Il pensatoio di Astoria

di CedroContento
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Primo Anno ***
Capitolo 2: *** Secondo Anno ***
Capitolo 3: *** Terzo Anno ***
Capitolo 4: *** Quarto Anno ***
Capitolo 5: *** Quinto Anno ***
Capitolo 6: *** Sesto Anno ***



Capitolo 1
*** Primo Anno ***


Il pensatoio di Astoria
 
Osservò la sostanza, né liquida né gassosa, che vorticava impetuosa nella bacinella dorata, prima di immergersi; prima di perdersi.
Non aveva molto tempo, lui sarebbe rientrato da un momento all’altro. Ma ne aveva un bisogno disperato.
 
Primo Anno
 
Mi aggiusto la sciarpa verde smeraldo e argento sulla divisa nera di Hogwarts. Mamma mi ha portato a ritirarla questo stesso pomeriggio.
Sola nella mia stanza, volevo studiare l’effetto che fa sul mio corpo snello, acerbo, da perfetta undicenne. Sospiro, questo colore non è un gran che su di me.
Cerco di togliermi dalle labbra piene il broncio che mi rimanda il mio riflesso, mi fa sembrare ancora più bambina. Mi fisso nei miei stessi occhi azzurri, mentre cerco di non pensare a quanto non mi piaccia il colore dei miei capelli, biondo cenere, su cui ancora però resistono alcune ciocche schiarite dal sole. Vorrei avere i capelli di mia sorella, quel biondo platino mozzafiato. I miei invece ogni anno sembrano diventare più scuri. Eppure, da piccola ero bionda anch’io, bionda come un angioletto.
Disfo i giri di sciarpa che mi sono fatta attorno al collo. Se Daphne scoprisse che gliel’ho rubata, anche solo per due istanti, mi tormenterà fino a quando non saremo sull’espresso per Hogwarts.
Quest’estate è stato un continuo ammonirmi: “Non osare mettermi in imbarazzo, mi sono guadagnata un certa posizione io”.
Certo, la sua posizione è quella appena dietro alla Parkinson, ma a mia sorella piace pensare di essere lei quella in gamba. Io invece sono sempre e solo Astoria Greengrass, la sorellina piccola di Daphne.
In realtà, i discorsi di Daphne mi toccano appena, sono già abbastanza agitata per conto mio.
E se non venissi smistata in Serpeverde, come succede da generazioni per i Greengrass?
 
***
 
L’Espresso per Hogwarts sbuca splendente da una bianca nube di vapore. Fischia impaziente sui binari, quando mamma, papà, Daphne ed io raggiungiamo il binario 9 ¾.
Per due anni ho guardato mia sorella salire sul treno diretto alla Scuola di Magia e Stregoneria, aspettando impaziente il giorno in cui sarebbe arrivato anche il mio momento.
Daphne saluta frettolosamente prima di fiondarsi dal suo gruppetto di amici Serpeverde.
E lì lo vedo, bello come un Dio: Blaise Zabini, proprio accanto Malfoy. Quanto è bello.
Mia sorella ha parlato di Draco tutta l’estate, che però sta con la sua amichetta Pansy, figurati se si azzarderebbe mai a mostrare più palesemente quanto le piace. Non esiterà a soffiarglielo da sotto il naso alla prima occasione se mai potrà, di questo sono certa; Daphne è fatta così, è una piccola arpia.
Lancio un’ultima occhiata a mia sorella che si dà le arie, scostandosi con un gesto esagerato i lunghi capelli dietro una spalla – e poi sarei io quella che dovrebbe metterla in imbarazzo? –, e poi mi guardo intorno per cercare qualcuno che conosco.
Eccoli lì, i pivellini del primo anno a cui appartengo. Si stanno radunando incerti in un piccolo gruppetto. Tra loro noto qualcuno che conosco. Finalmente in quel piccolo assembramento vedo spuntare anche la testa delle mie due migliori amiche. Julie, la folta chioma rossa e riccia, e Nicole, più alta di tutta la testa rispetto agli altri. Le raggiungo, pronta a godermi quelle ultime ore di spensieratezza, cercando di scacciare il pensiero che da lì a poche ore il cappello parlante ci dividerà.

 

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Capitolo 2
*** Secondo Anno ***


Secondo Anno
 
“Non posso credere ti abbia invitata!” esclama entusiasta Julie, mentre mi intreccia sapientemente i capelli. Il suo talento per le acconciature stasera mi torna proprio utile.
“Però non è giusto, anch’io volevo andare al Ballo del Ceppo, ci sarà anche Viktor Krum!” aggiunge imbronciata. Come se non lo avesse mai visto, passa le sue giornate a pedinarlo per tutto il castello, ha addirittura saltato due lezioni per quel motivo.
“In realtà, anch’io sto ancora cercando di realizzare il fatto che Blaise mi abbia invitata. Anzi, comincio a sentire un po’ di nausea, mi sa che devo vomitare…”
“Beh fattela passare! Queste sono occasioni che non si sprecano,” mi rimprovera la mia migliore amica. E un po’ ora mi sembra mia madre.
Julie sospira, e so a cosa pensa: questo è il punto in cui interverrebbe Nicole, ma lei è una Corvonero ora, da più di un anno. All’inizio del primo anno abbiamo cercato di mantenere l’amicizia, ma i Serpeverde sono storicamente in rivalità praticamente con qualsiasi altra Casa, così non ci è voluto molto che Nicole ci togliesse anche il saluto.
“Qualche volta mi manca,” ammette Julie, lisciando distrattamente una ciocca ribelle che si è liberata da una forcina.
“Anche a me,” dico, torturandomi le mani. “Perché sudo così tanto?”
“Basta tristezza!” si ricompone Julie, perfezionando la mia acconciatura con un sapiente colpo di bacchetta. “È la tua serata, vai e conquista!” mi incoraggia, con rinnovato entusiasmo.
“Va bene…” cerco di autoconvincermi, sistemando il mio vestito rosa antico, un colore che mi dona decisamente di più del solito verde.
Mia madre non ha badato spese per il mio abito o quello di mia sorella. Non sarà mai che una Greengrass, o ancora meglio una Purosangue, sfiguri ad evento pubblico; anche se si tratta solo di un ballo studentesco. Sono quei piccoli dettagli a fare la nostra superiorità.
 
Ma a me la nausea non passa. Anzi, quando raggiungo Blaise nella sala comune (e quanto è figo con quel completo elegante!!!) lotto per non correre in bagno a rimettere.
È che questa potrebbe essere la serata perfetta, la serata perfetta per il mio primo bacio. E se fosse Blaise a baciarmi… be’, in quel caso potrei svenire.
“Stai benissimo, Astoria. Sei molto bella,” si complimenta Zabini appena mi vede, facendomi arrossire come un peperone – lo so perché sento le orecchie andare a fuoco.
Con la coda dell’occhio vedo mia sorella, bella come una dea, sorridere di approvazione. Almeno oggi non la faccio sfigurare.
 
Se era un bacio quello che volevo, di sicuro non è nelle intenzioni di Blaise deludermi, visto che passo metà della serata a cercare di tenerlo a bada. Non solo mi ritrovo le sue mani ovunque – e sono sicura che ne abbia almeno un altro paio nascoste sotto la camicia –, ma si abbassa continuamente cercando a tradimento le mie labbra. E non è proprio che io non voglia, ma il primo bacio dovrebbe essere speciale, magico. Quel momento non c’è ancora stato. Voglio che sia perfetto, p-e-r-f-e-t-t-o.
Solo che, più Zabini insiste, più mi risulta antipatico. La voglia di baciarlo sfiora i minimi storici, e la mia cotta per lui presto svanisce come l’effetto di una pozione mal riuscita.
Comincio ad essere sfinita e decisamente nervosa quando raggiungiamo mia sorella, Nott, la Parkinson e Malfoy, pigramente riuniti attorno a un tavolo. Hanno proprio l’aria di un mucchio di aristocratici annoiati.
“Voglio ballare,” brontola la Parkinson, facendo alzare gli occhi al cielo al suo cavaliere. Se lo sguardo di Malfoy potesse uccidere…Non può, giusto?
Comunque, non ci vuole troppo perché Pansy, a suon di capricci, convinca tutti a tornare in pista. Eccetto Draco, lui a quel punto non si alzerebbe neanche sotto la maledizione Imperius. È una questione di principio, lo so perché conosco la logica di un Serpeverde.
“Io faccio compagnia a Draco,” azzardo, quando Zabini mi porge la mano. “È che le scarpe mi fanno male cane ai piedi,” uso come scusa.
Non è vero, le mie scarpe con i tacchi sono comodissime, le adoro; potrei correrci una maratona, volendo. Ma se devo togliermi ancora una volta le mani di Blaise dal sedere, giuro che gli lancio una fattura. Mi rimane solo il dubbio se non sia peggio lui o starmene da sola con Malfoy.
Non può uccidere con lo sguardo. Non può uccidere con lo sguardo.
Siamo seduti al tavolo in silenzio da pochi minuti, a guardare gli altri che si scatenano in pista. Scuoto la testa, quando noto che, visto che Blaise ha fallito con me, passa senza troppe cerimonie a Daphne. Draco invece non guarda loro. “Andiamocene,” decide d’un tratto, facendomi saltare sulla sedia.
Intercetto la traiettoria del suo sguardo e vedo che scruta, con tutto l’odio di cui è capace, Potter. Non mi stupisce; quello sta antipatico anche a me. Ha la strana fissa di voler sempre stare per forza al centro dell’attenzione. Ancora ogni tanto mi chiedo come abbia fatto a mettere il suo nome nel Calice di Fuoco.
Draco non aspetta di sapere se mi va di andarmene o meno, si alza e mi porge galantemente il braccio.
Per un attimo la cosa mi confonde, ma poi mi ricordo che l’apparenza viene prima di tutto nel nostro mondo, e Draco non si farà mai vedere lasciare da solo il ballo.
“Facciamo il giro dai giardini ok?” chiede, più che altro per informarmi.
Io non sarei tanto d’accordo visto che in giardino ci sono un mucchio di coppie che pomiciano. Se vado di là con Draco, oltre ad essere totalmente imbarazzante, tutti penseranno che… Ma è proprio questa la sua intenzione, mi rendo conto. Mi usa per fare dispetto a Pansy, una pura vendetta nei suoi confronti. E quasi mi sembra di sentire lo sguardo omicida dell’amica di mia sorella sulla nuca, mentre usciamo.
Mi pento all’istante di non essermi aggregata agli altri.
Sbircio con la coda dell’occhio Draco, mentre facciamo il giro lungo. Piano, per perdere abbastanza tempo da sembrare ciò che non è.
Sono infastidita dalla situazione, ma mi rendo conto di non sentirmi poi tanto a disagio accanto a lui; anzi mi sento intoccabile.
Io e Draco ci conosciamo da sempre, giocavamo assieme da bambini. O meglio, lui e Daphne erano compagni di giochi, io ero quella che li rincorreva ovunque, cercando di stare al passo. Lo trovo cambiato negli ultimi anni, eppure è sempre uguale. Una cosa è certa, non mi rivolgeva parola da una vita.
“Non era la serata che ti aspettavi?” indaga, pigramente, senza nessun interesse.
Mi chiedo se il disappunto mi si legga così chiaramente in faccia, ma anche se così non fosse, Draco ha sempre avuto il dono della perspicacia.
“Già…” sospiro. “È che Blaise… non era come pensavo. È un’idiota,” ammetto, ormai completamente disillusa.
La mia confessione strappa almeno una piccola risata a Draco. “Concordo,” dice. “È un ragazzo, e tu sei carina stasera. Noi siamo fatti così” aggiunge, centrando il punto, senza che io abbia bisogno di spiegarmi ulteriormente. Perspicace.
“E tu, hai la serata che volevi?” chiedo, non ho voglia di parlare ancora di Zabini.
“Io sono qui solo perché devo”.
Certo, lui non ha bisogno di fare affidamento su uno stupido ballo per strappare anche più di un bacio alla Parkinson. O a qualunque altra Serpeverde, volendo essere sinceri.
Un cespuglio si mette a tremare al nostro passaggio, e ne sbuca una coppietta che cerca di ricomporsi alla svelta. Riconosco una Tassorosso e un Corvonero più grandi di me.
“Direi che possiamo tornarcene in sala comune. Ne ho abbastanza,” commenta Draco.
 
Quella sera, nel mio letto, fatico a prendere sonno. Ripercorro mentalmente la serata, ma non è Zabini a riempire i miei pensieri.
Ha detto che sono carina.

 

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Capitolo 3
*** Terzo Anno ***


Terzo Anno
 
Sola, nella Sala Comune dei Serpeverde, davanti al caminetto acceso, mi tengo la mano dolorante. Quando le lacrime hanno cominciato a scendere, non hanno più voluto saperne di fermarsi.
Ormai è notte, sono tutti a dormire, tranne me. Io ero in punizione con la Umbridge. Quell’orribile rospa rosa.
La mano mi brucia da morire; ha fatto male tutto il tempo, già dalla prima frase. Ho cercato di trattenere le lacrime mentre riempivo la pergamena con quello strano inchiostro scarlatto, ma ovviamente non ci sono riuscita. Sono rimasta lì due ore in tutto, a cercare di scrivere con gli occhi appannati, mentre la mia colpa si incideva anche sulla mia pelle.
“Astoria, cosa fai ancora qui?” chiede una voce stupita, facendomi sobbalzare. Draco. Non l’ho neanche sentito rientrare.
“Cosa succede?” chiede, irrigidendosi, quando vede in che condizioni sono.
“Ero in punizione,” confesso, cercando di soffocare un singhiozzo e asciugandomi le guance con una manica.
Avverto Draco sospirare, allentando la tensione che gli ho percepito addosso.
“Cosa hai combinato?” mi chiede, tra il dispiaciuto e il curioso, mentre comincia a cercare qualcosa nelle tasche.
“Be’… io e Higgs…” comincio a mormorare, a disagio. Mi sento avvampare. Per un istante non sento nemmeno più il male alla mano.
“Sai che c’è, mi sono appena reso conto che non mi interessa,” lapida la questione Draco, afferrandomi bruscamente la mano.
So che non vuole sentire altro perché ha già capito, e il mio crimine viene confermato dai profondi tagli che ho incisi sulla pelle. Le effusioni sono vietate.
Draco estrae una boccetta scura dalla tasca, e fa cadere qualche goccia del contenuto sulla ferita,
“Che cos’è?” chiedo, tirando su con il naso, più forte di quanto vorrei.
Il dolore finalmente mi dà tregua.
“Essenza di Dittamo” dice Draco, finendo di medicarmi.
“Grazie,” dico piano, mentre sento la pelle andare a fuoco dove è a contatto con la sua.
Lui in risposta annuisce. Forse lo immagino solo, ma mi sembra indugi prima di lasciarmi andare.
Rimaniamo in silenzio, apparentemente ipnotizzati dal fuoco che danza nel caminetto, entrambi persi nei nostri pensieri.
Osservo con la coda dell’occhio il viso di Draco e vorrei essere in grado di leggere nella mente bene quanto sa fare lui.
Dopo il Ballo del Ceppo, è tornato ad ignorare la mia esistenza, questa è la prima volta che mi parla. O che mi guarda.
In realtà, non dovrebbe importarmi, dal momento che sto con Terence, ora.
“E tu perché eri ancora in giro?” chiedo.
“Ho fatto un’ultima ronda. Cercavo una cosa per la Umbridge”.
Mi scappa una smorfia solo a sentire quel nome. “Perché lo fai?” È una cosa che continuo a chiedermi, dall’istante stesso in cui hanno formato quella stupida Squadra d’Inquisizione.
Draco capisce subito a cosa alludo.
“Immagino che sia per come mi fa sentire, avere potere sugli altri. Mi piace,” dice, scoccandomi un’occhiata. “Dovresti saperlo ormai,” aggiunge, sorridendo impertinente.
Sbuffo. Rovinare la vita agli altri, penso tra me e me. E non ho bisogno di dirlo ad alta voce, perché Draco capisce cosa penso solo dal mio verso, infatti il suo sorriso si trasforma in un broncio contrariato. “E mettersi ancora in competizione con Potter. Vuoi solo trovare il modo di farlo penare”.
“Be’, almeno io non mi faccio beccare quando sto con una ragazza,” ribatte Draco acido.
Non c’entra un bel niente con quello che ho appena detto!
“E anche se mi beccassero, non mi farebbero nulla, perché sono nella squadra,” continua, picchiettando un dito sulla sua stupida spilletta.
“Ma poi, con Higgs… dai. Non mi piace che tu stia con lui, è ancora più idiota di Zabini”.
“E perché mai dovrebbe interessarti con chi sto?” sbotto, senza riuscire a trattenere un sorriso sarcastico. Mi muore sulle labbra, quando vedo il modo in cui Draco mi guarda. Il mio cuore manca un battito.
“Infatti non mi interessa,” mente. Lo so che mente. “Buonanotte, Astoria.”
Ed è per questo, che ho lasciato Terence Higgs il giorno dopo.

 

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Capitolo 4
*** Quarto Anno ***


Quarto Anno
 
Mi sistemo meglio sul sedile del treno.
“Ma brava. Ora ti siedi?” sibila Julie. “Ormai è inutile, se ne sarà accorto da un pezzo che lo spii ogni due minuti”
E ha ragione.
Draco, con la testa abbandonata pigramente sulle gambe di Pansy – quella stupida – ormai deve essersi bello che accorto che non riesco a resistere alla tentazione di girarmi ogni due secondi per guardarlo.
Ma io non riesco a controllarmi, non ce la faccio! Ho pure scelto il posto più scomodo, Se mi fossi seduta al posto di Julie avrei una visuale perfetta, ma quando le chiesto di fare a cambio mi ha fulminata.
Proprio quando Daphne si è trovata un ragazzo più grande, e finalmente mi dà tregua, comincio io ad essere quella ossessionata da Malfoy. Ma qual è il problema con lui?
“È così cambiato. Non ti sembra cambiato?” chiedo alla mia migliore amica. Mi odio da sola da quanto sono assillante.
“E chi non lo è, Astoria?” sospira la mia migliore amica, tornando alla sua rivista, Streghetta Moderna.
Mi perdo un po’ guardando fuori dal finestrino.
Julie ha ragione anche su quello, sembra che tutti e tutto stiano cambiando. L’intero Mondo Magico sta impazzendo, e io non riesco ad afferrarne neanche tanto bene il motivo.
Pare sia colpa di quell’Oscuro Signore, quello che Potter ha scacciato prima che io nascessi. Non so cosa implichi per me nel concreto il suo ritorno.
Mamma e papà fanno discorsi strani: sui Purosangue, Mezzosangue, Babbani… che ne so. Non fanno che parlare di superiorità, di rivincita, di “occupare il posto che ci spetta di diritto”. Eppure, il modo in cui parlano tutto l’opposto del modo in cui si comportano. I miei genitori sono guardinghi, tesi – purtroppo non mi è sfuggito neanche quello – hanno paura. Così ne ho anch’io, e non sono nemmeno sicura di sapere di cosa o perché.
 
Quell’anno, però, tutto sommato, trascorre abbastanza nella norma. Almeno, nella norma per Hogwarts, perché qualche piccolo incidente c’è sempre stato. Mi interesso poco di quel che succede fuori, mi basta sapere che mamma e papà stanno bene.
Tutto nella norma, tranne Draco.
Per tutto l’anno quasi non lo vedo, figuriamoci riuscire a parlargli.
Si comporta in modo strano. È più schivo del solito, sempre più stanco e sciupato. Le occhiaie profonde che hanno fatto la loro comparsa sotto i suoi occhi grigi, peggiorano di settimana in settimana. Non l’ho mai visto sorridere, neanche per sbaglio.
Inizialmente ho pensato fosse semplicemente contrariato e nervoso per essere stato estromesso dal Lumaclub, ma presto mi rendo conto che sotto dev’esserci molto più di questo, solo che non riesco ad afferrarlo.
L’anno è quasi finito e l’estate è alle porte, quando finalmente riesco a parlare con lui.
Quella svampita della Cooman mi ha trattenuta fino all’ora di cena per la correzione di uno stupidissimo tema sulle costellazioni.
Visto che ormai è ora di mangiare, decido di andare direttamente in Sala Grande, perché Julie ormai sarà lì.
È quando passo nel corridoio dell’infermeria, però, che vedo una cosa che mi gela sul posto: Draco, il viso insanguinato, zoppicante, si sorregge a Mr. Happy – è così che io e Julie chiamiamo il prof. Piton –. Presumo, spero, siano diretti in infermeria.
Con il cuore in gola, corro nella loro direzione lungo il corridoio deserto. I miei passi riecheggiano contro le pareti di pietra, attirando la loro attenzione.
“Draco, che cosa è successo?” chiedo senza tanti convenevoli, aiutandolo a sorreggersi dal lato opposto al professore di Pozioni. Sento un groppo formarmisi in gola, lo stomaco annodarsi.
“Malfoy, ti sei fatto la fidanzata, non ne avevo idea,” sibila Mr. Happy, con la sua solita flemma.
Lui e Draco si scrutano. Con gli occhi si comunicano qualcosa, me ne accorgo, ma non ne colgo il significato.
“Non è così,” dice Draco, quando sembrano aver raggiunto un muto accordo. “Astoria, levati di torno!”
Anche se è stato rude, non riesco ad obbedire alla richiesta, anche perché avverto il peso di Draco sulle mie spalle; ho paura che se lo lasciassi andare, cadrebbe a terra.
“Greengrass, tu non entri,” dice Mr. Happy, una volta che siamo riusciti a raggiungere l’infermeria, che ormai è a pochi passi.
Aspetto forse quindici minuti, prima che Piton faccia la sua ricomparsa in corridoio. Quindici minuti eterni, in cui la mia preoccupazione sale di secondo in secondo. Mi chiedo cosa sia successo; chi avrebbe mai potuto ridurre Draco in quello stato.
“Sei ancora qui?” mi chiede il professore di Pozioni, stupito e contrariato di trovarmi ancora esattamente dove mi ha lasciata.
“Sei sorda forse? Cosa non ti è chiaro di quel che ha detto Malfoy?”
“Posso vederlo?” chiedo speranzosa, ignorando ogni sua parola.
Mr. Happy sbuffa sonoramente, ma mi accontenta. “Non più di dieci minuti,” concede, guardandomi in modo strano. “E, signorina Greengrass, se dopo non ti trovo nella Sala Comune, preparati a spolverare le mensole della mia dispensa per il resto dell’anno,” mi avverte.
“Sì, professore,” ho appena il tempo di rispondere, prima che si allontani in tutta fretta, facendo svolazzare dietro di sé il pesante mantello nero.
Busso piano per annunciarmi, prima di aprire quanto basta la pesante porta di legno.
Draco è lì, seduto su un letto, la schiena appoggiata ai cuscini candidi. Sulle sue braccia e in viso gli vedo i segni delle ferite profonde, alcune fasciate, alcune no. Almeno non è più totalmente ricoperto di sangue, ad eccezione di quello rappreso sui vestiti; che sono fradici, tra parentesi.
“No! Astoria, perché sei qui!?” mi accoglie infastidito, abbandonandosi sconsolato contro i cuscini.
Mi sento più che mai come un insetto che non si riesce a scacciare, ma faccio del mio meglio per ignorare la sensazione. “Cosa hai fatto, Draco? Chi è stato?” chiedo, incapace di trattenermi, incapace di andarmene come richiesto. Mi rendo conto di sapere già la risposta; infondo è sempre la stessa, no? “Potter non è così? Hai litigato ancora con lui?”
“Non sono affari tuoi, Greengrass! Cosa vuoi, eh? Dovresti andartene e starmi lontano!”
“Non posso,” sussurro guardarmi i piedi, cercando di non farmi ferire da quel rifiuto. Come potrei andarmene e fare finta di niente?
“Be’, devi! Io non ti ci voglio qui. Lasciami solo,” dice Draco, distogliendo lo sguardo da me.
Alzo la testa e mi intestardisco a rimanere finché Draco non mi chiede di uscire guardandomi dritta in faccia. E lo faccio perché ho la sensazione di vedere quella cosa: Draco fa come i miei genitori, le sue labbra dicono delle parole, ma gli occhi sostengono il contrario.
“Greengrass, per l’ultima volta, non so cosa ti sei messa in testa, ma tra noi non esisterà mai nulla. Non mi piaci, ok? Non mi interessa un bel niente di te. Vai fuori dai piedi!” dice cominciando seriamente a scaldarsi.
Ed è allora che la mia convinzione cede. Non dovrei stupirmi, Draco è sempre estremamente bravo a ferire, quando vuole. Non che io gli abbia reso l’impresa particolarmente difficile cercando di nascondere i miei sentimenti.
Giro sui tacchi prima di rendermi ulteriormente ridicola scoppiando a piangere davanti a lui.
A testa bassa, imbocco l’uscita. Stringo le mani al petto, esattamente dove il mio cuore si è appena spezzato.

 

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Capitolo 5
*** Quinto Anno ***


Quinto Anno
 
“Non ho proprio voglia di andare ad Arti Oscure,” brontolo mentre con Julie mi dirigo molto, molto lentamente a lezione. Siamo un po’ in anticipo.
“A chi lo dici. Quel Carrow mi mette i brividi, era quasi meglio Mr. Happy, giuro…”
Quando raggiungiamo il corridoio dell’aula, in lontananza, notiamo che si è riunita una piccola folla. Io e Julie immaginiamo già cosa stia succedendo.
Tese, ci guardiamo, chiedendoci silenziosamente chi possa essere la vittima designata, questa volta. L’ultima è toccato ad un piccolo Grifondoro del secondo anno, pare fosse stato impertinente. Ancora, in certe notti, le sue grida terrorizzate popolano i miei incubi.
Il mio quinto anno è tutto un incubo.
Io e Julie ci stiamo ancora guardando, quando ci arriva alle orecchie la voce della sventurata. Vedo l’espressione della mia migliore amica farsi terrea per l’orrore. Entrambe conosciamo bene quella voce, è quella di Nicole.
“Astoria, no!” Julie cerca di trattenermi per la manica, ma sono più veloce di lei a scattare avanti. Sento appena le sue suppliche di fermarmi alle mie spalle.
Arresto la corsa solo quando mi scontro con le schiene degli studenti più grandi arrivati prima di me a vedere cosa succede.
A suon di spintoni comincio a farmi strada. Sono alle prese con un ragazzo particolarmente ostinato nell’impedirmi di passare, quando lui si gira spazientito. Smetto di cercare di spingerlo via all’istante.
Quello che mi impedisce di proseguire è Draco.
Rimango a fissarlo per un attimo, interdetta, pietrificata. Non mi aspettavo di trovarlo lì, dal momento che quest’anno va e viene da scuola in continuazione. Non sapevo fosse tornato.
Ho appena il tempo di accorgermi del guizzo di sorpresa che gli passa negli occhi, quando mi riconosce. Guizzo che tuttavia sparisce presto, solo per lasciare il posto alla maschera di imperscrutabilità che indossa da quel giorno dell’anno scorso nell’infermeria.
In un gesto altrettanto rapido, Draco mi afferra un polso e mi rispedisce da dove sono venuta, vanificando tutti i miei sforzi di raggiungere Nicole.
Nel trambusto generale, nessuno ci nota. Almeno pensavo.
Malfoy avvicina il suo viso al mio. Ha l’espressione severa. Fa per parlare, ma non saprò mai cosa avesse intenzione di dirmi, perché un uragano biondo platino ci investe.
“Lascia andare immediatamente mia sorella,” sibila Daphne a Draco, così piano che fatico a sentirla.
Ma di sicuro lui l’ha sentita benissimo, e mentre mi lascia andare, i suoi occhi si fanno due fessure. Lo vedo serrare la mascella mentre con un’alzata della testa ci indica un’aula vuota.
Le grida di Nicole mi rimbombano nella testa, mentre, riluttante, Daphne mi cinge le spalle e obbedisce all’ordine silenzioso di Malfoy.
Ma io non voglio, non voglio allontanarmi, non voglio abbandonare una delle mie più care amiche. Non riesco a trovare la voce per dirlo, ma comincio a scuotere la testa ed opporre resistenza.
Non vedo l’occhiata d’intesa che si scambiano Draco e mia sorella, ma dev’esserci stata, perché Draco mi afferra e i due insieme sono troppo forti perché io passa liberarmi.
 
“Credete sia uno scherzo?!” ringhia Draco furibondo, mentre abbassa la bacchetta che ha usato per incantare la porta affinché nessuno ci senta o possa entrare. Anche Daphne accanto a me stringe la sua. Rimane in guardia.
“Ti rendi conto di che stupidaggine stavi per fare?!” continua Draco, rivolto a me. Nella foga mi si avvicina troppo, e istintivamente mia sorella si mette fra di noi.
“Non te lo ripeterò, Malfoy,” lo minaccia senza paura.
“Se io fossi come pensi, Greengrass, a quest’ora non riusciresti a reggerti sulle gambe”.
“Smettetela!” esclamo indietreggiando e allontanandomi da tutti e due.
Non posso accettare quell’odio che vedo negli occhi di entrambi. Non siamo nemici, solo qualche anno prima mangiavamo caramelle nel giardino di casa nostra. E anche Nicole, Julie ed io.
Il pensiero che corre di nuovo alla mia amica Corvonero è l’ultima goccia, il peso che ho nel petto esplode e scoppio a singhiozzare senza ritegno, con il risultato che almeno mia sorella e Draco abbassano i toni.
Sorprendentemente, Daphne viene ad abbracciami, cerca di consolarmi. Gli slanci d’affetto di mia sorella sono rari, e avverto tutta la sua impacciataggine, ma mi sento grata di averla vicina; le sono grata peechè almeno ci prova.
“Dovete stare più attente, non potete capire di cosa sono capaci,” sospira Draco, scuotendo la testa.
“E tu sì, non è così? Sei uno di loro, certo che lo sai,” dice Daphne, e perfino io, che ultimamente non ci capisco niente, mi rendo conto che il disprezzo troppo palese nella sua voce è pericoloso.
Draco per fortuna non raccoglie la provocazione. “Ciò che siamo, in qualche modo, ci tiene al sicuro ma – ascoltatemi bene – dovete volare basso,” dice, con più calma di quanto mi sarei aspettata potesse raccogliere.
Quella frase ci fa sussultare entrambe. Basta a me Daphne per capire che Draco sta solo cercando di difenderci. Non è la prima volta che sentiamo quelle parole, nostro padre ci ha fatto la stessa identica raccomandazione, prima che uscissimo di casa per andare a King’s Cross all’inizio dell’anno.
 
Quella sera io e Julie ci prepariamo per andare a dormire, ma nessuna di noi riuscirebbe a prendere sonno, così torniamo semplicemente in Sala Comune. La troviamo affollata, nonostante l’ora tarda. Non è insolito quest’anno. È come se tutti noi cercassimo conforto gli uni negli altri, come se l’unione, in qualche modo, bastasse a proteggerci dalla follia che ci circonda.
Io e Julie troviamo un angolino tranquillo e rimaniamo lì, con due libri aperti sulle ginocchia che no leggiamo; sono giusto per tenere impegnate le mani.
Sfoglio distrattamente Animali Fantastici e dove trovarli, guardando, senza vederle realmente, le figure, quando sento Draco congedarsi dai suoi amici.
Alzo di scatto la testa dalla mia lettura, giusto in tempo per guardarlo imboccare il passaggio segreto, con una piccola valigia stretta in pugno che sospetto tenga sempre pronta.
Non so di preciso cosa intendo fare, ma salto in piedi e corro per raggiungerlo, prima che se ne vada, ancora.
“Draco.” Non ho bisogno di parlare forte, la mia voce rimbomba abbastanza nel corridoio deserto.
Lui si ferma, e vedo dalle sue spalle che prende un bel respiro, prima di voltarsi verso di me.
Ora che siamo una di fronte all’altro, però, non so che dire. Draco è lì, e io non so che dire.
“Mi dispiace per oggi,” comincio. “Quello ha detto Daphne…”
“Forse me lo sono meritato,” dice Draco, incurvando le labbrai n un sorriso triste. Negli occhi gli scorgo già quella malinconia che non abbandonerà mai più il suo sguardo. “Astoria, l’anno scorso io… In infermeria ti ho mentito, ho bisogno che tu lo sappia. Non è vero che non mi interessa di te, non era vero niente”.
Lascia scivolare lo sguardo su di me, e improvvisamente la sua espressione si distende. Sorride – e, Dio, quanto è bello in suo sorriso –, mentre scuote la testa.
Inorridita, abbasso la testa. So cosa lo ha divertito tanto. Correndo per raggiungerlo, la mia vestaglia si è aperta, e porto quello stupido pigiamino rosa con gli snasi.
Mi affretto a coprire quell’abbigliamento infantile, consapevole del fatto che ormai è tardi, il danno è fatto. Ma dimentico all’istante l’incidente, quando Draco copre con un paio di passi la distanza tra noi, e mi afferra il viso tra le mani. “Stai più attenta, Astoria. Ho bisogno di saperti al sicuro. Devi scappare se le cose si mettono male, ok? Promettimelo,” dice, avvicinando il suo viso al mio.
Annuisco e chiudo gli occhi, beandomi della meravigliosa sensazione della sua pelle a contatto con la mia. Con le palpebre abbassate, non vedo Draco chinarsi su di me, sento solo le sue labbra posarsi, dolci e incerte, sulle mie. Non li riapro quando lo sento stringermi un po’ di più. Ho paura di rompere quello stupendo incantesimo.

 

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Capitolo 6
*** Sesto Anno ***


Sesto Anno
 
Tornare ad Hogwarts sarà più difficile che mai, me ne rendo conto appena metto piede sul binario 9 ¾.
E non è solo l’atmosfera pesante che invade l’aria, o il treno, che ha un vagone in meno del solito.
È l’assenza.
L’assenza delle risa, della spensieratezza. L’assenza di molti studenti; troppi. È l’assenza di mia sorella, perché per la prima volta affronto un anno di scuola senza di lei. È l’assenza di Draco, di cui non so più nulla da settimane.
Non ho bisogno del Memoriale – che ha fatto la sua comparsa vicino all’entrata della Sala Grande –, o del minuto di silenzio che ci chiede di osservare la preside McGranitt, dopo il suo discorso di inizio anno, per far affiorare i ricordi.
Ricordo benissimo quando ci hanno radunati lì, una manciata di settimane prima, nel pieno della notte. Ricordo la voce di mia sorella che mi stringe e mi dice di non preoccuparmi, che andrà tutto bene; ha promesso a mamma e papà che mi avrebbe tenuta al sicuro, ed è una promessa che non ha intenzione di infrangere. Ricordo di aver avuto più paura di quanta io ne abbia mai avuta, quando siamo scappati per non essere uccisi dai Mangiamorte.
È questo quello che penso mentre assisto alla Cerimonia di Smistamento.
Quasi mi fa ridere quanto mi sono preoccupata di non riuscire ad entrare tra i Serpeverde al mio primo anno.
Fa veramente differenza a che casa si viene assegnati? Ha mai avuto importanza? Essere Serpeverde, infondo, non è una cosa che è mai riuscita a definire chi sono.
Nemmeno la tensione per i G.U.F.O, che dovrò recuperare perché l’anno prima non si sono conclusi, riesce a distrarmi dalla malinconia che regna sovrana nel castello. Ma la vita deve pur andare avanti, prima o poi, come ci ripete spesso il professor Vitious.
Un piccolo barlume di spernaza si accende verso la fine dell’anno, quando Daphne mi scrive che di lì a una settimana sarebbe venuta per sostenere i suoi M.A.G.O., visto che anche quelli erano stati rimandati.
Mi ritrovo ad aspettare impaziente quel giorno, ho cominciato perfino un conto alla rovescia sul calendario, sperando con tutta me stessa che anche Draco si presenti.
Quel giorno Draco però non viene.
Io e Julie ci aggiriamo tutto il giorno tra gli studenti dell’ultimo anno ed ex studenti, inutilmente. L’unico che incrocio è Zabini che mi chiede se può scrivermi ogni tanto.
Alla fine, anche Julie si stufa e mi lascia sola nella mia ricerca. Quando mi arrendo, con l’umore sotto le scarpe, mi siedo sulla riva del lago. Non riesco a farmene una ragione, non riesco a tollerare di sentire il mio cuore che sprofonda per la delusione.
È una bellissima giornata di inizio estate, e spero che almeno il bel tempo e la previsione di un’estate, finalmente spensierata, mi aiuteranno a recuperare un po’ di allegria.
Appoggio il mento sulle ginocchia e rimango lì, la mente che torna a vagare sui ricordi degli ultimi due assurdissimi anni. Ma i miei pensieri cupi vengono interrotti da un arrivo inaspettato.
Una delicata volpe argentea prende a girarmi intorno e, nonostante la tristezza che neanche il sole che splende radioso è riuscita a lenire, la sua presenza positiva mi strappa un sorriso. Finalmente mi decido ad alzare la testa per cercare chi l’ha evocata.
“È tutta la mattina che ti cerco,” dice Draco a pochi passi da me.
Sento il mio cuore fare un doppio salto mortale. Non posso, non riesco proprio a trattenermi. Mi sento così felice che in un attimo lo raggiungo e gli getto braccia attorno al collo.
Inspiro l’odore inebriante della sua pelle e un dolce calore mi avvolge, quando avverto che mi stringe anche lui.
Quando passa l’euforia iniziale, imbarazzata dalla reazione eccessiva, mi sciolgo dall’abbraccio.
“Non sapevo sapessi evocare un Patronus,” riesco ad articolare.
“Ho imparato recentemente. Per evocarlo serve un ricordo felice. Indovina qual è il mio”.
Non abbiamo bisogno di dirci nulla, il fatto che Draco mi baci in quel momento è la cosa più naturale del mon
“Non dovresti essere qui”.
La voce alle sue spalle giunse inaspettata, ma non lo turbò; non più di quanto lo fosse già, almeno.
“Ti avevo chiesto di non farlo, Scorpius. Non ti fa bene,” lo rimproverò suo padre.
Il bambino non rispose subito, si prese ancora un momento per osservare sua madre, prima che Draco lo portasse via.
“Volevo solo vederla ancora una volta. Solo una,” si giustificò.
“Non è reale,” gli spiegò Draco paziente, cercando di mascherare quanto gli facesse male il fatto di non poter in alcun modo lenire il dolore del figlio. Un dolore che apparteneva anche a lui.
Non era in suo potere restituirgli la madre, per quanto lo desiderasse.
“Mi manca. Io rivoglio la mamma,” protestò Scorpius con un filo di voce, chinando la testa per nascondere le lacrime che cominciavano a scorrere irrefrenabilmente lungo le sue guance paffute.
Draco percepì il cuore spezzarsi ancora un po’. Non riuscì a replicare a quelle parole. Come poteva sgridare Scorpius per qualcosa che lui stesso era tentato di fare ogni giorno.
Astoria mancava anche a lui, terribilmente.
“Sai, c’è un altro ricordo che mi piace rivedere, qualche volta,” disse dopo qualche minuto, cingendo le spalle al figlio.
Scorpius alzò la testolina, gli occhi azzurri lucidi, gli occhi di Astoria, in attesa.
Mi muovo un pochino per sistemare i cuscini che mi sorreggono la schiena.
I miei capelli sono un groviglio di nodi, sono struccata e sono certa di avere una faccia orribile, dopo la notte insonne e dolorosa.
Eppure, eccomi a sorridere radiosa al fagottino che ho tra le braccia. Non riesco a smettere.
“Sei perfetto,” sussurro al mio bimbo. “È perfetto questo piccino”.
Non riesco a resistere alla tentazione di avvicinare ancora una volta la mia fronte alla sua, per inspirarne il profumo, sentire il suo respiro lieve sulla mia pelle.
“Sì, però i capelli potevi farglieli,” commenta Draco, con un sorriso che va da un orecchio all’altro. Sono ore che quel sorriso non si spegne, il che amplifica ancora di più la mia gioia.
“Ma no! Non ascoltarlo questo brutto di un papi,” rido, passando piano il dorso dell’indice sotto il mento di Scorpius.
Ed è lì che del tutto inaspettatamente, a quel contatto, lui mi regala il suo primo sorriso sdentato.
“Oddio! Draco, guarda!! Hai visto?! Sorride, amore,” esclamo al settimo cielo, mentre le lacrime mi invadono gli occhi.
“Astoria, non puoi piangere ancora!”
“Scusa, sono gli ormoni!” Sono mesi che mi commuovo per qualsiasi cosa.
Draco scuote la testa, mentre gli faccio posto sul letto e mi lascio avvolgere in un abbraccio.
Mio marito mi scocca un bacio dolce sulla fronte e io mi crogiolo in quella meravigliosa sensazione. La sensazione di essere amata.
E se mi chiedessero di scegliere, direi che è questo. È questo il momento più bello della mia vita. 

 

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