Forse, dopotutto, è giusto così

di always_mar
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo I. Delle pazze ci inseguono ***
Capitolo 3: *** Capitolo II. "Dracula" ***
Capitolo 4: *** Capitolo III. "Il mago dello stile" ***
Capitolo 5: *** Capitolo IV. La festa ***
Capitolo 6: *** Capitolo V. Azzurro cielo contro argento liquido ***
Capitolo 7: *** Capitolo VI. Frantumata ***
Capitolo 8: *** Capitolo VII. Manie omicide e drammi adolescenziali ***
Capitolo 9: *** Capitolo VIII. Terze teste, brufoli e baci inaspettati ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


               PROLOGO
 
Essere la migliore strega che Hogwarts avesse mai visto da vent’anni a questa parte non era decisamente tra le mire di Rose Weasley, ma di più tra quelle della madre, Hermione Granger in Weasley.
Hermione aveva progettato la vita della figlia fin dalla culla: il punteggio dei G.U.F.O. e dei M.A.G.O. e quali avrebbe dovuto dare, diventare prefetto e caposcuola, scegliere magisprudenza e andare a lavorare al ministero per diventare, come lei, Ministro della Magia.
L’unica cosa che non aveva potuto controllare era stata la casa di appartenenza, ma si era detta estremamente soddisfatta e orgogliosa quando aveva saputo che era finita in Grifondoro, come entrambi i genitori.

Non aveva mai chiesto alla figlia cosa desiderasse, convinta che intelligente come lei avrebbe seguito i suoi sogni senza fiatare, ma purtroppo per lei non aveva dato importanza ai geni Weasley.
Rose aveva iniziato ad appassionarsi al Quidditch fin da bambina, per la gioia del padre, e, appena ne aveva avuto l'occasione, aveva fatto il provino per entrare nella squadra di Grifondoro.
Inutile dire che era diventata la miglior cacciatrice in pochissimo tempo e che aveva guadagnato il titolo di Capitano indiscusso da tre anni a questa parte, in ancora meno.

Non aveva dato importanza neppure al suo carattere testardo,trasmesso da lei stessa, che in poco tempo aveva iniziato a darle del filo da torcere. Rose aveva seguito le orme materne fino ai G.U.F.O., perché convinta di non essere abbastanza grande da decidere da sé, ma poi aveva preso le sue scelte senza farsi frenare da nessuno.
Ron glielo ripeteva sempre: la sua caratteristica caparbietà era stata la rovina dei suoi sogni di madre.

Un’altra cosa che non aveva messo in conto era stata lo sbocciare della bellezza della figlia, che era diventata una splendida ragazza sempre circondata da moltissimi corteggiatori. Come madre aveva pensato, sperato più che altro, che non le interessassero o che scappassero appena sentivano il nome del padre, considerando anche le leggendarie azioni che compieva nei pochi casi in cui alla Tana si presentava qualche ipotetico spasimante, che secondo lui rappresentava una minaccia per la figlia o le nipoti in generale.

Per un po’ lei e Ron erano stati tranquilli, in quanto Rose sembrava completamente indifferente, ma quell’estate qualcosa era cambiato.
Rose era cambiata.
E alla fine dell’estate, poco prima che i ragazzi dovessero partire per Hogwarts, si era presentata davanti ai due, seduti sulle sedie nel giardino della tana, con una notizia: si era fidanzata.

Se all’inizio l’affermazione aveva provocato l’isteria dei genitori, con conseguente spettacolo davanti ai parenti Weasley-Potter, la rivelazione del nome aveva dato il via a un giro di scommesse sulla reazione che avrebbe avuto Ron, tenuto sottobanco da James e Fred, sotto lo sguardo orgoglioso di George: c’era chi sosteneva che sarebbe svenuto, chi che avrebbe inseguito il povero malcapitato, chi invece che l’avrebbe schiantato e portato la figlia in Tibet senza più farle fare ritorno, chi che, con una stravagante reazione a catena, ne avrebbe provocato la morte improvvisa e accidentale.
Perfino Molly Weasley senior fu vista scommettere sul possibile collasso del figlio.

Si racconta che l’unica cosa che egli riuscì a fare appena vide l'algida e statuaria figura bionda dagli occhi ghiacciati avvicinarsi alla figlia, poco prima di cadere dalla sedia e svenire con la faccia schiacciata sul prato, fu quella di mormorarne, nel silenzio del momento, il nome: Scorpius Malfoy.

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Capitolo 2
*** Capitolo I. Delle pazze ci inseguono ***


CAPITOLO I.  DELLE PAZZE CI INSEGUONO

Essere circondata da un gruppo di cugini tanto amorevoli quanto agitati le aveva insegnato molto nella vita. Le aveva insegnato cosa fosse la competizione, cosa volesse dire voler primeggiare a tutti i costi, cosa volesse dire essere amata e rispettata, ascoltata. 

Accettata.

Ma, soprattutto, le aveva insegnato che, se i cugini in questione erano dei manzi, si rischiava un assalto dai loro cosiddetti, “fan club”. Gruppi di ragazzine ossessionate che morivano loro dietro e che, per qualche strana ragione, decidevano di assalire le loro cugine con regali, parole e, in alcuni casi nei confronti delle malcapitate ragazze di turno, addirittura minacce.
Era una cosa diventata quasi quotidiana vederle mentre, a gruppetti, le aspettavano nei bagni o dietro gli angoli per poter parlare con loro.

Per questo quando, quel giorno, Rose Weasley, uscendo dall’aula di Antiche Rune, dopo la lezione con i Corvonero, vide un gruppo che la fissava non ci fece troppo caso. 
Era, come dire, abituata

Tutti i suoi parenti avevano snobbato quella materia, che consideravano superata da Babbanologia, e lei si era ritrovata a percorrere la strada per la Sala Grande da sola, dal momento che Lysander quella mattina era stato portato in infermeria dopo una congestione sospetta. 
Per quale motivo avesse ingerito delle piante non l’aveva ancora capito nessuno.

- Sei tu Rose Weasley? - una bambina bionda le si presentò davanti, bloccandole la strada. 
Rose si mise in allarme. Era una tattica che aveva già visto usare: erano solite mandare una dolce bambina a porre qualche domanda per bloccare le malcapitate, mentre le altre compagne si avvicinavano da dietro pronte per trascinarle in luoghi vuoti, in cui avrebbero potuto condurre l'interrogatorio indisturbate. 
Guardò dietro le sue spalle notando avanzare Clodette Zabini, serpeverde del sesto anno invaghita di Scorpius da altrettanti sei, gemella di Orion Zabini, uno dei compari dei suoi due serpeverdi preferiti, se non si contava Dominique ovviamente. 
Era spalleggiata da altre due ragazze che aveva già visto da qualche parte, ma non ricordò dove. 
Imprecò: aveva beccato la peggior specie di ossessionate. 

Valutò tutti i metodi per uscire da quella situazione spinosa. 
Scappare non era contemplato, solitamente usavano la magia per bloccare le loro prede, e considerando che al loro capo piaceva il suo ragazzo, nemmeno avere una conversazione civile era contemplabile. 
Difendersi era un’opzione possibile, ma era sola e, nonostante non fossero abili duellanti come lei, erano comunque in vantaggio numerico. Non ci avrebbero messo molto a sopraffarla. 
Sospirò; se non trovava qualcuno in grado di aiutarla ci avrebbe rimesso le penne. 
La sua espressione inferocita non prometteva niente di buono per lei.

Iniziò a guardarsi intorno freneticamente per vedere se tra quei volti che popolavano il corridoio riconosceva qualcuno della sua famiglia. Poco lontano c’era la figura della sua bionda mezza veela preferita: Dominique Weasley.

- Domi!- La suddetta si voltò con una smorfia infastidita: odiava essere interrotta. Stava per aprire bocca, ma quando riconobbe il volto della cugina nella persona che l’aveva chiamata cambiò idea.
Tutto nella sua espressione la mise in allarme e non ci mise molto a capire cosa fare. 
Il povero allocco con cui stava parlando, e che comunque sarebbe stato scaricato in breve tempo, venne cacciato in malo modo appena la riconobbe. 

- Continua a camminare. Non fermarti.
Non seppe cosa fosse stato, forse il tono deciso ma allo stesso tempo calmo della sua voce, forse il braccio che le aveva arpionato per trascinarla via, forse la sua espressione combattiva, ma la rossa non disse una parola e annuì decisa, sicura che l’avrebbe tirata fuori da quella situazione spinosa, come sempre. 
D’altronde era quello che facevano entrambe: erano lì, l’una per l’altra.
Dominique la capiva in un secondo, a volte senza che lei avesse neanche detto una parola. Da uno sguardo capiva cosa pensasse, da un movimento impercettibile che coglieva nel suo volto riusciva a capire come stesse. 
Era la sua migliore amica e lei era estremamente grata di questo.  

- Che succede?- le sussurrò la serpeverde appena girarono l’angolo. 
Rose aspettò a rispondere sperando che si fossero calmate. Le vide svoltare l’angolo. 
- Delle pazze ci inseguono.
Le loro espressioni si erano fatte più arcigne rispetto a prima, come se l’intromissione della bionda e il loro scappare non fossero stati graditi. 
Avevano rallentato, forse la prospettiva di ritrovarsi davanti due abili duellanti non era piacevole. Magari tenevano alla propria vita, considerando la fama della cugina.
Però quella che suppose essere il capo del gruppo si fece più avanti, allungando il passo e sguainando la bacchetta. I capelli raccolti in una coda alta le conferivano un’aria più battagliera, se non fosse bastata la sua espressione. Sembrava pronta a colpire chiunque si fosse messo tra sé e il suo obiettivo.
Rose non riusciva a capire cosa potesse aver scatenato quell'aggressione non richiesta. Lei e Scorpius non erano stati beccati in atteggiamenti ambigui, per cui non capiva come quella pazza svitata potesse prendersela con lei per qualcosa che ancora non conosceva. Forse aveva un sesto senso, oppure era fuori di testa e basta. 
Non osava immaginare cosa sarebbe successo quando li avessero visti senza nessun nascondiglio. Probabilmente il castello sarebbe crollato. 

- C’è Clodette. - il suo fu solo un sussurro, ma era sicura che l’altra l’avesse sentita. - Centra Scorpius. 
La presa sul suo braccio si intensificò.
- Merde - Dominique imprecò, - Come fanno a saperlo?  
Era sicuramente una domanda retorica, ma Rose scrollò le spalle lo stesso per farle capire che non ne aveva idea.

Il rumore di un incantesimo la fece sobbalzare, si girò spaventata/sconvolta vedendo la serpeverde agitare la bacchetta cercando di colpirle. 
O era estremamente incapace o era un colpo d’avvertimento. Propese per la prima opzione.
Guardò Dominique spaventata ricevendo la stessa occhiata in cambio. 
Ora avevano superato il limite. 

- Fermatevi!- Urlò loro contro. 
La rossa tirò fuori la bacchetta. Prima che potesse girarsi per usarla vide un incantesimo volante colpirla e mandarla gambe all’aria, creando una bizzarra reazione a catena che le portò tutte a cadere come le tessere del domino. Esplosero in una serie di urletti simili al verso delle oche, che la preoccuparono ancora di più. Si guardò intorno cercando di capire da dove fosse venuto l’aiuto, ma non vide niente.  


Se avesse prestato più attenzione avrebbe visto che, nascosti dietro un’armatura c’erano due figure, una bionda e una nera, che con la bacchetta in mano erano concentrati nel bloccarle nel corridoio. 
***

Vedere la porta della Sala Grande a pochi metri da loro non aveva mai dato alle due ragazze un sollievo così grande in tutta la loro vita. Si precipitarono al suo interno, dirigendosi velocemente entrambe, con espressioni sconcertate, alla tavolata Grifondoro. 
Se fossero rimaste insieme avrebbero avuto più possibilità di uscirne vive. 

Si lasciarono cadere sulla panca di fronte a James e Fred straniti e preoccupati per tutto il fracasso che avevano appena fatto.
- Delle ochette pazze ci hanno inseguito. 
La frase doveva essere sembrata particolarmente strana, tanto che i due alzarono entrambe le sopracciglia straniti, mentre guardavano preoccupati l’ingresso come se potesse davvero presentarsi un gruppo di oche. 
L’unica cosa che scorsero mentre la porta si chiudeva, fu un mucchio di gambe una sull’altra e due figure ghignanti poco lontano. Scossero la testa sorridendo: qualunque cosa fosse successa era già stata risolta.

- Che diavolo volevano quelle pazze?- alla voce della cugina scosse la testa.
Non lo sapeva e preferiva non doverlo mai scoprire. Ma era consapevole che Rose Weasley e la parola fortuna non andavano d’accordo. 

- Malfoy

Quella parola aleggiò, sospesa, tra loro come se fosse la risposta a tutto, cosa che, in effetti, era. Era a causa della loro relazione se l’avevano inseguita. 

- Si, ma cosa volevano da Malfoy? - L’occhiata che rivolse a Fred conteneva già la risposta. - Ho capito. Ma intendo, cosa vogliono da voi?  
Quello nessuno lo sapeva, anche se Rose iniziava a figurarsi qualche scenario poco piacevole. 
- La vera domanda è, mon cher Freddie, quel droit pensent-ils avoir?- il modo in cui Dominique usava il francese quando era arrabbiata fece rabbrividire persino lei. Emanava molta più potenza in una sola frase.

- Oh Merlino, ma è solo una fottuta relazione! Non devono mica farne un affare di stato.-  La frase di James contribuì ad alleggerire la situazione.

- Alcune non so chi fossero, ma ho riconosciuto Clodette e un’amica di Lily, una certa Sarah qualcosa. Me ne aveva parlato tempo fa. 
Cercò Lily tra i presenti, ma non riuscì a trovarla. Dov’era sua cugina quando le serviva? Sapere sempre cosa accadeva tra le mura del castello era il suo compito. Poi si rivolse a James: - Dov’è tua sorella? 

- E che ne so io, non sono mica nella sua testa.
Il cugino si scompigliò i capelli sollevando un sopracciglio, gesto che faceva sempre quando fingeva di non sapere. 

- Lo sappiamo tutti, James, che sai perfettamente dove ci troviamo in ogni momento della nostra giornata.- intervenne Domi. - Altrimenti per quale altro motivo ti porti dietro quella mappa?

- Per sapere quando pianificare scherzi perfetti?- Lanciò uno sguardo complice a Fred. Alla vista dell’espressione della cugina, ritrattò: - Scherzavo. E’ per sapere sempre dove sei.-
Si dipinse un sorrisetto impertinente sulle labbra. Rose scosse la testa sorridendo, mentre Dominique iniziava ad insultarlo in francese, tutta rossa in volto. 

Passò in rassegna con lo sguardo la sala: nessuna traccia di due serpeverde di sua conoscenza.
- Cerchi il tuo bello?-  Lo sguardo di Domi si colorò della stessa sfumatura maliziosa delle parole del cugino mulatto. Lasciò perdere gli insulti per dargli manforte
- E Albus.- precisò 
- Seh, non ci crede nessuno Rosie.  
L’espressione dei suoi cugini era la stessa. Sembravano tre volti copiati, l’unica cosa che cambiava era il colore dei capelli e degli occhi. E della carnagione nel caso di Fred. 
- Ma chèrie, il colore bordeaux del tuo volto suggerisce tutt'altro. 
- Continuate a mangiare. - borbottò.

Le loro risate le riscaldarono il cuore. 
Amava stare con i suoi cugini. Amava il fatto che avessero preso la sua relazione così bene, tralasciando le minacce che Fred e James avevano rivolto a Scorpius nell’ipotetico caso in cui le avesse spezzato il cuore. 
Amava il fatto che l’avrebbero sostenuta in ogni sua decisione.
Amava i suoi cugini. 
Strinse i pugni sotto il tavolo.
Sperava solo che anche il padre potesse cambiare idea. 
Scosse la testa per non pensarci. Una mano con le unghie laccate di rosso si posò sul suo braccio. Alzando lo sguardo incontrò quello rassicurante della sua migliore amica, accompagnato dalle occhiate comprensive dei due cugini.
Aveva, ovviamente, capito tutto. Odiava quando la guardavano con compassione. 
Annuì per rassicurarla, tornando a mangiare. Lì sentì iniziare a parlare, ma non aveva voglia di partecipare alla conversazione.

Tutto quello che voleva fare era andare in biblioteca e cercare un bel libro da leggere, per immergersi in un altro mondo e dimenticare, per un solo momento, il disastro che era diventata la sua vita negli ultimi tempi. Sedersi sotto uno di quei bellissimi alberi vicino al lago nero, che ultimamente si erano dipinti dei colori dell’autunno, magari insieme a Scorpius, magari, cosa ancor più gradita, seduta tra le sue braccia, al caldo. 

Un improvviso rumore alla sua destra la fece sobbalzare. Alzando lo sguardo incontrò quegli occhi grigi a cui tanto pensava prima/che tanto anelava prima. Piano piano ogni suo senso venne strappato da quei pensieri e riportato alla realtà, concentrandosi però solo su quella figura. 
Il suo profumo le riempì le narici, i suoi occhi, che ancora non l’avevano abbandonata, la scrutavano cercando di capire senza parole come stesse, la sua mano, andata a posarsi sulla parte di gamba libera dalla gonna, sembrava un contatto necessario per entrambi, per imporre la propria presenza l’uno all’altra come se, senza di esso, la realtà potesse interferire tanto da infrangere quell’incantesimo. 
La sua testa era piena di lui, così come i suoi occhi. 
E lo stesso valeva per il ragazzo, che non era intenzionato a separarsi da quello sguardo tanto presto. Era felice, luminoso, pieno di gioia e di vita. 
Ma potè scorgervi anche della tristezza, della frustrazione, un certo spaesamento, come quello derivato da una situazione, un momento, anche solo un piccolo attimo, affrontato per la prima volta da soli, senza quel porto rassicurante che, solitamente nei pensieri di tutti, viene rappresentato dai genitori. 

Completamente assorti non si accorsero di Albus, seduto di fronte a loro, accennare a qualcosa.
Non si accorsero degli occhi delle persone nella Sala Grande completamente focalizzati su di loro, sui loro gesti, sui loro sguardi.
Non si accorsero di quelli che non capivano cosa stesse cambiando e che li osservavano come un caso da studiare. 
Non si accorsero degli sguardi dei professori, che invece lo avevano già capito, preoccupati di cosa sarebbe successo quando anche il resto degli studenti si sarebbe reso conto di cosa tutto quello significasse. 
Non si accorsero di nulla e rimasero nella loro bolla, chiusi, intrappolati, aggrovigliati in un incastro di anime e sguardi senza fine. 
Stavano bene e, finalmente, secondo Rose, le cose stavano tornando, per quanto possibile, a posto.

Scorpius le spostò un boccolo rosso dietro l’orecchio e si sporse per baciarle una guancia. Cambiò idea e dirottò la bocca verso il suo orecchio, provocandole dei brividi impercettibili, ma che gli fecero aprire le labbra piene, appoggiate al suo orecchio, in un sorriso malizioso. 
- Hai visto qualcosa che ti piace, rossa?- Inspirò l’odore tra i suoi capelli, inebriandosi del profumo di qualche fiore che lei amava tanto, poggiando poi le labbra sulla sua guancia bollente.

Odiava quelle frasi fatte. E il biondo lo sapeva perfettamente, per questo si divertiva a stuzzicarla. 
Vedere il suo viso arrossarsi dopo una battutina che lei riteneva stupida, ma che comunque la faceva imbarazzare, era impagabile/bellissimo. 
Il modo in cui i suoi occhi azzurri diventavano più luminosi, competitivi, più vivi. Il modo in cui si accendevano, in cui splendevano, il modo in cui le sopracciglia si arcuavano e l’aria battagliera che assumeva lo facevano impazzire tremendamente. 
In quei momenti pensava che fosse più viva del solito, e ciò faceva sentire vivo anche lui.  

- Vai via, stupido.
Lo spinse via imbarazzata, abbassando il volto con un rossore che le si diffondeva sempre più sulle guance, mentre quello che lei reputava un idiota iniziava a ridere.
Non era solita imbarazzarsi, ma, come era successo anche poco prima, quando si trattava del biondo tutto assumeva una sfumatura diversa. 
Ogni atteggiamento, ogni sguardo, ogni parola.
Tutto era diverso.
E valeva per entrambi.

La sua risata roca la attrasse nuovamente, come attirò chiunque altro nel giro di pochi metri, e riposò i suoi occhi azzurri sulla sua figura. 
Rideva con la testa leggermente reclinata all’indietro e gli occhi grigi, luminosi, puntati sulla sua figura, sulle labbra dipinto un sorriso malizioso. Le fece un occhiolino e lei alzò gli occhi al cielo, sbuffando divertita. 
Tornando a mangiare incontrò lo sguardo di Albus, un misto tra il malizioso e il divertito. Alzò un sopracciglio chiedendogli implicitamente cosa volesse, l’altro scosse la testa tornando a mangiare, senza perdere il sorriso felice sul volto. 
Il resoconto che stava facendo la bionda dell’esperienza vissuta prima, inframezzato da qualche insulto in francese, li tenne occupati per tutto il pranzo.
 

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Capitolo 3
*** Capitolo II. "Dracula" ***



CAPITOLO II. ”DRACULA”

 
Rose aveva cercato la piccola Potter ovunque, anche in biblioteca come le aveva suggerito James appena Dominique si era alzata per andare a lezione. Non voleva darle la soddisfazione di aver ragione. 
Al termine della sua ricerca infruttuosa aveva deciso di tornare velocemente in biblioteca, nella sezione che conteneva i classici babbani. Aveva afferrato il primo libro che le era capitato a tiro, ed era uscita, dirigendosi al lago, come aveva deciso a pranzo. 

Il tronco dell’albero su cui era appoggiata era freddo, ma da lì aveva una bella visuale sul lago, motivo abbastanza valido per non spostarsi. Riusciva a vedere i giochi di luce che i raggi del sole creavano a contatto con l’acqua. 
Se si concentrava bene, nel silenzio da cui era circondata poteva sentire i versi degli uccellini, come se conversassero tra loro. 
Osservare gli splendidi colori di cui si era dipinta la natura in quel periodo attraverso il riflesso del lago era quasi magico e sicuramente splendido. 
Sentire i rumori della natura l’aiutava a concentrarsi.
Amava quel periodo dell’anno e Scorpius lo sapeva bene. 
Era lì che l’aveva sempre vista gli anni precedenti quando tornava dagli allenamenti di Quidditch. Ed era lì che sapeva l’avrebbe trovata. 
Fece una smorfia al contatto del fondoschiena con l’erba fredda, ma se voleva dire stare in compagnia di Rose era ben disposto ad accettarlo. Si avvicinò più alla ragazza per sfruttare il più possibile il calore che emanava. Rose non alzò nemmeno per un momento lo sguardo, neanche quando le chiese cosa stesse leggendo. Si limitò a spostare il libro in modo che potesse leggervi il titolo dalla copertina. 
Dracula
L’aveva letto anche lui quel libro, se non ricordava male doveva avergliene anche parlato quell’estate. Sorrise per la coincidenza.

Ad un certo punto decise che ne aveva abbastanza di essere ignorato. La spostò leggermente in avanti, in modo da potersi mettere dietro di lei incastrandola tra le sue gambe. La rossa sembrò ben contenta della nuova posizione, tanto da appoggiarsi con la schiena al suo petto appena glielo permise. Ora era al caldo. 
Anche se sapeva che non era quello il motivo per cui si era spostato, a giudicare dai costanti sbuffi d’insofferenza che aveva emesso, sorrise. 
Voltò la testa quel tanto da poter appoggiare le labbra gelate su quelle piene di lui. Scorpius le prese il volto con una mano tenendola ferma e accarezzandole la guancia con il pollice, mentre lei immergeva la sua nella matassa di ricci biondi. 
Rimasero in quella posizione scomoda per qualche istante, poi tornarono ognuno alle proprie occupazioni: lui, appoggiato con la testa all’albero, giocava con i lunghi boccoli rossi, e lei, dopo aver intrecciato le proprie dita con quelle della grande mano che le aveva abbandonato sul suo grembo, riprese la lettura da dove si era interrotta.
Entrambi con un accenno di leggero sorriso sul volto rilassato.

Restarono lì insieme, in silenzio, fino all’ora di cena. 

O almeno così pensavano.

Da lontano due figure alte, una dai capelli neri così scompigliati che un uccello avrebbe potuto scambiarlo per il proprio nido, l’altra mulatta dai capelli rossicci, li osservarono per qualche minuto. 
- Ehi Freddie, pensi anche tu quello che penso io? 
- Credo proprio di sì, Jamie. 
- Sembra così serena, Fred. 
- Lo è. Non lo permetterebbe, lo sai.
- Spero solo che anche lo zio se ne renda conto. 

Entrambi pensarono a quanto sembrasse grande l’albero alle loro spalle in confronto a loro due, così piccoli.
Pensarono a quanto fossero belli, così raccolti in quel piccolo spazio di terra. 
Pensarono a quanto volessero proteggere quel sentimento, appena nato, che li rendeva così esposti, troppo in balia degli altri. 
A quanto fossero, nonostante tutto quello che gli avevano detto, molto forti tanto da non farsi abbattere a un minimo soffio di vento. 
Sentivano che avrebbero fatto di tutto per difendere quello che, ai loro occhi, sembrava così giusto. 

Nonostante questi pensieri decisero di avvicinarsi e interrompere il momento intimo, perchè erano comunque James e Fred e troppo romanticismo non era nelle loro corde.
Bastò un solo sguardo per comprendere le intenzioni l’uno dell’altro.
- Andiamo? 
- Andiamo.
Iniziarono ad avviarsi, ma in direzioni completamente opposte: Fred si avviò lungo il corridoio, James iniziò ad avvicinarsi all’albero. Appena si accorsero che erano rimasti soli con la propria ombra scoppiarono a ridere e si avviarono insieme verso i due ragazzi seduti. 
Cercarono di fare poco rumore per prenderli di sorpresa, ma la cosa non andò a buon fine: James ruzzolò a terra inciampando su una radice esposta, portandosi dietro il cugino, che era rimasto aggrappato alla sua spalla. 
Quello che rimase di loro fu solo un incrocio di braccia e gambe. 
- I miei occhiali!- strillò il Potter con i capelli neri tutti arruffati
- Shh, James! - Fred posò la manona sulla faccia del cugino, già schiacciata sul suo stomaco, - così ci scoprono! -
- Idiota, con tutto il baccano che abbiamo fatto mi sorprende che non sia ancora arrivata la Mcgranitt dal suo ufficio.  
Quando riuscirono ad alzarsi, dopo una serie di grugniti e di imprecazioni degne dei migliori scaricatori di porto, iniziarono ad avvicinarsi ai due ragazzi, con le divise completamente stropicciate. Degli occhiali di James non c’era nemmeno l’ombra. 
- Ciao ragazzi, disturbiamo?- 
Alla domanda di James, il sopracciglio di Scorpius scattò verso l’alto andando a far compagnia ai capelli ossigenati scompigliati sulla fronte.
I due cugini provarono a sedersi a terra, ma caddero entrambi nello stesso posto. Dopo essersi guardati in cagnesco per qualche istante, ingaggiarono una piccola lotta che si concluse con la sconfitta di James e la cravatta di Fred arrotolata attorno alla sua fronte. Come non se ne fosse accorto rimase un mistero per tutti.
- I tuoi occhiali sono vicino al fiore giallo, Jamie. - La voce di Rose ruppe il silenzio, accompagnata dal rumore di una pagina voltata. 
- Abbiamo trovato Lily. Ci ha detto che ti stava cercando ma non sapeva dove trovarti. Deve parlarti
- Le abbiamo detto che ci pensavamo noi, ma non ha voluto dirci niente. 
- Ha detto che la nostra capacità di essere discreti è simile a quella di un elefante che cammina in una cristalleria.
Rose non faticava a credere che la cugina avesse rivolto quelle esatte parole ai due Grifondoro, dopotutto se venivano beccati sempre dopo aver pianificato uno scherzo era proprio perchè non sapevano dove la parola “discrezione” stesse di casa. 
Si limitò ad annuire, lasciandosi andare ad un sospiro. Se Lily la cercava allora doveva avere delle informazioni interessanti su quanto accaduto quella mattina.

- Quando mai non siamo stati discreti Fred?
- Non lo so, James, quando?
La risposta, che tanto non si aspettava, si perse tra le parole che Scorpius le rivolse nell’orecchio: - Ma sono sempre così? 
Rose annuì con un sorriso, puntando gli occhi divertiti sui cugini che ora si stavano azzuffando scherzosamente per qualcosa detto dal Potter grande. Chiuse il libro, aveva rinunciato a leggere da quando li avevano sentiti avvicinarsi. 
- A volte si finiscono le frasi a vicenda, anzi quando erano bambini era anche peggio. Sono come due gemelli separati alla nascita.
- Che poi, io dico...
- ...Come si permette? 
Il suono della risata di Rose riempì l’aria, una risata cristallina, arrivata direttamente dal cuore. Sollevò gli occhi azzurri fino ad incontrare quelli grigi del Serpeverde, già puntati su di lei con espressione assorta, e assunse un’espressione come a dire “te l’avevo detto”.
I due cugini, che sembravano condividere la mente, si guardarono sorridendo compiaciuti. Avevano assolto il loro compito. 
- Andiamo a mangiare? C’è il pollo Rosie
Alla frase di James, la rossa scattò: - Siete ancora lì?
Risero scuotendo la testa: quando si trattava del pollo tornava una bambina.

Tutti e quattro insieme si avviarono a cena, chi ridendo, chi scherzando, chi cadendo, con la mente più chiara e il cuore più leggero.

 

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Capitolo 4
*** Capitolo III. "Il mago dello stile" ***


Capitolo III. "Il mago dello stile"

La biblioteca di Hogwarts era considerata una delle più fornite dell'intero mondo magico.

Le faceva concorrenza solo quella situata a Malfoy Manor che, da quando era andata a viverci Astoria Greengrass, era stata rimessa a nuovo, tanto che tutti i libri inerenti alle arti oscure erano stati relegati negli scaffali e corridoi più lontani dalla porta.

Anche a casa Granger-Weasley, tanto desiderata dal Ministro in persona, ne era stata costruita una. Era diventato in poco tempo il regno incontrastato di Hermione, ceduto successivamente alla primogenita.

Era, senza alcun dubbio, la stanza della casa che entrambe preferivano. Piena di scaffali contenenti libri di tutti i tipi, grandi, piccoli, scolastici o meno, con due divanetti che ricordavano nei colori e nella comodità quelli della sala comune di Grifondoro, con un piccolo caminetto e delle candele che restavano sospese grazie alla magia.

Tutte le volte che Rose tornava a casa per le vacanze di Natale, prima di andare alla Tana, tendeva a rifugiarsi lì in compagnia della madre per leggere un buon libro e parlare tra loro, con sulle gambe la loro coperta e accanto biscotti e una tazza di thè caldo, sedute sui comodi divanetti che mostravano ai loro occhi i lunghi e alti scaffali profumati di carta e pieni di storie che aspettavano solo di essere raccontate.

Tutta la magia che le avvolgeva veniva da lì, era presente tra quegli scaffali pieni di polvere che si snodavano per lunghi corridoi, tra quelle pagine di carta ingiallite dal tempo, tra quei volumi dorati, spessi, vecchi e nuovi, tra quelle costellazioni di parole incise su carta come le stelle nel cielo che permettevano, a chiunque ne avesse il coraggio, di sognare, di aprire una nuova storia per vivere una nuova vita.

Tutta quella magia le permeava, le avvolgeva e le accompagnava.

Sempre.

Non erano rare le volte in cui Ron le aveva trovate lì, a tarda sera dopo aver cenato, addormentate l'una accanto all'altra, la testa rossa appoggiata sulla spalla della mora e un libro in grembo. E lui le lasciava lì, a dormire, appellando un'altra coperta per coprirle meglio e spegnendo la luce delle candele, permettendo loro di cadere nella tana del Bianconiglio o di volare tra le stelle, accanto a Peter Pan.

Perfettamente consapevole che la mattina successiva avrebbe dovuto subirsi i lamenti di entrambe per la posizione scomoda assunta durante la notte e le ripercussioni per averle lasciate così, che sarebbero arrivate in ogni caso anche se le avesse svegliate.

Ma andava bene così. Infondo fino a quando rimanevano irritate con lui non si sarebbero scontrate tra loro, evitando di buttare giù la casa a suon di urla e incantesimi per la solita volontà di competere, insita nella loro anima.




 

Proprio per questo motivo quando Lily Potter trovò la cugina seduta da sola a uno dei tavoli più isolati della biblioteca non si meravigliò.

La luce che entrava dalla finestra accanto le rifletteva sui capelli raccolti in una treccia laterale un po' sfatta, complice la giornata passata, rendendoli più rossi e luminosi di quanto lo fossero normalmente. Giocava con le sfumature mettendone in risalto alcune, tanto da renderle di un colore più scuro, mentre alcune ciocche sfuggite dalla costrizione le cadevano sugli occhi azzurri. Lily pensò che la rendessero più umana, spostandola da quell'aura di perfezione che le associavano tutti.

Avvicinandosi a lei poté notare la ruga di preoccupazione che le macchiava la fronte, distraendola dalla traduzione di Antiche Rune da cui era occupata.

<< Rose? >> la voce di Lily uscì bassa, mentre prendeva posto sulla sedia accanto alla cugina, per evitare di farsi riprendere dalla bibliotecaria. La rossa alzò la testa dalla pergamena permettendo alla luce di illuminare il volto cosparso di lentiggini e di riflettersi sui suoi occhi, rendendoli di un azzurro più magnetico e attraente. Lo stesso doveva pensare il Corvonero poggiato allo scaffale lì accanto, che dopo aver distolto lo sguardo dalla sua ricerca era rimasto incantato.

<< James e Fred mi hanno detto che ieri mi stavi cercando. Di cosa avevi bisogno? >>

<< Solo di sapere chi fossero quelle pazze che hanno attentato alla mia vita, ma Roxanne mi ha già illuminata su tutto. >> mosse la mano come a dire che ormai era tutto risolto e che non avesse più importanza. Poi la sua bocca si aprì in un sorriso malizioso e puntando i vivaci occhi azzurri sulla cugina chiese:<< Che cosa stavi combinando? >>

Lily distolse lo sguardo da quell'azzurro diventato troppo invadente. Improvvisamente le intelaiature della finestra di fronte a lei avevano acquisito un interesse speciale ai suoi occhi. Erano disegnate con dei ghirigori particolari che non aveva mai notato prima.

Dal momento che non aveva ottenuto risposta la più grande incalzò << Centra, per caso, l'infermeria? >> 

All'arrossarsi delle guance della piccola Potter il sorriso malizioso dipinto sulle labbra della ragazza si accrebbe. Non era da tutti i giorni vederla in difficoltà per una semplice quanto stupida domanda. La sua piccola cuginetta era cresciuta.      

<< Lysander, eh? >>

<< Non dire niente, per favore.>>

Rose alzò le mani, ridacchiando al tono supplicante della cugina. << Io non so niente.>>

Se l'avessero scoperto James e Albus non ne sarebbero stati contenti. Avevano sempre fatto scappare qualunque ragazzo ci volesse provare con la "piccola rossa", com'erano soliti chiamarla, con minacce poco velate tanto che la cugina era arrivata a pensare di essere poco interessante agli occhi della popolazione maschile del castello.

Zia Ginny le aveva incaricate di capire cosa fosse successo e quando Roxanne era venuta a sapere dal fratello decisamente ubriaco cosa stavano combinando quelle due serpi con l'aiuto del compare biondo, che ormai era diventato parte di quella bizzarra famiglia, lei e Dominique si erano cimentate in una strigliata talmente forte diretta ai due fratelli Potter che probabilmente erano state udite anche in Uzbekistan, mentre il ragazzo dalla chioma ribelle urlava al tradimento. Ovviamente non avevano risparmiato neanche il biondo e la "spia", che credevano di averla scampata in tutto quel trambusto e se la ridevano tranquilli.

Ma il momento più bello era stato quando la zia era venuta a saperlo in circostante misteriose: era quasi venuta giù la Tana al suono di quelle urla. Erano stati obbligati a due settimane di lavori forzati nella casa Weasley, mentre loro si godevano l'estate e il riposo assoluto. La zia aveva regalato loro motivi per sfotterli a vita che erano stati vendicati in poco tempo con una battaglia ad acqua, ma le ragazze pensavano che ne fosse davvero valsa la pena perché la foto in movimento di quattro idioti con un grembiule addosso mentre erano intenti a "lavare" i piatti in cucina era la cosa più bella che fosse mai stata attaccata in bella mostra sul caminetto.

Quello che i ragazzi non sapevano era che anche loro tre cugine tendevano a minacciare ipotetici spasimanti per scoprire le loro intenzioni, ma in modo nascosto e molto discreto, senza mai essere scoperte.

 

<< Girano delle voci >>, riprese la più piccola, << su te e Scorpius. Le ragazze hanno notato che è fuori dal "mercato" >> il suo mimare la parola fece scappare una risata alla cugina.

<< E hanno capito, come avrai notato, che è "colpa tua".>>

Questa volta il tentativo di sdrammatizzare fallì, come confermò la smorfia appena disegnata sul volto di Rose. << D'altronde non siete stati proprio cauti alla festa di sabato scorso, o ieri al lago.>> aggiunse.

Lily le prese una mano quando la cugina abbassò la testa lasciandosi andare a un sospiro stanco. Le afferrò il mento con dolcezza per cercare di trasmetterle con lo sguardo quanta più comprensione potesse, tentando di assumere un'espressione rassicurante in modo da cancellare quella sconfortata che vedeva sul bel volto. Quei bellissimi pezzi di cielo si erano oscurati, pieni di dolore e stanchezza, mostrandole quanto fosse forte la tempesta che stesse vivendo in quel momento.

Le parole e i pettegolezzi che giravano per la scuola la appellavano in modi poco carini, dipingendola una ragazza "in cerca d'oro", portandola a cadere in un vortice di sconforto. Era brutto passare nei corridoi e sentire quei bisbigli costruiti appena voltava l'angolo, essere oggetto di occhiate recanti disprezzo che ti lanciavano stilettate dritte al cuore. Nonostante Rose sapesse che erano falsi, creati solo per fare del male, lasciarsi condizionare, a volte, le era venuto automatico. Forse era solo stanca di sembrare sempre forte.

La mano della cugina strinse più forte la sua, come a ringraziarla. << Non ti preoccupare, smetteranno presto. Qualcuno ha fatto capire loro che quegli agguati e quei discorsi sono poco carini. >> l'affermazione riuscì a strapparle una risata soffocata.

<< Sei una strega forte, tesoro. Hanno paura di te e sono invidiose. Non essere sorpresa. Sei la strega più brillante che questa scuola abbia visto da quando tua madre è uscita! >> esclamò osservando il volto scettico della cugina.

<< Sei bella. Ma sanno che non è questo che ha fatto colpo su Scorpius. È stata la tua forza, la tua capacità di tenere testa a chiunque, perfino al tuo stesso padre. Merlino, Rose! Ti sei schierata contro di lui per dei pregiudizi infondati che ha assunto! Non tutti l'avrebbero fatto. >> Si interruppe per dare più enfasi alle sue parole.

<< L'odio che provi verso qualunque tipo di ingiustizia. Il modo in cui vuoi sempre essere giusta, anche giocando a Quidditch, quando qualche fallo sarebbe anche lecito e necessario. Il modo in cui non ti fermi quando non riesci in qualcosa, come perseveri per i tuoi obiettivi, come combatti per ciò in cui credi fortemente. >>

Fece una pausa rivolgendole un sorriso dolce, poi riprese. << Quello che affascina le persone che ti stanno accanto è la tua presenza, la tua persona, la tua testardaggine. Il tuo modo di combattere ogni tipo di pregiudizio, contrastare ogni azione sbagliata a cui assisti. Ci hai sempre insegnato a credere in noi stessi, a non farci catalogare solo per i cognomi che portiamo o per le persone di cui siamo figli. >> si fermò per dare più importanza alle parole successive.

<< Una volta mi hai detto che non è il mio cognome a rendermi quello che sono, ma i miei desideri, le mie azioni, le mie decisioni. Mi hai detto che non devo fermarmi alla superficie, a ciò che gli altri si aspettano da me. Ma che devo scavare più a fondo e crearmi una mia strada in quello che sono capace di fare. >> Rose sorrise, felice che le parole in cui credeva fortemente fossero state recepite e assimilate.

<< Le parole di quelle ragazze, per quanto siano crudeli e cattive, non devono avere la possibilità di scalfirti. Mai. >> Lily la guardò seriamente, imprimendo a quelle parole un'enorme forza, lasciando che lei assimilasse ciò che, a volte, si dimenticava. Lasciandole il tempo di ricostruirsi quella corazza che non doveva mai essere scalfita dai giudizi di persone che nella sua vita non avevano valore. Quella corazza che le persone tanto le ammiravano per il modo in cui riusciva a sfoggiarla anche nei momenti più difficili, per il modo in cui riusciva a proteggere tutte le insicurezze che indossava nella vita quotidiana.

<< Questo è ciò che ha fatto innamorare quel ragazzo tanto arrogante e freddo con tutti. Anche se non te l'ha mai detto e forse non te lo dirà mai, è evidente. Ed è ciò che quelle ragazze non saranno mai. E lo sanno.>>

Le parole di Lily la fecero commuovere, erano parole cariche di affetto, di ammirazione. Sapeva che quello che aveva detto non valeva solo per il biondo, ma anche per lei, per tutte le persone che la amavano e le stavano accanto ogni giorno, per tutte quelle che la ammiravano, per la sua famiglia ei suoi amici.

Si sporse dalla sedia per abbracciarla stretta, trasmettendole tutta la gratitudine che provava nei suoi confronti. Nonostante dicesse che non le importava di ciò che stava accedendo con il padre, di quello che quelle ragazze pensavano, sapeva che a volte non lo pensava davvero. E sentire quelle parole, sentirle ricordare quelle cose che lei si ripeteva ogni tanto, la faceva stare meglio.

Si staccò dalla cugina regalandole un dolce sorriso pieno di gratitudine che, ancora piena di commozione, non riusciva ad esprimere a parole.

<< Ora va meglio? >> Rose annuì

<< In ogni caso, non ti preoccupare.>> Lo sguardo confuso che le riservò la cugina le fece spiegare << La fattura che mi ha insegnato la mamma quest'estate è davvero efficiente.>> Lily le ammiccò.

Scoppiarono a ridere di cuore, facendo un baccano assordante. L' immancabile arrivo di Madame Pince, che le minacciò di buttarle fuori se non avessero subito smesso, venne accompagnato da quello di una figura slanciata con indosso la divisa verde-argento. Riservò alle due ragazze uno sguardo sconcertato, mentre si voltava a fulminare il Corvonero che ora aveva trovato un posto a sedere abbastanza vicino in modo da poterle osservare più comodo. Il ragazzo distolse immediatamente lo sguardo, spaventato, decidendo saggiamente di concentrarsi sul volume davanti a sé.

Gli occhi azzurri di Rose corsero immediatamente a quelli grigi e freddi del ragazzo senza più lasciarli andare, mentre ancora aleggiava sul suo volto coperto di efelidi la sfumatura di una risata.

Il volto disteso, i capelli biondi tra cui stava passando la mano per dare almeno una parvenza di ordine tornarono a dirigersi in tutte le direzioni, mentre un ciuffo gli cadeva sulla fronte coprendo leggermente gli occhi grigi, la cravatta allentata attorno al collo gli conferiva un'aria meno perfetta, ma ancora più intrigante agli occhi dei presenti.

La piccola Potter si alzò, consapevole di essere ormai diventata di troppo e, mentre il ragazzo ancora si avvicinava al tavolo con le mani nelle tasche dei pantaloni, si chinò vicino al volto della cugina, sussurrandole qualcosa.

Poi si raddrizzò spazzolandosi la gonna e, afferrata la borsa con i libri poggiata prima a terra, esclamò: << Io vado, ho un appuntamento in infermeria. >> il sorriso malizioso che le disegnò le labbra venne accompagnato da un occhiolino.

<< Ci vediamo domani sera alla festa. >>

Un bacio, un saluto al biondo e la sua figura sparì velocemente dalla loro visuale, lasciandoli soli.

Non sei solo quello che vedono gli altri o i tuoi genitori.

Scorpius le si sedette accanto posandole un leggero bacio sulla guancia. I capelli biondi, quasi bianchi, le riempirono la visuale nel momento in cui si voltò per dedicargli parte della sua attenzione. Un broncio per la poca considerazione gli disegnava il volto perfetto. Un bacio, una carezza leggera sulla guancia leggermente ruvida per la barba e tutto era passato.

Ricordalo

Rose rise quando il ragazzo le raccontò la reazione che aveva avuto Albus non appena aveva scoperto che quel venerdì ci sarebbe stata una festa, organizzata proprio a Serpeverde. La sua faccia sconvolta mentre mimava come si era messo al centro della stanza con le mani tra i capelli corvini e aveva urlato che non aveva idea di cosa mettere e che loro erano degli idioti che non lo aiutavano – Salazar sarebbe fiero di avervi come discendenti – preferendo prenderlo in giro mentre si comportava come una primadonna, li fece scoppiare in una risata sguaiata che valse un richiamo accompagnato da una minaccia ad entrambi.

Sempre

***

<< Roxie come sei entrata qui dentro? >>

<< Ciao Al, anche per me è un piacere vederti. >> lo salutò Roxanne, ignorando completamente il tono contrariato della voce << Sto molto bene, grazie per esserti preoccupato per me.>>

Il ragazzo, che al rumore della porta di ingresso per la Sala Comune era scattato a sedere come una molla sul divano su cui, fino a qualche secondo prima, era comodamente stravaccato, alzò i verdi occhi al cielo, aspettando una spiegazione.

I capelli neri, completamente scompigliati, lo diventarono, se possibile, ancor di più appena ci passò una mano dentro. I primi bottoni della camicia sbottonati e la fronte, illuminata dalla luce che proveniva dal camino, leggermente segnata dal fastidio di quell'intrusione, lo rendevano davvero appetibile per qualsiasi essere di sesso maschile e femminile, ma anche perfettamente fidanzato come suggeriva il succhiotto sulla gola, reso visibile dal mancato uso della cravatta.

<< Lorcan >>

<< Santo Salazar, quell'idiota >> borbottò sottovoce << quando torna gli cucio la bocca.>>

<< Ma come Al >> il tono di voce troppo innocente e apparentemente confuso della ragazza lo mise in allarme, tanto da farlo scattare sull'attenti << Poi come potreste divertirvi? >>

Albus diventò completamente rosso, facendo scoppiare a ridere la Grifondoro. Il suo "Roxanne!" oltraggiato fece girare molte teste nella stanza, curiose di capire cosa stesse accadendo. Ma bastò un'occhiataccia veloce del corvino a rimetterle a posto. Non erano affari che li riguardavano.

<< Su, non prendertela, cugino.>> Il volto, coperto dalle mani, non gli permise di vedere il sorriso malizioso che aveva preso piede su quello della ragazza, che nel frattempo si divertiva un mondo a prenderlo in mezzo.

Mentre cercava di riprendersi borbottando improperi irripetibili, la riccia iniziò a trascinare uno per volta nella stanza dei borsoni dall'aria molto pesante. Riuscì a posarne uno vicino alle poltrone che solitamente usava il gruppo del corvino rischiando di cadere sulle scarpe del ragazzo, allungati per terra accanto ai piedi. Erano coperti da calze con sopra disegnati dei calderoni.

Alzò un sopracciglio, non credendo al fatto che quel ragazzo, che si autodefiniva "il mago dello stile" potesse portare dei calzini così... infantili.

Come facessero le persone a non prenderlo in giro era un grande mistero.

<< Hai intenzione di aiutarmi? O rimarrai li impalato a guardarmi cadere? >> gli chiese facendo un cenno ai borsoni che ancora la aspettavano vicino alla porta della sala.

<< Dopo quella tua uscita, no.>> sorrise sfrontato incrociando le braccia al petto come un bambino, orgoglioso di essere riuscito a fare i dispetti alla sorellina più piccola.

Si stese più comodo sul divano verde, mettendo in bella mostra gli orribili calzini. Il calore del fuoco che fuoriusciva dal camino di fronte a lui era tornato a colpirlo dritto in faccia, riscaldandolo. Un sorriso disteso aleggiava sul suo volto.

A sentire quelle parole la ragazza fece spallucce, stampandosi un sorriso perfido sul volto, che Albus non riuscì vedere perché aveva posato il braccio sugli occhi chiusi.

<< Vorrà dire che se farò tardi all'allenamento, dirò a Rose che è stata tutta colpa tua.>>

Non ebbe neanche il tempo di vedere il ragazzo alzarsi dal divano che il borsone che aveva sotto gli occhi era scomparso.

<< Stronza manipolatrice.>> borbottò contrariato, ma nella sua espressione si poteva notare un misto di soddisfazione e orgoglio, come quando un genitore vede il proprio bambino riuscire finalmente in qualcosa.

<< Ho imparato dal migliore, cugino. >>, gli lanciò un bacio, strizzandogli l'occhio.

<< Ma come diavolo hai fatto a portarli fino a qui? Pesano dieci volte me e te messi assieme! >> esclamò lui sconvolto.

<< James e Fred. E no, non posso usare la magia perché non ho dietro la bacchetta. >>

<< E, di grazia, non potevano portarli qui dentro? >> lasciò andare il borsone, che per poco non gli ruppe un piede. Tutte quelle imprecazioni avrebbero fatto impallidire anche il peggiore scaricatore di porto. Quei due idioti gliel'avrebbero pagata.

Tirò fuori la bacchetta per praticare un incantesimo di levitazione, cercando di evitare di farsi del male serio. Aveva una festa a cui presenziare.

<< Dovevano andare da Rose, per calmarla nel caso in cui fossi arrivata in ritardo.>>

La faccia sconvolta di Albus esprimeva esattamente ciò che aveva pensato anche lei: quei due avrebbero fatto più danni che altro, ma lei non aveva alcuna intenzione di essere presente quando sarebbe successo. Li aveva mandati al macello senza neanche avvertirli.

A passare tutto quel tempo con delle serpi stava diventando come loro. E lo stesso dovette pensare anche il corvino, basandosi sullo sguardo compiaciuto che le rivolse.

<< Non mi guardare così, l'avresti fatto anche tu. >> e lui annuì concorde.

<< Stare con noi ti fa male, Roxie. >> Si rivolse a lei come se stesse sgridando una bambina, con quei grandi occhi verdi che scintillavano di approvazione, un sorriso impertinente dipinto sulle labbra, in netto contrasto con ciò che le stava dicendo.

<< Vorrei vedere te.>> borbottò sconsolata << A volte sembra una pazza e scusa se non ho voglia di finire in infermeria. Stasera dovrebbe davvero bere un po' per rilassarsi.>>

Albus scoppiò a ridere annuendo, perfettamente d'accordo con quelle parole.

<< Secondo te perché litiga così spesso con Scorpius? Mando lui in avanscoperta, litigano un po' e poi intervengo io a sedare gli animi.  >> le sorrise malandrino, gli occhi color smeraldo che scintillavano di sano divertimento.

<< Poi dai a me della serpe. >> inarcò un sopracciglio, scuotendo la testa. Ricordò che se era stato smistato nella casa verde-argento un motivo doveva esserci.

<< Mi fa paura, non è colpa mia. Soprattutto quando inizia a chiamarmi con il nome completo e a contare. Mi fa venire i brividi. >> rabbrividì davvero, come se nelle sue orecchie riuscisse a sentire quell'urlo.

A quella frase Roxanne non riuscì più a trattenersi e scoppiò in una forte risata, sotto lo sguardo offeso del ragazzo. Era una scena che aveva visto tante volte alla Tana: Albus che combinava qualche casino, Rose che urlava e poi iniziava a rincorrerlo, per lo più nel giardino. Tutte le volte finiva che lei riusciva ad acchiapparlo e per qualche giorno lui restava a letto, malconcio.

A volte la colpa non era nemmeno sua, ma era la persona più facile da prendere senza bacchetta – James e Fred correvano troppo veloci persino per lei – per cui i due mascalzoni tendevano ad addossarla a lui. Non che poi non si occupasse degli altri due, anzi.

Quando lui non centrava niente, la rossa si scusava e dopo un'occhiata offesa seguita da un piccolo abbraccio offerto con dei dolci in mano tutto tornava come prima, insieme alla pianificazione di una vendetta ai danni dei due bugiardi.

Alla fine, anche Albus si lasciò andare ad una risata riconoscendo il fatto che le scene erano spesso esilaranti.

<< Cos'è tutto questo casino? >>

La figura di Axel Nott, Serpeverde del sesto anno, varcò la soglia della Sala Comune arrestandosi appena posò gli occhi, segnati dall'eterocromia, sulle figure dei due cugini piegati in due dalle risate. Tutto nella sua espressione, dal sopracciglio inarcato alla smorfia delineata sulle labbra sottili, mostrava il disappunto che provava in quel momento, il che era strano visto che normalmente tendeva a non mostrare un'emozione.

Non sopportava quando le persone facevano troppo rumore o ridevano troppo forte, ma vedere i due ragazzi ridere insieme, di gusto, complici lo aveva ammaliato, cosa che non accadeva praticamente mai. Era normale che li vedesse insieme, d'altronde era amico di Albus da anni, ma non aveva mai provato niente di simile.

Il ragazzo dagli occhi verdi, appena riuscì a riprendersi, gli spiegò la situazione.

Nel frattempo, Roxanne si voltò per guardarlo in faccia.

Aveva i capelli biondi ancora leggermente bagnati e tutti scompigliati, in una mano teneva un borsone completamente nero tranne che alcune strisce argentate lungo le cuciture e portava nell'incavo del gomito dell'altro braccio il mantello nero. Gli occhi, uno azzurro e l'altro marrone, l'avevano già puntata, fissandola intensamente anche mentre ascoltava il cugino parlare, mettendola a disagio.

Sembrava volessero scavarle nell'anima, carpire i suoi più intimi segreti senza darle la possibilità di celarsi da quell'intrusione. Era come se improvvisamente fosse diventata nuda, senza più alcun riparo dietro cui fermarsi, come se si fosse trasformata in un libro che stava tentando di leggere, districandosi in quell'intreccio di parole che costituivano le sue emozioni e pensieri, parole dietro cui lei invece si rifugiava spesso.

Le diedero i brividi. Mai nessuno prima le aveva fatto provare una tale sensazione di disagio misto a vulnerabilità e altre mai esplorate, nemmeno quell'idiota del suo ex.

Ora capiva come diceva di sentirsi Rose quando raccontava a lei e Dominique ciò che le provocava Scorpius, tutte quelle emozioni celate che sembrava in grado di riportare a galla senza alcuno sforzo.

Distolse lo sguardo a forza da quegli occhi così strani che la tenevano ancora incorata. Si passò una mano tra i ricci per riscuotersi. Doveva tornare al presente, in fretta.

Sapeva che il ragazzo faceva parte della squadra di Quidditch come cacciatore e che avevano avuto l'allenamento subito prima di loro.

Imprecò sonoramente guadagnandosi un'occhiata da entrambi i ragazzi. Rose doveva già essere arrivata insieme agli altri membri della squadra. Doveva correre via o la strigliata a cui sarebbe stata sottoposta sarebbe stata più lunga del previsto.

<< Finite di portare dentro la roba e iniziate a preparare per la festa. Appena avremo finito l'allenamento James e Fred verranno qui per aprire i borsoni. >> iniziò ad avvinarsi all'uscita, tenuta ancora aperta dal corpo di Nott fermo sulla soglia. << Contengono le bottiglie di alcool ed altra roba, ma non provate ad aprirli. Li hanno incantati.>> li ammonì.

<< Perché mi hai incluso? >> chiese il biondo, piuttosto contrariato. Aveva deciso di tornare ai dormitori prima degli altri per riposarsi un po', dal momento che l'allenamento di quel giorno era stato più stancante del previsto.

<< Perché sei suo amico.>> disse semplicemente la ragazza mentre li salutava e usciva dalla stanza, correndo lungo il corridoio e scomparendo velocemente alla sua vista, non prima però di avergli fatto un occhiolino.

Rimase a guardare, come ipnotizzato, ancora per qualche secondo il movimento dei lunghi capelli ricci sulla schiena. Quando gli era passata accanto era stato colpito dal forte profumo di cioccolato e limone che emanava, che lo aveva stordito per qualche secondo rendendogli impossibile ribattere in qualsiasi modo.

Si girò verso il compagno di casa intento nel dare ordini ad altri ragazzi per preparare al meglio per la festa. Dopotutto se avevano aspettato tre settimane dall'inizio dell'anno per farla, sarebbe dovuta essere strepitosa.

Aveva il forte sospetto che non sarebbero riusciti a salire per cena.

Sospirò rimboccandosi le maniche della camicia fino ai gomiti. Decise che sarebbe andato dagli elfi in cucina per chiedere loro degli spuntini, e magari si sarebbe anche fatto dare una fetta di torta, possibilmente al limone.

Per qualche strano motivo ne aveva una voglia matta.

 

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Capitolo 5
*** Capitolo IV. La festa ***


Capitolo IV. La festa

<< Potter, per l'amore di Merlino, si può sapere cosa stai facendo? >> 

Quando Axel Nott rientrò in camera desiderò aver accettato, sei anni prima, la richiesta che gli era stata fatta di cambiare compagni di stanza. 

Albus Potter, quasi completamente dentro l'armadio da cui erano visibili solo le gambe e il sedere, lanciava fuori tutti i vestiti che gli capitavano sottomano, senza curarsi di dove finissero, alla ricerca di qualcosa di sconosciuto, forse il fondo dell'armadio.

Gli sembrò che volesse replicare uno di quei libri di cui aveva raccontato la storia Rose Weasley qualche giorno prima. Quello con i quattro fratelli che finivano in un posto strano passando dall'armadio. Non ricordava però il nome.

La camera non era mai stata così in disordine. Nemmeno quando, al secondo anno Albus, dopo aver convinto lui e Malfoy, aveva deciso di portare in stanza il piccolo gatto che gli avevano regalato i genitori per il compleanno. 

Gli enormi danni che aveva provocato quella piccola palla di pelo arancione – letti e vestiti distrutti, bauli pieni di graffi – e tutto il tempo perso per cercarlo quando si era perso, infilato semplicemente nel baule spaventato, gli erano valsi l'immediato ritorno a casa.

Il ragazzo, incurante del fatto che in quella stanza convivesse con altre quattro persone, aveva disseminato tutto il pavimento di pantaloni. Alcune camicie e maglioni erano finiti addirittura sui baldacchini. 

Axel poté giurare di aver visto anche qualche mutanda dai disegni improponibili vicino al proprio letto.

 Pensò di essere finito in un campo di battaglia.

<< Fa così da quando è rientrato.>>

Lorcan Scamander, sdraiato sul letto a baldacchino del corvino con le spalle appoggiate alla testiera, i capelli biondi che gli cadevano sugli occhi marroni, osservava il proprio ragazzo giostrarsi tra quelli che, all'occhio critico del Serpeverde, sembravano i resti di una bomba appena esplosa.

O forse, più semplicemente, osservava il suo sedere fasciato dai pantaloni neri di jeans.

<< Da quando mi ha mollato, vorrai dire.>> ribattè Axel gettando un'occhiataccia alla schiena del corvino.

Si sentì come risposta un "dettagli" soffocato dalla posizione strana che aveva assunto. Era quasi entrato completamente all'interno del mobile.

Era ancora più sicuro che volesse stabilirsi lì dentro.

 

Un maglione verde acido volò per la stanza. La scena, secondo il biondo, sarebbe anche stata esilarante se non gli fosse finito dritto in faccia, schiacciandogli i capelli e lasciandogli dei peli di lana in bocca. 

La risata sguaiata di Lorcan risuonò per tutta la stanza, mentre il Serpeverde cercava a tentoni con una mano il proprio cuscino per colpire il ragazzo e con l'altra di togliersi l'indumento dalla faccia, sputacchiando la lana che gli era finita in bocca.

Il tonfo del cuscino caduto a terra in mezzo ai due letti venne coperto dall'esclamazione di gioia prodotta da Albus. Il ragazzo si esibì in un breve balletto di gioia, tenendo sollevato in una mano il proprio bottino, una sciarpa color argento con dei disegni neri, che, a quanto pareva, aveva tutta l'intenzione di indossare quella sera.

Tutto quel casino per una stupida sciarpa.

 

<< Malfoy? >> chiese ai due ragazzi, concentrati nello squadrarsi famelicamente a vicenda. Si tolse la camicia, gettandola sul letto accanto a quella pulita. 

Albus si voltò verso di lui pronto a rispondergli, ma si bloccò appena lo vide senza camicia. Rimase con la bocca aperta, spalancata, quasi sbavando mentre osservava attentamente tutto quello che gli allenamenti di Quidditch gli avevano donato.

Le larghe spalle muscolose, ben delineate, le braccia toniche, gli addominali perfettamente scolpiti. Era una visione a cielo aperto e Albus non riuscì a distogliere lo sguardo, nemmeno quando si guadagnò uno scappellotto sulla testa dal proprio ragazzo.

<< Potresti coprirti per favore? Non vorrei mai che questo scemo potesse creare un lago di bava grande quanto il Lago Nero. >> gli chiese il Corvonero, lanciandogli un'occhiataccia come se la colpa di quello che combinava Potter fosse sua.

<< Sta facendo una doccia. A cena quella pazza di Zabini gli ha lanciato il succo di zucca addosso. Aveva tutti i capelli appiccicosi quando si è alzato dal tavolo. >> riprese Lorcan, rabbrividendo al ricordo di quel momento.

All'improvviso, come a conferma delle sue parole, la porta del bagno si spalancò, lasciando uscire il vapore della doccia. 

La figura di Malfoy comparì sulla soglia con solo un misero asciugamano a coprirlo. I capelli biondi gocciolavano, creando un lago d'acqua ai suoi piedi, le spalle rese muscolose dagli assidui allenamenti erano ancora bagnate, creando un effetto luminoso sulla pelle pallida resa ancor più lucente dalla luce che ci rifletteva sopra. Alcune goccioline gli caddero sul petto, seguendo la lunga scia degli addominali, andando ad infrangersi sull'asciugamano allacciato in vita.

Il sospiro sognante di Albus, gli occhi verdi luminosi e quasi la bava alla bocca vennero accompagnati dal gemito di frustrazione di Lorcan.

<< Ma, per Godric, perché nessuno indossa delle stramaledette maglie in questa stanza! >>

 

***

 

Appena Roxanne mise piede alla festa, insieme a Rose e Dominique, desiderò ardentemente essere rimasta in camera a dormire.

Lei amava le feste, davvero tanto, ma quella sembrò davvero esagerata anche per i suoi standard. Non aveva mai preso parte ad una festa con così tante persone non organizzata nella Stanza delle Necessità. Solitamente lì era più a suo agio perché consapevole che nessuno sarebbe potuto entrare senza pensare alla parola d'ordine. 

Tante volte Gazza aveva provato a beccarli, fallendo miseramente. Dopo anni di prove finalmente erano riusciti a trovare un modo per garantire l'accesso esclusivo.                                                            Lì, invece, qualunque professore sarebbe potuto andare a controllare, magari mandato proprio da quelli contrari alle feste.

 

Uno spesso strato di fumo limitava la visibilità, resa già minima dalla poca luce presente.

La Sala Comune di Serpeverde era irriconoscibile. 

I divanetti verdi, solitamente posti davanti al camino erano stati spostati in un angolo appartato della sala insieme ad altri, magicamente aggiunti. Erano quasi tutti già occupati da ragazzi e ragazze con in mano un bicchiere, pronti a divertirsi. Il centro era occupato da una bolgia di persone, tutte intente a ballare sulle note di una musica non percepibile dall'esterno. 

Al fondo della sala era stato fatto apparire un bancone dove James e Fred, i migliori nel creare bevande magiche, avevano posizionato le bottiglie, piene di intrugli dai colori piuttosto sospetti. L'unica cosa che sembrava salvarsi era il punch, ovviamente corretto con una grossa dose di firewhisky.

<< Benissimo ragazzi! >> prese la parola James, salendo su un tavolino vicino alla disco music, strategicamente piazzata nel punto più lontano dall'entrata.

Passò una mano tra i capelli ribelli, aggiustandosi poi gli occhiali sul naso. Le braccia, scoperte dalle maniche della camicia raccolte attorno ai gomiti, si ancorarono al collo del cugino mulatto in piedi accanto a lui. Un sorriso rilassato e gioioso capeggiava sul volto di entrambi i ragazzi, mentre con gli occhi cercavano facce conosciute tra la folla.

<< Ora che abbiamo raggiunto un numero consistente di persone possiamo dare ufficialmente inizio alla festa più strepitosa dell'anno! >>

James fece un occhiolino, portando la maggior parte delle ragazze a sospirare, sognanti. C'era un motivo se era stato inserito tra la lista di "scapoli d'oro" della scuola nell'ultimo numero della Gazzetta di Hogwarts.

<< In alto i calici! Brindiamo alla prima festa dell'anno! >> rincarò la dose Fred. << Che sia di ispirazione per le generazioni future! >> alzò il bicchiere, brindando.

Urla di giubilo accompagnarono la frase, tutte le persone, quelle in pista, quelle sedute sui divanetti o al bancone alzarono in alto ciò che avevano in mano, urlando tutta la loro approvazione.

<< Divertitevi e... ricordate: non bevete troppo poco! >> esclamarono insieme, lasciandosi andare a una risata piena di felicità. Tutte le altre persone presenti li seguirono, producendo un chiasso che non aveva mai visto precedenti.

 

Le ragazze scossero la testa divertite, mentre i cugini scendevano dal piccolo palco improvvisato.

<< Ripetetemi, perché siamo qui? >> chiese Roxanne osservando il fratello inciampare e cadere a terra, portandosi l'amico dietro.

I lunghi capelli ricci erano stati raccolti in una coda alta, lasciando la pelle scura delle spalle scoperta. Attorno al collo si stringeva il corto vestito rosso che, lasciandole la schiena nuda, cambiava colore alla fine diventando dorato.

Un piccolo omaggio alla casata di appartenenza.

<< Non li hai sentiti? >>, le rispose Dominique << siamo qui per la "festa più strepitosa dell'anno!" >> mimò le virgolette assumendo una buffa posa. I lunghi capelli biondi, ondulati per la serata, le incorniciavano il volto, perfettamente truccato, senza spettinarsi neanche un secondo mentre faceva l'imitazione dei due Grifodoro.

Roxanne si chiese come fosse possibile che riuscisse sempre ad essere perfetta. I suoi capelli, anche se lasciati sciolti, si spettinavano subito senza che si muovesse troppo.

<< No intendo... perché l'abbiamo fatta qui. >> le chiese, fulminando con lo sguardo un tipo che l'aveva spintonata. Quello provò a ribattere qualcosa, ma non appena vide la sua espressione indietreggiò, sparendo nella confusione.

<< Perché Gazza pattuglia il settimo piano da tre settimane ormai per poterci cogliere con le mani nel sacco. E questa sala era la più lontana dai professori. >> intervenne Rose 

<> aggiunse, con gli occhi azzurri scrutava la sala alla ricerca dei cugini perduti. 

Sembravano essersi volatilizzati nel nulla.

<< Speriamo l'abbiano insonorizzata per bene. >> intervenne la bionda in testa alla fila, mentre a spintoni cercava di farsi largo tra la calca di persone.

<< Fantastico. Dobbiamo affidarci a una banda di babbuini. >> borbottò Roxanne tra i denti. 

 

***

 

<< Rose! >> Albus la prese per le spalle scuotendola << sei una donna fortunata! >> le disse, i grandi occhi verdi spiritati puntati nei suoi. 

La ragazza lo guardò stralunata, passando poi lo sguardo confuso sui compagni in cerca di spiegazioni. Scorpius le fece un occhiolino con un sorriso sfrontato, Axel la guardò con un leggero sorriso divertito sul volto accompagnato dallo sbuffo infastidito di Lorcan.

<< Albus, puoi spiegarmi cosa ti prende? >> gli chiese condiscendente, come se stesse parlando a un bambino e non a un ragazzo di sedici anni.

<< Il tuo ragazzo è uno stramaledetto figo! >> esclamò ancora sognante. Le mani a incorniciare il volto, lo sguardo sognante.

L'espressione di Albus fece ridere tutti i presenti.

<< Questo lo so. >> rispose la ragazza, ignorando volutamente il sorriso soddisfatto sul volto del proprio ragazzo. << Ma cosa c'entra? >> chiese, ancora confusa. I lunghi capelli rossi, lasciati sciolti, si spostarono su una spalla quando piegò la testa da un lato, lasciando il collo bianco in vista.

<< Visto che non sembra in grado di risponderti, te lo dico io che c'entra. >> si intromise Lorcan, lanciando un'occhiataccia al Malfoy che sghignazzò in risposta. << Da quando l'ha visto – li ha visti – senza maglietta è completamente uscito di testa. >> rispose con tono seccato.

<< Dai Lorc, credo che chiunque rimarrebbe senza parole a vederli mezzi nudi.>> si intromise Dominique, squadrando i due ragazzi attentamente. Roxanne annuì vigorosamente alle parole della cugina, approvando in pieno.

<< Esattamente. Cioè, io dico... siamo davvero fantastici. >> rincarò la dose Axel, sorridendo divertito al gemito di frustrazione del Corvonero.

<< E molto modesti... >> sussurrò Roxanne, venendo sentita solo dalla rossa. Risero entrambe sotto lo sguardo stranito del ragazzo.

<< E poi viviamo insieme da sei anni. Sai quante volte sarà capitato... >> aggiunse Scorpius, mentre si avvicinava a Rose. 

Quando le loro braccia si sfiorarono vennero percorsi entrambi da un'infinità di brividi. Le loro mani a stretto contatto si strinsero, rimanendo agganciate anche quando la rossa fece un passo avanti, avvicinandosi al Corvonero momentaneamente sprovvisto dell'uso della parola. Lorcan aveva le mani davanti al volto, sconfitto.

<< Scamander, ho sempre saputo che in realtà io e te fossimo una semplice copertura per questi due. >> ammise Rose, scatenando una risata generale. 

Scorpius le diede un colpetto sulla mano, lasciandogliela, avvicinandosi poi al corvino, finalmente rinsavito. Gli passò un braccio sulle spalle annuendo vigorosamente all'affermazione della ragazza.

<< Non volevamo farvi soffrire, ma hai ragione. >> Albus sorrise, indirizzando alla rossa uno sguardo dispiaciuto, mentre gli legava un braccio in vita.

<< Ci dispiace. >> concluse per lui Scorpius. Si passò una mano tra i capelli, fingendo imbarazzo. Abbassò lo sguardo come se non riuscisse a guardarla negli occhi.

<< Vieni con me, Scamander. Andiamo a bere qualcosa per buttare giù questa notizia.>> lo prese a braccetto Rose, avviandosi con lui al bancone mentre il resto del gruppetto li seguiva ridendo. 

 

***

 

<< Ciao Jamie. >> esclamò Rose sedendosi su uno sgabello al bancone. Accanto a lei prese posto Lorcan.

<< Ehi bellezze. >> sorrise ammiccante, servendo a una ragazza un bicchiere contenente del liquido azzurro. << Cosa posso offrirvi? >> 

<< Dai a me e al belloccio qui di fianco la cosa più forte che hai. >> gli chiese Rose.

<< Che succede? Problemi in paradiso? >> domandò. Una ruga di preoccupazione si creò sulla sua fronte, coperta dai capelli spettinati.

Mise davanti ai due ragazzi un bicchierino con un intruglio verde, preso da una delle bottiglie dietro di lui, a cui aggiunse personalmente altro firewhiskey. Lo buttarono giù tutto d'un colpo facendo una smorfia.

Merlino se era forte.

James rise, passandosi una mano tra i capelli e versandone un altro. Li invitò a berlo piano per evitare di ubriacarsi.

<< Mah, niente di che... >> gli rispose Lorcan, indicando con la testa i due ragazzi che chiacchieravano lì accanto.

<< Devo spezzare qualche gamba? >> all'improvviso si fece serio, assumendo un cipiglio preoccupato. Gli occhi marroni si assottigliarono minacciosi.

<< Fred! Prendi la mazza! >> urlò al cugino attraverso uno specchio che aveva tirato fuori dalla tasca dei pantaloni neri. L'aveva regalato a tutti loro zia Hermione qualche Natale prima sostenendo che fosse incantato. In quel modo potevano tenersi sempre in contatto, anche quando non erano insieme. << Mi sa che è ora...>>

<< No Jamie! Stavamo scherzando! >> lo blocco subito la ragazza preoccupata. Mise le mani avanti coprendo lo specchio, fermando qualunque altra parola stesse per uscire dalla sua bocca. << Mi riempie di felicità sapere che vi preoccupate per me, ma è tutto okay. >> gli sorrise, imprimendo nello sguardo che gli rivolse tutta la sicurezza possibile.

James si rilassò visibilmente sollevato, posando lo specchio nella tasca. Si appoggiò con i gomiti al bancone ascoltando il racconto di Lorcan.

 

 

 

 

 

<< Allora... chi dobbiamo pestare? >> gli chiese il mulatto, comparendo improvvisamente al suo fianco.

<< Porco Salazar... mi hai fatto spaventare.>> esclamò fulminando il cugino. Si portò una mano al petto, come per fermare i battiti accelerati del cuore.

<< Per ora nessuno.>> riprese, << Ma tieni d'occhio Malfoy e Potter. >>, si mise ad osservare attentamente i due ragazzi mentre, seduti sui divanetti, chiacchieravano tra loro.

<< Ma è tuo fratello! >>

<< E che c'entra? >> James lo guardò confuso, non comprendendo cosa stesse insinuando << Anche tu lo sei, ma se fai stupidaggini te lo dico. >> rispose ovvio.

<< Solitamente le fai con me J. >> Fred alzò gli occhi al cielo. Si chiese quanto potesse essere sciocco il cugino a volte.

<< Giusto... beh dettagli. >>

<< Jamie ma cosa stai... Ehi! Quello sta allungando le mani su Roxie. >> esclamò indicando i due ragazzi in pista che ballavano troppo vicini per i suoi standard. Il ragazzo aveva allungato le mani, ancorandole ai fianchi della ragazza, mentre Roxanne continuava a ballare indisturbata.

<< Te l'avevo detto io che la mazza sarebbe servita stasera. >>

<< Comunque stiamo per fare una cavolata, fratello.>> lo avvisò.

Una scintilla folle passò nello sguardo di entrambi che forti di quella consapevolezza optarono lo stesso per andare incontro al fato e rischiare la vita. 

 

 

***

 

Axel Nott non capiva cosa stesse succedendo. 

Un minuto prima era seduto sul comodo divano verde ai lati della sala, mentre sorseggiava tranquillo il proprio drink. Un minuto dopo era stato afferrato da una figura non ben identificata che lo stava trascinando verso il corridoio che dava ai dormitori, arrestandosi in un punto abbastanza isolato, probabilmente per ucciderlo.

La poca luce presente nella stanza non lo aiutava affatto a scoprire chi si celasse dietro il misterioso ladro. Quando, però, una sferzata di capelli ricci gli finì in faccia capì che si trattava di una ragazza e forse aveva anche una vaga idea di quale: Roxanne Weasley. 

Era l'unica che si sarebbe comportata in un modo così strambo e tranquillo in sua presenza.

Quando si fermarono in una zona abbastanza celata agli sguardi degli impiccioni, si spostò un po' indietro per permettere alla luce di illuminarne la figura. Era davvero lei, i capelli raccolti in una coda un po' sfatta e il vestito rosso che la fasciava perfettamente. Solo gli stivali, bassi, neri e slacciati, stonavano con l'eleganza del vestito.

<< Mi vuoi uccidere per caso? >> Una domanda più che lecita, basandosi su quanto aveva assistito poco prima.

<< Come puoi anche solo pensarlo? >> gli chiese indignata. Si portò una mano al petto accentuando lo sdegno. Una ciocca di capelli, caduta davanti agli occhi, rese vano il suo tentativo di rimanere seria. Un sorrisetto le comparve sul volto mentre, con un soffio, cercava di spostare la ciocca, fallendo miseramente.

<< Ti ho visto prima con tuo fratello e James. >> al suo sguardo confuso aggiunse, << Li hai inseguiti per almeno dieci minuti con quella mazza in mano. >>

<< Ah quello... >> mosse una mano, come a scacciare un insetto fastidioso, << se lo meritavano. Avevano fatto scappare il tipo con cui ballavo. >> disse ovvia.

Axel scosse la testa, incredulo, nascondendo un sorrisetto dietro un'espressione impassibile. Quella ragazza era davvero strana.

<< Allora cosa vuoi? >> le chiese, quasi scocciato. Voleva arrivare al sodo velocemente per tornare a godersi la festa. 

Spostò lo sguardo sulle persone lì attorno, qualcuna, più ficcanaso, li stava guardando nonostante fossero in un punto abbastanza nascosto, qualcun'altra era troppo ubriaca per capire anche solo come si chiamasse. Notò che un ragazzo aveva occupato il suo posto sul divano.

<< Ho bisogno del tuo aiuto. >> la voce, bassa, quasi non gli permise di capire cosa gli stesse dicendo.

Si voltò verso di lei, osservandola. Aveva abbassato la testa, avvicinandosi a lui in modo che nessuno sentisse la conversazione. Era più bassa di lui, di una spanna, tanto da arrivargli sotto il mento. I loro piedi erano quasi a contatto. Dovette spostare il bicchiere da un lato per evitare di sporcarli entrambi con la bevanda al suo interno. 

Un forte profumo di limone tornò a confondergli i sensi, come quel pomeriggio.

Quando alzò lo sguardo i loro occhi si incrociarono, risultando più vicini di quanto pensasse. I grandi occhi marroni si specchiavano nei suoi, uno azzurro e l'altro marrone. Sembrava avesse abbassato le difese per lasciargli scorgere con sincerità i suoi pensieri. 

Erano velati da un forte sentimento che gli sembrò disprezzo misto a rabbia, dietro cui riuscì a leggere della sofferenza. Una nota di determinatezza, mista a quella della delusione capeggiava le sue emozioni, senza tuttavia permettergli di sapere cosa fosse successo.

Era forte, lo vide, ma gli sembrò anche tanto spezzata.

<< Ha paura di te...>> insisté, << Perciò, per favore... dammi una mano. È il modo più veloce per levarmelo di torno. >> aggiunse piano.

Il modo in cui lo guardava, il modo in cui stringeva tra le mani la sua camicia, il tono di voce che aveva usato, stanco e velato da un velo di disperazione, ma allo stesso tempo forte e sicuro di sé, gli fece capire che era una cosa seria e non uno dei soliti scherzi alla Weasley. 

Le scostò la ciocca di capelli dal viso, quella che continuava a caderle davanti agli occhi, portandola dietro l'orecchio. Nel farlo le accarezzò leggermente la guancia, spostando lo sguardo sulle labbra carnose. Tornò velocemente a guardarla negli occhi, annuendo leggermente, continuando sempre a tenere la mano sulla sua guancia. Una scintilla di gratitudine passò nel suo sguardo.

Non riuscì ad aggiungere nient'altro che un ragazzo si avvicinò a loro, con espressione furiosa. Sulla guancia esibiva stampata una bella cinquina. Dallo sguardo orgoglioso che assunse la ragazza capì che era tutta opera sua. 

Gli sfuggì un sorrisetto compiaciuto, che Roxanne intercettò allargando il proprio, prontamente mascherato da un'espressione impassibile.

<< Cosa vuoi? >> gli chiese, burbera. Si dipinse un'espressione fredda e distaccata sul volto, annullando ogni spiraglio di luce ai propri pensieri, che aveva invece permesso a lui di leggere prima.

<< Mi sembrava di essere stata molto chiara. >> disse, alludendo con un cenno del capo al segno dello schiaffo ancora presente sul viso. 

Il tono aggressivo, arrabbiato non aveva niente a che vedere con quello con cui si era rivolta a lui poco prima, più leggero.

<< Non abbiamo proprio finito di parlare. >> le afferrò un braccio, con forza a giudicare dal lieve gemito di dolore in cui si produsse. L'espressione sul suo volto si fece più arcigna, mentre tentava di avvicinarla a sé.

<< Non ti permettere... >> incominciò a dire, ma << Credo che tu debba andartene. >> si intromise Axel.

Tutto quel tempo era rimasto fermo dietro alla riccia, celato dalla poca luce presente. Fece un passo avanti rendendosi ben visibile. 

Il volto, freddo, impassibile, proprio come il tono di voce, lo spaventarono. Gli occhi, glaciali, si fissarono in quelli del ragazzo, trasmettendogli puro sdegno e disprezzo, mentre si apriva in un mezzo sorrisetto. Sapeva manipolare le proprie espressioni facciali sin da bambino, accentuando quello che più gli serviva in un determinato momento.

 

Aveva ragione Roxanne.

Appena il ragazzo lo riconobbe impallidì, lasciando subito la presa e facendo qualche passo indietro. La sua calma glaciale, dietro cui temeva si nascondesse rabbia, gli fece paura. Probabilmente pensava che la ragazza avesse parlato, raccontando tutto. 

Era sempre stato bravo a capire cosa si celasse nelle persone, tuttavia quel tipo non riusciva ad inquadrarlo del tutto. L'aveva già visto in giro e gli era sembrato simpatico, eppure in quel momento non gli piaceva proprio per niente. Non lo conosceva, non sapeva chi fosse, ma qualcosa non lo convinceva.

 

Gli occhi, ancora cattivi, passarono dall'uno all'altra notando come fossero vicini, troppo vicini per i suoi gusti. Una mano della ragazza era poggiata sul braccio di Axel, libero dalla manica della camicia bianca, come a trattenerlo, senza che lui se ne fosse accorto. Il ragazzo le stava accanto, senza mai invadere il suo spazio vitale, lasciando che si difendesse da sola, quasi accompagnandola in quella situazione.

Per essere due persone quasi totalmente sconosciute parevano troppo complici ai suoi occhi.

<< Non intr... >> cominciò a dire, ma venne fermato dalla voce stanca della ragazza.

<< Non abbiamo più niente da dirci.>>

Ogni traccia di rabbia prima presente era sparita, lasciando il posto alla rassegnazione. Axel si chiese a cosa fosse dovuto quel cambiamento repentino.

<> disse con forza, guardandolo fisso negli occhi trasmettendogli tutta la propria decisione.

<< Dovresti darle ascolto. >> intervenì il Serpeverde spostando lo sguardo alle sue spalle.

Due ragazze, una rossa e una bionda, avevano smesso di ballare per osservare quello strano terzetto, pronte ad intervenire al primo segno di necessità. Quella situazione non le entusiasmava per niente, men che meno vedere la cugina in compagnia dell'ex. L'unica cosa che le faceva desistere era il fatto che fosse in compagnia del Serpeverde e le rassicurazioni che  Albus e Scorpius avevano dato loro sul ragazzo. 

Fecero un passo avanti, con aria minacciosa, non appena il ragazzo si voltò per capire a cosa stesse alludendo. Bastò una semplice occhiata per fargli capire che non ne sarebbe mai uscito vincitore, non quando era circondata da tutte quelle persone, non quando avrebbe potuto inimicarsi qualcuno che era meglio non stuzzicare, soprattutto a giudicare dalle espressioni intimidatorie che avevano i due ragazzi dietro di loro.

<< Non è finita qui. >> la minacciò serio, riferendosi al fatto che quando fosse stata sola ci avrebbe sicuramente riprovato.

<< Io non credo. >> gli rispose, avanzando, con un sorriso vittorioso sul volto, sicura di sé. << Tu >> lo indicò, << mi lascerai in pace. >>

<< E ora sparisci. >> aggiunse, afferrando con un movimento veloce il bicchiere di Axel ancora pieno di alcool. Glielo rovesciò completamente in testa, godendosi l'esclamazione di puro stupore che produsse.

Axel fece un passo avanti minaccioso nel momento in cui vide il suo volto cambiare, diventando rabbioso, invitandolo a fare qualcosa di cui si sarebbe pentito subito dopo. 

Le sue labbra si stirarono in un sorrisetto compiaciuto, al gesto della ragazza, nonostante avesse sprecato un buon drink in quel modo.

Chiunque aveva visto la scena nel giro di pochi metri rise, prendendosi gioco del ragazzo che saggiamente decise di andarsene, non prima di averle scoccato un'altra occhiata disgustata e minacciosa.

<< Andiamo Nott, ti offro da bere. >> lo prese per mano, trascinandolo verso il bar, non senza aver rassicurato le cugine che, da lontano, ridevano compiaciute. << Ti devo un drink. >>

 

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Capitolo 6
*** Capitolo V. Azzurro cielo contro argento liquido ***


Capitolo V. Azzurro cielo contro argento liquido


Scorpius Malfoy, seduto su un comodo divanetto verde, un bicchiere in mano e gli occhi color argento fuso erano puntati sulla figura, mentre la osservava ballare.

Una cascata di ricci rossi le avvolgeva le spalle come una coperta, un vestito blu la plasmava con i colori della notte, aderendole alle forme del corpo perfettamente, un sorriso sbarazzino sul volto.

Sembrava una fiera, forgiata dal fuoco, vestita della notte.

Era bellissima mentre, spensierata e felice, si muoveva su un tavolino in compagnia di Dominique e Albus. Tutti e tre insieme creavano uno speciale intrattenimento, acclamato da molti. 

Ballare, ridere e divertirsi era l'unico obiettivo di quella serata.

Aggrappata al collo dell'amica, cercava di legarla a sé con la sciarpa argentata del cugino. Accanto a lei Albus si esibiva in uno sfrenato spogliarello, incitato dai presenti, primo fra tutti Lorcan, completamente ubriaco.

Rise osservando l'amico far volteggiare la propria camicia per aria, prima di lanciarla a una delle tante ammiratrici che, instancabili, non volevano accettare il fatto che fosse felicemente fidanzato. Gli fece un occhiolino quando intercettò il suo sguardo.

Scorpius non poté fare a meno di pensare che alla fine quella sciarpa era servita a qualcosa, mentre vedeva Rose passarsela attorno al collo, gli occhi azzurri puntati nei suoi quasi a intendere che quel ballo dalle strane movenze era, in realtà, tutto per lui. Lo spettacolo che gli stava riservando gli fece desiderare di essere soli nella stanza.

La sua visuale venne completamente oscurata dall'arrivo di una ragazza bionda. Un'espressione provocante sul volto truccato troppo vicino al proprio, le labbra di un rosso scuro aperte in un sorriso malizioso, una generosa scollatura messa in mostra dallo stretto vestito gli impedì di vedere oltre, mentre lo invitava a ballare, promettendogli con lo sguardo tutt'altro. 

Prima che potesse declinare con garbo l'offerta appena ricevuta per tornare al suo vecchio interesse, il bicchiere che la ragazza teneva in mano prese vita propria.

Esplose all'istante, riducendosi in mille pezzi. L'alcool al suo interno si rovesciò sul corto vestito dorato che indossava. La grande macchia che ormai ricopriva più di metà tessuto, accompagnata dall'urlo terrorizzato, la fece fuggire a gambe levate, imbarazzata per la figuraccia appena fatta.

Riportò lo sguardo su Rose, confuso su quanto appena successo trovando già i grandi occhi azzurri puntati su di lui, velati da un sentimento molto simile al fastidio. Nonostante fosse troppo lontana per sentire, sembrava aver colto l'esatto contenuto della conversazione appena avvenuta e non appariva per niente contenta, a giudicare dall'espressione che aveva assunto.

Suppose che fosse tutta opera sua, ma non ne aveva le prove anche perché il loro incrocio di sguardi era durato qualche secondo e Rose aveva calamitato la propria attenzione da tutt'altra parte, tornando a ballare, indisturbata.

Alzò un sopracciglio, gli occhi grigi velati dal divertimento, un mezzo sorriso sul volto. 

 

***

 

Rose cercò di farsi largo a spintoni tra le persone in movimento sulla pista da ballo.

Aveva perso di vista Dominique poco prima, quando James si era avvicinato al tavolino e aveva avuto la brillante idea di tirarla giù, decidendo da solo che qualcosa non andava bene. Nonostante fosse particolarmente difficile spostarsi tra tutta quella gente, per di più con un peso morto sulle spalle, i due si erano volatilizzati velocemente, senza lasciare più traccia.

Anche Albus aveva deciso di abbandonarla, appartandosi con Lorcan da qualche parte.

<< Sloggia. >>

Spinse un tipo che si era piazzato davanti a lei impedendole di proseguire oltre. Le si aprì davanti una specie di varco che non esitò oltre ad attraversare. 

Quando finalmente riuscì a intravedere Roxanne al bancone, ancora in compagnia di Nott, le sembrò di poter esplodere di gioia. Non sapeva da quanto stava cercando qualcuno della sua famiglia ancorasobrio e averlo lì, a pochi passi da lei, la fece sentire meno in colpa nell'interrompereuna conversazione piuttosto animata, la prima tra i dueda che ne avesse memoria.

Il suo proposito, però, venne frenato da una mano che si arpionò al suo braccio, portandola a voltarsi infastidita. Stava già per insultare chiunque fosse stato quando incontrò due occhi dal color dell'argento più puro, rimanendo inchiodata sul posto.

Le parole le si bloccarono in gola, mentre malediceva se stessa per non esser riuscita a sfuggirgli meglio. 

Non aveva più incrociato il suo sguardo da quando aveva assistito a quella scenetta.

Dalla sua prospettiva l'unica cosa che riusciva a vedere era la nuca della bionda davanti a quella del ragazzo, troppo vicina al suo volto, senza che lui muovesse un dito per spostarla. Non riusciva a vedere i loro volti e nemmeno le loro bocche, non sapeva se stessero parlando o altro, ma era montata nel suo petto un'improvvisa sensazione di fastidio misto a rabbia cocente che l'aveva fatta reagire a sproposito, portandola a compiere stupide azioni.

Come far esplodere un bicchiere. 

 

Era gelosa.

Fece una smorfia nel pensarlo. Non sapeva esattamente cosa fosse successo, ma la sua razionalità era sparita in un secondo lasciandola preda dei suoi sentimenti.

Lei che criticava le persone che si facevano abbindolare dalle proprie emozioni, lei che mangiava pane e razionalità a colazione.

Non era la prima volta che succedeva ed il motivo era sempre lui.

Perdere la propria razionalità per dei sentimenti era quello che le aveva sempre fatto paura, peggio ancora era esserne governata.

Paradossalmente era stato quello che l'aveva frenata nell'accettare i propri sentimenti e non, come qualcuno pensava, le loro famiglie, di quello le era poco importato. Alla fine, per come la pensava lei, avrebbero capito e accettato o avrebbero finto, pur di non perderli.

<< Sai, >> iniziò Scorpius << è successa una cosa strana prima. Un bicchiere è esploso senza che nessuno facesse niente. Ne sai qualcosa?>> le chiese fingendosi incuriosito.

Sapeva che era stata lei, non era mica stupido. Stupida lo era stata lei credendo di passarla liscia. 

Rose mise su l'espressione più confusa che possedesse, fingendo completa innocenza. Infondo, se qualcuno glielo avesse chiesto, avrebbe sempre potuto dire che era stata una semplice magia involontaria.

Al fatto che fosse poco credibile ci avrebbe pensato più tardi, magari proprio eliminando il testimone.

<< Io? E perché mai? >> gli chiese. La sua espressione più che eloquente le fece comprendere che non aveva abboccato affatto. 

Temeva di dover passare al piano b.

<< Quindi mi stai dicendo,>> si avvicinò di più a lei, bloccandole ogni via di fuga, << che tu non centri niente con quello che è capitato a quella povera ragazza? >> le domandò.

<< Non ho idea di cosa tu stia parlando, mi dispiace.>> gli rispose stizzita, trattenendo un insulto tra i denti.

Povera, certo.

<< E ora, se non ti spiace, devo andare. >> aggiunse provando a liberarsi dalla stretta morsa.

<< Sentiamo dove dovresti andare di così urgente da non avere neanche il tempo di fare due chiacchere con me? >> le domandò sollevando un sopracciglio. Il suo modo di fare lo stava divertendo un mondo. Poteva capirlo dai lineamenti distesi del volto, dal piccolo sorriso che stava facendo capolino tra le labbra, dagli occhi in cui era passato un guizzo di divertimento.

Sicuramente vederla in difficoltà era sempre stato uno dei suoi passatempi preferiti. Come quello di irritarla a morte. 

Abitudini mai abbandonate.

<< Da Roxanne. >> rispose ovvia, indicando con un cenno della mano la cugina che supponeva essere dietro di lei.

<< A me pare particolarmente impegnata in questo momento. >> replicò prontamente Scorpius. Rose si voltò a guardare la cugina, completamente presa dalla conversazione che stava avendo. Non avrebbe mai voluto interromperla, ma aveva assoluto bisogno di una scappatoia da quell'interrogatorio volto al solo scopo di smascherarla.

<< E non è presente nessun altro membro della tua famiglia pronto per aiutarti. >>

Fred era accasciato su un divanetto lì vicino, completamente ubriaco. Non avrebbe potuto muovere un dito.

Sembrava colto da un sonno profondo, e anche se fosse riuscito ad alzarsi non sarebbe stato in grado di darle una mano. Era crollato lì a quasi metà della festa decidendo che, forse, era giunto il momento di fermarsi e prendere una pausa.

<< Per cui, sei bloccata con me. >> rabbrividì a quella che le sembrò tanto una minaccia.

Il ghigno da predatore con cui aveva accompagnato l'affermazione le diede ragione.

 

***

 

L'aveva portata, o meglio trascinata, al centro della pista. 

Era forse il luogo migliore per passare inosservati, erano tutti troppo impegnati a ballare o erano troppo ubriachi per capire alcunché. Nessuno avrebbe prestato loro attenzione. 

La avvicinò a sé, stringendosela addosso, per non farla scappare. Rose non poteva neanche lamentarsi, alla fine amava stare tra le sue braccia.

Si mossero al ritmo della musica che usciva dalle casse ascoltandola solo in parte. Scorpius si accostò al suo orecchio, poggiandovi le labbra sopra per essere sicuro che lei lo sentisse. Quel gesto le causò un'infinità di brividi in tutto il corpo.

<< Allora vuoi dirmi cos'è successo? >> le chiese, sussurrando tra tutto quel rumore. Rose scosse la testa, trattenendolo nella posizione che aveva assunto per evitare che la guardasse in volto. Non voleva ammettere davanti a lui di esser stata gelosa. Non voleva ammettere di essere stata tanto sciocca, anche se sospettava che l'avesse capito.

<< Rose... >> la richiamò, accostandosi ancora più a lei. Alla fine, quello che doveva essere un ballo era diventato più un abbraccio, che si muoveva a un ritmo proprio senza seguire quello dettato dalla musica.

<< Che c'è? >> volle sapere, scocciata. Si ritrasse per guardarlo negli occhi. L'argento puro si era scurito, lasciando il posto a un grigio più scuro, quasi tendente al nero.

<< Non fraintendere, non che non mi piaccia questa situazione. >> alluse ai loro corpi ancora a stretto contatto, spostandole con un movimento leggero una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Rose ridacchiò.

<< Ma voglio davvero sapere cosa ti è preso prima. >> dichiarò risoluto. << Mi hai ignorato per quasi tutta la serata. >> la sua voce era colorata da una nota di delusione che cercò di mascherare, fallendo miseramente alle orecchie attente della ragazza.

<< Mi dispiace. >> si scusò, non aveva pensato a come avrebbe potuto sentirsi lui, senza avere neanche un'informazione.

Abbassò lo sguardo per un secondo, come a ricomporsi. Poi, come sempre, tornò a fissarlo negli occhi, fiera.

<< Mi ha dato fastidio quella ragazza e ho reagito senza pensare. >> I grandi occhi vennero pervasi dalla frustrazione, mentre con vergogna riconosceva il proprio comportamento.

Scorpius la guardò, ricordandosi perché le piacesse così tanto. La sua sincerità e la sua schiettezza erano ciò che l'aveva colpito all'inizio, insieme al fatto che non lo trattasse come facevano tutti, ma che lo odiasse "cordialmente". 

Sapeva di essere tra i due quello più portato a usare poco la testa, facendosi trascinare dai sentimenti improvvisi, per quanto provasse sempre a fare il "Serpeverde calcolatore". 

Sorrise leggermente, e per quanto quella dichiarazione l'avesse scombussolato cercò di non darlo a vedere, beandosi del rossore che le aveva colorato le guance e dei sottointesi presenti nella frase.

<< Io credo d...>> la interruppe prima che potesse finire la frase. Le prese il volto con entrambe le mani, avvicinandolo al suo. Un'infinità di brividi partì dal punto in cui l'aveva toccata, scuotendola da capo a piedi. Le loro labbra erano sempre più vicine, quasi a sfiorarsi, i loro occhi, specchiati l'uno nell'altro, cercavano di dare voce a tutte quelle sensazioni inespresse.

Era strano ma, per la prima volta in vita sua, non sentiva il bisogno di infierire. Anzi provava quasi... tenerezza. Voleva solo farle capire che ciò che sentiva lei lo provava anche lui ogni giorno.

<< Lo so.>> le disse. Non era necessario che nessuno dei due aggiungesse altro.

La baciò.

Un'esplosione di sensazioni scaturì dal loro contatto, mandandoli in visibilio.

Rose riusciva a sentire perfettamente nelle orecchie il battito accelerato del proprio cuore, come la prima volta che l'aveva baciata. La musica accanto a loro era sparita, lasciando il posto a un mondo in cui solo loro due erano i protagonisti assoluti. 

Si avvicinò di più, approfondendo il contatto, rendendolo più intimo, quasi a voler unire, con un semplice bacio, le loro anime in una sola. 

Si aggrappò a lui senza più volersi separare. Immerse le mani tra i suoi capelli biondi, sentendo la loro morbidezza al tatto. Amava passarci le mani dentro, la tranquillizzavano e sapeva che avevano lo stesso effetto su di lui. 

Scorpius iniziò a carezzarle una guancia con amore. 

Per quanto la sala fosse gremita di persone ai due ragazzi parve di essere rimasti soli. Non erano più al centro della pista da ballo. Stavano vivendo una vera e propria magia, più dolce di quella a cui erano abituati di solito.

Il resto aveva perso la sua importanza, la conversazione appena avvenuta sembrava un vago ricordo a cui non volevano più dedicare attenzione.

Si separarono guardandosi negli occhi, un leggero sorriso dipinto sul volto di entrambi.

Azzurro cielo contro argento liquido.

Erano ancora tanto vicini, le loro labbra a stretto contatto, i respiri, affannati, fusi uno nell'altro, quando Scorpius si sporse lasciandole un bacio a stampo che la sconvolse più di quello precedente. 

Ci mise tutte le proprie emozioni, trattenendola lì, ferma, davanti a sé. 

I loro cuori si muovevano all'unisono, battendo furiosamente, quasi a voler uscire dal petto per poter incontrare quello dell'altro.

Liberi di volare nel vento, liberi di muoversi nella dolcezza del tempo.

Rose avvertì le vertigini non appena incontrò l'argento di quegli occhi in risalto, come due fari nella notte, tra i ciuffi arruffati di capelli che gli cadevano sulla fronte. Erano colmi di tutto l'amore che, ancora, non riusciva a dirle a voce. Colmi di tutti quei sentimenti che, ad un semplice adolescente, mettono paura.

Sentire una persona diventare parte stessa della tua anima, arrivare a scorrerti nelle vene, entrare, nonostante la tua giovane età, così a fondo nei tuoi pensieri senza più riuscire a farne a meno, ti disorienta, spaventandoti, sconvolgendoti.

Le afferrò una mano, scortandola fuori da quel luogo.

Accompagnandola verso un dolce ignoto. 

 

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Capitolo 7
*** Capitolo VI. Frantumata ***


Capitolo VI. Frantumata


Dominique passò in rassegna con lo sguardo tutta la sala, annoiata. 

La poca luce presente non le permetteva di distinguere bene le persone, ma riuscì a notare James al bancone destreggiarsi tra i continui ordini che riceveva, non dimenticandosi mai di tenere sotto controllo le cugine e la sorella. Ammiccò ad una ragazza porgendole un bicchiere con un contenuto viola e subito dopo, senza darle un ulteriore considerazione, si mise all'inseguimento di Lily e Lysander, stretti in un abbraccio sulla pista da ballo.

La bionda scosse la testa con un sorriso. La preoccupazione di James era leggendaria ed era quello che adorava di lui, tranne nei momenti in cui iniziava a ficcare il naso negli affari suoi, trasformandosi in un insopportabile palla al piede. 

Era consapevole che lo faceva solo perché voleva evitare che venissero ferite, ma questo non gli dava il diritto di irrompere in modo irruento, geloso e preoccupato. E lo stesso doveva pensare la piccola Lily, a giudicare dalla botta che gli aveva rifilato quando aveva tentato di sottrarla all'abbraccio in cui si sentiva completamente a suo agio.

Si scostò un ciuffo dagli occhi, finito fuori posto, annuendo leggermente alle parole del ragazzo accanto a lei che cercava di abbordarla, non accorgendosi che parlava ininterrottamente senza lasciarle il tempo di intervenire. 

Il vestito nero e corto che aveva deciso di indossare per l'occasione era in netto contrasto con la pelle pallida del corpo e i biondissimi capelli ondulati, che portava sciolti sulle spalle quasi a conferirle una sorta di aura angelica.

Si prese un paio di secondi per osservarlo. Non era male con i capelli scuri, legati in un piccolo codino, ormai troppo lunghi per esser lasciati sciolti, e gli occhi verdissimi, messi ancora più in risalto dal filo di matita nera che li contornava. 

Era un anonimo e stravagante Corvonero di un anno più grande, un po' troppo chiacchierone per i suoi gusti, ma anche abile baciatore, forse un po' troppo invadente, come aveva potuto appurare personalmente qualche minuto prima sulla pista da ballo. Le aveva offerto da bere, forse pensando che, con qualche bicchiere di troppo, si sarebbe decisa a portare la situazione un po' più avanti, ma non aveva decisamente fatto i conti con James che non aveva portato alla ragazza neanche la metà dell'alcool che lui le aveva offerto.

Decise che era arrivato il momento di dare una svolta alla propria serata, se non voleva continuare a morir di noia. Con estrema eleganza si alzò dallo sgabello e si defilò velocemente, sostenendo di dover andare a salvare un'amica dalle grinfie di un mascalzone. Mise su un sorriso di circostanza quando le chiese speranzoso se sarebbe tornata, allontanandosi senza lasciargli una risposta concreta. 

Si unì ad Albus intento nel convincere Rose a salire su un tavolino per dare spettacolo, supportato da un esaltato Lorcan. Intercettò lo sguardo di James che le fece un occhiolino, mandandole un bacio, non appena afferrò il braccio di Rose trascinandola, felice, verso quello che alla rossa sembrò il proprio patibolo personale.

 

***

 

Completamente schiacciato contro il muro alle sue spalle, Lorcan cercava un modo per tornare a respirare, cosa resa impossibile dai continui baci che Albus gli stava regalando.

<< Al...>> ansimò. 

Il ragazzo dai capelli color dell'ebano sorrise sul suo collo, perfettamente conscio di quello che stava provando.

Aveva da poco lasciato le sue labbra tutte rosse e gonfie da cui usciva un respiro continuamente affannoso per dedicarsi con assoluta devozione al collo, quando decise di averne abbastanza e si distanziò. Un sorriso impertinente e malizioso capeggiava sul suo volto, leggermente illuminato dalla luce stroboscopica della stanza.

Il giorno dopo si sarebbe probabilmente vergognato di quello che aveva fatto, ma in quel momento, con gli occhi verdi luminosi e languidi che puntavano al collo martoriato e i capelli diventati una matassa indefinita a causa del continuo passaggio delle mani del Corvonero, era estremamente fiero del suo operato.

E sicuramente bellissimo agli occhi di Lorcan, che alzò una mano per aggiustargli gli occhiali sul volto, lasciandogli una delicata carezza sulla guancia che lo portò a sorridere quasi con dolcezza.

Gli passò nuovamente una mano tra i capelli neri, avvicinandosi per lasciargli un leggero bacio a fior di labbra, trasformato dall'altro ragazzo in qualcosa di più profondo, in una danza di lingue che non decretò nessun vincitore.

 

***

 

<< James Sirius Potter! >> tuonò Dominique, spalmata sulla spalla del cugino. << Mettimi giù, immédiatement! >> gli ordinò. 

James la teneva a testa in giù, con un braccio sopra le gambe e uno a tenere fermo l'orlo del corto vestito. La vista che le si prospettava davanti agli occhi – il perfetto sedere del ragazzo fasciato dai jeans – le rendeva leggermente più sopportabile la situazione.

Il moro si fermò per un attimo, quasi a prendere in considerazione la richiesta, poi << No >> statuì, ricominciando a camminare. La bionda emise un gemito di frustrazione, furibonda, iniziando a muoversi nel vano tentativo di colpire il cugino da qualche parte.

<< Stai ferma Domi, o ci farai cadere entrambi. >> la avvertì, mentre si infilava nello stretto corridoio che portava ai dormitori. L'aria fredda dei sotterranei, diversa da quella della stanza da cui erano appena usciti satura di fumo e calore, li colpì in pieno facendoli rabbrividire. 

James trasalì seguendo con lo sguardo il movimento di una creatura del Lago Nero, resa visibile dalle vetrate accanto a lui. Si chiese come facessero a non spaventarsi tutte le volte che ci passavano vicino, quegli animali potevano comparire all'improvviso, facendogli prendere un colpo.

Dominique sfruttò quel momento per sbilanciarsi e scendere dalla spalla su cui era costretta, che nel frattempo le stava perforando lo stomaco. Il suo movimento li sbilanciò entrambi, rischiando di farli cadere a terra. Il moro la afferrò saldamente alla vita con le braccia allenate, trattenendola contro di sé, mentre ruzzolavano sul pavimento.

<< Dominique!>> esclamò con tono di rimprovero. Controllò che non si fosse fatta male cadendo insieme a lui, poi si prese qualche secondo per osservarla bene notando quanto, distesa sopra di lui, fosse vicina. I capelli biondi le cadevano sul volto, coprendole gli occhi azzurri, le labbra rosse, leggermente dischiuse, facevano passare il respiro, ora affannato per l'improvvisa caduta. Sembrava completamente a suo agio sdraiata sopra il cugino, senza alcun tipo di imbarazzo o altro.

Le loro gambe erano a stretto contatto, tanto che il moro riusciva a sentire il calore della pelle scoperta anche attraverso lo strato di pantaloni. La osservò in volto soffermandosi sui tratti dolci del viso, accarezzandole con gli occhi la forma della bocca, le labbra piene da cui non riusciva a staccare lo sguardo. Un brivido lo percorse per intero.

Il ragazzo le scostò una ciocca di capelli dal volto pallido portandola dietro l'orecchio, rivelando gli occhi già puntati su di lui, attenti a ogni suo movimento. Lasciò cadere la mano a terra, non prima di averle lasciato una leggera carezza sulla guancia. Una scossa travolse entrambi quando i loro sguardi si scontrarono, tenendoli ancorati a quel pavimento per qualche istante. I loro volti si avvicinarono impercettibilmente quando vennero interrotti da un colpo. Un avvincino si era schiantato contro il vetro della vetrata, producendo un suono sordo che li riportò alla realtà.

Dominique si alzò e aiutò il cugino a fare lo stesso, aggiustandosi subito dopo il vestito nero che era salito, lasciandole le gambe scoperte. Gli occhi marroni di James si soffermarono più a lungo del dovuto su di esse, scostandosi non appena la ragazza si voltò verso di lui. Le sorrise leggermente passandosi una mano tra i capelli, ancora scombussolato dalle sensazioni che aveva appena provato.

<< Si può sapere cosa ti prende? >> gli chiese la Serpeverde. Lo osservò notando che faceva di tutto per tenersi lontano da lei.

<< Niente va tutto bene. >> le rispose, ma le sue parole risuonarono poco convinte anche alle sue orecchie. << Davvero. >> aggiunse all'occhiata scettica della ragazza.

Dominique non capiva cosa gli fosse preso. All'inizio della serata avevano riso e scherzato, poi lui si era allontanato osservando da lontano che non si mettesse nei guai e alla fine si era avvicinato portandola via da un luogo in cui si stava divertendo. E ora aveva messo tra loro due quanta più distanza potesse, nonostante il corridoio in cui erano fosse molto stretto e piccolo. Qualcosa era cambiato e lei non riusciva a capire che cosa. E non sapere qualcosa la mandava sempre in bestia.

<< E allora potresti dirmi perché hai deciso di portarmi via dalla festa? >> scocciata, iniziava ad irritarsi.  << James. >> incalzò perentoria, al silenzio prolungato del ragazzo.

<< C'erano dei tipi poco raccomandabili. >>

<< James io... >> non poteva credere che fosse una cosa stupida come quella. Non era più una bambina ormai, sapeva perfettamente difendersi da sola e sicuramente non aveva bisogno che il cugino si immischiasse. 

<< Lo so. >> la interruppe, sollevando una mano in aria. << Prima che tu mi faccia una ramanzina devi sapere che l'ho fatto per me, non per te. So che sai difenderti da sola e bla, bla, bla, ma stavano facendo dei commenti poco lusinghieri e ho pensato che prenderli a botte non fosse un'opzione. >> le disse, avvicinandosi a lei tanto da poter vedere le pagliuzze grigie presenti nei suoi occhi. 

<< Ti ho prelevata perché sapevo che tu mi avresti aiutato ad evitare di fare una stupidaggine. >> aggiunse, osservandola attentamente come a farle capire che le stava dicendo tutta la verità.

<< Vieni con me.>> lo prese per mano conducendolo su per la scalinata in pietra, diretta alla propria stanza.

 

<< Ma non è che c'è qualcuno in camera? >> le domandò il cugino appena si fermarono davanti alla porta, su cui era stato intarsiato un serpente, molti anni prima. Anche le porte dei dormitori dei ragazzi erano decorate allo stesso modo, quasi a conferire una maggiore eleganza e appartenenza alla casata a quei giovani ragazzi. 

 La bionda si limitò a scuotere la testa indicando poi con una mano la maniglia della porta, libera da qualsiasi indumento. << È vuota. Se ci fosse qualcuno ci sarebbe una sciarpa o una cravatta legata alla maniglia. >> spiegò mentre apriva la porta, conducendolo con un gesto della mano nel proprio regno personale.

La stanza era esattamente come la sua, tranne per i colori ovviamente e per il fatto che era molto più ordinata. Quattro letti a baldacchino si disponevano uno accanto all'altro, con i rispettivi bauli ai piedi, le tende erano tutte legate lasciando visibile il letto, tranne quello più lontano vicino alla finestra che portava i tendoni verde-argento sciolti. 

Si avviarono proprio verso quello, sedendovisi poi sopra uno accanto all'altra, con le spalle poggiate alla testiera e una coperta appoggiata sulle gambe, come erano soliti fare da sempre. Con un colpo di bacchetta Dominique richiuse le tende per garantire loro un minimo di privacy in più nel caso fossero rientrate le sue compagne di stanza dalla festa. Si allungò verso il comodino tirando fuori dei dolcetti, qualche cioccorana e un mucchietto di api frizzole.

<< Vuoi? >> le offrì al cugino che le prese con un sorriso in volto. << Le ho fregate a Roxie. >> gli disse, ridendo. Roxanne era impazzita giorni prima nel cecarle in quello che lei credeva essere il suo nascondiglio segreto, sotto l'asse del pavimento vicino al proprio letto. Era convinta che nessuno sapesse di quel posto, ma Dominique e Rose l'avevano trovato al secondo anno e da quel momento avevano iniziato a prenderle senza essere mai scoperte assicurandosi ogni volta di lasciare qualcosa per non destare sospetti, anche se credevano che la ragazza l'avesse ormai capito.

James proruppe in una risata fragorosa, gettando la testa all'indietro e arricciando il naso in modo buffo, come faceva quando rideva di gusto. Dominque rimase incantata ad osservarlo, appoggiandosi subito dopo alla spalla del moro per non essere scoperta. Il Grifondoro le avvolse le spalle con un braccio accogliendola di più contro di sé, lasciandole un bacio sui capelli biondi. 

Erano sempre stati legati, quasi quanto Rose e Albus, ma in un modo diverso, meno puro che era sforato in qualcos'altro, coperto da una lieve malizia, quando erano cresciuti. Erano amici, stretti, quasi legati da un filo indissolubile, molto spesso, intrecciato come una ragnatela che teneva imprigionati entrambi in quel rapporto complesso e incomprensibile. Ma a volte erano accompagnati da un sentimento che non aveva proprio per niente la sfumatura fraterna che colorava invece il rapporto della rossa e del moro.

<< Domi >> la chiamò James, accarezzandole i capelli.

Dominique mugugnò qualcosa in risposta mentre cercava di tenere gli occhi aperti, cosa abbastanza difficile data la posizione troppo comoda che aveva assunto. Mosse leggermente la testa come a invitarlo a procedere, mostrando che gli stava prestando attenzione, seppur piuttosto precaria.

<< Puoi farmi un favore? >> 

La ragazza soppesò la richiesta a lungo, poi alzò la testa per guardarlo negli occhi cercando di capire che tipo di favore le stesse chiedendo. I suoi occhi marroni sembravano tranquilli, per niente preoccupati, solo leggermente incerti. Annuì muovendo la testa, dopotutto non poteva essere niente di particolarmente difficile o pericoloso, l'avrebbe certamente capito.

James si aprì in un sorriso da piantagrane facendola rimanere imbambolata per qualche secondo, poi le domandò: << Ho intenzione di chiedere di uscire a Elizabeth Thompson. >> 

Dominique rimase ghiacciata per qualche secondo e sperò ardentemente che stesse scherzando. 

Non aveva mai avuto bisogno di una mano per uscire con una ragazza, perché quella volta sarebbe dovuta essere diversa? Perché quella volta glielo stava comunicando? 

A meno che... no, scosse la testa per non pensarci.

<< E io che c'entro? >> gli domandò, confusa. James la ignorò, continuando a parlare per conto proprio.

<< È carina, mi piace. Ma mi ignora. >> i grandi occhi marroni si colorarono di una leggera sfumatura intristita << E visto che tu sei sua amic- >>

<< Non è mia amica. >> lo interruppe, con un ringhio, come se quello appena pronunciato fosse l'insulto più grande del secolo.

I suoi occhi azzurri si erano ricoperti di una lastra di ghiaccio diventando sfuggenti, come se non volesse mostrare al ragazzo le proprie emozioni. Il grigio stava prepotentemente prendendo il posto dell'azzurro limpido.

<< Va bene...>> scandì bene le parole, guardandola leggermente stranito, poi anche quell'aria passò dal suo volto e tornò a sorridere. << Visto che ci vivi insieme...>> si corresse.

<< Purtroppo.>> borbottò la ragazza, iniziando a sentire qualcosa di strano scuoterla interamente. 

Desiderava ardentemente allontanarsi da quella situazione, da quella strana richiesta. Desiderava aver aspettato a dare il suo consenso, prima di sapere realmente cosa volesse. Quegli occhi di cui si era sempre fidata ciecamente l'avevano tradita, non mostrandole per niente i suoi reali pensieri.

Si sentì frustrata e terribilmente arrabbiata con sé stessa. Era una serpe, maledizione, ed era caduta nella trappola come un tasso.

E avrebbe potuto farlo, avrebbe potuto fregarsene, ma era convinta – sapeva – che non ci sarebbe mai riuscita perché gli voleva troppo bene.

<< Puoi intercedere per me? Poi me ne occupo da solo, ma potresti parlarle bene di me quando verrà a parlarti? Perché so che lo farà. >> le chiese, quasi supplicante temendo, forse, che potesse tornare indietro all'ultimo, rimangiandosi la parola data.

E si, lo sapeva anche lei, come sapeva che quell'indifferenza di cui si era vestita era finta poiché Elizabeth aveva parlato tante volte di James, di quanto gli piacesse, di quanto fosse interessante che ormai aveva perso il conto.

Di fronte a quello sguardo speranzoso e incerto la ragazza comprese che non era una delle solite cotte passeggere, ma forse qualcosa di più.

E qualcosa si incrinò inesorabilmente nel suo petto, mentre annuiva leggermente con un finto sorriso stampato sul volto e il cugino la ringraziava abbracciandola, promettendo che il favore sarebbe sicuramente stato ricambiato.

Qualcosa che da tempo aveva iniziato a prendere il volo, senza che lei se ne rendesse davvero conto. 

Qualcosa che, in quel momento, l'aveva, inesorabilmente, frantumata dall'interno.

 

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Capitolo 8
*** Capitolo VII. Manie omicide e drammi adolescenziali ***


Capitolo VII. Manie omicide e drammi adolescenziali



Lumacorno si aggirava per l'aula osservando attentamente gli strani intrugli che i ragazzi stavano preparando. Ogni tanto esclamava un "Ben fatto!" e ogni tanto si limitava a scuotere la testa, affranto e preoccupato, sperando ardentemente che la pozione non esplodesse.

Gli studenti di Serpeverde e Grifondoro si stringevano attorno ai calderoni ribollenti, per scaldarsi in quella fredda giornata di metà ottobre. Dominique non si sarebbe sorpresa se a breve fosse comparso qualche pinguino nella stanza. Quasi, quasi rimpiangeva l'accogliente e, seppur discutibile, calda sala comune di Grifondoro. Non appena, però, tutto quel rosso le balenò in mente, rabbrividì.

A ripensarci non era una grande idea.

Scrutò attentamente gli ingredienti appuntati sulla lavagna per la pozione del giorno, la Soluzione Corroborante. Ringraziò Merlino di essere in coppia con Rose. Non che lei fosse completamente una schiappa a Pozioni, ma poteva tranquillamente ammettere di preferire altre materie.

Si passò una mano sulla fronte, forse era arrivato il momento di farsi la frangetta, magari poteva pensarci durante le vacanze di Natale.

Sospirò stancamente. Quella notte aveva dormito malissimo, tra i dolori alla pancia e le sue compagne di stanza che ridacchiavano come gallinelle tutto il tempo, non era riuscita ad avere un momento di pace. A niente era servito tirare le tende: le loro vocine si insinuavano anche tra gli spifferi. E quella mattina si era alzata con delle occhiaie da fare invidia ai panda e Rose, ovviamente, non aveva mancato di farglielo notare.

<> le chiese Rose, senza neanche alzare lo sguardo dal proprio lavoro, troppo concentrata a polverizzare degli strani fiori bianchi davanti a lei.

<< Io... niente.>>   la bionda scrollò le spalle, mentre si prendeva una pausa dal proprio lavoro, << Non ho dormito bene stanotte. >> chiuse gli occhi infastidita, quando nel suo campo uditivo comparvero le voci delle sue compagne di stanza, fastidiose anche a metri di distanza. A quanto sembrava non si erano raccontate abbastanza storie quella notte.

<< Si ce ne siamo accorti tutti. >> constatò la cugina prendendola in giro, Dominique le rivolse una smorfia facendola ridere sotto i baffi.

<< Ma c'è qualcos'altro, vero? >> Rose alzò lo sguardo, puntando gli occhi azzurri indagatori in quelli chiari della cugina. Aveva perfettamente capito, con una veloce occhiata, che da qualche giorno qualcosa turbava l'umore dell'amica. Forse l'aveva compreso ancora prima di lei stessa, Dominique lo sapeva, ma non era ancora pronta ad iniziare un discorso su qualcosa che non conosceva a pieno nemmeno lei.

<< Va tutto bene, davvero. >> ribadì la ragazza, dichiarando chiusa la questione.

Rose sospirò. Non era ancora il momento, ma si ripromise di riprendere la discussione in futuro, magari quando anche lei si fosse fatta un'idea di cosa potesse averla turbata così tanto.

<< Vado a prendere altri bulbi balzellanti.>> dichiarò la bionda, alla ricerca di una veloce scappatoia. Per poco non si mise a ridere, come poteva esserci qualcosa che si chiamava "bulbo balzellante"?

<< Mi è sembrato che prima avessi avuto qualche problema a fare rifornimento. >> sorrise divertita osservando la rossa alzare gli occhi al cielo, infastidita. Si era gustata ogni particolare della scena da lontano, accanto a Scorpius che, al posto di andare ad aiutare la fidanzata, aveva preferito mandare il cugino a risolvere la situazione. Probabilmente vedere la propria ragazza rischiare di prendere a pugni qualcuno era più divertente di quanto lo fosse partecipare attivamente. O forse, semplicemente, aveva avuto paura che la rabbia avesse potuto rivolgersi contro di lui.

<< Avrei potuto commettere un omicidio. >> ammise alludendo al gruppetto di ragazzine che in precedenza si era appostato davanti al mobile degli ingredienti. Era stato un momento piuttosto concitato, di cui il professore non si era affatto accorto. Aveva chiesto gentilmente l'accesso agli oggetti, ma quando gli era stato negato aveva iniziato ad infervorarsi. Che andassero a fare salotto da un'altra parte. Erano volati insulti a mezza voce da entrambe le parti e anche qualche minaccia di schiantesimi, prima che Albus intervenisse per rimettere a posto l'ordine e impedire una scazzottata, che con molta probabilità avrebbe visto la rossa vincitrice. Tutti conoscevano la fama micidiale dei suoi pugni.

Dominique aveva riconosciuto due sue compagne di stanza nella baraonda generale e non si era affatto stupita che Rose fosse tornata al banco borbottando insulti fra i denti. Erano note per provocare esaurimenti nervosi anche alla più pacifica delle persone, cosa che sicuramente non caratterizzava la cugina.

La Grifona la spinse via con una botta al fianco facendola quasi ruzzolare a terra, prima di prenderne il posto davanti al calderone. La bionda fece un segno di assenso allontanandosi borbottando qualcosa contro i modi poco gentili che aveva usato.

Si guardò attorno, notando come Roxanne cercasse di scostarsi, irritata, dalle attenzioni inopportune e moleste del compagno di banco. Sicuramente Alice Paciock, la sua solita vicina, avrebbe fatto a breve un nuovo viaggio in infermeria, come quello della sera precedente.

La risatina stridula ed estremamente insopportabile di Elizabeth Thompson, due banchi avanti rispetto a quello della cugina, si insinuò nuovamente nelle sue orecchie quando passò vicina alla sua postazione, portandola ad alzare gli occhi al cielo, visibilmente infastidita. La ragazza, invece di prestare attenzione al proprio calderone fumante, preferiva ridacchiare e spettegolare con la propria vicina di banco. Si era portata una mano davanti alla bocca, fingendo di volersi contenere quando in realtà lo faceva solo per attirare ancora più attenzione.

Dominique afferrò velocemente qualcosa davanti a lei con uno strano colore marrone e si allontanò con un sorriso malandrino sul volto, un folle piano in mente che stava prendendo forma.

 

***

 

<< Al che diavolo sta combinando tua cugina? Vuole ucciderci tutti per caso?>> chiese Scorpius al compagno di vita. Gli occhi grigi seguirono il veloce movimento effettuato da Dominique, prima di tornare a sedersi.

Mentre si aggiustava i capelli, aveva fatto cadere della polvere marrone all'interno del calderone di due ragazze, poi si era allontanata come nulla fosse, estremamente fiera del proprio operato e di non essere stata colta in flagrante. Anche quando i loro sguardi si erano incontrati aveva continuato a sostenere quell'espressione, senza lasciarsi mai scalfire, alzando un sopracciglio quasi a sfidarlo a dire qualcosa. Appurato che non sarebbe successo niente aveva poi distolto lo sguardo, tornando ad aiutare Rose nella preparazione della pozione.

<< Cosa? >> domandò il corvino. Aggrottò le sopracciglia in un'espressione confusa: era evidente che non aveva colto una sola parola, troppo attento alla pergamena che aveva davanti agli occhi.

<< Ho chiesto se per caso ha delle manie omicide di cui dovremmo preoccuparci. >> rispose il biondo, aspettando pazientemente che gli dedicasse la considerazione che richiedeva.

<< Chi? Rose? >> Albus lo guardò ridacchiando, << Beh amico, dovresti saperlo ormai, ti sei cacciato in un bel– >>

<< Non parlo di Rose.>> ringhiò Scorpius, consapevole che lapropria ragazza fosse tutt'altro che una santa << La bionda.L'ho vista mettere qualcosa di sospetto nel calderone di quelle due. >>rivelò, spostando lo sguardo sui rossi capelli della Grifondoro nominata pocoprima. Era incredibile il modo in cui lo attraevano tutte le volte che alzavalo sguardo, senza che neanche si sforzasse per cercarli.

La ragazza, probabilmente sentendosi osservata, si girò a guardarlo riservandogli un enorme sorriso. Lui le fece l'occhiolino, un sorriso malizioso a contornare i bei lineamenti del volto, osservandola alzare gli occhi al cielo, segretamente divertita. Tornò a prestare attenzione alla cugina che le stava raccontando qualcosa, piuttosto concitata. La vide mettersi le mani sulla vita per rimproverarla, per poi scuotere la testa e ridere, trascinata dalla ragazza accanto a lei.

<< Beh, a questo punto penso che lo scopriremo molto presto. >> affermò Albus, guardando in un'espressione a metà tra il preoccupato e il divertito il calderone della Thompson ribollire, aumentando sempre di più il proprio volume.

Scorpius sospirò preparandosi mentalmente a sentir le urla isteriche.

 

***

 

<< Dominique! >> quando Rose la chiamava così era in guai seri << Mi stai dicendo che hai appena boicottato una pozione? >> mise le mani sui fianchi, cercando di restare arrabbiata anche se un sorriso divertito faceva di tutto per allargarsi sul volto lentigginoso.

In quella posizione, pensò Dominique con orrore, le ricordava tantissimo nonna Molly. Aveva sempre avuto paura della donna quando si arrabbiava e Rose a volte le somigliava così tanto. Quando la rossa le puntò un dito contro, il volto tornato completamente serio, fece un passo indietro, terrorizzata.

Ora mi schianta, pensò.

Invece la cugina si limitò a squadrarla per istanti che le sembrarono interminabili e, dopo essersi dipinta un sorriso inquietante sul volto, la minacciò poco velatamente, << Se saltiamo in aria per colpa tua verrò a cercarti anche dopo la morte e ti perseguiterò per l'eternità.>>

<< Ricevuto. >> Dominique annuì freneticamente, sul volto un'espressione fintamente spaventata. Si liberò in una risata l'attimo dopo, accompagnata dalla cugina. Cercarono di ricomporsi quando si accorsero di aver attirato sin troppi sguardi curiosi su di loro, tornando a girare la strana sostanza che avevano nel calderone.

<< Ottimo lavoro ragazze! >> esclamò Lumacorno alla destra di Rose, facendola sobbalzare spaventata e ridere di gusto l'amica.

Se gli sguardi avessero potuto uccidere Dominique sarebbe stata fulminata all'istante.

<< Dieci punti a Grifondoro e Serpeverde. >>

Il professore si allontanò con aria molto soddisfatta alla ricerca di qualche altro calderone da controllare. Un ribollire piuttosto rumoroso fece voltare tutti nella direzione di Elizabeth Thompson e Margaret Dowie che, terrorizzate, si allontanarono dal loro calderone. Una schiumosa massa marrone si ingrandì sempre di più iniziando a strabordare ai lati.

Un "Oh no" sussurrato dal professore di pozioni precedette lo scoppio della poltiglia che si riversò tutta quanta sui vestiti e sui capelli delle due ragazze e delle persone circostanti.

Schiamazzi e urla isteriche accompagnarono la fine anticipata di quella fredda lezione di metà ottobre.

 

***

 

<< Oh, ma guarda chi si vede! >> esclamò Dominique non appena vide comparire la figura di Roxanne dal portone d'ingresso del cortile. Lei e Rose la stavano aspettando sedute sul muretto del porticato, avvolte nei pesanti mantelli.

Le tre cugine avevano deciso di aspettare l'inizio delle lezioni successive là fuori dove, nonostante l'aria fredda che tirava, splendeva stranamente il sole. Anche molti altri ragazzi avevano seguito il loro esempio, probabilmente dovuto al fatto che la parvenza di libertà era stata più forte della necessità di rimanere al caldo. Quelle serpi dei loro amici, invece, avevano preferito rimanere nella loro sala comune, come se la temperatura sotto il lago Nero fosse molto diversa rispetto a quella esterna.

<> aggiunse, aspirando una boccata di fumo dalla sigaretta che teneva in mano. All'occhiata contrariata della cugina appena sopraggiunta la spense e con un colpo di bacchetta fece evanescere ciò che restava.

<< Beh, la prossima volta potreste avvisare. >> ribattè Roxanne << Vorrei vedere voi togliere tutta quella robaccia dai capelli.>> si indicò con un gesto della mano i ricci.

Aveva tutta l'intenzione di farla sentire in colpa.

<< Scusa Roxie, però devi ammettere che è stato molto divertente. >> Dominique la guardò, negli occhi azzurri dipinta una punta di malizia, sghignazzando e ignorando apertamente l'irritazione che le capeggiava negli occhi marroni.

<< E poi abbiamo perso un po' di lezione. >> Rose alzò lo sguardo dal libro che teneva aperto in grembo, dedicando la sua totale attenzione alle due cugine accanto a lei. Rabbrividì, stringendosi nel mantello, quando un folata d'aria fredda la colpì in pieno. Uscire non era stata decisamente una buona idea. Si chiese come avrebbe fatto il pomeriggio a non morire congelata all'allenamento.

<< Chi sei tu e che ne hai fatto di Rose Weasley? >> le domandò scherzosamente Roxanne, osservandola stralunata. Non si era mai detta entusiasta della fine di una lezione prima di quel momento, tranne quando ancora andava a Divinazione, l'unica materia che forse odiava con tutto il cuore.

Beh, alla fine poteva anche capirla, era una materia poco ... razionale e la professoressa Serwett era davvero svitata.

<< Avevamo già finito la pozione. >>

<< Dovevo immaginarlo. >> sorrise, Rose era davvero incorreggibile.

La rossa si strinse nelle spalle con un sorriso imbarazzato sul volto. Sapeva che non l'avrebbero mai giudicata, ma non poteva fare a meno di sentirsi un po' a disagio. Distolse lo sguardo passando in rassegna le altre persone presenti nel cortile – dei ragazzi vicino alla fontana, due fidanzati che passeggiavano mano nella mano sotto i portici e altri due che si scambiavano effusioni su una panchina, leggermente nascosti da una colonna.

<< Allora, Domi, a cosa dobbiamo questa tua improvvisa illegalità? >>

Adesso i ragazzi vicino alla fontana ridevano, scambiando qualche pacca sulle spalle di quello al centro come a congratularsi per qualcosa.

<< Non mi hanno fatto dormire stanotte, semplice. >>

Alla risposta della bionda si voltò di scatto, lasciando perdere tutto il resto, e incontrò gli occhi marroni della cugina già puntati su di lei.

Davvero Dominique credeva che potesse abbindolarle in quel modo – loro, le sue migliori amiche – senza una reale spiegazione? Nella sigaretta che aveva fumato prima doveva esserci dell'altro oltre al tabacco.

Si guardarono, scambiandosi un'occhiata di puro scetticismo prima che Rose decidesse di intervenire, << Si e io sono mago Merlino. >>

<< Ci reputi stupide, per caso? >> le chiese Roxanne, poi la bloccò prima che potesse dar voce ai propri pensieri << Anzi no, non rispondere. Va bene così. >> le rivolse però uno sguardo eloquente in modo da farle capire che sapevano che stava raccontando balle e non si sarebbero arrese così facilmente.

Dominique sospirò fissandole a lungo, tanto che Rose poté vedere gli ingranaggi del cervello lavorare freneticamente a una soluzione, elaborare una qualche storia da potergli appioppare per farle stare zitte.

La scrutò per qualche istante trovando la conferma dei propri sospetti – i movimenti nervosi delle mani, i tentativi di lisciare i capelli già perfetti, il dondolio del piede – tutti gesti che non potevano sfuggire ad un occhio esperto come il suo: c'era qualcosa che stava nascondendo. E lo aveva fatto anche quella mattina all'inizio della lezione di pozioni.

Aveva compreso con una sola occhiata ciò di cui aveva bisogno.

<< Preferisco che tu non ci menta. Per cui quando sarai pronta ce ne parlerai. >> in qualità di migliore amica Rose sentiva che il dovere di aiutarla era più forte della necessità di avere risposte e aveva il compito di rispettare la sua scelta, nello stesso modo in cui loro due stavano rispettando quella di Roxanne. La bionda la guardò con profonda gratitudine e si slanciò in avanti, stringendola in un frettoloso abbraccio, sotto lo sguardo attento e comprensivo dell'altra cugina.

<< Tutto questo affetto mi soffoca. >> si lamentò.

<< Domi, per Godric, mi stai soffocando. Non voglio morire giovane. >> la voce sommessa e contrariata di Rose le fece ridere di gusto, tanto da attirare qualche sguardo indiscreto sul loro groviglio. Quando gli spettatori si resero conto che erano solo tre Weasley smisero di cercare di capire cosa stesse succedendo, ormai abituati a quelle situazioni.

Roxanne ammise a se stessa che quelle dinamiche le erano mancate davverotanto in quei giorni di solitudine che si era presa. Aveva preso una pausadalla sua vita ed era crollata in un girone di monotonia asfissiante a cui nessunoaveva avuto l'accesso. Per qualche giorno si era trasformata in una di quelleragazzine prede dei loro drammi adolescenziali che solitamentederideva, troppo demoralizzata per fare altro che non fosse mangiare, pensare,deprimersi e mangiare di nuovo. Almeno aveva trovato consolazione nel cibo.

Quando, però, aveva fatto schifo agliallenamenti di Quidditch e Rose le aveva urlato contro tutta la propria indignazione e preoccupazione,mostrandole – l'aveva visto in quei pezzi di cielo, dannazione – che nonle parlava solo come capitano, ma come amica e confidente, si era riscossadal limbo in cui era caduta.

<< Visto che siamo in vena di drammi adolescenziali, >> iniziò titubante, insinuandosi nel dolce silenzio che era calato tra loro, per niente disturbato dai lievi schiamazzi che provenivano dal resto del cortile << dovrei dirvi una cosa. >>

Rimase in piedi, senza proseguire, a contorcersi le mani in grembo, angosciata, la testa abbassata, improvvisamente interessata ai propri stivali. Lasciò passare qualche minuto, raccogliendo il coraggio di parlare, di confessare, di manifestare tutto il proprio dolore e la propria frustrazione.

<< C'entra per caso quello che è successo due settimane fa alla festa? >> la domanda di Rose le giunse in soccorso quando ormai aveva iniziato a pensare di lasciar perdere. Annuì semplicemente senza aggiungere altro.

<< Nott ha combinato qualcosa? >> Dominique era già balzata giù dal muretto, la gonna magicamente accorciata che le sfiorava le cosce, pronta ad andare a colpire il ragazzo, anche alla babbana se necessario, al primo cenno di assenso.

<< No! >> la fermò Roxanne << No, no. Lui non ha fatto altro oltre all'aiutarmi e a tenermi compagnia. >> scosse la testa risoluta, portando i capelli a coprirle gli occhi, senza riuscire a vedere lo sguardo malizioso che si erano scambiate le amiche a quelle parole.

<< Adams. >>

La semplice pronuncia di quel cognome disegnò una smorfia sul volto delle due ragazze. Capitano della squadra di quiddich di Corvonero, era un ragazzo maledettamente intelligente e ambiguo.

Connor Adams, un nome una garanzia.

Rose ancora si chiedeva come Roxanne avesse potuto starci insieme. Probabilmente era tutto dovuto ai cortesi modi da damerino.

<< Cos'ha fatto stavolta? >>

<< Mi ha tradita. >>

Ora anche Rose era balzata in piedi molto propensa ad andare a spaccare il brutto muso che il ragazzo si ritrovava come faccia. Le prudevano le mani, aveva una voglia matta di scaricare qualche pugno, già si figurava il sangue scendere copioso dal naso. Anzi a ripensarci sarebbe stato meglio usare una mazza – non si sarebbe mai sporcata le mani con un verme del genere.

<< Schifoso viscido verme, se lo becco non resta vivo. >> sibilò Dominique tra i denti, furiosa con lui e con se stessa. Era stata lei a presentarlo alla cugina, convinta dalle voci che giravano sul suo conto, e ora non poteva fare a meno di sentirsi in colpa.

<< Quando avrò finito con lui non ci sarà più niente da appendere alla torre di Astronomia. >>

<< Credo che mandarlo al San Mungo sia più appropriato. >> replicò la rossa, si scrocchiò le dita conferendo alla frase un aspetto lugubre << C'è proprio un letto che reca il suo nome sopra. >>

<< Per quanto mi lusinghino i vostri propositi, voi non farete niente. >> Roxanne distrusse i loro sogni con uno schiocco di dita, ricevendo in cambio sguardi confusi e infuriati << Non adesso, per lo meno. >>

<< A cosa ti riferisci? >>

<< Cosa? No! Io voglio picchiarlo adesso, non tra due ore. >>

<< Dominique, datti una calmata. >>

<< Non mi dire – >>

<< Dominique! >> la voce risoluta di Rose la interruppe. Le fece cenno di guardare Roxanne davanti a loro, lo sguardo puntato in basso durante tutto lo scambio di battute a celare gli occhi lucidi. Entrambe si avvicinarono, abbracciandola contemporaneamente, trasmettendole tutto il loro dispiacere e la loro solidarietà.

Nonostante i due si fossero lasciati a inizio settembre non era comunque bello quello che era venuto a sapere. Adesso aveva bisogno che le risollevassero il morale, non che litigassero come una coppia sposata.

<< Io mi riferivo al fatto che tra poco abbiamo lezione di Storia della Magia, ma non importa, fate pure con calma. >> la risata che scaturì da quelle parole risollevò gli animi di tutte e tre << Certo che siete diventate davvero appiccicose, mamma mia. >>

Rose cercò lo sguardo della bionda tra i ricci della cugina e lo trovò già puntato su di sé, un solo pensiero negli occhi azzurri: se faceva battute, allora stava meglio.

<< Forza, andiamo. >> Rose raccolse la propria borsa da terra << Non vorremmo mica che il pezzo di ghiaccio qui presente perda due ore con Ruf. >>

Roxanne le fece una linguaccia, spintonandola in avanti. Per poco non la fece sbattere contro altri studenti. Si girò di scatto, spintonandola a sua volta.

<< Come se sentisse la nostra mancanza. >> la bionda si aggiustò i capelli che si erano rovinati con i due slanci di affetto, non prestando attenzione alla lotta che stavano facendo a pochi passi da lei.

<< Vedi il lato positivo Domi, >> iniziò Rose, quando arrivarono all'aula. Fece una pausa ad effetto, aspettando di catalizzare l'attenzione della cugina sulla stupidaggine che stava per dire. Iniziò ad avviarsi verso i banchi in fondo, i migliori per nascondersi strategicamente agli occhi del professore, scappando dall'ira che le avrebbe rivolto contro << potrai recuperare le tanto desiderate ore di sonno che ti hanno portato a sabotare pozioni. >>

Il libro che le tirò, apparso magicamente nelle sue mani, fu un chiaro avvertimento: un'altra parola e ti stampo sul manuale di Trasfigurazione.

Roxanne alzò gli occhi al cielo, sarebbero state due lunghe ore.







Ehilà!
Chiedo scusa per il mio mostruoso ritardo, davvero.
Ho avuto una sessione d'esame particolarmente tosta che non mi ha lasciato un minimo di respiro.
Spero davvero che il capitolo vi sia piaciuto.
A presto.

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Capitolo 9
*** Capitolo VIII. Terze teste, brufoli e baci inaspettati ***


Capitolo VIII. Terze teste, brufoli e baci inaspettati


La lezione era stata più noiosa del previsto. Dominique non era stata l'unica ad addormentarsi sul banco, la maggior parte degli studenti era crollata nei primi dieci minuti di lezione. Per quanto sarebbe piaciuto anche a Rose sprofondare nel mondo dei sogni aveva dovuto prendere appunti che avrebbe poi venduto al resto della combriccola – era l'unica rimasta sveglia, anche Albus e Scorpius davanti a lei erano crollati, nonostante avessero cercato di resistere più di altri.

Poco davanti a lei Dominique e Roxanne stavano chiacchierando allegramente con Albus. Si incamminò dietro di loro con l'intenzione di arrivare in Sala Grande il prima possibile, stava morendo di fame.

All'improvviso una mano le arpionò il braccio, fermandola istantaneamente poco distante dalla porta. Si girò di scatto con la mano sulla bacchetta, già pronta a schiantare il proprio aggressore quando incontrò due occhi grigi divertiti. Scorpius la spinse contro il muro bloccandola con il proprio corpo, mentre controllava che i loro amici si allontanassero. Ignorò gli sguardi curiosi dei ragazzi che uscivano dall'aula e di quelli che passavano nel corridoio per andare in Sala Grande.

<< La prossima volta avvisa. >> gli disse Rose infastidita << Stavo per schiantarti, Malfoy. >>

<< Ah, siamo tornati al Malfoy adesso? >> le chiese, la sfumatura divertita nella sua voce la irritò ancora di più. Non poteva vederlo con la testa voltata di lato in quel modo, ma immaginò che sul suo volto fosse comparso il solito ghigno insopportabile.

<< Quando fai così, sì. >> gli rispose. Allungò la testa constatando che i loro amici, senza accorgersi della loro assenza, avevano continuato a chiacchierare indisturbati e a camminare diretti alla loro meta.

<< Cosa vuoi? >>

Finalmente Scorpius si voltò con ghigno divertito sul volto senza degnarla di una risposta, mentre si beava dei lineamenti dolci della ragazza e la fissava a lungo mettendole soggezione con lo sguardo.

<< Allora? >> nonostante si stesse irritando sempre di più Rose non poté fare a meno di pensare che fosse davvero bello, con quei capelli biondi completamente scompigliati che gli celavano leggermente lo sguardo indecifrabile, rendendolo ancora più misterioso. Non si sarebbe mai stancata di osservare i forti e decisi lineamenti del volto, le labbra piene e rosse, l'unica cosa che, insieme all'argento degli occhi, stonava in mezzo a quel pallore. 

Il ragazzo le prese una ciocca di capelli iniziando a rigirarsela tra le dita, ammaliato, mentre appoggiava l'altra mano sul muro avvicinandosi ancora di più al corpo della rossa, quasi schiacciandolo. Rose trattenne il respiro a quella vicinanza, sentendo i battiti del cuore accelerare velocemente, come se tentasse di scappare dalla dolce gabbia in cui si trovava. Ebbe quasi l'impressione che anche il ragazzo di fronte a lei potesse sentirli, talmente facevano rumore nella sua testa. 

Le labbra del biondo sfiorarono le sue senza però soffermarsi, si allontanarono fermandosi leggermente sull'angolo della bocca e poi spostandosi di nuovo da un'altra parte. La stava portando alla pazzia, divertendosi a giocare con lei, a stuzzicarla per vedere quando avrebbe ceduto. Le sfiorò il naso con il proprio, prima di avvicinarsi all'orecchio e indugiare leggermente. Il profumo di rose e peonie di cui era impregnata gli inebriò i sensi, portandolo a chiudere gli occhi per assaporarlo maggiormente. Era una fragranza dolce e forte allo stesso tempo, un po' come la ragazza che gli stava tra le braccia in quel momento.

<< Non ci vediamo da stamattina. >>

<< Ma se abbiamo avuto lezione ins– oh.>> Rose lo guardò accennando un sorriso per il modo in cui ora sfuggiva il suo sguardo, quasi imbarazzato per essersi appena scoperto, gli occhi grigi rivolti verso il basso. Sentire, con il suo solito modo di dire le cose tra le righe, che le era mancata le riscaldò il cuore, portandola a trattenere un sorriso stupido nel tentativo di mantenere un certo contegno. 

Rose gli posò una mano sul petto, quasi vicino al cuore, e l'altra sul volto che prese ad accarezzare leggermente e incontrò il grigio tempestoso delle iridi che, profondo e silenzioso, attendeva guardingo una sua mossa. Aveva smesso il giocare con i suoi capelli e li aveva spostati all'indietro scoprendole leggermente il collo, su cui aveva accostato la mano. Il freddo degli anelli che portava la fece rabbrividire. 

<< Beh, ciao, allora. >>

Si alzò leggermente sulle punte e azzerò la distanza tra i loro volti premendo con delicatezza le labbra su quelle del ragazzo, trovandole già schiuse ad aspettarla. Quello che doveva essere un bacio tranquillo si trasformò ben presto in qualcos'altro. Si incontrarono in un gioco di lingue alla ricerca di un vincitore, assaporandosi e inebriandosi dei propri sapori. Gli afferrò la cravatta tirandolo verso il basso alla sua altezza, piegando leggermente il volto nel tentativo di approfondire ancora di più il contatto.

Sguardi curiosi guardavano quell'intreccio di corpi, senza però intaccare il loro idillio, semplici spettatori di passaggio. 

Si separavano leggermente solo per riprendere fiato e ricominciavano subito dopo, mai sazi l'uno dell'altra. Scorpius le prese il volto tra le mani avvicinandolo di più al proprio delicatamente, mentre rallentava quella danza e la ragazza gli portava le mani tra i capelli, attirandolo a sé e iniziando a giocare con le ciocche bionde. Continuarono a baciarsi fino a quando Rose si staccò alla ricerca di aria. Il ragazzo passò a torturarle il collo, portandola a reclinare la testa all'indietro e ad appoggiarla contro il muro, mentre la accarezzava lungo il corpo sempre più giù fino ad incontrare l'orlo della gonna, per poi risalire e decidere di ancorarsi al fianco, trattenendola stretta a sé. I capelli biondi ormai erano completamente spettinati, preda delle mani frenetiche della Grifondoro.

Quando si ritenne soddisfatto del lavoro che aveva compiuto tornò a baciarle la bocca, ma stavolta più piano, leggermente, quasi avesse paura di spaventarla con la sua irruenza. Si staccò fermandosi e puntando gli occhi grigi in quelli azzurri della ragazza, perdendosi in quello sguardo limpido. Quei bellissimi pezzi di cielo erano più liquidi del solito, eccitati, ma mantenevano la stessa sfumatura dolce di sempre. I petti ansanti si scontravano alla ricerca di aria, le labbra gonfie si sfioravano l'una con l'altra, lievemente socchiuse da cui usciva il respiro accelerato, gli occhi liquidi persi l'uno nell'altro, le mani si cercavano trovandosi e allacciandosi strette. Il Serpeverde portò la mano libera al volto della ragazza carezzandole delicatamente una guancia prima di darle un altro bacio a stampo. Si sorrisero con le bocche che ancora si sfioravano e si separarono. 

Rose sentiva che le gambe minacciavano di cedere da un momento all'altro. Era stata una serie di baci intensa, inaspettata, che l'aveva scombussolata non poco. Avevano dato spettacolo, ne erano consapevoli, ma non gli importava, non quando poi potevano bearsi di quegli splendidi sorrisi.

Scorpius la guardò appoggiarsi al muro con i capelli rossi in disordine, le labbra gonfie e martoriate, le guance arrossate.

È bellissima, pensò.

<< Andiamo a mangiare. >> le disse, ricordandosi che era ora di pranzo. Nel corridoio ormai erano rimasti soli, con qualche studente ritardatario che correva alla volta della mensa. La rossa gli si avvicinò annuendo e mentre si incamminavano gli tirò un pugno sul fianco.

<< Ehi! >> esclamò offeso, << E questo per cos'era? >> la guardò massaggiandosi il punto che gli aveva colpito, una smorfia di dolore a imbrattare i lineamenti distesi del volto.

<< Per avermi fatto spaventare e per avermi fatto arrivare tardi a pranzo. >>

<< Come se ti fosse dispiaciuto. >> commentò malizioso.

<< Sta zitto, Malfoy, o ti schianto. >> fece per spintonarlo lontano da lei, ma lui fu più veloce e le passò un braccio attorno alle spalle bloccandola contro il proprio fianco. Rise divertito e con il braccio ancorato al collo la avvicinò a sé, lasciandole un bacio sulla testa. Si avviarono verso la sala Grande, entrambi con un'espressione felice sul volto. 

 

***

 

<< Ma dove sono finiti quei due? >>

<< Si saranno imboscati da qualche parte Al. >> gli rispose Dominique, diede un morso al proprio panino senza preoccuparsi più di tanto per il ritardo dei due ragazzi. Alla fine, erano grandi e grossi e se il loro intento era quello di saltare il pranzo non erano affari suoi/a lei non importava.

<< Stanno dando spettacolo. >> affermò Albus alludendo alla conversazione che stavano avendo tre ragazzine del secondo anno ferme poco lontano da loro.

<< Dopo più di un mese che stanno insieme si scandalizzano ancora se li vedono in giro. >> 

<< Questo maledetto castello vive delle nostre vite, dovresti saperlo ormai Nott. >>

<< Oh eccoli! >> esclamò Albus non appena varcarono la soglia della Sala Grande. Scorpius con il braccio sulle spalle la diresse verso il tavolo verde argento, dove erano seduti i loro amici, sotto lo sguardo attento di tutti i presenti.

<< Finalmente, la mancanza della sua dolce metà l'ha reso insopportabile. >> 

Axel represse una risata a quelle parole. Alzò lo sguardo incontrando quello divertito di Scorpius, accomodato di fronte a lui.

<< Mi è spuntata una terza testa per caso e non me ne sono accorta? >> chiese Rose quando prese posto tra il cugino e il proprio ragazzo. Gli occhi di mezza Sala Grande erano puntati su di lei, insieme allo sguardo sdegnato di molti dei ragazzi di Serpeverde.

<< Probabilmente è colpa di quel brufolo enorme che ti è cresciuto sul naso. >> 

Axel scosse la testa, impietosito, spostando il bicchiere pieno di succo di zucca prima che la bionda al suo fianco potesse colpirlo con la forchetta, sporcando tutta la tavola.

<< Dovresti usare una pozione per trattarlo, è davvero orribile. >>

<< Credo che tu intenda l'occhio nero. >>

<< Quale occhio nero? >>

<< Quello che sto per farti, se non la smetti immediatamente. >>

<< Non puoi farmi un occhio nero. Rovineresti il mio stile! >>

<< Non me ne frega niente del tuo stile. >> Rose sputò la parola tra i denti come se fosse il peggiore degli insulti.

<< Mi dispiace amico. >> lo compatì Scorpius continuando a guardare nel proprio piatto per evitare di finire nella lista nera delle due ragazze lì presenti.

<< Perché? >> gemette dolorosamente passandosi una mano sui punti in cui le due cugine l'avevano colpito.

<< Non prendere in giro Billy junior! >>

<< Non si scherza con i brufoli. >>

Dominique, di fronte a lui, puntò una forchetta nella sua direzione in segno di minaccia, mentre Rose infilzò con violenza la salsiccia che gli aveva appena rubato. Albus non ebbe il coraggio di rimbrottare alcunché, qualcosa gli diceva che la cugina stava immaginando la sua faccia.

<< Okay, chiedo scusa. >> borbottò tornando a mangiare senza più osare alzare la testa dal piatto per il resto del pranzo. Se avesse voluto evitare altre ripercussioni sarebbe stato meglio passare il più inosservato possibile.

<< Roxanne? >> chiese Rose, senza rendersi conto di aver attirato l'attenzione di Axel Nott a differenza della cugina che sentì il ragazzo raddrizzarsi sulla panca al suo fianco. Lo guardò cercando di non farsi beccare, la schiena dritta, vigile e ben attento a ogni movimento, solo il dondolio incessante della gamba tradiva l'impazienza alla sua risposta. La Serpeverde immaginò che se non avesse dato la schiena agli altri tavoli avrebbe già scandagliato la stanza con lo sguardo alla ricerca della testa riccia della ragazza.

<< È con James e Fred. >> le rispose la bionda, con la coda dell'occhio controllò le reazioni del compagno di casa << Dovevano parlare di affari. >> 

 

***

 

<< Allora ragazzi, mancano meno di due settimane alla partita contro Corvonero. Non ho alcuna intenzione di perdere perciò da adesso in poi dobbiamo allenarci ancora più duramente. Ho prenotato il campo più giorni alla settimana, la McGranitt era d'accordo con me. Ho chiuso Malfoy in uno sgabuzzino per arrivare prima, per cui fate attenzione. >> dei sorrisi compiaciuti si distesero sui volti dei Grifondoro accompagnati da degli schiamazzi. James e Fred la guardarono con una scintilla d'orgoglio negli occhi scuri.

<< Voglio sollevare quella maledetta coppa quest'anno, l'anno scorso le serpi ce l'hanno fregata per poco. >> Rose li guardò a uno a uno seriamente, trovando nei loro sguardi la sua stessa determinazione. << Fred e Roxanne dovete migliorare ancora il colpo in contemporanea al bolide, perciò direi di iniz... sì Baston? >> 

<< Non capisco perché dobbiamo intensificare gli allenamenti. Battere i corvi sarà una passeggiata, l'anno scorso li abbiamo stracciati. >> affermò il ragazzo in questione guardando i compagni di squadra in cerca di sostegno. << Con i nuovi schemi siamo diventati più veloci e con Potter, Jenkins non ha scampo. Non ci siamo allenati abbastanza? >> Alcuni annuirono alle sue parole, altri si limitarono a scuotere la testa consapevoli che l'allenamento di quel giorno sarebbe stato ancora più duro dopo quelle parole. James gonfiò il petto come un pavone, ma smise subito all'occhiataccia della cugina.

<< La loro squadra è nuova e non sappiamo come giocano. >> gli rispose << Comunque non è abbastanza. Non è mai abbastanza. >> bloccò sul nascere altre proteste con un cenno della mano. 

<< Domani appenderò in Sala Comune i nuovi orari degli allenamenti. Ora iniziamo con cinquanta giri di campo. >> 

Rose stirò le labbra in un sorrisetto perfido. Un mucchio di proteste si levò dai ragazzi, che si prodigarono a colpire uno per uno il compagno che l'aveva provocata. 

 

***

 

<< Eccoci! >> esclamò Rose entrando nella propria camera insieme a Dominique. Erano sgattaiolate nelle cucine a prendere qualcosa da bere e mangiare senza neanche farsi vedere in Sala Grande, mandando solo un biglietto per avvisare che non erano morte e non era necessario mettersi a cercare i loro cadaveri. Avevano fregato il mantello dell'invisibilità di Albus senza che sene rendesse conto ed erano partite per la loro spedizione, addentrandosi nel regno degli elfi dove, con qualche incantesimo di disillusione, avevano recuperato ciò di cui avevano bisogno. 

Dominique si avvicinò alla scrivania posando con un movimento della bacchetta il cibo che avevano fatto fluttuare per tutto il castello. Roxanne sdraiata sul proprio letto, si limitò a lanciarle un'occhiata stanca. Si chiese come diavolo facesse a non essere esausta, lei dopo l'allenamento non aveva avuto la forza di alzarsi dal letto su cui era piombata, arrivando addirittura a decidere di saltare la cena. 

Rose si sentiva un po' in colpa, tanto che aveva deciso di farsi perdonare portando un po' di torta al limone che sapeva essere la preferita della riccia. Si sedette sul proprio letto, decidendo se addentare per primo il panino o il pezzo di torta al cioccolato che aveva preso per sé bisognosa di zuccheri, consapevole che non sarebbe durata tutta la sera solo con delle caramelle e qualche zuccotto di zucca a farle compagnia.

<< Li hai proprio ridotti male. >> constatò Dominique lanciando uno sguardo alla cugina che lottava contro le coperte in cui si era aggrovigliata. Con un sospiro prese la bacchetta e con un veloce movimento la liberò dalla prigione.

<< Lo so e mi dispiace, ma molti corvi sono nuovi e non so quanto siano bravi a giocare. Devo prepararmi a tutto. >> si scusò la rossa, rimanendo però ancorata alle sue convinzioni. Era un capitano e aveva il dovere di portare la propria squadra alla vittoria, anche se si trattava di farli sgobbare come muli. 

<< Si, ma ricordati che siamo dei ragazzi. Non farci arrivare stanchi o la coppa la vedremo con il binocolo. >> le suggerì la riccia ricevendo in cambio solo un cenno di assenso. Era consapevole però di star parlando con una testa dura, quando si trattava di Quidditch Rose si trasformava, diventava più competitiva e non c'era niente che potesse farla desistere dal suo obiettivo.

<< L'ho detto anche a Scorpius quando ha cercato di fare lo stesso per fregarti. Ma non mi ha ascoltato. Ha detto: >> si schiarì la voce per imitare quella del ragazzo << "Quel maledetto genio starà facendo la stessa cosa. Se vogliamo vincere dobbiamo batterli sul tempo." >> fece il segno delle virgolette con le mani << Ma tu sei arrivata prima. Quando è venuto a dircelo ha insultato il povero Merlino per averti reso così furba, ma, avresti dovuto vederlo, non ha potuto fare a meno di sorridere orgoglioso. >> Dominique sorrise dolcemente quando vide la cugina arrossire lusingata. Incredibile, stavano insieme da tre mesi e ancora si imbarazzava.

 Rose si aprì in un sorrisetto compiaciuto quando si ricordò della faccia sbigottita che il ragazzo aveva fatto quando si era reso conto che lo aveva chiuso in quello sgabuzzino.

<< Sono proprio fatti l'una per l'altro. >> esclamò Roxanne << Credo che cercherà di fartela pagare. Tu ci vuoi morti, dimmi la verità. Finire in mezzo a una vostra faida distruggerà il castello. >>

<< Ma figurati. >> liquidò la questione con un cenno della mano alle occhiate eloquenti delle due cugine. In realtà sapeva che il suo ragazzo stava già pensando a qualcosa per fargliela pagare, era una cosa che avrebbe fatto anche lei se fosse stata nella sua posizione. Doveva pensare ad un modo per metterlo fuori gioco per un po'.

Ricevette un cuscino in testa da entrambe  che ridacchiarono alla vista dei capelli scompigliati.

Addentò la torta al cioccolato, assaporando lentamente il dolce gusto che le mandava sempre in visibilio le papille gustative. Amava mangiare il cioccolato, la rendeva sempre felice.

 

 

Quando finirono di mangiare si sedettero tutte sul letto di Rose tirando giù le tende del baldacchino per evitare di essere disturbate quando le loro compagne fossero tornate in stanza.

Roxanne iniziò a raccontare, stretta tra le due cugine, come sei era sentita quando il ragazzo le aveva confessato il tradimento. 

Raccontò di come le si fosse frantumato il cuore alla rivelazione nonostante la loro relazione fosse finita da qualche tempo, perché anche se davanti a lui si era mostrata forte, dentro si era sentita svuotare da ogni emozione positiva. Si era sentita spezzataumiliata. 

Raccontò di come si era depressa e disperata, troppo presa dallo sconforto e dalla necessità di comprendere il perché. Perché l'aveva tradita? Perché non era abbastanza? Perché aveva dato più importanza ad altro? Era arrivata anche a pensare che la colpa fosse sua e non del fedifrago che non sapeva tenerselo nei pantaloni. 

Eppure, lei credeva di aver dato tutto in quella relazione, ne era convinta.

Raccontò alle due cugine di come per un periodo non aveva anelato altro che non fosse la solitudine e la compagnia del silenzio, di come non voleva stare in una stanza troppo affollata per perdersi nell'autocommiserazione.

Raccontò di come un giorno, rompendo un vaso, il rumore l'aveva risvegliata dalla trance in cui era caduta, portandola a rendersi conto di come si stava comportando: stava facendo esattamente il suo gioco. L'unico motivo per cui, dopo che lei l'aveva lasciato, aveva svelato tutto era quello di vederla preda dell'insicurezza e della vergogna, di vederla umiliata e avvilita, spezzata.

Si era arrabbiata con se stessa perché, dannazione, che colpa poteva avere lei se quello era solo un viscido verme? Si era arrabbiata perché lei si era impegnata davvero in quella relazione e non era giusto che lui scaricasse tutto sulle sue spalle, dandole colpe che non aveva solo per lavarsene le mani. 

Raccontò di tutto quello che aveva provato, smettendo di trattenere le lacrime che ormai da tempo le bagnavano le guance, senza che lei se ne fosse nemmeno resa conto. Spiegò di come aveva preso la decisione di parlare con loro macchinando una vendetta, confidando nel loro aiuto.

Le due ragazze la strinsero, lasciandole scendere con libertà le ultime lacrime che avrebbe sprecato per quel ragazzo, consapevoli che fossero necessarie per liberarla del tutto.

Ci pensiamo noi adesso, le dissero asciugandole le guance bagnate.

Il cuore le si gonfiò di un affetto spropositato e si chiese per quale motivo non fosse andata prima da loro, dalle sue amiche, dalle sue confidenti. Per quale motivo non avesse parlato prima se poteva sentirsi, come in quel momento, più leggera.

La accolsero tra le loro braccia, accarezzandole i capelli, dandole tutto l'appoggio necessario, maledicendosi per non aver visto niente per tutto quel tempo, ripromettendendosi che avrebbero evitato che accadesse di nuovo.

Bastò uno sguardo per capirsi, i cervelli che già macchinavano una vendetta coi fiocchi. 

 

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