ragazzo annuì alle parole del pupazzo. 

Il suo vecchio amico sapeva sempre cosa lo angustiava e come farlo stare meglio. 

“C-che cosa ci f-fai qui, M-manny?” disse il satiro, la voce arrochita dalla mancanza di uso. 

Parlare infatti era una cosa da umani e non da prede. 

“M-manca ancora d-del tempo al suono del corno. Q-qualcosa non va? I-il nostro piano...”. 

Il pupazzo soprannominato Manny il manichino lo zittì con un gesto.
“Sshh… non si può mai sapere chi è all’ascolto” disse, guardandosi nervosamente intorno. 

O almeno il satiro suppose fosse nervosismo. Difficile a dirsi quando l’interlocutore non aveva espressioni facciali.
“Per-quello-che-tu-sai tutto va come previsto” chiosò Manny.  

il pupazzo senza volto si accertò che nessuno li stesse guardando e si avvicinò alla gabbia. Sempre con circospezione tirò fuori dalla giacca una mela. Era di colore rosso scuro e così lucida che sembrava quasi fatta di ceralacca. Una mela così non poteva esistere sulla Terra, pareva uscita dritta da una fiaba. Sembrava il pomo che la strega cattiva avrebbe usato per tentare Biancaneve. Un frutto coltivato ad Oneiros

 “Tieni, mangia”. 

Il fauno fissò Manny sorpreso. Non solo perché non ricordava l’ultima volta qualcuno gli avesse offerto qualcosa in regalo o che fosse stato gentile con lui. I frutti del regno dei Gentili non erano come quelli comuni. Essi contenevano un frammento della stessa magia primordiale, il Wyrd, che formava il tessuto stesso di Oneiros, o almeno così diceva. Così come si diceva che i Gentili li mangiassero solo per aumentare la loro potenza. Era plausibile, poiché i Padroni non avevano bisogno di cibo o altro sostentamento per continuare ad esistere. I servitori, in particolare i Cambiati non avevano il diritto né di possederli Né di mangiare tali frutti.

“C-cosa? N-non posso accettare” disse il satiro, anche se gli stava venendo l'acquolina in bocca. Quella mela espandeva intorno a sé un profumo, una nuvola zuccherina come non aveva mai sentito prima d’ora.

“C-cosa succederebbe se lord zest ci scoprisse?”. Loro due rischiavano già di essere puniti solo perchè il padrone imponeva ai servi della casa di ignorare i changeling nelle gabbie... Il satiro non osava immaginare cosa gli sarebbe successo se fossero stati scoperti con una mela fatata. Manny il manichino insistè.”Non preoccuparti, prendila” disse “E poi stanotte faremo qualcosa di peggio che rubare al nostro padrone. Mangiare uno di questi ci può solo aiutare. Fidati, io l’ho già fatto”

 Il pupazzo arrivò persino a infilare la mano con la mela dentro la gabbia. 

A quel punto il ragazzo con le corna di capretto si vede costretto ad accettare. 

Afferrò la mela e iniziò a divorarla ferocemente prima che la paura potesse bloccarlo. Gli sembrò la cosa più buona che avesse mai mangiato e con il sapore venne a galla un’immagine. 

Era alla fiera di paese, sua madre lo teneva per mano, era bambino allora, la sua sorellina era poco più avanti, in fila allo stand delle mele caramellate e lo chiamava: William, William...

Il fauno lasciò cadere il torsolo di mela. Sbatté le palpebre. era un suo ricordo quello? aveva una madre allora e anche una sorella più piccola… Il suo nome! aveva appena ricordato il suo nome. William. Si girò verso Manny il manichino per ringraziarlo ma quello era già scomparso. Se ne era andato. William, il solo pronunciarlo fece sentire il satiro più forte, lo fece stare un po’ più dritto con la schiena. William.

 

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