Tutte siamo un po' Cenerentola

di vivianacenerelli
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una nuova vita ***
Capitolo 2: *** Il suo primo grande amore: il mare ***
Capitolo 3: *** Il Buon Samaritano ***



Capitolo 1
*** Una nuova vita ***


Tutte siamo un po' Cenerentola Una piccola stanza poco illuminata accoglieva un letto a due piazze, un piccolo comò vecchio e una sedia in un angolo.
 Tutto era misero e vecchio, ma lindo.
Delle tendine a fiorellini ricamate a mano, scendevano dall'unica finestra che dava sul vicolo.
 Due donne, sulla trentina circa, si affaccendavano intorno al letto occupato da una donna tanto minuta e giovane da sembrare una bambina.
- Forza, Elvira, resisti, Flora è andata a chiamare Nella, ne ha fatti nascere tanti sai, stai tranquilla.-
- E questo è il tuo secondo figlio, sarà una passeggiata.- Aggiunse l'altra donna, guardando la prima con aria preoccupata.
- Vuoi che mandi a cercare tuo marito?- Chiese la prima donna, guardando apprensiva la giovane che pallida si lamentava sul letto. L’altra donna sbuffando borbottò:
- Sì, capirai, e quando lo trova. Vai a sapere dov’è finito. Lo dico sempre io che un uomo troppo bello porta solo guai!-
- Shhh! Vuoi che ti senta? Smettila di far la pettegola! - Disse la donna, guardandola accigliata. Poi abbassando ulteriormente la voce:
 - Se vogliamo allora dirla tutta, è da rimproverarlo per averla messa di nuovo incinta. Una donna esile e giovane come lei. - Disse la donna guardando la giovane gemere nel letto.
Ma Elvira, persa tra i dolori del travaglio, non ascoltava le due donne, la loro voce gli giungeva come un eco lontano. E come un eco, dei passi affrettati si avvicinarono alla stanza. La porta si aprì con un leggero cigolio e due donne entrarono.
 - Ah! Sono giunta in tempo! Fatemi dare un occhiata.- Disse la donna più anziana e avvicinatasi al letto sollevò il lenzuolo.
- Bene, penso che sia ora di farlo nascere, vero Elvira? Si vede già la testa. Da brava, alla prossima contrazione una bella spinta!- Disse la levatrice rimboccandosi le maniche. Si posizionò ai piedi del letto e sollevò per bene il lenzuolo.
- Forza Elvira, spingi! Ecco brava, ci siamo quasi, alla prossima un’altra spinta! - Disse la levatrice.
La giovane si aggrappò alla ringhiera del letto e urlando diede un’altra spinta. Un vagito echeggiò nella stanza, la giovane si accasciò sfinita.
 - È una femmina! E sta bene. - Disse la levatrice controllando e asciugando la bambina. Un lieve bussare fece girare le donne. La levatrice con in braccio la bambina avvolta in un lenzuolino, aprì la porta.
- Ah! Ecco il padre!- Disse l’anziana , rivolgendo al bell'uomo un sorriso sdentato.
- Ecco qua tua figlia!- L’uomo si tolse il capello e posandolo sulla bambina esclamò:
- Ah! È proprio una normaccia! - Disse ridendo.
 - Si chiamerà Norma, come l’opera che ho visto questa sera, e questa volta non cambiarglielo, hai capito Elvira?!-
La giovane sorrise debolmente, sfinita dal parto. Sì, questa volta non l’avrebbe cambiato.
 - Norma, sei proprio la mia piccola Norma.- Sussurrò al nuovo piccolo esserino che attaccato al suo petto succhiava via tutta la stanchezza e i dolori del parto.

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Capitolo 2
*** Il suo primo grande amore: il mare ***


Il suo primo grande amore: il mare

 

Norma aveva quasi quattro anni quando, con la sua famiglia, si trasferirono in una piccola cittadina sulla costa.
I tempi erano difficili. Suo padre era spesso costretto a lavorare lontano per mantenere la sua famiglia e ora che era nato anche il suo fratellino, Antonio, le cose si erano ulteriormente complicate.
Da tempo il fratello di suo padre cercava di convincerlo a trasferirsi, dicendogli che un'accogliente casetta proprio vicino al mare era pronta per ospitarli.
Ma per Vittorio, il padre di Norma, non era una decisione facile da prendere.
Elvira era molto legata alla sua famiglia, non faceva un passo se non c’erano sempre le sue sorelle più grandi. Sembrava una scolaretta in mezzo a loro, sempre a testa china, mai una volta che esprimesse un suo pensiero, mai che riuscisse a farsi valere.
Vittorio aveva capito da tempo che sua moglie era succube delle sue sorelle e questo non lo sopportava.
Negli ultimi tempi si ritrovava spesso a pensare per quale motivo si fosse perso in una donna come Elvira.
Non era certo un uomo a cui mancava la compagnia femminile.
Alto, con una figura snella ma muscolosa e un sorriso ammaliante, le donne cedevano facilmente al suo fascino.
Non Elvira, no.
Era stata una sfida per lui fare breccia nel cuore di quella fanciulla così minuta e dolce, sempre silenziosa e timida. Ma si era innamorato proprio per quella riservatezza e per quegli occhi grigi come un mare in tempesta.
Nelle poche volte che la ragazza aveva avuto il coraggio di guardarlo negli occhi, vi aveva scorto una dolcezza ma anche una passione, in cui Vittorio si scoprì desideroso di perdersi.
Ma non avrebbe mai creduto che quella timidezza l’avesse poi, pochi anni dopo il loro matrimonio, esasperato.
Quante volte avevano litigato a causa delle sue cognate.
Non c’era una domenica che riuscisse a passeggiare in pace con la sua famiglia, senza che loro si aggiungessero.
Aveva più volte cercato di spronare sua moglie, aveva cercato perfino di farla ingelosire, andando a spasso a braccetto delle sue cognate, mentre sua moglie dietro come un cagnolino, insieme alla sue bambine, camminava a testa bassa.
Ma neanche questo aveva funzionato, l’unica cosa che aveva ottenuto era il silenzio.
Elvira per giorni, non gli aveva rivolto la parola, e quando la sera a letto lui la cercava, lei cedeva arrendevole, ma non con la passione che lui conosceva.
Vittorio era combattuto, non voleva più una ragazzina sottomessa, voleva una donna accanto a se, ma sapeva che Elvira, avrebbe preso a male quel trasferimento.
Però, più ci pensava e più questa poteva essere l’unica occasione per rendere indipendente sua moglie. In una cittadina lontana, lontana dalla sua famiglia, avrebbe smesso di essere la timida fanciulla.
Convinto che fosse l’unica soluzione possibile, cerco in maniera accattivante di parlarne con sua moglie, decantando i vantaggi di trasferirsi sulla costa.
Elvira, rimase allibita, non sapeva che pensare. A lei piaceva la loro casetta, anche se piccola e malandata. Si sentiva sicura vicino alla sua famiglia, alle sue sorelle.
Trasferirsi in una cittadina che non conosceva, dove non conosceva nessuno e proprio ora, che più aveva bisogno di consigli con tre bambini da crescere.
Vittorio, vedendo lo sguardo allarmato e pronto alle lacrime di sua moglie, decise di giocare l’ultima carta.
- Elvira, non credi che sia giusto che passiamo un po’ di tempo anche con la mia famiglia?- Disse, con voce gentile. - Vivremo lì solo per qualche tempo. Sai che ho un lavoro da quelle parti, sarebbe più facile per me saperti vicina.- Disse avvicinandosi alla moglie e sollevandogli il viso.
Quegli occhi che l’avevano fatto innamorare, non riuscirono a mascherare tutta l’angoscia che sua moglie provava. D’impulso l’abbracciò forte. Era talmente piccola tra le sue braccia, che poteva sollevarla con una mano. Sentirla tremare lo fece pentire di averle chiesto di partire. Spinto da una voglia irrefrenabile di consolarla, si chinò sul suo viso e iniziò a baciarle la fronte, gli occhi pieni di lacrime, fino a finire sulla sua bocca.
Elvira rispose al suo bacio, scatenando il desiderio del marito, ma poi si bloccò e divincolandosi dal suo abbraccio, gli disse sottovoce :
- Ci sono i bambini, ci stanno guardando. - E con un sorrisetto si allontanò da suo marito.
Vittorio capi che aveva vinto la battaglia. Conoscendo sua moglie, sapeva che era oramai cosa fatta.
Scrisse immediatamente a suo fratello Alfredo che presto lo avrebbe raggiunto. Con in tasca la lettera che il giorno dopo avrebbe spedito e fiducioso che con questo viaggio le cose sarebbero cambiate, prese in braccio Norma e accarezzò la testa di Lavinia mentre canticchiava, stonando come una campana, un motivetto.
Elvira in cucina, rise sentendo il marito cantare.
Quell’abbraccio l’aveva messa di buonumore. Sì. Erano solo dei pettegolezzi quelli che sua sorella gli aveva riportato su suo marito. Lo sentiva, Vittorio l’amava ancora come la prima volta.
Arrossi ripensando al bacio di poco prima e mentre allattava il suo bambino, senza accorgersene, iniziò a intonare con voce soave una vecchia canzone.

Tutto era pronto per la partenza. Il vecchio furgone di Vittorio era carico di mobilia e valige. Norma guardava curiosa senza capire cosa stava accadendo. Il suo babbo gli aveva detto che presto avrebbe visto i suoi zii e che la loro casa era vicino al mare.
- Babbo, che cos’è il mare?- Chiese con la sua vocina guardando suo padre caricare l’ultimo bagaglio.
- Cos’è il mare?- Ripeté l’uomo chinandosi verso la bambina.- Uhmm, tanta acqua, talmente tanta che non si vede altro che acqua.- Disse il padre facendo un gesto ampio con la mano. - Ci sono tanti pesci e le barche, vedrai che ti piacerà.-
- Che cosa sono i pesci? E le barche?- Chiese curiosa.
Il padre si alzò in fretta, non sapendo come spiegare a quella bimbetta curiosa, cose che anche lui non conosceva bene.
- Elvira! Sbrigati, dobbiamo partire, si sta facendo tardi.- Disse cercando di distrarre la bambina.
- Eccomi.- Disse la donna asciugandosi una lacrima. Prese in braccio Antonio e per mano Lavinia, diede un ultimo sguardo alla sua casetta e con un sospiro chiuse la porta. Si era detta più volte che era giusto così, che ai suoi bambini avrebbe giovato vivere un periodo vicino al mare, forse avrebbe anche potuto trovare qualche lavoretto e inoltre suo marito le aveva promesso che sarebbe stato spesso a casa. Sì, sarebbe andato tutto bene, penso guardando per l’ultima volta il suo quartiere e con un timido sorriso salì sul furgone.
Viaggiarono per tutto il giorno, ma con tre bambini piccoli, in quello stretto abitacolo, Vittorio fu costretto a fermarsi più volte. Non potendosi permettere di pagare una camera per la notte, decise di fermarsi un’ultima volta per dormire un po’ prima di raggiungere la casa del fratello.
Fu quindi alle prime luci dell’alba che arrivarono. L’uomo fermò il furgone e scese, prese in braccio Norma che si stava svegliando e lasciò che Elvira allattasse Antonio mentre Lavinia continuava a dormire.
Con in braccio la sua bambina, che ancora insonnolita appoggiava la testa sulla sua spalla, si avviò lungo la spiaggia
- Guarda, Norma, questo è il mare. - Indicò l’uomo quell’enorme distesa d’acqua brillante alle prime luci. - Guarda, c’è anche una barca, la vedi quella cosa più scura laggiù? - Disse indicando un punto lontano. La bambina guardando con occhi meravigliati da un lato all’altro, divincolandosi chiese al padre:
- E i pesci?- Vittorio scoppiò in una risata, fece scendere la bambina e accarezzandola sulla testa, guardò lontano con aria felice.
-Che brigante che sei! E io che credevo di essermela scampata. Quando saremo dallo zio Alfredo ne vedrai qualcuno.- Disse sorridendole
- Davvero?- Chiese Norma avvicinandosi curiosa alla riva.
- Norma!- La voce allarmata di Elvira, fece voltare padre e figlia.
- Norma non ti avvicinare all’acqua è pericoloso.- Disse la donna camminando più veloce possibile, con in braccio Antonio e trascinandosi dietro un assonata Lavinia.
- Stai tranquilla! - Gli disse suo marito prendendo per mano Norma.- Non si bagnerà.-
Disse l’uomo un po’ scocciato.
- Ah! È fredda! - Esclamò la bambina, che approfittando della distrazione del padre, aveva allungato un piedino sull’acqua.
- Lazzarona! Mi farai prendere una bella sgridata da tua madre se cadi in acqua! Vieni- Disse prendendola in braccio.- Andiamo a casa dello zio.-

 

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Capitolo 3
*** Il Buon Samaritano ***


Il Buon Samaritano 4 Era passato un mese da quando si erano trasferiti in quella cittadina. La casa era molto graziosa, vicino al mare. Elvira, era riuscita a renderla accogliente. 
Non si era pentita di aver seguito suo marito, anche se non era spesso a casa, non era male vivere lì. 
Suo cognato e i suoi figli facevano a gara per non farla sentire sola. 
Roberto, il più giovane dei figli, gli portava spesso a casa del pesce, visto che era un pescatore, e Alfredo passava ore e ore sulla spiaggia a parlare sopratutto con Norma del mare, delle barche e dei pesci. 
I soldi che gli aveva lasciato suo marito gli bastavano a malapena per comprare della farina, del riso e del latte per le sue bambine. 
Per questo Elvira, aveva preso l'abitudine di uscire la mattina presto, trascinandosi dietro Norma, per andare nei campi lì vicino a raccogliere le erbe. 
Norma era contenta, non gli importava di alzarsi così presto, lasciando sua sorella maggiore sul letto a sorvegliare il loro fratellino. 
Poteva camminare a fianco di sua madre e imparare tante cose. 
A quattro anni sapeva già quali erano le erbe selvatiche commestibili, come raccoglierle e come pulirle. 
Le prime volte, Norma aveva indicato dei campi di grano, ma la mamma gli aveva spiegato che quello era il frutto del duro lavoro dei contadini e non era giusto raccoglierlo. 
Loro non avevano aiutato a zappare o a concimare, impossessarsi di quei frutti senza pagare era come rubare ed era una cosa brutta. 
La bambina aveva annuito, senza capire completamente ciò che diceva la mamma, ma se lo diceva lei, allora era così. 
Le donne, chine sui campi, guardavano curiose quella strana coppietta, che alle prime ore dell’alba, percorreva quella strada alla ricerca di erbe. 
Qualche volta accadeva, che smosse dalla pietà, chiamavano la buffa bambina per donarle qualche frutto. 
Elvira, rispondeva con un sorriso a quel gentile gesto, ma il giorno dopo cambiava strada. 
Non voleva dar l’impressione di elemosinare. Anche se era dura far mangiare tutti i giorni i suoi bambini, non voleva che credessero che fosse una mendicante. 
Una mattina, dopo aver camminato allungo senza trovare granché, madre e figlia si avviarono verso casa deluse. I viveri incominciavano a scarseggiare e gli ultimi spiccioli che gli erano rimasti, Elvira li aveva spesi per il carbone. 
Era da giorni che non vedeva suo cognato che era fuori per lavoro, anche il giovane Roberto era in mare. 
La donna guardò sconsolata il suo magro raccolto, aveva piovuto poco e il sole aveva bruciato le ultime piantine, non sapeva proprio come avrebbe fatto per sfamare le sue bambine. 
Se solo avesse preso l’altra strada, forse qualche donna avrebbe chiamato Norma e le avrebbe regalato qualcosa, si ritrovò a pensare la giovane. 
- No!- disse la donna scrollandosi di dosso quei pensieri. - Norma, cerchiamo ancora, ti va?- la bambina annui con un gran sorriso. 
Elvira guardò verso il mare. Dio quanto la spaventava, ma, aveva sentito spesso suo cognato raccontare alle bambine che, durante la bassa marea, si potevano scovare sotto la sabbia dei cannolicchi e delle vongole e che erano molto buoni. 
La sabbia bagnata scrocchiava sotto i loro passi. 
Norma era bravissima, riusciva a individuare dove si nascondevano e ben presto un bel mucchietto faceva bella mostra nel paniere della donna. 
Nella ricerca si erano avvicinate alla loro casa e Elvira aveva notato un vecchio malandato che a fatica risaliva la collinetta. 
Non era la prima volta che lo incontrava, spesso lo aveva visto mangiare con avidità qualche bulbo selvatico appena raccolto. In quei tempi bui, molti erano i bisognosi che girovagavano in cerca di un tozzo di pane. 
Quel giorno il suo raccolto non era molto, ma se riusciva a fare una zuppa con i suoi pochi averi, l’avrebbe volentieri condiviso. La donna prese per mano la bambina e affrettando il passo raggiunse il vecchio. 
- Non ho molto nel paniere.- disse Elvira rivolgendosi al vecchio.- Quella lassù è la mia casa e se vorrà sedersi lì fuori, posso provare a fare una zuppa. Non ho mai cucinato questi molluschi, ma almeno un piatto caldo potrà darle qualche sollievo.- gli disse arrossendo un po’, timorosa di offenderlo. 
Il vecchio guardò prima la giovane e poi la bimbetta che incuriosita ricambiava lo sguardo. In quel viso scarno e stanco balenò un sorriso di gratitudine e il vecchio annui e con fatica cercò di tenere il passo. 
Norma, vedendo il vecchio che aveva difficoltà a camminare, allungò la sua manina e prendendogli la sua lo aiutò nella risalita. Sua madre guardò orgogliosa il gesto della figlia, era proprio una brava bambina. 
Quel giorno, Elvira diede il meglio di se per quell’ospite inaspettato. 
Con le poche verdure e i molluschi che sua figlia aveva raccolto, riusci comunque a creare una saporita zuppa, ma solo quella non poteva soddisfare tutte quelle bocche. 
Con l’ultima farina che le era rimasta, preparò svelta del pane azzimo come rinforzo a quel magro pasto. 
Lavinia, che aiutava sua madre in cucina, rimase stupita che la donna avesse consumato tutta la sua farina per quello sconosciuto. 
La madre si accorse dello sguardo incredulo di sua figlia, ma invece di dargli una spiegazione gli raccontò la parabola del Buon Samaritano. 
- Vedi Lavinia, noi abbiamo poco, ma quell’uomo la fuori non ha nulla. Il buon Dio è grato con chi si prende cura di un suo figlio. Pensiamo solo che oggi Gesù mangia con noi, va bene?- la bambina abbassando la testa fece un cenno di sì. 
Nel frattempo, Norma, ignara di ciò che accadeva in casa, parlava tranquillamente con il vecchio che si era seduto su un cumulo di pietre che un tempo doveva far parte del vecchio muro di recinzione della casa, mostrandogli tutti i tesori che aveva trovato con suo padre sulla spiaggia. 
- Ecco, guarda questo sasso, se lo bagni luccica. E questa conchiglia me l’ha portata lo Zio Alfredo.- disse mostrandoglieli.- E il babbo ha detto che quando torna, mi costruirà una barchetta, ma non potrò metterla in mare, perché la mamma ha paura.- Norma abbassò la testa facendo spallucce.
- Non importa, quando la mamma mi farà il bagno la farò galleggiare nella tinozza!- esclamò con un gran sorriso. 
Fu una giornata particolare, sembrava quasi un giorno di festa con la coperta stesa sotto la quercia e loro che parlavano e ridevano gustandosi quel pranzo improvvisato. 
Norma non vide più quel vecchio signore, ma qualche giorno dopo una vicina bussò alla loro porta. 
- Elvira, quel lazzarone di mio figlio ha macchiato con l’erba l’unico lenzuolo buono che avevo. Non conosci qualche metodo per smacchiarlo?- disse la donna. - Se lo scopre il padre son dolori!- Enfatizzò gesticolando. 
Elvira la guardò meravigliata.
Perché mai quella donna chiedeva proprio a lei?
- Se me lo porti, posso provare a far qualcosa.- disse timidamente, meravigliata dell’accaduto. 
Aveva parlato qualche volta con quella donna ma non aveva instaurato un rapporto di amicizia tale da farla comportare in quel modo. 
- Mamma, ma come ha fatto la signora Maria a sapere che sei brava a smacchiare i tessuti?- chiesa Lavinia dopo che la signora Maria era uscita, mettendo il suo fratellino addormentato sul letto. 
- Sinceramente non lo so, non mi sembra di averglielo detto. Quando le avevo chiesto se conoscesse qualcuno che avesse bisogno di rammendi, non avevo specificato di saper smacchiare.- disse Elvira guardando sua figlia. 
- Io l’ho detto al signor Giuseppe l’altro giorno.- disse Norma avvicinandosi alla madre. 
- Il signor Giuseppe? Chi è ?- chiesero in coro la mamma e Lavinia. 
- Il signore che ha mangiato con noi. - spiegò tranquillamente Norma – Abbiamo parlato di tante cose. Mi aveva chiesto come mi chiamavo e cosa faceva la mamma. Così gli ho detto che il babbo era fuori per lavoro e la mamma era brava a cucire e sapeva togliere le macchie dai tessuti e che lo zio Alfredo mi portava spesso delle belle conchiglie. Lui mi ha detto come si chiamava e che la sua famiglia era in cielo e che sicuramente la mia mamma era un angelo mandato da loro.- disse Norma con un gran sorriso. 
- Norma! Non imparerai mai a stare zitta!- esclamò Lavinia indispettita. 
- Perché?- chiese Norma.- Era tanto triste e solo. Ho sbagliato mamma?- disse guardando sua madre timorosa. 
- No, no, hai fatto bene.- rispose accarezzandola. Guardò la sua bambina più grande, aveva quasi sette anni ed era già così posata e seria, sembrava proprio una donnina. 
- Lavinia, non la sgridare. La mamma aveva dimenticato le buone maniere.- disse sorridendole.
Elvira ripensò a quel giorno. In effetti non gli aveva chiesto come si chiamava e avevano parlato del più e del meno senza entrare nei dettagli. Aveva diviso con lui i suoi pochi averi, lo aveva sfamato, mentre la sua bambina lo aveva trattato come un amico. Il bussare alla porta distolse la donna dai suoi pensieri. 
La signora Maria era tornata portando un cesto che posò sopra il tavolo. 
- Ecco, Elvira, questa è il lenzuolo di cui ti parlavo. Guarda qui!- esclamò mostrando la macchia.- Quante volte gli avrò detto di non salire sul letto con i piedi sporchi, quel lazzarone! Io l’ho lavato, ma la macchia è rimasta, pensi che possa andar via?- chiese la donna, guardando speranzosa Elvira. 
- Non è una grossa macchia- disse Elvira accingendosi ad accendere il fuoco.- Lavinia, portami un secchio d’acqua che devo metterla sul fuoco. Norma, vai a prendere un po’ di cenere che la mamma ha messo nella bacinella dietro casa.- ordinò mentre controllava che il fuoco ardesse bene. 
- Per questa sera sarà pronto, con questo bel sole si asciugherà subito, non ti preoccupare.- disse sorridendole. 
Maria contraccambiò il sorriso e uscendo:- Ah, nel cesto ti ho messo qualcosina per ringraziarti del disturbo.- e chiuse la porta senza attendere risposta. 
Elvira, tolse il lenzuolo dalla cesta e guardò tutto quel ben di Dio. C’erano delle uova, delle pesche, un sacchetto di farina, un bricco con del latte appena munto, dei pomodori, insalata, un cartoccio di sale e del lardo. 
Dio mio, il sale! Non si ricordava più da quanto tempo non lo acquistava. 
Da quando suo marito era fuori, aveva preso l’abitudine di bollire le verdure che raccoglieva con l’acqua del mare, per poi insaporirle con un poco di lardo sulla padella. 
Era troppo, non poteva accettare, non era neanche certa di riuscire nel suo compito. 
Ma d’altra parte, pensò, aveva la dispensa vuota e non sapeva di certo come sfamare se e le sue bambine. 
Decise che avrebbe fatto del suo meglio per meritarsi quel premio. 
Nascose la cesta, non voleva che le sue bambine restassero deluse nel caso avesse dovuto restituirla e passò metà della mattinata a immergere, strofinare e sciacquare. 
Verso l’ora di pranzo, il lenzuolo, steso al filo, splendeva immacolato al sole. 
Elvira soddisfatta del risultato, prese dalla cesta, un poco di farina, un paio di pomodori, e una pesca. 
Preparò del pane azzimo, lo mise a cuocere sul panaro e ci strofinò sopra un po’ del suo vecchio lardo, tagliò a pacche i pomodori e li mise sopra al pane ancora caldo, insaporendoli con un pizzico di sale. 
Nascose la pesca nella tasca del grembiule e uscì nel cortile. - Bambine, venite a mangiare.- disse posando il piatto sopra la sedia che aveva portato fuori. 
Distese la coperta sotto la quercia e, dopo aver controllato che Antonio dormisse ancora, divise il pasto con le sue bambine. 
- I pomodori!- esclamò Norma tutta eccitata battendo le manine dalla contentezza. 
- Ma mamma, non avevamo finito l’altro giorno la farina?- chiese Lavinia guardando sorpresa sua madre. 
- La signora Maria ne ha portata un po’, insieme ai pomodori e a questa!- esclamò, tirando fuori dalla tasca la pesca. 
Norma inizio a saltare e ballare dalla contentezza, mentre Lavinia rimase a bocca aperta. 
La madre ridendo, fece cenno alle bambine di sedersi. 
- Su mangiamo, prima che si svegli Antonio. - disse, passando il pane farcito alle bambine. - Quando avrete finito di mangiare, dividerò questa bella pesca, così ne avrete metà ciascuna.- disse annusando il frutto. - Uhm, sembra dolcissima. 
Finito di mangiare, come promesso, la madre divise in due la pesca e ne diede una parte a ciascuna. 
- E per te mamma?- chiese Lavinia meravigliata. 
- Prendine un pezzo dalla mia.- disse prontamente Norma. 
- Sì, sì, anche dalla mia.- aggiunse Lavinia. 
La donna, commossa dalla generosità delle sue figlie, prese uno picchietto da ciascuna. 
- Uhm, deliziosa!- esclamò, mangiando la sua parte. 
- Buonissima!- dissero le bambine all’unisono.
Nel tardo pomeriggio, la signora Maria, busso alla loro porta. 
Rimase meravigliata del risultato e quando Elvira tirò fuori il cesto dicendo che era troppo per quel misero lavoro, la donna protesto: 
- Stai scherzando? Anzi, dimmi come hai fatto a farlo diventare così bianco. Io sfrego, sfrego, ma non ci sono mai riuscita.- disse sorridendo. 
- E dimmi una cosa, mi avevi detto che sai rammendare, ma sai rammendare anche le calze di seta? - chiese speranzosa. 
- Ma certo, la mamma è bravissima! - disse Lavinia, arrossendo. 
- Tho! È la prima volta che la sento parlare questa bambina.- la donna scoppiando in una risata. 
- Lo so, lo so, che la tua mamma è brava.- disse accarezzando la testa di Lavinia. 
- Facciamo così, domani ti porto le mie calze e lo dico anche alla Luisa, anche lei ne ha un paio rotte. Con i figli che crescono e hanno sempre bisogno di scarpe, le calze di seta sono un lusso per noi.- disse la donna prendendo il lenzuolo. 
- Ah, sempre se per te va bene che ti paghiamo in natura.- disse facendo segno verso il cesto. 
Elvira fece cenno di sì con la testa arrossendo. 
- Bene a domani.- Maria fece un cenno di saluto con la mano e usci. 
Elvira, sotto lo sguardo meravigliato delle bambine, tirò fuori tutto quel ben di Dio. 
Mise nella ghiacciaia il latte e il lardo e in un paniere le uova.
Prese un po’ di farina e con l’acqua preparò una piccola massa che mise a riposare sotto un canovaccio, spiegando alle bambine che il giorno dopo avrebbe usato un po' di quel lievito per fare il pane. 
Le bambine non fecero altro che parlare, cantare e ridere, trascinando in quel cicalio festoso anche la madre. 
Quella tavola imbandita aveva messo tutti di buonumore. 
Quella sera, Elvira, quando mise a dormire le sue bambine, sospirò soddisfatta. 
Era la prima volta che si sentiva sicura di se e del domani.

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