Scary Love

di klausanddiego
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Broken. ***
Capitolo 2: *** Boy in the Bubble. ***
Capitolo 3: *** I Found. ***
Capitolo 4: *** Next to me. ***
Capitolo 5: *** You have my heart. ***
Capitolo 6: *** The Art Of Getting By. ***
Capitolo 7: *** You’re somebody else. ***
Capitolo 8: *** All I Want. ***
Capitolo 9: *** Back to December. ***
Capitolo 10: *** Never Not. ***
Capitolo 11: *** Heather. ***



Capitolo 1
*** Broken. ***


If you see the boy I used to be

Could you tell him that I'd like to find him

And if you see the shell that's left of me

Could you spare him a little kindness

Klaus Hargreeves, il “Numero Quattro” della Umbrella Academy, sapeva di essere diventato un guscio vuoto. Tutte le cose che prima lo riempivano e lo facevano stare bene le aveva perse completamente, anzi, aveva dovuto lasciarle indietro di proposito per smettere di sentire le urla di fantasmi spaventosi. 

Dopo tutti quegli anni, Klaus sentiva la mancanza dei brividi che lo facevano sentire vivo, dell’emozione che gli riempiva il cuore, delle risate dei suoi fratelli, della sua stessa risata che nasceva spontanea, di quella donna dai capelli biondi che indossava grandiosi abiti anni ‘50 che chiamava mamma. Ma le sue dipendenze lo avevano costretto ad isolarsi e lo avevano prosciugato.

'Cause I've been high and I've been low

I've spent a thousand nights alone, tryna hold on tight

And feelings come but they won't go

Please won't someone take me home before I lose my mind

Klaus avrebbe voluto tornare ad essere quel ragazzino vivace e inarrestabile, quello che rincorreva Ben per i corridoi della grande casa in cui vivevano. Avrebbe voluto tornare ad essere il fratello preferito dalle sue sorelle Vanya ed Allison, seduto nella stanza di una delle due, mentre imparava a mettere il mascara. Avrebbe voluto tornare a giocare assieme a Luther e Five a quei giochi di carte che non aveva mai capito. Avrebbe tanto, tantissimo, voluto tornare ad essere quel ragazzino che sgattaiolava nel mezzo della notte in camera di suo fratello Diego e si addormentava con le sue carezze.

Avrebbe dato tutto per tornare indietro, a quando erano ancora dei bambini, ma era troppo tardi ed erano anche diventati degli sconosciuti. 

Quasi gli andava bene sentirsi vuoto. Non provare era meglio di affrontare la realtà. Per Klaus era decisamente meglio un trip dato dall’eroina piuttosto che affrontare i suoi poteri, i suoi incubi e il fatto che la sua famiglia lo odiava...Che Diego lo odiava.

Am I broken?

Am I flawed?

Do I deserve a shred of worth or am I

Just another fake, fucked up lost cause?

And am I human?

Or am I something else?

 'Cause I'm so scared and there's no one there

To save me from the nightmare that I call myself

Il suo corpo si muoveva senza che neanche lui sapesse realmente cosa stesse facendo. Si limitava a sopravvivere, ad ignorare quel dolore e facendo qualsiasi cosa pur di procurarsi una dose. 

Quando camminava per le strade della città in cui era cresciuto, con i suoi abiti stravaganti rubati da qualche bancarella, qualsiasi persona che incrociava il suo cammino lo scansava. Una volta aveva sentito una mamma dire ai suoi figli che se non avessero studiato e fatto i bravi bambini, sarebbero diventati “come lui”. 

Klaus non riuscì a trattenere i suoi pensieri. Se quella donna avesse visto che razza di infanzia aveva avuto, sicuramente non avrebbe nemmeno pensato le parole uscite dalle sue labbra. Era cresciuto senza un nome, era cresciuto come un semplice numero. Numero Quattro. Scappare da quel posto era stata l’unica buona decisione. Probabilmente gli abusi di suo padre lo avrebbero ammazzato prima della droga. 

I suoi fratelli avevano iniziato ad accusarlo più volte di usare quelle sostanze e l’alcool solo per farsi notare, solo per ricevere attenzioni. E in parte era vero. Era il suo modo disperato di chiedere aiuto. Credeva che facendo gesti sempre più estremi qualcuno si sarebbe accorto di lui e forse finalmente lo avrebbe aiutato. Invece tutti, o quasi, cominciarono a trattarlo peggio di prima. Diego, prima di abbandonarlo come tutti, aveva tentato l’impossibile per salvarlo, ma Klaus commise un errore irreparabile, chiudendolo fuori per sempre. Anzi, chiudendosi da solo fuori dalla vita di Diego.

Forse si meritava di essere quella persona vuota che era diventata. La giusta punizione per un individuo come lui. 

I've tried everything and anything

But nothing seems to work quite like it should

Between the madness and the apathy

Seems there's nothing left inside of me that's good

Klaus aveva perso il conto di quante volte era svenuto per poi risvegliarsi tra delle lenzuola pulite. 

All’inizio erano state sempre quelle del letto di Diego, fresche e impregnate del suo profumo. Si svegliava con l’odore del caffè e un filo di luce che illuminava l’appartamento migliore che suo fratello si era potuto permettere. Si godeva il momento per qualche minuto, poi si dirigeva in cucina e le prime parole che lui gli rivolgeva erano “E’ l’ultima volta che ti vengo a salvare, Klaus. Devi ripulirti o smetto di aiutarti”. 

E Klaus gli diceva che lo avrebbe fatto. Glielo prometteva ogni singola volta. 

“Voglio trovarti qui quando torno, non scappare”, Diego gli diceva prima di andare a lavoro. E lui annuiva distratto, già consapevole di non potergli assicurare che sarebbe rimasto sul suo divano. Infatti dopo neanche mezz’ora Klaus aveva preso il suo cappotto ed era sparito. 

La verità era che non era spaventato da quella minaccia perché gliel’aveva ripetuta così tante volte che era sicuro che Diego non sarebbe mai stato tanto coraggioso da smettere di aiutarlo. Lui era l’unica luce rimasta nella vita di Klaus, l’ultima speranza, e sapeva di star buttando tutto al vento ma essere sobrio lo spaventava.

Poi un giorno successe davvero. Diego non era più lì per lui. E il suo mondo crollò. Klaus si sentì morire e fu in quel momento che la sua vita cominciò ad essere un continuo andirivieni tra vicoli bui, ospedali e centri di riabilitazione. 

Le sue notti divennero sempre più fredde e solitarie, tanto da far male. Era sicuro di aver toccato il fondo, se anche Numero Due aveva perso le speranze allora era una causa persa. Ma perderlo non era nei piani di Klaus, quindi decise di ripulirsi per tornare da Diego, per tornare a casa con lui. 

Aveva sentito dire che una volta toccato il fondo si può solo risalire, perchè non provarci allora? 

 'Cause I've been high and I've been low

I've spent a thousand nights alone, tryna hold on tight

And feelings come but they won't go

Please won't someone take me home before I lose my mind

In una notte estiva, Numero Quattro camminava tranquillo, cercando di raggiungere un centro di riabilitazione diverso, più “efficace” dicevano. 

Dei passi si fecero pesanti dietro di lui e poi dei commenti osceni riempirono l’aria fino ad arrivare alle sue orecchie. Due uomini lo stavano seguendo. Erano ubriachi marci, appena usciti da un locale. Klaus li ignorò, era abituato a quel genere di attenzioni perché erano le uniche che riceveva, e prese a camminare più veloce, fino a quando non commise un errore. Girò per una stradina che doveva essere una scorciatoia, invece fu la sua trappola. Era stretta e buia, quasi disabitata, perfetta per morire ammazzato di botte. 

Klaus si fermò, decise che li avrebbe affrontati. Non erano i primi che avevano voglia di pestarlo per divertirsi. Lui non valeva niente per nessuno, nemmeno per se stesso. 

Peccato che quei mostri non avevano voglia di usarlo come sacco da boxe. Si ritrovò bloccato, con la faccia schiacciata sul muro e i due uomini che lo usarono come una bambola gonfiabile. Fecero a turno con lui, il suo corpo, per chissà quanto tempo. 

Klaus perse ogni cognizione, il sangue gli pompava nelle orecchie. Lo lasciarono a terra, ancora mezzo nudo, con i vestiti strappati. 

Klaus si diede la colpa, così come si era dato la colpa di qualsiasi abuso subito nella sua vita. Pensò che essa non sarebbe mai potuta migliorare e quello che gli era successo era semplicemente l’universo che gli rivolgeva un enorme dito medio.

Così era diventato come i fantasmi che lo tormentavano. Dopo quella notte si era trasformato in quelle voci e in quei corpi surreali che non gli davano mai pace. Invisibile agli occhi di tutti tranne che a quelli di suo fratello Numero Sei, che era sempre con lui. 

Klaus pensava che ormai non c’era tanta differenza tra loro, tranne che quello che era davvero passato a miglior vita era Ben. Eppure poteva scommettere di sentirsi...morto, almeno all’interno. E Klaus pensava anche che, visto quello che ne aveva fatto della sua vita, sarebbe dovuto essere lui il fratello defunto. Se lo sarebbe meritato.

La morte di Ben era arrivata come un fulmine a ciel sereno e il vecchio Reginald aveva incolpato i ragazzi. Ne erano stati tutti colpiti in qualche modo, ma Klaus ne era rimasto devastato. La morte di Ben lo aveva segnato, eppure al posto di onorare la sua memoria e le promesse che gli aveva fatto da vivo, se ne era dato la colpa e aveva calcato la mano su quei “piccoli vizi” attorno ai quali stava facendo ruotare tutta la sua vita. 

La droga, l’alcool e persino il sesso erano diventati la sua dipendenza. 

Aveva aumentato le dosi perchè aveva ancora più paura di dormire di notte e quello era l’unico modo per stare sveglio. Si era dato al sesso, svendendosi per qualche grammo o pillolla. Ormai il danno era fatto e ripararlo non era proprio da lui. Dio, Ben doveva proprio odiarlo a quel punto.

Am I broken?

Am I flawed?

Do I deserve a shred of worth or am I

Just another fake, fucked up lost cause?

And am I human?

Or am I something else?

'Cause I'm so scared and there's no one there

To save me from the nightmare that I call myself

Suo fratello non si era mai fermato dal pregarlo di smettere. Ben era costretto a guardare la sua sofferenza crescere a dismisura e non poteva fare nient’altro se non usare le parole per provare a convincere Klaus a darsi un’occasione. Ben lo pregava di fermarsi, gli diceva che lui era meglio di così, e lo pensava davvero. Klaus non era le sue dipendenze, Klaus non era una causa persa, Klaus era molto di più. Un buon fratello, un buon amico, una persona rimasta gentile nonostante tutto, qualcuno con un gran cuore. Questo ci vedeva Ben in suo fratello. Sapeva che Klaus poteva avere una vita migliore con qualcuno che si prendesse cura di lui. Ma Klaus non riusciva a credergli. Nessuno l’avrebbe mai preso sul serio e lo sapeva. Si era irrimediabilmente convinto che non c’era più niente di buono in lui.

Era rotto in mille pezzi.

Am I broken?

Am I flawed?

Do I deserve a shred of worth or am I

Just another fake, fucked up lost cause?

And am I human?

Or am I something else?

'Cause I'm so scared and there's no one there

To save me from the nightmare that I call myself

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Capitolo 2
*** Boy in the Bubble. ***


It was 6:48, I was walking home

Stepped through the gate, and I'm all alone

I had chicken on the plate, but the food was cold

Then I covered up my face so that no one knows

I didn't want trouble, I'm the boy in the bubble

But then came trouble

Diego Hargreeves, “Numero Due” della Umbrella Academy, il giustiziere e guardiano della città.

Quello non doveva essere un lavoro che spettava a lui, Eudora glielo diceva sempre. 

Nel buio della notte, quando la sua radio intercettava quelle della polizia lui correva ad aiutare chi ne aveva bisogno, lasciandosi dietro nient’altro che qualche corpo e il suono delle sirene delle loro auto. 

Diego era fatto così, il suo complesso dell’eroe non l’avrebbe mai lasciato. Doveva aiutare i più deboli, quelli in difficoltà, i più indifesi o chiunque ne avesse bisogno. Nessuno doveva soffrire come aveva fatto lui, mai. Che si trattasse di un ladro in casa o di mariti e padri che picchiavano i membri della loro famiglia, Diego era sempre all’erta e pronto a fare la cosa che riteneva giusta.

When my mom walked into the living room

She said, "Boy, you gotta tell me what they did to you"

I said, "You don't wanna know the things I had to do"

She said, "Son, you gotta tell me why you're black and blue"

I said I didn't want trouble, I'm the boy in the bubble

But then came trouble

Ed era sempre nella notte che tornava ferito in quell'appartamento. Naso sanguinante, labbro spaccato, occhio nero, qualche taglio, qualche foro di proiettile. Qualsiasi cosa fosse, Diego stringeva i denti e tornava a casa a curarsi le ferite. 

Quando era piccolo era sua madre che si occupava di queste cose. Grace. La bella donna bionda, gentile e amorevole, che gli era sempre stata vicino. Lei gli aveva insegnato ad essere un uomo e tutte le qualità positive che aveva era sicuro di averle assorbite da lei. Mamma. L’unica figura positiva in quell'infanzia che era stata un esperimento...No, una vivisezione. Perché era così che si era sentito Diego. 

Numeri al posto di nomi, regole assurde e severe, allenamenti disumani, nessun tipo di affetto era concesso. Bisognava sempre lottare per l’attenzione di papà, per la sua approvazione, che non sarebbe mai arrivata perché quell’uomo voleva sempre di più.

Se ti facevi male dovevi stare in silenzio e soffrire, dovevi pagare per gli errori commessi durante le missioni, “solo i deboli piangono” e quindi nessuno si azzardava a versare una lacrima, neanche quando Grace doveva aggiustare un braccio rotto o ricucire delle ferite. 

And my heart was pumping, chest was screaming

Mind was running, air was freezing

Put my hands up, put my hands up

I told this kid I'm ready for a fight

Punch my face, do it 'cause I like the pain

Every time you curse my name

I know you want the satisfaction, it's not gonna happen

Knock me out, kick me when I'm on the ground

It's only gonna let you down

Come the lightning and the thunder

You're the one who'll suffer, suffer

La parte peggiore erano quegli allenamenti in cui Diego era costretto a combattere contro Luther. Era una lotta che poteva durare ore, Luther lo colpiva e Diego lo colpiva indietro con più forza. Diventava una gara e l’ultimo che rimaneva in piedi non vinceva niente, ma questo da piccoli non riuscivano a capirlo e quindi si saltavano alla gola come dei lupi affamati per una mezza scintilla di approvazione da parte di quell’uomo che chiamavano padre. 

Il potere della super forza di Luther e la sua obbedienza nei confronti di Reginald, lo fecero diventare il preferito di papà, non per altro era lui il “Numero Uno”. E Diego lo odiava. Sempre così perfetto, un vincitore nato. 

Lui era invece destinato ad essere il “Numero Due”, il secondo in classifica. Buono ma non abbastanza, mai abbastanza. E per questo veniva costretto ad allenarsi di più, in una stanza in cui muoversi era impossibile e Diego doveva schivare, colpire, lanciare. Ancora. Ancora. E ancora. Fino allo sfinimento, fino a quando non aveva più aria nei polmoni, finché delle macchie nere non gli offuscavano la vista.

“Sei debole Numero Due” gli diceva prima di lasciarlo andare. A causa della sua balbuzia Diego non rispondeva mai, perchè sapeva che avrebbe solamente confermato l’affermazione di suo padre. Ma poi con l’aiuto di sua madre e di Klaus, Diego era riuscito a sbarazzarsi anche di quel problema e aveva cominciato a ribellarsi in maniera decisa. Non aveva paura di quel vecchio e per sua sfortuna quest’ultimo non aveva di certo paura di lui. Reginald smise di usare le parole come mezzo per rimettere in riga Numero Due e iniziò ad usare le maniere forti. Diego ricordava perfettamente il giorno in cui accadde per la prima volta. 

Well, I squared him up, left my chest exposed

He threw a quick left hook and it broke my nose

I had thick red blood running down my clothes

And a sick, sick look 'cause I like it though

I said I didn't want trouble, I'm the boy in the bubble

But then came trouble

And my heart was pumping, chest was screaming

Mind was running, nose was bleeding

Put my hands up, put my hands up

I told this kid I'm ready for a fight

Si stava allenando con i suoi coltelli, perfezionando la mira e il movimento della loro traiettoria. Reginald lo stava guardando, continuando a dirgli di fare meglio, biasimandolo di non essere concentrato, di non essere abbastanza bravo. Divenne una cantilena così fastidiosa nelle sue orecchie che uno dei coltelli finì conficcato nello stipite della porta in legno, poco vicino al volto di suo padre. “Hai sbagliato la mira, Numero Due. Te l'avevo detto: non sei abbastanza bravo” la sua voce tuonò. E nel sentire quelle parole, Diego scattò, cominciando ad accusarlo di non essere un padre, ma un mostro. Gli disse che stava rovinando la vita di sette bambini, gli disse che tra i due quello che non era buono a nulla era lui. 

Ovviamente Reginald non era il tipo di uomo che lasciava correre, odiava l’insolenza e Diego lo aveva provocato a dovere. Si alzò le maniche della camicia lentamente, si avvicinò a lui e uno schiaffò arrivò dritto sulla sua guancia. Cercò di proteggersi, spingendolo via, ma sembrò solamente peggiorare la situazione perché suo padre lo colpì più forte. 

Il dolore di quel momento poteva sentirlo anche da adulto. Era stato ferito nell’orgoglio e non solo fisicamente. Ma Diego non si era di certo fermato, non sarebbero state un paio di botte a zittirlo. 

Per fortuna, quando tornava da una delle sue punizioni, Klaus era già in camera sua, seduto sul suo letto ad aspettarlo, con lo sguardo terrorizzato. Diego si chiudeva la porta alle spalle e andava a rannicchiarsi tra le sue braccia. Lui era l’unica persona che riusciva a renderlo felice, l’unico con cui non aveva paura di essere vulnerabile. Lui gli permetteva di prendersi una pausa da tutta quella fatica, da quella competizione infinita, da quella rabbia che lo accecava. 

Klaus era davvero la parte migliore delle sue giornate. Vederlo sorridere, sentire le sue storie, percepire i suoi tocchi delicati. Tutte quelle piccole cose facevano di Diego il ragazzino più felice del mondo. Avrebbe fatto di tutto per lui. 

Poi come tutto, nella sua vita finì anche quello. La scomparsa di Cinque, la morte di Ben, Klaus che spariva per giorni e in un batter d’occhio Diego lo aveva perso. Per anni non lo aveva sentito, né rintracciato, zero. Era troppo arrabbiato con lui per averlo abbandonato in quella casa.

Punch my face, do it 'cause I like the pain

Every time you curse my name

I know you want the satisfaction, it's not gonna happen

Knock me out, kick me when I'm on the ground

It's only gonna let you down

Come the lightning and the thunder

You're the one who'll suffer

Una notte la sua radio aveva intercettato l’ordine di andare a controllare un luogo sospetto in cui avvenivano scambi di sostanze stupefacenti. 

Diego era arrivato per primo. Fu allora che lo rivide. Cambiato, cresciuto, ma sempre Klaus.

I suoi occhi verdi si erano posati su di lui, un sorriso era nato sulle sue labbra e poi si era portato alle labbra due pillole. 

Numero Due capì che doveva portarlo via non appena le sirene delle auto della polizia suonarono alte. 

Da quel momento decise di non perderlo mai più di vista, cercando di salvarlo da se stesso. Lo recuperava da qualsiasi vicolo e lo portava a casa sua, sotto gli occhi pieni di disappunto della sua nuova fidanzata Eudora.

Lei odiava quando Diego tornava casa con Klaus mezzo svenuto tra le braccia. Era stanca di avere uno sbandato sul suo divano o addirittura nel suo letto. Era stanca di vedere Klaus approfittarsi dell’amore di suo fratello ed era tremendamente gelosa di quanto il suo fidanzato si prendesse più cura di lui che di lei. 

It was 6:48, he was walking home

With the blood on his hands from my broken nose

But like every other day, he was scared to go

Back to his house 'cause his pops was home

Drowning his troubles in whiskey bubbles

Just looking for trouble

Well, there's no excuse for the things he did

But there's a lot at home that he's dealing with

Because his dad's been drunk since he was a kid

And I hope one day that he'll say to him

"Put down those bubbles and that belt buckle

In this broken bubble"

Che accadesse un litigio era inevitabile e Diego era sicuro che la colpa era anche di Eudora e della sua pressione su entrambi che tutto era finito così di merda.

Perciò Diego si era ripromesso di salvare tutti, soprattutto quelli come lui e Klaus. 

Sin da bambino aveva sperato che qualcuno arrivasse a salvarlo, a portare del bene nella sua piccola vita, ma non era mai arrivato nessuno. Aveva imparato ad essere il guardiano di sé stesso e aveva la voglia di dedicarsi a sé e chiunque lo desiderasse, anche per Klaus se mai fosse riuscito a ritrovarlo. 

Punch my face, do it 'cause I like the pain

Every time you curse my name

I know you want the satisfaction, it's not gonna happen

Knock me out, kick me when I'm on the ground

It's only gonna let you down

Come the lightning and the thunder

You're the one who'll suffer, suffer

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Capitolo 3
*** I Found. ***


I'll use you as a warning sign

That if you talk enough sense then you'll lose your mind

And I'll use you as a focal point

So I don't lose sight of what I want

And I've moved further than I thought I could

But I missed you more than I thought I would

And I'll use you as a warning sign

Numero Due aveva sempre avuto un istinto innato di proteggere Numero Quattro. 

La verità era anche Klaus era l’unico che aveva imparato a non odiare e che non lo odiasse. 

Si era sentito legato a lui dal momento in cui, a soli sei anni, Diego aveva trovato l’altro a piangere in un angolo in cucina. Si era avvicinato, curioso di sapere se piangeva perchè Mamma aveva nascosto di nuovo il barattolo dei biscotti, oppure se papà lo aveva sgridato per averlo infastidito. Aveva picchiettato con un ditino sulla sua spalla e Klaus era scattato in piedi, con lo sguardo impaurito. Quando si era accorto che si trattava di Numero Due, lo aveva abbracciato, contento di vedere qualcuno che fosse fatto di carne ed ossa. 

L’altro gli aveva poi chiesto che ci faceva nascosto tra il frigo e la credenza, e la risposta aveva fatto venir voglia di piangere anche lui. Klaus gli aveva detto che c’erano un uomo e una donna seduti al tavolo che lo fissavano arrabbiati. Diego non vedeva nessuno, questo significava che c’erano seduti per davvero dei fantasmi e non delle persone vere. Perciò prese la mano di Numero Quattro e corse via, portandolo in soggiorno dove stavano giocando il resto dei loro fratelli.

I bambini erano a conoscenza dei poteri che avevano, Reginald aveva cominciato le sue lezioni sin da subito, costringendoli a controllarsi. Tutti avevano fatto commenti meravigliati la prima volta, eccitati di essere come quei supereroi di cui Grace raccontava prima che dormissero. 

Vanya era l’unica a non avere poteri e tutti la prendevano quasi in giro, tutti tranne Klaus, che desiderava essere come lei. Lui era terrorizzato da quelle persone che vedeva. Insomma, quale bambino non ne sarebbe? La notte era difficile dormire con quelle urla spaventose, ma poi sua sorella Vanya andava da lui e gli teneva la mano. Sembrava capirlo alla perfezione senza che dicesse niente. 

That if you talk enough sense then you'll lose your mind

And I found love where it wasn't supposed to be

Right in front of me

Talk some sense to me

I bambini divennero pian piano adolescenti. Il bisogno di divertirsi ed essere dei semplici ragazzini in loro cresceva ed era diventato impossibile dato che ogni giorno era pieno di lezioni, allenamenti o missioni. Per fortuna Reginald Hargreeves era un uomo impegnato e a volte viaggiava per affari lontano da casa, lasciando i suoi figli liberi di respirare per massimo tre giorni. Grace li lasciava fare e anche Pogo. Si meritavano una piccola vacanza.

In quei giorni Diego e Ben passavano il tempo a fare degli scherzi a Luther, e quest’ultimo e Cinque si alleavano per restituire il favore. Klaus era quello che veniva escluso, ma non gli importava granchè. Creare delle finte mele candite con delle cipolle o avvolgere il letto degli altri con della pellicola trasparente non era proprio qualcosa che gli interessava. Lui preferiva starsene seduto con le sue sorelle in camera di Allison. Quest’ultima aveva notato quanto Klaus fosse rimasto incuriosito dal modo in cui metteva il rossetto a Vanya. Perciò lo aveva invitato a sedersi sulla sedia di fronte allo specchio e gli aveva chiesto di che colore desiderasse sulle sue labbra. Vanya aveva poi aggiunto un tocco di matita nera ai suoi occhi verdi, che brillavano di gioia. Gli piaceva da morire. Klaus sapeva di essere un tipo strano, ma non ne era spaventato. Quando poi, a fine giornata, era andato in camera di Diego come era solito fare, quest’ultimo era rimasto a bocca aperta. Numero Due era sicuro che i suoi sentimenti cominciarono a crescere proprio da quel momento. Iniziò a prestare attenzione al modo in cui il suo cuore andava più veloce ogni volta che Klaus si stringeva tra le sue braccia. Lo cercava con lo sguardo spesso durante i loro allenamenti insieme e durante i pasti non poteva far a meno di incontrare quegli occhi verdi che gli sorridevano di nascosto. Era un sentimento insolito, quasi estraneo per due ragazzi che stavano crescendo in un ambiente in cui l’affetto non era compreso. Diego era sicuro solamente del fatto che Klaus era l’unica persona con cui essere sensibile e dolce non gli veniva difficile. 

And I found love where it wasn't supposed to be

Right in front of me

Talk some sense to me

Alla soglia del loro quattordicesimo compleanno, Numero Due cominciò a chiedersi sempre più spesso se per caso Numero Quattro stesse provando quello che provava lui. Si chiedeva se quando lo guardava negli occhi dei brividi gli percorrevano la schiena. Si chiedeva se anche lui non vedeva l’ora di tornare tra le lenzuola del suo letto a raccontare storie buffe o a stare in silenzio ad ascoltare la musica. Si chiedeva se anche Klaus lo vedeva come un porto sicuro, come l’unico sollievo, come qualcuno da amare. 

Per Diego non c’era niente di meglio di Klaus. Con i suoi grandi occhi verdi, la sua forza e quella sensibilità unica, mai vista prima. Delicato, amorevole e gentile. Anche quando il suo mondo andava a pezzi, Klaus era lì, pronto a mettere da parte i suoi problemi e ad aiutarlo. E gliene fu grato in più occasioni. 

And I'll use you as a makeshift gauge

Of how much to give and how much to take

I'll use you as a warning sign

That if you talk enough sense then you'll lose your mind

Una sera a cena, Cinque chiese al padre perché non poteva ancora viaggiare nel tempo. Era arrabbiato, quasi offeso dal fatto che il genitore pensasse che lui non ce l’avrebbe fatta. Era impaziente, era pronto. Reginald non volle saperne nulla, disse al ragazzo che non era pronto, che non ne sarebbe stato capace e non lo diceva solo per sottovalutarlo. 

Ma Cinque ci provò lo stesso. Saltò nel tempo attraverso uno dei suoi portali blu...E non tornò mai più. 

I ragazzi ne rimasero scossi, Vanya cominciò a lasciare delle luci accese nel caso in cui Cinque tornasse. La cosa che maggiormente feriva i sette fratelli era che Reginald non diede peso alla questione, chiaramente pensando un enorme, gigantesco “Glielo avevo detto”. Non lo trovavano giusto. Tutti si chiedevano se Cinque stesse bene, tranne loro padre. Tutti erano preoccupati e speravano tornasse, tranne loro padre. Lui si limitò ad annunciare la scomparsa di Cinque dopo neanche due giorni e appese un suo ritratto sul camino.

Klaus aveva notato come Diego aveva stretto i denti, la sua mascella era tesa, come se volesse mettersi ad urlare contro loro padre...Ma non lo fece. Se ne andò in silenzio, sbattendo i piedi arrabbiato. Numero Quattro lo aveva seguito per controllare se stesse bene, nonostante sapesse la risposta.

And I found love where it wasn't supposed to be

Right in front of me

Talk some sense to me

And I found love where it wasn't supposed to be

Right in front of me

Talk some sense to me

- Diego, aspetta - gli aveva detto, tentando di fermarlo. L’altro lo tirò in camera sua e chiuse la porta. Non voleva cacciare Klaus, anzi aveva bisogno di lui.

- È uno s-stronzo, è d-davvero un grandissimo s-stronzo - lasciò uscire dalle sue labbra a fatica. Diego si zittì, imbarazzato dal fatto che dopo mesi di miglioramento, his stuttering was  there again. Klaus non era lì per giudicarlo, anzi, era contento di come si era impegnato e trovava normale che con così tante emozioni negative in lui qualche parola non era riuscita come voleva.

- Ehi, ehi - gli disse, prendendogli il volto tra le mani. Numero Quattro costrinse l’altro a smettere di evitare il suo sguardo e immediatamente tutto si fermò. Quando la calma riprese a scorrere in Diego, Klaus lo fece sedere sul letto, rimanendo in piedi tra le sue gambe e abbracciandolo. Sentiva il suo respiro farsi più regolare man mano che i minuti passavano. 

Diego chiuse gli occhi e si beò della presenza di Klaus, del calore del suo corpo. Non poteva farne a meno, lui era la sua droga.

- Come fa a non essere toccato dalla scomparsa di uno dei suoi figli? Cinque è stato imprudente, ma siamo ragazzini, cosa si aspetta? È s-sicuramente solo e sperduto e a quella merda non importa - riuscì a dire poco dopo, esprimendo quel disappunto in un padre che non si comportava da tale...Che non lo aveva mai fatto.

- Importa a noi. Diego, lui tornerà, ne sono sicuro. Cinque sarà di nuovo con noi, troverà il modo, sai com’è fatto - Klaus gli accarezzò i capelli, fermandosi a giocarci di tanto in tanto. Numero Due non avrebbe mai saputo quanto il cuore di Numero Quattro stesse andando veloce solamente stando abbracciati in quel modo. 

- Klaus? - Diego richiamò la sua attenzione dopo altri attimi di silenzio.

- Sì? - il ragazzo gli accarezzò la nuca e l’altro si staccò per un attimo per poterlo guardare ancora negli occhi.

- Promettimi che tu non mi lascerai mai solo - gli disse quasi sussurrando. Diego aveva bisogno di Klaus nella sua vita, lui era la sua unica sicurezza da sempre.

- Te lo prometto Diego, sarò come i fantasmi che mi tormentano - Klaus gli rispose, sbuffando divertito sulle sue ultime parole. Un sorriso finalmente si fece spazio sul viso di Numero Due.

- Non ti metterai mica a urlarmi nelle orecchie, vero? - il ragazzo alzò un sopracciglio, sentendo che finalmente l’aria intorno a lui non lo soffocava più.

- Forse… Lo scoprirai stanotte - una risata uscì dalle labbra di Klaus e Diego non ci pensò due volte a tirarlo giù sul letto con lui. L’altro finì proprio su di lui, ma Diego non fu abbastanza coraggioso da fare quello che l’istinto gli stava dicendo. Perciò restarono semplicemente in quella posizione. 

Poco prima di addormentarsi, Diego sentì Klaus dirgli qualcosa.

- Promettimi di non fare niente di stupido quando non ci sono - sussurrò e lui annuì, inconsapevole di aver già rotto la promessa.

Oh, and I found love where it wasn't supposed to be

Right in front of me

Talk some sense to me

And I found love where it wasn't supposed to be

Right in front of me

Talk some sense to me

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Capitolo 4
*** Next to me. ***


Something about the way that you walked into my living room

Casually and confident looking' at the mess I am

But still you, still you want me

Un anno passò e Diego e Klaus divennero ancora più inseparabili. Numero Due era estremamente protettivo nei confronti di Numero Quattro, che era costantemente preoccupato per lui e il suo mettersi nei guai. 

Dopo la scomparsa di Cinque nella casa niente sembrava essere cambiato agli occhi di Reginald, ma in realtà ogni cosa era andata a puttane. 

La rivalità tra Diego e Luther era cresciuta a dismisura tanto che i due non si parlavano se non per insultarsi e litigare. Allison ovviamente difendeva Luther e Klaus faceva lo stesso con Diego e ciò li mise fortemente in disaccordo. Vanya era tenuta lontano da tutti, il fatto di non avere poteri l’aveva fatta finire esclusa e dimenticata. Ben tentava di mettere pace tra i fratelli, ma per il fatto di essere piccolo e sensibile nessuno gli dava retta. L’unico con cui poteva parlare senza sentirsi un bambino di cinque anni era Klaus, in quel caso era lui il bambino. 

Stress lines and cigarettes, politics and deficits

Late bills and overages, screamin' and hollerin'

But still you, still you want me

Diego veniva picchiato quasi regolarmente da quando si era ribellato a suo padre proprio la mattina dopo di quando aveva promesso a Klaus di non fare stupidaggini. Ultimamente era a causa di quelle litigate e infatti se una lite iniziava e Reginald li sorprendeva, era sempre colpa di Diego. Luther era intoccabile, Numero Uno aveva sempre ragione ai suoi occhi. 

Vivere in quella casa era un inferno. E probabilmente Klaus era quello che poteva capirlo meglio di tutti. 

Aveva perso i pomeriggi con le sue sorelle, Vanya la vedeva raramente e Allison lo prendeva in giro o lo ignorava. 

Ogni giorno si sentiva morire nel vedere i segni sul viso di Diego. La notte, quando erano finalmente soli in un mondo tutto loro, Klaus si sentiva bruciare dalla rabbia mentre teneva l’altro tra le sue braccia e lo sentiva piangere. Perché Diego era ferito, chiedeva soltanto di essere amato da suo padre, non picchiato. Chiedeva che suo fratello Luther lo proteggesse anziché incolparlo. Chiedeva solamente di essere trattato come un essere umano e non un cane rabbioso. 

E Klaus avrebbe voluto difenderlo, avrebbe voluto mettersi contro Luther, contro suo padre, ma Diego lo aveva pregato di non mettersi in mezzo. Gli aveva chiesto di non parlare, di non intervenire e non per orgoglio personale, ma perché non voleva che Klaus subisse le stesse violenze. Diego non poteva rischiare che accadesse. Perciò Klaus lo aveva rispettato e faceva sempre di tutto per dimostrargli che lui c’era, che lui lo amava anche se non aveva il coraggio di dirglielo. Klaus era il porto sicuro di Diego e lui non poteva esserne più felice. 

Allo stesso tempo, crescendo, la forza del suo potere era aumentata e con esso anche i fantasmi. I suoi “allenamenti privati” erano più frequenti perché suo padre si era accorto del terrore della morte nei suoi occhi e del suo potere che non era capace di controllare, cosa che per lui era inaccettabile. Perciò cominciò a chiuderlo in un mausoleo sempre più spesso. Veniva lasciato lì anche per più di tre ore, che per una persona normale non sono neanche tante, ma per lui erano infinite. I morti cercavano di usarlo come un ponte verso il mondo dei vivi, cercavano vendetta e non si fermavano mai. Una tortura senza fine. Tremava e si sentiva soffocare, a volte aveva pensato di star per morire.

Klaus non aveva detto niente a Diego di quello che suo padre gli stava facendo. Sapeva che se l'avesse fatto sarebbe scoppiata una guerra, Diego non avrebbe mai accettato di star fermo se glielo avesse chiesto. 

Quindi Klaus quando tornava libero si rifugiava sul tetto, lontano da tutto, e cercava di riprendersi da solo prima che Diego finisse i suoi allenamenti. Tante volte aveva desiderato di correre da lui e rifugiarsi tra le sue braccia, ma poi si era costretto a rimanere dov’era, con le lacrime che gli rigavano le guance. 

Prima o poi lui e Diego sarebbero fuggiti insieme da quel posto. Fino ad allora avrebbe tirato avanti con qualche sigaretta, che aiutava a inibire il suo potere.

Ma le sigarette non bastarono più e Klaus andò in cerca di qualcos’altro. Un tizio gli aveva venduto dell’erba e quella sì che aveva funzionato a dovere. I fantasmi erano spariti per quasi cinque ore. 

Oh, I always let you down

You're shattered on the ground

But still I find you there

Next to me

A quasi sedici anni e mezzo Klaus si era messo nei guai. Reginald aveva trovato un pacco di sigarette, che non conteneva sigarette, e dell’alcool in camera sua. 

L’uomo lo aveva sorpreso in pieno a rollare una di quelle canne e si era messo a cercare ovunque. Poi lo aveva preso per il colletto, lo aveva trascinato fuori dalla casa e di Klaus non c’era stata più traccia per un giorno intero, forse di più. 

And oh, stupid things I do

I'm far from good, it's true

But still I find you

Next to me (next to me)

Diego, dopo i suoi allenamenti lo aveva cercato ovunque. Di solito Numero Quattro lo aspettava in cucina con Mamma, ma non c’era quel giorno e la donna aveva un’aria strana. Grace aveva tentato di mentirgli e dirgli che probabilmente Klaus era a fare una passeggiata, ma Diego non ci credeva. Era andato dritto nell’ufficio di suo padre, sapeva che lui c’entrava qualcosa. Mamma l’aveva pregato di stare calmo, Klaus sarebbe tornato presto, ma lui non poteva aspettare. Non avrebbe permesso a Reginald di fargli del male. 

- Numero Due. Posso aiutarti? - il suo tono era autoritario, ma tranquillo. Stava leggendo dei documenti ed era molto concentrato.

- Dov’è Klaus? - Diego incrociò le braccia, aspettando una risposta. Decise di non essere troppo aggressivo da subito. Non era sicuro di quanto sarebbe durato.

- Numero Quattro ha disobbedito alle regole, Numero Due. È in punizione, non puoi vederlo - il padre lo corresse. Grace poteva anche aver dato dei nomi ai bambini, ma lui non li avrebbe mai usati. Quei ragazzi erano solo un esperimento ai suoi occhi. 

- Il suo nome è Klaus - il ragazzo lo corresse a sua volta. Si sentiva già terribilmente infastidito, non erano degli animali, erano dei ragazzi e lui li stava traumatizzando. Diego continuò a pregarlo di dirgli che fine avesse fatto Klaus, ma Reginald lo ignorava. 

- Devi attendere, Numero Due - rispose scocciato. Continuò ad ignorarlo, controllando i fogli davanti a lui. 

- No, io non me ne vado finché non mi dici che cosa hai fatto a Klaus. Voglio sapere dov’è e come sta - Diego disse deciso. Sentiva di star per perdere il controllo, il suo menefreghismo era la cosa che più odiava di suo padre. A lui non importava mai di niente e nessuno, e a quel punto avrebbe potuto aver fatto qualsiasi cosa a Klaus. 

- Lo ripeto per l’ultima volta: aspetta e smettila di fare domande - finalmente gli prestò attenzione, posando lo sguardo severo sul ragazzo. Diego notò le sue nocche livide mentre si portava il monocolo all’occhio. Aveva picchiato anche Klaus?

Diego sbatté le mani sulla scrivania del padre, poi gettò tutte le carte che stava leggendo a terra, assieme ad altri oggetti che erano lì e tirò fuori uno dei suoi coltelli. Reginald sospirò, sembrava avesse raggiunto il limite. Era pieno del comportamento di Diego, che nonostante le botte, non cambiava.

Gli tolse abilmente il coltello dalle mani e si avvicinò al ragazzo, spingendolo con forza. Diego tentò di sfuggirgli, di combatterlo, ma non ci riuscì. Reginald gli prese il volto con una mano, stringendolo per la mascella. Fece oscillare il coltello luccicante davanti ai suoi occhi e lentamente fece scorrere la lama sulla pelle di Diego, che rimase senza fiato. Teneva l’oggetto ben saldo, premendo con forza, incidendo il suo viso partendo da poco sopra l’orecchio e finendo per la sua guancia. Il dolore fu talmente forte da non riuscire neanche ad urlare. Il fiato gli si mozzò e temette che non si sarebbe mai fermato.

Una volta soddisfatto, Reginald gli lasciò uno schiaffo sulla guancia opposta e lo cacciò dal suo ufficio, intimandogli di non fare più domande.

Diego cadde in ginocchio, la testa cominciava a farsi leggera. Sanguinava copiosamente, il sangue gli colava per il viso, il collo e le mani con cui cercava di fermarlo. 

- Oh, Diego! - Grace urlò appena lo vide, attirando anche l’attenzione di Pogo che era con lei. I due lo portarono in infermeria per curarlo immediatamente. 

- Devo aspettare Klaus sveglio - fu l’ultima cosa che Diego disse prima di svenire. 

There's something about the way that you always see the pretty view

Overlook the blooded mess, always lookin' effortless

And still you, still you want me

Klaus nel frattempo era rannicchiato al buio in quel luogo stretto e macabro. Continuava a sentire delle urla insopportabili, lamenti di morte, pieni di dolore. Se teneva gli occhi aperti li vedeva tutti intorno a lui, lo avevano accerchiato. In quello spazio stretto realmente c’era solo lui, ma Klaus non riusciva nemmeno a contare quante di quelle persone vedeva attorno a lui. Donne e uomini con ferite brutali, coloriti bluastri e parti del corpo mancanti. Tutti troppo vicini a lui, pronti a soffocarlo. 

Se chiudeva gli occhi loro erano anche lì, nella sua testa ed era un incubo senza fine. Non poteva scappare.

Tremava, singhiozzava, sentiva di non potercela fare più, batteva sulla porta di ferro pregando di uscire. Non sapeva quanto tempo fosse passato, e non ne poteva più, stava per impazzire.

Il cigolio della porta in ferro attirò la sua attenzione, facendolo mettere a sedere velocemente. Se era suo padre, doveva convincerlo che filava tutto liscio, che stava controllando i fantasmi ed era tranquillo, o sarebbe rimasto lì. 

- Signor Klaus, venga - la voce di Pogo suonò calma e familiare. Lo scimpanzé gli porse la zampa per aiutarlo ad alzarsi. Il ragazzo l’afferrò e poi lo seguì fino allo studio di Reginald. Klaus non sapeva se ascoltare la vocina che gli dava un brutto presentimento.

Entrò da solo, Pogo abbassò lo sguardo. Che stava succedendo?

Reginald cominciò a fargli un discorso gigante su quanto facessero male le sostanze che gli aveva trovato in camera, poi tirò fuori il pacchetto. Una ad una accese le canne e le spense addosso al ragazzo. Una sulla mano, due all’interno dei polsi, un’altra on the collarbone e una sul viso. Klaus lo pregava di smettere, piangendo. Lo aveva già picchiato prima di buttarlo in gabbia, perché anche questo? Era un sadico bastardo. 

Una volta finito, lo mandò nella sua stanza e tornò a sedersi tranquillo.

Klaus si nascose sotto le coperte, cominciando a piangere più forte. Era una tortura psicofisica troppo forte per lui. Il pensiero andò a Diego, a come avrebbe reagito quando lo avrebbe visto...Sarebbe andato fuori di testa per la rabbia. Klaus ebbe una paura matta. Rimase lì, nascosto, fino ad addormentarsi dopo quasi 24 ore sveglio.

La casa cadde nel silenzio più totale. 

I got no innocence, faith ain't no privilege

I am a deck of cards, vice or a game of hearts

And still you, still you want me

Klaus venne svegliato dal rumore dei piedi che battevano sul legno del pavimento. La porta di camera sua si aprì velocemente, sbattendo contro il muro. Il ragazzo si mise a sedere spaventato e poi immediatamente si avvicinò a Ben, che cercava di riprendere fiato. Il fratello era visibilmente scosso.

- Ben? Ben, stai bene? - gli posò una mano sulla spalla, preoccupato. 

- Diego è in infermeria - rispose, ancora affaticato. Quelle parole entrarono nel cervello di Klaus ed esplosero come una bomba. Adesso era lui quello che correva per i corridoi della casa e per tutte quelle maledette scale. Non aveva dato tempo a Ben di spiegare e andava così veloce che l’altro non riusciva a stargli dietro. In un secondo il terrore di perdere Diego si fece vivo come un fuoco ardente in lui.

Appena arrivato davanti alla porta, Pogo lo fece entrare in fretta, prima che suo padre potesse vederlo. Mamma era affianco a Numero Due e gli teneva la mano.

- Klaus! Tesoro non anche tu… - la donna lasciò la mano del ragazzo addormentato e ferito per avvicinarsi all’altro. 

- Sto bene, mamma...Cosa è successo a Diego? - Klaus tentò di superarla e arrivare a Diego, ma la donna lo bloccò, prendendogli il viso tra le mani.

- Siediti, lascia che ti aiuti - Grace gli accarezzò le guance, ispezionando le piccole ferite sul suo volto.

- Non c’è bisogno, ti prego - il ragazzo tentò di liberarsi dalla sua presa morbida. Gli faceva piacere che lei fosse preoccupata per lui, ma non si sentiva di voler essere toccato e curato al momento. Diego era più importante e non riusciva a vederlo bene dal punto in cui era. 

Mamma e figlio iniziarono a battibeccare, lei tentava di convincerlo a lasciarla fare e lui le diceva sempre di no. 

La loro attenzione fu attirata dalla voce di Diego, fioca ma comunque ben udibile. Il ragazzo li guardava, seduto sul lettino.

- Klaus - disse solamente. L’interpellato riuscì finalmente a correre verso di lui, poi si bloccò d’improvviso. Mamma lo stava tenendo lontano di proposito, non voleva che lo vedesse. 

La parte destra del viso di Diego era praticamente ricoperta di punti. 

- Diego…- si portò le mani tremanti sulle labbra, poi le spostò per tenere le mani dell’altro. Gli occhi gli si fecero lucidi. Non aveva più bisogno di spiegazioni, era chiaro che Diego avesse tentato di difenderlo, finendo per essere martoriato dal padre. 

- Non piangere, va tutto bene - fece scorrere i pollici sul dorso delle mani di Klaus, cercando di tranquillizzarlo. L’altro scosse la testa, interrompendo il loro contatto visivo. Continuò a piangere in silenzio, incolpandosi per quella violenza. Non gli importava cosa Reginald avesse fatto a lui, ma gli importava cosa aveva fatto a Diego. 

Oh, I always let you down

You're shattered on the ground

But still I find you there

Next to me

And oh, stupid things I do

I'm far from good, it's true

But still I find you

Next to me

Klaus ci mise un pò a calmarsi e Mamma poi concesse ad entrambi di ritirarsi nelle loro stanze. Diego teneva Klaus per mano e come al solito si diressero in camera del primo. Avevano bisogno del loro tempo, di uno dell’altro, di amore.

- Perchè lo hai fatto? - Numero Quattro chiese all’altro mentre era steso con il viso poggiato sul suo petto. 

- Cosa? - Numero Due continuò tranquillo ad accarezzargli i capelli ricci.

- Perchè sei intervenuto? - gli chiese ancora, stavolta essendo più chiaro. 

- Perchè non permetterei a nessuno di farti del male, soprattutto a lui - l’altro rispose. Il suo tono era sicuro, lo intendeva davvero con tutto il cuore. Amava Klaus talmente tanto che avrebbe fatto qualsiasi cosa per lui.

- Poteva ammazzarti, non dovevi - Klaus si tenne sui gomiti per poterlo guardare. I suoi occhi verdi erano pieni di dolore al solo pensiero. Diego era l’unica cosa bella della sua vita.

- E invece sì, Klaus - Diego pronunciò le parole come se fosse la cosa più ovvia del mondo. 

- No, Diego, cosa avrei fatto senza di te? - alzò le sopracciglia, il suo viso assunse un'espressione quasi arrabbiata. Diego lo tirò di nuovo giù, riabbracciandolo.

- Ehi, io sono qui. Non pensare a cosa sarebbe potuto succedere, non è successo e sono qui con te - lo strinse e poi gli lasciò un bacio sulla fronte. Klaus si lasciò andare alle sue coccole e in lui tornò tutto quasi tranquillo.

- Promettimi che non lo farai mai più, almeno questo - Klaus prese a disegnare dei piccoli cerchi immaginari sul petto dell’altro. 

- Te lo prometto...Sai, ho avuto paura che ti avesse cacciato per sempre - Diego confessò quale era stata la sua paura, così come Numero Quattro gli aveva detto la sua poco prima.

- Non me ne sarei andato, non senza di te - il ragazzo scosse la testa.

- Davvero? - gli chiese Numero due, quasi stupefatto. Non se lo aspettava...O forse sì.

- Sì, Diego. Ti ho promesso di non lasciarti mai, ricordi? - sbuffò con un sorriso sulle labbra. Klaus era un romanticone e fu inevitabile esserlo in quel momento.

- Mi ricordo...Te lo prometto anche io - Diego rispose, con un piccolo sorriso sulle labbra. 

Tutti vogliono il momento perfetto. Come il poeta ricerca il verso perfetto, la persona, poeta della vita, ricerca il momento perfetto. L’istante assoluto. E lo cerca senza cercarlo veramente. Aspetta che cada dal cielo, come una goccia di pioggia. Ma non cade. Il momento perfetto esige una predisposizione perfetta. Un impegno perfetto. Una passione perfetta. Senza predisposizione, senza impegno, senza passione, il momento perfetto sarà sempre l’impossibilità perfetta - la menzogna perfetta. Voler vivere dei momenti perfetti senza muovere un muscolo per riuscire a vivere dei momenti perfetti è l’imbecillità perfetta. Se vuoi trovare devi cercare, se vuoi assaporare devi cucinare. La felicità è una questione di fortuna, sì. La fortuna di avere in te predisposizione, impegno e passione per conquistarla. Era una gran fortuna che ci fosse lì Klaus ad avvisare Diego.

So thank you for taking a chance on me

I know it isn't easy

But I hope to be worth it (oh)

So thank you for taking a chance on me

I know it isn't easy

But I hope to be worth it (oh)

- Ehi, Diego? - richiamò la sua attenzione. Il ragazzo posò il suo sguardo su di lui, prestandogli attenzione. E Klaus lo fece. Si allungò fino ad annullare quella distanza che li separava. Le sue labbra toccarono quelle di Diego e si unirono in un bacio.

Eccolo, il momento perfetto. Il loro primo bacio, l’inizio e la conferma di quei sentimenti troppo forti per rimanere nascosti ancora per molto tempo. Klaus voleva essere libero, voleva vivere a pieno e dopo gli eventi di quella giornata si era detto che lo avrebbe fatto anche senza rimpianti. 

Diego non aveva molto a cui pensare, se non all’immensa felicità che lo travolse. Lui amava Klaus più di sé stesso e niente avrebbe mai potuto renderlo più felice di così. Poteva anche avere il viso squarciato, ma era sicuro che il suo cuore era tutto intero e batteva all’impazzata.

Oh, I always let you down (I always let you down)

You're shattered on the ground (shattered on the ground)

But still I find you there

Next to me

And oh, stupid things I do (stupid things I do)

I'm far from good, it's true

But still I find you

Next to me (next to me)

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Capitolo 5
*** You have my heart. ***


Love, I'm craving your kiss

And I catch you just out of reach

But I'm feeling weak

And I can't help this love

La mattina dopo a Diego sembrò di svegliarsi in una favola. Le prime luci del mattino entravano dalla finestra illuminando debolmente la stanza, sul davanzale c’erano due uccellini che cinguettavano e poi c’era Klaus. Numero Quattro aveva il viso poggiato sul suo petto, dormiva ancora e Diego aspettò un pò prima di svegliarlo. Vederlo così tranquillo era insolito, uno spettacolo riservato solo a lui, che custodiva gelosamente. 

Non riusciva a smettere di pensare che Klaus lo avesse baciato, ancora e ancora, fino ad avere le labbra rosse. Aveva desiderato che accadesse così tante volte che gli era sembrato un sogno. Ma al suo risveglio, Numero Quattro era lì. 

Sorrise, poi lasciò un bacio sulla fronte dell’altro, sussurrandogli di svegliarsi. Lentamente i suoi occhi si aprirono, rivelando le sue iridi verdi, luccicanti come degli smeraldi. Diego si perse per un attimo e allora Klaus ne approfittò per lasciargli un bacio a stampo sulle labbra. 

- Come ti senti? - gli chiese, accarezzandogli la guancia opposta a quella ferita. Solo allora Diego prestò attenzione al dolore che proveniva da lì. 

- Emotivamente direi bene, fisicamente un pò meno...Tu invece? - Numero Due rispose e pensò al fatto che Klaus non gli avesse ancora raccontato quello che gli era successo il giorno prima. Ricordava di averglielo chiesto e che gli aveva risposto che non voleva parlarne. 

- Mai stato meglio di così - un sorrisetto si fece spazio sul viso di Numero Quattro. 

- Ti va di parlare di...sì, di ieri? - Diego si mise a sedere, prendendogli le mani. Decise di voler avere quella conversazione prima di farsi strane idee e prima degli allenamenti così almeno avrebbe potuto sfogarsi senza finire nei guai.

- Che c’è? Ti sei già pentito del bacio? - disse con un’espressione confusa. Sentì il panico salire, temeva di aver incasinato tutto, come al solito.

- No, assolutamente no, Klaus. E’ stata la cosa migliore che tu potessi fare - gli accarezzò le mani e il suo sguardo cadde sulla bruciatura non appena Klaus fece un piccolo verso di dolore. Fu impossibile non notare anche altri segni simili all’interno dei polsi. Diego aggrottò le sopracciglia, senza staccare gli occhi da quei punti. 

- Dobbiamo prepararci, è quasi ora di colazione - Klaus si liberò dall’ispezione dell’altro e si alzò, prendendo la sua giacca dell’Accademia da terra. Non ci mise molto a capire che Numero Due con “voglio parlare di ieri” si riferisse alla parte peggiore delle loro giornate. E sì, era ancora spaventato dall’idea che Diego potesse arrabbiarsi se gli avesse detto della sua “punizione”, ed erano i punti lungo il lato destro del suo viso che gli dicevano che era meglio non farlo. 

Ma ovviamente l’altro era una testa calda e non l’avrebbe lasciato andare facilmente. Diego si alzò dal letto, mettendosi davanti la porta per impedirgli di uscire. 

- Klaus, per favore - Diego gli rivolse uno sguardo preoccupato. A quel punto Klaus non seppe come dire di no.

- Puoi vedere da solo cosa è successo, e se vuoi sapere perché: mi ha trovato a fumare in stanza - Klaus si indicò il viso e alzò le spalle. Sperò che quella spiegazione bastasse, adesso che le cose potevano migliorare non vedeva perché peggiorarle con bugie che non gli andava di dire. 

- Oh merda, ma non avevi speso almeno cinquanta bigliettoni per quella roba? - Diego rispose solamente, quasi ridendo. Una piccola parte di lui era felice che il padre avesse trovato quelle cose, almeno le aveva buttate via, ma un buon 95% era comunque arrabbiato per tutto il resto. Decise che le parole di Klaus gli bastavano e se non voleva scendere nei dettagli andava bene, non poteva costringerlo...Lui stesso era il primo che il più delle volte si teneva le cose per sé. E poi la loro mattina era iniziata bene, perchè rovinarla con una discussione inutile?

- Cazzo, ci puoi scommettere. Ma tanto li avevo rubati da papà quei soldi, quindi non ho davvero perso molto - Klaus rispose ridendo. Diego si unì e scosse la testa. Era davvero incorreggibile e geniale allo stesso momento. 

Prima di uscire dalla stanza passarono un pò di tempo abbracciati. Klaus si stava divertendo nel provocare l’altro con dei piccoli baci sul collo e Diego teneva le mani sui suoi fianchi senza alcuna intenzione di lasciarlo andare. Ad interrompere il loro piccolo dolce momento fu Grace che bussò alla porta per dirgli della colazione. Si staccarono controvoglia e con un pò di timore di scoprire cosa li aspettava.

Prima di uscire Diego richiamò Klaus, lo prese per la cravatta che si era appena aggiustato e lo baciò. Fu inaspettato, il ragazzo non era solito ad esprimere i suoi sentimenti, e perciò fu ancora più speciale.

Una volta fuori dalla porta, smisero di essere Klaus e Diego, e tornarono ad essere Numero Due e Numero Quattro.

Love, don't say a word

Because I have made up my mind

To give in this time

You're touch makes me fall apart

Una volta seduti a tavola in perfetto orario per la colazione, tutti gli occhi dei fratelli erano puntati su di loro. Klaus abbassò lo sguardo, Diego fece finta di niente e tenne la testa alta. 

Luther lasciò cadere il cucchiaio che aveva in mano, fissando il volto del fratello. Allison, Ben e Vanya non si mossero, ma i loro sguardi dispiaciuti dicevano tutto. Nonostante le loro discussioni, vedere Diego così faceva male. Nessuno immaginava che loro padre potesse arrivare a tanto e segretamente tutti pensavano fosse solo colpa di Klaus. E lui ovviamente riusciva a leggerlo in faccia ad ognuno dei suoi fratelli.  

Cominciarono a far colazione in silenzio. La cosa era insolita dato che quello era l’unico pasto in cui Reginald non era presente ed erano liberi di chiacchierare. 

- Allora? Chi vuole dirlo per primo? - Klaus ruppe il silenzio. Era diventato impossibile non notare gli sguardi pesanti che passavano da lui a Diego come in una partita di ping pong, e si accorse anche di come Luther aveva scosso la testa chiaramente in disappunto e di Allison che gli aveva tirato un calcio per farlo smettere.

- Cosa, Klaus? - Allison lo guardò confusa, cercando di far finta di non aver capito. Il ragazzo si lasciò scappare una delle sue risatine provocatorie, non era uno stupido. 

- Che è un egoista, è una troia per le attenzioni - Luther alzò le spalle, sputando finalmente le parole che stava pensando. 

- Non ti azzardare, Luther - Diego non ci pensò due volte ad intervenire, puntando il coltello da burro nella sua direzione. Non avrebbe permesso che la colpa di quanto successo ricadesse su di lui. I suoi fratelli dovevano smettere di pensare che Klaus fosse un problema o la causa di essi.

- Stanne fuori, Diego - Numero Uno gli disse e poi continuò. - Hai il coraggio di proteggerlo ancora? Sbaglio o per colpa sua hai un taglio in piena faccia? - scosse la testa. Inaspettatamente, prima che Numero Due potesse parlare, Klaus si era alzato facendo cadere la sua sedia ed era uscito dalla cucina. 

Tutto d’un tratto gli era mancata l’aria. Pensava che Luther non aveva torto, sapeva bene che era colpa sua. E nonostante fosse consapevole di quanta poca stima tutti avessero di lui da un anno a questa parte a causa di un paio di sigarette e qualche canna, si sentì comunque male. Forse era davvero un egoista e basta, doveva essere così. Non riusciva a spiegarsi come Diego facesse ad amarlo, lui era tutto tranne che una buona persona. Magari Numero Due aveva solo trovato un appiglio temporaneo nell’amore di Klaus fino a quando non sarebbe andato via di casa.  

Tutti lo facevano sempre sentire “meno di” e quel giorno pesava un pò più del solito.

- Bel lavoro, Numero Uno - Diego gli diede una gomitata e lasciò il suo posto a tavola per andare dall’unica persona che riteneva degna della sua attenzione. La mattinata era cominciata così bene, andava sempre tutto bene quando erano soli. Il fatto che Klaus si fosse sentito male alle parole del fratello feriva anche lui. Gli eventi del giorno prima non erano colpa sua, un genitore normale avrebbe gestito la situazione in maniera totalmente diversa, senza violenza. Ma a quel punto se avessero avuto un padre normale Klaus non avrebbe sentito il bisogno di ribellione e non avrebbe comprato la bellezza di cinque canne. 

Diego lo trovò seduto sulla panchina in giardino affianco ai fiori gialli che mamma aveva piantato. Decise di non aver bisogno di parole, si era semplicemente messo di fianco a lui e lo aveva stretto forte. A quel gesto Klaus scoppiò a piangere. Diego non lo aveva mai sentito singhiozzare in quel modo e scoprì che gli faceva più male di qualsiasi cosa. Quell’anima dolce e vivace si meritava di più di essere ridotto a degli stupidi insulti. 

Prese ad accarezzargli la schiena per tranquillizzarlo e senza vergogna gli lasciava dei baci sulla testa. Continuò a stargli accanto fino ad essere sicuro che si sentisse un pò meglio e in grado di ascoltarlo. Numero Due non potè far a meno di sentire l’amore che provava più forte che mai, sentì le sue lacrime entrargli nella pelle e si sa che le lacrime uniscono fino all’osso perché sì, si festeggia in due - ma di più si soffre in due.

Quando Klaus alzò lo sguardo, non potè fare a meno di ringraziarlo con un filo di voce. Quello di cui aveva bisogno era di un supporto emotivo, di qualcuno che prima di giudicarlo lo amasse, lo facesse sentire amato e mai solo. E Diego ci era riuscito completamente, senza dargli colpe, senza farlo sentire una vergogna. A volte si ha più bisogno di una spalla su cui piangere che di un consiglio. 

Diego gli sorrise dolcemente, prendendogli il viso tra le mani e gli lasciò un bacio delicato sulle labbra. 

- Non c’è bisogno di ringraziarmi, io...io ti amo ed essere qui per te è il minimo che posso fare. Davvero, Klaus, non c’è nessun altro al mondo di cui mi importa più di te. Questo - il ragazzo si indicò il volto - Non è colpa tua. Non devi ascoltare Luther o gli altri. Mi sono messo io nei guai, da solo. Ho scelto di venirti a salvare e l’ho fatto perché, ancora una volta te lo ripeto, ti amo - Diego gli disse, guardandolo negli occhi per fargli vedere che non mentiva, per arrivargli dritto al cuore.

Klaus sentì di nuovo una lacrima rigargli il viso, ma non si sentiva più triste e abbattuto. Il calore delle parole di Diego e i suoi sentimenti avevano sconfitto quelle paranoie di poco tempo prima. Per una volta nella sua vita qualcuno lo amava sinceramente, senza filtri, senza bugie e così forte da poterlo sentire solo standogli vicino. Fu Klaus sta volta a baciare per primo Diego, incapace di far uscire delle parole dalle sue labbra che fossero all’altezza di quelle dell’altro ragazzo. 

Cause you have my heart

And I'll play the fool

And lean into you

Whatever this is

Whatever we are

You have my heart

Diego si lasciò andare e insieme i ragazzi rimasero seduti dov’erano, con la brezza del mattino ad accarezzargli la pelle e le ferite, pervasi dalla calma. 

Quando erano separati e soli il silenzio non esisteva, in loro c’era solo rumore e diventava più forte, e li rendeva impotenti e faceva crescere la rabbia, il pianto, la voglia di una vita normale, di una famiglia normale. Per loro era sempre stato difficile trovare dei momenti di pace e il giorno in cui avevano scoperto che solo insieme riuscivano a fermare il mondo e zittire ogni voce, non avevano mai più smesso di godersi i loro abbracci e il silenzio.

Klaus aveva cominciato a non dormire e quando aveva sentito dei singhiozzi provenire dalla camera di Diego, aveva sentito il bisogno di controllare se stesse bene. Senza bussare era entrato e poi l’altro gli aveva confessato di aver fatto un incubo terribile e di aver paura ad addormentarsi. Perciò quella notte Numero Quattro si era infilato nel letto affianco a lui, così che Numero Due si sentisse protetto e funzionò così bene che continuarono a farlo. 

Molti erano spaventati dal silenzio, dalla calma, convinti che fossero solo presagio di una guerra, ma Klaus e Diego non potevano chiedere di meglio. 

Quando fu ora di rientrare per cominciare gli allenamenti e le lezioni del giorno, Numero Due e Numero Quattro dovettero separarsi. 

Il primo si diresse nella stanza in cui lui e Luther erano soliti cominciare la giornata. Numero Uno arrivò poco dopo di lui, con uno sguardo quasi pentito. Infatti, prima di cominciare, gli chiese come stesse Klaus, gli disse che era dispiaciuto. Diego aveva solo accettato le scuse, senza sbilanciarsi troppo. Nella sua testa sentiva come un prurito che non riesci a grattare. All’improvviso Numero Uno si preoccupava anche per i suoi fratelli e non solo per Allison. Dopo tutto quel tempo passato come rivali, quasi nemici, si sentiva strano. 

Quando il primo pugno fu sferrato, Diego notò con quanta attenzione cercava di non colpirlo. Luther si stava lasciando battere. Ma Diego non si sarebbe permesso di passare per quello debole e indifeso. Diego non avrebbe permesso a suo fratello di farlo vincere solo perché era ferito. No. Lui era tanto forte e capace in quel momento di quanto lo era normalmente, non aveva bisogno di compassione. Numero Due si sentiva un combattente nato e il suo orgoglio era troppo smisurato per mollare la presa. 

E quindi Numero Due lo colpì, forte, per provocarlo. E Numero Uno ricambiò il colpo. Non divennero troppo aggressivi, tanto loro padre non era lì ad osservarli, e per qualche secondo si erano fermati a ridere per una battuta idiota che si erano scambiati. Era un’aria strana, in senso positivo e nuova, leggera. Diego però non riuscì a smettere di pensare a come aveva dovuto rischiare di essere ammazzato per essere trattato un pò meglio da suo fratello. E il pensiero un pò lo feriva.

Nel frattempo Reginald era stato attirato dal chiacchiericcio di Ben, Vanya e Klaus in soggiorno. Li aveva sentiti discutere di uno dei libri che erano stati costretti a leggere e fu sorpreso di sentire che era piaciuto a tutti e tre. Ma questo non lo distolse dal suo obiettivo principale. 

Quando Klaus si sentì chiamare dal padre, il suo viso si fece pallido. Di solito sapeva tenergli testa e lo faceva anche per creare scompiglio, ma quello non era uno di quei giorni. Ben gli sussurrò se aveva bisogno d’aiuto, ma Klaus scosse la testa dicendogli che poteva continuare la sua lettura con Vanya. 

Il ragazzo si avvicinò a Reginald, e il tintinnio delle chiavi che aveva in mano gli fece capire che le conseguenze alle sue azioni non erano finite il giorno prima. Infatti il vecchio si fece seguire fino al mausoleo e poi aprì la porta invitandolo ad entrare senza opporsi. A differenza delle altre volte non gli disse quando sarebbe tornato a farlo uscire. 

Klaus non era pronto a soffrire ancora. 

Please, just close your eyes

Take a step, take a chance

Get lost in the dance

And hold me easy

In your arms

Nel pomeriggio arrivò il momento di partecipare alla lezione preferita del padre, quella di ballo, i ragazzi pensavano che ne era decisamente fissato. “Non si sa mai quando il paso doble potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte bambini”, diceva sempre.

Il padre li aveva lasciati liberi di scegliere il proprio compagno. Luther e Allison si erano immediatamente messi vicini, Diego era riluttante all’idea di dover ballare, ma Klaus lo aveva preso sotto braccio e da quando Cinque non c’era più, Vanya aveva preso il suo posto ballando con Ben. Klaus adorava ballare e con il tempo e la pratica anche Diego aveva scoperto che si divertiva da morire. La musica, i passi, Klaus che sorrideva quando Diego lo sosteneva rigorosamente con il braccio sinistro per fargli fare un Casquè. 

Per il padre era una lezione seria come le altre, ma lasciava che i sette si divertissero a patto che facessero i passi correttamente. 

Il valzer lento era il preferito di Numero Due e Quattro per i movimenti flessibili, eleganti e dolci. La postura era fondamentale in quel ballo, e i due ragazzi avevano così tanta fiducia l’uno nell’altro che tutto funzionava perfettamente. Diego era quello che conduceva e Klaus si faceva guidare, tenendo la sua eleganza e armonia nei movimenti. Spesso a quest’ultimo piaceva immaginare di avere uno di vestiti che aveva visto nel quadro di Vladimir Pervuninsky “In the vortex of the waltz”, che era appeso sulla parete di fronte alla poltrona di Mamma. 

Quel giorno il vecchio aveva chiesto di eseguire quel ballo alla perfezione in vista di un evento elegante a cui avrebbero partecipato e di armonia tra Numero Quattro e Numero Due ce ne fu abbastanza da meritare l’apprezzamento di Reginald.

 Cause you have my heart

And I'll play the fool

And lean into you

Whatever this is

Whatever we are

You have my heart

Quella fu una delle giornate meno schifose che Diego e Klaus potessero avere e infatti entrambi avevano un buon umore e non riuscivano a smettere di sorridersi. Ed era solo il primo giorno della loro...Relazione? Non sapevano cosa fosse quello che avevano, non sapevano nemmeno cosa erano loro due da quel momento, ma sapevano che si amavano e bastava.

Con solo la luce delle stelle, anche quella notte, i ragazzi se ne stavano abbracciati sotto le coperte, pelle contro pelle.

- Klaus, cos’è che fa muovere una moltitudine? - chiese Diego.

 - L'amore. Solo l'amore fa muovere una moltitudine - rispose Klaus senza pensarci. 

 - E l'odio - Diego ribatté alzando le spalle.

 - Si. È quello che ho detto: l'amore - Klaus disse e l’altro non fu sorpreso da quella risposta, dato che Numero Quattro aveva sempre idee interessanti e contorte, tutte sue. Perciò Diego rimase in silenzio, per lasciarlo continuare, guardandolo curiosamente.

 - Vedi Di, l'odio è una fase dell'amore, uno stadio dell'amore. Lo stadio aggressivo dell'amore. Lo stadio psicopatico dell'amore - il ragazzo gesticolò con la mano che non era occupata ad accarezzare i capelli neri dell’altro.

 - Lo stadio demenziale dell'amore - Diego sembrò cominciare a capire.

- O lo stadio razionale dell'amore. Non è stato ancora provato che l'amore comprenda la ragione. Sappiamo che si mescola con tutto ma non sappiamo da dove venga, o se esige che l'intelletto intervenga. L'odio sarà, probabilmente, l'amore più adulto. L'amore che capisce che ciò che ama gli procura dolore e tenta di replicare. Offrire in cambio la stessa moneta. L'amore lottatore, l'amore guerriero, l'amore determinato. L'amore anti-cristo, che invece di porgere l’altra guancia cerca di fare fuori il suo nemico - Klaus fece uscire i suoi pensieri così come fluivano nella sua mente, sapendo di poter condividere tutto con Diego senza paura di sembrare un idiota. 

 - Crocifiggere per non essere crocifisso: ecco l'amore - con l’aria pensierosa Diego rispose, stava seguendo il filo del discorso.

- Amare per essere amato. Alla fine, per quanto strano possa sembrare, chi odia e sfoga la propria rabbia su chi ama cerca di ottenere, in cambio, la certezza che l'amore esiste solo per poter aiutare a curare, capisci? - Klaus volle assicurarsi che Diego lo stesse ascoltando, anche se quella domanda era più rivolta a sé stesso per capire se quello di cui parlava avesse un senso.

 - Appiccare il fuoco per essere l'eroe che lo spegne - Diego annuì e Klaus sorrise. Era incredibile come era sempre attento.

- Appiccare il fuoco per farti bruciare al fianco di chi ami. Morire felice è l'unica maniera per essere vivo. Tutti quanti cerchiamo il momento perfetto per la morte perfetta. Le moltitudini sono mosse dalla morte. Vogliono uccidere, eliminare. Farla finita con qualcosa. E allo stesso tempo vogliono renderlo eterno. Le moltitudini sono mosse dalla morte. E niente uccide più dell'amore - Numero Quattro guardò l’altro negli occhi, ma non era triste. Non voleva affatto essere un triste commento sull’amore, anzi.

- Mi piacerebbe che tu fossi la mia anti-moltitudine, che mi volessi amare contro tutte le persone - un sorriso nacque sulle labbra di Diego. Klaus si fermò ad osservare la dolcezza nel suo viso.

- Amare è sempre contro tutti. Innanzitutto perché ami al singolare. Amare al plurale è una impossibilità grammaticale. Anche se ami più persone, ne puoi amare solo una alla volta. Possono trovarsi tutte nello stesso spazio fisico, puoi perfino baciarle tutte simultaneamente, ma dentro di te riesci ad amarne solo una per volta. Il tuo cervello ne elabora solo una alla volta. Anche solo per pochi secondi ma ogni secondo è soltanto di una persona. Amare è, per definizione, essere soli in mezzo al mondo - il ragazzo dai capelli ricci accarezzò il viso dell’altro. 

 - Dio, Klaus, voglio rapirti dal mondo - Diego disse senza pensare, sentendosi fortunato e ammirando quanto una persona così unica e rara come Klaus amasse proprio lui.

 - Che bello. Voler separare chi ami dagli altri. Allontanarlo dalla possibilità di un altro amore. Volerlo alimentare da solo, come una madre crede, nei primi momenti di vita di suo figlio, di avere tutto ciò che a lui serve per essere felice - e al contrario di quello che sembrava, Klaus ci aveva trovato davvero della bellezza nelle parole di Numero Due.

 - Ma poi il tempo passa - rifletté Diego, mordendosi l’interno della guancia.

 - Ma poi la vita passa. Il problema della vita è che passa - Klaus scosse la testa. Chi meglio di lui poteva sapere quanto la vita potesse passare come un soffio di vento?

 - Vuoi passarla con me? - il ragazzo puntò gli occhi scuri, luminosi e sinceri, in quelli verdi dell’altro.

 - Andiamo. Abbiamo un corpo da contrariare - Klaus rispose senza esitazione e con un sorriso stampato in faccia.

 - Ti amo - Diego gli accarezzò una guancia.

 - Ti amo - disse Klaus prima di dedicarsi a baciarlo per ogni centimetro della sua pelle.

I'll play the fool

And lean, lean into you

Whatever this is

Whatever we are

You have my heart

Whatever this is,

Whatever we are,

You have my heart.

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Capitolo 6
*** The Art Of Getting By. ***


When you're young you don't think about

How good things have a bad side

You spend your time waiting around

For the fall not the goodbye

Quella notte Diego e Klaus avevano condiviso oltre ai loro cuori, i loro corpi. Era stato un semplice susseguirsi di tocchi e baci, di sentimenti, di eccitazione. Stavano condividendo ogni prima volta: il primo bacio, il primo “ti amo”, la prima esperienza sessuale. 

Diego non aveva smesso di pensare a quanto Klaus fosse ancora più bello sotto di lui e Klaus non aveva smesso di dirgli quanto lo amasse. 

Quella fu la fine degna di una giornata andata bene, e l’inizio di una peggiore. Infatti, diversamente da come i ragazzi avevano sperato e pensato, le cose non erano cambiate per il meglio e probabilmente non sarebbe mai successo. 

Papà si era accorto dell’armonia che regnava in casa il giorno prima e l’aveva ritenuta una distrazione che aveva distolto tutti dal raggiungere il massimo del proprio potenziale. Così aveva cominciato con l’ordinare a Luther e Diego di combattere più ferocemente, poi aveva detto ad Allison e Ben di fare più pratica con i loro poteri e infine aveva buttato Klaus nel mausoleo. Vanya aveva tentato di opporsi a tutto quel maltrattamento dei suoi fratelli e di sua sorella, non era giusto, non poteva punirli per essere stati felici per un giorno. E Reginald le aveva sequestrato il violino, impedendole di fare altro se non stare seduta immobile ad aspettare la fine della giornata. In un soffio quegli attimi in cui si erano sentiti una vera famiglia, una di quelle unite e spensierate, erano stati spazzati via e sembravano un sogno. 

A fine giornata Vanya era tornata ad essere esclusa, tutti erano troppo sfiniti fisicamente ed emotivamente per far caso a lei. Ben si era ritirato in camera sua, provando vergogna in quello che era e proprio come suo fratello Klaus provava paura per la creatura in lui. Allison aveva smesso di parlare con tutti, rumoring them to pretend she was mute. Luther aveva riposto le fasce bianche che metteva attorno alle mani e aveva messo una di quelle creme che Mamma gli aveva dato sui lividi. Diego si era chiuso in bagno rimanendo sotto il getto d’acqua fredda per un tempo indefinito, rifiutandosi di farsi rimettere qualche punto saltato. Klaus era rimasto rannicchiato in un angolo al buio con le mani sulle orecchie, pregando e urlando di farlo uscire. 

When you're naive and so green

It makes it hard to believe

How life works when you're older

Si rifiutarono tutti di cenare, non che non avessero fame, anzi, ma stare a tavola con Reginald era davvero l’ultima cosa che volevano.

Klaus venne liberato sotto le preghiere di Mamma e i consigli di Pogo, impietosito dal povero giovane. Il ragazzo aveva le guance rigate dalle lacrime, era pallido e spossato, sembrava un prigioniero di guerra e Reginald non potè far a meno di dirgli che era patetico. Quella fu come l’ultima goccia che fece traboccare il vaso e Klaus senza pensarci lo aveva spinto con tutta la forza che aveva, gli aveva urlato che lo odiava ed era fuggito in camera sua. Reginald non si era mosso se non per riaggiustarsi la giacca ed era rientrato in casa continuando a farsi gli affari suoi, un confronto fisico non avrebbe funzionato. 

Diego aveva sentito i passi veloci battere sulle scale e si era affacciato appena in tempo per vedere Klaus correre per il corridoio e poi entrare in camera sua sbattendo la porta. Numero Due andò a bussare preoccupato, ma non gli venne dato nessun cenno di risposta. 

Klaus era...Non sapeva neanche lui come si sentiva. Era tutto uno schifo e non riusciva a fermare le urla, non riusciva a fermare il dolore nel petto e non riusciva a fermare il corpo tremante. Sarebbe andata sempre peggio, Klaus lo sapeva bene e doveva trovare una soluzione per fare i conti con il suo trauma o sentiva che non sarebbe riuscito a sopravvivere. 

Un colpo di genio, o meglio di totale disperazione, lo colpì. Cominciò a rovistare tra i cassetti, nell’armadio, tra gli scaffali, nella libreria, ovunque. Doveva averne lasciato almeno uno, uno solo, mezzo. Doveva per forza aver nascosto perfettamente un pò d’erba o anche solo una sigaretta. Se avesse fumato tutte quelle sensazioni orribili sarebbero sparite in un minuto. Era convinto che avrebbe trovato sollievo solo in quel modo.

Diego, sentendo i rumori dall’esterno della stanza, decise di entrare senza permesso. Quando lo vide cercare come un cane da caccia impazzito e visibilmente a pezzi, gli si avvicinò, bloccandolo. Nel tentativo, Klaus gli aveva urlato di uscire, gli aveva tirato un leggero pugno sul petto e solo quando Numero Due lo aveva afferrato si era fermato. 

Erano rimasti in silenzio e Klaus si era abbandonato alla stretta e aveva appoggiato la fronte sulla spalla di Diego. Chiuse gli occhi e si concentrò sul respiro regolare di Numero Due, imitandolo. “Oh, Diego. Che farei senza di te?” pensò. E pensò anche che quello era stato il giorno peggiore della sua vita. Se avesse avuto il potere di vedere il futuro, non l’avrebbe pensata allo stesso modo.

- Diego - chiamò il suo nome, per assicurarsi che lui fosse davvero lì. 

- Sì? - l’altro sfiorava the back of his neck delicatamente. Era preoccupato da morire e si era sentito in colpa per aver dato precedenza al suo di dolore, senza cercarlo e vedere dov’era. 

Klaus intrecciò le sue dita con quelle di Numero Due e lo guidò fino alla terrazza della casa. Non poteva rimanere altro tempo tra delle mura o il senso di soffocamento sarebbe tornato a prendere il sopravvento. Lì sopra c’era aria fresca e nessuno sarebbe mai andato a controllarli. Quella era una notte calda e in cielo non c’era neanche una nuvola a coprire la luna o le stelle. Era una di quelle notti estive in cui rimarresti a fissare il cielo fino al sorgere del sole. E fu quello che fecero. 

Even the best of us get hurt sometimes

Could be from life or love or "I don't know why"

It's all out of our hands, nobody will ever understand

Don't blame yourself and don't ask why

That's the art of getting by

Diego si stese per primo sul cemento e poi lasciò che Klaus si sistemasse tra le sue braccia. Quest’ultimo non riusciva a smettere di studiarlo con gli occhi, cercò da solo se ci fossero nuovi lividi perchè sapeva che se avesse chiesto a Diego se stava bene, lui avrebbe detto di sì per “non essere un peso”. Klaus portò due dita sotto il mento dell’altro e gli girò il viso lentamente. Diego lo guardò confuso, ma non disse niente, non si oppose. 

- Domani mattina devi farti vedere da mamma - le parole uscirono come un sussurro. Aveva paura di rompere quel meraviglioso silenzio intorno a loro. 

- Solo se mi dici cosa ti è successo - Diego puntò gli occhi scuri in quelli verdi di Klaus e fece quasi male. Sentiva di non poter lasciar correre, non poteva più ignorare quella forte paura che vedeva in Numero Quattro. 

Rimasero zitti per un pò. Klaus prendeva coraggio, Diego aspettava.

- Papà...Ti prego, non arrabbiarti...Ma papà mi ha chiuso ancora nel mausoleo - era come se la lingua gli bruciasse solo a dire la verità al ragazzo steso sotto di lui. 

Numero Due non si mosse. Dentro gli era scoppiata una rabbia e una voglia matta di andare di sotto a costo di farsi aprire ancora la faccia pur di far smettere il dolore di Klaus. Ma gli aveva chiesto di non arrabbiarsi, e resistette.

Da piccoli quella era una pratica che il padre attuava sempre su Klaus e Diego ricordava bene le urla che aveva sentito mentre era in giardino con Mamma e il maledetto senso di impotenza. Ma adesso non era più un bambino indifeso e spaventato dal padre.

- Dì qualcosa, per favore, penso di star per morire - Klaus lo riportò alla realtà, guardandolo con gli occhi lucidi. Diego si mise a sedere e Klaus lo afferrò immediatamente, temendo stesse andando via. Il ragazzo dai capelli neri gli accarezzò il viso per tranquillizzarlo, come se gli avesse letto nel pensiero. Nei suoi occhi si leggeva il suo enorme dispiacere nel vederlo così.

- Se accade ancora devi dirmelo, Klaus - finalmente disse. Quando vide Numero Quattro abbassare lo sguardo, capì che non era finita lì. - Ehi? Guardami, che c’è? - Diego gli alzò il viso, cercando di studiarlo meglio in cerca di risposte come Klaus aveva fatto prima con lui.

- E’ che...È una cosa che, beh, che succede da un pò. E...E quando mi ha scoperto a fumare lui...Non mi ha solo picchiato come ti ho detto - d’un tratto l’aria nei suoi polmoni finì e le lacrime piene di quel tormento che si era tenuto dentro tutto quel tempo cominciarono a scendere. 

Diego cominciò a giocare nervosamente con le sue mani, tentando di non fare ciò che l’istinto gli diceva di fare. Se c’era un modo per ferire o punire Klaus era usare il suo potere contro di lui, distruggerlo psicologicamente. Si sentì male, era stato incapace di proteggerlo, non si era mai accorto di qualcosa di così importante che era accaduta sotto i suoi occhi. Non era riuscito a difendere ed evitare del dolore alla persona che amava. Quel mostro non si era fatto scrupoli neanche con Klaus, era riuscito ad arrivare anche a lui.

Senza accorgersene delle lacrime furono presto anche sul suo viso. Klaus prontamente le asciugò, come era abituato a fare, ma Diego si ritrasse dal suo tocco. Il ragazzo dagli occhi verdi tentò di dire qualcosa, ma Diego si era alzato e gli aveva voltato le spalle cominciando a camminare via. 

- Diego! - Klaus gli prese il polso. Il cuore gli batteva all’impazzata, sentiva che stava per esplodere e rompersi. Stava perdendo Diego? Era quello che stava succedendo? 

- Lasciami, Klaus - non si mosse. Voleva andare a spaccare la faccia a suo padre. Non aveva avuto l’occasione di difendere Klaus prima, quindi lo avrebbe fatto in quel momento. Era più che una vendetta un riscatto, un gesto eroico per sentirsi all’altezza del ragazzo che amava. Un gesto eroico per dimostrargli che non avrebbe mai più sofferto finchè c’era lui a proteggerlo. Diego sentiva di averlo deluso terribilmente.

- No - rispose deciso. Non l’avrebbe permesso. Mai. Non così presto. Diego non poteva lasciarlo. Era vero, Klaus era un disastro, rovinava sempre tutto e spesso non gli importava neanche, ma Diego era troppo prezioso per lui. Diego era una parte di lui. 

- Klaus, non farmelo ripetere - la sua voce cominciò a spezzarsi. Il modo in cui Klaus gli stringeva il polso quasi faceva male. Era come se la sua mano bruciasse a contatto con la sua pelle, ma forse bruciava ancora di più la sua stretta che gli diceva quanto tenesse a lui. Diego pensò di non meritarsi tutto quell’amore.

- Voltati. Voltati e dimmelo in faccia. Guardami negli occhi e dimmi di lasciarti stare - Klaus trovò la forza di alzare la voce ed urlare. C’era qualcosa nel comportamento dell’altro che gli diceva di non rinunciare a lui. Diego sussultò, ma poi lentamente si voltò a guardarlo. Nel momento in cui vide il suo volto distrutto e il petto alzarsi e abbassarsi per il respiro veloce e irregolare, ogni difesa si abbassò, la rabbia svanì.

Numero Due cadde in ginocchio piangendo a singhiozzi. Klaus si precipitò a stringerlo. 

Ed erano lì, insieme, con le guance rigate ma i cuori sempre pieni d’amore l’uno per l’altro. 

- Va tutto bene, Di - Klaus gli sussurrò. Quella era una rassicurazione anche per lui.

- N-no, no, io ti-ti ho deluso - Diego rispose, nascondendo il viso nell’incavo del collo dell’altro. Si era lasciato ancora guidare dalla rabbia, si era lasciato controllare da quel sentimento che suo padre gli aveva imposto sin da bambino. 

- Diego Hargreeves. Non pensarlo nemmeno, mi hai capito? - la voce di Numero Quattro era decisa, Numero Due era tutto per lui tranne che una delusione. Ma purtroppo questo per lui era difficile da capire dal momento in cui era sempre stato pressato a fare meglio, ad essere all’altezza, quando in realtà già lo era. 

- Avrei dovuto capirlo, avrei dovuto aiutarti da subito - il ragazzo dai capelli neri rispose, quasi dicendo quelle parole più a sé stesso. Sentiva le mani di Klaus accarezzargli la schiena, riusciva a sentire il modo in cui tremava leggermente ed era ancora più straziante.

- E poi cosa avresti fatto? Avresti fatto irruzione nell’ufficio di papà per finire di farti ammazzare? No, Diego, no. Tu non sei tutta questa violenza - Klaus sapeva bene che Diego era meglio di così. Lui non era solo fatto di impulsi violenti e odio, no. Lui era buono, gentile, sempre pronto ad aiutare. Era amorevole, divertente, dolce. E ancora era leale e faceva l’impossibile per le persone a cui teneva. Diego era tutto ciò che di positivo c’era al mondo e Klaus lo sapeva bene.

- E se lo fossi, invece? E se la mia rabbia è tutto ciò che sono? - la domanda uscì a fatica, non poteva negare di aver paura che la risposta sarebbe stata “Sì”. In un attimo le mani di Numero Quattro lo stavano portando ad allontanarsi dal suo corpo e si posarono sulle sue spalle. Lo stava guardando con quegli occhi verdi che facevano perdere Diego in lui. 

- Diego, tu sei la mia salvezza. Tu mi salvi e mi ami con tutto te stesso e non potrei mai chiedere niente di meglio di te, dei tuoi baci e della tua risata. Quindi ti prego, non pensare neanche per un attimo di essere solo la tua rabbia. Sei molto molto di più. Tu, Diego, sei la persona più speciale di questo mondo. Lo sei, anche di più di quanto sia possibile - un sorriso nacque spontaneo tra le lacrime. Klaus gli aveva accarezzato una guancia e aveva lasciato che Diego si lasciasse andare al suo tocco e posasse una mano sulla sua.

- Oh, Klaus...Com’è possibile amarti ogni secondo di più? - pensò chiaramente e ad alta voce. Si scambiarono uno sguardo intenso e il sorriso di Klaus contagiò Diego, facendolo sorridere allo stesso modo. Le paure che aveva sentito poco prima erano andate a finire via in un angolino lontano della sua mente. 

- Ce la faremo, insieme - Klaus lo tirò in un bacio e, ancora, in un abbraccio. Il contatto fisico significava per entrambi molto di più delle parole. Spesso era stato troppo difficile aggiungere frasi o esprimere i loro sentimenti, quindi avevano sempre contato sugli abbracci, sulle carezze e adesso anche sui baci. La sicurezza che si trasmettevano in quel modo non poteva competere con delle parole. 

It gets easy to become blind to

The good things when times are rough

But when there's nothing left to try and do

It's okay to throw your hands up

Si stesero di nuovo sotto le stelle e cominciarono a cercare qualcuna che cadeva. Questa volta era Diego ad essere poggiato sul petto di Klaus,  che aveva iniziato a indicargli le costellazioni e Diego al posto di guardare come il suo dito tracciava linee immaginare per spiegare dove esattamente si trovasse l’Orsa Minore, guardava il suo viso illuminato dalla luna così divertito e concentrato. Sarebbe rimasto lì per sempre. Chiuse gli occhi, beandosi del profumo del ragazzo che lo stringeva e lentamente si addormentò. Klaus se ne accorse solo quando ad una delle sue domande strane, Diego non aveva risposto. L’aveva guardato con un sorriso intenerito e poi aveva deciso che non si sarebbe più mosso per non svegliarlo. 

'Cause there's no use in getting burned

From the same lessons that you learned

So carry them with you and be wiser

I giorni andarono sempre allo stesso modo per almeno una settimana e mezza, fino all’ “evento elegante” di cui Reginald non aveva fatto altro che parlare. Ovviamente voleva usare i suoi figli come un vanto, o forse più fenomeni da circo.

Nel frattempo Klaus era riuscito a procurarsi altra erba, l’aveva nascosta meglio ed aveva iniziato a fumare più spesso per tenere i fantasmi lontani. Diego si era arrabbiato tantissimo quando lo aveva visto rollare una canna mentre erano sul tetto. Quella merda non lo avrebbe mai aiutato e anche se Klaus lo sapeva, non poteva farne a meno. Numero Due, ingenuo, si era lasciato convincere a provare e da quel momento si concedeva solo un tiro ogni tanto per alleviare la tensione. Nel frattempo aveva tentato lo stesso di far smettere Klaus buttando via ciò che trovava e a volte spruzzandogli dell’acqua sullo spinello appena acceso. 

Even the best of us get hurt sometimes

Could be from life or love or "I don't know why"

It's all out of our hands, nobody will ever understand

Don't blame yourself and don't ask why

That's the art of getting by

La sera del Gran Gala arrivò e Reginald non aveva badato a spese per far sembrare tutti impeccabili. I ragazzi avevano degli smoking neri eleganti con lo stemma della Umbrella Academy cucito sul taschino. Allison e Vanya indossavano degli abiti lunghi fin sopra le caviglie, diversi tra loro, ma dello stesso colore e lo stemma così piccolo da sembrare giusto un dettaglio. Klaus era geloso da morire. Avrebbe voluto anche solo provare uno dei due abiti per sentirsi tanto bello quanto loro e poi camicia e cravatta non erano mai stati adatti a lui, quello era territorio di Diego che sembrava un modello. Lui sì che era meraviglioso. 

Prima di andare via, Numero Quattro aveva notato come Numero Sette continuava a guardarsi allo specchio, quasi scontenta. 

- Ehi, Vanya, tutto okay? - le chiese, fermandosi sulla porta. La sorella si fermò a guardarlo dalla testa ai piedi. 

- Ti sta benissimo, chi l’avrebbe mai detto che ti avrei visto mai in abiti così eleganti - Vanya rispose, evitando la domanda. Klaus era l’unico che si interessava a lei di tanto in tanto, ma ogni volta le faceva strano che qualcuno le chiedesse come stava.

- In verità lo odio - mise un finto broncio e continuò - Avrei preferito avere quello, ma penso stia meglio a te - Klaus prese la mano della sorella, toccando poi il tessuto morbido della manica. 

- No, Klaus, lo odio questo coso. Non mi piace indossare la gonna della mia divisa, figuriamoci un vestito...Cerco di convincermi di essere a mio agio da almeno dieci minuti - la ragazza si lasciò scappare uno sbuffo divertito. Era vero che le gonne e gli abiti troppo femminili non le piacevano, per quel motivo aveva chiesto a suo padre si sostituire le gonne a quadri con i pantaloncini uguali a quelli dei suoi fratelli. 

- Ho un’idea… - Klaus sorrise, nei suoi occhi aveva un luccichio di chi stava per combinarne una delle sue. Ed era così. Vanya scosse la testa e gli chiese cosa avesse in mente. Quello che uscì dalle sue labbra fu inaspettatamente geniale e la sorella non potè far a meno di dirgli che era il fratello migliore del mondo. Vederla così felice riempì il cuore di Klaus come non mai, voleva bene a Vanya. 

Nel momento in cui la voce di loro padre suonò dalla porta d’ingresso per invitare tutti i ragazzi ad uscire di casa, Klaus e Vanya erano pronti e corsero mano nella mano giù per le scale. Furono gli ultimi ad arrivare e per fortuna Reginald era già in macchina, così non avrebbe potuto impedire a nessuno dei due di tornare in casa. 

Diego si voltò a guardare Klaus a bocca aperta. Il ragazzo indossava un vestito, anzi, il vestito di Vanya. E il sorriso sul suo viso diceva quanto ne era felice. Numero Due si morse il labbro inferiore d’istinto, cacciando via ogni pensiero impuro dalla sua mente. Klaus era bellissimo. 

Allison al contrario sembrò quasi offesa dal fatto che suo fratello era quello con il vestito abbinato al suo

- Vanya, Klaus! Vi siete scambiati i vestiti! - la sorella disse. 

- Ci sentiamo più a nostro agio così, Ally. Tranquilla, non ti ruberò la scena - Klaus le fece l’occhiolino e poi entrò in auto. Il resto dei fratelli lo seguirono. 

La faccia di Reginald quando si accorse dello scambio fu epica, anche meglio di come Klaus aveva predetto a Vanya. L’uomo si era fatto rosso in viso, non era ammissibile una cosa del genere ai suoi occhi. Prima che potesse mettersi a sbraitare e mandarli in bagno a scambiarsi, una donna e suo marito si avvicinarono alla famiglia. La coppia si complimentò con Reginald, dicendo che erano felici di vedere come lasciava esprimere i propri figli come volessero. L’apprezzamento fece sì che Vanya rimanesse in quello smoking e Klaus nel suo abito. 

La serata procedette in maniera splendida. Diego e Klaus non avevano fatto altro che ballare come meglio sapevano, divertendosi da matti. Numero Due non riusciva a smettere di tirarlo a sé e sfiorare i suoi fianchi, lo guidava nella danza con esperienza e fluidità. Numero Quattro si lasciava andare ai movimenti e stare così vicino a Diego non era mai stato così bello. Gli sembrava di essere nella favola di Cenerentola e Diego era ovviamente il suo principe azzurro. 

No life ain't a game

There's nothing to win, and no way to cheat

We all walk through flames

All get burned from the heat

Ma anche le favole finiscono, e Reginald si era messo ad esporre i suoi bambini al pubblico. Numero Uno aveva mostrato il suo potere con fierezza, come se fosse un pavone, alzando uno dei tavoli con una mano sola. 

Numero Due era stato costretto a lanciare i suoi coltelli e farli finire in una mela sulla testa di uno dei camerieri. 

Numero Tre usò le voci su una signora per ottenere il collier di diamanti che aveva al collo, per poi restituirlo dopo.

Numero Quattro era stato escluso. Lui era una vergogna e il suo potere era inutile dato che non sapeva controllarlo. Numero Sei era stato escluso. Il suo potere era troppo pericoloso. Numero Sette era stata esclusa. Lei era normale, non aveva poteri.

I tre si erano allontanati insieme verso i giardini della villa enorme in cui erano. Poi Klaus si era separato da loro per cercare i bagni. I fantasmi stavano tornando e lui si era accorto di dover fumare al più presto. Cominciò a salirgli il panico e pensò che di doversi sbrigare. I morti erano sempre più potenti, era come se quella casa piena di vita e musica nascondesse tutte quelle persone che Klaus aveva iniziato a vedere. Un generale in divisa con un proiettile in testa. Una donna, forse una contessa o una regina, con un cappio al collo e un colorito pallido. Una coppia di amanti pieni di sangue. Più camminava per i corridoi in cerca di quei maledetti bagni, più mostri comparivano e lo seguivano lamentandosi. Klaus cominciò a sudare, era terrorizzato. La favola era diventata un film horror per lui. 

Quando finalmente trovò i bagni, al suo interno c’erano altri ragazzi, più grandi di lui. 

- Ti sei persa, principessa? - uno di loro lo derise. Gli altri risero con lui. 

- Direi di no, cercavo il bagno ed eccolo qua. Tranquilli, non sono qui per turbare la vostra mascolinità - Klaus sorrise strafottente. Non aveva proprio tempo per pensare a quegli stronzi. Stupiti dalla risposta spavalda, i ragazzi si zittirono e lo lasciarono fare. 

Klaus si accese la canna, rimanendo appoggiato al lavandino per qualche secondo.

- Quella roba non fa un cazzo, prova questa - uno dei ragazzi gli porse una pillola. Klaus lo guardò confuso.

- Cosa sarebbe? - chiese, prima di combinare cazzate e morire da idiota. Fece un altro tiro mentre aspettava la risposta.

- E' MDMA, la migliore - il ragazzo disse ancora. Klaus lo guardò ancora più confuso. 

- Che cazzo è? - espirò il fumo, senza staccare gli occhi dalla pillola.

- Forse la conosci come Ecstasy - gli prese la canna dalle mani e la spense, aprendo il getto d’acqua del lavandino. Klaus protestò, ma appena alzò gli occhi allo specchio vide un altro morto, completamente e orrendamente squartato. Dei brividi gli corsero lungo la schiena e si fece bianco in viso. Senza la marijuana non sarebbe arrivato a casa. Prese la pillola dalle mani del tizio di fronte a lui e poi la buttò giù senza pensarci. 

Even the best of us get hurt sometimes

Could be from life or love or "I don't know why"

It's all out of our hands, nobody will ever understand

Don't blame yourself and don't ask why

That's the art of getting by

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Capitolo 7
*** You’re somebody else. ***


I saw the part of you

That only when you're older you will see too

You will see too

L’ecstasy è una droga che agisce aumentando la presenza di serotonina alle terminazioni sinaptiche. L’incremento di tale sostanza in diverse aree cerebrali provoca vari effetti psicologici: forte sensazione di benessere; accresciuta confidenza con gli altri; rimozione delle barriere emotive e comunicative; esaltazione delle sensazioni; maggiore capacità di percepire il ritmo e la musica. Esattamente trentasette minuti dopo aver preso la pastiglia che quel tizio in bagno gli aveva dato, Klaus si sentiva così. Felice, attivo, capace di andare avanti tutta la notte. 

Diego non ci fece troppo caso al fatto che Klaus fosse più allegro del solito, pensò fossero stati quei due bicchieri di champagne che avevano bevuto insieme a Ben dopo lo spettacolo patetico che Reginald aveva messo su per gli ospiti della festa. Anche lui si sentiva così felice, le bollicine del drink alcolico lo avevano sollevato. Eppure in una parte profonda del suo cervello c’era una vocina che gli diceva che qualcosa non andava. Se l’avesse ascoltata, Diego avrebbe sicuramente scoperto della sostanza che Klaus aveva assunto, ma la ignorò completamente decidendo di godersi il momento. 

Dentro di lui Klaus si sentiva finalmente leggero e i morti erano spariti al 100%. Pensò che non avrebbe potuto chiedere di meglio, ma poi Numero Due era comparso dal fondo del corridoio con le guance rosse e un sorrisetto sul viso. Non avrebbe mai pensato di vederlo brillo. Gli si avvicinò e poi fece un salto in braccio a Diego, che rise sorpreso, e incrociò le gambe attorno alla sua vita. Klaus cominciò a riempirlo di baci e Diego non potè fare a meno di ricambiare e portare le mani dalle sue cosce al suo sedere. 

Si ritrovarono a limonare in quel corridoio sperduto della grande villa, con gli ormoni a palla.

-  Ragazzi...Oh mio Dio, che schifo! - la voce di Ben suonò poco dopo, facendo sobbalzare i due. Diego lasciò che Klaus mettesse i piedi a terra e si staccasse velocemente dal suo corpo quasi controvoglia. Vanya era affianco a Ben e si era coperta gli occhi. 

- Ci dispiace interrompere la vostra...ehm, effusione? Ma dobbiamo tornare a casa - Vanya disse, scoprendosi gli occhi, dato che Ben non riusciva a smettere di fare gesti schifati per prendere in giro Klaus e Diego. 

- E’ una grandissima notizia! Andiamo - Klaus esclamò, e si portò davanti a tutti, trascinando Diego per mano. Tutti pensarono che quella fosse una battuta implicita sul fatto che una volta a casa i due avrebbero potuto continuare la loro attività amorosa. Nessuno sospettò che fosse l’Ecstasy. 

I held the better cards

But every stroke of luck has got a bleed through

It's got a bleed through

La mattina dopo Klaus si era svegliato come al solito nel letto di Diego e, per la seconda volta, nudo e abbracciato a quest’ultimo. Per fortuna, al contrario di quello che aveva temuto, si ricordava la serata per intero, anche la parte dopo aver preso la pillola. Realizzò pochi secondi dopo che era riuscito a dormire senza svegliarsi più volte. Cazzo, quella roba aveva fatto un miracolo, che fosse la soluzione? 

I suoi occhi si posarono su Diego e non potè fare a meno di pensare che se avesse continuato con quella roba, si sarebbe arrabbiato peggio della prima volta. Si ricordava perfettamente quanto furiosamente avessero litigato solo per della marijuana e di come Klaus lo aveva persuaso a lasciarlo fare dicendogli che la usava a scopo medico. Ma si ricordava anche dei suoi occhi tristi e preoccupati che gli erano entrati nel cuore.

Forse non avrebbe dovuto prendere l’Ecstasy da quello sconosciuto. Lui era più forte di così, non gli serviva della droga per sopravvivere, aveva Diego affianco a lui ed era più importante di qualsiasi sostanza. Si fece una promessa da solo, quella di rimanere sobrio, per Diego.

I giorni passarono e divennero mesi, e la promessa di essere sobrio fu sempre più difficile da mantenere. All’improvviso tutti erano irritati da lui e il suo comportamento. In realtà non era una cosa nuova, spesso si era sentito dire di stare zitto o che quello che diceva non interessava  a nessuno, ma era come se la sua famiglia era diventata ancora più vocale sulla questione. Luther gli aveva detto in più occasioni che era inutile, e in una missione lo aveva spinto da parte perché “i suoi poteri erano inutili”. Papà gli ripeteva che era un disappointment, il più grande. Le ore passate nel mausoleo erano aumentate a dismisura e questo a causa della sua lingua lunga e la voglia matta di contraddire Reginald. Allison sembrava essersi unita al club, ignorandolo più di prima. 

Per quanto riguardava Diego, lui era l’unico rimasto al suo fianco che sembrava non odiarlo. Numero Due si accorse dell’insicurezza di Numero Quattro e in ogni modo ci tenne sempre a dimostrargli che non aveva niente da temere, che i suoi sentimenti erano veri. Per questo Klaus gliene era grato e per quanto lo riguardava, non aveva mai smesso di prendersi cura di Diego. Il ragazzo era vulnerabile solo agli occhi di Klaus e il modo in cui quest’ultimo si accorgeva di ogni cambio d’umore senza che lui dovesse spiegarglielo era il massimo per Diego. 

Ma i due non erano fatti solo di momenti tristi. Numero Quattro spesso partiva con dei racconti assurdi e finiva per fare una delle sue riflessioni e Numero Due amava ascoltarlo. A volte si erano organizzati una mini festa, prendendo il giradischi di Mamma e rubando una bottiglia di whisky dalla credenza speciale di papà. Altre volte si erano semplicemente dedicati l’uno all’altro, dimenticando il mondo all’esterno. E delle sere, quando Klaus non riusciva a dormire, Diego aveva letto qualche libro per lui. Non si stancavano mai di quei momenti, troppo speciali, tanto importanti che neanche loro avrebbero potuto spiegarlo. 

You held the balance of the time

That only blindly I could read you

But I could read you

Per il loro diciassettesimo compleanno, Numero Quattro pensò di fare un regalo speciale a Numero Due. Nell’unica mezz’ora di libertà che ogni sabato gli veniva concessa, Klaus era uscito di casa con l’aiuto di Mamma, che lo aveva coperto. La donna gli aveva dato anche un pò di soldi, appoggiando la sua idea di fare un regalo a Diego. In quella casa loro due erano gli unici ad amarlo sinceramente.

Quando Klaus tornò a casa, corse a posare il pacco che aveva tra le mani in camera dell’altro ragazzo, posandoci sopra anche un biglietto. Aspettò che Diego lo trovasse e successe solo dopo quindici minuti. Con delicatezza e un sorriso sulle labbra, cominciò a slegare il fiocco e poi aprì la scatola. Al suo interno ci trovò delle bustine particolari e colorate, con dei semi al loro interno. Scosse la testa, sorpreso e felice. Diego passò a leggere le parole scritte in quella calligrafia che conosceva bene.

“Spesso mi sono fermato a guardarti mentre passavi del tempo con mamma a prenderti cura dei suoi fiori. Ho notato come il tuo sorriso si allargava ogni volta che un fiore sbocciava e di come sederti affianco alla pianta di fiori gialli ti dia conforto. Qui dentro troverai dei semi che ho scelto per te, per il loro significato. 

Semi di ciliegio: il fiore di ciliegio è simbolo di fragilità e tenacia insieme. 

Semi di ortensia bianca: simbolo della nascita di un amore sincero e totalizzante...il nostro; semi di ortensia blu: passione ardente e profonda; e infine, semi di ortensia rosa: indicano che l'amante a cui vengono donati è il solo e unico, e simboleggiano inoltre un concreto invito a godere delle gioie dell'amore. 

So che di solito i fiori si regalano chiusi in un bel mazzo, ma quelli non durano più di qualche giorno. Voglio che tu ti prenda cura di queste piante, così come ti prendi cura di me. Spero che questo regalo ti faccia felice, spero che il mio amore per te ti faccia felice. 

Buon compleanno, Diego. 

Ti amo, tuo, Klaus <3“

Il sorriso di Diego crebbe a dismisura, quasi gli venne da piangere. Quel regalo ben pensato ma semplice era il meglio che potesse desiderare. Poteva sembrare banale, ma non lo era, al contrario aveva così tanti significati che Diego non potè che pensare a quanto Klaus fosse geniale e a come lo amasse. Era speciale. 

- Allora? Che ne dici, ti piace? - Klaus spuntò dallo stipite della porta. Teneva le braccia incrociate, era nervoso, quasi sicuro che Diego stesse per tirargli tutto addosso, disprezzandolo. Invece Numero Due si buttò su di lui, stringendolo fortissimo e ringraziandolo e riempiendolo di baci sul viso. Numero Quattro per una volta non si sentì un fallito. 

- Mi piace, tantissimo - Diego rispose alla domanda poco tempo dopo, con la fronte poggiata su quella dell’altro ragazzo. Klaus lo zittì con un bacio sulle labbra. 

La giornata del loro compleanno fu una delle ultime tranquille prima che il secondo disastro colpisse la Umbrella Academy.

It's like you told me

Go forward slowly

It's not a race to the end

Erano nel pieno di una sparatoria, in missione. Si trattava di pazzi armati che avevano attaccato una banca. All’inizio erano riusciti a cavarsela, ma poi la situazione era diventata critica quando i rapinatori si erano messi a sparare a zero sugli ostaggi. Luther e Diego avevano cominciato a portare tutti quanti fuori da un’uscita secondaria che Klaus aveva trovato, proteggendo chiunque rimanesse indietro. Allison aveva cercato di disarmare la maggior parte degli uomini che tentavano di inseguire i suoi fratelli. Klaus e Ben si erano occupati di altri di loro. Li stesero tutti quasi senza problemi. Tutti tranne uno. 

Mentre uscivano dalla banca di corsa, degli spari rimbombarono nell’aria. Numero Uno, Due e Tre si voltarono e la scena di fronte a loro li sconvolse. 

Numero Quattro era sotto il corpo di Numero Sei, caduto su di lui, che aveva svariati colpi di pistola piantati nella schiena. C’era sangue ovunque e Klaus urlò il nome di Ben, cercando qualche segno di vita. 

Well you look like yourself

But you're somebody else

Only it ain't on the surface

Well you talk like yourself

No, I hear someone else though

Now you're making me nervous

Fu così che si ritrovarono di fronte una tomba bianca il giorno dopo, nel giardino posteriore della casa. Al funerale, Reginald non ebbe un briciolo di pietà.

- Il mondo è pieno di ingiustizie. I buoni muoiono insieme ai cattivi. Questa equazione cosmica non cambierà mai, a meno che il male stesso non venga cancellato dall'esistenza. Per fortuna, ci sono forze potenti che spingono contro i malvagi e gli iniqui, individui che hanno la forza di riunirsi contro probabilità insormontabili per affrontare le avversità con un coraggio incrollabile, e non esitano a sacrificarsi per un altro. Sfortunatamente, nessuno di voi è una di queste persone. Nonostante anni di addestramento e settimane di preparazione, avete permesso a Numero Sei di morire in questa missione. La Umbrella Academy ha fallito uno dei suoi, le cui conseguenze sono terribili. Aggrappatevi a questo sentimento, bambini. Lasciate che si annidi nei vostri cuori, così non ci sarà mai una prossima volta. L'addestramento sarà annullato oggi per rispetto verso vostro fratello. Riprendiamo domani alle 6 del mattino - l'uomo disse e poi è tornò in casa. 
Neanche un attimo dopo, quando Vanya cercò di rassicurare i fratelli dicendo che non era stata colpa di nessuno, Diego le rispose che non poteva saperlo dato che lei non era stata lì. Così cominciò una litigata tra lui e Luther, che difendeva le parole del padre.

You were the better part

Of every bit of beating heart that I had

Whatever I had

Klaus rimase solo sotto la neve, senza smettere di guardare la tomba di Ben. Si sentiva a pezzi. Ben era sempre stato il suo migliore amico e insieme si erano sempre divertiti un sacco. Quando Ben si era sentito in difficoltà con le sue potenzialità, Klaus era stato al suo fianco pronto ad aiutare e a cantare qualche canzone al mostro dentro di lui. Ben gli aveva dato consigli su come comportarsi con Diego, lo aveva ascoltato mentre sognava ad occhi aperti di stare con lui e Ben non lo aveva mai giudicato. A Ben aveva confessato di aver provato quella droga che lo aveva fatto star bene, e lui si era fatto giurare di non farlo mai più, di parlargli piuttosto che mettersi a drogarsi. 

Ben era la persona più buona e sensibile del mondo. Ben lo aveva salvato. Aveva sacrificato la sua vita per quella di Klaus. Si era buttato senza esitare tra Numero Quattro e la scia di proiettili che andava dritta verso di lui. Non si sarebbe mai scordato di come il suo corpo ancora caldo era crollato su di lui e il suo sangue aveva cominciato a bagnare la sua divisa e le sue mani. Non avrebbe mai scordato il panico, la disperazione di voler fermare il sangue e la morte del fratello. Klaus non avrebbe mai smesso di incolparsi. Una persona come Ben meritava di vivere e di illuminare la vita degli altri solo come lui sapeva fare.

Dopo la morte di Numero Sei l’Accademia cominciò ad andare in pezzi. 

Gli allenamenti si erano intensificati come mai prima e il padre non faceva altro che ricordare a Klaus i suoi fallimenti, cominciando a colpirlo occasionalmente. I morti che vedeva iniziarono a nutrirsi delle sue paure e gli divenne quasi impossibile evitare di vedere il corpo di Ben pieno di sangue. Decise che doveva fermarli e chiudere tutta quella merda fuori dalla sua testa. Non li voleva più quei maledetti poteri, non se significava vivere nel dolore e nel terrore. 

Il ragazzo iniziò a dissociarsi da tutto, sopportare la sua vita divenne difficile e l’alcool o la marijuana non bastarono più. Ruppe la promessa, sapendo che se ne sarebbe pentito, e andò in cerca di qualcosa che tenesse lontano la morte, qualsiasi cosa. Uno spacciatore gli offrì della meth e Klaus ne divenne dipendente in un niente. Cominciò a farne uso in gran segreto e affiancandola all’altra droga a cui non poteva rinunciare: Diego.

I finally sat alone

Pitch black flesh and bone

Couldn't believe that you were gone

Anche Diego ne risentì della morte del fratello. Il ragazzo divenne ancora più aggressivo nei confronti del padre, sfogando il dolore su quell’uomo che non li aveva mai amati. Questo gli costò tanti lividi su tutto il corpo. Perciò Numero Due aveva cominciato a passare più tempo del solito lontano da tutti, a curarsi di quei fiori regalati da Klaus. Il pensiero di vedere tante piccole vite sbocciare grazie a lui, lo faceva stare bene. Era affascinato dalle tante contraddizioni in quei fiori così delicati nella forma così forti nel profumo, così piccoli nelle dimensioni così grandi nella bellezza, così breve nella vita così lungo il loro effetto. Klaus gli aveva detto che lui era un fiore, il più bello di tutti, e Diego ci credette.

Numero Due cominciò a contemplare l’idea di andare via di casa con Klaus, vedendo quanto entrambi stessero soffrendo: erano arrivati al limite di sopportazione. Quella vita stava diventando troppo stretta, crescere in quell’ambiente tossico li stava uccidendo lentamente. Spesso passavano il tempo abbracciati vicino le piante, per ricordarsi che almeno loro due non si sarebbero abbandonati. Diego era anche preoccupato per Klaus. Sapeva che Ben era importante per lui e vederlo così dolorante e silenzioso era strano. Numero Quattro si comportava in maniera furtiva e lasciva, il suo umore oscillava tra una tristezza mai vista e l’euforia. Un momento rideva quasi istericamente e quello dopo delle lacrime gli scendevano sulle guance. Faceva male vederlo così. Gli sembrava di vedere uno sconosciuto nel corpo di Klaus. Diego tentò molte volte di parlargli, gli chiese altrettante volte di aprirsi e sfogarsi con lui, di dirgli cosa non andava, ma Klaus scuoteva la testa e gli diceva che non avrebbe capito. Essere chiuso fuori in quella maniera fece sentire Diego un po’ più lontano da lui, perciò decise di parlargli, non voleva perderlo. 

Well you look like yourself

But you're somebody else

Only it ain't on the surface

Well you talk like yourself

No, I hear someone else though

Now you're making me nervous

- Ehi - Diego lo trovò sul terrazzo, nella serra e lo vide nel momento esatto in cui Klaus buttò due pillole giù. Lo vide sobbalzare, come se lo avesse sorpreso in qualcosa che teneva nascosto. Ed era così.

- Ehi, Diego - Klaus sorrise debolmente. Era appena tornato dal mausoleo e poi aveva provocato papà sputando ai suoi piedi in segno di disgusto, beccandosi due ceffoni in pieno viso. Quella giornata era già tremenda così.

- Che hai preso? - Numero Due si avvicinò a lui con uno sguardo investigativo. Voleva solo assicurarsi che non fosse nulla di cui preoccuparsi.

- Io? Non ho preso nulla, stavo sbadigliando - Numero Quattro finse uno sbadiglio portando una mano alla bocca, cercando di imitare il movimento di poco prima. Stava già sudando, sapendo che il ragazzo di fronte a lui non si sarebbe bevuto le sue cazzate, lo conosceva troppo bene.

- Klaus, ti ho visto, cosa erano quelle pillole? - Diego si fece ancora più vicino, guardandolo dritto negli occhi, aspettando di sentire la verità. Sperò vivamente che Klaus rispondesse in qualsiasi maniera, purché non dicesse che quelle erano droghe. Ci sperò davvero con tutto sé stesso.

- Medicine? Sì, sì, sono medicine - il ragazzo dai capelli ricci cominciò a farfugliare, non essendo credibile neanche per un secondo. Dio, non sapeva mentire quando si trattava di Diego, era troppo difficile. Si passò una mano tra i capelli, ansioso.

- Fammi vedere - Numero Due tese una mano verso di lui, aspettando che Klaus posasse nella sua mano una scatola di medicinali o qualsiasi cosa avesse in tasca. Non era sicuro avesse detto la verità, quindi doveva vedere con i suoi occhi. Vide Klaus esitare.

- Dai, sto dicendo la verità! Che non mi credi? - Numero Quattro si mise una mano sul petto, fingendosi scioccato dal comportamento dell’altro. Era stato messo alle strette nel giro di pochi minuti, maledetto Diego.

- Se dici la verità, mostrami lo scatolo delle medicine che hai preso - Diego alzò le sopracciglia. Era sempre più evidente che Klaus gli stesse dicendo cazzate, e voleva capire perché e cosa nascondeva. 

- Ugh, ma per favore, non sono un bambino - Klaus sbuffò scocciato. Voleva solo che quella litigata non accadesse, non in quel momento, non così. Si era ripromesso di dire lui stesso a Diego cosa si stava facendo, non doveva scoprirlo in quel modo. 

Ma Numero Due era una testa dura e si buttò su Klaus, rovistando nelle sue tasche. Normalmente a Numero Quattro non sarebbe dispiaciuto, ma in quel momento cercò di ribellarsi e togliersi Diego di dosso prima che trovasse ciò che non doveva trovare. Ma era troppo debole fisicamente per vincere Diego.

Il ragazzo sfilò la bustina in plastica scadente dalla tasca posteriore dei pantaloncini della divisa di Klaus. All’interno vide le piccole pillole azzurre che non sembravano medicine. Nella sua testa si formarono mille pensieri e in realtà non gli ci volle molto per capire da solo cosa fossero quelle cose. 

- Sei una gran testa di cazzo - Diego tirò arrabbiato come una iena la bustina a Klaus. Perché si stava facendo questo? Perché non aveva parlato con lui al posto di...di drogarsi?

- Diego! - Klaus si protesse il viso con le braccia e i suoi occhi si spalancarono nel vedere le pillole cadute inevitabilmente a terra. Resistette l’impulso di raccoglierle, temendo di sembrare più patetico di quanto non fosse già. 

- Adesso tu mi dici dove cazzo hai preso questa roba, cos’è e perché lo stai facendo - Numero Due gli puntò un dito sul petto, battendolo per enfatizzare le sue richieste. Dentro era deluso e ferito, ma l’unico modo in cui ormai sapeva esprimere le sue emozioni era la rabbia. Se quello di fronte a lui non fosse stato Klaus, se ne sarebbe già andato via senza interessarsi.

- Senti, senti, senti...Diego, queste mi servono per...Mi servono e basta, okay? - il ragazzo dagli occhi verdi sentiva che non sarebbe stato mai capito, neanche da Diego. Era una situazione troppo difficile perché gli altri riuscissero a mettersi nei suoi panni e comprendere il perché delle sue azioni. 

- Ti servono? Ti servono, Klaus? Tu hai la minima idea di quanto questa merda ti consuma e ti uccide? Stai giocando con la tua cazzo di vita! - Diego aveva iniziato ad alzare la voce. Stava perdendo la calma. La paura di perdere Klaus per una maledetta dipendenza da droghe era altissima. Lui lo amava, lo amava da morire, non poteva lasciarlo fare o si sarebbe ammazzato e non poteva abbandonarlo. 

- Credi che non lo sappia?! Diego, ti chiedo solo di fidarti di me. Posso smettere quando voglio - Klaus cercò di tenerlo calmo. Non aveva mai pensato di vedere quella delusione nei suoi occhi a causa sua. Anche Diego sfuggiva via da lui. 

- Mi fido di te, ne sei consapevole, ma qui non si tratta di fidarmi. Si tratta della tua vita, Klaus, cosa non capisci di questo? Dimmi perché lo stai facendo, ti prego di farmi capire, non ti giudicherò e lo sai bene - Numero Due tentava disperatamente di farsi dire cosa non andava a quel punto. I motivi che spingono una persona a drogarsi sono tanti e queste persone per lui andavano comprese e aiutate. Klaus soprattutto. 

 - Ti sei accorto della merda degli ultimi tempi o no? - Numero Quattro chiese retoricamente. Si sentiva un’idiota solamente a parlarne. Doveva tenere duro, doveva stare maledettamente fermo per una volta, una e poi sarebbe sfuggito da quella casa con Diego. Reginald aveva ragione, era debole e inutile, era una delusione, una feccia umana. I suoi occhi si fecero inevitabilmente lucidi. Troppi pensieri, troppo veloci. 

- Stiamo passando tutti un periodo orrendo, Klaus. Eppure nessuno di noi sta abusando di questa merda! - Diego lo disse senza pensarci e se ne pentì. Dire quelle parole era giudicarlo, era sottovalutare il problema e i suoi sentimenti, era sbagliato. Cercò di scusarsi immediatamente, voleva aiutarlo, non farlo sentire sbagliato. 

- Ma certo, si tratta sempre di voi, di tutti voi, tranne che di me. Perché io sono meno importante, giusto? Klaus è quello debole, quello con i poteri inutili. Klaus è un semplice idiota che esagera. Klaus è quello che vuole attenzioni e quindi fa sempre stronzate. Sapevo di essere meno di zero per tutti i nostri fratelli, per non parlare di nostro padre...Ma non avevo capito di esserlo anche per te - Klaus si sentì ferito. Ma chi era quel Diego con cui parlava? Chi era quel ragazzo scontroso e arrabbiato? Chi era quella persona davanti ai suoi occhi che lo stava odiando come tutti?

- Non volevo dire questo, mi è uscito in maniera totalmente sbagliata. Ti prego, ti chiedo scusa, davvero. Klaus, sai che per me sei la cosa più importante…- il ragazzo dai capelli neri cercò di prendere tra le sue mani quelle dell’altro, che le spinse via. 

- Sì, certo…- Numero Quattro abbassò lo sguardo, sentiva di star per piangere. La sensazione orribile di rifiuto da parte di Diego gli faceva un male cane. Lui c’era sempre stato per lui, per tutti i fratelli, anche se questi ultimi lo trattavano male. Il suo cuore era sempre stato troppo grande e di fronte a chi era in difficoltà non si era mai tirato indietro, mai. Credeva che almeno Diego ci fosse per lui, ma forse si era sbagliato.

- Ascoltami, per favore. Sono preoccupato, tanto preoccupato. Non voglio tu ti faccia del male, voglio aiutarti a superare questo momento, voglio farti capire che ci sono io al tuo fianco e non hai bisogno di quelle pillole, Klaus. Mi dispiace di aver reagito così, è che ti amo e ho paura di perderti - Diego sentì un nodo in gola al solo pensiero. Le lacrime si annidarono agli angoli dei suoi occhi. Il cuore gli batteva tanto forte da sentirlo nelle orecchie, ma rallentò quando Klaus si lasciò prendere il viso tra le mani. Diego puntò gli occhi scuri in quelli verdi.

Klaus piangeva. Si sentiva così dannatamente in colpa. Prima Ben era morto per colpa sua, ora era Diego a soffrire, sempre a causa sua. Cominciò a pensare di non essere una brava persona, cominciò a pensare di meritare la sorte a cui andava incontro. Reginald affermava sempre di aver ragione, che ne avesse anche nel dire quanto un disappunto fosse Klaus? Era una sensazione terribile quella nel suo petto e non riusciva a smettere di piangere, anche se avrebbe tanto voluto.

- Klaus, parlami… Va tutto bene, non sono più arrabbiato - il ragazzo lo stava stringendo a lui, accarezzandogli i capelli. Quello era sicuramente un crollo emotivo abbastanza forte per Klaus e lo capiva, non era mai stato facile per lui. Diego avrebbe voluto togliere ogni dolore da quel corpo, da quella mente. Aveva sempre pensato che Numero Quattro non meritasse quella sofferenza. 

- Mi dispiace se sono questo schifo, mi dispiace - Klaus affondò il viso nel petto di Diego. Ormai era rotto in mille pezzi, non poteva tornare indietro. Le scuse dell’altro le aveva accettate da subito dentro di sé, non sarebbe mai riuscito a rimanere arrabbiato per più di cinque minuti con Diego. Ma era convinto che al contrario Diego non avrebbe mai accettato le sue di scuse, ritenendolo ormai una causa persa. 

- No, no, no, non dire così. Tu non sei uno “schifo”, mi hai capito? Klaus tu sei la cosa più bella del mondo, dentro e fuori - il ragazzo continuò a rassicurarlo, anche se quel pensiero ferì anche lui. Klaus doveva sentirsi veramente a terra per pronunciare quelle parole, ma Diego era lì per ricordargli il contrario. Diego non lo avrebbe lasciato solo per nessun motivo al mondo. 

Klaus non disse più nulla, pianse solamente, fino a lasciarsi andare totalmente alle braccia di Diego. Quest’ultimo aveva preso a canticchiare delle canzoni per calmarlo, le sue preferite. Klaus gli ripeteva sempre quanto gli piacesse la sua voce quando cantava, diceva che lo rilassava. Perciò Diego aveva messo da parte la sua vergogna e si era messo a cantare per lui. Fu una cosa dolce che riuscì per davvero a farlo calmare. 

La loro discussione sulle droghe finì lì quel giorno, Klaus ne aveva già avuto abbastanza e sinceramente anche Diego. 

Well you look like yourself

But you're somebody else

Only it ain't on the surface

Well you talk like yourself

No, I hear someone else though

Now you're making me nervous

Il giorno dopo Diego si era svegliato sentendo dei rumori. Quando allungò un braccio per cercare Klaus nel letto, non lo trovò. Aprì gli occhi e lentamente i rumori divennero più chiari.

Schiaffi, pugni, urla, roba che cadeva. 

Diego si alzò di corsa e scese le scale in fretta fino al soggiorno. Luther e Allison erano fuori la porta, la sorella piangeva spaventata nelle braccia del fratello. Lì dentro non poteva che esserci Klaus. 

Numero Uno si mosse per impedire a Numero Due di entrare in quella stanza. Quest’ultimo non capì se lo stesse facendo per proteggerlo o per ordine del padre.

- Fammi entrare, Luther - disse, tentando di arrivare ad afferrare la maniglia. 

- Diego, non posso - il fratello rispose con gli occhi tristi, lasciando Allison e afferrando Diego per allontanarlo. Ordini del padre. Ecco la risposta. E ovviamente lui era il bravo soldatino di papà. Un insormontabile rabbia crebbe in Diego, sentirono tutti e tre il rumore di un altro schiaffo e fu così che Numero Due saltò al collo di Numero Uno. Doveva entrare a tutti i costi, anche con la forza.

I ragazzi si misero a lottare, Allison cominciò a pregarli di smettere. Tutta quella violenza attorno a lei la stava facendo tremare. Cercò di avvicinarsi a loro e usare il suo potere per dividere almeno i suoi fratelli, ma la sua voce era rotta dal pianto e non riusciva a completare la frase. In quel gran caos, fu Pogo ad arrivare di corsa per dividere i due. Lo scimpanzè batté il suo bastone a terra, severo e poi si mise in mezzo ai ragazzi prima che un altro pugno volasse. E in quel preciso istante un tonfo più forte degli altri arrivò dal soggiorno. 

Diego perse il respiro e poi corse verso la stanza. La porta si aprì prima che lui potesse aprirla da solo e si trovò davanti il padre. 

Well you look like yourself

But you're somebody else

Only it ain't on the surface

Well you talk like yourself

No, I hear someone else though

Now you're making me nervous

Klaus era scivolato fuori dal letto poco prima, con l’intento di recuperare le pillole dal terrazzo. Non aveva dormito quella notte per più di un’ora e l’astinenza cominciò a fare il suo ingresso. Cercò di essere più silenzioso possibile, riuscì ad arrivare alla serra senza problemi e mentre cercava le pillole blu per terra, una voce lo fece sobbalzare. 

- Cercavi queste, Numero Quattro? - Reginald era proprio davanti a lui, con la sua bustina di meth in mano. Era stato beccato e lo sguardo del padre non prometteva niente di buono. Infatti si ritrovò ad essere trascinato per un braccio giù fino in soggiorno. Cercò di liberarsi e rubare le pillole dalle mani del padre.

-Tu…Sei il solito debole buono a nulla - lo spinse nella stanza, facendolo cadere a terra. - Ti avveleni per non avere paura, per non provare dolore...Ora vedrai cosa significa provare veramente dolore, Numero Quattro - l’uomo si avvicinò prima che il ragazzo potesse alzarsi e gli tirò un calcio come se fosse un cane. Klaus cercò di difendersi, ma l’astinenza lo stava rendendo troppo debole. Cominciò a prenderle come non gli era mai successo. Reginald lo colpiva, ancora e ancora, i fantasmi che comparvero dietro di lui lo incitavano. 

Klaus ad un certo punto pensò di smettere di opporsi. Perché combattere per vivere quella vita che non gli apparteneva neanche più? Per Diego. Doveva rimanere vivo per Diego, per rivedere i suoi occhi e il suo sorriso amorevole, per sentire la sua risata, la sua voce. 

Reginald però non si fermò finchè con un'ultima botta più forte, Klaus svenne. Poi uscì dalla porta, ritrovandosi Numero Due davanti. Lo lasciò passare, evitando ogni altro scontro. 

Il ragazzo si precipitò su Klaus, incosciente. Non riuscì a non piangere disperato, chiedendo aiuto a Grace e Pogo, che lo portarono in infermeria. 

Quando Numero Quattro fu di nuovo sveglio, Diego non era affianco a lui. Klaus pensò che anche lui aveva rinunciato a lui, al dolore che stava provocando nella casa e nelle persone intorno a lui, e prese una decisione. Fu così che nel mezzo della notte il ragazzo aveva preso qualche risparmio che aveva ed era fuggito di casa, lasciando dietro di sé nient’altro che una lettera sotto la porta di Diego. 

Well you look like yourself

But you're somebody else

Only it ain't on the surface

Well you talk like yourself

No, I hear someone else though

Now you're making me nervous

“Promettimi.

Promettimi che tenterai. Che piangerai molto ma che continuerai sempre. Che ci crederai. Che desidererai le persone per quanto le persone ti disilludano. Che avrai fiducia in te per quanto ti dicano che non ne devi avere.

Promettimi.

Promettimi che andrai avanti. Che non rinuncerai solo perché esiste la paura. Che non ti fermerai solo perché esistono i problemi. Che quando ti chiederanno «cosa vuoi essere» risponderai «tutto quello che vorrò essere».

Promettimi.

Promettimi che farai selezione. Che sceglierai con criterio quello che ti può ferire. Che non vorrai rovinarti con ciò che non ha una soluzione. Che non ti consegnerai a ciò che serve solo a ucciderti e non a farti vivere. Che manderai al diavolo ciò che si trova sul tuo cammino solo per essere mandato al diavolo.

Promettimi.

Promettimi che preferirai la pazzia. Che rischierai. Che sarai il buffone di corte quando sarà necessario un buffone di corte. Che farai quello che nessuno degli altri buffoni è

stato capace di fare. Che ti rispetterai non rispettando ciò che ti impedisce di sognare. Che preferirai camminare in equilibrio su di una corda piuttosto che avere una corda al collo.

Promettimi.

Promettimi che godrai del corpo. Che desidererai l'orgasmo quando sarà possibile. Che desidererai il piacere quando sarà possibile. Che leccherai ciò che ti darà piacere leccare, morderai ciò che ti darà piacere mordere, toccherai ciò che ti darà piacere toccare. Che esplorerai tutti i sensi perché questo è il grande senso di tutta questa merda.

Promettimi.

Promettimi che un giorno ti dimenticherai del corpo. Che quando il corpo sarà vecchio e non ti risponderà preferirai esistere al di là di esso. Che passerai oltre i suoi difetti e vivrai dentro la tua testa. Che disprezzerai lo specchio e sarai ciò che ancora senti di essere. Che comprenderai come da un certo momento in poi ciò che è importante non ha materia.

Promettimi.

Promettimi che sceglierai di amare. Che quando avrai la possibilità di amare e un'altra possibilità qualsiasi tu amerai. Che quando ti sembrerà che amare sia inconcludente tu amerai. Che quando avrai l'impressione che amare possa ferire tu amerai. Che quando avrai la certezza che amare sia una pessima scelta tu amerai. Che quando sarà possibile amare tu amerai. Che avrai la capacità di comprendere che quando starai per morire le prime quattro immagini che ti passeranno davanti agli occhi saranno d'amore, e anche le seconde quattro, e le terze e le quarte e le quinte e tutte le immagini che potrai vedere prima di morire saranno d'amore e lo saranno sempre.

Promettimi.

Promettimi che non prometterai mai niente a nessuno. Tanto meno a me, che avevo promesso di non sentire mai il bisogno di nessuno e invece adesso ti amo. 

Tuo, Klaus” 

I saw the part of you that only when you're older

You will see too, you will see too

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Capitolo 8
*** All I Want. ***


All I want is nothing more

To hear you knocking at my door

'Cause if I could see your face once more

I could die a happy man, I'm sure

A Diego era stato impedito di stare con Klaus. Reginald aveva chiuso il ragazzo nella sua stanza dopo che Grace si era presa cura di lui. Numero Due aveva pregato la madre di farlo entrare, che non l’avrebbe detto ad anima viva se lo avesse aiutato, ma la donna si era rifiutata “per il suo bene”. 

Quella era la prima notte dopo anni che dormiva da solo. Era sempre stato abituato a Klaus, al calore del suo corpo, ai suoi bacini, alle sue storie. Diego non voleva affrontare la notte senza di lui, faceva troppa paura. Non riusciva a dormire, sentiva un pezzo di lui mancare e sapere che Klaus era nella stanza di fronte conciato davvero male e senza qualcuno che lo rassicurasse lo faceva stare peggio. 

Quasi alle tre del mattino, Diego riuscì ad addormentarsi, troppo stanco per tenere gli occhi aperti e combattere la paura dei suoi incubi. Due ore dopo si svegliò di colpo, con il cuore a mille e le lacrime agli occhi. Per istinto si voltò dalla parte del letto che era di solito occupata da Klaus, in cerca del suo conforto. Ebbe un colpo al cuore quando realizzò che non era lì. Poi notò il foglio sotto la porta e andò a prenderlo speranzoso. Forse Klaus voleva mandargli un messaggio per andare da lui. 

Iniziò a leggere e più andava avanti, più quelle parole non promettevano niente di buono. Perciò Diego uscì dalla sua stanza con il cuore in gola, voleva delle spiegazioni, voleva sapere cosa volesse dirgli e di dirglielo in faccia se ne aveva il coraggio. 

Poi vide la porta della camera di Klaus spalancata. Lì dentro non c’era nessuno. 

Numero Due sentì una sensazione ancora più orribile attanagliargli lo stomaco e cominciò a cercarlo in ogni angolo della casa, sempre più in panico.

Non poteva essere. 

Andò fin sopra la terrazza, nel loro posto speciale davanti a quegli splendidi fiori che Numero Due aveva ricevuto in regalo. Non era neanche lì. 

Non poteva crederci...Klaus lo aveva abbandonato in quella casa. Se ne era andato senza di lui. 

Preso da un impeto di rabbia, il ragazzo iniziò a sradicare le povere piante, buttò a terra i vasi, piangendo come non aveva mai fatto. L’incubo peggiore si era avverato, Klaus era andato via, Klaus era scappato per sempre e senza di lui. Diego era solo, totalmente solo. Il suo cuore si era spezzato in mille pezzi, poteva sentire quel dolore fisicamente nel petto. Cadde in ginocchio e batté i pugni sul pavimento. Non smetteva di tremare, di pensare a quanto fosse stato egoista Numero Quattro a lasciarlo lì. Andarsene insieme era stato il progetto di una vita e invece lo aveva piantato in asso. Gli aveva detto che lo amava, gli aveva detto che senza di lui non sarebbe andato mai via...Gli aveva raccontato tante stronzate a quanto pare. 

Diego era rimasto in ginocchio, la pioggia aveva iniziato a cadere, mescolandosi alle sue lacrime. Quando la rabbia si attenuò, il ragazzo non poté far a meno di pensare di aver distrutto una delle ultime cose che gli restavano di Klaus. I suoi fiori, le piccole vite che aveva accudito per mesi fino a vederle sbocciare, distrutti. Prese in mano un ortensia rosa, ricordandone il significato e la pioggia sul suo cuore. 

When you said your last goodbye

I died a little bit inside

I lay in tears in bed all night

Alone without you by my side

Il rumore dei tacchi di Mamma si fecero chiari dietro di lui, ma si accorse della presenza della donna solo quando la pioggia smise di bagnargli la pelle. Grace si inginocchiò affianco a lui, proteggendo entrambi con un grande ombrello nero.

- Diego...Che succede? - gli chiese, posando una mano sulla sua spalla. La sua dolcezza fece sentire Numero Due di nuovo un bambino. Lui si fiondò tra le sue braccia e la donna lo abbracciò. 

- Klaus è andato via - sussurrò, sperando di non doverlo ripetere a voce più alta. Dirlo era ancora più doloroso che pensarlo perchè lo rendeva reale, talmente reale da far paura. 

- Oh...Sono sicura avrà avuto i suoi motivi per farlo, tornerà - Grace gli sorrise. La sua positività era spaventosa, ma tra l’altro lei era un robot creato per prendersi cura dei sette bambini come dei figli, perciò il tentativo di sollevargli il morale Diego lo sentì in maniera affettuosa. Pochi minuti dopo Mamma lo convinse a rientrare in casa prima che si prendesse un raffreddore. Numero Due non smise di pensare alle sue parole. Chissà cosa era saltato in testa a Klaus. Lui e la sua maledetta convinzione di dover sempre seguire l’istinto. 

Poi alla rabbia subentrò il pensiero che Klaus sarebbe stato solo per strada, con mille minacce e soprattutto abbastanza droga da ucciderlo. Diego pensò che non l’avrebbe rivisto mai più e ormai tutto l’amore che aveva per lui poteva solamente custodirlo gelosamente. 

Reginald entrò in cucina mentre Mamma stava servendo una tazza di tè caldo a Diego. L’uomo gli chiese cosa ci facesse lì ancor prima dell’orario della colazione. Numero Due non intendeva rispondere, ma per fortuna Grace lo fece al posto suo. Stranamente il padre lo lasciò in pace e per di più non sembrò neanche sconvolto dal fatto che Numero Quattro fosse scappato. Prima degli allenamenti aveva annunciato al resto dei figli che Klaus era andato via con la stessa freddezza che aveva usato per Cinque e Ben.

Luther sembrò quasi dispiaciuto, Allison e Vanya sicuramente lo erano e avevano tentato di abbracciare Diego, senza successo. Quest’ultimo si rifiutò di parlare con chiunque, chiudendosi nel suo dolore e nel suo guscio da duro. 

But if you loved me

Why'd you leave me?

Take my body

Take my body

I giorni cominciarono a passare e divenne tutto sempre più doloroso. Diego desiderava ogni singolo momento di vederlo tornare.

La luce accesa e l’oscurità dei suoi passi. Quando si amavano perfino i suoi passi erano diversi, si svegliava nel mezzo della notte per ascoltarlo respirare, e finivano per svegliarsi e camminare, senza muovere un passo, dentro ciò che guardavano. C’era un momento in cui la luce si spegneva, i corpi troppo deboli per afferrare la forza di un abbraccio. A poco a poco il mondo allontana chi si ama. Troppo mondo li aveva separati, e non erano riusciti a preservare nemmeno un letto come ultimo rifugio.

La vita è talmente grande da poter essere anche infinitamente piccola.

La casa deserta, piena di me. Gironzolo andando alla ricerca di qualcosa che vale la pena cercare. E non trovo nulla se non tutti i motivi validi per non avere un motivo.

Dove sei?

Io sono vivo, affranto ma vivo, all'entrata della tua stanza. I nostri fratelli che guardano la mia pena, la mia pena merdosa, come si guarda un morto. 

Dove sei mentre qui tutto fa male?

Scrivo per scrivere a te. Tutto ciò che scrivo è come se te lo dicessi. Non ho ancora trovato il coraggio di alzare le persiane, di lasciar entrare il sole che si insinua tra le fessure della tua assenza. Non ho ancora trovato il coraggio per un'altra vita diversa da te. Scrivo per scrivere a te. E la tua stanza vuota come sempre è il nostro ultimo rifugio. Qui tutto è come era prima che tutto cambiasse per sempre. Siamo ancora qui, io e te, io e te in queste parole che scrivo senza che tu le possa leggerle. Io e te qui come sempre: uno che scrive quello che l'altro non leggerà. Qui, soltanto qui, ancora scrivo per mantenerti vivo in me. Qui, soltanto qui. Ancora scrivo per mantenermi vivo.

Dove sei mentre io non sopporto più niente?

Passano i giorni. Passo attraverso i giorni. Passo attraverso gli allenamenti strazianti, le botte di papà e le cure di mamma. Creo personaggi, storie, vivo come se fosse possibile vivere, come se gli orologi segnassero il tempo, come se le persone esistessero. Vivo come se fosse possibile vivere. So che se fossi qui mi diresti che

sarebbe possibile. Mi daresti un buffetto sulla schiena, un bacio appassionato (che nostalgia della tua lingua, ah, tanta nostalgia della tua lingua, Klaus), e mi diresti di smettere di fare la femminuccia: fatti una vita, pigrone. E io sorriderei, direi che avresti torto - e finirei per fare esattamente quello che hai detto. Non per stanchezza, non perché so di non essere capace di controbattere, non perché so di essere ostaggio dell'amore che provo per te. Soltanto perché fare esattamente quello che tu vorresti che facessi sarebbe fare esattamente quello che io vorrei fare. Fatti una vita, pigrone. Tutti i giorni sento la tua voce nella mia testa, nei miei occhi, nella mia bocca, su tutta la mia pelle. Ti sento in ogni passo che faccio. E a volte ho paura di camminare solo perché il rumore dei miei passi non sovrasti la tua voce.

Dove sei?

L’abbandono ha bisogno di due persone. L’abbandono ha bisogno sempre di due persone. Quella che abbandona e quella che accetta l’abbandono. Sei qui ed è con te che voglio passare i miei giorni. Mi dispiace, ma io non ti abbandonerò mai. Avrai le mie parole, tutti i giorni, così come è sempre stato. Avrai i miei occhi chiusi nei tuoi, come sempre i tuoi chiudevano i miei. Ti ricordi che non appena ti addormentavi mi addormentavo subito anch'io? Come se fossimo legati da qualche meccanismo biologico. Tu dicevi: adesso dormo. E io non dicevo niente. Semplicemente ti guardavo, lentamente, mentre chiudevi gli occhi - e, nello stesso momento, chiudevo, lentamente, tanto lentamente quanto i tuoi, i miei. E così ci addormentavamo, tutti i giorni e tutte le notti assieme, veramente assieme, dormendo lo stesso sonno. Neanche dormendo smettevamo di essere uniti. Se sognavo, sognavo te. Ti sentivo dentro a tutto ciò che vivevo. Eri la parte esterna di me - il corpo che mi apparteneva così come mi appartiene la vita. Non pensare che ti permetta di lasciarmi. L’abbandono ha bisogno di due persone.

Dove sei? Ho bisogno di vivere un'altra volta.

All I want is

And all I need is

To find somebody

I'll find somebody

Like you, oh, oh

Diego decise di andare via di casa poche settimane dopo, ormai stanco di esistere in un posto in cui tutto faceva male. Senza Klaus niente era lo stesso. Senza Klaus che lo stringeva e gli diceva che tutto andava bene non poteva sopravvivere in quella casa. Numero Due aveva preso tutte le sue cose, aveva salutato Mamma con un grande abbraccio, cercando di imprimerlo nella sua mente per sempre, e andò a vivere una vita nuova in cui avrebbe scoperto chi fosse davvero Diego. 

Non fu facile cominciare da zero, ma il ragazzo dopo tante preparazioni, si arruolò nella scuola di polizia. Quel posto gli offriva tutto ciò di cui aveva bisogno e in più Diego ci teneva a proteggere le persone, ad essere una di quelle figure su cui la gente fa affidamento. Ma più tempo cominciò a passare lì dentro, più si rese conto che nessuna di quelle persone faceva davvero qualcosa per la comunità che avrebbero dovuto difendere. 

Diego resistette per quasi un anno, fino a quando non venne espulso perché insisteva nel fare le cose a modo suo. Lui voleva sempre passare all’azione, alle cose concrete, ad azioni che salvavano la vita delle persone, non che la distruggevano. Diego non voleva fare quello che gli altri gli ordinavano, adesso era padrone della sua vita. 

Nella scuola di polizia non si fece molti amici per via del suo comportamento da stronzo, ma conobbe Eudora, un’aspirante poliziotta della sua età, una ragazza splendida. Lei era stata talmente testarda e decisa da provare e riprovare a fare amicizia con lui, finchè Diego non aveva abbassato le sue difese. La ragazza era dolce e divertente, e in più lei era la prima persona del mondo esterno che Diego non odiava. Inspiegabilmente provò un certo affetto per lei, cosa che gli era sempre sembrata impossibile dato che Klaus non aveva mai smesso di occupare il suo cuore. All'inizio pensò di vedere Eudora solo come un’amica, una buona amica, su cui poter fare affidamento sempre. Passarono diverse sere insieme, andando in qualche bar o restando al parco sotto le stelle e Diego era tornato nella sua stanza sempre con il sorriso. Eppure decise di trattenersi il più delle volte, nella speranza che Klaus spuntasse dal nulla dicendogli che lo amava ed era tornato per restare. Poi però mentre erano seduti sul parabrezza della macchina di Eudora a guardare la città da un punto panoramico, lei lo aveva baciato. Il cervello del ragazzo era esploso per via dei troppi pensieri che si accumularono. Pensò che quello era il suo primo bacio dopo Klaus. Pensò che quella era la prima donna che lo baciava. Pensò che forse si stava innamorando di lei e due secondi dopo pensò che non si era mai innamorato di nessun altro se non Klaus. Ogni pensiero riguardava Klaus. Infine pensò “Fanculo, Klaus” e ricambiò quel bacio, posando una mano sulla guancia di Eudora. 

Anche quando Diego era stato buttato fuori dalla scuola di polizia, Eudora era rimasta affianco a lui. Avevano iniziato una vita insieme e tutto andava alla perfezione. Il pensiero di Klaus però rimase sempre fisso nel cuore di Diego, a volte desiderando che quella vita la stesse vivendo con lui. Voleva bene ad Eudora, ma non era sicuro fosse vero amore.

 'Cause you brought out the best of me

A part of me I'd never seen

You took my soul and wiped it clean

Our love was made for movie screens

Nel frattempo Klaus si era messo a correre più veloce che poteva. Voleva allontanarsi da quella casa che era diventata una prigione, ma le sue ferite non gli permisero di resistere alla corsa per più di un minuto, il fiato gli si mozzò d’improvviso e dovette fermarsi. Continuò per la sua strada, camminando a caso, senza sapere dove andare. E continuò a farlo fino a quando non trovò un motel che potesse ospitarlo senza domande e con pochi soldi. Rimase in quel posto, ancora impaurito, pensando che forse doveva tornare indietro, ma poi l’idea che Reginald potesse picchiarlo ancora per punirlo per essere scappato lo fece rimanere dov’era. Pensò anche a Diego, a come lo avrebbe odiato per sempre, più di quanto non faceva già. Sì, Klaus si era convinto che dopo averlo scoperto a prendere la meth Diego lo odiava e gli faceva paura anche solo pensare che non lo aveva salvato di proposito dal padre quella mattina. La convinzione di essere un fallimento, un ragazzo vuoto e inutile gli era stata imposta e ormai era difficile non crederci.

Klaus nei mesi seguenti trovò lavoro in una tavola calda, aveva deciso di prendere in mano la sua vita e trarne qualcosa di positivo. Si dette da fare e siccome non aveva niente di meglio da fare e gli piaceva chiacchierare con i clienti si offriva sempre di fare più turni. Ma le vecchie abitudini sono dure a morire e Klaus spendeva parte dei pochi soldi che guadagnava in droga. Si assicurò sempre di essere solo prima di prendere le pillole e si fece amico il figlio del proprietario, Antonio, che poi divenne anche una specie di fidanzato. Ad essere sinceri a lui non piaceva granchè quel ragazzo, stava con lui solo per necessità, per avere un posto in cui dormire e tenersi il lavoro il più a lungo possibile. In fin dei conti veniva trattato bene e avere qualcuno che lo amasse era carino, ma Klaus si ripeteva che quello non era Diego. 

(come si spegne un ricordo eterno?)

Ho paura del passato, lo sai? Paura che non torni mai più. E non torna. La cosa peggiore è che non torna, Diego.

I ricordi sono la prova che nel mondo c'è qualcosa di diabolico e di miracoloso: tanta gioia quanto dolore.

Come si spegne un ricordo eterno? Come si spegne la sera in cui mi hai detto di si per la prima volta? O peggio: come si spegne la sera in cui mi hai detto di no per la prima volta?

C'ề così tanta sofferenza e solo una vita da vivere. La signora del negozio all'angolo soffre molto, eppure sorride. Fino a quando sarà possibile soffrire così tanto e

continuare a sorridere? L'umanità ha paura del dolore, per questo soffre. In me soffia uno strano vento, un grido che mi riempie le ossa. 

Dove sono quando non ci sei?

La morte serve a dare valore alla vita – oppure a dimenticarla. La mia ora ancora non è giunta ma tu non ci sei più: ecco il paradosso perfetto.

Come continuare?

Da qualche parte ci dev'essere qualcuno che stringi tra le braccia, da qualche parte ci dev'essere qualcuno pieno di vita. Provo invidia per chi ti ama, e allo stesso tempo un'ammirazione sconfinata: chi tỉ rende felice è il mio migliore amico, anche se mi allontana da te. Ti amo al di là di me stesso.

Un giorno riconoscerò di nuovo la tua immagine nel sole. Sei l'immagine che comprende tutte le altre, una specie di immagine superiore, di unica immagine.

Esiste solamente ciò che ci tocca oppure non esiste nulla.

La signora del negozio all'angolo vuole che sorrida a mia volta; mi sforzo ma non ce la faccio: siamo entrambi intrappolati in una nostalgia che solo lei riesce a mascherare. Quando smetterò di guardare con i tuoi occhi allora vedrò ció che mi circonda. Ma per ora no; per ora voglio continuare a cercarti pur sapendo che non vuoi farti trovare.

Amare è continuare a cercare ciò che non vuol farsi trovare. Ti cerco per trovare me stesso. Spero che tu capisca. E scesa la notte, l'appartamento è vuoto, un cane abbaia e sembra sapere cos'è la solitudine. C'è qualcosa di incomprensibile in tutto ciò che non si spiega – ironicamente è questo qualcosa che vale la pena sperimentare.

A volte mi dimentico che esisti. Sono i due o tre secondi più insopportabili della giornata.

But if you loved me

Why'd you leave me?

Take my body

Take my body

Klaus non aveva mai smesso di amarlo, nonostante i mesi passati da quando era scappato. Era passato sotto la finestra di Diego quasi tutte le sere da quel giorno, avrebbe voluto arrampicarsi, entrare in stanza e dirgli di andare con lui, ma non aveva mai trovato il coraggio. Gli mancavano i suoi abbracci, gli mancavano i suoi baci, gli mancava il modo in cui non lo faceva mai sentire fuori posto o sbagliato. Sentiva che Diego era l’amore della sua vita e sperava che come nei più grandi film d’amore si ritrovassero per vivere il resto della loro vita insieme e recuperare tutti i giorni persi. Forse era soltanto la mentalità di un ragazzo di diciotto anni o forse era la verità, questo Klaus non l’avrebbe mai saputo.

Purtroppo nella sua vita niente durava e Antonio scoprì ogni sua bugia, cacciandolo via anche dalla tavola calda. Klaus divenne di nuovo homeless. E a quel punto si lasciò andare. Ed era stato facile lasciarsi andare. Semplicemente lasciarsi. Un piccolo tentativo qui, un altro piccolo tentativo lì. Solo per far finta di non lasciarsi andare. E poter così continuare a lasciarsi andare. Era stato così facile lasciarsi andare. Non richiese forza, non richiese una motivazione, non richiese tentativi, non richiese il rischio dell'errore. Lasciarsi andare richiese di continuare, solo di continuare. Gli stessi gesti, le stesse abitudini, le stesse risposte alle stesse domande. Sempre la solita stessa merda. Lasciarsi andare è sempre, esattamente, la solita stessa merda. Quindi Klaus continuò a consumare qualsiasi droga potesse, occasionalmente cercando soldi in cambio di piccoli favori sessuali per comprarne altra, e continuò a rubare qua e là per sopravvivere. Non poteva negare che si sentiva un errore che andava cancellato dalla terra. 

All I want is

And all I need is

To find somebody

I'll find somebody

Oh, oh, oh, oh, oh

Un anno dopo, mentre Diego andava avanti con la sua vita, Klaus experienced his first overdose. I tremori muscolari, la marcata confusione mentale, il delirio e le convulsioni gli fecero sentire di star per morire. E una parte di sé l’aveva sperato, che senso aveva andare avanti? I fantasmi che riusciva a zittire per poche ore, essere senza casa, senza famiglia, aver perso l’unica persona che lo amava, la morte di Ben che ancora lo seguiva nei suoi sogni, la depressione, la voce di suo padre che gli diceva di essere un disappunto. Niente nella sua vita era mai andato come voleva e faceva male non avere il controllo. Faceva tanto male dover soffrire. Faceva tanto male sapere che era facile non soffrire, che era così facile un sorriso qui, un altro sorriso lì. E andare avanti in una moltitudine di sorrisi come se fosse destinato a loro. Era sempre così vicino all'euforia tanto quanto era vicino alla morte. Non gli interessava qualcosa che non avesse una vertigine, che non esigesse la natura di essere troppo. Se non era troppo non gli interessava, se non poteva essere fatale non gli serviva. Lui era come un attore che non conosce il suo ruolo e che per questo interpreta tutti i ruoli che incontra. Non era l'umorista né il patetico, non era il genio né l'imbecille, era il ragazzo che non sapeva dove si trovava e che per questo andava dappertutto per non ritrovarsi in nessun posto. Avrebbe voluto essere come gli altri, creature povere e felici, a cui bastava un posto qualsiasi e avevano tutto. Stare là, nei loro angolini di felicità possibile, a vivere i sorrisi possibili. E tutto questo li soddisfava. Come avrebbe voluto essere così, non desiderare niente di più di ciò che aveva e sentirsi completo con le parti che possedeva - con le parti che il mondo gli donava. Ma tutto quello che desiderava era ciò che non poteva più avere, tutto quello che sentiva era ciò che ancora doveva sentire, tutto quello che lo occupava era ciò per cui lottava disperatamente.

Ma poi, proprio mentre stava per abbandonarsi, Ben era comparso e gli aveva detto che non poteva mollare, che la sua vita era un dono e poteva lasciarsi quella merda che stava vivendo alle spalle, che ne era capace, perché il Klaus che conosceva lui era molto meglio di così. Forte, capace, divertente e amorevole. Così lo aveva preso per mano e Klaus si era risvegliato in un’ambulanza e Ben...era lì con lui. 

Da quel giorno il fratello non lo aveva mai lasciato solo ed era finalmente bello sapere che c’era qualcuno con lui, anche se nessuno poteva vederlo se non Klaus. Ben era come la sua coscienza e spesso lo aveva convinto ad andare in riabilitazione, ma non aveva mai funzionato se non per i giorni spesi in quegli edifici spogli e pieni di gente come lui. 

If you loved me

Why'd you leave me?

Take my body

Take my body

Ormai non si vedevano da quasi più di due anni quando capirono che in realtà non avevano mai smesso di vedersi.

In quella notte fredda, la radio di Diego intercettò quelle della polizia, che andavano a controllare uno strano traffico in un vicolo della città, famoso per essere frequentato da spacciatori. Quando lo aveva sentito, era diventata quasi una questione personale. Era stata quella merda ad allontanare Klaus da lui, sentiva il dovere di fermare tutti quegli stronzi che vendevano droga. Lui era un vigilante.

Ovviamente si mosse in fretta, più in fretta degli idioti in divisa blu e arrivò per primo. Un uomo teneva per il collo un ragazzo. 

- O mi ripaghi fino all’ultimo centesimo o ti faccio fuori adesso, ragazzino - l’uomo disse e tirò un pugno in faccia al ragazzo al muro. Diego non aspettò un secondo di più e tirò abilmente uno dei suoi coltelli per fermare quel tizio e si precipitò ad aiutare il ragazzo dai capelli ricci, che era caduto appena la presa si era allentata. 

Poi il ragazzo alzò la testa e incontrò i suoi occhi. E Diego non seppe dire se gli fece più bene o male. Quegli occhi verdi e brillanti li aveva visti mille volte, li aveva studiati e conosciuti per anni. Non riusciva a credere che quello di fronte a lui era proprio Klaus.

Si fissarono per dei secondi che sembrarono infiniti, confusi, affranti, sicuramente non aspettandosi di rivedersi, di ritrovarsi ancora così vicini. 

Le sirene spiegate della polizia si fecero spazio nell’aria e Diego prese Klaus per mano, portandolo via da quel posto.

All I want is

And all I need is

To find somebody

I'll find somebody

Like you, oh

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Capitolo 9
*** Back to December. ***


I'm so glad you made time to see me

How's life, tell me how's your family?

I haven't seen them in a while

Diego teneva gli occhi fissi sulla strada mentre guidava verso il suo appartamento. C’era un silenzio incolmabile, pieno di cose non dette. Klaus era seduto affianco a lui, nel posto del passeggero, e il suo aspetto diceva chiaramente che la vita non era stata clemente con lui in quei due anni. 

Diego stava provando tanta rabbia, non era pronto a quel momento, a quell’incontro. Era arrabbiato perché sentiva ancora il dolore del giorno in cui se ne era andato, era arrabbiato per averlo lasciato, era arrabbiato per essere sparito, per non averlo mai cercato, era arrabbiato per il modo in cui il suo cuore stava battendo e combatteva l’istinto di fermare la macchina e stringere Klaus con lo stesso amore che non aveva mai smesso di provare. 

Non ne aveva il diritto. Klaus non aveva il diritto di entrargli dentro così, spazzare tutto quello che aveva sotto il tappeto, occupare la sua vita con la sua. E poi andarsene senza un saluto, senza un «mi è piaciuto molto amarti», senza un «è stato molto bello stare con te». Niente. Era entrato, aveva amato, aveva ferito. E se ne era andato. E lui era lì, perso, incatenato a quello che aveva lasciato in attesa di un suo ritorno, in attesa che lui tornasse e dicesse che era tutto uno scherzo, che non se ne era andato come il codardo che era sempre stato. Per un attimo pensò che Klaus gli faceva schifo. Ma non per questo smetteva di essere l'uomo della sua vita. Amare è riuscire a immaginarti tra le braccia di chi ti può fare persino schifo. E lui in quel momento, in quella rabbia cieca, in quello spazio in cui erano rinchiusi, gli faceva schifo. Diego pensò che gli faceva schifo essere stato suo – eppure anche così avrebbe dato di tutto per tornare a essere suo. Gli facevano schifo i suoi baci e allo stesso tempo cosa non avrebbe dato per averli ancora, fermare la macchina e riempirlo di baci, riassaporare le sue labbra. Pensò che gli facevano schifo i suoi abbracci - eppure non aveva mai smesso di sentirli, intensi e pieni d'amore come solo loro sapevano essere. Pensò che gli faceva schifo tutto ciò che era suo. E la cosa peggiore era che tutto ciò che era di Diego era ancora disponibile per Klaus (mancanza di personalità, pensò; debolezza, pensò; ma essere debole e felice era stato molto meglio che forte e nella merda come negli ultimi due anni). Per quanti anni fossero passati continuava ad avere la certezza, la più assoluta delle certezze, che sarebbe rimasto così fino alla fine dei suoi giorni. Disponibile. Disponibile per Klaus, per lo schifo di decisioni che prendeva, per lo schifo di vita che gli offriva.

You've been good, busier then ever

We small talk, work and the weather

Your guard is up and I know why

Because the last time you saw me

Is still burned in the back of your mind

Provava schifo per lui, ma la nostalgia superava quel sentimento negativo.

Tutte le notti era suo per la prima volta. Chiudeva gli occhi e la mano di Klaus percorreva la pelle di Diego alla ricerca del piacere finale. Perfino in quello era schifoso. Perfino in quello, nel modo quasi dolente con cui cercava l'orgasmo, era schifoso. Ma poi a Diego venne in mente come Klaus aveva sempre bisogno di sapere di Diego, di quello che voleva, del suo piacere. Ed era così, con quella sua dolcezza, che si sentiva amata. Era così, grazie alla sua totale capacità di volergli dare piacere, che provava piacere. 

Fu in quel momento che realizzò che non era schifo quello che provava per Klaus. Quella era la sua rabbia che parlava, il dolore della ferita che si era appena riaperta e aveva cominciato a bruciare.

Lo amava oltre qualsiasi ragione possibile. Oltre tutte le ragioni. E tutte quelle volte (e intendeva proprio tutte) che si era detto che Klaus non lo meritava e che doveva dimenticarlo, non aveva avuto ragione. Aveva sicuramente tutte le ragioni per mandarlo al diavolo, per non volere più nemmeno guardare il suo viso (era ancora così bello, così bello). Ma chiudeva gli occhi e lui arrivava, finché quella sera non aveva aperto gli occhi e lo aveva trovato per davvero. Tutte le ragioni erano contro di lui. E forse l'amore è proprio qualcosa che ha tutte le ragioni contro. “Amarti mi fa schifo, Klaus” pensò, poi fermò la macchina davanti casa sua, e incontrò per la seconda volta il suo sguardo “Ma ti amo”.

You gave me roses and I left them there to die

So this is me swallowing my pride,

Standing in front of you saying I'm sorry for that night,

And I go back to December all the time

Klaus faceva passare lo sguardo dai palazzi fuori dal finestrino al viso di Diego, sul quale poteva leggere ogni emozione che stava provando. Diego era un libro aperto per lui, anche dopo tutto quel tempo. 

Klaus si sentiva ancora più in colpa del giorno in cui se ne era andato. Si era sempre chiesto come Diego aveva reagito a tutta quella situazione schifosa in cui lo aveva messo, e nei suoi occhi c’era la risposta. Rabbia mescolata a dolore e delusione, forse anche un pò d’amore e nostalgia.  

Quante felicità Klaus si era perso a causa di un pentimento tardivo?

Le azioni talvolta cadono come bombe dentro a due persone che si amano più delle parole.

Avrebbe voluto evitare le più dure, quelle che aveva fatto prima del pentimento. Quante felicità si era perso a causa di un pentimento tardivo? Erano bastati uno o due secondi di ritardo e l'edificio si era sgretolato – un castello di carta malsano, soffocante. Era diventato impossibile respirare dentro a ciò che poteva essere.

 It turns out freedom ain't nothing but missing you,

Wishing I'd realized what I had when you were mine

I'd go back to December, turn around and make it all right

I go back to December all the time

Alla fine aveva perso tutto, ma gli stava bastando guardarlo mentre guidava perché tutto fosse di nuovo suo.

Diego secondo Klaus era nato per impedirgli di morire. Aveva tutta la vita davanti e lui credeva che la sua non avesse più alcun senso.

E poi il suo sorriso. Il suo «Prometto di non lasciarti mai>>, il suo «Ti amo da morire, Diego». E il letto. Oh, il letto. Quel luogo all’apparenza così banale era stato il loro unico rifugio sin dalla prima notte che avevano passato abbracciati, spaventati da incubi e fantasmi.

C'era un principe e c'era una principessa. E poi c'erano loro. Più in alto c'erano loro. E c'era tutto quello che le grandi storie d'amore dovrebbero avere. All'inizio il corteggiamento di nascosto, poi il corteggiamento timido, la mano data come se fosse una prova di coraggio, la richiesta di fidanzamento fatta solamente di un bacio, la felicità piena. Era mancato solo essere felici per sempre. Manca sempre l'essere felici per sempre. Anche perché la vita non conosce il per sempre. C'è un prezzo da pagare, un giorno ami e il giorno dopo muori. E la cosa peggiore della vita reale non era ritrovarsi un giorno irrimediabilmente innamorati e avere qualcuno irrimediabilmente innamorato di te e il giorno dopo essere irrimediabilmente morti di fronte a qualcuno o ritrovarsi davanti qualcuno irrimediabilmente morto. La cosa peggiore della vita reale era ritrovarsi un giorno irrimediabilmente innamorati e avere qualcuno irrimediabilmente innamorato di te e il giorno seguente continuare ad essere irrimediabilmente innamorati ma non avere più qualcuno innamorato di te. La cosa peggiore della vita era stata essere capaci di resistere alla morte di un amore. La cosa peggiore della vita era stata continuare a respirare quando ciò che lo rendeva possibile non esisteva più. Klaus sapeva di aver smesso di essere tutto quello che Diego amava. Non sapeva quando era che aveva smesso di amarlo. Se era stato il giorno in cui aveva capito che era soltanto un ragazzo insicuro, se era stato il giorno in cui aveva capito che si drogava, o se era stato il giorno in cui semplicemente si era svegliato, aveva guardato al suo fianco e non lo aveva più ritrovato. Klaus se ne era andato e Diego era rimasto. Solo così era in grado di definire quello che gli era successo: lui se ne era andato e il suo povero Diego era rimasto. Esattamente nello stesso luogo, esattamente con la stessa voglia di lui. C'era tanto ancora da fare, tante cose nuove da sperimentare insieme, in riabilitazione gli avevano detto che aveva tutta la vita a disposizione per trovarne altre.

Tutto era rimasto indietro, alla fine aveva perso tutto, ma gli stava bastando guardarlo mentre guidava al suo fianco perché tutto fosse di nuovo suo.

Diego quella sera era tornato e Klaus aveva capito che non era mai riuscito ad andarsene.

These days I haven't been sleeping

Staying up playing back myself leaving,

When your birthday passed and I didn't call

Scesero dall’auto ancora in silenzio e pieni di pensieri. Non sapevano bene cosa dirsi. 

Diego aprì la porta ed entrò, aspettando che Klaus facesse lo stesso. Il ragazzo dai capelli scuri gli indicò una sedia per fargli capire di sedersi, ancora non aveva trovato la voce, non sapeva se l'avrebbe mai fatto. L’altro annuì e si sedette, guardandosi attorno, guardando Diego sparire dalla stanza. Klaus lo aspettò giocando con le maniche della sua giacca, nervoso. Si accorse del dolore al naso solo in quel momento, quando cercò di concentrarsi su tutto tranne che sui suoi stessi pensieri. 

And I think about summer, all the beautiful times

I watched you laughing from the passenger side

And realized I loved you in the fall

And then the cold came, the dark days when fear crept into my mind

You gave me all your love and all I gave you was goodbye

- Senza di lui saresti morto - Ben attirò la sua attenzione. Il fratello se ne stava appoggiato allo stipite della porta, mentre lo guardava come per sgridarlo. Klaus non disse niente per il semplice fatto che aveva ragione, abbassò lo sguardo e per fortuna Diego sbucò con una garza e del disinfettante in mano. 

Klaus avrebbe voluto protestare, dire che non c’era bisogno, era abituato e gli bastava solo dell’acqua, nient'altro, ma la voce non uscì. Una buona parte di lui desiderava che Diego si prendesse cura di lui. E lo fece. Il ragazzo gli alzò il viso delicatamente e cominciò a passare la garza con il disinfettante sul naso quasi rotto e sanguinante. 

Diego si prese il suo tempo, perso a studiarlo. Il viso di Klaus aveva un’aria stanca, i suoi occhi verdi erano spenti proprio come l’ultimo giorno che aveva avuto occasione di guardarli, del trucco nero era sbavato intorno ad essi. I suoi ricci erano stati tagliati da qualche mano inesperta, probabilmente da lui stesso, ma erano scompigliati come al solito, come a Diego piaceva. Poi Diego si concentrò sulle sue labbra mentre delicatamente disinfettava il taglio sul labbro inferiore. Quella era da sempre la sua parte preferita di Klaus. Le sue labbra erano ancora morbide e rosee, e Diego non potè fare a meno di ricordare in quanti posti del suo corpo erano state. Non c’era parte in cui Klaus non l’avesse baciato. 

Diego per un attimo pensò di baciarlo, ma decise di non farlo perchè pensava Klaus non lo meritasse. 

So this is me swallowing my pride,

Standing in front of you saying I'm sorry for that night

And I go back to December all the time

Finì di prendersi cura di lui e Klaus si alzò dalla sedia andando verso la porta d’ingresso. Era abituato ad essere cacciato via dalla maggior parte dei posti in cui andava, quindi decise di andare via per evitare di fare una brutta figura.

- Dove credi di andare? - la voce severa di Diego spaccò il silenzio. Klaus si voltò a guardarlo confuso e anche un po’ impaurito. - Resti qui stanotte - il ragazzo dai capelli neri gli ordinò. La sua aria era fredda e distaccata. Non aveva intenzione di farsi vedere vulnerabile, neanche se quello era Klaus, che lo aveva assistito in momenti peggiori. Ma allo stesso tempo non lo avrebbe lasciato andare, temeva fosse in pericolo. 

Klaus andò a risedersi dov’era, Diego lo guardò. Un altro minuto di silenzio seguì. Il ragazzo dagli occhi verdi tornò a giocare con la sua manica, tenendo lo sguardo basso. Una strana paura si era fatta ancora più viva in lui. Essere ispezionato da Diego in quel modo lo faceva sentire peggio del solito. 

It turns out freedom ain't nothing but missing you,

Wishing I'd realized what I had when you were mine

I'd go back to December, turn around and change my own mind

I go back to December all the time

- Mi dispiace tanto - un sussurro uscì dalle labbra di Klaus. Quelle erano le prime parole che riuscì a pronunciare.

- Cosa hai detto? - l’altro gli chiese, non avendo capito la frase praticamente uscita come un pensiero ad alta voce più che un qualcosa rivolto a lui.

- Mi dispiace tanto - Klaus si schiarì la voce e ripetè, sentendosi tremare. Forse sarebbe stato meglio prendendo un po’ di eroina, ma se lo avesse fatto davanti a Diego, quest’ultimo sarebbe uscito fuori di testa.

- Buonanotte - Diego si voltò, dirigendosi verso la sua stanza. Non aveva la forza di affrontare quella conversazione, non aveva neanche il coraggio o la calma. 

- Diego, aspetta...Parliamone - Numero Quattro lo pregò. Il suo nome uscì proprio come una preghiera, una di quelle che si fanno in silenzio, quasi per paura che non si avverino.

Ma Diego scosse la testa deciso.

- Non c’è niente di cui parlare - Numero Due andò nella sua stanza e sbattè la porta. Scivolò lentamente contro di essa, con la testa fra le mani. Si sentiva così scombussolato e dal momento in cui lo aveva visto non aveva voluto far altro che piangere. E lo fece, stanco di tenersi quel fiume in piena dentro. Era come rivivere quel giorno, ancora e ancora. La lettera, la corsa per tutta la casa, i fiori distrutti, la pioggia, la merda con cui aveva dovuto convivere nelle settimane seguenti da solo. Faceva dannatamente male, Diego non poteva sopportarlo. 

I miss your tan skin, your sweet smile, so good to me, so right,

And how you held me in your arms that September night,

The first time you ever saw me cry

- Diego, stai bene? - le mani calde di Eudora si posarono sulle sue. Diego alzò lo sguardo. Cazzo, Eudora. Si era ricordato di lei solo in quel momento, si era ricordato di avere già qualcuno che lo amava e da amare. Si era così perso in Klaus, ancora, che quasi si era scordato della sua fidanzata. Come poteva spiegarle che le sue lacrime erano causate da un amore andato male? Come poteva spiegarle che quell’amore lo stava provando ancora? Come poteva guardarla negli occhi e dirle che era innamorato da sempre di un ragazzo? E che quel ragazzo era Klaus, sì, suo fratello, Numero Quattro. 

Diego avrebbe dovuto provare qualsiasi cosa, ma non amore. Dio, odiava che Klaus avesse questo potere su di lui. Davvero, lo odiava tanto quanto lo amava. Ma Eudora era lì, davanti a lui e sentiva di amare anche lei. Era lei la sua vita ora.

- Sto bene, tranquilla - le disse infine, cercando di riprendersi in fretta. Aveva sempre evitato di mostrare troppe emozioni anche a lei, non era una cosa che a Diego piaceva.

- Ehi, stai piangendo, quindi deve esserci qualcosa che non va...Brutta giornata a lavoro? - la donna si sedette affianco a lui, abbracciandolo. Eudora in quei due anni era stata la sua roccia, la persona che nonostante tutto c’era, che nonostante lui le urlasse di andarsene lei rimaneva. Lei era stata un angelo caduto proprio nel momento in cui lui ne aveva più bisogno.

- Non immagini quanto - Diego rispose, abbandonandosi a lei. Il suo profumo dolce le ricordava quello di Mamma. 

- Oh amore, è okay, alcune cose non vanno sempre come vogliamo noi - Eudora cercò di confortarlo come poteva. Dare consigli mirati era difficile quando non sapeva quale fosse il problema di preciso. Ma le andava bene così, pensava che Diego prima o poi si sarebbe aperto una volta pronto, anche se ormai cominciava quasi ad esserne scocciata.

- C’è mio fratello sul divano, non spaventarti domani mattina - dopo qualche momento di silenzio queste furono le parole di Diego. Lui le aveva parlato della sua famiglia, le aveva detto quanto tutte quelle storie sulla famiglia perfetta cantate dalle riviste fossero false. Diego le aveva detto solo che suo padre era uno stronzo e anche i suoi fratelli, tranne uno. O così aveva creduto. 

- Quindi è questo che non va - Eudora realizzò quanto rincontrare qualcuno che in passato era parte dei tuoi traumi non gli aveva fatto per niente bene. La cosa del trauma l’aveva dedotta lei, si vedeva dall’esterno quanto Diego avesse sofferto, anche se lui non le aveva mai raccontato di come o perché.

Quando cercò il suo sguardo, Eudora trovò delle lacrime pronte ad uscire. 

- Chi è dei sette? - la donna gli chiese, sperando di non aver fatto una domanda sbagliata. Non voleva rendere ancora più triste Diego, non ne aveva bisogno.

- Klaus - il ragazzo pronunciò il suo nome quasi deluso, ma con un certo affetto e della nostalgia.  

- Ah sì, lui è quello che vede i morti, no? - la domanda fu spontanea, sapeva i poteri dei fratelli, chi in città non conosceva la Umbrella Academy? Quei bambini erano una leggenda e tutti si erano sempre chiesti che fine avessero fatto. Eudora sapeva di Klaus, e non solo per il suo potere. Diego una volta le aveva parlato di lui e si ricordava perfettamente come i suoi occhi si erano messi a brillare e il suo sorriso si era fatto nostalgico. Erano passati da un negozio di fiori e davanti a quelle ortensie Diego si era come sbloccato e aveva iniziato a dirle del regalo di compleanno che il fratello gli aveva fatto. Eudora l’aveva trovato davvero dolce, ma poi Diego aveva cambiato umore in un secondo e se ne era andato via.

- Sì, lui. Non voglio parlarne, per favore - Diego la fermò ancor prima che potesse parlare o fare altre domande. Si alzò per primo e poi aiutò anche lei a fare lo stesso, dirigendosi verso il letto. 

- Notte, tesoro - Eudora gli disse prima di stringersi a lui. 

- Buonanotte, Patch - Diego aveva risposto portando un braccio intorno le sue spalle. Chiuse gli occhi e per un attimo pensò che ci fosse Klaus in quel letto con lui. Il fatto era che Klaus c’era, ma sul divano in soggiorno, a spararsi qualche pillola di meth o dei sonniferi prima di poter riuscire a smettere di piangere e dormire.

Maybe this is wishful thinking,

Probably mindless dreaming

But if we loved again I swear I'd love you right

I'd go back in time and change it but I can't

So if the chain is on your door, I understand

La mattina dopo Diego si svegliò sentendo un vociare provenire dalla cucina. L’odore del caffè e l’orologio che segnava le sei e trenta del mattino lo fecero alzare. Lo spettacolo che gli si presentò era...Strano? Carino? Non lo sapeva. Eudora stava versando del caffè in una tazza a Klaus, che aveva ancora l’aria sfatta.

- Sei un angelo, ti ringrazio - Klaus le sorrise debolmente. Chissà se ancora aveva difficoltà a dormire senza di lui, chissà se aveva dormito senza che i fantasmi lo assalissero, chissà se si stava sentendo come si sentiva lui. Diego rimase nascosto per un po’ per sentire di cosa parlavano, prima di rovinare quell’atmosfera che sembrava dolce.

- È un piacere! - Eudora si sedette affianco a lui. -Ti prego, Klaus, raccontami qualcosa della vostra infanzia, Diego si rifiuta la maggior parte delle volte - la donna aveva preso un sorso della sua tazza di caffè e l’aveva guardato curiosa. Il ragazzo dagli occhi verdi non potè resistere e pensò un pò a qualcosa che potesse raccontarle, i momenti felici erano stati davvero pochi e tutti pieni del suo amore con Diego. Klaus non era sicuro che Diego avesse detto alla sua amica di loro.

- Questa ti piacerà: una volta andai nell’armadio di Grace, nostra madre, e misi su delle scarpe con il tacco rosse, così scintillanti che sembravo Dorothy! - Klaus ridacchiò, pensando a quando quella battuta l’aveva fatta Ben. - Poi Diego andò nella stanza di Allison, nostra sorella, e rubò uno dei suoi rossetti per me, pensando sarebbe stato perfetto abbinato con le scarpe. Dovevi vederci davanti allo specchio, nessuno dei due sapeva mettere un rossetto decentemente - Klaus guardò Eudora ridere e scuotere la testa divertita. Quel ricordo cominciava a far male nel petto a Klaus. - Poi Diego mi disse di fare una sfilata per le scale e…- Klaus venne interrotto da Diego, che era entrato in cucina. La fine della storia amava raccontarla lui. 

- Poi si è messo a correre per le scale, è inciampato e si è rotto la mascella, il silenzio durò per? - Diego spiegò trattenendo un sorriso e poi chiese a Klaus. I loro sguardi non si incrociarono, Eudora lo notò immediatamente. Diego andò a riempirsi una tazza di caffè, Klaus si guardò un punto impreciso sul tavolo.

- Otto settimane - il ragazzo dagli occhi verdi rispose, bevendo poi dalla tazza di caffè latte. 

- Otto gloriose settimane - Diego imitò un sospiro di sollievo e la sua affermazione sembrò quasi cattiva. 

- Diego! Sii gentile! - Eudora lo ammonì, tirandogli un leggero schiaffo sul braccio.

- No, è tutto a posto. Posso essere noioso a volte - Klaus alzò le spalle. Non era tutto a posto, Diego lo odiava e faceva maledettamente male.

- Quanti anni avevate? - la donna chiese, cercando di ristabilire la calma. Non poteva sopportare quell’enorme tensione che stava fingendo di non sentire anche lei.

- Dodici anni - Diego rispose, se lo ricordava perfettamente. Quel giorno rise davvero un sacco, provò a mettere il rossetto a Klaus così tante volte che alla fine sembrava Joker. Aveva pensato che era una buona idea mettersi a giocare in quel modo e incoraggiarlo, ma poi quando era caduto per le scale praticamente rotolando Diego si era precipitato preoccupato a chiamare Mamma. Quel silenzio non piacque affatto a Numero Due, non era abituato a Numero Quattro che se ne stava zitto e non faceva delle battute per farlo ridere. 

- Ah, gli anni migliori… Quando avevo dodici anni ho fatto il mio primo pigiama party - Eudora disse spiazzando entrambi. 

- Per noi non sono mai esistiti anni migliori di altri - Diego rispose lasciando il suo posto a tavola e mettendo la tazza vuota nel lavandino. Quella era una provocazione, ma anche la verità. C’erano giorni felici, sì, ma mai interi mesi, figuriamoci anni.

- Invece sì, Diego, ma forse eri troppo impegnato a litigare con Luther su chi era il preferito di papà per accorgertene - Klaus si alzò, cominciando a raccogliere le sue cose. 

- No, in realtà ero impegnato a coprire le tue stronzate e a proteggerti, a farmi p…- Diego si bloccò. Non era il momento, non davanti Eudora, e non pensava neanche ciò che stava per dire. Lei non doveva sapere di quello che il padre gli aveva fatto, riteneva non fossero affari suoi. Diego vide come lo sguardo di Klaus si spense di nuovo. Aveva capito cosa stava per dire.

- Adesso non dovrai più farlo, lascia stare. È meglio se vado, grazie per l’ospitalità e la colazione Eudora - Klaus lanciò un bacio alla ragazza e poi si diresse verso la porta.

- Aspetta dai, sono sicura qualsiasi cosa sia possiate risolverla - Eudora provò, ma nessuno dei due la ascoltò. O meglio lo fecero, ma nessuno dei due credette fosse possibile a causa della testardaggine dell’altro. 

Klaus uscì dall’appartamento, una parte di sé sperò che Diego lo fermasse, ma non lo fece. Diego rimase immobile. Eudora lo guardò per qualche secondo e poi gli disse che non era stato bello dire quelle cose a suo fratello, lei pensava dovesse dargli almeno un occasione. Qualsiasi cosa fosse successa tra loro, dovevano parlarsi e in più la ragazza gli disse di averlo visto prendere delle pillole. Eudora lo lasciò a pensare, andando a lavoro. 

Diego era diventato estremamente indeciso. Stava combattendo con il suo orgoglio: se fosse andato a cercare Klaus avrebbe perso la battaglia, se non ci andava lo perdeva ancora e forse per sempre. Alla fine si alzò da quel maledetto divano che sapeva di Numero Quattro e corse a cercarlo.

But this is me swallowing my pride,

Standing in front of you saying I'm sorry for that night,

And I go back to December

- Smettila di comprare quella roba - Diego lo trovò solamente qualche ora dopo, in un altro di quei vicoli, mentre scambiava i suoi soldi per altre pillole. Lo faceva ancora.

- Ugh, che fai mi segui? - Klaus alzò gli occhi al cielo. Quel ragazzo era ritornato nella sua vita da meno di un giorno e già gli aveva rivolto quello sguardo arrabbiato troppe volte.

- Sei introvabile, diamine - l’altro gli disse scuotendo la testa. Aveva setacciato ogni angolo della città per trovarlo, ogni posto, dal più scontato al più improbabile. Klaus lo avrebbe fatto impazzire prima del tempo, Diego lo aveva sempre saputo.

- Oh, lo so…Come pensi sia sopravvissuto a spacciatori e poliziotti? - il ragazzo ridacchiò come se quella fosse una battuta, ma non lo era. Aveva imparato a nascondersi bene per non finire in prigione o morto. Non era sicuro Diego potesse capire cosa significasse vivere così dato che, almeno lui per fortuna, si era ricostruito una vita migliore. Klaus ne era geloso, non poteva mentire. 

- Ma che…? Senti, ho bisogno di parlare con te, andiamo - Diego ignorò quello che Klaus disse, scendere nei dettagli di quella faccenda non gli serviva al momento. Voleva parlare con lui e forse sarebbe riuscito a mantenere la calma, forse.

- Ah, adesso vuoi parlare...Beh, io no quindi ciao Diego - Klaus tentò di sorpassarlo salutandolo con la mano, ma l’altro non glielo permise. Diego l’aveva bloccato afferrandolo per un braccio. Si scambiarono uno sguardo di sfida. Nessuno dei due intendeva mollare.

- O vieni con me con le tue gambe o sarò costretto a trascinarti in giro - il ragazzo dai capelli neri gli intimò minaccioso. Non si sarebbe fatto problemi a portarselo dietro come un sacco di patate. Lo aveva trovato e aveva deciso che almeno lui avrebbe mantenuto la promessa di non lasciarlo. 

Ovviamente Klaus non si arrese e cercò di correre via, ma Diego era ben allenato e soprattutto il suo corpo non era devastato dalle droghe, quindi riuscì a riacchiapparlo. Lo prese e lo portò di peso su una spalle davvero come un sacco di patate. Klaus si era ribellato all'inizio, Diego si stava divertendo da morire, poi aveva iniziato a dire qualche cazzata per passare il tempo e Diego si era trattenuto troppe volte dal ridere. Klaus era ancora il suo Klaus, nonostante tutto. E Diego era ancora Diego, fortunatamente. 

Entrambi sapevano che i ragazzini che una volta si erano amati erano ancora lì, dentro di loro.

It turns out freedom ain't nothing but missing you,

Wishing I'd realized what I had when you were mine

I'd go back to December, turn around and make it all right

I'd go back to December, turn around and change my own mind

I go back to December all the time

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Capitolo 10
*** Never Not. ***


We were so beautiful

We were so tragic

No other magic could ever compare

Diego aveva messo a terra Klaus solo quando avevano raggiunto un posto più sicuro. Guardò il ragazzo con i capelli ricci accendersi una sigaretta e sedersi sul muretto di fronte a lui. Si perse a guardarlo qualche secondo, la luce del sole gli colpiva il viso delicatamente, facendo risaltare i suoi lineamenti e i suoi occhi verdi. Diego seguì i suoi movimenti fluidi e quasi eleganti. Rimase incantato dal modo in cui si portò la sigaretta alle labbra e l’accese, attento che il vento non la spegnesse. Fece il primo tiro e poi sollevò la testa leggermente, per evitare che il fumo finisse nella sua direzione. In quella posizione Diego potè tracciare con gli occhi i lineamenti della mascella e del collo. Fermò i suoi pensieri appena in tempo, ricordandosi di essere ancora arrabbiato con Klaus. Non era il momento di fare il ragazzino: lui aveva una vita nuova, una fidanzata, un lavoro e Klaus non era compreso in questi piani...Forse. 

Lost myself, seventeen

Then you came, found me

No other magic could ever compare

- Hai intenzione di rimanere a fissarmi? Sono timido, sai - il ragazzo di fronte a lui ridacchiò. Gli sguardi di Diego non erano mica passati inosservati e Klaus stesso si era fermato a guardarlo. Lui non potè fare a meno di sentire di nuovo i sensi di colpa. Il viso di Diego aveva quell’espressione accigliata che faceva spesso quando qualcosa non andava. Sapeva che stava per scoppiare una lite, sapeva che Diego sarebbe scoppiato tipo una bomba ad orologeria e sinceramente Klaus non sapeva come evitare il disastro. Povero Diego, chissà quante ne aveva passate senza di lui, doveva aver fatto terribilmente male essere lasciato così, senza spiegazioni. 

- Sei un idiota - Diego scosse la testa, non sapendo bene come rispondere a quella battuta. Non aveva tempo per certe stronzate, affatto. 

- Questo lo sapevamo, adesso dimmi di cosa volevi parlare - Klaus fece un altro tiro, fingendo di non sentire l’ansia e la pesantezza che c’era nell’aria. Forse lo stava solamente provocando così, ma tanto sarebbe stato inevitabile, secondo lui, uscire intatto da quella conversazione. Aveva provato e riprovato la scena nella sua mente per anni e finiva sempre con Diego che andava via, arrabbiato, che diceva di non volerlo più vedere. Avrebbe finalmente scoperto se era solo frutto della sua immaginazione o se conosceva Diego abbastanza bene da sapere come si sarebbe comportato. 

- Di quanto sei stronzo, Klaus. Aspetta, sapevi anche di essere stronzo o sono scontato? - il suo tono fu totalmente sarcastico e pungente, quasi infastidito. Diego si era ripromesso di rimanere calmo e affrontare la situazione come un adulto ponderato e razionale...Ma si stava rendendo conto che “ponderato” e “razionale” non erano mai stati aggettivi adatti a lui. 

E il fatto di aver represso i suoi sentimenti per tanto tempo non aiutava affatto. 

- Mi hanno chiamato in tanti modi, ma credo che “stronzo” mi mancava - il ragazzo fece finta di pensarci un pò prima di rispondere. Stava evitando in tutti modi di andare dritto al punto, di chiedere scusa, e questo perchè ne aveva paura. Non gli piaceva mettersi a nudo e non sapeva bene come affrontare i problemi.

- Perchè non riesci ad essere una persona normale per una cazzo di volta? Che droga hai preso prima che ti trovassi? Cocaina? Eroina? Ecstasy? - Diego lo spintonò leggermente, cercando la risposta nella dimensione delle sue pupille. La pazienza stava arrivando al limite, non poteva provare ad essere serio e basta? Ma soprattutto perchè continuava a prendere quella merda? Neanche a lui piaceva il fatto di dover mettersi a scoprire le sue ferite e buttarci del sale sopra, ma era necessario per andare avanti con le loro vite.

Klaus dopo quelle parole si fermò a guardarlo. Si sentì ferito, quello era il primo giorno che per colazione non aveva buttato giù due pillole di qualsiasi cosa avesse in tasca. Si era ripromesso di rimanere sobrio per qualche tempo, nel caso in cui Diego volesse parlare. Ma la cosa peggiore era avere la conferma che Klaus, secondo Diego, non era altro che la sua dipendenza. Proprio lui, che non lo aveva mai giudicato. Proprio lui, che più di qualsiasi altra persona conosceva ogni lato di Klaus, anche i più brutti. 

There's a room

In my heart with the memories we made

Took 'em down but they're still in their frames

There's no way I could ever forget, mmm

Quindi Klaus spense la sigaretta, si alzò dal posto in cui era seduto e cominciò a camminare via, lontano da Diego. Non gli avrebbe permesso di umiliarlo così, non esisteva. Persino Ben si era reso conto che, per quanto ferito o arrabbiato Diego potesse essere, quelle cose non erano proprio gentili da dire. Klaus ne aveva passate troppe, era già abbastanza fragile.

- Klaus! Klaus, dove vai? - Diego lo seguì, ancora più irritato di prima. Perché doveva fare la prima donna come al solito?

- A drogarmi in qualche vicolo dato che è da ieri notte che non sniffo qualcosa - Klaus si voltò e gli rispose strafottente e arrabbiato a sua volta. Si fermò all’improvviso, facendo fermare Diego a sua volta, troppo vicino a lui. 

- Sono stato insensibile, mi dispiace, ma…- il ragazzo dai capelli neri sbuffò scocciato e poi venne interrotto bruscamente dall’altro. 

- No, non hai il diritto di dire quello che ti pare e sparare a zero su cose di cui non sai niente! - Klaus alzò la voce, puntando un dito contro il petto di Diego. Sapeva che le sue non erano mai state scelte sagge o giuste, ma prima di farle aveva sempre tentato di prendere altre strade, strade più sane, fino a quando non si era arreso. 

- Quindi io non so niente eh? Hai scelto di andartene per questa roba, hai deciso di amare più una dose di metanfetamine che me! - il tono di Diego aveva seguito quello di Klaus. Ed ecco che la bomba era scoppiata e il disastro cominciava ad accadere. 

- Questo è quello che pensi tu, Diego. Questo è quello che pensano tutti, no? - il ragazzo dai capelli ricci aveva lo sguardo accigliato, non spiegandosi come Diego fosse arrivato a quella conclusione. Lui non aveva mai amato nient’altro o nessun altro come amava Diego e sentirlo convinto di quell’affermazione lo spezzava. 

- Sì, lo penso e ne sono convinto. Ti ho visto cercare sigarette, erba e poi pillole nel corso degli anni. Ti ho visto diventare sempre più disperato e a volte mi sono trovato a chiedermi perchè quella roba fosse così importante per stare bene, perchè non ti bastavo io? Credevo che sarei riuscito a farti smettere, che avresti smesso se te l'avessi chiesto, ma non è mai successo, Klaus. Perciò non cercare di nascondere l’evidenza - Diego aprì le braccia per poi lasciarle ricadere lungo il suo busto, il suo sguardo era amareggiato. Non aveva mai capito quel bisogno morboso, e Klaus non gliene aveva mai parlato seriamente, non gli aveva mai detto se ci fosse un motivo preciso oltre al “è tutto una merda in questa casa”. 

- L’evidenza? Ti sei fatto dei film che non esistono in questi due anni. Credi davvero che per te non avrei provato a smettere? Tu eri l’unica cosa bella nella mia stupida vita, Diego. Non ti avrei mai fatto questo per della stupida droga - Klaus scosse la testa e si lasciò scappare una mezza risatina isterica. 

- E allora, ti prego, illuminami. Dimostrami che mi sono fatto davvero dei film mentali, dimostrami che la realtà e i tuoi motivi non riguardano la merda che continui a prendere per chissà quale dannato motivo - disse disperato, stanco di indovinelli e giri di parole. Diego aveva bisogno della verità, qualunque essa fosse. Aveva bisogno che fosse Klaus stesso a dirla guardandolo negli occhi. Lo guardò prendere un respiro profondo per calmarsi un attimo e poi cominciò a dargli le spiegazioni che voleva.

- Ho cominciato a farmi perchè non ne potevo più di essere rinchiuso e torturato fino a quando non mi mancava l’aria. Ero stanco e traumatizzato, volevo essere normale, volevo fare di tutto pur di tenere il mio potere a bada, pur di cancellarlo. Ho desiderato essere normale come Vanya un’infinità di volte e quando ci sono riuscito ho iniziato ad avere paura di smettere. Poi mi hai scoperto con le pillole e quando ho visto come mi guardavi ho capito che non ne valeva la pena. Ti ricordi per quanto tempo ho pianto? Di come mi è bastato un secondo per crollare in mille pezzi? - il tono di Klaus era addolcito dal ricordo delle attenzioni e delle cure che Diego aveva sempre avuto per lui. I ricordi erano sempre stati ciò che gli rimaneva di lui, di quello che erano stati.

- Certo che me lo ricordo...Mi sono messo a cantare per tentare di calmarti  - Diego annuì, ancora un pò scettico, ma decisamente meno di quanto lo era all'inizio di quella discussione. Era sollevato dal fatto che Klaus non stesse mentendo, che gli stesse parlando senza filtri, senza usare scuse. Capiva come si era sentito, d’altronde avevano affrontato tutti e sette un trauma legato a Reginald, chi più e chi meno. Non aveva mai capito come si potesse fare ad essere così senza cuore davanti a dei ragazzini indifesi. Diego si ritrovò a pensare di essere stato fortunato ad avere Klaus che gli teneva la mano quando qualcosa andava storto. Lui lo rendeva forte.

- Mentre ero stretto a te, mentre canticchiavi, non riuscivo a pensare ad altro se non al fatto di voler rimanere con te per sempre. Poi mi sono addormentato e ho sentito l’astinenza, mi sono ricordato delle pillole sparse nella serra e sono andato a recuperarle...Ma, papà le aveva recuperate prima di me. Voleva punirmi, mi disse che l’unico modo per farmi smettere di essere debole era la violenza. Quando sono svenuto ho creduto di essere morto e quando mi sono risvegliato il dolore che sentivo su tutto il corpo mi ha fatto capire che non lo ero. Ed ero anche solo. Mi ero convinto che tu mi odiassi per la storia delle pillole, che non mi amassi più e quel pensiero insieme a tutto il resto mi ha schiacciato. Non me ne sono andato perchè volevo continuare a drogarmi, me ne sono andato perché ero diventato una delusione anche per te - Klaus stava aprendo il suo cuore, stanco di trattenersi, stanco e basta. Quei due anni erano stati un inferno totale e il pensiero di Diego era sempre stato il motivo per cui aveva tirato avanti. Si sentì un pò patetico quando sentì che delle lacrime rischiavano pericolosamente di rigargli il viso. 

Il tempo si fermò per qualche secondo. Diego doveva metabolizzare tutto quello che Klaus aveva detto, e cominciava lentamente a fargli male il pensiero che Klaus si fosse sentito così abbandonato da sentirsi in dovere di scappare.

- Quindi è per questo che sei andato via? Pensavi davvero che ti odiassi? - Diego lentamente si calmò. Aveva sempre pensato che quello di Klaus fosse stato un atto egoistico e non nato da tutti quei motivi. Da quella prospettiva, le cose erano iniziate a cambiare.

- Sì, Diego...Ho anche pensato che non eri venuto a salvarmi di proposito, che pensavi che mi meritassi quelle botte - i suoi occhi verdi si abbassarono. Klaus non ebbe il coraggio di guardare Diego negli occhi, temendo che fosse la verità. 

- Sei pazzo? Luther stava facendo il cane da guardia fuori la porta e mi sono messo a fare a botte con lui pur di entrare...Ma era già tardi e ho pregato Mamma di farmi restare con te quella notte, ma voleva evitare di avere un altro figlio nel tuo stato - il suo tono di voce risalì in fretta. Il pensiero che Klaus avesse creduto di meritare quella sorte lo faceva impazzire. Lo guardò in attesa di una risposta, ma non arrivò. Forse quel silenzio era semplicemente il suo modo di fargli capire che comprendeva la situazione. Entrambi ebbero il tempo di pensare un attimo.

For as long as I live and as long as I love

I will never not think about you

You, mmm

I will never not think about you

From the moment I loved, I knew you were the one

And no matter what I-I do, ooh, mmm

I will never not think about you

- Senti, Klaus...Questo comunque non ti giustifica. Avresti potuto tornare a prendermi o farmi sapere dove diavolo ti eri cacciato...Sarei venuto - Diego parlò ancora, senza dare tregua a Klaus. Non lo faceva per cattiveria o per rendergli la vita impossibile, voleva solo togliersi qualsiasi cosa gli passasse per la testa e per il cuore. 

- L’ho fatto, Diego...Ti ho mandato un’altra delle mie stupide lettere con un indirizzo - Klaus gli rivolse uno sguardo sorpreso, si aspettava che Diego sapesse di cosa stesse parlando. Ma l’espressione che il viso del ragazzo con i capelli neri aveva assunto gli diceva il contrario.

- Ma che stai dicendo? - Diego gli chiese. L’unica lettera che aveva ricevuto era quella che gli aveva lasciato sotto la porta prima di andarsene. E l’aveva ancora ovviamente, ben nascosta e custodita gelosamente. 

- Te lo giuro - il ragazzo dai capelli ricci si portò una mano sul petto. Dio, quanto aveva pianto quando i giorni avevano cominciato a scorrere veloci e Diego non si era mai fatto vivo. Ecco perchè era stato così sicuro che lo odiasse e che non volesse più vederlo.

- L’avrà trovata prima Pogo o Reggie stesso - l’altro ci rifletté un momento, non sorpreso di una cattiveria del genere. Avrebbe potuto vivere la sua vita con Klaus. Se avesse ricevuto quell’indirizzo, avrebbe potuto correre da lui e costruire la vita che insieme si erano programmati. Se avessero avuto un maledetto cellulare Diego avrebbe ricevuto sicuramente il messaggio di Klaus. Fanculo, le cose avrebbero potuto essere diverse, migliori. 

- Comunque...Non ho mai smesso di amarti da allora, mai - Klaus interruppe i pensieri di Diego. Quelle parole scottarono sulla sua lingua più di quanto avesse immaginato, si pentì di averle fatte uscire esattamente mezzo secondo dopo averle pronunciate. Ma che cazzo gli era saltato in mente? Diego si sarebbe arrabbiato di nuovo o sarebbe scappato via spaventato. Bel lavoro, Klaus. 

Al contrario, Diego sollevò lo sguardo su di lui, con un mezzo sorriso sulle labbra. Aveva aspettato di sentire quelle parole per due anni. 

What we had only comes

Once in a lifetime

For the rest of mine, always compare

To the room

In my heart with the memories we made

Nights on fifth, in between B and A

There's no way I could ever forget, mmm

Erano diventati adulti prima del tempo. 

Aveva sentito la sua mancanza. Aveva sentito la sua mancanza così tanto da far quasi male. Pochi giorni prima Diego aveva visto una bambina che giocava al parco e avrebbe voluto dire a Klaus che avrebbe potuto benissimo essere la loro. La bambina che non avevano mai avuto. Se avessero rischiato sarebbe andata così, ne era certo. Una bambina con il suo viso da angelo e la sua bella testa. Da Diego avrebbe ereditato la responsabilità. Non l'orgoglio, sperava. Il maledetto orgoglio.

Credeva che ci fosse una persona di troppo in una coppia quando c’era l'orgoglio a separarla.

Avrebbe potuto parlargli delle notti che non finivano mai. Sempre le notti. Durante il giorno c’erano le persone, il lavoro. Quando andava a trovare Grace, lei parlava di Klaus tutte le volte, voleva sapere come stava e Diego le diceva solo che sarebbe stato bene, sarebbe stato bene senz'altro, perlomeno voleva crederlo, o forse no, forse voleva credere che non stava bene così come lui non stava bene, come poteva stare bene quando arrivava a casa e Klaus non c’era?

La luce di Eudora lo aveva aiutato a nascondere l'ombra che c'era in lui, poi qualcuno raccontava una barzelletta, qualcun altro svelava un segreto, e la vita andava avanti. Che ironia, vero? Diego, che non aveva mai voluto andare avanti, che aveva sempre rifiutato quello che avevano tutti gli altri, ora si accontentava di quella più o meno felicità, di quel più o meno essere vivo.

C'è un meno di troppo in ogni più o meno che si vive.

Ma poi, scendeva la notte. La notte non passava. Si distendeva. Lo occupava. E così Klaus entrava nei sogni di Diego che, chiudeva gli occhi e lo vedeva, li apriva e lo vedeva. “Eravamo così felici, non è vero?” pensava. Non gli era rimasto nient'altro che andare avanti per due anni. Credere che un giorno avrebbe capito che avrebbero soltanto dovuto dimenticare la maturità.

C'è una ragione di troppo quando una coppia si dimentica di perdere, a volte, la ragione.

Erano diventati adulti prima del tempo, bambini armati di tutto punto, ragazzi che giocavano al matrimonio. E l'orgoglio. Il maledetto orgoglio.

For as long as I live and as long as I love

I will never not think about you

You, mmm

I will never not think about you

From the moment I loved, I knew you were the one

And no matter what I-I do, ooh, mmm

I will never not think about you

In un istante Diego decise di tornare ragazzino, di dimenticare l’orgoglio. Si avvicinò ancora a Klaus, gli prese il viso tra le mani e si concesse di perdere la ragione nei suoi occhi verdi. 

Klaus sentì il cuore andare veloce, era incredibile come Diego avesse ancora quel potere su di lui. I dettagli del suo viso non erano mai stati così belli. Gli occhi castani, la piccola cicatrice sul sopracciglio, quella sulla sua guancia, le sue labbra carnose. Diego era meraviglioso, Klaus avrebbe potuto rimanere a guardarlo per sempre. E Diego sembrava pensare esattamente la stessa cosa.

Erano così vicini e niente sembrava poterli separare. Così Klaus si avvicinò lentamente, senza pensarci due volte, portando le mani sulla nuca dell’altro. Diego si lasciò andare per qualche secondo, lui desiderava quel bacio che stava per ricevere, ogni sentimento che aveva tentato di nascondere a sé stesso stava riaffiorando. Quel bacio non avrebbe chiuso completamente le sue ferite, ma ne avrebbe attenuato il dolore e non potè fare a meno di pensare a come si stesse sentendo di nuovo al sicuro, completo. 

Il mondo attorno a loro era sparito. Niente importava. Un solo centimetro e finalmente si sarebbero rincontrati dopo due anni. 

Didn't we have fun?

Didn't we have fun, looking back?

Didn't we have fun?

Ma poi delle sirene della polizia suonarono lontane e la mente di Diego lo riportò ad Eudora. 

Si fermò immediatamente, più che in panico quasi triste, poggiando la fronte su quella di Klaus.

- Non posso, Klaus, non posso farlo - sussurrò, chiudendo gli occhi e accarezzando le guance dell’altro.

- Diego…- le sue mani andarono a posarsi sulle sue spalle. Klaus non capì subito cosa stesse passando per la sua mente. 

- Mi dispiace...E’ che...Eudora, non posso farle questo, anche se vorrei tanto - Diego sospirò e riaprì gli occhi solo quando sentì Klaus allontanarsi. Non averlo più così vicino gli fece quasi sentire freddo. Il fatto era che tradire Eudora sarebbe stato un pò come tradire sé stesso. Lei gli aveva dato tutto, aveva sacrificato quasi ogni cosa per farlo sentire bene e amato, non se lo meritava. 

Klaus non disse niente, ma il suo sguardo parlò per lui. I suoi occhi erano pieni di lacrime, ma lui annuì e fece un piccolo sorriso, poi mise le mani in tasca e cominciò a camminare via. Sperò che Diego lo fermasse, sperò che l’amore per lui fosse più forte del suo dovere verso Eudora. Sentiva che quello che rimaneva del suo cuore si stava lentamente sgretolando. Non credeva potesse fare così male. E più camminava, più perdeva ogni speranza. 

Didn't we have fun?

Didn't we have fun, looking back?

Didn't we have fun?

Diego era rimasto immobile, con le mani che tremavano. Non sapeva cosa fare, la sua testa gli parlava di Eudora, ma il suo cuore, il suo maledetto cuore gli urlava di fermare Klaus prima di perderlo ancora. Più ci pensava, più sentiva di impazzire e più Klaus si avvicinava all’angolo della strada. Diego sentì di avere un dovere verso il suo cuore e i brividi che aveva sentito quando Klaus lo stava per baciare avevano significato tutto per lui. 

E alla fine decise di correre proprio quando l’altro aveva svoltato l’angolo, perdendo ogni speranza, cominciando a piangere. 

Diego si era avvicinato in silenzio e gli aveva coperto gli occhi, sperando di non prendersi un pugno in faccia. Klaus posò le mani sulle sue e si voltò, aveva riconosciuto subito chi fosse. Questa volta non passò neanche un momento, la distanza tra loro si annullò in un secondo, prima che uno dei due potesse tirarsi ancora indietro e andare via. Diego tirò Klaus in quel bacio che avevano aspettato entrambi con ansia. E si sentirono fottutamente bene, così bene da poter anche morire. All’improvviso quei due anni lontani si annullarono.

We were so beautiful

We were so tragic

No other magic could ever compare

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Capitolo 11
*** Heather. ***


I still remember third of December

Me in your sweater, you said it looked better

On me, than it did you, only if you knew

How much I liked you

Dopo quel bacio, Klaus e Diego rimasero ancora per un pò vicini, stretti l’uno all’altro. Nonostante le emozioni e l’amore che avevano sentito forti in loro, entrambi ebbero la sensazione di essersi scambiati un bacio d’addio. 

Klaus sapeva di non potersi infilare nella vita di Diego e rovinare la sua vita con Eudora. Avrebbe voluto, certo, ma non era abbastanza egoista e allo stesso tempo non si dava abbastanza valore per riuscire a dire di meritarsi Diego. Per questo si era allontanato senza fare troppe storie quando l’altro gli aveva detto di “non poterlo fare”, e la cosa più triste era che era abituato ad essere chiuso fuori dalla vita di persone a cui teneva. 

Diego invece sapeva che non sarebbe stato facile. Nonostante Klaus, i suoi sentimenti per Eudora c’erano ancora, aveva solo bisogno di capire in che direzione stessero andando. Lui era convinto di averla amata, ma forse negli ultimi tempi si era solamente accontentato. Uscirsene totalmente dal nulla e dirle che la loro relazione finisse lì a Diego non sembrava giusto, così come tradirla alle spalle non era giusto. Doveva decidere e subito, e più ci pensava, più si rendeva conto che avrebbe dovuto per forza ferire una delle due persone che amava, o Klaus o Eudora. Non esistevano vie di mezzo. 

- Diego? - Klaus attirò la sua attenzione, tirandolo fuori dalla scia di pensieri che aveva iniziato a travolgerlo. Il ragazzo dai capelli ricci aveva notato come il suo viso aveva assunto di nuovo quell’espressione, sempre quella che faceva quando c’era un problema. 

- Sì? - Diego non riuscì a guardarlo negli occhi, Klaus lo conosceva troppo bene e anche se erano passati due anni, lui non era cambiato chissà quanto. 

- Devi tornare da lei... Guarda che va bene così, davvero - rispose, cercando di non far trasparire l’amarezza che provava. Era la cosa giusta da fare, anche se non era ciò che Klaus voleva.

- Non dirlo, per favore. Lascia a me questa decisione - l’altro alzò lo sguardo e posò entrambe le mani sulle guance di Klaus. Stava tentando di rendergli le cose più facili, ma proprio per questo stava diventando tutto ancora più complicato. Diego voleva che Klaus ci fosse nella sua vita.

- Okay, uhm, ascolta...Io non porterei niente di positivo, non ti farei bene. Eudora è una ragazza splendida e sa come renderti felice - Klaus non ci pensò nemmeno un attimo e unì le sue mani con quelle di Diego, allontanadole dal suo viso. Teneva che la vita di Diego fosse migliore della sua, voleva che fosse così splendida da fargli dimenticare tutte le crudeltà che aveva subito, voleva che fosse così luminosa da buttare via l’oscurità della loro infanzia e adolescenza. Klaus pensò che fosse ora per lui di riposare, di divertirsi e assaporare ogni momento di felicità con la sua fidanzata. Diego aveva vent’anni e si meritava tutte le cose belle che riusciva ad avere. 

- Klaus…- Diego gli rivolse uno sguardo di disaccordo. Non doveva andare così, non doveva finire in quel modo. Non sapeva cosa avesse portato Klaus a pensare di sé stesso di non essere una buona presenza, ma lui era sicuro che per quanto lo riguardava, Diego era felice per davvero solo in sua presenza. In ogni momento triste nella sua vita Klaus gli aveva donato dieci sorrisi, altri dieci momenti di calma e serenità. Insomma, lui sarebbe stato tutto tranne che una persona che portava del male nella sua vita. Non poteva andarsene via, non di nuovo.

- Ehi, Diego, questo non significa che sparirò - il suo tono fu dolce. Strinse le mani di Diego nelle sue e poi gli accarezzò una guancia. L’intenzione di non farsi mai più vedere non era mai stata nei suoi piani, avrebbe fatto troppo male ad entrambi. Purtroppo Klaus credeva di aver già segnato la sua vita, di averla sporcata con le sue pessime decisioni che lo avrebbero perseguitato sempre. Credeva di essere destinato a quella vita e non si sarebbe permesso di trascinare Diego giù con lui. Preferiva vederlo felice con qualcun altro che preoccupato, deluso e arrabbiato con lui. 

- E’ che ho comunque bisogno di te - Diego gli rispose con gli occhi lucidi. Si era già sentito in mille pezzi una volta e aveva paura che potesse succedere ancora. 

- Ti prometto che verrò a trovarti. Adesso so dove abiti e tu sai dove venire a cercarmi, non ci perderemo - Klaus sorrise. Non c’era niente per cui sorridere eppure lui lo fece per rassicurare il ragazzo davanti a lui. Avrebbe mantenuto la sua promessa questa volta, per Diego.

- No, tu vieni a casa con me, non ti lascio vivere per strada e soprattutto ti aiuterò a ricominciare - il ragazzo dai capelli neri fece uscire le parole in fretta ed era chiaramente un’imposizione. Con lui Klaus sarebbe stato al sicuro e lontano dalle droghe che lo stavano lentamente uccidendo. L’avrebbe aiutato con tutte le sue forze. Tutti avevano sempre rinunciato a capirlo e guidarlo verso la strada giusta, ma non lui. Ci sarebbe stato, sempre.

- Non posso rifiutarmi, vero? - chiese. Sapeva già che non sarebbe rimasto in quella casa con Diego ed Eudora per molto, una vita domestica non faceva per lui e sinceramente non sarebbe rimasto a guardare come un cane bastonato la loro bella vita insieme. 

- Esattamente - finalmente un mezzo sorriso nacque sulle labbra di Diego. Era ovvio che non avesse pensato a tanti fattori sfavorevoli al fatto di far vivere Klaus con lui, ma al momento non gli interessava. 

 But I watch your eyes

As she walks by

What a sight for sore eyes

Brighter than a blue sky

She's got you mesmerized

While I die

I primi giorni trascorsero tranquilli. Eudora fu quasi felice quando Diego le disse che suo fratello sarebbe rimasto sul loro divano per un pò. La ragazza pensava che Klaus fosse simpatico, riusciva a vedere il buono che c’era in lui nonostante i suoi problemi. Lasciava che fosse Diego a prendersi cura di lui maggiormente, ma se poteva aiutare lo faceva con piacere. Eudora era fatta così, aiutare la gente era sempre stata una cosa che la rendeva felice.  

Klaus provò a stringere un rapporto amichevole con lei, anche se era geloso da morire. Poverina, Eudora nemmeno sapeva che lui provava qualcosa per Diego, che i due più che fratelli erano sempre stati amanti. Sin da subito lei si era mostrata gentile e ogni volta che vedeva Klaus sgattaiolare fuori dall’appartamento quasi all’alba tentava di fermarlo e gli diceva di stare attento. Era facile capire perché Diego l’amasse: lei era perfetta. Il viso angelico, il corpo perfetto, il sorriso contagioso, la sua dolcezza, la determinazione, la sua simpatia, l’impegno che metteva nel suo lavoro, il cercare del buono in tutte le persone che incontrava. Aveva tutto e Klaus a confronto si sentiva una merda, non si sentiva neanche bello la metà di lei. Diego non sarebbe mai stato suo, non poteva competere. 

Infatti quando erano tutti e tre in casa, Diego aveva occhi solo per Eudora. Klaus scompariva, ed era come se il bacio di qualche giorno prima non fosse mai esistito. Perciò quest’ultimo cominciò a passare solo la notte da loro, giusto per tenere Diego contento. A volte neanche ci tornava con le sue gambe in quella casa, era Diego stesso a trovarlo in giro e trascinarlo in macchina. Si prendeva cura di lui solo quando lei non c’era, lo lasciava dormire al suo fianco solo se lei faceva il turno di notte. Klaus iniziò a sentirsi un ripiego più che un posto sicuro, ma comunque lasciava che Diego lo trattasse così perchè era l’unico modo per sentirsi amato da lui.

Realizzò che non sarebbe riuscito a sopportare di vivere in quell’appartamento e in quelle condizioni quando una mattina si era svegliato e mentre faceva colazione la coppia era entrata in cucina, sorridente. E poi iniziò a mettere a fuoco i dettagli: i capelli scompigliati di Diego, i due succhiotti sul collo, Eudora che indossava solo una felpa bordeaux di Diego. No, anzi, la felpa bordeaux di Diego che poco prima di andare via era Klaus ad indossare. Il primo gli aveva sempre detto che ormai l’indumento odorava di lui e che quando si sentiva solo e non poteva stargli vicino la indossava. Quella scena l'aveva colpito in pieno, come un pugno in faccia. Era una stupida felpa all’apparenza, ma in quel momento sembrò che il mondo dipendesse da essa. Diego stava scegliendo Eudora e le parole dei giorni precedenti non avevano significato nulla. Diego si era sfilato Klaus di dosso per indossare Eudora.

L’aria gli mancò e resistere divenne doloroso, quindi uscì di casa in fretta, dicendo che aveva un impegno. E così tornò sempre più raramente, giusto per far vedere che era vivo. Diego aveva cercato di fermarlo, di farlo tornare. Sapeva dove l’altro andava e ogni volta che si presentava alla sua porta era talmente fatto che neanche sapeva come ci era arrivato. Andò anche a cercarlo, ma Klaus sapeva bene come non farsi trovare il più delle volte. 

Quello che faceva più male a Klaus non era sapere che Diego si portava a letto qualcun altro. Davvero non gliene importava nulla. Quello che gli faceva più male era sapere che aveva un'altra spalla su cui appoggiare la testa. Quello che gli faceva più male era sapere che adesso c’era un'altra persona che lo guardava piangere. L'intimità più grande è quella delle lacrime. I legami si rafforzano nella fragilità. E adesso c’era un'altra persona che piangeva con Diego, un'altra persona che vedeva i suoi difetti, un'altra persona che occupava gli spazi vuoti di quello che non riusciva a essere.

Ciò che unisce le persone è ciò che non si riesce a essere: ciò che rimane incompiuto.

Erano stati felici tante volte. Avevano scherzato, inventato, avevano riso per ore come matti. E si erano amati. Si erano amati tanto. In tutti i luoghi, in tutti i modi. Rifiutando i limiti senza mai oltrepassarli. 

Ciò che unisce le persone è rifiutare i limiti insieme e nonostante tutto non oltrepassarli mai.

Erano stati felici tante volte. E quando si guardava indietro capiva perfettamente che quello che rimaneva, quello che gli rimaneva, erano le difficoltà e ciò che ne avevano fatto. Ed era stato lì, quando mancava qualcosa, che a loro non era mai mancato nulla. Quando le difficoltà sono troppo grandi solo l'amore riesce a superarle.

Ciò che unisce le persone è quello che le aiuta a superare le difficoltà troppo grandi.

Amare è anche una questione di fiducia: la fiducia che l'amore ci dà. Chi si sente amato, amato veramente, è indistruttibile. Ha una forza straripante, si sente un eroe. Con lui Klaus non aveva mai temuto nulla, con lui  tutto era possibile. Finché non era arrivata Eudora.

Stavano scomparendo. Sempre più comodi e sempre più distanti. La comodità separa, respinge: li assimilava. E l'amore non è per chi vuole essere assimilato. L'amore è distante: deve essere distante per potersi avvicinare a chi ama. Per essere qualcosa che dall'esterno ci riempia completamente. Un amore assimilato è un amore finito: un mezzo amore, un semi-amore, un amore impalpabile. L'amore non può mai essere impalpabile. L'amore è un macigno e per questo sono pochi quelli in grado di sopportarlo nell'arco di una vita. Loro forse no. E ora Diego era di un’altra e Klaus non era di nessuno. Forse un giorno sarebbe riuscito a dormire di nuovo, a donare il suo corpo di nuovo a qualcuno. Ma le sue lacrime difficilmente avrebbero smesso di essere di Diego.

Why would you ever kiss me?

I'm not even half as pretty

You gave her your sweater

It's just polyester

But you like her better

Wish I were Heather

Quella sera decise di superare il limite e iniziò a prendere pillola dopo pillola di Ecstasy. Aveva bisogno di sentirsi felice, di sentirsi vivo e spensierato. Non gli importò quanto male avrebbe sentito una volta finito l’effetto. Ed era consapevole che avrebbe fatto piuttosto male.

Ben provò a fargli cambiare idea, ma non riuscendo a toccarlo fu praticamente impossibile. Lo pregò di affrontare Diego, di di parlare con lui, di agire in qualsiasi modo che non mettesse a rischio la sua vita. Il fratello si sentiva impotente e gli si spezzava il cuore nonostante avesse visto scene del genere troppe volte negli ultimi due anni. Ben non sapeva secondo quale tipo di miracolo Klaus fosse ancora vivo. Aveva creduto che con Diego la situazione sarebbe migliorata, invece era successo quasi il contrario.

Fino a che punto arriva ciò che non sopporti?

Le grandi differenze tra le persone si notano su due piani diversi: il primo, nel tempo che impiegano a farla finita con qualcosa che non sopportano più; il secondo, in quello che fanno quando la fanno finita con qualcosa che non riescono più a sopportare.

Come sopravvivere a ciò che non sopporti ma che non riesci a smettere di sopportare?

Ci sono, alla fine, quattro tipi di persone: quelle che ci mettono un'eternità a smettere di tollerare ciò che non sopportano – ma che poi, quando non tollerano, esplodono, senza lasciare alcuna possibilità per ricostruire ciò che c'era prima; quelle che ci mettono un'eternità a smettere di tollerare ciò che non sopportano - e che poi, quando non tollerano, riescono a evitare l'esplosione totale, preferendo invece un'implosione dolorosa ma ancora capace di permettere una ricostruzione; quelle che ci mettono molto poco a smettere di tollerare ciò che non sopportano - e che poi, quando non tollerano, esplodono, senza lasciare alcuna possibilità per ricostruire ciò che c'era prima; quelle che ci mettono molto poco a smettere di tollerare ciò che non sopportano - ma che poi, quando non tollerano, riescono a evitare l'esplosione totale, preferendo invece un'implosione dolorosa ma ancora capace di permettere una ricostruzione.

Klaus era stanco di sopportare ma aveva paura di stancarsi di non farcela più a sopportare.

E poi esisteva Diego ed esisteva Klaus: non sapeva che tipo di persona era Diego e non sapeva che tipo di persona era lui. Non sapeva mai quando sarebbe esploso, quando sarebbe imploso; non sapeva mai quando lui stesso sarebbe esploso, quando sarebbe imploso. E si perdeva. Si perdeva in se stesso, in quello che doveva fare. Se doveva gridare oppure piangere o fermarsi, parlare o stare zitto. Era un ragazzino in un mondo di adulti, un somaro disgraziato che fissava un palazzo quando si scontravano. E perché diavolo si scontravano così spesso se alla fine li univano tante cose? Si donavano così bene l'un l'altro (si donavano proprio: io mi dono e tu ti doni) tutti i giorni – e poi arrivava una parola qualsiasi, un gesto qualsiasi, una disattenzione qualsiasi, un'eccessiva attenzione qualsiasi, ed ecco un'altra volta l'esplosione, un'altra volta l'implosione, un labirinto infinito, le sue lacrime, il suo desiderio di fuga perché non sopportava più tutto quello, pur non sapendo (davvero non lo sapeva) da dove arrivava. Erano forse tipi di persone differenti, tipi di sangue emozionale differenti, incompatibili? O forse avevano solo limiti differenti, distanze differenti tra ciò che gli impediva di continuare e ciò che gli dava ancora più forza per continuare? Dove si trovavano quando non sapevano dove erano?

“Oggi ci abbandono una volta per tutte e subito dopo ritorno una volta per tutte”.

Costa tanto andarsene e costa tanto dover tornare. 

E tutti i giorni abbandonavano la loro casa e poi tornavano ad abitarla. Distruggere, costruire, distruggere, costruire: ecco le loro giornate, i loro deliziosi (così belli, così belli, il loro amore, il loro bacio, i loro scherzi, la loro stupidità inimitabile) e dolorosi (fa male, il pianto, la sensazione di un territorio stupidamente deserto in pieno petto, la separazione incomprensibile) giorni. Si ritrovavano in un intervallo di dolore, un limbo di risentimento, un tunnel di agonia - una processione di fede in cui entrambi soffrivano ma da cui impiegavano diverso tempo a uscire, anche se ci riuscivano sempre. Erano assolutamente incompatibili e totalmente innamorati. Alla fine solo uno avrebbe vinto. 

Klaus si ritrovò a collassare per terra nel giro di qualche ora. Troppe sostanze chimiche giravano nel suo sangue, ma non abbastanza per avere un’overdose. Aveva riconosciuto immediatamente i tremori muscolari, la marcata confusione mentale e il delirio. Quando si aggiunsero anche le convulsioni, fu più che sicuro di star per morire di overdose, mancava solamente il collasso cardiocircolatorio.

La sua vista si oscurò, e sperò che continuasse ad essere così. La sua vita non faceva altro che peggiorare e Klaus era stanco di lottare.

Watch as she stands with her holding your hand

Put your arm 'round her shoulder, now I'm getting colder

But how could I hate her? She's such an angel

But then again, kinda wish she were dead

As she walks by

Mentre era in macchina con una sua amica, agente di polizia, la detective Eudora si accorse per caso del ragazzo steso a terra. E riconobbe che quello era il fratello del suo fidanzato dal cappotto eccentrico che spesso aveva visto buttato sul suo divano. Chiese immediatamente di fermare la macchina e chiamare un’ambulanza, poi si precipitò a verificare che Klaus fosse vivo. Il battito c’era, anche se quasi impercettibile, ma lui rimase incosciente. 

L’ambulanza arrivò e riuscirono a far riprendere Klaus solo con le scariche del defibrillatore. Nonostante le sue richieste di essere lasciato andare, venne portato in ospedale ed Eudora lo portò via con lei una volta stabilizzato. 

In macchina il ragazzo non disse mezza parola, era perso nei suoi sentimenti, nella sua testa e i suoi pensieri scuri. Una parte di lui era grata ad Eudora, così maledettamente in perfetto orario, così perfetta e basta. Le voleva bene e allo stesso tempo la odiava. Avrebbe voluto dirle “Grazie per avermi salvato la vita, ma ti odio ancora”. Mentre guardava dal finestrino lei gli faceva delle domande a che non stava davvero ascoltando. Aveva appena tentato di uccidersi e senza successo, diciamo che avrebbe preferito essere solo con la sua vergogna. 

- ...Diego? - Eudora aveva fermato l’auto e si era voltata verso di lui con lo sguardo serio e comprensivo.

- Come? Scusa, io non stavo ascoltando… - Klaus sospirò, arrendendosi al fatto che la sua mente avesse risposto immediatamente al nome dell’altro e non alle parole dette in precedenza.

- Ti ho chiesto se vuoi che parli io con Diego - la ragazza posò una mano sulla sua spalla preoccupata.

- Oh...Preferirei non sapesse niente - scosse la testa e distolse lo sguardo. Che cosa avrebbe pensato di lui? Che idea si sarebbe fatto? Certo, già non era delle migliori l’opinione che Diego aveva di Klaus, ma non voleva peggiorasse. Anzi, no, non voleva che vedesse quanto realmente avesse sofferto e ancora stava soffrendo. 

- Klaus, ma è tuo fratello...Sai che lui si preoccupa sempre per te - Eudora tentò di farlo ragionare quando vide che Klaus aveva aperto la portiera e aveva lasciato il suo posto sul sedile affianco al suo. Lei lo seguì. 

- Ma che dolce - Klaus rispose sarcastico, tirando fuori dalla tasca un pacco di sigarette.

-Sì, lo è, dovresti vederlo. Tu sei davvero importante per lui, non l’ho mai visto parlare di altra gente come parla di te - disse e si precipitò a sequestrargli le sigarette. Il ragazzo di fronte a lei emise un verso di disapprovazione e lei si gettò il pacchetto nella spazzatura. Era preoccupata per lui, per il suo stato, ormai lo sentiva vicino come un fratello, proteggerlo stava diventando di più che fare il suo lavoro. 

Klaus comunque non rispose alla sua affermazione, ma si lasciò guidare in casa, il suo corpo e la sua mente erano completamente esausti per intraprendere una guerra.

- D’accordo, parlaci tu. Ma ti prego digli che voglio essere lasciato solo...Non voglio parlarne - alla fine rispose, guardando Eudora negli occhi. Capiva perché Diego ne era innamorato, oltre ad essere una persona fantastica era anche bellissima. 

- Te lo prometto - Eudora si mise in punta di piedi e lo abbracciò. Klaus rimase un pò sorpreso di quel contatto, ma poi la ringraziò e la strinse a sua volta. 

Odiarla lo faceva sentire sempre più in colpa, dannazione.

Eudora offrì a Klaus di dormire per un pò nel letto, dato che lei sarebbe dovuta uscire di nuovo per lavorare ad un caso. Il ragazzo annuì e lei lo guidò fino alla camera da letto, porgendogli la felpa bordeaux. Klaus pensò fosse uno scherzo. Decisamente qualche divinità si stava divertendo a prenderlo per il culo. 

Eudora lo lasciò solo e lui si cambiò, per poi infilarsi tra le lenzuola. Tutto aveva l’odore di Diego. Klaus si strinse nella felpa e tirò le lenzuola fin sopra la testa. Era pieno di emozioni, così pieno che scoppiò a piangere, desiderando solamente che ci fosse qualcuno a stringerlo. No, non qualcuno, ma una persona nello specifico: Diego. Maledetto Diego.

Ecco, adesso sapeva quale dei quattro tipi di persone era: lui faceva parte di quelle che ci mettono un'eternità a smettere di tollerare ciò che non sopportano - e che poi, quando non tollerano, riescono a evitare l'esplosione totale, preferendo invece un'implosione dolorosa ma ancora capace di permettere una ricostruzione.

What a sight for sore eyes

Brighter than a blue sky

She's got you mesmerized

While I die

- Ehi, già a casa? - Diego si chiuse la porta alle spalle con un piede, le sue mani occupate dalle buste della spesa. Era uscito qualche ora prima ed era appena tornato, pronto per rilassarsi e preparare la cena prima di andare in missione. Di solito Eudora non tornava prima delle 22 e quel giorno erano solo le 18.54. 

- No, in realtà dovrei tornare...E’ che stavo aspettando che tornassi tu prima di andare via - Eudora andò ad aiutarlo, prendendo una delle buste e posandola sul tavolo della cucina. Si sentiva un pó in ansia nel dover dire a Diego come mai fosse a casa. 

- Perchè? - lui si voltò con un sorrisetto, aspettando la risposta a braccia incrociate. Lei si avvicinò a lui e posò le mani sulle sue spalle. 

- Volevo vederti - rispose, ma in maniera non abbastanza convincente. E Diego se ne accorse. I suoi occhi la tradirono in meno di un secondo. 

- Okay...E? Che più? - aggrottò le sopracciglia. C’era qualcosa che non andava, più i secondi passavano, più riusciva a sentire una brutta sensazione crescere.

- Siediti - Eudora lo invitò a prendere posto su una delle sedie in cucina, spostandola per lui. Diego si sedette senza troppe cerimonie, anche se non voleva. 

- Mi dici cosa c’è? Non farmi preoccupare - Diego chiese quando lei ancora non disse nulla. La cosa strana era che il timore che lei volesse dirgli di non far entrare più Klaus in casa superava quello per un’eventuale fine della loro relazione. 

- Oggi ero di pattuglia e passando per delle stradine ho trovato Klaus...Era vicino all’overdose, non so quanta roba avesse preso, siamo stati tutto il giorno in ospedale - sospirò la ragazza. Quello era decisamente peggio di qualsiasi ipotesi Diego avesse pensato.

- Perché non mi hai chiamato?! Dov’è ora? Come sta? Dio, se lo prendo lo ammazzo io - si alzò di scatto, pronto ad uscire di casa e raggiungere Klaus in capo al mondo se necessario. Diego si sentì a corto di fiato, lo aveva perso di vista per un giorno e mezzo, uno solo.  

- Diego! - lo sgridò per l’ultima affermazione. Lei aveva avuto davvero paura per quel povero ragazzo, non voleva nemmeno pensare a cosa avrebbe potuto succedere se lei non ci fosse stata.

- Scusa, è che non sopporto il fatto che si faccia questo, che pensi di meritarlo - scosse la testa amareggiato. Era vero, Klaus pensava di meritare quel dolore, lo aveva sempre pensato fortemente e far sì che si ricredesse era molto più semplice quando passavano tutti i giorni insieme all’Accademia.

- Già, non sta bene e non vuole parlarne. Non voleva neanche dirti cosa fosse successo - Eudora rispose stupita, sia per il fatto che Klaus avrebbe nascosto una cosa così, sia perchè vedeva che Diego non ne era stupito. C’era qualcosa che ancora lei non riusciva ad afferrare del rapporto dei due, lo sentiva come un prurito che non riusciva a grattarsi.

- Ah, Klaus - Diego si passò una mano tra i capelli corti, cercando di capire come comportarsi, come aiutarlo una volta per tutte.

- Sii gentile, non fare lo stronzo con lui. Mi sembra già abbastanza distrutto - la ragazza di fronte a lui gli prese il viso tra le mani. 

- Non sono mai stronzo con lui - alzò le spalle, sapendo che non era proprio vero. Che fosse una risposta o un’azione, a volte Diego si comportava ancora da stronzo con Klaus, giusto per fargli capire che ancora un pò arrabbiato lo era.

- A volte lo sei - infatti Eudora lo corresse immediatamente, alzando le sopracciglia. 

- Dov’è? Dai, prometto di fare il bravo - Diego le accarezzò i capelli. Ancora non sapeva che diamine fare con tutta quella situazione.

- In camera nostra, penso dorma - gli rispose e poi prese tutte le sue cose, facendogli capire che stava tornando a lavoro. Lo salutò con un bacio sulle labbra, che però Diego non ricambiò molto. Aveva iniziato ufficialmente a perdersi nel pensiero che Klaus avesse tentato di farsi male di proposito, e gli veniva da piangere.

Why would you ever kiss me?

I'm not even half as pretty

You gave her your sweater

It's just polyester

But you like her better

I wish I were Heather

Wish I were Heather

Una volta che Eudora era andata via, Diego si diresse verso la stanza da letto in punta di piedi. Nel caso in cui stesse dormendo, non voleva svegliarlo. Aprì la porta lentamente, e la prima cosa che sentì furono i singhiozzi di Klaus. Gli si spezzò il cuore. Doveva sapere il perchè di tutto quel dolore. L’ultima volta che lo aveva sentito così distrutto avevano diciassette anni. 

Richiuse la porta dietro di sé e si avvicinò.

- Klaus - lo chiamò con un filo di voce, sedendosi dal lato opposto a quello in cui l’altro era rannicchiato e nascosto. In un secondo il ragazzo sotto le coperte si ammutolì, trattenendo i suoi singhiozzi coprendo le labbra con le mani. Cazzo, lo aveva sentito. 

Diego non ricevette risposta e si infilò sotto le coperte con lui. E vedere il suo viso gli fece ancora più male di sentirlo piangere. Lo avvicinò al suo corpo per i fianchi, incontrando gli occhi verdi dell’altro, distrutti e pieni di tante altre lacrime. Gli accarezzò il viso e poi lo strinse in un abbraccio. 

Amare una persona felice è facile, devi solo amare la vita e tutto fila liscio. Il problema è amare l'infelicità, capire che da qualche parte fa male e che a te non tocca nessun ruolo in mezzo a questo dolore, accettare che ci sono decisioni che non puoi prendere e situazioni che non puoi evitare, capire che il massimo che puoi dare è un abbraccio. Ci sono tanti momenti nella vita in cui il massimo che puoi dare è un abbraccio. Molte volte l'amore è rendersi conto della dimensione di un abbraccio, stringere chi ami e non fare nulla, non dire nulla, aspettare che il dolore passi, oppure che continui dentro a un abbraccio, e amare. Ci sono tanti momenti nella vita in cui il massimo che puoi fare è nascondere il dolore in un abbraccio, e amare.

Non sopportava il suo dolore ma non averlo sarebbe insopportabile, pensava Diego, il suo collo in attesa delle lacrime di Klaus, il letto aperto e la casa a vederli soffrire. Klaus si perdeva dentro di sé, e anche in quel momento si era perso, si era detto che amare era anche lasciar andare, che le spalle di Diego meritavano un'altra pelle da consolare e che forse nella vita non gli restava altro da fare che fuggire da lui. Le sue braccia aperte e la sorpresa di trovarle vuote, lui che camminava distante per evitare i suoi occhi, scommetteva che avrebbe pianto e lo avrebbe guardato come se aspettasse che tornasse per condividere il dolore con lui, condividere assieme quel dolore che non sapeva da dove venisse ma che non si fermava, probabilmente sarebbe passato, probabilmente un giorno si sarebbe svegliato e non ci sarebbe stato più, e quel giorno avrebbe voluto che ci fosse Diego al suo fianco per poter dare alle sue braccia qualcosa in più delle lacrime, in più del dolore, avrebbe voluto dare loro passione, ardore, eccitazione, perfino un orgasmo, chi lo sa? Ma per ora era quello lì e non c'era niente di peggio che sapere che lo accompagnava attraverso quello spazio in cui non si vedeva niente, e perciò avrebbe corso il rischio che Diego gli voltasse le spalle e non tornasse indietro, lo aveva immaginato rimasto sul divano a sentire lo spazio in bianco della sua assenza, aveva immaginato che si stupisse della mancanza di lacrime, la semplice non esistenza di peso sul suo collo. Non sapeva più cosa aveva immaginato, non sapeva se ne sarebbe andato da lì, dalla certezza che lui ci fosse, a gridargli che aveva l'uomo migliore del mondo e che aveva deciso di non averlo più, perché l'uomo migliore del mondo meritava la vita migliore del mondo, la donna migliore del mondo, e Klaus invece era un difetto, un inganno, un fallimento.

Diego gli accarezzò i capelli e percepì Klaus afferrare la sua maglia e stringersi ancora di più, come se avesse paura di star sognando. Lentamente i singhiozzi che stava trattenendo cominciarono ad uscire, sempre più doloranti e incontrollabili. 

Diego non poteva negare che qualcosa in lui si era spezzato insieme a Klaus, realizzò che in parte quello che era successo era anche colpa sua e della sua carenza di attenzioni, attenzioni che gli aveva promesso. Chissà se Klaus gli avrebbe mai detto cosa lo avesse reso così duro con sé stesso, così masochista e senza autostima o un minimo d’amore per sé stesso. Voleva aiutarlo, ma non sapeva come, proprio non ne aveva idea. Voleva calmarlo e farlo stare bene, distogliere la sua mente da tutte le cose negative che si annidavano in lui. 

Senza rendersene conto anche Diego cominciò a piangere, anche se in silenzio. Strinse Klaus più forte tra le sue braccia, posando il mento sulla sua testa. Poi si ricordò dell’ultima volta in cui erano stati nella stessa situazione e si mise a canticchiare con le labbra chiuse. 

Klaus si sentì tremare al suono della voce calda di Diego. Si concentrò su di lui, sulla melodia che mimava, il suo respiro divenne di nuovo regolare e si staccò di pochissimo, quanto bastava per poter guardare il volto di Diego. Quando vide che le lacrime erano anche sul suo volto, si sentì in colpa, perché era così che funzionava il suo cervello, e abbassò lo sguardo. 

- Ehi, no, va tutto bene...Guardami - Diego aveva posato due dita sotto il mento di Klaus, capendolo al volo, conoscendo ogni suo minimo movimento e ogni reazione. Le iridi verdi del ragazzo incontrarono quelle scure dell’altro, che, ancora una volta, lo baciò. E questa volta non sembrava un bacio d’addio. No, sembrava uno di quei baci che si danno quando la persona che ami torna a casa, quelli che vengono dopo il dolore, quelli che riparano ogni osso rotto. 

Le mani iniziarono ad accompagnare l’uno il corpo dell’altro, con movimenti delicati e dolci, tutti fatti lentamente per assaporarne ogni centimetro.

Klaus era circondato dal profumo di Diego, come se ci stesse facendo il bagno. Era tutto intorno a lui, le lenzuola, il cuscino e soprattutto era sopra di lui, sotto forma di Diego stesso. Di solito odiava essere quello in fondo. Beh, almeno letteralmente. Aveva sempre toccato il fondo quando si trattava di sesso, odiava non essere al comando.

Ma con Diego era diverso. Con lui era tutto diverso, ma non riusciva a spiegarne il motivo. Tuttavia, amava la sensazione di Diego sopra di lui, che lo spingeva nel materasso, facendolo sentire desiderato e amato. E fu nei momenti che seguirono che si sentirono finalmente a casa, in un posto sicuro e familiare, in quella bolla magica che si erano creati sin da ragazzini. 

Dopo ciò che uccide è ciò che fa venire che vale la pena di essere vissuto. Come la maniera fragile come l’orgasmo si intromette nel dolore: e la felicità.

(Oh, oh)

Wish I were Heather

Why would you ever kiss me?

I'm not even half as pretty

You gave her your sweater

It's just polyester

But you like her better

Wish I were

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